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Italian Pages 256 Year 2017
STUDI E TESTI 514
Paolo Pecorari
CARTEGGIO GIUSEPPE TONIOLO – LUIGI LUZZATTI 1869-1918
CITTÀ DEL VATICANO
B iblioteca A postolica Vaticana 2017
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Pubblicazione curata dalla Commissione per l’editoria della Biblioteca Apostolica Vaticana: Marco Buonocore (Segretario) Eleonora Giampiccolo Timothy Janz Antonio Manfredi Claudia Montuschi Cesare Pasini Ambrogio M. Piazzoni (Presidente) Delio V. Proverbio Adalbert Roth Paolo Vian
Descrizione bibliografica in www.vaticanlibrary.va
Proprietà letteraria riservata © Biblioteca Apostolica Vaticana, 2017 ISBN 978-88-210-0934-1
TIPOGRAFIA VATICANA
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INDICE GENERALE
I. Abbreviazioni e sigle . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
9
II. Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11
III. Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
21
III. 1. Il primo percorso formativo di Giuseppe Toniolo . . . . . 23 III. 2. Limiti e crisi del modello liberistico . . . . . . . . . . 34 III. 3. La genesi dello Stato sussidiario . . . . . . . . . . . . 41 III. 4. Principio etico, conoscenza storica e storicismo . . . . . 45 III. 5. Problemi economici e sociali degli anni ‘80 . . . . . . . 51 III. 6. Tempi, uomini e culture del movimento cattolico . . . . . 56 III. 7. Sul versante luzzattiano: la via del sincretismo . . . . . . 72 III. 8.
Dalla teoria alla prassi . . . . . . . . . . . . . . .
79
III. 9. La polemica sul « germanismo economico » . . . . . . . 82 III.10. Risposte, deduzioni, controdeduzioni . . . . . . . . .
85
III.11. Problema religioso e libertà di coscienza . . . . . . . . 92 III.12. Luigi Luzzatti: un protagonista in ascesa . . . . . . . . 99 III.13. La crescita economica in età giolittiana . . . . . . . .
103
III.14. Lavoro e protezione internazionale dei lavoratori . . . . . 110 IV. Carteggio di Giuseppe Toniolo con Luigi Luzzatti . . . . . . . .
119
IV.1. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Firenze, 23 luglio 1869 . 121 IV.2. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Padova, 11 sett[embre 1874] 122 IV.3. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Padova, 28 sett[embre 1874] 124 IV.4. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Padova, 5 ott[obre] 1874 125 IV.5. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Venezia, 28 aprile [1875] 127 IV.6. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Padova, 5 agosto 1877 . 129 IV.7. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Venezia, 19 ag[osto] 1877 130
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4
CARTEGGIO
IV.8. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pieve di Soligo, 17 sett[embre] 1877 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131 IV.9. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, [Padova, tra il 4 e l’8 gennaio 1879] . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
133
IV.10. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Padova, 9 gennaio 1879, hr. 9.5 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 133 IV.11. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pieve di Soligo, 29 sett[embre 1885] . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134 IV.12. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pieve di Soligo, 12 luglio [1886] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135 IV.13. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 14 marzo 1894 . . 136 IV.14. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 17 marzo 1894 . . 137 IV.15. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Lari, 17 agosto 1894 . . 137 IV.16. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 26 ottobre 1894 . . 139 IV.17. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 24 marzo 1895 . . 140 IV.18. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 4 nov[embre 1895]
140
IV.19. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 31 marzo 1898 .
141
IV.20. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 27 giugno 1900 . . 142 IV.21. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, [Roma], 28 marzo [1901] 143 IV.22. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 11 giugno 1901 . . 143 IV.23. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, [Roma], 15 giugno [1901] 144 IV.24. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Chiavenna, 13 luglio [1901] IV.25. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 26 luglio 1901 . .
146
147
IV.26. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Barga (Lucca), 2 agosto 1901 147 IV.27. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Stresa, 16 sett[embre] 1901
150
IV.28. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, [Roma, verosimilmente dopo il 18 settembre 1901] . . . . . . . . . . . . . . 151 IV.29. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, [Roma], 27 gennaio [1902]
151
IV.30. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 6 aprile 1902 . . . 152 IV.31. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 30 luglio [1902] . 155 IV.32. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Stresa, 18 agosto [1902] . 156 IV.33. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, 23 ag[osto 1902] . . . . 156
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5
Indice generale
IV.34. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pieve di Soligo, 28 agosto [1902] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 157 IV.35. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Stresa, 6 sett[embre 1902] 158 IV.36. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pieve di Soligo, 11 sett[embre 1902] . . . . . . . . . . . . . . . . . . 159 IV.37. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, [Stresa], 15 sett[embre 1902] 160 IV.38. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pieve di Soligo, 18 [settembre] 1902 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 161 IV.39. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 1 febbraio [1903] . 163 IV.40. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 28 marzo 1903 . . 165 IV.41. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 16 aprile 1903 . .
166
IV.42. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 24 aprile [1903] . . 167 IV.43. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 12 giugno 1903 . . 168 IV.44. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 2 nov[embre] 1903
169
IV.45. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 9 nov[embre] 1903
170
IV.46. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 19 nov[embre] 1903 171 IV.47. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 23 nov[embre] 1903, hr. 20.35 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 171 IV.48. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 2 aprile 1904 . . . 172 IV.49. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 29 aprile 1904 . .
172
IV.50. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 6 luglio 1904 . . 173 IV.51. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Padova, 2 ott[obre] 1904 174 IV.52. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 11 febbraio 1905
176
IV.53. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 2 maggio 1905 .
177
IV.54. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 3 maggio 1905 . . 178 IV.55. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pieve di Soligo, domenica, 1 [luglio 1906] . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 180 IV.56. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 2 sett[embre] 1906
182
IV.57. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 8 sett[embre] 1906 183 IV.58. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 16 nov[embre] 1906 184 IV.59. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 29 nov[embre] 1906
185
IV.60. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 29 dicembre 1906 . 186
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6
CARTEGGIO
IV.61. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 30 dic[embre] 1906
189
IV.62. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 30 gennaio 1907 .
189
IV.63. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 10 febbraio 1907
190
IV.64. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 15 marzo 1907 . . 191 IV.65. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 3 genn[aio] 1910 .
191
IV.66. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 31 gennaio [1910] 193 IV.67. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 8 febbraio 1910 . . 193 IV.68. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 17 febb[raio] 1910 195 IV.69. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 5 marzo 1910 . . . 195 IV.70. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 19 marzo 1910 . . 196 IV.71. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 15 giugno 1910 . 197 IV.72. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, [Roma, 16 giugno 1910] . 198 IV.73. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 12 ottobre 1910 . 198 IV.74. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 1 giugno 1914 . .
199
IV.75. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Pisa, 9 giugno 1914 . .
200
IV.76. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 14 giugno 1914 . 203 IV.77. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 19 giugno [1914]
203
IV.78. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, Roma, 15 giugno 1918 . 204 IV.79. Giuseppe Toniolo a Luigi Luzzatti, [senza luogo né data] . . 205 IV.80. Luigi Luzzatti a Giuseppe Toniolo, Roma, 20 giugno [senza anno]
205
IV.81. Luigi Luzzatti a Maria Schiratti Toniolo, Roma, 8 ottobre [1918]
206
V. Appendice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
207
V.1. Paolo Felice Bellavite a Giuseppe Toniolo, Verona, 4 ottobre [18]77 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 209 V.2. Alberto Errera a Giuseppe Toniolo, Napoli, 3 gennaio [18]89 . 210 V.3. Alberto Errera a Giuseppe Toniolo, Napoli, 16 gennaio 1889 . 211 V.4. Charles Périn a Giuseppe Toniolo, Ghlin, 18 juillet 1890 . . . 212 V.5. Fedele Lampertico a Giuseppe Toniolo, Vicenza, 14 novembre 1890 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213 V.6. Alberto Errera a Giuseppe Toniolo, Napoli, 19 febbraio [18]93 213 V.7. Heinrich Pesch a Giuseppe Toniolo, Magonza, 18 agosto 1896
214
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7
Indice generale
V.8. Salvatore Minocchi a Giuseppe Toniolo, [Firenze], 21 luglio 1896
215
V.9. Salvatore Minocchi a Giuseppe Toniolo, [Firenze], 2 agosto 1896
216
V.10. Victor Cathrein a Giuseppe Toniolo, Valkenburg, 18 aug[ustus 18]96 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 217 V.11. Salvatore Talamo a Giuseppe Toniolo, Roma, 13 luglio 1898 . 218 V.12. Salvatore Talamo a Giuseppe Toniolo, Roma, 2 dicembre 1898 219 V.13. Victor Doutreloux a Giuseppe Toniolo, Rome, 18 avril 1899 . 221 V.14. Salvatore Minocchi a Giuseppe Toniolo, Pontassieve, 14 settembre 1899 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222 V.15. Salvatore Minocchi a Giuseppe Toniolo, [Firenze], 10 nov[embre] 1899 . . . . . . . . . . . . . . . . . . 225 V.16. Giambattista Paganuzzi a Giuseppe Toniolo, Venezia, 25 gennaio 1900 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 228 V.17. Fedele Lampertico a Giuseppe Toniolo, Vicenza, 6 gennaio 1901
229
V.18. Fedele Lampertico a Giuseppe Toniolo, [Roma], 14 gennaio 1901 230 V.19. Luigi Einaudi a Giuseppe Toniolo, Torino, 1 aprile 1901 . .
231
V.20. Fedele Lampertico a Giuseppe Toniolo, Vicenza, 25 maggio 1901 232 V.21. Fedele Lampertico a Giuseppe Toniolo, [Roma], 26 giugno 1901
232
V.22. Fedele Lampertico a Giuseppe Toniolo, Vicenza, 12 luglio 1901
233
V.23. Maffeo Pantaleoni a Giuseppe Toniolo, Roma, 18 settembre 1901 234 V.24. Giambattista Paganuzzi a Giuseppe Toniolo, Venezia, 25 maggio 1902 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 235 V.25. Désiré Mercier a Giuseppe Toniolo, Louvain, le 6 juin 1904 . 236 V.26. Heinrich Pesch a Giuseppe Toniolo, Lussemburgo, 31 ottobre [19]08 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 238 V.27. Simon Deploige a Giuseppe Toniolo, Louvain, le 29 mars 1909 240 Indice dei nomi di persona . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
241
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I. Abbreviazioni e sigle
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I. ABBREVIAZIONI E SIGLE ALV
Archivio Luzzatti Venezia.
ASV
Archivio Segreto Vaticano.
AUP
Archivio storico dell’Università di Padova.
BAV
Biblioteca Apostolica Vaticana.
BSP
Biblioteca del Seminario di Padova.
BDE
Biblioteca dell’economista.
DBI
Dizionario biografico degli Italiani.
LDL
L. Luzzatti, Dio nella libertà. Studi sulle relazioni tra lo Stato e le Chiese, Bologna 1926 (Opere di Luigi Luzzatti, 2).
LMC L. Luzzatti, Memorie autobiografiche e carteggi, I: 1841 1876; II: Memorie tratte dal carteggio e da altri documenti 1876-1900; III: 1901-1927, a cura di E. De Carli, F. De Carli, A. De’ Stefani, Bologna-Milano 1931-1966. LOS L. Luzzatti, L’ordine sociale, Bologna 1952 (Opere di Luigi Luzzatti, 4). LST Luigi Luzzatti e il suo tempo. Atti del convegno interna zionale di studio (Venezia, 7-9 novembre 1991), raccolti da P.L. Ballini e P. Pecorari, Venezia 1994 (Biblioteca luzzattiana. Fonti e studi, 2). PTE P. Pecorari, Giuseppe Toniolo. Etica, cooperazione, econo mia, Roma 2014. TDC G. Toniolo, Democrazia cristiana. Concetti e indirizzi, I-II, Prefazione di A. De Gasperi, Città del Vaticano 1949 (Opera omnia di Giuseppe Toniolo. Serie III: Sociologia e problemi sociologici contemporanei, 3). TDI G. Toniolo, Democrazia cristiana. Istituti e forme, I-II, Prefazione di A. Ardigò, Città del Vaticano 1951 (Opera omnia di Giuseppe Toniolo. Serie IV: Iniziative sociali, 1-2). TES G. Toniolo, Trattato di economia sociale e scritti econo mici, I-V, Prefazione di F. Vito, Città del Vaticano 1949 (Opera omnia di Giuseppe Toniolo. Serie II: Economia e statistica, 1-5). TLL G. Toniolo, Lettere, I: 1871-1895: II, 1896-1903; III: 1904-1918, raccolte da G. Anichini, ordinate e annotate da N. Vian, Città del Vaticano 1952-1953 (Opera omnia di Giuseppe Toniolo. Serie VI: Epistolario, I-III).
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10
CARTEGGIO
TPS G. Toniolo, L’odierno problema sociologico. Studio stori co-critico, Prefazione di A. Fanfani, Città del Vaticano 1947 (Opera omnia di Giuseppe Toniolo. Serie III: Socio logia e problemi sociali contemporanei, 1). G. Toniolo, Dei remoti fattori della potenza economica di TRF Firenze nel medio evo e scritti storici, Prefazione di S. Majerotto, Città del Vaticano 1952 (Opera omnia di Giuseppe Toniolo. Serie I: Scritti storici, 4). G. Toniolo, Scritti spirituali, religiosi, familiari e vari, TSS I-II, Prefazione di F. Costa, Città del Vaticano 1952 (Opera omnia di Giuseppe Toniolo. Serie V: Scritti vari, 1-2).
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II. PREMESSA
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Il carteggio di Giuseppe Toniolo con Luigi Luzzatti, conservato in parte (corrispondenza passiva) presso la Biblioteca Apostolica Vaticana e in parte (corrispondenza attiva) presso l’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti (Venezia), copre un arco di tempo piuttosto lungo (1869-1918), contrassegnato da « ampie intermittenze » dovute forse a « normali pause nel carteggiare », a smarrimenti fortuiti o a « parziali estrapolazioni » per motivi finora ignoti1. Pur con queste peculiarità, esso rientra nel novero dei cosiddetti epistolari « affettivi e concreti », capaci cioè di fornire una messe di dati altrimenti introvabili e « di ricreare un ambiente storico e psicologico » reso animato e vivo non tanto (o non solo) dai grandi eventi, quanto piuttosto da un insieme di vicende minori, di « commenti appena accennati », di « fugaci informative »2. Trascritto con criteri filologici il più possibile conservativi, il carteggio è corredato di note che, escludendo le figure di maggior rilievo, danno notizia dei personaggi menzionati e forniscono elementi utili all’intelligenza critica e alla contestualizzazione storica dei documenti. Tutte le parole sottolineate nell’originale sono stampate in corsivo3, come pure in corsivo sono posti i titoli dei libri e delle riviste. Vengono rispettati gli usi ortografici e morfosintattici degli autori, mentre gli accenti (raramente la punteggiatura, e solo per ragioni di comprensione del testo) sono uniformati alle consuetudini tipografiche vigenti. Si fa ricorso ai seguenti accorgimenti grafici: tra parentesi quadre [ ], in tondo, sono segnalati gli interventi dell’editore (compreso lo scioglimento di abbreviazioni); tra parentesi quadre, in corsivo, sono posti gli interventi che introducono datazioni congetturali desunte dall’analisi intrinseca, da altre parti dello stesso carteggio o da altre fonti. Un punto interrogativo tra parentesi quadre [?] segnala una o più parole illeggibili. I nomi dei mesi e dei giorni hanno tutti l’iniziale minuscola. La « j » è ridotta alla forma « i » nei nomi comuni; è invece mantenuta « j » nei nomi propri 1 A. Zambarbieri, Introduzione a: Chiesa, fede e libertà religiosa in un carteggio di inizio Novecento: Luigi Luzzatti e Paul Sabatier, a cura di S.G. Franchini, Venezia 2004 (Biblioteca luzzattiana. Fonti e studi, 10), p. XVI. 2 A. Saitta, I carteggi politici e storici, in Metodologia ecdotica dei carteggi, a cura di E. D’Auria, Firenze 1989, pp. 58-59 (ma è da vedere tutto il saggio, pp. 50-67). 3 Sulle frequentissime sottolineature di parole e di frasi, che costituiscono una vera peculiarità del Toniolo e che riflettono il suo immediato, e perciò anche storicamente significativo sentire, cfr. F. Fonzi, L’epistolario di Giuseppe Toniolo, in Quaderni di cultura e storia sociale 5 (1954), pp. 22-32. Sul corsivo, come « una delle caratteristiche limitazioni e cautele » adottate da un autore (Weber), cfr. D. Cantimori, Storici e storia. Metodo, caratteristiche e signifcato del lavoro storiografico, Torino 1971, p. 540.
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14
CARTEGGIO
di persona. Di ogni singolo pezzo si dà la segnatura e si indica se e dove sia stato eventualmente già pubblicato. Il volume poggia su fonti archivistiche prevalentemente vaticane e si avvale anche di miei precedenti lavori tonioliani e luzzattiani, per l’occasione rielaborati in alcuni punti, modificati in altri, integrati nella bibliografia e ripensati alla luce delle più recenti acquisizioni storiografiche. Tali lavori si affiancano agli atti del convegno bolognese del 1960 sull’età leoniana4, come pure a quelli dei convegni di Modena (1981)5, Pisa (1981 e 1988)6, Milano (1985)7 e Pieve di Soligo (1988)8. A essi seguono, senza pretesa di completezza, gli atti delle giornate di studio promosse per iniziativa dell’Aispe (Associazione italiana degli storici del pensiero economico) nel 20139 e « per impulso del direttore della Scuola Normale » di Pisa, sempre nel 201310. Una menzione a sé stante merita il convegno milanese del 2012, Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine, svoltosi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, i cui atti sono usciti nel 201411. Rinnovata attenzione si è prestata alla restante letteratura specialistica, mentre si sono tralasciate le iniziative a prevalente finalità apologetica o celebrativa. 4 Aspetti della cultura cattolica nell’età di Leone XIII. Atti del convegno tenuto a Bologna il 27-29 dicembre 1960, a cura di G. Rossini, Roma 1961. 5 Attualità del pensiero di Giuseppe Toniolo, [Atti del congresso, Modena 1981], a cura di M.L. Fornaciari Davoli e G. Russo, Milano 1982. Spiace dover rilevare che Adriano Albieri (Il pensiero politico di Giuseppe Toniolo, ibid., pp. 181-206) ha saccheggiato, senza mai citarlo, il mio lavoro Ketteler e Toniolo. Tipologie sociali del movimento cattolico in Europa, Prefazione di A. Monticone, Roma 1977. 6 Contributi alla conoscenza del pensiero di Giuseppe Toniolo. Atti del convegno « Economia e società nella crisi dello Stato moderno: il pensiero di Giuseppe Toniolo », organizzato dall’Università e dalla Camera di commercio di Pisa (18-19 dicembre 1981), [a cura di C. Violante e A. Spicciani], Pisa 1984; Atti del convegno di studi su Giuseppe Toniolo (Treviso 1845-Pisa 1918), Pisa 7-8 ottobre 1988, [promosso dall’Archidiocesi di Pisa e dall’Opera Giuseppe Toniolo] Pisa 1990. 7 Stato degli studi e prospettive di ricerche sulla figura e sull’opera di Giuseppe Toniolo. [Atti della giornata di studio, 22 febbraio 1985, svoltasi all’Università Cattolica di Milano], in Bollettino dell’Archivio per la storia del movimento sociale cattolico per l’Italia 20 (1985), pp. 191-329. 8 Giuseppe Toniolo tra economia e società. [Atti del convegno di studio, Pieve di Soligo, 28-29 ottobre 1988], a cura di P. Pecorari, Udine 1990. 9 Giuseppe Toniolo. Economia sociale, diritti, cooperazione, a cura di M. Bianchini e F. Manzalini, in Il pensiero economico italiano 22 (2014), 2, pp. 11-182 [i saggi che compongono il fascicolo monografico della rivista sono una selezione di quelli presentati alle giornate di studio sul Toniolo promosse dall’Aispe il 29-30 novembre 2013]. 10 Giuseppe Toniolo. Società e cultura tra Ottocento e Novecento. [Atti della giornata di studio su Giuseppe Toniolo, che ha avuto luogo a Pisa il 29 aprile 2013], a cura di D. Menozzi, in Humanitas 69 (2014), pp. 5-155 (citazione a p. 5, nt. 1). 11 Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine. Con saggi sulla storia dell’Istituto Giuseppe Toniolo di studi superiori, a cura di A. Carera, Milano 2014.
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II. Premessa
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Dalla maggior parte degli studi di riconosciuta autorevolezza esce confermata, anzi ribadita, l’importanza dell’intrinseco rapporto tra etica ed economia. Tale rapporto non può essere isolato, quasi monade leibniziana « senza porte e senza finestre », ma va storicizzato12, onde rendere ‘leggibili’ le implicazioni di una quaestio antica e complessa, distinguendo tra vari momenti e fasi, tra scavo filologico ed elaborazione teoretica. Storicizzare il Toniolo significa tra l’altro inserire la sua figura in un orizzonte culturale europeo, tenendo conto delle varie esperienze intellettuali maturate soprattutto nell’ambito del cattolicesimo sociale belga, francese e tedesco13. Si pensi, per esempio, al mixtum compositum di liberalismo a sfondo malthusiano e di antiliberalismo filosofico-politico cui perviene il Périn nella sua opera più famosa, De la richesse dans les sociétés chrétiennes; oppure alle elaborazioni di statistica comparata del Le Play; o agli esiti sociologici e teologici di un Meyer o di un Weiss, di un Cathrein o di un Ratzinger, in parte recepiti nella sintesi di neotomismo, storicismo tedesco e nuova economia politica, cui tra Otto e Novecento il Toniolo approda, distinguendo il socialismo individualistico risalente a Kant da quello panteistico che porta a Hegel, capovolgendo l’interpretazione marxiana della storia e sostituendo il determinismo con il volontarismo. Come dire una prospettiva antinomica sia al materialismo dialettico, sia ai modelli liberal-liberistici ottocenteschi, sia (prima di Sombart e Weber) al ‘capitalismo’ di più o meno diretta filiazione protestante14: quel capitalismo che, mentre trova collocazione nelle pieghe di una parte almeno della cultura della Restaurazione, sul tipo di quella studiata dall’Omodeo e dal Verucci per la Francia, rientra in pari tempo nell’alveo largo e profondo delle ricerche tonioliane sulle origini, la natura e le filosofie dell’Umanesimo e del Rinascimento15. Ricerche che pongono il professore pisano sulle orme 12 Cfr. M. Colasanto, L’attualità di Giuseppe Toniolo, o dell’esigenza di un recupero di storicità, in Humanitas 69 (2014), pp. 143-150. 13 Da vari punti di vista: A. Spicciani, Giuseppe Toniolo e la cultura europea alla fine dell’Ottocento, in Genesi della coscienza internazionalistica nei cattolici fra ‘800 e ‘900, Padova 1984, pp. 201-230; Id., Giuseppe Toniolo tra economia e storia, [Presentazione di C. Violante], Napoli 1990, pp. 17-61; id., Agli inizi della storiografia economica medioevistica in Italia. La corrispondenza con Victor Brants e Godefroid Kurth, Presentazione di C. Violante, Roma 1984; S. Burgalassi, Alle origini della sociologia. G. Toniolo e la Scuola pisana (1878-1915), Pisa 1984; id., Giuseppe Toniolo mediatore della cultura europea, in Le Settimane Sociali nell’esperienza della Chiesa italiana (1945-1970). Atti del 60° corso di aggiornamento culturale dell’Università Cattolica (Pisa, 9-14 settembre 1990), Milano 1990, pp. 89-197; J. De Maeyer – H. Moeys, Toniolo e il movimento cattolico internazionale, ibid., pp. 10-24: G. Formigoni, Toniolo nelle reti transnazionali del cattolicesimo sociale. Spunti di discussione, ibid., pp. 25-31. 14 Cfr. D. Veneruso, Liberalismo e liberismo: diversità di modelli economici, in Atti dell’Accademia ligure di scienze e lettere 3 (2000), pp. 323-347. 15 G. Toniolo, L’economia capitalistica moderna (a proposito di un libro di Claudio Jannet e di altri studi analoghi, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie, I
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CARTEGGIO
dello Janssen, assumendone la classica periodizzazione, la medesima che sarà pure di Hohoff e del Pastor, come prima era stata del Döllinger. Va da sé che ci si riferisce allo schema delle quattro rivoluzioni tra loro collegate: la luterana, la cromwelliana, la francese e, da ultima, la liberale (con corredo di socialismo, anarchismo, nichilismo)16. Tema in vero controverso e che andrebbe esaminato (anzi riesaminato) riconsiderando criticamente i concetti storiografici di « pre-Riforma », « Riforma cattolica » e « Controriforma », cari a Jedin. In proposito mi limito a ricordare che Cantimori, commentando le tesi di Jedin in Katholische Reformation oder Gegenreformation? (Luzern 1946), non solo riconosce in lui « il rappresentante maggiore e più autorizzato » della tradizione Döllinger-Janssen-Hohoff-Pastor, ma ne apprezza la complessa visuale come la « più profonda e più limpida, più articolata e più concreta »17. Viceversa Dionisotti, concentrandosi sulla letteratura del tardo Ottocento, conclude che il problema è di natura prevalentemente morale, la qual cosa non impedisce alla coeva cultura storica italiana (e non solo italiana) di far propria l’eredità del Rinascimento18. Per Croce, invece, quella stessa cultura lascia intravedere l’esistenza di un iato tra Risorgimento che guarda all’età medioevale e Rinascimento che schiude un’opposta visione della modernità19, mentre da parte sua il Toniolo vede nel Rinascimento non solo un fenomeno artistico-filologico-letterario, ma un vero e proprio sommovimento spirituale, sociale e civile, capace di abbracciare « tutto l’ordine del pensiero e delle istituzioni »20. In questo sommovimento sono presenti due anime, una cristiana e una pagana: la prima, espressa dal Petrarca, dal Manetti, dal Traversari, dal Bruni, dal Barbaro, da Vittorino da Feltre, in Italia; dal Chrypffs (Cusano), dal Wimpfeling, dal Reisch, dal Geiler, dal Biel, dal Trithemius, nei paesi di lingua tedesca; la seconda, rappresentata dal Valla e da Erasmo, dal Ficino e dal Machiavelli. Non il « sano indirizzo » prevale, ma quello (1893), pp. 592-605; II (1893), pp. 402-419, ristampato in TCS, pp. 201-249. Inoltre, sono da vedere le lettere di Jannet a Toniolo in data 23 gennaio e 16 febbraio 1889 (BAV, Carteggi Toniolo, docc. 462, 468), edite in PTE, pp. 181-183. Del Toniolo si tenga altresì presente: Scolastica ed umanesimo nelle dottrine economiche al tempo del Rinascimento in Toscana, in Annuario della R. Università di Pisa per l’anno accademico 1886-87, Pisa 1888, [estratto] ristampato in TRF, pp. 291-371; cfr. TCS, pp. 103-446. 16 Cfr. C. Violante, Il significato dell’opera storiografica di Giuseppe Toniolo nell’età di Leone XIII, in Aspetti della cultura cattolica cit., pp. 716-718. 17 Ibid.; inoltre, sempre di D. Cantimori, Studi di storia, II: Umanesimo, Rinascimento, Riforma, Torino 1976, p. 541. 18 C. Dionisotti, Rinascimento e Risorgimento: la questione morale, in Il Rinascimento nell’Ottocento in Italia e Germania, a cura di C. Vasoli, Bologna-Berlin 1989 (Annali dell’Istituto storico italo-germanico in Trento. Contributi, 3), pp. 157-169. 19 B. Croce, Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono, II, Bari 19473, pp. 35-156. 20 TCS, p. 110.
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II. Premessa
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che si sostanzia di « razionalismo terreno », da cui trae alimento l’« ordine sociale umano generato dalla pura ragione » e affrancato dal « sovrannaturale positivo »21. Ciò che però qui interessa è l’asserita derivazione della coscienza antropocentrica non tanto dal Rinascimento e dalla Riforma, quanto dal tardo-Rinascimento e dalla pre-Riforma, ossia dall’epoca di Erasmo, del Valla e del Machiavelli, in cui il Toniolo rinviene la fonte della « rivoluzione culturale » che dà vita alla ‘nuova’ Europa. D’altra parte, è significativo che Erasmo venga dal Toniolo definito « il Voltaire di que’ tempi »22: significativo in quanto è lo stesso Voltaire che nei Conseils à un journaliste sur la philosophie, l’histoire, le théatre, come pure nei capitoli CXVIII e CXXI dell’Essai sur les moeurs, proprio allo spirito dell’età erasmiana guardi, per cogliervi i segni premonitori di quella mutazione culturale che approderà a Bacone, a Newton e all’Illuminismo23. Solo che, mentre Voltaire avverte un distacco tra pre-Riforma e Riforma, sembrandogli causa di quest’ultima la dispersione dei frutti del razionalismo precedente, Toniolo non scorge soluzione di continuità tra i due momenti (o periodi) storici, dovendosi a suo giudizio riconoscere che l’Umanesimo, « rimasto sempre a fondo della coscienza dei popoli europei con le sue tendenze razionalistiche nelle idee e nelle istituzioni », ha comunque « retto » (sorretto) « i rivolgimenti sociali civili dal secolo XVI al XIX, i quali non ne sono che una diretta e continuata figliazione »24. Stanti queste premesse, non può sorprendere la critica che il Toniolo rivolge all’utilitarismo benthamiano e al razionalismo classico-liberale, in quanto entrambi supportano il paradigma dell’homo oeconomicus. Quest’ultimo, ancorché chiamato sul banco degli imputati da John Stuart Mill, viene ricuperato e valorizzato dai marginalisti25. Ond’è che, se lo « spirito del capitalismo » (prima ancora del « sistema capitalistico di produzione ») tende alla centralità del profitto, con conseguente subordinazione del lavoro al capitale (entro un orizzonte immanentistico); e se il coevo socialismo storicamente dato salta il passaggio dialettico del momento intermedio tra l’io e il tutto, il Toniolo considera l’uomo (anzi, la persona umana) nella sua dimensione spirituale e nella sua concretezza 21 Su questo punto il Toniolo utilizza ampiamente J. Burckhardt, La civiltà del Rinascimento in Italia, non l’edizione del 1860, bensì quella del 1877-78, sulle cui differenze cfr. E. Fueter, Storia della storiografia moderna, Milano-Napoli 1970, pp. 764-767. 22 TCS, p. 112. 23 Fueter, Storia della storiografia cit., pp. 448-465. 24 TCS, p. 149. 25 S. Zamagni, Giuseppe Toniolo. Un economista in anticipo sul suo tempo e perciò misconosciuto, in Humanitas 69 (2014), pp. 118-119; A. Nuvolari, Giuseppe Toniolo economista, ibid., pp. 129-132.
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storica e antropologica26. I corpi intermedi, a loro volta, non sono mere proiezioni dei diritti individuali, né possono perdersi « nell’insignificanza di una effimera vita burocratica »: al contrario, vanno garantiti nella loro esistenza e posti in condizione di autogovernarsi27. Di conseguenza e in sintesi: l’utile individuale, se inteso come l’unico (esclusivo) cardine dell’economia politica, è « errore filosofico, errore di fatto, errore di metodo »28. Si è citato l’incontro tra neotomismo e prima Scuola storica tedesca dell’economia come momento decisivo per una lettura critica (non ideologica) della realtà contemporanea. Ma parlare di neotomismo significa riferirsi anche (e soprattutto) alla civiltà medioevale29, sulla quale poggia gran parte del progetto di rifondazione sociale tonioliano30. Ancorché questo sia un dato di fatto, sembra necessaria qualche ulteriore precisazione: a) il neotomismo del Toniolo attraversa due fasi distinte: la prima segnata dalle opere del Liberatore, la seconda dai lavori del Talamo, nonché dal magistero del Mercier e dell’Istituto superiore di filosofia di Lovanio; b) lo storicismo cui il Toniolo attinge è prevalentemente roscheriano (si registra qui una significativa convergenza col Luzzatti), anche se non mancano rinvii a Knies e Hildebrand, Hermann e Wagner, Schönberg e Scheel, Schäffle e Schmoller. In particolare, per ciò che attiene a quest’ultimo, Toniolo riconosce la modernità della « nuova scienza » della società e dello Stato che a lui si richiama31; c) la rivalutazione del medioevo non matura esclusivamente nell’ambito del movimento sociale cattolico32, ma scaturisce da una base più ampia. Basti pensare ai contributi di un Thierry 26 TES, I-II; TPS, pp. 7-460. Cfr. M. Bianchini, Introduzione. L’economia sostanziale di Giuseppe Toniolo, in Il pensiero economico italiano 22 (2014), pp. 11-18; F. Manzalini, Il credito e la circolazione della ricchezza « appoggiati sul fatto », in Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine cit., pp. 139-172, in particolare pp. 170-171. 27 L. Ornaghi, Corpi intermedi e rappresentanze sociali nel pensiero di Giuseppe Toniolo, in Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine cit., pp. 71-82; L. Cerasi, Il corporativismo “normale” di Giuseppe Toniolo, in Humanitas 69 (2014), pp. 82-103; A. Cardini, Giuseppe Toniolo, la questone sociale e l’organizzazione corporativa della scuola italiana in economia, ibid., pp. 104-114. 28 G. Toniolo, Dell’elemento etico quale fattore intrinseco delle leggi economiche, Padova 1874, ristampato in TES, II, p. 284 (da cui cito). Cfr. A. Martini – L. Spataro, Modernità del pensiero di Giuseppe Toniolo: l’economia sociale fondata sul principio di sussidiarietà, in Il pensiero economico italiano 22 (2014), pp. 56-58. 29 M.P. Alberzoni, Giuseppe Toniolo medievista, in Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine cit., pp. 83-110. 30 F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, I: Le premesse, Bari 19712, p. 431. 31 M. Moretti, Note su storia e storici in Italia nel primo venticinquennio postunitario, in Gustav Schmoller: la nascita delle scienze sociali in Germania e in Italia, a cura di P. Schiera – F. Tenbruch, Bologna-Berlin 1989, p. 56. 32 Cfr. G. Barbieri, Il pensiero economico dall’antichità alla scolastica, Bari 1960, pp. 175359.
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II. Premessa
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sul concetto di nazione, oppure a ciò che significa un’impresa scientifica quale i Monumenta Germaniae historica33; d) analogamente non si può trascurare che già a fine Settecento, a partire da Novalis, comincia a farsi strada una diversa e più positiva immagine dell’età di mezzo34, mentre un paio di decenni più tardi, su insistenza di don Luigi Tosi, il Manzoni scriverà un testo emblematico come le Osservazioni sulla morale cattolica, onde confutare la tesi prospettata dal Sismondi nel sedicesimo volume dell’Histoire des républiques italiennes du moyen âge (1818), e cioè che la causa principale della decadenza politica e civile dell’Italia sarebbe la presenza secolare della Chiesa. Inoltre, circoscrivendo l’orizzonte alla sola scienza economica, come non menzionare i cinquanta volumi degli scrittori italiani editi dal Custodi tra il 1803 e il ’16, cui si sarebbe dovuto affiancare un trattato (mai scritto) dello stesso Custodi sulla storia delle istituzioni e delle dottrine economiche? E come dimenticare il romagnosiano Dell’indole e dei fattori dell’incivilimento (1832), nella cui seconda parte si addita, « nel nostro periodo comunale, lo splendido manifestarsi di quel “risorgimento” della civiltà che, dopo la fine del periodo barbarico, indicava un sicuro cammino ormai ripreso, e nel quale l’Italia si era tanto precocemente avviata »35? In conclusione, negli ultimi anni gli studi sul Toniolo hanno registrato alcuni significativi progressi, ma se si vuole imprimere un più adeguato e sistematico sviluppo alla ricerca bisogna andare alle fonti, cominciando da quelle ancora in gran parte inesplorate (o scarsamente esplorate) della Biblioteca Vaticana36. Il carteggio Toniolo-Luzzatti, che qui si pubblica, muove in tale direzione. Nel licenziare le bozze per la stampa, ringrazio Andrea Cafarelli, Frediano Bof, Mario Robiony, Fiorenza Manzalini e Carlo Urbani, per aver collaborato al reperimento di alcuni giornali ottocenteschi. Antonio Novi mi ha fornito raffinate delucidazioni sul lessico francese colto del secolo XIX. Sentimenti di riconoscenza esprimo al dott. Paolo Vian, per le cortesie usatemi nella consultazione dei Carteggi Toniolo.
33 F. Salimbeni, Giuseppe Toniolo e la cultura del suo tempo. Per un bilancio storico e storiografico, in Giuseppe Toniolo tra economia e società cit., p. 316. 34 Ci si riferisce al saggio Die Christenheit oder Europa, scritto nel 1799, non edito dalla rivista Athenäum per suggerimento di Goethe e pubblicato dopo oltre un quarto di secolo da F. Schlegel nel 1826, con mutilazioni riguardanti la parte relativa alla « religione dell’avvenire ». 35 A. Spicciani, Il medioevo negli economisti italiani dell’Ottocento, in Il medioevo nell’Ottocento in Italia e Germania, a cura R. Elze – P. Schiera, Bologna-Berlin 1988, pp. 373-374. 36 P. Vian, I carteggi di Giuseppe Toniolo alla Biblioteca Vaticana. Genesi, consistenza e fortuna del fondo, in Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine cit., p. 293.
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III. INTRODUZIONE
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III. 1. Il primo percorso formativo di Giuseppe Toniolo Giuseppe Toniolo nasce a Treviso il 7 marzo 1845. La madre, Isabella Alessandri, donna di profonda religiosità e di acuta sensibilità, lo educa al cristocentrismo e alla pietà mariana1. Il padre, Antonio, oriundo di Schio (nel Vicentino), è un apprezzato ingegnere che, animato da sentimenti di patriottismo e di italianità, suscita nel figlio il vagheggiamento della sintesi tra religione e patria2. Anche lo zio materno, Alessandro Alessandri, che ha vissuto l’esperienza della Repubblica maniniana ed è stato inviato in missione dal governo provvisorio di Venezia al campo di Carlo Alberto3, contribuisce a tenere vivo in lui l’entusiasmo neoguelfo, che il passare del tempo non solo non smorza, ma semmai accresce, come dimostra il costante apprezzamento del Toniolo per i lavori storici del Cantù, del Tosti e del Capecelatro, e più ancora del Balbo, la cui Storia d’Italia vorrebbe ristampata, sia per meglio diffondere l’idea che alla patria spetta il compito di « riprendere le tradizioni della scienza cristiana cattolica interrotte con l’umanesimo e con il razionalismo protestante », sia per sottolineare la funzione provvidenziale a essa affidata. L’Italia infatti, scriverà il 20 febbraio 1891 a Filippo Crispolti, « ha doveri moltiplicati in questa lotta decisiva e gigante: come sede del pontificato e della religione, come centro di quella civiltà storica che oggi è osteggiata, come custode delle patrie tradizioni che nel medioevo confusero le glorie della nazione con quelle del pontificato e della civiltà cristiana mondiale »4. Il Toniolo compie gli studi ginnasiali e liceali nel collegio veneziano di Santa Caterina (in seguito convitto nazionale Marco Foscarini), dove gli è guida spirituale mons. Luigi Dalla Vecchia, già maestro di Giacomo Zanella5, che di lui traccerà questo profilo: TSS, I, p. 150. Gli spiega tra l’altro gli eventi del 22 marzo 1848, « allorché Daniele Manin, appena liberato dal carcere, si presentò all’Arsenale ad intimare all’Ammiraglio austriaco di consegnare le chiavi, accordandogli – coll’orologio alla mano – cinque minuti di tempo ». E a proposito della sconfitta di Goito e della resa di Peschiera, mette tra le mani del figlio una piccola bandiera tricolore e gli raccomanda: « Bepi, non ti dimenticare di questo giorno » (F. Vistalli, Giuseppe Toniolo, Roma 1954, p. 20). 3 E. Passerin d’Entrèves, La spiritualità di Giuseppe Toniolo e il cattolicesimo veneto, in Venezia nell’unità d’Italia, Firenze 1962, pp. 67-69; D. Sorrentino, Spiritualità e cultura teologica in Giuseppe Toniolo, in Giuseppe Toniolo tra economia e società cit., pp. 239-256. 4 TLL, I, p. 211. Cfr. E. Passerin d’Entrèves, L’eredità della tradizione cattolica risorgimentale, in Aspetti della cultura cattolica cit., pp. 253-287. 5 A. Stella, L’eredità culturale e religiosa di Giacomo Zanella, in Giacomo Zanella e il suo tempo nel I centenario della morte. Atti del convegno di studi, Vicenza 22-24 settembre 1988, a cura di F. Bandini, Vicenza 1994-95, pp. 449-467. 1 2
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CARTEGGIO
Il cielo gli concesse in larga misura le facoltà richieste nell’ottimo educatore: ingegno pronto e fecondo; illibato costume; nobil presenza e maniere gentili […]. Inflessibile nei doveri posti dalla giustizia, egli ebbe a combattere contro la prepotenza di certi proconsoli austriaci, che ai loro figli accolti gratuitamente nel convitto voleano sempre perdonate la negligenza nello studio e la dissipazione ne’ costumi […]. V’era nella sua pietà qualche cosa d’ingenuo […]. Non era però che la colomba facesse in lui tacere il leone: quando vedeva insultata la religione o calpestati i diritti della Chiesa, egli si levava imperterrito e nella santa sua collera impugnava la penna a difesa della fede cattolica6.
Il Dalla Vecchia prende a benvolere l’adolescente Toniolo e ne diviene il confidente7. Fiducia in Dio, abbandono sereno e consapevole nelle sue mani e alla sua volontà, provvidenzialismo, ottemperanza ai doveri del proprio stato, azione sorretta dall’amore e dal sacrificio, e quindi cristificata nella sua essenza: sono queste le principali polarità formative suggerite dal provveditore del Santa Caterina ai suoi allievi, con in più la devozione al Cuore di Gesù. Il tutto sostanziato di teocentrico abbandono8. Ne troviamo un riflesso nei Propositi e regolamento di vita lasciati manoscritti dal Toniolo e destinati a essere distrutti dopo la sua morte. Composti tra il 1882 e il 1886, essi lasciano trasparire il percorso religioso delineato per lui da mons. Dalla Vecchia: Le […] orazioni mattina e sera: colla lettura in famiglia […] di un libro spirituale per pochi minuti; la recita del rosario vivente. La terza parte del rosario intera, ogni sabato e ogni vigilia delle feste di Maria. Ogni giorno (possibilmente) ascoltare la ss. Messa. Frequentare il più possibile la ss. Comunione, anche più volte la settimana, giusta il consiglio del […] confessore. La confessione ogni settimana […]. La confidenza in Dio […]; studio del catechismo, e poi […] studi filosofici giusta la dottrina tomistica9. 6 G. Zanella, Sulla bara di monsignore d. Luigi Dalla Vecchia, 14 luglio 1882, in Il Berico, VII, nr. 59 bis, 22 luglio 1882, pp. 235-236. Cfr. l’articolo a firma della direzione dello stesso giornale, in cui tra l’altro si legge: « Ultimo avanzo di una generazione, che ora è scomparsa, portava nella nobiltà del carattere, nella severità del costume, nella robustezza della figura e nella stessa gravità dell’aspetto e del portamento la impronta di tempi più felici e di una più maschia e più vigorosa educazione. Fu profondamente devoto al Papa e alla Chiesa, di cui, come è registrato in una memoria tutta di sua mano, venerava ossequioso ogni sillaba. A lui dobbiamo il primo foglio cattolico che sorse nella nostra citttà; a lui la prima idea ed il primo tentativo per fondare stabilmente un gabinetto cattolico di lettura ». 7 BAV, Carteggi Toniolo, docc. 29, 31, 74, 78, 87, 104, 117, 123, 151. 8 E. Pellegrinetti, L’anima religiosa di Giuseppe Toniolo, in La figura e l’opera di Giuseppe Toniolo, Milano 1968, pp. 1-37; L. Orabona, Giuseppe Toniolo e la sua spiritualità nella storia dell’Azione cattolica, in Spiritualità e azione del laicato cattolico italiano, II, Padova 1969, pp. 509-537; D. Sorrentino, Giuseppe Toniolo. Una biografia, Cinisello Balsamo (Milano) 1988, pp. 29-41. 9 TSS, I, pp. 16-17.
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III. Introduzione
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Oltre che della spiritualità, il Dalla Vecchia si preoccupa del metodo di studio, perché, spiega, la mente umana è limitata. Ne consegue la necessità di circoscrivere il numero delle discipline da approfondire e dei testi da studiare. Raccomandazione che il Toniolo accoglie senza riserve, cominciando a ‘scoprire’ la filosofia tomistica e l’apologetica, in particolare la prima. Lo sappiamo per via diretta e indiretta. Per via diretta, perché è lo stesso Toniolo a dichiararlo nel suo Regolamento di vita, proponendosi di coltivare con assiduità gli studi filosofici « giusta la dottrina tomistica »10; per via indiretta, analizzando quanto il 3 aprile 1881 scrive all’amico Paolo Felice Bellavite11, figlio del docente universitario padovano Luigi, già suo professore, per consigliargli alcune letture utili ad « allargare la mente », a uscire « da un po’ di atonia dello spirito », a partecipare alle « lotte del pensiero moderno », in linea con il « sapientissimo » invito della Aeterni Patris (1879) di Leone XIII. In particolare lo invita a scegliere alcune tra le opere di filosofia teoretica e morale, generale e speciale, in latino e in italiano, pubblicate da Matteo Liberatore, senza peraltro trascurare i testi di Augusto Conti. I consigli al giovane Bellavite si prestano ad alcune considerazioni. La prima riguarda la rilevanza critica riconosciuta al Liberatore, del quale il Toniolo cita il Compendio di logica e metafisica, nonché le Istituzioni di etica e diritto naturale: le seconde edizioni, si noti, non le prime, ed esattamente quelle del 1871 e del 1876: lavori non in latino, ma entrambi tradotti in italiano da Giuseppe Liberatore. Non cita altri lavori: non, poniamo, Della conoscenza intellettuale (1857-1858), che contiene un’acuta confutazione del lamennaisismo, dell’ontologismo e del tradizionalismo; non le Institutiones philosophicae, più volte rimaneggiate rispetto alla prima edizione (1840-1842); e neppure il trattato Del composto umano (1862) o lo studio su La Chiesa e lo Stato (1871), dove è esposta la dottrina del diritto naturale nei confronti del giusnaturalismo: omissioni che si possono forse spiegare riconoscendo che i due titoli raccomandati dal Toniolo null’altro sono che degli specimina, mentre globale è l’apprezzamento per l’intero corpus delle opere liberatoriane, così come globale è il giudizio sull’autore: « semplice, chiaro, sanissimo ». Sarebbe perciò inutile moltiplicare i rinvii bibliografici. Ciò nondimeno, considerando che nel 1881 il Bellavite è privo di un metodo di studio e va alla ricerca di sicurezze intellettuali, in quanto sta attraversando una crisi d’identità, segnata dalla sfiducia in se stesso, i suggerimenti del Toniolo lasciano trasparire una funzionalità ‘pedagogica’ che, a sua volta, pone un altro problema: Liberatore sì, ma quale? Si è detto: non l’autore delle Institutiones philosophicae, ancorché 10 11
TSS, I, pp. 18-19. TLL, I, p. 76.
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di esse appaia proprio nel 1881 (l’anno della lettera) una « prima editio novae formae ad quam auctor superiores editiones redegit », dove la professione di fede tomistica del gesuita salernitano è fissata al 1840, giustificandosi i rimaneggiamenti posteriori al 1850 (le edizioni del 1842, 1845 e 1846 non differiscono in materia di cosmologia, antropologia e gnoseologia, e in realtà, come dimostra il Masnovo12, non comportano alcuna effettiva adesione al tomismo) con ragioni di mutata opportunità: infatti, negli anni ’40 la filosofia di s. Tommaso « sic humi iacebat, ut non pauci […] me insanum dicerent, quod eam in pristinum honorem restitui posse arbitrarer ». V’è da aggiungere che le Institutiones philosophicae sono un testo ‘problematico’ e, come tale, non si prestano allo scopo che il Toniolo si prefigge. Ma se accantoniamo il Liberatore delle Institutiones, altrettanto dobbiamo fare per quello degli Elementi di filosofia, non riscontrandosi nelle prime due edizioni (1848 e 1850), che riflettono il pensiero liberatoriano dal 1845 al 1850, una più sicura adesione al tomismo, come ancora dimostra il Masnovo13. Rimane da chiedersi per quali eventuali altre ragioni tra le opere del Liberatore successive al 1850 il Toniolo si limiti a citarne due, anzi proprio quelle due, pur usando espressioni di generale apprezzamento per tutte. Come già si è accennato, Paolo Felice Bellavite non possiede ancora un metodo di studio e desidera solo indicazioni bibliografiche essenziali, che valgano a orientarlo. D’altra parte, lo stesso Toniolo segue nell’approccio ai « nuovi » temi del lavoro intellettuale il criterio della essenzialità. Nel suo Regolamento di vita annota infatti: « Userò temperanza nella scelta delle fonti: alcune ottime e principali, da studiarsi a fondo »; le restanti, « secondarie », da « consultarsi in via completiva »14. Ma se ciò vale in generale, vale anche nello specifico. Di conseguenza, se ne deve desumere che il Compendio di logica e metafisica, come pure le Istituzioni di etica e diritto naturale, sono, nel giudizio del Toniolo e in un approccio iniziale al pensiero liberatoriano, ‘fonti’ primarie appunto, e come tali da consigliare15. Meno agevole è intendere le ragioni dell’invito a leggere i libri di un eclettico come Augusto Conti16. È probabile che il Toniolo pensi non tanto al dissertare contiano sulla rinascita dello scolasticismo (che in vero non A. Masnovo, Il neo-tomismo in Iitalia (origini e prime vicende), Milano 1923, pp. 27-52. Ibid., pp. 34-41. 14 TSS, I, p. 20. 15 F. Manzalini, La bibliografia primaria di Giuseppe Toniolo:’un cantiere ancora aperto’, in Il pensiero economico italiano 22 (2014), pp. 163-182. 16 A. Conti, Il buono nel vero, o morale e diritto naturale, I-II, Firenze 1873; id., Il vero nell’ordine, o ontologia e logica, I-II, Firenze 1876; id., Il bello nel vero, o estetica, I-II, Firenze 1877. Cfr. A. Lantrua, La filosofia di Augusto Conti, Padova 1955. Cfr. Storia delle storie della filosofia, V: Il secondo Ottocento, a cura di G. Santinello – G. Piaia, Roma-Padova 2004, pp. 579-585. 12 13
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III. Introduzione
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dovrebbe sembrargli « sanissimo », dal momento che il Conti non esita ad accostare un Cornoldi17 o un Liberatore, e persino un Talamo, a Gioacchino Ventura, a sua volta collegato non solo con Gioberti, ma anche con Rosmini), quanto piuttosto alla speculazione sull’evidenza dell’essere e sull’ordine universale implicante sia l’aspetto relazionale sia quello gerarchico. Si noterà infine che il Toniolo suggerisce al Bellavite di prendere parte alle « lotte del pensiero moderno ». Il neotomismo offre a tale scopo armi intellettuali efficaci. Esso non implica accettazione passiva. Lungi dal proporsi come dato inerte, postula una disposizione spirituale al confronto con ciò che è altro da sé. Aspetto, questo, solo abbozzato dal Toniolo che attinge al pensiero del Liberatore e legge il Conti: abbozzato, ma presente18. Ed è appunto per l’esigenza di misurare la validità delle acquisizioni intellettuali dinanzi ai maggiori problemi del momento che, a poco a poco, matura il passaggio del Toniolo dal primo tomismo della Scuola napoletana e romana19 al secondo tomismo della Scuola di Lovanio20. Tale passaggio non produce alcuna cesura, nel senso che il Toniolo non misconosce, anzi continua ad apprezzare la « prima forma di rivendicazione delle schiette dottrine tomistiche congiunte ai nomi napoletani di Sanseverino, di Signoriello, di Liberatore, di Prisco ». Ciò non toglie che dopo la nascita della Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie (1893), più frequente diventi il richiamo al « tomismo aperto » del Talamo21, cui talora si associano i nomi del Rossignoli e del Pennacchio. Nel 17 Sul quale cfr. L. Malusa, Neotomismo e intransigentismo cattolico, I: Il contributo di Giovanni Maria Cornoldi per la rinascita del tomismo, Milano 1986. 18 Andrebbe studiato filologicamente, oltre che filosoficamente, anche l’influsso di L. Taparelli d’Azeglio, Saggio teoretico di diritto naturale appoggiato sul fatto, I-II, Napoli 18441845. Sembra significativo che in una lettera del 2 settembre 1910 a Rafael Rodriguez de Cepeda, giureconsulto e professore di diritto naturale all’Università di Valencia, il Toniolo accosti il Balbo al Taparelli e di entrambi scriva che « colle loro intuizioni filosofiche e colle loro induzioni storiche, quasi in virtù di una ispirazione profetica, anticiparono l’avvenire » (TLL, III, p. 244). 19 Su entrambe le scuole: R. Aubert, Aspects divers du néo-thomisme sous le pontificat de Léon XIII, in Aspetti della cultura cattolica cit., pp. 133-227. 20 BAV, Carteggi Toniolo, docc. 4261 (29 aprile 1904), 4264 (6 giugno 1904), 4265 (14 giugno 1905), 4658 (26 aprile 1906), 4967 (26 agosto 1907), 5788 (16 marzo 1910), 5801 (3 aprile 1910), 6093 (3 novembre 1911), 6489 (8 gennaio 1914), 6548 (19 maggio 1914): lettere del Mercier al Toniolo, per il commento delle quali mi permetto di rinviare al mio articolo Neotomismo e prospettive culturali nel carteggio inedito Toniolo-Mercier (1904-1914), in Orientamenti sociali 35 (1980), 2, pp. 81-101. 21 Salvatore Talamo (1854-1932) è autore di un lavoro molto apprezzato dal Toniolo: L’aristotelismo della scolastica nella storia della filosofia. Considerazioni critiche, Napoli 1873. È significativo che Giovanni Gentile e Gaetano Salvemini, per diverse ragioni critici severi della neoscolastica, esprimano un giudizio positivo sul Talamo. In particolare, G. Gentile (Le origini della filosofia contemporanea in Italia, III: I neokantiani e gli hegeliani, Messina 1921,
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tempo forte di questo secondo neotomismo la ragione non è strumento di passiva « acquiescenza a verità conosciute e dimostrabili, più che di iniziativa e di riforma critica », come vorrebbe il Troeltsch22, che in tale giudizio eccessivamente dilatato e generalizzato imprigiona tutta la filosofia messa in auge da Leone XIII; è invece strumento di scavo speculativo, di feconda iniziativa intellettuale, di riforma critica23, come notano Sofia Vanni Rovighi24 e Marino Gentile25. Negli anni di permanenza al Santa Caterina il Toniolo si avvicina pure (con cautela) agli scritti di Francesco Soave, il celebre ma discusso padre somasco autore di alcuni fortunati manuali, come le Istituzioni di logica, metafisica ed etica26, precedute da un Compendio di storia della filosofia. Seguace dell’empirismo e del sensismo, il Soave è critico del kantismo (La filosofia di Kant esposta ed esaminata)27 e dell’idealismo fenomenistico di Destutt de Tracy, la qual cosa suscita il severo giudizio del Rosmini, che di lui scrive: Nel Regno Lombardo-Veneto, il P. Soave, colle più pure intenzioni, ha fatto un gran danno, diffondendo per tutto il Condillacchismo, e riducendo la filosofia ad una tenuità compassionevole, che, mentre adesca il volgo coll’apparente facilità, ingenera la presunzione e la vana credenza di esser filosofi in quelli che nol possono essere né saranno giammai, e fa nascere il disprezzo per le grandi questioni superiori alla loro mediocrità loquace e sentenziosa28.
Compiuti gli studi ginnasiali e liceali, il Toniolo si iscrive alla Facoltà politico-legale dell’Università di Padova (1862), entrando così in un prestigioso ambiente di studiosi liberal-moderati, tra i quali Angelo Messedaglia, titolare della cattedra di economia politica. Di grande reputazione godono pure Giambattista Pertile, Giampaolo Tolomei e Luigi Bellavite, docenti rispettivamente di diritto ecclesiastico, filosofia del diritto e diritto civile austriaco. Con essi il Toniolo inizia il suo apprendistato accademico e prende ad acquisire gli strumenti del lavoro scientifico, cominciando a pp. 162-165) lo ritiene l’unico « serio e profondo » rappresentante del movimento in Italia. Cfr. pure A. Piolanti, Talamo, Salvatore, in Enciclopedia cattolica, XI, coll. 1709-1710. 22 E. Troeltsch, Le dottrine sociali delle Chiese e dei gruppi cristiani, I: Cattolicesimo primitivo e cattolicesimo medioevale, Firenze 19492, pp. 329-462. 23 TDC, I, pp. 15-172; TDC, II, pp. 5-282; TDI, I, pp. 1-198. 24 S. Vanni Rovighi, Discussione, in Aspetti della cultura cattolica cit., pp. 241-243. 25 M. Gentile, Discussione, in Aspetti della cultura cattolica cit., pp. 288-291. 26 Napoli 1823-[1824]. 27 Modena 1803. 28 A. Rosmini, Nuovo saggio sull’origine delle idee, I, a cura di F. Orestano, Roma 1934, p. 98 nt. 1. Cfr. E. Garin, Storia della filosofia italiana, III, Torino 19783, p. 1037; inoltre, cfr. Rosmini e l’economia, a cura di F. Ghia – P. Marangon, Trento 2015 (i contributi di Luciano Malusa, pp. 57-73; Gianni Picenardi, pp. 89-114; Christiane Liermann, pp. 173-190; Gabriele Nicoli, pp. 191-204; Michele Nicoletti, pp. 205-224; Paolo Marangon, pp. 225-237).
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III. Introduzione
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riflettere sui tre elementi che concorrono a formarne i capisaldi: quello morale, l’economico e il logico. Dalla morale e dall’economia il Bellavite attinge « la materia della legge, [che] ne determina lo spirito; per cui quando [tacciono] i riguardi morali [ed economici] il diritto è ridotto puramente a una regola destinata a togliere l’incertezza ». Ne consegue che, in assenza dell’elemento morale, manca la base interiore della legge29. Profondo conoscitore dei grandi giureconsulti tedeschi, sia della Scuola filosofica, in particolare Thibaut e Gönner, sia di quella storica, specialmente Möser30, Niebuhr31 e Savigny32, Bellavite cerca di contemperare il metodo dogmatico con l’esegetico, aggiungendovi quello storico, cui finisce con l’attribuire la prevalenza, « offrendo di ogni istituto giuridico la genesi e le fasi successive fino agli ultimi risultamenti del presente »33. Dal canto suo Giambattista Pertile, già professore di diritto ecclesiastico a Pavia (dove ha impartito l’insegnamento del diritto canonico « corroborato da nozioni, più o meno ampie, relative alle norme civili in materia ecclesiastica »), si ispira al metodo dogmatico e pratico integrato con l’esegesi. Egli esordisce con una sezione propedeutica comprendente i fondamenti della materia. Passa quindi a una parte speciale « che discende ai particolareggiati instituti, ne svela l’essenza e ne chiarisce i rapporti giuridici dalla legge ecclesiastica determinati ». In tema di relazioni tra società civile e società religiosa, riassume il suo pensiero non già nella formula 29 L. Bellavite, Dell’elemento morale, economico e logico nel diritto privato. Discorso nella R. Università di Padova letto il 16 novembre 1869 per l’occasione dell’apertura degli studi, Padova 1869, p. 4. 30 Justus Möser (1720-1794) scrisse una Osnabrückische Geschichte, incompiuta. L’introduzione generale fu pubblicata a Osnabrück nel 1768 (una nuova e accresciuta edizione, in due parti, uscì a Berlino nel 1780); la terza parte venne edita postuma nel 1824, a cura di C. Stuve. 31 Barthold Georg Niebuhr (1776-1831), fondatore del metodo critico-filologico nella storia, condivise con Möser « l’ignoranza delle rappresentazioni religiose come forza storica ». Storiografo reale (1810) di Prussia, dal 1823 insegnò storia antica a Bonn. L’opera maggiore fu la Römische Geschichte. Cfr. E. Fueter, Storia della storiografia moderna, Milano-Napoli 1970 [edizione riveduta e corretta di quella postuma del 1936; traduzione di A. Spinelli], pp. 595-602. 32 Friedrich Carl von Savigny (1779-1861), giurista tedesco, professore universitario a Marburgo (1803), a Landshut (1808) e a Berlino (1810), fondatore della cosiddetta Scuola storica del diritto, è autore della Geschichte des römischen Rechts im Mittelalter (6 voll., 18151831), in cui prende posizione contro la concezione illuministica della forza creatrice del dispotismo illuminato, nega che il diritto possa derivare da un arbitrio legislativo, difende la teoria della sua origine dallo spirito del popolo e insiste sull’importanza della consuetudine e della tradizione. Tra le altre opere: Das Recht des Besitzes (1803); Vom Beruf unserer Zeit für Gesetzgebung und Rechtswissenschaft (1814); System des heutigen römischen Rechts (18401949); Vermischte Schriften (1850); Das Obligationenrecht als Theil des heutigen römischen Rechts (2 voll., 1851-53) 33 G. Tolomei, Commemorazione del professore Luigi Bellavite letta nel giorno 8 dicembre 1885 nell’aula magna della R. Università di Padova, Padova 1886, p. 9.
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cavouriana « libera Chiesa in libero Stato », bensì nel motto « libera Chiesa e libero Stato », onde significare la distinzione nella concordia, l’indipendenza nelle rispettive sfere d’azione e il sistema concordatario negli « affari misti »34. Rifiuta una troppo rigorosa interpretazione tanto delle teorie fondate sulla potestas indirecta in temporalibus, quanto di quelle poggianti sugli iura circa sacra. Parimenti si professa contrario al regio placet, a meno che delle circostanze imprevedibili e straordinarie non richiedano l’uso di mezzi essi pure straordinari, « e però anche di questo ». Contrario all’indifferentismo religioso, distingue tra errore ed errante, e mentre nei confronti del primo non ammette indulgenza, verso il secondo raccomanda carità. Prendendo le mosse dal concetto evangelico di tolleranza, che descrive come « condizione d’un animo che disapprova, ma non agisce contro l’oggetto disapprovato », distingue tra una necessaria intolleranza dogmatica e un’altrettanto doverosa tolleranza caritatevole. Infine, pur duttile e ‘liberale’35, non accede al diritto di ciascun uomo di professare la propria fede in nome della libertà di coscienza36. Nel suo Corso elementare di giurisprudenza ecclesiastica (opera in tre volumi pubblicata a Padova tra il 1861 e il ’62, per i tipi del locale seminario vescovile) combatte il razionalismo giuseppinista e lo spirito voltairiano, mutuando argomenti da Ferdinand Walter e George Phillips, e risentendo altresì dell’indirizzo riformatore ultamontano. Il che non gli impedisce di apprezzare l’erudizione del gallicano Fleury e la serietà scientifica del protestante Richter, come pure i contributi del Gitzler e del Mayer, del Pehem e del Droste-Hülshoff, nonché quelli dello Schulte e del Fagnani, del Pirhing e del Cabassut, del Reiffenstuel e del Van Espen. Si appella inoltre all’autorità del Görres, che, nell’orizzonte culturale degli Historisch-politische Blätter, ripropone dalla cattedra di Monaco la sintesi cristiana del tomismo. Da questo momento nasce l’interesse del Toniolo per lo studioso tedesco, e quanto tale interesse sia destinato a crescere in lui è dimostrato anche dal fatto che cercherà di riproporre in Italia l’esperienza della « Görres-Gesellschaft zur Pflege der Wissenschaft im katholischen Deutschland » (fondata a Coblenza il 25 gennaio 1876 con il compito di promuovere la ricerca nei diversi campi dello scibile) e di modellare su di essa la Società cattolica italiana per gli studi scientifici37, costituita nel 34 G. Zordan, Giambattista Pertile (1811-1884), in Storia dell’altipiano dei sette comuni. Economia e cultura, Vicenza 1996, pp. 205-206. 35 A. Gambasin, Il clero padovano e la dominazione austriaca (1859-1866), Roma 1967, pp. 215-223. 36 Zordan, Giambattista Pertile cit., p. 212. 37 A. Gambasin, Origini, caratteri e finalità della Società cattolica italiana per gli studi scientifici, in Aspetti della cultura cattolica cit., pp. 535-568, ristampato col titolo La Società cattolica italiana per gli studi scientifici e la crisi culturale di fine Ottocento, in id., Religione e società dalle riforme napoleoniche all’età liberale. Clero, sinodi e laicato cattolico in Italia,
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III. Introduzione
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settembre 1899 e votata a un sostanziale insuccesso, nonostante l’impegno profuso dal Toniolo, e non solo da lui38. Su altri aspetti (aderenza al documento, scrupolo filologico, contestualizzazione, sistematicità espositiva) pone invece l’accento Antonio Pertile, autore di una Storia del diritto italiano dalla caduta dell’impero romano alla codificazione, opera in sei volumi articolati in otto tomi (1873-1887), la cui importanza è forse paragonabile a quella dell’Eichhorn (Deutsche Staats- und Rechtsgeschichte, 1808-1823) in Germania, ancorché il lavoro non sia privo di talune « debolezze dottrinali », che però non ne riducono l’importanza quale « fonte capitale per lo studio della legislazione italiana intermedia »39. Del pari rilevante, ma su un altro piano, è il magistero di Giampaolo Tolomei, che ritiene « suprema missione di tutte le scienze » la scoperta del vero, precisando che il vero « sopra ogni altro eccellente » è quello che « non illumina soltanto lo intelletto, ma tocca il cuore, dirige la volontà; quel vero che all’ordine morale si appartiene ed è quindi a tutti gli uomini comune ». Ciò spiega movendo da un concetto antropologico che possiamo senz’altro ritenere di derivazione aristotelico-tomistica: « È l’uomo un ente, che risulta dall’unione sostanziale di un’anima spirituale ed immortale con un corpo materiale e mortale; che ha da Dio l’essere e l’esistere per un ultimo fine da conseguirsi da lui oltre il tempo e lo spazio nella vita futura, e pel quale ha le norme e i mezzi ». Essendo « ente sensitivo ed insieme dotato d’intelligenza e di libero volere », l’uomo « tende costantemente alla ricerca del vero e del bene, quantunque [incline] a cogliere l’errore e il male »40. La sua mente è « spinta a cercare di continuo l’essere infinito, il sommo vero: quello è l’obbietto della sua tendenza, quello l’obbietto delle sue compiacenze ». La volontà che si manifesta in lui non può « appetire Padova 1974, pp. 217-259; P. Vian, Giuseppe Toniolo e la Società cattolica italiana per gli studi scientifici. I rapporti con gli eruditi ambrosiani e vaticani (Ehrle, Mercati, Ratti: 1897-1900), in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, XIX, Città del Vaticano 2012, pp. 569-637. 38 BAV, Carteggi Toniolo, docc. 4261, 4264, 4265, 4823, 4967. Toniolo interessa al problema anche Salvatore Minocchi, che avanza delle riserve. Cfr. V.14, V.15. 39 Antonio Pertile (1830-1895), agordino, studiò nel collegio veneziano di S. Caterina, dove ebbe per maestro mons. Luigi Dalla Vecchia. Proseguì gli studi a Vienna e a Graz, riuscendo a iniziare una carriera amministrativa presso il Ministero della pubblica istruzione, prima come praticante (1852), poi come aggiunto (1854). Nel 1855 si laureò a Padova in diritto civile e canonico. Istituita nel 1857 una cattedra di storia del diritto a Pavia e una a Padova, fu chiamato a ricoprire la seconda. Tra il 1865 e il ‘66 assunse anche l’insegnamento del diritto commerciale e, più avanti, l’incarico di un corso di lezioni introduttive allo studio delle scienze giuridiche. Fu stimato da Vittorio Polacco, Nino Tamassia (che gli succedette sulla cattedra) e Attilio Brunialti. Cfr. E. Cortese, Pertile, Antonio, in Dizionario biografico dei giuristi italiani, II, Bologna 2013, pp. 1550-1553; S. Tabacchi, Pertile, Antonio, in DBI, 82 (2015), pp. 523-526. 40 G. Tolomei, Corso elementare di diritto naturale o razionale, I, Padova 1855, p. 65.
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che ciò che le si presenta sotto forma di bene, ed è costretta » ad « avversare quanto ha sembianza di male ». Insieme con la volontà opera la « spirituale libertà », che consiste nella possibilità di scegliere tra vari beni. La libertà è « dote della volontà, per cui questa non viene determinata da nessuna cagione diversa dal principio che vuole ». L’uomo è libero quando « indirizza lo intelletto al vero e lo conquista, cioè vince l’ignoranza e l’errore, e non si lascia fare schiavo alla loro signoria: quando indirizza la volontà al bene e vi aderisce »41. Quanto ad Angelo Messedaglia, Toniolo non esita ad affermare che lo « venera », come del resto « venera » Luigi Cossa. La chiamata simultanea dei due economisti nel 1858 rispettivamente sulle cattedre di Padova e di Pavia segna una data decisiva nella storia della scienza economica in Italia. La loro presenza nell’insegnamento di quelle università, « allora sotto il reggimento austriaco, prometteva d’essere e fu veramente un ricollegamento del pensiero economico degli intellettuali al movimento generale della economia in Europa ». Rintracciata in Antonio Scialoja l’origine del loro « diretto e fecondo connubio », il Toniolo aggiunge che se il Cossa, « con una erudizione ignota prima di lui, coscienziosa e minutissima »42, fa da tramite tra la cultura italiana e la « letteratura scientifico-economica di tutto il mondo », l’altro, il Messedaglia, pone « addentro […] ai massimi problemi economici ed ai loro metodi », insegnando « a dominarli dal punto di vista superiore della scienza universale ». L’universalità « nella virtù comprensiva del vero », sorretta da « adeguata cultura enciclopedica », costituisce il motivo che rende « impareggiabile » il suo magistero, del quale è caratteristico quell’amor intellectualis che sollecita a confrontare i risultati specialistici delle ricerche inerenti alle discipline insegnate (economia, statistica, scienza della finanza e scienza della pubblica amministrazione, i cui corsi fa precedere da lezioni propedeutiche di « scienza delle costituzioni ») con quelle di altre discipline, nella convinzione che, essendo pur legittimo, anzi necessario, indagare con metodologie specifiche su problemi specifici, nessuna scienza morale e sociale può avanzare pretese di autosufficienza. È ben vero che anche Romagnosi parla di « scienza dell’amministrazione », ma lo fa identificandola sostanzialmente con il diritto amministrativo, « nella prospettiva della naturale razionalità dell’organizzarsi della società nello stato, e dunque della sufficienza e
41 G. Tolomei, La vera dignità dell’uomo richiede che la libertà dell’uomo si coordini all’autorità. Discorso inaugurale letto nell’I. R. Università di Padova per l’apertura di tutti gli studii il giorno 3 novembre 1853, Padova [1853], p. 7. 42 Cfr. M. Augello – F. Bientinesi, Luigi Cossa: i manuali di economia come catechesi sociale, in L’economia divulgata. Stili e percorsi italiani (1840-1922), I: Manuali e trattati, Milano 2007, pp. 203-231.
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della inevitabilità a tal fine del diritto amministrativo »43. Dal canto suo Messedaglia, distinguendo tra società e Stato, osserva che « l’individuo è l’unità elementare, per se stessa completa e indipendente dallo Stato: si può concepire l’individuo senza lo Stato, non questo senza quello. L’azione dello Stato è dunque ausiliaria a quella dell’individuo »44. Dove è da rilevare l’enfasi che il Messedaglia pone sull’individuo, a differenza del Toniolo che fa cadere l’accento sulla persona. Nei suoi scritti « non copiosi ma meditati » il Messedaglia reca « sempre una nota di originalità, derivante […] da questa ricchezza armonica di presidi di cui poteva valersi ». Siffatta fiducia nell’interazione di scienze diverse trova espressione nella critica che l’economista veronese porta alla teoria malthusiana della popolazione, « critica attinta ai dati e alle risultanze delle scienze etnografiche, storiche, cosmologiche, fisiologiche », e approdante a esiti che infirmano le « basi positive » della tesi stessa. In altre parole, e per sintetizzare, l’uso coordinato delle metodologie (nel suo caso il procedere « storico-osservativo, non sperimentale soltanto »)45 operanti all’interno delle scienze umane rappresenta l’eredità migliore del docente veronese. Ed è proprio in tale orizzonte che il Toniolo si riconosce suo debitore, aggiungendo che gli « ammaestramenti » da lui ricevuti, e soprattutto l’esempio dei « rigorosi metodi » costantemente seguiti in rapporto con le « più alte esigenze della indagine scientifica » (non l’indirizzo di « scuola liberale-individualistica » professato in economia, ancorché « temperatissimo », e anzi moderato « dal culto che egli apprestò ognora alle idee morali »), lo inducono a « riverire » in lui il suo vero maestro. Conclude asserendo che « come nella storia delle scienze economiche e sociali » Messedaglia lascia tracce indelebili, così non v’è « certamente alcuno, e men che mai quest’ultimo fra i suoi discepoli », che non senta « il dovere di professare pubblicamente all’indimenticabile maestro ammirazione e riconoscenza imperiture »46. 43 Su questo aspetto cfr. C. Mozzarelli – S. Nespor, Giuristi e scienze sociali nell’Italia liberale. Il dibattito sulla scienza dell’amministrazione e l’organizzazione dello stato, prefazione di S. Cassese, Venezia 1981, p. 29, nt. 1. 44 A. Messedaglia, Della necessità di un insegnamento speciale politico-amministrativo e del suo ordinamento scientifico, Milano 1851, ristampato in id., Opere scelte di economia e altri scritti, I-II, Verona 1920-1921, pp. 209-307 (citazione a p. 231). 45 A. Pellanda, Angelo Messedaglia: tematiche economiche e indagini storiche, Padova 1984, p. 40. 46 G. Toniolo, Cenni commemorativi: Angelo Messedaglia, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie » 24 (1896), pp. 683-685, ristampato in TRF, pp. 480-484. Sull’economista veronese, oltre all’articolo di A. Cafarelli, Messedaglia, Angelo, in DBI, 73 (2009), pp. 779-784, cfr. G. Gullino, Per la biografia di Angelo Messedaglia: l’accademico e il docente (1855-1866), in Atti dell’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti 162 (2003-04), Classe di scienze morali, lettere ed arti, pp. 21-34; D. Parisi, Angelo Messedaglia economista in Parlamento: la statistica come fondamento della ricerca economica e dell’intervento attraverso
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Conseguita la laurea il 27 giugno 1867, su incoraggiamento e con l’appoggio del Bellavite e del Tolomei, del Messedaglia e del Luzzatti (nel frattempo divenuto straordinario di diritto costituzionale), Toniolo intraprende la carriera universitaria. Il 28 dicembre 1868 è nominato assistente alla cattedra giuridico-politica e confermato per i successivi quattro anni. Nel 1872-73 supplisce il Tolomei nel corso di diritto filosofico, mentre con decreto ministeriale 30 agosto 1873 gli viene conferita l’abilitazione alla docenza privata dell’economia politica47. Segue l’assegnazione di una supplenza nella medesima disciplina. Nel frattempo, è nominato professore reggente di economia politica, statistica e diritto amministrativo nel R. Istituto tecnico di Venezia (1874), conseguendo la definitiva conferma nel 1876. Il 20 marzo 1878, in seguito a vincita di concorso, ottiene la cattedra di economia politica all’Università di Modena, ma la ricopre per breve tempo. Infatti, con decreto ministeriale del 13 gennaio 1879 viene trasferito all’Università di Pisa, dove rimarrà per il resto della vita48. III. 2. Limiti e crisi del modello liberistico Il 5 dicembre 1873 Giuseppe Toniolo legge al Bo la « prelezione » Dell’elemento etico quale fattore intrinseco delle leggi economiche, manifestando la sua adesione ad alcuni recenti criteri ‘scientifici’ del Messedaglia e del Luzzatti, nei quali gli sembra di avvertire l’esigenza di un ripensamento, se non di una una revisione, del modello liberistico postunitario. Tali orientamenti costituiscono, come vedremo, la premessa del suo discorso, mentre le argomentazioni si intrecciano con un’altra premessa, questa volta da lui elaborata: quella che fa del laissez faire un’emanazione non tanto dell’antropocentrismo, quanto dell’individualismo, e di quest’ultimo una vera e propria filosofia dell’individuo (uno in sé stesso, non diviso, indiviso). Con la dottrina del laissez faire lo Stato non interviene: si limita a ‘tutelare’ notarilmente gli agenti, onde permettere che gli interessi del singolo (homo oeconomicus) si accordino col profitto generale, e questo con il benessere sociale, aprendo la strada a forme estreme di liberalile istituzioni, in Gli economisti in Parlamento 1861-1922. Una storia dell’economia politica dell’Italia liberale, II, a cura di M. Augello – M. E. L. Guidi, Milano 2003, pp. 159-178; P. Pecorari, Epistemologia della conoscenza scientifica e sapere economico nel carteggio inedito Messedaglia-Luzzatti (1861-1901), in Europa e America nella storia della civiltà. Studi in onore di Aldo Stella, a cura di id., Treviso 2003, pp. 391-410; A. M. Bocci Girelli, Angelo Messedaglia e la questione dell’istruzione pubblica in Italia, in Studi storici Luigi Simeoni 54 (2004), pp. 281-312. 47 AUP, Cronaca della Facoltà giuridico-politica dal 1856 al 18[77], f. 132r. 48 Non solo economia politica, ma anche, per incarico, statistica (cfr. G. Toniolo, Lezioni di statistica, a cura di S. Burgalassi, Milano 1988, pp. XI-XLIX. Il Burgalassi ripropone il testo riveduto e corretto delle lezioni del 1912, « ad uso degli studenti »).
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smo filosofico (e di liberismo economico), come ad esempio il capitalismo monopolistico nelle versioni del monopolio puro dal lato dell’offerta, del monopsonio puro dal lato della domanda e del monopolio bilaterale: deviazioni dal corretto funzionamento del mercato, che il Toniolo respinge nettamente, in blocco. Soffermiamoci sulle coordinate di riferimento da cui muove, ricordando anzitutto che con l’Unità il modello liberistico viene imposto a tutto il Paese. Ciò causa numerosi e gravi contraccolpi socio-economici nelle varie regioni, il più rilevante dei quali è la crisi dell’industria meridionale, sia di quella più avanzata, sia di quella domestica e artigianale49. Ne deriva un ulteriore impoverimento delle classi rurali, le quali, da autoconsumatrici « di prodotti tessili, di prodotti ausiliari dell’agricoltura o dell’artigianato locale », si trasformano in potenziali, e a volte anche attuali, « clienti della grande industria », allargando il mercato nazionale. L’introduzione del liberismo favorisce l’esportazione dei prodotti agricoli specializzati: olio, vino, agrumi, con effetti almeno in qualche misura compensativi della « distruzione dell’apparato industriale », dato che l’incremento dell’export si verifica in una fase (o periodo) di prezzi crescenti sul mercato internazionale. Il fenomeno incide sull’aumento « del reddito agrario, della produzione e delle entrate degli agricoltori ». Secondo le elaborazioni dell’Istituto centrale di statistica (Istat), accolte da Rosario Romeo50, ma contestate, per esempio, da Mario Romani51, se « l’agricoltura riesce a tenere il passo con progressi di settori naturalmente più dinamici come l’industria e i servizi (a eccezione dell’ultima fase, quando già si avvertono i primi sintomi della crisi agraria), ciò si deve a un periodo di sviluppo […] eccezionale », ond’è che proprio « per la vastissima incidenza del settore agricolo nella economia del paese, questo incremento [ha] influssi assai più rilevanti dei contemporanei progressi di quegli altri settori »52. Chi beneficia del maggior reddito prodotto? Essendo l’agricoltura italiana in gran parte legata a « vecchi tipi di rapporti strutturali », per essere 49 K. R. Greenfield, Economia e liberalismo nel Risorgimento. Il movimento nazionale in Lombardia dal 1814 al 1848, con un saggio introduttivo di R. Romeo, Bari 19642; L. De Matteo, Una “economia alle strette” nel Mediterraneo. Modelli di sviluppo, imprese e imprenditori a Napoli e nel Mezzogiorno dell’Ottocento, Napoli 2013; id., Il “ritardo” del Mezzogiorno dai Borbone a oggi. Un recente volume, i rituali politico-cultural-mediatici del nostro tempo, la storiografia economica, in Storia economica 16 (2013), pp. 395-471. 50 R. Romeo, Risorgimento e capitalismo, Roma-Bari 19785, pp. 85-184. La prima edizione è del 1959. 51 M. Romani, Un secolo di vita agricola in Lombardia (1861-1961), Milano 1963, pp. 3047; id., Storia economica d’Italia nel secolo XIX (1815-1882), a cura di S. Zaninelli, Bologna 1982, pp. 245-284. Sulle tesi del Romeo cfr. G. Pescosolido, L’andamento della produzione agraria durante il primo ventennio postunitario, in Nuova rivista storica 63 (1979), pp. 33-144. 52 Romeo, Risorgimento e capitalismo cit., p. 109.
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rimasta sostanzialmente estranea alla rivoluzione agraria avvenuta nelle Fiandre e in Inghilterra, i vantaggi vanno in massima parte ai proprietari terrieri o ai capitalisti agrari, non ai « coltivatori diretti della terra »53. È peraltro da puntualizzare che l’accresciuto reddito agrario viene falcidiato dalla politica tributaria della Destra54. Tale « legale confisca » è severamente criticata da Stefano Jacini, perché colpisce il settore primario che, a suo giudizio, andrebbe potenziato. Da un certo punto di vista, però, Jacini sbaglia, ‘prigioniero’ com’è del teorema ricardiano dei costi comparati, secondo il quale « per la felicità del genere umano è quasi tanto importante che i nostri godimenti vengano aumentati da una miglior distribuzione del lavoro (in modo che ciascun Paese produca quei beni per i quali la sua situazione, il suo clima e gli altri suoi vantaggi naturali o artificiali lo rendano adatto, e in modo che scambi questi beni con quelli di altri Paesi), quanto che tali godimenti vengano accresciuti da un aumento nel saggio dei profitti »55. In altri termini, nutrendo una « vocazione agricola », l’Italia dovrebbe limitarsi a esportare prodotti della terra e a importare prodotti industriali, rinunciando a industrializzarsi. In versione più sfumata, la crescita nazionale dovrebbe avvenire « gradualisticamente, progredendo dall’agricoltura alle industrie a base rurale, per procedere verso quelle ramificazioni manifatturiere ad alto contenuto di trasformazione, per le quali si [viene] formando via via la competenza tecnica »56. Tesi, questa, condivisa da pressoché tutta la classe dirigente risorgimentale italiana57, anche se il liberoscambismo pragmatico e strumentale di un Cavour non può venir confuso con quello anti-industrialista di un Capponi, e nonostante il crescente deficit della bilancia commerciale. D’altra parte, lo Stato investe in infrastrutture, e ciò non tanto (o non solo) per ragioni economiche, quanto piuttosto per finalità politiche. Sempre secondo le serie storiche dell’Istat, nei primi vent’anni di vita del Paese « il prodotto netto dell’industria dei servizi e dei trasporti » aumenta « molto più rapi R. Romeo, L’Italia unita e la prima guerra mondiale, Bari 1978, p. 69. Cfr. A. Plebano, Storia della finanza italiana nei primi quarant’anni dell’unificazione, I, Padova 1960, pp. 42-325; G. Marongiu, Storia del fisco in Italia, I: La politica fiscale della Destra storica (1861-1876), Torino 1995, pp. 45-288. 55 D. Ricardo, The Works and Correspondence, ed. P. Sraffa, I, Cambridge 1951, p. 169. 56 L. Cafagna, Dualismo e sviluppo nella storia d’Italia, Venezia 1989, p. 386. Cfr. G. Luzzatto, L’evoluzione economica della Lombardia dal 1860 al 1922, in La Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde nell’evoluzione economica della regione 1823-1923, Milano 1923, pp. 449-511. 57 G. Mori, Osservazioni sul libero-scambismo dei moderati nel Risorgimento, in id., Studi di storia dell’industria, Roma 1976, pp. 33-36. 53
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damente di quello dell’industria manifatturiera »58. In una logica analoga si muovono i capitali stranieri, soprattutto francesi59. I primi e forse più efficaci ‘attacchi’ al modello liberistico postunitario vengono da parte di Luigi Bodio60, il quale non solo rileva come il valore delle importazioni superi quello delle esportazioni per tutte le categorie comprendenti merci delle più varie manifatture, ma pure « per la massima parte delle categorie raggruppanti prodotti agricoli e materie prime derivanti dall’agricoltura »61, con l’esclusione di quelle relative ai vini e agli oli, ai marmi e agli zolfi, nonché alle sete grezze o semilavorate: il tutto per un risultato globale che vede le importazioni superare di oltre il 40 per cento le esportazioni62. Per tacere del paradosso che, sovente, le merci importate non costituiscono « affatto il prodotto di materie prime peculiari » del Paese esportatore, bensì, « al contrario, il frutto dell’elaborazione di materie prime di cui l’Italia stessa [è] larghissima esportatrice, e talora anche privilegiata produttrice »63. Tipici i casi dei tessuti di seta, dei prodotti chimici derivati dallo zolfo, dei metalli tratti dai minerali sardi di zinco e piombo64. Considerazioni non dissimili svolgono Cesare Correnti e Pietro Maestri, Giovanni Cappellari della Colomba e Vincenzo Rossi, ma è solo con Luigi Luzzatti e con la Scuola lombardo-veneta che la denuncia dei limiti del modello liberistico si traduce in analisi e l’analisi in programma politico-economico. Il Luzzatti infatti argomenta che se il saldo dell’interscambio commerciale con l’estero impone una « crescente ipoteca sulla produzione futura » del Paese, esso grava del carico degli interessi l’intero organismo economico nazionale. Evidentemente, « lo sbilancio fra l’importazione e l’esportazione [ha] da noi un significato diverso che altrove. Negli altri Stati [...] si risolve in un modo di compensare e di completare gli elementi della reciproca produttività, e ciò tanto più quanto più si amplia il movimento commerciale. In Italia [...] è indice di reale indebitamento, sia per il consistente difetto di materie prime onde si acui[sce] la domanda, sia in quanto a compensare lo sbilancio si esportano merci che sono vere materie prime »65. Il Luzzatti ne evince la necessità di riformare Romeo, L’Italia unita cit., p. 70. P. Milza, Les investissements français en Italie, 1860-1900, in Revue internationale d’histoire de la banque 16 (1978), pp. 150-170. 60 L. Bodio, Saggio sul commercio estero, terrestre e marittimo del Regno d’Italia negli anni 1862 e 1863, Firenze 1865. 61 G. Are, Il problema dello sviluppo industriale nell’età della Destra, Pisa 1965, p. 167. 62 Bodio, Saggio sul commercio estero cit., p. 8. 63 Are, Il problema dello sviluppo industriale cit., p. 169. 64 Cfr. Bodio, Saggio sul commercio estero cit., pp. 45-46, 59-66, 95-103. 65 LMC, I, p. 281. Di questi aspetti ho trattato diffusamente nel mio volume Il protezionismo imperfetto. Luigi Luzzatti e la tariffa doganale del 1878, Venezia 1989 (Biblioteca luzzattiana. Fonti e studi, 1), pp. 39-171. 58 59
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la tariffa doganale e di rinegoziare i trattati di commercio con la Francia, la Svizzera e l’Austria-Ungheria. Con quali finalità: fiscali o industriali? Consideriamo alcune tesi. Sulla matrice protezionistica della tariffa generale del 1878 insiste, ad esempio, il Benini, calcolando una media del 9 per cento sul valore delle merci importate e giungendo a stimare minori gli inasprimenti del 1887 (media del 5 per cento). Come rileva Gino Luzzatto, le elaborazioni del Benini non sono attendibili, in quanto basate su un calcolo di tutte le voci, laddove la tariffa dell’87, pur essendo più articolata e dettagliata della precedente, mira ad « assicurare una protezione, quasi proibitiva, a un gruppo limitato di prodotti, specialmente delle industrie tessili, metallurgiche e meccaniche »66. È da aggiungere che l’analisi beniniana si inquadra in un disegno di politica economica tendente a giustificare l’extraprofitto degli imprenditori e a precisare gli ambiti di responsabilità dello Stato, vincendo ogni residua timidezza di fronte ai miti concettuali dell’ortodossia liberista. Diversamente dal Benini, il Monzilli giudica un « gravissimo errore » l’attribuzione di obiettivi protezionistici alla tariffa del 1878. L’idea guida sarebbe solo fiscale, pur non escludendo che, sul piano operativo, si sia cercato di adattare la riforma alle « condizioni produttive del paese ». Quello « del 1878 – egli scrive – non potea essere […] e non fu un regime di protezione nel senso vero [del] vocabolo; esso dovea dare e diede di fatto novello impulso al movimento ascendente delle entrate doganali »67. Una qualche maggiore problematicità interpretativa va riconosciuta al Sombart (scolaro del Toniolo a Pisa dal 19 marzo al 31 maggio 1883), che, in un saggio del ’92 (edito in traduzione italiana nel ’96), muove dalla costatazione che la « nuova Italia » è e resta un Paese agricolo per tutti gli anni ’60, e anche oltre. Ciò sarebbe stato percepito dalla classe dirigente come una lacuna, una mancanza, che la politica commerciale avrebbe dovuto colmare. Si manifesterebbe qui il carattere atipico del revisionismo doganale italiano, a fronte di una reazione protezionistica verificatasi in altri Stati europei, non tralasciando di osservare che la tariffa del ’78 porta, sotto questo profilo, i segni dell’incompletezza. Sul piano sostanziale, il suo elemento caratterizzante sarebbe quello fiscale, con esiti complessivamente « buoni », mentre sotto l’aspetto economico gli interessi della produzione si sarebbero armonizzati con i motivi fiscali. Per un « foggiamento sistematico » sarebbe stato necessario rinsaldare i legami con la Germania68.
G. Luzzatto, L’economia italiana dal 1861 al 1894, Torino 1968, pp. 174-175. A. Monzilli, Studi di politica commerciale, Città di Castello 1895, p. 87. 68 W. Sombart, La politica commerciale dell’Italia dall’unificazione del regno, in BDE, s. IV, I, pt. I, Torino 1896, pp. 245-320. 66 67
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Alla vis medicatrix tedesca si richiama pure il Cognetti de Martiis, accedendo alla tesi della opportunità di una inversione di tendenza rispetto alla politica commerciale liberista perseguita dagli epigoni di Cavour, politica da valutare tenendo conto della clientela attiva e passiva, come pure dell’andamento dei prezzi e delle mercedi. Col Cognetti concorda Bonaldo Stringher69, il quale insiste sulla natura tecnica, finanziaria e insieme economica della riforma doganale del ’78. Egli fa notare che la correlazione tra indirizzo protettivo della politica commerciale e potenziamento dell’apparato industriale deriva da una sistemazione teorica nella quale le giovanili ascendenze ferrariane dello Stringher si consumano per effetto della lezione storicistica proveniente dalle successive sue esperienze nel seminario statistico del Bodio, dagli studi sui rapporti finanziari complessivi del Paese con gli altri Paesi, dalle indagini sull’andamento dei cambi e della bilancia dei pagamenti. Quanto al Luzzatti, sostiene che i trattati a tariffe favoriscono lo svolgersi dei rapporti economici internazionali, traendo « qualità e modo dalle condizioni e vocazioni economiche dei paesi che li stipulano ». È invece erroneo « credere che i trattati di commercio modifichino o alterino profondamente e rapidamente il tipo economico dei popoli »; di solito lo « assecondano e, solo assecondandolo, lo fortificano e lo migliorano ». Lo proverebbero le relazioni economiche tra la Francia e l’Italia dopo il ‘63, quando « mutano le cifre e le proporzioni », ma il tipo economico rimane il medesimo almeno fino al ’73. Cresce peraltro il volume globale delle merci scambiate sia in relazione al commercio generale, sia a quello speciale. Sulla base di queste valutazioni, il Romeo stima che negli anni 1862-73 le esportazioni italiane in Francia abbiano avuto la seguente composizione percentuale: prodotti naturali o materie prime: 62 per cento; prodotti alimentari: 23 per cento; prodotti manufatti: 11 per cento; merci non nominate: 4 per cento. Nessun dubbio che i tipi economici del Luzzatti siano alquanto generali e indeterminati, tuttavia la denominazione di prodotti naturali o materie prime va riferita specialmente ai prodotti agrari. Nel porre l’accento sul volume delle esportazioni (sia francesi in Italia, che italiane in Francia), Luzzatti usa una delle argomentazioni classiche dei liberisti in difesa del trattato del ’63, ma non ripete il giudizio apo69 Bonaldo Stringher (1854-1930), nato a Udine, studiò dapprima all’Istituto tecnico « Antonio Zanon » della sua città, quindi alla Scuola Superiore di commercio di Venezia (Ca’ Foscari), dove si fece notare da Luigi Bodio e dove conseguì il diploma triennale della sezione commerciale. Chiamato a Roma dal Bodio, fu nominato ufficiale straordinario di statistica. Nel 1884, con l’appoggio del Luzzatti, divenne capo dell’Ufficio per la legislazione doganale, quindi direttore generale delle Gabelle, ispettore generale del Tesoro, consigliere di Stato. Nel 1900 assunse la direzione generale della Banca d’Italia e nel 1928 fu nominato governatore. Cfr. F. Bonelli, Bonaldo Stringher 1854-1930, Udine 1985, pp. 20-145.
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dittico di quanti (ad esempio, il De Cesare) ritengono che l’ampliamento del mercato produca di per sé benefici effetti per l’economia del Paese. L’attenzione verte piuttosto sui contraccolpi negativi, prima del brusco passaggio da un regime di protezione daziaria « malsano e artificiale a quello della libertà », poi della « nuova orma sulla via del libero scambio » impressa appunto dal trattato di commercio italo-francese del ’63: e tali contraccolpi indica nella penalizzazione dello sviluppo industriale, specie nel Mezzogiorno, dove la svolta liberista, « improvvisa e violenta nei suoi effetti », conduce alla chiusura di numerose imprese (« chi avrà la pazienza mirabile di percorrere gli Atti dell’inchiesta industriale vedrà più dense nel Mezzodì le croci dei morti seminate nel campo della produzione »), incapaci di reggere la concorrenza. « Le nostre industrie – scrive il Luzzatti nel dicembre 1877 – dovevano far fronte alle straniere nello sperimento del nuovo regime daziario in tristi condizioni; e quando si preparavano a rinnovare le macchine e gli ordinamenti tecnici dopo due anni di crisi, quali furono quelli dal 1863 al 1865, le colse d’improvviso il corso forzoso, il quale colla fluttuazione dell’aggio ha mutate in giuoco di sorte le più avvedute combinazioni dei traffici »70. Di conseguenza, l’introduzione del libero scambio è avvenuta in Italia « nelle condizioni più sfavorevoli che la storia registri ». D’altra parte gli sembra che non esista alcuna soluzione di continuità tra il disegno economico che la classe dirigente italiana cerca di attuare dopo il ’61 e il precedente disegno politico-economico del Cavour, ma – ripeto – non accede alla tesi che l’unificazione del mercato nazionale e il suo coordinamento con i mercati regionali europei offrano di per sé condizioni decisive per lo sviluppo industriale del Paese. Non contesta, beninteso, la funzione positiva della concorrenza (possibile anche all’interno del mercato nazionale), ma avverte la necessità di non trascurare altri fattori, tra i quali gli investimenti produttivi dei capitali, la ricerca applicata alle nuove tecnologie, la specializzazione dei prodotti. Alla politica doganale assegna compiti correttivi delle disuguaglianze e degli squilibri, entro un quadro di politica economica che vorrebbe organico e coerente, pur riconoscendo il carattere a volte per così dire obbligato di talune scelte contingenti. Gli sfugge nondimeno che i problemi non sono risolvibili in termini di combinazione tra liberismo commerciale, efficienza delle strutture finanziarie, sviluppo dei trasporti, in un contesto europeo, ma devono tenere conto dei profondi mutamenti che stanno verificandosi nell’economia mondiale soprattutto a seguito del progressivo consolidamento di una supremazia del mercato occidentale con baricentro atlantico, e ciò anche prescindendo dal ricorso a più o meno raffinati (ma forse talora un
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L. Luzzatti, L’inchiesta industriale e i trattati di commercio, Roma 1878, p. 25.
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po’ astratti) modelli interpretativi della crescita e delle interdipendenze economiche tra aree centrali e periferiche. Nello stesso torno di tempo (primi anni ’70) anche il Toniolo, legato al Luzzatti da vincoli di informale discepolato, entra in contatto con queste problematiche e comincia a nutrire dubbi sul ‘dogma’ liberistico71. Ciò non significa rigetto sic et simpliciter del dettato dei classici: significa invece valutazione critica di esso, mentre viene meno la fiducia in un ordine economico naturale e automatico. III. 3. La genesi dello Stato sussidiario Sul progressivo abbandono del liberismo e sul successivo affermarsi dello « statalismo sussidiario » nella cultura economica dei « lombardo-veneti » (Toniolo è appunto uno di questi) influiscono, com’è noto, la prima Scuola storica tedesca e il Kathedersozialismus, i quali prospettano il ruolo suppletivo dello Stato, con funzione integratrice delle insufficienti capacità individuali. Scrive in proposito il Luzzatti nel 1874: « Ammettasi pure che l’ufficio dello Stato sia suppletivo e debba soltanto integrare la deficiente attività dei cittadini; ammettasi pure che il suo intervento per legittimarsi debba essere rigorosamente necessario, e mentre la libertà si suppone quale condizione normale, il vincolo si debba chiarire indispensabile. Ma l’Economia politica, che io sappia, non ha mai dimostrato né sostenuto che in nessun caso l’azione dello Stato non tragga dalla necessità la sua giustficazione. Lo Stato è un esercito di riserva e deve, se possibile, nascondersi; ma quante volte la riserva non passa in prima linea per decidere della vittoria? »72. Facciamo due esempi. Il primo concerne gli investimenti per beni di pubblica utilità, tra i quali le infrastrutture, come ferrovie, ponti, strade, porti: tutti beni « a lungo ciclo di vita, che creano importanti esternalità, anche se non si tratta di beni pubblici “puri”, perché il consumo congiunto può avvenire solo sino alla cogestione e i servizi sono tecnicamente divisibili in unità distinte di vendita »73. Vanno altresì considerate le componenti della spesa pubblica di trasferimento, ossia gli interessi sul debito pubblico e, più in generale, la spesa per il servizio del debito (interessi e ammortamento del capitale)74. Ebbene, dopo il 1861, è proprio col deci71 A. Spicciani, Giuseppe Toniolo tra economia e storia, presentazione di C. Violante, Napoli 1990, p. 25. 72 LMC, I, p. 407. 73 F. Reviglio, Lo Stato imperfetto, Milano 1996, pp. 41-42. 74 Ibid., pp. 35-44.
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sivo concorso del debito pubblico che lo Stato riesce a dotare il Paese di infrastrutture75. Il secondo esempio riguarda il ruolo della Scuola lombardo-veneta nel mettere in crisi il modello liberistico postunitario. Ebbene, esso non sarebbe concepibile senza il magistero di Angelo Messedaglia, la cui forza maieutica non si esaurisce certo nell’essere egli stato uno dei primi firmatari della « circolare di Padova », quasi atto fondativo della Scuola76, o nell’aver fatto da scudo agli strali polemici del Ferrara e degli smithiani classici contro gli « eretici luzzattiani »77, o ancora nell’aver condiviso le finalità riformistiche delle inchieste promosse dai comitati dell’Associazione per il progresso degli studi economici in Italia78, i quali avrebbero dato nerbo alla legislazione sulla difesa del lavoro minorile e femminile79; e nemmeno si risolve nel superamento del dilemma che travaglia l’economia politica del secondo Ottocento: se cioè essere « utile » o essere « scienza », dilemma che il Messedaglia scioglie evitando di trasformare la distinzione in dicotomia e la dicotomia in antinomia, e proponendo in alternativa una sintesi dinamica dei due elementi. Non privo della scintilla del genio (il giudizio è di Schumpeter)80, il professore veronese sa andare oltre e creare una ‘scuola’ di allievi degni del maestro: da Antonio De Viti de Marco ad 75 Cfr. Luzzatto, L’economia italiana dal 1861 cit., pp. 38-90; G. Brosio – C. Marchese, Il potere di spendere. Economia e storia della spesa pubblica dall’Unificazione ad oggi, Bologna 1986, pp. 50-61. 76 D. Parisi Acquaviva, Congresso di economisti nel gennaio 1875 in Milano, in Rivista internazionale di scienze sociali 86 (1978), pp. 308-350; P. Pecorari, Luigi Luzzatti e le origini dello « statalismo » economico nell’età della Destra storica, Padova 1983 (L’età contemporanea, 2), pp. 139-221. 77 Cfr. V. Gioia, Francesco Ferrara e il « germanismo economico ». Ragioni e limiti di una polemica, in Francesco Ferrara e il suo tempo. Atti del congresso: Palermo, 27-30 ottobre 1988, a cura di P. F. Asso – P. Barucci – M. Ganci, Roma 1990, pp. 287-305; R. Faucci, L’economista scomodo. Vita e opere di Francesco Ferrara, Palermo 1995, pp. 250-253, 273-278; G. Zalin, Economisti, politici, filantropi nell’Italia liberale (1861-1922). L’apporto culturale, ideologico e operativo delle personalità venete, Padova 1997, pp. 4-29. 78 F. Bof, Comitati dell’Associazione per il progresso degli studi economici in Italia (18751879), in Associazionismo economico e diffusione dell’economia politica nell’Italia dell’Ottocento. Dalle società economico-agrarie alle associazioni di economisti, a cura di M. M. Augello – M. E. L. Guidi, II, Milano 2000, pp. 329-354; id., Economia e società nei riformisti « lombardo-veneti » (1875-79), in Amicitiae causa. Studi in onore di Luigi Pesce, a cura di P. Pecorari, Treviso 2001, pp. 325-360. 79 Cfr. G. Monteleone, La legislazione sociale al Parlamento italiano. La legge del 1886 sul lavoro dei fanciulli, in Movimento operaio e socialista 20 (1974), pp. 229-284; id., La legislazione sociale al Parlamento italiano. Gli infortuni sul lavoro e la responsabilità civile dei padroni, 1879-1886, in Movimento operaio e socialista 22 (1976), pp. 177-214; id., Una magistratura del lavoro: i collegi dei probiviri nell’industria, 1883-1911, in Studi storici 18 (1977), pp. 87-123; R. Allio, Luigi Luzzatti e il dibattito sul lavoro minorile, in LST, pp. 391-408; D. Marucco, Luigi Luzzatti e gli esordi della legislazione sociale, in LST, pp. 409-424. 80 J. A. Schumpeter, Storia dell’analisi economica, II: Dal 1790 al 1870, Torino 1960, p. 619, nt. 6.
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Achille Loria, da Ghino Valenti a Giuseppe Toniolo, da Giovanni Battista Salvioni ad Antonio Gabaglio, da Fedele Lampertico a Luigi Luzzatti. Ed è proprio Luzzatti che, avendo come sodale Lampertico, fa da ‘cinghia di trasmissione’ tra il pensiero del Messedaglia e i « lombardo-veneti »81. Movendo dalle prospettive storiche e gnoseologiche del Vico e del Romagnosi82, passando attraverso una sorta di « modello newtoniano di conoscenza »83, ammiratore della libera e pragmatica Inghilterra, convinto che il motore del progresso economico sta nella conoscenza scientifica, Angelo Messedaglia non solo considera lo Stato un « organismo » naturale « vivente ed attivo », retto da leggi, ma coglie nella società un profondo, inappagato bisogno di equilibrio e di interna armonia84. Avversario del meccanicismo, respinge il principio della « ferrea causalità intrinseca, rinserrante da ogni parte la libertà individuale » e, interrogandosi sul significato della « regola » in base alla quale i fenomeni statistico-demografici si ripetono85, scopre da un lato l’esistenza di un « ordine » nell’insorgere dei fenomeni e dimostra dall’altro che la scansione ripetitiva (o ricorrente) degli accadimenti è riferibile alla collettività indistinta, non all’individuo, perché l’individuo, anzi, per meglio dire, l’uomo nella singolarità del suo essere, conserva la libertà e la responsabilità dell’agire86. Altri dettati si aggiungono a questi. In primo luogo, i capisaldi del metodo scientifico, il che significa anzitutto recupero dello specimen galileiano, con quel che ne deriva sul piano dell’induttivismo87 e sulla funzione della matematica, della « sensata esperienza » e delle « necessarie 81 Sui rapporti tra Messedaglia e Luzzatti cfr. G. Borelli, Alcune lettere di Luigi Luzzatti ad Angelo Messedaglia, in Economia e storia 17 (1970), pp. 56-68; L. Luzzatti, La diffusione del credito e le banche popolari, a cura di P. Pecorari, Venezia 1997 (Biblioteca luzzattiana. Fonti e studi, 7), pp. XXVII-XXX, XLIV, XLVI, LVI-LVII. Giustamente R. Romani (Il liberismo e il metodo: le dispense di economia politica di Angelo Messedaglia, in L’economia divulgata cit., I, p. 158) osserva che « il Messedaglia statistico e scienziato dell’amministrazione appare più “statalista” del Messedaglia economista ». 82 Pellanda, Angelo Messedaglia cit., pp. 22-24. 83 L. Mannori, Uno Stato per Romagnosi, I: Il progetto costituzionale, Milano 1984, pp. 8384; R. Romani, L’economia politica del Risorgimento italiano, Torino 1994, p. 83. 84 L. Luzzatti, Grandi italiani, grandi sacrifici per la patria, Bologna 1924 [Opere di Luigi Luzzatti, 1], pp. 105-108; G. Barbieri, Gli economisti italiani nel primo secolo dell’unità nazionale, in L’economia italiana dal 1861 al 1961. Studi nel primo centenario dell’unità d’Italia, Milano 1961, ristampato in id, Saggi di storia del pensiero economico, Verona 1965, p. 7. 85 Cfr. M. Lecce, Il pensiero economico di Angelo Messedaglia, Verona 1953, pp. 58-63. 86 Pecorari, Luigi Luzzatti e le origini dello « statalismo » economico cit., pp. 109-122. Cfr. F. Lampertico, Commemorazione di Angelo Messedaglia, in Atti dell’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti 4 (1901-02), pp. 49-97; Toniolo, Cenni commemorativi: Angelo Messedaglia cit., pp. 480-484; F. Virgili, Angelo Messedaglia, in La riforma sociale 9 (1901), pp. 487-492; A. De’ Stefani, Discorso su Angelo Messedaglia, Padova 1912, pp. 3-23. 87 Cfr. A. De Viti de Marco, Angelo Messedaglia, in M. Finoia, Il pensiero economico italiano 1850-1950, Bologna 1980, pp. 285-288. Cfr. Angelo Messedaglia e il suo tempo [Atti del convegno], a cura di V. Gioia – S. Noto, Macerata 2011.
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dimostrazioni », per il superamento dell’an sit e la scoperta del quomodo. Accanto al metodo galileiano, l’impiego della statistica, da cui il Messedaglia trae il maggiore input a difesa della « modernizzazione ». Ed è qui da notare che la statistica da lui professata non è solo descrittiva88, ma « investigatrice » dei fenomeni sociali per mezzo del calcolo delle probabilità, il che lascia trasparire un repêchage del Quételet, non senza però argomentati distinguo89. In terzo luogo è da menzionare la storicizzazione del discorso economico, per mezzo della quale il Messedaglia cerca di rendere l’economia non « una disciplina da indovinarsi a priori, bensì da derivarsi », al pari di « ogni altra dottrina positiva, dallo studio dei fatti sociali ». Dove è da sottolineare che l’assunto storicistico s’inscrive nel più generale tema della complessità della scienza. Non si dimentichi che siamo in un periodo storico nel quale, mentre si comincia ad avvertire l’urgenza di un ripensamento critico del meccanicismo di matrice cartesiana e newtoniana (basti in proposito ricordare gli studi di Bólyai e Lobačevskij sulla geometria non euclidea iperbolica, di Riemann su quella ellittica, nonché di Cournot sulle connessioni delle « idee fondamentali » nella storia e nelle scienze, e di Maxwell nel campo della fisica), si continua pure (per effetto del positivismo comtiano) a difendere la scienza da ogni condizionamento di tipo finalistico90, onde mantenere la natura e le sue manifestazioni nell’alveo della meccanica, e insieme guardare alla scienza come a un portato quasi ontologico della « vera » conoscenza91. Come dire che, nel tentativo di storicizzare l’economia, Angelo Messedaglia non fa un’operazione antimercato, « statalista » o « germanista », come pensa il Ferrara92, che pure nei suoi confronti usa riguardi che per altri non ha: effettua piuttosto un’analisi critica sul funzionamento del mercato, cogliendo le insufficienze della teoria della concorrenza perfetta e rilevando non solo che le circostanze Cfr. Pellanda, Angelo Messedaglia cit., pp. 55-78. A. Messedaglia, Della teoria della popolazione principalmente sotto l’aspetto del metodo. Malthus e dell’equilibrio della popolazione colle sussistenze, Verona 1858, ristampato in id., Opere scelte di economia cit., I, pp. 311-431. 90 Cfr. A. Comte, Corso di filosofia positiva, II: Lezioni LV-LX, a cura di F. Ferrarotti, Torino 1967, pp. 185-367, 709-747. 91 A. Messedaglia, Della scienza nell’età nostra ossia dei caratteri e dell’efficacia dell’odierna cultura scientifica, in id., Opere scelte di economia cit., I, pp. 1-43 (testo del discorso inaugurale letto nella regia Università di Padova il 23 novembre 1873). In merito alla « crisi » del meccanicismo, cfr. Crisi della ragione. Nuovi modelli nel rapporto tra sapere e attività umane, a cura di A. Gargani, Torino 1979, nonché la relazione di F. Barone (Il sapere positivo e la sua crisi, in Il pensiero politico 15, 1982, pp. 5-27) al convegno di Pisa (25-27 settembre 1981) sul tema Scienza e pensiero politico nella seconda metà dell’Ottocento. 92 Cfr. R. Faucci, La cultura italiana dopo l’Unità, in Finoia, Il pensiero economico italiano cit., pp. 53-65; A. Berselli, Il governo della Destra. Italia legale e Italia reale dopo l’Unità, Bologna 1997, pp. 507-527. 88 89
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da questa presupposte non sempre si verificano nel mondo reale, ma pure che la teoria non tiene conto dei comportamenti individuali guidati da fini altruistici, come ben rileva Giuseppe Toniolo. III. 4. Principio etico, conoscenza storica e storicismo Storicismo moderato e ponderato, dunque, quello del Messedaglia, e storicismo moderato e ponderato (ancorché con declinazioni non sempre sovrapponibili) quello del Luzzatti e del Lampertico, entrambi debitori scientifici del Messedaglia ed entrambi consapevoli (nella dottrina e nella prassi) del fatto che quando le condizioni previste dalla concorrenza perfetta non sussistono, o sono carenti, nascono disfunzioni (o distorsioni) che il mercato non è in grado di rimuovere da solo, specie se si tratta di obiettivi redistributivi, in merito ai quali bisogna pur chiedersi a quanto ammontino i costi in termini di efficienza e quanto aperta debba essere la forbice tra efficienza perseguita e modifica distributiva desiderata. In un simile caso l’intervento dello Stato trova o non trova legittimazione? Il quesito, in vero, non conduce il Luzzatti e il Lampertico a teorizzare l’ottimismo tout court dell’intervento pubblico. L’esperienza, infatti, insegna loro che tale intervento può a sua volta dar luogo a nuove distorsioni di tipo allocativo e distributivo, con la conseguenza di dover scegliere tra deviazione e deviazione93. Donde l’esigenza di ricercare strumenti di analisi atti a valutare storicamente, appunto, non astrattamente, le opzioni disponibili in un mix sempre variabile di privato e di pubblico. In Lampertico questo convincimento prende corpo e matura soprattutto nei saggi redatti per la serie padovana del Giornale degli economisti e nell’Introduzione (1874) all’Economia dei popoli e degli stati, nei dibattiti (parlamentari e non) sulla costituzione, per esempio, delle società commerciali, sul credito, sulla protezione del lavoro minorile e femminile, sulla tariffa semiprotezionistica del 1878 e su quella protezionistica del 1887. In Luzzatti invece il convincimento mette radici quando, alla fine degli anni Sessanta, prende a valutare il principio del laisser faire come norma empirica, che non può di per sé fondare e rendere efficace l’armonia degli interessi teorizzata dal Bastiat, mentre una sorta di composizione sarebbe realizzabile attraverso l’intervento della mano pubblica, il che verrebbe supportato dagli apporti teorici dello Schäffle, dello Stahl e del Contzen. Il Luzzatti piega a dimostrazione della propria tesi anche vari argomenti milliani in 93 Il tutto anche come espressione del « moderatismo veneto ». Cfr. F. Lampertico, Carteggi e diari 1842-1906, I: A-E, prefazione di G. De Rosa, a cura [e con introduzione, pp. 3-70] di E. Franzina, Venezia 1996, pp. XV-XXXIX; S. Lanaro, Società e ideologie nel Veneto rurale, Roma 1976, pp. 108-160.
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materia di industrie naturali e naturalizzabili, come pure di protezione transitoria e di revisione della teoria di Ricardo, quantunque Menger proprio a Mill rimproveri di non aver compreso la « necessità di distinguere in tutte le questioni di metodologia la scienza teoretica da quella pratica e l’indirizzo esatto da quello realistico », rimprovero che trasmuta in polemica aperta quando i soggetti dell’analisi mengeriana sono Roscher, Knies e Hildebrand. Degli esponenti della prima Scuola storica dell’economia Luzzatti è discreto conoscitore. L’attenzione che egli rivolge alla loro opera fa pensare all’epigramma di Mangoldt sulla risoluzione dell’economia nella « filosofia della storia economica », non perché il discorso proposto si sviluppi sul piano astrattivo, ma perché, nonostante la tentata revisione di vari aspetti dell’opera di Smith, fa salva la parte più significativa dell’impianto teorico classico, integrandolo con materiali storico-statistici. Il che è caratteristico anche di Roscher, come non manca di rilevare lo Schumpeter94. Per ciò che attiene al Roscher, il testo che meglio consente di valutare la posizione del Luzzatti è la sua introduzione (1876) all’edizione italiana dell’Economia dell’agricoltura e delle materie prime, nel volume d’apertura della terza serie della « Biblioteca dell’economista », diretta da Gerolamo Boccardo. Segnalati i debiti della prima Scuola storica dell’economia nei confronti del Savigny95; sostenuto che il concetto di diritto come « processo organico e naturale, il quale cresce e si svolge » al pari degli « idiomi » e delle « letterature nazionali », influenza le scienze sociali e il modo stesso di fare ricerca storica; registrato il passaggio dalla nozione di giusto (il diritto) a quella di utile (l’economia) ed evidenziate le critiche di Knies al pensiero del Say sul valore della storia, il Luzzatti riconosce al Roscher il merito di aver aperto la strada a quanti « si sforzano di dimostrare che l’economia politica è passata per fasi storiche simili a quelle che traversa lo spirito di un fanciullo per giungere alla maturità », preoccupandosi di spiegare gli eventi senza pretendere di giudicarli. Non coglie però che in Roscher, ferma restando la riduzione del metodo a una sorta di Darstellung, o poco più, ben aperta è la forbice tra « enunciati metodologici » e « apparato dottrinale effettivamente prodotto », ciò su cui si soffermerà l’Eisermann. Né il fatto sorprende se si pensa che come il Roscher attraverso « l’inserimento del classicismo nella sua concezione organicistica » cerca di conciliare « gli interessi della borghesia nell’economico con l’universalità dello Stato politico », anche il Luzzatti auspica, senza peraltro realizzarla, un’analoga conciliazione, ampliando il concetto di « classe
94 Schumpeter, Storia dell’analisi economica cit., pp. 116-117, 345-353, 517-540, 559, 567, 611, 615, 629-647, 653-658, 661, 857-858, 909-993. 1045, 1331, 1444. 95 Cfr. G. Marini, Friedrich Carl von Savigny, Napoli 1978, pp. 11-134.
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borghese » fin quasi a risolverlo, almeno in taluni momenti, in quello generalissimo di « popolo »96. Tornando al laisser faire e alla sua valutazione come norma empirica, occorre accennare alla lettura che il Luzzatti fa di Smith, distinguendo due fasi: una collocabile tra la fine degli anni ‘60 e la metà degli anni ‘70, l’altra a metà degli anni ‘90. Relativamente alla prima fase, l’attenzione del Luzzatti si concentra su quelli che potremmo chiamare gli elementi di una teoria del sovrappiù, come fondamento della dimensione macroeconomica dell’opera smithiana, la qual cosa si spiega tenendo conto più che altro del suo approccio alle dottrine del Kathedersozialismus. In conseguenza del rilievo attribuito alla componente macroeconomica, l’accento cade sugli elementi dinamici, non stazionari, dell’economia e, insieme con essi, sugli agenti collettivi (per esempio, le classi sociali e lo Stato). Relativamente alla seconda fase (quella degli anni Novanta), il Luzzatti, pur non sottovalutando il ruolo degli agenti collettivi, sposta il suo interesse sugli elementi dell’equilibrio concorrenziale individualistico, nel senso che recupera le componenti microeconomiche del pensiero di Smith, sottolineando nella teoria del valore-lavoro i dati della penosità, della sgradevolezza, del fastidio. È da aggiungere che, specialmente nella seconda fase, il suo discorso non solo manca di organicità, ma è frammentario. Quanto al Lampertico, bisogna riconoscere che la sua già citata Economia dei popoli e degli stati costituisce, prima del Trattato di economia sociale di Giuseppe Toniolo, la summa forse più significativa dell’ortodossia antiliberistica di ispirazione cattolica, del moderatismo solidaristico, dell’economia antropologica e storica: di un pensiero cioè che ripropone, con accenti mutati rispetto al Romagnosi e al Minghetti, il nesso tra etica ed economia, inserendolo come cuneo profondo nel corpo delle radicalizzazioni manchesteriane inclini a risolvere il liberalismo in liberismo, e quest’ultimo nel laisser faire97. L’idea di mercato diventa in Lampertico una sorta di corpus concettuale connesso con una teoria complessiva della società, ancorché non del tutto coerente e compiuta: teoria incentrata sull’assunto che l’uomo è il soggetto dell’agire economico e politico, l’uomo non chiuso nella propria individualità, bensì aperto a relazioni e corrispondenze con gli altri uomini. È infatti fuor di dubbio che « l’uomo anche solitario – scrive il Lampertico – fa nell’esercizio delle arti continui confronti fra il risultato e lo sforzo, ossia in sostanza [elabora e formula] 96 G. Roscher, Economia dell’agricoltura e delle materie prime, introduzione di L. Luzzatti, in BDE, s. III, I, Torino 1876, pp. 543-552, in particolare pp. 546-548. 97 V. Sellin, Die Anfänge staatlicher Sozialreform im liberalen Italien, Stuttgart 1971, sul quale cfr. la recensione di G. Are in Storia contemporanea 4 (1973), pp. 169-174, ristampata in id., Alle origini dell’Italia industriale cit., pp. 376-383. Cfr. B. Croce – L. Einaudi, Liberismo e liberalismo, a cura di P. Solari, Milano-Napoli 1957.
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giudizi di economia: tanto che nell’investigazione del fenomeno economico si può risalire fino ai suoi primi elementi e via via seguirlo nelle sue complicazioni; ma se questo giova alla genesi storica od anche razionale dei fatti, non esprime però la vera indole di essi »98. Il che significa versare nel crogiuolo della cosiddetta « socialità economica » il tradizionale topos del mercato come luogo operativo e attuativo della « mano invisibile », per caricarlo di nuovi contenuti, vale a dire i soggetti umani, i gruppi, i popoli che storicamente lo costituiscono. Toniolo condivide questa impostazione, ma risente pure dell’influsso del Kathedersozialismus, che peraltro conosce non solo grazie a letture di prima mano, ma anche tramite Heinrich Contzen, con il quale, verso la metà degli anni ’70, ha una breve ma significativa corrispondenza99, che dà luogo a un reciproco scambio di informazioni bibliografiche e scientifiche, e inoltre documenta un collegamento con lo Stein, il Böhmert, lo Schramm e il Voigt; nonché l’utilizzo, da parte del Contzen, di scritti dell’Errera, del Lampertico, del Montanari e del Luzzatti. Non a caso il Toniolo recensisce100 un saggio del Contzen ancor fresco di stampa (Die Aufgabe der Volkswirthschaftslehre gegenüber der socialen Frage, 1875), manifestando apprezzamento per il tentativo dell’autore di risolvere « l’ufficio » della scienza economica in un lavoro di analisi in grado di penetrare con la « scorta della storia e della statistica nell’intime latebre della vita economica », mettendo « a nudo le parti sane come le vulnerate del corpo sociale »: talché il compito degli studi economici non coincida con una pura acquisizione conoscitiva, con una teorizzazione speculativa, ma implichi un orientamento di tipo applicativo, pragmatico, volto a « dirigere l’opera restauratrice della società ». In tale contesto il Toniolo cita due precedenti lavori del Contzen: uno del 1863 su Franciscus Patricius von Siena101 e uno del 1870 su Tommaso d’Aquino102. Sembra opportuno osservare che l’alta considerazione del Toniolo per l’opera storica del suo corrispondente di Aquisgrana, appena chiamato a professare storia dell’economia politica a
98 F. Lampertico, Economia dei popoli e degli Stati, I: Introduzione, Milano 1974, p. 7. Cfr. M. E. L. Guidi, « Un mondo nuovo ». L’Economia dei popoli e degli Stati di Fedele Lampertico, in L’economia divulgata cit, I, pp. 161-202. 99 BAV, Carteggi Toniolo, lettere del Contzen in data 18 febbraio, 22 maggio, 1 e 20 giugno, 16 e 18 luglio, 31 dicembre 1875, rispettivamente docc. 49, 54, 55, 56, 57, 58, 63. Nella lettera del 18 febbraio 1875, il Contzen manifesta interesse per il tema della partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa, tema assai sentito dal Toniolo, e chiede notizia degli ‘statalisti’ luzzattiani che hanno partecipato al convegno di Milano del 4-6 gennaio 1875. 100 In Giornale degli economisti 1 (1875), pp. 265-266 (cfr. TES, II, pp. 293-294). 101 H. Contzen, Franciscus Patricius von Siena (n. 1494) in der Volks- und forstwirtschaftlichen Literatur, Berlin 1863 (TES, II, p. 293). 102 H. Contzen, Zur Würdigung des Mittelalters mit besonderer Beziehung auf die Staatslehre des heil. Thomas von Aquino, Cassel und Leipzig 1870 (ibid.).
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Zurigo, insieme con il riconoscimento del contributo offerto dalla prima Scuola storica dell’economia e dal Kathedersozialismus al progresso degli studi economici, non comportano un’accettazione in blocco, acritica, dello storicismo, i cui « dettami » il Toniolo vuole anzi vagliati con « discernimento e temperanza », ma conduce a un impiego dello strumento logico impegnato a « scoprire » il reale nella sua « singolarità », separando l’essenziale dall’accidentale e ricercando nel contempo le connessioni (e interconnessioni) tra cause ed effetti. Chiarite brevemente le coordinate culturali tonioliane alla fine del ’73 (crisi del modello liberistico, « statalismo sussidiario », magistero del Messedaglia e del Luzzatti)103, torniamo alla prelezione padovana e rileviamo che, secondo il Toniolo, il fatto economico è « la risultante di un fascio di forze componenti », tra cui « i sentimenti e le idee », essendo il soggetto dell’economia politica l’uomo tutto, nella sua complessità antropologica, non solo l’homo oeconomicus. Questa precisazione lo porta a rigettare il nucleo più radicale delle teorie smithiane e ricardiane, per porsi sulle tracce della tradizione cattolico-liberale italiana (Rosmini, Gioberti, Minghetti) e, prima ancora, su quelle del Genovesi (ancorché eclettico) e del Romagnosi (attraverso la lente del pensiero empirico). Prendendo le distanze dalla Scuola manchesteriana, non misconosce il principio che considera l’interesse individuale « uno degli impulsi massimi dell’umana operosità », ma respinge l’idea che possa costituirne « l’unico motore »; insiste quindi sull’importanza dello spirito religioso e cita il Minghetti (Della economia pubblica e delle sue attinenze colla morale e col diritto, Firenze 1859)104, la cui concretezza « non si risolve nella semplice accettazione delle diverse realtà locali e temporali, e ancor meno nella rinuncia a ideali e valori comuni fondati sull’universale aspirazione a una superiore razionalità e giustizia »105: è invece qualcosa di più complesso. Prenderne atto è necessario per una conoscenza non astratta, ma neppure meramente empirica dell’economia e, con essa, del diritto e della morale: corpora disciplinari da studiare nelle loro reciproche connessioni, evitando di « divider[li] e contrappor[li], come spesso fecero i pensatori settecenteschi, con risultati erronei sul piano della scienza e pericolosissimi al ben essere sociale ». Da ciò il Toniolo trae spunto per affermare che l’elemento etico quale « fattore intrinseco delle leggi economiche », mentre comporta il rifiuto del paneconomismo, non conduce di per sé al paneticismo, implicando quest’ultimo la riduzione dell’economia all’etica, e perciò la negazione
Cfr. III.2-4. Edizione riveduta nel 1868 e nel 1881. 105 M. Minghetti, Scritti politici, prefazione di R. Romeo, a cura di R. Gherardi, Roma 1986, p. XIX. 103 104
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dell’economia come scienza. L’insistenza sull’etica va interpretata tenendo presente che il Toniolo non prospetta né suggerisce l’accezione ampia del termine, ossia la coincidenza dell’etica con la filosofia della pratica, in quanto quest’ultima include tutti i valori riferibili all’azione dell’uomo nel mondo, sia sotto il profilo soggettivo che sotto quello oggettivo (o, se si preferisce, intersoggettivo): il primo perché si sostanzia del riferimento al volere, posto che « il soggetto voglia e agisca solo nel dovere, ad esclusione di ogni altro volere o azione che, pur possibile, doveroso non sia »; il secondo perché « assume il volere o l’azione in relazione ad altri voleri o ad altre azioni, instaurando una delimitazione o una correlazione ». Inclina semmai per un’accezione più ristretta, ossia quella di « morale ». La qual cosa comporta che il soggetto morale, proprio in quanto tale, viva « una vita di relazione » e divenga sociale, senza dar luogo « a una riadduzione della morale alla società, dato che la società non è il principio costitutivo della moralità ». D’altra parte « l’individuo, insufficiente fuori della vita sociale, la eccede infinitamente »: sta infatti « alla base della vita sociale, e la vita sociale […] non è mai autonoma, [bensì] tutta per lui ». Toniolo si rifà dunque a s. Tommaso, la cui « visione è tutta centrata nel concetto di personalità, in quanto volta a conseguire il suo ultimo fine, secondo l’ordine della triplice legge: eterna, naturale e positiva »106. Passando al Genovesi, cui pure il Toniolo è stato avvicinato, è da osservare che, mentre il taglio dottrinale antropologico tonioliano lascia trasparire un’impostazione tomistica e, quindi, personalistica107 e solidaristica, quello del Genovesi muove dalla lezione filosofica del Vico e la travalica, con speciale riguardo al verum ipsum factum, al concetto di scienza come epistéme, al carattere solo probabile della conoscenza della natura e alla possibilità per l’uomo di produrre sia il mondo matematico che la storia. In entrambi i casi la prospettiva relazionale si sostanzia di volontarismo e di ricerca del bene comune. Nell’orizzonte speculativo del Genovesi l’uomo è artefice del proprio agire, come lo è del « mondo delle nazioni », o « mondo civile ». Si aggiunga che l’accezione genovesiana dell’aggettivo « civile » assume in Vico un significato non sovrapponibile, o almeno non pienamente sovrapponibile, per le diverse implicazioni derivabili dall’assunto che certezza e verità coincidono nella storia e data altresì la specu106 Cfr. F. Battaglia, Morale, in Centro di studi filosofici di Gallarate, Enciclopedia filosofica, IV, Firenze 19672, coll. 767-786. Tra gli studiosi recenti che si sono soffermati su questi problemi cfr. F. Manzalini, Elementi di economia politica in Giuseppe Toniolo, Siena 2009, pp. 174-200; Spicciani, Giuseppe Toniolo tra economia e storia cit., pp. 70-71, 149-152; Zamagni, Giuseppe Toniolo. Un economista in anticipo cit., pp. 114-128. 107 Come intende Francesco Vito, che può « senza dubbio […] ritenersi tra gli eredi più fedeli della concezione tonioliana di “economia sociale” » (D. Parisi – C. Rotondi, Il Beato Angelico della Suola veneta: Giuseppe Toniolo, docente di economia politica, statistica e diritto, in L’economia divulgata cit., I, p. 380).
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larità vichiana tra « ritmo di sviluppo » dell’individuo e « ritmo di sviluppo » dei popoli. D’altra parte, rispetto a Vico, l’aggettivo « civile » schiude in Genovesi orizzonti teoretici che nella Scienza nuova non compaiono, o restano in ombra, come « la fiducia, la reciprocità (mutua assistenza), la felicità pubblica »108: tutti « temi eterodossi », dirà Francesco Ferrara, perché funzionali a obiettivi di etica applicata, non di vera scienza economica, mentre invece gettano luce sulla Weltanschauung dello studioso napoletano, il quale, sempre secondo Ferrara, avrebbe anche un’altra non sottovalutabile colpa: quella di fornire un supporto ai programmi e alle tesi della Scuola lombardo-veneta. Infine, il Toniolo fa riferimento al Romagnosi, la cui influenza passa attraverso un doppio registro: quello del perfezionamento (o incivilimento) morale, politico, economico, e quello dello Stato, visto come l’alfa e l’omega della vita economica109, la cui legittimazione viene non dalla società, ma « dai risultati che ottiene sul cammino dell’incivilimento »110. Ma mentre si rimanda all’esperienza dell’assolutismo illuminato, lo si presenta come un soggetto metasociale, capace, « in virtù della scienza del legislatore, di farsi carico della ottimizzazione della vita collettiva »111. L’analisi viene così focalizzandosi sulla validità o meno dei « dogmi della tradizione liberista », ovvero « della naturale armonia dell’ordine sociale e della automatica autoregolamentazione della società civile a mezzo della mano invisibile », concepita, come scrive Romagnosi, quale « forza equilibrante e razionale, suggerita direttamente dalla razionalità naturale »112. III. 5. Problemi economici e sociali degli anni ‘80 Il decennio 1879-89 è per Toniolo un periodo di fervida attività intellettuale. Oltre ad approfondire la conoscenza della cultura cattolica tedesca, allarga i propri orizzonti al mondo scientifico franco-belga113. Sono anni di lavoro intensissimo, durante i quali studia mosso dal desiderio di « documentare la forza vivificatrice della religione cristiana sulle società 108 A. Genovesi, Lezioni di economia civile, introduzione di L. Bruni – S. Zamagni, testo e nota critica a cura di F. Dal Degan, Milano 2013 (cfr. la mia recensione ne L’Osservatore Romano del 18 luglio 2013). 109 V. Cusumano, La Scuola riformista nella storia dell’economia politica, in L’economista d’Italia, dell’ottobre 1874. 110 Romani, L’economia politica cit., pp. 88-89. 111 Ibid. Cfr. Mannori, Uno Stato per Romagnosi cit. 112 G.D. Romagnosi, Dell’indice e dei fattori dell’incivilimento con esempio del suo risorgimento in Italia [1832], in id., Scritti filosofici, II, a cura di S. Moravia, Milano 1974, pp. 84-86. Cfr. Mozzarelli – Nespor, Giuristi e scienze sociali cit., pp. 35-36. 113 Cfr. J.-B. Duroselle, Le origini del cattolicesimo sociale in Francia, 1822-1870, Roma 1874 (Collana di storia del movimento cattolico, 34), pp. 607-858.
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e sugli individui ». La sua militanza nell’ambito dell’Opera dei congressi è all’inizio poco evidente, perché, come dichiara a Giambattista Paganuzzi114 in una lettera del 13 ottobre 1879, « di più la posizione mia [di docente universitario] purtroppo non mi consente »115. Appartiene a questo periodo la sua « modesta proposta » del 1878, edita due anni dopo nel Movimento cattolico, di pubblicare un testo di economia ispirata ai principi cristiani o, quanto meno, di tradurre il trattato del Périn, De la richesse dans les sociétés chrétiennes, « splendida dimostrazione filosofica e ad un tempo storico-statistica del valore economico, se si può dir così, dei principi e pratiche del cristianesimo rappresentato dalla Chiesa cattolica per il benessere dei popoli ». Vi rientra pure la « consulenza » fornita al Comitato permanente dell’Opera, quando questo, nel 1882, richiamandosi ai voti del congresso di Modena (1879), decide di avviare uno studio sui principi sociali cattolici applicati all’economia116, deliberando altresì di dar vita a una rivista, di effettuare una ricerca sulle condizioni degli operai e degli agricoltori nelle varie regioni, di costituire delle società operaie cattoliche, di cercare mezzi atti a persuadere la classe dirigente a « condursi a norma [della dottrina] cristiana e a salute […] della civil società »117. A sospingere il Toniolo in questa direzione contribuisce la grave situazione economica in cui versa il Paese, profondamente segnato dalla grande crisi agraria che, tra il 1880 e il 1887, riduce la produzione agricola e zootecnica di quasi il 22 per cento, passando da 6.191 a 4.843 milioni di lire correnti, mentre la partecipazione delle attività primarie alla formazione del reddito nazionale scende dal 57,4 al 48,9 per cento. Le cause della crisi sono, com’è noto, di varia natura. Tra quelle esogene la principale va ricercata nel processo di integrazione delle economie mondiali, che consente l’afflusso sulle piazze europee di enormi quantitativi di cereali, prevalentemente grano, provenienti dal Nord America e dalla Russia, ma anche di altre materie prime, come la seta greggia, importata dalla Cina e dal Giappone, e il riso proveniente dall’India. L’ingresso di tali prodotti sul mercato europeo è favorito dalla messa a coltura di sterminate distese di terra vergine, soprattutto nelle pianure occidentali degli Stati Uniti d’America, rese accessibili dalla penetrazione ferroviaria, per non dire del calo dei noli marittimi e dei costi di trasporto, risultato della diffusione e 114 Sul cui intransigentismo cfr. A. Vian, Giambattista Paganuzzi. La vita e l’opera, Roma 1950; S. Tramontin, Paganuzzi, Giambattista, in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, 1860-1980, II: I protagonisti, diretto da F. Traniello – G. Campanini, Casale Monferrato 1982, pp. 441-448. 115 TLL, I, p. 68. 116 Cfr. G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, I: Dalla Restaurazione all’età giolittiana, Bari 1966, pp. 174-183. 117 S. Tramontin, Carità o giustizia? Idee ed esperienze dei cattolici sociali italiani dell’800, Torino 1973, p. 38.
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III. Introduzione
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integrazione dei sistemi di comunicazione, come pure del passaggio dalla navigazione a vela a quella a vapore. Tra le cause endogene vanno annoverate alcune peculiarità strutturali dell’agricoltura nazionale118. Il sistema agrario italiano, sia per la tipicità degli assetti colturali, sia per la morfologia dei terreni, sia infine per i particolari rapporti di produzione, non è assolutamente in grado di reggere la concorrenza dei prodotti provenienti d’oltreoceano, ottenuti da coltivazioni in forma estensiva, senza l’ausilio di molta manodopera e di particolari cure, grazie alla fertilità del suolo e alle favorevoli condizioni meteo-ambientali. Tra le manifestazioni macroeconomiche di maggior peso spicca il brusco ribasso dei prezzi dei cereali, che colpisce tutte le principali piazze europee. In Italia le flessioni più significative interessano il mais (in media il 28 per cento) e soprattutto il frumento (in media il 30 per cento). Quest’ultima flessione è particolarmente sentita non solo perché il frumento, cui è riservato oltre il 20 per cento della superficie agraria, costituisce la base della rendita fondiaria e del reddito agrario, oltre che della dieta contadina, ma anche perché il crollo dei prezzi del cereale costringe i piccoli coltivatori e gli affittuari a commercializzare una parte crescente del raccolto per compensare la caduta dei ricavi lordi, aggravandone ulteriormente la già misera condizione. Per pagare l’affitto in denaro, i costi monetari di coltivazione e le imposte fondiarie il contadino si trova costretto a destinare al mercato una quota maggiore del raccolto, il che, considerata l’impossibilità di incrementare le rese unitarie, comporta una contrazione dei già bassissimi livelli di consumo alimentare. Il calo dei prezzi del frumento colpisce immediatamente anche la rendita fondiaria del proprietario terriero, soprattutto quando quest’ultimo riscuote il canone d’affitto in generi, che deve poi monetizzare vendendoli sul mercato. La caduta dei prezzi dei prodotti agricoli e il conseguente aumento delle importazioni induce molti proprietari a sostituire le coltivazioni cerealicole, non più remunerative e ad alta intensità di lavoro, con altre a bassa intensità, come le foraggere, la patata, la canapa, la barbabietola da zucchero, la vite, l’olivo e gli agrumi. La superficie coltivata a frumento subisce una sensibile riduzione, oscillante, a seconda delle fonti, fra i 300 e 450 mila ettari, mentre i raccolti risultano inferiori a quelli medi del ventennio precedente di 3.250.000-3.500.000 quintali circa. Ad 118 Tra la letteratura in materia, mi limito a citare: Romani, Un secolo di vita agricola in Lombardia cit.; E. Sereni, Il capitalismo nelle campagne, Torino 1968; R. Zangheri, Agricoltura e contadini nella storia d’Italia. Discussioni e ricerche, Torino 1977; G. Zalin, La società agraria veneta del secondo Ottocento. Possidenti e contadini nel sottosviluppo regionale, Padova 1978; G. Pescosolido, Agricoltura e industria nell’Italia unita, Roma-Bari 2009; A. Cafarelli, La terra avara. Assetti fondiari e forme di conduzione agraria nella Bassa Friulana (1866-1914), Venezia 1999, pp. 223-305; G. Zalin, Credito agrario e cooperazione, Roma 2016.
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aggravare la situazione concorrono altri elementi: ad esempio il capitale finanziario, che, pur non abbandonando i tradizionali settori e comparti d’investimento (dalle infrastrutture agli appalti dei dazi, dai beni demaniali ai prestiti pubblici), prende a imboccare altre strade: in primis quella della speculazione edilizia. Ciò avviene non solo sotto la spinta dei vari input che abitualmente stanno alla base del fenomeno (dall’impiego di manodopera in larga misura generica e, di conseguenza, mal retribuita, alla prevalenza del capitale circolante su quello fisso, alle manovre rischiose, sotto il profilo della legalità, alle aree fabbricabili, ecc.), ma anche in dipendenza di fattori congiunturali, quali le due leggi speciali del 1881 e del 1883 per l’edilizia in Roma e la legge del 1884 per il « risanamento » di Napoli, varata dopo l’epidemia di colera che colpisce la città119. La letteratura specialistica ha bene illustrato come numerose banche, società e ditte siano prese da una sorta di « febbre edilizia » e sospinte al rischio dalla possibilità di conseguire in tempi brevi, se non addirittura brevissimi, guadagni anche del 200-300 per cento con la sola compravendita di aree fabbricabili. Tra gli istituti più coinvolti figurano la Banca tiberina (strettamente collegata con il Banco sconto e sete), la Banca di Torino, la Banca subalpina, la Società dell’Esquilino, la Banca di credito meridionale (ex Banca napoletana); inoltre, i due maggiori istituti di credito ordinario italiani: la Banca generale, avviluppata in un groviglio di interessi con la Società veneta per le imprese e costruzioni pubbliche, che ha in mano la Terni, e la Società generale di credito mobiliare, che agisce soprattutto per il tramite della Società generale immobiliare. Esposti sono pure il Banco di Napoli, la Banca nazionale e la Banca romana, ancorché in misura diversa l’una dall’altra120. La situazione diviene drammatica nel 1888, quando il numero delle costruzioni messe in cantiere in una città come Roma (ma il problema riguarda anche Napoli e altri centri), ancora prevalentemente terziaria e amministrativa, supera le reali esigenze di espansione urbanistica, non rispondendo con la qualità dell’offerta alle effettive possibilità della domanda e non riuscendo d’altra parte a innescare un reale abbrivio di sviluppo nel settore secondario, pur tenendo conto del carattere di complementarità tra i settori. Lo squilibrio porta alla chiusura di centinaia di cantieri, 119 G. Mori, “Un veicolo claudicante lungo un sentiero irto di ostacoli artificiali e naturali”. Le attività di trasformazione dalla Destra storica alla fine del secolo, in Alla ricerca delle colonie (1876-1896), a cura di P.L. Ballini – P. Pecorari, Venezia 2007, pp. 109-172. 120 Oltre ai classici lavori di Antonio Confalonieri sulle banche miste, cfr. G. Mori, L’economia italiana dagli anni Ottanta alla prima guerra mondiale, in Storia dell’industria elettrica in Italia, I: Le origini 1881-1914, a cura di id., Roma-Bari 1992, pp. 8-50; A. Cafarelli, I signori della luce. La cooperazione elettrica in Carnia dalle origini alla seconda guerra mondiale, Udine 2003, pp. 55-104.
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III. Introduzione
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ripercuotendosi sui livelli occupazionali e sul grado stesso di solvibilità e di stabilità degli istituti di credito maggiormente appesantiti dagli immobilizzi, mentre le banche di emissione restringono gli sconti, i titoli delle società crollano, si moltiplicano i fallimenti delle imprese costruttrici. Il tutto sullo sfondo di uno scenario finanziario internazionale connotato da una instabilità, che, nei diversi Paesi, si può ricondurre a fattori sia esogeni che endogeni. Ne sono indici eloquenti i crack finanziari e di Borsa verificatisi nel Regno Unito, in Francia e nell’Impero asburgico, senza trascurare né « la pretesa di alcune banche nazionali di continuare a spostare sull’estero il finanziamento delle speculazioni edilizie », né la politica dei « frequenti » e « massicci » collocamenti all’estero di rendita italiana121. Nel secondo quinquennio degli anni Ottanta l’instabilità, traducendosi in drastica riduzione di « assistenza » all’Italia, concorre a creare condizioni per le quali se aumenta l’afflusso di oro italiano all’estero, diminuisce quello di metallo estero in Italia (lo provano i dati forniti da Renato De Mattia relativamente alle esportazioni e alle importazioni di oro grezzo e di oro e argento monetati). Inoltre, spesso si verifica un ampio divario tra quotazioni interne ed esterne della rendita italiana, con la conseguenza di indurre a cospicui rientri di titoli italiani e ad altrettanto cospicue uscite di capitale estero: tra il 1884 e il 1890 « il disavanzo cumulato delle partite correnti della bilancia dei pagamenti italiani » raggiunge i 713 milioni di lire, somma più consistente dell’ammontare dello stesso prestito di 644 milioni a suo tempo ritenuto necessario per il ritorno del Paese alla convertibilità. Anche le riserve metalliche delle banche si contraggono, passando dai 360,7 milioni (oro e argento) del 31 marzo 1885 ai 339 milioni del 30 giugno, con una perdita di 21,7 milioni di lire in tre mesi. Contemporaneamente le banche attingono 31 milioni al fondo del prestito, somma da valutare alla stregua di quelle emigrate. Stando ai risultati delle situazioni relative al periodo 31 dicembre 1886-30 giugno 1887, la perdita si accresce di altri 6 milioni, ascendendo nel complesso a 58,7 milioni. Ciò significa che la congiuntura incide sulla struttura122. Un discorso a parte andrebbe fatto per gli errori economici compiuti al momento del ripristino operativo della convertibilità metallica (cambio dei biglietti alla pari nominale, non a prezzo di mercato, con conseguente immissione di una carica inflazionistica nel sistema); per la gestione bancaria contra legem (lo scandalo della Banca romana è solo la punta dell’iceberg); per la corruzione dilagante, che porta sul banco degli imputati 121 M. Warglien, Investimento industriale e instabilità finanziaria in Italia. 1878-1913, in Rivista di storia economica 4 (1987), pp. 427-432; Mori, Un veicolo claudicante cit., pp.138165. 122 G. Mori, Economia e società in Italia fra ‘800 e ‘900, in Contributi alla conoscenza del pensiero di Giuseppe Toniolo cit., pp. 41-53.
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(non metaforicamente) esponenti di primo piano della classe politica; per la guerra commerciale con la Francia; per la diaspora migratoria; per la miseria e il malessere di grandi masse popolari. Ne è consapevole il Toniolo, che però non analizza questi specifici problemi per descriverne solo la fenomenologia e per individuare soluzioni tecniche più o meno atte a risolerli, bensì per scoprirne l’origine profonda, la quale per lui è anzitutto morale, religiosa, antropologica, umanistica. E perciò non si tratta tanto (o soltanto) di modificare strutture, quanto piuttosto di formare uomini, anzi uomini nuovi. Solo su questa base si potrà parlare di rapporto corretto tra lavoro e capitale su base partecipativa, di impresa pubblica come « strumento che offre servizi di natura indivisibile per le comunità », di intervento diretto e sanzionatorio dello Stato, di capitalismo dal volto umano. III. 6. Tempi, uomini e culture del movimento cattolico È il conte bergamasco Stanislao Medolago Albani a sospingere Giuseppe Toniolo verso un impegno coinvolgente e diretto nel movimento cattolico. Il 25 febbraio 1885 gli scrive per chiedergli consiglio in merito all’aggravarsi della questione sociale e ai principi economici che meglio rispondano all’esigenza di fronteggiarla123. Non si tratta di delineare una terza via tra liberalismo e socialismo, ideologie entrambe olistiche, ma di scoprire una via nuova. Diversamente dalla cauta risposta data al Paganuzzi nel 1879124, questa volta il Toniolo si dichiara disponibile a fornire il suo aiuto e raccomanda di guardarsi dal pericolo maggiore, il socialismo (non trascurando il liberalismo), sul quale fornisce alcune indicazioni bibliografiche, dal momento che il Medolago, Périn a parte, e a parte pure il libro dello spagnolo Félix Sardá y Salvany, El liberalismo es pecado (1884), può dirsi sostanzialmente fermo ai lavori dell’Hervé-Bazin, dello Steccanella e dell’Avogadro della Motta, senza andare molto oltre125. S’impegna quindi a elaborare un insieme di « argomenti scientifici » da 123 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 275 (cfr. C. Brezzi, Cristiano sociali e intransigenti. L’opera di Medolago Albani fino alla “Rerum novarum”, prefazione di P. Scoppola, Roma 1971, pp. 478-479). 124 TLL, I, pp. 65-67. 125 F. Hervé-Bazin, Traité élémentaire d’économie politique, Paris 1880; V. Steccanella, Del comunismo: esame critico, filosofico e politico, Roma 1882; E. Avogadro della Motta, Saggio intorno al socialismo e alle dottrine e tendenze socialistiche, Napoli 1852 [a spese della società editrice; non così l’edizione dell’anno precedente: Torino, Tipografia Zecchi e Bona, 1851]. Cfr. X. Toscani, La biblioteca del conte Stanislao Medolago Albani, in Rassegna di politica e di storia 137 (1966), pp. 78-80.
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III. Introduzione
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discutere all’Unione di Friburgo126, in Svizzera: argomenti riguardanti le corporazioni, le borse del lavoro, la genesi e la natura del capitalismo, il socialismo, le unioni professionali, le competenze dello Stato. Soprattutto queste ultime paiono al Toniolo importanti, perché il campo d’azione dello Stato è vasto, inglobando esso la possibilità di intervenire nel mercato del lavoro e dei capitali, nella determinazione dell’interesse e nei momenti contrattuali, a livello centrale e nelle istituzioni intermedie127. Come dire uno Stato sussidiario, che non manca di affinità con quello ‘vagheggiato’ nei primi anni ’70 dal Luzzatti e dalla Scuola lombardo-veneta. Non accede invece al dettato del Lehmkuhl e del Wamboldt, e neppure converge sulle opzioni « centriste » dei francesi, che sembrano riscuotere il favore del conte. Quanto alla vexata quaestio dei corpi intermedi, presta attenzione al Gierke e ne approfondisce gli esiti teoretici128, sottolineando il carattere complesso della società medioevale, « articolata in organismi dotati di propri poteri giurisdizionali e di propria autorità politica », e risolvente « nelle stesse sue articolazioni […] l’autorità dello Stato », onde rendere possibile « il graduale lento progresso dei ceti inferiori entro l’ordine costituito »129. Dalla seconda metà degli anni ’80, il Toniolo diviene per Medolago (e per la seconda Sezione dell’Opera dei congressi)130 un’indispensabile ‘bussola’ culturale. A ben vedere egli stesso, fin dal decennio precedente, dispone di ‘bussole’, tra le quali il magistero sociale del vescovo di Magon126 Cfr. C. Massard, L’oeuvre sociale du cardinal Mermillod. L’Union de Fribourg d’après des documents inédits, Louvain 1914, pp. 99-102. 127 P. Barucci, Discussione, in Contributi alla conoscenza del pensiero di Giuseppe Toniolo cit., p. 33. 128 TES, I, pp. 318: « La tutela giuridica dello Stato si estende ulteriormente agli organismi del corpo sociale (enti collettivi), che sono uno sviluppo di quelli individuali privati, come le classi, le associazioni permanenti, la proprietà collettiva, le istituzioni di pubblica utilità. Lo Stato deve riconoscerne la esistenza nella pienezza delle loro facoltà in ordine ai fini sociali. Esso “non può pertanto rifiutare il conferimento della personalità giuridica ad enti collettivi rispondenti a fini onesti e permanenti della società”, come le fondazioni (universitates rerum) e le corporazioni (universitates personarum) », e quindi, per esempio, le unioni professionali (Gierke). 129 TES, I-V, cfr. indice tematico. 130 Suo, ad esempio, è l’opuscolo Alcune linee e quesiti di economia sociale cristiana, edito a cura della seconda Sezione, che compendia un piano di studio in materia. Merita richiamarne alcuni punti: 1) l’economia sociale cristiana deve essere trattatta come « sistema scientifico il più possibile rigoroso e compiuto »; 2) le dottrine etico-economiche vanno completamente « definite e comprovate con fatti statistici e storici, con questi ultimi specialmente »; 3) bisogna comporre una storia della scienza economica, « cioè il cammino delle idee e delle dottrine intorno ai rapporti economici, incominciando da san Tommaso e poi esaminando il corso delle teorie economico-sociali che per opera della scolastica e della filosofia cattolica venne a dispiegarsi e ad arricchirsi mirabilmente dopo di lui » (Tramontin, Carità o giustizia? cit., pp. 39-40). Cfr. A. Gambasin, Il movimento sociale nell’Opera dei congressi, 1874-1904. Contributo per la storia del cattolicesimo sociale in Italia, Roma 1958, pp. 356-398.
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za, Wilhelm Emmanuel von Ketteler, « l’immediato precursore » del « programma […] cattolico in forma […] sistematica ». Del Ketteler, stimato dal Lassalle e in rapporto epistolare con lui, il Toniolo conosce non solo l’opera più famosa, Die Arbeiterfrage und das Christentum (1864), tradotta e pubblicata in italiano dal vicentino Alessandro Schiavo nel 1870131, ma anche testi significativi come le prediche del 1848, edite con il titolo complessivo Die grossen sozialen Fragen der Gegenwart (1849); il volume Freiheit, Autorität und Kirche. Erörterungen über die grossen Probleme der Gegenwart (1862); i due discorsi Die Arbeiterbewegung und ihr Streben im Verhältnis zu Religion und Sittlichkeit (1869) e Liberalismus, Sozialismus und Christentum (1871); nonché la bozza di programma Die Katholiken im Deutschen Reiche (1873), nella quale sono avvertibili delle assonanze con la proposta Schorlemer-Galen del 1877 e con i successivi orientamenti del Volksverein132. A marcare tali apporti di pensiero e a dar loro pregnanza e corpo è la crisi economico-finanziaria che negli anni ’70 (e anche ’80) pesa « sopra i due mondi [germanico e latino] siccome il risultamento continuato di un fondamentale squilibrio fra produzione e consumo », con la conseguenza che « la ingente industria moderna non trova proporzionati acquirenti nelle nazioni civili, ed è tratta, con le armi in mano, ad aprirsi mercati artificiali ». La crisi « compromette la ricchezza capitale, assottiglia i profitti, strema peggio che mai i salari, richiamando vieppiù l’attenzione degli studiosi credenti a quelle leggi di giustizia, temperanza e carità cristiana senza di cui la cupidigia e le audacie economiche si convertono a ruina »133. Ad accendere la miccia, spiega il Toniolo, è la guerra franco-prussiana, con il seguito « terribile » della Comune, in cui interagiscono « tutte le forze distruttive della società per sfruttare la sventura dei vinti e sfidare l’ebrezza dei vincitori ». Il socialismo « si avanza [così] a far le vendette del vecchio liberalismo e del novello imperialismo »134.
131 È disponibile un’edizione italiana per i tipi di Città nuova, curata da Alberto Lo Presti: Roma 2015. 132 Sul Ketteler cfr. O. Pfülf, Bischof von Ketteler (1811-1877), III, Mainz 1899, pp. 221302; F. Vigener, Ketteler. Ein deutsches Bischofsleben des 19. Jahrhunderts, München-Berlin 1924, pp. 234-459; L. Lenhart, Bischof Ketteler, I: Staatspolitiker-Sozialpolitiker-Kirchenpoliticher. Kettelers literarische staats-, sozial- und kirchenpolitische Initiative in seiner und unserer Zeit. Eine literargeschichtliche Studie zu seinem Schrifttums; II: Als Theologe des Gesellschaftsreform und des Ersten Vaticanums; III: Papsttum und Bischofsamt vom Ersten zum Zweiten Vaticanum im Licht der drei für Ketteler verfassten Konzils-Gutachten, Mainz 1966-1968 (tutto il primo volume). Inoltre, cfr. E. Ritter, Il movimento cattolico-sociale in Germania nel XIX secolo e il Volksverein, Roma 1967, pp. 59-352. 133 TDI, I, p. 37 (la valutazione è del 1901). 134 TDI, I, p. 38.
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III. Introduzione
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Tanto ne è convinto il Toniolo, che negli anni ’80 diviene permeabile alle suggestioni del cattolicesimo sociale austriaco del Vogelsang, intriso di teorie corporativo-neofeudali; alle elaborazioni di Claudio Jannet sul socialismo di Stato e sulla riforma sociale; alla critica del Ségur-Lamoignon contro il sistema capitalistico di produzione che rende possibile lo « sfruttamento dell’uomo sull’uomo »; ai distinguo di Albert de Mun nel differenziare le posizioni dell’« Oeuvre des Cercles catholiques » da quelle socialiste; al patronage cristiano di Léon Harmel; alla legislazione sul lavoro insistentemente chiesta da Gaspard Decurtins; alle proposte/prospettive del Doutreloux e del Pottier analizzate e discusse nei congressi di Liegi del 1887 e del 1890: suggestioni in vero non sempre omogenee e convergenti, anzi in qualche misura confliggenti, e tuttavia prese in esame. Il che non sorprende, essendo il Toniolo per abito mentale e per metodo scientifico attento a evitare gli apriorismi, a documentarsi e a conoscere prima di giudicare ed eventualmente respingere. Questo punto di vista risulta invece estraneo al Paganuzzi, prigioniero di un sistema di pensiero sempre in « contrapposizione » con ciò che giudica altro da sé, e dunque anche con le nuove realtà politiche e sociali create dalle rivoluzioni borghesi135. Altrettanto potrebbe ripetersi per Umberto Benigni, che il 29 dicembre 1893 così scrive da Genova al Toniolo136: Ill[ustrissi]mo Sig. Professore, Ho ricevuto gli atti del Congresso sociale di Genova137 che io con tutta attenzione leggerò da capo a fondo; ne La ringrazio moltissimo. Per sola Sua norma, Le confermo che da varii mesi mi è stato tolto, senz’alcun avviso, il cambio con la Rivista internaz[ionale]. Per uguale Sua norma, alla di Lei proposta: « Avrà ricevuto l’invito all’adunanza di Milano », do la risposta che non ho ricevuto niente da nessuno. Tutto ciò, come dicevo, per Sua norma e, a dirla schietta, anche in appoggio di quanto vengo dicendo da un pezzo, che l’Unione degli studii sociali, prescindendo dal suo ottimissimo presidente, mantiene un contegno non equo e, se non erro, imprudente con il gruppo della Rassegna Sociale, almeno in quanto al periodico e al suo direttore. E giacché sono su questo tasto, mi permetterà aggiungere quanto segue, non per odio d’altrui né per disprezzo, ma per giustificazione del mio passato e presente contegno verso l’Unione.
135 É. Poulat, Chiesa contro borghesia. Introduzione al divenire del cattolicesimo contemporaneo, prefazione di M. Guasco, Casale Monferrato 1984 [prima edizione francese: Casterman 1977], pp. VII-XX, 102-125. 136 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 1356. Cfr. É. Poulat, Catholicisme, démocratie et socialisme. Le mouvement catholique et Mgr Benigni de la naissance du socialisme à la victoire du fascisme, Paris 1977, pp. 76-80, che cita una traduzione francese (e parziale) della lettera. 137 Cfr. Gambasin, Il movimento sociale cit., pp. 250-259.
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CARTEGGIO
Io non riesco a intendere ed accettare l’Unione che sotto uno di questi due punti di vista: – o l’Unione è generale, una specie di parlamento della sociologia cattolica italiana: ed allora si faccia lealmente posto a tutti, destri e sinistri, a quelli di Freppel e a quelli di Manning; – o l’Unione è particolare, una specie di partito di destra, ed allora si mettano le carte in tavola, si faccia un programma di partito; e gli altri, cioè noi, faremo altrettanto; e dalla caritatevole, equanime, fraterna, cortese discussione delle idee nascerà l’Idea informativa della vita cattolica-sociale italiana. Mi pare di esser discreto in questi intenti. A tutt’oggi non sono riuscito a scorgere nell’Unione né un parlamento né un partito, ma forse – non se ne offenda – i difetti dell’uno e dell’altro. Imperocché a tutt’oggi l’Unione, che pur dichiara di non far partito, è diventata (per opera non so bene di chi, certo non di Lei) un campo chiuso, dove si vuò fare il monopolio di ortodossia scientifica seppure non anche religiosa, mostrando con un silenzio e un boycottaggio sistematico di voler condannare persone e cose che non hanno la fortuna di piacere. Io non pretendo affatto – sarei un pazzo – che l’Unione accetti il nostro programma; chiedo solo che definisca nettamente le sue idee per poterle nettamente accettare o meno, e che non si facciano, in nessun modo, personalità. Tutto ciò, illustre Professore, è duro a dirsi; e mi dispiace di affliggerla con discorsi ingrati; ma la necessità delle cose mi vi spinge, perché non voglio mi si dia dell’ingiusto Aristarco e dell’ombroso e permaloso individuo. Chiedo le carte in tavola, niente altro. A carte vedute, saremo sempre amicissimi, anche se non aderenti alle medesime idee. Ma finché durano gli equivoci, i bisticci, le personalità, protesterò sempre, pur dichiarando di far per Lei pienissima eccezione personale. Quanto all’adunanza di Milano, non so nemmeno qual programma vuolsi fare. È un programma generale e comune a tutti i gruppi cattolici, una sintesi di tutti e soli i punti in cui convengono le varie scuole di sociologia cattolica? Oppure è un programma di colore, il programma di una determinata scuola; per esempio quella di Claudio Jan[n]et o quella di de Mun? Basta: Le auguro di cuore che il convegno di Milano riesca efficace per la buona causa. Terrò dietro nei giornali alle decisioni che vi saranno prese. La mia Rassegna si trasforma in biblioteca periodica; perde in mole, ma guadagna – credo – in efficacia. Il primo fascicolo è Il lavoro delle donne, dell’avv. Ricci, mio collega all’Eco d’Italia. Anche il Comitato promotore della Rassegna va aumentando, e si prepara un programma netto e
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III. Introduzione
dettagliato, che esporrà le idee del nostro gruppo intorno alla questione sociale quale praticamente si presena in Italia. Noi vogliamo diventare un partito di azione popolare: speriamo che Dio ci aiuterà; il suo Vicario ci ha benedetto e incoraggiato. Tante scuse di tutto; e mi creda, contrariis quibuscumque non obstantibus. Suo d[evotissi]mo servo e ammiratore Sac. U. Benigni [P. S.] Buon anno nuovo, mille auguri!
Non occorrono molte parole di commento. Benigni pone al Toniolo tre interrogativi. Deve l’Unione essere « un parlamento » o « un partito »? Intende riconoscersi in de Mun o in Jannet? Difende posizioni liberiste o protezioniste? In merito al primo quesito, la risposta non può che essere doppiamente negativa: né l’uno né l’altro, dovendosi concordemente concentrare gli sforzi sulla questione sociale, la quale va criticamente compresa e storicamente analizzata. Quanto al secondo quesito, esso è mal formulato. Il discrimine, infatti, non può passare tra due « eserciti »: da un lato, Freppel e la Scuola d’Angers, i discepoli di Le Play raccolti attorno alla Réforme sociale, Périn, Jannet, Rambaud ecc.; dall’altro lato, Doutreloux e la Scuola di Liegi, Ketteler, Manning, de Mun, Decurtins, Vogelsang, Mermillod e l’Unione di Friburgo. Occorre distinguere per capire e, come sempre, sceverare, storicizzare. Infine, il terzo quesito. Benigni ipotizza uno Stato arbitro, lontano, se non addirittura assente, contrapposto a uno Stato invasivo. Ancora una volta, Toniolo prende le distanze da due tesi opposte: egli è per lo Stato sussidiario, sul tipo di quello luzzattiano o lombardo-veneto138, del quale si è fatto cenno. Se le cose stanno in questi termini, solo il concomitante sostegno del Callegari, del Rampolla e dello stesso Leone XIII può garantire all’Unione qualche margine di autonomia, e ciò perché la radice del contrasto tra l’Unione e l’Opera sta nel profondo, ossia nel diverso modo di intendere, all’interno della società civile e religiosa, il ruolo del laicato cattolico, che il Toniolo vorrebbe più attivo, in grado di interagire con i processi di tra138
Carteggio, III.3.
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CARTEGGIO
sformazione socioeconomica del Paese, libero da vischiosità provinciali e aperto a orizzonti d’impegno europeo. Ed è appunto in tale prospettiva europea che il Toniolo organizza a Genova il primo congresso dell’Unione (1892), non a caso citato dal Benigni nella sua lettera del dicembre ‘93; fonda insieme col Talamo la Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie » (1893) e vara a Milano il Programma dei cattolici di fronte al socialismo (1894). Merita dire subito che, in breve tempo, trattando delle molteplici questioni che riguardano « il restauro dell’ordine sociale cristiano » secondo criteri coerenti con l’insegnamento di Leone XIII (tali quindi da confrontarsi con « le ideologie dell’Europa della modernità », e perciò stesso capaci di contrastare gli « effetti devastanti del predominio della mentalità capitalistica e dell’opposizione ad essa da parte dei socialisti »)139, la Rivista internazionale acquista grande notorietà e rilevanza scientifica. Vi collaborano studiosi anche stranieri, alcuni dei quali ‘selezionati’ da almeno un anno e mezzo, come risulta da una lettera del Toniolo al cardinale Rampolla, datata 18 luglio 1891140: John Keane, rettore dell’Università di Washington; Maurice d’Hulst, rettore dell’Università di Parigi; Victor Brants, successore di Charles Périn sulla cattedra di economia politica dell’Università di Lovanio; George Helleputte, egli pure dell’Università di Lovanio; Georg von Hertling, docente all’Università di Monaco; e ancora, Winterer, Hitze, Costa Rossetti, de Cepeda, Orti y Lara, Villa-Ameno, Jannet, Lorin, Decurtins. Tra gli italiani, spiccano i nomi di Caissotti di Chiusano, Ermini, Talamo, Tuccimei, Rossignoli, Agliardi, Petrone, Olivi, Mauri, oltre che, ovviamente, Toniolo. Il fil rouge che in qualche modo tiene uniti questi docenti e intellettuali è dato dalla condivisa esigenza di porre al centro del loro lavoro non solo « l’elaborazione di un programma operativo, ma anche di un messaggio di “filosofia pubblica”, di una “dottrina morale sui fatti sociali” basata sulla centralità dell’uomo e sulla ricerca dei criteri in base ai quali intessere il rapporto tra gli uomini, e tra questi e le cose »141. Il prestigio conquistato sul campo è tale che, secondo Gaetano Salvemini, la Rivista può « benissimo sostenere il confronto con le migliori pubblicazioni estere », mentre, guardando all’Italia, persino la blasonata Nuova antologia fa, al suo confronto, la figura di « un vecchio slombato innanzi a un giovanetto sano e vigoroso »142. 139 Indici cinquantennali (1893-1942) della Rivista internazionale di scienze sociali, a cura di F. Duchini – D. Parisi, Milano 1993, p. VI. 140 TLL, I, p. 324. 141 Indici cinquantennali (1893-1942) della Rivista internazionale cit., p. VI. 142 G. Salvemini, Stato e Chiesa in Italia, a cura di E. Conti, Milano 1969, p. 17.
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III. Introduzione
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La coscienza della nuova realtà economica e sociale creata dal capitalismo moderno, il conseguente sviluppo del proletariato, come pure la crescente avanzata del socialismo, anche nelle campagne, spingono il Toniolo a redigere il Programma dei cattolici di fronte al socialismo, detto pure Programma di Milano, che viene discusso e approvato da un’assemblea dell’Unione convocata nella città lombarda il 23 gennaio 1894. Il documento non si colloca, come è stato sostenuto, nel solco della « tradizione paternalistica » del « socialismo cristiano », né si può assimilare ai contenuti della Scuola conservatrice cattolica143. Presenta invece alcuni tratti di inequivocabile novità: a) distingue nettamente tra « socialismo dottrinale » e « movimento operaio »; b) insiste sul concetto di « popolo » sacrificato dalla « rivoluzione borghese »; c) prende atto del « dissesto dei volghi campagnoli » e propone quale rimedio la ricomposizione dei « patrimoni collettivi degli enti morali e giuridici, delle opere pie, delle corporazioni religiose, della Chiesa, che furono ritenuti sempre quasi il tesoro riservato del popolo », cui si aggiungono i « beni e le proprietà collettive dei comuni, delle province, dello Stato », da « conservarsi e fruttare a beneficio pubblico o cedersi per la coltivazione ai proletari »: idea che, tenuto conto del momento in cui viene formulata, « può considerarsi certamente rivoluzionaria »144. Il Programma chiede la diffusione della piccola proprietà contadina145, postulato, in seguito, dei futuri programmi popolari, mentre nel settore industriale rilancia la formula della partecipazione operaia agli utili d’azienda, puntando all’abolizione del salariato, meta che manca nel programma democratico cristiano del 1899. Inoltre, apre la via al movimento sindacale cattolico, riconoscendo la « possibilità » di costituire associazioni esclusivamente operaie per tutelare i diritti del lavoratore di fronte ai datori di lavoro. L’aspetto forse più importante sta però al di là delle singole richieste e consiste nella volontà di distaccarsi dal « mondo di ieri », perché, scrive il Toniolo al Callegari, « noi non abbiamo alcuna intenzione, né sentiamo alcun bisogno di puntellare un ordine sociale che, appunto per essere anticristiano, crolla da ogni parte; bensì solamente di restaurare l’ordine sociale cristiano cattolico tutto intero, che ha con sé il passato e 143 Tra la vasta letteratura: De Rosa, Storia del movimento cattolico cit., pp. 251-340; G. Spadolini, L’opposizione cattolica da Porta Pia al ’98, Firenze 19726, pp. 253-254; G. Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, Roma 1974, pp. 247-248; M. G. Rossi, Le origini del partito cattolico. Movimento cattolico e lotta di classe nell’Italia liberale, Roma 1977, p. 22. 144 G. De Rosa, Luigi Sturzo, Torino 1974, p. 54. 145 Su questo problema sono significative le proposte di Igino Petrone: BAV, Carteggi Toniolo, docc. 1086, 1138, 1165, 1187, 1206, 1217, 1221, 1227, 1243, 1245, 1269, 1277, 1280, 1288, 1291, 1332, 1363, 1365, 1430, 1441, 1466, 1488, 1517, 1600, 1704, 1733, 1744, 1775, 1990, 2198, 2247, 2293, 2538, 2593, 4364 (lettere a Giuseppe Toniolo). Cfr. L. Picardi, Igino Petrone tra materialismo storico e riformismo religioso, Milano 1979.
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CARTEGGIO
l’avvenire »146. Donde l’approdo a una sintesi di « motivi dell’intransigentismo cattolico e motivi sempre attuali di insofferenza etico-religiosa di fronte ad una società ingiusta, ed ingiusta in quanto incline ad un nuovo paganesimo »147. La chiave per intendere storicamente il Programma di Milano e per collocarlo nel contesto del pensiero sociale cattolico di fine ‘800 risiede non solo nel suo carattere oppositivo al socialismo (e al liberalismo), ma anche nell’esigenza di accorciare le distanze rispetto alle iniziative sociali dei cattolici europei, la cui attività, sia di elaborazione dottrinale che di prassi, appare (ed è) più avanzata. Per cogliere un riflesso di tale esigenza dal punto di vista « acculturante », ossia nel senso di « movimento che confronta, dialoga, rifiuta, riceve o crea presso tutti i partecipanti, come pure in uno solo »148, basta scorrere la prima e la seconda annata (1893-1894) della Rivista internazionale: i richiami a quanto viene maturando in area cattolica nel mondo inglese e franco-belga, come pure in ambito tedesco, sono numerosi. Consideriamone brevemente alcuni. I) L’insistenza sul carattere non solo economico, ma anche etico, della questione sociale, che « implica il riconoscimento della dignità umana », insieme con i « bisogni della nostra natura spirituale », misconosciuti dalle filosofie « materialistiche e utilitarie, le quali non considerano l’uomo altro che un istrumento di produzione », trova due riscontri nell’articolo A Key to the Social Problem (in The Humanitarian, dicembre 1893) del cardinale Vaughan, il successore del Manning a Westminster, e nella nota conferenza di Albert de Mun a Landernau, nel dipartimento di Finistère, cui la Rivista internazionale attribuisce tanta importanza da non limitarsi a segnalarla riassumendone il contenuto (novembre 1893); le dedica infatti una lunga rassegna a cura della Direzione, in cui si sostiene che « la questione sociale è intimamente connessa alla religione » e che, quando sia bandito il sentimento religioso, il socialismo progredisce, aprendo la strada alla trasformazione (« degenerazione ») dell’economia individualistica in collettivistica. Dove è da rilevare che il cenno alle filosofie materialistiche chiama in causa il rapporto Hegel – Marx, in merito al quale il Toniolo non « marxifica », per così dire, Hegel, ma semmai « hegelizza » Marx. In vero il Marx del Toniolo è, come riconosce lo stesso Toniolo, un « evoluzionista hegeliano »: definizione che si può forse interpretare alla luce della VI Tesi su Feuerbach, ossia in relazione a quella parte del TLL, II, pp. 319-321. Passerin d’Entrèves, La spiritualità di Giuseppe Toniolo cit, p. 84. Sulle diverse e non confondibili anime dell’intransigentismo cattolico, cfr. F. Fonzi, I cattolici e la società italiana dopo l’Unità, Roma 19773, pp. 161-192. 148 A. Dupront, L’acculturazione. Storia e scienze umane, prefazione di C. Vivanti, Torino 19664 p. 39. 146 147
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III. Introduzione
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pensiero marxiano che considera l’uomo come un momento del processo della prassi, fatta salva l’avvertenza che non è (né può essere) solo un prodotto dell’ambiente. Sull’ambiente l’uomo influisce onde trasformarlo nella prospettiva fissata dall’evoluzione socio-economica. Ne viene che se si vuole capire chi veramente sia l’uomo per Marx, bisogna partire non dalla sovrastruttura ideologica, ma dall’attività pratica. Non basta abbattere la sovrastruttura, si deve distruggere la struttura, modificare la base economica della società. Quanto all’aggettivo « hegeliano », esso fa pensare alla « scoperta » da parte di Hegel dell’unità del razionale col reale, fatta salva la critica di Feuerbach alla « forma » in cui l’unità è pensata. Si aggiunga infine che il Toniolo attribuisce a Marx i concetti di « Umanesimo positivo » e di « Stato democratico », individuando ciò che li collega nell’alienazione intrinseca al sistema produttivo capitalistico e nell’urgenza di trasformare la società secondo un diverso modello. Il rovesciamento della prassi che ne scaturisce non solo capovolge la conoscenza del mondo, ma la cambia radicalmente. II) La difesa della proprietà privata ha un impianto tomistico e poggia su argomenti addotti da vari settori della cultura cattolica d’oltr’Alpe. Senza riandare al Ketteler, ci si può limitare al Ratzinger (Die Volkswirtschaft in ihren sittlichen Grundlagen. Ethisch-sociale Studien über Cultur und Civilisation, Freiburg im Breisgau 18952 ; la prima edizione è del 1881), che il Toniolo fa recensire e utilizza, come utilizza Die Verschuldung des Bauernstandes, scritto apparso nel primo fascicolo del periodico Die Gesellschaft (1894), del pari favorevolmente recensito nella Rivista internazionale (stesso fascicolo in cui viene pubblicato il Programma di Milano). Andando oltre il Ratzinger, ci si potrebbe soffermare sullo studio pubblicato nel 1895, sempre nella Rivista internazionale, da Simon Deploige, La théorie thomiste de la propriété, che affronta il tema monograficamente. In proposito è da notare che il Deploige, estimatore del Toniolo, non solo insiste sulla funzione sociale della proprietà, ma pure sul « désaccord absolu avec les principes philosophiques du socialisme »149. III) La tutela e la diffusione della piccola e media proprietà, da anteporre alla grande proprietà, vede ancora nel Ratzinger un precedente di rilievo. Nel discorso del 7 novembre 1893 al Landtag bavarese, le cui considerazioni generali sono, a giudizio della Rivista internazionale, così cospicue da renderne « importante la lettura anche oltre la cerchia degli immediati destinatari », il Ratzinger denuncia i pericoli insiti nella speculazione « sotto la forma dell’accaparramento dei terreni, per poi rivenderli divisi a piccoli lotti ed a prezzi molto elevati ». Propone una tutela delle classi 149 S. Deploige, La théorie tomiste de la propriété, in Revue néo-scolastique 2 (1895), pp. 61-82, 163-175, 286-301 (citazione a p. 298).
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rurali affidata non allo Stato, bensì al Comune150. Ciò dovrebbe impedire le vendite di speculazione, accertando che l’acquirente di un fondo voglia davvero coltivarlo. In caso contrario, la transazione dovrebbe essere impedita. Al Comune spetterebbe « fissare l’altezza del prezzo, e sarebbe anche desiderabile che la vendita dei fondi avvenisse con la sua mediazione ». Sempre al Comune il Ratzinger vorrebbe affidati altri compiti. Tra questi la distribuzione della semente e l’organizzazione del credito personale151. Si tratta di proposte di notevole importanza economica e sociale, che pongono in evidenza il ruolo fondamentale che i cattolici, non solo in Italia, attribuiscono alle amministrazioni locali, in particolare al Comune, visto come « centro organico di attività civile » e « sede naturale di esercizio delle libertà essenziali » o, meglio, come « ente titolare […] di un’autonomia originaria e non esautorabile dallo Stato »152. IV) La delimitazione dei compiti attribuibili allo Stato tiene conto dei margini d’azione riconosciuti al Comune e, nello stesso tempo, esprime ogni possibile diffidenza nei confronti del « socialismo di Stato ». Ciò rivela un altro influsso, diretto e coevo, del mondo tedesco. Scrive il Pesch nell’articolo Der Staatssozialismus (in Stimmen aus Maria-Laach, 1894), segnalato dalla Rivista internazionale (1894), che il socialismo di Stato « concede all’autorità politica una illimitata facoltà d’immischiarsi nei rapporti economici » e mira alla « trasformazione della proprietà privata delle terre e dei capitali in proprietà sociale », misconoscendo i diritti del singolo e degli organismi intermedi. È singolare che egli si appoggi a Johann Karl Rodbertus-Jagetzow (1805-1875), fautore di una versione del socialismo di Stato, per taluni aspetti analoga a quella di Wagner, centrata sul rifiuto della lotta politica e sul riformismo economico, e mirante a correggere l’ingiusta distribuzione del reddito con la regolazione dei prezzi e con un appropriato sistema di tassazione. Circa gli aspetti perequativi e sperequativi, non vanno trascurati alcuni riecheggiamenti di Lassalle, il « creatore del socialismo pratico » o « il Lutero sociale del popolo tedesco »153. Con lui, sostiene il Toniolo, la « dottrina socialista » acquista una « fisionomia applicativa ». La qual cosa non elimina gli influssi idealistici hegeliani e fichtiani. Quanto al riscatto socio-economico della classe lavoratrice, Lassalle indica i seguenti mezzi: il suffragio universale, la sostituzione del lavoro salariato con quello associato, il superamento della legge ferrea dei salari (secondo la quale il salario medio degli operai rimane sempre a un livello di sussistenza), la produzione cooperativa, da introdursi con l’aiuto Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 2 (1894), IV, p. 100. Ibid., pp. 101-102. 152 M. Belardinelli, Movimento cattolico e questione comunale dopo l’Unità, Roma 1979, p. 9; TDI, II, pp. 40-42. 153 G. Toniolo, Capitalismo e socialismo, Città del Vaticano 1947, pp. 374-377. 150 151
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III. Introduzione
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e il credito (o finanziamento) dello Stato (socialismo di Stato)154. Non sorprende perciò che del Lassalle vengano citati l’Arbeiterprogramm del 1862 e Herr Bastiat-Schulze von Delitzsch, der ökonomische Julian; oder Capital u. Arbeit, del 1864. V) Infine la scelta prioritaria delle unioni professionali miste e, in via subordinata, semplici, fatta dal Programma di Milano e dal Toniolo. Essa ha vari punti di riferimento europeo. A parte i precedenti più o meno remoti, diretti e indiretti, elencati dallo stesso Toniolo nell’articolo Borse del lavoro e unioni corporative, del settembre 1893155, e a parte pure le mutuazioni dal de Mun, dapprima favorevole al riconoscimento legale dei sindacati misti e, in un secondo momento, disposto ad accettare i « sindacati operai » semplici (il che viene giudicato un tâtonnement dal Grégoire)156, sembra di dover notare la convergenza con l’eguale e quasi contemporanea soluzione prospettata dalla Lettre pastorale de Sa Grandeur Mgr Doutreloux, évêque de Liège, sur la question ouvrière157, i cui contenuti vengono non solo ripresi, parafrasati e commentati dalla Rivista internazionale, ma esplicitamente accostati al Programma di Milano, essendo lo scritto del prelato belga – spiega una nota a firma della Direzione – di « speciale importanza per i cattolici italiani, oltre che per gli amici della rivista e dell’Unione »158. Dopo il Programma di Milano, nel congresso di Fiesole (settembre 1896), il Toniolo affronta il tema dei rapporti tra cristianesimo e denaro, precisando che per i cattolici non si tratta di favorire in alcun modo la « borghesia quattrinaia e procacciante », ma di rendere onesto l’esercizio del credito, correggendone gli abusi e sostenendo « il popolo laborioso e sofferente ». Per esempio, propone la costituzione di società di persone, onde assicurare la nominatività delle azioni e impedire cessioni non autorizzate. Distingue tra grandi banche di deposito e sconto e banche popolari, rivendicando più solide garanzie giuridiche e morali là dove siano minori quelle economiche. Insiste sulle agevolazioni alla piccola proprietà agricola, sulla corretta gestione delle casse di risparmio, sul collegamento tra gli istituti di credito cattolici, sulla necessità di « cristianizzare » in nome della giustizia e della carità evangeliche « il più ribelle e fedifrago degli strumenti del progresso economico, [ossia] il capitale trafficante nei Cfr. G. Roth, I socialdemocratici nella Germania imperiale, Bologna 1971, pp. 41-42. Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 3 (1893), pp. 52-77, riedito in TDI, II, pp. 54-83. 156 L. Grégoire, Le pape, les catholiques et la question sociale, Paris 1893, cui è da aggiungere la recensione di G. Semeria, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 1 (1893), pp. 554-578. 157 Liège 1894. 158 [La direzione], I cattolici nelle presenti agitazioni socialistiche, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 2 (1894), IV, p. 239, nt. 1. 154 155
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prestiti e nelle usure ». Ripropone, storicizzandolo, il Leitmotiv dei rapporti intrinseci tra etica ed economia, sui quali, come si vedrà più avanti, tornerà a insistere nel secondo congresso dell’Unione cattolica per gli studi sociali (Padova, 16-28 agosto 1896): insistenza che meglio si comprende se si allarga lo sguardo alla politica di spesa del governo tra il 1887 e il 1896, per osservare che essa viene caricandosi di particolare rischiosità, specie se inquadrata nel contesto della coeva crisi economico-finanziaria non solo nazionale, ma anche internazionale. È appena il caso di ricordare che quella nazionale tocca il proprio acme nell’estate del 1893, quando tra il luglio e il novembre l’aggio, rispetto alla parità aurea, passa dal 5 al 15 per cento circa; il corso della rendita registra una caduta maggiore sui mercati esteri che sul mercato interno, con conseguente flusso di « reimportazione del debito estero che accentua l’indebolimento del cambio »; il run investe il Credito mobiliare e la Banca generale, come pure, tra la fine del ’93 e l’inizio del ’94, molte casse di risparmio e altre banche. La crisi internazionale è invece contrassegnata da fenomeni di instabilità finanziaria che interessano numerosi Paesi europei ed extraeuropei: dall’Argentina alla Spagna, dal Portogallo alla Grecia, dall’Inghilterra all’Austria, dagli Stati Uniti all’Australia, creando turbolenze sempre più sfilacciate e di lunga durata. Urgono in pari tempo le questioni irrisolte dell’Unione latina, il cui denominatore comune è dato dal fatto che, se l’argento monetato continua a mantenere il proprio potere liberatorio sulla base del rapporto legale con l’oro, il rapporto di mercato tra i due metalli registra una divaricazione che segue il prezzo decrescente dell’argento. Il Toniolo conosce questi problemi, ma non si limita a studiarne gli aspetti tecnici. Cerca piuttosto di risalire alle cause prime di essi, rinvenendole nell’indebolimento valoriale che mina in radice un’intera società. Occorre invertire l’orientamento e fissare una scala di priorità. Impenetrabile a questo modo di ragionare, il fronte dell’intransigenza paganuzziana accentua l’opposizione159. Nuovamente il contrasto è arginato con l’appoggio di mons. Callegari e per intervento della S. Sede160, ma un ulteriore elemento di divisione si produce nel 1897, quando Toniolo pubblica un saggio sul concetto cristiano di democrazia, che trae ispirazione e contenuti dal magistero leoniano, non solo da quello recente, bensì a partire dalla Aeterni Patris (1879), per giungere alla Rerum novarum (1891), con la precisazione che il punto di forza è rappresentato dal concetto di « bene comune », identificabile tomisticamente col « bene della città » (idest ad bonum commune civitatis), ossia col « fine migliore ». Solo che, mentre per
Per i particolari, cfr. Gambasin, Il movimento sociale cit., pp. 374-456. ASV, Segreteria di Stato, 1901, rubrica 12, fasc. 6, Promemoria di mons. Giuseppe Callegari per Leone XIII. 159 160
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III. Introduzione
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s. Tommaso, al seguito di Aristotele, è la scientia civilis (ossia la politica) a identificare il fine migliore, e dunque il bene supremo, per Toniolo la politica è posposta alla società e, coerentemente, la « democrazia cristiana » è intesa (e declinata) in chiave sociale. Il Toniolo muove dall’assunto che il problema politico non è di per sé un problema di strutture o istituzionale. Esso affonda le proprie radici in una visione dell’uomo, in una concezione antropologica. Le concezioni dell’uomo postulate dal liberalismo e dal socialismo, benché in apparenza antitetiche, sono intimamente legate sul piano ideologico, nel senso che i due movimenti « scandiscono due gradini di una medesima parabola, e precisamente di quella parabola del pensiero moderno che si è voluto affermare e caratterizzare come essenzialmente antropocentrico, come visione della storia che ha posto al suo centro l’uomo ed esclusivamente l’uomo »161: vale a dire un antropocentrismo laico, che rinviene in se stesso la giustificazione del proprio esistere162. L’antropologia nella quale il cristiano si riconosce ha invece un impianto teocentrico. Non si tratta di un fatto solo culturale, bensì di una Weltanschauung che riflette e orienta i comportamenti individuali e sociali. Ancora una volta il Toniolo si pone sul terreno del dover essere, lo stesso entro cui prende corpo il suo concetto di democrazia, un concetto nel quale l’elemento sociale è distinto da quello politico, come distinti sono i fondamenti della società dai modelli gestionali di essa163. La vera democrazia, sostiene il Toniolo, è un ordinamento civile, non politico164. Così affermando, egli prende le distanze, più che dal concetto aristotelico di democrazia, dalle implicazioni che sull’ascendenza classica del termine vengono dalla filosofia moderna di matrice rousseauiana e post-rousseauiana, e particolarmente dalla filosofia di Marx, il quale vede nel demos non il popolo in generale, bensì una sola classe, anzi « la vera classe trainante della storia »; in altre parole, il proletariato, con ruolo e compiti rivoluzionari165. Il Toniolo vuole « romperla » con ogni « resto di conservatorismo liberale, cioè intinto di razionalismo », non potendosi vagheggiare la democrazia come una forma-partito intesa al superamento compromissorio di una destra e di una sinistra, del « conservatorismo » e del « sovversivismo ». Quel che occorre è un’idea-forza dotata di propria ori161 F. Todescan, Il pensiero politico di Giuseppe Toniolo, in Giuseppe Toniolo tra economia e società cit., p. 110. 162 Cfr. A. Del Noce, Riforma cattolica e filosofia moderna, I: Cartesio, Bologna 1965; S. Cotta, L’uomo tolemaico, Milano 1975. 163 Cfr. D. Veneruso, L’Azione cattolica italiana durante i pontificati di Pio X e di Benedetto XV, Roma 1983, p. 8. 164 Cfr. A. Ardigò, G. Toniolo: il primato della riforma sociale per ripartire dalla società civile, Bologna 1978, pp. 20-89; G. Campanini, Toniolo e le origini del cattolicesimo democratico, in Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine cit., pp. 359-370. 165 Todescan, Il pensiero politico cit., p. 113.
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ginalità, un’idea che faccia tutt’uno « col concetto di ordine sociale, il quale, per la stessa natura sua e dei suoi fini, riesce definitivamente a particolare tutela e sollievo della classe dei deboli e degli umili ». Come dire, di nuovo, il bene comune, in cui riconoscere « l’unica ragione dei vincoli civili ». Il criterio di giudizio assume quindi un potenziale teleologico, ma non manca la prospettiva « organica », che riconosce legittimità alla partecipazione del popolo al potere, non solo attraverso il voto per la nomina dei propri rappresentanti in parlamento, ma anche attraverso l’elezione diretta del capo dello Stato. Questa seconda prospettiva è subordinata alla prima. Altri elementi concorrono a definire la posizione del Toniolo in materia di democrazia: a) l’interclassismo, prospettato secondo una dinamica ascensionale delle forze sociali e mirante a forme di cooperazione nella logica del riformismo; b) il ruolo chiave attribuito ai corpi intermedi (si pensi alla famiglia e alle molteplici organizzazioni professionali); c) il concetto di diritto coniugato con quello di dovere, a differenza di quanto propone la cultura liberale, che insiste soprattutto, se non esclusivamente, sui diritti; d) la difesa di un’idea di libertà « personale e privata », che « non neutralizza, non emargina l’idea del diritto, bensì la richiama a sé, in una visione equilibrata, per cui dovere e diritto non sono due momenti antitetici, ma due facce della medesima realtà »166; e) l’integrazione della giustizia commutativa con la giustizia distributiva, onde superare la difesa pura e semplice della « libertà giuridica nominale » e giungere alla « libertà giuridica virtuale », all’esplicitazione della piena libertà, realizzabile quando gli ordinamenti civili e politici offrono « un concreto supporto al progresso della vita degli individui »; f) la forte domanda di valori spirituali. L’avallo offerto dal Toniolo alla democrazia cristiana acuisce le diffidenze. Il timore è che la « condiscendenza » nei confronti dei giovani possa dar corpo al « deviazionismo » di un movimento nel movimento e compromettere proprio l’unità che si afferma di voler salvaguardare. La crisi del ’98, coinvolgendo in una medesima repressione socialisti e cattolici, e rendendo manifeste le intrinseche debolezze dell’Opera (obiettive pur dietro la solidità dell’organizzazione, che registra il suo « apogeo » nel congresso di Milano del 1897), rende ancor più gravi le tensioni. Se ne fa interprete Romolo Murri167 con la richiesta di un profondo rinnovamento delle attività cattoliche (lettera aperta del settembre 1898 al padre Semeria). Anche il Toniolo è convinto della necessità di un rinnovamento e l’11 dicembre 1898 presenta al Comitato permanente una serie di proposte tendenti a conseguirlo. L’innovazione più significativa riguarda l’inserimento di rappresentanti « di tutte le istituzioni autonome » cristiane (società di mutuo
166 167
Ibid., p. 117. Cfr. De Rosa, Storia del movimento cattolico cit, pp. 419-422, 473-475, 481-485.
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III. Introduzione
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soccorso, casse rurali, cooperative, ecc.) nella presidenza dei comitati parrocchiali e diocesani dell’Opera, « sicché questa Presidenza […] rifletta in sé il pensiero e i desideri di tutti i rispettivi organismi sociali, popolari ». Inoltre, volendo assicurare alla base uno strumento efficace per far sentire la sua voce, considera la possibilità di ricorrere al sistema referendario. Il Comitato permanente approva « di massima » le proposte, giudicandole consone a « quello che sempre l’Opera ha cercato di attuare », ma decide di farle esaminare da una commissione, inizialmente di quattro membri (Paganuzzi, Medolago, Rezzara, Toniolo), onde « renderle concrete ». In un secondo momento esse saranno ridiscusse e sottoposte al voto di un successivo congresso. Il tentativo di insabbiare il progetto è palese, ma se da un lato il Toniolo persiste nel sostenere il movimento giovanile, pregando Paganuzzi di non irrigidirsi e di comprendere come sotto l’« ebbrezza della novità » e l’« irrequietezza delle aspirazioni indefinite » manifestate dai democratici cristiani si celi « un proposito legittimo, nobile, cristiano per eccellenza, quello di persuadere colle parole e coi fatti, che i cattolici sanno comprendere i bisogni e le aspirazioni del momento, che essi soli nell’avvenire potranno darci legittima soddisfazione, mercé appunto delle dottrine e delle virtù cristiane-cattoliche » (lettera del 6 marzo 1899)168, dall’altro lato, in forza della stessa sua posizione mediatrice, finisce col suscitare perplessità in non pochi giovani, soprattutto in Murri, che già nel marzo 1900 distingue con nettezza fra dottrina sociale del Toniolo e azione pratica dei democratici cristiani. Quando, in occasione del XVII congresso cattolico che si deve tenere a Roma nel settembre 1900, i democratici cristiani decidono di riunirsi separatamente per esaminare i problemi relativi alla struttura e al futuro del loro movimento, e il Toniolo disapprova l’iniziativa con una lettera aperta pubblicata sull’Osservatore cattolico, il Murri lo accusa di contribuire a « demolire quel poco di bene che si poteva fare e che forse si andava facendo in Italia, di rompere un altro ponte, costruito con lunga e grave fatica, tra la S. Sede e il popolo nostro » (Cultura sociale, 1 settembre 1900). Al congresso di Roma il problema della riforma dell’Opera dei congressi non viene affrontato, ma il Toniolo svolge ugualmente una parte di primo piano, sia ottenendo che venga approvata una sua proposta concernente la formazione di unioni professionali semplici con compiti sindacali, sia continuando l’attività di mediazione tra le due anime del movimento cattolico, che neppure la Graves de communi (18 gennaio 1901) riuscirà a fondere. Al congresso di Taranto (1901) egli assume l’iniziativa di un compromesso, appoggiato dal Medolago Albani. Si stabilisce di lasciare ai democratici cristiani un margine di autonomia operativa, ma l’accor-
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TLL, II, pp. 141-147.
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do non viene ratificato dalla presidenza dell’Opera. Tra il 1903 e il 1904 la situazione precipita. Dapprima il Toniolo spera che la successione del Grosoli al Paganuzzi possa giovare al recupero dell’unità. Ben presto però l’illusione cade e, a seguito del discorso di S. Marino, dell’irrigidimento della S. Sede e dell’ulteriore accentuazione autonomistica delle posizioni murriane, il Toniolo ammonisce Murri, ricordandogli i casi del Lamennais169 e del Lacordaire170, e richiamandolo a una maggiore disciplina171. Segue una dura replica del prete marchigiano, che accusa il Toniolo di essere « il Paganuzzi del movimento sociale, l’idealista impenitente che da dieci anni ci ricanta, quasi con le stesse parole, un suo canto palingenesiaco, che nell’economia, nella filosofia della storia, nella tattica dei partiti, porta ed applica, con immensa fiducia, i rigidi criteri dell’assoluto » (Cultura sociale, 16 giugno 1903). Accusa ingiusta, che misconosce il vero significato dell’opera svolta dal Toniolo per un più consapevole e critico impegno culturale e scientifico dei cattolici, e che trascura pure di considerare come il primato della cultura non si dissoci da un vivo senso della concretezza, che proprio nel medesimo torno di tempo trova espressione nei Provvedimenti sociali popolari (Roma 1902), con i quali il Toniolo si fa promotore di « associazioni professionali a carattere sindacale, libere, informate a spirito cristiano e di natura permanenti, non destinate cioè ad evolversi verso forme intrinsecamente miste », e del pari manifesta la volontà di « elevare il proletariato alla dignità di classe », non in funzione di una conflittualità sociale, ma per « riannodare relazioni armoniche con le classi superiori, sul fondamento della rispettiva autonomia ». Ciò differenzia in termini antinomici (nel giudizio del Toniolo) la posizione dei cattolici da quella dei socialisti, tendendo sì entrambi a rendere migliori, e a dimensione d’uomo, le condizioni dei ceti popolari, ma ponendosi i primi, a differenza dei secondi, il fine di realizzare il bene comune (ennesima sottolineatura) sulla base della giustizia e della carità172. III. 7. Sul versante luzzattiano: la via del sincretismo Luigi Luzzatti nasce a Venezia il 1° marzo 1841. Il padre, Marco, di religione ebraica, è uno stimato commerciante-imprenditore, proprietario Cfr. Verucci, Félicité de Lamennais cit. Cfr. Y. Congar, Vraie et fausse réforme dans l’Église, Paris 19682, pp. 562-563; G. Martina, La Chiesa nell’età dell’assolutismo, del liberalismo, del totalitarismo. Da Lutero ai nostri giorni, Brescia 19742, pp. 540-542, 552-553, 585, 679. 171 Cfr. Gambasin, Il movimento sociale cit., pp. 517-537. 172 Cfr. A. Carera, Giuseppe Toniolo: l’« ordine della libertà » nella società del benessere, in Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine cit., pp. 173-222. 169 170
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di due fabbriche, una « più piccola » di coperte di lana e una « maggiore » per la pettinatura della canapa greggia. La madre, Enrichetta Tedesco, nutre per il figlio173 una speciale predilezione e, insieme col marito, lo incoraggia a fare del sentimento religioso e dell’amor patrio i capisaldi della sua esistenza. Dopo aver frequentato la scuola elementare privata del maestro Aronne Ancona, nell’anno scolastico 1850-51 entra nel collegio veneziano di Santa Caterina (lo stesso che quattro anni dopo accoglierà il Toniolo)174, dove ha per insegnanti Giacomo Zanella175 e Giorgio Politeo176, dai quali rispettivamente apprende il valore irrinunciabile della libertà di coscienza e il senso filosofico dell’antidogmatismo. Nel contempo inizia a occuparsi delle « conclusioni » evoluzionistiche cui la scienza moderna sembra essere pervenuta sulle origini della vita e sulla filosofia dell’inconscio, quest’ultima illustratagli nella sua « interezza sostanziale » dal Politeo, che la scopre prima di Hartmann e molto prima di James e di Bergson177. Verso i sedici anni matura una « presa di coscienza razionalistica e laica »178, che lo porta a rompere il digiuno pasquale, a dubitare della bontà del culto esteriore e ad allontanarsi dal giudaismo, cui fin dall’infanzia lo ha indottrinato Moisè Soave, seguace di Samuele David Luzzatto e collaboratore di Moritz Steinschneider179. È in questo torno di tempo che si lega d’amicizia con Enrico Castelnuovo, Elia Lattes e Pietro Cassani. Più tardi (1861), auspice lo Zanella, diviene sodale di Fedele Lampertico, che influirà sulla sua formazione, specie economica, e col quale il legame personale durerà tutta la vita. Lampertico lo aiuta ad andare oltre la « trattatistica » economica corrente (soprattutto Smith e Say, Rau e Storch, Chevalier e Courcelle-Seneuil), per scoprire i « nuovi orizzonti » Sanson, detto Luigi. LMC, I, p. 5. 175 Che gli mostra come sia possibile misurare la fede « sulle latitudini dell’impegno civile prevalentemente nella versione patriottica e in quella di un moderato riformismo sociale, ma anche, e forse soprattutto, sul metro delle acquisizioni scientifiche, proiettate verso la riforma della teologia cattolica » (A. Zambarbieri, Luzzatti e la cultura dell’Estremo Oriente, in Luigi Luzzatti presidente del Consiglio, a cura di P.L. Ballini – P. Pecorari, Venezia 2013 [Biblioteca luzzattiana. Fonti e studi, 18], p. 338). Non a caso nel 1864, in occasione delle nozze, lo Zanella dedicherà al suo ‘antico’ allievo, divenuto amico, la celebre lirica Sopra una conchiglia fossile. 176 L. Luzzatti, Di Giorgio Politeo e dei suoi lavori scientifici. Commemorazione, Venezia 1916, pp. 1-17 (sul frontespizio: Dagli Atti del Reale Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, a.a. 1915-16, LXXV, pt. I, seduta straordinaria del 21 ottobre 1916; in realtà si tratta dell’anno accademico 1916-17, LXXVI, pt. I, pp. 9-43). Il Politeo fu in seguito (1878-79) professore incaricato di filosofia morale all’Università di Padova, ma non vinse il relativo concorso a cattedra. Cfr. G. Piaia, Baldassarre Labanca, interprete ottocentesco di Marsilio da Padova, in Quaderni per la storia dell’Università di Padova 7 (1974), pp. 27-52. 177 LMC, I, pp. 14-17. 178 M. Berengo, Luigi Luzzatti e la tradizione ebraica, in LST, p. 528. 179 LMC, I, p. 5. 173 174
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storiografici del Roscher e del Knies, e arricchire così le sue conoscenze fino ad allora limitate al Bentham, teorico della « felicità » da ricercare in senso progressivo, e al Mill, che il medesimo principio fa dipendere non dalla quantità del piacere, bensì dalla qualità, con l’avvertenza che il « potenziale egoistico » della morale utilitaristica è sempre orientabile a fini altruistici con il concorso della religione. L’anno seguente (1862), sollecitato dall’amico francese Ernest Hendlé, prende a studiare Cartesio180. L’approccio a questo autore fa sorgere in lui l’idea che con la scoperta del cogito una svolta decisiva si sia prodotta verso l’età moderna, elevando la matematica a forma basilare del pensiero razionale. Quanto al termine « cartesianismo », è noto che esso viene usato in una duplice accezione: storica e speculativa. In senso storico designa la Scuola filosofica cartesiana, sia nel suo complesso che nei singoli esponenti. In senso speculativo indica il corpus distintivo e sostanziale del pensiero cartesiano, in merito al quale gioverà ricordare: a) che in forza del suo matematismo Descartes approda « a una concezione monistica della sostanza e a una forma di necessitarismo universale »; b) che l’applicazione radicale del suo metodo conduce « alla rottura non soltanto con una metafisica di tipo aristotelico, ma anche di tipo platonico e, in definitiva, con la metafisica tout court »; c) che « l’anima del cartesianismo risied[e] nella sua teoria della libertà, vista come l’esperienza originaria da cui procede tutto il suo pensiero filosofico ». Relativamente al punto c), il cartesianismo costituisce « un momento nella tradizione della filosofia […] dell’interiorità » e la qualifica di cartesiani dovrebbe essere limitata a uomini di pensiero come Pascal e Malebranche. Donde la conclusione che esso occuperebbe un settore « i cui limiti s[arebber]o, per un verso, Montaigne (il suo iniziatore […] nel quadro del pensiero umanistico) e, per l’altro [verso], Maine de Biran », che segnerebbe il momento della separazione dal matematismo: talché a caratterizzarlo sarebbe « l’unione tra la più profonda accentuazione del personalismo e l’estensione massima dell’antistoricismo »181.
180 Riprendo, a questo proposito, alcune parti di un mio precedente lavoro: Luzzattiana. Nuove ricerche storiche su Luigi Luzzatti e il suo tempo, Udine 2010, 39-57. Per Spinoza e Locke faccio invece riferimento a Luigi Luzzatti e le origini dello “statalismo” economico cit., pp. 98-121. 181 Cfr. A. Del Noce, Cartesianismo, in Centro di studi filosofici di Gallarate, Enciclopedia filosofica cit., I, coll. 1238-1240; id., Riforma cattolica e filosofia moderna cit. In particolare, sul problema del matematismo, J.-L. Allard, Le mathématisme de Descartes, Ottawa 1963; E. Berti, Le origini del matematismo moderno, in Giornale critico della filosofia italiana 51 (1972), pp. 337-365.
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Nella prima delle due accezioni il cartesianismo è al centro di tre lettere di Ernest Hendlé182, scritte nel 1862-63 a Luigi Luzzatti, come ideale prosecuzione dei colloqui svoltisi tra loro nell’estate del ‘62 durante un soggiorno veneziano del giovane francese183. Tali lettere permettono di conoscere, sia pure per via indiretta (le reciproche luzzattiane sono a tutt’oggi irreperibili), il pensiero di quest’ultimo su Cartesio, pensiero che si potrebbe definire ‘riduttivistico’, soprattutto per quel che attiene al passaggio dal dubbio metodico alla certezza del cogito184, secondo un procedimento in parte già agostiniano185, poi rinnovato da Tommaso Campanella. Tende invece a sopravvalutare il ruolo di Descartes l’Hendlé, facendo leva sul concetto di ragione attiva e, dunque, sul passaggio del pensiero laico « da una posizione di resistenza (il libertinismo) a una posizione di offensiva (l’illuminismo) », ond’è che l’« opera conclusiva di Descartes sarebbe non più un “sistema”, bensì un avvenimento storico: la Rivoluzione francese ». Nel contempo però, secondo l’Hendlé, Cartesio ignorerebbe non solo che la prova a priori dell’esistenza di Dio nelle Meditazioni metafisiche186 riprende (e ripete) l’antico argomento di s. Anselmo, ma pure che s. Agostino già aveva notato in proposito « bien des choses qu’il n’a fait que redire »187. A suo merito ascrive invece l’elaborazione del metodo, l’aver dato origine allo spiritualismo moderno (e persino all’idealismo), l’aver demolito in radice l’approccio cosmologico tomista. Soffermiamoci brevemente sugli ultimi due punti, cominciando dalla prova ontologica. Si osserverà in primis che s. Tommaso non avrebbe definito, come Cartesio, la prova del Proslogion né una dimostrazione, né un a priori. Egli la interpreta sulla base di un duplice procedimento, a priori e a posteriori, in quanto l’uomo vive in una dimensione relativa, non è intelligenza pura, bensì intelligenza unita alla corporeità e, come tale, « non 182 Diviene avvocato presso la Corte d’appello e prefetto della Seine Inférieure. Il legame di amicizia col Luzzatti è alimentato da comuni interessi, non solo filosofici (e religiosi), ma pure cooperativistici, sociali e giuridici, come provano tre suoi volumi: Les associations de Crédit populaire, Paris 1864; Questions politiques et sociales, Paris 1868; La séparation de l’Église et de l’État, Paris 1869. 183 LMC, I, pp. 83-85; cfr. ALV, b. 45, fasc. Ernest Hendlé, di complessivi 24 documenti. A corredo del fascicolo vi sono parziali trascrizioni delle lettere: 8 ottobre, 8 novembre, 18 dicembre 1862; 4 gennaio e 9 luglio 1863. 184 Cfr. G. Dreyfus, Discussion sur le “cogito” et l’axiome “pour penser, il faut être”, in Revue internationale de philosophie 19 (1952), pp. 117-125; J. Hintikka, Cogito, ergo sum: inference or performance?, in The Philosophical Review 71 (1962), pp. 3-32. 185 Cfr. H. Gouhier, Cartésianisme et augustinisme au XVIIe siècle, Paris 1978. 186 Cfr. A. Del Noce, Saggio introduttivo a: R. Descartes, Meditazioni metafisiche ed estratti dalle obbiezioni e risposte, Padova 19492, pp. VII-LXXV. 187 Cfr. S. F. Crocker, Descartes ontological argument, in The Modern Schoolman 53 (1976), pp. 347-377; R. Payot, L’argument ontologique et le fondement de la métaphysique, in Archives de la philosophie 39 (1976), pp. 227-268.
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ha e non può avere l’intuizione immediata d’un essere intelligibile puro; per affermarne l’esistenza deve partire da esperienze di ordine sensibile ». Il che è coerente con le premesse: « concetto di essere e sua analogia e trascendentalità, concetto di divenire e composizione di atto e di potenza dell’ente diveniente, necessità della causa agente e della causa finale e quindi principio di causalità »188. Non così procede Descartes, la cui conoscenza della scolastica è per lo più di origine suareziana. Infatti, mentre per s. Anselmo l’idea di Dio è « prevalentemente un concetto di ordine logico, e la difficoltà della sua argomentazione consiste […] nella pretesa di passare dall’ordine logico all’ordine ontologico », per Cartesio, che pure non mette mai in discussione la tesi tradizionale della distinzione metodica tra ragione e fede (la ragione sta « tra il soprarazionale e l’infrarazionale »)189, essa è un’effettiva realtà, « una certezza immediata che non possiamo far a meno di pensare »190. L’esistenza di Dio è parte integrante dell’essenza e non è possibile averne l’idea (essenza) senza nel contempo ammetterne l’esistenza. Il problema, quindi, non è posto a partire dal mondo esterno, ma dalla coscienza dell’uomo stesso. Nella coscienza Cartesio rinviene un’idea che è in noi, ma non da noi, un’idea che « ci permea profondamente, come il sigillo dell’artefice sul suo manufatto. Ora, se questo è vero, e se è vero che Dio, sommamente perfetto, è anche sommamente verace e immutabile, dobbiamo […] avere immensa fiducia in noi, nelle nostre facoltà, che sono tutte opere sue ». Conclusione ‘religiosa’, come si vede, ma che marca una decisiva differenza rispetto agli esiti della metafisica e della teologia tradizionali, dato che viene utilizzata « per difendere la positività della realtà umana e, sotto il profilo delle potenze conoscitive, la loro naturale capacità di conoscere il vero e, per quanto concerne il mondo, l’immutabilità delle sue leggi ». Parlare di religiosità, inoltre, non significa attribuire alla filosofia di Cartesio un carattere mistico; del pari non comporta un’esigenza apologetica, almeno iniziale; postula invece la ricerca « in un amore 188 C. Giacon, Tommaso d’Aquino, in Centro di studi filosofici di Gallarate, Enciclopedia filosofica cit., VI, col. 300. Cfr. id., Le grandi tesi del tomismo, Bologna 19673; id., I primi concetti metafisici, Bologna 1968. 189 Cfr. A. Del Noce, Descartes René, in Centro di studi filosofici di Gallarate, Enciclopedia filosofica cit., II, col. 824. 190 L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, II: Il Cinquecento – Il Seicento, Milano 1970, p. 285. Cfr. J.-L. Marion, Descartes et l’onto-théologie, in Giornale di metafisica 6 (1984), pp. 3-49; J. D. Moyal, La preuve ontologique dans l’ordre des raisons, in Revue de métaphysique et de morale 93 (1988), pp. 246-251. Inoltre: Descartes metafisico. Interpretazioni del Novecento, Seminario di studi cartesiani (Roma, 21-22 gennaio 1993), a cura di J.-R. Armogathe – G. Belgioioso, Roma [1994].
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della necessità del vero, ben distinto dall’amore della necessità ontologica e rispetto a cui la […] teoria della libertà ha un carattere autobiografico »191. La non sovrapponibilità dei due approcci risulta ancora più evidente se si considera (non sulla linea del Barth e dello Stolz, ma su quella della Vanni-Rovighi) che il pensiero anselmiano subisce un’evoluzione nel passaggio dal Monologion (fiducia illimitata nelle forze della ragione) al Proslogion (chi ricerca è un « uomo orante », non solo « raziocinante »), e se si pone attenzione ad alcuni snodi del tracciato speculativo del secondo testo: chiunque affermi o neghi l’esistenza di Dio deve avere un’idea di Dio, intendendo con tale parola l’ente di cui non si può pensare il maggiore (« aliquid quo nihil maius cogitari possit »: Prosl., c, 2). Una volta pensata tale natura, se ne può forse negare l’esistenza? No: non è possibile, perché, se fosse pensata esistente, sarebbe maggiore di quella pensata, ma non esistente (« Et certe id quo maius cogitari nequit non potest esse in solo intellectu. Si enim vel in solo intellectu est, potest cogitari esse et in re, quod maius est »: ibid.). Sicché pensare l’« id quo maius cogitari nequit » e pensarlo non esistente sarebbe pensare un « id quo maius cogitari nequit », che non è il « quo maius cogitari nequit »: vorrebbe dire pensare il « contraddittorio ». La qual cosa è impensabile. Come può allora l’insipiens del Salmo XIII dire che Dio non c’è (« non est Deus »), se per affermarlo deve comunque avere un’idea di Dio? Risponde s. Anselmo: « Ha potuto dirlo, ma non ha potuto pensarlo »192. Passando al ruolo di Cartesio nelle origini dello spiritualismo filosofico moderno, si può convenire con l’Hendlé che nel sistema cartesiano c’è in germe tutto lo spiritualismo (francese), da Malebranche e Pascal (« il cui anticartesianismo non può venir inteso che come un anticartesianismo entro il cartesianismo »)193 fino a Bergson, come dimostra R. Le Senne nel suo forse troppo dimenticato lavoro su La philosophie de l’esprit194. Andrebbe tuttavia precisato che lo spiritualismo di Cartesio rinviene, a sua volta, i propri tratti caratteristici: a) « nell’esigenza di chiudere i sensi al mondo esterno per attingere ad una pura concentrazione interiore »; b) nella peculiarità « esistenziale del cogito, ove il sum equivale ad existo »; c) « nella presenza al pensiero umano, intima e connaturale e quindi fondante, dell’idea di Dio » (il primato dello spirito è assicurato « dall’attività a priori della ragione »). Invece, per quanto attiene all’influsso del cartesianismo sull’idealismo classico tedesco, basti pensare « alla ripresa in Kant dell’analisi del giudizio matematico contro la scepsi humiana, dopo lo Cfr. Del Noce, Descartes René cit., coll. 823-824. Cfr. S. Vanni-Rovighi, Anselmo di Aosta, in Centro di studi filosofici di Gallarate, Enciclopedia filosofica cit., I, col. 338. 193 Del Noce, Descartes René cit., col. 818. 194 Paris 1950. 191 192
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scacco rispetto a questa del cartesianismo […]; o alla ripresa del tema del cogito che accompagna tutte le nostre rappresentazioni »195. Prendendo le distanze dall’Hendlé, che si appoggia all’autorità del Saisset196, il Luzzatti rifiuta la pretesa cartesiana di dar conto del perché Dio esista, giudicando la ragione umana impotente (impuissante) in ambito metafisico e ritenendo che solo con l’aiuto della coscienza si possano ricostruire le verità che Kant abbatte nella Critica della ragion pura. Il riferimento del Luzzatti a Kant (segnalato dall’Hendlé) non è trascurabile, in quanto alla prova ontologica di Cartesio questi oppone che l’esistenza di un oggetto non è un « predicato » insito nel concetto dell’oggetto medesimo, ma è affermabile soltanto per via sintetica. È dunque impossibile derivare dall’essenza di Dio la sua esistenza. Distinguendo tra sfera dell’essere e sfera del pensare, Kant approderebbe così a un sostanziale realismo. In merito alla prova cosmologica, poi, egli rimanderebbe « inavvertitamente » a quella ontologica, perché « identifica l’essere assolutamente necessario con l’essere assolutamente reale »197. Infine, per quel che attiene alla prova fisico-teologica, pur riconoscendo che deve essere ricordata con « rispetto », le nega la certezza matematica, dato che « al massimo » può postulare l’esistenza di un « artefice del mondo », non di Dio creatore. Si potrebbe aggiungere, sulla scorta di Heinrich e Cramer, che per la prova ontologica Kant non si giova della critica tomista a s. Anselmo, ma usa – come già rilevato – l’argomento che l’esistenza non è un predicato, la qual cosa porterebbe a teorizzare l’insostenibilità della critica tomista: tesi messa in discussione dalla Scribano198. Un’ulteriore differenza separa l’Hendlé dal Luzzatti: il primo considera decisivo, anche per gli sviluppi del pensiero filosofico moderno, il Discorso sul metodo199, il secondo inclina ad attenuarne l’influenza e l’importanza. Sulla base degli elementi disponibili, nessuno dei due sembra superare il momento assertivo per giungere a quello esplicativo e dimostrativo. Entrambi, ad esempio, non prendono in esame le regole cartesiane dell’evidenza, dell’analisi, della sintesi e dell’enumerazione, nonché la loro Del Noce, Descartes René cit., col. 819. É. Saisset, Essai de philosophie religieuse, Paris 1859, pp. 3-39 (cap. I: Le Dieu de Descartes). 197 L. Geymonat, Storia del pensiero filosofico e scientifico, III: Il Settecento, Milano 1971, p. 598. 198 E. Scribano, L’esistenza di Dio. Storia della prova ontologica da Descartes a Kant, Roma-Bari 1994, pp. 251-254. 199 R. Descartes, Opere filosofiche, I, a cura di E. Loiacono, Torino 1994, pp. 497-553. Si tengano presenti il commento di É. Gilson al Discours de la Méthode, texte et commentaire, Paris 1930, e gli atti del convegno per il 350° anniversario della pubblicazione del Discours de la Méthode e degli Essais: Descartes, il Metodo e i Saggi, a cura di G. Belgioioso, Roma 1990. 195 196
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ispirazione matematica200. In particolare, il collegamento di Cartesio con Bacone e Galilei, evidenziato dall’Hendlé, tiene conto di alcune analogie, non però delle differenze, ben evidenti se, dopo aver menzionato il cogito, argomento centrale della seconda delle Meditazioni, si osserva come in Galilei siano compresenti l’istanza empirica e quella matematica201, mentre la forma di sapere ricercata da Bacone è la risultante dell’osservazione, intesa non come semplice registrazione di fatti sperimentati, bensì come loro elaborazione. Perché il Luzzatti, nonostante l’apprezzamento, mostra freddezza verso il sistema filosofico cartesiano? Una parziale spiegazione può forse venire dal fatto che, proprio nei mesi delle sue discussioni con l’Hendlé, egli si accosta, come vedremo, anche agli scritti di Spinoza. III. 8. Dalla teoria alla prassi Nel frattempo (1858) Luzzatti si iscrive alla Facoltà politico-legale dell’Università di Padova, dove frequenta assiduamente le lezioni di Giampaolo Tolomei, Luigi Bellavite e Angelo Messedaglia, studiosi dei quali già si è fatto cenno come docenti del Toniolo. Laureatosi il 13 agosto 1863, dopo circa due mesi pubblica il suo primo lavoro scientifico, La diffusione del credito e le banche popolari (1863), nel quale, rifacendosi a uno scritto di Hermann Schulze Delitzsch, Vorschuss- und Credit-Vereine als Volksbanken (18623), propugna la funzione sociale del credito, facendo confluire in un originale mixtum compositum esigenza di risparmio volontario e offerta di capitali a basso costo, accumulazione finanziaria e attenuazione del rischio, lotta all’usura e prospettive di sviluppo: il tutto entro una cornice teorica permeabile al volontarismo economico e allo storicismo, e dunque sostanzialmente antinaturalistica. Rispetto al modello schulziano Luzzatti introduce alcuni elementi di novità: il principio della responsabilità limitata al posto di quella illimitata; le azioni di piccolo taglio (da 5 a 50 lire) fatte prevalere su quelle di grosso taglio; il capitale sociale chiamato a svolgere una funzione di fondo di garanzia. Inoltre, punta sull’attivazione di un « ciclo autonomo e integrato del credito‑risparmio, piuttosto che di una specializzazione settoriale o funzionale »; sui bassi tassi d’interesse; sul potenziamento delle riserve, pari ad almeno la metà del capitale sociale; sul contenimento degli utili, parte dei quali – in genere tra il 15 e il 25 per cento – sottratta alla remunerazione delle quote azionarie e destinata 200 E. De Angelis, Il metodo geometrico da Cartesio a Spinoza, in Giornale critico della filosofia italiana 43 (1964), pp. 393-427. 201 Cfr. W. R. Shea, Copernico, Galileo, Cartesio. Aspetti della rivoluzione scientifica, Roma 1989, pp. 79-101.
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a incrementare la riserva; sul frazionamento degli impieghi per settore e per destinatari; sull’ampliamento del mercato agli artigiani, ai commercianti, al ceto impiegatizio, agli operai e ai piccoli agricoltori202. Alla fine del 1863 Luzzatti si trasferisce a Milano, dove prende a insegnare statistica ed economia politica all’Istituto tecnico, partecipando nel contempo al dibattito politico nazionale, pubblicando numerosi articoli sul Sole e sulla Perseveranza, diffondendo le proprie idee sul credito e adoperandosi a tradurle in pratica. Insieme con Tiziano Zalli fonda a Lodi, nel 1864, la prima banca popolare italiana, cui fanno seguito innumerevoli altre. Nel 1866, avvenuta la liberazione del Veneto, su proposta del Messedaglia e del Tolomei viene nominato professore straordinario di diritto costituzionale all’Università di Padova. Non accetta subito la nomina e per quasi un anno rimane nella città lombarda, dove contribuisce alla nascita dell’Associazione industriale italiana (1867), intervenendo pure al congresso nazionale delle Camere di commercio e prendendo posizione sulla necessità di misure atte a ripristinare la convertibilità metallica (il 1° maggio 1866 il ministro Antonio Scialoja ha introdotto il corso forzoso della cartamoneta) e contro ogni ipotesi di centralismo bancario, ossia di rinuncia alla pluralità dell’emissione. Nell’ottobre 1867, cedendo alle insistenze soprattutto del Messedaglia, accetta la cattedra patavina, entrando così a far parte del gotha intellettuale accademico veneto, allora perlopiù filominghettiano. Il rientro a Padova gli consente di riprendere le antiche frequentazioni veneziane e di allacciare nuovi rapporti con esponenti di spicco delle istituzioni culturali, amministrative ed economiche cittadine: diviene socio dell’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti (corrispondente nel 1868, effettivo nel 1872)203 e collabora con i notabili moderati del Comune lagunare (giunte Giustinian e Giovanelli), della Provincia e della Camera di commercio. Da queste frequentazioni (specie con il notabile locale Edoardo Deodati, vicepresidente della Provincia), oltre che da una intesa (più tardi venuta meno) con Francesco Ferrara, trae origine il progetto di istituire in Venezia una Scuola Superiore di commercio (Ca’ Foscari), alla cui realizzazione dà un apporto decisivo sul piano degli obiettivi specifici, dei programmi di studio, e persino della selezione del corpo docente (sue sono le ‘chiamate’ di Fabio Besta sulla cattedra di computisteria e di Luigi Bodio su quella di geografia e statistica)204. Nel settembre 1868, per incarico del Consiglio comunale 202 G. Petrovich, Luigi Luzzatti: la diffusione del credito e le banche popolari come ipotesi di previdenza volontaria, in LST, pp. 459-478. 203 G. Gullino, L’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti dalla rifondazione alla seconda guerra mondiale (1838-1946), Venezia 1996, pp. 408-409. 204 M. Berengo, La fondazione della Scuola Superiore di commercio di Venezia, Venezia 1989, pp. 32-57.
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III. Introduzione
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di Venezia e all’interno di un’apposita commissione, studia i problemi relativi all’utilizzo della linea ferroviaria del Brennero (aperta l’anno prima), con speciale riguardo alle tariffe differenziali, ai dazi d’uscita, al legame ferrovia-porto, al ruolo dello Stato. L’anno seguente, benché non ancora deputato (lo diviene nel 1871), è nominato dal Minghetti segretario generale del Ministero di agricoltura industria e commercio (Maic). Nei mesi in cui copre la carica (30 maggio-28 novembre 1869) dà vita a una Commissione consultiva sulle istituzioni di previdenza e sul lavoro volta a « esaminare le condizioni delle classi lavoratrici e i mezzi più idonei a migliorarne le dure sorti ». Allo scopo è lui a preparare la relazione al re per questo nuovo istituto pubblico, che, « distin[guendo] il lavoro [prima] confuso nel [Ministero] di agricoltura, industria e commercio », elabora provvedimenti in favore della mutualità, della cooperazione, delle pensioni, del risparmio, delle associazioni popolari di credito, di consumo, di produzione, e inoltre di economia forestale, di istruzione industriale e professionale, di vigilanza sulle società commerciali: tutte iniziative o progetti scaturenti dal convincimento che « mai il capitale e il lavoro [debbono] essere disgiunti »205. Alla fine degli anni ’60, esaminando l’andamento della bilancia commerciale italiana dopo il trattato di commercio italo-francese del 1863, valutando le implicazioni negative del corso forzoso sull’importazione di merci estere, recependo le risultanze in itinere dell’Inchiesta industriale (della quale è prima vicepresidente, poi, dal ‘72, presidente, succedendo ad Antonio Scialoja divenuto ministro della Pubblica istruzione), considerando la fondatezza delle istanze protezionistiche avanzate da numerosi produttori, riconoscendo la validità del metodo induttivo applicato all’economia e tutto in qualche modo filtrando attraverso il dettato sismondiano (e parzialmente milliano e roscheriano) sui limiti della crematistica smithiana e ricardiana, ritenuta incapace di assicurare un effettivo e generale benessere, nonostante l’incremento dei beni materiali, Luzzatti mette in discussione i fondamenti del liberismo manchesteriano e, come già si è detto, prende a elaborare la dottrina dello Stato sussidiario, uno dei cui primi banchi di prova è la trattativa condotta nella primavera del 1873 con Jules Ozenne, inviato del Thiers, sulla vexata quaestio delle materie prime, alla quale faranno seguito ulteriori negoziati (Luzzatti vi svolge un ruolo di primo piano, essendogli stata nel frattempo affidata la presidenza della Commissione per la riforma della tariffa doganale), che porteranno alla nuova tariffa doganale semiprotezionistica del 1878 e al rinnovo dei trattati di commercio con la Francia, la Svizzera e l’Austria-Ungheria. Tale dottrina comporta tra l’altro l’adozione di un nuovo indirizzo di politica
205
LOS, p. 30.
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commerciale, inteso a bruciare ogni utopia di sviluppo speculare al teorema ricardiano dei costi comparati, il che si risolve in una scelta di campo industrialista, per quanto non ancora del tutto chiara e coerente. Il significato politico di questa posizione non sfugge al Ferrara, che nell’agosto 1874 attacca la Scuola lombardo-veneta (spregiativamente da lui definita « germanista », con riferimento alla sua asserita sudditanza nei confronti del Kathedersozialismus di matrice wagneriana, e finanche babeufiana) in un articolo pubblicato sulla Nuova antologia, al quale il Luzzatti risponde rivendicando il carattere sperimentalista dei suoi programmi e postulando l’esigenza di un nesso tra etica ed economia. III. 9. La polemica sul « germanismo economico » A giudizio di Francesco Ferrara, il mondo tedesco alimenta tre scuole di economia politica. In primo luogo, quella del liberismo, che conta « ben pochi cultori » e che, nella valutazione dei più accesi avversari, è « tutta astratta, ideale, radicalmente falsa »206. In secondo luogo il socialismo, non tanto nel dettato lassalliano, bensì in quello di Marx, il cui « sofisma », non facile da scoprire e penetrare, viene indagato da Engel, Schönberg e Wagner207. In terzo luogo, il partito dei moderati. Costoro (ad esempio Wagner, Brentano e Scheel) puntano più sulle applicazioni che sull’approfondimento teorico, rifiutano di considerare il lavoro una merce, vogliono « nobilitato il concetto della mercede », ritengono centrale il problema dell’equa ripartizione dei beni e riconoscono allo Stato il diritto-dovere di attuarla. I moderati amano definirsi realisti, ma, lungi dal risolvere il realismo nel metodo storico del Roscher, fanno appello alla statistica, che ha « detronizzato la storia da un lato, e dallaltro la logica »208. Il termine riforma (con le molteplici sue derivazioni e declinazioni: riformisti, riformatori, ecc.) li trova assenzienti, purché se ne precisi l’ambito concettuale, come nel caso del Wagner (che distingue la posizione riformatrice sia dal reazionarismo di destra, sia dal socialismo) e dello Schönberg, che si colloca su un versante mediano rispetto ai socialisti e ai liberisti209. In realtà, osserva il Ferrara, i loro assunti-primi paiono mutuati dal socialismo dei vecchi riformatori (« non vi si sent[ono] il Babeuf, il Saint-Simon, il Blanc, il Proudhon? »), ancorché da questi pretendano di differenziarsi (« Noi, dice la Scuola, non vogliamo, come i Socialisti vor206 F. Ferrara, Saggi, rassegne, memorie economiche e finanziarie, Roma 1972 (Opere complete, a cura di F. Caffè, sotto gli auspici dell’Associazione bancaria italiana e della Banca d’Italia, 10), pp. 556-557. 207 Ibid., pp. 558-559. 208 Ibid., pp. 563-564. 209 Ibid., p. 564.
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III. Introduzione
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rebbero, operare una livellazione ideale delle umane società; invochiamo soltanto il concorso dello Stato a favore delle classi che soffrono; non pretendiamo la libertà abolita, ma la libertà controllata; combattiamo la concorrenza sfrenata, domandiamo l’indipendenza dell’operaio, respingiamo la tirannia del capitale; e finalmente, al gretto principio del tornaconto economico, [...] desideriamo sostituire un generoso spirito di filantropia, di dovere morale »)210, senza peraltro riuscirvi, dal momento che han gonfiato, con frasi altosonanti, l’importanza della questione sociale; hanno esagerato gli attriti naturali tra il capitale e il lavoro; hanno dipinto a tratti ammanierati l’oppressione dell’operaio; han negato qualunque armonia fra le leggi regolatrici della Produzione e quelle della Distribuzione; hanno attribuito tutti i mali della Società ad una pretesa ingiustizia nel modo di possedere; [...] e perché abbiano un filo logico, col quale si possa giungere a tutto ciò, essi, così gagliardi campioni, come si dicono, del reali smo, hanno fantasticata una vera canonizzazione dello Stato, imaginandolo come un ente vero, di carne ed ossa, investito della pienissima facoltà di annichilare le persone individue, e calpestare ogni loro diritto211.
Impostato in questo modo il rapporto tra liberalismo politico e liberismo economico, la questione non può dirsi chiusa, bensì ancora aperta. E tale in effetti è per ogni osservatore obiettivo, che solo si astenga dal dilatare artificiosamente le unità significative del liberalismo sino a farne una sorta di antropologia e di sociologia, con la conseguenza di ritenere « autentico » solo l’individualismo di « segno » inglese (da Locke a Tucker, da Ferguson ad Acton), in chiave anticartesiana, e di collocare – come avrebbe detto l’Antoni – le fonti « dell’economia classica nelle più vaste origini dello storicismo »212. Ma se l’individualismo moderno, ovvero il liberalismo, ha dei debiti verso lo smithiano « amore di sé », non è olisticamente risolvibile in esso. La riprova sta nel fatto che, dopo Kant, al momento dell’utilità si aggiunge il momento etico, il quale importa la difesa dell’individuo come libera personalità umana. Perciò, quando Ferrara fa coincidere il liberalismo con il liberismo, opera una reductio ad unum, sulla quale il Luzzatti ha buon gioco nel sollevare dubbi e riserve. Passando in rassegna i seguaci del « germanismo economico » in Italia, il Ferrara si sofferma sul Nazzani (che tuttavia sarebbe « ben lontano dal negare l’esistenza delle leggi naturali nelle materie economiche », e dello Stato avrebbe un concetto non « così fittizio e capzioso come ora minaccia di divenire »); attacca violentemente il Cusumano, che veicola in Italia il marxismo; riserva qualche riduttiva considerazione al Montanari e al
Ibid., p. 565. Ibid. 212 C. Antoni, Il tempo e le idee, Napoli 1967, p. 208. 210 211
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CARTEGGIO
Toniolo; e, infine, identifica i « capi » di una Scuola altrimenti « acefala » in Cossa, Messedaglia e Lampertico. Sospeso ogni definitivo giudizio su quest’ultimo, in attesa che al primo volume dell’Economia dei popoli e degli Stati seguano lo « svolgimento » e le « applicazioni » delle teorie; respinto « in via di semplice congettura » che il secondo (del quale sottilmente ricorda il discorso Sulla scienza nell’età nostra, dove Messedaglia chiama « magistero spontaneo e fecondo quello delle leggi naturali in un regime di libertà ») possa ritenersi un « catecumeno » della « fede teutonica »; il Ferrara giudica « non esagerato » affermare che il primo abbia « dato qualche impulso » al nuovo orientamento, anche se ritiene « un errore evidente [...] il farne l’anima e il duce ». Se infatti il Cossa non sottoscrive il concetto di libertà sistematica, è da sottolineare che si limita ad asserire il principio senza alcuna dimostrazione. D’altra parte, è vero che egli scorge nel socialismo della cattedra « tesori inesplorati in Italia », ma nondimeno « lo dichiara pieno di errori » e si guarda dal mettere in discussione il concetto di proprietà. In breve, il professore pavese « ragiona alla Thiers » e può essere giudicato « un valente continuatore » del Gioia213. L’abilità del Ferrara nel porre Cossa al di fuori del « germanismo » consiste soprattutto nelle omissioni. Il « grammatico » di cui parla il Pantaleoni214 non può certo essere confuso col Cusumano, ma come dimenticare i debiti culturali contratti dal Cossa alla scuola di perfezionamento dello Stein e del Roscher, « maestri » entrambi più volte citati nell’Introduzione allo studio dell’economia politica, l’uno per il contributo alla scienza dell’amministrazione, alla storia del socialismo francese e all’insegnamento giuridico; l’altro per aver storicizzato i sistemi e le istituzioni economiche, sottolineandone il variare nel tempo e il diversificarsi da nazione a nazione? E ancora, come tralasciare il rigetto cossiano del metodo deduttivo e il ricorso a quello induttivo, donde la caratterizzazione della storia come scienza induttiva, « che di tutti gli autori di qualche rilievo [vuole] tener calcolo e tutti intende incasellare nello [svolgimento] ideale delle dottrine economiche »215? Il fatto è che su questo punto Francesco Ferrara non esita a sacrificare l’esattezza dell’informazione scientifica alla vis polemica, consapevole che la posta in gioco non è una querelle culturale, ma la scelta di un modello di sviluppo216. Ferrara, Saggi cit, p. 568. M. Pantaleoni, Erotemi di economia, I, Bari 1925, p. 248. 215 L. Cossa, Saggi bibliografici di economia politica, prefazione di L. Dal Pane, Bologna 1963, p. VII. 216 Ferrara, Saggi cit, pp. 568-569. Il Ferrara sferza soprattutto il Cusumano, ma non risparmia una sia pur misurata critica al Toniolo, del quale scrive: « Il Toniolo, fino a due anni or sono, era ancora all’eterna e bizantina quistione del metodo, quando [pubblica] un « opuscolo “sui fatti fisici e sociali ne’ riguardi del metodo induttivo” […], ove si contiene un compendio abbastanza accurato, e nitido nella forma, de’ sommi capi, sotto cui codesto 213 214
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III. Introduzione
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L’entrata in campo del Ferrara suscita l’immediata reazione di Luigi Luzzatti, che il 9 agosto 1874 così scrive al Protonotari, direttore della Nuova antologia: Tu intenderai che io devo rispondere al Ferrara. Non voglio né difendere il ministero di Agricoltura – questo si farà alla Camera – , né iniziare un’aperta polemica. Ma giacché a lui piacque esporre in quel modo le dottrine della scuola germanica, e indurne le conseguenze, è debito di una rivista imparziale di permettere a me di esporle nel modo che credo più vero e di trarne le induzioni che mi paiono più ragionevoli. E tu devi anche sentire la mia risposta, e se vuoi il mio articolo (perché io non nominerò mai Ferrara, come egli non ha mai nominato me), deve comparire nel numero di settembre. A tal fine, pel 20 agosto tu avresti il mio manoscritto217.
Alla perentoria richiesta del Luzzatti il Protonotari prende tempo. La situazione nella quale si trova è infatti piuttosto imbarazzante, in quanto anche Ferrara preme su di lui per indurlo a impegnarsi direttamente nella costituenda Società Adamo Smith. Alla fine però cede e, nel settembre 1874, pubblica la risposta del Luzzatti, intitolata L’economia politica e le scuole germaniche. III. 10. Risposte, deduzioni, controdeduzioni Dopo aver collegato il crescente interesse per le « dottrine filosofiche, religiose e sociali » della Germania al successo delle armi tedesche nella guerra franco-prussiana e alla fondazione del Reich218, il Luzzatti nota che la conoscenza di tali dottrine è sovente di seconda mano e fondata su traduzioni, peraltro non sempre fedeli, a causa della scarsa padronanza della lingua originale. Le stesse recenti dispute sul valore delle dottrine economiche tedesche, che da un lato vedono schierati « i detrattori rabbiosi e invidi », e dall’altro lato « i lodatori entusiasti », traggono vitale alimento, « all’infuori di poche eccezioni », da una non adeguata conoscenza del tema affrontato e delle scuole che lo dibattono. Non si può guardare alla Germania attraverso la lente della reductio ad unum. Occorre invece distinguere per capire, individuando le tre correnti di pensiero che si dividono il campo dell’economia politica: i continuatori di Smith e Bastiat, tema, indipendentemente dalle teorie tedesche, erasi tante volte agitato. Ma nel dicembre ora scorso ha voluto trattare ex professo, in una prelezione, l’elemento etico quale fattore intrinseco delle leggi economiche; ed è appunto qui che si rivela entrato già a piene vele nel germanismo » (ibid., pp. 582-583). 217 Biblioteca Nazionale di Firenze, Carteggi vari, cass. 131, nr. 73, lettera di Luigi Luzzatti a Francesco Protonotari, 9 agosto 1874. 218 Cfr. F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, I, Bari 19712, pp. 23-318.
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CARTEGGIO
gli sperimentalisti (nella duplice versione storica e statistica) e i socialisti della cattedra219. Tra i seguaci della Scuola di Manchester solo pochi hanno dato, « anche in tempi recentissimi, nuovi frutti e nuovi fiori »: in primis lo Schulze-Delitzsch, che, per mezzo delle banche popolari, ha offerto ai poveri il modo di acquisire il capitale mediante il credito. Ancorché combattuto dal Lassalle, lo Schulze ha innestato « sull’albero delle Banche mutue » molti altri rami: « le Società di consumo, quelle per l’acquisto delle materie gregge, per la vendita in comune dei prodotti fabbricati, le Società cooperative di produzione, i gruppi provinciali delle Banche popolari, l’Agenzia centrale che ha un ufficio statistico ed economico, ed infine la Banca centrale delle Banche popolari ». La cosiddetta Scuola lombardo-veneta, guardando all’esempio dello Schulze, ha diffuso in Italia tali istituzioni, e questo sarebbe per alcuni il suo « primo delitto ». Passando agli sperimentalisti, se si deve ammettere che hanno dei limiti, per aver esasperato la continuità storica, negando « l’ideale delle leggi universali [...] e assegnando al Diritto e all’Economia un compito puramente nazionale » (si pensi alle riserve di Cattaneo su List), va del pari ricono sciuto che l’applicazione del metodo storico prova che « l’idea economica si svolge anch’essa nel tempo e nello spazio, non è solitaria, ma si coordina con tutte le altre idee dominanti in un’epoca; e che l’uomo storico, cioè l’uomo vero, è un insieme di passioni, di affetti, di giudizii, di pregiudizii e di tradizioni che contrassegnano un periodo storico; ben diverso dall’uomo ideale che si crea nelle astrazioni dei libri ». In ciò si traduce il contributo innovatore di Roscher, Knies e Hildebrand, mentre in rapporto alla statistica l’opera del Wappäus esamina la dottrina della popolazione come « organismo vivente, la cui azione dinamica può essere misurata con metodo preciso », riuscendo a esiti che travalicano quelli di Malthus. Il Luzzatti cita qui il Messedaglia, per aver egli migliorato tali metodi d’indagine nei due studi Della teoria della popolazione principalmente sotto l’aspetto del metodo e La vita media, né trascura il Quételet, il Guillard, il Legoyt e il Duval, oltre che, per l’Italia, i contributi « eccellenti » di Jacopo Virgilio e di Leone Carpi sulla statistica applicata all’emigrazione. E questi, secondo il Ferrara, sarebbero altri « delitti » della Scuola lombardo-veneta220. Più delicata e complessa riesce la problematica dei socialisti della cattedra, che comprendono « infinite [...] specie e [...] varietà »: dal moderato Contzen fino ai socialisti radicali. Distinguere e valutare le singole posizioni è pertanto più necessario che mai, ond’è che il Luzzatti non segue nella 219 L. Luzzatti, L’economia politica e le scuole germaniche, in Nuova antologia 27 (1874), p. 174. 220 Ibid., pp. 178-180.
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III. Introduzione
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sua analisi i moduli interpretativi del Cusumano, al quale peraltro rimprovera di essere stato « poco riverente » nei riguardi del Boccardo, « uno dei migliori e più temperati economisti viventi », né segue i criteri del Cossa e del Lampertico, che pure « parlano magistralmente e imparzialmente » della questione; si pone invece sulle tracce di Hildebrand, del quale ripete il giudizio sul primo congresso di Eisenach (1872), e sul discorso inaugurale di Schmoller221. Come dire che i socialisti della cattedra non misconoscono la grandezza di Smith, ma la interpretano storicamente, nel senso che scorgono in essa un prodotto del suo tempo. Né d’altra parte la riconosciuta grandezza esclude l’esistenza di limiti, e quelli di Smith e dei suoi seguaci sono di natura prevalentemente antropologica (« dimenticano che l’uomo, nella sua qualità di essere socievole, è un figlio della storia, e che i suoi bisogni, la sua educazione mentale, morale e politica, le sue relazioni ed attitudini di fronte alla ricchezza e di fronte agli altri uomini non sono uniformi né invariabili, ma mutano secondo le posizioni geografiche, ed in generale progrediscono o decadono colla intera coltura della schiatta umana ») e sociale (Adam Smith muove « da un concetto fondamentale atomistico della società, e considera l’interesse di ogni individuo come la sola base e il solo scopo di ogni consorzio sociale »)222. A differenza di Smith, per il quale la scienza economica è la teoria naturale dello scambio, i socialisti della cattedra ritengono che senza l’intervento dello Stato non si possa risolvere la questione sociale. Lo Stato a sua volta è considerato nella sua evoluzione storica, non come un male necessario, bensì come la « più grandiosa e gloriosa istituzione morale ed educativa della schiatta umana »223. Non si tratta di abrogare alcuna libertà, ma non si vede perché, affidandosi all’evoluzione anziché alla rivoluzione, « non vi possa essere una legislazione industriale » volta a smorzare i conflitti degli interessi sia individuali che sociali. In vero, lo stesso principio del laisser faire non legittima l’assoluta abdicazione dello Stato. A dimostrazione della sua tesi il Luzzatti adduce alcuni esempi, traendoli dalla politica inglese: il riscatto da parte dello Stato dei telegrafi costruiti per iniziativa privata; gli ampi poteri sulle ferrovie concessi al Board of Trade e la costituzione del tribunale amministrativo « con facoltà larghissime e quasi discrezionali »; la fondazione del Local Government Board; gli Acts sulla salute pubblica, che, a partire soprattutto dal 1858, danno al governo « poteri quasi assoluti » rispetto a tale « servizio delicato »; il progressivo, pubblico interesse per i problemi dell’istruzione a tutti i livelli, in modo particolare dopo il costituirsi dello specifico comitato nel Consiglio pri Ibid., p. 180. Ibid., p. 181. 223 Ibid., p. 182. 221 222
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vato della regina; la legislazione industriale, dove « più spiccata » si manifesta la « nuova tendenza » dello statalismo. Dei vari specimina, l’ultimo è senza dubbio il più importante. Non a caso infatti dal 1833 al 1874 si sono succeduti in Inghilterra ben quindici Factory and Workshops Acts, il cui concetto ispiratore è la tutela della salute degli operai, specie delle donne e dei fanciulli: obiettivo per il raggiungimento del quale gli inglesi non hanno esitato « un solo istante ad affermare l’ingerenza dello Stato »224. Tralasciando di richiamare tutti gli atti parlamentari che regolano il lavoro sotto l’aspetto igienico, morale ed economico, e tacendo della legislazione sulle società di mutuo soccorso, di previdenza e cooperazione, come pure sulle casse di risparmio e di assicurazione governative, il Luzzatti accenna al ruolo dello Stato nei conflitti per il salario e alle convergenze nei fatti tra molte proposte dei socialisti della cattedra sull’utilità del vincolismo e le iniziative del movimento inglese che si riconosce negli Yorster e nei Bright, nei Gladston e nei Mundella, per sostenere che, « quando il vincolo è necessario, l’esitazione sarebbe un delitto sociale, e quel che è peggio una violazione dei principii scientifici; imperocché la libertà e l’autorità sono due dati egualmente indispensabili all’ordine politico, e dalla loro combinazione razionale sgorga ogni processo civile ». L’assunto è condivi so dal Cairnes, del quale vengono citati gli Essays in Political Economy Theoretical and Applied, dove si argomenta che se la pars destruens delle riforme economiche è compiuta, è ancora da iniziare l’opera ricostruttiva, che, malgrado ogni formula di presunte armonie prestabilite secondo i paradigmi del Leibniz o del Bastiat, postula la collaborazione dello Stato, salvo determinare i caratteri scientifici che distinguono la necessità della collaborazione e/o ingerenza225. Essi risiedono, a giudizio del Luzzatti, nella verifica della necessità stessa, la quale deve « essere provata di caso in caso analiticamente e per consenso universale, [e deve pure] aspirare ad uno scopo, di cui tutti riconoscano la somma bontà, e la impossibilità di conseguirlo con effetto utile, senza l’aiuto dello Stato ». Inoltre, essendo l’ingerenza governativa diversa a seconda dei tempi e dei luoghi, essa « si collega, nella misura e nei limiti della sua azione, alla scuola storica »226. Al pari della colomba kantiana che necessita della resistenza dell’aria per volare, la libertà rinforza e legittima la sua azione nella resistenza del l’autorità227. Nelle argomentazioni del Luzzatti due sono i punti di forza: uno teorico (la rilevanza del metodo), l’altro politico (il ruolo dello Stato). La distinzio-
Ibid., pp. 186-187. Ibid., p. 189. 226 Ibid., p. 191. 227 Ibid., pp. 181-183. 224 225
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III. Introduzione
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ne non dà luogo ad alcuna inconciliabile antinomia, perché i due elementi sono legati da un rapporto di interdipendenza, pur nell’implicito riconoscimento del primato spettante al politico. In questo senso va interpretata la raccomandazione del Luzzatti al governo (il Ministero di agricoltura ha abolito il sindacato obbligatorio nelle società commerciali, sostituendovi la più larga pubblicità per mezzo di un Bollettino; ha creato i presupposti per eliminare l’autorizzazione governativa nelle società in accomandita per azioni e anonime; si è pronunciato in favore del marchio facoltativo; ha concesso la libertà dei conti correnti nelle banche; ha promosso l’istruzione tecnica; non si conoscono ancora i risultati della Giunta per l’inchiesta industriale, ma ciò nondimeno si nega ai Comuni « di usare le tariffe del dazio consumo a scopo protettore e proibitivo ». Se la legge sui boschi « non ha inaugurato la libertà, è facile avvedersi che in quest’ardua questione l’elemento economico si complica col naturale ». Procedendo in tale direzione, non ci si deve scoraggiare, evitando sia le « intemperanze dei protezionisti » che le « follie dei liquidatori dello Stato »), nel senso cioè di un’equilibrata rivalutazione del concetto di Stato nei risvolti funzionali e nelle determinazioni strutturali, in rapporto col sociale nella sua totalità e col congiunturale implicante la scelta di una pratica operativa. Il che significa che il realismo economico del Luzzatti non si esaurisce in una prassi, ma presuppone un’ampia concezione, strutturale appunto, dello Stato e delle sue funzioni, in polemica contro lo Stato neutro. La risposta al Ferrara supera così l’approccio solo logico-formale ai problemi economici e rivendica la validità del problema epistemologico posto dallo storicismo. L’oggetto conoscitivo al quale il Luzzatti si riferisce (lo Stato), pur non implicando la sintesi a priori che permette al Roscher di vagheggiare una sorta di « entità metafisica », è dotato di un potenziale quasi religioso228: il medesimo che sostanzierà la confutazione del Buckle e che nutrirà la riflessione sulla tolleranza in chiave spinoziana e lockiana. Altro elemento da non trascurare è il cenno allo Schmoller in rapporto alla concezione organicistica dello Stato e al concetto di causalità neces saria, per il quale l’economia nazionale si presenta come « unità-risultato di forze causali aggreganti », che, « in dipendenza del loro carattere reale, determinano una qualificazione parimenti reale dell’insieme organico ». Ecco perché sembra necessario chiedersi per quale ragione lo Schmoller obietti a Rudolf Heinrich von Gneist che « opporre all’economista la dottrina di Smith equivale a opporre al legista le teorie di Montesquieu non meno autorevole ed illustre ». Evidentemente non si vuole discute228 A. Caminati, Vecchia e giovane scuola storica dell’economia politica: metodo storico e ruolo dello Stato, in Il ruolo dello Stato nel pensiero degli economisti, a cura di R. Finzi, Bologna 1977, p. 116; W. Roscher, La religione di un economista, a cura di M. Catarzi, Soveria Mannelli 2004, pp. VI-LXVIII, 3-79.
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re la « grandezza scientifica di Smith », ma piuttosto considerarla come « un prodotto del suo tempo ». Lo spostamento di visuale diviene scoperto: dall’assolutizzazione dei classici si passa al loro inveramento storico, e la coscienza dell’avvenuto processo perde ogni carattere astrattivo, per assumerne uno empirico-realistico, donde la rilevanza attribuita alla metodologia storico-fattuale e alle discipline ausiliarie della scienza economica, soprattutto la storia e la statistica. Essendo l’economia nazionale un’uni tà-risultato da conseguire, lo Stato interviene per promuovere l’esito e favorirlo. Il suo conseguimento è anzi necessario allo sviluppo della stessa società civile: teorema che il Luzzatti fa suo, appellandosi anche al dettato del Cairnes, per il quale l’intervento dello Stato in economia consente di imprimere un’accelerazione allo sviluppo generale del Paese229. Questa prospettiva è un punto fermo nel pensiero economico di Luigi Luzzatti, sia per ciò che concerne il metodo, sia per l’interventismo statale. L’oggetto conoscitivo della disciplina è individuato senza incertezze nelle « leggi di fatto che regolano la produzione, distribuzione, circolazione, consumo della ricchezza ». In economia non esistono leggi naturali immutabili, ma solo leggi « diverse a seconda dei vari periodi ». L’approccio scientifico all’economia politica richiede una vera epistemologia « reale » o, se si preferisce, « storico-sperimentale ». A differenza dei manchesteriani, i socialisti della cattedra (sono citati Brentano e Schmoller) non ritengono che « l’interesse generale possa sempre accordarsi col particolare sotto l’influenza della libertà », e vogliono che lo Stato intervenga « a ricomporre l’equilibrio di questi due interessi cozzanti ». Essi sostengono che « sotto la semplice azione della libertà nascono delle perturbazioni che lo Stato deve togliere, mentre i manchesteriani assicurano che con lo svolgersi delle varie forze, liberamente agenti », si consegue l’armonia. Il ruolo dello Stato segna lo spartiacque tra i due fronti. Se una differenza nell’interventismo economico esiste tra il 1874 e il ‘94 (si badi, da un punto di vista teorico), essa è più di forma che di sostanza, perché nel ’94 il Luzzatti riuscirà a meglio connotare in chiave empirica il principio da lui asserito e difeso sul piano concettuale: infatti, i socialisti della cattedra vogliono che come si fanno i trattati internazionali di commercio [...] si facciano quelli del lavoro. Così [...] per accordarsi sulle 8 ore di lavoro, perché evidente mente non può una nazione sola restringere il lavoro dei suoi operai alle 8 ore quando i vicini [...] lavorino 10 ore. In tal guisa essa si rovinerebbe producendo assai meno. Ma occorrono accordi, trattati internazionali. Ecco l’altissimo pensiero di questa scuola che è reale e non metafisica come quel la di Manchester. Ed un’altra applicazione ancora. Nei tempi andati, quando si creava un monopolio s’indennizzavano le fabbriche e i proprietari 229
Luzzatti, L’economia politica cit., pp. 181-185.
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degli opifici che venivano col monopolio a perdere il lavoro; [...] agli operai non si pensava, ma Bismarck (che è di questa scuola), quando voleva fare il monopolio dei fiammiferi voleva che s’indennizzassero i poveri operai che venivano [...] a perdere il lavoro ed a trovarsi sul lastrico. Questo è il più grande, il più sublime concetto di questa grande scuola!230
La pubblicazione della risposta al Ferrara non spegne il disappunto del Luzzatti nei confronti del Protonotari, da lui ancora accusato di tepidezza e parzialità, al punto che il 24 settembre 1874 gli scrive: « Lascia che io ti dica che avrei sperato di più dalla tua amicizia. Non hai trattato bene con me in questa ultima occasione; avendomi lasciato offendere così sciaguratamente, dovevi concedermi la difesa appena te la chiedevo ». E insiste rimproverandolo di aver « temperato » la risposta con l’eliminazione di due riferimenti al Toniolo e al Montanari, come pure di aver aderito alla Società Adamo Smith. Ribatte il Protonotari (29 settembre 1874), che in qualità di direttore della rivista è talora costretto a pubblicare lavori di autori il cui pensiero non condivide. Respinge quindi il rimprovero di parzialità e precisa che, prima di modificare, d’accordo col Minghetti, alcuni dettagli marginali del suo articolo, ha temperato lo scritto del Ferrara, ritardandone anche la pubblicazione da luglio ad agosto; inoltre, non ha accolto una controrisposta, né breve né lunga, del Ferrara, che pure ha insistito in questo senso. Quanto alla Società Adamo Smith, dichiara di non averle dato la sua adesione, d’accordo ancora una volta col Minghetti, e se il suo nome è apparso in qualche giornale tra quelli dei sottoscrittori, si è trattato di un abuso. Non ci si soffermerà sulle ‘contromisure’ del Luzzatti, ma non sarà forse inutile qualche ulteriore considerazione sullo « sperimentalismo » che costituisce l’effettivo background intellettuale e motivazionale della linea politica lombardo-veneta, osservando che ad esso male si applicherebbero le critiche dello Schmoller al Roscher (per esempio, il richiamo all’opportunità di liberarsi da ogni influsso dell’utilitarismo anglofrancese, di negare le tendenze evolutive dell’agire economico e di ridurre l’economia politica all’analisi storica delle istituzioni), nonché, a fortiori, quelle di Menger su Schmoller (necessità del momento teorico nella scienza economica), per avere il Luzzatti maturato, nell’autunno del 1874, la convinzione che la prima Scuola storica dell’economia « ha presto associato allo spirito storico le induzioni che acconsentono di formulare i fatti e di sottoporli all’impero di leggi universali. Nella quale associazione [si troverebbe] il vero equilibrio della forza scientifica, l’eccellenza del metodo ». Il che non implica una subordinazione della teoria alla storia e alla statistica, o vice versa, e neppure confusione di piani, ma raccordo dell’un piano all’altro, 230
ALV, b. 67, fasc. 3, appunti intitolati Corso di economia [1894], ff. 39r-40r.
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senza peraltro attingere all’assunto weberiano che il sapere nomologico, « la ricerca di leggi e principi ordinatori dello sviluppo restano necessariamente al centro dell’interesse anche in una prospettiva storicistica ». Raccordo agevolmente effettuabile ove non si dimentichi una polarità che il Luzzatti pone a se stesso nella fase acuta della polemica col Ferrara: « Alle linee ideali, dirette e inflessibili dei principi, coordinare gli ondeggiamenti della realtà esplorata col senso storico, la quale ne determina la ragione dei limiti; non violentare i fatti perché si disciplinino a forza sotto l’impero delle teorie, ma dubitare del loro valore assoluto quando queste non spiegano quelli »; considerare e interpretare « le leggi [economiche] come entelechie dell’intelletto, le quali contengono i caratteri generali dei fenomeni sociali quasi in un recipiente provvisorio ed elastico disposto ad allargarsi o a restringersi secondo i fatti nuovi o i vecchi meglio esplorati lo impongono »; fondere infine « in un eclettismo razionale le due scuole e i due metodi ». La puntualizzazione non è in alcun modo nominalistica e il Luzzatti ne trae spunto per ribadire la necessità dell’esattezza terminologica come presupposto di quella concettuale, in quanto è negli equivoci lessicali, o anche lessicali, che trova alimento il tentativo di mascherare nella difesa dello statalismo una generale inframmettenza governativa, quando invece l’azione dello Stato e l’azione del governo appartengono a sfere operative diverse: economica l’una, amministrativa l’altra231. III. 11. Problema religioso e libertà di coscienza Rispettoso dei convincimenti che poggiano sulla retta coscienza ed estimatore dei « sommi principi » proclamati dalle grandi religioni, fin da giovanissimo Luigi Luzzatti rivolge la sua attenzione ad alcuni testimoni della libertà religiosa, non perché non avverta che il problema trascende la vicenda biografica dei singoli protagonisti, ma perché ritiene di poter cogliere in essi con maggiore evidenza la forza propulsiva delle idee, la continua ricerca dei fondamenti dell’umana convivenza. In questa prospettiva si colloca la sua ammirazione per Serveto, l’antitrinitario arso sul rogo il 27 ottobre 1553, ed è interessante notare come, il 16 ottobre 1903, inaugurandone il monumento a Ginevra, egli ponga in evidenza la fede del medico spagnolo nelle « sacre carte »232 (con riferimento non tanto alla lettura dei tardi scolastici o della critica occamista, quanto piuttosto del Vecchio e del Nuovo Testamento, dove Serveto non rinviene alcuna esplicita menzione della parola Trinità, del rapporto con-
231 Ne tratto più ampiamente in Luigi Luzzatti e le origini dello “statalismo” economico cit., pp. 171-183. 232 LDL, p. 134.
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sustanziale del Figlio col Padre, della processione dello Spirito Santo)233 e la superiorità della Christianismi restitutio (1553) sulla Institutio (1536) di Calvino234. Nella medesima prospettiva si inserisce il suo precoce interesse per Castellione, che nel De haereticis an sint persequendi (1554) combatte l’odium theologicum, sottolineando l’intrinseca incertezza delle questioni dottrinali connesse con il dogma trinitario, invitando alla tolleranza nello spirito del moderatismo irenico di matrice erasmiana, intendendo il cristianesimo soprattutto come impegno morale, coerente e rigoroso, non come intellettualistico formulario di dottrine. Acquisita viva coscienza di tale problema attorno ai sedici anni di età, la quaestio della tolleranza religiosa rimane presente alla sua attenzione per tutta la vita, accentuandosi, come vedremo, nel periodo della crisi del positivismo. E non deve stupire se, nonostante l’importanza attribuita a Serveto, non si sofferma sugli sviluppi del dibattito provocato dalla tragica morte del medico spagnolo e non scrive – poniamo – di un Matteo Gribaldi Mofa, di un Camillo Renato o di un Bernardino Ochino. Ne conosce però le vicende attraverso la narrazione che ne fa Francesco Ruffini, il cui volume su La libertà religiosa viene da lui presentato all’Accademia dei Lincei. Secondo il Luzzatti, il lavoro del Ruffini ha « pregi assoluti », ancorché tralasci di citare il decreto del re Aśoka, che centocinquant’anni prima dell’editto di Milano (313 d.C.) « impo[ne] il principio della libertà religiosa » in India235, e anche se non interpreta in modo del tutto esatto il pensiero del Themistius. In realtà il Ruffini dà, proprio del Themistius, una valutazione storicamente più fondata di quella del Luzzatti, in quanto riconduce il pensiero dell’oratore di Paflagonia nell’ampio alveo del sincretismo religioso-filosofico, concordando col Tamassia nell’individuare in lui i segni inequivocabili del progressivo passaggio « da un’incomposta miscela di culti, attraverso l’elaborazione stoica e platonica, ad un teismo superiore, quasi scientifico »236. Se il Luzzatti non lo comprende appieno, la causa è forse da ricercare nel fatto che gli sfugge la chiave di lettura della ricostruzione ruffiniana, la quale, risentendo dell’apporto di Harnack, coniuga i profondi motivi etici della libertà di coscienza, e anche della tolleranza religiosa, con il razionalismo del Kulturprotestantismus. Allo stato attuale della ricerca, non è possibile dire se il Luzzatti conosca di prima mano il De haereticis an sint persequendi, mentre ne è documentata la conoscenza per il tramite sia delle Lettres di Calvino, pubblicate da Jean 233 R. H. Bainton, Michel Servet hérétique et martyr, 1553-1953, Genève 1953; A. Rotondò, Calvino e gli antitrinitari italiani, in Rivista storica italiana 80 (1968), pp. 759-784; A. Stella, Anabattismo e antitrinitarismo in Italia. Nuove ricerche storiche, Padova 1969, pp. 134-143. 234 LDL, p. 134 nt. 2. 235 LDL, p. 369. 236 N. Tamassia, L’agonia di Roma, Pisa 1894, p. 30.
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Bonnet, sia attraverso l’opera del Buisson237. In ogni caso, egli non considera i limiti della tolleranza in Castellione, preso com’è dagli aspetti del suo pensiero che fanno da ponte verso il sistema filosofico spinoziano. In effetti, il collegamento Castellione-Spinoza ha per Luzzatti un grande rilievo, e anzi il Tractatus theologico-politicus segna, a suo giudizio, un punto d’arrivo rispetto alle acquisizioni dottrinali dello stesso Castellione, e insieme una tappa fondamentale nell’affermazione del principio di tolleranza come punto fermo di una moderna struttura statale che intenda riconoscere e tutelare l’insopprimibile bisogno di libertà della persona umana. L’incontro del Luzzatti con l’opera di Spinoza risale al 1862238, anno in cui egli avverte conflittualmente il problema del rapporto tra reale e ideale, come risulta da una sua lettera ad Antonio Tolomei, nella quale confessa di voler penetrare e comprendere il « mondo interno tutto poetico e ideale, ma esistente, che ha più diritto dell’esterno di essere studiato, solo grande, solo immortale ». Il Luzzatti chiede al Tolomei di parlargli del « divino Spinoza » e questi, in una lettera del 31 dicembre 1862, riconosce che con la lettura di Spinoza una sorta di metànoia si è prodotta in lui: « Io ho incontrato Spinoza e dico, da povero parabolano ch’io sono, la virtù crea la fede, la virtù trova Dio. Educate il cuore del popolo e gli avrete data la più sacra delle religioni […]. Il primo germe della vera sapienza sta lì ». L’appello all’etica, l’educazione del cuore non meno che della ragione e il rifiuto di ogni virtuosismo razionalistico trovano l’entusiastica adesione del giovane Luzzatti, il quale sollecita il Tolomei a preparare « un lavoro serio sullo Spinoza, per far conoscere in Italia quel genio del pensiero e dell’amore »239. Egli stesso confessa di aver « sognato […] di compiere quest’opera » prima di essere distratto da altri interessi, proponendosi di indagare le « ragioni intime del panteismo », onde dimostrare « che esso [ha] le sue radici nel santuario dell’anima ». Se il lavoro sullo Spinoza rimane allo stato di progetto, Luzzatti avvia comunque una preliminare raccolta di materiali, scrivendo degli appunti inediti che risalgono probabilmente all’inverno 1862-63. Il quadernetto che li contiene, delle dimensioni di millimetri 193x146, consta di 39 fogli, 16 dei quali bianchi240. Titolo a parte, vi troviamo annotati alcuni pensieri tratti dalla prefazione al Tractatus. Tra essi spiccano la razionalità nel senso dell’intelligere, i capisaldi dell’esegesi biblica e la libertas philosophandi et discendi. Seguono alcuni cenni sulla profezia e sul significato del termine profeta (« interprete », F. Buisson, Sébastien Castellion. Sa vie et son oeuvre, I-II, Paris 1892. E non al 1859, come si legge in LDL, p. 118, nt. 1; infatti, a parte LMC, I, p. 62, che dà la data corretta del 1862, la prova decisiva viene dall’esame della prima lettera di Antonio Tolomei a Luigi Luzzatti, datata 31 dicembre 1862 (ALV, b. 90, fasc. Antonio Tolomei). 239 LMC, I, p. 66. 240 ALV, b. 131, fasc. 3. 237 238
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nell’accezione di Esodo 7,1), nonché sulle cause e i mezzi con i quali Dio rivela ciò che supera la conoscenza naturale, in particolare sul rapporto Dio-natura e sull’interpretazione delle Scritture. Quelli del Luzzatti sono degli appunti per così dire rapsodici, non contestualizzati entro la società civile, politica e religiosa olandese del XVII secolo. Tale mancata contestualizzazione viene in qualche misura superata nel 1877, quando Luzzatti scrive il saggio su Spinoza e i precursori della libertà di coscienza241, dove non solo mostra di essere pienamente avvertito dell’importanza del clima spirituale dell’Olanda libera dal giogo spagnolo, ma ricorda anche Dirck Volckertszoon Coornhert e la sua opera in difesa della tolleranza, specie quando, rispondendo al Lipsio, che ripete uno dei classici argomenti dell’intolleranza (dato che « si uccide chi assassina il corpo, perché non si ucciderebbe chi assassina l’anima? »), fa osservare che l’errore non è « un vizio della volontà, ma della mente », e che mentre per l’omicidio, una volta identificato con certezza il colpevole, v’è « pieno consenso fra il sentimento del giudice e quello dell’accusato », nell’eresia « l’accusato ha la convinzione di dire la verità e la professa come un dovere »242. Nessuna successiva dimostrazione della libertà di coscienza sembra al Luzzatti superiore a quella fornita da Spinoza. Lo stesso trilemma di Mill (« o l’uomo lasciato in balìa di sé direbbe il vero o direbbe il falso; ovvero non direbbe interamente né il vero né il falso ») è già presente nel Tractatus, e tuttavia il Luzzatti dedica a Locke un’attenzione di fatto analoga, se non superiore, a quella che rivolge al filosofo olandese; in particolare, medita sulla Epistola de tolerantia, lasciando anche su questa degli appunti inediti, che mettono a fuoco alcuni caratteri dell’illuminismo religioso: in primis, il richiamo al valore della ragione umana, alla coscienza individuale, alla dignità della persona, il tutto entro un contesto interpretativo antidogmatico, che fa quasi pensare all’Aconcio, di cui è noto l’influsso sul mondo anglosassone, senza peraltro sottovalutare « l’ideale rapporto » dell’esule trentino con il complesso movimento spirituale e culturale degli esuli purioris religionis causa nel resto dell’Europa. Gli appunti lockiani del Luzzatti risalgono ai primi anni ‘60 (forse al 1863) e iniziano con delle espressioni sintatticamente slegate tra loro, ma tutte concettualmente riferibili alla libertà di coscienza e alla tolleranza. Si passa quindi ad alcuni cenni sulle ragioni della fuga in Olanda (la politica della restaurazione stuartiana), nonché sulla prima edizione latina della Epistola de tolerantia (Gouda 1689) e sulle due sigle che compaiono sul frontespizio (« t.a.r.p.t.o.l.a. scripta a p.a.p.o.i.l.a »), nonché sulla relati-
LDL, pp. 117-129. LDL, p. 122. Sulla polemica tra Lipsio e Coornhert, cfr. G. Güldner, Das Toleranz-Problem in den Niederlanden im Ausgang des 16. Jahrhunderts, Lübeck-Hamburg 1968. 241 242
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va chiave di lettura, sulle polemiche suscitate dal testo (prescindendo dalla traduzione inglese di William Popple: London 1689) e sulle risposte di Locke, sia le due pubblicate a Londra nel 1690 e nel 1692 (rispettivamente la Seconda lettera sulla tolleranza e la Terza lettera), sia l’incompiuta Quarta lettera del 1704, edita postuma nel 1706243. Dove è da notare che, rispetto agli appunti spinoziani, quelli su Locke rivelano una maggiore attenzione del Luzzatti per il contesto storico, considerando ad esempio gli effetti della revoca dell’editto di Nantes da parte di Luigi XIV nel 1685. È altresì da evidenziare che Luzzatti, ripete quasi letteralmente il dettato di Locke, in quanto afferma che lo Stato « è una società di uomini stabilita per lo solo scopo di procurarsi gli uni agli altri la conservazione e l’avanzamento dei loro interessi civili », ossia la vita, la libertà, la salute del corpo e il possesso di « beni esterni »244. Il magistrato civile assicura il mantenimento di questi beni e punisce coloro i quali violano i diritti degli altri. Non gli è invece lecito intervenire con sanzioni giuridiche o politiche in fatti di religione, né gli compete la cura delle anime, perché Dio non ha mai concesso ad alcun uomo di coartare la fede dei suoi simili. La fede riposa sull’adesione coerente e profonda alla legge morale rivelata da Cristo e rischiarata dalla ragione. La coercizione è inutile e ogni forma di violenza è estranea allo spirito del Vangelo, mentre, al contrario, la tolleranza è « conforme al senso comune di tutti gli uomini » e rappresenta un obbligo essenziale della « vera chiesa », nonché un principio costitutivo della società politica, la quale va distinta dalla comunità religiosa. La Chiesa ha struttura associativa a carattere volontario. Appartenere a essa dipende da una scelta libera derivante da un maturo e profondo convincimento. La pluralità delle Chiese è legittimata dal principio stesso della tolleranza. Nessuno può ritenersi depositario esclusivo della verità. Le eccezioni alla tolleranza riguardano solo gli atei (perché, negando Dio, negano il fondamento dei patti e dei giuramenti su cui poggia la società umana) e le sette sovvertitrici della società e della libertà. Con queste esclusioni Locke esplicita il carattere prevalentemente politico dell’analisi, e il Luzzatti se ne mostra avvertito, salvo precisare che egli sente il valore della tolleranza come un ideale insieme laico e religioso, con forte accentuazione etico-giuridica. Non va peraltro dimenticato che il suo approccio a Locke avviene attraverso la Epistola de tolerantia e non per il tramite complessivo degli scritti lockiani accessibili nei primi anni ‘60, la qual cosa gli impedisce un’organica e approfondita conoscenza del filosofo inglese, né gli consente di intendere appieno la complessità dei rapporti tra problemi etico-politici e problemi
ALV, b. 131, fasc. 3. Ibid. (cfr. J. Locke, Lettera sulla tolleranza, introduzione e note di A. Sabetti, Firenze 1978, pp. 9-10). 243 244
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III. Introduzione
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conoscitivi e del sapere. Pur attento al dato storico, il Luzzatti si limita a esporre, riassumendoli, gli aspetti del pensiero lockiano che più lo interessano, senza impegnarsi in una ricostruzione esegetica, estranea del resto ai suoi intenti e alle sue capacità di studente poco più che ventenne. Ma quel che maggiormente importa ai fini del solidarismo sociale è il monito che trae dalla riflessione sulla lotta per la libertà religiosa. Già si è detto del rifiuto di ogni dogmatismo; occorre ora aggiungere una più critica consapevolezza del progressivo accrescersi e maturare delle umane esperienze, l’indagine sui compiti e le responsabilità dello Stato, non meno che sui suoi limiti, il raccordo tra etica ed economia, nel sempre più radicato convincimento che la religione « è sterile, sotto qualunque forma si concepisca, senza la coscienza pura che ne insegna a educare al buono e al vero la nostra anima per consacrarla al bene degli altri »245. Accanto alla riflessione sulla libertà religiosa va considerata la critica al determinismo positivistico buckleiano, cui il Luzzatti dedica l’estate del 1876. Si tratta di un momento importante nello sviluppo del suo pensiero, che si può correttamente valutare tenendo conto di due fatti: in primo luogo, che il suo incontro con il positivismo risale alla lettura di Comte, vivamente raccomandata dal Messedaglia, il quale gli suggerisce pure di leggere Darwin e Spencer, Bain e Taine; in secondo luogo, che nel 1876 il primo positivismo italiano ha ormai trovato da almeno un decennio uno dei suoi testi capitali nella prolusione del Villari (La filosofia positiva e il metodo storico) alle lezioni di storia dell’anno scolastico 1865-66, edita nel Politecnico (gennaio 1866), mentre del ‘67 sono i Principi dello Spaventa, del ‘68 La filosofia e la ricerca positiva dell’Angiulli, del ‘69 L’uomo e le scienze morali del Gabelli, del ‘70 La psicologia come scienza positiva dell’Ardigò. Delle due anime del positivismo, naturalistica l’una e umanistico-storicistica l’altra, il Luzzatti avverte parzialmente, ma comunque sufficientemente, il complesso intreccio, e se da un lato riconosce la validità del metodo storico nello studio delle scienze dell’uomo (ciò che comporta un punto di contatto con Villari), e in parallelo la necessità di inserire nella storia anche l’economia politica e, in generale, i fatti economici, per altro verso denuncia il tentativo di trasformare i rapporti tra economia, cultura e storia in dipendenza causale, il che è come dire rifiuto di ogni meccanica derivazione della « civiltà » da cause solo materiali, e insieme accesso all’intento polemico contro il positivismo che guida, prima di lui, i fautori della crisi delle scienze, dal Cournot del Traité (1861) al Boutroux De la contingence des lois de la nature (1874), e ancora al Cournot di Matérialisme, vitalisme, rationalisme (1875), i cui argomenti « mirano a confutare la 245 LMC, I, p. 47 (lettera di Luzzatti a Elia Lattes, senza data, ma scritta verso la fine del 1860).
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tesi positivistica della estensibilità della metodologia scientifica, soprattutto di quella fisica, a strumento di comprensione di tutti gli aspetti della realtà »246. Né deve sorprendere la consonanza Villari-Luzzatti, quando si tengano presenti la critica del Villari all’antinomia buckleiana tra uomo e natura (in Buckle è « separata affatto […] la morale dalla intelligenza, l’immaginazione dalla riflessione, mentre la storia dell’uomo e della società risulta dall’armonica unione di questi elementi »)247, in cui largamente si traducono l’eredità del monismo gnoseologico e metodologico di Comte, e il progressivo attestarsi del Luzzatti su posizioni antidogmatiche sempre più consapevoli, dopo un acerbo, giovanile entusiasmo per il Buckle, suscitato in lui dal Messedaglia. Nella corrispondenza del Luzzatti col Toniolo l’antipositivismo fa da retroterra culturale della libertà religiosa, sulla cui interpretazione in chiave filosofica (concetti o pseudoconcetti?) dissente Benedetto Croce, il quale, in una recensione uscita nel Giornale d’Italia (5 luglio 1909) e riproposta nella Critica (VII, 1909), avanza riserve in merito alla tesi luzzattiana che clericalismo e anticlericalismo possano essere « il prodotto psicologico della stessa deformità morale: l’intolleranza ». In particolare Croce considera il principio della libertà religiosa non come universale e assoluto, bensì pratico, nel senso che esso « può [aver] avuto [un] significato in questo o quel punto della storia, e può anche averne uno grandissimo ai tempi nostri », ma la sua origine resta sempre e comunque storica, ed è un errore tentare di trarne un criterio di valutazione ab externo, quando invece esige (e possiede) criteri intrinseci dei quali giovarsi. All’insistenza del Croce sul carattere politico, non storico, dell’interpretazione luzzattiana resta « estranea » la questione ebraica. Oltre al filosofo napoletano, rispetto al quale prenderà le distanze Francesco Ruffini, il quale parlerà di appunti crociani « iconoclastici e paradossali », dissentono dal Luzzatti la Civiltà cattolica e L’Osservatore romano, ritenendo che il politico veneziano si muova nella logica del sincretismo e persegua l’obiettivo dell’aconfessionalità dello Stato o, più esattamente, vagheggi uno Stato « indifferente, ossia ateo », la qual cosa farebbe tutto slittare sul piano inclinato del « modernismo ». Alle autorevoli testate cattoliche replica Pompeo Molmenti, condividendo il ragionamento « altissimo e inconfutabile » del Luzzatti, che chiarisce e difende il proprio pensiero non solo in sedi giornalistiche, ma anche al terzo congresso della Società filosofica italiana (27-31 ottobre 1909), fornendo a Croce il pretesto per una replica. Ulteriori elementi di dissenso scaturiscono da specifici aspetti del controverso rapporto tra Barone, Il sapere positivo e la sua crisi cit., pp. 6-7. Cfr. E. Garin, Tra due secoli. Socialismo e filosofia in Italia dopo l’Unità, Bari 1983, pp. 65-89. 246 247
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III. Introduzione
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Stato e Chiesa, che il Luzzatti risolve non in chiave cavouriana (« libera Chiesa in libero Stato »), bensì rifacendosi alla formula « religioni libere nello Stato sovrano », alla cui base sta la consapevolezza che se una rigida assoluta separazione tra Stato e Chiesa non è pensabile, perché confligge con la complessità del reale, occorre pur sempre evitare qualsiasi confusione e salvaguardare non solo l’uguaglianza effettiva delle persone senza distinzione di credo religioso, ma anche la libertà di « tutti i culti ». Ne offrono una testimonianza non solo le Lezioni di diritto costituzionale tenute dal politico veneziano all’Università di Roma nell’anno accademico 1912-13, ma anche gli scritti compresi nel suo volume Libertà di coscienza e di scienza, del 1909, che segna un’evoluzione (o piuttosto uno sviluppo) delle tesi da lui difese nel 1867 in Lo Stato e la Chiesa nel Belgio248, come chiarisce Francesco Margiotta Broglio249. III. 12. Luigi Luzzatti: un protagonista in ascesa Caduta la Destra storica (marzo 1876) e rassegnato il mandato di negoziatore dei trattati commerciali, perché « intimamente legato con la fiducia ministeriale »250, Luzzatti si dedica con rinnovato impegno a diffondere la cooperazione di credito251 e a porre le basi per l’istituzione dell’Associazione fra le banche popolari252; intensifica l’attività giornalistica, intervenendo su L’Opinione; redige un programma per l’Associazione costituzionale di Venezia, cercando di mediare tra Destra e Sinistra; partecipa alle elezioni politiche del novembre e viene rieletto nel collegio di Oderzo. 248 Questo volume del Luzzatti, pensato e scritto in un diverso contesto, uscì nel bel mezzo del dibattito sul progetto Borgatti-Scialoja circa la libertà della Chiesa e la liquidazione dell’asse ecclesiastico. Cfr. A.C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino 1971, pp. 182-183. 249 F. Margiotta Broglio, Luzzatti e la libertà di coscienza e di religione, in L. Luzzatti, Discorsi parlamentari, I: 1872-1899, Roma [Camera dei deputati, Archivio storico] 2013, pp. XLV-LIX. Cfr. C. Ghisalberti, Concezione dello Stato e idee costituzionali in Luigi Luzzatti, in LST, pp. 15-27; R. Pertici, « Religioni libere entro lo Stato sovrano ». Libertà religiosa e separatismo nel pensiero di Luigi Luzzatti, in Luigi Luzzatti presidente del Consiglio cit., pp. 171-257. 250 LMC, II, p. 2. 251 Ibid., pp. 54-56; A. Polsi, Alle origini del capitalismo italiano. Stato, banche e banchieri dopo l’Unità, Torino 1993, pp. 193-262. Cfr. F. Bof, Le casse rurali nella Marca trevigiana tra ’800 e ’900. Alle origini della cooperazione cattolica di credito nelle campagne venete, Treviso 1992, pp. 132-147; id., Economia, mutualità e credito a Vicenza intorno al 1866: le origini della Banca popolare, in Storia della Banca popolare vicentina, a cura di G. De Rosa, Roma-Bari 1997, pp. [3]-90; id., Credito e servizi all’agricoltura nelle campagne veneto-friulane tra Otto e Novecento, Udine 2007; M. Robiony, Solidarietà e interesse: origine e sviluppo della cooperazione di credito in Carnia, in Cooperazione e sviluppo in Carnia tra Otto e Novecento, a cura di A. Cafarelli, Udine 2007, pp. 169-193. 252 Cfr. A. Polsi, « Indipendenti sempre, isolate mai ». L’Associazione fra le banche popolari italiane dalle origini al 1914, in Società e storia 72 (1996), pp. 311-345.
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Costituitosi il nuovo governo, Depretis, pur non rinnovandogli sul piano formale quella « sorta di delega esclusiva » per la conduzione delle trattative commerciali concessagli dal Minghetti, gli riconosce de facto un ruolo « assai vicino a quello di un ministro senza portafoglio », pressandolo con frequenti richieste di notizie, suggerimenti e consigli, non solo in materia doganale, bensì pure fiscale, finanziaria, monetaria e creditizia253. Particolarmente rilevante è il suo apporto sul piano monetario nella fase di transizione dal corso forzoso al ripristino della convertibilità metallica (1880-83), quando il ministro delle Finanze Agostino Magliani gli affida la guida della delegazione italiana alla Conferenza monetaria internazionale di Parigi (1881), convocata su iniziativa della Francia e degli Stati Uniti allo scopo di « riabilitare » l’argento, che ha cominciato a deprezzarsi nei primi anni ’70. A Parigi Luzzatti sostiene la necessità di attribuire agli scudi d’argento il medesimo potere liberatorio internazionale riconosciuto alle monete d’oro, come dire il ricorso a una legge che imponga di rimettere in circolazione l’argento monetato. Richiama in proposito lo specimen statunitense, non essendo « assolutamente corretto » sostenere che i nuovi dollari coniati dopo il Bland-Allison Bill (1878), che modifica il sistema monometallico aureo del 1873 e ridà potere liberatorio all’argento sulla base dell’antica parità, siano « respinti dal pubblico americano », come prova il fatto che, su un conio di 82 milioni di dollari, ne entrano in circolazione 66 milioni, di cui « 29 sotto forma metallica » e « 37 rappresentati da biglietti-warrants esclusivamente rimborsabili in argento e designati con il nome di silver certificates ». L’argento, dunque, non solo circola negli Stati Uniti, ma si diffonde ancor più dopo il ritiro dei « greenbacks da uno e da cinque dollari » e una volta riconosciuto ai pezzi d’argento l’auspicato « carattere di moneta internazionale ». Nel 1885, dovendosi decidere in merito al rinnovo o meno dell’Unione monetaria latina, della quale l’Italia fa parte con la Francia, il Belgio, la Svizzera e la Grecia, Luzzatti è nuovamente a capo della delegazione italiana. Durante i lavori, la difficoltà di raggiungere un accordo sulla liquidazione degli scudi d’argento induce il Belgio ad abbandonare il negoziato e a non sottoscrivere il testo conclusivo del 6 novembre. In un secondo momento, per ragioni di convenienza politico-economica, Bruxelles torna sui suoi passi e firma un atto addizionale (12 dicembre 1885), che garantisce al Belgio significativi miglioramenti rispetto alle condizioni già pattuite, le quali prevedono l’obbligo per ciascuno Stato di riprendersi contro oro e alla parità ufficiale gli scudi di proprio conio. Tale obbligo risulta gravoso soprattutto per l’Italia, perché i due terzi degli scudi stranieri presenti in Francia sono di conio italiano (300 milioni di lire contro i 150 253
Cfr. Il protezionismo imperfetto cit., pp. 335-391.
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milioni del Belgio), la qual cosa, per il coevo deprezzamento dell’argento sui mercati mondiali, causa all’Italia una perdita secca di 60 milioni di lire in valore commerciale. Un alleggerimento di queste condizioni è ottenuto dal Luzzatti, facendo leva sulla resistenza belga e chiedendo l’applicazione del principio della nazione più favorita254. Nel corso degli anni ’80, di fronte agli effetti devastanti della crisi agraria, Luzzatti condivide le responsabilità della svolta protezionistica del 1887 (non a caso è lui a presentare alla Camera la relazione della commissione parlamentare sul nuovo progetto di tariffa generale), una delle cui conseguenze sarà la guerra commerciale con la Francia, sia per « difendere » l’agricoltura nazionale dalla caduta dei prezzi e dalla concorrenza dei grani americani e russi, sia per accrescere le entrate dell’erario e, soprattutto, per sostenere le « nuove » industrie, segnatamente tessili, metallurgiche, meccaniche e siderurgiche. Questa opzione protezionistica si spiega anche alla luce dei personali rapporti del Luzzatti con i maggiori esponenti del mondo imprenditoriale, finanziario e bancario italiano, tra i quali Vincenzo Stefano Breda (da lui messo in relazione con Alphonse de Rothschild), Eugenio Cantoni, Alessandro Rossi255, Luigi Grillo, Bernardo Tanlongo256. Nel contempo, in qualità di presidente della Giunta centrale del Bilancio (1886-1891), Luzzatti critica il Magliani per la sua politica finanziaria, imputandogli di aver portato il bilancio dello Stato al limite di rottura dell’unità fiscale, dato che, sommando le due categorie delle entrate e delle spese effettive con il movimento dei capitali, si registra come avanzo generale ciò che in realtà è un disavanzo257. Gli rimprovera, inoltre, di trattare le spese, soprattutto dei ministeri della Guerra, della Marina e dei Lavori pubblici, come straordinarie e di computarle fuori bilancio, fronteggiandole interamente col debito pubblico, pur sapendo che si tratta di spese ricorrenti. Donde l’urgenza di puntare alla conversione e al successivo ammortamento del debito pubblico, adottando una politica di rigore e di 254 P. Pecorari, La fabbrica dei soldi. Istituti di emissione e questione bancaria in Italia (1861-1913), Bologna 1994, pp. 89-155; id., La lira debole. L’Italia, l’Unione monetaria latina e il “bimetallismo zoppo”, Padova 1999, pp. 37-112. 255 Sul quale, oltre ai noti lavori di S. Lanaro ed Emilio Franzina, cfr. G. Zalin, Dalla bottega alla fabbrica. La fenomenologia industriale nelle province venete tra ‘500 e ‘900, Verona 20053, pp. 200-202, 211, 217-219. 256 Cfr. S. La Francesca, Storia del sistema bancario italiano, Bologna 2004, pp. 71-82. 257 Cfr. Politica economia amministrazione e finanza nell’opera di Agostino Magliani. Atti del Convegno di studi (Salerno-Laurino, 11-13 ottobre 1995), a cura di A. Guenzi – D. Ivone, Napoli 1997 (in particolare i contributi di Tommaso Fanfani, pp. 53-70; Salvatore La Francesca, pp. 107-130; Giovanni Zalin, pp. 173-218; Stefano Baia Curioni, pp. 387-400; Raffaele Colapietra, pp. 311-328).
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risanamento258. Quando però nel 1891, caduto il secondo governo Crispi e subentratogli il primo governo Rudinì, Luzzatti assume la responsabilità del Tesoro, non si mostra all’altezza della situazione. Infatti, se in sede programmatica dichiara che ogni spesa sarà assorbita nella parte effettiva del bilancio e che non derogherà da una politica di rigorose economie, annunciando tra l’altro una riduzione delle spese (blocca, ad esempio, il pagamento delle maggiorazioni di stipendio spettanti agli impiegati nei primi sei mesi successivi alla promozione e comprime gli stanziamenti per le scuole italiane all’estero), a consuntivo di anno finanziario è costretto a riconoscere che gli esiti auspicati non sono stati raggiunti. Per non dire del fatto che in materia bancaria non solo non rende pubbliche le accertate e a lui note irregolarità della Banca romana, ma proroga il privilegio dell’emissione e abolisce la riscontrata. Inoltre, non sembra pienamente avvertire tutta la pericolosità delle turbolenze finanziarie verificatesi nei mercati internazionali tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90259. Ond’è che, perduto il ministero, combatte il progetto bancario giolittiano, che diverrà la legge 10 agosto 1893, nr. 449, la quale darà vita alla Banca d’Italia, e osteggia le modifiche apportate al quadro istituzionale bancario da Sidney Sonnino nel 1894-95260. Tornato alla guida del Tesoro nel terzo, quarto e quinto governo Rudinì (1896-98), quando ormai si avvertono i primi segni d’inversione del ciclo economico mondiale, Luzzatti mette a punto una strategia finanziaria volta a stringere nuove convenzioni con la Banca d’Italia, a favorirne il risanamento patrimoniale, ad accelerarne gli smobilizzi, a rendere più rigorosa la politica delle riserve, a meglio garantire i portatori dei biglietti. Per conseguire quest’ultimo obiettivo, ritiene necessario fornire ai biglietti una garanzia indipendente dagli affari di banca, rappresentata da riserve metalliche, da valori di Stato o garantiti dallo Stato, da crediti per anticipazioni su pegni di valori pubblici e, in parte, da « portafoglio liquido e commerciale di primo ordine », da sostituire gradualmente con titoli di Stato. Intende così sottrarre la cartamoneta alle « fluttuazioni dei valori cambiari » e, pur nella consapevolezza dell’atipicità del caso italiano, si richiama agli specimina di sana finanza offerti dall’Inghilterra, dagli Stati Uniti e dall’Australia. Si adopera inoltre per il salvataggio del Banco di Mori, L’economia italiana dagli anni Ottanta cit., pp. 8-50. M. Pantaleoni, La caduta della Società generale di credito mobiliare italiano, introduzione di G. Di Nardi, Milano 1977; G. Manacorda, Dalla crisi alla crescita. Crisi economica e lotta politica in Italia 1892-1896, Roma 1993; E. Cerrito, Su alcuni aspetti della crisi del 1893 in Italia, in Fra storia e storiografia. Studi in onore di Pasquale Villani, a cura di P. Macry – A. Massafra, Bologna 1994, pp. 901-915; id., Depressioni. Caratteri e genesi della depressione di fine XIX secolo, più altre tre (e un’altra ancora), in Studi storici 44 (2003), pp. 927-1005. 260 M. Ferraris, La nuova Banca d’Italia, in Nuova antologia 129 (1893), pp. 41-79. 258
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Napoli, che ha consumato tanto il suo capitale quanto la massa di rispetto. Tra perdite del Credito fondiario e perdite proprie il Banco ha « bruciato » circa 90 milioni, ond’è che occorre non solo ricostituire un capitale « legittimo e sicuro » con cui coprire le « perdite accertate e latenti dell’azienda bancaria », ma anche fortificare la carente garanzia dei biglietti, pur privando in via temporanea l’Istituto « della facoltà di [ac]crescere gli impieghi all’estero della riserva metallica in buoni del Tesoro e in lire correnti ». Per dare attuazione a tali misure, Luzzatti ricorre a quattro decreti legge, tutti del 6 dicembre 1896, con i quali assicura i creditori del Banco per circa 500 milioni di lire fra biglietti, depositi e cartelle fondiarie, impegnando il governo a « garantire il rimborso dei biglietti », ad anticipare « la graduale riduzione della circolazione autorizzata », a separare « nettamente l’amministrazione dell’azienda bancaria da quella del credito fondiario in circolazione », ad accelerare la liquidazione delle partite immobilizzate. I decreti sono convertiti nella legge 17 gennaio 1897, nr. 9, non senza modifiche rispetto al testo originario. Tra gli ulteriori provvedimenti finanziari ascrivibili al Luzzatti tra il 1896 e il ‘98, vanno segnalati il contenimento degli oneri pensionistici relativi agli impiegati dello Stato e alcune conversioni del debito pubblico, tra le quali una sul valore del debito stesso e un’altra sulla spesa per interessi. Per ciò che attiene al controllo sulla gestione dei bilanci, sua è la responsabilità del regio decreto 4 gennaio 1897, nr 2, con il quale si fa obbligo al ragioniere capo di ogni ministero di redigere all’inizio di ogni mese un prospetto che contenga, suddivisi per capitolo, tutti gli impegni assunti in relazione ai relativi stanziamenti. Non si può infine dimenticare che Luzzatti è l’artefice dell’accordo commerciale tra Italia e Francia del 21 novembre 1898, con il quale si pone fine alla guerra doganale tra i due Paesi. III. 13. La crescita economica in età giolittiana Varie lettere del carteggio recano traccia dell’attenzione che Toniolo e Luzzatti rivolgono ai problemi della crescita economica nel primo decennio del ‘900. Per coglierne il significato, sembra opportuno soffermarsi su alcuni dati, la cui interpretazione è peraltro controversa, sia che si inseriscano nella cornice teorica della fase ascendente del ciclo di Kondrat’ev, da collegarsi, secondo Schumpeter, soprattutto alla diffusione dell’industria elettrica, sia che si valutino in rapporto all’andamento delle esportazioni inglesi di capitali, sia infine che si interpretino sulla base del modello romeiano di sviluppo261. 261 O. Morgenstern, International Financial Transaction and Business Cycles, New York 1959; G. Miconi, Cicli economici in Italia (1861-1960), in Congiuntura italiana 10 (1961), pp.
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Secondo le stime di Alexander Gerschenkron, dopo la fase di ristagno del 1888-96, il saggio medio di crescita della produzione industriale italiana passa tra il 1896 e il 1908 dallo 0,3 al 6,7 per cento, scendendo al 2,4 per cento negli anni 1908-13. Se ci si riferisce invece all’indice di Stefano Fenoaltea, i tassi di crescita annua, sempre per la produzione industriale e per gli stessi periodi, sono rispettivamente 1,2, 7,6 e 2,3 per cento. Più contenuti, ma ugualmente significativi, sono i dati dell’Istat: 5,0 per cento nel periodo 1897-1908 e 1,5 per il 1908-13. Tralasciando di discutere il diverso grado di attendibilità di tali indici, come pure le divergenti ragioni degli impieghi storiografici che ne sono stati fatti con l’obiettivo di dimostrare l’esistenza o meno di un take-off nel processo di industrializzazione del Paese, è un fatto acquisito che l’espansione produttiva in età giolittiana non ha precedenti rispetto a quella di tutti i decenni post-unitari fino alla Grande guerra, nonostante la battuta d’arresto del 1907. L’espansione è sostenuta non solo da fattori esogeni, quali l’inversione del ciclo economico, l’incremento delle rimesse, lo sviluppo delle comunicazioni, l’afflusso d’oro proveniente dalle miniere del Transvaal e la conseguente affermazione del gold standard, ma anche da fattori endogeni, come il risanamento della finanza pubblica, il rafforzamento della Banca d’Italia, la stabilità della lira, la maggiore propensione al risparmio, un più efficace intervento dello Stato. Su quest’ultimo punto basti rilevare che il finanziamento per opere pubbliche, dopo aver registrato una significativa flessione negli anni ‘80, riprende a crescere, passando dallo 0,6 all’1,3 per cento del Pil262. Nonostante i dazi protezionistici, la cui incidenza è attenuata dall’aumento dei prezzi, dai progressi nei trasporti, dalle nuove direttrici di scambio, dalla riduzione dei noli e dalla revisione dei trattati di commercio, la fase espansiva viene sorretta anche dall’incremento degli scambi internazionali. Si stima che tra il 1900 e il ‘14 il volume del commercio estero dell’Italia sia cresciuto del 118 per cento, contro il 55 per cento dell’Inghilterra e il 92 per cento della Germania263. Ad alimentare la ripresa delle esportazioni concorre la ritrovata intesa con la Francia. Anche sotto il profilo demografico si verifica una crescita: si accentua infatti il movimento ascendente della popolazione, che, tra il 1901 e l’11, registra un incremento medio annuo dell’8,6 per mille: il più alto mai rag104 (tab. I), 107 (tab. II); J. A. Schumpeter, Business Cycles. A Theoretical Historical and Statistical Analysis of the Capitalist Process, New York-Toronto-London 1964. Cfr. L. De Rosa, La rivoluzione industriale in Italia, Roma-Bari 1980 (i primi due capitoli); S. Fenoaltea, L’economia italiana dall’Unità alla Grande guerra, Roma-Bari 2006, pp. 217-266. 262 A. Gerschenkron, Il problema storico dell’arretratezza economica, Torino 1974; P. Hertner, Il capitale tedesco in Italia dall’Unità alla prima guerra mondiale. Banche miste e sviluppo economico italiano, Bologna 1984. 263 S. Zaninelli, L’economia nella storia d’Italia del secolo XIX, Torino 1997, pp. 115-132.
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giunto dal 1861. Connesse con l’espansione demografica sono l’urbanizzazione, che modifica profondamente la distribuzione della popolazione tra città e campagna, favorendo il ‘proliferare’ dei grandi insediamenti urbani e la consistente ripresa del flusso migratorio verso i Paesi europei più industrializzati e verso le Americhe. Quest’ultimo fenomeno si manifesta dopo il 1900 in proporzioni impressionanti: stando ai dati dell’Istat, nel decennio 1901-10 si raggiunge una media annua di oltre 600.000 espatri, il 60 per cento dei quali in direzione di Paesi extraeuropei264. Le trasformazioni economiche e sociali avvenute in età giolittiana non sarebbero spiegabili senza tenere conto dei nuovi rapporti che, dopo la caduta dei due grandi istituti di credito mobiliare, si instaurano tra banche miste e industria: rapporti che modificano profondamente il sistema creditizio, favorendo in modo spesso incontrollato l’accesso al credito e il conseguente indebitamento delle imprese industriali. Un indicatore complessivo di tale fenomeno è il forte aumento del capitale investito in società per azioni, che, al di là dei valori espressi, ha una notevole importanza, in quanto rivela la tendenza del sistema economico nazionale ad assumere le forme proprie dell’organizzazione capitalistica. Nell’evoluzione del sistema bancario, a parte la peculiarità dell’azione delle banche miste, è determinante il rafforzamento della Banca d’Italia, la quale non solo riesce a liquidare in anticipo sui tempi fissati dalla legge e con perdite tutto sommato abbastanza contenute le partite immobilizzate, ma rafforza nel contempo le riserve metalliche. L’istituto di emissione, sotto la guida di Bonaldo Stringher, si assicura margini sempre più ampi di discrezionalità e di libertà operative, consolidando i suoi rapporti con il Tesoro. In tale contesto la Banca d’Italia svolge un ruolo fondamentale nel sostegno alla crescita economica, adeguando lo stock di moneta ai limiti legali e al livello delle riserve, e intervenendo sui mercati dei cambi in difesa della quotazione della lira265. Il rafforzamento della Banca d’Italia è accompagnato dal risanamento degli altri due istituti di emissione266, su cui influisce la propizia congiuntura della bilancia dei pagamenti, che permette l’accumulo di ingenti riserve metalliche a copertura della crescente circolazione monetaria. Ciò è documentato dal fatto che alla fine del 1902 le immobilizzazioni subiscono, nel loro complesso, una netta contrazione, mentre aumentano le masse di rispetto ordinarie e gradualmente scompaiono dalla circolazione i biglietti privi di copertura metallica. Tale stato di cose si riflette sull’an264 A. Cafarelli, L’espansione economica in età giolittiana, in L’Italia economica. Tempi e fenomeni del cambiamento (1861-2000), a cura di P. Pecorari, Padova 2015, pp. 69-87. 265 La Banca d’Italia dal 1894 al 1913. Momenti della formazione di una banca centrale, a cura di F. Bonelli, Roma-Bari 1991, pp. 21-114. 266 L. De Rosa, Luigi Luzzatti e il Banco di Napoli, in LST, pp. 259-276.
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damento favorevole del cambio della lira, che giunge a far aggio sull’oro e sulla sterlina. Ciò permette di attuare la cosiddetta « grande conversione » della rendita 5 per cento lordo (29 giugno 1906), vera riforma strutturale della finanza pubblica267. L’operazione viene preceduta nel 1903 dalla conversione dei vecchi titoli di rendita 4,5 per cento in nuovi certificati al 3,5 per cento. In tal modo il governo punta a ridurre l’onere del debito pubblico, giovandosi anche della flessione dei tassi di interesse in tutta Europa e del costante trend al rialzo dei titoli di Stato268. La conversione del 1903, riducendo l’ampio e composito ventaglio di titoli emessi, prepara il terreno alla « grande conversione » del 1906, che interessa la rendita 5 per cento lordo, il cui saggio in un primo momento viene ridotto al 3,75 per cento e, dopo cinque anni, al 3,5 per cento. La manovra è preordinata dal Luzzatti, diretta dalla Banca d’Italia e sostenuta da un consorzio bancario internazionale, che mette a disposizione del governo italiano una linea di credito per fronteggiare eventuali richieste di rimborso da parte dei portatori nazionali ed esteri, richieste rivelatesi poi assai esigue, la qual cosa costituisce un’ulteriore testimonianza del successo conseguito e della ritrovata credibilità internazionale del Paese269. A trarre benefici dal mutato quadro monetario e finanziario sono sia il settore industriale, che vede aumentare sensibilmente l’incidenza dei comparti pesanti (metallurgico, meccanico, chimico, minerario) ed energetici, sia l’agricoltura, rivitalizzata dallo sviluppo delle tecniche e dei sistemi colturali, dalla revisione dei rapporti di produzione e dalla crescente meccanizzazione. Migliora pure il commercio internazionale, favorito dalla crescita delle esportazioni dei prodotti finiti. Per quanto attiene al secondario, i cambiamenti, pur riguardando più che altro il ruolo della siderurgia, e in subordine della meccanica, della chimica e dell’industria elettrica, coinvolgono anche gli altri comparti, a cominciare da quello tessile, che mostra una notevole capacità propulsiva. Il tessile vanta indubbiamente la più diffusa e consolidata presenza sul territorio nazionale e, nonostante i suoi limiti strutturali, concorre in modo determinante alla formazione del prodotto industriale, dando lavoro nel 1911 a oltre il 25 per cento degli addetti al secondario e costituendo una delle voci più significative della bilancia commerciale. La crescita più intensa si verifica nell’industria del cotone, molto presente in area lombarda, dove, alla vigilia della guerra, si concentano i 2/3 dei telai attivi nel Paese e la metà dei fusi. Se si prescinde dal tessile e dalla siderurgia, l’evento più importante di questi anni è costituito dall’affermazione dell’industria elettrica e dai conseguenti van P.L. Ballini, Luigi Luzzatti e la conversione della rendita del 1906, in LST, pp. 297-348. M. De Cecco, Moneta e impero. Il sistema finanziario internazionale dal 1890 al 1914, Torino 1979, pp. 24-98. 269 F. Bonelli, Luigi Luzzatti e la Banca d’Italia (1893-1914), in LST, pp. 277-296. 267 268
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taggi che ne traggono gli altri comparti industriali, i quali, proprio grazie alla disponibilità di energia, possono progredire e migliorare in termini di competitività e di efficienza270. Un altro comparto che registra significative trasformazioni è quello della meccanica, anche se, nell’insieme, non riesce a compiere il ‘grande balzo’ che ci si sarebbe potuti attendere. Le ragioni di tale relativa ‘inadeguatezza’ sono molteplici: dalla modesta specializzazione del personale ai difetti organizzativi, dagli elevati costi di produzione a una protezione doganale comparativamente minore rispetto a quella offerta alla siderurgia. Per contro, il sorgere di nuove realtà produttive e il rafforzamento di altre già esistenti sono favoriti dalla diffusione delle macchine agricole, dalla meccanizzazione nel tessile, dall’utilizzo sempre maggiore dell’energia elettrica, dal correlato sviluppo dell’elettromeccanica e, infine, dal sostegno dello Stato, il quale, con una serie di provvedimenti mirati, dà forte impulso alle attività271. Con la crisi del 1907 il settore automobilistico, dopo aver vissuto un periodo di forte crescita, favorito da alcune speculazioni borsistiche sui titoli delle maggiori aziende, subisce una battuta d’arresto, facilitata dall’eccessiva frammentazione del settore (ancora caratterizzato da una spiccata impronta artigianale), oltre che dalla forte concorrenza straniera, dalla debolezza della domanda interna di un bene accessibile a una fascia limitata di consumatori e dalle difficoltà connesse alla costruzione degli autoveicoli, che richiedono una precisione, un’accuratezza e una preparazione tecnica poco diffuse. La crisi costringe i produttori nazionali ad affrontare una « difficile » fase di ristrutturazione, che porta alla chiusura di diversi impianti, a una diversificazione produttiva e a una concentrazione societaria, risparmiando solo le principali case automobilistiche, come la stessa Fiat, la Isotta Fraschini, la Lancia e la Bianchi, e favorendo la nascita di nuove aziende, come l’Alfa, sorta nel 1910, grazie all’iniziativa di un gruppo imprenditoriale lombardo appoggiato dalla Banca agricola milanese, la quale rileva gli impianti della francese Darraq, per passare pochi anni dopo sotto il controllo di Nicola Romeo e della Banca italiana di sconto. La meccanica è tra i comparti che traggono maggior impulso dallo sviluppo del tessile e dell’agricoltura, ma sensibili progressi vengono compiuti anche in altri rami, segnatamente nella « produzione di cicli e motocicli, di motori elettrici, di macchine per la stampa e per la scrittura, di strumenti di precisione e utensili di varia natura ». Determinante è la capacità delle 270 Cafarelli, L’espansione economica cit., pp. 77-78. Cfr. G. Fiocca, Credito e conoscenze: le condizioni dell’ascesa imprenditoriale, in Borghesi e imprenditori a Milano dall’Unità alla prima guerra mondiale, a cura di id., prefazione di A. Monticone, Roma-Bari 1984 [Biblioteca di cultura moderna, 907], pp. 15-85. 271 Cafarelli, L’espansione economica cit., pp. 78-79.
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aziende, per lo più nate da esperienze artigianali, di produrre macchinari e attrezzature a prezzi competitivi, sostituendosi alla concorrenza estera e adattandosi con grande flessibilità alle richieste provenienti dal mercato, grazie anche alle esperienze spesso maturate all’estero e a processi di learning by doing272. Anche in agricoltura, dove le trasformazioni sono inevitabilmente più lente, l’ascesa dei prezzi apporta un « immediato beneficio » al settore, duramente provato dagli effetti della grave crisi degli anni ‘80273. Un notevole contributo alla ripresa viene anche dal rapido aumento della popolazione urbana e dalla crescita dei salari industriali, che alimentano nelle città mercati assai fiorenti di consumo per i prodotti agricoli, il cui afflusso quotidiano e la cui valorizzazione risultano favoriti dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione e di trasporto. L’incremento della domanda, sia interna che estera, concorre a creare condizioni favorevoli per un riassetto del primario, portandolo gradualmente a svincolarsi dal carattere di autosussistenza e favorendo la lenta affermazione, soprattutto nell’Italia settentrionale, di una nuova borghesia imprenditoriale, che investe ingenti capitali nella meccanizzazione e nello sviluppo dei sistemi e delle tecniche colturali, avvalendosi di personale salariato o avventizio per la lavorazione delle terre274. Mancando fino al 1909 una statistica agraria organica e affidabile, non è possibile un raffronto tra la produzione in età giolittiana e quella dei decenni precedenti, anche se, indirettamente, vi sono numerosi indicatori che attestano una crescita della produzione sia in termini quantitativi che qualitativi. Basti in proposito considerare che la popolazione, salita nell’ultimo trentennio da 28 a 32 milioni e per un buon terzo addensata nelle città, è in grado di elevare il proprio tenore di vita senza che l’importazione di grano, tolta qualche annata negativa, superi la media di 10 milioni di quintali. Per molte altre colture, inoltre, la produzione non solo è sufficiente al consumo, ma in alcuni casi rappresenta addirittura una voce significativa delle esportazioni (vino, olio, agrumi, seta greggia). Segni indiretti del progresso agricolo sono pure il crescente impiego di concimi chimici e di macchine agricole; la sperimentazione colturale e la diffusione delle tecniche agronomiche, portate avanti con determinazione dalle cattedre ambulanti di agricoltura e dalle numerose associazioni agrarie sorte nel periodo; l’interesse per il recupero di nuove terre da de Ibid., pp. 80-81. Cfr. Luzzatto, L’economia italiana dal 1861 cit., pp. 168-173; A. Cafarelli, Il padrone non va per l’acqua. Assetti colturali e rapporti di produzione in una azienda agraria della Bassa friulana (1875-1914), Udine 2010, pp. 85-214. 274 Cafarelli, L’espansione economica cit., pp. 83-84. 272 273
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III. Introduzione
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stinare a coltura; la sistemazione idraulica dei bacini montani, che già risentono delle conseguenze derivanti dal disboscamento275. La favorevole congiuntura economica e la stabilità monetaria che contraddistinguono l’inizio del ‘900 producono – lo si è detto – radicali mutamenti nell’economia del Paese. Il crescente saggio di accumulazione del risparmio privato, la facilità di accesso al credito, il risanamento del bilancio dello Stato, l’incremento della spesa pubblica utilizzata come leva per ridurre la disoccupazione e aumentare la produzione, l’aspettativa di una domanda crescente esercitano nel tempo la funzione di moltiplicatore degli investimenti. In Italia, come del resto anche altrove, già nei primi anni del nuovo secolo si riscontra un’intensa attività speculativa, unita a una maggiore domanda di capitali per finanziare nuovi progetti di investimento276. Ad alimentare la speculazione sono soprattutto le banche miste, le quali, contravvenendo al principio fondamentale che vieta di compiere operazioni di durata superiore a quella degli impegni assunti nei riguardi dei depositanti, sostengono in un clima eccessivamente euforico la corsa al rialzo dei titoli industriali, favorendo le emissioni e il collocamento di nuove azioni. Gli effetti provocati da questa frenesia sono percepibili già nel 1906, quando alcune banche cominciano a manifestare evidenti difficoltà nel recupero dei crediti e vedono contrarsi in modo significativo la raccolta, divenuta ormai insufficiente per le crescenti necessità finanziarie delle imprese. Nel tentativo di arginare la speculazione, limitando l’accesso al credito, la Banca di Francia e quella d’Inghilterra aumentano il tasso di sconto (maggio 1907), seguite a ruota dalle principali banche europee e, specialmente, da quelle statunitensi, dove la crisi ha ormai assunto contorni definiti con il fallimento di alcuni istituti troppo esposti nel finanziamento del settore industriale. L’inevitabile tentativo effettuato dalle banche americane di smobilizzare le proprie partecipazioni contribuisce al crollo del valore dei titoli, innescando una corsa all’oro, che spinge molti istituti a chiudere gli sportelli, gettando la borsa nel panico. Non ci vuole molto perché la crisi si estenda dagli Usa all’Europa, dove le banche di emissione si impegnano nel tentativo di contenere il deflusso dell’oro. I tassi di sconto salgono sino a tre punti percentuali, determinando così un significativo incremento del costo del denaro e una sensibile riduzione del circolante. Di conseguenza, i programmi d’investimento 275 Atti della Commissione d’inchiesta per la revisione della tariffa doganale, I: Parte agraria. Relazione del senatore Fedele Lampertico, Roma 1885; P. D’Angiolini, L’Italia al termine della crisi agraria della fine del secolo XIX, in Nuova rivista storica 53 (1969), pp. 323-365. 276 Cfr. La Francesca, Storia del sistema bancario cit., pp. 117-168.
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vengono ridimensionati. Ciò porta a una crisi occupazionale, a un crollo della domanda e a una contrazione dei prezzi277. In Italia la crisi segna una battuta d’arresto nel processo di crescita economica, acuita dal fatto che ingenti capitali sono impiegati in ambiziosi programmi di investimento. Tali capitali sono di origine bancaria, non avendo la borsa raggiunto una maturità tale da porsi come valida alternativa al circuito bancario. I segnali provenienti dalle altre piazze europee e dai mercati finanziari d’oltreoceano smorzano ben presto il clima euforico dei mesi precedenti e provocano una netta inversione del corso dei titoli, dando avvio a un’ondata di liquidazioni. Le vendite colpiscono indistintamente tutti i comparti, anche se a farne le spese sono soprattutto le banche miste, la siderurgia e l’industria automobilistica. La Società bancaria italiana, sull’orlo del fallimento, riesce a evitarlo solo grazie all’intervento della Banca d’Italia, la quale agisce indirettamente costituendo un consorzio prevalentemente bancario, partecipato sia dalla Commerciale che dal Credito italiano. Benché la crisi colpisca pesantemente il sistema bancario e finanziario, ripercuotendosi di riflesso sulla base industriale, l’economia del Paese regge, e ciò non solo per il contributo offerto dalle rimesse degli emigrati e dal turismo d’élite, ma anche per le dimensioni della domanda, che, seppur sensibilmente cresciuta, è ancora limitata dalla quantità dei beni e servizi prodotti e consumati. III. 14. Lavoro e protezione internazionale dei lavoratori Tra Otto e Novecento, più volte e in varie congiunture, il Toniolo prende posizione sui problemi del lavoro e dei lavoratori. Dal punto di vista dottrinale il contributo forse di maggior rilievo è quello da lui presentato al secondo congresso degli studiosi cattolici di scienze sociali, svoltosi a Padova nell’agosto 1896. Egli muove dall’assunto che in un sistema economico « correttamente strutturato » la condizione « normale » è data dal « congiungimento diretto e permanente del capitale al lavoro o nella stessa persona o in più persone mediante l’associazione del capitalista col lavoratore ». Non mirano forse l’uno e l’altro al compenso del rispettivo impegno? Non si ottiene dalla sintesi dei loro sforzi una reale « efficacia economica » che giova pure ai consumatori, senza gravare il costo di produzione degli interessi pagati dal mutuante? Associando lavoro e capitale, si convalida 277 F. Bonelli, La crisi del 1907. Una tappa dello sviluppo industtriale in Italia, Torino 1971; S. La Francesca, La crisi del 1907, in Crisi e scandali bancari nella storia d’Italia. [Atti della nona giornata di studio “Luigi Luzzatti” per la storia dell’Italia contemporanea, Venezia, 19-20 novembre 2004], a cura di P. Pecorari, Venezia 2006 (Biblioteca luzzattiana. Fonti e studi, 11), pp. 97-114.
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III. Introduzione
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la « naturale gerarchia loro, con preferenza legittima del lavoratore sul capitalista »278. L’industriale imprenditore va distinto dal capitalista prestatore, perché, mentre il secondo si limita a fornire gli strumenti dell’attività produttiva, il primo dirige, ha spirito inventivo e, in un certo senso, « crea ». Il rapporto tra i due non può che essere gerarchico279. Il capitale è uno strumento e non ha produttività immediata, in re ipsa, ma solo mediata, mentre il lavoro, già intrinsecamente dotato di « virtù effettrice di ricchezza, accresce la propria potenza produttiva » in proporzione del capitale cui ha accesso. In altri termini, il capitale è « produttivo solo in potenza », in quanto dispone sì della possibilità di esserlo, ma non lo diviene « effettivamente che mediante il lavoro »; di conseguenza, può partecipare al reddito d’industria solo nella misura in cui partecipa ai rischi dell’impresa. Diversamente accade con il mutuo. Infatti, separando il capitalista dal lavoratore, si pone il primo al riparo da ogni rischio, riconoscendogli il diritto di esigere la restituzione tanto del capitale quanto dell’interesse concordato, e ciò indipendentemente dall’esito dell’impresa, laddove il mutuante che non partecipa all’impiego produttivo del capitale non può pretendere, per « virtù intrinseca del contratto di mutuo », che la semplice restituzione del « valore capitale ». Esiste nondimeno l’eventualità che il capitalista possa avere una qualche fondata ragione per chiedere un compenso. Ove ciò accada, il titolo di legittimità risiede in « ragioni estrinseche ed accidentali, consistenti nel pregiudizio da lui subito per la cessione ad altri del capitale »280. Ne desume il Toniolo una serie di correttivi: rapportare l’interesse ordinario dei mutui privati all’andamento del mercato, prescrivendo o un limite massimo all’interesse dei mutui o, su richiesta della parte lesa, l’annullamento dell’interesse contrattuale superiore alla media determinata dal mercato; reprimere penalmente gli abusi; favorire le piccole proprietà attraverso i censi fondiari, « sotto l’antica forma di una sovvenzione del capitalista al proprietario della terra », in modo che il sovventore acquisti « il diritto ad un reddito fondiario trasmissibile ai terzi », non quello di pretendere la restituzione del capitale, laddove il proprietario del terreno può invece « riscattarsi dal censo », restituendo con modalità da definire la somma ricevuta; sostituire gradualmente al mutuo privato ipotecario concesso alla grande proprietà i prestiti a lungo termine 278 Nella restante parte di questo paragrafo riprendo quanto ho documentato in Alle origini dell’anticapitalismo cattolico. Due saggi e un bilancio storiografico su Giuseppe Toniolo, Milano 2010, pp. 27-34. 279 G. Toniolo, Criteri scientifici, etico-economici intorno al credito dal punto di vista cristiano, in Unione cattolica per gli studi sociali in Italia, Atti e documenti del secondo congresso cattolico italiano degli studiosi di scienze sociali tenutosi in Padova nei giorni 26, 27, 28 agosto 1896, Padova 1897, pp. 194-217. 280 Ibid., pp. 218-227.
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per mezzo di istituti di credito fondiario; preferire, anche per il credito commerciale, gli istituti bancari ai mutui privati, dando loro non la forma « di una società lucrativa, bensì di un ente di personalità giuridica con patrimonio proprio » capace di tutelare la pubblica utilità; favorire il diffondersi di società di credito in grado di fornire garanzie etico‑giuridiche, nel senso che non prescindano dalle qualità morali di chi è chiamato a svolgere funzioni amministrative, ma privilegino la responsabilità personale. Su queste tesi si apre un dibattito, al quale partecipano il Murri e il Gusmini. Il primo, pur consentendo sulla condanna delle operazioni speculative, ritiene insufficiente il rilievo attribuito alle condizioni di fatto dell’economia contemporanea e alla funzione « che in onta ai suoi abusi pure acquist[a] il capitale nel progresso economico del secolo nostro ». Il secondo solleva riserve di carattere più teorico che pratico, ritenendo che la posizione del Toniolo, pur facendo debito spazio ai « titoli estrinseci », e segnatamente al lucrum cessans, ripropone nella sostanza le antiche tesi scolastiche sull’intrinseca gratuità del mutuo, la qual cosa darebbe luogo a un eccessivo rigorismo, mentre invece la « legittimità dell’interesse del capitale » andrebbe cercata « nella semplice prestazione di denaro, siccome vendita di un servizio utile inerente alla cessione del capitale medesimo rappresentato ordinariamente da una somma monetaria »281. A entrambi i critici il Toniolo replica che in materia di credito « la più recente critica scientifica » d’indirizzo cattolico (Deploige) concorda con il dettato tomistico e che la conseguente normativa è importante in quanto le obiezioni contro le teorie liberali concernenti l’interesse riguardano non solo il mutuo in denaro, ma ogni forma di capitale mutuabile. I liberali pensano che il capitale sia intrinsecamente produttivo, mentre è il lavoro a renderlo tale. Se il capitalista si sottrae al lavoro rifiutando di assumere su di sé i rischi che l’impiego del mutuo comporta nella produzione, viene meno qualsivoglia titolo a percepire redditi « dipendenti dal fatto stesso del prestito », eccettuata l’indennità « per la privazione che egli prova del capitale prestato altrui ». Alla diversa teorica del Böhm-Bawerk282 non si può riconoscere validità alcuna dal punto di vista cattolico. Del resto, le ricerche del Funk283, dell’Endemann284 e del Weiss285 provano che le diversità applicative delle norme canoniche sul mutuo mirano non a impedire, ma a promuovere la diffusione della ricchezza, favorendo la collaborazione tra capitale e lavo Ibid., p. 220. Schumpeter, Storia dell’analisi economica cit., III, pp. 1104-1105. 283 F. X. Funk, Geschichte des kirchlichen Zinsverbotes, Tübingen 1876. 284 W. Endemann, Studien in der romanisch-kanonistischen Wirthschafts- und Rechtslehre bis gegen Ende des siebenzehnten Jahrhunderts, I-II, Berlin 1874-1883. 285 A. M. Weiss, Sociale Frage und sociale Ordnung od. Institutionen der Gesellschaftslehre, Freiburg im Breisgau 18922. 281 282
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III. Introduzione
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ro286. È ben vero che non mancano interpretazioni « più late e miti » da parte di coloro che ritengono le moderne condizioni dell’economia internazionale tali da giustificare una sorta di praesumptio iuris in favore del prestatore, ammettendo « una indennità della privazione del capitale mutuato », ma ciò avviene sempre per titoli estrinseci e accidentali287. Perché è importante questo dibattito? Perché vi affiorano due concezioni del credito destinate a influire sulla cultura cattolica tra Otto e Novecento: una produttiva, l’altra consuntiva. La prima, difesa dal Toniolo, fa leva sulla produzione di beni e servizi, e ciò significa che chi riceve un credito attende dall’attività produttiva nella quale lo impiega un ricavo tale da consentirgli di soddisfare la propria obbligazione verso il creditore. Quest’ultimo subordina la concessione del prestito all’impiego appunto produttivo, anzi, con maggiore esattezza, socialmente produttivo. Tale posizione si armonizza con il dettato di s. Tommaso, perché di fatto gli riconosce di separare il tasso d’interesse dall’efficienza marginale del capitale. Come dire, ripetendo Keynes, che quel dettato è diretto « alla spiegazione di una formula che permette alla tabella dell’efficienza marginale del capitale di essere alta, anche usando norma, consuetudine e legge morale per contenere il tasso d’interesse »288. L’altra concezione, quella consuntiva, pone in evidenza che il sovvenuto può attendersi « redditi superiori in dipendenza del credito » senza che il sovventore sia tenuto a preoccuparsene: chi riceve il credito « effettua maggiori spese consuntive oggi, a detrazione di spese future », prescindendo consapevolmente dalla « circostanza » che il reddito atteso si mantenga « costante » oppure subisca « variazioni in aumento o in diminuzione ». V’è chi insiste sulle accresciute necessità di finanziamento connesse con il processo di industrializzazione, che non può autoalimentarsi solo con capitali propri, ma esige credito da remunerare con un interesse. Costoro però non si chiedono se il capitale cui l’interesse si riferisce sia indifferentemente investito o investibile, e cioè se sia « solo potenzialmente o effettivamente libero »; del pari non percepiscono il problema se la corrente dei redditi sperati che si individuano come interesse sia « riproducibile », e dunque « non temporanea, ma praticamente perpetua »289. 286 Cfr. A. Cova, Lavoro e capitale nel pensiero di Giuseppe Toniolo, in Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine cit., pp. 111-138; G. Eisermann, Die Grundlagen des Historismus in der deutschen Nationalökonomie, Stuttgart 1956; Il dibattito sullo storicismo, a cura di F. Bianco, Bologna 1978; I. Cervelli, Gioacchino Volpe, Napoli 1977, pp. 67-124. 287 J.M. Keynes, Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, Torino 1947, pp. 312-313. 288 J. Höffner, La dottrina sociale cristiana, Roma 1969, p. 211. 289 Per gli accennati problemi cfr. A. Graziani, Saggi sulla teoria dell’interesse, Torino 1898; A. Landry, L’intérêt du capital, Paris 1904; I. Fisher, The Theory of Interest, New York, 1930; G. Demaria, Logica della produzione e della occupazione, Milano 1950 (la pt. IV: Il capi-
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Le tesi difese dal Toniolo nel 1896 gettano luce sugli orizzonti dottrinali dell’impegno che egli dispiega in età giolittiana nell’ambito del progetto internazionale per la salvaguardia giuridica del lavoro, delineato al congresso di Parigi del 1900 e dal quale trae origine l’« Association internationale pour la protection légale des travailleurs »290, organismo privato che prepara il terreno alla nascita dell’« Organizzazione internazionale del lavoro », sorta nel 1919 per disposizione del trattato di Versailles, nell’ambito della nuova Società delle Nazioni291. Toniolo contribuirà non poco alla nascita della Sezione italiana dell’« Association » e su ciò nuovi elementi di conoscenza vengono dal suo carteggio col Luzzatti. Tornato a Pisa da Parigi, egli cerca di coinvolgere politici, industriali e parlamentari, sia cattolici che liberali e socialisti, incoraggiato non solo dalla « bontà della causa » in sé e per sé, ma anche dal fatto che all’estero non mancano positivi segnali di attenzione al problema da parte di autorevoli economisti, storici e giuristi, quali Gustav von Schmoller, Adolf Wagner, Lujo Brentano, Werner Sombart e Franz Hitze per la Germania; Eugen von Philippovich e Stephan Bauer292 per l’Austria; Victor Brants, Ernest Mahaim e Albert Nyssens per il Belgio; Paul Cauwès e Raoul Jay per la Francia; Heinrich Scherrer, Gaspard Decurtins ed Émil Frey per la Svizzera. Diversa però si rivela la situazione dell’Italia. In proposito è illuminante il caso di Fedele Lampertico, il senatore vicentino sul quale il Toniolo fa affidamento. Questi fin dall’inizio solleva delle perplessità, che solo il pressing del Luzzatti riuscirà a superare. Prudenza, dal canto suo, manifesta la Santa Sede293, invitata dal presidente Scherrer a designare un proprio rappresentante in seno all’« Association »294 e pregata in tal senso anche dal professore pisano. Com’è nelle consuetudini, la Segreteria di tale e l’interesse). Inoltre, Manzalini, Il credito e la circolazione della ricchezza « appoggiati sul fatto », in Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine cit., pp. 139-172. 290 G. Toniolo – E. Agliardi [firmato con la sigla T.A.], La protezione legale internazionale dei lavoratori al Congresso di Parigi, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 24 (1900), pp. 493-521; G. Toniolo, Intese internazionali, a cura di G. Anichini, Roma 1945, pp. 59-73. 291 Cfr. E. Goldstein, Gli accordi di pace dopo la Grande guerra (1919-1925), Bologna 2005, pp. 74-78. 292 Alcuni suoi rapporti col Toniolo sono documentati da sette « messaggi » consultabili in BAV, Carteggi Toniolo, docc. 3922 (Basel, 20 settembre 1901, lettera), 3939 (Basel, 3 ottobre 1901, lettera), 3940 (Basel, 4 ottobre 1901, lettera), 4002 (Basel, 6 maggio 1902, cartolina postale; si chiede di ricevere la Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie), 4003 (Basel, 6 maggio 1902; si comunica una risposta del Dipartimento federale dell’Industria a proposito di accordi fra Svizzera e Germania sulle assicurazioni operaie), 4809 (S. Maria degli Angeli, [13 aprile 1907], cartolina illustrata), 6237 (Basel, 1 settembre 1912). 293 Toniolo aveva proposto la sua partecipazione, che era stata approvata dall’assemblea del congresso (TLL, II, pp. 198-199 nt. 3: lettera del Toniolo al cardinale Rampolla, 29 luglio 1900). 294 TLL, II, p. 208, lettera del Toniolo al cardinale Rampolla, 13 settembre 1900.
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III. Introduzione
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Stato procede con cautela e solo il 16 settembre 1902 nomina il conte Edoardo Soderini (in cui Leone XIII ripone piena fiducia) rappresentante permanente del papa presso il Comitato direttivo internazionale. Da parte sua il Luzzatti chiede al governo di accogliere i desiderata del Toniolo, ossia il riconoscimento della Sezione italiana e la concessione di un sussidio annuale, così come fanno per le rispettive sezioni i governi di Germania, Belgio, Francia, Svizzera (11 giugno 1901). Donde la raccomandazione del Luzzatti al Toniolo: « Mi scriva chiaro ciò che vuole da me e dal Governo e si farà subito » (15 giugno 1901). Di rimando il Toniolo: « Preparai (ed è sotto stampa) una circolare ai soci, perché (per lettera chiusa) eleggano la Presidenza della Sezione italiana, e sei membri destinati a far parte del Comitato internazionale di Basilea (adunanza del 27 settembre [1901]) ». Nonostante le pressioni provenienti da più parti, il governo italiano continua a tardare nel fornire il nome del proprio rappresentante (che, alla fine, sarà Luzzatti), mentre il Toniolo commenta: « La scelta della persona è cosa decisiva. Ma io non ho certamente né entratura, né influenza sul[lo] Zanardelli. Ne scrissi a Stringher ». Lo rassicura il Luzzatti, promettendogli che il 5 dicembre 1901 farà approvare dalla Camera dei deputati il seguente ordine del giorno: « La Camera italiana saluta l’iniziativa dell’Associazione internazionale per la tutela dei lavoratori, confida che il governo vorrà associarvisi con la collaborazione del nuovo Ufficio del lavoro, pigliando anche all’uopo accordi per sollecitare provvedimenti internazionali a tutela della inviolabilità, della incolumità e della previdenza dei lavoratori »295. Nel frattempo il Luzzatti torna a insistere con il presidente del Consiglio e scrive al Toniolo: « Ella prosegua con coraggio; e fidi in noi, che all’uopo faremo votare il contributo dal Parlamento. Glielo assicuro, se sarò vivo » (30 luglio 1902)296. Si potrebbe continuare, ma su questi temi il carteggio non necessita di ulteriore interposta lettura, bensì di un approccio diretto, in ciò favorito dai pregevoli studi di Amleto Spicciani297 e da un recente saggio di Germano Maifreda298. Aggiungo solo che se la ‘collaborazione’ del Toniolo col 295 Atti parlamentari, Camera dei deputati, Sessione 1900-1901, Discussioni, VII, Roma 1902, p. 6464. 296 A. Spicciani (Per un diritto italiano del lavoro. Il pensiero e l’opera di Giuseppe Toniolo, premessa di G. Pera, Pisa 1997, p. 39 nt. 50) informa che la biblioteca e l’archivio della segreteria generale, che avevano sede a Basilea, « sono attualmente depositati a Ginevra presso il Bureau international du travail ». 297 A. Spicciani, Il pensiero e l’opera di Giuseppe Toniolo per un diritto italiano del lavoro, in Salute e classi lavoratrici in Italia dall’Unità al fascismo, a cura di M. L. Betri – A. Gigli Marchetti, Milano 1982, pp. 531-562; id., Per un diritto italiano del lavoro cit. 298 G. Maifreda, Giuseppe Toniolo e l’Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori, in Giuseppe Toniolo. L’uomo come fine cit., pp. 371-390.
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Luzzatti non viene, nella sostanza, mai meno299, una delle ragioni di fondo, forse la più importante, sta nella logica umanistica che soggiace al loro impegno sociale, ancorché tale impegno risulti il più delle volte diverso nei contenuti, negli obiettivi, nella fenomenologia. Beninteso, l’umanesimo tonioliano e, in subordine, luzzattiano, cui qui si allude, ha assai poco in comune con il neoumanesimo tedesco del primo Novecento, il cui terminus a quo viene solitamente fatto coincidere con la pubblicazione dell’Aristoteles (1923) di Werner Jaeger. Del pari non si risolve nell’approccio filologico-critico che caratterizza la ricerca di quanto sopravvive dell’antica civiltà, e neppure fa tutt’uno con il momento speculativo che segnerebbe la nascita di una « concezione più umana della vita », al cui « centro » troverebbero posto non meglio precisati « nuclei morali » di una nuova humanitas. Esso è piuttosto un umanesimo « vivente » o, se si preferisce, « integrale », in quanto capace di esprimere valori spirituali con dignità di fini, e capace inoltre di vedere nello Stato un organo strumentale del corpo sociale, nonché di gettare un ponte tra il primato dell’uomo sulle strutture e il primato del lavoro sul capitale, alla luce di una sempre perseguita (e mai compiutamente inverata) alleanza tra etica ed economia300. Integrale, dunque, è questo umanesimo, nel senso di totale, non di totalizzante; di globale, non di olistico. Il che è possibile in quanto la prospettiva analitica di cui esso è permeato deriva da una disposizione filosofica che tende a evidenziare più gli aspetti teoretici del problema, che quelli pragmatici, peraltro non trascurati. Analoghe argomentazioni si potrebbero svolgere facendo riferimento al cosiddetto « spirito del capitalismo », categoria logica e storiografica in forza della quale, a differenza di Weber e Sombart, il Toniolo nega che l’avvento della Riforma abbia segnato la nascita di un nuovo capitalismo. Egli ritiene infatti che l’Europa cattolica medioevale sarebbe stata in grado di produrre « un’economia capitalistica » in senso pienamente moderno, anche in ordine alle conseguenze sociologiche. Se non la produsse, ovvero se il ‘500 dà l’impressione che un diverso tipo d’uomo agisca e operi rispetto al mercante medioevale o agli industriali delle città anseatiche, le cause sono molteplici, ma non tali da inficiare la validità dell’assunto iniziale. Nell’illustrare queste cause, il Toniolo insiste soprattutto sul rifiuto della disciplina morale nei rapporti economici e sul venir meno del principio che il capitale, essendo un fattore solo strumentale della produzione, va subordinato al lavoro, non anteposto a esso. Ciò osservato, il problema è di determinare se un certo provvedimento sia solo astrattamente economico (e quantitativamente produttivo) o non piutto299 Di « contiguità » parla A. Cardini, Le corporazioni continuano… Cultura economica e intervento pubblico nell’Italia unita, Milano 1993, p. 44. 300 Per alcuni spunti cfr. A. Sen, Etica ed economia, Roma-Bari 1988, pp. 7-110.
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III. Introduzione
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sto anche intrinsecamente (e qualitativamente) rispettoso della « forza e dignità » dell’uomo. Di qui la necessità di adoperarsi non solo per la difesa dei diritti sociali che oggi potremmo chiamare di prima e di seconda generazione, ma pure di quelli di terza generazione: dalla solidarietà al bene comune, dallo sviluppo alla pace.
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IV. CARTEGGIO DI GIUSEPPE TONIOLO CON LUIGI LUZZATTI
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IV.1 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 1 Firenze, 23 luglio 1869
Carissimo Signore, Le son grato delle notizie che Ella si compiacque favorirmi rispetto al felice esito degli esami dei miei discepoli di Economia2. È commendevolissimo il Suo desiderio di veder meglio fornita la biblioteca di codesta Università di libri economici. Ne scriverò costì come di cosa che mi interessa grandemente3. Mi creda sempre Suo aff.mo Luzzatti
BAV, Carteggi Toniolo, doc. 26. La firma (solo il cognome) è autografa. Con decreto 28 dicembre 1868, nr. 486, fu conferito a Giuseppe Toniolo, per un biennio, il posto di assistente alla cattedra giuridico-politica dell’Università di Padova (AUP, Cronaca della Facoltà giuridico-politica dal 1856 al 18[77], f. 117r). 3 Come già detto (cfr. III.9), nel 1869 Marco Minghetti aveva nominato Luigi Luzzatti segretario generale del Maic. La nomina era stata vivamente caldeggiata da Angelo Messedaglia, uomo chiave della Destra padovana e veneta, dall’influentissimo notabile vicentino Fedele Lampertico (sul quale cfr. Carteggio Luigi Luzzatti-Fedele Lampertico, 1861-1905, a cura di P. A. Passolunghi, Venezia 2010 [Biblioteca luzzattiana. Fonti e studi, 17]), come pure da Giampaolo Tolomei, professore di diritto e procedura penale, preside della Facoltà giuridico-politica (1866-73 e 1881-93), nonché rettore (1869-70 e 1873-79). Cfr. G. Berti, L’Università di Padova dal 1814 al 1850, Treviso 2011 (Contributi alla storia dell’Università di Padova, 45), p. 134. Per quanto di sicura fede minghettiana, Luzzatti non mancava di autonomia politica ed è significativo che cercasse di mediare tra Minghetti e Sella (cfr. A. Ventura, Padova, Roma-Bari 1989, pp. 78-80). Tornò alla segreteria generale del Maic nel 1871-73, con Stefano Castagnola. 1
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CARTEGGIO
IV.2 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 4 Padova, 11 sett[embre 1874] venerdì ore 11½ di notte
Illustre Professore, Or ora Montanari5 ed io abbiamo compiuta la spedizione della Circolare6 alle persone che Ella ci indicava: il cui numero s’appressa a 200. 4 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 1, lettera originale autografa (già edita in PTE, pp. 169-170). Nel margine superiore del recto, di mano di Elena Carli, segretaria personale del Luzzatti: « Copiata per Comitato “Giuseppe Toniolo”, Largo Cavalleggeri, 33 [Roma] »; « 1874 ». 5 Pur collocandosi nell’orbita culturale luzzattiana e movendosi quindi nell’ambito della Scuola lombardo-veneta, Augusto Montanari accostava con qualche superficialità valutativa il Wagner all’Engel e il Brentano allo Scheel, senza cogliere le pur non sottovalutabili differenze. Concordava con Toniolo in merito al rapporto tra etica ed economia: « L’Economia Politica non meno delle materiali ricchezze si mostra sollecita dei beni immateriali. Suo principio è il lavoro, quest’applicazione della forza intelligente e libera; sua condizione, tutte le morali qualità che lo sviluppo regolare della ricchezza implica ed esige nell’individuo e nello Stato; tutti quei sacri principi di risparmio, di benevolenza, di soccorso mutuo, di benintesa fratellanza, di libertà e di giustizia che soli possono essere guarentigia del continuo prosperamento di tutta la specie umana. Essa pure vivamente reclama il progressivo sviluppo delle facoltà intellettuali, senza di cui le stesse forze fisiche non possono venire con saviezza dirette ed applicate; essa esige il perfezionamento delle sociali istituzioni, onde assicurare alla azione economica degli individui quella equa libertà, quella piena sicurezza e quei legittimi compensi, che sono condizione indispensabile al buon esito ». E proseguiva: « Né è da dirsi che esclusivamente guardi alla massa delle ricchezze da raccogliere, senza curarsi della moralità e della giustizia dei mezzi. Tutt’altro che fare dell’Economia Politica un sistema di formule fredde ed inflessibili […], noi salutiamo la scienza vera soltanto in quella che, considerata la vita economica siccome un aspetto dell’incivilimento, non respinge l’influenza di tutte le altre manifestazioni di questo, in specie della vita politica e morale, ma le accoglie e si ritempra in esse come in suoi intrinseci fattori » (Vistalli, Giuseppe Toniolo cit., p. 57). Tra i suoi lavori: Elementi di economia politica, Padova 18712, che gli aprì le porte dell’Accademia patavina di scienze, lettere ed arti (socio corrispondente). Con Tullio Martello fu coautore del volume Stato attuale del credito in Italia e notizie sulle istituzioni di credito straniero, Padova 1874. 6 Datata 11 settembre 1874 e firmata da Antonio Scialoja, Luigi Cossa, Luigi Luzzatti e Fedele Lampertico, la circolare invitava ad aderire alle tesi « vincoliste » e a partecipare al congresso di Milano (4-6 gennaio 1875), dal quale sarebbe nata l’Associazione per il progresso degli studi economici, ispirata al Verein für Sozialpolitik dei socialcattedratici tedeschi (1872). Organo dell’Associazione fu il Giornale degli economisti, che si opponeva alla ferrariana Società Adamo Smith (cfr. Bof, Comitati dell’Associazione per il progresso degli studi economici in Italia 1875-1879 cit., pp. 329-354; id., Economia e società nei riformisti « lombardo-veneti » 1875-79, in Amicitiae causa. Scritti in memoria di mons. Luigi Pesce, a
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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Al Comm. Lampertico7, al Sella8, Boselli9 ed altri ne abbiamo inviato un certo numero con preghiera di diffusione nelle rispettive provincie o regioni ove que’ Signori hanno più frequenti rapporti. A Lei non credemmo di indirizzare più di una quindicina di copie, calcolando che Ella si trovi sulle mosse pel ritorno. Per conto nostro tutto fu fatto con rapidità vertiginosa. Siamo fiduciosi di uno splendido successo; e frattanto desideriamo avere Sue notizie, e ricevere Suoi ordini. Accolga, coi miei, i complimenti dell’amico Montanari. Dev.mo servo Toniolo Dr. Giuseppe cura di P. Pecorari, Treviso 2001, pp. 325-360; inoltre: La Perseveranza, 7 e 10 gennaio 1876) e al periodico che ne era espressione, L’Economista, sul quale cfr. P. Bini, « L’Economista » di Firenze al suo esordio (1874-1884). Storia parallela di due liberalismi, in Le riviste di economia in Italia (1700-1900). Dai giornali scientifico-letterari ai periodici specialistici, a cura di M. Augello – M. Bianchini – M. E. L. Guidi, Milano 1996, pp. 369-401. 7 Fedele Lampertico (1833-1906), « leader indiscusso dell’oligarchia moderata, discreto ma onnipotente dominatore della vita pubblica locale, presidente del Consiglio provinciale dal 1870 al 1905, senatore dal 1873, presidente della Società di mutuo soccorso tra gli artigiani fino al 1888, [fu] esperto conoscitore dei problemi dell’agricoltura e della finanza locale, artefice delle alleanze amministrative clerico-moderate e al tempo stesso garante presso i governi di sinistra della fede “monarchica e costituzionale” di tutto il liberalismo laico vicentino » (Lanaro, Società e ideologie cit., pp. 108-109). Cfr. La scienza moderata. Fedele Lampertico e l’Italia liberale, a cura di R. Camurri, Milano 1992. 8 Quintino Sella (1827-1884), laureato in ingegneria (1847), fu dapprima professore di geometria applicata alle arti nell’Istituto tecnico di Torino, quindi professore universitario di matematica. Entrò nella vita politica come deputato della Destra (1860). Più volte ministro delle Finanze (1862; 1864-65; 1869-73), si pose come obiettivo il pareggio del bilancio statale. Allo scopo attuò una rigida politica fiscale. Durante la polemica col Ferrara aggiunse di suo pugno in una lettera del Luzzatti al Protonotari, datata 13 agosto 1874: « Caro Protonotari, l’articolo di Ferrara è certamente un attacco molto vivo contro coloro che egli considera come critici. La vivacità sembrami anzi andare al di là della serenità scientifica. Ora voi non dovete nuocere agli attaccati ritardando la pubblicazione della difesa. Mi sembra quindi vostro debito pubblicare nel prossimo numero [della Nuova antologia] la difesa del Luzzatti. Con tutta considerazione, vostro devotissimo Q. Sella » (Biblioteca Nazionale di Firenze, Carteggi vari, cass. 137, nr. 46). Per un giudizio complessivo del Luzzatti sul Sella, cfr. Luzzatti, Grandi italiani, grandi sacrifici cit., pp. 43-57; Epistolario di Quintino Sella, II: 1866-1869; III: 1870-1871, a cura di G. Quazza – M. Quazza, Roma 1984-1991 (Istituto per la storia del Risorgimento italiano. Biblioteca scientifica, s. II, Fonti, 74, 80), sub voce. 9 Paolo Boselli (1838-1932), laureato in giurisprudenza, fu titolare della prima cattedra di scienza delle finanze in Italia (1869-1874), divenne deputato e fu vicino sia al Sella che al Luzzatti. Sensibile e attento alla questione sociale, si occupò di problemi dell’agricoltura e della marina mercantile. Fu ministro della Pubblica istruzione, del Maic, del Tesoro. Assunse la presidenza del Consiglio dal luglio 1916 all’ottobre 1917. Dopo la guerra, divenne senatore. Cfr. R. Romanelli, Boselli, Paolo, in DBI, 13 (1971), pp. 241-251.
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CARTEGGIO
IV.3 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 10 Padova, 28 sett[embre1874]
Illustre Professore! Riguardo alla spedizione delle circolari abbiamo inteso; ed è già in buona parte eseguito. Abbiamo pensato di indirizzarne alquante ai Presidenti di Camere di commercio e Comizi agrari. Ci occorrerebbero i nomi dei Presidenti delle Banche mutue Popol[ari]: e come saperli? La Gazzetta d’Italia non contiene altri articoli o notizie, a tutto oggi, sulla Società Ad[am] Smith, o contro di noi. L’Economista d’Italia (Roma) sta per noi11. Spedisco Giornale di Padova, Bacchiglione con articoli favorevoli. Quello del Corriere Veneto è una meschinità. La Gazzetta di Venezia oscilla: riprodusse l’invito loro12, ma per dare una spinta favorevole abbiamo inviato una Circolare alla persona di Paride Zajotti13. Non dubiti: abbiamo fatto tirare nuove copie della Circolare, né faremo economia di nuove e ripetute distribuzioni. Con tutta stima e reverenza, Dev.mo servo Toniolo Dr. Giuseppe [P. S.] La Gazzetta d’Italia dell’altr’ieri [26 settembre 1874] annunziava semplicemente un articolo nell’Economista di Firenze a favore della vecchia scuola, ma ci fu impossibile procurarcelo qui a Padova: una delle ragioni per cui non possiamo per ora rispondere alla polemica. Verrà il nostro tempo. Tanti complimenti alla Signora Amelia14 10 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 2, lettera originale autografa (cfr. PTE, pp. 171-172). Nell’angolo di sinistra del recto, di mano di Elena Carli: « Copiata per Comitato “Giuseppe Toniolo” »; nell’angolo destro, sempre di mano della Carli: « 1874 ». 11 Cfr. Riunione di economisti a Milano, 27 settembre 1874. 12 Sotto il titolo Lotte economiche, in Gazzetta di Venezia, 22 settembre 1874. 13 Paride Zajotti, genero di Tommaso Locatelli, dopo la morte del suocero (1868) assunse per circa un ventennio la « proprietà » e la « direzione » della Gazzetta di Venezia, riuscendo a fare del giornale la « voce ufficiale o semiufficiale della classe dirigente cittadina ». Cfr. M. Isnenghi, La stampa, in Storia di Venezia, III: L’Ottocento e il Novecento, a cura di id – S. Woolf, Roma 2002, pp. 1969-2000. Sui rapporti con Luzzatti: ALV, b. 95, fasc. Paride Zajotti. 14 Amelia Levi sposò a Milano (1863) il poco più che ventenne Luigi Luzzatti. Era figlia di Moisè Levi e di Adele Della Vida.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.4 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 15 Padova, 5 ott[obre] 1874
Illustre Professore! Le comunico a nome dell’on. comune amico Toffolatti [sic] Beppi16 che questi è divenuto oggi padre di un bel bimbo maschio. La puerpera ed il neonato stanno bene. La ringrazio moltissimo delle Sue gentili e spontanee prestazioni a mio pro, delle quali ieri ebbi una nuova prova e spero in breve di sentirne i benefici effetti. Così pure m’affida che Ella troverà sempre in me (ripetendo le Sue parole dette in sul partire) un giovane umile e grato verso di chi l’onora di sua benevolenza. Mi scrisse da Roma il Deputato Breda17, perché io mi presenti in suo nome dal Frizzerin18, per ricevere la di lui offerta per la Reali. Nell’Eco ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 3, lettera originale autografa. Giuseppe Toffolati, amico di Eugenio Forti, direttore del Giornale degli economisti (serie padovana), e di Andrea Sacchetto (uno dei fondatori, nonché segretario amministrativo, della Società Veneta per imprese e costruzioni pubbliche, nata a Padova l’11 gennaio 1872 nello studio dell’avvocato Federico Frizzerin e con capitali quasi totalmente regionali), di Carlo Maluta e di Isacco Vita Morpurgo, fu uomo di fiducia del Luzzatti. Ebbe parte nella nascita della Banca Veneta di depositi e conti correnti, della quale fu azionista, anzi uno dei trenta soci fondatori. 17 Vincenzo Stefano Breda (1825-1903), grande proprietario terriero, partecipò alla rivoluzione del 1848. Eletto alla Camera nel 1866, appoggiò i governi della Destra storica fino al 1876, quando « si aggregò al gruppo di deputati toscani che determinarono la caduta dell’ultimo ministero Minghetti ». Avvicinatosi al ministro delle Finanze Cambray-Digny, nel 1879 rinunciò al mandato parlamentare. Fu presidente della Società Veneta, la cui attività interessò molteplici ambiti: dalla costruzione degli acquedotti di Venezia e Napoli a quella del Ministero delle finanze a Roma, da vari tronconi della rete ferroviaria veneta e lombarda agli appalti dei porti di Genova e di Palermo, per non dire del ruolo svolto nel determinare e/o indirizzare la politica nazionale delle opere pubbliche, degli armamenti e, in particolare, della metallurgia. Strettamente legato alla Banca generale e con il favore di Benedetto Brin, svolse un ruolo di primo piano nella complessa vicenda della Terni. Nel 1890 fu nominato senatore. Cfr. F. Bonelli, Lo sviluppo di una grande impresa in Italia. La Terni dal 1884 al 1962, Torino 1975, pp. 3-38; id. – P. Craveri, Breda, Vincenzo Stefano, in DBI, 14 (1972), pp. 100-106. 18 L’avvocato Federico Frizzerin, figura in apparenza modesta della politica padovana, fu in realtà un « personaggio importante, vera eminenza grigia della finanza e dell’economia, come autorevolissimo consulente legale della Società Veneta e della Società delle acciaierie di Terni » (Ventura, Padova cit., p. 80). 15 16
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CARTEGGIO
nomista d’Italia v’ha un buon articolo del Cusumano sulla analogia fra le recenti dottrine economiche e le tradizioni scientifiche italiane19. Il D’Apel, Professore ad Urbino20, ci scrive, in seguito a nostra preghiera di inviarci copia della traduzione di Gneist21 [?] intorno alla quale sapevano che si occupava, che egli non l’ha favorita che in parte, ma che, in vista dell’odierno indirizzo degli studi, egli la riprenderà e compierà, mandandocene copia a suo tempo. Nessuna novità del resto relativamente all’attuale momento scientifico. La preghiamo dei complimenti alla Sig.ra Amelia; ed Ella mi continui quella benevolenza di cui mi onoro. Con tutta stima dev[otissim]o Servo ed Alunno Toniolo D[ott.] Gius[eppe]
19 Allievo di Giovanni Bruno a Palermo e di Luigi Cossa a Pavia, nel novembre 1871 Vito Cusumano si era recato a Berlino con una borsa di studio ministeriale, per perfezionarsi sotto la guida di Adolf Wagner ed Ernst Engel. Mettendo a frutto le lezioni e le sue letture, aveva pubblicato (1873-74) una serie di articoli Sulla condizione attuale degli studi economici in Germania, in Archivio giuridico 11 (1873), pp. 113-137, 240-265, 395-420; 12 (1874), pp. 284-317, poi raccolti in volume: Le scuole economiche della Germania in rapporto alla quistione sociale, Bologna 1874. Per concorde giudizio della storiografia, furono questi articoli, apprezzati da Scheel, Hildebrand e Conrad, a far conoscere in Italia le dottrine del socialismo della cattedra tedesco. L’articolo del Cusumano segnalato dal Toniolo (La Scuola riformista) era uscito il 4 ottobre 1874. Sull’economista siciliano: R. Salvo, Vito Cusumano dal liberismo al socialismo della cattedra, Palermo 1979; C. Cassani, Cusumano, Vito, in DBI, 31 (1985), pp. 526-529; O. Cancila, Palermo, Roma-Bari 1988, pp. 162, 167; L. Spoto, Vito Cusumano e la fondazione della “Scienza delle finanze” in Italia, Palermo 1984; F. Saladino, Vito Cusumano socialista della cattedra, Alcamo 1992. 20 Luigi D’Apel (nell’originale: D’Appel) nacque nel 1838 e morì nel 1913. Studiò all’Università di Padova, dove si iscrisse alla Facoltà politico-legale. Nel 1859 partecipò alla seconda guerra d’indipendenza. Libero docente di economia politica, insegnò a Urbino e ricoprì anche incarichi politici. Fautore del credito popolare, gravitò nell’area luzzattiana e aderì alla Scuola lombardo-veneta (cfr. A. De Gubernatis, Piccolo dizionario dei contemporanei italiani, Roma 1895, sub voce; LMC, I, p. 130; T. Martello, Annuario della R. Università di Bologna 1912-13, Bologna 1913, pp. 351-353). 21 Rudolf von Gneist (1816-1895), allievo del Savigny, fu professore di diritto romano all’Università di Berlino (dal 1844) e insegnò pure diritto pubblico comparato. Fu eletto deputato liberale prima al Parlamento prussiano e poi al Reichstag. Nel 1883 divenne socio straniero dell’Accademia dei Lincei. Tra le sue opere: Der Rechtsstaat (1872); Gesezt und Bugdet (1879); Das englische Parlament (1886).
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.5 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 22
Venezia, 28 aprile [1875], mercordì Illustre Profess[or]e, ieri a mezzodì ebbi l’incarico dal sig. David di far ricerche nelle Prefazioni del Ferrara alla Bibl[ioteca [dell’] Econ[omista]23 di quanto vi fosse detto a favore degli ordini economici d’Inghilterra. Feci oggi le indagini più minute; ma, salvo involontario errore, potrei affermare nulla trovarsi in quelle Introduzioni (intorno a questi argomenti) che sia meritevole di particolare menzione. Nella serie seconda al Vol. VIII, a proposito del Protezionismo24, istituisce un confronto fra le industrie inglesi e quelle di altri Stati, specialmente della Francia: e assevera « che la prevalenza delle industrie inglesi non deve attribuirsi ad alcun sistema protettivo di dogane, bensì ad un complesso di favorevoli circostanze industriali e politiche e alla casuale successione di parecchi ingegni inventori » (pag. XXXVIII); né si indugia minimamente ad accennare alle circostanze politiche, che potessero aver preparato e favorito quello sviluppo industriale. Al Vol. XII, a proposito della libertà dei commerci internazionali, fa splendido elogio (del resto comune) di quella grande epopea che fu La Lega25.
ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 47, lettera originale autografa. Com’è noto, le cinque serie della BDE contengono più di 150 classici della scienza economica internazionale. Fondamentali sono le Prefazioni di Francesco Ferrara, che curò la prima e la seconda serie (cfr. L’economia divulgata. Stili e percorsi italiani, 1840-1922, III: La “Biblioteca dell’economista” e la circolazione internazionale dei manuali, a cura di M. M. Augello – M. E. L. Guidi, Milano 2007). Il Toniolo ebbe modo di avvalersene più volte, e così pure il Luzzatti. 24 BDE, s. II, vol. VIII, dove, a parte gli Articoli elementari di Orace Say, John Ramsay Mac Culloch, Ambroise Clément, Charles Coquelin, Gustave de Molinari, Auguste Vidalin, Achille Leymarie, Maurice Block, Henri Bacques, ecc., i grandi temi del liberismo e del protezionismo sono trattati da Francesco Ferrara, Michel Chevalier, Charles Dunoyer, David Ricardo, Robert Best, Wilhelm Roscher, Pierre Clément, André Cochut, Théodore Fix, Charles Brouckère (de), Charles Lavollée, Charles Vogel. 25 BDE, s. I, vol. XII: scritti di Francesco Ferrara, Frédéric Bastiat, Joseph Garnier e John Stuart Mill. 22 23
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CARTEGGIO
Al Vol. III (sec[onda] serie) parla della maggiore efficacia del lavoro inglese rispetto a quello d’altri paesi, e ciò in ordine all’influenza delle mercedi26. Al Vol. VI (seconda serie), tessendo la Storia dei Banchi, si diffonde sugli ordinamenti del credito nelle Banche di Scozia27 e sulla influenza degli stessi sulla vita economica di quel paese. Forse, ripeto, potrebbe essermi sfuggito alcunché; e forse, raggranellando qua e là pensieri e frasi incidentali, potrebbesi comporre qualche pagina relativa all’argomento suddetto; ma infine niente di più di ciò che si troverebbe in qualunque trattato ordinario di economia politica. Tanto per assolvermi dell’incarico avuto: pregandola di volersi valere di me, nel pochissimo in cui potessi essere utile; e di scusarmi dell’indugio nel soddisfare al suo desiderio, mentre io ne sono affatto innocente. Spero che il Senato vorrà staccare dal progetto di legge sulle Società commerciali tutta la parte riflettente le Soc. Cooperative; riservandosi di disciplinare queste con una legge separata28; e frattanto introducendo qualche speciale modificazione alle norme delle soc[ietà] anonime a favore delle assoc[iazioni] stesse: nel senso e nei modi già accennati negli ottimi articoli dell’Opinione. Mi parrebbe ottimo provvedimento. Con profonda stima. Dev. servo Prof. Toniolo Gius.
26 BDE, s. II, vol. III: La teoria delle mercedi (datata Torino, marzo 1864) è illustrata da Francesco Ferrara, che fornisce pure una bibliografia relativa all’industria manifattrice; seguono contributi di Charles Cocquelin, Andrew Ure, Charles Babbage, Pierre-Joseph Proudhon, Roger Fontenay (de), Adolphe-Jérôme Blanqui, Ambroise Clément, Antoine-Elisabeth-Cleophas Dareste de la Chavanne, Charles Coquelin, Émile Levasseur, Léon Say, John Ramsay Mac Culloch, Léon Faucher, Heinrich von Thünen, Antoine-Elysée Cherbuliez, Charles Coquelin, Théodore Fix, Louis-René Villermé, Armand Audiganne. 27 BDE, s. II, vol. VI: scritti di Francesco Ferrara, Charles Coquelin, David Ricardo, John Ramsay Mac Culloch, James Wilson, William John Lawson, Armand Audiganne, Michel Chevalier, Eugène Forcade, Léon Faucher, Henry Charles Carey, Gustave Du Puynode. In particolare, vengono messe in rilievo le caratteristiche principali di tali banche: libertà di emissione, diffusione di biglietti di piccolo taglio, vasta rete degli sportelli e pratica del cash credit. 28 Allude ai lavori parlamentari che avrebbero portato al Codice di commercio del 1882, il quale sarebbe subentrato a quello del 1865. Il Codice dell’82 stabilì la prevalenza delle norme commerciali su quelle civili e prestò minore attenzione al modello francese, per avvicinarsi a quello tedesco. Il Toniolo e il Luzzatti erano particolarmente interessati alle società cooperative: il primo in linea con gli indirizzi del movimento sociale cattolico, il secondo pensando soprattutto alle banche popolari, entrambi inclini a scorgere nelle varie forme di cooperazione un approccio maggiormente etico rispetto a quello delle imprese tradizionali. In realtà, il dettato normativo dell’82, accomunando le cooperative alle società anonime, non fece altro che garantire a queste entità i vantaggi del riconoscimento giuridico.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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[P. S.] Feci lo scorso venerdì all’Ateneo una Lezione sull’influenza della moralità (privata e pubblica, in tutte le sue manifestazioni) sulla vita economica delle nazioni moderne: intendendo di propugnare come l’incivilimento sia il risultato di tutta intera l’energia spirituale dell’uomo (salvo le influenze del mondo esteriore) contro il Buckle, che l’attribuisce al solo fattore intelligenza e non anche alle dottrine ed alla coscienza morale29. Fu cosa modesta, senza presunzione di esaurire un tema siffatto, ma parve piacesse.
IV.6 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 30 Padova, 5 agosto 1877
Illustre Professore! Seppi positivamente, che oltre il Messedaglia ed il Cossa31, pur caro, il Minghetti fa parte della Commissione per la cattedra di economia politica presso l’Univ[ersità] di Modena. A chi altri meglio che a Lei, egregio Professore, posso io rivolgermi per una raccomandazione a mio favore, autorevole, efficacissima presso l’ill[ustre] Minghetti? 29 È questa una tesi che il Toniolo lascia trasparire anche nella già ricordata « prelezione » patavina del 1873 e che dal 1875 al ’77 ripropone all’Ateneo Veneto, pur senza legarla esplicitamente al nome e all’opera del Buckle: cfr. Atti dell’Ateneo Veneto 12 (1875); 13 (1876); 14 (1877), ad indicem. 30 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 4, lettera originale autografa (edita in PTE, p. 179). Nell’angolo superiore del recto, di mano della Carli: « Toniolo »; « carteggio ». 31 Luigi Cossa (1831-1896), professore di economia politica all’Università di Pavia (dal 1858), aderì alla Scuola lombardo-veneta e fu un estimatore del Toniolo, il quale scrisse di lui: « Scienziato, non fecondo di opere multiformi e geniali, […] ma piuttosto autore di scritti sobri, condensati, talora elementari, era concordemente considerato dai numerosi colleghi e discepoli uno dei massimi restauratori dell’economia sociale in Italia ». Cossa « ammaestrò con l’esempio gli studiosi a non proporre una conclusione senza averla posta al cimento di ogni teoria ed opinione opposta, senza aver percorsa tutta intera la storia bibliografica della rispettiva dottrina, e senza infine averla racchiusa in una formula appropriata, chiara e quasi matematica » (G. Toniolo, Cenni commemorativi: Luigi Cossa, in TRF, pp. 471-474). Per un profilo biografico: R. Faucci, Cossa, Luigi, in DBI, 30 (1984), pp. 94-98; id., Organizzazione e diffusione della cultura economica in Italia. Lettere di L. Cossa e A. Loria a F. Protonotari, in Economia e storia 25 (1978), pp. 93-113. Inoltre cfr. Cossa, Saggi bibliografici di economia politica cit., pp. V-XXIII; Lampertico, Carteggi e diari cit., pp. 626-648.
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CARTEGGIO
Di ciò appunto mi permetto pregarla, approfittando delle Sue ripetute, amplissime, affettuose esibizioni; delle quali, s’imagini Lei, quanto Le sono obbligato! Non soggiungo di più: troppo ben affidato alla Sua benevolenza ed al Suo gran cuore32. Bellavite33 fu in questi giorni incomodato: ebbe anzi una emissione di sangue; ora però sta meglio. Egli la riverisce distintamente. Obbligatissi[mo] Toniolo prof. Giuseppe
IV.7 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 34
Venezia, 19 ag[osto 1877], domenica Illustre Professore! Beppi Toffolati comunicavami il Suo desiderio venerdì, quando io stava per partire per Chioggia per un affare di famiglia.
32 In realtà, contava anche sull’appoggio del Lampertico, che il 23 marzo [1878] gli scriveva: « Ottimo Toniolo, nei giorni che ero a Roma non mancai di parlare con Luzzati [sic] e con Messedaglia di cosa che ci sta a cuore a tutti. A Pisa già sembra che vada Nazzani. Per Modena si è pronunciata la Commissione appunto in quei giorni, e Messedaglia parlava con compiacenza del modo con cui il rapporto, parmi scritto da lui stesso, si esprimeva a suo riguardo. Non so capire come Cusumano abbia concorso anche a Modena, ma infine non sarà che per avere un nuovo titolo di eleggibilità. Sono rimasto della persuasione che il documento della Commissione sia di molto suo onore, che esso è documento (manco male!) di eliggibilità non solo, ma distinto, che volendone approfittare la cattedra di Modena sarebbe sua (a Cusumano hanno dato un punto più, ma già suppongo che egli non si muove), che tutti son disposti a secondare il Suo desiderio, quando Le piaccia passare a Padova. In ciò io Le ho reso cattivo servigio, perché ho contribuito a far sì che a Modena sia molto desiderato » (BAV, Carteggi Toniolo, doc. 80; cfr. Vistalli, Giuseppe Toniolo cit., p. 71). Il decreto ministeriale di nomina del Toniolo a professore straordinario di economia politica nell’Università di Modena reca la data del 28 marzo 1878, quello di nomina a Pisa è datato 13 gennaio 1879. 33 Luigi Bellavite (1821-1885), padre di Paolo Felice, fu professore di diritto romano all’Università di Padova, ma insegnò anche diritto civile. Su di lui cfr. A. Pertile, Commemorazione di Luigi Bellavite, in Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, Commemorazioni dei soci effettivi 1843-2010, I: Da Palazzo Ducale a Palazzo Loredan (1843-1891), a cura di M. Marangoni, con presentazione di M. Pastore Stocchi, Venezia 2011, pp. 571-579; Lampertico, Carteggi e diari cit., pp. 126-127. Toniolo frequentava la sua casa. 34 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 46, lettera originale autografa.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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Reduce di là, prima ancora di ritornare a Padova, faccio tappa a Venezia poche ore per stendere le poche righe in fretta della bibliografia da Lei richiesta pel Montanari. Scusi gli sgorbi, non però indecifrabili ad un compositore esperto. Intesi che Ella non si trova bene di salute: me ne dispiace sinceramente e faccio ogni migliore augurio. Grazie della gentile sua benevolenza per me. Dev. Suo Toniolo
IV.8 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 35
Pieve di Soligo, 17 sett[embre] 1877 Illustre Professore! Le scrivo da Pieve di Soligo, ove sono ospite degli ottimi amici comuni Schiratti. Parliamo spessissimo di Lei e delle istituzioni che da Lei traggono qui ed altrove origine, indirizzo e vita. Trattasi ora della riforma dello Statuto delle Società di Mutuo Soccorso36; e consigliai l’amico Gaetano37 a farsi dare informazioni e modelli dalla Commissione relativa presso la Cassa di Risparmio di Milano38. L’avv. Gaetano stesso ha già pronto lo Statuto per le cucine economiche. Ne discorremmo a lungo; e l’ardita prova forse qui potrà dar risultamenti migliori che altrove. Il buon amico non si cela le difficoltà del progetto; Ibid., doc. 5, lettera originale autografa. Sulla relativa problematica: L. Gheza Fabbri, Solidarismo in Italia fra XIX e XX secolo. Le società di mutuo soccorso e le casse rurali, Torino 1996; L. Trezzi, Società di mutuo soccorso in Lombardia tra Ottocento e Novecento. Alcuni risultati di una ricerca sulle province di Bergamo, Brescia, Como e Milano, in Società italiana degli storici dell’economia, Il lavoro come fattore produttivo e come risorsa nella storia economica italiana, Milano 2002, pp. 653-667. 37 Gaetano Schiratti (1845-1906), cognato del Toniolo, aveva conosciuto il Luzzatti a Padova, quando entrambi frequentavano la Facoltà giuridico-legale. Fu sindaco di Pieve di Soligo, vicepresidente del Consiglio provinciale e presidente del primo Gruppo italiano delle banche popolari sorte in provincia di Treviso, a partire dal 1870 (LOS, pp. 336-337). Nel 1892 venne eletto deputato nel collegio di Conegliano. Fu riconfermato per due legislature (A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, III, Milano-Roma 1940, p. 120). 38 Finanza e sviluppo economico-sociale. La Cassa di risparmio delle Provincie lombarde, III: Leggi e statuti, a cura di A. Cova, Roma-Bari 1991, pp. 27-171. 35 36
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CARTEGGIO
ma, giovandosi di perfetta conoscenza delle persone e dei bisogni del luogo, sa destreggiare abilmente. Ma il disegno attende approvazione da Lei; e l’avv. Gaetano è impaziente di rivederla qui per trattare anche di tale argomento. Lo scopo precipuo di questa mia lettera [è] di pregarla di un favore presso l’amico medesimo Gaetano Schiratti. Qui alla Banca di Pieve pare vi sia un posticino di applicato cui è annesso lo stipendio di 700 lire. Io ho un cugino di 20 anni, che io crederei adatto all’ufficio e che in ogni caso mi impegnerei io stesso a mie spese di fargli fare il tirocinio a Pieve, a Padova, dovunque si desiderasse. È un giovanotto volonteroso, nelle più gravi ristrette economiche e senza padre, il quale morendo lasciava sei figli senza provvedimento, dei quali il cugino ventenne è il maggiore di età. Non può credere come l’animo mio è angustiato per quella povera famiglia. Gaetano ha una deferenza senza limiti verso di Lei. Per cui, avendo pur io amicizia intima fin dall’adolescenza con lui e con i suoi, e quindi facile accesso all’animo Suo, sia certo che una Sua lettera, egregio Professore, riuscirà ad ottenere ciò che la stessa mia amicizia (fra tante minute convenienze personali che l’accerchiano e lo fanno titubante) non potrebbe ripromettersi. Scusi, scusi e mille grazie. Suo Toniolo
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.9 L uigi L uzzatti
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G iuseppe T oniolo 39 [Padova, tra il 4 e l’8 gennaio1879]40
Caro Toniolo, certo ho influito io a tempo e in modo decisivo41, ma tu ne sei degno. La statistica no; ma avrai 1’incarico della scienza della finanza. E sai già che hai 3500 [lire], cioè il massimo stipendio. E fra tre anni il resto! Sta’ di buon animo; io vigilo e salutami la tua signora. Va’ presto a Pisa, il tuo Luigi
IV.10 L uigi L uzzatti
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G iuseppe T oniolo 42 Padova, 9 gennaio 1879, hr. 9.5
Pregoti assolutamente accettare Pisa. Consigliati meco se avessi pessima idea rifiutare. Luigi
BAV, Carteggi Toniolo, doc. 115, lettera originale autografa (edita in PTE, p. 180). Il terminus a quo è il 4 gennaio 1879, perché in tale data, dopo la rinuncia di Emilio Nazzani, primo eleggibile, il Toniolo venne interpellato dal Ministero della pubblica istruzione sulla sua disponibilità in merito a un eventuale trasferimento da Modena a Pisa; il terminus ad quem potrebbe essere l’8 dello stesso mese (cfr. lettera del 9 gennaio 1879). Il decreto di nomina per Pisa reca, come già precisato (cfr. supra, nt. 32) la data del 13 gennaio 1879. La presa di servizio è del 1° febbraio 1879. 41 Ovviamente, sull’esito del concorso per la cattedra universitaria di economia politica a Modena. 42 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 79, telegramma. 39 40
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CARTEGGIO
IV.11 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 43
Pieve di Soligo, 29 sett[embre 1885] Illustre Professore! Le sono grato di ricordarsi di me. Me ne fu prova anco l’invio gentilissimo del Suo splendido discorso per la chiusura dell’anno accadem[ico] dell’Istituto Veneto44. Ella ben sa quali affermazioni di quel discorso io non posso accettare, in vista di que’ principii religiosi, che, grazie a Dio, l’età crescente non infirma ma rassoda in me. Ma ciò non toglie che io continui ad essere e a professarmi ammiratore caldissimo del suo ingegno superiore e della sua instancabile irrequietezza del bene. Né ciò solo; ma anco grato io mi protesto ognora, e per que’ fecondissimi indirizzi scientifici che ricevetti dal suo insegnamento, e per l’onore che Ella riflette sul nostro paese coll’informare e propugnare tutta la politica economica del medesimo. Di ciò Le faccio franca e riconoscente protesta: che spero accoglierà con animo benevolo. Le auguro novelle soddisfazioni nell’arduo arringo della Conferenza monetaria intenaz[ionale]45. ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 51, biglietto autografo. L. Luzzatti, Un precursore della libertà di coscienza dimenticato, in Atti del R. Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti 3 (1884-85), pp. 2165-2190, ristampato in LDL, pp. 86-100. Il saggio è datato 15 agosto 1885. Riferendosi al Themistius, Luzzatti ne sintetizza il pensiero in dieci punti: 1) « gli animi non si possono costringere »: si riesce a far violenza al corpo, non allo spirito, che è « inviolabile e libero »; 2) la violenza e la costrizione sono il presupposto dell’ipocrisia, in quanto strappano un assenso prodotto dal timore, e ciò « genera la finzione »; 3) la tolleranza non riduce, ma rafforza l’autorità del principe; 4) essa « toglie i dissapori e cancella le discordie civili »; 5) « la legge civile governa ortodossi ed eterodossi, rendendo possibile la tranquillità della vita sociale e la unità della patria in mezzo al fervore della fede e alla varietà delle credenze »; 6) la tolleranza è « voluta e sancita » dalla « legge sempiterna » di Dio; 7) l’esempio di come si debba praticare la tolleranza viene da Dio stesso, che « parla a tutte le anime, ha in tutte inserita la propria immagine », senza prescrivere « il modo d’essere adorato »; 8) l’imposizione di un solo culto vanifica « l’ardore che nasce dalla gara e la riprova che si ottiene dal paragone »; Dio « non vuole che tutti consentano nella medesima religione. La natura ama occultarsi, e così l’autore di essa »; 10) « Iddio stesso si diletta della varietà dei culti » (LDL, pp. 96-97). Sono evidenti le affermazioni che il Toniolo non può sottoscrivere. 45 Si tratta della conferenza monetaria internazionale di Parigi del 1885, la quale, dopo l’abolizione del corso fozoso in Italia (1881) e il conseguente ripristino della convertibilità metallica alla pari nominale (1883), di fronte all’accentuarsi del deprezzamento dell’argento e al « vero colpo di stato bancario » compiuto dal Magliani (regi decreti 12 agosto 1883, nr. 1592, e 30 novembre 1884, nr. 2857, in materia di emissione e di riserve), doveva negoziare il rinnovo o meno dell’adesione alla Lega latina, decisione particolarmente difficile a causa 43 44
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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I complimenti della famiglia Schiratti anche per la sig.ra Amelia. Dev. Prof. G. Toniolo
IV.12 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 46 Pieve di Soligo, 12 luglio [1886]
Ill[ustre] Professore! Avrei desiderato di scriverle prima d’ora le mie condoglianze47. Ma, chiamato per telegrafo mercordì da Pisa, passai angustiato questi giorni presso il letto di mia suocera, fino a questa mattina, in cui la benedetta fra i suoi cari lagrimanti spirava santamente. E non sono tre mesi che perdei la mamma Mia dilettissima; disparendo così tutta intera la corona dei nostri vecchi, che erano a noi consolazione ed orgoglio. Queste circostanze spero attribuiscano presso di Lei il dovuto valore alle presenti mie espressioni. Creda, ill[ustrissi]mo Professore, che come seguo (in onta al mio silenzio epistolare) con viva compiacenza di discepolo i trionfi che Ella riporta nella palestra parlamentare48, così io mi trovo unito a Lei collo spirito nell’intimità dei Suoi domestici lutti. Le auguro conforto da quel Dio, che è luce e requie a chiunque lo cerca con umile sincerità di cuore. Così la mia lettera è di annunzio e di condoglianza ad un tempo; sempre poi di attestazione della mia reverenza costante. sia del problema della liquidazione degli scudi d’argento, sia dell’atteggiamento preclusivo del Belgio e, per altre ragioni, della Francia. Luzzatti era a capo della delegazione italiana. Il compromesso che allora si raggiunse salvaguardò l’identità formale e funzionale dei sistemi monetari vigenti nell’Unione, ma pose fine al « bimetallismo zoppo ». Infatti, la clausola di liquidazione degli scudi d’argento a pieno titolo, che il patto sanzionava, fece venir meno il principio della parità tra oro e argento, spezzando il cardine su cui poggiava il sistema del doppio tipo. Cfr. supra III.12. 46 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 6, lettera originale autografa su carta listata a lutto. Nell’angolo superiore del recto, di mano della Carli: « Copiata p[er] il Comitato Gius[eppe] Toniolo ». 47 Per la morte di Marco Luzzatti, padre di Luigi, deceduto a Roma il 2 luglio 1886. 48 Ad esempio, Luzzatti, Discorsi parlamentari cit., pp. 269-275 (Sul progetto di legge recante disposizioni in materia di lavoro dei fanciulli, 8 febbraio 1886).
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CARTEGGIO
Dev.mo prof. G. Toniolo
IV.13 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 49 Pisa, 14 marzo 1894
Ill[ustre] Prof[essore] e Comm[endato]re, È qua mio cognato, dep[utato] Schiratti, il quale mi dice che Ella ha il pensiero gentile di discorrere a Venezia pubblicamente del Movimento sociale cattolico in Italia. Io Le sono gratissimo, perché sono certo che Ella ne parlerà con quell’altezza e nobiltà di pensiero che sempre la distinguono. Non creda però che io mi atteggi ad artificiosa o convenzionale umiltà, se la prego di parlare poco o punto di me, che del resto tengo un posto tutt’altro che cospicuo in tale movimento. L’idea che sta in cima ai voti dei Cattolici camminerà tanto meglio quanto più la propaganda da parte dei propugnatori e degli amici sarà impersonale. Del resto permetta che mi condolga colla sorte che la colpì; mentre in Lei io sono stato sempre uso ad ammirare l’ingegno non meno che l’onestà dell’animo e delle opere. La perdita è doppia. Devotissimo Prof. G. Toniolo
49
ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 7, lettera originale autografa.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.14 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 50 Pisa, 17 marzo 1894
Ill[ustre] Professore! Precisamente la mia coscienza non mel consente; e per questioni di principio, indipendentemente affatto dalla persona, e men che mai per la stessa ragione potrà prestarsi taluno ill[ustr]e amico alto locato di costì. Ma io frattanto mi feci dovere di informarla dei gentili Suoi propositi, a confronto del nostro movimento sociale. Coi sensi di inalterato ossequio. Dev. Prof. G. Toniolo
IV.15 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 51 Lari (di Pisa),17 agosto 1894
Ill[ustre] Professore! Grazie dell’onore di occuparsi degli studi nostri. Al programma di Milano aderirono molte società cattoliche; e riprodotto e commentato da parecchi giornali cattolici, può dirsi sia stato accettato come espressione del pensiero cattolico italiano. Era forse men dilicato presentarlo al Papa, per una esplicita approvazione, quasi noi professassimo di essere gli interpreti autentici del Suo pensiero. Ma fu letto pubblicamente nel Congresso Generale Cattolico di Febbraio in Roma, ed ivi solennemente lodato dal Card. Vicario52.
Ibid., doc. 8, lettera originale autografa. Ibid., doc. 9, lettera originale autografa (già edita in PTE, pp. 187-188). 52 Lucido Maria Parocchi (1833-1903), vescovo di Pavia nel 1871, arcivescovo di Bologna nel 1877, fu creato cardinale sempre nel ’77. Dal 1884 al ’99 fu vicario della città di Roma. Nel discorso di chiusura del citato congresso, dopo aver esortato i cattolici a considerare la Rerum novarum la loro « Magna Charta », disse: « Prendiamo ad esempio il Memorandum 50 51
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CARTEGGIO
Né all’estero lo si apprezzò diversamente. Il Vescovo di Liegi Doutreloux, in una Monografia recentissima: L’Encyclique Rerum Novarum et l’action sociale catholique, Liège (Jacques Godenne), lo confronta con altri Programmi di diverse regioni e lo considera come il più autorevole53. Ma la Propaganda fra noi è purtroppo lenta, come tutto in Italia, anco fra i Cattolici non abbastanza educati all’azione sociale militante. Però parecchi Circoli catt[olici] tennero sovr’esso Conferenze; e la Società antisocialista di Torino ne dettò un commento del resto popolare ed elementare e lo diffuse. (Glielo faccio spedire da Torino). L’analisi finalmente delle singole proposte concrete va facendosi nei Congressi generali cattolici, in ispecie i contratti agrari e le Unioni professioniali si tratteranno a fondo nel prossimo Congresso di Pavia (9-13 sett.). Io le faccio spedire i due Volumi del primo Congr[esso] scientifico italiano (1892, Genova)54, dove nel Primo Volume troverà alquanto più analiticamente esplicato il Programma dottrinale e pratico dell’Unione per gli Studi Sociali55, promotrice del Congresso stesso ed autrice dell’altro programmino di fronte al Socialismo. Del resto non è la prima volta che io sento e protesto la compiacenza di condividere con Lei tanta parte di sublimi e non fallaci ideali. Ma pur tenendo fermo che alla perpetua fruizione del Bene lassù sieno ammessi soltanto coloro che quaggiù hanno piegato il loro intelletto alla pienezza del Vero, mi conforto pure nella grande, infallibile amorosa promessa, che a chiunque la Verità sarà concessa; poiché la bontà di Dio mai non rifiuta ognuno che a Lei si volve! Con profondo ossequio. Devotiss[imo] Prof. G. Toniolo
dell’Unione cattolica sociale compilato e pubblicato a Milano il 2 e 3 gennaio » (Gambasin, Il movimento sociale cit., pp. 431-432). Su di lui cfr. M. de Camillis, Parocchi, Lucido Maria, in Enciclopedia cattolica, IX, Città del Vaticano 1952, col. 853; Vian, Giuseppe Toniolo e la Società cattolica cit, pp. 594-595 nt. 99. 53 Testualmente: « Il est permis de considérer le programme des catholiques d’Italie comme un modèle proposé à l’imitation des catholiques de tous les pays, et l’on peut hardiment affirmer que tout programme qui ne diffère pas substantiellement de celui-là, peut-être considéré conforme aux enseignements du Saint Père » (V. Doutreloux, L’Encyclique “Rerum Novarum” et l’action sociale catholique, Liège 1894, p. 10). 54 Atti del primo congresso cattolico italiano degli studiosi di scienze sociali tenuto in Genova nei giorni 8, 9, 10, 11, 12 ottobre 1892, I-II, Padova 1893. Cfr. Gambasin, Il movimento sociale cit., pp. 374-414. 55 Denominazione completa: Unione cattolica per gli studi sociali in Italia.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.16 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 56 Pisa, 26 ottobre 1894
Ill[ustre] Professore, Grazie delle sue incoraggianti espressioni. Anche il Prof[essor] Rezzara57 di Bergamo, nelle conversazioni private con Lei, riconosceva con gratitudine la sua equanimità nel giudicare il movimento cattolico, nel quale, io glielo assicuro, noi non cerchiamo noi stessi, ma il trionfo di una causa che trascende ogni umano intendimento. Ho scritto al Bianchi perché Le invii il volumetto58. È uno dei miei più cari allievi, ora avvocato a Volterra e docente di Ec[onomia] pol[itica]. Le spedisco il Fasc[icolo] di Ott[obre]59, ove è un cenno sopra le Unioni o Rappresentanze professionali60. Con ogni affettuosa e rispettosa osservanza. Devotiss[imo]. Prof. G. T.
56 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 10, cartolina postale originale autografa (edita in PTE, p. 189). 57 Nicolò Rezzara (1848-1915) fu segretario generale dell’Opera dei congressi ed esponente di spicco del movimento economico-sociale cattolico. Dotato di eccezionali capacità organizzative, seppe essere « interprete intuitivo, pronto, efficace delle nuove esigenze che sorgevano dalla crisi del vecchio mondo artigianale e dei tradizionali rapporti città-campagna ». Comprese subito la portata della rivoluzione industriale e dei suoi effetti, come pure che cosa significasse il passaggio dalla vecchia economia rurale alla nuova economia del capitale e del profitto (De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia cit., p. 440). Cfr. P. Gios, Nicolò Rezzara e il movimento cattolico in Italia, prefazione di S. Fontana, Roma 1990 (Storia del movimento cattolico, 45), pp. 61-448. 58 G. Bianchi, La proprietà fondiaria e le classi rurali nel medio evo e nell’età moderna: studio economico-sociale, Pisa 1891. 59 Della Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie. 60 Tema sul quale il Toniolo intervenne ripetutamente: TDI, II, pp. 47-268.
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CARTEGGIO
IV.17 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 61 Pisa, 24 marzo 1895
Ill[ustre] Professore, Finalmente venne stampato nella Rivista Internazionale il cenno bibliografico sopra la Sua prolusione62: cercai riuscisse alquanto diffuso e soprattutto esatto. Ritengo lo avrà letto. Le compiego due giornali dove sono ricordate due mie conferenze. Devot[issimo] Prof. G. Toniolo
IV.18 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 63 Pisa, 4 nov[embre 1895]
Ill[ustre] Professore, Grazie della Sua risposta gentile. Non interpreti sinistramente. Nell’autunno fui distratto in molte altre cose. Ma quanto prima godrò di dettare una breve ma coscienziosa recensione sulla sua Prolusione di Statistica64. 61 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 11, cartolina postale originale. Solo la firma è autografa (cfr. PTE, p. 190). 62 G. Toniolo, Rec. a: L. Luzzatti, Le odierne controversie economiche nelle loro attinenze colla protezione e col socialismo, Roma 1894, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 7 (1895), pp. 499-509. 63 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 12, cartolina postale originale autografa. L’anno è desunto dal timbro postale. 64 G. Toniolo, Rec. a: L. Luzzatti, Saggio sulle dottrine dei precursori religiosi e filosofici dell’odierno fatalismo statistico, Perugia 1895, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 10 (1896), pp. 497-502 (cfr. LDL, pp. 219-233). Le lezioni sono inedite. Di esse non possediamo l’autografo del Luzzatti, ma solo una parte degli appunti raccolti da Adelchi Gazzurelli. Il manoscritto (ALV, b. 67-bis, vecchia segnatura) si compone di ff. 43 (ciascuno dei quali di mm. 310 x 210), racchiusi in una camicia di carta quadrettata (mm. 320 x 220), sulla quale compare il seguente titolo: Lezioni e conferenze del professore Luzzatti all’Università di Perugia; nel quarto inferiore di sinistra si legge la data: Perugia, 28 marzo
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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Mi creda con profondo ossequio, devot[issimo] Toniolo
IV.19 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 65 Roma, 31 marzo 1898
Egregio Professore, Il desiderio dell’Avv. Lavagna66, che ella tanto vivamente mi ha raccomandato, non può essere esaudito, perché l’ufficio cui aspira il di lei amico non presenta vacanze di sorta. Mi spiace davvero di non aver avuto occasione di farle cosa gradita. Amichevoli saluti L. Luzzatti
[P. S.] Saluti affettuosi, dolente di non aver l’occasione di assecondarla. L L.
1895. Sul frontespizio, in inchiostro rosso: Libera Università di Perugia. Corso d’economia politica, statistica e istituzioni sociali in favore delle classi lavoratrici, svolto dal professore onorevole Luigi Luzzatti. Appunti del dottor Adelchi Gazzurelli, anno accademico 1894-95. Ciascun foglio è diviso in due colonne, delle quali la sinistra è usata per gli appunti, mentre la destra è bianca. Correzioni di mano del Luzzatti si trovano nei ff. 8v, 15r, 19r, 20r, 26r, 28v, 29v. Gli appunti si fermano al 4 febbraio 1895. 65 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 2332, lettera di mano di un anonimo funzionario ministeriale, su carta intestata: « Il Ministro del Tesoro », con stemma reale; indirizzata al « Chiar.mo Signor Prof. G. Toniolo. Università di Pisa ». La firma e il P. S. sono del Luzzatti. 66 Si tratta forse dell’avvocato cassazionista di Torino che, in difesa delle casse rurali cattoliche, pubblicò un articolo intitolato Come si violano legge e buon senso, « Cooperazione popolare [di Parma] », 1898, nr. 13.
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CARTEGGIO
IV.20 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 67 Pisa, 27 giugno 1900
Ill[ustre] Prof. L. Luzzatti, Grazie di nuovo di ciò che fece e scrisse, rammentandosi di me; e in ispecie della profferta di prestarsi presso il Governo per questa Società internaz[ionale]. Ne approfitto con gratitudine e tanto più dacché il Sen. Lampertico, cui mi era rivolto da tempo interessandolo della cosa, mi rispose ora di prestarsi bensì per la presentazione di una mia istanza al Governo, ma a condizione di aver un compagno; che, essendo egli in sull’atto di partire, avvalori e prosegua fino a maturità la pratica, che potrà appena iniziare. Io conto dunque (ed oso pregarnela) di mettersi d’accordo coll’ill[ustre] Lampertico; e tanto più che in tale iniziativa l’uno potrà rappresentare in qualche modo il Senato, l’altro la Cam[era] dei Deputati. [1] Le compiego copia della lettera al Ministro, che indirizzai al Sen. Fedele. A qual Ministro? Veggano essi. Io lascio la soprascritta in bianco. [2] Io sono disposto di mandarle l’elenco degli aderenti. Ma attenderei due o tre giorni, in cui aspetto altre adesioni cospicue. [3] La cosa grave sarà il contributo del Governo. Lo Scherrer68 mi scrive che i vari Stati si impegnarono per una offerta annua che oscilla fra 3-8 mila lire. Ma 8000 le votò la Svizzera, nell’intento di avere la Sede Sociale, che già fu deliberata in Basilea. La prima convocazione del Comitato internazionale sarà probabilmente in settembre. Non è il caso dunque di tardare. Io crederei che per ora basterebbe che il Governo desse una risposta di massima. Io Le sarò di tutto gratissimo. Devotissimo G. Toniolo
67 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 13, lettera originale autografa su carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ». 68 Heinrich Scherrer, socialista, presidente del Comitato internazionale ordinatore dell’« Association internationale pour la protection légale des travailleurs », aveva sollecitato due volte il Toniolo per lettera: « una volta per sé, un’altra per mezzo del vescovo [Augustin] Egger, di S. Gallo, a farne parola in Vaticano. E [Toniolo aveva riferito] colassù », ma gli era stato risposto che si sarebbe deciso « a cose più mature » (TLL, II, p. 279, lettera del Toniolo a Edoardo Soderini, 23 settembre 1901).
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.21 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 69 [Roma], 28 marzo [1901]
Caro Toniolo Farò tutto ciò ch’Ella desidera appena io sia fuori dalle cure parlamentari di questi giorni, sperando che i suoi giusti desideri trovino appagamento. Saluti pieni d’affetto memore, L. Luzzatti
IV.22 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 70 Pisa, 11 giugno 1901
Illustre Professore, Il Prof. Gabba71 mi dice, o piuttosto mi fa dire, che io fui posto in terna72 quale Socio ai Lincei e che il proponente fu il Luzzatti. Della prima cosa faccio le meraviglie; le maggiori che mi accadesse di fare in vita mia; e comunque l’esito naturalmente e necessariamente dovesse essere per me nullo, tuttavia rimarrà sempre per me sorprendente, che là entro potesse essere pronunciato il mio nome! Ma che della proposta fosse autore il Luzzatti e non altri, questo non mi sorprende punto; perché so da ben lungo tempo che Ella è un’anima nobile e generosa; e lunghe esperienze della vita ed anche certe abituali malignità dei tempi, non hanno in me scosso questa convinzione, che mi BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3790, lettera originale autografa. ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 14, lettera originale autografa (cfr. PTE, pp. 191-192). 71 Carlo Francesco Gabba (1835-1920), professore di filosofia del diritto all’Università di Pisa (dal 1862), poi di diritto civile (1887-1915), divenne socio nazionale dell’Accademia dei Lincei nel 1890 e senatore nel 1900. 72 Insieme con Maffeo Pantaleoni e Salvatore Cognetti de Martiis. 69 70
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CARTEGGIO
torna confortevole e dolcissima. L’episodio sia dunque chiuso, con questa dichiarazione della mia riconoscenza. Seguii ed ammirai il Suo discorso a Firenze per il rinnovamento dei trattati di commercio73. Ed ora sono impaziente di leggere integralmente quanto Ella disse del Messedaglia ai Lincei74. Il Gabba, giudice inesorabile, afferma che Ella parlò magistralmente! Presto spero di dichiarare costituita la Sezione italiana per l’Associazione internazionale a tutela dell’operaio. Si potrà ottenere dal Governo il riconoscimento e un sussidio, come già i Governi di Germania, Belgio, Francia, Svizzera? Con protesta della mia stima e riconoscenza. Devotiss. Prof. G. Toniolo
IV.23 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 75 [Roma], 15 giugno [1901]
Caro Toniolo, È tutto vero. Ella sa per quali fili invisibili della divina Provvidenza noi ci accomuniamo. E perché non potrebbe appartenere ai Lincei come appartiene all’Università? Mi aiuterebbe a difendervi lo spiritualismo contro il materialismo! Le mando il mio discorso di Firenze; quello su Messedaglia esce nella N[uova] antologia subito, domani76. Lo legga e me ne scriva. 73 Per inquadrare storicamente il problema: B. Stringher, Gli scambii con l’estero e la politica commerciale italiana dal 1860 al 1910, in Cinquanta anni di storia italiana. Pubblicazione fatta sotto gli auspici del governo, a cura della R. Accademia dei Lincei, III, Milano 1911, pp. 1-183, specialmente pp. 53-92 (i saggi che compongono il volume miscellaneo non hanno paginazione progressiva, ma propria); L. De Feo, I trattati di lavoro e la protezione dei nostri lavoranti all’estero, prefazione di L. Luzzatti, Milano 1916. 74 Commemorazione del senatore prof. Angelo Messedaglia letta dal socio Luigi Luzzatti nella seduta solenne della R. Accademia dei Lincei del 2 giugno 1901, Roma 1901, pp. 547-555. 75 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3805, lettera autografa su carta intestata « Camera dei Deputati », con stemma regio (edita in PTE, p. 193, e in Spicciani, Per un diritto italiano del lavoro cit., p. 94). 76 L. Luzzatti, La vita di un grande pensatore italiano: Angelo Messedaglia, in Nuova antologia » 93 (1901), pp. 665-675.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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Sulla sezione italiana mi scriva chiaro ciò che vuole da me e dal Governo e si farà subito. Io proposi alla Camera plaudente i trattati di lavoro, quale complemento di quelli di commercio77. Le manderò il discorso. Mi continui la sua amicizia e mi saluti l’illustre Gabba. L. Luzzatti
[P. S.] Ha visto la mia polemica sull’Avanti78 a proposito delle leggi sul lavoro in Inghilterra, su Dio? L’Osservatore romano nota che è un Dio che non conta, perché è il Dio di Lord Shaftesbury79, un protestante, predicato da 77 Atti parlamentari, Camera dei deputati, Legislatura XXI, 1a sessione, Discussioni, pp. 4998-5007, discorso dell’11 giugno 1901, nel quale aveva illustrato la necessità di regolare con accordi internazionali, non solo i trattati di commercio, ma pure quelli di lavoro e, in particolare, tutto ciò « che costitui[va] le condizioni e le guarentigie essenziali » del lavoro stesso. Questa l’argomentazione di fondo: « Imperocché oggidì è cessata quella teorica positiva e materialista che dava soltanto alla merce la esclusiva prevalenza, e non all’anima e al lavoro dell’uomo che la produce; oggidì è cessata questa teorica materialista per cui il fabbricante assicurava il suo opificio dall’incendio e non assicurava la vita e la salute dei suoi operai dagli infortuni del lavoro e della vecchiaia. Ogni lavoro umano, nella sua fonte primigenia che lo inspira, nella inviolabilità della persona morale e della persona fisica del lavoratore, è divenuto il fatto principale dell’economia sociale, il dominatore nel poema della produzione. Quindi accanto al trattato di commercio bisogna mettere il trattato di lavoro, se non si vuole che si dica della nostra società che noi curiamo la merce e non curiamo l’anima immortale degli uomini che la creano » (ibid., p. 5000). 78 L. Luzzatti, L’amore di Dio, in L’Avanti, 10 giugno 1901. Rivendicando il fondamento religioso della propria azione sociale, Luzzatti polemizzava con un articolo pubblicato il giorno precedente dal Bissolati, allora direttore della testata socialista. Con Bissolati aveva già discusso nel 1892 a Cremona per dimostrare che « tutte le leggi principali a favore delle classi lavoratrici erano uscite in Inghilterra […] ed avevano pigliato forma concreta prima delle riforme elettorali del 1867 e 1884, le quali davano agevolezza all’elemento popolare operaio di partecipare in modo cospicuo alla politica sovranità ». Di diverso avviso era il Bissolati, che attribuiva il merito di quelle leggi « alla più recente organizzazione del socialismo ». Toniolo condivideva la tesi del Luzzatti, soprattutto in considerazione del fatto che presupponeva una concezione dello Stato come rappresentante non solo di una classe, ma di « tutta la nazione; donde derivò che esso [Stato] « seppe insinuare ed imporre “il sentimento di una giustizia umana e pietosa, dominante sopra le classi” ». Non condivideva però il giudizio positivo del Luzzatti sulla Riforma protestante, e neppure quello, ugualmente positivo, sulla « gloriosa rivoluzione » del 1688, mentre valorizzava le mai del tutto dimenticate tradizioni cattoliche, come dimostrava l’emancipazione dell’Irlanda rivendicata e perseguita da Daniel O’ Connel. Il che non poteva non essere apprezzato da « un’anima naturalmente cristiana » come quella del Luzzatti, e ciò « in onta alla fede positiva che profondamente » divideva l’« allievo » trevigiano dal « maestro » padovano (G. Toniolo, Recensione al libro di L. Luzzatti “Le classi dirigenti e gli operai in Inghilterra a proposito della lotta di classe”, in TDI, I, pp. 84-90). 79 Anthony Ashley-Cooper (1801-1885), settimo conte di Shaftesbury, si batté per la riduzione della giornata lavorativa operaia a un massimo di dieci ore e per vietare il lavoro delle donne e dei bambini nelle miniere di carbone. Fu uno dei primi sostenitori del sioni-
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CARTEGGIO
me? Dio non mi pare diverso80! Oh! Se i religiosi talvolta fossero meno … irreligiosi!
IV.24 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 81
Chiavenna per Madesimo, 13 luglio [1901] Lampertico e io, prima di partire, consegnammo una lettera nostra al Magaldi (capo della previdenza all’agricoltura)82 pel Ministro con vivissimo impegno anche prima della sua giusta eccitazione; riscrissi e riscrivo ora. Che vuole? I tempi sono fatti così. Mi voglia bene e non dubiti mai del mio zelo. Se saprò qualcosa, le telegraferò83. Il suo L. Luzzatti
smo cristiano in Gran Bretagna e del ristabilimento degli ebrei in Palestina (cfr. J. Wolffe, Cooper, Anthony Ashley, in Oxford Dictionary of National Biography, Oxford University Press 2004, ad indicem). 80 Doppia sottolineatura nell’originale. 81 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3821, cartolina postale originale, autografa. 82 Gran commis dello Stato, nel 1880 Vincenzo Magaldi era vicesegretario della Direzione di statistica. Nel 1910 fu nominato direttore generale del credito, della previdenza, della cooperazione, delle assicurazioni sociali; nel 1912 fu promosso vicepresidente dell’Ina e presidente dell’Istituto case popolari. Dal 1894 al 1914 partecipò al lavori del Consiglio di previdenza. Fu apprezzato dal Toniolo (cfr. D. Marucco, Lavoro e previdenza dall’unità al fascismo. Il Consiglio della previdenza dal 1869 al 1923, Milano 1984, p. 52). 83 Gli trasmise invece la seguente lettera del 19 luglio 1901, inviatagli dal sottosegretario del Maic, Alfredo Baccelli: « Illustre Professore, ho indugiato alquanto a rispondere alla lettera che Lei e l’on. Lampertico mi fecero tenere per mezzo del Comm. Magaldi, perché sulle prime non scorsi con chiarezza a chi quella lettera fosse indirizzata. Chiarito l’equivoco, mi affrettai a parlare della cosa a S. E. il Presidente del Consiglio dei Ministri, il quale ha scritto al sen. Lampertico, accettando in massima la proposta della partecipazione del Governo Italiano alla “Association internationale pour la protection légale des travailleurs”, e riservandosi di stabilire se e quanto il Governo dovrà versare all’Associazione predetta, non potendo ora, per ragioni di bilancio, prelevare una somma adeguata allo scopo. Porga le mie scuse e i miei ossequi al Senatore Lampertico e mi creda con molta considerazione, suo Alfredo Baccelli ». Nel quarto superiore (a sinistra), di mano del Luzzatti, si legge: « Professore Toniolo, professore di economia politica all’Università di Pisa. Caro Toniolo, eccole la risposta; parmi bene avviata. Scrivo però perché si affidi a lei. Ma con tal gente! Il tutto suo, L. Luzzatti » (BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3869).
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.25 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 84 Pisa, 26 luglio 1901
Ill[ustre] Comm[endatore] e Professore! Ricevetti la comunicazione del Ministero. Sono contento e La ringrazio vivamente. Dell’assegno finanziario, in onta al « se e quando » della lettera ministeriale, non dubito. Scrivo così pure una parola di accettazione e di grazie al Ministero. E del pari ne do comunicazione all’Avv. Scherrer (St. Gallo), Presidente della Commissione Internazionale promotrice. Il quale ora appunto mi scrisse che era riconoscente della prestazione dell’on. Luzzatti e del Senatore Lampertico a quest’uopo. E aggiunge: « Il va sans dire que les questions du travail agricole et d’émigration ouvrière, si importantes pour l’Italie, seront étudiées à fond par l’Office du travail. Ce demier désire aussi recevoir le texte de la proposition de M. Luzzatti, concernant l’emploi des traités de commerce comme moyens de politique sociale ». La lettera dello Scherrer è datata da Bâle, ma egli abita a St. Gall. L’assemblea per la costituzione definitiva della Soc[iété] Internationale è fissata per il 27 sett[embre] 1901 a Basilea. Con nuove grazie. Dev. Prof. G. Toniolo
IV.26 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 85 Barga (Lucca), 2 agosto 1901 In Villa
Illustre Professore! I trattati di lavoro, come complemento dei trattati di commercio, mi parve idea feconda, fin da quando ne fece cenno a Parigi. Lo Scherrer da ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 15, lettera originale autografa. Ibid., doc. 16, lettera originale autografa. Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ». 84 85
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CARTEGGIO
Basilea mi scrisse, dimostrando di averne ben compreso l’importanza. Ed io gli risposi già. Come già scrissi al Lampertico86, informandolo di quanto si fece e dandogli dei criteri direttivi sul da farsi; ed egli mi rispose di aver comunicato i1 contenuto della mia lettera allo Zanardelli e di esser lieto che, per mezzo di Lei specialmente, le cose si avviino bene. Preparai (ed è sotto stampa) una Circolare ai soci, perché (per lettera chiusa) eleggano la Presidenza della sezione italiana e sei membri destinati a far parte del Comitato intemazionale di Basilea (adunanza del 27 settembre)87. Alla sua volta il Governo deve nominare un delegato proprio a rappresentarlo88. La scelta della persona è cosa decisiva. Ma io non ho certamente né entratura, né influenza sul Zanardelli. Ne scrissi a Stringher. Intanto di ogni cosa La ringrazio. All’uopo mi informi dell’indirizzo suo epistolare. Con perfetta osservanza. Devotiss. Prof. G. Toniolo
[P. S.] Un giovane, G. Hineek, laureato a questa Scuola Agraria Superiore di Pisa, veneto di origine, ora assistente alla Cattedra ambulante di Trevi86 Il 27 luglio 1901 il Toniolo aveva scritto al Lampertico in questi termini: « L’azione che intende esplicare il sodalizio, nelle sue modalità concrete, dipenderà appunto dalle deliberazioni del comitato internazionale coi rispettivi delegati dei governi nelle periodiche loro convocazioni; nonché dai criteri che adotterà il futuro presidente della Sezione italiana. Ma in massima, tenuto fermo che la società si propone: di tener desta l’opinione pubblica e lo zelo dei governi intorno alla convenienza di una legislazione sociale tutrice dell’operaio, in modo il più possibile concorde nei criteri direttivi, e accomodato all’esigenza dell’odierno momento di conflitti di classe; la Sezione italiana potrà adempiere a questo compito di efficace propaganda: colle convocazioni e discussioni dei membri in adunanze per la analisi dei relativi problemi, o per lo esame o proposta di schemi di legge; colla diffusione della stampa, specialmente adibita a questi studi; con comizi e congressi analoghi interni; col sollecitare presso le autorità locali la fondazione di uffici del lavoro, sia per opportune inchieste statistiche sulle condizioni degli operai e delle fabbriche, sia per la migliore soluzione dei conflitti con arbitrati, ecc. nelle singole località; e infine coll’allargare l’ambito di questi studi e sperimenti comparati, prendendo parte ai congressi analoghi internazionali e soprattutto tenendosi in corrispondenza coll’Ufficio internazionale del lavoro, che il sodalizio già aperse testé in Basilea, il quale si presta a tutte le informazioni positive e di diritto, che interessano le questioni operaie » (TLL, II, pp. 257-258). 87 L’esito dell’elezione indetta « giusta la circolare agosto 1901 » (presidente Toniolo, vicepresidente Boselli; delegati al Comitato internazionale di Basilea: Carlo Ricci de Ferres, Francesco Carlo Ferraris, Angelo Mauri, Gianbattista Volpe-Landi, Edoardo Soderini, Maffeo Pantaleoni) fu comunicato ai soci della Sezione italiana con circolare del 18 settembre 1901 (TDI, I, pp. 360-362). 88 In seno al Comitato internazionale medesimo, a tenore dell’art. 7 dello statuto generale.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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so, concorre al posto di Direttore della Cattedra ambul[ante] di Foggia. Vorrebbe che Ella avesse la bontà di raccomandarlo al Dep[utato] Pavoncelli89. Le sarei grato. Non basta. Ma questa raccomandazione è per Lei, come Professore all’Università di Roma. Si parla che costì, a ottobre si ritirerà dall’insegnamento del Diritto Ecclesiastico l’attuale titolare. Il nostro Collega ed amico prof. C. Calisse90 di Civitavecchia, che in Pisa insegna Storia del D[iritt]o, anco D[iritt]o ecclesiastico, passerebbe volentieri alla Catt[edra] di Dir[itto] Eccl[esiastico] di Roma. Se i Colleghi la interpellassero a proposito, rammenti quel nome. È un onest’uomo, ottimo insegnante, dotto anche in quella speciale materia di diritto, che sta pubblicando un Manuale ampio ed erudito91, che sarà il migliore e più corretto di quanti probabilmente uscirono dai nostri professori d’Università. Nuove scuse. [Giuseppe Toniolo]
89 Giuseppe Pavoncelli (1836-1910), nato a Cerignola (Foggia), fu deputato dello schieramento di Destra dal 1874 alla morte, con una sola interruzione (1876-1880). Nel 1901, insieme con Luigi Luzzatti, Antonio Salandra e altri parlamentari meridionali, sostenne la necessità di affidare alla Cassa di Risparmio del Banco di Napoli l’esercizio del credito agrario per il Mezzogiorno. Cfr. M.T. Schifani, Pavoncelli, Giuseppe, in DBI, 81 (2014), pp. 810813. Inoltre cfr. De Rosa, Luigi Luzzatti e il Banco di Napoli cit., pp. 259-276. 90 La stima del Toniolo è pure testimoniata da una sua recensione al seguente volume: C. Calisse, Il lavoro, Torino 1896, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 14 (1897), pp. 120-124, ristampata in TRF, pp. 475-479, dove tra l’altro si legge: « L’illustre prof. C. Calisse dell’Università di Pisa, in questo discorso affronta e supera felicemente una somma difficoltà. Nel compito amplissimo, infatti, di delineare le successive condizioni giuridico-civili delle classi lavoratrici (specie rurali) d’Italia dalla caduta dell’impero o, come egli dice (attingendo la frase ad uno studio del prof. N. Tamassia), dall’agonia di Roma [discorso letto il 5 novembre 1894 per la solenne inaugurazione degli studi nella r. Università di Pisa, Tipografia Vannucchi, Pisa 1894, pp. 3-53] fino alle novissime condizioni conseguite alla rivoluzione francese, egli riuscì a fornire un saggio mirabile di sintesi comparativa e insieme di erudizione analitica » (ibid., p. 475). 91 C. Calisse, Manuale di diritto ecclesiastico, Firenze 1902.
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CARTEGGIO
IV.27 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 92 Stresa, 16 sett[embre] 1901
Caro Toniolo, Parmi che tutto sia stato fatto benissimo ed ella deve rimanere assolutamente alla testa del Comitato. Si deve a lei questa bella iniziativa. Ho scritto, ma con quell’uomo93 non ci ho il manico94. Invece non dubiti che nella mia relazione per la Camera sull’Ufficio del lavoro, che sto ora preparando, chiuderò con una proposta per la inscrizione regolare in bilancio di 1000 lire all’anno, e sarà approvata senza dub[b]io. Voglia bene a L. Luzzatti
92 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3913, cartolina postale. Nel margine destro del recto, di mano del Luzzatti: « Mi ricordi a Gaetano [Schiratti] e gli dica che in ottobre, venendo a Treviso e a Conegliano, mi propongo di pregarlo di vedermi per parlare a fondo e col massimo impegno di ciò che mi ha scritto ». 93 Si riferisce a Giuseppe Zanardelli (1826-1903), presidente del Consiglio dal 15 febbraio 1901 al 3 novembre 1903. Nel 1902 Zanardelli aveva varato la legge per la protezione del lavoro delle donne e dei fanciulli, che perfezionava quella del 1886 sul lavoro minorile. Con essa si innalzava a 12 anni l’età minima per il lavoro industriale e a 15 quella per il lavoro notturno; si limitava inoltre l’orario di lavoro a 12 ore per le donne e a 11 per i minori di 16 anni; si stabiliva quindi il diritto delle lavoratrici al congedo per puerperio. Un’altra legge estese l’assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro agli operai delle piccole imprese edili e agli addetti alle macchine agricole, mentre del tutto nuova fu la legge del 29 giugno 1902 istitutiva dell’Ufficio del lavoro, affiancato dal Consiglio superiore del lavoro, composto di 43 membri, 20 dei quali eletti dal Senato, dalla Camera dei deputati, dalle Camere di commercio, dai Comizi agrari, dalla Federazione delle società di mutuo soccorso, dalla Lega nazionale delle cooperative, e 23 di nomina ministeriale. 94 L’espressione rende bene i non facili rapporti tra Luzzatti e Zanardelli, ove si consideri che nella Camera del 1900, quando il « gruppo » rudiniano (pur mantenendo il carattere distintivo dei « conservatori ma liberali », in quanto francofili e ancorati a una comune concezione dei rapporti tra Stato e Chiesa) aveva perduto la precedente configurazione organizzativa, era fallito il tentativo di inserimento del Luzzatti nel governo, come titolare del Tesoro.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.28 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 95
[Roma, verosimilmente dopo il 18 settembre 1901] Caro Toniolo, Io sono occupato senza respiro e usé fino alle corde. Le mando la mia relazione. Non potrò venire a Pisa e non ho più un istante dì libertà, né so più da quale parte volgermi per riposare. Mi voglia bene! L. Luzzatti [P. S.] Io sul Governo né ho, né voglio avere nessuna influenza. Ma perché il Boselli, che è Vice presidente, non si muove? Ella intenderà che per naturale riguardo non voglio, né posso, pigliargli il passo. La Camera ha votato a unanimità il mio ordine del giorno, base giuridica di ciò che Ella giustamente desidera!
IV.29 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 96 [Roma], 27 gennaio [1902]
Mio caro Toniolo, Mi tenga presente, mi adoperi in che vuole. Ma io non esco ancora di casa, fulminato come fui dalla influenza. Non partire, non posso ancora escire di casa e sono debolissimo! Ma faccia di me ciò che vuole per una
95 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3930, lettera originale, autografa, su carta intestata: « Camera dei Deputati », con stemma reale. 96 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3964, lettera originale, autografa, su carta intestata: « Camera dei Deputati », con stemma reale.
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CARTEGGIO
causa così buona. Dopo l’accettazione dell’ordine del giorno mio dalla Camera, il Governo farà il suo dovere97. Saluti L. Luzzatti
IV.30 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 98 Pisa, 6 aprile 1902
Ill[ustre] Professore e on. Deputato! È superfluo che io mi congratuli con Lei per l’iniziativa presa a Milano, con sì felice accoglienza e successo, per le case operaie99. Ella è sempre giovane nelle idee e nella vigoria; ed io pure, grazie a Dio, per intendere tutto ciò e darvi plauso. Ella sa del resto dove io faccia qualche riserva, e in quali obbiettivi io sia d’accordo con Lei pienamente. Mi raccomando vivamente con mio cognato Gaetano Schiratti (che pervenne col suo bellissimo studio statistico sul Credito nel Veneto100 a conchiusioni che sono pure le Sue) ad insistere sul migliore indirizzo da darsi agli impieghi delle Casse di risparmio nostre. Enti dotati di materna impersonalità sono istituti di pubblica utilità per eccellenza; donde due doveri: di riversare nel pubblico, ad alimento di popolare operosità, la 97 Lo fece nell’estate 1902, anche per le rinnovate insistenze del Luzzatti e del Lampertico. Zanardelli, infatti, solo allora, e senza entusiasmo, decise di appoggiare l’iniziaitiva. L’Italia fu così l’ultimo Paese europeo ad aderire. Luzzatti venne nominato delegato del governo e il contributo annuale da versare alla Sezione italiana fu fissato in 1000 lire. 98 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 17, lettera autografa. Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ». 99 Nel 1902 presentò una proposta di legge intesa a favorire la costruzione di case popolari. La legge che ne scaturì fu la prima organica in materia: 31 maggio 1903, nr. 254. A essa si collega una normativa (luglio 1904) sulle aree fabbricabili e sulla nascita degli Istituti autonomi per le case popolari. Cfr. Case operaie a Milano, in Italia, all’estero, in Bollettino sociale del Comune di Milano 1902, pp. 2-4; D. Calabi, « I miracoli di un’idea »: risparmio, cooperazione e casa popolare nei primi anni del Novecento. Luigi Luzzatti e i progetti di riforma in Europa, in La politica della casa all’inizio del XX secolo. Atti della prima giornata di studio “Luigi Luzzatti” per la storia dell’Italia contemporanea (Venezia, 3 dicembre 1993), a cura di ead., Venezia 1995 (Biblioteca luzzattiana. Fonti e studi, 3), pp. 11-37; G. Zalin, Luigi Luzzatti e la politica della casa per i non abbienti (1867-1927), in La politica della casa cit., pp. 131-172. 100 G. Schiratti, Il credito e il risparmio nelle provincie venete nel 1900. Relazione all’on. prof. Luigi Luzzatti, Treviso 1902.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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massima parte dei capitali ritratti dal risparmio del pubblico; e di essere larghi di favori alle istituzioni sociali in pro del popolo. Ora la prego di un favore. Studi col mio cognato il modo migliore di uscire dalla gora morta di questa Sezione italiana dell’Associat[ion] internat[ionale] p[our] la protection légale des travailleurs. Lettere ripetute al Ministero di Agricoltura, Ind[ustria] e Comm[ercio], una mia visita al Min[istro] Baccelli, la interposizione di autorevoli persone, ebbero per risposta promesse vaghe, non mai seguite dal fatto; e ciò per i due fini: della nomina di un Delegato ufficiale nella Sezione, per tenere i rapporti fra questa e il Governo, e del contributo governativo. Si tenne l’Assemblea qui a Pisa; ma i voti comunicati al Ministero non approdano perché manca chi se ne faccia portavoce. Il Prof. Bauer101, che Ella conosce, scrive che nella Relazione sull’Association di questo anno l’Italia figurerà di aver mancato al versamento minimo di mille [lire]. Ed è questa un’umiliazione per noi. Rispetto al primo quesito, io già scrissi che se fra gli uomini politici non si volesse tener conto del nostro desiderio (Ella sa dove cadevano le nostre simpatie) rispetto alla scelta, noi avremmo accettato qualunque onesta persona, pur di avere un Delegato, da Luzzatti a Lampertico, a Boselli, a Pantaleoni102, a Colajanni103. Invano, silenzio! Più tardi, soggiunsi che se 101 Stephan Bauer (1865-1934), di origini austriache, studiò scienze politiche a Vienna e nel 1889 ottenne il dottorato in diritto. A Parigi, dove si recò per un paio d’anni (1889-1890), scoprì l’originale del Tableau économique di François Quesnay. Nel 1890 soggiornò a Londra. Libero docente al Politecnico di Brno (1893), insegnò quale incaricato a Chicago (1899) e fu tra i fondatori della rivista di storia economica e sociale Zeitschrift für Sozial- und Wirtschaftsgeschichte (1893). Divenne professore straordinario di economia a Basilea e ottenne l’ordinariato nel 1921. Dal 1900 al 1925 fu segretario generale dell’« Associazione internazionale per la tutela legale dei lavoratori ». Dal 1901 al 1919 diresse l’Ufficio del lavoro. 102 Maffeo Pantaleoni (1857-1924), laureato in giurisprudenza, si dedicò agli studi economici e, in particolare, a quelli finanziari. Suoi sono il Contributo alla teoria del riparto delle spese pubbliche (1883), che si basa sulla teoria del valore come utilità marginale, i Principii di economia pura (1889) e La caduta della Società generale di credito mobiliare (1895). Appartengono alla sua ricerca teorica i limiti diagnostici dei metodi statistici; la questione dell’incertezza, ossia del rischio non trascurabile distinto dalla mensura sortis; il concetto di homo oeconomicus; gli strumenti dell’analisi dinamica; le crisi. Insegnò a Ca’ Foscari, a Bari, a Napoli e a Roma, sede, quest’ultima, nella quale successe al Messedaglia sulla cattedra di economia politica. Nel 1923 fu nominato senatore. Cfr. A. Bianco, Pantaleoni, Maffeo, in DBI, 81 (2014), pp. 16-21. 103 Napoleone Colajanni (1847-1921), di sentimenti patriottici, estimatore del Cattaneo, ammiratore e seguace di Garibaldi e di Mazzini, non fu privo di simpatie bakuniniane. Per ragioni politiche subì una detenzione di nove mesi. Laureatosi in medicina nel 1871, studiò anche sociologia con taglio positivistico-darwiniano e fu professore di statistica prima a Palermo, poi a Napoli. Ebbe rapporti con Bisssolati, Prampolini e Turati. Nel 1890 venne eletto alla Camera, dove, tra l’altro, svolse un ruolo di primo piano nella denuncia dello scandalo della Banca romana. Nel 1895 partecipò al congresso fondativo del Partito repubblicano italiano. Tra i suoi lavori: La libertà e la questione sociale (1879), Banche e Parlamento (1893),
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CARTEGGIO
si avesse preferito di scegliere il Delegato nella persona del Presidente o del Segretario del futuro Ufficio centrale del lavoro (come appunto il Maurisseaux in Belgio e il Fontaine in Francia) io sarei stato lieto di avere uno specialista. Ma nulla. Frattanto non si potrebbe avere l’egr. uomo Magaldi, almeno fino alla costituzione dell’Ufficio del Lavoro? Non si potrebbe ottenere il sussidio di 1000 lire, salvo di inscrivere più tardi al nuovo Bilancio una somma più proporzionata al nostro paese ed alla sua dignità? Quid faciendum per ottenere questi fini? Io mi raccomando a Lei, ill[ustre] Professore. Mio cognato mi comunicherà i Suoi giudizi e deliberazioni. Ed io le protesto le mie grazie. Devotiss[imo] G. Toniolo
[P. S.] L’ultima preghiera per la nomina di un Delegato era una Lettera (or saranno due mesi) firmata da Scherrer, Pres[idente] Gener[ale], da Curti Cons[igliere] di Stato di S. Gallo104, dal Bauer Segret[ario]; e da me quale Presid[ente della] Sez[ione] italiana. Fu diretta al Ministro Baccelli (Gabinetto). Non ebbi alcun riscontro.
Gli avvenimenti in Sicilia e le loro cause (1894). Cfr. M. Ganci, Colajannni, Napoleone, in DBI, 26 (1982), pp. 681-688. 104 Theodor Curti (1848-1914), prima redattore (1870, 1873-1879), poi direttore (19021914) della Frankfurter Zeitung, fu membro del Gran Consiglio zurighese (1891-1894) e consigliere di Stato sangallese (1894-1902). Si espresse a favore della libertà della Chiesa, della tolleranza religiosa, della democrazia referendaria e del voto propozionale. Fu amico di Gaspard Decurtins. Cfr. J. Ammann, Theodor Curti der Politiker und Publizist. Ein Beitrag zur neueren Schweizergeschichte. Dissertation, Zürich 1930.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.31 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 105 Roma, 30 luglio [1902]
Caro Toniolo, Sono qui per qualche giorno e insisto. Spero che qualche cosa si farà. Parli lei col Comitato centrale svizzero della mia idea sui trattati di lavoro, quali complemento dei trattati di Commercio. La merce e l’uomo, almeno a parità! Ho mandato a Zanardelli l’elenco degli aderenti alla sezione italiana, che aveva richiesto a Lampertico106 e gli dissi che bisogna aiutar presto. Del resto Ella prosegua con coraggio; e fidi in noi, che all’uopo faremo votare il contributo dal Parlamento. Glielo assicuro, se sarò vivo. Saluti affettuosi. L. Luzzatti 105 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4026, lettera originale autografa. Carta intestata: « Camera dei Deputati », con stemma reale. Nel margine laterale del recto, di mano del Luzzatti: « Mi scrive il Comitato centrale, ma risponda lei per me, lei essendo il nostro capo ». 106 Ibid., doc. 3840, copia di lettera dello Zanardelli al Lampertico, priva di data: « Ho letto con vivo interesse il programma che Ella insieme all’on. Collega Luzzatti mi hanno favorito per la costituzione di una Sezione Italiana della “Association Internationale pour la protection légale des travailleurs”, e mi piace di significarLe che di buon grado aderisco in massima alla partecipazione del Governo Italiano all’Associazione predetta. Non mi riesce però possibile di potere assicurare un contributo annuo che il Governo dovrebbe versare, non avendo nel Bilancio del Ministero di Agricoltura alcun capitolo che, anche per analogia, si presti a siffatta erogazione. Nel riservarmi quindi di studiare se e come mi sia possibile aderire a tal desiderio, io Le sarei grato, Onorevole Senatore, se intanto volesse favorirmi qualche informazione sulle adesioni finora raccolte in Italia e sulla azione che intende esplicare il Sodalizio. Mi creda Onorevole Senatore, con particolare stima, G. Zanardelli ». Il 25 maggio 1901 il Lampertico chiese al Toniolo i nominativi degli aderenti (BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3786, lettera originale autografa, edita in Spicciani, Per un diritto italiano del lavoro cit., p. 93). Il 6 giugno [1901], poi, sempre scrivendo al Toniolo, Lampertico redasse un elenco di nomi, alcuni dei quali accompagnati da un cenno di commento: « [Antonio] Fogazzaro: aderirà. [Tullo] Massarani, israelita, ma forse propenso quanto altri mai. [Augusto] Pierantoni: conosco le prevenzioni, ma infine ha cognizioni e buon animo. [Giannetto] Cavasola: ha zelo per le leggi sociali, come della pellagra e della malaria: sped[ire l’invito]. E come no [Carlo Francesco] Gabba? [Luigi] Bodio. [Martino] Beltrani Scalia. [Gerolamo] Boccardo. Sinasi. [Tancredi] Canonico. [Giuseppe] Carle. Cerruti Carlo. [Gino] Cittadella Vigodarzere. [Emilio] Visconti Venosta. [Pietro] Ellero. [Giovanni] Faldella. [Giuseppe] Gadda. [Carlo] Municchi. [Luigi] Miraglia. [Gaetano] Negri. [Baldassarre] Odescalchi. Vigoni Giuliano. Vigoni Giuseppe. [Pasquale] Villari. [Francesco] Vitelleschi [Nobili]. Messo l’ho innanzi: ora per sé si ciba [Paradiso X, 25]. Affezionatissimo amico, Fedele Lampertico ». Si veda infine l’« Elenco dei soci e nota dei pagamenti della Sezione Italiana della “Association internationale pour la protection légale des travailleurs” », con informazioni e dati dal 1901 al 1906 (Spicciani, Per un diritto italiano del lavoro cit., pp. 83-91).
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CARTEGGIO
IV.32 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 107 Stresa, 18 agosto [1902]
Caro Toniolo, Io ho accettato di rappresentare il Governo italiano nel Comitato internazionale di Basilea e ho fatto votare le 1000 lire all’anno. Ora mi si invita al Congresso di Colonia pel 22/27 settembre. Ci va lei? Chi ci va di italiani della nostra sezione? Le sarei grato se me ne scrivesse un rigo a Venezia, al mio indirizzo, presso l’ingegnere Giuseppe Luzzatti (Venezia, Calle dei Preti)108, dove sarò dal 21 agosto al 24 agosto. Grazie, saluti e a rivederci, il suo L[uigi] Luzzatti
IV.33 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 109 23 ag[osto 1902]
Caro Toniolo, Io ho piena fiducia in lei e penso, senza pensare, come lei mi scrive. Per via poi aggiusteremo le cose e cercheremo di crescere i mezzi. Io stesso potrò adoperarmi. Mi voglia bene, il suo L. Luzzatti [P. S.] Del resto Ella à piena ragione ed è inutile dar due assegni. 107 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4036, lettera originale autografa su carta intestata: « Camera dei Deputati », con stemma reale. 108 In effetti, quando si trovava a Venezia, Luigi Luzzatti alloggiava presso il fratello Giuseppe, in corte Gregolini (già corte dei Preti), nr. 998 del sestiere di S. Marco, vicino alla calle dei Fabbri. Cfr. LMC, II, p. 555; S. G. Franchini, « Infine siamo i due soli ». Il problema della libertà religiosa nel dialogo tra Luigi Luzzatti e Francesco Ruffini, in Atti dell’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti 174 (2015-16), p. 32. 109 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4038. Una copia, di mano della Carli, è conservata in ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 54.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.34 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 110 Pieve di Soligo, 28 agosto [1902]
Ill[ustre] Professore! Io Le debbo grazie e scuse. Le une per l’onore che [fece]111 ai Cattolici colla Sua visita a Murano e colle sue parole, che raccolsi con grande compiacenza112. Le altre per non essermi potuto recare a Venezia. Sono parecchi giorni che non mi trovo bene; vado dal letto al lettuccio, come dicono i miei amici toscani: ciò che mi interrompe ogni disegno. Intanto so che Ella riparlerà solennemente anche a Padova; e che a Milano promuoverà113 uno studio sul credito, simile a quello che fece qui mio cognato114. Ma sopratutto non dimentichi Colonia, e si disponga da Milano a passare a quel Congresso115 dei Delegati delle varie nazioni componenti il Comitato centrale dell’Assoc[iation] Intern[ationale] p[our] la protect[ion] des travailleurs. Sarà il compimento di queste altre opere Sue recenti, ma indispensabile. Intanto qui, occupandomi di raccogliere qualche dato per quella occasione, mi permisi di usare del Suo nome, pregando a Roma il Cav. Concini116, perché dai documenti governativi o parlamentari mi estragga intorno al lavoro notturno delle donne, ed alle industrie insalubri, specie des allumettes, qualche notizia, che mi richiede di urgenza il Bauer da Basilea. Tanto per informazione. Faccio alcune pratiche per avere adesioni alla Soc[ietà] Intern[azionale] dalla Repubblica Argentina. ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 18, lettera originale autografa. Di pugno della Carli: « aveva fatto ». 112 Quanto a Murano, dove era parroco don Luigi Cerutti, animatore delle Darlehenkassen cattoliche (cfr. S. Tramontin, La figura e l’opera sociale di Luigi Cerutti. Aspetti e momenti del movimento cattolico nel Veneto, prefazione di G. Urbani, Brescia 1969), l’idea delle « case operaie a riscatto » aveva preso piede, la qual cosa spiega la visita del Luzzatti e il suo apprezzamento per le iniziative sociali del Cerutti (Zalin, Luigi Luzzatti e la politica della casa cit, pp. 138-139). 113 Segue a matita: « facendo », di mano della Carli. 114 Segue a penna: « Schiratti », sempre di mano della Carli. 115 Nel margine del recto, di mano del Toniolo: « 22 sett. ». 116 Concino Concini (1864-1946), allievo e amico del politico veneziano, fu a capo della sua segreteria personale e rivestì pure funzioni di capo di gabinetto quando il Luzzatti ebbe incarichi ministeriali. Nel 1911 fu assegnato alla Corte dei conti e nel ‘29 divenne senatore. Ne fu dichiarata la decadenza il 19 dicembre 1945. 110 111
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CARTEGGIO
Intanto, pregandola di accettare i ricordi anche di Gaetano, Le rinnovo proteste della mia ammirazione devota. Devot[issimo] G. Toniolo
IV.35 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 117 Stresa, 6 sett[embre 1902]
Caro Toniolo, Grazie della sua lettera. Mi dicono che l’Osservatore cattolico di Roma mi assalga a furia pel mio articolo sulla libertà di coscienza. Biechi, biechi! Io difendo contro tutti la libertà di coscienza di tutti, a favore delle maggioranze, delle minoranze di culto sacre, e ne ricerco con cura storica le origini. Nell’articolo incriminato combatto perfino il grande Milton, perché nell’Areopagitica rifiuta, in nome della libertà, la libertà ai cattolici118, né celebro Williams per le sue dottrine dogmatiche, ma per la libertà di coscienza, di cui fu il più strenuo difensore negli Stati Uniti119. È a lui che 117 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4062, originale autografo su carta intestata: « Camera dei Deputati ». Sul verso così annota Gaetano Schiratti: « Caro Beppi [Giuseppe Toniolo], ricevo qui aperta questa lettera che mi affretto a spedirti. Lessi nell’Osservatore romano l’articolo indicato e parmi anche un po’ banale in verità. Io andrò a Milano ad una riunione delle Banche Lombarde sabato o domenica pross[imi], e così ci vedremo in antecedenza. Tanti saluti anche ad Antonio, e addio ». 118 Aveva scritto testualmente: « Il grande Milton, che difese mirabilmente la libertà del pensiero e della coscienza, tranne che per i cattolici, perché obbedivano a un signore straniero e gli repugnava concedere la libertà a chi voleva toglierla agli altri, era meno grande di questi oscuri apostoli [coloro che fecero trionfare le libertà politiche, delle quali la libertà di coscienza e di culto è la fondamentale e più preziosa] della perfetta dottrina costituzionale » (L. Luzzatti, Una delle prime città dove si è potuto adorare Iddio liberamente, in Archivio del diritto pubblico e dell’amministrazione italiana 1, 1902, p. 419). 119 Egli fu un mistico; « si fece battezzare da un laico, battezzò lui stesso gli altri, anabattizzando. Ma lo assale, dopo tre mesi, il dubbio di non essere nel vero e ha da Dio una nuova rivelazione, che conteneva in nocciolo l’Unitarismo. Il che diciamo non per far la storia religiosa di quell’anima, ma per dimostrarre che anche in lui la libertà di coscienza traeva alimento dalla profonda sincerità della fede e dalla inquietudine di cercarsi un Dio sempre più sublime » (ibid., p. 420). Nella biblioteca personale del Luzzatti, presso l’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti, è conservato il volume di O. S. Straus, Roger Williams. The pioneer of religious liberty, New York 1899 [segnatura: Luzzatti III.199], del quale il politico veneziano si avvalse nel delineare il profilo del riformatore. Egli tenne pure conto di H. Weingarten, Die Revolution Kirchen Englands, Leipzig 1868 e di G. Jellinek, Die Erklärung der Menschen-
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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devono questa preziosa libertà negli Stati Uniti anche i cattolici. Insomma il mio studio pubblicato nell’Archivio di diritto pubblico120 è uno studio metafisico, vero e imparziale. Faccia [?] lei quei signori, lei che è sereno e coltissimo, e voglia bene al suo L. Luzzatti
IV.36 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 121
Pieve di Soligo, 11 sett[embre 1902] Onor. dep[utato] e Professore! Ella avrà visto il mio articolino nell’Avvenire (giornale cattolico di Bologna)122 riguardo il Suo discorso di Padova. Ciò basti ad attestarle la mia dispiacenza e disapprovazione per quanto scrisse L’Osservatore romano123, und Bürgerrechte: ein Beitrag zur modernen Verfassungsgeschichte, Leipzig 1895. Il giudizio del Luzzatti sul Williams fu sempre encomiastico. Amava definirlo « il Santo della libertà di coscienza », che fondò « la prima città di Dio, la prima città dove si è potuto adorare l’Ente supremo, senza vincoli, senza privilegi, in modo costituzionalmente perfetto » (LDL, p. 124). Per un profilo storicamente più misurato, cfr. R. H. Bainton, La lotta per la libertà religiosa, Bologna 19723, pp. 207-229. 120 Luzzatti, Una delle prime città dove si è potuto adorare Iddio liberamente cit., pp. 417420. 121 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 48, lettera originale autografa. 122 G. Toniolo, Intorno al discorso di Luzzatti, in L’Avvenire, 4 settembre 1902, p. 1. In esso l’autore metteva in evidenza che il Luzzatti, con un « tocco di genialità, di idealità e di entusiasmo », dopo aver lodato don Luigi Cerutti per le sue iniziative sociali (cooperazione di credito e abitazioni popolari), manifestava apprezzamento per una legislazione di sostegno ai meno abbienti. Aggiungeva che rilevanti erano i problemi del lavoro. Essi, infatti, « grandeggia[va]no ai nostri dì non meno di quelli della religione e della scienza ». Ne derivava che se la restaurazione sociale era da perseguire, non per questo doveva confondersi con l’utopia del materialimo socialista e/o con forme di « spitualismo vagamente teista ». A ciò soccorreva « la virtù della libertà, che la legge avvalora[va], non comprime[va] e spegne[va] ». In proposito si poteva citare l’esempio inglese, il quale dimostrava come « il lievito di vita », che aveva elevato le classi popolari di quella terra, « si rannoda[sse] remotamente alla propaganda spiritualista di Carlyle, Hugues, Ruskin, accoppiat[a] alle feconde agitazioni dei cattolici: da O’Connell a Manning [a] Vaughan ». 123 Siglato con l’iniziale I., un articolo dal titolo Williams redivivo, in L’Osservatore romano del 4 settembre 1902 (anno xl, nr. 202), aveva severamente giudicato un saggio del Luzzatti sul « riformatore » inglese, presentato non solo come il « propugnatore primo fra
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CARTEGGIO
non già quello di Milano124; e siccome so che altri molti altolocati se ne lagnarono, argomenti come non tutti i Cattolici intendano di condividere quelle responsabilità. In ogni modo all’Osservatore scrissi aperto. Ma se volesse rassicurarsi vieppiù, Le direi che lassù fu molto gradita la Sua scelta a Delegato del Governo Italiano presso l’Associaz[ione] di Basilea; perché temevasi eventualmente potesse cadere sopra un anticlericale. Ma io, a questo proposito, La prego vivamente di assicurarmi che Ella all’Assemblea di Colonia (22 corr.) assisterà senza fallo. Creda che altrimenti la Sezione d’Italia ne soffrirebbe troppo. Suo Dev[otissi]mo G. Toniolo
IV.37 L uigi L uzzatti
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G iuseppe T oniolo 125 [Stresa], 15 sett[embre 1902]
Egregio Professore, Mi recherò, se non mi ammalo, a Colonia col solo fine di contentare lei e Bauer126. Ma mi disturba assai lasciare Stresa, i miei e la quiete degli tutti della neutralità dello Stato in ordine ai culti », ma anche come il fautore della « più assoluta libertà di coscienza ». L’Osservatore [romano] aveva pure eccepito sul cambiamento di nome del Luzzatti, che, chiamato: « Sanson [in Israele] o Luigi [in Italia], pretende[va] che tutta intera la dottrina dell’apostolo Williams di ritrova[sse] nella costituzione degli Stati Uniti, dove non [c’era] culto alcuno privilegiato e dominante ». E proseguiva: « Tutta intera [la dottrina] non ci pare, perché vorremmo vedere che cosa accadrebbe presso i repubblicani delle città federate se domani venisse fuori un seguace autentico di Williams a rendere alla divinità un culto secondo i propri istinti sanguinari ed antropofagi. Ma, a parte questo, che testimonia dello squilibrio della dottrina luzzattiana, quale giudizio si ha da fare di un uomo il quale, rinnegando il Dio di Abramo e d’Isacco, se ne foggia uno impersonale e libero e proprio di ciascuno? E che scrive un’opera per mettere in onore la sua idea fra un inno a San Francesco d’Assisi e un discorso di economia politica e sociale di sapore tutto cattolico? ». Il Luzzatti ne era rimasto contrariato e il Toniolo aveva preso le sue difese. 124 Denominato L’Osservatore cattolico (1864-1907), di orientamento intransigente, fu diretto prima da Enrico Massara, poi da Davide Albertario, quindi da Filippo Meda. 125 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4107, lettera originale autografa. 126 Il quale, post eventum, così gli scriverà da Basilea il 24 ottobre 1902: « Monsieur le Ministre, je suis charmé de voir dans les journaux qu’avec cette activité que nous avons tous admirée à Cologne vous vous êtes lancé dans la grande vie politique tout-de-suite après votre
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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studi alla fine del settembre. Non dubito che Gaetano le avrà già spedito un Sole. Gliene spedisco un altro. Ella vedrà la mia risposta; è il solo modo con cui mi vendico io, che passo la vita a difendere la libertà degli altri. Lo mandi colassù e lo faccia notare. Ne val la pena in tempi di così poca serenità! E mi continui la sua amicizia. L. Luzzatti [P. S.] Mi scriva a Stresa se lei va o no a Colonia, quando e per quale via. Desidero saperlo.
IV.38 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 127
Pieve di Soligo, 18 [settembre] 1902 Ill[ustre] Comm[endatore] Onor[evole] L. Luzzatti,
rentrée de Cologne. J’ai lu votre discours de Conegliano dans la presse allemande. Tout cela m’a rendu compte de votre excellent état de santé et m’a valu de consolation des fatigues que le voyage au Congrès a dû vous causer. Quant au progrès de notre cause, je viens de soumettre une circulaire au bureau, par laquelle on propose d’élire les membres de la commission permanente, de les réunir le 7 et le 8 avril à Bâle et de ne leur soumettre que la question du travail des femmes. Dès que la section aura élu ses membres, on invitera le gouvernement de se faire représenter par son délégué officiel. Ce serait donc entendu de célébrer le revoir. J’ai entamé des négociations confidentielles avec les autorités suisses pour obtenir au moins un rabais sur les billets de chemin de fer. Espérons que cela mène à bonne fin. Si, comme je l’espère, notre président M. Scherrer sera élu demain au conseil national, il pourra encore pousser l’affaire davantage. M. Scherrer désire que je prépare les travaux de la Commission permanente par un exposé de la question des traités internationaux du travail. J’ai pensé qu’il serait utile d’expliquer d’abord quelles parties des questions qui nous agitent seraient à réaliser sur le terrain de la législation nationale. En dehors de ce domaine serait la sphère de la politique internationale. Naturellement je voudrais ici m’adapter aux procédés que vous êtes en train de poursuivre avec la France. Je vous garantis la plus complète discretion du monde […]. Avec tous mes hommages à Mme Luzzatti, veuillez croire, Excellence, au profond dévouement de votre Bauer. [P. S.] Voulez-vous entreprendre des démarches confidentielles auprès du Gouvernement Italien en demandant s’il serait disposé d’interdire l’usage de la céruse dans les travaux publics? Si cela ne vous paraît pas [vrai]semblable, on attendra encore après la commission permanente » (ALV, b. 157, fasc. I). 127 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 19, lettera originale autografa. Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ».
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CARTEGGIO
Grazie mille del proposito di recarsi a Colonia. Sarà a grande onore dell’Italia. Mi perdonerà, ma io fui l’anno scorso a Basilea, e già prima a Parigi, per assistere alla nascita di questa Associazione. Quest’anno non mi sento baie, e sono ora in altre cose occupatissimo. Vi rinunzio però con dispiacere, anche per dover rispondere così, con apparente scortesia, ai Suoi gentili inviti. Troverà a Colonia il Conte E. Soderini128 di Roma, che rappresenta la Santa Sede129. È un vero gentiluomo. L’accompagna l’Avv. A. Boggiano130 di Genova, segretario coltissimo della nostra sezione. E verrà a Colonia, per mia sollecitazione, il Conte E. Agliardi131, pubblicista, mio amico, che conosce ottimamente il movimento sociale della Germania, ove dimora da lungo tempo, e che vi si reca da Berlino. Non rimasi del resto ozioso. Compatibilmente ai nostri piccoli mezzi e aiuti, consegnai ai miei amici che si recano a Colonia, ed eglino gliene daranno notizie: a) una breve Relazione sull’operato della Sezione italiana, ove ebbi occasione, ben inteso, di ricordare Lei pure (a stampa); b) una Relaz[ione] mia sul lavoro notturno delle donne in Italia (a stampa); c) un cenno sui provvedimenti in corso fra noi per le industrie insalubri (manoscritto)132; 128 Il conte Edoardo Soderini (1853-1934), deputato della XXIV legislatura, fu vicino al Toniolo e fece parte dell’Unione cattolica per gli studi sociali in Italia. Sostenne la cosiddetta « controrivoluzione intellettuale » dei cattolici. Con l’aiuto di Giuseppe Clementi scrisse Il pontificato di Leone XIII, Milano 1932-1933, lavoro per il quale poté avvalersi di documenti d’archivio allora esclusi dalla consultazione. La lettera di nomina a rappresentante della S. Sede venne indirizzata il 17 settembre 1902 dal cardinale Rampolla al presidente Scherrer. 129 Sui cui orientamenti cfr. TLL, II, pp. 198-203, 206-209. 130 Antonio Boggiano Pico (1874-1965) si laureò in giurisprudenza a Roma nel 1895 e si perfezionò a Pisa in economia sociale sotto la guida del Toniolo, che lo chiamò a collaborare alla Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie. Per un breve periodo successe al Toniolo quale presidente dell’Unione popolare e nel 1915 entrò a far parte della Giunta direttiva dell’Azione cattolica. Nel 1919, nel ’21 e nel ’24 venne eletto nelle liste del Partito popolare italiano. Fu amico di Sturzo e di De Gasperi. Cfr. M. Belardinelli, Boggiano Pico, Antonio, in DBI, 11 (1969), pp. 176-178. 131 Ercole Agliardi (1871-1947), nipote del cardinale Antonio (1832-1915), studiò al Politecnico di Monaco, dove si laureò in ingegneria. Amico ed estimatore del Toniolo, nel 1898 pubblicò nella Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie un articolo dal titolo I cattolici della Germania nel campo scientifico, e nel 1899, in Cultura sociale, il saggio intitolato Il partito democratico cristiano. Lavorò come giornalista (corrispondente estero de L’Osservatore cattolico) e ricoprì vari incarichi diplomatici. Tra i suoi lavori: Il pensiero politico e sociale di Ketteler, Roma 1900; La protezione internazionale del lavoro: il congresso di Basilea, Roma 1904. 132 Nel margine superiore del verso il Toniolo avverte che i punti b) e c), uniti da una parentesi graffa, costituiscono « i due temi delle discussioni di Colonia ».
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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d) una memoria del prof. Corsi (Diritto internaz[ionale], Pisa) sulla applicazione delle leggi nazionali sugli infortuni agli stranieri, che lavorano presso ognuna di esse (a stampa)133; e) una memoria di G. Napodano (Prof. dir[itto] penale, Pisa) per la repressione penale internazionale della tratta dei fanciulli (a stampa)134; Due temi (d e c) proposti alla Adunanza della Sezione in Pisa (genn[aio] 1902). Nella scarsezza di copie disponibili (più tardi se ne darà più larga diffusione) incaricai il Segr[etario] Avv[ocato] Boggiano di darle tutte le informazioni che giovino all’alta Sua rappresentanza ufficiale. Con nuove grazie, anche dell’art[icolo] del Sole, me Le protesto Devotiss[imo] Prof. G. Toniolo
IV.39 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 135 Pisa, 1 febbraio [1903]
Ill[ustre] Comm[endatore] e Professore, Permetta che mi congratuli della ricuperata salute, invero questa volta troppo a lungo compromessa. Faccio i migliori auguri, che il Cielo la serbi per ogni opera buona. Del Suo zelo vorrei profittare, non abusare. Converrebbe convocare questa Sezione Italiana dell’Association etc. Né mancano argomenti, sia per informare i Socii di quanto si fece al Congresso di Colonia136, sia per predisporre taluni lavori, che per l’autunno
133 È uno scritto a quattro mani: A. Corsi – G. Vacchelli, Application des lois territoriales sur les accidents dans le travail aux ouvriers étrangers. Rapport, Savona 1902. 134 G. Napodano, Repressione penale della tratta dei fanciulli italiani all’estero, Pieve di Soligo 1902; cfr. pure, dello stesso autore, La tratta dei fanciulli italiani all’estero, in Rivista penale 56 (1902), pp. 497-506. Il lavoro gli fu affidato con voto dell’assemblea generale dei soci convocata a Pisa dal Toniolo il 29 gennaio 1902. 135 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 20, lettera originale autografa. Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ». 136 Per un resoconto, cfr. E. Agliardi, L’associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori al congresso di Colonia, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 10 (1902), pp. 350-370.
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CARTEGGIO
avrebbe reclamato la Presidenza di Basilea; sia finalmente per seguire con interesse il movimento di leggi sociali, che si svolge nel nostro paese, e che può avere ripercussioni al di fuori. Siccome contiamo tutti massimamente sopra il Suo intervento, saremmo disposti a definire quel momento che a Lei tornasse meno incomodo o che comunque Ella trovasse più opportuno. Io, per mia parte, non avrei che un solo motivo di fretta, ed è che la Adunanza si tenesse prima che Ella si assentasse per i Trattati di Commercio, che vo’ credere Ella sarà (e lo auguro per il bene del paese) incaricato di negoziare137. Parecchi, cominciando dal Boselli, accetterebbero volontieri di convocarsi a Pisa, come già l’anno passato. Sono anzi incaricato dal Comm. [Amerigo] Lecci, avvocato di qui e Presid[ente] del Cons[iglio] Provinc[iale], di rammentarle che avea Ella lasciato sperare di tenere a Pisa138 una Conferenza sulle Case Operaie. Potrebbe confermare la promessa gentile; e aggiungere il tempo, presso a poco il giorno, fosse pure alquanto differito? In tal caso si combinerebbero le due cose (Adunanza Società protez[ione] lav[oratori] etc. e Conferenza case op[eraie]) nello stesso momento e luogo. E sarebbe una festa per tutti. Le sarei grato di un cenno. Rinnovandole ogni augurio, mi protesto Devot[issimo] Prof. G. Toniolo
137 In effetti, Zanardelli gli affidò i negoziati per il rinnovo dei trattati di commercio di prossima scadenza. Influì su questa decisione il prestigio di cui Luzzatti godeva in Europa sul piano culturale, finanziario e politico, non trascurando le sue molteplici personali relazioni in Gran Bretagna, Belgio, Spagna, Germania, Turchia e, soprattutto, Francia. Senza discostarsi troppo dai « vecchi princìpi » commerciali, il Luzzatti cercò di puntare a rinnovi con scadenze più lunghe. In caso contrario, nei primi sei mesi del 1904, si sarebbe avuta – così riteneva – una controversia doganale più pericolosa di quella agitatasi dal 1838 al 1846 per la questione dei cereali (cfr. L. Luzzatti, Le nuove controversie doganali inglesi, in Nuova antologia, novembre 1903, p. 12). 138 Nell’originale è sottolineato due volte.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.40 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 139 Pisa, 28 marzo 1903
Illustrissimo Signore, Nel congresso tenuto a Colonia dalla Associazione internazionale per la protezione legale dei lavoratori venne deliberata la nomina di una Commissione la quale dovesse riferire entro due anni intorno ai mezzi per ottenere la proibizione generale del lavoro notturno delle donne nelle industrie manifatturiere ed insieme avesse per compito di ricercare in qual modo si possa ottenere per accordo internazionale la proibizione dell’uso del fosforo bianco e del bianco de céruse. Con Circolare del 29 ottobre 1902 l’Ufficio della Associazione internazionale invitava ogni Sezione a scegliere uno o più delegati per detta Commissione e con altre Circolari successive comunicava che la Sezione francese ha delegato l’ex ministro Millerand140, l’Ab. Lemire141 deputato e il Sig. Keufer Vice Presidente del Consiglio superiore del lavoro; la Sezione svizzera i Signori De Steiger, Presidente del Consiglio di Stato, e Schuler, antico ispettore di fabbriche; la Sezione tedesca l’ex ministro Barone von Berlepsch e Fuchs ispettore del lavoro e la Sezione belga il Prof. Mahaim dell’Università di Liegi142 e il Prof. Brants dell’Università di Lovanio143. 139 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 21; è autografa solo la firma del Toniolo. Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ». 140 Alexandre Millerand (1859-1943), avvocato, consigliere municipale di Parigi (1884), deputato (1885), fu esponente della sinistra radicale, poi del socialismo riformista. Ministro del commercio dal 1899 al 1902, dei lavori pubblici nel 1909, della guerra nel 1912-13 e nel 1914-15, venne eletto presidente della Repubblica il 23 settembre 1920. 141 L’abate Jules-Auguste Lemire, esponente del cattolicesimo democratico, fu eletto deputato nella circoscrizione di Hazebrouck (Nord). « Tale elezione poté essere presentata come manifestazione di una nuova coscienza repubblicana in buona parte del clero e della popolazione rurale di questa regione tradizionalmente cristiana. Con questo mandato parlamentare Lemire assunse la figura di capo della democrazia cristiana » (J.-M. Mayeur, Un prêtre démocrate, l’Abbé Lemire 1853-1928, Paris 1968, p. 133). 142 Ernest-Aimé-Joseph Mahaim (1865-1938), laureato in scienze politiche e amministrative all’Università di Liegi, subì l’influenza di Émile de Laveleye, al quale subentrò nella cattedra di sociologia, riuscendo a costituire attorno a essa un importante foyer intellectuel. Nel 1921 fu nominato ministro dell’industria e del lavoro. Contribuì alla nascita del « Bureau international du travail », del quale divenne presidente nel 1931. Furono suoi allievi Fernand Dehousse, per il diritto internazionale, e Léon-Eli Troclet per il diritto sociale (cfr. P. Delforge, Mahaim, Ernest-Aimé-Joseph, in Dictionnaire des Wallons, Bruxelles 2011, sub voce; J. Rey, Mahaim, Ernest-Aimé-Joseph, in Biographie nationale, XLIII, Bruxelles 1959, coll. 501-508). 143 Victor Brants (1856-1917), economista e storico dell’economia medioevale, fu anche studioso di diritto. Suo è il fondamentale volume Législation du travail comparée et interna-
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CARTEGGIO
Anche la Sezione italiana deve quindi procedere alla scelta dei propri delegati ed a questo scopo il sottoscritto Presidente propone i nomi dei Signori Onor. Comm. Prof. Luigi Luzzatti, Conte Edoardo Soderini e Marchese Prof. Alessandro Corsi, pregando la S.V. come membro del Consiglio della Sezione di far conoscere se approva tale proposta o di indicare altrimenti a quali persone vorrebbe conferito l’onorevole incarico. Il Presidente Prof. Giuseppe Toniolo
IV.41 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 144 Pisa, 16 aprile 1903
Ill[ustre] Professore L. Luzzatti! Per la Adunanza in Roma della Sezione ital[iana] dell’Assoc[iation] p[our] la protéct[ion] légale des travailleurs, il Conte Soderini mi scrisse che per Lei sta bene il giorno 30 corr. aprile. Io ne la ringrazio vivissimamente. E non dubito che, dopo una Conferenza sulla scienza delle religioni, dopo 1’interposizione per lo sciopero, dopo il Congresso di agricoltura, con uguale freschezza e vigore di ideali, vorrà partecipare attivamente alla nostra piccola riunione. Ne fa conto prezioso anche il Bauer, che passò di qui, dopo averla visitata in Roma. Io Le sarò, come sempre, gratissimo. Devot[issi]mo Prof. G. Toniolo
tionale (1903), che considera i coevi problemi giuridici posti dal nascente diritto internazionale del lavoro. I suoi rapporti con Toniolo sono stati studiati dallo Spicciani, Agli inizi della storiografia economica medioevale cit., pp. 3-85. 144 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 22, lettera autografa.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.42 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 145 Pisa, 24 aprile [1903]
Ill[ustr]e Profess[ore] e onor[evole] Deputato, La ringrazio di ciò che disse altamente della Religione nel ritrovo insieme al Minocchi146; e ritorno a ringraziarla per ciò che scrisse in favore delle Istituzioni di credito cattoliche, con nobile costanza e franchezza di criteri direttivi. Non dimentichi 1’Adunanza della Sez[ione] ital[iana] dell’Assoc[iazione] Intern[azionale] p[er] la protect[ion] légale des travailleurs il 30, giovedì, alle 9 in Campidoglio. Sarà modesta, ma se Ella interviene potrà riuscire vivace e feconda. Vi attragga altri, fra cui il Comm. Calligari del Ministero. E mi creda con inalterata e grata devozione Suo G. Toniolo
Ibid., doc. 23, lettera autografa. Allude a quanto aveva sostenuto la sera del 7 aprile 1903 nella sede romana dell’Associazione della stampa, introducendo Salvatore Minocchi, che parlava dei rapporti tra Bibbia e civiltà babilonese. Era presente anche mons. Duchesne. Luzzatti argomentò che, « pur ammettendo » l’esistenza di « stretti scambi » tra « Babel e Israel », non poche, né poco profonde, erano le differenze, « in quanto la nota distintiva del principio biblico e la sua unicità si dovevano identificare nella originale difesa del monoteismo ». Luzzatti inoltre espresse « l’auspicio che si verificasse un mutamento radicale nelle attitudini degli ecclesiastici » e che ciò favorisse la formazione di un « clero diverso », il quale « non facesse consistere tutta la religiosità nelle formalità di una liturgia ». Della serata diede ampia notizia il Giornale d’Italia, edizione straordinaria dell’8-9 aprile 1903 (cfr. A. Zambarbieri, Luigi Luzzatti e la crisi modernista, in LST, p. 499). 145 146
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CARTEGGIO
IV.43 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 147 Pisa, 12 giugno 1903
Ill[ustr]e Comm[endatore] Prof[essore] L. Luzzatti, Scusi l’incomodo. In nome di questa Sezione, ho indirizzato al Ministro G. Baccelli148 (Gabinetto particolare) preghiera di voler aggiungere al Delegato del Governo comm. Luzzatti, l’Ing. Belloc149, come rappre sentante ufficiale tecnico nella Commissione internazionale già convocata a Basilea, per lo studio della esclusione delle donne dal lavoro notturno e per la sostituzione di altre materie chimiche all’uso del fosforo bianco nella industria dei fiammiferi. Nel mentre pertanto è debito mio di comunicarle che il ritrovo di Basilea, al quale mi dette affidamento di intervenire personalmente (e per cui le sono fin d’ora gratissimo), è fissato per i giorni 9, 10, 11150 p.v. settembre; oso pregarla di apportare gentilmente la Sua autorità nelle decisioni del ministero, perché la scelta dell’Ing. Belloc, come tecnico specialista per il tema delle industrie insalubri, approdi al suo termine. La informo all’uopo di aver diretto l’Istanza di questa Sezione al Gabinetto particolare del Ministro; e che inoltre gli rammentai che anche la Germania sarà rappresentata, oltre che dall’ex ministro Berlepsch151, anche dall’Ispettore delle Industrie [Wilhelm] Fuchs, e la Francia, oltre che dall’ex Ministro Millerand, dal Keufer152, Vice-pres[idente] dell’Ufficio del lavoro. 147 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 24, lettera originale autografa. Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ». 148 Guido Baccelli (1830-1916), laureato in medicina e chirurgia, fu professore di clinica medica e più volte titolare della Pubblica istruzione; fu pure ministro del Maic nel governo Zanardelli-Giolitti (1901-1903). Ottenne significativi risultati scientifici nel campo della semeiotica medica. A lui si deve la fondazione del Policlinico di Roma. Cfr. M. Crespi, Baccelli, Guido, in DBI, 5 (1963), pp. 13-15. 149 Luigi Belloc, regio ispettore delle industrie, pubblicò tra l’altro L’industria dei fiammiferi in Italia e la lotta contro il fosforismo, Roma 1905 (estratto). 150 Nell’originale: sottolineato due volte. 151 Hans von Berlepsch fu presidente della Conferenza di Berlino convocata dall’imperatore Guglielmo II nel marzo 1890. Sia pure solo « accademicamente », prospettò provvedimenti legislativi a protezione delle classi lavoratrici (TDI, I, p. 257). 152 Auguste Keufer (1851-1924), tipografo, dopo l’annessione tedesca dell’Alsazia optò per la Francia e si trasferì a Parigi (1871). Fu presidente della « Fédération française des travailleurs du livre » (1882-1883), poi segretario generale dal 1884 al 1920. Socialista, ispirò la sua azione a principi solidaristici e, da seguace di Comte, aderì al « positivismo religioso ».
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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Vegga come tornerebbe onorifico e vantaggioso all’Italia, che a Lei pure si aggiungesse un tecnico di tanto valore come l’ing. Belloc. Io Le sarò, ill[ustre] Comm[endatore], gratissimo. La cosa tornerebbe tanto più urgente, se accadesse che Ella, p.e. per i Trattati di Commercio (hoc est in votis) fosse impedito di recarsi a Basilea, per uffici e destinazioni di ancor maggiore importanza. Devotiss[imo] Prof. G. Toniolo
IV.44 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 153 Pisa, 2 nov[embre] 1903
Eccellenza! Grazie ripetute e sentitissime della comunicazione che volle porgermi della firma reale al Decreto di nomina di S. E. Mons. Maffi, al quale io la ho tosto trasferita; sicché i ringraziamenti miei involgono i più profondi e sinceri anche da parte di Lui, che non mancherà di attestarle personalmente la Sua riconoscenza. Con perfetta osservanza. Devotiss[imo] Umiliss[imo] Prof. G. Toniolo dell’Università
Cfr. L. Strauss, Keufer, Auguste, in Nouveau dictionnaire de biographie alsacienne, 20 (1943), ad vocem; M. Rebérioux, Les ouvriers du livre et leur Fédération, un centenaire 1881-1981, Paris 1981. 153 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 25, lettera autografa. Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ». Personale.
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CARTEGGIO
IV.45 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 154 Pisa, 9 nov[embre] l903
Eccellenza! V[ostra] E[ccellenza] sa che se io Le porgo congratulazioni ed auguri, questi sono sinceri; perché disinteressati. Io spero che Ella possa fare il bene del paese, in gravissime questioni dell’odierno momento, che richie dono mente larga che penetra l’avvenire. Le faccio ora una preghiera, con la confidenza che Ella mi dona; colla quale mi appello alla Sua apprezzata serenità ed equanimità. Non parlo per me; ma in nome dei buoni Pisani e (strano a dirsi) per il nostro futuro Arcivescovo Mons. Maffi Pietro155, raro uomo per cuore di padre, per abilità di governo, per mente di scienziato. Eletto da Leone XIII, trascorsi i sei mesi, l’Exequatur, dietro le unanimi informazioni delle Autorità, stava per firmarsi156. Poi la cosa si arrestò; forse per calcolo finanziario di lucrare la lauta mensa vacante? forse per influenza di qualche anticlericale in infinitesimo? Fatto è che la dilazione è deplorata. E la Diocesi versa in tali condizioni, che Ella stessa Eccell[en]za (così dicono qui tutti i buoni cittadini) lagrimerebbe! Con mano dilicata e forte ad un tempo, Ella può trovar modo, sia pure indiretto, di troncare gli indugi. Sarà un titolo di più, e molto fruttuoso nel suo bilancio dell’avere. E avrà la gratitudine degli onesti157. Dev. Prof. G. Toniolo dell’Università Ibid., doc. 26, lettera autografa. « Riservata ». Pietro Maffi (1858-1931), preconizzato vescovo da Leone XIII nel 1902, fu destinato a Ravenna come amministratore apostolico. Nel 1903 venne nominato arcivescovo metropolita di Pisa. Fece il solenne ingresso in arcidiocesi il 10 gennaio 1904. Pio X lo creò cardinale il 15 aprile 1907. Studioso di scienze fisiche, matematiche e naturali, fu apprezzato per i suoi lavori sulla meteorologia e l’astronomia. Dal 1904 al 1931 assunse la presidenza della Specola Vaticana. Ripristinò a Pisa la facoltà teologica e affidò la cattedra di sociologia al Toniolo. Cfr. A. Spicciani, Il cardinale Pietro Maffi scienziato e organizzatore di cultura, in Il cardinale Pietro Maffi arcivescovo di Pisa. Primi contributi di ricerca, presentazione di C. Violante, Pisa 1983 [in realtà finito di stampare nel maggio 1984], pp. 23-79. 156 TLL, II, pp. 360, 368, 371; U. Spadoni, Il cardinale Maffi, Giuseppe Toniolo e le prime esperienze politiche del giovane Gronchi (1904-1910), in Il cardinale Pietro Maffi arcivescovo cit., pp. 81-82. 157 Nel margine superiore del verso: « Io debbo scomparire. È la cittadinanza che, in mio nome, la prega ». Per ottenere il risultato, Luzzatti si rivolse al guardasigilli Scipione Ronchetti, che il 16 novembre 1903 gli scrisse: « Illustre amico, Ebbi la gradita tua commendatizia per Mons. Pietro Maffi e mi do premura di parteciparti che in una delle prime adunanze di ministri avrò cura di sottoporre alla deliberazione del Consiglio dei Ministri la di lui domanda per [il] civile riconoscimento ad Arcivescovo di Pisa. Occorre però ti avverta che, giu154 155
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.46 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 158 Pisa, 19 nov[embre] 1903
Eccellenza! Questo si chiama essere « uomo di parola », titolo di onore molto raro oggidì. Io La ringrazio con tutto il cuore, anche a nome di S. E. Mons. Maffi, cui riferii tosto la notizia. Senza indiscrezione, ma incoraggiati da questo primo sperimento felice, attendiamo ora l’esito del Suo: « Curerò che si faccia subito ». Mi permetta soltanto, come informazione di fatto, di avvertire che se per leggi Leopoldine sta il diritto del Governo di fruire di un anno intero della Mensa vacante, non mancano esempi frequenti di una abbreviazione notevole di quel termine. In ogni modo, creda alla riconoscenza dell’ill[ustre] Prelato, alla mia sincerissima, anzi di tutti i buoni. Devotiss[imo] Prof. G. Toniolo
IV.47 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 159
Pisa, 23 nov[embre] 1903, hr. 20.35 Commosso suo zelo, ringrazio vivamente [a] nome [di] tutti [i] buoni cittadini. Toniolo sta le norme vigenti in materia beneficiaria, si suole per la Toscana osservare il termine d’un anno di vacanza dei benefici ecclesiastici prima di porre in esecuzione i decreti riguardanti i nuovi titolari. Questo termine, per la Mensa di Pisa, scadrebbe il 21 marzo venturo; ma ad ogni modo, dopo la deliberazione del Consiglio, vedrò di agevolare la cosa, dando corso al decreto, anche in considerazione delle autorevoli premure da te fattemi ». Nel margine superiore del recto Luzzatti annotò di suo pugno: « Personale e al solo amico Toniolo, perché legga e mi restituisca raccomandata a Roma dopo averne dato notizia a Mons. Maffi, coi miei ossequi. Farò che si faccia subito. Saluti cordiali, L.L. » (ALV, b. 76, fasc. Scipione Ronchetti, lettera del 16 novembre 1903). 158 Ibid., b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 27, lettera originale, « personale », autografa. 159 Ibid., doc. 28, telegramma.
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IV.48 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 160 Pisa, 2 aprile 1904
Eccellenza! Perdono se mi dirigo a V[ostra] E[ccellenza] riservatamente, sebbene l’argomento abbia qualche attinenza con cose pubbliche. Poiché, colla solita Sua bontà, già da parecchi mesi mi scrisse che questa « Sezione Italiana » sarebbe stata chiamata a partecipare al Consiglio del Lavoro, così oso chiedere a V. E. nell’interesse dei Soci, se questa premessa o speranza sarà eventualmente tradotta in atto. E per l’intento desiderato di nuovo mi raccomando a Lei. Colgo l’occasione per unire ai miei ossequi profondi quelli del prof. Stefano Bauer di Basilea, che in questi giorni fece una breve gita in Italia. Abbia inoltre tanta benevolenza di riguardare l’accluso Vigliettino; certo che se giustizia e convenienza lo consentono, la domanda troverà presso V. E. favorevole accoglienza. Con perfetta osservanza devotiss[imo] prof. G. Toniolo dell’Univ. di Pisa
IV.49 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 161
Pisa, 29 aprile 1904 Eccellenza! Io non so se io sia o possa apparire indiscreto. Ma nel nome e nell’interesse di questa Sezione Italiana, oso chiedere a V. E. se fosse possibile ottenere copia o elenco [di] notizie particolareggiate del Trattato colla Francia
160 Ibid., doc. 29, lettera originale autografa. « Personale ». Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ». 161 Ibid., doc. 30, lettera originale autografa. Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ».
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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per la tutela del Lavoro162; ciò che risale a tanto onore del nostro paese e di V. E. medesima. Con perfetta osservanza. Umiliss[imo] Prof. G. Toniolo della R. Univ. Presid[ente] Sez[ione] Ital[iana]
IV.50 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 163 Roma, 6 luglio 1904
Egregio Professore Le sono ben grato della sua cortese lettera del 2 corrente164 con la quale mi chiede se mi convenga la data del 25 settembre prossimo per l’Assemblea dell’Associazione per la protezione legale dei lavoratori. Le cure del mio Ufficio non mi consentono di assistere, come vorrei, alla importante riunione. La prego di scusarmi e ringraziare a mio nome anche gli amici consoci del desiderio manifestato di avermi con loro nella prossima assemblea. 162 Allo stato attuale delle ricerche non sappiamo se il Luzzatti abbia fornito tutto il materiale richiesto. Quanto al trattato italo-francese del 1904, esso « distribuiva con equilibrio » oneri e vantaggi. In particolare, la Francia « si impegnava ad accogliere le richieste dell’Italia in materia di tutela degli emigranti (facilitazioni per il trasferimento dei risparmi, estensione delle norme sulle assicurazioni sociali, mantenimento delle misure di tutela già accordate) in cambio dell’impegno » alla reciprocità. Si trattava della « prima convenzione di lavoro » stipulata tra due Paesi, in forza della quale si riconoscevano « l’interdipendenza delle legislazioni sociali, la necessità di unificarle, il principio della territorialità delle leggi di protezione » e quello della « compensazione bilaterale ». Si riconoscevano inoltre « l’estensione della legislazione stessa a persone che vivevano all’estero, l’istituzione di forme di ispezione del lavoro […], il diritto per uno Stato di sorvegliare lo sviluppo e l’applicazione delle leggi sociali nell’altro contraente » (Storia dell’emigrazione italiana, II, a cura di P. Bevilacqua – A. De Clementi – E. Franzina, Roma 2009, pp. 441-442). Sull’argomento cfr. De Feo, I trattati di lavoro cit.; L. Luzzatti, Note sul trattato di lavoro tra l’Italia e la Francia, in Nuova antologia, 16 gennaio 1916 (ora in LOS, pp. 872-880). 163 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4273, lettera su carta intestata: « Il Ministro del Tesoro », con stemma reale, indirizzata al « Ch.mo Prof. Giuseppe Toniolo, R[egia] Università di Pisa ». Sono autografe solo la firma e la postilla. 164 A tutt’oggi non reperibile.
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CARTEGGIO
Colgo ben volentieri l’occasione per ripetermi con distinta considerazione, L. Luzzatti
[Postilla] Saluti cordiali. Difesi Bonomelli da Ministro165. Ne sono lieto.
IV.51 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 166
Padova, 2 ott[obre] 1904 Ill[ustre] Commendatore e Professore! Mi permetto di scrivere a Lei, non come a Ministro, ma come Membro ill[ustre] di questa « Association » e Delegato del Governo italiano per conto della nostra Sezione. E scrivo non solo in nome mio, quale Presidente della stessa Sezione, ma ancora del Segretario Avv. Prof. A. Boggiano, qui presente, reduce dalla Assemblea di Bâle. Come avrà inteso dall’egr. Comm. Belloc, ill[ustr]e uomo dal quale Ella facevasi rappresentare presso quella Riunione (di che le siamo gratissimi), l’esito di questa fu per ogni rispetto soddisfacentissimo. E in modo particolare tornò essa di compiacenza alla Sezione Italiana, la quale, d’accordo con quella belga, avea proposto e sostenuto che ivi si prendesse in considerazione speciale e ben meritata la Convenzione italo-francese per la tutela dei rispettivi operai, e che avea all’uopo pubblicato alcuni documenti e scritti, fra cui uno del mio amico Prof. A. Corsi di D[iritto] Internazionale, perché servissero di base alle discussimi eventuali ed alla ulteriore esten165 Sulle relazioni con il vescovo di Cremona, per il quale Luzzatti nutriva grande stima (ricambiata) e con il quale dialogava intorno ai problemi della libertà religiosa e dei rapporti Stato-Chiesa, cfr. LMC, II, pp. 552-554; Zambarbieri, Luigi Luzzatti e la crisi modernista cit., pp. 506-507, 509, 527; id., Appunti su un carteggio Bonomelli-Luzzatti, in Humanitas 54 (1999), pp. 1099-1115. Merita citare la definizione che il Luzzatti diede di sé in una lettera al Bonomelli del 18 settembre 1903: « un deista che sente e ammira l’idea religiosa in qualsiasi prisma se ne franga la luce, ma ne distingue le spirituali ascensioni traverso la storia » (LMC, III, p. 114). 166 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 31, lettera originale autografa. Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ».
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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sione di quelle norme ad altri Stati, in ispecie per il tema della indennità degli infortuni del lavoro. Mi gode l’animo di ripeterle che l’accoglienza di quel felice sperimento diplomatico da parte dell’Assemblea fu oltremodo calda, espansiva, sentita; e mentre votavasi che l’iniziativa trovasse pronti e larghi imitatori negli altri Stati, il merito ed il plauso unanime si fece giustamente risalire a Lei, che ne fu prencipale autore. E l’elogio si ripercosse e si ampliò siffattamente a tutta la Sezione italiana, eh forse, anche per ciò, fu proposto di tenere la prossima riunione in Italia. N’abbia perciò, ill[ustre] Comm[endatore], le nostre grazie vivissime. Ora pur troppo le dolenti note; non senza fiducia che Ella riesca a renderle gioconde. L’Association, finanziariamente167, non naviga in buone acque; e insiste per un maggior contributo da parte delle Sezioni e in ispecie dei Governi ivi rappresentati. Né si mancò di rilevare, che mentre gli altri Stati tutti, comprese da ultimo Germania ed Austria-Ungheria, vi contribuiscono con migliaia di lire annue, di recente aumentate (da 4 [a] 10 mila £.), solo il Governo dell’Italia si tiene fermo alla meschina somma di £. 1000; sproporzionatissima colla sua importanza economica e politica. Io con franca confidenza mi raccomando a Lei, perché curi di tradurre in atto le Sue gentili promesse, rinnovate testé al Segr[etario] Avv. Boggiano, di recare il contributo dell’Italia almeno a 2000 lire; dandomene quanto è più possibile sollecito avviso, perché ne possa, a decoro del paese stesso, avvertire il Bureau dell’Association. Del pari oso rinnovarle coll’Avv. Boggiano l’altra preghiera della ammissione di talun Membro della nostra Sezione al Consiglio Superiore del Lavoro168. Mentre in tutti gli Stati i Soci delle rispettive Sezioni dell’Association, precisamente allo scopo di agevolare le corrispondenze fra l’ente privato e l’Ente pubblico in pro’ della Legislazione operaia, formano nei Consigli Superiori del Lavoro il nerbo di essi, o almeno vi esercitano l’influenza più rispettata, i Colleghi dell’estero fanno meraviglia e quasi scandalo che il Governo italiano non abbia ancor chiamato nei suoi Consigli alcun membro della nostra Sezione. Non è dunque ambizione personale, ma il desiderio di concorrere al lavoro comune, a somiglianza degli altri paesi, che mi suggerisce di ri Nell’originale è sottolineato due volte. Sul quale cfr. Il Consiglio superiore del lavoro (1903-1923), a cura di G. Vecchio, Milano 1988; V. Saba, Le organizzazioni di resistenza nel Consiglio superiore del lavoro, in Sindacalismo 3 (1966), luglio-agosto, pp. 3-34; settembre-ottobre, pp. 3-34; M. Abrate, Il Consiglio superiore del lavoro, i sindacati cattolici e la Confederazione dell’industria nell’età giolittiana, in Bollettino 10 (1975), pp. 46-63; A. Cova, Economia, lavoro e istituzioni nell’Italia del Novecento: scritti di storia economica, Milano 2002, pp. 39-42. 167 168
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CARTEGGIO
volgermi anche perciò a Lei, perché solleciti, colla autorità che riveste, le dovute provvidenze del Ministero. Con nuove grazie e proteste di devozione, mi professo Devot[issimo] Prof. G. Toniolo Presidente della Sezione ital[iana] Antonio Boggiano Segretario della Sez. It.
IV.52 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 169 Roma, 11 febbraio 1905
Caro Prof. Toniolo, Ho ricevuto la gradita sua del 2 corrente con annessi documenti. Volentieri mi occuperò, e con sollecitudine, della questione che lei mi accenna e mi riservo darle, appena possibile, una risposta. Intanto ringraziandola delle sue cortesi espressioni, le porgo i miei più cordiali saluti. L. Luzzatti [Postilla] Saluti cordiali. Provvederò.
169
BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4328; sono autografe solo la firma e la postilla.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
177
IV.53 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 170 Roma, 2 maggio 1905
Egregio signore e amico, Il suo libro [L’odierno problema sociologico: studio storico-critico, Firenze, Libreria editrice fiorentina, 1905]171, che leggerò subito di un fiato, mi coglie in un momento di irritazione contro il Congresso di Psicologia172, donde quasi tutti vollero ammettere come cosa privata l’annientamento dell’anima, perché gli stromenti più delicati del fisiologo non l’hanno trovata! Ma quanto mi dolgo che Ella non abbia letto il mio breve cenno su Buckle173, che ha il merito di essere stato pubblicato nel 1876 e conteneva
170 Ibid., doc. 4349. Nel margine del recto: « L’ignoranza di tanti inni! Inni al nulla! Mentre tutta la scienza è in via di pentirsi ». Il doc. 4703 è una lettera del Luzzatti non al Toniolo, ma a Gaetano Schiratti. 171 Il volume nacque da una serie di saggi, il primo dei quali (Il supremo quesito della sociologia e i doveri della scienza nell’ora presente), suddiviso in cinque parti, fu pubblicato nella Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 32 (1903), pp. 169-196; 33 (1903), pp. 18-47; 35 (1904), pp. 161-177, 321-345, 481-509. Seguì una commemorazione di Spencer (ibid. 34, 1904, pp. 321-334, 485-516). Questi scritti, variamente rielaborati e con l’aggiunta di un capitolo, il VII, confluirono nel volume del 1905 (cfr. TPS, pp. XVII-XIX). 172 Cfr. Atti del V Congresso internazionale di Psicologia tenuto in Roma dal 26 al 30 aprile 1905 sotto la presidenza del Prof. Giuseppe Sergi, pubblicati dal dott. Sante De Sanctis, vicesegretario generale del Congresso, Roma 1906. 173 L. Luzzatti, La legge di evoluzione nella scienza e nella morale, in LDL, pp. 197-210 (il testo fu letto inizialmente all’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti il 15 agosto 1876); id., L’elemento morale nel progresso secondo la dottrina di Buckle, in LDL, pp. 211-218 (pubblicato nella Gazzetta di Venezia, 5 settembre 1876, nr. 265). In un primo momento (1865) Luzzatti aveva espresso ammirazione incondizionata per l’opera del Buckle (il lavoro è « stupendo »; in esso « con nuovo e meraviglioso ardimento » si considera l’economia « come fattore principale della storia della civiltà »; quest’opera è « una foresta di idee nuove e il mio pensiero ne rimane commosso e sbalordito »); in un secondo momento (1876) sviluppò una confutazione della tesi deterministica che soggiace al testo, prendendo pure le distanze dal Messedaglia, non tanto per il diverso giudizio da lui espresso sulle carenze di scepsi storica nell’autore inglese, quanto piuttosto per il carattere di invariabilità che la History of Civilization in England riconosce ai principi etici, nonché per il riconoscimento di un valore universale attribuito alle teorie dell’economia politica classica. Tra i critici del Buckle: P. Villari, Tommaso Enrico Buckle e la sua « Storia della Civiltà » [1883], in id., Arte, storia e filosofia. Saggi critici, Firenze 1884, pp. 221-271; B. Croce, Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono, II, Bari 19644, pp. 73-74. Cfr. Pertici, « Religioni libere entro lo Stato sovrano » cit., pp. 181-190; Margiotta Broglio, Luzzatti e la libertà di coscienza cit., pp. XLIX-LXIII; id., Francesco Ruffini e il « Corriere della sera », in Diritti delle coscienze e difesa delle libertà. Ruffini, Albertini e il « Corriere » 1912-1925, Milano 2011, pp. 9-109: M. Toscano, Luigi Luzzatti e l’ebraismo, in Luzzatti, Discorsi parlamentari, I, cit, pp. LXV-LXXXIV; Zambarbieri, Introduzione cit., pp. XI-LIV.
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CARTEGGIO
in [nuce] tutte le ragioni che si dissero poi e che si ripetono ora. Nel 1876 era ancora il periodo dell’inebriamento contro ogni metafisica! Mi voglia bene e mi creda quale suo profondo estimatore. L. Luzzatti [P. S.] E l’ignoranza di tanti inni! Inni al nulla! Mentre tutta la scienza è in via di pentirsi!
IV.54 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 174 Pisa, 3 maggio 1905
Ill[ustre] Commend[atore], Perdoni se rispondo per cartolina. Le sono molto grato di aver gradito il mio volume e di aver così vivacemente una volta di più rilevato l’importanza del bene, dello spiritualismo e della religione nella scienza e nella vita. Ma se Ella avrà tempo e coraggio di leggere il mio scritto, vedrà che io non la ho dimenticata di citare nemmeno a proposito della confutazione del Buckle (St[oria della] Civ[iltà in] Ingh[ilterra]); che io rammentavo benissimo175, sebbene nell’atto176 che io la ricordai non avessi la monografia sott’occhio: vedi pag. 24-25 e pag. 33; e di nuovo, a proposito del Romanes177, [pag.] 117.
Inoltre: L. Luzzatti, Dio nella libertà: scritti scelti sulla libertà religiosa e relazioni tra Stato e Chiese, a cura di L. De Gregorio, Tricase 2013 (con nota biografica redatta da M. Miele, pp. 7-17); Franchini, « Infine siamo i due soli » cit. 174 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 32, cartolina postale; testo autografo. 175 TPS, pp. 10, 39, 50, 51, 83. 176 Nell’originale si legge « alto », non atto. Il lapsus calami è evidente. 177 Su di lui il Toniolo esprime il seguente giudizio: « La conversione di G. J. Romanes, materialista, il migliore allievo di Darwin, raffigurava l’avvenimento più decisivo nella storia di tale problema odierno, che io intitolerei: Dio nella scienza. Romanes, pieno di fede negli anni giovanili, come Darwin la vede a poco a poco scolorire sotto il peso delle nuove dotttrine; ma negli ultimi tempi della vita ritorna al cristianesimo con un ardore che lo infiamma e lo innalza […]. Certo è che, dopo aver tutto investigato, tutto saputo e di ogni dottrina dubitato, nessun labbro umano ha con maggior fervore cantate queste grandi parole: Fecisti nos ad te, Domine, et inquietum cor nostrum donec requiescat in te » (TPS, pp. 160-161 nt. 1). Ciò – aggiunge – è ben presente al Luzzatti, il quale ne tratta « nel discorso dotto e nobilissimo
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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Anzi nell’insieme vedrà che mi provai di rendere più completa possibile per riguardo alle fonti questa pagina troppo ignorata fra noi e spesso combattuta di storia del pensiero moderno. Ciò è triste sintomo della inferiorità e decadenza degli studii forti e indipendenti in Italia; di cui appunto l’altro sintomo è il Congresso odierno di Psicologia, mentre in quello di Ginevra dell’autunno scorso lo spiritualismo avea trionfato. Del resto godrei seguisse il maturarsi di questi indirizzi in Tarde178, Stein179 e sopra tutto Kidd180, di cui pochi discorsero, ma che inaugura un periodo nuovo181 nella Sociologia. Scusi. Si riposi e si conforti delle passate fatiche negli studii, attendendo fidente l’avvenire. G[iuseppe] T[oniolo]
Sulle idee filosofiche e religiose di Darwin […], tenuto nella Regia Accademia dei Lincei il 7 gennaio 1901, nei Rendiconti dell’Accademia » (ibid.). 178 Gabriel Tarde (1843-1904), cattedratico di filosofia moderna al Collège de France, in opposizione alle teorie di Cesare Lombroso, sosteneva che la genesi della criminalità fosse da ricercare nel contesto psicologico e sociale del soggetto. Poneva la psicologia (in particolare quella economica) alla base della sociologia. Fra le sue opere: La philosophie pénale (1890), Les lois de l’initiation (1890), Les transformations du droit (1893), Les lois sociales (1899), L’opinion et la foule (1901). Cfr. TPS, pp. 57, 82, 85, 95, 167, 169, 175-188, 207, 210, 270. 179 Ludwig Stein (1859-1930), ungherese, studiò nelle università di Berlino e Halle (laurea in filosofia nel 1880), nonché al Seminario teologico ebraico di Berlino. Nel 1886 divenne docente privato presso l’Università di Zurigo, nel 1889 incaricato al Politecnico della stessa città, nel 1881 e fino al 1909 professore di filosofia a Berna. Fondò la rivista Archiv für Geschichte der Philosophie (1888). Fu presidente dell’« Institut international de sociologie ». Tra i suoi lavori: Die soziale Frage im Lichte der Philosophie, Stuttgart 1897 [19032; trad. francese e russa: 1900; traduzione giapponese: 1923], del quale il Toniolo scrisse: « consta di tre parti, di cui la seconda è un saggio veramente erudito di una storia della filosofia sociale (intesa come sociologia) ». Cfr. TPS, pp. 57-58 nt. 1, 82, 84, 143-144, 167, 188-192, 194-205, 207, 208. 180 Benjamin Kidd (1858-1916), fautore del darwinismo, pubblicò nel 1894 la sua opera maggiore, Social Evolution, nella quale cercò di dimostrare che lo sviluppo storico dell’umanità doveva essere considerato non diversamente da quello biologico. Tra gli altri lavori: The Principles of Western Civilisation (1902). Il Toniolo, che gli riconobbe « originalità di pensiero », « indipendenza di carattere », « profondità di convinzioni », riassunse il suo contributo scientifico nella seguente proposizione: per lui « la religione è fattore supremo di civiltà, non già soltanto come sentimento soggettivo, ma come istituzione oggettiva imperante, la cui funzione è così decisiva nella storia da confondersi con la legge stessa del progresso civile, in armonia con la legge positiva universale di evoluzione » (TPS, p. 209). 181 Nel margine superiore del recto sono scritte tutte le parole che seguono « nuovo ».
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CARTEGGIO
IV.55 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 182
Pieve di Soligo, domenica, 1 [luglio 1906]
Ill[ustr]e Profess[or]e ed On. Deputato! Sono qui per la morte deplorata del mio cognato dilettissimo Renato Schiratti183. Eppure nella mia profonda afflizione, non posso trattenermi di inviarLe modestamente, ma con sensi di sincera ed antica ammirazione, congratulazioni per l’annunzio della operazione di conversione della rendita184, accettata con plauso unanime dai poteri costituiti e dal paese. E godo in particolare di una cosa; ed è che tutti riconoscano in Lei (senza scemare il merito di altri e continuati cooperatori)185 il vero autore di questa operazione, destinata a raffermare con un solenne e spero feli cissimo sperimento i progressi solidi e duraturi della patria. Sì, il merito è Suo; e ciò per la tenacità di propositi e la sicura visione dell’avvenire, che Ella già sempre addimostrò, come nell’ordine delle idee ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 49, lettera originale autografa. Figlio di Antonio Schiratti (farmacista a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso) e di Emilia Degli Arrigoni, dunque fratello di Gaetano (avvocato) e di Tommaso (egli pure farmacista). Cfr. Vistalli, Giuseppe Toniolo cit., pp. 78-79. 184 Si riferisce alla « grande » conversione della rendita 5 per cento lordo, la cui legge, presentata alla Camera il 29 giugno 1906, fu approvata in poche ore, firmata dal re e pubblicata il giorno stesso nella « Gazzetta ufficiale ». Come già accennato (cfr. III.14), essa rappresentò una riforma strutturale della finanza pubblica in Italia, consentendo una significativa riduzione del carico degli interessi sul debito sia fluttuante che consolidato. L’operazione fu resa possibile dal concorso di numerose circostanze favorevoli, quali l’inversione in chiave espansiva del ciclo economico mondiale, il prolungato attivo della bilancia dei pagamenti, l’aumento delle riserve metalliche degli istituti di emissione, l’incremento delle rimesse degli emigrati, il massiccio rientro dei titoli di Stato collocati all’estero. Vero « capolavoro di tecnica e politica finanziaria » (E. Corbino), la conversione fu lungamente preparata dal Luzzatti, che però non poté vararla formalmente, a causa della crisi del primo ministero Sonnino (8 febbraio – 29 maggio 1906). Ciò nondimeno, benché non più al governo, Luzzatti continuò a seguire, per incarico di Giolitti, insieme col ministro del Tesoro Angelo Majorana, le trattative condotte da Bonaldo Stringher, che si conclusero nel giugno 1906 mediante un consorzio finanziario francese, tedesco e britannico. Con la « grande » conversione della rendita il saggio venne portato dal 5 al 3,75 per cento per un quinquennio e poi, automaticamente, al 3,5 per cento. Cfr. Ballini, Luigi Luzzatti e la conversione della rendita cit., pp. 297-347; M. De Cecco, L’Italia e il sistema finanziario internazionale: il contributo di Luigi Luzzatti, in Finanza e debito pubblico in Italia tra ‘800 e ‘900. Atti della seconda Giornata di studio su Luigi Luzzatti (Venezia, 25 novembre 1994), a cura di P. Pecorari, Venezia 1995 (Biblioteca luzzattiana. Fonti e studi, 4), pp. 239-246. 185 Soprattutto Bonaldo Stringher. 182 183
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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filosofiche nel vindicare lo spiritualismo e vorrei dire il Cristianesimo, così nell’ordine della vita sociale e politica nel propugnare e attuare la cooperazione, e nell’ordire i nostri sistemi di scambi internazionali! Sta in queste concezioni organiche della Sua mente, avvalorate da retta coscienza e da perdurante operosità, il valore dello scienziato e dell’uomo di Stato. E la storia le sia giusta dispensatrice di meritati onori; e il buon Dio (Ella non disdegna che qui lo invochi) largo rimuneratore con ogni specie di ricompensa. Questo le dico con sincerità di studioso, di cittadino e di schietto e convinto cattolico, che più di ogni altro ha il diritto e il dovere di riconoscere e ammirare gli uomini valorosi ed onesti. Dalla legge saranno sacrificati enti ecclesiastici ed opere pie186. Ma non si possono escogitare altri modi indiretti di compenso? Tutto ciò a nome pure del mio cognato Gaetano, egli pure sofferente in salute. Dev.mo Prof. G. Toniolo
186 Per ragioni non dissimili da quelle che L’Osservatore romano del 3 luglio 1906 (La conversione della rendita. Una inaspettata questione giuridica nella conversione della rendita; cfr. anche Intorno alla conversione, 5 luglio 1906) così esponeva: « Ora fate il caso che vi sia una categoria di detentori, i quali siano obbligati dalle leggi a reinvestire i loro capitali in rendita pubblica. [Essi] non potranno recarsi alle casse del governo e dire: “Noi, usando dell’alternativa che voi ci ponete, scegliamo il partito di farci da voi rimborsare il capitale del consolidato”. Nol potranno perché il Governo direbbe loro: “A che cosa serve il rimborso, quando voi siete obbligati daccapo ad investire il capitale rimborsatovi in rendita dello Stato; tenetevi dunque il vecchio consolidato e subite la diminuzione della rendita al 3,75 per cento”. Dato ciò, ne viene per necessità giuridica quest’altro ragionamento: “Se la legge intanto riduce l’interesse al 3,75 in quanto il creditore non abbia fatto valere il suo diritto di farsi rimborsare il suo credito, la legge stessa non potrà applicare quella riduzione a quei creditori ai quali essa stessa imponga di tenere i capitali rinvestiti in rendita e quindi tolga il modo di farseli rimborsare”. E questo ragionamento ci sembra deve farsi riguardo alle Opere pie, agli enti ecclesiastici, a tutti coloro insomma i quali, non avendo libertà di scelta nello investimento dei loro beni, non hanno possibilità legale di usare della scelta che la legge di conversione pone a base della conversione stessa ».
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182
CARTEGGIO
IV.56 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 187 Pisa, 2 sett[embre] 1906
Ill[ustrissi]mo Profess[ore] e Comm[endatore] L. Luzzatti! V. S. ha già certamente ricevuto da tempo Invito direttamente dall’Ufficio Centrale dell’« Association internationale » di Basilea, di voler onorare della Sua presenza e avvantaggiare della Sua singolarissima competenza la quarta Assemblea Generale di questa « Association », che si terrà in Ginevra nei giorni 26, 27, 28, 29 corr. settembre. In prossimità al solenne ritrovo, mi permetto, nella mia qualità di Presidente della Sezione italiana, di porgere a V. S., in nome di questa, particolarissima preghiera di volervi intervenire come Rappresentante permanente ufficiale, già da più anni, dietro nostra preghiera, designato dal Governo Italiano; come il Co[nte] E. Soderini lo fu per la S. Sede. Né Le nascondo che una delle ragioni che accresce questa volta il valore del nostro convegno di Ginevra188 è la sua prossimità per tempo della Conférence diplomatique convocata a Berna il 17 corr. mese, « en vue de la conclusion des Traités internationaux du travail », in cui V. S. ebbe parte così originale e decisiva; donde è speranza comune che i Rappresentanti diplomatici, e V. S. innanzi a tutti, trapassino a Ginevra ad onorare l’assemblea della Assoc[iazione] int[ernazionale], che ai Trattati del lavoro, sempre e non senza efficacia, dal primo suo inizio in Parigi (1900). si interessò. Egli è perciò che il sottoscritto sì permette di insistere nella sua preghiera verso V. S., scorgendo fin d’ora nella benevola accondiscendenza di V. S. un prezioso profitto per la causa del lavoro internazionale e un grande onore per il nostro paese. Con profonde grazie devotiss[imo] Prof. G. Toniolo dell’Univ. di Pisa Presid[ente] d[ella] Sez[ione] Ital[iana] Il Segretario Prof. Ant[onio] Boggiano dell’Univ[ersità] di Genova 187 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 33, lettera originale autografa. Carta intestata: « Association internationale pour la protection légale des travailleurs. Sezione italiana ». Nel margine del recto, scritto a matita: « Adoperata [da] El[ena] de Carli ». 188 Cancellato con due tratti di penna: « Basilea ».
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.57 L uigi L uzzatti
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G iuseppe T oniolo 189 Roma, 8 sett[embre] 1906
Caro Toniolo, Sono stanco del molto lavoro passato; sto preparando il seguito del mio corso per l’Università di Roma sulla libertà religiosa190 e sto compiendo degli studi gravi di finanza e di economia.
BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4542, lettera originale autografa. Il corso, iniziato nel dicembre 1906, terminò nel maggio 1907. Luzzatti svolse il tema della libertà religiosa e, in particolare, quello della superiorità dell’Asia antica e moderna nella dottrina e nelle applicazioni di tale libertà (prolusione); inoltre, ne espose i principi fondamentali come « saggiatore » delle attitudini delle nazioni al sano uso di tutte le altre libertà costituzionali (terza lezione); illustrò quindi la « separazione degli Stati dalle Chiese negli Stati Uniti di America »; l’origine delle colonie inglesi negli Stati Uniti; il pensiero e l’azione di Roger Williams nello Stato di Rhode Island e nel Mariland (quinta lezione); la Costituzione degli Stati Uniti e la libertà religiosa politicamente e giuridicamente determinata; quest’ultima sotto la custodia della suprema autorità giudiziaria (sesta lezione); « le leggi sulla libertà religiosa nei singoli Stati della Repubblica americana del Nord; le Chiese, pei beni che posseggono e raccolgono […], vivono nello Stato regolatore supremo di queste materie con le Leggi e con le Istituzioni; il contenuto di esse può consacrare o restringere la libertà; le Chiese libere in Stato sovrano (settima lezione); la legislazione dello Stato di New York; la legge fondamentale sui culti; le leggi speciali sui singoli culti per conformarli alle loro vocazioni particolari; l’esame di queste leggi sui testi originali (ottava lezione); la storia del culto cattolico nello Stato di New York (nona lezione). Quanto alle restanti lezioni, sintetizzando: le leggi sui singoli culti in relazione a quello cattolico e alle proprietà assegnate; l’America latina e il caso del Messico; le basi psicologiche delle leggi di separazione; il caso francese da Napoleone alla legislazione più recente; il caso italiano; Dante, Marsilio da Padova, Machiavelli; la legge delle Guarentigie; Gioberti, Cavour, Minghetti, Pantaleoni, Passaglia, Bismarck, i Paesi protestanti, il Belgio. Quando il 4 marzo 1907 Orlando divenne ministro di Grazia, Giustizia e Culti nel terzo governo Giolitti e dovette sospendere l’insegnamento, gli studenti chiesero che fossero svolti dal Luzzatti i seguenti temi: « Diritti e doveri dei cittadini. Lo Statuto e le leggi costituzionali nelle loro relazioni con la finanza. L’ordinamento costituzionale del potere giudiziario. I caratteri specifici delle odierne democrazie. Forma e sostanza nello studio di esse. Istituti costituzionali intesi a correggere le esuberanze e gli errori delle democrazie. Influenze dei lavoranti e del socialismo sugli ordini costituzionali » (Regia Università di Roma, Diritto costituzionale. Programma delle lezioni fatte dal Prof. Luigi Luzzatti, anno accademico 1906-1907, Stab. Tipo-Litografico A & V. F.lli Ferri, Roma 1907). Cfr. LMC, III, pp. 192-204. Le lezioni svolte due anni dopo, raccolte da Riccardo Ventura e vertenti su questioni nel complesso diverse, sono state di recente pubblicate: L. Luzzatti, Lezioni di diritto costituzionale. Università di Roma 1908-1909, introduzione di M. Ainis, presentazione di C. Sforza Fogliani, postfazione di G. De Lucia Lumeno, Soveria Mannelli 2016. 189 190
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CARTEGGIO
Mi rappresentino lei e Boggiano a Ginevra: c’è consustanzione di idee e di aspirazioni nella questione dei trattati di lavoro fra noi e nei grandi problemi internazionali sul lavoro. Saluti grati e affettuosi. L. Luzzatti [P. S.] Pisa o far [pro]seguire [per] Pieve di Soligo Veneto.
IV.58 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 191 Pisa, 16 nov[embre] 1906
Eccellenza192! Intitolo così perché Ella sappia che io sono fra i molti (e per sincerità di sentire fra i primi) che mi compiaccio, come di una giustizia, della dignità di Ministro di Stato193, di cui Ella può andare legittimamente orgoglioso. E se non Le scrissi prima, fu per la cagione che or mi suggerisce questa mia. Tutto l’autunno fui preoccupatissimo per la salute di mio cognato Gaetano Schiratti, la cui salute, già insidiata da qualche anno da malattia di fegato, da ultimo precipitava. Tuttavia, pochi giorni fa, mi azzardai di ritornare a Pisa. Ma un telegramma di lui stesso, in un momento di maggiore depressione, mi richiamava al suo letto; e adempiuto il meglio che mi fosse possibile dietro gli impulsi del cuore gli uffici di carità confortatrice, lasciata colà a sua assistenza mia moglie, in sul partire di nuovo per Pisa,
191 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 34, lettera originale autografa su carta listata a lutto. 192 Sottolineato due volte nell’originale. 193 Luigi Luzzatti fu ministro del Tesoro nel primo governo Sonnino dall’8 febbraio al 29 maggio 1906. Come ministro del Maic partecipò pure al secondo governo Sonnino dall’11 dicembre 1909 al 31 marzo 1910. Accettando il Maic, si proponeva, tra l’altro, di costituire il Ministero del lavoro e di dargli « la piattaforma sulla quale svolgere l’azione riformatrice compresa nel suo programma » (LMC, III, p. 355). Tra i punti di forza, la nascita di una Banca del lavoro, sulla quale cfr. V. Castronovo, Storia di una banca. La Banca Nazionale del Lavoro e lo sviluppo economico italiano 1913-1983, Torino 1983 (Biblioteca di cultura storica, 151), pp. 3-80. Coerente con tale obiettivo sarà più tardi (r.d. 15 agosto 1913, nr. 1140) l’Istituto nazionale di credito per la cooperazione.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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mi incaricò di informare l’amico Prof. Luzzatti del suo stato; e di ripetergli le sue felicitazioni ed auguri. Adempio anche a questo mandato, unendomi al pensiero ed ai sensi affettuosi e riconoscenti del cognato verso di Lei; augurandomi che questo non sia un vale estremo. Il buon Gaetano invero non versa ancora in uno stadio di pericolo acuto e immediato; ma l’esaurimento crescente delle forze, per la malattia cronica che lo consuma, non lascia umanamente speranza alcuna. Ed egli veramente, che la fede non perdette completamente mai, ormai non fida che in Dio. Ma Ella, che Dio stesso con tanta larghezza arricchì di mente e cuore, e che è estimatore equanime delle benemerenze del caro mio cognato, comprenderà troppo bene l’angoscia che ci preme. In luglio perdemmo Renato, ora il fratello minore forse a non lunga distanza lo seguirà! Valgano queste stesse espressioni ad attestarle la confidenza amichevole che le professiamo. Dev.mo Prof. G. Toniolo
IV.59 L uigi L uzzatti
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G iuseppe T oniolo 194 Roma, 29 nov[embre] 1906
Caro Toniolo, Mi chiami Professore; ella sa a prova che non sono cercatore di onori e di fasto e che la mia vita si svolge tra la famiglia, il popolo, la scienza e la cosa pubblica, severamente. Ciò che mi dice della salute di Gaetano mi rattrista profondamente, come amico e come cooperatore. Il bene che suo fratello195 ha fatto io solo lo posso narrare che dal 1870 in appresso ne ho vista e fecondata l’opera modesta e redentrice. Nella cooperazione rurale è una specie di frate laico. E come avviene ai veri buoni, non ne colse il premio, né la gratitudine a lui dovuta. 194 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4715, lettera originale autografa su carta intestata: « Camera dei Deputati », con stemma reale. 195 Sta per cognato, cioè Gaetano Schiratti.
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CARTEGGIO
Quale malattia ha? È esaurimento o vi è vizi organici? E quale alleviamento morale si potrebbe porgergli? Intanto me lo saluti caramente, intimamente, e mi ricordi alla buona signora Toniolo, di cui imagino le afflizioni! A me scendente nella valle degli anni non spetta che morire e ricordare calamità. A lei stringo la mano col ricordo del dolore. L. Luzzatti [P. S.] Mi mandi subito un altro esemplare del suo libro sull’idealismo rinnovato. Lo collocherò bene.
IV.60 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 196 Pisa, 29 dicembre 1906
Ill[ustre] Professore! Passata ora una quindicina di giorni dalla morte del mio caro cognato Gaetano Schiratti, permetta che, colla maggior calma che sempre apporta provvidenzialmente il tempo, la ringrazi in modo più esplicito delle dimostrazioni Sue di affetto veramente sentito verso l’antico amico defunto, cominciando da quel telegramma commovente, a me diretto, a Pieve di Soligo, e che la famiglia conserva come ultima testimonianza del Suo animo nobilissimo. Voleva spedirle oggi un ritrattino con un cenno commemorativo dell’estinto, ma non mi pervenne ancora, e lo farò quanto prima. Certo alcuni ideali comuni congiungevano lui e me a Lei, fra le stesse divergenze, che sono testimonianza dignitosa della nostra autonomia individuale; e qualche fibra in noi avrebbe suonato all’unisono, anche all’occasione del Suo solenne discorso tenuto testé all’Università197. Io La ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 35, lettera originale autografa. Dopo la caduta del primo ministero Sonnino, Luzzatti era tornato all’università e aveva ripreso l’insegnamento romano. Nella prolusione al corso (letta il 16 dicembre 1906) aveva sviluppato, come già detto, il tema della « libertà religiosa », attribuendo all’espressione un significato latitudinario quale non era possibile rintracciare nella « stessa tradizione della Destra storica a cui pure si richiamava, se non forse da Cavour e dai suoi primi seguaci », oltre che da Ferrara. La libertà religiosa, come allora Luzzatti la voleva, doveva ammettere persino « il governo delle anime sulle anime, il giudizio individuale che, per spontanea elezione, piegasi a quello del culto, al quale si appartiene », il tutto sullo sfondo delle recenti vicende 196 197
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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ringrazio anzi di avere una volta di più flagellato a sangue quella condotta goffa, feroce, incivile dei Governanti di Francia198, che colla Religione (ché tutto in fondo è odio a Cristo) tende, come ridirebbe Brunetière, a spegnere l’anima del più generoso fra i popoli latini; ripercuotendosi forse con influenza mortifera anche fra noi. Dio nol voglia; come Ella intanto parve colle Sue parole (che abbastanza alto fecero comprendere, che la libertà religiosa ogni altra genera e compendia) assicurare che vi resisterà fieramente. E sia! Del resto, come significato storico, io serberei qualche dubbio, che Budda, Zaratustra, Confucio rappresentino dei precursori e quasi legislatori della libertà di coscienza in senso proprio. Questa si intende dinanzi alla fede. Ma i loro tempi (propriamente di tutti tre) erano quelli del dissolvimento delle antichissime fedi dell’Asia, e contrassegnati dallo scetticismo religioso, che essi si sforzarono di so stituire con argomenti soggettivi, spesso invero elevati e nobilissimi, di ragione e di sentimento. Ma date queste condizioni storico-psicologiche, le loro affermazioni significavano libertà di opinioni personali e regionali di valor relativo, che rientrano nella filosofia, più che nella Teologia. E forse ciò è raffermato dalla circostanza, addotta da parecchi studiosi della filosofia orientale, che cioè le dottrine di Budda e Confucio sono sostanzialmente atee199. La fede invece è qualche cosa di obbiettivo, che ha per oggetto Dio ed è fondata sulla autorità di Dio, ed è una come Dio stesso, che è Verità per essenza. Ora il grande problema è propriamente questo: come mai questa fede che dobbiamo moralmente accettare e difendere contro ogni contraffazione, e che è fondata sulla autorità (comunque armonizzante colla ragione e col sentimento) possa conciliarsi colla libertà. Questa soluzione non l’ha data che il Cristianesimo, e la compendiava per tutti i secoli Sant’Agostino: « interficite errores, sed diligite errantes ». Prima di Cristo non credo che una concezione simile sia stata con tanta perspicuità ed esattezza affermata e proclamata ai popoli. Ma basta; certo del resto che Ella accoglie benevolmente anche le mie convinte ma rispettose osservazioni. Di Lei e del Suo elevato concetto del Cristianesimo si discorse anche di recente con P. De Besse (ora a S. Refrancesi e nutrendo una profonda diffidenza per la democrazia « anticlericale e massonica » d’oltr’alpe (cfr. Pertici, « Religioni libere entro lo Stato sovrano » cit., pp. 218-221). 198 Si riferisce alla contesa giurisdizionale esplosa in Francia durante la Terza Repubblica e culminata con la legge di separazione fra Stato e Chiesa (1905), cui seguirono le due encicliche di condanna da parte di Pio X: la Vehementer nos (11 febbraio 1906) e la Gravissimo officii munere (10 agosto 1906). Per un quadro d’insieme: J.-M. Mayeur, La séparation de l’Église et de l’État, Paris 1966; J. Lalouette, La séparation des Églises et de l’État. Genèse et développement d’une idée 1789-1905, Paris 2005, pp. 367-416. 199 Simili valutazioni trovano riscontro in TTE, I, pp. 172, 174-175, 299; II, p. 38; V, p. 399.
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mo)200, il quale ebbe squisite sollecitudini, fino all’ultimo, per il caro Gaetano. Le feci inviare ieri un mio Volume, di Introduzione all’Economia201. In essa cercai [di] tesorizzare i risultati della stessa moderna Psicologia e della Storia dei popoli orientali. Vegga (se ne ha la pazienza) dal cap. 4, Premesse positive. In ispecie la Cultura orientale (72 e pagg. seguenti; La cultura ebraica e cristiana (pag. 89 e segg. ). Vegga le conseguenze dei due concetti religiosi pagano e cristiano sull’ordinamento economico distributivo (pag. 274, e segg.). I migliori auguri per l’anno nuovo. G. Toniolo
200 Il cappuccino francese padre Ludovic de Besse (1831-1910) fu coinvolto nella famosa disputa sulla natura delle casse rurali cattoliche e sul loro modus operandi nei confronti delle banche popolari. Per una ricostruzione della querelle: G. Micheli, Le casse rurali italiane. Note storico-statistiche con appendice sulle banche cattoliche d’Italia, Parma 1898, pp. X-XXIII. Inoltre: G. Toniolo, Per la storia del movimento cooperativo. Criteri e documenti, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 9 (1896), pp. 3-27; G. Schiratti, Il credito e il risparmio nelle province venete nel 1900. Relazione all’on. prof. Luigi Luzzatti, Treviso 1902. La posizione del Luzzatti si può così riassumere: a un amico che gli faceva notare come i cattolici adoperassero « armi che noi liberali non abbiamo (il parroco tiene nella piccola Cassa rurale la cedola della confessione e quella del debito; ha due scadenze, la celeste e la terrestre »), rispondeva che, a prescindere dalla scadenza celeste, « i clienti redenti dall’usura, lo sieno da una Banca popolare liberale o da una Cassa rurale cattolica, rappresentano la liberazione economica di fronte alla catena dell’antica servitù » (Bof, Le casse rurali nella Marca trevigiana cit., p. 94). Cfr. gli ottimi lavori di P. Cafaro, tra i quali mi limito a citare: Banche popolari e casse rurali tra ’800 e ’900. Radici e ragioni di un successo, in Le banche popolari nella storia d’Italia. Atti della quinta Giornata di studio “Luigi Luzzatti” per la storia dell’Italia contemporanea (Venezia, 7 novembre 1997), a cura di P. Pecorari, Venezia 1999 (Biblioteca luzzattiana. Fonti e studi, 8), pp. 21-78; La solidarietà efficiente: storia e prospettive del credito cooperativo in Italia, 1883-2000, prefazione di A. Fazio, Bari-Roma 2002; Una lunga giovinezza: chiavi di lettura per la storia del Credito cooperativo, Roma 2010. 201 G. Toniolo, Trattato di economia sociale, I: Introduzione, Firenze 1907. Si tenga presente che nel dicembre 1906 il volume era già stampato e che, su indicazione dell’autore, era iniziata la spedizione delle copie omaggio da parte della Libreria Editrice Fiorentina (TLL, III, p. 95).
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.61 L uigi L uzzatti
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G iuseppe T oniolo 202 Roma, 30 dic[embre]1906
Caro Toniolo, Non [ho] oggi il tempo di risponderle per gravissime faccende mie. Ma mi preme dirle che l’amo più che mai, che mi raccordo con lei alla cara memoria del nostro Schiratti, ma che posso dimostrarle che ha torto sulle sue argomentazioni intorno al Budda, al Buddismo e al Cristianesimo per quanto si tratta alla libertà di coscienza203. S. Agostino divenne uno dei più feroci persecutori. La mia tesi non è nuova, ma è inoppugnabile e mi piacerebbe una pubblica e alta controversia con lei. La asseconderebbe? Auguri mesti a lei e ai suoi dal suo amico L. Luzzatti
IV.62 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 204 Pisa, 30 gennaio 1907
Ill[ustrissi]mo Professore L. Luzzatti, Debbo dirle quanto io Le sia grato e dell’articolo sulla Cooperazione e della proposta al Consiglio Sup[eriore] del Lavoro, risguardante il caro e deplorato cognato mio G. Schiratti? Da Lei, uomo di cuore pari alla mente, io sono sempre disposto ad accogliere, senza sorpresa, queste ed altre affermazioni più commoventi. Ma io sento bisogno di dichiararle che la 202 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4731, lettera originale autografa su carta intestata: « Camera dei Deputati », con stemma reale. Nel margine superiore del recto: « Le mando il mio discorso corretto da alcuni errori; e lo rilegga bene [sottolineato due volte] ». Nel margine laterale del recto: « Mai dalla stessa fede fu tratta la dimostrazione della libertà come nel Buddismo, che è credente senza essere persecutore ». 203 Cfr. A. Zambarbieri, Luzzatti e la cultura dell’Estremo Oriente, in Luigi Luzzatti presidente del Consiglio cit., pp. 325-366. 204 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 36, lettera originale autografa su carta listata a lutto.
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CARTEGGIO
apprezzo altamente, e che la ringrazio ancora una volta a nome dell’intera famiglia Schiratti e dell’affezionatissimo Prof. G. Toniolo
IV.63 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 205 Roma, 10 febbraio 1907
Illustre Prof. Toniolo Nel prossimo mese di settembre, per invito cordialmente accettato dei cooperatori italiani, terrà a Cremona il suo VII Congresso l’Alleanza Cooperativa Internazionale di Londra206. Per accogliere degnamente gli ospiti, sto combinando un Comitato d’onore, da me presieduto, composto dei più noti cooperatori militanti, senza distinzione di parti, e di altre eminenti personalità che alla cooperazione hanno dedicato studi ed opere. Vorrei includervi anche il suo nome così stimato: me lo consente? La pregherei di volermi favorire sollecitamente di una sua riga che spero sarà quale vivamente io la desidero207. Gradisca, egregio Professore, i miei saluti cordiali. Luigi Luzzatti che sta pensando anche all’altra cosa 205 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4757, lettera di mano del Concini; sono autografe del Luzzatti la firma e le parole che seguono, escluso il post scriptum. 206 Alleanza cooperativa internazionale, Relazioni, 7 Congresso tenuto il 19, 20, 21 settembre 1907, Roma 1907. Tra i temi trattati: la cooperazione agraria e all’ingrosso; i servizi che la cooperazione può rendere alle classi operaie e ai piccoli coltivatori nella loro vita giornaliera; le banche popolari. Si vedano di L. Luzzatti, Discorsi d’inaugurazione e di chiusura del VII congresso dell’Alleanza cooperativa internazionale, in LOS, pp. 145-150 (testo in francese). Quasi contemporaneamente (22-25 settembre 1907) si svolse, sempre a Cremona, il VII congresso delle banche popolari italiane, che Luzzatti voleva fosse (e non fu) « una manifestazione concorde di solidarietà nazionale » (LOS, p. 517). In particolare, egli sottolineava la necessità che i capitali crescenti depositati presso le banche popolari non fossero impiegati in « speculazioni rischiose, nelle quali, mentre manca ogni idealità e utilità sociale, non difetta davvero il lato meno encomiabile della vita economica. Comunque sia di ciò, la speculazione, nel senso più teorico della parola, resti un dominio esclusivo delle società di credito ordinario; mentre le Banche popolari devono restare nel campo dei servizi modesti ma preziosi resi al piccolo commercio, alla piccola industria, al mestiere, alle classi che lavorano e soffrono per le infinite usure che nel mondo economico si praticano tutto giorno » (Dopo i congressi di Cremona. Il nuovo orientamento delle Banche popolari, in La Perseveranza, 1° ottobre 1907, nr. 268). Per un raffronto con gli iniziali modelli di tali banche fino agli anni ‘80, cfr. Polsi, Alle origini del capitalismo italiano cit., pp. 193-262. 207 Toniolo accettò.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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[P. S.] Nel Comitato ci sarà anche il Rezzara.
IV.64 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 208 Pisa, 15 marzo 1907
Ill[ustrissi]mo Profess[ore] Comm[endatore] L. Luzzatti, Ella è membro della Commissione di Concorso per la Scuola Sup[eriore] di Commercio di Roma. Vi concorre anche il Prof. G. Bonolis209, di Storia del Diritto qui in Pisa. La Comm[issione] giudichi dei suoi titoli alla Cattedra speciale, di cui ora si tratta. Ma io posso aggiungerLe che è persona dotta, onestissima, qui generalmente amata. Mi perdoni. Suo Dev. G[iuseppe] T[oniolo]
IV.65 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 210 Pisa, 3 genn[aio] 1910
Illustre Professore, Può vedere dal titolo di Professore, che io Le do, e non quello di Eccellenza, come io ami di scorgere e riverire in Lei, più che il Ministro, l’uomo, che mi dimostrò antica benevolenza e che ora pure volle ricordarsi di me. 208 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 37, biglietto da visita (Prof. Giuseppe Toniolo, ord. di economia politica, R. Università di Pisa), originale autografo. 209 Nella biblioteca del Luzzatti è conservato: G. Bonolis, Contributi alla storia delle assicurazioni in Firenze, Firenze 1898 (estratto dall’Archivio storico italiano: Luzzatti Misc. C. 2202). 210 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 38, lettera originale autografa. Edita in TLL, III, p. 223). Nel quarto superiore del recto la Carli annota: « Copiata per il Comitato Giuseppe Toniolo ».
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Seppi che il chiamarmi a far parte a Milano della Commissione per la disoccupazione partì da Lei; come ora ricevo da Lei, più direttamente ancora, l’invito ad entrare nel Consiglio della Previdenza211. Io lavorerò, come e quanto la mia salute un po’ scossa, e i miei propositi di studio per alcune pubblicazioni ampie in corso, me lo permetteranno; ma certo nelle adunanze di Consiglio verrei a dire con modesta franchezza ognora il mio parere. E perciò io accetto. Non senza però ringraziarla di questo atto di fiducia e di amicizia, che volle compiere a mio riguardo; e più e più … di quel vasto programma di riforme sociali, che ha saputo mettere innanzi al paese, per la causa del bene pubblico e del popolo stesso (e di questo massimamente), programma nel quale io fui sempre cristianamente consenziente. Con nuove grazie. Devot[issimo] aff[ezionatissimo] Prof. G. Toniolo
211 La Commissione consultiva sulle istituzioni di previdenza e sul lavoro nacque nel 1869 e operò sino all’avvento del fascismo. Ideatore ed estensore della relazione che ne accompagnò il decreto istitutivo fu il Luzzatti, il quale in proposito scrisse: « Di fronte agli economisti seguaci di una dottrina affermante l’astensione assoluta dello stato e delle sue leggi integratrici a favore dei lavoratori, il Minghetti accettava con convincimento il principio, che poi prevalse, della funzione integratrice dello stato moderno; e soleva dire che di fronte alle lotte lunghe, spesso infeconde o fatali, del lavoro col capitale, lo stato non poteva starsene inerte spettatore. Ed in lunghe ed esaurienti conversazioni tenute con me accolse la mia proposta di istituire nel Ministero la commissione consultiva sulle istituzioni di previdenza e sul lavoro, consacrata a esaminare le condizioni delle classi lavoratrici e i mezzi più idonei a migliorarne le dure sorti » (LMC, I, p. 288). Nel luglio 1894 la Commissione fu riformata, vide ristretta la propria giurisdizione e si trasformò in Consiglio di previdenza, organo di consulenza per il Maic. Ulteriori rimaneggiamenti subì in età giolittiana. Ne delinea le vicende la Marucco, Lavoro e previdenza, cit. Per una più generale contestualizzazione è ancora utile il volume di A. Caracciolo, Stato e società civile. Problemi dell’unificazione italiana, Torino 1960.
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IV.66 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 212
Roma, 31 gennaio [1910] Caro Toniolo, Ho riformato il Consiglio della Previdenza213. Vorrei mettere anche lei; accetta? Verrebbe? Lavorerebbe? La prego di rispondermi subito214. Cordiali saluti L. Luzzatti
IV.67 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 215 Pisa, 8 febbraio 1910
Eccellenza! Spero che V. E., rimessa dal lieve incomodo di salute, abbia potuto ricevere in Udienza alcuni miei amici venuti (colla fiducia ispirata da ta212 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3721, lettera originale autografa, « personale », su carta intestata: « Il Ministro per l’Agricoltura, l’Industria e il Commercio », con stemma reale, indirizzata all’« Illustre Professore Toniolo, Professore all’Università di Pisa ». 213 Dopo il decreto del 22 luglio 1894, che dava vita al Consiglio della previdenza, una « vera e propria rivoluzione » fu introdotta con decreto del 20 gennaio 1910, voluto dal Luzzatti, allora ministro del Maic. Crebbe il numero dei componenti, in particolare quelli di nomina regia (portati a 22); vennero inseriti 3 membri designati dal Consiglio superiore del lavoro e 1 dal Ministero delle finanze. Nel complesso, e tenendo conto di altri criteri e vincoli, il Consiglio fu cmposto di 35 membri, la metà dei quali portatori di interessi specifici da far valere. Nell’inaugurare i lavori del Consiglio per la sessione del 1910, Luzzatti affermò: « È mio pensiero che in tutti questi Consigli del Ministero, che sono vere Consulte di Stato, debba, insieme agli elementi tecnici, penetrare l’aria viva e libera del paese. E ripetendo quel che ho detto alla Camera, penso che tutti questi nostri Consigli devono riassumersi poi in un Consiglio generale, quello del lavoro, rinnovato; mi guardo però bene qui dall’entrare nella forte disputa sul modo della rinnovazione » (Marucco, Lavoro e previdenza cit., p. 20). 214 Toniolo figura tra i membri della Commissione consultiva e del Consiglio della previdenza (ibid., p. 117). 215 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 39, lettera originale autografa, riservata, su carta intestata: « Regia Università di Pisa, Facoltà di Giurisprudenza ». Nel margine superiore del recto Elena Carli ha scritto: « Copiata per il Comitato Giuseppe Toniolo ». Edita in TLL, III, pp. 231-232.
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lune Sue dichiarazioni) ad esporre talune idee intorno alla riforma del Consiglio Perm[anente] del Lavoro, che io condivido216. Scrivo anzi per raccomandarle alla Sua benevola e illuminata considerazione. Né dico di più; crederei di farle torto, dacché io conosco da sì lungo tempo la Sua mentalità (si direbbe oggi), meglio la testa e il cuore che Dio Le ha dato. Aggiungo piuttosto (e senza adulazione), che anche a proposito dei molti e vasti Suoi disegni odierni, più volte io mi sono chiesto perché certi uomini non sieno nati in Inghilterra…! Ma io non voglio essere pessimista per il mio paese, e oso sperare [che] Ella riuscirà a far accogliere nel Cons[iglio] Perm[anente] del Lavoro rappresentanti di qualunque Federazione nazionale, che abbia depositato ai Tribunali i propri Statuti, per riconoscere che nulla contengono contro l’ordine pubblico; e null’altro, proprio sul tipo della registrazione inglese. Grazie di nuovo per la Sua proposta del nome mio per il Consiglio della Previdenza. Accettando, io avrei tuttavia preferito che V.E. si fosse ricordata (potrà esserlo in seguito) del cav. Bussetti217, Direttore della Società di Assicurazioni cattolica di Verona. È un tecnico espertissimo, assolutamente un valore in materia di previdenza, e di un sentire retto e nobilissimo. Avrei vagheggiato, quando che fosse, vedermi schiuso l’accesso al Cons[iglio] Perm[anente] del Lavoro; un po’ perché sede più adatta a certi miei studi, un po’ perché non fosse interrotta la tradizione della Sezione Italiana de l’« Association pour la protection légale des travailleurs », ove il nome Suo era accoppiato anche al mio. Se questi ricordi del passato qui sembrassero una indiscrezione, chiedo scusa; ma non mi tolga l’onore di usare, col mio dire, verso di Lei qualche resto dell’antica confidenza. Di V. E. Devot[issimo] e Umil[issi]mo Prof. G. Toniolo
216 Queste le idee: « Ai quarantatré membri del Consiglio superiore del lavoro si proponeva di aggiungerne altri, allargando le rappresentanze; in conseguenza, i nove membri del comitato permanente del lavoro dovevano essere portati a tredici, rimanendo assicurati tra gli altri tre posti agli industriali, altrettanti agli operai, uno agli agrari e uno ai contadini » (TLL, III, p. 231 nt. 1). 217 Ferdinando Bussetti, iscritto alla seconda sezione dell’Opera dei congressi, svolse attività cooperativistica e si impegnò in opere di previdenza (TLL, III, p. 144 nt. 1).
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.68 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 218 Roma, addì 17 febb[raio]1910
Illustre Signore, Mi pregio informarla che con R. Decreto in data 17 corrente, Ella è stata, su mia proposta, nominato membro del Consiglio della Previdenza e delle assicurazioni sociali. Gradisca i miei cordiali saluti. L. Luzzatti
IV.69 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 219 Pisa, addì 5 marzo 1910
Eccellenza, Ringraziando nuovamente V. E. dell’onore fattomi chiamandomi a [far] parte del Consiglio della Previdenza e delle Assicurazioni Sociali, Le accuso ricevuta dell’invito di convocazione per il giorno 16 marzo corr., proponendomi, per quanto mi riesca, di non mancare alla adunanza e di procurarmi la compiacenza di rivederLa di persona. Di V. E. devot[issimo] Prof. G. Toniolo
218 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 5756, lettera indirizzata all’« Illustre Signore Prof. Giuseppe Toniolo, R. Università di Pisa »; carta intestata: « Il Ministro per l’Agricoltura, l’Industria e il Commercio ». Testo dattiloscritto e firma autografa. 219 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 40, lettera originale su carta intestata: « Regia Università di Pisa, Facoltà di Giurisprudenza »; stemma reale, firma autografa.
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CARTEGGIO
IV.70 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 220 Pisa, addì 19 marzo 1910
Eccellenza! Anch’io oggi sono sgomento intorno all’esito delle discussioni sulle Convenzioni marittime221 … ed alle temibili conseguenze! Speriamo … Ma non ritardo a ringraziarla delle espressioni benevole che volle V. E. usare a mio riguardo nella Udienza confidenziale dell’altro ieri. Frattanto, augurandole tempo lungo a tutto quel bene che V. Ecc. può e vuol fare al paese, mi permetta di compiegare (spedisco a parte) una domanda, o se si voglia meglio un Promemoria di un Docente mio amico valentissimo, presso questa Università, Dr. Guido Bonolis, il quale aspira all’insegnamento di Storia del Commercio nella Scuola super[iore] del Commercio di Bari222, ove egli intese dire che si provvederà ad un titolare per l’anno venturo. Egli è studiosissimo e coscienzioso; e già nel 1907 fu classificato nel Concorso dell’Istituto Superiore [di] comm[ercio] di Roma fra i cinque preferibili a tutti i 22 concorrenti. Scusi mille volte. Di Vostra Eccellen[za] devotiss[imo] Prof. G. Toniolo 220 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 41, lettera originale autografa su carta intestata: « Regia Università di Pisa, Facoltà di Giurisprudenza », con stemma regio. Nel margine superiore del recto Elena Carli segnala: « Copiata per il Comitato Giuseppe Toniolo ». 221 In quel momento si stava discutendo il Progetto Bettolo, che caldeggiava una soluzione di compromesso tra le opposte tendenze, in quanto comportava una limitazione delle linee sovvenzionate, l’assunzione del maggior numero possibile di esse da parte di una società ad hoc che avrebbe usufruito di sovvenzioni fisse e l’istituzione di contributi di nolo per la marina libera. L’ostilità della maggioranza giolittiana indusse Sonnino a dimettersi, aprendo a Luzzatti la strada del governo. Con Luzzatti mutò la prospettiva. Il 1° dicembre 1910 fu infatti presentato un nuovo progetto che contemplava un complesso di provvedimenti, « indipendenti gli uni dagli altri, quantunque collegati insieme per la qualità della materia »: dalle linee celeri per l’Egitto al credito navale per la cantieristica, dai servizi per il Centro America alla tutela della bandiera nazionale nel trasporto dai porti inglesi a quelli italiani di parte del carbone occorrente per le ferrovie dello Stato e la Regia Marina. L’esito legislativo di questo pacchetto di misure si ebbe, com’è noto, nel biennio successivo (A. Cafarelli, Il leone ferito. Venezia, l’Adriatico e la navigazione sussidiata per le Indie e l’Estremo Oriente 1866-1914, Roma 2014, p. 230). 222 Sottolineato due volte nell’originale. Dall’Annuario della Regia Scuola Superiore e Media di Commercio in Bari per anno scolastico 1911-12 risulta che la cattedra in questione fu assegnata a Gino Luzzatto, in qualità di professore straordinario. Cfr. A. Di Vittorio, Cultura e Mezzogiorno. La Facoltà di Economia e commercio di Bari (1886-1986), Bari 1987, p. 46.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.71 L uigi L uzzatti
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G iuseppe T oniolo 223 Roma, 15 giugno 1910
Egregio Professore, Riconosco tutta l’importanza della questione cui Ella mi accenna. Sto ora facendo una circolare sulle pubblicazioni offensive del buon costume224: mi occuperò poi anche delle rappresentazioni teatrali. Mi creda cordialmente L. Luzzatti [Postilla] Gliela mando, la circolare; saluti affettuosi. 223 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 5829, lettera originale dattiloscritta indirizzata all’« Egregio prof. G. Toniolo, Regia Università di Pisa ». La firma e la postilla sono autografe. La lettera, su carta intestata: « Il Ministro dell’Interno », ha lo stemma regio. 224 Con circolare del 16 giugno 1910 il presidente del Consiglio Luzzatti raccomandava ai prefetti e ai commissari di procedere con « maggior rigore » alla repressione delle pubblicazioni pornografiche. Un’altra circolare fu emanata dal guardasigilli Fani ai procuratori generali il 20 giugno 1910. Seguì un disegno di legge per la repressione della pornografia, presentato dal Luzzatti il 5 dicembre 1910. Il provvedimento venne esaminato dagli uffici, i quali nominarono i relatori per l’ufficio centrale. Con la crisi di governo del marzo 1911 l’iter si bloccò. Il disegno di legge venne in seguito ripreso, approvato dal Senato nel 1912 e distribuito nel 1913 agli uffici della Camera, che nominarono i rispettivi relatori. Nella prima adunanza si manifestarono due orientamenti: uno che preferiva seguire una via rapida e proponeva il ricorso a un decreto; l’altro che sosteneva l’opportunità di non scostarsi dalla procedura ordinaria. Si optò per la seconda soluzione, ma intanto ci si impegnò a sollecitare le autorità competenti, affinché nell’ambito delle rispettive attribuzioni fosse esercitata una rigorosa vigilanza. Al varo dell’« auspicato provvedimento » in materia si giunse con legge 25 giugno 1913, nr. 785. Il r.d. esecutivo fu firmato dal sovrano il 31 maggio 1914. Sulla campagna antipornografica del Luzzatti, cfr. Pertici, « Religioni libere entro lo Stato sovrano » cit., pp. 237-240. In chiave antiluzzattiana si espresse V. Pareto, Le mythe vertuiste et la littérature immorale, Paris 1911 (cfr. id., Il mito virtuista e la letteratura immorale, in id., Scritti sociologici minori, a cura di G. Busino, Torino 19802, pp. 427-592). Per l’atteggiamento della Sinistra anticlericale, cfr. L’Asino di Podrecca e Galantara (1892-1925), scelta e note di E. Vallini, presentazione di G. Candeloro, Milano 19733, p. 212. Da parte cattolica si apprezzarono la disponibilità e l’impegno del Luzzatti, notando che il suo disegno di legge non aveva un’impostazione solo repressiva (sulla base dell’articolo 339 del codice penale allora vigente), bensì pure preventiva, in quanto intendeva colpire il materiale pornografico, oltre che nel momento della commercializzazione, anche in quello della produzione. Fu inoltre rilevato che, nel dibattito parlamentare sul bilancio del Ministero dell’Interno, il politico veneziano aveva tra l’altro dichiarato: « Onorevoli colleghi, […] parlo per i nostri figli, per la infanzia, verso la quale gli antichi romani usavano queste parole auree: maxima debetur puero reverentia, e verso la quale l’Evangelio con celeste invettiva diceva: “ma chi avrà scandalizzato uno di questi piccoli fanciulli, sarebbe meglio per lui che gli fosse appiccata al collo una macina da asino e sommerso al fondo del mare” » (Atti parlamentari, Camera dei deputati, XXIII legislatura, discussioni, 4 giugno 1910, p. 7927). Pio X commentò: « Ha citato il vangelo! Che cosa si può pretender di più? » (P. L. Ballini, La Destra mancata. Il gruppo rudiniano-luzzattiano fra ministerialismo e opposizione, Firenze 1984, p. 250).
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CARTEGGIO
IV.72 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 225 [Roma, 16 giugno 1910]
Sono lieto avvertirla che su proposta guardasigilli226 oggi Consiglio Ministri deliberò ciò che Ella giustamente desiderava. Affettuosamente Luzzatti
IV.73 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 227
Roma, 12 ottobre 1910 Illustre Professore, Con mio Decreto del 10 corrente ho istituito la Commissione della quale Ella cortesemente ha consentito di far parte, avente l’incarico di investigare tutti i fatti che si collegano colle recenti agitazioni agrarie della Romagna228. Nel dar partecipazione alla S. V., La prevengo che la prima riunione avrà luogo il 25 ottobre p.v. alle ore 9 ant. al Ministero dell’interno. L. Luzzatti
225 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 53, testo autografo di un telegramma su carta intestata: « Il Presidente del Consiglio dei Ministri ». Il telegramma è indirizzato al « Professore Toniolo, Economia politica, Pisa ». 226 Cesare Fani (1844-1914), avvocato, deputato dal 1886, segretario della Commissione dei Sette che indagò sullo scandalo della Banca romana, nonché presidente della Commissione dei Cinque, fu ministro di grazia e giustizia dal 31 marzo 1910 al 30 marzo 1911. 227 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 5911, lettera dattiloscritta (con stemma regio e firma autografa) su carta intestata: « Il Presidente del Consiglio dei Ministri ». La lettera è indirizzata: « All’ill[ustr]e prof. dott. Giuseppe Toniolo, Regia Università di Pisa ». La destinazione « Pisa » è cancellata con un tratto di penna e sostituita da « Pieve di Soligo (Treviso) ». 228 TDI, I, pp. 438-466. Cfr. Commissione di inchiesta sui conflitti agrari in Romagna. Relazione [del Presidente-relatore Chimirri], 30 dicembre 1910 – 25 gennaio 1911, Roma 1911; G. Porisini, Produttività e agricoltura: i rendimenti del frumento in Italia dal 1815 al 1922, Torino 1971; Storia del movimento sindacale italiano. Testi e documenti, I: Le lotte nelle campagne dalla grande crisi agricola al primo dopoguerra 1880-1921, a cura di S. Zaninelli, Milano 1971, pp. 366-484.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.74 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 229 Pisa, addì 1 giugno 1914
Eccellenza ed ill[ustre] Collega Prof. L. Luzzatti, Io sono un colpevole, almeno apparentemente dinanzi all’antico Collega; perocché mi lasciai sfuggire abbastanza recenti occasioni, in cui io avrei dovuto e voluto manifestarle una volta di più i miei sentimenti personali di cittadino e di amico: la ricorrenza faustissima delle sue nozze d’oro e un ricordo di me, che Ella fece in un pubblico discorso, attestandomi benevolenza. Ma passato lo die, preferii non confessare la mia svista e, pur dolendomene, tacqui. Ma io sono certo che Ella è convinto d’aver io sempre riconosciuto e riverito in Lei un marito e padre di famiglia esemplare, e di aver del pari ammirato in Lei (pur deplorando nell’intimo di mia coscienza la differenza fra noi di talune concezioni positive intorno ai fini supremi dell’esistenza); di aver ammirato, ripeto, l’uomo dei nobili ed altissimi ideali, e di vaste vedute intorno ai destini della civiltà. Sicché, memore pur sempre del bene che mi fece, sin dagli inizi della mia carriera didattica, io Le professo non solo stima, ma ora, pur vecchieggiante, riconoscenza, che è virtù spesso obbliata, ma altamente umana e cristiana! Ma pur seguendo col mio pensiero e coi miei studi i grandi problemi che impendono sul nostro paese, ora mi spinge a scriverle un argomento comune e piccino, ma sempre grande davanti alla coscienza. Ella sa che mia moglie si occupa molto della « Protection de la jeune fille »230, che si estende già alla tutela di ogni forma di moralità. Ed oggi scrisse d’urgenza al Cav. Guadagnini a Roma231, per un annunzio, o meglio 229 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 42, lettera originale autografa su carta intestata: « Regia Università di Pisa, Facoltà di Giurisprudenza », con stemma regio. 230 Nel 1897 era sorta a Friburgo, in Svizzera, l’« Association catholique internationale des oeuvres de protection de la jeune fille ». Tra i comitati nazionali aderenti v’era anche quello dell’Italia, la cui attività va considerata nel contesto del più generale interesse per la questione femminile e per il ruolo delle donne cattoliche nella società e nella Chiesa (cfr. Vistalli, Giuseppe Toniolo cit., pp. 527-544; C. Dau Novelli, Società, Chiesa e associazionismo femminile. L’Unione fra le donne cattoliche d’Italia, 1902-1919, presentazione di A. Monticone, Roma 1988; P. Gaiotti De Biase, Le origini del movimento cattolico femminile, prefazione di E. Fattorini, Brescia 2002). 231 Nato a Bologna nel 1876, si laureò in giurisprudenza e nel 1899 entrò nei quadri della carriera di funzionario del Ministero dell’interno. Svolse compiti ispettivi di pubblica sicurezza e, nel corso della Grande guerra, lavorò come segretario generale dell’Alto com-
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CARTEGGIO
preannunzio, comparso stamane in uno dei Cinematografi di Pisa (appunto sotto il nostro Piccolo Credito Toscano), così formulato: La Maliarda Glu, dramma di fascino e di lussuria!232 E siccome le Autorità governative qui, come dovunque ormai, dichiarano che la disciplina dei Cinematografi dipende233 dall’Ufficio Centrale della Capitale, e d’altronde è questione di poche ore, dopo di che forse la rappresentazione sì effettuerà, così (debbo dirlo?) lo stesso nostro Cardinale P. Maffi, uomo di grande levatura, mi pregò di scriverne d’urgenza a Lei, perché si compiaccia di provvedere telegraficamente. E grazie anche per mia moglie. Con profondo ossequio di questi vecchi coniugi verso la Sua rispettabilissima Signora, di V. E. devot[issimo] Collega Prof. G. Toniolo
IV.75 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 234 Pisa, 9 giugno 1914235
Eccellenza! Grazie anche della sollecitazione premurosa a saper l’esito delle Sue autorevoli interposizioni. Esito non troppo soddisfacente236. Non già per missariato parlamentare veneto per l’assistenza ai profughi, collaborando col Luzzatti (ALV, b. 45, fasc. Giuseppe Guadagnini). Cfr. S. Urso, Guadagnini, Giuseppe, in DBI, 60 (2003), pp. 82-84. Per il contesto: G. Zalin, La società e l’economia della Venezia negli anni che precedono e seguono il conflitto. Spunti di ricerca dalle carte luzzattiane, in corso di stampa negli atti del convegno di studio su « Luigi Luzzatti e la Grande guerra », promosso dall’Istituto Veneto di scienze, lettere ed arti. 232 Sottolineato due volte nell’originale. 233 Cancellato « ormai » nell’originale. 234 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 43, lettera originale autografa. 235 Nel margine superiore del recto è annotato, di pugno del Toniolo: « Pisa 12. Questa lettera io aveva preparata dal dì 9, quando partii per Siena per una Commissione. E lì rimasi bloccato dalle interruzioni ferroviarie e dai dolorosissimi disordini ammonitori! » (ibid.). 236 Il Luzzatti aveva segnalato il problema prospettatogli dal Toniolo a Giacomo Vigliani, direttore generale della Pubblica sicurezza. Questi, effettuati gli accertamenti del caso, aveva risposto con la seguente lettera dattiloscritta del 6 giugno 1914 (BAV, Carteggi Toniolo, doc. 6552), indirizzata a « S. E. l’On. Prof. Luigi Luzzatti, Ministro di Stato, Deputato al Parlamento »: « Eccellenza, dietro il sapiente impulso dato dall’E.V., questo Ufficio ha costantemente perseguito lo scopo di impedire, per quanto possibile, ogni manifestazione lesiva
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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scortesia od opposizione esplicita delle Autorità locali, ma per pregiudizi invalsi ormai in questo ramo prezioso della pubblica amministrazione, la quale, non chiamata a fare e disfare la legge e la coscienza etica (che hanno ben altre e più elevate fonti), dovrebbe però sempre, coi mezzi estrinseci propri dello Stato, proteggere e avvalorare l’una e l’altra. La conclusione delle conversazioni telefoniche da Roma a qui, e in Pisa fra la R[egia] Questura e l’Autorità prefettizia, fu che si sopprimesse nell’annunzio della « Maliarda » quella réclame scandalosa, e si lasciasse correre la rappresentazione cinematografica, che si ripeté anzi due sere; adducendo che la film era stata vista a Roma e qui, e rappresentata altrove, senza che si potesse dichiarare nel suo contenuto riprovevole. È uno di que’ casi già denunciati e condannati dal Congresso di Napoli, di un lassismo morale (in onta alle nobili e zelanti cure dei Capi, fra cui il Comm. Guadagnini) nella preventiva visione ufficiale dei saggi cinematografici, che elide in pratica ogni buona intenzione del Legislatore in tale argomento. Può essere stato il contenuto sostanziale della Maliarda (La Glu)237 indifferente e anche tollerabile, se tratto da una produzione letteraria di ben conosciuta e riprovata dissolutezza? In ogni caso, prescindendo e dalle preventive autorizzazioni di Roma e dalla sostanza dello spettacolo, non è già un reato (a sé stante) contro la pubblica morale un annuncio che, sebbene si riferisca a rappresentazioni non del tutto riprovevoli, assume una formola siffatta: « dramma di fascino e di lussuria »? Tale réclame non costituisce già un attentato, anzi un’offesa alla morale, provocando la più cupida e brutale curiosità di vergognose passioni corruttrici? Anche la « Donna nuda », riprodotta qui in questi giorni, è di fatto (mi si informa) più che altro una esposizione psichica passionale del sesso femminile238;
del buon costume e della pubblica moralità. Così è che non appena l’E. V. richiamò la mia attenzione sulla annunciata rappresentazione a Pisa della pellicola cinematografica “La Maliarda”, interessai il Prefetto a verificare e provvedere opportunamente a norma delle vigenti disposizioni ed il Prefetto stesso ha riferito di aver fatto rivedere la film da un funzionario, il quale per altro nulla aveva constatato potesse in essa offendere od eccitare al male. Ciò nonostante ho creduto opportuno di disporre, per migliore e più sicura conoscenza, che detta pellicola sia sottoposta al parere della Commissione Centrale per la revisione cinematografica ». Nel quarto superiore del recto il Luzzatti annota: « Riservata [doppia sottolineatura] all’amico Toniolo. Mi scriva se è esatto, altrimenti [?]. Ebbe i miei discorsi? [P. S.] Il Vigliani è retto; ma è assecondato dalle autorità locali? L. Luzzatti ». 237 Cortometraggio italiano del 1908, diretto da Giovanni Petrone, prodotto dall’Itala Film di Torino e ispirato all’omonimo romanzo (1881) di Jean Richepin. 238 Il 19 giugno 1914 il Guadagnini scrisse al Luzzatti: « Eccellenza, mi onoro di restituire alla E. V. l’acclusa lettera del prof. Toniolo, che è stata presa in considerazione dal Comm. Vigliani e comunicata a tutti i revisori. La Commissione d’appello per la revisione delle pellicole cinematografiche ha ieri preso in esame la film “La Maliarda” (la Glu), di cui si è interessato il prof. Toniolo ed ha deciso di vietarne d’ora innanzi la rappresentazione in
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CARTEGGIO
ma è onesto ed educativo per il popolo e per la gioventù darvi quella enunciazione di lenocinio? Oh! come le infelici prove in tal caso date dalla Legislazione umana e dalle sue applicazioni fanno ricordare, con raddoppiato slancio, la morale di un Legislatore divino, dinanzi a cui non vi hanno né transazioni, né « accettazione di persone ». Ma basta di ciò; e grazie tuttavia (anche in questa contingenza) agli uomini di buona volontà, che non mancarono! E grazie a Lei, che, se nella fresca età (io me lo rammento con ammirazione) ebbe forse unico il coraggio di rivendicare a proposito del Buckle il valore della morale davanti alla scienza, nel progresso civile, nella più tarda età si conforta con nobili eccitamenti a provvedere all’equilibrio del bilancio morale più ancora che quello economico e finanziario, o quello sociale propriamente detto, ciò che mi rammenta in tal caso il trinomio di Brunetière: « ogni questione economica è una questione sociale, e ambedue convergono in una suprema questione etico-religiosa »239. E allora penso che la soluzione di tale questione non è data nemmeno da un cristianesimo vago e indeterminato (di cui la Sua mente è pure nobilmente impregnata), ma sola promette di darla ancora una volta quella Istituzione che il Cristianesimo impersona ed avviva con vigoria misteriosa, perché sovrannaturale. Ma a questo punto mi ripiego verso di Lei, che so essere ammiratore della Chiesa, « per la sua resistenza e fecondità inesauribile » in pro’ della civiltà attraverso i secoli della storia! E oggi, fra rinnovate minaccie dell’anarchia, spero che questa Chiesa salverà ancora la società e la nostra Italia. Grazie adunque di quanto per Sua parte può avvicinarci; e si imagini se io tutto ciò apprezzi alla pietra del paragone di quanto ho di più prezioso nella mia esistenza! Dev.mo aff. G. Toniolo
pubblico. Quanto all’altra pellicola, “La donna nuda”, per cui pure fa doglianza il prof. Toniolo, essa non ha nel suo contenuto nulla di lascivo o d’indecente. L’intreccio è il seguente. Un pittore ha sposato una modella che gli ha dato la gloria posando per un quadro raffigurante un nudo di donna. Il pittore però s’innamora in seguito di altra donna di condizione, di cultura e di educazione più distinta e la modella si sacrifica e cede il suo posto all’altra. Il titolo della produzione non è casto: ma poiché la film è tratta dalla nota e non recente commedia del Bataille, che porta appunto tale titolo, non sembrerebbe opportuno imporne la sostituzione. Con deferente ossequio, dev[otissimo] G. Guadagnini » (BAV, Carteggi Toniolo, doc. 6556). Luzzatti così gli risponde: « Caro Guadagnini, bisogna dimostrare coi fatti ai capi della Chiesa Cattolica che lo Stato laico italiano è capace di difendere la pubblica moralità senza offendere la libertà » (ibid.). 239 Ferdinand Brunetière (1849-1906) fu professore alla Sorbona e all’École normale supérieure. Diresse la Revue des Deux Mondes. Seguace del classicismo razionalistico, si avvalse anche dei nuovi strumenti critico-filosofici del positivismo. Tra le le sue opere: Études critiques (nove volumi: 1880-1925); L’évolution de la poésie lyrique en France au XIXe siècle (1894); Manuel de l’histoire de la littérature française (1897). Si convertì al cattolicesimo nel 1900.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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[P. S.] Occasionalmente, ancora un memento rispettoso, a proposito di moralità! Lessi che ora si rinnoverà buon[a] parte della nostra moneta spicciola. Sarà ancora il caso di riaffermare dalla zecca come non vi abbia modo migliore (a quanto sembra dal saggio delle attuali monete di nikelio) di raffigurare l’Italia e i suoi grandi destini che con una donna nuda?
IV.76 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 240 Roma, 14 giugno 1914
Caro Toniolo, Passata questa burrasca, parlerò io col Vigliani, il direttore Gen[erale] della P. S., un brav’uomo che nominai a quel posto, e ne vedrà i salutari effetti. Almeno lo spero! Le leggi umane possono assecondare l’opera di Dio, non sostituirla. Ma sono necessarie per tutti i traviamenti e i traviati, ai quali il lume della divina Provvidenza non giunge. Se Dio fosse presente in tutti i cuori, questo mondo sarebbe il migliore dei mondi … Per contro, diviene sempre più detestabile! Mi ricordi alla Sua egregia Signora e mi continui la sua amicizia. L. Luzzatti
IV.77 L uigi L uzzatti
a
G iuseppe T oniolo 241
Roma, 19 giugno [1914] Caro Toniolo, Lento pede si procede, com’Ella vede. Mi aiuti il Cardinale e lei in quest’opera redentrice dei costumi. E vinceremo. Saluti affettuosi Luigi Luzzatti ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 44, copia di mano di Elena Carli. BAV, Carteggi Toniolo, doc. 6556: lettera di Luigi Luzzatti scritta sul verso della citata lettera del Guadagnini. 240 241
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CARTEGGIO
IV.78 G iuseppe T oniolo
a
L uigi L uzzatti 242 Roma, 15 giugno 1918
Eccellenza, Per mano di mia moglie porgo a V. E. anche i miei ringraziamenti per l’accoglienza fatta alle nostre persone ed alle nostre istanze in favore della gioventù femminile, augurando che riescano ai migliori risultati attuali ed avvenire. Credo d’aver compreso quali sieno stati i fatti e le ragioni che hanno indotto V. E. in questi ultimi giorni a rimanere al posto di Alto Commissario per i profughi di guerra243; e prego Dio che i piccoli e grandi avvenimenti, che sopra di noi incombono terribilmente, conducano la nostra Nazione, nella solidarietà dapprima delle genti latine e poi di tutte le altre, ad attuare una volta di più il rinnovamento di quella unica civiltà cristiana, che Ella ben scrisse di aver sola nel mondo e lungo i secoli la virtù di invec chiare perpetuamente ringiovanendo. Parto per Pisa, non senza ripetere i voti per la Sua salute e per ogni bene della Sua famiglia. Devotissimo Prof. Giuseppe Toniolo 242 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, lettera di mano di Maria Schiratti, con firma autografa di Giuseppe Toniolo. Nel margine del recto Elena Carli annota: « Copiata per il Comitato Giuseppe Toniolo ». Edita in TLL, III, p. 509. 243 Il 10 novembre 1917 si riunirono a Roma senatori e deputati veneti con l’intento di affrontare la questione relativa ai profughi, che avevano visto le loro terre, città e abitazioni invase dal nemico. Si costituì in quell’occasione il Comitato veneto « per la protezione ed assistenza dei profughi, di cui fecero parte i parlamentari che parteciparono a quell’adunanza e vi aderirono, ed altri che, pur non presenti, dichiararono la loro adesione, nonché i presidenti dei Consigli e deputazioni provinciali, i sindaci delle città capoluoghi di provincia, i presidenti delle Camere di commercio che dovettero abbandonare per cause di guerra la loro residenza » (cfr. Statuto, art. I). Il Comitato si propose di coadiuvare l’azione governativa di protezione ed assistenza dei profughi di guerra, impegnandosi a raccogliere e comunicare le maggiori notizie possibili sulla condizione dei profughi; ad agevolare il loro collocamento e la loro sistemazione; ad assisterli nei loro interessi personali e patrimoniali dipendenti dallo stato di guerra; a vigilare, anche attraverso ispezioni, affinché i suddetti intenti venissero perseguiti; a raccogliere fondi necessari. Il lavoro del Comitato s’intese « coordinato con quello degli organi di governo costituiti con il medesimo scopo, in particolare l’Alto commissariato per i profughi di guerra » (d. lgt. 18 novembre 1917, nr. 1897, modificato con d. lgt. 11 agosto 1918, nr.1179). Il Comitato fu presieduto da un ufficio di presidenza, costituito da un presidente, un vicepresidente, sei consiglieri e un segretario. Esercitò le proprie funzioni sia direttamente, sia attraverso commissioni con specifiche attribuzioni (cfr. Statuto, art. III). Ne fu presidente Luigi Luzzatti.
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IV. Carteggio di giuseppe toniolo con luigi luzzatti
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IV.79 G iuseppe T oniolo
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L uigi L uzzatti 244 [senza luogo né data]
Dott. Giuseppe Toniolo Professore di Economia Politica nella R. Università di Pisa Per ringraziamento
IV.80 L uigi L uzzatti
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G iuseppe T oniolo 245 Roma, 20 giugno [s.a.]246
Caro Toniolo, L’Economista d’Italia si amplia; ne assumiamo la direzione io e Boselli. Vi scriveranno Saracco, Finali, Sonnino, Salandra, Cognetti, Ricca Salerno, ecc. Vuole essere anche lei fra i collaboratori? Il giornale settimanale è indipendente, paga 50 lire gli articoli e lascia piena libertà di giudizio. Ha un fine pratico. Se accetta, mi usi la cortesia di telegrafarmelo a Roma. Saluti affettuosi. Luigi Luzzatti
244 ALV, b. 90, fasc. Giuseppe Toniolo, doc. 52, biglietto da visita senza firma e senza data. « Per ringraziamento » è scritto di mano di Maria Schiratti Toniolo. 245 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 1491, lettera originale autografa. 246 Domenico Ventimiglia (1816-1881) fondò L’Italia economica nel 1860; nel 1871 fuse il giornale con L’Economista d’Italia. Della nuova testata fu direttore fino alla morte (agosto 1881).
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CARTEGGIO
IV.81 L uigi L uzzatti
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M aria S chiratti T oniolo 247 Roma, 8 ottobre [1918]
Egregia Signora, Ella sa quale affetto profondo e antico mi legava a quel Santo laico, che, trasformato in angelica farfalla, è volato in Cielo. L’altezza dell’ingegno e degli studi celava nella spontanea modestia e nel più puro disinteresse; la fede negli effetti della bontà ei collegava colla fede in Dio. La scienza nella mente gli luceva, la religione gli fiammeggiava nel cuore, avvicinandosi all’ideale di S. Bernardino248: Lucere et ardere perfectum est. Abbiamo perduto Giuseppe Toniolo, ma il suo spirito immortale ci assiste perennemente col ricordo della virtù illuminata dal sapere. Io piango con Lei, egregia e cara Signora; beata Lei che ha quella certezza, la quale talora in noi illanguidisce, di ritrovarlo spirito lucente nel Cielo! Rispettosi e memori saluti. Luigi Luzzatti
247 ALV, b. 90, fasc. Maria Schiratti Toniolo, doc. 2, minuta autografa (con correzioni di altra mano). 248 In realtà, s. Bernardo.
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V. APPENDICE
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V.1 P aolo F elice B ellavite
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G iuseppe T oniolo 1 Verona, 4 ottobre [18]77
Stimatissimo Professore, Credo bene, quantunque riesca a me gravosissimo, informarLa prima della sua gita costà del colloquio ch’ebbe ieri il papà col Prof. Messedaglia riguardo al suo concorso alla cattedra di Modena. Il detto professore disse esservi poca speranza che Lei possa essere proposto pel primo, giacché vi sono concorrenti che hanno titoli notabili, fra i quali un certo Cognetti2 di Mantova e ch’egli, il Messedaglia, potrà benissimo fondandosi sulla conoscenza personale raccomandarLa ai colleghi, ma che non può lusingarsi di influire molto sulla loro decisione, essendo persone competenti, che quindi vorranno giudicare dai titoli. In ogni modo il Prof. Messedaglia non crede che Le possa economicamente giovare il conseguimento di quella cattedra, perché il massimo dello stipendio sarebbe 7/10 dello stipendio del professore ordinario, che è di lire 3000, e nemmeno questa somma che sarebbe di lire 2100 lorde è probabile Le venga assegnata, ma al più Le verrebbero date lire 1800 lorde. Impertanto il Messedaglia crede che Lei potrà ottenere un certificato d’idoneità a concorrere in avvenire, del quale potrà giovarsi aprendosi un posto in qualche Università di 1a classe. Per migliore intelligenza il papà ha proposto al Messedaglia di avere un abboccamento con Lei il giorno che ci favorirà a Verona ed il Messedaglia accosentì di buon grado. BAV, Carteggi Toniolo, doc. 77, lettera originale autografa. Salvatore Cognetti de Martiis (1844-1901) studiò giurisprudenza all’Università di Pisa dal 1861 al ‘65; nel 1866, anno della laurea, fu tra i volontari garibaldini impegnati nella campagna del Tirolo. Insegnò all’Istituto industriale e professionale della città natale, Bari, e all’Istituto tecnico provinciale di Mantova. Diresse la Gazzetta di Mantova e collaborò alla Perseveranza. Vinto il concorso a cattedra universitaria di economia politica (1878), si trasferì a Torino, dove tenne anche un corso libero di sociologia. Nel 1893 istituì presso il suo ateneo un laboratorio di studi economici e statistici che in breve tempo acquistò grande reputazione. Legato al Cossa, al Lampertico e al Luzzatti, prese in esame il problema del ruolo economico dello Stato e si fece apprezzare per i suoi lavori sulle crisi e sul ciclo economico. Subentrò a Gerolamo Boccardo nella direzione della quarta serie della BDE. Cfr. R. Faucci, Cognetti de Martiis, Salvatore, in DBI, 26 (1982), pp. 642-646; id., Una fonte per la storia della cultura economica italiana nell’età del positivismo: le carte di Salvatore Cognetti de Martiis, in Annali della Fondazione L. Einaudi 13 (1979), pp. 417-440. 1 2
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CARTEGGIO
Sta in Lei il decidere se vuole parlargli, e nel caso affermativo si potrebbe stabilire l’ora delle 10 ant[imeridiane], cioè subito dopo il suo arrivo costà; io lo accompagnerò dalla stazione alla casa Messed[aglia], aspettandoLa in qualche luogo vicino, per poi salire al colle. Non può credere quanto mi dolga farmi nunzio di tale notizia; il papà, nonché partecipargliela egli stesso, non voleva che nemmeno io gliela comunicassi; ma a me sembrò meglio far così: già le cose non si cambiano coll’ignorarle. Mille e mille distinti doveri a tutti di Sua Egregia Famiglia da me e dai miei genitori ed a ben rivederci giovedì. Suo Affez[ionatissimo] ed Obblig[atissimo] Paolo Felice B[ellavite]
V.2 A lberto E rrera
a
G iuseppe T oniolo 3 Napoli, 3 gennaio [18]89 Largo Latella, 6
Illustre Professore, Ti mando il libro e l’opuscolo su Beccaria4 a prestito perché ne ho due copie. Puoi tenerlo anche un anno. Sarà per me grande onore essere ricordato da te, illustre economista che unisci alla potente erudizione e alla grande dottrina tanta originalità di ingegno. Accetta l’omaggio di altri 3 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 458, cartolina postale. Alberto Errera (1842-1894), di famiglia ebraica, si iscrisse alla Facoltà giuridico-politica dell’Università di Padova, presso la quale si laureò. Svolse attività pubblicistica e s’impegnò nella diffusione del mutualismo e del credito popolare. Di sentimenti liberali, fu vicino ai moderati. Si dedicò a lavori statistici ed economici, che però non gli consentirono di entrare nei ruoli accademici, per l’opposizione soprattutto del Luzzatti e del Cossa (ma gli fu ostile anche il Ferrara), mentre insegnò negli istituti tecnici. Incontrò difficoltà anche per la cooptazione a socio dell’Istituto Veneto di scienze lettere ad arti. Lasciata Venezia, si trasferì prima a Milano (1874), poi a Napoli (1877), dove ottenne un incarico di economia commerciale nell’ateneo cittadino (1880). Collaborò alla Perseveranza, alla Rivista europea, al Politecnico, al Giornale degli economisti, alla Nuova antologia, al Fanfulla della domenica. Fu in relazione epistolare con Léon Walras. Cfr. A. Polsi, Errera, Alberto, in DBI, 43 (1993), pp. 246-249. 4 A. Errera, Una nuova pagina della vita di Cesare Beccaria: memoria corredata da documenti inediti tratti dagli archivi governativi di Milano letta al R. Istituto Lombardo di scienze e lettere, Milano 1877.
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211
V. Appendice
miei lavoretti. Aspetto la tua nuova opera per farla conoscere qui. Con grande stima e auguri, tuo [Alberto] Errera [P. S.] Il mio libro sulle istituzioni popolari5 è fatto dietro la scorta delle tue piccole industrie6.
V.3 A lberto E rrera
a
G iuseppe T oniolo 7 Napoli, 16 gennaio 1889
Illustre Professore, Mille grazie. Un giudizio vostro sulla mia storia in un’opera vostra, che sarà certo letta ed ammirata in Italia ed all’estero, sarà il maggiore conforto che io abbia avuto negli studi. Potrei mandarvi qualche particolare sulla Magia del credito, di Francesco Fuoco8, del quale anche a Pisa [sono] le opere; ma non so se ve ne occupate. Mi riservo di fare uno studio ed una bibliografia del vostro libro, che aspetto con viva impazienza. Giacché le mie Istituzioni industriali vi paiono buone, ditemi il nome di amici vostri in Italia o all’estero, ai quali potrei mandarne copia in omaggio. Riconfermo la dichiarazione che la vostra monografia sulle piccole industrie diede l’indirizzo ai miei studi. Credetemi con profonda stima, Dev[otissi]mo obbl[igatissi]mo A. Errera 5 A. Errera, Istituzioni industriali popolari, Torino 1888; id., Istituzioni popolari industriali: industrie e risanamento, motori, case economiche, piccole industrie, acque, quartiere industriale, dormitori, opere pie di lavoro, Torino 1889. 6 G. Toniolo, Il quesito delle piccole imprese industriali nell’odierno momento storico. Saggio sulla economia delle piccole industrie, in Rassegna di agricoltura, industria e commercio 2 (1874), estratto col titolo Sulla economia delle piccole industrie. Saggi, Padova 1874, pp. 32, ristampato in TES, IV, pp. 3-41. 7 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 461, cartolina postale. 8 È il sacerdote filologo ed economista (1774-1841) che, per bisogno, vendette al banchiere comasco Giuseppe de Welz, due sue opere: il Saggio sui mezzi di moltiplicare prontamente le ricchezze della Sicilia (1822) e La magia del credito svelata (1824). Cfr. A. Macchioro, Studi di storia del pensiero economico e altri saggi, Milano 1970, pp. 276-315.
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212
V.4 C harles P érin
a
G iuseppe T oniolo 9
Ghlin près Mons (Belgique), le 18 juillet 1890 Monsieur, Rien ne peut me faire plus d’honneur que de me trouver agrégé, en qualité de membre honoraire, à l’institution scientifique que vous venez de fonder. Outre le grave intérêt qui s’attache à l’importante mission que votre société s’est donnée, j’ai pour me réjouir de votre appel la raison particulière de la vive sympathie que je porte à l’Italie catholique. De divers séjours que j’ai faits dans votre noble et beau pays, j’ai rapporté des souvenirs qui restent gravés à la fois dans mon esprit et dans mon coeur. J’accepte donc avec empressement le titre que vous voulez bien m’offrir de membre honoraire de l’Unione cattolica per gli studi sociali in Italia, vous priant d’offrir mes respects à votre président honoraire Monseigneur l’Évêque de Padoue10 et d’agréer pour vous-même, Monsieur le Président, ainsi que pour vos nobles et savants collègues du Conseil de la Présidence, avec l’expression de ma gratitude, celle de mes sentiments de haute et cordiale considération. Charles Périn [P. S.] Si vous aviez, dans l’avenir, des communications à me faire, veuillez les envoyer directement à l’adresse ci-dessus. Depuis que j’ai pris mon eméritat, en 1881, j’habite une propriété de famille que j’ai dans le Hainaut et je n’ai plus à Louvain aucune résidence. 9 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 676, lettera autografa. Dell’illustre economista Charles Périn (1815-1905) il Toniolo scrive che la sua opera si regge sulla difesa del « valore del cristianesimo, delle sue dottrine, della sua efficacia sociale per mezzo della Chiesa nello svolgimento normale della ricchezza fra i popoli ». Ciò postula la necessità di « maturare, analizzare, ritemprare in forma più vigorosa, pieghevole, positiva le sue teorie al contatto delle altre scuole economiche odierne e soprattutto al cimento quotidiano dei fatti progrediti e sempre nuovi ». Studioso « per eccellenza [dei] metodi di illustrazione delle leggi economiche », il Périn dimostra che la verità e la morale cristiana sono « la guarentigia e la guida sicura del progresso economico » (G. Toniolo, Cenni commemorativi: Enrico Carlo Périn, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 13 (1905), pp. 634-637, ristampato in TRF, pp. 485-491). 10 Giuseppe Callegari (1841-1906) fu ordinato sacerdote nel 1864. Venne consacrato vescovo di Treviso nel 1880 e trasferito a Padova nel 1883. Pio X lo creò cardinale nel 1903. Cfr. Le visite pastorali di Giuseppe Callegari nella diocesi di Padova 1884-1888 e 1893-1905, I-II, a cura di F. Agostini, Roma 1981-1986, che ne ha delineato un essenziale profilo nel Dizionario storico del movimento cattolico [diretto da F. Traniello – G. Campanini], III/1: Le figure rappresentative, Casale Monferrato 1984, pp. 152-153.
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V.5 F edele L ampertico
a
G iuseppe T oniolo 11 [Vicenza, 14 novembre 1890]12
Ho ricevuto Le Socialisme par l’Ab[bé] S. Nicotra, traduit par Lalieu, Bruxelles 189013. Ringrazio intanto Lei. Devo ringraziare il Nicotra e il Lalieu. Dove? Viene a me come omaggio dell’autore. Gli altri aspetto. Grazie infinite. Aff[ezionatissi]mo A[mico] Fedele Lampertico
V.6 A lberto E rrera
a
G iuseppe T oniolo 14
Napoli, Largo Latella 6, 19 febbraio [18]93 Egregio Professore, Vi sarò molto obbligato se mi favorirete la Rivista internazionale, della quale siete direttore15 e sarà mia premura di ricambiare la cortesia facendo l’annuncio delle materie nella Rassegna di Economia, che faccio periodicamente nella Rivista Natura ed Arte16. Vi ho scritto anche intorno all’opera sul capitale del Prof. Jannet 17. Vi mando qualche mio lavoretto e mi dichiaro con profonda stima, perfetta considerazione ed osservanza. Dev.mo ed obbligatissimo A. Errera BAV, Carteggi Toniolo, doc. 812, cartolina postale, originale. Luogo e data desunti dal timbro postale. 13 S. Nicotra, Le socialisme, traduit de l’italien par L.-J. Lalieu, Bruxelles 1900, pp. XXXI, 424. 14 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 952, cartolina postale, originale. 15 Per l’esattezza, condirettore. 16 Autorevole quindicinale di scienze, lettere ed arti, il cui primo numero uscì il 1° dicembre 1891; cessò la pubblicazione il 30 novembre 1911. Il numero del 17 agosto 1903 fu interamente dedicato alla scomparsa di Leone XIII. 17 C. Jannet, Le capital, la spéculation et la finance au XIXe siècle, Paris 1892. Per il giudizio del Toniolo su Claudio Jannet, cfr. il cenno commemorativo pubblicato nella Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 4 (1894), pp. 681-685, ristampato in TES, IV, pp. 460-466. 11 12
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214
V.7 H einrich P esch
a
G iuseppe T oniolo 18
Magonza, Palazzo Vescovile, 18 agosto 1896 Illustrissimo Signor Professore, Mi duole vivamente che le mie numerose occupazioni non mi permettano di prendere parte al Congresso per gli Studi Sociali in Padova. È mio desiderio però di esprimere almeno per iscritto a Lei Ill[ustrissi]mo Signor Professore e al distinto Congresso la dovuta ammirazione che sempre ho sentito per i lodevolissimi sforzi dei cattolici Italiani. La bandiera che essi seguono non è certamente altra che quella inalberata dal grande sociale Papa Leone XIII, bandiera attorno alla quale accorrono con entusiasmo tutti i fedeli alla S. Chiesa, bandiera che tanto più sicuramente conduce alla vittoria, in quanto che solo il Cristianesimo può offrire i veri rimedii per i molti mali del tempo presente. La storia non argomenta con sillogismi. Essa conosce solamente una prova: « la deduzione ad absurdum ». Questa argomentazione si realizza dinnanzi ai nostri occhi contro quel falso liberalismo, il quale tante sventure ha portato sui popoli. Nostro dovere sarà quindi di ripiantare di bel mezzo sulle ruine di quello la croce, di lenire le miserie e di recare nuova vita all’umanità. « In cruce salus ». Questa è la nostra fede, la nostra speranza, la nostra fiducia. In questa convinzione sono io unito con Loro, col nobile Vegliardo che dalla cattedra di S. Pietro gloriosamente regna, il S. Padre Leone XIII. Vogliamo dunque mai perdere coraggio, ma sempre tener alta la bandiera cattolica, fintanto che la morte venga a strapparcela dalle mani. Voglia Iddio benedire i loro lavori, affinché essi riescano ad onore dell’Onnipotente, a bene dell’Umanità, a salute e gloria della loro Patria. Coll’assicurazione della più perfetta stima, ho l’onore di sottoscrivermi di V. S. Ill.ma servo in Cristo Heinrich Pesch S.J.
18 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 1653, lettera originale autografa. Heinrich Pesch (18541926), gesuita, fu direttore del seminario teologico di Magonza (1892-1900) e teorizzò il solidarismo cristiano, elaborando un corpus dottrinale che, nell’alveo del neotomismo, mirava a far « da ponte » tra la Rerum novarum e gli ulteriori sviluppi del magistero. Fratello di Tillmann Pesch, egli pure gesuita, denunciò i limiti del concetto di homo oeconomicus. Cfr. Dizionario di dottrina sociale della Chiesa: scienze sociali e magistero, Milano 2004, ad vocem.
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V.8 S alvatore M inocchi
a
G iuseppe T oniolo 19 [Firenze], 21 luglio 1896
Illustre Sig. Professore, L’editore Hoepli di Milano mi ha mandato il nuovo Manuale di sua edizione, intitolato: Socialismo, di Giuseppe Biraghi 20. Nella speranza che Ella abbia trovato lodevole la Rivista Bibl[iografica] Ital[iana] che Le invio in omaggio, e non del tutto indegna di contenere un Suo scritto, mi fo ardito di chiederle se Ella fosse disposto a farne una breve recensione. In tal caso Le invierei il libro in questione (284 p. in 24°). Con profondo ossequio sono Suo Devot[issi]mo Dr. S. Minocchi
19 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 1577, lettera autografa su carta intestata « Direzione della Rivista bibliografica italiana. Firenze, via Ricasoli 21 ». Quando Minocchi scrisse questa lettera aveva da poco dato vita alla Rivista bibliografica (10 marzo 1896) con l’aiuto di Giovanni Mercati. Il suo obiettivo era di rendere il periodico un « veicolo » di seria informazione sulle più importanti pubblicazioni italiane e straniere, contribuendo a irrobustire la cultura religiosa dei cattolici italiani. Tra i collaboratori: Umberto Fracassini, Giovanni Genocchi, Giovanni Semeria. In un primo momento, la rivista fu valutata con favore da parte dello stesso papa Leone XIII, il quale, tramite il cardinale Rampolla, incoraggiò l’iniziativa. Ciò spiega, forse, l’iniziale attenzione del Toniolo per Minocchi (cfr. A. Zambarbieri, Il cattolicesimo tra crisi e rinnovamento. Ernesto Buonaiuti ed Enrico Rosa nella prima fase della polemica modernista, Brescia 1979 [Pubblicazioni del Pontificio Seminario Lombardo. Ricerche di scienze teologiche, 17], p. 192 nt. 6), che peraltro ben presto venne meno, sembrando che il giovane prete fosse sostenitore di un « indirizzo troppo ardito » (Vian, Giuseppe Toniolo e la Società cattolica cit., p. 571). Nel luglio 1897, anche in seguito a difficoltà finanziarie, la Rivista bibliografica sospese le pubblicazioni, per riprenderle nel 1898, grazie all’interessamento e con il sostegno del marchese Manfredo Da Passano. Essa divenne allora, « gradatamente, un piccolo periodico d’informazione sugli studi religiosi che si venivano compiendo anche fuori d’Italia » (P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Bologna 1961, p. 95). Di diverso spessore, benché sulle sue pagine non siano comparsi « saggi di importanza fondamentale », fu la successiva rivista del Minocchi, Studi religiosi, il cui primo numero uscì nel gennaio 1901 (ibid., pp. 96-97). Sospeso a divinis nel 1907, Minocchi lasciò il sacerdozio nel 1908 (A. Agnoletto, Salvatore Minocchi. Vita e opera 1869-1943, Brescia 1964, pp. 66-145; P. Vian, « Non tam ferro quam calamo, non tam sanguine quam atramento ». Un ricordo del card. Giovanni Mercati, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae, VII, Città del Vaticano 2000 [Studi e testi, 396], pp. 396-403). 20 Milano 1896.
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216
CARTEGGIO
V.9 S alvatore M inocchi
a
G iuseppe T oniolo 21
[Firenze], 2 agosto 1896 Illustre Sig. Professore, Il dispiacere che avrei potuto sentire dal Suo diniego alla mia richiesta è stato così compensato dalla gentile Sua cortesia e schiettezza, che ormai non sento che il piacere di essermi procurata la Sua preziosa conoscenza, almeno per lettera. Comprendo benissimo le ragioni giustissime che Le tolgono di potere per ora contentare il mio desiderio e gliene ho la medesima gratitudine, che se mi avesse dato promessa affermativa. In quanto a cooperare colla mia Rivista a diffondere quel movimento scientifico cattolico che occorre rimettere in onore in Italia nostra, Lei può contare sul nostro periodico, come se fosse Suo. Sarò ben contento di potere inserire tutte quelle comunicazioni che Lei o altra persona intelligente ci vorrà favorire a questo proposito. Mi dispiace di non poterle dare schiarimenti sugli studiosi di cose sociali in Toscana, attesoché, essendo io giovanissimo, non ho molta conoscenza pratica di tali cose. Ella d’altronde conoscerà bene l’Avv. S. Sestini di Firenze (nostro collaboratore), che solo ora potrei proporle (abita a Firenze, Via dell’Albero, 9; ha lo studio in Via Bufalini, 29). Purtroppo prevedo di non poter venire a Padova, come desidererei, ma se Lei mi trova chi quasi faccia colà le mie veci, circa a dar notizia dei resultati del Congresso nella Rivista che dirigo, gliene sarò gratissimo. Con profondi e cordiali ossequi sono tutto per Lei. Dr. S. Minocchi
21 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 1607, lettera autografa su carta intestata « Direzione della Rivista bibliografica italiana. Firenze, via Ricasoli 21 ».
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V. Appendice
217
V.10 V ictor C athrein
a
G iuseppe T oniolo 22
In Collegio S[anc]ti Ignatii, Valkenburgi in Hollandia, 18 aug. [18]96 Illustrissime Domine, Valde laetor propediem locum habiturum alterum congressum Catholicorum Italiae pro studiis socialibus promovendis. Libentissime et ex animo declaro me plenissime adhaerere et consentire non solum fini et tendentiae hujus congressus sed etiam principiis solidis quibus innititur et dirigitur. In primis valde gaudeo congressum non solum generalia scientiae socialis catholicae principia statuere velle, sed ulterius progredi ad quaestiones sociales practicas et urgentes huius temporis solvendas, inter quas eminet quaestio quomodo parvis proprietariis ruri degentibus succurri possit. Itaque faustissima quaeque congressui apprecor. Tibi autem, illustrissime Domine, ex toto corde congratulor, quod tuis praesertim conatibus congressus locum habiturus sit. In litteris tuis sermo est de schedula annexa statutis congressus. Talem schedulam non accepi, ideo volui per epistolam tibi significare me adhaerere ex animo principiis et tendentiae congressus. Restat, ut tibi Illustrissime Domine, tuisque cooperatoribus significem sensus summae venerationis. Infimus in Christo servus V. Cathrein S.J.
22 Ibid., doc. 1655, lettera originale autografa. Victor Cathrein (1845-1931), gesuita, studioso di teologia morale, pubblicò Das Privatgrundeigenthum und seine Gegner, Freiburg i. Breisgau 1892, che il Toniolo fece recensire da U. Sandrinelli in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 4 (1894), pp. 322-327, come pure fece recensire, ma da I. Petrone, il successivo volume, sempre di V. Cathrein, Moralphilosophie, Freiburg im Breisgau 1893, ibid. 4 (1894), pp. 672-677.
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218
CARTEGGIO
V.11 S alvatore T alamo
a
G iuseppe T oniolo 23 Roma, 13 luglio 1898
Illustre Prof. ed Amico, La ringrazio vivamente delle correzioni fatte al mio articolo24. Ho ricevuto puntualmente tutti i manoscritti da Lei inviati. Ho preso nota di quanto mi scrive nell’ultima sua del 12 c.m. La prego che voglia spedirci il resto del lavoro dell’Agliardi25, dovendo regolare la distribuzione di esso in vari fascicoli. Qui io starò sino alla fine del mese; e poi andrò a Napoli, salita S. Teresa nr. 4 (angolo Materdei). Le accludo la noticina del suo dare ed avere datami dal nostro Pasini, e Le compiego i due onorari di giugno e luglio c. a. con la preghiera di volercene spedire la ricevuta in due distinti foglietti per i due mesi. Si abbia i più affettuosi ossequi, si conservi in salute e mi creda sempre D[evotissi]mo Suo Salv[atore] Talamo
23 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 2447, lettera su carta intestata: Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie. 24 S. Talamo, Il futuro ordinamento economico-politico proposto da un socialista, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 17 (1898), pp. 337-362. 25 E. Agliardi, I cattolici della Germania nel campo scientifico, ibid. 17 (1898), pp. 363-383; 18 (1898), pp. 10-62, 179-200; 329-356.
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219
V. Appendice
V.12 S alvatore T alamo
a
G iuseppe T oniolo 26 Roma, 2 dicembre 1898
Illustre e Caro Professore, Ho ricevuto il lavoro di Mons. Péchenard27. È assolutamente impossibile che si pubblichi nel fasc. di dicembre, il quale si comporrà dell’art[icolo] del Calisse28, del Tuccimei (lavoro giacente da sei mesi)29, della Anzoletti30, e di un’altra parte del Vigo (il Porto Pisano)31. Quel discorso di Mons. Péchenard poi è un assai meschino lavoro dall’aspetto scientifico o critico; né il nome di lui potrebbe aggiunger credito alla nostra Rivista. Come vede, anche il lavoro del Caissotti32 deve essere differito; quanto a quello del Main33, spero che molto probabilmente si possa stampare nel gennaio p. v. Intanto Ella potrebbe scrivere al Main per giustificare il ritardo della pubblicazione, che egli potrebbe dichiarare che ha voluto pubblicare il suo lavoro dopo quello degli altri su lo stesso argomento, perché fosse come una sintesi o un riassunto che voglia dirsi di tutto ciò che si riferiva al soggetto da lui trattato. Del resto Ella sa che il nostro fasc. ha pagine contate; e non si possono contentare tutti tanto più che noi siamo sempre ossequenti ai desideri di Lei sull’anticipare, sugli altri, gli articoli di questo o di quest’altro scrittore. Quanto al Puccini, egli mi scrive di aver dichiarato a Lei che non poteva più pagare neppure le 15 lire di abbonamento considerandosi in cambio come collaboratore, e avendo scritto, sul consiglio di Lei, un articolo su 26 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 2534, lettera originale autografa su carta intestata Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie. 27 Pierre-Louis Péchenard (1842-1920), rettore dell’Institut catholique de Paris (18961906), fu vescovo di Soissons dal 1906 al 1920. Coltivò interessi storici. Nessuno dei suoi lavori figura nella Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie. 28 C. Calisse, Le associazioni in Italia avanti le origini del comune, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 18 (1898), pp. 505-521. 29 G. Tuccimei, Una questione pregiudiziale a proposito dell’evoluzione, ibid., pp. 539-563. 30 L. Anzoletti, La nuova era civile dei sordomuti e il I congresso di beneficienza pei sordomuti in Milano, ibid., pp. 528-538. 31 P. Vigo, Il Porto Pisano: la sua difesa, il suo governo, la sua interna amministrazione, ibid., pp. 201-219; 19 (1899), pp. 61-68, 206-227. 32 L. Caissotti di Chiusano, Le casse rurali in Germania, ibid. 18 (1898), pp. 360-380; 20 (1899), pp. 177-200, 522-551. 33 A. Main, Le vie alle Indie e Vasco de Gama, ibid. 19 (1899), pp. 39-60.
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CARTEGGIO
la tratta degl’italiani in Francia34. L’art. ci è pervenuto e forse si stamperà; ma è ben magra cosa. Gli estratti del Capecelatro35 ancora non sono venuti in ufficio; quando verranno se ne farà la distribuzione secondo il desiderio di Lei. Poiché siamo a parlare del Capecelatro, devo dirle pel sentimento di leale amicizia che mi stringe a lui e a Lei, che io in questi ultimi giorni del p. p. novembre fui a visitarlo come al solito. Il discorso volse principalmente sulle eminenti qualità di Lei come scienziato e come uomo, e sulle grandi benemerenze di Lei verso la scienza e l’azione cattolica nei tempi fortunosi che volgono. Il Cardinale a questo proposito mi manifestò il desiderio che io raccomandassi a Lei che voglia desistere dal discorrere di democrazia cristiana36. Egli notava che un termine (democrazia) che ha un significato determinato e accertato storicamente, scientificamente e filologicamente non può volgersi ad altro significato senza generare equivoci, malintesi, dissensi più o meno dannevoli, massime in Italia e nelle presenti passionate condizioni degli animi. Tanto più quando quel nome, volto ad altro significato, si voglia assumere come espressione o programma dell’azione sociale del cattolicismo che certamente è molto più ampia che non è il nome di democrazia. L’episcopato italiano, soggiunse, non sarà per ciò inclinato ad accettare quel nome. E a tal proposito mi raccontò un aneddoto a lui raccontato da quel santo Arcivescovo di Napoli, di cui tutti rimpiangono la perdita, Mons. Sarnelli37. Il Sarnelli, nell’ultimo congresso dei cattolici, tenuto a Milano, fu dall’E. mo Card. Ferrari38 invitato ad assistere ad una riunione speciale in cui do34 R. Puccini, La tratta dei piccoli italiani in Francia. Pensieri e documenti a proposito di una nuova monografia del marchese R. Paolucci de’ Calboli, ibid. 18 (1898), pp. 564-578. 35 Alfonso Capecelatro di Castelpagano (1824-1912) frequentò dapprima il collegio diretto da F. P. De Meis, quindi entrò nell’oratorio di s. Filippo Neri, che costituiva « il centro [napoletano] della tradizione storiografica neoguelfa » e ne fu largamente influenzato. Vi rimase fino al 1879, quando venne chiamato a Roma da Leone XIII. Nel frattempo, era stato ordinato sacerdote (1847) e aveva compiuto frequenti viaggi di studio e di ricerca presso l’abbazia di Montecassino, occupandosi di letteratura, storia, apologetica e agiografia. Consacrato arcivescovo di Capua nel 1880 e creato cardinale nel 1885, venne nominato Bibliotecario nel 1890. Ebbe amichevoli relazioni con illustri intellettuali e letterati del suo tempo, quali Manzoni, Tommaseo, Fogazzaro, Sclopis. Il suo stile fu apprezzato dal Carducci. Sono significativi i lavori sulla funzione nazionale del papato nel Medioevo. Di sentimenti patriottici, teorizzò la « libera Chiesa con [il] libero Stato » (L. Bedeschi, La Curia romana durante la crisi modernista. Episodi e metodi di governo, Bologna 1968, pp. 16-17). Cfr. Vian, Giuseppe Toniolo e la Società cattolica cit., p. 587 nt. 74. 36 Tra i suoi interventi in materia: TDC, I, pp. 15-172. 37 Vincenzo Maria Sarnelli (1835-1898), ordinato sacerdote nel 1862, fu conscrato vescovo di Castellammare di Stabia nel 1879 e promosso arcivescovo di Napoli nel 1897. 38 Andrea Carlo Ferrari (1850-1921), ordinato sacerdote nel 1873, fu rettore del seminario di Parma (1877) e insegnò teologia dogmatica, teologia morale e storia ecclesiastica. Nel 1885 pubblicò una Summula theologiae dogmaticae generalis, che ebbe larga diffusione. Con-
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V. Appendice
veva discutere appunto la vessata questione della democrazia cristiana. Egli vi andò; e ci volle una buona mezza ora per fare che tutti avessero inteso il senso che si attribuiva alla formola democrazia cristiana. Allora il Sarnelli soggiunse: « Questa vostra discussione mi conferma nell’opinione che la formola democrazia cristiana non è opportuna, appunto perché equivoca. Io, certo, non le sarò contrario, ma non la userò mai; né permetterò che essa sia usata nella mia diocesi, specie se si vuole assumere come programma dell’universale azione sociale del cattolicismo ». Ella nella sua saggezza e prudenza faccia di questa comunicazione quel conto che crede; io ho adempiuto a un dovere di sincera amicizia. Se Ella per questo mese non verrà qui me lo faccia sapere, ché allora io Le spedirò costà gli onorari di novembre e dicembre. Si abbia i più affettuosi ossequi e mi creda D[evotissi]mo Suo Salv[atore] Talamo
V.13 V ictor D outreloux
a
G iuseppe T oniolo 39 Rome, 18 avril 1899
Cher et Honoré Professeur, Je vous remercie beaucoup de la lettre que vous m’avez écrite: j’ai été très touché des sentiments que vous y exprimez. J’aurais été heureux de pouvoir accepter votre aimable invitation; mais il m’est impossible de modifier le plan de mon voyage de retour. Force m’est donc de remettre à un autre temps la joie de faire la connaissance
sacrato vescovo di Guastalla nel 1890, l’anno seguente fu trasferito alla diocesi di Como e nel 1894 venne promosso alla sede arcivescovile di Milano, ottenendo nel contempo la porpora cardinalizia. Si impegnò nella catechesi, nelle visite pastorali e nell’educazione cristiana dei giovani. Favorì l’impegno del laicato nella Chesa. Durante il pontificato di Pio X fu sospettato di modernismo (cfr. Scoppola, Crisi modernista cit, pp. 211-213, 216, 333). 39 Victor-Joseph Doutreloux (1837-1901) venne commemorato dal Toniolo in uno scritto che illustra sinteticamente, ma efficacemente, il ruolo da lui svolto nel movimento cattolico europeo: S.E. Mons. Victor Joseph Doutreloux, vescovo di Liegi. Una parola di commemorazione e una pagina di storia. Cenni commemorativi, in Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie 27 (1901), pp. 484-492, ristampato in TSS, II, pp. 3-17.
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222
CARTEGGIO
personnelle d’un homme qui défend avec tant de sagesse et de vaillance la Sainte cause de l’Église de Dieu. Je vous adresse un exemplaire d’un livre paru assez récemment et donnant des renseignements sur les oeuvres existant dans la ville de Liège; depuis son apparition d’autres oeuvres ont surgi notamment la Ligue des femmes chrétiennes. Je joins à cet ouvrage mon allocution synodale de l’an dernier et un rapport sur les oeuvres agricoles de la province de Liège. Ces oeuvres sont pour le moins aussi florissantes dans la province du Limbourg qui fait aussi partie de ma diocèse. Veuillez agréer, cher et Honoré Professeur, avec l’expression réitérée de ma particulière estime, l’assurance de mon entier dévouement en N. S. Victor [Joseph Doutreloux] Évêque de Liège
V.14 S alvatore M inocchi
a
G iuseppe T oniolo 40
Villa Patrizi alla Consuma, Pontassieve, 14 settembre 1899 Illustre e caro Signore, Nei primi di luglio scorso ricevei a Firenze il suo programma per un sodalizio scientifico tra gli studiosi cattolici in Italia, con un Suo gentilissimo biglietto. Per quanto mi premesse moltissimo lo scriverle in proposito, non ebbi il tempo materiale di farlo con un po’ di quiete, perché ero in procinto di partire da Firenze. E dopo le mille distrazioni della mia villeggiatura in Casentino (dove mi son recato più che altro per fare degli studi storici e topografici generali che mi possano servire ad ulteriori lavori danteschi e francescani) e il continuo mutare di residenza per le escursioni che ho dovuto fare in queste montagne così ricche di memorie storiche me ne hanno impedito. Del resto, non avrei mai creduto che la mia povera persona potesse pesar tanto nella Sua bilancia, da spingerlo a dimostrare per me tanta Sua premura che nello stesso tempo mi onora e mi confonde.
40
BAV, Carteggi Toniolo, doc. 2979, lettera originale autografa.
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V. Appendice
223
Ebbi giorni fa dal mio ottimo amico A. Malvezzi Campeggi41 di Bologna una gentilissima lettera con la quale mi interessava ad occuparmi del nascente sodalizio e ad intervenire personalmente all’adunanza di Como42. Gli risposi subito significandogli la mia piena e volenterosa adesione al sodalizio (a questo scopo ho il piacere di accludere l’offerta di lire cinque convenuta) e promettendogli di cooperare per quanto era in me alla diffusione vigorosa della società predetta: in pari tempo mi scusavo di non potere intervenire all’adunanza di Como e gli esprimevo alcuni miei apprezzamenti generali relativamente al programma da Lei redatto e comunicatomi. Ieri poi, per mezzo dell’amico cortesissimo d[on] Faraoni43, ebbi la stessa Sua lettera. Non so come degnamente ringraziarla di tanta squisita Sua gentilezza; so per altro di non meritare affatto la illimitata fiducia che Ella ripone in me, tranne la rettitudine d’intenzione che ebbi sempre ne’ miei studi e nelle mie pubblicazioni. Concordo pienamente nella bellissima idea che Ella svolge nella Sua lettera circa lo scopo, gli intenti e i mezzi per cui si vuol fondare e promuovere il sodalizio scientifico tra i cattolici d’Italia; e già concordai quando ebbi nel luglio occasione di leggerne il suo programma provvisorio. Pochi hanno più di me desiderato il rinascimento degli studi scientifico-religiosi in Italia e le mie pubblicazioni per quanto tenui (cominciando dalla prefazione alla mia versione dei Salmi)44 ne fanno fede. In questi giorni stessi pubblico anche la Versione dei Vangeli: gliela manderò e potrà formarsi un’idea del come io vorrei che in Italia si coltivassero gli studi biblici e in genere religiosi. Fra i collaboratori della mia Rivista bibliografica italiana ho trovato pure un piccolo nucleo di studiosi che spero col tempo formeranno una importantissima serie di manuali scientifico-religiosi, per l’insegnamento nei seminari, secondo le esigenze dei moderni studi e delle recenti scoperte archeologiche e filologiche. Questo Le comunico in privato. La prego, però, di dispensarmi dal fare nessuna comunicazione scritta sui 41 Antonio Malvezzi Campeggi (1870-1900), marchese, fu tra i fondatori del Circolo universitario cattolico di Roma (8 dicembre 1894, in casa di Romolo Murri). Tra i partecipanti: Edoardo Soderini, Paolo Mattei Gentili, Pietro Borromeo e Giuseppe Micheli (cfr. De Rosa, Storia del movimento cattolico cit., p. 344). Il gruppo romano (e non solo esso) era viziato da « tendenze particolaristiche e sino campanilistiche », il che preoccupava il Toniolo (cfr. Vian, Giuseppe Toniolo e la Società cattolica cit., p. 573). Sulle divergenti vedute in merito al problema della sede, cfr. M. Casella, Cattolici a Roma dopo l’Unità d’Italia (1869-1900), Battipaglia 2011, pp. 71-77. 42 Dove, nel corso di un convegno commemorativo (13-15 settembre 1899) del centenario della morte di Alessandro Volta, furono gettate le basi della Società cattolica italiana per gli studi scientifici. 43 Giuseppe Faraoni, sacerdote, fece parte della II sezione dell’Opera dei congressi. 44 I Salmi, tradotti dal testo ebraico comparato colle antiche versioni, con introduzione e note [del] sac. S. Minocchi, Firenze 1895.
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CARTEGGIO
miei studi passati e futuri, che non riescirebbe forse che un arido elogio di me medesimo, mentre rifuggo per naturale ritrosia, senza alcun merito di modestia, dal mettermi in mostra. Quanto al Suo programma esso era redatto in modo insuperabile, come ogni scritto che esce dalle Sue mani. Però, verrò subito alla sostanza, non mi riesce di approvare quella triplice divisione in sezioni: l’apologia cristiana non può formare sezione a parte, perché è tema generico delle prime due sezioni almeno; gli studi teologici e filosofici non possono da sé soli riempire un’intera sezione, mentre sono così privi di vera vita nel clero italiano. Gli studi biblici vi erano tralasciati del tutto, mi pare, e così l’archeologia sacra e profana, la filologia sacra e profana e la diplomatica sacra e profana, che dovrebbero formare una sezione a parte con gli studi storici; invece gli studi storici erano messi come appendice in fine della seconda sezione. A guardare come van divisi gli studi presso le accademie pubbliche degli stati europei, la divisione in sezioni ha da essere diversa e in almeno quattro sezioni, mi sembra. Ogni sezione dovrebbe avere un periodico proprio e sta bene! Ma non un periodico del genere della Scuola cattolica, che vuol essere arretratissimo in fatto di scienza (né il suo direttore è sufficientemente a giorno dei recenti studi scientifico-religiosi)45. Anche la Civiltà cattolica, come mi hanno qualche volta confessato dottissimi gesuiti, spesso non si dimostra all’altezza dei moderni studi religiosi; ma in quel periodico ho assai fiducia che in pochi anni si modificherà in meglio. Gli articoli archeologici del P. Grisar46 ne sono uno splendido esempio. E sarebbe pure desiderabile che la nuova società scientifica cooperasse efficacemente al rinnovamento degli studi cattolici col sussidiare opere importanti per la stampa e col proporre lavori e premi cospicui. Se non si verrà a questi argomenti di fatto, son persuaso che non si otterrà niente o quasi niente in pratica dalla costituzione di tale società. Queste le mie impressioni che Le comunico così alla carlona. Ne tenga il conto che crede, e qualunque siano state le decisioni dell’adunanza comasca mi onori, se potrò esser utile, di Suoi comandi. Con tanti cordiali ossequi e ringraziamenti, rimango Suo obbl[igatissi] mo servo Salvatore Minocchi 45 Il periodico, fondato nel 1873 da don Davide Albertario e dal gesuita Gaetano Zocchi, mutò nome nel 1891, divenendo La Scuola cattolica e la scienza italiana. 46 Hartmann Grisar (1845-1932), gesuita, fu docente di storia ecclesiastica nella Facoltà teologica di Innsbruck. Studiò la « storia civile del papato nel Medioevo sullo sfondo della storia di Roma » con l’intento di correggere l’opera di Ferdinand Gregorovius, ma non riuscì a produrre un lavoro organico e compiuto. Si occupò pure della figura di Lutero (Vian, Giuseppe Toniolo e la Società cattolica cit., pp. 592-593 nt. 91).
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V. Appendice
N. B. Dal 16 al 25 sett[embre] il mio indirizzo è: Porciano presso Stia (Arezzo). Indi in poi è meglio scrivermi, se mai, a Firenze ove torno ai primi di ottobre.
V.15 S alvatore M inocchi
a
G iuseppe T oniolo 47 [Firenze], 10 nov[embre] 1899
Carissimo e venerato Signore, Ho ricevuto il riassunto conclusivo dell’adunanza di Como. Riconosco troppo bene che Ella è riuscito a fare forse anche più di quello che sperava ottenere, in condizioni così delicate e difficili, fra le quali è nata questa nobilissima società scientifica. Tuttavia, se ho a palesare schietto l’animo mio, debbo pure riconoscere che noi siamo, sembra a me, ancora ben lontani dall’aver formato una società vasta, solida, insigne, quale dovrebbe essere nell’intenzione di chi l’ha primo concepita, e d’ogni altro che vorrebbe alzare anche in Italia la vittoriosa bandiera della scienza cattolica, quale la esigono gli studi moderni. A me è dispiaciuto di non vedere nelle sezioni assegnato alcun posto esplicito, come ben converrebbe, alla Bibbia e alle discipline bibliche48: tra i protestanti la Bibbia forma la prima e la più esplicita delle discipline scientifiche; se noi cattolici vogliamo mettere al primo posto la teologia, facciamolo; ma non avremo mai il diritto di rinchiudere la scienza biblica nei limiti della teologia e del catechismo. Insomma io avrei desiderato per gli studi biblici una rubrica come l’hanno gli studi matematici. Io mi occupo, inoltre, di studi storici, ma non so perché debbo avere a presidente 47 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3080, lettera originale autografa su carta intestata « Direzione della Rivista bibliografica italiana, Firenze, Via della Pace, 2 ». 48 In effetti, erano previste cinque sezioni: « per gli studi religiosi, filosofici, apologetici (presidente Giuseppe Alessi, di Padova); per gli studi sociali-economici e giuridici-politici (presidente Toniolo; si trattava in sostanza dell’Unione cattolica per gli studi sociali, inclusa nel nuovo organismo); per gli studi fisici, naturali e matematici (presidente Pietro Maffi, di Pisa); per gli studi storici e affini (presidente Franz Ehrle); per gli studi filologici, letterari e artistici (presidente Giacomo Poletto, di Vicenza) ». Cfr. Vian, Giuseppe Toniolo e la Società cattolica cit., p. 572.
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CARTEGGIO
della IV sezione uno scienziato tedesco49 (e il nostro Cipolla?)50 e il prof. Marucchi51, che è superato in valore scientifico da tanti altri italiani. In generale, io vedo nelle nomine delle sezioni, che si è avuto un concetto non chiaro dello stato della questione, e quindi una tal quale confusione circa il giudizio e il merito delle persone elette. Per gli studi filologici, per es[empio], io avrei preferito si fosse inteso alludere alla filologia classica latina e greca, e alla filologia orientale e sacra, come nelle regie Accademie: ma allora non so come si poteva eleggere a presidente Mons. Poletto52, uomo di valore assai discusso, e intendente solo di letteratura italiana. Potrei moltiplicare le osservazioni. Questo tengo a dirle però, che, per un periodico serio e forte di studi religiosi, i proff. Ballerini53 e Gorla54 non mi sono di sufficiente garanzia; né quindi potrei volentieri assumere la parte di collaboratore. 49 Franz Ehrle (1845-1934) studiò in Germania e in Inghilterra. Trasferitosi in Belgio, si occupò di filosofia medioevale e, in particolare, di scolastica. Nel 1885, insieme con Heinrich Denifle, fondò l’Archiv für Literatur- und Kirchengeschichte des Mittelalters. Divenne prefetto della Biblioteca Vaticana (1895-1914), cardinale (1922) e, dal 1929, bibliotecario e archivista di Santa Romana Chiesa. 50 Carlo Cipolla (1854-1917) insegnò nell’università di Torino (dal 1882) e in quella di Firenze (dal 1906). Fu socio nazionale dell’Accademia dei Lincei (1896). Tra i suoi lavori: Storia delle Signorie italiane dal 1318 al 1530 (1881); Per la storia d’Italia e dei suoi conquistatori nel Medioevo più antico (1895); La supposta fusione degli Italiani coi Germani nei primi secoli del Medioevo (1900-1901). 51 Orazio Marucchi (1852-1931), allievo dell’Istituto pontificio S. Apollinare e del Collegio romano, fu guidato nelle ricerche di archeologia cristiana da G. B. De Rossi. Nel 1884 una dissertazione sul Foro Romano e sul Palatino gli aprì le porte della Pontificia Accademia romana di archeologia. Leone XIII lo nominò scrittore per la lingua latina della Biblioteca Apostolica Vaticana (1885) e archeologo dei Musei pontifici. Svolse un’importante opera di divulgazione scientifica (Le memorie dei ss. Apostoli Pietro e Paolo nella città di Roma, 1894; Guida del Museo Cristiano-Lateranense, 1898; Catalogo del Museo Egizio Vaticano, 1899). Aderì alla Società cattolica italiana per gli studi scientifici. Insegnò presso numerosi istituti religiosi romani, tra i quali l’Apollinare, l’Angelicum, l’Angelo Mai, il De Merode, il Collegio di S. Anselmo all’Aventino, il Seminario francese e il Collegio canadese, il Seminario di Propaganda Fide e quello Romano Maggiore. Nel 1905 fu chiamato all’Università di Roma, dove per venticinque anni insegnò archeologia cristiana. 52 Giacomo Poletto (1840-1914), sacerdote, fu studioso di Dante. Il Torraca lo censurò per la sua « scarsa conoscenza » della letteratura utilizzata da Dante nella Commedia e per l’eccesso di citazioni. Tra i suoi lavori: Commento alla Divina Commedia, 1894; L’allegoria della Divina Commedia di Dante Alighieri, 1897; La riforma sociale di Leone XIII e la dottrina di Dante Alighieri, 1898; La Vergine Madre nelle opere e nel pensiero di Dante, 1905. 53 Giuseppe Ballerini (1857-1933), ordinato sacerdote nel 1882, fu professore di teologia nel seminario diocesano di Pavia. Venne consacrato vescovo, sempre di Pavia, nel 1924. 54 Carlo Gorla (1862-1942) studiò alla Gregoriana, dove nel 1885 si laureò in teologia. Insegnò nel seminario di Monza, poi in quello Maggiore di Milano. Fu prefetto degli studi (1901-1903). Si dedicò alla saggistica religiosa. Stimato dal Toniolo, fu segretario della neocostituita Società cattolica italiana per gli studi scientifici. Strinse rapporti di amicizia col prefetto dell’Ambrosiana Achille Ratti. Nel 1904 venne nominato penitenziere maggiore del duomo di Milano, carica annessa a quella di canonico effettivo del capitolo metropolitano.
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V. Appendice
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Ma è impossibile che io possa dirle tutto per iscritto. Se Ella lo gradisce, desidero vivamente di parlare un po’ con Lei anche a voce, e ne sarò ben lieto, se mi farà avvertito quando viene a Firenze. In complesso io intendo di approvare senza riserve la nobilissima idea della Società scientifica, ma non posso concedere che l’attuazione sia stata felice e tale da contentare tutti i miei desideri. Il P. Ghignoni55, Barnabita (Collegio delle Querce) mi prega di avvertirla che non ha ricevuto notizia a conferma della quota (lire 5) di adesione da lui inviata a Lei. Con ogni cordiale ossequio. Suo dev.mo Salvatore Minocchi P.S. Ho ardito inviarle in omaggio i miei Vangeli56. La prego di gradirli benignamente.
Dal 1902 al 1919 scrisse su La Scuola cattolica, la rivista teologica del seminario milanese. Collaborò inoltre a La Rivista del clero italiano, fondata nel 1920 e redatta da Gemelli e Olgiati. 55 Alessandro Ghignoni (1857-1926), ordinato sacerdote nel 1881, istituì a Genova la Scuola superiore di religione insieme con G. Semeria. Fu promotore di un programma di rinnovamento della musica liturgica in Toscana e nell’Italia centrale. Coltivò studi umanistici. 56 I Vangeli, tradotti e annotati da S. Minocchi, con una lettera del cardinale Capecelatro; in appendice: Frammento apocrifo secondo Pietro, Firenze-Roma 1900 [fa parte di: Il Nuovo Testamento, tradotto e annotato da Salvatore Minocchi].
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CARTEGGIO
V.16 G iambattista P aganuzzi
a
G iuseppe T oniolo 57
Venezia, lì 25 gennaio 1900 Festa della Conversione di San Paolo Illustrissimo Signore, Avutane la Superiore licenza, mi faccio un dovere di comunicare a Vossignoria Illustrissima, quale firmatario del Memoriale 8 ottobre 1899, le autorevolissime risposte ricevute così sopra alcuni punti del Memoriale medesimo, come su altre riverenti domande innalzate dal sottoscritto allo stesso Personaggio cui il Memoriale era diretto. Ecco testuali le accennate risposte: I. Restando salvo l’uso del nome Democrazia Cristiana nel senso dichiarato da Sua Santità, nulla osta a che, insieme a quello, possa adoperarsi l’altro di Azione Cristiana Popolare Sociale. Pertanto l’Opera dei Congressi potrà servirsi dei due nomi così riuniti: Azione Cristiana Popolare Sociale, ossia Democrazia Cristiana. II. A tenore del Breve Apostolico del 9 settembre 1891, compito dell’Opera dei Congressi è sempre « in unum cogere catholicas vires » e « collectas dirigere », salva però l’autonomia delle varie Associazioni, le quali, solo nell’ordine generale, possono considerarsi come subordinate. III. Saranno poi ammessi a far parte dei Comitati dell’Opera, almeno di quelli Superiori (Diocesani, Regionali, Centrale), alcuni Membri delle altre Società di qualche importanza ed aventi attinenza collo scopo dell’Opera dei Congressi, acciò più facilmente possa portarsi giudizio competente sulle materie speciali; però si ammettano in qualità di Membri della stessa Opera dei Congressi, affinché non si abbia l’idea d’una Federazione di Associazioni, il che indebolirebbe l’Azione Cattolica. 57 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3200; è autografa solo la firma. Carta intestata: « Opera dei Congressi e dei Comitati Cattolici in Italia. Consiglio Direttivo. Venezia, S. Maria Formosa 5254 ». Nel margine alto del recto si precisa che la « Lettera [indirizzata all’« Illustrissimo Signore Professore Giuseppe Toniolo Titolare della Cattedra di Economia Politica nella Università di Pisa »] non è destinata alla pubblicità, ma si comunica per sua norma a Vossignoria Illustrissima ». Nel retro, di altra mano: « L’uso della espressione “Democrazia cristiana”. Comunicaz[ione] Paganuzzi di risposta dal Vaticano ». Per la contestualizzazione dei problemi sottesi a questo documento, cfr. ASV, Segreteria di Stato, anno 1901, rubrica 12, fasc. 6; BSP, Fondo archivistico Giuseppe Callegari, buste 4-5; TLL, II, pp. 141-150; Gambasin, Il movimento sociale cit., pp. 374-534. Andrebbero inoltre riesaminate le carte della presidenza Paganuzzi presenti nell’Archivio dell’Opera dei congressi (Venezia).
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V. Appendice
IV. Circa il maggior sviluppo di questa Azione si approva la specificazione delle Opere enumerate nel Memoriale del giorno 8 ottobre, in linea descrittiva non tassativamente, potendosi, secondo i luoghi ed i suggerimenti del tempo, aggiungere altre Opere. L’Opera dei Congressi nel fondare o promuovere altre Opere speciali, eviterà di fare concorrenza alle Opere locali già esistenti, e sufficienti all’Azione Cattolica nel rispettivo campo speciale. Anche non metterà ostacolo alla spontanea creazione di nuove Opere da Essa fondate, e riconoscano la sua Direzione Suprema dell’Azione cattolica. V. Si trova degna di approvazione anche la dichiarazione contenuta nel Memoriale sopra nominato, di volere una conveniente libertà nei Comitati Regionali, per meglio provvedere ai bisogni ed alle condizioni delle diverse parti d’ Italia. Ricevuta poi la stessa Superiore approvazione eziandio della unita Circolare 24 dicembre p. p. mi onoro di accompagnare anche questa, appena stampata, a Vossignoria Illustrissima. Col voto ardentissimo che l’Azione Cattolica in Italia, per mezzo principalmente dell’Opera dei Congressi, che ogni giorno più riceve prove di paterna fiducia dal Santo Padre, abbia a svolgersi con quel vigore ed energia che è nei desiderii Sovrani dell’Augusto Pontefice, godo di raffermarmi di Vossignoria Illustrissima, Devotissimo G. B. Paganuzzi
V.17 F edele L ampertico
a
G iuseppe T oniolo 58 Vicenza, lì 6 gennaio 1901
Egregio Toniolo, L’invito non potrebbe essere più caro e onorevole, e per la cosa in sé e perché mi viene da Lei59. 58 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3680, lettera originale autografa (cfr. A. Spicciani, Toniolo per un diritto del lavoro, in Giuseppe Toniolo. Il pensiero e l’opera, a cura di R. Molesti, prefazione di D. Sorrentino, Milano 2005, pp. 234-235). 59 Il 3 gennaio 1901 il Toniolo gli aveva scritto: « […] ho bisogno di lei; ed ella sarà sì buono di non rifiutarmi il suo valido aiuto. In luglio partecipai al Congresso per la protezione internazionale del lavoro; il quale, come ella saprà, riuscì alla fondazione di una società internazionale, destinata a tener desta l’opinione pubblica e ad influire sui governi per la più
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CARTEGGIO
Le potrei dire che da qualche tempo, e certo no per superbia, inclino a far parte da me stesso e sono alienissimo dal farmi iniziatore di nulla, di nulla. Non sarebbe, ma parrebbe un pretesto, il che sarebbe un modo singolare di corrispondere a una benevolenza così schietta e amichevole. Non è ciò. Ma poiché fo parte del Parlamento, sento il dovere di attendere che, e quanto alle persone e quanto alle cose, il pensiero si definisca meglio. Il pormi innanzi ora pregiudicherebbe quanto io potessi fare a tempo opportuno, come di gran cuore mi auguro. Non mi voglia male per questo. Mi invochi se d’uopo [?]. Disponga delle lettere circolari che a me aveva affidato. Il Suo Fedele Lampertico
V.18 F edele L ampertico
a
G iuseppe T oniolo 60 [Roma], lì 14 gennaio 1901
Le mandai le lettere trattenendone cinque. In ciò vegga il mio desiderio di corrispondere al desiderio suo. Mi auguro che ciò sia e sarò lieto se potrò io stesso contribuire a questa possibilità. Il Suo Fedele Lampertico
estesa e concorde legislazione sociale operaia. E fui incaricato di promuovere in Italia una sezione di tale società […]. Vegga la circolare e lo statuto che le compiego. Legga l’articolo illustrativo (Toniolo-Agliardi) nella Rivista internazionale [a. VIII, fasc. 96, dicembre 1900], che le spedisco e di cui feci estrarre 300 esemplari, da distribuirsi. Voglia gentilmente sottoscriversi per primo come membro della società. E mi conforti, promettendomi di prestarsi gentilmente a distribuire la circolare medesima a persone per quanto è possibile oneste, serie, influenti, fra senatori, proprietari, industriali, filantropi, amici suoi » (TLL, II, pp. 225226). 60 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3701, lettera originale autografa. Carta listata a lutto.
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V. Appendice
V.19 L uigi E inaudi
a
G iuseppe T oniolo 61 Torino, 1 aprile 1901
Illustre Professore, Ho ricevuto solo alcuni giorni fa la lettera indirizzatami per mezzo dell’amico Avv. Invrea62, al quale la malattia del padre impedì di attendere, come di consueto, alla corrispondenza sua. Ella vorrà scusarmi se aderisco soltanto per metà al suo nobile invito. Gli stipendi dei professori secondari sono così strettamente misurati e gli impegni per quote ad associazioni benefiche e sociali sono così numerosi per chi vive in una grande città, che spesso non si può fare ciò che pure sarebbe vivissimo desiderio di compiere. Voglia accettare il modesto obolo che le mando come una contribuzione alle spese che la sezione italiana deve compiere per rendere nota la idea della associazione per proteggere legalmente gli operai. Sulla Riforma Sociale pubblicherò quelle notizie che la Direzione crederà opportuno di inviarmi. Frattanto voglia, signor Professore, conservare quella benevolenza di cui la ringrazio vivamente e voglia credermi con devozione profonda Luigi Einaudi
61 Ibid., doc. 3745, lettera originale autografa. Carta intestata: « La Riforma Sociale. Rassegna di Scienze Sociali e Politiche ». 62 Collaboratore della Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie, Franco Invrea pubblicò un notevole saggio su L’imposta progressiva (anno IV, vol. XI, fasc. 42, giugno 1896, pp. 185-204). Trattò inoltre i seguenti argomenti: Il comune e la sua funzione sociale, ibid., VII (vol. XX), 78, giugno 1899, pp. 210-242; 79, luglio 1899, pp. 375-390; vol. XXI, 82, ottobre 1899, pp. 198-227; Intorno all’autonomia locale, ibid., IX (vol. XXV), 99, marzo 1901, pp. 406-419; La riforma della legge sugl’infortuni del lavoro, ibid., X (vol. XXX), 120, dicembre 1902, pp. 504-515; vol. XXI, 82, ottobre 1899, pp. 198-227; Il comune e la tutela dei lavoratori, ibid., VII (vol. XXI), 84, dicembre 1899, pp. 493-519. Sul suo ruolo nel movimento cattolico cfr. A. Zussini, Franco Invrea. Un “Patrizio Genovese” nella Torino giolittiana, prefazione di M. Guasco, Alessandria [2007].
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CARTEGGIO
V.20 F edele L ampertico
a
G iuseppe T oniolo 63 Vicenza, 25 maggio 1901
C[aro] A[mico], In frettissima non volendo tardare un riscontro alla lettera di cui le sono obbligato quanto mai. Forse nessuno mi vince nell’apprezzare l’opera Sua. Quello che mi ha trattenuto con molto mio rincrescimento si è il timore che la politica ne alteri il genuino carattere. Mi mandi l’elenco degli aderenti. Mi auguro che esso mi liberi dalle dubbiezze che, Le assicuro, mi sono angosciose. Il Suo Fedele Lampertico
V.21 F edele L ampertico
a
G iuseppe T oniolo 64 [Roma], 26 giugno 1901
Egregio Toniolo, So per antica esperienza che non si ama pronunciarsi in antecedenza. Poi bisogna che alcuno la presenti e persegua. Ma denari? Misericordia! Ci è da umiliarsi. Non ho chiara l’idea della competenza. Si tratta del Ministero degli Esteri o dell’Interno? Converrebbe che io sapessi i socii: poterli dire [a] chi mi pare opportuno. È esattamente vero che io non ho entrature. Solo per mostrarle che ciò non dico per schermirmi, presenterei anche, se vuole, l’istanza. Ma converrebbe che io avessi compagno chi concluda praticamente di più, e stia a Roma. Io sono quasi in piè sulla staffa per ritornare a Vicenza. Il Suo Fedele Lampertico
63 64
BAV, Carteggi Toniolo, doc. 3786, lettera originale autografa. Ibid., doc. 3810, lettera originale autografa su carta intestata: « Senato del Regno ».
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V. Appendice
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[P. S.] Vegga che l’istanza sia breve ma chiara, chiara ma breve. Occorre che metta i punti su quello che definisce l’Associazione e che mostra la partecipazione degli stranieri così privati come governi.
V.22 F edele L ampertico
a
G iuseppe T oniolo 65
Vicenza, lì 12 luglio 1901 Egregio A[mico], Comunicai la sua lettera a Luzzat[t]i e, dopo aver consultato altri, abbiamo fatto scrivere al sottosegretario di Stato Baccelli una lettera bellissima scritta da Luzzatti e firmata da tutti e due perché parlasse con Zanardelli anche quanto al sussidio. Non ne so di più e nemmeno dove sia Luzzat[t]i a cui giro la lettera e adesioni, però alla ventura, non sapendo ove sia. Il Suo F. Lampertico
65
Ibid., doc. 3828, lettera originale autografa.
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CARTEGGIO
V.23 M affeo P antaleoni
a
G iuseppe T oniolo 66 Roma, 18 settembre 1901 Via Babuino 169
Caro Toniolo mio, O voi volete gente di parata, o voi volete gente che lavori. Bisogna scegliere. Ora se voi mi mettete nella presidenza, nel consiglio, nelle cariche, ci mettete uomo che non può fare nulla. Io ho 6 figli. Ho pochi mezzi e devo fare cento cose da per me, anche in casa. Io non posso viaggiare. Ho cento incarichi che mi si danno di qua e di là e più dico che non posso fare nulla più me se ne danno! Questa è una pazzia contro la quale devo ribellarmi, perché non è onesto accettare incarichi e non incaricarsene. Adesso Voi mi mettete nel comitato! Ma io non posso accettare! Mettetemi tra i contribuenti. Questo posso fare. Come posso andare a Basilea? Come posso piantare i figli che devono ora andare a scuola? Come non incominciare a pensare alla prolusione, al corso? Come non provvedere al Giornale [degli economisti]? Come non dare seguito a qualche lavoretto così detto scientifico? Come trascurare qualche occasione di guadagnare 4 soldi? Eccovi in tutta franchezza e confidenza, caro collega, la situazione. Io non posso. Vostro aff.mo M. Pantaleoni
66 Ibid., doc. 3917, lettera originale autografa. Maffeo Pantaleoni (1857-1924), laureato in giurisprudenza nel 1881, insegnò nelle università di Camerino, Macerata, Venezia, Bari, Napoli, Ginevra, Pavia, per approdare quale professore ordinario di economia politica alla Sapienza di Roma (1901). Socio corrispondente dei Lincei, deputato radicale (1901) e senatore (1923), fu esponente di spicco dell’economia neoclassica. Dal 1890 diresse il Giornale degli economisti. Cercò di conciliare il dettato ricardiano con il marginalismo di Walras. Tra i suoi lavori: Principi di economia pura (1889); La caduta della Società generale di credito mobiliare (1895); Scritti vari di economia (1904); Erotemi di economia pura (1925). Cfr. N. Bellanca – N. Giocoli, Maffeo Pantaleoni, il principe degli economisti italiani, Firenze 1998; M. M. Augello – L. Michelini, Maffeo Pantaleoni (1857-1924). Biografia scientifica, storiografia e bibliografia, in Il pensiero economico italiano 5 (1997), pp. 119-207.
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235
V. Appendice
V.24 G iambattista P aganuzzi
a
G iuseppe T oniolo 67 Venezia, 25 maggio 1902
Ill.mo Signore, Questo Consiglio Direttivo si pregia di partecipare alla S.V. che nell’Adunanza del Comitato Generale Permanente dell’Opera dei Congressi, tenutasi ieri a Bologna, la S.V. è stata nominata Delegato del Comitato Regionale Toscano. Nel dare a V.S. questa partecipazione, il Consiglio si congratula con Lei dell’ufficio al quale fu chiamato dalla fiducia del Comitato Generale Permanente, il quale è certo che la S.V. vorrà accettarlo con quello spirito di illimitata devozione alla causa dell Chiesa e del Santo Padre, di cui ha sempre dato prova, e con vera sollecitudine per l’Opera dei Congressi. Come poi Ella sa benissimo, secondo i nuovi Regolamenti dell’Opera (27 gennaio 1902), i Delegati dei Comitati Regionali, finché durano in tale ufficio, fanno parte del Comitato Generale Permanente dell’Opera stessa, nelle qualità di Membri attivi (art. 3 Regol. Com. Gen. Perm.). Si compiaccia la S.V. di indicarci il preciso indirizzo da Lei preferito pel recapito della corrispondenza di questo Consiglio Direttivo, e con ossequio passo a segnarmi di V.S. Devotissimo G. Paganuzzi
67 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4007, lettera originale indirizzata all’« Ill.mo Sig. Prof. Giuseppe Toniolo, Delegato del Cons. Reg. Toscano dell’Opera dei congressi, Pisa »; è autografa solo la firma. Carta intestata: « Opera dei congressi e dei comitati cattolici in Italia. Consiglio direttivo. Venezia, S. Maria Formosa, 5254 ».
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236
CARTEGGIO
V.25 D ésiré M ercier
a
G iuseppe T oniolo 68 Louvain, le 6 juin 1904
Cher et honoré Confrère, Depuis que j’ai eu le bonheur de faire personnellement votre connaissance, j’ai bien des fois pensé à ma promesse de vous envoyer le Mémoire relatif à l’oeuvre dont nous nous sommes entretenus. Des occupations diverses m’ont empêché de donner suite plus tôt à cette intention et je m’en excuse. Je m’excuse aussi et davantage encore de ne vous avoir pas remercié jusqu’à présent de l’accueil sympathique que vous avez fait à ma personne et au projet qui m’avait poussé vers vous. Tardivement, mais de tout coeur, laissez-moi vous dire: merci. J’ai l’honneur de vous adresser sous ce pli un exposé général de notre projet. Je lui ai donné, conformément à votre avis, un caractère international; je le fais dépendre du patronage, sinon de l’initiative auguste de Sa Sainteté; je le rattache à votre Società Cattolica Italiana per gli Studi Scientifici, dont j’ai lu le programme et le Bollettino69 avec infiniment d’intérêt. Précisement, parce que l’Institution projetée doit avoir un caractère international, je m’abstiens d’entrer en beaucoup de détails. Nous pourrons, si vous le voulez bien, examiner ceux-ci après que le Saint-Père aura daigné manifester dans quelle voie il désire nous voir marcher. Toutefois, il y a un point de détail que j’avais d’abord cru inscrire dans le projet d’ensemble et que finalement j’ai retiré; le voici: pour assurer le maintien de la foi, de la foi agissante, fervente parmi tous les Agrégés à l’Association internationale pour l’avancement des sciences, je voudrais obliger chacun d’eux à prendre l’engagement d’honneur de communier quatre fois l’an, par exemple aux fêtes de Noël, de Pâques, de Pentecôte et de l’Assomption, ou dans l’Octave de ces fêtes. 68 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 4264, lettera originale autografa. Désiré Mercier (18511926), sacerdote dal 1874, esponente di primo piano del neotomismo e promotore della Scuola di Lovanio, fu arcivescovo di Malines dal 1906 e cardinale dal 1907. Riteneva possibile la conciliazione della scolastica con la filosofia moderna, da Cartesio a Kant. Cfr. L. de Raeymacker, Le Cardinal Mercier et l’Institut supérieur de philosophie de Louvain, Louvain 1952. 69 Denominazione completa: Bollettino mensile della Società cattolica italiana per gli studi scientifici.
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V. Appendice
237
Lorsque le moment de l’exécution du projet sera venu, je me permettrai de vous demander votre intervention auprès du Saint-Père, afin que, par une lettre adressée au nom de Sa Sainteté à chacun de nos évêques, ceux-ci soient exhortés à donner généreusement au Collège des Agrégés les prêtres de leurs diocèses respectifs que le conseil de l’Institut supérieur de philosophie jujera les plus aptes à faire partie de cette Institution. Peut-être jugez-vous bon de traduire le Mémoire en italien: en tout cas, prenez, je vous prie, à ce sujet, toute latitude. Je n’ai parlé de ce projet à personne, sauf, à Rome, à Lualdi et à S.E. le Cardinal Vives y Tutó et, en Suisse, à De Curtins70. En général, l’expérience m’a appris que moins il y a d’hommes au courant d’un projet, moins celui-ci rencontre d’adversaires. J’espère que lorsque vous aurez eu le bonheur de voir Sa Sainteté, vous aurez la bonté de me faire connaître le résultat de votre obligeante démarche. En attendant, je recommande l’affaire à la Divina Provvidenza. Je n’envoie pas de copie à Mgr Lualdi71, ni au Cardinal Vives72, mais, si vous le désirez, je vous en ferai parvenir une ou plusieurs à leur intention. Vous vous rappellerez que lors de notre amical dîner au Séminaire de Pisa, il fut question d’un ouvrage d’un socialiste belge, Destrée73, membre de la chambre des représentants, sur l’École de Sienne. J’ai le plaisir de vous l’offrir aujourd’hui, vous priant de vouloir bien le passer en lecture à M. Marcacci. 70 Gaspard Decurtins (1855-1916), svizzero, ispiratore di un progetto di riforma sociale cattolica, fu autorevole esponente dell’Unione di Friburgo. Influenzato dalle idee del Lassalle, auspicò il superamento del « rigido confessionalismo » e la collaborazione con radicali e socialisti (« la fame non è né cattolica né protestante », diceva). Cfr. F. Traniello, Cattolicesimo e società moderna (Dal 1848 alla « Rerum novarum »), in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, diretta da L. Firpo, V: L’età della Rivoluzione industriale, Torino 1972, pp. 626-627. 71 Alessandro Lualdi (1858-1927), rettore del Collegio Lombardo di Roma, fu nominato arcivescovo di Palermo nel 1904 e creato cardinale nel 1907. 72 José de Calasanz Vives y Tutó (1854-1913), cappuccino, fu direttore del seminario francescano di Perpignan, consultore del Sant’Uffizio (1887) e di Propaganda fide, nonché superiore generale del suo ordine (1896). Ottenne la porpora nel 1899. Ebbe mentalità integrista e ottenne la fiducia di Pio X. Su di lui, oltre al volume di A. M. De Barcelona, El cardenal Vives y Tutó, Barcelona 1916, cfr. la bibliografia citata in Lexicon capuccinum. Promptuarium historico-bibliographicum ordinis fratrum minorum capuccinorum (1525-1950), Romae 1951, coll. 1829-1931. Sui rapporti con Paganuzzi e con altri esponenti del movimento cattolico italiano cfr. D. Secco Suardo, Da Leone XIII a Pio X, Roma 1967 [Collana di storia del movimento cattolico, 18], pp. 174-177. A giudizio del Poulat (Catholicisme, démocratie cit., p. 513) Vives y Tutó e Benigni furono « toujours très léoniens ». 73 Jules Destrée (1864-1936), dapprima membro del Partito liberale progressista, poi di quello operaio, fu deputato socialista dal 1894. Partecipò alle lotte in favore del moto vallone e, durante la Grande guerra, fu uno dei più attivi difensori delle sorti del suo Paese. Dopo la pace, fu ministro delle scienze e delle arti (1919-1921), nonché delegato alla Società delle nazioni per la cooperazione intellettuale.
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238
CARTEGGIO
Veuillez agréer aussi l’hommage de la 6ème édition qui vient de paraître de ma Psychologie. Agréez, cher et honoré Confrère, l’assurance de ma profonde gratitude et de mon cordial dévouement. D. Mercier
V.26 H einrich P esch
a
G iuseppe T oniolo 74
Lussemburgo, 31 ottobre [19]08 Molto stimato Professore, di tutto cuore La ringrazio, egregio, per il Suo gentile scritto ricco di insegnamenti. Mi rallegro molto, stimato professore, che Lei è d’accordo con me nel riconoscimento dell’autorità episcopale per il problema delle corporazioni75. Purtroppo non è quasi d’attendersi che le corporazioni ‘cri BAV, Carteggi Toniolo, doc. 5402, traduzione del testo tedesco, dattiloscritto. Dopo lo scioglimento dell’Opera dei congressi (1904), nel movimento cattolico italiano era prevalso un orientamento sindacale, che ispirava in larga misura le scelte dell’Unione economico sociale, sorta nel 1906 sulle ceneri della seconda Sezione dell’Opera dei congressi e diretta anch’essa da Stanislao Medolago Albani. Nel 1908 erano nate le prime federazioni nazionali di categoria. Almeno fino al 1914, in Francia il sindacalismo cattolico non aveva avuto grandi sviluppi. In Belgio, invece, si era verificato un significativo incremento, ad opera soprattutto di Antoine Pottier e di Ceslas Rutten. In Germania, Austria, Olanda e Svizzera lo sviluppo era stato « vigoroso », ma si era accompagnato al sorgere di un contrasto, quello della confessionalità o meno del sindacato. Ciò perché ad associazioni operaie cattoliche si erano affiancati sindacati cristiani interconfessionali, come nel caso della Germania, e in particolare di Berlino, dove era attiva una confederazione cattolica (Verband katholischer Arbeitervereine) sostenuta da numerosi vescovi. Diversa era la situazione a Colonia, città nella quale si erano affermate le Christliche Gewerkschaften (interconfessionali), sostenute dal cardinale arcivescovo Fischer e da personalità di spicco, quali Biederlack e Hitze, per non dire del favore incontrato presso il « Volksverein für das katholischer Deutschland », organizzazione sorta nel 1890 ad opera di Windthorst e radicatasi a München-Gladbach. L’aconfessionalità del sindacato intaccava la « possibilità stessa da parte dell’autorità ecclesiastica di svolgere la sua funzione di guida e di indirizzo », problema che si intrecciava con quello del corporativismo, essendo i fautori del sindacato confessionale anche difensori della « soluzione » corporativa (cfr. P. Scoppola, La democrazia nel pensiero cattolico del Novecento, in Storia delle idee politiche, economiche e sociali, diretta da L. Firpo, VI: Il secolo ventesimo, Torino 1972, pp. 129-130; inoltre, cfr. R. Talmy, Le syndicalisme chrétien en France,1871-1930. Difficultés et controverses, Paris 1966; H. Lutz, I cattolici tedeschi dall’Impero alla Repubblica, Brescia 1970). 74 75
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V. Appendice
239
stiane’ giungano nella questione della organizzazione al riconoscimento di questa autorità. Al contrario queste corporazioni combattono contro le decisioni episcopali in Trier, Olanda e Lussemburgo. Le auguro, in un paese tutto cattolico, di rimanere lontano da una simile organizzazione interconfessionale. Secondo il mio modo di pensare in Italia la interconfessionalità sarebbe solamente un irrigidimento dell’autorità ecclesiastica, che di fronte a un’unione interconfessionale non avrebbe nulla da dire. Il problema dà in Germania tanto più da pensare, perché da noi si tratta sempre di più non di interconfessionalità di persone, ma di principi, alla base vi sta un modo di vedere cristiano che non si copre col modo di vedere cattolico. Le condizioni nelle diocesi di Breslau (Kard. Kopp)76 e Colonia (Kard. Fischer)77 sono per sé non sostanzialmente differenti, sia socialmente come economicamente o confessionalmente. In Breslau è forse più mista confessionalmente. E a Trier (vescovo K.) vi sono esattamente le stesse condizioni come a Colonia. Se le corporazioni ‘cristiane’ a Colonia non ci fossero de facto, il Card. Fischer non le raccomanderebbe certamente anche ad altri vescovi, che ora permettono (tollerano) le corporazioni cristiane, lamentano molto la loro situazione bisognosa. Molti vescovi mi hanno parlato molto amaramente riguardo a queste corporazioni. Le condizioni in Germania sono veramente tristi per la divisione sociale. Conceda il Signore che presto torni chiarezza nei principi e unità dei cuori. In grande e cordiale venerazione sono, molto amato professore, il suo servo in Cristo, Heinrich Pesch S.J.
76 Georg Kopp (1837-1914), ordinato sacerdote nel 1862, nominato vescovo di Fulda nel 1881, trasferito alla sede di Breslau nel 1887, fu creato cardinale nel 1893. Partecipò al conclave che elesse Pio X. 77 Anton Hubert Fischer (1840-1912), arcivescovo di Colonia e cardinale (1903), studiò teologia all’Università di Bonn. Fu allievo di Mauro Wolter.
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240
CARTEGGIO
V.27 S imon D eploige
a
G iuseppe T oniolo 78 Louvain, le 29 mars 1909
Monsieur, L’Université catholique de Louvain célébrera dans quelques semaines – du 9 au 11 mai – le 75ème anniversaire de sa restauration. A cette occasion, les diverses Facultés ont été invitées à proposer les noms des savants étrangers auxquels elles souhaitent que soit conféré le grade de docteur honoris causa. L’Institut supérieur de Philosophie, fondé par Léon XIII et le Cardinal Mercier, serait particulièrement flatté de pouvoir vous compter parmi ses docteurs. Vous nous obligeriez en nous faisant savoir s’il vous conviendrait de nous donner cette satisfaction. Voudriez-vous aussi nous donner, le plus tôt possible, l’indication des titres et des travaux scientifiques que vous désireriez voir mentionner sur le diplôme? Veuillez agréer, Monsieur, l’hommage de notre haute considération. Le Président S. Deploige Le Secrétaire M. Defourny
78 BAV, Carteggi Toniolo, doc. 5578. Indirizzato a: « Monsieur le Professeur Toniolo ». Solo le firme sono autografe. Carta intestata: « Université Catholique de Louvain. Institut Supérieur de Philosophie, rue des Flamands, 1 ». Simon Deploige (1868-1927), laureato sia in lettere e filosofia (1888) che in giurisprudenza (1889), conseguì la licenza in filosofia tomista (1890). Nel 1893 divenne titolare della cattedra di economia sociale all’Università di Lovanio e insegnò storia delle dottrine economiche e politiche. Fu ordinato sacerdote nel 1896. Tra le sue pubblicazioni: L’émancipation des femmes, Louvain 1902; Le conflit de la morale et de la sociologie, Louvain 1910 [Paris 19274].
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indice dei nomi di persona*
1
Abrate Mario 175
Ashley-Cooper Anthony, VII conte di Shaftesbury 145
Aconcio Jacopo 95
Aśoka 93
Abramo 160
Acton John Emeric Edward Dalberg 83 Agliardi Antonio 162 Agliardi Ercole 62, 114, 162, 163, 218, 230 Agnoletto Attilio 215 Agostini Filiberto 212 Agostino Aurelio, santo 75, 187, 189 Ainis Michele 183 Albertario Davide 160, 224 Alberzoni Maria Pia 18 Albieri Adriano 14 Alessandri Alessandro 23 Alessandri Isabella 23 Alessi Giuseppe 225 Alighieri Dante 183, 226 Allard Jean-Louis 74 Allio Renata 42 Ammann Josef 154 Ancona Aronne 73
Asso Pier Francesco 42 Aubert Roger 27 Audiganne Armand 128 Augello Massimo M. 32, 34, 42, 123, 127, 234 Augusto Conti 26 Avogadro della Motta Emiliano 56 Babbage Charles 128 Babeuf François-Noël 82 Baccelli Alfredo 146 Baccelli Guido 153, 154, 168, 233 Bacone Francesco 17, 79 Bacques Henri 127 Baia Curioni Stefano 101 Bain Alessandro 97 Bainton Roland H. 93, 159 Balbo Cesare 23, 27 Ballerini Giuseppe 226
Angiulli Andrea 97
Ballini Pier Luigi 9, 54, 73, 106, 180, 197
Anichini Guido 9, 114
Bandini Fernando 23
Anselmo d’Aosta, santo 75, 76, 77
Barbaro Francesco 16
Antoni Carlo 83
Barbieri Gino 18, 43
Anzoletti Luisa 219
Barone Francesco 44, 98
Ardigò Achille 9, 69
Barth Karl 77
Ardigò Roberto 97
Barucci Piero 42, 57
Are Giuseppe 37, 47
Bastiat Frédéric 45, 85, 88, 127
Aristotele 69
Bataille Henri 202
Armogathe Jean-Robert 76
Battaglia Felice 50
* L’indice non registra i nomi di Giuseppe Toniolo e di Luigi Luzzatti.
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242
CARTEGGIO
Bauer Stephan 114, 153, 154, 160, 161, 166, 172
Bismarck-Schönhausen Otto Eduard Leopold von 183
Beccaria Cesare 210
Bissolati Leonida 145, 153
Bedeschi Lorenzo 220
Blanc Hyppolite 82
Belardinelli Mario 66, 162
Blanqui Adolphe-Jérôme
Belgioioso Giulia 76, 78
Block Maurice 127
Bellanca Nicolò 234
Boccardo Gerolamo 46, 87, 155, 209
Bellavite Luigi 25, 28, 29, 34, 79, 130
Bocci Girelli Angela Maria 34
Bellavite Paolo Felice 25, 26, 27, 130, 209, 210
Bodio Luigi 37, 39, 80, 155
Belloc Luigi 168, 169, 174
Boggiano Pico Antonio 162, 163, 174, 175, 176, 184
Beloc vedi Belloc Beltrani Scalia Martino 155 Benigni Umberto 59, 61, 62, 237 Benini Rodolfo 38 Bentham Jeremy 74 Berengo Marino 73, 80 Bergson Henri 73, 77 Berlepsch Hans von 165, 168 Bernardino da Siena, santo 206 Bernardo da Chiaravalle, santo 206 Berselli Aldo 44 Berti Enrico 74 Berti Giampietro 121 Besse Ludovic de 187 Besta Fabio 80 Betri Maria Luisa 115 Bettolo Giovanni 196 Bevilacqua Piero 173 Bianchi Giulio 139 Bianchini Marco 14, 18, 123 Bianco Antonio 153 Bianco Franco 113 Biederlack Joseph 238 Biel Gabriel 16
Bof Frediano 19, 42, 99, 122, 188
Böhm-Bawerk Eugen von 112 Böhmert Victor 48 Bólyai János 44 Bonaparte Napoleone 183 Bonelli Franco 39, 105, 106, 110, 125 Bonnet Jean 93, 94 Bonolis Guido 191, 196 Bonomelli Geremia 174 Borelli Giorgio 43 Borromeo Pietro 223 Boselli Paolo 123, 148, 151, 153, 164 Boutroux Émile 97 Brants Victor 62, 114, 165 Breda Vincenzo Stefano 101, 125 Brentano Lujo 82, 90, 114, 122 Brin Benedetto 125 Brosio Giorgio 42 Brouckère Charles de 127 Brunetière Ferdinand 187, 202 Bruni Leonardo 16 Bruni Luigino 51 Brunialti Attilio 31 Bruno Giovanni 126
Bientinesi Fabrizio 32
Buckle Henry Thomas 89, 98, 129, 177, 178, 202
Biraghi Giuseppe 215
Budda 187, 189
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INDICE DEI NOMI DI PERSONA
243
Buisson Ferdinand 94
Carey Henry Charles 128
Burckhardt Jakob 17
Carle Giuseppe 155
Burgalassi Silvano 15, 34 Busino Giovanni 197
Carli Elena 9, 124, 129, 156, 157, 182, 191, 193, 196, 203, 204
Bussetti Ferdinando 194
Carlo Alberto di Savoia 23 Carlyle Thomas 159
Cabassut Jean 30
Carpi Leone 86
Cafagna Luciano 36
Cartesio Renato vedi Descartes René
Cafarelli Andrea 19, 33, 53, 54, 99, 105, 107, 108, 196
Casavola Giannetto 155
Cafaro Pietro 188
Cassani Cinzia 126
Caffè Federico 82
Cassese Sabino 33
Cairnes John Elliot 88, 90
Castagnola Stefano 121
Caissotti di Chiusano Luigi 62, 219
Castellione Sebastiano 93
Calabi Donatella 152
Castelnuovo Enrico 73
Calisse Carlo 148, 219
Castronovo Valerio 184
Callegari Giuseppe 61, 63, 68, 212
Catarzi Marcello 89
Calligari, commendatore 167
Cathrein Victor 15, 217
Calvino Giovanni 93
Cattaneo Carlo 86, 153
Cambray-Digny Luigi Guglielmo 125
Cauwès Paul 114
Camillis M. de 138 Caminati Antonio 89
Cavour Camillo Benso conte di 36, 39, 40, 183, 186
Campanella Tommaso 75
Cepeda Rodriguez de 62
Campanini Giorgio 52, 69, 212
Cerasi Laura 18
Camurri Renato 123
Cerrito Elio 102
Cancila Orazio 126
Cerruti Carlo 155
Candeloro Giorgio 63
Cerutti Luigi 157, 159
Canonico Tancredi 155
Cervelli Innocenzo 113
Cantimori Delio 13, 16
Chabod Federico 18, 85
Cantoni Eugenio 101
Cherbuliez Antoine-Elisée 128
Cantù Cesare 23
Chevalier Michel 73, 127, 128
Capecelatro Alfonso 23, 220, 227
Chrypffs (Cusano) Nikolaus 16
Cappellari della Colomba Giovanni 37
Cipolla Carlo 226
Capponi Gino 36
Cittadella Vigodarzere Gino 155
Caracciolo Alberto 192
Clément Ambroise 127, 128
Cardini Antonio 18, 116
Clementi Giuseppe 162
Carducci Giosue 220
Clément Pierre 127
Carera Aldo 14, 72
Cochut André 127
Casella Maro 223
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244
CARTEGGIO
Cognetti de Martiis Salvatore 39, 143, 205, 209
Dalla Vecchia Luigi 23, 24, 25, 31
Colajanni Napoleone 153
D’Angiolini Piero 109
Colapietra Raffaele 101
Da Passano Manfredo 215
Colasanto Michele 15
D’Apel Luigi 126
Comte Auguste 44, 97, 98, 168
D’Appel vedi D’Apel
Concini Concino 157, 190 Confalonieri Antonio 54
Dareste de la Chavanne Antoine-Elisabeth-Cleophas 128
Confucio 187
Darwin Charles 97, 178
Congar Yves 72
Dau Novelli Cecilia 199
Conrad Johannes 126 Conti Augusto 25, 26, 27 Conti Elio 62 Contzen Heinrich 45, 48, 86 Coornhert Dirck Volckertszoon 95 Coquelin Charles 127, 128 Corbino Epicarmo 180 Cornoldi Giovanni Maria 27 Correnti Cesare 37 Corsi Alessandro 163, 166, 174
Dal Pane Luigi 84
D’Auria Elio 13 David, collaboratore del Luzzatti 127 De Angelis Enrico 79 De Barcelona Antonio M. 237 De Carli Elena vedi Carli Elena De Carli Ferruccio 9 De Cecco Marcello 106, 180 De Cesare Carlo 40 De Clementi Andreina 173 De Curtins vedi Decurtins
Cortese Ennio 31
Decurtins Gaspard 59, 61, 62, 114, 154, 237
Cossa Luigi 32, 84, 87, 122, 126, 129, 209, 210
De Feo Luciano 144, 173
Costa Franco 10 Costa Rossetti Giulio 62 Courcelle-Seneuil Jean-Gustave 73 Cournot Antoine-Augustin 44, 97 Cova Alberto 113, 131, 175
Defourny Maurice 240 Degli Arrigoni Emilia 180 Delforge Paul 165 De Gasperi Alcide 9, 162 De Gregorio Laura 178 De Gubernatis Angelo 126
Cramer Konrad 78
De Lucia Lumeno Giuseppe 183
Craveri Piero 125
Della Vida Adele 124
Crespi Mario 168
Del Noce Augusto 69, 74, 75, 76, 77, 78
Crispolti Filippo 23
De Maeyer Jan 15
Croce Benedetto 16, 47, 98, 177
Demaria Giovanni 113
Crocker Sylvia Fleming 75
De Matteo Luigi 35
Curti Theodor 154
De Mattia Renato 55
Custodi Pietro 19
De Meis F. P. 220
Cusumano Vito 51, 83, 84, 87, 126, 130
Denifle Heinrich 226
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INDICE DEI NOMI DI PERSONA
Deodati Edoardo 80
Fagnani Prospero 30
Deploige Simon 65, 112, 240
Faldella Giovanni 155
Depretis Agostino 100
Fanfani Amintore 9
De Rosa Gabriele 45, 52, 63, 70, 99, 139, 223
Fanfani Tommaso 101
De Rosa Luigi 104, 105, 149
Faraoni Giuseppe 223
De Rossi Giovanni Battista 226
Fattorini Emma 199
Descartes René 74, 75, 76, 77, 78, 79, 236
Faucci Riccardo 42, 44, 129, 209
De Stefani Alberto 9, 43
Faucher Léon 128
Destrée Jules 237
Fazio Antonio 188
Destutt de Tracy Antoine-Louis-Claude 28
Fenoaltea Stefano 104
De Viti de Marco Antonio 42, 43
245
Fani Cesare 197, 198
Ferguson Adam 83
Dionisotti Carlo 16
Ferrara Francesco 42, 44, 51, 80, 82, 83, 86, 89, 91, 92, 123, 127, 128, 186, 210
Di Vittorio Antonio 196
Ferrari Andrea Carlo 220
Döllinger Ignaz von 16
Ferraris Francesco Carlo 148
Doutreloux Victor 59, 61, 138, 221, 222
Ferraris Maggiorino 102
Dreyfus Ginette 75
Ferrarotti Franco 44
Droste-Hülshoff Clemens 30
Feuerbach Ludwig 65
Duchesne Louis 167
Ficino Marsilio 16
Duchini Francesca 62
Finali Gaspare 205
Dunoyer Charles 127
Finoia Massimo 43, 44
Dupront Alphonse 64
Finzi Roberto 89
Du Puynod Gustave 128
Fiocca Giorgio 107
Duroselle Jean-Baptiste 51
Firpo Luigi 237, 238
Di Nardi Giuseppe 102
Fischer Anton Hubert 238 Ehrle Franz 225, 226
Fisher Irving 113
Eichhorn Karl Friedrich 31
Fix Théodore 127, 128
Einaudi Luigi 47, 231
Fleury Claude 30
Eisermann Gottfried 46, 113
Fogazzaro Antonio 155, 220
Ellero Pietro 155
Fontana Sandro 139
Elze Reinhard 19
Fontenay Roger de 128
Endemann Wilhelm 112
Fonzi Fausto 13, 64
Engel Ernst 122
Forcade Eugène 128
Erasmo da Rotterdam 16, 17
Formigoni Guido 15
Ermini Filippo 62
Fornaciari Davoli Maria L. 14
Errera Alberto 48, 210, 211, 213
Forti Eugenio 125
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246
CARTEGGIO
Foscarini Marco 23
Ghia Francesco 28
Fracassini Umberto 215
Ghignoni Alessandro 227
Francesco d’Assisi 160
Ghisalberti Carlo 99
Franchini Sandro G. 13, 156, 178
Giacon Carlo 76
Franzina Emilio 45, 101, 129, 173
Gierke Otto von 57
Freppel Charles-Émile 60, 61
Gigli Marchetti Ada 115
Frey Émil 114
Gilson Étienne 78
Frizzerin Federico 125
Gioberti Vincenzo 27, 49, 183
Fuchs Wilhelm 165
Giocoli Nicola 234
Fueter Eduard 17, 29
Gioia Melchiorre 84
Fuoco Francesco 211
Gioia Vitantonio 42, 43
Funk Franz Xaver von 112
Giolitti Giovanni 183
Gabaglio Antonio 43 Gabba Carlo Francesco 143, 144, 145, 155 Gabelli Aristide 97 Gadda Giuseppe 155 Gaiotti De Biase Paola 199 Galilei Galileo 79 Gambasin Angelo 30, 57, 59, 68, 138, 228
Gios Pierantonio 139 Giovanelli Giuseppe 80 Gitzler Maximilian 30 Giustinian Giovanni Battista 80 Gladston William Ewart 88 Gneist Rudolf Heinrich von 89, 126 Goethe Johann Wolfgang von 19 Goldstein Erik 114 Gönner Nikolaus Thaddäus 29
Ganci Massimo 42, 154
Gorla Carlo 226
Gargani Aldo 44
Görres Johann Joseph von 30
Garibaldi Giuseppe 153
Gouhier Henri 75
Garin Eugenio 28, 98
Graziani Augusto 113
Garnier Joseph 127
Greenfield Kent Roberts 35
Gazzurelli Adelchi 140
Grégoire Léon 67
Geiler Kaisersberg Johann von 16
Gregorovius Ferdinand 224
Gemelli Agostino 227
Gribaldi Mofa Matteo 93
Genocchi Giovanni 215
Grillo Luigi 101
Genovesi Antonio 49, 50, 51
Grisar Hartmann 224
Gentile Giovanni 27
Grosoli Pironi Giovanni 72
Gentile Marino 28 Gerschenkron Alexander 104
Guadagnini Giuseppe 199, 200, 201, 202, 203
Geymonat Ludovico 76, 78
Guasco Maurilio 59, 231
Gherardi Raffaella 49
Guenzi Alberto 101
Gheza Fabbri Lia 131
Guglielmo II di Hohenzollern 168
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INDICE DEI NOMI DI PERSONA
Guidi Marco Enrico Luigi 34, 42, 48, 123, 127
James William 73
Guillard Achille 86
Janssen Johannes 16
Güldner Gerhard 95
Jedin Hubert 16
Gullino Giuseppe 33, 80
Jellinek Georg 158
Gusmini Giorgio 112
Jemolo Arturo Carlo 99
Harmel Léon 59
Kant Immanuel 15, 77, 78, 83, 236
Harnack Adolf von 93 Hartmann Heinz 73 Hegel Georg Wilhelm Friedrich 15, 64, 65 Heinrich Dieter 78 Helleputte George 62 Hendlé Ernest 74, 75, 77, 78, 79 Hermann Friedrich Benedict Wilhelm 18 Hertling Georg von 62 Hertner Peter 104 Hervé-Bazin Ferdinand 56 Hildebrand Bruno 18, 46, 86, 126 Hineek G. 148 Hintikka Jaakko 75 Hitze Franz 62, 114, 238
247
Jannet Claudio 16, 59, 60, 61, 62, 213
Keane John 62 Ketteler Wilhelm Emmanuel von 58, 61, 65 Keufer Auguste 165 Keynes John Maynard 113 Kidd Benjamin 179 Knies Karl 18, 46, 74, 86 Kondrat’ev Nikolaj Dmitrievič 103 Kopp Georg 239 Lacordaire Jean-Baptiste-Henri Dominique 72 La Francesca Salvatore 101, 109, 110 Lalouette Jacqueline 187 Lamennais Hues-Félicité-Robert de 72
Hohoff Wilhelm 16
Lampertico Fedele 43, 45, 47, 48, 73, 84, 87, 114, 121, 122, 123, 129, 130, 142, 146, 147, 148, 152, 153, 155, 209, 213, 229, 230, 232
Hugues Pierre-François 159
Lanaro Silvio 45, 101
Hulste Maurice d’ 62
Landry Adolphe 113
Hoepli, editore 215 Höffner Joseph 113
Lantrua Antonio 26 Invrea Franco 231
Lassalle Ferdinand 66, 67, 86
Isacco 160
Lattes Elia 73
Isnenghi Mario 124
Lavagna, avvocato cassazionista 141
Ivone Diomede 101
Laveleye Émile de 165 Lavollée Charles 127
Jacini Stefano 36
Lawson William John 128
Jaeger Werner 116
Lecce Michele 43
Jay Raoul 114
Lecci Amerigo 164
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248
CARTEGGIO
Legoyt Alfred 86
Macry Paolo 102
Lehmkuhl August 57
Maestri Pietro 37
Leibniz Gottfried Wilhelm 88
Maffi Pietro 169, 170, 171, 200, 225
Lemire Jules-Auguste 165
Magaldi Vincenzo 146, 154
Lenhart Ludwig 58
Magliani Agostino 100, 101, 134
Leone XIII (Gioacchino Pecci) 25, 28, 61, 62, 68, 115, 170, 214, 215, 220, 226, 240
Mahaim Ernest-Aimé-Joseph 114, 165
Le Play Frédéric 15, 61
Maifreda Germano 115 Main Angelo 219
Le Senne René 77
Maine de Biran Marie-François-Pierre 74
Levasseur Émile 128
Majerotto Serafino 10
Levi Amelia 124, 126, 135
Majorana Angelo 180
Levi Moisè 124
Malatesta Alberto 131
Leymarie Achille 127
Malebranche Nicolas de 74, 77
Liberatore Giuseppe 25
Malthus Thomas Robert 86
Liberatore Matteo 18, 25, 26, 27
Malusa Luciano 27, 28
Liermann Christiane 28
Maluta Carlo 125
Lipsio Giusto 95
Malvezzi Campeggi Antonio 223
List Friedrich 86
Manacorda Gastone 102
Lobačevskij Nikolaj Ivanovič 44
Manetti Giannozzo 16
Locatelli Tommaso 124
Mangoldt Hans von 46
Locke John 83, 95, 96
Manin Daniele 23
Loiacono Ettore 78
Manning Henry Edward 60, 61, 64, 159
Lo Presti Alberto 58
Mannori Luca 43, 51
Loria Achille 43 Lorin Henri 62
Manzalini Fiorenza 14, 18, 19, 26, 50, 114
Lualdi Alessandro 237
Manzoni Alessandro 19, 220
Luigi XIV, re di Francia 96
Marangon Paolo 28
Lutero Martino 224
Marangoni Michela 130
Lutz Heinrich 238
Marcacci, canonico 237
Luzzatti Giuseppe 156
Marchese Carla 42
Luzzatti Marco 72, 135
Margiotta Broglio Francesco 99, 177
Luzzatto Gino 36, 38, 42, 108, 196
Marini Giuliano 46
Luzzatto Samuele David 73
Marion Jean-Luc 76 Marongiu Gianni 36
Macchioro Aurelio 211
Marsilio da Padova 183
Mac Culloch John Ramsay 127, 128
Martello Tullio 122, 126
Machiavelli Niccolò 16, 17, 183
Martina Giacomo 72
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INDICE DEI NOMI DI PERSONA
249
Martini Alice 18
Miraglia Luigi 155
Marucchi Orazio 226
Moeys Hendrik 15
Marucco Dora 42, 146, 192, 193
Molesti Romano 229
Marx Karl 64, 65, 69, 82
Molinari Gustave de 127
Masnovo Amato 26
Molmenti Pompeo 98
Massafra Angelo 102
Montaigne Michel de 74
Massara Enrico 160 Massarani Tullo 155
Montanari Augusto 48, 83, 91, 122, 123, 131
Massard Cyrille 57
Monteleone Giulio 42
Mattei Gentili Paolo 223
Montesquieu Charles-Louis de Secondat, barone de La Brede e di 89
Mayer Otto 30 Mayeur Jean-Marie 165, 187 Mauri Angelo 62, 148 Mazzini Giuseppe 153
Monticone Alberto 14, 107, 199 Monzilli Antonio 38 Moravia Sergio 51
Meda Filippo 160
Moretti Mauro 18
Medolago Albani Stanislao 56, 57, 71, 238
Morgenstern Oskar 103
Menger Carl 46
Morpurgo Isacco Vita 125
Menozzi Daniele 14
Möser Justus 29
Mercati Giovanni 215
Moyal George-Joseph-Daniel 76
Mercier Désiré 18, 27, 236, 238, 240
Mozzarelli Cesare 33, 51
Mermillod Gaspard 61
Mun Albert de 59, 60, 61, 64, 67
Messedaglia Angelo 28, 32, 33, 34, 42, 43, 44, 45, 49, 79, 80, 84, 86, 98, 121, 129, 130, 153, 177, 209, 210
Mundella Anthony John 88
Meyer Hans 15 Micheli Giuseppe 188, 223 Michelini Luca 234 Miconi Gastone 103 Miele Manlio 178 Millerand Alexandre 165, 168 Mill John Stuart 17, 74, 127 Milton John 158 Milza Pierre 37 Minghetti Marco 47, 49, 81, 91, 100, 121, 125, 129, 183 Minocchi Salvatore 31, 167, 215, 222, 223, 224, 227
Mori Giorgio 36, 54, 55, 10
Municchi Carlo 155 Murri Romolo 70, 71, 72, 112, 223 Napodano Gabriele 163 Nazzani Emilio 83, 130, 133 Negri Gaetano 155 Nespor Stefano 33, 51 Newton Isaac 17 Nicoletti Michele 28 Nicoli Gabriele 28 Nicotra Sébastien 213 Niebuhr Barthold Georg 29 Nobili Vitelleschi Francesco 155 Noto Sergio 43
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250
CARTEGGIO
Novalis (Hardenberg Georg Philipp Friedrich von) 19
Pellanda Anna 33, 43, 44
Novi Antonio 19
Pennacchio Pasquale 27
Nuvolari Alessandro 17
Pera Giuseppe 115
Nyssens Albert 114
Périn Charles 15, 52, 56, 61, 62, 212
Pellegrinetti Ermenegildo 24
Pertici Roberto 99, 177, 197 Ochino Bernardino 93
Pertile Antonio 31, 130
O’Connell Daniel 159
Pertile Giambattista 28, 29
Odescalchi Baldassarre 155
Pesch Heinrich 66, 214, 238
Olgiati Francesco 227
Pesch Tillmann 214
Olivi Luigi 62
Pescosolido Guido 35, 53
Omodeo Adolfo 15, 72
Petrarca Francesco 16
Orabona Luciano 24
Petrone Giovanni 201
Orestano Francesco 28
Petrone Igino 62, 63, 217
Ornaghi Lorenzo 18
Petrovich Giuliano 80
Orti y Lara Juan Manuel 62
Pfülf Otto 58
Ozenne Jules 81
Philippovich Eugen von 114 Phillips George 30
Paganuzzi Giambattista 52, 56, 71, 72, 228, 237
Piaia Gregorio 26, 73
Pantaleoni Maffeo 84, 102, 143, 148, 153, 183, 234
Picenardi Gianni 28
Pareto Vilfredo 197
Picardi Luigi 63 Pierantoni Augusto 155
Parisi Daniela 33, 42, 50, 62
Pio X (Giuseppe Sarto) 170, 187, 197, 212, 221, 237, 239
Parocchi Lucido Maria 137
Piolanti Antonio 28
Pascal Blaise 74, 77
Pirhing Enricus 30
Pasini F. 218
Plebano Achille 36
Passaglia Carlo 183
Polacco Vittorio 31
Passerin d’Entrèves Ettore 23, 64
Poletto Giacomo 225, 226
Passolunghi Pier Angelo 121
Politeo Giorgio 73
Pastore Stocchi Manlio 130
Polsi Alessandro 99, 190, 210
Pastor Ludwig von 16
Popple William 96
Pavoncelli Giuseppe 149
Porisini Giorgio 198
Payot Roger 75
Pottier Antoine 59, 238
Péchenard Pierre-Louis 219
Poulat Émile 59, 237
Pecorari Paolo 14, 34, 42, 43, 54, 73, 101, 110, 123, 180, 188
Prampolini Camillo 153
Pehem Joseph Johann Nepomuk 30
Prisco Giuseppe Antonio Ermenegildo 27
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INDICE DEI NOMI DI PERSONA
251
Protonotari Francesco 85, 91, 123
Romagnosi Gian Domenico 47, 49, 51
Proudhon Pierre-Joseph 82, 128
Romanelli Raffaele 123
Puccini R. 219
Romeo Nicola 107 Romeo Rosario 35, 36, 37, 39, 49
Quazza Guido 123 Quazza Marisa 123
Roscher Wilhelm 46, 74, 82, 84, 86, 89, 91, 127
Quesnay François 153
Rosmini Serbati Antonio 27, 49
Quételet Lambert-Adolphe-Jacques 44, 86
Rossi Alessandro 101 Rossi Mario G. 63 Rossi Vincenzo 37
Raeymacker Louis de 236
Rossignoli Giovanni 27, 62
Rambaud Joseph 61
Rossini Giuseppe 14
Rampolla del Tindaro Mariano 61, 62, 114, 162, 215
Roth Guenter 67
Ratti Achille 226
Rotondi Claudia 50
Ratzinger Georg 15, 65, 66 Rau Karl Heinrich 73
Rothschild Alphonse de 101 Rotondò Antonio 93
Rebérioux Madeleine 169
Rudinì Antonio Starabba marchese di 102
Reiffenstuel Anaklet 30
Ruffini Francesco 93, 98
Reisch Gregor 16
Ruskin John 159
Renato Camillo 93
Russo Giuseppe 14
Reviglio Franco 41
Rutten Ceslas 238
Rey J. 165 Rezzara Nicolò 71, 139, 191, 192
Saba Vincenzo 175
Ricardo David 36, 127, 128
Sabetti Alfredo 96
Ricca Salerno Giuseppe 205
Sacchetto Andrea 125
Ricci de Ferres Carlo 148 Ricci L. (avvocato) 60
Saint-Simon Claude-Henri de Rouvroi 82
Richepin Jean 201
Saitta Armando 13
Richter Johann Paul Feiedrich 30
Saladino Francesco 126
Riemann Bernahrd 44
Salandra Antonio 149, 205
Ritter Emil 58
Salimbeni Fulvio 19
Robiony Mario 19, 99
Salvemini Gaetano 27, 62
Rodbertus-Jagetzow Johan Karl 66
Salvioni Giovanni Battista 43
Rodriguez de Cepeda Rafael 27
Salvo Roberto 126
Romanes George John 178
Sandrinelli U. 217
Romani Mario 35, 53
Sanseverino Gaetano 27
Romani Roberto 43, 51
Sansone 160
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252
CARTEGGIO
Santinello Giovanni 26
Sella Quintino 121, 123
Saracco Giuseppe 205
Sellin Volker 47
Sardá y Salvany Félix 56
Semeria Giovanni 67, 70, 215, 227
Sarnelli Vincenzo Maria 220
Sen Amarthya 116
Savigny Friedrich Carl von 29, 46, 126
Sereni Emilio 53
Say Jean-Baptiste 46, 73
Serveto Michele 92, 93
Say Léon 128
Sestini S., avvocato 216
Say Orace 127
Sforza Fogliani Corrado 183
Schäffle Albert Eberhard Friedrich 18, 45
Shea William René 79
Scheel Heinrich von 18, 82, 122, 126, 161
Sinasi 155
Scherrer Heinrich 114, 142, 147, 154, 162 Schiavo Alessandro 58 Schiera Pierangelo 18, 19 Schifani Maria Teresa 149 Schiratti, famiglia 131, 135, 190 Schiratti Antonio 180 Schiratti Gaetano 131, 132, 136, 150, 152, 158, 180, 184, 185, 186, 188, 189
Signoriello Nunzio 27 Sismondi Jean-Charles-Léonard monde de 19
Si-
Smith Adam 46, 47, 73, 85, 87, 90, 91 Soave Francesco 28 Soave Moisè 73 Soderini Edoardo 115, 142, 148, 162, 166, 182, 223 Solari Paolo 47 Sombart Werner 15, 38, 114, 115 Sonnino Sidney 102, 180, 184, 186, 205
Schiratti Maria in Toniolo 204, 205, 206
Sorrentino Domenico 23, 24, 229
Schiratti Renato 180
Spataro Luca 18
Schiratti Tommaso 180
Spaventa Bertrando 97
Schlegel Friedrich 19
Spencer Herbert 97
Schmoller Gustav von 18, 87, 89, 90, 91, 114
Spicciani Amleto 14, 15, 19, 41, 50, 115, 144, 155, 166, 170, 229
Schönberg Gustav Friedrich von 18, 82
Spinelli Altiero 29
Schulte Johann Friedrich von 30
Spinoza Baruch 79, 94, 95
Schulze-Delitzsch Hermann 79, 86
Spoto Luciano 126
Schumpeter Joseph Alois 42, 46, 104
Sraffa Piero 36
Scialoja Antonio 32, 80, 81, 99, 122
Stahl Friedrich Julius 45
Sclopis Federico Paolo 220
Steccanella Valentino 56
Scoppola Pietro 215, 221, 238
Stein Lorenz von 48, 84
Scribano Emanuela 78
Stein Ludwig 179
Secco Suardo Dino 237
Steinschneider Moritz 73
Ségur-Lamoignon Edgard de 59
Stella Aldo 23, 93
Spadoni Ugo 170
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INDICE DEI NOMI DI PERSONA
Stolz Alban 77
Toscano Mario 177
Storch Heinrich Friedrich von 73
Tosi Luigi 19
Straus Oscar S. 158
Tosti Luigi 23
Strauss Léon 169
Tramontin Silvio 52, 57, 157
Stringher Bonaldo 39, 105, 115, 144, 148, 180
Traniello Francesco 52, 212, 237
Sturzo Luigi 162
Trezzi Luigi 131
Stuve C. 29
Troclet Léon-Eli 165
253
Traversari Ambrogio 16
Troeltsch Ernst 28 Tabacchi Stefano 31
Tuccimei Giuseppe 62, 219
Taine Hippolyte 97
Tucker Benjamin 83
Talamo Salvatore 18, 27, 62, 218, 219, 221
Turati Filippo 153
Talmy Robert 238
Urbani Carlo 19
Tamassia Nino 31, 93, 149
Urbani Giovanni 157
Tanlongo Bernardo 101
Ure Andrew 128
Taparelli d’Azeglio Luigi 27
Urso Simona 200
Tarde Gabriel 179 Tedesco Enrichetta 73
Vacchelli Giovanni 163
Tenbruch Friedrich 18
Valenti Ghino 43
Themistius 93, 134
Valla Lorenzo 16, 17
Thibaut Anton Friedrich Justus 29
Vallini Edio 197
Thierry Augustin 18
Van Espen Bernardo 30
Thiers Adolphe 81, 84
Vanni Rovighi Sofia 28, 77
Thrithemius Johannes 16
Vasoli Cesare 16
Thünen Heinrich von 128
Vaughan Herbert 64, 159
Todescan Franco 69
Vecchio Giorgio 175
Toffolati Giuseppe 125, 130
Veneruso Danilo 15, 69
Toffolatti Beppi vedi Toffolati Giuseppe
Ventimiglia Domenico 205
Tolomei Antonio 94
Ventura Angelo 121, 125
Tolomei Giampaolo 28, 31, 32, 34, 79, 80, 121
Ventura Gioacchino 27
Tommaseo Niccolò 220
Verucci Guido 15, 72
Tommaso d’Aquino 26, 48, 50, 69, 75, 113
Vian Agostino 52
Toniolo Antonio 23 Torraca Francesco 226
Vian Paolo 19, 31, 138, 215, 220, 223, 224, 225
Toscani Xenio 56
Vico Giambattista 50, 51
Ventura Riccardo 183
Vian Nello 9
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254
CARTEGGIO
Vidalin Auguste 127
Warglien Massimo 55
Vigener Fritz 58
Weber Max 13, 15, 115
Vigliani Giacomo 200, 201, 203
Weingarten H.158
Vigo P. 219
Weiss Albert Maria 15, 112
Vigoni Giuliano 155
Welz Giuseppe de 211
Vigoni Giuseppe 155
Williams Roger 158, 159, 183
Villa-Ameno, professore 62
Wilson James 128
Villari Pasquale 97, 98, 155, 177 Villermé Louis-René 128 Violante Cinzio 14, 15, 16, 170 Virgilio Jacopo 86 Visconti Venosta Emilio 155 Vistalli Francesco 23, 122, 130, 180, 199
Wimpfeling Jakob 16 Windthorst Ludwig 238 Winterer Landelin 62 Wolter Mauro 239 Woolf Stuart 124
Vito Francesco 9, 50
Zajotti Paride 124
Vittorino da Feltre 16
Zalin Giovanni 42, 53, 101, 152, 157, 200
Vivanti Corrado 64
Zalli Tiziano 80
Vives y Tutó José de Calasanz 237
Zamagni Stefano 17, 50
Vogel Charles 127
Zambarbieri Annibale 13, 73, 167, 174, 177, 189, 215
Vogelsang Karl 59, 61 Volpe-Landi Gianbattista 148 Volta Alessandro 223 Voltaire (François-Marie Arouet) 17
Zanardelli Giuseppe 115, 148, 150, 152, 155, 164, 233 Zanella Giacomo 23, 24, 73 Zangheri Renato 53
Wagner Adolf 18, 66, 82, 114, 122, 126
Zaninelli Sergio 35, 104, 198
Walter Ferdinand 30
Zaratustra 187
Walras Léon 210, 234
Zocchi Gaetano 224
Wamboldt Otto Christoph 57
Zordan Giorgio 30
Wappäus Johann Eduard 86
Zussini Alessandro 231
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