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Italian Pages 157 [158] Year 1981
MEMORIE DELL'ISTITUTO LOMBARDO - ACCADEMIA di SCIENZE e LETTERE CLASSE
DI
LETTERE
- SCIENZE
MORALI
E
STORICHE
Vol. XXXVII — Fase. 1
CINZIA
PLATONE
BEARZOT
E I « MODERATI » ATENIESI
Istituto
Lombardo
di
Scienze
MILANO 1981
e Lettere
MEMORIE DELL'ISTITUTO LOMBARDO - ACCADEMIA di SCIENZE CLASSE DI LETTERE - SCIENZE MORALI E STORICHE Vol XXXVII
CINZIA
PLATONE
E
Istituto
—
Fase.
e LETTERE
1
BEARZOT
I « MODERATI » ATENIESI
Lombardo
di
Scienze
MILANO 1981
e Lettere
RELAZIONE approvata nell’adunanza del 26 Cinzia BEARZOT: Platone
febbraio 1981 sulla Memoria e i « moderati» ateniesi.
di
La dott. Cinzia Bearzot presenta, per la pubblicazione nelle Memorie dell'Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere, una ricerca di storia greca su Platone e i moderati ateniesi. La dott. Bearzot ha utilizzato, per questo lavoro, l'esperienza bibliografica e di fonti che le deriva dai precedenti studi su Isocrate e sui gruppi politici comunemente definiti « moderati>», che condussero nell'Atene del IV secolo un'opposizione politica e culturale alla democrazia dominante. Al centro della problematica affrontata in questa ricerca e dei rapporti fra Platone ed Isocrate, che dei gruppi « moderati » fu l'esponente più significativo, c’è la coscienza, presente negli intellettuali ateniesi del IV secolo, della crisi della democrazia e della polis e l'interesse, pieno di ammirazione nelle apparenti riserve, di questi stessi intellettuali per l'affermarsi del potere personale, monarchico o tirannico e, in particolare, per l'ascesa di Dionigi I di Siracusa, la cui signoria appare una soluzione 1 tiva alla d ia in crisi. L'i i lizionale del trasto di fondo fra Platone ed Isocrate ἃ superata nella ricostruzione di un rapporto di intesa e di parziale collaborazione di gruppi intellettuali accomunati dall'azione politica, dalla valutazione della situazione ateniese e dalla disponibilità a nuove e piü spregiudicate soluzioni politiche. Il lavoro, profondamente originale nei risultati e fondato su di un metodo critico sicuro, appare alla commissione unanime degno di essere accolto nelle Memorie di questa Accademia. Milano,
26 febbraio
1981.
La
Commissione:
MARIO
ATTILIO
EMILIO
GABBA
MARTA
SORDI
LEVI
INDICE
PREMESSA: Gli intellettuali moderati ateniesi politici del [V secolo. Platone e Isocrate I. - PLATONE, ISOCRATE TICO ATENIESE - Il periodo
IL
MOVIMENTO
dell’ isolamento politico:
1,
I moderati
e la
2.
I viaggi
3.
Il dibattito
4.
Il Gorgia:
5.
L'anno 388: in Atene
di
i
ai
probleni
ANTIDEMOCRA-
il rifiuto della collaborazione della
Platone
d
.
su Alcibiade
e la memoria
di Socrate
il rifiuto del nuovo imperialismo
;
I al nuovo è
impegno ,
5
dall’ineontro con Dionigi . ἃ αὶ % I E
La scuola di Isocrate e l'Accademia snai di problema dell’eduenzione politien » 2 2
fronte al nn.
^
La politiea estera nesseno platonico
e il Me-
periodo
del
-
Platone
riavvici
di
δὲ: 8. fes p^
della
gli interventi
politici .
i presupposti della
Eubulo
e la funzione
Platone e la Le Leggi
tasia ateniese:
di un impegno
collaborazione:
πάτριος
"
colonia
al moderatismo
periodo
la
‘pubbl
ateniesi:
legislazione di Megalopoli
proposta
. Il Fedro:
Conelusione:
isoerateo
Cabria
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il Panegirico
: la
e i moderati
a) La difesa b) La
ateniese:
degli
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di
Dato la Repubbliea comune
tra
.
Leggi
intellettuali
πολιτεία : il Timeo e il Crizia
.
polemica
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IA.
E
di fronte
Isocrate
e l'Accademia
.
.
8
II.
C. BEARZOT
- GLI
INTELLETTUALI
II A. - Dionigi e Atene II B. - La crisi
dal 405 al 388
del
3880...
1.
L'Olimpico
2.
Le
3.
L'urto
4.
Lo
mire
Conclusione: la al « problema
di Lisia
con
.
Platone
E DIONIGI .
DI
SIRACUSA
.
.
.
"E
di Dionigi .
.
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noc
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in Grecia.
.
.
.
.
di Senofonte
Callistrato mobilitazi Dionigi»
e l'alleanza della
di Atene
eultura
Pag.
118 119
none
espansionistiche
Ierone
II C. - Isocrate,
ATENIESI
con
moderata
Dionigi ateniese
. di fronte
Istituto Lombardo
PLATONE
E
i Memorie
Lett.)
I «MODERATI»
XXXVII
04352
(1981)
ATENIESI
3EARZOT
Memoria
presentata
(Adunanza
dal
m.e.
del 6 febbraio
Marta
Sordi
1981)
PREMESSA Gli intellettuali moderati ateniesi di fronte ai problemi politici del IV secolo,
Platone
e Isocrate.
Quando si parla di « moderatismo » nell'Atene del IV secolo, non si può prescindere da Isocrate: e perciò la questione « Platone e i moderati
ateniesi »
ha
un
primo
e
fondamentale
aspetto,
che
ha
messo
a
dura prova la critica: il problema del rapporto Platone-Isocrate. I tentativi di chiarirne i termini sono stati, a partire dal secolo scorso, numerosissimi e spesso contraddittori nei risultati ('). In effetti, tale (1) Per una bibliografia parziale v. H. I. MarROU, Storia dell'educazione nel. l’antichità (trad. it.), Roma 1966”, n. 15, pp. 491-2; D. GILLIS, The ethical basis of Isocratean rhetoric, « Par. d. Pass.» XXIV (1969), n. 4, pp. 323-4. Un'analisi accurata della bibliografia sulla questione è nel saggio di K. Ries, /sokrates und Platon im Ringen um die Philosophia, Diss. München 1959, pp. II-VIT v 10-21: lavoro dotto ed aeuto, in eui l'autore vede, a mio parere giustamente, il rapporto IsoeratePlatone svolgersi da una tensione iniziale ad un successivo riavvicinamento, ma in eni si ripropongono gli stessi limiti metodologici della critica precedente. L'autore infatti non prende in considerazione lo sfondo storico, e si fonda sull'analisi delle rispondenze tematiche, ideologiche, lessicali, ricostruendo una polemica esclusiva. mente letteraria, costituita da un succedersi di attacchi e risposte, storicamente poco credibile; il lavoro risulta tuttavia prezioso per l'aeuta analisi del materiale biblio-
10
C. BEARZOT
rapporto non & definibile in modo todo fondato esclusivamente sulla «allusioni» reperibili nell'opera di alla radice da gravi difficoltà, e anche
i
più
seri
tentativi,
soddisfacente sulla base di un mericerca e sull'analisi delle reciproche Isocrate e di Platone; metodo viziato che perciò ha finito per vanificare
fornendo
ricostruzioni
inattendibili
della
presunta « polemica » tra i due uomini di pensiero. Fra queste difficoltà, due si sono rivelate particolarmente serie, come già notava il Robin (7): da una parte i problemi cronologici, che rendono incerta la datazione di alcune opere isocratee e di gran parte di quelle platoniche, e perciò difficilmente comprensibili eventuali allusioni polemiche o reciproche influenze; in secondo luogo, l'estrema oscurità che earatterizza gli interventi polemici dei due autori. Isocrate e Platone non si nominano mai nelle rispettive opere (se si esclude il discusso passo finale del Fedro, su cui ritorneremo); e quindi le allusioni sulle quali i moderni sono soliti fondarsi diventano spesso, per l'incertezza del riferimento, ambigue e di difficilissima interpretazione. Ogni ricostruzione che si fondi esclusivamente su queste limitate e fragili basi finisce per avere caratteri di grave incertezza; e perciò non si intende, qui, entrare nella questione in questi termini. Il problema, che è necessario affrontare per un soddisfacente inquadramento del rapporto fra Platone e i gruppi moderati, va rivisto con diverso metodo e anche con una diversa ipotesi di lavoro. C'è da domandarsi, prima di tutto, se non sia il caso di abbandonare
l’idea,
tra Platone
abbastanza
comune
e Isocrate, di una
nella
accesa
eritica,
di
polemica
una
insanabile
che avrebbe
ostilità
accompa-
grafico. Quanto alla bibliografia generale relativa a Platone politico, ho cercato di prendere in considerazione con la massima completezza quella di interesse propriamente storico, ma non mi è stato possibile, per lu sua stessa vastità, fare lo stesso con quella di impianto più strettamente filosofico: rimando perciò alle informazioni fornite da M. IsNARDI PARENTE in E. ZELLER-R. MoNboLro, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, II, 3; Platone (trad. it.), v. II, Firenze 1974, nelle sue note di bibliografia ragionata: efr. soprattutto pp. 557 ss, 717 ss, 857 ss. Con particolare riguardo agli studi usciti in Italia v. ead., Gli studi platonici in Italia negli ultimi vent'anni, «Cult. e Se.» XXV (1968), pp. 128-44. Per la segnalazione di altre rassegne bibliografiche v. A. Cavarero, Dialettica e politica in Platone, Padova 1976, pp. 279-81. (2) V. L. RoBIN,
Platon, Paris
1935, p. 39.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIEST
11
gnato tutta la loro vita e la loro opera (?); questa ipotesi, che come si è visto è il risultato di un approceio metodologico poco convineente, non ha infatti il conforto di argomenti realmente validi. La considerazione degli interessi politico-culturali di Platone e di Isocrate sembrerebbe piuttosto suggerire che le loro posizioni siano state in parte convergenti; e non si è ancora valorizzata sufficientemente la notizia di Diogene Laerzio (III, 8), secondo la quale Platone ᾿Ισοκράτει φίλος ἦν, e che riferisce di una diseussione sui poeti tenuta mentre [soerate era ospite di Platone in campagna, traseritta sotto forma di dialogo da Prassifane. Ad essa va poi accostato il noto passo del Fedro (278 e ss.), l’unico esplicito accenno di Platone a Isocrate e alla sua opera;
accenno
in
eui
non
è da
vedere,
a
mio
parere,
aleuna
traccia
di ironia, e che rivela piuttosto, proprio nel tono di benevolo rimprovero, la stima e la simpatia di Platone verso un uomo che, nonostante aleuni dissensi, doveva sentire molto meno lontano dal proprio pensiero di altri suoi contemporanei (*). Di questo passo platonico, in eui sono state viste a torto intenzioni polemiche, si discuterà in seguito; per ora basti dire che molto concorre a far pensare ad un amichevole dissenso fra pensatori della medesima estrazione, piuttosto che ad una grave ostilità.
Perciò,
se
l'ipotesi
della
polemica
si
rivela
in
ultima
analisi
poco attendibile, qualche novità nella definizione di questo complesso rapporto può venire proprio dal tentativo di inserire Platone nella politica ateniese del IV secolo, e in particolare nel movimento d'opi-
(3) Simili posizioni sono state bene illustrate dal Rırs nella eitata bibliografia ragionata, p. 10 ss.; esse sono state tuttavia abbandonate dalla eritiea più recente: v. id, ibid. p. 17 ss. Del resto, già ai primi del secolo il GOMPERZ, nella seconda parte del Suo saggio Isokrates und die Sokratik, « Wien. Stud.» XXVIII (1906), p. 27 ss., coneludeva per un rapporto di stima fra Isocrate e Platone, nonostante le differenze dottrinali, interpretando sanità l'elogio nel Fedro (p. 32 ss.) e mettendo in evidenza le pur searse i ehe bt questa ipotesi (p. 38 ss). E’ a partire da questa impostazione che si deve procedere, io eredo, per chiarire il rapporto tra i due pensatori: non a torto il BURNET, Greek philosophy, London 1950, p. 217, ha affermato: «...the tradition which represents Plato and Isokrates as friends is much more likely to be right than modern speculations about a fend between them »; v. anche E. BARKER, Greek political theory. Plato and his predecessors, London 1970*, p. 116. (4) Si tornerà sul problema: ma si veda fin d'ora W. JAEGER, Paideia, La formazione dell'uomo greco (trad. it.), v. III, Firenze 1959, p. 169; anche G. MATHIEU, Les idées politiques d’Isocrate, Paris 1966°, pp .30-31 e 175 ss.
12
C.
BEARZOT
nione ehe si suole definire « moderato » (ἢ). Tentativo che, per quanto riguarda il metodo d'indagine, non dovrà fondarsi solo sull'analogia delle tematiche politiche, sui riecheggiamenti letterari, sulle generiche «allusioni » di eui si è parlato, e cioè sulla sola considerazione dei rapporti tra l'opera platoniea e quella isoeratea sul piano della polemiea filosofieo-letteraria; ma che, pur recuperando tale analisi in tutto il suo
valore,
dovrà
considerarla
all'interno
di
un
contesto
più
ampio,
valorizzando quei fatti storicamente conereti, purtroppo non numerosi, di cui siamo a conoscenza: interventi politici diretti, rapporti con personaggi dell'ambiente moderato, relazioni esistenti tra le opere platoniche e isocratee e le condizioni storico-politiche eontemporanee. La critica ha da tempo fatto giustizia della vecchia immagine di Platone dedito alla purn teoresi, e ha perfettamente chiarito la fondamentale valenza politica del suo pensiero (5): nulla vieterebbe perciò di pensare ad un Platone in qualche modo legato ai cireoli moderati ateniesi, che furono nel IV secolo una forza culturale e politiea viva ed attivamente operante e le eui posizioni erano le piü consone all'aristocratica mentalità platonica. Isocrate fu uno dei maggiori esponenti di
questo
(5)
Con
ambiente;
il
termine
ed
eeco,
«moderati
perciò,
»
si
che
designa
un
qui,
simile
secondo
accostamento
l'uso
eomune,
un
per-
movi-
mento d'opinione di tendenze antidemoeratiche, fautore non dell’oligarchia estremista, ma di un regime caratterizzato dalla riduzione del diritto di cittadinanza alla elasse media possidente. Va peró tenuto presente ehe questo uso negativo del termine non può, né deve, essere considerato univoco. Nella realtà storica, « moderato » può definirsi anche il conservatorismo ideologico e religioso della più sana tradizione demoeratiea ateniese, quella più genuinamente popolare, di fronte ad una elasse dirigente ineline alla demagogia e ad un radicalismo distruttore dei valori tradizionali (valga per tutti l'esempio di un Alcibiade). Così può definirsi 4 moderata» la posizione di un convinto democratico come Trasibulo, legato ai valori politiei e religiosi tradizionali, fautore di una politica estera di distensione con gli alleati e di una politica interna di collaborazione tra i partiti. Quand’anche si confinui ad usare il termine nell'aeeezione moderna, bisognerà dunque tenere conto del valore positivo ehe, in molti easi, esso si trova ad assumere. (9) Sulla componente politica del pensiero platonico, sottolineata da principio da
U.
von
WILAMOWITZ-MOFLLENDORF,
Platon,
2
v.,
Berlin
1920?
(su
eui
v.
ora
M. IsNaRDI PARENTE, Rileggendo il ‘Platon’ di U. von Wilamowitz-Moellendorf, € Ann, Se. Norm. Sup. Pisa » s. III, 1673 I, pp. 147-67), v. il giudizio di G. REALE, Storia della filosofia. antica, v. ΤΙ, Milano 1976, p. 167 ss. Per gli studi ehe maggiormente rilevano questo aspetto del platonismo v. M. ISNARDI PARENTE, in ZELLERMonpoLro ..., pp. 564-83
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
metterebbe di vedere sotto altra luce anche il discusso rapporto PlatoneIsocrate. Certo, verificare l'esistenza di rapporti eon ambienti politici contemporanei
& molto
piü
agevole
per
Isocrate
che
non
per
Platone,
a causa del diverso livello a cui essi vollero porre la loro opera. Isocrate volle essere un pubblicista, un interprete di diffuse esigenze politiche, un educatore dell'opinione pubblica; e mantenne perciò, con atteggiamento strettamente pragmatico, una notevole aderenza alle necessità della realtà storica e all'utile immediato e concreto (*). Platone volle
essere
insieme
filosofo
e
politico,
e
rivolgersi
ad
un
ristretto
gruppo di intellettuali illuminati: non concesse nulla all'utilitarismo spicciolo, ed ebbe lo sguardo sempre rivolto ad esigenze ideali, a costo di
rinuneiare,
in
certi
casi,
all'azione
pratiea
(*).
Due
diversi
presup-
posti di metodo, dunque, di cui occorrerà tener conto (5); ma che non devono impedire di vedere, nelle opinioni spesso analoghe espresse dai due pensatori, la testimonianza di legami politici e di affinità ideologiche ben più profonde di certi, pur indiscutibili, dissensi metodologici. Come
si
vedrà
in
seguito,
il
rapporto
Isocrate-Platone
si
chiarisce
ve-
ramente, a mio parere, soltanto quando si considerino le loro produzioni come due momenti distinti, ma complementari, del pensiero antidemocratico
e conservatore
ateniese
del
IV
secolo.
Questo movimento di pensiero articolò i propri interessi fondamentali in due momenti, fra loro strettamente connessi: l'espansione e l'approfondimento teorico dell’ idea antidemocratica (in rapporto con la erisi del sistema politico cittadino) e, conseguentemente, il sempre crescente interesse per l'affermarsi di grandi poteri personali (in rapporto con l’ascesa delle tirannidi e delle grandi monarchie). Il eontributo di Platone e di Isocrate fu notevole in entrambi i campi. Intento di
questo
diversi
lavoro
livelli
di
è
perciò
intervento
verificare cui
si
se è
i due
fatto
pensatori,
cenno,
nonostante
abbiano
i
affrontato
(7) V. H.I. MakROU, Storia dell'educazione ..., pp. 117-32. (8) V. H.I. Marrov, Storia dell’educazione ..., pp. 98-116. Platone sentiva tuttavia l’azione pratica come un vero e proprio imperativo morale: cfr. |Ep. VII, 328 e, in eui egli confessa di essersi risolto al secondo viaggio a Siracusa per timore di apparire incoerente a se stesso prima che ad altri: μὴ δόξαιμέ ποτε ἐμαυτῷ παντάπασι λόγος μόνον ἀτεχνῶς εἶναι τίς, Foyor dè οὐδενὸς dv ποτε ἑκὼν ἀνϑάψασθαι. (9) Per un confronto sulle due posizioni, già rilevate dal RUpBERG, Isokrates und Platon, «Symb. Osloens.» Il (1924), pp. 24-5, v. H. I. MarRoU, Storia deil'educazione ..., p. 129 ss.; W, JAEGER, Demostene (trad. it.), Torino 1942, p. 27 ss.
14
C. BEARZOT
questi due fondamentali problemi politici con prese di posizione ed atteggiamenti che permettano di rieondurli ad un medesimo ambiente, quello appunto del « moderatismo », secondo l'ipotesi qui avanzata, o se i punti di dissenso superino le affinità, rieonducendoci alla tesi della reciproca ostilità e della polemica. E' tuttavia necessario tener presente (e vale la pena di ribadirlo) che questa ricerca non vuole, con ciò. essere solo l'ennesimo tentativo di chiarire la vexata quaestio del rapporto Platone-Isoerate, ma intende piuttosto suggerire una migliore definizione della posizione platonica rispetto ad un movimento politicoeulturale,
il moderatismo,
che,
pur
facendo
capo
ad
Isocrate,
va
con-
siderato in un orizzonte più ampio, che trascende la personalità di quest'ultimo. Il rapporto fra i due è, nel quadro di questa ricerca, una questione preliminare da chiarire, una prima definizione del problema:
non
però,
tematica
unica
e fine
a se stessa.
I.
- PLATONE, ISOCRATE E IL MOVIMENTO ANTIDEMOCRATICO ATENIESE
Atene, come ogni altra polis greca, risentì gravemente della crisi del sistema politico cittadino. Uno dei più gravi elementi di disgregazione che essa dovette affrontare fu un senso di progressiva sfiducia nelle
istituzioni
democratiche,
che
caratterizzò
tutto
il IV
secolo
e finì
per raggiungere, con l’ascesa di Filippo, anche grandi pensatori demoeratiei come Demostene. Una simile atmosfera non poteva che rappresentare un ottimo terreno per la ripresa di quei tentativi antidemoeratiei che avevano funestato la vita politica ateniese alla fine del V secolo; moderati e conservatori non mancarono perciò di far sentire la loro voce dissenziente (!?). Senonché costoro, guardati con sospetto dagli ambienti democratici memori delle recenti vicende, furono costretti a mettere da parte i progetti rivoluzionari e a ripiegare su una via costituzionale: quella della propaganda culturale e dell’azione all'interno delle istituzioni (!!). L'opera di Isocrate, uno dei portavoce più autorevoli di questi ambienti antidemoeratiei, rispecchia abbastanza fedelmente
il loro
atteggiamento
nel
corso
del
[V
secolo,
e permette
di
seguirne le variazioni al niutare delle condizioni storiehe. Dei problemi relativi ad Isocrate mi sono già occupata ampiamente altrove (!7); mi limiterò perciò, in questa sede, ad un breve cenno riassuntivo, riser(19) Sulla vasta mobilitazione degli intellettuali del IV di fronte alla erisi della polis (in particolare della polis democratica ateniese) v. C, Mossf, Aspects sociaux et politiques du déclin de la cilé grecque au IV* siecle avant J.-C. La fin de la démocratie athénienne, Paris 1962, pp. 234-56 (sulla erisi soeiale) e 348-99 (sulla erisi politica); più di recente J. pr RoMILLY, Problémes de la démocratie grecque, Paris 1975, dove, nell'analisi dei fattori di crisi del sistema democratico, si tende tuttavia a dare eccessiva libilità alle i i necessariamente ostili, delle fonti antidemoeratiche. (11) Una scelta di questo genere si rendeva tanto più necessaria, quanto più cresceva, dopo la i della d il sospetto nei confronti di uomini che potevano sembrare avversi ai prineipi democratici: v. C. MossÉ, Aspects sociaux et politiques ..., p. 287 ss. (12) V. i miei artieoli Callistrato e i ‘moderati’ ateniesi, Atti CeRDAC X (1978-79), pp. 7-27; Isocrate e il problema della democrazia, « Aevum » LIV (1980), pp. 113-31; Teramene tra storiografia e propaganda, « Rend. Ist. Lomb.» CXIII
(1979), pp. 193-219,
16
C. BEARZOT
vandomi di richiamare nel corso del lavoro quanto necessario alla comprensione, L'atteggiamento di Isocrate e del suo ambiente si articola in tre momenti fondamentali: A) nel primo quarto del IV secolo, i moderati si mantengono sulla linea di una collaborazione prudente con la risorta democrazia, per il recupero del prestigio di Atene sul piano internazionale; ma senza rinunciare, per questo, a ribadire aleuni dei punti fondamentali della loro politica; B
con l’anno 375 inizia un periodo di vivace offensiva moderata, che culminerà,
nel
371,
con
il riaceostamento
a Sparta
(tramutato,
nel
369, in συμμαχία), e che viene condotta sotto la guida di Callistrato. Isocrate, sostenitore della sua politica, inizia in questi anni di revanche moderata a porre in discussione, nella sua opera, il concetto di democrazia, che fino ad ollora aveva accettato pacificamente. Con la disgrazia di Callistrato (365) i democratici riaequistano il predominio nella vita dello stato per un decennio; il che costringerà Isocrate a lasciare le sue puntate polemiche allo stato di sporadiche anticipazioni, rimandando l'attaeeo a fondo alla democrazia
a tempi
più
favorevoli;
0) con la fine della guerra sociale e il fallimento della politica demoeratica, Eubulo inizia il cammino che lo porterà ad assumere il controllo della politica ateniese: in questo momento di crescente autorevolezza politico-culturale del moderatismo, Isocrate trova il terreno migliore per effettuare il proprio tentativo propagandistico. L'attacco di Isocrate si fonda sul rifiuto dei contenuti del concetto classico di democrazia, e sull’uso di questo termine, ormai svuotato dì significato, per designare un progetto di riforma costituzionale in realtà decisamente involutivo, di impronta terameniana:
con
la speranza
che, designata
col
venerato
nome
di
« demo-
erazia », una costituzione moderata potesse essere meglio accettata dall’opinione pubblica democratica. Con questo tentativo (vanificato dalla coscienza democratica degli Ateniesi) Isocrate e il suo ambiente si rifanno a Teramene e al gruppo moderato che aveva operato nelle rivoluzioni della fine del V secolo, rivelando così le radici della propria esperienza culturale e politica. Gli ambienti di cui abbiamo sommariamente richiamato l’azione nella politica ateniese del IV secolo raccoglievano buona parte delle forze antidemoeratiche, con diverse sfumature: non sembra però che
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
17
in queste file militassero oligarchi estremisti, dal momento che l’opposizione era condotta per vie fond talmente costituzionali. Ora, che Platone avesse scarsissime simpatie per la democrazia è ben noto: nella Repubblica (VI, 493 a ss.) egli paragonò l'assemblea popolare, con immagine carica di disprezzo, ad un « bestione» feroce, che è necessario compiacere e blandire con ogni mezzo, per ammansirlo, E’ certo tuttavia che egli non amava l’oligarchia estremista (cfr. Resp. VIII, 550e ss); e che non eredesse piü, dopo la deludente esperienza dei Trenta, alla effettiva utilità di nuovi esperimenti rivoluzionari, risulta con uguale certezza da numerosi passi della sua opera, in cui egli privilegia, nell'opera del politico, la persuasione all'azione di forza; concetto ribadito nella Lettera VIII (330d ss), dove si raccomanda con ealore al saggio di evitare in ogni caso la violenza: βίαν δέ πατρίδι πολιτείας μεταβολῆς μὴ φέρειν, ὅταν ἄνευ φυγῶν καὶ σφαγῆς ἀνδρῶν μὴ δυνατὸν jj γίγνεσϑαι τὴν ἀρίστην (581 ἃ; cfr. anche Crit. 50a ss.) (!*). Platone dunque doveva sentire in parte consona al suo pensiero l'azione di questi cireoli, nei quali, come vedremo, egli contava anche un certo numero di amici e discepoli. Non è affatto impossibile, quindi, pensare che lo stesso Platone abbia dato un suo contributo a questo movimento culturale; ma si tratterà, evidentemente, di un contributo tutto particolare. Legato, come si è detto, a profonde esigenze ideali, egli non poteva essere per i cireoli moderati un interprete, un fedele portavoce come Isocrate; la sua opera rivela piuttosto una serie di interventi critici, caratterizzati da notevole indipendenza di giudizio. Interventi che, se non consentono di pensare ad una vera e propria collaborazione e ad una azione fiancheggiatrice, testimoniano tuttavia il benevolo interesse con cui Platone seguì l’azione degli uomini politici e degli intellettuali che gli erano, in Atene, ideologicamente meno lontani (14). (13) Sull’atteggiamento che Platone maturò, sollecitato dagli eventi storiei, verso l’oligarchia e la democrazia, v. la sintesi di J. LUCCIONI, La pensée politique de Platon, Paris 1958, pp. 5 ss. e 20 ss. (14) Su Platone come testimone delle ddizioni della d ia ateniese nella prima metà del IV secolo, v. P. TREVES, Introduzione alla storia della guerra corinzia, « Athenacum » XVI (1938), pp. 65-84 e 164-93; saggio non sempre pienamente condivisibile, ma comunque di grande interesse per il tentativo di stabilire una precisa connessione tra l’opera platonica, le vicende politiche e la pubblieistica contemporanee. Per un quadro della formazione giovanile platonica v. in parMemorie
(Lettere)
- 2
18
C. BEARZOT
IA.
- IL PERIODO DELL'ISOLAMENTO POLITICO: IL RIFIUTO DELLA COLLABORAZIONE
1. - I moderati e la restaurazione della democrazia. Νέος ἐγώ ποτὲ ὧν... ᾧφήϑην, el ϑᾶττον ἐμαυτοῦ γενοίμην κύριος, ἐπὶ τὰ κοινὰ τῆς πόλεως εὐφὺς ἰέναι (Ep. VII, 324b) (15): è con queste intenzioni ehe il giovane aristoeratieo Platone assiste agli eventi che segnarono gli ultimi anni della guerra del Peloponneso: la eaduta del governo terameniano e l'avvento della tirannide dei Trenta. Che la presenza fra i Tiranni dei suoi parenti Carmide e Crizia (suoi condiseepoli presso Socrate) e di suoi eonoseenti avesse suscitato grandi speranze nel giovane Platone, lo testimonia ancora la Lettera VII: ὠήϑην γὰρ αὐτοὺς ἔκ τινος ἀδίκου βίου ἐπὶ δίκαιον τρόπον ἄγοντας διοικήσειν δὴ τὴν πόλιν (324 4). Disgustato dai metodi dei Trenta, che avevano ben presto fatto rimpi e la 1 ia come «un'età aurea»
ticolare A. Diis, Platon, Paris 1930, pp. 7-67; di G. C. FrELD, Plato and his contemporaries. A study in fourth-century life and thought, London 1930, oltre alla parte dedicata alla vita, soprattutto quella relativa al retroterra ideologico, morale e politico di Platone, p. 77 ss.; K. HILDEBRANDT, Platone, La lotta dello spirito per la potenza (trad. it.), Torino 1947, p. 12 ss.; TH. GoMPERZ, Pensatori greci. Storia della filosofía antica (trad. it.), v. IIT, Firenze 1953°, p. 3 ss. Sulla posizione sociale della famiglia di Platone v. J. K. Davies, Athenian propertied families 600-300 B.C.. Oxford 1971, pp. 332-5. (15) Si accetta qui l’autenticità delle Lettere VII e VIII, sulla linea di G. PASQUALI, Le lettere di Platone, Firenze 1938, pp. 1-45 e 47-154, che avanza dubbi sul resto della raccolta (con riserve per le Lettere V, VI e XI). L'intero corpus è stato invece respinto da A. MADDALENA, in Platone, Lettere, Bari 1948, Riprendendo l'intera questione in L'Accademia e le lettere platoniche, «Par. d. Pass.» X (1955), pp. 341.73, M. ISNARDI PARENTE ammette, se pure con prudenza, la possibilità ehe le Lettere VI, VII, VIII e XI siano autentiehe; della stessn autriee v. anche la piü reeente raecolta di saggi sul corpus platonico, dedieati in particolare a sostenere l'autentieità della VII, Filosofia e politica nelle lettere di Platone, Napoli 1970. La polemica resta tuttavia aperta: recentemente K. VON Fritz, Platon in Sizilien und das Problem der Philosophenherrschaft, Berlin 1968, ha sostenuto eon ampia documentazione l’autentieitä della VII (pp. 5-62) e respinto quella dell VITI (p. 110 ss.); contro l'autentieità della stessa VII v. invece L. EDELSTEIN, Plato’s Seventh Letter, Leiden 1966. Sul problema generale del corpus platonico
e per
la
storia
1926, pp. V-XXXI.
della
critica
relativa
v.
J.
SOUILHÉ,
in
Platon,
Lettres,
Paris
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
19
(324 d), Platone preferi tenersi in disparte dalla vita politiea, finché la loro caduta non fece rinascere in lui l’antica vocazione: ellxev δέ pe ὅμως ἡ περὶ τὸ πράττειν τὰ κοινὰ καὶ πολιτικὰ ἐπιϑυμία (325 a). La scena politica ateniese, all'indomani della restaurazione della demoerazia, poteva effettivamente presentare qualche possibilità per un aristoeratico deluso come Platone. Nelle file dell'opposizione demoeratiea trasibulea avevano militato uomini del gruppo moderato eome Anito, Archino, Formisio, ricordati da Aristotele fra i più stretti collaboratori di Teramene (Athen. polit. XXXIV, 3); partecipando alla eaeciata dei Trenta
e alla
restaurazione
della
democrazia,
costoro
si
assicurarono
una notevole influenza nella vita statale negli anni successivi al ritorno degli esuli (15), In quel clima politico, la via della collaborazione eon i democratici era, per i moderati, l’unico mezzo per assicurarsi la partecipazione al potere: l’amnistia e il guente clima di ri iliazione nazionale furono per questo gruppo politico uno strumento effieacissimo per placare le tensioni eon l'opinione pubblica democratica e per riacquistare una qualche autorevolezza politica (17), Figli della cultura sofistiea, che con la sua opera di disgregazione dei valori tradizionali aveva gravemente influito sulla classe dirigente della demoerazia
ateniese,
determinandone
la
crisi,
i terameniani
si
ritrovarono
all’indomani della restaurazione a fianco dei democratici, impegnati nella ricostruzione di quei medesimi valori: non a caso, la reazione antisofistiea è un denominatore comune che lega gli esponenti moderati del IV secolo, in modo apparentemente contraddittorio, alle migliori forze della democrazia. Con tutto ciò, l'appello all’unità nazionale lanciato all'indomani della restaurazione trovò eco favorevole anche in uomini di cultura notoriamente conservatori: oltre a Senofonte (Hell. II, 4, 43), lo stesso Platone riconobbe che i fuorusciti di Trasibulo, nonostate la gravità del momento, πολλῇ ye ἐχρήσαντο... ἐπιεικείᾳ
(18) Sulla partecipazione di questi [ i alla i i democratiea v. per Anito, Xen. Zell. II, 3, 42; Lys. XIII, 78; 82; per Archino, Demosth. XXIV, 136; Aesch. II, 176; III, 187; Aristid. Leuktr, B 441-442, I 161 Dindorf; per Formisio, Lys. XXXIV, 2 (17) V. K.J. BrLocn, Die attische Leipzig 1884), p. 110 ss.; id., Griechische p. 63 ss.; G. Gromz, Histoire grecque, v. démocratie athénienne, Paris 1951, p. 200 Milano 1973, p. 63.
Politik seit Perikles, Darmstadt 1967 (= Geschichte, v. III, 1, Berlin-Leipzig 19222, III, Paris 1936, p. 62 ss.; P. CrocHÉ, La ss.; M. Cary, in CAH v. VI, 1 (trad. it.),
20
C.
BEARZOT
(Ep. VII, 325 b); e Isocrate ci ha lasciato, nell'orazione logografica Contro Callimaco (402 o 401 a.C.) ('5), un caldo elogio degli aceordi miranti a ristabilire la concordia civica. L'orazione fu seritta per un rieeo aristocratico, poco dopo l'approvazione della legge di Archino (Isoer.
XVIII,
2-3;
cfr.
Schol.
Aesch,
I, 163)
volta
ad
evitare
il ripe-
tersi di processi a sfondo politico, che ignoravano le convenzioni d'amnistia. Isocrate vi interpreta gli accordi d’amnistia essenzialmente come un modo di annullare le tensioni sociali e di assicurare la tranquillità ai possidenti ehe erano stati inelusi nella lista dei Tremila o che, in ogni modo, avevano da temere gli odi dei democratici radicali (efr. in particolare i par. 42 ss.): il discorso riflette quindi il pensiero degli ambienti moderati e gli interessi della coalizione democratico-moderata di Trasibulo e Anito (ricordati al par. 23, con tono di particolare ammirazione, come gli uomini più potenti del momento), che intendeva permettere al ceto possidente di tendenze moderatamente conservatrici di prendere parte attiva alla vita politica accanto ai democratici, per bilanciarne l’ influenza (1°). In questo clima, la ripresa della vita politica democratica si presentava scevra da ogni ombra di radicalismo. La « via collaborazionista »
(18) 6. Marti, in Isocrate, Discours, texte établi et traduit par G. Mathieu et E. Brémond, v. I, Paris 1928, p. 16. Sull'importanza di questa orazione isoeratea come documento sui problemi relativi all'amnistia v. J. H. Kinn, Die Amnestie von 403 v. Chr. im Reflex der 18. Isokrates-Rede, «Wien. Stud.» LVVV (1967), pp. 31-73. (19) V. K.J. BzLocn, Die attische..., pp. 103-4. Questa coalizione ebbe sa! damente in pugno la politiea ateniese fino al 394 cirea; dal 394 al 391 fu messa in ombra dai democratici radicali di Agirrio e Conone. Morto quest'ultimo, Trasibulo e Anito riguadagnarono ‘e posizioni perdute riprendendone il programma: v. R. SEAGER, Thrasibulus, Conon and Athenian imperialism 396-386 B.C., «JHS» LXXXVII (1967), pp. 95-6; ©. PEcoRELLA LoxGo, « Éterie» e gruppi politici nell’Atene del IV secolo, Firenze 1971, p. 53 ss. Il problema dei complessi rapporti di Trasibulo, dal 412/11 alla sua morte, eon gli uomini dei eireoli moderati & di notevole interesse e meriterebbe un esame pii approfondito, che esula dal mostro argo mento. In ogni caso, l’accordo successivo alla restaurazione fu certamente favorito dal tradizionalismo di Trasibulo, dal suo attaccamento ai valori politici e morali della veechia Atene democratica atteggiamento che può essere considerato « moderato » nel senso migliore del termine, e che può aver contribuito al riavvicinamento con i terameniani. Questi ultimi, infatti, usciti dal travaglio distruttivo della sofistica e recuperati aleuni valori fondamentali, finirono per trovarsi disponibili nei confronti delle tradizionali istituzioni democratiche e favorevoli ad un ideale di convivenza civica non lontano dal « conservatorismo demoeratieo » trasibuleo.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
21
scelta dai moderati permise a uomini come Anito e Archino di determinare in parte l' indirizzo della politica ateniese negli anni successivi alla restaurazione, Alla loro influenza si deve eon ogni probabilità la politica di totale acquiescenza a Sparta che Atene seguì fino al 395(??) ; legati agli interessi dei possidenti e dei proprietari terrieri, essi tentarono in ogni modo di smorzare i tentativi di ripresa militare favoriti dai democratici radicali, col pretesto delle cattive condizioni economiche di
Atene
moderati
dopo
la
sconfitta.
è documentabile
restaurazione
una
serie
di
Anche
con
una
riforme,
in
politica
certa tra
cui
interna
chiarezza.
l'influenza
Subito
l'istituzione
dei
dopo
dei
la
nomoteti
e il voto di un decreto mirante a difendere le leggi già stabilite dal proliferare di decreti popolari (leggi a difesa delle quali il decreto delega l’Areopago; efr. Andoc, I, 82-84; 87; Lys. XXX, 2; 4-5; 11-13), tradisce la presenza di intenti moderati nei riformatori, mossi da evidente sfiducia nelle capacità deliberative dell’assemblea (?') Analoghe intenzioni rivela l’aceusa di illegalità avanzata da Archino contro la proposta di Trasibulo di concedere la cittadinanza ateniese a schiavi e meteci che avevano collaborato alla cacciata dei Trenta: in questo modo fu impedita 1’ immissione nel corpo civico di uomini di sicura fede democratica, che avrebbero rafforzato le posizioni dei radicali (Aristot, Athen. polit. XL, 2; Aeseh. III, 187; Lys. frg. 46; Corn.
(20) Due episodi soprattutto rivelano l'atteggiamento negativo di questi personaggi nei confronti della ripresa militare. Nel 397 Agnia e Telesegoro, inviati come ambasciatori in Persia a sostegno della politica cononiana dai demoeratiei Cedagli Spartani senza che la eosa profalo ed Epierate, furono catturati e προ vocasse aleuna reazione di protesta da parte di Atene: efr. Heil. Oryrh, II, 1-2; Harpocr. s.v. ’Ayviag (= F. Gr. Hist. 324 Androt. P 18; 328 Philoe. F 147); Isae. II, 8. Quando poi nel 296/5 i demoeratiei inviarono Demeneto, con armi e rematori, a raggiungere Conone a Cipro, il gruppo di Trasibulo, Esimo e Anito, facendosi interprete degli interessi degli γνώριμοι xai χαρίεντες, denuneió Demeneto all'armostra di Egina, Milone: efr. Hell. Oxyrh. I, 1-2. E” palese il desiderio dell'ambiente trasibuleo di non provocare in aleun modo Sparta. V. anche P. CtocnÉ, La politique étrangére d’Athenes de 404 à 338 avant J.-C., Paris 1934, pp. 5-12; id., La démocratie ..., p. 280 ss.; G. BARBIERI, Corone, Roma 1955, pp. 163-7; I. A. F. BRUCE, Athenian embasses in the early fourth century B.C., « Historia» XV (1966), p. 272 ss.; R. SEAGER, Thrasybulus, Conon ..., pp. 95-6; S. PERLMAN, Athenian democracy and the revival of the imperialistie expansion at the beginning of the fourth century B.C., «Class. Philol.» LXIII (1968), pp. 259-60. (21) V. P. CLocuf, Le démocratie..., p. 205.
22
©. BEARZOT
Nep. Thrasyb. IV, 1) (??). Ad un altro uomo di punta del « partito» terameniano, Formisio, va invece attribuito il tentativo di ridurre i diritti politici ai soli proprietari terrieri (τὴν δὲ πολιτείαν μὴ πᾶσιν ἀλλὰ roig [τὴν] γῆν ἔχουσι παραδοῦναι : Dion. Halie., Lys. 526): tentativo di cui il frammento 34 di Lisia ei ha conservato il ricordo (2). Il significato antidemocratico di una simile riforma, che avrebbe allontanato dalla partecipazione diretta alla vita politiea un gran numero di Ateniesi, é indubbio; Formisio ebbe l'appoggio degli Spartani, interessati a sostenere, in Atene, la posizione di quanti favorivano una politiea estera di totale sottomissione. Il progetto, di ispirazione palesemente terameniana, falli (24); e tuttavia anch'esso mostra la vitalità della tradizione moderata nei primi anni della restaurazione, Questi fatti, nel loro insieme, sono indizi di un quadro politico che garantiva un notevole spazio alle forze conservatrici: e quindi
(22) V. K.J. BELOCH, Die attische..., pp. 110-11; G. MaTHIEU, La γέοτραnisation du corps civique athénien à la fin du V* siècle, « R. Et. Grecq. » XL (1927), pp. 65-116; P. Crocht, La démocratie... p. 205 ss; da ultimo v. T. ALFIERI, Sulla proposta di Trasibulo per la i della cittadü ateniese, « Rend. Ist. Lomb.» CIV (1970), pp. 154-61, in cui tuttavia mi pare si insista troppo sul consenso dato dal popolo ateniese alla fazione moderata di Archino e sul presunto radicalismo di Trasibulo. (23) Il frammento si intitola Περὶ τοῦ μὴ καταλῦσαι τὴν πάτριον πολιτείαν ᾿Αϑήνησι; poiché eon tale formula si intende certamente la democrazia, la cosa ei dà l’occasione di rilevare come i democratici abbiano saputo ritorcere contro gli avversari lo slogan propagandistieo della πάτριος πολιτεία : v. 8. A. CECCHIN, Πάτριος πολιτεία. Un tentativo propagandistico durante la guerra del Peloponneso, Torino 1969, p. 85 ss. Sull'utilizzazione del concetto di πάτριος πολιτεία da parte del democratico Demostene, forse proprio in izi alla utili i in senso moderato fatta da Isocrate nell'4reopagitico, v. E. VaGo, Il concetto di democrazia in Demostene, Diss. Univ. Catt. S. C. Milano, 1979, p. 36 ss. (24) Ha notato giustamente R. von PGHLMANN, Isokrates und das Problem der Demokratie, Roma 1970 (= München 1913), pp. 127-8, che la proposta si colloca sulla medesima linea politica di Isocrate. Quanto al fallimento, Dionigi d’Alicarnasso lo attribuisce all'intervento di un uomo politieo importante, superiore « per nascita e per riechezza » a Formisio e ai suoi sostenitori: sulla sua identità non & possibile avanzare alcuna ipotesi. Da notare l'ipotesi di G. MaruıEv, La réorganisation..., p. 107, secondo la quale il frg. 34 di Lisia sarebbe un pamphlet di propaganda democratiea, e ciod un'orazione di tipo isoerateo, seritta per la lettura e non per essere pronunciata, Sulla proposta di Formisio v. l'analisi sempre valida di P. CrocHÉ, La restauration démocratique à Athönes en 403 avant J.-C.,
Paris 1915, pp. 420-46.
PLATONE
E I € MODERATI » ATENIESI
23
Platone poteva a buon diritto sperare ancora in qualche possibilità di seguire la sua antiea vocazione politiea, sotto un regime che pareva lontano dalla democrazia radicale di cui era stato spettatore negli ultimi anni della guerra del Peloponneso e che considerava con aristocratico disprezzo. Il processo e la morte di Socrate vennero a stroncare queste ultime speranze, e a sancire da una parte la definitiva rottura di Platone con la democrazia ateniese, dall'altra un lungo periodo di erisi con quegli ambienti moderati e conservatori che avrebbero potuto essergli più vicini: proprio Anito, infatti, si era trovato fra gli aceusatori di Socrate. Gli uomini politici contemporanei, le leggi, i costumi: niente più lo soddisfaceva, facendo tramontare la possibilità di una sua diretta azione politica (Ep. VII, 325 b-c). Uno degli ostacoli maggiori doveva sembrargli la difficoltà, dopo la dispersione dei socratici, di trovare amici e collaboratori (ῳίλοι ἄνδρες xai ἑταῖροι πιστοί: senza i quali era difficile, per un aristocratico, concepire l’esperienza politica): nessun partito gli si confaceva realmente, in uno stato che gli sembrava allontanarsi sempre di più dai suoi ideali: o? ydp ἔτι ἐν τοίς τῶν πατέρων ἤϑεσιν και ἐπιτηδεύμασιν ἢ πόλις ἡμῶν διῳκεῖτο (325 d). Queste parole, indiee dei legami profondi di Platone eon il conservatorismo aristocratico, mostrano bene come egli non potesse che lah considerare del tutto insoddisfacente la « via ista»: egli aveva lo sguardo ancora rivolto alla « costituzione dei padri ». Del resto, la via della collaborazione rischiava, col tempo, di far perdere ai moderati ogni identità politica e culturale, costringendoli nelle file della democrazia tradizionale; e che qualcosa del genere sia effettivamente avvenuto lo mostrano le opere logografiche di Isocrate, in cui egli manifesta un sorprendente ossequio ai principi democratici (che pure, fin da allora, non dovevano essergli particolarmente cari) A Platone dovette sembrare un prezzo troppo alto doversi piegare a compromessi con il regime che aveva decretato la morte di Socrate (?°). Alla deci(25) Il 399 viene ad essere per l’aristocratico deluso Platone un decisivo momento di crisi: con la rinuncia alla carriera politica si apriva la ricerca di nuovi strumenti d'azione e di nuovi spazi per una attività cui egli sentiva di non poter rinunciare integralmente. V. G. COLLI, Lo sviluppo del pensiero politico di Platone, «N. Riv. Stor.» XXIII (1939), p. 172 ss. (per la prima formazione) e 176 ss. (per l’anno 399); v. anche le belle pagine di A. Diès, in Platon, La République, v. I, Paris 1932, pp. V-IX e CVIII, sull'oseillazione platoniea tra la rinuncia alla politica attiva da una parte e la fiduciosa attività propagandistica ed educativa
24
€.
BEARZOT
sione di dedicarsi allo studio e alla riflessione filosofica fanno seguito i viaggi a Megara, a Cirene, in Egitto, e la composizione dei primi dialoghi « soeratiei » (2%). 2. - I viaggi di Platone. Questi anni rappresentano uno dei momenti chiave dell’evoluzione platonica: è probabilmente in questo periodo che Platone definisce i propri metodi di riflessione e di azione politica, il proprio giudizio sul mondo politico contemporaneo, i propri rapporti con il primo nucleo della futura Accademia. Va posto probabilmente nel 399 il viaggio a Megara,
presso
Euclide,
la cui
notizia
Diogene
Laerzio
(III,
6)
trasse
da Ermodoro, discepolo di Platone: il filosofo lasciò Atene σὸν καὶ ἄλλοις τισὶν Σωκρατικοῖς, probabilmente quanto restava del gruppo che era solito riunirsi intorno a Socrate e che si era disperso dopo la morte del maestro, Non è il caso di considerare questi socratiei come il nucleo originario della futura scuola platoniea: non va dimenticato l’accenno della Lettera VII (325 d) con cui Platone lamentava, per questi anni, la mancanza di amici eon eui dar vita ad una conereta azione
politica.
Testimonianza,
questa,
che
ci
deve
far
concludere
o
che questi socratici avessero interessi prevalentemente teorici, diversi da quelli politici del giovane Platone, o che tra loro Platone non godesse di particolare autorità, o che comunque essi non gli fossero legati al punto da poter intraprendere un'azione comune: in ogni caso, Platone non ritenne opportuno far conto su di loro per tentare di muoversi nella sua città, nè pensò, per il momento, di farvi ritorno. In Diogene Laerzio (III, 6-7) seguono infatti le notizie relative al viaggio a Cirene, presso Teodoro, e a quello in Egitto (*”), Quest'ultimo, in dall'altra. Per una messa a punto del problema dell'antinomia tra reale e ideale nel pensiero politico platonico v. R. L. KLEE, La théorie et la pratique dans la cité platonicienne, « R, Hist. Philos.» IV (1930), pp. 309-53; V (1931), pp. 1-41. (29) Traggo numerosi spunti, nella diseussione sui viaggi di Platone, dalla tesi di laurea di G. M. Rowpr, L'azione politica di Platone e della prima Accademia, Diss. Univ. Catt. S. C. Milano, 1974, p. 62 ss. Sui problemi posti dalla nostra tradi. zione per la ricostruzione della biografia platonica v. G. Boas, Fact and legend in the biography of Plato, « Philos. Rev.» LVII (1948), pp. 439-57. (27) Diogene Laerzio (III, 6) pone tra i viaggi a Cirene e in Egitto quello in Italia presso i pitagoriei Filolao ed Eurito; lo stesso sembra doversi dedurre dalla incerta distribuzione eronologiea dei viaggi in Olimpiodoro (89 ss, p. 385 Wester-
PLATONE
E
I « MODERATI
» ATENIESI
25
particolare, è ricordato da numerose fonti (55), che, per quanto tarde in gran parte, conservano particolari che inducono a ritenerlo storico; particolari che, anzi, ci forniscono elementi di datazione (??). In Diogene Laerzio (III, 7) come in Olimpiodoro (145 ss., p. 387 Westermann; cfr.
anche
il testo,
purtroppo
corrotto,
di
Apuleio,
De
dogm.
186) si parla di un mutamento nell'itinerario platonico; il avrebbe voluto recarsi in Oriente per incontrare i Magi, ma rinunciare a causa di una guerra in corso in Asia secondo Laerzio (διέγνω δὴ 6 Πλάτων καὶ roi; Mayo συμμῖξαι διὰ τῆς
᾿Ασίας
πολέμους
ἀπέστη ),
im
Persia
secondo
il più
Plat.
I,
filosofo dovette Diogene δὲ τοὺς
preciso
Olim-
piodoro; il quale riferisce anche che Platone ripiegò sulla Fenicia, dove potè ugualmente incontrarsi con i Magi (βουλόμενος δὲ xai τοῖς μάγοις ἐντυχεῖν, διὰ τὸ κατ᾽ ἐκεῖνον καιρὸν ἐν Περσίδι συνεστάναι πόλεμὸν μὴ δυνηϑεὶς παρ' αὐτοὺς ἐλϑεῖν ἀφίκετο εἰς τὴν Φοινίκην, καὶ μάγοις ἐκεῖ ἐντυχὼν παρέλαβε τὴν μαγικήν : cfr. Vita anon, di Plat. 230 Ss, p. 396 Westermann, in eui sono invece i Magi a cercare l’incontro con Platone). La guerra di cui si parla è probabilmente quella tra Sparta e la Persia, in eorso in Asia. Minore dall'autunno del 400 al 395/4 (anno del riehiamo di Agesilao); e va notato ehe, nel 396, anche l'Egitto ἃ inte-
mann) La notizia va tuttavia respinta sulla base della testimonianza platonica (Ep. VII, 326 b), che parla del viaggio del 388 come del suo primo contatto eon l’Italia e con la Sicilia. (28) Olympiod. 130 ss., p. 386 Westermann; Anon. V. Plat. 137 ss, p. 392 Westermann;
Apul.
De
dogm.
Plat.
I,
186;
Plut.
De
gen.
Socr.
579 b-e;
Cic.
De
re
publ. I, 10, 16; De finib. V, 29, 87; Quintil. Inst. Orat, I, 12, 15; Val. Max. VIII, 7, ext. 3; Hieron. Ad Paulin. LIII, 1; Ambros. Erpos. in Ps. CXVIII, 18, 4; Augustin. De civit. Dei VIII, 4. (29) Alcuni studiosi hanno negato questi viaggi per il fatto che l’Inder Academicorum ereolanense, X, 5 ss. (p. 6 ss. Mekler), la più antiea biografia platoniea in nostro possesso, non ne parla: v. in partieolare H. LEISEGANG, « Platon », R.E. XX, 2 (1950), col. 2350; A. J. FEsTUGIERE, Platon et l'Orient, « R. d. Philos. » XXI (1947), pp. 44-5, ritiene queste notizie un τόπος dossografieo tipico del βίος filosofico. Ma, a parte lo stato di frammentarietà dell’Inder, è possibile che Diodoro, laddove rieorda il soggiorno di Platone in Egitto (I, 96, 2; 98, 1), ei riporti ad una tradizione piü antica; per il primo libro egli utilizza infatti largamente Ecateo di Abdera (efr. F. JacoBY, « Hecataios » (4), R.E. VII (1912), eol. 2750 ss.). In questo caso la notizia del viaggio di Platone in Egitto trova conferma in una tradizione del IV-III see. a.C.; e a suo favore va aggiunto il passo di Strabone (XVII, 1, 20) in cui si parla della casa in cui avrebbero soggiornato Platone ed Eudosso. V. G. M. RonpI, L'azione politica ..., p. 82 ss.
26
C. BEARZOT
ressato al conflitto, con la decisione del re Nefereo di aiutare Sparta eon navi e rifornimenti granari (Diod. XIV, 79, 4 ss.). Con ciò il viaggio di Platone in Egitto, ehe egli non poté estendere all'Asia ma che fu costretto ad interrompere forzatamente a causa della guerra, si colloca bene tra il 399 e il 395; anno, quest'ultimo, che sembra quello del probabile ritorno in Atene, collegato forse con la fine della guerra in Asia e con lo scoppio della guerra di Corinto. Sappiamo infatti che Platone combatté nel corso delle operazioni belliche εἰς Κόρινϑον (Diog. Laert. III, 8) (8°). Con ciò, Diogene Laerzio vuol probabilmente alludere alla partecipazione di Platone ad uno o più episodi, non meglio precisati, delle operazioni su terra condotte da Ifierate all'Istmo e nel Peloponneso
a partire
dal
393
fino
al
390/89
(3!)
anno
in
cui
fu
richia-
mato (Xen. Hell. IV, 8, 34; Diod. XIV, 92, 2): sappiamo da Demostene (IV, 24) che accanto alle truppe mercenarie condotte da Ifierate (Harpoer. s.v. ξενικὸν ἐν Kopivdo) combatterono anche truppe cittadine. Dal 395, Platone rimase in Atene, dedito, oltre che ai suoi doveri di eittadino, alla sua prima attività letteraria, fino al 388/7, anno del suo viaggio in Sicilia, al ritorno dal quale si pone la fondazione dell’Accademia secondo la maggior parte delle nostre fonti (Olympiod. 151 ss., p. 387 Westermann; Vita anon. di Plat. 144-145, p. 393 Westermann). Il fatto curioso è che S. Gerolamo (Ad Paulin. LIII, 1), fondandosi sull'autorità di fonti antiche (legimus in veteribus historiis), dice che Platone, già prima dei suoi viaggi in Egitto e in Italia meridionale, Athenis magister erat et potens cuiusque. doctrina. Academiae gymnasia personabant: e loda la sua umiltà per aver ritenuto, lui così eminente, di
(39) Diogene Laerzio riferisce, basandosi su Aristosseno, di tre battaglie eui Platone avrebbe partecipato: Tanagra, Corinto, Delio. Eliano (V. Mist. VII, 14) parla invece solo di Tanagra e di Corinto; il ehe fa pensare che l’accenno a Delio
(424)
sia
dovuto
ad
una
confusione
eon
Socrate
(efr.
Apol.
28e).
Certo
anche l’accenno a Tanagra sembra dubbio, giacché non sono noti episodi bellici, oltre a quello del 457, avvenuti nei pressi della città. Il WEHRLI, Die Schule des Aristoteles. Texte und Kommentar, v. II, Basel-Stuttgart 19677, p. 67, pensa ad una confusione derivante da un fraintendimento del testo di Aristosseno da parte della tradizione intermedia. (31) Xen. Hell. IV, 4, 9 ss.; 5, 7 ss.; Diod. XIV, 86, 3; 91, 2.3; Andoc. III, 18; Dinarch. I, 75; Plut. Ages. XXII; Paus. III, 10, 1; Polyaen. III, 9, 24; 43; 45; 49; 54; Strab. VIII, 8, 4; Aristid. Panath. 172, I 281-2 Dindorf; Schol. Aristid. Panath. 172, 1; 3, III 274 Dindorf; Corn. Nep. Iphicr. II, 1; Frontin. Strat. III, 12, 2.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
27
dover imparare da altri. Ciò farebbe pensare all'esistenza dell’Accademia, almeno come nucleo di amici o di giovani uditori, già non solo prima del 388 (il che è in sé probabile), ma anche prima del 399; essa sarebbe stata poi ristrutturata e riorganizzata dopo il 388, sulla base dei suggerimenti tratti dalla conoscenza delle comunità pitagoriche. Ora, l'uniea notizia che faccia pensare ad un gruppo di compagni intorno a Platone prima del viaggio in Egitto è quella relativa ai Socratici fuggiti a Megara: ma abbiamo già visto che tale notizia è da valutare
con
una
certa
prudenza.
S.
Gerolamo
può
essere
stato
tratto
in
inganno da notizie, come quella di Diogene Laerzio (III, 5), secondo eui Platone frequentò fin dalla prima giovinezza l'Accademia, luogo destinato alle discussioni filosofiche. D'altra parte lo stesso Diogene Laerzio (III, 7) dice che Platone, dopo il viaggio in Egitto, ἐπανελϑὼν δὲ εἰς ᾿Αϑήνας διέτριβεν iv "Axaónusía; e poiché subito dopo Diogene parla dei combattimenti nella guerra di Corinto, dobbiamo dedurne che ci troviamo, cronologicamente, subito dopo il 395. Sappiamo tuttavia dalla medesima fonte (III, 20) che la scuola di Platone stabili definitivamente la propria sede all’Aceademia solo dopo il 388. A mio parere, quest'ultima data resta quella dell'organizzazione della scuola: ma certo è possibile che, se non prima del 399, almeno tra il 395 e il 388 Platone abbia avviato, parallelamente alla propria attività letteraria, una trama di rapporti con uomini del gruppo di Socrate e con giovani, nuovi allievi, eostituendo il nucleo di quella ehe solo dopo l'esperienza siciliana divenne l’Aceademia vera e propria. 3. - Il dibattito su Alcibiade c la memoria di Socrate. Appartiene verosimilmente a questi anni l’Alcibiade I (??), dialogo che si inserisce nella polemica sorta agli inizi del IV secolo intorno al nome di Alcibiade: in essa si inserirono Lisia, con le orazioni XIV e XV Contro Alcibiade, e Isocrate con il Ifegi τοῦ ζεύγους (cui vanno aggiunti gli accenni polemici contenuti nell'Accusa di Socrate di Poli(32) Sulla data e l'autentieità v. M, CmorsET, in Platon, Hippias MineurAlcibiade-Apologie de Socrate|Euthyphron-Criton, Paris 1925, p. 49 ss. Decisamente contraria all'autentieità M. IsnarpI PARENTE, Nomos e basileia nell' Accademia antica, «Par. d. Pass.» XII (1957), pp. 430-2, che lo considera un'opera accademica in eui è rifuso materiale soeratieo e tardoplatonico; per la bibliografia relativa v. ibid, n. 2, pp. 430-1.
28
C.
erate e nella
Contro
Alcibiade
BEARZOT
dello
Pseudo-Andoeide).
L'opera
dunque
è particolarmente interessante, perché ci permette di mettere a confronto tre diverse posizioni: quella dei demoeratiei (Lisia) quella dei «moderati collaborazionisti » (Isoerate), e infine quella aristocratica, rigidamente conservatrice, potremmo dire « socratica », di Platone. La valutazione della figura di Aleibiade era, nei primi anni del IV secolo, un tema scottante della polemica politica ateniese: e 1’ intervento platonico ci permette di definire meglio la sua posizione rispetto all’ambiente « terameniano », facente capo ad Isoerate. Platone presenta la figura di Alcibiade sotto una luce estremamente favorevole: giovane aristocratico di grandi risorse personali, di nobilissima estrazione familiare, egli viene presentato come uno degli interloeutori privilegiati di Socrate, come «natura filosofica» ideale per fungere da base alla educazione soeratiea (104 a ss.; 124 e ss.). Ambizioso, « innamorato
della
fama
»
(124 b), Aleibiade
è in
Platone
una
enorme
po-
tenzialità fallita: e la responsabilità del fallimento, che i democratici avevano attribuito a Socrate, viene qui addossata al potere eorruttore del regime democratico (131 e ss.; 135 e), Il tema fondamentale del dialogo, l'educazione di quanti intendono dedicarsi alla vita politica, si trasforma,
attraverso
l'elogio
di
Alcibiade,
in
una
democrazia, corruttrice delle migliori nature: veremo più profondamente sviluppata nella ss.)
(9).
L'Aleibiade
«battaglia
per
I è per
Platone
l’educazione » dei
l'inizio
giovani
dura
polemica
verso
la
una polemica ehe ritroRepubblica (VI, 492a di
ateniesi,
una
vera
fondata
e
propria
sulla
conte-
stazione del principio democratico che attribuiva a tutti la capacità innata di fare politica, senza bisogno di una particolare preparazione o competenza
(118b
ss.;
122 b ss.;
131a
ss.:
una
contestazione
che
ri-
troveremo nell'opera platonica successiva). Ma la polemica investe, oltre al piano teorico, anche quello storico. Nella democratica Atene stavano rinascendo le ambizioni imperialistiche : si cominciava a considerare eon un certo ottimismo la possibilità di una ripresa militare, che pure avrebbe costretto Atene a vedersela, contemporaneamente, con Sparta e con la Persia. Già l'elogio (120a ss.) delle grandi risorse politiche, economiche, militari di Sparta e della Persia sembra voler considerare
(33)
Non
a
torto
A.
BEccaRI,
Introduzione
a
Platone
politico,
« Convivium >
III (1931), p. 568, vede nell’Aleibiade I il rivelarsi dell’« atteggiamento soeratieo-platonieo nei confronti della democrazia ateniese post-periclea ».
critico
PLATONE
E I « MODERATI
» ATENIESI
29
ironieamente il programma democratico e deprimere l'eeeessivo ottimismo di certi ambienti di fronte a nuove avventure belliche. Ma l’ostilità di Platone emerge decisamente nel quadro di un'Atene indifferente
alla
giustizia
e preoccupata
solo
del
proprio
utile
(113 d),
retta
da politicanti degni di disprezzo (120 b-e), che identifica le proprie maggiori esigenze negli arsenali, nelle triremi e nelle mura, piuttosto che nella verità e nella virtù (134 b ss.); e la polemica investe probabilmente
anche
quei
politici
e quei
pensatori
di tendenze
conservatrici
sì preparavano ad appoggiare la politica di ripresa militare eratici, dando il loro tacito assenso al programma di Conone. di «tradimento » che a Platone parve tanto più grave, in tradusse in un sostegno ad un regime che egli giudicava capace
di
disperdere
le
migliori
energie
della
gioventù
che
dei demoUna sorta quanto si eorruttore,
ateniese,
così
come aveva fatto con Alcibiade. Il Περὶ τοῦ Ceóyovc di Isocrate (396/5) (5) fu seritto per Aleibiade il Giovane, in occasione del processo intentatogli da Tisia per il possesso di uno dei tre equipaggi che avevano assicurato al padre Alcibiade Ja triplice vittoria olimpica dell'anno 416. Isocrate ne pubblicò un estratto, che è poi quanto ci resta dell'intera orazione; si tratta di un vero e proprio encomio che esalta Alcibiade (e questo è certamente un punto di incontro con Platone), ma con toni che ci portano su un piano tutto diverso da quello del dialogo platonico precedentemente esaminato, Alcibiade è, in Isocrate, il cittadino fedele, devotissimo alla demoerazia (Isoer. XVI, 4 ss.; 16 s .; 25 ss.; 36 ss.; 4l ss.): cosicché l'autore, se nella difesa di Alcibiade si poneva nel soleo della tradizione conservatrice, nella scelta di certi appassionati toni filodemoeratiei optava la
per la linea della
posizione
di
questo periodo
collaborazione,
compromesso
occupata
confermando, da
buona
parte
ancora dei
una
volta,
moderati
in
(#): una posizione che Platone non poteva condividere.
(34) V. G. Marmieu, in Isocrate, Discours..., v. 1, p. 47 ss, Sul dibattito tra Lisia e Isocrate, di cui la questione di Alcibiade non è che un aspetto, v. K. MüNscHER, «Isokrates », R.E. IX (1916), coll. 2160-4, secondo cui le opere in eausa sono veri e propri pamphlets politici travestiti da orazioni logografiche. (35) Molto diverso il tono eon eui Isoerate, nel Filippo (58-61), presenta al re maeedone l'esempio di Aleibiade: pur sottolineando !a grandezza della sua personalità, Isoerate evita ogni accenno alla sua devozione alla democrazia e ad Atene e sospende il giudizio sulla sua azione. Ne esee l'immagine di una potente personalità individuale, non aliena da ambiguità, ma di grandi capacità politiche: un
30
C. BEARZOT
Del tutto opposta, naturalmente, mocratica,
di eui è portavoce
1’ interpretazione della tradizione de-
Lisia
con
l'orazione XIV
Contro
Alcibiade
(la XV, più breve, è probabilmente un riassunto) (3%): non è improbabile, anzi, che l'orazione lisiana, scritta per un processo intentato ad Alcibiade il Giovane nel 395/4 per abbandono del posto di eombattimento, voglia rispondere in qualehe modo al pamphlet isocrateo. Profondamente ostile ad Alcibiade, Lisia trasforma il fedele democratico di Isocrate in un traditore perverso e moralmente spregevole, volgendo in negativo quanto i suoi sostenitori celebravano come suoi meriti, e conferma il rifiuto degli ambienti democratici verso ogni tentativo di dare un’ interpretazione « democratica » dell'azione di Aleibiade (97). La difesa di Alcibiade era, del resto, un aspetto della difesa di Soerate. Un compito, questo, eui Platone si dedicò con grande impegno dopo il ritorno in Atene; probabilmente al 396 e al 395 appartengono, rispettivamente, l’Apologia e il Critone (88). Nell'Apologia Platone, mentre presenta Socrate come l’unico vero educatore e ne esalta la preziosa opera presso la gioventù ateniese, non risparmia critiche al regime democratico: per bocca del maestro egli smaschera il falso sapere dei politici (21b ss.), sottolinea la preminenza della virtù sui falsi valori della
ricchezza
e del
potere
per
la vita
dell'uomo
singolo
e dello
stato
(29d ss), confuta nuovamente la teoria educativa democratica, per cui le leggi, i magistrati e il popolo tutto sono i veri educatori dei giovani
(78 e ss.; la teoria è esposta
dall'aeeusatore
Meleto).
Una
polemiea
che, del resto, non investe solo la democrazia, ma anche e soprattutto gli esponenti di quel « moderatismo del compromesso » fra i quali era il più diretto responsabile della morte di Socrate, Anito (più volte ricordato nell'Apologia). E nello stesso Critone, che pure mirava essenzialmente a ribadire la fedeltà di Socrate allo stato (49 a ss.), non manca
abile e spregiudicato «aspirante tiranno » che in effetti si presta molto meglio ad essere proposto a Filippo che non il fedele democratico del Περὶ τοῦ ζεύγους (nonostante il dissenso di ambienti fill doni come l'Accademia: efr. Speus. Ep. Socr.
XXX, 9-10). (36) V. M. Bizos, in Lysias, Discours, texte établi et traduit par L. Gernet et M. Bizos, v. I, Paris 1924, p. 217 ss. (87) E’ la medesima operazione ehe Lisia compie nei confronti di Teramene nelle orazioni Contro Eratostene (XII, 62-78) e Contro Agorato (XIII, 9-11). (38) V. M. Croiser, in Platon, Hippias Mineur..., pp. 132 e 210; M. VaLGIMIGLI, in Platone, Apologia di Socrate, Bari 1929, p. 44 ss.
PLATONE E I « MODERATI » ATENIESI
31
una larvata polemica, in certe espressioni di aristocratico disprezzo nei confronti dell'opinione pubblica (44 e ss.; 47 a ss.). Dove poi la frattura appare evidente, è nel passo dell'Apologia (31e ss.) in cui Socrate giustifica la propria astensione dalla vita politica. Per chi lavora per la giustizia, dice Socrate, impegno politico significa morte sicura; e non v'è dubbio che Platone parli qui anche per sé, nel tentativo di giustificare il proprio rifiuto a collaborare con un regime per lui irrimediabilmente corrotto, da cui lo divideva un insanabile dissidio di valore: ob γὰρ ἔστιν ὅστις ἀνϑοώπων σωϑήσεται οὔτε ὑμῖν οὔτε ἄλλῳ πλήϑει οὐδενὶ γνησίως ἐναντιούμενος καὶ διακωλύων πολλὰ ἄδικα καὶ παράνομα ἐν τῇ πόλει γίγνεσθαι, ἀλλ᾽ ἀναγκαῖόν ἐστι τὸν τῷ ὄντι μαχούμενον ὑπὲρ τοῦ δικαίου, xai εἰ μέλλει ὀλίγου χρόνον σωϑήσεσϑαι, ἰδιωτεύειν, ἀλλὰ μὴ δημοσιεύειν (31 ὁ - 82 ἃ). Parole che attestano il senso di isolamento di Platone, vanamente in cerca di «segni di miglioramento » nella vita politiea, di « buone oceasioni » per una qualche azione pratica (Ep. VII, 325 e - 326 a). In questa opera di difesa del maestro gli venne tuttavia, da parte di Isoerate, qualehe aiuto, se pure quasi un decennio piü tardi; quando, nel 385 circa, egli attaccò duramente, nel Busiride, il sofista Polierate, autore di una Accusa di Socrate (Isoer. XI, 4-6) (99). Secondo l'Aypóthesis anonima dell'Elena, una polemica era già intercorsa tra i due autori a proposito di questa operetta isoeratea, pressoché contemporanea al Busiride: in quest'ultimo lavoro Isocrate volle attaccare, da parte sua, le due opere fondamentali del rivale, appunto l’Elogio di Busiride e la Accusa di Socrate (**). In realtà, alla seconda opera sono dedicate solo poche parole; l'autore della Aypóthesis ano-
(39) Per la data v. ἃ. MATHIEU, in Isocrate, Discours..., v. I, p. 183 ss. (40) Sulla polemica tra Polierate c la tradizione socratica contemporanea v.
P.
TREVES,
« Polykrates »
(7),
R.E.
XXI,
2
(1952),
coll,
1736-52.
La
polemica
unisce, contro il retore filodemocratico, sia Isocrate, sia, a quanto sembra, Platone, se si vuole accogliere |’ interpretazione di J. HUMBERT, Le pamphlet de Polycratès et le Gorgias de Platon, «R. d. Philol.» LVII (1931), pp. 20-77 (= Polycratès, l'Accusation de Socrate et le Gorgias, Paris 1930): l'autore, riprendendo ampiamente la precedente tradizione critica, ritiene che il Gorgia rappresenti fra l'altro una reazione alla polieratea Accusa di Socrate, e che il Calliele del dialogo adombri il retore democratico, nella cui opera sarebbero da ravvisare intenzioni antiplatoniche (K. HILDEBRANDT, Platone ..., pp. 156-7). In questo caso, attaccando Poli. erate Isoerate avrebbe preso partito a favore di Platone. Tra Isocrate e Polierate e’era in ogni easo una rivalità personale relativa alla loro posizione autorevole presso la corte eipriota: v. K. MiinscHER, «Isokrates»..., coll. 2177.8.
32
C. BEARZOT
nima del Busiride riteneva che Isocrate avesse evitato di diffondervisi troppo ἵνα μὴ ὀργισϑῶσιν αὑτῷ oi ' Aü5raior ; ipotesi non del tutto priva di verosimiglianza, se si pensa alla posizione di difficile equilibrismo occupata da Isocrate in questi anni nella vita politica ateniese. La breve eritiea di Isocrate si basava sul fatto che Polierate aveva in realtà fallito il suo scopo: la sua accusa, fondata sulla presenza di Alcibiade tra i discepoli di Socrate, finiva per essere, per quest’ultimo, più un elogio che un rimprovero, considerata la grande personalità di Alcibiade, « di molto superiore agli altri Greci » (Isoer. XI, 5): col che Isocrate riprendeva l'elogio di Alcibiade, coinvolgendo in esso anche il maestro Soerate. E' vero che il rimprovero isoerateo è di sapore tecnico e riguarda più la scarsa sapienza compositiva di Polierate che non il contenuto dell’opera; ma è certo che, accusando il rivale di incompetenza, Isoerate finiva per vanificare il contenuto propagandistico del suo libello : con una presa di posizione che a Platone non dovette dispiacere (41). 4. - Il Gorgia: il rifiuto del nuovo imperialismo. Si è parlato a lungo dell'avvieinamento che questi anni di collaborazione favorirono tra democratici di fede sicura e uomini di tendenze moderate, ma disposti ad accettare l’esistenza del governo demoeratico e alieni da tentazioni oligarehiche. I segni di un rinnovato impegno comune si videro quando, dal 395 in poi, agli uomini politici ateniesi si porrà con urgenza il problema della rinascita politica e militare
(4).
La
rinascita
fu
voluta
e gestita
da
Conone,
che
la preparava
(41) Spunti interessanti, a proposito del rapporto Isocrate-Socrate, in F. SARRI, Isocrate come testimone del messaggio socralico, « R. Filos. Neose.» LXVI (1974), pp. 40-58. Da parte sua il BARKER, Greek political theory ..., p. 115 ss., inquadra Isocrate tra i socratici minori; e se si riflette sui rilievi dello JAEGER, Paideia ..., v. III, p. 40 ss., secondo cui attraverso Socrate si afferma l’idea che il risanamento dello stato passa attraverso la riforma della coscienza individuale, è facile accorgersi che Isocrate è debitore a Soerate in misura analoga a Platone. Per il rapporto tra Isocrate e la tradizione socratiea v., oltre al saggio classico del GoMPERZ, Isokrates und die Sokratik, « Wien. Stud.» XXVII (1905), pp. 163-207; XXVIII (1906), pp. 1-42, anche K. MÜNsCHER, «Zsokrates »..., coll. 2151-2; M, Pavan, Il momento del «classico » nella grecità politica, Roma 1972, pp. 365-84. (42) A questo anno risale l’alleanza con la Beozia, che rappresenta una svolta decisiva nella politica estera ateniese dopo lat passivo alla sconfitta: Xen. Hell. III, 5; Lys. XVI, 13; Paus. III, 5, 4; Plut. Lys. XXIX.
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIESI
33
da tempo nell'esilio volontario di Salamina di Cipro, dove si era rifugiato dopo la sconfitta di Egospotami (13). Con la collaborazione dell’amico Evagora, Conoue aveva avviato trattative diplomatiehe eon la Persia (*); si era inoltre tenuto in contatto con gli esponenti del « partito » democratico radicale ateniese, Cefalo ed Epicrate (*), in attesa del momento opportuno per rilanciare il prestigio e le ambizioni imperialistiche di Atene. Costoro dovettero fronteggiare, da principio, la coalizione democratico-moderata di Trasibulo ed Anito, ancora meline ad una politica di prudenza nei confronti di Sparta; ma ben presto anche la elasse medio-possidente, di cui tale coalizione inearnava gli interessi, finì per piegarsi all’ idea della ripresa militare, mossa dall’esigenza di un rilancio economico che essa doveva sentire non meno del δῆμος naturalmente favorevole allo slancio imperialistico. Fu così lo stesso Trasibulo, abbandonando la sua politica di prudente sottomissione, a sostenere l'alleanza con la Beozia (395): il primo vero atto di ostilità a Sparta compiuto da Atene dopo la sconfitta (4). Dopo la (13) Diod. XIII, 106, 6; XIV, 39, 1; Corn. Nep. Conon. I; Xen. Hell. II, 1, 29; Plut. Lys. XI, 8; Artaz. XXI, 1; Athen, XII, 532 b; Isoer. Phil. 62; Evag. δῶ. (11) Diod. XIV, 39, 1; Corn. Nep. Conoa. II; Inst. VI, 1, 4 ss.; Paus. I, 3, 2; Plut. Artar. XXI; Isoer. Evag. 5 ; Phil. 62. Cfr. G. BARBIERI, Conone ,.., pp. 80-9. (45) Cefalo di Collito, oratore e uomo politico di parte demoeratiea (Suida s.v. “Pitwo; Dinareh. I, 38; Athen. NIIL 5926), nel 399 si era trovato aceanto ad Anito nel sostenere Andocide contro il gruppo rivale di Agirrio e Callia (Andoe. I, 115; 150); nel 397 lo abbiamo visto collaborare, insieme ad Epierate, con Conone esule a Salamina (Hell, O.cyrh. 11, 1-2); dopo il 386, con la morte di Trasibulo e la disgrazia di Agirrio, fu l'uomo di punta del partito democratico. Epierate fu aneh'egli oratore democratico (Aristoph. Eccles. 71 et schol.); di famiglia ricca, era stato fra gli uomini del Pireo (Demosth, XIX, 277) e godeva di notevole autorevolezza presso il popolo (Ly XVII, 5; 9-10). Con Cefalo guidò il movimento radicale che sosteneva la pol di rilancio militare di Conone. Nel 392/1 fu processato eon Andocide, Eubulide e Cratino per aver proposto la pace eon Sparta (Andoe, III); in data ineerta fu con Formisio in Persia e fu accusato di essersi fatto corrompere (Plat. Com. frg. 119-122 = Kock I, 663; Aristid. Panath. 172, 10 ss. et sehol, I 159 e ΠῚ 276 Dindorf) Forse fu ambasciatore in Persia nel 386 e fu condannato in relazione all’ambascerin: v. I. A. F. BRUCE, Athenian embassies..., pp. 278-9. La sua carriera ci mostra che egli, benché legato alla demo: radicale; collaborò in qualche caso con uomini appartenenti all'ambiente moderato (Formisio) o addirittura oligarehieo (Andocide). (46) V. G. GLorz, ilistoire grecque ,.., v. III, p. 78 ss.; G. BARBIERI, Conone..., pp. 162 e 166-7. Demoeratiei c moderati gestirono dunque insieme la ripresa imperialistica; che il recupero dell'egemonia fosse interesse comune di Memorie
(Lettere)
- 8
34
€.
BEARZOT
vittoria di Cnido, che segnó la fine dell' ἀρχή spartana sul mare, Conone rientrò in Atene col denaro per la ricostruzione delle mura (4); al culmine della popolarità, egli si trovò certamente in buoni rapporti con gli uomini politici di ogni tendenza. A questi anni risale, infatti, la sua amicizia con Isocrate (*); che, se si spiega in parte con l'estratutta la classe politica ateniese, senza distinzioni di partito e di classe, è rilevato anche nel discorso dei Tebani in Xen. Hell. ILL, 5, 10: V. imche K. J. BeLOCI, Die attische ..., p. 115 ss.; R. SEAGER, Thrasybulus, Conon ...; p. 115; S. PERLMAN, Athenian democracy ..., pp. 257 e 266-7. Sui problemi economico-sociali che determinarono queste scelte politiche e sull'atteggiamento dei div strati sociali prima e durante la guerra corinzia, v. P. CLOCHE, Les conflits politiques εἰ sociaux à Athènes pendant la guerre corinthienne, « R. Et. Ane.» XXI. (1919), pp. 157-92, ove l'autore manca tuttavia di rilevare gli interessi ehe anche le classi possidenti potevano avere al ristabilimento del prestigio di Atene nel mondo greco: per una maggiore considerazione del problema v. D. Kagan, The economic origins of the Corinthian war (395-387 a.C.) «Par. d. Pass.» XVI (1961), pp. 321-41. — L^intera questione dei rapporti tra i diversi gruppi politici ateniesi nei primi anni del IV see. è stato recentemente ripreso da G. DE Sensi SestITO, Correnti, leaders c politica estera in Atene (400-395 u1.C.), « Sieul. Gymn.» XXXII, 1 (1979), pp. 1-42: lavoro particolarmente prezioso per l'uecurata disamina del m. criale bibliografico. L'autrice, riesaminando le fonti e la eritiea moderna, tenta di ndividuare i gruppi politici operanti in Atene in questi anni e Ja loro linea pol a; la sua ricerca, rifiutando la tradizionale suddivisione del gruppo democratico in «moderati », guidati da Trasibulo, e «radicali >, guidati da Cefalo ed Epicrate, propone una eonsiderazione unitaria dello schieramento democratico, che avrebbe, fin dal 397, agito concordemente per la ripresa militare, appoggiando all'unanimità, anche se più o meno ap il prog . La tradizi le tendenza ad indivi. duare due posizioni differenti, una moderata e una radicale, all’ interno del « partito» demoeratieo mi sembra tuttavia più aderente alla complessa situazione prospettata dalle fonti: ho perciò ritenuto opportuno continuare a seguirla nel presente studio. — Per i problemi storiografici relativi alle [Elleniche di Ossirinco, che sono la nostra fonte fondamentale per questo periodo, v. I. A. F. BRUCE, A historical commentary on the «Hellenica Oxyrhynchia», Cambridge 1967; H. R. BREITENBACH, « Hellenika Oxyrhynchia », R.E. Suppl. XII (1970), coll. 383-426; G. BONAMENTE, Studio sulle Elleniche di Ossirinco. Saggio sulla storiografia della prima metà del IV sec. a.C., Perugia 1973. (47) Xen. Hell. IV, 8, 9-10; Diod. XIV, Corn, Nep. Conon, IV, 5; Demosth. XX, 72-74; Paus. I, 2, 2; Plut. Ages, XXIII. Sulla famiglia di Conone e Timoteo e sulla loro posizione sociale v. J. K. Davies, Athenian propertied families ..., pp. 506-12. (48) I termini fortemente elogiativi che Isocrate riserva a questo esponente della classe dirigente demoeratieo-radienle rivelano l'esistenza di un forte legame personale (efr. Paneg. 142 e ‚Evag. 52); ne sono indiretta conferma la presenza
PLATONE
E I € MODERATI » ATENIESI
35
zione familiare e sociale di Conone (benehé devotissimo alla demoerazia, Conone era di famiglia aristocratica; riechissimo ed amico di regnanti, poteva forse essere vicino, per mentalità, all'ambiente isocrateo) trova piena comprensione se si pensa al comune impegno per la ripresa militare di Atene, che legò dal 395 in poi democratici e moderati e, con inevitabili momenti di tensione, si prolungò fino alla fondazione della seconda lega ateniese (che ne fu il frutto più rilevante) e ai suoi primi anni di vita. L'amicizia personale tra Isocrate e Conone influì probabilmente sulla formazione della tradizione che fece di quest’ultimo l’eroe della rinascita ateniese nei primi anni del IV secolo e il liberatore dei Greci dall’ ἀρχή spartana (5), sorvolando sui suoi duri metodi imperialistici, che pure di per sé i moderati non dovevano gradire (3°): una tradizione affermatasi attraverso Isocrate e la storiografia di ispirazione isoeratea (5), e quindi con l'assenso degli am-
nella scuola di Isocrate del figlio di lui Timoteo e i rapporti casa reale cipriota il cui tramite fu certamente Conone.
fra
il retore
(19) Xen. Hell, IV, 8, 1-2; Iustin. VI, 3, 10; 4, 1; 5, 6; Demosth. Dinarch, I, 14; 16; 75; Plut. Artax. XXI, 1-4; Paus. VIII, 52, 4
e la
XX, 68 ss.;
(50) V. S. ACCAME, Ricerche intorno alla guerra corinzia, Napoli 1951, pp. 99101; G. BARBIERI, Conone..., pp. 200-10. Stranamente, la stessa tradizione non manifesta simpatie per Trasibulo, ehe pure, dopo la morte di Conone, ne riprese il programma con spiriti moderati. Isocrate non si richiama mai al modo di concepire l'impero di Trasibulo, che pure fu colui che gettò le basi della seconda lega; Eforo (in Diod. XIV, 88) non lo nomina neppure tra i grandi personaggi del IV sec.: v. G. BARBIERI, Conone..., pp. 171.2; S. ACCAME, L’ imperialismo ateniese all’inizio del sec. IV a.C. e dn crisi della polis, Napoli 1966, p. 93. Secondo alcuni, questo atteggiamento delle fonti «isocratee » sarebbe stato determinato dalla forte rivalità esistente fra Trasibulo e Conone: v. K. J. Belocu, Die attische..., pp. 118-9; S. AccAME, Ricerche ..., pp. 131-47 e passim; id. I! problema della nazionalità greca nella politica di Pericle e Trasibulo, « Paideia » XI (1956), p. 246 88.; G. L. CAWKWELL, The imperialism of Thrasybulus, « Class. Quart.» XXVI (1976), pp. 270-7, secondo cui la differenza di metodo tra Conone e Trasibulo sarebbe piuttosto da ricercare nell’atteggiamento nei confronti della Persia: eoneiliante quello di Conone, intransigente e eontrario a qualunque aecordo quello di Trasibulo. (51) Isocrate mostra di considerare Conone come il liberatore della Grecia dal dominio spartano e come il restauratore della potenza ateniese: cfr. Paneg. 154; Evag. 52-57; Areop. 65; Phil. 61-64. Diodoro pone Conone, insieme al figlio Timoteo, fra i grandi della storia del IV sec. (XV, 87, 2); nel suo racconto è presente la stessa considerazione favorevole dell’opera di Conone nel corso della guerra corinzia che si trova in Isocrate (XIV, 39, 3; 85, 2-3). Diodoro tende anche a coprire eventuali responsabilità di Conone in affari come il processo delle Arginuse (XIII,
36
C. BEARZOT
bienti del moderatismo. Ambienti che, evidentemente, erano pienamente disponibili alla ripresa militare e imperialistica, quando con essa si potesse recuperare ad Atene
prestigio
La voce di Platone &, ancora
internazionale e ipte: economieo.
una
volta,
pr
Tra il 395 e il 390 va collocato, infatti, il Gorgia (?*): opera in cui l'attacco alla retorica e alla sofistica si trasforma in una durissima requisitoria eontro la democrazia ateniese e il rinascente imperialismo. Platone & alla ricerca di una nuova politica, che sappia rendere migliori i cittadini e ordinare lo stato secondo giustizia: esigenze ideali altissime che si scontrano con la realtà di un'Atene in cui il massimo ideale è quello del successo e del potere. La retorica aveva una parte notevolissima
nella
struttura
democratiea
di
Atene,
il
luogo
dell'Ellade
in
eui
πλείστη ἐστὶν ἐξουσία rob λέγειν (4610): non per nulla il Gorgia del dialogo la definisce come un'arte capace di persuadere i giudici, i buleuti, l'assemblea sul problema del giusto e dell’ ingiusto, e di procurare libertà per sé e potere sugli altri (452 d ss.; 454 b ss); e quindi essenzialmente come uno strumento di potere politieo, Per Platone, la persuasione che essa determina ὃ pura eredenza e opinione, e non ha nulla
a che
fare
con
la vera
analisi, essa è perciò una tatore
senza
curarsi
che
conoscenza
(45le
ss.; 458 e ss.);
pratica adulatoria, che vuol egli
conosca
il buono
in
ultima
blandire l’ascol-
e il giusto:
una
pratica
empirica sprovvi: a di scienza cui Platone non riconosee neppure il 464 b sostanzialmente indifferente alla nome di arte (4 2b ss verità e alla giust . e quindi inutile per la vera politiea da lui auspicata
(480a
tivo,
in
76-79; ki
ss.).
campo
Un
attacco
101, 5), la battaglia di a
cosa
è
che
etico-politico,
stata
messa
contesta
della
Egospotami in
rilievo
da
radicalmente
retorica:
e con
esso
il valore il
(106, 6), la liberazione di Rodi G.
BARBIERI,
Conone
educa-
valore
pp.
della
(XIV, 79, 36
ss.
e
69
s; S. ACCAME, L' imperialismo ateniese ..., pp. 51-2. Molto simile il tono di Corvelia Nepote, che potrebbe ugualmente risalire ad Eforo (Conon. I, IL, E; IW. ; V, 1-2), e quello di Giustino, che, att erso Pompeo Trogo, potrebbe riportarci all'isoerateo Teopompo. Un notevole interesse per Conone si riseontra anche nell'autore delle Elleniche di Ossirinco, che, per questo © per altri motivi, si eonfigura, secondo S. Accame, come uno storico con problematiche di tipo isoerateo, identificabile eon Cratippo: v. Ricerche sulle Elleniche di Ossirinco, in Sesta miscellanea greca e romana, Roma 1978, pp. 125-83; Cratippo, ibid., pp. 185-212. (52) Per la data del Gorgia v. A. CROISET, in Platon, Gorgias-Ménon, Paris 1923, pp. 101-2; G. COLLI, Lo sviluppo ..., pp. 180-1, con breve bibliografia precedente.
PLATONE
E
I « MODERATI
»
ATENIESI
37
struttura che vi si reggeva (5). Il successo della sofistiea in Atene e il grande sviluppo avutovi dalla retorica dovevano sembrargli intimamente connessi con la necessità, imprese idibile per chi volesse far politica nella democratica Atene, di trattare con l'assemblea popolare: il che richiedeva abilità di parola, capacità di persuasione, competenza giuridica, ed aveva portato perciò alla formazione di una vera e propria classe di tecnici, i δημαγωγοί ὁ δημηγόροι, per i quali la preparazione politica, in senso platonico, contava meno delle pure capacità tecniche. Due
mali,
sofistica
e
retorica,
per
Platone
strettamente
connessi,
che
dopo aver operato, alla fine del V secolo, a danno della democrazia tradizionale, avevano ora trovato in essa il miglior terreno di sviluppo. Perciò, la democrazia non viene certo risparmiata dalla pesante eritica platonica: il tipo del demagogo, Calliele, è fra gli interlocutori di Soerate quello che incarna il peggior immoralismo politico: « innamorato del δῆμος degli Ateniesi » (481 d), egli riconosce nel potere del popolo, fonte e garanzia del proprio potere personale, la vera giustizia e la vera legge (482 ss.); giacché «migliore» (βελτίων) è per lui sinonimo di «più potente » ( κοείττων ) (488 b ss.). Callicle usa argomentazioni sofistiche: ma non bisogna vedere in lui un sofista del tipo di Trasimaco, teorizzatore filoligarehico del diritto del più forte. Egli è piuttosto il demagogo che, formatosi all’interno del relativismo sofistico, se ne distacca formalmente, per allinearsi alla diffidenza popolare nei confronti di quel movimento di cui egli stesso è figlio. Non va dimenticato che Socrate lo rimprovera (520 a s: ) perché, oratore ed estimatore della retorica. ostenta disprezzo per la sofistiea: esse sono infatti da considerarsi forze parallele, ugualmente perniciose nella vita politica, Nella sua ostentata immoralità, Calliele si configura dunque come l'esponente tipo di un regime corrotto e privo di interesse per la giustizia: e potrebbe benissimo essere un uomo politico appartenente alle file della democrazia radicale (°*). Alla democrazia Platone rivolge precise contestazioni di
(53) Per Platone, la sofistiea e la retorica sono mali con l’esperienza democratica; è la demoer: ı che le lascia analisi, se ne serve: v. A. BECCARI, Introduzione ..., p. 576 luppo ..., p. 181. (34) Calliele è l'esponente tipico della classe dirigente del V sec. corrotta dalla sofistiea c incapace di reagire essa provocata; è un vero e proprio demagogo «aspirante semplicistico e superficiale etichettare come «oligarchico ».
strettamente connessi prosperare e, in ultima ss.; G. COLLI, Lo svi demoeratien della fine alla crisi di valori da tiranno >, che sarebbe All'inizio del TV see.
38
€. BEARZOT
prineipio: ne attacea il sistema giudiziario, con parole pesantemente ironiche nei confronti dei tribunali popolari (471e) (°°); ne condanna il sistema egalitario, difendendo il principio dell'uguaglianza geometrica e della meritocrazia (508a) (55); attacca il sistema della μισϑοφορία (515 e). Ma è contro la politica democratica che si appunta la condanna platonica: la politica ateniese del passato come quella contemporanea. Se i politici odierni sono corrotti persino a detta di Callicle, perché loro unico interesse è ottenere il successo e il favore popolare (502ἃ ss.), quelli antichi furono migliori solo perché più abili a procurare allo stato mura, navi, arsenali (517 b ss); ma tutti sono accomunati nella radicale incapacità di rendere migliori i cittadini: Pericle, Milziade, Temistocle, Cimone (503 b ss; 515 b ss.; 518 e ss.) (57). Atene non ha avuto, in realtà, nessun vero politico in senso platonico (517 a): poiché il vero politico non deve, come vorrebbe Calliele, «servire il popolo » ( διακονεῖν : 521 a). Platone, per bocca di Socrate, espone ancora una volta il suo rifiuto a collaborare con il regime dechio mortale che ciò comporta mocratico, pur con la coscienza del
la tradizione oligarchica non era una forza tale da richiedere un intervento come quello platonico: mentre lo erano i democratici radicali, eredi di quella classe dirigente che, per ambizioni di potere, non aveva saputo o voluto evitare ad Atene di cadere sotto i colpi di mano oligarehici. Forse non a torto 1’Humbert, Le pamphlet de Polykratés..., p. 53 s&, vede in Calliele una caricatura del democratico Polierate; certamente a ragione K. HiLDEBRANDT, Platone ,.., p. 143 ss. afferma che il Gorgia si rivolge contro gli esponenti di questa elasse politica, ancora più che contro i sofisti. Nel dialogo, infatti, Gorgia è trattato con rispetto, mentre è Calliele ad essere più duramente attaccato: «I veri nemici di Platone non sono i grandi sofisti, sono anzitutto i politici attici che tennero loro dietro. Callicle... rappresenta il tipo dei politici di allora (p. 150)... è un demagogo, che vuole sfruttare per la sua bassa voglia la decadenza della patria (p. 158)». In generale, sulla considerazione dei politici contemporanei nell'opera platonica, v. J. HUMBERT, Platon et la politique réaliste de son temps, « Bull. Ass. G. Budé» XXIX (1930), pp. 14-20. (55) L'attacco, implicito nell’Apologia, è già presente nell’Eutifrone (Be) c nel Lachete (196 b). (59) Che la verità del giudizio dipenda dal possesso della scienza e non possa quindi risiedere nella maggioranza, è tema già presente nell’/ppia T (384 6) e nel Lachete (184d ss.). (57) Da questa radicale condanna Platone salva solo Aristide (526 a-b), il moderato per eccellenza, l’anti-Temistoele che tentò di frenare l'avventura navale ed egemonica.
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIESI
39
(521 b-d): lo guida, nella sua scelta, la grande consapevolezza da lui raggiunta: Οἶμαι μετ᾽ ὀλίγων ᾿Αϑηναίων, ἵνα μὴ εἴπω μόνος, ἐπιχειρεῖν τῇ ὡς ἀληϑῶς πολιτικῇ τέχνῃ καὶ πράττειν τὰ πολιτικὰ μόνος τῶν νῦν" ἅτε οὖν οὐ πρὸς χάριν λέγων τοὺς λόγους οὕς λέγον ἑκάστοτε, ἀλλὰ πρὸς τὸ βέλτιστον, οὐ πρὸς τὸ ἥδιστον (521 d). In una democrazia ignara del giusto, avviata alla suprema ingiustizia dell'avventura
imperialistica
(non
a caso
è frequente,
nel
Gorgia,
il richiamo alle navi e agli arsenali), una possibilità di riforma puó venire solo da chi è «innamorato della filosofia » (482a). Gorgia rivendieava (456 e ss.) la possibilità di un giusto uso della retorica (dei... δικαίως καὶ τῇ δητορικῇ χρήσϑαι, 457b), dissociandosi da quegli allievi che da questo principio avessero tralignato (efr. Isoer. XV, 251-252) Pur trattando con rispetto Gorgia, e rieonoseendone quindi le buone intenzioni, Platone non ammette questa possibilità, ritenendola del tutto illusoria: senza la vera conoscenza data dalla filosofia, la moralità non ὃ possibile. Distruggendo la pretesa neutralità della retorica, è probabile che Platone pensasse di colpire, se pur indirettamente, anche Isoerate, allievo di Gorgia, che andava preeisando in quegli anni le sue posizioni dottrinali e che tentava, preseindendo dalla filosofia, di fondere retorica e socratismo, facendo un uso buono, moralmente giusto. di essa (?"). Non è questo, del resto, il solo
(58) V. A, CRoISET - 1. BopIx, in Platon, Gorgias-Ménon..., pp. 91-2. Così lo JAEGER, Paideia . v. TIT, p. 90, vede il problema fondamentale della teoria isoeratea della retoriea: «Si trattava insomma di trovare una linea intermedia tra l'indifferenza morale dell’educazione retorica . . e la dissoluzione platonica della politica nell’etica... La nuova retorica doveva trovare il modo di farsi banditrice di un ideale, di uno scopo, che fosse etieamente sostenibile ...»; e ancora, p. 121: «La retorica... non si fa banditrice di una educazione politica se non quando acquista la capacità di porre, alla politica, dei fini. Di questo Isocrate venne a convincersì nel suo contatto con la filosofia. Giacché l'accusa più aspra ed effi. cace della critica platonica alla retorica, è quella di una indifferenza morale, di un formalismo, che ne fanno un mero strumento per la lotta senza scrupoli della vita pubblica », Si può ben dire perciò che il rapporto con Platone fu per Isocrate particolarmente fecondo: a lui forse Isocrate deve gli stimoli fondamentali per l’approfondimento teorico della propria originale posizione: « Sempre, fin dalle origini la
retorica
della
scuola
isoeraten
mise
l'aecento
sul
momento
del
contenuto,
la
poli.
tica, nell’arte oratoria, e in ciò evidentemente cooperò 1’ influenza di Platone, che ravvisò nel puro formalismo la debolezza essenziale della retorica» (p. 260). In realtà già nel Protagora lo scontro tra socratismo e sofistica si presenta come «una vera e propria battaglia decisiva di tutta un'età », «una lotta di due mondi opposti
40
C. BEARZOT
richiamo che il Gorgia sembra rivolgere ad Isocrate. Quando Calliele (484e-486d) attacca la filosofia, considerandola un buon esercizio propedeutico ed educativo per i giovani, ma indegna di uomini adulti, che rende ridicoli e inetti all’azione, si avvicina alla dottrina pedagogica di Isocrate (??): e Platone risponde che la retorica disgiunta dalla filosofia non può che generare una prassi immorale, come quella presentata
da
Calliele
(500 b-d).
E
dunque
la scelta
si
impone:
o confor-
marsi alla mentalità dominante, cercando di esprimere sempre graditi al volgo, o scegliere la strada della filosofia (512 e ss.): Strumento in grado di operare la redenzione della retorica e di rare efficacemente all'esperienza politica (526 d ss.) Ponendo drammatica
alternativa,
Platone
indicava
ad
Isocrate
e
ai
pareri l'unico prepaquesta
moderati
che si erano adattati a sostenere la democrazia 1’ intima contraddizione della loro condotta: la collaborazione, se pur occasionale, equivale per lui a uno smarrimento della propria identità politieo-eulturale, se non ad un vero e proprio tradimento. L'atteggiamento di Platone verso la democrazia contemporanea, rispetto a quello conciliante dell'ambiente isoerateo, si configura come una completa, insanabile rottura. Nell'entusiasmo generale per il rinnovato prestigio ateniese in campo internazionale, una sola voce si unisce a Platone nella «ondanna del nuovo imperialismo: quella del ricco aristocratico Andocide (%) Uomo di parte oligarchica (ὃ definito suoddyuos καὶ ὀλιγαρχικός in Plut. Alcib. XXI, 1), ambasciatore αὐτοκοάτωρ a Sparta nell’ inverno del 392/1 con Epicrate, Eubulide e Cratino, rientrò in
per il primato dell’educazione » (W. JAEGER, Paideia ..., v. III, p. 179); e lo scontro si completa nel Gorgia, dove l’inconciliubilità delle due posizioni è ulteriormente sottolineata: v. id., íbid. p. 211 ss.; anche E. BARKER, Greek political theory ..., p. 153 ss. Sull'importanza di queste due forze opposte e complementari, sofistica e socratismo, nell'Atene dell’ inizio del IV sec. v. K. HILDEBRANDT, Platone ..., p. 32 ss.; S. IJssELING, Rhötorique et philosophie. Platon et les sophistes, ou la tradition métaphysique et la tradition rhétorique, « R. Philos. Louvain » LXXIV (1976), pp. 193-210. Il compromesso isoerateo restava inaceettabile per Platone: l'eredità della sofistica è in Isoerate troppo forte per poter essere mediata con esigenze socratiehe: v. W. JAEGER, Paideia ..., p. 82 s (59) V. W. JAEGER, Paideia . . HIT, p. 230 ss. (80) Andocide era lontanamente E iaia con Platone: il padre di lui, Leogora,
era
cugino
di
secondo
grado
di
Crizia,
cugino
della
perciò di famiglia rieea e nobile: v. K. J. Davies, Athenian pp. 27-32.
madre
di
Platone;
era
propertied families ...,
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIEST
41
Atene nel corso dello stesso anno con una proposta di pace poco favorevole ad Atene, e tentò di sostenerla con l'orazione Sulla pace (9), che rappresenta un documento interessantissimo delle posizioni ostinatamente pacifiste di certe frange conservatrici. Le preoccupazioni di ordine economico espresse da Andocide nel suo discorso potevano essere condivise da molti nomini di parte moderata: il tema della necessità della pace per assicurare alla città prosperità economica e prestigio politico (De pace 3-9; v. anche 37 ss.) sarà un motivo specifico del pacifismo moderato del IV secolo, e verrà ripreso quasi letteralmente da Eschine (II, 172-176) e Senofonte (Poros V-VI); e pure l'elogio della pace come vera salvaguardia della democrazia sarà un tema favorito della propaganda moderata antibellicista (ibid. 12; efr. [soer. De
pace
δῖ:
64)
(©).
Ma
l'aecanito
filolaconismo
di
cui
Andoeide
fa
mostra, assolutamente anacronistico, se non controproducente, in questi anni di revanche, Finisee per isolare l'oratore anche dalle file del conservatorismo (®): è questo un momento in cui la stessa tradizione moderata, con Isocrate alla testa, si esprime con sfavore nei confronti della politica di Sparta nei primi anni del IV secolo e sente la necessità di contestarne il prepotere. Andocide si produce invece in un incondizionato elogio di Sparta (ibid. 17 ss.); e la tendenziosità del suo racconto, pieno di deformazioni e di omissioni deliberate (**), giunge a passare sotto silenzio il momento di grave crisi di Sparta, interpretando la richiesta di pace come una nobile rinuncia dell’ impero per terra e per mare: Kal οὐχ fg? ἡμῶν ἀναγκαζόμενοι ταῦτ' ἀφιᾶσιν, ἀλλ᾽ En’ ἐλευϑερίιι.
πάσης
τῆς
"EAÀáóos
(ibid.
18).
Un
simile
tentativo
era
de-
stinato a non incontrare il favore di nessuna forza politica (9), e a concludersi con l’esito che in effetti ebbe: un processo per tradimento intentato agli ambasciatori da Callistrato e conclusosi con la loro eon-
(61) Sulle trattative di paee del 392/1 v. S. ACCAME, Ricerche ..., pp. 111-28. (92) V. G. Marmeu, Surzivanees des luttes. politiques du V* siècle chez les orateurs attiques du IV" siecle, « R. d. Philol.» XXXVIII (1914), pp. 190-205. (63) E' ancora Platone, nell’Aleibiade I, a fornirei un parallelo: in 120a ss. l'elegio di Sparta ha ugualmente lo scopo di seoraggiare la guerra. Sulla posizione antiimperialistiea e filospartana di Andocide v. P. Treves, Note sulla guerra corinzia, « R. Filol. Istruz. Class.» XV (1937), p. 120 ss., dove tuttavia si respinge l'aeeostamento al Gorgia platonico. (84) V. P.Crocní, Les conflits politiques et sociauz ,.., p. 177 ss. (65) V. P. CLocuf, La politique étrangére..., p. 21 ss.
42
C. BEARZOT
danna all'esilio (Dydim. /n Demosth. X, 34 = F. Gr. Hist, 238 Philoc. F 149 a). 5. - L'anno 388: dall’ incontro con Dionigi I al nuovo impegno in Atene. Atene si dimostrava incapace di recepire qualsiasi messaggio di opposizione al nuovo imperialismo; né l'attuale quadro politico consentiva di sperare che qualehe forza si assumesse l'incarico di una riforma. Queste considerazioni spinsero certamente Platone a eoneludere pessimisticamente la sua riflessione politiea di questi anni: tutti gli stati sono mal governati e ben difficilmente riformabili. Venuta meno ogni via tradizionale, solo la filosofia appare strumento veramente in grado di τά te πολιτικὰ dizua καὶ τὰ τῶν ἰδιωτῶν πάντα κατιδεῖν, Platone ha raggiunto così la teoria che sarà alla base di tutta la sua successiva speculazione politica; la salvezza può venire solo dalla fusione di filosofia e potere: κακῶν οὐ λήξειν rà ἀνϑοώπινα γένη, πρὶν ἄν ἢ τὸ τῶν φιλοσοφούντων ὀρϑῶς ye καὶ ἀληϑῶς γένος εἷς ἀρχὰς ἔλθῃ τὰς πολιτικὰς ἢ τὸ τῶν δυναστευόντων ἂν ταῖς πόλεσιν ἔκ τινος μοίρα: ϑείας ὄντως φιλοσοῳφήσῃ (Ep. VII, 326 a-b). E” il momento
di
massimo
distaeco
di
Platone
dalla
democrazia
ateniese,
che
gli pareva, tra le costituzioni storiche, la più inadeguata a sostenere esigenze di carattere filosofico: esito della riflessione platonica, questo, che è stato del resto ampiamente rilevato dalla critica. Ciò che qui vale la pena di sottolineare è, piuttosto, che questa precoce rottura con
la democrazia,
nel
momento
in
eui
la
tradizione
moderata
di
tipo
isoerateo ha nei suoi confronti un atteggiamento fondamentalmente eoneiliante, isola il Platone del primo quarto del IV secolo dai movimenti d'opinione che potevano essergli più vicini. Questa differenza di valutazione su una possibile collaborazione con i democratici fa si che nella polemica antidemocratica del primo Platone sia da ritenere implicita,
a mio
parere,
una
sottile
polemica
contro
i moderati
fautori
del compromesso, che investe in modo particolare gli ex-terameniani e il loro erede spirituale, Isocrate. Nuove esperienze, tuttavia, si preparavano per Platone: esperienza che gli avrebbero suggerito un atteggiamento meno radicalmente negativo verso le forze operanti in patria, e lo avrebbero portato ad organizzare, attraverso l’Aceademia, un proprio possibile intervento eritico al loro fianco. I,’ irriducibile lontananza di Atene dall'ideale che
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
43
egli andava elaborando indusse infatti Platone ad un nuovo viaggio di studio, avente come meta l'Italia e la Sicilia: viaggio fra i eui scovi è forse da vedere anche la rieerea di un nuovo campo di azione politiea, la eui necessità gli diveniva sempre più urgente (5), Da tempo, infatti, Platone rifletteva sul modo migliore per continuare |’ insegnamento socratico: e il viaggio in Italia, alla ricerca del luogo e delle strutture adeguate, gli diede i suggerimenti necessari. Il carattere negativo dell'esperienza siracusana lo spinse a rieonsiderare la possibilità di un'azione in Atene, mentre l'incontro con le comunità pitagoriche della grecità d’Occidente gli suggerì le strutture ideali per portare avanti l’opera del maestro, come aveva oscuramente preannunciato nell’Apologia (39 e-d) (9). Si inserisce qui il problema della data di fondazione dell’Accademia, che rappresenta l’esito concreto delle riflessioni e delle esperienze qui brevemente richiamate: problema su cui ie fonti non ei illuminano (99) Si è detto precedentemente che S, Gerolamo riteneva già costituita l'Accademia ben prima del 388 addirittura nel 399; Olimpiodoro e l'Anonimo parlano invece della sua fondazione dopo il ritorno dal viaggio in Italia. In verità, Diogene Laerzio (III,
20)
Anniceride
dice
che
Platone,
di Cirene
riseattato
dopo
(%), fu rimandato
la
vendita
ad Atene
πρὸς
come
schiavo
τοὺς
da
ἑταίρους
:
e dunque un gruppo di amici esisteva, intorno a Platone, già prima del viaggio. A rigore, bisogna concludere che se l'Accademia, come seuola, fu organizzata probabilmente solo negli anni successivi al ritorno dall'Italia,
essa
ha
le sue
radiei
in
una
trama
di
amieizie
già esistenti,
in graduale evoluzione dalla morte di Socrate in poi. La complessità della questione, ehe vieta di risolvere il problema della costituzione dell’Accademia con un atto di fondazione astratto, e ei costringe a far riferimento ad un tessuto preesistente, spiega l’incertezza delle fonti relativamente alla data che ci interessa. In realtà, Platone partì per la Sicilia in un momento di totale estraniamento dalla politica ateniese, (96) V. J. LuccioNi La pensée..., pp. 66-73. (67) La critica è concorde nel sottolineare l'importanza dell'incontro con le comunità pitagoriche occidentali: in particolare G. COLLI, Lo sviluppo ..., p. 184 ss. (88) Già il NaTORP, « Akademia» (2). R.E. 1 (1894), col. 1134, riteneva 1’Accademia fondata nel 388, al ritorno dal primo viaggio in Sicilia: data che è generalmente accettata dalla critica, ma senza una adeguata indagine eronologiea. (99) Sulla questione v. infra, p. 134 ss.
44
C. BEARZOT
quando ancora disperava di poter influire in qualche modo sulle vicende politiche della patria: e pereiö, non aveva senso, in quel momento, pensare ad organizzare in una scuola rapporti politico-eulturali indubbiamente già vivi. Con ogni probabilità, egli vedeva allora nella Sicilia, e in partieolare in Siracusa. una concreta possibilità di sperimentazione politico-filosofica. Furono probabilmente il deludente incontro con Dionigi I e la traumatica esperienza della vendita i fatti che indussero Platone alla riflessione e fornirono le basi per un riavvicinamento ad Atene ed una parziale rivalutazione dei movimenti politico-culturali in essa operanti: un mutamento di prospettive senza cui l'organizzazione della scuola platonica resterebbe un fenomeno difficilmente spiegabile. Più ottimista sulle possibilità offertegli dalla patria, Platone riprese l’idea, in lui da tempo viva, di un programma educativo rivolto ai giovani delle famiglie aristocratiche ateniesi, la eui educazione era affidata ai sofisti: opere giovanili come il Carmide e il Lachete mostrano che egli, sulla linea di Socrate, considerav i giovani della migliore aristocrazia come interlocutori privilegiati (7). Ad essi Platone vuole
proporre
una
politica
concepita
come
« scienza del giusto » (Carm.
170 b: i protagonisti del dialogo sono gli aristocratici Crizia, Callesero e Carmide), eon la certezza che essi possano più di chiunque altro reeepirne il valore ed entusiasmarsene (Charm, 154d s: 177 6). E sono sempre uomini della grande aristocrazia che nel Lachete (178a ss. si tratta di Lisimaco, Melesia, Nieia e Lachete) manifestano la loro preoeeupata sollecitudine per l'educazione dei figli, in una Atene «caduta in basso » (181 b), in cui nessuno sembra interessarsi di rendere migliori i propri figlioli (179 e ss.). La disponibilità che Nieia e Lachete monei
confronti
riconoscimento bene
come
di
Platone
razione di esigenze
(79)
Per
la
data
di
Socrate
lui come
avvertisse, educative
del
Carmide
Majeur-Charmide- Lachés-Lysis, bilità
al
problema
(180b
unico
educativo
M
strano
sentita
ss.;
vero
negli
187 d ss) e che
educatore uomini
che chiedevano
e
del
Lachete,
is
19:
da
Platone
pp.
v.
49 negli
culmina
dell'aristoerazia, ormai
A.
nel
(200 c ss.), ci mostrano
Corser,
e 88.
in
Su
aristocratici
Platone. .., p. 95 ss. A proposito del preminente interesse fia platonica v. W. JAEGER, Paideia ..., v. ITT, pp. 146-1,
la
matu-
di essere soddisfatte.
v.
Platon,
Hippias
maggiore
disponi.
K.
educativo
HILDEBRANDT,
della
filoso-
PLATONE
E
I « MODERATI
» ATENIESI
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6. - La scuola di Isocrate e l'Accademia plalonica di fronte al problema dell'educazione politica. Un tentativo di strappare alla sofistica il monopolio educativo della gioventù ateniese era stato fatto, poco prima, anche da Isocrate: del 391 o del 390 è l'orazione Contro i Sofisti (7), che è collegata alla fondazione della scuola isocratea e ne rappresenta il vero e proprio manifesto.
In
essa
lineandone
Isocrate
presenta
l’originalità e la
gli educatori
contemporanei
il
proprio
superiorità (7),
Il suo
programma
educativo
sotto-
rispetto alle proposte di tutti metodo,
com'è
noto,
si fondava
essenzialmente sull’ insegnamento della retorica; suo scopo era la formazione politica dei giovani ateniesi appartenenti alle classi possidenti (la scuola di Isocrate, abbastanza costosa, si rivolgeva senza dubbio alle classi superiori, anche se con minori sottolineature aristocratiche rispetto a Platone). L' iniziativa di Isocrate si colloca dunque su un piano molto vicino ai progetti educativi platonici; e notevoli affinità si rilevano nell'attacco isoerateo ai pretesi educatori dell'epoca, che avvicina Isoerate alla «battaglia per l'educazione» iniziata in questi anni da Platone: la Contro i Sofisti colpisce, oltre ai sofisti veri e propri (duramente attaccati nel Profagora platonico) (**), anche gli eristi e i retori insegnanti di eloquenza politica (ibid. 1-8; 9-13). Nei parr. 14 ss. Isoerz te precisa i propri principi: occorre partire da nature ben dotate, che si affineranno con l'esperienza e con la comunicazione di un sapere tecnico: l'insegnamento retorico ha insomma il compito di affinare i doni di natura. Isocrate si pone programmaticamente obiettivi limitati: il raggiungimento di un « buon senso » (δόξα) che, nella vita pratica, ha maggiore efficacia della scienza: ἀλλὰ μᾶλλον ónorooPrtaz καὶ πλείω κατορϑοῦντας τοὺς ταῖς δόξαις χρομένους ἢ τοὺς τὴν ἐπιστήμη» ἔχειν ἐπαγγελλομένους (ibid. 8). Isocrate sgombra il campo da ogni possibile equivoco negando recisamente la possibilità che la
(71) V. (72) V.
G. Mariueu, in Isoerate, Discours... , v. 1, p. 139. W. JAEGER, Paideia ..., v. III, p. 93 ss.; G. MATMEU,
Les idées...,
(73) TI Protagora va considerato, fra i primi seritti platonici, la prima grande considerazione complessiva dei problemi tratti dall’ insegnamento socratico, di cui si pone in evidenza la valenza politica ed educativa: v. G. REALE, in Platone, Prota. gora, Brescia 1969, pp. XIII-LXX.
46
C. BEARZOT
virtù si possa insegnare (con un'affermazione radicalmente opposta alla teoria del Protagora): καὶ μηδεὶς οἴέσϑω pe λέγειν ὡς ἔστιν δικαιοσύνη διδακτόν (ibid. 21). E' qui che, alle affinità riseontrate finora con Platone, succedono profondi dissidi: la dottrina pedagogica di Isocrate, realista e legata a obiettivi minimi, interessata a fornire ai giovani gli strumenti eulturali basilari per agire politicamente, si rivela ben lontana dagli scopi altissimi di quella platonica (7*) Seopi che Isocrate, del resto, sembra deprimere nel corso del suo attacco contro gli eristi ; e tale attacco, se non colpisce certamente la persona di Platone, tuttavia, nel contenuto della critica, colpisce principi che, eon diversa valenza, anche Platone poteva condividere: la pretesa di fornire ai diSeepoli una ἐπιστήμη che renda εὐδαίμονες (ibid. 3), 1’ ἀρετή, 1᾽ εὐδαιμονία (ibid.
4),
la σωφροσύνη
(ibid.
6);
e
rileva
limiti
che
saranno
del
pla-
tonismo, come la tendenza alla speculazione teoretiea, all'analisi dei λόγοι, disgiunta da una effettiva capacità pratica che tenga conto degli ἔργα (ibid. 7-8). Un dissidio dottrinario che si presentava tanto piü grave, in quanto Isoerate pretendeva di definire come « filosofia » (ibid. 1; 18) la propria attività educativa. quando essa consisteva invece nella comunicazione di una cultura generale assolutamente indifferente a problemi schiettamente filosofici come quelli dell’essere, della verità, della giustizia (7). Possiamo pensare che Platone abbia considerato benevolmente
l'iniziativa
di
Isocrate,
che,
come
si è visto,
veniva
incontro
a
una precisa esigenza educativa; ma egli non poteva certamente ritenere soddisfacente il programma della sua scuola, che propugnava la
(74) Sulla dottrina pedagogica di Isocrate e sui contenuti del suo programma educativo v. A. Burk, Die Pädagogik des Isokrates als Grundlegung des humanistischen Bildungsideals, Meisenheim 1963 (= Würzburg 1923); E. MikkoLa, Isokrates. Seine Anschawungen im Lichte seiner Schriften, Helsinki 1954; H. I. ManROU, Storia dell'educazione ..., pp. 117-32. Non pare, in ogni caso, e nonostante il parere contrario dello JAEGER, Paideia..., v. III, p. 99 ss., che la Contro i Sofisti abbia di mira Platone: già il MÜNSCHENR, «Jsokratess..., col. 2171 ss, rilevava ehe l’obiettivo degli attaechi di Isoerate è più probabilmente Antistene; così il WiLAMOWITZ, Platon ,.., v. IL, p. 108. (75) Sulla retorien isoeraten e sui suoi earatteri peculiari rispetto alla tradizione eontemporanen v. W. STEIDLE, Redekunst und Bildung bei Isokrates, « Hermes» LXXX (1952), pp. 257-96. Nella struttura dei suoi programmi pedagogiei, Isocrate è debitore alla sofistica più di quanto egli stesso non creda: v. W, NESTLE, Spuren der Sophistik bei Isokrates, « Philologus » LXX (1911), pp. 1-51; A. BURK, Die Pädagogik..., p. 24 ss.
PLATONE
E
I « MODERATI
» ATENIESI
47
retorica come unico strumento propedeutico all'esperienza politica, con idee analoghe a quelle esposte dal maestro Gorgia nell’omonimo dialogo platonico, e ehe Platone, per bocca di Socrate, aveva radicalmente confutato. Nel momento in cui Platone, deluso, si preparava a lasciare Atene per l'Italia, la presentazione delle dottrine pedagogiche con eui Isocrate stava organizzando li sua scuola deve aver rappresentato un nuovo elemento di tensione: la democrazia non accennava a correggersi e quanti, come Isocrate, avrebbero potuto positivamente operare non sembravano capaci di proporre esperienze alternative realmente valide. Mutata prospettiva dopo l'esperienza siciliana e tornato in Atene, Platone, indotto ora ad una più equilibrata considerazione dell’esperienza politica ateniese, volle fornire lui stesso gli strumenti necessari a quella riforma politico-culturale che riteneva impossibile differire ulteriormente: e in questo momento di rinnovata disponibilità egli non poteva che esser portato a dare una valutazione in parte positiva verso chi, pur
in
un
modo
da
lui ritenuto
inadeguato,
lavorava
in
fondo
per
la medesima riforma, In un certo senso, la riscoperta di concrete possibilità di operare in Atene lo indusse ad una parziale rivalutazione di Isocrate. Perciò la fondazi dell’Accademia, nel 388 ('%), rappresenta certamente
un'alternativa
alla
seuola
isocratea;
ma
nel
senso
di
una
proposta metodologieamente diversa, rivolta al medesimo ambiente politieo-sociale e con scopi politicamente analoghi. Il Menone, che risale a questi anni (17) e che verte sulla possibilità dell’ insegnamento della virtù politica, è da molti considerato il manifesto della scuola; esso apporta aleune correzioni ai principi del Protagora (in cui si eonside-
(79) La dazi va quindi id come un segno di rinnovato interesse politico nei confronti dell'esperienza ateniese, e dunque pare ingiustificato l'eecessivo seettieismo di E. KaPr, Platon und die Akademie, « Mnemosyne » S. III-IV (1936-37), pp 227-46, secondo cui l'Accademia non ebbe, fin dall’ inizio, alcun rapporto eon la vita politica ateniese, da cui anzi intese tenersi rigorosamente distinta, evitando ogni interferenza tra l'ambito speculativo e quello della prassi. V. invece G. COLLI, Lo sviluppo ..., pp. 188-9. 77) Per la data v. A. CmoisET-L. BobpiN, in Platon, Gorgias-Ménon . p. 231 (post 382); G. RzALE, in Platone, Menone, Brescia 19725, p. XXXVII; ss, (post 387). Nell'evoluzione del pensiero politico platonico, il Menone rappresenta la completa presa di coscienza del valore politieo dell’edueazione filosofica, ed ha perciò carattere di proposta degli ideali p ici dell’Aceademia: un carattere, insomma, di vero e proprio manifesto della nuova seuola: id, ibid " pp. XXXVII-XLII.
48
€. BEARZOT
rava la virtü certamente insegnabile) e diseute il problema della δόξα con aceenti che fanno pensare, se non ad un avvieinamento, almeno ad un atteggi to di condi d verso Isocrate e i suoi programmi pedagogici (15). Protagonista del dialogo è il giovane, ricchissimo Menone, esponente di quegli ambienti aristocratici eui si rivolgevano gli interessi pedagogici di Platone: egli desidera acquistare la « virtù politica » (91 a) ed è alla ricerea di un maestro; si dovrà perciò, preventivamente,
domandarsi
se
tale
virtù
sia
o
non
sia
insegnabile
(93b),
U
dialogo, in verità, non dà una risposta, e rimanda piuttosto al problema della definizione della virtù in sé (100 b); ma ciò che presenta per noi grande interesse è la parziale rivalutazione che Platone fa, qui, della δόξα (7). Una rivalutazione che investe esclusivamente il punto di vista pragmatico (97 ἃ - 98 a); ma va notato che proprio questo era il punto di vista che interessava ad Isocrate (efr. De pace 28). La superioritä
della
scienza
viene
naturalmente
ribadita;
ma
alla
δόξα
viene
riconosciuto un valore positivo in campo etico (96 d ss.), tanto che Platone arriva ad affermare che opinione e scienza sono ugualmente utili dal punto di vista pratico: A6îa ἄρα ἀληϑὴς πρὸς ὀρϑότητα πράξεως οὐδὲν χείρων ἡγεμὼν φρονήσεως (97 b); οὐδὲν ἄρα ἧττον ὠφέλιμόν ἔστιν ὀρϑὴ δόξα ἐπιστήμης (91 ὁ). La superiorità della scienza deriva dalla sua maggiore stabilità (95 a): ma per quanto riguarda l'utilità pratica, opinione vera e scienza soccorrono in ugual modo. Da queste affermazioni anche la dottrina pedagogica isocratea esce in parte rivalutata: la δόξα,
che
ne
(78) Non Menone, di un di F. Brass, H. GoMPERZ, Platon.
Essai
ὃ il fondamento,
ottiene
da
Platone,
il rieonoseimento
di
a caso si è parlato, a proposito dell'atteggiamento di Platone nel «eartello » con Isoerate eon qualche seuola di retorien, sulla scorta Die attische Deredsamkeit, v. IT, Leipzig 18927, p. 28 ss, e di Isokrates und die Sokratik ..., Il, p. 38; efr. A. DiES, Autour de de
critique.
οἱ
d'histoire,
v.
II,
Paris
1927,
p.
431;
L.
STEFANINI,
Platone, v. I, Padova 1949*, p. 96 ss. (79) V. G. REALE, Il concetto di opinione (dora) e le ragioni della sua svalutazione teoretica negli Eleati e in Platone, « Contr. Ist. St. Ant. Univ. Catt.», v. V, Milano 1978, p. 23 ss.: nel Menone Platone rivaluta il concetto di δόξα «da un punto di vista strettamente pragmatico >, guidato «dalla considerazione della storia e della vita politica». L'opinione agli effetti pratici può giovare quanto In Seienza; tuttavia, essa viene rivalutata, sì, ma «solo in quanto retta opinione » (ὀρϑὴ δόξα) e «solo dal punto di vista pratico » (p. 23). Resta fermo, per Platone, il suo carattere casuale e i I g allo i dalla verità e dal fondamento causale e al legame eol mondo dell’apparenza,
PLATONE
E
I « MODERATI > ATENIESI
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una notevole efficacia dal punto di vista politico. Ciò che Platone, tuttavia, contesta è che questa δόξα possa effettivamente essere oggetto di insegnamento. Atene, riconosce Platone (con un atteggiamento più morbido rispetto alla radicale condanna del Gorgia; e si spiega bene, nel momento in cui egli si proponeva come educatore ad un pubblico conservatore, aristocratico, ma pur sempre ateniese) (5), ha certamente avuto buoni politici (93a ss.): la loro virtù si fondava sull’opinione vera, non sulla scienza, come dimostra il fatto che essi non seppero rendere altri buoni politici. Insegnabile è, infatti, solo la scienza: l’opinione vera non dalla vera
è comunicabile
conoscenza,
non
(98 e ss.), è una
data
agli
uomini
facoltà irrazionale, avulsa né
per
natura
né per
inse-
gnamento: del μοίρᾳ ἡμῖν φαίνεται παραγιγνομένη i ἀρετὴ οἷς nagaγίγνεται (100 b). E se questa affermazione suona in qualehe modo come un rimprovero ad Isoerate, ehe era rimasto legato al criterio tradizionale del « buon senso » e del sapere teenico, e non aveva saputo proporre un’educazione
realmente
alternativa,
pur
avendone
le possibilità
(come
Platone ribadirà nell'elogio, indubbiamente sineero, del Fedro), al rimprovero si unisee comunque, nel Menone, una benevola eondiscendenza : salvando il valore politico-pratieo della δόξα, Platone evita di sereditare completamente,
di
fronte
all'opinione
pubblica
conservatrice,
]'inizia-
tiva isoeratea, che egli riteneva in grado di svolgere un'azione efficace ; e ciò nonostante i dissidi dottrinari e, in questo periodo, anche politiei (ma dal punto di vista della prassi piuttosto che da quello ideologico), che lo dividevano da Isoerate, Ma egli non rinuncia, naturalmente, a proporre ai giovani aristocratici come Menone la possibilità di una educazione ben altrimenti fondata: 1’ invito, rivolto a Menone, a restare in Atene e a farsi iniziare (76 e), & certamente una forma di propaganda per la nascente Accademia (*!). Il programma di studio dell’Accademia, che è possibile ricostruire con una certa precisione (535), poneva la dialettica come ultimo gradin» (80) V. ancora bra
tuttavia
il
caso
G. REALE, di
parlare,
in col
Platone, CoLLI
Menone..., (Lo
p. XXIX
seihtppo...,
p.
ss. Non 189)
di
«un
mi
semdeciso
riaccostamento alla demoerazia »: il riconoscimento di Atene come possibile campo d'azione non implica condiscendenza verso le sue strutture politiche. (81) V. K. HiLpeBRANDT, Platone ..., p. 181 ss.; G. REALE, in Platone, Menone ..., pp. XL-XLI. (82) Sul pensiero pedagogieo di Platone v. la classica opera di J. STENZEL, Platone educatore (trad. it.), Bari 19667; più dettagliatamente, sui metodi e sui programmi di studio dell'Aecademia, v. J. BURNET, Greek philosophy..., p. 219 ss. Memorie
(Lettere)
- 4
50
€. BEARZOT
dell'edueazione; essa aveva il compito di guidare, dopo un lungo cammino di preparazione, alla vera conoscenza, che Platone aveva ormai identificato come unico fondamento di una scienza politica degna di essere chiamata tale(**). Isocrate riconosceva invece alla dialettica un puro valore propedeutico; nella sua scuola, essa era equiparata ad un qualunque esercizio preparatorio per i giovani, ma doveva essere presto abbandonata per attività più degne. Le posizioni dottrinali espresse da Isoerate nella Contro i Sofisti rimangono una costante nel suo pensiero, fino all'Antidosi (**); nel 385 circa egli le ribadi nell'Elena (8). Nei parr. 1-13, in cui Isocrate si impegna a vanificare il prestigio che eristi e sofisti avevano presso l'opinione pubblica ateniese, la sua lotta per allontanare da questi pretesi educatori la gioventù si colloca nella linea platonica, in particolare in quella del contemporaneo Eutidemo. Il tipo di aceusa che Isocrate formula, per esempio quella di dedicarsi a composizioni retoriche futili e prive di ogni utilità (ibid, 2; 5; 7 ss.) e quella di preoccuparsi unicamente di trarre denaro dalla propria professione (ibid. 6), eselude, a mio parere, che l'attacco sia rivolto anche alla
persona
di
Platone:
ma
la
totale
incomprensione
(ibid.
2 ss.)
che
(83) Sull’organizzazione dell’Accademia e sulla sua funzione v. M. ISNARDI PARENTE, Shudi recenti e problemi aperti sulla struttura e la funzione della prima Accademia platonica, « R. Stor. It.» LXXI (1959), pp. 271-91, con analisi eritien della bibliografia precedente: vi si pongono in rilievo i due aspetti fondamentali dell’Accademia, « come comunità di cultura e come gruppo organizzato in vista di una possibile trasformazione della società» (p. 273). I moderni hanno messo l'aecento, di volta in volta, sull’uno o sull’altro aspetto, sottolineando l'interesse eselusivamente teoretico e Npeculativo oppure (secondo una tendenza prevalente) : per la bibliografia v. M. Isxarpı PARENTE, in Zeller-Mon-77,
Da
ultimo
€.
B.
ARMSTRONG,
Plato’s
Academy,
« Proc.
Leeds
Philos. Soe.» VII (1953-55), pp. 89-106, ha nuovamente sottolineato ehe interesse primario di Platone e dell'Accademia era la preparazione politiea dei giovani frequentatori, ehe consideravano il diseepolato come «a training in statesmanship » (p. 102). L'Aeeademia viene cosi a eonfigurarsi, per Platone, come un vero e proprio strumento politieo privilegiato: attraverso la formazione politiea dei giovani passava uno dei più efficaci canali di azione politica pratica che Platone potesse utilizzare. A questo proposito v. A. DiEs, Platon..., Paris 1930, pp. 105-6; P. M. ScnunL, Une école des sciences politiques, « R. Philos.» CXLIX (1959), pp. 101-3. (84) V. W. JAEGER, Paideia..., v. III, pp. 223-67. (85) V. E. BRÉMOND, in Isoerate, Discours..., v. I, pp. 159-60.
PLATONE
E I « MODERATI > ATENIESI
51
Isoerate manifesta nei confronti del pensiero filosofieo precedente a Platone fa pensare che egli eoinvolgesse anche lui nel suo profondo scetticismo a proposito dell'effettiva utilità politica della speculazione filosofica. Così, nel par. 1 Isocrate annovera tra gli avversari quanti sostengono ds ἀνδρία καὶ σοφία xal δικαιοσύνη ταὐτόν ἐστιν καὶ φύσει μὲν οὐδὲν αὐτῶν ἔχομεν, μία δ' ἐπιστήμη καϑ' ἁπάντων ἐστίν; ed è difficile contestare che egli attacchi, qui, anche l'idea dell'unità della virtü
del Protagora
platonico.
E
!' invito
del
par.
5 ad
abbandonare
il
piano puramente teoretieo per fornire ai giovani efficaci strumenti pratici per la militanza politica è un invito rivolto anche a Platone, perché corregga le proprie posizioni in campo pedagogico: xal περὶ τὰς πράξεις ἐν αἷς πολιτευόμεϑα, τοὺς συνόντας παιδεύειν, καὶ περὶ τὴν ἐμπειρίαν τὴν τούτων γυμνάζειν, ἐνθυμουμένους ὅτι πολὺ κρεῖττόν ἔστιν περὶ τῶν χρησίμων ἐπιεικῶς δοξάζειν ἢ περὶ τῶν ἀχρήστων ἀκριβῶς ἐπίστασϑαι. Ma anche qui, come nel Menone, mi sembra si debba vedere un suggerimento, una benevola puntualizzazione, piuttosto che un segno di radicale ostilità, come invece altri hanno voluto: non bisogna dimenticare che Isocrate, in queste opere di presentazione della propria nuova attività edueativa, aveva di mira gli stessi avversari contro eui combatteva Platone: quei sofisti, quei retori, quegli eristi che pretendevano di eonoscere e di insegnare la scienza politica (Isoer. Hel. 9; Plat. Protag. 318e
ss).
La
sostanziale
affinità
ideologica
esistente
fra
Platone
ed
Isocrate e il loro comune impegno in una battaglia culturale di grande portata mi sembrano piü rilevanti, per la definizione del loro rapporto, dei momentanei dissensi che in questo periodo li dividevano e che andarono poi affievolendosi nel tempo. Prima di insistere sulla loro presunta rivalità, oecorre riflettere sul loro comune impegno educativo presso i giovani ateniesi: un impegno fondato su diversi presupposti metodologici, ma teso ad un medesimo scopo, quello di preparare alla prassi politica come al compito fondamentale dell'uomo, e di formare una elasse dirigente in grado di operare quella riforma del governo ateniese che entrambi, da buoni conservatori, auspicavano. Come essi intendessero con diversa profondità la riforma, lo vedremo in seguito; ma ció non toglie ehe essi svolsero un'opera parallela piü che opposta, come del resto mostra il fatto che uomini politici ateniesi come Timoteo, Licurgo e Iperide (uomo di punta del gruppo moderato, il primo; gli altri condotti entrambi dall’evolversi delle situazioni su altre strade)
S
C. BEARZOT
furono
amici
e discepoli
dell'uno
e dell'altro
(**).
Indubbiamente,
non
si può negare che le opere di Platone e di Isocrate presentino in questi anni una serie di interventi anche polemici: ma si tratta di una polemica
che
nasce
da
un
reciproco
interesse,
dalla
coscienza
di
operare,
su piani diversi, nel medesimo seuso. Una polemica il eui scopo sembra quello di recuperare l'avversario, di condurlo sulla propria linea di pensiero, più che quello di prendere le distanze da lui. Anche l'Eufidemo, del 385 cirea. (5*), si inserisce nella « battaglia per l'educazione » in pieno svolgimento in questi anni, e mi sembra confermare lo svolgimento del rapporto Platone-Isoerate nel senso qui sostenuto. Gli avve "sari che Platone attac in quest'opera sono gil eristi e aleune delle scuole soeratiche specializzate negli abili sofismi di cui fanno mostra Eutidemo e Dionisodoro: i Megariei, e in partieolare Antistene, che fu avversario anche di Isoerate (55). Anche in questo caso, Isocrate e Platone mostrano di avere nemici comuni, pur restando sostanzialmente diversi i piani su eui l'opposizione è condotta : da parte di Isocrate, 1’ intenzione è di difendere l'ideale di una retorica ispirata a giustizia e concretamente indirizzata alla prassi politica, aliena dunque da giochi formali e da inutili sottigliezze sofisti (86) Per Timoteo Vit.
X
orat.
87 e;
v. Cie.
Isper.
Puse.
Antil.
V, 100;
101
ss.;
Athen.
Cie.
De
X, 419 d; Acl.
orat.
11T,
139;
F.
Π δι.
Philodem.
11, 10; II,
178;
Ps.Demosth. LXI, 46. Per Lieurgo v. Vit. X orat. 811b; Diog. Laert. III, 46; Anon, V. Isoer. 93, p. 256 Westermann. Per Iperide v. Vit. X orat. 837 d; 818 ἃ; Diog.
Laert.
Le.;
Suida
s.v. Ὑπερείδης τ Athen.
VIII,
342 e;
Philostr.
Vit.
sophist.
1,
17, 4; Anon. Κ΄. Isoer, Cie. De orat. 11, 94. V. anche il easo di Teodette, retore e poi poeta tragico, allievo di Platone, Isocrate © Aristotele: Suida s.v. Θεοδέκτης. Sull’azione diversa e complementare, in campo politico ed educativo, delle due seuole, v. J. BURNET, Greek philosophy ..., p. 213 ss, dove le profonde affinità fra Isocrate e Platone sono acutamente rilevate, pur tenendo conto delle divergenze, (87)
Per
la
data
v.
L.
MkRIDIER,
in
Platon,
/on-Ménexine-Euthydème,
Paris
1931, p. 129 ss.; sul tema del dialogo, eentrato sul problema dell’edueazione, v. id., ibid. p. 132 e passim. G. MatmEU, in Les premiers conflits entre Platon et Isoerate
et
la
date
de
UButhydème,
Mél.
Glotz
II,
spostamento al 380, ritenendo che le critiche pubblicazione del Panegirico. In realtà anche seuola isoeratea dovevano essere ben chiare a indirettamente noti i temi del Panegirico, in (88) V. L. MéÉRIDIER, in Platon, Zon..., tone. ., p. 197 ss. Sull'ostilità tra Isoernte e
nes», R.E. I (1894), coll. 2540-41.
Paris
1932,
platoniche si nel 385 le Platone, così preparazione p. 127 ss; Antistene v.
pp.
64,
propone
lo
spieghino solo dopo la direttive politiche della come potevano essergli dal 395. K. HILDEBRANDT, PiaP. NATORP, « Antisthe-
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIESI
54
che; da parte di Platone, lo scopo è la valorizzazione della dialettica socratica. Il tema fondamentale dell'Eutidemo è, come si è detto, l'educazione: che per Platone consiste prima di tutto nel convincere i giovani ὡς χοὴ φιλοσοφεῖν καὶ ἀρετῆς ἐπιμελεῖσϑαι (275 a; analoga raceomandazione in 978 4). L'insegnabilità della virtù (282a ss) e la superiorità della scienza, che permette, attraverso l'acquisto della φρόνησις e della σοφία, un buon uso dei beni materiali e morali, e quindi il raggiungimento dell'z?reyía e 46}} εὐπραγία, vengono decisamente
ribadite:
ed
è da
notare
che,
con
questo
richiamo
al « successo ».
all'«agir bene », alla scienza (1 ἐπιστήμη platonica) viene attribuito un profondo valore pratico: quello ehe l'opinione pubblica, e particolarmente giunge
il nostro la
Isocrate,
contestazione
faticavano della
tanto
retorica
a
come
riconoscerle. vero
A
sapere,
ciò
come
si
ag-
scienza
capace di utilizzare ciò che ha prodotto (288 d ss.): dignità, questa, che compete solo alla βασιλικὴ 187»), alla politica che permette di utilizzare tutte le arti minori e di condurle a buon fine, ed è, quindi, sola
causa
di
felicità
per
lo stato
(291b
ss.),
Il terreno
di
lotta
è an-
cora il medesimo: filosofia e retorica si contendono il ruolo principale nell'avviamento dei giovani all'esperienza politica (**). Nel ribadire il primato
dell’educazione
filosofica,
Platone
stesso
ammette
tuttavia
che la retorica possiede un potere incantatore che fa apparire i suoi cultori ὑπέρσοφοι, e la stessa arte ἡδεσπεσία τις καὶ Puy (289 d ss.; il tono diventa spregiativo laddove, in 290a, si paragonano i retori che parlano
all'assemblea
ad
incantatori
di
serpenti).
E
che
la
retorica,
in
special modo quella isoeratea, non priva di preoccupazioni morali, esereitasse sull'opinione pubbliea un certo fascino, lo prova il dialogo eonelusivo tra Socrate e Critone (204 c ss), Quest ultimo, esponente della migliore aristocrazia, è preoccupato per l'educazione del figlio Critobulo: ma il panorama della cultura ateniese, con i suoi numerosi e diversi educatori, contribuisce più che altro a eonfonderlo (306 d ss.): ora egli & turbato dalle obiezioni di un anonimo interlocutore, la eui figura domina il breve dialogo tra Socrate e Critone. Questo misterioso personaggio, definito ἀνὴρ οἰόμενος πάνυ εἶναι σοφός (304d), che à solito serivere discorsi per i tribunali, ehe attaeea pesantemente gli eristi come chiacchieroni dediti a indegne futilità, ma che, soprattutto, (89) V.
W.
JAEGER,
Paideia ...,
v. III, p. 77 ss.
54
C. BEARZOT
coinvolge nel suo giudizio negativo tutta la filosofia, ehe considera cosa di nessun valore (304e: οὐδενὸς μὲν οὖν ἄξιον) e ostenta disprezzo per chi vi si dedica (305a: τὸ πρᾶγμα αὐτὸ xal ol ἄνϑρωποι οἱ ἐπὶ τῷ πράγματι διατρίβοντες φαῦλοί εἶσιν zul καταγέλαστοι ), assomiglia straordinariamente ad Isocrate; ed è difficile non concordare con quanti riconoscono in questa figura proprio il nostro retore, notoriamente
ambizioso
fino
alla
presunzione,
che
aveva
da
poco
abbando-
nato il mestiere di logografo e aveva manifestato, nelle sue opere contemporanee, sentimenti poco riguardosi nei confronti della filosofia, dimostrando di non saper distinguere la nobile dialettica soeratica dai sofismi eristiei di uomini come Eutidemo e Dionisodoro (°°). L' identificazione con Isocrate sembra confermata dal fatto che Socrate mostra di riconoscere chiaramente l’ interlocutore quando Critone gli dice che egli, pur essendo abilissimo compositore di discorsi, non ha mai parlato in pubblico (304 b-e); è fin troppo noto che Isocrate, timido e debole di voce, non salì mai sulla tribuna degli oratori (Phil. 81; Panath. 9). Infine, il giudizio di Socrate (304c ss.) si adatta perfettamente ad Isocrate: uomini come questi, egli dice, sono μεϑόρια φιλοσόφου te ἀνδρὸς καὶ πολιτικοῦ, si credono i più sapienti fra gli uomini e attaccano i filosofi perché li considerano pericolosi rivali in grado di soppiantarli nella stima generale; per questo tentano di abbassarne la dignità. Sono uomini che scelgono il compromesso, illudendosi che, senza pericoli e lotta, sia possibile attingere la sapienza: σοφοὶ dè ἡγοῦνται εἶναι πάνυ - εἰκότως; μετρίως μὲν ydo φιλοσοφίας ἔχειν, μετρίως δὲ πολιτικῶν, πάνυ ἐξ εἰκότος λόγου" μετέχειν γὰρ ἀμφοτέρων ὅσον ἔδει, ἐκτὸς δὲ ὄντες κινδύνων καὶ ἀγώνων καρποῦσϑαι τὴν σοφίαν (305 d-e). Parole che corrispondono pienamente alla posizione assunta da Isocrate nelle opere di questi anni. Che questo ideale di compromesso attirasse molti, lo dimostra il fatto che Critone, perplesso, sembra inclinare verso le tesi dello sconosciuto (305 e): Socrate deve fargli notare, nei paragrafi seguenti, il fatto che un uomo del genere, sospeso fra due attività, non potrà che restare inferiore in entrambi i campi; e, pretendendo di occupare il primo posto nella stima dell’opinione pubblica, finirà per condannarsi a rimanere al terzo posto per i
(90) Sull'identifieazione Les premiers conflits. .., p.
del retore dell'Eutidemo con Isocrate v. G. MATHIEU, 558 ss,; anche L. MÉRIDIER, in Platon, Ion .... p. 133 ss.
meriti
reali
(?!),
Solo
la
E I « MODERATI » ATENIESI
filosofia
e il
metodo
S [Iz]
NE
educativo
soeratico
pos-
sono, in realtà, avviare ad una vera preparazione politica; né il metodo dei sofisti, né quello di Isocrate possono vantare una reale efficacia. Ricordando all’ incerto Critone che la filosofia è oggetto buono in sé, e quindi resta un bene da perseguire anche se molti praticano la dialettica in modo indegno (e del resto, in ogni attività, poche sono le persone serie e degne di stima), Platone vuole certamente suggerire agli esponenti dell’aristoerazia di rivolgersi all'Accademia: la vera filosofia,
sembra
voler
dire
Platone,
si
insegna
solo
nel
circolo
socratico,
e perciò nell'Accademia che ne è in qualehe modo l'erede. Insomma Platone, dopo aver mostrato la distanza esistente tra soeratismo
e sofistiea,
trova
il modo
di
vantare
la superiorità
dell’Acca-
demia rispetto alla scuola di Isocrate, perfettamente individuata nei suoi limiti, Ma, a ulteriore conferma di quanto si è visto finora, anche qui la polemica si muove su toni benevoli: il giudizio conelusivo espresso da Socrate è conciliante, e anzi in parte elogiativo, con gli accenti che ritroveremo nel Pedro: Συγγιγνώσκειν μὲν οὖν αὐτοῖς χρὴ τῆς ἐπιϑυμίας καὶ μὴ χαλεπαίνειν, ἡγεῖσϑαι μέντοι τοιούτους εἶναι οἷοί εἶσιν" πάντα γὰρ ἄνδρα zo) ἀγαπᾶν ὅστις zu ὁτιοῦν λέγει ἐχόμενον φρονήσεως πρᾶγμα καὶ ἀνδρείως ἐπεξιὼν διαπονεῖται (306 e). Il rieonoseimento della φρόνησις insita nei programmi di Isocrate e del coraggio da lui mostrato nel difenderli indicano che Platone lo sentiva piü come un alleato che come un nemico, anche se non rinunciava, per questo, a sottolineare
le questioni
che
li dividevano;
e l'aecenno
alla
necessità
di perdonare la sua ambizione mi sembra testimoniare persino una certa affettuosa simpatia, D'altra parte l'obiezione fondamentale dell' interloeutore, che sia poco dignitoso discutere con gli eristi (305 a; Critone, in 305 b, mostra del
metodo
elevate
della
di essere
d'accordo),
confutazione
preoecupazioni
di ordine
se indica
socratica, morale
assoluta
mostra (*5;
la
incomprensione
presenza
e il commento
in di
lui
di
Socrate
(91) Non è eseluso, a mio parere, ehe nel condannare la tendenza di Isoerate al compromesso teoretico Platone abbia voluto indirettamente condannarne l'aecettazione del compromesso politico, che, come si è visto, lo trovava completamente dissenziente. Su Isocrate come «uomo del compromesso », di contro alla rigida coerenza platonica, v. T. A. SINCLAIR, I pensiero politico classico (trad. it.) Bari 1961, pp. 176-7. (92) La retorica isoeratea, distinguendosi nettamente, a questo proposito, da quella sofistiea, si pone infatti il problema dei valori; v. H. I. MARROU, Storia dell'educazione ..., p. 124 ss.; D. GILLIS, The ethieal basis. .., pp. 321-48.
56
C. BEARZOT
(ϑαυμάσιοί εἰσιν ol τοιοῦτοι ἄνδοες, strana gente sono costoro: 305 b) mi sembra piü indulgente che ironico. Il rapporto Isoerate-Platone sembra perciò, una volta di più, collocarsi sulla linea di una feconda tensione: i due pensatori seguivano l'uno l'operato dell'altro con interesse e probabilmente con una eerta disponibilità, esprimendo eritiche e suggerimenti che testimoniano il desiderio di provocare un avvicinamento piuttosto che rotture polemiche (55). Soprattutto Platone manifesta
nei
confronti
di
Isocrate
un
interesse
benevolo;
ma
costui
non
era assolutamente in grado di intendere il richiamo platonico, che si collocava su un livello del tutto estraneo alla sua struttura mentale. Οὐ γὰρ δάδιον αὐτοὺς πεῖσαι, dice Platone (306 a), con una sorta di rassegnazione, degli uomini come lui. 7. - La politica estera ateniese: il Panegirico isocrateo e il Menesseno platonico. I contrasti politici fra Isoerate e Platone sono ancora lontani dal comporsi, e anzi costituiscono, in questo periodo, uno dei punti di maggiore tensione nel loro complesso rapporto. Platone, impegnato nel tentativo di affermare definitivamente il ruolo culturale dell' Accademia, si era mantenuto, dopo il rientro in Atene, su posizioni meno aggressive nei confronti
della politica
servatrici (°%): liatosi con essa nei giudizi. La concordi sulle
democratica,
sostenuta
anche dalle forze con-
deciso a scegliere Atene come campo d'azione, riconcidopo l’avventura siracusana, egli si mantiene prudente polemica fra democratici e moderati, fondamentalmente scelte di fondo, si spostò sui metodi con cui gestire la
(93) Non a torto il MARROU, Storia dell'educazione ..., ha parlato di insegnamenti «paralleli e contemporanei », di reciproci seambi di influenza, di una rivalità che è anche emulazione e favorisce perciò l'avvicinamento; v. anche E. BARKER, Greek political theory ..., p. 127 ss.; K. HiuoerRaNDT, Platone ..., p. 201. Non parlerei quindi, col MartHIEU, Les premiers eonflits..., p. 564, di «rottura definitiva» e di nascita di un «conflitto personale» tra i due eapiseuola, in conseguenza della pubblicazione dell'Eutidemo. (94) L'ostilità è tuttavia persistente: nel Protagora la demoerazia è duramente attaecata soprattutto per la possibilità ehe essa offre a tutti indistintamente di parlare per gli interessi della città (319 d ss.); e si ribadisce che i politici ateniesi furono tutti sprovvisti di scienza, giacché non seppero rendere migliori i loro figli (319 e ss.).
PLATONE
ripresa militare: pratieare
un
E I « MODERATI
» ATENIESI
la discussione verteva sulla maggiore
imperialismo
duro,
nello
stile
moderazione nei rapporti con gli alleati. ralmente, tale
questa
pacifismo:
51
seconda e perciò
strada, essi
che era
cercarono,
del
V
opportunità di
secolo,
o
di
usare
I moderati preferivano, natupiù consona pur
senza
al loro fondamenesporsi
alla
guerra,
di controllare lo slancio espansionistico, per evitare che le eontribuzioni di guerra danneggiassero le classi possidenti fino ad annullare i vantaggi della ripresa economica e sociale. Quando, nel 386, la pace di Antalcida venne ad arrestare l'espansione ateniese e a segnare il momentaneo fallimento della politica imperialistica, il risentimento di questi gruppi si fece sentire: una serie di processi coinvolse esponenti democratici come Agirrio e Trasibulo di Collito (55). Ma fu proprio l'umiliazione di questa pace, che vanificava gli sforzi compiuti da Atene dal 395 in poi e innalzava nuovamente Sparta ad arbitro delle sorti della Grecia, a far ritrovare unità di intenti alle forze politiche ateniesi, Si trattava di riprendere la via della riscossa, organizzando in un sistema di alleanze i rapporti che Atene aveva allacciato con altre città in questi anni; uomini politici di ogni tendenza si trovarono impegnati in quest'opera di preparazione della seconda lega ateniese, uniti
nella
realizzazione
di
un
programma
che
risulterà
fortemente
se-
gnato dagli ideali moderati; al punto che esso potrebbe essere stato non soltanto sostenuto, ma anche suggerito dall'ambiente di Isocrate. I] Panegirico di Isocrate, pubblicato poi nel 380, era in fase di preparazione già da diversi anni (?") L’opera, ispirata ad un eompro-
(95) Una certa reazione da parte moderata si era già avuta dopo la morte di Trasibulo, quando, ritenendo che lu guerra nell’Egeo del nord fosse divenuta troppo costosa in rapporto ai risultati, si scatenò una serie di processi contro amici e luogotenenti di Trasibulo. Un’ interessante testimonianza di questa reazione delle elassi possidenti contro una guerra che esigeva ormai eontribuzioni troppo forti ἃ nella orazione lisiana Contro Ergocle (Lys. , 4) V. K.J. BELOCH, Die attische..., p. 195 ss.; P. CLocHÉ, La politique étrangère athénienne de 371 à 361 a. J. ‘0, «R. Belge Philol. Hist.» TI (1923), pp. 43-4; W. ScmwAHN, « Thrasybulus » 8», R.E. VI, A-1 (1936), col. 574: S. ACCAME, Ricerche,.., p. 137 ss. La pace di Antaleida aeui queste tensioni latenti, mettendo in evidenza il fallimento della politica radieale ehe tentava di continuare la guerra sui due fronti, eontro Sparta e contro la Persia: v. K.J. BELocH, Griechische Geschichte ..., v. III, 1, p. 140 ss.; G. GLOTZ, Histoire grecque ..., v. III, p. 106. (99) V. G. MATHIEU, in Isocrate, Discours..., v. IT, Paris 1938, pp. 5-6; per le fonti antiche v. id, ibid. n. 7.
58
C. BEARZOT
messo tra imperialismo demoeratico e ideali moderati, οἱ dà, del pensiero di Isocrate, un'idea che sembra aecordarsi ben poco con le posizioni da lui assunte suecessivamente. In realtà il suo atteggiamento, sostanzialmente rispettoso della democrazia e interessato più che altro alla politica estera e alla rinascita dell'egemonia ateniese, si spiega bene se consideriamo, sullo sfondo, il clima di collaborazione tra i partiti che si respirava in questi anni. Non si intende qui, col Wilamowitz, fare del Panegirico il manifesto della seconda lega ateniese (9); tra l’opera isocratea e il decreto di Aristotele (IG I, 17) non c’è, nè poteva esserci,
una
perfetta
consonanza,
ma
è probabile
che
il
Pamegirico
si
sia inserito nel movimento di opinione ehe portò alla fondazione della lega, e che abbia anzi fornito qualche suggerimento agli uomini che vi sì stavano impegnando: in particolare, Timoteo, Cabria e Callistrato, gli strateghi del 378/7 (**) Si capisce allora perché Isocrate non discuta affatto, in quest'opera, i problemi costituzionali ehe saranno il tema centrale del suo pensiero posteriore; egli era tra quei moderati che avevano ri 'jato, per il , a riprendere gli ideali politici terameniani: ideali che pure, assai probabilmente, venivano studiati e discussi all'interno della sua scuola (*). A chi stava preparando la nuova lega non serviva riprendere la propaganda costituzionale; la eon-
(97) V. U, von WILAMOWITZ-MOELLENDORFF, Aristoteles und Athen, BerlinDublin-Zürich 1966 (= Göttingen 1892), p. 380 ss. (98) Diod. XV, 29, 7-8; l'elogio dell'operato dei fondatori della lega, responsabili della sua organizzazione su prineipi di bill . deri E da Eforo ed è tutta di fono isoerateo: Διὰ δὲ ταύτης τῆς φιλανϑρωπίας ἀνακτησάμενοι, τὴν παρὰ τοῖς “Ελλησιν εὔνοιαν, layvoorépav τὴν ἰδίαν ἡγεμονίαν. Sull’ inserimento di Isoerate nel movimento d'opinione a favore della ripresa egemonica v. J. KESSLER, Isokrates und die panellenische Idee, Paderborn 1911, pp. 23-7; G. MatmEU, Les idées... , p. 81 8s.; id., Les premiers conflits... , p. 562. (99) V. W. JAEGER, The date of Isocrates" Arcopagiticus and the Athenian opposition, in Athenian Studies pres. to IV. 8. Ferguson, « Hnrv. Stud. Class. Philol.» Spee. Vol. I (1941), p. 442 ss. L'unico aceenno a questioni di politiea interna è costituito dall’elogio delle generazioni spartane e ateniesi del periodo delle guerre persiane (efr. 75-81), campioni ideali di moderazione in politica interna ed estera; ma l'elogio & funzionale alle argomentazioni relative alla rieonquista dell'egemonia, anche se si può considerarlo rivelatore dell'impostazione già palesemente « moderata» del pensiero isoerateo di questi anni: v. E. BUCHNER, Der Panegyrikos des Isokrates. ‚Eine historisch-philologische Untersuchung, Wiesbaden 1958, pp. 85-7; K. BRINGMANN, Studien zu den politischen Ideen des Isokrates, Göttingen 1965, p. 34 as.
PLATONE
E
I « MODERATI > ATENIESI
59
cordia interna rivestiva un interesse molto maggiore, in vista della nuova politica egemonica ehe si apprestavano a guidare. Isocrate si occupò dunque sostanzialmente, nel Panegirico, del problema del recupero
dell’egemonia
problema
da
a lui molto
antipersiana
(1°),
Ne
parte
caro,
di
Atene,
quello
risultò
tenendo
dell'unità
un'opera
che
sullo
sfondo
panelleniea
è un
un
altro
in funzione
documento
interessan-
tissimo del contributo dei moderati alla rinascita della potenza ateniese (!?!). In essa i moderati, che pure si erano allineati al programma democratico di ripresa militare, coglievano 1 i per sottoli per bocca di Isocrate, alcuni punti imprescindibili del loro pensiero aid campo della politiea estera: l' impostazione su basi nuove del rapporto eon gli alleati, con la eostituzione di una ἡγεμονία che prendesse le distanze dall'dozj del V secolo (80-81) (153); la collaborazione con Sparta nell'assumere l'egemonia, allo scopo di raggiungere 1’ ὁμόνοια fra i Greci, eon la ripresa del programma eimoniano di divisione delle sfere d'influenza (15 ss:; 85; 188) ('%); la costituzione di una federazione antipersiana, che identifichi il vero nemieo di Atene non in (100) Del problema, Isoerate si era già occupato nell’Elena: v. A. KENNEDY, Isocrates" Encomium of Helen: a panhellenie document, « Trans. Proc. Amer. Philol. Assoc.»
LXXXIX
(1958)
pp.
77-83.
Sul
problema
del
panellenismo
isoerateo
è
sempre utile il già citato lavoro del KESSLER, /sokrates und die panellenische Idee; più di recente v. G. BockiscH, Der Panhellenismus bei Isolrates und Demosthenes, Aetes XII Conf. Int. Et. Class, Eirene, Amsterdnm 1975, pp. 239-46. (101) V. M. PAVAN, La grecità politica da Tucidide ad Aristotele, Roma 1958, p. 79 ss. Ha giustamente notato la Mossfé, Aspects sociaur et politiques ..., p. 410 ss, che l'atteggiamento di Isoerate, acceso difensore dell'egemonia ateniese nel Panegirico e antiimperialista nel Sulla pace, è perfettamente coerente se si considerano
gli
interessi
delle
classi
medie
possidenti
nei
due
diversi
momenti
sto-
; queste classi, di cui Isoerate è tanto spesso il portavoce, nella prima metà del Iv secolo avevano tutto da d dal ristabili della potenza ateniese, e quindi potevano ben trovarsi sulla stessn linea dei democratiei; gli interessi dei due gruppi sono invece contraddittori nel 356/5. (192) Notevole, per l'approfondi o della prol ica relativa alla dialettica tra ἡγεμονία c ἀρχή, il esito di E. BucHwER, Der Panegyrikos..., già eitato pià sopra. (103) Cfr. Thue. I, 102; Plut. Cimon. XVII. V. E. BUcuwEm, Der Panegyrikos..., pp. 96 e 151; K. BRINGMANN, Séudien..., pp. 32-33. Non deve ingannarei, a questo proposito, il duro attacco che Isoerate rivolge, nei parr. 110-128, alla politica svolta da Sparta nei primi vent'anni del IV secolo; la stessa rinascita di Atene si era basata sull'abile sfruttamento propagandistico dei rimproveri che si potevano muovere a Sparta per la durezza del suo dominio e per il
60
C. BEARZOT
Sparta e negli altri Greci, ma nel barbaro (129 ss.; per il rifiuto della pace
di Antaleida
v. 120-121
e 175-180)
(19%).
zione dei rapporti internaL'appello isocrateo per una organi zionali che desse ad Atene un ruolo di vera ἡγεμονία, e non di ἀρχή, non restó senza effetto: il decreto di Aristotele costitui effettivamente la lega secondo prineipi non lontani dal pensiero moderato (!%). La posizione collaborazionista assunta da uomini come Isocrate si dimostrava, dunque, politieamente feconda. Ma, ancora una volta, essa non ottenne il eonsenso di Platone. Quando pubblicó il Menesseno, di eui si può dire solo che è posteriore al 386 (!), Platone doveva già essere
totale asservimento delle città da essa eontrollate; fatti di fronte ai quali Isoerate aveva buon gioco a difendere la «mitezza » dell'doz;) ateniese del V secolo (ibid. 100-109). V. P. CLocnuf, Isocrate et la politique. lacédémonienne, « R. Et. Ane.» XXXV (1933), p. 129 ss.: L. Bonis, Isoerate et Thucydide, Mél. Glotz I, Paris 1932, pp. 93-102, dove si avanza l'ipotesi ehe Isoerate si sia ispirato, per i parr. 100-109, all'apologin tucididea di Atene (Thue. I, 73 ss.); J. T. CHAMBERS, The fourth-century Athenians® view of their fifth-century empire, « Par. d. Pass.» XXX (1975), p. 177 ss. Tale difesa era, per Isoerate, un fatto puramente strumentale: egli aveva in mente un tipo di confederazione panellenica impostata ben diversamente. Del resto, il presupposto fondamentale ἀ0}} ὁμόνοια tra i Greci è in Isoerate la riconciliazione tra Atene e Spar omentazione mira a eonvineere le città rivali a ἰσομοιοῆσαι ποὸς ἀλλήλας καὶ τὰς ὃ" ἡγεμονίας διελέσϑαι (ibid. 17). V. E. BucensER, Der Panegyrikos .... passim, in particolare pp. 150-5; K. BRINGMANN, Studien ..., pp. 28-46. (104) L'argomento, oltre ad essere molto utile sul piano propagandistieo, dato che la lotta contro il barbaro poteva dare alla lega una motivazione unitaria e una
eerta
coerenza
interna,
era
anche
un
preciso
interesse
dei
moderati,
che
non
avevano gradito la pace del Re e preferivano vedere nella Persia, piuttosto che in Sparta, l’antagonista principale. Sulla lotta antipersiana come vecehio programma conservatore e come modo per appianare le tensioni Atene-Sparta, v. E. BUCHNER, Der Panegyrikos..., pp. 95-108. Di fronte ai radicali che auspieavano una guerra sui due fronti, contro Sparta e contro In Persia, i moderati rifiutavano la lotta antispartana come scopo finale della lega, privilegiando il fronte antipersiano. (105) V. anche H. Popp, Zum Verhältnis Athens zu seinen Bündern im attischdelischen
Seebund,
« Historia»
XVII
(1968),
p.
436
ss.;
e il mio
articolo
Callistrato
€ i moderati ateniesi..., p. 11. (106) Per la data v. L. MERIDIER, in Platon, Zon..., p. 82; per l'autenticità v. id., ibid. pp. 77.8. Entrambi i dati sono stati generalmente aceolti dalla eritiea recente. V. contra A. MOMIGLIANO, 7/ Menesseno, « ἢ. Filo). Istruz. Class.» N.S. VIII (1940), pp. 40-53, ehe lo ritiene opera di un retore di parte lisiana, seritta dopo il 347 con intenti critici nei confronti della teorin dell’ αὐτοσχεδιάζειν e ispirata al Menesseno di Antistene.
PLATONE
E I « MODERATI
» ATENIESI
61
informato dei temi principali del Panegirico, in gestazione da qualche anno; e in questo dialogo egli manifesta un deciso dissenso nei confronti di qualunque politica imperialista, anche se, scegliendo l'arma dell' ironia piuttosto che quella dell'attaeeo diretto, egli mostrava certamente una minore intransigenza, Il vero significato del Menesseno è stato ampiamente dibattuto dalla
critica
(19);
c’è
chi
ne
pone
in
evidenza
il carattere
ironico
e
satirico, e lo considera una presa di posizione antiretorica, condotta attraverso la caricatura dell'epitafio tradizionale, e chi invece lo ritiene un tentativo di mostrare come il genere dell’epitafio potesse venire seriamente rinnovato: «un epitafio ideale per un’Atene ideale»(!9). In realtà mi sembra difficile che Platone abbia inteso, con il Menesseno, dare una lezione di retorica. Già l'inizio del dialogo, con l’attaeco ironico di Socrate agli oratori (234€ ss), accusati di pronunciare epitafi bell'e pronti, earichi di lodi tanto incredibili quanto seontate, che stregano l'aseoltatore fino al punto di fargli perdere il senso della realtà, non lascia dubbi sul presupposto antiretorico che muove Platone; ad ogni modo, Platone fa sottolineare a Menesseno che 1 ironia esiste, e sgombra così il campo da ogni possibile equivoco: "dei ob προσπαίζεις, i Σιόκρατες, τοὺς δήτορας (235 c). Il fatto, poi, che il discorso sia fatto risalire ad Aspasia (235e ss) mi sembra un’ulteriore conferma che l’epitafio platonico va inteso in senso ironico; non si capisce perché Platone dovesse collegare una propria presa di posizione politico-eultu-
Die v.
(107) Per il significato ironico del Menesseno, già sostenuto da P. WENDLAND, Tendenz des platonischen Menerenos, « Hermes» XXV (1890), pp. 171-95, L.
ME£RIDIER,
in
Platon,
/on...,
p.
74
ss.;
ἢ.
LEISEGANG,
« Platon»...,
eol. 2427 ss. Per il parere contrario v. invece G. SCHIASSI, La questione del Menesseno platonico, « Rend. Ist. Lomb.» XCVI (1962), pp. 37-58 (eon bibliografia precedente, in particolare p. 55.) dove si sostiene la profonda serietà dell'epitafio, pur rieonoseendo il earattere ironico dell'inquadramento dialogieo, sulla seorta di P. FRIEDLANDER, Platon, v. II, Berlin 1957, p. 201 ss.; R. HakpER, Plato und Athen, «N. Jahrb. f. Wiss. u. Jugendbild.» N (1934), p. 492 ss.; N. SCHOLL, Der platonische Menerenos, Roma 1959; I. voy LOWENCLAU, Der platonische Menexenos, Stuttgart 1961. (108) E” il titolo del capitolo che L. STEFANINI, Platone..., p. 69 ss. dedica al Menesseno. In quest'opera Platone avrebbe voluto dimostrare la propria capacità di utilizzare la dialettiea in senso pedagogico-politieo, fornendo un «prova retorica » a sfondo filosofico-politieo: v. anche K. HILDEBRANDT, Platone ..., p. 170 ss., che lo ritiene un tentativo di «riconeiliazione» con Atene dopo la prima esperienza siracusana.
62
C. BEARZOT
rale con la compagna di Pericle. L'attribuzione ad Aspasia si spiega invece bene, ed è anzi molto indieativa, se l' intento è quello di attaccare la tradizione democratica dell'epitafio. L'elogio funebre si prestava
a diventare,
sulla
bocea
di un
abile oratore,
un ottimo
strumento
di propaganda politica; Pericle, secondo quanto leggiamo in Tucidide (II, 35-47), ne aveva fatto un vero e proprio elogio dell’Atene demoeratiea; e Isocrate, nel Panegirico, stava sviluppando ampiamente j temi dell'epitafio in piena aderenza alla tradizione democratica (pur senza
rinunciare
a
qualche
spunto
personale).
Molti
passi
del
Menes-
seno fanno effettivamente pensare che Platone volesse da una parte parodiare gli elogi del tipo dell’epitafio di Pericle, cui egli si richiama indubbiamente (236 b) (ΠῚ e ehe certamente imita, o di quello di Lisia (oraz.
II
del
corpus
lisiano)
(!9):
dall'altra
attaccare;
se
pure
senza
eccessivo astio, la posizione di un Isocrate, ehe, dopo essersi allineato alla politica democratica, stava ora scrivendo, per sostenerla, un elogio di Atene in termini estremamente tradizionali. Platone
ripercorre,
con
ironica
pedanteria,
tutti
i temi
classici
del-
l'elogio: l’autoctonia, l'amore riservato dagli dei all'Attiea, le mitiche imprese di Atene: temi ben noti della propaganda filoateniese, in particolare di quella democratica, e presenti nell'epitafio di Periele, in quello lisiano, nel Panegirico di Isocrate, dove avrebbero trovato svi-
(199) Le rispondenze tra il Menesseno platonico c l'epitafio perieleo in Tucidide sono state aceuratamente studiate dal BERNDT, De ironia Menexeni Platonis, Münster 1881, p. 3 ss. Per una analisi filologiea parallela dei due testi v. K. OPPENHEIMER, Zwei attische Epitaphien, Diss. Berlin 1933. Sul rapporto fra i due testi v. di recente, K. GaisER, Das 8 lell des Thukydides. Zur Rede des Perikles für die Gefallenen, Heidelberg 1975, pp. 72-3. (110) M. Bizos, in Lysias, Discours, v. I, Paris 1924, pp. 41-5, sostiene l'autenticità lisiana dello scritto e lo pone dopo il 393; v. anche J. WaLz, Der lysianische Epitaphios, «Philologus» Suppl-Bd. XXIX, 4 (1936). Autentieo, ma non lisiano lo ritiene invece P. Treves, Note..., pp. 275-83. Sui rapporti dell'epitafio di Lisia con il Menesseno platonieo e con il Panegirico isoerateo v. E. BUCHNER, Der Panegyrikos..., pp. 11-4. Chi ha ritenuto che il Menesseno abbia un duplice intento, quello di parodiare la retorica contemporanea e insieme di fornire un esempio di retorica filosofieamente fondata, ha individuato nell’epitafio lisiano ıl bersaglio di Platone: v. A. CRoiser, Sur le Ménezóne de Platon, Mél. Perrot, Paris 1906, pp. 59-63; G. M. LaTrANZI, I! Menesseno e l'epitafio attribuito a Lisia, «Il Mond. Class.» V (1935), pp. 353-60, ripreso in I! significato e l’autenticità del Menesseno, «Par. d. Pass.» VIII (1953), pp. 303-6.
PLATONE
luppo aneora maggiore la
trattazione
della
E I « MODERATI »
(!!!)|. Ma
storia
ATENIESI
63
ciò che ci interessa maggiormente
recente
e
contemporanea,
dalle
guerre
è
per-
siane (239d ss.) in poi. La narrazione, carica di imprecisioni, alterazioni, deformazioni per aggiunta o per omissione, mira a volgere a gloria di Atene tutti i fatti, anche meno nobili, della sua storia politica: lo stesso metodo seguito da Isocrate nella composizione del Panegirico. Il procedimento viene spinto alle estreme conseguenze quando Platone introduce il problema delle guerre sostenute da Atene contro gli altri Elleni durante la pentecontetia (242 a ss.). La responsabilità di queste guerre viene attribuita, con assoluta inverosimiglianza, all’ invidia dei Greci (242 a: πρῶτον μὲν ζῆλος, ἀπὸ ζήλου δὲ pddvos) contro l’incolpevole
Atene,
trascinata
suo
malgrado
in una
lotta fratricida;
e,
seguendo lo stile della propaganda democratica, non si risparmiano agli Ateniesi elogi per averla condotta con coraggio, con giustizia, con amore per la libertà, "Eiigow ἤδη ὑπὲρ τῆς ἐλευϑερίας βοηϑοῦντες πρὸς “Elinvas (242 Ὁ). Ognuno vede come in Platone, che tanto duramente aveva attaccato, nelle sue precedenti opere, la politica imperialistica e l'indifferenza alla giustizia con cui Atene l'aveva condotta, queste parole
non
possono
che
avere
un
significato
pesantemente
ironico
(122).
(111) Per il rapporto fra i temi del Menesseno e la tradizione dell’epitafio v. L. M£rıpIEr, in Platon, Zon..., p. 57 ss. Im particolare, per il rapporto con il Panegirico isoerateo, v. E. Bucuner, Der Panegyrikos..., p. 13 e passim. Sul Menesseno come primo esempio di utilizzazione del mito come paradigma storico, e quindi come antecedente della più ampia utilizzazione isoeratea, v. M. UNTER: STEINER, La fisiologia del mito, Firenze 1972”, p. 421 ss. Sull'uso topico di certo materiale mitografieo negli elogi funebri v. M. P. NILSSON, Culfs, myths, oracles, and politics in ancient Greece, New York 1972, p. 85 ss. (112) A mio parere il riavvicinamento ad Atene dopo la tragica esperienza del 388 e dopo la fondazione dell’Accademia non basta n spiegare un così radicale mutamento del pensiero platonico, qualora si voglia intendere seriamente l’elogio del Menesseno. L'opera, tenendo fermo il suo carattere ironico, può piuttosto rappresentare una ripresa di interesse, da parte di Platone, nei confronti della politica ateniese, anche se in chiave di radicale opposizione, dopo l'esperienza di totale distacco, testimoniata dal Gorgia, che lo aveva condotto a tentare la prima avventura siciliana. Se pure Platone cominciava a guardare più positivamente all’esperienza della sua eittà, se pure aveva scelto Atene come suo nuovo campo d'azione, resta fermo il valore ironico di un intervento come quello del Menesseno: è impensabile che Platone ritenesse politicamente utile unire la sua voce a quella dei tanti panegiristi democratici. Più consono al suo pensiero mi sembra il tentativo di rivelare l'aspetto mistifientorio di certa retorica, favorendo nei concittadini la presa
64
C. BEARZOT
Egli vuole colpire, qui, quell'oratoria democratica che copriva ostinatamente le colpe della democrazia periclea e, insieme, quanti fra i conservatori avevano rinunciato ad ogni opposizione: e fra questi, probabilmente, lo stesso Isocrate, che pure sarà, in anni successivi, uno dei più duri avversari dell’ imperialismo e che, nello stesso Panegirico, mostrava di volere una pacifica egemonia e non 1 ἀρχή dispotica del secolo precedente, ma che, contemporaneamente, giustificava l'impero ateniese (Paneg. 100-110) con toni veramente sorprendenti in bocca ad un moderato. Platone continua a mettere alla berlina la tendenza all’esagerazione ricostruendo la guerra del Peloponneso e la spedizione di Sicilia (242 e ss.)
in chiave
all'impressione
che
sfacciatamente l'elogio
della
filoateniese;
ed
riconciliazione
è difficile nazionale
sottrarsi
(243 e
ss.)
dopo la restaurazione della democrazia, svolto con toni quasi lirici, sia una polemica parodia rivolta contro quanti l'avevano vantata, dagli oratori democratici come Lisia all’Isoerate della Contro Callimaco ; V’aecenno alla ξυγγένεια, che produce φιλία βέβαιος xai ὁμόφυλος (244 a), sembra infine introdurre una puntata ironica contro la politica di eol. laborazione che, dal tempo dell'amnistia, aveva segnato i primi anni del IV secolo (!!?). I passi relativi alla politica ateniese del IV secolo confermano queste impressioni (244 b ss.); le motivazioni addotte per spiegare il comportamento di Atene, modellate sulla peggiore propaganda filodemoeratica, suonano come un pesante attacco alla nuova politica imperialistiea e, quindi, al « collaborazionista » Isocrate, che, nel Panegirico, non è lontano da toni analoghi. Atene, sdegnata con i Greci, si mantiene, nei primi anni, in un orgoglioso isolamento (in effetti, non aveva aleuna possibilità schiavitù.
d'azione); Atene,
e Sparta
richiesta
da
ne
approfitta
Argivi,
Beoti,
per Corinzi
ridurre
la
Grecia
e dallo stesso
in
Gran
di coscienza del valore effettivo della loro esperienza politica. Sul Menesseno come opera di contrapposizione tra enfasi retorica e realtà storica, e quindi come eritiea alla politica di prestigio che questa oratoria propagandava, v. M. PAVAN, La grecità politica da Tucidide ad Aristotele, Roma 1958, p. 67 ss. (113) Non si vuole con ciò dire che Platone non abbia, come tanti altri conservatori, apprezzato la moderazione mostrata dai democratiei dopo la restaura. zione; nell Lettera VII (3251) egli mostra di riconoscerla pienamente: καίτοι πολλῇ ye ἐχρήσαντο oi τότε κατελθόντες ἐπιεικείᾳ. Sulla presenza di una pole mica antiisoeratea nel Menesseno v. già A. E. TavLoR, Platone, L'uomo e l'opera (trad. it.) Firenze 1968, p. 70 ss.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
65
Re (e fu Conone, in realtà, a contattare la Persa), riprende la guerra: non per imperialismo, naturalmente, ma per pietà verso i deboli, ὡς ἀεὶ λίαν φιλοικτίρμων ἐστὶ καὶ τοῦ ἧττονος ϑεραπίς. Un tema della propaganda democratica, quest'ultimo (cfr. Thue. II, 40; ma anche Andoe. III, 28), che Isoerate riprende nel Panegirico (52-53), e ehe rappresenta un'Atene
belligerante
non
per
sete
di
potere,
ma
in
difesa
dei
deboli.
E come critica durissima all' imperialismo risorgente suona la rappresentazione di Atene, tesa alla riseossa contro Sparta e alla conquista del potere sul mare, come salvatriee della Grecia: τοὺς μὲν " EAAgrac αὐτὴ βοηϑήσασα ἀπελύσατο δουλείας, ὥστ᾽ ἐλευϑέρους εἶναι (245 a); un'Atene ehe, dopo la ricostruzione della mura e della flotta, continua la guerra ἐπειδὴ ἠναγκάσϑη πολεμεῖν (ibid.; con pesante ironia, se si pensa che fu proprio Atene a respingere la proposta di paee sostenuta da Andocide nel 392/1), fino a quando, contro la sua volontà, viene costretta all'isolamento per la sua opposizione alla paee di Antaleida (245b ss.) (119), Ad avvenimenti successivi Platone non accenna: e questo ha fatto pensare che il Menesseno sia di pochissimo posteriore al 386. Ma la polemica col Panegirieo isocrateo sembra così precisa e puntuale, che c'è da domandarsi se esso non vada spostato di qualehe anno: Platone potrebbe essersi fermato al 386 perché la pace era l’ultima grande svolta storica eui potesse riferirsi al momento in eui seriveva. Platone, abbiamo detto, poteva conoscere ugualmente, per altre vie, i temi del Pamegirico, che Isocrate stava preparando da tempo: due fra gli uomini chiave della costituzione della seconda lega ateniese, Timoteo e Cabria, oltre ehe vicini ad Isocrate, che nel Panegirieo forniva loro sostegno e suggerimenti, erano anche amici e discepoli di Platone. Dunque non si insisterà sulla data del Menesseno: ma & certo che il dialogo, deridendo i programmi imperialistici del IV secolo e chi li sosteneva, esprime anche un dissenso con l’Isocrate collaborazionista. Eppure, anche nel Menesseno c’è qualcosa che avvicina Platone ad Isocrate: non tanto all'Isoerate di questi anni, quanto a quello della metà del IV secolo, tutto impegnato nel suo tentativo di riforma costituzionale antidemocra(114) Mi sembra perciò che si possa divid 1 interp del Menesseno come pamphlet antiimperialista, sulla linea del Sulla pace di Andoeide, proposta da P. Treves, Note..., p. 135 ss.; anche se la sua datazione al 391/90, a suo tempo sostenuta dal Müller, appare improponibile (pp. 135-6) Sul Menesseno come ripresa delle posizioni antiimperialiste già espresse nel Gorgia v. G. MATHIEU, Les premiers conflits..., pp. Memorie
(Lettere)
- 5
66
C. BEARZOT
tiea. In un epitafio non poteva maneare un elogio del regime politico ateniese: e perció anche Platone si produce in un'esaltazione della demoerazia (237 b ss.) che sta a metà tra il serio e il faceto: “H γὰρ αὐτὴ πολιτεία καὶ τότε ἦν xai νῦν, ἀριστοκρατία, ἐν pj νῦν te πολιτευόμεϑα καὶ τὸν ἀεὶ χρόνον ἐξ ἐκείνου ds τὰ πολλά. Καλεῖ δὲ ὁ μὲν αὐτὴν δημοκρατίαν, ὅ δὲ ἄλλο, ᾧ ἂν χαίρῃ, ἔστι δὲ τῇ ἀληϑείᾳ μετ᾽ εὐδοξίας πλήϑους ἀριστοκρατία (238 e-d). Questo regime, che risale agli antenati e in eui ἐγκρατὲς dè τῆς πόλεως tà πολλὰ τὸ σιλῆϑος (238 ἃ), è fondato
sulla
δίδωσι
meritocrazia
καὶ
κράτος
τοῖς
e sembra del
escludere
δόξασιν
il sorteggio:
ἀρίστοις
εἶναι
τὰς
e ancora:
dè
ἀρχὰς
ὁ
δόξας
σοφὸς ἢ ἀγαϑὸς εἶναι κρατεῖ καὶ ἄρχει (ibid.). Se nei contenuti e nei termini l'elogio ricalea quello di Pericle (cfr. soprattutto la valutazione del concetto di merito e il rifiuto dei limiti imposti alla parteeipazione politiea dall’dodeven, la πενία, l'àyvoaía πατέρων: efr. Thue. II, 37, 1), il pensiero platonico si rivela, nel definire questo regime ἀριστοκρατία, molto vicino al più tardo pensiero isocrateo (Panath. 131; efr. Areop. 20 ss). La formulazione che Platone dà, in questo passo, del governo dell'Atene del IV secolo denuneia il suo carattere ironico se raffrontata alla situazione contemporanea: giaeché l'affermazione che l'Atene del IV secolo si regge su una demoerazia « aristoeratiea » di antiea tradizione, su un governo dei migliori eon l'appoggio del popolo, in eui le cariche sono appannaggio dei piü meritevoli, fa l'effetto di un ironieo paradosso in boeca all'antidemocratico Platone, che non poteva ritenere simili definizioni adeguate alla demoerazia radicale contemporanea. Ma questo elogio ritrova un suo aspetto di serietà laddove, proprio attraverso il gioco dei contrasti, esso presenta per così dire «in negativo» quello che per Platone rappresenta il governo ideale: esso dice in un certo senso ciò ehe la democrazia ateniese del IV non è e che invece dovrebbe essere per Platone, e cioè una democrazia moderata molto simile a quella di Isocrate. Platone riutilizza insomma un elogio democratico per presentare un'idea di democrazia che non ha molto a che fare eon
il eoneetto
un
ideale
di
classico:
quello
«aristocrazia
che
Platone
dell’ intelligenza
ci
presenta »
che
solo
qui
è in
realtà
nominalmente
è demoeratieo. In questa democrazia che ignora il sorteggio e che si regge sull'autorità dei migliori si affaecia un ideale moderato: quello di un «governo dei migliori » con l'appoggio del popolo, quello di un’Zoovonia che cede a chi si distingue ἀρετῆς δόξῃ xal φρονήσεως.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
67
E forse, a questo proposito, si puó consentire eon il Menesseno rivolto a una « Atene ideale» (115).
IB.-
IL
PERIODO
DEL
RIAVVICINAMENTO:
LA
quanti
ritengono
REPUBBLICA
Con la presa di posizione del Menesseno, Platone antieipava, in qualche modo, il clima culturale del periodo callistrateo, che fornì ad Isocrate l’atmosfera favorevole per ritrovare la propria identità politica e culturale e avviare, se pur timidamente, il suo progetto antidemocratico: un periodo di revanche moderata ehe, col venir meno dei problemi relativi all’atteggiamento da tenere nei confronti della dominante democrazia, favorì il comporsi dei dissidi che dividevano Isocrate e Platone. Isocrate, nelle opere di questo periodo (375-365 eirca), forniva già notevoli anticipazioni della tematica costituzionale antidemoeratiea che
sarà
al
centro
della
sua
produzione
alla
metà
del
IV
secolo
(11).
La sua pubblicistica è diretta, in questi anni, soprattutto a sostenere la politica estera di Callistrato; e perciò il problema della riforma dello stato restava ancora un progetto da discutere e da studiare, in attesa che le condizioni storiche indebolissero le strutture democratiche (il che avverrà proprio alla metà del secolo, con la crisi suecessiva alla guerra sociale). Questa problematica politica fu ampiamente elaborata e discussa, con ogni probabilità, nella scuola di Iso(115) V, R. Harper, Platon und Athen..., p. 497 ss.; P. GIUFFRIDA, Valore e significato del Menesseno, «Giorn. Crit. Filos. It.» XXVIII (1938), pp. 39-65, 126-46, 169-84. Un ritorno alla serietà nella parte finale dell'opera non si può escludere: nell'esortazione rivolta dai eaduti ai figli (246 d ss.) si rilevano infatti aspetti importanti del piü genuino pensiero platonieo. Laddove si afferma che la conoscenza disgiunta dalla giustizia non è cogía, ma πανουργέα (2472), il richiamo alla tradizione ateniese si fonde con le nuove concezioni platoniche. Ciò conferma a mio parere la possibilità che nel passo costituzionale, accanto alla parodia tucididea, si possa individuare il nueleo di un pensiero politico autentieamente platonico. V. L. M£RIDIER, in Platon, Jon ..., p. 71 ss. Sull’accostamento, nel Menesseno, tra reazione nlle deformazioni operate dalla retorica (excursus storico) e ribadimento dei valori etico-civili che l’oratoria sa trarre da tali deformazioni (esortazione finale) v. M. Pavan, Il momento del ‘classico’ ..., p. 389 ss. Da ultimo v. anche M. M. Plato's M: and the distorsion of history, « Aet. Class.» XVIII (1975), pp. 25-46. (116) V. il mio articolo Isocrate e il problema della democrazia ..., pp. 118-9.
68
C. BEARZOT
erate come in tutti gli ambienti della cultura moderata. Allora, quale contributo diede Platone a questa riflessione politica, che cercava il mezzo più efficace per abbattere la democrazia senza rivoluzioni cruente, servendosi di una serrata propaganda e utilizzando le stesse strutture
democratiche?
E'
molto
significativo
che
la
critica
moderna
collochi generalmente il completamento della redazione della Repubblica tra il 375 e il 370 (117). La grande opera platonica, che pure si colloca su un piano lontanissimo dalla prassi politica conereta, presenta consonanze notevoli con i temi antidemocratici del più tardo pensiero isoerateo: e c’è quindi da domandarsi se anche Platone, con la pubblicazione della Repubblica, non abbia fornito qualche spunto di riflessione a quanti stavano preparando, da lontano, la lotta contro la democrazia. Lo sdegnoso isolamento in cui Platone si era tenuto negli anni della collaborazione non aveva più ragione di essere: i moderati, usciti
dall'ombra,
stavano
ottenendo
notevoli
successi
e avevano
deter-
minato l’eclissi quasi totale del gruppo avversario; nel 371, la pace eon Sparta aveva finalmente realizzato una vecchia aspirazione eonservatrice. Si è visto che gli interventi di Platone nei confronti delle posizioni assunte dai moderati (e in particolare del loro portavoce Isocrate) erano sempre stati, più o meno benevolmente, eritiei: Platone, abbastanza divideva
la
vicino prassi.
a costoro Anche
dal la
punto
di
Repubblica
vista
ideologico,
è, a suo
modo,
non un
ne
con-
intervento
critico. L'ambiente moderato non mancava di pragmatisti: Isocrate ne è l'esempio migliore. Platone volle dare il suo contributo ponendo, di fronte a costoro, un termine di confronto forse utopico, forse troppo elevato, ma situato su quel piano ideale che gli altri mostravano di non tenere in sufficiente considerazione. Platone riteneva che la ereazione di un ordinamento politico fosse la forma più alta di pensiero: πολὺ dè ueyionj... καὶ καλλίστη τῆς φρονήσεως j περὶ τὰς τῶν πόλεών τε καὶ οἰκήσεων διακοσμήσεις, 3} δὴ ὄνομά ἔστι σωφροσύνη te καὶ δικαιοσύνη
(Symp.
eulminante la
veste
della
209a); propria
dell'intellettuale
non
è
improbabile
riflessione eritico,
del
politica, teorico
che, egli puro,
giunto abbia di
al
voluto fronte
punto darsi ad
un
movimento che si muoveva invece nella coneretezza della lotta politica;
(117) Per questa datazione della Repubblica blique, v. I, Paris 1932, pp. CXXII-OXXXVIII; v. G. ConLr Lo sviluppo..., pp. 190-2.
v. A. Diès, in Platon, La Répuper un ampio status quaestionis
PLATONE
e che sembrava forma
dello
stato.
l’unica
E I & MODERATI > ATENIESI
forza
Cosciente
69
in grado di attuare, del
fatto
che
la sua
un giorno, una ri-
proposta
non
era
con-
cretamente realizzabile, egli non rinunciò tuttavia a presentarla ad Atene: essa poteva servire da stimolo e da riferimento ideale a quanti preparavano questa riforma. Più tardi, Platone si piegherà ad offrire alle
forze
antidemoeratiche
una
collaborazione
più
concreta
e fattiva :
le Leggi, composte verso la metà del IV secolo e quindi contemporanee alle
opere
principali
di
Isocrate,
rappresentano,
come
vedremo,
un
contributo molto più preciso e più utilizzabile dal punto di vista pratico per chi doveva progettare una nuova costituzione, Ma, in questo periodo, gli interessi politici di Platone sono ancora legati ad un piano di pura idealità: l'avvieinamento alla concretezza della realtà politica verrà soltanto in età più avanzata. 1. - Platone e i moderati ateniesi: gli interventi politici. Fortunatamente, qualche indizio ei aiuta a dar corpo all’ ipotesi di un Platone legato da simpatie agli esponenti del moderatismo e disposto, in qualche caso, a gesti di concreta collaborazione. Si è già ricordato il legame che univa Platone a Timoteo, l'aristoeratieo discepolo di Isocrate, valente stratego e vanto di quanti auspieavano una politica estera ispirata a principi moderati; uomo di grande importanza, nonostante il temporaneo esilio cui fu costretto, del moderatismo
ateniese
del
IV
secolo
(Cie.
Tusc,
V,
100;
Athen.
X,
419ἃ; Ael.
V. Hist, TI, 10). Né va dimenticata, a questo proposito, la grande amieizia di Platone col proprio discepolo Cabria, più volte stratego, in questi
anni,
con
Timoteo
e
Callistrato;
uomo
d’arme
collaboratore fedele della politica estera callistratea 32,
1126 e)
(118),
Attraverso
Cabria,
stabilì
un
saldo
di
valore,
fu
(Plut. Adv. Colot. legame
eon
Pla-
tone anche il più giovane Focione, il grande stratego avversario del democratico Carete, strettissimo collaboratore di Eubulo; discepolo dell’Aceademia, egli fu legato al filosofo e al più anziano collega da grande amicizia (ibid.: Plut. Phoe. IV; VI-VII) Molteplici, dunque, i rapporti ehe legano Platone all'ambiente moderato: aleuni degli uo(118) V. il giudizio favorevole dell'isoerateo Eforo, in Diod. XV, 29, 2: ἄνδρα xai φρονήσει καὶ συνέσει στρατηγικῇ διάφορον καὶ δόξαν ἐπ᾽ ἀρετῇ μεγάλην περιπεποιημένον ; anche XV, 69, 1; 88, 2. Per la posizione sociale di Cabria v. T. K. Davies, Propertied families. .., pp. 560-1.
70
C. BEARZOT
mini piü in vista del movimento furono vieini al filosofo, vuoi per legami di amicizia, vuoi per un vero e proprio rapporto di discepolato all' interno dell'Accademia. a) La difesa di Cabria. Ma c’è qualcosa di più. Una notizia di estremo interesse ci testimonia un intervento diretto di Platone a sostegno dell'amieo Cabria e, indirettamente, del gruppo politico cui egli apparteneva, Nel 367/6, mentre Cabria rivestiva la carica di stratego, un colpo di mano dei Tebani aveva strappato ad Atene Oropo (Schol. Aeseh. III, 85): sospettato in
un
legato
di
tradimento,
processo ad
egli
intentato
Aristofonte
loro
venne da
(Demosth.
coinvolto
Leodamante, XXI,
64
et
con
Callistrato,
un
democratico
schol;
Aristot.
nel
365,
radicale Rhet.
I,
7, 1864 ἃ 19) (!!9) Diogene Laerzio (III, 23-24) riferisce che Platone volle, unico in Atene, assumere le difese dell'amico Cabria: il demagogo Egesippo, detto Crobilo, avrebbe tentato invano di dissuaderlo, minaceiandogli la stessa fine di Socrate (130). Cabria, come si è detto, era discepolo dell’Accademia: e l' intervento di Platone si spiega bene se si pensa al valore che egli attribuiva al legame della φιλία accademica ('*!), Ma certamente ci troviamo di fronte ad una presa di posizione politiea nei confronti di Callistrato e del suo ambiente: (119) L'azione di Leod. te e del suo di Filostrato, ambedue uomini di parte democratico-radicale, legati ad Aristofonte, era diretta prineipalmente contro Callistrato e segnò la fine della sua carriera, nonostante l'assoluzione che egli riusel a strappare (Plut. Demosth. V). Leodamante, forse discepolo di Isoerate (Vit. X orat. 837 d) e noto come oratore di tendenze filotebane (Aesch. III, 138; Xen. Hell. VI, 3, 2), era amico del demagogo Egesandro (Aesch. I, 69 ss.; 111 et Schol) e già nel 376, subito dopo Nasso, si era opposto alla concessione di onori a Cabria, vincitore della battaglia (Demosth, XX, 146; Xen. Hell. VI, 2, 39). Filostrato era invece un amico di Lisia (Demosth. XXI, 64; Ps.-Demosth. LIX, 22). (120) Egesippo di Sunio, detto Crobilo, fratello del demagogo Egesandro, fu uomo politieo di parte demoeratiea molto in vista, ostilissimo alla Macedonia (Aesch. I, 64; 71). Collaboratore di Demostene e di Iperide (Demosth. XIX, 72), è probabilmente l'autore dell’orazione VII del corpus demostenieo Περὶ "Akovrnoor. (121) La φιλέα accademica può considerarsi im un certo senso un legame di tipo eterico, in eui si riuniscono gli aspetti diversi dell’amicizia personale, della comunione di ricerca scientifica e dell'identità di programma politico. La questione è stata trattata in modo esauriente da I. SARTORI, Platone e le eterie, « Historia» VII (1958), pp. 157-71; la conelusione è che Platone, per quanto di na scita aristocratica, fu ostile ad ogni azione politica rivoluzionaria condotta attra-
PLATONE
E
I « MODERATI »
ATENIESI
1
tanto piü importante, in quanto si poneva in un momento di riscossa della democrazia radicale, quando mettersi a fianeo di uomini che stavano cadendo in disgrazia poteva rappresentare un pericolo (e la minaeeia di Egesippo ne dà perfettamente la misura). Lo stesso Isocrate, sempre attento osservatore delle situazioni politiche, si chiuse con la disgrazia di Callistrato in un silenzio ehe nemmeno il ritorno di Timoteo dall'esilio riusei a rompere, e da eui usei solo dopo la guerra sociale e la crisi dei democratici (133), Il che permette di valorizzare pienamente il signifieato della presa di posizione di Platone b) La legisl
di Megalopoli,
Ancora due notizie ci testimoniano un concreto coinvolgimento di Platone e della sua scuola eon la politica callistratea (??*). La prima verso le consorterie di tipo oligarchico, ma considerò nel suo giusto valore la cooperazione onesta per fini politici: «il filosofo è avverso all’eteria come fazione o congiura, mentre giudiea lodevole la collaborazione tra amici per un superiore ideale politico » (p. 170): cd è probabilmente questo il caso «del rapporto Platone-Cabria. M. IsNaARDI PARENTE, Teoria e prassi nel pensiero dell’Accademia antica, « Par. d. Pass.» X (1956), pp. 401-6 (riprendendo quanto già abbozzato in un precedente lavoro, TI! concetto di philia nella storia della società greca, «Quad, Cult. St. Soc.» II] (1954), p. 264 ss.), ha messo in luce la valenza politica del legame di q:àía, nel pensiero platonico e in particolare nell'organizzazione dell’Accademia: la seuola platonica si eonfigura infatti, fin dall'inizio, come me dell elasse dirigente ideale della Repubblica, e anzi tentativo di attu come uniea possibilità di dare un aspetto concreto n qu a ideale comunità filosofica, legata da profondi vineoli di φελέα, avente immediata funzione dirigente (v. in particolare p. 405); v. anche Studi recenti..., pp. 273-4. Oltre che amico di Platone, Cabria era forse anche legato ad Isocrate attraverso Evagora, presso cui aveva combattuto nel eorso di una gna dal 388 al 386: Xen. Hell. V, 1, 6; Demosth. XX, 76; Polyaen. III, 11, 12; Diod. XIV, 98, 3-4; Corn. Nep. Chabr. II, 2; Hesyeh. 'Poíxov κριϑοπομπία. (122) V. C. BEARZOT, Callistrato ..., | 27. 37. (123) Per gli episodi che seguono, va ricordato che l'Aecademia, orientata verso i problemi della prussi politiea oltre ehe della teoria, divenne presto un punto di riferimento per stati bisognosi di consigli in materia legislativa e costituzionale: per i numerosi episodi noti a questo proposito v. P. M. ScHUHL, Platon et l'activité politique de l'Académie, « R. Et. Greg.» LIX-LX (1946-47), pp. 46-53. Nell’Aceademia & pereiö vivo, fin dall'inizio, l'interesse a tradurre nella eoneretezza dei fatti l'insegnamento politico di Platone. V. anche C. B. ARMSTRONG, Plato's Academy ..., pp. 102-6; M. Pavan, 1 momento del ‘classico’ ..., p. 425 ss.; M. ISNARDI PARENTE, Nomos e basileia ...., p. 405 ss.; ead., Studi recenti..., p. 280 ss.
172
C. BEARZOT
riguarda l'appello che Arcadi e Tebani gli rivolsero, al momento della fondazi di Megalopoli, perehé desse una legislazione alla eittà (Diog. Laert. III, 23; Ael. V. Hist. II, 42; Plut. Adv. Colot, 32, 1126 e) (124). Dopo Leuttra, Epaminonda aveva proseguito la sua politiea antispartana attraverso sistematici interventi nel Peloponneso, che miravano a staccare dall'alleanza con Sparta i popoli della lega. Una delle sue azioni
più
appunto
efficaci
alla
fu
il sostegno
fondazione
di
dato
Megalopoli
al
sineeismo
(Diod.
XV,
arcade, 72,
4:
che
con
portò
un
tono
antiareadico che deriva probabilmente dal giudizio di Eforo ed esprime bene l'astio degli ambienti moderati ateniesi per questo ennesimo suecesso tebano) mesi
dopo
Hist,
239
(75),
in un anno
Leuttra, Marm.
per
Par,
Arcadi, attaccati da rivolti ad Atene per politica callistratea, strinse gli Arcadi a l'oeeasione
(Xen.
73;
ss.;
49
ss.;
51
368
VIII, per
intorno 27,
il
già
8;
al 370 370/68
citato
(371/70, seeondo
Diodoro)
pochi F.
Gr.
(!?9).
Gli
Sparta poco dopo la pace del 371/70, si erano ottenere aiuto; ma Atene, legata a Sparta dalla non volle intervenire contro l'antica rivale e corivolgersi a Tebe, che fu ben contenta di cogliere
Hell.
VI,
eui la legava una συμμαχία, 33
imprecisato
Pausania, F
ss):
5, 23).
Atene
intervenne
a fianco
contro Arcadi e Tebani
l'intervento
di
Epaminonda
di Sparta,
(Xen. Hell. VI, 5. nella
faccenda
di
Megalopoli assumeva così anche un valore antiateniese, oltre che anti(124) Diogene Laerzio attinge la notizia da Panfila; alla stessa fonte, attraverso Favorino, si rifà probabilmente Eliano, che tuttavia ha riassunto meno di Diogene Laerzio la notizia originale. Ad altra tradizione risale forse Plutarco: v. O. REGENBOGEN, « Pamphila », R.E. XVIII (1949), col. 315. (125) E? uno dei motivi che induce a respingere l'ipotesi del Duzanié, The Arcadian
league
of
the
fourth-century,
Beograd
1970,
p.
280
ss.;
L'Académie
de
Platon et la paix commune de 37T av. J.-C., « R. Et. Greeq. » XCII (1979), 319-47; seeondo eui l'ispirazione alla costituzione della lega e alla fondazione di Megalopoli venne non tanto da Tebe, quanto da Atene, e più precisamente dal circolo di Timoteo, sul piano politico, da quelli di Isoerate e Platone, sul piano culturale: l'aseesa di Callistrato avrebbe impedito una ulteriore collaborazione tra gli Arcadi e Atene, lasciando a Tebe l'iniziativa. Non eredo, in realtà, ehe i moderati ateniesi avessero interesse a favorire gli Areadi, né che Callistrato vada seisso dall'azione di Timoteo e di Isoerate: v. il mio articolo Callistrato e i moderati ateniesi..., passim, (126) Per i problemi relativi alla fondazione di Megalopoli mi limito a citare gli studi più recenti: S. Du The Arcadian league . , p. 317 ss.; H. ΒκλυNERT-T. PETERSEN, Megalopolis: Anspruch und Wirklichkeit, « Chiron » II (1972), pp. 57-90; M. MoeGI, Il sineeismo di Megalopoli, «Ann. Se. Norm. Sup. Pisa» s. III, IV (1974), pp. 71-107; E. LANZILLOTTA, La fondazione di Megalopoli, «R. Stor. Ant.» V (1975), pp. 25-46.
PLATONE
E I « MODERATI
» ATENIESI
spartano. In questa situazione, la richiesta all'ateniese Platone di divenire νομοϑέτης della nuova fondazione si spiega soltanto col fatto che Epaminonda, legato al circolo pitagorieo tebano, poteva avere, attraverso
uomini
come
Liside,
Simmia,
Cebete,
Filolao
(Iambl.
V.
Pyth.
250; Plut. Pelop. III, 3; IV, 1; Plat. Phaedon. passim; Diog. Laert. II, 15-16; Plut. De gen, Socr, 2; 13-16), rapporti indiretti con Platone: e Diogene Laerzio ed Eliano concordano infatti nel mettere in primo piano, nella richiesta a Platone, l'iniziativa tebana (37). Plutarco invece parla solo degli Arcadi; e la tradizione da lui riportata differisce anche in quanto narra ehe Platone accettò di collaborare, inviando il
discepolo
Aristonimo
διακοσμήσοντα
τὴν
πολιτείαν.
Le
altre
fonti
riferiseono invece di un rifiuto di Platone, particolarmente interessante per diversi motivi. In primo luogo, il diniego mostra ehe Platone, nonostante i suoi legami col circolo pitagorico tebano, non volle sostenere in alcun modo una fondazione che rappresentava un grande suecesso
per
Tebe
e che
si
poneva
esplicitamente
contro
Sparta:
inseren-
dosi perfettamente, in questo modo, nella politica moderata, che aveva mantenuto un atteggiamento ostile nei confronti di Tebe e che era riuscita a riportare Sparta alla collaborazione con Atene. Vale la pena di ricordare che questo atteggiamento, antitebano e filospartano insieme, è lo stesso tenuto da Isocrate nel Plataico e nell Archidamo, due opere che
egli
aveva
particolare
dedicato
l’Archidamo
al
sostegno
Epaminonda,
Re
dell' indipend
il riconoscimento
dell'azione
manifestava
niesi verso l'azione di
che
di
Callistrato
l'intolleranza nel
dei
367 aveva
di
Messene
(!?5).
moderati
In
ate-
ottenuto dal Gran
(Xen.
Hell.
VII,
(127) V. M. FoRrTINA, Epaminonda, Torino 1958, p. 39 ss. Nonostante la vivace ostilità contro Tebe, ehe è viva soprattutto nell'ambiente moderato (nella politica di Callistrato, nella pubblicistica di Isocrate), la figura di Epaminonda è cireondata dal massimo rispetto in questi stessi ambienti, come mostra l'esaltazione che ne
fa
l'isoerateo
Eforo
(in
Diod.
XV,
39
-3).
Non
è
da
eseludersi
che
gli
indi-
retti legami con Platone abbiano favorito il formarsi di questa tradizione, in cui l'elemento dell’ interesse filosofico (pitagorico) di Epaminond: ha notevole rilievo; e
ne è
indizio
l'ammirazione
ehe
Fedro,
nel
Simposio
platonico
(178
e
179 a),
ma-
nifesta per il battaglione sacro tebano: v, K. HILDEBRANDT, Platone ..., pp. 244-5. (128) V. €. Brarzor, Callistrato..., pp. 18-9 e Non è impossibile riconoscere un atteggiamento analogo nelle Leg; i platoniche, laddove (III, 683 € ss.) all’esaltazione di Sparta fa riscontro la consider: one nega di Argo e di Mes. sene: una precisa scelta platonica nel campo della politie estera, per noi particolarmente significativa.
14
C.
BEARZOT
1, 36): un successo di grande importanza per Tebe, ma un fatto gravissimo per Sparta; nei distiei iscritti sulla statua di Epaminonda veniva accostato alla fondazione di Megalopoli come impresa fra le più notevoli del «liberatore di tutta la Grecia» (Paus. IX, 15, 6) (129) Le due imprese, accostate nella glorificazione di Epaminonda, furono ugualmente combattute dai conservatori ateniesi: è notevole ricordare che uno degli ultimi interventi politici del già decaduto Callistrato furono le ambascerie che, intorno al 362, egli svolse proprio presso i Messeni e gli Arcadi, per riportarli nell'orbita ateniese (Corn. Nep. Epam. VI; Plut. Apophih. 193e: Praec. ger. reip. 810f; Aristot. Rhet,
III,
17,
1418 b 9).
Isocrate
e Platone
non
gli
avevano
fatto
man-
eare, a suo tempo, la loro collaborazione. In secondo luogo, la notizia & interessante per la motivazione con cui è spiegato il rifiuto di Platone. In Diogene Laerzio è detto semplieemente: ὁ δὲ μαϑὼν ἴσον ἔχειν οὐ ϑέλοντας οὐκ ἐπορεύϑη. Platone avrebbe insomma deelinato l'offerta perché gli Arcadi non garantivano un effettivo rispetto dell'uguaglianza (159). Eliano invece è più ampio, e riferisce di un dialogo con gli ambasciatori cui Platone chiede informazioni sul concetto di uguaglianza che intendevano applieare: Πῶς ἔχουσι πρὸς τὸ ἴσον ἔχειν ἅπαντες ὃ Platone, accortosi di quanto gli Arcadi fossero lontani da una giusta idea di uguaglianza e non essendo riuscito a convincerli a τιμᾶν τὴν ἰσονομίαν, declina l' invito. L'insistenza di Platone a proposito dell’ioor ἔχειν è solo apparentemente oscura, Platone, naturalmente, non richiede qui 1’ /novogia in senso democratico: tanto più che Megalopoli fu effettivamente realizzata come democrazia (!). Il fatto è che, per Platone (come del resto
(129) Questo il testo dell’epigramma: ἡμετέραις βουλαῖς Σπάρτη μὲν ἐκείgato δόξαν, Meooyn δ' ἱεοὴ τέκνα χρόνῳ δέχεται Θήβης δ᾽ ὅπλοισιν Meydin πόλις ἐστεφάνωται | αὐτόνομον δ᾽ “Ella πῦσ' ἐν ἐλευϑερίῃ. (130) L'espressione ἔσον ἔχειν non vi intesa, io credo, come «uguaglianza di proprietà », ma come sinonimo di /eorouía, nel senso già usito da Euripide nella sua formulazione delli teoria demoeratiea (Suppl. 408: ἀλλὰ χὠ πένης ἔχων ἴσον). (131) Sul carattere democratico della costituzione di Megalopoli v. 5. DUSANIE, The del
Arcadian Du&anié,
league..., ehe
dalle
p.
343.
Non
testimonianze
eredo in
tuttavia
nostro
trae argomento per dire che gli fu richiesta poli (eui Platone rifiutò di collaborare), ma
di
possesso,
poter in
accogliere parte
l'ipotesi
eontraddittorie,
non solo la eostituzione di Megaloanche quella dell'intera lega arca-
PLATONE
per Isocrate),
1' ἰσονομία
E
non
1 « MODERATI
aveva
nulla
»
ATENIESI
a che
75
fare con
la democrazia:
essa era piuttosto quella forma di uguaglianza geometrica fondata sulla meritocrazia, e lontana perciò dall'egalitarismo democratico. Se nella formulazione
erodotea
(III,
80,
25-31)
?oovogia
era
da
identificare
tout court con la democrazia, questo concetto subì poi una indubbia evoluzione che, nei pensatori antidemoeratiei del IV, lo portò ad assumere due diversi significati: uno positivo, connesso con l’idea di uguaglianza
geometrica,
meritocratica,
e
uno
negativo,
connesso
eon
l'idea di uguaglianza aritmetica, assoluta (55). Che Platone non intenda, con ἰσονομία, la democrazia, lo conferma del resto un passo della Lettera
VII
(326 d), in cui
egli lamenta
che
la vita
moralmente
disordi-
nata condotta in Siracusa impedisca il sorgere di una πολιτεία δίκαιος xai ἰσόνομος, e condanni perciò la popolazione a subire l'alternarsi di
governi
tirannici,
oligarchici,
democratici
(evidentemente
ritenuti
non isonomici). E dunque la conclusione è chiara: l'antidemocratieo Platone si rifiuta di collaborare all'organizzazione di una democrazia. Non è facile dire se Platone, come vuole Plutarco, abbia poi inviato, al suo posto, Aristonimo; è possibile che, per riguardo ai Pitagorici tebani, egli lo abbia mandato a prender visione della situazione. Ma è certo che la costituzione democratica di Megalopoli non porta traccia del pensiero accademico. e) La
legislazione
della
colonia
tasia
di
Dato.
Un ultimo intervento platonico nel campo della prassi politica ei è testimoniato dalla Lettera XI (!), Probabilmente apocrifa, essa si presenta
come
la
risposta
negativa
di
Platone
alla
richiesta,
da
parte
di Leodamante di Taso, di collaborare alla legislazione della colonia di Dato. Il fatto che la lettera, nella sua attuale redazione, sia un falso
non
esclude,
tuttavia,
che
sia
la richiesta
sia
il rifiuto
di
Platone
siano da considerare episodi storici: questo Lieodamante è infatti, eon ogni probabilità, l'omonimo matematico di Taso ricordato da Diogene Laerzio (IIT, 24) e da Proelo (In Fuel. I, 211) tra i discepoli di Pladiea (che Platone affidd ad Aristonimo), e che ἐσονομέα va intesa nel senso di uguaglianza costituzionale fra le città della lega, come in Ep. VII, 336 d. (132) V. V. EHRENBERG, « Isonomia >», R.E. Suppl. VII (1940), coll. 293-301. (133) L'autentieità, proposta eon prudenza dal PASQUALI, Le lettere ..., pp. 259266, non è essenziale per il nostro assunto, una volta riconosciuta la storicità del. l'episodio. V. anche M. ISNARDI PARENTE, L'Accademia e le lettere ..., pp. 271-2.
76
C. BEARZOT
tone, La fondazione della colonia si colloea nel 361/60 (Diod. XVI, 3, 7): Isocrate ne attribuisce l'iniziativa proprio a Callistrato (De pace, 24; v. anche Seylax 67, p. 27; Zenob. IV. 34), che, vittima verso la fine degli anni '60 di un accusa di tradimento, era fuggito da Atene (Hyperid. IIT, 1; Lyeurg. Leoer. 93; Ps.Demosth. L, 48); esule, era stato condotto a Taso, per ordine del suo parente e collaboratore Timomaco che vi stanziava eon la flotta, da Callippo di Aexon, colui che divenne
poi
uecisore
di
Dione
e che,
forse,
in questo
periodo,
apparte-
neva all'Aecademia, o comunque gravitava nell'ambiente accademico (Ps.-Demosth. L, 48-52; sull'appartenenza di Callippo all’Accademia v. Athen. XI, 508e; Diog. Laert. ITI, 46; contra Plat. Ep. VII, 333 e) (!?*), La zona era di grande importanza dal punto di vista economico, perché controllava la via per le miniere del Pangeo; gli Ateniesi vi si erano insediati fin dal V secolo, ma le prospettive di colonizzazione si presentavano sempre molto ampie. Non é strano ehe Callistrato,
uomo
molto
sensibile
ai
problemi
economici
e finanziari
(195),
(134) La riehiesta di aiuto a Platone può ben essere avvenuta attraverso Leodamante: ma poterono esserci altre vie. Nel corso dell'esilio, Callistrato ebbe rapporti con la Macedonia di Perdieea III (Aristot. Oecon. II, 1350 a 16); e proprio nel corso del suo regno (365-360/59) fu alla corte macedone l'iceademieo Eufreo di Oreo, come testimonia la Lettera F del corpus platonico. La lettera, ehe con ogni probabilità è un falso, vuol raccomandare Fufreo come consigliere al re e si riferisce al 363 (efr. 321d ss): in realtà essa, scritta nel 342-341, vuole reeuperare alla tradizione platonica e accademica, perciò fil d Eufreo, di eui Demostene
aveva
fatto,
nella
Fi/ippiea
ZII
(59-62),
un
eroe
della
resistenza
demo-
eratica, sfruttando il fatto che egli era morto combattendo contro Filippo per la sua città, Oreo. Per questa interpretazione v. G. PASQUALI, Le lettere ..., pp. 251-8; M. IsnarpI Parente, L'Accademia e le lettere..., p. 268 i Nomos c basileia..., pp. 428-9. TI falso serviva a propagandare, basandosi sull'autorità di Platone, l’attività dell’Acen demia pr so il suceessore di Perdieca, Filippo: ma si basava su un'azione effettiva di Eufreo alla corte macedone, ove egli avrebbe potuto, per tornare alla nostra questione, entrare in contatto con Callistrato. S. DUSanıd, Plato's Academy and Timotheus! Policy, 365-359 B.C., « Chiron» (1980), pp. 111-144, suggerisee piuttosto un rapporto eon Timoteo a proposito della fondazione
di
Dato:
e
la
cosa
mi
sembra
possibile,
anche
se
non
ritengo
che
ciò
eseluda
l'iniziativa di Callistrato, Timoteo e Callistrato sono infatti da considerarsi, a mio parere, entrambi vieini all'ambiente moderato isoerateo, mentre il DuSanié ritiene Callistrato avversario di Timoteo e, quindi, di Platone. (135) A Callistrato si doveva l'organizzazione delle συντάξεις ὁ contribuzioni volontarie ehe avevano sostituito, nella seconda lega ateniese, l'odioso φόρος del V secolo: Harpoer. s.v. σύνταξις (= F. Gr. Mist. 115 Theop. F 98). Uguali inte-
abbia pensato Isoerate
(De
E | « MODERATI » ATENIESI
di incoraggiare pacc
24),
i Tasii alla
riehiamando
proprio
-
PLATONE
fondazione di Dato: l'azione
di
anche
Callistrato
in
questa occasione, ricorderà più tardi ad Atene la grande importanza della eolonizzazione traeia, mostrando come essa fosse un punto importante del programma moderato. Come si spiega, allora, il rifiuto di Platone?
Probabilmente,
egli
era
cosciente
del
fatto
che
una
colonia
mercantile, un avamposto di difesa installato per motivi economici, non aveva possibilità di divenire la città ideale da lui auspicata: tra Platone e i fondatori c'era, insomma, una diversità di intenti che non lasciava speranze di suecesso in senso platonico (139), E perciò Platone — se è lui che serive — consiglia piuttosto di mantenersi sulla via
del
buon
senso
e della
tradizione
(359 a-e);
giacché
presso
i Tasii
non è possibile trovare un uomo di valore, e giacché senza un tale uomo non ha senso redarre astrattamente una costituzione, l'unico consiglio che egli si riserva di dare è di affidarsi alla divinità, nella speranza di condurre a buon termine la fondazione e di ben amministrare la città fino a che il caso non generi un uomo simile: οὔτε ὁ παιδεύσων οὔτε ol παιδευϑησόμενοι, ὡς ἐγὼ οἶμαι, εἰσὶν ὑμῖν, ἀλλὰ τὸ λοιπὸν τοῖς ϑεοῖς εὔχεσϑε. Parole che testimoniano un atteggiamento di delusione e di sfiducia certamente singolare in Platone; ma bisogna tener presente che la riscossa dei democratici aveva provocato un ripiegamento di tutta la cultura conservatrice, e che Platone, di ritorno dal terzo viaggio in Sicilia, doveva trovarsi in un momento di particolare amarezza e scetticismo. Una situazione che mi sembra sufficiente a spiegare una momentanea sfiducia verso ogni intervento politico pratico. 2. - La Repubblica:
una proposta al moderatismo
Quel poco che sappiamo di conereto sulla risce dunque abbastanza bene nel tessuto della nando alla Repubblica, & bene precisare che non una approfondita analisi dell'opera: un lavoro
ateniese.
vita di Platone si insepolitica moderata. Torsi vuole, qui, eompiere ehe & già stato abbon-
ressi si desumono da Aristot. Oecom, Il, 1350 a 16, da dove risulta di questioni i inanziarie. si oceupò, esule in Maced (136) V, G. PASQUALI, Le lettere ..., pp. 262-3.
che Callistrato
78
C. BEARZOT
dantemente fatto (157), Abbiamo detto che scopo della Repubblica potrebbe essere quello di offrire una proposta critica, uno spunto di riflessione alle forze ostili alla democrazia; qui si vuole pereió soprattutto verifieare quanto vi sia di comune tra la Repubblica e il progetto antidemocratico isoerateo, il frutto più importante del lavoro di studio e di preparazione dei gruppi moderati di questi anni, il eui eontenuto si& brevemente richi nell’ introd Platone
ha
piena
coscienza
dei
limiti
che
la sua
costituzione
rivela
quando si tratta di passare, dal piano teorico, alla realizzazione pratica. Nelle obiezioni di Adimanto (V, 471c ss) si sente come l'ammirazione per le teorie platoniche si unisse, nel pensiero degli aristoeratici
e dei
conservatori,
ad
una
sostanziale
sfiducia
nelle
sue
effettive
possibilità di attuazione, Platone, ehe proprio a costoro si rivolgeva nella Repubblica, mostra di averlo ben compreso: egli dichiara infatti (V, 472 b ss.) di avere inteso presentare il παράδειγμα dello stato ideale, il eui valore non dipende dalla realizzabilità, ma consiste nel suo stesso carattere di modello, Lo stato della Repubblica non è, in sé, una proposta politica, come la «democrazia degli antenati » di Isocrate: è piuttosto un riferimento ideale, in base al quale costruire uno stato il più possibile buono. Il problema, per Platone e per i suoi interlocutori, non è più, dunque, οἷα τῷ λόγῳ διήλθομεν, τοιαῦτα παντάπασι xai τῷ ἔργῳ δεῖν γιγνόμενα drapareir; ma, piuttosto, εὑρεῖν «ὡς ἂν ἐγγύτατα τῶν εἰρημένων πύλις οἰκήσειεν (V, 4732) Se Platone sa che il suo piano non puó avere un’attuazione storica, egli spera che, della sua proposta, restino vivi almeno i prineipi ispiratori; e che quanti hanno, in Atene, la possibilità concreta di assumersi l'impegno di una riforma ne tengano conto in qualehe modo (138), Così, le (137) Per una analisi completa del contenuto della Repubblica e per una bibliografia precedente rimando a N. R. MURPHY, The interpretation of Plato's Republic, Oxford 1951, (188) In questo senso, la Repubblica può ben dirsi, con lo Stefanini, Platone . v. 1, p. 338, un € programma d'azione », un «intervento positivo nel campo della lotta»; e il Luecioni, La pensée ..., p. 187, non sbaglia laddove afferma che l’opera va considerata come destinata «à montrer au monde l'image d'une cité conforme À la justice». Sul carattere paradigmatieo dello stato della Repubblica, v. G. PUGLIESE CARRATELLI, La città platonica, in Scritti sul mondo antico, Napoli 1976, pp. 412-29 (= «Par. d. Pass.» I (1946), pp. 6-21); W. JAEGER, Paideia ..., v. III, p. 445 ss. Carattere paradigmatieo non significa, tuttavia, astrazione o disancoramento dal reale: G. Οὐ, Lo sviluppo ..., p. 449 ss., ha opportunamente rilevato
PLATONE
E I « MODERATI
»
ATENIESI
19
analogie tra la Repubblica e il progetto politico isocrateo andranno cercate più nei principi che nell'organizzazione pratica, che lo stesso Platone sentiva come difficilmente realizzabile: e in particolare nel presupposto antidemocratico, che è fondamentale in entrambe le opere (159), A quanto egli stesso dice, Platone non poteva che vedere con simpatia qualsiasi azione contro la democrazia. In V, 470 b ss., egli afferma che l’unica possibilità di trasformare gli stati storici a modello di quello ideale dipende dalla fusione di politica e filosofia: ’Eav μή... ἢ of φιλόσοφοι βασιλεύσωσιν ἐν ταῖς πόλεσιν ἢ ol βασιλῆς τε νῦν λεγόμενοι καὶ δυνάοται φιλοσοφήσωσι γνησίως τε καὶ ἱκανῶς, καὶ τοῦτο εἰς ταὐτὸν ξυμπέσῃ, δύναμίς τε πολιτικὴ καὶ φιλοσοφία, ... οὐκ ἔστι κακῶν παῦλα... ταῖς πόλεσι, δοκῶ δ᾽ οὐδέ τῷ ἀνθρωπίνῳ γένει, οὐδὲ αὕτη ἡ πολιτεία μή ποτε πρότερον φυῇ. (V, 78 ο-ἀ), Questo rilievo, che è il punto fondamentale e l'autentiea novità del pensiero politico platonico, se da una parte suona come rimprovero ai moderati e ai conservatori dell'ambiente di Isocrate, che non eredevano all'utilità politica del
filosofo
(*
(Platone
sa
bene
quanta
gente,
« numerosa
e non
di-
sprezzabile », si leverà contro questa affermazione, che egli stesso riconosce
πολὺ
παρὰ
δόξαν:
V,
473e),
dall'altra
lo
avvicina
notevolmente
ai loro progetti antidemocratici. Platone dichiara infatti esplieitamente che le istituzioni democratiche hanno un potere corruttore capace di guastare le anime migliori, naturalmente portate alla filoso-
come la giungere tical
lica sia da all’ ideale attraverso
theory
...,
p.
il reale»
«I (p. 450);
dei mezzi con eui l’uomo può v. anche E. BARKER, Greek poli.
282.
(138) V. J. Luccioni, La pensée..., p. 49: « Pour une bonne part, c'est en réaction contre la démoeratie athénienne que le plan de l'Etat platonicien a été dressé...>; e non a torto lo HILDEBRANDT, Platone ..., p. 273 ss. ha visto nella prima
parte
dell'opera,
nel
discorso
introduttivo
che
si
svolge
in
casa
di
Cefalo
con Trasimaco e il padrone di casa, un contrasto tra l'Atene dell’ imperialismo navale e l’Atene delle guerre persiane, in particolare di Maratona, tra l'Atene ormai in erisi nei suoi valori (atteggiamento distruttivo di Trasimaco) e l’Atene della antiea areté (Cefalo). Dal punto di vista dei presupposti giuridico- Erunt, il proper la blema dell'avversione del Platone della p nea ἃ stato aceuratamente studiato da R. MAURER, Platons « Staat» und die Demokratie, Berlin 1970. (140) V. W. JAEGER, Paideia ..., v. III, p. 456 ss.
80
€. BEARZOT
fia (VI, 492 a ss.), e che tra la massa e la filosofia c’è radicale incompatibilità: Φιλόσοφον μέν doa... πλῆϑος ἀδύνατον slvat... καὶ τοὺς φιλοσοφοῦντας ἄρα ἀνάγκη ψέγεσϑαι ὑπ᾽ αὐτῶν (VI, 494 a). Con queste premesse, é chiaro che l'abbattimento della democrazia diviene il presupposto fondamentale per la costituzione di uno stato il piü possibile buono.
Per
ogni
tentativo
in
questo
senso,
Platone
poteva
manifestare
soltanto favore: la costituzione auspieata dall'ambiente isoerateo, sostanzialmente una moderata oligarchia di ispirazione terameniana, poteva non essere pienamente soddisfacente per lui, ma era certamente più vicina al suo ideale di quanto non lo fosse la democrazia (14). Nelle sue opere della metà del IV secolo Isocrate, pur rispettando teoricamente il principio della sovranità popolare e chiamando la sua costituzione « democrazia », contesta i più elementari principi demoeratiei: il principio dell'uguaglianza aritmetica, la partecipazione di tutti i cittadini all’esercizio del potere, e gli strumenti che la garantivano, come il sorteggio delle magistrature non tecniche e la μισϑοφορία ; e propone un restringimento dei pieni diritti politici attivi e passivi ad una minoranza, in teoria sulla sola base del possesso di adeguata cultura ed educazione { παιδεία ), in pratica anche su base sociale (173), Che cosa, di queste contestazioni ai principi demoeratiei,
si
ritrova
in
Platone?
Non si può negare che la Repubblica sia caratterizzata da forti tratti aristocratici. Rilevante è la tendenza a limitare l’accesso al governo ad una parte estremamente ristretta della popolazione: si & qualifieati al governo dal possesso della sapienza, e quindi dall'aver avuto un’educazione che garantisea reale competenza, 1 governanti di Platone costituiscono, come quelli di Isocrate, una vera e propria aristocrazia dell'intelligenza: ciò ehe li qualifica in Isocrate è la παιδεία (Antid.
224;
290;
293;
Panath.
209;
246),
in
Platone
la
φιλοσοφία
(141) I principi li della d ia, libertà e li sono per Platone, fautore di un rigido inquadramento dell’ individuo nel corpo statale e di una precisa gerarchia sociale su base meritoeratiea, la negazione stessa della giustizia: v. E. BARKER, Greek political theory..., pp. 296-7; anche W. JAEGER, Paideia ...,v. III, p. 582 ss. Di e dalla i dei critici, S. LANGE, Plato and democracy, « Class. Journ.» XXXIV (1939), pp. 480-6, ha tentato di proporre un Platone lontano da ideali rigidamente antidemoeratiei. (142) V, C. BraRzOT, Isoerate..., p. 120 ss.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
81
(IV, 428e-429a; VI, 484a ss. ete.) (133). La tendenza è quella di considerare solo una parte limitata della popolazione come degna di accedere alle funzioni governative: dietro di essa si cela il pregiudizio antidemocratico ehe considera ogni cittadino dedito ad attività lavorative incapace di assumere direttamente la gestione dello stato. Di qui una rigida divisione in classi (III, 414 b ss.) che doveva essere apprezzata in ambiente conservatore (Platone la riprenderà nel Timeo; Isocrate
l'aveva
esaltata
nel
Busiride,
15
ss.);
e
l'idea
di
riservare
le funzioni superiori (militari e politiche) ad una classe di « guardiani » (II, 873 ss.), la cui educazione è fondata, se pur con correzioni ispirate alla dottrina platonica, sulla tradizione pedagogica dell'aristoerazia
ateniese
(II,
376 e ss.);
tra
questi,
solo
una
parte
viene
av-
viata alle funzioni direttive vere e proprie, ed & loro riservata una preparazione speciale (III, 412 b ss V. 474 b ss.) (144). Direttamente conseguente è la polemica contro l'uomo διπλοῦς e πολλαπλοῦς, che pretende di svolgere più compiti in una volta: chi è contadino non deve pretendere di fare il giudice (III, 397 d ss.). Non deve sfuggire il carattere antidemocratico di simili rilievi: con essi si vuol contestare proprio il principio democratico che riteneva anche il più umile
(143)
V,
M.
A.
LEVI,
Nwore
poslille
semantiche
isocratee,
« Rend.
Ist.
Lomb.»
XCII (1958), p. 399: παιδεία, in Iso ute, indiea in questi casì non «metodo di educazione » (= παέδευσις ), «ma proprio soltanto ‘formazione’, cioè la raggiunta qualifiea per liberarsi dalla condizione di ἐδεώτης è per raggiungere una dignità superiore nella polis». Questo valore è comune anche Platone e ad Aristotele. Sull’ importanza del problema edueativo nella speenlazione politica del IV secolo v. l'aeuta analisi di W, JAEGER, Paideia. .., v. TIT, p. 3 ss.; sul problema della παιδεία in Isocrate v, aneora di M. A. Levi, Isocrate. Saggio critico, MilanoVarese (s.d.), p. 111 in Platone, v. soprattutto E. BARKER, Greek political theory ..., p. 309 ss.; e naturalmente W. JaEGER, Paideia ..., v. IT, Firenze 1954, passim: il problema della παιδεία platonica è il tema fondamentale del II volume dell’opera dell’ illustre studioso. (114) Sulla educazione dei guardiani v. l'analisi neuta ed esauriente di W. JarGER, Paideia..., v. III, p. 357 ss.; anche E. BARKER, Greek political theory ..., p. 219 ss, Sull’educazione dei reggitori, oltre allo JAEGER, p. 481 ss, e al BARKER, p. 227 ss, v. J. LUCCIONI, La pensée..., pp. 174-81. Sul carattere conservatore delle teorie eduentive platoniehe v. W. JangER, Paideia..., v. III, pp. 361-2; M. GENTILE, La politica di Platone, Padova 1940, p. 88. In pratiea, Platone vuol costituire una vera e propria aristocrazia che, come in Isocrate, non può essere solo intellettiva, ma finisee per assumere carattere sociale e razziale; v., oltre allo JAEGER, p. 423 ss, K. HILDEBRANDT, Platone ..., p. 288 ss.
Memorie (Lettere) - 6
82
C. BEARZOT
eittadino in grado di collaborare alla gestione dello stato. Se necessariamente pochi sono, per Platone, i filosofi (VI, 503b ss), perché solo i più dotati accedono all’educazione filosofica, pochi saranno anche i governanti: il suo stato ideale si presenta con tinte fortemente aristocratiche. Comune a Platone e ad Isocrate è anche l'idea che i governanti esercitino le loro funzioni non per il potere, e quindi di propria volontà, ma come «servizio » agli altri cittadini e allo stato (VII, 519a ss.; efr. Isoer. Arcop. 26-27): un rilievo che in Platone ha profonde radici nella reticenza del filosofo che, raggiunto l’assoluto, non vuole distaecarsene per tornare alla prassi politica, ma che in Isocrate prenderà l'aspetto, meno nobile, di un argomento (neppure troppo felice) per convincere il popolo a delegare alle classi superiori i propri diritti. Platone, quindi, è un deciso avversario della partecipazione di tutti alla vita dello stato: le strutture democratiche dovevano apparirgli come il trionfo della più assoluta incompetenza, mentre egli riteneva indispensabile, per l'esercizio delle funzioni politiche, una preparazione aceuratissima (14). La potente immagine (VI, 487e ss.) della «nave dello stato », il cui nocchiero, il δῆμος, è rappresentato «duro d'oreechio, corto di vista e con scarse conoscenze di cose navali» (e quindi, uscendo dall'allegoria, incompetente in campo politico), incapace di tenere a freno i marinai (i demagoghi) che premono per dirigere la nave pur non eonoseendone l'arte, dà la misura delle poche simpatie platoniche per la democrazia: essa dà spazio a quanti, assetati di potere, vogliono far politica senza una adeguata competenza, perché ne ritengono innata e non invece insegnabile la capacità (Platone rinnova qui il suo attaeco a questa teoria democratica, che Protagora aveva espresso in forma di mito nell'omonimo dialogo: 320e ss.) (1*9) Uomini come questi disprezzeranno inevitabilmente il
(145) Sul mito della competenza, elaborato in ambiente aristocratico già sullo scorcio del V secolo e ampiamente ripreso nel IV, v. J. DE ROMILLY, Problémes de la démocratie ..., pp. 19-72. (146) Protag. 320 4-322 d. Protagora viene connesso da Platone con la demoerazia proprio perché, come maestro di retorica, ha fornito gli strumenti per estendere oltre la cerchia aristocratica il numero dei partecipanti alla vita politica: retorica e democrazia radicale appaiono al pensiero platonico profondamente legate, e non è un caso che Senofonte (Mem. 1, 2, 31) attribuisea a Crizia 1’ intenzione di bandire dalla città ideale l'insegnamento della retoriea: v, sul problema A. Ca.
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIESI
83
filosofo ehe puà ben guidarli, e si stringeranno invece a chi, adulando Ὁ forzando il popolo, sappia procurare loro il potere: e si puó ben dire, dunque, che i filosofi sono ἄχρηστοι τοῖς πολλοῖς (VI, 489 b), dal momento che non e'é spazio per loro nel regime democratieo. Un regime al quale Platone non risparmia le sue critiehe, ehe ne toccano le principali istituzioni: la μισϑοφορία (I, 347 b), l'affidamento dei tribunali al popolo (III, 405a ss.), la γραφὴ παρανόμων (IV, 426 b-c). La
democrazia
appare
a
Platone,
come
ad
Isocrate,
un
regime
dove
trionfa la pratiea dell'adulazione; vi trovano spazio solo coloro che si industriano di piacere alla massa e eredono, perché ottengono la lode della maggioranza, τῇ ἀληϑείᾳ πολιτικοὶ εἶναι (IV, 426 d; VI, 493d;
efr.
Isoer.
De
pace
3
ss,
in
particolare
13-14;
e
in
generale
gli attaechi alla politica dei demagoghi che costituiscono il tema dominante dell'orazione). Il principio dell'uguaglianza assoluta, così come il sorteggio che la garantisce, sono implicitamente combattuti nella restrizione del governo ad una minoranza e col rifiuto dell’ incompetenza; la condanna esplicita emerge dalla definizione della democrazia come ἡδεῖα πολιτεία, xai dvaoyoc καὶ ποικίλη, ἰσότητά τινα ὁμοίως ἴσοις τε καὶ ἀνίσοις διανέμουσα (VIII, 508e; cfr. di Isoerate, soprattutto La
critica
Arcop.
21-23;
all'eecesso
di
Nie, leggi,
14-15;
Panath.
anch'essa
132-133e
comune
ad
139
Isocrate,
ss.; è di
147). ea-
rattere tipicamente aristocratico e conservatore e attacca i poteri deliberativi dell'assemblea (IV, 426 a ss.; efr. Isoer. Paneg. 78; Aerop. 40-41) (147). Il giudizio sulla demoerazia storiea, che Platone ci presenta nell'VIII libro, dedieato all'analisi delle diverse eostituzioni, rivela in lui una mentalità profondamente vicina a quella degli ambienti conservatori ateniesi. Caratteristico del pensiero antidemocratico mo-
PIZZI, Il * mito di Protagora? e la polemica sulla, democrazia, « Cultura » VIII (1970), pp. 552-71. (147) A proposito dell'affinità della posizione platoniea e isoeratea sul problema della superiorità degli ἤϑη sui γράμματα, v. M. IsNARDI PARENTE, Nomos e basileia ..., pp. 404-5: «La sopravvalutazione dell’7dog vivo e conereto di fronte al labile nómos formulato ὃ radieata saldamente nel sentire dei eeti aristoeratiei eonservatori...». L'ammirazione di Platone (come quella di Isoerate e di tutto l'ambiente conservatore) per la costituzione spartana riflette senza dubbio l'idealizzazione, tipicamente ateniese, di Sparta eome esperienza politiea in cui l'educazione prevale sulla legge: v. W. JAEGER, Paideia..., v. III, p. 409-11.
84
C. BEARZOT
derato è il fatto di accusare la democrazia di elassismo: Annoxgaria δή, οἶμαι, γίγνεται ὅταν oi πένητες νικήσαντες τοὺς μὲν ἀποπκτείνωσι τῶν ἑτέρων, τοὺς δὲ ἐκβάλωσι, τοῖς δὲ λουτοῖς ἐξ ἴσου μεταδῶσι πολιτείας te καὶ ἀρχῶν, xai ὡς τὸ πολὺ ἀπὸ κλήρων αἵ ἀρχαὶ ἐν αὐτῇ γίγνονται 159 ss.).
(VIII, La
557 a; efr.
democrazia
Ps.-Xen,
viene
eosi
Athen.
definita
polit. non,
I, 4-9; seeondo
Isoer. Antid. la
teoria
de-
moeratiea, come governo di tutto il popolo senza divisioni elassiste, ma come «governo dei poveri»; con atteggiamento fortemente ostile, che riduce la democrazia nei suoi valori fondamentali e la rende incompatibile col governo ideale, caratterizzato anche in Platone, come in
Isocrate,
42}}᾿ ὁμόνοια
di
tutte
le classi
(IV,
421a;
423 d;
433a
ss.;
434 e ss.; 443b ss.) (ἢν In democrazia si produce una confusione di valori che identifica il concetto di libertà con quello di licenza: Οὐκοῦν πρῶτον μὲν δὴ ἐλεύϑεροι, καὶ ἐλευϑερίας ἡ πόλις μεστὴ xai παρρησίας γίγνεται, καὶ ἐξουσία ἐν αὐτῇ ποιεῖν ὅ τι τις βούλεται; (VIII, 557b). La costituzione democratica appare a prima vista bellissima, perché permette di far ciò che si vuole in spregio della legge (VIII, 557 e ss.) col sostegno di sentenze giudiziarie di estrema mitezza; e, in 558 b-e, la conelusione dell'attacco all’ indulgenza della democrazia ricorda da vicino le critiche della tradizione antidemoeratica, dallo Pseudo-Senofonte ad Isocrate. In un punto, la requisitoria antidemocratica di Platone si incontra con Isocrate non solo concettualmente, ma anche dal punto di vista lessicale: chi vive in demoerazia confonde i valori: Resp. VIII, 560€ ὕβριν μὲν εὐπαιδεσίαν καλοῦντες, ἀναρχίαν δὲ ἐλευϑερίαν, ἀσωτίαν δὲ μεγαλοπρέπειαν, ἀναίδειαν δὲ ἀνδοείαν.
Isoer. Areop. 20 ὥσϑ᾽ jysdoÜas τὴν μὲν ἀκολασίαν δημοκρατίαν, τὴν δὲ παρανομίαν ἐλευϑερίαν, τὴν δὲ παρρησίαν ἰσογομίαν, τὴν δ' ἐξουσίαν τοῦ ταῦτα ποιεῖν εὐδαιμονίαν.
(148) Sull’aceusa di elassismo rivolta alla democrazia da parte aristoeratiea v. J. pe RoMILLY, Problömes de la démocratie ..., pp. 131-81; sull'interesse del Platone della Repubblica per le problematiche sociali v. A. Furs, The conditions of «riches» (πλοῦτος Ὁ and of «porerty» (πενία) in Plato's Republic, «R. St. Ant.» VI-VII (1976-77), pp. 63-73; id., Plato and the social question: the problem of poverty and riches in the Republie, « Ane. Soe.» VIII (1977), pp. 49-83.
PLATONE
E
1 « MODERATI » ATENIESI
85
Isoer. Panath. 131 vouíZovoar τὴν μὲν ἀκολασίαν Elevϑερίαν εἶναι, τὴν δ' ἐξουσίαν ὅ τι βούλεταί τις ποιεῖν εὐδαιμονίαν. Comune ai due autori ὁ anche il rilievo secondo cui le continue aeeuse di filooligarchia rivolte ai riechi, pur infondate, ottengono l’effetto di spingerli ad abbraceiare idee antidemoeratiehe (VIII, 562a; efr.
Isoer.
Antid.
318-319;
De
pace
133).
E
aneora,
la
caratterizza-
zione dell'uomo democratico, schiavo del desiderio dell'oggi (VIII, 560c ss.) e immerso nel più assoluto disordine umano e morale, corrisponde in modo abbastanza preciso al quadro di sregolatezze rappresentato da Isoerate (Areop. 48 ss.; Antid, 286 ss.; cfr. anche Protag. 347 c ss.) e contrasta decisamente con il comportamento dei giovani nello stato ideale platonico (V, 425b) e nella « democrazia degli antenati» isocratea (Arcop. 43 ss), ove è loro garantita una vera educazione. Se non si tratta di luoghi comuni del pensiero antidemocratico, si potrebbe pensare che Isocrate si sia in qualehe modo servito dell'opera platonica, traendone temi e ispirazioni per la sua rappresentazione
della
corrotta
democrazia:
e certamente
la
condanna
senza appello che Platone riserva alla costituzione democratica ha corrispondenze notevoli con quella di Isocrate (135), Ma fra i due pensatori v'é anche un'analogia che riguarda la politiea estera. Isoerate coltivava, fin dal Panegirico, l'idea di una coalizione panelleniea in funzione antipersiana: Platone, a sua volta, rileva che lo stato perfetto
nersi non
da
lui
unito vera
delineato
è stato
agli
Greci,
altri
e propria
guerra:
ellenico
con
(V,
i quali
la guerra
sarà
469 b ss),
potrà tra
che
esserci Greci
deve
mante-
discordia,
e barbari,
ma
mentre
tra Greci si dovrà puntare alla riconciliazione, in nome della comunanza di stirpe e di religione (179), Lo stato sognato da Platone è, in (149) Per tutte queste accuse contro il sistema democratico, ehe accomunano Platone non solo ad Isocrate, ma n tutta la tradizione antidemoeratiea, v. J. DE RowiLLv, Les modérés athéniens vers le milieu du IV* siöcle. Echos et concordances, « R. Et. Greeq. ». LXVII (1954), pp. 327-54; A, H. M. Jones, Athenian Democracy, Oxford 1957, pp. 41-72; J. LuccioN:, La pensée..., pp. 27-66. Sulle analogie tra Areopagitico e Repubblica v. W. JAEGER, Paideia ,.., v. III, p. 180 ss. (150) V. W. JAEGER, Paideia..., v. III, p. 440 ss.; E. BARKER, Greek political
theory
...,
p.
307
ss.
86
C. BEARZOT
primo luogo, stato filelleno e antibarbarico (VI, 470 6), con piena aderenza ai temi della politiea estera moderata: e Platone sembra riprendere qui quanto, del Panegirico, gli pareva di poter sottoserivere. Le differenze riemergono, invece, nella parte propositiva. Lo stato pensato da Platone ha ben poco in comune, in realtà, eon le proposte che Isoerate stava elaborando e che avrebbe in seguito avanzato; proposte consistenti, in pratica, in una ripresa del programma terameniano, e che Platone poteva considerare con un certo favore, ma non eondividere pienamente. Per lui, infatti, nessuna delle costituzioni politiche che la Grecia conosce è veramente degna del filosofo-governante (VI, 497a ss) (051), La Repubblica, con la sua stretta aderenza al piano ideale, si configura piuttosto eome una provoeazione eritiea: una proposta di riflessione rivolta alla eultura moderata e conservatriee, ehe si trovava in un momento di particolare vitalità. Che gli interloeutori di Platone siano proprio queste forze, & possibile arguirlo anche dai protagonisti del dialogo: i fratelli di Platone Glaucone
e Adimanto
(155);
il sofista
Trasimaco
di
Calcedonia,
elaboratore
del concetto di πάτριος πολιτεία e antesignano dei programmi politici terameniani (53). il suo discepolo Clitofonte, collaboratore di Teramene, probabilmente uno degli uomini alla eui azione si richiamava il programma isoerateo (795) Uomini ehe possono ben simboleggiare le
diverse
forze
antidemocratiche
ateniesi
del
TV
secolo,
nei
confronti
delle quali Platone volle probabilmente assumere una funzione critica; per richiamare loro, mentre si preparavano alla lotta contro la demoerazia, i principi fondamentali del suo pensiero. Platone, assumendo quel ruolo di consigliere ed educatore che mostrerà di voler affidato al filosofo nello stato storico (quando, al termine dell’evoluzione del (151) Va tuttavia notato che il migliore degli stati storici viene identificato con la ti ia di origine eretese-l ica (VIII, 544 e-d; 545 c s8,) e che, quindi, neppure Platone è esente da quelle simpatie per Sparta eomuni nei circoli intellettuali ateniesi: v. W. JAEGER, Paideia ..., v. III, p. 566 ss.; J. LUCCIONI, La pensée..., pp. 90-1. (152) V. W.JArGER, Paideia..., v. III, p. 350 ss.: «rappresentanti dell'élite giovanile ateniese», essi pongono il problema del carattere tutto interiore della giustizia, nel tentativo di sottrarsi al relativismo eduentivo di eui sono in fondo vittime. (153) V. S. A. CECCHIN, Πάτριος πολιτεία..., p. 9 ss. (154) V. il mio articolo Teramene tra soriogio ia e propaganda ..., pp. 209210 e 218.
PLATONE
E I « MODERATI
» ATENIESI
87
suo pensiero, avrà abbandonato l'idea della fusione potere-filosofia), indiea a chi gli era ideologieamente vieino la necessità della vera scienza politica per la costruzione di uno stato che sia il più possi bile buono: non fondato sul potere, ma sul bene dei governati (155), L'ineomprensione di questi gruppi doveva bruciare a Platone molto più di quella degli ambienti democratici, che gli pareva inevitabile. Anche nella Repubblica egli non perde occasione di rilevare (497 e ss.) che la filosofia non va considerata come un momento propedeutico, ma come massimo complemento dell’educazione: egli sa che molti, e Trasimaeo per primo, non si lasceranno facilmente convincere (490 ὁ ss.); ugualmente, egli riconosce loro la propria amicizia e assicura il proprio tenace impegno per persuaderli: πείρας γὰρ οὐδὲν ἀνήσομεν, ἕως
ἂν
ἢ πείσομεν
καὶ
τοῦτον
καὶ
τοὺς
ἄλλους
(VI,
498 c-d).
Tutta
la
Repubblica porta il segno delle obiezioni di questi conservatori, legati alla politica tradizionale e perciò perplessi di fronte alle rivoluzionarie teorie platoniehe: obiezioni riguardanti in generale la realizzabilità dello stato ideale (VI, 498 d ss.) e, in particolare, le teorie comunitarie, miranti ad eliminare ogni privatismo, dalla comunanza dei beni a quella delle donne e dei figli (III, 415 d ss.; IV, 421d ss.; V,
449 c
ss.)
Platone
presentava
un
κόσμος
idealmente
ammirato,
ma
difficilmente accettabile in conereto: il Socrate della Repubblica non nasconde il suo timore di proporre strutture incomprensibili (V, 450 e-d). Ma l'obiezione di fondo è ancora quella sulla reale utilità politica
della
dedica
alla
filosofia filosofia
(VI, oltre
487 e ss.);
Adimanto,
la giovinezza
diviene
quando uno
dice
che
stravagante
chi
si
inutile
allo stato, è interprete di posizioni che anche Isocrate condivideva (efr. Antid. 271 ss.; Panath. 26-28). Platone risponde mettendo in evidenza la difficile posizione del filosofo, come critico del sistema, negli stati storici: lo si teme e lo si tiene in disparte per il suo amore alla (155) Non a torto il SARTORI, Platone dialogo del 1. II sia da ambientare poco Adimanto,
all'oceulta
attività
delle
e le cterie..., p. 164 ss., pensa che il dopo il 411: il richiamo, da parte di
associazioni
eteriche
oligarehiehe
(II,
365 d),
nonché l'aeeenno ai πειϑοῦς διδάσκαλοι con esse collegati (gli esponenti della peggiore sofistica), sembrerebbero esprimere il dissenso platonico nei confronti della ucenti capo ai gruppi antidemocratiei. metodologia rivoluzionaria degli uomini Se veramente è da vedere qui un giudizio negativo sull’attività dei rivoluzionari del 411, si conferma in qualche modo la nostra interp i dela Rer i come proposta ai circoli della tradizione moderata e come tentativo di trarli dalle secche disgregatriei della sofistica.
88
C. BEARZOT
verità, per poi incolparlo di disinteresse politieo e di incapacità di calarsi nel conereto. Un rimprovero che non si rivolge, certamente, soltanto ai democratici. Il programma della Repubblica era troppo avanzato per non eadere nel
vuoto.
Da
certi
parallelismi
sembra,
tuttavia,
che
Isocrate
abbia
non solo conosciuto (un fatto di per sé abbastanza ovvio), ma anche meditato e utilizzato la Repubblica, che non poteva mancare di fornirgli argomenti; ed è notevole che in Isocrate affiorino tematiche decisamente platoniche, come in Areop. 20, dove egli parla in termini platonici della costituzione dei padri, che βελτίους xal σωφρονεστέρους ἅπαντας τοὺς πολίτας ἐποίησαν; ὁ in Arcop. 13-14, dove si parla della costituzione (πολιτεία) come ψυχὴ πόλεως ; e ciò senza mettere in conto l’affinità delle tematiche strettamente politiche, già più volte rilevata. Platone non aveva manifestato aleuna ostilità nei suoi confronti in quest'opera, se si eselude una puntata contro chi pretende di essere filosofo senza esserlo veramente (VI, 485e), che potrebbe ben adattarsi ad Isocrate, ma che non necessariamente lo riguarda, Piuttosto la soluzione del problema della δόξα data da Platone nella Repubblica (VI, 477 b ss.), salvandola come strumento di conoscenza del moltepliee e dell’empirico e, quindi, di azione pratica, sembra un segno di avvieinamento, condotto sulla linea del Menone (!9), Ci sono uomini, diee Platone, che vedono le cose belle e le cose giuste, ma non sanno vedere il bello e il giusto in sé: non hanno perció il diritto di chiamarsi filosofi. Si commetterà improprietà minore φιλοδόξους καλοῦντες αὐτοὺς μᾶλλον ἢ φιλοσόφους (V, 480a): con la speranza che
costoro
non
se
la
prendano
per
questa
denominazione,
che
non
vuole essere offensiva. Il tono, condiscendente verso queste persone che, non sorrette dalla vera conoscenza, possono tuttavia opinare rettamente, sembra tutt’altro che ostile nei confronti di una posizione del tutto analoga a quella isocratea: e anticipa a mio parere i toni più che amichevoli del Fedro. (156) V. G. REALE, Il concetto di opinione ..., pp. 7-32. Attraverso una linea di sviluppo che dal Critone, attraverso il Menone, conduee alla Repubblica, Platone riesce a determinare lo statuto epistemologico della δόξα, ammettendo l'esistenza di
un
intermedio
tra
essere
e
non
essere;
questo
μεταξύ,
che
è
conoscibile
ma
non
pienamente, giustifien l'esistenza della δόξα, strumento conoscitivo che sta a metà tra scienza e ignoranza. Il raggiungimento di uno statuto teoretico non salva tuttavia la δόξα dalla sua ambiguità; in Platone la [ 1 rimane i i tamente al Adyos e 811’ ἐπιστήμη.
PLATONE
3. - Il Fedro: à Il dialogo, periodo
p
E I « MODERATI » ATENIESI
89
presupposti di un impegno comune. pp
che oggi
callistrateo,
si tende
tratta
a collocare
ancora
una
nel
volta
il
366
(157), in pieno
problema
della
reto-
rica: il democratico Lisia è scelto come esponente di una retorica adulatrice, servile, indifferente al vero (227 d; 234 ἃ - 2385 a; 257 b ss.; 277 d
ss).
cattiva; che
La il
retorica,
suo
l'oratore
valore
ne ha
in
sé,
viene
dipende
(260d
considerata
dall'oggetto,
ss.) e dal
metodo,
neutrale,
dal che
grado deve
né
buona
di
tener
né
conoscenza conto
della
natura dell’anima umana, se vuole ingenerare una persuasione veramente educatrice (270c ss). La comune oratoria politica si cura solo del verosimile, ma non del vero, del bene, del giusto (272 d ss.; 276 e ss.): e il fatto che, tra coloro che sostengono il primato dell'opinione in campo Halie,
retorico,
Isoer.
535,
sia citato 14 ss.;
Tisia
Swida
(273 a),
il maestro
s.v. ’Ioozgärys),
di
indica
Isocrate che
(Dion.
Platone
ha
aneora qualche rimprovero da muovere a quest'ultimo, Pur concordando con lui nel ritenere che il buon oratore debba unire alle doti naturali stegno
un
accurato
studio,
della
filosofia
(269 d):
Platone al
buon
sente
anche
oratore
la
la
necessità
eonoscenza
del del
sovero
è indispensabile (259 e s . ; 277 a-e). Ancora una volta, il problema della superiorità della scienza sull’opinione è il punto dolente del rapporto Platone-Isocrate:
innalzare
ma
il dissidio
dottrinale
non
impedisce
a Platone
di
Isocrate, che gli era ideologicamente vicino, ad un livello di
(157) V. L. ROBIN, in Platon, Phédre, Paris 1933, p. II ss.; questa datazione è ormai da consider: acquisita, nonostante tentativi anche recenti di proporne una più tarda: v. O. REGENBOGEN, Bemerkungen zur Deutung des platonischen Phaidros, in Kleine Schriften, München 1961, pp. 248-69 (= Mise. Acad. Berolin. IT, 1 (1950), pp. 198-219). Sulla valutazione dell’elogio platonieo la eritiea è divisa; né è il easo, qui, di riprendere l'ampia bibliografia meno recente, per la quale v. A. DIES, Autour de Platon ..., v. II, p. 250 ss. Dopo la presa di posizione di R. FLACELIERE, L'éloge d'Isocrate à la fin du Phédre, « R. Et. Greeq.» XLVI (1933), pp. 224-32, che ha sostenuto con ottime argomentazioni la piena serietà dell'elogio, la polemica non si è sopita, e anzi la questione è stata ripresa ancora recentemente. G. J. DE VRIES, Isocrates? reaction to the Phaedrus, « Mnemosyne » S. IV-VI (1953), pp. 39-45, contesta la tesi della serietà dell'elogio, e ribadisce la propria posizione in /soerates in the Phaedrus. A reply, « Mnemosyne» S. IV-XXIV (1971), pp. 387-90, contro l'opinione di H. Esse, Platons Urteil über Isokrates, « Hermes» XCIX (1971;, pp. 183-97; del medesimo parere dello Erbse, ancor più recentemente, è V. TEJERA, Irony and allegory in the Phaedrus, « Philol. a. Rhet.» VIII (1975), pp. 71-87: sono le ultime battute di una lunga polemiea ehe appare lontana dal eomporsi.
90
C. BEARZOT
gran lunga superiore a quello degli oratori politiei ateniesi (!95). Pur rimproverandogli, oltre al poco interesse per la conoscenza del vero, l’eccessiva fiducia nella pubblicistica e nella parola seritta (la discussione dialettica ha valore persuasivo ed educativo molto maggiore: 274 ss.; e fa male chi «non ha nulla di più prezioso che le sue composizioni e i suoi seritti, e passa le ore ad elaborarli sopra e sotto, con aggiunte e tagli »: 278 d), Platone gli riserva un elogio ehe io ritengo sincero
ed
affettuoso
(278e
ss),
e che
rientra,
in
fondo,
nei
suoi
ten-
tativi di trarre Isocrate ai suoi ideali. Non mi sembra che il tono usato da Platone possa essere considerato ironico: il contesto in cui l’elogio sì
trova
(Platone
vuole
esaltare
Isocrate
rispetto
a
Lisia)
non
pare
ammetterlo. Del resto la Vila anonima di Isocrate (85 ss, p. 256 Westermann) mostra di intenderlo del tutto seriamente. Al giovane Isoerate Socrate predice un futuro glorioso, imparagonabile con quello di Lisia: jdoxe not ἀμείνων ἢ κατὰ τοὺς πεοὶ Avoiavr εἶναι λόγους τὰ τῆς “ύσεως, ἔτι τε ἤϑει yermızordom κεκρᾶσϑαι. Non ci sarebbe da meravigliarsi se egli col passare degli anni e il procedere degli studi, superasse tutti gli altri: ἔτι re, ei αὐτῷ μὴ ἀποχρῆσαι ταῦτα, ἐπὶ μείζω dé τις αὐτὸν ἄγοι dop) ϑειοτέρα. φύσει γάρ, ὦ φίλε, ἔνεστί τις φιλοσοφία τῇ τοῦ ἀνδρὸς διανοίᾳ (279 a). Il riconoscimento della «natura filosofica » di Isocrate mi sembra più che lusinghiero: l'attività che egli aveva svolto nella sua scuola, la sua militanza politica di segno moderato e conservatore, l'interesse per la monarchia e il problema
del
potere
assoluto
che
aveva
mostrato
con
la
recente
pub-
blicazione delle orazioni « cipriote » dovevano aver fatto sperare a Platone che una collaborazione con lui si facesse, col tempo, più vicina e realizzabile.
(158) Platone deve essersi aecorto del tentativo isoerateo di dare una nuova dignità morale, nella forma e nel contenuto, alla retorica: v. W. JAEGER, Paideia ..., v. HII, pp. 88 ss. e 121 ss. TI Diks, Autour de Platon,.., v. II, pp. 100 ss. e 400 ss. ha notato che, in ogni easo, nel Fedro Platone opera un reeupero, una trasposizione della retorica su base scientifica e filosofica; e in questa operazione subisce indubbiamente l'influen sul piano formale, della scuola gorgiana e isoeratea, teorizzatriee del valore psicagogico del logos. Se dunque Platone, nel tentativo di fondare una «retorica filosofica », tenne conto dell’esperienza isoeratea come di un fatto fondamentalmente positivo nel panorama contemporaneo, l’idea di un rapporto forse di rivalità, ma amichevole e fecondo, ne esce confermata. V. ancora lo JAFGER, p. 315 ss.
PLATONE
E I « MODERATI »
ATENIESI
91
La fine del periodo callistrateo, col conseguente ripiego delle forze conservatrici e la riscossa dei democratici, corrisponde, nell’opera di Isocrate e di Platone, ad un momento di stasi: Isocrate si dedica pienamente
all'attività
didattica
e prepara,
nel
chiuso
della
sua
scuola,
le grandi opere degli anni 356-353; Platone, dopo il fallimento del terzo viaggio siciliano, accentua i propri interessi teoretici e il proprio impegno didattieo (!5") Il loro isolamento si spiega bene se si pensa alla dura reazione scatenata dai democratici radicali contro vecchi sostenitori e collaboratori di Callistrato ('); Diogene Laerzio (III, 23) dice espressamente che Platone, tornato in patria, non partecipò alla vita politica, nonostante la sua provata competenza, perché il popolo s'era assuefatto irrimediabilmente ad un diverso regime politico: ἔνϑα πολιτείας μὲν οὐχ ἥψατο, καίτοι πολιτικὸς ὧν ἐξ ὧν γέγραφεν. Αἴτιον δὲ τὸ ἤδη τὸν δῆμον ἄλλοις πολιτεύμασιν ἐνειϑίσϑαι (15), Occorrerà aspettare
il
periodo
di
Eubulo,
il
momento
di
massima
autorevolezza
del pensiero moderato nel IV secolo, perché fra Isocrate e Platone si compia un altro passo di progressivo avvicinamento. (159) V. M. IsNARDI PARENTE, L'Accademia e le lettere ..., p. 241 ss., dove ben si mette in luce il momento di erisi determinato nell'Accademia platoniea da quella che lo JAEGER (Paideia. .., v. ss.) ha definito «la tragedia della paideia », e cioè il fallimento dell'esperimento siracusano. (190) V. C. Brarzor, Callistrato ..., p. 25 ss, (361) L'isolamento fu a lungo rimproverato a Platone dagli ambienti politiei ateniesi di tendenza democratica: l'ieeusa di mon voler tentare riforme all'interno dello stato ateniese, da eui l'Acendemia vuol! difendere Platone nella Lettera V (322 a ss.), riflette l'ostilità delle medesime correnti demoeratiehe che attaccarono analogamente Isocrate e che emerge da tutta l'Antidosi: "àv dé τις ἀκούσας
ταῦτα
εἴπῃ
συμφέροντα
"Πλάτων, εἰδέναι,
ἐὸν
ὡς
ἔοικειν,
δ᾽ ἐν τῷ
δήμῳ
προσποιεῖται λέγειν
καὶ
μὲν
τὰ
δημοκρατίᾳ
συμβουλεύειν
αὐτῷ
τὰ
βέλτιστα οὐ πώποτε ἀναστὰς ἐφρϑέγξατο"", πρὸς ταῦτ᾽ εἰπεῖν ὅτι Πλάτων ὀιρὲ ἐν τῇ πατρίδι γέγονεν καὶ τὸν δῆμον κατέλαβεν ἤδη πρεσβύτερον καὶ εἰϑισμένον ὑπὸ τῶν ἔμπροσϑεν πολλὰ καὶ ἀνόμοια τῇ ἐκείνοι" συμβουλῇ πράττειν" ἐπεὶ πάντων ἂν ἥδιστα καϑάπερ πατρὶ βούλευεν αὐτῷ, εἰ μὴ μάτην μὲν κινδυνεύσειν ᾧετο, πλέον δ᾽ οὐδὲν ποιήσειν. (efr.
Crit,
50
e
ss.;
Apol.
31d;
Resp.
VI,
496
d-e;
Ep.
VII,
De
ss.;
331le-d).
Il Morrow, Studies in the platonie Epistles, Urbana 1935, p. 47 ss., ha messo in particolare rilievo il bisogno di autodifesa che accomuna in questo periodo intorno al 353 Isocrate (Antidosi) e. Platone (Lettera VII): esposti entrambi per motivi diversi ma analoghi alle eritiche dei democratici, sentono l'esigenza di proporre una pubbliea apologia, l'uno dei propri rapporti con la tirannide siracusana, l'altro del proprio atteggiamento nei confronti della democrazia ateniese.
92
C. BEARZOT
IC.
- Eubulo
- IL PERIODO
DELLA
COLLABORAZIONE:
LE
LEGGI
e la funzione degli intellettuali.
Morto Cabria ed esiliato, dopo la battaglia di Embata, Timoteo (195, la gestione della guerra fu affidata interamente al demoeratico radicale Carete: i suoi duri metodi imperialistiei contribuirono a
sgretolare
ulteriormente
la
lega
e
a
preparare
la
pesante
sconfitta
che si profilava per Atene. Il movimento in favore della pace, con Eubulo alla testa, riprese vigore (!), coinvolgendo uomini diversi: politici eome Demostene, che iniziò tra i moderati la sua carriera politica proprio negli anni della guerra sociale, e intellettuali come Isoerate e Senofonte. Tale movimento, che aveva come avversario principale Aristofonte e il suo gruppo (155), responsabile, secondo i moderati, della gestione disastrosa della guerra sociale, aveva un potente appoggio nei ricchi contribuenti che mal sopportavano la erescente pressione fiscale (1%), Il Sulla pace di Isoerate è il documento più si(162) La tensione fra moderati e demoeratiei radicali, riportata in primo piano dalle vicende della guerra sociale e ormai evidente alla vigilia di Embata, scoppiò gravissima dopo la sconfitta, con l'aeeusa di tradimento rivolta a Timoteo, Ifierate e Menesteo (Diod. XVI, 21: Corn. Nep. Timoth III). L'accusa fu sostenuta da Aristofonte in favore del democratico Carete e si coneluse con l'assoluzione di Ifierate (e Menesteo) e In condanna di Timoteo ad una multa di cento talenti (Polyaen. III, 9, 29; Schol. Aesch. I, 64; Plut. Mor, (De eril.) 605 e; (Praec. ger. reip.) 801f; Ael. V. Hist. XIV, 3; Dinareh. I, 14; III, 17); condanna che lo costrinse all'esilio a Caleide (Corn. Nep. Timoth. ΠῚ, 5; Vit. X orat. 836d; Isoer. Antid. 129), V. R. SraLEY, Athens after the Social War, «JHS» LXXV (1955), p. 74. (163) V. P. CLocné, La démocratie..., p. 331. (164) Aristofonte era comparso sulla seena politien dopo la caceiata dei Trenta (Demosth. XX, 148), quando restaurò In legge perielen sui vóDor (Charist. in Athen. XIII, 577 h — FHG IV, 358, frg. 11). Avverso a Callistrato, a Timoteo e poi ad Eubulo, fu il capo del gruppo democratico radieale per buona parte del seeolo e raggiunse la massima influenza dopo il 365, eon la disgrazia di Callistrato. Del suo
gruppo
fecero
«Aristophon »
(3),
parte R.
uomini E.
II
come (1896),
Autocle, coll.
Leodamante
1005-7;
K.
J.
e
Carete.
BLocn,
Die
V.
J. MILLER, attische...,
pp. 167.8; €. PECcORELLa LoxGo, «Eferie»..., p. 66 s C. Branzom, Callistrato. .., passim; da ultimo S. I. OosT, Two notes on Aristophon of Azenia, « Class. Philol, > LXXII (1977), pp. 238-42. (185) V. P. OLocHf, La politique étrangére ..., p. 163 ss.; ©. Moss£, Aspects sociaur et politiques ..., pp. 416-7.
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIESI
93
gnifieativo che il pensiero moderato abbia prodotto in questo clima di pacifismo imperante. Con questa opera, Isocrate voleva fondare teoreticamente il desiderio, diffuso nel suo ambiente, di favorire la pace con gli alleati; pace che una notizia ci dice siglata proprio da Eubulo (Schol. Demosth. III, 29), al cui servizio Isocrate si era posto dopo che Callistrato e Timoteo erano usciti di scena (!). A conferma della continuità esistente fra gli interessi dell'ambiente di Timoteo e quelli di Eubulo (!5*) Isocrate concepì il Sulla pace, che si presentava come il manifesto del programma dei moderati di Eubulo in politica estera, come un'esaltazione della politica di egemonia navale quale la eoncepiva Timoteo, in opposizione a quanto proponeva invece in questi stessi anni Carete, e con lui il gruppo democratico radicale di eui era espressione (!). La lettura dell’Antidosi fornisce un'impressione analoga. In ogni caso, Isoerate utilizzò l'orazione Sulla pace anche per svolgere a fondo il suo tentativo di diffondere un'accezione diversa del
concetto
di
democrazia;
tentativo
che
egli
aveva
iniziato
nel
370
e che solo ora, quando un sincero moderato come Eubulo, preoccupato, come Isocrate, degli interessi economici delle classi possidenti assai più che delle istituzioni democratiche, stava per portarsi alla testa dello stato, poteva svolgere completamente (159), Ora che l'egemonia (195) Isocrate (De pace 16) mostra di considerare questa pace come la ripresa di quella del 374, da lui ritenuta frutto dell'opera di Timoteo; v. C. BEARZOT, Callistrato ..., p. 20 e n. 43. (167) La continuità è del resto attestata da una parte dalle simpatie per Timoteo diffuse tra gli intellettuali della cerchia di Eubulo, dall'altra dalla inimicizia che entrambi questi uomini politici ebbero eol gruppo di Aristofonte. Eubulo fu accusatore di Aristofonte e di Carete in una data che non possiamo precisare (Demosth. XIX, 291); sull’inimicizia tra i due v. K. J. BELOCH, Die attische ..., p. 182 ss.; contra R. SEALEY, Athens after..., pp. 74-81. (168) Isoer. De pace 133-135; 136 ss, V. A. SCHAEFER, Demosthenes und seine Zeit, v. I, Leipzig 1885, pp. 188-9. Auche i parr. 44-45, che attaceano duramente l'uso di truppe mereenarie, possono ritenersi diretti contro Carete. Del resto, già 1" ὑπόϑεσις anonima del Sulla pace mette in rapporto le responsabilità di me di Isoe Carete nella guerra sociale eon la dee e di pronunciarsi in favore della pace: v. il testo in Isocrate, Discours..., v. IIT, Paris 1942, p. 12; efr. Aristot.
Rhet.
ITI,
17,
1418
a
29
ss.
Numerosi
sono,
nell’opera,
i velati
riferimenti
a Carete e ai democratici radicali di Aristofonte che lo sostenevano, certamente adombrati nei d hi bellieisti e id i eui Isocrate vuol rifiutare il diritto di chiamarsi « demoeratici»: v. C. BEARZOT, Isoerate..., pp. 120-2. (169)
L'attenzione
fondamentale
tra
per
gli
interessi
Isocrate e Callistrato;
dei
possidenti
aveva
ora, essa costituiva
costituito
il
legame
il punto sostanziale di
94
C. BEARZOT
dei radieali sulla vita politiea, che lo aveva costretto per qualche anno al silenzio, stava per terminare, Isoerate vedeva aprirsi lo spazio politico sufficiente per proporre una costituzione moderata, non lontana dall'ideale terameniano; nel Sulla pace egli cercava dunque di preparare, eon sapenti allusioni, l'opinione pubbliea a quanto avrebbe proposto, eon maggiore precisione, nell'Areopagitico, dopo la conclusione della pace (7°). L'aseesa di Eubulo, che dopo la conclusione della pace si insedió definitivamente al potere attraverso il controllo delle finanze statali (171), segna il periodo di maggiore libertà per gli uomini del gruppo moderato (175) e in particolare per Isocrate, cui fu possibile finalmente espriincontro tra Isoerate cd Eubulo. Sono noti gli interessi di Eubulo in questo senso; egli segui una politiea estera di «raecoglimento » allo scopo di assieurare ad Atene il benessere ceonomico: v. J. DE ROMILLY, Les modérés alheniens..., p. 339 ss; W. JaEGER, Paideia..., v. III, p. 415 ss. Analoghi gli interessi di Isocrate, figlio di un μέτριος πολίτης W. JAEGER, Paideia ..., v. III, p. 194; C. Mossf, Aspects sociaux et politiques . pp. 416-7; K. BRINGMANN, Studien..., pp. 109-10; piü specificamente v. A. FUKS, Isokrates and the social-economie situation in Greece, «Ane. Soc.» III (1972), pp. 17-44. (170) TI pacifismo, per questo gruppo politico, è tutt'altro che fine a se stesso; esso è piuttosto funzionale alla ripresa economica, come già Isocrate aveva accennato nel Sulla pace (21) e come Senofonte svilupperà più ampiamente nei Poroi, Eubulo non traseurò, infatti, di fornire ad Atene una nuova flotta dopo la eatastrofe della guerra sociale (Dinarch. I, 96). V. R. SEALEY, Athens after..., p. 77; G. L. CAWKWELL, ‚Eubulus, «ΔΒ LXXXIII (1963), pp. 66-7. Rinuncia all’ imperialismo non significava, per i moderati, rinuneia all'egemonia: il Sulla pace e i Poroi non chiedono che Atene perda il suo ruolo nel mondo greco, ma piuttosto che resti egemone a difesa della pace. V. A. MOMIGLIANO, Per la storia della pubblici stica sulla κοινὴ εἰρήνη nel IV secolo a.C., in Terzo contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma 1966, I, pp. 457-87 (= «Ann. Se, Norm. Sup. Pisa» V, 1936, pp. 97-123); M. Pavan, Il momento del ‘classico’ ..., p. 435 ss. (171) Eubulo fu preposto al controllo del fondo teorico e, probabilmente, ebbe altri incarichi di carattere finanziario: efr. Aesch. III, 25 et schol; Plut. Mor. (Praec. ger. reip.) 812 f; (De frat. am.) 486 d; Phoc, VII. V. A. SCHAEFER, Demo. sthenes..., v. I, p. 186 ss; K. J. BELocH, Die attische..., p. 173 ss.; id. Griechische Geschichte ..., v. III, 1, p. 483 ss.; J. KIRCHNER, « Eubulos», R.E. VI (1909), coll. 876-7; G. L. CAWKWELL, Eubulus..., pp. 46-7; S. PERLMAN, Political leadership in Athens in the fourth century B.C., «Par. d. Pass.» XXII (1967), pp. 173-5; E. HELLINCKX, La fonction d’Eubule de Probalinthos, « Rech.
Philol Ling.» II (1968), pp. 149-66. (172) Al gruppo di Eubulo vanno aseritti personaggi come Diofanto, Egesileo, Midia, oltre ai ben noti Eschine e Focione, nonché figure minori come Mnesarchide,
PLATONE
E I « MODERATI »
ATENIESI
95
mere pubblicamente i risultati del dibattito costituzionale che aveva per tanti anni
condotto
fra le mura
della
sua scuola.
Egli
si dedicò
dunque
alla propaganda in favore di una costituzione moderata, che limitasse i diritti politiei alla classe media possidente, | a difesa dei eui interessi rappresenta una delle pr i fond tali degli uomini eui Isoerate fu legato: Callistrato, Timoteo e ora Eubulo. Sotto di lui, il pensiero moderato trovò l’ambiente ottimale per il proprio sviluppo; egli si valse infatti del gruppo di intellettuali che a questo pensiero faceva capo per sostenere con la propaganda il loro programma (173). Questo gruppo ha in Isocrate e in Senofonte le figure più rilevanti (!7). Il laconizzante Senofonte, dopo il suo rientro in Atene, non poteva trovare ambiente politico-culturale a lui più consono del circolo moderato eui apparteneva Isocrate; è all'interno di questo ambiente che egli eoneepi le sue opere piü tarde, in particolare il III libro dei Memorabili (U5) e i Poroi (**), legate ai problemi che si diseutevano in Atene Neottolemo, Polieucto, Timocrate, Filomelo e Filippide (Demosth. XXI, passim). V. C. PECORELLA LONGO, « £terie » ..., pp. 97-104. Sulla continuità tra il gruppo di Callistrato e quello di Eubulo v. C. Brarzor, Callistrato..., p. 22 ss. (173)
Tentare
una
riforma
delle
strutture
d
iehe
era
rel
age-
vole solo ai pensatori e agli intellettuali; mentre diveniva rischioso per i politici attivi del gruppo di Eubulo, come per esempio Eschine: v. €, Mossi, Aspects sociaur et politiques ..., pp. 293-7. Sulle interessanti eoncordanze di pensiero rilevabili tra gli intellettuali di questo ambiente (Isoerate, Senofonte, Eschine, Aristotele) a proposito della tradizione «terameniana » e dei problemi della pace, della sicurezza della i i della vita pubblica, v. J. ng ROMILLY, Les modérés athéniens..., passim, Un ottimo studio sul gruppo moderato negli anni della guerra sociale è anche in W. JAEGER, Demostene (trad. it.), Torino 1942, pp. 61-89. (173) Oltre a Platone, non vi fu estraneo Aristotele; né vanno dimentieati gli esponenti della seuola isoeratea, in particolare Eforo, Teopompo e Androzione. (175) Il 11 (e il IV) libro dei Memorabili fu aggiunto da Senofonte ai due precedenti forse intorno a 355; in esso Senofonte trattò i problemi della decadenza di
Atene
come
essa
era
sentita
dai
moderati,
in
modo
molto
simile
a
quanto
si
ritrova nell’Areopagitico isocrateo. Rilevante in modo particolare il passo III, 5, dove Soerate e Periele il Giovane discutono i problemi politici dell'Atene contemporanea: efr. parr. 13-14 (sulla necessità di imitare gli antenati); 20 (sull'Areopago); 18-19 e 21-23 (sulla decadenza della disciplina militare e dell'amore per la patria), dove le eonsonanze con i temi isoeratei sono particolarmente evidenti (v. anche III, 9, 10, contro il sorteggio delle cariche): v. W. JAEGER, Paideia ..., v. III, p. 298; E. DELEBECQUE, Essai sur la vie de Xénophon, Paris 1957, pp. 447-95. (176) Con i Poroi, pubblicati subito dopo la conclusione della guerra sociale, Senofonte portava un grosso contributo al programma economico di Eubulo. Per la
96
C. BEARZOT
alla metà del IV secolo e caratterizzate ideologieamente nello stesso senso di quelle di Isocrate. Fra Isocrate e Senofonte, operanti nei eircoli intellettuali che sostenevano Eubulo, ci sono in questo periodo datazione v. H. R. BREITENBACII, a ων (8), R.E. 1X, A-2 (1967), col. 1755; G. BopEr GiGLIONI, in X De Firenze 1970, p. VII ss; Pu. GauTHIER, Un commentaire historique des Poroi de Xénophon, Genève-Paris 1976, pp. 1-6. Per il contenuto dell'opera, che non è qui il luogo di analizzare, rimando all'edizione della Bodei Giglioni, che presenta ottimamente, in un'ampia introduzione, i temi affrontati da Senofonte, e al commento del Gauthier, riechissimo di informazioni anche tecniche. Qui basterà ricordare ehe nei Poroi Senofonte esprime i sentimenti diffusi presso le classi possidenti ateniesi, ehe aspiravano alla pace e, soprattutto, alla ripresa eeonomiea che dalla pace sarebbe derivata: il problema
fondamentale
è
perciò
quello
di
rimuovere
i
motivi
ehe
hanno
condotto
la
città sulla via distruttiva dell’ imperialismo e della guerra sul mare, e quindi di trovare nuove fonti di reddito, ehe assicurino ad Atene la prosperità e distolgano il popolo da nuove avventure belliehe (I, 1). Le proposte di Senofonte, riguardanti soprattutto l’ineremento Usi commerci (III, 1-5) e lo sfruttamento delle miniere (IV), un di deciso pacifismo da parte delle autorità statali; ed e soprattutto su questo punto ehe Senofonte si cala nella situazione storica di Atene dopo la guerra sociale, terizzata da una deci à re: zione antiimperialista, e mostra di allinearsi con quanti sostenevano il movimento pacifista e moderato di Eubulo: v. G. BopEI GIGLIONI, in Xen. De vect...., pp. XIV-XLVI, in particolare XIX-XXIX. Nei eapp. V e VI Senofonte si oeeupa dell'utilità politica della pace e dei mezzi per mantenerla: e in aleuni temi, come in quello dell'egemonia ottenuta per spontanea concessione, attraverso la pace e non la guerra (V, 1-10), Senofonte si incontra in modo quasi letterale eon gli argomenti del Sulla pace isocrateo: v. H. R. BREITENBACH, « Xenophon»..., col. 1754. Ideale di egemonia, questo, che riealea perfettamente quello dei moderati, che desideravano per la loro patria un ruolo decisivo nel mondo greco, senza però abbandonarsi a dispendiose avventure belliche; le quali, come ha dimostrato la guerra appena conclusa, distruggono le risorse economiche della città (V, 11-12). Una puntata polemica, quest'ultima, contro il «partito della guerra » di Aristofonte e di Carete, avversari di Eubulo, già attaccati nel Sulla pace isocrateo: v. G. BODEI GIGLIONI, in Xen. De vect...., pp. XVII-XVIII; mentre il richiamo ad una politica di pace e di ripresa econo» miea non poteva ehe svolgere «un'efficace azione fiancheggiatrice nella progressiva ascesa di Eubulo, nella prospettiva di un’imminente svolta nella politica ateniese» (ead., ibid., p. XVIII); v. anche J. Lucciosi, Les idées politiques et sociales de Xénophon, Ophrys 1947, p. 281; E. DELEBECQUE, Essai..., p. 473. Più cauto si mostra a questo proposito Pr. GAUTIHIER, Un commentaire..., p. 223 ss.; e così Ww. E. TEGOINS, Aenonhon the Athenian, Albany 1977, che yita l'ultimo Senofonte fond di d dai eireoli politici ateniesi, In realtà il passo eowelusivo dei Poroi (VI, 1) da eui emerge il quadro di un’Atene pacifica e prospera, al eentro delle simpatie del mondo greco, in eui tutte le elassi godono dei benefiei loro spettanti, in eui le tradizioni patrie vengono rimesse in vigore, ei
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
97
affinità sorprendenti (!7): i problemi della pace, della ripresa economica, della riforma delle istituzioni politiche sono presenti in entrambi gli autori con accenti che rivelano la comune matrice ideologica. Un vasto movimento culturale, dunque, affrontava teoricamente la problematica relativa alla crisi della democrazia ateniese, parallelamente
al
tentativo
di
Eubulo
di
operare
una
conereta
riforma
poli-
tica. In questo clima di revanehe culturale, che posto occupa Platone? Da quando, nel 360, era rientrato in Atene dopo il terzo viaggio a Siracusa, Platone si era dedicato a problemi strettamente teoretici e didattici: anch'egli risentiva del ripiegamento subito dai moderati dopo la caduta di Callistrato (efr. TAacet. 113€ ss.). Il Politico (175), che si occupa prevalentemente dei problemi connessi con l'esercizio del potere personale, testimonia in Platone una sorta di « distacco» da Atene e dal problema della sua riforma politica: le condizioni storiche del momento dovevano fargliela apparire del tutto inattuabile. Così, nel Politico la democrazia subisce una condanna senza appello: se unico criterio per giudicare la bontà di una costituzione politica è la pre-
mostra un Senofonte eon la sguardo rivolto ai tratti idealizzati della stessa città perfetta che stava al centro del progetto costituzionale di Isocrate: Senofonte parla qui a nome di un gruppo interessato ad una esperienza politica alternativa in politica estera, ma anche e soprattutto in politica interna. Ed è sintomatico ehe lo stesso GAUTHIER, nonostante la sua cautela nell’accostare Senofonte al movimento antidemocratieo, rilevi come l'Atene ideale da lui proposta, in cui la comunità politica è mantenuta dall'attività dei non cittadini, venga ad assimilarsi in fondo alle strutture della Sparta di Lieurgo: efr. Un commentaire ..., p. 238 ss. (177) V. W. JAEGER, Paideia ..., v. MI, p. 274; δ. LUCCIONI, Les idées..., p. 283; E. DELEBECQUE, Essai..., pp. 461 ss. c 471; J. DE ROMILLY, Les modérés athéniens..., p. 339 ss.; K. BRINGMANN, Studien..., pp. 73-4; A. MOMIGLIANO, Per la storia della pubblieistiea..., p. 481 ss.; G. MATHIEU, Les idées..., p. 181 ss. (178) Per la datazione del Politico dopo il terzo viaggio a Siraeusa v. A. DIES, in Platon, Politique, Paris 1935, p. LIV ss. Sul «distaeeo » da Atene che esso testimonia v. K. HiLDEBRANDT, Platone..., p. 392 ss. ehe inserisce il Politico in un periodo di ripiegamento in eui l'interesse teorico prevale (p. 361 ss.); ripiegamento ehe tuttavia non ὃ da attribuirsi, a mio parere, alla delusione seguita al mancato aeeoglimento delle proposte della Repubblica, ma piuttosto al riprodursi, in Atene, delle condizioni storieo-politiehe dei primi anni del IV secolo: eclissi dei moderati (in seguito alla disgrazia di Callistrato), affermazione dei demoeratiei radicali, impossibilità di individuare un conereto spazio di azione (anche per il concomitante fallimento dell’alternativa siracusana). Memorie
(Lettere)
- 7
98
€. BEARZOT
senza
della seienza
(291 d ss.),
il governo
demoeratieo
si presenta
come
il più lontano dalla verità e il più insanabile (292e ss.) Per di più, la demoerazia si fonda su quel principio di legalità che Platone vuole subordinare al potere del politico ideale, possessore di scienza e perciò affrancato
dai
condizionamenti
della
legge
(293e
ss.); e perciò
il Poli-
tico è intessuto di attacchi ai principi democratici, come quello dell’immutabilità della legge e del riferimento ultimo all'assemblea (295 e ss.; 296 a ss.); quello della ripartizione egalitaria del potere (297 Ὁ ss.); quello della partecipazione, giudicato come fonte di decadenza delle istituzioni democratiche, divenute regno incondizionato dell’ ineompetenza (298b ss.; 300 e). Il giudizio complessivo di Platone sulla demoerazia (303 a-b) è di assoluta condanna e testimonia le poche speranze che egli aveva nella possibilità di una reale riforma del governo ateniese: τὴν (πολιτείαν) d' ad τοῦ πλήϑους κατὰ πάντα ἀσϑενῆ καὶ μηδὲν μήτε ἀγαϑὸν μήτε κακὸν μέγα δυναμένην ὡς πρὸς τὰς ἄλλας διὰ τὸ τὰς ἀρχὰς ἐν ταύτῃ διανενεμῆσϑαι κατὰ σμικρὰ εἰς πολλούς. Essa è la peggiore delle costituzioni legali, e delle illegali quella in cui maggiormente conviene vivere, poiché in essa tutto è lecito: “εὖ γέγονε πασῶν μὲν νομίμων τῶν πολιτειῶν οὐσῶν τούτων χειρίστη, παρανόμων dè οὐσῶν συμπασῶν βελτίστη. Affermazioni in cui è evidente il disprezzo aristoeratieo per i principi fondamentali della democrazia, ma anche la ribellione all'effettivo, disordinato radiealismo degli anni posteriori al 360 (17?) La decadenza di Atene doveva apparirgli ormai definitiva e insanabile. L'aseesa di Eubulo venne dunque a rappresentare, anche per Platone
(159), l'apertura
di nuove,
e eonerete,
possibilità
politiche.
Già nel
Politico (300a ss.; cfr. anche 301 e ss.) egli aveva ammesso la possibilità di costituzioni rette secondo il principio di legalità, ma solo come ripiego ( δεύτερος πλοῦς ) nel caso di irrealizzabilità del principio ideale, identificato col governo personale del politico possessore di scienza e
strato di
(179) La riscossa dei democratici radicali era partita dal processo di Callie si affermò pienamente con la sua morte, intorno al 360, quando una serie
processi
travolse
i
suoi
collaboratori,
come
Leostene,
Timomaco
e
altri:
v.
C. Bearzor, Callistrato ..., pp. 25-6. Aristofonte, Carete e il loro gruppo dominarono la scena politica ateniese almeno fino alla guerra sociale, ehe fu l'esito naturale della loro politiea e il fattore della sua definitiva erisi. (190) V.
J. LUCCIONI,
La pensée..., p. 241-6.
PLATONE
E I « MODERATI »
ATENIESI
99
quindi superiore alla legge (296 d ss.) (!5'). Nell'ultima fase del pensiero politico di Platone il vóuoc torna in primo piano: egli finì per riconoscervi
l'unica
concreta
possibilità
di
avviare
una
esperienza
sta-
tale il più possibile vicina all'ideale (153), Abbandonata l'ipotesi dei filosofi al governo, fallito ogni tentativo di convertire i potenti alla filosofia o di far accettare la figura del filosofo-consigliere, Platone tenta la strada del filosofo-nomoteta: le leggi ispirate da chi à in possesso di seienza politica possono garantire allo stato una organizzazione per quanto è possibile vieina all' ideale. E una soluzione lontana dalla concezione platonica della politiea come opera di armonizzazione ereativa gestita dal sapiente; ma essa dovette apparirgli, in concreto, l’unica strada possibile per tentare un miglioramento, anche minimale, dell’esperienza politica greca, e anche ateniese (158). Il predominio di Eubulo aveva creato in Atene un clima capace di recepire l'esigenza di una riforma costituzionale: l'Areopagitico isoerateo tentò di sfruttare proprio questa atmosfera di disponibilità ad una riforma di tipo moderato, sull’onda dell’impopolarità in cui versavano i democra-
(181) Sul problema del δεύτερος πλοῦς nel Politico e nelle Leggi, v. J. LUCCIONI, La pensée ..., p. 253 ss.; G. REALE, Storia della filosofia antica ..., v. II, p. 214 ss. e 221 ss. (182) Platone recupera così il pieno valore del γόμος, un concetto in piena dalla seconda metà del V secolo, ehe ve 1 gravemente risentito della dissoluzione operata dalla sofistiea. V, M. Gigante, Nomos basileus, Napoli 1956; J. DE RoMILLY, La loi dans la pensée grecque des origines à Aristote, Paris 1971, soprattutto p. 179 ss. Sul «realismo » delle Leggi v. . BURNET, Greek philosophy ..., p. 301 ss.; in quest'opera Platone porta a completamento il tentativo, abbozzato già nel Politico, di determinare «the provinees of renlism and idealism in polities» (id., ibid. p. 292). Un'alternanza, quella tra realismo e idealismo, che resta comunque eostante nel pensiero politieo platonieo: v. L. WICKERT, Theorie und Wirklichkeit im Platons Staatsdenken, « Rhein. Mus.» XCVII (1954), pp. 68P. M. SCHUHL. L’oeuvre de Platon, Paris 1954, p. 7 ss. Sulla rivalutazione del νόμος nell'ultimo Platone v. anche M. GENTILE, La politiea,.., p. 134 ss. e 141 ss.; sul Politico eome opera. di izi all’at i realista deile Leggi, v. E. BARKER, Greek political theory ..., p. 330 ss. erisi
(783) Il LUCCIONI, La pensée ha rilevato l’importanza dell'esperienza politica « moderata » del IV nel determinarsi dell’evoluzione che ha condotto Platone, dalla rigida posizione della Repubblica, a credere alla possibilità di un’accettabile esperienza politica storica.
100
C. BEARZOT
tiei (!84), Platone vide forse in questo nuovo clima una possibilità conereta di attuare aleune delle idee guida del proprio pensiero: & possibile dunque che la preparazione delle Leggi, che si pone nel decennio 357-347 (18°), sia da considerare un contributo effettivo di Platone al tentativo di riforma politica operato dai moderati? Si è visto che Platone aveva tentato di sensibilizzare gli ambienti conservatori sul tipo di esperienza politica che egli auspicava: ma la difficoltà di trovare una applicazione concreta al pensiero platonico aveva impedito una fattiva collaborazione con gli ambienti del moderatismo. Spinto dalle rinnovate condizioni politiche, Platone potrebbe aver tentato di inserirsi nel movimento culturale impegnato a progettare la riforma politica d'Atene con un'opera che, pur non rinunciando a ribadire i contenuti ideali del pensiero platonico, indicasse una loro accettabile attuazione storica. La comune amicizia con Focione rappresentava un (181) La fine dell’egemonia radicale sulla politica ateniese apriva ai gruppi id conerete possibilità di azione; tuttavia la vitalità mostrata dal socia le impose ad Isocrate gruppo di Aristofonte ancora all’ indomani della guer l'uso degli accorti strumenti propagandistici a noi già noti. Si pensi, ad esempio, al processo di Timoteo, o all’ iniziativa di Leptine (cfr. Demosth. XX), che testimoniano la vivace attività di questo gruppo e ci aiutano perciò a capire la prudenza di Isocrate. Che quello di Isocrate fosse tutt'altro che un progetto libresco, astratto € inattuabile, e che sia stato preso in seria considerazione negli ambienti politici ateniesi, lo mostra il fatto ehe i democratici abbiano sentito il bisogno di difendersi da eventuali tentativi di restaurare il potere dell'Areopago: cosa di cui ci informa l'iserizione SEG XII, 87, del 337/6 (su eui v. B. D. MERITT, Greek Inseriptions, « Hesperia» XXI (1952), pp. 355-9; J. POUILLOUX, Choir d'inscriptions greeques, Paris 1960, pp. 121-4; M. Guarnuccı, Epigrafia greca, v. II, Roma 1969, pp. 59-61). Si tratta di una ler de tyrannide mirante a difendere le istituzioni democratiche: le sanzioni ehe essa commina agli Areop: Sm che escano ‚dei limiti delle competenze loro assegnate dalla legge ci i lap con eui i democratici, ehe pure si trovavano in un momento di particolare vitalità, guardavano a questo organismo: v. L. BRACCESI, // decreto ateniese del 337/6 contro gli attentati alla Posi « Epigraphiea » XXVII (1965), pp. 110-26. Il solo fatto che ci si potesse attendere dall'Areopago un attacco alle istituzioni demoeratiehe è indicativo del fatto che il progetto di Isocrate, se non ebbe qualche tentativo
di
realizzazione
pratica,
fu
in
ogni
caso
sentito
come
tutt'altro
che
inat-
tuabile: v. J. POUILLOUX, Choir ..., p. 123. (185) V. R. G. Bury, in Plato, Laws, v. I, London-Cambridge 1926, pp. VII. XVII. Il nueleo fondamentale viene posto dal CoLL1, Lo sviluppo ..., pp. 467-8, tra il 356 e il 353, nel momento più intenso della prod isoeratea p alla svolta eubulea: il che & significativo per il nostro assunto.
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIESI
101
possibile legame tra Platone ed Eubulo; e non é improbabile che, in quest'ultimo, il filosofo abbia visto l'uomo capace di mediare le proprie aspirazioni ideali e le esigenze pratiche di riforma. C'era ora, in Atene, chi poteva accogliere con favore proposte di contenuto antidemocratieo: per Platone si trattava di dare una forma comprensibile e storieizzabile allo stato ideale della Repubblica. 2. - Platone
e la
πάτοιος
πολιτεία: il Timeo e il Crizia.
Platone si mostra vicino alle tematiche dei circoli intellettuali operanti intorno ad Eubulo: nel Timeo e nel Crizia ("*) egli si fa propugnatore di una immagine ideale di Atene che corrisponde a quella presentata da Isocrate nell'Arcopagitico e da Senofonte nei Memorabili (ITI, 5) e nei Poroî (VI, 1). Nel Timeo (21a ss.) Crizia raeconta un'antica storia narrata a suo nonno da Solone, il legislatore storico divenuto mitico sostenitore della πάτριος πολιτεία moderata. Solone avrebbe riferito un mito sull'Atene antichissima, appreso da un sacerdote egizio, che avrebbe conservato il ricordo di un'Atene « prima del diluvio»: Ἣν yàp δή nore, ὦ Σόλων, ὑπὲρ τὴν μεγίστην φϑορὰν ὕδασιν, ἡ νῦν ᾿᾿Αϑηναίων οὖσα πόλις ἀρίστη πρός re τὸν πόλεμον καὶ κατὰ πάντα εὐνομωτάτι, διαφερόντως ἢ κάλλιστα, ἔργα καὶ πολιτεῖαι γενέσϑαι
λέγονται
παρεδεξάμεϑα τὸ
κάλλιστον
κάλλισται
(23c-d); καὶ
πασῶν
in questo
ἄριστον
νένος
ὁπόσων
tempo En’
ὑπὸ
τὸν
οὐρανὸν
antichissimo,
ἀνθρώπους...
BE
ἡμεῖς
ἀκοὴν
visse in Atene ὧν
σύ
te
καὶ
πᾶσα ἡ πύλις ἔστιν τὰ νῦν ὑμῶν (38. ὁ). L'Atene di 9000 anni prima di cui il sacerdote egizio parla si caratterizza (23e ss.) per alcuni elementi: la separazione rigida delle diverse classi, la valorizzazione delle classi dei guerrieri Busir.
15
ss.;
Plat.
e dei sacerdoti, Resp.
III,
l' interesse
412 c).
Collocati
per la scienza dalla
dea
(cfr.
Atena
Isoer. in
una
terra ideale, gli Ateniesi vissero πάσῃ re nuod πάντας ἀνϑρώπους ὕπερβεβληκότες ἀρετῇ, ὁ compirono la grandiosa impresa della guerra vittoriosa contro Atlantide (24e ss.: trasposizione in tempi mitici dell'impresa persiana), salvando gli uomini dalla schiavitù. Per quanto riguarda la parte costituzionale, il sacerdote sembra elogiare una organizzazione
che
ricorda
da
vicino
quella
della
Repubblica:
in 25 e ss.,
(186) Il Timeo e il Crizia vanno considerati, a quanto pare, di poco posteriori al Politico: v. A. RIVAUD, in Platone, Timée-Critias, Paris 1925, pp. 21-3 e 231 ss.
102
C. BEARZOT
Crizia si rivolge a Socrate facendogli notare che il suo discorso del giorno precedente sulla πολιτεία richiama davieino le parole di Solone. E' noto che il Timeo viene presentato eome resoconto di un dialogo tenuto il giorno successivo a quello relativo alla Repubblica (efr. Tim. 17b-19b, dove la Repubblica & brevemente riassunta): e dunque lo stesso Platone vuole qui far rilevare la stretta attinenza esistente fra il mito dell'Atene ideale propagandato dai moderati e l' ideale da lui proposto nella Repubblica (151). Come Isocrate, anche Platone vuole dunque presentare la sua proposta come una πάτριος πολιτεία, legata in eerto modo al nome di Solone e trasferita in tempi mitiei: con una operazione propagandistica ben nota agli ambienti del moderatismo. Il problema politico ritorna ad avere come centro, per Platone, Atene (efr. 26 c-d e 27 b): e viene ribadito che la Repubblica è stata pensata per Atene, se pure per una Atene ideale, molto più lontana nel tempo di quella isocratea. Mentre preparava, nelle Leggi, proposte più conerete, Platone riaffermava dunque il valore del piano ideale della Repubblica
(188).
La stessa operazione Platone compie nel Crizia, sviluppando ii piano indicato in Timeo 27 a-b: riprendendo (108e ss.) la favola soloniana, Crizia traccia un quadro dell’Atene ideale di 9000 anni prima. L'aecenno del Timco dichiara esplicitamente che questa Atene è un esempio da presentare agli Ateniesi contemporanei: e quindi anche Platone è vicino a quanti presentavano le loro proposte costituzionali attraverso mitici quadri esemplari, remoti nel tempo e circondati dall'aura della perfezione. I contenuti della città ideale del Crizia (110 ὁ ss.) sono
ancora
quelli
della
Repubblica:
divisione
in
classi,
valorizza-
zione della classe militare, comunanza dei beni fra i membri di detta classe ete., secondo quanto esposto nel precedente dialogo (ancora, (187) V. J. Luccioxı, La pensée..., pp. 190-2; K. HILDEBRANDT, Platone ..., p. 457 ss. Nello stesso |. III delle Leggi, Platone si piegherà ad usare l'exemplum storico in modo analogo all'eremplum mitico, c cioè, sulla linea di Isoerate, a scopo pedagogico ed esortativo: v. E. BARKER, Greek political theory ..., p. 356 ss. Sull'atteggiamento di Platone nei confronti della storia v. G. Romr, Platons Stellung zur Geschichte, Berlin 1932; piü di recente H. HE Platon und die Geschichte, Stuttgart-Bad Cannstat 1961. Sul mito dell'Atene ideale nell'ultimo Platone v. M. ISNARDI PARENTE, in ZELLER-MONDOLFO..., p. 802 ss. (188) Senza rinnegare l'ideale, le Leggi riportano in primo piano le eircostanze storiche v. M. GENTILE, La politica ..., p. 141 ss.; G. COLLI, Lo sviluppo ..., p. 467 ss.; W. JAEGER, Paideia..., v. III, p. 369 ss. in particolare p. 462 ss.
PLATONE
E
| « MODERATI » ATENIESI
103
quindi, con rimando esplicito alla Repubblica, 110 d). Ai contenuti degli elogi tradizionali di Atene, secondo una tecnica già sperimentata da Isocrate, si uniscono strutture politiche pensate come ideali e trasferite perciò in tempi mitici per nobilitarle. Platone può ben affermare che gli Ateniesi, vivendo secondo le strutture ideali della Repubblica, τοιοῦτοί τε ὄντες αὐτοὶ καί tiva τοιοῦτον dei τρόπον τήν te αὑτῶν xai τὴν “Ελλάδα di διοικοῦντες, ἐπὶ πᾶσαν “ὑρώ.την καὶ ᾿Ασίαν... ἐλλογισμοί te ἦσαν καὶ ὀνομαστότατοι πάντων τῶν rore. Il Crizia, che ci è giunto incompleto, narrava lo scontro tra questa mitica Atene e Atlantide;
la
deserizione
di
questa
mitica
potenza
(112e
ss.),
raffi-
gurata come immagine esemplare della forza barbarica, sembra adombrare quei persiani la eui sconfitta rappresentava il vanto degli elogi tradizionali di Atene e anche della « democrazia ancestrale » isoeratea. Platone, raffigurandoci un'Atene vivente secondo i principi della Repubblica, la mostra capace di un’impresa ancor più grande delle guerre persiane; ma, proiettandola in tempi remotissimi, si mostra cosciente del carattere puramente esemplare e idealistico della sua rappresentazione, laddove il racconto isocrateo pretendeva invece di avere un carattere storico. Platone aveva ormai abbandonato ]' idea di vedere attuato il piano della Repubblica e si preparava a redigere più conerete proposte costituzionali; con il Timeo e il Crizia egli ribadisce tuttavia la superiorità di un ideale che era costretto a lasciare in disparte. Ma, soprattutto, è notevole ehe egli si mostri disponibile all’uso di strumenti propagandistici largamente diffusi in ambiente moderato, Insomma, fra quanti tentarono di idealizzare come πάτριος πολιτεία, un progetto costituzionale aristocratico, conservatore, moderato, è possibile inserire, e a buon diritto, anche Platone: il che diee molto, a mio parere, sull'atteggiamento platonico nei confronti degli ambienti di pensiero antidemocratico. 3. - Le Leggi. Torniamo dunque, dopo questa breve digressione, all'opera fondamentale di questi anni, le Leggi (!**). Ampio e articolato, il trattato platonico si conelude significativamente con una esortazione a Clinia, (189) Per una completa esposizione del contenuto delle Leggi v. A. Dies, in Platon, Lois, v. I, Paris 1951, pp. V-XCIII; con interesse più filosofico v. N. VANHOUTTE, La philosophie politique de Platon dans les ‘Lois’, Louvain 1954, p. 89 ss.
104
C. BEARZOT
che, inearieato di fondare una colonia, ha dato spunto alla diseussione, perché chieda la collaborazione dell'Ateniese (personaggio ehe adombra probabilmente Platone stesso): ἢ τὴν πόλι» ἑατέον τῆς κατοικίσεως ἢ τὸν ξένον τόνδε οὐκ ἀϑετέον, ἀλλὰ... κοινωνὸν ποιητέον ἐπὶ τὴν τῆς
πόλεως
κατοίκισιν
(XII,
909 0).
Platone
è
ben
cosciente
del
va-
lore della propria proposta: e, mentre offre il proprio contributo, ne richiama agli uomini del movimento antidemoeratieo ateniese il valore. L'opera rappresenta certamente un grosso tenfativo di rispondere ad esigenze politico-pratiehe (ricordiamo che all'Aecademia ei si rivolgeva sempre più spesso per consigli in materia di legislazione); ma si differenzia dalle proposte isocratee perché non rinuneia al presupposto fondamentale del pensiero politico platonieo: il fine dello stato è attuare integralmente la virtü (1, 632e) (!"") La proposta di Platone, di uno stato « misto » che contemperi la forma monarchiea e la forma democratica, in modo che, raggiunta la « giusta misura >», si determinino nella città #levdegia ... xal φιλία μετὰ φρονήσεως (II,
693 d
conto
di
ss.;
ΤΟΙ ἃ
problemi
ss.)
(!9),
ateniesi:
non
mostra si
che
il
filosofo
spiegherebbe
intendeva
altrimenti
la
tener condi-
scendenza di Platone verso le forme democratiche ('*). Alcuni accenni indicano che il suo parere nei confronti della democrazia non era mutato: egli si manteneva ostile ad una costituzione che concedeva potere e uguale considerazione a cittadini ignoranti del bene (III, 690€ ss.) e dava di più a chi valeva meno, generando ingiustizia (III, 691 e ss.: ἐάν τις μείζονα διδῷ τοῖς ἐλάττοσι δύναμιν παρεὶς τὸ μέτριον... (199) Bene rileva la sostanziale ambiguità delle Leggi M. Issarpı PARENTE, Nomos e basileia..., p. 409: «In realtà le Leggi si muovono entro una singolare bipolarità di ideale e reale, di epistöme e tradizione, di aristoeratieismo teorico e di tradizionalismo conservatore ». Proprio per questo motivo, neppure le Leggi sfuggirono all'aeeusa di utopismo. Ateneo (XI, 507f ss.) riporta, all'interno di una serie di passi di tendenza antiplatoniea, un attaeco alla Repubblica e alle Leggi, giudicate opere inutili e prive di concrete possibilità di attuazione: attaceo che potrebbe benissimo risalire alla tradizione di Teopompo e alla sua polemica contro l'Aecademia. (191) L'esaltazione della concordia eivien e interstatale, che è fine precipuo dell'opera del legislatore (come del resto di quella del politico: efr. Polit, 305 e; 308b ss), è tema importantissimo delle Leggi: efr. 628 e-d; 630 e. V. G. R. MoRROW, Studies ..., p. 118 ss. 1 (192) Più che le poche concessioni di ordine , mi pare fond il rieonoseimento del diritto Paideia ..., v. III, p. 432 as.
di
tutti
i eittadini
all’educazione:
v.
W.
JAEGER,
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIESI
105
dvavgénzera zov πάντα xai ἐξυβρίζοντα τὰ μὲν εἰς νόσους del, τὰ δ᾽ εἰς ἔκγονον ὕβοεως ἀδικίαν). Se la democrazia (per quanto temperata) viene reintrodotta, a costituire uno stato « medio» di tipo sostanzialmente moderato (le Legg? sono pervase da un'idea di medietà ehe avvieina molto Platone alle eorrenti moderate di questo periodo: v. V, 728e; 736 e ss.; VII, 791 d) (!"*) ciò è dato, a mio parere, dal desiderio di influire concretamente sui progetti di riforma costituzionale che in questi anni erano nell’aria in Atene (e potrebbe esserne indice l’espediente di presentare le Leggi come suggerimento per la legislazione di una colonia: III, 702b ss). Ai temi dibattuti negli ambienti antidemocratici Platone si avvicina moltissimo: l'esame della decadenza dell’antiea democrazia ateniese presenta sorprendenti coincidenze con le tematiche isoeratee ("). La democrazia ateniese è decaduta per eccesso di libertà (IIT, 098 ἃ ss); la democrazia ideale è quella del periodo delle guerre persiane (proprio perché essa non è in realtà una democrazia, pur conservandone il nome; o meglio è una democrazia formale di tipo preperieleo). Il seguente passo delle Leggi (III,
698 b-e)
si
presta
ad
un
interessante
confronto
con
numerosi
passi isocratei, mettendo in luce la sostanziale unità d’ispirazione: ἡμῖν γὰρ xar! ἐκεῖνον τὸν χρόνον ὅτε 1} Περσῶν ἐπίϑεσις τοῖς "EAAgow, ἴσως
δὲ
σχεδὸν
ἅπασι
τοῖς
τὴν
Πρώπην
οἰκοῦσιν,
ἐγίγνετο,
πολιτεία
τε
(193) Il tema è già presente nel Politico, 283 e ss. in partieolare 284a-b: v. G. REALE, Storia della filosofia antica .,., v. ΤΙ, p. 217 ss. In 302a si parla del «governo dei pochi» come forma intermedia, nel bene e nel male, tra monarchia e democrazia. L'uffermarsi dell'idea di medietà conduceva Platone a teorizzare una forma costituzionale di tipo oligarehieo moderato: v. J. LUCCIONI, La pensée..., pp. 271-94; T. A. SincLAIR, J| pensiero polilico classico ..., p. 265 ss.; C. Mossf, Aspects sociaux et politiques ..., p. 247 ss. Significativo il giudizio di M. ISNARDI PARENTE, in ZELLER-MONDOLFO ..., p. 802: «Con l'applicazione di questo principio alla vita politica noi assistiamo al preeisarsi del moderatismo platonico, sin come atteggiamento politico specifico sia come giustificazione teorica di tale atteggiamento attraverso il principio dell'armonia. Tale d i , non da quello tipico degli intellettuali ateniesi conservatori del IV secolo... si veste di forme arcaizzanti, si accompagna a una valutazione particolare del passato di Atene ch’& lo schermo ideologico per la condanna del presente >. (194)
V.
W.
JAEGER,
Paideia,..,
v.
III,
p.
416
ss.;
M.
IsNARDI
PARENTE,
in
ZELLER-MONDOLFO ..., pp. 604-24; efr. in particolare la eonelusione, pp. 622-4, in cui l’autrice rileva nel Platone prog politieo un at i di «moderatismo illumi te e listi te conservatore » che lo avvicina profondamente ad Isocrate.
106
©. BEARZOT
ἦν παλαιὰ xal £x τιμημάτων ἀρχαί τινες τεττάρων, καὶ δεσπότις ἐνῆν τις αἰδώς, dl ἣν δουλεύοντες τοῖς τότε νόμοις ζῇν ἠϑέλομεν. Καὶ πρὸς τούτοις di τὸ μέγεϑος τοῦ στόλου κατὰ τε γῆν κατὰ ÜdAartav γενόμενον, φόβον ἄπορον ἐμβαλόν, δουλείαν ἔτι μείζονα ἐποίησεν ἡμᾶς τοῖς τε ἄρχουσι καὶ τοῖς
νόμοις
δουλεῦσαι.
Καὶ
διὰ
πάντα
rad
ἡμῖν
ξυνέπεσε
πρὸς
ἡμᾶς
αὐτοὺς σφοδρὰ φιλία (segue l'elogio della vittoria contro i Persiani, considerata come logica conclusione dell'attività di uno stato ben ordinato: 699 d): a solo titolo d'esempio si possono citare, di Isocrate, Paneg. 75 ss.; De pace 38; 31 ss.; 664; 75-76; 90; Areop. 16; 20 ss.; 51 ss.; Antid. 231-232; Panath. 123 ss.; 130 ss.; 138 ss.; 153-154; 196-198. Dunque anche Platone, come Isoerate, ci presenta come ideale e antica democrazia uno stato censitario, in cui il popolo è servo delle leggi e tenuto a freno dal pudore: uno stato, perció, privo di contenuti democratiei in senso classico. Legato da una profonda concordia (φιλία:
ITI,
698 e;
699 ὁ),
questo
stato
è necessariamente
destinato
ad
imprese vittoriose; poiché solo l'unità che si genera dall'obbedienza (III, 699-e-d) lo rende capace di cose veramente grandi. Pur senza aderire
pienamente
al progetto
e di utilizzarne in parte di
un
consenso
almeno
isoerateo,
i temi
Platone
mostra
di conoscerne
propagandistici; segno, a mio parere,
teorico
e
intellettuale,
in
maneanza
di
una
piena identificazione pratica. Altre coincidenze rivela la trattazione platonica della decadenza di questa ideale democrazia: essa è avvenuta
perché
di nulla, πᾶσαν
il
popolo,
che
ma era servitore
ἐλευϑερίαν
manifestazioni
(III,
teatrali
ἐπὶ
τῶν
delle leggi 699 e).
e
musicali,
παλαιῶν
νόμων
non
era
padrone
(III, 700 a), è stato spinto
Attraverso Platone
l'esempio ci
presenta
allegorico (III,
700 a
ἐπὶ delle ss.)
un popolo che accettava di essere diretto da chi aveva compiuta educazione, e che col tempo ha preteso invece di divenire, con urla, strepiti, battimani, giudice di tutto: cosicché Arzt ἀριστοκρατίας ἐν αὐτῇ ϑεατροκρατία τις πονηρὰ γέγονεν (III, 701a). E Platone conclude (III, 701 a-b) con un quadro di decadenza strettamente affine ai toni dell’Areopagitieo isocrateo: εἰ γὰρ δὴ xai δημοκρατία èv αὐτῇ τις μόνον ἐγένετο ἐλευϑέρων ἀνδρῶν, οὐδὲν üv πάνυ γε δεινὸν ἣν τὸ γεγονός. Nör δὲ ἦρξε μὲν ἡμῖν ἐκ μουσικῆς ἡ πάντων εἰς πάντα σοφίας δόξα xai παρανομία, ξυνεφέσπετο δὲ ἐλευϑερία. " Apoßoı γὰρ ἐγίγνοντο dg εἰδότες, ἡ δὲ ἄδεια ἀναισχυντίαν évérex& τὸ γὰρ τὴν τοῦ βελτίονος δόξαν μὴ φοβεῖσϑαι διὰ ϑράσος, τοῦτ᾽ αὐτό ἐστι σχεδὸν i} πονηρὰ ἀναισχυντία, διὰ δή τινος ἐλευϑερίας λίαν ἀποτετολμημένης.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
107
Di questo passo, il popolo si affranca alla sottomissione ai magistrati, ai genitori, agli anziani, alle leggi stesse; e infine agli dei, portando cino
la
all'estremo Repubblica
la deeadenza (VIII,
morale.
557a
ss.),
ma
Il
quadro
anche
il
richiama tema
da
della
vi-
demo-
erazia decaduta che domina il Sulla pace e l'Areopagitico isocratei. Le strade di Isocrate e di Platone si riuniscono laddove si tratti di combattere la demoerazia (19), Le proposte conerete di Platone si basano sulla commistione di leggi ispirate a diversi sistemi politici in uso in Grecia: Atene e Sparta occupano in ogni caso un posto notevole (!*). Platone vuole ottenere, attraverso l’accostamento di diversi criteri, una commistione che limiti al massimo i difetti e renda questa πολιτεία δευτέρα (V. 739 b) il più (195) Sul piano strettamente dottrinario, Isocrate e Platone si mantengono su posizioni diverse; il che non deve escludere, a mio parere, la composizione dei dissidi politici che li avevano divisi agli inizi del secolo. Nell’Antidosi, del 353, Isoerate ribadisce infatti il proprio pensiero in campo pedagogico, confermando il primato dell'opinione sulla scienza. Pur difendendo la eultura intellettuale, definita como
φιλοσοφία
alla gionevole tica
(167
ss.)
ione, attraverso (183 ss.): e ciò
(186-192;
efr.
anche
Isocrate
l'ed vale
in
84-85
e
sottolinea
i modo 270
che
essa
non
delle disposizioni particolare per
ss.)
Isocrate
mostra
mira
alla
scienza,
ma
naturali, dell'opinione ral'attività oratoria e polidi
non
voler
accogliere
in aleun modo la lezione platonica, nonostante si collochi nella linea soeratiea laddove sottolinea il primato dell'anima sul corpo (180 ss.; efr, Gorg, 464b e 477 c; Ep. VIII, 355 b). Nei parr. 258-269, Isocrate sottolinea il maggior valore pratico del proprio insegnamento rispetto a quello propriamente filosofico in senso platonieo, ma va notato ehe esprime un giudizio equilibrato sul valore di quest'ultimo: la filosofia propriamente detta (dialettica, geometria, astronomia e scienze analoghe) è inutile all’azione, ma degna di rispetto e consigliabile come esercizio propedeutico (266 ss.; efr. ancho Panath. 26.28). Ancora nel Panatenaico (30 ss), l'uomo ben educato è colui che si è formato una óó£a adeguata capace di sostenerlo nell'attività politica. Sulla contrapposizione teoretica aneora viva in questi anni tra Platone e Isocrate, pur nell' identità di certe opinioni politiche, v. K. MünSCHER, « Isokrates»..., eol 2208 ss. W. JAFoER, Paideia..., v. III, p. 223 ss.; M. Pavan, Jl. momento del ‘classico’... p. 427 ss.; K. BRINGMANN, Studien ..., p. 65 ss. (196) Sull'aspetto tradizionale, largamente ispirato alle strutture della Grecia p della ituzi proposta nelle Leggi, v. K. HinpEBRANDT, Platone..., p. 430 ss; J. LucciONI, La pensée..., pp. 294-313; E. BARKER, Greek political theory ..., p. 411 ss. Molto accurata l'analisi di G. R. Morrow, Plato's Cretan city: a historical interpretation of the Laws, Princeton 1960, che studiando i diversi aspetti costituzionali confluiti nella città platonica delle Leggi conclude per una netta prevalenza delle strutture dell’antica Atene.
108
C. BEARZOT
possibile vicina allo stato ideale della Repubblica, che anche nelle Leggi non appare rinnegato, anche se è ridotto a puro ideale (V, 739 b-e). Lo
stato
che
ne
esce
ha,
in
fondo,
i caratteri
di
una
moderata
oligar-
chia, non lontana dalla 5, ia... do Ὁ χρωμένη del Panatenaico isoerateo (131; 153-154), anch’essa costruita sullo schema della μικτὴ πολιτεία (!"*) Platone ha eura di evitare, nonostante la sua costituzione si definisca « mista » di monarchia e democrazia, 1’ introduzione di norme veramente democratiche o che possano condurre lo stato ad una esperienza in parte democratica: il che fa pensare che anche per Platone « democrazia » sia qui un termine svuotato di contenuto, e utilizzato essenzialmente come slogan propagandistico. Il commercio, in particolare quello legato alla navigazione, va, se non eliminato, ristretto al minimo indispensabile (IV, 704a s.; V, 74le ss.; VIII, 846 d ss, soprattutto 847b ss.; XI, 918a ss.; in VIII, 381e, i mercanti sono definiti «servi »); lo stato platonico si fonda sull’agricoltura, l'attività tradizionalmente cara al pensiero antidemoeratico
(V,
743 d;
VIII,
842d
ss).
mentre
il
disprezzo
per
il lavoro
manuale e artigiano si spinge fino ad escludere dal corpo cittadino coloro che vi si dedicano (VIII, 848 a; la stessa impressione si ricava da
VII,
di
rendita
806 d ss,
si
collaborazione
in
cui
dedichino con
i
si
ad
prevede
attività
magistrati,
che
i cittadini
nobili
mentre
i
che
possono
quali
studio,
lavoratori
ne
vivere
educazione, sono
esclusi).
Platone, come tutti gli intellettuali antidemocratici, ha ben percepito il legame esistente tra sviluppo dei commerci marittimi e della flotta e avanzamento democratico; e ha eura di eliminare dal suo stato qualsiasi possibilità di riprodurre strutture economiche che reintroducano
la
democrazia
(IV,
706 a
ss.;
efr.
soprattutto
707 a-b)
(198),
con
radicalità ancora maggiore rispetto ad Isocrate e Senofonte, che volevano il mantenimento dei commerci (De pace 19 ss.; Poroî III); è da notare, tuttavia, che questo interesse per le problematiche di tipo economico avvicina Platone non solo a Senofonte e ad Isocrate, ma anche
(197) Cfr. Ep. VIII, 355 ss. Sulla costituzione mista proposta da Platone nelle Leggi v. E. BARKER, Greek political theory..., p. 384 ss.; R. G. BURY, in Plato, Laws ..., p. XV ss.; per una bibliografia più ampia v. M. ISNARDI PARENTE, in ZELLER MONDOLFO..., pp. 798-806. (198) Sul rapporto tra demoerazia e commereio marittimo v. M. AMIT, Athens and the sea, Bruxelles 1965, p. 57 ss. Su questo e su altri aspetti economico-sociali dello stato delle Leggi v. E. BARKER, Greek politica! theory ..., p. 364 ss.
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIESI
109
a politiei come Callistrato ed Eubulo, particolarmente attenti ai problemi eeonomiei e finanziari. L'organizzazione dello stato rivela tratti decisamente antidemoeratiei. La cittadinanza ? divisa in quattro elassi eensitarie, secondo un sistema che riproduce quello soloniano (V, 744€ ss.); il diritto di eleggere i magistrati spetta a quanti sono in grado di prendere parte alla guerra (VI, 753b ss.; il corpo dei cittadini si configura quindi come una oligarchia oplitica di tipo terameniano isoerateo; efr. VI, 752 e, dove si riduce il corpo cittadino a 5040 persone) (159), L'elezione deve mirare ad evitare quella incompetenza che regna
nelle
istituzioni
democratiche
(VI,
751 a
ss.)
e ciò
eselude
im-
plieitamente il sorteggio (cfr. anche VI, 756 e ss.). I magistrati così eletti saranno 37 (VI, 753 d) e avranno come attribuzione fondamentale la custodia delle leggi (VI, 754d ss.): a questi anziani tra 1 50 e i 70 anni sono attribuiti poteri di supervisione non lontani da quelli degli Areopagiti di Isocrate (Arcop. 37 ss.) (7"). Il consiglio sarà composto di 360
uomini
(VI,
756 b ss.); sintomatico
è il disinteresse
che
Platone
rivela per l'espliearsi del diritto di voto delle due ultime classi, la eui partecipazione alla vita dello stato viene dunque tutt'altro che ineoraggiata. E' raccomandata la vigilanza dei magistrati, poiché (VI, 758 b) πλῆϑος δὲ ob δυνατὸν ὀξέως οὐδέποτε οὐδὲν τούτων πράττειν. I tribunali (VI, 766 d ss.) vengono in parte lasciati al popolo, col sorteggio dei giudici (VI, 768a ss.), in parte (VI, 766 d ss.) costituiti per elezione, ala stregua delle magistrature; come Isocrate, anche Platone aveva capito che non era possibile strappare completamente al popolo l'amministrazione della giustizia: ó γὰρ ἀκοινώνητος dv ἐξουσίας τοῦ συνδικάCav ἡγεῖται τὸ παράπαν τῆς a0%60s οὐ μέτοχος εἶναι (VI, 767 b; non si
risparmia
tuttavia
l’attaceo
ai
tribunali
democratici:
IX,
876 a
ss.).
Lo stato delle Leggi si presenta insomma come una oligarchia moderata, abbastanza vicina nei contenuti alla « democrazia ancestrale » di Iso(199)
V,
C.
Mos:
Aspeets
sociaux
et
politiques ...,
p.
369,
secondo
eui
lo
stato delle Leggi si configura come una repubbliea di eontadini agiati, con parziale ripresa del vecchio programma terameniano. M. GENTILE, La politica ..., p. 205, conclude Ja sua lunga analisi dei contenuti dello stato delle Leggi giudicandola una «struttura intimamente aristocratica »; v. anche TH. GoMPERZ, Pensatori greci ..., p. 624 ss. (200) Ancora sulla linea dell'Areopagitico di Isocrate (43 ss.), in eui all’Areopago è affidata l'edueazione di tutti i giovani cittadini, l'educazione va data a tutti i liberi, eon Ἰ τ statale e gistrati apposi preposti : efr. tutto il 1. VII delle Leggi, in particolare 764 e ss.
110
€.
BEARZOT
erate; e aleuni giudizi espressi da Platone sembrano l'eco di affermazioni isocratee. Il giudizio di Platone sulla costituzione di Sparta & sostanzialmente positivo (II, 634 d-e; III, 691d ss.); ma & singolare che egli faccia dire a Megillo (IV, 712 d): καί tor ἐνίοτέ μοι φαίνεται πασῶν τῶν πόλεων δημοκρατουμένῃ μάλιστ᾽ ἐοικέναι (cfr. Isoer. Areop. 61:
Oîda
γὰρ...
Λακεδαιμονίους
διὰ
τοῦτο
κάλλιστα
πολιτευομένους,
ὅτι μάλιστα δημοκρατούμενοι τυγχάνουσιν), che sembra proprio riflettere un giudizio isocrateo e non solo il mito del κόσμιος spartano diffuso nel
IV
secolo
(2%).
Il
giudizio,
invece,
negativo,
sull'esperienza
poli-
tica persiana, afflitta da eccessivo dispotismo (III, 697€ ss.), ricorda quello espresso da Isocrate nel Panegirieo (150 ss.) La tendenza ad allontanare le masse meno abbienti dalla vita dello stato, per evitare che costituiscano elemento di perturbazione (V, 785 e), dirottandole sulle colonie, è idea già isocratea: è ben nota l'importanza che egli attribuiva alle colonie tracie per alleggerire le tensioni interne in Atene (De pace 24) (?"). Perfetta adesione al pensiero moderato e isoerateo rivela Platone nella valorizzazione degli ἄγραφα νόμιμα, dei πάτριοι γόμοι per garantire saldezza allo stato (VII, 793a ss); prima ancora del corpus legislativo, sono questi « buoni costumi » a tenere unito il eorpo eivieo e a garantire una corretta convivenza (efr. Isoer, Areop. 41). Ma, soprattutto, il problema dell'uguaglianza inserisce Platone in una tradizione che, attraverso Isocrate, risale fino allo Pseudo-Senofonte: fra chi non è uguale non possono sussistere rapporti egalitari: τοῖς γὰρ ἀνίσοις τὰ loa ἄνισα γίγνοιτ' ἄν, el μὴ τυγχάνοι τοῦ μέτρου (VI, 757 a). La dissertazione che segue (VI, 757a- 758a) tratta dei due tipi di uguaglianza; quella aritmetica, fondata sul sorteggio, e quella geometrica, che tiene conto del merito. La prima andrà talvolta usata per la turbolenza della massa, ma occorrerà darle minimo spazio (e risulta allora evidente che il sorteggio dei giudici è solo una concessione demagogica); ma bisognerà privilegiare quest’ultima, la sola ispirata a giustizia, Il passo VI, 757 e, strettamente connesso eon analoghe prese di posizione isoeratee, è di per sé sufficiente a garantire il presupposto antidemoeratieo dello stato delle Leggi: τῷ μὲν γὰρ μείζον πλείω, τῷ Ó' ἐλάττον σμικρότερα νέμει, μέτρια διδοῦσα, πρὸς τὴν αὐτῶν (201) V, €. BzaRzom, Isocrate ..., pp. 113-4 e 126. (202) V. A. Fuxs, Isokrates and the social-economie situation in Greece, Soc, » III (1972), pp. 17-44, in particolare 28 ss.
« Anc.
PLATONE
E
| « MODERATI
» ATENIESI
111
φύοιν ἑκατέρῳ, καὶ δὴ xai τιμὰς μείζοσι μὲν πρὸς ἀρετὴν ἀεὶ μείζους, ἥττους δὲ τοὐναντίον ἔχουσιν ἀρετῆς te καὶ παιδείας, τὸ πρέπον ἔκατέροις ἀπονέμει κατὰ λόγον. E la conclusione del passo basta a far capire che le Leggi si rivolgono a uomini che volevano costruire (o riformare) lo stato secondo criteri strettamente antidemocratici: ἔστε ydg δή που καὶ τὸ πολιτικὸν ἡμῖν del τοῦτ᾽ αὐτὸ τὸ δίκαιον" οὗ καὶ νῦν ἡμᾶς ὀρεγομένους δεῖ καὶ πρὸς ταύτην τὴν ἰσότητα, ὦ Κλεινία, ἀποβλέποντας τὴν νῦν φυομένην κατοικίζειν πόλιν. Le Leggi obbediscono ad un preciso interesse concreto: lo stesso interesse cui mirano, in questi anni, le opere di Isocrate e di Senofonte (7), Mi pare che ciò si possa difficilmente negare (7"), anche se la proposta platonica mantiene vive esigenze ideali che il pragmatismo politico di altri pensatori non sembra tenere in conto (l'attuazione della virtü e del bene, la considerazione dello stato come riflesso di un ordine divino, la scienza (2 ) Nonostante il parere contrario dello JAEGER, Paideie..., v. III, p. 365, è quindi improbabile che 1 e delle πολιτείαε seritto dai più probabile pensare, col MATHIEU, ehe Iso v. Les idées..., p. 176; (efr. Diog. Laert. VI, 1, 16) o ad altri teorizz: Isoerate, Discours..., v. IV, Paris 1962, p. 22 (204) Molto utile, a questo proposito, il confronto con i consigli per la costituzione siraeusan 4 ehe Platone dà nella Lettera FI, 337 b-e, dopo il fallimento dell'impresa di Dione: viene suggerito un ordinamento che attribuisen τὸ ἔσον xai essa dovrà venir stabizeovrór πᾶσῃ τῇ πόλει, senza favorire una sola parte: n
lità ds. O0 doirrot, elio WUDIAIO-xpaydémir... ἐδάλαύξ, ἐξ xal dad Odg xul δξομασταῦξ
e
che
posseggano
κτῆσιν...
ἐκαγήν.
Si
tratta,
come
Platone
stesso
dichiara
(337 d),
di una «seconda via» rispetto al tentativo di convertire Dionigi II alla filosofia: una via che ricalca l'ideologia aristocratica, e che ci rivela quali fossero, sul piano conereto, le tendenze platoniche. Così, nella Lettera FIZZ, Platone, dopo aver consigliato la trasformazione della tirannide in
βασιλεία
(354 πιο:
xai
νῦν
δὲ
ὁ
γ᾽ ἐμὸς λόγος ἂν εἴη σύμβουλος τυράννῳ παντὶ φεύγειν μὲν τοὔνομά Te καὶ τοὔργον τοῦτο, εἰς βασιλείαν dé, εἰ δυνατὸν εἴη, μεταβαλεῖν... εἷς βασιλέως δ' εἶδος πειρᾶσϑαι μεταβάλλειν καὶ δουλεῦσαι νόμοις βασιλικοῖς) invita gli
avversari
di
Dionigi
II ad evitare
in ogni
easo
la democrazia,
origine
della tirannide stessa (354d ss.: τοῖς dè... συμβουλεύοιμ' ἂν μή ποτε ἄπληaria ἐλευϑερίας ἀκαίρου τινὸς εἰς τὸ τῶν προγό vóonua H ] ὃ did τὴν ἄγαν ἀναρχίαν oi τότε ἔπαϑον, ἀμέτρῳ ἐλευϑερίας χρώμενοι ἔρωτι... Δουλεία γὰρ καὶ ἐλευϑερία ὑπεοβάλλουσα μὲν ἑκατέρα πάγκακον, ἔμμετρος δὲ οὖσα πανάγαϑον).
112
C. BEARZOT
come base dell'esperienza politica: I, 631 d ss.; IV, 708d ss.; V, 726a ss. ; VI, 770 e ss. ; X, 889 d ss.; XII, 960 e ss. ete.) (295) Conclusione: la polemica tra Isocrate e l'Accademia. Conclusa l’analisi della posizione platonica rispetto al problema della democrazia e all’azione politica moderata, s' impone, prima di occuparci della problematica relativa al potere personale, una prima conclusione, che già è possibile trarre, sul rapporto Platone-Isocrate e sulla loro rispettiva
posizione
di fronte
alla democrazia
contemporanea.
Che
resta,
alla fine di questa analisi, della presunta polemica tra Isocrate e Platone?
A
mio
parere,
ben
poco.
Nonostante
i loro
livelli
dì
intervento
siano stati sempre diversi, mi sembra che la loro opera politica abbia seguito le medesime linee ideologiche ed abbia tentato di inserirsi nei medesimi
fenomeni
storici.
L'area
del
pensiero
moderato
e
conserva-
tore mi sembra, per entrambi, la migliore collocazione: con maggior rigidità ideale in Platone, con maggior capacità di adeguarsi alle necessità della propaganda in Isocrate. Essi possono aver spesso dissentito sui concreti atteggiamenti da assumere; ma mi sembrano avere entrambi operato per una riforma antidemocratica dello stato ateniese, e nell'orbita degli stessi ambienti politici. Com'è nata, allora, 1’ ipotesi della polemica insanabile? lo penso si sia generata trasferendo al rapporto Isocrate-Platone termini polemici che riguardano piuttosto il rapporto Isocrate-Accademia (799) Con la morte di Platone, avvenuta nel (205) Il νυκτιευινὸς σύλλογος delle Leggi (XII, 960€ ss) riporta in primo piano il problema della filosofia come guida e fondamento della politica. Formato da 10 anziani, ha funzioni di sintesi e di supervisione analoghe a quelle dell'Areopagitieo isoerateo: v. G. F. Mokkow, The nocturnal council in Plato's Laws, « Arch. f. Gesch. d. Philos.» XLII (1960), pp. 229-46; M. Isyarpı PARENTE, in ZELLEMMoxpoLFO , Pp. 811-6. A proposito del problema dello stato come espressione dell'ordine
divino
(è
stato
detto
che
lo
stato
delle
Leggi
è
sostanzialmente
uno
stato
teoeratico: v. K. HILDEBRANDT, Platone..., p. 429 ss.), mi sembra particolarmente interessante un passo (X, 889 d ss.) in cui Platone attacca la sofistiea in quanto forza disgregatrice della religione tradizionale: chi distrugge la fede negli dei sradiea la possibilità di una corretta convivenza politiea. Anche in questa valorizzazione del fondamento religioso dell’esperienza politica Platone mi sembra, pure ad una diversa profondità, molto vicino ad Isoerate: v. il mio articolo Religione e politica in Isocrate, « Contr. Ist. St. Ant. Univ. Catt.», v. VII, Milano 1981, pp. 97-114. (206) V. già C. RiTTER, Platon. Sein Leben, seine Schriften, seine Lehre, v. I, München 1910, p. 130 ss.; U. voN WILAMOWITZ-MOELLENDORF, Platon..., v. II, p. 106 ss,
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
113
347, l'Accademia si stacca progressivamente dalla politica ateniese per rivolgersi ai problemi del potere monarchico (2°); nella prima Aceademia è viva l’ambizione di conquistarsi uno spazio d’azione presso i reggitori dei nuovi stati tirannici e monarchici che si affacciavano alla storia. Se di fronte al problema della politica ateniese le scuole di Isocrate e di Platone avevano potuto rappresentare due momenti complementari, la polemica non poteva che acuirsi quando si trattava di eonquistarsi un posto di « consigliere » alla corte di un Filippo di Macedonia, Una posizione di « grande intellettuale » presso un monarca ellenistico era esclusiva; non lasciando spazio ad una azione complementare, era fatta piuttosto per acuire rivalità latenti. Isocrate da una parte, l'Aecademia dall'altra non potevano che trovarsi su un fronte opposto, dato il loro comune interesse a conquistarsi la fiducia dei nuovi potenti, ora che la democrazia ateniese non offriva possibilità di efficace azione politiea e che le nuove monarchie si imponevano alla. storia. La lettera di Speusippo a Filippo di Macedonia (Ep. Socr. XXX), del 343/2 (?"5, rappresenta un'interessante testimonianza di un ten(207) V.
M.
IsNaRDi
Nomos e basileia ..., pp.
PARENTE,
L'Accademia
e le lettere... , p. 244
ss;
ead.,
422-38; cad., Studi recenti..., pp. 282-3. Aecentuandosi
il distacco dal mondo politico ateniese, l'Accademia lascia cadere ciò ehe, nel tardo pensiero platonico, rappresen iva un punto di contatto con la posizione isocratea; € provoca così la riapertura di quei contrasti ehe, tra i due ipiseuola, avevano finito per comporsi. Indiri ıdosi alla problematica relati alla παιδεία del βαοιλεύς, l'Accademia ripropone in fatti l'antinomia tra inclinazione politico-pratica e inelinazione teoretica; mentre si ribadisce la funzione politica della scuola, si ri. piega su una formula di impegno politico indiretto, con un processo ehe conduce all’estraniamento dal mondo politico e alla chiusura nell’ interesse strettamente scientifico e teoretico: v. M. IsSNAkDI PARENTE, Teoria e prassi..., p. 417 ss. (208) Per la datazione della Lettera socratica XXX e la sua attribuzione a Speusippo v. E. BICKERMANN-J. SYKUTRIS, Speusipps Brief an König Philipp, «Ber. ii. d. Verhandl. d. Sächs. Akad.», Philol.-hist. Kl. 80 (1928), 3. La ricostruzione dei due autori è stata concordemente accolta dalla critiea posteriore: solo recentemente c’è stato un tentativo di revisione dei problemi della cronologia e della paternità dell’opera, da parte di L. BERTELLI, L'epistola di Speusippo a Filippo: un problema di cronologia, « Atti Aeead. Se. Torino» CX (1976), pp. 275-300; La lettera di Speusippo a Filippo: il problema dell'autenticità, ibid. CXI (1977), pp. 75-111, v. contra M. IsnarRDI PARENTE, Due epistole socratiche e la storia dell'Accademia antica, «La Cult.» XVIII (1980), pp. 274-82. Sul testo di Speusippo come testimonianza della rivalità tra scuola platonica e isoeratea a proposito dell'influenza presso la corte macedone, v. M. IsNARb1 PARENTE, Studi recenti..., p. 286
Memorie
(Lettere)
- 8
114
€. BEARZOT
tativo dell’Accademia di soppi e [soerate come sostenitore del primato di Filippo sui Greci. Speusippo cerca infatti, sostanzialmente, di fornire a Filippo strumenti trascurati o male impostati da Isoerate; e quindi di proporsi come propagandista in alternativa a lui (299), Si profila dunque, all'interno dell'ambiente antidemoeratieo e filomaeedone, una accanita lotta per conquistarsi la fiducia dei nuovi potenti; ed è particolarmente interessante notare che Speusippo, pur dissentendo da Isocrate, propone una impostazione propagandistica analoga alla sua, in eui la diversità dei particolari non eselude l'identità di spirito. Non ei troviamo, in realtà, di fronte a gruppi rivali divisi da questioni di fondo: la polemica si muove su questioni pratiche e, direi, d’occasione (21°). Il testo non fornisce indicazioni valide sulla presunta polemica Isocrate-Platone. E' vero che Speusippo rimprovera ad Isoerate, nel
par.
2, di aver diffamato
Platone
nella
sua
lettera
a Filippo:
οὔτε Ilkärwvos iv τοῖς πρός σὲ πεμφϑεῖσι λόγοις ἀπέσχηται ; ma la cosa non tocca in realtà la questione dei loro rapporti, poiché nel Filippo isoerateo non si trova in realtà nulla di esplicitamente antiplatonieo, a meno che non si voglia intendere in questo senso il dubbio accenno del par. 12 contro «i νόμοι e le πολιτείαι scritte dai sofisti ». Probabilmente le ragioni del rimprovero di Speusippo vanno cercate altrove, La Lettera V del corpus platonico ci mostra che l'Aceademia cercava, in questi anni, di stabilire un rapporto fra Platone e l’ascesa di Filippo: certamente con l'intenzione di fondare così la propria autorevolezza presso il re macedone (?!!). Il rimprovero dunque solo (209) V. 8. FUSCAGNI, La propaganda macedone sotto Filippo II, « Contr. Ist. St. Ant. Univ, Catt.», v. IT, Milano 1974, pp. 71.82; M. M. MARKLE, Support of Athenian intelleotuals for Philip: a study of Isocrates' Philippus and Speusippus’ Letter to Philip, « JS» XCVI (1976), pp. 80-99. (210) E' sintomatico il fatto che nella Lettera XII del corpus platonico un certo Elicone venga raccomandato a Dionigi II in quanto scolaro di Isocrate (360 e). Evidentemente il discepolato presso Isoerate era ritenuto, nei circoli necademiei da cui proviene la lettera, un titolo di credito, nonostante le ben note rivalità. 211) Secondo la propaganda accademica, contenuta nella Lettera FP, Platone avrebbe contribuito, attraverso Eufreo di Oreo, ad appianare i rapporti tra Perdicea e Filippo, Aprea a quest'ultimo la strada del trono. E” difficile dire se Eufreo, che fu ef in Maced alla corte di Perdicca, abbia agito in questo senso. Con ogni probabilità siamo di fronte ad una azione propagandistica dell’Aceademia presso Filippo, eui si voleva ricordare un presunto merito di Platone relativo alla sua aseesa al potere. Alla eosa allude indirettamente Speusippo, Ep.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
115
apparentemente aceusa Isocrate di slealtà verso Platone: in realtà ci mostra soltanto l’irritazione dell’Accademia nel veder cadere nel vuoto la propria costruzione propagandistica sul contributo platonico alla ascesa di Filippo. La colpa di Isocrate sembra essere stata la stessa rimproverata a Teopompo (ibid. 12): non aver ricordato adeguatamente a Filippo questo presunto contributo platonico. Lo stesso attacco a Teopompo, denigratore dell’Accademia (cfr. F. Gr. Hist. 115 Theop. F 259), non toeea in realtà il problema del rapporto Isoerate-Platone, ma è un altro esempio della tarda polemica di scuola: è nota del resto l'indipendenza di giudizio sempre mostrata da Teopompo rispetto al maestro, Infine il rimprovero ad Ísoerate per aver proposto (ibid. 10; 13-14) a Filippo esempi tirannici è tipicamente accademico: Platone aveva, come ὃ noto, remore molto minori nei confronti di poteri personali anche tiranniei, e nell' interesse per questo tipo di esperienza politica era molto più vicino ad Isocrate che non alla stessa Accademia, tenacemente antitirannica. La Lettera XXX socratica ci testi monia dunque la lotta fra Isocrate e l'Accademia per un posto presso i nuovi potenti (?7); ma non va considerata come l’ultimo riflesso della polemica Isocrate-Platone. Lo stesso si può dire dell’ isocratea Lettera V ad Alessandro (342340), dove riemerge la «battaglia per l'educazione » tra filosofia e retorica (*'?), Per l'educazione di Alessandro si erano proposti TeoSocr. XXX, 12; più esplicitamente ne parla Caristio in Athen. XI, 506 e (= FHG IV, 356-7 F 1) e 508d (= FHG IV, 357 F 2). L'Accademia si serviva della memoria di Platone per conquistarsi autorità presso Filippo: il passo 321d-322 a, che sottolinea le capacità politiehe degli Aceademici e la loro competenza sui problemi relativi al potere monarchico, è in questo senso rivelatore (cfr. n. 134). Con questo, non va dimenticato che ln prima Accademia non assunse posizioni univoche di fronte alla questione del rapporto eon la Macedonia: diverso fu, per esempio, l'atteggiamento di un Senocrate. La reazione al problema macedone sembra anzi aver agito come forza disgregatrice sulla realtà politica dell’Accademia, tutt’altro che monolitica: v. G. MADDOLI, Senocrate nel clima politico del suo tempo, « Dial Arch. » I (1967), pp. 304-27. (212) La FUScaoNI, La propaganda ..., p. 80, riassume efficacemente il contenuto propagandistico della lettera di Speusippo: « Non è ad Isocrate e alla sua seuola che può venire affidato il compito... di ideologo dell'opera di Filippo, ma all'Aecademia che, i al lacunoso Isocrate e all'indegno Teopompo... aveva già offerto attraverso Platone fondamento al regno di Perdieca ». (213) Per la data e l'autenticità v. PH. MERLAN, Aristotle and Alexander the Great, « Historia» III (1954-55), pp. 60-81, il eui ottimo contributo mette in luce il earattere di polemica antiaceademia della lettera di Isoerate; riprendendo i
116
pompo
e
Magnesia,
C.
BEARZOT
Isocrate
d'Apollonia,
scolari
sostenuto
da
Speusippo:
di
Isocrate,
il giovane
cra
e Antipatro
infine
stato
di
affidato,
nel 343/2, ad Aristotele, E’ contro l'edueazione filosofica che quest'ultimo impartiva ad Alessandro che si rivolge la lettera di Isocrate, per proporre il proprio programma fondato sullo studio dell'eloquenza politica. La lettera porta i segni della polemica in eorso (v. soprattutto i} par. 1), e, pur non disprezzando la filosofia, sottolinea la maggiore utilità politica fra scuola
della
retorica
isocratea
(ibid.
3). Anch’essa
e Accademia
per
il ruolo
è un
episodio
dominante
della
lotta
a fianco
delle
monarchie in ascesa: una lotta ehe oppone Isocrate agli scolari di Platone, ma che non va intesa come polemica personale verso Platone stesso, Anche in questo caso, è polemica d'oecasione: i due gruppi perseguono,
per
vie
diverse,
lo stesso
fine,
che
è il diritto
alla
educazione
dei nuovi principi. Ma è polemica che si svolge all'interno del medesimo ambiente politico: quello degli intellettuali antidemoeratiei, ormai distaccati dalla democrazia in crisi, preoccupati di conquistarsi un posto al sole presso le nuove, ascendenti forze politiche, Il nuovo quatermini di tale polemica nel corso di tutta l'opera isoeratea, dalla Contro i Sofisti al Panatenaico, egli mostra come li questione dei dissensi metodologici in vista di un fine comune si riproponga nella lettera in modo del tutto analogo (in partieolare pp. 75-6). Sulla posizione del giovane Aristotele nell'Accademia v. W. JAEGER, Aristotele (trad. it.), Virenze 1934, pp. 11-28; ricordato Aristotele, introducendo nell'Accademia lo studio della re icuì la tensione eon la scuola isoeratea, provocando la reazione dell'isoerateo Cefisodoro (Euseb. Praep. evang. XIV, 6); egli portò, per dirla con lo Jaeger, «ad aperta rottura la latente rivalità delle due istituzioni » (v. id. ibid., pp. 47-8); v. anche H. GOMPERZ, Isokrates und die Sokratik...,
II,
p.
40
Altro
momento
di
tale
rivalità
è costituito
dal
Protrettico
aristotelico, opera esortativa rivolta al principe cipriota Temisone, in cui si propone all’uomo impegnato nella prassi politica l'ideale della vita filosofica, ma con una forma esteriore che riealea le esortazioni isoeratee: un contenuto del tutto nuovo veniva proposto attraverso quello strumento della retorica che cessa così di essere monopolio della scuola di Isocrate e viene introdotta, elevata a disciplina scientifica, nell’Aecademia. Il Protrettico viene così a costituire um attacco aperto al pensiero pedagogieo della scuola di Isserate e un notevole contributo all’affermazione di quello dell’Accademia: il fondamento ultimo della seienza si dimostrava tutt'altro ehe incompatibile con la retorica nel senso teenico della parola; con ciò, la concorrenza dell’Accademia diveniva per Isoerate ancor più pressante. V. W. JAEGER, Aristotele ..., pp. 69-77; M. ISNARDI PARENTE, Teoria e prassi..., p. 411 ss. (sul Protrettico come testimonianza del risolversi del problema platonico dell’unione tra filosofia e potere in quello, più banalizzato, della παιδεία filosofica da impartire al βασιλεύς).
PLATONE
E 1 « MODERATI > ATENIESI
117
dro storico aveva trasformato in polemica accanita quella benevola tensione che aveva diviso Isocrate e Platone di fronte alla democrazia ateniese; ora non si trattava più di combattere un regime, ma di sostenerlo, e non si ambiva più alla collaborazione, ma all’azione esclusiva. Questa tarda polemica ha favorito, a mio parere, la rieostruzione erronea del rapporto Isocrate-Platone; e con ciò ha impedito l'esatta deterinazi dell’atteggi to di Platone nei confronti dell’ intero movi. mento ‘moderato’ ateniese.
IL - GLI INTELLETTUALI ATENIESI E DIONIGI DI SIRACUSA
Si & parlato piü volte dell’affermarsi, e di un atteggiamento di progressiva sfiducia non furono immuni nemmeno uomini politici stene. Lo spettacolo di efficienza offerto dai che
si andavano
affermando
nel
mondo
alla metä del IV secolo, nella democrazia, da cui democratici come Demograndi poteri individuali
greco
(monarchie
e tirannidi)
ha una grossa parte di responsabilità nell’ interesse sempre erescente con cui i pensatori ateniesi guardavano al potere personale, disaffezionandosi
progressivamente
delle
meno
agili
strutture
demoerati-
che (?!5) Illustri intellettuali ateniesi, come Senofonte (Ciropedia) e Isocrate (A Nicocle, Nicocle, Evagora, Filippo) furono tra i teorizzatori della bontà del potere monarchico, e in molti casi seppero prevederne le grandi possibilità quando ancora il loro imporsi alla storia pareva remoto. Certamente i pensatori ateniesi non intendevano applicare questo istituto alla loro città; essi vedevano piuttosto la monarchia come una possibilità di dare una accettabile struttura egemonica alla tanto sognata federazione panelleniea (?!5), Il partieolarismo distruttivo delle poleis greche aveva fatto sì che l'idea dell'unità panellenica potesse apparire realizzabile solo con l’ausilio di un egemone regale, in grado di attuarla e, soprattutto, di gestirla: i pensatori di cui si è parlato contribuirono grandemente, con la loro propaganda in questo senso, a preparare il terreno che avrebbe reso accettabile ai Greci il potere di Filippo. Ma prima ancora di Filippo, un grande personaggio della grecità occidentale porta in primo piano il problema del potere monarchico, che dominerà l’ellenismo, Fin dai primi anni del IV secolo, Dionigi I di Siracusa rappresenta, per il pensiero politico greco, una (2314) V. K. νὸν Fritz, Conservative reaction and one man rule in Ancient Greece, « Polit. Se. Quart.» LVI (1941), pp. 51-83; C. Mossf, Un aspect de la crise de la cité grecque au IV* sidele. La recruduscence de la tyrannie, «R. d. Philos.» LXXXVII (1962), pp. 1-20; end. La tyrannie dans la Grèce antique, Paris 1969, p. 138 ss; ead. Aspects sociauz et politiques..., p. 375 ss. Per il caso particolare di Demostene, v. S. ACCAME, Demostene e l'insegnamento di Platone, Milano 1947, p. 185 ss. (215) V. T. A. SINCLAIR, Il pensiero politico ..., p. 156 ss. Sugli interessi dei pensatori ateniesi per il potere personale v. G. R. MORROW, Studies..., p. 124 ss.
PLATONE
E I « MODERATI
»
ATENIESI
119
provocazione grandiosa; da lui prendono spunto buona parte dei più interessanti contributi alla comprensione delle strutture monarchiche e alla loro affermazione: quelli di Isocrate, di Senofonte, di Platone. Dionigi I è, in un certo senso, la chiave di volta per la comprensione di parte del pensiero politico del IV secolo eui lo spettacolo del suo enorme potere fornì notevoli elementi di riflessione (?!9), In particolare, l’interesse per la personalità di Dionigi I è un altro elemento che, insieme alla tendenza conservatrice e antidemocratica, accomuna il pensiero e l’azione politica di Isocrate e di Platone, e in genere di tutto
il moderatismo:
come
è naturale,
il
pensiero
antidemocratico
si
presenta sempre come il più disponibile nei confronti di ogni forma di potere assoluto. Il riesame dell’atteggiamento della politica e della cultura ateniese, in particolare di ambiente moderato, nei confronti di Dionigi I e della tirannide siracusana può contribuire a rendere più chiara la posizione di Platone nei confronti di questi medesimi ambienti. Anche
a questo
proposito,
come
si è fatto
per
il problema
della
demo-
erazia, si può tentare di togliere Platone dall’ isolamento e di inserirlo in una precisa corrente di pensiero; e ció anche senza entrare nel problema, già accuratamente studiato, dei suoi progetti siracusani 1°!) IT A. - DIONIGI
E ATENE
DAL
405
AL
388
Da quando, nella primavera del 405, Dionigi aveva ottenuto la nomina a στρατηγός αὐτοκράτωρ e il diritto di tenere una guardia del corpo (e quindi, sostanzialmente, il potere assoluto: Diod. XIII, 94), la rapida soluzione delle prime due guerre contro Cartagine (405 e (216) Strano, a questo proposito, il giudizio di M. I. FINLEY, Storia della Sicilia antica (trad. it.) Bari 1970, pp. 101-16, che, pur dopo aver messo in rilievo i caratteri originali del suo regno, conclude che «la sua carriera fu piuttosto quella di un burocrate e non ci presenta spunti interessanti». Per una buona sintesi sui caratteri originali, già preellenistiei, della tirannide dionigiana, v. invece K. F. STROHEKER, Dionysios I. Gestalt und Geschichte des Tyrannen von Syrakus, Wiesbaden 1958, p. 147 ss.; H. BERVE, Die Tyrannis bei den Griechen, v. I, München 1967, pp. 221-60, in particolare 253 ss, dove si rileva il fascino da lui esercitato sui pensatori come Platone e Isocrate, sensibili ai problemi del potere assoluto e del panellenismo; C. MossÉ, La tyrannie..., pp. 113-20, ehe mette in luce il earattere di archetipo rivestito da Dionigi rispetto alla riflessione greca sulla tirannide. (217) Per una messa a punto della questione v. L. WICKERT, Platon und Syrakus, « Rhein. Mus.» XCIII (1950), pp. 27-53; più ampio e più recente il contributo di K. von FRITZ, Platon in Sizilien, Berlin 1968.
120
C.
BEARZOT
399/8) (215) e la progressiva sistemazione del suo dominio territoriale sulla Sieilia greea avevano attirato su di lui l' interesse dei Greci della madrepatria, e in partieolare di Atene. Dionigi aveva ritenuto opportuno mantenere la tradizionale amieizia eon Sparta che era stata una delle linee di fondo della politica estera siraeusana (519); ben presto, tale alleanza si sarebbe rivelata per Sparta un prezioso elemento di equilibrio, anche relativamente alle sorti della madrepatria greca. Un alleato di Sparta che si avviava ad una potenza sempre maggiore e le eui mire espansionistiehe si andavano via via precisando non poteva lasciare neutrale l'opinione pubbliea ateniese, ehe nella guerra appena conclusa (405) aveva in qualche modo sostenuto Cartagine contro Siraeusa alleata di Sparta (IG, I2, 47 = SEG X, 136, p. 67); la seonfitta di Atene nella guerra del Peloponneso deve anzi aver avuto qualche peso nel ritiro dei Cartaginesi dalla Sicilia nel 404. Il giudizio delle fonti ateniesi sulla crescente potenza di Dionigi (anni 405-399) è oseillante (339): si va dall’aperta simpatia al disprezzo tipicamente ateniese per il tiranno. Ciò che in particolare colpisce è che il giudizio cambia secondo gli interessi politici di Atene. Il democratico autore dell’orazione pseudolisiana Contro Andocide, del 399 (53 dà que(218) Per la cronologia delle guerre contro Cartagine aceetto la recente rico struzione di M. SorpI, 1 rapporti tra Dienigi I e Cartagine fra la pace del 405/4 e quella del 593,1, « Aevum» LIV (1980), pp. 23-34 (in eui v. la bibliografia precedente). Con il 392/1 Dionigi I, conclusa la terza guerra contro Cartagine, viene a trovarsi al centro degli interessi del mondo greco: e giustamente lo STROHEKER, Dionysios I..., p. 86 ss, fa notare che da questo momento la tirannide dionigiana diverrà spunto per Velaborazione di gravi problematiche politiche e oggetto di particolare attenzione da parte del pensiero politieo greco. Dionigi stesso non sembra del resto essere stato insensibile all'utilità politica di certe tematiche culturali: lo dimostra il suo tentativo di giustificare il proprio potere inserendosi nello schema del monarca σοφός, e la sua abilità nell’orchestrare una propaganda politieoculturale sempre attenta a raccogliere i nuovi spunti offerti dalla cultura greca: v. id., ibid., p. 96 ss. (219) Sull’alleanza tradizionale con Sparta e in genere sui rapporti di Dionigi I con la madrepatria greca v. K. F. Srkoieker, Dionysios I..., p. 135 ss. (220) Per le fonti su Dionigi I v. K. F. STROHEKER, Dionysios 1..., p. 12 ss.; in particolare sulle fonti di ambiente ateniese v. pp. 23-4, con bibliografia precedente. (221) Sulla data della Contro Andocide, un pamphlet di autore ignoto seritto probabilmente dopo il processo subito da Andoeide per la violazione dei misteri, in risposta polemiea alla sua autodifesa, v. L. GERNEr, in Lysias, Discours..., v. I, Paris 1924, p. 89 ss,
PLATONE
E I € MODERATI
sto giudizio:
οὗτος dè ἢ πάντων
διαφέρει
ἄλλων,
τῶν
perché
»
ATENIESI
121
εὐτυχέστατός
ἐστιν
ἢ πλείστων
respingere,
unico
fra tutti
seppe
γνώμῃ
i re visi-
tati da Andocide, le sue adulazioni (6-7): il che & interessante per due versi. Da un lato, la notizia rivela che un uomo di tendenze oligarchiche
e conservatrici
come
Andocide
mostrava,
fin
dal
399,
un
inte-
resse nei confronti dell'astro nascente di Dionigi, mentre i democratici, allora impegnati nella restaurazione, sembrano non percepire i] vero earattere
del suo
potere:
che,
infatti,
è accostato
a quello
dei
βασιλεῖς,
e quindi giudicato assoluto, ma legale. D'altra parte, il tono della notizia rivela che Dionigi si era già imposto all'opinione pubblica greca: vincitore della guerra contro Cartagine e incontrastato dominatore della Sicilia orientale, egli rappresentava già, eou il suo successo e la sua efficienza, un problema per il pensiero politico greco: e lo rivela il fatto che Atene sembra aver già recepito il tema dell’ εὐτυχία, che Filisto metterà al centro della propaganda filodionigiana (efr. Cie. De divin. I, 39: diuturna cum fortuna; 73; Diod. XIV, 2, 2: εὐτυχέστατος ). Il problema di Dionigi diventerà più grave per Atene con la guerra di Corinto. Già nel 399/8 Dionigi, trovandosi in un momento critico della guerra contro i Cartaginesi, aveva inviato il cognato Polisseno come ambasciatore πρύς te τοὺς κατ᾽ *Irudiav “Πλληνας καὶ πρὸς Aazedar μονίους,
ἔτι
dè
Κορινϑίους
(Diod.
XIV,
62,
1:
la
richiesta
comune
a
Sparta e a Corinto fa porre l'episodio prima dello scoppio della guerra in Grecia (*)). Gli aiuti giunsero probabilmente nello stesso 399/8 sotto la guida del navarco Farace, o. Faracide (Diod. XIV, 63, 4), che ebbe poco tempo dopo occasione di rendersi utile a Dionigi anche sul piano della politica interna. Dionigi, duramente attaccato in assemblea dall’opposizione guidata da Teodoro (Diod. XIV, 65-69), correva il pericolo di essere spodestato: Farace, negando il proprio aiuto agli oppositori, lo salvò, rafforzando ulteriormente i legami del tiranno con Sparta (Diod. XIV, 70, 1: 6 dè πρὸς τὸν τύραννον ἔχων οἰκείως ἔφησεν αὑτὸν ὑπὸ Λακεδαιμονίων ἀπεστάλίλαι Συρακοσίοις καὶ -Πιονυσίῳ συμμαχεῖν πρὸς Καρχηδονίους, ἀλλ᾽ ob Διονυσίου τὴν ἀρχὴν καταλύew ) (223). L’alleanza Dionigi-Sparta, più salda che mai, rischiava di (222) Sulla eronologia della seconda guerra v. ora M. SoRpI, 7 rapporti fra Dionigi I e Cartagine ..., pp. 27-31. (223) Secondo D. MosLEv, Pharax and the Spartan embassy to Athens in 370/69, «Historia » XII (1963), pp. 247-50, questo Faraee va identifieato con l'omonimo spartano
mandato
come
ambasciatore
in
Atene
nel
370/69,
nel
momento
del
riav-
122
C.
BEARZOT
diventare pericolosa per Atene, alla ricerca in quegli anni di un rinnovato prestigio in campo internazionale; legatasi, con lo scoppio delle ostilitä, a Tebe, Argo e Corinto, essa si trovava nella necessità di staecare Dionigi da Sparta, per isolare quanto piü era possibile la polis rivale. Di un tentativo simile ci dà notizia una iscrizione ateniese del 394/3 (Tod 108), contenente una delibera della boulé riguardante il conferimento di onori laudativi a Dionigi ἄρχων τῆς Σικελίας e alla sua famiglia. La delibera, ispirata da Cinesia, il poeta ditirambieo legato all'ambiente di Conone (4), mira evidentemente a stabilire buoni rapporti con Dionigi, per cui crea il titolo onorifico di «arconte di Sicilia », evitando di chiamarlo τύραννος (225); e rivela quindi l'interesse della democrazia cononiana (che, con il rientro di Conone in Atene nel 393, si trovava nel suo momento di massimo fulvieinamento fra Atene e Sparta, già coneretatosi in una pace e vicino a realizzarsi definitivamente sotto forma di una formale alleanza. In questo caso, sarebbe signifieativo notare che im uomo molto vicino a Dionigi era ritenuto persona gradita ai politici della cerchia calli sp bili del ri to Atene-Sparta, ed aveva forse rapporti umichevoli con qualeuno di loro. Va notato, fra l'altro, che gli argomenti degli ambasciatori (Xen. Hell. VI, 5, 33 ss.) riflettono i contenuti della politiea «cimoniana » di Callistrato: l'oratore spartano rieorda, fra i tanti episodi, proprio la spedizione di Cimone in soccorso di Sparta nel 464, in occasione della rivolta dei Messeni (il eui esito sfortunato non era fatto per risvegliare ricordi piacevoli nei democratici ateniesi) e si richiama alla dottrina delle sfere d' influenza. (224) Su Cinesia v. G. BARBIERI, Conone..., p. 167, n. 1. Secondo il BARBIERI. ibid. p. 161, Conone era rientrato in Atene nell'estate del 393; e pereiò il deereto, posto sotto l'ottava pritania del 394/3, è di qualche mese anteriore al decreto onorifico per Dionigi: v. anche S. ACCAME, Ricerche ..., p. 98. Ancora lontano, Conone imprime dunque una svolta di grande rilievo alla politica ateniese, aprendole un vasto orizzonte internazionale, (225) Sul problema della definizione del potere di Dionigi, fondato ufficialmente sulla strategia autoeratien, ma oscillante, nella storiografia, fra i titoli di δυναστής (ispirato dall'ambiente dionigiano) e di τύραννος (risalente all’ostile tradizione timaica: ἄρχων è titolo elogiativo creato probabilmente in Atene), v. F. SARTORI, Sulla δυναστεία di Dionisio i! Vecchio nell'opera diodorea, « Crit. Stor.» V (1966), pp. 3-61. Isolato il tentativo di S. I. Oost, The tyrant kings of Syracuse, « Class. Philol.» LXXI (1976), pp. . di sostenere che i Dionisii avessero assunto ufficialmente il titolo di re. Sull'organizzazione socio-politica di Siraeusa sotto Dionigi I, con la coesistenza di forme tipiche della polis repubblicana e di forme monarchiche, v. E. FroLov, Organisation und Character des Herrschafts Dionysios’
des
Älteren,
« Klio»
LVIII
(1976),
pp.
377-404.
PLATONE
E ! « MODERATI
» ATENIESI
123
gore) a stabilire buoni rapporti eon il tiranno (??9), Che Conone avesse mire ben più precise, che andavano fino al progetto di staceare Dionigi da
Sparta
zione XIX Nei parr. taglia di era φίλος di
e
di
conquistarlo
all’alleanza
ateniese,
lo
conferma
l’ora-
di Lisia (Su beni di Aristofane), che si data al 388/7 (227). 19 ss., Lisia ricorda fatti di poco posteriori al 394/3 (batCnido): Conone avrebbe inviato Aristofane con Eunomo, che e ξένος di Dionigi, al tiranno di Siracusa, con l' intenzione
convincerlo
a κηδεστὴν
μὲν
yevéoDa:
Hdaydog,
πολέμιον
δὲ
“ακε-
δαιμονίοις, φίλον δὲ καὶ σύμμαχον τῇ πόλει τῇ ὑμετέρα, (ibid. 20). Dionigi avrebbe dovuto sposare la sorella di Evagora, il re cipriota da tempo in buoni rapporti con Atene (5335). L'azione non ebbe suecesso: Dionigi ripiegò su altre possibilità per quanto riguarda le nozze, e rimase fedele all'alleanza spartana; il mancato invio di navi a Sparta, che Lisia (ibid. 20) attribuisce all' intervento diplomatico ateniese, fu dovuto al fatto che Dionigi era impegnato nella preparazione di una nuova guerra contro Cartagine, L'intervento diplomatico di Conone è evidentemente collegato con la delibera della boulé, ispirata da un uomo della sua cerchia: e ciò mostra bene la vivace mobilitazione della democrazia cononiana per acquistare Dionigi all'alleanza ateniese. L’interesse
dell’ambiente
cononiano
per
Dionigi
deve
aver
raggiunto
in
qualche modo anche Isocrate, che sappiamo essere stato in ottimi rapporti con Conone: e del resto egli sembra legato per altre vie al tentativo del 394/3. Eunomo, l’uomo inviato a Siracusa con Aristofane, era discepolo di Isocrate (Antid. 93); e sono ben noti gli stretti rapporti di Isocrate con la casa reale cipriota. Attraverso l’ambiente cono(226) E' notevole che uno degli storici di Dionigi, per noi perduto, sia stato il medico Polierito di Mende, legato a Conone (Plut. Artax. XXI, 1-3). Sulla politica di Conone e dei democratici nei confronti di Dionigi v. K. J. BELOCH, Die attische ..., pp. 121-9; H. Swosopa, « fonor » (3), R.E. XI (1922), coll. 1331-32; P. CLocHé, La politique étrangére..., p. 19; P. Treves, Note..., pp. 131-2; S. ACCAME, Ricerche ..., p. 98 ss.; G. BARBIERI, Conone..., pp. 173-4. (227) Sulla data dell’Orazione XIX di Lisia v. L. GERNET, in Lysias, Di Scours..., v. II, Paris 1926, p. 37 ss. (228) Evagora aveva rieevuto doni da Atene tra il 410 e il 408 (IG I, 64 — SEG X, 127); nel 393 gli fu decretata una statua nell'agorà (Tod II, 109; Isoer. Evag. 57; Paus. I, 3, 2): v. A. Costa, Evagoras I and the Persians, ca. 411 to 391 B.C., « Historia» XXIII (1974), p. 45 ss.; in particolare, sulla sua parteeipazione al tentativo di avvicinamento a Siraeusa, pp. 51-2. Sempre su Evagora v. K. SPYRIDAKIS, Evagoras I von Salamis, Stuttgart 1935.
124
C.
niano,
Isocrate
è uno
dei
primi
BEARZOT
pensatori
ateniesi
a trovarsi
in contatto
con la personalità di Dionigi e con i problemi da essa imposti al mondo della madrepatria greca: e notevole fu certamente l'impressione che ne ricavò. Per
il
momento,
tuttavia,
il
fallimento
del
tentativo
di
attrarre
Dionigi all'alleanza ateniese provocò in Atene reazioni decisamente negative nei confronti del tiranno. Le fonti ateniesi posteriori a questo episodio dipingono Dionigi secondo i più rigidi canoni della letteratura antitirannica. Aristofane, nel Pluto del 388 (v. 550), lo oppone polemicamente al disinteresse e all'onestà di Trasibulo (359). Isocrate, nel Panegirico (in preparazione già dal © 95), rimprovera agli Spartani la collaborazione con la monarchia barbarica persiana e con il tiranno di Sicilia (125-126) e li accusa di combattere le costituzioni legittime per sostenere i poteri dispotici ); nell'Elena (385 circa) descrive il « tipo» del tiranno con a ‘enti che fanno pensare non solo a precise cono: nze su Dionigi I, ma anche a rapporti con tutta una letteratura che lo riguardava, dallo /erone di Senofonte alla Repubblica
di
Platone
(#5).
Il tiranno
vi
è descritto
(32-34)
come
un
costretto a combattere i concittadini affidando la propria vita eenari infidi, a saccheggiare i templi, a uccidere i migliori tra patrioti negando fiducia anche ai più intimi; a vivere insomma renne stato d'angoscia, nonostante sia oggetto d' invidia per
uomo
a meri comin pela sua
2279) In generale, tutta la commedia attica ridusse Dionigi a un pagliaccio: Eubulo, nella sun commedia Dionysios, lo scherniva come vizioso (Athen. VI, 260 e-d Koek II 173 ss), e così Strattis (frg. 65, Kock I 730) ed Efippo (frg. 16, Kock III 259). (230) La notizia di Diogene Laerzio (V, 35) secondo eui un Aristotele, Σικελιώτης ῥήτωρ, serisse un libello polemico contro il Panegirico di Isocrate, può far sospettare una reazione da parte di Dionigi, ehe potrebbe esserne stato l^ ispiratore. (231) V. infra E° difficile valutare il significato di due passi delie Etleniche,
riferent
i
anni
405/4
e
404/3
(II,
2,
24;
3,
in
eui
Senofonte
chiama Dionigi espliei τύραννος, egli rivestisse allora la earica di στρατηγός αὐτοκράτωρ con parvenza legale; p i ehe testimonierebbero perciò da parte di Senofonte piena I i del vero carattere del governo dionigiano. Purtroppo questi passi sono ritenuti da molti interpolati, sulla scorta di K. J. BELOCH, Griechische hichte, v. TI, burg 19162, pp. v. J. HATZFELD, in
Xénophon,
Helleniques,
v.
1,
Paris
1936,
p.
156.
PLATONE
E
I « MODERATI
» ATENIESI
125
apparente felicità. Tali individui vanno considerati οὐκ ἄρχοντας ἀλλὰ νοσήματα τῶν πόλεων (ibid. 34; efr. Plat, Gorg. 464 ss.; Resp. IX, DTT e ss.). Un quadro che sembra ispirato alle vicende di Dionigi e che presenta, come vedremo, notevoli consonanze con altre fonti che certamente lo riguardano. Se questo passo non va considerato ispirato a riflessioni generali sulla tirannide, ma alle reali vicende di Dionigi, esso conferma che, a quest'epoca, il giudizio di Isocrate su di lui era sostanzialmente negativo, probabilmente proprio in conseguenza del fallimento della mis ione cononiana: alleato di Sparta, Dionigi era fondamentalmente un nemico da combattere e da denigrare. Ma, forse, queste reazioni (e in particolare quella isocratea) vanno collegate più direttamente
con
un
episodio
chiave
che
si
pone
nel
388:
non
a caso,
sia il Panegirico che V Elena sono cronologicamente posteriori. Mi riferisco all'attacco portato contro Dionigi da Lisia alle Olimpiadi del 388
e al
conseguente
radicalizzarsi
della
tensione
tra
Dionigi
e Atene,
di eui un' immediata conseguenza dovette essere, come vedremo, l'urto con Platone. In questo quadro, gli a enni antidionigiani contenuti nelle due opere isoeratee diventano particolarmente interessanti. Da una parte, essi risultano collegati alla linea politica dei democratici, completamente
ostile
a
Dionigi:
e
la
cosa
ci
conferma
indirettamente
l'allineamento di Isocrate alla « via della collaborazione » con la demoerazia, anche per quanto riguarda il giudizio sulla tirannide siracusana.
Dall'altra,
non
è
escluso
un
collegamento
con
il
drammatico
esito della prima esperienza siracusana di Platone, venduto schiavo dal tiranno. La reazione di Isocrate e della comunità ateniese in genere (testimoniata, per esempio, dalla commedia) può aver voluto essere anche un segno di solidarietà verso Platone; e per quest’ultimo la crisi
del
388
si conferma
come
fatto determinante,
di tutto, essa può aver avvicinato, sioni,
Platone
ed
Isocrate,
ed
aver
in un fornito
in due
sensi,
fecondo scambio un
nuovo
Prima
di impres-
elemento
comune
alla loro speculazione politica (in questo senso mi sembrano importanti le eonsonanze tra l’Elena e i giudizi platonici sulla tirannide); la solidarietà
mostratagli
le iniziali condo
diffidenze
luogo,
da
Isocrate
verso
l'atteggiamento
può
la sua
aver
indotto
posizione
dell'intera
Platone
a
superare
politico-culturale.
comunità
ateniese
sembra
In seaver
avviato in Platone un processo di ripensamento sull'esperienza politica ateniese; abbandonate le posizioni oltranziste, egli si trovò forse
126
C. BEARZOT
a eonsiderare diversamente le possibilità di azione che gli erano offerte in patria. Dopo la grave delusione subita in Sicilia, l'apertura dell'Aeeademia segna una svolta nel pensiero e nell'azione politica di Platone e nell'evoluzione dei suoi rapporti con la madrepatria: fatti di eui del resto si ὃ già parlato in precedenza (v. supra, p. 20 ss.). Il 388
è dunque
un
momento
chiave
nella
storia
dei
rapporti
tra
Dionigi e Atene, o meglio dei rapporti tra Dionigi e gli intellettuali ateniesi: Lisia, Isoerate, Platone, Senofonte si trovano in diverso modo coinvolti con lui, in un travaglio di pensiero che non mancherà di dare i suoi frutti in campo politico: esaminiamo perciò questo momento drammatico e gravido di sviluppi nei suoi risvolti fondamentali.
B. - LA
1. - L'Olimpico
CRISI
DEL
388
di Lisia.
Si ὁ detto che il giudizio di Isocrate su Dionigi ὁ curiosamente vieino, anche nei contenuti, a quello espresso in questi anni dal demoeratieo Lisia nel suo Olimpico, pronunciato in oecasione delle Olimpiadi del 388 (79); e che eon ciò si conferma il elima di collaborazione tra i partiti che si respirava in questi anni di revanche. Il discorso, che è eon l'Olimpico di Gorgia una delle prime testimonianze del tema 4611 ὁμόνοια panelleniea (1-2) (***), intendeva prevenire l’ac-
(232) Per la datazione dell'Olimpico di Lisia al 388 v. C. CoRBETTA, Aspetti politici dei giochi olimpici nel V e net IV secolo a.C., « Contr. Ist. St. Ant. Univ. Catt.», v. VII, Milano, p. 102 ss. Un tentativo di spostarla al 384, respingendo la datazione diodorea (tentativo risalente a G. GroTE, Histoire de la Gréce (trad. frane.), v. XIV, Paris 1866, p. 220 ss XVI, stessa data, p. 116 ss, è stato ripreso da M. Bizos, in Lysias, Discours..., v. IL, pp. 199-201; e più recentemente da M. GIGANTE, // discorso olimpico di Lisia, Studi Castiglioni, v. I, Firenze 1960, p. 395 ss. Sul 388 come momento chiave nella politica dionigiana v. M. SORDI, Lo Ierone di Senofonte, Dionigi I e Filisto, « Athenaeum » LXVIII (1980), pp. 3-13. (233) Per V’affermarsi della problematica panellenica, in relazione ni giochi olimpiei, in Gorgia e poi in Lisia v. C. Corsemta, Aspetti politici..., pp. 93-109; per l'unione tra interessi panelleniei e primato ateniese nella pubblicistica di Gorgia, Lisia e Isoernte in questi anni v. M. Pavan, /! momento del «classico»..., p. 328 ss.
PLATONE
costamento di
tra
Antaleida,
Sparta
e
E
la
recuperando
I « MODERATI »
ATENIESI
Persia,
avvenuto
Sparta
all'alleanza
poi
127
nel con
386 Atene
con e
la
pace
con
gli
stati belligeranti nella guerra di Corinto: il che spiega l’esaltazione di Sparta in eui il democratico Lisia si produce (*'). Di fronte al perieolo, che si prospettava incombente, di un fronte comune tra Sparta, la Persia e Dionigi (cfr. Xen. Hell. V, 1, 26; 28; Antalcida sarà sostenuto
da
Siracusa
e dalla
Persia),
Atene
fa
leva
sul
maleontento
di
fra costoro era una parte degli Spartani (Xen. Hell. V, 1, 13 Teleutia, fratello di Agesilao) nei confronti dei patteggiamenti eol barbaro: e nella sua requisitoria equipara Dionigi, che aveva respinto le proposte ateniesi, al persiano. Lisia accusa gli Spartani di tollerare, nonostante il loro valore, che la Grecia sia sottoposta «al barbaro » ai tiranni » (ibid. 3): e li invita a deporre l'ostilità verso i Greci, e a seguire i costumi degli antenati, che di barbari e tiranni furono ugualmente nemici, impedendo che il re persiano e il tiranno di Sicilia aumentino ulteriormente la loro potenza (ibi7. 4-9), L'appello all'unità panelleniea contro i nemici esterni rivela in boeea ad un democratico un progetto molto simile a quello espresso nel Panegirico isoerateo (dove, nei parr. 3-4, si allude forse a Lisia): l'umione Atene-Sparta contro la Persia. In questo periodo democratici e moderati erano concordi sulle necessità che Atene reeuperasse il proprio prestigio: e di fronte alla minaccia di un fronte a tre, anche ai democratici non restava altra via che tentare un compromesso con Sparta. Ció spiega bene anche l'elogio di Sparta del par. 7, che può essere stato ispirato dagli ambienti del moderatismo. Isocrate non puntava con uguale aceanimento sull'attaeeo a Dionigi: ma che il suo giudizio fosse vieino a quello di Lisia lo provano aleune frasi del passo già esaminato del Pamegirico (125-126), che si incontrano perfettamente con le argomentazioni lisiane:
(231) Sul significato étrangére . , pp. 46-7; Per un'analisi letteraria p. 375 ss.; per il rapporto ranea v. id, ibid., p. 402
politico dell'Olimpieo lisiano v. P. Crocuf, La politique da ultimo €. Corperta, Aspetti politiei..., pp. 102-7. e filologica v. M. GIGANTE, Il discorso olimpico..., col Panegirico isoerateo e con la pubblicistica contemposs.
128
€. BEARZOT
Isoer. Paneg. 125-126 "Qv τίνας ἄλλους αἰτίους yon voniζειν ἢ Λακεδαιμονίους, of τοσαύτην ἰσχὺν ἔχοντες περιορῶσι τοὺς μὲν αὑτῶν συμμάχους γενομένους οὕτω δεινὰ πάσχοντας, τὸν δὲ βάρβαρον τῇ τῶν ᾿λλήνων διώμῃ τὴν ἀρχὴν τὴν
αὑτοῦ
Lys. Olymp. 1 Θαυμάζω δὲ Λακεδαιμονίους πάντῶν μάλιστα, τίνι ποτὲ γνώμῃ yo0μενοι καομένην τὴν ᾿᾿Πλλάδα περιὁρῶσιν, ἡγεμόνες ὄντες τῶν “Ελλήνων οὐκ ἀδίκως...
κατασκευαζόμενον;
Καὶ πούτερον μὲν τοὺς (μὲν) τυράνγοὺς ἐξέβαλλον, τῷ δὲ πλήϑει τὰς βοηϑείας ἐποιοῦντο, νῦν δὲ [sis] τοσοῦτον μεταβεβλήπασιν ὥστε ταῖς μὲν πολιτείαις πολεμοῦσιν, τὰς δὲ μοναρχίας συγκαϑιστῆσιν ... καὶ ‚hovvoim τῷ Σικελίας τυράννῳ καὶ τῷ βαρβάρῳ τῷ τὴς ᾿Ασίας κρατοῦντι συμπράττουσιν, ὅπως ds μεγίστην ἀρχὴν ἕξουσιν.
Lys. Olymp. 6 “ὥστε ἄξιον... πρὸς τοὺς προγόγοὺς ἁμιλλᾶσϑαι, οἵ τοὺς μὲν βαρβάρους ἐποίησαν τῆς ἀλλοτρίας ἐπιϑυμῶντας τῆς σφετέρας αὐτῶν στεοεἴσϑαι, τοὺς δὲ τυράννους ἐξελάσαvres κοινὴν ἅπασι τὴν ἐλευϑερίαν κατέστησαν... cv ἕνεκα ἐλπὶς ἀϑάνατον τὴν ἐλευϑεοίαν αὐτοὺς κεκτῆσϑαι, καὶ ἐν τοῖς παρεληλυϑόσι κινδύνοις σωτῆρας γενομένους τῆς “Ehlados περὶ τῶν μελλόντων προορᾶσϑαι.
Per Lisia, come per Isocrate, Dionigi ὃ dunque l'ostacolo alla riconciliazione panellenica, il nemico che anche Sparta deve respingere. Nel pensiero isocrateo, Dionigi diverrà piü tardi il possibile artefice dell'ónórora panellenica, quando si supererà il complesso problema del rapporto con Sparta e del gioco «a tre» che ne derivava. Se Lisia insiste con precisione molto maggiore sull'attaeco non solo al re di Persia, ma anche a Dionigi, il motivo è d'occasione. L'Olimpico si pone in un momento preciso, nel 388, mentre era in corso l'assedio di Reggio e le mire espansionistiche di Dionigi a danno della grecità italica si andavano facendo evidenti (Diod, XIV, 90-91 e 103-105, da Eforo; 100-102, da Timeo) (7); e Dionigi contava sulle Olimpiadi, festa
(235) Per notizie più dettagliate sulla logia delle pagi contro i Greei d'Italia e per l'individuazione delle fonti v. M. SORDI, Dionigi e gli Italioti, « Aevum » LII (1978), pp. 1-16. In generale sulle fonti di Diodoro per la storia di Dionigi I, v. F. SARTORI, Sulla δυναστεία ..., pp. 3-12, eon ampia biblio-
PLATONE
E
I « MODERATI
» ATENIESI
129
dell'óuórow aperta ai soli Greci, per aumentare il proprio prestigio presso i Greci della madrepatria e ottenere una consacrazione del suo potere (799), L'intervento lisiano indica invece in Dionigi una effettiva minaceia non solo per la Grecità occidentale, ma anche per la madrepatria; e proprio nel luogo ove si celebrava 1᾿ ὁμόνοια greca realizzata da Eracle con la punizione dei violenti e la cacciata dei tiranni (557). La propaganda di Dionigi si ritorceva contro di lui per opera di Atene; la stessa Atene che poco più tardi, subito dopo la caduta di Reggio (388), organizzò probabilmente contro il tiranno un attacco propagandistico in grande stile. Una notizia di Diodoro (XIV, 112, 5) ci riferisce che la atroce morte di Fitone, stratego dei Reggini, suscitò in Grecia un moto di indignazione: οὗτος... πολλοὺς ἔσχε xai τότε τὼν ene τοὺς ἀλγήσαντας τὴν συμφορὰν καὶ μετὰ ταῦτα ποιητὰς τοὺς ϑρηνήσαντας τὸ τὴς 0 ἐλεεινόν (238). E' probabile che questa reazione abbia avuto origine in Atene. Infatti, l’eco di questa opposizione si sente anche in Isocrate; forse nell’Elena, ove si accenna all'infelicità del tiranno costretto a combattere a fianco di stranieri πρὸς τοὺς συμπολιτευομένους (32), certamente nel Panegirico, in cui si accenna alla durezza dei tempi, ἐν οἷς ᾿Ιταλία μὲν ἀνάστατος γέγονεν, Σικελία δὲ καταδεδούλωται, τοσαῦται dè πόλει:
grafia precedente; K. MEISTER, Die sizilisehe Geschichte bei Diodor Anfüngen bis zum Tod des Agathokles. Quellenuntersuchungen zu Buch München 1967, p. 70 ss.
von den IV-XXI,
imente come il tiranno avesse perfet(236) Diodoro (XIV, 29) ei narra minuzi tamente orchestrato la sua partecipazione: l'intervento di Lisia fece fallire il piano propagandistico. V. anche 1° ὑπόϑεσες all'Olimpico lisiano in Dion. Halie. Lys. 29. ©
5 ss, ha fatto (237) TI Gigante, nel già citato Il discorso olimpico ..., ἢ notare ehe secondo Arpoerazione (s.v. ᾿Ἰόνιος ) Lisia si occupava di questa zona nell'Olimpico: da ciò egli ha concluso che l'opera lisiana è da spostare al 384, quando la politica adriatica di Dionigi era in piena espansione e poteva essere sentita come un pericolo per lu Grecia, Ma non va dimentieato che la spedizione contro Reggio del 388 doveva rivelarsi, ad occhi contemporanei, come il primo passo di un’espansione occidentale con prospettive quanto mai minacciose. Pereiò la testimonianza, di grande interesse per la precisazione dei contenuti del discorso lisiano, non è da ritenersi probante per quanto riguarda la data. (238) Dionigi reagì forse spingendo Senareo a schernire i Reggini in una commedia: v. SUIDA s.v. “Ῥηγένους. Sull’origine ateniese delle accuse contro l'espansionismo di Dionigi v. B. NiEsE, « Dionysios » (1), R.E. V (1905), coll. 896-8. Memorie
(Lettere)
- 9
130
C. BEARZOT
τοῖς βαρβάροις ἐκδέδονται, τὰ δὲ λοιπὰ μέρη τῶν Ελλήνων ἐν τοῖς μεγίστοις κινδύνοις ἐστίν (169). In effetti, con l'espansione in Italia e la lotta contro gli Etruschi (condotta, dal 386, a fianeo dei Galli), Dionigi colpiva al cuore gli interessi di Atene nell’Adriatico e nel delta padano, zone fino ad allora dominate dell’ intesa etrusco-ateniese : tanto più che i commerci ateniesi con il Mar Nero e l'Egitto erano in erisi a causa della guerra con la Persia (799). L'opinione pubblica ateniese non poteva che reagire unanimemente alla clamorosa avanzata del potere di Dionigi, un potere concretamente temibilissimo anche se affascinante per i teorici; un Dionigi in piena espansione, unendosi a Sparta e, col 386, alla Persia, avrebbe potuto schiacciare non solo Atene, ma l’intera Grecia (?*"). Diodoro, sotto l'anno 380/79, rileva con estrema chiarezza il pericolo di questo accordo a tre: oi μέγιστοι τῶν τότε δυναστῶν, λέγω δὲ τὸν Πεοσῶν βασιλέα καὶ τὸν v H ] Σικελίας δυνάστην Ἰιονύσιον, ἐϑερά τὴν L4 HH " καὶ συμμαχίαν È; ἰϑεσϑαι πρὸς αὐτούς (XV, 23, 4-5) (241). Attraverso Eforo, il rilievo ci conduce direttamente all'ambiente isoerateo, che sembra essere stato tra i primi a cogliere l'importanza della nuova potenza d'Occidente.
(239)
V.
L.
BRACCESI,
tutto p. 204. Sui mercati
Grecità
granari
adriatica,
ateniesi
Bologna
nella zona
1979%,
p.
185
ss.;
v.
soprat-
v. id., ibid., p. 135 ss.
(240) L'accordo pareva imminente nel 387, col contributo di Dionigi alle operazioni di Antaleida (Diod. V, ], 28); e la cosa, sentita certamente come un pericolo gravissimo, contribuì forse a rendere ineluttabile la pace del Re. V. Κι. BELocH, Die attische ..., p. 129; una approfondita disamina dell'episodio in P. MELONI, Il contributo di Dionisio I alle operazioni di Antalcida del 387 a.C. «Rend. Acead. Naz. Lincei », Cl. Se. Mor. Stor. Filol, S. VIII, IV (1949), pp. 190-203. (241) V. anche Diod. XIV, 10, 2-3 (sotto l'anno 404), dipendente probabilmente da Eforo (si salda a 7, 1-5), dove Sparta ὃ duramente eriticata per il sostegno dato al tiranno, sulla linea di Lisia e del Panegirico isoerateo. Nel passo, centrato sulla storia della madrepatria greea, si accusano gli Spartani di aver inviato Aristo col pretesto di abbattere la tirannia, m: in realtà per sostenerla segretamente: ἤλπιζον yào συγκατασκευάζοντες τὴν ἀρχὴν ὑπήκοον, ἥξειν τὸν Διονύσιον διὰ τὰς εὐεργεσῖας (ibid. 2). Una azione di tradimento nei confronti dei Siracusani che Eforo giudien vergognosa, eon un tono in cui si sente l'eeo della propaganda ateniese: διὰ δὲ τῆς πράξεως ταύτης ἀσχημονεῖν ἐποίησεν αὑτὸν ἅμα xai τὴν πατρίδα (ibid. 3).
PLATONE
E I € MODERATI » ATENIESI
2. - Le mire espansionistiche
131
di Dionigi in Grecia.
Ma, a parte la propaganda ateniese ehe inquadra Dionigi tra le minacce barbare all'ellenismo, minando alla base il tentativo del tiranno di apparire il difensore della grecità d'Occidente, Dionigi rappresentava per la Grecia un pericolo effettivo? S'impone, a questo punto, una breve digressione, che ci permetta di rispondere a questa importante questione, Poco dopo l’inizio dell’espansione in Italia e nell’Adriatico, Dionigi aveva colonizzato le coste epirote e apule (tra il 388 e il 385) ed era intervenuto in Epiro per rimettere sul trono Alceta, re dei Molossi, esule da tempo a Siracusa (385/4: Diod. XV, 13, 1-3) (?#). Diodoro attribuisce al tiranno 1’ intenzione di prepararsi in Epiro le basi per attaccare e depredare il tempio di Delfi. E' difficile valutare l'effettiva consistenza di un simile progetto. Certamente dall’Epiro si controllavano le vie d’accesso alla Grecia centrale: e dunque, se non per Delfi stessa, per la Grecia certamente il pericolo si faceva più minaccioso (75). Ciò conferma in qualche modo
(242) Per la datazione v. L. Braccesi, Grecità adriatica ..., p. 186. Sui erescenti rapporti tra le tribù epirote in espansione e il mondo greco nel IV secolo v. N. G. L. HaMMOND, Epirus, Oxford 1967, pp. 508-24; per Alceta, pp. 523-4. (243) V. L. BRACCESI, Grecità adriatica..., p. 187 ss. che rivela l'aspetto fondamentalmente strategico della colonizzazione adriatica di Dionigi, finalizzata alla ereazione di teste di ponte per la sua politica illirieo-epirotiea e per le sue imprecisate mire verso la madrepatria greea. Scettico sull'effettiva consistenza delle mire espansionistiche di Dionigi in Grecia attraverso la colonizzazione adriatica è invece G. WoopuEAD, The « Adriatic empire » of Dionysius I of Syracuse, « Klio» LII (1970), pp. 503-12; l'autore ritiene che gli interessi adriatiei di Dionigi si riducessero al tentativo, presto abbandonato, di assieurarsi il controllo dell'Epiro e della zona illirica con l'appoggio di Alceta. V. la contestazione del BRACCESI in Grecità adriatica, Bologna 1971, pp. 235-8, alla sua posizione di ipereriticismo. Per la bibliografia precedente v. la seeonda edizione, pp. 186-7, n. 5. Quanto a Delfi, il BRACCESI, riprendendo un'ipotesi dello HAMMOND, ritiene inverosimile l'aeeusu rivolta a Dionigi, e parla di una «facile» confusione diodorea con il santuario di Dodona, obiettivo eertamente piü accessibile. Ma ehe la fonte di Diodoro potesse operare una confusione su un nome celebre come quello di Delfi sembra fuor di discussione. E” impossibile appurare se un attaeeo al grande santuario panellenico fosse nelle reali intenzioni di Dionigi: quello che è certo è che in Grecia la cosa fu sentita come possibile, e anzi come una minaccia i b Per le fond. i di carattere più strettamente politico-economico, v. ibid., p. 196 ss. Aristid. Panath. 178, 1.7, I 291 Dindorf — FHG I 272, frg. 141 Müller.
132
C. BEARZOT
i timori di Lisia, e fa capire su quali basi poggiasse la richiesta di intervento rivolta da Isocrate a Dionigi qualche anno dopo: il tiranno non aveva intenzioni ostili nei riguardi di Delti, di cui desiderava probabilmente solo il controllo (parteciperà infatti alla ricostruzione del tempio: efr. Tod. 133) più che il possesso; ma è probabile che, dall’Epiro, mirasse ad una maggiore influenza sulla Grecia, alla cui attenzione egli aveva ripetutamente cercato di imporsi. Un interessante frammento di Eforo contenuto nel Panatenaico di Aristide (***) attri-
buisce a Dionigi intenzioni aggressive nei confronti della Grecia: -lovvoiov γὰρ τοῦ Σικελίας μὲν τυράννου, πολλῶν δὲ xai τῶν ἐν "Ἰταλίᾳ πόλεων ἐπάρχοντος, εἰς νοῦν ἐμβαλλομένου ἐπιϑέσϑαι τῇ EAM τῷ μήκει
τῶν
“Filo βασιλέα
πολέμων
βαρβά paopao καλοῦντος,
᾿Αϑηναίων
ἁπάσας
gon
τε καὶ
στρατηγοὶ
λαβὼν
0 τοῦ
δύο
αὐτοῖς
ὁ
xat
τοῦτο
mn
τοὺς
προσοίκους
τοῖς
os ἐκ πολλοῦ, τοῦτο δὲ τῶν Περσῶν πράγματος ἤδη ζέοντος, ἔσχον τὴν πεῖραν m
ἀνδράσιν,
τὰς
ἀπὸ
ὁ δὲ
Σικελίας
ναῦς
παταναυμπαχήσας
προὐπλούδμῷ
Aazeda;
€
(2:4) Diversamente dal MÜLLER, lo Jaconv (F. Gr. Hist. 70 Ephoros F 211) accetta come frammento eforeo solo il testo dello scoliasta di Seliol. Arist. Panath. 177, 20, III 294 Dindorf, dove solo si fa esplicito riferimento allo storico di Cuma. Lo seoliasta è più ampio, ma dal punto di vista sostanziale non diee nulla di nuovo
rispetto
tradizione:
al
testo
lioriioto:,
di
ὦ
Aristide,
.Lorroior
che
τοῦ
sembra
perciò
τυράννου
attingere
alli
medesima
υἱὸς, μετὰ τὴν τοῦ πατρὸς
τελευτὴν συνϑήκεις ἐποιήσατο πρὸς τὸν Περσῶν βαπιλέα, ἵνα τῷ μὲν φαινομένῳ υἱακεδαιμονίοις βοηθῶν ἔλθῃ zar! ᾿Ηϑηναίων, τῇ δὲ ἀλῃϑεία πορϑήσα:
τὴν
᾿λλάδα
πᾶσαν
μετὰ
Πέρσοιν
μερίσειεν,
«ὡς
Ἔφορος
ἰστορεῖ. AC. καὶ διὰ τοῦτο συναγαγὼν ἁπάδας μιπροῦ τὰς ἐν Σικελίᾳ γαῦς ἐχώρει, ϑέλων συμμῖξαι τῷ “απκεδαιμονίων ναυτικῷ, ἵνα ὁμοῦ γενόμενα τὰ γαυτικὰ ταῦτα καταγωνίσηται ᾿Αϑηναίους μὴ δυνηϑέντας ὑποστῆναι τοσαύτην παρασπευήν͵ ᾿Αϑηναῖοι δὲ, ποὶν .Πονύσιον καὶ «Τακεδαιμονίους συμμῖξαι ἀλλήλοις, πέμιμαντες στρατηγὸν, Övonu „ μετὰ πλείστων νεῶν πρὸς τὰς «ἸΤιουυσίου τοιήρεις, καὶ ἕτερον, ὄνομα, πρὸς «Ἰακεδαιμογίους, εἶχον μὲν πᾶν τὸ “ιονυσίου vavtixóv, κατεπολέμησαν δὲ Λακεδαιμονίους ἐπὶ «Ἱευκάδι. C. Afyer τοῦ δευτέρου, οὗτος γὰρ ἦλϑε, βουλόμενος μὲν τῷ σχήματι “ἰαπεδαιμονίοις βοηϑῆσαι κατὰ ᾿᾿Αϑηναίων, τῇ dè ἀληϑείᾳ βουλόμενος τήν 'EAAáón μετὰ Πέρσου μερίσασϑαι ἐκείνου δηλώσαντος αὐτῷ, ὡς "FEqopoz ἱστορεῖ. La grossa novità dello seolio rispetto al testo è il riferimento dell'intera vicenda n Dionigi cosa mi sembra risalire ad un evidente errore.
II:
ma
come
si vedrà
la
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIESI
133
ἐπὶ «ἱευκάδι, καὶ τὴν ϑάλατταν δι᾿ αὐτοῦ; ποιησάμενος. Lo seoliasta avverte che il passo si riferisce a Dionigi II, ma la situazione sembra adattarsi molto meglio a Dionigi I Il dominio su molte eittä d'Italia corrisponde alla situazione dell'impero dionigiano dal 390 in poi, l'aecenno a contatti con i barbari confinanti con la Grecia può riferirsi ai rapporti con gli Iliri d'Epiro (?*"); l' intenzione di attaccare la Grecia corrisponde ai timori espressi da Lisia nel 388 e all'aecusa
di
mirare
a
Delfi.
Stupisce
l'aecenno
ad
un
accordo
col
re
di
Persia, cui Dionigi avrebbe potuto arrivare attraverso Sparta (24); certo anch'esso si accosta bene alle preoccupazioni lisiane, e spiegherebbe l'insistenza con cui, più tardi, Isocrate proporrà al tiranno di assumere
l’egemonia
sulla
Grecia
non
con
la
collaborazione
della
Per-
sia, ma contro di essa. Il progetto sembra doversi collocare in un momento successivo al 388 (operazioni in Epiro e rafforzamento del dominio sull'Italia): l'accenno al bloceo dell' impresa da parte di due strateghi ateniesi, in un momento in cui tutta la Greeia & sconvolta dalla guerra, potrebbe far colloeare l'operazione che fu sentita come un attacco in grande stile da parte di Dionigi nel 373/2. In questo anno gli strateghi Ificrate e Stesicle erano in azione presso Corεἶτα
(24).
(245)
Ifierate
Giustamente
intercettò
lo
Jacopy
i soccorsi
(WF.
Gr.
inviati
Hist.
C
da
Siraeusa
Komm.
p.
98)
(Xen.
avverte
Hell.
che
lo
seoliusta confonde gli aiuti inviati nel 366 da Dionigi IT eon fatti relativi ad anni precedenti. In effetti In wifnazione, ehe presenta Atene in guerra con una Sparta ancora potente e in lotta per l'egemonia della Grecia, non si adatta agli anni del regno di Dionigi I1; gli aiuti da lui inviati nel 366 sono a favore di Sparta e di Atene ormai alleate. La zona delle la Tonio, e la situazione storica ei riportano sicuramente a Dionigi I. (246) Schol. Arsit. Panath. 178, 2, III 295 Dindorf, indica i DuxtÀexo( 0 i Κελτοὶ, sempre partendo dal presupposto che si tratti di Dionigi II. (M7) Ma va ricordato il passo di Diodoro (XV, 23, 4-5), relativo all'anno 380/79, in cui si rileva la potenza di Sparta, appoggiata da Dionigi e dalla Persia. (248) Secondo Schol Arist. Pamath. 178, 4, IIl 295 Dindorf, i due strateghi sarebbero Cabria ed Ifierate; ma viene detto, nello stesso luogo, ehe 1’ intercettatore dei soccorsi siracusani fu Cabria o Timoteo; mentre in Sehol Arist. Panath. 178,
5,
ITI,
Dindorf
si
attribuisce
ad
Ifierate
la
seonfitta
spartana.
Anche
qui c'è da rilevare, al di là di scambi e confusioni evidenti, che tutti questi personaggi rivestirono la strategia nel 373/2: Timoteo fu rieletto (Xen. Hell, VI, 2, 11; Diod. XV, 47, 2), poi deposto e sostituito da Ifierate (Xen. Hell. VI, 2, 12-14; Diod. XV, 47, 2-3, dove si aeeenna erroneamente ad una sua rielezione); Cabria fu collega di Ifierate in quest'anno (Xen. Hell. VI, 2, 39), forse nella stessa spedizione.
134
€. BEARZOT
VI, 2, 33 ss.; efr. Diod. XV, 47, ove si rileva erroneamente la presenza di Timoteo, in realtà già esonerato dopo l' incidente di Zacinto: v. 2-3; 7); Stesicle, già da tempo inviato nella zona (Xen. Hell. VI, 2, 10; Diod. XV, 47, 4), seonfisse Mnasippo a Coreira in una battaglia di terra in eui lo spartano morì (Xen, IZell. VI, 2, 10; Diod. XV, 47, 1-6) e che provocò la fuga degli assedianti a Leucade. E’ vero che il frammento eforeo parla di una battaglia navale presso Leucade (395), mentre qui il easo & decisamente diverso; ed & vero anche che l'uniea battaglia di questo genere di eui siamo a conoscenza è quella di Alizia presso
Leucade,
vinta
da
Timoteo
nel
375
(Diod.
XV,
36,
5). Per
risol-
vere la contraddizione, lo ‚Jacoby ha pensato ad una confusione con questo più
lontano episodio,
indebitamente
accostato
all’ intercettazione
dei
soccorsi siracusani del 373/2 (25). A me pare che, se si deve supporre una confusione dovuta ad Aristide, o alla fonte intermedia da lui usata, sia più probabile pensare che essa sia stata originata dalla notizia della fuga per mare a Leueade dopo la battaglia di Corcira, e che nel frammento si alluda pereiö a questo episodio del 373/2, e non ad Alizia. In realtà i due fatti (l'intereettazione dei soecorsi siraeusani e la sconfitta di Sparta) sono troppo strettamente collegati fra loro nel frammento per pensare ad un aceostamento tra un episodio del 375 e uno del 373/2: e la loro contemporaneità si spiega solo collocando l'intero episodio nel 373/2, nel momento della crisi coreirese, dal che la spedizi d’aiuto di Dionigi fu richiesta da Sparta (Xen. Hell. VI, 2, 4) solo dopo il suo scoppio, eontemporaneamente all'invio di Mnasippo. Se non si vuole, come lo Jacoby, respingere integralmente l'autorevolezza del frammento come esito di seambi e eonfusioni, è difficile rifiutare l' ipotesi del collegamento con la questione eoreirese, Del resto, dopo la battaglia di Coreira e lo scioglimento dell’assedio gli Ateniesi ripresero saldamente in mano la situazione nello Tonio: per cui non è errato parlare di «dominio del mare », come dice il frammento eforeo. Nonostante gli errori e le confusioni, che sono innegabili e che rendono difficilmente valutabile l’attendibi(249) Nel testo di Aristide si trova, n proposito «del secondo stratego, χήσας Λακεδαιμονίους ἐπὶ Λευκάδι. Non è eseluso, però, che si tratti di una semplificazione di Aristide o della sua fonte intermedia: lo scoliasta, che dichiara di attingere ad Eforo, non parla affatto di battaglia navale contro gli Spartani, ma si limita ad usare il verbo καταπολεμεῖν. (250) V. F. Jaconv, F. Gr. Hist. IT C Komm. p. 98.
PLATONE
E
I € MODERATI » ATENIESI
135
lità del frammento, il 373/2 è certamente il momento che meglio corrisponde al suo contenuto (?°!); in effetti, in questo anno due strateghi ateniesi bloccano con successo Sparta e Dionigi, che le aveva inviato soccorsi. Se poi dietro questo intervento di appoggio a Sparta ei fosse un programma di intervento in Grecia è difficile dire; certamente l’operazione di Dionigi fu sentita come un pericolo di effettiva consistenza storica, se non per l’episodio in se stesso (il tiranno inviò un contingente limitato), almeno per le sue possibili conseguenze; e ciò spiegherebbe, tra l'altro, l'interesse dei gruppi politici al potere in Atene a conquistarsi, nel periodo immediatamente successivo, la simpatia del tiranno. Oltre ai timori di cui è espressione il frammento eforeo, ci sono testimoniate in Grecia altre apprensioni relative all’ intervento di Dionigi. In occasione di questa crisi corcirese, Sparta aveva chiesto l'aiuto di Dionigi, facendogli notare ὡς xai ἐκείνῳ χρήσιμον ein τὴν Κέρκυραν μὴ ὑπ᾽ ᾿ΑΑϑηναίοις εἶναι (Xen. Hell. VI, 2, 4); ei Coreiresi, chiedendo aiuto ad Atene, avevano prospettato come grave la possibilità
che
l'isola
eadesse
in
mano
a Sparta,
data
la sua
ottima
posizione strategiea dovuta alla vicinanza alle coste epirote e al suo carattere di base tra la Sicilia e la Grecia centrale: £r δὲ κεῖσϑαι τὴν Κέρκυραν... £v καλλίστῳ δὲ τῆς te ἀντιπέρας ᾿Ππείρου xai τοῦ εἰς Πελοπόννησον ἀπὸ Σικελίας παράπλου (Xen. Hell, VI, 2, 9). E” signifieativo ehe i Coreiresi parlino della Sieilia: forse si temevano progetti interventistici di Dionigi, come fa pensare anche l'allusione degli Spartani
reagirono
agli
interessi
dionigiani
tempestivamente
(Xen.
su
Corcira.
Hell.
VI,
Certo
2,
10):
è che
gli
inviarono
Ateniesi
subito
(251) Aristide (Panath. 178, 7-10, I 291 Dindorf) prosegue con un giudizio favorevole nei confronti della politica antitirannica di Atene: μόνῃ γὰρ πόλεων où τύραννον ἐπηγάγετο, où πλοῦτον ἐθαύμασεν, οὐκ ἀσφάλειαν, οὐχ ἡδονὰς ἀντὶ τῶν δικαίων ἠλλάξατο, ἀλλ' ὥσπερ ἅπασι πεφυκυῖα ζῆν οὕτως ἑαυτὴν ἤγαγε. Lo scoliasta (178, 6, III 295 Dindorf) commenta questo giudizio ritenendolo diretto contro Sparta, ehe invece sosteneva il tiranno: διὰ τοῦ εἰπεῖν οὐ τύραννον ἐπηγάγετο NE: σκώπτει ὡς èrayayò τὸν Σικελίας τύραννον, Διονύσιον, ὡς ἔφημεν, κατὰ ᾿Αϑηναίων. AC. τοῦτο εἶπεν, ὡς τῶν «“Ἰακεδαιμονίων διὰ τοῦτο ἐπαγομένων Διονύσιον (BD). Questo giudizio nei confronti di Sparta sostenitrice e alleata di Dionigi è tipico delle fonti ateniesi di questi anni; in particolare lo si è già trovato in Eforo (cfr. n. 241). Non è escluso quindi che questi passi siano di tradizione eforea, e ci possano in qualche modo confermare che il frammento si riferisce agli anni in eui Dionigi I veniva sentito come un pericolo per la Grecia e si rimproverava a Sparta di sostenerlo indirettamente con l'alleanza.
136
C. BEARZOT
Stesicle e, soprattutto, chiesero ad Alceta, r te da Timoteo all'alleanza ateniese (Diod. XV, 36, 5), di aktompapmarli nella spedizione, Anche questo partieolare (Atene si rivolge ad un uomo a suo tempo vicino al tiranno) fa pensare che il perieolo di Dionigi esistesse effettivamente; dopo questo episodio, Atene cercherà programmatieamente di volgerlo a proprio favore, soprattutto dopo che lalleanza Atene-Sparta avrà fatto cadere uno dei più gravi motivi di
dissidio.
Dietro l'intervento in Epiro, primo atto del progetto interventista, vero o presunto che fosse, e'é forse la mano di Filisto, che là si trovava esule presso parenti di Aleeta (7535) e che, come è noto, non serbava rancore a Dionigi, di cui fu sempre devotissimo fino ad oscurarne i crimini nella sua opera storica (Paus, I, 13, 9; Plut. De Herod. malign. 3; v. anche Dion. Halic. Περὶ μιμήσεως 3, 2; Ad Pomp. 4). La presenza di Filisto in Epiro può aver favorito, dopo il ritorno di Aleeta sul trono e l'entrata di quest'ultimo nell'orbita ateniese, il sorgere di legami tra Dionigi e uomini eome Timoteo e Giasone di Fere, di riflesso Isocrate e Senofonte; e quindi può aver posto le basi per
il
riavvicinamento
del
tiranno
ad
Atene
(553).
L'importanza
di
(252) Plut. Mor. (De cil. 605€ (ἐν ᾿Ηπείρωι), Dion. XI, 6 (παρὰ ξένους τινὰς εἰς τὸν "Adolar). Diodoro (XV, 7, 3-4) riferisce che Filisto fu in esilio con Leptine a Turi (ma si trattò forse di una tappa «el L. BRaCCESI, Grecità adriatica ..., pp. 191-2, aceredita l'ipotesi dell'esilio di Filisto presso uomini legati ad Aleeta, eonoseiuti durante il soggiorno dell'esule prineipe molosso a Siracusa (gli ξένοι del passo plutareheo). A Filisto, ancora in grazia presso Dionigi, sarebbero da ricollegare il sorgere dei progetti di espansione adriatica e degli interessi per la zona illirieo-cpirotica; dopo la disgrazia e l'esilio, egli avrebbe continuato a favorire, anehe solo a titolo personale, la izzazi el’ li di tali progetti. L'importanza dell'iniziativa di Filisto nella polit adriatica sarebbe confermata dalla ripresa dell'attività nella zona sotto Dionigi II, subito dopo il suo richiamo dall’esilio: v. id., ibid, pp. 240-1. Lo stesso Braccesi, ibid., pp. 216-8, contesta invece l'ipotesi dell'esilio di Filisto ad Adria, ingenerata da un'errata interpretazione di Plut. Dion XI, 6; v. anche il lavoro, ampiamente ripreso dal Braccesi, di A, GITTI, Ricerche sulla vita di Filisto, Adria e il luogo dell'esilio, « Mem. Acead, Lincei» S. VIII-IV (1951. 2), pp. 225-72 225-72. (253) Senza ehe questo significasse distaccarsi da Sparta, cui Siracusa si mantenne sempre legata, secondo la tradizione. Il fatto ehe Sparta avesse appoggiato i Molossi ribelli ad Alceta non deve aver pregiudicato la sua amicizia con Dionigi. Piuttosto, il suo stesso riavvicinamento ad Atene deve essere stato favorito dall'appianarsi dei rapporti ateniesi con Sparta.
PLATONE
E
I « MODERATI
» ATENIESI
137
questa rete di rapporti emergerà in seguito: in ogni l'intervento in Epiro contribui a diffondere in Grecia renziale nei eonfronti dell'uomo che aveva costruito xarà τὴν Εὐρώπην δυναστειῶν... τὴν ἀοχήν (Diod. imporlo all'attenzione di certi ambienti politici, che valutare la possibilità di farselo amico.
caso, é certo che un timore reveμεγίστην δὲ τῶν XVI, 5, 4) e ad cominciarono a
3. - L'urto con Platone. L’attacco di Lisia alle Olimpiadi del 388 fu, per Dionigi, uno smacco notevole; egli, si è detto, aveva puntato sulla grande manifestazione panellenica per rafforzare il proprio prestigio. Chi ne fece le spese fu, probabilmente, Platone, che si trovava in quell’anno alla corte
sicuraeusana.
Platone
aveva
lasciato
Atene,
disilluso
dall'espe-
rienza democratica, per un viaggio di studio (#5); ed è probabile che abbia voluto conoscere personalmente questa grande personalità in ascesa, di cui i Pitagorici dell’Italia meridionale dovevano avergli parlato. Lo seontro da lui avuto col tiranno fu arriechito di aneddoti di searso valore storico (29): è probabile che la vendita di Platone come schiavo
sia
stata,
piuttosto
che
l'esito
di uno
scontro
personale,
il risul-
tato di una ritorsione di Dionigi contro Atene dopo i fatti di Olimpia,
(254) Secondo una notizia di Apuleio (De dogm. Plat. I, 4) il primo viaggio a Siracusa di Platone fu compiuto « kistoriae gratia» (efr. anche Diog. Laert. III, 18; Olympiod. 94 ss., p. 385 Westermann; Anon. F. Plat. 141 ss, pp. 392-3 Westermann)
Cornelio
l'iniziativa IV,
3-7)
Nepote
(Dion
II,
1-3)
riferisee
invece
di invitare il filosofo a corte, col consenso
diee
infine
che
Dione
conobbe
Platone
che
che
fu
Dione
del tiranno, già
si
a
prendere
Plutarco
trovava
in
(Dion
Sicilia
e
insistette per presentarlo a Dionigi. E’ difficile dirimere la questione, perché sia Dionigi sia Platone potevano avere interesse ad ineontrarsi: il primo, cultural. mente aperto e particolarmente interessato ad entrare in contatto con personalità del mondo eulturale, poteva desiderare un ineontro eol filosofo; il seeondo poteva ritenere Dionigi un buon soggetto per proporre la sua teoria dell'unione tra filosofia e potere. V. K. F. SrRonEKER, Dionysios I..., p. 100 ss. Per una revisione dell’ intera questione v. id., Platon und Dionysius I von Syrakus, « Histor. Zeitschr. » CLXXIII (1952), pp. 225-59. (255) Diog. Laert. IIT, 18-21; Plut. Dion V, 1-7; Mor. (De trang. an.) 471f; Diod. XV, 7, 1; Olympiod. 97 ss, p. 385 Westermann, ehe sposta la vendita sotto Dionigi II (efr. 116 ss., p. 386 Westermann).
138
C. BEARZOT
come ha recentemente sostenuto M, Sordi (555). A questo farebbe pensare il fatto che, qualehe anno dopo, nel 374/3, Ifierate, intercettati i soceorsi inviati da Siraeusa a Sparta durante la spedizione coreirese, catturò e riscattö i soldati siracusani, trattenendo però il navareo Crinippo per venderlo schiavo. Crinippo si suicidò per il dolore (Xen. Hell. VI, 2, 33-36: efr. Diod. XV. 47); ma la punizione, assolutamente non usuale, sembra rispondere con una rappresaglia alla vendita
di
Platone
(il
che
confermerebbe
il carattere
storico
dell’episodio
della vendita, che alcuni mettono in dubbio) (25), Ifierate, stratego di valore, collaboratore di Cabria, Timoteo e Callistrato, si muoveva, dal punto di vista politico, nell'orbita dell'ambiente callistrateo (258): non è improbabile ehe, attraverso la rappresaglia di Ifierate, i gruppi moderati abbiano voluto in qualche modo prendere le difese di Platone (25°). La notizia appare poi ancor più significativa quando si pensa che, se Platone aveva combattuto a Corinto insieme ad Ificrate, la
presa
di
posizione
di
quest’ultimo
trova
forse
il
suo
fondamento
nella conoscenza, se non nell'amicizia, personale (v. supra, p. 10). Ma forse si deve pensare ad una orgogliosa reazione di tutta la comunità politica ateniese, di fronte al torto fatto ad un concittadino. In ogni caso, Platone non serbò rancore a Dionigi: la sua trattazione del problema della tirannia e dell’uomo tirannico nella Repubblica (VIII, 556 b ss.; IX, 571 a ss.; efr. anche Gorg. 470 e ss. e 478 e - 479 e, scritto sotto l'impressione del viaggio in Sicilia; 524 d, dove si rileva che il maggiore potere coincide spesso con la maggiore ingiustizia) è ispirata più ad un senso di sgomenta ammirazione che di disprezzo (2%), Che (256)
V,
Dionigi
1
e
Platone,
in
Miscellanea
E.
Manni,
v.
VI,
Roma
1980,
pp. 2020-2. (257) Per la storicità dell'episodio v. M. Sorpi, Dionigi 1..., p. 2015 ss.; per la rappresaglia di Ifierate v. ead., ibid., pp. 2019-20. (258) Nonostante la sua origine umile, Ifierate si era notevolmente arricchito nel corso della carriera politico-militare: v. J. K. Davies, Athenian propertied families ..., pp. 248-52, (259) Lo spartano Pollide, venditore di Platone, fu in seguito sconfitto da Cabria, e la cosa fu vista come una vendetta divina, operata attraverso un uomo molto vicino al filosofo (Diog. Laert. III, 20). (260)
Sembra
però
risalire
alla
tradizione
accademica,
più
che
a
Platone
stesso,
la sprezzante risposta data dal filosofo al tiranno pentito secondo Diogene Laerzio (III, 21): οὐ μὴν ἡσύχαζεν ὁ Διονύσιος. μαϑὼν δὲ ἐπέστειλε Πλάτων, μὴ κακῶς ἀγορεύειν αὐτόν. Kai ὃς ἀντεπέστειλε μὴ τοσαύτην αὐτῷ σχολὴν εἶναι ὥστε Διονυσίου μεμνῆσϑαι. Sul fascino evidentemente esercitato da Dionigi su Platone v. anche
PLATONE
E
I « MODERATI » ATENIESI
139
la grande personalità di Dionigi avesse fortemente colpito Platone lo mostra, del resto, anche la tenace fedeltà del filosofo alla dinastia siracusana ; e particolarmente indicativa è l'ammirazione con cui egli ricorda Dionigi nella Lettera VIII. In 353 a ss. Platone mostra di accogliere la propaganda filodionigiana che considerava il tiranno salvatore della Sicilia contro la pressione dei barbari (propaganda che era stata al centro della ricostruzione di Filisto: efr. Diod. XIII, 94, 4-5) e invita
per bocca
ad
essergli
di Dione,
predecessori
che
riconoscenti;
invito
ribadito
Platone esorta a rispettare,
ἔσωσαν
ἀπὸ
βαρβάρων
τοὺς
in 355 d ss., dove,
in Dionigi
"Eihnmas
II, i suoi
(29).
Il
potere
assoluto dunque non va abolito, ma trasformato in βασιλικὴ ἀρχή sotto il controllo dei νόμοι: Νῦν οὖν τοῖς μὲν ἐλευϑερία γιγνέσϑω μετὰ βασιλικῆς ἀρχῆς, τοῖς δὲ ἀρχὴ ὑπιεύϑυνος βασιλική, δεσποζόντων νόμων τῶν τε ἄλλων πολιτῶν καὶ τῶν βασιλέων αὐτῶν, ἄν τι παράνομον πράττωσιν (355 d-e) La grandezza incontestabile di Dionigi doveva aver suscitato
in
mentato
della
Platone
doro n
(Vita 1
di
anzi
era
stato
speranze
democrazia
Plat. εἰς
il
vero
riforma non
politica
poteva
Westermann) 1
A
questo
di
ateniese
97 ss., p. 385
μεταβάλλει" motivo
della
che
sostenere
riferisce sua
τὴν
il potere (25):
che
τυραννίδα,
visita
a
fram-
Olimpio-
Platone Dionigi.
aveva e
che Del
C. MossÉ, La tyrannie..., p. 113 ss. Il Luccioxt, La pensée ..., pp. 73-89, conelude l'analisi del primo soggiorno platonieo in Sieilin rilevando ehe esso mise il filosofo di fronte al earattere ambivalente del potere personale: earieo di pericoli, esso poteva f. i in un efficientissimo strumento politico. Così lo Hr. DEBRAND, Platone ..., p. 311 ss, ha fatto notare come la descrizione del tiranno nella Repubblica non nasca «da aleun sentimento di vendetta contro Dionigi 1» (p. 312), e anzi come essa riveli il fascino esercitato su Platone dalle personalità d'eecezione. (261) Sull' importanza di questa tematica platonica, ripresa poi, con altre, dalla propaganda timoleontea, v. M. Sokpi, Timolconte, Palermo 1961, p. 21 ss. (262) La tirannide siracusana, nelle speranze platoniche del 388, è probabilmente vista come alternativa ad Atene K. HILDEBRANDT, Platone ..., p. 168 ss.; e tale resterà anche dopo l'urto con Dionigi I. Siracusa è, per Platone, il luogo storico alternativo ad Atene per ogni tentativo di ne politica: e ciò conferma quel curioso dualismo che oppone Atene a Siracusa, già vivo alla fine del V e colto da Tucidide (VIII, 96), che andiamo in parte verificando nel IV: efr. id., ibid., p. 473. Come Isocrate, Platone cerca una potenza capace di farsi centro propulsivo panellenico, ed è nella Siracusa di Dionigi I che erede di trovarla: e quando dovrà puntare su Dionigi II, lo farà sempre nel nome della ben più grande esperienza paterna: v. ancora K. HILDEBRANDT, Platone ..., p. 408 ss.
140
C. BEARZOT
resto, le fonti demiche ci pr la trasformazione del tiranno in monarca ideale, tentata da Dione con Dionigi II, in modo esattamente corrispondente al tentativo concepito da Platone relativamente a Dionigi I: efr. Plut. Dion X e XII, 2, 3, che mostra perfetta corrispondenza tra i presunti progetti dionei e il pensiero platonico: "Ἤλπιζε μὲν γὰρ... τὸ δεσποτικὸν xai λίαν ἄκρατον ἀφελὼν τῆς τυραννίδος ἐμμελῆ τινα καὶ νόμιμον ἄρχοντα τὸν Ϊιονύσιον καταστήσειν (cfr. anche Olympiod. 116 ss., p. 386 Westermann, che ne parla negli stessi termini) Secondo le medesime fonti, l'intenzione di Dione sarebbe stata, se il progetto non fosse riuscito, di abbattere la tirannia e di eonsegnare il governo ai Siraeusani, per favorire non la demoerazia, ma l'instaurarsi di un governo aristocratico; e anche qui c’è completa aderenza al pensiero platonico. Probabilmente le radici del programma attribuito dall’Aceademia a Dione vanno cercate nelle speranze suscitate in Platone da Dionigi I, e che egli vive tante le delusioni;
e
questo
nonostante
i dubbi
che
ὃ
legittimo
nutrire
sugli
autentici interessi di Dione, considerato ormai dalla critica più un aspirante tiranno che un riformatore platonieo (?®). Ciö che ἃ fondamentale per noi & che la propaganda dionea riflette un progetto nato, eon ogni probabilità, dall'incontro di Platone con Dionigi I. Ancora nelle Leggi (IV, 709 e ss.) Platone mostra di subire il fascino del potere assoluto: la tirannia di un principe giovane e ben dotato è il miglior punto di partenza per realizzare, sotto la guida di un sapiente, lo stato ideale; e la miglior costituzione si realizza quando in
un
solo
uomo
sono
riuniti
potere
e
sapienza
(IV,
7lla
ss).
Ma
Dionigi si trovava in un momento di troppo gravi difficoltà interne per mostrarsi sensibile alla παρρησία del filosofo: e i compagni che lo riscattarono gli rimproverarono amichevolmente (Diod. XV, 7, 1) la (293) Per v.
J.
SPRUTE,
una
revisione
Dions
della
posizione
syrakusanische
di
Politik
Dione und
rispetto al pensiero
die
politischen
platonico
Ideale
Platons,
« Hermes» C (1972), pp. 294-313; v., contra, la posizione tradizionale di H. BERVE, Dion, Wiesbaden 1957, soprattutto pp. 126-41; e di K. von Fritz, Platon. in Sizilien...,
p.
63-107.
Per
la
necessità
di
una
revisione
v.
anche,
di
recente,
M.
SORDI,
Il IV e il III secolo da Dionigi I a Timoleonte (336 a.C.), in Storia della Sicilia, v. II, Napoli 1979, p. 237 ss, soprattutto 254-6. Sui caratteri dell'esperimento ituzi dionco, pres dalle fonti come una «costituzione mista » di ispirazione platoniea, v. H. BERVE, Dion..., p. 103 ss.; H. R. BREITENBACH, Platon und Dion. Skizze eines idealpoliti; Ref im Altertum, Zürich 1960, p. 57 ss.; K. vox Fritz, Platon in Sizilien..., p. 108 ss.
PLATONE
E 1 « MODERATI » ATENIESI
141
sua pretesa di stare accanto ad un tiranno senza adularlo (2%). Platone dunque abbandonò la speranza di poter esercitare sulla troppo forte personalità di Dionigi effettive influenze e tornò a puntare su Atene: ma la sua esperienza contribuì ad imporre al pensiero politico greco il «problema Dionigi ». Isocrate, scrivendo anni dopo al tiranno nel quadro del tentativo callistrateo di attrarlo all’alleanza ateniese, ricorda che «aleuni» gli consigliavano di non riporre troppe speranze nella sua disponibilità ad accettare consigli: zaírot τινὲς ἤδη pe τῶν σοὶ πλησιασάντων ἐκφοβεῖν ἐπεχείρησαν, λέγοντες ὡς σὺ τοὺς μὲν κολακεύοντας τιμῆς, τῶν de συμβουλευόντων καταφρονεῖς (Ep. I, 4). E° diffieile non vedere, in questo rilievo, la dolorosa esperienza di Platone: esperienza ehe aveva favorito in lui un profondo ripensamento politico (795), e che rifluiva ora nella mobilitazione di tutto l'ambiente conservatore
ateniese,
impegnato
in
uno
scambio
di
impressioni,
di
esperienze, di riflessioni politiche di fronte alla sen potenza dionigiana, che, secondo il giudizio eforeo (Diod. XVI, 5, 4; efr. Plut. Dion XIV, 5), era stata «legata con l’acciaio ». ll im si riconferma come
un
momento
chiave
per
Platone,
riavvicinandosi
alla
comunità
politica ateniese e in particolare agli ambienti politico-culturali facenti capo ad Isocrate; per Isocrate stesso, cui era data l’occasione di
(29) La garbata polemica presente nel passo diodoreo può risalire all'atteggiamento antitirannico di buor uL e dell’Accademia, ma anche, attraverso Eforo, ad Isocrate, che poteva voler giustificare, richiamando la disavventura platonica, il vu or r proprio interesse per Dionigi, ehe Speusippo gli nella Lettera Socratica XXX. L'episodio denota stima verso Platone, ma anche lieve ironia, ed è probabile che la sua utilizzazione in senso polemico vada inserita nella polemiea in atto intorno al 240 tra Acendemia e seuola isoeratea: v. M. SorpI, Dionigi 1...,
pp. 2016-17. (265) Ripensamento rifluito in gran parte nella Repubblica, pensata come ideale riferi to per la i di una esperi politiea alternativa in una polis di tipo ateniese: dopo il 388, Platone aceantona momentaneamente la problematiea del potere personale. L'esperienza siracusana non mancò di fornirgli spunti di riflessione politica i cui segni si ritrovano nell'opera: si può ricordare, a solo titolo d'esempio, il passo (Resp. VIII, 563 e ss.) in eui Platone parla della demoerazia come origine della tirannide: con ogni probabilità egli pensa qui al modo in eui Dionigi aveva saputo sfruttare, per la conquista del potere, le strutture demoeratiche (efr. Aristot. Polit, V, 1305 a 21 ss.; 1310 b 30): v. €. Mossf, La tyrannie..., p. 134 ss., soprattutto 137. In generale, sui problemi posti dalla considerazione del potere personale in Platone e nei suoi contemporanei v. G. HEINTZELER, Dos Bild des Tyrannen bei Platon, Stuttgart 1928.
142
C. BEARZOT
un nuovo rapporto con Platone e di una feconda riflessione politiea sul problema del potere assoluto; per il moderatismo ateniese, che prese a eonsiderare in modo nuovo, e gravido di sviluppi, il « problema Dionigi ». 4. - Lo Ierone di Senofonte. Già dal 388, il pensiero politico moderato era impegnato nella riflessione sulla tirannide dionigiana. Si ὁ detto che il 388 fu per il tiranno un momento di grave crisi: dopo il rientro della delegazione da Olimpia si ruppe definitivamente l'intesa con i φίλοι che gli erano stati accanto fin dalla conquista del potere (Diod. XV, 7, 3-4). Fra gli esuli fu, si è detto, Filisto; e da questo esilio sembrano avere origine i molteplici interessi della cultura e della politica greca (in particolare ateniese) nei confronti del tiranno. Filisto era stato in cattivi rapporti con Platone (fu richiamato a Siracusa sotto Dionigi II in funzione antiplatoniea: Plut. Dion XI, 4; Corn. Nep. Dion III, 3); definito da Cornelio Nepote hominem amicum non magis tyranno quam tyrannidi (ibid. III, 2), non poteva vedere di buon oechio i tentativi di trasformazione platoniea, che gli parevano sminuire quel potere assoluto cui era devotissimo (* Fra gli intellettuali greci poteva essere più vicino a un Senofonte, che una notizia di Ateneo (X, 427 f ss.) ei diee familiare alla corte di Dionigi (un ambiente ehe doveva essere accogliente per un filospartano come Senofonte; che, non dimentichiamolo, aveva scritto l’Anabasi col nome di Temistogene siraeusano)
(2°);
e
(266) Sulla XIX,
1;
che,
tra
devozione
XXXVI,
1;
3,
l'altro,
di dove
era
aneh'egli
in
cattivi
Filisto alla tirannide
v. Plut. Dion
Plutareo
ad
rimprovera
Eforo
di
rapporti
XI, 5, 7; aver
con
XII,
troppo
1;
lodato
Filisto (ehe dunque godeva simpatie in ambiente isocrateo), uomo di ingiustifi. eabile condotta filotiranni a: ὡς οὐ φιλοτυραννότατος ἀνϑρώπων γένοιτο xai μάλιστα πάντων ἀεὶ ζηλώσας καὶ ϑαυμάσας τροφὴν καὶ δύναμιν καὶ πλούτους καὶ γάμους τοὺς τῶν τυράννων. Sull'urto tra Dionigi e Filisto v GITTI, Studi su Filisto; le cause dell'esilio, Bari 1953. Su Filisto e Platone e in genere sul rapporto tra lo storico siracusano e la cultura ateniese contemporanea v. K. F. STROHEKER, Platon..., p. 236 ss. (267) Cfr. anche Athen. XI, 504 e ss, ove si insiste molto sulla tensione esistente tra i due. Il passo si inserisce in una serie di rilievi sulla gelosia di Platone nei
confronti
demica,
di
altri
e risalenti
intellettuali,
forse alla
di
tendenza
tradizione
fortemente
teopompea.
antiplatonica
e
antiacca-
PLATONE
Platone
(Diog.
Laert,
E | « MODERATI > ATENIESI
IIl,
34)
(?*5)
Che
tra
143
Filisto
e
Senofonte
ei
fossero interessi comuni lo mostra l'operetta senofontea Jerome, di cui M. Sordi ha recentemente sostenuto la datazione al 388, in connessione con l’attacco lisiano, rispetto ai tentativi di spostarla a data più tarda
(2%).
fronta
L'operetta
infatti
Dionigi
e con
nigiani:
è
problemi
rivolta
che
la felicità
del
con
ogni
il confronto
la Repubblica
platonica
tiranno
(I,
probabilità
con
11-12;
VI,
a
Dionigi:
il racconto
dimostra
essere
10;
af-
diodoreo
sicuramente
efr.
Diod.
à
su dio-
2,
Plat. Resp. IX, 579 b ss.); l'amicizia e l'adulazione (I, 15; III, 6; 8- 9; 1-2; efr. Plut. Dion IX; Diod. XX, 63, 3; Val. Max. IX, 13 di 4); le nozze dinì
(1,
liberi
mercenari
27-28;
cfr.
Diod.
e
schiavi,
con
(II,
6-11;
17-18;
XIV,
44,
4-8);
l’opposizione IV,
2-5;
i rapporti
interna,
V,
3-4;
VI,
con 3-8;
con i
i concitta-
nemici,
10 ss.; efr.
con
i
Diod.
XIV, 7, 4-5; Plat. Resp. IX, 575 e ss.; 918 d ss.); le necessità economiche e il bisogno di ricorrere ad azioni empie per procurarsi denaro (IV,
9-11;
efr.
Plat.
Resp.
IX,
574 d;
Aristot,
Occon.
II,
1349 a 14 ss.;
1353b 20 ss.; Polit. V, 1313 b 26). La soluzione che Senofonte propone € la trasformazione della tirannide in un regime di consenso, attraverso la conquista dell’ εὔνοια ; nei eapp. IX-XI, Senofonte esorta Dionigi a fare quanto Filisto (in Diod. XIV, 7, 1-5; 18; 40-45: derivanti non dall'ostile "Timeo, ma da Eforo) diee che Dionigi fece effettivamente, quando si dedicó (Diod. XIV, 7) a rafforzare il proprio potere: trasformarsi in ἄρχων deale, che preannuncia il βασιλεύς ellenistico (77"), Se dunque bisogna accettare per lo Jerome, come sembra, la data del 388, bisogna concludere che Filisto ha modellato la storia di Dionigi sull' impostazione programmatica di Senofonte (sperava (268) V, M. 1’ interpretazione.
Sorpi,
Lo
lerone...,
pp.
10-1,
di
cui
seguo,
in
queste
pagine,
(259) V. M. SoRpI, Lo ferone..., p. 5 ss. La datazione al 388 era già stata sostenuta dal GkoTE, Plato and the others companions of Socrates, Suppl. Hist. of Greece, v. III, 1888, p. 576; ma nella eritica si affermd ben presto la datazione
tarda,
dopo
il
358/7,
con
la
conseguente
identificazione
del
destinatario
con
Dionigi II o eon Dione: v. J. HarzrELp, Note sur la date et l'objet du Hiéron, «R. Et. Greeq. » LIX-LX (1946-47), pp. 54-70, eui rimando per un completo status quaestionis; E. DELEBECQUE, £ssai..., p. 414 ss.; L. LUCCIONI, in Xénophon, déron..., pp. 30-4; H. R. BREIT CH, «Xenophon», R.E. IX, A-2, (1967), coll. 1742-46. Sull'atteggi di Senofonte rispetto al potere assoluto v., da ultimo, W. E. HiIGOINS, Xenophon the denas. τ pp. 54 ss. e 60 ss. (270) V.
M. Sorpi, Lo lerone ..., p. 3 ss,
144
C. BEARZOT
forse di tornare a Siracusa? efr. Paus. I, 13, 9); quella che consigliava di ineanalare il potere assoluto nelle forme della propaganda e del consenso, evitando l'autoritarismo sfrenato. In effetti, il Dionigi di Diod. XIV, 7; 18; 40-45 è un Dionigi che si converte da τύραννος in ἄρχων: ἀπετίϑετο γὰρ ἤδη τὸ πικοὺὸν τῆς τυραννίδος, καὶ μεταβαλλόμεvos εἰς ἐπιείκειαν φιλανϑρωπότερον ἦρχε τῶν ὑποτεταγμένων, οὔτε φονεύων οὔτε φυγάδας ποιὼν, καϑάπεο εἰώϑει (XIV, 45, 1). Questi capitoli, che attraverso Eforo risalgono a Filisto, hanno una profonda unità interna e sembrano programmati sullo Jerome: anche la « tucididea » storia di Filisto sarebbe perciò una storia programmatica e propagandistica, ispirata all'idea del principe ideale (27). Lo Jerone suggerisce a Dionigi un comportamento che sembra ispirato dall’ambiente dei φίλοι, con eui egli aveva da poco rotto: indicativo è 1’ invito, in XI, 13-15, a fidarsi degli amici e a considerarli come figli: πλούτιζε μὲν τοὺς quáovs σαυτὸν γὰρ πλουτιεῖς... νόμιζε... τοὺς δὲ πολίτας ἑταίρους, τοὺς δὲ φίλους τέκνα σεσυτοῖ; (513), Senofonte consiglia al tiranno di cercare 1 εὔνοια, il consenso dei cittadini, laseiando ad altri i eompiti di governo che arrecano impopolarità, e di impiegare nelle opere lavorative la maggior parte dei eittadini (IV,
(271) Il carattere tueidideo dell'opera di Filisto è rilevato da molte fonti: Dionys. Halie. /T.ueu. 3, 2; Ad Pomp. 4; Quintil, Inst, Orat. X, 1, 74; Cie. Ad Quint. fratr. zione
II,
11,
Philisti,
4;
De
lo
orat.
storico
IT,
13.
siracusano
Se
però, viene
in in
De
orat.
questo
ΤΊ,
secondo
23,
va
mantenuta
passo
aceostato
la a
lesto-
rici isoeratei come Eforo e Teopompo e ad un retore come Naucrate, e quindi eonsiderato come un esponente delia storiografia retorica di seuola isoeratea. A parte a del passo per la ques ione del rapporto Isocrate-Fi l'importa o (lo storieo & amente in rapporto di di epolato eon Isoerate; sulla questione v. infra, posto espl p. 144), Cieerone sembrerebbe quindi er percepito la linea apologetiea e filodionigiana dell'opera di Filisto: non dunque una storia oggettiva, ma una storia «a tesi». V. M. Sorpi, Lo leronc..., pp. 12-3. Sulla ricostruzione programmatica di Filisto così vicina alla problematic: isoeratea, senofontea e platonica, potrebbe aver
avuto
sofistica:
qualche
influenza
v. K. F. STRONEKER,
l'estrazione
culturale
Dionysios I...,
dello
storico,
che
è
di
impronta
p. 28 ss.; id, Platon..., p. 246 ss.
(272) Anche Platone (Ep. VII, 331 e ss.) rimprovera a Dionigi I 1° ineapacità di procurarsi amici fedeli: ma con riferimento, probabilmente, più a se stesso che a uomini come Filisto, eui era notoriamente ostile. Non a easo egli insinua che il tiranno potesse avere motivi per non fidarsi degli amici: ὑπὸ σοφίας πιστεύων οὐδενί (332 e).
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
145
3-11; efr. Diod. XIV, 42-43) (2°); a fare dei mercenari un servizio per tutti i cittadini, per non rendersi odioso (X); a perseguire una politiea di opere pubbliche (XI, 1-3; efr. Diod. XIV, 7, 1-3; 18; 42-43); a non oceuparsi tanto del prestigio sportivo, quanto della felieità della sua città (XI, 5-6), per non rischiare di essere deriso o invidiato (cfr. Diod. XIV, 109, 6; XV, 7, 2); a trasformare insomma, attraverso l’eörora, la tirannide in βασιλεία (XI, 7 ss.) (274). Senofonte valorizza quanto di positivo e'é in Dionigi, lo consiglia sui punti di dissenso, gli indica la strada più efficace per il mantenimento del potere: egli è il primo intellettuale ateniese che si proponga ad un monarca come sostenitore e consigliere: zai πρῶτον μὲν εὐϑὺς xattipyaσμένος ἂν εἴης τὸ φιλεῖσθαι ὑπὸ τῶν ἀρχομένων, ob δὴ ob ἐπιϑυμῶν τυγχάνεις (ΧΙ, 8)... κἂν ταῦτα πάντα ποιῇς, εὖ ἴσϑι πάντων τῶν ἐν ἀνϑρώποις κάλλιστον καὶ μακαριώτατον κτῆμα κεκτήσῃ εὐδαιμονῶν γὰρ οὗ φϑονηϑήσῃ (ΧΙ, 15). Senofonte sembra essersi fatto interprete, primo degli intellettuali ateniesi,
di
un
tentativo
di
rendere
la struttura tirannica (775); e lo in un momento in eui tutta la impossibilità di azione presso il il tentativo di Conone, Platone
accettabile
attraverso
il
consenso
avrebbe fatto in appoggio a Filisto, cultura ateniese vedeva una assoluta tiranno: Isocrate aveva visto fallire il suo tentativo personale. La mag-
(273) Sulla politica del lavoro di Dionigi v. C. Mossé, La tyrannie..., p. 107 ss.; G. BODEI GIGLIONI, Lavori pubblici e occupazione nell’antichità classica, Bologna 1974, p. 29 ss. (274) E’ da notare che si tratta di un tema anche platonieo: vera arte politiea (arte conoscitiva ehe si esercita nel eomando: Polit, 260 €), in un regime assoluto, è solo quella che si esercita liberamente su uomini che liberamente l’aeeettano: Polit. 2976 d ss. Allo stesso modo è presente, nel Politico, l'opposizione tirannidemonarchia (efr. Le.; 301a-e; 302 e): fatto particolarmente interessante, se si pensa che il Politico è strettamente legato alla esperienza siraeusana. Il tema dell’ εὔνοια come strumento di conquista e di conservazione del potere è centrale in Isocrate: v. J. pi RomiLLY, Eunoia in Isocrates or the political importance of creating good will, «J.H.S.» LXXVIII (1958), pp. 92-101. (275) Con lo Zerone senofonteo riprende vigore un filone di pensiero relativo al problema della legittimità del potere assoluto; filone gravido di sviluppi, sia all'interno dell'opera stessa di Senofonte, sia in quella di altri pensatori contempo. ranei
come
Platone
e
Isocrate,
che
si
oceupano
di
temi
molto
affini,
con
innume-
revoli riecheggiamenti reciproci: v. J. HATZFELD, Note..., p. 64 ss.; E. DELEBECQUE, Essai..., p. 411-20; J. LUCCIONI, in Xénophon, Miéron..., pp. 21 ss. e 28 ss.; H. R. BREITENBACH, « Xenophon » ..., col. 1744. Memorie
(Lettere) - 10
146
C. BEARZOT
gior disponibilità di Senofonte nei confronti di Dionigi puó ben essere stata favorita dai suoi legami eon Sparta. Quando in XI, 5-6 Senofonte
esorta
il tiranno
a non
cercare
il prestigio
sportivo,
che potrebbe
procurare invidia o derisione, l'aecenno al fallimento della spedizione olimpica sembra inequivocabile. Sparta, coinvolta nell'attacco lisiano (eui Senofonte poteva avere assistito: efr. Anab. V, 3, 7), aveva tutto l'interesse a consigliare Dionigi di non prendersela per lo scandalo olimpico e di riconquistarsi, ammorbidendo il suo potere, le simpatie dei Greci: Dionigi rischiava di diventare per una città tradizionalmente antitiranniea come Sparta un alleato seomodo (e infatti sia Lisia sia il Panegirico isoerateo non mancano di rinfacciare a Sparta l’infedeltà
a questa
sua
tradizionale
prerogativa).
Perciò
le esortazioni
di Senofonte a trasformare la tirannide in un regime fondato sul consenso servivano agli interessi di Filisto, ma anche a quelli di Sparta. Ma la presa di posizione di Senofonte apriva una strada che si sarebbe presto dimostrata ampiamente utilizzabile anche dalla cultura ateniese, Tornando in Atene nel 369, Senofonte dovette anch'egli contribuire ad accrescere |’ interesse per la tirannide dionigiana (279); l'esilio di Filisto presso Alceta, dove fu possibile all’esule venire a contatto con uomini di punta del moderatismo ateniese (Alceta era amico personale mostra,
di
Timoteo),
a mio
avviso,
fece
il resto.
la conoscenza
Che da
questi
parte
di
contatti
ci
Isocrate,
già
furono nel
lo 366,
dell'episodio del « consiglio degli amici » (Archid. 44-45). Il confronto eon le altre fonti relative a questo episodio (Plut. Dion XXXV, 3-7; Diod. XIV, 8, 4-6; XX, 78, 2-3) fa pensare che quella isoeratea sia la versione originale di Filisto, che collocava l'episodio nel 396/5, durante la seconda guerra contro Cartagine (577), Nel 366, la storia di Filisto non doveva essere stata ancora pubblicata, e quindi la coincidenza farebbe supporre un eontatto diretto (forse con la mediazione di Seno(276) La cosa può essere avvenuta anche prima, sia con la pubblieazione dello Ierone, sia attraverso i molteplici rapporti che Senofonte sembra aver mantenuto con uomini della cerchia soeratiea nel corso dell’esilio: v. E. DELEBECQUE, Essai ..., pp. 206-15. (277) V. M. Sombi, I rapporti fra Dionigi I e Cartagine ..., pp. 24-6. La versione isoeratea dell’Archidamo corrisponde a Diod. XX, che deriva da Eforo attraverso Duride, ed è ln versione originale di Filisto: efr. Plut. Mor. (Apophth.) 175d. Lo spostamento al 404, operato da Plutareo e da Diodoro XIV, ? opera di Timeo, ed è confusione derivata dal fatto che i consigli furono in realtà due.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
147
fonte, che in Hier. VI, 15 e VII, 11-13 sembra conoscere quest'episodio) tra Filisto e Isoerate. La cosa sarebbe confermata se si potesse dirimere l'autentieo valore della notizia, in sé inattendibile, sul presunto discepolato di Filisto presso Isoerate (Cie. De Orat. II, 23): notizia resa vieppiü incerta dal fatto che la lezione Philisti, accettata dai principali editori, sarebbe da correggere in Philisci secondo il Goeller, sulla base della presenza del nome di Filiseo tra i discepoli di Isoerate nella Vita anonima (95, p. 257 Westermann) e in Vit. X orat. 836 c (273), Una eonferma indiretta potrebbe essere il grande spazio dato da Eforo alla rieostruzione programmatiea di Filisto (efr. Diod. XIV, 18; 4045) (279). Si tratta di testimonianze di valore puramente indicativo: ma l'ipotesi di un contatto diretto non è affatto inverosimile, se si pensa alla possibile mediazione di Alceta, il re molosso amico di Timoteo e ospite di Dionigi. Se è lui l'Alceta adottato da Leptine, fratello di Dionigi, eui nel 373/2, in pieno periodo callistrateo, Atene eoncedette la prossenia (IG, II, 101 = Syll. 3, 194) (?99, il rapporto fra l’esule Filisto e l’ambiente isocrateo trova ulteriore conferma in (278) V. R. LaQuEur, « Philistos» (3), R.E. XIX2 (1938), col. 1410; anche F. JacoBy, F. Gr. Hist. III B Komm., p. 298. Per il retore milesio Filiseo, amieo di Lisia (Vit. X orat. 836 e), seolaro di Isoerate (Anon. V. Isoer. 95, p. 257 Westermann) e ammiratore di Platone (Olympiod. In Plat. Gorg. XLI, 10), v. K. SOLMSEN, «Philiskos », R.E. XIX (1936), coll. 2384-88, La stessa notizia eieeroniana, che pone Filisto tra gli scolari di Isocrate, è data da Dion. Halic. Zsoer. XIX (il GoELLER propone la correzione in Filiseo) e Ad annaeum II (il SYLLBURG propone la medesima correzione). D'altra parte la Suida, ehe dà la voee Φιλίσκος ἢ Φίλιστος, conosce questa variante sul nome dello storieo siracusano. Mi sembra perciò che la notizia, tenendo conto della buona informazione di Cicerone su Filisto, possa essere considerata come testimonianza di un rapporto con Isocrate, anche se con una certa prudenza: lo stesso Cicerone infatti accosta spesso Filisto non agli esponenti delli storiografia retorica di marca isoeratea, ma a Tucidide, di eui lo considera imitatore (efr. De orat. II, 13). (279) V. M. Sombr, Lo lerone..., p. 11 ss. Sulla simpatia sto v. R. LAQUEUR, «Philistos»..., coll. 2412-13 e 2418-19; F. Gr. Hist. IIIB Komm,, p. 300.
di Eforo per Filicontra F. Jacoby,
(280) L'adozione di Alceta da parte di Leptine è generalmente accettata dai moderni, sulla scorta del DITTMAR: v. W. DITTENBERGER, Syll. I, p. 213; ma c’è chi, come T. LenscHau, «Leptines» (2), ΒΕ, XII, 2 (1925), col. 2073, preferisce seguire il FOUCART nel pensare ad un vero figlio di Leptine, chiamato Alceta per onorare il re Molosso esule a Siracusa. V. M.N. Top, Greek historical inscriptions, v. II, Oxford 1948, pp. 217-8.
148
C. BEARZOT
questo possibile canale; tanto piü che nel novembre di quell'anno Alceta si trovava in Atene per difendere l'amico Timoteo eon Giasone di
Fere
(Ps.-Demosth.
II € - ISOCRATE,
XLIX,
22).
CALLISTRATO
E
L'ALLEANZA
CON
DIONIGI
La trasformazione della tirannide siracusana era l'ideale di Platone e trovava, in Senofonte, un sostenitore lucido e aderente alle possibilità concrete; ben presto l'evolversi delle situazioni politiche mostrò che la cosa poteva essere utile anche ad Atene. Isocrate, che da tempo doveva aver percepito la grandezza di Dionigi, fu subito pronto ad inserirsi in questa problematica politica e culturale, Con il tentativo operato da Callistrato nel 375, e che mirava, secondo la linea del Panegirico isocrateo, a riconciliare Atene e Sparta, anche il riavvicinamento di Atene a Dionigi cominciava a diventare una possibilità concreta. Al congresso del 371 gli ambasciatori di Dionigi furono con ogni probabilità presenti (7): per Atene si imponeva la necessità di conquistare le simpatie del tiranno, dapprima tanto odiato, La lettera di Isocrate a Dionigi si inserisce probabilmente in questa iniziativa di Callistrato; e va, a mio parere, anticipata di qualche anno rispetto alla datazione tradizionale al 368/7, anno della morte del tiranno (28°). In opere come l'Evagora, 1’A Nicocle e il Nicocle, Isocrate aveva maturato un grande interesse per le personalità regali; egli cominciava probabilmente a convincersi che solo un egemone dotato di un forte potere individuale potesse risolvere gli annosi problemi del particolarismo greco (28). Dionigi, uomo di forte personalità e di grande eul-
281) V. P. CrocnÉ, La politique étrangère..., p. 86. S. ACCAME, La lega ateniese . , pp. 197-8, eselude che gli ambasciatori di Dionigi abbiano giurato In pace. Ma ciò non eselude ehe essi fossero presenti al congresso in veste di osservatori; lu rinnovata disponibilità del tiranno nei confronti di Atene nel periodo immediatamente suecessivo depone anzi a favore di una sua precoce ed esatta conoscenza dei mutamenti politici che si stavano verificando in Grecia e ehe il congresso aveva posto in particolare evidenza. (282) Per questa datazione v. G. MaTHIEU, in Isocrate, Discours..., v. IV, pp. 167-8; id., Les idées..., pp. 103-4. (283) Sugli interessi di Isoerate per il potere personale v. W. JAEGER, Pai deia..., v. III, p. 143 ss.; G. MaTHIEU, Les idées..., p. 95 ss. Come in Platone, anche in Isoerate ὃ data una parte notevole al problema della «trasformazione »
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
149
tura (ed è la παιδεία, in Isocrate, che qualifica al potere), si stava imponendo all'interesse della grecità e sembrava configurarsi come l'egemone ideale. Ma Atene doveva in qualche modo riparare le offese arreeate
al tiranno:
nei
parr.
5-6,
Isocrate
sembra
fare
il possibile
per
prendere le distanze dall’Olimpieo di Lisia, facendo ampiamente trasparire la propria disapprovazione. Isocrate offre a Dionigi una funzione di egemonia panelleniea; il tiranno si eonfigura come l'uniea forza in
grado
di assicurare
unità
e stabilità
alla
Grecia
(353).
Nel
375
circa, questa forza gli era parso potesse essere Giasone di Fere (efr. Ep. VI) eonquistato da poeo all'alleanza ateniese da Timoteo (Ps.-Demosth.
eertamente ehe
le forze
XLIX,
piü una
6;
efr.
Tod
123,
29);
polis. Gli intellettuali
emergenti
sono
le monarchi
in
ogni
caso,
essa
non
è
sono i primi ad accorgersi e le tirannidi:
ἐπειδὴ
δ᾽ ὑπὲρ
τῆς τῶν “Κλλήνων σωτηρίας ao βουλεύειν, ποὺς τίν᾽ ἄν δικαιότερον διαλεχϑείην ἢ πρὸς τὸν πρωτεύοντα τοῦ γένους καὶ μεγίστην ἔχοντα
δύναμιν
; (ibid.
T),
dove
Isoerate
è
pronto
a
raccogliere
la
propaganda filodionigiana che si ritroverà in Filisto e che presenta Dionigi come primo della stirpe greca, clarissimus Graeciae, secondo la definizione che Cicerone (De divin. I, 39) trasse proprio da Filisto. La mediazione dello storico siraeusano per quanto riguarda la diffusione in Greeia di questa propaganda si fa, quindi, sempre piü probabile. Che Isocrate volesse chiedere a Dionigi, come piü tardi a Filippo, l’ intervento in Grecia, a fianco con ogni probabilità di Atene, ce lo diee egli stesso nel Filippo (81; efr. Ep. I, 9; Speus. Ep. Socr. XXX, 13) dove dichiara al Macedone di essersi rivolto a lui nei medesimi termini che al tiranno di Siracusa. La cosa diveniva possibile solo ora che intervenire a fianco di Atene non significava più rompere eon Sparta, e che Dionigi era libero dalla guerra con Cartagine (ibid. 8). Questi due accenni permettono di definire meglio la data della lettera, che i critici collocano, per la sua incompiutezza, nel to i iatamente precedente alla morte di Dionigi. Il par. 8, del potere assoluto in base a una norma superiore: egli elabora «una ideologia di dispotismo illuminato, non senza qualche concessione al moralismo filosofico del tempo» (Paideia ..., v. III p. 161). Sul problema del rapporto tra intellettuali e potere politico v. ora M. ISNARDI PARENTE, Aspetti della paideia politica nel IV sec., in Tra Grecia e Roma. Temi antichi e metodologie moderne, Roma 1930, pp. 121-132. (284) V. K. MÜNscHER, «Isokrates»..., coll. 2199-200; G. MammiEU, Les idées ..., p. 101 ss.; K. F. SrRonEKER, Dionysius 1..., p. 106 ss.
150
C.
BEARZOT
ehe aecenna alla grave crisi di Sparta e fa pensare che Dionigi fosse in paee, mostra che la lettera va posta dopo Leuttra (e cioé dopo il erollo di Sparta) e prima dello seoppio, nel 368/7, dell'ultima guerra eontro i Cartaginesi. Essa si inquadra perció nel tentativo ateniese di eonquistarsi l'amieizia della grande potenza dionigiana, nel momento in eui Sparta era in erisi e la Persia minaceiava (come poi fece) di passare a fianco di Tebe. L'intervento di Isoerate presso Dionigi, perché eolmi il vuoto di potere lasciato da Sparta e realizzi il sogno dell'unità panelleniea in funzione antipersiana (anche Dionigi si proponeva come il difensore della grecità contro il barbaro cartaginese, ed era quindi sensibile a questa problematica: efr. Diod. XIV, 45, 2 ss), & in qualehe modo un episodio della politiea callistratea: e lo dimostra il fatto che, poeo dopo, Atene riuscì effettivamente a concludere una alleanza formale, senza dubbio favorita da Callistrato (?89), l'uomo di maggiore autorevolezza politiea in Atene dal 375 al 365: sotto
la spinta
dei
suoi
intellettuali,
l'ambiente
moderato
si
dimostra
tra i piü disponibili verso questa grande forza, le eui dimensioni erano sconvolgenti per i Greei della madrepatria. E infatti si sente, nella lettera isocratea, l'entusiasmo per la grande personalità individuale, ehe possiede la δύναμις che le poleis non hanno piü; lo stesso entusiasmo che Isoerate manifesta nei confronti dello stesso Dionigi nel Nicocle (23), dove esalta la capacità militare del tiranno e la sua abilità per aver fatto di Siracusa «la più potente delle città greche» (con un giudgio che ritornerà nel par. 65 del Filippo e in Diodoro, ove è anzi il ‘segno della mano eforea) (555), Così inquadrata, la lettera può ben essere spostata a poco dopo il congresso di Sparta del 371;
essa
ateniese (Tod
ereto,
deve
che
133).
aver
preceduto
deeretava La
a quanto
proposta,
onori
di
si desume
qualehe
a Dionigi
pubblicata
dalla
prima
tempo
la
e ai suoi di essere
mancanza
della
proposta
di
legge
figli nel 368 a.C. trasformata
formula
in
de-
ἔδοξε
τῇ
(285) V. K.J. BELOCH, Die attische ..., p. 151; K. BRINGMANN, Studien..., pp. 54-5. Mentre Atene, riaccostatasi a Sparta, si legava alla tirannide siracusana, la sua grande nemica, Tebe, rispondeva con ogni probabilità cercando un collegamento con Cartagine: v. G. GLorz, Un Carthaginois à Thèbes en 365 avant J.C., Mil. Iorga, Paris 1933, pp. 331-8. (286) Analogo, e tuttavia non eforeo, il giudizio presente in Diod. XIII, 96, 4; l'indieazione degli anni di regno di Dionigi contrasta infatti con quella di Eforo in Polyb. XII, 4a = F. Gr. Hist. 70 Ephoros F 218.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
151
βουλῇ xai τῷ δήμῳ (e ciò denota l'importanza che si attribuiva alla 6058), testimonia la presenza in Atene di ambasciatori di Dionigi (che potrebbe aver qualehe connessione eon l'invito della lettera isoeratea) recanti lettere del tiranno «sulla ricostruzione del tempio e sulla pace». Dionigi & definito ἄρχων τῆς Σικελίας e viene lodato con i figli ὅτι εἰ[σὶν dvóg/ec] ἀγαϑοὶ [π]ερὶ τὸν δῆμον τὸν ᾿Α[ϑηναίων [καὶ] τοὺς συμμάχους καὶ βοηϑοῖ ὕσιν τῆι / βασιλέως εἰρήνηι, ἣν ἐποήσα[ντο ’Adnva {|| ἴοι] καὶ “απκεδαιμόνιο[«(1 καὶ ο[ ἄλλοι "EAAgvez]; gli vengono confermate la già deeretata corona aurea ἀνδραγαϑέ]ας ἕνεκα κ]αὶ [φιλίας e la cittadinanza. Alla lettera di Isocrate era dunque seguito il deereto di una corona (e probabilmente gli onori ad Alceta del 373/2 si inseriscono nel medesimo quadro) (?5*): Atene procede a lenti passi diplomatiei per la conquista delle simpatie di Dionigi. Quest'ultimo, da parte sua, risponde con l'invio di ambasciatori ehe debbono occuparsi della sua partecipazione alla pace comune e alla ricostruzione del tempio di Delfi, distrutto nel 373 (288), Se
dunque
Atene
tenta
di
trarre
a sé
il tiranno,
Dionigi,
alla
ricerca,
dopo la crisi di Sparta, di chi potesse dargli una nuova convalida panellenica, si mantiene in una posizione di estrema disponibilità; benché ci sia stata la sollecitazione della lettera isocratea e degli onori, si può ben concludere che l'aeeordo interessava a Dionigi come ad Atene,
e
che
le
iniziative
da
parte
del
tiranno
non
mancarono.
Dal
373 in poi, Dionigi aveva collaborato con Atene e Sparta nelle operazioni antitebane: dopo la συμμαχία Atene-Sparta del 369 aveva inviato in soccorso a Sparta (e quindi di Atene) 20 triremi (Xen. Hell. VII, 1, 20-22) e mercenari Celti e Iberi (Diod. XV, 70, 1). Un secondo invio di aiuti si ebbe nel 368, nel corso della guerra contro Arcadi e Argivi (Xen. Hell. VII, 1, 28.29). Nel 368/7 un decreto ateniese (Tod 136) ci testimonia che, dopo tante sollecitazioni reciproche, si giunse all'aecordo formale: un'alleanza bilaterale, su piede di parità, che sembra doversi più precisamente collocare nella primavera del 367. Il fatto che Dionigi non abbia chiesto, in questa occasione, il giuramento dei trierarchi, comandanti delle forze navali, suggerisce che l’al-
(287) V. 6. WoopueaD, 7'he « Adriatic empire » ..., pp. 505-6. (288) Sui problemi amministrativi ed economiei della ricostruzione v. ora lo studio di G. Roux, L'Amphictionie, Delphes et le temple d'Apollon au IV* siècle, Lyon 1979.
152
©. BEARZOT
leanza servisse immediatamente piü ad Atene che al tiranno, almeno sul piano militare; eerto & Atene a temere un'aggressione e a sollecitare l'intervento riequilibratore di Dionigi per «aiutare la pace del Re». Sotto la guida di Callistrato, Atene cerca di tener testa al bloceo Tebe-Persia, che si era appena costituito a Susa (Xen. Hell, VII, 33.38). La notizia secondo eui una tragedia di Dionigi fu dichiarata vineitriee alle Lenee del 368/7, subito prima della morte del tiranno, ei mostra quanto Atene avesse a cuore l'amicizia di Dionigi, prezioso alleato ma pessimo poeta (Diod. XV, 74, 1-4). L'alleanza, morto Dionigi I, rimase in vigore sotto Dionigi II, che invió a Sparta 12 triremi (Xen. Hell, VII, 4, 12; nel par. 63 dell'Archidamo, Isoerate fa esprimere al giovane principe spartano la sua fiducia nell’aiuto di Atene e di Dionigi II contro Tebe). Conclusione: la mobilitazione della cultura moderata ateniese di fronte al « problema Dionigi ». Si è detto che, attraverso la partecipazione alla pace comune, Dionigi cercava quella convalida panellenica che Sparta non poteva più
dargli:
e si
capisce
perciò
l’importanza
che
veniva
ad
assumere,
per il tiranno, il rapporto con Delfi. Il tempio era andato distrutto nel 373; i Greci, dato ehe l'Anfizionia delfico-pilaiea non funzionava per mancanza di una maggioranza stabile, avevano deciso, nel congresso del 371, di ricostruirlo chiedendo finanziamenti alle città greche (Xen. Hell, VI, 4, 2). La partecipazione alla ricostruzione da parte di Dionigi è, da una parte, un segno di piena adesione alla κοινὴ εἰρήνη; dall'altra, un segno di pio interesse per il cuore del panellenismo, che metteva conto ostentare ad un uomo che si presentava come il primo della stirpe greca e che doveva far dimenticare i saecheggi di riechezze saere per eui andava famoso (πὸ va dimenticato che Dionigi era stato accusato di mirare al possesso di Delfi). L'interesse
per
Delfi
Giasone di Fere
era
stato
al
eentro
(28°), i cui legami
della
con
politica
di
un
Alceta, Timoteo,
altro
tiranno,
Isocrate ab-
(289) V. M. Sompr, La lega tessala fino ad Alessandro Magno, Roma 1958, p. 183 ss. Non è escluso tuttavia ehe Dionigi possa aver tratto qualche suggerimento in proposito dallo stesso Platone, ehe vedeva passare per Siraeusa la salvezza della Grecia e la sua costituzione in unità nazionale, e che d'altra parte sembrava ineline a considerare Delfi come centro unifieatore panellenieo: v. K. H Platone ..., p. 408 ss.
PLATONE
E I « MODERATI » ATENIESI
biamo già ricordato. Non è escluso possa essere entrato in contatto con sembra il più interessato a favorire del resto che questo ambiente, poco non si preoeeupasse molto di cercare alla democrazia. E d'altra parte si mirazione
per
Dionigi
si fonda,
153
che anche per questa via Dionigi il gruppo moderato ateniese, che l'alleanza eol tiranno; è naturale legato alle strutture democratiche, la collaborazione di potenze ostili è avuto modo di notare che l'am-
sia nell’Isocrate
della
Lettera
I a Dio-
nigi sia nel Platone della Lettera VIII, sulla considerazione del tiranno come difensore della grecità contro la barbarie e come paladino della causa panellenica. Tutto sembra in effetti far pensare che l’idea di allacciare rapporti amichevoli con la tirannide siraeusana (che Atene aveva in precedenza eondannato, se pure con un giudizio più politico che morale) sia sorta, insieme a tutta una riflessione politico-culturale di importanza determinante nell’evoluzione del pensiero politico del IV secolo, dai molteplici legami che gli uomini di cultura del moderatismo ateniese avevano allacciato con personaggi della sfera di Dionigi, ereando un tramite tra Atene (il luogo della teorizzazione politica) e Siracusa (il luogo dell’esemplarità storica) (399), Senofonte, rientrato in Atene forse nel 369, conosceva Dionigi ed era probabilmente legato in qualche modo a Filisto: era stato il primo a suggerire a Dionigi gli strumenti per rendersi accetto all’opinione pubblica greca. Isocrate, attraverso Timoteo, Giasone e Alceta, aveva avuto la possibilità di arrivare a Filisto; a Dionigi si rivolse personalmente, intuendone la grandezza politica. D'altro canto Platone, rientrato in Atene dopo la disavventura del 388 e postosi alla guida dell’Accademia, poteva aver contribuito ad indicare all’ambiente callistrateo la possibilità di un accordo con la potenza dionigiana, che lo aveva affascinato e che egli considerava il baluardo della grecità d’Occidente (Isoer. Ep. I, 4, sem(290) Con eiò, il IV secolo riprende una dialettica già viva nella seconda metà del V: v. a questo proposito gli interessanti rilievi di L. PAGANELLI, Echi storico-politici nel ‘Ciclope’ euripideo, Padova 1979, p. 115 ss. sul complesso rapporto politieo-eulturale tra Atene e Siracusa alla fine del V. Uomini politici e intellettuali delle due città si mantengono in contatto, così che sia in Atene sia in Siracusa avvenimenti politici come la crisi delle istituzioni democratiche e l'asecsa di personalità con ambizioni tiranniche (Ermocrate, Dionigi da una parte; Alcibiade, Teramene, Crizia dall'altra) vanno di pari passo. In Atene ha la meglio la soli dità delle strutture demoeratiehe, in Siracusa la democrazia soeeombe e si crea la tirannide dionigiana, eon tutto il valore di esemplarità da noi rilevata. V. M. SorDI, Teramene e il processo delle Arginuse, « Aevum » (1981), pp. 3-12.
154
C.
BEARZOT
bra ammettere la possibilità di uno seambio di opinioni con Platone a proposito di Dionigi) Nessuno meglio di lui poteva indieare le grandi possibilità che un egemone come Dionigi apriva alla tanto auspicata politica panellenica; e ha torto chi pensa che Platone dovesse necessariamente, dopo il 388, essere ostile al tiranno (391), Il fatto stesso che l'aeeademieo Dione (come del resto Filisto) sia rimasto ineondizionatamente anche
fedele
al
personali,
vecchio fa
tiranno,
pensare
che
nonostante
nell’ambiente
l'esistenza platonico
di
ci
tensioni
fosse
verso
Dionigi un sostanziale rispetto (295); e già si è notato che la trattazione del problema della tirannia della Repubblica, ispirata senza dubbio all’azione di Dionigi (VIII, 562a ss.: la corrispondenza col racconto
di Diodoro
e con
lo Jerone
senofonteo
è notevole,
e va al di là dei
τόποι sulla tirannia) e a quanto sappiamo della sua persona (IX, 575 e ss.; Platone fa del resto esplieitamente appello, in IX, 577 a-b, alla propria esperienza personale) (2%), mostra più una certa ammirazione che disprezzo: l’incontro con Dionigi è stato |’ incontro con una personalità ambigua e violenta, ma a suo modo grande. E Platone gli rimase
fedele:
nella
Lettera
VII
(327 a), dove diee che
per
amicizia verso
Dione ha forse involontariamente contribuito all'abbattimento della tirannia, egli mostra chiaramente di non aver mai avuto intenzioni rivoluzionarie. Resosi eonto che la tirannia era l'unieo strumento effieace di fronte al pericolo cartaginese, affaseinato dalle grandi possibilità politiehe del potere personale, Platone volle proporre a Dionigi una eonversione alla filosofia: ma non ebbe intenzioni sovversive, eome dimostra del resto il fatto che, diversamente dall'Aeeademia, si dissociò dall' impresa di Dione (Plut. Dion XXII). Negli ambienti intellettuali ideale,
del
moderatismo
certamente
un
ateniese,
importante
Dionigi punto
doveva di
essere,
riferimento
se
non
un
(?®).
C'è
da
(291) Oltre alle già citate pagine dello HILDEBRANDT, v. K. F. STROHEKER, Platon ..., p. 252 ss. (292) Sui rapporti tra Dionigi I e Dione, rimasti sempre buoni, v. H. BERVE, Dion..., pp. 18-26. (293) V. E. BARKER, Greek political theory..., pp. 289-90 e 300. (2%) Molteplici legami uniscono personaggi minori di questi ambienti ai problemi relativi alla tirannide siracusana. Due interessanti esempi ci mostrano come il « problema Dionigi» fosse attuale in questi circoli, in qualità: a) di forza capace di suscitare una problematica politica; d) di riferimento ideale. a) Callippo di Aexon, vicino a Callistrato (che condusse a Taso nel 361: Ps.-Demosth. L, 46-52), probabilmente aceademico (Athen. XI, 508 e; Diog. Laert.
PLATONE
E I & MODERATI »
ATENIESI
155
dire che l'appoggio di Platone e del suo ambiente a Dionigi può anche avere radice nell'appoggio incondizionato che Taranto (e quindi la comunità
pitagorica
di
Archita)
diede
sempre
al
tiranno,
e
che
deve
aver avuto un certo peso nel sorgere e nel mantenersi dei rapporti Dionigi-Platone (335). Città dorica, alleata di Sparta, Taranto fece il possibile per favorire Dionigi, che sentiva come il baluardo della grecità
contro
la
crescente
pressione
dei
popoli
italici,
e eontribul
certa-
mente al successo del tiranno nel mondo greco. In ogni caso, tutti gli intellettuali ateniesi subirono il faseino di questa grande potenza che prelude alle monarchie ellenistiche; e tutti sperarono di poterne sfrutII, 46; efr. la seonfessione di Platone, (Ep. VII, 333 e, rifluita in Plut. Dion LIV, 1), ci appare profondamente coinvolto nella questione siraeusana: è lui quel Callippo che, legatosi a Dione esule in Atene (Plut. Dion. XVII), finì poi per ucciderlo, giudieandolo animato da sete di potere (Athen. XI, 508e; Corn. Nep. Dion VIILIX, dove viene chiamato per errore Callierate; Plut. Dion LIV-LVII; Plat. Le. e 334 a-e). Del resto, se l'esule Dione pot& raccogliere tanti proseliti in Atene (e in particolare nell'Accademia: Plut. Dion LII, 3-4), ciò si deve certamente alla sensibilità di questi ambienti nei confronti del problema della tirannide siracusana: al
suo
arrivo
in
Atene,
essi
lo
aecolsero
con
li
massima
disponibilità
(Plut.
Dion
XVII, 1-5). A questi stessi circoli si rivolge probabilmente Callippo, dopo l'uecisione di Dione, nelle lettere agli Ateniesi ricordate da Plutareo (Dion LVIII, 1 ss.); dopo la sconfessione platonien egli cercava l'appoggio dei suoi compagni d'ideologia, ora tanto più necessario. b) Clearco, il tiranno di Eraelea del Ponto amico di Timoteo, ehe gli aveva fatto dare la cittadinanza ateniese (Demosth. XX, 84) e probabilmente aveva favo. rito il suo ritorno sul trono (Tust. XVI, 4, 1-4), allievo di Isocrate e di Platone (F. Gr. Hist. 434 Memnon F 1; Suida s.v. Κλέαρχος), aveva chiamato i suoi figli Timoteo e Dionigi (Memnon le.; Diod. XX, 77, 1), in segno di rispetto verso l’amico figlio di Conone e di ammirazione per il tiranno di Siracusa: fatto quest’ultimo di notevole rilievo, se sì pensa che egli fu educato in ambiente platonico e isoerateo. Sappiamo ehe Cleareo usavi metodi di governo non lontani da quelli di Dionigi (Polyaen. IT, 30, 1-3): e Diodoro (XV, 81, 5) riferisce che egli si era preso il tiranno di Siracusa come modelle: χρατῆσας δὲ τῆς ἐπιβολῆς, ἐζήλωσε piv τὴν Διονυσίου τοῦ Συρακουσίων τυράννου διαγωγήν. Il rilievo di Diodoro, secondo cui Clearco resse In sua città ἐπιφανῶς, mostra la simpatia di Eforo per un uomo legato al circolo isoerateo; i rapporti di Isocrate con Ia famiglia dei dinasti di Eraclea furono sempre buoni (Ep. VII a Timoteo) anche dopo l'uccisione di Clearco da parte degli Accademici Chione e Leone (Suida 1.e.; Memnon le.; Iustin. XVI, 5, 12 ss.; Diod. XVI, 36, 3) E" per noi significativo che per Clearco, uomo di educazione platonica e isocratea, Dionigi rappresentasse un esempio da imitare. V. T. Lenschaw, « Klearchos » (4), R.E. XI, 1 (1921), coll. 577-79. (295) V.
M.
SorpI,
It IV
e il III secolo...,
p. 226.
156
C. BEARZOT
tare l'effieienza per i propri scopi, Senofonte per vedere attuata la propria immagine di monarca ideale, [socrate per il proprio programma di unità panelleniea, Platone per realizzare nel modo piü rapido ed efficace il proprio stato ideale. Alla provocazione dionigiana si devono, probabilmente, fatti eulturali di grande portata, come lo sviluppo senofonteo del tema del re assoluto ehe fonda la legittimità del suo potere sul
consenso
(Ciropedia);
come
la
maturazione
dell’ ideale
egemonico
isocrateo, che gli permise di cogliere prontamente le possibilità della monarchia macedone; o come i progetti siracusani di Platone, e l'approfondimento
da
lui
operato,
nel
Politico,
dei
problemi
del
potere
assoluto e del ruolo spettante al filosofo accanto a chi lo detiene. Senza l’esperienza dello straordinario potere di Dionigi, il pensiero politico greco non si sarebbe forse mobilitato ad elaborare diversi sistemi di controllo:
la
via
del
consenso
(Senofonte,
Isocrate,
Filisto)
e
la
via
della scienza e del νόμος (Platone). Soprattutto per la democrazia in erisi, un potere come quello di Dionigi rappresentava un ulteriore fattore di disgregazione e una provoeazione notevolissima: di fronte ad esso, 1 democratiei mantennero un atteggiamento di sprezzante ostilità (efr. Aesch. II, 10, ove l'oratore ricorda ehe Demostene lo aveva paragonato a Dionigi per offenderlo) mentre la vivace mobilitazione del pensiero moderato, con i suoi diversi tentativi di comprensione, di controllo, di creazione di legami e di rapporti, diede materia alla riflessione politica e ottenne, sul piano conereto, l'alleanza del tiranno con Atene del 368/7: un successo notevole dell’ambiente di Callistrato, aeeanto alla svolta antidemoeratiea, Si può ben dire che interesse per l’esperienza di Dionigi e tendenze antidemoeratiche vadano, in questi circoli culturali, di pari passo. In effetti, un grande potere dinastico a base territoriale,
come
la tirannide
siraeusana,
che
preannuncia,
nella
prima metà del TV secolo, le grandi monarchie ellenistiche, realizza storicamente la vera grande alternativa alla democrazia: la struttura monarchica. Ciò spiega la disponibilità nei suoi confronti del pensiero antidemocratieo
ateniese;
e soprattutto
spiega
la prontezza
con
eui que-
ste forze, preparate dalla riflessione relativa a Dionigi, seppero reagire all’ascesa della Macedonia. A vent’anni dalla morte di Dionigi, Isocrate, nel Filippo (65), appare ancora sotto l'impressione fortissima della sua personalità: τηλικαύτην δὲ δύναμιν περιεβάλετο xal πεζὴν xai ναυτικὴν ὅσην οὐδεὶς ἀνὴρ τῶν πρὸ ἐκείνου γενομένων. I pensatori greei si ponevano con ineredulità il problema di come Dionigi II avesse potuto in pochi anni ereditare e perdere « la più grande dina-
PLATONE
E I « MODERATI »
ATENIESI
157
stia d'Europa» (Diod. XVI, 5, 4; Plut. Timol. I, 4; XIII, 9); ed è notevole che il concetto d'Europa, di una unità piü ampia del mondo greco, sia utilizzato per Dionigi (che contribuì a farlo cogliere) come, più tardi, per Filippo (355). Nei pensatori greci, il potere dionigiano determinò un enorme ampliamento d’orizzonte; la sua efficienza un moto di sostanziale simpatia. Possiamo perciò affermare, a conelusione di questa seconda parte della ricerca, che questo atteggiamento costi tuisce un ulteriore denominatore comune tra Platone e uomini come Isocrate e Senofonte, e contribuisce perciò, nonostante le diverse sfumature, ad ascriverlo ai medesimi ambienti in cui essi agirono: quegli stessi ambienti che più si interessarono a Dionigi, attribuendogli una importanza politica non diversa da quella della Persia: quella di una potenza lontana, ma decisiva. L'accordo con questa potenza è, con l’organizzazione del movimento antidemocratico, uno dei maggiori successi della politica moderata ateniese del IV secolo; questi gruppi si dimostrano i più avanzati culturalmente e i più politicamente spregiudicati, in grado di cogliere in anticipo le grandi svolte storiche, Essi furono i primi a capire che, fallito ogni tentativo di riforma interna, solo la βασιλεία (il potere assoluto ineanalato nel consenso) poteva costituire una reale alternativa alla morente democrazia, e permettere di raggiungere quell'effieienza politica e militare che era venuta a mancare in Grecia e di eui Dionigi rappresentava il massimo esempio. (295) V. A. MOMIGLIANO, L’Europa come concetto politico presso Isocrate € gli isocratei, «R. Filol. Istruz. Class.» N.S. XI (1933), pp. 477-87, che individua proprio nel pensiero di Tsoerate e della sua scuola la nascita del concetto di Europa, mettendolo peró in relazione non tanto eon la presa di coscienza del peso storico della potenza dionigiana, quanto con la reazione alla pace di Antaleida prima e eon l'aseesa di Filippo poi.
TIPOGRAFIA
FUSI 11/1981
- PAVIA