Internazionale 15/21 dicembre 2023. Numero 1542. Il meglio dell'anno

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15/21 dicembre 2023 Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo

n. 1542 • anno 31

internazionale.it

4,50 €

Jonathan Franzen Scrivere per la natura

Scienza Protezione solare

Israele La fabbrica della morte

Il meglio dell’anno

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Libri • Film • Canzoni

fashion & design - neirami.it

Autumn/Winter 23-24

solidi e alberi - archivioleonardi.it

15/21 dicembre 2023 • Numero 1542 • Anno 31 “La gente non canta più ad alta voce come una volta, perché deve filmare”

Sommario 15/21 dicembre 2023 Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo

L’anno scorso in Italia sono usciti più di settantamila libri, quasi duecento titoli al giorno. I film usciti in sala sono stati oltre seicento e su una piattaforma di streaming come Netflix quelli disponibili sono circa 1.700. Su Spotify ogni giorno sono caricati centoventimila nuovi brani musicali, per un totale di quarantatré milioni all’anno. Difficilmente si può immaginare un mestiere più arbitrario del critico letterario, cinematografico o musicale. “Un critico è una persona i cui interessi possono aiutare a suscitare gli interessi degli altri”, ha scritto A.O. Scott, che per ventitré anni si è occupato di cinema sul New York Times. Ma in fondo “chiunque critichi è un critico”, ha detto con una battuta lo stesso Scott. “Quali sono i titoli più belli dell’anno?” è una domanda irresistibile per tutti (e allora, per non smentire quest’affermazione, tre film: Reality di Tina Satter, Pacifiction di Albert Serra, As bestas di Rodrigo Sorogoyen; tre romanzi: Lezioni di Ian McEwan, Caro stronzo di Virginie Despentes, L’ultima cosa bella sulla faccia della terra di Michael Bible; tre canzoni: Not strong enough delle Boygenius, Wall of eyes degli Smile, Oral di Björk e Rosalía). Le liste dell’anno, come quelle che pubblichiamo questa settimana, indicano pure un percorso, un filo logico attraverso i dodici mesi appena trascorsi, e sono un modo per scoprire cose nuove e sorprendenti che altrimenti non avremmo notato. Che poi è quello che cerchiamo di fare anche con il numero speciale Storie, in edicola dal 22 dicembre, e che quest’anno sarà particolare: Paul French, giornalista britannico e grande esperto di true crime, ha scelto dieci racconti e reportage di cronaca nera, dalla Nigeria alla Cina, da leggere con il fiato sospeso. In copertina un disegno di Lorenzo Mattotti e come sempre il calendario, che per il 2024 è illustrato da Emiliano Ponzi. u

internazionale.it

4,50 €

Jonathan Franzen Scrivere per la natura

Scienza Protezione solare

Israele La fabbrica della morte

Il meglio dell’anno

Liste

Libri • Film • Canzoni

SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03 ART 1, 1 DCB VR • AUT 12,90 € • BE 8,60 € CH 10,30 CHF • CH CT 10,00 CHF D 11,00 € • PTE CONT 8,30 € • E 8,30 €

Giovanni De Mauro

n. 1542 • anno 31

IN COPERTINA

Film, libri e musica del 2023 I venti film preferiti da Richard Brody, critico cinematografico del settimanale The New Yorker. I cento libri selezionati dai critici dell’inserto letterario del New York Times. I migliori brani scelti dai giornalisti musicali del quotidiano The Guardian. E altro ancora (p. 85). Illustrazione di Andrea De Santis.

UCRAINA

18 I politici e i militari di Kiev in cerca di una strategia Politico STATI UNITI

22 Washington deve ripensare gli aiuti militari Foreign Policy ARGENTINA

25 Il governo

ISRAELE

SCIENZA

44 La fabbrica

109 Primitivi

della morte +972 Magazine

ma non troppo Science

CIPRO

ECONOMIA E LAVORO

54 A Cipro le startup trovano casa Le Monde SCIENZA

solare The Economist

65 Gli occhi di tutti

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

PORTFOLIO

a Kinshasa aiuterebbe tutto il pianeta The Continent COREA DEL NORD

33 Pyongyang chiude le ambasciate all’estero East Asia Forum VISTI DAGLI ALTRI

37 Tra Italia e Svizzera non c’è accordo sul tunnel tvsvizzera.it

soluzione per le truffe immobiliari Le Monde

58 Protezione

di Javier Milei è cominciato El País

29 Un buon leader

115 Serve una

LAS VEGAS

sulla sfera The Atlantic

Le opinioni 14

Domenico Starnone

88

Giorgio Cappozzo

116 Stefano Feltri

Le rubriche

70 La mia amata Cambogia Kim Hak RITRATTI

77 Dan Carter. Vite ai margini The New York Times

6

Dalla redazione di Internazionale

14

Posta

17

Editoriali

107 Poesia 119

Strisce

121

L’oroscopo

122

L’ultima

VIAGGI

80 Lo sci sostenibile Financial Times

Articoli in formato mp3 per gli abbonati

GRAPHIC JOURNALISM

82 Cartoline dalla Bulgaria Kalina Muhova

OPINIONI

41 Come uscire dallo stallo tra Israele e Hamas Slavoj Žižek

Il nuovo Internazionale Kids è in edicola

POP

104 Scrivere per la natura Jonathan Franzen Dicembre 202 numero 3 51 4,00 €

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Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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internazionale.it/sommario

La settimana

CHARLIE WARZEL A PAGINA 68

Dalla redazione di Internazionale Per ritrovare gli articoli di cui si parla in questa pagina si può usare il codice qr o andare qui: intern.az/1Izk

Internazionale.it Articoli

GONZALO FUENTES (REUTERS/CONTRASTO)

Video

Paura di attentati in Europa Con l’avvicinarsi delle festività e dei mercatini natalizi, nel continente si temono nuovi attacchi terroristici, anche a causa delle tensioni causate dal conflitto tra Israele e Hamas. La nuova puntata del notiziario di Arte, che racconta ogni settimana la società europea e la vita dei suoi cittadini.

COP28

AMBIENTE

L’accordo sui combustibili fossili Per la prima volta si cita la necessità di una transizione per uscire dai combustibili fossili.

Le fantasie di complotto sul clima Non vanno confuse con il negazionismo né sminuite: bisogna ascoltare, senza assecondarle.

ARGENTINA

SCIENZA

L’era del presidente con la motosega Leader e politici molto diversi cercano di capire in che direzione Javier Milei spingerà il paese.

Le notizie della settimana Topi che si riconoscono allo specchio, estrazione della sabbia, un sito archeologico di ottomila anni fa: l’attualità scientifica, in breve.

MUSICA

La sperimentazione di Patrick Cowley La musica che l’artista compose per due film porno gay è uno sguardo sul futuro della techno.

Newsletter

Podcast

Le custodi delle ossa

C’è un fantasma nel bagno

Operation identification è un progetto della Texas state university nato nel 2013 con lo scopo di recuperare, identificare e restituire alle famiglie i resti dei migranti morti al confine tra Messico e Stati Uniti e sepolti in modo improprio. Il lavoro è portato avanti da una squadra di donne – tutte studenti o ricercatrici di antropologia forense – e ha un forte significato sociale e politico. In qualche modo è anche orientato al futuro, perché ogni reperto aiuta a costruire una memoria di quello che è successo. Ne parlo nel numero di Doposcuola che esce il 16 dicembre. Per iscriversi: internazionale.it/newsletter Anna Franchin

◆ Secondo una leggenda, nelle scuole giapponesi si aggira una bambina fantasma che si diverte a spaventare chi entra in bagno. Il suo nome è Hanako-san e ha ispirato manga e anime, dando vita a un genere letterario. Anche i prof la temono e la sua storia è su Internazionale Kids.

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SESSO

Tira e molla La mia bellissima storia di cinque anni è finita da un mese, per colpa mia.

Dicembre 2023 numero 51 4,00 €

SCIENZA

Le differenze che ci rendono speciali Cosa significa nascere con una condizione genetica chiamata sindrome di Down. ATTUALITÀ

Appuntamento in piazza Perché si sciopera. CONFRONTO

I genitori dovrebbero scegliere i vestiti dei figli? Votate lontano da sguardi indiscreti. PORTFOLIO

Com’è bella la natura Le foto scelte dal Museo di storia naturale di Londra. FUMETTO

In edicola

Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

Campionato mondiale di addobbi di Natale È cominciata la gara dell’anno.

◆ Il Mondo è il podcast quotidiano di Internazionale: ogni giorno due notizie scelte e raccontate dai giornalisti e dalle giornaliste della redazione e dalle persone che collaborano con Internazionale. Il Mondo è disponibile tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, a partire dalle 6.30, sulle principali piattaforme di ascolto e sul sito di Internazionale al link internazionale.it/ilmondo.

Immagini In arresto Striscia di Gaza, Palestina 8 dicembre 2023 Soldati israeliani sorvegliano un camion carico di prigionieri palestinesi. Video e immagini di decine di uomini denudati, bendati e a volte inginocchiati hanno cominciato a circolare sui social network e sono stati verificati e confermati da diversi mezzi d’informazione. Secondo le ricostruzioni gli uomini sono stati catturati nella città di Beit Lahia, nel nordest della Striscia di Gaza, una zona assediata per settimane dall’esercito israeliano. Foto di Yossi Zeliger (Reuters/Contrasto)

Immagini Verde disperato Venezia, Italia 9 dicembre 2023 Alcuni attivisti di Extinction rebellion hanno tinto il Canal Grande di verde con una sostanza innocua e calato uno striscione dal ponte di Rialto per denunciare il “fallimento” della conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che era in corso negli Emirati Arabi Uniti. Ventotto persone sono state arrestate e denunciate per interruzione di pubblico servizio, violenza privata, manifestazione non autorizzata e sversamento di sostanze pericolose. Cinque attivisti hanno ricevuto un foglio di via di quattro anni da Venezia. Foto di Manuel Silvestri (Reuters/Contrasto)

Immagini Mondo di ghiaccio Harbin, Cina 10 dicembre 2023 Strutture in costruzione per il 25° festival internazionale del ghiaccio e della neve di Harbin, nel nord della Cina. Durante la manifestazione, che si tiene ogni anno da dicembre a febbraio, si realizzano sculture di ghiaccio in giro per la città oltre che nelle sedi dell’evento. La cerimonia inaugurale si svolgerà il 5 gennaio 2024, ma le sculture saranno visibili già dal 17 dicembre. Ogni anno in media 18 milioni di persone visitano la città nel periodo del festival, generando ricavi per circa 4,5 miliardi di dollari. Foto di Afp/Getty

[email protected] Sarei u Grazie per il toccante editoriale dell’ultimo numero (Internazionale 1541). Le parole di Sabrina Ali Benali danno voce alle mie riflessioni sul significato del luogo in cui si nasce, che determina la nostra infanzia e vita futura. Riflessioni che costantemente trasmetto ai miei figli per fargli capire a fondo cosa comporta questa lotteria del destino. Ho riletto con loro, commuovendomi, questo fondamentale pensiero dell’autrice. Una verità visibile a tutti ma offuscata da indifferenza e cinismo. Chiara Boer

“polverizzare” Hamas (come scrive Gideon Levy nello stesso numero) è la priorità del governo israeliano, non la liberazione degli ostaggi ridotti a pretesto per interrompere le trattative, in linea con la totale mancanza di considerazione per la vita umana. Non sono d’accordo però con un’affermazione di Gideon Levy: che Israele “si è lanciato in una guerra giusta con metodi ingiusti”. La giustizia è un concetto relativo, se basta il veto degli Stati Uniti alla risoluzione Onu sul cessate il fuoco per continuare questo massacro. Claudia Dalmastri

Gatti in biblioteca Israele conosceva i piani di Hamas u Non stupisce che l’intelligence israeliana fosse a conoscenza dell’attacco del 7 ottobre (Internazionale 1541). Stupisce semmai che l’intelligence più intelligente del mondo, proprio in uno stato la cui esigenza fondamentale è la difesa, abbia sottovalutato il rischio. Ma oggi è chiaro che

u Nelle Storie vere di Internazionale 1539 si parla di gatti robot in una biblioteca. Quando ero studente nei primi anni duemila, nella biblioteca di Architettura a Torino c’erano diversi gatti. Scorrazzavano, difendevano i libri dai topi, perlopiù dormivano allungati al sole. La luce arrivava da un’ampia finestra, dove erano impilati dei cataloghi enormi.

Mi piaceva andare in biblioteca: fare una coccola al gatto, sollevarlo per cercare il catalogo giusto, vederlo risistemarsi su un altro mucchio di cataloghi. Non rimpiango certo un mondo senza cataloghi digitalizzati e di sicuro i sistemi moderni per tenere lontani i roditori sono meravigliosi. Però trovare i gatti in biblioteca era bellissimo. Pia

Parole

Errata corrige

u C’è stato un tempo in cui, in fondo a ogni romanzo e a ogni film, c’era la parola fine. Era rassicurante, significava: sveglia, è tempo di tornare alla dura, scombinata realtà. Poi a qualcuno è venuto in mente di finire le storie senza dichiararlo, il lettore e lo spettatore si potevano rendere conto benissimo da soli che il racconto era finito. Bene, la cosa ha preso piede e oggi è difficile dire se quella piccola sparizione sia stata rilevante. Si studia tutto, si valuta tutto, non so se esiste una bibliografia sul tramonto della parola fine sulla pagina e sullo schermo. Certo, oggi finire non è un verbo tra i più affidabili. Fine di tutte le guerre? Sì, se se ne fanno di ben studiate, anche nucleari volendo, con distruzioni e stermini ben governati. Fine dei combustibili fossili? Sì, se si seguita a bruciarne alla bisogna per evitare agli sceicchi la miseria delle caverne. Fine del nucleare? Sì, se se ne avvia una diffusione capillare con una tecnologia che fa meglio di Chernobyl e Fukushima. Fine di tutti i fascismi? Sì, se si legittimano con garbo antifascista tutti i neo-fascismi e i neo-neofascismi. Insomma non si riesce a mettere la parola fine più a niente, forse nemmeno all’esistenza individuale. Meno male che una certezza c’è, qui finisce questa rubrica, gli anni pesano. Grazie ai lettori e a tutti gli amici di Internazionale, splendido, necessario settimanale.

u Su Internazionale 1541, la foto dell’orso polare a pagina 12 e 13 è una delle 25 finaliste del concorso Wildlife photographer of the year. People’s choice award; su Internazionale 1540, a pagina 52, Anacarsi era un filosofo scita, ovvero originario della Scizia. Errori da segnalare? [email protected] PER CONTATTARE LA REDAZIONE

Telefono 06 441 7301 Fax 06 4425 2718 Posta via Volturno 58, 00185 Roma Email [email protected] Web internazionale.it

Dear Daddy Claudio Rossi Marcelli

Il prezzo della parità Io e il mio compagno stiamo insieme da otto anni e mi hanno chiesto più volte quando facciamo un figlio. A parte che non è così semplice, perché hanno cominciato a proiettare su di noi le aspettative delle coppie etero? –Edo Daniele Gattano, uno stand up comedian che seguo su Instagram, ha postato uno sketch proprio su questo. “È che oggi l’alibi dei gay non regge più. Fino a dieci anni fa se volevano farmi fare un figlio, io basta che dicevo: ‘Non posso, mi dispiace… sono gay’. Oggi, invece,

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tutta questa ondata di civiltà – e i diritti, e i pride – a me va contro. Mamma mi ha sgamato e mi fa: ‘Guarda che oggi con la fecondazione assistita all’estero puoi averlo un figlio’. Merda. Cosa direbbe al mio posto Giorgia Meloni? ‘Eh però, un bambino ha bisogno di una mamma e di un papà…’. E mia mamma: ‘Guarda che gli psicologi ’sta cosa l’hanno smentita’. Merda. Meloni, Meloni, Meloni… ‘Eh però un bambino con due papà chi lo allatta…’. E mia mamma: ‘Guarda che neanche io ti ho allattato’. E che palle, mamma!”. Anche se in Italia per le persone lgbt avere figli è

Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

ancora complicato, è vero che ormai questa possibilità c’è. E la gente che chiede “quando fate un figlio” fa parte dell’ondata di civiltà di cui parla Gattano: alle coppie etero questa domanda viene fatta spesso e il fatto che la facciano anche a voi indica che stiamo andando verso la parità. O almeno una parità percepita. Questo significa anche subire la stessa pressione sociale, ma mi sembra un prezzo sopportabile di fronte alla possibilità di poter fare le stesse scelte di vita di tutte le altre coppie. [email protected]

Domenico Starnone

Sparizioni

Editoriali

Un segnale rilevante per il clima “Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante se ne sognano nella vostra filosofia” William Shakespeare, Amleto Direttore Giovanni De Mauro Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen, Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini Editor Giovanni Ansaldo (opinioni), Daniele Cassandro, Carlo Ciurlo (viaggi, visti dagli altri), Gabriele Crescente (scienza, ambiente), Camilla Desideri (America Latina), Francesca Gnetti (Medio Oriente), Alessandro Lubello (economia), Alessio Marchionna (Stati Uniti), Stefania Mascetti (Europa, caposervizio) Andrea Pipino (Europa), Francesca Sibani (Africa), Junko Terao (Asia e Pacifico), Piero Zardo (cultura, caposervizio) Copy editor Giovanna Chioini (caposervizio), Anna Franchin, Pierfrancesco Romano (coordinamento, caporedattore) Photo editor Giovanna D’Ascenzi (web), Mélissa Jollivet, Maysa Moroni, Rosy Santella (web) Impaginazione Beatrice Boncristiano, Pasquale Cavorsi (caposervizio), Marta Russo Podcast Claudio Rossi Marcelli, Giulia Zoli (caposervizio) Web Annalisa Camilli, Simon Dunaway (notizie), Giuseppe Rizzo, Giulia Testa Internazionale Kids Alberto Emiletti, Martina Recchiuti (caporedattrice) Internazionale a Ferrara Luisa Ciffolilli, Gea Polimeni Imbastoni Segreteria Monica Paolucci, Gabriella Piscitelli Correzione di bozze Lulli Bertini, Sara Esposito Traduzioni I traduttori sono indicati dalla sigla alla fine degli articoli. Sarah Victoria Barberis, Stefania De Franco, Francesco De Lellis, Andrea De Ritis, Giusy Muzzopappa, Silvia Pareschi, Francesca Rossetti, Fabrizio Saulini, Andrea Sparacino, Bruna Tortorella Disegni Anna Keen. I ritratti dei columnist sono di Scott Menchin Progetto grafico Mark Porter Hanno collaborato Giulia Ansaldo, Cecilia Attanasio Ghezzi, Francesco Boille, Jacopo Bortolussi, Catherine Cornet, Sergio Fant, Claudia Grisanti, Ikyung Hong, Anita Joshi, Alberto Riva, Concetta Pianura, Francesca Spinelli, Laura Tonon, Pauline Valkenet, Guido Vitiello Editore Internazionale spa Consiglio di amministrazione Brunetto Tini (presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot (vicepresidente), Alessandro Spaventa (amministratore delegato), Antonio Abete, Giovanni De Mauro Sede legale via Prenestina 685, 00155 Roma Produzione e diffusione Angelo Sellitto Amministrazione Tommasa Palumbo, Arianna Castelli, Alessia Salvitti Concessionaria esclusiva per la pubblicità Agenzia del Marketing Editoriale srl Tel. +39 06.69539344 - Mail: [email protected] Subconcessionaria Download Pubblicità srl Stampa Elcograf spa, via Mondadori 15, 37131 Verona Distribuzione Press Di, Segrate (Mi) Copyright Tutto il materiale scritto dalla redazione è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Internazionale, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. Per questioni di diritti non possiamo applicare questa licenza agli articoli che compriamo dai giornali stranieri. Info: [email protected]

Registrazione tribunale di Roma n. 433 del 4 ottobre 1993 Iscrizione al Roc n. 3280 Direttore responsabile Giovanni De Mauro Chiuso in redazione alle 19 di mercoledì 13 dicembre 2023 Pubblicazione a stampa ISSN 1122-2832 Pubblicazione online ISSN 2499-1600 PER ABBONARSI E PER INFORMAZIONI SUL PROPRIO ABBONAMENTO Telefono 02 4957 2022 (lun-ven 9.00-19.00), dall’estero +39 02 8689 6172 Fax 030 777 23 87 Email [email protected] Online internazionale.it/abbonati Imbustato in Mater-Bi

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Fiona Harvey, The Guardian, Regno Unito L’accordo approvato il 13 dicembre alla conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico (Cop28) negli Emirati Arabi Uniti è un’intesa storica che porterà alla fine dei combustibili fossili? O è solo l’ennesimo passo sulla strada verso l’inferno? Nel mondo delle trattative sul clima una cosa non esclude l’altra. Il testo invita per la prima volta i paesi a “contribuire alla transizione” verso l’uscita dai combustibili fossili, ma non può costringerli ad agire. Inoltre, come hanno sottolineato i piccoli stati insulari più esposti alle conseguenze della crisi climatica, contiene una serie di scappatoie che ostacoleranno il percorso del pianeta verso la riduzione drastica delle emissioni di gas serra necessaria per limitare il riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali. L’accordo presenta molti problemi. I paesi in via di sviluppo hanno bisogno di finanziamenti da centinaia di miliardi per abbandonare il carbone, il petrolio e il gas, mentre quelli sviluppati e produttori di petrolio non saranno costretti a procedere con la rapidità che secondo gli scienziati serve per raggiungere gli obiettivi. Gli Stati Uniti ripartono dalla Cop28 senza

troppe preoccupazioni, dopo aver promesso appena venti milioni di dollari in più per i paesi poveri e aver mantenuto inalterata la loro posizione di primo produttore mondiale di petrolio e gas. La Cina continuerà ad aumentare la produzione di carbone parallelamente alla crescita delle energie rinnovabili. Anche l’industria indiana del carbone avrà poco da temere. Ma per quanto l’accordo sia imperfetto, i paesi produttori di petrolio l’hanno comunque osteggiato ferocemente. L’Arabia Saudita ha cercato di rimuovere ogni allusione ai combustibili fossili e ha provato a inserire riferimenti alla cattura e al sequestro di carbonio, una tecnologia che dice di amare ma su cui stranamente non investe. La Russia ha agito dietro le quinte per ostacolare il progresso delle trattative e si prepara a farlo con più decisione nel 2024, quando la Cop si terrà a Baku, capitale dell’Azerbaigian. La sensazione generale è che l’accordo rappresenti un progresso significativo per i paesi che vogliono combattere la crisi climatica. Il mondo deve interpretarlo come il segnale della fine dell’epoca dei combustibili fossili, prima che le porte dell’inferno si chiudano alle nostre spalle. ◆ as

L’intelligenza artificiale europea Larissa Holzki, Handelsblatt, Germania Dopo 38 ore di discussione, l’8 dicembre i negoziatori di Bruxelles hanno raggiunto un accordo su una legge che regolamenta l’intelligenza artificiale (ia). L’Unione europea è la prima al mondo ad adottare uno strumento giuridico per disciplinare in maniera globale questo settore. Chi si aspettava un nuovo episodio di “delirio normativo a Bruxelles” è rimasto deluso, perché la norma, anche se tutela i consumatori su molti fronti, non frenerà l’innovazione. L’Europa potrebbe rimanere indietro rispetto agli Stati Uniti e alla Cina, ma non sarà a causa di questa misura. La legge impone dei requisiti a tutte le aziende che vogliono sviluppare modelli base per l’ia, chiedendo procedure trasparenti a chiunque usi una gran quantità di dati per addestrare software capaci di elaborare e generare testi, immagini e codici di programmazione.

Ma il risultato più importante è un altro: ora i politici europei conoscono l’ia meglio dei loro omologhi in ogni altra parte del mondo. Quando è scoppiato il clamore intorno ai nuovi software capaci di conversare, la legge sull’ia era in cantiere da tempo. Ma l’irrompere di questi programmi durante il percorso legislativo è stata una gran fortuna per l’Europa, altrimenti difficilmente la loro disciplina sarebbe stata in cima alle priorità di Bruxelles e Berlino. Oggi molti politici europei conoscono bene come si addestrano e funzionano i modelli per l’ia e possono valutarne meglio i rischi e le conseguenze per i loro settori di competenza. L’Unione si è data una cornice giuridica affidabile per l’uso dell’intelligenza artificiale. Ora deve investire nello sviluppo e nelle infrastrutture. Questi investimenti sono decisivi per ottenere la sovranità tecnologica. Dovrebbero averlo capito tutti. ◆ sk Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Europa

DIEGO HERRERA CARCEDO (ANADOLU/GETTY)

Un soldato ucraino a Charkiv, il 27 ottobre 2023

UCRAINA

I politici e i militari di Kiev in cerca di una strategia Veronika Melkozerova, Politico, Belgio Con la situazione al fronte in stallo da mesi, tra le autorità civili e l’esercito ucraini crescono le tensioni. Che possono essere sfruttate dalla Russia a suo vantaggio iù di 21 mesi dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, a Kiev l’umore è cupo. Le tensioni tra il presidente Volodymyr Zelenskyj e il comandante in capo delle forze armate, Valerij Zalužnyj, sono ormai evidenti. I successi del 2022, quando l’Ucraina è riuscita a respingere gli attacchi russi contro la capitale e a riconquistare ampi

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Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

territori, hanno lasciato il posto a una situazione di stallo. Da mesi russi e ucraini combattono una sanguinosa guerra di trincea lungo una linea del fronte di centinaia di chilometri. A Kiev tutto questo ha innescato una serie di scontri politici. Le autorità ucraine stanno cercando di resistere contro una potenza che ha più uomini, più armi e un’economia più grande, e la situazione è resa particolarmente difficile dai recenti tentennamenti degli alleati sulla fornitura di aiuti militari. I politici ucraini hanno disperatamente bisogno di un piano. A quanto si dice l’idea dei militari è reclutare molti più uomini e fare pressione sugli alleati per ottenere più munizioni. Le autorità civili, in-

vece, vorrebbero che l’esercito mettesse a punto una precisa strategia di guerra. “Dai militari sentiamo dire solo: ‘Dateci più persone e milioni di munizioni’. Ma non può bastare”, spiega una fonte ben informata che ha chiesto di mantenere l’anonimato. Tuttavia alcuni ufficiali dell’esercito garantiscono che un piano esiste. “Pensate davvero”, dice un militare, “che il segretario alla difesa statunitense Lloyd Austin e il comandante delle forze alleate in Europa Christopher Cavoli avrebbero incontrato Zalužnyj se non avesse avuto un piano?”. Percependo le prime crepe all’interno della leadership ucraina, la Russia ha alimentato le voci su una rivalità tra Zalužnyj e Zelenskyj e ha sottolineato la presunta “stanchezza” degli alleati dell’Ucraina. “È chiaro che continuare a buttare soldi nel pozzo ucraino sta diventando sempre più difficile per i paesi occidentali”, ha dichiarato il 4 dicembre il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov. “Per quanto ci riguarda, l’operazione militare speciale continuerà. La nostra economia si è adeguata e ci garantisce di poter andare avanti”. Intanto, a Kiev, le lotte interne alle au-

torità ucraine stanno alimentando lo sco­ ramento della popolazione. “Capisco per­ ché la Russia sta cercando di creare una frattura tra la leadership politica ucraina e quella militare”, ha scritto su Facebook Alina Mykhailova, ufficiale dell’esercito ucraino ed esponente del consiglio comu­ nale di Kiev. “È l’unico modo che ha per vincere. Quello che non capisco è perché gli stiamo offrendo esattamente quello che vuole”.

Le ambizioni del ministro Pubblicamente le autorità ucraine ribadi­ scono che non esistono screzi tra Zelen­ skyj e Zalužnyj. Il presidente del parla­ mento, Ruslan Stefančuk, ha affermato che si tratta esclusivamente di propagan­ da russa. Ma la propaganda – si sa – contie­ ne sempre un granello di verità. Il mese scorso, in effetti, le tensioni ai vertici dello stato ucraino si sono netta­ mente intensificate. Un’intervista di Zalužnyj all’Economist ha iniettato nel racconto della guerra una considerevole dose di realismo, in contrasto con l’ottimi­ smo della retorica ufficiale di Kiev. Il ge­ nerale ha ammesso che la Russia è tutt’al­ tro che sconfitta e ha lanciato un allarme: “Una guerra di posizione è una guerra prolungata che comporta rischi gigante­ schi per le forze armate ucraine”. Fonti vicine a Zelenskyj riferiscono che l’articolo dell’Economist ha costretto il presidente a rassicurare i partner sul fat­ to che la guerra non è persa e che aiutare Kiev è ancora necessario. Ora Zelenskyj pretende che l’esercito gli presenti una strategia chiara, per poter salvare gli aiuti economici e militari. “Mi piacerebbe che le persone capissero il piano d’azione nel­ la sua interezza: dove siamo andando e quali sono le sfide”, ha detto il presidente a un gruppo di giornalisti a Kiev. Intanto, il governo ucraino continua a chiedere munizioni agli alleati. Probabil­ mente l’Unione europea non riuscirà a mantenere la promessa di consegnarne un milione entro marzo. Zelenskyj sta anche valutando la possi­ bilità di firmare un decreto, che si trova sulla sua scrivania da giugno, per ridurre l’età per l’arruolamento da 27 a 25 anni. Questa modifica permetterebbe di reclu­ tare più uomini e ruotare meglio gli effet­ tivi, che in alcuni casi sono in servizio da due anni senza una pausa. “Bisogna cal­ colare con precisione tutto quello che può

servire allo stato, all’esercito. E dobbiamo valutare il tema della mobilitazione”, ha detto il presidente. Ma diversi osservatori ritengono che i militari abbiano ragione: “Chiedere più pezzi d’artiglieria e più uo­ mini è già di per sé un piano. Questa guer­ ra è così dinamica che pianificare con me­ si di anticipo è irrealistico”, spiega Anton Pavluško, del progetto giornalistico open source InformNapalm. Comunque sia, qualunque incompren­ sione tra il presidente e il suo generale ri­ schia di prestare il fianco ad attacchi poli­ tici. Zalužnyj non ha manifestato alcuna ambizione politica, ma il forte sostegno popolare di cui gode lo rende l’unico av­ versario plausibile per Zelenskyj. In Ucrai­ na le elezioni presidenziali erano previste a marzo, ma sono state rinviate perché la costituzione vieta di votare quando è in vigore la legge marziale.

Zelenskyj e i vertici dell’esercito si stanno sforzando di inviare messaggi positivi Anche per questo Zelenskyj ha invitato i generali a concentrarsi sulla guerra. “Ci sono forze che stanno spingendo i militari verso la politica”, ha detto al tabloid bri­ tannico Sun a metà novembre. Inoltre ha chiesto ai rivali politici di non approfittare della situazione. “Diffondere idee sulle elezioni durante una guerra è da irrespon­ sabili”, ha dichiarato, visibilmente irrita­ to, in un comunicato video all’inizio di novembre. Finora, tuttavia, i suoi appelli non hanno avuto l’effetto sperato. Solidarietà europea (Jes), il partito di opposizione guidato dall’ex presidente Petro Porošenko, ha usato il presunto con­ flitto tra governo e militari per indebolire Zelenskyj. Anche Mariana Bezuhla, vice­ presidente della commissione parlamen­ tare per la difesa, ha chiesto apertamente l’allontanamento di Zalužnyj, accusando­ lo di non aver dato una visione dettagliata dello sforzo militare per il 2024. E perfino David Arachamija, esponente di spicco del partito di Zelenskyj, ha criticato i ver­ tici dell’esercito. “Chiediamo ai militari di darci una prospettiva chiara”, ha detto. Un piano per dare una svolta alla guer­ ra servirebbe anche a rafforzare il soste­ gno internazionale all’Ucraina, che co­

mincia a vacillare. Negli Stati Uniti i re­ pubblicani si oppongono alla richiesta del presidente Joe Biden di approvare uno stanziamento di 61,4 miliardi di dollari per aiutare Kiev. “Voglio essere chiara: se l’autorizzazione del congresso non arrive­ rà entro la fine dell’anno, non avremo più risorse per inviare armi ed equipaggia­ menti all’Ucraina né per fornire materiale proveniente dalle scorte statunitensi”, ha scritto il 5 dicembre la responsabile del bi­ lancio della Casa Bianca, Shalanda Young. Dubbi simili ci sono anche in Europa. Il primo ministro ungherese Viktor Orbán è contrario all’invio di nuovi aiuti europei, appoggiato dal primo ministro slovacco Robert Fico. Anche il nuovo premier po­ pulista olandese, Geert Wilders, vuole sospendere gli aiuti militari per l’Ucraina. In ogni caso, Zelenskyj e i vertici dell’e­ sercito si stanno sforzando di inviare mes­ saggi positivi, sottolineando che nono­ stante lo stallo della controffensiva estiva le forze ucraine sono comunque riuscite a respingere la flotta russa sul mar Nero, al­ lontanandola dalle acque occidentali e ri­ aprendo la rotta del grano dai porti ucrai­ ni. Inoltre, l’esercito di Kiev ha colpito importanti obiettivi strategici in territorio russo. Diversi paesi occidentali hanno ri­ badito che nonostante le difficoltà non intendono abbandonare l’Ucraina. “Con­ tinueremo a garantire il nostro appoggio a Kiev fino a quando sarà necessario”, ha dichiarato il cancelliere tedesco Olaf Scholz in parlamento. “L’Ucraina è molto importante per gli Stati Uniti e per il mondo intero”, ha riba­ dito Lloyd Austin il 2 dicembre. Ma il rischio che sul campo la situazio­ ne peggiori è reale. “Le guerre si sviluppa­ no in fasi”, ha spiegato il segretario gene­ rale della Nato, Jens Stoltenberg. “Dob­ biamo sostenere l’Ucraina nei momenti favorevoli e in quelli difficili, ma anche essere pronti a ricevere cattive notizie”. Nel suo intervento su Facebook, My­ khailova ha chiesto ai politici ucraini di formare un fronte coeso: “Se non lo fare­ te, milioni di ucraini perderanno per sem­ pre la casa, la libertà e la vita. Voi magari andrete all’estero a scrivere le vostre me­ morie, ma la storia vi ricorderà come tra­ ditori. Le fondamenta della nostra vittoria non sono i missili a lungo raggio o le tec­ nologie più avanzate, ma è l’unità tra il governo, il popolo e l’esercito”. u as Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Europa TECNOLOGIA

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Regole europee per l’ia

Finalmente Tusk

Giustizia indebolita

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Immigrazione non europea nel Regno Unito, migliaia di persone

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FONTE: STANFORD UNIVERSITY

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Il 7 dicembre il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha visitato Atene per un incontro con il premier greco Kyriakos Mitsotakis, il primo dal 2017. Il viaggio segna il rilancio delle relazioni tra i due paesi dopo anni di tensioni, culminate tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023 nelle minacce di scontro militare per la giurisdizione su alcune isolette dell’Egeo. Stavolta i toni sono stati decisamente più amichevoli e i due leader hanno siglato diversi accordi di cooperazione. “Sarebbe bello”, commenta il giornale turco Sabah, “se

FONTE: THE MIGRATION OBSERVATORY

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Quasi amici

Mitsotakis venisse presto ad Ankara per tenere viva questa atmosfera di amicizia, dare attuazione alle intese siglate in diversi settori – dal turismo all’istruzione – e costruire una nuova fiducia tra i due paesi. La ‘dichiarazione di Atene’ è un documento importante. E non dovrebbe rimanere sulla carta”. Più prudente l’analisi del quotidiano cipriota Phileleftheros: “Ovviamente siamo felici dei passi fatti verso la riconciliazione tra i due paesi, che stanno creando un clima positivo e contribuendo al superamento delle vecchie tensioni. Tuttavia Atene non sembra rendersi conto che, ancora una volta, il sultano sta usando la Grecia per i suoi obiettivi politici”.

Francia L’11 dicembre l’assemblea nazionale francese ha bocciato con 270 voti contro 265 il progetto di legge sull’immigrazione voluto dal presidente Emmanuel Macron. Il provvedimento prevedeva una serie di limitazioni ai diritti dei migranti. Regno Unito Il parlamento britannico ha approvato una nuova versione del cosiddetto piano Ruanda del premier Rishi Sunak, evitando così una crisi di governo. Il disegno di legge prevede l’invio di migranti e richiedenti asilo nel paese africano. La prima versione era stata bocciata dalla corte suprema.

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GRECIA-TURCHIA

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Dopo otto anni di governo conservatore e nazionalista, la Polonia ha un nuovo primo ministro, il liberale ed europeista Donald Tusk. Tusk ha ottenuto la fiducia del parlamento il 12 dicembre, a quasi due mesi dalla vittoria elettorale della sua alleanza (che comprende il partito Coalizione civica, i centristi di Terza via e la sinistra di Lewica) e dopo il fallito tentativo del premier uscente, Mateusz Morawiecki, di formare un governo. Secondo il sito polacco Interia, Tusk ha tre grandi compiti. Deve gestire e trasformare il caos che ha ereditato; avere la forza di tenere insieme una coalizione in cui prima o poi si litigherà; e riflettere sulle vere cause della crisi della democrazia liberale, che non riguarda solo la Polonia. u

A meno di due mesi dalla formazione del governo, il premier populista slovacco Robert Fico ha annunciato una riforma della giustizia che prevede lo smantellamento dell’ufficio del procuratore specializzato in frodi di alto livello e altre misure che indeboliscono la lotta alla corruzione. Fico ha confermato un impegno preso in campagna elettorale, ignorando però le raccomandazioni di Bruxelles e i malumori dell’opinione pubblica slovacca. Come scrive Dennik N, “le opposizioni faranno di tutto per impedire l’approvazione della riforma. La presidente Zuzana Čaputova ha già detto che userà il suo potere di veto”. Fico andrà per la sua strada, ma “il suo governo rischia subito una sconfitta sia interna sia nel confronto con Bruxelles”.

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Investimenti privati nell’ia, miliardi di dollari

Donald Tusk in parlamento, Varsavia, 11 dicembre 2023

MICHAL DYJUK (AP/LAPRESSE)

L’Unione europea ha trovato l’accordo politico per il varo della prima legge al mondo sull’uso e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale (ia). Il provvedimento, presentato nel 2021 e chiamato Ai act, dovrà essere discusso e definito nei dettagli e poi approvato dal parlamento europeo e dal consiglio dell’Unione europea. Come ha spiegato il commissario al mercato interno Thierry Breton, tra i principali promotori della legge, “il provvedimento permetterà di evitare gli usi dell’ia che violano i diritti fondamentali e i valori dell’Unione europea, stabilirà regole chiare per gli usi ad alto rischio e promuoverà l’innovazione senza barriere per tutti i casi in cui il rischio è minimo”. Un settore particolarmente delicato è quello dei sistemi per la vigilanza biometrica. Come spiega El País, il riconoscimento facciale potrà essere impiegato solo dalle forze dell’ordine, e solo in caso di reati gravi: per rintracciare vittime di sequestro, tratta o sfruttamento sessuale; per prevenire atti di terrorismo e per localizzare sospetti di reati specifici. È stato vietato anche l’uso dell’ia per determinare il cosiddetto punteggio sociale (social scoring) degli individui, basato su dati legati a genere, salute e comportamenti sociali e usato, per esempio in Cina, per determinare l’accesso ad alcuni servizi pubblici.

COLTIVIAMO

PASSIONE

demeter.it

Americhe STATI UNITI

Washington deve ripensare gli aiuti militari Howard French, Foreign Policy, Stati Uniti Lo scontro tra Joe Biden e il congresso sugli aiuti a Ucraina e Israele offre un’occasione agli Stati Uniti per riconsiderare il modo in cui usano il loro potere nel mondo l 6 dicembre il presidente statunitense Joe Biden ha rivolto un appello accorato ai parlamentari per convincerli ad approvare lo stanziamento di nuovi aiuti militari all’Ucraina: “Non possiamo più aspettare. Il congresso deve sbloccare i fondi prima della pausa per le feste. È semplice, non c’è altro da dire”. In realtà non c’è niente di semplice in questa richiesta. Negli ultimi mesi è cresciuto il malcontento dei repubblicani per il sostegno militare a Kiev. Biden era convinto di poterli convincere abbinando la richiesta di finanziamenti per l’Ucraina a quella di nuovi aiuti per Israele nella guerra contro Hamas. Subito dopo il 7 ottobre, quando l’opinione pubblica statunitense era sconvolta dalla brutalità degli attacchi contro Israele, sembrava che la strategia potesse funzionare. Ma i repubblicani, che hanno la maggioranza alla camera, avevano altre idee. Davanti alla richiesta di stanziare fondi per entrambi gli alleati, hanno alzato la posta esigendo che fosse ridotto il budget dell’Internal revenue service, l’agenzia delle entrate statunitense. Quando il tentativo è fallito, i repubblicani hanno chiesto un inasprimento delle leggi sull’immigrazione in cambio del via libera agli aiuti militari. Il risultato, finora, è stato lo stallo. L’aspetto positivo dell’intera vicenda è che potrebbe portare a un dibattito di cui c’è bisogno. Sembra ragionevole che gli Stati Uniti continuino a sostenere l’Ucraina contro l’aggressione russa. Un altro motivo per opporsi all’espansionismo di Mosca è arrivato in questi giorni dal Suda-

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merica, dove il Venezuela minaccia di strappare alla Guyana una vasta area ricca di petrolio, anche se un tribunale internazionale ha emesso una sentenza favorevole ai guyanesi. Il comportamento di Caracas ci ricorda che lo stile di Putin non è una minaccia solo per l’Europa ma anche per la pace in tutto il mondo. Il problema è che, dopo 76,95 miliardi di dollari di aiuti concessi a Kiev, gli statunitensi hanno il diritto di chiedere come saranno spesi i prossimi stanziamenti, cosa permetteranno di ottenere e quale sarà il costo finale. Durante una guerra è difficile pretendere una totale trasparenza operativa e strategica, perché rivelare i propri obiettivi può aiutare l’avversario. Ma resta il fatto che finora il sostegno di Biden all’Ucraina non è stato accompagnato da nessun confronto sui criteri e sugli obiettivi. Ora è il momento di farlo.

Sconfitta strategica La richiesta di ulteriori aiuti militari a Israele alimenta dubbi ancora più profondi. Dal 1948 al marzo del 2023 Washington ha finanziato lo stato ebraico con centinaia di miliardi di dollari, in gran parte destinati al rafforzamento della sicurezza. Oggi

Israele può contare su uno degli eserciti più potenti e moderni del mondo. È per questo che i nuovi aiuti, promessi da Biden subito dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, avrebbero dovuto sollevare più di una perplessità. E invece non c’è stato nessuno sforzo di spiegare pubblicamente perché un paese così forte dal punto di vista militare avesse bisogno di tanti soldi in più per combattere un’organizzazione di miliziani. Washington ha schierato nella regione mediorientale anche le sue risorse militari (comprese alcune portaerei) per dissuadere l’Iran e qualsiasi altro paese dall’idea di attaccare Israele. Quindi a cosa servirebbero questi soldi in più? Aumentare la capacità di Israele di “radere al suolo” la Striscia di Gaza, come hanno detto alcuni funzionari israeliani, non può essere una risposta ammissibile. Le operazioni israeliane hanno già superato ogni limite di ciò che è consentito in guerra, come confermano le prese di posizione delle agenzie umanitarie internazionali. Di recente Lloyd Austin, il segretario alla difesa statunitense, ha detto che se Israele continuerà ad attaccare Gaza come ha fatto finora rischia una “sconfitta strategica” mascherata da vittoria. Dopo aver ucciso migliaia di palestinesi (soprattutto donne e bambini), Tel Aviv potrebbe ritrovarsi a gestire le macerie di Gaza senza aver nemmeno eliminato la minaccia di Hamas, restando quindi bersaglio dell’odio e della sete di vendetta di generazioni di palestinesi. Nel Partito democratico statunitense emergono, timidamente e in ritardo, le prime voci che chiedono un’inversione di

Ultime notizie Tensione con Tel Aviv ◆ Il 12 dicembre 2023 il presidente statunitense Joe Biden ha criticato il governo israeliano per come sta portando avanti la guerra nella Striscia di Gaza. “Biden ha detto che i leader israeliani stanno perdendo il sostegno della comunità internazionale a causa dei bombardamenti indiscriminati”, scrive il New York Times. Ha anche manifestato le sue divergenze con i politici israeliani a proposito di una possibile soluzione del conflitto. Ha descritto il governo di Benjamin Netanyahu come “il più

conservatore della storia di Israele”, che non vuole “niente di lontanamente vicino a una soluzione a due stati”. Biden ha consigliato al primo ministro israeliano di cambiare la composizione del suo esecutivo, che comprende partiti di estrema destra. Da quando è cominciata l’offensiva di Tel Aviv, gli Stati Uniti non avevano mai preso una posizione così netta nei confronti dell’alleato. Netanyahu ha risposto duramente: “Dopo il grande sacrificio dei nostri civili e dei nostri soldati, non

permetterò l’ingresso a Gaza di chi educa al terrorismo e lo finanzia”. E ha aggiunto che “Gaza non sarà né Hamastan né Fatahstan”, storpiando il nome di Al Fatah, il partito di Abu Mazen, presidente dell’Autorità nazionale palestinese a cui gli occidentali vorrebbero affidare un ruolo chiave dopo il conflitto. Il 9 dicembre gli Stati Uniti erano stati criticati per aver messo il veto su una risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva il cessate il fuoco a Gaza.

AL DRAGO (BLOOMBERG/GETTY)

Una protesta contro la consegna di armi statunitensi a Israele. Washington, 31 ottobre 2023

rotta. Bernie Sanders e Chris Murphy, senatori del Vermont e del Connecticut, spingono per un cambiamento di strategia che preveda la fine degli aiuti incondizionati a Israele.

Sforzo diplomatico

Da sapere Alleato generoso Aiuti degli Stati Uniti ad altri paesi tra il 1946 e il 2022, miliardi di dollari Israele

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Egitto

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Afghanistan

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Vietnam

134,6

Iraq

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Corea del Sud

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Regno Unito

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India

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Turchia

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Francia

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FONTE: FOREIGNASSISTANCE.GOV

Non voglio sostenere che Washington debba tagliare del tutto i fondi a Israele e penso che lo stato ebraico abbia il diritto di difendersi. Sono disgustato da Hamas e credo che le sue tattiche sanguinarie contro i civili israeliani, compresi gli stupri e le presunte mutilazioni sessuali, siano la causa diretta sia della sete di sangue che domina Israele sia dell’ondata di morte provocata dalle bombe, dai missili e dall’artiglieria israeliana a Gaza. Ma la guerra in Medio Oriente offre agli Stati Uniti un’occasione concreta per rivalutare attentamente la natura del sostegno militare dato a Israele e anche le proprie responsabilità nel dramma in corso nella Striscia di Gaza, soprattutto se le tattiche dello stato ebraico saranno considerate universalmente dei crimini di guerra. In generale, è il momento giusto anche per ripensare radicalmente il

modo in cui Washington usa il suo potere nel mondo. Troppo spesso gestisce le crisi internazionali ricorrendo solo a due strumenti: le armi e le sanzioni. Regala o vende armi ai suoi alleati su una scala così vasta da risultare quasi inimmaginabile per l’opinione pubblica; e impone sanzioni ai paesi che considera ostili, dalle restrizioni sull’accesso al sistema finanziario internazionale ai divieti sugli spostamenti.

Queste risposte sono diventate così automatiche da aver atrofizzato qualsiasi altra soluzione alle crisi, a cominciare dalla diplomazia tradizionale. Gli Stati Uniti devono tornare a impegnarsi per favorire la pace tra paesi nemici. Quale contesto migliore per farlo del conflitto israelo-palestinese? Le dichiarazioni sulla necessità di una soluzione che preveda due stati si sono susseguite per anni come promesse vuote, nella più totale assenza di volontà e impegno diplomatico per superare davvero il problema. Biden e altri presidenti americani si sono comportati come se rifornire Israele di armi e offrire garanzie di sicurezza avrebbe assicurato a Washington l’influenza necessaria per spingere gli israeliani a trovare un accordo con i palestinesi. Oggi le armi continuano a essere consegnate, ma lo sforzo diplomatico indispensabile per arrivare a una soluzione del conflitto non è mai stato messo in campo. u as Howard French è un giornalista e saggista statunitense. Ha lavorato per il New York Times come corrispondente da Cina, Giappone, America Centrale e Caraibi. Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Wallpapers for human spaces Design: WILD EDEN Designer: Barbara Varini

inkiostrobianco.com

Americhe ARGENTINA

Il governo di Javier Milei è cominciato Martín Caparrós, El País, Spagna Il 10 dicembre il leader populista e di estrema destra si è insediato alla presidenza dell’Argentina. Ha detto che il paese dovrà affrontare misure drastiche e dolorose per potersi risollevare avier Gerardo Milei è ormai sua eccellenza il presidente della repubblica argentina. Il 10 dicembre la cerimonia di passaggio di consegne ha avuto lo sfarzo effimero tipico di queste situazioni: un signore felice perché comincia, un altro amareggiato perché non comincerà mai più. Invece di parlare davanti a deputati, senatori e governatori, in teoria i rappresentanti del paese, Milei l’ha fatto di fronte a qualche migliaio di sostenitori nella piazza davanti al parlamento. Il suo discorso è stato trasmesso dalle tv e radio pubbliche che vuole privatizzare. Ha esordito dicendo che “oggi comincia una nuova epoca in Argentina”. Poi, appena ha potuto, si è lanciato nell’economia, argomento che dovrebbe conoscere. Ha detto di aver ricevuto un’eredità

SARAH PABST (BLOOMBERG/GETTY)

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terribile, la peggiore della storia, e ha elencato una cascata di numeri orribili, nell’ordine di miliardi di dollari, ingarbugliandoli con alcune moltiplicazioni molto dubbie. E ha profetizzato un’inflazione del 15mila per cento all’anno “che cercheremo di sradicare con le unghie e con i denti”. Quindi i tagli sono inevitabili e non saranno graduali: occorre un trattamento shock. Ha minacciato un futuro così buio che un futuro nero sarebbe il suo grande trionfo. Ha annunciato mesi di profonda sofferenza economica e ha aggiunto che “questo avrà un impatto negativo sull’attività, l’occupazione, i salari reali, il numero di poveri e indigenti”. E ha mentito, come quando ha ripetuto per l’ennesima volta che all’inizio del novecento “l’Argentina era la prima potenza mondiale”. O quando ha detto che “in termini di sicurezza, l’Argentina è diventata un bagno di sangue”, parlando di un paese con cinque omicidi all’anno ogni centomila abitanti, al di sotto della media mondiale e molto al di sotto degli Stati Uniti, del Cile o dell’Uruguay. Naturalmente, ha dato la colpa di tutto il disastro attuale allo statalismo, omettendo un altro fatto signi-

Javier Milei durante l’insediamento. Buenos Aires, 10 dicembre 2023

ficativo: in Argentina, nell’ultimo mezzo secolo, ci sono stati tre governi privatizzatori, la giunta dei militari (1976-1983), il governo di Carlos Menem (1989-1999) e quello di Mauricio Macri (2015-2019). In altre parole, per quasi metà di questo mezzo secolo il paese è stato governato dai neoliberisti che hanno adottato misure molto più energiche e incisive degli statalisti. Ma una cosa è la realtà e un’altra la retorica, e la retorica attuale è che l’unico modo per risolvere i problemi dell’Argentina è rifare le stesse cose del passato. Ogni volta i risultati sono stati catastrofici.

Variabili aperte La domanda ora è cosa farà Milei con il suo governo. Per cominciare, vediamo la sua squadra: su dieci ministri, cinque sono stati alti funzionari di Macri e quattro facevano parte dell’amministrazione di Menem. Sono la tanto odiata casta. Solo la ministra degli esteri non ha già ricoperto cariche pubbliche in passato. Tutti hanno ottenuto dei master in economia in università private e la maggior parte ha lavorato per banche e grandi fondi d’investimento. Nel frattempo sono rimasti senza incarichi i personaggi che davano a Milei quell’aria tra il delirante e l’innovatore che l’ha aiutato a essere eletto. Tutto dipenderà da chi userà chi nei prossimi mesi: se la casta che Milei ha attaccato lo manipolerà, se riuscirà a liberarsene, se vorrà farlo. Non sembra. Per ora le misure che sta per prendere ridurrebbero la sua campagna elettorale a una farsa eccellente (e sarebbe un sollievo, perché non potrebbe dollarizzare l’economia, far saltare la banca centrale e liberalizzare la vendita di armi). Ma il risultato sarebbe un magnifico inganno: per imporre la quarta incarnazione neoliberista un signore ha conquistato milioni di elettori con la storia della motosega ma vuole solo consolidare il potere di chi lo ha da sempre in Argentina. Se sarà così, resta l’inutile discussione: l’ha pianificato o le circostanze gliel’hanno imposto? Se l’ha pianificato, lo ha fatto da solo o è un ingranaggio di un meccanismo più complesso? Intanto il futuro avanza. Per cercare di riconoscerlo è utile tenere conto di un fatto minore: nella sua recente visita a Washington Milei ha confermato l’acquisto di 24 caccia F-16 dagli Stati Uniti. Considerata la sua promessa di tagliare la spesa pubblica, la misura è curiosa. Ma mancano ancora dati certi. Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Americhe

Martín Caparrós è un giornalista e scrittore argentino. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Ñamerica (Einaudi 2022).

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STATI UNITI

STATI UNITI

Il Texas contro Kate Cox

Università sotto attacco Claudine Gay a Washington, 5 dicembre 2023

KEN CEDENO (REUTERS/CONTRASTO)

Il 9 dicembre 2023 la corte suprema del Texas ha annullato una sentenza che autorizzava Kate Cox, 31 anni, ad abortire. “Incinta di 21 settimane, Cox ha saputo che il feto è affetto da trisomia 18, un’anomalia cromosomica associata a gravi malformazioni”, scrive il Texas Observer. Secondo il medico di Cox, la gravidanza mette a rischio anche la salute della donna. Cox è andata ad abortire in un altro stato. In Texas l’interruzione di gravidanza è proibita anche in caso di strupro e incesto. L’unica eccezione è prevista in caso di pericolo di morte o di grave disabilità per la gestante.

PERÙ

La camera degli Stati Uniti, controllata dai repubblicani, ha aperto un’indagine su alcuni atenei accusati di non fare abbastanza per arginare l’antisemitismo, aumentato dopo l’attacco di Hamas contro Israele e i bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza. Tre rettrici – Claudine Gay di Harvard, Elizabeth Magill dell’università della Pennsylvania e Sally Kornbluth del Massachusetts institute of technology – sono state interrogate da una commissione della camera. “La destra e i donatori degli atenei le hanno accusate di non aver condannato in modo abbastanza deciso, nelle loro testimonianze, gli episodi di antisemitismo, e hanno chiesto le loro dimissioni”, scrive l’Atlantic. Magill ha lasciato l’incarico, mentre Gay e Kornbluth hanno conservato il loro posto. Chi difende le rettrici sostiene che le università non dovrebbero piegarsi alle pressioni dei politici e dei donatori. u

Fujimori libero

BRASILE

Callao, 6 dicembre

MARTIN MEJIA (AP/LAPRESSE)

Nel frattempo tre importanti settori stanno festeggiando la vittoria di Milei. Prima di tutto il mondo imprenditoriale e i mezzi d’informazione che settimane fa erano spaventati dalle sue uscite ora lo vedono più capace di salvare il paese in pericolo. Hanno scoperto un “mileismo pragmatico” che gli permette di considerare il presidente uno di loro, un leader che potrebbe avvantaggiarli con le sue misure economiche e la permissività di un mercato incontrollato. Poi c’è lo zoccolo duro dei giovani mileisti, gli appassionati delle motoseghe, che volevano a buon diritto spaccare tutto. Infine ci sono molti milioni di argentini che non hanno nulla né a favore né contro di lui ma sperano che, se il suo governo andrà bene, per loro andrà meno male. Tuttavia tutti e tre i settori potrebbero infrangersi su onde contrarie. Quello degli imprenditori, se la situazione economica di “sforzi e sacrifici” promessa da Milei gli si ritorcesse contro e l’inflazione riducesse ancora di più i consumi, perderebbe le opere pubbliche e non se la caverebbe licenziando i dipendenti. Quello degli entusiasti della motosega, se scopriranno che il loro idolo consoliderà le strutture che li fanno vivere come vivono e che vorrebbero abbattere. Cosa succederà se i mileisti, i giovani della classe media e bassa senza un lavoro formale, vedranno che il Leone che doveva mangiare il mondo a morsi è diventato un Macri con la criniera e un po’ più di fermezza? Quanto aspetteranno tranquilli che si scateni la furia giustiziera promessa? Quanto durerà la pazienza di chi ha votato per la più rabbiosa impazienza? Resta, naturalmente, la delusione più profonda e silenziosa di milioni di persone, che ancora hanno speranza, se scopriranno di non poter pagare l’acqua, l’elettricità o i trasporti senza sussidi. O se semplicemente perderanno il lavoro o gli aiuti che gli permettevano di mangiare ogni tanto. Sono tutte variabili aperte. Come ha detto Milei, molti argentini soffriranno molto. Ancora una volta tutto dipenderà da quanto vorranno e potranno sopportare e aspettare. L’Argentina è entrata in una nuova epoca, e somiglia molto alle precedenti. u fr

Il 6 dicembre Alberto Fujimori, che ha governato in modo autoritario dal 1990 al 2000, è stato scarcerato in seguito a una sentenza del tribunale costituzionale. Fujimori, 85 anni, era stato condannato a 25 anni di carcere per corruzione e violazione dei diritti umani. Ojo Público sottolinea che la sentenza viola una disposizione specifica della Corte interamericana dei diritti umani, con sede in Costa Rica.

Il piano di Lula per chi è in strada Il problema di chi non ha una casa e vive per strada nelle città non è una novità per il paese sudamericano. Ma in dieci anni il numero di persone senza fissa dimora è decuplicato, passando da 22mila nel 2013 a 227mila nel 2023. Sono i dati resi pubblici dall’Ipea, un organo del governo brasiliano che si occupa di analisi economiche. Per far fron-

te alla situazione, scrive Carta Capital, il governo del presidente Lula da Silva l’11 dicembre ha annunciato il piano Ruas visíveis con un investimento iniziale di 982 milioni di real (184 milioni di euro). Il leader brasiliano ha detto che la colpa della situazione è dello stato. La metà dei soldi sarà impiegata per l’alimentazione, aiutando gli stati e i municipi che gestiscono le mense popolari. Verranno formati inoltre almeno cinquemila professionisti della sanità per lavorare nelle strade.

Africa e Medio Oriente

ALEXIS HUGUET (AFP/GETTY)

Sostenitori del candidato Denis Mukwege. Bukavu, 25 novembre 2023

REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO

Un buon leader a Kinshasa aiuterebbe tutto il pianeta Simon Allison, The Continent, Sudafrica La Repubblica Democratica del Congo potrebbe avere un ruolo chiave nella lotta contro la crisi climatica. Sarebbe importante che il 20 dicembre i suoi abitanti eleggessero un presidente capace

tenere sotto controllo il riscaldamento globale. Se altri continenti avessero fatto di più, forse non ci troveremmo in questa situazione. In altre parole, quello che succede in Rdc è importante non solo per i congolesi, ma per tutti gli abitanti del pianeta.

Tshisekedi e i suoi rivali e parliamo della salute del pianeta, ci sono due motivi per cui la Repubblica Democratica del Congo (Rdc) è importante. Primo: nel suo sottosuolo si trovano i più grandi giacimenti di cobalto del mondo. Questo metallo è essenziale per fabbricare le batterie al litio che dovrebbero favorire la transizione verso le energie pulite. Con le tecnologie attualmente a disposizione, la rinuncia ai combustibili fossili in cambio dell’energia solare e dei veicoli elettrici dipende da una fornitura stabile di cobalto. Senza cobalto, niente rivoluzione verde. Secondo: nel paese si trova la seconda foresta pluviale più grande del mondo. I suoi alberi assorbono anidride carbonica e rilasciano ossigeno. Tutelare le foreste pluviali è una delle azioni più efficaci per

S

In vista delle elezioni del 20 dicembre 2023, però, i congolesi hanno altre preoccupazioni. Nonostante – o a causa – delle sue straordinarie ricchezze naturali, la Rdc è uno dei cinque paesi più poveri del mondo. Secondo l’ong Amnesty

REPUBBLICA

UGANDA Goma RUANDA

DEMOCRATICA

Bukavu

CONGO Kinshasa

DEL CONGO

BURUNDI TANZANIA

ANGOLA 400 km

Lumumbashi ZAMBIA

international, la corruzione e lo sperpero delle risorse pubbliche “continuano e restano in gran parte impuniti”. Un conflitto violento con vari gruppi armati nell’est del paese non mostra segni di distensione. Questa situazione gioca difficilmente a favore del presidente Félix Tshisekedi, che si candida a un secondo mandato. La sua elezione nel 2018 è stata contestata: secondo osservatori indipendenti Tshisekedi era arrivato secondo, dietro a un altro candidato dell’opposizione, Martin Fayulu. Ma i tribunali e la commissione elettorale hanno assegnato la vittoria a Tshisekedi, forse perché ritenevano che sarebbe stato più clemente con il presidente uscente Joseph Kabila, coinvolto in molteplici scandali di corruzione e non ancora finito sotto processo. Se il voto si svolgerà effettivamente il 20 dicembre – oltre alle difficoltà logistiche, nell’est persiste l’instabilità – è possibile che Tshisekedi sia proclamato di nuovo vincitore, non fosse altro perché è il presidente in carica e questo ha dei vantaggi. Secondo l’Africa centre for strategic studies (un ente legato al dipartimento della difesa statunitense), la commissione elettorale è piena di persone leali a Tshisekedi. I leader dell’opposizione si lamentano che sia la commissione sia i tribunali sono sbilanciati a favore del presidente. Tra i principali esponenti dell’opposizione ci sono Fayulu, che ha promesso che non si ripeterà il presunto errore elettorale del 2018; Moise Katumbi, un noto imprenditore, ex governatore dello stato del Katanga e in passato uno dei più stretti alleati di Tshisekedi; e Denis Mukwege, medico e attivista per i diritti delle donne, premio Nobel per la pace nel 2018. Chiunque finirà per insediarsi – o restare – al Palais de la nation di Kinshasa avrà un compito arduo. La Rdc è uno dei paesi più difficili da governare al mondo, considerate le sue dimensioni (in Africa è il secondo più grande, dopo l’Algeria), la sua popolazione (96 milioni di persone) e il suo livello di povertà (il pil pro capite è 586,5 dollari, un quinto di quello della Nigeria). Ma la nuova amministrazione avrà anche l’opportunità di ribaltare le prospettive nazionali e quelle dei suoi abitanti. Se sarà in grado di usare il cobalto e le foreste pluviali per garantire uno sviluppo reale e ridistribuire la ricchezza che ne deriverà, la Rdc potrebbe diventare un paese Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Africa e Medio Oriente

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Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

Protesta ambientalista a Dubai, 11 dicembre 2023

SUDAN

Gli Emirati Arabi Uniti sono stati accusati di aver fornito armi alle Forze di supporto rapido del Sudan, e questo ha innescato una crisi diplomatica tra i due paesi. Tre diplomatici sudanesi sono stati dichiarati persone non gradite dagli Emirati, mentre il Sudan ha espulso 15 dipendenti dell’ambasciata emiratina, scrive Sudan Tribune. Il 10 dicembre un convoglio della Croce rossa è stato colpito dall’esercito fuori Khartoum: due persone sono morte e sette sono state ferite. Il giorno prima si era svolto a Gibuti un incontro promosso dall’organizzazione regionale Igad per trovare una soluzione alla crisi in Sudan. Nella foto, un campo di profughi sudanesi in Ciad, settembre 2023.

THAIER AL-SUDANI (REUTERS/CONTRASTO)

Ritorsioni diplomatiche

EMIRATI ARABI UNITI

Compromesso alla Cop28 Si è chiusa il 13 dicembre a Dubai la conferenza delle Nazioni Unite sul clima con l’approvazione di un accordo che per la prima volta parla del futuro dei combustibili fossili, invitando i governi a “contribuire alla transizione in modo giusto, ordinato ed equo” ma senza chiedere di abbandonarli, come prevedeva la bozza iniziale. Il testo è frutto di un compromesso con i paesi petroliferi guidati dall’Arabia Saudita, che rifiutavano qualunque riferimento alle fonti fossili. Tuttavia, scrive Ips, l’accordo è stato criticato da alcune organizzazioni ambientaliste, dall’Alleanza dei piccoli stati insulari e da alcuni paesi poveri, che lo considerano insufficiente.

EGITTO

Un voto scontato ABDULMONAM EASSA (GETTY)

diverso per le generazioni future. Per riuscirci, il prossimo presidente dovrà fare meglio di chi l’ha preceduto. Dal re Leopoldo del Belgio al dittatore Mobutu Sese Seko a Joseph Kabila, le risorse naturali congolesi sono state troppo spesso usate per arricchire un’élite ristretta. E bisogna anche considerare che mentre cercherà di capire come agire meglio, il governo subirà molte ingerenze e le cose si complicheranno. Le vaste ricchezze minerarie disponibili e le nuove e incredibili opportunità di guadagno legate ai mercati dei crediti di emissione hanno attirato l’attenzione di altri governi e di grandi aziende, che non hanno mai a cuore la sorte del popolo congolese. Alcune aziende di stato cinesi hanno firmato accordi miliardari per l’accesso alle miniere di cobalto, ma sono già state coinvolte in casi di corruzione e frode. I paesi vicini, primo tra tutti il Ruanda, sono accusati di alimentare il conflitto nell’est e di aver approfittato del caos per esportare i minerali congolesi spacciandoli per ruandesi. La Glencore, un’azienda mineraria con sede in Svizzera, sta aggressivamente cercando di concludere nuovi affari nella Rdc, anche dopo aver accettato di pagare al governo di Kinshasa 180 milioni di dollari per risolvere vari casi di corruzione avvenuti tra il 2007 e il 2018. Nonostante i brogli denunciati dagli osservatori indipendenti, gli Stati Uniti e l’Europa hanno tacitamente accettato il risultato delle presidenziali del 2018 nell’interesse della stabilità. Ma la stabilità per chi? Non certo per i 6,9 milioni di sfollati interni presenti in Rdc. A giudicare dai risultati del suo primo mandato, Tshisekedi non è la persona giusta per affrontare queste sfide. Alcuni suoi alleati e collaboratori sono stati coinvolti in gravi scandali di corruzione. Le violenze dei gruppi armati sono aumentate e l’esercito nazionale è stato spesso coinvolto in massacri di civili e in dubbie alleanze con quegli stessi gruppi. Le vecchie aziende di sempre continuano a fare gli stessi loschi affari di sempre. Intanto l’estrazione del cobalto va avanti. Le foreste pluviali continuano a scomparire, ma meno rapidamente di quanto si potrebbe pensare. Questo però non si traduce in benefici materiali per i congolesi. Ma un mondo cinicamente indifferente non pretende altro dalla Rdc, a prescindere da chi vincerà le elezioni. u gim

Al Ahram, Egitto

ISRAELE-ITALIA

Khaled el Qaisi è tornato a casa Lo studente italo-palestinese Khaled el Qaisi, arrestato da Israele il 31 agosto e detenuto per un mese senza accusa, è rientrato in Italia l’11 dicembre. Era stato scarcerato il 1 ottobre, ma i suoi documenti erano stati trattenuti dalle autorità israeliane. In Italia c’è stata una grande mobilitazione dal basso per chiedere il suo rilascio e il suo rientro.

“Il popolo risponde alla chiamata della nazione”, titola il quotidiano filogovernativo egiziano Al Ahram, commentando le elezioni presidenziali che si sono tenute il 10, l’11 e il 12 dicembre. I risultati saranno annunciati il 18 dicembre, ma la conferma di un terzo mandato per Abdel Fattah al Sisi, al potere dal 2013, è scontata. Oltre a lui ci sono altri tre candidati, quasi del tutto sconosciuti. Alle presidenziali del 2014 e del 2018 Al Sisi aveva ottenuto più del 96 per cento delle preferenze. Il paese va al voto in una grave crisi economica, ricorda Mada Masr. Ma secondo il sito indipendente quello che preoccupa davvero gli egiziani in questi giorni non è l’esito del voto, bensì la situazione degli sfollati palestinesi dalla Striscia di Gaza, che Israele potrebbe costringere a fuggire attraversando il confine con l’Egitto. u

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Asia e Pacifico

PABLO BLAZQUEZ DOMINGUEZ (GETTY)

L’ambasciata nordcoreana di Madrid, Spagna, 2019

gruppi di criminali informatici nordcoreani più attivi. Negli ultimi due anni Romania, India, Indonesia e Bulgaria hanno chiuso le loro ambasciate nella capitale nordcoreana sia per le rigide restrizioni imposte durante la pandemia sia per l’indebolimento delle relazioni diplomatiche, dato che ora Pyongyang privilegia i rapporti con Pechino e Mosca. Nel suo primo viaggio all’estero dopo la pandemia, a settembre, Kim Jong-un è andato in Russia per discutere con Vladimir Putin “di inediti livelli di potenziale cooperazione tecnica”.

Missili e crisi alimentare

COREA DEL NORD

Pyongyang chiude le ambasciate all’estero Emma Whitmyer, East Asia Forum, Australia A novembre il regime nordcoreano ha annunciato tagli alle sedi diplomatiche. Un chiaro segnale della crisi economica e della volontà di rafforzare la sua presenza in Cina e in Russia el novembre 2023 la Corea del Nord ha deciso di chiudere le sue missioni diplomatiche in Angola, Hong Kong, Nepal, Spagna, Uganda, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Senegal e Guinea. È probabilmente il sintomo delle enormi difficoltà economiche dovute alle sanzioni internazionali e ai postumi della pandemia. Dietro la decisione potrebbe esserci anche un’imminente crisi alimentare: per un paese che dà la priorità alle spese militari e ai beni di lusso delle sue élite, una carestia inciderebbe ulteriormente su risorse già limitate. Il 3 novembre un portavoce del ministero degli esteri ha annunciato operazioni per “ritirare e istituire missioni diplomatiche in conformità con l’evoluzione

N

del contesto globale e della politica estera nazionale”. In realtà, è probabile che Pyongyang stia facendo molta fatica a sostenere non solo chi vive nel paese, ma anche chi è in missione all’estero. Il regime di Kim Jong-un è sotto pressione a causa delle sanzioni internazionali imposte in seguito ai continui test e lanci di missili balistici. Le risoluzioni adottate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu hanno chiesto la riduzione dello staff nelle missioni diplomatiche e consolari nordcoreane esprimendo il timore che Pyongyang abbia abusato delle immunità concesse ai suoi diplomatici. Molte di queste risoluzioni sono state approvate tra il 2006 e il 2017. Per anni Kim Jong-un ha trovato modi creativi per eludere le sanzioni e importare articoli di lusso, ma le sue riserve potrebbero esaurirsi. L’annuncio della chiusura delle ambasciate potrebbe indicare anche che la Corea del Nord sta cercando di trasferire diplomatici e altri lavoratori in paesi amici, come la Cina e la Russia, per ottenere denaro con cui, per esempio, finanziare attività illecite informatiche o di altro tipo, com’è riuscito a fare Lazarus, uno dei

La crisi alimentare in Corea del Nord emerge da diverse interviste ai nordcoreani e fa pensare alla carestia degli anni novanta, quando si stima che “due o tre milioni di persone morirono di fame e di malattie legate alla malnutrizione”. Un intervistato ha riferito che la popolarità di Kim Jong-un è in calo: “Prima della pandemia la gente lo vedeva sotto una luce positiva. Ora il malcontento dilaga”. Nelle aree lungo il confine con la Cina la situazione è peggiorata al punto che il governo ha imposto controlli più severi per impedire alle persone di fuggire. Una seconda carestia nel giro di una generazione rischia di avere conseguenze devastanti. All’inizio del novembre 2023 la Corea del Nord ha annunciato una nuova festa nazionale: la giornata dell’industria missilistica, da celebrare il 18 novembre. Quel giorno non si festeggia solo il lancio del missile balistico intercontinentale Hwasong-17 del 2022, ma si ricorda anche la prima volta in cui la figlia del leader, Kim Eun-ju, è apparsa accanto a lui in pubblico. Si tratta di un tentativo di legittimare il governo dinastico della sua famiglia. Kim Jong-un sta usando l’orgoglio nazionale per il programma missilistico e il culto per i membri della famiglia Kim per distogliere l’attenzione dall’incapacità di migliorare la situazione economica. Tutto questo potrebbe indicare che il leader nordcoreano è in difficoltà sia all’estero sia dentro i confini nazionali. Per ora continuerà a indirizzare le risorse verso il programma nucleare e missilistico, chiedendo sacrifici al popolo e imponendo nuovi tagli alle spese per garantire la longevità del programma, e la sua. u gim Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Asia e Pacifico DIPLOMAZIA

INDIA

Xi Jinping in Vietnam

La sentenza sul Kashmir

Tre mesi dopo la visita del presidente statunitense Joe Biden in Vietnam, il leader cinese Xi Jinping (nella foto, a sinistra, con il premier vietnamita Pham Minh Chinh) è arrivato ad Hanoi, promettendo “un futuro condiviso” tra i due paesi. Il Vientam è l’unico stato al mondo visitato quest’anno da entrambi i leader delle due grandi potenze, a dimostrazione della sua importanza strategica come polo manifatturiero, scrive Nikkei Asia. Anche se tra Pechino e Hanoi ci sono delle dispute in corso nel mar Cinese meridionale, i mezzi d’informazione ufficiali dei due paesi hanno dedicato molto spazio ai buoni rapporti bilaterali. Hanoi è sotto pressione da parte di Pechino perché quest’anno ha elevato a partnership strategiche le relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti e il Giappone, scrive il settimanale.

La corte suprema indiana l’11 dicembre ha confermato la revoca dello status di autonomia al Jammu e Kashmir, ex stato dell’Unione e oggi formalmente “territorio”. Secondo il presidente della corte, l’articolo 370 della costituzione indiana, che stabiliva l’autonomia del Jammu e Kashmir, era una disposizione temporanea e “non conferiva allo stato una sovranità interna”. L’articolo era stato sospeso dal governo centrale, guidato da Narendra Modi. La sentenza stabilisce inoltre che nel territorio si dovranno indire le elezioni entro il 30 settembre 2024. La notizia è una vittoria per il partito nazionalista indù Baratiya janatha party (Bjp) del primo ministro, che fin dalla sua fondazione si era posto come obiettivo la revoca dell’articolo 370. L’ex governatore del Jammu e Kashmir e leader del partito National conference, Omar Abdullah, ha commentato la sentenza in un video su X (ex Twitter) in cui si dice deluso e promette che la battaglia politica continuerà. Gli abitanti del Kashmir indiano, in gran parte di religione musulmana, dal 2019 hanno visto arrivare immigrati dal resto del paese e temono di diventare una minoranza. ◆

Hanoi, 13 dicembre 2023

THAILANDIA

Sette anni per lesa maestà

THE YOMIURI SHIMBUN/AP/LAPRESSE

NHAC NGUYEN (ÁP/LAPRESSE)

Kyoto, 12 dicembre 2023

GIAPPONE

Rukchanok Srinork, deputata del partito d’opposizione tailandese Move forward, è stata condannata a sei anni per aver criticato la monarchia su X (ex Twitter). Srinork, 28 anni, ora è libera su cauzione. Da tempo Move forward chiede la modifica della legge sulla lesa maestà.

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Tasse è la parola dell’anno La parola che meglio esprime lo spirito del 2023 in Giappone è “tasse”. L’ideogramma più votato nel concorso organizzato ogni anno dal 1995 dalla Fondazione per la comprensione dei kanji è stato infatti 税 (zei o mitsugi), svelato il 12 dicembre al tempio Kyomizu di Kyoto dal monaco capo che l’ha scritto su un foglio di carta di riso. La scelta riflette le preoccupazioni dei giapponesi per il carovita e l’imminente aumento delle tasse, scrive l’Asahi Shimbun.

Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

KYODO/REUTERS/CONTRASTO

Frontline, India

GIAPPONE

Condanna storica Tre soldati sono stati condannati a due anni di carcere per aggressione sessuale ai danni di una compagna d’armi, Rina Gonoi. “In Giappone, un paese conservatore dove il movimento #MeToo non è riuscito a prendere piede, Gonoi, 24 anni, nel 2022 aveva reso nota la sua vicenda attraverso YouTube dopo che un’indagine interna all’esercito era finita nel nulla per mancanza di testimoni”, scrive il Japan Times. Lo stesso tribunale che ha emesso la condanna aveva fatto cadere il caso nel 2019 per mancanza di prove. “La vicenda di Gonoi ha portato alla luce il problema delle molestie all’interno delle forze armate”, scrive il Mainichi Shimbun. Ispirate dalla soldata, più di 1.400 persone hanno detto di essere state vittime di bullismo o molestie nelle forze armate. In Giappone solo il 6 per cento delle vittime di violenze sessuali sporge denuncia. A giugno il parlamento ha approvato una revisione delle leggi sui crimini sessuali che, tra le altre cose, allarga la definizione di stupro da “rapporto sessuale forzato” a “rapporto non consensuale”. Nella foto: Rina Gonoi a Fukushima, 12 dicembre 2023. NEWSLETTER In Asia è la newsletter settimanale a cura di Junko Terao con notizie dall’Asia e dal Pacifico. Per riceverla: internazionale.it/newsletter

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Visti dagli altri Apertura del traforo del Gran San Bernardo, 1964

Tra Italia e Svizzera non c’è accordo sul tunnel

il progetto di restauro della soletta di ventilazione. Costo dei lavori: 52 milioni di euro, da dividere tra l’Italia e la Svizzera. Ma se a nord delle alpi tutto scorre liscio come l’olio, nulla si muove dalla parte italiana, e il dossier si blocca a Roma.

Serena Tinari, tvsvizzera.it, Svizzera

La posta in gioco è alta

Roma non paga la sua parte di manutenzione straordinaria del traforo del Gran San Bernardo. Per questo il rinnovo della concessione per la gestione della galleria è a rischio nisce la Valle d’Aosta al cantone Vallese, in Svizzera, e nel 2022 è stato attraversato da 849.570 veicoli. Il futuro del traforo del Gran San Bernardo è però a rischio a causa di una vicenda esemplare di problemi burocratici transfrontalieri. È stato un breve articolo del gruppo editoriale svizzero Ch media, a ottobre, a sollevare il velo sulla curiosa storia che tiene

U

appeso a un filo il destino del traforo alpino. Il presidente svizzero Alain Berset e la presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni avevano approfittato del Consiglio europeo a Granada, in Spagna, per fare un incontro bilaterale. Il tema? La versione diffusa dal governo italiano è diplomatica: “I due leader hanno discusso del proseguimento dei lavori congiunti per la ristrutturazione del tunnel del Gran San Bernardo”. Più diretta la dichiarazione del presidente Berset: “C’è grande preoccupazione per il tunnel”. La vicenda del traforo del Gran San Bernardo comincia nel 2017, quando una trave di trecento chili crolla all’interno del versante italiano della galleria, che viene chiusa al traffico per tre mesi mentre si procede alla messa in sicurezza e si avvia

Per cinque anni i mezzi d’informazione dei due paesi si occupano poco e niente della questione, mentre dietro le quinte si susseguono incontri e carteggi. Al sito d’informazione tvsvizzera.it, Olivier Français, presidente della società che gestisce la parte svizzera del tunnel, dice: “Ci battiamo dal 2017. In silenzio, perché siamo discreti. E anche ora cammino sulle uova perché non voglio provocare Roma”. La vicenda è intricata e coinvolge molte istituzioni pubbliche e parastatali, ma soprattutto chiama in causa il governo italiano, che non ha saputo affrontare il problema. Di fatto l’Italia è inadempiente: non ha mai versato i 26 milioni di euro per il cantiere. Ma la posta in gioco è ancora più grande. Bisogna rinnovare la concessione per la gestione dell’infrastruttura. In caso Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Visti dagli altri contrario, dice Olivier Français, la prospettiva è catastrofica: “Se la situazione non si sblocca, non ci saranno le condizioni per garantire la sicurezza e saremo costretti a chiudere il tunnel”. La galleria è gestita per la parte svizzera dalla Société tunnel du Grand-SaintBernard, di cui sono azionisti principali i cantoni Vaud e Vallese, e il comune di Losanna. Per l’Italia è responsabile la Società italiana traforo del Gran San Bernardo, in cui la regione Valle d’Aosta ha una partecipazione azionaria del 63,5 per cento. Queste due società sono azioniste alla pari della Société italo-suisse d’exploitation, che gestisce il tunnel, manutenzione compresa, in base alla concessione firmata dai due paesi e alle regole stabilite nel 2004 dalla Comunità europea. Il problema è che la concessione scade nel 2034: una garanzia insufficiente (un tempo troppo breve) per ottenere un credito bancario e per ammortizzare gli investimenti di cantieri milionari, quello attuale e quelli che dovranno essere aperti negli anni a venire. Da parte svizzera non ci sono resistenze a rinnovare l’accordo fino al 2070. È da parte italiana che la situazione è complicata. Il dossier è rimasto per diverse stagioni fermo a Roma e di recente è entrata in gioco la Commissione europea, a cui il governo italiano nel 2022 avrebbe chiesto il nullaosta sulla compatibilità della questione transfrontaliera con le leggi dell’Unione europea. Ma in quale ufficio di Bruxelles si trova il fascicolo? Edi Avoyer, presidente della Società italiana traforo del Gran San Bernardo, non sa rispondere, e puntualizza: “Abbiamo provato molte volte a ottenere questa informazione”. Avoyer, in carica dal 2022, ha ereditato un dossier kafkiano. Non nasconde l’imbarazzo, ma precisa: “Il mio predecessore ha tentato l’impossibile per risolvere il rebus”. E aggiunge con tatto: “L’approccio romano è diverso da quello svizzero. E l’instabilità dei governi italiani non aiuta”. Olivier Français conferma e si toglie un sassolino dalla scarpa: “Non è sempre facile lavorare a cavallo di questa frontiera. In Svizzera la normativa è più semplice e da noi un cantiere costa meno. In Italia la cascata di norme complica le cose”. Cruciale per le relazioni commerciali e culturali tra Svizzera e Italia, nel 1964 il Gran San Bernardo fu il primo tunnel au-

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Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

SVIZZERA

Cantone Vallese Traforo del Gran San Bernardo

FRANCIA

I TA LI A Aosta

Valle d’Aosta

20 km

tostradale ad attraversare le alpi. La sua costruzione è stata essenziale per consentire alla Valle d’Aosta di uscire dall’isolamento dei mesi invernali. In quasi sessant’anni l’hanno percorso più di 33 milioni di veicoli (quasi il 90 per cento erano auto). È la strada per eccellenza per lavoratori frontalieri e per turisti diretti a sud, verso il mar Ligure, o per delle vacanze enogastronomiche in Piemonte. D’altronde il valico del Gran San Bernardo riveste da sempre un ruolo fonda-

Se non ci saranno le condizioni per garantire la sicurezza, il tunnel chiuderà mentale nelle relazioni tra il nord e il sud dell’Europa. Come ricorda il sito del traforo: “Di qui passarono legioni romane, tribù barbare, i saraceni, gli imperatori del Sacro romano impero, i papi, le crociate e l’esercito di Napoleone Bonaparte”. Costruire la galleria, a quasi duemila metri di altitudine, fu un’impresa epica. Ma è possibile che un’infrastruttura così importante sia in pericolo a causa di un ginepraio burocratico?

Rivolgersi a un tribunale Una commissione italo-svizzera, composta da amministratori e tecnici dei due paesi, si riunisce una volta all’anno per discutere del tunnel. L’ultima riunione è stata nell’ottobre 2022. La prossima? Edi Avoyer spiega: “Quest’anno non è stata convocata, perché il governo italiano deve fare delle nuove nomine. Abbiamo sollecitato”. Alla regione Valle d’Aosta nessuno parla. Il pasticcio del Gran San Bernardo è delicato e la giunta regionale non

si esprime. Non parla il presidente Renzo Testolin e neanche l’assessore agli affari europei Luciano Caveri, che pure negli anni ha lanciato l’allarme su testate giornalistiche valdostane. Il ministero italiano dei trasporti e delle infrastrutture rinvia per una presa di posizione alla presidenza del consiglio. La quale rimanda al dipartimento delle politiche europee che, in un surreale gioco dei quattro cantoni, rinvia di nuovo al ministero. Il dipartimento delle politiche europee spiega che il 28 luglio 2023 la questione è stata inserita dal ministero nella piattaforma per avviare un dialogo con la Commissione europea. Persone bene informate sostengono che in Svizzera il consigliere federale Albert Rösti, che guida il dipartimento federale dell’ambiente, dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni, è determinato a risolvere il rompicapo. Oggi però anche Rösti preferisce non esprimersi sul pasticcio. Parla, invece, Français, che rappresenta la componente svizzera del sistema di scatole cinesi societarie che gestisce il tunnel: “Abbiamo perso almeno tre anni, ma dal 2022 siamo riusciti a salire la scala del potere. Ora il dossier è in mano ai governi e non più a uffici tecnici e giuridici”. Gli addetti stampa della Commissione europea prima chiedono se ci riferiamo al “tunnel del Gran San Bernardo che collega Italia, Svizzera e poi Francia”. Comicità involontaria a parte, dopo tre settimane di caccia al commento da Bruxelles dichiarano: “La Commissione è in contatto con le autorità italiane. Non possiamo rilasciare ulteriori informazioni”. Avoyer azzarda un cauto ottimismo: “Nei mesi scorsi c’è stata un’accelerazione e il governo sembra voler trovare una soluzione”. Il condizionale è d’obbligo, precisa, visti i trascorsi. E come biasimarlo. Avoyer aggiunge di aver chiesto al governo un finanziamento ponte per rispettare almeno l’impegno preso sui lavori in corso. Ma avvisa che se non ci saranno sviluppi, la società che dirige sarà costretta a rivolgersi al tribunale amministrativo regionale. Anche in quel caso i tempi saranno lunghi. Secondo un rapporto dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, dell’università Cattolica di Milano, la procedura dura in media due anni e tre mesi in primo grado, poi altri due anni in secondo grado. ◆

Hervé Barmasse — photo: Alex D’emilia

Searching for a new way

montura.com

È così profondo, triste e vero, e al contempo illustrato con ingannevole leggerezza, Un’incantevole che da tempo non vedevo niente e appassionata di simile. La notte dell’anima, celebrazione di tutto ciò illuminata dall’arguzia di che di prezioso c’è un’intelligenza danzante. nella vita quotidiana Sono stupito e ammirato

Un omaggio al coraggio delle donne

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PREMIO NIN «Cane e contrabbasso segna il ritorno alla grande narrativa»

Le opinioni

Come uscire dallo stallo tra Israele e Hamas Slavoj Žižek icordate il romanzo Il ghostwriter (Mondadori 2007), da cui Roman Polanski ha tratto il film L’uomo nell’ombra? Nel libro, l’autore dei discorsi di Adam Lang, primo ministro britannico immaginario chiaramente ispirato a Tony Blair, scopre che il suo capo è stato piazzato dalla Cia ai vertici del Partito laburista e manipolato per proteggere gli interessi statunitensi. All’epoca il New York Observer aveva commentato che la “sconvolgente rivelazione contenuta nel libro” era “così terribile da non poter essere vera, per quanto in realtà spiegherebbe tutto quello che è successo nella storia recente del Regno Unito”. Riusciamo a figurarci qualcosa di simile, un evento simile, che sappia spiegare sostanzialmente tutto quello che sta succedendo nella guerra tra Israele e Hamas? È facile, basta incamminarsi sulla strada del complottismo e immaginare una telefonata tra Hamas (H) e l’ala più estremista del governo israeliano (I) prima dello scoppio della guerra.

R

bambino” e la seconda è “Mio padre mi sta picchiando”. Il bambino non è mai stato consapevole di essere la vittima di una violenza, quindi questa informazione dev’essere ricostruita per fornire l’anello mancante tra la prima e l’ultima scena. Non potremmo dire lo stesso della nostra oscena fantasia della telefonata? In fondo è l’incontro inconscio e virtuale tra due estremi: “I bambini palestinesi vengono uccisi a Gaza” e “Hamas ha massacrato i bambini ebrei in un kibbutz vicino a Gaza”. Naturalmente una telefonata così agghiacciante è solo immaginaria ma, proprio come nel libro Il ghostwriter esplicita la logica perversa della danza della morte in atto tra Hamas e il governo israeliano. Dato che le vittime, in linea di principio, hanno diritto a reagire, la guerra concede allo stato ebraico la possibilità di creare un Grande Israele etnicamente puro, che magari possa includere anche Gaza. Il ministro delle finanze israeliano Bezalel Smotrich (di estrema destra) ha dichiarato che la “migrazione volontaria” dei palestinesi di Gaza è la “soluzione

Israele: “Ciao, vi ricordate quando vi abbiamo sostenuti segretamente contro l’ Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp)? Ora è il momento di ricambiare il favore. Perché non ci attaccate e massacrate qualche ebreo vicino a Gaza? Tanto quelli sono amici degli arabi, pacifisti, non ci servono. Qui abbiamo due problemi: le proteste della società civile e la lentezza della pulizia etnica in Cisgiordania. Se ci attaccherete, il mondo rimarrà sconvolto dalla vostra brutalità e noi potremo interpretare di nuovo il ruolo delle vittime, ottenere l’unità nazionale e intensificare la pulizia etnica in Cisgiordania”. Hamas: “Ok, ma abbiamo bisogno di qualcosa in cambio. Dovete prometterci che risponderete bombardando i civili a Gaza e ne ucciderete migliaia, soprattutto i bambini. Così aumenterà l’antisemitismo in tutto il mondo, il nostro obiettivo finale”. I: “Nessun problema, anche noi israeliani abbiamo bisogno di un aumento dell’antisemitismo nel mondo per continuare a fare le vittime e agire in totale impunità!”. H: “Fantastico! Allora speriamo che questo sia l’inizio di un bellissimo odio!”.

La domanda difficile da fare ora è questa: e se quelli come il leader di estrema destra Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich non fossero solo dei fanatici isolati?

Nel saggio del 1919 Un bambino viene picchiato Sigmund Freud analizza la fantasia in cui un bambino ne osserva un altro mentre subisce violenza. Per Freud questa è l’ultima in una catena di tre fantasie, di cui la prima è “Vedo mio padre che picchia un

umanitaria preferibile” per l’enclave assediata e per la regione, una tesi che le autorità palestinesi hanno correttamente equiparato alla “pulizia etnica”. Difficile a questo punto non ricordare la giustificazione offerta nell’ottocento dal presidente degli Stati Uniti Andrew Jackson per l’allontanamento forzato dei nativi americani dalle loro terre: dovevano partire per il loro bene, per evitare di essere massacrati dai coloni bianchi. Ora capiamo perché Israele è allergico allo slogan “Dal fiume al mare, la Palestina sarà libera”. Dal punto di vista israeliano, infatti, dovrebbe essere lo stato ebraico a essere “libero dal fiume al mare”, e nello specifico libero dai palestinesi. Allora la domanda difficile da fare ora è la seguente: e se quelli come il leader di estrema destra Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich non fossero solo fanatici isolati? Forse, semplicemente, sostengono Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Le opinioni apertamente una politica perseguita dallo stato di Israele, ma coperta da una patina “liberale”. Andiamo fino in fondo nel nostro ragionamento. E se Hamas non potesse essere distrutto come vorrebbe Israele? È probabile, per il semplice motivo che l’organizzazione incarna una resistenza disperatamente violenta verso cui i palestinesi sono stati spinti da decenni d’inefficienza e corruzione all’interno dell’Olp. Anche se Israele dovesse uccidere tutti i leader e la maggioranza dei soldati di Hamas, la minoranza rimanente ricomincerebbe a crescere, nutrita dalla distruzione di Gaza. L’unico modo per scongiurare la resurrezione del movimento islamista è dare alla Palestina la speranza di una vita dignitosa. È per questo che la propaganda israeliana, demonizzando il leader di Hamas, Yahya Sinwar, e dipingendolo come un nuovo Hitler, commette un errore madornale: in questo modo sta rafforzando il mito di un leader malvagio ma carismatico. Se Sinwar sarà ucciso, sopravvivrà nella memoria collettiva come un martire.

Anche se Israele dovesse uccidere tutti i leader e la maggioranza dei soldati di Hamas, la minoranza ricomincerebbe a crescere, nutrita dalla distruzione di Gaza Dopo sette giorni di pausa, il 1 dicembre Israele ha ricominciato a bombardare Gaza. L’esercito israeliano ha dichiarato di voler dividere la Striscia in decine di blocchi numerati per consentire evacuazioni mirate nell’affollato sud prima di attaccare. I militari hanno sganciato migliaia di volantini con un codice qr che rimanda a un sito con una mappa di tutte le aree, suddivisa in 620 zone che saranno usate dall’esercito per ordinare le evacuazioni forzate. Questo meccanismo, chiaramente impossibile da applicare, rappresenta uno scherzo crudele. Oltre a scappare dalle bombe, i palestinesi di Gaza devono giocare una “macabra partita di battaglia navale” per avere qualche possibilità di sopravvivere. Non sorprende che un palestinese partito dalla città di Gaza verso sud, abbia dichiarato: “Ormai vogliamo solo morire per non provare nuovamente questa sensazione di pericolo”. I leader messianici di Israele e Hamas rappresentano due lati della stessa medaglia. La scelta reale non è tra uno o l’altro, ma tra i fondamentalisti di entrambi gli schieramenti, che non sono interessati a un negoziato di pace, e le persone disponibili ad accettare una coesistenza. L’attacco di Hamas e i bombardamenti israeliani hanno creato un tragico stallo che presenta a Tel Aviv una scelta impossibile: l’agognata distruzione totale del movimento islamista non può essere ottenuta e non farà altro che rafforzare l’antisemitismo, ma lo stato ebraico non può ne-

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anche fare l’opposto, cioè accettare che l’attacco di Hamas sia stata una rivolta anticoloniale. L’unica via d’uscita da questa situazione è stata illustrata da Efraim Halevy, ex capo dei servizi segreti israeliani, in un’intervista con il documentarista Tim Samuels: Tim Samuels: “Pensa che stiamo toccando il fondo? È possibile che dal fondo emerga un’occasione per procedere verso qualcosa di più pacifico?”. Efraim Halevy: “Sì, ma per farlo serve un approccio più approfondito alla causa palestinese”. Questo approccio, secondo Halevy, sarebbe favorito da una nuova leadership sia in Israele sia in Palestina. Efraim Halevy: “Quando questo succederà, potremo dare il via a una strategia diversa, e capire come procedere nella giusta direzione”. Tim Samuels: “È ingenuo parlare ancora di pace e di un piano di pace? Pensa che questo obiettivo sia ancora raggiungibile?”. Efraim Halevy: “Non possiamo permetterci il lusso di aspettare. Dobbiamo gestire la presenza di ebrei e palestinesi nell’area. Siamo condannati a vivere insieme, ma non voglio credere che siamo condannati anche a morire insieme. Però non possiamo vivere insieme se uno schieramento ha il coltello dalla parte del manico e ignora le richieste dell’altro. Dev’esserci quanto meno l’embrione di un incontro tra le due parti. Sarà difficile e ci sarà un’opposizione feroce. Avremo bisogno di creatività, ma siamo qui per questo”.

Queste frasi ci riportano a quando Brecht, nella poesia Lode al comunismo, definiva il comunismo come la semplicità più difficile da realizzare. La formula enunciata da Halevy sembra semplice, di buon senso, ma per essere messa in pratica ha bisogno di enorme creatività politica. Bisogna ottenere la riconciliazione hegeliana di due opposti: ogni polo dovrebbe percepire nel suo contrario una difficoltà simile alla propria. D’altronde non è forse vero che il terrore provato dai palestinesi riecheggia quello provato dagli ebrei negli anni precedenti al 1948? L’erranza degli uni non fa forse eco a quella degli altri? La questione non è adottare una posizione neutrale (impensabile) da cui poter comodamente criticare entrambi gli “estremi”, Israele e Hamas. Nessuno dovrebbe accettare lo stallo e l’antagonismo in cui entrambi i fronti sono intrappolati. E non bisogna dimenticare che i due fronti sono rappresentati dagli ebrei in Israele e dai palestinesi, non dai fondamentalisti messianici ebrei e da Hamas. Non solo mi oppongo ad Hamas, ma trovo triste che la maggior parte degli stati arabi non abbia condannato con assoluta fermezza gli attacchi del 7 ottobre. Una presa di posizione in tal senso non sarebbe certo un segnale di debolezza, ma rafforzerebbe il movimento palestinese. Potrebbe suonarvi strano, ma nei tempi folli in cui viviamo anche i servizi segreti possono avere un ruolo positivo: a differenza dei politici e degli ideologi, come dimostra Halevy, sono perfettamente consapevoli di quello che sta realmente succedendo. u as

SLAVOJ ŽIŽEK

È un filosofo e studioso di psicoanalisi sloveno. Il suo ultimo libro è Libertà, una malattia incurabile (Ponte alle Grazie 2023).

Israele

La fabbrica d Yuval Abraham, +972 Magazine, Israele

Un’inchiesta rivela che l’esercito israeliano ignora le precauzioni a tutela dei civili e affida la scelta dei suoi obiettivi all’intelligenza artificiale. Ecco perché gli attacchi sulla Striscia di Gaza stanno facendo un numero di vittime senza precedenti

U

Una donna con in braccio la figlia uccisa da una bomba israeliana nel cortile di un ospedale a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, il 1 dicembre 2023

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Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

10 km

Valico di Erez Mar Mediterraneo

Striscia di Gaza (PALESTINA)

Gaza

Wadi Gaza

ISRAELE

Khan Yunis Rafah

EGITTO

Valico di Rafah

ture e grandi condomini che, secondo le fonti, l’esercito considera “obiettivi di rilievo” (matarot otzem, in ebraico). Bombardarli servirebbe soprattutto a danneggiare la società civile palestinese, “creare uno shock” che abbia forti ripercussioni e “porti i civili a fare pressione su Hamas”, come ha detto una fonte.

Niente per caso Diverse fonti, parlando a condizione di restare anonime, hanno confermato che l’esercito israeliano ha dei dossier sulla maggioranza dei potenziali obiettivi a Gaza – comprese le abitazioni – in cui è indicato quanti civili potrebbero essere uccisi colpendo un particolare bersaglio. Il numero è calcolato e noto in anticipo alle unità dell’intelligence militare, che poco prima di lanciare un attacco sanno approssimativamente quanti civili moriranno. “Nulla succede accidentalmente”, ha detto una fonte. “Quando una bambina di tre anni è uccisa in una casa a Gaza è perché qualcuno nell’esercito ha deciso che la sua morte non sarebbe stata un grande problema, che valeva la pena pagare quel prezzo per colpire un altro obiettivo. Noi non siamo Hamas. Questi non sono razzi

MOHAMMED ABED (AFP/GETTY)

n’inchiesta di +972 Magazine e Local Call rivela che l’esercito israeliano ha autorizzato il bombardamento di bersagli non militari, allentato le limitazioni sul numero di vittime civili tollerabili e usato un sistema di intelligenza artificiale per generare un numero senza precedenti di potenziali bersagli, contribuendo così alla natura distruttiva delle fasi iniziali della guerra nella Striscia di Gaza. Questi fattori, descritti da ufficiali dell’intelligence israeliana in servizio o congedati, probabilmente hanno avuto un ruolo in quella che è stata finora una delle campagne militari più sanguinose contro i palestinesi dall’epoca della nakba (la “catastrofe”, la cacciata dei palestinesi dalle loro terre nel 1948). L’inchiesta si basa su conversazioni avute con sette agenti dell’intelligence israeliana – tra cui personale militare e dell’aeronautica coinvolto in operazioni israeliane nella Striscia sotto assedio – oltre a testimonianze palestinesi, dati e documentazione dalla Striscia di Gaza, e a dichiarazioni ufficiali del portavoce dell’esercito e di altre istituzioni israeliane. Rispetto ai precedenti attacchi israeliani a Gaza, in quello attuale – cominciato in seguito all’assalto di Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre – l’esercito ha bombardato bersagli che non sono di natura strettamente militare. Tra questi ci sono abitazioni private ed edifici pubblici, infrastrut-

lanciati a caso. Tutto è intenzionale. Sappiamo esattamente quante vittime collaterali ci sono in ogni casa”. Secondo l’inchiesta, un’altra ragione che spiega il gran numero di obiettivi e di vittime civili a Gaza è l’ampio uso di un sistema chiamato Habsora (Vangelo), basato in gran parte sull’intelligenza artificiale e capace di “generare” bersagli quasi in

della morte

modo automatico a un ritmo di gran lunga più veloce rispetto al passato. Questo sistema, come descritto da un ex ufficiale dell’intelligence, essenzialmente favorisce una “fabbrica di omicidi di massa”. Secondo le fonti l’uso crescente di sistemi basati sull’intelligenza artificiale come Habsora permette all’esercito di compiere attacchi su larga scala contro

abitazioni in cui vive anche un solo affiliato di Hamas, perfino se non ha ruoli di rilievo. Ma le testimonianze dei palestinesi di Gaza indicano che dal 7 ottobre l’esercito ha colpito anche case in cui non abitava nessun miliziano noto o presunto di Hamas o di un altro gruppo. Attacchi come questi, hanno confermato le fonti, possono deliberatamente uccidere intere fami-

glie. Nella maggior parte dei casi, hanno aggiunto le fonti, nelle abitazioni colpite non c’era alcuna attività militare. Una fonte ha raccontato che dopo il 7 ottobre un alto ufficiale dell’intelligence ha detto ai suoi colleghi che l’obiettivo era “uccidere il maggior numero possibile di miliziani di Hamas”, per cui i criteri sui danni ai civili palestinesi erano significatiInternazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Israele

ADEL HANA (AP/LAPRESSE)

Le macerie della moschea Yassin nella città di Gaza, il 9 ottobre 2023

vamente allentati. Ci sono “casi in cui bombardiamo sulla base di una localizzazione approssimativa della cella telefonica a cui è agganciato l’obiettivo, uccidendo civili. Spesso si fa per risparmiare tempo, invece di lavorarci un po’ di più per avere una localizzazione accurata”. Il risultato di queste politiche è l’impressionante numero di perdite di vite umane nella Striscia dal 7 ottobre. Più di trecento famiglie hanno perso dieci o più componenti nei raid israeliani, un numero quindici volte più alto rispetto alla guerra più sanguinosa di Israele contro la Striscia, nel 2014. Finora sono 18mila i palestinesi uccisi, un numero in costante aumento. “Tutto questo è in contrasto con il protocollo usato in passato dall’esercito israeliano”, ha spiegato una fonte. “C’è la sensazione che gli alti ufficiali siano consapevoli del loro fallimento del 7 ottobre e stiano cercando di capire come dare all’opinione pubblica israeliana un’immagine vittoriosa che salvi la loro reputazione”. Israele ha lanciato l’attacco su Gaza in risposta all’offensiva condotta il 7 ottobre da Hamas nel sud di Israele. Nel corso di quell’attacco, sotto una pioggia di razzi, i miliziani palestinesi hanno massacrato più di 840 civili e 350 soldati e agenti della

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sicurezza, hanno sequestrato circa 240 persone (civili e soldati) portandole a Gaza, e hanno commesso violenze sessuali, compresi stupri, secondo un rapporto dell’ong Physicians for human rights Israel. Dal primo momento le autorità di Israele hanno esplicitamente dichiarato che la risposta sarebbe stata di portata diversa rispetto alle precedenti operazioni militari a Gaza, con l’obiettivo di sradicare completamente Hamas. L’esercito ha tradotto le parole in azioni.

Senza avvertire Secondo le fonti i bersagli colpiti dall’aviazione israeliana possono essere sommariamente divisi in quattro categorie. La prima comprende gli “obiettivi tattici”: bersagli militari standard come cellule armate, depositi di armi, lanciarazzi, lanciamissili anticarro, pozzi di lancio, bombe di mortaio, comandi militari, posti di osservazione e così via. La seconda comprende gli “obiettivi sotterranei”: soprattutto tunnel che Hamas ha scavato sotto i quartieri di Gaza, anche sotto le abitazioni. Gli attacchi aerei su questi bersagli possono demolire le case che si trovano sopra o vicino ai tunnel. Nella terza rientrano gli “obiettivi di rilievo”, tra cui i grattacieli e

le torri residenziali nel cuore delle città, e gli edifici pubblici come università, banche e uffici governativi. Nell’ultima categoria rientrano le “case di famiglia” o “case degli agenti”. L’obiettivo dichiarato di questi attacchi è distruggere le abitazioni private per uccidere un abitante sospettato di essere un affiliato di Hamas o della Jihad islamica. Tuttavia i testimoni palestinesi affermano che alcune famiglie sono state uccise anche se nessuno di loro faceva parte di queste organizzazioni. Nelle fasi iniziali della guerra l’esercito israeliano sembra aver dato particolare attenzione alla terza e alla quarta categoria di obiettivi. Secondo il portavoce dell’esercito, nei primi cinque giorni di combattimenti metà dei bersagli bombardati – 1.329 su un totale di 2.687 – era considerata obiettivo di rilievo. “Ci chiedono di cercare grattacieli in cui metà di un piano sia riconducibile a Hamas”, ha detto una fonte che ha partecipato alle precedenti offensive israeliane su Gaza. “È la scusa che permette all’esercito di causare tanta distruzione. Se dicessero al mondo che gli uffici della Jihad islamica al decimo piano non sono un obiettivo importante, ma che la loro esistenza basta a giustificare la distruzione di un intero grattacielo in modo

da spingere le famiglie che ci vivono a fare pressione sulle organizzazioni terroristi­ che, anche questo sarebbe considerato terrorismo. Perciò non lo dicono”. Varie fonti che hanno prestato servizio nelle unità d’intelligence dell’esercito israeliano dicono che fino a questa guerra le regole consentivano di attaccare gli obiettivi di rilievo solo quando dagli edifi­ ci erano stati sgomberati i residenti. Tut­ tavia, testimonianze e video da Gaza indi­ cano che dal 7 ottobre alcuni di questi obiettivi sono stati attaccati senza avverti­ re gli abitanti, uccidendo intere famiglie. Il fatto che edifici residenziali siano stati colpiti su vasta scala si può dedurre dai dati pubblici e ufficiali. Secondo l’uffi­ cio stampa del governo a Gaza, nel mo­ mento in cui è entrato in vigore il cessate il fuoco, il 23 novembre, Israele aveva uc­ ciso 14.800 palestinesi; tra questi c’erano seimila bambini e quattromila donne, che insieme costituiscono più del 67 per cento del totale (I bollettini delle vittime sono forniti dall’ufficio stampa da quando il ministero della sanità ha smesso di farlo l’11 novembre, a causa del collasso dei servizi sanitari nella Striscia). Le cifre non si discostano significativamente dalle sti­ me israeliane. Il ministero della sanità di Gaza non specifica quanti morti appartenevano al braccio armato di Hamas o della Jihad islamica. L’esercito israeliano stima di aver ucciso tra i mille e i tremila miliziani palestinesi. Secondo la stampa israeliana alcuni sarebbero sepolti sotto le macerie o nei tunnel, quindi non risultano nei bilan­ ci ufficiali. I dati dell’Onu per il periodo fi­ no all’11 novembre, quando Israele aveva ucciso 11.078 palestinesi a Gaza, indicano che almeno 312 famiglie hanno perso dieci o più componenti; per fare un confronto, durante l’operazione Margine protettivo del 2014 a Gaza erano venti le famiglie ad aver subìto perdite simili. Almeno 189 fa­ miglie hanno perso tra sei e nove compo­ nenti secondo l’Onu, mentre 549 ne han­ no persi tra due e cinque. Non ci sono an­ cora informazioni dettagliate per i dati pubblicati dopo l’11 novembre. Gli attacchi su obiettivi di rilievo e abi­ tazioni private sono stati lanciati nel mo­ mento in cui l’esercito israeliano il 13 otto­ bre invitava 1,1 milioni di abitanti del nord della Striscia – per la maggior parte resi­ denti nella città di Gaza – a lasciare le loro case e a spostarsi a sud. In totale secondo l’Onu dal 7 ottobre sono stati sfollati 1,7 milioni di palestinesi, la grande maggio­ ranza della popolazione della Striscia.

L’esercito ha affermato che l’invito a la­ sciare il nord della Striscia serviva a pro­ teggere la vita dei civili. I palestinesi tutta­ via considerano questa evacuazione di massa come parte di una “nuova nakba”, un tentativo di pulizia etnica su parte o tutto il territorio. L’esercito israeliano af­ ferma di aver sganciato seimila bombe sulla Striscia nei primi cinque giorni di combattimenti, per un peso totale di circa quattromila tonnellate. Secondo l’Al Me­ zan center for human rights, con sede a Gaza, gli attacchi hanno causato “la com­ pleta distruzione dei quartieri residenzia­ li e delle infrastrutture, e l’uccisione di massa degli abitanti”. Come documenta­ to da Al Mezan e da molte immagini, Isra­ ele ha bombardato l’università islamica di Gaza, l’ordine forense palestinese, un edificio dell’Onu dedicato a un program­ ma educativo per studenti meritevoli, un palazzo dell’azienda di telecomunicazio­ ni palestinese, i ministeri dell’economia e della cultura, strade e decine di grattacie­ li e abitazioni, soprattutto nei quartieri settentrionali di Gaza.

Il vero scopo L’11 ottobre il capo di stato maggiore dell’aeronautica militare israeliana, Omer Tishler, ha detto ai giornalisti che tutti gli attacchi avevano un obiettivo mi­ litare legittimo, ma anche che interi quar­ tieri erano stati colpiti “su larga scala e non in modo chirurgico”. Sottolineando che metà degli obiettivi militari erano di rilievo, Tishler ha dichiarato che erano stati attaccati “i quartieri che servono da covi del terrore per Hamas”, “basi opera­ tive” e “attività usate dalle organizzazioni terroristiche dentro edifici residenziali”. Eppure, nonostante i dilaganti bom­ bardamenti nei primi giorni della guerra, i danni all’infrastruttura militare di Ha­ mas nel nord della Striscia sembrano es­ sere stati minimi. Le fonti hanno dichiara­ to che gli obiettivi di rilievo spesso anche in passato sono stati usati come copertura per danneggiare la popolazione. “Hamas è ovunque a Gaza; non c’è un solo edificio in cui non ci sia qualcosa di Hamas, quindi se vuoi trovare un modo per trasformare un grattacielo in un bersaglio, puoi riuscir­ ci”, ha detto un ex funzionario dell’intelli­ gence. “Ci sarà sempre un piano dell’edi­ ficio riconducibile a Hamas”, ha confer­ mato un’altra fonte. “Ma nella maggior parte dei casi è chiaro che il bersaglio non ha un valore militare tale da giustificare un attacco per abbatterlo”. Le fonti sono CONTINUA A PAGINA 48 »

Le ultime notizie

L’offensiva e il veto all’Onu u Israele continua a intensificare l’offen­ siva nel sud della Striscia di Gaza: da giorni i combattimenti tra i suoi soldati e i miliziani di Hamas e i bombardamenti israeliani si concentrano nella zona di Khan Yunis, la grande città del sud dove si erano rifugiate centinaia di migliaia di civili fuggiti dal nord del territorio pale­ stinese. Costretti a fuggire di nuovo, in decine di migliaia si sono riversati in campi profughi nella vicina città di Ra­ fah, al confine con l’Egitto, dove è sem­ pre più difficile trovare da mangiare. Se­ condo il ministero della salute di Hamas, i bombardamenti israeliani hanno ucciso più di 18.200 persone nella Striscia di Gaza, in grande maggioranza donne, bambini e adolescenti con meno di di­ ciott’anni. L’esercito di Tel Aviv ha indi­ cato che dall’inizio dei combattimenti sul terreno alla fine di ottobre sono morti 104 soldati israeliani. u L’8 dicembre gli Stati Uniti hanno messo il veto su una risoluzione delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco immediato nella Striscia di Gaza. Altri tredici paesi del Consiglio di sicu­ rezza hanno votato a favore, mentre il Regno Unito si è astenuto. Robert Wood, che rappresenta gli Stati Uniti al Consi­ glio di sicurezza, ha spiegato che Wash­ ington non vuole rinunciare all’obiettivo di eliminare completamente Hamas. Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, aveva avvertito che nella Stri­ scia di Gaza l’ordine civile si sta disinte­ grando e c’è il rischio di un esodo di mas­ sa verso l’Egitto. u Il 9 dicembre sui social network han­ no cominciato a circolare video che mo­ strano decine di palestinesi in mutande inginocchiati a terra e sorvegliati da sol­ dati israeliani. Secondo le ricostruzioni, le immagini sono state registrate nel nord della Striscia di Gaza. u Il 12 dicembre i ribelli sciiti huthi dello Yemen hanno rivendicato il lancio di un missile nel mar Rosso, che il giorno pri­ ma aveva colpito una petroliera battente bandiera norvegese. Il 9 dicembre gli huthi avevano minacciato di attaccare tutte le navi nel mar Rosso dirette verso Israele se la popolazione della Striscia non avesse ricevuto aiuto. Afp, Bbc Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Israele giunte alla conclusione, esplicitamente o implicitamente, che il danno ai civili sia il vero scopo dei bombardamenti. “Si crede che il crollo dei grattacieli faccia davvero male a Hamas, perché crea una reazione pubblica nella Striscia di Gaza e spaventa la popolazione”, ha detto una delle fonti. “Si vuole dare ai cittadini di Gaza la sensazione che Hamas non abbia il controllo della situazione”. Anche se attaccare più di mille obiettivi di rilievo in cinque giorni è un fatto senza precedenti, l’idea di causare grandi devastazioni alle aree civili per scopi strategici è stata formulata nelle passate operazioni militari nella Striscia, e perfezionata dalla “dottrina Dahiya” nella seconda guerra del Libano del 2006. Secondo questa dottrina – sviluppata dall’ex capo di stato maggiore Gadi Eizenkot, oggi deputato e membro del gabinetto di guerra – in un conflitto contro gruppi di guerriglia come Hamas o Hezbollah Israele deve usare una forza sproporzionata e travolgente quando prende di mira infrastrutture civili e governative, per stabilire una deterrenza e costringere la popolazione a fare pressione sui gruppi perché smettano gli attentati. Il concetto di “obiettivi di rilievo” sembra derivare dalla stessa logica.

Sollevare il morale L’esercito israeliano ha pubblicamente definito gli obiettivi di rilievo a Gaza per la prima volta alla fine dell’operazione Margine protettivo del 2014. Negli ultimi quattro giorni di guerra furono bombardati quattro edifici: tre palazzi residenziali nella città di Gaza e un grattacielo a Rafah. I vertici della sicurezza spiegarono che gli attacchi avevano lo scopo di mandare ai palestinesi il messaggio che “nulla ormai è al sicuro”, e di fare pressioni su Hamas affinché accettasse un cessate il fuoco. “Le prove raccolte mostrano che la distruzione è stata realizzata deliberatamente e senza giustificazione militare”, affermò Amnesty in un rapporto alla fine del 2014. In un’altra violenta escalation cominciata nel novembre 2018 l’esercito attaccò ancora una volta obiettivi di rilievo, bombardando grattacieli, centri commerciali e il palazzo del canale tv Al Aqsa, legato a Hamas. “Attaccare obiettivi di rilievo produce un effetto significativo sull’altra parte”, dichiarò un ufficiale dell’aeronautica militare. “L’abbiamo fatto senza uccidere nessuno e ci siamo assicurati che il palazzo e i dintorni fossero stati sgomberati”. Precedenti operazioni hanno mostrato che attaccare questi obiettivi ha non solo

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lo scopo di abbattere il morale dei palestinesi, ma anche di sollevare quello degli israeliani. Il giornale Haaretz ha rivelato che durante l’operazione Guardiani delle mura del 2021, l’unità del portavoce dell’esercito mise in atto un’operazione di guerra psicologica per far conoscere le operazioni dell’esercito a Gaza e i danni causati ai palestinesi. I soldati, che usavano falsi account sui social network per nascondere l’origine della campagna, caricavano immagini e video degli attacchi dell’esercito su Twitter, Facebook, Instagram e TikTok, per mostrare all’opinione pubblica israeliana le prodezze delle forze armate. Israele colpì nove obiettivi defini-

“Alla fine abbattevano un grattacielo per il semplice gusto di farlo” ti di rilievo , tutti grattacieli. “Lo scopo era far crollare i palazzi per esercitare una pressione su Hamas e mostrare al pubblico israeliano un’immagine vittoriosa”, ha dichiarato una fonte. Però, ha continuato, “non funzionò. Ho studiato Hamas e mi sono reso conto che non gli importa dei civili e degli edifici abbattuti. A volte l’esercito trovava in un grattacielo qualcosa che era legato a Hamas, ma sarebbe stato possibile colpire quel bersaglio anche con un arma più precisa. Alla fine abbattevano un grattacielo per il semplice gusto di farlo”. Nella guerra in corso l’esercito israeliano non solo ha colpito un numero senza precedenti di obiettivi di rilievo, ma ha anche abbandonato le politiche che avevano l’obiettivo di evitare danni ai civili. Mentre in passato la procedura ufficiale dell’esercito prevedeva che fosse possibile attaccare obiettivi di rilievo solo quando tutti i civili erano stati allontanati, le testimonianze degli abitanti di Gaza indicano che dopo il 7 ottobre Israele ha attaccato i palazzi con persone ancora all’interno o senza aver preso misure significative per farle andare via. Omer Tishler ha confermato un cambio di linea, dichiarando che la pratica del roof-knocking (bussare sul tetto) – in base alla quale un piccolo colpo iniziale sul tetto di un edificio avvertiva i residenti di un attacco imminente – non si usa più “dove c’è un nemico”. Le fonti che si sono occupate degli obiettivi di rilievo hanno affermato che la

strategia spudorata dei bombardamenti attuali potrebbe costituire uno sviluppo pericoloso, spiegando che questo tipo di attacchi in origine mirava a “sconvolgere”, ma non necessariamente a uccidere un gran numero di civili. “Gli obiettivi erano stabiliti con il presupposto che le persone avrebbero lasciato gli edifici, quindi l’idea era che il numero di vittime sarebbe stato sempre zero”, ha detto una fonte. “Questo significa sgomberare totalmente gli edifici da colpire. Ci vogliono due o tre ore. Nel frattempo chiamiamo al telefono i residenti, spariamo missili di avvertimento e facciamo un controllo incrociato con i video dei droni per verificare che le persone si stiano effettivamente allontanando”. Tuttavia, le prove che arrivano da Gaza indicano che alcuni palazzi – presumibilmente obiettivi di rilievo – sarebbero stati abbattuti senza avvertimento. Il 10 ottobre Israele ha bombardato l’edificio Babel nella città di Gaza, secondo la testimonianza di Bilal Abu Hatzira, che quella notte ha recuperato i corpi tra le macerie. Nell’attacco sono state uccise dieci persone, fra cui tre giornalisti. Il 25 ottobre l’edificio di dodici piani Al Taj di Gaza è stato raso al suolo, uccidendo senza preavviso le famiglie che ci abitavano. Circa 120 persone sono rimaste sotto le macerie, secondo le testimonianze dei residenti. Yousef Amar Sharaf, un abitante del complesso, ha scritto su X che nell’attacco sono rimasti uccisi 37 suoi familiari: “Il mio caro padre e la mia cara madre, la mia amata moglie, i miei figli, e la maggior parte dei miei fratelli e delle loro famiglie”. Gli abitanti hanno riferito che sono state sganciate molte bombe, danneggiando e distruggendo appartamenti anche nei palazzi vicini. Sei giorni dopo, il 31 ottobre, il complesso residenziale Al Mohandseen, di otto piani, è stato bombardato senza preavviso. Dalle macerie sarebbero stati recuperati fra i 30 e i 45 corpi nel primo giorno. Un bambino è stato trovato vivo, senza i genitori. I giornalisti hanno stimato che sono più di 150 le persone uccise nell’attacco, molte rimaste sepolte sotto le macerie. L’edificio si trovava nel campo profughi di Nuseirat, a sud del wadi Gaza, nella presunta “zona sicura” verso la quale Israele ha indirizzato i palestinesi in fuga dalle loro case nel centro e nel nord della Striscia. Quindi serviva da rifugio temporaneo per gli sfollati. Secondo un’indagine di Amnesty international, il 9

HATEM ALI (AP/LAPRESSE)

Lo sgombero di un edificio a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, il 22 ottobre 2023

ottobre Israele avrebbe bombardato tre palazzi e un mercato in una strada affollata nel campo profughi di Jabaliya, uccidendo 69 persone. “I corpi erano bruciati. Non volevo guardare, avevo paura di vedere il volto di Imad”, ha detto il padre di un bambino ucciso. “I cadaveri erano sparsi a terra. Tutti cercavano i loro figli tra le macerie. Ho riconosciuto il mio solo dai pantaloni”. Secondo l’indagine, l’esercito ha dichiarato che l’attacco al mercato aveva come obiettivo una moschea “in cui si trovavano miliziani di Hamas”. Ma le immagini satellitari non mostrano una moschea nelle vicinanze.

In tempo reale Il portavoce dell’esercito non ha risposto alle domande di +972 Magazine su attacchi specifici, ma ha dichiarato di aver “avvertito in molti modi prima di colpire, e quando le circostanze lo consentivano ha anche dato avvertimenti individuali telefonando alle persone che si trovavano in corrispondenza o nelle vicinanze degli obiettivi (nel corso della guerra ci sono state più di 25mila conversazioni in diretta, oltre a milioni di messaggi registrati, scritti e volantini lanciati dal cielo per avvertire la popolazione). In generale, le for-

ze armate israeliane lavorano per ridurre quanto più possibile il danno ai civili nel corso degli attacchi, nonostante la difficoltà di combattere un’organizzazione terroristica che usa i cittadini di Gaza come scudi umani”. Secondo il portavoce dell’esercito, il 10 novembre, dopo 35 giorni di combattimenti, Israele aveva attaccato 15mila obiettivi. Diverse fonti sottolineano che è una cifra molto alta rispetto alle altre quattro operazioni più importanti condotte nella Striscia. Nel corso di Guardiani delle mura del 2021 in undici giorni Israele attaccò 1.500 obiettivi. In Margine protettivo, durata 51 giorni nel 2014, Israele colpì tra 5.266 e 6.231 obiettivi. In Pilastro di difesa, nel 2012, circa 1.500 in otto giorni. In Piombo fuso, nel 2008, 3.400 in 22 giorni. Inoltre, fonti di intelligence che hanno prestato servizio nelle precedenti operazioni hanno dichiarato che, per dieci giorni nel 2021 e per tre settimane nel 2014, un tasso di attacchi di 100-200 obiettivi al giorno aveva portato a una situazione in cui le forze aeree israeliane non avevano più obiettivi con un valore militare. Perché allora oggi dopo più di due mesi di bombardamenti l’esercito israeliano non ha ancora esaurito gli obiettivi?

La risposta potrebbe trovarsi in una dichiarazione del portavoce dell’esercito del 2 novembre, secondo cui i militari starebbero usando il sistema di intelligenza artificiale Habsora, che “permette l’uso di strumenti automatici per produrre obiettivi rapidamente, e che ottimizza materiali di intelligence accurati e di alta qualità in base alle esigenze operative”. Secondo le fonti di intelligence, tra le altre cose Habsora genera raccomandazioni automatiche di attacco ad abitazioni in cui vivono persone sospettate di essere miliziani di Hamas o della Jihad islamica, e poi Israele le bombarda. Habsora, ha spiegato una delle fonti, processa enormi quantità di dati “più di quanti potrebbero lavorare decine di migliaia di funzionari di intelligence”, e suggerisce in tempo reale i siti da bombardare. Dato che la maggior parte degli alti ufficiali di Hamas si rifugia nei tunnel ogni volta che comincia un’operazione militare, l’uso di un sistema come Habsora rende possibile localizzare e attaccare le case di agenti minori. Un ex ufficiale dell’intelligence ha spiegato che il sistema Habsora consente all’esercito di gestire una “fabbrica di omicidi di massa”, in cui “l’enfasi è sulla quantità e non sulla qualità”. Un occhio Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Israele umano “riesaminerà gli obiettivi prima di ogni attacco, ma senza il bisogno di spenderci molto tempo”. Dato che Israele stima che a Gaza ci siano circa 30mila miliziani di Hamas, tutti condannati a morte, il numero dei potenziali obiettivi è enorme. Nel 2019 l’esercito israeliano ha creato un centro con l’obiettivo di usare l’intelligenza artificiale per accelerare la generazione di bersagli. “La divisione amministrativa obiettivi è composta da centinaia di ufficiali e soldati, e usa l’intelligenza artificiale”, ha dichiarato l’ex capo di stato maggiore Aviv Kochavi al quotidiano israeliano Ynet. “È una macchina che processa molti dati meglio e più rapidamente di qualsiasi essere umano, e li traduce in obiettivi da attaccare. Nell’operazione Guardiani delle mura, dal momento in cui è stata attivata, ha generato cento nuovi obiettivi a Gaza ogni giorno. In passato c’erano periodi in cui ne identificavamo cinquanta all’anno”. “Prepariamo gli obiettivi automaticamente e lavoriamo seguendo una lista”, ha detto una fonte che ha lavorato nella divisione. “È proprio come una fabbrica. Agiamo velocemente e non c’è tempo per fare ricerche approfondite. L’idea è che siamo giudicati sulla base di quanti obiettivi riusciamo a individuare”. Un funzionario militare responsabile della banca dati degli obiettivi ha detto al Jerusalem Post che, grazie ai sistemi d’intelligenza artificiale, per la prima volta le forze armate possono generare obiettivi con un ritmo superiore a quello con cui attaccano. I sistemi automatizzati come Habsora hanno facilitato il lavoro degli ufficiali dell’intelligence israeliana nel prendere decisioni durante le operazioni militari, incluso il calcolo delle potenziali vittime. Cinque diverse fonti hanno confermato che il numero di civili che potrebbero essere uccisi negli attacchi alle abitazioni private è noto in anticipo all’intelligence israeliana, e compare chiaramente nel dossier del bersaglio nella categoria “danni collaterali”. Secondo queste fonti ci sono diversi gradi di danno collaterale, sulla base dei quali l’esercito stabilisce se è possibile attaccare un obiettivo all’interno di un’abitazione. “Quando la direttiva generale diventa ‘danno collaterale 5’ significa che siamo autorizzati a colpire tutti gli obiettivi in cui rimarranno uccisi fino a un massimo di cinque civili. Possiamo operare su tutti i dossier che hanno il numero 5 o inferiore”, ha spiegato una delle fonti.

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“In passato le case di esponenti minori di Hamas di norma non erano segnalate per essere bombardate”, ha detto un ufficiale della sicurezza che ha partecipato a precedenti operazioni. “Ai miei tempi, se la casa era contrassegnata come danno collaterale 5 non sempre si autorizzava un attacco”. L’approvazione si otteneva solo se si era a conoscenza del fatto che ci abitava un alto comandante dell’organizzazione islamista palestinese. “Da quello che so, oggi possono segnalare le case di qualunque miliziano di Hamas, indipendentemente dal grado”, ha continuato. “Sono tantissime. Segnalano la casa e la bombardano, uccidendo tutti”.

Nelle interviste i dirigenti degli ospedali descrivono sempre la stessa scena Il 22 ottobre l’aviazione israeliana ha bombardato la casa del giornalista palestinese Ahmed Alnaouq a Deir al Balah. Alnaouq era un mio caro amico e collega; quattro anni fa abbiamo fondato la pagina Facebook in ebraico “Attraverso il muro”, con l’obiettivo di portare le voci dei palestinesi di Gaza agli israeliani. L’attacco ha fatto crollare la casa sulla famiglia di Alnaouq, uccidendo suo padre, i suoi fratelli e sorelle, e tutti i loro figli, compresi i neonati. Solo la nipote Malak, di dodici anni, è sopravvissuta, ma è morta dopo pochi giorni per le ferite riportate. Ventuno familiari di Alnaouq sono stati uccisi. Nessuno era un miliziano. La più piccola aveva due anni; il più anziano, suo padre, 75. Alnaouq, che attualmente vive nel Regno Unito, è rimasto solo. Il gruppo WhatsApp della sua famiglia si chiamava “Meglio insieme”. L’ultimo messaggio lo aveva inviato lui, poco dopo la mezzanotte della sera dell’attacco. “Qualcuno mi dica che va tutto bene”, aveva scritto. Nessuno ha risposto. Il caso di Alnaouq è frequente nella Striscia di Gaza in questi giorni. Nelle interviste i dirigenti degli ospedali descrivono sempre la stessa scena: le famiglie entrano negli ospedali come una processione di cadaveri, un bambino a cui segue il padre, a cui segue il nonno. I corpi sono coperti di polvere e sangue. Secondo gli ex funzionari dell’intelligence israeliana, in molti casi le abitazioni sono bombardate per “uccidere mili-

ziani di Hamas o della Jihad islamica”. I ricercatori dell’intelligence sanno se anche i familiari del miliziano o i vicini di casa potrebbero morire in un attacco, e sanno come calcolare quanti potrebbero morire. Tutte le fonti hanno affermato che si tratta di abitazioni private, dove nella maggior parte dei casi non si svolgono attività militari. Non abbiamo dati sul numero di miliziani uccisi o feriti negli attacchi sulle abitazioni, ma le prove dimostrano che in molti casi nessuna delle vittime apparteneva ad Hamas o alla Jihad islamica.

Un nuovo modello Il 10 ottobre l’aviazione israeliana ha bombardato un palazzo nel quartiere di Sheikh Radwan di Gaza, uccidendo quaranta persone, in maggior parte donne e bambini. In un video girato dopo l’attacco si vedono persone che gridano, tenendo tra le braccia quella che sembra una bambola tirata fuori dalle macerie. Quando l’obiettivo si avvicina si capisce che è il corpo di un neonato. Un’inchiesta di Amnesty international ha scoperto che un esponente di Hamas viveva in uno dei piani superiori dell’edificio, ma non era presente al momento dell’attacco. Bombardare le abitazioni in cui presumibilmente vivono agenti di Hamas o della Jihad islamica è diventato un metodo sistematico dell’esercito durante l’operazione Margine protettivo del 2014. All’epoca 606 palestinesi – un quarto dei morti civili in 51 giorni di combattimenti – appartenevano a famiglie le cui case erano state colpite. Nel 2015 un rapporto dell’Onu l’ha definito un potenziale crimine di guerra e “un nuovo schema” d’azione che “ha portato alla morte di intere famiglie”. Nel 2014 furono uccisi 93 bambini nei bombardamenti israeliani sulle abitazioni private; tredici avevano meno di un anno. Già un mese fa si registravano 286 bambini di età pari o inferiore a un anno uccisi nella Striscia, secondo una lista dettagliata con i documenti di identità e l’età delle vittime pubblicata il 26 ottobre dal ministero della sanità di Gaza. Da allora il numero è raddoppiato o triplicato. In molti casi oggi l’esercito israeliano conduce attacchi che colpiscono abitazioni private anche dove non c’è un obiettivo militare noto o evidente. Per esempio, secondo il Committee to protect journalists, fino al 29 novembre Israele ha ucciso cinquanta giornalisti a Gaza,

YOUSEF MASOUD (THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO)

Dopo un bombardamento israeliano a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, il 21 ottobre 2023

alcuni dei quali erano a casa con le famiglie. Roshdi Sarraj, 31 anni, un giornalista di Gaza nato nel Regno Unito, aveva fondato la testata Ain Media. È morto il 22 ottobre quando una bomba israeliana ha colpito la casa dei suoi genitori. Anche la giornalista Salam Mema è morta con i figli sotto le macerie della sua casa bombardata. Lo stesso è successo a Duaa Sharaf e Salma Makhaimer. Gli analisti israeliani hanno ammesso che l’efficacia militare di questo tipo di attacchi aerei sproporzionati è limitata. Due settimane dopo l’inizio dei bombardamenti, il commentatore israeliano Avi Issacharoff ha twittato: “Per quanto sia difficile dirlo, non sembra che il braccio militare di Hamas sia stato significativamente danneggiato”. I miliziani di Hamas operano a partire da un’intricata rete di tunnel costruiti sotto vasti tratti della Striscia di Gaza. Questi tunnel, come confermato dagli ex ufficiali dell’intelligence israeliana, passano anche sotto case e strade. Quindi i tentativi israeliani di distruggerli con bombardamenti aerei in molti casi portano probabilmente all’uccisione di civili. Questo potrebbe essere un altro motivo che spiega l’alto numero di famiglie palestinesi spazzate via nell’offensiva.

Gli ufficiali dell’intelligence hanno affermato che il modo in cui Hamas ha progettato la rete di tunnel a Gaza sfrutta deliberatamente la popolazione e le infrastrutture in superficie. Queste affermazioni sono state la base della campagna mediatica di Israele sugli attacchi contro l’ospedale Al Shifa e i tunnel scoperti sotto la struttura. Israele ha anche colpito un gran numero di obiettivi militari: miliziani armati di Hamas, siti di lancio dei razzi, cecchini, squadre anticarro, comandi militari, basi, posti di osservazione e altro. Dall’inizio dell’invasione terrestre i bombardamenti e il fuoco dell’artiglieria pesante sono stati usati per fornire supporto alle truppe israeliane sul campo. Gli esperti di diritto internazionale sostengono che questi obiettivi sono legittimi, purché gli attacchi rispettino il principio di proporzionalità. In risposta a una richiesta di informazioni il portavoce dell’esercito ha dichiarato: “I militari si impegnano a rispettare il diritto internazionale e agiscono in conformità con questo, e così attaccano obiettivi militari e non quelli civili. L’organizzazione terroristica Hamas posiziona miliziani e risorse militari tra la popolazione. Hamas usa sistematicamente i civili come

scudi umani e conduce combattimenti da edifici civili, compresi siti sensibili come ospedali, moschee, scuole e strutture dell’Onu”. Le nostre fonti d’intelligence hanno affermato che in molti casi Hamas “mette deliberatamente in pericolo la popolazione e cerca d’impedire con la forza ai civili di allontanarsi”. Due fonti hanno dichiarato che i leader di Hamas “sono consapevoli che i danni causati ai civili dagli israeliani gli forniscono legittimità”.

Cambio di tono Anche se oggi è difficile da immaginare, l’idea di sganciare una bomba da una tonnellata per colpire un miliziano di Hamas a costo di uccidere un’intera famiglia come “danno collaterale” non è stata sempre accettata da ampie fette della società israeliana. Nel 2002 l’aviazione israeliana bombardò la casa di Salah Mustafa Muhammad Shehade, allora capo delle Brigate al Qassam, l’ala militare di Hamas. La bomba uccise lui, la moglie Eman, la figlia Laila di 14 anni e altri quattordici civili, tra cui undici bambini. La strage suscitò clamore nell’opinione pubblica israeliana e nel mondo e Israele fu accusato di aver commesso crimini di guerra. La polemica portò l’esercito israeInternazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Israele liano nel 2003 a sganciare una bomba più piccola, da un quarto di tonnellata, su un edificio di Gaza dov’era in corso una riu­ nione di alti funzionari di Hamas, tra i quali il leader delle Brigate al Qassam Mohammed Deif, nonostante il timore che non sarebbe stata abbastanza potente da ucciderli. Nel libro To know Hamas (Co­ noscere Hamas), il giornalista israeliano Shlomi Eldar ha scritto che la decisione di usare una bomba relativamente piccola era dovuta al precedente di Shehade e al timore che quella da una tonnellata avreb­ be ucciso anche i civili nell’edificio. L’at­ tacco fallì e i leader dell’ala militare di Hamas scapparono. Nel dicembre 2008, nella prima gran­ de operazione militare di Israele contro Hamas dopo che il movimento era salito al potere a Gaza, Yoav Gallant, all’epoca a capo del comando meridionale dell’eser­ cito israeliano, dichiarò che per la prima volta si stavano “colpendo le abitazioni delle famiglie” di importanti funzionari di Hamas con l’obiettivo di distruggerle, ma senza danneggiare le famiglie. Gallant sottolineò che le case erano state attacca­ te dopo aver avvertito le persone con un “colpo sul tetto” e telefonate, ed era risul­ tato evidente che all’interno si stavano svolgendo attività militari di Hamas. Dopo l’operazione Margine protettivo del 2014, in cui Israele ha cominciato a colpire sistematicamente le abitazioni, le organizzazioni per i diritti umani come B’Tselem hanno raccolto testimonianze dai palestinesi sopravvissuti agli attacchi. Questi hanno raccontato che le case erano crollate, i frammenti di vetro avevano ta­ gliato i corpi delle vittime, le macerie “avevano l’odore del sangue” e alcune persone erano rimaste sepolte vive. Questa politica sanguinosa continua oggi, grazie in parte all’uso di armi di­ struttive e a tecnologie sofisticate come quella di Habsora, ma anche a un appara­ to politico e di sicurezza che ha allentato i freni della macchina militare di Israele. Quindici anni dopo aver ribadito che l’e­ sercito si sforzava di ridurre al minimo i danni ai civili, Gallant, oggi ministro del­ la difesa, ha cambiato tono e dopo il 7 ot­ tobre ha detto: “Stiamo combattendo animali umani, e ci comporteremo di conseguenza”. u fdl QUESTO ARTICOLO

Yuval Abraham è un giornalista e attivista israeliano che vive a Gerusalemme. +972 Magazine è un sito indipendente di giornalisti israeliani e palestinesi.

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Inchieste

Gli stupri del 7 ottobre I miliziani palestinesi di Hamas sono accusati di aver commesso violenze sessuali durante gli attacchi nel sud d’Israele n una conferenza sulla violenza sessuale e di genere organizzata dalle Nazioni Unite a New York il 4 dicembre 2023, Israele ha presenta­ to le prove di quella che ha definito una violenza sessuale sistematica compiuta dai miliziani di Hamas sulle donne du­ rante gli attacchi del 7 ottobre nel sud d’Israele. L’ambasciatore israeliano Gi­ lad Ardan ha anche accusato l’Onu di ipocrisia per essere rimasto in silenzio di fronte alle prove e alle testimonianze emerse sui “crimini sessuali” commessi da Hamas contro donne e ragazze. In se­ guito l’Onu ha fatto varie dichiarazioni condannando pubblicamente qualun­ que violenza sessuale che possa essere stata commessa e chiedendo che sia fat­ ta chiarezza, ma il governo israeliano ha considerato la reazione “tardiva e insuf­ ficiente”. Il 6 dicembre l’Alto commissa­ rio dell’Onu per i diritti umani, Volker Türk, ha detto di aver chiesto a Israele di consentire a una sua squadra di condur­ re un’indagine sull’accaduto. Gli indizi sulle violenze sessuali com­ messe da Hamas il 7 ottobre sono co­ minciati a emergere con la diffusione sui social network delle immagini raccolte nei kibbutz e nel festival musicale attac­ cati, e dei video girati dagli stessi milizia­ ni. Una delle prime indagini approfondi­ te è stata condotta dall’ong Physicians for human rights Israel, la cui missio­ ne è combattere la discriminazione me­ dica e migliorare l’accesso all’assistenza sanitaria nella Striscia di Gaza, in Cis­ giordania e in Israele. In un documento pubblicato a novembre, l’organizzazione ha chiesto un’indagine contro la “diffu­ sa” violenza sessuale riscontrata “in di­ versi luoghi”, che potrebbe rappresenta­ re un “crimine contro l’umanità”. Varie organizzazioni israeliane create all’indo­ mani del 7 ottobre hanno cominciato a raccogliere prove e all’inizio di dicembre la polizia israeliana ha detto di aver rac­ colto “più di 1.500 testimonianze scon­ volgenti e dure”. La Bbc e altre agenzie

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di stampa ne hanno confermate alcune nelle loro inchieste. Ma gli ostacoli sono molti, come ri­ corda il quotidiano francese Le Monde: “L’ampiezza dell’attacco del 7 ottobre, i combattimenti che sono seguiti, la rac­ colta frettolosa dei corpi e la loro inuma­ zione non hanno permesso una docu­ mentazione appropriata di tutte le vio­ lenze commesse da Hamas. Le analisi medico­legali non hanno potuto essere effettuate a causa dell’urgenza o dello stato dei cadaveri, che in molti casi sono stati bruciati”.

Informazioni e prove Le prove di violenze sessuali presentate alla conferenza dell’Onu erano “ampie e schiaccianti e provenivano da diverse fonti”, spiega la Cnn. Yael Richert, com­ missaria della polizia israeliana, ha con­ diviso le informazioni raccolte durante le indagini e ha citato le testimonianze di varie persone che hanno assistito diret­ tamente a stupri e violenze sessuali o ne hanno visti chiari segni sulle vittime. Shari Mendes, una riservista dell’eserci­ to che ha esaminato i corpi delle soldate uccise negli attacchi ha confermato che molti erano stati brutalizzati, soprattutto nelle parti intime. Anche il parlamento israeliano ha organizzato una sessione in cui sono state presentate prove di violen­ ze sessuali, abusi e mutilazioni commes­ se da Hamas. Il gruppo palestinese ha negato ogni accusa. L’agenzia di stampa Reuters sotto­ linea che la Corte penale internaziona­ le (Cpi) dell’Aja, istituita per perseguire i responsabili di crimini di guerra, ha detto di avere giurisdizione sulle atro­ cità commesse dai miliziani di Hamas in Israele e di avere già raccolto un “vo­ lume significativo di informazioni e prove”. Gli avvocati israeliani hanno fatto notare che il tribunale ha dei re­ quisiti probatori sulla violenza sessuale meno complessi di quelli richiesti da Israele, per esempio non serve la testi­ monianza della vittima. Ma per lo stato israeliano, la Corte è problematica, prosegue la Reuters: “Israele non rico­ nosce la sua giurisdizione, anche se gli individui e lo stesso stato possono pre­ sentare prove”. u

Economia

EMMANUELE CONTINI (NURPHOTO/GETTY)

L’installazione Nascita a Limassol, Cipro, 8 marzo 2022

A Cipro le startup trovano casa Damien Leloup, Le Monde, Francia

Dopo il turismo e la finanza, ora l’isola accoglie migliaia di aziende del settore tecnologico. Molte sono imprese russe che così riescono ad aggirare le sanzioni 54

Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

Da sapere L’anello debole TURCHIA Mar Mediterraneo

REPUBBLICA TURCA DI CIPRO NORD (Autoproclamata)

Nicosia Famagosta

CIPRO Limassol 50 km

u Centro finanziario opaco, rifugio di denaro russo, zona grigia della finanza digitale: l’inchiesta Cyprus confidential racconta come Cipro è diventata l’anello debole dell’Unione europea nella lotta ai flussi finanziari illeciti. L’indagine si basa su 3,6 milioni di documenti riservati, trapelati da sei imprese di servizi finanziari cipriote e ottenuti dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, dai giornalisti d’inchiesta tedeschi di Paper Trail Media e da altri 67 partner del mondo dell’informazione. Le Monde

ll’uscita dell’aeroporto internazionale di Larnaca, a Cipro, un gigantesco cartellone pubblicitario accoglie i visitatori. Sulla pubblicità non figurano né il muflone né la colomba, i due simboli nazionali di questo piccolo paese europeo, ma il personaggio principale di Hero wars, un videogioco noto per le sue pubblicità ingannevoli sui forum online. Benvenuti nel paradiso europeo delle aziende specializzate nelle nuove tecnologie. Tasse bassissime, vicinanza con Israele e con le sue aziende high-tech, alta qua-

A

lità della vita, storica presenza di un’importante minoranza di ricchi imprenditori russi (come confermano i documenti del progetto Cyprus confidential), Cipro è da almeno dieci anni un punto di riferimento per le startup e le aziende tecnologiche, che formano una parte importante di un’economia per lo più specializzata nella finanza, nella logistica e nel turismo. Per le aziende russe e israeliane del settore delle nuove tecnologie, Limassol, la capitale economica nella parte meridionale dell’isola, è diventata nel corso degli anni l’equivalente di Dublino per le Gafam (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft): una porta di ingresso per l’Europa. Ma al contrario dell’Irlanda, Cipro accoglie soprattutto piccole e medie imprese, per lo più specializzate nella “zona grigia” dell’economia digitale: siti pornografici, aggressive agenzie pubblicitarie, rischiosi servizi di pagamento, venditori di tecnologie di sorveglianza, content farms (aziende che producono contenuti per il web). Tuttavia da quasi due anni la vita dell’“isola delle startup” è stata radicalmente modificata da un evento esterno, la guerra in Ucraina. Nell’aprile 2022 il gigante bielorusso del videogioco di strategia Wargaming, presente sull’isola dal 2009, ha deciso di chiudere tutte le sue attività in Russia e in Bielorussia e si è trasferito nella sua imponente sede di Nico-

sia. Dall’inizio della guerra a Limassol si sono spostati, secondo le stime delle autorità locali, anche più di diecimila ucraini. La città costiera ha inoltre accolto un gran numero di sviluppatori e di ingegneri russi, in fuga dalla mobilitazione militare e dalle condizioni sempre più dure del regime. “L’arrivo delle nuove tecnologie a Cipro è avvenuto in ondate successive”, racconta Aleksej Gubarev, imprenditore che ha lasciato la Russia 21 anni fa per trasferirsi nell’isola ed è uno dei fondatori della Techisland, l’associazione delle aziende del settore. “Diverse aziende sono arrivate alla fine degli anni duemila, con la crisi finanziaria, poi ci sono stati diversi arrivi tra il 2012 e il 2018, in particolare nel settore dei videogiochi. In vent’anni si è creata una comunità, e questo facilita i trasferimenti. Poi, ovviamente, c’è stato lo scoppio della guerra nel 2022 e la mobilitazione generale ordinata a settembre di quell’anno dalla Russia. Molti ingegneri si sono resi conto di poter essere richiamati dall’esercito”. Gubarev spiega di aver spostato a Cipro i suoi dipendenti, che fino a quel momento lavoravano in Russia, e di aver anche rinunciato al passaporto russo.

Un paradiso digitale Per la gran parte i “migranti russi delle nuove tecnologie” non sono dei grandi ammiratori di Vladimir Putin. A metà settembre del 2023, in occasione della serata inaugurale della Webmaster affiliate conference, una fiera di marketing digitale organizzata a Limassol, quasi tutti, dal personale di sicurezza agli invitati, parlavano russo. Tuttavia il momento più significativo della serata è stato la vendita all’asta di magliette e altri oggetti con l’immagine di Volodymyr Zelenskyj, i cui ricavi sono stati devoluti all’Ucraina. Tuttavia rimangono delle tensioni nelle aziende che hanno dipendenti russi e ucraini. “Sono stata molto turbata quando la mia collega ucraina ha cominciato a pubblicare dei messaggi in cui diceva ‘la Russia è l’aggressore”, osserva la dirigente di un’importante azienda di marketing digitale. “Tutti vogliamo che questa guerra finisca”. L’esodo di investitori e di lavoratori molto qualificati ha avuto conseguenze evidenti e immediate per l’economia cipriota. Nel 2022 si sono insediate nell’isola 1.200 aziende straniere, quasi tutte del settore digitale, grazie al programma specifico del ministero del commercio, increInternazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Economia

KOSTAS PIKOULAS (NURPHOTO/GETTY)

Un supermercato russo a Limassol, Cipro, 21 aprile 2023

mentando il prodotto interno lordo del paese di tre miliardi di euro, secondo le cifre del governo. Il settore delle tecnologie è l’elemento trainante di una crescita del 5,6 per cento nel 2022, un risultato doppio rispetto a quello previsto all’inizio dell’anno. E tutto questo mentre i turisti, principale fonte di entrate dell’isola, sono diminuiti.

Una nuova intolleranza Eppure per i ciprioti – come per i dublinesi – i capitali e le aziende non hanno portato solo vantaggi. I nuovi posti di lavoro (ingegneri, specialisti del marketing o della finanza) sono per lo più occupati da stranieri, anche se la Techisland assicura che ogni tre posti nel settore delle nuove tecnologie ne nascono due nell’indotto. Ma il problema principale è l’esplosione del costo della vita. Dal 2016 a Limassol gli affitti sono quasi quadruplicati e i prezzi degli appartamenti sono ormai paragonabili a quelli di Parigi. Le case a quattro-cinquemila euro al mese sono inaccessibili per molti lavoratori, visto che il salario minimo è fissato a 940 euro. A tutto questo bisogna aggiungere il fatto che per trovare un alloggio bisogna armarsi di molta pazienza. Il mercato è

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talmente saturo che tutte le agenzie immobiliari hanno una lunga lista d’attesa. In città un po’ ovunque le pubblicità incitano a comprare appartamenti in costruzione in lussuosi residence sul lungomare o nel centro città. Anche i servizi pubblici, in particolare le scuole, sono sovraffollati. “A Limassol si può ritenere che manchino circa diecimila appartamenti”, osserva Gubarev. Ai numerosi arrivi bisogna aggiungere che “i programmi di costruzione sono storicamente poco orientati verso gli affitti. Questo ha provocato numerosi ritardi. Siamo in contatto con i servizi del comune per trovare delle soluzioni”. “Si tratta di problemi che dovranno essere risolti dal mercato”, dice Nicos Nicolaides [Movimento per la democrazia sociale, centrosinistra nazionalista], il sindaco di Limassol. “Per un comune non è facile intervenire, ma lo stato ha adottato delle misure per favorire la costruzione di nuovi alloggi. Facciamo quello che possiamo per accelerare le licenze edilizie per nuove scuole o per uffici”, spiega il sindaco. “A Cipro gli alloggi popolari non sono gestiti dal comune ma abbiamo messo a disposizione 31mila metri quadrati di terreno per costruire 600 nuovi appartamenti a canone moderato. Que-

sto non risolverà di certo i problemi, ma almeno aiuterà 600 famiglie”. Questi cambiamenti economici alimentano un forte risentimento, non tanto nei confronti dei nuovi arrivati russi e ucraini ma verso i migranti più poveri e dalla pelle più scura. Sui muri di cemento del centro città capita a volte di vedere delle scritte con la vernice rossa contro i migranti siriani, e all’inizio di settembre violenti disordini hanno interessato i negozi gestiti da siriani, egiziani e vietnamiti. Un trauma, per una città ricca e considerata particolarmente calma e sicura. È “un segnale d’allarme, anche se per fortuna rimane un caso isolato”, osserva Nicolaides. “Le condizioni sociali hanno probabilmente influito sulle violenze, e a Cipro ci sono immigrati irregolari, ma come nel resto d’Europa. Comunque siamo orgogliosi di essere una città internazionale e multiculturale”. Di fronte all’afflusso di capitali, dieci anni dopo la crisi finanziaria e il fallimento della seconda banca del paese, la Laiki, sono pochi a chiedere una maggiore redistribuzione delle ricchezze o una correzione delle forti disuguaglianze fiscali. Di fatto un numero enorme di esenzioni per-

mette ai profitti delle aziende di sfuggire a qualunque tassa. Inoltre, grazie a qualche semplice misura di “ottimizzazione”, le imprese di innovazione finanziaria, del mondo digitale o le holding di investimenti possono arrivare a ottenere un’imposta sulle società del 2,5 per cento. “A parte Cipro e Malta non troverete altrove in Europa dei sistemi che permettono di scendere sotto il 9 o il 10 per cento”, spiegava l’avvocato fiscalista cipriota Charles Savva in occasione della Webmaster affiliate conference, nel corso di un discorso pronunciato di fronte agli imprenditori che pensano di trasferirsi sull’isola. “E non c’è niente da temere, perché quando a Cipro cambiano le leggi, è sempre in favore degli investitori”. In questo paese di poco più di un milione di abitanti, negli ultimi anni le aziende del settore digitale hanno assunto un peso politico non trascurabile. La Techisland, che ne riunisce la maggior parte, agisce al tempo stesso come struttura di aiuto e come lobby politica. L’associazione invita regolarmente dei ministri nelle sue conferenze e finanzia progetti di beneficenza, talvolta in linea con le direttive del governo. Per esempio a giugno ha contribuito con 40mila euro al progetto del ministero dell’interno per costruire dei centri di accoglienza per i profughi. Nel frattempo l’associazione si batte anche per rendere meno severa la legislazione sul rilascio di visti per i lavoratori del settore digitale e per la semplificazione delle procedure di naturalizzazione. Gubarev si compiace di aver potuto contribuire a ottenere una riduzione di determinate soglie d’imposta o l’abrogazione della norma che di fatto vietava di lavorare ai coniugi di immigrati e immigrate con un permesso di lavoro. Anche se la lotta al carovita era presente nel programma del nuovo presidente Nikos Christodoulides (indipendente di centro), eletto a febbraio, la campagna elettorale e i suoi primi discorsi si sono concentrati soprattutto sul principale problema politico di Cipro, la divisione dell’isola con la parte nord sotto il controllo turco. Per ora non è prevista alcuna riforma fiscale. All’inizio di settembre Christodoulides ha partecipato a un evento organizzato dalla Techisland per vantare i suoi meriti nei confronti degli investitori e per ribadire l’importante contributo degli imprenditori del settore digitale “all’evoluzione e al progresso dell’economia cipriota”. ◆ adr

L’inchiesta

Leggi e controlli deboli Il Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi racconta i legami oscuri tra gli affari dei dittatori e la politica dell’isola ipro è stata a lungo un crocevia geopolitico, contesa da imperi e punto d’incontro di popoli, religioni e soldi. Per decenni un incredibile flusso di denaro straniero, per lo più di origine russa, si è riversato sull’isola, portando ricchezza a pochi ma lasciandole la reputazione di un losco centro finanziario. L’indagine condotta dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij), Paper Trail Media e 67 media partner rivela che Cipro – all’estremità orientale del Mediterraneo, vicino a Turchia, Siria e Libano – svolge un ruolo ancora più importante di quanto si sapeva nel riciclaggio di denaro sporco per conto del regime del presidente russo Vladimir Putin e di altri dittatori. Tra questi: il sanguinario leader della Siria, la cui compagnia petrolifera statale ha cercato le sanzioni statunitensi, usando un intermediario sull’isola per acquistare attrezzature per l’estrazione di petrolio da un’azienda di Houston; o persone vicine al Cremlino, che attraverso Cipro hanno fatto arrivare dei pagamenti a un giornalista tedesco notoriamente ossequioso con il leader autoritario russo. Frutto di un’inchiesta durata otto mesi, Cyprus confidential esplora l’egemonia di lunga data della Russia sui profondi intrecci tra politica e finanza presenti a Cipro. Racconta come l’Unione europea non sia riuscita a esercitare la sua autorità su Cipro, che fa parte dell’Unione, e nemmeno a tenere a freno un sistema bancario gonfio di denaro illecito. Illustra come, quando la Russia ha invaso l’Ucraina nel 2022, l’unità cipriota dell’azienda di revisione contabile PwC, una delle quattro principali al mondo, abbia aiutato gli oligarchi russi a spostare velocemente le loro ricchezze e ad aggirare le sanzioni occidentali progettate per tagliare i finanziamenti alla guerra lanciata da

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Putin. L’Icij ha riunito un team di più di 270 giornalisti provenienti da 54 paesi (e un territorio, le Isole Vergini Britanniche) e gli ha fornito l’accesso ai documenti riservati attraverso la sua piattaforma sicura, Datashare. I documenti, che risalgono a un periodo compreso tra la metà degli anni novanta e l’aprile 2022, includono informazioni personali, organigrammi, rendiconti finanziari, estratti bancari e messaggi di posta elettronica. Insieme, i documenti offrono uno sguardo approfondito sull’opaco sistema finanziario che ha contribuito ad aumentare il potere di alcuni dei più decisi nemici dell’occidente. Secondo alcuni osservatori, la dipendenza dell’isola dal denaro straniero ha portato a conseguenze di cui ci si rende conto solo ora. “Quando i russi sono arrivati a Cipro, hanno portato non solo la corruzione, ma anche la criminalità organizzata e i servizi segreti”, afferma un cittadino russo residente a Cipro e critico verso il Cremlino. Come mostra Cyprus confidential, questi strumenti finanziari al limite della legalità sono maneggiati da esponenti di alto livello del governo e della finanza di Cipro. Il sistema economico del paese, noto come “modello Cipro”, si basa su un settore finanziario sovradimensionato e regolato da leggi sull’informativa finanziaria che sono le più deboli dell’Unione europea; su una banca centrale indulgente nei controlli; e su un flusso di almeno 200 miliardi di dollari di investimenti russi che ha procurato agli oligarchi di Mosca una vasta influenza. Nicos Anastasiades rappresenta il clan che ha reso possibile tutto questo. Avvocato e fondatore di un importante studio di servizi offshore che attirava soprattutto clienti russi, Anastasiades è stato presidente di Cipro dal 2013 fino all’inizio del 2023. ◆ sm Tutti i risultati dell’inchiesta Cyprus confidential, i partner, i dossier sui paesi e le personalità coinvolte, oltre all’accesso ad alcuni documenti citati, sono disponibili su icij.org/investigations/cyprus-confidential. Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Scienza

Protezione solare The Economist, Regno Unito

uante cose possono cambiare in dieci anni. Questa più o meno è la frequenza della Open science conference, organizzata dal World climate research programme (Wcrp). All’ultimo incontro del 2011, ricorda il climatologo Jim Hurrell, quasi nessuno parlava di geoingegneria, cioè dell’idea d’interferire deliberatamente con il clima della Terra per cercare di raffreddarlo, compensando così gli effetti di un altro tipo di ingerenza climatica, ossia il riscaldamento globale provocato dai gas serra. All’edizione di quest’anno, che si è svolta in Ruanda, Hurrell ha pronunciato il discorso di apertura sul tema. C’erano “centinaia di studi, discussioni e poster”, dice. È il riflesso di un più generale cambio di prospettiva. Per anni la geoingegneria è stata oggetto di un serio interesse scientifico, anche se su scala ridotta, ma è stata per lo più ignorata dalle organizzazioni ambientaliste e dalla politica. Ora le cose stanno cambiando. Dall’inizio del 2023 la geoingegneria solare, detta anche riduzione della radiazione solare (solar radiation modification, Srm), è stata oggetto di una serie di relazioni pubblicate dalla Commissione e dal parlamento europeo, dal governo statunitense, dalla Climate overshoot commission (Coc) e da quattro diversi organismi delle Nazioni Unite. Un filo conduttore comune è che, data l’incapacità del mondo di ridurre le emissioni di gas serra in tempo utile, i rischi e i benefici dell’Srm vanno opportunamente valutati.

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Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

Per capire come gli umani possano modificare il clima a loro vantaggio bisogna innanzi tutto capire come l’hanno già fatto a loro discapito. Quando la luce del Sole raggiunge la Terra, circa il 70 per cento è assorbito (il resto è riflesso nello spazio da nuvole, ghiaccio e altro). L’energia assorbita è poi riemessa sotto forma di raggi infrarossi. Non tutta però torna nello spazio. I gas serra come l’anidride carbonica assorbono i raggi infrarossi, intrappolando una parte del calore reirradiato. L’umanità ha inspessito questa coperta atmosferica. La concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera è passata dalle 280 parti per milione del periodo preindustriale alle 417 di oggi, con il risultato di intrappolare una quantità sempre maggiore di calore e far alzare le temperature medie di circa 1,2 gradi. Quasi tutti i piani per contrastare il cambiamento climatico puntano a risolvere il problema alla radice, sostituendo i combustibili fossili con fonti di energia che non producono gas serra, come l’eolico, il solare e il nucleare. La geoingegneria solare si concentra sull’altro termine dell’equazione. Invece di permettere a una quantità maggiore di energia di sfuggire dalla superficie terrestre, mira a impedire che arrivi sulla Terra aumentando l’albedo del pianeta – cioè la sua capacità di riflettere la luce del Sole. La natura ha già dimostrato che è possibile. L’albedo può essere temporaneamente alterata dalle eruzioni vulcaniche, che liberano particelle e gas nell’aria. L’anidride solforosa è particolarmente importante in questo processo, perché rea-

JUSTIN GUARIGLIA (REDUX/CONTRASTO)

Dato che le emissioni di gas serra continuano a crescere, c’è chi propone di fermare il cambiamento climatico modificando l’atmosfera per riflettere la luce del Sole. Ma le incognite sono enormi

gendo con l’acqua si trasforma in aerosol di solfato, una foschia che provoca la diffrazione della luce e resta sospesa nell’aria. Nel 1991 il vulcano Pinatubo, nelle Filippine, ne ha rilasciato nell’atmosfera 15 tonnellate, raffreddando il pianeta di circa mezzo grado per più di un anno. Gli esseri umani hanno già fatto qualcosa di simile bruciando carburanti fossili che contengono zolfo, come il carbone o l’olio combustibile che alimenta le grandi navi. Poiché queste emissioni avvengono vicino al suolo, le particelle restano intrappolate nella troposfera, lo strato più basso dell’atmosfera. Hanno un lieve effetto raffreddante sul pianeta, pari a pochi decimi di grado. Ma sono anche tossiche, e si ritiene che provochino centinaia di migliaia di morti ogni anno.

Prezzi modici La versione dell’Srm più studiata si basa sullo stesso meccanismo. L’idea è iniettare anidride solforosa – o altri composti chimici, come il carbonato di calcio e polveri di alluminio o diamanti – non nella troposfera, ma nella stratosfera, che comincia venti chilometri sopra la superficie terrestre. Queste particelle rilasciate ad alta quota sarebbero distribuite in modo più uniforme rispetto a quelle delle navi o dei vulcani, e rimarrebbero sospese in aria più a lungo. Ciò significa che ne servirebbero molte meno per ottenere un certo livello di raffreddamento del pianeta. Secondo alcune stime, per riflettere una quantità di luce solare sufficiente ad abbassare le temperature medie di un grado bisognerebbe iniettare ogni anno circa due milioni di tonnellate di zolfo nella stratosfera. È una quantità molto più bassa di quella prodotta dalle eruzioni vulcaniche e dai combustibili fossili, e costerebbe poche decine di miliardi di dollari all’anno. Le stime dei costi della decarbonizzazione dell’economia mondiale, dall’altra parte, ammontano a migliaia di miliardi di dollari all’anno. Messa così, la geoingegneria solare sembra un affare. Ma le preoccupazioni non mancano. Pur invitando ad approfondire la ricerca, qualche mese fa la Commissione europea ha detto che, dato l’attuale stato di sviluppo, l’Srm “comporta un livello di rischio inaccettabile per gli esseri umani e l’ambiente”. La Coc ha chiesto una moratoria sull’Srm, scoraggiando qualsiasi esperimento su larga scala o qualsiasi attività con un “rischio significativo di danni transfrontalieri”. Alcune delle preoccupazioni riguardaInternazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Scienza no gli effetti sui fenomeni meteorologici. I primi tentativi di studiare i meccanismi della geoingegneria solare si basavano su altissimi livelli di iniezione di zolfo. Dal punto di vista scientifico aveva una logica: un segnale forte e chiaro rende più facile comprendere un fenomeno. Ma i modelli indicavano che cambiamenti così drastici dell’equilibrio nell’alta atmosfera potevano sconvolgere i monsoni tropicali e le piogge stagionali da cui dipendono l’agricoltura e l’economia di molti paesi. Le ricerche successive, basate su numeri più realistici, sono più rassicuranti. Nel 2020 alcuni studiosi dell’università di Harvard sono arrivati alla conclusione che offuscare il Sole in misura minore a quanto sarebbe necessario per controbilanciare completamente il livello attuale di riscaldamento non altererebbe in modo significativo le precipitazioni nella maggior parte del mondo, e in ogni caso le piogge aumenterebbero invece che diminuire. Anche l’effetto sulla chimica stratosferica non è chiaro. Per esempio, potrebbe amplificare le reazioni chimiche che rompono le molecole di ozono, rallentando la ricomposizione dello strato di questo gas e permettendo a una quantità maggiore di raggi ultravioletti cancerogeni di raggiungere il suolo. L’aumento dei livelli di anidride carbonica, inoltre, non ha solo l’effetto di riscaldare il pianeta. Buona parte del gas è assorbita dagli oceani, dove si trasforma in acido carbonico. Di conseguenza, oggi l’acidità dei mari è al livello più alto da due milioni di anni. L’ Srm non farebbe nulla per risolvere il problema. Anche il fatto che la geoingegneria costi così poco è fonte di preoccupazione. Wake Smith, un ricercatore dell’università di Yale, ha provato a costruire un modello dei costi dell’Srm nel 2100. Lo studio è partito dall’ipotesi che per il resto del ventunesimo secolo il mondo non riuscirà a ridurre le emissioni di gas serra abbastanza rapidamente da abbassare in misura adeguata le temperature globali. Anche con questa premessa, la conclusione dell’analisi è che mantenere le temperature ai livelli del 2035 con la geoingegneria costerebbe circa trenta miliardi di dollari l’anno. Come sottolinea Smith, è grosso modo la stessa cifra che gli statunitensi spendono ogni anno in cibo per animali domestici. Una somma simile è facilmente alla portata di una grande economia, e probabilmente anche di una coalizione di economie più piccole. Il rischio è che un paese cerchi di applicare questa

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tecnologia unilateralmente. Forse, però, la paura più diffusa è quella del rischio morale – e cioè che l’Srm, offrendo un’alternativa più economica, possa compromettere gli sforzi di combattere il cambiamento climatico riducendo le emissioni di gas serra. Questi sforzi si stanno già rivelando insufficienti. Il 20 novembre l’Onu ha affermato che le misure promesse dai paesi firmatari degli accordi di Parigi entro il 2030 porterebbero a un riscaldamento tra i 2,5 e i 2,9 gradi entro la fine del secolo. Per mantenere l’aumento al di sotto dei due gradi – il più alto dei due obiettivi fissati a Parigi nel 2015 – sarà necessario ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 28 per cento entro il 2030.

Altri tabù sul cambiamento climatico si sono affievoliti con il tempo Alcuni obiettano che l’esempio della cattura diretta dell’anidride carbonica dall’aria – un’altra tecnologia ancora inesistente su larga scala, ma che è comunque alla base di quasi tutti i piani di riduzione delle emissioni a lungo termine – dimostra che i paesi si attaccheranno a qualunque cosa permetta di evitare dolorosi tagli delle emissioni. Altri ribattono che la geoingegneria potrebbe essere usata per guadagnare tempo e limitare l’aumento della temperatura in attesa di ridurre le emissioni. Tutto questo spiega la pessima reputazione della Srm tra gli esperti di clima. Gli oppositori stanno adottando strategie più decise. Un test previsto in Svezia nel 2021 è stato cancellato per le pressioni degli ambientalisti. Nel 2022 la startup statunitense Make sunsets ha condotto un esperimento non autorizzato nel nord del Messico, rilasciando piccole quantità di aerosol da una mongolfiera per studiare come riflettono la luce solare. Il governo messicano ha vietato di ripetere simili test. Nel gennaio 2022 più di quattrocento rispettati studiosi hanno firmato una lettera aperta in cui contestano l’idea che la geoingegneria solare sia un tema degno di studio e chiedono un accordo internazionale che proibisca qualunque aspetto di questa tecnologia, dagli esperimenti all’aperto ai programmi e alle valutazioni di ricerca, anche da parte di istituzioni come

il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc). Ma non è detto che l’avranno vinta. Altri tabù sul cambiamento climatico si sono affievoliti con il tempo. Fino agli anni duemila, il concetto di adattamento – proteggersi dagli effetti del cambiamento climatico, per esempio costruendo dighe marittime – suscitava polemiche simili a quelle che oggi riguardano l’Srm. Gli oppositori temevano che avrebbe sottratto risorse agli sforzi per impedire il riscaldamento. Ma i paesi più vulnerabili, in particolare i piccoli stati insulari, sono andati avanti comunque. Alla luce della difficoltà di ridurre le emissioni, gli argomenti a favore dell’adattamento sono diventati gradualmente ineludibili. Oggi questi sforzi fanno parte del mandato dell’Ipcc.

Poche alternative Qualcosa di simile sta succedendo con l’Srm. Il 2023 sarà quasi certamente l’anno più caldo mai registrato. Secondo Berkeley Earth, un gruppo di ricerca statunitense, c’è più del 90 per cento di probabilità che la temperatura media superi di 1,5 gradi quella del periodo preindustriale, oltrepassando per la prima volta il più basso dei due limiti fissati dall’accordo di Parigi. Hurrell è convinto che serva un serio programma di ricerca sull’Srm, gestito da un’istituzione come l’Ipcc o l’Organizzazione meteorologica mondiale. Secondo lui studi di questo tipo fornirebbero più argomenti contro l’Srm che a favore. Anche la politica e le istituzioni sembrano sempre più disponibili. Janos Pasztor dirige la Carnegie climate governance initiative (Ccgi), un forum su varie tecnologie per il clima, tra cui l’Srm. Inizialmente, dice, l’Srm era malvista. Oggi però politici e autorità stanno valutando se non possa avere un ruolo nelle politiche per il clima. Nessuno dei suoi interlocutori è contrario a portare avanti la ricerca nel settore. Forse il cambiamento più grande c’è stato nei paesi poveri, i più vulnerabili sia all’aumento delle temperature sia alle conseguenze indesiderate dell’Srm. Anote Tong è l’ex presidente di Kiribati, un arcipelago del Pacifico minacciato dall’innalzamento del livello del mare. L’anno scorso ha dichiarato al New Yorker che se il mondo continuerà sulla strada attuale, presto si arriverà al punto in cui la scelta sarà “tra la geoingegneria e la distruzione totale”. Non sono le parole di uno convinto che ci siano molte alternative. u fas

Foto di Francesca Leonardi

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Stati Uniti

ROGER KISBY (REDUX/CONTRASTO)

Las Vegas, 30 ottobre 2023

uando ho visto per la prima volta la Sphere di Las Vegas, l’aereo su cui viaggiavo è entrato in una di quelle turbolenze che ti fa sussultare e stringere ai braccioli. Sembrava un benvenuto appropriato: la sfera mi aveva convinto a sistemarmi su uno scomodo sedile vicino al finestrino, su un volo partito dall’altro lato del paese, e ora mi stava trascinando verso la sua inconfondibile, scintillante orbita con un ultimo strattone gravitazionale. Mi rendo conto che è ridicolo pensare a un edificio in questo modo. Ma l’avete vista? In senso stretto, la sfera è una grande arena, un luogo d’intrattenimento futuristico per concerti e altri spettacoli. Ma questa descrizione sminuisce le sue ambizioni. La sfera è l’incarnazione architettonica della stravaganza, un monumento allo spettacolo e alla propensione tutta umana a erigere strutture sbalorditive semplicemente perché possiamo farlo. È costata 2,3 miliardi di dollari (circa 2,1 miliardi di euro); è ricoperta da 54mila metri quadrati di luci a led; è alta 112 metri e può trasformarsi in una gigantesca emoji

Gli occhi Q di tutti sulla sfera Charlie Warzel, The Atlantic, Stati Uniti

A Las Vegas è stato costruito un grande edificio rotondo ricoperto da monitor. È un omaggio alla nostra dipendenza dagli schermi. E potrebbe anticipare il futuro dell’intrattenimento dal vivo

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Stati Uniti che gli astronauti possono vedere dallo spazio. Quando mi ci sono avvicinato, verso il tramonto, l’edificio si è risvegliato dal suo salvaschermo (una brutta pubblicità di un videogioco di Spider-Man) e ha cominciato a emettere uno strano borbottio. È apparsa l’animazione semi-realistica di un feto nel grembo materno, accompagnata dalla frase “questa non è una simulazione”, prima di esplodere in fiamme, tremolare violentemente e trasformarsi nella seguente serie di immagini: un occhio che batteva le ciglia, un temporale, l’oceano, alcune piante, la Luna, altre fiamme. Il tutto al ritmo incalzante e stridente di Zoo station degli U2. Perfino nel pulsante frastuono di neon di Las Vegas e della sua Strip (la strada dove si concentrano gli hotel e i casinò), la sfera è un assalto sensoriale. Lo schermo caleidoscopio ha abbastanza senso, perché la sfera è molte cose diverse. È un’arena, concepita nel 2018 dalla Madison Square Garden Company, per ospitare una residency (l’esibizione di uno stesso artista o gruppo per un periodo lungo) degli U2. È anche un cinema, con 42 schermi Imax montati insieme (il regista Darren Aronofsky ha realizzato appositamente un documentario, Postcard from earth, che è stato proiettato a ottobre). La sfera è una nuova forma di architettura, un cartellone pubblicitario, una tela digitale per l’arte. È anche un weenie, un termine inventato da Walt Disney per indicare le attrazioni che nei suoi parchi a tema dovevano aiutare i visitatori a orientarsi. Las Vegas è una città di weenie, e la sfera è quello che attira di più l’attenzione. Ma è soprattutto uno schermo. La prima volta che ho visto un video proiettato sulla sua superficie – dal piccolo schermo che tengo in tasca per guardare i video su TikTok – sono rimasto affascinato, perfino disorientato. Cullando il telefono, ho guardato The Edge degli U2 che suonava i primi arpeggi di Where the streets have no name. Dal buio pesto, l’interno della sfera si trasformava nel deserto del Nevada all’alba, con il sole che sorgeva a tempo del riff della canzone. Un cumulo di nuvole si alzava come una bandiera bianca, mentre il sole a led inondava di luce dorata la folla festante, riempiendo il locale climatizzato con una simulazione dei grandi spazi aperti. Tutto il giorno, ogni giorno, sono circondato da schermi. Schermi che catturano avidamente la mia attenzione e con-

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Nell’edificio ci sono anche “stanze sensoriali” calmanti per chi soffre di vertigini o trova eccessivo lo spettacolo di luci

dizionano il mio modo di vedere la vita quotidiana, il lavoro e le relazioni. Sono stanco degli schermi, anche un po’ infastidito. Spesso dico che vorrei liberarmene, provare l’esperienza pura di camminare nel mondo senza che nulla si frapponga tra me e i miei occhi così facili da distrarre. Eppure, guardando i video in cui la luminosità della sfera sovrastava gli U2 sul palco – osservando il suo splendore trasformare quelle star in piccole formiche con la giacca di pelle – avevo sentito un desiderio irresistibile di averla di fronte e sperimentare in prima persona l’oblio digitale. Volevo vedere se la sfera poteva aiutarmi a imparare ad amare di nuovo gli schermi.

Racconto premonitore Alla Sphere si può arrivare in molti modi. Per esempio dai corridoi dell’hotel Venetian, seguendo i cartelli e le frecce rivolte a est. Lo sconsiglio: per godersi davvero la sfera bisogna osservarla da vicino. Soprattutto di notte, quando attira gruppi di persone con cocktail in mano, come falene attratte da una lampada. Ho visto un gruppetto di dieci coppie ferme a bocca aperta in mezzo alla strada, con i telefoni in mano, mentre bloccavano una corsia, gli occhi fissi sulla struttura curva che pulsava a quattrocento metri da loro. Mi ha ricordato il film Independence day, la scena in cui gli ufo squarciano le nuvole sulle città di tutto il mondo e i pedoni si fermano a guardare il cielo. L’atmosfera fantascientifica è voluta. James Dolan, amministratore delegato della Madison Square Garden Company,

dice che l’edificio è ispirato a The Veldt, un racconto del 1950 di Ray Bradbury. Nel racconto una coppia benestante compra una casa completamente automatizzata, dove c’è anche una sala giochi speciale per i figli. Le pareti e il soffitto di questa stanza, alta nove metri, sono tappezzati da uno schermo in grado di leggere l’immaginazione dei bambini e riprodurla in immagini realistiche. I bambini finiscono per essere viziati, ipnotizzati dalle comodità di questa tecnologia; quando il padre minaccia di spegnere la stanza per sempre, evocano un branco di leoni che viene fuori dallo schermo e divora i genitori. Un racconto su uno schermo assassino può sembrare una strana ispirazione per un nuovo luogo d’intrattenimento, ma l’intenzione è chiara: la sfera, almeno agli occhi dei suoi creatori, è destinata ad avvolgere, perfino a consumare, lo spettatore. Anche se la pubblicità della sfera non parla di essere sbranati da grandi felini digitali, ho avuto l’impressione che almeno una parte del suo fascino stia nel desiderio di essere sopraffatti. Nell’edificio ci sono anche “stanze sensoriali” calmanti per chi soffre di vertigini o trova eccessivo lo spettacolo di luci. Non è difficile capire cosa cerchi di vendere chi ha immaginato la sfera: la possibilità di provare un’emozione forte e soprattutto nuova, che non si può provare altrove, un po’ come con le montagne russe. Inizialmente a Willie Williams, scenografo e direttore creativo degli U2 da quarant’anni, tutto questo non piaceva. Non era entusiasta, mi ha spiegato, all’idea che la band accettasse una residency in un’arena di Las Vegas. Non voleva adattarsi invece di costruire le scenografie, e temeva che la sfera potesse sovrastare la band o rovinare il suono. Ma alla fine gli U2 hanno accettato d’inaugurare la Sphere suonandoci un mese. “Eravamo in territorio sconosciuto”, mi ha detto Williams. “Anche perché allora la struttura non esisteva”.

Neon e bicchieri Entrare nell’arena al piano terra è un’esperienza vertiginosa. È subito chiaro che, nonostante la sua capienza, la sfera è compatta, intima. Ho preso posto a livello cento – a circa un quarto di strada dal fondo verso il centro– e ho avuto la sensazione di essere a pochi passi dal palco. Davanti a me, l’imponente schermo proiettava un’immagine fissa che faceva sen-

RAF WILLEMS (GETTY)

Las Vegas, agosto 2023

tire tutti all’interno di una specie di anti­ ca rovina. Un dj, che faceva parte del gruppo d’apertura degli U2, si muoveva per la sala su una minuscola automobile illuminata dai neon, mettendo su canzo­ ni rock classiche mentre persone sui ses­ santa o settant’anni, con bicchieri in en­ trambe le mani, battevano ansiosamente i piedi. Come molti intorno a me, facevo fatica a fissare l’attenzione su qualcosa, mentre aspettavo che i musicisti e la sfe­ ra, da un momento all’altro, entrassero in azione e ci dessero un pugno sui denti con un riff di chitarra. Quando le luci si sono finalmente ab­ bassate, ho notato che la struttura aveva la capacità di convincere quasi tutti gli spet­ tatori – circa 18mila – a prendere i loro te­ lefoni e a puntarli sull’enorme schermo. Sembra che l’obiettivo principale della sfera sia calamitare su di sé lo sguardo di altri schermi. Appena è comparsa la band, un colpo di batteria ha scosso l’arena e, questa era l’impressione, anche il mega­ schermo della sfera. L’ho vista sul punto di andare in pezzi e abbagliarci, non con i miei occhi e nem­ meno con il mio telefono, ma grazie al mosaico incandescente di centinaia di

fotocamere intorno a me che catturavano il momento. Non mi capita spesso di tira­ re fuori il cellulare ai concerti. Anzi, sono uno di quelli che criticano chi assiste a uno spettacolo guardandolo da un dispo­ sitivo invece che con i suoi occhi. Ma la mia opinione è irrilevante. I telefoni oggi non sono solo una componente della mu­ sica dal vivo: sono diventati probabil­ mente l’obiettivo principale. La docu­ mentazione come forma di consumo è decisamente radicata nella fruizione dei concerti. Su YouTube mi sono abituato a guardare i video fatti con il telefono, illu­ minati dalle luci di migliaia di altri scher­ mi che riprendono le stesse scene da an­ golazioni diverse. A volte l’effetto è più marcato. Per un periodo, quest’autunno, il mio feed di In­ stagram si è riempito di video girati dai miei amici durante la proiezione di Eras tour, il documentario che racconta l’ulti­ mo tour di Taylor Swift: filmati su filmati di spettatori estatici che a volte mostrano la cantante su un altro schermo. Questa modalità di fruizione richiama l’effetto Droste: un componimento surreale in cui è possibile vedere un’immagine dentro un’immagine, annidata dentro un’imma­

gine. Lo show degli U2 alla Sphere, ispira­ to all’album Achtung baby del 1991, ha spinto l’effetto Droste al limite. Sembra­ va che Bono non si esibisse per il pubblico ma per le telecamere che giravano intor­ no al palco e proiettavano la sua immagi­ ne su trenta metri di schermo, in modo che la gente potesse poi catturarla sul proprio telefono. All’inizio l’ho trovato un po’ deprimente. A un certo punto dello spettacolo, la sfera si è trasformata in un rendering dell’orizzonte di Las Vegas così cristallino da farmi quasi dimenticare di essere al chiuso. È un’immagine folgorante, che provoca una dissonanza cognitiva diffici­ le da ignorare: decine di migliaia di perso­ ne osservano e filmano una ricostruzione di una città che si può osservare e vivere, nella sua versione reale, a pochi metri di distanza. Questo è il potere della Sphere: nell’esatto momento in cui cominciamo a chiederci perché ci siamo dentro, il nostro cervello è inondato di dopamina e perdia­ mo ogni capacità critica. Ho chiesto a Williams cosa ne pensa­ va di uno spettacolo costruito per costrin­ gere le persone a tirare fuori lo smart­ phone e a puntarlo sul megaschermo per Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Stati Uniti due ore di fila. All’inizio sembrava condi­ videre la mia perplessità. La gente non canta più ad alta voce come una volta, mi ha detto, perché deve filmare. Mi ha spie­ gato che per il recente spettacolo da soli­ sta di Bono a New York aveva deciso di vietare i cellulari, per permettere che si creasse un’atmosfera intima tra il pubbli­ co e l’artista. Ma alla sfera di Las Vegas ha deciso di assecondare la tendenza a usare gli smar­ tphone. “La documentazione del mio la­ voro è fatta in gran parte da persone che non conosco”, mi ha detto. “Persone che alla fine sono anche dei collaboratori”. Ha descritto la serie di spettacoli alla Sphere come una versione estrema della musica dal vivo di oggi: un “gigantesco progetto di archiviazione di gruppo, in cui lavoriamo con il pubblico per accu­ mulare prove”. La sua risposta era allo stesso tempo bella e disarmante. Fissarsi su ciò che ab­ biamo perso diventando dipen­ denti dagli schermi significa ignorare la gioia che deriva dal condividere la propria espe­ rienza con gli altri. E significa ignorare quella sensazione di partecipazione, quello scambio tra musi­ cisti e spettatori così imprevedibile che nessuna delle due parti sa esattamente cosa farne. Se ci guardiamo intorno, possiamo farci un’idea di come potrebbe essere questo rapporto. Nelle ultime settimane ho visto i video di Fred Again, un dj bri­ tannico i cui spettacoli dal vivo mescola­ no senza soluzione di continuità immagi­ ni riprese con gli smartphone e spezzoni presi dai social network. Enormi schermi a led sorvolano la folla, a volte proiettan­ do un video in diretta del pubblico ripreso dall’alto. Anche questo è un effetto Droste all’ennesima potenza, una rappresenta­ zione dell’alchimia che rende le sue per­ formance così vive: un misto di musica e mezzi di comunicazione. “Si potrebbe dire che il vero spettaco­ lo lo fanno loro”, ha detto Williams a pro­ posito dei filmati registrati dagli spettato­ ri nella sfera e poi postati su internet. “L’esibizione vera e propria, la perfor­ mance, è fugace. Esiste solo attraverso queste piccole clip fatte da persone che non incontreremo mai”. La Sphere potrebbe essere il futuro dell’intrattenimento dal vivo. Questo non vuol dire che strutture simili saranno costruite in altre città. In realtà, il proget­

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to di Las Vegas sembra già in crisi: in due mesi l’azienda che lo gestisce ha registra­ to una perdita di 98,4 milioni di dollari (90 milioni di euro) e il suo direttore fi­ nanziario si è dimesso a novembre. Ma il modello economico è irrilevante. La sfera è il distillato di un rapporto in evoluzione tra arte, artista e tecnologia, a metà strada tra un caldo abbraccio e una resa definitiva agli schermi. È un omag­ gio al modo in cui i telefoni sono diventa­ ti un’estensione del nostro corpo e alle loro registrazioni della realtà come forma di consumo e partecipazione. La sfera suggerisce che documentare e vivere so­ no ormai due concetti inestricabili.

Il pulsante rosso Ho cominciando il mio viaggio pensando che avrei criticato la Sphere e tutto ciò che rappresenta: i nostri telefoni come appendici, la nostra vita mediata dagli schermi. Ci sono molte cose che non mi piacciono: l’impersonale appa­ riscenza del luogo, le bibite alla tequila da trenta dollari, il con­ sumo enorme di elettricità. Ma devo anche dire che la struttura è straordinaria, nello stesso modo in cui è straordinario il Super bowl, la finale del campionato di football ame­ ricano. È sgargiante, eccessivamente commerciale, e fichissima. Una nuovissi­ ma esperienza sensoriale che non richie­ de l’assunzione di farmaci. Ho aspettato tutta la sera per ascoltare il pezzo che mi ha portato fino a Las Vegas. Quando sono partite le prime note di Where the streets have no name, il mio vicino di posto, un uomo di sessan’anni arrivato da Londra, si è chinato verso di me. Mi ha detto che il primo concerto del­ la sua vita, 43 anni prima, era stato in una piccola sala all’università di Exeter. Suo­ nava la stessa band che era di fronte a noi in quel momento. Il suo volto era illumi­ nato dal tenue bagliore dello schermo del suo cellulare e ho notato che aveva le la­ crime agli occhi. Mi sono guardato intorno e ho visto la stessa cosa ovunque: dietro tutti quegli schermi c’era un mare di occhi lucidi e di sorrisi felici. Mi sono avvicinato per chie­ dere per chi stesse registrando il concer­ to. “Per me”, ha detto. “Per ricordare quanta strada abbiamo fatto entrambi”. Mi ha sorriso e si è voltato verso lo spetta­ colo. A quel punto non ho potuto farne a meno: ho tirato fuori dalla tasca il telefo­ no e ho premuto il piccolo tasto rosso per registrare. ◆ svb

L’opinione

Il futuro è già vecchio a Sphere di Las Vegas pre­ annuncia un futuro in cui l’architettura non sarà sem­ plicemente subordinata alle esigenze dell’immagine ma sarà un unico dis­ play elettronico continuo”, scrive Aa­ ron Timms su The Baffler. “L’Arabia Saudita sta preparando la risposta: il Mukaab, un cubo di quattrocento me­ tri per lato, che sarà costruito a Riya­ dh e dovrebbe diventare il più grande edificio del mondo. Avrà un gigante­ sco cono centrale per ‘l’intratteni­ mento esperienziale’ che trasporterà i visitatori ‘in nuovi mondi’”. Questa corsa a chi costruisce il dis­ play di nuova generazione più grande ci parla di un futuro in cui la realtà, sempre più spesso, non è solo media­ ta ma anche vissuta attraverso gli schermi. “Queste strutture che pre­ tendono di ridefinire il futuro, di su­ perare i confini, di espandere le possi­ bilità dell’intrattenimento dal vivo, sono innovative solo a livello di distri­ buzione”, continua il giornalista. “I contenuti che propongono al pubblico sono quasi tutti nostalgici e antiquati: il tour senza fine degli U2, una band che ha pubblicato il primo disco nel 1980, o le mostre interattive su Van Gogh e David Hockney. Forse con il tempo arriveranno degli artisti capaci di sfruttare al meglio i 1.586 altopar­ lanti della sfera, usandoli per creare uno stile originale, come i registi della nouvelle vague francese sfruttarono la cinepresa leggera per sperimentare un nuovo linguaggio cinematografico. Ma sembra improbabile. L’intratteni­ mento nella sfera, come in molti altri spazi della cultura popolare di oggi, rifletterà inevitabilmente le preferen­ ze e gli interessi di un numero ristret­ to di persone che hanno i mezzi per fi­ nanziarlo. Si prospetta un mondo di encefalizzazione elettronica, in cui l’arte – o quello che ne rimane – rinun­ cia alla sua aspirazione alla trascen­ denza e diventa il dominio di cianfru­ saglie scultoree stile Burning man e di ‘esperienze’ audiovisive senz’anima. Un parco a tema infantile di estasi ed effetti”. ◆

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Portfolio

La mia amata Cambogia Il fotografo Kim Hak da più di dieci anni racconta il suo paese, fra le tracce del passato e le trasformazioni del futuro, scrive Christian Caujolle a Cambogia non è solo i templi di Angkor Wat e i campi della morte dei Khmer rossi”. Il fotografo cambogiano Kim Hak, 42 anni, vuole offrire un nuovo sguardo sul suo paese, ancora oggi conosciuto soprattutto per i monumenti del glorioso passato e per il genocidio in cui, tra il 1975 e il 1979, morì un quarto della popolazione (all’epoca di circa sette milioni di persone) di questo piccolo territorio del sudest asiatico. Dal 2012, per la serie My beloved, Hak è spesso in viaggio per documentare la varietà dei paesaggi cambogiani: lungo il Mekong, intorno al lago Tonlé Sap, spingendosi a sud verso il mare e le province costiere, e a nord al confine con il Laos, fino alla provincia del Ratanakiri, vicino al Vietnam. Kim Hak conosceva bene la Cambogia già prima di cominciare questo lavoro, che è ancora in corso. Anzi, è forse uno dei pochi cambogiani ad averla girata tanto, nonostante le infrastrutture stradali non siano sempre in buono stato. Nato nel 1981 nella città di Battambang, nel nordovest del paese, Hak si è diplomato all’istituto tecnico economico della capitale Phnom Penh e ha cominciato subito a lavorare nell’industria del turismo. Per sette anni si è occupato di programmare itinerari turistici, cercando alberghi e ristoranti, e a volte accompagnando i gruppi di visitatori. È stato nel corso di questi viaggi che ha capito di voler fare il fotografo. Ha frequentato diversi laboratori in Cambogia e nel sudest asiatico per poi dedicarsi completamente a questa professione, con cui però è difficile mantenersi. La sua passione per la fotografia risale a quando era bambino e aveva scoperto le foto di famiglia, piccole e magnifiche stampe in bianco e nero degli anni sessanta. Ritraggono soprattutto suo padre, un intellettuale arrivato da Battambang a Phnom Penh per

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Rapide sul Mekong, alla frontiera con il Laos. Sopheakmit, nella provincia di Preah Vihear

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studiare. Hak le conserva gelosamente. Nelle foto si vede il padre con i suoi compagni di classe e i suoi professori durante le gite scolastiche, o durante un picnic all’università di agraria. La collezione comprende anche foto di amici e familiari dei suoi genitori, e qualche immagine inviata da un amico che aveva continuato gli studi a Parigi. Il valore della memoria Le fotografie di quegli anni sono una rarità. Quando i Khmer rossi presero il potere le misero al bando, accusando chi le possedeva di essere un privilegiato e quindi un nemico da eliminare, come nel caso del padre di Kim Hak, funzionario del governo a Battambang e amico di personalità e celebrità dell’epoca, tra cui attrici famose. Ecco perché tante immagini di quel periodo furono bruciate. Anche la madre di Kim Hak distrusse una parte di quelle che possedeva la sua famiglia, ma non riuscì a farlo con le più intime. Come

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molti altri cambogiani, corse il rischio e le avvolse in un telo di plastica per seppellirle nel suo villaggio. Fortunatamente, alla caduta del regime di Pol Pot nel 1979 riuscì a recuperarle e oggi rappresentano un piccolo tesoro. Poiché durante la sua infanzia Hak ha sentito la storia del periodo dei Khmer rossi raccontata dai genitori e da altri parenti, gran parte del suo lavoro fotografico è legato a questo dramma collettivo e

“Mi piacerebbe che il mio lavoro fosse apprezzato e compreso più dalle persone comuni che dagli intellettuali”

riflette sul ruolo della memoria. Per esempio, per la serie Alive ha realizzato dei commoventi still life di oggetti di uso quotidiano conservati dalle famiglie in fuga dal regime. In un altro lavoro ha eseguito dei ritratti della diaspora cambogiana; nella serie Someone ha fatto posare le persone in edifici di epoca coloniale che rischiano di andare distrutti, in particolare quelli costruiti negli anni cinquanta da architetti cambogiani e francesi nella località balneare di Kep, dove se ne trovano più di 150. In seguito, usando una luce dalla tonalità arancione, ha documentato le cerimonie legate alla morte del re della Cambogia Norodom Sihanouk nel 2012, da cui poi ha tratto il libro Unity, autopubblicato. Anche la serie My beloved è legata alla memoria. Cominciata come un viaggio privato, a volte con familiari o amici, è diventata un modo per osservare lo stato del paesaggio cambogiano. Spesso a bordo di una moto, Hak è tornato in luoghi

Sopra: Oromis, nella provincia di Ratanakiri, nel nordest della Cambogia. Tombe di uomini della tribù. Qui accanto: traghetti in partenza per il fiume Mekong e il lago Tonlé Sap ad Arey Ksat, nella parte orientale di Phnom Penh. A pagina 72: Srah Damrei, la montagna di Kulen, provincia di Siem Reap. Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Saline ad Angkol, provincia di Kep

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che già conosceva, ne ha scoperti di nuovi, alcuni incontaminati, che gli sono apparsi molto vulnerabili. “Tornando dopo cinque anni in alcuni posti in cui ero stato, mi sono imbattuto in cambiamenti enormi. Alcuni luoghi erano irriconoscibili, altri erano addirittura scomparsi. La Cambogia sta vivendo una transizione molto rapida e in alcuni territori le trasformazioni hanno assunto un carattere spettacolare. Poiché non ci sono leggi per la protezione del paesaggio, tutto è possibile, anche le cose peggiori. Nelle zone umide intere foreste sono morte a causa della costruzione di dighe, altrove sono state abbattute per fare spazio a nuove piantagioni, le montagne sono scavate o completamente distrutte per estrarre le pietre usate per la costruzione di strade ed edifici, i villaggi dei pescatori sono stati spostati per fare spazio a luoghi di villeggiatura; dove prima crescevano gli alberi ora si costruiscono strade, e tanti altri terreni sono in vendita e chissà cosa diventeranno”. Inquadrati con precisione ma senza effetti particolari, contemplati sotto una luce omogenea e una piacevole vibrazione cromatica, alcuni paesaggi si presentano come un elogio alla natura, mentre altri mostrano le nuove costruzioni. “Ho deciso di fotografare paesaggi puri, come se fossero dei ritratti, invece di seguire un approccio più concettuale o astratto. Mi piacerebbe che il mio lavoro fosse apprezzato e compreso dalle persone comuni più che dagli intellettuali. Con My beloved vorrei mostrare le immagini della Cambogia di oggi, attraverso i suoi paesaggi incontaminati, ma anche quelli in pericolo e in via di trasformazione. My beloved è una lettera d’amore per il mio paese”. u adr

Da sapere Il festival u La serie My beloved del fotografo cambogiano Kim Hak è esposta alla galleria dell’istituto francese in Cambogia fino al 7 gennaio 2024. La mostra fa parte della quattordicesima edizione del festival Photo Phnom Penh. Quest’anno il programma prevede il coinvolgimento di diciannove artisti provenienti da Francia, Taiwan e Cambogia. Tra loro, Denis Dailleux, Olivia Gay, Chang Chao-Tang. L’obiettivo del festival è instaurare scambi tra artisti europei e asiatici, e favorire l’emergere di una nuova generazione di fotografi, in un paese ancora provato dal genocidio dei Khmer rossi.

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Il potente messaggio di pace che si cela dietro la nascita del presepe

Il grande racconto della geografia immaginaria nel Medioevo

Il fascino e la storia delle perle tra corti sfarzose e mari lontani

A Natale regala storie

Lo straordinario patrimonio lessicale dell’italiano

www.mulino.it

Una galleria di figure femminili fuori dal comune

Una formidabile guida alla buona politica

Ritratti

THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO

Dan Carter a Oshawa, in Canada, 2 novembre 2023

Dan Carter Vite ai margini Ian Austen, The New York Times, Stati Uniti. Foto di Ian Willms

È il sindaco di Oshawa, in Canada. Da giovane era un senzatetto tossicodipendente. Oggi vuole aiutare le persone che vivono per strada i sono politici – quasi tutti – che cercano di dare il massimo risalto al loro curriculum e di presentare nel miglior modo possibile la loro vita. E poi c’è Dan Carter. “Per diciassette anni sono stato una persona orribile”, dice il sindaco della città di Oshawa, in Canada. “Ho mentito, imbrogliato, perfino rubato”. Senza fissa dimora e tossicodipendente dall’adolescenza fino ai 31 anni, e so-

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stanzialmente analfabeta a causa di una grave dislessia, non ricorda neppure quanti lavori ha perso in quel periodo. E aggiunge: “Non avevo competenze, capacità, nessuna istruzione, niente di niente”. Ma forse è stato proprio il suo passato atipico a sedurre i cittadini di Oshawa, una città di 175mila abitanti vicino al lago Ontario, che l’hanno eletto sindaco per la prima volta nel 2018. Poteva mettere in campo la sua esperienza per affrontare i

problemi più urgenti della città. Questi sono scritti con pennarelli colorati su una lavagna nella sala riunioni accanto all’ufficio di Carter: i casi di overdose (398 nel 2022); le persone senza fissa dimora (circa 350); il costo delle overdose per la città (lo scorso anno più di mezzo milione di dollari canadesi, circa 341mila euro). Accanto a questo elenco c’è un grafico con i progetti del sindaco per cambiare le cose. “Richiederà molti soldi e molto personale, ma è quello che serve”, dice Carter, 63 Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Ritratti anni, durante una passeggiata intorno al municipio. “Oppure possiamo continuare in questo modo”, aggiunge indicando un parchetto in cui diversi senzatetto si ritrovano al freddo.

Due possibilità Nato nella provincia del New Brunswick, Carter fu adottato da una famiglia di Agincourt, un villaggio rurale assorbito dalla periferia di Toronto, in Ontario. Aveva difficoltà a stabilire un rapporto con il severo padre adottivo. Il loro unico legame era un programma radiofonico di attualità: dopo ogni puntata lui e il padre discutevano di politica. La dislessia, che non gli fu diagnosticata durante gli anni della scuola, gli rendeva quasi impossibile imparare. Ma aveva un ottimo rapporto con i tre fratelli maggiori, soprattutto con Michael, che faceva il poliziotto. La sua morte a 28 anni in un incidente in moto sconvolse Carter, che all’epoca ne aveva tredici. Alla veglia funebre di Michael gli amici gli fecero scoprire l’alcol, innescando una spirale autodistruttiva. “Sapevo solo che l’alcol mi dava le cose che desideravo disperatamente”, dice. “Quando bevevo ero sicuro di me, mi sembrava di essere divertente, carismatico, non dovevo pensare ai miei fallimenti”. L’alcol, racconta, lo aiutava anche a dimenticare di essere stato violentato a sette anni da un uomo in un distributore di benzina, mentre consegnava i giornali. Ancora oggi non sopporta l’odore della benzina e del gasolio. Carter si è sempre sentito a suo agio in un campo: “Sono bravo a parlare e vendere”. Con addosso vestiti nuovi, e mentendo sulla sua vera età, a quattordici anni cominciò a lavorare nel commercio al dettaglio. Ma l’alcol e le droghe si mangiavano tutti i suoi guadagni. Rimbalzò da un impiego all’altro fino a non trovare più nessuno disposto ad assumerlo. E così dagli appartamenti in affitto passò alle stanze, dalle stanze ai divani degli amici, fino alle strade di Toronto. A 31 anni, senza amici e lontano dalla famiglia, per disperazione chiamò sua sorella Maureen, che viveva a Toronto. Donna d’affari di successo, lo invitò a casa sua. Una volta arrivato, racconta Carter: “Mi diede uno schiaffo sulla testa e mi disse: ‘Hai due possibilità. O ti disintossichi, oppure muori oggi’”. I programmi locali per il trattamento delle dipendenze erano pieni, perciò Maureen portò il fratello a Los Angeles.

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Quell’esperienza, dice Carter, gli fece capire una cosa importante: per curarsi dalle dipendenze serve tempo. Il suo trattamento durò un anno. “Se avessi seguito un programma terapeutico per 21 o 28 giorni, posso dirvi che non sarei qui oggi”, afferma il sindaco. Al suo ritorno Carter lavorò in un centro scommesse, dove un giorno un attore gli disse che la sua voce avrebbe funzionato bene in televisione. Quell’idea cominciò a frullargli in testa. Non aveva esperienza, ma riuscì a convincere una tv a fargli condurre un talk show. In seguito creò una società di produzione, e usò i soldi ereditati dal padre per darle una sede. Convinse un’emittente più grande a trasmettere il programma. All’inizio la paga di Carter era una quota delle entrate pubblicitarie. Il Dan Carter show lo rese una vera celebrità locale, e gli ospiti del programma gli garantirono l’istruzione che gli era mancata. La sua fama e i legami politici che aveva costruito gli hanno permesso di essere eletto sindaco nel 2018, con circa due terzi dei voti. Nel 2022 è stato rieletto con un margine simile. Da primo cittadino, Carter ha continuato a lavorare sulla sua scarsa istruzione: leggere e scrivere restano un problema. Per questo si ritaglia del tempo extra per occuparsi dei documenti in municipio. Dan Walters, un professore universitario che incontrò Carter vent’anni fa mentre faceva delle ricerche per l’Ontario tech university di Oshawa, racconta che anche prima di entrare in politica ci sapeva fare con le persone. “È un bravo showman”, dice Walters. “Ma è anche una persona autentica e stimolante. Credo che la gente lo consideri un leader, e lui lo è”. Il programma politico di Carter è andato oltre l’emergenza abitativa e la lotta alle tossicodipendenze. Qualche giorno prima di prestare giuramento come sindaco, la General Motors ha annunciato che avrebbe chiuso la produzione di auto in città dopo più di un secolo. “Non ho

Biografia u 1960 Nasce in Canada. u 1991 Dopo aver vissuto per anni in strada, si trasferisce dalla sorella e si disintossica da alcol e droghe. u 2014 Si candida alle regionali ed è eletto consigliere nella municipalità di Durham. u 2018 È eletto per la prima volta sindaco di Oshawa con il 69 per cento dei voti.

mai criticato pubblicamente la General Motors”, dice Carter. “Piuttosto, abbiamo lavorato sodo per farla tornare in città”. Lo stabilimento ha riaperto nel 2021 e oggi dà lavoro a circa 3.400 persone, mentre prima della chiusura erano 2.500. Anche da sindaco, Carter ha capito che non può fare più di tanto per le dipendenze e i problemi di salute mentale. “La mia frustrazione è che devo lavorare all’interno di un sistema che ha una logica tutta sua”, spiega. Quello che può fare è tentare di cambiare la percezione dei cittadini rispetto ai senza fissa dimora e a chi ha problemi di salute mentale. “È come se queste persone fossero invisibili”, dice. Per aiutare i senzatetto ha fatto mettere dei bagni chimici in centro città. Ma il piano è fallito quando alcuni bagni sono stati incendiati e altri venivano usati per iniettarsi droga o per la prostituzione. Alla fine ha deciso di finanziare la costruzione di nuovi servizi igienici pubblici in un dormitorio. È anche riuscito a ottenere i fondi per 27 piccole unità abitative, ma non per la presenza di personale 24 ore su 24, che secondo lui era necessaria. Poi c’è stato un omicidio. “Sono disgustato da questa cosa”, dice. “Ma non ho nessuna intenzione di arrendermi”. Nel 2022 è stato criticato per aver assunto delle guardie private che sorvegliavano il centro di Oshawa. Sosteneva che erano lì solo per assistere le persone senza dimora, ma chi criticava questa scelta parlava di molestie. Le guardie sono state sostituite da assistenti sociali.

La prima cosa Negli ultimi anni Carter ha avuto anche problemi personali. Sua sorella Maureen si è suicidata nel 2000. Per il dolore, racconta, ha mandato in rovina il suo secondo matrimonio (poi si è risposato). Ma nessuno dei due episodi, dice, gli ha fatto venire la tentazione di tornare all’alcol e alla droga. Carter ha dichiarato che non si candiderà per un terzo mandato, ma ha promesso che non smetterà di occuparsi delle questioni che l’hanno spinto a entrare in politica. “La gente dice: ‘Il sindaco non ha fatto abbastanza per i senzatetto, non ha fatto questo, non ha fatto quello’”, commenta. “Quello di cui sono sicuro, però, è che ogni giorno, quando mi presento al lavoro, la prima cosa a cui penso sono le persone che soffrono nelle nostre strade”. u fdl

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MARCO TRAVAGLIO

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Lo sci sostenibile Tristan Kennedy, Financial Times, Regno Unito

i vecchi contrabbandieri sarebbe piaciuto”, ci dice Giacomo Casiraghi mentre le nuvole si avvicinano e la neve comincia a cadere a fiocchi pesanti. Stiamo facendo un’escursione sugli sci e siamo sul passo dello Spluga, al confine tra Italia e Svizzera. Una frontiera circondata da vette di tremila metri che ora non riusciamo a vedere. Durante la salita Casiraghi ci racconta che i contrabbandieri aspettavano condizioni climatiche come queste per nascondersi nel villaggio di Montespluga, che sta poco più a valle. “Ogni tanto venivano scoperti dalla polizia ed erano costretti ad abbandonare il carico. Molti qui dicono che in queste montagne, se sai dove cercare, puoi trovare ancora dei tesori”. Raggiungiamo il bivacco Val Loga, una piccola capanna a 2.750 metri, e decidiamo di tornare indietro. Siamo ben oltre la linea degli alberi e il tempo non migliorerà a breve. Condizioni perfette per il contrabbando ma non per inerpicarci fino all’ultimo crinale. Mentre scendiamo lun-

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SVIZZERA St. Moritz Montespluga Locarno Lago di Como

Lago d’Iseo

Lombardia

Lago di Garda

Milano

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go una distesa di neve quasi immacolata mi accorgo con gioia di riuscire a seguire Casiraghi, una guida alpina esperta che conosce le montagne meglio di qualsiasi contrabbandiere. La visibilità non è buona ma la neve è fantastica. Quando le rocce e altri punti di riferimento cominciano a spuntare dalla foschia io e il mio amico Daniele Micheli ci sentiamo più sicuri e acceleriamo a ogni curva. Arrivati in fondo abbiamo il sorriso stampato in faccia e gli occhiali coperti di neve.

Attrezzatura in affitto È nevicato anche il giorno prima, quando da Bergamo siamo arrivati a Montespluga facendo un itinerario che passa lungo la riva orientale del lago di Como (il lato più economico, non quello di George Clooney, mi ha spiegato Micheli) e che dopo 41 tornanti ci ha portato in mezzo alle nuvole. A volte riuscivamo a malapena a scorgere il ciglio della strada. Ogni tanto incontravamo una vecchia rimessa per le carrozze e un campanile che bucava la nebbia. “Le hanno costruite nel seicento, una ogni tre chilometri”, mi ha raccontato poi Giacomo. “La strada era così ripida che i cavalli dovevano essere sempre freschi. Quando c’era una tempesta si suonavano le campane per permettergli di seguire il rintocco e orientarsi”. A prima vista Montespluga, l’ultimo centro abitato prima del confine, non sembrava cambiato molto dall’ultima volta in cui le campane avevano smesso di suonare. Ma, quando abbiamo parcheggiato l’auto davanti a una splendida chiesa del seicento, abbiamo notato qualcosa di strano: una struttura rettangolare con tre facciate in vetro su un lato della vecchia piazza del paese. Una struttura che in quel contesto è aliena come una navicella spaziale e che sulle vetrate ha una parola scritta a caratteri cubitali: Homeland. Homeland si autodefinisce il primo resort lift-free (senza impianti di risalita) d’Europa. È stato inaugurato nel 2023 e gli

TRISTAN KENNEDY (FINANCIAL TIMES)

A Montespluga, in Lombardia, c’è il primo comprensorio sciistico senza impianti di risalita. Pelli di foca per salire e discesa sulla neve fresca

appassionati possono fare undici percorsi diversi per risalire la montagna con gli sci e poi scendere a valle nel paradiso del fuoripista: 36 chilometri quadrati. All’interno della struttura rettangolare che ospita Homeland, il direttore Walter Bossi e il suo collega Eduardo Perego ci hanno mostrato l’equipaggiamento all’avanguardia disponibile per il noleggio: larghi scii da escursione, splitboard e zaini con kit di emergenza per le valanghe (comprendono ricetrasmittenti, pale e sonde). In uno scaffale c’erano le tende da spedizione e sacchi a pelo per tutte le stagioni, per chi volesse dormire in alta montagna. In un angolo era sistemata una rastrelliera per asciugare le pelli di foca, accanto a un bancone dove montare e riparare gli sci. L’idea è venuta a Tommaso Luzzana e Paolo Pichielo, fondatori di un’agenzia di eventi di Milano. “Sono entrambi dei bravi sciatori e durante la pandemia hanno avuto molto tempo libero”, ci racconta Bossi, che ha cominciato a lavorare con loro poco tempo dopo. Il progetto è nato dopo aver letto un articolo sul Bluebird

Nicola Ciapponi, guida alpina, durante una discesa in neve fresca. Montespluga, Lombardia spiega che per la prima volta da anni l’albergo è aperto nella stagione invernale. “Negli anni cinquanta e sessanta c’erano quattro alberghi, quassù”, racconta Fausto. C’era anche un impianto di risalita. “Quando la strada era chiusa i turisti arrivavano sulle slitte trainate dai cavalli”. Ma all’inizio degli anni ottanta le presenze sono diminuite. Gli altri alberghi chiudevano uno dopo l’altro e l’impianto di risalita è stato smantellato. Montespluga è diventato una specie di paese fantasma. Fino all’arrivo di Homeland. “Ci ho creduto fin dall’inizio”, spiega Kikka Gramigna, arrivata dalla casa di villeggiatura, che sta nelle vicinanze, per cenare all’Albergo della Posta. “I miei genitori vengono qui dal 1947. Frequento questo posto da settant’anni.” Quando è stato inaugurato Homeland, Gramigna ha letto su Facebook diverse lamentele perché la struttura occupava parte dello spazio destinato ai parcheggi, ma lei approva l’iniziativa, nonostante abbia deciso di smettere di sciare. “Stanno riportando la vita in paese. I turisti arrivano dalla Germania, dall’Austria e da molti altri posti. La loro passione ci fa solo bene”.

Il lago ghiacciato Backcountry, un resort per escursioni con gli sci nel Colorado, negli Stati Uniti. L’industria sciistica italiana è stata colpita duramente dal cambiamento climatico. Molti alberghi hanno chiuso. Secondo un rapporto pubblicato nel 2023 da Legambiente, oggi sono 249 gli impianti di risalita dismessi e 138 quelli chiusi temporaneamente. Le località sciistiche italiane dipendono dalla neve artificiale più di quelle di altri paesi. Ma gli impianti di risalita e i cannoni da neve consumano enormi quantità di energia. Le escursioni sciistiche offrono un’alternativa. “Ci siamo innamorati di questa versione sostenibile del turismo con gli sci, basata solo sulle forze dell’essere umano”, ci spiega Bossi. I tre sapevano che Montespluga, a due ore e mezza da Milano, aveva un potenziale enorme grazie a un terreno ideale e a precipitazioni nevose invidiabili. Questo tipo di ecoturismo escursionistico può essere costoso, ma offrendo un noleggio a prezzi ragionevoli (55 euro al giorno per gli sci, gli scarponi e le pelli o 65

euro per il pacchetto che comprende il kit per le valanghe), Homeland spera di renderlo più accessibile. L’azienda di Giacomo Casiraghi, Mountain 360 Guide, offre corsi sulla sicurezza e lezioni per i principianti (entrambi a partire da 100 euro al giorno a persona). Un vecchio albergo del paese, l’Albergo della Posta, resta aperto durante l’inverno per accogliere gli sciatori. “Questa era la vecchia sede della dogana”, ci spiega il direttore dell’albergo Christian Sala. Una volta ispezionati, i carichi venivano trasportati lungo il passo innevato a dorso di cavallo. “Il mio bisnonno aveva dei pony per i trasporti invernali. Il palazzo diventò un albergo alla fine dell’ottocento, e mio nonno lo acquistò nel 1955. La mia è la terza generazione di albergatori”. L’Albergo della Posta è arredato splendidamente, con mobili antichi e teste di animali impagliate. L’atmosfera non potrebbe essere più diversa da quella della struttura futuristica di Homeland, ma è evidente che la collaborazione tra Sala e Bossi è ottima e ha portato benefici a entrambi. Fausto, padre di Christian, ci

Nel nostro ultimo giorno a Montespluga, il sole del mattino colora di porpora i cumuli di neve fresca. Gli sciatori arrivati dalle vicinanze e da Milano sapevano che ci sarebbe stato bel tempo. Bossi e Perego, anche se non è prevista nessuna lezione, sono occupati ad affittare paia di sci e splitboard, a indicare i percorsi sulla mappa e a dare consigli a tutti. Le vele colorate degli adepti dello snowkiting (uno sport in cui ci si fa trainare da grandi acquiloni sulla neve) sorvolavano la pianura ghiacciata del lago di Montespluga. In un paio d’ore conto un centinaio di escursionisti lungo il percorso principale che porta fuori dal paese. Accompagnati da Nicola Ciapponi, collega di Casiraghi, ci allontaniamo dall’itinerario più battuto, dirigendoci verso un pendio più tranquillo, sul versante nord della vallata. Lì la neve sarà migliore, ci spiega Ciapponi. Ma mentre saliamo e osserviamo gli altri gruppi che scelgono il loro percorso capisco che la bellezza di Homeland sta nella totale accessibilità. Non c’è bisogno di “sapere dove guardare”. I tesori sono ovunque. ◆ as Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Graphic journalism Cartoline dalla Bulgaria

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Kalina Muhova è un’illustratrice e fumettista bulgara nata nel 1993 a Sofia. I suoi ultimi libri a fumetti sono Diana sottosopra (Canicola 2019) e Odio l’estate (Rulez 2023). Vive e lavora a Roma. Il suo sito è kalinamuhova.com Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Gennaio

In edicola e agli abbonati da venerdì 22 dicembre. In omaggio con il prossimo numero di Aprile

Ponzi Marzo

Febbraio

2 0 2 4 Emiliano

Agosto

Luglio

Giugno

Maggio

e Dicembr

bre Novem

Ottobre

e Settembr

Calendario a. ionale sp ionale. Internaz Internaz Editore o 1543 di Mauro. al numer anni De Allegato 1 Verona bile Giov ri 15, 3713 responsa Mondado Direttore spa, via Elcograf Stampa

Un anno con le illustrazioni di Emiliano Ponzi

Film, libri e musica del 2023 ANDREA DE SANTIS (3)

I venti film scelti da Richard Brody, critico cinematografico del settimanale The New Yorker. I cento libri selezionati dai critici dell’inserto letterario del New York Times. I migliori brani secondo i giornalisti musicali del quotidiano The Guardian.

Schermi, pagina 86

Libri, pagina 91

Suoni, pagina 99 Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Il meglio dell’anno

Schermi

01 DISTRIBUTION

Killers of the flower moon

1. Killers of the flower moon Firmato da Martin Scorsese, è un colossale adattamento dell’inchiesta condotta da David Grann (Gli assassini della terra rossa, Corbaccio) sulle violenze compiute dai bianchi per impossessarsi delle ricchezze petrolifere dei nativi osage. Scorsese interpreta la storia americana come un complotto criminale e la distilla in un dramma di misteri coniugali, inquietanti e carichi di significato quanto quelli di Eyes wide shut.

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2. Asteroid City Wes Anderson presenta la sua visione romantica e in filigrana di una famiglia in lutto e di un’attrice solitaria nell’ambiente fantascientifico di una conferenza per giovani astronomi. E lo fa attingendo alla bizzarria degli anni cinquanta, un complesso di problemi nascosti alla luce del sole nei film e nella paranoia politica dell’epoca.

3. Barbie L’irrefrenabile ispirazione, frivola ma di solidi princìpi,

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presente nel film di Greta Gerwig – una visione di sincera passione simboleggiata dal gioco dei bambini e dal potere progressista dell’immaginazione delle ragazze – è la prima vera manifestazione della sua arte e segna l’avvento di una nuova dimensione del cinema.

4. All dirt roads taste of salt Raccontando mezzo secolo nella vita di una donna del Mississippi rurale, il film

d’esordio di Raven Jackson unisce le memorie familiari e l’eredità storica a un melodramma romantico mozzafiato, con un audace controllo del tempo e un’estrema sensibilità.

5. Showing up Partendo dalla modesta premessa di una scultrice che prepara i suoi lavori per una mostra lavorando nel frattempo in una scuola d’arte, Kelly Reichardt esplora i legami e i conflitti di una comunità coesa, il peso della

produce un vertiginoso ed estatico senso di liberazione.

SIGHT UNSEEN

Venti film usciti negli Stati Uniti nel 2023 scelti da Richard Brody, critico cinematografico del settimanale statunitense The New Yorker CINQUE DOCUMENTARI SCELTI DA SERGIO FANT

7. Civic Nei venti minuti del cortometraggio di Dwayne LeBlanc si trovano stile ed esperienza in abbondanza per un lungometraggio. Il classico racconto del ritorno a casa di un ragazzo (fino a South Central Los Angeles) poggia su un coraggioso e originale senso della forma.

8. A thousand and one L’esordio cinematografico di A.V. Rockwell racconta due decenni nella vita di una madre e di suo figlio ad Harlem, illustrando vividamente il fervore della vita di famiglia e la fragilità dei suoi legami nel contesto della pressione sulle comunità, di cui fanno parte l’attività persecutoria della polizia, la gentrificazione e il trauma del carcere.

9. Earth mama Il debutto di Savanah Leaf racconta il dramma di una ragazza che cerca di riottenere l’affidamento dei suoi figli e di mantenere un legame con l’ultimo nato, regalando allo

Mstyslav Chernov 20 days in Mariupol

A thousand and one spettatore alcuni dei primi piani più espressivi realizzati in tempi recenti, insieme a un’analisi acuta degli ostacoli burocratici che una donna nera deve affrontare per tenere unita la famiglia.

10. Pinball: the man who saved the game Per il loro primo film, Austin Bragg e sua sorella Meredith hanno drammatizzato uno straordinario capriccio della storia: la prolungata illegalità del flipper a New York e la sua legalizzazione, a metà degli anni settanta, grazie al lavoro di un giornalista che amava il gioco. Il film usa una complessa struttura narrativa per ricreare un’epoca in modo agrodolce e vibrante.

11. La meravigliosa storia di Henry Sugar; Il cigno; Il derattizzatore; Veleno

Paul B. Preciado Orlando Un film che come il suo autore e i suoi protagonisti sfida coraggiosamente ogni classificazione: saggio, documentario, adattamento, commovente poetico manifesto transgender.

Anna Hints Smoke sauna sisterhood Nelle saune baltiche (diverse da quelle finlandesi) una comunità di donne, tra vapori e sudori, condivide momenti di sorellanza e confronto su sessualità e femminilità.

Con questo quartetto di

Nicolas Philibert Sur l’Adamant

famiglia e le proficue frustrazioni di una vita che sconfina nell’arte. Raramente le profondità dell’animo di un’artista sono state filmate in modo migliore.

Le giornate di un centro diurno psichiatrico parigino, ospitato in un futuristico barcone ormeggiato sulla Senna.

Wang Bing Youth (Spring)

MPI ORIGINAL FILMS

6. Passages In questo turbolento melodramma ambientato a Parigi – in cui un regista tedesco sposato con un uomo britannico s’innamora di una donna francese – lo statunitense Ira Sachs infonde fiumi di emozioni violentemente mescolate e

Tra i papabili al prossimo Oscar per il miglior documentario, il resoconto in presa diretta dell’assedio della città ucraina durante la prima fase dell’invasione russa.

Immersione nelle infinite giornate degli operai del distretto tessile cinese di Liming, tra denuncia dello sfruttamento e celebrazione della giovinezza. Pinball Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Il meglio dell’anno

Schermi Alice Rohrwacher La chimera Intorno a una storia di donne e uomini speciali, con il suo stile unico e libero Alice Rohrwacher ha creato uno spazio magico, una comunità senza tempo aperta a tutti.

Matteo Garrone Io capitano Il viaggio di due giovani senegalesi verso il sogno dell’Europa, raccontato con il respiro epico di un’Odissea contemporanea.

Marco Bellocchio Rapito La storia vera di un bambino ebreo sottratto alla sua famiglia dalla chiesa cattolica fornisce l’ennesima prova della libertà espressiva del decano dei registi italiani.

cortometraggi adattati dalle opere di Roald Dahl, Wes Anderson inventa un nuovo genere di racconto cinematografico in cui i personaggi sono al contempo narratori e partecipanti all’azione, ritraendo le crudeltà del mondo di Dahl e quelle della vita in generale.

12. Menus-Plaisirs. Les Troisgros A 93 anni, nel suo 44° documentario Frederick Wiseman segue una famiglia di chef proprietaria di tre lussuosi ristoranti nel centro della Francia. Grazie a riprese taglienti e a un montaggio ardito, Wiseman svela il peso della conoscenza (scientifica e culinaria), dell’esperienza (artigianale e amministrativa) e della passione (artistica e personale) sull’attività dei ristoranti, restituendo all’alta cucina un posto nel pantheon culturale.

13. Petite Solange La storia di formazione di un’adolescente in una piccola città francese durante il divorzio dei genitori

comprende una svolta melodrammatica e una grandiosità classica, grazie anche alla direzione composta e perspicace di Axelle Ropert.

Ferrari

14. Ferrari A ottant’anni, Michael Mann firma il suo miglior film da decenni con questa biografia romantica e al contempo intrisa di morte, raccontando quando Enzo Ferrari, negli anni cinquanta, cercò di salvare la sua azienda vincendo un’importante gara automobilistica.

15. Orlando, my political biography Il primo film del filosofo Paul B. Preciado, un adattamento riflessivo e semidocumentaristico dell’Orlando di Virginia Woolf, coinvolge oltre venti attori trans o di genere non conforme nell’interpretazione del personaggio del titolo. Integrando le proprie riflessioni alla storia di Woolf, Preciado ne traspone il dramma nel presente e in un futuro visionario.

01 DISTRIBUTION

TRE FILM ITALIANI SCELTI DA PIERO ZARDO

16. Walk up Il prolifico regista sudcoreano Hong Sang-soo, lavorando con poche risorse e molta spontaneità, ci regala una delle sue storie più vaste – tra conflitti familiari, la frustrazione del fare cinema, la passione per l’arte, la

Televisione Giorgio Cappozzo

Flop In futuro la televisione del 2023 non sarà ricordata. E se mai qualche storico avrà l’uzzolo di raccontarla, userà la parola flop. Per tre ragioni, azzardo. La prima è quella che conta di più: quasi tutti i nuovi programmi sono andati male, hanno deluso le aspettative, provocato malumori tra artisti e dirigenti e indifferenza negli spettatori. Flop anche della politica, con un governo che ha

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buttato nel cestino l’abusata retorica dell’autonomia del servizio pubblico per accaparrarsi tutto l’accaparrabile. E infine il flop del legame, che credevamo indissolubile, tra molti conduttori e quella Rai in cui erano cresciuti professionalmente. Unico motivo di consolazione, in questo desolante panorama è che, a prescindere dalle

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appartenenze ideologiche, dal credo religioso e dall’orientamento sessuale, il flop riguarda tutti. Un clima da tonfo democratico, una livella che non risparmia nessuno. Per citare una bella canzone di Calcutta: siamo Tutti falliti. Anche il successo di Fiorello con Viva Rai2, morning show di ottimi ascolti e buona critica, alla luce del 2023 horribilis perde lo smalto che

merita, trasformandosi in un’isola senza più contatti con la terraferma. Per paradosso, consola di più fallire insieme che trionfare in solitaria. Un flop collettivo suggerisce l’idea che forse possa essere collettiva anche la risalita, mettendo da parte orgogli, personalismi e scorciatoie. Questo almeno è l’augurio per il 2025, perché temo che nel 2024 non cambierà molto. u

I film dell’anno della redazione

Anatomia di una caduta Justine Triet

Aftersun Charlotte Wells

oscurata nell’adolescenza dalle attenzioni quasi ossessive di Elvis e in età adulta dalla sua assenza, viene presentata da Sofia Coppola come un’intensa metafora della sottomissione che la nostra cultura impone alle donne.

19. Il colore viola Blitz Bazawule, regista del Ghana, nella sua seconda opera, si avvicina alla frenesia del musical di Broadway con stile e ispirazione, appoggiandosi alle performance accorate, esuberanti e impeccabili di un cast superbo.

20. Notre corps

confusione della gioventù e il peso dell’età – senza mai allontanarsi da un palazzo di Seoul.

17. Origin Per raccontare la storia del saggio Caste: the origins of our discontents, scritto dalla

giornalista Isabel Wilkerson, la regista Ava DuVernay mescola coraggiosamente i contorni della biografia con gli aspetti documentaristici delle ricerche svolte da Wilkerson.

18. Priscilla La vita di Priscilla Presley,

La chimera Alice Rohrwacher

DIECI FILM (PIÙ UNO) CAHIERS DU CINÉMA Laura Citarella Trenque Lauquen Argentina/Germania

Víctor Erice Cerrar los ojos Spagna/Argentina

Justine Triet Anatomia di una caduta Francia

Steven Spielberg The Fabelmans Stati Uniti

Il documentario della francese Claire Simon, incentrato sul reparto di ginecologia di un ospedale parigino, esplora un’ampia gamma di problemi sanitari e legati al genere – tra cui l’aborto e la chirurgia di riassegnazione del sesso – ed esamina le invasive tortuosità della scienza medica, includendo la sua esperienza personale di ricovero per un cancro. u as

Aki Kaurismäki Foglie al vento Finlandia/Germania

Cyril Schaüblin Unrest Svizzera

Radu Jude Do not expect too much from the end of the world Romania/Lussemburgo/ Francia/Croazia

LE MIGLIORI SERIE TV THE NEW YORK TIMES

The curse

The bear

In generale i remake hanno un po’ stufato, ma questa miniserie è un’eccezione.

Nella seconda stagione la posta si alza.

Scomoda, originale, furba, inquietante e divertente.

che diventa un esercizio di dignità.

Reservation dogs Inseparabili

La serie su un gruppo di giovani nativi deborda sulla vita extraterrestre.

I’m a Virgo

Bella storia su persone che perdono la testa.

Satira selvaggia e divertente su un ragazzo alto quattro metri.

The last of us; Somebody somewhere

Il giurato

Due serie che incredibilmente hanno molto in comune.

Reality show su un finto giurato convocato in un finto processo. Un perfido scherzo

Francia

Catherine Breillat L’été dernier

South side Lo scontro

Rabah AmeurZaïmeche Le gang des bois du temple

Truffatori eccentrici e poliziotti sfortunati intorno a un negozio di Chicago.

Francia

Succession

Francia

Il denaro non ha potuto comprare la felicità della famiglia Roy. Ma le loro miserie non hanno prezzo.

Kelly Reichardt Showing up

Pierre Creton Un prince

Stati Uniti

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Il meglio dell’anno Cento libri usciti nel 2023 e scelti dai critici del supplemento letterario del New York Times

Libri Fiction

Justin Torres

Ispirato all’opera di Saffo, l’esordio di Schwartz racconta una storia alternativa della creatività all’inizio del novecento, centrata su artiste, scrittrici e intellettuali queer che si rifiutavano di accettare i limiti imposti dalla società.

S.A. Cosby All the sinners bleed Nei suoi primi gialli Cosby adattava il genere poliziesco al punto di vista dei fuorilegge. In questo nuovo romanzo, su uno sceriffo nero del sud che cerca un serial killer, si concentra molto sulle indagini.

Paul Murray The bee sting Nel tragicomico e chiassoso romanzo di Murray, una famiglia irlandese un tempo ricca deve vedersela con i postumi della crisi finanziaria del 2008 e con i suoi demoni interiori.

Catherine Lacey Biography of X Lacey riscrive la storia statunitense del novecento attraverso l’audace vita inventata di X, un’artista performativa che dal sud si fa strada nella scena artistica di New York.

Eleanor Catton Birnam wood In questo romanzo ricco di azione, le strade di un collettivo di giardinieri e di un miliardario apocalittico s’incrociano su un terreno che ognuno rivendica.

Justin Torres Blackouts Un romanzo lirico e difficile da incasellare in un genere, vincitore del National book award 2023, che indaga su cosa signi-

JAY L. CLENDENIN (LOS ANGELES TIMES/CONTOUR/GETTY)

Selby Wynn Schwartz After Sappho

fica essere cancellati e come continuare a esistere dopo essere stati spazzati via.

Jessica Knoll Bright young women Nel suo terzo e più maturo romanzo, Knoll sposta l’attenzione dei lettori dal famoso serial killer Ted Bundy alle vite delle donne che ha ucciso. Forse per la prima volta, Knoll minimizza la tanto sbandierata intelligenza di Bundy.

Nana Kwame Adjei-Brenyah Catene di gloria Questa satira, in cui i detenuti si sfidano in tv per ottenere la libertà, rende i lettori complici dei fan assetati di sangue che siedono ai lati del ring. Le brillanti scene di lotta dimostrano quanto può essere facile accettare un mondo così malato.

Abraham Verghese Il patto dell’acqua L’esordio di Verghese dopo La porta delle lacrime segue per 77 anni una famiglia alle prese con le lotte politiche e altri problemi nell’India sudorientale.

Colson Whitehead Manifesto criminale

Isabella Hammad Enter ghost

Tornando al mondo del Ritmo di Harlem, Whitehead usa di nuovo una storia criminale per far luce su un quartiere in un momento topico. In questo caso, Harlem negli anni settanta.

Nel secondo romanzo di Hammad, un’attrice britannica palestinese torna nella sua città natale in Israele. Una messa in scena dell’Amleto in Cisgiordania risveglia la sua coscienza politica.

Stephen Markley The deluge Il secondo romanzo di Markley si misura con la portata e la gravità del cambiamento climatico seguendo un gruppo di scienziati e attivisti dai presagi degli anni di Obama ai super-tifoni del futuro.

Maylis de Kerangal Fuga a est In questo breve romanzo lirico, un giovane soldato russo su un treno transiberiano diserta e chiede aiuto a una passeggera francese.

Heather Fawcett L’enciclopedia delle fate di Emily Wilde Storia di una fata contemporanea dentro un mondo di personaggi strutturati e riccamente disegnati. Fantasy folk che rinnova un vecchio canone.

Alba de Céspedes Quaderno proibito Scrittrice di successo e antifascista, l’italiana de Céspedes è ingiustamente scivolata nell’oscurità. Questo elegante romanzo degli anni cinquanta racconta la storia di una madre la cui vita si trasforma quando comincia un diario segreto.

Zadie Smith L’impostore Basato su un famoso processo dell’ottocento in cui l’imputato è accusato di aver finto di essere un nobile, il romanzo di Smith offre un vasto affresco di Londra e della campagna britannica.

Monica Youn From from Nel suo quarto libro di poesie, un’incursione rapida e intrepi-

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Il meglio dell’anno

Libri da nel razzismo americano, Youn rivolge uno sguardo consapevole al rapporto di amoreodio che la società ha con tutto quello che considera “altro”.

Colson Whitehead

DAVID LEVENSON (GETTY)

James McBride The heaven & earth grocery store

Omero Iliade Nuova traduzione inglese di Emily Wilson, vivace ed espressiva.

Ann Napolitano Hello beautiful

Emma Törzs La biblioteca di sangue e inchiostro

Prendete Piccole donne e spostatelo nella Chicago di oggi, aggiungendoci intrighi, pallacanestro e un ragazzo della porta accanto un po’ diverso.

Le sorelle del delizioso esordio di Törzs sono state cresciute per proteggere una collezione di libri magici. La loro storia accelera come una fuga verso un tenero finale.

Janika Oza A history of burning Straordinario romanzo d’esordio sulla storia di una famiglia allargata indo-ugandese che viene sfollata, ricollocata e poi sfollata di nuovo.

Jenny Erpenbeck Kairos Il profondo e commovente racconto di una tormentata re-

Romanzo polifonico sulla resa dei conti di una famiglia dopo la morte del patriarca in un in-

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LINDA NYLIND (GUARDIAN/EYEVINE/CONTRASTO)

Diana Evans A house for Alice

Basato su una storia vera, il romanzo di Sarr – che racconta di uno scrittore senegalese al centro di uno scandalo per plagio – pone domande acute sullo stato della letteratura africana in occidente.

Uno chef è assunto da una “comunità di ricerca d’élite” nelle alpi italiane, in un futuro in cui gli esperimenti agroalimentari nel cuore dell’America hanno soffocato il pianeta.

Victor LaValle Lone women Western a tinte horror su una donna nera e single arrivata nel Montana per coltivare la terra in un’impervia fattoria. Il baule chiuso a chiave che porta con sé nasconde un terrificante segreto.

Daniel Clowes Monica Nella nuova, luminosa opera di Clowes, la protagonista, abbandonata da piccola dalla madre, vive una vita di disgrazie finché non decide di rintracciare i suoi genitori. Diana Evans

Stephen King Holly Torna l’irascibile detective privato Holly Gibney, questa volta alle prese con un caso di persone scomparse che si trasforma in un racconto di proporzioni dickensiane.

Elizabeth Graver Kantika

C Pam Zhang Land of milk and honey cendio, mentre la vedova, un’immigrata nigeriana, prende in considerazione la possibilità di tornare in Africa.

Racconto intimo e appassionato che si apre con il ritrovamento di uno scheletro umano in un pozzo, negli anni settanta, per poi tornare indietro nel tempo ed esplorare la storia di neri, ebrei e immigrati in una città della Pennsylvania.

Mohamed Mbougar Sarr La più recondita memoria degli uomini

Ispirata alla vita della nonna di Graver, questa saga familiare piena di raffinata immaginazione ripercorre le migrazioni di una ragazza ebrea sefardita dalla Costantinopoli d’inizio novecento a Barcellona, L’Avana e, infine, New York.

Emily Carroll A guest in the house Dopo aver sposato un vedovo, una giovane solitaria si chiede come sia morta la sua prima moglie. Graphic novel che esplora il banale e l’orribile.

lazione tra una giovane e un uomo sposato e più anziano.

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Gabriel Bump The new naturals Una giovane coppia di neri, in lutto per la perdita della figlia appena nata, dà vita a una società utopica. Ma le tensioni interne ed esterne minacciano i suoi sogni.

Daniel Mason North woods Il romanzo segue gli abitanti di una casa nel Massachusetts nel corso dei secoli, dall’epoca coloniale ai giorni nostri: un coltivatore di mele, un abolizionista, un ricco industriale.

Juan Gómez Bárcena Not even the dead Nel Messico governato dagli spagnoli, un ex conquistatore è incaricato di dare la caccia a un profeta indigeno. L’epica ricerca si estende per gran parte del continente e dura secoli, grazie alla capacità dell’autore di piegare tempo e storia.

Szilvia Molnar The nursery “Ero una traduttrice e ora sono un distributore di latte”. Comincia così il brillante romanzo di Molnar su una neomamma a pezzi tra le quattro mura del suo appartamento.

Mariana Enríquez La nostra parte di notte Ammaliante mescolanza di mistero e mito, su una società segreta di ricchi occultisti che cercano di mantenere la coscienza dopo la morte.

I libri dell’anno della redazione

Virginie Despentes Caro stronzo (Fandango)

Cristina Rivera Garza L’invincibile estate di Liliana (Sur)

Salman Rushdie La città della vittoria

Rebecca F. Kuang

M SCOTT BRAUER (GUARDIAN/EYEVINE/CONTRASTO)

La lunga vita di Pampa Kampana, che crea un impero nell’India del trecento. Il suo è un mondo di pace, dove uomini e donne sono uguali e tutte le fedi sono benvenute. Ma la storia che Rushdie racconta è quella di uno stato che continua a non essere all’altezza dei suoi ideali.

Idra Novey Take what you need

Il romanzo d’esordio di Jackson, intelligente e disincantato, immerge i lettori in una famiglia dell’alta borghesia di Brooklyn Heights ponendo la domanda: i soldi possono comprare l’onestà?

Nelle abili mani di Novey, la complessa relazione tra una giovane donna e la sua ex matrigna allude alle tante divisioni dell’America.

Tananarive Due The reformatory

Ispirandosi alla storia di una devastante deportazione avvenuta nel Maine nel 1912, Harding costruisce un racconto lirico sull’immaginaria Apple Island, a un passo dalla distruzione.

L’ultimo libro di Due – su un ragazzo nero detenuto ingiustamente in un brutale riformatorio – è un esame incisivo dei traumi persistenti del razzismo e un avvincente romanzo horror pieno di fantasmi.

Vajra Chandrasekera The saint of bright doors Addestrato a uccidere dalla madre e capace di vedere i demoni, il protagonista dello splendido e lirico romanzo di Chandrasekera fugge dal suo destino di assassino e finisce in una metropoli instabile.

Ed Park Same bed different dreams Agenti che fanno il doppio gioco, aziende sinistre, film violenti, ufo: l’atteso secondo romanzo di Park è ricco di elementi creativi che animano la sua comica e lirica odissea nella storia coreana e nella paranoia americana.

Paul Harding Un altro Eden

Ann Patchett Tom Lake In un tranquillo e rassicurante romanzo cechoviano, rinchiuse nel frutteto di ciliegi di famiglia nel Michigan, tre sorelle e la loro madre, che rimpiange un flirt estivo con una star di Hollywood, riflettono sull’amore e sulla nostalgia.

Ayana Mathis The unsettled Questo romanzo segue nel tempo e nello spazio tre generazioni: una giovane madre che cerca di creare una casa per sé e per il figlio nella Filadelfia degli anni ottanta e sua madre che vive in Alabama e si deve difendere dai suprematisti bianchi.

TRE SAGGI SCELTI DA GIULIANO MILANI Federico Varese La Russia in quattro criminali

Romanzo queer su giornalisti che s’incontrano al lavoro, diventano amici e poi s’innamorano. Sebastian si sofferma su piccoli gesti quotidiani che sono il nostro modo di connetterci agli altri.

Einaudi Per capire la storia della Russia di Vladimir Putin è utile fare un passo nel mondo oscuro della criminalità. È quello che fa Federico Varese analizzando le vite di quattro persone che hanno attraversato la trasformazione della Russia dall’epoca sovietica al regime attuale.

Chetna Maroo Western lane

Nello Cristianini La scorciatoia

Romanzo d’esordio, lucido e disciplinato, su una ragazzina giainista di Londra, che ha appena perso la madre e si dedica allo squash. Una leggiadra narrazione sul dolore.

Il Mulino A differenza degli uomini, i sistemi che oggi chiamiamo intelligenti e che prendono sempre più decisioni sulla nostra vita non risolvono i problemi applicando teorie complesse, ma macinando dati. Una storia della ricerca che ci ha portato all’intelligenza artificiale, utile a comprenderne le potenzialità e i rischi.

Cat Sebastian We could be so good Jenny Jackson Pineapple street

Howard French L’Africa e la nascita del mondo moderno (Rizzoli)

Jamel Brinkley Witness La nuova raccolta di Brinklet, ambientata a Brooklyn, riflette sul significato del vedere e dell’essere visti.

Esther Yi Y/N In questo romanzo bizzarro e pieno di meraviglia, una giovane annoiata e fan di una boy band compra un biglietto di sola andata per Seoul.

Rebecca F. Kuang Yellowface La prima sortita di Kuang fuori dal fantasy è un racconto leggero e dinamico su una donna bianca che ottiene un enorme successo letterario appropriandosi del manoscritto di un’amica asiatica morta.

Paola Caridi Hamas Feltrinelli Organizzazione mutevole, paramilitare e governativa, religiosa e nazionale. Il movimento, che il 7 ottobre con il suo attacco terroristico ha fatto entrare il conflitto mediorientale nella fase più feroce della sua storia, è fin dalla sua nascita un rivelatore delle difficoltà di risolvere la questione palestinese.

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Il meglio dell’anno

Libri Non fiction

Siddharth Kara Rosso cobalto

Rachel L. Swarns The 272

Gran parte del cobalto, essen­ ziale per l’industria tecnologi­ ca, è estratto nella Repubblica Democratica del Congo, in condizioni spesso allucinanti.

La storia delle persone ridotte in schiavitù nelle piantagioni dei gesuiti e vendute nel 1838 per salvare la Georgetown university dalla rovina.

Ben Goldfarb Crossings Per Goldfarb, giornalista am­ bientalista, le strade stravolgo­ no la vita degli animali selvati­ ci ma anche degli esseri umani che abitano città divise in base all’appartenenza razziale.

Yepoka Yeebo Anansi’s gold La storia dell’uomo che ha ri­ voluzionato la truffa delle “commissioni anticipate”, per esempio quelle richieste da un fantomatico principe nigeria­ no che vi renderà ricchi.

Yunte Huang Daughter of the dragon Coinvolgente biografia dell’at­ trice sinoamericana Anna May Wong, dal cinema muto alla tv.

Darrell Hartman Battle of ink and ice Avventura dal ritmo incalzante che riaccende l’acceso dibatti­ to su quale esploratore abbia raggiunto per primo il polo nord e su quale giornale abbia dato per primo la notizia.

Naomi Klein Doppio Dopo essere stata più volte confusa con la studiosa no

Jonathan Rosen The best minds

vax Naomi Wolf, Klein ha tra­ sformato l’esperienza in un sobrio racconto sul fascino del disprezzo e della para­ noia.

Henry Threadgill Easily slip into another world Ardente autobiografia che spa­ zia dalle follie della guerra in Vietnam a una carriera musi­ cale di grande spessore.

Kate Zernike The exceptions Stimolante racconto della lotta per l’equità al Mit e in altre università e storia più ampia delle donne (o della loro as­ senza) nelle discipline stem.

saggio agghiacciante: questo è il risultato inevitabile del cam­ biamento climatico e si ripete­ rà ancora.

Saket Soni The great escape Un attivista per i diritti dei la­ voratori racconta la storia di centinaia di uomini indiani at­ tirati negli Stati Uniti con la promessa di un lavoro e di una green card e finiti in semi­ schiavitù nel Mississippi.

Pico Iyer The half known life Iyer discute con persone di tut­ to il mondo della loro idea di paradiso e offre ore di medita­ zioni stimolanti.

John Vaillant Fire weather

Safiya Sinclair How to say Babylon

Il resoconto puntuale dell’in­ cendio del 2016 a Fort McMur­ ray, in Canada, lancia un mes­

Autobiografia incalzante su un’infanzia rasta e un’adole­ scenza trascorsa a diventare una delle più promettenti poe­ te giamaicane.

John Vaillant

Analisi appassionata del confi­ ne che separa genialità e follia in un avvincente racconto au­ tobiografico sull’amicizia dell’autore con un compagno di studi, ora in prigione per aver ucciso la fidanzata.

Sarah Bakewell Umanamente possibile

Kerry Howley Bottoms up and the devil laughs

Gary J. Bass Judgement at Tokyo

Victor Luckerson Built from the fire Il libro ambizioso, scritto da un giornalista di Tulsa, ripercorre la storia del ricco quartiere ne­ ro della città, Greenwood, de­ cimato dal massacro razzista del 1921.

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LINDA NYLIND (GUARDIAN/EYEVINE/CONTRASTO)

Nel mondo della sicurezza na­ zionale depistatori, combat­ tenti, informatori sono rimasti invischiati nell’etere digitale con telefonate, messaggi o ri­ cerche online.

Bakewell fa confluire sette se­ coli di pensiero umanista in una narrazione vivace, resi­ stendo alle trappole dell’astra­ zione e della semplificazione.

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Il processo per i crimini di guerra giapponesi dopo la se­ conda guerra mondiale ha pla­ smato non solo la moderna po­ litica asiatica, ma anche quella della guerra fredda.

Jonathan Eig King Biografia di Martin Luther King Jr. basata su una mole di documenti governativi di re­ cente pubblicazione, nonché su lettere e interviste. Un libro degno del complesso protago­ nista, titano dei diritti civili.

Naomi Klein

merate in cui Sharpe bilancia la persistenza del razzismo e della violenza con la ricca varietà della vita dei neri.

SEBASTIAN NEVOLS (GUARDIAN/EYEVINE/CONTRASTO)

Michael Schulman Oscar wars Lettura compulsiva che scava nella storia intrisa di scandali degli Academy awards.

Héctor Tobar Our migrant souls Essere latinoamericani negli Stati Uniti, sfatando stereotipi e promuovendo diversità.

Tim Alberta The kingdom, the power, and the glory Dopo il racconto dell’ascesa di Trump nel mezzo di una guerra interna al Partito repubblicano, il giornalista dell’Atlantic si occupa di un’altra istituzione spaccata dall’ex presidente: il movimento evangelico.

Isabel Kershner The land of hope and fear Una corrispondente di lunga data a Gerusalemme illustra il mosaico di comunità e fedi che costituiscono Israele.

Cristina Rivera Garza L’invincibile estate di Liliana Partendo dall’uccisione della sorella, nel 1990, Rivera Garza getta uno sguardo sul femminicidio in Messico.

Carmela Ciuraru Lives of the wives Le relazioni al centro della nuova storia letteraria di Carmela Ciuraru sono accomunate da questioni di ego, potere, competizione e risentimento.

Nicole Chung A living remedy La seconda autobiografia di Chung getta uno sguardo sulla famiglia, la malattia e il lutto, e

su problemi come l’accesso all’assistenza sanitaria, il capitalismo e il razzismo.

Ilyon Woo Master slave husband wife Il libro racconta la fuga dalla Georgia verso nord tentata nel 1848 da una coppia di schiavi travestiti come un coltivatore bianco malato e il suo schiavo.

Claire Dederer Monsters Meditazione a tratti folle su figure culturali polarizzanti come Nabokov e Polanski e sulla lotta per conciliare l’arte con i delitti di chi la crea.

Barbra Streisand My name is Barbra “I’m the greatest star!”, cantava l’attrice in Funny girl, a Broadway nel 1964. Una promessa mantenuta in una corsa folle da Brooklyn a Malibu.

David Waldstreicher The odyssey of Phillis Wheatley Biografia che propone un nuovo punto di vista radicale sulla vita e l’opera della grande poeta nera dell’America coloniale.

Christina Sharpe Ordinary notes Una raccolta di 248 note nu-

Elliot Page Pageboy: la mia storia Resoconto brutale e onesto sulla fama arrivata molto presto, sulle pressioni per adeguarsi e, infine, sulla transizione di genere nel 2020.

Matthew Desmond Poverty, by America Per il sociologo di Princeton la povertà negli Stati Uniti è prodotta anche da scelte e azioni degli americani più fortunati.

Ned Blackhawk The rediscovery of America Ambiziosa riscrittura della storia statunitense fatta da uno storico nativo americano.

William Egginton The rigor of angels Un libro provocatorio che sfida “la natura ultima della realtà” attraverso l’opera di tre figure: Jorge Luis Borges, Werner Heisenberg e Immanuel Kant.

Harvey Sachs Schoenberg Appassionata difesa di Arnold Schoenberg.

Joseph Earl Thomas Sink Thomas descrive in modo semplice e concreto le depres-

TRE ROMANZI ITALIANI SCELTI DA NADEESHA UYANGODA Fabienne Agliardi Appetricchio Fazi L’estate di due fratelli gemelli, Mapi e Lupo, che continuano a tornare nel borgo del sud dov’è nata la loro madre, anche quando smettono di viaggiare. Un libro da leggere per la sua lingua giocosa, divertente, che si discosta da qualunque cosa abbia letto da qualche tempo.

Stella Poli La gioia avvenire Mondadori Sara e Nadia, una psicoterapeuta e la sua paziente, vittima di abusi, sono forse la stessa persona. Il romanzo di Stella Poli riporta il resoconto, le conseguenze, i postumi giudiziari di una violenza, lo fa con prosa ellittica e delicata che si mescola a frasi ruvide, chiuse repentinamente, in una scrittura che si fa riconoscibile.

Greta Pavan Quasi niente sbagliato Bollati Boringhieri Nel romanzo di esordio di Greta Pavan ogni capitolo è un anno nella vita di Margherita e spiega il rapporto con la provincia brianzola tanto dedita al lavoro quanto brutale nella mentalità dove è cresciuta. Affilato, bellissimo, un libro che continua a scavare anche dopo l’ultima pagina.

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Il meglio dell’anno

Libri Prudence Peiffer The slip Da Ellsworth Kelly ad Agnes Martin a Robert Indiana. Bio­ grafia di gruppo sui folli artisti che, a New York, volevano da­ re una risposta all’espressioni­ smo astratto.

Patricia Evangelista Some people need killing Una giornalista filippina rac­ conta la sua inchiesta sulla campagna di omicidi extragiu­ diziali dell’ex presidente Ro­ drigo Duterte.

Lo straordinario percorso dell’ultima di dodici figli in una famiglia di mezzadri, dal Texas razzista alle presidenze dello Smith college e della Brown university.

Mark O’Connell A thread of violence

David Grann The Wager

O’Connell conferisce un tocco letterario e filosofico all’in­ chiesta su un famoso caso di omicidio in Irlanda.

L’ultimo viaggio e il naufragio della fregata britannica Wager al largo delle coste della Pata­ gonia nel 1742 in un racconto avvincente e terrificante.

Jeremy Eichler L’eco del tempo Le opere di Schönberg, Brit­ ten, Šostakovič e Richard Strauss che riflettono sulla guerra mondiale e sull’olocau­ sto inducono a considerare il legame tra musica e memoria.

La cronaca sconvolgente degli

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Tahir Hamut Izgil Waiting to be arrested at night Offrendo un raro scorcio sulla

Ci sono circa 260 specie di gufi sparsi in tutti i continenti, tran­ ne l’Antartide. In questo libro affascinante, Ackerman spiega le peculiarità naturali e cultu­ rali dei gufi.

Anna Funder Wifedom Lo stesso George Orwell, i cui rapporti con le donne erano spesso problematici, ammise di essersi comportato male con la prima moglie, Eileen O’Shaughnessy. Wifedom si concentra su di lei e combina la sua storia con una brillante analisi dell’invisibilità fem­ minile.

Paul Kix You have to be prepared to die before you can begin to live La campagna del 1963 per l’in­ tegrazione a Birmingham, in Alabama, portò a violenze sconcertanti. Paul Kix intrec­ cia queste immagini nel rac­ conto straziante di un momen­ to cruciale del movimento per i diritti civili. u gim

DIECI FUMETTI (PIÙ DUE) SCELTI DA FRANCESCO BOILLE Daniel Clowes Monica Coconino press

Francesca Ghermandi I misteri dell’oceano intergalattico Eris

Joachim Tilloca Lime Oblomov

Gipi Stacy Coconino press

Paolo Bacilieri Piero Manzoni Coconino press

Cammamoro Il giorno perduto Oblomov

Daria Schmitt Il bestiario del crepuscolo Panini Comics

Majid Bita Nato in Iran Canicola

Mia Oberländer Anna Rulez

MARVIN JOSEPH (THE WASHINGTON POST/GETTY)

James B. Stewart e Rachel Abrams Unscripted

Safiya Sinclair

Ruth J. Simmons Up home

L’avvincente storia di un movi­ mento letterario dai suoi primi passi al Nuyorican Poets Cafe nel Lower East Side.

Sharlet ha trascorso un anno a parlare con pastori conservato­ ri, fanatici delle armi e aderen­ ti a QAnon. Il risultato è un eloquente grido di dolore.

Jennifer Ackerman What an owl knows

ultimi anni di Sumner Redsto­ ne, capo della Paramount, è un racconto epico di ricchezza e avidità tossiche.

Joshua Bennett Spoken word

Jeff Sharlet The undertow

vita e la cultura della minoran­ za musulmana uigura, perse­ guitata in Cina, l’autobiografia di un poeta fuggito negli Stati Uniti è un racconto di orrore calmo e moderato.

STEVE CRAFT (GUARDIAN/EYEVINE/CONTRASTO)

sioni quotidiane che ha dovuto affrontare senza perdere il suo spirito o il suo talento creativo.

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Jérémie Moreau I Pizzly Tunué

Rambo Pavone Pamma Coconino press

Camille Jourdy Juliette Oblomov Tahir Hamut Izgil

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Gideon Levy La difesa ipocrita della democrazia israeliana

Scienza Cosa si nasconde negli assorbenti

Visti dagli altri L’arresto di Messina Denaro

Aveva ragione Marx Il capitalismo funziona male. E i suoi problemi peggiorano con chi l’ha sempre difeso propone riforme che si ispirano alle idee

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Il meglio dell’anno Le venti canzoni dell’anno scelte da trenta critici musicali del Guardian. Testi di Laura Snapes, Ben Beaumont-Thomas e Aneesa Ahmed

Suoni 1. Lana Del Rey A&W

NEIL KRUG

carico di responsabilità che i suoi fan l’hanno costretta a portare. I sette minuti di canzone, basati su una chitarra stonata e un malinconico pianoforte, danno l’impressione di un corpo che si distende sfarzosamente, irridendo le convenzioni. Perché, per quanto Del Rey sia stata incastrata in questo spazio impossibile – dagli uomini, dai critici, dalla società –, il suo io essenziale rimane intatto nella musica ribelle ed eccentrica. Verso la metà, A&W si attenua per poi diventare una trap martellante mentre deride un amante un po’ fattone. Ricorda qualcosa dell’album Born to

ADOR

“I’m a princess, I’m divisive / Ask me why, why, why I’m like this” (Sono una principessa, sono divisiva / Chiedimi perché, perché, perché sono così), canta Lana Del Rey con la sua voce penetrante in A&W. Nel pezzo forte dell’album Did you know that there’s a tunnel under Ocean Blvd la cantante rimugina proprio su un dubbio che la perseguita da quando i critici l’hanno etichettata come poco autentica. Forse, sembra voler dire, tanto vale arrendersi e diventare quello che la gente dice che sei. A&W è la marca di una birra ma qui sta per “American whore” (puttana americana), una provocazione tipica di Del Rey, che darà sui nervi a chiunque sia nauseato dal suo marchio di fabbrica: una fusione di americanità, sesso e capitalismo. Proprio come la protagonista del brano, da tempo lontana dalla madre e maltrattata dagli uomini, organizza freddi appuntamenti sul pavimento di hotel mediocri. È una situazione in cui è stata spinta, ma lei capisce anche che è una trappola: “Se ti dicessi che mi hanno stuprata/ Credi davvero che qualcuno penserebbe che non l’ho chiesto io?”, canta con rabbia e incredulità. Ma forse la trappola più grande, ci dice in A&W, è di essere nata ragazza: condannata a perdere l’innocenza, a dover lasciare all’infanzia le capriole e le relazioni semplici, a occupare un corpo visto come una proprietà e una minaccia. Del Rey ci forza a “guardare la lunghezza dei miei capelli, e la mia faccia, e la forma del mio corpo”, alludendo al fatto che in questi anni è ingrassata e per questo è stata criticata senza pietà, per metterci di fronte alla sua realtà ma anche all’impossibile

Lana Del Rey

die. In giro non c’è nessun altro come Lana Del Rey. ls

2. PinkPantheress e Ice Spice Boy’s a liar pt. 2 Questo pezzo era già vicino alla perfezione nella sua prima incarnazione (datata novembre 2022). Ora il remix di Ice Spice ha aggiunto un pizzico di sale alla dolcezza dell’originale, creando un pop degno del bacio di uno chef stellato. Oltre alla produzione lo-fi, piena di melodiosi gorgoglii che sembrano una collezione di suonerie di smartphone pieghevoli, le due cantanti raccontano una storia vecchia co-

NewJeans

me il mondo: un idiota sta danneggiando la loro autostima, ma non riescono a toglierselo dalla testa. Ice Spice è particolarmente brava, evoca le sue forme schioccando la lingua e racchiude desiderio e vulnerabilità nel verso “But I don’t sleep enough without you” (ma non dormo abbastanza senza di te). bbt

3. NewJeans Super shy La trap e il funk leggero usati da tanti artisti k-pop (la musica pop sudcoreana) hanno cominciato ad apparire vecchi con l’avvento del gruppo femminile NewJeans (e di artiste di larghe vedute come Aespa e Fifty Fifty). Super shy è più fresca di un mazzetto di menta appena colto. La coautrice del pezzo è Erika de Casier, la star avant-pop dell’etichetta britannica 4AD. E la produzione si trova a metà strada tra una drum’n’bass liquida, la Uk garage e l’elettronica in stile Jersey club, riferimenti che troviamo ovunque nel pop di quest’anno ma che qui sono sintetizzati con un fraseggio vocale che pare proiettato di-

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Il meglio dell’anno

Suoni rettamente dal paradiso della musica. Il testo professa timidezza, ma il modo in cui è espresso dice il contrario: è la cronaca di un flirt con tanto di ammiccamenti. bbt

nire voglia di organizzare una grande festa e dirlo a tutti quanti. E così fa nel ritornello, un coretto uscito direttamente da uno spogliatoio maschile (deliziosamente queerizzato) che tifa con entusiasmo per gli sport di contatto. ls

4. Kylie Minogue Padam padam Con un pizzico di onomatopea pensata per evocare un battito accelerato, Kylie Minogue ha scatenato una padam-mania: il titolo è entrato nel lessico comune in modo così istantaneo che le persone hanno cominciato a usare “padam”, un po’ come gli italiani usano “prego”. Questo è il genere di tormentone che rende spumeggiante il pop, ed è una gioia sentire Minogue riconnettersi alla dance-pop contemporanea, invece che alla nostalgia dei suoi ultimi due album. Quella linea di basso cupa è un sound molto anni 2020. La voce è trattata con un filtro (relativamente) sottile, che fa pensare a un cyborg entrato in una discoteca in cerca di un compagno umano. C’è qualcosa di quasi malefico nel modo in cui questa voce s’insinua nel ritornello: è una testimonianza della portata drammatica di Minogue, a volte sottovalutata. bbt

6. Blur The narcissist

La cantante statunitense Taylor Swift è stata eletta persona dell’anno dal settimanale Time. Nel 2o23 Swift ha battuto il record del tour più redditizio di sempre, facendo registrare guadagni superiori al miliardo di dollari. sul beat e la voce vivace ma sfocata e stroboscopica è un indizio dell’estasi che sta per arrivare. Si riescono quasi a vedere i suoi occhi che scandagliano un nuovo corpo: “Kiss it when you’re done, man, this shit is so much fun” (Bacialo quando hai finito, amico, questa roba è proprio divertente). È una rivelazione che ti fa ve-

Questo singolo del ritorno trasuda pathos. Damon Albarn ripercorre la strada fatta dalla camera da letto agli stadi, dai sollazzi sotto acidi alla dipendenza dall’eroina, il tutto esacerbato da una fama che ha massaggiato il suo ego, dissolvendo però anche la percezione di sé. Alex James si prende una pausa dalla promozione del più irritante progetto vinicolo del Regno Unito (un brut battezzato Britpop) per suonare una linea di basso al tempo stesso ritmica e melodica; l’ostinato riff garage rock di Graham Coxon e la batteria di Dave Rowntree danno la sensazione di un gruppo di amici che si ritrova in una pausa per lavorare a una nuova canzone. bbt

7. Olivia Rodrigo Vampire / Bad idea right? Guts, il secondo album di Olivia Rodrigo, è uscito sulla scia del singolo Vampire, un misto rabbioso tra ballata e opera rock, simile in qualche modo a Drivers license: un’epica invettiva contro un qualche “fame fucker” (uno che viene a letto con te perché sei famosa) che oggi probabilmente avrà imparato quali sono le conseguenze d’incrociare una ragazza che ha una gittata così lunga. Ma se nel suo album di debutto, Sour, Rodrigo indugiava sulle sensazioni di chi è stata ingiustamente maltrattata, in altre parti di Guts scopre il piacere di essere la carnefice. Bad idea right?, che nei voti dei nostri critici è giunta a pari merito con Vampire, è una scappatella spassosa e caricaturale con un ex, e al diavolo le conseguenze. Con un incalzante ritmo new wave che deve molto a Toni Basil e ai The Waitresses, questa canzone rende la trasgressione irresistibile. ls

8. Yaeji For granted Con testi dolci ma cupi, addos-

Appena uscito da una lunga relazione, il cantante australiano Troye Sivan ha cominciato a girare i club gay di Melbourne, entrando in modalità baccanale. Il primo singolo di questo suo terzo album si scrolla di dosso tutta la raffinata sofisticatezza dei successi precedenti a vantaggio di uno svago chiassoso. La base house ricorda i Pet Shop Boys dei tempi d’oro, in un loop inesorabile come una notte che non può finire. Sivan guizza

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REUBEN BASTIENNE-LEWIS

5. Troye Sivan Rush

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Blur

I dischi dell’anno della redazione

Billy Woods e Kenny Segal Maps Fat Possum

NEIGHBOURHOOD/LIVE YOURS

Central Cee e Dave

sati a uno sfondo di percussioni frenetiche e audaci linee di basso, For granted riflette l’umore di questi tempi incerti: frettoloso, ansioso, con una sensazione di vulnerabilità di fondo. La musica della cantante statunitense di origini coreane ha le radici nella drum’n’bass, come si può ascoltare in altri brani del 2023 di Kenya Grace e PinkPantheress. Ma Yaeji ci mette il suo tocco unico. La canzone traccia un viaggio emotivo, con un testo che parla di chi rimugina troppo sulle cose positive della vita. Un tema rispecchiato da sonorità talvolta scomposte. “Let it rest and I’ll flow” (Lascia che riposi e io scorrerò) canta Yaeji alla fine, cercando di placare la sua mente accelerata. E i beat zigzaganti precipitano in una sequenza di frenetiche percussioni, allusione all’eccitazione che deriva dalla scelta di lasciarsi andare. aa

9. Central Cee x Dave Sprinter Ormai naviga verso i 500 milioni di ascolti su Spotify. È la traccia che ha fatto piazza pulita di ogni scherno nei confronti del rap britannico, ridicolizzato con i soliti stereotipi. Sopra una chitarra acustica quasi flamenca (opera del coproduttore Jim Legxacy), tutti i rapper sono in grande forma, im-

pegnati a superarsi a vicenda con doppi sensi e rime ingegnose. E le loro fortune variano in modo divertente: ora riempiono il furgone di groupies, un attimo dopo la ragazza di Dave lo lascia per con P Diddy, e Central Cee cerca di tenere i suoi messaggi su Instagram lontano da occhi indiscreti: “Before I give you my Insta password, I’ll give you the pin to my Amex” (Prima di darti la mia password di Instagram, preferisco darti il pin della mia American Express). bbt

10. Lankum Go Dig My Grave Questa versione funerea di un pezzo folk tradizionale sembra rantolare da una tomba appena scavata. È un atto di orrore opprimente: il peso dei ronzii riesumati è asfissiante; Radie Peat ha una capacità ultraterrena di controllare la propria voce come se fosse un complesso di cornamuse e il dolore che veicola cantando una giovane donna dal cuore spezzato che si toglie la vita è insopportabilmente vicino. È un pezzo brullo, brutale, e completamente diverso da tutte le altre cose pubblicate quest’anno. ls

11. Billie Eilish What was I made for? È la canzone più profonda della colonna sonora del film

Lonnie Holley Oh me oh my Jagjaguwar

Barbie, una tenerissima ballata per pianoforte che testimonia non solo il disincanto della bambola, ma anche quanto sia disumanizzante la fama e quale ambivalenza può creare nelle persone che la raggiungono. Un tema che Billie Eilish conosce bene: “Looked so alive, turns out I’m not real / Just something you paid for” (Sembravo così viva, si scopre che non sono vera / Solo qualcosa per cui hai pagato). La vertiginosa qualità del falsetto allude al distacco dal suo vecchio sé; sostenuta da archi quasi microtonali, la voce di Eilish risplende, e la stessa cantante svanisce, insieme alla percezione del senso che tutto questo potrebbe avere. ls

12. Charli XCX Speed drive Anche se passa di continuo da uno stile all’altro, alcune cose restano coerenti nella musica di Charli XCX, per esempio la passione per la guida spericolata. Le sue inclinazioni hanno trovato lo sbocco perfetto nella colonna sonora di Barbie, facendo da commento musicale al personaggio di Margot Robbie in fuga dai pezzi grossi della Mattel con un’esilarante interpolazione di Mickey di Toni Basil. Un sequel rosa fluo di Vroom vroom. Che aspettate? Salite a bordo! ls

13. Jorja Smith Little things Little things cerca di essere disinvolta, senza impegno: Jorja Smith vuole solo una notte di divertimento. Il suo pianoforte funky è difficile da definire; la sua vocalità da dancehall va a segno, in una via di mezzo tra Amy Winehouse e Katy B sotto le luci strobo. Ma quando si arriva al bridge centrale, la sua ugola raggiunge la massima urgenza espressiva ed eccen-

Everything But The Girl Fuse Virgin Music

TRE ALBUM ITALIANI SCELTI DA CLAUDIA DURASTANTI Bono/Burattini Suono in un tempo trasfigurato Maple Death Records Un disco letteralmente ispirato, perché parte da matrici molto precise: Daniela Casa, la library music, Maya Deren e certi archivi Rai, eppure Francesca Bono, fondatrice degli Ofeliadorme, e la batterista Vittoria Burattini si sono inventate un suono che levita costantemente dalla sua origine terrestre. Far sentire lo strumento, aiutandoti allo stesso tempo a dimenticare il suo nome: è il trucco più bello di due illusioniste.

Daniela Pes Spira Tanca Records/Trovarobato È l’anno dei concerti soldout, del premio Tenco per la miglior opera prima, ma l’album della cantautrice sarda Daniela Pes è destinato a sopravvivere al suo 2023, perché proprio i concerti stanno aiutando a cambiarlo e a farlo esplodere in più direzioni espressive, sfruttando la natura mutante di qualcosa che ci è apparso ancestrale.

Emma Tricca Aspirin sun Bella Union Un disco che è un dono. Fatto di luce, riverberi e una voce sporca di storia che però non si spezza per il peso.

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Il meglio dell’anno

Suoni triche ombre di pianoforte lambiscono l’inquadratura, svelando una fantastica messa in scena. ls

Boygenius

TRE PODCAST SCELTI DA JONATHAN ZENTI

14. Big Thief Vampire empire

Talia Augustidis Dead ends HARRISON WHITFORD

Dopo il superlativo doppio album del 2022 Dragon new warm mountain I believe in you, i folk-rocker statunitensi Big Thief sono tornati con un pezzo che è già uno dei più amati dai fan. Le divagazioni dylaniane nelle strofe lasciano il posto a un ritornello orecchiabile, con Adrianne Lenker che compie sbalorditivi salti di ottava per esprimere lo scombussolamento della relazione tossica a cui allude il titolo. bbt

do a bordo di un’auto, parlando di cazzate e condividendo le rispettive vulnerabilità mentre attraversi strade di campagna. Spirit 2.0 fonde neo-soul, jazz e breakbeat. È energica e complessa. aa

15. Young Fathers I saw

17. Miley Cyrus Flowers

Un beat glam-rock veloce o il suono di stivali in marcia? Il trio scozzese ha tirato fuori un inno marziale e ironico, con un ritornello (“Ho visto quel che ho visto / continuo a rigare dritto”) che deride chi si gira dall’altra parte davanti all’immoralità e si fa intimidire dall’autorità. Sul finale un gigantesco coro fanciullesco sommerge tutto con un appello alla resistenza: “Brush your teeth, wash your face, run away!” (Lavati i denti, lavati la faccia, scappa via!). bbt

Dopo i risultati mediocri di Plastic hearts del 2020, il singolo di Cyrus sulla vita da single è diventato il suo più grande successo: dieci settimane al primo posto nel Regno Unito e otto settimane al numero 1 negli Stati Uniti, con 1,6 miliardi di ascolti su Spotify. Lanciata anche dalla spinta del gossip che ne ha accompagnato l’uscita nel giorno del compleanno dell’ex marito a gennaio, Flowers parla di amor proprio. Ma ha una melodia vocale così perfetta da far sembrare un miracolo il fatto che non sia stata scritta prima. bbt

16. Sampha Spirit 2.0 Nei sei anni successivi al suo album di debutto, il cantautore britannico Sampha è stato ospite di superstar del calibro di Kendrick Lamar, Drake, Stormzy e Solange, consacrandosi ai grandi livelli del pop. Ma con questo ritorno afferma il valore dell’intimità e il supporto spirituale che deriva dal passare il tempo con le persone che conosci meglio, saltan-

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18. Hudson Mohawke e Nikki Nair Set the roof ft Tayla Parx Il produttore statunitense Nikki Nair lima il suono massimalista di Hudson Mohawke nella traccia che dà il titolo al loro ep collaborativo, un 2 step garage elettrificato dal falsetto mutante di Tayla Parx e poi stirato all’esasperazione

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dalle torsioni di HudMo. ls

19. Boygenius Not strong enough Con questo inno pop-rock Julien Baker, Phoebe Bridgers e Lucy Dacus hanno trovato la loro canzone più popolare, in ballo per tre delle loro sette nomination ai Grammy. “Non so perché sono come sono” è un verso abbastanza universale da parlare a migliaia di persone, mentre “always an angel, never a god” (sempre un angelo, mai un dio) merita di essere cantato negli stadi che senz’altro ospiteranno presto il supergruppo. bbt

20. The National Smoke detector La canzone più selvaggia che i National abbiano mai composto. Si aggroviglia nelle crepe della psiche del cantante Matt Berninger e testimonia l’esaurimento nervoso del frontman. Questa epopea di otto minuti ha classici tratti dei National, ma è anche un balzo in avanti. Nata durante un soundcheck, sembra statica, ma i dettagli la fanno percepire come un riflesso dell’iperconsapevolezza che accompagna la depressione. È un bollettino mormorato dalle profondità della disperazione che Berninger passa al setaccio in cerca di una fievole ombra di speranza. ls ◆ fdl

Falling Tree, Bbc Radio4 Il primo episodio dell’ultima stagione del podcast Lights out della Bbc è una riflessione sulle tracce profonde che creano i nostri ricordi. Un lavoro di cura impeccabile di documenti, ricerca, ed esplorazione personale. Alan Hall ed Eleanor McDowall, i due direttori della casa di produzione Falling Tree, si confermano come le menti migliori del panorama audio internazionale.

Pauline Augustyn A fantasy, a lie Indipendente Una donna basca che a diciotto anni si era unita all’organizzazione terroristica Eta finisce in carcere quarant’anni dopo, quando la sua vita ormai era andata altrove. La forza di un documentario autoprodotto, arricchito dal contributo della maestra fiamminga Katharina Smets.

Katz Laszlo Ukraine: Under the counter e The handoff Rough Translation, Npr Un viaggio nella guerra in Ucraina che la reporter olandese racconta da una prospettiva inaspettata: quella di una medica tedesca che distribuisce clandestinamente pillole per l’interruzione di gravidanza.

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Pop Scrivere per la natura Jonathan Franzen a Bibbia è un testo fondamentale della ostacolo, infatti scrive: “Le descrizioni dettagliate del letteratura occidentale, e se un aspiranpaesaggio sono noiose”. Ma fornisce pagine e pagine te scrittore la ignora lo fa a suo rischio e di descrizioni noiosamente dettagliate. Il libro divenpericolo. Da giovane ambivo a leggerla ta più leggibile quando Baker esalta le capacità del da cima a fondo. Dopo aver superato falco pellegrino e cerca d’immaginare le sue sensafacilmente le prime storie e continuato zioni. Anche allora, però, l’effetto principale di queste a fatica con le leggi religiose, che almeno avevano un osservazioni è farmi venire voglia di uscire a vedere i interesse sociologico, decisi di concedermi una trefalchi. gua saltando i libri dei re e delle cronache, le cui liste A volte il fatto di trarre molta più gioia dall’osserdei patriarchi e dei loro numerosi figli mi sembravavazione degli uccelli, e della natura in generale, che no una lettura necessaria quanto quella di un elenco dalla lettura di un libro scritto da qualcun altro sulla telefonico. Con una sapiente scrematura riuscii ad natura mi sembra una mancanza, un segno della mia arrivare alla fine di Giobbe. Ma poi c’ecompetitività come scrittore. Ma sono rano i salmi, e lì la mia ambizione nau- Uno scrittore anche consapevole, come scrittore, che fragò. Anche se alcuni sono memorabi- guidato dalla gioia viviamo in un mondo in cui la natura si li (“Il Signore è il mio pastore”), nel per la natura, e che sta rapidamente allontanando dalle nocomplesso sono estremamente ripetiti- spera di comunicare stre vite quotidiane. È urgente spingere vi. Il ritornello è sempre lo stesso: la vita questa emozione i non credenti a interessarsi alla natura è difficile, ma Dio è buono. Per apprez- agli altri, desidera e a preoccuparsi per ciò che resta del zare i salmi, per cogliere le sfumature di comprensibilmente mondo non umano. E ho il forte sospetdevozione che esprimono, bisognava to che anche i non credenti, come me, raccontare in siano allergici agli inni di adorazione. essere credenti. Bisognava amare Dio, dettaglio cosa La forza di un testo come la Bibbia derie non era il mio caso. Così lasciai perdel’ha suscitata va dalle sue storie. Se fossi un predicare la Bibbia. tore che va di casa in casa, mi terrei alla Solo più tardi, quando ho imparato larga dai salmi. Comincerei da quelli che considero ad amare gli uccelli, ho capito che il mio problema fatti: Dio ha creato l’universo, noi umani pecchiamo con i salmi non era solo la mancanza di fede. C’era un contro le sue leggi e Gesù è stato mandato per rediproblema più profondo: il modo in cui sono scritti. Se merci, con conseguenze epocali. Una bella storia piapenso alla gioia che provo ogni giorno nel vedere i ce a tutti, credenti e non. Perciò mi sembra che la pricardellini che fanno il bagno nella vaschetta per gli ma regola di una scrittura naturalistica che voglia fare uccelli o nel sentire uno scricciolo agitato dietro la proseliti dovrebbe essere: racconta una storia. recinzione del giardino, posso immaginare la gioia Quasi tutti i testi sulla natura raccontano una stoche un credente trova in Dio. La gioia può essere forria. Uno scrittore si avventura in una bella zona umite come il distillato Everclear o leggera come una da o in una foresta incontaminata, ne scopre la belbirra Coors Light, ma non è mai qualcosa di diverso lezza, sente scorrere il tempo in maniera diversa, dalla gioia: un aprirsi del cuore, un sì al mondo e avverte un legame con una storia più profonda o con all’essere vivi al suo interno. Così mi aspetterei che una rete vitale più ampia, continua lungo il sentiero, un salmo dedicato agli uccelli, una celebrazione vede un’aquila, ascolta una strolaga: questa è, tecniscritta della loro gloria, avesse su di me lo stesso efcamente, una narrazione. Se poi lo scrittore si rompe fetto che un salmo biblico ha su un credente. Dopouna gamba o è minacciato da una mamma grizzly, la tutto io e l’autore del salmo condividiamo la stessa storia può anche diventare interessante. In genere, gioia, e tanti appassionati di uccelli sono entusiasti però, la narrazione resta poco più di una formalità, del lirismo ornitologico di libri come Il falco pellegrino un’occasione per riflettere e descrivere. Uno scrittore di J. A. Baker (Mondadori 1969). Molte persone che guidato dalla gioia per la natura, e che spera di comustimo mi hanno consigliato il testo di Baker, ma ogni nicare questa emozione agli altri, desidera comprenvolta che cerco di leggerlo rimango impantanato nei sibilmente raccontare in dettaglio cosa l’ha suscitata. dettagli del paesaggio in cui l’autore ha studiato i falLe sue descrizioni possono anche essere suggestive, chi pellegrini. Lo stesso Baker riconosce che è un

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JONATHAN FRANZEN

è uno scrittore statunitense. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è Crossroads (Einaudi 2022). Questo articolo è uscito sul settimanale The New Yorker con il titolo The problem of nature writing.

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GABRIELLA GIANDELLI

ma purtroppo lo scrittore deve competere con altri mezzi di comunicazione che il lettore potrebbe preferire al libro, come quelli audiovisivi, che ti permettono effettivamente di vedere l’aquila o sentire la strolaga. Dall’avvento della fotografia a colori e della registrazione sonora, le lunghe descrizioni sono diventate problematiche per tutti i generi di scrittura, e lo sono ancora di più per uno scrittore naturalistico che vuole fare proseliti: per descrivere bene una scena di natura dovrebbe evitare termini incomprensibili per i lettori che non hanno già visto qualcosa di simile. Io che sono appassionato di uccelli conosco bene il canto di un regolo americano; se leggo che un regolo cinguetta su un salice, posso sentire chiaramente quel

suono. Per me le parole “regolo americano” sono già di per sé evocative ed esaltanti. Posso leggere con passione un nudo elenco di specie – beccogrosso testanera, zigolo lapislazzuli, zanzariere blu-grigio – che un’amica ha visto durante una passeggiata mattutina. Per me quell’elenco è già una narrazione. Per il lettore non convertito, però, sarebbe come leggere: Ira, figlio di Ikkes di Tekòa, Abièzer di Anatòt, Mebunnài di Cusa… Se lo scrittore vuole parlare di uccelli, esistono ottime storie su particolari esemplari (le poiane codarossa di Central park, a New York) e su particolari specie (il volo transpacifico ininterrotto delle pittime minori) e, a giudicare dagli articoli che gli amici non Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Pop appassionati di uccelli m’inoltrano in continuazione, posso affermare che i resoconti d’imprese aviarie sor­ prendenti possono vincere, almeno temporanea­ mente, l’indifferenza del pubblico. È meno chiaro se queste storie possono convertire chi le legge. E lo dico apertamente: il mio interesse è convertire. La scienza degli uccelli e la loro conservazione dovrebbero inte­ ressare chiunque abbia un minimo di curiosità intel­ lettuale, ma il mondo abbonda di cose di cui essere curiosi. Chi scrive di ornitologia è dolorosamente consapevole di avere a disposizione solo qualche cen­ tinaio di parole per agganciare un lettore profano. Un modo allettante di affrontare questa sfida potrebbe essere cominciare in medias res, accanto a un falò in qualche luogo pittoresco o desolato, e presentarci il Ricercatore. Sarà un uomo dalla folta barba che suona il mandolino. O una donna che si è innamorata degli uccelli nella fattoria del nonno in Kentucky. Sarà una persona tenace e ossessiva, a volte bizzarra, sempre ammirevole. Il pericolo di questo approccio è che, a meno che il Ricercatore non emerga come il vero sog­ getto della storia, noi lettori potremmo sentirci ingan­ nati, cioè indotti a credere che stiamo leggendo la storia di una persona mentre in realtà si parla di un uccello. E allora è lecito chiedere perché dovremmo prenderci la briga di conoscere il Ricercatore.

Storie vere La cittadina di Rainier, nello stato di Washington, Stati Uniti, ha circa 2.500 abitanti. Ryan Roth, il nuovo sindaco, ha vinto le elezioni con un margine strettissimo: ha ottenuto 247 voti, contro i 246 del suo rivale, Damion Green. Alla fine lo sconfitto ha ammesso un errore: “Votare per me stesso mi sembrava un po’ narcisistico, così non l’ho fatto”. Anche Roth aveva fatto lo stesso ragionamento: “Mi sono detto: ‘In fondo è solo un voto, non è importante’. Ma mia moglie ha talmente insistito che alla fine ho votato per me”.

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l paradosso della scrittura naturalistica è che per fare proseliti non può parlare solo di natu­ ra. E. O. Wilson poteva anche avere ragione quando sosteneva che la biofilia – l’amore per la natura – era una caratteristica universale degli esseri umani. A giudicare dallo stato del pianeta, tuttavia, è una caratteristica che rimane trop­ po spesso inespressa. Di solito, affinché si attivi, oc­ corre entrare in contatto con qualcuno in cui si è già manifestata. In base alla mia esperienza, se chiedete a un gruppo di birdwatcher cosa li abbia spinti ad ap­ passionarsi agli uccelli, quattro su cinque citeranno un genitore, un insegnante, un amico intimo, o un’al­ tra persona con cui avevano un legame intenso. Ma i fedeli sono pochi e gli scettici molti. Per raggiungere lettori completamente immersi nella loro condizione umana, inconsapevoli del mondo naturale, non basta che gli scrittori esibiscano la loro biofilia. La scrittura deve anche riprodurre l’intensità di una relazione. Una delle forme che questa intensità può assume­ re è quella retorica. Io, per esempio, sarei molto più propenso a leggere un saggio che comincia con la fra­ se “Odio la natura” di uno che esordisce con “Amo la natura”. Naturalmente spererei che lo scrittore non odiasse davvero la natura, almeno non del tutto. Ma guardate che risultato ottiene quella provocazione iniziale. Anche se rischia di allontanare i lettori già convinti, apre la porta agli scettici e crea un legame con loro. Se poi il saggio si rivela un’argomentazione a favore della natura, l’incipit gli avrà conferito un no­ tevole dinamismo, con un movimento che da un pun­ to A arriva a un punto B completamente diverso. Un movimento del genere piace ai lettori. Un’altra cosa che piace, anche in assenza di movimento, sono le

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posizioni battagliere. Prendiamo la prosa feroce di Joy Williams nel saggio “The killing game”, un’invet­ tiva contro i cacciatori e la loro cultura, o “The case against babies”, la più violenta dichiarazione contro le nascite che possiate mai leggere, entrambi conte­ nuti nella raccolta Ill nature (Vintage books 2001), “cattiva natura”: un titolo perfetto. La più grande mi­ naccia per il mondo naturale è l’indifferenza, non l’o­ stilità attiva. Si può considerare Williams spassosa o squilibrata, eroica o ingiusta, ma è impossibile rima­ nere indifferenti a quello che scrive. Oppure prendia­ mo Deserto solitario di Edward Abbey (Franco Muzzio 1993), un resoconto degli anni trascorsi nel deserto dello Utah, in cui l’autore attizza le braci di una mi­ santropia alla Thoreau per trasformarle in un fuoco incandescente da brandire contro il capitalismo e il consumismo statunitense. Anche in questo caso, si può non essere d’accordo con lo scrittore. Si può stor­ cere il naso davanti alle sue supposizioni sulla “natura selvaggia”, ai suoi inconfessati privilegi di statuniten­ se bianco. Ma non si può negare l’intensità della sua posizione, che rende incisive le descrizioni del pae­ saggio desertico conferendogli una forza retorica e un’energia particolari. Un buon modo per dare un senso di finalità, di un movimento deciso dal punto A al punto B, è avere una tesi da sostenere. Quando ci troviamo davanti a un testo tendiamo automaticamente ad aspettarci che sostenga qualcosa, se non altro una tesi implicita che ne giustifichi l’esistenza. Ma se non viene offerta una tesi esplicita, i lettori potrebbero decidere di riempire quel vuoto attribuendogliene una loro. Leggendo il racconto di un viaggio in un luogo esotico come il Borneo, confesso di aver pensato, un po’ stizzito, che la conclusione da trarre era che lo scrittore aveva una grande sensibilità nei confronti della natura o una grande fortuna, perché era riuscito ad andare là. Ma non era certo questa la tesi di fondo. Per evitare il sot­ tinteso “ammiratemi” o “invidiatemi”, bisogna fare più attenzione di quanto s’immagini al tono della scrittura. A differenza del predicatore che va di casa in casa a dichiarare estaticamente di essere stato sal­ vato, lo scrittore naturalista che non ha il tono giusto non vede le porte che gli vengono chiuse in faccia. Ma le porte ci sono, e i lettori non convertiti le chiudono. Sostenere una tesi permette spesso di aggirare il pro­ blema del tono. Una raccolta di saggi a me cara, Tropical nature di Adrian Forsyth e Ken Miyata (Scrib­ ners 1984), comincia elencando una serie di fatti sulle foreste pluviali tropicali. Sono fatti apparentemente neutri, ma messi in fila creano un assunto: la foresta pluviale è più varia, meno fertile, meno costantemen­ te piovosa, più insidiosamente ostile della “giungla” fradicia e brulicante dell’immaginario popolare. È un’affermazione semplicissima. Eppure da lì si parte per sostenere un’idea, per capovolgere aspettative, per svelare nuove meraviglie. I fatti scientifici, inseri­ ti in una tesi, illustrano lo splendore della natura tro­ picale in modo molto più convincente dell’impressio­ nismo lirico. E Forsyth e Miyata, in quanto comunica­

tori neutrali di fatti, sono immuni dal sospetto di cer­ care ammirazione. La premessa del best seller di Jennifer Ackerman Il genio degli uccelli (La nave di Teseo 2021) è altrettanto semplice e solida: “cervello di gallina” dovrebbe essere un complimento, non un insulto. Il libro di Richard Prum L’evoluzione della bel­ lezza (Adelphi 2020) ha raggiunto un vasto pubblico sostenendo che la teoria della selezione sessuale di Darwin, che la maggioranza dei biologi evoluzionisti ha ignorato o denigrato per più di un secolo, può spie­ gare ogni tipo di tratto e comportamento non adattivo negli animali. Il libro di Prum ha dei difetti – la prosa è vischiosa, e forse la teoria di Darwin non era così di­ menticata come lui la descrive, ma questo per me è irrilevante. La teoria della selezione sessuale è stata una rivelazione, e in più ho imparato un sacco di cose fantastiche su un gruppo di uccelli tropicali, i pipridi, che altrimenti non avrei mai saputo. Questo è il pote­ re di una tesi convincente. Per lo scrittore naturalista che non è un provocato­ re né uno scienziato, una terza via per l’intensità con­ siste nel raccontare una storia in cui l’argomento cen­ trale è la natura, ma la posta in gioco è decisamente umana. Un libro esemplare in questo senso è Kingbird highway di Kenn Kaufman (Houghton Mifflin Har­ court 1997). Kaufman è cresciuto nei sobborghi del Kansas negli anni sessanta, è diventato un bird­ watcher ossessivo (da cui il soprannome Kingbird), e dopo aver abbandonato le superiori ha deciso di bat­ tere il record del maggior numero di specie di uccelli americani osservate in un anno solare. Il record si af­ ferma immediatamente come l’obiettivo della narra­ zione. E subito dopo ci viene presentato un ostacolo: il giovane Kaufman è squattrinato. Per visitare ogni angolo del paese nel periodo giusto dell’anno, deve coprire grandi distanze e allora lui decide di fare l’au­ tostop. Così, oltre a un obiettivo e a un ostacolo, ab­ biamo la promessa di una classica avventura on the road. È importante osservare che, così come non dob­ biamo essere pedofili per immedesimarci nella pas­ sione di Humbert per Lolita, non dobbiamo neppure essere appassionati di uccelli per incuriosirci della vicenda di Kaufman. Un forte desiderio di qualunque tipo crea empatia nel lettore. Durante il viaggio Kauf­ man è attento agli uccelli, naturalmente, ma anche all’umore della nazione all’inizio degli anni settanta, alle dinamiche sociali legate alla sua passione, alla perdita e al degrado degli habitat naturali, ai tipi ec­ centrici che incontra lungo il cammino. Poi il libro prende una bella piega. Mentre la vita sulla strada co­ mincia a pesargli, il narratore si sente sempre più solo e smarrito. E così si scopre che la storia, che a prima vista sembrava il racconto di una ricerca, era fin dall’i­ nizio un romanzo di formazione. Poiché ci siamo af­ fezionati al giovane Kaufman, smettiamo di chieder­ ci se batterà il record e cominciamo a farci domande più universali: cosa succederà a questo ragazzo? Ri­ troverà la strada di casa? Ciò che distingue Kingbird highway da molte altre storie di birdwatcher a caccia di record è che alla fine non importa più quante specie il protagonista vede in un anno. L’unica cosa che conta

JACEK PODSIADŁO

Poesia

Non ora sono felice Non ero felice allora, sebbene oggi il regno dell’infanzia stordisca con la sua dolcezza. Le foglie del ribes [odoravano diversamente, diverso era il gusto. Non sapeva di amaro perdere i lacci, essere puniti, fare cilecca, tremare [di noia? La mia storia è l’istante di esitazione di un bambino. Era sera. Più di metà della luna era nascosta. C’era voglia di qualcosa di immensamente lontano. Al margine del bosco i caprioli mangiavano fieno [essiccato. Si fondevano impauriti nella scura cera degli arbusti. Mi sono fermato sul sentiero, confuso. Il tempo [cambiava, dai prati si levava la nebbia. Bianche tende assonnate. E correndo sono andato nella nebbia.

è un poeta, traduttore e giornalista radiofonico polacco nato nel 1964. Dal 2009 ha una sua radio online (radiospacja.pl/ shows/studnia). Questa poesia è tratta dalla raccolta Sprzeczna jaskrawość (“Luminosità contrastante”, Piw 2019). Traduzione dal polacco di Raffaella Belletti.

Jacek Podsiadło

sono gli uccelli. Per lui diventano la casa di cui ha tan­ ta nostalgia, la casa che non lo abbandonerà mai. Anche se riuscissimo a immaginare le sue sensa­ zioni – e, con buona pace di J.A. Baker, non credo ci riusciremo mai –, un uccello è una creatura istintiva, guidata da desideri che non hanno nulla di personale, incapace di ambivalenza etica e di rimpianto. Per un animale selvatico, la posta in gioco consiste nella so­ pravvivenza e nella riproduzione, punto e basta. Gli studi scientifici possono essere affascinanti ma, a me­ no che non intervenga un processo di antropomorfiz­ zazione o di proiezione, un animale selvatico manca della peculiarità individuale definita da una storia personale e da desideri per il futuro, gli elementi da cui dipende una buona narrazione. Se il personaggio è un animale selvatico, non ci allontaneremo mai dal punto A: l’animale è quello che è, che è stato e che sempre sarà. Perché ci sia un punto B, la destinazione di un viaggio con una tensione drammatica, occorre un personaggio umano. La narrativa naturalistica mette qualcuno (spesso l’autore che scrive in prima persona) in una relazione irrisolta con il mondo naturale, gli fornisce domande senza risposta o un obiettivo da raggiungere, e poi ri­ corre a emozioni universalmente condivise – speran­ za, rabbia, desiderio, frustrazione, imbarazzo, delu­ sione – per coinvolgere il lettore nel viaggio. Se ottie­ ne il suo scopo, lo fa in maniera indiretta. Non possia­ mo costringere i lettori ad amare la natura. Quello che possiamo fare è raccontare storie forti di persone che la amano, e sperare che l’amore sia contagioso. u sp Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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COSTRUIAMO GIUSTIZIA SOCIALE

Nell’immagine: Søkkømb (2009), per concessione del collettivo IOCOSE http://iocose.org

La lama che cade separa. Non è un elogio della giustizia sommaria ma il simbolo di una necessità radicale di tracciare conflitti, di dividere quello che oggi artificialmente viene presentato come unito.

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Scienza

NIKITA GOLOVANOV

Il fiume Amnja, in Russia

ARCHEOLOGIA

Primitivi ma non troppo Andrew Curry, Science, Stati Uniti La scoperta di un insediamento fortificato in Siberia contribuisce a mettere in discussione la tesi secondo cui le società complesse si sono sviluppate solo dopo la comparsa dell’agricoltura onostante gli inverni rigidi, i popoli che vivevano nella Siberia centrale migliaia di anni fa avevano uno stile di vita confortevole. Pescavano lucci e salmonidi nel fiume Amnja e cacciavano alci e renne con lance dalla punta di pietra. Per conservare le loro abbondanti scorte di olio di pesce e carne producevano vasellame dalle decorazioni elaborate. E costruirono le più antiche fortezze conosciute al mondo, forse per tenere a bada vicini aggressivi. Con uno spazio in grado di accogliere decine di persone, e alloggi scavati a quasi due metri di profondità per proteggersi dagli inverni siberiani, le fortezze erano cinte da mura di terra alte diversi metri sormontate da palizzate di legno. A un certo punto furono consumate dal fuoco,

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un possibile segno di antiche battaglie. E almeno uno dei siti fu edificato incredibilmente presto: ottomila anni fa, duemila prima delle possenti mura di Uruk e Babilonia, in Medio Oriente, e migliaia di anni prima che l’agricoltura raggiungesse anche alcune regioni dell’Europa e dell’Asia, secondo uno studio pubblicato sulla rivista Antiquity. Questa datazione e il fatto che a costruire le strutture furono dei cacciatoriraccoglitori si aggiungono alle prove che sfidano l’opinione diffusa secondo cui gli insediamenti permanenti – e le mura per difenderli – poterono sorgere solo dopo l’avvento dell’agricoltura. Le scoperte in Siberia rientrano in un generale riesame delle origini delle società complesse. Finora si pensava che per sostentare grandi popolazioni stanziali, un’architettura monumentale e società stratificate (i tratti che gli archeologi associano al neolitico) servissero raccolti prevedibili ed eccedenze da conservare. “Trovare un insediamento simile nel Vicino Oriente, all’interno di una società agricola, non sarebbe stata una sorpresa”, dice Henny Piezonka, archeologa dell’uni-

versità libera di Berlino e coautrice dello studio. Negli ultimi anni in Siberia centrale, una distesa di foreste, paludi e permafrost 2.500 chilometri a est di Mosca, gli archeologi avevano documentato decine di insediamenti fortificati. In generale i ricercatori ritenevano che quelle strutture fossero troppo complesse per dei cacciatoriraccoglitori dell’età della pietra e che quindi non potessero avere più di qualche migliaio di anni, collegandole alla comparsa dei primi utensili di metallo nella zona. “I cacciatori-raccoglitori sono ancora considerati troppo semplici per aver avuto un impatto sull’ambiente in cui vivevano”, dice l’archeologa Tanja Schreiber, coautrice dello studio. Una delle fortezze si trova su un’altura circondata da un’ansa dell’Amnja. Nel 2019 Piezonka e un team di ricercatori russi e tedeschi hanno studiato il sito, documentandone l’architettura difensiva: una rete di profondi fossati, terrapieni e palizzate che circondano un gruppo di capanne. La datazione al radiocarbonio ha dimostrato che le mura e le case più antiche furono costruite intorno al 6000 aC. All’epoca le popolazioni vivevano di caccia, pesca e raccolta di piante selvatiche, uno stile di vita che nella zona è ancora in parte praticato dai popoli nenet e chanti.

Neolitico alternativo Il ritrovamento si aggiunge ad altre scoperte che mettono in discussione il primato dell’agricoltura nell’origine della stanzialità e della complessità culturale. Le strutture religiose monumentali di Göbekli Tepe, in Anatolia, furono costruite ancora prima, nel 9000 aC. Ma quelle comunità stavano cominciando una transizione verso l’agricoltura. A partire da circa diecimila anni fa, invece, le società di cacciatori-raccoglitori delle zone costiere, come la penisola coreana, l’arcipelago giapponese e in seguito la Scandinavia, riuscirono a creare grandi insediamenti approfittando delle risorse marine. Più recentemente, sulla costa nordoccidentale dell’America settentrionale società gerarchiche complesse vivevano di caccia, raccolta e pesca in grandi insediamenti permanenti, a volte fortificati. Eppure le società nordamericane come i kwakiutl, i salish della costa e i tlingit erano considerate anomalie in una scala evolutiva che dai cacciatori-raccoglitori Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Scienza

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SALUTE

L’età degli organi

I ragni saltatori (Phidippus regius, nella foto) entrano nella lista dei pochi invertebrati in grado di riconoscere individui della propria specie. Era già stato scoperto che questi animali si ricordano i luoghi potenzialmente pericolosi. Ora un nuovo esperimento, pubblicato su bioRxiv e in attesa di revisione, ha rivelato che i ragni saltatori mostrano meno interesse per i loro simili che hanno già incontrato, suggerendo una forma di memoria e riconoscimento.

Nature, Regno Unito Gli organi di una persona potrebbero invecchiare a velocità diverse. Il cuore, per esempio, potrebbe deperire più rapidamente del fegato o dei polmoni. E alcune persone avrebbero un invecchiamento accelerato di uno o più organi rispetto ai coetanei. Il fenomeno potrebbe aumentare la probabilità di alcune malattie e il rischio complessivo di morte. Uno studio pubblicato su Nature ha analizzato i dati di oltre cinquemila individui con strumenti di machine learning, rilevando i livelli di alcune proteine nel sangue e considerando undici organi o parti del corpo. In circa un quinto dei soggetti è stato riscontrato l’invecchiamento accelerato di un organo e nell’1,7 per cento di più organi. In futuro potrebbero essere considerate altre proteine, permettendo di realizzare mappe ancora più precise del corpo. Alcuni aspetti, però, restano poco chiari. Per esempio, non si sa se gli alti livelli di alcune proteine siano la causa o l’effetto dell’invecchiamento di un organo. u

COVID-19

I contagi tornano a salire In diversi paesi dell’emisfero settentrionale il covid-19 sembra aver ricominciato a circolare in modo sostenuto. I casi sintomatici appaiono in forte crescita e in Francia l’analisi delle acque reflue ha riscontrato che la presenza del virus è aumentata del 24 per cento nel giro di una settimana, riferisce Le Monde. La ripresa coincide con la diffusione della variante Jn.1, che sembra capace di sfuggire meglio all’immunità acquisita con il contagio e i vaccini. Il nuovo ceppo non sarebbe però più pericoloso degli altri, e i ricoveri restano sotto i livelli di guardia.

NATIONAL CANCER INSTITUTE

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ETOLOGIA

Guarda un po’ chi si rivede

EMANUELE BIGGI/IMAGEBROKER/ALAMY

porta all’agricoltura, agli stati complessi e alle origini della società moderna. Ora quell’idea di progressione standardizzata ha cominciato a vacillare, un cambiamento segnalato dall’archeologo David Wengrow e dall’antropologo David Graeber nel libro L’alba di tutto (Rizzoli 2022). L’abbondanza di risorse offerte dalla taiga siberiana potrebbe contribuire a spiegare la complessità sociale che i forti presuppongono. Le risalite annuali dei pesci fruttavano carne essiccata, olio e farina (alimenti ricchi di calorie e conservabili a lungo). Le migrazioni di renne, alci e uccelli acquatici offrivano opportunità prevedibili per procurarsi altra carne da affumicare e mettere da parte per l’inverno. “Non c’era bisogno di coltivare né di allevare”, spiega Piezonka. “L’ambiente forniva tutto a seconda della stagione”. Dal sito dell’Amnja lei e i colleghi hanno recuperato decine di vasi decorati dagli strati più profondi delle abitazioni interrate, dove s’ipotizza fossero tenute le provviste. Il vasellame, che si pensava fosse tipico del neolitico, potrebbe quindi non essere limitato agli agricoltori: le culture di cacciatori-raccoglitori dell’Asia orientale cominciarono a produrlo durante l’ultima era glaciale. “I vasi e le fortificazioni rappresentano un neolitico alternativo”, dice Piezonka. Nel sito hanno anche notato una possibile traccia di stratificazione sociale, un altro elemento spesso associato all’agricoltura: un gruppo di capanne indifese al di fuori della palizzata. È probabile che i forti, spesso affacciati sui fiumi, servissero a sorvegliare le migliori zone di pesca. “Quando le persone e le risorse necessarie aumentano, comincia la competizione”, spiega l’archeologo Graeme Barker. “E questo significa anche andare e prendersi le cose”. Un periodo freddo di alcuni secoli, cominciato 8200 anni fa, potrebbe aver reso ancora più ambite queste zone. Ad Amnja e in altri insediamenti fortificati gli strati carbonizzati dimostrano che le case e le palizzate erano periodicamente consumate dal fuoco, e nel fossato esterno gli archeologi hanno trovato punte di lancia, possibile segno di scontri violenti. “Le cose a cui pensiamo oggi, come la proprietà privata e le disuguaglianze sociali, sono le stesse a cui abbiamo cominciato a pensare quando siamo diventati umani”, osserva Colin Grier della Washington state university. u sdf

IN BREVE

Neuroscienze I topi potrebbero riconoscersi allo specchio. Secondo uno studio pubblicato su Neuron, sarebbero stati identificati i neuroni che conservano l’immagine di sé. Nel test i ricercatori coloravano di bianco i peli sulla testa di alcuni topi. Messi davanti a uno specchio, gli animali con la macchia passavano più tempo a pulirsi rispetto

agli altri. La socializzazione con altri topi e l’abitudine alla presenza di uno specchio miglioravano la capacità di riconoscersi. Fisica I ricercatori dell’università di Ratisbona, in Germania, hanno trovato un modo per manipolare gli stati quantistici degli elettroni di una molecola. Hanno messo a punto un dispositivo che integra la spettroscopia di risonanza di spin elettronico, usata per studiare la struttura dei composti chimici, con la microscopia a forza atomica, usata per osservare la struttura di singole molecole. Secondo Nature il nuovo metodo potrebbe avere varie applicazioni, per esempio nel campo dei computer quantistici.

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NORVEGIA E LOFOTEN LA NORVEGIA DELLE FIABE NORDICHE ALLA RICERCA DELL’AURORA BOREALE Un tour di sei giorni per immergersi nel paesaggio incantato delle isole Lofoten a caccia delle incredibili luci dell’aurora boreale. Le Lofoten sono anche un viaggio dentro l’avventura che le ha viste crocevia di storia, commerci, fiabe e vite sorprendenti. Tra le tappe anche un incontro con una famiglia SAMI, i villaggi di Å, Rein e Henningsvær, oltre alla magnifica Oslo. Con Edoardo Vigna, al Corriere della Sera da 27 anni, è caporedattore responsabile di Pianeta 2030, l’area del giornale dedicata a sostenibilità e ambiente. Su 7 è titolare della rubrica di politica internazionale Leadership. I suoi libri più recenti sono «Europa. La meglio gioventù» (Neri Pozza) e «Vendetta pubblica. Il carcere in Italia» (Laterza) scritto con il magistrato Marcello Bortolato. Appassionato anche di storia, musica e arte, ama occuparsi di molti argomenti diversi.

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Il diario della Terra Il nostro clima

Coralli a rischio

Sabbia L’attuale sfruttamento della sabbia costiera non è sostenibile, scrive Science: si stima che ogni anno nel mondo ne vengano prelevate tra i 40 e i 50 miliardi di tonnellate, un ritmo superiore a quello con cui la sabbia si deposita nuovamente lungo le coste. L’estrazione di questo materiale, usato soprattutto nell’edilizia (85 per cento), ha molti effetti negativi sull’ambiente. Per esempio, può aumentare l’erosione delle coste e danneggiare gli habitat naturali. Per risolvere il problema si potrebbe sostituire la sabbia naturale con quella prodotta frantumando alcuni tipi di roccia. Inoltre si potrebbe riciclare la sabbia usata o ricorrere a materiali alternativi. Nella foto: un disegno sulla sabbia alla foce del fiume Neretva, in Croazia, luglio 2021

La calda estate dell’Artico Frane Almeno quindici persone sono morte nelle frane causate dalle forti piogge a Bukavu, nell’est della Repubblica Democratica del Congo. ◆ Il bilancio della frana provocata dalle intense precipitazioni in una miniera di rame nello Zambia è salito a undici vittime. Venti persone risultano ancora disperse. Fulmini Cinque bambini sono morti e dieci sono rimasti feriti quando un fulmine ha colpito la loro scuola a Ituri, nel nordest

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ANDY CLARK (REUTERS/CONTRASTO)

Radar

della Repubblica Democratica del Congo. Tempeste I tornado e le forti intemperie che hanno colpito il Tennessee, negli Stati Uniti, hanno provocato sei vittime e gravi danni materiali. Terremoti Un sisma di magnitudo 7,1 ha colpito l’arcipelago di Vanuatu, senza provocare vittime né danni. Altre scosse sono state registrate a Città del Messico Temperature Secondo l’agenzia del governo statunitense per l’oceano e l’atmosfera (Noaa) l’estate del 2023 è stata la più calda mai registrata nella regione artica, con una temperatura media di 6,4 gradi. Il cambiamento climatico sta avendo effetti opposti sulle

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popolazioni di salmoni della costa pacifica del Nordamerica: alcune specie sono crollate ai minimi storici, mentre i salmoni rossi (Oncorhynchus nerka, nella foto) sono aumentati del 98 per cento rispetto alla media degli ultimi trent’anni. ◆ Nel sudest dell’Australia è in corso un’ondata di caldo con temperature superiori a 43 gradi, 15 in più della media stagionale. NEWSLETTER Pianeta è la newsletter settimanale di Gabriele Crescente con le ultime notizie sulla crisi climatica e sull’ambiente. Per riceverla: internazionale.it/newsletter

◆ Dopo un anno da record per il cambiamento climatico, le barriere coralline sono a rischio. Il caldo eccezionale che ha colpito in particolare la parte orientale del Pacifico tropicale e la regione caraibica dipende da più fattori: in primo luogo l’aumento della temperatura delle acque superficiali dovuto al cambiamento climatico, ma anche al Niño, un evento meteorologico ricorrente. Le ondate di caldo estremo danneggiano le barriere coralline e altri habitat fondamentali ma fragili, come le foreste di mangrovie e le praterie sottomarine. Secondo Science i dati degli ultimi quarant’anni fanno prevedere che nel 2024 si verificheranno episodi senza precedenti di sbiancamento e morte dei coralli nella regione dell’Indopacifico. Lo sbiancamento è un fenomeno associato all’aumento della temperatura, durante il quale i coralli perdono gli organismi unicellulari con cui vivono in simbiosi e diventano bianchi. Se lo sbiancamento si prolunga nel tempo, i coralli possono morire. Alcuni fattori, come l’inquinamento e l’acidificazione degli oceani dovuta all’aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera, rendono le barriere coralline più vulnerabili. I coralli possono morire anche senza diventare bianchi, quindi per controllare la salute delle barriere coralline bisognerebbe usare metodi che non si basino solo sul colore. Inoltre servirebbero nuove misure di protezione, come la creazione di riserve naturali. Ma soprattutto bisognerebbe contenere il cambiamento climatico.

Il pianeta visto dallo spazio 02.12.2023

L’arcipelago Krakatoa, in Indonesia Nord 2 km

Krakatau Kecil Sertung

Anak Krakatau

EARTHOBSERVATORY/NASA

Rakata

◆ L’arcipelago Krakatoa, nello stretto della Sonda tra le isole di Giava e Sumatra, è tutto quello che resta di un grande stratovulcano distrutto da un’eruzione, forse nel quinto secolo dopo Cristo. Il sistema, che fa parte dell’anello di fuoco del Pacifico, è attivo da più di undicimila anni ed è stato responsabile di una delle eruzioni più letali nella storia moderna, che il 27 agosto 1883 scatenò uno tsunami con onde di quaranta metri e provocò la morte di almeno 36mila perso-

ne. Le ceneri e i gas emessi nell’atmosfera ebbero un impatto significativo sul clima globale, provocando un abbassamento delle temperature di o,4 gradi. L’evento distrusse quasi completamente l’isola che ospitava il vulcano, di cui rimane solo la parte meridionale, oggi chiamata Rakata. Circa cinquant’anni dopo, nel centro della caldera cominciò a emergere una nuova isola, chiamata Anak Krakatau (figlio di Krakatoa). Nel 2018 il crollo di una parte

Questo gruppo di isole nello stretto della Sonda è stato creato dal vulcano che nel 1883 produsse una delle eruzioni con più vittime nella storia moderna



dell’isola ha provocato un altro tsunami che ha ucciso più di quattrocento persone sulle coste di Giava e Sumatra. Il periodo eruttivo più recente è cominciato nel maggio 2021 e si è intensificato alla fine di novembre del 2023, con esplosioni e pennacchi di fumo alti mille metri, come quello visibile in quest’immagine scattata dal satellite Landsat 8. Le autorità indonesiane hanno vietato di avvicinarsi a meno di cinque chilometri dal cratere. –Nasa

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Economia e lavoro

SEONGJOON CHO (BLOOMBERG/GETTY)

Gimpo, Corea del Sud, 10 luglio 2020

COREA DEL SUD

Serve una soluzione per le truffe immobiliari Philippe Mesmer, Le Monde, Francia Quest’anno centinaia di persone che avevano usufruito del jeonse, un sistema tipico di accesso agli alloggi in Corea del Sud, sono state truffate. E chiedono protezione al governo

ha depositato il 24 novembre otto proposte di legge per proteggere meglio gli affittuari o facilitare il sequestro dei beni dei proprietari disonesti. Iniziative simili si moltiplicano mentre il governo conservatore fatica ad affrontare un fenomeno in espansione.

Vittime giovani ognavo di possedere una casa di proprietà. Non ho chiesto un prestito. Ho messo tutti i miei risparmi in questo progetto”. Ahn Sang-mi ha perso tutto per colpa dei truffatori del jeonse, un tipico sistema di accesso agli alloggi diffuso in Corea del Sud: l’inquilino versa al proprietario una cauzione che può arrivare fino all’80 per cento del valore di un immobile per occuparlo, di solito per due anni, al termine dei quali recupera la somma. Questo almeno se il proprietario non sparisce con il denaro. Dall’inizio dell’anno migliaia di persone sono state truffate in questo modo. Ci sono state molte manifestazioni di protesta, l’ultima il 14 ottobre. L’opposizione democratica, molto attiva sulla questione,

“S

Nel 2020 Ahn aveva trovato un appartamento in un piccolo edificio appena costruito a Chemulpo, quartiere storico del porto di Incheon, vicino a Seoul. “Ho firmato il mio primo contratto d’affitto per un totale di 72 milioni di won (51mila euro). A febbraio del 2022 ho rinnovato il contratto per 74 milioni di won (62mila euro). Quest’anno alla fine di giugno ho ricevuto una lettera del tribunale in cui c’era scritto che l’edificio era stato pignorato per i debiti del proprietario ed era stato messo all’asta”. Altri residenti dell’edificio erano nella sua situazione. “Per noi è stato uno shock. Gli avvocati ci hanno detto che non potevamo farci niente. Il proprietario aveva usato i soldi. Anche se avessimo vinto in tribunale, non ci sarebbe stato alcun risarcimento”.

Come Ahn, tra gennaio e giugno del 2023 altre 4.481 persone sono state truffate, contro un totale di 622 nel 2022. Il danno totale è di 510,5 miliardi di won (426,7 milioni di euro). Sono dati diffusi dalla polizia, che ha arrestato 2.582 sospettati ma è stata in grado di recuperare solo il 22,6 per cento delle somme rubate. Il 54,4 per cento delle vittime ha meno di trent’anni. Tre si sono suicidate. Altre ci hanno pensato, come un ragazzo di 21 anni che preferisce non dire il suo nome. Aveva ottenuto un alloggio a Hwaseong, nella provincia di Gyeonggi, non lontano da Seoul, grazie a un programma di prestiti per giovani imprenditori. “Avevo un debito di novanta milioni di won (75mila euro). Ho pensato di buttarmi nel fiume Han”. L’aumento dei casi è dovuto al calo dei prezzi nel mercato immobiliare e al rialzo dei tassi d’interesse, passati dallo 0,5 per cento del luglio 2021 al 3,5 per cento nel gennaio 2023. “Tra il 2020 e il 2022 molte persone hanno approfittato di tassi d’interesse molto bassi per comprare più appartamenti. Le banche concedevano prestiti senza difficoltà e i compratori usavano i soldi del jeonse per ripagare i debiti”, ricorda Park Joo-min, deputato dell’opposizione. “Le banche non si preoccupavano della solvibilità degli acquirenti. Al tempo stesso gli affittuari non potevano verificare la serietà o la situazione finanziaria dei proprietari”, sottolinea Heo Jong-sik, un altro deputato democratico di Incheon – tra le città più colpite da questo fenomeno insieme a Seoul – ed esperto di questioni immobiliari. Molti clienti e proprietari non sono assicurati. La portata della crisi ha spinto le vittime a organizzarsi. Hanno creato il sito internet Bad landlords, che pubblica nome, indirizzo e foto dei proprietari disonesti. Sul sito si legge di un certo Kwon, 51 anni, proprietario di 3.493 alloggi in tutto il paese. C’è anche Kim, detto “il re della villa”, morto a ottobre del 2022. Tra il 2020 e il 2022 aveva comprato 1.139 alloggi a Seoul, di solito in piccoli edifici nuovi o appena ristrutturati, del tipo più richiesto dai giovani. Quand’è morto era coperto di debiti con le banche, il fisco e gli affittuari. Una delle sue vittime, Lee Cheol-bin, 29 anni, aveva preso in prestito 120 milioni di won (centomila euro) per coprire una parte del denaro versato o per comprare un appartamento a Seoul. Al termine del Internazionale 1542 | 15 dicembre 2023

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Economia e lavoro

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CORRUZIONE

COMMERCIO GLOBALE

Sospettati di tangenti

Più scambi in Asia Jakarta, Indonesia, 3 agosto 2022

WILLY KURNIAWAN (REUTERS/CONTRASTO)

La procura federale svizzera ha incriminato la multinazionale Trafigura (nella foto, la sede di Johannesburg) e il suo ex direttore operativo, Mike Wainwright, per aver pagato cinque milioni di euro di tangenti a un funzionario pubblico in Angola tra il 2009 e il 2011. In cambio il dirigente dell’azienda statale Sonangol Distribuidora aveva autorizzato contratti che hanno fruttato 143,7 milioni di dollari al colosso delle materie prime. È la prima volta che la magistratura svizzera persegue un’azienda per corruzione di funzionari stranieri, scrive il Financial Times.

MICHELE SPATARI (BLOOMBERG/GETTY IMAGES)

contratto d’affitto, nel novembre 2022, ha perso tutto. “Per mesi non sono riuscito a dormire né a concentrarmi sul lavoro”, racconta Lee. “Non vedevo più i miei familiari, né i miei amici”. Anche il proprietario di casa di Ahn era indebitato: “Lo sapevo dall’inizio, ma l’agenzia immobiliare che ha gestito la mia pratica diceva che era molto ricco e che non c’era niente di cui preoccuparsi. Poiché l’appartamento era nuovo e mi piaceva molto, confesso di aver ceduto. Alla fine è venuto fuori che erano tutti complici, l’agenzia, il proprietario e perfino l’amministratore di condominio”. Per placare lo sgomento delle vittime, il 27 febbraio il parlamento ha adottato un emendamento che autorizza la divulgazione d’informazioni sui proprietari che non hanno restituito le caparre. A maggio è stata adottata una legge, presentata dal deputato democratico Heo, che non prevede di risarcire le vittime ma di sospendere i pignoramenti degli appartamenti per un periodo di tre mesi rinnovabili. Ne beneficia anche Ahn, oggi vicepresidente del comitato di lotta contro le truffe del jeonse, ma a suo avviso non basta. “Vogliamo che il governo risarcisca le vittime, faccia causa e provveda a trovare i fondi nascosti dai truffatori”. “Stiamo facendo pressione, perché la legge sarà riesaminata a dicembre, ma il governo risponde che si tratta di questioni private e che non può occuparsi di tutto”, osserva Park. “Non sarebbe appropriato per il governo farsi carico di questi casi di frode in generale, perché questo creerebbe un precedente negativo per il paese”, replica il ministro della pianificazione territoriale Won Hee-ryong. Al tempo stesso la crisi in corso ha spinto molte persone a rinunciare al jeonse (un sistema nato alla fine dell’ottocento e che ha resistito a molti scandali negli anni ottanta e all’inizio degli anni duemila), per passare a un affitto classico. Lo fanno a malincuore, perché il jeonse continua a essere un sistema molto apprezzato: consente di proteggere un capitale in vista dell’acquisto di un bene. Secondo i dati della corte suprema, su 26,99 milioni di contratti d’affitto firmati in Corea del Sud nel 2022, 12,99 milioni (ossia il 48,1 per cento) erano jeonse. Era dal 2010 che la quota non scendeva sotto il 50 per cento. u gim

Nel 2023 il commercio globale è diminuito del 5 per cento rispetto all’anno precedente, raggiungendo un valore complessivo di 30.700 miliardi di dollari. Lo dice il rapporto Global trade update della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad). Secondo il rapporto la contrazione è dovuta a un calo delle esportazioni dai paesi in via di sviluppo. Anche le previsioni per il 2024 sono generalmente pessimistiche. “Nell’industria globale dei trasporti l’atmosfera è decisamente cupa”, conferma Quartz. “Ma si vede un raggio di luce: le spedizioni interne all’Asia. Con lo spostamento di alcune produzioni fuori della Cina, è aumentata la domanda per il trasporto di materie prime e semilavorati tra i paesi asiatici”. u

Micro Stefano Feltri

L’illusione del bitcoin Alla fine del 2017 un’amica appassionata di tecnologia mi aveva regalato per Natale qualche frazione di bitcoin, che all’epoca erano quasi esotici. In questi giorni ho controllato il loro valore: un aumento del prezzo in dollari del 160 per cento. Niente male. Nell’anno degli scandali del settore delle criptovalute – con il fondatore di una piattaforma di scambio (Ftx) in carcere e quello di un’altra (Binance) costretto a dimettersi – ci si

aspetterebbe il suo collasso. Invece il valore della più nota moneta virtuale supera i 40mila dollari, mentre il Salvador emette la prima obbligazione in bitcoin. Le criptovalute sono più solide di quanto pensavamo? No, come dimostrano i crolli improvvisi e senza spiegazioni (il bitcoin ha perso il 7,5 per cento in un giorno, anche in assenza di notizie particolari). È una bolla, e chi non è troppo avido ogni tanto vende quello che ha

prima che scoppi tutto. I prezzi salgono perché in questa fine d’anno tutto sale sui mercati, nell’attesa di tagli ai tassi d’interesse, e perché le autorità dovranno regolare meglio il mondo caotico delle criptovalute. Allora si ridurranno gli scandali, ma l’utopia di un sistema finanziario parallelo e anarchico sarà svanita per sempre. Per questo Natale i bitcoin potrebbero essere un regalo ad alto rischio. u

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L’oroscopo

Rob Brezsny Il faraone egiziano Tutankhamon morì più di 3.300 anni fa. Tra i tesori che gli misero accanto nel sarcofago c’era un vaso di miele che aveva lo scopo di addolcire il suo viaggio nell’aldilà. All’inizio del novecento gli archeologi che scoprirono quell’antico sito osarono assaggiare il miele e lo trovarono gustoso e fresco come se fosse appena fatto. Questa longevità è una caratteristica tipica del miele. Ti propongo di usarla come metafora della tua vita. Quali vecchie risorse o esperienze del passato potrebbero essere pure e nutrienti come in origine? E come potrebbero esserti utili adesso?

ARIETE

Nel 1849 Harriet Tubman fuggì dalla condizione di schiavitù in cui viveva in una piantagione del Maryland. Avrebbe potuto godersi la sua libertà in pace, invece decise di liberare altre persone. Con 13 audaci incursioni in territorio nemico portò in salvo 70 schiavi. Per compiere quelle azioni eroiche disse di essersi affidata ai sogni che le avevano rivelato le vie di fuga, il momento migliore per agire e le informazioni su come evitare i diabolici “cacciatori di schiavi”. In linea con i presagi astrali, nelle prossime settimane t’invito a essere come Tubman e a cercare nei sogni una guida per risolvere i tuoi problemi o per inseguire la felicità.

ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

TORO

L’attore del Toro Jack Nicholson ha spesso interpretato nei suoi film personaggi anticonformisti e antieroi. Anche la sua vita privata è stata tutt’altro che tranquilla: ha avuto sei figli con cinque donne diverse. La sua collega attrice Carrie Fisher ha detto che Jack era “divertente perché imprevedibile”. In genere la tribù del Toro non è famosa per essere eccentrica, ma nel suo tema natale Nicholson ha l’insolente Urano vicino al suo Sole. Molti Toro che conosco s’impegnano così tanto a essere sempre se stessi da risultare stravaganti. Nelle prossime settimane, questi temi saranno centrali anche per te.

pongo una variazione su questo tema. Il fiume Neva, nella Russia nordoccidentale, si congela ogni inverno. Durante i gelidi mesi invernali tra il 1739 e il 1740, l’imperatrice Anna di Russia ordinò ai suoi operai di tagliare enormi blocchi di ghiaccio e usarli per costruire un magnifico palazzo sulla riva del fiume. Riempì il palazzo di mobili e opere d’arte, facendone il luogo dei festeggiamenti per il trionfo della Russia sull’impero ottomano. Ti racconto questa storia, Gemelli, perché sospetto che nelle prossime settimane avrai una notevole capacità salvifica. Starà a te fare una limonata con i limoni o un palazzo con un fiume ghiacciato. CANCRO

“Se il mondo fosse solo affascinante, sarebbe facile affrontarlo”, ha scritto l’autore del Cancro E. B. White. “Se fosse solo una sfida, non sarebbe un problema. Ma la mattina mi sveglio combattuto tra il desiderio di migliorare il mondo e il desiderio di godermelo. Questo rende difficile pianificare la giornata”. Le ultime settimane per te sono state più impegnative che affascinanti: sei stato costretto a risolvere dilemmi e fare cambiamenti. Ma questo ritmo sta per finire. La vita che ti aspetta sarà affascinante e accogliente. Sei pronto a rinunciare all’attaccamento inconscio che hai per il tuo malessere e passare senza sforzo a un maggiore rilassamento? LEONE

GEMELLI

Secondo il senso comune, se la vita ci dà limoni, dovremmo fare una limonata. Ti pro-

Voglio prepararti alle delizie dei prossimi giorni e assicurarmi che tu sia pronto ad accoglierle. Quindi ti propongo una

riflessione dello psicoanalista del Leone Carl Jung: “È importante avere un segreto, una premonizione di cose sconosciute. Dobbiamo sentire di vivere in un mondo che, per certi aspetti, è misterioso; in cui avvengono e si sperimentano cose che restano inesplicabili. Solo allora la vita è completa”. VERGINE

Ti sei presa una pausa rinfrescante ultimamente? Magari anche un anno sabbatico? Ti sei concessa una tregua dalla routine? In caso contrario, ti consiglio di farlo al più presto. E mentre stai ricaricando le batterie psichiche, ti chiedo di dare ampio spazio alla fantasia e lasciarla vagare liberamente. A mio parere di astrologo, la tua immaginazione ha bisogno di essere nutrita con cibi raffinati. Per il bene della tua anima, spero che i tuoi sogni siano straordinari, ribelli e perfino stravaganti. BILANCIA

Mio zio Ned dice: “Il miglior regalo che puoi far accettare al tuo ego è renderlo tuo servo piuttosto che tuo padrone”. Una delle mie prime insegnanti buddiste una volta mi ha detto: “È probabile che nella vita le cose migliori capitino se di tanto in tanto perdi la speranza e provi a sentirti completamente vuoto”. La ragazza che avevo a 23 anni mi disse: “Potresti divertirti di più con i miei atteggiamenti buffi se non cercassi sempre di capirli”. Ti offro queste tre riflessioni, Bilancia, perché sei in una fase in cui la morale della storia è che non c’è una vera e propria morale, almeno finché non metterai da parte le tue ipotesi su quale sia la morale della storia. SCORPIONE

Credo che voi Scorpioni siate quelli che hanno più probabilità di trarre vantaggio dalla loro empatia. Con questo intendo dire che avete una grande capacità di leggere gli stati d’animo e i sentimenti degli altri e spesso siete in grado di capire i punti di vista che vi consentono di ottenere quel che volete mentre aiutate gli altri a ottenere ciò che vogliono. Potenzialmente siete

dei geni nel fare ciò che è meglio per tutti ed esserne ricompensati. Secondo le mie previsioni, questo talento presto funzionerà ai massimi livelli. CAPRICORNO

Lo sceneggiatore John Patrick Shanley ha scritto: “La vita ha i suoi miracoli, primo tra tutti il bello che nasce dalle tenebre”. Prevedo un miracolo simile per te, Capricorno, anche se sospetto che nascerà dalla confusione o dall’inerzia piuttosto che dalle tenebre. Ti consiglio di non impantanarti nella confusione e non lasciarti sfuggire i segnali che indicano l’imminente arrivo di un grande risveglio. Comincia a immaginare come ti sentirai quando arriverà la salvezza. ACQUARIO

Prima di raggiungere l’apice della fama, il romanziere dell’Acquario Charles Dickens ebbe problemi finanziari. Quando aveva 31 anni la situazione era disperata. Così, per sei settimane, a partire dall’ottobre del 1843, lavorò ossessivamente alla stesura del racconto Canto di Natale, che fu pubblicato il 19 dicembre di quell’anno e andò esaurito in pochi giorni. Nel giro di un anno ne uscirono 13 edizioni. Le preoccupazioni economiche di Dickens erano finite. Caro Acquario, anche per te il prossimo futuro sarà un buon momento per intraprendere un’azione mirata a risolvere un problema. PESCI

Molte persone religiose credono che dio possa ascoltare le loro preghiere e intervenire nelle vicende terrene. Altre pensano che possa ascoltarle, ma non intervenire. Poi ci sono quelle che non credono in dio e pensano che pregare sia inutile. Ovunque tu sia collocato in questo spettro, Pesci, sono lieto di rivelarti che nelle prossime settimane riceverai più sostegno del solito da dio, dal destino, dalla natura o da altri esseri umani. Quindi cerca aiuto e benedizioni. Non lasciarti sfuggire potenziali aiutanti, neanche i più improbabili.

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internazionale.it/oroscopo

SAGITTARIO

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ROYSTON, REGNO UNITO

L’ultima

“Se qualcuno di voi si sente offeso da una delle questioni toccate in questa rappresentazione…”.

EL KOKO, SPAGNA

JONESY, REGNO UNITO

“Caldo? Ha sempre fatto caldo, no?”.

TORO

DOODLEY, CANADA

“Vi auguriamo un Natale di merda, bastardi”. “È da parte dei troll”.

“Non posso credere che sia passato all’elettrico”.

“Goditi questo momento, perché chiaramente i nostri genitori stanno per divorziare”.

Le regole Al pub 1 Il barman è un cameriere, non un confessore. 2 Dopo la terza birra spostati a un tavolo vicino al bagno. 3 Se vuoi goderti il tuo gin tonic, non discutere di politica. 4 Un margarita in un bicchiere sbagliato perde metà del gusto. 5 Nel dubbio: vodka liscia.

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«All’arme! All’arme! I priori fanno carne!» grida un artigiano per incitare alla rivolta. È il 20 luglio del 1378, siamo a Firenze in piena rivolta dei Ciompi, una delle tante che infiammano l’Europa nel corso del Trecento. Utilizzando le cronache del tempo, Alessandro Barbero ci fa rivivere la concitazione, l’entusiasmo, la violenza di quelle giornate in cui una massa di persone decise che il futuro così come lo vedeva non gli piaceva e provò a cambiarlo. SCOPRI IL LIBRO

Da troppo tempo ci siamo posti al di fuori della natura, dimenticandoci che rispondiamo agli stessi fondamentali fattori che controllano l’espansione delle altre specie. Abbiamo concepito il luogo dove viviamo come qualcosa di separato dal resto della natura, contro la natura. Ecco perché da come immagineremo le nostre città nei prossimi anni dipenderà una parte consistente delle nostre possibilità di sopravvivenza. SCOPRI IL LIBRO

«Il tempo della mia vita cambiò, il ritmo cambiò. Fu come passare dall’altro lato di un orologio. Vivere qui comportava impiegare il tempo di questo luogo, che scorre sotto lancette diverse, lente e collose, fatte di piogge, di stagioni, di epoche di raccolta, di periodi di deposizione delle uova, di limiti imposti da forze superiori, con le quali l’uomo non compete; semplicemente si arrende, le asseconda, le rispetta». SCOPRI IL LIBRO

Il cavallo di Troia, le terre di Didone, il ratto delle Sabine, il tappeto di Cleopatra… La storia antica è costellata di fatti e vicende in cui la soluzione di problemi e la vittoria sui concorrenti si ottengono grazie a un guizzo di intelligenza. Imbrogli, trucchi e raggiri che ci raccontano le sorprendenti sfaccettature del carattere e del mondo dei nostri antenati. SCOPRI IL LIBRO

Chi era Nerone? Andrea Carandini, uno dei più grandi studiosi di Roma antica, ne racconta vita e gesta in prima persona, ricostruendo la figura di uno dei più originali e controversi principi di Roma. SCOPRI IL LIBRO

A partire dall’8 settembre del 1943, e fino al 25 aprile del 1945, migliaia di giovani e meno giovani abbandonarono la loro vita abituale, presero le armi e si gettarono in un’avventura che stravolse la loro esistenza. Quali furono i sentimenti e le passioni che li spinsero a un passo del genere e li sostennero in quei venti mesi? Amore e odio, speranza e vendetta, dolore e felicità: osservare le passioni della Resistenza ‘in diretta’ significa avvicinarsi a quella esperienza in modo quasi viscerale ed eliminare le distorsioni prodotte dal passare del tempo. SCOPRI IL LIBRO

Come abbiamo imparato a distinguere il bene dal male? Siamo sempre stati capaci di farlo? E lo saremo ancora, nel mondo a venire? Una grande storia universale della morale nell’epoca della sua crisi più buia. Un appassionante tour de force che abbraccia cinque milioni di anni di evoluzione umana. SCOPRI IL LIBRO

Chi era Giacomo Casanova? Un avventuriero intraprendente, un letterato generoso, un diplomatico accorto, un baro temibile, un viaggiatore instancabile e – ça va sans dire – un grande amante delle donne. A quasi 300 anni dalla nascita, la storia di una vita straordinaria in un libro che è insieme la biografia di uno dei veneziani più noti al mondo e un affresco originale dell’Europa del Settecento. SCOPRI IL LIBRO

Le grandi multinazionali della consulenza — McKinsey, Deloitte, KPMG e poche altre — hanno conquistato in breve tempo un potere enorme nell’economia contemporanea. Come hanno fatto? Perché i governi di tutto il mondo hanno deciso di affidargli scelte fondamentali per i propri Paesi? Con quali conseguenze per tutti noi? SCOPRI IL LIBRO

Di che cosa parliamo quando parliamo di Occidente? Oggi, con la guerra in Ucraina, sembra ritornare in auge un concetto di Occidente tutto geopolitico, dove Europa occidentale e Stati Uniti, difensori di democrazia e libertà, si contrappongono alla ‘barbarie’ orientale, russa e cinese. Ma non è sempre stato così, anzi, e siamo sicuri che questa idea di Occidente, questa alleanza fatta di valori, di economia e di tecnologia militare, duri per sempre? SCOPRI IL LIBRO

I 14 anni che segnarono la fine della Repubblica romana furono caratterizzati da una lotta epica e senza quartiere tra uomini che volevano imporre la propria egemonia: Cesare contro Pompeo, Ottaviano contro Antonio. Ma le cose sono andate davvero così o si è trattato piuttosto di un conflitto su scala mondiale, capace di coinvolgere e travolgere tutti i popoli allora conosciuti: traci e parti, galli e ispanici, armeni ed egizi? SCOPRI IL LIBRO

753 a.C.? Certo, la fondazione di Roma. 33 d.C.? Beh, questa è più facile: la crocifissione di Gesù! Ma cosa è successo nel 751 d.C.? O nel 1610? O nel 1911? La storia è certamente fatta di date, di eventi che segnano il tempo come pietre miliari e lo scandiscono. E ogni data, sia essa famosa o inaspettata, diventa la porta d’accesso a una storia che accoglie immaginazione, ricordi, emozioni. SCOPRI IL LIBRO

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