La lettera agli Ebrei. Introduzione e commento 8896441153, 9788896441152

La Lettera agli Ebrei sfida la nostra comprensione della realtà e ci "fa riflettere su un mondo in cui l'invis

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Italian Pages xviii, 865 [884] Year 2014

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La lettera agli Ebrei. Introduzione e commento
 8896441153, 9788896441152

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l Gruppi Biblici Universitari sono dal1950 il ramo italiano della

ternational Fellowship of Evangelica/ Students,

ln­

movimento inter­

nazionale che opera nelle università di molti paesi del mondo con lo scopo di suscitare e approfondire la conoscenza della fede cristiana. Le Edizioni GBU accompagnano l'azione dei gruppi pubblicando libri utili allo studio delle Scritture e all'approfondimento della fede. Gruppi Biblici Universitari - www.gbuitalia.org Edizioni GBU - www.edizionigbu.it

Peter T. O'Brien

LA LETTERA AGLI EBREI Introduzione e commento

Edizioni GBU

Titolo originale:

T he Letter to the Hebrews Autore:

PETER T. O'BRIEN Già Senior Research Fellow e Vice Principal del Moore College di Sydney in Australia. Pubblicazione originale

Wm. B. Eerdmans Publishing Co. 2140 Oak Industriai Dr. NE Grand Rapids, MI 49505 l P.O. Box 163, www.eerdmans.com © 2010, Peter T. O'Brien Tutti i diritti riservati

Prima edizione italiana:

La lettera agli Ebrei. Introduzione e commento Maggio 2014 l © Edizioni GBU Traduzione:

G. Hooper, G.C. Di Gaetano Stefano Picciani

Progetto grafico e copertina:

Le citazioni del testo biblico sono tratte, tranne indicazione contraria, da La Sacra Bibbia, Nuova Riveduta (NVR), 1994, © Società Biblica di Ginevra - CH - 1032, Romanel-sur-Lausanne. La lettera agli Ebrei : Introduzione e commento l Peter T. O'Brien. Chieti : Edizioni GBU, 2014. -XVIII, 865 p. ; 21 cm. (Commentari al Nuovo testamento) 1. Bibbia. Nuovo Testamento. Epistola agli Ebrei. Commenti CDD (21) 227.8 7 NUOVO TESTAMENTO. EPISTOLA AGLI EBREI

Tutti i diritti riservati EDIZIONI GBU ISBN 978-88-96441-15-2

Per Peter e Christine

INDICE Prefazione del Curatore della collana Prefazione dell'autore Abbreviazioni

Xl

xiii xv l

Introduzione I. PATERNITÀ E CANONICITÀ A. Paolo B. Un collaboratore di Paolo l. Barnaba 2. Apollo 3 . Un autore sconosciuto

3 6 8 9 9 10

II. LA SITUAZIONE DEI DESTINATARI III. DESTINAZIONE IV. DATA A. Comportamenti ostili verso la comunità B. La ·distruzione del tempio C. Lo sviluppo del primo cristianesimo

12 19 21 22 25 27

V. GENERE VI. STRUTTURA A. Un'analisi concettuale (o tematica) B. Analisi retorica C. L'analisi letteraria D. Analisi del discorso l. George H. Guthrie 2. Cynthia Long Westfall 3. La nostra struttura

28 32 33 34 38 41 42 47 48

VII. ESPOSIZIONE, ESORTAZIONE E SCOPI VIII. EBREI NEL CONTESTO DEL PRIMO SECOLO A. Filone, Alessandria e il platonismo B. Gnosticismo C. Gli scritti giudeo-palestinesi

49 51 52 53 54

IX.

57 57 59

ORIGINI CRISTIANE A. Cristianesimo paolina B. Cristianesimo giudaico

vii

LETTE RA AGLI EBREI

Commentario su Ebrei I. INTRODUZIONE: LA PAROLA FINALE DI DIO CI È RIVOLTA NEL SUO FIGLIO, 1 : 1-4

LA POSIZIONE DEL FIGLIO IN RELAZIONE AGLI ANGELI, 1 :5-2 : 1 8 A . Il Figlio è superiore agli angeli, 1 :5-14 B. Esortazione: non trascuriamo la parola annunciata per mezzo del Figlio di Dio, 2 : 1-4 C. Per un tempo il Figlio è stato fatto di poco inferiore agli angeli, 2 :5-9 D. Il Figlio si è abbassato affinché potesse soffrire per i figli, 2 : 10--18 II.

CONSIDERATE GES Ù . UN AVVERTIMENTO CONTRO L'INCREDULITÀ , UNA PROMESSA DI ENTRARE NEL RIPOSO DI DIO, 3 : 1-4:13 A. Gesù, l'esempio supremo di Figlio fedele, 3 : 1--6 B. Avvertimento: non si segua l'esempio dell'incredulità d'Israele, 3 :7-19 C. La promessa del riposo per coloro che perseverano nella fede, 4: 1-13 l. Facciamo ogni sforzo per entrare nel riposo di Dio, 4: 1-1 1 2 . Si consideri la potenza della parola di Dio, 4: 12-13

III.

IV.

AVENDO DUNQUE UN GRANDE SOMMO SACERDOTE STIAMO FERMI E ACCOSTIAMOCI A DIO, 4: 14-16

V.

63 91 92 1 17 132 147 1 83 184 203 227 230 253 261

LA COSTITUZIONE DEL FIGLIO COME UNICO SOMMO SACERDOTE, 5 : 1-7:28 A. Introduzione: il Figlio preso fra gli uomini e costituito secondo l'ordine di Melchisedec, 5: 1-10 l. Le qualifiche per il sommo sacerdozio, 5 : 1-4 2 . Le qualifiche di Cristo per il sommo sacerdozio, 5 :5-10 B. Un avvertimento e un incoraggiamento: il pericolo dell'apostasia, 5 : 1 1--6: 12 l. Il problema della comunità: l'immaturità spirituale, 5 : 1 1-14 2. Tendiamo verso la maturità, 6:1-3 3 . Un severo avvertimento sul pericolo dell'apostasia, 6:4-8 4. Un incoraggiamento a perseverare, 6:9-12 C. La promessa di Dio è la nostra base per la speranza, 6 : 13-20

298 307 3 15 334 34 1

V.

357

LA COSTITUZIONE DEL FIGLIO COME UNICO SOMMO SACERDOTE (SEGUE), 5 : 1-7 :28 D. La superiorità di Melchisedec, 7 : 1-10 E. La superiorità di Gesù, il sommo sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec 7 : 1 1-28 l. L 'ordine di Melchisedec sostituisce l'ordine di viii

273 274 27 6 282 297

359 372 373

I NDICE

Aronne, 7 : 1 1-19

2. La superiorità del nuovo sacerdozio: il giuramento divino,

391

L'OFFERTA SUPERIORE DI COLUI CHE È STATO COSTITUITO SOMMO SACERDOTE, 8: 1-10: 18 A. n ministero più eccellente del sommo sacerdote celeste, 8: 1-6 B. La superiorità del nuovo patto, 8:7-13 C. La superiorità dell'offerta del nuovo patto, 9: 1-10: 18 l. n santuario sotto l'antico patto, 9: 1-10 2. La purificazione decisiva mediante il sangue di Cristo, 9: 1 1-28 a. La morte espiatrice di Cristo ha ottenuto una redenzione eterna, 9: 1 1-14 b. Cristo il mediatore del nuovo patto, 9: 15-22 c. n sacrificio perfetto di Cristo, 9:23-28 3 . n sacrificio definitivo, completo, 10: 1-18 a. Ombra e realtà, 10: 1-4 b. Sacrificio contrapposto a ubbidienza, 10:5-10 c. La finalità del sacerdozio di Cristo, 10: 1 1-14 d. La finalità del sacrificio di Cristo, 10: 15-18

4 17

la sua permanenza e il carattere di Gesù, 7:20-28

VI.

419 427 443 444 460 461 474 486 499 501 506 5 15 520

VII. AVENDO DUNQUE LIBERTÀ DI ENTRARE NEL LUOGO SANTISSIMO PER MEZZO DEL SACRIFICIO DI GESÙ , AVVICINIAMOCI E PERSEVERIAMO, 10: 1 9-25 A. Avviciniamoci a Dio, 10: 19-22 B. Manteniamo ferma la confessione della nostra speranza, 10:23 C. Facciamo attenzione gli uni agli altri, 10:24-25

524

VIII. UN APPELLO ALLA PERSEVERANZA E ALLA FEDE, 10:26-12:29 A. Un avvertimento contro l'apostasia e un appello a perseverare, 10:26-39 l. Un severo avvertimento: il pericolo di rigettare il Figlio di Dio 10:26-3 1 2. Ricordatevi di quei primi giorni e perseverate 10:32-3 9 B. Positivi esempi veterotestamentari di fedele perseveranza, 1 1 : 1-40 l. Fede nell'invisibile, 1 1 : 1-7 2. La fede di Abraamo e dei suoi discendenti, 1 1 :8-22 3 . La fede di Mosè, 1 1 :23-3 1 4. Ulteriori esempi: coloro che perseverarono per fede, 1 1 :32-40

540

VIII. UN APPELLO ALLA PERSEVERANZA E ALLA FEDE (SEGUE) , 10:26-12:29 C. Corriamo con perseveranza la gara, fissando lo sguardo su Gesù, 12: 1-2 D. Sopportare la disciplina in qualità di figli, 12:3-17 E. Voi vi siete avvicinati al monte Sion, 12 : 18-24

526 535 537

541 541 573 577 595 62 1 635 649 650 664 690 ix

LETIERA AGLI EBREI

F. Un avvertimento finale: non rifiutate colui che parla dal cielo, 12 :25-29

71 1

IX.

727

ESORTAZIONI CONCLUSIVE, PREGHIERA FINALE E SALUTI, 13: 1-25 A. L'autentico servizio a Dio implica servire il suo popolo, 13: 1-6 B. Istruzioni per la comunità, 13 :7-19 C. Preghiera e dossologia, 13 :20-2 1 D. Note personali, saluti e benedizioni, 13:22-25

729 745 77 1 777

Indici I. Temi IL Autori III. Citazioni bibliche Iv. Letteratura extrabiblica

785 797 807 837

Bzbliografia selezionata

849

x

PREFAZIONE DEL CURATORE DELLA COLLANA1 I commentari hanno una finalità precipua, e questa serie non fa eccezione. Ideati per coscienziosi pastori e insegnanti del­ la Bibbia, i commentari Pzllar cercano soprattutto di rendere chiaro il testo della Scrittura, come ci è pervenuto. Gli autori di questi volumi hanno interagito con la ricerca scientifica più ag­ giornata ma hanno evitato di impantanarsi in impropri dettagli tecnici. n loro ideale è una miscela di rigorosa esegesi e di espo­ sizione, con un occhio attento sia alla teologia biblica sia alla ri­ levanza contemporanea della Bibbia, senza confondere il com­ mentario con un sermone. La ragione fondamentale di questo approccio sta nel fatto che la visione della «ricerca oggettiva» (una vana chimera) possa di fatto rivelarsi profana. Dio ci chiede conto; non siamo noi a giudicarlo. Quando Dio ci parla tramite la sua parola, co­ loro che dicono di conoscerlo devono rispondere in un modo appropriato e ciò è sicuramente diverso da una posizione in cui lo studioso si immagina di essere in una condizione di autono­ mia. Quello che sto dicendo, però, non è un surrettizio appel­ lo a una soggettività senza controllo. Gli scrittori in questa col­ lana puntano a un'imparziale apertura al testo che equivale al migior genere di «oggettività». Se il testo è la parola di Dio è opportuno che rispondia­ mo con riverenza, con un certo timore, una gioia santa e con un'ubbidiente attesa. Questi valori si dovrebbero riflettere nel modo in cui i cristiani scrivono. Con simili valori, i commenta­ ri Pillar saranno accolti caldamente non solo da pastori, inse­ gnanti e studenti ma anche dal pubblico in generale. ***

l.

The Pillar New Testament Commentary xi

LETIERA AGLI EBREI

Peter O'Brien, con i suoi molti anni di servizio come stu­ dioso, missionario e insegnante di lungo corso presso il Moore Theological College, ha guadagnato una reputazione che è pres­ socché unica. È la combinazione di virtù che colpisce: grande cura nel maneggiare la Scrittura, correttezza nei confronti delle vedute degli altri, una sobrietà personale combinata con una passione per la centralità del vangelo e, insieme al resto, una dolcezza di spirito che ha catturato le menti e i cuori di colle­ ghi, amici e di una lunga serie di studenti. Nel mondo spieta­ to della ricerca scientifica è difficile trovare qualcuno che possa dire qualcosa di negativo su Peter O'Brien. Tra gli appassionati di commentari il Dr O'Brien è meglio noto per i suoi commentari sulle Lettere paoline della prigio­ nia, Efesini, Filippesi e Colossesi. TI volume su Efesini, natural­ mente, è pubblicato nella serie Pillar ed è divenuto un testo di riferimento su quella lettera, anche per coloro che si prepara­ no per insegnare e predicare il testo. Qui il Dr. O'Brien va oltre il corpus paolino. La maggior parte degli ultimi sei anni della sua vita sono stati dedicati a Ebrei, un libro non sempre faci­ le da comprendere ma indubbiamente importante per i cristia­ ni che vogliono sapere come i credenti del primo secolo hanno letto le Scritture dell'antico patto. Una tale ricerca è il primo passo per la costruzione di una teologia profondamente bibli­ ca e canonica. Sarebbe difficile trovare una guida più utile del Dr. O'Brien, o una guida meglio dotata della combinazione di competenza e di geniale sapienza. È un piacere raccomandare quest'opera di un caro amico. D.A. Carson

xii

PREFAZIONE DELL)AUTORE

ll mio primo, serio incontro con la Lettera agli Ebrei è avvenu­ to in un contesto missionario, alcuni anni fa, quando fui invita­ to a insegnare questa «parola di esortazione» all'ultimo anno di un corso per studenti di teologia. Si rivelò un'esperienza grati­ ficante, addirittura una pietra miliare da un punto di vista spi­ rituale, anche se ho il sospetto che il mio insegnamento in quel contesto internazionale lasciò molto a desiderare. Non molto tempo dopo, mi ritrovai a seguire un corso del professar P.F. Bruce all'Università di Manchester, dove insegnava quando aveva già scritto, qualche anno prima, il suo commentario sulla Lettera nella serie New International Commentary. Questa straordinaria «parola di esortazione» del Nuovo Testamento, che ci è giunta fin dall'inizio come una Lettera, mi ha affascinato, sfidato, messo alla prova e incoraggiato fin da quei primi corsi. È stato allora un piacere il fatto che mi sia stato chiesto di preparare il commentario su di essa nella col­ lana Pillar New Testament Commentary, e così studiare nuova­ mente questa porzione della parola di Dio. Sono grato a Don Carson per il suo invito, la sua amicizia e il suo incoraggiamen­ to costanti, così come ai suoi intuitivi suggerimenti in qualità di curatore della collana. Sono consapevole del mio grande debito nei confronti di coloro che mi hanno preceduto nel compito di cercare di spie­ gare questo magnifico documento del Nuovo Testamento. Nel mentre lottavo con esso, mi sono sentito come un piccolo bam­ bino sulle spalle di giganti. I commentari di Giovanni Calvino, F.F. Bruce, H.W. Attridge, W.L. Lane, P. Ellingworth, C.R. Koester e L. T. Johnson, per nominare solo alcuni, sono stati i miei compagni fedeli, mentre molti altri sono stati a portata di mano negli scaffali del mio studio. Una speciale menzione deve essere fatta per George H. Guthrie, la cui ampiezza dei pene­ tranti scritti su Ebrei ha avuto una considerevole influenza sul

xiii

LETTERA AGLI EBREI

mio pensiero. Se è giusto dire che, nel corso della storia cristia­ na, la Lettera agli Ebrei è stata dimenticata, allora va detto che negli ultimi anni c'è stata una straordinaria produzione di lette­ ratura su questo importante documento del Nuovo Testamen­ to. Si potrebbe quasi dire che sia fiorito tutto un «lavoro molto diffuso» dal quale sono venuti fuori articoli, commentari, mo­ nografie di livello diverso. Ho imparato molto da essi e sebbene il mio compito primario fosse quello di spiegare, al meglio che posso, il significato della parola di Dio, devo dire che mi hanno assistito in questa gioiosa impresa i risultati creativi e le intui­ zioni che sono stati raccolti da queste recenti ricerche. Non è stato possible prendere in conto l'importante mate­ riale su Ebrei che è apparso dopo la consegna di questo lavoro per la sua pubblicazione. Ancora, per ragioni di spazio, non ho incluso nell'Intro­ duzione nessuna discussione dei temi teologici più importanti della Lettera. Spero di affrontare queste tematiche in un futuro volume sulla teologia di Ebrei. I miei ringraziamenti vanno agli studenti del Moore Colle­ ge che si sono succeduti e che hanno interagito con me, sfidan­ domi durante i corsi, nel mentre studiavamo insieme il testo greco di Ebrei. n commentario è pensato meglio come un risul­ tato di una tonificante comunione, sebbene le imperfezioni che restano sono interamente di mia responsabilità. Senza il generoso congedo dagli studi che il Moore College concede ai suoi docenti non sarebbe stato possible completa­ re questo commentario. n Principal, John Woodhouse, e il Col­ lege Board sono stati di continuo supporto nei passati sei anni, mentre i miei colleghi di facoltà hanno spesso assunto le mie re­ sponsabilità per facilitarmi il compito. Mary, mia moglie da quarantasei anni, ha continuato a esse­ re un meraviglioso incoraggiamento. Le sue fiduciose interces­ sioni al trono di grazia sono state una guida per la misericordia e la grazia divina, aiutandoci nei nostri momenti di bisogno. Soli Deo Gloria! Peter T. O)Brien

xiv

ABBREVIAZIONI

Traduzioni della Bibbia in italiano

CEI CEI (2008) Gar

Nard. ND NVR Paoline TILC ACCS ANR�

ASV AUSS AV BBR BDAG

Versione della Bibbia della Conferen­ za Episcopale italiana, 197 1 . La Sacra Bibbia. Nuova edizione uffi­ ciale della Cei, 2008. La Sacra Bibbia, tradotta dai testi ori­ ginali e commentata, a cura e sotto la direzione di Mons. Salvatore Garofa­ lo, Marietti, 1 963 . La Sacra Bibbia. Traduzione italiana dai testi originali, Fulvio Nardoni, Fi­ renze, 1 96 1 La Sacra Bibbia, La Nuova Diodati, Edi­ zione La Buona Novella, 1 99 1 . La Sacra Bibbia. Versione Riveduta in testo originale dal Dott. Giovanni Luz­ zi. Società Biblica di Ginevra, 1 995 . La Sacra Bibbia, traduzione dai testi originali, Ed. Paoline, 1983 . La Bibbia. Traduzione intercon/essio­ nale in lingua corrente, 2001 Ancient Christian Commentary on Scripture Au/stieg und Niedergang der romischen �eu American Standard Version Andrews University Seminary Studies Authorized Version (= K]V) Bulletin for Biblica! Research W Bauer, WF. Arndt, F.W. Gingrich, e F.W Danker, Greek-English Lexicon ·

xv

LETTERA AGLI EBREI

BDF

Bih BSac BTB BZ CBQ CBR CTJ DBGBU

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DLNTD EvQ ESV EVV ExpTim GLNT

GNB xvi

o/ the New Testament (2. ed.) F. Blass, A. Debrunner, e R.W. Funk, A Greek Grammar o/ the New Testa­ ment and Other Early Christian Litera­ ture Biblica Bibliotheca Sacra Biblica! Theology Bulletin Biblische Zeitschri/t Catholic Biblica! Quarterly Currents in Biblica! Research Calvin Theological Journal I.H. Marshall, A.R. Milla rd, J.I. Pa­ cker, D.J. Wiseman, a cura di, Dizio­ nario biblico GBU, ed. it. a cura di R. Diprose, Edizioni GBU, Chieti-Roma, 2008 Dizionario Esegetico del Nuovo Testa­ mento, a cura di H. Balz & G. Schnei­ der, ed. it. a cura di O. Soffritti, Pai­ deia, Brescia, ed. in unico vol. 2004; or. ted., Exegetisches Worterbuch zum Neuen Testament, W. Kohlhammer, Stuttgart, 1980. R.P. Martin e P. H. Davids, a cura di, Dictionary o/ the Later New Testament and Its Developments Evangelica! Quarterly English Standard Version English versions Expository Times G. Kitteli and G. Friedrich, a cura di, Theologisches WoANrterbuch zum Neuen Testament, 1 932 1974; tr. ing., Theological Dictionary o/ the New Te­ stament, a cura di G.W. Bromiley, 10 voli. , 1964-1976 tr. it. A cura di F. Montagnini, G. Scarpat, O. Soffritti, Grande lessico del Nuovo Testamento, Brescia, 16 voli . + Suppl. Good News Bible (= Today}s English

ABBREVIAZIONI

G1J HCSB HTR Int JB JBL JETS JSNT JSOT KJV Louw e Nida LSJ LuthW LXX MHT MM TM NA NAB NASB NDBT NEB NewDocs NIDNTT

Version) Grace Theological Journal Holman Christian Standard Bible Harvard Theological Review Interpretatfon Jerusalem Bible Journal ofBiblica! Literature Journal of the Evangelica! Theological Society Journal /or the Study o/ the New Testa­ ment Journal /or the Study of the Old Testa­ ment King]ames Version (=AV) J.P. Louw e E. Nida, Greek-English Lexicon of the New Testament: Based on Semantic Domains Liddell-Scott-Jones, Greek English Lexicon J. Pelikan and H. Lehman, a cura di, Luther's Works, 55 vols. Settanta J.H. Moulton, W.F. Howard, e N. Tur­ ner, Grammar o/ New Testament Gre­ ek, vols. 1--4 J.H . Moulton e G. Milligan, The Voca­ bulary of the Greek New Testament Testo massoretico E. Nestle e K. Aland, a cura di, Novum Testamentum Graece (27 . ed.) New American Bible New American Standard Bible (rev. ed.) T.D. Alexander, B. S. Rosner, D.A. Carson, e G. Goldsworthy, a cura di, New Dictionary of Biblica! Theology New English Bible New Documents lliustrating Early Christianity C. Brown, a cura di, The New Inter­ national Dictionary of New Testament xvii

LETTERA AGLI EBREI

NIV NJB NovT NPNF NRSV NTS PTR

RBL REB RSR RSV RTR RV SBL SJT SuppGLNT

ST TEV TNIV TrinJ TynBul WTJ ZNW ZTK

xviii

Theology New International Version New Jerusalem Bible Novum Testamentum Nicene and Post-Nicene Fathers New Revised Standard Version New Testament Studies Princeton Theological Review Review o/ Biblica l Literature Revised English Bible Reche. rches de science religieuse Revised Standard Version Re/ormed Theological Review Revised Version Society o/ Biblica! Literature Scottish Journal o/ Theology C. Spicq, Theological Lexicon o/ the New Testament, in it. Note di lessico­ grafia neotestamentaria, ed. it. a cura di F.L. Viero, 2 voli., Brescia, Paide­ ia, 1988, 1 994, Supplementi al Grande Lessico del Nuovo Testamento (GLNT), voli. 4, 4*. Studia theologica Today's English Version Today's New International Version Trinity ]ournal Tyndale Bulletin Westminster Theological]ournal Zeitschri/t /ur die neutestamentliche Wissenscha/t Zeitschrzft fur Theologie und Kirche

INTRODUZIONE

Ebrei è un magnifico documento del Nuovo Testamento. È co­ struito con maestria e scritto splendidamente, è teologicamen­ te profondo ed efficacemente argomentato. Esso sfida la nostra comprensione della realtà e ci «fa riflettere su un mondo in cui l'invisibile è più reale, più pregnante e più affascinante di ciò che si può vedere, toccare e raccontare»1. La Lettera, che di­ pinge splendidamente Gesù come Figlio di Dio e grande som­ mo sacerdote, che è a un tempo divino e umano, crocifisso ed esaltato, pone anche pressanti esigenze ai suoi lettori per quan­ to concerne il discepolato cristiano. Essa richiama i credenti, come fece per i primi lettori, a «un impegno senza se e senza ma, a una tenace perseveranza e a una determinazione a soffri­ re» per la propria fede2. Tuttavia, per i lettori di oggi Ebrei è uno dei libri del Nuovo Testamento più difficili da comprendere3 e per questa ragione è stato spesso trascurato. Abbondano le citazioni e le allusioni veterotestamentarie e i dettagli sul sistema sacerdotale e sacrifì­ cale d'Israele dominano buona parte del libro. Molte delle ar­ gomentazioni dell'autore fanno uso di similitudini tipologiche l.

2. 3.

Così L.T. Johnson, p . l . Secondo Raymond Brown Ebrei è una delle «opere più impressionanti» del Nuovo Testamento. «Voluta­ mente retorica, attentamente costruita, scritta abilmente in un greco raffinato e ardentemente riconoscente nei confronti di Cristo, Ebrei presenta un numero eccezionale di indimenticabili intuizioni che hanno influenzato il cristianesimo», in An Introduction to the New Testament, Doubleday, New York , 1997, p. 683 . L.T. Johnson, p. 2. H.W. Attridge, p. l, pensa che sebbene Ebrei sia il testo del primo secolo cristiano «più elegante e sofisticato» è anche «forse, il più enigmatico».

Lffi ERA AGLI EBREI

che sono difficili da cogliere: per esempio, quelle tra l'antico e il nuovo, il temporale e l'eterno o il terreno e il celeste (si noti in Ebrei 7 il paragone tra Cristo e Melchisedec) . Inoltre, seb­ bene gli argomenti appaiano fondati su un attento ragionamen­ to, spesso sono trattati in modo approfondito e particolareggia­ to, al punto da rendere difficile cogliere il modo in cui l'autore passa da un concetto all'altro o da uno stadio al successivo. L'inserimento di ripetute esortazioni sembra, almeno a prima vista, interrompere lo sviluppo complessivo del ragiona­ mento4. A un livello personale, bisogna dire che i cristiani nel corso dei secoli sono stati turbati dai brani del libro che con­ tengono degli avvertimenti (2: 1-4; 3 :7--4: 1 1 ; 6:4-8; 1 0:26-3 1 ; 12:25-29) poiché sembrano contraddire le certezze e le pro­ messe che si trovano altrove, suggerendo che i credenti posso­ no «allontanarsi» da Cristo. Ci sono altri aspetti che rendono Ebrei un documento diffi­ cile e impegnativo. Esso è inserito tra le Lettere del Nuovo Te­ stamento ma la sua forma suggerisce che non si tratta di una lettera vera e propria. Inizia senza una preghiera di apertura che invochi grazia e pace e non ci sono ringraziamento o be­ nedizione introduttivi. A differenza di altre Lettere nel Nuovo Testamento (eccetto l Giovanni) e molte epistole del periodo grecoromano, il suo autore non si presenta né identifica i desti­ natari. Al contrario, Ebrei esordisce con una frase straordina­ ria che celebra la dignità del Figlio di Dio, tramite il quale Dio ha pronunciato negli ultimi giorni la sua parola finale ( 1 : 1 -2). Dall'altro lato, il documento si chiude come una normale lette­ ra, con la sua benedizione, le note personali e i saluti finali (Eh 13 :20-25) . L'autore descrive il suo discorso come una «parola di esortazione» (13:22) . Ma cosa vuole dire con questa espres­ sione? Si tratta forse di un'omelia o di una serie di omelie che sono state messe per iscritto nella forma di una lettera piutto­ sto anomala? In fin dei conti, Ebrei resta elusivo poiché è incerto il con­ testo della sua composizione. Non sappiamo chi ha scritto il libro, la località e la data della sua stesura o la condizione di co­ loro a cui si rivolgeva. Sebbene in anni recenti ci sia stato uno 4.

2

Vedi D.A. Hagner, Encountering the Book o/Hebrew: An Exposi­ tion, Baker, Grand Rapids, 2002, p. 20.

I NTRODUZIONE

straordinario incremento nella conoscenza delle culture greco­ romana e giudaica, tanto da avere un migliore punto di osser­ vazione rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto, biso­ gna dire che molte di queste domande non possono ancora ri­ cevere una risposta certa.

I.

PATERNITÀ E CANONICITÀ5

Ebrei è un documento anonimo anche se è stato accolto e let­ to come una Lettera di Paolo. Ci è giunto con il titolo «agli Ebrei» (pros Hebraious) e nel primo testo di Paolo di cui sia­ mo in possesso (1�46) , risalente all'incirca al 200 d.C., era inclu­ so tra le Lettere di Paolo, subito dopo Romani. Questo stato di fatto riflette chiaramente la convinzione della chiesa d'Oriente, soprattutto a causa della valutazione di una serie di famosi stu­ diosi alessandrini: Clemente ( 150-2 15 d.C. ca. ) e Origene ( 1 85253) , i quali però ammettevano che c'erano delle difficoltà per questa loro opinione. Origene vi scorgeva le idee ma non il lin­ guaggio paolino; dopo aver ipotizzato come suoi possibili au­ tori sia Clemente sia Luca, ammetteva: «Ma solo Dio sa chi ha scritto veramente l'epistola»6• Nella chiesa d'Occidente la paternità paolina fu dibattuta fino alla seconda metà del quarto secolo, anche se l'uso più an­ tico di Ebrei di cui abbiamo prova fa pensare a un legame pa­ olino. l Clemente, che fu spedita da Roma a Corinto alla fine del primo secolo o all'inizio del secondo, fa uso di idee e di un linguaggio che è peculiare a Ebrei; essa intreccia materiale proveniente dalla Lettera con un appello alla disciplina all 'in­ terno della chiesa di Corinto7• Tuttavia il Canone Muratoria­ no, Ireneo e Ippolito di Roma concordano tutti nel sostene5.

6. 7.

Sulla storia dell'interpretazione e dell'influenza di Ebrei vedi C.R. Koester, pp. 1 9-63 . Si veda anche F.F. Bruce, " «To the Hebrew»: A Document o/ Roman Christianity?", in ANRW, H. Temporini e W. Haase, a cura di, Vol. Il.25 .4, de Gruyter, Berlin, 1987 , pp. 3496-352 1 , in part. pp. 3496-3499. Eusebio, hist. ecc/. 6.25 . 14. Si notino le forti somiglianze tra Eh 1:1-14; 2 : 17-18; 4:14-16 e 1 Clem, 36: 1-5 . 3

LETTE RA AGLI EBREI

re che Paolo non era l'autore. Tertulliano insisteva nel ritene­ re che Ebrei avesse più autorità del Pastore di Erma in ragio­ ne dell'eminenza del suo autore, che identificava in Barnaba. All'epoca in cui scriveva Eusebio (325 ca. ), molti a Roma anco­ ra non ritenevano che Ebrei fosse una Lettera paolina. Le controversie trinitarie del quarto e del quinto secolo portarono a posizioni che hanno influenzato la lettura di Ebrei e la sua successiva interpretazione. In Occidente gli scrittori che usarono la Lettera per combattere l'arianesimo diffusero l'idea che l'autore fosse Paolo. Ma Girolamo e Agostino con­ tribuirono non poco al cambiamento di opinione in Occidente. n primo riconosceva l'importante tesi orientale ma ammetteva che molti in Occidente avevano ancora dei dubbi sulla pater­ nità di Paolo. Egli giungeva allora alla conclusione che non era importante chi fosse l'autore, in quanto all'opera è «reso onore dalla lettura quotidiana che di essa fa la chiesa»8• Nei suoi primi scritti Agostino identificò Paolo come autore e usò Ebrei per dimostrare la sua comprensione del peccato umano nel conte­ sto della controversia con i pelagiani9• Successivamente, forse a causa dell'influenza di Girolamo, fu più cauto nell'identifica­ re il suo autore con Paolo ma incluse Ebrei tra le Scritture au­ torevoli della chiesa e quest'ottica fu seguita anche da altri. I si­ nodi d'Occidente conservarono alcune distinzioni che erano state fatte tra Ebrei e il resto delle Lettere paoline. n Sinodo di Ippona (3 93 d.C.) e il Terzo Sinodo di Cartagine (397) affer­ marono: «Tredici lettere dell'apostolo Paolo; una dello stesso agli Ebrei». n Sesto Sinodo di Cartagine (4 19) attribuì a Paolo quattordici lettere. Nell'insieme in Occidente si affermò la pa­ ternità paolina dell'Epistola sebbene molti commentatori eru­ diti continuassero ad avere dei dubbil0• 8.

9. 10.

4

Girolamo, ep. 129.3 ; si veda D.A. Carson e D.]. Moo, An Intro­ duction to the New Testament, Zondervan, Grand Rapids, 2005 , p. 60 1 . Agostino, NPNF 1 , 5.34; citato da C.R. Koester, p. 27 n. 29 (si guar­ di il suo ragionamento e gli ulteriori riferimenti) . D.A. Hagner, Encountering the Book o/ Hebrew, pp. 191-195, in part. p. 195 , suggerisce che >. 10 E ancora: «Tu, Signore, nel principio hai fondato la terra e i cieli sono opera delle tue mani. 1 1 Essi periranno, ma tu rimam> invecchieranno tutti come un vestito, 12 e come un mantello li avvolgerai e saranno cambiati,· ma tu rimani lo stesso, e i tuoi anni non avranno maifine». 13 E a quale degli angeli disse mai: «Siedi alla mia destra fin­ ché abbia posto i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi»? 14 Essi non sono forse tutti spiriti al servizio di Dio, mandati a servire in favore di quelli che devono ereditare la salvezza?

L'autore di Ebrei, avendo parlato dell'identità divina di Gesù e della sua superiorità sugli angeli niente di meno nel portare la rivelazione finale di Dio al suo popolo, elabora que­ sto punto in l :5-14 ricorrendo a una serie di citazioni tratte dall'Antico Testamento; Nell'introduzione ( 1 : 1-4) ben strut­ turata le sette affermazioni cristologiche descrivono la natura e l'opera del Figlio, dimostrando in tal modo il motivo per cui la rivelazione di Dio in lui è la più grande e la più importante che può dare. Qui in 1 :5-14, il primo paragrafo dottrinale del libro, sette citazioni dell'Antico Testamento, insieme ai commenti in­ troduttivi e conclusivi, rinforzano le precedenti affermazioni cristologiche. In Ebrei 1 :2-4 e in 1 :5-13 vi è una corrisponden­ za generale fra i temi e la progressione del pensiero123, con alcu123 . Nota soprattutto J.P. Meier, "Symmetry and Theology in Heb 1,592

EBREI 1:5-2:18

ni motivi quali: la rivelazione divina, Cristo Figlio di Dio, la sua divinità e il suo ruolo nella creazione, il suo insediamento sul trono, l'esaltazione e la sua posizione elevata rispetto agli ange­ li, che svolgono un ruolo centrale. Contrapponendo il Figlio agli angeli (synkrisis), l'autore sottolinea l'identità di Cristo con Dio e la profonda importan­ za del messaggio annunciato da Dio per mezzo del Figlio. In 2 : 1-4 i lettori sono chiamati a prestare attenzione alla Parola di Dio trasmessa mediante Gesù Cristo con l'uso dell'«ancora di più». Questo accento sul rispondere in modo adeguato alla Pa­ rola di Dio è un tema dominante di Ebrei che si presenta più volte ( 1 : 1-4; 2 : 1-4; 3 :7-1 1 ; 4: 12-13 ; e alla fine in 12:25-29)124 • I versetti 5 a 12 si sviluppano in «tre movimenti»125• L'auto­ re presenta tre coppie di versetti tratti dall'Antico Testamento e culminanti con la citazione del Salmo 1 1 0: 1 126• Ogni coppia possiede una formula introduttiva che dirige l'attenzione verso gli angelP27, mentre le tre unità delineano il contrasto tra loro e il Figlio. La prima coppia (Sal 2:7; 2 Sam 7 : 14) proclama la su­ periorità del Figlio sugli angeli grazie al rapporto unico del Fi­ glio con il Padre (Eb 1 :5). La seconda (Sal 97 :7; 1 04:4) attira l'attenzione sulla posizione e sul ministero positivo ma inferio­ re degli angeli (Eb 1 :6-7) , mentre la terza coppia (Sal 45 :6-7; 102:25-27) si concentra sull'immutabile ed eterna natura del Figlio (Eb 1 :8-12). Guthrie osserva che all'interno di ogni cop­ pia i versetti sono legati tra loro dall'uso di «parole a effetto».

124. 125. 126. 127.

1 4 " , in Bib, 66, 1985 , pp. 504-533 , e R. Bauckham, "Monothesism and Christology", art. cit. , p. 174. W.L Lane, 1 :22, vede un «paral­ lelismo sintetico» tra la confessione iniziale ( l : 1-4) e la catena di citazioni dell'Antico Testamento ( 1 :5-14), ma P. Ellingworth, p. 108, giustamente mette in guardia contro l'andare troppo lontano. Non vi è, ad esempio, nessun parallelo nelle citazioni con «la puri­ fìcazione dei peccati» (v. 3c), come ammette J.P. Meier, pp. 523524. D.A. DeSilva, p. 95 ; G.R. Smillie, Living and Active. . . , cit. G.H. Guthrie, "Hebrews", art. cit. , p. 925 . Grammaticalmente la serie di citazioni si compone di tre frasi: vv. 5, 6-12, e 13. Versetto 5, «A quale degli angeli [Dio] ha mai detto . . . ?»; v. 7 «E mentre degli angeli dice . . . », e v. 1 3 , «E a quale degli angeli [Dio] disse mai . . . ?». 93

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I primi, Salmo 2 :7 e 2 Samuele 7 : 14, sono collegati dal termi­ ne «Figlio» e dai pronomi «io» e «mio/mi» (v. 5 ) ; nella secon­ da coppia c'è un comune riferimento agli «angeli» (vv. 6-7); e nella terza, l'eternità del Figlio collega il Salmo 45 al Salmo 1 02 (vv. 8, 10, 12) 128• Alla fine, il punto climatico di questa catena di testi dell'Antico Testamento si trova in Ebrei l : 13 con la ci­ tazione del Salmo 1 10: l (al quale si è già fatto riferimento in Eb 1 :3 ) : l'insediamento del Figlio come l'Unto di Dio è di enorme importanza. A questa argomentazione, confermata dalle Scrit­ ture fanno da cornice due domande retoriche che troviamo in 1 :5 («a quale degli angeli ha mai detto?») e in 1 : 13 . Sembra im­ plicita una risposta negativa a entrambe le domande, poiché ci si aspetta che i lettori sappiano che Dio non ha detto que­ ste cose agli angeli129• TI versetto 14, dunque, effettua un pas­ saggio a 2 : 1-4, riaffermando il contenuto del Salmo 104:4 (ci­ tato nel v. 7). In questo paragrafo, nel quale si adducono sette brani dell'Antico Testamento130 per sostanziare l'argomentazione che il Figlio di Dio è superiore agli angeli, l'autore presenta i 128. G.H. Guthrie, p. 67 ; ed "Hebrews" , art cit. , p. 925. 129. D.A. DeSilva, pp. 95-96. 130. È stato suggerito che «questi testimonia sembrano essere stati as­ sunti da una catena di testi di riferimento dell'Antico Testamen­ to già esistente», H. Montefiore, p. 43 , vedi E. Kasemann, The Wandering People o/ God, op. cit. , pp. 168-169, e D.M. Hay, pp. 38-3 9. Le somiglianze tra Eh 1 :5-14 e I Clem. 36: 1-6 hanno for­ nito il principale �ostegno per questa proposta. Tuttavia era stata messa in discussione per una serie di motivi: l) l'autore di Ebrei presta notevole attenzione al contesto dell 'Antico Testamento sia per queste citazioni sia per quelle successive; 2 ) le caratteristiche stilistiche, in particolare i chiasmi, all'interno delle citazioni, si tro­ vano in tutto il resto della Lettera agli Ebrei; 3 ) le citazioni della Scrittura, sicuramente in questa prima fase dell'argomentazione dell'autore, non sono strettamente dei «testi prova»; 4) la sovrap­ posizione tra le varie liste esistenti non è eccessiva, e quindi «non sembra che ci sia una ragione per cui uno scrittore così versato nell'Antico Testamento e così creativo nel suo uso, non possa aver contribuito a questo processo tramite la raccolta e l'organizzazio­ ne dei testi veterotestamentari», P. Ellingworth, p. 109, per mag­ giori dettagli; nota gli argomenti di W.L. Lane ( 1 , 23-2 4 ) contro la plausibilità di I Clem. 36 come fonte di una raccolta di testimo­ nianze tradizionali; anche J.P. Meier, "Symmetry and Theology", art. cit. , p. 504-533 . 94

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suoi princìpi di esegesi biblica. Di particolare importanza è la preminenza data al Salterio; in molte occasioni l'autore «inter­ preta un testo tratto da altri libri dell'Antico Testamento me­ diante l'esegesi di un brano dei Salmi»131 • Qui in l :5-14, cinque delle sette citazioni sono prese dal Salterio, una dai Profeti an­ teriori (o libri storici [N. d.R. ] ) , e una dalla Torah. 5 L'elenco delle sette citazioni scritturali inizia con una do­ manda retorica: «Infatti 132, a quale degli angeli ha 133 mai detto?» che introduce i primi due testi, Salmo 2 :7 e 2 Samuele 7 : 14134 e richiede una enfatica risposta negativa135• a) Le parole della prima citazione: sei mio Figlio, oggi io ti ho generato» (Sal 2:7), non sono mai state rivolte da Dio a nes­ suno degli angeli. Sebbene nell'Antico Testamento gli angeli fossero chiamati nel loro insieme «figli di Dio» (Gen 6:2 , 4; Gb 1 :6, 2 : 1 , 3 8:7) 136, il titolo speciale di «figlio di Dio» non è mai utilizzato individualmente per nessun angelo (tini) . È possibi­ le che il decreto divino del Salmo 2 :7b-9 abbia conservato il 13 1 . F.F. Bruce, p. 53 132. Il versetto 5 è collegato al paragrafo introduttivo da yap («infatti», Diod. «perciocché») e dalla ripetizione di 1:éòv Ò.'Y'fÉÀrov («degli angeli») del v. 4. Il yap collega direttamente al v. 4, dove troviamo l'affermazione per la quale «i vv . 5-13 forniscono il sostegno scrit­ turale», P. Ellingworth, p. 1 1 1 . 133 . Il soggetto di Ehtf.v («ha detto») deve essere Dio, perché la sua attività è implicita nei versetti immediatamente precedenti, v. 4, nota TNIV e NRSV; in it. la TILC ha: «Infatti Dio non ha mai detto . . . ». 134. Il termine chiave che collega le due citazioni è ui6ç («Figlio») , che è di interesse fondamentale per l'autore nei due capitoli iniziali e prolunga la sua attenzione per la figliolanza di Gesù menzionata in 1 :2. Le citazioni sono legate da Ka.Ì 1t) ; B oggi ti ho generato. B' Io gli sarò Padre A' ed egli mi sarà figlio (Jlot Eiç ui6v). 135 . La domanda retorica: «Infatti, a quale degli angeli ha mai detto . . . ?» è equivalente a un'enfatica negazione. J. Beekman e J. Cal­ low, Translating the Word o/ God, Zondervan, Grand Rapids, 1974, pp. 229-248; notato da P. Ellingworth, p. 1 10. 136. La tendenza a rendere «figli di» come «angeli» si trova nella LXX e in Filone. 95

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testo di una liturgia usata per le incoronazioni dei re della linea davidica. Nel suo contesto originale il Salmo tratta della ribel­ lione delle nazioni e dei suoi sovrani contro Dio e il suo Unto. li salmista asserisce con fiducia che la grande potenza del Re che Dio ha stabilito sul monte Sion rovescerà questa ribellio­ ne. In seguito si è creduto, però, che queste parole si sarebbero realizzate pienamente nell' «escatologico Re davidico» che Dio avrebbe fatto sorgere137• La voce celeste che si rivolge a Gesù al momento del suo battesimo usa le parole del Salmo 2:7: «Tu sei mio Figlio» (Mc l : 1 1 ) . Più tardi il Salmo fu applicato a Gesù come Messia e i primi cristiani trovarono in esso la promessa della vittoria contro le forze del mondo che si opponevano al popolo di Dio (At 4:23-3 1 ; 13 :33-34; Ap 12:5; 19:15). Qui in Ebrei, invece, il riferimento al Salmo 2 serve a sottolineare la natura e lo stato di Cristo (vedi Gv 1 :49)138• A cosa si riferisce l'autore quando usa la parola oggi in questo contesto? Se è un riferimento temporale, allora quan­ do è stata attribuita a Gesù la dignità regale di Figlio di Dio? Abbiamo visto che questo titolo gli è stato già conferito come colui che è preesistente ( 1 :2) ed esaltato ( 1 :4), e successivamen­ te in Ebrei gli sarà dato in riferimento alla sua passione (5 :8). Dunque, a che cosa si riferisce questa espressione nella citazio­ ne? Alla luce dell'enfasi posta in Ebrei sulla morte e sull'esal­ tazione di Cristo, la maggior parte degli interpreti concorda­ no nel ritenere che si tratta di un riferimento al suo insedia­ mento sul trono, quando è stato dichiarato apertamente Figlio 137. Ps. Sal. 17 :26, del secondo secolo a.C. cita Sal 2:7 con riferimento a un Messia davidico la cui venuta è vivamente anelata. 138. È interessante notare che Ebrei evita i temi del conflitto, dell'ira divina (Sal 2:5 , 12) e dei Gentili (vv. l, 8), temi che sono rnolto presenti nel Salmo. Dall'altra parte, nella Lettera agli Ebrei ricor­ rono i vari elementi di questo testo dell'Antico Testamento: il con­ trasto tra la terra e il cielo (Eb 8: 1-6), la menzione di Sion, inte­ sa come Gerusalemme celeste (Eb 12:22), «Cristo» riferito a Gesù (Eb 3 :6; 9: 1 1 , 23 ) , l'eredità del Figlio (Eb 1 :2, 4), la disciplina di Dio (Eb 5 :8; 12 :5-1 1 ) e il dialogo tra due esseri celesti in Eb l . Vedi P. Ellingworth, pp. 1 12-1 1 3 , per i dettagli. Questi conclude che l'autore «ha letto il Salmo 2 nel suo insieme ma l'ha usato in modo selettivo e non ha tentato qualcosa di simile a un commen­ tario consequenziale o addirittura un pesher del tipo di quelli di Qumran . . . . n suo uso di questa citazione è tipico dell'uso che fa altrove della Scrittura». 96

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di Dio139• Non è messa in discussione l'eternità di Cristo come Figlio divino; piuttosto si afferma che colui che era il Figlio di Dio dall'eternità «entrò nel pieno esercizio di tutte le preroga­ tive connesse al suo essere Figlio quando, dopo aver dimostra­ to con la sofferenza la perfezione della sua ubbidienza, è stato elevato alla destra del Padre»140• b) La seconda citazione deriva da 2 Samuele 7 : 14, dove Natan annuncia a Davide la promessa del Signore secondo cui gli sarebbe succeduto un figlio che avrebbe costruito una casa per Dio e che il suo trono sarebbe stato reso stabile per sempre: «lo gli sarò Padre ed egli mi sarà Figlio». Sebbene Salomone costruì davvero un tempio per il Signore, i profeti compresero che il significato della promessa di Dio a Davide andava oltre Salomone e si estendeva al re ideale della linea davidica, cioè al Messia141• L'interpretazione messianica di questo brano e del Salmo 2142 è messa in evidenza a Qumran: 4QFlorilegium cita una versione abbreviata di 2 Samuele 7 : 1 1-14 in rapporto alla restaurazione imminente della dinastia di Davide e l' espressio­ ne «mio Figlio» è tradotta come il «germoglio di Davide143 che sorgerà . . . [per regnare] negli ultimi giorni in Sion». Similmen­ te, il chiaro riferimento a 2 Samuele 7 : 12 in Giovanni 7 :42 in­ terpreta il brano in senso messianico: «La Scrittura non dice forse che il Cristo viene dalla discendenza di Davide?». Per l'au139. Nota la discussione di H. W. Bateman, Early Jewish Hermeneutics and Hebrews 1 :5-13: The Impact o/ Early ]ewish Exegesis on the Interpretation o/ a Significant New Testament Passage, Lang, New York, Berna, Francoforte, 1 997 , pp. 2 1 9, 363-364. 140. F.F. Bruce, p. 54. Si noti il parallelo in Fil 2:9-l l , dove Gesù, che era Signore dall'eternità, è esaltato magnificamente dal Padre e ri­ ceve il nome sopra tutti gli altri nomi, cioè, il nome stesso di Dio: «Signore», insieme a tutto dò che dà sostanza e significato a que­ sto nome, l'esercizio del dominio universale. Si noti Rom 1 :4. 14 1 . Vedi Is 9:6-7 ; 1 1 : 1 , 10; Ger 23 :5 , 3 3 : 15 , Mi 5 :2 ; nota anche Is 55:4. 142. 2 Sam 7 : 1 1-14 è citato in 4QFlor, 1 . 10-11, e Sal 2: 1-2 segue in 4QFlor, 18-19. . 143 . ll «rampollo di Davide» è il «germoglio giusto» che sarà fatto sor­ gere per Davide in Ger 23 :5 , 33 : 15, cioè il Messia davidico (la pa­ rola ebraica per «germoglio» è fjema/J,) . Così F.F. Bruce, p. 55, che osserva anche che l'adempimento di questa antica promessa di Natan viene ripreso nell'annuncio di Gabriele a Maria (Le 1 :323 3 ) e nel ringraziamento di Zaccaria (Le 1 :68-69). 97

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tore di Ebrei, quindi, 2 Samuele 7 : 14 trova «la sua realizzazione nell'esaltazione del Messia»144• ll collegamento del Salmo 2 con 2 Samuele 7 : 14 sottolinea il rapporto unico di cui il Figlio145 gode con Dio Padre e fornisce una prova biblica per affermare la posizione subordinata degli angeli a quella del Figlio. 6 c) Avendo citato due brani che identificano Gesù come il Figlio di Dio, ora l'autore cita un brano dell'Antico Testamen­ to che lo indica come l'unico degno di ricevere la lode degli an­ geli: «Di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice: " Tutti gli angeli di Dio lo adorino!"». La lunga formula introduttiva qui usata riecheggia il linguaggio veterotestamen­ tario ma è piuttosto ambigua nel significato. Si dice che Dio «introduce» il primogenito nel «mondo» ma non è chiaro se questo avvenga al momento dell'incarnazione di Gesù, alla sua esaltazione o alla sua parusia. Si è constatato che l'avverbio «di nuovo»146 modifica il verbo e quindi il senso della frase risulta essere: «Quando Dio ancora una volta introduce il suo primo­ genito nel mondo». Ciò colloca l'omaggio degli angeli al mo­ mento della seconda «introduzione», cioè alla parusia. Ciono­ nostante, non è necessario interpretare il termine «di nuovo» in senso temporale. È meglio intenderlo come un connettivo che lega questa citazione scritturaie a quella precedente147• In quale occasione, dunque, Dio ha introdotto il suo primo­ genito nel mondo? La risposta a questa domanda si determina in parte grazie all'espressione chiave «mondo» (oikoumene). Questo termine può significare una terra abitabile in contrasto con la terra arida e inospitale (Es 16:35 ). Si usa in senso deri­ vato come mondo popolato da uomini e donne. Alcuni hanno 144. HG. Guthrie, Hebrews, art. cit. , p. 929. 145. La struttura chiastica (come indicato in precedenza) pone l'accen­ to sull'ultima parola «figlio» di 2 Sam 7 : 14. In Ebrei, in generale, la figliolanza di Cristo è un tema fondamentale. 146. Che ricorre all'interno della proposizione temporale indefinita. 147 . Anche se 1tcXÀ.tv («di nuovo»), è legato al verbo che segue in Eh 4:7, 5 : 12, 6: 1 , 6, va detto che quando l'autore raggruppa delle ci­ tazioni favorisce 1tcXÀ.tv («di nuovo») nelle formule introduttive ( 1 :5 ; 2 : 13 a, h, 4,5 ; 10:30). Quest'ultimo uso dell'avverbio pre­ domina. Si noti anche Gv 19:37; Rom 15: 1 0-12; l Cor 3 :20, così Louw e Nida § 9,97 . TNIV lo rende, «E ancora una volta, quando Dio porta il suo primogenito nel mondo, dice». Anche RSV, NAB, NEB, e JB; in it. vedi Diod., ND. 98

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identificato di consequenza l' «entrata» del Figlio nell'umani­ tà con la sua incarnazione148 o con la sua parusia149. Ma il con­ testo suggerisce fortemente che si tratti dell'insediamento di Cristo (vedi i vv. 3 e 5 ) cioè, la sua entrata nel mondo celeste al momento dell'ascensione in seguito alla sua morte sacrifìca­ le150. TI quinto versetto del secondo capitolo in cui oikoumene è «il mondo futuro» sottoposto al Figlio dell'uomo confer­ ma una tale interpretazione. La proposizione aggiuntiva, «del quale parliamo» (2:5) si collega esplicitamente al v. 1 :6 e sug­ gerisce che entrambi facciano riferimento al ritorno di Cristo nel regno divino dopo la sua morte e la sua risurrezione151 . Per­ ciò la formula introduttiva indica l'esaltazione come il momen­ to in cui fu ordinato agli angeli di adorare il Figlio di Dio. Si è suggerito inoltre che l'espressione «quando introduce . . . », qui usata per inserire la citazione tratta da Deuteronomio 32:43 (vedi sotto) «ricorda intenzionalmente il linguaggio usato nella LXX in riferimento all'introduzione compiuta da Dio del po­ polo d'Israele nella Terra Promessa» (Dt 6:10; 1 1 :29; 3 1 :20; e Es 3 :8). «Così come Dio ha condotto il suo popolo nella terra di Canaan, ora accompagna il suo Primogenito nella vera pa­ tria celeste, aprendo in tal modo la via che permette agli altri suoi figli di entrare»152. 148. Così, ad esempio, C. Spicq e H. W. Attridge. 149. Ad esempio, O. Michel e E. Kasemann. 150. W.L. Lane, l :27 , commenta: «li contesto esige che oÌKou�ÉVTJ sia compreso come il mondo celeste della salvezza escatologica in cui il Figlio è entrato al momento dell'ascensione». Si noti anche A. Van­ hoye, "L'oìKou�ÉVTJ dans l'Épttre aux Hébreux" , in Bib, 45 , 1964, pp. 248-253 ; O. Michel, GLNT, VIII, 444ss; J.P. Meier, "Symme­ try and Theology" , art. cit. , pp. 507-5 1 1 ; F.F. Bruce, pp. 57-58; P. Ellingworth, pp. 1 17-1 18; G.H. Guthrie, p. 69 ; D.A. deSilva, p. 97; e A.B. Caneday, The Eschatological World Already Subjected to the Son: The OtKOU�ÉVTJ o/ Hebrews 1 :6 and the So1:1's Enthro­ nement, in R. Bauckham, D. Driver_. T. Hart, e N. Mackie, S. D. , (a cura di), A Cloud o/ Witnesses: The Theology o/Hebrews in Its An­ cient Contexts, T&T Clark, London, 2008, pp. 28-3 9. 15 1 . Così A. Vanhoye, "L'oìKoU�ÉVTJ" , art. cit. , pp. 248-253 , la cui opera è stata di grande influenza. Si noti anche H. Balz, OtKOU�ÉVTJ, in DENT, 2, col. 577 . H.W. Attridge, p. 56, pensa tuttavia che il qua­ lificatore escatologico, «il mondo futuro», determina il significato in 2:5 a differenza di 1 :6. 152. G.L. Cockerill, "Hebrews 1 :6: Source and Significance", in BBR, 99

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Colui che Dio ha introdotto nel mondo celeste è il suo «Pri­ mogenito» (prototokos) 153, una variazione del termine «Figlio» (huios) usata nei vv. 2 e 5 per trattare il rapporto unico tra Cri­ sto e Dio. In questo versetto Prototokos riecheggia la formula­ zione del Salmo 89:27 (LXX 88:28) , in cui Dio, parlando di Da­ vide, dice: «lo inoltre lo costituirò mio primogenito, il più ec­ celso dei re della terra». Nel contesto dell'Antico Testamento esso ha la funzione di titolo onorifico che esprime l'alto rango. La promessa secondo cui Dio avrebbe stabilito un trono che sarebbe durato in eterno risultava dal collegamento del Salmo 89 con il Salmo 2 e 2 Samuele 7, già citati nel v. 5 154• La paro­ la «primogenito» è spesso usata nella LXX ( 13 0 volte) , in par­ ticolar modo nelle genealogie e nelle narrazioni storiche, per indicare la priorità temporale e la superiorità di rango. Si ado­ perava frequentemente il termine «primogenito» per denotare colui che possedeva un posto speciale nell'amore di suo padre. Israele è chiamato quindi «mio figlio, il mio primogenito» (Es 4:22) 155, e questa frase esprime il rapporto particolarmente in­ timo fra Dio e Israele. Nel Nuovo Testamento, «primogenito» (prototokos) (che troviamo al plurale in Eh 1 1 :28 e 12 :23 ) si ri­ ferisce sempre a Gesù Cristo al singolare. Appare nel contesto della creazione (Col 1 : 15) nonché nei brani che fanno allusione alla risurrezione (Rom 8:29; Col l : 18; Ap 1 :5; Eh 12:23 , si no­ tino inoltre le espressioni parallele in l Cor 15 :20 e At 26:23 ). Come primogenito Cristo è unico. È allo stesso tempo prima del creato e supremo su di esso, siccome è il suo Signore; la creazione intera è la sua eredità. Essendo «il primogenito dai morti» (Col l : 18), è il fondatore di una nuova umanità. Erom­ pe ora l'epoca della risurrezione e in qualità di primo risorto tra quelli che si erano addormentati egli è primizia che garantisce la risurrezione di tutti gli altri ( l Cor 15:20, 23 ) . Nonostante il linguaggio diverso, Ebrei dimostra -che la supremazia di Cristo 9, 1 999, pp. 5 1--64 , in part. p. 63 , seguendo P. Ellingworth, pp. 1 1 6-1 18. 153 . Sul 1tpol'to'toKoç («primogenito») vedi C. Spicq, SuppGLNT, 4, pp.490-493 ; e H. Langkammer, DENT, 2 , coli. 1202-1206. 154. W.L. Lane, 1 :26. H.W. Attridge, p. 56, osserva che «primogeni­ to» deriva in definitiva dalla stessa «ideologia regale evidenziata nel Salmo 2 e in 2 Samuele 7». 155 . In greco uiòç 7tpro't6'toJCoç. 100

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è stata confermata nella sua esaltazione. Si enfatizza inoltre il suo rapporto unico con Dio. Quest'affermazione della preminenza di Cristo come pri­ mogenito anticipa e ha delle profonde implicazioni per ciò che si sosterrà in seguito in Ebrei sulla relazione tra Cristo e i «molti figli [e figlie]», che non si vergogna di chiamare suoi «fratelli [e sorelle] ». Essi sono membri della sua famiglia (2 : 1 0-14) e ap­ partengono alla «chiesa dei primogeniti», essendo venuti alla «nuova Gerusalemme, la città del Dio vivente» ( 12 :23 ) . TI testo che fa riferimento all'ascensione del Figlio nel regno celeste richiama il Salmo 97 (LXX 96):7, «Date al SIGNORE, o voi dei, date al SIGNORE gloria e forza» (la LXX rende il versetto, «Date al SIGNORE, tutti gli angeli suoi, date al SI­ GNORE gloria e forza»)156• Più vicino alle parole di Ebrei è Deuteronomio 32:43 , il Cantico di Mosè nella versione della LXX: «che tutti i figli di Dio lo adorino»157• Questa interpre­ tazione, con la frase «gli angeli di Dio» che sostituisce «i figli di Dio», è stata aggiunta al salterio greco tra le Odi (2:43 ) 158• È possibile che il nostro autore l'abbia scelto esplicitamente per­ ché questa versione si applica in maniera più appropriata alla subordinazione degli angeli al Figlio159• Nei contesti originali di 156. Invece di «che tutti gli angeli di Dio lo adorino» (K:aì 1tpOO"K:'llV110"U'tcooav aù'téi) 1tUV'tEç &:yyeÀot eeoù) della Lettera agli Ebrei, la versione LXX del Salmo ha, «adoratelo, voi tutti suoi angeli» (1tpooK:uvi}oa'tE a.ù'téi) 1tUV'tEç oi &yyeÀ.ot aù'toù). 157. In greco Kaì 1tpooKUV110"U'tcooav a.ù'téi) 1tUV'tEç uioì eeoù G .L. Cockerill, "Hebrews 1 :6" , art. cit. , pp. 5 1--64, sostiene che la cita­ zione è tratta da una traduzione greca del testo ebraico di Dt 32 :43 come rappresentata da 4QDeut 32. L'autore di Ebrei ha compre­ so questo verso nel suo contesto veterotestamentario. La tradu­ zione greca è essenziale per l'argomentazione di Ebrei (anche Eb . 2 :5-18, 12:3-1 1 ) e, secondo Cockerill , è rappresentata nella no­ stra LXX dalla versione di Dt 32 :43 delle Odi 2 (vedi sotto). 158. È stato aggiunto al salterio dal Codex Alexandrinus: «e lascia che tutti i suoi angeli lo adorano». Il significato liturgico del Cantico di Mosè è indicato dalla sua inclusione in questo salterio greco. 159. Così W.L. Lane, 1 :28, seguendo tra gli altri S. Kistemaker, The Psalm Citations in the letter to the Hebrews, van Soest, Amster­ dam, 196 1 , pp. 20-23 . Vedi la recente e dettagliata analisi di D.M. Alle n, Deuteronomy an d Exhortation in the Letter to the Hebrews: A Study in Na"ative Re-presentation, Mohr Siebeck, Tiibingen, 2008, pp. 44-58. 101

EBREI 1:7

Deuteronomio e del Salmo i testi citati costituiscono un appel­ lo all'adorazione e all'omaggio dovuto a Dio. L'autore di Ebrei interpreta Deuteronomio 32 :43 in modo cristologico come un riferimento al Figlio nell'atto della sua esaltazione: nella nuova era, inaugurata dal suo insediamento sul trono, si ordina agli angeli di adorarlol60• 7 (d) La quarta citazione, presa dal Salmo 104 (LXX 103 ) :4 si distingue dalle altre nella serie di versetti che va da 5 a 14 per­ ché non contiene nessun riferimento diretto a Cristo161 • Riguar­ da invece la posizione degli angeli162 nella gestione dell'univer­ so, affinché si possa dimostrare l'inferiorità della loro posizione che, per quanto importante, è appunto di gran lunga inferiore a quella suprema accordata al Figlio. La citazione, rispecchia la versione della LXX del Salmo 104:4163, che si differenzia leggermente dal testo ebrai-

160. In Dt 32 :43 (LXX) > (v. 4) che riassume il non può [mat] (v. l ) e l'espressione il sangue di tori e di capri (v. 4) corrisponde a quei sacrifici (v. 1 ) . Il v. 4 forma così la conclusione di questa breve sezione (vv. 1-4). Ebrei ha già riconosciuto il principio gene­ rale della necessità dello spargimento di sangue per la purifi­ cazione (9:22). Ciò che qui è in discussione, nel v. 4, comun­ qu�, non è se i sacrifici offerti durante il Giorno dell'Espiazio­ ne avessero qualche capacità di ottenere la purifìcazione (Lv 16:3 , 6, 1 1 , 14-16, 1 8-19) ma se potessero arrecare un perdo26. 27 .

P.F. Bruce, p. 237 . Per l'analisi filoniana di questo tema, vedi R. Williamson, Pbilo, op. cit. , pp. 160-176; nota P.F. Bruce, 237; H. W. Attridge, p. 272 ; C.R Koester, p.pp. 437-438. 505

EBREI 10:4

no definitivo. La formula forte del v. 4 ripropone l'argomenta­ zione che esprimeva il «quanto più» di 9: 13-14 e che mostra­ va la sufficienza del sangue di Cristo per purificare la coscien­ za, rendendo possibile la piena adorazione di Dio. Qui nel v. 4 l'enfasi cade sull ' insufficienza del sangue degli animali a rimuo­ vere la contaminazione dei peccati che rappresenta una barrie­ ra per il culto28• Poiché il peccato è pienamente rimosso solo quando la coscienza è purificata, la parziale purificazione ope­ rata dai sacrifici animali non è considerata come rimozione dei peccati (9: 13 )29• b. Sacrificio contrapposto a ubbidienza,

1 0:5- 1 0

Ecco perché Cristo, entrando nel mondo, disse: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta ma mi hai preparato un corpo; 6 non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. 7 Allora ho detto: "Ecco, vengo" (nel rotolo del libro è scrit­ to di me) "per /are, o Dio, la tua volontà"». 8 Dopo aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici- né offerte, né olocausti- né sacrifici per il peccato» (che sono offerti secondo la legge), 9 aggiunge poi: «Ecco, vengo per /are la tua volontà». Cosz: egli abolisce il primo per stabilire il secondo. 10 In virtù di questa «volontà» noi siamo stati santifi­ catz: mediante l'offerta del corpo di Gesù Cristo fatta una volta per sempre. 5

n paragrafo precedente (vv. 1-4) ha riaSSUntO la ragioneJ0

dell'inefficacia dei sacrifici animali sotto l'antico patto. Sotto 28. 29.

30.

506

W.G. Johnsson, Defilement and Purgation, op. cit. , pp. 340-34 1 ; W.L. Lane, 2 :261-262. Così C.R. Koester, p.p. 432. L'espressione àcpatpe'ìv ÙJ.Lap·tia>36• In apposizione al nome Gesù c'è l'importante desiganzione, il pioniere [la TILC ha lui che ci ha aperto la strada della fede] (archegos) e perfezionatore [CEI] (teleiotes) della fede. Ancora una volta lo scrittore mostra la sua predilezione per le antitesi (2: 10; 3 : 14)37• In Ebrei 2: 10, dove Gesù è chiamato «l'archegos della loro salvezza», abbiamo suggerito che egli è sia «capo» sia «fondatore», con la traduzione «pioniere» che riflette en­ trambi gli aspetti del significato (vedi su 2: 10) . Qui nel capito­ lo 12 il contesto atletico e il paragone dell'esperienza di Gesù con quella dei credenti «suggerisce di nuovo il motivo prima­ rio della leadership: Cristo è «apripista» ed «esempio» per il suo popolo nella vita di fede»38• Fede qui, alla luce del prece­ dente capitolo, dovrebbe essere intesa nettamente come rispo­ sta del credente a Dio, evidenziata dalla «schiera di testimoni» ed esplicitamente da Gesù stesso39• Nella sua vita terrena egli fu l'esempio supremo di fiducia posta in Dio40• Portò la fede a una piena espressione, come rende chiaro la citazione della Scrit-

36. 37. 38. 39.

40.

locazione del nome alla fine della clausola gli garantisce una specia­ le enfasi. D.G. Peterson, Hebrews and Per/ection, op. cit. , p. 170; anche W.L. Lane, 2:410. La combinazione delle radici àpx- e 'tEÀ.- appare in Ebrei 3 : 14; 7:3 . D. G. Peterson, Hebrews and Per/ection, op. cit. , p. 1 7 1 . W.L. Lane, 2:4 12. L'originale tfìç nicrteroç dovrebbe essere reso «della fede» (TNIV, TILC), non «della nostra fede>> (NIV, ESV, ND) . Sebbene l'articolo definito in greco può a volte essere reso da un pronome personale (p. es. , Rom 5 :3 , f.v ta.lç 9À.t\j/Ecrtv, [lett. ] «nella afflizioni», si riferisce a «nostre afflizioni») , qui si tratta di un articolo che reitera la citazione, riferendosi alla «fede» di Ebrei 1 1 . ]. Moffatt, p. 196; B.F. Westcott, p. 395 ; F.F. Bruce, p. 338; W.L. Lane, 2:412. 657

EBREI 12:2

tura che troviamo in Ebrei 2 : 13 («"Io mettero la mia fiducia in lui"») . Egli è così l'esempio perfetto della fede che dobbiamo esprimere. Nello stesso tempo egli è l' «autore» o colui «che dà origine» alla vera fede. «li suo conseguimento dell'esaltazione in gloria mediante la fedele ubbidienza nella sofferenza non ha avuto precedenti ed è stato determinante, e non semplicemente esemplare»41 • Egli ha aperto la via che porta a Dio e ci ha per­ messo di seguire i suoi passi42• Inoltre, egli è la fonte della fede poiché il messaggio che lo concerne evoca la fede43• In accordo con la seconda metà dell'antitesi, questo stes­ so Gesù è il per/ezionatore (teleiotes) della fede«. La parola telezotes si riferisce a «uno che conduce qualcosa a un esito po­ sitivo, e da qui pefezionatore»45• n singolo utilizzo di questo ter­ mine prima di Ebrei illustra l'esperienza comune per la quale «nelle cose della vita umana una persona o un gruppo spes­ so danno origine a qualcosa, mentre poi altri la raffinano o la pefezionano»46• Gesù però fa entrambe le cose. Ebrei usa spes­ so il linguaggio della perfezione, come abbiamo già visto. Con l'unica offerta di se stesso a Dio, Cristo fu reso perfetto me­ diante la sofferenza e ottenne la perfezione per tutti coloro che credono in lui e gli ubbidiscono (2: 10; 5 :9; 7:28; 9:14; 1 0:510, 14). La legge del sistema cultuale era incapace di portare alla perfezione (7 : 19; 9:9; 10: 1 ) . Ma qui in 12:2 è la stessa fede a essere perfetta. La fede personale di Gesù è stata dimostrata nella sopportazione e nella sofferenza47• Quando egli sopportò 41. 42. 43 . 44.

45 . 46.

47. 658

W.L. Lane, 2:412. D. Peterson, p. 1348. C.R. Koester, p. 523 . li fatto che 'tEÀ.EtCO'tltV («perfezionatore») non sia preceduto da nessun articolo definito significa che 'tiìç 1ttO'tEroç («della fede.>>) qualifica entrambi i sostantivi che seguono, non semplicemente il primo, «autore». BDAG, p. 997 . N. C. Croy, Endurance in Su/fering, op. cit. , p. 176, attira l'attenzio­ ne su un esempio di 'tEÀ.EtCO't1Ìç in uno scritto di Dionisio di Alicar­ nasso, uno storico del I sec. a.C. che descrive un oratore, chiamato Dinarco come né EUpE'tfJç («inventore») né 'tEÀ.Etro'tl}ç ( «perfezio­ natore») . Secondo Ebrei, Gesù è entrambe, EUpE'tfJç («colui che dà origine») e 'tEÀ.Etro'tfJç («colui che compie») la fede. N.C. Croy, "A Note on Hebrews 12:2 " , in JBL 1 14 ( 1 995), pp. 1 1 7-1 19; e ].A.L. Lee, History, op. cit. , pp. 1�6, 134 n. 14. H.-F. Weiss, pp. 635-636.

EBREI 12:2

la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio, portò la fede al suo ultimo stadio48• Egli la perfezionò e, nel fare così, inaugurò «una via nuova e vivente» con la quale avvicinarsi a Dio ( 1 0:20) , in modo tale che possiamo seguire i suoi passi. Egli ha realizzato le promesse di Dio per tutti coloro che credono, dando alla fede una base perfetta grazie alla sua opera di sommo sacerdote49• La sua fede era «qualitativamen­ te» e non semplicemente «quantitativamente» più grande degli esempi di fede sotto l'antico patto50• I cristiani hanno dunque un incentivo più potente per perseverare nella fede di quanto non l'avessero le loro controparti veterotestamentarie. La clausola relativa che segue, «Per [o al posto della] gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce», ha costitui­ to fin dai primi tempi un problema interpretativo. La preposi­ zione anti, che nel primo secolo poteva significare «invece di» oppure «per», nel senso di in vista di una prospettiva, in que­ sto contesto è ambigua. Come conseguenza, le interpretazioni della clausola hanno seguito due prinicpali linee51: a) Invece della gioia che gli era posta dinanzi, Gesù soppor­ tò la croce. La preposizione anti è presa nel senso di una sosti­ tuzione («invece di», «al posto di», oppure «piuttosto che»)52 e Gesù è considerato come chi ha rinunicato alla gioia che po­ teva essere la sua: egli ha sopportato la croce, non curando­ si dell'infamia legata alla crocifissione. In quest'ottica, la fede di Gesù è dimostrata nella scelta che ha fatto. Il parallelismo tra >. 7 Sopportate queste cose per la vostra correzione. Dio vi trat­ ta come figlz> infattz: qual è il figlio che il padre non corregga? 8 Ma se siete esclusi da quella correzione di cui tutti hanno avuto la loro parte, allora siete bastardi e non figli. 9 Inoltre abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispetta!�· non ci sottometteremo forse molto di più al Padre degli spiriti per avere la vita? 10 Essi infatti ci correggevano per pochi giorni come sembrava loro opportuno; ma egli lo fa per il nostro bene, affinché siamo partecipi della sua santità. 1 1 È vero che qualunque correzione sul momento non sembra recar gioia, ma tristezza; in seguito tuttavia produce un frutto di pace e di giusti­ zia in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa.

67 . 68.

664

F.F. Bruce, p. 339; N.C. Croy, Endurance in Su/fering, op. cit. , p. 188. W.L. Lane, 2:415, che segue E. Grasser, Glaube, op. cit. , p. 153 ; e D.M. Hay, Glory, op. cit. , p. 103 .

EBRE1 12:3-17

12 Perciò, rinfrancate le mani cadenti e le ginocchia vacil­ lant�· 13 fate sentieri diritti per i vostri pass� affinché quel che è zoppo non esca fuori di strada, ma piuttosto guarisca. 14 Impegnatevi a cercare la pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore; 15 vigilando bene che nessuno resti privo della grazia di Dio; che nessuna radice vele­ nosa venga fuori a darvi molestia e molti di voi ne siano conta­ gia!�· 16 che nessuno sia fornicatore, o profano, come Esaù che per una sola pietanza vendette la sua primogenitura. 17 In/atti sapete che anche più tard� quando volle ereditare la benedizio­ ne, fu respinto, sebbene la richiedesse con lacrime, perché non ci/u avvedimento.

Mentre la «fede» continua a essere il tema sottostante di questa sezione (vedi v. 2), l'attenzione viene ora posta sulla per­ severanza e sulla sottomissione alla disciplina del Signore. La sezione è legata a, ed è un'espansione di, Ebrei 10:32-36, dove l'autore fa riferimento alla sopportazione dei suoi ascoltato­ ri nel passato come base per una continua perseveranza. Resi­ stendo in una precedente crisi, essi avevano mostrato un corag­ gio e una fiducia che non dovrebbe essere abbandonata nelle loro presenti circostanze: «Avete bisogno di costanza» ( 1 0:36) . L'appello a una ferma perseveranza va dal v. 3 al v. 13 (nota vv . l, 2). L'esortazione va oltre il v. 13 , ma si collega ai temi della pace e della santità (vv . 14-17) piuttosto che al tema della «per­ severanza». Infatti, il sostantivo «perseveranza» è introdotto in 10:36 e compare nuovamente solo in 12: 1 . ll verbo imparenta­ to «sopportare» appare in 12:2, 3 , e 7 , e altrove solo in 10:32. Nella nostra sezione il motivo della perseveranza è svilup­ pato tramite il sostantivo «disciplina, correzione» ( 12 :5 , 7 , 8, 1 1 , non altrove in Ebrei) , il sostantivo derivato «correttore, uno che amministra la disciplina» (in 12:9 ma non altrove nella Lettera) e il verbo imparentato «correggere» (in Ebrei solo in 12:6, 7 , e 10). «La concentrazione di questo preciso vocabola­ rio serve a unificare la sezione»69• Guthrie osserva che il discorso torna al tema degli ascolta­ tori come figli e figlie di Dio «per la prima volta dopo 2 : 10-1 8». 69.

W.L. Lane, 2:405 ; che segue A. Vanhoye, La structure, op. cit. , pp . 196-204. 665

EBREI 12:3-17

L'unità inizia con «un'ammonizione di transizione» volta a con­ siderare Gesù che ha sopportato l'opposizione da parte dei pec­ catori, ammonizione questa che lega il v. 3 al v. 270• In qualità di colui che ci ha aperto la strada e di colui che rende perfetta la fede, egli ha sopportato l'opposizione. Che gli ascoltatori con­ centrino dunque la loro attenzione su di lui così che non si sen­ tano sempre più affaticati o si perdano d'animo nella loro corsa (v. 3 ) . I vv. 4-1 1 contengono un simile incoraggiamento a per­ severare. n focus si sposta dal contemplare Gesù alle sofferen­ ze della comunità (v. 4). Proverbi 3 : 1 1 è citato come esortazio­ ne rivolta ai figli affinché accettino la disciplina (paideia) di Dio (vv. 5-6) . n testo di Proverbi è applicato quando l'autore riflet­ te sulla disciplina educativa che tutti i padri usano (vv. 7-8). Nei vv. 9-1 1 sono istituiti dei paragoni tra la disciplina paterna e la disciplina divina in ordine al carattere, agli intenti e ai risultati che ottengono71 • I vv. 12-13 sono un'esortazione a un rinnovato impegno per completare la gara. Come le altre sezioni esortative più grandi che si trovano in Ebrei, anche i vv. 14-17 consistono di un'esortazione positiva e di un solenne avvertimento. n para­ grafo prende dei temi dell'inizio dell'Epistola (vv. 10, 1 1 ) e sta­ bilisce il tono per il resto del capitolo. La struttura dei vv. 14-17 è semplice: l'esortazione positiva a perseguire la pace e la santi­ tà (v. 14) è seguita da tre avvertimenti paralleli nei vv. 15-16 che iniziano con,