I ritratti originali di Gesù il Cristo. Inizi e sviluppi della cristologia neotestamentaria. Gli inizi [Vol. 1] 8821532186, 9788821532184

Se si vuole conoscere il cristianesimo, bisogna anzitutto conoscere Gesù Cristo. Per tutti resta dunque valido l'in

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Italian Pages 304 [298] Year 1997

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I ritratti originali di Gesù il Cristo. Inizi e sviluppi della cristologia neotestamentaria. Gli inizi [Vol. 1]
 8821532186, 9788821532184

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Se si vuole conoscere il cristianesimo, bisogna anzitutto conoscere Gesù Cristo. Per tutti resta dunque valido l'interrogativo di fondo: "Chi è Cristo per noi oggi?". La cristologia che qui viene presentata è mossa dalla convinzione che, se non si parte dal Gesù terreno, la cristologia della Chiesa sarebbe priva del suo fondamento storico e contenutistico. L'opera è strutturata in due volumi (di cui il secondo di prossima pubblicazione). Il titolo vuole esprimere la molteplicità dei modi di approccio alla figura del Cristo: esso evidenzia il dato di una personale e costante unità di fondo che, però, viene percepita e interpretata in modo diverso da coloro che ne hanno scritto. Romano Penna (1937), presbitero della Diocesi di Alba dal 1960, ha studiato presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma e il Pontificio Istituto Biblico di Roma dove si è addottorato nel 1974 sotto la guida del futuro cardinale Albert Vanhoye. È stato docente ordinario di Origini Cristiane dal 1983 nella Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense; ha insegnato come docente invitato anche presso la Pontificia Università Gregoriana (Roma), il Pontificio Istituto Biblico (Roma) e lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme.

Romano Penna

I RITRATTI ORIGINALI DI GESÙ IL CRISTO Inizi e sviluppi della cristologia neotestamentaria I.

Gli inizi

~

SAN PAOLO

© EDIZIONI SAN PAOLO s . r . l . , 1 996

Piazza Soncino, 5 - 20092 Cinisello Balsamo (Milano) Distribuzione: Diffusione San Paolo s . r . l . Corso Regina Margherita, 2 - 1 0 1 5 3 Torino

PREFAZIONE

Scrivere su Gesù oggi , se non si vuole comporre un romanzo o confinarsi nel devozionalismo , è diventato più arduo eppure an­ che più stimolante che qualche anno fa. Il motivo risiede nel fatto che, pur rimanendo sempre uguali le fonti canoniche a cui attinge­ re, è cambiata molto la metodologia di approccio , sia per l' acqui­ sizione di nuove sensibilità culturali con la loro incidenza fin sul piano della ricerca storico-letteraria, sia per l'arricchimento del pa­ norama dell' ambiente palestinese del tempo soprattutto per la di­ sponibilità di nuovi testi provenienti da Qumran, sia di conseguenza per l' enorme moltiplicarsi della bibliografia in materia. È inevita­ bile che tutto ciò influisca sulla stessa possibilità di configurarci in modo adeguato una personalità tanto ricca come quell a del Na­ zareno , già di per sé assai complessa dal semplice punto di vista della fenomenologia religionista. Ma vale la pena di misurarsi comunque con un' impresa tanto affascinante, anche perché comprendere la figura di Gesù di Na­ zaret significa riscoprire i tratti più genuini del cristianesimo stes­ so, nell' ambito del quale si radica e vive non solo il credente ma, più in generale, anche tutta la cosiddetta cultura occidentale , com­ presi il « laico » e persino l ' ateo , per non dire delle variegate riso­ nanze prodotte nelle culture di altra matrice . All 'origine di questa ricerca vi sono anni di insegnamento di cri­ stologia neotestamentaria, tenuti nel ciclo di specializzazione della Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense in Ro­ ma. La sua pubblicazione, che amplia e aggiorna la materia del corso, ha lo scopo di aiutare il lavoro dello studente universitario e di costituire un sussidio per chiunque intenda approfondire e chia­ rire il costitutivo più tipico della fede cristiana , tanto per l' opera­ tore pastorale quanto per chi è mosso da semplice ma intelligente curiosità . La ricerca è comandata però da un presupposto : non si può com­ prendere appieno la figura di Gesù , se oltre la fase terrena della sua vita non si tiene anche parimenti conto delle interpretazioni che

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PREFAZIONE

di lui furono date dalle prime generazioni cristiane e che sono de­ positate negli scritti di tutto il Nuovo Testamento . Infatti , solo nella fede della comunità dei discepoli trova espressione piena quella ec­ cedenza di significato che caratterizzava fin dall 'inizio la sua per­ sona a livello di esistenza storica. L' opera è articolata in due volumi . Questo primo s'interessa so­ lo del Gesù terreno e della sua risurrezione : è la sovrapposizione di questi due momenti che , quasi come in un processo di sviluppo fotografico a colori , ci offre i contorni netti e completi della sua fisionomia. Gli apporti successivi non potranno che costruire su queste due basi complementari, esplicitandone tutte le virtualità na­ scoste . Certo è che non si può racchiudere l'identità del Nazareno in una semplice formuletta definitoria, foss' anche appartenente ai pronunciamenti del magistero ecclesiastico . Egli è sempre molto « di più » di tutte le nostre parole; e se ciò vale per ogni singola persona umana, tanto più è vero per la sua. Appunto la pluralità delle fonti neotestamentarie documenta esattamente questa ricchez­ za, mentre conferma la difficoltà di arrivarne veramente al fondo . Ma un tentativo è sempre possibile , e quello che presentiamo non ha nessun' altra pretesa che di esserne un esempio, rigoroso e insie­ me aperto a ogni ulteriore apporto . Dovrei qui ringraziare tutta una serie di persone che hanno con­ tribuito in varia misura a condurre a termine l' opera . Si tratta di amici, colleghi , studiosi, autorità accademiche ed ecclesiali , per non dire degli studenti. Li ricordo tutti cumulativamente e tutti ringra­ zio con pari riconoscenza e affetto . Se il lavoro svolto sarà utile a qualcuno , ciò sarà dovuto non solo a me. 6

marzo

1996

ROMANO PENNA

INTRODUZIONE

l. La domanda su Gesù

Si dovrà necessariamente convenire sul fatto che la figura di Ge­ sù è stata nei secoli e continua ad essere sempre un vero segno di contraddizione (cfr . Le 2 , 34) ; anzi , Gesù interessa persone e am­ bienti , che vanno ben al di là dei soli confini della Chiesa 1 • Così , per esempio, uno stesso scrittore come F. Nietzsche poteva farne l'elogio nell 'Anticristo col dire che « c'è stato un solo cristiano , ma è morto sulla croce » , e affermare invece in Così parlò Zaratustra: « Egli conosceva soltanto le lacrime e la malinconia dell'ebreo. ( . . . ) Egli è morto troppo presto : avrebbe ritrattato lui stesso la sua dot­ trina, se fosse giunto alla mia età » . Le testimonianze su di lui trat­ te dalla nostra tradizione europea si possono moltiplicare quasi al­ l'infinito e sono di segno molto diverso . Così , per esempio , si va da F. Dostojevskij (ne I demoni: « Se mi si dimostrasse matemati­ camente che la verità è fuori di Cristo , io starei dalla parte di Cri­ sto ») a G. Ungaretti (in Mio fiume anche tu : « Fratello che t'im­ moli l perennemente per riedificare l umanamente l'uomo, l San­ to, Santo che soffri »); da E. Bloch (in A teismo nel cristianesimo: « Nel ribelle Gesù , eretico per eccellenza, [ . . . ] non venne inchioda­ to sulla croce un fanatico inoffensivo , ma l ' avvento di un uomo che inverte il valore del mondo presente , il grande esemplare di un altro mondo senza oppressione e senza dio dei signori >>) a P . P. Pasolini (da una lettera al produttore del film Il vangelo secondo Matteo : « L' umanità di Cristo è spinta da una tale forza interiore [ . . . ] che per essa la metafora « divina » è ai limiti della metaforici-

l Cfr. J. Pelikan, Gesù nella storia, BUL 287, Laterza, Roma-Bari 1 989; alla p. 9 l' autore riferisce arditamente , ma non ingiustamente, allo sviluppo bimillena­ rio della cultura umana la frase del quarto vangelo: « Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto » (Gv I , 1 6) . Vedi anche F. Ardusso, Gesù Cristo, Figlio del Dio vivente, San Paolo, Cinisello Balsamo 1 992, pp. 1 9-44 (« I molti volti di Gesù ») e pp. 45-50 (« I limiti delle immagini di Gesù »).

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INTRODUZIONE

tà, fino a essere idealmente una realtà ))). Ma in questa sede non ci interessiamo né di letteratura né di filosofia 2• È appena il caso qui di accennare all 'immancabile impatto della figura di Gesù sulla cosiddetta teologia della liberazione 3 per non dire dell ' elaborazione di un necessario approccio di antropologia culturale 4• Resta l' interrogativo, recentemente riformulato da Moltmann : « Chi è Cristo per noi oggi? )) 5 • Ma bisognerà precisare , ed è ciò che qui c' interessa, che non si può comprendere il valore del « per noi oggi )) , se prima non ci risulta con chiarezza la risposta a « chi è (stato) Cristo )) . Infatti nessuno può essere qualcosa per gli altri , se prima di tutto non è qualcosa in sé; il valore di una persona non sta solo nella relazione, ma prima ancora sta nella sua propria, ir­ ripetibile identità: solo di lì trae poi importanza il dato relazionale . Una cosa è certa: se si vuole conoscere il cristianesimo , bisogna anzitutto conoscere Gesù Cristo. Infatti esso non è primariamente un complesso di valori , né una visione del mondo , e nemmeno un programma di vita. Anche se si professassero i più nobili ideali di bontà, e se si tracciasse un quadro della storia sotto il segno della Provvidenza, e se si proclamasse e si vivesse un tipo di esistenza all'insegna dell'etica più rigorosa, ma non ci fosse spazio per Gesù Cristo , nulla di tutto ciò si potrebbe dire cristiano .

2 Cfr. in proposito : Incontri e scontri col Cristo, a cura di D. Porzio, 2 voli . , Ferro-Massimo, Milano 1 97 1 ; I volti di Gesù nella letteratura moderna, a cura di F. Castelli, 3 voli . , Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo 1 990/ 1 995 ; S . Zucal , a cura, La figura di Cristo nella filosofia contemporanea, San Paolo, Cinisello Bal­ samo 1 993 ; X. Tilliette, Filosofi davanti a Cristo, Queriniana, Brescia 1 989; Id . , Le Christ des philosophes, Namur 1 993. Per quanto riguarda i n specie il primo mil­ lennio dell'era cristiana e fino alla fine del Medioevo, cfr. l'opera monumentale Il Cristo, a cura di C. Leonardi - A. Orbe - M. Simonetti , 5 voli . , « Fondazione Lorenzo Valla », Mondadori , Milano 1 985-1 994. 3 Vedi soprattutto gli scritti di L. Boff, Gesù Cristo liberatore, Cittadella, Assi­ si 1 973 (orig . port . , Petropolis), e di J. Sobrino, Gesù Cristo Liberatore. Lettura storico-teologica di Gesù di Nazareth , Cittadella, Assisi 1 995 (orig . port . , Petropo­ Iis 1 993) . 4 Cfr. R. S . Sugirtharaj ah , ed . , Asian Faces of Jesus, Maryknoll N Y 1 993 ; U . C. Manus, Christ, the African King. New Testament Christology, Frankfurt-Berlin­ Bern 1 993 . 5 J. Moltmann, Chi è Cristo per noi oggi?, GdT 232, Queriniana, Brescia 1 995 (orig. ted . , Giitersloh 1 994) , dove si pone il problema della sua identità in un mon­ do che ha ricevuto l'eredità di Auschwitz, di Hiroshima, di Chernobyl. Dello stes­ so autore, cfr. La via di Gesù Cristo. Cristologia in dimensioni messianiche, Queri­ niana, Brescia 1 99 1 (orig . ted . , Miinchen 1 989) .

LA DOMANDA SU GES Ù

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Ciò significa che, non solo in teoria, è possibile seguire una vita molto religiosa anche a prescindere da Cristo. Tutto il paganesimo sta lì a dimostrarlo . Ed è sintomatico che Voltaire , in una sua d­ formulazione parodistica del Credo, non facesse posto alcuno nean­ che al nome di Gesù 6 • Il fatto è che la cultura illuministica, per la sua radice deistica e nel tentativo di comprimere la religione nei limiti della ragione, ha ridotto Gesù a un puro maestro di morale ; e la morale, si sa, è fondamentalmente un patrimonio comune del­ l'umanità, sicché Gesù non ha più alcun vero spicco accanto a Mosè, a Socrate , o a Confucio . La differenza allora è grande, per esem­ pio , con l' atteggiamento di un filosofo come Kierkegaard, che ad­ dirittura si rivolge a Gesù con accenti di preghiera: « Vieni in cerca di me sui sentieri dei miei traviamenti ove io mi nascondo a te e agli uomini » ! 7• Si intuisce di qui che, paradossalmente, ci può es­ sere un peccatore cristiano e un giusto pagano, dove il punto di­ scriminante è proprio il rapporto con Gesù Cristo. Ma allora chi è veramente Gesù e come è possibile conoscerlo nella sua vera identità? A questo interrogativo si può rispondere in due modi diversi, che poi sono strettamente complementari . Un primo modo è di rivol­ gersi ai suoi testimoni viventi : Gesù lo si può conoscere interpel­ lando i suoi discepoli e osservando la loro vita. Essi, infatti , se so­ no autentici non possono far altro che rimandare a lui 8• La loro esistenza non ha valore autonomo , ma è tutta un dito indicatore puntato verso di lui 9• C'è una mutua compenetrazione tra Cristo

6 Cfr. Voltaire, Dizionario filosofico, Mondadori, Milano 1 965 (Londra 1 764, stampato a Ginevra) , voce « Credo », pp. 226-230. 7 S . Kierkegaard, Diario , n. 4 1 3 (16 agosto 1 839), BUR, Rizzoli, Milano 1 975, p. 39; in questa prospettiva si spiega il paradosso enunciato dallo stesso filosofo, quando afferma che « l'unico cristiano contemporaneo di Cristo è illadrone in croce » (n . 2248 ; ibid. , p. 354) . 8 È sempre interessante osservare che l e antiche notizie d i autori pagani s u Gesù sono inserite all'interno di informazioni sui cristiani : sono questi che di fatto han­ no indotto a interessarsi di Gesù; così in Plinio il Giovane (Epist. 1 0,96: a proposi­ to dei cristiani di Bitinia) , in Tacito (A nn. 1 5 ,44 , 2-S: a proposito della persecuzio­ ne neroniana dopo l'incendio di Roma nel 64) , e in Svetonio (Ciaud. 25 : a proposi­ to di alcuni tumulti in Roma sotto Claudio) . Cfr. R. Penna, L 'ambiente storico­ culturale delle origini cristiane, « La Bibbia nella storia )) 7, EDB, Bologna 1 99P , pp. 272-28 1 . 9 Lo riconosceva uno dei nouveaux phi/osophes del '68 francese quando , con­ vertito dall' ateismo al cattolicesimo, scoprì che la Chiesa « non può essere nien­ t'altro che l'insieme di coloro che accettano e riconoscono ciò [la rivelazione del­ l'amore di Dio in Cristo] , identicamente confusi con ciò che riconoscono )) (M. Clave!, Quello che io credo, Città Nuova, Roma 1 97 8 , pp. 203 s . ) .

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e la comunità dei credenti in lui , sicché vedere costoro dovrebbe significare anche in qualche modo vedere lui . Nessuno meglio di loro dovrebbe poterne parlare con maggiore cognizione di causa, perché lo amano e lo vivono : e nessuno meglio di un amante può conoscere a fondo l' amato . Ma c'è un' altra via per conoscere Gesù, ed è quella di interroga­ re le più antiche fonti che ce ne parlano . Su di esse, del resto , si misura la validità della stessa testimonianza viva. Al di là di tutti gli approcci emotivi , poetici o pseudorazionali , alla sua figura, ba­ sati spesso su di una tradizione assimilata superficialmente e non vagliata da alcuna forma di critica, è assolutamente importante an­ dare a scandagliare i primi documenti della fede cristiana per una verifica seria 10• Là questa fede appare , sì , oggettivata e sedimen­ tata a livello letterario in testi ormai fissati per sempre , ma la si trova allo stato di freschezza primordiale, carica di una forza esplo­ siva. È in essi che la Chiesa professa di rinvenire il canone , cioè la propria norma costante; quindi è con essi che occorre misurarci di continuo, mediante un esercizio che sia una umile ma rigorosa ricer­ ca dei fondamenti della propria fede e insieme della sua intelligenza. L' indagine sulla cristologia neotestamentaria consffite proprio in questo 11• Si tratta essenzialmente di studiare ciò che Gesù pensa­ va di se stesso e ciò che la prima comunità cristiana pensava di lui . Con tutta probabilità non sarà possibile una mera ricostruzione po­ sitivistica del passato , e una « fusione di orizzonti » (H . Gadamer) sarà inevitabile . D' altronde senza un qualche approccio ermeneu­ tico , anche inconscio, non può avvenire la lettura di un testo 12• Ma solo su queste solide basi saranno possibili tutti gli sviluppi della teologia sistematica e di quella spirituale .

10 Lo riconosce anche uno studioso laico come J . Pelikan : « Lo studio del po­ sto che ha Gesù nella storia della cultura non può non cominciare dal Nuovo Te­ stamento . . . Non comprenderemmo la storia delle rappresentazioni successive se non cominciassimo col considerare il carattere e la forma letteraria delle fonti giunte fino a noi con i quattro vangeli » (Gesù nella storia, 1 3) . 11 Per una informazione generale sullo stato attuale della ricerca, oltre al qua­ dro più specifico che verrà dato più avanti (al § 3 di questa Introduzione) , cfr. il rendiconto bibliografico in A. L. Hultgren, New Testament Christology . A Criti­ cai Assessment and A nnotated Bibliography, « Bibl. and Ind . in Rei . Stud. » 1 2 , New York-London 1 988; e poi J . F . O' Grady, The Present State oj Christology, ChicStud 32 ( 1 993) 77-9 1 ; R. Haight, The Situation of Christology Today, ETL 69 ( 1 993) 3 1 5-334. Vedi anche N. Ciola, Studio bibliografico sulla cristologia in Italia; PUL, Roma 1 984; S. De Marchi, La cristologia in Italia (1930-1990), Piero­ me, Casale Monferrato 1 994 . 12 Infatti, come osseJ:Ya Ricoeur, se il kerigma stesso è già un' interpretazione al­ trettanto lo sarà anche il nostro approccio ad esso: « Il Nuovo Testamento stesso

GESUOLOGIA E CRISTOLOGIA

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2. Gesuologia e cristologia

La distinzione fra i due termini nasce nel momento in cui si ri­ tiene che i nomi di Gesù e di Cristo non coincidano perfettamente : non nella realtà della persona in oggetto, ma nell' approccio che si stabilisce con essa. La distinzione cioè si pone quando si ritiene, o che il personaggio storico Gesù di Nazaret non coincida con ciò che è poi stato detto di lui come « Cristo » , o che questo Cristo della fede cristiana non corrisponda perfettamente a ciò che era storicamente Gesù nella sua vita terrena. 2. 1 La sola gesuologia caratterizzò in effetti la cosiddetta « ri­ cerca della vita di Gesù )) (Leben-Jesu-Forschung) , iniziata nel se­ colo dei Lumi con S. Reimarus ( 1 778) e volta a ripristinare il vero volto storico di Gesù al di là delle sue presunte contraffazioni dog­ matiche dovute alla Chiesa successiva . Il fallimento di questo ten­ tativo fu decretato già all'inizio del secolo XIX con una celebre opera di A. Schweitzer 1 3 , da cui risultò che ogni tentativo di ri­ costruire positivisticamente i connotati del cosiddetto « Gesù della storia )) naufragava in un iden tikit continuamente cangiante a se­ conda delle precomprensioni culturali dei singoli autori ; egli cioè diventava inafferrabile 14 • La gesuologia in realtà tende a operare racchiude per il credente il rapporto da decifrare tra ciò che può essere compreso e Ì"icevuto come parola di Dio e ciò che è inteso come parola umana. ( . . . ) Non pos­ siamo credere se non ascoltando e interpretando un testo che è esso stesso già una interpretazione », per cui esiste un senso moderno dell 'ermeneutica che non esiste­ va né per i Padri , né per il Medioevo, né per i Riformatori, ma che viene svelato « per mezzo della distanza che separa oggi la nostra cultura dalla cultura antica » (P . Ricoeur, Il conflitto delle interpretazioni, Prefaz . di A. Rigo bello, Jaca Book , Milano 1 977, pp. 399-400); cfr. G. Mura, Ermeneutica e verità. Storia e problemi della filosofia dell 'interpretazione, Città Nuova, Roma 1 990, 1 44- 1 52. 1 3 Cfr. A . Schweitzer, Storia della ricerca sulla vita di Gesù (Tiibingen 1 9061 1 9849 : Geschichte der Leben-Jesu-Forschung), Premessa ali' edizione italia­ na di E. Griisser, « Bibliot. di stor. e storiogr . dei tempi biblici » 4, Paideia, Bre­ scia 1 986. Uno dei momenti decisivi nella chiarificazione della problematica fu rap­ presentato dal libro di M. Kiihler, Il cosiddetto Gesù storico e l 'autentico Cristo biblico (Leipzig 1 8921 , Miinchen 1 96P : Der sogenannte historische Jesus und der geschichtliche, biblische Christus) , Introduz. di S . Sorrentino, « Classici neotesta­ mentari » l , Napoli 1 99 1 . Vedi anche C. A. Evans, Life of Jesus Research. A n An­ notated Bibliography, « N.T. Tools and St. » 1 3 , Leiden 1 989. 14 « Strano destino quello della ricerca sulla vita di Gesù . Partì per trovare il Gesù storico, pensando di poterlo collocare nel nostro tempo come egli è, come maestro e come salvatore . Spezzò le catene che da secoli lo tenevano legato alle rocce della dottrina ecclesiastica, gioì quando la vita e il movimento penetrarono di nuovo la sua figura e quando vide l'uomo storico Gesù venirle incontro . Egli tuttavia non si fermò, passò davanti al nostro tempo , lo ignorò e ritornò nel suo » (A. Schweit-

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INTRODUZIONE

una mera ricostruzione sociale, religiosa e culturale del giudeo Ge­ sù. Come tale, pur prescindendo da impossibili intenti « biografi­ ci » nel senso stretto del termine, essa mette in atto un' impresa che finisce per avere un duplice effetto . Da una parte, assolve alla ne­ cessità di inserire sempre più realisticamente la figura di Gesù in quello che di fatto fu il suo vero contesto di vita, quello ebraico­ palestinese del secolo I 15, e che va assolutamente conosciuto per rendersi conto esattamente fino a che punto giunse l' incarnazione del Figlio di Dio 16• D' altra parte , essa rischia di fermarsi là, di ri-

zer, Storia delle ricerca, pp. 744-745) . Il fatto è, come si dirà più avanti, che non si potrà mai conoscere adeguatamente Gesù, se si trascura la comunità di vita (e di ermeneutica!) che da lui ha avuto origine e nella quale da sempre egli si identifi­ ca (cfr . lo stesso A. Schweitzer, ibid. , p. 745 : « Gesù è qualcosa per il nostro mon­ do, perché una grande corrente spirituale è nata da lui e pervade anche il nostro tempo. Nessuna conoscenza storica può scuotere o rafforzare questo dato di fatto »). 15 A questo proposito, si può persino parlare di una « terza ricerca » sulla figu­ ra del Gesù terreno (in base a una suggestione di M. J. Borg, Portraits of Jesus in Contemporary North American Scholarship, HTR 84 [ 1 99 1 ] 1-22, p. l), dopo la « prima )) della Leben-Jesu Forschung del secolo scorso , e (in seguito all'oscura­ mento prodotto dall'impostazione kerigmatica della scuola bultmanniana) dopo la « seconda )) iniziata con la riscoperta del Gesù terreno a opera di E. Kasemann nel 1 95 3 . Vedi G. Segalla, La « terza » ricerca del Gesù storico: Il Rabbi ebreo di Na­ zaret e il Messia crocifisso, StudPatav 40 ( 1 993) 463-5 1 5 ; La verità storica dei van­ geli e la « terza ricerca)) su Gesù, Lateranum 61 ( 1 995) 1 95-234. Una buona messa a punto dello stato attuale della ricerca su Gesù si trova in W. T. Telford, Major Trends and lnterpretive lssues in the Study of Jesus, in B. Chilton & C.A. Evans, edd . , Studying the Historical Jesus, pp. 33-74. 16 Cfr . per esempio G. Vermes, Gesù l'ebreo, Boria, Roma 1 983 (orig. ingl . , London 1 973); E . P . Sanders, Gesù e il giudaismo, Marietti , Genova 1 992 (ediz. ingl . , London 1985); Gesù: la verità storica, Mondadori, Milano 1 995 (ediz. ingl . , London 1 993); B . J . Lee, The Galilean Jewishness of Jesus. Retrieving the Jewish Origins of Christianity, New York 1 98 8 ; J . H . Charlesworth, Gesù nel giudaismo del suo tempo, alla luce delle più recenti scoperte, ediz. ital a cura di D. Tomaset­ to, « Piccola bibliot . teol. )) 30, Torino 1 994 (orig. ingl. New York 1 988); J. P. Meier, A Marginai Jew: Rethinking the Historical Jesus, I-1 1 , New York 1 991 (per una recensione critica sul primo volume, cfr. R. Fisichella, in Bib 74 [ 1 993] 1 23 - 1 29) e 1 994; E. Sauerbier, Auf der Suche nach einer neuen Christologie: Von Jesus, dem Juden, erziihlen, Bendorf 1 994. Citiamo a parte J . D. Crossan, The Historical Je­ sus. The Life of a Mediterranean Jewish Peasant, San Francisco 1 99 1 , che raggiunge delle conclusioni assai minimaliste (Gesù era semplicemente un contadino ebreo di stampo cinico) , ribadite nel successivo volumetto di più ampia divulgazione : Gesù. Una biografia rivoluzionaria, Ponte alle Grazie, Firenze 1994 (orig. ingl . San Fran­ cisco 1 994); dell'opera di Crossan, vedi la discussione critica in J. Carlson - R. A . Ludwig, Jesus and Faith. A Conversation o n the Work of J. D . Crossan , New York 1 994. Una particolare attenzione alla dimensione giudaica di Gesù è dispiegata an­ che da un sistematico come F.- W. Marquardt, Das christliche Bekenntnis zu Jesus, dem Juden. Eine Christologie, I-11, Miinchen 1 990- 1 991 . Più in generale, cfr. lo status quaestionis offerto da W . G . Ktimmel, Vierzig Jahre Jesusforschung (1950-1990), BBB 9 1 , Bonn 1 994 .

GESUOLOGIA E CRISTOLOGIA

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durre cioè Gesù a un semplice rabbi o esorcista o profeta o apoca­ littico del suo tempo e del suo ambiente, senza alcun riverbero sul­ la vita di chicchessia 17• Resta comunque il fatto incontrovertibile che le antiche fonti cri­ stiane , in pratica le uniche che ci permettono di conoscere Gesù , non hanno mai fatto una mera gesuologia. Neanche i sinottici , che pur sono i più attenti alla dimensione umana di Gesù . Infatti i me­ todi scientifici della storia delle forme (Formengeschichte) e della storia della redazione (Redaktionsgeschichte) hanno messo bene in luce il fondamentale rapporto rispettivamente della comunità tra­ dente e dei singoli evangelisti-scrittori nel delineare i tratti della fi­ gura del Nazareno . Sicché aveva ragione il Lagrange, quando scri­ veva fin dal 1 929 che « gli evangeli sono la sola vita di Gesù Cristo possibile a scriversi » 1 8 . E, come vedremo , in essi è indelebilmen­ te segnata una vera e propria cristologia.

17 Vedi per esempio il giudizio di due studiosi ebrei, apprezzabilissimi per i loro studi sia sul giudaismo sia sui rapporti giudaico-cristiani . S. Ben-Chorin, Fratello Gesù. Un punto di vista ebraico sul Nazareno , Morcelliana, Brescia 1 985, scrive a p. 28: « La fede di Gesù ci unisce, ma la fede in Gesù ci divide » (il corsivo è originale); da parte sua J . Neusner, A Rabbi talks with Jesus: An Intermillennial, Interfaith Exchange, New York-London 1 993 , confessa nettamente per esempio a p. 36: « No, se io fossi stato là quel giorno, non mi sarei unito a quei discepoli e non avrei seguito il maestro sulla sua strada. Me ne sarei tornato alla mia fami­ glia e al mio villaggio , e avrei continuato con la mia vita normale come membro e all'interno dell' Israele eterno ». [Entrambi gli autori si collocano sulla scia di M . Buber e del suo celebre intervento del 1 950 sui due modi d i credere, giudaico e cri­ stiano [Zwei Glaubensweisen] , che si distinguerebbero rispettivamente in quanto l'uno sarebbe più vivo e fiduciale e l'altro piuttosto oggettivante e intellettuale] . Vedi anche E . Boccara, Il peso della memoria. Una lettura ebraica del Nuo vo Te­ stamento, « Studi Biblici » 23 , Bologna 1 994, 1 28 : « Solo il fallimento del suo ten­ tativo (di Gesù) di forzare un destino ormai irrimediabilmente segnato, la sua mor­ te sulla croce e la mancata liberazione del suo popolo hanno potuto far deviare la sorte ultraterrena della sua immagine, trasformando il suo volto di fiero provincia­ le ( . . . ) nel Salvatore dell'umanità, estraneo alla sua gente, per non. dire nemico di quest'ultima )) ! Un libro più simpatizzante, scritto da un ebreo su Gesù e di buon livello scientifico, è quello di D. Flusser, Jesus in Selbstzeugnissen und Bilddoku­ menten, « Rowohlts Monogr. )) 1 40, Reinbeck 1 968, 1 993 1 8 . Cfr. anche H . G. Pe­ relmuter, Gesù l 'ebreo: un punto di vista ebraico, Amicizia Ebraico-Cristiana 29 (1 994) 29-37; e in generale W. Vogler, Jiidische Jesusinterpretation in christlicher Sicht, AK 1 1 , Weimar 1 988 . 1 8 M.-J. Lagrange, L 'evangelo di Gesù Cristo , Brescia 1 94 1 4 (orig. frane . , Jé­ rusalem 1 929) , p. VI. Vedi in generale la trattazione di R. Fabris, Gesù di Naza­ reth, storia e interpretazione, Assisi 1 98 3 , 5-34 (« Il dibattito storico su Gesù »); e C. A. Evans, Life-of-Jesus Research and the Eclipse oj Mythology, TheolStud 54 (1 993) 3-36.

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2 . 2 La cristologia infatti comincia quando la figura di Gesù è percepita secondo modalità interpretative specifiche, che vanno oltre il semplice livello fattuale e la scorgono in uno speciale rapporto tanto con Dio quanto con la storia degli uomini . Questo rapporto può risultare o come autocoscienza di Gesù stesso (cfr . Mc 1 0,45 : « Il Figlio dell'uomo è venuto non per essere servito , ma per servi­ re e dare la sua vita in riscatto per molti ») o come reazione di stu­ pore e meraviglia suscitata in altri , sia nei discepoli sia nelle folle (cfr . Mc 1 ,22 : « Erano stupiti del suo insegnamento , perché inse­ gnava come uno che ha autorità e non come gli scribi »; e 6,2; 7 , 3 7 ; 1 0,26; 1 1 , 1 8). Una tale reazione sfocia inevitabilmente i n u n inter­ rogativo sulla sua identità personale : « Chi è mai costui? » (Mc 4,41 ; cfr . l ,27); oppure : « Di dove sei tu? » (Gv 1 9 ,9) . I n seconda istanza, e soprattutto , l a cristologia verte poi sulle risposte date al suddetto interrogativo . Anzi , sono proprio affer­ mazioni come quelle che si leggono per esempio in Mc 8 , 3 9 (« Tu sei il Cristo ») o in At 2 , 3 6 (« Dio lo ha costituito Signore ») o in Rm 10,4 (« Cristo è il termine della Legge ») o in Gv 1 , 1 4 (« Il Lo­ gas si è fatto carne ») ecc . , che necessitano di un' adeguata inter­ pretazione . Questa poi dovrà comprendere almeno dl:ie aspetti , do­ vendo essere tanto semantica (che cosa significano queste proposi­ zioni sulla identità del personaggio?) quanto anche storica (come è stato possibile giungere a formulazioni di questo genere?) . In buo­ na sostanza, la cristologia è una questione di senso: per esempio, se si dice che « Gesù morì sulla croce » si fa un' affermazione di pura gesuologia; ma se si dice che « Gesù morì sulla croce per i nostri peccati » (cfr . I Cor 1 5 ,3), allora si fa una enunciazione cri­ stologica. Una cosa deve comunque risultare subito evidente : ogni scrittore , o almeno ogni comunità di cui questi può essere porta­ voce, ha di fatto una sua cristologia, cioè un suo approccio alla figura di Cristo, un suo modo di intenderlo e di esprimerlo; infat­ ti, come vedremo, la confessione di fede citata diverge notevolmente dalla confessione riportata in Rm 1 , 3b-4a (dove della morte di Ge­ sù non si parla neanche) . Questa pluralità dipende da un paio di fattori : l ' uno consiste nella diversità dei condizionamenti culturali e delle sensibilità religiose dei singoli autori o comunità; l'altro è dato dall ' obbiettiva densità personale del personaggio , Gesù , che non si lascia facilmente incasellare in una sola definizione . Una « cristologia del Nuovo Testamento » , dunque , consisterà essen­ zialmente nel chiederci e nel renderei conto , innanzitutto, di quali furono le cristologie storicamente espresse dai primi autori cristia-

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ni , 19 e, poi , della possibile eventuale unità che nonostante tutto le collega insieme 20• 2.3 Ma gesuologia e cristologia sono esse stesse intimamente con­ nesse. È in questo loro rapporto dialettico infatti che si pone il pro­ blema dell 'inizio della cristologia. Questa si dovrà forse conside­ rare solo come un fatto postpasquale oppure la si deve ricondurre già a quella che si chiama fase gesuana, cioè allo stesso Gesù terre­ no? Il dibattito a questo proposito è iniziato fin dalla fine del se­ colo XIX con la distinzione tra il Gesù storico e il Cristo della fede 21 , e poi soprattutto dopo la prima guerra mondiale con la ne­ gazione , da parte della scuola bultmanniana, di ogni rilevanza del Gesù della storia ai fini della formulazione della fede cristiana . Oggi però si tende sempre più a sostenere che la cristologia non è cosa propria ed esclusiva della prima comunità cristiana, cioè non comincia soltanto dopo la Pasqua . Di fatto ce n'è già una nello stesso Gesù terreno . Potrà sembrare strano parlare di una « cristo­ logia di Gesù » . In effetti il primo Bultmann non riteneva possibi­ le inserire la predicazione di Gesù in una teologia del Nuovo Te­ stamento, considerando il personaggio soltanto a livello di una pre­ messa fattuale 22 : il Gesù che interessa agli uomini sarebbe solo

19 Interessante ma problematica risulta la posizione di W. A. Meeks , Asking Back to Jesus ' ldentity, in M . C. de Boer, ed . , From Jesus to John. Essays on Je­ sus and New Testament Christology in Honour of Marinus de Jonge, JSNT Suppl . 84, Sheffield 1 993 , pp. 38-50, secondo cui « there is no Self apart from communi­ ty . . . there is no Jesus we can know apart from responses to him » (p. 49); l'autore precisa che « certo c'è di più, c'è un centro ineffabile che noi non possiamo affer­ rare . . . ma the ineffable must be unsaid )) (p . 50) . Noi però, come ancora diremo, non ci accontentiamo di una « cristologia apofatica )) e riteniamo che molto si pos­ sa dire di Gesù a prescindere dalla comunità dei suoi discepoli, quindi a parte le risposte successive date su di lui . 20 Questo secondo interrogativo riemergerà nella nostra conclusione generale; cfr. J . -N. Aletti, Gesù Cristo: unità del Nuovo Testamen to?, Boria, Roma 1 995 (orig. frane. , Paris 1 994) . 2 1 Questa terminologia dovrebbe considerarsi superata, nella misura in cui il Gesù terreno non può identificarsi del tutto con quello ricostruito dagli storici ; infatti, la fede cristiana pensa a Gesù non solo come luogo della salvezza ma anche come suo soggetto attivo; invece, come mette bene in luce V. Fusco, Gesù storico e Gesù terreno, RassTeol 24 ( 1 983) 205-2 1 8 , l'ambiguo concetto di « Gesù storico )) ha con­ dotto da una parte al Gesù della teologia liberale privo del kerigma, e dall'altra al kerigma del bultmannianesimo privo del Gesù terreno . 22 « Noi non sappiamo praticamente nulla della sua personalità. Personalmente sono dell'avviso che Gesù non si è ritenuto messia ( . . . ). Però nella [mia] esposizio­ ne non ho in genere tenuto conto di questa questione, in ultima analisi non per il fatto che nulla di sicuro si può dire a proposito, ma perché ritengo la questione marginale )) (R. Bultmann, Gesù [Tiibingen 1 926 1 964] , ediz. ital . a cura di l. =

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quello annunciato dalla Chiesa credente, che propone a tutti la re­ missione dei peccati attraverso la sua croce. Una simile svalutazio­ ne del Gesù terreno all'interno di una cristologia del Nuovo Testa­ mento venne poi parzialmente corretta dallo stesso Bultmann, quan­ do riconobbe che nell' appello di Gesù alla decisione era già pre­ sente una « cristologia implicita ( . . . ) che nella comunità primitiva divenne esplicita » 23 • Il successivo recupero dell' importanza del Gesù terreno a opera soprattutto del bultmanniano Kasemann 24 e dell'antibultmanniano Jeremias 25 favorì sempre più il suo inse­ rimento anche all'interno di una « cristologia del Nuovo Testamen­ to » 26 • Soprattutto nei paesi anglosassoni si continuò a porre l ' acMancini, Queriniana, Brescia 1 972, 1 04). Vedi in generale J. F. Kay, Christus Prae­ sens. A Reconsideration of Rudolf Bultmann 's Christology, Grand Rapids MI 1 994. 23 R. Bultmann, Theologie des Neuen Testaments, Tiibingen 1 958, 1 965 5 , 46 (trad . ital . Brescia 1 985); tuttavia in ibid. , pp. 1 -2, egli afferma ancora che « la pre­ dicazione di Gesù appartiene alle premesse della teologia del Nuovo Testamento e non è una sua parte. ( . . ) Solo nel kerigma della comunità primitiva comincia il pensiero teologico ». 24 Cfr . E. Kiisemann, Das Problem des historischen Jesus, ZTK 5 1 ( 1 954) 1 25- 1 5 3 : vedine la trad. ital . in Id. , Saggi esegetici, Introduzione di M. Pesce, « Da­ bar » 3, Genova 1 985, pp. 30-57, per esempio p. 56: « Dall'oscurità della storia di Gesù emergono tratti caratteristici della sua predicazione, avvertibili con relati­ va precisione, e che la cristianità primitiva ha unito al suo messaggio proprio. La problematicità della nostra questione consiste nel fatto che il Signore innalzato ha quasi totalmente assorbito l'immagine del Signore terreno e che, ciò nondimeno, la comunità afferma l'identità del Signore innalzato con il Gesù terreno. ( . . . ) L ' e­ vangelo è legato a colui che, prima e dopo Pasqua, si è rivelato ai suoi come Signo­ re, ponendoli davanti al Dio vicino e di conseguenza nella libertà e responsabilità della fede ». Cfr . anche I d . , Die neue Jesu-Frage, in J. Dupont, ed . , Jésus aux ori­ gines de la christologie, BETL 40, Leuven-Gembloux 1 975 , 1 9892 , 47-57 . 25 Tutta l'opera d i questo studioso h a l o scopo d i restituire dignità storico­ teologica a Gesù di Nazaret; cfr. per esempio J. Jeremias, Il problema del Gesù storico, Paideia, Brescia 1 964 (Stuttgart 1 960, 1 96J 3 ), pp. 2 1 -22 e 37: « L 'origine del cristianesimo non è il kerigma, non sono le esperienze pasquali dei discepoli, non è un' idea del Cristo ; l'origine del cristianesimo è un avvenimento storico, e precisamente la comparsa dell'uomo Gesù di Nazareth, il quale fu crocifisso da Pon­ zio Pilato, e il suo messaggio. ( . . . ) L'Evangelo, che Gesù ha predicato, viene prima del kerigma della comunità primitiva. ( . . . ) Chi isola l'annuncio di Gesù finisce nel­ l 'ebionitismo. Chi isola il kerigma della chiesa primitiva finisce nel docetismo » . Sulla sua opera, cfr. S . Lanza, L a cristologia di Gesù. Il Gesù della storia nell'ope­ ra di Joachim Jeremias, P UL , Roma 1 98 3 . 26 Cfr. per esempio ciò che scriveva già nel 1 959 un teologo luterano come G . Ebeling, Die Frage nach dem historischen Jesus und das Problem der Christologie, ZTK 56 (1 959) 1 4-30, p. 1 5 : « Se si dovesse dimostrare che la cristologia non ha alcun appoggio sul Gesù storico e che sarebbe piuttosto una falsa interpretazione di Gesù, allora la cristologia stessa non avrebbe più alcuna ragion d 'essere (so wiire die Christologie damit erledigt) ». Con ciò si era già oltre a ciò che scriveva ancora nel 1 972 il cattolico J. Ernst, Anfiinge der Christologie, SBS 57, Stuttgart 1 972, che pur ritenendo la Pasqua un inizio non assoluto vi scorgeva però comunque il punto di partenza di ogni riflessione cristologica (cfr. p . 1 60) . Un discepolo di Bult-

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cento sull'origine gesuana della cristologia27 fino a un recente ten­ tativo di scrivere un' autonoma Christology oj Jesus28• Questa consiste nella manifestazione indiretta dell'identità personale di Ge­ sù, che rivela la propria autocoscienza tanto nelle azioni quanto nelle parole di cui è materiato il suo ministero pubblico . Una parte di questa ricostruzione probabilmente rimarrà aleatoria e il nostro quadro resterà necessariamente incompleto e almeno parzialmen­ te soggettivo , « but it is worth to try »29 . Se poi la Chiesa postpa­ squale dirà di Gesù molto di più di quanto abbia detto egli stesso (si pensi per esempio ai titoli di « Signore » , di « ultimo Adamo » , e di « Logos ») , ciò s i spiega per i l nuovo evento della Pasqua, che non solo illuminò ma anche potenziò la sua dimensione personale. Il passaggio dalla cristologia indiretta di Gesù a quella diretta del­ la Chiesa postpasquale andrà giudicato quindi non come un salto di qualità, ma nel segno della continuità anche se dello sviluppo 30• mann, H . Conzelmann giunge invece fino a dire che i tre capisaldi della predicazio­ ne di Gesù (la dottrina su Dio, l'escatologia, e l'etica) sarebbero incomprensibili, se non vi si scorgesse la persona stessa di Gesù come loro fattore determinante: « Tutti i passi dottrinali di Gesù sono caratterizzati da una cristologia indiretta. Gesù non insegna espressamente chi è, ma nella sua predicazione si comporta come colui che apre, sotto ogni aspetto, l'immediatezza del rapporto dell'ascoltatore con Dio . Dopo la sua morte, questa cristologia indiretta è trasformata nella cristologia diretta del­ la fede della comunità » ( Teologia del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1 99 1 [orig. ted . , Tiibingen 1 99 1 4] , p . l l 4) . 27 Cfr. soprattutto l . H . Marshall, The Origins oj New Testament Christology, lnterVarsity, Downers Grove IL-London 1 976, 1 9902 ; Id . , I Be/ieve in the Histo­ rical Jesus, Eerdmans, Grand Rapids 1 977: l ' autore, pur riconoscendo che i vange­ li danno di Gesù delle immagini già interpretate, tuttavia ritiene giustamente che esse ne rappresentino una comprensione fondata su dati storici affidabili , sicché la cristologia della Chiesa deriva inevitabilmente da quella di Gesù. Accenniamo appena alla cosiddetta scuola scandinava di H . Riesenfeld e B . Gerhardsson (trop­ po legata tuttavia a una tradizione verbale) . 28 Cfr. B. Witherington, The Christology oj Jesus, Minneapolis 1 990 (cfr . le sue osservazioni metodologiche a p. 30; l'autore comunque, contrariamente a Bultmann ritiene che la messianicità appartenesse già all' autocoscienza di Gesù) . Inoltre vedi H. Giesen, Der irdische Jesus-Ursprung der neutestament/ichen Christologie. Neuere Literatur uber Jesus und die Christologie des Neuen Testaments, TheolRev 87 (199 1 ) 44 1 -460; e ora anche R . E. Brown, An Introduction to New Testament Christolo­ gy, London 1 994, 1 7 - 1 02 (Part I l : « The Christology of Jesus »). 29 M . De Jonge, Christology in Context. The Earliest Christian Response to Je­ sus, Prefazione di W . Meeks , Philadelphia 1 988, 205 . 30 La sola risurrezione d'altronde, come ben precisa M. Hengel, dal punto di vi­ sta storico-religioso non può essere un motivo sufficiente per spiegare la proclama­ zione della messianicità di un crocifisso : quindi « in gioco c ' è la possibilità di di­ scernere una dinamica interna già all'attività e al messaggio dell"'annunciatore" [cioè del Gesù terreno] , che sia qualitativamente diversa da ciò che noi conosciamo di altri "annunciatori" . ( . . . ) Possiamo quindi chiederci se la parola e l'opera di Gesù riflettano una cristologia non solo implicita ma in nuce anche esplicita, che raggiunga un primo culmine (e una crisi) iniziale quando egli mori alla Pasqua dell'an-

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Sarà comunque inevitabile, come si accennava sopra, approda­ re a una pluralità di cristologie. Infatti , se già dobbiamo ricono­ scere una differenziazione tra la cristologia di Gesù e quella della Chiesa , tanto più dobbiamo aspettarci che all' interno della Chiesa stessa si verifichi una sfaccettatura della fede cristologica, per i mo­ tivi già detti . Sicché davvero Gesù risulta essere insieme « uno e molti » 31• Egli non è sicuramente un « uomo a una sola dimensio­ ne )) . Come si può intuire, ciò pone il problema dell 'unità della cri­ stologia del Nuovo Testamento . Ma vi torneremo a suo tempo. 2.4 La cristologia del Nuovo Testamento si differenzia dalla cri­ stologia dogmatica sostanzialmente per il suo genus historicum (co­ me affermava già J. Ph. Gabler nel 1 787 a proposito della teologia biblica in generale) . Non che la dogmatica si disinteressi della base storica delle sue tesi ; ma la sua esposizione diventa perfettamente compiuta solo con una sistematizzazione speculativa del dato sto­ rico , che è ricavato dal Nuovo Testamento , dalla storia della teo­ logia, e dai pronunciamenti del Magistero 32• Il biblista invece rag­ giunge la compiutezza della sua indagine facendo chiarezza al solo livello del dato storico ricavabile dalle fonti canoniooe della fede cristiana. Questo lavoro rappresenta la fondazione stessa di ogni cristologia: non solo perché il dato neotestamentario sta all ' origi­ ne di ogni sviluppo successivo , ma anche perché si tratta appunto di un dato canonico che per sua natura deve condizionare e infor­ mare tutte le possibili costruzioni speculative . I due approcci per­ ciò si differenziano non solamente per l' oggetto (il neotestamentano 30 » (Studies in Earkly Cristology, Edimburgh 1 995, p. XII). Da parte sua C. F. D. Moule, The Origin oj christology, Cambridge 1 977, pp. 1 -10, contrappone le cate­ gorie di « evolution » e di « development », preferendo la seconda che evoca l ' idea di una « crescita dall'immaturità alla maturità di un individuo dal suo interno » (e non da una specie all'altra per via di mutazione ed eliminazione) . Cfr. anche R . T. France, Development i n New Testament Christology, Themelios 8 (1 992) 4-8. 31 Cfr. E. Richard, Jesus: One and Many. The Christological Concept oj New Testament A uthors, Wilmington DE 1 988 (ma il titolo di questo libro promette più di quanto poi mantenga nell'esposizione) . Vedi già E. Schweizer, Jesus Christus im vielfiiltigen Zeugnis des Neuen Testaments, Miinchen 1 968 . Interessante, ma di­ sorganico, è P. Fredriksen, De Jésus aux Christs. Les origines des représentations de Jésus dans le Nouveau Testament, Paris 1 992 (è migliore la terza parte: pp. 201 -3 1 2) . 32 Cfr . M . Bordoni, Gesù di Nazaret, Signore e Cristo. Saggio di cristologia si­ stematica, I, Herder-PUL, Roma 1 982, p. 90: « Il ruolo normativo egemonico del­ la Scrittura non annulla il cammino integrale della Tradizione testimoniata dai Pa­ dri orientali e occidentali, espressa nelle formule dogmatiche e testimoniata dal "sen­ sus fidei" del popolo cristiano » .

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rista i n quanto tale non studia l a storia dei dogmi, fermandosi alla loro scaturigine storica) quanto anche per il metodo , dato che il dogmatico lavora prevalentemente con le categorie filosofiche dei primi concili (si pensi a Nicea e a Calcedonia) e della riflessione odierna 33, mentre il neotestamentarista dispiega piuttosto una strumentazione filologica, letteraria e storica. Egli sa che l' accer­ tamento fattuale non è ancora un incontro diretto e vivo con Gesù 34 • Ma è pure consapevole che , per quanto la critica storica rappresenti uno stadio non ultimativo nel processo della fede cri­ stiana, tuttavia « essa non ha l'effetto di indebolire, ma di raffor­ zare la fede, poiché il nascondimento nella storia appartiene all 'u­ miltà di Cristo » 3 5 • Il biblista sa di non fare un discorso esausti­ vo su Gesù Cristo , e che oltre le fonti di sua competenza esiste l'e­ sperienza viva della Chiesa, sia di quella dei secoli passati , sia di quella contemporanea 36 • Ma egli deriva dalla coscienza stessa del­ la Chiesa l'imprescindibilità del suo lavoro sul canone (Dei verbum religiose audiens!), dal quale tutto parte e al quale tutto va ricon­ dotto, poiché è il canone che in qualche modo tiene in mano la teologia. E dovrebbe essere superfluo precisare (tanto la cosa è or­ mai acquisita agli studi in materia) 37 che gli stessi scritti canonici non possono essere adeguatamente compresi, se non collocati e ra­ dicati nel loro preciso ambiente storico-culturale , che perciò insie­ me ad essi andrà studiato e valorizzato con pari acribìa.

3. Approcci diversi alla cristologia del Nuovo Testamento

Data la complessità della materia, non sorprenderà che da parte dei vari autori vengano tentate vie diverse , con metodi diversi, per 33 Da questo punto di vista, vedi una distinzione tra cristologie « di sinistra » , « di destra », e « centriste », i n W . M . Thompson, The Jesus Debate. A Survey and Synthesis, New York-Mahwah 1 985, specie pp. 45-78. Migliori riflessioni metodo­ logiche si trovano nel n. 30 di Semeia (« Christology and Exegesis: New Approa­ ches ») del 1 98 5 . 34 J . Sobrino, Gesù Cristo Liberatore, p . 1 2 : « Occorre far bene attenzione d i non diventare alla fine eruditi cristologi e analfabeti del vangelo » . 3 5 D. Bonhoeffer, Cristologia, GdT 1 54, Queriniana, Brescia 1 9902, p . 5 5 . 36 Vedi l a polemica d i M . Bionde!, Storia e dogma, ediz. ital . a cura d i G . For­ ni, GdT 214, Queriniana, Brescia 1 992 (orig . frane. , Paris 1 904), contro A. Loisy, secondo cui solo gli eventi empiricamente stabiliti sarebbero alla base della vita della Chiesa (cfr. p. 65 : « Il solo modo effettivo di restare legittimamente nel proprio campo, in questo caso, è di aprire porte e finestre verso orizzonti diversi dai propri »). 37 Cfr. Pontificia Commissione Biblica, L 'interpretazione della Bibbia nella Chie­ sa (specie cap . III), 1 994.

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rendere conto della cristologia neotestamentaria. Proponiamo qui una serie di questi tentativi , che ci saranno utili, sia per verificare la ricchezza del discorso, sia per focalizzare meglio la nostra scelta metodologica 38• Escludendo gli approcci settoriali, che studiano la cristologia di un singolo libro o quella di un singolo autore di più libri 39 , a li­ vello globale possiamo enumerare una serie di sette possibili tipi di impostazione, che si contraddistinguono per l' adozione di al­ trettanti criteri diversi nella strutturazione del dato . 3 . l Criterio descrittivo dei titoli . Viene adottato il principio di esporre e descrivere i vari titoli cristologici presenti nel Nuovo Te­ stamento , con un metodo di volta in volta più superficiale o più problematizzante: vedi rispettivamente i lavori di Sabourin 40 e di Cullmann 4 1 • Se il primo mira alla completezza, priva però di ade­ guati approfondimenti, il secondo che è certamente molto più ro­ busto non va esente da qualche scelta impropria. Per esempio : il titolo di « Sommo Sacerdote » in Ebrei non riguarda solo l' opera terrena di Gesù, poiché il suo sacerdozio si esercita anche nel san­ tuario celeste ; il problematico titolo di « Figlio dell 'uomo » , a dif­ ferenza del giudaismo , nel Nuovo Testamento non riguarda solo

38 Per una riflessione metodologica generale, cfr. H. R. Balz, Methodische Pro­ bleme der neutestamentlichen Christologie, WMANT 25 , Neukirchen-Vluyn 1 967, che, nell' ambito di uno status quaestionis della ricerca, sottolinea l'insufficienza di uno studio dei titoli cristologici in quanto tali e invece la necessità di indagare il fattore-tradizione (giudaica e proto-cristiana) con tutte le precomprensioni che esso determina nelle formulazioni cristologiche stesse. Vedi anche in parte P. Grech - G. Segalla, Metodologia per uno studio della teologia del Nuovo Testamento, Casale Monferrato 1 978, pp. 1 29- 1 3 7 . 39 A puro titolo d i esempio , cfr. s u M c : N . Perrin, The Christology of Mare. A Study in Methodology, JournRel 5 1 ( 1 97 1 ) 1 73- 1 87; e su Paolo: S . G. Sinclair, Jesus Christ according to Pau/, « Bibal Mon. Ser. » l , Berkeley CA 1 98 8 . Vedi an­ che la miscellanea di A. J. Malherbe & W. A. Meeks, edd . , The Future of Christo­ logy. Essays in Honor of Leander E. Keck, Minneapolis 1 993 . 40 Cfr . L. Sabourin, Les noms et /es titres de Jésus, Bruges-Paris 1 963 (sulle or­ me di V. Taylor, The Names of Jesus, London 1 953): l' autore espone un reperto­ rio di 33 nomi e titoli cristologici, dal nome anagrafico di « Gesù » fino alla quali­ fica di lui come « Amen » . 4 1 Cfr. O . Cullmann, Christologie du Nouveau Testament, Neuchàtei-Paris 1 958 (ediz. ital . , Bologna 1 970) : meritatamente celebre per i suoi approfondimenti, que­ sta « cristologia » si muove sostanzialmente ali 'interno dei l O titoli maggiori, orga­ nizzati secondo una prospettiva sistematica: titoli relativi all'opera terrena di Gesù (Profeta, Servo di Dio, Sommo Sacerdote), relativi all'opera futura (Messia, Figlio dell'uomo), relativi all'opera presente (Signore, Salvatore), relativi alla preesisten­ za (Logos, Figlio di Dio, e « Dio ») .

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il futuro , ma anche il ministero presente di Gesù ; il titolo di « Fi­ glio di Dio » , al contrario , è condizionato da una precomprensio­ ne giudaica, che lo colloca non solo a livello di preesistenza ma anche di dimensione storica 42• 3 . 2 Criterio storico dei titoli . L ' opera che si segnala secondo que­ sta prospettiva è quella di Hahn 43 , che resta un importante pun­ to di riferimento nonostante le forti e pertinenti critiche subito le­ vatesi contro di essa 44• L'autore prende in considerazione solo cin­ que titoli cristologici : Figlio dell ' uomo , Signore, Cristo, Figlio di Davide , e Figlio di Dio , con un' appendice su Profeta (in realtà so­ no solo quelli che ricorrono in Marco , ma vengono trattati sull' in­ tero Nuovo Testamento) . La caratteristica della trattazione è che la cristologia viene seguita nella sua evoluzione nel passaggio at­ traverso i tre maggiori ambiti geo-culturali del primo cristianesi­ mo : quello palestinese , quello del cristianesimo giudeo-ellenistico , e quello del gentilesimo cristiano-ellenistico . Di volta in volta se­ condo Hahn la cristologia cambia, passando da una fervida attesa escatologica del Messia venturo all' idea di una signorìa già presen­ te di Gesù risorto fino alla sua assimilazione a Dio . L'importanza dello studio sta nel richiamo del nesso inscindibile tra la fede cri­ stologica e il suo contesto storico-culturale , ma varie affermazioni sanno di gratuità, per non dire dell' attuale superamento della con­ trapposizione tra giudaismo palestinese e giudaismo ellenistico (cfr. sotto) . 3 . 3 Criterio degli ambiti storico-culturali . Questa è una varia­ zione dell ' approccio precedente , in quanto la trattazione non ri­ guarda solo alcuni titoli ma la cristologia neotestamentaria nel suo

42 Una buona critica a una cristologia dei titoli si trova in L. E. Keck, To ward the Renewal of New Testament Cristology , NTS 32 ( 1 986) 362-377, specie 368-370 (cfr . p. 368 : « Ricostruire la storia dei titoli , quasi che questo fosse lo studio della cristologia, è come cercare di comprendere le vetrate della cattedrale di Chartres studiando la storia del vetro colorato ») . . 4 3 Cfr . F. Hahn, Christologische Hoheitstitel. Ihre Geschichte im friihen Chri­ stentum, FRLANT 83, Gottingen 1 963 , 1 995 5 (con un « Anhang »). Ad un livello diverso, molto interessante, senza essere così « problematico », si colloca W. Kra­ mer, Christos Kyrios Gottessohn. Untersuchungen zu Gebrauch und Bedeutung der christologischen Bezeichnungen bei Paulus und den vorpaulinischen Gemeinden , ATANT 44, Ziirich 1 963 (sui tre titoli : Cristo, Signore, Figlio di Dio, in Paolo e nelle comunità prepaoline) . 44Cfr . P. Vielhauer, in ZTK 60 ( 1 963) 1 75 - 1 77.

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insieme . L' opera fondamentale è quella di Fuller 45 • Anch 'egli in­ siste sui tre momenti di sviluppo , rispettivamente in Palestina, poi all'interno del giudaismo ellenistico , e infine a contatto con il mon­ do pagano , ma prendendo in considerazione la cristologia globa­ le. Il primo momento presenta una cristologia a due centri d' inte­ resse: vita terrena di Gesù, culminante nella sua morte-risurrezione, e attesa della parusìa del Figlio dell 'uomo . Il secondo è caratteriz­ zato da una cristologia a due stadi: il Gesù terreno ha svolto il mi­ nistero in base a una missione dall 'alto , e ora dispiega la sua si­ gnoria gloriosa e vivificante sulla Chiesa (in attesa della sua paru­ sìa) . Il terzo infine giunge a una cristologia a tre stadi : quelli del ministero di Gesù nel mondo e della sua attuale signorìa gloriosa sono preceduti dallo stadio della preesistenza divina (mentre l ' at­ tesa della parusìa si attenua sempre più) . Questa impostazione , per molti aspetti feconda, rischia di semplificare le cose, rinchiudendo il dato all 'interno di schemi prefissati (si pensi soltanto al titolo di « signore » , che è già attestato in ambito aramaico e non solo ellenistico : cfr. l Cor 1 6 , 22) . 3 .4 Criterio dei temi . È possibile studiare la cristologia del Nuo­ vo Testamento isolando alcuni temi più caratteristici, i quali sono indubbiamente legati anche ad alcuni titoli attinenti , ma li debor­ dano estendendosi a una tematica che tutti li ingloba. Così per esem­ pio si possono studiare i temi della preesistenza di Cristo , della sua incarnazione, della mediazione, dell'espiazione, della divinità, della soteriologia in generale, della dimensione escatologica. Su ciascu­ no di essi esistono delle ricerche specifiche 46 • Esse sono sicura­ mente interessantissime, ma con ogni evidenza non offrono un qua­ dro generale della cristologia neotestamentaria, nell 'elaborazione della quale vanno comunque assolutamente tenute in conto .

45 Cfr. R . H . Fuller, The Foundations of New Testament Christology, Scribner's, New York 1 965 . 46 Vedi per esempio V. Taylor, The A tonement in New Testament Teaching, London 1 945; E. Schweizer, Cristologia neotestamentaria: il mistero pasquale, ediz. ital . a cura di B . Liverani - C. Benincasa, Bologna 1 969 (sul tema dell 'abbassamen­ to ed esaltazione); J . D . G. Dunn, Christology in the Making. A New Testament Inquiry into the Origins of the Doctrine of the Incarnation, London 1 980; M. Gour­ gues, Le Crucifié. Du scandale à l 'exaltation, Montréal 1 989; U. B. Miiller, Die Mensch werdung des Gottessohnes. Friihchristliche Inkarnationsvorstellungen und die Anfiinge des Doketismus, SBS 1 40, Stuttgart 1 990; J. Habermann, Priiexistenz­ aussagen im Neuen Testament, EH 23 Th 362, Frankfurt-Bern 1 990.

APPROCCI DIVERSI ALLA CRISTOLOGIA DEL NUOVO TESTAMENTO

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3 . 5 Criterio dei modelli . Una proposta di organizzare la cristo­ logia del Nuovo Testamento in base ad alcuni modelli ermeneutici è stata avanzata da Se galla 47 • Egli ne propone tre tipi fondamen­ tali , ciascuno dei quali trova più specificazioni : a) modelli a due stadi , terreno e glorioso (modello messianico , modello umiliazione­ esaltazione , modello della missione) ; b) modelli a tre stadi , preesi­ stenza - ministero terreno - esistenza gloriosa (modello della pree­ sistenza attiva o sapienziale , modello di rivelazione, modello sa­ cerdotale) ; c) modelli fondati sul rapporto fra protologia ed esca­ tologia (modello del nuovo Adamo , modello apocalittico) . Biso­ gna però riconoscere che non tutti i testi individuati per ciascun modello rientrano poi nel tipo generale . Così, per esempio , il pas­ so di Fil 2,6- 1 1 è dato come esponente del modello umiliazione­ esaltazione , ma in realtà il testo implica anche lo stadio della pree­ sistenza (quindi andrebbe meglio catalogato tra i modelli a tre sta­ di) ; nel passo di Gv 1 , 1 - 1 8 viene visto il modello della preesistenza attiva o sapienziale , ma in realtà esso non può stare tra i modelli a tre stadi , poiché vi si parla solo della preesistenza e dell'incarna­ zione (e non dell' esaltazione) ; inoltre , quello del nuovo Adamo do­ vrebbe in realtà essere catalogato addirittura come modello a quat­ tro stadi, poiché in base a Rm 5 , 1 2-2 1 e 1 Cor 1 5 ,45-49 vi si distin­ guono questi momenti diversi : la figura protologica di Adamo, la fase del Gesù terreno incentrata sulla morte , la fase della risurre­ zione , e la fase escatologica in cui propriamente Cristo sarà in pie­ nezza l' antitipo di Adamo . 3 . 6 Criterio kerigmatico . Alcune cristologie odierne si rivelano ancora debitrici dell' impostazione bultmanniana e iniziano la loro esposizione solo dal kerigma pasquale 48 • Si continua così a rite47 Cfr. G. Segalla, La cristologia del Nuovo Testamento . Un saggio , SB 7 1 , Bre­ scia 1 985, 1 5 1 - 1 65 ; l'autore però nel suo saggio adotta una esposizione storica del­ la cristologia neotestamentaria, che prescinde dai modelli proposti . 48 Cfr . J . Gnilka, Jesus Christus nach friihen Zeugnissen des Glaubens, Miin­ chen 1 970; R. Schnackenburg, « Cristologia del Nuovo Testamento, in Aa.vv . , My­ sterium salutis, V, Queriniana, Brescia 1 97 1 (Einsiedeln 1 970); G. Stanton, Jesus of Nazareth in New Testament Preaching, SNTS MS 27, Cambridge 1 975; M . De Jonge, Christology in Context (op. cit. ) . È curioso notare che ancora la seconda edizione di H. Conzelmann, Teologia del Nuovo Testamento (op . cit . ) , pur ricono­ scendo a Gesù una cristologia indiretta (cfr. p. 1 1 4), non concede alcun paragrafo al Gesù terreno, nemmeno come premessa del kerigma, mentre invece dà spazio al giudaismo come punto di partenza! Di fatto anche la Miscellanea in onore di F. Hahn, curata da C. Breytenbach - H. Paulsen, A nfiinge der Christologie. Fs. F. Hahn zum 65. Geburtstag, Gottingen 1 99 1 , si muove su questa linea, dato che

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INTRODUZIONE

nere che la cristologia si trovi solo nella risposta della Chiesa a Ge­ sù, il quale viene, sì , recuperato nella sua dimensione terrena, ma solo in via secondaria e sminuita 49• Che però non ci si possa ac­ contentare di questa impostazione è stato accennato più sopra. Il rapporto di fede con Gesù non è iniziato solo dopo la Pasqua; c'è già stata una risposta a lui durante la sua vita terrena. E, soprat­ tutto, è possibile raggiungere almeno alcuni elementi essenziali di ciò che Gesù stesso pensava di sé, in rapporto sia a Dio sia agli uomini (cfr . cap . 1). Occorre in sostanza rispondere alla semplice domanda: il Cristo della fede postpasquale è in continuità o in di­ scontinuità con il Gesù della storia prepasquale? Certamente la pri­ ma Chiesa, quando tramandò prima oralmente e poi per mezzo di alcuni scrittori ciò che noi leggiamo nei vangeli , era mossa non da un semplice interesse storiografico ma dal bisogno di confessare comunque l'importanza determinante di Gesù per la propria fede e per la propria vita . Sicché le « biografie » evangeliche che noi co­ nosciamo sono alla radice delle confessioni di fede 50 • Ma il sem­ plice fatto che queste confessioni vengano espresse in forma ten­ denzialmente « biografica » dice da solo che la fede della Chiesa cercava nella storia terrena di Gesù il proprio fondamento 5 1 • La cristologia postpasquale si riallacciava di fatto alla cristologia di Gesù . Che poi questa vada sottoposta a un 'opera di discernimento all'interno delle fonti , proprio perché i vangeli non ci danno in for­ ma distillata la pura « cristologia » di Gesù, è un' altra questione che abbisogna di una propria considerazione (vedi sotto). 3. 7 Criterio dello sviluppo storico . Altre cristologie assumono come punto di partenza lo stadio del Gesù terreno e della sua per-

dei 27 contributi che la compongono nessuno è dedicato a quella che ormai da mol­ ti viene chiamata « la cristologia di Gesù », e ciò induce a ritenere che gli « inizi della cristologia », secondo il titolo, vengano scorti soltanto all' indomani della Pa­ squa. 49 Infatti M . De Jonge, Christology, dedica solo le pp. 203-2 1 1 (« The One with Whom I t Ali Began ») a quella che pur definisce a p. 205 « la cristologia » di Gesù ; analogamente, J . Gnilka, Jesus Christus, 1 59- 1 74 (« Die christologie Jesu von Na­ zareth » ) . 5 0 Sul genere letterario dei vangeli, cfr. R. A . Burridge, What are the Gospels? A Comparison with Graeco-Roman Biography, SNTS MS 70, Cambridge 1 995 . 5 1 « Se ci fosse solo l' annuncio del crocifisso e del risorto, esisterebbe il perico­ lo di una idealizzazione della sua (di Gesù) persona, di una sua mitizzazione, di una mera dimensione speculativa » (R. Schnackenburg, Die Person Jesu Christi im Spiegel der vier Evangelien , HTKNT Suppl .4, Freiburg-Basel-Wien 1 993 , 14).

LA NOSTRA IMPOSTAZIONE

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sonale « cristologia )) 5 2 . Anche se i singoli autori danno poi all 'e­ sposizione della cristologia di Gesù una propria impostazione , tut­ tavia mi sembra questa l' unica via corretta per rendere adeguata­ mente ragione del fatto che senza Gesù non si spiegherebbe nessu­ na cristologia postpasquale . Anche in questo caso, comunque, an­ zi a maggior ragione, si dovrà tenere nel debito conto il complesso fattore dello sfondo storico-culturale, sia giudaico 53 sia pagano (soprattutto greco-ellenistico) 5\ poiché esso fornì molte precom­ prensioni che contribuirono in modo determinante a dare espres­ sione compiuta al dato cristologico .

4. La nostra impostazione

Le origini della cristologia neotestamentaria rappresentano cer­ tamente un problema complesso , e questa complessità va comun­ que onorata. Però individuare le origini nell'Antico Testamento o nel giudaismo in genere, per non dire nell' ellenismo (già rifiuta5 2 Cfr . G. Schneider , Cristologia del Nuovo Testamento, SB 32, Brescia 1975, 1 993 2 ; F. J . Schierse, Cristologia, GdT 153, Queriniana, Brescia 1 9903 (orig. ted . Diisseldorf 1 979) ; P. Pokorny, The Genesis of Christology. Foundations jor a Theo­ logy of the New Testament, Edinburgh 1 987 (orig. ted. Berlin 1 985); G. Segalla, La cristologia del Nuovo Testamento, 69- 1 45 . A queste opere vanno attratte anche quelle « Teologie del Nuovo Testamento », che appunto cominciano non con il ke­ rigma pasquale ma con la predicazione del Gesù terreno, prima fra tutte quella di J. Jeremias, Teologia del Nuovo Testamento, l - La predicazione di Gesù , « Bi­ bliot. Teol . » 8, Brescia 1 972; e poi L. Goppelt, Teologia del Nuovo Testamento. l - L 'opera di Gesù nel suo significato teologico, Introduz. di G. Segalla, Brescia 1 982; E. Lohse, Compendio di teologia del Nuovo Testamen to, « Strumenti » 38, Brescia 1 987; J . Gnilka, Teologia del Nuovo Testamento, « Bibliot. Bi bi. » 9, Bre­ scia 1 992. Ma ancora G. Strecker, Theologie des Neuen Testaments, de Gruyter, Berlin - New York 1 995 , non lascia alcun posto al Gesù terreno . 53 A questo livello interessa tutta la letteratura del cosiddetto « medio giudai­ smo >> (cfr. per esempio G. Boccaccini, Medio Giudaismo. Per una storia del pen­ siero giudaico tra il terzo secolo a. e. v. e il secondo secolo e. v. , « Radici >> 1 4 , Ma­ rietti , Genova 1 993); ma un posto particolare spetta agli scritti canonici di Israele, sulla cui importanza cfr. G . Segalla, La cristologia, pp. 23-67 (« La preistoria della cristologia ») : tuttavia si dovrà essere consci che il punto di partenza della cristolo­ gia neotestamentaria non è né l'Antico Testamento né la rimanente letteratura giu­ daica, ma piuttosto l'uso nuovo che ne vien fatto da parte sia di Gesù sia della Chiesa primitiva. 54 La sua importanza non sta solo a livello storico , linguistico e letterario, ma anche di concetti religiosi e in specie di quelli che hanno delle analogie con la cri­ stologia neo testamentaria (per esempio: il culto dei sovrani ellenistici) ; cfr. in gene­ rale F. F. Bruce, The New Testament and Classica! Studies, NTS 22 ( 1 976) 229-242; E. Ferguson , Backgrounds of Early Christianity, Grand Rapids MI 1 990 ( 1 987) , 1 1 1 -253 (« Hellenistic-Roman Religions »; con bibliografia) . ·

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INTRODUZIONE

to a suo tempo da A. Schweitzer) , significa andare a cercarle trop­ po lontano e cioè all 'esterno di essa, quasi che la si potesse spiega­ re solo in base a un input indotto dal di fuori . Ma, per dirla in breve , va onestamente riconosciuto che non è stata la messianolo­ gia a produrre la cristologia, anche se non si comprenderà mai ap­ pieno la fede cristologica se non la si colloca costantemente sullo sfondo dell' ambiente giudaico (e, secondariamente, di quello gre­ co) . È là infatti che sono state create le categorie escatologiche e messianiche , rimaste fondamentali anche per ogni discor­ so cristiano 55• Tuttavia, non ci sarebbe stata alcuna cristologia, se non ci fosse stata la complessa figura di Gesù di Nazaret . Del re­ sto , la stessa messianologia giudaica venne messa ripetutamente in scacco dall' identità e dal destino di questo Nazareno , che fu glo­ balmente rifiutato proprio dal popolo a cui apparteneva e a cui egli sapeva di essere stato primariamente inviato. Anche le imposta­ zioni cristologiche di tipo kerigmatico devono riconoscere che l' an­ nuncio pasquale con tutte le sue implicanze verte non su di una figura qualsiasi ma precisamente su Gesù. Dunque, non solo la cri­ stologia non si può spiegare con una mera messianologia, ma nep­ pure essa può autarchicamente fondarsi su se stess�. Il discorso (logìa) su Gesù in quanto Cristo è stato storicamente possibile pro­ prio perché egli ne fornì l' occasione , e lo fece in modi almeno par­ zialmente inattesi e sicuramente sorprendenti . Solo per questo mo­ tivo si indagò nelle speranze di Israele e ci si lasciò condizionare da esse e secondariamente da alcuni apporti ellenistici : solo per il­ luminare e capire meglio il suo caso . Questo poi fin dagli inizi , e cioè dal « terzo giorno », venne a sorpresa configurato non come limitato a un itinerario soltanto terreno , ma in forme inaudite lo si proclamò trionfatore della morte stessa. Proprio ciò costituisce

55 Vedi il significativo titolo del libro di G. Jossa, Dal Messia al Cristo, Le ori­ gini della cristologia, che peraltro è molto equilibrato nei suoi giudizi circa il giu­ daismo contemporaneo e circa il suo influsso sulle origini cristiane . Degna di nota è anche la proposta di G. Segalla, La cristologia del Nuovo Testamento, pp. 23-67 , di rinvenire nell' Antico Testamento « la preistoria della cristologia »: essa mette bene in luce il decisivo ricorso sia di Gesù che della Chiesa primitiva alle Scritture di Israele, ma rischia di isolare a parte un settore ideale e letterario che per il Nuo­ vo Testamento non rappresentò tanto un pozzo circoscritto a cui attingere di volta in volta quanto piuttosto una corrente onnipervadente, sicché esso non sta solo a monte della cristologia neotestamentaria ma la innerva dall' interno in tutti i suoi aspetti . Contributi specifici si trovano in l. Gruenwald - S . Shaked - G. G. Stroum­ sa, edd . , Messiah and Christos. Studies in the Jewish Origins oj Christianity (in onore di D. Flusser per il 75 ° compleanno), TSAJ 32, Tiibingen 1 992.

LA NOSTRA IMPOSTAZIONE

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la vera, originale complessità di questa figura e richiede che la si tenga nel debito conto. La cristologia che presentiamo è mossa appunto dalla convin­ zione che, se non si parte dal Gesù terreno , la cristologia della Chie­ sa sarebbe priva del suo fondamento storico e contenutistico . Ma ciò che va colto e affermato con chiarezza è che , come felicemente ebbe a scrivere alcuni anni fa il Cerfaux, « il cristianesimo è nato due volte » 5 6 • Bisognerà infatti calcolare due inizi della cristolo­ gia neotestamentaria: uno è fornito dall'azione e dalla predicazio­ ne di Gesù in Galilea; l' altro è dato dalla sua gloriosa risurrezione a Gerusalemme 57 • In effetti , il primo non si potrebbe comprende­ re appieno (e storicamente non fu compreso) , se non sulla base della luce pasquale; il secondo poi sarebbe privo di consistenza, se colui che è proclamato risorto dal sepolcro non fosse lo stesso Gesù che parlò e operò precedentemente nella terra d ' I sraele . Tutta la suc­ cessiva cristologia ecclesiale poggia i piedi su questo doppio fon­ damento, e di questa dualità si nutre e si sostanzia. Qui infatti si fondano e si riconducono per così dire le due anime del cristianesi­ mo , una storica e una mistica, così come in quei due momenti pren­ de corpo la complessa identità di Gesù Cristo stesso . Sulla base del primo aspetto, Gesù mantiene la sua diversità storica dal cristiano di tutti i tempi, essendo ben configurabile come personaggio origi­ nale all'interno di Israele secondo precise modalità cronologiche e culturali . Sulla base del secondo aspetto , invece, viene annullata ogni distanza con i suoi discepoli e Gesù si fa contemporaneo a tutti i cristiani secondo una dimensione di presenza sempre viva e anche intima; per questo motivo, non lo si può ritenere soltanto come fondatore « storico » della Chiesa, una volta per tutte , poi­ ché in realtà egli fonda continuamente la sua comunità ad ogni mo­ mento con il suo Spirito vivificante , nel quale si concretizza una signorìa che si dispiega costantemente e puntualmente , qui e ora. Nostro intento sarà di porre con chiarezza queste due origini (vo­ lume I , capitoli I-II) e poi di tracciare gli sviluppi che ne derivano

5 6 L. Cerfaux, Jésus aux origines de la tradition , Louvain 1 968 (trad. ital . , San Paolo, Roma 1 972) , p. 1 44, dove si precisa: « Dovremo distinguere molto accura­ tamente tra la buona novella del Regno e poi quella della risurrezione . Oggi la pa­ rola "evangelo" le copre tutte e due . Ma lo storico delle origini cristiane non con­ sentirà mai a confonderle >> . 57 Il valore fondante della risurrezione è stato recentemente negato da K . Ber­ ger, Theologiegeschichte des Urchristentums, Tubingen-Basel 1 994, pp . 4 e 55s; una critica a questa posizione verrà fatta più avanti : cap . II, 7, nota 1 30) .

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INTRODUZIONE

(volume I l , capitoli III-X) . Si seguirà perciò uno schema sostan­ zialmente cronologico sulla base delle fonti di cui disponiamo 5 8 • In fedeltà ai metodi morfologico e redazionale, i vangeli ci servi­ ranno per studiare non solo la fase gesuana (capitolo l), ma anche quella dei primi passi della cristologia postpasquale (capitolo Il, sulla resurrezione di Gesù ; capitolo III, sulle più antiche tradizioni concernenti il Gesù terreno; e capitolo VII , finalmente sulle attua­ li redazioni sinottiche, che verranno posticipate per rispettare le col­ locazioni cronologiche) . Il capitolo III sarà dedicato alla cristolo­ gia della Chiesa giudeo-cristiana palestinese, così come essa è rica­ vabile non solo dal materiale tradizionale dei primi capitoli degli Atti , ma anche e ancor più dal probabile racconto premarciano della passione e dalla fonte Q. Si avrà così lo sfondo storico , dal quale si distinguerà la riflessione paolina probabilmente condizionata dal­ la Chiesa antiochena, distinguendosi comunque da questa. La cri­ stologia di Paolo , reperibile nelle lettere autentiche, è forse la più compiuta e rappresentativa delle origini cristiane, e occuperà ne­ cessariamente una buona parte dell 'indagine (capitolo IV) . Ad es­ sa seguirà la cristologia della tradizione che fa capo all' Apostolo e che ne costituisce un ampliamento (capitolo V) . Uoo spazio a sé avrà l' importante lettera agli Ebrei con la sua tipica cristologia del sacerdozio di Cristo (capitolo VI) . Si arriverà così , dopo le reda­ zioni sinottiche (capitolo VII), alla fine del secolo I con la cristolo­ gia del quarto vangelo e delle lettere « giovannee » (capitolo VIII) e dell 'Apocalisse di Giovanni (capitolo IX) . Infine, un capitolo con­ clusivo prenderà in considerazione due questioni : a) dato che è in­ negabile uno sviluppo verso affermazioni cristologiche sempre più forti , ci si dovrà chiedere come sia stata storicamente possibile que­ sta progressione; b) dato che la cristologia neotestamentaria è molto sfaccettata e variegata, ci si dovrà chiedere se essa possa essere d­ condotta nonostante tutto a unità . 5 8 Esiste un problema concernente la datazione delle fonti neotestamentarie, che, a parte tentativi di sapore apologetico consistenti nell' anticipazione di tutti gli scritti a prima del 70 (così J. A. T. Robinson, Redating the New Testament, London 1 976; cfr. la recensione critica di J. A. Fitzmyer, Two Views of New Testament Interpre­ tation: Popular and Technical, lnterpr 32 [ 1 978] 309-3 1 3), mantiene il quadro ge­ nerale abbastanza oscillante . A prescindere dalle lettere autentiche di san Paolo , collocabili tutte negli anni 50 del sec . l , la datazione degli altri scritti varia molto tra i diversi studiosi; da parte nostra riteniamo orientativamente quella proposta da J. Schreiner - G. Dautzenberg et al . , Introduzione letteraria e teologica al Nuo­ vo Testamento, « La parola di Dio )) 23 , Edizioni Paoline, Roma 1 982, pp. 6 1 1 -6 1 5 ( « Prospetto cronologico della letteratura neotestamentaria ))) .

LA NOSTRA IMPOSTAZIONE

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Il titolo I ritratti di Gesù (distinguendosi da altre pubblicazioni intitolate ai volti di Gesù) vuole esprimere la molteplicità dei modi di approccio alla figura complessa del Nazareno : esso non fa quindi riferimento a sue molteplici componenti oggettivamente divergen­ ti , quasi si trattasse di suoi trasformismi personali , ma evidenzia piuttosto il dato di una personale e costante unità di fondo , che però viene percepita e interpretata in modi diversi da coloro che ne hanno scritto . Essendo tanti gli approcci a Gesù , altrettanti pos­ sono esserne i ritratti , cioè i modi di ritrarre la sua identità, com­ preso l' autoritratto ( ! ) , come fanno pittori diversi , sia con se stes­ si, sia di fronte a un unico modello o a un paesaggio o a una perso­ nale emozione . La fede infatti non è pari a una fredda fotografia, ma implica necessariamente la dimensione della soggettività del cre­ dente : proprio come nel caso di un artista. Ciò non significa affat­ to cadere nel relativismo , ma semmai affermare l' inesauribile pro­ fondità del soggetto di cui si parla, mai totalmente attingibile . Se ciò può creare l' impressione di una certa relatività, questa non con­ cerne lui , ma coloro che lo dipingono . Semplicemente occorre ri­ conoscere che colui che ci sta davanti è più grande di noi, e come tale può essere a buon diritto ritratto in molti modi 59 • Il libro avrebbe potuto avere un sottotitolo di questo tipo: « Figlio del falegname e Sapienza di Dio » . Forse inusuale, esso però sarebbe in grado di esprimere insieme i due momenti e le due componenti dell'i­ dentità di Gesù Cristo . Figlio de/falegname riassume la sua concretissi­ ma dimensione storica e sociale; il fatto che una tale dicitura possa so­ stituire la più corrente designazione di « crocifisso » dipende unicamente dalla constatazione che questa coglie solo il momento finale (certo cul­ minante e decisivo ! ) di un'esistenza che però implica tutta intera, alme­ no a livello di vita pubblica, una cristologia : non c' è solo il crocifisso alla base della cristologia postpasquale, ma tutto il Gesù terreno. Sa­ pienza di Dio, invece, coglierebbe tutta la dimensione misterica della persona di Gesù, non solo quella che caratterizza la sua esistenza glo­ riosa ma anche quella che è già comunque propria del Terreno; altre designazioni , come « Signore, Figlio di Dio, Logos, il Risorto », sono in qualche modo riduttive , nel sens o che esprimono o solo un momento della sua esistenza (come « il Risorto ») o solo una definizione stretta­ mente personale-individuale (come « Figlio di Dio ») che rischia di tra-

59 Cfr. G. Segalla, La cristologia, p. 1 86: « Gesù sta sempre al di là dei ritratti che si compongono di lui, non solo nel passato storico , ma anche nel presente e nel futuro >> .

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INTRODUZIONE

scurare la dimensione vissuta in azioni e parole . Da questo punto di vi­ sta, Sapienza di Dio risulterebbe una designazione più « souple », dal carattere polimorfo (tipico già della tradizione sapienziale) : essa è on­ nicomprensiva del mistero di Gesù, che è tale tanto nella sua quotidia­ na vita di Nazareno quanto nell'evento apparentemente negatore di ogni sapienza umana che è la Croce e fin nello stadio dell' esaltazione glo­ riosa 60 •

In definitiva, sarà comunque nostra preoccupazione mantenere costante e intatto in tutto il discorso il dato di un teoarchismo di fondo , che lasci trasparire il vicendevole rapporto fra teo-logia e cristo-logia. Esse infatti, come diremo, non si equivalgono , e per­ ciò bisognerà nonostante tutto mantenere distinte le figure di Dio e di Cristo 6 1 • La chiarezza a questo proposito non può che risol­ versi in una migliore e più esatta comprensione delle cose .

60 La sapienza di Dio, infatti, non si identifica soltanto in maniera personale con Gesù (cfr. 1Cor 1 ,30), così come secondo il medio giudaismo si identificava in qualche modo con la T6rah (cfr. Sir 24) , ma preesiste alla sua esistenza storica ed è anche autonomamente presente in tutti i suoi acta et passa (vita terrena, passione, risur­ rezione) . 6 1 Almeno nel senso che dire « Gesù è Dio » non equivale a dire « Tizio è un uomo »; infatti, se a Tizio si attribuisce pienamente e solamente l'umanità, Cristo invece non è definito soltanto dalla divinità. Vedi J. D. G. Dunn, Christology as an Aspect oj Theology, in A. J . Malherbe & W. A. Meeks, edd . , The Future oj Christology. Essays in Honor oj Leander E. Keck, Minneapolis 1 993 , pp. 202-21 2 ; giustamente secondo l' autore « l a dimensione divina d i Cristo è i n effetti una "sub­ category" della dottrina di Dio » (p . 203) , ed egli così esemplifica le cristologie del Nuovo Testamento : « Gesù il Cristo » (cristologia paolina) , « Dio con noi » (cri­ stologia matteana), « Eguale a Dio » (cristologia giovannea) , « Il trono di Dio e dell'Agnello » (cristologia apocalittica) . Se non si tiene conto di questa prospetti­ va, ha certamente ragione chi sostiene che, proprio con l'insistere ingenuamente su Gesù come « Dio », il cristianesimo divenne « gentile )) e abbandonò il monotei­ smo ebraico (cfr . P . M . Casey, From Jewish Prophet to Gentile God. The Origins and Development oj New Testament Christology, Cambridge 1 99 1 ) . Ma su ciò ri­ torneremo.

l.

GLI INIZI

I

IL GESÙ TERRENO (Primo inizio)

Premesse

Partiamo dall 'idea che la cristologia abbia necessariamente ini­ zio in Gesù di Nazaret 1 • Permettendoci un gioco di parole, dire­ mo che essa è una cristologia non ancora propriamente cristiana ma gesuana. Ma col dire che non è cristiana , non intendiamo asso­ lutamente livellare la cristologia gesuana sul piano di quella vete­ rotestamentaria o giudaica. Infatti, è indubbio che esiste un discorso meramente giudaico , testimoniato negli scritti tanto canonici quanto extracanonici di Israele , sulla figura del Messia (in greco Cristo) ; però lo chiameremo più esattamente messianologia, per il motivo che il termine Cristo in questo ambito non ha valore di nome pro­ prio come designazione di una persona specifica, ma indica sol­ tanto una figura che non solo è sempre oggetto di attesa bensì , an­ zi proprio per questo, è anagraficamente indeterminata. La mes­ sianologia quindi sta a livello di semplice premessa della cristolo­ gia neotestamentaria, la quale verte invece sull 'identità di una per­ sona storicamente precisa e individuabile. In questo ambito, la cri­ stologia gesuana, che ha indubbiamente delle precomprensioni mes-

l Il nome ebraico di « Gesù », probabilmente nella forma Yeshua (cfr. K. Kjaer - Hansen, Yehoshua, Yeshua, Jesus and Yeshu. An lntroductlon to the Names, Mishkan, Jerusalem , 1 7- 1 8 [ 1 992- 1 993] 23-38), a prescindere dalla successiva lette­ ratura rabbinica, era comune all' epoca del secondo Tempio : lo storico Fl . Giusep­ pe, oltre a quelli menzionati nell'Antico Testamento e allo stesso Gesù di Nazaret, enumera ben 1 6 personaggi con questo nome (Cfr . il General lndex alle sue opere in « Loeb Classica! Library » n. 456, 279-280) ; almeno altri tre sono menzionati su altrettanti ossuari anteriori al 70, e rinvenuti nei dintorni di Gerusalemme, an­ che se di essi è discussa l' identità giudaica o giudeo-cristiana (cfr. J. T. Sanders, Schismatics, Sectarians, Dissidents, Deviants. The First One Hundred Years of Jewish-Christian Relations, London 1 993 , 30-35). Perciò la qualifica di « Nazare­ no », presente più volte già nel Nuovo Testamento anche se solo come apposizione del nome proprio (cfr . Mc 1 ,24; 1 0,47; 1 4,67; 1 6, 6 ; discussa è la variante « Nazo­ raio »), può valere come assolutamente distintiva.

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IL GESÙ TERRENO

siano logiche giudaiche 2, è tuttavia parte integrante di una nuova visione delle cose. Infatti , come accennavamo nel capitolo prece­ dente (cfr . § 2) , è necessario rendersi conto di ciò che Gesù pensava di se stesso : se egli si riteneva un comune giudeo privo di ogni par­ ticolare prerogativa, allora la stessa cristologia cristiana sarebbe costruita sul vuoto ed egli solo suo malgrado sarebbe diventato quel­ lo che di lui confessa la Chiesa postpasquale. Al contrario , se esi­ ste un minimo di continuità e omogeneità con ciò che penserà la fede cristiana successiva all 'evento del « terzo giorno », allora la cristologia gesuana costituirà il fondamento primo e indispensabi­ le di questa stessa fede, se non anche addirittura il suo contenuto . In questo capitolo rivolgiamo dunque a Gesù la stessa domanda che si legge in Gv 8 ,25 : « Tu chi sei? » (cfr . 1 ,22 : « Che cosa dici di te stesso? ») 3 • Tutto il problema consiste nel percepire la rispo­ sta che egli ci dà e che noi possiamo cogliere attraverso i vangeli . Essa infatti ci giunge documentaristicamente non allo stato puro, ma già filtrata dall'interpretazione che la Chiesa postpasquale le ha dato e comunque dalla inevitabile mediazione del suo annun­ cio , tanto orale prima quanto scritto poi 4• Questa infatti è la qua-

2 Il postulato bultmanniano, secondo cui « Gesù non era un cristiano ma un giu­ deo >> (la frase deriva da J. Wellhausen, Einleitung der drei ersten Evangelien , Ber­ lin 1 905 , p. 1 1 3), non va giudicato solo come una boutade. Esso implica una veri­ tà: quella di una distinzione netta (non separazione !) tra la fase gesuana e quella postpasquale, che va metodologicamente salvaguardata per una fruttuosa chiarifi­ cazione delle cose a tutti i livelli . Ovviamente però bisognerà ammettere che il cri­ stianesimo , in alternativa al rabbinismo, si riconoscerà in continuità diretta e omo­ genea con Gesù e non con altri personaggi d'Israele (cfr . M. Bockmuehl, This Je­ sus: Martyr, Lord, Messiah , Edinburgh 1 994, pp. 1 1 9- 1 24) . 3 Non si tratta quindi di sapere soltanto ciò che la gente diceva di lui e neanche solo di conoscere ciò che ne pensavano gli apostoli durante la sua vita terrena (cfr. Mc 8 , 27-29) . Entrambe le prospettive infatti si rivelano notevolmente deficitarie, al punto che Gesù stesso non vi si riconosce . D' altronde non sono esse che stanno all'origine della fede postpasquale, la quale ovviamente è incentrata non sulla gen­ te né sugli apostoli, ma su Gesù ! Certo anche nei Dodici e negli altri discepoli esiste una continuità tra la loro fede a livello gesuano e quella che professeranno dopo la Pasqua; ma in essi esiste un salto di qualità enorme, che è ben significato dal contrasto fra la meschina fuga generale al momento dell' arresto di Gesù nel Getse­ mani (cfr . Mc 14, 50) e la testimonianza impavida che renderanno dopo la Penteco­ ste (cfr . At 4 , 3 3 ; 5 , 4 1 ) . 4 Quando il concilio Vaticano Il, Dei verbum 1 9 , dice che l a Chiesa « afferma senza alcuna esitazione la storicità » dei vangeli canonici, intende sicuramente il concetto di storicità in modo analogico (cfr . H . l . Marrou, De la connaissance hi­ storique, Paris 1 954, 1 9644 ; trad . ital . Il Mulino , Bologna 1 962, 1 9662); infatti su­ bito dopo precisa che gli evangelisti « scrissero scegliendo alcune cose tra le molte che erano tramandate a voce o anche in iscritto, alcune altre sintetizzando, altre spiegando con riguardo alla situazione delle Chiese, conservando infine il carattere di predicazione ». Questa formulazione, assente dalla prima redazione del docu-

P REMESSE

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lità delle fonti che ci introducono alla presenza del Gesù terreno , e con la loro natura dobbiamo inevitabilmente fare i conti senza pretendere da esse caratteristiche storiografiche che non hanno 5 • I vangeli non sono stati scritti da Gesù; non è stato lui a depositar­ vi personalmente la propria autocoscienza 6 • Essi sono nati dalla fede postpasquale della Chiesa in Gesù Cristo e tendono a nutrire se non a suscitare la stessa fede . Di qui l' interrogativo : quale affi­ dabilità presentano essi per la ricerca della cristologia gesuana? Co­ me dicevamo nel capitolo precedente, oggi non si nega più la pos­ sibilità di un accesso al Gesù terreno 7 • Ma la questione è di sape­ re per quali vie possiamo ottenere questo accesso . La ricerca degli ultimi decenni ha elaborato in proposito una certa criteriologia, che permette di raggiungere e stabilire l 'autenticità storica di significative azioni e soprattutto parole di Gesù 8 • La lomento conciliare, venne introdotta dopo la pubblicazione da parte della Pont. Comm. Bibl . nel 1 964 del documento De historicitate evangeliorum, che recepiva i risultati migliori dell'esegesi neotestamentaria maturati nel corso degli ultimi decenni pre­ cedenti (cfr. le ricerche del metodo morfologico e di quello redazionale, con il par­ ticolare concetto di « Sitz im Le ben » ) . s Diamo qui per scontato il problema della natura propria dei vangeli, s u cui cfr. almeno X. Léon-Dufour, I vangeli e la storia di Gesù, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1 967 , 1 9865 (con apposita prefazione dell' autore) . 6 Del resto, una persona che dica mirabilia di se stesso è molto meno credibile di un'altra che dimostri la propria « diversità » solo sulla base di azioni e di parole conseguenti . Già di qui si vede bene che il concetto cristiano di rivelazione non è primariamente di carattere letterario (cfr. invece il Corano) ma storico ed esisten­ ziale, basato su « eventi e parole intimamente connessi » (Dei Verbum 2) . 7 Vedi fra tutti ciò che scriveva alcuni anni fa, pur ammettendo ormai l 'impos­ sibilità di stendere una « vita » di Gesù, uno studioso luterano come G. Bornkamm, Gesù di Nazaret. I risultati di quaranta anni di ricerche sul « Gesù della storia », Claudiana, Torino 1 968, pp. 18-19: « Non si può certo affermare seriamente che i vangeli e la loro tradizione ci proibiscano ogni ricerca sul Gesù storico . Essi non solo permettono, ma anzi esigono questo sforzo . Poiché, quali che siano state le opinioni degli storici su questioni di dettaglio, nessuno può contestare che alla tra­ dizione evangelica interessa in maniera notevolissima la storia prepasquale di Ge­ sù, anche se questo interesse è molto diverso da quello della scienza storica moderna » . 8 Cfr. H . K . McArthur, A Survey of Recent Gospel Research , lnterpr 1 8 ( 1 964) 39-55; I . De La Potterie, Come impostare oggi il problema del Gesù storico ?, Civ­ Catt 1 20 (1 969) 1 1 , 447-463 ; M . D . Hooker, Christology and Methodology, NTS 17 (1 970-7 1 ) 480-487; D. G. A. Calvert, An Examination of the Criteriajor Distin­ guishing the Authentic Words oj Jesus, NTS 1 8 ( 1 9 7 1 -72) 209-21 9 ; D . Liihrmann , Die Frage nach Kriterien fiir urspriingliche Jesusworte - eine Problemskizze, in J . Dupont, ed . , Jésus aux origines de la christologie (op. cit. ) , 59-72; F . Lambiasi, L 'autenticità storica dei vangeli. Studio di criteriologia, Dehoniane, Bologna 1 976; R. Latourelle, A Gesù attraverso i vangeli. Storia ed ermeneutica, Cittadella, Assi­ si 1 979; R. Riesner, Jesus als Lehrer. Eine Untersuchung zum Ursprung der Evangelien- Oberlieferung, WUNT 2.7, Tiibingen 1 9 8 1 ,87-95 ; D . Polkow, Method and Criteria jor Historical Jesus Research , in SBL 1 987 Seminar Papers 26, ed . K. H. Richards, Atlanta 1 987, pp. 336-356; J. Gnilka, Gesù di Nazaret. Annuncio

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ro classificazione varia a seconda degli autori , sicché si va da un massimo di undici criteri (cfr . Riesner) a un più ridotto numero di cinque (cfr . Gnilka) . In realtà, tre criteri risultano spendibili con maggiori e più sicuri risultati . l) Il criterio della discontinuità (o della doppia dissomiglianza) : in base ad esso si dovrà ritenere ge­ suano un fatto o un detto di Gesù che goda di originalità e quindi differisca nei confronti sia dell ' ambiente giudaico coevo sia della posteriore comunità cristiana (esempio classico è il racconto delle parabole) . 2) Il criterio della coerenza corregge il precedente a un doppio livello : primo, poiché non è realistico immaginarci Gesù in continuo disaccordo con il giudaismo , occorre verificare una coe­ renza « esterna », tale che l'azione e la parola di Gesù siano ben inserite nel contesto giudaico-palestinese del suo tempo 9 ; secon­ do , esiste anche una coerenza « interna », per cui si dovrà ritenere gesuano quel materiale che si conformi opportunamente all' inse­ gnamento di Gesù già altrimenti stabilito . 3) Il criterio della mol­ teplice attestazione : si dovrà ritenere presumibilmente gesuano un fatto o un detto di Gesù , che goda della presenza in fonti diverse e indipendenti (Q , Sinottici , Gv , Paolo ecc.). Questa metodologia può essere certamente :.sottoposta a critica 10• Essa però, se non condurrà sempre e comunque alle « ipe storia, CTNT Suppl . 3 , Paideia, Brescia 1 993 , pp. 38-4 1 ; V. Fusco, Introduzione generale ai Sinottici, in M. Laconi e al. , Vangeli Sinottici e A tti degli Apostoli, « Lo­ gos, corso completo di studi biblici » 5, ElleDiCi, Torino-Leumann 1 994, pp. 33-1 32, pp. 1 1 9- 1 30 (con distinzione tra « criteri » e « approcci »). 9 « Usando sistematicamente questa metodologia [del criterio di dissomiglian­ za] , si finisce col tendere a presentare Gesù come un non ebreo e come un leader senza seguaci ! » (J . H . Charlesworth, Gesù nel giudaismo del suo tempo (op. cit. ), 206, cfr. pp. 2 1 -22) . Vedi in particolare G. Theissen, Lokalkolorit und Zeitgeschichte in den Evangelien. Ein Beitrag zur Geschichte der synoptischen Tradition , NTOA 8, Freihurg/Schw. -Gottingen 1 989. 1° Cfr. K . Berger, Theologiegeschichte des Urchristentums. Theologie des Neuen Testaments, Tiibingen-Basel l 994, pp. 1 2- 1 3 e 1 03 - 1 05 . Secondo questo autore, non c'è alcuna possibilità né di attribuire né di sottrarre a Gesù determinati materiali della tradizione primitiva; pur ritenendo fermamente che la Pasqua non rappresen­ tò una soglia troppo alta tra la fase anteriore e quella posteriore, egli pensa che il materiale gesuano va trattato solo ·all' interno dei successivi momenti storico­ ecclesiali in cui esso godette di efficacia e di attualità. In particolare, Berger punta sui detti contrastanti di Gesù (per esempio la richiesta dell' amore in Mc 1 2,28-34 e dell'odio in Le 14,26) , che andrebbero ritenuti i « pilastri portanti » (Eckpfeiler: p . 1 03) ai fini della ricostruzione della figura di Gesù, per il motivo che il giudai­ smo del tempo non era univoco ma estremamente sfaccettato; perciò sarebbe estre­ mamente inverosimile che Gesù abbia avuto un sistema coerente di pensiero , e di conseguenza il suddetto criterio della discontinuità non corrisponderebbe al qua­ dro storico. Mi pare, tuttavia, che si tratti di una posizione nell' insieme troppo pes­ simistica: in definitiva, i criteri di auten ticità tendono proprio a uscire da quello che l ' autore chiama « pericolo del circolo vizioso » (p . 1 2) .

PREMESSE

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sissima verba Jesu », come voleva Jeremias 1 1 , porterà perlomeno a individuare con sufficiente sicurezza la « ipsissima intentio Je­ su » 12 • E questa è certo necessaria ma anche bastante per ricostrui­ re la cristologia di Gesù . Distingueremo accuratamente le due componenti fondamentali­ della vita di Gesù : i fatti e le parole, cioè il comportamento e l'in­ segnamento (cfr . At l , l : « tutto quello che Gesù fece e insegnò ») , pur sapendo che spesse volte l'azione non sta senza la parola e vi­ ceversa. La distinzione quindi è soprattutto metodologica. In base ad esse è comunque possibile tracciare un quadro nutri­ to ed eloquente sull'identità di Gesù nella sua fase prepasquale 1 3 • Ne risulterà la doppia dimensione dialettica della continuità e del­ l' innovazione nei confronti di Israele .

1 1 Cfr. J. Jeremias, Teologia del N. T (op. cit, ) 1 1 -40, che giunge a retrovertere in lingua aramaica i loghia gesuani reperiti nella lingua greca dei vangeli sinottici per stabilirne l'esatto suono originario; egli poi in ibid. , pp. 41 -49, tratta della « ip­ sissima vox Jesu », ritrovabile in concetti ed espressioni particolari di Gesù (come il metodo delle parabole, il tema del regno di Dio , l'esclamazione Amen , l'appella­ tivo A bbà). 1 2 Così W. Thiising, Die neutestamen tlichen Theologien und Jesus Christus - l. Kriterien , Diisseldorf 1 98 1 , p. 58: « Il compito specifico non è quello di ricostruire il tenore verbale delle singole parole di Gesù, la sua ipsissima vox, ma quello che io chiamerei la "ipsissima intentio" di Gesù ». 1 3 Vedi anche R. E. Brown, An Intraduction , pp. 3 1 - 1 02 (capp . 4-6) . Da parte sua, B. Witherington, The Christo/ogy of Jesus, opera una triplice distinzione, pre­ ponendo alle azioni e alle parole i rapporti di Gesù (con Giovanni Battista, con i farisei, con i rivoluzionari e i romani , e con i discepoli); il concetto di rapporto tra persone è sicuramente importante (si pensi al basilare studio di M . Buber, // principio dialogico, Comunità, Milano 1 958), ma lo è al punto da dover essere rite­ nuto una categoria fondamentale che assume in se stesso le azioni e l'insegnamento come sue semplici specificazioni: è con il comportamento e con la parola che Gesù vive i suoi rapporti con la gente, con i discepoli , con gli avversari, e con Dio stesso . Per un elenco di cose ritenute scalarmente « certe, altamente probabili, probabili, possibili, concepibili, incredibili », cfr. E . P . Sanders , Gesù e il giudaismo , pp. 4 1 9-420.

A. PORTATA CRISTOLOGICA DEL COMPORTAMENTO DI GESÙ

Tentiamo qui di vedere che cosa si possa ricavare dal comporta­ mento del Gesù terreno in rapporto alla sua identità personale . Il passaggio dalla storia all'antologia non è sempre facile e comun­ que non automatico ; ma ciò che vale per l'uomo in generale, per cui è soprattutto nell 'azione che si disvela la vera dimensione 4 dell 'individuo 1 , ha certamente senso anche per la storia di ogni singolo uomo storico ; altrettanto, se non di più , per quanto c 'inte­ ressa, ciò dovrà valere per Gesù di Nazaret . Alla base infatti, pri­ ma del problema cristologico , c'è una questione di ordine antro­ pologico : in che modo le vicende vissute di una persona possono 5 contribuire a rivelarcene l' identità? 1 • Certo alla domanda « Chi è il tale? » si può e si deve rispondere anche narrando avvenimenti e situazioni della sua vita; se ci si accontentasse solo di conoscere i suoi pronunciamenti verbali , il personaggio si appiattirebbe in un astratto sistema di pensiero , il suo spessore storico sfumerebbe in una mera idea, e noi conosceremmo soltanto una sua controfigura 6 }arvale 1 • Per quanto riguarda Gesù, sappiamo bene che nella storia delle fonti, mentre la raccolta dei suoi detti (fonte Q) perse (o non ac-

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1 Vedi le teorie che valorizzano il comportamento (in psicologia e in sociolo­ gia) e le filosofie dell'azione (M . Bionde!) . Cfr. anche M. Scheler, L 'homme et l'hi­ stoire, Paris 1955, p. 1 6 : « Il senso fondamentale di questa complessa evoluzione [storica] è fuor di dubbio : è il senso di una crescita della coscienza di sé nell'uomo, secondo un progresso che si opera per balzi sempre nuovi in momenti importanti della storia. Gli indietreggiamenti che si constatano qua e là non hanno grande im­ portanza a fronte di questo orientamento di fondo >> . 15 Il problema è ben posto da R.A. Krieg, Story-Shaped Christo/ogy. The Ro/e of Narratives in ldentijying Jesus Christ, New York-Mahwah 1 988, anche se da un punto di vista non strettamente esegetico. 1 6 Ciò che c'interessa dunque non è tanto la problematica letteraria della narra­ tologia, che è di tipo formale e si ferma alla sola intentio operis, quanto invece il livello storico in cui una determinata persona vive e agisce al di là del testo che ce ne parla. In sostanza, ci accostiamo ai vangeli non come ad allegorie, cioè come illustrazioni narrative di verità astratte, ma come racconti che ci illustrano il con­ creto personaggio Gesù di Nazaret .

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quistò?) configurazione letteraria autonoma, si imposero i « van­ geli >> come racconti globali della sua vita pubblica : aggiungendo alle parole le sue azioni , essi finirono per fare di queste il supporto di quelle che vennero così salvate dall' oblio . Ed è sintomatica l'im­ pressione suscitata da lui tra la gente con il suo primo intervento esorcistico nella sinagoga di Cafarnao : « Che è questo? Una dot­ trina nuova insegnata con autorità » (Mc 1 ,27) . Ciò che va osser­ vato qui è che nel contesto l' evangelista di fatto non informa il let­ tore di alcun insegnamento impartito da Gesù ; questi ha semplice­ mente operato una guarigione . Ma proprio questa azione, orienta­ ta contro satana e quindi in favore dell'uomo, implica più che mai una manifestazione importante dell'identità profonda del Nazareno . Qui di seguito esamineremo cinque aspetti particolarmente si­ gnificativi dell'attività di Gesù , ciascuno dei quali comporta una specifica dimensione cristologica . L' esposizione segue una scalari­ tà in ordine crescente di importanza.

l. L ' inquadramento sociale

Gesù si contraddistinse nel contesto sociale del suo ambiente per uno stile di vita dalle connotazioni fortemente originali . Le fonti , anche se perlopiù ci informano di lui indirettamente riferendo le sue esigenze nei confronti dei discepoli (nei quali è richiesta l ' imi­ tazione) , sono tutte concordi su alcune scelte caratteristiche della sua esistenza, soprattutto negli anni della vita pubblica 1 7 • Egli praticò la povertà come rinuncia alle ricchezze (cfr . Mt 8 , 20; Mc 1 0 , 2 1 ) , il distacco dai vincoli della famiglia di origine (cfr . Mc 3 , 3 1 - 3 5 ; Gv 7,2-9) , il celibato (cfr . Mt 1 9 , 1 2 ; Le 1 4,26) , e la presa 1 7 Nessuna fonte ci riferisce il momento e il modo in cui avvenne il suo distacco dalla vita privata e il passaggio a quella pubblica, come invece sappiamo di Siddar­ ta Budda (cfr . P. Filippani-Ronconi, Canone buddista. Discorsi brevi, « Classici delle religioni )), Utet, Torino 1 968, pp . 22-23) , di Cratete di Tebe (cfr. Diogene Laerzio, Vitae phi/osoph . , 6,87.93 ; vedi anche 6,88 e Plutarco , De tranq. an . 4) e di Francesco d'Assisi (cfr . Fonti francescane, Assisi 1 977: in particolare il Sacrum Commercium sancti Francisci cum Domina Paupertate, nn. 1 959-2028). Certo egli conobbe un abbassamento sociale, anche se non eccessivo, essendo già il suo prece­ dente status sociale di livello non molto alto (cfr . Mc 6 , 3 ; Le 2 , 24; l'apocrifo Van­ gelo di Tommaso israelita 1 2 , 1 -2; Giustino, Dia/. 8 8 , 8 ; ed Egesippo in Eusebio, Hist. ecc/. 3 , 20, 1 -5): in ogni caso , disponeva di un lavoro in proprio e probabilmente di un'abitazione propria della famiglia. Del tutto inverosimile è che appartenesse alle classi alte (come voleva G.W. Buchanan, Jesus and the Upper C/ass, NT 7 [ 1 964] 1 95-209, fondandosi tra l'altro su di una errata interpretazione di 2Cor 8,9 [« Egli da ricco che era si fece povero per noi ))]).

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di distanza se non anche la polemica nei confronti di ogni forma di potere (politico, religioso , intellettuale: cfr . rispettivamente Mt 20,24-28; Mc 3 , 1 -6; Le 1 0,2 1 ) . In più , adottò un comportamento da predicatore itinerante , non legato a un luogo particolare né a una casa sua (cfr . Mt 9 , 3 5 ; Mc 6,6b) 18 • Questo genere di vita reca sicuramente il timbro della fase ge­ suana. Esso infatti ha innanzitutto carattere di originalità nei con­ fronti della posteriore comunità cristiana . All'interno della Chiesa postpasquale, infatti, vengono perlopiù mantenuti come dati nor­ mali la proprietà economica (cfr . At 5 ,4; Rm 1 6 , 5 ; Fm) , il ma­ trimonio e quindi l'inserimento in una famiglia (cfr. At 21 ,8-9; 1 Cor 9 , 5 ; 1 Tm 3 , 3-5), e in genere l' ossequio all' autorità costituita (cfr . Rm 1 3 , 1 �7 ; 1 Tm 2, 1 -2 ; 1 Pt 2 , 1 3 - 1 4 ; tuttavia cfr. At 5 , 29) . L' imi­ tazione più letterale sopravvisse in alcuni circoli giudeo-cristiani ten­ denzialmente « pauperisti » 1 9 • Per il resto , il fatto della comune prassi cristiana, relativamente diversa dalle primordiali richieste ge­ suane , la dice lunga sul fatto che il caso Gesù va in gran parte « sto­ ricizzato », cioè giudicato sostanzialmente a livello della sua situa­ zione storica personale. Evidentemente il suo comportamento non sempre venne considerato strettamente normativo;. per la vita dei cristiani successivi (anche se il riporto delle sue scelte e delle sue richieste ai discepoli nei vangeli comporta comunque la riproposi18 Almeno per quanto riguarda quest 'ultimo aspetto , sul piano del comparati­ smo storico si osserva qualcosa di analogo nei filosofi cinici dell 'ambiente ellenisti­ co e imperiale : per esempio, già di Cratete di Tebe leggiamo che vendette il suo patrimonio e iniziò una vita di peregrinazione sulla base del principio, secondo cui « dove ci è possibile vivere bene, in ogni punto dell 'universo, lì è la mia città, lì è la mia casa » (Diog. Laerzio, Vitae phi/. 6,87 e 98; ancora Luciano di Samosata ironizzerà sui filosofi peregrinanti con toni molto forti : cfr. Fugit. 1 4- 1 9) . Vedi F. G . Downing, Christ and Cynics, JSOT MS 4, Sheffield 1 988; e J. D. Crossan, Ge­ sù, pp. 145- 1 54. Una presa di distanza da un eccesso di questo tipo di comparati­ smo si trova in H. D. Betz, Jesus and the Cynics: Survey and Ana/ysis oj a Hypo­ thesis, JournRel 74 ( 1 994) 453-475; e, per quanto riguarda la categoria theissenia­ na di « wandering charismatic », vedi anche R. Horsley, Itineran t Cynic or Israeli­ te Prophet?, in J . H . Charlesworth - W. P . Weaver, Images of Jesus Today, Valley Forge PA 1 994, pp. 68-97 . 1 9 Vedi in particolare il caso dell 'ebionitismo, su cui cfr. L. Keck, The Poor among the Saints in Jewish Christianity and Qumran , ZNW 57 ( 1 966) 54-78; più in generale, cfr. B. Bagatti, Alle origini della chiesa - I. Le comunità giudeo-cristiane, Città del Vaticano 1 98 1 , pp. 57-63 ; L. Schenke, Die Urgemeinde. Geschichtliche und theo/ogische Entwick/ung, Stuttgart-Berlin 1 990, specie pp. 269-287 . Partico­ larmente interessante è T. S. Schmeller, Brechungen. Urchrist/iche Wanderchari­ smatiker im Prisma soziologisch orientierter Exegese, SBS 1 3 6 , Stuttgart 1 989, se­ condo cui le domande radicali di Gesù furono intese in modo nuovo dopo la Pa­ squa (cfr. in specie Did. 1 1 ) e gli itineranti carismatici postpasquali costituirono solo un gruppo in un contesto molto sfaccettato.

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zione d i u n « canone » anche per l a Chiesa posteriore) . Ciò non significa che il suo stile di vita sia stato trascurato e sminuito d'im­ portanza. Significa invece che generalmente i cristiani hanno visto altrove l' elemento decisivo del suo impatto sulla loro vita . Nei confronti dell 'ambiente giudaico le cose sono più comples­ se. Il comportamento di Gesù qui trova delle notevoli analogie , pur con interessanti risvolti di originalità . Dando per scontata la cono­ 0 scenza del contesto socio-economico della Palestina del tempo 2 , esaminiamo più da vicino la situazione personale di Gesù in que­ sto contesto . Mi pare che colga nel segno il Theissen, quando eti­ chetta il caso Gesù come variante di un più ampio fenomeno di « sradicamento sociale » , il quale per definizione comporta l'ab­ bandono della casa paterna e una netta rottura con le norme cor­ renti della società. Il fenomeno nella Palestina del secolo I cono­ sce una tipologia assai sfaccettata, che si può ricondurre a sei casi diversi, incasellabili secondo tre precisi modelli , in questo modo 21 :

Evasione

Aggressione

Richiesta di soccorso

l ) emigranti , 3) briganti immigranti

5) mendicanti, vagabondi

Fenomeni di disintegrazione

2) comunità 4) partigiani di Qumran

6) movimenti profetici

Movimen ti di rinnovamento

Come si vede dal prospetto , ciascuno dei tre modelli (evasione , aggressione , richiesta di soccorso) comprende due tipi di sradica20 Vedi per esempio D . E . Oakman, Jesus and the Economie Questions oj His Day, « Studies in the Bible and Early Christianity » 8, Lewiston NY 1 986, che evi­

denzia alcune caratteristiche: urbanesimo sfruttatore, Jatifondismo, dominio di al­ cune istituzioni centralizzate come lo Stato romano e il tempio di Gerusalemme, indebitamento crescente, sfilacciamento dei rapporti sociali . (Invece Z. Safrai, The Economy oj Roman Palestine, London 1 994, riguarda il periodo posteriore al 70, fino al sec . IV) . Sempre utile è J. Jeremias , Gerusalemme al tempo di Gesù. Ricer­ che di storia economica e sociale per il periodo neotestamentario, Dehoniane, Ro­ ma 1 989 (ediz. ted . Gottingen 1 9623) . Più in generale, cfr. B . J . M alina, Windows on the World of Jesus. Time Travel to Ancient Judea, Louisville KY 1 993 . 2 1 Cfr. G . Theissen, Gesù e il suo movimento. A nalisi sociologica della comu­ nità cristiana primitiva, Claudiana, Torino 1 979 (orig. ted . , Miinchen 1 977), pp. 52-54, dove si danno anche degli esempi per ciascuno dei sei tipi esaminati . Sulla metodologia di questo genere di ricerca, cfr. J . H . Elliott, Social-scientific criticism of the New Testament: More on methods and models, Semeia 35 ( 1 9 86) 1 -3 3 (che alle pp. 1 8 - 1 9 offre un altro quadro sociologico dei movimenti del tempo , tutto impostato sulla maggiore o minore vicinanza alla potenza romana occupante), e in particolare R. A. Horsley, Sociology and the Jesus Movement, New York 1 989.

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mento sociale. Ma il totale dei sei tipi è ulteriormente suddivisibile a tre a tre secondo una doppia categoria di fondo : i primi tre (fenome­ no migratorio, brigantaggio , mendicanti) esprimono un fenomeno di mera disintegrazione sociale, privo di proposte alternative; gli altri tre invece (Qumran , partigiani , movimenti profetici) , sia pure in forme diverse, comportano intenzioni e programmi di rinnova­ mento religioso o politico della società giudaica. È chiaro che Gesù di Nazaret si colloca tra i movimenti di rinnovamento; ma è altret­ tanto chiaro che , in riferimento ai nn. 2-4-6, egli va inserito non nella comunità di Qumran 22, né tra i partigiani 23, ma tra i movi­ menti profetici che furono più d'uno nel secolo I 24 • Egli infatti, co­ me vedremo, ebbe coscienza di essere stato mandato in linea di mas­ sima solo « alle pecore perdute della casa d'Israele » (Mt 1 5 ,24) 25 per annunciare loro la venuta del regno di Dio e proclamare penti­ mento e conversione di fronte alla sua imminenza (cfr . Mc l , 1 5) 26 • 22 Tuttavia, per alcuni suoi contatti con l' essenismo, cfr. P . Sacchi, Recovering Jesus' Formative Background, in J. H . Charlesworth, Jesus and the Dead Sea Scrolls, New York-London 1 992, pp. 1 23-1 39. 23 La tesi di S . Brandon, Gesù e gli Zeloti, Rizzoli, Milano 1 982 (ediz. ingl . Man­ chester 1 967) , secondo cui Gesù fu in realtà un « violento », è oggi sostanzialmente abbandonata; cfr. i giudizi negativi che ne danno M. Hengel, in JournSemitStud 14 ( 1 969) 23 1 -240, e G. Jossa, Gesù e i movimenti di liberazione della Palestina, BCR 37, Paideia, Brescia 1 980, pp. 1 00- 1 03 . 24 Cfr . almeno i casi d i Teuda e dell' anonimo egiziano i n Fl. Giuseppe, Ant. 2, 97-98 e 1 67- 1 72 (testi in R. Penna, L 'ambiente storico-culturale, pp. 26-27); in ibid. 20, 1 68, Giuseppe dice che erano molti « gli impostori e mestatori che persuadeva­ no la folla a seguirli nel deserto, per mostrare inequivocabili prodigi e segni » . Per una più ampia documentazione, cfr. R. Meyer, art . ITpoqn'!TIJç, GLNT, Xl, 552-567. Vedi anche G. Theissen, Jesusbewegung als charismatische Wertrevolution, NTS 35 ( 1 989) 343-360, secondo il quale Gesù e i suoi sono i veri « violenti » , in senso metaforico, di cui parla Le 16, 1 6 , in quanto sovvertono il triplice valore della for­ za, della ricchezza, e dell'istruzione, dei quali in genere gli uomini si servono come strumento di dominio. 25 Cfr . U . Luz, Das Evangelium nach Matthiius, EKK 1 12, Ziirich-Neukirchen 1 990, pp. 434-435 . Ciò resta vero, anche se Mt si esprime partendo da una posizione giudeo-cristiana e Mc (nel passo parallelo Mc 7 ,27) da una posizione etnico-cristiana (cfr. J . Gnilka, Il vangelo di Matteo, CTNT I, 2, Paideia, Brescia 1 99 1 , p. 52) . 26 Gli studiosi s i pongono l a questione d i sapere s e i l movimento d i Gesù possa essere sociologicamente etichettato come setta; evidentemente molto dipende dal­ l'idea che ci si fa di una setta; perciò gli studi in materia non possono essere soltan­ to di tipo storico ma anche di indagine socio-religiosa, e, dalla prima proposta di E. Troeltsch in poi, le ricerche non mancano . Per un aggiornamento, con utili con­ siderazioni metodologiche, vedi J. T. Sanders , Schismatics, Sectarians, Dissidents, Deviants, pp. 82- 1 5 1 , il quale rifiuta il concetto di setta e gli preferisce quello di « social movement » (dove l' aggettivo non va inteso né in senso di elaborazione di teorie sociali né tantomeno in senso sindacale, ma semplicemente di rapporto con una data società all'interno della quale intende inserirsi), caratterizzato da un « de­ viance mode! » (in quanto il « mainstream judaism » considera ancora il movimen­ to come parte di se stesso e perciò interviene su di esso con azioni punitive) .

L'INQUADRAMENTO SOCIALE

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C'è un altro concetto di ordine sociologico , che definisce otti­ mamente la figura di Gesù a livello piuttosto personale : quello di « autorità carismatica » secondo la definizione che ne diede W e­ ber . Una tale autorità si configura negativamente per una sua op­ posizione ad altre forme di autorità (fondate o su di una eredità famigliare o su di una investitura istituzionale) e positivamente per caratteristiche sue proprie. La definizione weberiana suona così : « L'autorità carismatica si oppone tanto a quella di tipo razionale, in specie burocratica, quanto a quella tradizionale , in specie pa­ triarcale, patrimoniale o corporativa. Queste due sono entrambe specifiche forme " quotidiane" di autorità, mentre quella carisma­ tica è esattamente l' opposto . ( . . . ) Essa non conosce alcun "impie­ gatismo " , alcuna nomina e alcuna destituzione, alcuna carriera e alcun avanzamento, ( . . . ) alcuna gerarchia, ( . . . ) alcuna delimitazione o competenza territoriale, ma anche nessuna appropriazione di au­ torità mediante privilegi . Non c ' è nessuno stipendio e nessuna pre­ benda. ( . . . ) Anche nella sua sottostruttura economica è esattamente il contrario di quella burocratica, all'opposto di ogni economia pro­ grammata, ( . . . ) e non ha alcun fisso ordinamento istituzionale )) 27 • Anche se le caratteristiche di un' autorità di questo tipo finiscono per ricadere sul movimento che da essa nasce e quindi per conno­ tarlo negli stessi termini , essi valgono comunque in primo luogo per il suo iniziatore; e forse nessuna definizione di ordine sociolo­ gico , elaborata in questo caso autonomamente , si adatta tanto be­ ne alla figura di Gesù di Nazaret. Il suo prestigio o ascendente sul­ le folle e in specie sui discepoli non deriva né da un' eredità fami­ gliare, inesistente nei suoi gradi più prossimi 28 , e tanto meno da un riconoscimento ufficiale da parte delle autorità politico-religiose del momento , che al contrario lo ostacolarono sempre più; né en27 M . Weber, Wirtschaft und Gese/lschaft. Grundriss der verstehenden Sozio­ logie, Tiibingen 1 922, 1 9725 , pp. 657, 1 4 1 , 655s (la citazione è tratta da M . N . Ebertz, Das Charisma des Gekreuzigten. Zur Soziologie der Jesusbewegung, WUNT 45 , Tiibingen 1 987, pp. 20s) . 28 L'ascendenza davidica gioca in modo particolare a livello redazionale postpa­ squale (cfr. Mt 1 -2; Le 1 -2; e anche Rm 1 ,3b; 2Tm 2,8), ma a livello gesuano essa di fatto non ha giocato alcun ruolo decisivo : sia perché Gesù non vi fa mai riferi­ mento (anzi, cfr . le sue restrizioni sul concetto di Messia in Mc 1 2 , 35-37), sia per­ ché l' appellativo rivoltogli di « figlio di Davide » è rarissimo (solo una volta nella triplice tradizione: Mc 1 0,47s/Mt 20, 30s/Lc 1 8 ,38s; più cinque volte nel solo Mt) e non necessariamente implica una discendenza genealogica (come dimostrerà il caso di Bar Kochebàh che, al tempo della seconda guerra giudaica sotto Adriano nel 1 3 2- 1 35 , sarà riconosciuto Messia persino dal grande R. Akibàh senza che potesse vantare alcuna ascendenza davidica) .

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trano certamente in conto carriere, prebende, o status symbols! Tut­ to invece è semplicemente e soltanto fondato sulla sua personale dimensione di uomo libero e servizievole, e dall' autorevolezza del suo comportamento e della sua predicazione (come verificheremo in seguito) 29• Potrebbe valere a questo proposito la categoria di « ca­ rismatico escatologico », coniata da Hengel 30 ; essa permette di an­ dare oltre la semplice fenomenologia sociologica e di includere an­ che la dimensione contenutistica dell' azione e dell 'insegnamento di Gesù , la cui novità dirompente lo distanzia notevolmente non solo dal contemporaneo establishment del suo Paese ma anche da ogni apparente parallelo con analoghi personaggi della grecità. Se poi non sempre essa fu capita a livello gesuano 31 , le redazioni evan­ geliche e gli altri scritti del Nuovo Testamento stanno a dimostrare che la Chiesa postpasquale finalmente lo comprese con chiarezza . Il risultato cristologico che ne possiamo trarre non è molto con­ sistente, ma comunque significativo 32• Il dato puramente socio lo-

29 La definizione sociologica di M. Weber, che esprime una connotazione di ca­ rattere basilare e in quanto tale del tutto pertinente al caso Gesù, ci permette di distanziarci dal concetto religioso culturale, più ristretto, di « l'ebrei carismatici » in quanto detentori di poteri soprannaturali, utilizzato da G. Vermes, Gesù l'ebreo, pp. 68-95 , che comprende nella sua definizione solo la guarigione di malattie fisi­ che, l'esorcismo degli indemoniati, e la dispensa del perdono dei peccati . Con ciò non escludiamo l' importanza della figura del più importante degli « ebrei carisma­ tici », il galileo R. Hanina ben Dosa, di poco posteriore a Gesù e anch'egli non del tutto ligio alle norme di purità (cfr. ib. pp. 84-93 ; e S . Safrai , Jesus and the Hasidim , JerusPersp 42-44 [ 1 994] 3-22) . Ma non abbiamo alcuna notizia che que­ sti cosiddetti carismatici abbiano né avuto uno stile itinerante di vita né suscitato un proprio discepolato; soprattutto, nessuno di essi incentrò la propria attività at­ torno a un annuncio del regno di Dio (cfr . la critica di B . L . Blackburn , The Mira­ cles oj Jesus, in B . Chilton & C. A . Evans, Studying the Historical Jesus. Evalua­ tions oj the State of Current Research , NTTS 1 9 , Brill, Leiden 1 994 , pp. 3 53-394 qui 375-379) . 3° Cfr. M. Hengel, Sequela e carisma, pp. 1 2 1 - 1 23 ; sulla scorta dello stesso W e­ ber, l ' autore (cfr. ib . pp. 5 1 -55) ricorda i paralleli di Pitagora e di Empedocle, il cui ascendente sui rispettivi discepoli era fondato unicamente sul loro personale pre­ stigio (cfr . le parole di Empedocle in I Presocratici, ediz. bi!. a cura di A. Lami , BUR L 762, Rizzo li, Milano 1 991 , pp. 408-409: « Ed io m'aggiro tra di voi Dio im­ perituro, non più mortale, da tutti onorato , . . . uomini e donne . . . Essi mi seguono a migliaia, per scoprire dove è la vita che procura beneficio »). 3 1 Il vangelo di Marco, per esempio , fa vedere bene la costante incomprensione e ottusità dei discepoli nei confronti di Gesù (cfr. Mc 8, 1 4-2 1 .29-30. 32-3 3 ; 9,33-36; 1 0 , 3 5-45 ; 14,50.66-72), basata probabilmente su di un travisamento della sua vera identità. Vedi in generale E. Best, Follo wing Jesus. Discipleship in the Gospel of Mark, JSNT Suppl . 4, Sheffield 1 98 1 . 32 La tesi di J . Sauer, Riickkehr und Vollendung des Hei/s. Eine Untersuchung zu den ethischen Radikalismen Jesu, « Theorie und Forschung » 1 3 3 , « Philoso­ phie un d Theologie » 9, Regensburg 1 99 1 , secondo cui Gesù con il suo radicalismo pensava a un ritorno alla condizione ideale della creazione (cfr. Gn 1 -2), è eccessiva.

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gico del comportamento di Gesù manifesta evidentemente un at­ teggiamento di grande libertà (non solo esteriore ma anche inte­ riore) da parte sua nei confronti della famiglia e della società, ol­ tre che dei valori culturali correnti . Tutto ciò delimita abbastanza nettamente la sua figura nell 'ambiente dell ' Israele contemporaneo, e Gesù si staglia con chiari contorni di originalità . Bisognerà pur tenere conto del fatto che , se egli fa pienamente parte del tipo sud­ detto dei « movimenti profetici » , tuttavia la reazione crescente con­ tro di lui fino alla crocifissione non conosce di fatto in Israele un altro caso simile al suo 33 •

2. Il rapporto con i discepoli

Le fonti sono tutte concordi sul fatto che Gesù ebbe dei disce­ poli , tra cui si distinse una cerchia ristretta di compagni che lo se­ guivano materialmente nei suoi spostamenti. Anzi , i vangeli cano­ nici concordano anche sull 'inizio dello stesso ministero pubblico , caratterizzato appunto dalla chiamata di alcuni di loro (cfr . Mc 1 , 1 6-20; Mt 4, 1 8-22 ; Gv 1 , 35-5 1 ; quanto a Le 5 , 1 - 1 1 , il fatto è spo­ stato per precisi intenti redazionali dopo l' episodio inaugurale del­ la predicazione nella sinagoga di Nazaret) 3 4 • Esaminiamo la por­ tata cristologica di questo dato , procedendo per gradi . 2. 1 In primo luogo , cogliamo analogie e differenze con l'ambiente giudaico , a quattro livelli . a) A differenza di Giovanni il Battezzatore , Gesù non origina discepoli con un movimento battista, né prosegue soltanto l'attivi­ tà del Battista stesso 3 5 • Stando ai sin ottici, è solo il Risorto che dà

33 Da questo punto di vista, Gesù e il suo movimento (almeno nel periodo fra le due guerre giudaiche, dal 70 al 1 35) conoscono entrambi una analoga sorte di rifiuto e di persecuzione, che non trova casi uguali nel giudaismo del secondo Tem­ pio; cfr. J. T. Sanders, Schismatics, Sectarians, Dissidents, Deviants, pp . 98s. 34 Le scene di chiamata sono presenti solo nei vangeli canonici; ma ciò dipende dal fatto che , tra gli apocrifi, quelli che s'interessano del Gesù terreno o ci sono giunti troppo frammentari o riguardano solo la sua infanzia, mentre quelli che con­ tengono particolari rivelazioni del Risorto suppongono già avvenuta la scelta (cfr. lo scritto gnostico in copto, del sec. II o III, Sophia Jesu Christi l : « Risorto dai morti, i suoi dodici discepoli e sette donne, sue seguaci, erano saliti in Galilea, al monte detto "Luogo di Maturità e di Gioia" »). 3 5 Sul battismo a cavallo tra i secoli I a.C. e I d.C, cfr . C . Perrot, Gesù e la sto­ ria, Boria, Roma 1 98 1 , pp. 85- 1 0 1 .

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l' ordine di battezzare (cfr . Mt 28 , 1 9; Mc 1 6 , 1 6) 36 • Anche nell 'i­ potesi che Gesù in un primo momento abbia fatto parte dei segua­ ci di Giovanni (cfr. Mc l , 7) 37 o che i discepoli di Gesù provenis­ sero dalla cerchia del Battista (cfr. Gv l ,3 5-37) 3 8 , è comunque evi­ dente che Gesù si distacca dal movimento di Giovanni e crea un gruppo che è ben differenziato da esso e che non ha tra i suoi scopi (primari) quello di battezzare (cfr . Mc 3 , 1 4- 1 5) . Del resto , mentre Giovanni è un nazfr, un asceta consacrato a Dio (cfr . Le 1 , 1 5 ; Mc l ,6), Gesù si dimostrerà invece pienamente inserito nel contesto umano di tutti i giorni (cfr . Le 7 , 34 , dove lo si rimprovera di esse­ re « un mangio ne e un beone >>) . b) Ci sono delle differenze anche con i profeti apocalittici del tempo , che attiravano a sé molta folla con la promessa di gesti spet­ tacolari sulla scia di imprese antiche 39 : il Samaritano avrebbe mo­ strato i vasi sacri sepolti da Mosé sul Garizim; a un ordine di Teu­ da il fiume Giordano si sarebbe aperto , come già per Giosuè ; e l'E­ giziano, a un suo comando , avrebbe fatto crollare le mura di Ge­ rusalemme, come era avvenuto per quelle di Gerico . La pericope sinottica (meglio, della fonte Q) circa le tentazioni di Gesù (cfr . Mt 4, 1 - 1 1 ; Le 4, 1 - 1 2) fa vedere che egli si pone sl):. di un' altra li-

3 6 Quindi è discutibile la notizia di Gv 3 , 22.26b su di un'attività battezzatrice di Gesù, poiché in Gv 4, 1 -2 si precisa che solo i suoi discepoli battezzavano (« seb­ bene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli »; secondo R . Fabris, Giovanni, Boria, Roma 1 992, p . 294, « si avverte i n questa nota redaziona­ le la preoccupazione di stabilire un corretto rapporto tra il battesimo giovannita e quello praticato nel nome di Gesù dopo la Pasqua »). Perlomeno bisogna preci­ sare che l'eventuale battesimo conferito da Gesù non era quello « in Spirito San­ to » annunciato dal Battista (cfr . Gv 1 ,3 3 ;7,39). « Si può pensare che i discepoli di Gesù ( . . . ) abbiano continuato a battezzare nello spirito di Giovanni per portare a Gesù nuovi seguaci e che Gesù li abbia lasciati fare » (R. Schnackenburg, Il van­ gelo di Giovanni, l, CTNT IV / l , Paideia, Brescia 1 973, p. 6 1 8) . 3 7 Nel testo marciano l a preposizione ò1tiaro (�ou) con ogni probabilità h a ori­ ginariamente valore non temporale (« dopo » di me) ma locale (« dietro » a me), con allusione al discepolato del Battista; cfr. R. Pesch, Il vangelo di Marco, l, CTNT 1 1/ 1 , Paideia, Brescia 1 980, p. 1 5 3 ; P . W . Hollenbach, The Conversion oj Jesus: From Jesus the Baptizer to Jesus the Healer, ANRW II, 25/ 1 , Berlin-New York 1 982, pp. 1 96-2 1 9 ; J. Murphy-O'Connor, John the Baptist and Jesus: History and Hypotheses, NTS 36 ( 1 990) 339-374. 3 8 Cfr. E. Lupieri, Giovanni Battista fra storia e leggenda, BCR 53, Paideia, Bre­ scia 1 988, pp. 1 46- 1 47 . 3 9 Secondo Fl. Giuseppe, « una grande moltitudine » seguì i l Samaritano sul monte Garizim negli anni 34-35 (A nt. 1 8 , 86) , « una grande folla » fu convinta da Teuda negli anni 44-45 (An t. 20,97) , e durante la rivolta dell' anonimo profeta egi­ ziano negli anni 53-55 il procuratore romano Antonio Felice « ne uccise quattro­ cento e ne catturò duecento » (A nt. 20, 1 7 1 ) . Ricordiamo qui che le due figure di Teuda e dell'Egiziano sono ricordate rispettivamente in At 5 , 3 6 e in 2 1 , 3 8 .

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nea, molto diversa. Gesù non prospetta illusioni ai suoi discepoli , ma richiede loro una vita molto dura (cfr . sotto) . c) Le differenze con gli esseni in genere e con Qumran in specie sono molto forti , pur con alcune analogie . Anche se è richiesta la comunanza dei beni , una frugale povertà, e a volte il rifiuto del matrimonio 40 , si tratta però di comunità sedentarie 4 1 , fortemen­ te ascetiche 42 , suddivise in classi gerarchiche 43 ; ai loro candidati viene richiesto un determinato periodo di prova 44 ; e lo scopo fon­ damentale della comunità stessa è di studiare e praticare perfetta­ mente la T6rah , con una purezza che la distanzi dal resto del giu­ daismo giudicato infedele alle tradizioni antiche 45 • Gesù non in­ tende certamente il proprio movimento in questo modo , sia per­ ché è itinerante, sia perché il gruppo dei suoi discepoli non ha al­ cuna struttura interna paragonabile a quella, sia perché il suo sco­ po non è affatto quello di studiare e applicare meglio la legge mo­ saica (cfr . sotto) . d) Infine, sono interessanti le analogie e le differenze con i rab­ bini . Precisato che la figura del rabbino diventa un dato istituzio­ nale solo dopo il 70, quando si imporrà una vera e propria ordina40 Cfr. Fl. Giuseppe, Beli. 2, 1 22 . 1 25 : « È mirabile il modo come attuano la co­ munità dei beni, giacché è impossibile trovare presso di loro uno che possegga più degli altri; la regola è che chi entra metta il suo patrimonio a disposizione della comunità. ( . . . ) Quando viaggiano, non portano seco assolutamente nulla, salvo le armi contro i briganti »; 2, 1 20: « Presso di loro il matrimonio è spregiato » (ma un altro gruppo lo pratica: cfr. 2, 1 60s .); 2, 1 34: « Ogni cosa essi fanno secondo gli ordini dei superiori salvo due, in cui sono liberi di regolarsi da sé: l' astinenza e l'e­ lemosina » . Analogamente avviene a Qumran , della cui comunità abbiamo persino la Regola ( 1 QS). 4 1 Cfr. Fl . Giuseppe, Beli. 2, 1 24 : « Essi non costituiscono un'unica città, ma in ogni città ne convivono molti » (in An t. 1 8 ,20 il loro numero viene computato com­ plessivamente in quattromila) . 42 In 1 QS 7 leggiamo tutta una casistica di punizioni a vari comportamenti ri­ provati all'interno della comunità, compreso chi dorme durante l'assemblea e chi ride scioccamente . 43 Una distinzione fondamentale è quella operata tra i « laici » e i sacerdoti (cfr. 1 QS 6,3-4) ; ma oltre ai sacerdoti, ci sono gli anziani (6,8), c ' è un ispettore (6, 1 2) e un presidente (6, 14) , oltre a un gruppo direttivo di « dodici uomini e tre sacerdo­ ti , perfetti in ogni cosa manifestata da tutta la legge » (7, 1 s) . 44 D i un anno, secondo Fl . Giuseppe , Beli. 2, 1 37 ; d i u n paio d ' anni, secondo 1 QS 6,21 . 45 Vedi l'incipit, mutilo, di 1 QS: « . . . si deve cercare Dio con tutto il cuore e con tutta l'anima; praticare il bene e il giusto alla Sua presenza come ha ordinato per mezzo di Mosè e per mezzo di tutti i Suoi servi i Profeti; amare tutto ciò che Lui predilige e odiare tutto ciò che Lui aborre; stare lontani da ogni azione mal­ vagia e aderire a tutte le opere buone » ( 1 , 1 - 5 ; trad . C . Martone) . Vedi anche le norme stabilite in 1 1 QT (Rotolo del Tempio) e in 4QMMT (Lettera su alcune opere della Torah) .

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zione, che darà diritto al titolo di « rabbi » e alla funzione del suo portatore come socialmente riconosciuta e qualificata 46 , occorre però constatare che già a cavallo del cambiamento di era esisteva­ no gruppi di persone che ne rappresentarono i precursori : il movi­ mento più ampio dei farisei e quello più ristretto degli scribi 47 • Mentre i primi si proponevano di far valere nella vita quotidiana le prescrizioni sulla purità legate al culto del Tempio per realizzare l' idea di tutto Israele come popolo santo , i secondi (che del resto prima del 70 appartenevano perlopiù al movimento dei farisei , pur senza identificarvisi del tutto) si dedicavano allo studio e all 'inter­ pretazione della Torah come valore sommo e distintivo , al punto che dopo il 70 questa finì per sostituire assiologicamente il Tempio stesso e, con la scomparsa degli altri gruppi, lo scriba-rabbino di­ venne la massima autorità religiosa. Ma, come si diceva, figure di questo tipo esistevano già al tempo di Gesù 48 • Ora, dobbiamo ve­ dere in quale rapporto questi poteva sentirsi ed essere visto con loro . 2.2 Gesù fu certamente chiamato « maestro » ; anzi , secondo Gv 1 3 , 1 3 , egli accettò questa denominazione. In ogni caso una tale qua­ lifica risale sicuramente al periodo gesuano , poiché la troviamo solo nei vangeli e mai altrove nel Nuovo Testamento . Essa presenta al­ cune variazioni lessicali , di cui due semitiche e due greche:

46 Cfr. per esempio G. Stemberger, Il giudaismo classico. Cultura e storia del tempo rabbinico (dal 70 al 1040), « Tradizione d'Israele » 7, Città Nuova, Roma 1 99 1 , pp. 98-1 IO. 47 Vedi l e importanti voci d i E. Lohse, pa��{, pa��ouv{, i n GLNT Xl, 9 1 1 -9 1 7 ; R. Meyer, aptaaioç, ib . X I V , 857-92 1 , specie 870-880 (sulle habUrot o comunità di farisei); K. H. Rengstorf, �a9T]Ti]ç, ib. VI, 1 1 2 1 - 1 235 , specie 1 1 64- 1 1 86 (dove si sostiene che la figura del talmid o discepolo è propriamente di derivazione gre­ ca) . In particolare, sulla figura degli scribi, l'excursus di E. J. Schnabel, Law and Wisdom jrom Ben Sira to Pau!, WUNT 2. 16, Tiibingen 1985, pp. 63-69 (« The Iden­ tity and History of the Sopherim »); e, su quella dei Farisei , D. Goodblatt, The Piace of the Pharisees in First Century Judaism: The State of the Debate, JSJ 20 (1 989) 1 2-30. 48 L' esistenza di questo gruppo prima del 70 è ampiamente attestata, sia dalla posteriore letteratura rabbinica (cfr. in particolare le figure classiche di Hillel e di Shammai nel Talmud; cfr. J. Neusner, The Rabbinic Traditions about the Phari­ sees before 70, I , Leiden 1 97 1 ), sia dallo storico Fl . Giuseppe. Quest'ultimo , per esempio in Beli. , 1 ,648-649, a proposito dell' anno della morte di Erode il Grande , il 4 a.C . , ci informa che a Gerusalemme « vi erano due dottori (Mo aoq>taTai) che più di ogni altro godevano fama di conoscere esattamente le leggi patrie e perciò in tutta la nazione erano tenuti in grandissima considerazione: uno era Giuda figlio di Sefforeo e l ' altro Mattia figlio di Margalo. Non pochi erano i giovani che segui­ vano le loro lezioni sulle leggi, e ogni giorno essi ne accoglievano (auvEix.ov) una numerosa schiera » .

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- rabbf (ebraico) , letteralmente « mio grande » : in Mc 9,5; 1 1 ,2 1 ; 14,45 ; Mt 23,7-8; 26,25 .49; Gv 1 , 3 9 . 50; 3 , 2 . 26; 4 , 3 1 ; 6,25 ; 9, 3 ; 1 1 , 8 ; - rabbunf (aramaico), stesso significato m a in forma elativa: M c 1 0 , 5 1 ; G v 20, 1 6 ; - Èma'tcl'tl'Jç, letteralmente « sovra-stante »; questo appellativo è solo lucano : Le 5 , 5 ; 8 , 24.45; 9 , 3 3 [qui parallelo a rabbf di Mc 9,5] ; 9,49; 17, 13; - ùtociaKaÀoç, « insegnante » : nel Nuovo Testamento occorre 60 volte ; di queste 50 volte nei vangeli : cfr. per esempio Mc 4 , 3 8 ; Mt 8, 1 9 e 6,40; in Gv l , 3 8 è traduzione esplicita di rabbf (le altre I O volte fuori dei vangeli non riguardano comunque Gesù , ma funzioni intracomuni­ tarie postpasquali) 49; - anche Kupwç, « signore-padrone » , può essere impiegato col sen­ so semitico di « maestro », come si vede in Mt 20, 3 3 e Le 1 8 , 4 1 (che sostituiscono in questo modo l 'appellativo rabbunf del passo parallelo Mc 1 0 , 5 1 ) .

Come s i vede, siamo ricondotti certamente al periodo prepasqua­ le, dove questo appellativo nei confronti di Gesù sembra che sia corrente . Ma la sua rilevanza cristologica non è ancora stabilita, soprattutto perché il titolo di rabbi prima del 70 poteva essere estre­ mamente equivoco e significare soltanto « signore » in senso comune 50 • Essa può trasparire dalle caratteristiche che Gesù im­ prime ai suoi discepoli . 2 . 3 Le caratteristiche del discepolato di Gesù . Ne rileviamo tre, che configurano il gruppo dei suoi seguaci in maniera molto netta rispetto soprattutto al fenomeno più prossimo del rabbinismo 5 1 • 49 L' attestazione più antica di questo titolo in lingua greca in terra d ' Israele si trova su di un ossuario rinvenuto a Gerusalemme e anteriore al 70; il personaggio così qualificato reca il nome di tdtywn in ebraico (« Teodozione »; cfr. R. Riesner, Jesus a/s Lehrer, p. 273) so Così avviene per esempio nell 'antica parabola riportata nel midrash Mek.Ex. l , l, dove si racconta delle schiavo di un sacerdote che, volendo allontanarsi dal suo padrone (rabw) , si propose di recarsi in un luogo di sepolcri e perciò impuro : « dove il mio signore (rby) non possa seguirmi » (J . Z . Lauterbach, 1 ,7-8) . Analo­ gamente constatiamo che nella Mishnah P.A b. l ,4- 1 5 nessuno dei dieci maestri più antichi, presentati a modo di cinque coppie (culminanti in Hillel e Shammai), viene gratificato del titolo di rabbi . Il titolo di Rabban , letteralmente « nostro grande » , riservato i n P.Ab. 1 , 1 6 a Gamaliele i l Vecchio (figlio di Hillel e maestro d i san Paolo secondo At 22, 3 , dove però non riceve alcun titolo, mentre in At 5 , 34 è detto sem­ plicemente VOIJ.OOtocia KaÀ.oç, « dottore della Legge ») ha solo valore onorifico. 5 1 Cfr. in particolare M . Pesce, Discepo/ato gesuano e discepolato rabbinico, in ANRW Il, 25/ 1 , Berlin-New York 1 982, pp. 3 5 1 -389; e M . Hengel, Sequela e cari­ sma. Studio esegetico e di storia delle religioni su Mt. 8,2ls e la chiamata di Cesù alla sequela, SB 90, Paideia, Brescia 1 990.

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2. 3 . 1 È Gesù stesso che chiama i suoi discepoli , come risulta dalle citate narrazioni evangeliche. Tra i rabbini avveniva il contrario : era il discepolo che si sceglieva un maestro (cfr . P. A b . 1 , 6: « Pro­ cùrati un rab e acquistati un compagno »; 1 , 1 6 : « Rabban Gamliel diceva: " Procùrati un rab e togliti da ogni dubbio " »). In partico­ lare il racconto di chiamata che leggiamo in Mc l , 1 6-20 l Mt 4, 1 8-22 reca nel suo fondo i tratti dell ' autenticità gesuana e comunque di una tradizione di antica data, come risulta dall'essenzialità della narrazione (che omette tutto il superfluo, anche le immancabili rea­ zioni di ordine psicologico), dalla ruvidezza della cornice (omis­ sione dei dati cronologici e in parte topografici) , dalla centralità dell' autorità assoluta di Gesù che chiama e assegna un compito , e dalla totalità dell' adesione a lui . Il parallelismo con casi analo­ ghi rivela anche notevoli differenze . Lo possiamo vedere nei pro­ feti dell 'Antico Testamento , i quali in pratica non chiamano a se­ guire se stessi ma Dio ; se ne può dedurre che « Gesù non sta sol­ tanto al posto della Legge , ma sta al posto di Dio » 5 2 • Una con­ clusione del genere , che può certamente parere enfatica, va intesa non in rapporto ai chiamati , che non hanno affatto capito le cose in questi termini ; ma non basta neanche spiegare l,e cose a puro livello redazionale, poiché, se tutto si spiegasse a questo livello , le dichiarazioni del testo marciano sarebbero state molto più chiare ; invece, è proprio la dimensione implicita della suddetta conclusio­ ne che ci suggerisce di attribuire a Gesù stesso un' autocoscienza di questo tipo 5 3 • Per quanto riguarda, poi , il caso di alcuni filo­ sofi greci 54 , non si constata una vera rottura con la proprietà e la 5 2 R. H. Gundry, Mark. A Commentary on His Apo/ogy of the Cross, Grand Rapids MI 1 993 , p. 70; l' autore qui sottolinea le differenze col caso apparentemen­ te simile della chiamata di Eliseo da parte di Elia (in I Re 1 9 , 1 9-21 ) : Elia propria­ mente non richiede la sequela; Eliseo ottiene una dilazione; inoltre, questi diventa solo un servitore materiale di Elia, non un discepolo del suo insegnamento . 5 3 La stessa predizione-promessa di Mc 1 , 1 7 l Mt 4, 1 9 l Le 5 , 1 0 derivante da Ger 1 6 , 1 6 (« Ecco , io invierò numerosi pescatori - dice il Signore - che li pesche­ ranno »), anche se viene normalmente spiegata a livello redazionale, si inserisce molto bene nel contesto palestinese-galilaico della vita di Gesù e, del resto, la cristologia che essa implica è appunto « implicita », cioè allude solo discretamente alla equi­ parazione di Gesù con Dio stesso che manda pescatori ad Israele (senza rimandi al testo profetico come Scrittura, né altre possibili esplicitazioni) . 54 Vedi il caso di Socrate con Senofonte, secondo Diog. Laerzio 2,48: « Si nar­ ra che Socrate l'incontrò in una stretta via, gli tese il bastone per impedirgli di pas­ sare, gli chiese dove si vendesse ogni specie di alimenti . Senofonte rispose; ma So­ crate gli chiese ancora dove gli uomini diventassero virtuosi : poiché egli rimase in­ certo, Socrate disse: « Seguimi, dunque, e impara » (l:nou -roivuv Kai 1.uiv8ave) . E da allora egli fu discepolo di Socrate » . Ma, secondo E. Delebecque, Essai sur

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famiglia (eccetto tra i cinici ; cfr. sopra) , e soprattutto i l fattore de­ terminante è dato dall 'adesione morale ai valori astratti della virtù o della verità 55 • Nel caso di Gesù, invece, lo spessore della perso­ nalità del chiamante si rivela sempre più decisivo e al centro del destino del discepolo stesso . Infatti Gesù pone delle richieste radicali, che possiamo ridurre alle seguenti 56 • a) La sequela dev'essere senza condizioni; ciò appare molto chia­ ramente dal /oghion di Mt 8 ,22 : « Seguimi e lascia i morti seppelli­ re i loro morti )) (cfr . Le 9 , 60) . Con questa richiesta tanto radicale, Gesù si pone nettamente contro la halakà, che imponeva in ogni caso la partecipazione al seppellimento dei defunti della propria famiglia 57• Ed « è difficile trovare un /oghion di Gesù che espri­ ma in modo più acuto la rottura con la legge, la devozione e la consuetudine al tempo stesso )) 5 8 • b) È richiesta la rinuncia alle ricchezze, come si legge in Mc 1 0,21 parr . : « Va' , vendi quello che hai e dàllo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi )) (cfr . Mc 1 0,29-30 parr . : « Non c'è nes­ suno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo [ . . . ] ))) 59• I parago­ ni pur interessanti con Qumnln o con i neopitagorici del tempo non reggono fino in fondo, in quanto resta incomparabile il fatto che l'esi­ genza gesuana si misura solo in rapporto alla persona del chiamante. c) È richiesta la rinuncia ai legami parentali , come si legge in Mt 1 0, 37-3 8 : « Chi ama il padre o la madre più di me non è degno

la vie de Xénophon , 1 957, 26 (citato in: Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, a cura di M. Gigante, UL 332, Roma-Bari 1 976, p. 478 nota 1 62), l'aneddoto « è troppo bello per essere interamente vero » . 5 5 Cfr. M . Hengel, Sequela e carisma, pp. 55-59; vedi anche R . H . Gundry, Mark, p. 7 1 . 56 Cfr. J . Ernst , A nfiinge der Christologie, pp. 1 30- 1 45 . 57 Oltre già a Gn 23 ,3s e a Tob 6 , 1 3 - 1 5 , cfr. i n particolare il significativo esone­ ro espresso nella Mishnà Ber. 3 , 1 : « Chi ha il proprio morto steso davanti a sé è assolto dalla recitazione dello Shemà e della preghiera [delle Diciotto Benedizioni) e dal vestire i filatteri »; per altra documentazione, vedi Strack-Billerbeck I, pp . 487-489, e IV/ l , pp. 578-592. 5 8 M . Hengel, Sequela e carisma, p. 3 5 ; cfr . anche E . P . Sanders, Gesù e il giu­ daismo, pp. 324-328. 59 L'attuale redazione della pericope Mc 10, 1 7-3 1 rappresenta una piccola cate­ chesi sulle ricchezze ed offre certamente una costruzione artificiosa, ma nasconde un nucleo sicuramente gesuano, individuabile nell'incontro di Gesù con un ricco che rifiutò la chiamata rivoltagli; cfr. lo studio di storia della tradizione di V. Fu­ sco, Povertà e sequela. La pericope sinottica della chiamata del ricco (Mc 10, 1 7-31 parr.), SB 94, Paideia, Brescia 1 99 1 .

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di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me »; Le 1 4 , 26-27 : « Se uno viene a me e non odia . . . , non può essere mio discepolo » . I parallelismi tanto con Qumran quanto con il rab­ binismo 60 sono piuttosto scialbi e non sminuiscono l' originale « scandalosità » dell' esigenza gesuana, dove ancora una volta al cen­ tro sta l' adesione personale a Gesù . d) È richiesta la rinuncia al matrimonio, come leggiamo in Mt 1 9 , 1 2 a proposito di coloro « che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli >> . La formulazione greca (eùvouxtcrav Èatrtouç) significa letteralmente « hanno evirato se stessi » e suona sicuramente scandalosa 6 1 , se si pensa che il semplice celibato in Israele era nor­ malmente considerato in termini negativi 62 • Se poi si dovesse ri­ tenere che con questo /oghion Gesù non fa che raccogliere un in­ sulto volto a screditare tanto lui che i suoi discepoli e a valorizzar­ lo positivamente 63 , si accoglierebbe un' ipotesi interessante che co­ munque poco aggiungerebbe alla portata della richiesta in se stessa. Senza dubbio queste richieste ci conducono sostanzialmente allo stadio gesuano e ci confrontano direttamente con il Gesù terreno 64 • Lo prova il fatto che, come dicevamo più sopra, si trat6° Cfr . rispettivamente l QH 4,9: « Tutti i miei vicini e parenti furono allonta­ nati da me, mi ritennero come uno strumento inetto »; e Mishnà BM 2, 1 1 : « Se uno deve recuperare una cosa smarrita dal padre e un'altra smarrita dal maestro, quella del maestro ha la precedenza, perché il padre l'ha messo in questo mondo, ma il maestro che gli ha insegnato sapienza gli procura la vita a venire >> . Le parole pronunciate da Mosè su Levi in Dt 3 3 , 9 (« Dice del padre e della madre: lo non li ho visti ; non riconosce i suoi fratelli e ignora i suoi figli »), con riferimento alla partecipazione dei leviti alla strage ordinata da Mosè dopo l'adorazione del vitello d'oro in Es 32,27 (« Uccida ognuno il proprio fratello, ognuno il proprio amico , ognuno il proprio parente »), sono ripetute in 4QTest 1 6s . 6 1 In Israele la castrazione è considerata un abominio (cfr . Dt 23 ,2; Lev 22, 24) . 62 Cfr. Ps.-Focilide, Sent. 175- 1 76: « Non rimanere celibe, perché non muoia sen­ za un nome; dà alla natura ciò che le è dovuto : genera a tua volta, come anche tu fosti generato »; vedi la documentazione, di parte sia ellenistica sia giudaica, fornita da P . W . V an Der Horst , The Sentences oj Pseudo-Phocylides. With Introduction and Commentary, SVTP 4, Leiden 1 97 8 , pp. 225-227 . 63 Così J . Blinzler, Eu:nv EÙvouxot, ZNW 48 ( 1 957) 254-270; H . Baltensweiler, Il matrimonio nel Nuovo Testamento, BCR 38, Paideia, Brescia 1 98 1 , pp. 1 26- 1 28; M . Adinolfi , Il celibato di Gesù , p. 9- 1 1 . 64 Più problematico è il loghion sul prendere « la propria croce >> (Mc 8 , 34, Mt 1 6,24, Le 9,23; presenta anche in Q: Mt 10,38, Le 1 4,27): secondo alcuni potrebbe anche far parte dell'usuale linguaggio provocatorio di Gesù (cfr. R . H . Gundry, Mark, p . 453), mentre secondo altri esso recherebbe i tratti della riflessione postpasquale della Chiesa (cfr. R. Pesch, Marco, II, 1 0 1 s . ) . Una via intermedia è data dall' ipote­ si di considerare il loghion come gesuano, ma col senso derivante da Ez 9,4-6 (« Scrivi un T sulla fronte di tutti gli uomini che sospirano e gemono per le crudeltà com­ messe in città »), così che Gesù intendeva riferirsi al tau come segno di affidamen­ to a Yhwh; la Chiesa postpasquale, poi, avrebbe riferito il T alla croce come sim-

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ta di esigenze in gran parte disattese dalla primitiva Chiesa post­ pasquale o almeno dalla maggioranza di essa. Proprio il fatto che la proprietà (se non proprio la ricchezza) , la famiglia, e il ma­ trimonio, vengano accettati e praticati dai cristiani posteriori, ci riporta indubitabilmente a Gesù di Nazaret . E se anche questi sem­ bra di conseguenza risultare storicamente isolato nel radicalismo delle sue richieste , tanto più si staglia netta la sua statura incom­ parabile . 2 . 3 . 2 La motivazione della sequela. Il seguire Gesù 65 significa storicamente molto di più del rabbinico htilak 'a!plre, « andar die­ tro » . Gesù non chiama discepoli per dedicarli allo studio della To­ rah . « Il discepolo gesuano non viene chiamato ad apprendere una tradizione religiosa, bensì ad entrare in comunione con la persona di Gesù e con la sua missione e destino » 66 • Già in Mc 3 , 14 lo sco­ po della chiamata si riduce essenzialmente a questo : « Perché stes­ sero con lui e per mandar li a predicare » 67 • Si noterà che in que­ sta dichiarazione d'intenti non solo manca ogni accenno allo stu­ dio della Torah , ma sono assenti persino altre funzioni , che risul­ teranno poi tipicamente cristiane, come la prassi del battesimo e la responsabilità pastorale di una comunità. Ma vogliamo ora mettere in evidenza una richiesta gesuana, che sottolinea particolarmente bene la qualità diversa del discepolo di Gesù in rapporto ad altre forme storiche di discepolato . Si tratta del logh ion che si riferisce al « perdere la vita » . Nei tre sinottici esso è presente addirittura cinque volte. Quattro volte su cinque è accompagnato dalla specificazione di una motivazione che ne dà il senso profondo . Le cose stanno così:

bolo di sequela totale al Signore Gesù (cfr. E. Dinkler, Jesu Wort vom Kreuztra­ gen , in Neutestamentliche Studien fiir R . Bultmann , BZNW 2 1 , Berlin 1 954, pp . 1 1 0- 1 29) . In ogni caso il loghion non fa altro che esprimere in forma icastica la comunanza di destino tra Gesù e il suo discepolo, che costituisce un tema anche altrimenti già ben fondato . 65 Ricordiamo che il verbo àKo:\.ou6eiv, « seguire » , detto dei discepoli di Gesù e quindi dei cristiani nei confronti di lui, si trova di fatto solo nei vangeli; analoga­ mente J.lU6rrn]ç ricorre solo nei vangeli e in Atti . 66 M. Pesce, Discepolato, 357. Cfr. K . H . Rengstorf, J.lU!frtt'll ç , GLNT VI, 1202: « Ciò che lega al rabbi è in ultima analisi la T6rah , che egli interpreta; e ciò che lega a Socrate è l'idea che egli difende. Ma Gesù vincola i discepoli alla sua persona » . 67 L a prosecuzione della frase nel v . 1 5 (« e avessero potestà d i cacciare i demo­ ni ») nel testo greco è sintatticamente maldestra e rivela più chiaro l'intervento re­ dazionale dell'evangelista.

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I L GES Ù TERRENO

Mt

Mc

Le

1 0 , 3 9 : « Chi avrà per­ duto la sua vita a causa mia la troverà » . 1 6 , 2 5 : « C hi perde 8 , 3 5 : « Chi perderà la 9,24: « Chi perde la sua la sua vita per causa mia sua vita per causa mia e vita per causa mia

del vangelo la troverà » .

l a salverà » .

costui la salverà » . 1 7 , 3 3 : « Chi l a perderà la conserverà » (cfr . Gv 1 2,25) .

Come si vede, ci troviamo di fronte a una triplice formulazione della motivazione per cui bisogna perdere la propria vita: « a cau­ sa mia » , « a causa mia e del vangelo » , e l' assenza della motiva­ zione stessa. Ma questo tipo di formulazione ricorre anche in un loghion sinottico in connessione, non con il « perdere la vita » , bensì con l 'equivalente espressione « lasciare ogni cosa » : 1 9,29: « Chiunque ha 1 0,29: « Non c ' è nessu­ 1 8 ,29: > . Evidentemente, aderire al Dio d'Israele vale più di tutti i prodigi, che da soli risultano ambigui e non probanti . Infatti, nella tradizione rabbinica, all'interno di un testo che riferisce della morte di Gesù alla vigilia della Pasqua, questi viene accusato di aver semplicemente prati­ cato la magia e di aver indotto all'idolatria (cfr . b. Sanh 43a; il testo in R. Penna, L 'ambiente, pp. 261 -262) .

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fatizza più o addirittura deenfatizza l' intento di autenticazione­ legittimazione dei miracoli di Gesù » 1 06 • È più facile e per noi è sufficiente rilevare che essi manifestano perlomeno la coscienza di Gesù , ciò che egli pensava di sé com­ piendo simili atti 107 • Gesù infatti da una parte rifiuta di compiere gesti spettacolari (come risulta sia dal racconto delle tentazioni nel deserto secondo Q [Mt 4, 1 - 1 1 l Le 4, 1 - 1 2] , sia da alcune richieste specifiche [cfr. Mc 6, 1 -6; 1 5 , 3 1 -32; Le 23 ,6-9] , sia dalla proposta del semplice segno di Giona) 1 08 , e dall 'altra ritiene i suoi interven­ ti in favore dell'uomo come una componente essenziale e distinti­ va della sua missione (come risulta dalla risposta alla delegazione del Battista [Mt 1 1 , 1 -6; Le 7 , 1 8-23] : unico caso in cui Gesù riman­ da ai suoi miracoli) 1 09 • Un testo parallelo si può trovare in un ma­ noscritto di Qumran recentemente pubblicato 1 10 ; esso suona così : « 1 .i cieli e la terra obbediranno al suo Messia . ( . . . ) 5 Poiché il Si­ gnore visiterà i pii e chiamerà i giusti per nome . 6 Sull ' umile poserà il suo spirito e ristorerà il fedele con il suo potere. 7 Egli glorificherà i pii sul trono del regno eterno . 8 Libererà i prigionieri , ridarà la vista • •

I 06 B. L . Blackburn , The Miracles of Jesus, p. 3 8 5 ; ciò è detto in modo perti­ nente contro E. P. Sanders (cfr. Gesù e il giudaismo, p. 224) , il quale per evitare di stabilire una connessione tra i miracoli di Gesù e l' attualizzazione del regno da lui predicato, di cui essi potrebbero essere i segni, fa l' occhiolino all 'idea che i mi­ racoli siano intesi invece come mezzi di conferma dell'autorità divina di Gesù. 1 07 Purtroppo il difetto del grande studio di J . P . Meier, A Marginai Jew, Il, sta proprio in una carenza di cristologia; egli si accontenta di affermare che « l ' attività miracolosa (di Gesù) non solo appoggiò ma anche drammatizzò e attuò il suo mes­ saggio escatologico , e può aver contribuito in qualche misura a mettere in allarme le autorità che alla fine gli causarono la morte » (ib . , p. 970) . I 08 Riteniamo che il discusso « segno di Giona » (che manca del tutto in Mc [8 , 1 2] e che nei soli Mt-Lc riceve ben tre trattamenti diversi : nessuna spiegazione [M t 1 6,4] , riferito alla predicazione della penitenza [Le 1 1 ,29-30. 3 2] , o ai tre giorni e tre notti nel ventre del pesce [Mt 1 2, 3 9-4 1 ] ) ottenga la sua spiegazione migliore dal collocamento su un certo sfondo giudaico, secondo cui Giona era considerato come una figura di giusto che si sacrifica per il suo popolo, rischiando la vita per­ ché Israele non venga punito (vedi la discussione in A . M . Giorgi, "Aprì loro la mente all'in telligenza delle Scritture". Categorie bibliche interpretative della mor­ te e resurrezione di Gesù nei vangeli sinottici, Boria, Roma 1 992, pp. 1 90- 1 97). 1 09 Questa risposta di Gesù mette in luce non tanto la sua potenza di taumatur­ go quanto piuttosto le sue qualità di Messia buono e orientato alla salvezza (esca­ tologica) dell'uomo , contrapposte a quelle di un Messia orientato alla battaglia e al giudizio severo: cfr. F. Bovon, Das Evangelium nach Lukas, EKK 1111 1 , Ziirich 1 989, p. 375 ; e G. Segalla, « La cristologia soteriologica dei miracoli nei Sinotti­ ci », Teol 5 (1 980) 1 45-1 82. 1 1 0 Cfr . E. Puech , Une Apocalypse messianique (4Q521), RQ 1 5 (1 992) 475-5 1 9 . Vedi anche R . E. Eisenman - M . Wise, Manoscritti segreti di Qumran, ediz ital . a cura di E. Jucci, Piemme, Casale Monferrato 1 994 (orig. ingl . , Shaftesbury 1 992), pp. 1 9-23 .

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I MIRACOLI

ai ciechi , riso !leverà gli oppressi . ( . . ) 12 poiché risanerà i malati , darà la vita ai morti e annuncerà buone notizie ai poveri 1 3 e soddisferà i bi­ sognosi , ricondurrà gli esiliati , e arricchirà gli affamati » (4Q52 1 fr 2 II). .

Questo passo sembra appropriato più a un profeta escatologico che non a un re 1 1 1 • Infatti in un altro frammento del manoscritto (4Q52 1 fr . 2 I I I : « Io li libererò , poiché è certo : I padri torneranno ai figli . . . ») c'è una chiara allusione al profeta Elia secondo il pas­ so di Mal 3 ,24 1 1 2 • E altrove a Qumran il messaggero di buone no­ tizie (di Is 52,7) è detto « l' unto nello Spirito » ( 1 1 QMelch 2, 1 8). Perciò 4Q52 1 è un interessante parallelo della risposta di Gesù agli inviati del Battista, e, stando all'espressione matteana « le opere del Messia )) (M t 1 1 ,2), è possibile che il titolo di « Messia )) sia stato attribuito a Gesù a motivo anche delle sue opere in quanto connes­ se a una identità profetica . In buona sostanza, possiamo dire che la valenza cristologica dei miracoli si scorge solo ponendosi dal punto di vista di chi li com­ pie, non di chi li osserva. Solo in questo senso essi rivelano ciò che Gesù pensa di se stesso . E dalle risposte , sia alla delegazione del Battista, sia nella controversia su Beelzebul, ricaviamo la doppia dimensione della sua coscienza: di operare a compimento delle Scrit­ ture (« Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito : [e si cita un centone di passi isaiani : Is 29, 1 8 ; 3 5 , 5 . 6 ; 42, 1 8 ; 26, 1 9; 6 1 , 1 ] )) ; Le 7 , 22 l Mt 1 1 ,4-5), e soprattutto di agire come strumen­ to dell 'irruzione escatologica del regno di Dio , al cui servizio egli sa di essere posto (« Se io scaccio i demoni con il dito di Dio , è dunque giunto a voi il regno di Dio )) (Le 1 1 , 20 l Mt 1 2 , 28) (cfr. sotto : I , B, 3). Proprio queste componenti mancano invece tanto negli antichi profeti Elia ed Eliseo quanto nei taumaturghi-esorcisti del tempo operanti in Israele . In più bisogna precisare che i mira­ coli non sono tanto delle prove (estrinseche) della venuta del regno quanto piuttosto uno dei modi con cui il regno stesso già vieI l i Cfr. J. J. Collins, The Works of the Messiah, DSD l (1 994) 98- 1 1 2 . Impor­ tante è pure Io studio di J. D. Tadmor & M. O. Wise, 4Q521 « On Resurrection » and the Synoptic Gospel Tradition: A Preliminary Study, JSP 10 ( 1 992) 149- 1 62, che sottolinea la novità del tema « resuscitare i morti », in quanto esso è assente dai paralleli testi veterotestamentari (Sal 1 46,7-8 ; Is 3 5 , 5 ; 6 1 , 1 ) . 1 12 D ' altronde, l'attesa d i Elia come precursore del Messia non è attestata nel giudaismo prima del cristianesimo . In Mal 3 , l .23-24 Elia è presentato come profe­ ta escatologico, ma non in quanto associato al Messia; inoltre il « resuscitare i morti » è legato alle storie di Elia, non a un re davi dico (cfr. J . J . Collins, The Works of the Messiah , pp. 1 03- 1 1 0) .

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ne ! 1 1 3 • « I miracoli di Gesù , pertanto, parlano la stessa lingua del­ la sua proclamazione verbale : Il regno di Dio è qui ! » 1 1 4 •

4 . Il gesto compiuto nel Tempio

Prendiamo qui in considerazione l' episodio narrato da tutti e quattro i vangeli , posto dai sinottici verso il termine del ministero pubblico di Gesù (cfr . Mc 1 1 , 1 5- 1 8 l Mt 2 1 , 1 2- 1 3 l Le 1 9 ,45-48) e dal quarto vangelo al suo inizio (cfr. Gv 2, 1 3-22) . Prima di tutto ricordiamo brevemente qual era l' importanza del Tempio di Gerusalemme nel giudaismo del momento 1 1 5 • A parti­ re almeno dalla riforma deuteronomistica del re Giosìa sul finire del secolo VII a . C . , esso diventò sempre più , doppiamente , il sim­ bolo dell' unicità di Dio e dell' unità del popolo . La rivolta macca­ baica degli anni 1 67- 1 64 a.C. culminò significativamente con la ri­ consacrazione del Tempio (reso impuro da un culto pagano) e la concomitante istituzione della festa della Dedicazione (cfr . 1 Mac 4 , 3 6-59; e Gv 1 0,22) . Sono molti i testi che ne tessono le lodi, sia nell' ambito del giudaismo palestinese (« Santificherò il mio san­ tuario con la mia gloria, perché farò abitare su di esso la mia glo­ ria ») 1 1 6, sia nel giudaismo ellenistico ([La città e il Tempio] « chi 1 1 3 Cfr. R.E. Brown, An lntroduction , p. 64. « La linea di demarcazione tra Ge­ sù e Dio in questo tipo di intervento è molto vaga. Il regno viene sia in Gesù sia mediante lui » (ib . 65). Perciò è del tutto insufficiente fondare la cristologia gesua­ na sul fatto che Gesù era « posseduto » dallo Spirito di Dio (cfr. S . L . Davies, Jesus the Hea/er, London 1 995) . 1 1 4 B . L. Blackburn, The Mirac/es oj Jesus, p. 373, il quale prosegue: « Questa connessione con il regno, oltre il peso dell'evidenza derivante dagli stessi racconti di miracolo, spiega anche il fatto che Gesù mai cercò o raccolse onorari per i suoi interventi » . Vedi anche G. Barbaglio, Il regno di Dio e Gesù di Nazaret, p. 1 1 1 : « Gesù non è più soltanto l ' araldo dell'avvenimento imminente del regno , ma sog­ getto attivo. La sua presenza taumaturgica è mediatrice della venuta di Dio re nella storia umana. Fa parte costitutiva del regno ; appartiene all'evento escatologico che invade il nostro tempo » . 1 1 5 Vedi i n generale P . Sacchi, Storia del Secondo Tempio. Israele tra VI seco­ lo a. C. e l secolo d. C. , Sei , Torino 1 994; G. Bissoli, // tempio nella letteratura giu­ daica e neotestamentaria. Studio sulla corrispondenza tra tempio celeste e tempio terrestre, An 37, Jerusalem 1 994; N. Casalini , Il tempio nella letteratura giudaica e neotestamentaria, RivBibl 43 (1 995) 1 8 1 -2 1 0 . Cfr. anche in specie T. Busink , Der Tempel von Jerusalem. Von Salorno bis Herodes, 1-11, Leiden 1 970- 1 980. 1 1 6 1 1 QT 28, 8-9. A Qumràn ci sono vari testi che s'interessano del Tempio, an­ che se perlopiù con toni polemici contro il culto là svolto, ritenuto contaminato da un' illegittima usurpazione; cfr . per esempio i vari calendari e turni di servizio sacerdotali della Grotta 4. Il rabbinismo , da parte sua, pur collocandosi in un' epo­ ca posteriore al Tempio, ce ne dà molte informazioni (cfr. m.Sot. 7,6: solo nel Tempio

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li ha in proprio potere ha in mano l' intero ethnos [giudaico] ; [ . . . ] i giudei darebbero la propria vita piuttosto che abbandonare il culto che sono soliti rendere a Dio ») 1 1 7 • La prassi del dìdrachmon , poi , esprime all 'evidenza il tributo che gli è dovuto dai giudei della dia­ spora e che è molto più di un semplice gesto economico 1 1 8 • Secondo la tradizione evangelica, Gesù sembra dimostrare un at­ teggiamento di accettazione del Tempio come istituzione religiosa. Ciò è bene attestato non solo nei confronti della sua famiglia (cfr . Le 2,22-3 8 . 4 1 -50), ma anche a proposito di alcuni detti e compor­ tamenti suoi : egli suppone che vi si presenti un'offerta (cfr . Mt 5 , 23-24) , vi manda il lebbroso guarito secondo le prescrizioni levi­ tiche (cfr . Mc l ,44) , accenna ai sacerdoti che vi infrangono legitti­ mamente il precetto del sabato (cfr . Mt 1 2 , 5-6) , paga il tributo do­ vuto (cfr . Mt 17 ,25-26) , e ne difende l' onore nella prassi dei giura­ menti (cfr . M t 23 , 1 6-22) ; inoltre partecipa normalmente allo svol­ gimento delle maggiori feste d'Israele, che richiedevano in esso una presenza fisica (cfr . Gv 2, 1 3 ; 5 , 1 ; 7 , 2 . 1 0 ; 1 0,22-23). 4 . 1 Come si spiega allora il gesto violento e provocatorio com­ piuto in esso? Ricordiamo innanzitutto il testo fondamentale di Mc 1 1 , 1 5- 1 8 : « Ed entrato nell 'area sacra (del Tempio) cominciò a scac­ ciare coloro che vendevano e coloro che compravano in essa, e ro­ vesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe , e non permetteva che alcuno portasse cose attraverso l ' area sacra. E insegnava loro dicendo : Non sta forse scritto che " la mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? " ; ma voi ne avete fatto una spelonca di briganti )) . Questo episodio è narrato anche da Mt (2 1 , 1 2- 1 6) , da Le ( 1 9,45-48) , e da Gv {2, 1 3-22) : tanto la molveniva pronunciato il Tetragramma sacro così come è scritto) e ne coltiva il ricordo con grande nostalgia (al punto da annoverarlo tra le sei cose che precedettero la creazione del mondo : cfr . Gen.R. 1 ,4) . 1 1 7 Fl. Giuseppe, Ant. 1 5 , 248. Ma vedi già la lettera di Arist. 84- 1 20; Filone Al . , In Fl. 46 (i giudei « considerano come loro metropolis l a hieropolis i n cui h a sede il tempio santo del Dio altissimo » ; cfr . Leg. ad C. 290-292) . Lo stesso Filone atte­ sta l'opposizione giudaica ad ogni VEffiTEpta�6ç « innovazione, cambiamento », nel Tempio: sia nel caso macroscopico del tentativo di Caligola di erigervi una sua sta­ tua (cfr. Leg. ad C. 208 .292.333), sia nel caso minore di Ponzio Pilato che vi intro­ dusse degli scudi d'oro con scritta dedicatoria (cfr . Leg. ad C. 300: gli fu chiesto di « rinunciare a modificare gli usi ancestrali [�i] KtVEtv �811 7t6.Tpta] , che erano stati tenuti intatti per tutti i secoli precedenti »). 1 1 8 La tassa per il Tempio era di due dracme greche, corrispondenti a due dena­ rii romani e a mezzo siclo d' argento di Tiro . Vedi E. M . Smallwood, The Jews un­ der Roman Rule, from Pompey to Dioc/etian , SJLA 20, Leiden 1 98 1 ( 1 976) , pp. 1 24- 1 25 , e passim : cfr. anche U. Luz, Matthiius, I l , pp. 529-53 1 .

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teplice attestazione quanto il tipico colorito giudaico (e anche il con­ trasto con la prassi giudeo-cristiana della frequenza al Tempio da parte della prima chiesa gerosolimitana: At 3 1 , l ; 21 ,22-24 . 26) de­ pongono chiaramente a favore della sua storicità 1 1 9 • Un interessante ripensamento del significato di questo gesto di Gesù è stato compiuto dal Sanders 120 • Contro l' opinione corren­ te, egli fa notare che non poteva trattarsi solo di una « purificazio­ ne », poiché la funzione del Tempio era di servire come luogo di sacrificio e i sacrifici richiedevano di provvedere agli animali ne­ cessari , sicché una compravendita nello hier6n era più che legitti­ ma; inoltre, chi veniva dalla diaspora doveva pagare con moneta di Tiro (cfr . m.Beh . 8, 7) , e quindi anche i cambiavalute erano ne­ cessari . Tuttavia, non si può negare il fatto che Gesù, analogamente a ciò che notiamo in vari settori della letteratura giudaica 121 (e no­ nostante che qua e là sembri attestato un suo rispetto per il sacer­ dozio : v. sopra) , abbia voluto compiere un gesto fortemente pole­ mico verso il sacerdozio templare . Che il suo gesto intendesse qual­ cosa di radicale , afferente insieme al Tempio e al sacerdozio, risul1 1 9 Tutt'alpiù si potrebbe discutere sulla diversa collocazione,$>fferta rispettiva­ mente dai sinottici (al termine del ministero pubblico) e dal quarto vangelo (al suo inizio) : quella sinottica è preferibile per il nesso che l'episodio ha con il dramma finale di Gesù, come risulta anche dalle accuse prodotte contro di lui durante lo svolgimento della fase giudaica del processo (cfr . R. Schnackenburg, Gv, l , pp. 509-5 1 2) . Un'ulteriore precisazione da fare riguarda il luogo dell' azione di Gesù : il testo propriamente parla di hier6n (« area templare ») e non di na6s (« aula del Tempio vero e proprio » ); mentre questo era accessibile solo ai sacerdoti, il primo (che nel nostro caso corrisponde al cosiddetto « cortile dei Gentili », il più esterno) era accessibile a tutti (cfr . G. Biguzzi , « Io distruggerò questo Tempio ». Il tempio e il giudaismo nel vangelo di Marco , PUU, Roma 1 987, specie pp. 1 09- 1 1 3) . 120 E. P . Sanders, Gesù e il giudaismo, p p . 83- 1 2 1 ; tra gli altri , egli è stato se­ guito recentemente da S. Légasse, Le procès de Jésus. L 'histoire, LD 1 56, Du Cerf, Paris 1 994, pp. 5 1 -64 . Cfr. già E. Schweizer, Mc, p. 246: « segno indicatore della scomparsa del vecchio Tempio » . 121 Una critica al sacerdozio sulla base della sua impurità cultuale o indegnità morale è variamente attestata, non solo nel passato (cfr. Mal 3 , 3), ma anche nell'e­ tà contemporanea a Gesù (cfr. Ps. Sal . 8 , 9- 1 9; l QpAb 1 2,8s; CD 5 ,6-8) . In parti­ colare, sappiamo che i sacerdoti del Tempio, da una parte interpretavano la prassi della tassa annuale in modo da farsene esenti (cfr. m . Sheq. 1 ,4), dall' altra si rivale­ vano persino sui poveri facendo pagare un paio di colombe fino a venti volte il loro giusto prezzo (cfr . m.Ker. 1 ,7), rivelandosi come un' aristocrazia potente e oppres­ siva (cfr. Test.Mos. 7); del resto , una tradizione in cui i sacerdoti vengono qualifi­ cati come « falsi amministratori » è conservata sia in 2Bar (10, 1 8) sia in ARN (A4 e B I S) ; su questa linea va letto l'episodio evangelico del qorbàn (cfr . Mc 7 , 9- 1 3) e forse anche quello dell 'obolo della vedova (cfr . Mc 1 2 , 4 1 -44 : le parole di Gesù si possono intendere non solo come elogio della vedova, ma anche come lamento sull' ingordigia dei sacerdoti). Vedi C. A. Evans, Opposition to the Tempie: Jesus and the Dead Sea Scrolls, in R. H . Charlesworth (ed.), Jesus and the Dead Sea Scrolls, New York-London 1 992, pp. 235-25 3 .

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ta anche dalla reazione dei « gran sacerdoti e gli scribi » , i quali udito ciò « cercavano come farlo perire » (Mc 1 1 , 1 8) . Infatti , s e escludiamo i n Gesù alcune intenzioni a volte ipotizza­ te dagli studiosi , come quella di allargare l' area sacra del Tempio anche al cortile dei gentili 122 , o quella di un gesto zelotico per im­ possessarsi del Tempio e guidare il Paese contro i romani 123 , o quella di integrare i gentili nel culto d ' I sraele 12\ oltre a quella già esclusa di una pura e semplice purificazione 125 , resta l' ipotesi che Gesù abbia voluto anche simboleggiare la distruzione e il rinnova­ mento del Tempio stesso . In effetti , nel giudaismo contempora­ neo è sufficientemente attestata l' attesa di un nuovo Tempio esca­ tologico , che Dio avrebbe ricostruito alla fine della storia. Questi sono i testi : - Ez 40-48 (sec . VI a . C . ) : l ' ultima sezione del libro di Ezechiele pre­ senta un piano dettagliato della ricostruzione religiosa e politica di Israele in Palestina; una grande attenzione vi è dedicata proprio alla descrizio­ ne del nuovo Tempio futuro, nel quale abiterà stabilmente la gloria del Signore (specie 40-44) .

122 Non solo nessuno voleva ciò all ' interno del giudaismo contemporaneo, ma lo stesso Gesù non intende estendere ai laici le prescrizioni di purità proprie dei sa­ cerdoti, come invece volevano fare i farisei (cfr. Mc 7 , 1 -23 ; e J. Neusner, The Rab­ binic Tradition about the Pharisees Before 70 , 3 voli . , Leiden 1 97 1 ) . 123 Così S.G.F. Brandon, Gesù e gli Zeloti, Rizzoli, Milano 1 982 (orig. ing. Lon­ don 1 967), pp. 344-345 . Ma va osservato che non vi fu alcuna occupazione del Tempio (come avverrà invece da parte degli zeloti nel 66: cfr. Fl . Giuseppe, Bel/. 2,425-429), al contrario Gesù alla sera torna a Betania (cfr . M t 2 1 , 1 7); inoltre non vi fu alcun intervento da parte della polizia del Tempio (segno che il fatto non era ritenuto politicamente rilevante); del resto, Gesù non interviene nel cortile interno degli israe­ liti, dove avvenivano i sacrifici veri e propri . Contro Brandon, cfr. G. Jossa, Gesù e i movimenti di liberazione della Palestina, Paideia, Brescia 1 980, pp. 1 24- 142; vedi anche O. Cullmann, Gesù e i rivoluzionari del suo tempo, Morcelliana, Bre­ scia 1 97 1 , pp. 27-32. 124 Così per esempio C.H. Dodd, Il fondatore del cristianesimo, LDC, Torino­ Leumann 1 975, pp. 1 52s . È vero che Mc 1 1 , 1 7 citando Is 56,7 inserisce l' espressio­ ne « per tutte le genti »; ma è solo lui a fare questa aggiunta: probabilmente si trat­ ta di una interpolazione marciana (Mc infatti scrive per degli etnico-cristiani) ; d'al­ tronde la cosiddetta « purificazione » avviene proprio e solo nel cortile dei gentili, mentre Gesù semmai avrebbe dovuto purificare gli altri cortili ! 125 Una posizione curiosa, comunque su questa linea, è quella sostenuta da V. Eppstein, The Historicity of the Cleansing of the Tempie, ZNW 55 ( 1 964) 42-58, secondo cui la prassi delle vendite all' interno dell' area sacra del Tempio risalirebbe soltanto al mattino stesso ( ! ; cfr. p. 56) del giorno in cui Gesù compì il suo inter­ vento, essendo stata presumibilmente introdotta da Caifa appunto nella primavera del 30 come ritorsione contro il sinedrio, che in quell 'anno era stato costretto a tra­ sferire la propria sede da un locale annesso al Tempio al monte degli Ulivi in un luogo di mercato già esistente; questo studio non manca di una buona documenta­ zione basata sulla Misnah, ma è l'autore stesso a parlare di « tentati ve hypotheses rather than firm conclusions » (p. 57).

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- Tob 1 4 , 5 (forse sec . III a . C . ) : « Essi ricostruiranno il Tempio, ma non uguale al primo, finché sarà completo il computo dei tempi » . - « Libro dei Sogni » En .etiop . 90, 28-29 (inizio sec . II a . C . ) : « Il fuoco attinse quella casa vecchia . . . E vidi il Signore delle pecore fin quan­ do fece venire una casa nuova, più grande ed alta di quella precedente e la pose nel luogo della prima che era stata avviluppata e tutte le sue colonne erano nuove e i suoi ornamenti erano nuovi , ed era più grande d ella prima, della vecchia . . . » . - Giub 1 , 1 5- 1 7 (sec . II a . C . ) : « E, d i poi, ritorneranno a me, . . . Ed io costruirò il mio santuario in mezzo a loro e risiederò con loro e sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo, in verità e giustizia » . - 1 1 QT 29,7- 1 0 (sec . I I a . C . ) : « Essi saranno i l mio popolo e i o sta­ rò con loro per sempre e darò loro una dimora , per sempre in eterno . Santificherò il mio santuario con la mia gloria, perché farò abitare su di esso la mia gloria, fino al giorno della benedizione, quando edifiche­ rò il mio santuario, per renderlo stabile per me per tutti i giorni avve­ nire . . . » . - Apoc 2 1 ,22-23 (fine sec. I d . C . ) : « Non vidi alcun Tempio i n essa (cioè, nella Gerusalemme celeste) perché il Signore Dio, l' Onnipotente , e l'Agnello sono il suo Tempio. La città non ha bisogno della luce del sole, né della luce della luna perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l' Agnello » (per la verità, l'idea qui espressa di un' assenza di Tempio contraddice quella corrente nel giudaismo contemporaneo di un Tempio rinnovato ma presente; essa tuttavia testimonia a suo modo un rinnovamento escatologico concernente anche il Tempio) . - Tg . Cant. l , 1 7 (età rabbinica): « E il profeta Salomone disse: "Co­ me è bello il santuario del Signore, da me costruito con alberi di ce­ dro " . Ma più bello sarà il santuario costruito ai giorni del re Messia: le sue travi saranno di cedri del giardino dell'Eden, e i suoi pilastri di cipressi e platani e pini » . - Midr . Cant . 4 , 4 (id .): « Il Santo , benedetto egli sia, disse : lo sono Colui che in questo mondo ridusse il Tempio un mucchio di rovine, e sono Colui che ne farà una cosa di bellezza nel Mondo Avvenire . . . Egli ricostruirà il Tempio e vi farà abitare la sua Shekinàh » . - Midr . Sal . 90, 1 9 (id .): « Disse il Santo, benedetto egli sia: " Nel tempo presente, poiché il santuario fu costruito da carne e sangue , fu distrutto e devastato; ma nel tempo futuro io stesso lo costruirò, e farò abitare in esso la mia Shekinàh , e non sarà distrutto in eterno" » . =

Come si vede, l' idea di un nuovo Tempio escatologico fa cronolo­ gicamente da contorno all'epoca di Gesù, il quale perciò si inserisce perfettamente in questo quadro ideale (Ezechiele è il testo più anti­ co ; i midrashfm rabbinici sono i più recenti) . Ma perché Dio costrui­ sca un nuovo Tempio , bisogna che quello vecchio venga distrutto .

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4.2 In questa luce va visto il loghion di Gesù sulla distruzione del Tempio e sulla sua riedificazione , riportato da tutti e quattro i vangeli canonici , ai quali si aggiunge il vangelo copto di Tomma­ so. La sua importanza risulta anche dal fatto che esso è tramanda­ to addirittura in quattro forme diverse, e ciò dimostra all 'evidenza che esso ha inciso fortemente sulla tradizione (e il criterio della mol­ teplice attestazione è indice di autenticità) . Queste sono le forme del detto : - come predizione puramente negativa, priva di promessa: « Non sarà lasciata pietra su pietra che non sia distrutta » (Mc 1 3 ,2) ; - come minaccia fatta in prima persona d a Gesù, variamente for­ mulata: - nella scena del processo, con promessa (« Lo abbiamo udito dire: lo distruggerò questo santuario . . . e in tre giorni ne riedificherò un altro »: Mc 1 4 , 5 8 l Mt 26,6 1 ) ; - nella scena della crocifissione, con promessa (« Ehi, tu che distruggi il Tempio e in tre giorni lo riedifichi »: Mc 1 5 ,29 / Mt 27 ,40) ; - nel discorso di Stefano, senza promessa (« Lo abbiamo udito dichiarare che Gesù il Nazareno distruggerà questo luo­ go » : At 6, 1 4) 126 ; - come invito rivolto ad altri, ma subordinato a un proprio atto di riedificazione : « Distruggete questo Tempio e in tre giorni io lo farò ri­ sorgere » (Gv 2, 1 9) 127 ; - come minaccia in prima persona ma senza promessa: « Io abbat­ terò questa casa e nessuno potrà ricostruirla » (Vangelo copto di Tom­ maso 7 1 ) .

Narrativamente il loghion è contiguo al gesto compiuto nel Tem­ pio , dato che entrambi appartengono agli ultimi giorni del mini­ stero di Gesù a Gerusalemme ; anzi , in qualche modo l ' uno risuc­ chia l' altro in se stesso , tanto che nel successivo processo giudaico le accuse riguardano solo il detto e non il gesto ; ma il quarto van­ gelo colloca il detto esattamente nel contesto del gesto , conservan­ do forse la tradizione migliore (cfr . Gv 2 , 1 9) . La sua dimensione

126 Secondo L. Gaston, No Stone on A nother. Studles in the Significance of the Fa/l of Jerusalem in the Synoptic Gospels, NT 23, Leiden 1 970, p. 1 6 1 , la forma di minaccia avrebbe la sua origine non in Gesù ma solo successivamente in Stefa­ no, data l'assenza di un' accusa del genere sia in Le che in Gv; tuttavia, la sua mol­ teplice attestazione la riporta già al livello gesuano (cfr . E . P . Sanders, Gesù e il giudaismo, p. 84 nota 5). 127 L'uso della seconda persona qui è richiesto dal fatto che il Tempio è il cor­ po di Gesù: questi non poteva dire che avrebbe distrutto se stesso; ma con l 'idea di Tempio come allegoria di Gesù siamo già evidentemente nella prospettiva reda­ zionale giovannea.

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escatologica poi è ampiamente confermata dalla risposta di Gesù al Sommo Sacerdote circa la sua venuta sulle nubi del cielo come Figlio dell ' Uomo (cfr . Mc 1 4 , 6 1 -64) : quello sarebbe stato il mo­ mento della riedificazione del Tempio o meglio dell'edificazione di un Tempio nuovo « non fatto da mani d'uomo » (Mc 14,58) 128 • D' altronde, già la cacciata dei venditori è accompagnata da un in­ segnamento di Gesù (Mc 1 1 , 1 7 : « E insegnava loro : È scritto che la mia casa sarà chiamata ecc . » ), che apre sul Tempio prospettive universalistiche, storicamente ignote e irrealizzate 1 29 • La clausola positiva sulla riedificazione del Tempio non è sem­ pre presente , ma è verosimile che essa sia originaria rispetto alla formulazione puramente negativa : infatti questa corrispondeva me­ glio ai fatti storici (il Tempio era stato distrutto nell ' anno 70, ma poi nessuno lo aveva ricostruito ! ) . Ovviamente la promessa di rie­ dificazione in Gv 2 è già redazionalmente interpretata in senso cri­ stologico : dato che l' evangelista riferisce il gesto alla morte­ risurrezione (vv . 2 1 -22) , Gesù non poteva dire « Io distruggerò que­ sto tempio » poiché storicamente sono stati altri a uccider lo ! Inve­ ce la formulazione di Mc-Mt (tanto al processo quanto ai piedi della croce) conserva con ogni probabilità il tenore originale del /oghion . 4 . 3 Gesto e loghion , tuttavia, come abbiamo già accennato so­ pra, implicano certamente anche un' altra valenza provocatoria, che va evidenziata: quella di una critica al culto e quindi alle liturgie sacrificati come via da seguire per ottenere il perdono divino 1 30 • Direttamente chiamata in causa doveva quindi sentirsi la classe sa­ cerdotale dei sadducei , i quali non per nulla saranno i veri prata-

128 Su Mc 14,58 (« lo distruggerò questo Tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo ») , vedi i commenti di R. H . Gundry, Mc, pp. 899-900 (nella letteratura giudaica non s i dice mai che i l Messia né distruggerà né ricostruirà il Tempio; lo si dice invece di Dio stesso [cfr . rispetti­ vamente Ger 7 , 1 2- 1 5 ; 26,4-6.9; e i testi riportati sopra] , sicché le parole di Gesù implicano necessariamente l'appropriazione di un ruolo divino) e di R. Pesch, Mc, II, pp. 636-639 (l 'espressione « in tre giorni » originariamente non doveva riferirsi alle predizioni della resurrezione, ma indicare soltanto un breve periodo di tempo nel quale sarebbe avvenuta la miracolosa costruzione) . 129 Cfr. l'iscrizione di età erodiana che comminava la pena di morte ai gentili che entrassero oltre il cortile loro riservato (il testo è reperibile in R. Penna, L 'am­ biente, p. 253). 1 30 Cfr. T. SOding, Die Tempelaktion Jesu. Redaktionskritik - Uberliejerungs­ geschichte - historische Riickjrage, TrierTheolZeit 101 ( 1 992) 36-64; H. Giesen, Herr­ schaft Gottes, pp. 87-9 1 .

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gonisti dell 'arresto e della condanna di Gesù 1 3 1 • Il suo infatti ap­ pariva un intollerabile gesto profetico , che intaccava la validità sto­ rica del Tempio e delle sue funzioni espiatorie , pur non pregiudi­ cando la sua destinazione alla preghiera (cfr. anche l' apertura a « tutte le genti ») 1 32 • Evidentemente il gesto compiuto da Gesù na­ sconde la convinzione che ormai la misericordia di Dio è raggiun­ gibile per altre vie , che non sono più quelle di un culto puntigliosa­ mente regolamentato e costoso . Dio ora si rende accessibile essen­ zialmente nella proposta-accettazione della sua regalità salvifica, di cui Gesù stesso è annunciatore e portatore (cfr. sotto) . 4.4 La valenza cristologica del testo e del loghion uniti insieme diventa perciò patente. Già il gesto in quanto tale è senza confronti 1 33 • Da parte sua il loghion implica una predizione del giudizio di Dio e quindi del tempo ultimo : con la distruzione del Tempio e la sua riedificazione è il vecchio mondo che scompare e ne emerge uno nuovo. Gesto e loghion insieme dimostrano pale­ semente che Gesù si riconnette alla speranza giudaica del rinnova­ mento escatologico . Semmai , ciò che sorprende è che tanto nel ge­ sto quanto nel loghion manca ogni richiamo al tradizionale tema giudaico del pentimento e del conseguente ritorno alla Legge in vi­ sta del perdono divino 1 34 : evidentemente per lui la restaurazione d'Israele non è legata a questi mezzi , ma si impone da sola in con­ nessione con il suo personale intervento , almeno come preannun­ cio ; essa cioè non è condizionata da fattori religiosi antropologici , ma irrompe come un libero dono legato alla sua persona. Ne con1 3 1 Vedi in particolare M. Trautmann , Zeichenhafte Handlungen Jesu. Ein Bei­ trag zur Frage nach dem geschichtlichen Jesus, FzB 37, Wiirzburg 1980, pp. 76- 1 3 1 . 1 32 Quindi non vale obiettare che l a prima comunità gerosolimitana continuerà a frequentare il Tempio (cfr . At 2,46; 3 , 1 ; 5 , 1 2.42; 2 1 , 23-26) , poiché ciò riguarde­ rà solo la preghiera ma non i sacrifici . Del resto, mai nei vangeli si narra di una partecipazione di Gesù stesso a qualche liturgia sacrificate. Sarà la lettera agli Ebrei a trarre le conseguenze più radicali su questo piano . 1 33 Può essere curioso richiamare la predizione della distruzione di Gerusalem­ me e del Tempio, fatta poi da un certo Gesù figlio di Ananìa nell' anno 62, quattro anni prima che scoppiasse la guerra giudaica contro Roma; anche dopo una flagel­ lazione ripeté il suo ritornello, « ogni giorno fino allo scoppio della guerra . . . e smi­ se solo all'inizio dell' assedio )) , cioè alla Pasqua del 70 (cfr . Fl . Giuseppe, Beli. 6,300-309) . Ma il fatto è riportato dallo storico ebreo solo per dire che Dio ha cura degli uomini e preannuncia al suo popolo le occasioni per conseguire la salvezza. 1 34 Cfr. E. P. Sanders, Gesù e il giudaismo, pp. 1 4 1 - 1 57 . Ciò resta sostanzial­ mente vero, anche se in generale il Sanders minimizza eccessivamente l'appello al pentimento nella predicazione di Gesù; cfr . B . D . Chilton , Jesus and the Repentan­ ce oj E.P. Sanders, TyndBull 39 ( 1 988) 1 - 1 8 .

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concludiamo che Gesù non è solo un rabbi , ma rivela la statura di un profeta: non tanto nel senso di chi prevede il futuro quanto piut­ tosto in quello di chi parla e agisce autoritativamente in nome di Dio 1 3 5 • In lui ormai è presente qualcuno che è più grande del Tempio .

5 . Atteggiamento verso la Legge e i suoi trasgressori

Gesù ebbe un atteggiamento sostanzialmente critico nei confronti sia della Torah sia della sua attualizzazione halàkica. La sua presa di posizione in materia non fu tanto teorica (come farà invece Pao­ lo) quanto piuttosto pratica e comportamentale. Occorre subito sgombrare il campo dalla supposizione che le enunciazioni positi­ ve di M t 5 , 1 7-20 (circa l' intenzione di Gesù di compiere la Legge e circa il perdurare di ogni suo iota e apice) siano riconducibili in toto a un livello gesuano . In realtà queste parole si spiegano fon­ damentalmente a livello redazionale, sia perché sono esclusive di Mt, sia perché nella loro composizione interna presentano un 'ag­ gregazione di forme, sia perché esse contrastano appunto con il comportamento di Gesù ampiamente attestato altrove 1 3 6 • D ' al­ tronde oggi è assai dibattuta la questione se Gesù si sia opposto in modo tanto consistente alla Torah da farci ritenere che la sua condanna finale sia stata motivata almeno in parte anche da que1 3 5 A questo proposito, M. Hengel, Sequela e carisma, p. 1 2 1 , impiega la catego­ ria del « carismatico escatologico » nel senso di chi opera come se stesse al posto di Dio . 1 36 Sulla redazionalità o al massimo sulla tradizionalità, ma non gesuanità, del passo citato mi allineo ai maggiori commentatori odierni: cfr . F. W . Beare, Mt, pp. 1 5 8- 1 59 (p . 25 8 : « Non c'è da sorprendersi che si possa dubitare circa l ' autenticità delle tre frasi di Matteo 5, 17- 19 »); W. D. Davies - D. C. Allison, Mt, I, pp. 48 1 -503 (p. 487: « L'idea di « compimento » della Legge è conforme alla teologia matteana »); R. Fabris, Mt, pp. 1 27- 1 3 2 (p . 1 30: « Il testo evangelico offre la presa di posizione di Gesù di fronte alla legge come è stata conservata nella tradizione cristiana, ma reinterpretata da Matteo all' interno della sua prospettiva teologica »); J. Gnilka, Mt, l, pp. 21 7-230 (p. 227 : « La problematizzazione della legge è un processo che è avvenuto nella comunità postpasquale »); U. Luz, Mt, I, pp. 227-244 (pp. 23 1 s : « V a calcolata l a situazione storica dell'evangelista: egli appartiene a una comunità giudeo-cristiana, caratterizzata da una forte osservanza della Legge »). Vedi anche J . Lambrecht, « Eh bien! Moi )e vous dis ». Le discours-programme de Jésus (Mt 5- 7; Le 6,20-49) , LD 125, Paris 1 986, pp. 78-87 (Mt riprende una tradizione nata in ambito giudeo cristiano e la applica a una situazione di mentalità )assista e anti­ nomista) ; F. Vouga, Jésus et la loi selon la tradition synoptique, Genève 1 988 (che comprende anche le antitesi di Mt 5 , 2 1 -48); e in specie H . D . Betz, The Sermon on the Mount, « Hermeneia », Fortress, Minneapolis 1 995, pp. 1 72- 173 e nota 37 (una risposta della Chiesa giudeo-cristiana agli accusatori di Gesù come eretico) .

ATTEGGIAMENTO VERSO LA LEG GE E l SUOI TRASGRESSORI

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sto atteggiamento 1 37 • Qui di seguito segnaliamo alcuni casi mag­ giori di contrasto fra Gesù e la concezione giudaica della Legge, per trame poi qualche conclusione. 5 . 1 Un primo caso del tutto evidente di opposizione alla Legge si ha nella proibizione rivolta a un discepolo di seppellire il pro­ prio padre (cfr. Mt 8 , 2 1 -22 l Le 9,59-60) 1 3 8 • La dissomiglianza nei confronti sia del giudaismo sia del primo cristianesimo ci riporta a una parola autentica del Gesù terreno. Orbene, mentre l ' obbligo del seppellimento è enunciato sia nella T6rah (cfr . Gn 23 , 3-4; vedi anche Tb 6, 1 3- 1 5) sia nella halakàh (cfr. m . Ber. 3 , 1 , secondo cui si può persino infrangere l' obbligo di recitare lo Shemà c pur di seppellire i propri morti) , Gesù chiede provocatoriamente di rinun­ ciarvi, preponendovi il nuovo legame acquisito con lui in vista di una più libera dedizione alla causa del regno di Dio . Questa paro­ la, del resto, si inserisce ottimamente nel contesto di una serie di altri loghia concernenti un netto disgiungimento dai legami fami­ liari allo stesso scopo (cfr. Mc 1 ,20; 3 , 3 1 -3 5 ; Mt 10,37). 5 . 2 Un altro caso riguarda l ' osservanza del sabato . È ben chiaro che Gesù ha infranto più volte il riposo assoluto del settimo gior­ no, richiesto sia dalla T6rah (cfr . Es 20, 8- 1 1 l Dt 5 , 1 2- 1 5) , sia dal­ la tradizione apocrifa (cfr . Giub . 2 , 1 7- 1 9 ; 50,6- 1 3), sia dalle pre­ scrizioni rabbiniche (cfr . l'intero trattato m . Shab . ) , come testimo­ niano ripetutamente tanto i sinottici (cfr . Mc 1 ,2 1 -28; 2,23-27; 3 , 1 -6; Le 1 3 , 1 0- 1 7 ; 14, 1 -6) quanto il quarto vangelo (cfr. Gv 5 , 1 - 1 1 ; 7 , 22-23 ; 9, 1 4) 1 3 9 • È vero che nel giudaismo del tempo si dà qual-

1 37 Un giudizio di forte contrasto fra Gesù e la Torah, del resto in linea con un assunto tradizionale, è emesso per esempio da J. Jeremias , E. Kiisemann, M. Hen­ gel, T. Holtz, mentre un punto di vista più irenico su questo confronto è sostenuto da K. Miiller, G. Dautzenberg, E. P. Sanders . Vedi per esempio gli studi raccolti da K. Kertelge, Saggi esegetici su: La Legge nel Nuovo Testamento, Edizioni Pao­ line, Cinisello Balsamo 1 990 (dal tedesco: Freiburg i. B. 1 986) ; e da l. Broer (ed .) Jesus und das jiidische Gesetz, Stuttgart 1 992. 1 3 8 Il loghion è stato studiato soprattutto da M . Hengel, Sequela e carisma, pp. 1 7-36; cfr. anche E . P . Sanders, Gesù e il giudaismo, pp. 324-328, il quale è costret­ to ad ammettere che « almeno una volta Gesù ebbe la volontà di affermare che il seguirlo ha la precedenza sugli obblighi della pietà e della Torah » (328) . 1 39 Va ricordato anche l'àgraphon riportato dal codice D in Le 6,5 (a un uomo che lavorava di sabato Gesù disse: « Se sai ciò che fai, sei beato; ma se non lo sai, sei maledetto e trasgressore della Legge »), il cui senso invece sembra essere un ri­ chiamo a non agire per semplice leggerezza o addirittura per impudenza (cfr . J . Jeremias, Gli agrapha di Gesù, Paideia, Brescia 1 965 , p p . 83-87).

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che caso di trasgressione del sabato 1 40 , come si legge anche nel­ l' antico midrash Mek. Ex. 3 1 , 1 2- 1 4 (« Il dovere di salvare una vita deve farci astenere dalle leggi del sabato »; cfr. Le 1 4 , 5) . Ma il te­ sto tratto dallo stesso midrash e spesso citato (cfr . ib . : « Il sabato è stato dato a voi e non voi siete stati consegnati al sabato »), co­ me se fosse un parallelo a Mc 2,27: (« Il sabato è stato fatto per l'uomo e non l'uomo per il sabato »), in realtà contestualmente si­ gnifica che il sabato va apprezzato come un inestimabile dono di Dio agli uomini (cfr. ib . : « Il sabato possiede una santità simile a quella del mondo futuro ») . Quindi , il minimo che si possa dire è che Gesù adottò nei confronti del sabato una libertà molto mag­ giore di qualunque altro personaggio documentabile; anzi , non sap­ piamo di altri che, nel contesto ordinario della vita settimanale, abbiano avuto in materia una disinvoltura paragonabile alla sua 1 4 1 . 5 . 3 Un caso di contrasto almeno materiale nei confronti della Legge mosaica è quello che riguarda la concessione del divorzio . La Torah su questo punto è chiara: un marito può ripudiare la mo­ glie (cfr . Dt 24, 1 -4) 1 42 • Ma storicamente la situazi(i)ne in Israele è complessa. Da una parte, la prassi normale si colloca su questa stes­ sa linea, come attestano già le due scuole di Shammai e di Hillel , che divergono solo sulla motivazione del divorzio (cfr . m . Ghit. 9, 1 0) . Dall'altra, l' esigenza di un matrimonio indissolubile è atte­ stata a Qumran non una volta sola (cfr . CD 4,20-5 , 5 [con riferi­ mento a Gn 1 , 27] ; e l l QT 57 , 1 7- 1 8) ; in b. Ghit. 90b si leggerà per­ sino che « quando un uomo ripudia la sua prima moglie, anche l' al­ tare versa lacrime per lei » (con riferimento a Mal 2, 1 3 - 1 4). Da parte sua, Gesù si oppone esplicitamente alla prassi del divorzio, come risulta non solo dalla tradizione sinottica (cfr . Mc 1 0 ,2- 1 2 ; 1 40 S i tratta d i due testi , riportati d a K . Miiller ( « Legge e adempimento della Legge nel giudaismo antico », in K. Kertelge, Saggi esegetici, 9-23 , p. 1 3) , tratti da 1 Mac 2, 39-4 1 (combattere contro i nemici anche in giorno di sabato) e da Fl . Giuseppe, Ant. 1 2 ,276-277 (commento positivo della decisione dei Maccabei , con la evidente distinzione tra la T6rah che proibisce e la halakàh che permette : ma è interessante notare che anche questa viene chiamata ugualmente n6mos; cfr. Ant. 14,63). 1 4 1 Quanto al /oghion circa « il figlio dell'uomo signore del sabato » (Mc 2,28), cfr. più avanti : B-5 . 3 . 1 42 A ciò non s i oppone i l fatto che u n papiro aramaico della colonia ebraica di Elefantina (sec. V a.C.) preveda la possibilità anche per la donna di dichiarare il divorzio e che non contempli la necessità di un libello di ripudio (cfr. K. Miiller, « Legge e adempimento della Legge », pp. 1 0- 1 1 ) .

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Mt 19, 3-9 e Mt 5 , 3 1 s ; Le 1 6, 1 8) , ma anche dalla conferma indi­ pendente che ne dà Paolo (cfr . 1 Cor 7 , 1 0- 1 1 ) . Il problema è di sa­ pere se la sua presa di posizione rappresenti una sfida diretta alla Legge mosaica oppure no . Gli autori a questo proposito si dividono 1 43 • Certo non si può negare che Gesù fosse sensibile a un' impostazione piuttosto rigorista, quale si constatava già in am­ bito esseno più che non farisaico 1 44 • Ma, anche se in linea di prin­ cipio ciò nel suo ambiente non doveva suscitare un grande scanda­ lo, bisogna tuttavia valutare bene la sua intenzione . Infatti, non basta dire col Sanders che un rigore più grande di quello richiesto dalla Legge non è di per sé illegale. Per Gesù , a ben vedere, non si tratta soltanto di un rigore maggiore all 'interno di un sistema indiscusso, ma di una vera e propria proibizione positiva: la do­ manda formulata dai farisei in Mc 1 0, 2 (ei éxestin . . , « È leci­ to . . . ? ») ha una connotazione giuridica, la cui risposta implica una vera opposizione al citato testo legale deuteronomico 1 45 • E per fa­ re ciò occorreva un' autocomprensione perlomeno non comune . .

5 . 4 Gesù si oppose anche alla pratica del digiuno , come risulta dalla risposta a un' obiezione rivoltagli dai discepoli del Battista e dei farisei : « Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano , mentre i tuoi discepoli non digiunano? E Gesù disse lo­ ro : "Forse che gli amici dello sposo possono digiunare durante il tempo in cui lo sposo è con loro? " » (Mc 2, 1 8b - 1 9a) 1 46 • Circa il digiuno nel giudaismo ci sono delle testimonianze ben precise 1 47 •

1 43 Nel primo senso , cfr. E. P. Sanders, Gesù e il giudaismo, pp. 329-334; nel secondo senso, cfr. T. Holtz, « lch aber sage euch . Bemerkungen zum Verhliltnis Jesu zur Tora », in l. Broer, Jesus und das judische Gesetz, pp. 1 3 5-145 . 1 44 Cfr. anche P . Sacchi, « Recovering Jesus ' Formative Background », in J . H . Charlesworth, Jesus and the Dead Sea Scrolls, p p . 1 23 - 1 3 9 , p p . 1 32- 1 3 3 . 1 45 Cfr. R . F . Collins, Divorce in the New Testament, Collegeville 1992, p . 94. Non prendiamo qui in considerazione le cosiddette clausole matteane (Mt 5 , 32b ; 1 9 , 9b), su cui vedi C. Marucci, Parole di Gesù sul divorzio, « Aloisiana » 1 6 , Mor­ celliana, Brescia 1 982. 1 46 Circa la gesuanità di questi versetti, a differenza dei vv . 1 9b-20 (che preve­ dono un tempo in cui il digiuno è praticato : cfr . At 1 0,30; 1 3 ,2; Mt 6 , 1 6- 1 8 ; Did 8, 1 ) , vedi R. Pesch, Mc, l, pp. 283s; J. Gnilka, Mk, l, p. I l i . 1 47 Cfr. quello prescritto per lo Yom Kippur (Lev 1 6,29-3 1 ; 23 ,26-29; Nm 29,7) e quello praticato spontaneamente dal giusto (cfr. Ps. Sal . 3 , 9 : « Egli espia col di­ giuno la colpa dell'errore, e si punisce profondamente »), a cui forse appartiene anche il digiuno di Giovanni nel deserto (cfr . Mt 1 1 , 1 8 ; Le 7,33); i farisei digiuna­ no due volte la settimana, il lunedì e il giovedì (cfr . Le 1 8 , 1 2; Did 8 , 1 ; m. Ttfan. 1 ,4-6; 2,9); per Qumran , cfr. CD 6 , 1 9 ; 1 QpAb 1 1 ,8 .

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L' atteggiamento « permissivo » di Gesù è motivato in termini ori­ ginali dalla piena partecipazione a un banchetto nuziale , nel quale Gesù stesso è occasione di una festa che esclude ogni uggioso ri­ piegamento su se stessi . All'orizzonte si intravede il tema del ban­ chetto escatologico , che per natura sua è incompatibile con le pra­ tiche del vecchio mondo (cfr . Is 25 , 6-9) . 5 . 5 Una buona parte della tradizione sinottica su Gesù riguarda il suo atteggiamento critico nei confronti di un caposaldo della re­ ligiosità giudaica: il concetto antitetico di puro-impuro . Nella so­ cietà in cui egli vive, determinati oggetti, azioni, persone, animali , sono ritenuti capaci di contaminare l' uomo che ne viene a contat­ to, impedendogli la comunione con la divinità; di qui la necessità di sottoporsi a varie purificazioni mediante l'acqua (lavaggi , asper­ sioni , immersioni) o mediante un sacrificio 1 48 • La casistica in ma­ teria si trova già presente nell'Antico Testamento, dove essa riguar­ da in particolare i tre ambiti della nascita (e della donna: cfr. Lev 1 2 ,2-5), della morte (cfr . Nm 1 9, 1 1 . 1 4- 1 5) , e della sessualità (cfr . Lev 1 5 , 1 8 ; 1 Sam 2 1 ,5), ma viene poi ampiamente sviluppata nel rabbinismo 1 49 , con elementi che ci riportano sicuramente al seco­ lo I e quindi al tempo di Gesù . È appunto nel campo minato del puro e dell'impuro che Gesù procede con somma disinvoltura, tanto da sconfinare nella spre­ giudicatezza . La sfera in cui egli dimostra la propria libertà è pri­ mariamente quella dei rapporti con le persone (solo indirettamen­ te quella degli oggetti e degli animali). Di queste persone vengono documentate sei categorie diverse, di cui diamo qui i principali testi della legislazione giudaica : i lebbrosi (cfr . Lev 1 3 ,45-46; e m.Neg. 3 , 1 ; 1 3 ,7), le donne mestruate (cfr. Lev 1 5 ,25-27 ; e m . Zav. 5 , 6) , i cadaveri (cfr. Nm 1 9 , 1 1 - 1 6 ; e m. Oha/. 1 , 2-4) , i pagani (cfr . m.A .Z. 1 , 1 ; 4,9; una categoria particolare sono i samaritani : cfr. m.Nid. 4, 1 ; 7 , 5 ; m.Hul. 2,7), i pubblicani-gabellieri (cfr. m. Tahor. 1 , 5 ; m.Ned. 3 ,4) , e l e prostitute (cfr. Lev 1 9,29; D t 23 , 1 8- 1 9; e poi Ger 3 ,2-3 ;

1 48 Sulle origini, gli sviluppi, e le componenti del concetto di puro-impuro in Israele, cfr. P . Sacchi, Storia del Secondo Tempio, pp. 41 5-45 3 : e W . Paschen , Rein und Unrein. Untersuchung zur biblischen Wortgeschichte, SANT 24, Miinchen 1 970. 1 49 La Mishnàh dedica all' argomento ben dodici trattati (tutto l' ordine VI: Ta­ horot, « le purità » [ma in realtà si tratta solo delle impurità]), in cui tra l' altro si individuano fino a una serie di 32 oggetti capaci di trasmettere la propria impuri­ tà « originale » (cioè, non acquisita) a persone o cose, secondo vari gradi di conta­ minazione (cfr . in particolare il trattato Yadafm , « mani »).

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5 , 7 ; Ez 16 e 23) . Per ciascuna di queste categorie la tradizione evangeli­ ci ha conservato dei racconti e dei detti, i quali dimostrano l ' assolu­ ta noncuranza di Gesù nei confronti delle relative prescrizioni , che met­ tono in guardia dal solo toccare le persone in questione e comunque dal frequentarle e mangiare con loro . Per i lebbrosi, siamo informati con due incontri , in cui egli li tocca (cfr . Mc 1 , 40-45 ; Le 1 7 , 1 2- 1 4) ; per le mestruate , abbiamo il racconto dell ' emorroissa (cfr. Mc 5 , 25-34; Mt 9,20-22; Le 8,43-48) ; per i cadaveri , disponiamo di almeno due casi (cfr . la figlia di Giairo in Mc 5 , 3 5-43 ; Mt 9, 1 8- 1 9 . 23-25 ; Le 8,49-55; e il fi­ glio di una vedova di Nain in Le 7 , 1 1 - 1 5) ; per i pagani , vedi l ' incontro con la donna siro-fenicia (cfr. Mc 7 , 24-30; Mt 1 5 , 2 1 -28) e quello con il centurione di Cafarnao (cfr . Mt 8 , 5- 1 3 ; Le 7 , 1 - 1 0; Gv 4,46-5 3 ) , en­ trambi ampiamente lodati ; per i samaritani , possiamo fare riferimento a un lebbroso riconoscente (cfr . Le 1 7 , 1 5- 1 8) , al protagonista di una delle più celebri parabole (cfr. Le 1 0,29-37), e all ' incontro con una donna a Sichem (cfr . Gv 4, 1 -42) ; per i pubblicani-gabellieri , disponiamo di di­ versi testi (cfr . Mc 2, 1 5- 1 7 ; Mt 9 , 1 0- 1 3 ; Le 5 , 29-32; e, oltre l ' accusa che leggiamo in Mt 1 1 , 1 9; Le 7,34 [« Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori »] , abbiamo il celebre /oghion di Mt 2 1 ,3 1 : « In verità vi dico : I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel re­ gno di Dio »); infine, quanto alle prostitute, oltre al detto appena cita­ to, abbiamo il racconto paradigmatico sul perdono della peccatrice (in Le 7 , 3 6-50) . ca

Come si vede, il materiale è abbondante , e al di là di esso non si può non scorgere netta la personalità di un uomo libero che va controcorrente, e comunque tutt' altro che settario 1 50 • La motiva­ zione più superficiale di questo inusuale atteggiamento consiste sem­ plicemente nella volontà di affrancare l' uomo da ogni sfruttamen­ to e umiliazione , che ne mortifichi la dignità (cfr . Le 1 9 , 9 a propo­ sito di Zaccheo : « Forse che anch'egli non è figlio di Abramo? ») . Ma la motivazione più profonda sta nell' agire in nome e per conto di Dio stesso : la preferenza accordata agli impuri e ai peccatori in genere (cfr . sotto) dice da sola che Gesù è portatore della generosa misericordia di Dio e in qualche modo la incarna in se stesso per 1 50 La non settarietà e l' amore per l' uomo, propri di Gesù , si vedono in parti­ colare nel suo rapporto con i minorati fisici ; a fronte della loro accoglienza, con molte storie di guarigione, vedi invece le norme vigenti a Qumràn : « Chiunque sia colpito da una qualsiasi impurità umana, non entrerà nella congregazione di Dio . ( . . . ) Chiunque è colpito nella sua carne, paralizzato ai piedi o alle mani, zoppo o cieco o sordo o muto, colui che è colpito nella sua carne da una tara visibile agli occhi, o un uomo vecchio, vacillante, da non potere reggere in mezzo all'assem­ blea, costoro non entreranno a partecipare in seno all 'assemblea dei notabili, giac­ ché angeli santi sono nella loro assemblea )) ( l QSa 2 , 3 -9; trad . L. Moraldi).

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chi ne ha più bisogno . In Gesù è Dio stesso che sta dalla parte , non solo degli umili , ma anche degli umiliati . La redazione lucana delle parabole della misericordia (cfr. Le 1 5 ,4-32: la pecora, la drac­ ma, e il figlio, tutti e tre perduti e ritrovati) metterà bene in luce proprio questo dato; Gesù le racconta per giustificare se stesso di fronte agli scribi e ai farisei , i quali mormorano scandalizzati al vedere che egli « accoglie i peccatori e mangia con loro >> ( 1 5 , 1 -2) : ma è proprio nel suo personale comportamento che Dio stesso si rivela come colui che va magnanimamente incontro a chi è sprez­ zantemente segnato a dito . 5 . 6 Altri esempi . La tradizione sinottica ci ha conservato anche due casi di opposizione da parte di Gesù a due precise prescrizioni riguardanti direttamente non persone, ma cose materiali . L'una concerne l' istituto del qorbàn (lett . « ciò che viene offerto »), se­ condo cui qualsiasi cosa fosse offerta a Dio assumeva carattere di sacralità e perciò non poteva più essere destinata a scopi profani 1 5 1 • La prassi è esplicitamente documentata nella Mishnàh (cfr . m.Ned. 1 ,2-3) 1 5 2 • Ciò che importa notare è che in questo modo si subordina il diritto dell 'uomo a un preteso !iliritto di Dio, sicché in nome di Dio si può contravvenire ai più elementari dove­ ri della giustizia. Contro una tale distorsione si era già pronuncia­ ta la comunità degli esseni : « Nessuno consacri il cibo della sua boc­ ca » (CD 1 6, 1 4- 1 5 ; traduzione alternativa: « Non si deve dichiara­ re sacro il cibo del proprio dipendente »), perché si tratta di cosa necessaria alla vita . Gesù ha affrontato un caso molto concreto : quello dell 'omissione dei doveri filiali nell' assistenza ai genitori , compiuta ap p unto in nome del qorbàn (cfr . Mc 7 , 8 - 1 3). La con­ danna è netta: « Voi abbandonate il comandamento di Dio (cioè , il quarto) e osservate la tradizione degli uomini . . . E di simili cose ne fate molte ! » (Mc 7 , 8 . 1 3). Evidentemente Gesù in questo caso si oppone direttamente, non alla Tòrah (che anzi sembra voler ri­ stabilire nella sua purezza) , ma a una precisa halakàh ; tuttavia, a

1 5 1 Cfr. K. H . Rengstorf, Kop�àv, GLNT V, pp. 857-874. In negativo , cfr. il caso dei denari rigettati da Giuda dopo il tradimento di Gesù: i sacerdoti non li giudicano adatti ad essere utilizzati come qorbàn, perché erano « prezzo di san­ gue » (M t 27 ,6) . 1 5 2 In più, esistono due iscrizioni aramaiche palestinesi del sec. 1 : cfr. J .A. Fitz­ myer, « Methodology in the Study of the Aramaic Substratum of Jesus' Sayings in the New Testament », in J. Dupont (ed .), Jésus aux origines de la christologie, 73- 102, pp. 89s .

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parte il fatto della originalità di Gesù in materia 1 5 3 , va detto che le ha/ak6t nell 'estimazione comune non erano altro che un' attua­ lizzazione della Torah stessa 1 54 • Sicché il comportamento di Ge­ sù non poteva che essere ritenuto almeno disturbatore . Un' altra prescrizione contraddetta da Gesù è quella che riguar­ da in generale il collegamento della purità dell'uomo a tutta una serie di cose (cibi compresi : cfr. Lev 1 1 ) , che lo riguardano dall 'e­ sterno . Egli invece la restringe alla sua sola sfera interiore: « Non c'è nulla al di fuori dell' uomo che entrando in lui lo possa conta­ minare , ma sono le cose che escono dall 'uomo che contaminano l'uomo » (Mc 7 , 1 5 l Mt 1 5 , 1 1 ) . L ' annotazione redazionale di Mc, « e così dichiarava puri tutti gli alimenti » (7 , 1 9) , rappresenta for­ se una rilettura attualizzante della parola di Gesù all'interno di una comunità già libera dalle prescrizioni alimentari ; essa però all'ori­ gine poteva avere una portata più vasta e generica. Resta infatti il problema di sapere come mai la Chiesa postpasquale dovrà di­ battere con tanta incertezza la questione della purità degli alimen­ ti (cfr . Gal 2 , 1 1 - 1 4; At 1 0 , 9-23 ; 1 5 , 1 9) : ciò sarebbe stato super­ fluo , se fosse stata a conoscenza di una parola di Gesù tanto risolutoria 1 55 • Ma questo non significa negare l' autenticità del loghion 1 5 6 • È sufficiente pensare che il senso generale della frase fosse originariamente solo questo : « Voi siete così preoccupati della purità rituale che dimenticate la purità morale » 1 57 • In ogni caso , 1 53 Anche nella Mishnàh si troverà una sentenza di R. Eliezer, condivisa dai mae­ stri (in m.Ned. 9, 1 ; cfr. 5 , 6; 1 1 ,4), secondo cui quando si tratta del rapporto con i genitori un voto di offerta a Dio può essere sciolto per l'onore dovuto al padre e alla madre . Ma va osservato che R. Eliezer ben Hyrkanos è posteriore a Gesù di Nazaret di un paio di generazioni (fu dapprima membro del sinedrio di Jamnia, poi scomunicato per supposta eresia, minilt, e infine reintegrato) . 1 54 Cfr. m. A bot. 1 , 1 ; b. Ber. 5a; e l' accenno fatto sopra a Fl . Giuseppe, Ant. 14,63 , secondo cui la prassi consentita di violare il sabato era essa stessa qualificata come n6mos. In effetti, « il Gesù storico aveva un comportamento che era insieme anti-halakàh e an ti- Torah » (J . Lambrecht, Jesus an d the Law. An Investigation of Mk 7, 1-21, ETL 53 [ 1 977] 26-79, p. 77). 1 55 Cfr. la posizione del problema in H. Raisanen (« Zur Herkunft von Markus 7 , 1 5 »; « Jesus and the Food Laws : Reflections on Mark 7, 1 5 » : in Id . , The Torah and Christ. Essays in German and English on the Problem oj the Law in Early Chri­ stianity, Helsinki 1986, pp. 209-21 8 e 2 1 9-24 1 ) , che attribuisce la formulazione di Mc 7 , 1 5 all 'influenza della missione postpasquale tra i gentili ; così E . P . Sanders, Gesù e il giudaismo, p. 343 . ! 56 Esso infatti regge splendidamente alla prova del criterio della doppia diffor­ mità: sia nei confronti del giudaismo contemporaneo, sia nei confronti della Chie­ sa primitiva! 1 57 Cfr. M . D . Hooker, Mc, 1 79. Anche J . D . G . Dunn, « Jesus and Ritual Puri­ ty. A Study of the Tradition History of Mk 7 , 1 5 », in: À cause de l'évangile. Étu­ des sur /es Synoptiques et /es Actes, offerts au P. Jacques Dupont, LD 123, Paris

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si vede bene che Gesù riconduce il discorso sulla purità al di là del­ le prescrizioni legali e lo riporta all' interno dell 'uomo e alle sue ra­ dici etiche, come a dire che solo il peccato può realmente con­ taminare 1 5 8 • Egli dimostra così un 'autorità tale da distanziarlo enormemente dagli scribi del tempo , che si accontentavano di di­ scutere il senso delle disposizioni della T6rah 1 59 , e da accostarlo piuttosto alla tradizione profetica classica (cfr . Os 6,6 [citato in Mt 9, 1 3 ; 1 2 , 7] : « Voglio la misericordia e non il sacrificio »). 5 . 7 Valutazione generale . L' atteggiamento di Gesù nei confron­ ti della Legge è quello di chi si preoccupa più dei suoi trasgressori che della trasgressione in se stessa, più dei peccatori che del pecca­ to : cioè, la presunta impurità contratta o il presunto peccato com­ messo non sono tali , né da far sì che Gesù condanni i peccatori e tantomeno da distanziarlo neanche da un rapporto fisico con essi 1 60 • Il detto « Non sono venuto a chiamare i giusti ma i pec­ catori » (Mc 2 , 1 7b ; Mt 9, 1 3 b ; Le 5 , 32) , rafforzato dal paragone col medico di cui hanno bisogno non i sani ma i malati (ib. ) , è il manifesto dell'abituale comportamento di Gesù nei confronti di 1 985, pp. 25 1 -276, ritiene che il loghion abbia preso la sua forma e il suo senso attuali nel corso della sua trasmissione . Analogamente E. Cuvillier, Tradition et rédaction en Mare 7:1-23 , NT 34 ( 1 992) 1 69- 1 92, vede in Mc 7 , 1 5 un detto di Gesù, su cui si sviluppò poi una riflessione più ampia. 1 5 8 Una posizione analoga è quella del quasi contemporaneo R. Hanina ben Do­ sa, che un giorno, essendo stato morso da un serpente (animale impuro ! ) , esclamò: « Non è il serpente che uccide, ma il peccato » (b. Ber. 33a; cfr. P. Sacchi , Recove­ ring Jesus ' Formative Background, 1 29- 1 3 1); del resto , nella Mishnàh si dice che nulla deve disturbare chi si concentra nella preghiera: « Anche se un serpente gli si attorciglia alle caviglie, non interrompe la sua preghiera » (m. Ber. 5 , 1 ; cfr. G. Vermes , Gesù l'ebreo, pp. 85-86) . 1 59 La distanza tra Gesù e gli scribi è stata ben studiata da S. Westerholm, Je­ sus and Scribal A uthority, CB NTS I O, Lund 1 978 (specie Parte II). Da parte sua G. Salyer, Rhetoric, Purity, and Play: Aspects of Mark 7:1-23, Semeia 64 ( 1 993) 1 3 9- 1 69, sottolinea il fatto che Gesù e i suoi discepoli vivevano ai margini del siste­ ma corrente di purità. 160 Ecco invece ciò che prescriveva la Regola della comunità di Qumran per i suoi membri : « Ognuno di loro , che trasgredisca una parola della legge di Mosè di proposito o per lassismo, sarà espulso dal consiglio della comunità e non farà più ritorno ; nessuno degli uomini di santità si mescoli ai suoi beni o al suo consi­ glio in nessun caso . Ma se agì per disattenzione, sia separato dal puro cibo e dal consiglio e venga presa in considerazione la seguente norma: "Non giudichi nessu­ no e non gli si chieda alcun consiglio per due anni interi" , se si dà il caso che il suo comportamento è perfetto allora tornerà » ( 1 QS 8,21 -27; trad . C. Martone) . In proposito, cfr. J.D.G. Dunn, Jesus, Table-Fellowship, and Qumran, in J . H . Char­ lesworth (a cura), Jesus and the Dead Sea Scrolls, pp. 254-272, che sottolinea il contrasto forse voluto da Le 14, 1 3 .21 , dove al contrario Gesù chiede che a un ban­ chetto si invitino « poveri, storpi , zoppi , ciechi » .

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tutti coloro che sono segnati a dito dalla società come marchiati da infamia rituale o morale . Il vero scandalo suscitato concreta­ mente da Gesù è proprio questo : « I farisei e gli scribi mormorava­ no : "Costui riceve i peccatori e mangia con loro " » (Le 1 5 ,2). An­ che se non si può escludere che una formula del tipo « Sono venu­ to . . . )) sia già condizionata dalla cristologia della Chiesa primiti­ va, tuttavia è improbabile che sia stata la Chiesa ad aver creato l' accusa che Gesù si associasse ai peccatori 1 6 1 • Il comportamento e i detti di Gesù in materia hanno un colorito giudaico-palestinese del tutto tipico : la polemica con i farisei sulla frequentazione dei peccatori ci riporta indubbiamente al Gesù terreno . Orbene, si può anche concedere che non bisogna confondere i peccatori , cioè i veri trasgressori della T6rah (per esempio gli usu­ rai, gli adulteri , i violenti ecc .) 1 62 , con i semplici ignoranti della T6rah che non praticavano le norme di purità e trascuravano il pa­ gamento delle decime (detti nella tradizione rabbinica camme ha­ 'aretz, lett . « popoli della terra » , cioè « gente comune ») general­ mente evitati se non disprezzati dai circoli farisaici 163 • Ma Gesù di fatto si comporta con pari libertà nei confronti di entrambe le ca­ tegorie . Tuttavia va riconosciuto che, se la sua frequentazione de­ gli camme ha- 'aretz da sola non poteva destare una vera opposi­ zione , l'accoglienza dei peccatori invece non poteva che suscitare la reazione scandalizzata degli « ortodossi )) benpensanti . Infatti vi 1 6 1 Cfr. E. P. Sanders, Gesù e il giudaismo, pp. 226-228, che è fortemente mi­ nimalista su questo materiale (compreso il « Sondergut » lucano della parabola del fariseo e del pubblicano [cfr. Le 1 8 , 9- 1 4] , della storia di Zaccheo [cfr. 1 9 , 1 - 1 0] , della conclusione della parabola sulla pecora smarrita [cfr. 1 5 , 7] , e d i altri passi), con appoggio a P. Fiedler, Jesus und die Siinder, Frankfurt a. M . 1 976. 1 62 L' aggettivo hamartol6s, « peccatore » , usato nei vangeli, nel greco dei LXX traduce generalmente l'ebraico riisiJC, « malvagio , empio », e indica generalmente il nemico di Dio, colui che si pone al di fuori della logica dei comandamenti come espressione del Patto di alleanza e perciò minaccia anche la vita del popolo e so­ prattutto del « povero >> (cfr. Sal 140,5 : « Proteggimi, Signore, dalle mani degli empi, salvami dall'uomo violento »). Secondo la posteriore riflessione, le trasgressioni dei peccatori possono riguardare sia i rapporti con Dio sia i rapporti con gli uomini : da esse si può ottenere il perdono o mediante il pentimento o mediante il sacrificio (ma lo Yom Kippur espia solo le prime, mentre le seconde richiedono la riconcilia­ zione con l'offeso: cfr . m. Yom . 8 , 9) . 1 63 S u questo punto, vedi la netta presa d i posizione d i E . P . Sanders, Gesù e il giudaismo, pp. 226-276 (che distingue chiaramente le due categorie), contro J. Jeremias, La predicazione di Gesù, pp. 1 30- 1 44 (che invece le confonde, come fan­ no molti altri autori) . La distinzione di Sanders è però negata da J . D . G. Dunn, Jesus, Table-Fel/o wship, and Qumran , pp. 258-260; e da G. Segalla, Gesù, profeta escatologico, pp. 99- 1 00 . Vedi anche A . Oppenheimer, The 'A m ha-Aretz. A Stu­ dy in the Social History of the Jewish People in the Hellenistic-Roman Period, ALGHJ 8, Leiden 1 977 .

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si poteva scorgere una patente contravvenzione per esempio a que­ sto ideale salmico : « Beato l'uomo che ( . . . ) non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti » (Sal l , 1 ) . In più, quella di Gesù è un' accoglienza che prescinde dal richiamo a convertirsi alla Torah ; egli infatti non invita i peccatori a percor­ rere le tradizionali vie di riconciliazione con Dio , quali erano il pen­ timento personale e il sacrificio cultuale. Qui stanno propriamente la novità e lo scandalo : ciò che conta per Gesù non è la predicazio­ ne del pentimento ai peccatori , in modo cioè da reintegrarli sem­ plicemente nel sistema giudaico del Patto , alla maniera profetica (cfr . per esempio Ger 2, 1 -4,4) 1 64 ; per lui invece è decisiva la loro semplice ammissione alla propria comunione : il condividere la lo­ ro mensa significa per lui non solo porsi sul loro piano di reietti , ma soprattutto associarli indirettamente alla mensa escatologica del­ la grazia, di cui egli stesso è il portatore 1 65 • Il fatto è che Gesù ri­ definisce il concetto di peccato e di peccatore . Il primo non è più misurato in relazione alla Torah come rottura del Patto , ma in rap­ porto diretto e personale con Dio stesso sulla base di nessun' altra purità che non sia solo quella del cuore . Ne consegue che il pecca­ tore è considerato non più come escluso dall' ambiio della salvez­ za, ma come invitato al regno di Dio mediante l'offerta anticipata del perdono 1 66 • 1 64 Semmai il pentimento da lui richiesto è funzionale all'ingresso nel regno di Dio (cfr . Mc 1 , 1 5 : « Pentitevi e credete nell' evangelo ») e consiste non in un ritor­ no alla Torah ma in un protendersi fiduciosamente come un bambino (cfr. Mc 10, 1 5 : « A chi è come loro appartiene i l regno d i Dio » ) verso l a nuova offerta della mise­ ricordia di Dio, anche se (anzi, proprio perché) questa rompe i consolidati schemi della pietà tradizionale. Esso perciò ha una originale valenza escatologica (poiché non si colloca nella logica dell 'alleanza sinaitica, ma la supera) e insieme cristologi­ ca (poiché è collegato con l' adesione a Gesù stesso e alla sua parola) . Sul valore del pentimento per il giudaismo e per Gesù, cfr. R. Penna, Pentimento e conver­ sione nelle lettere di san Paolo: la loro scarsa rilevanza soteriologica confrontata con la sfondo religioso, in Id, a cura, Vangelo, religioni, cultura. Miscellanea di studi in memoria di mons. P. Rossano, San Paolo, Cinisello Balsamo 1 993, pp. 57- 1 03 , qui 70-86. 1 65 Altra cosa è chiedersi quale valore avesse per Gesù e per i suoi contempora­ nei la remissione dei peccati da lui offerta (per esempio nella pericope del paraliti­ co : Mc 2, 1 - 1 2), dato che pure nel giudaismo del tempo esisteva la possibilità di un simile perdono anche al di fuori di una prassi cultuale, soprattutto mediante il pen­ timento e altre buone azioni come il digiuno (cfr . I. Broer, Jesus und das Gesetz. Anmerkungen zur Geschichte des Problems und zur Frage der Siindenvergebung durch den historischen Jesus, in Id. (ed .), Jesus und dasjiidische Gesetz, pp . 6 1 - 1 04) . Resta vero , tuttavia, che nel giudaismo n o n s i dice mai che s i a i l Messia a perdona­ re i peccati (cfr. P. Fiedler, Jesus und die Siinder, p. 95) . 1 66 Cfr. G. Segalla, La « terza ricerca » del Gesù storico , pp. 32-3 5 ; « è infatti questa la grande novità di Gesù nell' ambiente giudaico : al regno di Dio da lui pre-

ATTEGGIAMENTO VERSO LA LEGGE E I SUOI TRASGRESSORI

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Dunque, Gesù non si presenta esplicitamente come un intolle­ rante sovvertitore dell' ordine costituito , tanto che osserva anche come normali alcune usanze che non hanno un vero fondamento biblico 167 • Un patente invito a non osservare più la Legge non si trova mai sulle sue labbra. Ma, in base ai non pochi esempi addot­ ti , possiamo anche dire che egli non considerò la codificazione mo­ saica come definitiva o assolutamente vincolante 168 • In merito ci sono almeno due osservazioni da fare. L' una è che non bisogna isolare la sua posizione critica verso la Legge dall' insieme del suo ministero : proprio perché non esiste una sua precisa presa di posi­ zione teorica sulla validità-invalidità della Legge , il suo pensiero in materia andrà ricavato dal comportamento vissuto nelle diverse occasioni offertegli dagli incontri e dalla prassi religiosa; e non c'è dubbio allora che Gesù si comportò con ampia libertà 169 • L' altra osservazione, conseguente alla precedente e risultante dalla lettura globale dei testi , è che l' elemento dirompente non sta nel con tenudicato e portato sono invitati tutti, giusti e peccatori ; nessuna categoria sociale è esclusa per una previa squalifica socio-religiosa. ( . . . ) La comunità di mensa con i pubblicani e peccatori è in netto contrasto con le haburot farisaiche e la comunità di Qumran » (ib . 34) . 167 Così è per il culto sinagogale del sabato (non esplicitato nella Tenak), la tas­ sa per il Tempio (di introduzione non antica), la benedizione prima dei pasti (cfr. Mc 6,41 ), i dettagli del séder pasquale (nell'ultima cena); cfr. S. Westerholm, Jesus and Scribal Authority, p. 1 26. 168 Ciò è ammesso anche da E . P . Sanders, Gesù e il giudaismo, p. 345 . Si può anche accettare in linea di massima ciò che scrive questo autore, secondo cui nulla di quanto detto e compiuto da Gesù a proposito della Legge condusse i suoi disce­ poli, dopo la sua morte, a non osservare la Legge (ib . ) ; le prime comunità giudeo­ cristiane, infatti, sono segno di una continuità con il giudaismo nella valutazione della Torah . Ma ci si può chiedere se queste comumità rappresentino anche una continuità con il Gesù terreno oppure se esse testimonino invece una infedeltà nei suoi confronti e quindi una ricaduta a prima di Gesù (cfr. L . Schenke, Die Urge­ meinde. Geschichtliche und theologische Entwicklung, Stuttgart-Berlin-Koln 1 990, pp. 1 63- 1 64; e in particolare U . B . Miiller, Zur Rezeption Gesetzeskritischer Jesus­ uberlieferung im fruhen Christentum , NTS 27 [ 1 980-8 1 ] 1 58 - 1 8 5 , secondo cui i giudeo-cristiani persero la premessa escatologica che agiva in Gesù, mentre gli elle­ nisti entrarono a contatto con la tradizione gesuana solo mediante la Pasqua e il dono dello Spirito, il quale operò in loro al posto dell' autorità delle parole del Ge­ sù terreno) . Certo è che la critica mossa al Tempio da Stefano e compagni (cfr. At 6-7) sta sulla linea di un'analoga critica già condotta da Gesù (cfr . sopra) ; quin­ di, come non pensare che anche la loro critica alla Legge, con la quale essi si diffe­ renziavano dalla comunità giudeo cristiana di Gerusalemme (tanto che la persecu­ zione di cui in At 8 , 1 interessò soltanto loro), non fosse altrettanto fondata sul pre­ cedente esempio di Gesù? (cfr. H. Raisanen, The « Hel/enists » - A Bridge between Jesus and Pau/?, in Id . , The Torah and Christ, pp. 242-306) . 169 C'è persino chi ipotizza che Gesù non si sia pienamente reso conto delle con­ seguenze, che potevano derivare dal suo comportamento e insegnamento consci (cfr. J . Lambrecht, Jesus and the Law, p. 78).

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to delle sue affermazioni o nel dettaglio dei suoi comportamenti , ma nel presupposto ad essi tacitamente soggiacente 1 70 • Gesù riven­ dica nei fatti un'autorità che lo pone inevitabilmente al di sopra della Legge . Egli sa di essere messaggero di Dio e del suo disegno escatologico, non della Legge 1 7 1 • Infatti Gesù non intende propor­ re una nuova Legge, ma invita Israele ad accogliere « ingenuamen­ te » il regno di Dio . Ciò suppone da parte sua una specialissima esperienza di Dio e della concezione della sua regalità (cfr . sotto) , la quale non poteva che relativizzare almeno in parte un dato pur tanto centrale per il giudaismo come la Legge. Questa non solo era legata ad appesantimenti e distorsioni interpretative di tipo hala­ kico , ma apparteneva essa stessa all'orizzonte di « questo eone » destinato ad essere superato appunto mediante una nuova irruzio­ ne della signorìa di Dio 1 72 • La coscienza di questo inaudito supe­ ramento (cfr . Mc 1 , 1 5 : « Il tempo è compiuto . . . )) ; Mt 2 1 , 3 1 : « I pubblicani e le prostitute vi precederanno nel regno di Dio ))) ca­ ratterizza appunto Gesù di Nazaret e lo contraddistingue in ma­ niera tipica, aprendo uno squarcio sul suo mistero .

1 70 Cfr . V. Fusco , Gesù e la Legge, RassTeol 30 ( 1 989) 528-538, p. 536. 1 7 1 Da un autorevole punto di vista ebraico, lo ha capito e detto molto bene an­

che J. Neusner, A Rabbi Talks with Jesus: Intermillennial, Interjaith Exchange, New York-London 1 993 , il quale vede in Gesù una carenza di Legge e perciò non intende seguirlo : « Gesù si rivolge non all' Israele eterno, ma a un gruppo di disce­ poli . ( . . . ) Noi , Israele eterno, abbiamo bisogno di T6rah che ci dica ciò che Dio vuole da noi . Ma Gesù ha parlato solo su come io, nel mio particolare, posso realizzare ciò che Dio vuole da me. ( . . . ) Sono disturbato non tanto dal messaggio quanto lo sono invece dal messaggero . ( . . . ) Ci troviamo nella difficoltà di dare un senso, all'interno della T6rah, a un maestro che sta a parte, forse al di sopra della Torah . ( . . . ) Ci rendiamo conto che in discussione c'è la figura di Gesù , e nient'affatto un insegnamento. ( . . . ) Avrei detto ai suoi discepoli: "Se vengo con voi, abbandono Dio " . ( . . . ) No, se io fossi stato là, non mi sarei unito a quei discepoli per seguire il Maestro . Sarei tornato indietro, alla mia famiglia e al mio villaggio . . . )) (28 .29.30.3 I . 3 5 . 36) . 1 72 Storicamente ciò chiama in causa le componenti apocalittiche (e non solo fa­ risaiche) dell'insegnamento di Gesù. È vero che secondo la successiva letteratura rabbinica la Legge non è destinata a scomparire nel tempo escatologico, ma solo ad essere maggiormente compresa e tutt'alpiù parzialmente ritoccata (cfr . P. Scha­ fer, Die Torah der messianischen Zeit, ZNW 65 (1 974) 27-42) . Ma già a Qumran l'osservanza della Legge, pur richiesta in termini rigoristici, da sola non basta af­ fatto per la giustificazione, se non si entra a far parte della comunità della « nuova alleanza )), la quale soltanto si dimostra perciò come il vero fattore decisivo per la salvezza escatologica (cfr . per esempio E . J . Schnabel, La w and Wisdom from Ben Sira to Pau/. A Tradition Historical Enquiry into the Relation of Law, Wisdom, and Ethics, WUNT 2 . 1 6, Tiibingen 1 985, p. 1 89) . Evidentemente il caso di Gesù rappresenta ancora un'altra modalità, del tutto originale, all'interno dello sfaccettato giudaismo del tempo.

B. PORTATA CRISTOLOGICA DELLE P ARO LE DI GESÙ

Se il comportamento di una persona è già di per sé sufficiente­ mente significante, tanto più lo saranno le sue parole 1 73 • Sono esse infatti che normalmente rivelano l'identità di un uomo , soprattut­ to se questi se ne serve per parlare di se stesso . Tuttavia, come ve­ dremo, non è molto frequente il caso in cui il Gesù terreno parla di sé alla prima persona singolare 1 74 • Egli comunque non ha solo agito, ma ha parlato : non a vanvera, ma perché aveva davvero qual­ cosa da dire ; e le cose dette lasciano inevitabilmente intravedere qualcosa di inaudito non solo su argomenti altri da sé, ma anche sulla propria persona. Del resto , già nella precedente sezione ab­ biamo visto che il comportamento di Gesù non è stato muto ! Le sue azioni sono normalmente spiegate da dichiarazioni , che ne ri­ velano il senso. Ma ora c' interessiamo di parole soltanto, sia pure eventualmente inserite in una breve cornice narrativa: anche da sole esse possono rivelare una carica di senso straordinaria. Ancora una volta va ribadito che, se non disponiamo matematicamente delle « ipsissima verba Jesu » , possiamo tuttavia conoscere con sicurez­ za almeno la « ipsissima intentio Jesu » ; ed è ciò che basta per con­ figurarci la sua cristologia. Del resto , siamo informati che fin dal­ l' inizio del suo ministero pubblico, secondo la tradizione raccolta da Marco, la gente resta stupita del fatto che egli propone « un in­ segnamento nuovo dato con autorità » (Mc 1 ,27 ; cfr. Mt 7,29) ; ed è uno stupore che riguarda non soltanto l' oggetto dell'insegnamen1 73 Nella filosofia di M. Heidegger la parola come culmine del linguaggio è ad­ dirittura « la casa dell'essere », nel senso che nessuna cosa esiste pienamente dove manca la parola, almeno in quanto l'esistenza implica una relazione (cfr . G . Mura, Ermeneutica e verità. Storia e problemi della filosofia dell'interpretazione, Città Nuova, Roma 1 990, pp. 225-227) . 1 74 « Egli fa scomparire la sua persona dietro il regno di Dio, ma egli ha ugual­ mente coscienza di un oggi decisivo per gli uomini che ascoltano il suo annuncio ( . . . ) Gesù parlava e agiva in modo da lasciarsi indovinare, come se volesse provo­ care la scelta decisiva di fronte al messaggio che annunciava e di fronte alla realtà della sua missione >> (P. Grelot, Le parole di Gesù Cristo, in A. George - P. Grelot (edd .), Introduzione al Nuovo Testamento, vol . 5, Boria, Roma 1 988 [orig. frane. Paris 1 986] , pp. 22.23s).

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to, ma prima ancora colui che lo imparte . Sicché la novità e l'au­ torità di questa didaché investono direttamente l'identità di colui che la offre . Naturalmente sarà inevitabile operare una selezione del materiale orientata al nostro scopo . Come abbiamo fatto sopra, anche qui esaminiamo una serie di detti o gruppi di detti che, seguendo una linea grosso modo crescente , ci portano a documentare lo spessore sempre più consistente della cristologia di Gesù.

l. L ' amore per i nemici

Già a semplice livello sociologico dobbiamo constatare che il mo­ vimento di Gesù non ha alcun carattere aggressivo . « Entro l ' arco dei movimenti giudaici di rinnovamento, quello di Gesù si situa nella linea del partito della pace » 1 75 • Lo si può vedere da vari indizi . Gesù legittima il versamento delle imposte ai romani (cfr . Mc 1 2 , 1 3 - 1 7) , fraternizza con i pubblicani-gabellieri che erano consi­ derati dei collaborazionisti col potere occupante (cfr. Mc 2, 1 5 ; ecc.), esprime giudizi positivi su dei militari pagani (cfr . Mt 8 , 5- 1 3 : il cen­ turione di Cafarnao ), e giunge al punto di ammettere tra i suoi di­ scepoli due figure tanto opposte quanto un pubblicano e uno zelo­ ta (cfr . rispettivamente Mt 10,3 : Matteo; Le 6, 1 5 : Simone) 1 76 • Il testo che c'interessa è conservato nella fonte Q : « A voi che ascoltate dico : Amate i vostri nemici; fate del bene a quelli che vi 1 75 G. Theissen, Gesù e il suo movimento , p. 89; l' autore si pone giustamente contro tutte le tendenze ermeneutiche degli anni '70, che cercavano di vedere in Gesù un capopopolo violento o comunque politicamente connotato. Vedi anche i diversi contributi sul tema in W. M. Swartley, (a cura di), The Love of Enemy and Nonretaliation in the New Testament, Louisville KY 1 992. 1 76 La qualifica di questa seconda figura fa problema: mentre Lc-At definisco­ no Simone come ze/6tes, Mt-Mc lo designano come kananafos; ora, è probabile che il termine matteano-marciano sia un semplice calco dell' aramaico qanna 'y o qan 'an, « zelante » (cfr. U. Luz, Mt I l , p . 84) e che quindi esso coincida semplice­ mente con il senso del termine lucano; ma il problema si sposta allora sul senso da dare a questo vocabolo: si tratta di un termine tecnico-politico in riferimento al movimento ribelle antiromano degli zeloti oppure esso ha solo il significato ge­ nerico di « pio, religioso »? È difficile dirimere nettamente la questione: dato che al tempo di Gesù il partito vero e proprio degli zeloti (che non vanno confusi con i « sicari ») probabilmente non esisteva ancora, è meglio vedervi il riferimento a un tipo di spiritualità (cfr. G. Jossa, Gesù e i movimenti di liberazione, pp. 30,70, 1 6 1 s ; e anche A t 5 , 1 7 ; 1 3 ,45 ; 17,5). In ogni caso, l'accostamento d i u n pubblicano e d i uno « zelante » è stridente, proprio perché u n pubblicano non rientra affatto negli schemi di chi è zelante della Legge (cfr. la parabola del fariseo e del pubblicano in Le 1 8 ,9- 1 4) .

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odiano , benedite quelli che vi maledicono , pregate per quelli che vi calunniano ecc . » (Le 6,27-28 [ + 32-35] l Mt 5 , 44 [ + 45-47] ) . L a novità d i u n simile insegnamento n o n può essere sot­ tovalutata 1 77 • In realtà, un insegnamento analogo si trova già, sporadicamente , sia nell'ellenismo stoico 1 7 8 , sia nel giudaismo ellenistico 1 79 , e poi in quello rabbinico 1 80 ; ma, a parte il fatto che qui sottostanno altre motivazioni , non ci si spinge mai fino a co­ mandare positivamente di amare il nemico . Esso comunque con­ trasta nettamente con altri testi , nei quali invece viene richiesto l'o­ dio , e che si trovano sia nella lettaratura canonica (cfr . Dt 23 , 4 . 7 : « L'Ammonita e i l Moabita . . . n o n cercherai n é l a loro pace , n é la loro prosperità, finché tu viva, mai » 1 8 1 ; e Sal 1 37 , 8-9; 1 39,21 -22) , sia in quella settaria (cfr . 1 QS 9,2 1 s : « Queste sono le norme della via per il saggio , tanto per il suo amore W 'ahavato] quanto per il suo odio [cim sin 'ato ] . Odio eterno verso gli uomini della fossa [i nemici della comunità] »; e anche 1 , 1 0 ; 3 , 26-4, 1 ) . In ogni caso,

1 77 Ai nostri scopi è sostanzialmente indifferente sapere se Gesù impartì un in­ segnamento di questo tipo avendo in mente la situazione internazionale del mo­ mento o soltanto le tensioni quotidiane della vita di villaggio (cfr. la disputa tra W. Wink e R. Horsley nel citato volume a cura di W. M . Swartley) . L' affermazio­ ne di principio resta intatta, e la esprimerà molto bene Tertulliano , Ad Scap. l : « Amare i nemici è proprio solo dei cristiani (diligere inimicos so/orum christiano­ rum) ». Per una trattazione generale del tema, compresa una breve storia della ri­ cerca e ampia bibliografia, cfr . anche W . Klassen , Lave (NT and Early Jewish), in ABD, 4, 382-396. 1 78 Il testo più forte è forse quello di Musonio Rufo , Diatr. 10: « Vedere come si può restituire il morso a chi ci ha morso e il male a chi ci ha fatto male, è proprio di una bestia, non di un uomo . ( . . . ) Accettare le offese senza asprezza e non essere implacabile contro quanti agiscono male, anzi essere per costoro motivo di speran­ za buona, è proprio di un'indole placida e cordiale » . Vedi anche Seneca, De ira 3 , 24,2; Epitteto, Diatr. 3 , 22, 54-5 5 ; 3 , 24,64; M . Aurelio, Ric. 2, 1 . 1 79 Cfr. Lettera di A ristea 227 : « Verso chi bisogna mostrarsi generosi (phil6ti­ mos)? Tutti pensano che bisogna esserlo verso coloro che si comportano amiche­ volmente con noi . Ma io ritengo che è verso i nostri avversari che occorre mostrare una generosa liberalità (philotim{an charistiken), al fine di condurli con ciò al loro dovere, nel nostro proprio interesse » . Vedi anche Test. Gad 6, 1 . 1 80 Cfr. P.Ab. 2 . 1 6 : « L 'invidia, l'impulso cattivo, e l'odio contro le creature, pongono l'uomo fuori del mondo »; e Sijra Lev. 19,7 commenta: « " Non odierai tuo fratello nel tuo cuore" . È possibile pensare (che la Torah si limiti a chiedere) che tu non lo maledica o che non lo percuota o che non lo schiaffeggi sul viso; per­ ciò il testo aggiunge "nel tuo cuore" per proibire l'odio che è nel cuore » (cfr. poi p. Ber. 7d: « Piaccia dinanzi a te, o Signore mio Dio e Dio dei miei padri, che odio contro di noi non entri nel cuore di alcuno, né odio per alcuno entri nel nostro cuore »). 1 8 1 Il Targum Ps.Jon. a Dt 23 ,7 continua così : « . . . poiché, anche se essi diven­ tano proseliti, si conserva dell'odio nel loro cuore » .

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la parola di Gesù in materia rappresenta storicamente il primo ca­ so in cui l' idea dell 'amore per il nemico viene volta a costituire una ben chiara norma per una comunità, quella dei suoi discepoli . Gesù si stacca dall' ambiente per due motivi di fondo . a) Il suo comandamento è una radicalizzazione forte di insegna­ menti tenui e limitati già presenti in alcuni filoni culturali del tem­ po . Egli però sottolinea l'amore per il nemico (cfr. l'insistenza sul concetto mediante l'uso di più verbi : « odiano , maledicono , calun­ niano »). E questo va inteso non solo nel senso di un nemico per­ sonale (com'è di fatto la concezione rabbinica) 1 82 , ma di qualun­ que nemico , anche i peccatori e i pagani (cfr. sopra; e la parabola del buon samaritano in Le 10, 30-3 7), persino il persecutore della comunità (cfr. diokein in Mt 5,44) : e tutto ciò non per uno scopo in­ teressato , né individuale (perché ne venga un bene a me) né comuni­ tario (per procurare dei proseliti) , ma solo per una gratuita sintoniz­ zazione con l' illimitata misericordia di Dio (cfr . Le 6,36; M t 5 ,45) . Evidentemente il nemico non è quello che il discepolo potrebbe sog­ gettivamente raffigurarsi come tale dal proprio punto di vista, ma quello che come tale si rapporta oggettivamente verso i discepoli di Gesù, i quali perciò non devono essere nemici cài nessuno . b) Il comandamento dell' amore per i nemici è contestualmente connesso con la predicazione del regno di Dio . Esso non ha una motivazione naturale ma « innaturale », in rapporto all'imminen­ za del regno . La figliazione che ne deriva nei confronti di Dio (cfr . M t 5 ,45 : « . . . affinché diventiate figli del Padre vostro che è nei cie­ li ») non va intesa rabbinicamente come conseguenza dell'osservan­ za dei comandamenti 1 83 , ma in senso escatologico , in quanto chi pratica l ' amore per i nemici verrà rivelato nel giudizio finale come figlio di Dio (cfr . Le 6 , 3 5 : « . . . e la vostra ricompensa sarà grande , e sarete chiamati figli dell'Altissimo ») 184 • In definitiva, questo provocatorio comandamento di Gesù si in­ serisce in quello. più generale dell 'amore del prossimo , che egli de­ duce da Lev 1 9, 1 8 (cfr . Mc 1 2 , 3 2-34) . A parte la combinazione di

1 82 Cfr. J. Neusner, A Rabbi talks with Jesus, p. 28: « Ma la Torah ci dice chia­ ramente di combattere contro i nemici di Dio » . 1 83 Cfr. Dt.R . 7 a 29, l : « Desiderate essere caratterizzati come figli miei? Occu­ patevi della Torah e dell'osservanza dei precetti , e così tutti vedranno che siete miei figli » (cfr . E. Lohse, ui6ç, in GLNT, XIV, 1 7 1 - 1 72) . 1 84 Cfr. Ps. Sal. 17,27 : « E non abiterà con loro nessun uomo che conosca il male: infatti li conoscerà perché sono tutti figli del loro Dio » (e anche Giub. 1 , 24s ; cfr . U. Luz, Mt l , pp. 3 1 0 e 3 1 7).

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questo con i l comandamento dell ' amore d i Dio (cfr . D t 6 , 5 ) , per cui entrambi si illuminano a vicenda 1 8 5 , Gesù invita ad andare ol­ tre i limiti della Legge scritta, com 'egli fa vedere e anzi dimostra dal vivo nel proprio comportamento (cfr. sopra) . Ed è su questa base vissuta che si comprende pure il concetto sostanzialmente nuo­ vo dell'idea di « prossimo » , che ora coincide con qualunque uo­ mo bisognoso e persino reietto (sia esso impuro , peccatore, paga­ no , o nemico) , e non è più dunque limitato al connazionale israelita 1 86 • L' ambito del culto viene in linea di massima ridotto d' importanza e reinterpretato in chiave etica; nello stesso tempo , anche la Legge casuistica viene superata, poiché l ' amore non può essere definito da un insieme di precetti 1 87 • Si rivela quindi note­ vole la distanza con Simeone il Giusto, del secolo III a . C . (a cui P.A b. l ,2 attribuisce la sentenza : « Per tre cose il mondo sussiste : per la legge, il culto, e la misericordia ))) 1 88 • In questa distanza e nella provocatorietà del comandamento di Gesù risiede anche un' implicita cristologia. Essa consiste non solo nell' obbiettiva diversità di Gesù nei confronti dell' ambiente, a cui 1 85 Si discute se la mutua combinazione risalga a Gesù (cfr . J . Becker, Feindesliebe-Niichstenliebe-Bruderliebe: Exegetische Betrachtungen als Anfrage an ein ethisches Problemfeld, ZEE 25 ( 1 98 1 ) 5 - 1 8) oppure dipenda da una tradizione attestata anche nei Test. XII Patr. (cfr. C. Burchard , Das doppelte Liebesgebot in derfriihen christlichen Oberlieferung, in Der Ruf Jesu und die Antwort der Ge­ meinde, Gottingen 1 970, pp. 39-62) . Analogamente, il radicamento di questo co­ mandamento nel giudaismo è più o meno sottolineato (cfr. rispettivamente: W. Klas­ sen, Love of Enemies: The Way to Peace, Philadelphia 1 984; e A. Nissen , Gott und der Niichste im antiken Judentum. Untersuchungen zum Doppelgebot der Lie­ be, WUNT 1 5 , Tiibingen 1 974) . 1 86 Che questo fosse invece il senso del testo di Lev 1 9, 1 8 (già nell' originale: « Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma ame­ rai il tuo prossimo [ebr. reakii, lett. « il tuo compagno »] come te stesso ») risulta chiaramente anche dai targumfm . Così leggiamo nel testo del TgJo: « Vous ne vous vengerez point et vous ne conserverez point d'inimitié contre les fils de ton peuple; tu aimer�;ts ton prochain, de sorte que ce que tu détestes pour toi-meme, tu ne (le) feras pas à lui » ; e nella glossa marginale del TgN l : « (Vous ne serez ni) vindicatifs ni rancuniers avec les fils de votre peuple et vous aimerez votre ami qui est comme vous-memes >> (traduz. di R. Le Déaut, Targum du Pentateuque - II. Exode et Lé­ vitique, SC 256, Paris 1 979, pp. 442-443 ; il grassetto è mio) . Il senso più lato pote­ va essere favorito già dalla versione greca ples(on, lett . « vicino , prossimo >> (in ge­ nerale), e dal passo di Sir 28, 1 -7 (dove « prossimo >> sta in parallelo con « un altro uomo >> e con « l'uomo suo simile »); cfr. anche Test.Ben . , 3 ,3-5 . 1 87 Cfr . K. Berger, Die Gesetzesauslegung Jesu, l, p . 256: S . Westerholm, Jesus and Scribal A uthority, p . 1 30; U . Luz, in R . Smend - U . Luz, Gesetz, Kohlhammer Taschenbiicher 1 0 1 5 , Stuttgart-Berlin 1 9 8 1 ,69: « In Gesù si verifica una imposta­ zione fondamentalmente nuova delle cose, la quale certo si radica nelle tradizioni veterotestamentario-giudaiche, ma non è risucchiata in esse >> . 1 88 Cfr. B. Standaert, Le tre colonne del mondo, Qiqajon, Bose 1 992.

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pur essendo debitore comunque egli non si può ridurre , ma anche nella sua personale presa di posizione che ne manifesta la soggetti­ va, nuova e liberante concezione delle cose . In più, nella risposta al dottore della Legge in Mc 1 2 , 3 4 (« Non sei lontano dal regno di Dio ») , si legge inevitabilmente una dimensione cristologica: il regno di Dio viene indirettamente proposto come già presente o almeno a portata di mano , in quanto connesso con il riconosci­ mento e l ' accettazione della messianicità di Gesù a partire dal suo ministero terreno 1 89 •

2. Loghia e parabole

Stando all 'abbondante materiale sinottico , Gesù ha certamente parlato anche come maestro di sapienza, collocandosi sulla linea degli antichi saggi d ' Israele (gli hdktimim) 1 90• A questo proposi­ to, per maggior chiarezza distinguiamo da una parte i /oghia (di cui prendiamo in considerazione due gruppi : quelli sapienziali e quelli personali) e dall' altra i racconti delle parabole; i due blocchi sono diversi almeno per la rispettiva ampiezza (piùrbrevi i primi , più organizzati a livello narrativo le seconde) , sia pur sulla base dell 'unico genere ma'sal di origine 1 9 1 • 2 . 1 Tra i loghia di vario tipo , nei quali si possono formalmente suddividere le parole di Gesù , quelli genericamente sapienziali co-

1 89 Cfr. K. Kertelge, Das Doppelgebot der Liebe im Markusevangelium , in À cause de l'évangile, pp. 303-322, qui 320-321 . !90 Intendiamo questa terminologia applicata a Gesù nel senso di vedere in lui un vero }Jiikiim, « sapiente », non un un s6pher, « scriba » (questi due termini e i rispettivi concetti si identificarono infatti a partire da Ben Sira: cfr. E . J . Schna­ bel, Law and Wisdom pp. 63-69), in quanto egli sta piuttosto sulla linea di una libera istruzione ai propri discepoli che non su quella dell'istituzionalizzazione di una esegesi professionale. In generale sulla sapienza in Israele, cfr. H . H . Schmid, Wesen und Geschichte der Weisheit, BZAW 1 0 1 , Berlin 1 966; G. Von Rad, La sa­ pienza di Israele, Marietti, Torino 1 975 (orig. ted . , Neukirchen-Vluyn 1 970); M . Gilbert (ed . ) , L a sagesse de I'Ancien Testament. BETL 5 1 , Leuven 1 979; J . Blen­ kinsopp, Wisdom and Law in the Old Testamen t, Oxford 1 983 . 1 9 1 Il sostantivo ebraico miisiil deriva dal verbo omonimo (miisiil, 11°) che si­ gnifica « parlare metaforicamente, paragonare , offrire un esempio » (cfr . Ez 1 7 ,2: « Figlio dell'uomo proponi un paragone [mesol mii!iil] »: m.Nid. 5,7: i maestri « in­ trodussero degli esempi [miisiil masetiì] ») .

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stituiscono il gruppo più vistoso e caratteristico 192 • Tra di essi pos­ sono avere una certa rilevanza cristologica solo quelli etichettabili come « ammonizioni (con imperativo) » rivolte ai discepoli 1 93 • Questi loghia a loro volta possono essere ulteriormente suddivisi in due blocchi 1 94 • L'uno riguarda norme di vita per situazioni ti­ piche del singolo discepolo , le quali si possono ulteriormente ri­ partire tra sentenze che non danno alla norma alcuna motivazione (cfr. Mt 5 , 42 Q: « Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle ») e sentenze che invece richiamano una prospettiva di premio o di castigo (cfr . Mc 9,43 : « Se la tua ' mano ti scandalizza, tagliala; è meglio per te entrare nella vita mon­ co che con due mani andare nella Geenna »). L'altro blocco , mol­ to più numeroso 1 95 riguarda norme di vita indirizzate a una plu­ ralità di discepoli, le quali possono avere la forma di ammonizioni dirette (cfr . M t 6, 1 9-2 1 Q: « Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano . . . , ma accumulatevi tesori in cie­ lo . . . »; Mc 10,44: « Chi vuoi essere il primo tra voi sarà il servo di tutti ») oppure possono essere immaginose (cfr . M t 7, 1 3 : « En­ trate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione e molti sono quelli che entrano per es­ sa » ; Le 10,3 Q: « Io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi » ; Mt 10, 1 6b : « Siate prudenti come i serpenti e semplici come le co­ lombe ») .

1 92 Ciò era già stato ben colto dallo studio morfologico di R. Bultmann, Die Ge­ schichte der synoptischen Tradition , FRLANT 29, Gottingen 1 93 1 ( 1 9646) pp. 73- 1 1 3 , il quale tra i cinque gruppi individuati di Herren worte, « parole del Signo­ re », classificava appunto al primo posto quelle che designava: Logien (Jesus a/s Weisheitslehrer) (essendo gli altri quattro gruppi : le parole profetiche e apocalitti­ che; quelle normative per la comunità; le lch-Worte; le parabole) . 1 93 Il Bultmann, /oc. cit. , definisce questo sottogruppo Mahn worte, « parole di ammonizione » . A esso affianca altri due sottogruppi : le Grundsiitze o « dichiara­ zioni generali » (esempio: « A ogni giorno basta la sua pena » M t 6, 34) , e le Fragen o sentenze in forma interrogativa (esempio : « Può un cieco condurre un altro cie­ co? non cadranno entrambi in un fosso? », Le 6, 3 9) . Un gruppo a parte poi è costi­ tuito dai cosiddetti « mesa/fm profani » (cfr. op. cit . , pp. 1 07- 1 1 0: Bultmann ne elenca fino a un numero di 26), che non esprimono nulla di caratteristico al di là di una sapienza comune, di impronta ecumenica, e magari connotata da un inge­ nuo egoismo, com'è nel caso tipico della « regola d'oro » : « Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro » (Mt 7 , 1 2 Q) . 1 94 Essi sono stati particolarmente studiati da D. Zeller , Die weisheitlichen Mahnspriiche bei den Synoptikern , FzB 1 7 , Wiirzburg 1 977: cfr. in specie pp. 55-77. 1 95 Lo Zeller, /oc cit. , offre un quadro di tutte queste sentenze, da cui risulta che il secondo blocco comprende ben 17 testi contro appena i 9 del primo .

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Dall'insieme di questi detti emerge la figura di Gesù, che rivela netta la coscienza di una particolare responsabilità per la forma­ zione dei suoi discepoli , ai quali egli chiede una speciale configu­ razione spirituale . Soprattutto il gruppo di sentenze formulate al plurale sono le più lontane dai meshalfm profani 1 96 : enunciate non genericamente per la massa ma specificamente per coloro che si sono già decisi per il regno di Dio , esse indirettamente lasciano traspari­ re l' autocomprensione tipica di Gesù , il quale nella fisionomia ri­ chiesta ai discepoli riflette nient 'altro che la propria. L'ideale pro­ posto loro in realtà è semplicemente un forte riflesso della perso­ nalità di chi, da una parte, sa operare un accostamento non acriti­ co ma intelligente e meditato ai destinatari dell 'annuncio , e, dal­ l'altra, si prefigge però una dedizione totale e radicale alla missio­ ne per cui è inviato 1 97 • 2 . 2 I loghia personali sono quelli formulati alla prima persona singolare, e in essi l'io del parlante emerge più evidentemente in primo piano (qualcosa l'abbiamo già visto a proposito del disce­ polato , e altro emergerà a proposito del Figlio dell'uomo) . Anche solo !imitandoci ai sinottici , la situazione letterarja è complessa,

1 96 Così sono opportunamente denominati da R . Bultmann, Die Geschichte der synoptischen Tradition, pp. 1 07- 1 08 , quelle sentenze che non esprimono nulla di caratteristico per il discepolo, al di là di una sapienza comune di portata cultural­ mente ecumenica di cui Bultmann dà una lista di 26 casi (cfr. per esempio Mt 7 , 6 : « Non gettate le vostre perle a i porci »; M c 2,21 -22; L e 1 6 , 1 0); tra d i essi spicca la cosiddetta regola d' oro di M t 7 , 1 2, Le 6, 3 1 : « Tutto quanto volete che gli uomi­ ni facciano a voi, anche voi fatelo a loro », che è possibile ritrovare in molte lette­ rature da Confucio a Erodoto e a Seneca, oltre che nella biografia di Rabbi Hillel (cfr. A. Dhile, Die Goldene Regel, Gottingen 1 962; Id. , art . Goldene Regel, in RAC 1 1 , 930-940. 1 97 Per le (non centrali) connotazioni sapienziali del Messia nelle attese testimo­ niate dalla letteratura d'Israele, cfr. R. Riesner, Jesus als Lehrer. Eine Untersu­ chung zum Ursprung der Evangelien- Oberlieferung, WUNT 2 . 7 , Tiibingen 1 98 1 , pp. 304-330. Lasciamo da parte qui tutto quel materiale sinottico (per non dire di quello giovanneo), proprio soprattutto della fonte Q e probabilmente non del tutto riconducibile allo stadio gesuano, in cui si opera una associazione tra Gesù di Na­ zaret e la Sapienza di Dio personificata; in proposito, cfr . il volume secondo, cap . III, B, 2 . 3 . 2 . Tuttavia B. Witherington I I I , Jesus the Sage. The Pilgrimage of Wis­ dom , Edinburgh 1 994, pp. 1 47-208 , ricorda che qualche volta i profeti antichi si presentavano o erano visti personalmente come un mashal, mia figura o simbolo vivente del messaggio di Dio per il popolo (cfr . Dt 28 ,37; Sal 69, 1 1 ; Ez 24,24; Os 2), cosicché anche Gesù poteva considerarsi come « embodiment of Wisdom, Wisdom in person ». Vedi anche M . Hengel, Jesus as Messianic Teacher of Wis­ dom and the Beginnings of Christology, pp. 73- 1 1 7, che sottolinea la continuità tra la dimensione sapienziale del Gesù terreno e la cristologia sapienziale della Chiesa postpasquale.

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Bultmann vi consacrò alcune pagine importanti 1 9 8 • Sicuramen­ te vi è presente qua e là la mano dei tradenti e dei redattori, come appare all' evidenza dove cambia la persona del soggetto 1 99 • Non si può però sostenere all 'ingrosso che questi loghia derivano dalla comunità cristiana 200 • Lo stesso Bultmann infatti si dimostra pos­ sibilista almeno di fronte a un paio di casi (cfr . le sue pp. 1 52 e 1 76) . Uno è Mt 1 8 ,20 (« Dove sono due o tre radunati nel mio no­ me , io sono là in mezzo a loro ») : benché esso appartenga al « Son­ dergut » di Mt , per il fatto che se ne trova un parallelo nella Mi­ shnah P.Ab. 3 , 2 (« Se due siedono insieme e conversano sulle pa­ role della T6rah , la Shekinah abita tra di loro »), è almeno ipotiz­ zabile che si tratti di una parola originale del Signore; ciò è tanto più possibile a motivo delle rispettive differenze, in quanto preghiera e studio, così come « radunarsi » e « sedersi » , non sono esattamente la stessa cosa 20 1 • Il detto si comprende al meglio sullo sfondo del tema biblico della presenza di Yhwh in mezzo al suo popolo Israe­ le (cfr . Es 3 3 , 7 ; 34,9; Nm 1 4 , 1 4 .42; Dt 20, 1 . 4) . Il suo valore cri­ stologico appare quindi veramente grande . Un altro detto perso­ nale riconducibile a Gesù è Le 1 2 , 49 . 5 1 (« Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già divampato . . . Pen­ sate che sia venuto a portare pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione » l Mt 1 0 , 34) , come risulta dal tipico genere del masal, peraltro di timbro apocalittico , e dalla sua apparente oscurità . Il senso è che Gesù con la sua parola e la sua azione si pone in diretta relazione con l'imminente giudizio di Dio , che egli prepara e insie­ me mette già in moto (cfr . Is 66 , 1 5 . 1 6 : « Poiché, ecco , il Signore viene con il fuoco . . . Con il fuoco infatti il Signore farà giustizia su tutta la terra . . . ») 202 • Infine , accenniamo ancora al detto pere

1 98 Cfr. R. Bultmann, Die Geschichte der synoptischen Tradition , pp. 1 6 1 - 1 76; egli li denomina « Ich-Worte ». 1 99 Per esempio, mentre in Mt 1 0,27 abbiamo la prima singolare (« Ciò che vi dico nelle tenebre, . . . »), in Le 1 2,3 si trova la seconda plurale (« Quanto avrete detto nelle tenebre, . . . ») ! Per quanto riguarda lo scambio tra la prima persona singolare e la qualifica di Figlio dell'uomo, vedi sotto . 200 Così R. Bultmann, Die Geschichte, p. 1 76 (« La produzione degli " Ich­ Worte" è prevalentemente opera della comunità ellenistica, ma l' inizio era già sta­ to compiuto nella comunità palestinese »). 20 1 Per più ampi sviluppi , cfr. G. Rossé, Gesù in mezzo. Matteo 18, 20 nell'ese­ gesi contemporanea, Città Nuova, Roma 1 972. 202 In generale sui loghia sinottici strutturati sulla frase « Sono venuto . . . », cfr. E . Arens, The HJ\ OON - Sayings in the Synoptic Tradition. A Historico-critical Investigation, OBO 10, Fribourg-Gottingen 1 976.

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sonale di M t 1 2 , 3 0 l Le 1 1 ,23 ( « Chi non è con me è contro di me , e chi non raccoglie con me disperde ))) : il fatto che si possa trattare all'origine di una sentenza proverbiale non solo non contrasta con l'autenticità gesuana, ma la rafforza inserendosi nello stile sapien­ ziale di Gesù; si rivela così l' autocoscienza di Gesù , secondo il quale non è possibile un atteggiamento di neutralità di fronte alla sua predicazione del regno 203 • Possiamo ancora ricordare a parte il gruppo tipico dei loghia in­ trodotti dalla formula ÙJ.L'JÌV 'A.f.yro UJ.ltV ( > (Mc 2, 1 7) . Si conferma così la co­ scienza di Gesù , non solo di andare controcorrente , ma di rappre­ sentare la premura stessa di Dio nei confronti dei lontani e dei per21 3 La redazione matteana, come lascia intendere la conclusione (cfr. 1 8 , 1 4), met­ te l' accento sulla responsabilità pastorale nei confronti dei più piccoli all'interno della comunità cristiana. La redazione lucana invece (cfr. 1 5 , 7) punta sull'accoglienza gioiosa che va riservata al peccatore che si converte, con una punta polemica con­ tro chi presume della propria autosufficiente diversità. 2 1 4 Vanno in questo senso alcuni fattori : le immagini pastorali, il riferimento al contesto dei pubblicani e dei peccatori, il parallelo con un testo rabbinico meno evangelico (cfr. b.Ber. 37a, dove la preferenza per i convertiti rispetto ai giusti è motivata dalla loro disponibilità al pentimento e non dalla ricerca da parte del pa­ store) , e la stessa diversificata reinterpretazione da parte della comunità. 21 5 H. Weder, Metafore del regno, p. 2 1 3 ; da parte sua, J. Dupont, Jmplications christologiques, raggiunge le stesse conclusioni: « Il comportamento di Gesù pone gli uomini di fronte al comportamento con cui Dio stesso inaugura la venuta del suo regno >> (p . 349) . 216 Cfr. H. Weder, Metafore del regno , p. 2 1 5 ; nel Vangelo di Tommaso la pe­ cora perduta è « la più grossa >> e quindi la più preziosa: quindi ciò che viene ricer­ cato, in radicale contrasto con la parabola di Gesù, è ciò che merita amore per la sua preziosità (la scintilla divina nell'uomo decaduto) .

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duti , in contrasto con chi si accontenta della propria presunta giustizia 21 7 • Una cristologia più esplicita traspare invece dalla parabola dei vignaioli omicidi (cfr. Mc 12, 1-9) . La sua sostanziale gesuanità oggi è ritenuta sicura, a dispetto di alcuni tratti allegorici (come la me­ tafora fondamentale della vigna , derivante peraltro da Is 5, 1 s) e di qualche aggiunta periferica postpasquale (come i vv. 1 0- 1 1 [ci­ tazione di Sal 1 1 8 ,22s]) 218 • Soprattutto alcune precise osservazio­ ni vanno in questo senso 21 9 • Esse riguardano : la modalità della morte del « figlio » , di cui qui si dice che « lo uccisero e lo gettaro­ no fuori della vigna » (v . 8), mentre Marco sa che Gesù non fu uc­ ciso all' interno della città e il suo corpo non fu gettato fuori di es­ sa (tanto che i paralleli della parabola Mt 2 1 ,39 l Le 20, 1 5 correg­ gono , precisando che prima lo cacciarono fuori e poi lo uccisero); l' assenza di ogni accenno non solo alla sepoltura del figlio, ma an­ che alla sua risurrezione ; il ritorno attribuito al padrone della vi­ gna, non al figlio (contrariamente all' attesa escatologica della Chie­ sa primitiva) ; il riferimento alla situazione economico-sociale d'i­ nizio del secolo I (il tempo di Marco era molto più violento di quel­ lo qui illustrato circa la possibilità di istituire un possedimento ter­ riero ); e in particolare l'uso del titolo di « figlio » con tacito ri­ ferimento a Gesù. A questo proposito , contrariamente a quan­ to ritenevano in un recente passato vari studiosi del Nuovo Testamento 220 , va notato che « abbiamo almeno quindici esempi di questo termine nella letteratura del protogiudaismo che ci è sta­ ta conservata . Questi brani dimostrano che il termine " figlio" non è stato creato dalla Chiesa primitiva » 221 • La conclusione che se ne 21 7 In questo contesto si può collocare anche la parabola del fariseo e del pub­ blicano (cfr . Le 1 8 , 9- 1 4) : il suo intento non è certo primariamente cristologico, ma la solenne conclusione del v. 1 4a (« Vi dico : Questi discese a casa sua giustificato, e non l' altro ») suggerisce che Gesù conosce e proclama il giudizio di Dio stesso , peraltro già rivelato nel suo stesso comportamento (cfr. G. Rossé, Le, pp. 696-697) . 218 Cfr. H. Weder, Metafore del regno, pp. 1 85 e 1 89 nota 34; cfr. anche J . Je­ remias, Le parabole di Gesù, pp . 89-90 (con la nota 1 0 1 ) . A collocare la parabola dopo la Pasqua furono soprattutto A. Jiilicher e R. Bultmann. 21 9 Esse sono state ben esposte da J . H. Charlesworth, Gesù nel giudaismo del suo tempo, pp. 1 75 - 1 97 . 220 Cfr. per esempio H . Conzelmann , Teologia del Nuovo Testamento, non so­ lo a p. 1 69 della l • edizione (Paideia, Brescia 1 972; orig . ted . Miinchen 1 968), ma ancora a p. 1 32 della rifatta 4" edizione (Brescia 1 99 1 ; orig . ted . Tiibingen 1 987) : « Questi e i restanti passi con il titolo " il figlio" rientrano nella cristologia della comunità » . 221 J . H . Charlesworth, Gesù nel giudaismo del suo tempo, p . 1 9 1 (va precisato che i vari passi si riferiscono a persone diverse, che, oltre al Messia, possono essere

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può trarre è che l a ricorrenza della qualifica d i « figlio » nella pa­ rabola rappresenta un'allusione molto chiara alla coscienza che Ge­ sù aveva di se stesso come figlio di Dio , ben distinto dai « servi » . Questa conclusione si completa, notando che l a cristologia della parabola è inquadrata in una cornice di storia della salvezza (il fi­ glio viene inviato dopo il fallimento della missione di tre preceden­ ti invii di altrettanti servi) , per cui risulta che Gesù sapeva anche misurare la distanza che lo separava da chi lo aveva preceduto , pur come inviato di Dio (cfr . Ger 7 , 2 5 ; 25,4; 26, 5 ; 35 , 1 5 : « Vi ho in­ viato tutti i miei servi , i profeti »), collocandosi quindi su di un piano ben diverso da loro e soprattutto presentandosi in una evi­ dente prospettiva escatologica; nello stesso tempo , egli rivela di co­ noscere bene lo scopo della propria missione e anche le premesse che potevano condurlo alla morte. Il mettersi a fuoco , da parte di Gesù, in rapporto sia a Dio sia alla storia costituisce tutto lo_ spes­ sore e l' originalità della forte cristologia della nostra parabola 222• Il fatto poi che essa sia formulata solo indirettamente col ricorso al genere « enigmatico » del masiil rappresenta un ulteriore segno di autenticità: Gesù non si rivela massivamente , col fulgore di una teofania, ma si propone discretamente all' intelligenza di chi lo incontra, perché l' adesione a lui sia più riflessa, personale, e convinta 223 •

anche Abele, Enoch, Giuseppe, Mosè, Levi , in genere il saggio e il giusto, e anche R. Hanina ben Dosa) ; l'autore raggruppa i testi in quattro gruppi cronologici : 4 sono testimoniati tra Il e I sec. a . C . (Sir 4, 1 0; 1 En 105,2; Test. Lev . 4,2; Ezechiele il Tragediografo su Mosè) , 3 verso la fine del sec. I a . C . (Sap 2, 1 8 ; 4QpDan A • 4Q246; e 4QFlor 1 , 1 1 ) , 3 nel sec. I d . C . (b. Ber. 1 7 a su R . Hanina ben Dosa; Pregh . di Gius . 6-7 ; Test .Abr. 1 3 , 1 -5), e 5 verso il 1 00 d . C . (4Esd 7,28; Fl. Gius . , Ant. 2,232; Gius. e As. 6, 3 . 5 ; Ap.E/. 5,25; e il samaritano Mem.Marq. ) . [L'unica corre­ zione alle parole citate riguarda il termine « prato-giudaismo », che sostituiremmo volentieri con « medio giudaismo »] . 222 « La sua rivendicazione di investitura escatologica, avvertibile nella parabo­ la, costituisce un presupposto fondamentale della cristologia primitiva » (R. Pesch, Mc I l , p. 335); cfr. anche H . Weder, Metafore del regno, pp. 1 92- 1 93 . 223 Altre parabole potrebbero essere esaminate per l a loro valenza cristologica. Così le parabole del tesoro nascosto nel campo e della perla preziosa (cfr. M t 1 3 ,44-46) dicono che gli ascoltatori di Gesù devono porre l' accoglienza del suo annuncio del regno al di sopra di ogni altro valore; la parabola degli invitati al banchetto (cfr. Mt 22. 1 - 1 4 l Le 1 4 , 1 6-24) fa vedere che di fronte all'annuncio di Gesù bisogna fare una scelta chiara, che avrà delle risonanze escatologiche; ecc . In tutti questi casi, la figura personale di Gesù emerge nella sua statura unica e determinante: decidere per lui significa decidere per Dio, e viceversa decidere per Dio non è possibile senza decidere anche per lui . =

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3. L ' annuncio del regno di Dio

Ci troviamo qui di fronte al tema centrale della predicazione di Gesù : « Andava per tutta la Galilea ( . . . ) proclamando l 'evangelo del regno » (Mt 4,23). Esso anzi nel Nuovo Testamento è tipico e quasi esclusivo del suo linguaggio teologico, come risulta dall'ap­ plicazione dei criteri sia della molteplice attestazione ( 1 3 volte in Mc, 1 3 volte in Q, 25 in M, 6 volte in L, 2 volte in Gv) sia della discontinuità soprattutto nei confronti del linguaggio cristiano successivo 224 • Una breve scorsa sull 'uso che se ne fa nell'ambien­ te giudaico, da cui il sintagma di fatto proviene, è da parte sua molto significativa 225 • 3 . l Il concetto di « regno (ebr . malkflt, mamltiktì, meluktì, aram . malkfltti ') di Dio » (cfr. anche l'uso del verbo al p f. mtilak e all 'impf. yimlok con Dio come soggetto) , se affonda le sue ultime radici cultura­ li nell'esperienza delle monarchie dell' antico Vicino Oriente , ha infatti la sua preistoria particolarmente in Israele . Nella letteratura canonica, anche se il sostantivo impersonale in rap­ porto a Dio è raro (cfr . I Cr 28 , 5 : « il regno di Yhwh s,u Israele ») , l'i­ dea si trova espressa soprattutto con il sostantivo pers�nale « re » (cfr .

224 È sempre opportuno ricordare che il sintagma he basi/eia (ton ouFanon) (tou theou), « il regno (dei cieli) di Dio », recede sempre più dal linguaggio della Chiesa pos t pasquale in maniera impressionante, man mano che si passa da ambienti d'im­ pronta culturale semitico-palestinese ad altri di tipo greco-ellenistico . Esso , infatti, è presente in bocca a Gesù o attribuito a lui nei sinottici ben 69 volte (di cui 4 volte nel solo Mc, 10 volte in Q, 6 volte nella triplice tradizione, l volta in Mt-Mc, 3 volte in Mc-Le, 30 volte nel solo Mt, e 1 5 volte nel solo Le) . Negli Atti degli apo­ stoli si trova solo più 7 volte (At 1 , 3 ; 8 , 1 2; 14,22; 1 9, 8 ; 20,25; 28,23 . 3 1 ) . In tutte le lettere autentiche di Paolo lo troviamo altrettanto 7 volte soltanto (cfr. Rm 1 4 , 1 7 ; l Cor 4,20; 6,9. 10; 1 5 ,50; Gal 5,21 ; lTs 2, 1 2); nelle Deuteropaoline 4 volte (Col 4, 1 1 ; 2Ts l ,5; 2Tm 4, 1 . 1 8); e infine nel quarto vangelo soltanto più 2 volte (in 3 , 3 . 5 : nel colloquio con u n uomo solo, Nicodemo, e d i notte! ) , e ben l volta sola i n Ap ( 1 2 , 1 0) . Intanto si afferma una nuova forma del sintagma: « regno di Cristo e di Dio » (Ef 5 , 5 ; cfr. Ap 1 1 , 1 5) , « regno del Figlio suo diletto » (Col 1 , 1 3), « regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo » (2Pt l , 1 1 ), che si pongono sulla linea di Mt 1 3 ,4 1 ; 1 6 ,28 (« . . .il Figlio dell'uomo venire nel suo regno »), di Le 22,29-30 (« . . . alla mensa nel mio regno »), di Gv 1 8 ,36 (« il mio regno non è di questo mondo »), e che rivelano il tentativo evidente di cristologizzare al mas­ simo un' espressione all'origine solo teologica. Il valore secondario di quest'ul­ time formulazioni si nota nel confronto dell'episodio della richiesta da parte della madre dei due fratelli Giacomo e Giovanni : in Mt 20,21 essa chiede un posto per loro « nel tuo regno », mentre in Mc 1 0 , 3 6 più verosimilmente si dice « nella tua gloria » . 225 Vedi l'ampia trattazione d i J . P . Meier, A Margina/ Jew, I l , pp. 243-270.

L'ANNUNCIO DEL REGNO DI DIO

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Sal 9 , 3 7 : « Yhwh è re in eterno, per sempre »; 96-99; I Sam 12, 1 2 ; Sof 3, 1 5 : « Re d ' Israele è il Signore in mezzo a te, tu non vedrai più la sven­ tura » ; Zac 14,9: « Il Signore sarà re di tutta la terra ») e con il verbo « regnare » (Sal 97 , l : « Yhwh regna, esulti la terra »; Es 1 5 , 1 8 : « Yhwh regna in eterno e per sempre » ; ls 24,23) . Soprattutto i Salmi, come si vede, insistono celebrativamente su di un tipo di regalità permanente e universale. Ma poi il Deutero-lsaia vi conferisce un'importanza spe­ ciale (cfr. ls 52,7 : « Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi , [ . . . ] che dice a Sion : Regna il tuo Dio »), connettendo all'idea della regalità divina un esercizio di grande misericordia da par­ te di Dio (cfr . ls. 43 , l ss [v . 3 : « lo do l ' Egitto come prezzo per il tuo riscatto »; v. 5: « Non temere perché io sono con te »; v. 1 5 : « Io sono il Signore , [ . . . ] il vostro re »]). Nel libro della Sapienza infine si collega il tema con quello del giusto perseguitato: a proposito di Giuseppe in­ fatti si dice che la Sapienza « condusse per diritti sentieri il giusto in fuga . . . , gli mostrò la basi/eia di Dio » (Sap 1 0 , 1 0) . Analogamente avviene nella letteratura extracanonica del medio giu­ daismo , dove però accanto alle attese nazionalistiche (cfr . Shem.Esre 1 1 : « Sii il solo re su di noi , o Yhwh »; Ps. Sa/. 1 7 ,3) si delinea sempre più una dimensione escatologico-apocalittica del concetto, come vedia­ mo in 1 QM (cfr. 6,6: « La re galità sarà per il Dio d ' Israele , e tra i santi del suo popolo egli compirà prodezze »), in Test.Dan (5 , 1 0- 1 3 : « Sor­ gerà per voi [ . . . ] la salvezza del Signore [ . . . ] Mai più Gerusalemme su­ birà devastazione, né Israele sarà condotto in schiavitù . [ . . . ] Il Santo in Israele regnerà su di essa ») , e in Test. Mos. 10, 1 (« Allora il suo re­ gno apparirà in tutta la creazione; allora il diavolo avrà una fine: sì , l' afflizione sarà portata via ») 226 • Una connotazione fondamentale di questo termine è che esso, almeno in prima battuta , non si riferisce tan­ to a una sfera in cui Dio eserciterebbe la sua regalità (senso passivo) quanto alla regalità o signorìa stessa di Dio e al suo esercizio (senso at­ tivo) 227 • Particolarmente importanti a questo riguardo sono i sette frammenti del manoscritto qumranico Sir6t colat hassabbat (« Canti per l' olocausto del sabato »), dove il tema della regalità di Dio è fre­ quentissimo (20 volte « regno » e almeno 30 volte « re ») e qualifica in­ sieme il Tempio celeste come sfera della sua sovranità (ma senza esclu-

226 Cfr. la documentazione addotta da D.C. Duling, Kingdom of God, Kingdom of Heaven, in ABD, IV, 50-56. 227 Cfr. K.G. Kuhn, �acnÀ.é:uç KtA. . , in GLNT, Il, pp. 1 5 2- 1 6 1 ; e C . Spicq , No­ te di lessicografia neotestamentaria, l , GLNT Suppl . 4, Paideia, Brescia 1 988, pp. 302-3 1 8 (cfr. l'uso dei papiri di datare un documento con l'anno di regno del so­ vrano, perlopiù col participio presente di basileuein : pp. 306s) . Particolarmente in­ teressante a questo proposito è l'unica ricorrenza dell'espressione in Filone Al . , Spec. leg . , 4, 1 64: parlando dello scettro, egli lo definisce « emblema di una sovranità (i]­ YEJ.tOViaç) indefettibile, formata all' immagine dell' archetipo che è la regalità divi­ na (ti]v tOG 8EOù �acnA.eìav) » .

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dere il coinvolgimento della comunità che lo celebra sulla terra; cfr. 4Q403 , 1 , 3 2: « nella magnificenza delle lodi è la gloria del suo regno ») e la regalità stessa come proprietà di Dio (cfr . 4Q405 , fr . 3 , 11 , 1 7 : « Egli benedirà tutti i destinati alla giustizia che celebrano la sua gloriosa re­ galità ») 228 ; con questi canti si suppone che l' abitazione di Dio sulla ter­ ra sia ormai diventata un problema: questo non si può più risolvere ri­ facendosi semplicemente alla vecchia teologia di Sion , ma trasponendo la signorìa di Dio nei cieli , dove essa è davvero gloriosa e incontrastata, sicché nei cieli è già un eterno presente ciò che sulla terra viene solo at­ teso come futuro di salvezza 229 •

3 . 2 Nella predicazione di Gesù il tema non è trattato univoca­ mente, ma implica delle connotazioni diverse 23 0 . Soprattutto ap­ pare qui la sua originalità, che si misura bene anche in rapporto alla predicazione di Giovanni il Battista : mentre questi annuncia il giudizio escatologico di Dio (a cui ci si sottrae con il pentimento e soprattutto con il battesimo) , Gesù invece si presenta personal­ mente come messaggero e portatore della regalità escatologica di Dio , la cui accettazione da sola reca con sé la salvezza 23 1 . Mettiamo dunque da parte almeno tre tipi di interpretazioni , che oggi sono da considerarsi superate : le gnostiche, cbme quella del Vangelo di Tommaso, che intendono il regno come una realtà atem­ porale, legata all'individuo e all'autocomprensione (con delle com-

228 Cfr. A . M . Schwemer, Gott als Konig und seine Konigsherrschaft in den Sab­ batlieden aus Qumran, in M. Hengel - A . M . Schwemer (edd .), Kon igsherrschaft Gottes und himmlischer Kut im Judentum, Urchristentum und in der hellenistischen Welt, WUNT 5 5 , Tiibingen 1 99 1 , pp. 45-1 1 8 . 229 Cfr. B . Chilton, The Kingdom of God in Recent Discussion, p . 272; l ' auto­ re alle pp. 274-279 sviluppa anche il tema in riferimento al libro di Daniele, dove, benché sia presente una prospettiva apocalittica, non manca però anche il concetto tipico dei Salmi e dei Canti del sabato di Qumràn . 230 Per un aggiornamento su questa problematica, cfr. B. Chilton, The Kingdom of God in Recent Discussion, in B . Chilton & C.A. Evans, (edd .), Studying the Historical Jesus, pp. 255-280. Inoltre, vedi in generale: R. Schnackenburg, Signo­ ria e regno di Dio. Uno studio di teologia biblica, Il Mulino, Bologna 1 965 (orig. ted. Freiburg-Basel-Wien 1 9633); B. Chilton (ed.), The Kingdom oj God in the Tea­ ching of Jesus, « Issues in Religion and Theology » 5 , Philadelphia-London 1 984; H. Merklein, La signoria di Dio nell'annuncio di Gesù , SB 1 07 , Paideia, Brescia 1 994 (orig. ted. Stuttgart 1 983, 1 9893); D.C. Duling, in ABD,IV, pp. 62-65; H . Gie­ sen, Herrschaft Gottes - heute oder morgen ? Zur Heilsbotschaft Jesu und der sy­ noptischen Evangelien , BU 26, Regensburg 1 995 . Sulla storia dell'interpretazione, cfr. V . Su bilia, Il regno di Dio, Interpretazioni nel corso dei secoli, Claudiana, To­ rino 1 993 . 23 1 Cfr. H. Giesen, Herrschaft Gottes, pp. 23-57 e 1 33s.

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ponenti anticosmiche) 23 2 ; quelle etiche, che riducono il regno a un puro ideale di vita intramondano , ispirato dall'amore reciproco e tendente al miglioramento dell ' umanità mediante la pratica delle virtù, cioè dei valori morali più alti 233 ; e infine quelle politiche 234 , che non tengono conto soprattutto di due dati : del tipico insegna­ mento di Gesù sull ' amore dei nemici , e dell' assenza del tema del « regno di Dio » nei racconti di Flavio Giuseppe sui movimenti ri­ voluzionari della Palestina del secolo I . Ci sono invece due aspetti fondamentali e tipici , che convergo­ no nel darci la concezione propria di Gesù in materia 23 5 • 3 . 2 . 1 L'uno riguarda la dimensione futura, escatologica del re­ gno di Dio 236 • Oltre a vari detti di Gesù , sui quali non è possibile qui soffermarci (e che concernono soprattutto l'imprevedibilità della venuta finale : cfr . Mc 4 . 26-29 ; 1 3 . 32; Mt 24 , 3 6-25 , 30) , ci sono al­ meno due testi particolarmente significativi che vanno chiaramen­ te in questo senso e che esaminiamo in breve : una delle domande del Pater noster e le beatitudini . In primo luogo , ci riferiamo all'invocazione « venga il tuo re­ gno » (M t 6, 1 0 l Le 1 1 ,2; e Did. 8 ,2) . Essa è fondamentale nella

2 32 Cfr. Vang. Tom . 1 1 3 : « I suoi discepoli gli dissero : "In che giorno verrà il regno ? " . Gesù disse: "Esso non verrà con una attesa� Non si dirà: eccolo qui, o eccolo là; ma il regno del Padre è sparso sulla terra e gli uomini non Io vedono" » (cfr. anche 3 . 27 .49.76. e l l 4 : « Ogni donna che si farà maschio entrerà nel regno dei cieli »). 233 Così pensava nel sec. XIX, sulla scia della filosofia della religione di I . Kant, il protestantesimo liberale di C . F . D . Schleiermacher, A . Ritschl, A. von Harnack (non esclusi vari strati del cattolicesimo) . Già l ' antica interpretazione rabbinica del regno di Dio si poneva sostanzialmente su questa linea: la frase stereotipa « pren­ dere su di sé il giogo del regno dei cieli » significava semplicemente confessare il monoteismo e obbedire alle richieste della Torah (cfr. Strack-Billerbeck, I, pp. 1 73ss). 234 Cfr. ancora G.W. Buchanan, Jesus: The King and His Kingdom, Macon GA 1 983; e di contro la posizione più equilibrata di R . A . Horsley, Jesus and the Spira/ of Violence. Popular Jewish Resistance in Roman Palestine, San Francisco 1 987. 23 5 « Solo un sezionamento troppo scettico o un'erronea interpretazione posso­ no rimuovere dalla predicazione di Gesù sul regno le sue dimensioni tanto future quanto presenti » (W . D . Davies - D . C . Allison, Mt, l, p. 389). Vedi il trattamento chiaramente distinto in J . P . Meier, A Marginai Jew, I l , rispettivamente pp. 289-397 e pp. 398-506. 236 L' idea di regno come realtà esclusivamente limitata al futuro fu iniziata da J. Weiss , La predicazione di Gesù sul regno di Dio , « Classici Neotestamentari » 2, D'Auria, Napoli 1 993 (orig. ted . Gottingen 1 892, 1 9002); essa fu proseguita da A. Schweitzer, ed è oggi rappresentata soprattutto da E . P . Sanders (cfr. Gesù e il giudaismo, pp. 1 6 1 -3 1 2), che vede il regno come restaurazione escatologica di Israele, di cui Gesù fu il profeta.

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preghiera insegnata da Gesù, sia per il parallelismo con l' antica pre­ ghiera del Qaddfsh , forse già nota allo stesso Gesù (« Egli faccia regnare la sua regalità durante le vostre vite e ai vostri giorni e nei giorni di tutta la casa d'Israele, presto e in fretta ») 237 , sia per la consonanza con una prescrizione della tradizione rabbinica: « Ogni benedizione, in cui non ci sia nessuna malkut, non è una benedi­ zione » (b. Ber. 40b). Ciò sta a significare non solo il riconoscimento dell'assoluta sovranità di Dio , ma in particolare nel nostro caso il desiderio che essa si manifesti presto : segno evidente che la si ritiene come un dato auspicabile, perché risolutivo di situazioni in­ cresciose e negative. La formulazione con il verbo « venire » non ha paragoni nella letteratura giudaica , e perciò si spiega al meglio collocandola sulla linea delle invocazioni della venuta di Dio stes­ so (cfr . Is 35 ,4: « Dite agli smarriti di cuore : Coraggio ! Non teme­ te ! Ecco , il vostro Dio . . . viene a salvarvi ») 238 • È evidente che l' in­ vocazione esprime in primo piano un atteggiamento di desiderio e di attesa. In secondo luogo , le beatitudini , qualunque sia la ricostruzione storica che se ne possa fare al di là della fonte Q 239 , appartengo­ no formalmente al genere letterario del macarismo apocalittico , che propone la salvezza escatologica a categorie di persone ben indivi­ duate sul piano etico e sociale (cfr . i verbi al futuro : « saranno sa­ ziati , saranno consolati , rideranno >>) . È però importante notare che le beatitudini evangeliche non sono tanto un' istruzione per te­ nere una condotta conforme alla Legge (cfr . invece 2En . 42,6- 1 4) quanto invece una vera proclamazione escatologica, che « attribui­ sce ai destinatari la salvezza escatologica senza legarla ad alcuna condizione » 240 • Ciò risalta particolarmente in un confronto con 237 Cfr. J. Jeremias , Teologia del Nuovo Testamento, I, 227-228 : R. Penna, L 'ambiente, pp. 35-36. 238 Cfr. J . Schlosser, Le règne de Dieu dans /es dits de Jésus, l , Études Bibliques, Paris 1 980, pp. 269-284, che cita e discute altri testi : ls 40,9- 10; 59, 1 9-20; 66, 1 5 . 1 8 ; Mal 3 , 1 -2; Zac 1 4 , 5 ; Sal 95 , 1 3 ; 97 ,9; Or. Syb . 3 ,49-50; 1En . 1 ,3-9; 25, 3 ; Giub . 1 ,2226. 27-28; Test.XII Patr. (Sim . 6,5; Lev. 5,2; Jud. 22,2; As. 7,3); Test.Mos. 1 0, 1 - 1 2 ; T g Is 40,9- 10; 52,6-7; T g Zac 2 , 1 4- 1 5 . Osserva bene J . P . Meier, A Marginai Jew, I l , p . 298 : « Il regno di Dio è solo un modo astratto per parlare di Dio come re. E se suona strano parlare della venuta di un regno, fa perfettamente senso invece parlare della venuta di Dio o, come in questo caso , pregare perché egli venga >> . 239 Cfr. J . Dupont, Le Beatitudini l , Edizioni Paoline, Roma 1 972 (orig. frane . Paris 1 9692), pp. 487-488; .H . Merklein , La signoria di Dio, p. 50. 240 H. Merklein, La signoria di Dio, p. 5 1 . Il presente della prima beatitudine (« di essi è il regno dei cieli ») ha valore di anticipazione, per insistere sul fatto che l' eredità celeste è fin d'ora assicurata agli eletti (cfr. J. Schlosser, Le règne de Dieu, I l , p. 437) .

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la predicazione del Battista : mentre questi pronuncia una minac­ cia su Israele e invita alla conversione per sfuggire al giudizio di Dio (cfr . Mt 3 ,2.7- 1 2) , Gesù invece proclama ai « poveri )) una de­ finitiva elezione divina, che è consona con il loro atteggiamento di disponibilità all' imprevisto della non calcolabile grazia di Dio (cfr . Is 6 1 , 1 -3) 24 1 . Il fatto è che Gesù non era interessato tanto a predicare la riforma del mondo quanto piuttosto a proclamarne la fine mediante un ribaltamento di posizioni . 3 .2.2 L'altro aspetto del regno di Dio nella comprensione pro­ pria di Gesù consiste nella sua dimensione presenziale 242 . Questo tipo di considerazione corregge e integra la concezione puramente apocalittica del regno , come oggi si tende a fare da parte di vari autori 243 • Ciò significa che il regno è strettamente connesso con la persona stessa di Gesù , con la sua azione e le sue parole . Ed è qui che appare più evidentemente la valenza cristologica del tema. Or­ bene , il nesso in questione può essere espresso in termini non sem­ pre diretti , ma chiaramente indicativi. Già precedentemente, a pro­ posito del comportamento di Gesù e in particolare nel suo confronto con i peccatori, abbiamo avuto modo di constatare che egli si ma­ nifesta come portatore e attualizzatore della misericordiosa sovra­ nità di Dio . Ma ci sono altre parole che rivelano con sufficiente chiarezza il nesso tra il regno di Dio e la presenza storica di Gesù . Noi qui prendiamo brevemente in considerazione sei detti (o grup-

24 1 Vedi anche 1 QM 1 4 , 7 : « Per opera degli umili di spirito, egli abbatte quanti hanno il cuore chiuso e indurito » ; 1 QH 5 , 22-23 : « E il popolo degli umili è come la spazzatura dei tuoi piedi : essi ti lodano con coloro che sono solleciti della giusti­ zia, per far salire, insieme, dal tumulto, tutti i poveri della [tua] benevolenza » (trad. L. Moraldi) . 242 Per il fatto che abbiamo sottolineato prima l' aspetto futuro della basilefa, è evidente che non accettiamo qui l 'ermeneutica della « realized eschatology » di C . H . Dodd, Le parabole del regno, SB 10, Paideia, Brescia 1 970, 1 9762 (orig. ingl . , London 1 93 5 , 1 953 13 1 965), secondo cui « Gesù aveva proclamato che il regno di Dio, speranza d' infinite generazioni, era finalmente arrivato ; non era soltanto imminente, era lì >> (p. 49) . 243 Cfr. il citato B. Chilton, The Kingdom oj God in Recen t Discussion, con ri­ mandi particolarmente a H. Schiirmann, J . Schlosser, M . J . Borg. Quanto poi a J . D . Crossan, che a questo proposito preferisce parlare di un « sapiential [e non: apocalyptic] kingdom of God » (cfr . The Historical Jesus, pp . 287-292; Gesù, pp. 80- 1 0 1 , 82: « È uno stile di vita per l' oggi piuttosto che una speranza di vita per il futuro » ), bisogna dire che si tratta di una terminologia impropria, poiché i « nes­ suno » (i piccoli e gli emarginati) di cui il regno è composto non appartengono alla tradizione sapienziale. =

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pi di detti) , che almeno globalmente ci riportano con sicurezza al­ lo stadio gesuano 244 • ( l ) L' annuncio inaugurale di Mc l , 1 5b: « Il regno di Dio si è re­ so vicino » . Per quanto questo testo si inserisca in una formulazio­ ne probabilmente redatta nel suo insieme dopo la Pasqua , esso pe­ rò ha tutte le caratteristiche per risalire a Gesù stesso 245 • Il pro­ blema maggiore sta nel senso da dare al tempo perfetto del greco fìyytKEV (dal verbo Èyyi!;etv, « accostare , avvicinarsi »), che d ' al­ tronde ricorre indipendentemente anche nella fonte Q (cfr . Mt 1 0,7 l Le 1 0 , 9 . 1 1 ) . Esso non può semplicemente significare « è arriva­ to », come se si pensasse già a un pieno compimento, poiché la grammatica lo proibisce ; ma altrettanto esso non equivale nean­ che soltanto a « sta per venire )) , come se si trattasse di un evento solo futuro . Il senso del perfetto è che un avvicinamento , anche se non una venuta definitiva, si è già operato , ma appunto « un avvicinamento )) , per cui ora il regno sta per dispiegarsi in pienez­ za ed è a portata di mano : è come se Gesù stesse per dare il via a una operazione che appunto sta per prendere forma nel suo mi­ nistero . Il valore cristologico implicito nell 'affermazio11.e sta nel fat­ to che non si tratta di un futuro indeterminato , ma di un'immi­ nenza che non può più essere rimandata e che confina con il pre­ sente dell ' attività di Gesù . In lui la regalità di Dio sta ormai per affermarsi . (2) Le parabole della crescita. Ci sono cinque parabole, che espri­ mono una tensione tra inizio e fine di un processo di crescita : la semina in vari terreni (Mc 4, 3-9) , il seme che cresce da solo (Mc 4,26-29) , il granello di senapa (Mc 4, 30-32) , la zizzania nel buon grano (Mt 1 3 ,24-30), e il lievito nella pasta (Mt 1 3 ,33 l Le 19,20-2 1 ) . Come s i vede , quattro sono tratte dall' esperienza propria del con­ tadino nei campi , e una dall 'attività domestica della massaia. Qui ne diamo solo una valutazione cumulativa e generale, che vuole 244 La loro gesuanità si conferma in base al criterio di dissomiglianza, in quan­ to il nesso Gesù-regno differisce, sia dall 'ambiente giudaico (dove non si parla mai di nessuno in particolare che renda presente in sé la regalità escatologica di Dio), sia dal cristianesimo primitivo (dove, come abbiamo notato, il tema del regno di Dio da una parte tende a recedere e dall' altra viene cristologizzato, ma solo a livel­ lo formulare [regno di Cristo] , poiché esso normalmente non viene messo in rela­ zione all'attività storica di Gesù come invece constatiamo nei sinottici ; cfr. K. L . Schmidt , �amÀ.eÙç K'tÀ. . , i n GLNT, I l , p p . 207-21 2) . 245 Cfr. l' ottima discussione i n J . Schlosser, L e règne de Dieu , I , p p . 92- 1 05 .

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cogliere il loro senso gesuano a prescindere dai possibili amplia­ menti redazionali 246 • L' importante è di rendersi conto in parten­ za che il riferimento della loro tematica alla vicenda di Gesù non è un elemento di intrusione , ma un'esigenza ermeneutica 247 • Il lo­ ro narratore, richiamando nei rispettivi casi il contrasto esistente fra gli inizi esigui e il successivo abbondante sviluppo , invita a una fiducia incondizionata nell' esito finale, ma in quanto esso è già in qualche modo compreso e promesso nelle sia pur modeste premes­ se iniziali . La pointe di queste parabole non sta soltanto nell 'assi­ curare che ci sarà uno sviluppo dal piccolo al grande, ma ancor più a fidarsi del momento umile della semina, che implica già in sé la certezza di un raccolto (o di una pasta) abbondante . « Gesù dunque intende il proprio presente come il presupposto necessario del futuro di Dio , vede l' impercettibilità della sua parola e del suo agire alla luce della gloria del compimento divino . ( . . . ) Gli uomini vengono invitati a riconoscere il futuro glorioso di Dio nella paro­ la e nell 'agire di Gesù , e in base a questa certezza del futuro glo­ rioso a fidarsi dell 'inizio impercettibile » 248 , quindi a fidarsi della parola e dell 'azione di Gesù. (3) Il detto sulla cacciata dei demoni : « Se io scaccio i demoni con il dito di Dio [Mt : con lo Spirito di Dio] , è dunque giunto a voi il regno di Dio » (Le 1 1 , 20 l M t 1 2 ,28) . 11 /oghion , formulato secondo un parallelismo antitetico 249 , nella protasi afferma espli­ citamente l'unione tra l'io di Gesù e l'intervento potente di Dio, di cui è metafora il « dito » e per metonimia la mano o il braccio di Dio, che nell 'Antico Testamento sono spesso sostituti del suo 246 Cfr. H. Weder, Metafore del regno , pp. 1 27- 1 36, che distingue quattro pos­ sibili stadi da Gesù a Mc. 247 « Una parabola priva di tertium comparationis [cioè di un nesso tra la vicenda fittizia del racconto e una situazione reale a cui alludere] non è più una parabola: diventa un racconto fine a se stesso, narrato per il gusto di narrare; la gente però sapeva bene che Gesù non era un cantastorie che va in giro a narrare bei racconti , ma un maestro che utilizzava dei racconti parabolicamente, a servizio del suo mes­ saggio. ( . . . ) Per comprendere la parabola in quanto parabola non era necessario agli ascoltatori conoscere altri elementi se non quelli che Gesù rivendicava in tutta la sua azione pubblica )) (V. Fusco , Parola e regno , pp. 1 88-1 89) . 248 H . Weder, Metafore del regno, p p . 1 64- 1 65 ; cfr. p . 1 48: « Come il contadino dopo la semina non fa più niente per la maturazione del seme, e tuttavia il raccolto sopraggiungerà senz'altro, così Gesù non fa nient'altro che rendere vicino il regno di Dio . ( . . . ) Tra l'esistenza e l'opera di Gesù e il compimento della basi/eia c'è una connessione così necessaria, come quella che intercorre tra la semina e il raccolto )) . 249 Cfr. G . H . Twelftree, Jesus the Exorcist, pp. 1 08- 1 10: H . Merklein, La si­ gnoria di Dio, pp. 74-78; J. Schlosser, Le règne de Dieu, l , pp. 1 27- 1 5 3 .

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Spirito (cfr . Es 3 1 , 1 8 ; 1 Cr 4, 10; Sal 1 09,27; Sal 89 , 1 1 ; Sap 1 1 ,2 1 ; e l QM 1 8 , l : « La grande mano di Dio s' alzerà contro Belial e con­ tro tutto l'esercito della sua dominazione con una disfatta eterna >>). L'apodosi da parte sua stabilisce l' antitesi tra la regalità di Dio e il regno di satana, per dire che, mentre questi contrasta con il be­ nessere dell 'uomo, asservendolo , quello invece promuove il suo sa/O m integrale . La conclusione è che tra l ' « io » della protasi e « il regno di Dio » dell' apodosi viene a darsi un'assoluta prossimità se­ mantica: proprio nell 'attività esorcistica di Gesù irrompe la signo­ rìa di Dio per la promozione integrale dell 'uomo . L'uso del verbo greco q>86.coetv, « giungere, arrivare >> , esprime all 'evidenza l'idea che, almeno in questi gesti di Gesù , si realizza già attualmente la dimensione tipica della regalità liberatrice di Dio , altrimenti og­ getto di attesa. Alla luce di questo loghion acquistano senso anche altri testi affini , come Mc 1 ,24 (« Che c' entri con noi , Gesù naza­ reno? sei venuto a rovinarci ! »); 3 ,27 (« Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose, se prima non avrà lega­ to l'uomo forte »); e Le 1 0, 1 8 (« Io vedevo satana cadere dal cielo come folgore ») 250 . (4) Il giudizio di Gesù sul Battista: « Il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui » (Le 7,28 l Mt 1 1 , 1 1 ) 25 1 • In questo lo­ ghion l' espressione « nel regno di Dio » mal si concilia con un' in­ terpretazione al futuro , poiché allora bisognerebbe ritenere Gio­ vanni escluso dal regno o comunque sminuito nella sua fruizione (ma Gesù lo ha appena proclamato maggiore fra i nati di donna) . D' altronde, non è possibile qui identificare semplicemente il regno con la comunità cristiana, poiché l' occorrenza di questo comple­ mento in Mt (cfr . 5 , 1 9; 8 , 1 1 ; 1 3 ,43 ; 1 6,28 ; 1 8 , 1 .4; 20,2 1 ; 26,29) 250 È qui che occorrerebbe ricordare il passo di Test.Mos. 10, l : « Then his king­ dom will appear throughout his whole creation. Then the devii will have an end . Y ea, sorrow will be led away with him. Then will be filled the hands of the messen­ ger, who is in the Highest piace appointed . Yea, he will at once avenge them of their enemies . For the Heavenly One will arise from his kingly throne : Yea, he will go forth from his holy habitation with indignation and wrath on behalf of his sons )) (trad . : OTP, l, pp. 93 1 -932) . Questo parallelo conferma che « l'uscita degli spiriti maligni è il risultato della divina presenza, non la preparazione ad essa. Questa è la differenza tra il vangelo e le altre religioni )) (T. W . Manson, I detti di Gesù nei vangeli di Matteo e di Luca, BT 1 7 , Paideia, Brescia 1 980 [orig. ingl . London 1 937, 1 9492, 1 97 1 ] , p . 1 35). 25 1 Cfr . J . Schlosser, Le règne de Dieu, pp. 1 5 5 - 1 78; l' esegesi proposta da que­ sto autore non è condivisa da tutti (cfr. U. Luz, Mt, I l , pp. 1 75- 1 76), ma mi sem­ bra la migliore.

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non può mai essere compresa in tal senso. La soluzione più soddisfa­ cente consiste nel dare a quest 'affermazione il senso seguente : con Gesù si verifica già un' irruzione della regalità escatologica di Dio , sicché con essa si provoca un cambiamento di prospettiva e di digni­ tà; lo stadio di Giovanni, quello della pura attesa apocalittica, è su­ perato, e chi aderisce a Gesù è già oggi nella sfera del regno di Dio . (5) Il regno nelle mani dei « violenti » : « La Legge e i Profeti van­ no fino a Giovanni ; da allora il regno di Dio viene annunziato e ognuno fa violenza verso di esso » (Le 1 6 , 1 6 l Mt 1 1 , 1 2s) 252 • È in­ dubitabile che qui Gesù esprime una cesura netta tra l ' annuncio del Battista e il proprio annuncio : egli , e non Giovanni , si caratte­ rizza come l' annunciatore tipico del regno di Dio (Mt 3 ,2 rappre­ senta una successiva cristianizzazione del Battista) , proprio perché in lui tale regno è già attualizzato . Il problema consiste nel dare il senso esatto al verbo j3uil;,e·mt, lett . « forzare >> : vi si potrebbe leggere un biasimo contro tutti coloro che perseguitano i discepoli di Gesù così come hanno perseguitato Giovanni ; ma è più proba­ bile che esso comporti una lode verso tutti coloro che danno l'as­ salto al regno in quanto hanno fame e sete di giustizia e si sforza­ no di « entrare per la porta stretta » (Le 1 3 ,24) o in quanto chiun­ que ormai può farne parte al di là dei suoi titoli di merito . Dato il contesto del ministero di Gesù, è verosimile infatti che questi vio­ lenti siano fondamentalmente i pubblicani e i peccatori , non però in quanto usurpatori, ma in quanto al regno sono ammessi pur non essendo comunemente ritenuti come suoi eredi legittimi 2 5 3 • Certo il regno di Dio non soffrirebbe violenza, se non avesse preso for­ ma concreta e visibile nelle parole e nelle azioni di Gesù 254 • 252 È molto probabile che il v. 1 6a, con la sua periodizzazione della storia, tra­ disca una riflessione della comunità postpasquale, mentre il v. 1 6b ci riporta a un loghion gesuano (cfr. G. Rossé, Le, pp. 63 1 -638). 25 3 Cfr. J . Schlosser, Le règne de Dieu , pp. 509-539. Una interpretazione alter­ nativa è quella di Theissen, segnalata sopra: cfr. nota 24. Anche volendo scorgere nel detto una messa in questione dell 'estabilshment religioso giudaico , non è però possibile dargli una connotazione politica forte, se non altro perché secondo tutta la predicazione di Gesù non è l'uomo che costruisce faticosamente il regno ma è Dio che Io dona gratuitamente (cfr. G. Jossa, Gesù e i movimenti di liberazione, pp. 21 6-225). 254 Cfr. J . P . Meier, A Marginai Jew: Rethinking the Historical Jesus, II, p . 403 , dove si sottolinea il fatto che l ' idea del regno di Dio soggetto a violenza è del tutto estranea all'Antico Testamento, alla letteratura intertestamentaria, e al resto del Nuovo Testamento: « L'idea implica che ciò che è essenzialmente trascendente, eter­ no, invisibile, e onnipotente come la sovranità di Dio, è diventato in qualche modo immanente, temporale, visibile, e vulnerabile, nel ministero di Gesù ».

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(6) La presenza del regno : « Interrogato dai farisei quando sa­ rebbe venuto il regno di Dio, rispose loro : Il regno di Dio non vie­ ne in modo osservabile, ( . . . ) poiché , ecco , il regno di Dio è in mez­ zo a voi » (Le 1 7 , 20-2 1 ) . La ricostruzione del detto originale per­ mette di salvaguardare almeno l' autenticità gesuana dell' ultima fra­ se, che è per noi la più interessante 255 • Il complemento greco f.v­ tòc; Ò!!&V, reso con « in mezzo a voi » , potrebbe a rigore significa­ re anche « dentro di voi », con allusione all 'interiorità individuale del regno (come ritengono spesso i Padri della Chiesa) . Ma una simile dimensione soggettiva è esclusa dal normale linguaggio ge­ suano , secondo cui il regno di Dio è un dato che s' impone oggetti­ vamente, dall' esterno (cfr . i testi precedenti) , tanto che si può e si deve addirittura entrare in esso (cfr . Mc 1 0,23-25) 25 6 • Il senso dunque è che con Gesù il regno di Dio si è già introdotto senza rumore in mezzo agli uomini ; egli sa che nel proprio ministero è presente e attiva la regalità escatologica di Dio, anche se ovviamente chi accosta la sua persona ha bisogno degli occhi della fede per ac­ corgersene . In ogni caso , la sua autocoscienza (e quindi la sua cri­ stologia) è chiara. 3 . 3 In conclusione , dunque, Gesù unisce nell' annuncio del re­ gno parola e azione 257 • Egli non spiega chiaramente quale sia il 255 Problematica mi sembra l'esclusione del complemento « in modo osservabi­ le » (ll&tà 7tapatTJ pito&roç) , sostenuta dallo studio peraltro magistrale di J. Schlos­ ser, Le règne de Dieu, pp. 1 79-243 ; infatti il sostantivo in questione, pur apparte­ nendo a una lingua dotta, può sempre rendere un substrato semitico (come del re­ sto fa la versione di Aquila per Es 1 2,42, dove l'ebraico /el simmurfm, reso dai LXX con vùl; 7tpoqmJ.. a Kft , « notte di guardia, cioè di veglia », viene tradotto con vùl; 7tapatTJ pit o&roç, « notte di attenta osservazione »); inoltre, la sua collocazione su di uno sfondo (anti) apocalittico si spiega anche a livello di una comprensione ge­ suana delle cose, che è diversa per esempio da quella del Battista (cfr. Le 7 , 1 8-23 ; Mt I l ,2-6); per non dire che la conseguente ricostruzione della prima metà della frase, « Il regno di Dio non viene, ecco il regno di Dio è in mezzo a voi », neghe­ rebbe l' idea gesuana espressa nella corrispondente richiesta del Pater noster (« Venga il tuo regno »). 256 La proposta di A . Riistow, ENTOl: YMON El:TIN, Zur Deutung von Lu­ kas 1 7 ,20-2 1 , ZNW 51 ( 1 960) 1 97-224, secondo cui, sulla base di vari autori classici e dei papiri, ent6s significherebbe « in potere di, a disposizione di, alla portata di » (cfr. Senofonte, Anab . 1 , 1 0 , 3 : « Salvarono tutto ciò che era in loro potere, ent6s aut6n »), è certo interessante, ma in realtà non rappresenta altro che una specifica­ zione figurata del senso locale. D'altronde , già Cirillo di Alessandria intendeva il testo lucano così : en exous{a keftai tò labefn aut6n , « è in vostro potere di appro­ priarvelo » (PG 77,84 1 : da A. Plummer, The Gospel according to S. Luke, ICC, Edinburgh 1 960 [ 1 896] , p. 406) . 257 Cfr. M. De Jonge, The Christo/ogical Significance of Jesus ' Preaching of the Kingdom of God, in A . J . Malherbe & W .A. Meeks, edd . , The Future of Christo­ /ogy, pp. 3 - 1 7 .

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rapporto tra futuro e presente, ma nei suoi gesti di sottrazione del­ l' uomo dall'oppressione del demonio mette all' opera una vera rea­ lizzazione, anche se parziale e preliminare , della liberante sovrani­ tà di Dio . Perciò incontrare Gesù significa già sperimentare il di­ spiegamento del regno di Dio e quindi l'ésch aton , anche se questo conserva ancora una dimensione futura . Egli già media l' esperien­ za gioiosa del tempo della salvezza. È in questa luce che acquista senso il loghion della fonte Q: « Beati gli occhi che vedono quello che voi vedete ! Perché vi dico che molti profeti e re vollero vedere quello che voi vedete e non lo videro , e ascoltare quello che voi ascoltate e non lo ascoltarono » (Le 1 0 ,23-24 l Mt 1 3 , 1 6- 1 7) .

4. Dio come « abba »

4. 1 La tradizione evangelica ci documenta ampiamente il fatto che Gesù aveva una singolarissima coscienza della paternità di Dio nei propri confronti 25 8 • A fronte dei pochi passi in cui egli , par­ lando ai discepoli , usa l' espressione « il Padre vostro » (Mc 1 1 , 25 ; M t 5 ,48; Le 6 , 3 6 ; M t 6 , 3 2 ; L e 1 2 , 30; L e 1 2, 32; negata a i giudei in Gv 8,42) , ce n'è una serie da cui risulta che egli , non solo non dice mai « Padre nostro » insieme ad essi (la preghiera omonima è per loro , non per sé : cfr . M t 6 , 9 ; Le 1 1 ,2; la distinzione è esplici­ ta in Gv 20, 1 7) , ma impiega molto spesso la designazione « Padre mio » : mai presente in Mc (che però attesta in bocca a Gesù l' e­ spressione « il Padre suo » in riferimento al Figlio dell 'uomo : Mc 8,38; Mt 1 6,27) , essa è rarissima nella fonte Q (Mt 1 1 ,27 l Le 10,22; forse Mt 26,29 l Le 22 ,29) e anche in Le (2 ,49; 24 ,49) , mentre è molto frequente in Mt (7 ,2 1 ; 1 0 , 32 . 3 3 ; 1 2 , 50; 1 5 , 1 3 ; 1 6 , 1 7 ; 1 8 , 1 0 . 1 4. 1 9 . 3 5 ; 20 ,23 ; 2 5 , 3 4 ; 26, 5 3 ) e sarà frequentissima i n Gv (24 volte) 259 • Orbene, in tutti questi casi non si tratta mai di una 25 8 Tralasciamo qui i testi, in cui egli parla di Dio come -« il Padre » in forma assoluta (Mc 1 3 ,32; Mt 24,36; Mt 28 , 1 9; Le 9,26; 1 1 , 1 3) . Vedi in generale P. Gre­ lot, Dieu, le Père de Jésus Christ, Desclée-Mame, Paris 1 994, che è però dedicato in buona parte alla tradizione giovannea, mentre tace sull'uso dell'invocazione abbà. 259 Questa crescita progressiva nella tradizione dimostra se non altro che la Chie­ sa postpasquale era sempre più disposta a riconoscere la speciale figliazione di Ge­ sù nei confronti di Dio, comunque ritenuta ben diversa da quella dei cristiani. In­ fatti, il sintagma « Padre mio » (detto di Dio) non verrà mai usato da singoli cri­ stiani, nemmeno da Paolo; esso riapparirà soltanto in Ap 2,27 ; 3 , 5 . 2 1 ma sempre pronunciato solo da Gesù (definito rispettivamente « il Figlio di Dio », « Colui che possiede i sette spiriti di Dio », « l'Amen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio »); altrimenti si parla sempre di « Padre nostro » (cfr . Rm

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invocazione diretta nella preghiera, ma la paternità divina è solo oggetto di discorso alla terza persona. 4 . 2 Qui però c'interessa la preghiera diretta di Gesù , da cui ri­ sulta che egli impiega come normale una singolare invocazione per rivolgersi a Dio , chiamandolo proprio « padre » . In parte egli s ' in­ nesta su di una prassi giudaica, per la quale è attestata a volte , ra­ ramente , l'invocazione « Padre mio » rivolta a Dio da un indivi­ duo solo (cfr . sotto) . Ma la forma eucologica propria di Gesù è di fatto unica, non solo per la sua formulazione tipica, ma anche per la sua frequenza, che ci è documentata in almeno quattro stra­ ti della tradizione : - Mc 14,36: al3!3a ò na·n'tp l Mt 26,39.42: na:n: p !J.OO l Le 22,42: nan:p l (Gv 1 2,26.28: 1t!l't'Ep) . - Q: M t 1 1 ,25 .26 l Le 10,21 bis: 1tU't'Ep . ò n a n't p l id. - L : Le 23 ,34.36: na't'Ep, perdona loro . . . ; na't'Ep , nelle tue mani . . . - Gv 1 1 ,4 1 ; 1 7 , 1 . 5 . 1 1 .21 .24.25 : 1tU't'Ep . .

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Una prima osservazione da fare è che, come si vede, Gesù non si rivolge mai a Dio chiamandolo ee6ç, « dio » ; ciò avverrà soltan­ to nella citazione del Salmo 22 ,2 sulla croce ( « Ò io mio , Dio mio . . . »; Mt 27 ,46: theé mou, theé mou; Mc 1 5 , 34 [fedele ai LXX] : ho the6s mou, ho the6s mou) , dove però appunto si tratta del ri­ porto di un testo biblico . Invece nella parabola del fariseo e del pubblicano, entrambi i personaggi pregano con l' invocazione : Ho the6s . . . (Le 1 8 , 1 1 . 1 3). Una seconda osservazione è che i quattro strati citati ci richia­ mano anche momenti diversi della vita di Gesù , rispettivamente : l'agonia nell ' orto degli Ulivi; un momento di esultanza di fronte all'accoglienza del vangelo da parte dei semplici ; gli ultimi momenti prima della morte in croce; e in Giovanni la risurrezione di Lazza­ ro e la preghiera sacerdotale. Mentre però il terzo e il quarto strato rispecchiano verosimilmente le redazioni lucana e giovannea, il se­ condo invece ci dà un testo della fonte Q, mentre il primo ci è do­ cumentato addirittura dalla quadruplice tradizione evangelica. La­ sciamo quindi da parte gli strati terzo e quarto ; il secondo lo ri-

1 ,7; l Cor 1 , 3 ; 8,6; ecc .) oppure si conia l'espressione « Padre del Signore nostro Gesù Cristo » (solo paolina: Rm 1 5 ,6; 2Cor 1 , 3 ; 1 1 ,3 ; Ef 1 ,3 ; Col l ,3 ; l Pt 1 , 3); tutt' al più si impiega la forma assoluta « il Padre » (cfr. At 1 ,4; l Cor 1 5 , 24; Fil 2, 1 1 ; Gc l ,27; l Gv l ,2; ecc.) per designare un rapporto che riguarda però o il solo Gesù Cristo o tutti i battezzati.

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prenderemo nel paragrafo seguente sui titoli cristologici , e qui ci dedichiamo al primo . L'evidente uso dell' aramaico 'abba ' come substrato semitico del testo di Mc 14,36 (« A bba, padre , tutto ti è possibile: rimuovi da me questo calice ! Però non quello che voglio io, ma quello che vuoi tu ! ») ha suscitato una abbondante bibliografia. Inevitabile punto di riferimento della discussione in materia è la posizione di Jeremias 260 , che si può sintetizzare nei termini seguenti . l ) Il greco abba è traslitterazione del vocabolo aramaico 'abba ' e grammaticalmente va inteso non come lo stato enfatico di 'ab, « padre » (che non dovrebbe raddoppiare la consonante) , ma co­ me un vocativo di tipo arcaico . 2) Esso proviene dal linguaggio infantile (cfr . b. Tcfan. 23a [« 'abba', conducimi in un bagno caldo »] e 23b [« 'abba ' 'abba ', dacci la pioggia! »] , appartenenti alle storie di Honi del secolo I a.C.). 3) Il suo significato proprio è quello di « papà » e in quanto tale denota un rapporto di intima familiarità. 4) Non è mai attestato nel giudaismo precristiano per rivolgersi a Dio (dove comunque è anche raro che un giudeo, oltre all 'invo­ cazione collettiva « padre nostro » , si rivolga individualmente a Dio chiamandolo « padre mio ») 26 1 ; ciò avverrà invece nel Tg Sal 89,27 : « Egli mi invocherà : Tu sei mio padre ( 'b ) , mio Dio e roc­ cia della mia salvezza » (in Tg M al 2 , 1 0 non è un' invocazione) . 5) Gesù deve aver sempre usato questo appellativo quando pre­ gava, dato che nel giudaismo del tempo esso tendeva ormai a so­ stituire l' invocazione ebraica 'dbf, « padre mio », che, come abbia­ mo detto sopra, è un' espressione molto presente in bocca a Gesù nei vangeli , anche se variamente nelle diverse tradizioni . ,

260 Cfr. J. Jeremias , A bba, GLNT Suppl . l , Paideia, Brescia 1 968 (orig. ted . , Gottingen 1 966) ; The Prayers of Jesus, S B T 2/6, SCM , London 1 967, pp . 1 1 -65; Il messaggio centrale del Nuovo Testamento, BMCR 19, Paideia, Brescia 1 968, 1 9822 , pp. 9-29; Teologia del N. T. , l, pp. 76-83 . 26 1 Cfr. in particolare Sal 89,27 (« Egli [Davide] m i invocherà: 'tibf 'titttih , . . . »); in Ger 3,4 « padre mio » ha una portata collettiva, in quanto è detto dal popolo . Altrove c'è soltanto l'appellativo « Padre » : Sir 23 , 1 .4; 5 1 , 1 0; Sap 2, 1 6 (cfr. v. 1 3); 14,3; 3Mac 6 , 3 . 8 (cfr . A . Strotmann, « Mein Valer bist du! ») . Un testo importan­ te è stato recentemente segnalato da E. Schuller, 4Q272 1: A Text A bout Joseph , RQ 55 (1 990) 349-376; Id . , The Psalm of 4Q3 72 l Within the Context of Second Tempie Prayer, CBQ 54 (1 992) 67-79 specie 75-79: in questo testo qumranico alla riga 16 il patriarca Giuseppe in Egitto si rivolge a Dio chiamandolo fiduciosamente « Padre mio e Dio mio » ( 'iibf we'lbhay) ; si rimanda anche a un testo qumranico non pubblicato , dove analogamente c'è l' invocazione « Padre mio e Signore mio » ( 'tibf wa 'dd6nay: 4Q460 5).

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6) Esso svela la coscienza di un rapporto incomparabile , collo­ quiale, unico nel suo genere , tra Gesù e Dio come Padre suo . 7) L'invocazione passa da Gesù alla Chiesa postpasquale (cfr . Rm 8 , 1 5 ; Gal 4,6) . Ricerche ulteriori 262 hanno precisato e corretto alcune di que­ ste affermazioni . Per il n. l viene osservato che il vocabolo non può essere considerato come un vocativo , ma va ritenuto un nor­ male stato enfatico (che può avere comunque valore di vocativo: cfr . Dn 2,4) , come risulta dal suo impiego in varie attestazioni del tempo (dal 200 a . C . al 200 d . C . ) 263 • Per il n. 2 si fa rilevare che il termine aramaico-ebraico non necessariamente si deve spiegare come provenienza dal balbettamento infantile , essendo invece nor­ male anche sulla bocca degli adulti , come si vede sia dall' uso dei Targum 264 , sia dal fatto che nel Nuovo Testamento abba è nor­ malmente tradotto con ho pater (oppure pdter) , una parola usata dagli adulti, e mai invece come un diminutivo 265 • Contro il n. 3 , 262 Oltre a W. Marche!, A bba, Père! La prière du Christ et des chrétiens, AB 1 9 , Romae 1 963 , 1 97 1 2 , vedi soprattutto G. Schelbert, Sprachgeschichtliches zu « A bba », in P. Casetti e al . , Mélanges Dominique Barthélémy, OBO 38, Fribourg l Gòttingen 1 98 1 , pp. 395-447; J.A. Fitzmyer, « Abba and Jesus » Re/ation to God, in A cause de l'évangile, pp. 1 5-38 (ristampato in According to Pau/, New York­ Mahwah 1 993 , pp. 47-63); J. Schlosser, Le Dieu de Jésus, pp . 1 79-209; J. Barr, 'A bba isn 't 'Daddy ', JTS 39 (1 988) 28-47 ; A. Sand, 'A bba- Vater' - Gotteserfah­ rung und Gottesg/aube Jesu , Renov 48 (1 992) 204-2 1 8 ; M . R . D'Angelo, 'A bba ' and 'Father': Imperia/ Theology and the Jesus Traditions, JBL 1 1 1 (1 992) 6 1 1 -630. Uno stato della ricerca è offerto da G. Schelbert , Abba, Vater! Stand der Frage, Freib­ ZeitPhilTheol 40 ( 1 993) 259-28 1 . 263 In effetti , la documentazione in materia, che va da Qumran agli ossuari di Gerusalemme fino alla Mishnàh, non attesta un vocativo, se non più tardi in m.Ed. 5 , 7 ; non solo , ma una terminazione in ii' come vocativo è una pura supposizione. È vero che la doppia bb può essere una semplice geminazione analoga ad 'immii, « mamma » (dove però la doppia mm è originale) , ma un simile raddoppiamento si trova anche in altre parole aramaiche (vedi J . A. Fitzmyer, Abba, pp. 1 7-24) . Ciò resta vero , anche se la traslitterazione greca abba nel Nuovo Testamento (che rappresenta la più antica attestazione dell' uso del vocabolo in una invocazione a Dio) può supporre al termine non necessariamente una « aleph » ma anche una « he » (cfr . J . Barr, 'A bba, pp. 29-32) . 264 Qui infatti 'abba ' è la versione standard dell'ebraico 'abf, « padre mio », e ricorre in contesti in cui si tratta di adulti che si rivolgono al loro padre: cfr. Gn 20, 1 2 ; 22,7; 27, 3 1 ; 3 1 , 5 ; 3 1 ,42 (« Il Dio di mio padre, il Dio di Abramo »); Gdc 1 1 ,36; ls 8,4 (« prima che il bambino impari a chiamare "papà e mamma" [e br. 'iibf w" 'immf aram . 'abbii w"immii] »); anche in quest' ultimo testo il Tg tradu­ ce in aramaico le normali parole ebraiche usate da un adulto, che devono essere imparate anche dal bambino . 265 Infatti anche il greco antico disponeva almeno di un diminutivo , pripas, te­ stimoniato sia in qualche autore classico (cfr. Epicuro: « Se tu e tua mamma [J.uilllllll state bene, e se obbedisci in tutto al papà [nanm] »), sia in qualche papiro (cfr. P . Giessen 80. 3 : « Ti salutano Tinutis e suo papà [ò nanaç aù•fiç] »), sempre in =

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di conseguenza, risulta che il vocabolo può significare semplice­ mente « padre », e non tanto « papà » . Circa il n. 4 vedi la nota 26 1 . La conclusione del n. 5 pertanto non può essere cogente. Quan­ to al n. 6 si fa notare che, in definitiva , la conclusione di Jeremias è basata su di un argomento negativo, cioè sul fatto che in tutta la letteratura palestinese precristiana non si trova nessun esempio di una preghiera individuale, in cui ci si rivolga a Dio chiamando­ lo 'abba ' (cfr. il n. 4) , sicché il passo compiuto da Gesù dev'essere stato qualcosa di nuovo e inaudito 266 • 4 . 3 Dunque , per quanto riguarda la valenza cristologica dell 'in­ vocazione, è necessario essere cauti e non maggiorare i dati , come invece spesso si tende a fare. Presa da sola, l'invocazione a Dio come 'abba ' non è certo risolutiva circa la questione della coscien­ za divina di Gesù. Ma nella sua prassi eucologica ci sono alcuni fattori, che non vanno sottovalutati . Innanzitutto, non bisogna tra­ scurare il fatto che , almeno sul piano della documentazione di cui disponiamo, l' appellativo aramaico usato nella preghiera distingue sicuramente Gesù dai suoi contemporanei 267 • Inoltre , anche se questo appellativo può equivalere soltanto a un comune « padre )), e non necessariamente a un più confidenziale « papà )) , ciò non to­ glie nulla alla dimensione di intimità famigliare che esso comun­ que comporta ed esprime; del resto , il fatto che sia stato conserva­ to alla lettera solo nel contesto di una agonia la dice lunga sulla sua dimensione di totale abbandono confidenziale nelle mani di Dio e della sua accogliente paternità . Ancora: non ha senso dire che l' appellativo non può documentare una relazione « esclusiva )) tra Gesù e Dio per il motivo che esso è presente anche nell 'uso eucolo­ gico dei primi cristiani (cfr . Rm 8 , 1 5 ; Gal 4,6) 268 ; infatti esso rapporto a dei bambini (citazioni in J. Barr, 'A bba, p . 38). Ma due altri termini in­ fantili sono testimoniati in Teocrito, Idy/1. 1 5 , 14- 1 6 : « Questo papà (à.mpuç) l' altro giorno, sicuro, proprio l'altro giorno, gli dico: "Babbo (mbma), al mercato comprami del nitro e del belletto" » (trad. B.M. Palurnbo Stracca, Rizzoli , Milano 1993, pp. 254s). 266 Cfr. J .A. Fitzmyer, A bba, pp. 34s; « but the fact is that this address for God is unattested , and the claim that Jesus ' use of i t is new and unheard of is not wholly unlikely » (ib.). 267 D'altronde, la storia si scrive sempre in base ai documenti noti, mai con quelli ignoti : altrimenti, potremmo anche supporre, per esempio, che la spedizione di Ales­ sandro Magno contro la Persia è stata compiuta anche da altri condottieri a noi sconosciuti oppure che il Macedone intraprese anche una spedizione simile verso occidente nelle Gallie! 268 Contro J . Ashton, A bba, ABD, I , p . 7; altrettanto deviante va considerato l' assunto di M . R . D'Angelo, A bba and « Father » , secondo cui l'appellativo signi­ fica un atteggiamento non tanto di intimità famigliare quanto piuttosto di rifugio

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esprime un concetto di relazione , e, al pari del semplice titolo di « figlio » , viene condiviso in maniera analogica anche dai suoi di­ scepoli (cfr . nota 73). In definitiva, lo 'abbii ' acquista il suo vero valore soltanto se collocato in tutto il contesto di quei passi , che testimoniano la coscienza figliale di Gesù nei confronti di Dio (cfr. sotto) , come per esempio avviene nella parabola dei vignaioli omi­ cidi (cfr . sopra) . Allora non vi può essere dubbio che anche l' invo­ cazione aramaica rappresenta perlomeno un originale e tipico svi­ luppo gesuano , e poi cristiano , nei confronti del giudaismo del tem­ po per quanto riguarda il modo di pregare Dio e quindi la coscien­ za di una particolare figliazione, che sta all ' origine di questa preghiera 269 • In definitiva, Gesù non predica un nuovo Dio , ma riconosce e vive un rapporto specialissimo tra sé e il Dio d ' Israele che acquista tutto il suo valore sullo sfondo dell' annuncio escato­ logico : l' attuale irruzione della regalità di Dio nella predicazione e nell' azione di Gesù dà senso ed esalta anche il suo modo incom­ parabile di rivolgersi a lui come Padre . È solo da tutto questo insieme che si può intravedere la profondità della sua natura personale 270 •

5. I titoli cristologici

A livello gesuano incontriamo una serie di titoli, che in parte ven­ gono dati da altri al Nazareno , in parte risultano come sue qualifi­ che implicite semplicemente sulla base di determinati suoi compor­ tamenti , e in parte appartengono al suo esplicito linguaggio perso-

nella persecuzione e quindi di resistenza contro il potere di Roma (Gesù infatti non era certo afflitto da un complesso di persecuzione da parte dell' impero) . 269 « L'uso proprio di Gesù esprimeva non solo una convenzione normale, ma una sensazione di figliolanza, anzi di intima figliolanza. ( . . . ) Possiamo concludere che Gesù sentiva una unicità escatologica nella sua relazione con Dio, ( . . . ) in quan­ to figlio che ha il compito unico di introdurre altri a partecipare del regno, al quale egli è già stato designato (Le 22,29s) >> (J . D. G. Dunn, Christo/ogy in the Making, p. 28); cfr. anche H. Merklein, La signoria di Dio, pp. 1 00- 1 09. 270 Gli ulteriori sviluppi giovannei (cfr. Gv 1 , 1 8 [« nessuno mai ha visto Dio, ma l'Unigenito Dio (o : di Dio) che è nel seno del Padre, egli ce lo ha rivelato ») ; 6,46 [« non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre » ] ; 8 , 5 8 ; 1 0,30 [« io e il Padre siamo una cosa sola ») ; 1 7,5) non possono che innestarsi su questa coscienza gesuana: si tratta qui di « parole che Gesù, se non pronunziò, avrebbe almeno potuto pronunziare >> (F. Dreyfus, Gesù sapeva d'essere Dio?, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1 985, p. 9) .

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nale . Ovviamente, i primi possono rientrare nella cristologia di Gesù solo nella misura in cui egli prende posizione nei loro confronti , accettandoli o criticandoli . Qui tralasciamo tre di questi titoli , per motivi diversificati . l ) Al titolo di « Rabbì , Maestro >> si è già accennato più sopra a proposito del discepolato (cfr . l, A, 2) . 2) Il titolo « figlio di Davide » è attestato solo due volte nella triplice tradizione sinottica nel racconto della guarigione di un cie­ co a Gerico , dove però è il cieco stesso a impiegarlo senza peraltro suscitare reazioni da parte di Gesù (Mc 1 0,47 . 48 l Mt 20,30. 3 1 l Le 1 8 , 3 8 . 39) ; per il resto, esso appartiene soltanto alla redazione matteana, in cui appare sempre in bocca alla gente (6 volte : Mt 1 , 1 ; 9,27 ; 1 2 , 23 ; 1 5 ,22; 2 1 , 9 . 1 5) . I sinottici attestano comunque una discussione sul Messia come figlio di Davide (Mc 1 2, 3 5-37), che rimandiano alla trattazione del titolo « Cristo » . 3 ) Più problematico è i l titolo « servo (di Yhwh) » : esso, che sa­ rebbe servito ottimamente ad esprimere la dimensione cristolo­ gico-soteriologica di Gesù, non è mai presente a livello gesuano , né nella forma di 1taìç e tanto meno in quella di òouì..o ç (il testo-arche­ tipo di Is 53 è citato in M t 8 , 1 7 , ma a livello redazionale e privo di ogni connotazione amartiologico-espiatoria; lo stesso si dica a for­ tiori di Is 42, 1 -4 citato in Mt 1 2 , 1 7-2 1 ) 27 1 • Qua e là nel Nuovo Te­ stamento si trovano comunque delle allusioni a Is 5 3 (che saranno esplicite nella tardiva l Pt 2,2 1 -25) : per quanto riguarda Gesù, si do­ vrebbero considerare i passi di Mc 1 0,45 e le parole dell'ultima cena, che però rimandiamo più avanti (cfr. sotto : 6) . Qui pertanto fac­ ciamo oggetto di esame altri quattro titoli cristologici, che sono più evidenti e di fronte ai quali Gesù si è personalmente pronunciato.

5. 1 Profeta Più volte incontriamo nei vangeli la qualifica esplicita di « pro­ feta » attribuita a Gesù da vari strati della gente che lo incontra:

27 1 La qualifica di òoùA.oç, che al singolare in Is LXX è presente solo in 48,20; 49, 3 . 5 , nel Nuovo Testamento non è mai usata per Gesù (quindi neanche a livello gesuano) e anzi viene rifiutata in Eb 3 , 5-6 che la riserva solo a Mosè; quanto invece al più sfumato titolo di 1taìç normalmente impiegato nei carmi del Servo di Yhwh (cfr. Is LXX 41 ,8.9; 42, 1 .23 ; 43 , 1 0; 44, 1 .2.21 .26; 45,4; 49,6; 50, 10; 52, 1 3), nel Nuovo Testamento esso è parimenti assente a livello gesuano, ma serve in parte a formula­ re la primitiva cristologia giudeo-cristiana della Chiesa di Gerusalemme (cfr . At 3 , 1 3 . 26; 4,25 .27.30) e di Mt 1 2 , 1 8 .

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sia nella triplice tradizione (Mc 8,28 l Mt 1 6, 14 l Le 9, 1 9), sia in una tradizione duplice (Mc 6, 1 5 l Le 9,8) , sia nel solo M t (2 1 , 1 1 .46), sia nel solo Le (7 , 1 6), e sia anche nel solo Gv (4, 1 9 ; 6, 1 4 ; 7,40; 9, 1 7) . Evidentemente si ' è ampiamente conservata la memoria del fatto che più volte le folle di Palestina hanno riconosciuto in lui una dimensione profetica 272 • La statura profetica di Gesù ci è già apparsa evidente in alcune sue autorevoli prese di posizione, che abbiamo esaminato più so­ pra: l' intervento nel Tempio di Gerusalemme , l' atteggiamento nei confronti della Legge , e soprattutto l' annuncio della regalità esca­ tologica di Dio . Il fatto della coscienza personale di Gesù in mate­ ria ci è confermato da almeno un paio di detti espliciti 273 • L'uno è un proverbio da lui citato in occasione della sua visita a Nazaret, che si trova addirittura nella quadruplice tradizione. Noi lo riportiamo secondo la formulazione lucana, che ci sembra la più fedele : « A men vi dico : Nessun profeta è accetto nella sua patria » (Le 4,24 l Mc 6,4 [« non c'è profeta disprezzato se non nella sua patria e tra i suoi parenti e nella sua casa »] l Mt 1 3 ,57 l Gv 4,44) . L' enunciazione lapidaria e l' introduzione tipicamente gesuana con l'amen (cfr . sopra) , unitamente al fatto della molttWlice attesta­ zione , ne fanno con ogni probabilità un loghion autentico 274 • È vero che la frase è generica, ma essa rappresenta anche una enun­ ciazione di principio, con la quale Gesù esprime indirettamente una

272 Su questa linea si pone anche l'osservazione stupita della gente, secondo cui egli « insegnava come uno che ha autorità e non come i (loro) scribi » (Mc l ,22; Mt 7 ,29; cfr. Le 4,32) . 273 Interessante è anche i l pronunciamento d i Gesù in M c 2,23-26 parr . (richia­ mo all'infrazione di Davide nel santuario di Nob), con cui egli si comporta come profeta-maestro che, invocando la libertà di Davide (inteso egli stesso nel medio giudaismo come profeta: cfr. per esempio l i QPs3 27 ,2- 1 1 ) , interpreta l' osservan­ za del sabato in modo diverso dalla scuola farisaica e configura una nuova halakfJ; così del resto si legge a proposito del profeta in Sijre Dt 1 8 , 1 5 : «"A lui darete ascol­ to" . Anche se ti dice : Trasgredisci uno dei precetti della Torah , come Elia sul monte Carmelo, secondo le necessità del momento, ascoltalo» (cfr . D. Roure, Jesris y la figura de David en Mc 2,23-26. Trasjondo biblico, intertestamentario rabfnico , AB 1 24, PIB, Roma 1 990) . Lasciamo da parte invece l'implicita identificazione con Elia, che si trova in Le 4,25 .26 (più : 7, 1 1 - 1 6; 9,5 1 ; 22,43), la quale va probabil­ mente spiegata a livello redazionale; infatti altrove è più chiaramente attestata l'i­ dentificazione di Elia con Giovanni Battista (cfr . Mc 9, 1 1 - 1 3 l Mt 1 7 , 1 0- 1 3 ; e Le 1 , 1 7 . 76) . 274 Contro E. Grii.sser, Jesus in Nazareth , NTS 1 6 ( 1 969-70) pp. 1 -23 , secondo cui un aforisma sui profeti contraddirebbe la presentazione di Gesù come maestro e taumaturgo, R . H . Gundry, Mk, p. 297, fa giustamente notare che anche gli anti­ chi profeti insegnano (cfr. Ger 32,33) e operano miracoli (cfr . Elia ed Eliseo) .

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rivendicazione personale; del resto , proprio l a sua genericità lo si­ tua con più verosimiglianza nello stadio gesuano , a monte di qua­ lunque esplicitazione postpasquale. Eventuali parallelismi non fan­ no altro che confermare il suo valore 27 5 • Sullo sfondo c ' è la tra­ dizione giudaica circa la sorte drammatica del profeta rifiutato e persino ucciso (cfr . la fonte Q : Mt 23 ,29-36 l Le. 1 1 ,47-5 1 ) 276 • Anche il secondo detto si colloca su questa linea: « Bisogna che ( . . . ) io parta, poiché non conviene che un profeta perisca fuori di Gerusalemme. Gerusalemme , Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono stati mandati a te . . . )) (Le 1 3 , 33-34) . Nel v. 33, esclusivamente lucano , abbiamo addirittura un nesso stretto fra il pronome di prima persona singolare e la qualifica di profeta che, sia pure espressa in forma indeterminata, è chiaramente attribuita a Gesù almeno come « uno )) dei profeti; ma l' autenticità gesuana del v. 33 è molto discussa, e certo non si possono negare sicuri in­ dizi redazionali 277 • Il v. 34 invece è della fonte Q (cfr . Mt 23 ,3 7) e contiene una parola profetico-apocalittica di giudizio sulla Città santa, con ogni probabilità gesuana, anche se inserita in contesti rispettivamente redazionali 27 8 • Qui la designazione di Gesù come profeta è certamente molto più indiretta che nel v. precedente . Tut­ tavia essa è suggerita con sufficiente chiarezza, anche perché il detto richiama giudizi analoghi di Gesù riportati altrove da Q su altre 27 5 Cfr. R. Pesch , Mc l, p. 503 , dove si riportano detti analoghi sui filosofi nel­ l'ambiente ellenistico (Dione Crisostomo, Or. 47 ,6 [« a tutti i filosofi è apparsa dif­ ficile la vita in patria »] ; Epitteto, Diatr. 3 , 1 6, 1 1 ; Apollonia di Tiana, Ep. 44) . La frase evangelica, secondo Le, ha però un' introduzione tipicamente giudaica e per­ sino gesuana (cfr . sopra: B , 2) . 276 Già l'Antico Testamento narra casi d i uccisione di profeti (cfr. I Re 1 8 ,4. 1 3 ; 2Cor 24, 1 9-22; Ger 26,20-23 ; l a figura-tipo del profeta perseguitato è Geremia: 1 1 , 19; 1 5 , 10; 20,7; 26,9-1 1 ; 38 ,6); il tema del maltrattamento dei profeti si generalizza sempre più (cfr. 2Cr 36, 1 5- 1 6; Ne 9,26; Fl . Giuseppe, A n t. 1 0 , 3 8 ; Eb 1 1 , 36-38), come atte­ stano anche gli apocrifi Martirio di Isaia (di data incerta) e soprattutto le Vite dei Profeti (del sec. I d . C . ) . In proposito, vedi in generale O . H . Steck, lsrael und das gewaltsame Geschick der Propheten , WMANT 23, Neukirchen-Vluyn 1 967 . 277 L'autenticità di Le 1 3 ,33 è affermata da J . Jeremias, 1taio 8eou, GLNT, IX, p. 430; G. Bornkamm , Gesù di Nazaret, Claudiana, Torino 1 968, p. 1 7 5 (« parole sicuramente autentiche almeno nel loro nocciolo »); F. Hahn, Christologische Ho­ heitstitel, pp. 64s; curiosamente persino R. Bultmann, Die Geschichte, p. 3 5 , lo considerava « ein im eigentlichen Sinn biographisches Stiick » . Di contro , insisto­ no fortemente sulla redazionalità A . Denaux, L 'hypocrisie des Pharisiens et le des­ sein de Dieu. Analyse de Le XIII 31-33 , in F . Neirynck, (ed .), L 'Evangile de Luc. Problèmes littéraires et théologiques (Mémorial L. Cerjaux), BETL 32, Gembloux 1 973, pp. 245-285 ; M. Rese, Einige Oberlegungen zu Lukas Xl/l, 31-33, in J . Du­ pont (ed .), Jésus aux origines de la Christologie, 201 -225 ; e in genere i commenti . 278 Cfr. S. Schulz, Q. Die Spruchquel/e der Evangelisten , Ziirich 1 972, pp. 346-360.

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città (cfr . Mt 1 1 , 2 1 -24 l Le 1 0 , 1 3- 1 5 : Corazin, Betsaida, Cafar­ nao) . Dal punto di vista formale infatti si rinnova l' antica tradi­ zione profetica delle invettive contro i popoli che si oppongono al Dio d ' Israele (cfr . per esempio Is 1 3-23 ; Ger 46-5 1 ; Ez 25-3 1 ) . Ma qui si tratta nientemeno che di Gerusalemme ; tuttavia leggiamo un analogo « guai ! » contro di essa già in Is 29, 1 - 1 4 (anche là con un'a­ postrofe iterata, benché criptica: A riè/, A rièl) , dove l'invettiva è motivata dal fatto che la città si dimostra refrattaria alla predica­ zione profetica: « Questo popolo si avvicina a me solo a parole e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me » (v . 1 3). Il parallelismo è eloquente . In conclusione , dobbiamo riconoscere che la qualifica di Gesù come profeta è ben radicata nella tradizione e ci porta sicuramente allo stadio gesuano (non solo alla sua coscienza, ma anche all 'in­ terpretazione data di lui) . D'altronde questo è un caso tipico , in cui la realtà dei fatti supera di molto il linguaggio che li esprime : il titolo specifico è raro, ma la dimensione profetica di Gesù viene espressa in termini diversi molto più ampi . Anzi , come rileveremo ancora nella conclusione a tutto il capitolo , potrebbe essere pro­ prio questa la qualifica più atta a definire l 'identità di Gesù alme­ no sul piano della fenomenologia religiosa.

5.2 Cristo (Messia) Se c ' è un' evidenza nel Nuovo Testamento, è che la cristologia postpasquale puntò decisamente sulla qualifica di Gesù come « Cri­ sto » , al punto da servirsi di questo termine non più tanto come titolo quanto piuttosto come nome proprio di persona 279 • Anzi , secondo un testo come At 2,36 è solo con la risurrezione dai morti che Dio fece di Gesù propriamente il « Cristo » (come se prima non lo fosse ! ) 280 • A l contrario, nel materiale evangelico riguardante il Gesù terreno non solo questa qualifica è molto più rara 281 , ma 279 Nelle sole lettere paoline, mentre « Cristo » è ripetuto più di 400 volte, « Ge­ sù » non arriva neanche alle duecento . 280 « Sappia con certezza tutta la casa d'Israele che e "Signore" e "Cristo" Dio costituì questo Gesù che voi avete crocifisso ». Siccome però Luca sa che la qualifi­ ca di « Cristo » valeva già per il Gesù terreno (cfr. Le 2, I l ; 4,4 1 ; ecc.), è probabile che in At 2,36 risuoni una cristologia prelucana (cfr . E. Haenchen, Apg, p. 1 89) , che è piuttosto sulla linea di Rm 1 ,3b-4a (cfr. sotto : 1 1 , 3 ) . 281 Così, per confrontare due scritti di lunghezza analoga, Christ6s nel vangelo secondo Marco si trova appena 8 volte (sempre e soltanto con valore titolare, mai unito al nome « Gesù »), mentre nella lettera di san Paolo ai Romani s'incontra

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non la si trova mai sulla bocca di Gesù come personale autodesi­ gnazione ; anzi, egli ingiunge il silenzio a chi lo confessa come tale (così è per Pietro a Cesarea di Filippo : cfr . Mc 8 , 30) . In più, con uno specifico ammaestramento messianologico sulla davidicità del « Cristo » (Messia) , Gesù prende le distanze dalla concezione cor­ rente rappresentata dagli scribi; citando Sal l 1 0, 1 (« Disse il Signore al mio signore . . . >> ), egli si chiede : « Se Davide stesso lo chiama ' 'si­ gnore " , come dunque può essere suo figlio? >> (Mc 12,37). In que­ sta affermazione non è propriamente messa in dubbio la discen­ denza davidica di Gesù , ma c'è una correzione della prospettiva farisaica : il Messia dev ' essere qualcosa di diverso e di più del figlio di David tradizionalmente concepito secondo le categorie monar­ chiche di un potere terreno e politico 282 • Del resto , l' idea che il « figlio di David >> sia sottoposto al « Signore >> è presente anche là dove il titolo appare per la prima volta nella letteratura giudai­ ca, cioè in Ps. Sal. 17 (ca. metà del sec . I a.C.) 283 • Tuttavia, la cor­ rezione proposta da Gesù ricolloca evidentemente l ' attesa messia­ nica su di un altro piano . Dunque, appare chiaro il problema e l'interrogativo : il Gesù ter­ reno si attribuì la messianicità o almeno si riconobbe come il rea­ lizzatore delle speranze messianiche? Qui come non mai si rivela assolutamente necessario collocare l 'intero discorso sullo sfondo del messianismo giudaico ; poiché dobbiamo constatare che stori­ camente si operò un passaggio dalla messianologia alla cristolo­ gia, occorre riconoscere che non si potrà giudicare adeguatamente

ben 67 volte (di cui 35 volte unito al nome « Gesù » e 32 volte da solo ma sostan­ zialmente con valore di nome proprio); inversamente stanno le cose a proposito del nome proprio « Gesù » da solo : 61 volte in Mc e solo 2 volte in Rm (più altre 4 volte in unione al titolo « Signore ») . 2 82 Cfr. i commenti di R . Pesch , Mc, I l , pp. 375-385 (Gesù dimostra errata la messianologia farisaica); R . H . Gundry, Mk, pp. 7 1 7-728 (la questione riguarda la fonte biblica della designazione « figlio di Davide », per dire che non ce n'è nessu­ na) ; M . D . Hooker Mk, pp. 290-294 (che colloca l' affermazione a livello della teo­ logia della Chiesa primitiva); e R. E. Brown, La nascita del Messia, Cittadella, As­ sisi 1 9 8 1 (orig. ingl . New York 1 977, 1 993 2) , pp. 690-693 (la domanda posta da Gesù appartiene al genere della haggadàh e risale sostanzialmente allo stadio gesuano). 283 Qui al v. 27 leggiamo: « Guarda, Signore, e fa' sorgere per loro il loro re figlio di David per l'occasione che tu hai scelto , o Dio, perché il tuo servo regni su Israele » : e poi ai vv. 32.34.37.39: « Il loro re sarà l'Unto del Signore. ( . . . ) Il Signore in persona è suo re ( . . . ) poiché Dio lo ha reso forte con uno spirito santo ( . . . ) . La sua speranza è nel Signore » (trad . di M. Lana, in P. Sacchi, ed . , Gli apo­ crifi dell'A ntico Testamento, I l , Utet, Torino 1 989, pp. 1 38 - 1 42); i titoli « il suo Unto » e « l'Unto del Signore » ricorrono ancora in Ps. Sal 1 8 , 5 . 7.

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la seconda se non si mette bene a fuoco la prima. Il guaio è che il tema del messianismo giudaico è terribilmente complesso 284• Ricordiamo anzitutto che è esistito in Israele un messianismo senza messia, secondo cui Dio stesso sarebbe apparso negli ultimi tempi per operare in prima persona una redenzione completa (del popolo d' Israe­ le o del cosmo intero) senza il concorso di alcun intermediario (cfr . ls 4.4-5 ; 43 , 1 1 ; 46, 1 3 ; 60, 1 6-22; Abd e Gl) : lo stesso tema del « giorno del Signore » esprime un intervento di Dio come unico giudice escato­ logico (cfr . Am 2, 1 5 ; 5 , 1 8 . 20 [posteriore è 9, 1 1 ] ; Sof 1 , 14- 1 8 ; ecc . ) . Inoltre , è esistito u n tipo d i messianismo caratterizzato dall 'attesa del ritorno di alcune figure bibliche di eccezionale statura religiosa, o co­ munque nuove, ma totalmente sganciate dalla discendenza davidica. Ciò vale in particolare per la figura di un profeta escatologico : così è di Elia (cfr . Mal 3 , 23-24; 1 En 90, 3 1 ) e di Mosè (cfr . Dt 1 8 , 1 5 . 1 8 ; 4QTestim 5-8) 28 5 ; in particolare tra i samaritani , che limitandosi al Pentateuco

284 Oltre a L. Cerfaux e al . , L 'attente du Messie, Recherches Bibliques, Bruges 1 958; É. Massaux e al . , La venue du Messie, Recherches Bibliques, Bruges 1 962; Aa.Vv . , Il messianismo. A tti della XVIII Settimana Biblica, Paideia, Brescia 1 966; J. Coppens, Le Messianisme et sa Relève prophétique. Les antidipations vétérote­ stamentaires. Leur accomplissement en Jésus, BETL 38, Gembloux 1 974; W. Grund­ mann - F. Hesse - M. Dejonge - A.S. Van Der Woude, xpiw K"CÀ. GLNT, XV, pp. 845-1 092, tra la bibliografia più recente cfr . E. Schiirer e al . , Storia del popolo giu­ daico al tempo di Gesù Cristo (1 75 a. C. - 135 d. C.), I l , Paideia, Brescia 1 987 (orig. ingl . Edinburgh 1 979), pp. 582-662; J. Neusner - W . S . Green - E. Frerichs , (edd .), Judaisms and Their Messiahs at the Turn oj the Christian Era, Cambridge 1 987; G. Jossa, Dal Messia al Cristo. Le origini della cristologia, SB 88, Paideia, Brescia 1 989; M. Karrer, Der Gesa/bte. Die Grundlagen des Christustite/s, FRLANT 1 5 1 , Gi:ittingen 1 99 1 ; J . Maier, Der Messias, i n P . Sacchi, (ed .), li giudaismo palestine­ se: dal I secolo a. C. al I secolo d. C. A tti dell' VIII congresso internazionale del­ I'AISG (San Miniato 5-6- 7 novembre 1990), Fattoadarte, Bologna 1 993 , pp. 1 57-1 86; J .H. Charlesworth, (ed .), The Messiah. Deve/opments in Earliest Judaism and Chri­ stianity, Fortress, Minneapolis 1 992; M. De Jonge, Messiah , ABD, 4, pp. 777-788; R.A. Horsley, Messianic movements in Judaism , ABD, 4, pp. 791 -797 ; E. Stege­ mann, (ed .), Messias- Vorstellungen bei Juden und Christen , Stuttgart-Berlin 1 993 (saggio di H. Lichtenberger) ; P. Sacchi, Storia del Secondo Tempio , pp. 357-384; R.E. Brown, An Introduction, pp. 155- 1 6 1 ; G.S. Oegema, Der Gesa/bte und sein Volk. Untersuchungen zum Konzeptualisierungsprozess der messianischen Erwar­ tungen von den Makkabiiern bis Bar Koziba, SIJD 2, Gi:ittingen 1 994; K.E. Pomy­ kala, The Davidic Dynasty Tradition in Ear/y Judaism. Its History and Signijican­ cejor Messianism , SBL Early Judaism and Its Literature 7, Scholars, Atlanta 1 995 ; J . L . Sicre, De David al Mes{as. Textos bdsicos de la esperanza mesidnica, Verbo Divino , Estella 1 995; J . J . Collins , The Scepter and the Star. The Messiahs oj the Dead Sea Scrol/s and Other Ancient Literature, Doubleday, New York-London 1 995 ; e tutto il fascicolo di DSD 2 (1 99512) . 285 La figura di Mosè è evocata anche dai pretendenti profeti del secolo I d . C . , Teuda e l' Egiziano, i quali assicuravano i loro seguaci d i rinnovare alcuni prodigi della storia antica, rispettivamente di dividere le acque del Giordano e di far crolla­ re le mura di Gerusalemme (cfr. Fl . Giuseppe, Ant. 20,97 . 1 69s) .

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non avevano recepito l' istanza messianica regale, era attesa soltanto la comparsa di una figura profetica escatologica come Mosé (dal nome criptico Taheb) . Ma anche altre figure non davidiche giocarono un ruolo molto importante : così è di Melchisedek (cfr. 1 1 QMelch 9 . 1 3 . 25), di un metaforico « bue bianco dalle grandi corna » ( 1 En 90, 3 7 : esso ha fun­ zioni regali , ma non è detto un davidide) , e di un Figlio dell' uomo di origine celeste (cfr . più sotto) . Di un Messia non ulteriormente specifi­ cato si parla anche in una apocalisse messianica di Qumran , del sec . II a.C. , 4Q521 (fr .2 col . 2. 1 : « I cieli e la terra ascolteranno il suo Mes­ sia ») 286 • Tutte queste figure appartengono a un tipo di messianismo che, secondo una certa distinzione 28 7 , si può chiamare utopico (uta­ pian) nel senso che guarda solo al futuro come definitivo sganciamento da un passato storico considerato non soltanto imperfetto ma corrotto , secondo una prospettiva apocalittica; a fronte di esso c'è invece un mes­ sianismo di restaurazione (restorative) , che guarda alle antiche glorie del passato nazionale davidico per ripristinarle integralmente, così che il presente storico necessita solo di un perfezionamento, secondo una prospettiva politico-regale. Non è escluso tuttavia che le due forme si fondano insieme, come si vede per esempio in un testo come Is 1 1 , 1 -9, dove si prospetta la figura di un davidide, il quale ripristinerà l'armo­ niosa situazione paradisiaca delle origini , che scavalca le realizzazioni storiche del passato nazionale . Il messianismo più tipico in Israele sembra comunque essere stato d'im­ pronta regale; infatti è dal rituale dell 'intronizzazione che trae origine la stessa voce « messia » . Orbene , dal punto di vista strettamente lin­ guistico è facile ricordare che il greco XptoT6ç, « unto », è traduzione dell 'ebraico miisfah e dell ' aramaico mesfhii' (ed è da quest' ultimo che provengono il latino Messias e le sue derivazioni romanze) . Ma le cose si complicano subito , appena ci si chiede che cosa riguardi l ' unzione a cui rimanda il vocabolo ; infatti , le possibilità sono svariate: prima dell 'esilio babilonese del secolo VI a. C . , essa riguardava solo i re (di Giuda e di Israele) ; dopo l' esilio riguardava invece i sacerdoti (soprat­ tutto il sommo sacerdote) 288 ; ma ci sono testi , anche se rari , che la at-

286 Cfr. E. Puech, Une apocalypse messianique (4Q521) , RQ 1 5 ( 1 992) 475-522; il testo associa al Messia, tra l ' altro , la risurrezione dei morti (anche se operata da Dio) . Per l'interpretazione profetica di questo testo , cfr. J . J . Collins, The Works oj the Messiah , DSD l (1 994) 98- 1 1 2 (sopra: I , A , 3 . 2) . 287 Cfr. G. Scholem , To ward an Understanding of the Messianic Idea in Ju­ daism, in The Messianic Idea in Judaism , New York 1 97 1 , pp. 1 -36. Ma il primo rabbinismo sembra aver ignorato la proiezione delle speranze migliori nel futuro, in favore di una attuale intensa vita religiosa: cfr . B . M . Bokser, Messianism, the Exodus Pattern, and Early Rabbinic Judaism, in J . H . Charlesworth, ed. , The Mes­ sia h, pp. 239-258. 288 Su queste due categorie di persone, cfr. R. De Vaux, Le istituzioni dell'anti­ co Testamento, Marietti , Casale M . 1 964, pp. 1 1 - 1 1 3 e 389-39 1 .

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tribuiscono pure ai profeti 289 ; infine, l' unzione viene persino riferita ad un luogo , il Santo dei santi 290 • Inoltre va osservato che, non solo il termine in senso propriamente messianico, cioè di attesa di un Unto­ Re escatologico, nella letteratura intertestamentaria di lingua greca è rarissimo 29 1 , ma che prima del rivoluzionario Simone bar Kocheba del secolo II non conosciamo nessuno in Israele che abbia concretamente preteso di essere il Messia o che sia stato proclamato tale, all 'infuori del caso di Gesù di Nazaret (di cui però appunto non è del tutto chiaro se abbia personalmente rivendicato per sé questa identità; vedi più avan­ ti) . Un ulteriore fattore di complessità è rappresentato dall ' attesa di un Unto di tipo sacerdotale ; ma questi a volte si presenta da solo 292 e a volte, come a Qumran , appare con la designazione « Messia di Aron­ ne » in coppia con un « Messia di Israele » 293 ; d ' altronde proprio a

289 Così probabilmente ls 6 1 , 1 (« lo Spirito del Signore è su di me, poiché mi ha unto . . . »); e poi sicuramente a Qumran, ma nella forma del plurale: CD 2, 1 2 (« li istruì per mezzo degli unti del suo spirito d i santità », wayy6dP:em beyad me­ sfhe rilah qods6); 6, 1 (« per mezzo degli unti santi )) , bimmesfhe haqq6des); for· · se anche l l QMelch 1 8 . 290 Così in Dan 9,24.26 LXX (« Settanta settimane . . . ungere [euphriìnai; Th . chrf­ sa�l il Santo dei Santi . . .distruggerà la città e il Santo metà tou christou ))), ove ci si riferisce alla riconsacrazione del Tempio a opera di Giuda Maccabeo nel 1 64 a.C. (sulla falsariga di Es 30,26; 40,9). Recentemente qualcuno ha voluto spiegare il ti­ tolo « Cristo )) attribuito a Gesù proprio sulla base di questo preciso sfondo storico­ religioso, intendendo il genitivo del v. 26 christou in senso neutro, « das Gesalb­ te )) ; il titolo attribuito a Gesù si spiegherebbe come ripresa al maschile di un neu­ tro, che qualificava il Santo dei Santi come luogo della massima santità e vicinanza a Dio: nient' altro che queste idee sarebbero comprese nel titolo personale Christ6s, che non avrebbe nulla a che vedere con una discendenza davidica (cfr . M . Karrer, Der Gesalbte, specie pp. 1 72-2 1 3) . Ma una tale interpretazione forza necessaria­ mente il testo, come risulta dai commenti correnti ; cfr. J . J . Collins , Daniel, Her­ meneia, Fortress, Minneapolis 1 993 , ad loc. 29 1 Le uniche testimonianze si trovano in Ps. Sal. 1 7 , 32; 1 8 , 5 .7; ma è sorpren­ dente che non ricorra mai né in Filone Al . , né in Fl . Giuseppe (che paradossalmen­ te usa il termine soltanto in rapporto a Gesù di Nazaret: Ant. 1 8 ,63 ; 20,200) , né in Test. XII Patr. , né in Sent. Ps. -Foc. , né in Or Syb . , che pur formano insieme un complesso letterario di vaste dimensioni . 292 Così Test.Rub. 6 , 8 : « Per questo io vi ordino di ascoltare Levi perché cono­ scerà la Legge di Dio; darà istruzioni riguardanti il giudizio e farà i sacrifici per Israele fino al compimento dei tempi , sommo sacerdote unto (archiereùs christ6s) indicato dal Signore )) (cfr . Test.lud. 2 1 , 1 -5 : come il cielo sovrasta la terra, così il sacerdozio sovrasta il regno ! ) ; il sospetto di una mano cristiana grava invece sul­ l'attuale redazione dei passi di Test. Lev . , 1 8 ,2-3 e Test. /ud. , 24 , 1 -6. 293 Così l QS 9, 1 1 : « . . . fino alla venuta del profeta e dei messia di Aronne e di Israele (Cad b6 ' ntibf u-mesf!Je 'iihdr6n weyisrii'él) ))," cfr . CD 1 2,23- 1 3 , 1 ; 14, 1 9; 1 9 , 1 0s; 20, 1 . La lettura del titolo al singolare, testualmente possibile ( = msy!J) è comunque improbabile; cfr . J . J . Collins, The Scepter and the Star, pp. 79-80. Anche quando si tratta del Messia (politico) al singolare, a lui è associata la figura di « sacerdote, capo di tutta l' assemblea d'Israele )) (l QSa 2, 1 2); così in 4QFior l , 1 1 « il rampollo di David )) è affiancato da « l'interprete della Legge )) che non può essere se non una figura sacerdotale. Vedi L. H. Schiffman, Messianic Figures and ldeas in the Qumran Scrol/s, in J . H . Charlesworth, ed . , The Messiah , pp. ·

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Qumran il discendente di Davide è designato da vari titoli e non solo da quello di « unto » 294 • In ogni caso, come risulta già da questi ultimi testi , una speranza mes­ sianica dalle forti connotazioni politicoterrenistiche, tanto a realizzazione storica quanto escatologica, è ben attestata al tempo di Gesù; ed è in­ differente che essa venga associata al davidismo (cfr . i classici testi bi­ blici di Gn 49, 8 - 1 0 ; 2Sam 7 , 1 2- 1 6 ; ls 9, 5-6; Mie 5 , 1 -3) oppure no 295 • Ciò appare non solo nei citati Ps. Sa/ 1 7- 1 8 , ma anche nell'enochico « Li­ bro delle parabole » 296 e poi nelle apocalissi di fine secolo l, 4Esd. e 2Bar 291 • Persino in Filone Alessandrino l' unico testo chiaramente mes­ sianico va in questo senso 298 • Del resto, per quanto riguarda i capi dei movimenti rivoluzionari attestati da Flavio Giuseppe tra la fine del se­ colo I a . C . e la metà del secolo I d . C . (Giuda in Galilea, Simone in Pe­ rea, Atronge in Giudea) , anche se non viene documentato per essi il ti-

1 1 6- 1 29; e J. Vanderkam, Messianism in the Scro/ls, in E. Ulrich-J . Vanderkam, edd . , The Community of the Renewed Covenant. The Notre Dame Symposium on the Dead Sea Scro/ls, Notre Dame 1 994, pp. 2 1 1 -234; M . G . Abegg, j r . , The Mes­ siah at Qumran: A re We Stili Seeing Double?, DSD 2 ( 1 995) 1 25-144. 294 Lo studio citato di M.G. Abegg, jr., The Messiah at Qumran, mette bene in luce che sui ca. 700 manoscritti di Qumràn solo un massimo di 23 testimoniano una figura messianica in senso stretto (cfr . p. 1 43 : « Messianism is an eminent but not preeminent topic in the scrolls » ), ed essa oltre a miisfa� è connessa anche con le qualifiche di « scettro » (svt), « germoglio di David » (smh dwyd), e « principe della congregazione » (nsy hedh) . 295 Sul molteplice trattamento della figura di Davide nel medio giudaismo, cfr. G. Boccaccini, La figura di Davide nei giudaismi di età ellenistico-romana, in G . L . Prato , a cura, Davide: modelli biblici e prospettive messianiche, RSB 7 ( 1 995) pp. 1 7 5 - 1 8 5 ; e soprattutto K.E. Pomykala, The Davidic Dynasty Tradition . 296 Cfr. 1 En 52,4: « Tutti quelli che hai visto sono per la potenza del Messia, affinché comandi e diventi potente sulla terra »; 48 , 1 0 : « E nel giorno della loro afflizione, vi sarà quiete sulla terra ed essi cadranno innanzi a lui e non si solleve­ ranno e non vi sarà chi li prenda per mano e li faccia alzare perché hanno rinnegato il Signore degli spiriti e il suo Messia »; il titolo in questo scritto è correlato a quelli di « Eletto » e di « Figlio dell'uomo », per il quale rimandiamo più avanti . Cfr. M. Black, The Messianism oj the Parab/es of Enoch: Their Date and Contribu­ tions to Christological Origins, in J . H . Charlesworth, ed . , The Messiah, pp. 145- 1 68; J.C. Vanderkam, Righteous One, Messiah, Chosen One, and Son oj Man in I Enoch 3 7- 71 , in Ib. , pp. 1 69- 1 9 1 . 297 Cfr. rispettivamente 1 2 , 3 1 -32 (« Il leone che hai visto svegliarsi dalla selva . . . è i l Messia, che l'Altissimo ha conservato per l a fine dei giorni , che è uscito dalla discendenza di Dav.id »; egli annienterà i nemici di Israele) e 29,3-3 3 , 5 (« Allora inizierà ad essere rivelato l'Unto . . . Le anime dei giusti gioiranno . . . Le anime degli empi invece sapranno che è giunto il loro supplizio ed è venuta la loro perdizio­ ne »; cfr. 73 , 1 ) . 298 Cfr. Praem . 95 : « Poiché verrà u n uomo, dice l'oracolo, il quale guiderà de­ gli eserciti e farà guerra e sottometterà nazioni grandi e popolose, con il sostegno da parte di Dio »; cfr . P. Borgen, « There Sha/1 Come Forth a Man »: Rejlections on Messianic Ideas in Philo , in J . H . Charlesworth (ed .), The Messiah, pp. 341-36 1 . ·

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tolo di « unto » ma solo l' aspirazione alla regalità, è ben difficile non 99 scorgervi una vera componente messianica, sia pur a livello popolare 2 • Le fonti evangeliche, inoltre, ci attestano un duplice atteggiamento nei confronti della percezione della sua venuta. Secondo alcuni , il Mes­ sia deve nascere a Betlemme ed essere riconosciuto da tutto Israele (cfr . Mt 2,4-6; Gv 7 , 4 1 -42) ; ma secondo i più , la sua venuta è nascosta e do­ vrà essere manifestata solo in un secondo tempo (cfr . Mc 8 , 27-29 ; Gv

7,27 ; 1 , 3 1 ) 300 •

Comunque ci sono due caratteristiche, che saranno proprie della cri­ stologia ma che sono del tutto assenti dalla messianologia. La prima è che il Messia per il giudaismo non ha alcuna connotazione divina: come dirà con forza Trifone, egli « deve venire come uomo da uomini �> 3 01 ; solo il Figlio dell' uomo, per la sua origine celeste , sembrerebbe disan­ corato dalle circostanze storiche (cfr. sotto) . La seconda riguarda le sof­ ferenze e la morte , che non vengono ammesse per il Messia: a parte al­ cune parziali e posteriori testimonianze rabbiniche , solo 4Esd 7 , 28-29 predice la mbrte del Messia, ma dopo un regno di quattrocento anni (il che ha a che fare con una forma di millenarismo, ma non con la mis­ sione storica del Messia stesso) ; molto più complessa è l' ermeneutica della figura del Servo di Yhwh in Is 5 3 , ma una sua interpretazione mes­ si ani ca nel giudaismo precristiano non si può stabilire con nessuna certezza 3 02• r·

299 Per i testi , vedi R. Penna, L 'ambiente, pp . 23-25 ; e cfr. R.A. Horsley, « Mes­

sianic » Figures and Movements in First-Century Palestine, in J . H . Charlesworth (ed. ) , The Messiah , pp. 276-295 . 3 00 In questo secondo senso, cfr. ancora l'ebreo Trifone in Giustino, Dia/. 8,4: « Quanto al Cristo, se mai è nato ed esiste da qualche parte, è sconosciuto e non ha coscienza di sé né potenza alcuna fin tanto che non venga Elia ad ungerlo e a manifestarlo a tutti . Voi invece, raccogliendo una vuota diceria, vi siete fatti un vostro Cristo . . . ». Quando R. Akiba riconobbe il Messia in Simone bar Kocheba, fu rimproverato da R. Jochanan b. Torta non perché non si trattava di un davidi­ de, ma perché la sua venuta non si può calcolare (cfr . p. Tacan . 68d : « Akiba, l'er­ ba crescerà tra le tue mandibole e il figlio di David non sarà ancora venuto ! »). 301 Giustino, Dia/. 49, 1 . L'affermazione rabbinica, che pone « il nome del Mes­ sia )) tra le sette cose create prima del mondo (insieme alla Torah , al pentimento, al paradiso, al ghehinnòm, al trono della gloria, e al Tempio : cfr. b. Pes. 54a) , in realtà non intende affatto una preesistenza personale. Per quanto riguarda, invece , la frase di Filone Al . (« è più facile che un Dio si trasformi in uomo che non un uomo in Dio » : Leg. ad C. 1 1 8), essa non rappresenta alcuna deroga al monotei­ smo ebraico, essendo scritta nel contesto della polemica contro la pretesa di Cali­ gola di farsi dio. 302 Anzi, tutte le testimonianze vanno in senso contrario. La testimonianza del­ l'ebreo Trifone in Giustino, Dia/. 90, 1 (« Sappiamo che deve soffrire ed essere con­ dotto come pecora: dimostraci che doveva anche essere crocifisso e morire in un modo così turpe e ignominioso, di una morte maledetta dalla Legge. Non ci riesce infatti di concepire questo )) ) è comunque gravata dal fatto che essa è riportata da un apologista cristiano. Cfr. anche 1 Cor l ,22-23 . Vedi P. Grelot, Serviteur, in SDB fase. 69, Paris 1 994, coli . 958- 1 0 1 6 .

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Tornando a Gesù e limitandoci allo stretto titolo di « Cristo » , occorre almeno riconoscere che esso di fatto non è sicuramente ri­ ferito a una sua dimensione sacerdotale, che è ignorata, ma nean­ che alla sua pur effettiva qualifica profetica, bensì a una eventuale dimensione politico-regale 3 03 ; ciò appare dal semplice uso lingui­ stico di ò Xpto"téç con l ' articolo , che nella letteratura del tempo è impiegato appunto in questo senso. L 'interrogativo è: Gesù pen­ sò davvero di essere il Messia? Alcuni studiosi lo hanno negato 304, mentre altri persino di parte ebraica lo affermano decisamente 305 • Oltre le .precisazioni fatte più sopra, la questione va affrontata in due momenti 3 06 • 303 È indifferente, a questo proposito , precisare se il tipo messianico attribuito a Gesù implicasse una funzione militare-guerresca o fosse piuttosto sulla linea del­ l'umiltà delineata da Zac 9,9 (citato in Mt 2 1 , 5 a commento del festoso ingresso di Gesù in Gerusalemme : « Ecco , il tuo re viene a te, mansueto e montato su di un' asina e su di un puledro , figlio di una giumenta »): in entrambi i casi, infatti , si tratta di un Messia politicamente connotato . È vero che in Zac 9 , 1 0- 1 2 il re, an­ che se non è presentato come un davidide, è subito delineato come colui che di­ strugge le armi e i cavalli (che pure altrove sono condannati come simbolo di mili­ tarismo: cfr. ls 2,7; Mie 5, 9), ma di fatto la sua funzione è quella di ripristinare Israele a livello di un prestigio internazionale terrenistico (cfr . v . 1 3 , a parte il pro­ blematico v. 1 5 che aggraverebbe il tono); cfr. L. Alonso-Schokel - J . L . Sicre Diaz, l Profeti, Boria, Roma 1 984, pp. 1 354- 1 3 5 7 . 304 Oltre a W. Wrede, R. Bultmann, J . D . Crossan , e altri , cfr . i n particolare F . Hahn, Christologische Hoheitstitel, p p . 1 59- 1 89, che attribuisce la designazione di Gesù come « Cristo » alla Chiesa primitiva, la quale avrebbe associato il titolo non subito all'evento della risurrezione ma alla venuta escatologica di Gesù come Figlio dell'uomo (rimandando a Mc 1 3 ; 14,61s; A t 3,20-2 1a; M t 25 ,31-46; A p I l , 1 5; 1 2, 1 0); ma l'uso delle fonti in questo caso è evidentemente parziale e tendenzioso in par­ tenza (per esempio non si richiama un' antica confessione di fede come I Cor 1 5 ,3-5 che fa già di « Cristo » il soggetto di tutti gli eventi pasquali). 305 Vedi lo studioso ebreo D. Flusser, Il cristianesimo. Una religione ebraica, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 1 992 (orig. ted . , Miinchen 1 990) , p. 45 : « Finché al­ cuni studiosi del Nuovo Testamento non hanno cominciato a dubitarne, e hanno perfino spiegato che la vita di Gesù non è stata messianica ( . . . ), non è venuto in mente a nessun ebreo di dubitare dell' autocoscienza messi anica di Ges ù . ( . . . ) L ' u­ nica vera difficoltà a riconoscerla consiste nel fatto che Gesù propriamente parla del Messia e del Figlio dell'uomo solo in terza persona e non afferma mai chiara­ mente di essere lui il Messia, il Figlio dell'uomo. A mio parere anche quest' unica vera difficoltà non è insuperabile, e negli ultimi anni ho impiegato molta fatica e impegno a dimostrare, sia in ebraico sia in inglese, che Gesù si è veramente consi­ derato il Messia, il Figlio dell'uomo che deve venire » (cfr. anche I d . , Bemerkun­ gen eines Juden zur christlichen Theologie, « Abhandl . zum christl .-jiid. Dialog » 1 6 , Kaiser, Miinchen 1 984) . 306 Cfr. per esempio J . D . G . Dunn, Messianic Ideas and their lnfluence on the Jesus of History, J . H . Charlesworth (ed.), in The Messiah , pp. 365-38 1 ; R.E. Brown, An lntroduction , pp. 73-80. Da parte sua J . C . O ' Neill, Who Did Jesus Think He Was?, BIS I l , Leiden 1 995, pp. 42-54, ritiene che per il giudaismo il Messia alla sua venuta fosse difficile da identificare (ma si fonda sostanzialmente su testi rab­ binici) e che dovesse persino soffrire (ma con riferimento alla sola storia del Davi-

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Innanzitutto non vi può essere dubbio che altri lo hanno consi­ derato in questi termini e lo hanno fatto , sia pure travisando le sue intenzioni , perché egli in qualche modo deve averne dato motivo . Ciò risulta con sufficiente chiarezza da alcuni episodi . a) Così è della confessione di Pietro a Cesarea di Filippo , con­ cordemente riportata dai sinottici , anche se la brevità del testo mar­ ciano (Mc 8 , 29: « Tu sei il Cristo ») e di quello lucano (Le 9,20. « Il Cristo di Dio ») ha la garanzia di una maggiore autenticità sto­ rica rispetto a quello lungo matteano (Mt 1 6 , 1 6 : « Tu sei il Cristo , il figlio del Dio vivente ») 307 ; infatti è del tutto naturale che gli stessi discepoli, avendo investito la loro vita nella sequela di Gesù , coltivassero qualche speranza di tornaconto personale derivante dal suo ruolo straordinario (cfr . la domanda di Pietro in Mt 19,27 ; quel­ la dei figli di Zebedeo in Mc 1 0 , 35-40; Mt 20,20-23 ; e poi l' interro­ gativo di At l , 6) e che in questo senso lo stesso Giuda lscariota abbia frainteso la personalità di Gesù 3 08 • b) Così è del trionfale ingresso a Gerusalemme, riportato dai quattro vangeli (cfL Mc 1 1 , 1 - 1 1 parL ) : sotto le diverse redazioni non si può non intravedere il fatto che la folla dei pellegrini fuori della città tributò a Gesù un vero omaggio messi;mico 309 • c) Così è dell'interrogatorio da parte di Caifa, che, se pur tra­ smesso in forme leggermente diverse (cfL Mc 1 4 , 6 1 : « Sei tu il fi­ glio del Benedetto? » ; Mt 26 ,63 : « Ti scongiuro per il Dio vivente perché ci dica se tu sei il Cristo , il figlio di Dio » ; Le 22 ,67 : « Se tu sei il Cristo , diccelo ») , testimonia in ogni caso il fatto che la de storico; cfr. Sal . 1 32, l : « Signore, ricordati di Davide e di tutte le sue afflizio­ ni »); egli giunge addirittura a ipotizzare che fosse corrente una prescrizione, se­ condo cui sotto pena di morte nessuno avrebbe potuto arrogarsi la qualifica di Messia finché non l'avesse chiaramente manifestato Dio stesso (e in questo senso intende la bestemmia di Gesù davanti a Caifa) . 3 07 Del resto , la dizione matteana « il figlio del Dio vivente » non è altro all'ori­ gine che una semplice esplicitazione della messianicità di Gesù sulla linea dell' anti­ ca profezia di Natan (cfr. 2Sam 7, 1 4 : « Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio ») e dei salmi di intronizzazione regale (cfr . Sal 2,7: « Tu sei mio figlio , io oggi ti ho generato »; e 89,27) . 308 Cfr. H . - J . Klauck, Judas - Ein Jiinger des Herrn, QD 1 1 1 , Herder, Freiburg 1 987; W. Klassen, Judas lscariot, in ABD 3, pp. 1 09 1 - 1 096 (cfr . 1 096: « È possibi­ le che Giuda non tanto abbia tradito Gesù quanto sia stato tradito da lui » . 309 Soprattutto i l racconto d i M c appare comandato non d a una cristologia post­ pasquale ma da una messianologia di tipo giudaico (con questi elementi maggiori: l'a­ sino come animale del Messia; la distesa delle vesti per terra; l'acclamazione incentrata sul grido ebraico hOsfCa-nnii'; il riferimento al « regno di David »); cfr. R. Pesch, Mc, Il, pp. 269-289. Che poi questo episodio non compaia al processo di Gesù si spie­ ga « non perché il fatto non abbia avuto luogo o mancasse di un carattere messia­ nico, ma perché non si verificò nessuna ribellione armata » (R. H. Gundry, Mk, p. 63 3). Vedi anche G. Jossa, Gesù e i movimenti di liberazione, pp. 1 98-2 1 2 .

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persona di Gesù aveva suscitato un interesse di questo tipo tra la gente e fin al massimo livello del sinedrio, dove almeno si calcola­ va la possibilità di una simile pretesa. d) Così è infine del titulus apposto alla croce come motivo della condanna a morte : « Il re dei giudei » (Mc 1 5 ,26) ; esso , insie­ me alla còmpagnia di due altri condannati , qualificati come Àll a'tai 3 1 0 , allude inequivocabilmente a una supposta pretesa po­ litica del condannato : questa può ben essergli stata attribuita o al­ meno gonfiata solo come appiglio giuridico da parte giudaica per­ ché l' autorità romana lo potesse legittimamente togliere di mezzo , ma non poteva non fondarsi almeno su di un minimo di compor­ tamento dell'interessato, sia pur frainteso (sta di fatto che Gesù neanche si difese di fronte a Pilato ; cfr. Mc 1 5 , 2-5) . Ma, se Gesù dovette certamente confrontarsi con una attribu­ zione di messianicità regale riconosciutagli da altri , la cosa più im­ portante è chiedersi che cosa egli personalmente ne pensasse. A que­ sto proposito , disponiamo soprattutto di due pagine evangeliche . l ) Innanzitutto, è assai eloquente la doppia reazione di Gesù al­ la confessione di Pietro. In primo luogo Gesù impone ai discepoli il silenzio sul tipo di identità appena dichiarato (cfr . Mc 8 , 30) ; per quanto una simile presa di posizione possa appartenere a una tecnica redazionale mar­ ciana (cfr . sotto : cap . VII, l ) , essa non può non riportare un reale atteggiamento gesuano : infatti , Mc non la intende come una nega­ zione di messianicità, visto che già nell' incipit del suo scritto egli designa il suo protagonista come « Gesù Cristo » ( 1 , 1 ); piuttosto Mc vede la reticenza di Gesù in materia come parte di un segreto messianico , che da una parte spiega il mancato riconoscimento di Gesù a opera di Israele e dall 'altra documenta il desiderio di Gesù stesso di non essere identificato come un Messia glorioso e politico nel senso terrenistico delle corrispondenti attese giudaiche . In secondo luogo , Gesù corregge positivamente la confessione di Pietro , spostando l 'attenzione sul proprio destino di sofferenza (cfr . Mc 8 , 3 1 -33): è questa dimensione della propria identità che gli sta particolarmente a cuore, poiché giunge a rimproverare quanto mai aspramente Pietro, che si opponeva a una tale prospettiva, chia3 10 Il termine in Fl . Giuseppe indica sempre i rivoltosi ebrei insorti con la lotta annata contro l'occupazione romana, anche se esso (che propriamente significa « pre­ datore, bandito ») implica una sfumatura critica nei loro confronti; cfr. K . H . Reng­ storf, ).:rt> ; 9,3 1 ; 1 0 , 3 3 s ; e 10,45; Mt 20,28 : « Il Figlio dell ' uomo è venuto non per essererservito ma per servire e dare la sua vita in riscatto per i molti ») . 3) Loghia connessi con il ministero storico presente (cfr . Mc 2 , l 0: « Il Figlio dell 'uomo ha il potere di rimettere i peccati sulla ter­ ra » ; Mc 2 , 2 8 : « Il Figlio dell 'uomo è signore anche del sabato » ; M t 8,20; L e 9 , 5 8 : « . . . il Figlio dell 'uomo non h a dove posare i l ca­ po » ; M t I l , 1 9 ; Le 7,34: « . . . È venuto il Figlio dell 'uomo che man. g1a e b eve . . . ») 3 1 7 . 3 1 5 Il recente studio di A. Vògtle, Die « Gretchenjrage » des Menschensohnpro­ blems. Bilanz und Perspektive, QD 1 52, Herder , Freiburg-Basel-Wien 1 994, passa in rassegna ben una cinquantina di autori suddivisi in una dozzina di tipologie er­ meneutiche, da cui risulta perlomeno che il problema è quanto mai intricato. « È chiaro che all'orizzonte non c'è nessun consenso per risolvere il problema del Fi­ glio dell'uomo , anche se si deve riconoscere che è opportuno adottare una qualche soluzione per non cercare in alternativa di minimizzare il problema stesso; ma esso sta dentro la corrente della ricerca neotestamentaria come un enorme scoglio » (F. H . Borsch, Further Ref/ections o n « The Son oj Man »: The Origins and Development oj the Title, in J . H . Charlesworth, ed . , The Messiah, pp. 1 30- 1 44, p. 1 44) . 3 1 6 Essa risale a R. Bultmann, Theologie des Neuen Testaments, Tiibingen 1 958, 1 965 5 . pp. 3 1 -32. 3 1 7 Le occorrenze giovannee della locuzione vanno considerate come un gruppo a sé stante, data la forte cristologia che vi è connessa (Gesù è il Figlio dell' uomo preesistente [cfr. 3, 1 3 ; 6,62] , che è disceso dal cielo e che deve ritornarvi mediante la sua elevazione sulla croce) . Cfr . F.J. Moloney, The Johannine Son oj Man, BSR 14, Libreria Ateneo Salesiano, Rome 1 975, 1 978 2 ; P. Létourneau, Jésus, Fils de

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U n problema previo alla discussione cristologica è quello d i tipo filo­ logico, che riguarda la derivazione della locuzione. Dato per scontato che essa non è di timbro greco, la sua origine va cercata inevitabilmente in ambito semitico . Qui però si danno obbiettivamente tre possibilità. l) Nel libro di Ezechiele il profeta viene spessissimo (ben 95 volte) interpellato come « figlio dell'uomo » (uìè àv9Tpronou) , che è traduzione dell' ebraico ben 'iidiim (cfr . Ez 2, l [« Figlio dell 'uomo, alzati , ti voglio parlare »] . 6 . 8 ; 3 , 1 . 3 .4. 1 0 . 1 6 . 25 ; 4 , 1 . 1 6 ; 5 , 1 ; ecc . ; anche Dn 8 , 17); l'ap­ pellativo è formulato come un chiaro ebraismo che , al pari di altri casi analoghi (cfr. 2Sam 1 2 , 5 ; ls 57,4; Mt 23 , 1 5 ; Mc 2, 1 9 ; Gv 1 7 , 1 2), tende a sottolineare il secondo membro : esso significa semplicemente « uo­ mo, essere umano » ed evidenzia da una parte la solidarietà con gli uo­ mini a cui il profeta è mandato e dall ' altra la distanza che lo separa da Dio ; è lo stesso significato che si trova nel parallelismo sinonimico di Sal 8 , 5 (« Che cos ' è l'uomo [c'iv9pwnoç] che ti ricordi di lui o il figlio dell'uomo [uiòç àv9pronou] perché te ne curi? »; cfr . anche 80, 1 7- 1 8 ; G b 25 ,6) e anche a Qumran (cfr. l QS I l ,20: « Che cos'è u n figlio di Adamo [bn h 'dm] tra le tue opere meravigliose? » ; e l Q H 4,30). Ma non vi si riscontra mai il doppio articolo, che è proprio invece della de­ signazione evangelica . Inoltre, contrariamente a quest ' ultimo caso, l'e­ spressione o è impiegata come un'interpellazione diretta al vocativo (cfr. Ez) oppure non è riferita a una persona precisa (cfr . Sal , Gb, Qumran) . 2) Un' altra possibile derivazione, che almeno nel primo dei tre grup­ pi di loghia sopra distinti va certamente presa in considerazione , con­ cerne il celebre passo di Dn 7 , 1 3 : qui, nel contesto di un giudizio di con­ danna pronunciato da Dio contro quattro bestie (allegorie dei quattro regni che avevano dominato il mondo : babilonesi , medi , persiani, ma­ cedoni) alle quali viene tolto il potere, appare sulle nubi del cielo « co­ me un figlio d 'uomo » (LXX : c:bç uiòç àv9pronou; TM aram. : kebar 'eniis), al quale Dio in antitesi ai precedenti « diede potere, gloria e re­ gno » . La difficoltà, in questo caso, consiste doppiamente nel fatto che il figlio dell'uomo è soltanto un paragone 3 1 8 , e nel fatto che contestual­ mente ha una dimensione non individuale ma collettiva, essendo a sua volta allegoria de « i santi dell ' Altissimo » (v . 1 8) cioè del popolo santo d'Israele opposto alle quattro bestie persecutrici . Quest'ultima difficoltà viene attutita da J . J . Collins , notando che l'equazione non è esplicitata come nel caso delle bestie e soprattutto osservando che spesso nel tardo

Dieu. Jean 2,23-3,36 et la doub/e christologie johannique, Bellarmin-Du Cerf, Montréai-Paris 1 993 . 3 1 8 Di fatto però la preposizione ebraica /c€ « si comprende al meglio in quanto indica il modo della percezione proprio di una visione, così che "come un figlio d'uomo" significa semplicemente una figura umana vista in visione, dove la figura può rappresentare o meno qualcosa di diverso da un essere umano » (J . J . Collins , Danie/, Hermeneia, Fortress , Minneapolis 1 993 , p. 305).

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profetismo e nella primitiva apocalittica ricorrono figure umane a rap­ presentare angeli come sostituti di Dio stesso (cfr . l'importante visione del carro in Ez l , dove al v. 26 app are su di un trono « una figura dalle sembianze umane » (TM : demut fcemar 'e 'iidiim; LXX : 6t.wirolla roç eì­ cSoç àv9pwnou) 3 1 9 • In ogni caso , le più antiche interpretazioni di que­ sta figura in ambito tanto giudaico quanto cristiano la intendono in senso individuale 3 20 ; ciò è attestato soprattutto nel « Libro delle Parabole » ( I En 37-7 1 , ormai comunemente datato a cavallo del cambiamento di era) 3 21 : qui « il Figlio dell' uomo » (cfr . 46 ,2.3 .4; 48,2-7; 69,29bis; 71 , 1 7 ; in 62,5 è detto « Figlio di donna » ; in 62,7 . 9 . 1 4 ; 63 , I l ; 69,26 .27; 70, 1 « Figlio della Madre dei viventi ») è identificato con « l 'Eletto » (titolo più ricorrente : 39,6 ? ; 40, 5 ; 45 ,3 .4; 49 ,2.4; 5 1 , 3 . 5 ; 52,6; 5 3 , 6 ; 6 1 , 5 . 8 . 1 0 : 62, 1 ) , con « i l Giusto » (cfr. 3 8 , 2 ; 5 3 , 6), e addirittura con « il Messia » (48 , 1 0; 52,4); di lui è detto che « fu scelto e nascosto in­ nanzi a Lui (Dio) da prima che fosse creato il mondo » (48 . 6), che « sie­ derà sul trono della mia gloria e giudicherà Azazel e tutta la sua com­ pagnia » (55 ,4), che « giudicherà le azioni dei santi , dall ' alto dei cieli, e peserà con le bilance le loro azioni » (6 1 ,8), e che allora « tutto il male passerà dalla faccia della terra » (69,29) 3 22 . Questa figura riappare in

3 1 9 Cfr. J . J . Collins, Daniel, 304-3 10, pp. 305-306; e soprattutto T.B. Slater, One Like A Son of Man in First-Century CE Judaism, NTS 41 ( 1 995) pp. 1 83 - 1 9 8 . Una posizione particolare è sostenuta da O.F . J . Seitz, The Future Coming of the Son of Man: Three Midrashic Formulations in the Gospel of Mark, Studia Evangelica 6 (Texte und Untersuchungen zur Geschichte der altchristlichen Literatur l 12), Berlin 1 973, pp. 478-488, secondo cui nella primitiva riflessione cristiana (cfr. Mc 1 4 , 62) sarebbe stato determinante Sal 80; 79, 1 5 . 1 8 (« Signore Sabaot, . . . guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna . . . Sia la tua mano sull'uomo della tua destra, sul figlio dell 'uomo che hai reso forte per te »), che avrebbe funzionato da catalizzatore tra la figura del Figlio dell'uomo e l'immagine della destra di Dio; per una critica, cfr. C.F.D. Moule, The Origin of Christology, pp. 25-26. 3 20 Cfr. J . J . Collins , The Son of Man in First-Century Judaism , NTS 38 ( 1 992) pp. 448-466 ; A . Yarbro Collins, The lnfluence oj Daniel on the New Testament, in J . J . Collins, Daniel, pp. 90- 1 05 . L'interpretazione collettiva di Dan 7 , 1 3 in cam­ po cristiano appare solo con Efrem Siro nel sec. IV, mentre nel giudaismo è docu­ mentata appena nel Medioevo (cfr . J . J . Collins, Daniel. pp. 307-308). 3 21 Cfr. P . Sacchi , Apocrifi dell'Antico Testamento, l , Utet , Torino 1 98 1 , pp. 435-438 : « un'ottima fonte per lo studio dell' ideologia giudaica (o almeno di un certo giudaismo) precristiana » (p. 438); M. Black, The Book ofEnoch or l Enoch. A New English Translation, Leiden 1 985 , p. 1 88 (contro Milik l' autore sostiene che il « Libro delle Parabole >> non ha nulla di specificamente cristiano) . In effetti il « Libro delle Parabole » non ha nulla di tipicamente cristiano : così, per esempio, una frase come quella di I En 46,4 (« Spezzerà i denti dei peccatori ») contrasta in maniera stridente con la prassi e l'insegnamento di Gesù. 3 22 Cfr. i due contributi di M . Black, The Messianism of the Parables of Enoch, Their Date and Contribution to Christological Origins, e di J .C. Vanderkam, Righ­ teous One, Messiah, Chosen One, And Son of Man in l Enoch 3 7- 71 , in J . H . Char­ lesworth, The Messiah , rispettivamente pp. 145- 1 68 e 1 69- 1 9 1 .

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4Esd 1 3 (un' apocalissi della fine del secolo I d . C . ) : « Guardai , ed ecco che il vento fece salire dal profondo del mare qualcosa di simile ad un uomo; guardai, ed ecco che quell ' uomo volava insieme alle nubi del cie­ lo » ( 1 3 , 3 ; cfr. vv. 5 . 1 2. 25 . 3 2 . 5 1 ) ; egli è detto pure « servo » di Dio (7 ,28-29; 1 3 , 3 2 . 37 .52); anche qui è una figura preesistente (cfr. 1 3 ,26) e ha un ruolo attivo nella distruzione escatologica del male e nel trionfo del bene 323 • L' individualità di questa figura è ancora attestata nel se­ colo II dall' ebreo Trifone 324 • 3) Alcuni autori , soprattutto a partire dal 1 967 con G. V ermes 32 5 , hanno puntato su alcuni testi rabbinici tratti dal Talmud e quindi ben posteriori al secolo I, dai quali risulta che l' espressione aramaica ab­ breviata bar na.S (o: bar na.Sii) è usata con il valore dimostrativo di « que­ st' uomo », in pratica come circonlocuzione del pronome personale « io » per designare indirettamente il parlante (cfr . y.Ber. 3b: « Rabbi Simeon ben Yohai disse: Se mi fossi trovato sul monte Sinai quando fu data la Torah a Israele , avrei chiesto al Misericordioso di creare due bocche per bar nasa , una per lo studio della Torah , l' altra per provvedere alle sue necessità ») . Su questa linea, altri autori hanno spiegato l'espres­ sione rabbinica o in senso generico , « qualunque uomo » (così già San Cipriano nel commento a Mt 1 2 , 3 2 , dove si adduce a spiegazione 1 Sam 2,25 : « Se un uomo pecca contro un altro uomo . . . »), oppure come pro­ nome indefinito, « qualcuno » (cfr . B. Lindars: « un uomo nella mia posizione ») . Ma su questo tipo di significato in rapporto al Nuovo Te­ stamento si può criticamente far osservare, in primo luogo, che non esiste alcuna testimonianza precristiana di un simile linguaggio 326 , e, in se323 Cfr. M . E . Stone, Fourth Ezra, Hermeneia, Minneapolis 1 990, pp. 2 1 0-212: anche se in 4Esd ricorre solo la designazione di « uomo » e non « figlio dell'uo­ mo », e anche se questa figura ha ora delle connotazioni nuove (in specie quella di guerriero combattente più che di giudice in trono), è tuttavia evidente che la vi­ sione del cap. 13 si comprende solo sullo sfondo di Dn 7, del suo linguaggio e della sua tematica, di cui rappresenta una reinterpretazione; cfr. anche J . J . Collins, The Son of Man in First-Century Judaism , pp. 459-464. 3 24 Cfr. Giustino , Dia!. 32, l : « Come ebbi finito Trifone disse: Amico, queste e altre analoghe Scritture ci costringono ad attendere come grande e glorioso colui che come figlio dell'uomo riceve dall'Antico dei giorni il regno eterno . Ora, inve­ ce, colui che voi chiamate Cristo fu senza onore né gloria, tanto da incorrere nell'e­ strema delle maledizioni previste dalla Legge : fu infatti crocifisso » . 32 5 Cfr. G. V ermes , The Use of BR Nf)' l BR NS i n Jewish A ramaic, Appendi­ ce E, in M. Black, An Aramaic Approach to the Gospe/s and A cts, Oxford 1 967 3 , pp. 3 1 0-328 ; ripreso brevemente in Id . , Gesù l 'ebreo, pp. 1 92- 1 9 5 ; e più recente­ mente M. Casey, ldiom and Translation: Some Aspects of the Son of Man Pro­ blem, NTS 4 1 ( 1 995) 1 64- 1 82 . . In realtà, questa posizione è già attestata in T. Beza nel 1 550: cfr . D. Burkett, The Non titular Son of Man: A History and Critique, NTS 40 ( 1 994) pp. 504-52 1 . 326 Cfr. J .A. Fitzmyer, Another View of the « Son of Man » Debate, JSNT 4 (1 979) pp. 58-65 ; The New Testament Title « Son of Man » Philo/ogical/y Consi­ dered, in Id., A Wandering A ramean. Collected A ramaic Essays, SBL, MS 25, Scho­ lars Press, Missoula 1 979, pp. 1 43- 1 60.

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condo luogo, che la formulazione greca del Nuovo Testamento con dop­ pio articolo definito presuppone un' espressione semitica presurnibilmente in stato enfatico e quindi con senso definito (non « qualunque figlio del­ l' uomo », ma « il figlio dell' uomo ») 3 27 •

Tornando ai testi evangelici , occorre notare innanzitutto che in linea di massima l'espressione « il figlio dell'uomo » gode con ogni probabilità dell' autenticità gesuana. Infatti essa , come in pochi al­ tri casi , fruisce ampiamente del criterio della molteplice attestazio­ ne , essendo presente nella triplice tradizione (cfr . Mc 8 , 3 1 l M t 1 7 ,22 l Le 9,44) , nel solo Mc (cfr . 9, 1 2) , in Q (cfr . M t 8 , 20 l Le 9, 58), in M (cfr . Mt 1 3 , 37), in L (cfr . Le 1 7 ,22) , e in Gv (cfr . 1 , 5 1 ), anche se nei casi in cui due passi paralleli abbiano l'uno l' espres­ sione « il Figlio dell' uomo » e l' altro il pronome di prima persona singolare (cfr . Mc 8 , 3 8 e Le 9,26: « . . . anche il Figlio dell 'uomo si vergognerà di lui )) ; Mt 10, 3 3 : « . . . anch'io lo rinnegherò ))) è diffi­ cile dire quale delle due forme sia la più antica 3 28 • Inoltre, vale an­ che il criterio della dissomiglianza: sia nei confronti del giudaismo , dove l' espressione non era affatto corrente (mentre nei quattro van­ geli canonici è presente circa 80 volte) ; sia nei confronti della ri­ manente letteratura cristiana, visto che al di fuori d'ei vangeli nel Nuovo Testamento l' espressione si trova solo più 4 volte (di que­ ste, però , il testo più vicino ai vangeli è soltanto At 7 ,56; infatti in Eb 2 , 6 abbiamo una semplice citazione di Sal 8 , 5 ; e in A p l , 1 3 ; 1 4 , 1 4 il riferimento è direttamente a Dn 7 , 1 3) . Si vede bene che la Chiesa primitiva, nella quale l' attesa escatologica ebbe una par­ te di primo piano , evitò, ciò nonostante , di utilizzare una locuzio-

3 27 Cfr. C . F . D . Moule, The Origin oj Christology, pp. 1 1 - 1 6; D. Burkett, The Nontitular Son oj Man , pp. 5 1 5-5 1 6 . Ricordiamo a parte la posizione di W . Hor­ bury, The Messianic Association oj « The Son oj Man », JTS 36 ( 1 985) 34-5 5 , ri­ presa da J . C . O' Neill , Who Did Jesus Think He Was?, pp 1 22- 1 32, secondo cui il Messia viene talvolta designato in vario modo come « l'uomo » (cfr. 4 Esd 1 3 ,3 ; e LXX Num 24, 7 . 1 7), cosicché con l' espressione « i l figlio dell'uomo » Gesù po­ trebbe intendere sia genericamente se stesso o qualunque uomo (quando dice che fa o potrebbe fare qualcosa) sia anche in senso titolare il Messia (tanto quando vie­ ne costretto da altri a subire qualcosa come quando semina il buon seme sulla terra o deve giudicare le nazioni) . 3 28 Secondo J. Jeremias, Die ii/teste Schicht der Menschensohn-Logien, ZNW 58 ( 1 967) 1 59-1 72, la forma con l'espressione « il Figlio dell'uomo » sarebbe secon­ daria; ma secondo altri , come E. Jiingel, Paolo e Gesù, p. 309, e F . H . Borsch , The Christian and Gnostic Son ojMan, London 1 970, pp. 1 -28 , sarebbe vero il contra­ rio . In effetti , a volte in Mc leggiamo « il Figlio dell' uomo » (cfr . 8,38b), mentre in Mt abbiamo un « io » (cfr . 10, 33b); altre volte, invece, dove Mc ha l'« io » (cfr . 8,27), è M t a d avere « il figlio dell'uomo )) (cfr. 1 6, 1 3) .

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ne che sulla base di Dn 7 , 1 3 pur poteva tornare appropriata per esprimere la funzione gloriosa e giudiziale di Cristo alla fine dei tempi ; la cosa si spiega probabilmente per il fatto che la formula « il Figlio dell 'uomo >> , ben situata nel Sitz im Leben Jesu , in se­ guito non venne più ben capita 3 29 • Perciò non si comprende co­ me alcuni autori possano ritenere che la nostra espressione risalga in foto alla Chiesa postpasquale 33 0 • Resta però il problema di sapere se tutti e tre i gruppi di loghia sopra menzionati debbano essere indistintamente ascritti al Gesù terreno . Una serie di autori riconosce come autentici solo quelli del primo gruppo , spiegabili sullo sfondo di Dn 7 , 1 3 e concernenti la venuta escatologica del Figlio dell 'uomo 33 1 • Lo Jeremias dà anche un elenco di undici passi, tutti al futuro e riferiti all 'epifania esca­ tologica del Figlio dell'uomo , nei quali la nostra espressione va con­ siderata come un titolo fin dall' inizio 33 2 • Questa scelta si basa va329 È sintomatico che le due occorrenze in Ap si aggancino entrambe direttamente a Dan 7, 1 3 con la costruzione e[oov . . . OJ.lOtOV utòv àv8pcb1tou ( « vidi . . . uno simile a figlio d'uomo ») e non ripetano invece la costruzione evangelica con il doppio articolo tòv uiòv toii àv8pcbnou (così invece ancora in At 7 , 56) , la quale per di più eviterebbe ogni forma di paragone. D ' altra parte, Ignazio d 'Antiochia all' ini­ zio del sec . II testimonia che l' espressione di origine danielica nel suo ambiente gre­ co ormai non era più capita, poiché in Eph . 20,2, parlando dei cristiani che si riuni­ scono « in Gesù Cristo , che secondo la carne è del seme di Davide >>, specifica che questi è « figlio dell'uomo e figlio di Dio (te'!> uié!> àv9 pcb7tou K aì uté!>8wii) >> : si ve­ de bene che « Figlio d'uomo >> sta solo a indicare la natura umana come distinta e anzi inferiore a quella divina, senza più alcun riferimento alla dimensione glorio­ sa di Cristo come plenipotenziario di Dio nel giudizio escatologico . 330 In questo senso, oltre a pochi altri (N . Perrin, P. Hoffman, H. Conzelmann), cfr . A. Vogtle, Die « Gretchenjrage », p p . 1 22ss, il quale si basa sull'attesa della parusìa di Cristo da parte della primitiva comunità cristiana (testimoniata per esempio nell'invocazione aramaica Marano tha di 1 Cor 1 6,22), messa in relazione a Dn 7 , 1 3 o anche al « Libro delle Parabole » e rapportata a l fatto che i l Gesù terreno aveva già fatto capire come con l' accettazione o il rifiuto della sua parola ci si giocasse la salvezza o la perdizione definitiva (cfr . 1 22: « Non si tratta niente di più che di una possibile ipotesi »). 33 1 Cfr . in particolare H.E. TOdt, Der Menschensohn in der synoptischen Uber­ liejerung, Giitersloh 1 959; F. Hahn, Christologische Hoheitstite/, pp. 1 3-53 ; G. Born­ kamm, Gesù di Nazaret, pp. 234-236; A . Y arbro Collins, The Origin oj the Desi­ gnation oj Jesus as « Son oj Man » , HTR 80 (1 987) 3 9 1 -407 ; G . Jossa, Dal Messia al Cristo, pp. 8 1 -91 . In ogni caso, questa posizione mi pare migliore di quella soste­ nuta per esempio da B. Lindars, Jesus Son oj Man, SPCK, London 1 983 (trad. ital. , Ed. San Paolo , Cinisello Balsamo 1 987), secondo cui la connessione con la parusìa sarebbe non il punto di partenza ma il punto di arrivo nello sviluppo della tradizio­ ne dei loghia (cfr. p. 66) ; infatti il ricorso a Dn 7 , 1 3 è praticamente inesistente nella letteratura neotestamentaria extraevangelica (a parte il citato Ap 1 , 1 3 ; 14, 1 4) . 33 2 I passi, che qui riportiamo con maggior precisione, sono i seguenti: M c 1 3 ,26; 14,62; Mt 24,27 ; Le 1 7,24; Mt 24, 3 7 ; Le 1 7 . 26: Mt 24. 39b; Le 1 7 ,30; Mt 1 0,23; 25 ,3 1 ; Le 1 7 ,22; 1 8 , 8 ; 2 1 ,36; Gv 1 , 5 1 (cfr. J . Jeremias, Teologia del Nuovo Testa­ mento, 300) .

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riamente, sul fatto che un uso del genere è più consono con la tra­ dizione giudaica in materia, sul fatto che nella fonte Q non c'è nes­ sun accenno alla sua passione-morte-risurrezione, e sul fatto che gli altri due gruppi sono ritenuti tematicamente incompatibili con il primo. Va però osservato che la fonte Q contiene anche loghia del terzo gruppo , che apparentemente fanno della nostra espres­ sione un uso più banale (come nel loghion di M t 1 1 , 19 l Le 7 , 34 sul Figlio dell 'uomo ritenuto come un mangione e un beone) ; d'al­ tronde , il riferimento alla passione-morte è addirittura tematizza­ to in uno scritto come il quarto vangelo , che non è certo caratte­ rizzato da una cristologia bassa; infine, come negare che l' espres­ sione tradizionale « il Figlio dell 'uomo )) potesse venire impiegata come titolo anche in contesti nient'affatto confrontabili con la tra­ dizione giudaica per affermare che il Gesù attualmente operante nell 'umiltà e fin nella sofferenza è lo stesso di quello che verrà alla fine sulle nubi del cielo? Questa soluzione di fatto ritiene che, se la nostra espressione ha valore titolare nel primo gruppo di /oghia, essa ha invece valore di circonlocuzione negli altri due gruppi . Ma è assai improbabile che lo stesso tipo di formulazione ottenga due sig � ficati diversi sulla bocca di un medesimo parlante. Del resto, certi loghia del terzo gruppo riecheggiano la tematica del primo, come quando si dice che « il Figlio dell'uomo ha sulla terra il potere di rimettere i pec­ cati )) (Mc 2, 1 0), alludendo cioè a una funzione prettamente divi­ na (cfr . v. 7: « Chi può rimettere i peccati , se non Dio solo? ))) , che sta comunque sulla linea di una indefinita exous{a conferita da Dio al Figlio dell 'uomo in Dn 7 , 1 4 LXX (Kaì èù6811 aùr> invece viene impiegato in rapporto a lui da varie parti . Infatti lo troviamo pronunciato da un angelo (all' annunciazione a Maria: Le 1 , 32 . 3 5) , da una voce dal cielo (al battesimo e alla tra­ sfigurazione : Mc 1 , 1 1 ; 9,7), dal diavolo (nel deserto: Mt 4 , 3 . 6 Q), dagli indemoniati (cfr . Mc 3 , 1 1 ; Mt 8 ,29; Le 8 , 28), dai discepoli (M t 1 4 , 3 3 ; Simon Pietro in M t 1 6, 1 6) , dal sommo sacerdote Caifa

ne per denotare il suo ruolo nel decisivo intervento di Dio sulla terra. ( . . . ) Essa fu usata in modo tale da preservare un certo incognito, ( . . . ) ma non senza una chiara rivendicazione » . 34 1 Scrive M. D e J onge, Christology i n Context, p . 1 7 1 : « L a spiegazione più ve­ rosimile è che effettivamente Gesù impiegò l'espressione come un'autodesignazione. I cristiani posteriori esercitarono qualche libertà nel trasmettere oralmente questi detti ( . . . ); in un certo numero di casi l'inusuale, solenne espressione può essersi insinua­ ta là dove in origine non era stata usata. Ma essa non sarebbe mai stata aggiunta, se non fosse stato noto che era stata impiegata molto prima da Gesù stesso » . 342 M i sento quindi vicino a M . D . Hooker, The Son oj Man in Mark, London 1 967, pp. 1 74- 1 98, che aggiunge all 'espressione una dimensione corporativa (cfr. l 'identificazione danielica tra il figlio d eli 'uomo e il popolo dei santi dell' Altissi­ mo) : Gesù si presenterebbe come il nucleo della comunità dei giusti ed eletti, e in quanto tale lascia aperta la strada a chi è pronto ad unirsi a lui .

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(cfr . Mc 1 4 ,6 1 ; Mt 26,63), dalla folla insultante (cfr . Mt 27 ,40.43), e da un centurione pagano (cfr . Mc 1 5 , 39; M t 27 , 54) . Neanche il titolo di « Cristo » gode di un riconoscimento o comunque di un' at­ testazione così vasta nei racconti sul Gesù terreno . Va poi ricorda­ ta la sua frequenza nell' ambito della Chiesa postpasquale (cfr . At 8,37; Rm 1 ,4; ecc. ; Eb 1 ,2; 1 Gv 1 , 3) 343 , dove però al contrario es­ sa è più rara rispetto alla designazione di « Cristo » . D a parte sua, analogamente a quanto avviene per il titolo di « Cri­ sto », Gesù nei sinottici non si designa mai apertamente come « fi­ glio di Dio » 344 • Solo in tre casi egli parla indirettamente di se stes­ so come « figlio », ma in forma assoluta (cfr . Mc 12, 1 - 1 2; 1 3 ,32; M t 1 1 ,27 Q) . Questa prassi pone ovviamente un problema: quello di sapere se la formulazione piena del titolo corrisponde con esat­ tezza all'autocoscienza che Gesù aveva di sé. Per saperlo bisogna interrogare anche l' ambiente storico-culturale del tempo . Innanzitutto quindi vediamo brevemente la situazione ambientale, di­ stinguendo i due versanti culturali contemporanei di Gesù . l ) Per quanto riguarda la grecità, l' idea è diffusissima 345 • In primo luogo dobbiamo renderei conto che Zeus già dai tempi di Omero viene detto « padre degli dèi e degli uomini » (Il. l , 544; Od. l ,Ì8; ecc .) e che perciò in qualche modo tutti gli esseri umani sono figli di Dio (cfr . Ara­ to, Fen . 5 [riportato in At 17 ,28] ; Cleante, Inno a Zeus 4; Epitteto, Diatr. l , 3 , 1 -2 e spesso; Diane di Prusa, Or. 12,27-34.42-6 1 con il tema della cruyyévw1 tra dèi e uomini , che è già chiaro in Platone 346) . Su questa base generale si specifica poi la figliolanza di alcune persone particola­ ri , di cui abbiamo tre gruppi diversi , dalla peculiare funzione mitologi-

343 Nelle lettere paoline, il titolo si trova 1 7 volte. Molto più frequente invece è in Gv (30 volte) , che non solo di norma pone il titolo direttamente in bocca a Gesù (22 volte; solo 3 volte nei Sinottici) , ma ha anche la qualifica forte di « unige­ nito (di Dio) » (cfr . l , 1 8 : 3, 1 6 . 1 8) e conferma perciò di avere una cristologia molto più sviluppata, non solo nei confronti dei sinottici (Mt 13 volte; Mc 6 volte; Le 8 volte) ma anche dello stesso Paolo . Per questo motivo, ancora una volta, pre­ scindiamo dal quarto vangelo nel tratteggiare la cristologia gesuana. 344 La frase della folla ai piedi della croce secondo M t 27,43 (« Ha confidato in Dio : lo liberi adesso, se gli vuole bene; poiché ha detto: Sono figlio di Dio ») ap­ partiene solo alla redazione matteana, e nel contesto non può che riferirsi soltanto alla dichiarazione enigmatica fatta in risposta alla domanda di Caifa (cfr . 26,63 : il sommo sacerdote interroga Gesù sulla sua identità di « figlio di Dio », ma questi risponde in termini di « figlio dell'uomo » ! ) . 345 Cfr. W . Von Martitz, ui6c; Ktl.. , GLNT, XIV, p p . 1 08- 1 2 1 ; M . Hengel , l/fi­ glio di Dio, pp. 46-67 ; J . Fossum , Son of God, ABD 6, 1 28- 1 37, pp. 1 3 2- 1 3 3 . 3 46 Cfr. É. Des Places , Syngeneia. L a parenté de l'homme avec Dieu d'Homère à la Patristique, Paris 1 964) . In particolare per Platone il mondo intero è figlio di Dio e anzi suo unigenito (cfr. Tim. 27c-3 l b).

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ca o storica. Tra gli eroi, figli di un dio olimpico e di una donna morta­ le (cfr . Perseo , figlio di Zeus e Danae; i Dioscuri , figli di Zeus e Leda; Asclepio , figlio di Apollo e Coronide; anche Dioniso è figlio di Zeus e Semele) 347 , spicca su tutti Eracle , di cui Epitteto scrive in maniera ti­ pica che « non aveva nessun amico più intimo di Dio ; perciò fu ritenu­ to essere figlio di Dio e lo era davvero (Èma-reu9T] uiòç eìvat Kaì itv), e per obbedirgli percorse la terra purificandola dall 'ingiustizia e dall 'i­ niquità » (Diatr. 2, 1 6,44) . I cosiddetti uomini divini rappresentano in­ vece una categoria difficile da definire per la genericità della formula, dato che l'aggettivo 9eioç può voler dire semplicemente « pio » (cfr. Esio­ do, Op. 73 1 ) 34 8 ; a questa categoria possono essere ascritti soprattutto dei filosofi come Empedocle (fr. 1 1 2: « Per voi io mi aggiro fra tutti onorato come un dio immortale« ), Pitagora (cfr . Diog . L. 8 , 14: « Fu un uomo tanto prodigioso che i suoi discepoli erano detti voci moltepli­ ci del dio ») , Platone (cfr. Cicerone, ad A tt. 4, 1 6, 3 : « Deus ille noster Plato »), Apollonia di Tiana (cfr . Filostrato, Vit. l , 6 : « I suoi conter­ ranei dicono bensì che Apollonia è figlio di Zeus , ma l ' interessato si dice figlio di Apollonia » ! ) . Infine abbiamo i sovrani, che a partire da Alessandro Magno (cfr . Plutarco , Vit. A lex. 27) 349 si arrogano volen­ tieri attributi divini : così tutte le dinastie dei regni ellenistici e poi gli imperatori romani con i prodromi di Pompeo e di Cesare 35 0 ; in parti­ colare ricordiamo la formula « dio da dio », 9eòç ÈK 9eoù , che si trova già sulla celebre Pietra di Rosetta (OGIS 90, 1 0 ; anno 1 96 a . C . ; detto di Tolomeo V Epifane [204- 1 80 a . C . ] , figlio e successore di Tolomeo IV Filopatore [222-205 a . C . ]) e poi in un papiro egiziano (P. Oxy. 1 453 , 1 1 ; anno 30 a. C . ; detto di Augusto) ; di qui deriva l'altra formula 9eoù ui6ç, divi jilius, detto soprattutto di Augusto in rapporto a Cesa­ re (in greco su una stele di Pergamo 35 1 , e poi spesso in latino), anche

347 Cfr. W. Burkert, I Greci, I I , Jaca Book, Milano 1 984 (orig. ted . , Stuttgart­ Berlin 1 977), pp. 298-3 1 6; P. Grimal, Dizionario di mitologia greca e romana, Pai­ deia, Brescia 1 987 (orig. frane . , Paris 1 9796) . 348 Nel contesto qui s i tratta d i astenersi da determinati gesti considerati tabù, co­ me non Iibare agli dèi prima di lavarsi le mani, non orinare in piedi stando davanti al sole ecc. Theios aner kaì the6s è detto lo stesso Eracle da Luciano di Samosata, Cyn. 1 3 . 349 Plutarco è caustico, quando narra che i l sacerdote di Ammone nell'oasi di Siwa lo proclamò figlio del dio : « Il profeta volle rivolgersi ad Alessandro in elleni­ co, usando un'espressione particolarmente affettuosa, quale O paidfon, che signi­ fica "O caro figlio" ; senonché, essendo un barbaro , alla fine della parola mise una esse in luogo della enne e disse: O paidfos: errore di pronuncia assai gradito ad Ales­ sandro, poiché si sparse la voce che il dio si era rivolto a lui con l'espressione O pài Di6s che vuoi dire non già "O figlio mio " , ma "O figlio di Zeus" » ( Vit. A lex. 27 ; trad . C . Carena) . 350 Per una documentazione essenziale, anche per quanto riguarda il rito dell'a­ poteosi , cfr. R. Penna, L 'ambiente, pp. 1 66- 1 74. 35 1 Cfr. A . Deissmann, Licht vom Osten , p. 295 ; vedi anche l'Iscrizione di Prie­ ne, dove si parla del « divinissimo Cesare (Augusto) » (cfr . R. Penna, L 'ambiente, p. 1 69) .

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per la credenza della sua nascita verginale a opera del dio Apollo (cfr. Svetonio , A ug. 94) 3 5 2 • 2) In Israele la situazione ha pure una sua complessità . Semplifican­ do un po ' , possiamo dire che nelle fonti giudaiche la qualifica di « fi­ glio di Dio » si constata a quattro livelli . In primo luogo , figlio di Dio per eccellenza è lo stesso popolo d'Israele nel suo insieme : « Dice il Si­ gnore: Israele è il mio figlio primogenito » (Es 4,22) ; « Dall' Egitto ho chiamato mio figlio » (Os 1 1 , 1 ) ; parallelamente si afferma la paternità di Dio nei suoi confronti : « Non è lui il padre che ti ha creato , che ti ha fatto e ti ha costituito? . . . Hai dimenticato il Dio che ti ha genera­ to ! » (Dt 32,6. 1 8); « E ora forse non gridi verso di me : Padre mio ! » (Ger 3 ,4) ; di conseguenza tutti gli israeliti sono in qualche modo figli di Dio : « Voi siete figli per il Signore Dio vostro » (Dt 1 4, 1 ; cfr. 32, 1 9 : « Ha disdegnato con ira i suoi figli e l e sue figlie ») ; « Dirò a l mezzo­ giorno : . . . Fa' tornare i miei figli da lontano e le mie figlie dall' estremi­ tà della terra » (ls 43 ,6) 353 • Altri testi si trovano in l Cr 29, 10; Tb 1 3 .4; Sap 14,3; e in alcune preghiere sinagogali 3 54 • In secondo luogo, per una derivazione forse cananea 355 , abbiamo gli angeli al plurale e in genere gli esseri celesti che formano la corte di Dio: « I cieli cantano le tue me­ raviglie, Signore, la tua fedeltà nell' assemblea dei santi . . . Chi è simile al Signore tra i figli di Dio (bene 'elfm)? » (Sal 89,6-7 : cfr. 29, l : « Da­ te al Signore, figli di Dio [bene 'elfm] , . . . gloria e potenz� »); in Gn 6,2 essi sono all' origine di una corruzione generalizzata sulla terra : « I figli di Dio videro le figlie degli uomini e ne presero per mogli quante ne vollero » 356 • In terzo luogo, e tardivamente, entra in conto anche il giu ­ sto al singolare : dopo che in Sir al giusto misericordioso si promette

3 5 2 Cfr. R. Penna, L 'ambiente, pp. 203-205 . Su questa linea si pone anche la IV Egloga di Virgilio, v. 7: « Ormai una nuova prole ci è inviata dall' alto del cielo (iam nova progenies cae/o dimittitur alto) » . 3 5 3 Qua e l à i l Targum attenua l e affermazioni riducendo i l rapporto paternità­ figliazione tra Dio e Israele a un semplice paragone; cfr . TgN Dt 1 4, 1 : « Voi siete come dei figli diletti davanti a Yhwh »; TgN Dt 32, 1 9 : « I nati d'Israele gli erano cari come dei figli e come delle figlie >>) . 3 5 4 L'invocazione « Padre nostro >> si trova in aramaico nella preghiera del Qad­ dfsh e in ebraico nella preghiera delle Diciotto Benedizioni 6. Vedi inoltre Or. Syb . 3 ,726: « Celebriamo Dio nostro Padre nelle nostre famiglie >> . 3 55 Cfr. in specie il Sal 82 (dove il Dio d'Israele si erge nell ' assemblea divina e giudica gli altri 'elohfm ; v. 6: « Voi siete dèi, siete tutti figli dell'Altissimo >>) e il commento che ne fa G. Ravasi, l/ libro dei Salmi, I l , Dehoniane, Bologna 1 985, 1 993 6 , pp. 709-722. 356 In quest'ultimo testo la tradizione rabbinica tende a correggere « figli di Dio >> con un meno indecoroso « figli dei giudici » (così per es. in TgN), tanto che in Ber.R . 26,5 s i legge : « R . Shimon b . Johaj maledice tutti coloro che l i chiamano « figli di Dio », mentre Fl . Giuseppe scrive che « molti angeli di Dio si unirono a donne » (A nt. 1 ,73). Cfr . P . S . Alexander, The Targumim and Early Exegesis of « Sons of God » in Genesis 6, JJS 23 ( 1 972) 60-7 1 .

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che sarà « come un figlio dell'Altissimo » (4, 10; il testo ebraico ha: « Dio ti chiamerà figlio » ), in Sa p il giusto perseguitato « si dichiara figlio del Signore . . . si vanta di avere Dio per padre . . . Se il giusto è figlio di Dio, egli l' assisterà » (2, 1 3 . 1 6 . 1 8) 357 e perciò dopo morte sarà annoverato definitivamente « tra i figli di Dio » angelici (5 ,5) 35 8 • In quarto luogo, ci interessa più direttamente la figura del Messia. L'ideologia regale in Israele affonda le sue radici in quella dell'Antico vicino Oriente 359• Perciò il re viene definito « figlio » di Dio già nella letteratura canonica: « lo gli sarò padre ed egli mi sarà figlio » (2Sam 7, 1 4); « Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato » (Sal 2, 7); « Egli mi invocherà : Tu sei mio padre . . . lo lo costituirò mio primogenito » (Sal 89,27-28 : « primogenito » TM !Jekor; LXX 7t P W't"O'toKoç) ; « Siedi al­ la mia destra . . . Dal seno dell ' aurora, come rugiada, io ti ho generato » (Sal 1 1 0, 1 . 3 Cei) . Osserviamo che in quest' ultimo testo la generazione dall' aurora non significa affatto una nascita dall' eternità e che dunque resta tipica l'idea di un' associazione a Dio nell ' « oggi » storico dell'in­ tronizzazione regale 360• Ma ormai sappiamo che anche i testi extraca­ nonici del medio giudaismo attestano questo tipo di ideologia. Noi ab­ biamo già notato più sopra l' alta frequenza di un simile appellativo in questa letteratura (cfr . sopra : nota 22 1 ) . È vero che esso è piuttosto ra=

357 Anche se in Sap 2, 1 3 qualche esegeta traduce il 1taiç con « servo », invece che « figlio », si ammette che « figlio si deve intendere come significato ultimo >> (cfr . G. Scarpat, Libro della Sapienza, l, Paideia, Brescia 1 989, p. 1 88); cfr. anche J. Vilchez Lindez, Sapienza, Boria, Roma 1 990, pp. 1 82 e 1 8 5 - 1 87, che illustra il tema col rimandare ad altri testi veterotestamentari (cfr. Sal 4,2.4.9; Is 50,7-9; ecc.). 358 « Quando nel giudaismo ellenistico il titolo di uiòç S&où è applicato ad un singolo individuo, ciò non comporta una nascita miracolosa, né una deificazione per mezzo di una iniziazione; significa, invece, che egli è oggetto delle cure di Dio, sottoposto alla sua disciplina, nel rispetto leale e sincero della legge di Dio » (C . H . Dodd, L 'interpretazione del quarto vangelo, Paideia, Brescia 1 974, p . 3 1 6) . 359 Per la Mesopotamia ricordiamo gli appellativi che s i attribuisce Hammura­ pi, sia nel celebre codice (III, 1 6 : « Dio dei re »), sia in una iscrizione sumerica (« Dio del suo paese ») (cfr. A. Finet, Le code de Hammurapi, LAPO 6, Paris 1 973 , p. 37). Per l' Egitto rimandiamo alla grande iscrizione con cui Ramesse I I celebra le sue imprese nella battaglia di Qadesh del 1 285 a . C . , quando attorniato dagli hittiti si rivolge al dio Amon: « Che cosa ti affligge, o padre mio, Amun? È da padre ignorare un figlio? » (cit. da A. Gardiner, La civiltà egizia, Einaudi , Torino 1 97 1 [orig. ingl . , Oxford 196 1 ] , p. 238). Anche i n Canaan è testimoniata dalla Bibbia l'autocoscienza del re di Tiro : « Il tuo cuore si è insuperbito e hai detto: Io sono un dio, siedo su un seggio divino, . . . hai eguagliato la tua mente a quella di Dio » (Ez 28,2-3). 360 Probabilmente infatti in Sal 1 1 0,3 risuona una concezione mitologica meso­ potamica, che faceva del re di Babilonia il « figlio dell 'aurora », cioè di una dea corrispondente (cfr. Is 14, 1 2 : « Come mai sei caduto dal cielo , Lucifero, figlio del­ l'aurora? »; e J. Fossum, in ABD 6, p. 1 29); altri traducono molto diversamente il testo, per es. « Dal grembo dell'aurora a te viene la rugiada della gioventù » (G. Ravasi, l/ libro dei Salmi, I I I , pp. 255ss). L ' idea di una divinizzazione del sovrano nel momento dell'intronizzazione è sostanzialmente comune sia in Egitto sia in Me­ sopotamia (cfr. J. Fossum , in ABD 6, p p . 1 28- 1 29) .

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ro in rapporto al Messia, essendo documentato soltanto in un paio di testi provenienti da Qumran ; ma, mentre non molti anni fa lo si ritene­ va assente , le sue occorrenze sono tanto più significative e qui le ricor­ diamo in dettaglio . In 4QFlor l , 1 1 - 1 2 dopo aver citato il celebre passo di 2Sam 7 , 1 4 si commenta esplicitamente così : « Questo è il rampollo di David che si eleverà con l'interprete della legge, che sorgerà in Sion alla fine dei giorni »; anche se qui il Messia è associato a un'altra figura e anzi apparentemente subordinato a questa (da identificare probabil­ mente con il maestro di giustizia qumraniano : cfr. CD 4,7- 1 1 ) , è a lui comu nque che appartiene la figliolanza divina. Più eloquente è l'apo­ calisse aramaica siglata 4Q246 ; in 2, l si legge : « Egli sarà chiamato fi­ glio di Dio (brh dy '[) e lo chiameranno figlio dell' Altissimo (br cfywn) »; nonostante l'identificazione di questo personaggio sia discus­ sa, autorevoli studiosi lo riferiscono a un re e anche al Messia 3 6 1 ; d'al­ tronde in l QSa 2, 1 2 si dice chiaramente che Dio « farà nascere il mes­ sia (yo/fd hammasfa�) in mezzo a loro » (anche se il verbo può signifi­ care semplicemente « farà venire ») 3 62 • Da ultimo , ricordiamo che in 4Esd ricorre sei volte nel testo latino la dizione fi/ius meus, detto del

36 1 Cfr. J. A. Fitzmyer, 4Q246: The « Son of God » Documen t from Qumran , Bib 74 ( 1 993) 1 53 - 1 74 (forse un membro della dinastia asmonea) ; J . J. Collins, The « Son of God » Textfrom Qumran , in M. De Boer, (a cura di), From Jesus to John (M . de Jonge Festschrift) , JSNT Suppl . 84, Sheffield 1 993 , pp. 65-82 (il Messia) . Da parte sua D. Flusser, The Hubris of the Antichrist in a Fragment from Qum­ ran , Immanuel 10 (1 980) pp. 3 1 -37, pensando all' anticristo si pone ancora su di una linea messianica, anche se di anti-messianismo. Invece M . Hengel, Il figlio di Dio, p. 7 1 , non esclude una interpretazione collettiva sulla linea di Dn 7, 1 3 . 1 8 . Quan­ to a F. Garcia Martinez, The Eschato/ogica/ Figure of 4Q246, in Id . , Qumran and Apocalyptic. Studies on the Aramaic Textsfrom Qumran , Leiden 1 992, pp. 1 62- 1 79, egli propende per la figura angelica di Michele . Più problematico si dimostra É. Puech, Notes sur /efragment d'apocalypse 4Q246 - « /efils de dieu », RB 1 0 1 (1 994) 533-558 ( forse una figura negativa, indeterminata, dell' ambiente giudaico) . Aperto ad ogni possibilità è S.L. Mattila, Two Constrasting Eschato/ogies at Qumran (4Q246 vs J QM), Bib 75 ( 1 994) 5 1 8-538. 3 62 Un altro testo da aggiungere è 4Q369 l I I , 6-8 : « And you made him a first­ born son (lkh bn bkw [r) [ . . . ] like him for a prince and ruler in ali your earthly land [ . . . the] crown of the heavens and the glory of the clouds [you] have set [o n him] » (cfr. C.A. Evans, A Note on the « First-Born Son » of 4Q369, DSD 2 [ 1 995] 1 85-20 1 , che ritiene il ben bekor, « figlio primogenito (di Dio) », sulla falsariga di Sal 89,28, non tanto il Davide storico ma « con ogni probabilità un davidide e una figura messianica » [p. 200]) . Più controverso è il testo 4Q534 (siglato anche 4QMess ar, oppure 4QElect of God) , dove alla riga lO si legge : bhyr '/h ' h w ' mwldh wrwh· nsm why. Mentre in passato alcuni hanno tradotto « L'el etto di Dio sarà suo figlio . Il soffio del suo spirito . . . » (F. Michelini Tocci , seguendo A. Dupont-Sommer e anche J.T. Milik) , oggi si è imposta ormai l' altra versione: « He is the one chosen by God . His birth and the exhalation of his breath . . . » (F. Garcia Martinez, come J. Starcky, J . A . Fitzmyer, J. Carmignac) , intendendo il termine m wldh come un sostantivo (invece che un participio passivo haf'el) . =

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Messia (7 ,28 .29; 1 3 , 32.37 . 52 ; 1 4 , 9) , che però viene normalmente tra­ dotto con « il mio servo » (come in 2Bar 70,9: « il mio servo, l' Unto »), supponendo a monte il n ui: ç che renderebbe l ' ebraico cebed, « servo » (e non ui6ç che renderebbe l ' ebraico ben , « figlio >>) 363 . Infine, si può rammentare che Filone Alessandrino chiama più volte il Logos divino « primogenito >> di Dio (cfr . Conf. 1 46 : « Se capita che qualcuno non si ritiene ancora degno di essere chiamato figlio di Dio [uiòç ewu] , si affretti a mettersi in ordine secondo il Logos suo primogenito [npon6yo­ voç atrcou] >> ; cfr. ib . 63); ma ovviamente qui non si tratta di un perso­ naggio né storico né escatologico 364 •

Se questo è lo sfondo su cui si colloca il momento storico di Ge­ sù di Nazaret , si comprende che egli può ben essere stato designa­ to come « figlio » di Dio . Ma la confessione di Pietro secondo Mt 1 6 , 1 6 non fa al caso nostro , non solo perché probabilmente redazionale 36 5 , ma ancor più perché esprime una cristologia che non proviene dall'autocoscienza di Gesù . Lo stesso si dica di tutte le altre dichiarazioni cristologiche di questo tipo elencate sopra, comprese quelle che provengono sia dall 'angelo Gabriele nell 'an­ nuncio a Maria, sia da Dio stesso al momento del Battesimo e del­ la Trasfigurazione . Secondo la narratologia odierna, gli autori di questo tipo di racconti in realtà non vogliono fare altro che sotto­ lineare l'imprevedibilità e il primato dell 'iniziativa divina nella storia del loro protagonista, caratterizzando così al massimo il personag­ gio in questione e, nel nostro cas o , esprimendo al contempo la fe­ de delle rispettive Chiese nell'origine divina di Gesù 366 • 363 Cfr. la versione di P . Marrassini in P . Sacchi , Gli apocrifi dell'A ntico Te­ stamento, I I , pp. 235-377; e quella di M . E . Stone, Fourth Ezra, con l' excursus pp. 207-208 . 364 La definizione filoniana del Logos « Primogenito » si comprende meglio in rapporto alla definizione del mondo sensibile come « figlio minore di Dio >> (Deus 3 1 .32), che di quello è soltanto immagine secondo una concezione platonica (cfr. Platone, Tim . 29ab , 3 1 b . 365 Infatti M c 8,29 h a soltanto « Tu sei il Cristo », mentre L e 9,20 reca u n sem­ plice « Il Cristo di Dio »; Mt 1 6, 1 6 (« Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente >>) va ritenuto un ampliamento che si spiega bene « come opera della redazione mat­ teana », con cui si esprime la professione di fede « che possiamo supporre come decisiva per le comunità matteane » (J. Gnilka, Mt, I l , 86 e 94) . 366 Cfr. R. Scholes - R. Kellogg, The Nature of Narrative, New York 1 966 (trad. ital . , Il Mulino, Bologna 1 970), pp. 1 75 - 1 77; e anche J . L . Ska, « Our Fathers have Told Us ». Introduction to the Analysis of Hebrew Narratives, PIB, Roma 1 990, pp. 90-9 1 : « La partecipazione emotiva (empathy) dei lettore dipende moltissimo dall'intervento di Dio » (p. 9 1 ) . Del resto , le storie implicanti una voce che viene dal cielo (la bat q61, intesa come sostituto dello Spirito profetico) sono abbastanza frequenti nel rabbinismo (cfr . t. Sota 1 3 , 3 -4 : « Una volta i dotti erano riuniti in ca­ sa di Guria a Gerico . Allora udirono una Bat Qol che disse: qui c'è un uomo che

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Ma a noi interessa sapere che cosa Gesù stesso pensasse perso­ nalmente di sé. Poté egli comprendersi come « figlio di Dio »? e se sì, che senso dava egli a questa qualifica? I due interrogativi van­ no di pari passo e ci portano a precisare l' autocoscienza propria di Gesù come figlio di Dio . Noi abbiamo già esaminato più sopra il tema della paternità di Dio nei suoi confronti , quando abbiamo discusso dell'appellativo aramaico 'A bba; e non c'è dubbio che Ge­ sù considerava Dio come proprio padre in modo perlomeno spe­ ciale . Ma come stanno le cose per quanto riguarda la sua coscien­ za di « figlio » e l'uso esplicito di questo titolo? A proposito delle fonti che ce lo documentano , va subito detto che qui lasciamo da parte il quarto vangelo , il quale, pur attestando ampiamente una tale qualifica anche da parte di Gesù (su 29 occorrenze del titolo ben 27 sono in bocca a Gesù; cfr. Gv 3 , 1 6 : « Dio . . . diede il suo Figlio unigenito » ), va considerato come espressione di una forte cristologia ecclesiale, più recente e più sviluppata (cfr . il secondo volume) . Nei sinottici , i testi che fanno al caso nostro sono molto rari . Di fatto non possiamo enumerarne più di tre . Il primo si trova nella parabola dei vignaioli omicidi (Mc 1 2 , 6 l M t 2 1 , 3 7 l L e 20, 1 3) . Noi l o abbiamo già esaminé!J:o più sopra (cfr . B, 2 . 3 ) . Qui aggiungiamo soltanto che , se il riferimemto di Gesù a se stesso è solo indiretto (trattandosi di un racconto alla terza persona) , esso però non è meno chiaro . Il narratore non po­ teva che riferirsi a sé, non essendo possibile contestualmente la chia­ mata in causa di alcun altro personaggio . Inoltre , la qualifica del figlio come « diletto », àyanrrcoç (assente però in Mt), esprime bene la relazione unica di questo figlio con il Padre: sia perché conte­ stualmente egli è ben distinto dai « servi », che sono ovviamente di rango inferiore e perciò rappresentano solo il primo tentativo del padrone della vigna, sia perché nel greco dei LXX , che fa da sfondo a quello neotestamentario , abitualmente l 'aggettivo greco traduce l ' ebraico ya}Jid, che significa « unico >> 3 67 • Un secondo testo è Mc 1 3 ,32 l Mt 24 ,36, che fa parte del cosid­ detto discorso escatologico : « Quanto poi a quel giorno e a quel-

è degno dello Spirito Santo, che invece la sua generazione non merita; e si volsero gli occhi verso Hillel il Vecchio >>) . 367 Ciò avviene ben 7 volte (cfr. Gn 22,2. 1 2 . 1 6 ; Gdc 1 1 ,34; Am 8, 10; Zac 1 2 , 1 0; Ger 6,26) su 1 5 occorrenze; le altre sono ripartite tra yiidìd (« diletto )) : 5 volte) , dod (« caro )) : l volta) , yaqqìr (« prezioso )) : l volta) , e 'iihèv (« amato )) : l volta); cfr. M. Hengel, Das Gleichnis von den Weingiirtnern Mc 12, 1-12 im Lichte der Ze­ nonpapyri und der rabbinischen Gleichnisse, ZNW 59 ( 1 968) 1 -39, p. 30 nota 96.

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l'ora, nessuno li conosce, né gli angeli nel cielo né i l Figlio , m a so­ lo il Padre >> . Come si vede , qui « il Figlio >> non fa una gran bella figura, dato che viene affermata la limitatezza della sua conoscen­ za (e perciò non solo alcuni manoscritti omettono l' inciso riguar­ dante il Figlio, ma il testo parallelo di Luca tralascia l'intero det­ to) . Ma proprio questa osservazione ci porta a ritenere autentico il loghion , poiché la Chiesa primitiva ben difficilmente avrebbe at­ tribuito a Gesù un limite di questo genere . Infatti l' esegesi poste­ riore patristica disquisirà molto sul testo , e per salvare a ogni co­ sto la divinità di Gesù oscillerà tra l' ammissione che egli ignorava l' ora finale soltanto come uomo , e l 'affermazione che egli inve­ ce anche come uomo la conosceva ma non era incaricato di comunicarla 368 • In ogni cas o , è evidente nel testo il contrasto fra la dichiarazione di ignoranza e la qualifica assoluta « il Figlio )) , priva di specificazioni ; questa formulazione corrisponde esattamen­ te alla qualifica di « il Padre )) , anch ' essa in forma assoluta, quasi a suggerire che la relazione esistente tra i due è davvero unica nel suo genere. Del resto , l' enumerazione progressiva dei tre soggetti (angeli nel cielo , il Figlio, il Padre) è fatta in modo tale da colloca­ re il Figlio tra due tipi di esseri entrambi « celesti )) ; tuttavia non gli angeli sono detti figli di Dio, poiché il testo lascia intendere che Dio ha propriamente un figlio solo ! In più , a differenza di alcuni (posteriori ! ) passi rabbinici che pure affermano la superiorità tan­ to del Messia quanto anche dei giusti sugli angeli 3 69 , osserviamo che il titolo di per sé non ha una specifica connotazione culturale, né messianica (in riferimento a un davidide) né morale (in riferi­ mento al giusto) . Esso esprime soltanto la natura della figliolanza in quanto tale: per affermare, sì , la dipendenza e in qualche modo la subordinazione del suo beneficiario rispetto al Padre , ma anche per riconoscergli una ineguagliabile intimità non concessa ad altri . Il terzo passo è della fonte Q , M t 1 1 ,27 l Le 1 0,22: « Tutto mi è stato dato dal Padre mio , e nessuno conosce il Figlio se non il Padre, né alcuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare >> . L' enunciato viene spesso etichettato come loghion giovanneo , a motivo di un timbro cristologico vici­ no al quarto vangelo ; ma, come fa notare Brown, se esso in un primo tempo è stato conservato isolatamente, è sintomatico che i redattori non l' abbiano integrato in Giovanni : sicché la sua col368 Cfr. F. Dreyfus, Gesù sapeva di essere Dio?, pp. 32-3 3 . 369 Cfr. Strack-Billerbeck , III, p . 673 (su Eb l ,3).

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locazione in Q deve metterei in guardia dal ritenere che il linguag­ gio cristologico giovanneo sia in toto una creazione esclusiva di Giovanni 370 • L' autenticità del loghion è stata a volte contestata per un presunto sapore ellenistico della formulazione (specie per il tema della conoscenza) ; ma Jeremias ha dimostrato ampiamente il suo carattere semitizzante 37 1 • Altri lo attribuiscono alla comu­ nità postpasquale col pretesto che Gesù non avrebbe parlato del « Figlio » in forma assoluta 372 , ma trascurano di dare il dovuto peso alla gesuanità sia di Mc 1 2 , 2 parr. sia di Mc 1 3 ,32, esaminati sopra . Problematica è pure la posizione dello stesso Jeremias , che a monte del loghion intravede una forma di parabola, in cui i ter­ mini « padre-figlio » farebbero riferimento alla semplice relazione parentale propria di tutti i padri e di tutti i figli 373 ; egli però si fon­ dava sull' assunto , poi dimostratosi falso, che nel giudaismo non esistesse il titolo messianico di « figlio » (cfr . sopra) . Dunque , il nostro testo , le cui dichiarazioni non hanno paralleli nelle lettera­ ture coeve , né giudaica né ellenistica 374 (ma potrebbe trovare una interessante analogia con gli Inni di Qumran) 375 , esprime indub-

370 Cfr. R.E. Brown, An Introduction, p. 88 nota 1 36 . 37 1 Cfr. J . Jeremias , A bba, pp . 45-48 , che enumera i seguenti tratti semitizzan­

ti : il nesso « nessuno-se non », l'uso del verbo apokalyptèin , l' asindeto iniziale, il parallelismo sintetico, la struttura quadripartita, e le differenze del testo di Le che in alcuni dettagli migliora la forma. 372 Così U. Luz, Mt, I l , p. 200. 373 Cfr. J. Jeremias, A bba, p. 49; così anche R.E. Brown, Jesus God and Man , Milwaukee 1 968, p. 90; An Introduction , p. 88. Ma giustamente obbietta U . Luz, Mt, Il, p. 208 , che non sarebbe comprensibile l'esclusività del rapporto (ib . , nota 78: « Perché solo un padre dovrebbe conoscere suo figlio e solo un figlio dovrebbe conoscere suo padre? »). 374 Il testo di Nm 1 2,6-7 (« Se ci sarà un vostro profeta, io, il Signore, in visio­ ne a lui mi rivelerò . . . Non così per il mio servo Mosè : egli è l'uomo di fiducia in tutta la mia casa ») è solo parzialmente accostabile per la sottolineatura dell'inti­ mità intercorrente tra Dio e Mosè, che differisce assai dal rapporto esistente tra Dio e un qualunque profeta; ma la qualifica di Mosé come « servo » (TM : cebed; LXX: ò 9epa7trov) allontana di molto i due testi . Nell'ellenismo si può tutt'alpiù citare qualche testo della letteratura ermetica (cfr. CH 1 0, 1 5 : « Dio non ignora l'uo­ mo, ma al contrario lo conosce benissimo e vuole essere conosciuto da lui »; Papi­ ro di Londra 1 22: « Ti conosco , o Ermes, e tu conosci me; io sono tu e tu sei io »), la quale non solo è posteriore (secc . 11-IV), ma presenta ormai anche delle conce­ zioni di chiaro tipo gnostico. 375 Così D . Flusser, Jesus, p. 92, rimanda a 1 Q H 2,9- 1 0 (« Sono diventato [ . . . ] una medicina per tutti coloro che si convertono dall' iniquità, prudenza per i semplici e carattere saldo per quanti hanno il cuore incostante [ . . . ], segreto di verità e di intelli­ genza per quanti camminano sulla via giusta »); e 1 QM 4,27-29 (« Mi hai fatto cono­ scere i tuoi misteri meravigliosi e nel tuo meraviglioso consiglio hai manifestato verso di me la tua potenza, hai compiuto meraviglie davanti a molti a causa della tua gloria e per fare conoscere a tutti i viventi le tue gesta »; trad . L. Moraldi).

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biamente una cristologia molto forte 376 • Certo non si dice nulla né sulla preesistenza né sulla divinità del Figlio, ma viene chiaramen­ te suggerita una eguaglianza di natura tra il Padre e il Figlio, come risulta sia dall'esclusività del rapporto reciproco , sia dalla conno­ tazione semitico-esperienziale del verbo « conoscere » che implica insieme i concetti del sapere e dell' amare. Il rapporto del Figlio con il Padre non è qualcosa di accidentale, ma appartiene all 'ontolo­ gia delle persone, comunque si debba interpretare il « tutto » che a lui è stato consegnato 377 • In conclusione, possiamo dire che è del tutto legittimo ritenere che Gesù abbia pensato se stesso in termini di figliolanza nei con­ fronti di Dio , e di una figliolanza tale che in pratica è priva di pa­ ralleli dello stesso tipo e perciò unica nel suo genere. Gli sviluppi che verranno in seguito, soprattutto nel quarto vangelo, non fa­ ranno altro che esplicitare ampiamente ciò che già è racchiuso in nuce nella sobria testimonianza dei sinottici .

6. Gesù di fronte alla sua morte

Se pensiamo al rilevante spessore soteriologico letto nella morte di Gesù dopo la Pasqua 378 , soprattutto nell ' ambito della tradizio­ ne sviluppata dall' apostolo Paolo (cfr. l Cor 1 5 , 3 : « Morì per i no­ stri peccati »; Rm 3 ,25 : « Dio lo costituì strumento di espiazione ») 376 Un'ottima esegesi del testo è offerta da U. Luz, Mt, Il, pp. 208-21 6, che tratta separatamente i tre problemi maggiori posti dal v. 27 : il senso di « il Figlio )) , il senso del verbo « è stato dato )) , e il senso della reciprocità Padre-Figlio . Vedi an­ che S. Légasse, Le /ogion sur le Fils révélateur (Mt., X/, 2 7 par Le. , X 22) , in J. Coppens, (a cura di), La notion biblique de Dieu, BETL 41, Gembloux-Leuven 1 976, pp. 245-274. 377 Probabilmente non si tratta della « potenza )) in generale, secondo il model­ lo del Figlio d eli 'uomo di D n 7, l 3s (infatti « il Figlio )) riceve tutta la sua identità dal suo rapporto con « il Padre )) , che è Dio), ma si intende la piena conoscenza sapienziale di Dio stesso, della sua volontà e del suo piano salvifico (infatti il v. 27 è commento dei precedenti vv. 25-26, in cui Gesù loda Dio per aver rivelato il suo piano non ai sapienti e agli intelligenti ma soltanto ai piccoli) . 3 ?8 Ma secondo alcuni autori il primo stadio della predicazione postpasquale avrebbe collegato il raggiungimento della salvezza, non con la morte di Gesù e quindi al passato, ma con l'evento della sua parusìa e quindi al futuro (cfr. A. Vogtle, Todesankiindigungen und Todesverstiindnis Jesu , in K. Kertelge, (a cura di), Der Tod Jesu. Deutungen im Neuen Testament, QD 74, Freiburg i. B . 1 976, pp. 5 1 - 1 1 3). Tuttavia, se è innegabile che alcuni strati del kerigma primitivo insistevano sulla dimensione soteriologica della parusìa (cfr . lTes 1 , 10; 5 , 9), è altrettanto accertato che altri (perciò coesistenti, e non successivi ! ) proclamavano contemporaneamente gli effetti salvifici della morte di Gesù (cfr. 1 Cor 1 5, 3 ) .

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IL GES Ù TERRENO

ma anche in quella giovannea (cfr . Gv l ,29: « Ecco l' agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo »), è inevitabile chiederci : quale fon­ damento ha questo tipo di interpretazione nella coscienza del Ge­ sù terreno? Non gli sarà forse stata imposta da una difforme rilet­ tura posteriore? Fino a che punto questa è fedele alle sue intenzio­ ni storiche? Egli ha voluto conferire realmente un simile significa­ to alla propria morte? Come si vede, l' interrogativo a questo punto non riguarda più tanto l' antologia quanto piuttosto la funzione della sua persona e del suo operato , che consideriamo qui nel momento supremo della sua vita 379 • E la risposta non potrà essere indifferente agli effetti della fede 3 80 • Se infatti la sua morte è stata un puro incidente sto­ rico , privo di alcun senso soteriologico , anche la sua vita dovrà es­ sere considerata semplicemente alla stregua di quella di qualsiasi altro pur grande personaggio del passato . Se la sua morte non ha alcun senso per me, anche la sua vita non ne ha alcuno per la mia. E se fosse stata soltanto la Chiesa postpasquale ad attribuirvi un significato, allora si tratterebbe di qualcosa vicino all 'impostura. Non c'interessiamo qui delle modalità storiche della morte di Ge­ sù (né dell 'arresto, né dei due processi , né della crocifissione) 3 8 1 e neanche della rilettura teologica che ne hanno fatto le singole re379 Anche questa problematica appartiene necessariamente a un'indagine sulla cristologia gesuana. In senso pieno, infatti, la cristologia deve occuparsi non sol­ tanto di stabilire l 'identità personale di Gesù a livello ontologico (per rispondere alla domanda « Chi è? >> ), ma anche di chiarire quale sia stato lo scopo e il risultato della sua vita e ancor più della sua morte, cioè se esse abbiano avuto un senso per dei destinatari-beneficiari (per rispondere alla domanda « Perché lo ha fatto? ))) . Ed è qui che trova la sua validità il celebre assioma di Melantone: Hoc est Chri­ stum cognoscere, beneficia eius cognoscere; analogamente D. Bonhoeffer: « Cri­ sto è Cristo non come Cristo per sé, ma nel suo riferimento a me. Il suo esser-Cristo è il suo esser-pro me >> (Cristologia, p. 26) . Del resto, è impossibile che la risposta data al secondo interrogativo non contribuisca anche fortemente a precisare la ri­ sposta da dare al primo. 3 8° Invece R. Bultmann, Das Verhiiltnis der urchristlichen Christusbotschaft zum historischen Jesus, in Exegetica, Tiibingen 1 967, pp. 445-469, riteneva che, non po­ tendo di fatto giungere a una simile conclusione se non in base a uno sforzo della critica storica, questa finisse per pretendere di legittimare scientificamente il kerig­ ma postpasquale compromettendo il concetto stesso di fede, la quale sola può in­ terpretare la morte di Gesù nel suo significato salvifico . Ma, come fa notare H . Schiirmann, Gesù di fronte alla propria morte, p. 23 , non s i vuole i n alcun modo depotenziare la natura del kerigma e della fede, bensì soltanto « mostrare la loro autorità in conformità alla rivelazione . . . che comprende anche il fatto della venuta di Gesù >> . 3 8 1 A questo proposito, cfr. ora l'ampia ricerca di R.E. Brown, The Death of the Messiah. From Gethsemane to the Grave, I-1 1 , Doubleday, New York-London 1 994. -

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dazioni evangeliche 3 82 • I l nostro intento invece è d i cogliere l ' in­ tenzionalità attribuita da Gesù alla propria morte ancor prima che questa fosse messa in atto . In primo luogo occorre stabilire che comunque Gesù, almeno a partire da un certo momento della sua vita, doveva necessaria­ mente calcolare di morire di una morte violenta. Ciò risulta da molti indizi . Egli infatti, come abbiamo visto sopra, era entrato in con­ flitto con i due gruppi dominanti nella società giudaica del suo tem­ po , i farisei (per la sua libertà nei confronti della Legge) e soprat­ tutto i sadducei (per il suo atteggiamento verso il Tempio) 3 83 • Inol­ tre, anche la fine riservata al Battista doveva prospettare pure a lui una sorte simile (cfr . Mc 9, 1 3 l Mt 1 7 , 1 2 : « Elia è già venuto e hanno fatto di lui quanto hanno voluto »). Lo stesso si dica della coscienza di Gesù sulla tradizionale sorte riservata ai profeti in Israe­ le (cfr. Mc 6,4: « Non c'è profeta disprezzato se non nella sua pa­ tria »; Mt 23 ,37 l Le 1 3 ,34: « Gerusalemme, Gerusalemme, che uc­ cidi i profeti e làpidi coloro che sono stati mandati a te » ; Le 1 3 , 3 3 : « . . . non conviene che u n profeta perisca fuori d i Gerusalem­ me ») 3 84 • La medesima prospettiva personale è implicita in alcuni detti rivolti ai discepoli , sia in generale (cfr . Mc 8 , 3 8 : « Chi vuole salvare la sua vita la perderà . . . » ; 8 , 3 4 : « Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso . . . »), sia in particolare (ai figli di Zebedeo , in Mc 1 0 , 3 8 l Mt 20,22: « Potete bere il calice che io sto per bere? » ). Anche la parabola dei vignaioli omicidi esprime la stes­ sa coscienza a proposito del « figlio » (cfr. sopra) : « E presolo lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna » (Mc 1 2,8). Infine, si spiega

3 82 Vedi B. Maggioni, I racconti evangelici della Passione, Cittadella, Assisi 1 994. Per un aggiornamento almeno parziale sullo stato della ricerca, cfr. R . A . Horsley, The Death oj Jesus, in B. Chilton & C. A. Evans (edd .), Studying the Historica/ Jesus, pp. 395-422 . 3 83 Va osservato che, a parte la menzione dei farisei in Mt 27,62 (cfr . 2 1 ,45) e in Gv 1 8 , 3 (in entrambi i casi, introdotti probabilmente per riferirsi alle componen­ ti del sinedrio), solo i sadducei nella persona dei sommi sacerdoti ( 1 8 volte in Mt 26-27 ; 1 7 volte in Mc 1 4- 1 5 ; 10 volte in Le 22-23 e 24,20; 14 volte in Gv 1 8- 1 9) vengono menzionati nei racconti della passione come responsabili attivi e diretti della condanna di Gesù da parte giudaica. 3 84 Soprattutto il /oghion della fonte Q, Mt 23,37 l Le 1 3 , 34, con la menzione della lapidazione ci riporta inequivocabilmente allo stadio gesuano: il fatto che non si parli di crocifissione (cfr. invece la menzione della croce nel /oghion di Mc 8 , 34: « . . . prenda la sua croce ») ci dice che le parole risalgono al Gesù terreno, quando questi non poteva normalmente mettere in conto un supplizio che non fosse di tipo giudaico (cfr. Lev 24, 1 6 : « Chiunque bestemmia il nome del Signore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare »; e Dt 1 7 , 2-7: « . . . sarà messo a morte sulla deposizione di due o tre testimoni . . . » ) .

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così anche il loghion enigmatico di Mc 2,20: « Verranno i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto » . M a , s e non è i n questione l a previsione di una sorte drammatica a cui Gesù sicuramente sapeva di andare incontro, il problema ri­ guarda altro : non tanto il fatto che nel giudaismo non si parlava di una morte del Messia 3 85 , quanto piuttosto il senso che Gesù do­ veva personalmente dare a una morte del genere. L' aspetto pro­ blematico della cosa si pone sulla base di alcune constatazioni : quan­ do Gesù predice apertamente questa morte (cfr . Mc 8 , 3 1 ; 9 , 3 1 ; 1 0 , 3 2-34; e paralleli), si accontenta di descrivere il destino tragico a cui va incontro come Figlio dell 'uomo , ma non vi annette mai una dimensione salvifica; inoltre , le parole pronunciate nell 'ulti­ ma cena sulla coppa di vino (cfr . Mc 14 ,24: « Versato per molti » ; M t 26,28: « Versato per molti in remissione dei peccati » ; L e 22,20: « Versato per voi » 3 86) arrivano soltanto alla fine della vita di Ge­ sù e soprattutto recano evidenti i segni della redazione . Procediamo per gradi nel rilevare il senso soteriologico dato da Gesù alla propria morte . Una prima importante constatazione è che Gesù vede la propria morte non come una pura fatalità storica o un eve nio profano 3 8 7 ' 3 85 Solo un testo di Qumran, siglato 4Q285 e recentemente pubblicato (cfr. G. V ermes, The Oxjord Forum jor Qumran Research Seminar on the Rule oj War [rom Cave 4 [4Q285], JJS 43 [ 1 992] pp. 85-94) , reca scritta alla riga 4 una frase ( whmytw nsy ' hcdh smh), che qualcuno ha tradotto in questo modo : « E uccide­ ranno il Principe del i a èomunità, il rampollo . . . » (cfr. R . H . Eisenman - M. Wise, Manoscritti segreti di Qumran, ed . ital . a cura di E. lucci, Piemme, Casale Mon­ ferrato 1 994 [orig. ingl . , Shafetsbury 1 992] , pp. 24-29) . Una simile traduzione è stata ampiamente criticata e sostituita con quest'altra: « E lo ucciderà il Principe della Congregazione, germoglio . . . », che considera l' ebraico whmytw (perfetto hi­ fil del verbo mut, « morire, uccidere ») una 3a persona singolare con suffisso pro­ nominale maschile, w"hémfto (e non una 3 • persona plurale, w"hémftu); infatti in un altro frammento del testo si legge che « la malvagità sarà colpita » e che qualcu­ no viene condotto davanti al Principe della Congregazione, per non dire che in tut­ ti i testi in cui si parla del Messia, questi è sempre trionfante . Per la difesa di questa seconda opzione, oltre a F. Garcia Martinez, Los Mes{as de Qumrdn. Problemas de un traductor, Sefarad 53 ( 1 993) 345-360, p. 353, vedi l' ottima discussione del testo offerta da C. Martone, Un testo qumranico che narra la morte del Messia? A proposito del recente dibattito su 4Q285, RivBibl 42 (1 994) 329-336; e M. G. Abegg, Messianic Hope and 4Q285: A Reassessment, JBL 1 1 3 (1 994) 8 1 -9 1 . Più in genera­ le, cfr. anche J . J . Collins , The Scepter and the Star, pp. 1 23 - 1 26 (« Excursus: The Suffering Servant at Qumran? »). 3 86 Solo Le 22, 1 9 aggiunge una dimensione simile anche nelle parole sul pane (« dato per voi »), ma si tratta evidentemente di una integrazione postpasquale (ri­ scontrabile anche in 1 Cor 1 1 ,24 e poi in Gv 6,5 1 c), dovuta forse a ragioni di paral­ lelismo con il vino . 3 87 In questo senso si potrebbe vedere piuttosto l'immagine del battesimo (cfr. Mc 10,39 e Le 1 2,50), intesa come un semplice sprofondare nella passione (cfr. Fl .

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ma come assolutamente inserita nella volontà di Dio . Essa cioè as­ sume comunque una valenza religiosa. Ciò risulta in particolare dalle tematiche già accennate del profeta rifiutato (con i loghia si­ tuati a Nazaret e nel viaggio verso Gerusalemme) , del figlio ucciso (nella parabola dei vignaioli omicidi) , e del calice che si deve bere (nella risposta alla richiesta dei figli di Zebedeo) . Quest 'ultima im­ magine, da parte sua, è particolarmente efficace nel collegare la sorte dolorosa di Gesù a una decisione della volontà divina, dati i precedenti nell 'Antico Testamento e nel medio giudaismo : vedi soprattutto ls 5 1 , 1 7 (« Gerusalemme, . . . hai bevuto dalla mano del Signore il calice della sua ira »; cfr. 5 1 ,22) , Ger 25 , 1 5-29 ( « Così mi disse il Signore, Dio d'Israele : Prendi dalla mia mano questa coppa di vino della mia ira e falla bere . . . »; cfr. Ez 23 , 3 1 -34), Ab 2, 16 ( « Si riverserà su di te [il conquistatore pagano di Israele] il calice della destra del Signore »), Ps. Sal . 8 , 1 4 (« Dio . . . fece loro bere [agli israeliti] un calice di vino schietto ubriacante ») , e l QpAb 1 1 , 1 4 ( « Il calice del furore di Dio lo inghiottirà [il sacerdote mal­ vagio, comunque lo si debba identificare] »). È discusso il senso esatto da dare all' immagine : ma poiché ad essa è normalmente le­ gata l' idea di un giudizio di Dio , è del tutto insufficiente pensare a « all 'orrore che afferra colui che vive di Dio quando si vede al­ lontanato da lui » 3 88 ; probabilmente si deve pensare a una coppa di vino inebriante , che toglie a chi lo beve ogni possibilità di resi­ stere a un doloroso intervento di punizione 3 89 • Soprattutto poi dobbiamo tener conto della possibilità che, an­ che se Gesù non si esprime in termini espliciti , egli lasci comunque intravedere una prospettiva redentrice, che è assolutamente perti­ nente definire « soteriologia implicita » 390 • A questo livello , infatGiuseppe, Bel/ 4, 1 37: l'ingresso di bande di briganti in Gerusalemme finì per rovi­ nare la città : È� cbtnaEv > per dire tutti gli altri distinti dal soggetto interessato 408 ; l'uso paratattico di Kai in luogo di una subordinata: « col dare la sua vita . . . >>), che riportano la formulazione ad uno stadio almeno premarciano. Inoltre, va ammessa una notevole genericità nella di­ chiarazione : infatti, né si precisa la modalità del « dare la propria vita >> , né si esprime lo scopo ultimo del « riscatto » (da che cosa, dato che non si parla di peccati? ) , né si fa riferimento a qualche destinatario del riscatto stesso, né si allude a una qualche forma di superamento della morte (tanto meno mediante la risurrezione) . Questi sono tutti motivi che depongono a favore di una notevole arcaicità del loghion e in definitiva della sua gesuanità. Ma se ne aggiunge un altro, che riguarda il quarto carme isaia­ no del Servo di Yhwh (cfr . Is 52, 1 3-53 , 1 2) . Si discute se in Mc 1 0 ,

mensione espiatrice delle parole e del gesto d i Gesù è solo implicita nell' accennato tema della proesistenza diaconica. 406 Per esempio E. Schweizer, Mc, p. 236, parla di « interpretazione dogmati­ ca »; ma anche X. Léon-Dufour, Face à la mort, pp. 90-96, ritiene che il loghion non sia autentico (e che persino gli sia estranea una prospettiva sacrificale); entrambi vedono nel detto come un résumé (sia pure pertinente) dell'intera vita di Gesù, for­ mulato posteriormente. Vedi una discussione in M. L. Gubler, Diefriihesten Deu­ tungen , pp. 23 1 -235 ; e in A . M . Giorgi, « Aprì loro la mente . . . », pp. 97- 1 03 . Le motivazioni addotte contro l'autenticità si possono sintetizzare così: il loghion è senza confronti in Mc e anche eccessivo rispetto al contesto immediato; il parallelo di Le 22, 27 parla solo di servizio in generale e potrebbe costituire la formulazione primitiva (ma il contesto della cena è ben diverso); il termine A.trr p ov tradirebbe un influsso del linguaggio paolino (cfr . l Tm 2,6; anche il verbo A.u> (m. San h. 7 ,5). Ma questa sentenza è motivata solo dalla considera­ zione che ogni uomo è immagine di Dio (secondo Gn l ,26) . Tutt' alpiù si giunge a dire che Dio condivide in specie tutte le pene del suò popolo : « Quando Israele viene asservito, anche la Shekinah viene asservita con loro .( . . . ) Ogni volta che Israele fu esiliato , anche la Shekinah andò in esilio con loro » (Mek.Ex. su Es 1 2, 4 1 ) .

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to un avvenimento eccezionalmente incoraggiante (etwas ganz aus­ serorden tlich Ermuthigendes) » 3 • La critica ha ripetutamente cercato di individuare una causa ra­ gionevolmente accettabile per spiegare questa « sterzata » . Trala­ sciando le vecchie teorie razionalistiche , formulate a cavallo tra i secoli XVIII-XIX 4 , ricordiamo brevemente alcune altre posizio­ ni , che , per quanto interessanti , non rendono conto di tutti i dati del problema. Così , non basta dire con Rudolf Bultmann che il ve­ ro miracolo pasquale è la fede dei discepoli circa la dimensione sal­ vifica della croce e che di fatto Cristo risorge nel kerigma della Chiesa 5 ; in questo modo , infatti , si prescinde dalla portata ogget­ tiva dell' evento e in più si lascia inspiegato il sorgere stesso della fede dei discepoli . Una soluzione che torna ogni tanto , sia pure in forme diverse, è quella di chi vuole spiegare le cose collegando la fede pasquale dei discepoli in continuità con l ' esperienza storica­ mente vissuta da loro insieme al Gesù terreno , come se fosse stato sufficiente « rinverdire » il ricordo di lui per accettare lo scandalo della croce 6 • Ma dobbiamo renderei conto che il cristianesimo pri.�

3 D. F . Strauss , Das Leben Jesu kritisch bearbeitet, I l , Tiibingen 1 836, 1 840 4, pp. 63 1 -632. 4 Vedi le tesi di H.S. Reimarus (teoria del furto, elaborata sulla base di Mt 27 , 62-66)) , di H . E . G . Paulus (la frescura della tomba favorì un risveglio di Gesù, che soltanto sembrava morto ; con rimando a Fl . Giuseppe, Vita 420: lo storico a Gerusalemme chiese a Tito la deposizione di tre crocefissi, suoi conoscenti , dei quali uno sopravvisse),e dello stesso D.F. Strauss (teoria del mito, costruito sulla base del bisogno psicologico dei discepoli di risolvere la contraddizione verificatasi tra la fine ingloriosa di Gesù e la loro precedente opinione su di lui : cfr. op. cit. , p. 636). 5 Cfr . R. Bultmann , Nuovo Testamento e mitologia. Il manifesto della demitiz­ zazione, Saggio introduttivo di l . Mancini, Queriniana, Brescia 1 970 (orig. ted . , Hamburg-Bergstedt 1 967) , pp. 1 65 - 1 72. 6 Le forme diverse di questa spiegazione si trovano rispettivamente in M. Go­ guel , La foi à la résurrection de Jésus dans le christianisme primitif. Étude d'hi­ stoire et de psychologie re/igieuses, Paris 1 933 (la fede nella risurrezione è solo il prolungamento dei sentimenti che i discepoli avevano per Gesù durante il suo mini­ stero); W. Marxsen, La risurrezione di Gesù di Nazareth, EDB, Bologna 1 970 (orig. ted . , Giitersloh 1 968; il concetto di risurrezione è un modo per interpretare il fatto che « la causa di Gesù continua »: i discepoli accettano tutto ciò che Gesù aveva predicato quando viveva con loro); R. Pesch , Zur Entstehung des G/aubens an die Auferstehung Jesu. Ein Vorschlag zur Diskussion , ThQ 153 ( 1 973) 201 -228, 270-283 . Id . , L a genèse de la foi en la résurrection de Jésus. Une nouvel/e tentative, i n M . Benzerath - A . Schmidt - J. Guillet (edd .), L a Poque du Christ, Mystère de sa/ut, Mé­ /anges P.F.X. Durrwe/1, Du Cerf, Paris 1 982, pp. 5 1 -74 (il concetto di risurrezione significa che la fede dei discepoli in Gesù non scomparve col venerdì santo, poiché essa interpreta soltanto la realtà storica di Gesù e in particolare la sua pretesa esca­ tologica di essere il Figlio dell'Uomo) . Su questa linea si colloca più recentemente anche G. Liidemann , The Resurrection of Jesus: History, Experience, Theo/ogy, London 1 994 (orig. ted . , Gi:ittingen 1 994; « È sul Gesù storico, quale mi viene pre-

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PREMESSE

mitivo fondava l a sua fede non su d i una ricostruzione scientifica del Gesù storico , bensì sull'ascolto della viva proclamazione di lui morto e risorto ! La stessa cristologia giudeo-cristiana più conser­ vatrice, che prescindeva dalla dimensione soteriologica della cro­ ce , si limitava ma insisteva proprio sul fattore della risurrezione, visto come semplice rivendicazione del Giusto sofferente e suo in­ sediamento alla destra di Dio (cfr . sotto) . Del resto , come già scri­ veva Bonhoeffer , « l 'accertamento fattuale non è un incontro di­ retto con Gesù; non è niente di più di un qualsiasi altro incontro con una figura del passato . . . Al contrario è il Risorto che perso­ nalmente suscita fede » 7 • In definitiva, è solo l' esperienza pasquale che ha consentito nei discepoli la nascita di una riflessione di fede, che si può chiamare propriamente cristologia e che prima essi non avevano . L' origine prima della cristologia della comunità palestinese non è nella pre­ dicazione di Gesù, ma negli eventi della Pasqua, che la tradizione individua tanto nella scoperta del sepolcro vuoto quanto soprat­ tutto in una serie di cristofanie 8 • Senza questi fattori ci sarebbe da dubitare seriamente che il movimento iniziato da Gesù durante la sua vita terrena avrebbe avuto un seguito . Ad essi comunque è da sempre legato nella coscienza della comunità cristiana il pun­ to di svolta della propria origine. È qui dunque che riscontriamo il secondo inizio della fede cri­ stiana e in particolare della fede cristologica. È a Gerusalemme che a partire dal « terzo giorno )) il cristianesimo nasce la seconda vol­ ta, e nasce ora con una proclamazione che non è più di Gesù ma è fatta da altri su Gesù. Egli da soggetto annunciatore diventa og­ getto di annuncio , e l 'annuncio riguarda appunto la sua risurre­ zione e, di conseguenza, il valore salvifico della sua morte e la sua

sentato dai testi e mi incontra personalmente attraverso la ricostruzione storica, che viene compiuta la decisione di fede, non sul Gesù risorto , quale io avrei voluto che egli fosse . . . lo credo che questo Gesù non è stato abbandonato all' annientamento mediante la morte . . . Noi dobbiamo fermarci al Gesù storico , ma possiamo credere che egli è anche con noi come uno che è vivo ora » : p. 183); per una discussione critica di questa posizione, cfr . R. Slenczka, « Nonsense » (Lk 24, 1 1). Dogmati­ sche Beobachtungen zu dem historischen Buch von Gerd Liidemann . . , Kerygma und Dogma 40 (1 994) 1 70- 1 8 1 ; e soprattutto H . Verweyen, ed . , Osterglaube ohne Aujerstehung? Diskussion mit Gerd Liidemann, QD 1 5 5 , Freiburg-Basei-Wien 1 995 . 7 D. Bonhoeffer, Cristologia, pp. 53-54. 8 Vedi in proposito le buone riflessioni di G . Jossa, Dal Messia al Cristo, p. 1 08-1 22. .

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stessa identità personale. Tutto ciò , pur avendo delle solide radici nel ministero del Gesù terreno, non vi era però manifestato in mo­ do esplicito , come invece avviene ora. Proprio qui sta la « sterza­ ta )) , ed essa richiede una spiegazione. Ma a questo proposito c'è un'osservazione fondamentale da fa­ re : il nuovo inizio ci viene attestato già in una prospettiva di fede . Non esiste nessuna affermazione neutrale sulla risurrezione di Ge­ sù. È vero che, a rigor di termini, neanche il ministero terreno di Gesù è accessibile attraverso fonti neutrali: i vangeli recano già l'im­ pronta della fede pasquale. Ma attraverso essi , come abbiamo fat­ to (cfr . cap . l) , è possibile giungere allo stadio genuinamente ge­ suano , ricostruibile secondo criteri di storicità che ci portano fino a incontrare le caratteristiche reali dell'autocoscienza propria di Ge­ sù di Nazaret . Per la risurrezione le cose non stanno esattamente così . La stessa categoria di « risurrezione )) rappresenta già un mo­ do tra altri (vedi sotto) , con cui la comunità primitiva esprime a proposito di quel Gesù la propria fede in un nuovo tipo di esisten­ za oltre la morte 9 • Solo un credente può affermare la resurre­ zione di Gesù: non Erode, non Caifa, non Pilato , non gli oppositori 1 0 • Il caso di Saulo di Tarso rappresente�;à un' eccezio­ ne, che sarà dovuta a un irresistibile intervento dall'alto; ma di fatto anche Saulo-Paolo annuncerà il Risorto solo da una prospettiva di fede acquisita . In pratica, dunque, sono solo i discepoli della prima ora (compresi alcuni non menzionati nei vangeli , come Mattia e Giuseppe detto Barsabba: At 1 , 2 1 -23) che annunciano la resur­ rezione (cfr . At 4,33). Ciò conferma in parte la tesi menzionata sopra, secondo cui alla fede nella risurrezione di Gesù si perviene propriamente solo sulla base di una buona conoscenza del suo mi­ nistero prepasquale: solo chi conosce bene il Gesù terreno può giun­ gere alla fede nella sua resurrezione; questa appunto si può acco­ gliere e gustare in pienezza normalmente soltanto sapendo chi egli è stato storicamente. Ma ciò non toglie che per passare da uno sta­ dio all' altro occorra una « sterzata )) , visto che si tratta del passag­ gio da una normale dimensione storica a una inedita e incompara-

9 Cfr. P. Perkins, The Resurrection of Jesus of Nazareth, in B . Chilton & C . A . Evans , edd . , Studying the Historical Jesus, p p . 423-442. 1 0 Solo alcuni apocrifi insistono apologeticarnente sulla testimonianza dei nemici: così il Vangelo di Pietro presenta i soldati come testimoni della risurrezione (cfr. sotto) , mentre il Vangelo degli ebrei accenna che il Risorto, prima di apparire a Giacomo, consegnò la sindone a un servo del sommo sacerdote (in Gerolamo, De vir. in/. 2) . Ma non si parla affatto di un loro atto di fede .

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bile dimensione metastorica, priva di analogie. La risurrezione, d'al­ tronde, non è stata constatata da nessuno , poiché nessuno fu pre­ sente al sepolcro di Gesù quando avvenne ; essa è soltanto deduci­ bile dalla scoperta del sepolcro vuoto e dalle apparizioni di Gesù come conseguenza di un' esperienza successiva all'evento stesso (vedi più avanti) . Il secondo inizio dunque non si pone , come i l primo , a u n livello esclusivamente storico , ma implica anche inevitabilmente una in­ terpretazione, che consiste in un giudizio di fede 1 1 • Pienamente storico , perché storiograficamente constatabile , è l' annuncio dei discepoli e quindi anche la loro fede . Nel concetto di inizio , per­ ciò , oltre il dato della risurrezione (oggettivo a suo modo), ci sono pure la fede e l' annuncio dei primi testimoni . In questo senso, pa­ radossalmente , un tale inizio fa già parte degli sviluppi . Ma noi gli riconosciamo comunque un valore di fondamento , perché l'e­ vento annunciato è stato veramente percepito come una svolta decisiva, dalla quale sono dipesi in effetti tutti gli sviluppi successivi 12 • Il discorso dunque è piuttosto complesso e va necessariamente affrontato per gradi.

l. La risurrezione nella coscienza di Gesù

Più sopra (cfr . cap . I , B, 6) abbiamo visto che la dimensione sal­ vifica della morte di Gesù era presente solo di rado nelle sue di­ chiarazioni . E su di una sua eventuale risurrezione che cosa posI l Così giustamente G. O'Collins s .j . , The Easter Jesus, London 1 9802 , pp . 59-60: « Rischiamo di mutare lo storico in un teologo , se gli chiediamo di includere la risurrezione tra i propri oggetti di studio . . . La risurrezione sta al di fuori della sfera degli studi storici, e questo per due motivi. Il Nuovo Testamento ( l ) espone questo evento come un passaggio di Gesù morto fuori della storia in una vita glori­ ficata propria dell' altro mondo di Dio, e (2) lo attribuisce soltanto a una causalità divina. A differenza della caduta di Gerusalemme, in cui giocarono una loro parte Tito e i soldati romani, la risurrezione fu effettuata ex hypothesi solo da Dio ». 12 Una bibliografia sostanzialmente completa sul tema della Risurrezione di Gesù nel Nuovo Testamento (fino al 1 992) è stata redatta da G. Ghiberti, Bibliografia sulla risurrezione di Gesù (1920-1973), in É. Dhanis, Resurrexit. Actes du Sympo­ sium international sur la Résurrection de Jésus (Rome 1970) , Libreria Editrice Va­ ticana, Città del Vaticano 1 974, pp. 643-745 ; e G. Ghiberti-G . Borgonovo, Biblio­ grafia sulla risurrezione di Gesù (1973-1992), La Scuola Cattolica 121 ( 1 993) 1 7 1 -287. Vedi anche G. Ghiberti , La risurrezione di Gesù: realtà storica e interpretazione, in R. Fabris , a cura, Problemi e prospettive di scienze bibliche, Queriniana, Bre­ scia 1 98 1 , pp. 349-3 8 5 .

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siamo rilevare dalle sue parole? Certo Gesù crede in generale nella ri­ surrezione dei morti come evento escatologico (cfr. la disputa con i sadducei in Mc 12, 1 8-27) . Ma non si richiama mai a Dio per dire che lo avrebbe comunque risuscitato poco dopo la morte 1 3 , né a scor­ no dei suoi avversari né a dimostrazione della verità delle sue tesi. Solo una volta la tradizione sinottica, al culmine della triplice predizione della passione , riporta una sua promessa sulla sorte fi­ nale del Figlio dell'uomo : « . . . e dopo tre giorni risorgerà » (Mc 9,3 1 ; cfr. 9,3 1 ; 10, 34) . L'esegesi di stampo bultmanniano ritiene che que­ sto loghion rappresenti soltanto una profezia ex eventu, formula­ ta cioè posteriormente in base all' esperienza pasquale 1 4 • Di cer­ to non si può negare che esso rechi i segni di una redazione successiva 1 5 • Ma in linea di principio possiamo dire che, se è pro­ babile che Gesù abbia parlato in anticipo del supremo rifiuto a cui sarebbe andato incontro , allora occorre pensare che abbia anche espresso la sua fiducia in un intervento di rivendicazione divina. Infatti , era tradizionale nel giudaismo l'idea che il giusto sofferen­ te dovesse pervenire a un innalzamento pur passando attraverso l' umiliazione (cfr . Is 53 , 1 1 : « Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce . . . »); e l 'innalzamento poteva essere concepi�o non solo co­ me immortalità presso Dio (cfr. Sap 3 , 1 -9) ma anche come risurre­ zione dai morti sia pure in senso escatologico (cfr. 2Mac 7,9. 1 4) 1 6 • In concreto è possibile che il detto di Gesù sia stato condizionato da un ricorso tematico a Sal 34,20: « Molte sono le sventure del giusto , ma da tutte lo libera il Signore » 1 7 • Dal punto di vista lin­ guistico , inoltre, va osservato che la presenza del verbo greco à­ VtO"tUVUl, « levarsi , alzarsi » , nelle predizioni di Marco depone a 1 3 Proprio l'azione di Dio nel resuscitare Gesù farà invece parte del normale lin­ guaggio della Chiesa primitiva (cfr . più sotto) . 1 4 Cfr . per esempio E. Schweizer, Mc, p. 1 84: « linguaggio della comunità » . 1 5 Cfr . J . Gnilka, Mk. I l , pp. 1 2- 1 3 , dove s i fa notare per esempio che l'espres­ sione noÀA.à na.9&iv , « soffrire molto », appartiene a un linguaggio greco , non se­ mitico, e perciò si chiama in causa ii giudeo-cristianesimo di lingua greca. Si può anche ritenere con J. Jeremias, Teologia del Nuovo Testamento, pp. 320-321 , che la formulazione di Mc 9,3 1 (a motivo della sua maggiore brevità e indeterminatez­ za, oltre che per motivi linguistici) sia più antica di quelle presenti in 8,3 1 ; 1 0,33-34. 1 6 Cfr . L . Ruppert , Der leidende Gerechte. Eine motivgeschichtliche Untersu­ chung zum A lten Testament und zwischentestamentlichen Judentum , FzB 5 , Wiirzburg-Stuttgart 1 972; Jesus als der leidende Gerechte? Der Weg Jesu im Lich­ te eines alt- und zwischentestamentlichen Motivs, SBS 59, Stuttgart 1 972; K.T. Klein­ knecht, Der leidende Gerechtfertigte. Die alttestamentlich-judische Tradition vom « leidenden Gerechten » und ihre Rezeption bei Paulus, WUNT 2. 1 3 , Tiibingen 1 984, pp. 1 7- 1 92. 1 7 Così L . Ruppert, Jesus als der leidende Gerechte?, pp. 65-66.

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favore di un linguaggio arcaico non ancora condizionato da quel­ lo postpasquale (come invece risulta dai passi paralleli di Matteo e Luca, dove l'uso di èydpgtv, « destarsi, svegliarsi » , tradisce il modo tipico della successiva comunità cristiana di parlare della ri­ surrezione di Gesù) . Lo stesso si dica della formula marciana « dopo tre giorni », più indeterminata di quella degli altri due sinottici « il terzo giorno » : si può ritenere che essa in bocca a Gesù sia stata intesa come un semplice modo di suggerire genericamente un bre­ ve intervallo (secondo il suo senso tradizionale : cfr. sotto) e non un dato cronologico preciso 1 8 • Infine , colpisce l' assenza di ogni elaborazione teologica (come sarebbe un rimando alle Scritture) e di ogni riferimento al tema successivo dell'esaltazione celeste 1 9 • Anche la risposta al sommo sacerdote durante il processo (cfr . Mc 14,62: « Vedrete il Figlio dell' uomo seduto alla destra della Po­ tenza . . . » l M t 26 , 64 l Le 22,69) , non ascoltata però dai discepoli , presuppone non solo una continuità di vita oltre la morte, ma ad­ dirittura un trionfo su di questa (cfr . sopra : cap . l, B , 5 , 2). La possibilità storica di una simile coscienza, anche se non si parla di­ rettamente di risurrezione, è confermata da un manoscritto di Qum­ ran, dove uno sconosciuto personaggio proclama: « La mia gloria è incomparabile e accanto a me nessuno è esaltato . Ed egli non giun­ ge a me, poiché io abito [ . . . ] nei cieli . . . Io sono annoverato tra gli dèi . . . Chi è comparabile a me nella mia gloria? Chi, come i mari­ nai , ritornerà a raccontarlo? . . . Poiché io sono annoverato tra gli dèi , e la mia gloria è con i figli del re » (4Q49 1 fr . 1 1 , I , 1 3- 1 8) 20 • In sostanza, possiamo trarre una duplice conclusione complemen­ tare. Da una parte, non è verosimile che Gesù abbia taciuto del tutto o comunque non abbia personalmente pensato che la ·sua sorte drammatica era nelle mani del Signore , il quale stava 1 8 Cfr. A. Feuillet, Les trois grandes prophéties de la Passion et de la Résurrec­ tion des évangiles synoptiques, Revue Thomiste 67 (1 967) 533 -560; 68 ( 1 968) 4 1 -74, qui pp. 548s; vedi anche J. Jeremias , Teologia, pp. 325-327 . 1 9 Così R. H . Gundry, Mk, p. 430, che offre una serie di cinque motivi sulla so­ stanziale autenticità del loghion di Gesù. 20 L'identificazione del personaggio con l' arcangelo Michele (così M . Baillet, in DJD VII, Oxford 1 982, pp. 26-29) è criticata da M. Smith, Two Ascended to Hea­ ven - Jesus and the A uthor of 4Q491 , in J . M . Charlesworth, ed . , Jesus and the Dead Sea Scrolls, pp. 290-301 , che la definisce « un atto di disperazione » (p. 295) e preferisce vedervi un essere umano (non il Maestro di Giustizia, ma un « prepo­ sterous poet with an exaggerated notion of his own sanctity »: p. 298); da parte sua C.A. Evans , Appendix: The Recen tly Published Dead Sea Scrolls and the Bi­ storica/ Jesus, in B . Chilton-C .A. Evans, edd . , Studying the Historical Jesus, pp. 547-565 , accosta il testo proprio alla dichiarazione di Gesù in Mc 14,62 (cfr. p . 565) .

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dalla sua parte e lo avrebbe rivendicato al di là della morte . D ' al­ tra parte, i suoi pronunciamenti in materia, oltre a essere certa­ mente rarissimi , non dovevano scendere nel dettaglio, ma appari­ re generici ed enigmatici almeno al punto da non permettere ai suoi discepoli di comprenderli appieno 21 •

2. La risurrezione di Gesù come evento inatteso

Essendo rari e generici i pronunciamenti di Gesù su di una pro­ pria risurrezione , questa di fatto era inaspettata anche dai suoi di­ scepoli . Lo desumiamo, attenendoci anche solo ai sinottici 22 , da una serie di indizi molto eloquenti presenti nella narrazione dei fatti pasquali . Li elenchiamo secondo l' ordine narrativo dei vangeli . a) Il tradimento di Giuda Iscariota, comunque sia stato motiva­ to , lascia sicuramente intendere che tra i discepoli non era presen­ te alcuna speranza di un trionfo finale del Maestro . b) Il triplice rinnegamento di Pietro depone altrettanto a favore di una mancanza di fiducia in una eventuale, rassicurante affer� mazione di sé da parte di Gesù . c) La generale fuga di tutti i discepoli all ' arresto nel Getsemani (cfr . Mc 1 4 , 50: « E tutti, abbandonatolo , fuggirono » l Mt 26, 5 6) ha lo stesso significato, ed è riportata impietosamente da Marco e Matteo (essa risuona anche in Gv 1 6, 32) . d) Anche l ' andata delle donne al sepolcro non suppone alcuna risurrezione . Esse infatti ci vanno per altri due scopi , secondo le varie redazioni : o per ungere il cadavere (cfr . Mc 1 6, 1 -2; Le 23 ,56; 24, 1 ) , che quindi secondo loro doveva ancora trovarsi là; oppure per « vedere » il sepolcro, cioè per pregare e piangere su di esso 21 Ricordiamo a questo proposito la notizia di Mc 9,9- 1 0 (cfr . Mt 1 7 ,9), secon­ do cui Pietro, Giacomo e Giovanni, all 'ordine dato da Gesù scendendo dal monte della trasfigurazione di non parlare del fatto fin dopo la resurrezione del Figlio del­ l'uomo, « tennero per sé la cosa, chiedendosi tra sé che cosa significasse risorgere dai morti »l In generale, cfr. anche A.M. Giorgi, « Aprì loro la mente », pp. 1 83-1 90. 22 Nel quarto vangelo, addirittura, Gesù non parla mai della propria resurrezione in termini di predizione. Solo in Gv I O, I 7- l 8 leggiamo un' affermazione cristologica molto forte: « Io do la mia vita per prenderla di nuovo . . . Ho potere di darla e ho po­ tere di prenderla di nuovo »; ma « l'espressione prender(si) la vita potrebbe essere sta­ ta formulata dall'evangelista in analogia a dare la vita » (R. Schnackenburg, Gv, Il, p . 503 ) . Una cristologia ancor più alta è presente in Gv l l ,25 (« lo sono la risur­ rezione e la vita » ); e chiaramente redazionale è l' interpretazione del detto sulla di­ struzione del Tempio: « Egli parlava del tempio del suo corpo . Quando poi fu risu­ scitato dai morti , i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo » (2 ,21 -22) !

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(cfr. Mt 28 , 1 , che suppone già raccontato i n 27 ,62-66 che c' erano là dei soldati ; e Gv 20, 1 , che in 1 9,40 ha parlato di aromi già im­ piegati nella sepoltura di Gesù) . e) Lo stesso sepolcro vuoto , di conseguenza, non era atteso . Ciò risulta da altri indizi eloquenti ; infatti : le donne si chiedono : « Chi ci rotolerà la pietra dalla porta del sepolcro ? » (Mc 1 6 , 3 ) ; l' angelo annuncia la risurrezione come un dato nuovo (così in Mc 1 6 , 8 ; da parte sua Mt 28,6 precisa laconicamente : « come aveva detto » ; esplicito invece è il rimando alla predizione i n L e 24,6-8) ; i l pianto e le parole di Maria Maddalena esprimono grande sconforto (in Gv 20, 1 3) . f) L'interpretazione del sepolcro vuoto: almeno i n un primo tem­ po, esso non viene visto come un segno della risurrezione. Ciò ri­ sulta: dallo spavento delle donne (in Mc 1 6 , 8 ; cfr. Mt 28,8), dallo spiazzamento della Maddalena (in Gv 20,2. 1 3 . 1 5) ; dall'incredulità degli stessi apostoli (in Le 24 , 1 1 ; da parte sua Gv 20,9 spiega aper­ tamente : « Non avevano ancora capito la Scrittura che egli doveva risuscitare dai morti ))) . g) Persino le cristofanie del Risorto non dissipano ancora né il dubbio (cfr . Mt 28 , 1 7 : « Quando lo videro, gli si prostrarono in­ nanzi ; alcuni però dubitavano )) ; Le 24, 4 1 ) né l' incredulità (cfr . Gv 20,25 .27: il caso di Tommaso) . In conclusione, se non possiamo sostenere con sicurezza che Gesù abbia taciuto sulla propria risurrezione , è però certo che i disce­ poli (o per non aver sentito o per non aver capito) non la attendevano 23 • E ciò equivale a dire che essi , all' arresto di Gesù e tanto più dopo la sua morte, si trovavano in una condizione di smarrimento e delusione, da cui non disponevano di una via d'u­ scita.

23 Tantomeno l' attendevano altri , come sembrerebbe suggerire Mt 27,62-66, se­ condo cui i sommi sacerdoti e i Farisei chiesero a Pilato una guardia armata al se­ polcro di Gesù proprio perché paventavano la sua risurrezione : « Ci siamo ricor­ dati che quell'impostore, quando era ancora vivo, disse: Dopo tre giorni risorgo » . Questo racconto però (insieme a M t 28 , 1 1 - 1 5 a cui è collegato) non ci riporta un dato storico, ma può essere considerato come una narrazione a tendenza apologe­ tica, tendente semplicemente a confutare l'accusa di furto diffusasi tra gli ebrei che, non potendo negare la realtà del sepolcro vuoto, negavano invece la risurrezione (cfr. anche Giustino, Dia/. 1 08 ,2) : le incongruenze del racconto infatti sono tante (cfr. R. Fabris, Mt, p. 560), e del resto nel racconto parallelo del Vangelo di Pietro 28-33 il corpo di guardia è chiesto non perché ci si fosse ricordati di un preannun­ cio di Gesù, ma solo per il timore di un trafugamento da parte dei discepoli.

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3. Il sepolcro vuoto e le apparizioni del Risorto

Se teniamo conto del fatto che la risurrezione di Gesù non viene mai descritta nella sua fattualità, poiché di fatto non ebbe nessun testimone oculare 24 , gli unici racconti presenti nelle fonti riguar­ dano la scoperta del sepolcro vuoto e le apparizioni del Risorto 2 5 • 3 . 1 Il sepolcro vuoto Nelle testimonianze più antiche la scoperta del sepolcro vuoto non produce mai la fede nel Risorto , ma è solo causa di sconcerto se non di paura (cfr . sopra) 26. In quanto tale perciò esso è un se-

24 Elementi descrittivi si trovano in Mt 28,2 (« Vi fu un grande terremoto, poi­ ché un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si sedette su di essa ») : egli si richiama a un terremoto, che poteva certo essere constatato da tutti, ma la sua spiegazione appartiene già alla fede pasquale. La descrizione più ampia si troverà poi nell' apocrifo Vangelo di Pietro 35-42, che insisterà sulla sola testimonianza dei soldati : « I soldati . . . videro aprirsi i cieli e due uomini scen­ derne vestiti di grande splendore e avvicinarsi al sepolcro . La pietra che era stata addossata alla porta, rotolando via da sé, si scostò da una parte e il sepolcro si aprì ed entrambi i giovani vi entrarono . Come videro ciò , i soldati destarono il centu­ rione e gli anziani, poiché anche questi stavano là di guardia. E mentre spiegavano loro quanto avevano visto, di nuovo vedono tre uomini uscire dal sepolcro, e i due sorreggevano l ' altro e una croce li seguiva; e la testa dei primi due si spingeva fino al cielo, mentre quella di colui che conducevano per mano sorpassava i cieli . E udi­ rono una voce dai cieli che diceva: hai predicato ai dormienti? . E una risposta si udì dalla croce: Sì » (cfr . M .-G. Mara, Évangile de Pierre, SC 201 , Paris 1 973; in particolare G . Ghiberti, La risurrezione di Gesù neii'Evangelium Petri in rapporto ai vangeli canonici, in L. Padovese, a cura, A tti del IV Simposio di Tarso su S. Paolo apostolo, Antonianum, Roma 1 996) . 2 5 Sul loro livello narrativo è opportuno ricordare la distinzione moderna tra lin­ guaggio informativo e performativo: non ogni affermazione vuole soltanto trasmet­ tere notizie e non ogni racconto vuole soltanto descrivere oggettivamente una si­ tuazione, poiché essi possono anche semplicemente voler evocare un dato già pre­ supposto e soprattutto incidere più fortemente sui comportamenti dei lettori (cfr . Pont. Commiss. Bibl . , L 'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, Città del Vati­ cano 1 993 , p. 4 1 ) . Studi come quelli di H . Grass, Ostergeschehen und Osterberich­ te, Gottingen 1 96 1 , 3 1 964; J. Kremer, Die Osterevangelien - Geschichten um Ge­ schichte, Stuttgart-Klosterneuburg 1 977; G. Osborne, The Resurrection Narratives: A Redactional Study, Grand Rapids 1 984, mettono bene in luce che l'intento dei racconti non è di tipo cronachistico ma è volto a rafforzare la fede del lettore . 26Anche Gv 20,8 (« vide e credette ») va inteso bene: la frase riguarda curiosa­ mente solo il discepolo prediletto, ma non Pietro che pur gli era insieme; essa di per sé non si riferisce alla resurrezione, ma alla fede come valore assoluto del disce­ polo ideale: essa secondo Gv è sempre fondata su segni; d'altronde si precisa subi­ to che « non avevano ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti », in modo da fondare per i lettori del vangelo l'importanza della Scrittu­ ra nel processo di fede (cfr . R. Fabris, Gv, pp. l 025- 1 028) .

IL SEPOLCRO VUOTO E LE APPARIZIONI DEL RISORTO

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gno ambiguo, non costringente , come dimostra anche l' accusa giu­ daica del trafugamento del cadavere 27 • Si spiega così come il dato del sepolcro vuoto sia assente dall' antico annuncio kerigmatico: lo si vede da 1 Cor 1 5 ,3-5 , che menziona la sepoltura solo di passag­ gio come conferma della realtà della morte di Gesù . Anche nella predicazione attribuita dagli Atti degli apostoli a Pietro in Gerusa­ lemme (At 2,24-3 6; 3 , 1 3-26 ; 1 0 , 3 9-4 1 ; vedi anche Paolo ad Antio­ chia di Pisidia in At 1 3 , 27-30) il tema è affrontato solo indiretta­ mente : « Davide morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi . Poiché però era profeta . . . previde la risurrezione di Cristo e ne parlò : questi non fu abbandonato negli inferi, né la sua carne vide la corruzione » (At 2,29-3 1 con rimando a Sal 1 6, 1 0) 28 • Viceversa, la sua assenza da una composizione come Fil 2 , 6- 1 1 non va sopravalu­ tata 29 , poiché essa è giustificata dal carattere innico del brano . In ogni caso la risurrezione, secondo l' antropologia giudaica, do­ veva comportare l' idea di una sottrazione del cadavere al suo se­ polcro, come si deduce da questa sintomatica sentenza rabbinica : « Come il seno materno riceve e restituisce , non altrimenti la tom­ ba riceve e restituisce . Come il seno materno riceve il seme in silen­ zio e restituisce il bambino con alte grida, a maggior ragione la tom­ ba, che riceve il cadavere fra alte grida di lamento, lo restituirà con alte grida » (b. Ber. 1 5b) 30 • Di questo tipo era pure la precompren­ sione del giudaismo del secolo I e quindi dei discepoli di Gesù, co­ me si può ricavare per analogia anche dal racconto giovanneo del­ la risurrezione di Lazzaro (cfr . Gv 1 1 ,43-44) . Del resto , la tradi­ zione giudaica conosceva personaggi famosi del passato , dei quali si raccontava che il corpo era in cielo e non in una tomba terrestre : così Enoch (cfr. Gn 5,24) , Elia (cfr . 2Re 2 , 1 1 ) , e Mosè (cfr. Dt 34,6;

27 Del resto, le iscrizioni che ammonivano eventuali « tombaroli », minaccian­ do sanzioni umane o divine (cfr. la cosiddetta « iscrizione di Nazaret » di età clau­ diana in R. Penna, L 'ambiente, pp. 1 1 3s), sono la dimostrazione evidente che non era affatto inusuale profanare le tombe, anche se ciò avveniva per rubare non il cadavere ma le sue suppellettili preziose . 28 Sulla utilizzazione di questo salmo in Atti, oltre ai commenti, cfr. B. Rigaux, Dio l 'ha risuscitato, Ed. San Paolo , Cinisello Balsamo 1 976, pp. 1 0 1 - 1 04 . 29 Così infatti K.M. Fischer, Das Ostergeschehen , Berlin 1 978, 19802 , p . 1 00, che vi scorge lo schema di una glorificazione avvenuta direttamente dalla croce (cfr . anche Vangelo di Pietro 1 9) . 30 « L a terra infatti allora renderà i morti che ora riceve per custodirli , senza che alcunché sia mutato nella loro figura . . . » (2Bar 50,2). Cfr . P . Volz, Die Eschatolo­ gie derjiidischen Gemeinde im neutestamentlichen Zeitalter, Hildesheim 1 966 (Tii­ bingen 1 934), pp. 229-256. Sulla tipologia delle tombe e della sepoltura, cfr . in bre­ ve R. Hachlili , Burials (A ncient Jewish) , ABD l , pp. 789-794 .

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e soprattutto Test. Mos. 1 1 , 8) 3 1 • Aliena dal giudaismo comunque doveva essere la concezione pagana del sepolcro come domus aeterna 32 • Per quanto riguarda la scoperta del sepolcro vuoto di Gesù , es­ sa è esplicitamente presente in tutti i racconti evangelici e solo in essi . Va però precisato che questi convergono solo su due elementi comuni (la visita delle donne e una presenza angelica) , di cui il se­ condo non è di tipo storiografico 33 , ma divergono su tutta una se­ rie di particolari 34 • Evidentemente la tradizione orale agì su di un primitivo strato preredazionale che , se in parte apparteneva già a un' elaborazione ermeneutica (come il dato della presenza angeli­ ca), era però ancorato al fatto incontestabile dell' andata delle donne al sepolcro . Infatti l' assoluta attendibilità storica del ruolo di que­ ste donne-testimoni è confermata per contrasto dall 'inammissibi­ lità della loro funzione testimoniale in base alla disposizione lega­ le giudaica, secondo cui le donne non sono valide a dare una testimonianza 35 • Il fatto si raccomanda come storico anche per3 1 « Questi esempi suggeriscono che ogni affermazione cristologica, che esalti Ge­ sù al di sopra di queste figure, dovrebbe comportare la convinzione che il suo cor­ po non potrebbe essere trovato in un sepolcro » (P . Perkins, The Resurrection, p. 43 5 , con rimando al racconto sinottico della trasfigurazione) . 3 2 Cfr. E. Stommel, art . Domus aeterno, RAC IV, 1 09- 1 2 8 . Solo di un ebreo di nome « Eupsychos », nell'antica catacomba ebraica di Monteverde a Roma, si legge sull'epitaffio : oìKoç atffivwç, « casa eterna » (CII, I , nr. 337); del resto, la quasi-assenza del tema della resurrezione dalle epigrafi sepolcrali è tipica della dia­ spora occidentale a diversità di quella orientale (cfr. iscrizioni greche di Beth She' a­ rim) : vedi U . Fischer , Eschatologie und Jenseitsvorstellung im hel/enistischen Dia­ sporajudentum , BZNW 44, Berlin-New York 1 97 8 . 33 L a presenza angelica appartiene alla « messa in scena abituale della Bibbia per esprimere una manifestazione divina » (P . Benoit, Passione e resurrezione del Si­ gnore, Gribaudi, Torino 1 967 [orig. frane . , Paris 1 966] , p . 354) . In particolare, es­ sa è tipica dell'apocalittica, dove un angelus interpres, o più di uno, ha la funzione di spiegare l'oggetto di visioni inaspettate e umanamente incomprensibili (cfr . Dn 7- 1 2; JEnoch 1 7-36; 2Enoch 1 ,4ss; 4Esd 3 - 1 4 ; Ap.A br. 1 0- 1 8) . 3 4 Quanto a i visitatori del sepolcro, M c menziona tre donne ( 1 6, 1 : Maria Mad­ dalena, Maria di Giacomo, Salome), Mt due donne (28, 1 : Maria Maddalena e « l'altra Maria »; in più ci sono i soldati), Le tre donne (20, 1 0 : Maria Maddalena, Giovan­ na, Maria di Giacomo, più « altre ») e poi anche Pietro (24 , 1 2), Gv una sola donna (20, 1 : Maria Maddalena) e poi due discepoli (20,2-10: Pietro e un innominato). Quan­ to agli angeli, Mc parla di « un giovane » ( 1 6,5), Mt di « un angelo » (28 ,2), Le di « due uomini » (24,4), e Gv di « due angeli » (20, 1 2) . Anche lo scopo dell' anda­ ta delle donne varia (cfr . sopra) . 35 Cfr . m.Rosh ha-Shana ' 1 , 8, dove la donna è accomunata a queste persone, di cui non si può accettare la testimonianza: chi gioca ai dadi, chi presta denaro a usura, chi fa gare con i colombi (inteso come gioco d 'azzardo), chi commercia prodotti dell'anno sabbatico, e gli schiavi. Vedi anche M . L . Rigato, Donne testi­ moni della risurrezione, in S . Spera, a cura, Uomini e donne nella Chiesa, Vivere In, Roma 1 988, pp. 37-5 3 .

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ché non si spiega come la successiva comunità cristiana abbia in qualche modo umiliato i suoi leader, togliendo agli apostoli il pri­ vilegio della prima testimonianza (e aggravando la loro posizione con l'accusa di vigliaccheria: cfr . Gv 20, 1 9) . L a storicità della scoperta, i n base alle fonti , è difficilmente eli­ minabile, nonostante le varie ipotesi in proposito 36 • Tutta una se­ rie di indizi vanno in questo senso . Oltre al fatto delle donne, pos­ siamo ricordare questi altri fattori : l ' uso quadruplice dell 'espres­ sione « il primo giorno della settimana » (Mc 1 6,2), invece di quel­ la più teologica « il terzo giorno » ; il tipo di narrazione , disadorna e tutt 'altro che apologetica (cfr . la reazione negativa delle donne e dei discepoli) ; l' impossibilità di proclamare la resurrezione a Ge­ rusalemme, se la tomba posta subito fuori delle mura non fosse stata vuota; infine la stessa polemica giudaica circa il furto del ca­ davere suppone la tomba vuota 37 • In ogni caso, il sepolcro vuoto è solo un trait-d'union tra il Crocifisso e il Risorto e rimanda all 'i­ dentificazione dell 'uno con l'altro 3 8 • 3 . 2 Le apparizioni del Risorto

A differenza del sepolcro vuoto, queste sono esplicitamente men­ zionate nel kerigma primitivo, come risulta da 1 Cor 1 5 ,5ss. Ciò significa che si riconosceva ad esse un funzione meno equivoca nel fondare la realtà della risurrezione di Gesù . Esistono tuttavia nelle fonti notevoli diversità tanto sui loro be­ neficiari quanto sui luoghi delle apparizioni , oltre che sul loro nu­ mero . Paolo ricorda una serie di cinque cristofanie (cfr . l Cor 1 5 ,5-7 : a Cefa, ai Dodici , a cinquecento fratelli , a Giacomo, a tut­ ti gli apostoli; in aggiunta egli ricorda l' apparizione a se stesso) 39 •

36 Cfr. J. Caba, Cristo, mia speranza, è risorto. Studio esegetico dei « vange­ li >> pasquali, Ed. San Paolo , Cinisello Balsamo 1 988 (orig. spagn . , Madrid 1 986), pp. 303-305 ; B. Lindars, Jesus Risen: Bodily Resurrection But No Empty Tomb, Theology 89 (1 986) 90-96. 37 Vedi W.L. Craig, The Historicity of the Empty Tomb of Jesus, NTS 3 1 (1985) 39-67 , che enumera una serie di otto motivi in favore della storicità. 3 8 Cfr. F. Mussner, Die A uferstehung Jesu, Miinchen 1969, p . 1 34; e J. Kremer, Zur Diskussion iiber « das leere Grab » , in É. Dhanis, ed, Resurrexit, pp. 1 37-168. 39 Sulle componenti e l'importanza di questa testimonianza arcaica, oltre ai Com­ menti, cfr. J . Caba, Cristo, mia speranza, è risorto, pp. 1 26- 1 36; J . Lambrecht, Line of Thought in l Cor 15, 1-1 1 , Gregorianum 72 ( 1 99 1 ) 655-670 .

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Marco stranamente non ne ha nessuna 40 • Matteo ne riporta due , di cui una a Gerusalemme (cfr . 28,9- 1 0 : alle donne) e un ' altra in Galilea (cfr . 28, 1 6-20 : agli Undici) . Luca ne ricorda tre e solo in Giudea (cfr . 24, 1 3-3 3 : ai due discepoli di Emmaus; 24,34: a Simo­ ne ; 24 ,36-53 : a tutti i discepoli) . Giovanni pure è interessato solo a Gerusalemme (cfr . 20, 1 1 - 1 8 : a Maria Maddalena; 20, 1 9-28 : ai discepoli , prima senza Tommaso e poi anche con lui) , ma l' appen­ dice del cap . 21 ci porta in Galilea (apparizione ai discepoli , con maggiore insistenza su Pietro rispetto al prediletto) . Gli Atti infine suppongono una successione di varie apparizioni (cfr . l , 3 ; 10,4 1 ; 1 3 , 3 1 ) , anche se è descritta solo l' ultima agli apostoli (cfr. 1 , 6- 1 1 ) . L a prima constatazione che s i può fare s u questo stato d i cose è che le apparizioni del Risorto non sono sinottiche . La sinossi delle fonti termina con la scoperta del sepolcro vuoto . Di lì in poi ogni autore in un certo senso va per conto proprio. Evidentemente ora emerge in primo piano una dimensione più personale che oggetti­ va, concernente un incontro che appartiene alla sfera di un' espe­ rienza pressoché indicibile . Si tratta di due aspetti diversi, che si possono constatare bene nel caso di san Paolo : egli non narra mai nelle sue lettere l' esperienza sconvolgente della strada di Damasco , m a l a afferma soltanto nella sua importanza teologica e nella sua decisività esistenziale (cfr . l Cor 1 5 , 8 - 1 0 ; Gal 1 , 1 5- 1 6; Fil 3 , 7-9) ; Luca invece negli Atti la racconta addirittura tre volte , ma con il distacco proprio di chi non è direttamente interessato (anche se di fatto intende celebrare la grandezza di Paolo ; cfr. At 9, 1 - 1 9 ; 22 ,6-2 1 ; 26, 1 2- 1 8) . Analogamente, sarebbe altamente interessante conoscere direttamente dalle donne, dalla Maddalena, da Cefa, dai discepoli di Emmaus, da Tommaso ecc . , ciò che significò per loro l 'incontro con il Risorto : certo non si limiterebbero alle descrizio­ ni asciutte che leggiamo negli agiografi ad essi successivi . In ogni caso , si tratta di testimonianze preziose , che i vari scrittori ricevet­ tero da tradizioni diverse . D 'altronde , anche se l' antichità è piuttosto abituata a parlare di visioni , sarebbe errato ridurre le esperienze pasquali a semplici al­ lucinazioni , se non altro perché è in base ad esse che si mise in mo40 L'improvvisa conclusione di Mc sulla paura delle donne (cfr. 1 6 ,8) senza alcu­ na apparizione del Risorto ha suscitato tutta una serie di ipotesi (vedi ne un elenco in R. H. Gundry, Mk, pp. 1 0 1 7- 1 021). In ogni caso, sia che questa finale sia stata voluta così, sia che supponga la perdita di un altro tipo di conclusione, si fa notare in ge­ nere che Mc doveva essere a conoscenza dell'esistenza di cristofanie pasquali, dato che esse sono presenti nella primitiva predicazione attestata in 1 Cor 1 5 ,5ss.

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to storicamente lo straordinario impegno missionario dei discepoli che li condusse fino al martirio 4 1 • Né è sufficiente dire che esse an­ drebbero intese più come prove di legittimazione di quegli uomini che nella Chiesa avevano un'autorità riconosciuta che non come testimonianze della risurrezione di Gesù 42 • Infatti , da una parte i testi esprimono il movimento inverso (non dall' esercizio di un'au­ torità alle apparizioni come suo fondamento , bensì dalle appari­ zioni a una funzione comunitaria : cfr . il caso di Paolo) 43 e dal­ l'altra ci sono dei beneficiari delle cristofanie che non risulta ab­ biano esercitato un ruolo missionario o pastorale (come le donne o i discepoli di Emmaus) . È vero però che la corporeità di Gesù , per quanto sottolineata soprattutto in Luca e Giovanni , non può essere intesa nel senso di un suo puro e semplice ritorno alla vita terrena. La risurrezione di Gesù non è come quella di Lazzaro ! Essa non consiste in una mera reviviscenza o rianimazione . Infatti : l ) I contatti del Risorto con i destinatari delle sue apparizioni sono temporanei , non continui e non caratteristici di una vita « sto­ rica » : non per nulla si parla appunto di « apparizioni » (dal verbo greco impiegato in l Cor 1 5 , 5 . 6 . 7 . 8 ; Lc 24, 34: rocp811 , « apparve, fu visto ») 44 • 2) Se di miracolo dobbiamo parlare, questo non è stato episodi4 1 Cfr. Origene, C. Ce/s. 1 , 3 1 ; 2,56. Va anche ricordato che i racconti delle cri­ stofanie insistono particolarmente sulla reale corporeità del Risorto, il quale non solo parla con i suoi discepoli , ma anche si fa toccare, cammina, e mangia con loro (cfr . Le 24, 1 3-35 .36-43 ; Gv 20, 1 7 . 24-27 ; At 1 0 , 4 1 ) . È vero che i racconti di Le e di Gv sono più recenti sia di 1 Cor sia di Mc-Mt; ma è anche vero che né il racconto lucano sulla conversione di san Paolo né gli accenni autobiografici di san Paolo stesso in materia sottolineano questo aspetto sensibile e corporeo, poiché la cristo­ fania sulla strada di Damasco è ormai di un altro genere rispetto a quelle pasquali. 42 In questo senso, cfr. W . Marxsen, La resurrezione di Gesù di Nazareth, De­ honiane, Bologna 1 970 (orig. ted . , Gutersloh 1 968), pp. 1 27- 1 36; U. Wilckens, Ri­ surrezione, Queriniana, Brescia 1 975 (orig. ted . , Stuttgart 1 970), p. 1 6 1 . 43 Certo è diverso il caso di Pietro , che aveva già una funzione speciale ricono­ sciutagli dal Gesù terreno. Ma la sua fuga al momento dell' arresto e il successivo triplice rinnegamento sembravano intaccare la sua dignità ed escluderlo da ruoli di responsabilità ecclesiale , se appunto non fosse intervenuta una speciale cristofa­ nia a riabilitarlo del tutto (cfr. la sua menzione in 1 Cor 1 5 ,5; Le 24,34; Gv 21 , 1 5- 1 9) . Analogo è i l caso d i Giacomo , fratello d e l Signore, che , nonostante la precedente opposizione a Gesù (cfr. Mc 3 , 2 1 ; Gv 7 , 2- 1 0) , divenne « epìscopo » della Chiesa di Gerusalemme in seguito a una cristofania attestata già nelle fonti più antiche (cfr. 1 Cor 1 5 , 6 e poi l'apocrifo Vangelo degli ebrei [in Gerolamo, De vir. in/. 2]) : cfr. W. Pratscher, Der Herrenbruder Jakobus und die Jakobustradition , FRLANT 1 39, Gottingen 1 987, pp. 1 3 -48. 44 Ricordiamo che questa forma verbale, pur essendo grammaticalmente un ao­ risto passivo, in realtà funziona come una sorta di medio : non « fu visto » ma « si

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camente operato da qualche taumaturgo , ma da Dio stesso (v . sot­ to : il linguaggio impiegato). 3) Perciò la risurrezione di Gesù non si colloca all'interno della storia alla stregua di un qualsiasi prodigio, ma viene percepita co­ me uno straordinario evento escatologico , denso di conseguenze non solo per Gesù ma soprattutto per gli uomini in generale (cfr . la risurrezione dei morti in M t 27 , 52-5 3 ; la frase di At 4,2: « An­ nunziavano in Gesù la risurrezione dai morti » ; e la predicazione ai morti in 1 Pt 3 , 1 9), tanto che Paolo ne parla come di una « pri­ mizia )) ( 1 Cor 1 5 ,23). Questa situazione priva di confronti viene arditamente definita dall'Apostolo, a mo' di tentativo , come « cor­ po pneumatico )) (l Cor 1 5 ,42-47), cioè come un'esistenza totalmente impregnata dal Pneuma o Spirito di Dio, oppure analogamente co­ me « corpo glorioso )) (Fil 3 , 2 1 ) 45 • Certo è che le apparizioni del Risorto non vengono presentate dalla tradizione come rapimenti estatici e tantomeno come visioni oniriche, ma nel contesto di una concreta e normale esperienza uma­ na. Resta il fatto che i due dati delle cristofanie pasquali e della testimonianza di coloro che ne beneficiarono , inscindibilmente con­ nesssi, conservano un' irripetibile dimensione di fopdamento stori­ co della fede della Chiesa 46 • 3.3 Conclusione I due fattori esaminati , soprattutto il secondo , non permettono di pensare alla risurrezione di Gesù come se per lui si fosse trattato fece vedere, apparve »; infatti essa è seguita dal semplice dativo, non dalla preposi­ zione tm6 + genitivo (cfr . BDR §§ 1 9 1 e 3 1 3) . In questo modo si sottolinea non tanto il valore della « visione » quanto più propriamente quello dell' « apparizio­ ne », per dire che le cristofanie non dipendono da particolari disposizioni dei loro beneficiari, ma da una libera iniziativa propria del Risorto stesso (cfr . Filone Al . , De A br. 80, a proposito d i Gn 1 2 , 7 [« Il Signore apparve ad Abram »] : « Non è detto che il saggio vide Dio, ma che Dio si fece vedere al saggio, poiché era impos­ sibile che alcuno comprendesse Colui che veramente è, senza che questi si rivelasse e si mostrasse da se stesso » ). Cfr. A. Pelletier , Les apparitions du Ressuscité en termes de la Septante, Bib 51 (1 970) 76-79. 45 Cfr. E. Ruckstuhl - J . Pfammater, La resurrezione di Gesù Cristo, A VE, Ro­ ma 1 97 1 (orig. ted . , Luzern 1968) , pp. 80-84; K . Lehmann, Zur Frage nach dem « Wesen » der Erscheinungen des Herrn , in É. Dhanis, ed . , Resurrexit, pp. 297-3 1 5 . C i s i dovrà dunque astenere dalle curiosità d i ordine chimico-fisiologico circa la sorte del cadavere di Gesù , il quale non può aver assunto la nuova forma di vita, se non per un intervento in qualche modo ricreatore di Dio, che « vivifica i morti e chiama all'esistenza le cose che non sono » (Rm 4, 1 7 ; cfr. I Cor 1 5 ,34) . 4 6 Cfr. D. Kendall - G. O'Collins, The Uniqueness oj the Easter Appearances, CBQ 54 ( 1 992) 287-307 .

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di un semplice ritorno al suo stadio terreno . Gli autori citati sopra (cfr . nota 6) di fatto disattendono totalmente la portata straordi­ naria perlomeno del messaggio proveniente dai racconti delle cri­ stofanie pasquali. Queste sottolineano all' evidenza la variazione su­ bìta da Gesù con la svolta della Pasqua, che rappresenta un passo in avanti , non solo un recupero del passato . Il linguaggio che ora esamineremo lo conferma (e la cristologia paolina lo evidenzierà al massimo) . Comunque non è possibile dire che l 'individualità di Gesù si trova solo nel Nazareno prepasquale e che egli ora semmai s' incontra solo nel corpo ecclesiale o al massimo nell 'eucaristia, in quanto relazionato a tutti gli uomini 47 • Questa non fu la co­ scienza della Chiesa primitiva ! Certo si tratta di un caso complesso. Da una parte , è vero che la fede nella risurrezione di Gesù non cristallizzò le prime genera­ zioni cristiane sulla sola figura del Risorto . Di lui , a parte le varie ed episodiche cristofanie, non sono più raccontate particolari vi­ cende biografiche : egli sarà invece il protagonista di confessioni di fede, di acclamazioni , e di inni , che celebreranno globalmente la sua figura nel suo rapporto con la comunità credente; ma que­ ste composizioni appartengono ormai alla storia della Chiesa. L'u­ nica storia di Gesù resta quella della sua vita terrena. Di questa infatti si interesseranno gli evangelisti , riportando le tradizioni del Gesù prepasquale . È durante la sua vita pubblica , e fin nella sua morte, che Gesù dimostrò l ' amore di Dio per i peccatori e si attirò l' ostilità di tutti coloro che se ne sentivano scomodati . È là che il suo discepolo impara a sua volta ad amare . Quindi è il Terreno che occorre seguire come discepoli . D' altra parte , però , al Risorto è possibile rivolgersi pure ora co­ me a un Tu, e l' incontro con lui sotto molte forme è sempre aper­ to : eloquente da questo punto di vista è la finale tronca di Marco ,

47 Il recente libro del vescovo episcopaliano americano J . S . Spong, Resurrec­ tion: Myth or Reality? A Bishop 's Search jor the Origins of Christianity, San Fran­ cisco 1 994, giunge a conclusioni assolutamente minimaliste, quando afferma che i racconti sul sepolcro vuoto sono solo un tentativo intellettuale per spiegare le cose e quelli sulle cristofanie sono solo un tentativo leggendario per capirle (p. 291 ) o quando, professando di essere un cristiano credente che però « will not literalize the details of my faith story » (p . 1 07), scrive: « Easter, for me, is eternai, subjecti­ ve, mythological , nonhistorical, and nonphysical . Yet Easter is also something real for me.( . . . ) It asserts that the essence of Jesus is the essence of a living God » (pp . 106 e 292) . ,

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che appunto si apre sulla vita della Chiesa 48 • Gesù non viene cer­ to ritenuto soltanto come un personaggio del passato. Non solo le lettere di Paolo , ma anche i racconti evangelici di fatto sono sta­ ti scritti nella convinzione che oggi egli è presente con i suoi (cfr . Mt 1 8 ,20: « Dove due o tre sono radunati nel mio nome, io sono là in mezzo a loro » ; Mc 1 6,20) . Proprio questa continua presenza dopo la morte viene espressa dalle prime generazioni cristiane in molti modi .

4. Il linguaggio pasquale

La categoria di « risurrezione », anche se è diventata prevalente nel nostro linguaggio, in realtà rappresenta solo una fra più possi­ bilità testimoniate nel Nuovo Testamento. L' evento annunciato , infatti, è talmente unico nel suo genere che non basta un solo lem­ ma per etichettarlo . A questo proposito , possiamo constatare nel­ le fonti almeno tre tipi di linguaggio, che, rifacendosi a moduli lin­ guistici tipici del giudaismo , esprimono altrettanti schemi cristolo­ gici diversi 49 •

48 « A questo punto del racconto la questione importante è di sapere non se Pie­ tro e i suoi compagni colsero finalmente la verità, ma se noi , leggendo lo scritto di Marco , siamo pronti ad ascoltare il messaggio dell' angelo e a seguire Gesù in Galilea sul cammino del discepolato » (M . Kooker, Mk, p. 392) . Il rimando alla Galilea (« Là lo vedrete » : Mc 1 6,7) può essere spiegato in molti modi : o perché la comunità di Mc è situata là; o perché Mc ha utilizzato tradizioni di comunità galilaiche, che avevano associato alla propria regione le loro esperienze del Risor­ to; o perché l' agiografo deve solo far vedere il compimento della promessa pro­ nunciata da Gesù in 14,28 (ma allora il problema si sposta su questo testo) ; o per trasferire le apparizioni lontano da Gerusalemme, sede dei giudeocristiani , a cui Mc si oppone; o perché il rimando in Galilea significa un ritorno alle origini , ma per rifare in positivo un cammino che prima era stato solo di ottusità e incompren­ sione; o semplicemente perché davvero i discepoli ritornarono là per ricominciare la loro vita di tutti i giorni. In ogni caso, Gesù (anche come Risorto !) resta per sem­ pre « il Galileo » o « il Nazareno », che sono i nomi dell 'incarnazione, della sua precisa configurazione storica e persino geografica. 49 Vedi soprattutto X. Léon-Dufour, Risurrezione di Gesù e messaggio pasquale, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo 1 973 (orig. frane. , Paris 1 97 1 ) , pp. 29- 105; e J . Delorme, L a résurrection de Jésus dans le langage du Nouveau Testament, i n Aa.Vv . , L e langage de la foi dans I 'Écriture e t dans le monde moderne, Paris 1978, pp. 1 0 1 - 1 82 . Sul linguaggio neotestamentario in genere, cfr. anche S . Sabugal , Andsta­ sis. Resucit6 y resucitaremos, BAC 536, Madrid 1 993 , pp. 7 1 -87.

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IL LINGUAGGIO PASQUALE

4. 1 Risurrezione Mediante il verbo « risuscitare » si esprime uno schema tempo­ rale, che mette in rapporto gli stadi successivi di vita-morte-recupero della vita. Esso ha due caratteristiche : da una parte, evidenzia la continuità nell' esistenza, nonostante e oltre il passaggio attraverso la morte ; dall' altra, sottolinea l'identità individuale e corporea del soggetto . Nel nostro caso, si vuoi dire apertamente che il Risorto non è nient 'altro che il Crocefisso e che perciò nell' uno si deve as­ solutamente scorgere l' altro mediante un processo di esatta sovrap­ posizione. I verbi greci impiegati a questo livello sono due : ÈyEipro (pro­ priamente « risveglio ») e àvia't"T} �l (propriamente « rialzo » o « mi rialzo »). La cosa interessante è di rilevare il loro uso grammatica­ le, poiché mai come in questo caso forse la grammatica condizio­ na la teologia! Il verbo ÈyEipco viene impiegato in questo modo quadruplice (diamo tutte le ricorrenze) : a) Dio stesso è soggetto dell 'azione: ìl Yctpcv (6 9c6ç) all 'attivo « [Dio] lo risuscitò »; così in Rm 4,24; 8 , 1 l bis; 1 0,9; l Cor 6 , 1 4 ; 1 5 , 1 5bis; 2Cor 4 , 1 4 ; Gal l , l ; l Ts 1 , 1 0 (cfr. anche Rm 1 0 , 7 : « ricondurre dai mor­ ti »); Col 2, 1 2 ; Ef 1 , 20; 1 Pt 1 ,2 1 ; At 3 , 1 5 ; 4, 1 0; 5 , 30; 10,40; 1 3 , 30 . 3 7 . b) Dio è ancora soggetto dell' azione, m a con il verbo a l passivo: T] yép9TJ (Xptcr-r6ç) Cristo « fu risuscitato » (da Dio) ; così in Rm 4,25 ; 6,4.9; 7 , 4 ; 2Cor 5 , 1 5 (cfr . R m 1 ,4: « stabilito ») ; M t 1 6,21 ; 1 7 ,23 ; 20, 19; 27 ,64; 28 , 6 . 7 ; Mc 14,28; 1 6, 6 ; Le 9,22; 24, 6; Gv 2 , 22; 2 1 , 1 4 . c) Gesù è soggetto del verbo a l medio-passivo « risuscitò » (o an­ che « fu risuscitato »); così in l Cor 1 5 , 4 . 1 2 . 1 3 . 1 4 . 1 6 . 1 7 .20 (p f. ÈYll YE P ­ 'tat) ; 2Tm 2,8 (ptc . pf. ÈyTJ YE P J..l É VOV) ; Mt 27 ,63 (pres . ind . ÈyEipOJ..l at) ; Mc 1 6 , 1 4 (ptc . pf. ) . d) Gesù è soggetto del verbo all' attivo : solo i n G v 2, 1 9.20 (cfr. 10, 1 7 : « riprendo l a vita ») . =

=

=

Il verbo àvicr't"TJ J..lL , più raro , viene impiegato in un duplice modo (dia­ mo tutte le ricorrenze) : a) Dio come soggetto (verbo transitivo) : così in At 2,24; 1 3 , 3 2 . 34; 1 7 , 3 1 50 ;

50 Il caso di At 3 , 26 (« A voi per primi Dio, avendo suscitato [àvacm1 aaç] il suo servo, lo ha mandato per benedirvi ») è discusso, poiché può riferirsi alla risur­ rezione (così G. Schneider, Cei) , ma anche e forse meglio alla semplice missione terrena (così E. Haenchen, R. Fabris, R. Pesch, C . K . Barrett; cfr. Dt 1 8 , 1 5 . 1 8) .

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b) Gesù come soggetto (verbo intransitivo) : così in 1 Ts 4 , 1 4 ; Mt 1 7 , 9 ; Mc 8 , 3 1 ; 9 , 9 . 3 1 ; L e 9,22; 1 8 , 3 3 ; 24 ,7 .46; G v 20,9; A t 10,4 1 ; 1 7 , 3 51 •

U n ' importante osservazione da fare in base a questo linguaggio 5 2 riguarda l' assoluta prevalenza dei casi in cui la risur­ rezione di Gesù viene attribuita direttamente a Dio : sommando le ricorrenze delle lettere a-b del primo verbo e della lettera a del se­ condo verbo, abbiamo almeno 4 1 ricorrenze in questo senso su un totale di 66. Evidentemente le prime generazioni cristiane (si noti che i testi con Gesù come soggetto appartengono quasi tutti agli scritti posteriori alle lettere paoline) hanno scorto nell 'evento pa­ squale un intervento escatologico di Dio stesso. Perciò le afferma­ zioni fatte con questo linguaggio sono fondamentalmente di ca­ rattere strettamente teologico : la risurrezione di Gesù chiama in causa direttamente Dio , per un evento che non sarebbe altrimenti spiegabile . Attribuirlo a Dio significa perciò riconoscergli una es­ senziale dimensione di mistero 53 • 4.2 Esaltazione {•

Un altro linguaggio punta invece su di uno schema spaziale, che esprime un avvenuto passaggio dal basso all' alto . Esso evidenzia doppiamente : il distacco dal mondo di quaggiù e quindi il contra­ sto con esso mediante la contestuale salita al cielo ; e la conseguen­ te differenza di situazione, che è una vera trasformazione, subìta da Gesù dopo la morte . Alla base di questo linguaggio ci sono al­ meno due modelli complementari derivanti dall 'Antico Testamen­ to : quelli dell'umiliazione del Servo (cfr . Is 53) e della sofferenza del Giusto (cfr . Sap 5 , 1 -5); ma vi si può attrarre anche un terzo modello: quello dell' intronizzazione regale (cfr. Sal 2,7; 1 1 0, 1). Alla base possiamo scorgervi il tema enunciato in 1 Sam 2,6- 1 0 : « Il Si­ gnore . . . solleva dalla polvere il misero , innalza il povero dalle im-

51 In più il verbo ricorre come intransitivo in Le 9, 8 . 1 9, in un giudizio dato su Gesù (ma sul suo ministero terreno) come se in lui fosse risorto Elia. 52 Si dovrebbero aggiungere i due sostantivi deverbali: èyepmç (M t 27 ,53) e à.vD.atamç (At 1 ,22; 2,3 1 ; 4,33 : Rm 1 ,4; Fil 3 , 10; 1 Pt 1 , 3 ; 3 , 2 1 ) . 5 3 Cfr. R. Schnackenburg, Zur Aussageweise « Jesus ist (von den Toten) aufer­ standen » , BZ 1 3 ( 1 969) 1 - 1 7 . Da parte loro D. Kendall & G . O'Collins, Christ 's Resurrection and the Aorist Passive oj èyeipro, Gregorianum 74 ( 1 993) 725-735, precisano che il passivo in questione può anche significare « risuscitò - è risuscitato » .

IL LINGUAGGIO PASQUALE

1 93

mondizie . . . per assegnare loro un seggio di gloria . . . Il Signore . . . eleverà la potenza del suo Unto »). L a situazione lessicale è molto varia e d è compresa nelle seguenti espressioni : a) t'msp-my6ro , « sovraesalto » : in Fil 2,9; il verbo semplice, senza la preposizione, in Gv 3 , 1 4 ; 1 2, 3 2 . 34; At 2 , 3 3 ; 5 , 3 1 . b) 8ol;,açro , « glorifico » : oltre At 3 , 1 3 , solo in Gv (7 ,39; 8 , 54; 1 1 ,4; 1 2 , 1 6 .23 .28; 1 3 , 3 1 . 32 ; 1 7 , 1 . 5 ) . c) àvaÀaJ!j} : un 'espressio­ ne che , come abbiamo visto sopra, va sostanzialmente intesa in sen­ so non tanto cronologico quanto piuttosto teologico , in quanto esprime la certezza che Dio non abbandona il suo eletto nella pro­ va più di tre giorni 68 • Anche il successivo elenco delle cristofanie 65 Certamente solo il quarto verbo viene poi ripetuto e molto sviluppato nei se­ guenti vv . 6-8 ; ma, appunto, ciò vale come semplice dimostrazione dell' evento del­ la risurrezione (su cui del resto argomenta tutto il cap . 1 5 della lettera) . 66 Essa di per sé potrebbe esprimere o il semplice motivo della morte (« a causa di ») o il suo scopo purificatore (« al fine di », « in favore di ») o anche una rap­ presentatività sostitutiva (« al posto di » ) . 67 Cfr. W. Schrage, l. Korinther 15, 1 - 1 1 , i n L . De Lorenzi ; a cura, Résurrec­ tion du Christ et des chrétiens (l Cor 15), Série Monographique de « Benedictina » 8, Rome 1 985, 2 1 -45 + 45-62. 68 Una recente proposta, avanzata da J. Christensen, « A nd that He Rose on the Third Day According to the Scriptures », ScandJournOldTest 4 (1 990) 10 1 - 1 1 3 , colloca questa espressione sullo sfondo del terzo giorno della creazione (cfr. Gn

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non fa che sottolineare la realtà e l' importanza della risurrezione di Gesù per la fede cristiana. Come scriverà Paolo poco dopo , in­ fatti, « se Cristo non è risorto , il nostro annuncio è vuoto e vuota è anche la vostra fede » (1 Cor 1 5 , 1 4) . e) L o schema cristologico soggiacente a questa confessione è im­ plicitamente suggerito dalla ripetizione del complemento « secon­ do le Scritture » . Al riguardo , va osservato doppiamente che esso ricorre non solo a proposito della risurrezione ma anche della morte (quindi non concerne solo il tema del terzo giorno , esplicitamente presente in Os 6,2: « Dopo due giorni ci ridarà la vita e il terzo giorno ci farà rialzare )) ), e che si tratta di un rinvio globale alle Scritture, senza riferire nessun passo specifico . Questa genericità si inserisce certo nella prassi propria di Paolo , che sorprendente­ mente non arreca mai nessuna prova scritturistica né in appoggio alla messianicità di Gesù né a dimostrazione della sua morte e ri­ surrezione come eventi previsti e quindi accettabili 69 • D' altronde la formula è prepaolina e per il suo stesso genere letterario essa non poteva che comportare un richiamo scritturistico fatto in bloc­ co . In quanto tale, questo non può che significare l 'intenzione di inscrivere gli eventi annunciati all 'interno del più generale piano divino di salvezza 7 0 • Si vede bene in questo caso che il punto di partenza del cristianesimo primitivo non sono le Scritture (in base alle quali spiegare gli eventi) , ma sono gli eventi stessi (in base ai quali si ricorre alle Scritture) . Ma è lecito supporre che la comuni­ tà cristiana da cui la formula proviene pensasse comunque a qual­ che passo biblico particolare . Allora, distinguendo i due centri del credo , possiamo individuare i seguenti sfondi possibili : - quanto alla morte : il tema dell ' agnello pasquale (cfr . Es 1 2 ; 1 Cor 5 , 7), l a liturgia del Kippur (cfr . Lev 1 6) , l a figura del Servo di Yhwh (cfr . Is 53), e quella del martire (cfr . 2Mac 7 , 3 7 . 3 8 ; 4Mac 1 , 1 1 ; 6,28-29; 1 7 , 2 1 -22) ; - quanto alla risurrezione : il testo profetico di Osea (citato so-

l, 1 1 - 1 3) e delle sue interpretazioni che ponevano in questo giorno anche la creazio­ ne del giardino di Eden : l'albero della-vita sarebbe stato inteso da Paolo in rappor­ to al Cristo risorto, in base al tema della « nuova creazione » (cfr . Gal 6, 1 5 ; 2Cor 5 , 1 7 . Ma questo mi sembra un classico caso di spiegazione nimis a longe petita! 6 Cfr. R. Penna, A tteggiamenti di Paolo verso l'Antico Testamento, in Id., L 'a­ postolo Paolo, pp. 436-469, qui pp. 443-444 . 70 In Le 24,26, anche là senza citare alcun testo specifico, si parla genericamente di una necessità (« Non bisognava forse che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? »); cfr. At 1 4,22.



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pra) , quello del Salmo 1 6 , 8- 1 1 (riportato da Luca in bocca a Pie­ tro in At 2,25-28) , e quello del Salmo 1 1 0, 1 (« Siedi alla mia de­ stra . . . )) ) . Dato che la menzione della resurrezione è preceduta da quella della morte (diverso sarà il caso della confessione che esaminere­ mo tra poco) ed è accompagnata dalla formula « il terzo giorno )) con il suo significato specifico , possiamo dire che lo schema cri­ stologico sottostante sia quello del giusto sofferente o del martire, che viene esaltato e quindi rivendicato da Dio 7 1 • Lo schema però è integrato da una componente di tipo espiatorio , derivante in ul­ tima analisi da una prospettiva cultuale-sacrificale . La sofferenza­ morte in questo caso non è vista soltanto come una iniqua oppres­ sione inflitta al giusto , ma anche come una occasione propizia da lui vissuta per la salvezza di altri , esattamente come avviene nel caso dei martiri (e forse in un testo di Qumran : cfr. cap . I, nota 395). La contaminazione di linguaggi a proposito della risurrezio­ ne, consistente nella combinazione implicita f On quello di esalta­ zione, presuppone dunque il dato fecondo di_ una sofferenza re­ dentrice. In ogni caso , la comunità cristiana che sta dietro a questo credo non disgiunge la risurrezione di Gesù dalla sua morte : entrambe vanno di pari passo e costituiscono come i due occhi della confes­ sione di fede. In primo piano quindi viene a trovarsi la dimensione soteriologica dell 'evento pasquale, che rappresenta il contenuto più originale della formula stessa .

5.2 Rm 1,3b-4a: la risurrezione come intronizzazione regale Evidenziamo il passo all 'interno dell' attuale contesto epistola­ re; poiché la sua collocazione è piuttosto sorprendente, prestiamo particolare attenzione alla sua struttura, la quale permetterà di com­ prendere al meglio la portata della confessione : 1 Paolo , schiavo di Cristo Gesù, apostolo per chiamata, prescelto per l'evangelo di Dio 2 che fu preannunziato mediante i suoi profeti nel­ «

le sante Scritture

7 1 Cfr. anche D. Seeley; The Noble Death, JSNT Supl . 28, Sheffield 1 990, spe­ cie pp. 19-37 e 83-1 1 2 .

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LA RISURREZIONE DI GES Ù E LE SUE PRIME CONFESSIONI

3 a proposito del Figlio suo nato dal seme di Davide secondo la carne 4 costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santità dalla resurrezione dei morti, Gesù Cristo signore nostro

».

Esaminiamo analiticamente questo passo, che potrebbe rivelar­ si ancor più originale del precedente 7 2 • a) La preredazionalità del testo non appare immediatamente, tan­ to più che esso si trova inserito in un prescritto epistolare, che for­ malmente è quanto di più stereotipo presenti l' epistolografia anti­ ca. Tuttavia, alcuni indizi inequivocabili ci riportano a uno stadio molto arcaico : l) la costruzione participiale delle due frasi , invece che relativa, ben visibile sul greco 73; 2) il parallelismus membro­ rum delle due frasi , costruite non solo su due participi al genitivo , ma anche sulla contrapposizione di due complementi di origine (« dal seme di Davide » - « dalla risurrezione dei morti ») e di due complementi modali ( « secondo la carne » - « secondo lo Spirito di santità »); 3) un vocabolario inusuale in Paolò : l' uso del nome di Davide in senso anagrafico (mentre altrove Paolo lo impiega solo come metonimia dei Salmi ; cfr. invece 2Tm 2 , 8) ; il verbo òpiçEtv, « costituire, stabilire » , è hl nell 'intero epistolario paolino ; lo stes­ so si dica della locuzione circa il « figlio di Dio » al v. 4a (uioù 9Eoù)

7 2 La principale bibliografia in materia, oltre i commenti, è la seguente: E. Schweizer, Rom. 1,3f und der Gegensatz von Fleisch und Geist vor un d bei Pau­ lus, in Neotestamentica, Ziirich-Stuttgart 1 963 , pp. 1 80- 1 89; E . Linnemann , Tra­ dition und Interpretation in Rom 1,3/, EvTh 3 1 ( 1 97 1 ) 264-276; H . Zimmermann, Metodologia del Nuovo Testamento, Marietti, Torino 1 97 1 (orig. ted . , Stuttgart 1 967), pp. 1 7 1 - 1 8 1 ; J . D . G . Dunn, Jesus - Flesh and Spirit: An Exposition oj Ro­ mans 1:3-4, JTS 24 ( 1 973) 40-68 ; R. Penna, Lo Spirito di Cristo, Paideia, Brescia 1 976, pp. 273-275; P. Beasley-Murray, Romans 1:3/" An Early Conjession of Faith in the Lordship of Jesus, TyndBul 3 1 ( 1 980) 1 47- 1 54; S . Vidal , La risurrezione di Gesù nelle lettere di Paolo. Analisi delle tradizioni, Cittadella, Assisi 1 985 (orig . spagn . , Salamanca 1 982), pp. 243-284; F. W. Horn, Das Angeld des Geistes. Stu­ dien zur pau/inischen Pneumatologie, FRLANT 1 54, Gi:ittingen 1 992, pp. 96- 100. Da parte sua J . M . Scott , Adoption as Sons of God, pp. 227-244, ritiene che il testo non provenga dalla tradizione ma sia totalmente paolina; egli però, oltre a ricono­ scere comunque la peculiarità di alcuni termini , non tiene nel debito conto il con­ trasto tra « figlio di Dio » nel v. 4a e « figlio di Dio in potenza » nel v. 4b . 73 Nel greco infatti abbiamo rispettivamente due participi iniziali, toù y�::vo�Évou e toù 6pta8Évtoç , che rivelano una costruzione più semitica che greca (cfr . E. Nor­ den, Agnostos Theos, Darmstadt 1 97 1 [Berlin 1 9 1 3 ] , p. 257); altrettanto si dica per la mancanza delle particelle disgiuntive llÉV-OÉ (cfr . ib . , pp. 1 65ss, 276, 387) .

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priva di articolo ; il costrutto 1tVf:UJ..L a ayu:ocn)Vll ç è hl in tutto il Nuo­ vo Testamento (e addirittura assente nei LXX) ed equivale né più né meno all 'ebraico ruah haqq6des, « Spirito santo » 74 ; l' opposi­ zione « carne-Spirito » appartiene qui a una tipologia esorbitante il linguaggio paolina 75 ; il costrutto « risurrezione dei morti » , in­ vece del più comprensibile « dai morti », suppone una compren­ sione temporale della risurrezione di Gesù come inizio di una ri­ surrezione generale (cfr . invece altrove in Paolo la dizione « dai morti » : Rm 4,24; 6,4.9; 8 , 1 1 ; 1 0, 7 . 9 ; ecc . ) ; 4) lo stridente contra­ sto riscontrabile tra la portata del titolo di Figlio nel v . 3a (colui che nasce dal seme di Davide è già figlio) e quella che lo stesso tito­ lo comporta invece al v. 4a (costituito tale solo a partire dalla ri­ surrezione) . b) La formulazione originale della confessione . Poiché il credo cristologico non è citato come in l Cor 1 5 ,3-5 , si è pensato che l'a­ postolo lo abbia ritoccato adattandolo al nuovo contesto . A que­ sto proposito sono state avanzate tre ipotesi . l) L'una propone di espungere dalla formula originaria i due complementi modali e di congiungere direttamente il concetto di potenza con quello di Spi­ rito , così : « Nato dal seme di Davide, costituito figlio di Dio nella potenza dello Spirito di santità dalla risurrezione dei morti » 76 • Ma, come abbiamo già rilevato, è cosa ardua considerare un'ag­ giunta paolina la contrapposizione « carne-Spirito » così come es­ sa è qui formulata. 2) Un'altra proposta si concentra sulla reda­ zionalità del solo complemento « con potenza » , che sarebbe stato 74 Essa è attestata soltanto in Test. Lev. 1 8 , I l (« I santi mangeranno dell' albero della vita e lo Spirito di santità sarà su di loro » : cfr. 1 8 ,7) e poi su di un amuleto posteriore (segnalato da E. Peterson, Das A mulet von A cre, in Frii h kirche, Juden­ tum und Gnosis, Rom-Freiburg-Wien 1 959, pp. 346-3 54) . La formula in ebraico ricorre nel TM (solo in Sal 5 1 , 1 3 ; ls 63 , l 0. 1 1 , ed è sempre resa dai LXX con 7tV&UilU liywv, che d'altronde è testimoniato per conto suo in Sap 1 ,5 ; 9 , 1 7 ; Dn 5 , 1 2; 6,3), spesso nei manoscritti di Qumràn (cfr. I QS 3 , 7 . 8 ; I Q H 7,6; ecc .) e nei Targumìm . 75 L'opposizione « carne-Spirito » altrove in Paolo si riferisce a una situazione antropologica, contrassegnata da due principi dominanti e alternativi, rispettiva­ mente negativo e positivo, di cui il secondo esclude totalmente il primo (cfr. Gal 5 , 1 6-23 ; Rm 8 , 5 - 1 3); ma qui non si tratta né dell'uomo in generale, poiché il riferi­ mento è cristologico, né di una vera antitesi, poiché il secondo non esclude il primo ma solo lo oltrepassa. È vero che il complemento Katà a6.pKa in rapporto alla discendenza umana di Gesù si ritrova in Rm 9 , 5 , ma non più in riferimento a Davi­ de e tantomeno in opposizione allo Spirito. Peraltro l'opposizione « carne-Spirito » riferita al modo d'essere di Gesù Cristo si trova anche altrove, ma fuori di Paolo e comunque in formule della tradizione (cfr . l Tm 3 , 1 6 ; l Pt 3 , 1 8) . 76 Cfr. R. Bultmann, Theologie des Neuen Testaments, p . 5 2 ; E . Linnemann , Tradition und Interpretation, p. 274; S. Vidal, La resurrezione di Gesù, pp. 258-259; W. Horn, Das Angeld des Geistes, p. 1 00.

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aggiunto da Paolo : infatti , il contrasto fra le due ricorrenze del ti­ tolo « figlio di Dio » (v . 3a e v. 4a; cfr . sopra) si risolverebbe pen­ sando che l' apostolo abbia voluto attutire l' affermazione secondo cui Gesù diventò Figlio unicamente con la risurrezione, precisan­ do che questa figliazione è nuova solo per l'acquisizione di una « po­ tenza » di cui prima egli non disponeva 77 • Ma questa ricostruzio­ ne è accettabile solo se non dipende dalla vecchia supposizione che nel giudaismo il messianico Figlio di Davide non fosse in realtà qua­ lificato come Figlio di Dio , mentre è vero il contrario , come si de­ duce da Qumran (cfr . I QSa 2, 1 1 - 12; 4QFlor 1 , 1 1 - 1 2 ; 4Q246 II, l ; 4Q369 l , I I , 6-8) . 3) Infine si pone chi ritiene che Paolo abbia con­ siderato la formula primitiva perfettamente congrua con la pro­ pria cristologia e l ' abbia lasciata intatta: sarebbe infatti inverosi­ mile che l'Apostolo riportasse una confessione cristologica per con­ dividere la fede dei suoi destinatari e nello stesso tempo volesse ri­ toccarla e correggerla 78 • Da questo punto di vista la specificazio­ ne « con potenza » intende dire che Gesù , se non diventò figlio di Dio alla risurrezione per la prima volta, tuttavia ottenne allora una figliazione di grado più alto . 4) Sul piano dell 'interpretazione del testo le soluzioni 2 e 3 risultano essere di fatto entrambe possibili . Ma comunque va evidenziato il fatto che il titolo di « Figlio di Dio », pur se dobbiamo ritenere originale la determinazione « con poten­ za » , è attribuito solo al Risorto e non al Terreno 79 • c) Estensione e struttura della formula. La configurazione chiu­ sa del testo è ben confermata dalla constatazione che il v. 3a (« a proposito del Figlio suo ») si salderebbe meglio immediatamente con il v. 4b (« Gesù Cristo signore nostro ») . Il fatto che il nome proprio del Figlio con la sua qualifica di « Signore » venga men­ zionato solo dopo la nostra formula può certamente significare che la signoria di Gesù è fondata soltanto sulla sua risurrezione . Ma la dilazione della sua comparsa nel testo suggerisce assai bene che i vv . 3b-4a rappresentano un vero inserto, il quale potrebbe essere

77 Cfr . per esempio E. Schweizer, Rom. 1,3/., pp. 1 80- 1 89; W. Kramer, Chri­ stos, Kyrios, Gottessohn , p. 107 ; H . Schlier, Rom, pp. 64-65 . 78 Cfr. J . D . G . Dunn, Romans, I, pp. 6 e 1 4 . Vedi anche F. Hahn, Christologi­ sche Hoheittitel, p . 252. 79 Va comunque precisato che intendiamo il complemento èv ouva�Et non in sen­ so avverbiale, riferito al lontano participio « costituito » e denotante perciò l'azio­ ne potente di Dio nella resurrezione di Gesù (cfr . M . -É. Boismard , Constitué Fils de Dieu (Rom. /, 4), RB 60 [ 1 953] 1 - 1 7) , ma in senso aggettivale, riferito al più vici­ no titolo « figlio di Dio » e denotante la nuova situazione del Risorto.

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omesso senza alcun danno per lo scorrimento sintattico del pre­ scritto 80 • Quanto alla struttura della confessione, si nota che è chiaramente bimembre . In ciò abbiamo un' apparente analogia con quella ana­ lizzata precedentemente . Ma questa è più asciutta e tutta costruita sulla correlazione di elementi grammaticalmente uguali : due parti­ cipi con articolo , due complementi di origine, due complementi ma­ dali . Questi elementi , a ben vedere , non costituiscono tanto una antitesi quanto piuttosto un climax; infatti il v. 4a non esprime pro­ priamente una opposizione al v. 3b, bensì una progressione di iti­ nerario esistenziale . d) Lo schema cristologico presente nella formula prepaolina è fra i più interessanti . Lo si comprende appieno solo quando ci ren­ diamo conto che in essa manca totalmente ogni accenno alla mor­ te di Gesù. Ciò che in l Cor 1 5 , 3 veniva espresso come « morte per i nostri peccati secondo le Scritture )) qui viene sostituito con una dichiarazione di davidicità : il riferimento perciò non è al momen­ to supremo della vita di Gesù, ma all 'intera sua esistenza terrena in quanto egli è contrassegnato dalla discendenza davidica e quin­ di da una implicita pretesa alla messianicità regale . Questa prospet­ tiva, assente in l Cor 1 5 , 3-5 , accosta piuttosto il nostro passo al­ l' interesse cristologico del vangelo di Matteo (almeno nei suoi pri­ mi due capitoli) e in generale a un'impostazione più chiaramente giudeo-cristiana . Alla confessione di Rm l ,3b-4a sottostà evidentemente lo sche­ ma di una esaltazione intesa come intronizzazione regale 8 1 • Esso è reperibile in alcuni passi dell' Antico Testamento come 2Sam 7 , 1 2. 14; Sal 2,7; 1 1 0, 1 ; ma occorre notare che questa confessione di fede non si accontenta di proclamare Gesù come discendente da­ vidico, bensì va oltre e vi aggiunge esplicitamente il titolo di « Fi­ glio di Dio )) , sul quale la formula insiste come su di un punto d' arrivo 82 • Abbiamo infatti qui una cristologia a due stadi (vita terrena e successiva glorificazione) 83 , di cui il più decisivo per la 80 Cfr. H. Zimmermann, Metodologia, p. 1 72. 8 1 Cfr. J.H. Hayes, The Resurrection As Enthronement and the Earliest Church

Christology, Interpr 22 (1 968) 333-345 . 82 Anzi , in At 2,22-36 abbiamo persino una opposizione tra Gesù e Davide; cfr. v . 34: « Davide infatti non salì ai cieli », cioè non ebbe una intronizzazione celeste. 83 Cfr. E. Schweizer, Der Glaube an Jesus den « Herrn » in seiner Entwicklung von den ersten Nachjolgern bis zur hellenistischen Gemeinde, EvTh 1 7 ( 1 957) 7-2 1 , p . 1 1 ; F . Hahn, Christologische Hoheitstitel, p . 252. Questa cristologia diventa a tre stadi (figlio di Dio preesistente , nascita terrena, risurrezione con una nuova di-

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definizione della piena identità di Gesù è appunto e soltanto la ri­ surrezione; è in quel momento che vale pienamente anche per lui l' assicurazione fatta anticamente all 'anonimo re di Gerusalemme in Sal 2,7: « Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato )) 84 • Il riferimen­ to cristiano di questo testo salmico alla risurrezione di Gesù è espli­ citamente attestato negli Atti degli apostoli , dove è lo stesso Paolo a citarlo nella sinagoga di Antiochia di Pisidia (cfr . At 1 3 , 32-3 3 ; vedi anche Ebr l , 5 ; 5 , 5). Si esprime così una cristologia che po­ tremmo definire di tipo adozionista. Infatti, se è vero che non si nega che Gesù fosse Figlio di Dio già nella fase terrena, tuttavia egli viene esplicitamente qualificato come tale solo a partire dalla risurrezione . A questo proposito precisiamo alcuni elementi inerenti all' affer­ mazione del testo . l ) L' esaltazione di Gesù è dovuta a un interven­ to di Dio, chiaramente suggerito dal passivum divinum del partici­ pio aoristo « costituito )) : questo è un dato costante , che abbiamo già notato e che si ritroverà anche altrove (cfr . l ' inno prepaolino di Fil 2,9); è Dio che intronìzza e che fa del re il proprio figlio 85 • 2) La contestuale menzione del Pneuma (l' espressione « Spirito di Santità )) o « Spirito Santo )) vuol dire soltanto ,çhe si tratta dello Spirito di Dio) suggerisce discretamente una struttura trinitaria del­ l' evento pasquale e implica una cristologia molto antica, secondo cui solo lo stadio glorioso dell 'esistenza di Gesù è caratterizzato dallo Spirito 86 • 3) Importante soprattutto è la nuova dimensione di « potenza )) acquisita dal Risorto . Essa si spiega doppiamente

mensione della figliolanza) solo nell 'attuale contesto paolina, da cui risulta che il davidide Gesù nasce già come Figlio di Dio (cfr. v. 3a) . 84 Sulla problematica suscitata dal salmo circa l a natura della figliazione divina del re, cfr. G. Ravasi, // Libro dei Salmi, l, EDB, Bologna 1985, 1993 6 , pp. 1 02- 105 (con bibliografia) . 85 Precisiamo soltanto che il senso del greco 6pta9ÉV't'oç è appunto quello di « co­ stituito , stabilito » (come sempre nel Nuovo Testamento) e non quello di « dichia­ rato, manifestato », come voleva per esempio il Crisostomo da un punto di vista dogmatico per evitare l'impressione che Gesù prima della risurrezione non fosse Figlio di Dio (cfr . C . E . B . Cranfield, Romans, I, pp. 61 -62) . 86 Questa sorta di adozione divina viene sempre più spostata all'indietro dalla tradizione: i sinottici vedono un'investitura pneumatica e la dichiarazione di una figliolanza divina già al momento del battesimo al Giordano (cfr . Mc 1 ,9- 1 3 ; cfr. Gv 1 , 33); i vangeli dell'infanzia spostano questa dimensione già al momento del concepimento di Gesù (cfr . Mt 1 , 1 8 . 20 e Le 1 , 35). Ma occorre dire che anche Pao­ lo, sia pure in termini non molto sviluppati presenta elementi di una cristologia della preesistenza (più sviluppati saranno la tradizione paolina, Eb, e Gv) .

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sullo sfondo sia delle attese messianiche giudaiche sia della vita ter­ rena dello stesso Gesù . In primo luogo constatiamo una certa continuità con ciò che per esempio affermano gli apocrifi Salmi di Salomone 1 7 , 3 7-42 circa il futuro re figlio di Davide : «

37E non s' indebolirà (oÙK ào8sviJoEt) nei suoi giorni, a causa del suo

Dio:

perché Dio lo ha reso forte con uno spirito santo (on Ò 8sòç KU'!Etpy 1 963) . - Il problema del Gesù storico, Paideia, Brescia 1 964 (orig . ted . , Stutt­ gart 1 960, 1 96 1 3 ) . - Il messaggio centrale del Nuovo Testamento, BMCR 1 9 , Paideia, Bre­ scia 1 968 (orig . ingl . , London 1 965). - A rtikelloses Xpta't6ç . Zur Ursprache mit I Kor 15,3b-5, ZNW 57 ( 1 966) 2 1 1 -2 1 5 . - A bba, GLNT Suppl . l , Paideia, Brescia 1 968 (orig. ted . , Gottingen 1 966) . - Le parole dell'ultima cena, BCR 23 , Paideia, Brescia 1 973 (orig . ted . , Gottingen 1 967 4) . - Die ii/teste Schicht der Menschensohn-Logien, ZNW 58 ( 1 967) 1 59- 1 72. - Teologia del Nuovo Testamento - l. La predicazione di Gesù, Bre­ scia 1 972 (orig . ted . , Gottingen 1 97 1 ) . - naiç eeou , i n GLNT IX, coli . 336-440. J ossa G . , Gesù e i movimenti di liberazione della Palestina, BCR 37, Pai­ deia, Brescia 1 980. - Dal Messia al Cristo. Le origini della cristologia, SB 88, Paideia, Bre­ scia 1 989. Jiilicher A., Die Gleichnisreden Jesu - I. Die Gleichnisreden Jesu im all­ gemeinen , Wissenschaftliche Buchgesellschaft, Darmstadt 1 969 ( Tii­ bingen 1 9 1 0 3 [Freiburg i . B . 1 886] ) . =

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INDICE GENERALE

3 . L' annuncio del regno di Dio 4 . Dio come A bba 5 . I titoli cristologici 5 . 1 Profeta 5 . 2 Cristo (Messia) 5 . 3 Il Figlio dell 'uomo 5 . 4 Il Figlio (di Dio) 6. Gesù di fronte alla sua morte

pag . 1 02 )) 1 13 )) 118 )) 1 19 )) 1 22 )) 1 34 )) 1 43 )) 153

C - CONCLUSIONE

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1 67

II - LA RISURREZIONE DI GESÙ E LE SUE PRIME CONFESSIONI (Secondo inizio)

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1 73

Premesse

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1 73

l . La risurrezione nella coscienza di Gesù 2 . La risurrezione di Gesù come evento inatteso ,, 3 . Il sepolcro vuoto e le apparizioni del Risorto 3 . l Il sepolcro vuoto 3 . 2 Le apparizioni del Risorto 3 . 3 Conclusione 4. Il linguaggio pasquale 4 . 1 Risurrezione 4 . 2 Esaltazione 4 . 3 Vita 5 . Le più arcaiche confessioni di fede 5 . 1 1 Cor 1 5 , 3-5 : risurrezione ed esaltazione del giusto sofferente (martire) 5 . 2 Rm l ,3b-4a : la risurrezione come intronizzazione regale 5 . 3 Conclusione 6 . Elementi di comparazione ambientale 7 . Conclusione

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A bbreviazioni Bibliografia Indice delle fonti Indice degli autori

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