Gregorio di Nissa, Egidio Pietrella (editor) 9788870923018, 0815518963

Cinque omelie pasquali di Gregorio di Nissa, Padre della Chiesa del IV sec. L'omelia pasquale, nella sua forma più

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Italian Pages 223 [225] Year 2009

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Gregorio di Nissa, Egidio Pietrella (editor)
 9788870923018, 0815518963

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GREGORI ODINI SSA

Ome l i ede l t e mpopa s qua l e ac ur adi

EGIDIOPIETRELLA

M. D’ AURI AEDI TORE

In copertina: Gregorio di Nissa. Tempera su tavola di tiglio, gessata, XIX sec., cm. 41 x 31 (collezione privata)

STORIE E TESTI 18 collana diretta da Claudio Moreschini

GREGORIO DI NISSA

Omelie del tempo pasquale Introduzione, traduzione e note di EGIDIO PIETRELLA

M. D'ADRIA EDITORE

ISBN 9788870923018

© M. D'ADRIA EDITORE 2009

Palazzo Pignatelli Calata Trinità Maggiore 52 80134 Napoli tel. 0815518963 fax 08119577695 www.dauria.it - [email protected] -

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Gregorius Nyssenus,

De tridui inter mortem et resurrectionem Domini nostrifesu Christi spatio (GNO IX, pp. 277, 2 1-278, 1)

AMDG

INTRODUZIONE

Vita e opere di Gregorio di Nissa La vita del Nisseno, stando agli studi biografici1, si può sintetizzare in tre fasi principali. Il primo lungo periodo di formazione e di molteplici esperienze va dalla n ascita (335, circa) fino alla sua elezione a vescovo di N issa (372). Gregorio nacque, presumibilmente nel Ponto, in una famiglia illustre, ricca e cristiana (i nonni paterni erano della provincia del Ponto, cristiani e facoltosi per possedimenti terrieri; quelli materni erano ori­ ginari della Cappadocia, con un passato di cariche politiche e militari e di fede cristiana) d a Basilio senior, famoso retore in Neocesarea, e da Emmelia, genitori di qu attro figli e cinque figlie tra cui Macrinajunior. La sua formazione p assò attraverso vari momenti e diversi maestri. Nel campo della fede cristiana lo educarono la madre Emmelia, la nonna paterna Macrina senio r (sulla base degli insegnamenti ricevuti dal grande evangelizzatore del Ponto Gregorio il Taumaturgo [2 10-275], discepolo di Origene) e la sorella maggiore Macrina junior. Nella cultura profana maestri a noi sconosciuti lo istruirono secondo il modello della natÒEta antica. Poi, probabilmente a Cesarea di Cappadocia, egli studiò retorica, filosofia, scienze (tra cui astronomia), apprendendo anche nozioni di me­ dicina, come si può dedurre dai suoi scritti. Infine, il fratello maggiore Basilio, tornato da Atene (355), formato nella retorica da celebri maestri, i pagani Libanio (che ebbe come maestro di retorica a Costantinopoli), 1 Per la biografia di Gregorio di Nissa cfr. M. Lenain De Tillemont, Mémoires pour servir à !'lJisfoire ecclésiastique des six premiers siècles, IX, Venise 17.321, pp. 561-616; Gré­ goire de Nysse, Tmité de la Virginité, par M. Aubineau (SC 119), Paris 1966, pp. 29-82; G. May, Gregor von Nyssa in der Kircbenpolillk seiner Zeit,J ÒBG 15 (1966), pp. 105-132; Idem, Die Cbronologie des Lebens und der Werke des Gregor von Nyssa, in «É criture et Culture Phi­ losophique dans la pensée de Grégoire de Nysse». Actes du Colloque de Chevetogne (22-29 septembre 1969), édit. par M. Harl, Leiden 1971, pp. 51-62; H. Dorrie, Gregor von Nyssa, in RAC 12 (1983), pp. 863-895; P. Maraval, Biografia di Gregorio di Nissa, in «Gregorio di N issa, Dizionario» (= GN Diz) (edd. L. F. Mateo-Seco - G. Maspero), Roma 2007, pp. 1 17-129.

8

Introduzione

Imerio e il cristiano Proeresio, gli fu maestro «per poco tempo»2 su tale disciplina. Da questo molteplice percorso formativo Gregorio acquisì una buona preparazione letteraria, filosofica e retorica. Egli intraprese poi vie e professioni diverse. Probabilmente nello stesso periodo in cui il fratello Basilio ricevette il battesimo (358), Gre­ gorio fu promosso lettore nella Chiesa di Cesarea. Frattanto il fratello maggiore, conosciute con viaggi le istituzioni monastiche di Egitto, Siria, Mesopotamia, attratto dall'esempio dei famigliari (Macrinajunior, la ma­ dre e la servitù si erano ritirate in una loro proprietà ad Annisa nel Ponto per condurvi vita «filosofica e immateriale») ed entusiasmato dall'attività monastica di Eustazio di Seb aste, capo riconosciuto del monachesimo dell'Asia, si ritirò anche lui nella proprietà di Annisa per condurvi vita ascetica, cercando di coinvolgervi anche l'amico Gregorio di Nazianzo e il fratello Gregorio che, però, non lo seguirono in questa scelta di vita se non per breve tempo. Tuttavia i contatti con tale ambiente certamente non cessarono. È da supporre che le frequenti visite o anche dei soggiorni abbiano consentito al fratello minore di conoscere aspetti della vita mo­ nastica (come risulta dalla sua prima opera Devirginitate) e di approfondire (in un luogo dove B asilio studiava la Bibbia per trarne le Regole Morali e compilava, negli anni 358-359, insieme a Gregorio di Nazianzo l'antologia origeniana Filocalia) la conoscenza della Scrittura e degli scritti di Filone, di Origene e di altri teologi di cui si avverte larga traccia nelle sue opere. Così la formazione di Gregorio fu completa sia in c ampo profano sia in quello teologico. Nel 362 B asilio fu ordinato presbitero a Cesarea e Gregorio, secondo un amichevole rimprovero di Gregorio di Nazianzo\ sembrò lasciare il lettorato per la professione di retore. Ma si potrebbe anche intendere la frase del Nazianzeno nel senso che egli pospose (ma non dismise) la carica di lettore a quella di retore: in realtà il lettorato non era incompatibile con la professione di retore. Si sposò con Teosebeia da cui sembra aver avuto il figlio Cinegio, il cui nome, peraltro, potrebbe essere quello di un figlio spirituale: anche su questo punto c'è incertezza tra gli studiosi. 2

Ep 13, 4 GNO VIII, 2, p. 45,26.

3 Ep 11, 4 (Grégoire de Nazianze, Lettres, par P. Gallay, Paris 1964, I, p. 17).

Vita e opere di Gregorio di N issa

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Nel 370 (dopo la morte della madre Emmelia) Basilio fu eletto ve­ scovo di Cesarea, con il voto contrario di uno zio materno vescovo, pure di nome Gregorio. Tra quest'ultimo e Basilio il Nisseno tentò una con­ ciliazione, mediante due lettere da lui falsamente attribuite allo stesso zio, con conseguente dura reazione del fratello maggiore che, scoperto l'inganno, rimproverò il minore di > (c. 13). «Non è possibile, no, indagare curiosamente con i ragionamenti umani le operazioni di Dio, poiché se fossimo in grado di comprendere tutto, colui che ci è superiore non sarebbe superiore. Che cosa potrei dire di Dio?» (c. 11). Del Figlio è ampiamente affermata la divinità in tutte le omelie. So­ no sufficienti alcuni riferimenti principali. Nell'omelia sulla santa Pasqua si legge: «Cristo è risorto, il Dio, l'impassibile, l'immortale», di cui si evi­ denziano la presdenza e la libera volontà (c. 3); è «Dio e salvatore» (c. 12). Nell'omelia sul Triduo Cristo è detto «Figlio prediletto e unico ... che sostiene tutte le cose con la parola della sua potenza ... ed è Dio... Dio forte, potente» (prologo, cc. 4. 5); è Dio nel quale tutte le cose sussistono (c. 20); è dotato «di straordinaria potenza» nel vincere il male (c. 13); è fornito di «potenza divina» (c. 18); è «colui che ha in sé il dominio dell'u­ niverso [... ); per un potere sovrano e non per necessità separa l'anima dal corpo» (c. 15); è «colui che dispone tutte le cose secondo il potere asso­ luto e sovrano (c. 16). Il Nisseno cita (nei capitoli 15. 17) Gv. 10, 18: «Nessuno toglie a me la vita, ma io la offro da me stesso: io ho il potere di darla e di riprender/a», testo fondamentale che ricorre in molti altri testi gre­ goriani in polemica con Eunomio e Apollinare. « Egli fissava a se stesso, secondo il suo potere la passione» (c. 26). Tutta la terza parte dell'omelia, dedicata al significato della croce (cc. 26-32) giunge a questa conclusione: «Per questo (Cristo) dice che 'è necessario', non semplicemente che il Figlio dell'uomo muoia, ma che 'sia crocifisso', affinché la croce, procla­ mando con la sua forma l'onnipotenza di Colui che apparve su di essa e che è 'tutto in tutti', a coloro che sono maggiormente dotati di discerni­ mento parli di Dio (SwMyoç)», cioè lo riveli, manifesti come Dio (c. 32). Inoltre, commentando le parole di Cristo risorto rivolte alla Maddalena,

Cristologia

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il Nisseno spiega: «Non raffìgurarti più ancora nella tua fede la forma corporea e servile, ma adora colui che si trova nella gloria del Padre ed esiste nella forma di Dio e che è il Verbo di Dio: questo adora e non la forma del servo» (sul Triduo, epilogo c. 34). Cristo è definito anche «Sa­ pienza onnipotente» (c. 11) ; «Sapienza vera» (c. 12). Più rari i riferimenti allo Spirito Santo nelle tre omelie pasquali. Nell'omelia sul Triduo a proposito dell'esegesi tipologica dell'episodio di !sacco si legge: «Così lo Spirito Santo ha distribuito in figura il grande mistero ... nel figlio prediletto e nell'agnello, mostrato insieme con lui: nel­ l'agnello il mistero della morte e nel figlio unigenito la vita non troncata dalla morte» (prologo, c. 4). Nel c. 19 la potenza dello Spirito Santo è nominata a proposito dell'Incarnazione. Ovviamente l'omelia sulla santa Pentecoste è tutta dedicata allo Spirito Santo, presentato come «Signore» sulla base del Sal. 94, l collegato a 2 Cor. 3, 17; e del Sal. 94, 7-9 unitamente a Eb. 3, 7-9.

Cristologia La cristologia occupa la posizione centrale nella teologia e nella spiritualità gregoriana, anche per le dispute cristologiche in atto contro ariani e apollinaristi. Nelle omelie per le feste del Signore (comprese quelle pasquali) il Nisseno contempla i misteri della vita di Cristo, la loro realtà storica e la loro dimensione salvifica e non si sottrae a precisazioni dottrinali in materia. Circa la terminologia dell'incarnazione, nell'omelia sulla santa Pasqua essa è indicata con parole, frequentemente usate dai padri greci che esprimono la «discesa» del Verbo dal cielo nella vita ter­ rena (c. 3); altrove Gregorio ricorre anche ad altre espressioni legate a oÌ.Kovopia49• La descrizione più completa - a mio parere - dell'Incarnazione si trova nell'omelia sul Triduo nel contesto della problematica della triplice 49 Cfr. KOTÒ avepwnov oÌKOVOf!la (Or cat GNO III, 4, p. 15,18-19; p. 55,1-2; Vit Moys II GNO VII, l, p. 85,4; Ep 3, 13 GNO VII, 2, p. 23,15·16; Inscr II, c. VIII GNO V, p. 100,19-20; Ka8' �flaç oÌKOVOf!ta (Or cat GNO III, 4, pp. 62, 25-63,1; ivi, p. 64,1-2) ecc.

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Introduzione

presenza simultanea di Cristo durante il triduum martis: «Quando lo Spirito Santo scese sulla Vergine e la potenza dell'Altissimo la coprì con la sua ombra per formare in lei l'uomo nuovo [ ...] , quando la Sapienza si edificò la casa e all'interno fu modellata la figura mediante l'adombramento della potenza come per mezzo di un'impronta di sigillo, in quel momento la potenza divina si mescolò alle due parti, di cui è formata la natura umana, cioè all'anima e al corpo, mescolandosi ugualmente all'una e al­ l'altro» (c. 19). In questo testo sono presenti l'affermazione della piena umanità di Cristo (nella sua completezza di anima e di corpo) e la termi­ nologia di «mescolanza», concezioni ripetute e sviluppate nel capitolo 20 della stessa omelia. Il Nisseno, infatti, sostiene che con l'incarnazione, essendosi unita la divinità al corpo e all'anima (cfr. Le. l, 35; E/. 2, 15; Pr. 9, 1), le due parti del composto umano a cui era mescolata la divinità, nella vita terrena operavano gesti salvifici di guarigioni («l'anima vuole e il corpo tocca e la malattia fugge per mezzo di tutti e due»: c. 19); così anche nella morte di Cristo (che comportò la separazione dell'anima dal corpo), la divinità non si separò né dall'anima né dal corpo, che eseguirono simultaneamente gesti salvifici, introducendo, la prima, il buon !adrone in paradiso; e il corpo incorruttibile, vincendo la morte (c. 20). Alle argo­ mentazioni bibliche e soteriologiche il Nisseno aggiunge una spiegazione filosofica: ciò che è semplice (e non composto), com'è la natura divina, non si divide; pertanto: «Poiché duplice è il composto umano, mentre semplice e unica è la natura della divinità, nel momento della separazione del corpo dall'anima, l'indivisibile non si separa insieme al composto umano, ma avviene il contrario. Infatti, per l'unità della natura divina, che si trova ugualmente in ambedue, gli elementi separati si uniscono di nuovo l'uno con l'altro. E così la morte si produce con la separazione delle parti unite insieme, invece la risurrezione con l'unione delle parti divise» (c. 20). Il Nisseno, come si vede, in cristologia segue chiaramente lo schema cristologico del Myoç/av6pwrroç (di fronte a quello di Myoç/ crétpl; precedentemente sostenuto dalla scuola alessandrina, da Aria e anche dagli apollinaristi) e intende l'incarnazione come una paatç che descrive i vari mu­ tamenti che si verificano nell'uomo a seconda della sua età92• Altri scritti gregoriani dove ricorre il tema della risurrezione93 non aggiungono molto di più a quanto detto sopra. Da segnalare due simili definizioni di risurrezione: «riplasmazione (ricostituzione) [dell'uomo de­ composto e tornato alla terra] nella sua forma originaria»9�; «ritorno, dopo la dissociazione, degli elementi già congiunti ad una inscindibile unione, strettamente legati fra loro, sicché la grazia originaria che rivestiva l'umanità potesse essere ripristinata e che noi potessimo ritornare alla vita eterna»95. Inoltre, si legge che la risurrezione di Cristo è principio della risurrezione universale96• Si incontra ancora l'esempio del vaso di argilla97• In conclusione, pur contenendo analogie con Hom op e An res, l'o­ melia sulla santa Pasqua non riporta, se non raramente, argomentazioni, dimostrazioni (ad es., il termine-concetto ei8oç, i U'lj.!Eia impressi nell'a­ nima o negli elementi dissolti del corpo), quanto, eventualmente, i ri­ sultati di questi processi o meccanismi, senza sviluppi dimostrativi. Ov­ viamente questo è dovuto anche al genere dell'omelia liturgica, che non poteva soffermarsi tanto su dimostrazioni, diversa com'era da un trattato filosofico-teologico (De mortuis, Hom op) e da un dialogo di stile platonico (An res). In definitiva, in questa omelia pasquale il Nisseno, come altrove respinge la visione antropologica origeniana circa il dualismo anima-cor­ po, così, per quanto riguarda la dottrina della risurrezione, si allontana dall'Alessandrino e si allinea sulla posizione «realistica» di Metodio e di 92

PG 46, 137C; sulla santa Pasqua,

c.

16.

93 Orcat GNO III, 4, pp. 29,1-36,16; Tuncet ipse GNO III, 2, pp. 10,7-18,6. 9� GNO III, 4, p. 3 1,20-21 . •� GNO III, 4 , p . 48,14-17. 96 GNO III, 4, p. 48,23-24; p. 78,14-17; cfr. Antirrh 17 GNO III, l, p. 154,11. 9 7 Or cat GNO III, 4, p. 31,14-16.

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Introduzione

Epifanio98• Inoltre, con essa non fornisce un contributo originale alla dottrina della risurrezione, in quanto ripete fondamentalmente argomen­ ti già utilizzati dalla letteratura precedente99• I riferimenti segnalati nelle note del commento comprovano questa affermazione. Infine, un altro aspetto dell'escatologia è quello dello «stato interme­ dio» riservato all'anima separata dal corpo dopo la morte di cui si fa cenno in due passaggi nella santa Pasqua (prologo, cc. 1.7): « (Dio) ricon­ dusse alla propria casa, come da un lungo esilio, l'anima che aveva la­ sciato il corpo migliaia di anni prima, senza che questa sia diventata affatto estranea al proprio organo, né a causa del tempo, né a causa della dimenticanza: essa, al contrario, corre verso di esso più velocemente di quanto un uccello non voli al proprio nido» (prologo, c. 1): «Tu (immagini) che un'indicibile e innumerevole moltitudine di anime si muova da abi­ tazioni segrete e che ciascuna riconosca il proprio corpo come una veste particolare e che torni subito ad abitare in esso ed operi un'infallibile distinzione di fronte ad una moltitudine così grande di spiriti di uguale natura» (c. 7). Nei primi secoli cristiani era diffusa l'idea di uno «stato intermedio» riservato alle anime separate dai loro corpi: esse si trpve­ rebbero fino al giorno della risurrezione in luoghi variamente definiti 100• 98 Per Metodio cfr. A. Miche!, Résurrection, in DThC 13/2, 2531-2534i per Epifania cfr. Brian E. Daley, Tbe bope, p. 89-90; per Origene: E. Prinzivalli, Resurrezione, in Origene. Dizionario (a c. di A. Monaci Castagno), Roma 2000, pp. 401-405, dove tra l'altro afferma: «L'aver affidato al concetto di eidos e al paragone tra il seme di grano e la spiga la salva­ guardia dell'identità fra corpo risorto e corpo terrestre non fu considerato dalla maggio­ ranza degli scrittori ortodossi successivi contropartita sufficiente per bilanciare l'abban­ dono da parte di Origene dell'impostazione naturalistica del dogma della resurrezione e i successivi seguaci moderati (Panfilo, Didimo, Gregorio di Nissa) dell'impostazione ori­ geniana dovettero proporre vari correttivi» (ivi, p. 404). 99 Wilken, Liturgy, bibleand tbeology, in (sul Triduo, c. l); «Poiché sotto l'aspetto cronologico è notte e a motivo della luce è invece giorno» (ivi, prologo, c. 8); «quello che accade nel l4° giorno alla luce sensibile, cioè che essa per tutta una notte e un giorno non subisce la mescolanza delle tenebre [ . ] . . noi in apparenza cerchiamo la luna piena che ci offre ininterrottamente per tutta la notte la luce» (c. 25); «ciÒ che era visto dai nostri occhi era la luce da noi portata nella notte con fiaccole in una nube di fuoco» (sulla Pasqua santa e salvatrice, c. l); «questa notte luminosa mescolando le luci delle lampade ai raggi mattutini del sole» (ivi, c. 2). La ÙH0. · In particolare nell'omelia sulla santa Pasqua, che per contenuto e struttura è molto vicina ad un trat­ tato filosofico, le citazioni bibliche costituiscono un appoggio e un raffor­ zamento di quanto Gregorio Nisseno cerca di spiegare con la ragioneH1• I salmi, oltre quanto già detto, sono frequentemente utilizzati nelle omelie del ciclo pasquale o per iniziare l'omelia (sulla santa Pasqua, prolo­ go c. 1: «Lodate il Signore, genti tutte; inneggiate a lui, popoli tutti»: Sal 1 16, 1), o per definirne e svilupparne il tema (sull'Ascensione: Salmi 22 e 23; sulla santa Pentecoste: Salmi 94; 74). Il Sal. 138, 7-9 è utilizzato nell'omelia sul Triduo per spiegare il simbolismo della croce (cfr. c. 29). Tra le citazioni di un rilevante valore dottrinale è Gv. 10, 18 che ricorre nei capitoli 15 e 17 nel contesto del computo dei tre giorni del tnduum martis per dimo­ strare il potere sovrano di Cristo e la sua signoria sul tempo. Il testo gio­ vanneo ricorre nei trattati teologici del Nisseno ed è spiegato per confu­ tare le tesi eretiche di Eunomio e di Apollinare142• Altro testo di Gv. 20, 17 (> (Sal. 117, 24) che causa una nuova creazione; 10. produce l'evento più notevole: la risurrezione di Cristo e i molteplici fatti salvifici. I - IL TRrouo TRA LA MORTE E LA RISURREZIONE DI C R i s To (cc. 11-21):

A - L'opera compiuta da Cristo nel triduo passato nel cuore della terra (cc. 11-12) 11. La discesa di Cristo nel cuore della terra e la sconfitta del demonio 12. Le trame e la sconfitta del demonio descritte dal profeta Isaia B- Spiegazione del periodo dei tre giorni (cc. 13-14) 13. La potenza straordinaria del Signore nell'eliminare il male 14. La causa dei tre giorni C- Il computo dei tre giorni (cc. 15- 17) 15. La soluzione generale: il potere sovrano di Cristo 16. Nell'ultima Cena Cristo anticipò fisicamente il sacrificio della croce 17. Il calcolo dei tre giorni. D- La triplice presenza simultanea di Cristo durante il triduo (cc. 18-21) 18. Cristo è presente dovunque per la sua onnipresenza 19. Con l'incarnazione la divinità del Verbo si unì all'anima e al corpo 20. Nella sua morte la divinità non si separò né dall'anima né dal corpo 21. Il paradiso e le «mani del Padre» si identificano

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Struttura delle omelie

II-

PAsQUA CRI STIANA E PASQUA GIUDAICA

{cc. 22-25):

22. Le accuse dei giudei contro i cristiani sull'osservanza della pasqua 23. La Legge conteneva «l'ombra dei beni/uturi» (Eb. 10, l) 24. Il significato degli azzimi e delle erbe amare 25. Il simbolo del 14° giorno della luna III- I L

SIGNIFICATo DELLA cRocE

(cc. 26-32):

26. Perché era necessario che il Figlio dell'uomo fosse crocifisso 27. L'esegesi di E/ 3, 18-19 espone la divinità del crocifisso 28. Una conferma desunta dall'esperienza 29. Il Sal. 138, 7-9 canta la figura della croce 30. Fil. 2, 10 e la futura adorazione universale 31. Il significato della croce raffigurata dal tau e dall'antenna della nave 32. La croce è «teologa», cioè rivela Dio Epilogo (cc. 33 -36): 33. Il gesto di Giuseppe d'Admatea e il suo significato mistico 34. La risurrezione di Cristo e i nostri aromi: la fede e la coscien­ za pura 35. L' annunzio del risorto: «Salgo al Padre mio e Padre vostro»: (Gv. 20, 17) 36. Dalla liturgia della parola alla liturgia eucaristica

DI

GREGORIO

VES COVO DI

NI S SA

SULLA PASQUA SANTA E SALVATRICE

l. Fine della liturgia: l'esperienza spirituale vissuta 2. «Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci» (Sal. 117, 24) 3. I beni spirituali della «grazia» 4. Invito alla gioia per la vittoria di Cristo

68

Introduzione DI

SULLA (FESTA) CHE

GREGORIO

VESCOVO DI

N I S SA

DETTA COMUNEMENTE NELLA REGIONE DEI

CAPPADOCI

«EniEOIZOMENH»

'

È L A scENSIONE DI NOSTRO S IGNORE G E sÙ C RI STo

Prologo (c. 1): l. Il profeta David con i salmi offre il tema della festa 2. Il buon Pastore (Sal. 22) 3. La discesa di Dio sulla terra: incarnazione e redenzione dell'uomo (Sal. 23, 1-6) 4. Ascensione al cielo di Cristo Dio e uomo (Sal. 23, 7- 10) Epilogo (c. 5): 5. Elogio di David; esortazione a imitarlo nelle virtù

O MELIA

DI

GREGORIO VESCOVO DI N I S SA P ENTECOSTE

SULLA SANTA

Prologo (c. 1): l. L'argomento della festa ispirato da David 2. Il passaggio dell'umanità dall'idolatria alla rivelazione di Dio Uno e Trino 3. La discesa dello Spirito Santo (At. 2, 1-11) 4. Lo Spirito Santo è Dio 5. Confutazione dei «Pneumatomachi» Epilogo (c. 6): 6. Invito ad applaudire il Signore e all'esultanza

GREGORJO DI NISSA

Omelie del tempo pasquale

* Nota alla traduzione Per questa traduzione in lingua italiana (che per l'omelia sul Trtduo tra la morte e la risurrezione di Cristo risulta, per quanto è dato sapere, la prima), mi sono basato sull'edizione critica curata da E. Gebhardt, Gregorii Nysseni Opera ( GNO), vol. IX, Leiden 1967, pp. 245- 327, con alcune varianti proposte da E. Pietrella, Note al testo delle omelie pasquali di Gregorio di Nissa, in «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Macerata>) XVI (1983), pp. 523540. Per l'omelia sulla santa Pentecoste ho seguito il testo di D. Teske, Gregorii NysseniOpera ( GNO), vol. X, 2 Leiden 1996, pp. 287-292. La nostra è la prima traduzione italiana complessiva delle cinque omelie sul tempo pasquale condotta sulla più recente edizione critica. Nella traduzione è segnato il riferimento al testo greco dell'edizione lei­ dense con l'indicazione della pagina corrispondente accompagnata dalla lettera G., iniziale del cognome dell'editore (Gebhardt) per le 3 omelie pasquali e per l'omelia sull'Ascensione; dalla lettera T., iniziale del cognome dell'editore (Teske) dell'omelia sulla santa Pentecoste. Le abbreviazioni dei titoli latini delle opere di Gregorio di Nissa sono desunte dal Lexicon Gregorianum. Worterbuch zu den Schri/ten Gregors von Nyssa, I-VI, hrsg. Von Fr. Mann, I-VI, Leiden 1999-2007. =

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Il mio più vivo ringraziamento va al prof. Claudio Moreschini per i preziosi consigli forniti e per l'accoglienza di questo mio lavoro nella collana «Storie e Testi» da lui diretta. Un grazie sincero per la gentile disponibiltà anche al dott. Gianni Macchiavelli, Direttore editoriale della casa editrice M. D'A.uria di Na­ poli. Sentita riconoscenza ai professori E. Corsini (Università degli Studi di Torino) e R. Cantalamessa (Università Cattolica del S. Cuore, Milano) che mi hanno guidato negli studi di Letteratura Cristiana Antica e di Storia delle Ori­ gini Cristiane.

Omelia di Gregorio vescovo di Nissa sulla santa Pasqua

Prologo1 [245 G.] l. Gli uomini poveri che amano le feste2 e accolgono con animo pieno di fervore e fogge eleganti le solennità\ anche se non sono in grado di fornire a se stessi con i propri mezzi l'eleganza da loro ricer­ cata, si adornano senza mancare di nulla per la necessità presente con il prendere in prestito dai parenti e dagli amici ogni oggetto di lusso4• Pro1 Le norme della retorica greca relative alla partitio di un testo nelle omelie non

sono sempre rispettate per ragioni liturgiche e dottrinali (A. Spira, DerDescensm ad in/eros in der Osterpredigt Gregors von Nyssa «de Tridui spatio» [de Tridui spatio, pp. 280,14-286,12, GNO IX, E. Gebhardt], in «Easter Sermons», pp. 201-202). Per il prologo seguo questa divisione ed estensione segnate da E. Miihlenberg (Die Gottheit des inkamierten Christus erwiesen durch seùre Selbstmiichtigkeit-Freiheil der Selbstbestùmmmg [In S. Pascba, 247, 26248,27], in «Easter Sermons», p. 174) e da J. Rexer (Die Festtheologie Gregors von NJ•ssa, [«Patrologia>>. Beitrage zum Studium der Kirchenvater, B. VIII], Frankfurt am Main, 2002, pp. 49-50), diversamente da quanto indicato da alcuni studiosi (Synopsis o/in San­ ctum Pascha, in «Easter Sermons», p. l; eJ. C. M. Van Winden, In defenceo/tbe Resurrection, ivi, p. 101) che limitano il prologo alle prime quindici righe; e di altri che lo prolungano fino a comprendere quella che qui si considera la fine della prima parte dell'omelia, cioè fino al capitolo 7 compreso della nostra divisione (M. Harl, L'élogede lafete de Pdques dans le prologue du Sermon in sanctum Pascha de Grégoire de Nysse, in «Easter Sermons», p. 101; C. Klock, Untersuchungen 1.11 Stil und Rhytmus bei Gregor von Nyssa. Ein Beitmg 1.11111 Rbetorikver-standnis dergriechiscben Viiter, Frankfurt am Main, 1987, pp. 187-203). 2 «Che amano le feste (!ptÀÉoprot)»: l'aggettivo è raro nel greco classico; per i Padri cappadoci c&. Lampe, s. v. 3 «Le solennità (rravt)yvpetç): originariamente rravT1yvptç indicava per i greci l'as­ semblea di tutto il popolo, la riunione nazionale, solenne, per feste, giochi, sacrifici; per gli ebrei la festa del sabato; per i cristiani la solenne assemblea liturgica: commemorazione dei martiri (c&·. Gregorio di Nissa, Mari II, 9 (GNO X, l, p. 167, 11), le feste più grandi (pasqua, trasfigurazione) e la festa in genere: c&. F. Zorell, Lexicon Gmecum Novi Tes/a­ mentr; Parisiis 1961>, s.v.; Lampe, s.v. Sembra non esserci differenza tra rravT1yvptç ed Éo pT� (anch'essa usata per indicare le grandi feste, specialmente quella di pasqua: M. Harl, L'éloge de lafete de Pdques, in « Easter Sermons>>, p. 98, n. 24; Lampe, s. v.; Lex Gr III, s. v. p. 329, 4, c, d). Nel prologo la festa di pasqua è indicata tout court «festa», «presente festa»; >: ç�TT]pa è ricerca, indagine ed an­ che oggetto di ricerca, argomento di discussione. Per il significato e le ricorrenze cfr. Lex Gr IV, s. v. , p. 21,3. L'espressione può alludere agli scritti già dedicati dal Nisseno a questo argomento (De mortuis, De hominis opificio, ritenuti dalla critica anteriori a quest'omelia), ma anche alla stessa situazione della comunità di Nissa dove potevano circolare idee contrarie alla risurrezione dei morti da parte dei pagani e dei dotti cristiani (cfr. supm n. 52, l'opinione di Peroli); e incertezze e dubbi non dovevano mancare neanche tra la «gente comune». Forse non erano assenti neanche le dispute intm ecclesiam tra origeniani e antiorigeniani sul modo di intendere la risurrezione. Per la risurrezione dei morti in Gregorio di Nissa: cfr. Daniélou, Apocatastase, in L'etre el le temps, pp. 211-221; ]. Barbe!, Gregor von Nyssa, Die grofte katechetische Rede. Omtio cate­ chetica magna, Stuttgart 1971, pp. 187-193; T. ]. Dennis, Gregory on the resurrection oftbe

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turale alla festa presente, riconducendo l'argomento proposto a un inizio convenienté�, cerchiamo di infondere certezza in coloro che per malizia dubitano delle realtà evidenti. LA

RISURREZIONE DEI MORTI. SuE PROVE

8. Il creatore dell'universo65, volendo creare l'uomo, lo portò all'esi­ stenza non come un essere spregevole, ma come il più onorevole di tutti gli esseri e lo proclamò re della creazione che è sotto il cielo66• Avendo prestabilito questo e avendo reso l'uomo tale, cioè sapiente e simile a Dio67, e avendolo ornato di tanta grazia, lo chiamò all'esistenza forse con

body, in «Easter Sermons», pp. 55-80; Brian E. Daley, The hope o/the early Church. A han­ dbook o/patristic eschatology, New York, 1991, pp. 85-89; L. Mateo-Seco, Resurrezione, in GN Diz, pp. 488-491. M «Riconducendo l'argomento ad un inizio conveniente» : procedimento metodologico non inconsueto in Gregorio Nisseno: An res (PG 46, 20A); In/ani (GNO III, 2, p. 76,2024); Hex (PG 44, 77C; 108A; 108D) ecc. 65 paatç, arricchita anche da similitudini: cfr. L. Méridier, U'nj/uence de la seconde sophistique sur l'oeuvre de Grégoire de Nysse, Paris 1906, p. 935.; Klock, Untersu­ chungen, p. 122 (sulla prosa d'arte in genere); p. 202 (per il nostro testo). Da notare ancora

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Gregorio di Nissa

Rivolgiamo attentamente la nostra attenzione alla nascita del grano e su­ bito saremo ammaestrati sull'argomento che ci riguarda. Il chicco di gra­ no viene gettato nella terra; marcito nell'umidità e, per così dire, morto, esso finisce per diventare una sostanza lattiginosa, che, induritasi un poco, diviene una punta aguzza e bianca. {260 G.] E questa, cresciuta tanto da venir fuori dalla terra, da bianca si trasforma lievemente in verde, poi diventa erba e chioma delle zolle; si stende su di esse e si sviluppa gra­ dualmente e nutre le radici sotterranee che ha molte ramificazioni, preparando il sostegno al peso futuro. E come gli alberi delle navi sono sostenuti da ogni parte con moltissime funi, perché rimangano fermi con l'essere tirati in direzione opposta con uguale forza traente, così le rami­ ficazioni della radice, simili a funi, sono gli appigli e i sostegni delle spi­ ghe. Quando il grano si innalza in spiga e si sviluppa verso l'alto, Dio lo sostiene con nodi e giunture, fortificandolo come si rafforza una casa con ganci, in previsione della pesantezza della cima. Poi, acquisita forza e avendo il grano aperto l'involucro mette fuori la spiga. E nuovamente allora si verificano prodigi più grandi: infatti, attorno alla spiga, in file spuntano i chicchi di grano e ciascuno dei granelli ha il proprio posto ed ultime spuntano le ariste aguzze e leggere, come (tante) armi, io penso, contro gli uccelli che rubano i semi, affinché i volatili, colpiti dalle loro punte, non danneggino il frutto. Tu vedi quanto grande portento contiene un solo chicco marcito e che, sebbene sia caduto in terra solo, con quanti altri chicchi risorge! L'uomo non acquista nulla di più, ma riceve ciò che aveva e perciò il nostro rinnovamento si presenta più facile della colti­ vazione del grano.

l'accuratezza tutta gregoriana nella descrizione di fenomeni naturali: cfr. supm, cc. 10; 13; sul Triduo, c. 25. Una descrizione poetica e ammirata anche in Hom op l (PG 44, 132, A-C). Su questo argomento cfr: A. Reiche, Die kiinstleriscben Elemente in der Welt und Lebemcbauung des Gregor von Nyssa, diss., Jena 1897, pp. 260-61; per il chicco di grano e l'albero (cfr. in/ra, cc. 15;16). L'utilizzazione di questo esempio in altri autori precedenti si incontra in Clemente R., 1Cor 24, 4; Tertulliano, Res 52; Mare V, 10,4-6; Metodio, Res I, 53,4; III, 10 (dove l'autore confuta l'idea di Origene secondo cui il corpo risorto sarebbe diverso da quello precedente, come la spiga dal chicco seminato); Cirillo di Gerusalemme, Cat 18, 6; Epifania, Ancor 83, 4.

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16. Di qui passa

alla considerazione degli alberi, cioè come l'inverno ogni anno per essi sia pari alla morte: si staccano, infatti, i frutti, cadono le foglie e gli alberi rimangono secchi e privi di ogni bellezza. Ma quando sopraggiunge il tempo della primavera, spuntano su di essi fiori bellissimi e dopo i fiori si forma il manto delle foglie; e allora essi, come uno spet­ tacolo piacevole, {261 G.] attirano gli sguardi degli uomini e diventano come un cantiere di uccelli canori che si posano tra le foglie e una incan­ tevole bellezza si irradia intorno ad essi, sicché molti lasciano anche la loro casa adornata d'oro e di marmi della Tessaglia e della Laconia e piuttosto giudicano piacevole per loro vivere sotto gli alberi. Per questo anche il patriarca Abramo piantò la tenda sotto una quercia9\ non perché era del tutto sprovvisto di una casa, ma perché egli godeva del riparo dei rami95• 17. Mi

conduce all'approvazione96 del presente argomento anche la vita dei serpenti: infatti, nella stagione invernale la loro forza vitale muore ed essi per il periodo di sei mesi giacciono completamente immobili nei loro covi. Ma quando giunge il momento stabilito e il tuono rimbomba sul mondo, essi, quasi accogliessero il fragore come segnale della vita, balzano su e dopo un lungo periodo eseguono le attività consuete97• Cosa significa questo? Mi dica colui che esamina e giudica le azioni di Dio e mi insegni come ammetta che con il tuono i serpenti che erano morti si Cfr. Gen. 13, 18; 18, l. 95 Giustamente Van Winden (In de/ence o/the resurrection, in «Easter Sermons», p.

9�

109) definisce il quadretto naturale una short bucolic ekphrasis. Il richiamo a questo fenomeno naturale nel contesto della risurrezione dei morti si legge in Teofìlo, Auto/ l, 13; Tertulliano, Res 12,4; Cirillo di Gerusalemme, Cat 18,7. 96 ia, q>tÀoa01peiv in ambiente cristiano assumono significati nuovi: cfr. Lampe, s.vv.; G. Bardy, Philosophie et philosophe dans le vocabulaire chrétien des premiers siècles, RAM 25 (1949), pp. 97-108; A. M. Malingrey, «Phi­ losophùt». Étude d�m group de mots dans la litterature grecque, des Présocratiques au IV siècle après f. C., Paris 1961, pp. 207-261: i padri cappadoci indicano con tali termini un insieme di valori morali, un metodo di formazione: «filosofare» è vincere la propria ira, i piaceri dei sensi, distaccarsi dalle ricchezze e dai beni, resistenza alla sofferenza. Nel Nisseno, in un contesto più pratico, inerente alla condotta morale, i termini possono significare appunto vita morale perfetta d'ogni cristiano, vita virtuosa, anche ascetica, monastica: cfr. Grégoire de Nysse, Vie de sainteMacrine (par P. Maraval, SC 178) Paris 1971, pp. 90-103; A. Heck, Gregorii Nysseni depau-peribus amandis, Orationes, Leiden 1964, pp. 62-66. 1 10 >: tale lezione mi sembra più conforme al tagionamento del Nisseno che si allinea a S. Paolo di cui cita immediatamente l Cor. 15, 32: Pietrella, Note al testo, p. 528.

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nessuno provi compassione del povero, perché la pietà è senza ricom­ pensa 112• Questi ragionamenti creano una confusione peggiore del diluvio ed eliminano ogni saggia considerazione, stimolano maggiormente ogni disegno folle e brigantesco. Poiché se non c'è risurrezione, non c'è nean­ che giudizio; se poi si elimina il giudizio, è tolto anche il timore di Dio; laddove il timore [di Dio] non ispiri la saggezza, il demonio danza festo­ samente con il peccato. E molto opportunamente David scrisse il salmo contro simili individui: «Lo stolto disse nel suo cuore: Vio non ce: Si corrup­ pero e si resero abominevoli nei loro pensieri» m. Se non c'è risurrezione, è un mito Lazzaro e il ricco e l'abisso spaventoso e l'ardore insopportabile del fuoco e la lingua bruciante e la goccia d'acqua ardentemente desiderata e il dito del povero114• È chiaro, infatti, che tutto questo rappresenta la risurrezione futura, poiché la lin­ gua e il dito non si concepiscono come membra dell'anima, che è senza corpo, ma parti del corpo115• Nessuno pensi che questo sia già avvenuto, 22.

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Alla base dell'argomentazione sembra esserci 1Cor. 1 5, 29-32, dove l'apostolo, per rafforzare il suo discorso sulla risurrezione, dalla eventuale negazione di essa fa de­ rivare delle deduzioni per absurdum. m Sal. 13, l. Connessione tra vita morale e risurrezione anche in Ps. Giustino, Res 10; Cirillo di Gerusalemme, Cat 18, l; Epifania, Ancor 89, 2. In An res (PG 46, 17B) il Nisseno afferma la stessa cosa riguardo alla mortalità dell'anima, ammettere la quale si­ gnifica «estraniarsi dalla virtù, guardare solo ai piaceri presenti e perdere ogni speranza nella vita eterna». 114 Cfr. Le. 16, 19-31. 115 Per l'esegesi gregoriana di Le. 16, 19-31 cfr. M. Alexandre, L'inte1pretation de Luc 16, 19-31 chez Grégoire de Nysse, in «Epektasis», pp. 425-441. Il Nisseno ricorre circa 20 volte (Drobner, Bibelindex zu den Werken Gregors von Nyssa, Paderborn 1988, pp. 82-83) alla parabola di Luca in una serie di testi (più numerosi) in relazione al tema della ric­ chezza e della povertà e ai conseguenti atteggiamenti morali-spirituali dell'uomo; e in un'altra serie di testi - meno numerosi dei precedenti - in rapporto al tema dell'al di là, sia a proposito dell'anima separata dal corpo (Hom op 27, PG 44, 225C); An res (PG 46, 80A-88C), sia in un contesto escatologico inerente alla risurrezione, al giudizio e alla re­ tribuzione, come in questo caso, dove è raffigurata la risurrezione futura, in quanto la lingua e il dito sono parti del corpo. Nel nostro caso letterali sono l'interpretazione e la concezione della risurrezione e della retribuzione finale, intese in maniera realistica e materiale (Alexandre, L'inte1pretation, pp. 439-450; Misago, La résurrection des morts, p. 451; Dennis, Gregory on the resurrection o/the body, pp. 61-62) diversamente che in An res

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ma [reputi] che esso sia una predizione del futuro: si realizzerà quando il riordinamento, restituita la vita ai morti, condurrà ciascun uomo al rendiconto della vita passata nella sua composizione precedente, cioè nella sua costituzione di anima e di corpo. E verso quale idea veniva con­ dotto Ezechiele {2GG G.} divinamente ispirato e testimone di grandi visioni, quando vedeva quella pianura grande ed estesa ricoperta di ossa umane, su cui aveva ordine di profetare? E le carni aderivano subito ad esse, mentre i resti sparsi e dispersi disordinatamente si univano insieme gli uni agli altri con ordine e armonia116• Non è vero che attraverso tali paro­ le (Ezechiele) ci indica chiaramente il ritorno in vita di questa carne? A me sembra che coloro che contendono litigiosamente contro questo argomento sono non solo empi, ma anche privi di senno: infatti, risurrezione e ritorno alla vita e rimodellamento e tutti i termini simili117 23.

(PG 46, BOB-C), dove l'au tore vi vede la sopravvivenza dell'anima. In altri autori la parabola di Luca viene interpretata per lo più in rapporto all'anima separata dal corpo (lreneo, Haer Il, 34, l ; Tertulliano, Res 17,2; Mare IV, 34, 14). Origene (apud Metodio, res III, 17,2- 3) contrapporrebbe un'interpretazione per «i più semplici» (Lazzaro e il ricco ricevono con i loro corpi la giusta ricompensa di quanto hanno compiuto) e «per i più sagaci» (il testo lucano si riferirebbe non alla risurrezione, ma all'anima separata dal corpo che ha uguale forma» del corpo). Per Metodio (Res I, 52, l) l'tmopia del ricco e di Lazzaro è prova dell'immortalità dell'anima. 116 Cfr. Ez. 37, 1-14. Cfr. An res (PG 46, 136A-B). Il testo profetico era stato già con­ siderato come profezia della risurrezione futura da: Ireneo, Haer V, 15,1; V, 34, l; Tertul­ liano, Res 29-31; Metodio, Res III, 9; mentre ivi in I, 23,6-7 si riporta l'interpretazione di Origene che non vi vedrebbe la risurrezione dei morti, ma la restaurazione del popolo ebreo dalla schiavitù. Inoltre l'Alessandrino (in Joh. X, 36) intende la profezia di Ezechiele come figura della risurrezione del corpo vero e più perfetto del Cristo, cioè della Chiesa: risurrezione, quindi, in senso spirituale e non letterale (H. Crouzel, Les propheties de la résurrection selon Origène, «Forma futuri», Studi in onore del Card. M. Pellegrino, Torino 1975, pp. 985-986. m Seguono due > ecc.) nella liturgia mediante letture, riti sacramentali e con la partecipazione ai credenti dei suoi effetti spirituali. 1 Cfr. Gen. 12, 2; 27, 12 ecc. La benedizione sui patriarchi (accordata, cioè, da Dio ai patriarchi) comporta sempre aliquid munelis his qui ab eo benedicentur» (Origene, cmmn Rom 9, 14 PG 14, 1221A). � Cfr. Rm. 7, 14. 5 « Vivo11o rettamente>> (KaTOpeovaw): il verbo greco è specifico dell'etica stoica e significa «vivere, agire rettamente>> (cfr. SVF III, VIII §§. 2-3, 500-543, von A.rnim).

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che per mezzo delle figure storiché si ha una prefìgurazione7 della real­ tà8; se qualche voce profetica reca il lieto annunzio di cose che vanno oltre la natura: tutto questo è la presente grazia9• E come nello spettacolo 6 «Figure storiche» (iuwptKwv aivtyf!énwv): atvtyfla (cfr. lCor. 13, 12, dove ricorre l'unica volta nel N.T.) indica genericamente «immagine non chiara»; gli aiviyflaTa sono «figure»: cfr. G. Kittel, in GLNT l (ed. it.), Brescia 1965, pp. 477-484; Lampe, s.v. 2; Lex Gr, s. v. Il, 2 d, pp. 99,55; iuwpia designa frequentemente i n Gregorio il testo della Bibbia considerato in senso letterale come una semplice esposizione dei fatti. Il compito dell'esegesi è di esporne la 8Ewpia, mostrandone l'axoÀou8ia: cfr. Daniélou, Enchai­ nement, in L'etre et le temps, p. 39. 7 «Pre/igmwzione»: il termine greco rrpoÒtaTvrrwutç, assente nel greco classico, si incontra come sostantivo e verbo negli scrittori cristiani (cfr. Lampe, s. v.) e nell'omiletica pasquale: Melitone (nelle forme rrpoTUTIWUtç, rrpoTurrow) Sur la Pdque (par o. Perler se 123) Paris 1966, 35; 39; 57; 58; Ps. Crisostomo, Hom Pasca/I, 9,2, SC 27; Hom Pasca! II, l, 13; 16; Il, 19, SC 36; in Gregorio Nisseno: Cant VII (GNO VI, p. 232, 2); Vt't;g 19 (GNO VIII, l, p. 323, 2·3); Diem nal (GNO X, 2, p. 247,17). L'esegesi tipologica come concetto e metodo ermeneutico appare strie/o sensu in lCor. 10, 6.11; Rm. 5, 14; cfr. Gal. 4, 24 (dove, però invece del verbo TUTIOW è usato l'equivalente, in questo caso, CxXÀT)yopÉw); lPt. 3, 21. Strettamente parlando TUTTO t sono qualificati «non testi veterotestamentari, ma eventi storici, presentati in un rapporto piuttosto tenue con il N.T.» (L. Goppelt, Tvrroç, in GLNT 13 (ed. it.), Brescia 1981, 1478-79) e si distingue dall'allegoresi che spiega parole e frasi in senso metaforico, allontanandosi dal significato letterale e dal contenuto storico (Idem, ivt; n. 23). L'omiletica pasquale fa spesso uso dell'esegesi tipologica (non sempre conformemente al metodo biblico originario), specialmente in relazione a Esodo 12. Ulteriore bibliografia: Fr. Biichsel, CxXÀT)yopÉw, in GLNT l (ed. it.), Brescia 1965, pp. 695-706; H Crouzel, La distinction de la et de !'«allegorie», BLE 65 (1964), pp. 161- 174; J. Daniélou, Sacramentumfuturi. Études sur /es origùtes de la typologie biblique, Paris 1950. Per i Padri della Chiesa: J. Woollcombe, Le sens du >22• 4. Anche la storia è per te piena della benedizione simile23. {275 G.] Il padre d'Isacco non risparmiò24 quel figlio prediletto25 e il figlio uni19

Cfr. Gen. 2, 3. La benedizione e il riposo del sabato intesi come «legislazione spirituale» sono interpretati tipologicamente: quel sabato era «tipo» di questo sabato, nel quale l'«Unigenito Dio» (cfr. Gv. l, 18) «realmente» (ÒÀ.I]Swç) si riposò da tutte le sue opere a causa dell'economia della morte e quindi dell'inattività del sepolcro. Così anche nell'omelia sulla Pasqua santa e salvatrice (c. 1). Ciò è in contrasto con quanto sarà affermato infi'tl (c. 20), dove è detto che nel tempo della morte erano attivi di Cristo sia l'anima (che introduce il buon !adrone in Paradiso) sia il corpo (che distrugge la morte). Una simile identificazione del riposo sabbatico con l'inattività della morte di Cristo si rinviene anche in Ps. Crisostomo, (Hom Pasc III, 35, SC 48) dove prevale l'aspetto soteriologico a differenza di quello cristologico presente nel nostro testo, come qui denota anche l'appellativo attribuito a Cristo di o povoyev�ç 8eoç usato di preferenza dai cappadoci in funzione antiariana e antimacedoniana (cfr. K. Hall, Amphilochim von Ikonium in seinem Verhiiltnis zu den grossen Kappadoziem, Tiibingen-Leipzig, 1904, pp. 128; 165; 2122 13; 240 ); J. Lenz, Jesus Christus nach der Lehre des hl. Gregor von Nyssa. Eine dogmen­ geschichtliche Studie, Trier 1925; Drobner, Die drei Tage, p. 51 e n. 73. 20 «Per mezzo dell'economia della morte»: il Nisseno usa raramente da solo il termine oiKovopia; per lo più lo accompagna con aggettivi o con altre espressioni che indicano i vari momenti o azioni dell'opera salvifica di Cristo: cfr. l'omelia sulla santa Pasqua n. 32. 21 C&. Gv. 11, 25 («Io sono la risurrezione e la vt�a»); Gv. 14, 6 (>, «dalle nozze infelici>> (Sofocle, Antigone 980), è più frequente negli autori cristiani nel senso di vergine (Lampe, s. v.). Nel Nisseno: cfr. Lex Gr I, s. v., p. 409. 39 «Senza padre»: detto di Cristo in relazione alla sua natura umana: cfr. Lampe, s. v.,

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indolore40, sul parto immacolato'\ avendo così detto il profeta: «Ecco la vergine concepirà nel grembo e partorirà un figlio e chiameranno il suo nome Emmanuele, cioè Dio con noi>>42. Che la doglia fu senza dolore te lo insegni innanzitutto anche ciò che è ragionevole. Poiché, infatti, ogni piacere ha unito a sé il dolore, è del tutto necessario che nelle cose con-siderate inscindibili se non c'è una non ci sia neanche l'altra. Dove, per-tanto, non precedette il piacere del concepimento non seguì neanche il dolore43. Inoltre, anche la parola del profeta conferma questo discorso, esprimendosi così: «Prima che giungesse il dolore del parto, lei lo sfuggì e par­ torì un maschio»44; o, come dice un altro traduttore: «Prima che avesse le doglie del parto, leipartorì»45• Da questa madre vergine, dice il profeta «fu generato per noi un bambino e ttn figlio /it dato a no� il cui dominio /tt posto sulle sue spalle ed è chiamato messaggero di grande consiglio, consigliere ammi­ revole, Dio /orte, potente, principe di pace, padre del secolo futttro»46. Questo bambino, questo figlio «come una pecora /tt condotto all'uccisione e come un agnello muto davanti al suo tosatore»47• l, d; Lex Gr I, s. v. , p. 444. Cfr. Eb. 7, 3 a proposito di Melchisedech, che per questo è spes­ so considerato «figura» di Cristo. 40 «Doglia indolore» (à vw 8 uvoç): cfr. Cant 13 (GNO VI, p. 388, 9. 388, 13-3 89, l); Lex Gr I, s. v. , p. 414. 4 1 «Parto ùmnacolato>>: cfr. Ca nt 13 (GNO VI, p. 388, 9); cfr. Lampe, s. v. ; Lex Gr I, s. v., p. 24 1. ·12 Is. 7, 14 (cfr. Mt. l, 23). 43 Cfr. Platone, Pedone 60 b. 44 Is. 66, 7. 45 Is. 66, 7 secondo la traduzione di Simmaco. Anche altrove (Hex PG 44, 69D-72 A; Inscr II, cc. II; IV, GNO V, pp. 72,20-21; 82,3s.) il Nisseno ricorre ad altre traduzioni. Sul testo della Bibbia nell'omelia cfr. Hall, The interpretation, pp. 149-150. Della verginità di Maria Gregorio adduce una prova filosofica di origine platonica (il dolore e il piacere sono inscindibili: dove non c'è l'uno non c'è neanche l'altro); l'altra è biblica (Is. 66, 7, se-condo la traduzione d i Simmaco). Numerosa bibliografia sulla rnariologia di Gregorio: cfr. G. Soell, in HDG III,4 (1978), pp. 51-73; Altenburger - Mann, Mariologie, in Bi­ bliographie, pp. 36; Mateo-Seco, Mariologia, in GN Diz, pp. 374-378. 46 Is. 9, 5 (LXX, Rahlfs): cfr. l'utilizzazione di questo testo anche in opere polemiche e dottrinali: Etm III, t. 9 (GNO II, pp. 273,18-274,2); Antirrh (GNO III, l pp. 149,10; 189,25). 47 Is. 53, 7. Questo era un testo pasquale, unitamente a Ger. 11, 19 (che nel nostro caso segue immediatamente): cfr. Melitone, Sur la Pclque 63. 64 (SC 123). Isaia 53, 7 si tro-

Sul triduo tra la morte e la risurrezione

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ancor più, come dice Geremia {277 G.], questo è «l'agnello mansueto condotto a essere sacrificato» 4 8; questo è «il pane in cui mettono il legno» 49 i nemici del pane e del legno. Ma soprattutto prendiamo dalla profezia l'esempio più chiaro e ma­ nifesto di tutti, attraverso il quale viene chiaramente descritto in ante­ cedenza il mistero: parlo di Giona, che entrò illeso nel pesce e ne u scì di nuovo incolume e che con i tre giorni e altrettante notti passati nel ventre del pesce50 descrisse antecedentemente la permanenza del Signore nelle viscere dell'Ade51• E

6. Questi e simili significati è necessario che tu ricerchi e scelga da ciascun passo della Scrittura52. Poiché tu vedi per mezzo delle realtà presenti tutte quelle singole realtà e nell'odierna letizia «si fondano tutta la legge e i profeti», come dice in qualche luogo il vangelo53; ed «ogni parola

va anche in Ps. Crisostomo, Hom Pase l, 18 (SC 27); Hom Pase Il, l, 21; Il, 20 (SC 36); Hom Pase III, 42 (SC 48); in Pascha V, l, PG 59, 734; cfr. Odgene, Sur la Pcique Il, 41 (par O. Guéraud - P. Nautin, Paris 1979). Nei lezionari delle chiese orientali (armena, greca, siriana, palestinese) il brano di Is. 52, 13-53, 1 2 è attestato nel venerdì santo (Drobner, Die drei Tage, p. 202). �8 Ger. 11, 19. 49 Ger. 11, 19 (LXX). 5° Cfr. Gn. 2, 1-11. Il libro di Giona (intero o anche limitato ai soli due primi capitoli) è attestato nei lezionari antichi tra le letture liturgiche o del sabato o della veglia di pasqua (Hall, Inte1pretation, p. 148; Drobner, Die drei Tage, p. 203). È da pensare che esso sia stato letto anche nella veglia pasquale precedente l'omelia sul Triduo. I l ricorso a questo >. =

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attaccato a sé il dominio dell'universo142, come per un potere sovrano e non per una necessità di natura separa l'anima dal corpo, quando dice che «nessuno toglie a me la vita, ma io la offro da me stesso: io ho il potere di darla e il potere di riprender/a di nttovo»143• Questo per me sia fermamente stabilito e la questione è stata chiarita144• 16. Colui che dispone tutte le cose secondo il potere assoluto e so­ vrano non aspetta la necessità derivante dal tradimento145 né l'assalto brigantesco dei Giudei146 né il giudizio illegale di Pilato147, così che la loro malvagità sia origine e causa della salvezza comune degli uomini; ma con la sua disposizione precede l'assalto nel modo ineffabile del sa­ crificio. E il sacerdote insieme e «l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo»148 offre invisibilmente agli uomini «se stesso come ablazione e sacri­ ficio per noi>> 149• Quando avvenne questo? Quando rese per i suoi discepoli il suo 42

Cfr. infra, sull'Ascensione, c. 4. Gv. 10, 18, testo biblico che ricorre altre cinque volte negli scritti dottrinali gre­ goriani per controbattere le idee eretiche di Eunomio e di Apollinare, in difesa della divinità e dell'umanità {compresa l'anima) di Cristo: c&. Drobner, Bibelindex, p. 88; M. Simonetti, La crisi ariana nel IV secolo, Roma 1975, p. 476. Per l'uso di Gv. 10, 18 negli autori orientali e occidentali: cfr. M. Aubineau, Homélies Pasca/es (SC 187), Paris 1972, pp. 414. 464; Drobner, Die drei Tage, p. 111. 144 Notare nella seconda parte del c. 15 e nei successivi cc. 16-17 l'accumulo dei termini indicanti la potenza divina attribuita a Cristo. Su questo argomento cfr. J. Gai'th, La conception de la libertéchez Grégoire de Nysse, Paris 1953, pp. 17-39; 72-76; 287 n. 7. 145 Cfr. Mt. 26, 14-16. 47-50 (parall.). 1 46 C&. Mt. 26, 47-56 (parai!.); Gv. 18, 2-11. 147 C&. Mt. 27, 11-25 (parai!.); Gv. 18, 28-19, l. Un elenco simile di eventi dolorosi previsti e volontariamente affrontati da Cristo per la salvezza degli uomini si ha nell'omelia Sulla santa Pasqua (c. 3), dove, accanto alla prescienza e alla libera volontà di Cristo, si mette in rilievo la «filantropia» divina; qui, invece, in rilievo sono poste l'onnipotenza che «dispone sovranamente ogni cosa» e la libera volontà della sua morte (M. Canévet, La mort du Cbrist... , Les Qua tre Fleuves 15- 16, 1982, p. 85). 1 4 g C&·. Gv. l, 29. Per il sacerdozio di Cristo negli scritti gregoriani: J. Betz, Die Eu­ cbaristie in der Zeit der griechischen Viiter, in HDG IV, 4 a, Freiburg 1955, pp. 127- 128; Mateo-Seco, Estudios sobre la Cristologia, pp. 261-269; Idem, Sacerdozio, in GN Diz, p. 493. 149 E/ 5, 2; cfr. lTm. 2, 6. 1

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corpo cibo e il suo sangue bevanda150• {288 G.] Ad ognuno, infatti, risulta chiaro che non potrebbe essere mangiato un agnello se il suo sgozzamento non precedesse il pasto. Pertanto colui che dà ai discepoli il suo corpo come cibo dimostra chiaramente che il sacrificio dell'agnello è già stato compiuto, poiché il corpo della vittima non sarebbe pronto per il pasto se fosse vivo. Perciò, quando offrì ai suoi discepoli da mangiare il corpo e da bere il sangue, mentre egli già in segreto realizzava con il suo potere il mistero, arcanamente e invisibilmente il suo corpo fu sacrificato e l'anima era tra quelli fra i quali la potenza di chi governa la collocò151, aggirandosP52 1 5°

Cfr. Mt. 26, 26-29 (parai!.); lCor. 11, 23-25. Il c. 16 contiene due idee fondamentali relative all'Eucaristia e all'Ultima Cena: 1- Il carattere sacrificale; 2- l'anticipazione reale nell'Ultima Cena della morte di Cristo. Quest'ultima idea è propria degli autori siriaci, e in particolare di Afraate da cui dipen­ derebbe il Nisseno (cfr. Drobner, Die drei Tage, pp. 109-111; Barbe!, Die grosse katechetische Rede, p. 200; meno convinto è W Huber (Passa und Ostem, Berli n 1969, p. 131, n. 134). Per gli scrittori siriaci: Huber, Passa tmd Ostem, pp.130-132; Betz, Die Eucharistie, in HDG IV, 4 a, pp. 97-100. La scelta gregoriana della soluzione di Afraate andrebbe spiegata nell'am­ bito delle dispute dottrinali contro Eunomio e Apollinare per affermare in Cristo la piena divinità (volontarietà della morte) e la piena umanità (morte): cfr. Drobner, Die drei Tage, pp. 1 10-111. Bibliografia sulla dottrina eucaristica gregoriana (oltre quella citata): cfr. Altenburger - Mann, Eucharistie, in Bibliographie, p. 329; J. Bielsa, El vocabolario eucaristico en la «Oratio Catecheticm> de San Gregorio de Nisa, in «Studien zu Gregor von Nyssa und der christlichen Spatantike», hrsg. Von H. Drobner - Chr. Klock, Leiden 1990, pp. 233244; Mateo-Seco, Eucaresti11, in GN Diz, pp. 270-274. 152 >: un'espressione simile ricorre più volte nella nostra omelia (cfr. prologo, cc. 5. 10. Gregorio segue le regole della retorica secondo cui l'argo­ mento più importante doveva essere trattato alla fine (cfr. Quintiliano, Imt or VII, 1,10). 6 16 «Studiosi» (lett. pùì desiderosi di sapere): così traduco il termine greco tpthOfla9�crTe pm; non molto frequente in Gregorio, esso indica, quasi sempre nei suoi scritti, i teologi, in contrapposizione a «quelli che pensano piamente» (cfr. Drobner, Die drei Tage, pp. 114-115). 167 Introducendo il tema della triplice presenza simultanea di Cristo, Gregorio usa un linguaggio vago e sfumato, in quanto non parla di «luoghi», ma genericamente di «tre» (realtà? stati? condizioni? situazioni?), mentre l'espressione (letteralmente intesa) «SÌ dà» (ÉavTÒV oiowcrt) riferita a Cristo sottolinea una volta in più il suo potere sovrano di disporre di se stesso (cfr. supra c. 1 5). 168 In questa sezione Gregorio af&·onta e risolve «l'argomento più importante» con­ nesso con il triduum martis: la triplice presenza simultanea di Cristo. Il tema è presente nella tradizione cristiana anteriore e posteriore a Gregorio, sia nei padri orientali che occidentali. Nella seconda metà del IV secolo la questione divenne più attuale e urgente per le dispute cristologiche, soprattutto in relazione al pensiero Apollinare di Laodicea, riguardo alla completa natura umana di Cristo. Bibliografia sulla cristologia del IV secolo e più specifì.catamente del Nisseno: J. Lìébaert, L'incamation des origines au conct'le de Cbal­ cedoine, Paris 1966, pp. 158- 162 A. Grillmeier, Gestì Cristo nella/ede della Chiesa, vol. I, t. I e t. II (ed. it.), Brescia, 1982, pp. 365-629; in particolare pp. 694-708; E. Bellini, Su Cristo. Il grande dibattito nel quarto secolo (Apollinare, Epifania, Gregorio di Nazianzo, Gregorio di Nissa e altrt), Milano 1977: per il Nisseno pp. 323-483; 543-546; ]. N. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini (ed. i t.), Bologna 19842, pp. 343-3 77; Altenburger - M an n, Christologie, in Bibliographie, pp. 325-326; Mateo-Seco, Cristologia, in GN Diz, pp. 165-177.

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da una parte {291 G.] dice: «Come Giona fu nel ventre del pesce, così anche il Figlio dell'uomo sarà nel cuore della terra»169 per il periodo di tre giorni. Al ladrone poi dice: « Oggi sarai con me nelparadiso»170• E al Padre: «Nelle tue mani affido il mio spirito»171• Poiché uno né potrebbe dire che il paradiso sia negli inferi, né che gli inferi siano nel paradiso, con la conseguenza che Egli si trovi nel medesimo tempo in ambedue o che questi siano det­ ti mano del Padre. Ma, forse, questo non è oggetto degno di ricerca per le persone che ragionano secondo la retta dottrina 172, poiché colui che è dovunque per la potenza divina è presente in ogni luogo e non è escluso da nessuno di essi 173• 19. Ma io so di aver appreso anche un'altra spiegazione174 riguardo a questo argomento, che, se voi volete, esporrò brevemente. Quando lo Spirito Santo scese sulla Vergine e la «potenza dell'Altissimo» la coprì con

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Mt. 12, 40, citato (prologo, c. 5) a proposito di Giona, dove, però, si parla di «Ade>>, mentre qui di , che, come appare in questo stesso paragrafo, è sinonimo di Ùnox96vta. Sull'uso di Mt. 12, 40 nell'omelia sul Triduo e in Antirrh cfr. Mateo-Seco, Estudios, pp. 315-332. 170 Le. 23, 43. 171 Le. 23, 46. 172 «Coloro che pensano secondo la retta dottrina (EÙUE�wç)»: coloro che pensano pia­ mente seguono la . Per eÙaÉ�ElO come «ortodossia>>: cfr. supra, prologo, c. 4 e n. 30. 173 Circa l'onnipresenza di Cristo cfr. in questa omelia cfr. in/ m cc. 27-30; Or ca! GNO III, 4, pp. 63,9-64,3. m Dopo una soluzione generale, il Nisseno espone una spiegazione più profonda che dice desumere da una «fonte>> («so di aver appreso un'altra spiegazione>>). In realtà la problematica della triplice presenza di Cristo nel triduum martis si trova affrontata da vari autori: Clemente AL, Exce�pta ex Theod 62,3 (GCS 3,128, 6 s., Stiihlin - Frlichtel); Origene, In ]o. XXXII 32); /rg in Le 248 (GCS 9, 332, Rauer); in Mt 12,3 (GCS 10,72, 33-73, 2, Klostermann); dia! Eme!, 6-8 ( SC 67, Scherer); Ps. Crisostomo, Hom Pasc I, 7.56 (SC 27); Ps. Atanasio, de Incam c. Apol (PG 26, 1 117B). Per la storia del problema e l'analisi degli autori: cfr. A. Grillmeier, Der Gottessohn im Totenreich, ZKTh 71 (1949), pp. 29-53; 184203; Daniélou, Morta!ité, in L'etre et le temps, pp. 177-179; L. R. Wickam, Soul and body: Christ's Omnipresence (de Tndui Spatio, pp. 290, 18-294,13), in «Easter Sermons>>, pp. 279292; Drobner, Die drei Tage, pp. 117-119.

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la sua ombra»175 per formare in lei l'uomo nuovo176 (quello definito nuovo, in quanto fu creato secondo Dio177, non secondo il modo abituale degli uomini, così che fosse tempio di Dio non fatto dagli uomini: infatti, l'Al­ tissimo non abita in templi manufatti, cioè costruiti dagli uominil78), al­ lora quando la Sapienza si edificò la casa179 e all'interno fu modellata la figura mediante l'adombramento della potenza come per mezzo di una impronta di sigillo, in quel momento {292 G.] la potenza divina si mescolò alle due parti, di cui è formata la natura umana, cioè all'anima e al corpo, mescolandosi ugualmente all'una e all'altro180• Dal momento che queste due parti erano morte per la disobbedienza (poiché la morte dell'anima è l'allontanamento dalla vita vera, mentre quella del corpo è la corruzione e la dissoluzione), era necessario che la morte fosse scacciata da tutte e due con il mescolarsi ad esse della vita181. 1 75 Cfr. Le. l, 35. 176 Cfr. E/ 2, 15; 4, 24; cfr. 2Cor. 5, 17. 177 Cfr. E/ 4, 24.

178 Cfr. At. 17, 24. l, citato in contesti simili al nostro passo: Eun III, t. l, 44 (GNO II, p. 19,4 -5); Antirrh (GNO III, l, p. 144, 9-10 ; Ep 3, 19 (GNO VIII, 2, p. 25, 3). 1 80 In questo e nel successivo capitolo 20 ricorrono i verbi KaTaKepétvvu f-1 !, KaTa­ f-llYVUf-11 e i sostantivi àvétxpaotç, ETTLflL!;ia, tutti nella forma composta, relativi al con­ cetto di «mescolanza>> che sono abituali nel vocabolario gregoriano per indicare l'unione delle due nature divina e umana in Cristo: cfr. J. R. Bouchet, Le vocabulaire de l�mion et du rapport des natures chez Grégoire de Nysse, RThom 68 (1968): pp. 541-549. Per le fonti gregoriane, Idem, ivi, pp. 551-565. Gregorio, con l'uso del termine «mescolanza» della na­ tura umana e divina, non giunge alla dottrina dell'unione delle due nature nella persona (unione ipostatica): cfr. Liébaert, L'incarnation, pp. 158- 162. Sugli aspetti della cristologia gregoriana cfr. ancora: K. Hall, Amphilochius von Ikonium, pp. 220-235 (specialmente pp. 226-228); J. Lenz, ]esus Christus nach der Lehre Gregors von Nyssa, pp. 90-91; Barbe!, Die grosse katechetische Rede, pp. 130-133; Mateo-Seco, Estudios, pp. 107-110. 181 Dopo il «fatto» dell'incarnazione richiamato con linguaggio esclusivamente bi­ blico, Gregorio ne spiega il «perché>>, esponendo un argomento prettamente soteriologico: poiché l'anima e il corpo erano morte a causa della disobbedienza, era necessario che la morte fosse scacciata da entrambi, con la mescolanza della vita, per effetto della divinità. È questo il motivo teologico del «quod non assumptum non sanatmm>, già presente in Ori­ gene (Dia! Erac/ 6; cfr. Liébaert, L'incarnation, p. 97; Grillmeier, GestÌ il Cristo, vol. I t. I, p. 360), formulato anche da Gregorio Nazianzeno (Ep 101 Cled, PG 37, 181C-184A), ribadito dal Nisseno (Re/Etm 173- 175, GNO II, pp. 385,2-386,11; Antirrh (GNO III, l, p. 152,4- 14). Per il principio soteriologico ricordato sopra cfr. M. F. Wiles, Soteriological arguments in the 179 Cfr. Pr. 9,

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Pertanto, mescolatasi la divinità corrispondentemente all'una e all'altra parte dell'uomo, per mezzo di ambedue apparvero chiaramente i segni della natura superiore: poiché il corpo manifestava la divinità presente in esso operando le guarigioni con il tatto, mentre l'anima mostrava la potenza divina con quella sua volontà potente. Infatti come il senso del tatto è proprio del corpo, così all'anima appartiene il moto della libera volontà. Si avvicina il lebbroso già disfatto e finito nel corpo. Come avviene la guarigione? L'anima vuole e il corpo tocca e la malattia fugge per mez­ zo di tutti e due: «Se ne andò, infatti dice, immediatamente la lebbrm>182• Ancora: non vuole lasciare andare via digiuni coloro che in molte migliaia sono accalcati accanto a lui nel deserto e con le mani spezza i panP83• Vedi come la divinità che è presente nei due elementi, si manifesta me­ diante ambedue le parti, e con il corpo che agisce e con l'impulso della volontà presente nell'anima. E quale necessità c'è che io descriva tutti i miracoli compiuti alla stessa maniera, {293 G.] spendendo il discorso in cose note?184 Ma io tornerò piuttosto all'argomento per il quale ricordai quanto detto. Come il Signore si trova nel medesimo tempo e nell1\de e nel paradiso?185 Una soluzione di questo problema è che a Dio, «nel quale 20.

Fathers, StPatr 9 (TU 94}, Berlin 1966, pp. 322-325; A. Grillmeier, Quod 1ton assumptum 11011 sanatum, «Lexikon fii r Theologie und Kirche2» 8 (1963}, pp. 954-956. Studi su Apollinare di Laodicea: Bellini, Su Cristo (per Apollinare: pp. 17-189; per Gregorio: pp. 323-483; 543546); Ch. Kannengiesser, Apollùwe di Laodicea (apollinarismo), in DPAC I (1983}, pp. 281285; Mateo-Seco, Apollinare di Laodicea, in GN Diz, pp. 100-101; E. Cattaneo, Apollinare di Laodicea, in «Letteratura Patristica», a c. di A. Di I3erardino - G. Fedalto - M. Simonetti («l Dizionari San Paolo»}, Cinisello Balsamo 2007, pp. 118-121. 182 Mt. 8, 3 (parai!.). 1 8} Cfr. Mt. 14, 13-2 1 {parall.); Gv. 6, 1-13. 1 8� Concetti ed espressioni simili per guarigioni di malattie operate da Cristo con la semplice parola e il solo movimento della volontà, anche in Re/Eun 179 (GNO II, p. 388,6-9 ); Orcat (GNO III, 4, pp. 58, 2 1-59,1}. Iu �interrogativo rientra nel metodo di coinvolgimento degli uditori. Notare che invece delle «tre» (realtà}: «cuore della terra, paradiso, «mani del Padre» alle quali Cristo è presente (> 192; con l'anima aprì al ladro l'ingresso nel paradiso. E le due azioni sono compiute nel mede­ simo tempo, realizzando la divinità il bene mediante le due parti: cioè, la dissoluzione della morte per mezzo dell'incorruttibilità del corpo; il ri­ torno degli uomini al paradiso per mezzo dell'anima che si affrettava verso la propria dimora193. 186

Cfr. Col. l, 17. «Avendo tras/01mato l'uomo tutto intero ne!fa divinità>>: è una delle espressioni cristologiche giudicate «ambigue» per le quali Gregorio è stato accusato di nestorianismo e di monofisismo Q". Tixeront, Histoire des dogmes, II. De Saint Athanase à Saint Augustin, Paris 1909, p. 128); cfr. anche in/ra epilogo, c. 35: , cioè nel tempo della morte di Cristo, durante la quale la divinità separò volontariamente l'anima dal corpo: per oiKoVOf.! lO in Gregorio cfr. sulla santa Pasqua n. 32. 189 Rm. 11, 29. Sull'uso gregoriano di questo testo scritturistico cfr. Mateo-Seco, Estudios, pp. 315-322; Drobner, Bibelindex, p. 96. 190 La morte come separazione dell'anima dal corpo, tradizionale nella filosofia greca (Platone, Stoici) è ricorrente negli scritti gregoriani: Antirrh (GNO III, l, pp. 153,5; 224,27-225, l; Eun III, t. 3, 68 (GNO II, p. 132,11); Re/Eun 180 (GNO II, p. 388,14-1 5); Or cat (GNO III, 4, p. 48,1-2): cfr. Mateo-Seco, La teologia de la muerte en la «Omtio Catechetica magna» de san Gregorio de Nisa, Scripta Theol 1,2 (1969), pp. 453-473; Idem, Morte, in GN Diz, pp. 403-406. 191 Cfr. Sal. 15, 10; At. 2, 27.31; 13, 35.37. 192 Eb. 2, 14. 193 La maggior parte degli scrittori del No secolo (Atanasio, Epifania, Ilario, Am­ brogio), pur riconoscendo la permanenza della divinità nell'anima di Cristo durante la sua morte, la escludeva dal suo corpo, in cui, invece la sostenevano il Nisseno e lo Ps. Atanasio (De Inc. contra Apolinaristas, l, 18; II, 14-17, PG 26, 1125B; 1156B-1161C ): cfr. la sintesi in Daniélou, Mortalité, in L'étre et le temps, pp. 180-184; M. Canévet, La mort du Christ et /e my­ stère de sa personne humano-divine dans la théologie du IV' siècle, L es Qua tre Fleuves, 15-16 187

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Poiché, pertanto, duplice è il composto umano, mentre semplice ed unica la natura della divinità, nel momento della separazione del corpo dall'anima, l'indivisibile non si separa insieme al composto umano, ma avviene il contrario. Infatti, per l'unità della natura divina, {294 G.] che si trova ugualmente in ambedue, gli elementi separati si uniscono di nuovo l'uno con l'altro. E così la morte si produce con la separazione delle parti unite insieme, invece la risurrezione con la unione delle parti divise194• Se, poi, chiedi come colui che è nel paradiso si consegni nelle mani del Padre195, il sublime Isaia ti spiegherà l'oggetto di questa ricerca. Infatti, egli ispirato da Dio parlando della Gerusalemme celeste196, che crediamo non essere nient'altro che il paradiso, dice: «Sulle mie mani disegnai le tue mura» 197• Se, pertanto, sulle mani del Padre è stata tracciata la Gerusaleme che è il paradiso, è chiaro che colui che è nel paradiso si trova completamente nelle mani del Padre, sulle quali la città divina ha il suo disegno198• E questo argomento sia trattato fin qui. 21.

(1982), pp. 71-91; R. Winling, La résurrection du Christ dans l'Antirrheticus adversus Apollina­ rem de Grégoire de Nysse, Rev É tudes August 35 (1989), pp. 16- 23; H. Chadwick, Les deux traités contre Apollinaire attribués à Athanase, in «Alexandrina, Judalsme et Christianisme à Alexandrie», Mélanges offerts à Claude Mondésert, Paris 1987, pp. 247-260). In questo capitolo il Nisseno adduce tre prove a dimostrazione del suo assunto: una prova biblica basata su Rm. 11, 29 (c&. Mateo-Seco, Estudios, pp. 315-349); una prova soteriologica: es­ sendo la divinità rimasta unita al corpo e all'anima, il primo non subì corruzione, ma di­ strusse la morte per mezzo dell'incorruttibilità, mentre l'anima aprì al buon !adrone l'ingresso nel paradiso. Una simile soteriologia «binaria» è esposta da Ps. Atanasio, De Inc c. Apol i, 14-17; II, 15 (PG 26, 1117B- 1125A, passim; 1156B- 11 57A; 1160C). 1 9� La terza prova della permanenza della divinità nell'anima e nel corpo di Cristo nel triduum mortis è filosofica, basata sulla «semplicità» e quindi indivisibilità della natura divina, che, inoltre, è in grado di riunire in Cristo le due parti (anima e corpo) separate per la morte e causare la stessa risurrezione di Cristo, la quale è principio e fonte della risurrezione degli uomini. 1 95 Cfr. Le. 23, 46; SaL 30, 6. 6 1 9 Cfr. Gal. 4, 26; Eh. 12, 22; Ap. 3, 12; 2 1, 2. 197 Is. 49, 16. 1 98 Per la frase conclusiva c&. anche Antirrh (GNO III, l, p. 1 53,20-27). Il Nisseno compie una duplice riduzione rispetto alla tradizione precedente: riduzione di luoghi da tre («cuore della terra», «paradiso», «mani del Padre») a due (cuore della terra = sepolcro; paradiso = «mani del Padre»), intesi non più come luoghi, ma come «stati», con una

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PAsQuA CRISTIANA 199

22. Ma

sarebbe giusto aggiungere brevemente200 al mio discorso tutti quei rimproveri che noi ascoltiamo da parte dei Giudei che inveiscono con accuse violente contro la nostra norma. Dicono, infatti, che nella legge sulla pasqua ai Giudei sono stati prescritti da Mosè il quattordi­ cesimo giorno della luna20\ il mangiare pani azzimi per sette giornF02 e che siano preparate come companatico dei pani azzimi le erbe amare203• Pertanto, se voi avete a cuore {295 G.] l'osservanza204 del 14° giorno, siano rispettate205 - dicono i Giudei - anche le erbe amare e gli azzimi. demitizzazione di elementi cosmologico-mitologici; e riduzione della tricotomia:TTVEU f!O, IVUX�• ITWf!O (sostenuta anche da Apollinare) ad una dicotomia: corpo, anima. Il problema della molteplice presenza contemporanea di Cristo nel triduum morlis era stato affrontato o in vista di una concordanza biblica, o nel contesto del descensus ad in/eros e quindi sotto l'aspetto prevalentemente soteriologico. Invece, la chiave di interpretazione del Nisseno è prevalentemente cristologica, dove peraltro egli risulta impreciso nella terminologia: uso prevalente di «mescolanza» a proposito delle due nature in Cristo; applicazione di um)amiT!ç (Anlirrh GNO III, l, p. 223,31) e di TTpoawTTov (ivi, p. 148,29) all'umanità di Cristo. Infine, è più attenta all'unità delle due nature che all'unità della persona. Sulla cristologia del IV secolo cfr. supra nota 168; inoltre: Cl. Moreschini, Opere di Gregorio di Nissa, Torino 1992, pp. 7 1-75; Idem, I Padri Cappadoci, Roma 2008, pp. 298-304. 1 99 Il Nisseno affronta in questa seconda parte un problema che riguarda insieme il culto (celebrazione della pasqua), la Bibbia (su cui e sulla cui interpretazione si fonda la festa), la vita morale-spirituale dei cristiani. Il tutto, però, è esposto in occasione di una reale polemica con i Giudei che accusano i cristiani di una celebrazione pasquale «dimez­ zata» o incompleta. 200 < < Brevemente»: espressione che si incontra in maniera simile nell'omelia (cfr. cc. 19. 23). 201 Cfr. Es. 12, 6; Lev. 23, 5; Num. 28, 16. 202 C&. Es. 12, 15.18-20; Lev. 23, 6; Dt. 16, 3-4. 203 Cfr. Es. 12, 8. 204 («Dizionari S. Paolo»), Milano 2007, pp. 1129- 1130. 33 Sal. 77, 56. 34 Sal. 94, 8-9; Eb. 3, 8-9. 35 Cfr. At. 2, 13. 36 Cfr. Is. 51, 7. 37 Cfr. Is. 63, 2-3. 38 Cfr. Ap. 14, 19; 19, 15. 30 31

Sulla Pentecoste

175

mosto perché portano ancora l'o tre vecchia, la quale, essendo incapace di sopportare tale vino, si rompe con la spaccatura dell'eresia39• Epilogo Ma noi, come dice il profeta «Venite, applaudiamo al Signore»40, be­ vendo anche la dolcezza della pietà, come ordina Esdra41 e godendo tra i cori degli apostoli e dei profeti, esultiamo per il dono dello Spirito Santo: «Esultiamo e rallegriamoci in questo giorno che ha /atto il Signore»42 in Cristo Gesù nostro Signore a cui sia gloria per i secoli dei secoli. Amen43• 5.

39

Cfr. Mt. 9, 17. Stesso riferimento biblico e stessa spiegazione degli «otri vecchi» in Deit/il (GNO X, 2, p. 1 19, 1-16). �o Sal. 94, l. � 1 l Esd 9, 51, considerato canonico dai LXX e dalla Chiesa greca. �2 Sal. 117, 24. �3 La dossologia è riservata solo al Figlio.

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Indice tematico abitazioni segrete : 46, 82 Ade : 123, 136, 138 allegoria : 61, 108 amnistie pasquali : 79 anafora : 108, 159 anatomia umana : 33-35, 87-88, 92, 9697, 106 anno liturgico : tempo di pasqua e di natale: 47-48; culto dei martiri: · 47-48; legislazione imperiale: 48; «storicizzazione» del triduo pa­ squale: 53-54 antiorigenismo : 32, 45-46 antropologia : uomo 8eoet8�ç: 32, 8586, 121; composto di anima e corpo: 33-34, 74, 82-83, 102-105 apofatismo : 26, 88-89 apologisti : 25, 37, 86 apollinarismo : 13, 21, 23, 27, 28, 131, 135, 138, 140, 141 ariani : 10, 21, 23, 27, 28, 53 Ascensione : 16, 23, 24, 31-32, 47, 5759, 60, 68, 163, 164, 168; Ascensione e Salmi 22 e 23: 61, 63, 163- 167; e Sal. 67, 19: 167 ascesi (vita ascetica) : 8, 99, 118

«cinquantina» pasquale : 57 citazioni bibliche (statistica) : 60-64 concili : Calcedonia (451): 155; Costantinopoli (381): 9, 11, 12, 60, 17 3; del 382 e del 383 e sinodo del 394: 13; Elvira (del 300) : 59; Lateranense IV (del 1215): 132; Senonense (1140-1141): 132; Va­ ticano II: 18 cosmologia : 98 cristologia : titoli cristologici: 26-27, 135; schema Myoç/aa ps; M­ yoç/av8 pwnoç: 13, 28 : umani­ tà completa in Cristo: 136-140; espressioni imperfette: 28-29, 139, 141, 155; dispute cristolo­ giche: 131, 135; 139-140 croce (simbologia) : prefigurazione: 113; croce cosmica: 26, 147-150; for­ mata da tau+apice: 150- 151; tro­ feo di vittoria: 161, 167 culto : 15, 141

battesimo : nella liturgia pasquale: 51, 52, 53, 109, 117, 165; terminolgia e dottrina: battesimo come «illu­ minazione»: 117, 122; 'EKOGTOU : 1 09 èi�t>wtç : 30, 1 22 èi�t>paaTOv : 1 06 �ioç : 1 1 6 �6p�opoç : 29, 76 �ouÀEvw8at : 1 53 �OUÀEUT�ç ; 1 53 �ouÀ.Evw : 1 53 �ouÀqatç : 90 �pwfla : 144 � pWflOTO : 144 yÉVVllGtç : 116 yÀ.waaaÀ.yia : 73 8ç.8ouxia : 48, 109 ÒwnoTU : 249 ÒWTTOTI"]ç : 250 Òl"]ptoupyÉw : 85 OI"JfllOUpyéç : 85 8taKovoç : 9 8taÀuatç : 35, 42, 81, 97, 98 8tavota : 61 ÒtOGT�flOTO : 82 ÒOKEtV : 62, 142 8oxE'ia : 128 ÒuVOfltç : 90 ÒpOKCùV : 124

Vocaboli greci

216 ÈaUTÒV OtOWO"t : 135 ÈyKWjJLOV : 72 ÈyKpémta : 99 EÌ ; 108 dooç : 33, 3� 41, 4� 4� 83 ÈK ; 59 ÈKEivoç : 152 EKÀVTOV : 145 EK(j>paatç : 45, 78, 93 ÈÀ.EV8Epta : 80 ÈpatEVO"OTO : 122 ÈpTta8Éç : 143 Èopn1çwf.IEV : 36 ÈopT� : 36, 167 ÈTrt : 20, 160 Èmpt�ia : 137 ÈTrtO"KÉTITOjJOL : 122 èmacpçopÉvT] : 31, 57, 58, 59, 68, 163 ' , -r Emacp-,w : 57 ÈmaT�jJT] : 74 È�T]f.ipÉvoç : 167 epya : 90 epyov : 86 ETL : 161 EÙÀ.oyia [�] wu Xptaou : 109 EÙaÉ�Eta : 112, 136 EVO"E�Wç : 136 EV(j>T]jJtat : 72 èxopEvoç : 112 ç�TT]f-10 ; 84, 130 çT]T�pma : 38 çw� : l16 çworrotov : 171 �yEpovtKOV : 123 �f.iC:tç : 86 �f.iÉpa : 80, 107

�(j>OVLO"EV : 81 8a vmov (Kma) : 76 8ÉÀT]jJO : 90 8wELO�ç : 32, 85 8wÀ.6yoç : 26, 152 8wÀ.oyovpEvov : 59 8EOTIVEVO"TOç : 109 8Ewpia : 61 8Eoç : 59 8Epamia : 129 8vaia : 31 i'aatç : 129 c tEpEuç : 3 l ipanov : 83 iawpia : 101, 108 iawptKÒ aiviypma : 108, 111, 113 'le.)� : 124 ,

Ka8'ÈauT�v : 109 Ka8'�paç : 76 K08T]jJÉVOVç . . . ÈmaKÉTITETat ; 122 Ka8oooç : 75 KOTO�OtVELV : 75 KOTa�aatç : 20, 75 KOTO�E�ÀOKEVf.iÉVOV ; 145 KOTa�oM : 127 KaTaKEpavvvf.i t : 137 KaTOÀ.T]TITO : 88 KOTOÀT]\jltç : 84 KOTaf.iiyvvp t : 137 ltÀav8pwrria : 20, 29, 125, 170 q>tÀÉopwt : 71 q>tÀopa8�aTEpot : 135 q>tÀoaoq>ia, q>tÀoaoq>Eiv : 99 q>vpapa : 145, 156 q>vatç : 155 q>wç : 1 17 xoptç : 29 (Èv) Xptm0 : 81 xpovwv : 82 I.JIUX� : 141

Vocaboli latini amplifica/io : 78 manumissio in ecclesia : 79 apparatus : 18, 36, 77, 8 1, 122, 129, 149, manumissio vindicta : 79 158 martyrium : 10, 15 apprehensio : 84 mysterium crucis : 24 aptum : 169 argumentatio : 105