Manoscritti del 1861-1863


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Manoscritti del 1861-1863

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Biblioteca del pensiero moderno ~-

sKARl MARX ~

;: MANOSCRITTI Ofl 1881 •1883

Il terzo capitolo finora inedito di «Per la critica dell'economià politica» il primo abbozzo del sistema dell'economia borghese esposto criticamente

EDITORI RIUNITI

:

Indice

Introduzione

VII

Per la critica dell'economia politica. Terzo capitolo. Il capitale in generale

3

I) Il processo di produzione del capitale

5

1) Trasformazione del denaro in capitale

5

a) D-M-D. Forma piU generale del capitale, p. 5 - b) Difficoltà che derivano dalla natura del valore ecc., p. 16 - Aggiunte a a, p. 30 - y) Scambio con lavoro. Processo lavorativo. Processo di valorizzazione, p. 31 - Valore (lella capacità di lavoro. Minimo del salario o salario medio, p. 40 - Scambio di denaro con capacità di lavoro, p, 49 - Processo lavorativo, p. 53 - Processo di valorizzazione, p. 65 - Unità del processo lavorativo e del processo di valorizzazione (Processo di produzione capitalistico), p. 93 - Le 2 parti costitutive nelle quali si scompone la trasformazione del denato in capitale, p. 106 Aggiunte, p. 140 - Aggiunte suppl~mentali, p. 170.

2) Il plusvalore assoluto

174

a) Il plusvalore si deve concepire come rapporto solamente con una determinata parte del capitale, cioè' con la parte anticipata nel salario, p. 174 - b} Rapporto del pluslavoro con il lavoro necessario. Misura del pluslavoro, p. 182 - e} Vantaggio del lavoro straordinario, p. 187 - d) Giornate lavorative simultanee, p·. 188 - e) Carattere del pluslavoro, p. 193 - Aggiunte, p. 196 - Saggio del plusvalore, p. 237.

3) 11 plusvalore relativo

242

a) Cooperazione, p. 265 - b) Divisione del lavoro, p. 27'5 - Digressione sul lavoro produttivo, p. 324 - Diversi generi di Division du travail, p, 334 - Cooperazione semplice, p. 335 - y) Macchinario. Impiego delle for.le naturali e della scienza, p. 335 - Aggiunte supplementari ai punti 2 e 3, p. 367 - Per la divisione del lavoro, p. 369 Surpluslabour, p. 371 - Bill delle dieci ore e overworking, p. 377.

Indice dei nomi

463

Introduzione

I. Ciò di cui si tratta - scrive Marx a Lassalle (che gli fungerà da tramite con l'editore Duncker di Berlino) presentandogli il 22 febbraio 18.58 il « lavoro economico » alla cui « elaborazione finale » ha finalmente >, di tutto il sistema dell'economia borghese; quanto in considcradone del fatto che « la critica e la storia dell'economia politica e del socialismo dovrebbe formare oggetto di un altro lavoro. Infine, il breve schizzo storico dello sviluppo delle categorie e dei rapporti economici dovrebbe essere un terzo ~> 3• Ariche cosi, tuttavia, anche dato questo limite della forma editoriale 4 e anche dato il suo carattere parziale, cioè iniziale, il lavoro di c•!Ì si tratta è agli occhi di Marx di un'importanza fondamentale. Agli occhi di Marx forse piu perspicuamente di quanto lo sia agli occhi di numerosi suoi lettori successivi e anche di quanto lo sia stato agli occhi di alcuni (non numerosi) suoi lettori contemporanei, contrariamente· a quello che la forma editoriale induceva a sperare {a parziale compenso) « La mia critica dell'economia politica uscirà a fascicoli [. .. ]. Solo lo straordinario zelo e la forza persuasiva di Lassalle hanno potuto indurre Duncker a questo passo. Si è però riservato una scappatoia. Il contratto definitivo dipende dalla vendita del primo fascicolo» (ivi, p. 220}. Ciò che Marx dice qui a Weydemeyer ha uno scopo: ottenere che questi si adopri per fa diffusione dell'opera. In seguito il comf:iorta_roento di Lassalle e di Duncker ne renderà i rapporti con Marx assai tesi, sino a che questi deciderà di mutare editore. La vicenda può essere seguita nella cordspondenza degli anni seguenti. C'è una evidente, crescente differenza di tono tra la· corrispondenza di Marx con Lassalle, sempre formalmente gentile e corretta, e quella con Engels e con altri, .riguardo a Lassalle. ' Marx a Lassa/le, 22-II-1858, ivi, p. 212; cfr. MEO, XL, p. 578. 4 Limite che si riproporrà, però, ancora, come un ostacolo difficile da sormontare e a fatica sormontato solo con la pubblicazione del I libro del Capitale, nel ,11867. Cfr., i.a., Marx a Engels, 3•1. VLI. 1.865: « Per quanto riguarda il mio lavoro ti voglio dire la schietta verità. Mancano ancora da scrivere tre capitoli per finire la parte teorica {i primi tre libri). Poi vi è ancora da scrivere il 4° libro, il Iato storico-letterario, cosa che mi è relativamente pili facile, dato che, essendo tutte le questioni risolte nei primi tre, quest'ultima non è dunque pili che la ripetizione in forma storica. Ma non posso decidetmi a licenziare qualcosa prima che tutto mi stia dinanzi. Whatever shortcomings they may bave, questo è il pregio dei miei libri, che costituiscono un tutto artistico, cosa raggiungibile soltanto col mio sist,ema di non farli mai stampare innanzi che io li abbia completi davanti. Ciò è impossibile col metodo di Jacob Grimm e va generalmente meglio per scritti che non siaho articolati dialetticamente» (MEO, XLlI, p. 142). In che senso si possa dire che prima di pubblicare Per la critica del!' economia politica Marx aveva dinanzi completo il suo libro è cosa che vedremo, brevemente, nelle· pagine seguenti. Cfr. ancora Marx a Kugelmann, 13-X-1866: e ripresa letterale (dr. K, Marx, Il capitale, I, Prefazione alla prima edizione, Roma, Editori Riuniti, 1974 s, p. 31); sebbene Per la critica dell'economia politica non sia poi priva di manchevolezze: « ho ritenuto necessatio ricominciare nel primo volume ab ovo, cioè dal riassumere il mio scritto apparso presso Duncker in un unico capitolo sulla merce e il denaro. Ho ritenuto necessario ciò non solo per essere completo, ma perché anche delle teste capaci non h-anno compreso appieno la cosa, e dunque vi doveva essere nella prima esposizione qualche cosa di manchevole, specialmente nell'analisi della merce)> (Marx a Kugelmann, l-3-X-1866, MEO, XLm, p. 580). S Marx a Lassalle, 12-XI-185-8, Per la critica dell'economia politica, dt., p. 218; cfr. MEO, XL, p. 594.

IX

lo sottende, nei confronti tanto dell'economia politica (« classica » e «volgare») quanto del suo immediatamente, solo riflessivamente, opposto, il socialismo e il comunismo esistenti 9 • Rappresenta, anzi, una stroncatura alle radici del proudhonismo 10 , una distruzione dalle fondatnenta del socialismo proudhoniano « ora fashionable in Francia, il quale vude conservare la produzione privata, ma vuole organizzare Io scambio dei prodotti privati, vuole la merce, ma non il denaro » 11 • Ma è fondarnentalmente importante e può sperare di ottenere « una vittoria scientifico per il nostro partito » 12 in quanto « propugna per la prima volta in modo scientifico una importante concezione dei rapporti sociali » 13 e analizza « subito nella forma pili semplice, quella della merce, il carattere sociale specifico, e nient'affatto assoluto, della produzione bor- ·ghese » 14 • Sul valore e sul significato di critica antiproudhoniana del suo lavoro - evidentemente abbastanza impliciti, si può pensare - Marx insiste soprattutto in privato, nella corrispondenza: perché, potendo anch'essi, probabilmente, facilitarne la diffusione almeno presso « il partito » 15 , non siano dimenticati in una eventuale recensione 16 • Se si prescinde dal diretto riferimento a tali valore e significato, la caratterizzazione che Marx offre del suo lavoro pubblicamente, nella Prefazione a Per la critica dell'economia politica, è affatto simile. Similmente vi compaiono i tre aspetti dell'essere quest'opera un risultato; il risultato di un lavoro intellettuale protrattosi per anni, dei cui esiti teorici non è però possibile dare per il momento altro che un'esposizione iniziale; un risultato la cui natura e consistenza intendono essere 9 Per la definizione cli socialismo e comunismo come « opposizione (Gegen~ satz) » all'economia politica v. « Carey und ·Bastiat », luglio 1857, in K. Marx, ◊konomische Manuskripte 1857-58, MEGA", II, U· (1976), p. 4, tr. it. di E. Grillo lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, F1renze La Nuov; Italia (citato in seguito come: Lineamenti), II, 1970, p. 648. Per l'im: rnediatezza e la riflessività di questa opposizione, p. es. K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, MEO, ,III; Miseria della filosofia, MEO, VI; Salario prezzo e profitto, Roma, Editori Riuniti, 1966; Ttorie sul plusvalore, MEO:

XXXVI, cap. XXI. Marx a Enge/s, 22-VJ.l-1859, MEO, XL, p. 4SS. Marx a Weydemeyer, 1-II-1859, Per la critica dell'economia politica, cit., PP- 221-222; cfr. MEO, XL, p. 602. 12 Ibidem. 13 Marx a Lassalle, 112-XI-1858, Per la critica dell'economia politica, dt., p. 218; cfr. MEO, XL, p. 595. 1, Marx a Engels, 22-VIl-1859, MEO, XL, p. 488. ts Marx a Weydemeyer, 1-H-1859, Per la critica dell'economia politica, dt., p. 222; cfr. MEO, XL, p. 603. 1, Marx a Enge/s, 22-VLl-1859, MEO, XL, p. 488. 10

11

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e sono inequivocabilmente scientifiche) cosi come scientifica è la forma che loro corrisponde 17 • In questa Prefazione - nota per lo pili come la versione pili stringata e rigorosa, quasi da 'manifesto',' ma per ciò anche pili meramente enunciativa, piU 'astratta', e perciò anche pili discutibile e discussa, della concezione materialistica della storia -) in questa Prefazione, che è in primo luogo una specie di autobiografia politica e scientifica e soprattutto di legittimazione (scientifica) della propria « critica », il primo e il terzo aspetto compaiono, anzi, ancora pili intrinsecamente correlati, dal secondo. Sostitutiva di una « Introduzione generale », essa è volta a garantire il lettore della lunghezza e della coscienziosità (documentate dalle pubblicazioni precedenti che vengono citate) delle ricerche che presuppongono e che hanno consentito la stesura di Per la critica dell'economia politica, Essa è volta a qualificare, a legittimare Per la critica delfeconomia politica come opera di ·scienza, non (positivisticamente) in quanto non ammette, ma in quanto sa la criticità e la 'parzialità' del proprio contenuto, delle proprie tesi, dei propri esiti. Una specie di autobiografia dettata dallo stesso intento che aveva dettato a Marx la Prefazione ai Manoscritti parigini del 1844, quando presumeva di poterli completare e pubblicare in breve tempo come séguito di Per la critica della filosofia del diritto di Hegel. Introduzione 18 , forse come parte di una Critica della politica e dell'economia politica 19 : .« Al lettote familiare con l'economia politica - aveva scritto allora - non occorre che assicuri fin da principio che i miei risultati sOno stati ottenuti attraverso una analisi del tutto sperimentale) fondata su un coscienziòso studio critico dell'economia politica » 20 • 17 Cfr. d'altra parte Marx a Lassalle, 22~Il-1858: « La descrizione, intendo dire la maniera, è assolutamente scientifica, dunque non contrastante con le leggi di polizia nel senso abituale» (MEO, XL, p. 578); Marx a Engels, ca, 13-1-1859: ~< siccome per la parte pubblicata, e data la natura stessa del soggetto, i porci non potranno ridurre 1a loro critica a semplici improperi di tendenza, e siccome l'insieme ha un'aria exceedingly seria e scientifica, costringo quelle canaglie a prendere poi rather seriously, le mie idee sul capitale, Del resto penso che, a prescindere da tutti gli obiettivi pratici, il capitolo sul denaro sarà interessante per i competenti>> (Per la critica dell'e_conomia politica, cit., p, 2'19; cfr. MEO, XL, p. 402). 18 Apparsa in « Deutsch-FranzOsische Jahrbikher », hrsg. von K. Marx und A. Ruge, Paris, 1844, MEO, III, pp. 190-204. 19 Al riguardo cfr. la prima edizione critica dei Pariser Manuskripte in MEGA, III; C. Luporini, Critica della politica e critica dell'economia politica in Marx, in Critica marxista, 1978, 1, pp. 17-50; E. Mandel, La formazione del pensiero economico di K. Marx, Bari, Laterza, 197'1; R. Rosdolsky, Genesi e struttura del «Capitale» di Marx, Bari, Laterza, 1971;. W. Tuscheerer, Bevor « Das Kapital » entstand, Betlin, Akademie Verlag, 1963~ V. S. Vygodskij, Introduzione ai « Grundrisse » di Marx, Firenze, La Nuova Italia, 1974. 20 MEO, III, p. 251.

XI

II. Tralasciamo in questa sede di interrogarci sul senso della dilatazione dell'arco di anni, dell'ampiezza dell'esperienza politica e intellettuale che nella Prefazione Marx indica quali precedenti-presupposti di Per la critica dell'economia politica e sul senso della continuità che egli istituisce tra presupposti e risultato. · Tanto per la sua (phi implicita) ispirazione critica 21 , quanto e specialmente per il suo contenuto e per il progetto che ne governa l'edizione . Per la critica dell'economia politica è innanzitutto il risultato del \ lavoro intenso e febbrile dei quasi due anni precedenti, il séguito pubblico immediato, l'immediata ripresentazione iniziale per la stampa, del b,voro (di comprensione e di chiarimento a se stesso in primo luogo) consegnato in quel voluminoso Abbozzo scritto tra il luglio del 1857 e il marzo del 1858 che è oggi generalmente individuato e conosciuto · con il titolo redazionale di Grundrisse der Kritik der politischen

Oekonomie, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica: prima esposizione sistematica e complessiva, da parte di Marx (seppure ancora assai carente, sappiamo a posteriori, anche solo dal punto di vista della ricerca e dell'appropriazione dell'oggetto), del processo di produzione e di circolazione del capitale e di produzione delle condizioni della sua dissoluzione, delle possibilità del suo trapasso. Il vero e proprio corpo dei Grundrisse consiste in un complesso di manoscritti, in 7 quaderni, tutti numerati e taluni datati dallo stesso Marx, da lui lasciati nel loro stato originario, sebbene ripetutamente consultati e utilizzati in seguito - come vedremo, ma come già mostra~ no, se non altro, gli Indici {già ampiamente conosciuti) che egli ne fece e i successivi interventi che operò su di essi, documentati ora dall'edizione critica che ne è stata avviata 22 • Questi manoscritti non ricevettero titolo da Marx. Soltanto sulla copertina dell'ultimo quaderno, il VII - la cui stesura, 'conclusa' per ciò che attiene allo svolgimento principale tra la fine di febbraio e i primi di marzo, fu ripresa, per essere nllovamente interrotta, tra la fine di maggio e i primi di giugno del 1858 - egli scrisse: « (Poi. Econ. Criticism of) », « (Econ. Poi. Critica della) », aggiungendo poi: « Fortsetzung) », « (Continuazione) ». 1'8 dicembre 1857, d'altra parte, ormai quasi ultimata la stesura del III di questi quaderni, Marx aveva scritto in una lettera a Engels: « lavoro come un pazzo le notti intere a riardi~ nare i miei studi economici (an der Zusammenfassung meiner oekono21 Cfr. Marx a Lassalle, 22-II-1858: , 15-X-1852; La crt'si commerciale in Gran Bretagna, 'in , 11-25-,I-l-855 e «New York Daily Tribune)>, 20-V~1855. ,{K. Marx~F. Engels, Gesammelte Schriften, a c. di D. Rjazanov, Stutt· gart, Dietz, 1920, I). 25 V. Marx a Bngels, 13-Xl-1857; 8-Xll-1857; 18-Xll-1857, MEO, XL. 26 K. Marx, Grundrisse der Kritik der politischen Oekonomie (Rohentwur/) 1857-58, I, hrsg. Marx Engels Lenin Jnstitut, Mosca, 19.39; Idem. Anhang 1850-59, II, 1941. Le due parti sono state riprodotte in un unico volume nel 195.3 .a Berlino, da Dietz. Praticamente introvabile la prima, è a questa edizione (citata in seguito come Grundrisse) che ci si riferisce norm2.lm-ente come a edizione com·pleta in tedesco. Zl Quello di « possibilità rea.le » è concetto della Scienza della logica di Hegel (Bari, Laterza, .1968 2, II, p. 617). Sappiamo dalla corrispondenza che durante ~l'elaborazione dei Grundrisse Marx ha quasi 'riscoperto> quest'opera e si è fatto di essa uno strumento di analisi. {Marx a Engels, ca. 16-I-1858, MEO, XL, p. 273). In che senso, o in che modo, egli abbia >, della propria «Economia»; con il contenuto di « alcuni capitoli preliminari», cioè il 'cominciamento\ sparso in diversi luoghi, ma specialmente in un II «Capitolo» (sul denaro) e nell'inizio di un III ,(sul capitale) - apparentemente (provvisoriamente) compiuto, però, quest'ultimo e suddiviso a sua volta in tre comprensive « Sé.doni ». Innanzitutto egli può dunque trasporre in una versione per la stampa il contenuto di questo « libro». « Elaborando », le linee della pubblicazione si sono ulteriormente cbiarite: non solo per ciò cbe attiene alla forma editoriale, ma anche per ciò che pertiene alla divisione della materia. L'll marzo 1858, rispondendo alle questioni pr9postegli da Lassalle in merito ai « negoziati » intrapresi per la realizzazione del 55 .

Il problema del « fondamento » si presenta dunque cosi: il 'cominciamento' della Critica dell'economia politica esige un confronto e una spiegazione ravvicinati con il 'cominciamentp' dell'economia politica nella sua « espressione ultima e pi'll perfetta » Sd, se vuole identificare e non contraddittoriamente, ma ragionevolmente, concepire anche il « principio» manifesto, 'superficiale' della ricchezza moderna, la sua grandezza motrice. Per questo bisogna ancora stare sul terreno del valore, per poter stare sul terreno del plusvalore come pluslavoro, cioè del concetto del capitale 57 , che è quanto dire sul terreno della produzione; e passare poi alla grandezza del profitto, tenendo fermo a ciò a cui Ricardo non ha tenuto fermo quando ha inizialmente proposto la grandezza del profitto come una grandezza simmetrica della produzione, ma ne ha poi subito cap. 10. Ma, tra l'altro che si potrebbe richiamare, vedi già i quaderni londinesi IV e VIII, Grtmdrisse, p. 765-839, Lineamenti (ed. Backhaus), cit., IL Cfr.

inoltre Marx a Enge/s, 55 56 57

21-ll-1858. MEO, XL, p. 288. Marx a Lassa/le, !11-Lll-1858, MEO, XL, p. 581. « Bastiat und Carey », MEGAII, LI, Ll, p. 4.

Lineamenti, I, p, 339. lLW

indagato i movimenti relativi trallsitando senza mediazioni dal terreno del « capitale in generale» a quello dei « molti capitali». · « Anche tu nei tuoi studi economici - scrive ancora Marx a Lassalle avrai visto che Ricardo nello sviluppare il profitto cade in contraddiz,ioni con la sua ddinizione {esatta) del valore, contraddizioni che nella sua scuola hanno portato ad abbandonare il fondamento r.icardiano oppure all'eclettismo pili ripugnante. Io credo di aver chiarito tutt-a I.a faccenda. (Certamente gli economisti, considerando la cosa meglio, troveranno che altogether it is a dirty business) » 53 •

Cosi, il 2 aprile 1858, quando (al limite, tra l'altro, delle forze fisiche) può considerare di aver ormai concluso almeno la Zusammenfassung dei propri studi economici e trasmette a Engels « short outline of the first part » 59, Marx vi ritorna sopra. In questa lettera, in questa nuova presentazione, che a posteriori ci appare il riassunto phi ricco e analitico, del testo di Per la critica dell'economia politica, ritroviamo la distribuzione, ormai salda, di « tutta questa merda» (« it is difficult for me to-day to write », dice Marx piu avanti, al ricorrere del termine ... ) in sei « libri ». E troviamo (si confronti il testo della quarta delle articolazioni riportate sopra) che il « Capitale en général [ ... J (materia del primo fascicolo) » costituisce in prospettiva solo la « sezione a) »: la prima di quattro « sezioni » nelle quali si divide il « I. Capitale », la prima rispetto alle « sezioni » della « Particolarità » e dell' « Individualità » del capitale (quella dunque nella quale la « Particolarizzazione del capitale » non è ancora avvenuta). Alla prima « sezione» devono seguire: « b) La concorrenza, ossia l'azione reciproca di molti capitali. e) Credito, dove di fronte ai singoli capitali il capitale figura come elemento universale, d) Il capitale azionario, come la forma piU perfetta (che trapassa nel comunismo), insieme a tutte le sue contraddizioni».

Il « valore », considerato puramente « come quantità di lavoro; tempo come misura del lavoro», astrazione, ma « astrazione storica, che appunto poteva essere fatta soltanto sulla base di un determinato sviluppo economico della società », deve costituire l'inizio. Analizzando la « contraddizione tra caratteri generali del valore e la sua esistenza materiale in una merce determinata », si potrà svolgere il « 2. Denaro ». Da questo « regno della libertà, dell'uguaglianza e della proprietà fondata sul 'lavoro' », da questo regno dell'appropriazione per opera del 58

· 59

Marx a Lassa/le, !Uil-1858, MEO, XL, p. 581.

Marx a Engels, 2-IV-1858, Per la critica dell'economia politica, cit., pp. 213217, cfr. MEO, XL, p. 329. XXVI

lavoro « come uno scambio di eqllivalenti », si potrà svolgere il rove~ sciamento della legge dell'appropriazione « in conseguenza della legge dell'equivalenza»: •« 3. Il capitale» 00• Ma, se Marx può considerare di aver ormai concluso almeno la Zusammenfassung dei propri studi economici, la trasposizione di questa in una versione per la stampa non è ancora neppure incominciata. Nel maggio del 1858 egli si reca a Manchester, dove ha una consultazione diretta con Engels, materiale alla mano 61 • Al suo ritorno a Londra te• dige 62 nel quaderno M un primo « Indice dei 7 quaderni (della prima parte) » 63 , nel quale il raggruppamento dei rinvii alle pagine dei Grundrisse, comprensivo del punto recentemente isolato e della nuova denominazione del III «Capitolo» (diventato ora « Prima parte» del I « libro »), comprende anche l'inserimento di un nuovo nesso (non nu~ merato, né altrimenti denominato) _nella concatenazione degli argomenti, un nuovo « passaggio » (dal denaro al capitale), un transire « del denaro nel capitale » - « tibergang des Geldes in das Kapital » - e inoltre una ripartizione della materia della I «Sezione» (dei Grundrisse) relativa a « Il processo di produzione del capitale ». Tralasciando tutti i rinvii di pagina, questo Indice si presenta cosf: « I) Valore.

II) Denaro. 1) Il denaro come misura. 2) Jl denaro come mezzo di scambio o la ofrcolazione semplice. }) Il denaro come denaro. 4) I metalli preziosi come veicolo del denaro. 5) La legge del!',appropriazione .come appare nella circolazione semplice. 6) il?-assaggio del denaro al capitale. III) Il capitale in generale. Passaggio del denaro nel capitale. 1) Il processo di produzione del capitale. a. Scambio di capitale con capacità di lavoro. b. Il plusvalore assoluto. c. Il plusvalore -relativo. d. L'accumulazione primitiva. (Presupposti del rapporto tm capitale e lavoro salariato) e. Rovesciamento della legge dell':appropriazione. 2) •Il processo di circolazione del capitale» .. c-0 Ibidem. Engels a Marx, 3-0-IV-1858, MEO, XL, p. 341; Marx a Engels, 1-V e 31-V1858, MEO, XL, pp. 342-43; Marx a Engels, ca. 1'3-1-1859, Per la critica dell'eco· nomia politica, cit.i p, 21•9. 62 Marx a Engels, 31-V-1858, MEO, XL, p. 344. 63 Grtmdrisse, pp. 81)5-59. 61

XXVII

Su questa base Marx riprende dapprima la propria elaborazione, · incominciando a stendere, a p. 63 del VII quaderno dei Grundrisse ~ / ecco dunque perché « Continuazione » apposto sulla copertina di questo quaderno.-, una « sezione>> - « Questa sezione va ripresa», egli dice - intitolata: « 1) Valore» 64, interrotta dopo poche righe. L'interruzione di questa « sezione » nel giugno del 1858 rappresenta anche l'interruzione definitiva del manoscritto dei Grundrisse e apre la via, dopo la stesura di un secondo Indice (relativo al solo « Capitolo sul dena, ro ») 65 e, nel settembre del 1858, di tre quaderni contenenti il cosidetto Urtext 66 , alla redazione definitiva di Per la critica dell'economia politica.

VI. « Caro Engels [. .. ] non svenire - scrive Marx, pronto ormai all'invio dei suoi circa 12 fogli di stampa a Duncker, tra il 13 e il· 15 gennaio 1859 - ; sebbene il [ ... ] titolo sia "Il capitale in generale", questi fascicoli non contengono ancora nulla sul capitale» 67 • Non sveniamo. Nella sua redazione definitiva, è noto, l'Indice di Per la critica dell'economia p9litica si presenta cosi: « Capitolo primo . . La merce. Capitolo secondo. Il denaro ossia la circolazione semplice». A ciascuno dei capitoli seguono delle Appendici, delle Appendici « storiche ». Al primo: « A. Notizie storiche sull'analisi della merce». Al secondo « B. Teorie sull'unità di misura del denaro » e « C. Teorie sul mezzo di circolazione e sul denaro>> 63 • Se Per la critica dell'economia politica è un « risultato », esso si presenta solamente come l'avvio di un risultato. Se si presenta soltanto come l'avvio di un risultato, è esso stesso solo una · 75 - séguito, in certo senso, del precedente Urtext, lasciato interrotto al punto: « b) ùbergang zum Kapital », « b) Passaggio al capitale » 76 • Tuttavia, non è solo l'evolversi della situazione in Germania che gli fa rinviare la pubblicazione del resto del suo lavoro, la parte piu ricca di immediati risvolti e di piu esplicite conseguenze politiche 71 • Difficoltà famigliari, preoccupazioni vivissime di ordine finanziario, il totale coinvolgimento nel 'caso Vogt' fanno anch'essi conoscere al lavoro di Marx u;na progressiva interruzione. Piti precisamente: il suo lavor6 diventa un lento procedere, a tratti, nell'inesausta appropriazione della materia, che non si traduce, però, nell'immediato, in nuova « elaborazione». , Ancora agli inizi del 1860 egli ritiene - cosi si esprime in una lettera a Engels, il 3 febbraio 1&60 - di star « portando a termine il 7,;

Marx a Lassa/le, 12-X-1859, MEO, XL, p. 652. Grundrisse, pp. 941-47, Lineamenti (ed. Backhaus), II, pp, 1142-1152. 76 Grundrisse, pp. 919-940, Scritti inediti di economia politica, cit,, pp, 93-122. 71 Marx a Weydemeyer, 1-IU&59, MEO, XL, p. 602; MEGAII, II, 3.1, Apparat, p. 9. 75

XXXI

mio ((Capitale"» 78 • In seguito la corrispondenza con Engels ce Io. mostra àncora inteso alla realizzazione del suo progetto scientifico, ma impedito dal dare a questa realizzazione la forma della « elaborazione » e del prodotto per la stampa. Piu di un anno trascorre, da questo momento, perché egli possa scrivere a Engels di aver fatto in modo, ancora una volta « via Lassalle », che la « seconda parte della mia Economia politica esca presso Brockhaus, invece che presso Duncker » 79; e perché possa ?,ggiurigere, il 1O giugno 18-61: « Da una settimana ho dato seriamente principio al mio libro » 80 • Solo il 30 ottobre 1861 Marx può dichiarare che, con la ripresa della collaborazione alla « Tribune » e l'avvio di quella alla 1, MEO, XLI, p. 189. 81 Marx a Engels, 30-X-1861, MEO, XLI, p. 217. " Marx a Engels, 9-XII-1861, MEO, XLI, p. 230. 83 MEGAII, II, 3.1, Appara/, p. 16: 64 Anche N. Badaloni, Dialettica del capitale, Roma, Editori Riuniti, 1980, p. 10, ritiene « pienamente giustificato» il mutamento di datazione. La consi• derazione di documenti (esterni' mi sembra una utile integrazione delle ragioni 78 79

1

XXXII

IX. Nel corso degli anni .cinquanta, dunque, ripresi a Londra gli -« studi economici » 85 , Marx era venuto riempiendo decine e decine di

pagine di quaderni di estratti da opere, citazioni di autori, accompa_.gnandoli spesso, ma in maniera assai diseguale, con propri commenti, notazioni a margine, riflessioni critiche. Come è noto, questo era il suo modo di lavorare e lei è stato fino agli uhimi mesi della sua attività di ricerca (di vita): mano a mano che :avanzava la sua «elaborazione», o semplicemente la sua riflessione, da questi quaderni, mediante l'ausilio di una serie di rimandi interni e intersecantisi, egli trasferiva nei manoscritti, quelli che rimanevano tali come quelli che destinava alla stampa, l'enorme massa di materiali che leggeva e che consultava, in diversi luoghi, ma in specie al British Museum 86 • (E il modo corrispondeva alla sua aspirazione 'costruttiva', piU che semplicemente sistematica: all'avanzare in profondità della sua riflessione, tesa all'identificazione .del fondamento, onde poi articolare organicamente l'insieme, corrispon~ deva la continua estensione del campo d'indagine, onde rendere il fondamento fondamenta dell'edificio teorico). Al periodo compreso tra la conclusione del manoscritto di Per la critica dell'economia politica e il luglio del 1863 appartengono due gruppi di manoscritti contenuti in siffatti quaderni, l'uno dei quali riveste però un carattere particolare. Quanto al primo dei due, si tratta di un quaderno che in parte ci è noto: è il VII 'quaderno dell'Abbozzo, dei Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, la cui redazione era rimasta interrotta all'interrompersi della« sezione» su« 1) Valore», alla pagina 63. Dalla successiva pagina, numerata •63a, Marx riprende a usare il quaderno, appunto per il suo lavoro di 'schedatura', indicandone la data .di inizio cosf: « Incominciato 28 febbraio 1859 ». Questo quaderno, al quale piu tardi Marx si riferisce talvolta come al « grosso quaderno », comprende in totale 277 pagine. Quelle che stanno tra la 63a e la 192 sono state riempite nel periodo che corre tra la data di inizio sopra citata e l'estate del 1861, prevalentemente al British Museum. Quanto al secondo quaderno, si tratta di un « Quaderno di citazioni », che si troverà pili volte nominato neile note appOste a questo volume. Qui Marx riporta, raccogliendole per temi sotto dei titoli, le citazioni ricavate in particolare dai quadèrni che era venuto riempiendo durante i precedenti anni cinquanta e che destina a fungere da materiale :ad-dotte in termini di corrispondenza nella partizione tematica che la lettura del testo tradotto nel presente volume consente di rilevare. Richiamando una parte dell'epistolario mi limito a indicare una direzione di ricerca, che potrà essere :approfondita in altra sede. 85 K. Marx, Per la critica dell'economia politica, cit., Prefazione, p. 7. 86 Cfr. supra n. 53. XXXIII

per quel capitolo su « Il. capitale in generale » che, abbiamo visto, se1-. pure abbozzato, restava da scrivere, per fare uscire ancora presso Dun-• cker almeno il secondo fascicolo della sua « Economia ». In origine questo « Quaderno di citazioni » era costituito di 6 fogli. Marx vi trasferisce dapprima gli estratti ricavati dai precedenti quaderni, raccoglien-: doli sotto il titolo generale « Capitale. 1) Processo di produzione del capitale») ma distribuendoli anche sotto diverse voci denominate cosi: « A) Trasformazione del denaro in cap-itale. B) Lavoro libero, lavoro schfavistico, lavoro salariato. C) Formazione del capitale e Stato. D) Produttività del lavoro. E) Influsso del profitto attraverso il capitale fisso (capital fixe). Durata ecc. sulla determinazione di valore. F) Misura del valore attraverso il lavoro e il valore del favore. G) Profitto, salario pure e semplici· parti. H) Profitto (plusvalore (Surp/usvalue)). I) Salario. J) Accumulazione del capitale. (Saggio del pronitto). K) Capitale. M) Macchinario. N) Capitale, fisso. Capitale circolante (Capitai fixe. Capitai circulant). O) Agricoltura. P) Aumento della produttività del lavoro. [Q] * Saggio generale del profitto (Generai rate of p,·ofit) ».

A successivi stadi di avanzamento del suo lavoro Marx inserisce: nel « Quaderno di citazioni » sempre nuovi fogli, fino a far loro raggiungete il numero di 23, numerati progressivamente da 1 a 92, aggiun-. gendo nuovi raggruppamenti per temi che dimostrano la progressiva· · estensione del terreno coperto dalla sua indagine secondo un piano tracciato: « Forma generale der capitale », « Riproduzione del capitale (Reproduction of capita!) », « Plusvalore (Surplusvalue) e profitto», « Capitale», « Saggio generale del profitto {Generai rate of profit) ». (Il' lavoro di riporto e di riordino è un lavoro che Marx compie a casa, • spesso consultando di nuovo le opere dalle quali ha tratto le citazioni, cioè confrontandole con quelle della sua biblioteca. Mano a mano che· li traspone nei manoscritti di nuova >, i passi già utiliz-. zati del « Quaderno di citazioni » vengono da lui cancellati o altrimenti· contrassegnati). In seguito, presumibilmente nel giugno del 1861, egli ritorna ancora una volta al secondo dd quaderni che erano serviti per la stesura· dell'Urtext, il quaderno B"n, per redigervi alle pagine 21-27 un indice· per argomenti del suo « Quaderno di citazioni >> - lore, aillora nel primo atto il nostro uomo è bensi compratore (in D-M), e la merce verrebbe quindi comprata al di sotto del suo valore, ma nel secondo atto egli è venditore (M.[)) e un altro possessore di merci gli sta dinanzi come compratore; avrebbe

dunque di nuovo il privilegio di acquistate da lui la merce al di sotto del suo valore. Ciò che egli avrebbe guadagnato con una mano, lo perderebbe con l'altra. D'altra parte se si ammette che egli. venda la merce al di sopra del suo valore, essendo questo il privilegio , del venditote, allora nel primo atto, prima che egli stesso acquistasse la merce per rivenderla, gli era di fronte un altro vendit.ore cbe gli ha venduto la merce troppo cara. Se tutti vendono .Ja merce piu cara, p. es. del 10%, cioè 10 p.c. al di sopra del suo valore - e noi abbiamo qui l'uno di fronte ,,]]'altro solamente dei possessori di merci, possiedano le loro merci nella forma della merce o in ·quella del denaro - , le possiederanno, piuttosto, ciascuna alternativamente nell'una o nell'altra forma e cosf è assolutamente lo stesso che se le vendessero a turno al loro valore effettivo. Ugualmente se tutti comperano .le merci all'incitca al 10% al di sotto del loro valote. fintanto che si considera il puro e semplice valore d'uso delle merci, è chiaro che attraverso lo scambio possono guadagnare tutte e due le parti. 11 8 I In questo senso si può dire che « lo scambio è una transazione nella quale entrambe le parti guadagnano soltanto ». 17

(p. 68, Destutt de Tracy, Elémens d'Ideologie. Traité de la volonté

et de ses effets (costituisce IV et V parties 1). Paris 1826, dove si dice: « Lo scambio è una transazione meravigliosa nella quale i due contraenti guadagnano sempre tutti e due».) C17J Nella misura in cui l'intera circolazione è soltanto un movimento di mediazione ,per scambiare merce con merce, ciascuno aliena la merce di cui non ha bisogno come valore d'uso e si apptopria della metce di cui ha bisogno come valore d'uso. In questo processo guadagnano dunque entrambi e vi entrano solo perché vi guadagnano entrambi. Ancora diversamente:

A, che vende ferro e compra granaglie, produce, mettiamo, in un dato tempo di lavoro piu ferro di quanto potrebbe produrre il coltivatore di granaglie B nel medesimo tempo e questi, da parte sua, produce nello stesso tempo di lavoro piu granaglie di quante potrebbe produrne A. Attraverso Io scambio dunque, sia questo mediato dal denaro o meno, A ottiene per Io stesso valore di scambio piu granaglie e B per lo stesso valore di scambio piu ferro che se lo scambio non avesse luogo. Quindi, fintanto che si prendono in considerazione i valori d'uso ferro e granaglie, entrambi guadagnano attraverso lo scambio. Anche se si considera ciascuno dei due atti della circolazione, compera e vendita, di per sé, fintanto che si considera il valore d'uso guadagnano tutte e due le parti. II venditore che trasforma la sua merce in denaro guadagna per questo, che ora egli la possiede soltanto nella forma generalmente scambiabile ed essa diventa cosi per lui soltanto mezzo di scambio generale. I1 compratore, che ritrasforma il suo denaro in merce, guadagna per questo, che da questa forma richiesta solo per la circolazione e altrimenti inutile egli lo ha trasformato in un valore d'uso per sé. iFintanto che si tratta del valore d'uso non c'è quindi la minima difficoltà ad ammettere che nello scambio ciascuna delle due parti guadagna. éÈ però del turto diverso con il valore di scambio. Qui ·si dice all'opposto: « Dove c'è eguaglianza, non c'è guadagno». ,(,244. Galiani: Della Moneta, t. IV. Custodi. Autore ecc. Parte Moderna... « Dove è ~guagli tà non è lucro ») nsi. éÈ chiaro che, quando A e B scambiano degli equivalenti, [ovvero] scambiano delle quantità di valore di scambio o di tempo di lavoro oggettivato di uguale grandezza, sia nella forma del denaro, sia nella forma della merce, entrambi ricavano dallo scambio lo stesso valore di scambio che vi hanno immesso. Se A vende 1

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patti

la sua merce al suo valore, egli possiede ora nella forma del denaro la stessa quantità ( o una disposizione sulla stessa quantità, ciò che per lui praticamente è lo stesso) di tempo di lavoro oggettivato che possedeva precedentemente nella forma della merce, quindi lo stesso valore di scambio. Altrettanto, al contrario, vale per B che con il suo denaro ha comprato la merce. Egli possiede ora nella forma della merce lo stesso valore di scambio che precedentemente possedeva nella forma del denaro. La somma di tutti e due i valori di scambio è rimasta la stessa e cosi il valore di scambio che possiede ciascuno. È impossibile che, nello stesso tempo, A compri da B la merce al di sotto del suo valore e riceva cosi indietro nella merce un piu alto valore di scambio di quanto egli ha dato a B in denaro e che B nello stesso tempo venda la merce al di sopra del suo valore e ottenga cosi da A nella forma del denaro piu valore di scambio di quanto gli ha dato nella forma della merce. ( « È impossibile che A ottenga da B piu grano per la stessa quantità di stoffa nello stesso momento nel quale B ottiene da A piu stoffa per la stessa quantità di grano. ») (A criticai Dissertation on the Nature, Measures and Causes of Value etc London 1825 [p. 65]*.) (L'anonimo autore è Bailey.) ri 9J Che le merci siano scambiate conformemente al loro valore, o siano vendute e comprate con riguardo alla forma particolare dello scambio che ha luogo nel processo di circolazione, significa in generale soltanto che vengono scambiati degli equivalenti, delle grandezze di valore uguali, che si sostituiscono l'una all'altra, i.e. 1 che le merci sono scambiate nello stesso rapporto nel quale i loro valori d'uso contengono la lavorazione di un tempo di lavoro di uguale grandezza, sono l'esistenza di quantità di lavoro di uguale grandezza. Ma è ora possibile che l'uno perda ciò che l'altro guadagna, cosi che i due che scambiano scambino dei non-equivalenti, l'uno ricavi quindi dallo scambio un valore di scambio piu elevato di quello che vi ha immesso e precisamente nella proporzione nella quale l'altro ricava dallo scambio un valore di scambio inferiore a quello che vi ha immesso. Poniamo che il valore di 100 !b. di cotone sia 100 scellini. Se ora A vende a B 150 pf. di cotone a 100 scellini, B ha guadagnato 50 scellini, ma solo perché A ha perduto 50 scellini. I I 9 I Se 150 !b. di cotone del prezzo di 150 sh. (il prezzo è qui soltanto il suo valore espresso, misurato, in denaro) vengono 1

abbreviazione per « id est»

= ciò è,

oioè (cosi nel seguito)

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vendute a 100 sh., allora la somma di entrambi i valori, dopo come prima della vendita, è 250 sh. Perciò la somma complessiva del valore che si trova in circolazione non si è resa maggiore, non si è valorizzata, non ha posto alcun plusvalore, ma è rimasta invariata. All'interno dello scambio o mediante la vendita ha avuto luogo solamente un cambiamento nella ripartizione del valore ad esso presupposto, esistente prima di esso e esistente indipendentemente da esso. 50 sh. sono passati da una parte all'altra. iÈ dunque chiaro che la soperchieria consistente nel far pagare piu caro che ha luogo dall'una o dalla altra parte, sia dalla parte del compratore, sia dalla parte del venditore, non aumenta la somma totale dei vruori di scambio che si trovano in circolazione (esistano nella forma della merce o in quella del denaro), ma altera (modifica) semplicemente la loro ripartizione fra i diversi possessori. Assumiamo, nell'esempio fatio sopra: A vende per 100 sh. 150 pf. di cotone del valore di 150 sh. a B, il quale le vende a C a 150 sh.; allora il3 guadagna 5,0 sh., ovvero sembra che il suo valore di 1'00 sh. ne abbia posto uno di 150 sh. Ma di fatto tanto prima che' dopo la transazione si trovano: 100 sh. in possesso di A, 150 sh. in possesso di B, merce del valore di 150 sh. in possesso di C. Summa Summarum 1 : 400 sh. Originariamente si trovavano: merce del valore di 150 sh. in possesso di A, 100 sh. in possesso di B, 150 sh. in possesso di C. Summa Summarum: 400 sh. Non ba avuto luogo nessun'altra modificazione tranne che nella ripartizione dei 400 sh. tra A, B e C. 5,0 sh. sono finiti dalla tasca di A in quella di B e A è impoverito esattamente di tanto di quanto si è arricchito B. Ciò che è vero per una vendita e una compera,' lo è egualmente per la somma totale di tutte le vendite e le compere, in breve per la circolazione complessiva di tutte le merci che ha luogo in un qualsiasi intervallo di tempo tra tutti i possessori di merci. H plusvalore che uno o una parte di essi sottrae alla circolazione mediante la soperchieria consistente nel far pagare piu caro al!' altra parte è esattamente misurato dal minusvalore che gli altri ricavano dalla circolazione. Gli uni ricavano dalla circolazione piu valore di quanto vi hanno immesso solamente perché e nella misura in cui gli altri ricavano mèno valore, subiscono una detrazione dal valore da loro immesso, una riduzione di esso. Perciò non è mutata la somma

totale dei valori esistenti, ma la loro ripartizione. (« Lo scambio che' 1

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Somma delle somme, totale

si faccia di due valori ugu~li non fa aumentare né diminuire la massa dei valori esistenti nella società. Lo scambio di due valori disuguali ... neppure questo muta per nulla la somma dei valori sociali, sebbene aggiunga ai beni dell'uno ciò che sottrae a quelli dell'altro » J. B. Say. Traité d'Ec. Poi. 3ème éd. t. II, p. 443, 44. Paris. 1817.) 1201 Se p. es. consideriamo il complesso dei capitalisti di un paese e la somma complessiva delle compere e delle vendite fra di loro nel corso di un anno, è certamente poSsibi,le che l'uno compia una soperchieria a danno dell'altro facendogli pagare piu caro e quindi ricavi dalla circolazione pili valore di quanto vi ha immesso, ma attraverso questa operazione la somma complessiva del valore circolante del capitale non sarebbe stata accresciuta di una lira. In altre parole: l'intera classe dei capitalisti non può arricchirsi come classe, non può aumentare il suo capitale complessivo o produrre un plusvalore per il fatto che l'uno guadagna ciò che l'altro perde. L'intera classe nel suo complesso non può compiere una soperchieria a danno di se stessa. La sòmma del capitale circolante non può aumentare per il fatto che le sue singole parti componenti si sono ripartite diversamente tra i suoi possessori. Attraverso un'operazione di questo genere, per quanto moltiplicata la si possa pensare, non si verificherebbe alcun aumento della somma di valore complessiva, alcun nuovo o plus valore, o alcun guadagno sul capitale complessivo che si trova in circolazione. Che si scambino degli equivalenti in realtà non significa niente

altro che questo, che -le merci si scambiano al loro valore di scambio, vengono comprate e vendute e comprate al loro valore di scambio. « Equiva>lente è di fatti il valore di scambio di una merce espresso nel valore d'uso di un'altra merce.» (I, 15.) l2lJ Nella misura in cui lo scambio si è sviluppato nella forma della circolazione, la merce rappresenta nel prezzo il suo valore di scambio espresso in denaro (la materia della merce che serve come misura dei valori e quindi come denaro.) Il suo prezzo è il suo valore di scambio espresso in denaro. Che essa ,si venda perciò per un equivalente in denaro non significa niente

altro che questo, che si vende al suo prezzo, cioè al suo valore. Egualmente nella compera, ![significa] che li denaro compra la merce al suo prezzo, cioè qui a U1\a somma di denaro eguale. li 10 J Il presupposto che le merci si scambino con equivalenti è la stessa cosa che esse si scambino al loro valore, siano comprate e vendute al loro valore. Ne deriva una duplice conseguenza.

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In primo lttogo. Se le merci sono comprate e vendute al loro valore, allora vengono scambiati degli eqttivalenti. 11 valore che è immesso da ogni mano nella circolazione, dalla circolazione ritorna di nuovo nella stessa mano. Non si accresce quindi, non viene affatto toccato dall'atto dello scambio. H capitale, vale a dire valore che nella e attraverso la circolazione si valorizza, cioè aumenta, pone plusvalore, sarebbe con ciò impossibile tosto che le merci fosseto comprate e vendute al loro valore. In secondo luogo. Ma se le merci non sono vendute o comprate al loro valore, allora l'unica cosa possibile è questa: in generale si possono scambiare dei non-equivalenti solo se l'una delle due parti compie una soperchieria nei confronti dell'altra, vale a dire se l'una ottiene in cambio esattamente tanto di piu del valore che ha immesso quanto l'altra ottiene in meno del valore che ha immesso. Ma con ciò la somma dei valori scambiati rimane immutata e perciò attraverso lo scambio non si è formato alcun nuovo valore. A possiede 100 lb. di cotone del valore di 100 sh. B le compra per 50 sh. B ha guadagnato 50 sh. perché A ha perso 50 sh. Prima dello scambio la somma dei valori era 150 sh. Tale ,è dopo lo scambio. Prima dello scambio B possedeva solo 1/3 di questa somma; dopo ne possiede 2/3. Ma A, che prima. dello scambio possedeva 2/3, dopo lo scambio ne possiede oramai solamente 1/3. Si è dunque verificato soltanto un mutamento nella ripartizione della somma di valore di 150. sh. Ma essa è rimasta invariata. Di conseguenza il capitale, valore che si valorizza, sarebbe quindi di nuovo altrettanto impossibile come una forma generale della ricchezza quanto nel primo caso, poiché al valore che si accresce da una parte farebbe riscontro il valore che si riduce dall'altra, quindi il valore come tale non si accrescerebbe. L'un valore si accrescerebbe nella circolazione soltanto perché l'altro si riduce e dunque nella circolazione neppure si conserva. È quindi chiaro che lo scambio in sé e per sé, sia nella forma dello scambio immediato, del baratto, sia nella forma della circolazione che lascia immutati i valori che vi sono stati immessi, non aggiunge alcun valore. « Lo scambio non apporta affatto alcun valore ai prodotti» (169. Wayland F. The Elements of Polit. Economy. Boston. 1843.) "'1 Tut:tavia si trova ancora persino in moderni economisti di grido la sciocchezza che il plusvalore in generale si deve spiegare con il

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fatto che si vende piu caro di quanto si compra. Cosi p.es. il signor Tortens: « la domanda effettiva co~siste nella capacità e nella disposizione, da parte dei consumatori, a dare per le merci, attraverso un cambio immediato o indiretto, una qualche proporzione di tutti gli elementi costitutivi del capitale maggiore di quanto costi la loro produzione». (Col. Torrens: An Essay on the Production of Wealth, Lond. l-82Jl. p. 349) l 23 J_ Abbiamo qui dinanzi a noi semplicemente venditore e compratore. La circostanza: se solo il possessore di merci (colui che vende) abbia prodotto la merce e l'altro, il compratore (ma anche il suo denaro deve essere venuto fuori dalla vendita di merce, ne è solamente la forma trasformata) voglia acquistare la merce per il consumo, voglia acquistarla come consumatore, non modifica affatto il rapporto. Il venditore rappresenta sempre il valore d'uso. La frase, se la si riduce al suo contenuto essenziale e se ne toglie la veste accidentale; non significa altro che questo, che tutti i compratori comprano la loro merce al di sopra del valore, quindi il venditore in generale vende la sua merce al di sopra del valore e il compratore compra sempre al di sotto del valore del suo denaro. L'introduzione di produttore e consumatore non cambia affatto la cosa; giacché nell'atto di scambio non stanno di fronte l'uno all'altro come consumatore e produttore, ma come venditore e compratore. Ma, dove in generale gli individui scambiano solo come posséssori di merci, ciascuno deve

essere tanto produttore che consumatore e può essere l'una cosa solo in quanto è l'altra. Ciascuno perderebbe come compratore ciò che guadagna come venditore. Da una parte dunque, se un plusvalore, come qui possiamo ancora chiamare ogni forma di guadagno, deve risultare dallo scambio, esso deve essere esistito già prima del!o scambio per effetto di un qualunque atto _che tuttavia nella formula D 0M-iD è invisibile, non è dato riconoscere.

« Il profitto, .(questa è una forma speciale del plusvalore), in normali condizioni di mercato, non è un effetto dello scambio. Se non fosse già esistito prima, non potrebbe esistere nemmeno dopo questa transazione. » (G. Ramsay. An Essay on the Distribution of Wealth. Edinburgh. 1836 p. 184.) Ramsay dice ibidem: « L'idea che il profitto sia pagato dai consumatori è sicuramente proprio assurda. Chi sono i consumatori?» ecc. (p. 183.) l24 J Stanno l'uno di fronte all'altro soltanto produttori di merci, ciascuno dei quali è tanto consu-

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nier 1, quanto p!oducer 2 ; e costoro pos~o.no essere l'una ~osa solo in quanto sono/ l'altra. Ma se si pensa, ant1c1pando, alle classi che consumano j [ 11 j senza produrre, la loro ricchezza può consistere solo in una partecipazione alle merci dei produttori e l'aumento del valore non si può spiegare con il fatto che classi alle quali dei valori sono stati dati gratuitamente riscambiando questi valori vengono gabbate. (Vedi Malthus.) C25J Il plusvalore, ossia l'autovalorizzazìone del valore, noq può scaturire dallo scambio, dalla circolazione. D'altra parte valore che come tale genera valore può essere solamente un prodotto dello scambio, della circolazione, giacché solo nello scambio può operare come valore di scambio. Isolato di per sé, esso sarebbe tesoro e come tale si valorizza tanto poco quanto poco serve come valore d 1us6. O si potrebbe anche dire: se il possessore di denaro comprasse merce, ma la lavorasse, la impiegas·se produttivamente e aggiungesse cosf ad essa valore e poi la rivendesse, il plusvalore scàturirebbe interamente dal suo lavoro. Il valore come tale nÒn avrebbe operato, non si sarebbe valorizzato. Esso non riceve pili valore perché ha valore: ma l'aumento di valore ,[deriva) dall'aggiunta di lavoro. In ogni caso, se il capitale è una forma propria della ricchezza, una potenza del valore, essa deve essere sviluppata sulla base del fatto che si scambiano degli equivalenti, vale a dire che le merci sono vendute al loro valore, cio~ in rapporto al tempo di lavoro in esse contenuto. D'altra parte ciò sembra impossibile. Se in D-M,D, tanto nell'atto D-M, quanto nell'atto M-D, si scambiano l'uno con l'altro. degli equivalenti, come può venire fuori dal processo piu denaro di quanto vi è entrato? La ricerca su come si origini il plusvalore ha perciò costituito dai fisiocrati fino al!' epoca piu recente la questione piu importante dell'economia politica. In realtà è la questione di come il denaro (o la merce, poiché il denaro è solamente la figura trasformata della merèe), una somma di valore in genere, si trasformi in capitale, di come si origini il capitale. Le apparenti contraddizioni· che sono presenti nel problema nelle condizioni del tema di ricerca - hanno indotto Franklin a questo enunciato: « Vi sono soltanto 3 modi di accrescere la ricchezza di uno Stato: il primo è quello della guerra: che è rapina; il secondo è quello del 1

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consumatore

2

produttore

commercio: questo è frode; il terzo è quello dell'agricoltura: questo è l'unico modo onesto.» (Works of B. Franklin, ed. Sparks. voi. IL« Positions to be examined concerning National Wealth. ») ['6J Dunque: « vi sono solo tre modi di accrescere la ricchezza di uno Stato. il primo consiste nella guerra: questo è rapina. Il secondo consiste nel commercio che è frode; e il terzo consiste nell'agricoltura, e questo è l'unico modo conveniente _e onesto ». Si può già qui vedere perché, qui dove noi trattiamo del capitale come tale, non si devono affatto considerare due forme del capitale - Ìl capitale in due funzioni: a seconda che funzioni nell'una o nella altra, esso appare come una specie particolare di capitale · - che si trovano piu vicino all'accezione comune di capitale e che sono di fatto storicamente le piu antiche forme di esistenza del capitale; ma queste devono essere, piuttosto, sviluppate in seguito come sue forme derivate,

secondarie. Nel vero e proprio capitale commerciale il movimento D-M-D si mostra nel modo piu evidente. Da ciò è sempre saltato agli occhi, da tempo immemorabile, che il suo fine è l'aumento del valore o del denaro geHato nella circolazione e che la forma nella quale lo raggiunge è comprare per rivendere. « Tutti i commercianti, di qualunque genere, hanno questo in comune, che _compranÒ per rivendere» (p. 43. Réflexions sur la Formation et la Distrib. des Richesses (apparso nel 17'66) nelle Oeuvres di Turgot t. I. Paris 11844. Edit. da Eugène Daire.) C27 J D'altra parte qui il plusvalore sembra che abbia origine puramente nella circolazione giacché egli vende a un prezzo maggiore di quello al quale compra, sia che ora compri a un prezzo minore di quello al quale vende (compri la merce al di sotto del suo valore e la venda al suo valore o al di sopra del suo valore), sia che egli la compri al suo valore, ma la venda al di sopra del suo valore. Egli compra la merce dall'uno, la vende all'altro, di fronte all'uno rappresenta il denaro, di fronte all'altro la merce; e, incominciando di nuovo il movimento, egli vende egualmente per comprare, ma in modo che la merce in qÙanto tale non è mai il suo fine, quindi quest'ultimo movimento gli serve soltanto come H 12 I mediazione del primo. Egli rappresenta alternativamente i diversi lati (fasi) della circolazione di contro a compratore e venditore e l'intero suo moviM mento cade all'interno della circolazione, o piuttosto egli appare come veicolo della circolazione, come rappresentante del denaro esattamente come nella circolazione semplice delle merci l'intero movimento sembra

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prendere avvio dal mezzo di circolazione, dal denaro come mezzo di circolazione. Egli si presenta solamente come il mediatore delle diverse fasi che la merce deve attraversate nella circolazione ·e quindi media anche soltanto tra estremi che sono già presenti, tra venditori e compratori esistenti, che tappresentano merce esistente e denaro esistente. Poiché qui non si aggiunge nessun altro al processo di circolazione, sembra quindi che il plusvalore { il guadagno) che il commerciante fa vendendo e comprando alternativamente - tutte le sue operazioni si risolvono infatti in vendite e in compere - , l'aumento del denaro o del valore in genere da lui portato nella circolazione si debba allora spiegare solo e semplicemente con la maggiorazione che egli fa gravare sulle parti con le quali ha alternativamente a che fare, con lo scambio di non equivalenti, cosi che in questo modo egli sottrae sempre alla circolazione un valore maggiore di quello che vi immette. Il suo guadagno - il plusvalore che gli genera il suo valore portato neHo scambio - sembra cosi provenire semplicemente dalla circolazione e quindi composto solamente dalle perdite di coloro che commerciano con lui. Di fatto il patrimonio commerciale può nascere puramente e semplicemente in questo modo e l'arricchimento dei popoli commerciali, che svolgono commercio di intermediazione tra nazioni industrialmente meno sviluppate, ha avuto origine in buona parte in questo modo. Il capitale commerciale può [essere] '' attivo tra nazioni che generalmente si trovano ai piu diversi stadi della produzione e della struttura economica della società. Può quindi essere attivo tra nazioni presso le quali non ha luogo alcun modo di produzione capitalistico, quindi molto prima che il capitale sia sviluppato nelle sue forme principali. Ma se il guadagno che tealizza il commerciante o l'autovalorizzazione del patrimonio commerciale non si deve spiegare semplicemente con una soperchieria a danno dei possessori di merci, quindi deve essere qualcosa di piu che una pura e semplice diversa ripartizione delle somme di valore preesistenti, allora lo si deve dedurre evidentemente soltanto da presupposti che non compaiono nel suo movimento, nella sua propria funzione, e il suo guadagno, la sua autovalorizzazione appare come forma puramente derivata, secondaria, la cui origine deve essere cercata altrove. Anzi, se si considera la sua propria forma di per sé autonoma, il commercio, come dice Franklin, deve apparire come semplice frode e il commercio in genere deve sembrare impossibile se si scambiano degli equivalenti, o le merci si vendono e si comprano al loro valore di scambio. « Sotto la norma degli equivalenti invariabili il commercio

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sarebbe impossibile.» (67, G. Opdyke: A Treatise on Polit. Econ. New York. 1851.) ' 281 (Engels cerca quindi di spiegare analogamente negli Annali fra11co-tedeschi, Parigi, 1844, « Lineamenti di una critica dell'economia politica», la differenza tra valore di scambio e prezzo con il fatto che il commercio è impossibile non appena le merci vengono scambiate al loro valore.) [291 Un'altra forma del capitale, parimenti antichissima e a partire dalla quale si è formata il suo concetto di capitale l'opinione popolare è quella del denaro che viene dato in prestito a interesse, del capitale monetario produttivo d'interesse. Qui non vediamo il movimento D-M.D, - il fatto che dapprima viene scambiato denaro con merce e poi la merce con piu denaro, ma soltanto il risultato del movimento D-D: si scambia denaro con piu denaro. Esso ritorna al suo punto di partenza, ma aumentato. Se originariamente era 100 talleri, ora è 110 Th. Il valore rappresentato nei 100 Th. si è conservato e si è valorizzato, cioè a dire ha posto un plusvalore di 10 talleri. In quasi tutti i paesi e le epoche della storia, per quanto basso sia il modo di produzione della società e per quanto non sviluppata sia la sua struttura economica, noi troviamo denaro produttivo d'interesse, denaro che pone denaro, dunque formalmente capitale. Uno dei lati del capitale si avvicina qui alla ral'presentazione ancor piu che nel patrimonio commerciale. Il 131 (Il ,wpaÀatov I dei greci è anche dal lato della formazione etimologica il nostro capitale.) Vale a dire che il valore come tale si valorizza, pone plusvalore, perché esso esiste già prima (entra nella circolazione) come valore, valore autonomo (denaro), e che viene posto valore, subentra[no] conservazione e moltiplicazione del valore solo perché il valore era presupposto, il valore opera come valore, come autovalorizzantesi. Qui basterà osservare: (bisognerà ritornarvi sopra altrove '"1) primo: se si presta del denaro come capitale nel senso moderno della parola, allora è già supposto che il denaro - una somma di valore - è capitale in sé; vale a dire che colui al quale il denaro viene prestato può impiegarlo o lo impiegherà come capitale produttivo, come valore che si valorizza, e deve defalcare una parte del plusvalore cosi creato a favore di colui il quale gli ha imprestato il denaro come capitale. Qui dunque il capitale monetario produttivo d'interesse non solo è manifestamente una forma derivata del capitale - il capitale in una funzione particolare - , ma si suppone 1

capitale [30)

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il capitale già pienamente svi,luppato, cosi che ora una somma di valore _ sia essa nella forma del denaro o della merce - non può essere prestata come denaro e merce, ma come capitale, cosi che il capitale stesso può essere gettato nella circolazione come una meree sui generis 1 • Qui il capitale è già presupposto ed esiste già compiutamente come potenza del denaro o della merce, in generale del valore, cosicché può essere gettato nella circolazione come questo valore potenziato. In questo senso il capitale monetario produttivo d'interesse presuppone quindi che il capitale sia già sviluppato. Il rapporto capitalistico deve già esi,stere compiutamente prima di potersi presentare in questa forma particolare. La natura autovalorizzantesi del valore è qui già presupposta come concresduta al valore cosicché una somma di valore ha potuto essere venduta come valore autovalorizzantesi, ceduta a un terzo a certe condizioni. Parimenti l'interesse appare in seguito solamente come una forma particolare e una derivazione del 1>lusvalore, quando questo si scinde poi in generale in diverse forme che costituiscono i diversi · redditi, come profitto, rendita fondiaria, interesse. Tutte le questioni sulla grandezza dell'interesse ecc. appaiono quindi anche come questioni su come si ripartisce il plusvalore disponibile tra le diverse specie di capitalisti. Qui l'esistenza del plusvalore come tale è presupposta. i.Perché denaro o merce, in genere una somma di valore, possa essere prestata come capitale, il capitale è già talmente presupposto come una forma particolare potenziata del valore, che, come denaro e merce sono presupposti quali elementi materiali di contro al capitale in genere, cosi la forma-capitale del valore è presupposta come l'eguale proprietà inerente di denaro e merce, talché denaro o me1-ce possono essere rimessi a una terza persona come capitale, poiché merce o denaro non possono svilupparsi come capitale nella circolazione, ma possono essere immessi nella circolazione come capitale compiuto, capitale in sé, come una merce particolare, che ha anche_ la sua particolare forma di alienazione . .Sulla base della stessa produzione capitalistica il capitale produttivo d'interesse si presenta dunque come forma derivata, secondaria. Secondo. Il denaro produttivo d'interesse appare come la prima forma del capitale produttivo d'interesse, come il denaro in generale appare come il punto di partenza della formazione del capitale, perché il valore si autonomizza per la prima volta nel denaro, quindi l'aumento l

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di un genere particolare

del denaro si presenta in primo luogo come aumento del valore in sé e nel denaro è data la misura nella quale si misura dapprima il valore di tutte le merci, ma poi l'autovalorizzazione dd valore. Ora il denaro può essere prestato a fini produttivi, quindi formalmente come capitale, sebbene il capitale non si sia ancora impadronito della produzione, non esista ancora alcuna produzione capitalistica, quindi

non esista ancora alcun capitale nel senso forte della parola, sia che la produzione abbia luogo sulla base della schiavitu o che il reddito eccedente appartenga al landlord 1 (come in Asia o nell'epoca feudale) o abbia luogo l'industria artigianale, l'economia rurale e simili. Questa

forma del capitale, cosl come il patrimonio commerciale, è dunque parimenti indipendente dallo sviluppo degli stadi della produzione ( presupposto solamente che la circolazione delle merci si sia spinta innanzi fino alla formazione del denaro) e appare quindi storicamente prima dello sviluppo della produzione capitalistica, sulla cui base esso costituisce soltanl!o una forma secondaria. Come per il patrimonio commerciale, basta che esso sia capitale solo formalmente, il capitale in una funzione

nella quale esso può esistere prima di essersi impadronito della produzione, e soltanto quest'ultimo capitale è fondamento di un peculiare modo storico di produzione sociale. J J 14 [ Terzo. II denaro può essere prestato (proprio come la merce) per comprare, non per impiegarlo produttivamente, ma per consumado, spenderlo. Qui non ha luogo alcuna formazione di plusvalore, semplicemente una diversa ripartizione, deplacement 2, di valori esistenti. Quarto. Si può prestare del denaro per pagare. II denaro può essere prestato come mezzo di pagamento. Se ciò accade per coprire i debiti dovuti al consumo è lo stesso caso del 3, con la sola dif-

ferenza che là il denaro viene prestato per comprare valori d'uso, qui pet pagare valori d'uso consumati.

Ma il pagamento può essere richiesto come atto del processo di circolazione del capitale. Sconto. La considerazione di questo casus 3 pertiene alla dottrina del credito. Dopo questa digressione ritorniamo al tema. Nello sviluppo del capit-ale è importante tenere presente che l'unico presupposto, gli unici elementi dai quali noi prendiamo le mosse 1

proprietario del suolo, signore

2

dislocazione

3

caso

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sono la circolazione delle merci e la circolazione del denaro, sono merce e denaro, e gli individui stanno l'uno di fronte all'altro soltanto come possessori di merci. Il secondo presupposto è che il cambiamento di forma che la merce compie nella circolazione è solo formale, vale a dire che il valore rimane invariato in ciascuna forma, la merce che una vòlta esiste come valore d'uso esiste l'altra come denaro, ma senza mutare la sua grandezz.:i di valore, quindi le merci sono comprate e vendute al loro valore, in rapporto al tempo di lavoro in esse contenuto, in altre parole si srnmbiano solo degli equivalenti. Se si considera la fOl'ma Mill-M, senza dubbio il valore si conserva anche in essa. Esso esiste dapprima nella forma della merce, poi del denaro, poi di nuovo della merce. P. es. Mettiamo che ci sia una. tonnellata di ferro al prezzo di 3 I.; le stesse 3 I. esistono poi come denaro, poi come frumento al prezzo di 3 /. In questo processo la grandezza di valore di 3 /. si è quindi conservata, ma ora come valore d'uso il grano cade al di fuori della circolazione, nel consumo e con ciò il valore viene annullato. Sebbene qui il valore si conservi fintanto che la merce si trova nella circolazione, ciò appare puramente fotmale.

Aggiunte a a ' 321 Per sviluppare il concetto di capitale è necessario prendere l'avvio non dal lavoro, bens1 dal valore e piu precisamente dal valore di scambio già sviluppato nel movimento della circolazione. È altrettanto impossibile passare direttamente dal lavoro al capitale quanto dalle diverse razze umane al banchiere o dalla natura alla macchina a vapore. Non appena il denaro è posto come valore di scambio che si autonomizza, non solo di contro alla circolazione (come nella tesaurizzazione), ma che si conserv~ in essa, esso non è pili denaro, giacché questo come tale non va oltre la determinazione negativa, ma è capitale. Il denaro è quindi anche la prima forma nella quale il valore di scambio perviene alla determinazione di capitale e storicamente la prima forma fenomenica del capitale, che quindi anche viene confusa storicamente con il capitale stesso. Per il capitale la circolazione appare non solo, come nel denaro, come movimento nel quale il valore di scambio si dilegua, ma [ COffi:e movimento J nel quale esso si conserva ed è esso stesso la permuta delle due determinazioni di denaro e merce. Nella circolazione semplice, invece, il valore di scambio non viene 30

realizzato in quanto tale, Esso viene sempre realizzato solamente nel momento del suo dileguarsi. Se la merce diventa denaro e il denaro diventa ·nuovamente merce, dilegua allora la determinazione di valore di scambio della merce che è servita solo a questo, a ottenere, in cambio della prima merce, una quantità corrispondente della seconda merce (la seconda merce in misura corrispondente), con il che questa ultima cade poi preda del consumo come valore d'uso, La merce diventa indifferente nei confronti di questa forma ed è oramai soltanto oggetto diretto del bisogno. Se viene scambiata merce con denaro, la forma del valore di scambio, il denaro, permane solo fino a che esso, al di fuori dello scambio, si rapporta negativamente alla circolazione. La perennità, alla quale aspirava il denaro rapportandosi negativamente alfa circolazione, la consegue il capitale, che si conserva proprio in quanto si abbandona alla circolazione. I

I 15 I y) Scambio con lavoro.

Processo lavorativo. Processo di valorizzazione.

Nel processo D-M-iD il valore (una data somma di valore) deve conservarsi e accrescersi, mentre entra nella circolazfone, vale a dire mentre assume alternativamente le forme della merce e del denaro. La circolazione non deve essere puro e semplice cambiamento di forma, ma deve aumentare la grandezza di valore, aggiungere al valote esistente un nuovo valore o un plusvalore, Il valore come capitale deve essere, per cosi dire, valore alla seconda potenza, valote potenziato. valore di scambio della merce è la quantità di lavoro sociale uguale oggettivata nel suo valore d'uso o la quantità di lavoro che in essa è incorporata, lavorata. La grandezza di questa quantità si misura in tempo: il tempo di lavoro che si richiede per produrre il valore d'uso, dunque che è in esso oggettivato. Denaro e merce si distinguono solo per la forma nella quale si esprime questo lavoro oggettivato. Nel denaro il lavoro oggettivato è espresso come lavoro sociale (in generale), che è perciò immediatamente sc•mbiabile con tutte le altre merci nella misura in cui contengono altrettanto Ìavoro. Nella merce il valore di scambio che vi è contenuto ossia il lavoro che vi è oggettivato è espresso soltanto nel suo prezzo, vale a dire in uri'equazione con il denaro; solo idealmente in denaro (nel materiale del denaro e nella misura dei valori.) Ma

n

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entrambe le forme s.ono forme della medesima grandezza di valore e considerate secondo la loro sostanza, forme della medesima quantità di lavoro oggettivato, quindi lavoro oggettivato in generale. (Il denaro, si è visto r33J, tanto come mezzo

di acquisto che come mezzo di pagamen~

to può essere sostituito nella circolazione interna con segni di valore, segni di se stesso. Ciò non cambia affatto la cosa, poiché il segno ,rappresenta Io stesso valore, lo stesso tempo di lavoro che è contenuto nel denaro.) Che nel movimento D-M-D, in generale nel concetto di capitale, si parta dal denaro, non significa niente altro che qnesto: che si partè dalla forma autonoma che assume il valore contenuto nella merce o H lavoro in essa contenuto; dalla forma nella quale esso costituisce esistenza del tempo di lavoro come tempo di lavoro generale - indipendentemente dal valore d'uso nel quale si è originariamente in-. corporata. Il valore, tanto nella forma del denaro che in quella della merce, è quantità di lavoro oggettivato. Se il denaro è trasformato in merce o la merce in denaro, il valore muta solamente la. sua forma, ma non la sua sostanza - l'essere lavoro oggettivato - , né la sua grandezza, secondo la quale è una determinata quantità di lavoro oggetti-

. vato. Tutte le merci sono quindi diverse dal denaro solo formalmente; il denaro non è che una loro particolare forma di esistenza, che esse assumono nella circolazione e per la circolazione. Come lavoto oggetti~ vato esse sono la stessa cosa, valore, e H cambiamento di forma - il fatto che questo valore esista ora come denaro, ora come merce per il capitale deve essere, secondo il presupposto, indifferente, ovvero - per il presupposto che esso sia valore che si conserva in ciascuna di queste forme - è un presupposto senza, del quale il denaro e il valore in genere non diventano in alcun modo capitale. Deve essere solamente cambiamento di forma dello stesso contenuto. L'unica cosa che si contrnppone al lavoro oggettivato è il lavoro ' non-oggettivato, il lavoro vivo. L'uno è lavoro esistente nello spazio, l'altro nel tempo,. l'uno passato, Paltro presente, l'uno resosi corpo in un valore d'uso, l'altro [esiste] come attività umana in processo e compreso in questo processo solo per oggettivarsi, l'uno è valore, l'altro è creatore di valore. Se viene scambiato un valore esistent-:: con l'attività creatrice di valore, lavoro oggettivato con lavoro vivo, in breve denaro con lavoro, appare allora reale la possibilità che attraverso la mediazione di questo processo di scambio il valore esistente sia conservato o ingrandito. Assumiamo dunque che il possessore di

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denaro compri lavoro, che il venditore non venda dunque nessuna merce, rna lavoro. In base alla trattazione svolta fino a questo punto - la trattazione del rapporto della circolazione delle merci nella quale si fronteggiano soltanto dei possessori di merci - questo rapporto li 16 I non si spiega. Qui per il momento non indaghiamo neppure le sue condizioni, lo presupponiamo semplicemente come realtà di fatto. Attraverso la compera del lavoro il nostro possessore di denaro mira soltanto ad ingrandire il valore da lui posseduto. Gli è quindi indifferente quale particolare tipo di I'avoro egli compri,. deve soltanto comprare lavoro utile, che produce un particolare valore d'uso, quindi un tipo particolare di lavoro, p.es. il lavoro di un tessitore di lino. Sul valore di questo lavoro - ossia su come si determini in genere il valore del lavoro - non sappiamo ancora nulla ' 341 • /17 / È dunque chiaro che una data quantità di lavoro non può mutare e ancor meno far aumentare la sua grandezza di valore per il fatto che una volta esiste nella forma del denaro - la merce nella quale tutte le altre merci misurano il loro valore - l'altra volta in un qualsiasi altro vafore d'Uso, in altre parole, che esiste una volta

nella forma del denaro e l'altra nella forma della merce. Nemmeno si può intuire come attraverso un tale cambiamento di forma una

data somma di valore, una determinata quantità di lavoro oggettivato, possa conservarsi come tale. Nella forma del denaro il valore della merce, o la stessa merce, fintanto che è valore di scambio, una determi~ nata quantità di lavoro oggettivato, esiste nella sua forma invariabile. La forma denaro è appunto la forma nella quale il valore della merce si mantiene, si conserva come valore o come una determinata quantità

di lavoro oggettivato. Se trasformo denaro in merce, allora trasformo il valore da una forma nella quale esso si conserva in una forma nella quale non si conserva e nel movimento del comprare per vendere il valore verrebbe prima trasformato dalla sua forma invariabile in una forma nella quale non si conserva, per essere poi ritrasformato

di nuovo in denaro, nella forma invariabile - una commutazione che nella circolazione può riuscire come non riuscire. Ma il risultato sarebbe che io, tanto prima che dopo il processo, possiederei la somma di valore, il lavoro oggettivato nella sua forma invariabile, come una determinata somma di denaro. Questa è un'operazione del tutto inutile e perfino contraria allo scopo. Ma se trattengo il denaro come tale, allora esso è tesoro, ha di nuovo valore d'uso e si conserva come valore di scambio solo perché non opera come tale; s.i conserva per cosi dire come

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valore di scambio pietrificato per il fatto che si mantiene al di fuori della circolazione, si rapporta ad essa negativamente. D'altra parte nella forma della merce il valore svanisce con il valore d'uso nel quale è riposto, che è una cosa caduca, e come tale sarebbe dissolto dal puro e semplice ricambio materiale della natura. Ma se viene effettivamente utilizzato come valore d'uso., cioè consumato, allora con il valore d'uso svanisce anche· il valore di scambio in esso contenuto. Aumento del valore non significa altro che aumento del lavoro oggettivato; ma è solamente grazie al lavoro vivo che il lavoro oggettivato può essere conservato o aumentato C35l. I j 1-8 j Il valore, il lavoro oggettivato esistente nella forma del denaro potrebbe crescere solo mediante lo scambio con un'altra merce il cui stesso valore d'uso consistesse nell'accrescimento del valore di scambio, il cui consumo fosse sinonimo di creazione di valore o di oggettivazione di lavoro. (In generale per il valore che deve accrescersi nessuna merce ha direttamente valore d'uso se non in quanto il suo ste$·So valore d)uso è creazione di valore; se non in quanto essa è utilizzabile per l'accrescimento del valore.) Ma un tale valore d'uso lo ha soltanto la capacità di lavoro vivente. Il valore, il denaro può quindi trasformarsi in capitale solo attraverso lo scambio con la capacità di lavoro vivente. La sua trasformazione in capitale richiede da un lato il suo scambio con la capacità di lavoro, dall'altro con le condizioni fattuali che l'oggettivazione della capacità di lavoro presuppone. Qui noi siamo sul terreno della circolazione delle merci, secondo la quale tra coloro che scambiano non è assolutamente presupposto alcun rappotto di dipendenza tranne quello dato dallo stesso processo di eh-colazione; essi si distinguono solo come compratori e venditori-. Di conseguenza il denaro può comprare la capacità di lavoro solo in quanto venga essa stessa messa in vendita come merce, sia venduta dal suo detentore, dal v1vente possessore della capacità di lavoro. La condizione è che il possessore della capacità di lavoro per prima cosa disponga della propria capacità di lavoro, possa disporne come merce. Perciò è necessario che egli ne sia anche proprietario. Altrimenti non potrebbe venderla come merce. La seconda condizione, peraltro già contenuta nella prima, è che egli debba portare sul mercato, vendere come merce proprio la sua capacità di lavoro, perché non deve piu scambiare il suo lavoro nella forma di un'altra merce, di lavoro oggettivato (esistente al di fuori della sua soggettività) in un diverso valore d'uso, ma la sola merce che ha da offrire, che ha da vendere, è proprio 34

la sua vivente capacità di lavoro sita nella sua vivente corporeità. (Capacità non deve assolutamente intendersi qui come fortuna, fortune, ma come potenza, O\Jvaµt.ç (361 .) Perché sia costretto a vendere la sua capacità di lavoro invece che una merce nella quale si oggettivi il suo lavoro, - questa merce specificamente diversa da tutte le altre merci, sia che esistano nella forma della merce o in quella del denaro - , perché questo avvenga il presupposto è che manchino, siano andate perdute le condizioni oggettive per la realizzazione della sua capacità di lavoro, le condizioni per l'oggettivazione del suo lavoro, anzi che gli stiano di fronte estranee come mondo della ricchezza, della ricchezza oggettiva, soggetto a una volontà estranea, come proprietà del possessore di merci nella circolazione, come proprietà altrui. Quali siano le condizioni per la realizzazione della sua capacità di lavoro, o quali siano le condizioni oggettive del lavoro, del lavoro in processu, come attività che si realizza in un va.lare d'uso, si mostrerà in seguito in modo pill ravvicinato. Se dunque la condizione per la trasformazione del denaro in capitale è il suo scambio con la vivente capacità di lavoro, ossia la compera della vivente capacità di lavoro dal detentore della stessa, il denaro può in generale trasformarsi in capitale o il possessore di denaro in capitalista solo in quanto egli trova già sul mercato delle merci, all'interno della circolazione, il libero lavoratore, libero in quanto da un lato dispone della sua propria capacità di lavoro come merce; in quanto dall1altro non deve disporre di nessun'altra merce, ossia è libero, sciolto, privo di tutte le condizioni oggettive per la realizzazione della sua capacità di lavoro; e perciò nello stesso senso nel quale il possessore di denaro, come soggetto e depositario del lavoro oggettivato, del valore che poggia su se stesso, è capitalista, cosl, come puro e semplice soggetto, pura e semplice personificazione della sua propria capacità di lavoro, egli è lavoratore. Questo libero lavoratore - e quindi lo scambio tra il possessore di denaro e il possessore della capacità di lavoro, tra capitale e lavoro, tra capitalista e lavoratore - è però manifestamente egli stesso il prodotto, il risultato di un precedente sviluppo storico, il resumé 1 di molte rivoluzioni economiche e presuppone il tramonto di altri rapporti sociali di produzione e un determinato svHuppo delle forze produttive del lavoro sociale. Le determinate condizioni storiche che sono 1

compendio

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date con il H 19 I presupposto di questo rapporto si mostreranno da sé nella successiva analisi del rapporto. Ma la produzione capitalistica procede dal presupposto che entro la circolazione, sul mercato, si trovino i liberi lavoratori, o venditori che hanno da vendere solo la propria capacità di lavoro. La formazione del rapporto capitalistico mostra dunque fin dal principio che esso può subentrare solo a un determinato stadio storico dello sviluppo economico della società dei rapporti sociali di produzione e delle forze produttive. Esso appare fin dal principio come un rapporto economico storicamente determinato, un rapporto che appartiene a un determinato periodo storico dello · sviluppo economico, della produzione sociale. Noi siàmo partiti dalla merce cosi come essa appare alla superficie della società borghese, come il rapporto economico piu semplice, l'elemento della ricchezza borghese. La sua analisi ha indicato anche determinate condizioni storiche inviluppate nella sua esistenza. Se p. es. i produttori producono i prodotti solo come valori d'uso, allora il valore d'uso non evolve a merce. Ciò presup-

pone questo rapporto storicamente determinato tra i ,membri della società. Se ora avessimo indagato piu a fondo la questione: in quali circostanze i prodotti vengono prodotti in generale come merci o a quali condizioni l'esistenza del prodotto come merce appare quale forma generale e necessaria di tutti i prodotti, si sarebbe trovato che ciò ha luogo soltanto sulla base di un ben determinato modo storico di produzione, quello capitalistico. Ma una simile trattazione si sarebbe collocata lontano dall'analisi della merce come tale, perché in questa analisi avevamo a che fare solo con i prodotti, i valori d'uso, in quanto appaiono nella forma della merce, ma non con la questione su quale base socialmente economica ciascun prodotto debba apparire come merce. Noi partiamo piuttosto dal dato di fatto, cioè che nella produzione borghese si trova la merce quale forma elementare generale della ricchezza. Produzione di merci e quindi circolazione di merci possono aver luogo tuttavia tra differenti comunità o tra differenti organi della stessa comunità, sebbene la maggior parte della prnduzione venga prodotta per il proprio fabbisogno immediato, come valore d'uso, e perciò non assuma mai la forma della merce. D'altra parte la circolazione del denaro, dal canto suo, e quindi lo sviluppo del denaro nelle sue differenti funzioni e forme elementari non presuppongono niente altro che la stessa circolazione delle merci e precisamente una circolazione delle merci appena sviluppata. Questo è però anche un presupposto storico, che tuttavia, secondo la natura della merce, si può avverare in stadi molto diversi 36

del processo sociale di produzione. La considerazione pm ravv1cmata delle singole forme denaro, p. es. dello sviluppo del denaro come tesoro e del denaro come mezzo di pagamento, alludono a stadi storici molto diversi del processo sociale di produzione; differenze storiche che emergono dalla pura e semplice forma di queste diverse funzioni del denaro. Già la semplice esistenza del denaro nella forma di tesoro o di mezzo di pagamento si è rivelata propria ugualmente di ogni stadio in una certa misura sviluppato della circolazione delle merci e quindi non circoscritta a un determinato periodo della produzione, ma propria tanto degli stadi preborghesi del processo di produzione, quanto della produzione borghese. Ma il capitale si presenta fin dall'inizio come un rapporto che può essere soltanto il risultato di un determinato processo storico e il fondamento di una epoca determinata nel modo di produzione sociale. Consideriamo ora la capacità di lavoro in se stessa nella sua opposizione alla merce che le sta di fronte nella forma del denaro, in opposizione al lavoro oggettivato, al valore personificato nel possessore di denaro o capitalista e diventato in questa persona volontà propria, personale, essere per sé, consapevole fine a se stesso. Da un lato la capacità di lavoro appare come l'assoluta povertà, giacché l'intero mon~

do della ricchezza materiale, come pure la forma generale di questa, il valore di scambio, le sta di fronte come merce altrui e denaro altmi; ma il lavoratore stesso è puramente e semplicemente la possibilità di lavorare presente e racchiusa nella vivente corporeità del lavoratore ' 37 3, una possibilità che tutt•via è completamente separata da tutte le condizioni oggettive della sua realizzazione, quindi dalla sua propria effettualità e che esiste autonomamente di fronte ad esse, spogliata di esse. In quanto tutte le condizioni oggettive per la sua nasdta, per l'effettivo processo del lavoro, per la sua effettiva sollicitation 1 - tutte le condizioni per la sua oggettivazione rappresentano la mediazione tra la capacità potenziale del lavoro e il lavoro effettivo, esse possono essere designate tutte come mezzi di lavoro. La capacità di lavoro, per potersi presentare come fattore proprio, personale di fronte al 11 20 I lavoro oggettivato rappresentato dal possessore di denaro e dal possessore di merci, [di fronte] al valÒre personificato di fronte ad essa nella veste del capitalista, nella sua figura autonoma di lavoratore che deve offrire in vendita come merce ]a sua capacità di lavoro 1

so'.llecitazione 1 stimolazione, messa in movimento

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in quanto tale, è la capacità di lavoro spogliata dei suoi mezzi di lavoro. Poiché il lavoro effettivo è l'appropriazione della natura per il soddisfacimento dei bisogni umani, l'attività che media il ricambio materiale tra l'uomo e la natura, la capacità di lavoro, essendo spogliata dei mezzi di lavoro, delle condizioni oggettive dell'appropriazione della natura attraverso il lavoro, è spogliata ugualmente dei mezzi di sussistenza, siccome abbiamo già visto in precedenza [33J che il valore d'uso deile merci può essere caratterizzato molto in generale come mezzo di sussistenza. La capacità di lavoro spogliata dei mezzi di lavoro e dei mezzi di sussistenza è quindi l'assoluta povertà come tale e il lavoratore, in quanto semplice personificazione di essa, possiede effettivamente i suoi bisogni, mentre possiede l'attività per soddisfarli solamente come attitudine (possibilità) priva di oggetto, solamente compresa nella sua ptoprfa soggettività. Come tale, secondo il suo concetto, egli è povero, c6me la personificazione e il veicolo di questa capacità potenziale per sé, isolata dalla sua oggettività. D'altra parte, poiché la riccbezza materiale, il mondo dei valori d'uso consiste solo di materia naturale che viene modificata dal lavoro, quindi viene appropriata soltanto attraverso il lavoro, e la forma sociale di questa ricchezza, il valore di scambio, non è assolutamente nient'altro che una determinata forma sociale del lavoro oggettivato contenuto nei valori d'uso; poiché però il valore d'uso, l'effettivo uso della capacità di lavoro è il lavoro stesso, quindi l'attività che media i valori d'uso e crea valore di scambio, la capacità di lavoro è anche la possibilità generale della ricchezza materiale e la sola fonte della ricchezza nella determinata forma sociale che questa possiede come valore cÌi scambio. Valore come' lavoro oggettivato è proprio soltanto l'attività oggettivata della capacità di lavoro. Se quindi nel rapporto capitalistico si parte dal presupposto che il lavoro oggettivato si conserva e si accresce - il valore si conserva e si accresce - per il fatto che il possessore di denaro o di merci trova continuamente nella circolazione una parte di popolazione costituita da semplici personificazioni della capacità di lavoro, semplici lavoratori, che perciò vendono come· merce la loro capacità di lavoro, la mettono continuamente in vendita sul mercato, il paradosso dal quale sembra prendere l'avvio la moderna economia politica è fondato nella natura della cosa. Mentre essa da una parte proclama il lavoro fonte della ricchezza, tanto nella sua figura materiale, quanto nella sua forma sociale, tanto i valori d'uso, quanto i valori di scambio, d'altra parte proclama parimenti la necessità dell'assoluta povertà del 38

lavoratore - una povertà che per l'appunto non significa altro che questo, che la sua capacità di lavoro resta l'unica merce che egli ha da vendere e che egli sta di fronte alla ricchezza oggettiva, effettiva come pura capacità di lavoro. Questa contraddizione è data nel momento stesso in cui il valore, appaia nella forma della merce o del denaro, sta di fronte alla capacità di lavoro in quanto tale, come a una merce particolare. Ulteriore opposizione: in opposizione al denaro (o al valore in genere) in quanto lavoro oggettivato, la capacità di lavoro appare come capacità del soggetto vivente, l'uno IavorO passato, compiuto in precedenza, l'altro futuro, la cui esistenza può essere per l'appunto soltanto l'attività vivente, l'attività esistente nel tempo dello stesso soggetto. vivente. Come dal lato del capitalista sta il valore come tale, che nel denaro possiede la sua generale esistenza sociale di lavoro oggettivato, valida in generale, per la quale ciascuna forma di esistenza particolare, l'esistenza nel valore d'uso di ciascuna merce particolare, vale soltanto come incarnazione particolare e in sé e per sé indifferente, quindi sta la ricchezza astratta, cosi nel lavoratore, come pura e semplice personificazione della capacità di lavoro, gli sta dinanzi il lavoro in generale, la possibilità generale della ricchezza, l'attività (come capacità potenziale) creatrice di valore in genere, e questo qualunque sia il tipo particolare di lavoro effettivo che il capitale compera. Questo modo particolare della capacità di lavoro vale solo in quanto il suo valore d uso è oggettivazione del lavoro in generale, quindi dell'attività creatrice di valore in generale. Al capitalista, che rappresenta il valore come tale, sta di fronte il lavoratore come capacità di lavoro tout court, come lavoratore tout court, cosi che Popposizione tra il I! 2 1 ! valore che si valorizza esso stesso, il lavoro oggettivato che si valorizza esso stesso, e la vivente capacità di lavoro creatrice di valore costituisce la Pointe 1 e il contenuto peculiare del rapporto. Essi stanno l'uno di fronte all'altro come capitale e lavoro, come capitalista e lavoratore. In astratto questa opposizione si trova p. es. nell'industria· corporativa, nella quale il rapporto di mastro e garzone ha tutt'altre determinazioni. ( Questo punto e verosimilmente tutto questo Passus 2 è da inserire però nella sezione: capitale e lavoro salariato.} [39J 1

1

1

-tutto il senso e lo scopo finale

2

passo

39

Valore della capacità di lavoro Minimo del salario o salario medio La capacità di lavoro si differenzia come· valore d'uso specifico dai valori d'uso di tutte le altre merci. In primo luogo per il fatto che esiste come semplice attitudine nella corporeità vivente del venditore, del lavoratore; in secondo luogo, cosa che le imprime una differenza del tutto caratteristica rispetto a tutti gli altri valori d'uso, che il suo valore d)uso -

la sua effettiva valorizzazione come valore d'uso,

vale a dire il suo consumo - lavoro, sebbene riappaia come effetto, risulta71

to, nella forma del nuovo valore d'uso è del tutto svanito. La determinata determinatezza materiale, l'utilità dei lavori che etano presenti nella materia e nel mezzo di lavoro, è parimenti cancellata, come i valori d'uso nei quali essi sono risultati sono anch'essi scomparsi o modificati. Ma, come valori di scambio, essi era.no, già prima ,di entrare ih questo nuovo processo lavorativo, semplice materializzazione del lavoro generale, null'altro che una quantità di tempo di lavoro in generale assorbita in un oggetto, per il quale il determinato carattere del lavoro che si compiva effettivamente, come la natura del valore d'uso in cui si realizzavano, era indifferente. ,H rapporto è, dopo il nuovo processo lavorativo, del tutto identico a quello che era prima di esso. La quantità di tempo di lavoro necessaria a produrre, p. es., cotone e fuso è necessaria quantità di tempo di lavoro richiesta per produrre il refe nella misura in cui cotone e fuso sono consumati in refe. Che questa quantità di tempo di lavoro appaia ora come refe è del tutto indifferente, poiché, tanto prima che dopo, appare in un valore d'uso per la cui produzione è necessaria. Se scambio cotone e fuso per il valore di 100 talleri contro, p. es., una quantità di refe che vale ugualmente 100 talleri, il tempo di lavoro contenuto nel cotone e nel fuso esiste anche in questo caso come tempo di lavoro contenuto nel refe. Che cotone e fuso nella loro effettuale trasformazione materiale in refe subiscano anche modificazioni materiali, l'uno riceva un'altra forma, l'altro sia del tutto perito nella sua forma materiale, non cambia nulla al proposito, perché ciò li riguarda per l'appunto solo come valori d'uso, quindi li riguarda in una figura di contro alla quale essi, come valori di scambio, in sé e per sé sono indifferenti. Poiché come valori di scambio essi sono soltanto una determinata quantità di tempo di lavoro sociale materializzato, quindi uguali grandezze, equivalenti per og·ni altro valore d'uso che sia una quantità di tempo di lavoro sociale materializzato di uguale grandezza, il fatto che appaiano ora come fattoti di un nuovo valore d'uso non reca ad essi alcun mutamento. La sola condizione è che 1) appaiano come tempo di lavoro necessario per produrre il nuovo valore d'uso, 2) che risultino effettivamente in un nuovo valore d'uso - quindi in un valore d'uso ]I 38 I in generale. Essi sono tempo di lavoro necessario per creare il nuovo valore d'uso, perché i valori d'uso nei quali originariamente sono cristallizzati sono fattori necessari per il nuovo processo lavorativo. Ma in secondo luogo i valori d'uso, quali esistevano prima del processo lavorativo 72

- come cotone e fuso - , sono di fatto risultati"- secondo il presupposto, tramite il nuovo processo lavorativo, in un nuovo valore d'uso, nel prodotto, il refe. (,Ohe nel nuovo prodotto entrino soltanto quantità di materia e di mezzo di lavoro di grandezza tale quale è necessaria alla sua formazione - quindi soltanto il tempo di lavoro necessario che è richiesto in queste determinate quantità - , in altre parole che non siano sprecati la· materia né il mezzo di produzione è una-condizione ,che non si riferisce ad essi come tali, ma alla conformità allo scopo e alla produttività del nuovo lavoro che li impiega come sua materia e suo mezzò di lavoro nel processo lavorativo; è quindi una determinazione di questo stesso lavoro che si deve prendere in considerazione. Ma qui si suppone che essi entrino nel nuovo processo lavorativo come mezzo e materia del lavoro soltanto in quantità tali quante ne sono come tali effettivamente richieste per la effettuazione del nuovo lavoro, [quante] sono condizioni effettivamente oggettive del nuovo processo lavorativo.) ,Perciò due risultati. Primo: Il tempo di lavoro richiesto per la produzione della materia e del mezzo di lavoro consumati nel prodotto è tempo di lavoro richiesto per la produzione del prodotto. Nella misura in cui si considera il valore di scambio, il tempo di lavoro materializzato nella materia e il tempo di lavoro materializzato nel mezzo di lavoro si possono considerare come se fossero momenti del medesimo processo lavorativo. Tutto il tempo di lavoro contenuto nel prodotto è passato; perciò è lavoro materializzato. Che il tempo di lavoro passato nella materia e nel mezzo di lavoro sia trascorso in precedenza, appartenga ad un periodo precedente, come il tempo di lavoro immediatamente funzionante nell'ultimo processo lavorativo stesso, non cambia in nulla la cosa. Essi costituiscono solamente precedenti periodi nei quali il tempo di lavoro contenuto nel prodotto è stato lavorato, è rappresentato come la parte del lavoro che vi entra immediatamente. I valori della materia e del mezzo di lavoro riappaiono dunque nel prodotto come parti costitutive del suo valore. Questo valore è un presupposto perché il tempo di lavoro in essi contenuto era già espresso nella sua forma generale, come lavoro sociale nei prezzi della materia e del mezzo di lavoro - prezzi ai quali il possessore di denaro li ha comprati come merci prima di dare inizio al processo lavorativo. I valori d'uso nei quali consistevano se ne sono andati, ma essi stessi sono rimasti invariati e rimangono invariati nel nuovo valore d'uso. È soltanto intervenuto

73

questo mutamento, che essi appaiono come semplici componenti, fattori del suo valore, come fattori di un nuovo valore. In quanto 'la merce è in generale valore di scambio, il determinato valore d'uso, la determinata d~terminatezza materiale nei quali esso esiste è in generale soltanto un suo determinato modo di manifestarsi; esso è in realtà equivalente generale e può quindi scambiare questa incarnazione con ogni altra, è in grado, attraverso la circolazione e innanzitutto attraverso la sua trasformazione in denaro, di darsi la sostanza di ogni altro valore d'uso. Secondo: I valori del mezzo e della materia del lavoro si conservano quindi nel valore del prodotto, entrano come fattori nel valore del prodotto. Ma essi ricompaiono in questo soltanto perché la effettiva modificazione che i valori d'uso hanno riportato in sé non ha toccato in generale la loro sostanza, ma solamente le forme del valore d'uso nelle quali esistono prima e dopo il processo; la determinata forma del valore d'uso nella quale esiste il valore del prodotto, o anch~ la determinata utilità del lavoro che in questo è ridotto a lavoro astratto, non ha però toccato, secondo la natura della cosa, la sua essenza in generale. Tuttavia, affinché il valore della materia e del mezzo di lavoro ricompaia nel prodotto, la conditio sine qua non 1 è che il processo lavorativo continui effettivamente fino alla fine, fino al prodotto, risulti effettivamente nel prodotto. Se si tratta dunque di valori d'uso la cui produzione abbraccia un periodo piu lungo, si vede allora quale sia il momento essenziale al processo di valorizzazione in generale - perfino per quanto concerne anche solo la conservazione di valori d'uso esistenti: è la continuità del processo lavorativo. ( Ma questo suppone, secondo il presupposto, che il processo lavorativo si svolga sulla base del!' appropriazione della capacità di lavoro attraverso il suo acquisto da parte del denaro, attraverso la continua trasformazione del denaro in capitale. Quindi che l'esistenza della classe lavoratrice sia una costante. Questa costanza viene creata essa stessa soltanto dal capitale. Anche in precedenti stadi della produzione si può incontrare sporadicamente una precedente classe lavoratrice, ma non come I! 3-9 I presupposto generale della produzione. Nelle colonie ( vedi Wakefield, in seguito bisogna ritornare su questo punto [SSJ) si vede che questo rapporto è esso stesso un prodotto della produzione capitalistica.) 1

74

condizione necessaria, imprescindibile

Per ciò che riguarda la conservazione dei valori della materia e del mezzo di lavoro - presupposto quindi che il processo lavorativo continui fino al prodotto - , a ciò si perviene semplicemente con questo fatto, che questi valori d'uso sono consumati come tali dal lavoro vivo nel processo lavorativo, che essi figurano comè' momenti effettivamente reali del processo lavorativo - ,[ si perviene J soltanto attraverso il loro contatto con il lavoro vivo e il loro entrarvi come condizioni della sua attività conforme allo scopo. Nel processo lavorativo il lavoro vivo aggiunge del valore al valore presupposto nella materia e nel mezzo di lavoro solo in quanto esso stesso è per sé una nuova quantità di lavoro, non in quanto sia lavoro effottivo, utile, non in quanto venga considerato secondo la sua determinatezza materiale. Il refe ha un valote maggiore della somma dei valmi del cotone e del fuso in esso consumati soltanto perché nel processo lavotativo si è aggiunta una nuova quantità di lavoro, per trasformare quei valori d'uso nel nuovo valore d'uso refe, quindi perché il refe, oltre alla quantità di lavoro t:ontènuta nel cotone e nel fuso, ne contiene anche un'altra aggiuntasi ex novo. Ma i valori di scambio del cotone e del fuso sono conservati semplicemente per ciò, che il lavoro effettivo, il lavoro di filatura, li trasforma nel nuovo valore d'uso refe, quindi li consuma conformemeute allo scopo, li rende fattori vitali del proprio processo. I valori che entrano nel processo lavorativo sono quindi conservati semplicemente dalla qualità del lavoro vivo, dalla natura della sua esttinsecazione, attraverso la quale quegli oggetti morti'- nei quali i valori presupposti esistono come nei loro valori d'uso - orà sono effettivamente afferrati come valori d'uso da questo nuovo )avoro utile, la filatura, e trasformati in momenti del nuovo lavoro. Essi sono conservati come valori per ciò, che entrano nel processo lavora~ tivo come valori d'uso, quindi giocano di fronte all'effettivo lavoro utile i loro ruoli concettualmente determinati di materia e mezzo di lavoro. Restiamo al nostro esempio. Cotone e fuso vengono impiegati come valori d'uso, perché entrano come materia e mezzo nel lavoro determinato, la filatura, come materia e come· mezzo, sono posti nel~ l'effettivo processo della filatura l'uno come l'oggetto, l'altro come l'organo di questa attività vivente conforme allo scopo. Perciò dunque sono conservati come valori, perché sono conservati come valori d'uso per il lavoro. Essi sono in generale conservati come valori di scambio perché sono impiegati dal lavoro come valori d'uso. Ma il lavoro che li impiega cosi, come valori d'uso, è lavoro effettivo, il lavoro considera-

75

to nella sua determinatezza materiale, questo determinato lavoro utile, che si riferisce a questi particolari valori d'uso solamente come alla materia e al mezzo di lavoro, si rapporta ad essi come tali nella sua vivente estrinsecazione. È questo determinato lavoro utile, la filatura, che conserva i valori d'uso cotone e fuso come valori di scambio e perciò li fa compatire di nuovo nel prodotto, nel valore d'uso refe, come parte-costitutiva-del-valore di-scambio, perché nel processo effettivo si rapporta ad essi come alla sua materia e al suo mezzo, come agli organi della sua realizzazione, li anima come questi suoi organi e li fa operare come tali. E cosi i valori di rotte le merci 5• I (Le diverse forme di reddito: (a prescindere dal salario) come il profitto, l'interesse, la rendita fondiaria, ecc. ,(anche le tasse) sono soltanto diverse parti componenti nelle quali il plusvalore si suddivide, si ripartisce tra diverse classi. Per il momento esse si devono considerare qui solamente nella forma generale del plusvalore. Le spal'tizioni che in seguito possono venirne fatte non cambiano na-

turalmente in alcun modo né la sua quantità, né la sua qualità. Del resto è anche riconosciuto che il capitalista industriale è l'intermediario che paga l'interesse, la rendita fondiaria ecc. « J.I lavoro è la fonte della ricchezza; la ricchezza è il suo prodotto; il reddito come parte della ricchezza deve provenire da questa oril)ine comune; si è soliti dedurre 3 spede di redditi, rendita, profitto e salario da 3 diverse fonti, dalla terra, dal lavoro accumulato e dal lavoro. Queste 3 ripartizioni del reddito sono soltanto 3 diversi modi di partecipare ai frutti del lavoro dell'uomo.» (p. 85. Sism. N. P. t. I)) (lS7J ( ,« I prodotti sono appropriati prima di essere trasformati in capitale; questa conversione non li sottrae all'appropria~ione. » (p. 5,4 Gherb.)) (l5'J (,« Il proletario, vendendo il suo lavoro in cambio di una determinata provvigione, rinuncia completamente a ogni di-

ritto sulle altre parti del capitale. L'allocazione di questi prodotti rimane la stessa di prima: 11011 viene in alcun modo modificata dalla convenzione menzionata. » I.e. p. 58.) ri59i In questa trasformazione del lavoro in capitale consiste in effetti tutto l'arcano del rapporto capitalistico. Se si considera la produzione capitalistica complessivamente, ne segue: come prodotto proprio di questo processo non si deve considerare soltanto la merce (ancor meno il semplice valore d'uso della merce; il prodotto); e neppure soltanto il plusvalore, sebbene ne sia un risultato che sta dinan~i all'intero processo come fine e lo caratterizza. Non viene prodotto soltanto questo particolare -

merce, mer-

ce di valore maggiore del valore del capitale originariamente anticipato - , ma viene prodotto capitale e viene prodotto lavoro salariato; ossia il rapporto viene riprodotto e perpetuato. Del resto questo 164

si mostrerà pi,i dettagliatamente con l'ulteriore sviluppo del processo di produzione. Entrambi, il plusvalore e il salario, appaiono qui in una forma che non si è ancora trovata, cioè in quella del reddito, da una parte quindi forma di distribuzione e perciò, dall'altra, determinato modo del fondo di consumo. Ma, poiché la determinazione è ancora superflua ( diventa però necessaria non appena arriviamo a I, 4, l'accumulazione originaria

(t60l),

considereremo questa determinatezza formale soltanto

quando avremo considerato dettagliatamente il processo di produzione del capitale. Il salario ci si presenta qui perché come Salariar 1 è il presupposto della produzione capitalistica come una forma di produzione; esattamente come abbiamo compreso il plusvalore e la sua crea-· zione nel concetto del capitale come [ concetto J di un rapporto di produzione. Soltanto in second instance 2 si deve allora dimostrare come questi rapporti di produzione si presentino in pari tempo come rapporti di distribuzione ,(all'occasione occorre anche far luce sulla sciocchezza di concepire la capacità di lavoro come il capitale del lavoratore.) Questo diventa in parte necessanio, dunque, per dimosttare l'assurdità che considera i ,apporti di produzione e i rapporti di distribuzione borghesi come rapporti di genere diverso. Cosi come J. St. Mill e molti altri economisti concepiscono i rapporti di produzione come leggi naturali, eterne; ma i rapporti di distribuzione ca~, me artificiali, storicamente sorti e dipendenti dal controllo ecc. della società umana. D'altra parte l'dndicazione del plusvalore p. es. come reddito (quindi in generale la categoria del reddito) è una formula per semplificare, p. es. nell'esame dell'accumulazione del capitale. ile questioni: quale 1avoro è produttivo, idem se il salario o il capitale siano produttivi, idem la formulazione di salario e plusvalore come reddito, sono da trattare alla fine dell'esame relativo al plusvalore relativo. (O anche parzialmente nel rapporto tra lavoro salariato e capitale?) (,Parimenti il lavoratore come M-D-M, il capitalista come D-M-D, risparmio e hoarding 3 del primo ecc.) (Aggiunte dal mio quaderno. Come valore d'uso il lavoro è sòltanto per il capitale ed è il valore d'uso del capitale stesso, vale a dire l'attività mediatrice attraverso la quale esso si valorizza. Il lavoro perciò non è come valore d'uso per il lavoratore, non è perciò 1

salaviato

2

in secondo luogo, in un secondo momento

3

tesaurizzazione

165

come forza produttiva per lui, come mezzo ovvero come attiv1tà del!'.arricchimento. Per li 86 I il capitale il lavoro è valore d'uso, per il lavoratore è semplice valore di scambio, valore di scambio esistente. Come tale esso viene posto nell'atto dello scambio con il capitale, attraverso la sua vendita per denaro. Il valore d'uso di una cosa non riguarda il suo venditore come tale, ma soltanto il suo cQmpratore. (La capacità di) lavoro, che è venduta dal lavoratore al capitale come valore d'uso, per il lavoratore è il suo valore di scambio che egli vuole realizzare, ma che ·( come i prezzi delle merci in generale) è già determinato prima dell'atto di questo scambio, come condizione ad esso ptesupposta. Il valore di scambio della capacità di lavoro la cui realizzazione avviene nel processo dello scambio con il capitale è perciò presupposto, ptedeterminato, subisce soltanto una modificazione formale. (attraverso la trasformazione in denaro) Esso non è determinato dal valore d'uso del lavoro. Per il lavoratore stesso il lavoro ha valore d'uso solo in quanto è valore di scambio, non in quanto produce valore di scambio. Per il capitale esso ha valore di scambio solo nella misurn in cui è valore d'uso. Valore d'uso in quanto diverso dal suo valore di scambio esso non lo è per il lavoratore stesso, ma lo è soltanto per il capitale. Il lavoratore scambia dunque il lavoro come \"alore di scambio semplice, predeterminato, determinato da un processo passato - egli scambia anche il lavoro come lavoro oggettivato solo in quanto è una determinata quantità di lavoro; il suo equivalente è un equivalente già misurato, dato. Il capitale lo riceve in cambio come lavoro vivo, come la forza produttiva generale della ricchezza: attività che accresce la ricchezza. È dunque chiaro che il lavoratore non può arricchirsi attraverso questo scambio cedendo la sua forza creatrice per la esistente grandezza di valore della facoltà di lavoro cosi come Esau ha ceduto la sua primogenitura per un piatto di lenticchie r1611 • Anzi, egli deve impoverirsi, giacché la forza creatrice del suo lavoro gli si stabilisce dinanzi come forza del capitale, come potere estraneo. Egli si aliena del lavoro in quanto forza produttiva della ricchezza; il capitale si appropria di essa come tale. La separazione di lavoro e di proprietà sul prodotto del lavoro, di lavoro e ricchezza è perciò posta in questo stesso atto dello scambio. Ciò che paradossalmente appare come risultato si trova già nello stesso presupposto. Dinanzi al lavoratore la produttività del suo lavoro diventa quindi un potere estraneo, in generale lo diventa il suo lavoro in quanto sia non capacità, ma movimento, lavoro ef~ 166

fettivo; il capitale, all'inverso, valorizza se stesso attraverso l'appropriazione di lavtJro altrui. Quanto meno è posta con ciò la possibilità della valorizzazione, come risultato dello scambio tra capitale e lavoro. Il rapporto è realizzato soltanto nell'atto stesso della produzione (nel quale' il capitale consuma effettivamente il lavoro altrui.) Come la capacità di lavoro, in quanto valore di scambio presupposto, è scambiata con un equivalente in denaro, cosf questo lo è a sua volta con un equivalente in merce che viene consumata. In questo processo dello scambio il lavoro non ,è produttivo; esso lo diventa soltanto per il capitale. Dalla circolazione può trarre solo ciò che vi ha immesso, una quantità predeterminata di merce, che è il suo proprio prodotto altrettanto poco di quanto sia il suo proprio valore. ( Tutti i progressi della civiltà, quindi, in altre parole ogni accrescimento delle forze produttive sociali - delle forze produttive del lavoro stesso non arricchiscono quindi i. lavoratore, ma i. capitalista. Non fanno dunque che estendere il potere che domina il lavoratore, che acctescere la forza produttiva del capitale - il potere oggettivo sul lavoro.) La trnsformazione del lavoro in capitale è, in sé, il risultato dello scambio tra capitale e lavoro. Questa trasformazione è posta soltanto nel processo di produzione stesso.) ( In S,iy e compari lo strumento ecc. ha diritto a. remuneration 1 per il service productif 2 che svolge e questa è data al suo possessore. In questo modo si presuppone l'autonomia dello strumento di lavoro, una sua determinazione sociale, vale a dire la sua determinazione come capitale, per dedurne le pretese del capita62 lista.) '' ' ( « Il profitto non si ottiene con lo scambio. Se non fosse esistito prima, nemmeno lo potrebbe dopo questa transazione. » (Ramsay 184 I. c.))""' («Ogni spazio di terra è la materia prima dell'agricoltura.» (2,1:8. P. Verri. I. c.)) I I s,7 I (Come esempio datomi da Engels [l64J: 10000 fusi à 1 lb alla settimana = 10000 16. = 550 12 di refe = 1 16 di refe per per 1 e 1/10 sh. Materia pnima 10000 lb di refe Ca,scame 15% 1500 = 11500 Profitto 60 .. à 7 d. per lb = 11500 /', 33'6 10000 fusi costano, à 1 /', per fuso, /2 10000

= =

1

remunerazione

2

servizio produttivo

167

Logoramento annuale 12 e 1/2% = f. 1250 quindi alla settimarra ................ 24 carbone, olio ecc ................... 40 84 (5 e 5/ 6 di 490) Logoramento della macchina a vapore .. 20 Salario 70 prezzo della lb . di refe 1 e 1/10 sh.; quindi delle 10000 lb 550 /;, 490 f. 60 f.

490. ,(,Salario 1/7 di 490) Quindi materia prima 490/336 = 68 e 4/7 P.C. Salario 14 e 2/7 P.C. Macchinario ecc. 17 e 1/7 p. c. Quindi materia prima e macchinario= 85 e 5/7: salario 14 e 2/7. Salario 1/7 (70), materia prima e macchinario {6/7) .(4!20). Quindi 1/7 salario, 6/7 macchinario e materia prima. Di questi •6/7, alla materia prima spettano 4/7 + 4/5 di 1/7. Quindi al macchinario 1/7 e 1/5 di 1/7. Quindi materia prima qualcosa meno di 5/7. Macchinario: qualcosa piu di 1/7. Lavoratore 1/7.)

Manchester Guardian. Money Artide. (Sept. 18. 1861) t1651 si dice: « In relazione alla filatura ordinaria abbiamo ricevuto il seguente prospetto da un signore di rango: 17 sett. 1860 Per lb Margine Costo della filatura per lb Costo per il cdtone _ _ _ 6 e 1/4 d. Il suo ordito da 16 - - - - - { 4d . _ _ _ _ _ 3 d. venduto per - - - - ~ 1 0 e 1/4 d. Profitto 1 d. per lb 17 sett. 1861 Costi per il cotone 9 d.i 2d. 3 e 1/2 d. Da chiedere per I il suo ordito da 16 ___ 11 d. Perdita 1 e 1/2 d. per lb. »

168

Dal primo esempio risulta che il valore della 16. warps 1 è 10 e 1/4 d. (1&60), di cui 1 d. è il profitto. I suoi anticipi sono 9 e 1/4 d.; 1 d. ammonta al 1O e 30 /37 p.c. di questa cifra. Ma, se sottraiamo 6 e 1/4 1a materia prima, rimangono 4 d.; di questi, 3 d. vanno via per il Cast of spinning 2• Se anche supponiamo che il salario ammonti alla metà di questa somma, cosa che è falsa, -otteniamo. cos'l su 1 e 1/2 d. un plusvalore di 1 d. Quindi = 3 : 2, ossia 66 e 2/3 p.c. 66 e 2/3 p.c. sono esattamente = 2/3 dell'unità. jj 818 I Espresso in ore, ogni 3 ore che lavora per sé, il lavor,atore ne lavora 2 ore per il suo master 3 • Quindi su ciascuna ora ... 2/3 di ora. Se quindi egli lavora in tutto 10 ore, 6 di queste spettano a lui e 4 {,12/3 di ora) al suo master. (3 : 2 = 6 : 4) Se su 10 ore egli ne dà 4 al suo master, su 1 ora ... 4/10 di ora = 24 minuti. Per sé lavora }6 minuti su 1 ora. (36: 24 = 3: 2) (perché 36 X 2 = 72 e 24 X 3 = 72). ,J\!bbiamo visto - nel processo lavorativo - che, se ci si rifei,isce al suo risultato - il prodotto - , tutti quanti i suoi fattori possono essere designati quali mezzi di produzione-. Se ,invece si consi~ dera il valore dei diversi fattori richiesti per la fabbricazione del prodotto i valori anticipati [l6'l per la sua fabbricazione - {valori spesi), allora essi si chiamano suoi costi di produzione. I costi di produzione si risolvono dunque nella somma del t~mpo di favore {sia il tempo di lavoro che è contenuto nella materia di lavoro e nel mezzo, sia il tempo di lavoro che è aggiunto ex novo nel processo lavorativo) che si richiede per la fabbricazione del prodotto - del tempo di lavoro complessivo che in esso viene oggettivato, impiegato. Per noi la formula dei costi di produzione non è per il momento che un semplice nome e r,on •aggiunge nulla di nuovo alle determinazioni individuate fin qui. Il valore del prodotto è = alla somma dei valori del materiale, del mezzo e del lavoro che viene aggiunto al materiale attraverso la mediaaione di lavoro. La proposizione è puramente 1analitica. Di fotto non è che una espressione diversa per dire

che il valore della merce è determinato dalla quantità del tempo di lavoro in essa oggettivato. Soltanto nello sviluppo successivo troveremo l'occasione di entrare nel merito della formula dei costi di produzione. ,(Cioè a proposito del capitale e del profitto, dove subentr~ un'antinomia, per il fatto che da una parte il valore del prodotto è = ai costi di produzione, vale a dire al valore anticipato per la 1

di ordito

2

costo della filatura

3

padrone

169

fabbricazione del prodotto. Dall'altra parte (cosa che si trova nel profitto) il valore del prodotto, nella misura in cui include il plus\/'alore, è maggiore del valore dei costi di produzione. Ciò trova la sua spiegazione in questo, che i costi di produzione per il capitalista sono soltanto la somma dei valori da lui anticipati; quindi il valore del prodotto è = al valore del capitale anticipato. D'altra parte l'effettivo costo di produzione del prodotto è = alla somma del tempo di lavoro in esso contenuto. Ma la somma del tempo di lavoro in esso contenuto è > della somma del tempo di lavoro anticipato o pagato dal capitalista. E questo plusvalore del prodotto rispetto al suo valore, pagato o anticipato dal capitalista, costituisce appunto il plusvalore; nella nostra determinazione,Ja grandezza assoluta che costituisce il profitto.) '"71 I

[Aggiunte supplementari] '' ' 1681

/I-A/ ''691 Nello scambio tra capitale e lavoro si devono distinguere due cose:

1) La vendita della capacità di lavoro. Questa è semplice compera e vendita, semplice rapporto di circolazione, come in ogni altra compera e vendita. Nella considerazione di questo rapporto è indifferente l'utilizzazione o il consumo della merce comprata. Gli armonicisti cercano di ridurre il rapporto tta capitale e lavoro a questo primo atto, perché qui compratore e venditore si presentano l'uno dinanzi all'altro soltanto come possessori di merci, perché lo specifico e distintivo carattere della transazione non si mostra. 2) Il consumo della merce ricevuta in cambio dal capitale [, il consumo] {della capacità di lavoro), l'utilizzazione del suo valore d'uso, costituisce qui uno specifico rapporto economico; mentre invece nella semplice compera e vendita della merce il valore d'uso della merce, esattamente come la· realizzazione di questo valore d'uso il consumo - , è indifferente per il rapporto economico stesso.

Nello scambio tra capitale e lavoro il primo atto è uno scambio (compera o vendita), rientra interamente nell'ambito della circolazione semplice. Quelli che scambiano si stanno di fronte soltanto come compratore e venditore. -Il secondo atto è un processo quali-

170

tativamente diverso dallo scambio. È una categoria essenzialmente di.versa u7oJ. /II-A/ n71 J Ciò che il lavoratore vende è la disposizione sulla sua capacità di lavoro disposizione su di essa determinata temporalmente. Per la verità il sistema di pagamento a cottimo produce apparenza che egli riceva una determinata partecipazione sul prodotto. Ma questa è solvanto un'altra forma di misurazione del tempo di lavoro: invece di dire: tu lavori L2 ore, si dice: tu ricevi tanto per pezzo, vale a dire misuriamo il numero delle ore in prodotto, poiché sulla base dell'esperienza stabiliamo quanto è il prodotto average 1 di un'ora. Il lavoratore che non può fornire questo minimo viene licenziato. (Vedi Ure) cmi Conformemente al rapporto generale di compera e vendita, il valore di scambio della merce del lavoratore non può essere determinato dal modo nel quale il compratore usa la merce, ma soltanto dalla quantità di lavoro oggettivato che in essa è contenuto; quindi, qui, dalla quantità di lavoro che costa produrre il lavoratore stesso, perché la merce che egli offre esiste solo come facoltà, capacità, non ha alcuna esistenza al di fuori della sua corporeità, della sua persona. Il tempo di lavoro che è necessario tanto per mantenerlo fisioamente, quanto per modificarlo in funzione dello sviluppo .della capacità particolare, è il tempo di lavoro che è necessario per produrre il lavoratore come,tale. In realtà in questo scambio il lavoratore riceve il denaro soltanto come moneta, vale a dire come forma puramente evanescente dei mezzi di sussistenza con i quali egli lo scambia. Mezzi di sussistenza, non ricchezza, sono per lui lo scopo dello scambio ti73J. Si è denominata la capacità di lavoro capitale del lavoratore in quanto essa è il fonds 2 che egli non esaurisce attraverso un singolo scambio, ma che può sempre tornare a ripetere durante la sua vita di lavoratore. Per cui sarebbe capitale tutto ciò che un fonds 2 di ripetuti processi del medesimo soggetto; cosi, p. es., l'occhio sarebbe il capitale della vista. Belle parole. Che il lavoro sia sempre una fonte dello scambio per il lavoratore - fintanto che egli è capace di lavoro - , cioè non dello scambio semplicemente, ma dello scambio con il capitale - , questo fatto è compreso nella determinazione concettuale che egli negozia soltanto la disposizione tempo-

r

1

medio

2

fondo

171

ranea sulla sua capacità di lavoro, quindi può sempre ricominciare da capo il medesimo atto di scambio, non appena si è parzialmente saziato e ha parzialmente d.ormito abbastanza, ha ingerito la quantità di materia necessatia per potet tornare a riprodurre di nuovo la sua manifestazione vitale. Invece di meravigliarsi per questo e di decantare al lavotatore come una grossa benemerenza del capitale il fatto che egli viva in generale, quindi possa ripetere quotidianamente determinati processi vitali, i sicofanti che adornano di bei colori l'economia borghese avrebbero dovuto rivolgere la loro attenzione al fatto che egli, dopo la continua ripetizione del suo lavoro, ha da scambiare sempre soltanto il suo lavoro vivo, immediato. La ripetizione stessa è fn fact 1 solo apparente. Ciò che egli scambia contro il capitale (sia pure rappresentato dinanzi a lui da diversi capitalisti successivi) è la sua intera capacità di lavoro, che consuma, say 2 in 30 anni. Essa gli viene pagata un poco alla volta, come anch'egli la vende un poco alla volta. Questo non cambia per nulla affatto la cosa e non giustifica in alcun modo la conclusione che, dal momento che il lavoratore deve dormire un certo numero di ore, prima di essere in grado di ripetere il suo lavoro e il suo scambio con il capitale, allora il lavoro costituisce il suo capitale. Secondo questa conclusione, in fact 1, ciò che è concepito come il suo capitale è il termine del suo lavoro, la sua interruzione, il fatto che egli non è · un perpetuum mobile 3 • La lotta per la normale gfornata lavorativa prova che il capitalista non desidera altro che egli dissipi le sue dosi di forza vitale nei limiti del possibile senza interruzione. C174l I /III-95a/ A/ C175l Per il lavoratore stesso la capacità di lavoro ha valore d'uso solo in quanto è valore di scambio, non in quanto produce valori d'uso. Valore d'uso il favoro lo è soltanto per il capitale ed è il valore d'uso del capitale stesso, vale a dire l'attività mediatrice attraverso la quale esso si accresce. Il capitale è il valore di scambio autonomo come processo, come processo di valorizzazione 076].

La separazione della proprietà dal lavoro appare come legge necessaria dello scambio tra capitale e lavoro. Come non-capitale, non-lavoro oggettivato, la capacità di lavoro appare 1) negativamente, non-materia prima> non-strumento -di lavoro, non-prodotto, non-mezzi 1

172

in realtà

2

didamo

3

perpetuo mobile

di sussistenza, non-d.enaro: il lavoro separato da tutti i mezzi di lavoro e i mez2;i di sussis'tenza, dalla sua intera oggettiVità come mera possibilità. Questa completa spoliazione è possibilità del lavoro priva di ogni oggettività. La capacità di lavoro come la povertà assoluta, i. e. totale esclusione della ricchezza oggettiva. L'oggettività che la capacità di lavoro possiedé è soltanto la corporeità del lavoratore stesso, la sua propria oggettività. 2) positivamente: .lavoro non-oggettivato, l'esistenza inoggettiva, soggettivia, del lavoro stesso . .Il lavoro non come oggetto, ma come attività, come fonte vJvente del valore. Di contro al capitale quale effettualità t177 l della ricchezza generale, come la sua possibilità generale, che si comprova nell'azione. Il lavoro, se da un lato è la povertà assoluta come oggetto, come soggetto e attività è la possibilità generale della ricchezza. Questo è il lavoro cosi come è presupposto dal capitale quale opposizione, quale esistenza oggettiva del capitale, e cosi come, d'altro lato, esso presuppone, da parte sua, il capitale t17sJ. Ciò che il capitalista paga al lavoratore è, come per il compratore di ogni altra merce, il suo valore di scambio, che dunque è determinato prima d( questo processo di scambio; ciò che il capitalista riceve è il valore d'uso della capacità di lavoro - il lavoro stesso, la cui attività' produttrice di ricchezza appartiene quindi a lui e non al lavoratore. Dunque il lavoratore non si arricchiSce attraverso questo proces,so, ma crea la ricchezza come potere a lui estraneo e che lo domina. I I V-175a/ A I La vivificatrice forza naturale del lavoro - dal momento che, mentre adopera, consuma il materiale e lo strumento, li conserva in questa o quella forma, quindi conserva anche il lavoro in essi oggettivato, il loro valore di scambio - diventa, come ogni forza naturale o sociale del lavoro che non sia il prodotto di un precedente lavoro o il prodotto di un precedente lavoro che debba essere ripetuto (p. es. lo sviluppo storico del lavoratore ecc.), forza del capitale, non del lavoro. E quindi anche forza non pagata dal capitale. Tanto poco quanto al lavoratore è pagato il fatto che sia in grado di pensare ti791. · 1

La specifica qualità che il lavoro possiede di conservare, tramite !',aggiunta di una nuova quantità di lavoro al lavoro già oggettivato, 173

la qualità di quest'ultimo in quanto lavoro oggettivato, non gli viene pagata e anche al lavoratore non costa nulla poiché essa è proprietà naturale del lavoro. Nel processo di produzione la separazione del lavoro dai Suoi momenti oggettivi di esistenza - ffiater,iale e struw mento - è superata. Sulla separazione riposa l'esistenza del capitale e del lavoro salariato. Il superamento di questa separazione che si verifica effettivamente nell'effettivo processo di produzione, il capitalista non la paga. Il superamento non avviene neppure attraverso lo scambio tra capitalista e lavoratore - m,a attraverso il l{lvoro stesso nel processo di produzione. Ma, come tale lavoro presente, è già esso stesso incorporato al capitale, è già un momento di questo. Questa forza conservatrice del lavoro appare dunque come forza autoconservatrice del capitale. TI lavoratore ha soltanto aggiunto nuovo lavoro; il lavoro passato - nel quale esiste il capitale - ha un'esistenza eterna come valore del tutto indipendente dalla sua esistenza materiale. Cosi appare la cosa al capitale e al lavoratore [ISOJ.

I!I-95

[ 1811

J

2) Il plusvalore assoluto

La concezione sviluppata qui è corretta anche da un punto

di vista rigorosamente matematico. Cosi nel calcolo differenziale ponia-

mo p.es. y = f(x) + C, dove C è una grandezza costante. The change of x into x + A x does not alter the value of C 1 • dC sarebbe = O perché la grandezza costante non cambia. Hence the Differential of a costant is zero 2 f1 821

a) Il plusvalore si deve concepire come rapporto solamente con una determinata parte del capitale, cioè con la parte anticipata nel salario

Il plusvalore che il capitale possiede alla fine del processo di produzione significa, espresso in conformità con il concetto generale 1 H mutamento di x in x renziale di una costante è zero

174

+ .6.x non

altera il valore di C

2

Onde il cliffo.

del valore di scambio: il tempo di lavoro oggettivato nel prodotto (o la quantità di lavoro in esso contenuto) è maggiore del tempo di lavoro contenuto nel capitale originario che è stato anticipato durante il processo di produzione. Questo (presupposto che la merce sia venduta al suo valore) è possibile solamente a condizione che il tempo di lavoro oggettivato nel prezzo del lavoro -(salario) sia minore del tempo di lavoro vivo dal quale esso viene sostituito nel processo di produzione. Ciò che dal lato del capitale appare come plusvalore dal lato del lavoratore appare come plus/avaro (surpluslavoro). Il plusvalore non è niente altro che l'eccedenza del lavoro che il lavoratore cede oltre la quantità di lavoro oggettivato che ha ricevuto nel suo proprio salario come valore della sua capacità di lavoro. Abbiamo visto che nello scambio tra capitale e capacità di lavoro vengono scambiati degli equivalenti. :Ma il risultato della transazione, quale appare nel processo. di produzione e quale costituisce l'intero scopo della transazione dal lato del capitalista, è che il capitalista compera per una determinata quantità di lavoro oggettivato una quantità maggiore di lavoro vivo, ossia che il tempo di lavoro che è oggettivato nel salario è minore del tempo di 1avoro che il lavoratore lavora per il capitalista e che si oggettiva, quindi, nel prodotto. La mediazione attraverso lo scambio tra capitale e capacità di lavoro (ovvero il fatto che la capacità di lavoro sia venduta al suo valore) è una circostanza che qui, dove si tratta soltanto dell'analisi del plusvalore, diventa indifferente. Qui si tratta piuttosto di questo: di quanto grande sia, da un lato, il tempo di lavoro che è oggettivato nel salario (nel valore della capacità di lavoro) e di quanto grande sia, dall'altro lato, il tempo di lavoro che il lavoratore dà effettivamente in return 1 al capitalista, o quanto grande sia l'utilizzazione della sua capacità di lavoro. TI rapporto secondo il quale il lavoro oggettivato viene scambiato con il lavoro vivo - quindi la differenza tra il valore della capacità di lavoro e la valorizzazione di questa capacità di lavoro ad opera del capitalista - nel processo di produzione stesso assume un'altra forma. Esso si rappresenta~ cioè, qui, come scissione dello stesso lavoro vivo in due quantità, entrambe misurate dal tempo, e come il rapporto tra queste due quantità. Ciò è a dire: in primo luogo il lavoratore sostituisaltra parte è chiaro che il capitale, per impiegare una massa I

190

materie strumentali

di lavoratori maggiore, deve crescere. In primo luogo deve crescere la parte costante, vale a dire la parte di capitale il cui valore ricompare, sempljcemente, nel prodotto. Si richiede piu materia prima per assorbite piU lavoro. Parimenti, anche se in un rapporto pili indeterminato, piu mezzi di lavoro. Supponiamo ( - e qui, dove consideriamo ancora soltanto la forma assoluta del plusvalore, questa supposizione può essere valida; perché, sebbene questa forma del plusvaùore rimanga la forma fondamentale anche del modo di produzione trasformato dal capitale, essa è ancora propria del modo di produzione del capitale ed è la sua unica forma fintanto che il capitale ha sus~unto solo formalmente sotto di sé il processo lavol'ativo, quindi in realtà un precedente modo di produzione nel quale soltanto il lavoro manuale umano, il principale fattore della produzione, è preso sotto il controllo del capitale - ) che il lavoro manuale sia il principale fattore, che la produzione sia condotta artigianalmente. Allora il numero degli strumenti e dei mezzi di lavoro deve crescere quasi proporzionalmente al numero dei lavoratori stessi e alla quantità della materia prima della quale il maggior numero di lavoratori ha hisogno ·come materiale di lavoro. Il valore dell'intera parte costante del capitale cresce cosi nello stesso rapporto nel quale cresce il numero dei lavoratori impiegati. Ma, in secondo luogo, la parte variabile del capitale che viene scambiata con capacità di lavoro crescerà {come cresce il capitale costante) nello stesso rapporto nel quale aumenta il numero dei lavoratori o il numero deHe giornate lavorative simultanee. Questa parte variabile del capitare crescerà al massimo grado sulla base del presupposto dell'industria artigianale, dove il fattore essenziale della produzione, il lavoro manuale del singolo, fornisce in un dato tempo soltanto una piccola quantità di prodotto, quindi H materiale consumato nel processo di produzione è poco in rapporto al lavoro impiegato, e, parimenti, gli strumenti artigianali sono semplici e rappresentano anche solo piccoli valori. Poiché la parte variabile del capitale costituisce ·la sua parte componente maggiore, nel caso di una sua crescita essa dovrà crescere al massimo grado; ossia, poiché la parte variabile del capitwle costituisce la sua parte maggiore, è proprio questa parte che deve crescere nel modo pili -significativo neIIo scambio con pili capacità di lavoro. Se impiego un capitale nel quale circa i 2/5 sono costanti e i 3/5 sono pagati in salario, il cakolo, ,se il capitale, invece di n lavo.riatori, deve impiegare 2 X n lavoratod, sarà questo. Originariamente il capitale [era] = 191

2n 3n 4n 6n 3/5) - + - . Ora - + - . La parte anticipata nel 5 5 5 5 salario, o la par.te variabile del capitale, dmane ,sempre, al crescere del numero dei lavoratori, proporzionalmente maggiore della parte costante, proporzùonalmente alla parte de1la quantità per la quale fin dall'inizio era presupposta di dimensioni m•ggiori. Dunque, da una parte, affinché, nelle condizioni date; la massa del plusvalore, quindi il capitale complessivo, crescano, deve crescere la popolazione; d'altra parte, perché cresca la popolazione, deve già essere cresciuto il capitale. Cos.i'. qui se!V-bra d sia un circulus vitiosus 1 • ( Il quale, come tale, in questo passo ,è da lasciare in sospeso e non da spiegare. Appartiene al cap. V.) [ISSJ I I 104 I Se si suppone che il salario medio sia sufficiente, che la

=n

(2•/5

+

popolazione !lavoratrice non solo si conservi; ma cresca costantemente

in un qualsiasi rapporto,

e data

fin dall'inizio una popolazione lavora-

trice crescente per un capitale cresCente, mentre è data in pari tempo

la crescita del plusvalore e quindi anche l'aumento del capitale per effetto della crescente popolazione. Propriamente nella produzione capitalistica si deve partire da questo assunto; giacché essa include la continua valorizzazione del plusvalore, i.e. del capitale. Come la pro. duzione capitalistica stessa contribuisca alla crescita della popofozione, non è ancora da analizzare in questa sede. ,La quantità della popolazione che lavora come lavoratori salariati sotto il capitale, o il numero delle capacità di lavoro che si trovano sul mercato, può crescere senza che cresca la popolazione assciluta o anche soltanto senza che cresca in assoluto la popohzione lavoratrice. Se p. es. i componenti della famlg1ia dei lavoratori, come le donne e i bambini, sono reclutati con la forza al servizio del capitale, mentre prima non lo erano, il numero dei lavoratori salariati si è -accresciuto senza che si sia accresciuto il numero assoluto della popolazione lavoratrice. Questo accrescimento può aver Juogo senza che la parte variabile

del capitale, quella scambiata con lavoro, si sia accresciuta. La famiglia potrebbe ricevere, tanto prima che dopo, il medesimo salario del quale viveva anche prima. Soltanto che essi dovrebbero foroire piu lavoro per il medesimo salario. D'altra parte fa popolazione lavoratrice assoluta può crescere senza

che la popolazione complessiva cresca in assoluto .. Se parti della popola1

192

circolo vizioso

zione che precedentemente erano in possesso delle condizioni di lavoro e lavoravano con esse' -

come -artigiani indipendenti, coltivatori par.,.

cellari, infine piccoli capitalisti - vengono privati, in conseguenza degli effetti della produzione capitalistica, delle loro condfaioni di lavoro (della proprietà su di esse), esse possono trasformarsi in lavoratori salariati, a! tempo soggiogato al lavoro - tempo della sua esistenza e del suo operare come semplice capacità di lavoro - dell'altra. Dall'altra parte: il pluslavoro si realizza non solo in piu valore, ma in· plusprodotto - eccedenza della produzione oltre la misura di cui la classe lavoratrice ha bisogno e che consuma per Ja sua propria sussistenza. Il valore è presente in un valore d'uso. Plusvalore perciò in surplusprodotto. Pluslavoro in surplusproduzione e questa costituisce la base per l'esistenza di tutte le classi non immedia. tamente assorbite nella ptodu~ione materiale. La società si sviluppa cosi attraverso la mancanza di sviluppo della massa lavoratrice che, all'opposto, ne forma la base materiale. Non è assolutamente necessa• rio che il plusprodotto esprima il plusvalore. Se 2 quarter di grano sono il prodotto del medesimo tempo di lavoro che prima 1 qr. di grano, i 2 quarters non esprimono alcun valore superiore a quello che esprimeva prima 1 quarter. Ma, presupposto un dato çleterminato sviluppo delle forze produttive, il plusvalore si rappresenta sempre in surplusprodotto, vale a dire il prodotto (valore d'uso) creato da 2 ore è doppio rispetto a quello creato da 1 ora. Espresso piu precisamente: il tempo di p'1uslavoro che la massa lavoratrice lavora oltre la misura necessaria per la riproduzione della sua prop"ia capacità di lavoro, per la sua propria esistenza, oltre il favoro necessario, questo tempo di pluslavoro che si rappresenta come plusvalore, si materializza in pari tempo nel plusprodotto, nel surplusprodotto, e questo surplus-

194

prodotto è la base di esistenza materiale di tutte le classi ohe vivono al di fuori della classe lavoratrice, dell'intera sovrastruttura della società. Esso forma in pari tempo il tempo libero, dà loro tempo disposable 1 per lo sviluppo della rimanente facoltà. La produzione di tempo di surpluslavoro da un Iato è in pari tempo produzione di tempo libero dall'altro. L'intero sviluppo umano, nella misura in cui va oltre lo sviluppo immediatamente necessario per l'esistenza natmale degli uomi• ni, consiste semplicemente nell'utilizzazione di questo tempo libero e lo presuppone come sua base necessaria. Il tempo libero della società è cosi prodotto per mezzo della produzione del tempo non libero, del tempo di lavoro dei lavoratori prolungato oltre il tempo di lavoro per la loro propria sussistenza. Il tempo libero da un lato corrisponde al tempo asservito dahl' altro. La forma del surpluslavoro che qui consideriamo - oltre la misura del tempo di lavoro necessario - il capitale la ha in comune con tutte le forme della ,società neHe quali lo sviluppo ha luogo al di là del puro rapporto naturale ed è perciò sviluppo antagonistico, nelle quali lo sviluppo sociale dell'uno fa del lavoro deWaltro la propria base naturale. · Il tempo di surpluslavoro - quello assoluto - , come è qui considerato, .Dimane la base anche nella produzione ·capitaHstica, anche se ne conosceremo pure un'altra forma.

In quanto qui abbiamo soltanto l'opposizione tra lavoratore e capitalista, tutte le classi che non lavorano devono partecipare con il capitalista al prodotto del surpluslavoro; cosi che questo tempo di surpluslavoro non solo crea la base della loro esistenza materiaile, ma nello stesso tempo crea il loro tempo libero, la ,sfera del loro sviluppo. Il plusvalore assoluto, vale a dire il pluslavoro assoluto rimane sempre anche in seguito la forma dominante. Come la pianta vive della terra, il bestiame della pianta o del bestiame erbivoro, cosi la parte della società che possiede tempo libero, tempo disposable 1 non itssorbito nella produzione immediata deHa sussistenza vive del pluslavoro dei lavoratori. Ricchezza è perciò tempo disposable 1 [t 90J. Vedtemo come gli economisti ecc. considerino questa opposizione come nattrnale. t

disponibile

195

,Poiché il plusvalore si rappresenta innanzi tutto nel plusprodotto, ma tutto il tempo già disposable 1 per altre attività è paragonato aI tempo cli lavoro ohe viene impiegato nella produzione dei mezzi di sostentamento, è chiaro perché i fisiocrati fondano il plusvalore sul plusprédotto nell'agricoltura, che essi petò considerano erroneamente

come semplice dono della natura.[ [ 106 [ Qui si può già osservare: I rami di lavoro dedicati alla produzione di merci si differenziano l'uno dall'altro secondo il loro grado di necessità e questo grado dipende dalla necessità relativa del valore d'uso che essi creano per l'esistenza fisica. Questo genere di lavoro necessario si riferisce al valote d'uso, non al vf!'lore di scambio. Vale a dire: qui si tratta non del tempo di lavoro che è necessario per create un valore risolvibile nella somma dei prodotti necessari al lavoratore per la sua esistenza; esso si riferisce alla necessità relativa dei bisogni che soddisfano i prodotti dei diversi lavori. A questo riguardo il lavoro agricolo (con il quale si deve intendere ogni lavoro richiesto per la fornitura dei mezzi di sostentamento immediati) è il piu necessario. Intanto esso crea le disposable free

hands, come dice Steuart [t 91 J, per l'industria. Ma poi qui bisogna distinguere ulteriormente. Siccome l'uno dedica tutto il suo tempo disp_osable 1 all'agricoltura, l'adtro può dedicarlo alla manifattura. Divisione del lavoro. Ma parimenti il pluslavoro in tutte le altre branche riposa sul pluslavoro nell'agricoltura, che fornisce la materia prima per ogni altra ·branca. ·« È ovvio che Jl numero relativo di persone che possono essere mantenute senza lavoro agricolo deve essere interamente misurato dalle

capacità produttive della coltivazione.» (p. 159/160. R. Jones. On thc Distribution of Wealth. Lond. 1831.) D92J

Aggiunte ad b. Nella lotta tuttora in corso a Londra tra i lavoratoti impiegati nell'ediUzia e gli impresari edili > (Reports etc. 31 st Oct. 1855 p. 77) c2421 Nella stessa misura in cui ·si sono sviluppati sul continente fa produzione capitalistica, hence 4 il sistema di fabbrica, i governi (Francia, Prussia, Austria ecc.) sono 'Stati costretti a seguire d'une maniète ou d'une autre 5 l'~sempio inglese della limitazione del tempo di lavoro. Per lo piu hanno copiato ·e devono copiare, con certe modificazioni, la Factory legislation inglese. I I 122 IJ cz431 In Francia prima del 1848 non esisteva praticamente nessuna legge per la limitazione della giornata lavorativa nelle fabbriche. La legge del 22 marzo 1841 (la cui base è 3 e 4 Wm IV. C. 103 C2441 ) per la limitazione del lavoro dei fanciulli nelle fabbriche (factories, works e workshops employing moving power, or a continuous fire, ·and al! establishments giving employment to more than 20 workmen 6) è rimasta lettera morta e fino ad oggi è stata applicata effettivamente solo nel Département du Nord. Del resto, secondo questa legge, i 1 opifici 2 orario ridotto 3 lavoro straordinario oltre l'orario legale quindi 5 in una maniera o nell'altra 6 fabbriche, officine e laboratori che iutilizzano forza motrice, o un fuoco a ciclo continuo, ·e tutti gli stabilimenti che ,.occupano pili di 20 operai

·4

225

fanciulli al di sotto dei 13 anni possono venire impiegati anche di notte (between 9 p. m. e 5 a. m. 1) « nel caso di riparazioni urgenti o di fermata della turbina idraulica», i fanciulli al di sopra dei 13 anni anche durante la notte « se il loro lavoro è indispensabile ». Il 2 marzo LS-4'8 il governo provvisorio emanò una legge in base alla quale il tempo di lavoro veniva limitato, non s.olo nelle fabbriche, ma in tutte le manifatture e negli shops 2 artigiani, non solo per i fanciulli, ma anche per gli workmen 3 adulti, a 10 ore a Parigi e 11 nei dipartimenti. Il governo provvisorio partiva dall'errato presupposto che la normale giornata lavorativa fosse di 11 ore a Parigi, di 12 · ore nei dipartimenti. Ma: « Nel maggior numero delle filande il lavoro durava 14-15 ore con grande pregiudizio per la salute e la moralità dei lavoratori e specialmente dei fanciulli; e perfino piu a lungo ». (Des c/asses ouvrières en France, pendant l'année 1848. Par M. Blanqui.) L'Assemblea nazionale, con legge dell'8 sett. 1848, modificò questa legge nel modo seguente: « Il lavoro giornaliero dell'opera:io in manifat. ture e officine non dovrà superare le 12 ore. Il governo ha la facoltà di dichiarare delle eccezioni a quanto sopra disposto nei casi nei quali la natura dell'opera o dell'attrezzatura lo richieda » ' 245l. Con decreto del 17 maggio 1851, i governi diedero effetto a queste eccezioni. In primo luogo sono definiti i diversi rami ai quali non è estensibile la legge dell'8 sett . .1848. Ma inoltre sono state fatte le seguenti limitazioni: « La pulizia del macchinario alla fine della giornata; lavori resi necessari da incidenti ai motori, caldaie, macchinario o edifici. II lavoro può essere prolungato nei seguenti casi: per 1 ora aIIa fine della giornata per il lavaggio e la stiratura delle pezze nei laboratori di tintura, candeggio e stampa delle cotonine. Per 2 ore nelle fabbriche di zucchero, raffinerie e laboutori chimici. Per 2 ore per 120 giorni all'anno, a scelta del fabbricante e con l'assenso del Préfet, nei laboratori di tintura e stampa e negli stabilimenti di rifinitura » ' 246l. ( Factory Inspector A. Redgrave, Reports etc. 31 Oct. 1855 p. 80 osserva in riferimento all'attuazione di questa legge in Francia: « Numerosi padroni di manifattura che desideravano valersi del permesso di prolungare la giornata lavorativa mi hanno asserito con sicurezza che gli operai si sono opposti adducendo che a un prolungamento della giornata lavorativa in un momento sarebbe seguita una decurtazione dell'orario normale in un altro ... e in specie si sono opposti al prolungamento del lavoro oltre le 1

226

tra le 9 di sera e le 5 di mattina

2

Iabotatori

3

lavoratori

12 ore al giorno perché la legge che le ha fissate è l'unica cosa buona che sia loro rimasta della legislazione della Repubblica ». « Il prolungamento della giornata lavorativa è facoltativo e dipende dagli operai... quando si raggiunge un accordo reciproco ... il saggio orario (al di là delle 12) è in genere piu alto della paga normale. » (p. 80 I.e.) A. Redgrave osserva p. 81, che in consegnenza del lavoro straordinario e dello spossamento fisico ad esso legato e della demoralizzazione spirituale « la popolazione lavorativa di Rouen e Lille ha ceduto » ha preso a « diminuire di numero » e « molti sono colpiti da quella specie di zoppia che in Inghilterra ha dato alle sue vittime il nome di "sciancati di fabbrica"» (p. 81 I.e.). « Bisogna ammettere che un lavoro quotidiano di lQ ore è una richiesta sufficiente pet la costituzione dell'uomo e quando alle ore di lavoro si siano aggiunti i necessari intervalli per i pasti e il tempo per andare e venire dal lavoro quel che resta a disposizione degli operai non è eccessivo. » (p. 81 A. Redgrave I.e.) Tra gli ipocriti pretesti (obiezioni) dei manufacturers inglesi against the Ten Hours' Bill' vi è il seguente: « Una delle tante obiezioni avanzate contro la legge delle dieci ore era il pedcolo di rimettere nelle mani di giovani e donne tanto tempo libero, che, a causa della loro scarsa cultura, avrebbero !I 123) sprecato o usato malamente; e si Sosteneva con vigore che, fino a quando non ci fosse stato un progresso nella cultura e non si fossero offerti i mezzi per impiegare in proficue occupazioni intellettuali o sociali le ore di libertà che la legge delle dieci ore proponeva di riconoscere ai lavoratori di fabbrica, era pili consigliabile, neU'interesse della moralità, che Fintera giornata venisse trascorsa in fabbrica. » (87. A. Redgrave I.e.) l241 J ( Quanto Macaulay travisi i facts 2 economici per potersi presentare come apologeta whig dello stato di cose esistente Cato censor 3 solo contro il passato, sicofante del presente - [risulta] tra l'altro dal seguente passo: « La pratica di mettere i ragazzi al lavoro prematuramente, una pratica che lo Stato, legittimo protettore di quanti non possono proteggersi da sé, ha ai giorni nostri sàggiamente e umanamente vietato, è prevalsa nel XVII secolo su una scala che, paragonato con la scala di estensione del sistema di manifattura, sembra quasi incredibile. A Norwich, sede principale dell'industria laniera, una creaturina l fabbricanti inglesi contro la legge delle dieci ore censore

2

fatti

3

Catone il

227

di 6 anni era considerata atta al lavoro. Molti scrittori del tempo,. e fra di essi alcnni che erano considerati particolarmente ben disposti e generosi, citano con esultanza il fatto che in quella sola città ragazzi e ragazze, di tenera età creavano una ricohezz,a superiore a quel che:

era necessario per la loro sussistenza di ben 12,000 sterline ogni anno. Con pili cura esaminiamo la storia del passato, pili ragione troveremo

di dissentire da coloro che immaginano la nostra età feconda di nuovi mali sociali. La verità è che i mali sono, quasi senza eccezioni, mali vecchi. Nuove sono l'intelligenza che li scopre e l'umanità che vi pone rime-dio». (Macaulay's England Voi. I p. 417.) 12481 • Il brano prova proprio · il contrario, cioè che allora il lavoro dei fanciulli era ancora un· fatto eccezionale di cui gli economisti facevano menzione come di un fatto• particolarmente degno di lode e con Ex-ultation 1• Quale scrittore moderno menzionerebbe come qualcosa di particolarmente sorprendente il fatto che nelle fabbriche vengono utilizzati fanciulli di tenera età? Al medesimo risultato perviene chiunque legga con un minlmo di buon senso scrittori come Child, Culpeper ecc.) H legai time of working exceeded oft 2 « trattenendo i bambini i giovani e le donne in fabbrica per la pulizia del macchinario durante una parte dell'orario dei pasti e il sabato dopo le 2 del pomeriggio,. invece che far fare questo lavoro entro il tempo delimitato » (p. 12. L. Horner. Reports etc 30 th Aprii 1856.) 12491 . Questo overworking 3 ha luogo anche con worfopeople 4 « che non sono impiegati a cottimo, ma ricevono un salario settimanale » (L. Horner p. [SF 9. Reports of the Insp. o. F. 30 11' Aprii 1859) 12501 • {M. Horner, besides being one of the Factory Inquiry Commissioners of 1-83'3, was one of the originai Inspectors of Factories, and during the early days of factory supervision had to conrend with serious difficnlties 4.) Horner dice nel suo ultimo 12511 rapporto datato 30 th' Aprii 1859: « L'istruzione dei bambini, espressamente prevista, è in moltissimi casi una vera presa- in giro; la protezione dei lavoratori" dà incidenti e morte .a_ causa del macchinario non recintato, anch'essa espressamente prevista, è diventata in pratica lettera morta; il far relazioni sugli inddenti è in gran parte un puro e semplice spreco di

denaro pubblico ... Il sovralavoro in notevolissima misura prevale tutto2 L'orario legale di 1 esultanza 5 voro straordinario 4 favoratori bri della Commissione d'inchiesta sulle tori di fabbrica e nei primi anni di trarsi con serie difficoltà

228

lavoro superato spesso 3 sovralavoro, laI,I sig. Horner, oltre a essere uno dei mero~ fabbriche del 1833, fu uno dei primi ispetsorveglianza delle fabbriche dovette scon-

ra e nella maggior parte dei casi al riparo da individuazione e sanzione, riparo che è la stessa legge a offrire» (p. 9, 8 Le.) c252i. (Children ab ove 13 years qualified to be employed for the same number of hours as adult men; half-times children under 13 years 1.) J I W4 I « Il fatto è che prima dell'Atto del W}3 i giovani e i bambini venivano fatti lavorare tutta la notte, tutto il giorno, o l'una e l'altro ad libitum » (Reports etc 30" Aprii 1860 p. [50]* 51) c253 J_ Con l'Act del 1833 night between 8 1/2 p.m. e 5 1/2 a.m. 2 • I millowners permitted « .to take their legai hours of labour at any period within 5 1/2 a.m. e 8 1/2 p.m. ». This signification of « day » e « night » continued through ali the subsequent Factory acts, though with restricted hours of work unti! 1'850, .when, for the first time, the day hours of permitted labour, were fixed at from 6 a.m. to 6 p,m., and in winter from 7 a.m. to 7 p.m. if so desired by the mill occupier 3 c254 i. « La gran massa degli incidenti si è verificata negli opifici maggiori ... il continuo arraffare ogni minuto di tempo, là dove il lavoro si svolge al ritmo determinato da una potenza invariante, indicata anche di mille cavalli, porta necessariamente alla possibilità di infortuni. In opifici simili gli istanti di tempo sono gli elementi del profitto si richiede l'attenzione di ogni momento di ognuno. È qui che ... si può vedere una lotta costante tra la vita e le forze inorganiche; qui dove le energie mentali devono dirigere e le energie animali devono muoversi e continuare a muoversi allo stesso ritmo delle rivoluzioni dei fusi. Non devono restare indietro, .nonostante lo sforzo e la fatica cui sono sotto~ poste per l'eccesso di sollicitazione o calore; né venire interrotte per un istante dall'attenzione diversamente portata sui vari movimenti circostanti, perché ogni ritardo costituisce una perdita.» (p. 56. Rep. of the In. of F. 30 11' Aprii 1860.) c255J « La Children's Employment Commission 4 , le cui relazioni sono 1 Ragazzi di piU di 13- anni classificati tali da potersi occupare per lo stesso numero di ore dei maschi adulti; lavoratori a mezzo tempo i bambini di meno di 13 2 Con la legge del 18 }3 la notte definita come compresa tra le '3. e 1/2 di anni sera e le 5 e 1/2 di mattina 3 Ai proprietari degli opifici fu permesso di « scegliersi il loro orario legale in ogni periodo compreso tra le 5 e 1/2 di mattina e le 8 e 1./2 di sera». Questo significato di «notte» e « giorno» si è mantenuto attraverso tutta la successiva legislazione sulle fabbriche, sebbene con orari di lavoro delimitati, fino al 1850, quando, per la prima volta, l'orario di lavoro diurno autorizzato veniva fissato dalle 6 di mattina alle 6 di sera e d'inverno dalle 4 7 alle 7 se cosf preferiva il conduttore dell'opificio Commissione per l'impiego dei bambini 1

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state pubblicate per molti anni, ba portato alla luce numerose enormità, che ancora perdurano, alcune delle quali assai maggiori di quelle di cui siano mlti state incolpate le fobbriche e le stamperie di tela ... Senza un sistema organizzato di ispezione compiuto da funzionari stipendiati, che rispondano al parlamento, e richiamati al loro dovere dall'obbligo di presentare delle relazioni semestrali sui loro atti, la legge diventerebbe ben presto inoperante; come è stato dimostrato dall'inefficaciadelle leggi sulle fabbriche precedenti a quella del 183-3, e come avviene oggi in Francia, dove la legge sulle fabbriche del 1•84•1 non prevede in alcun modo un'ispezione sistematica.» (10. Rep. o. t. Insp. etc 31" Oct. 1858.) ''-''l The Factory Acts' « hanno messo fine alla decrepitezza prematura degli operai di prima, gli operai delle lunghe ore; rendendoli padroni del proprio tempo hanno dato loro un'energia morale che li sta portando alla conquista, alla fine, del potere politico» (47. Rep. o. th I. o. F. 31" Oct. 1859). « Un vantaggio anche maggiote è che si distingue finalmente con chiarezza fra il tempo proprio dell'operaio e quello del suo padrone. Adesso l'operaio sa quando è finito quello che vende e quando incomincia il suo e sapendolo con certezza in anticipo è messo nella condi~ zione di organizzarsi in anticipo i suoi propri minuti per i suoi propri propositi! » (.!.c. p. 512.) r257 l Questo è molto impattante in rappotto alla determinazione delJ.a giornata normale. Prima del 1-83'3: « Il padre, ne non aveva il tempo che per il denaro, chi serviva non aveva tempo che per il lavoro » (Le. p. 4'8) r253 J. « La cupidigia dei padroni di opifici, le crudeltà dei quali nella ricerca del guadagno sono state difficilmente supei-ate da quelle perpetrate dagli spagnoli quando conquistarono l'America alla ricerca dell'oro.» (p. 114. fohn Wade. History of the Middle and W. Classes. 3 ed. Lond. 1835) t259J I I 124a I '''°l « Certe classi di operai (come i tessitori adulti e le tessitrici) hanno un interesse diretto a fare del lavoro straordinario e si può supporre che esercitino quaiche influenza sulle classi minorili, le quali ultime hanno, d'altra parte, un naturale timore di venire licenziate se forniscono prove o danno informazioni che mirino a coinvolgere i loro datori di lavoro ... quando siano scoperti (gli operai minori) al lavoro in orari illegali, raramente si può contare sulla loro testimonianza per t

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Le leggi sulle fabbriche

provare i fatti davanti al magistrato, pokhé è resa col rischio della perdita deli'impiego. » (p. 8. Factory Inspectors' Reports. /or halfyear ending October 31" 1860.) [l6IJ