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Italian Pages 472 Year 1995
GIOVANNI BAGLIONE
LE VITE I IItFNII1IUi Dal Pontificato di Gregorio XIII del 1572 In fino a' tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642
II
VARIANTI - POSTILLE COMMENTI a cura di JACOB HESS e HERWARTH ROTTGEN
Prima e Seconda Giornata
CITTA DEL VATICANO BIBLJOTECA APOSTOLICA VAT[CANA 1995
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ISBN 88-210-0664-6
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STUDI E TESTI 368
GIOVANNI BAGLIONE
LE VITE I Dal Pontificato cli Gregorio XIII del 1572 In fino a' tempi di Papa Urbano Ottavo nel 1642
Edizione commentata a cura di JACOB HESS e HERWARTH RTGEN
in collaborazione con la BIBLIOThECA HERTZIANA, ROMA (Max-Planck-Institut) CITTA DEL VATICANO BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA 1995
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PREMESSA
L'allora Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania a Roma, Hans von Herwarth, nelle sue memorie riferisce un memorabile incontro con Jacob Hess, incontro al quale in fondo si deve la presente pubblicazione. In occasione del suo ottantesimo compleanno il 16 luglio 1965 venne conferita ad Hess, che era rimasto cittadino tedesco anche dopo il 1945, la Croce Federale al merito. L'Ambasciatore, accompagnato da un assistente della Bibliotheca Hertziana, si recô nel piccolo appartamento di Hess vicino al Vaticano, per consegnargli personalmente l'onorificenza. Hess perô gli diede ad intendere che avrebbe potuto accettare l'onorificenza solo quando sarebbe migliorata Ia sua situazione finanziaria e sarebbe stata garantita Ia pubblicazione del suo commento aile Vite del Baglione. L'ambasciatore, membro del Consiglio d'Amministrazione della Bibliotheca Hertziana, si prese a cuore questa richiesta e cosi Wolfgang Lotz, in qualita cli Direttore della Rertziana, entrô in possesso del voluminoso e ancora incompleto manoscritto di Hess. La Hertziana si impegnô a completarlo e a pubblicarlo e riprese i lavori ancora nello stesso anno con la partecipazione di Hess e il sostegno di Don Paolo KüizIe, direttore del Museo Sacro della Biblioteca Vaticana. Già prima della morte di Hess avvenuta l's ottobre 1969, Herwarth Rottgen venne incaricato di portare avanti i lavori. Dal 1968 al 1973 egli svolse questo compito con Ia massima competenza praticamente negli stessi anni in cui scriveva i suoi importanti Javori sul Cavalier d'Arpino, su Caravaggio e suila pittura del tardo Cinquecento e del primo Seicento. Anche dopo il suo ritorno nel mondo universitario tedesco Röttgen rimase sempre fedele a questo progetto, con un enorme dispendio di tempo e, nonostante tutti gli sforzi del nostro istituto, anche con notevoli sacrifici finanziari. Se ora, dopo sessant'anni esatti di sforzi, abbiamo qui davanti a noi finalmente il commento alle prime tre deile cinque > di Baglione, lo si deve quindi alIa collaborazione di due autori e di due istituzioni: Jakob Hess, che su incarico della Biblioteca Vaticana iniziô il lavoro, dopo che a causa dei cambiamenti politici in Germania gli erano stati sottratti i presupposti fondamentali della sua esistenza, e Herwarth hottgen che lo
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Premessa
aggiornô e continuô su incarico della Bibliotheca Hertziana. Padre Leonard Boyle inserl i volumi nella collana , attuando net modo piü leale l'accordo di Hess can la Biblioteca Vaticana. I dixettori della Bibliotheca Hertziana esprimono la loro soddisfazione che Ia buona riuscita di questa impresa cosi fondamentale per il nostro campo, dopo vane penipezie, sia ora la ricompensa pin brifiante agli sforzi di tutti i partecipanti. Roma, marzo 1994 CHRISTOPH LUITPOLD FROMMEL MATTHIAS WINNER
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PIREFAZIONE JACOB HESS
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Questa edizione critica del Baglione, di cui presentiamo ora la prima parte, ha una storia che risale a pin di mezzo secolo fa, quando Ludwig von Pastor, storico dei papi, in collaborazione con Franz Ehrle S.J., prefetto della Biblioteca Vaticana e, in seguito, cardinale, decie di pubblicare le fonti storiche e artistiche necessarie alla ricerca sull'arte italiana, in particolare romana, dal tardo sedicesimo fino al diciottesimo secolo. Fra i progetti rimasti irrealizzati alla morte dei due studiosi c'era quello di un'edizione critica dde piü di duecento biografie di artisti di Giovanni Baglione, uscite nel 1642. Nell'aprile del 1934 proposi ai direttori della Biblioteca Vaticana, mons. Giovanni Mercati e mons. Eugenio Tisserant, di affidai-e a me il compito di questa edizione, che intendevo realizzare basandomi su un eseinpiare della Biblioteca Vaticana - Ottoboniano 2977 corredato di note manoscritte. L'incarico mi venne affidato ed io, provvisto di una lettera di presentazione di Eugenio Tisserant, divenuto ormai cardinate, trascorsi molti anni esaminando le opere citate dat Baglione. Ma non avevo ancora compiuto neanche la metà del lavoro quando fui costretto a trasferire la mia residenza da Roma a Londra. Per otto anni, lontano dal centro dei miei interessi, non potei avvalermi dell'insostituibile sussidio dell'autopsia e mi trovai a vivere fra ii costarite pericolo dei bomb ardamenti e la chiusura - se non addirittura la distruzione - delle biblioteche. Tornai a Roma nel 1947 e poi... >. CosI scrive Baglione nella sua introduzione (6768r). L'ipotesi di una datazione intorno alla fine del 1640 si fonda sul fatto dhe l'autore non menziona, nel manoscritto, I suoi ultimi lavori a S. Maria dell'Orto, eseguiti nel 1641 e ditati, invece, nel testo stamp ato a p. 405 [30711. fl manoscritto menziona, inoltre, uno solo dei due quadri dipinti per Ottavio Tronsarelli, il che conferma una datazione entro il 1640, che lascerebbe tempo alla composizione del Secondo quadro, citato solo nella stama. Infine, cosI nella sua autobiografia come altrove, Baglione p arIa dell'ex Palazzo Borghese sul Quirinale come di proprietà del Bentivoglio; nella stampa egli, invece, lo dice di proprietà del Cardinal Mazarino, che lo acquistô il 30 marzo 1641 (E. Rossi, in: Roma, XVI, 1938, 80). Dopo aver terininato l'autobiografia Baglione aggiunse aT testo le Vite di Gentileschi (thorto il 7-2-1639 in Inghilterra), Ruggieri e Rubens (morto il .0-5-1640 ad Anversa) sui fogli 61 nv e 62 r. Evidentemente egli aveva appreso solo ora della monte di questi artisti. Che si tratti di fogli aggiunti e provato dal fatto che II fol. 62 v e rimasto vuoto, ii che vuol dire che lo spazio per le vite aggiunte non fu utilizzato del tutto; a questo foglio fa seguito il 63 r, con la Vita di Cesani, già scritta precedentemente. Le pagine furono numerate solo alla fine e la paginatura fu anche cambiata di nuovo. Da ultimo Baglione inserI, nel testo stampato, le Vite cli G. B. Crescenzi (morto a Madrid ii 17-3-1635; v. Dizionario biografico degli Italiani, 30, 1984, 640), G. Cello (motto ii 24-11-1640) e Domenichino (motto ii 15-4-1641), che non sono nel manoscritto. Poi mise Ia Vita di G. Nanni - che nel manoscritto si trovava un p0' pin indietro - alla fine del testo, prima degli intagliatoni; Nanni era ancora vivo ma, essendo divenuto cieco, era considerato perduto per l'arte. Le ultime aggiunte devono essere state apportate fra il 1641 e Ia fase di stampa, poiché non sono pii contenute nel manoscritto; a p. 337 [239136 Si fa notare, ad esempio, che Poussin, in quel momento, si trovava in Franicia, dove egli in effetti soggiornô dal 1640 al 1642; ancora: a pagina 141 è detto che, dopo Ia morte del Domenichino nell'aprile del 1641, le pitture nella Cappella del Tesoro del Duomo cli Napoll furono condotte a termine dal Lanfranco; si puô quindi datare l'inizio della tiratura a stampa aUa prima metà del 1641. Ii manoscritto chigiano fu i'ultima redazione prima di dare l'opera alle stampe: l'autobiografia, scritta molto tardli e posta dopo ii saluto dello stampatore al lettore, è contenuta in questo manoscritto e non ci sarebbe stato il tempo di trascrivere un'ultima bella copia del tutto.
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Introduzione
Nella prefazione Hess ha già accerinato alla probabile partecipazione del giureconsulto, poeta e antiquario Ottavio Tronsarelli, membro del'Accademia degli Umoristi e poi di quella degli Ordinati. Hess, che ha fornito importanti notizie sulla vita di costui, era convinto che le numerose correzioni e aggiunte del manoscritto, di mano diversa da quella del Baglione, fossero dovute al Tronsarelli. Nicholas Turner ha ii merito di aver scoperto, nel 1971, la prova di questa ipotesi. Presso Ia Biblioteca Vallicelliana, alla segnatura 0. 41, si trova una Vita del P. Gb. Giovenale Ancina Vescovo di Saluzzo consposta da Ottavio Tronsarelli e dedicata all. Alt. za Ser. ))Ja del Card.' di avoia, scritta da un copista ma corredata di titolo, correzioni e lettera di accompagnamento al cardinale, di mano del Tronsarelli (v, anche: Bibliografia Romana Notizie della vita e delle opere degli scrittori tomani, I, Roma 1880, 235). E la stessa mano che si ritrova nelle aggiunte e correzioni de'
Codex Chigianus. Sue caratteristiche sono, per citare soio due esempi, Ia >> simile a una frustata e la > elegante e tendente verso sinistra. Presso Ia Biblioteca Nazionale di Napoli Turner ha ritrovato, in seguito, altri manoscritti, detti Opere drammatiche, alla segnatura XIII. E. 19 e 23. Quanto alla portata dell'intervento del Tronsarelli, Ia mia opinione diverge da quella di Hess. Tipici contributi del Tronsarelli sono quell sulle tradizioni dell'antichità, come, ad esempio, a p. 1733617423, oppurel751132. Le aggiunte erudite in materia archeologica, per le quail Hess ha addotto I'esempio della leggenda sulla volta del Pantheon e l'excursus sugli scrittori d'arte dell'antichità, sono proprio quelle che delimitano le possibilita del Tronsarelli ed esciudono una sua responsabilità nelle numerose biografie mancanti nel manoscritto, poiché nelle biografie vere e proprie Tronsareili non quasi mai oggettivamente intervenuto. E tuttavia ipotizzabile che Baglione gli abbia sottoposto le singole biografie, ancora in stato di abbozzo, e che Tronsareffi ne abbia riveduto Ia lingua, prima che esse venissero copiate nel manoscritto. A favore di questa ipotesi parlano gli corretti dal Tronsareili per Ic biografie mancanti, come quella di Fabrizio Parmegiano o di Marco Tullio (v. varianti 9116 e 92). Ma che egli abbia scritto le biografie mancanti non è dimostrabile né ipotizzabile con qualche fondamento. Fu il Bellori, nella sua velenosa nota rnarginale a p. 1 dell'esemplare 3 1-E-15 dell'Accademia dei Lincei, a mettere in giro una simile dliceria: a quello seicentesco di osservazione del vero. Nella stampa infatti divenne poi . Nel manoscritto Tronsarelli aveva aggiunto, al fine di chiarire il concetto: >. Con > si intende qui Ia natura dell'artista, le sue doti naturali, senza studio approfondito, uno dei punti in cui si fissava la critica seicentesca alla del Cinquecento Certamente Tronsarelli aggiunse anche quei passaggi die lo riguardano direttamente, come Ia menzione delle sette ristampe in un anno della sua Catena d'Adone, che manca nel manoscritto; oppure ii resoconto della méssa in scena dell'opera nel palazzo del Marchese Evandro Conti (374 [276124), che sembra essere stato aggiunto net manoscritto all'inizio del fol. 64 v, e per la yenta di mano del Baglione.
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Introduzione
Che Baglione avesse motivi di gratitudine nei confronti del Tronsarelli, è testimoniato dal primo dei due quadri che dipinse per lui (v. p. 405 1307]229) Egli rappresentô La Pittura che siconsiglia con Ia sua sorella Poesia e Ia Musica che canta le lodi di ambedue. II secondo quadro, Ercole at bivio, fu dipinto, probabilmente, poco prima di dare alle stampe le Vile, poiché esso non viene citato nell'autobiografia, composta nd 1640. Tronsarelli fece in tempo a vedere l'edizione stampata delle Vite, sebbene si dica da pii fond che egli morl nel 1641 - lo afferma, ad esempio, Prospero Mandosio (Bibliotheca Romana sen Romanorum Scriptorwn Centuriae, Roma 1692, 245, n. 48). La data sembra venir confermata dal testamento, redatto il 21 gennaio 1641: (Notaio Adrianus Gallus, Tribunale dell'AC, sez. XLII, busta 67, Archivio Capitolino). Ma ancora nel 1644 usci an suo componimento encomiastico per lascesa1 al sogilo pontificio di Innocenzo X (Iirnocentio X pontifici rornano k°' est maxirno e genIe Pamphilia stemmate clara... Octavius Tronsarellus roma1ius; Romae 1644) e nel 1646 una sua ulteriore pubblicazione (Ritratti et elogi di capitani illustri..., Roma 1646). In effetti Tronsarefli morl solo nel 1649, come risulta clalle Poesie postuine del Signor Ottavio Tronsarelli.. con lessequie celebrate in lode dell'autore deli'Accademia de' Signori Steriz Roma 1649. II funerale fu celebrato su progetto e regia di Giovanni Battista Passerf, il giorno 8 maggio 1649, in casa di Michelangelo Brancavaleri, Beneficiario di S. Pietro. I genitori di Tronsarelli furono Antonio Tronsarelli di Civita Castellana e Clara Radici. L'EDIZIONE
La presente edizione si compone di tre volumi. II primo contiene la riproduzione anastatica dell'edizione del 1642 nella sua seconda tiratura; il secondo e terzo, oltre alle introduzioni di Jacob Hess e mia, le varianti tra manoscritto e stampa, le postille dei vari consultatoni del testo e II commento di Jacob Hess e mio, relativo dIe prime tre >, cioè ai pontificati di Gregorio XLII, Sisto V e Clemente VIII. Sono in programma un quarto e tin quinto volume con i commend ai pontificati di Paolo V e di Urbano VIiI, cioe alla quarta e quinta . Per II > si è scelta l'edi2ione del 1642 nella sua seconda tiratura, con l'ampliamento del capitolo , di CIII Si giâ parlato piü sopra. Ho deciso, a questo punto, di affiancare alla paginatura scorretta dell'edizione Ia paginatura corretta entro parentesi quacire, partendo da p. 179, che è l'ultima numerata correttamente. Poiché la nurnera-
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Introduzione
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zione comincia con Ia p. 2 del >, era necessario introdurre, prima di pagina [1], non numerata, una paginatura romana che comprendesse tutti i preliminari, posta anch'essa in parentesi quadre. Ho preferito abbandonare I'idea di Hess, che proponeva una nuova numerazione di tutto il volume, poiché essa avrebbe dato luogo a differenze fuorvianti fra reprint e originale. Dall'esame dei vari esemplari dell'edizione del 1642 è emerso che i fogil con l'incisione allegorica, il nitratto di Baglione e il privilegio papale , sono stati incollati con una piega secondo un preciso e voluto ordinamerito. L'incisione allegorica di Federico Greuter Minerva incorona Ia Pittura, già presente nielle due tinature dell'ediziorie del 1642 (contrariamente a quanto sostiene Valerio Mariani nella prefazione all'edizione del 1935),, era stata inserita, nella maggioranza dei casi, prima del frontespizio, incolladdo Ia piega sull'ultimo foglio del pnimo quinterno - che conitiene sei fogli - cioe alla fine della poesia del Bellori e prima del quinterno A. II ritratto del Baglione, a mio avviso anch'esso un'incisione del Greuter, era stato posto prima di pagina [1] del , incollando la piega fra le pagine 8 e 9, aJia fine dcl quinterno A che, come tutti gli altri quinterni successivi, contiene solo quattro fogli. La legatura dell'esemplare dell'Accademia dei Lincei, quello cioe su cui si fonda Fedizione del 1915 con tutta la sua sequenza di pagine, è stata nifatta, e pertanto, la successione delle pagine non è piü quella oniginale. L'esemplare Ferraioli ifi 1521 della biblioteca Vaticana e quello in cui ii privilegio pap aIc dovrebbe trovarsi nella posizione giusta, dopo Ia dedica a! cardinal Colonna, al centro del quinterno e perciô incoliato senza piega; nell'esemplare C. 10.6.14 della Biblioteca Nazionale di Firenze ii privilegio si trova, invece, dopo la poesia del Belloni e prima del ritratto di Baglione, incollato con una piega dietro il ritratto, a sua volta pure incollato, dopo pagina 8. L'ordinamento di questi fogli e la paginatuma che sono stati adatti per ii presente reprint ml sono sembrati i pin sensati. Oltre alle introduzioni il secondo volume contiene Ic varianti del manoscnitto-Baglione Codex Vaticanus Chigianus G \Tffl 222, Ic postille di Be!ion, Spada, Resta, Malvasia e Bottari e, infine, ciô che costituisce la novità di maggior nilievo di tutta la presente edizione, vale a dire il commento a ogni biografia, opera o notizia menzionate nelle prime tre . Infatti
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Introduzione
dal 1954 Hess aveva praticamente interrotto ii lavoro, già pesantemente rallentato dalla seconda guerra moncliale e da altre circostanze, apportandovi poi solo qualche aggiornamento occasionale. Chi conosce l'evoluzione che hanno percorso gli studi sull'epoca del Baglione sa che, proprio in quegli anni, essi entravano in una nuova fase, rivalutando il tanto criticato tardo manierismo e primo Barocco. Non farô qui i nomi dei pionieri, ma il lettore attento li ritroverà un po' dovunque in tutto il commento. Quando, nel 1968, accettai la proposta di Wolfgang Lotz, allora direttore della Bibliotheca Hertziana (Max-Planck-Institut), non avevo idea delIa mole di lavoro che mi accingevo ad aifrontare. Lotz non voleva che rimanesse inutilizzato ii materiale raccolto da Jacob Hess, uno dei primi fra I pionieri di cui sopra; ed intendeva portare I'opera a compimento vedendo in do, non da ultimo, anche una sorta di risarcimento del destino avverso che colpI Hess durante Ia guerra e le persecuzioni. I commenti, redatti in forma manoscrina di non sempre, facile lettura, erano fermi a pagina 139 della quarta >. Già nel 1971 mi fu chiaro che nell'arco di tempo previsto dal contratto, e cioe entro II 1973, non avrei potuto completare neppure le prime tre . Nel 1974, con l'inizio della mia attivith universitaria, fui costretto a interrompere il lavoro che solo nel 1984 potei riprendere e terminare relativamente alle prime tre >. Mi hanno sostenuto Ia stima che nutrivo per Jacob Hess, Ia mole del lavoro da me gia svolto, le aspertative di Matthias Winner e Christoph Luitpold Frommel, successori di Wolfgang Lutz, e, non da ultimo, Ic colleghe e i colleghi che attendevano l'uscita dell'opera per poterla utilizzare nei loro studi. Mia moglie Marion Hermann-ROttgen mi ha sempre incoraggiato alla realizzazione del progetto. Riprendere il lavoro interrorto significava anche aggiornare i risultati della ricerca dal 1974 in poi. Dato ii gran numero di artisti e di opere da prendere in considerazione, I'aggiornamento degli ultimi anni non poteva avere un limite temporale ben definito: esso si trova, infatti, fra il 1986 e il 1988. Da allora si e provveduto alle correzioni linguistiche, alla redazione, alla ristampa del testo originale, alla stampa dei commentari e finalmente agli indici. Quando cominciai II lavoro nel 1968, Hess aveva consegnato il suo manoscritto. Prima di morire, nel 1969, egli scrisse la prefazione. Nel 1968 parte del suo manoscritto fu copiata da Christa Schwirm, alla quale va ora ii mio ringraziamento. Si dovette poi procedere all'esame delle varianti, che Hess non aveva ancora affrontato, e si scopri che ii manoscritto-Baglione, oltre all'abbondanza dde varianti rispetto alla stampa, contiene in se stesso per parecdiie Vite due intere varianti. Tune ie varianti si trovano ora, contrassegnate da una V., Insieme alle postille e ai commend e sono identifica-
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Introduzione
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bii grazie ad alcune parole-chiave ãlla riga indicata. Tutte le parole originali del manoscritto o dell'edizione a stampa sono in corsivo. Per quanto riguarda gli esemplari con postifie di Bellori, Spada, Resta, Malvasia e Bottari si rimanda all'introduzione di Hess. Le postille si trovano insieme alle varianti e ai commenti e sono contrassegnate da una P. lEsse vengono prese in considerazione nel commento, solo quando portano nuoye cognizioni. I sei esemplari che contengono postille degne di rilievo sono contrassegnati da una lettera maiuscola. Essi sono: A = Biblioteca Vaticana, Ottoboni 2977 (Bellori, Resta, Bottari) B Roma, Accademia dei Lincei, Corsinianus 31 E 15 (J3ellori, Bottari) C = Roma, Accademia dei Lincei, Corsinianus 31 E 14 (Resta, Bottari) D = Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Marcianus It. IV, 125 (Resta) E = Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Marcianus 56 D 62 (Malvasia) F =Firenze, Biblioteca Nazionale, Pal. (11) C. 10.6.14 (Spada), L'esemplare proveniente da un convento agostiniano di Parigi e conservato presso Ia Bibliotheque Nationale di Parigi (K3885), edizione del 1649, che Hess non aveva visto, non è stato contrassegnato da una sigla poiché contiene solo poche postille di autore ignoto. Esse si trovano nella parte critica in corrispondenza delle pagine 81, 96, 107 e 306 di Baglione. La novità di rnaggior rilievo di questa edizione e costituita dal cornmento. Jacob Hess lo aveva cosi esteso da conferirgli spesso il carattere di ricerca, carattere che, per conto mio, ho cercato di mantenere. Ovviamente l'italiano sia di Hess che mio aveva bisogno di una revisione. Ringrazio, pertanto, la Signora Pia Candinas, la signora Isabella Colliva (1' e 2' ) e Ia Signora Paola Spadoni (3' > 1908, 60); opera attestata dall'alto numero di stemmi di casa Carafa [an grande stenmia di Paolo IV con angeli, eseguito ad affresco, si trova nella lunetta sopra l'arco del Bernini coperto per molto tempo dallo sternma scukorio di Pio VII, II quale aveva sostituito a sua Volta giâ quello di Alessandro VII. R.] e da un'iscrizione (PAULUS PP TIll ANNO PRIMO) che viene ripetuta due volte. La decorazione non era ancora terminata quando il Papa morl, ma venne ripresa sotto Pio IV, di cui Si trovano due stemmi nel fregio di fronte alle finestre, insieme a due paesaggi di forma ovale [della scuola di Gio. da Udine, cfr. la terza loggia di Pio IV. R.], che rappresentano rovine classiche incorniciate da due nereidi [pagamenti a Dom. Camevale; R. LANCIANI ifi, 228. R.I. Segue una pausa che dura circa dieci anni. In seguito, dopo 1 1572, e cioè sotto Gregorio XIII, Matteo da Siena (menzionato dat BAGLIONE, 4419) ejan Soens (menzionato dat VAN MANDER nel Schilderboeck, ed. Hans Floerke, München Leipzig 1906, 1, 278, e dal TAJA, 77), ripresero i lavori di decorazione, portando a compimento I'opera iniziata diciasette anni prima e contrassegnandola con gil stemmi di Casa Boncompagni. [In tutte le lunette e nelle finestre, per il cui ingrandimento furono distrutti i paesaggi a forma ovale, sono dipinti gil stemmi Boncompagni. fl paesaggio con ii gab, eseguito dat Soens sul lato orientate, è
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descritto dal van Mander e dev'essere stato dipinto prima del1'l maggio 1575, data del trasferimento del Soens a Parma, v. TH-B XXXI, 283. Esso ha ovviamente sostituito un altro paesaggio che data da) tempo di Pio IV. Tenendo conto dello Stile paesaggistico molto avanzato, )'affresco non puà essere stato eseguito prima di Gregorio XTll, come dice REDIQ DE CAMPOS, 165, ma durante il suo pontificato; periodo che viene confermato anche dal VAN MANDER. Per quanto riguarda le fonti su Soens, v. T. H. FOKKER, Jan Soens van's-Hertogenbosch, schilder te Parma, in: Mededeelingen 7 (1927), 113 segg.; L. VAN PUYVELDE, La peinturejiamande a Rome, Bruxelles 1950, 44 segg., 52-58, tav. 12; Sylvie BEGuIN, Jan Soens paysagiste oublié, in: Oud-Holland 71(1956), 217 segg.; Stefano I3OTTARJ, Tre quadri manieristzc in: BollArte serie 4, 47 (1962), 59 segg.; H. G. FRANZ, Niederländische Landschaftsmalerei in Zeitalter des Manierismus, Graz 1969, 308 segg. e tavv. 458 segg. Le quattro stagioni sono di Matteo da Siena, come ci viene detto dal CELlo, 107, e dal BAGLIONE, 449 (commento 4423) REDIG DE CAMPOS, secondo il quale esse apparterrebbero ancora aI tempo di Pio IV e per cui non potrebbero essere del Matteino, non aveva perà preso in considerazione il fatto che i quattro paesaggi sono stati inseriti posteriormente alla decorazione già esistente, con il risukato di aver tagliato le cornici delle unghie delle lunette. Anche i paesaggi dipinti nelle lunette sopra le finestre sembrano essere di Matteo da Siena. R.I. Pare che fosse anche necessario un restauro delle pitture preesistenti eseguito sotto la sovriritendenza di Lorenzo Sabatini e, in seguito al suo decesso, proseguito sotto II figlio Mario (v. 1810; Maurice VAES, in: Bull. Inst. BeIge, 1928, 307, n. 2: pagamenti dal 1577 al 1578). II Bernini distrusse grari parte del fregio di uno dei muri minori e copsi la pittura della lunetta di mezzo col suo sipario, che in origine era sormontato di qua e di là dallo stemma Chigi decorato con ghirlande e fiori e sostenuto da due angeli, come dice 2 CHATTARD (II, 69). Lo stesso autore fa ariche notare i quattro coretti nelle lunette che servono (notizia non fornita dal TAJA (1750). Da questa inforrnazione è lecito dedurre che i coretti siano stati introdotti durante i lavori svokisi sotto Clemente XIII, menzionati dal CHATTARD. In seguito a qualche adtro restauro gil stemmi di Alessandro VII furono probabilmente sostituiti con quelli di Pio VII (v. foto Anderson 464, Alinari 6445), che vennero peso rimossi nel corso del nostro secolo, permettendo di riscoprire Ia pittura della lunetta con lo stemma di Paolo IV. Sot-
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to Benedetto XV i coretti furono chiusi e le finestre murate e coperte da pitture che raffigurano alcune parti dei giardini vaticani. Nei muri iriferiori, che prima erano stati lasciati lisci, furono dipinte figure allegoriche ed episodi della vita di Benedetto XV. Nella prima Sale Ducale, cioè quella vicina alla Sala Regia, le due chiavi scolpite e lo stemma di Clemente VII vennero conservati quando fu trasformata Ia volta, per poi venir inglobati nella decorazione pittorica. La decorazione iniziô sotto Pio IV [pagamenti a Gir. Gambatelli per le pitture nella >. R.I. L'akra sala, la Sala del Concistoro Segreto, e commentata in 4l AcCanto ad essa si trova inoltre la cosiddetta Galleriola, che il BAGLIONE non ha indicato, Ia cui volta è riccamente stuccata e dipinta. [Gli affreschi che raffigurano i due apostoli S. Pietro a S. Paolo e le otto stone degli atti degli apostoli, sono caratterizzati dallo stile di Lorenzo Sabatini, ma sono forse stati dipinti dopo la sua morte (2 agosto 1576) del figlio Mario. Per quanto riguarda l'attribuzione
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al Sabatini, v. le Mefflorie stile pitture et fabriche, PASTOR IX, 905: > come templi della virtli. Pirro Ligorio e l'interpretazione cinquecentesca delle meravglie del mondo, in: Psicon, 3, 1976/77, 24 segg.; D. DANIA, An Unpublished Manuscript by Pirro Ltgorio, in: Master Drawings, 15, 1977, 1, 22 segg.; T. CARNUCHIO, L'immagine diRoma diPirro Ligorior proposta metodologica per to studio dell'opera dell'antiquario napoletano, in: Ricerche di storia dell'arte, 3, 1976 (1977), 25 segg.; M. L. MADONNA, L'enciclopedia del mondo antico di Pirro Ligorio, in: Congresso nazionale di storia dell'arte, 1, Roma 1978 (1980), 257 segg.
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V 911 J 911
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Napolltana: Ligorio è nato nel 1513/14; v. V. PAcIFIcI, Ippolito H d'Este cardinale di Ferrara, Tivoli 1920, 399; R. D. COFFIN, Pirro Ligorio and Decoration of the Late Sixteenth Centwy at Ferrara, in: ArtBuIl 37, 1955, 167 segg. (168). B. C. GONZAGA (Memorie delle famzglie nobili delle provincie meridionali d'Italia, Napoli 1879) menziona brevemente Ia famiglia Ligorio: < le famiglie che hanno goduto nobiltà in Napoli al Seggio di Portanova >> cioe nella diaconia di S. Maria di Portanova. Identifica le forme Ligorio e Liguoro (bc. cit. vol. V, 60). Morto a Ferrara il 30 ottobre 1583, Ligorio è stato sepolto ndlla chiesa di S. Anna a Ferrara (v. M. A. GIJARINI, Compendio hist. delle chiese ... ) Ferrara 1621, 212; F. BOtSETTI, Historia Almi Ferrariae Gymnasii. Ferrara 1735, II, 193). scolpite. Da questa hebbe Pirro Ia ma orgine, e come di sangue, cos! di pensieri fu sempre nobile.
RESTA in D. grand'huomo è stato Gio. da Nola. L'altare gentiizia della famiglia Ligorio si trova nell'interno della chiesa di S. Anna de' Lombardi al lato destro dell'ingresso. Per Giovanni da Nola (1488-1558) v. CEcI, in: TH-B, sotto Marigliano (1930) e G. WEIsE, II problema dell'opera personale di Giovanni da Nola, in: BollArte 2, 1952, 65 segg.; F. ABBATE, Su Giovanni da Nola e Giovan Tommaso Malvito, in: Prospettiva, 1977, 8, 48 segg.; A. DELFINO, Documenti su scultori napoletani del XVI secolo, in: Antologia di Belle Arti, N.S. 1984, 2 1-22, 47 segg. Per be sue opere nella chiesa di Monteoliveto o S. Anna de' Lombardi a Napoli eseguite nel 1532 e tuttora esistenti, v. VasMil V, 94; CELANO, Notizie... di Napoli, ed. Chiarini, Napoli 1856-60, 3, 327; Manoscritto
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del TUTINI, pubbi. da B. CROCE, in: Napoli nobiissima VII, 123; L. Moccai, Cenni storici e vade-n?ecwn per Ia visita delle opere darte della chiesa di Monteoliveto, Napoli 1905; G. CEcI, in: Rass.
stor. nap. 1934, 205 segg., molte opere dell'artista sono state riprodotte nel cat. della Mostra di sculture lignee nella Campania, Napoli 1950, compilato da F. BOLOGNA e R. CAUSA.
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come [cancellato: di sanguel anche al disegno. La correzione prova che questo manoscritto è stato copiato da una minuta piü antica. Difatti, le parole di sangue si trovano nella riga precedente. Ii Baglione sba-
gIiô durante la trascrizione.
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Nel 1543 Ligorio è menzionato in una lettera di Annibale Caro al Moiza, dal cui contesto si presume che facesse parre di quel gruppo di eruditi riuniti alla corte del card. Alessandro Farnese (v. RONCHINI in Atti e mem.... prov, mod. e parm. ifi, 1865, p. 259 segg.). [Non conosciamo il nome del suo maestro, è presumibile perô che il suo stile sia maturato nell'ambiente degli allievi di Raffaello, come Peruzzi, Giulio Romano, Giovanni da Udine e Girolamo da Carpi (v. F. ANTAL, Observations on Girolamo da Carpi, in: ArtBull 30, 1948, 81 segg.; D. R. COFFIN, Pirro Ligorio and Decoration of the Late Sixteenth Century at Ferrara, in: ArtBull 37, 1955, 184 segg.; MANDOWSKY, 1). Venne a Roma intorno al 1534 (CoFFIN, 1955,
169) e secondo le notizie del NOACK che si trovano presso Ia Bibliotheca Hertziana, egli fu ammesso ai Virtuosi del Pantheon nel 1549. R.].
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ridusse in [cancellato: grande eccelleuza rappresentata e poi in piccolo] carte. Anche qui sembra che l'autore abbia confuso le righe mentre
copiava da una prima stesura. C 917
Evidentemente il BAGLIONE conosceva soltanto una delle due piante archeologiche del Ligorio, cioè quella grande pubblicata nel 1561 (v. Cii. HUELSEN, Sagio di bibliografia ragionata delle piam'e icono.grafiche diRoma dat 1551 at 1748. Roma 1915, 52 segg. n. 31), ridot-
ta in seguito da akri (bc. cit., n. 37-41); era stata tuttavia redatta un'altra pianta piccola da Ligorio stesso già nel 1553 (HUELSEN, 43, n. 15); irifine esiste la pianta di Roma moderna del 1552 (HuRLSEN, 41 segg. n. 10; v. il testo critico per le tre piante a p. 30 segg.; MANDOWSKY-MITCHELL, passim). Altre piante, non indicate nel TH-B si trovano nel map room del Brit. Museum; per Ia pianta di
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104 Francia, del 1558, v. 1853, 154 n. 2.
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]) 922
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THOMASSY,
Nouvelles Aimales des voyages,
Alcune stampe di questo genere sono andate a far parte dello Speculum romanae magmficentiae del LAFRERI (v. CH. HUELSEN in: Co1lectanea variae doctrinae L.S. Olsc/.ski, München 1921, 129; v. anche a questo proposito i disegni del cod. vat. lat. 3439. RESTA
in F: Espose tin libro delle antichità di Roma intitolato i Para-
dossi.
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[Per le sue opere pubblicate, oltre le piante, v.
MANDOWSKI,
bc.
cit.: Delle antichità di Roma, nel qzale si tratta de' Circi, Theatri, e An-
Jitheatri, con le paradosse del medesimo auttore (s.I. nè a.; Venezia 1)53); Therme Diocletianae et Maximianae (1558); De vehicul.is antiquorum diatriba (1671); Fragmento d'Istoria dell'antichità della città di Ferrara (1676, 1722); Descriptio Villae Hadrianae (1725); Iconographia Vilae Tiburtinae Hadriani (1751); Inthione del Circus Flaminius (Tramezzini 1552); v. anche Ia postilla 1102. R.I.
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J residui medievali, che sopravvivono a mio parere nel pensiero del Ligorio rispetto aII'antichitâ classica, determinandone ii carattere in. sieme fantastico, favoloso e romantico, e quel bisogno d'integrità che e causa dei restauri, hanno contribuito a procurargli una pessima considerazione da parte degli scienziati; perô proprio queste sue tendenze bo hanno reso caro alle persone che apprezzano la cultura umarlistica. Espressione altamente artistica di questa cultura sono per esempio Ia Villa d'Este, ii Casino di Plo TV e forse anche Ia Villa Giulia (alla nota bibliografica del TH-B Si aggiunga: HUELSEN, in: RömMitt, 1891, 77; 1902, 123 segg.).
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Si tratta di Ippolito d'Este ii Giovane, nato nel 1509, promosso da Paolo ifi nel 1539 e morto nel 1572 (v. PACIFICI, Ippolito II d'Este Cardinal di Ferrara, Tivoli 1920; H. LUTZ, Kardinal Ippolito H d'Este, in: Reformata reformanda, Münster 1965, I, 508 segg.). Anche se il Baglione non Jo afferma esplicitamente, è certo che Ligorio sia stato architetto e ideatore delle costruzioni e dde decorazioni nei giardini e nel casino della villa d'Este, con la collaborazione di G. A. Galvani da Ferrara. Efl Ligorio è entrato a servizio di Ippolito d'Este nel 1549, anno nel quale venne anche pagato per un fregio dipinto nel palazzo del cardinale a Monte Giordano a Roma (MANDowsicy/MITCHELL, 1963, 2). Gli acquisti del terreni per la villa
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d'Este ebbero inizio net 1550 e net 1560/61 furono iniziati i lavori di idraulica net giardino. I lavori di trasformazione e di ingrandimento del preesistente monastero dei Francescani, trattandolo come palazzo, iniziarono nel 1562. Disegni ed ordini del Ligorio vengono nominati nei documenti. Net 1567 il Ligorio progettô degli arazzi raffiguranti it mito di Ippolito, che perô non vennero mai eseguiti. Per la storia della villa v. D. R. COFFIN, The Villa cl'Este at Tivols, Princeton University Press, 1960 (Recensione di K. SCHWAQER, in: Kunstchronik 15, 1962, 6 segg.); C. LAMB, Die Villa d'Esie in Tivolz München 1966, specialmente 83 segg.; A. VENDITTI, Giardini estensi a Rorna e a Tivoli, in: Bollettino della Unione Storia ed Arte, N.S. 21, 1978, 15 segg.; M. FAGIOLO DELL'ARCO, Ii signzficato dell'acqua e Ia dialeuica del giardino: Pirro Ligorio e ía della villa civ quecentesca, in: It giardino storico italiavo, Firenze 1981, 197 segg.; ID., stesso titolo, in: Natura e artiJicio, Roma 1981, 176 segg.; M. L. MADONNA, II Genius Loci di villa d'Este, Miti e misteri ye1 sisterna di Pirro Ligorio, lvi, 190 segg.; ID., Pirro Ligorio e villa d'Este: ía scena di Roma e il mistero della Sibilla, in: II .giardino storico italiano, Firenze 1981, 173 segg. R.I.
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V 929 C 932
Un codice con molti disegni copiati dall'antico si ê conservato nella Biblioteca Vaticana (vat. Lat. 3439; v. anche G. LuGLI, Una pianta inedita del porto Ostiense, disegnata da Pirro Ligorio, in: AttiPAccRend XXIII-XX{V, 1948-8, 1948-9, 186 segg.; II CITTADELLA, Notizie... relative a Ferrara ricavate da docwnenti, I, Ferrara 1868, 545, menziona un cod. nella biblioteca di Ferrara. E. MANDOWSKY e C. MITCHELL hanno pubblicato i disegni che si trovano net Ms. Xffl.B.7 della Biblioteca Nazionale di Napoli. Anche per quanto riguarda ii gran numero di manoscritti con disegni di Pirro Ligorio, conservati in luoghi diversi, v. MANDOWSKY-MITCHELL. presso le opere, che coloii Battista Franco Venetiano anche egli vi ha le sue dzinture. Manca l'indicazione del soggetto.
[Fotografia Gab. Fot. Naz. C 2312, prima del restauro; Soprint. Mon. Laz. 4499, dopo il restauro. Per la storia e per Ia decorazione dell'oratorio di S. Giovanni Decollato (1536-1553), alla quale parteciparono F. Salviati, J. del Conte, B. Franco, II Ligorio ed un anonimo e che fu in parte suggerita da Mons. Giovanni della Casa (VAsART), v. V. MoscHINI, S. Giovanni Decollato, Roma 1926 (Le chiese di Rona illustrate, n. 26; alla nota bibliografica in MOsCHINI Si possono aggiungere le seguenti
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opere: Privilegi et gratie concesse da diver.ci romani pontejici alla venerabile compagnia di S. Giovanni Decollato, Roma 1560); A. M0DIGLIANI, Due affreschi di Pirro Ltgorio nell'oratorio dell'arciconfraternita di S. Giovanni Decollato, in: Riv. del R. 1st. di Archeol. e Storia dell'Arte ffi, 1931, 184 segg.; A. PINNA, L'Oratorio di S. Giovanni Decollato, in: Boll. della Unione Storia ed Arte VIII, 1965, 89 segg.; M. HIRST, Salviati's Two Apostles in the Oratorio of S. Giovanni Decollato, in: Studies in Renaissance & Baroque Art Presented to Anthony Blunt on His 60th Birthday, London 1967, 34 segg.; I. H. CHENEY, Notes on Jacopino del Conte, in: ArtBull, 52, 1970, 32 segg.; J. A. GERE, Some Early Drawings by Pirro Ltgorio, in: Master Drawings 9, 3, 1971, 239 segg.; R. E. KELLER, Das Oratoriwn von S. Giovanni Decollato in Rom. Eine Studie seiner Fresken, Roma 1976 (recensioni, tra l'altro, di C. DUMONT-MONNIER, in: Bibliotheque d'humanisme et Renaissance 39, 1977, 377 segg.; L. W. PARTRIDGE, in: ArtBull 60, 1978, 171 segg.; H. RöTTGEN, in: Pantheon NF 38, 1980, 195 seggi; S. Y. EDGERTON, A Little-Known Pwpose of Art' in the Italian Renaissance, in: Art History 2, 1, 1979, 45 segg.; J. S. Wisz, Daniele cia Volterra and the Oratory of S. Giovanni Dccollato, in: BuriMag CXXIII, 1981, 355 segg.; ID., Pittura e Misericordia: the Oratory of S. Giovanni Decollato in Rome, A thesis presented at the Harvard University 1982; ID., Salvation Through Death: Jacopino del Conte's Altarpiece in the Oratory of S. Giovanni Decollato in Rome, in: Art History 6, 4, 1983, 395 segg. La missione dell'arciconfraternita era ii conforto dei condannati a morte, verso cui si orienta anche ii programma della decorazione (v. PARTRIDGE, EnGERTON, Wsxsz, 1982 e 1983). II Ligorio ha dipinto Ia Danza di Salomè sulla parete sinistra. Finora non sono stati identificati i tre ritratti (v. WEIsz, 1982, 151 segg.). J. Hiss ha pensato, nella stesura del suo commento, ormai Superato dalle nuove indagini ad alcuni umanisti suoi an2ict, mentre WEIsz suppone che si tratti di committenti. Stranamente flOfl 51 parla quasi mai dell'architettura dello sfondo. Essa presenta tali analogie con ii cortile di villa Giulia, che l'ipotesi di J. HESS, che il Ligorio abbia avuto un ruolo importante nella progettazione della villa, trova qui una prima confeqna (v. 723, cornmento, e RöTTGEN, 195 segg.). Al British Museum è conservato il disegno completo per Ia Danza di Salomè (no. inventario 1964-3-31-1), pubblicato dal GEnE, bc. cit. L'esecuzione dell'affresco e databile tra il 1541 e il 46 oppure nel 1553. 11 KELLER propone la data del 1544 sulla base di un documento, la cui pertinenza e dubbia. La Decapitazione del Battista, che segue all'affresco del Ligorio, porta comunque la data del 1553. Essa
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fu attribuita dalla MODIGLIANI al Ligorio - come J. HEss opinava nella prima stesura - , v. anche VENTURI IX, 5, 777 segg. Questa attribuzione non è perô sostenibile, come neanche quella di KELLER a Roviale Spagnuolo. Si tratta a mio avviso di un fiorentino piü vicirio a) Salviati di quanto Jo fu mai II Roviale, anche lui allievo del Salviati. II guerriero a destra cor risponde a una figura del Martirio di S. Lorenzo che ii Salviati esegul nella cappella del Pafflo alla Cancelleria (v. anche KELLER), a un'altra delle stone della Vita di Camillb nel Palazzo Vecchio a Firenze (v. anche Voss) ed infine ad un disegno del British Museum (1946-7-13-54). Si puô attribuire al Ligorio anche Ia scena antica in chiaroscuro sotto Ia finestra a sinistra non solo per i suoi aspetti stiistici (Cheney, 36n, nota 23; Gene, 239, Keller, fig. 29) ma anche tenendo conto della variante del Baglione, che parla al plurale. R.I. II Ligonio esegul nel 1542 un altro lavoro di pittura di minore importanza, e doe quello delle gnottesche nel palazzo di Francesco della Rovere, arcivescovo di Benevento. La sua facciata occupava II posto del presente palazzo Doria del lato del Corso (v. R. LANCIANI, in: Ausonia, I, 1906, 102; MOSCHINI, bc. cit., 49); il MOSCHINI respinge a ragione l'attnibuzione di uno stendardo dipinto conservato a Rieti nel Museo Civico a) Ligonio (v. Angelo SACCHETTI SASSETTI, Un gcrnfalone di Pirro Lgorio a Rieti, in: L'Arte 1913, 311 segg.; ID., Guida iltustrata di Rieti, Rieti 1930, 29). '7o34
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ricoperta [manca: e un aura dat canto ( ... ) guasta] era sua rnventzone
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Per be facciate dipinte dab Ligorio, enumerate in seguito e che non esistono piü, v. W. HIRSCHFELD, Quellenstudien zur Geschicbte der Fassadenmalerei in Rorn im XV[. und XVLL Jahrhundert, Halle, a. d. Saabe 1911 (compilazione di testi); MANCINI, ViaggioperRoma, ed. Marucchi-Salerno; U. GNOLI, Facciate graffite e diinte in Roma, in: II Vasani VIII, 1936-37, 89 segg., IX, 1938, 24 segg.; Le case romane con facciate graffite e diinte, Roma, Pal. Braschi 1960 (catalogo); GERE, bc. cit. II MANCINI, nel Viaggio per Roma, ed. Marucchi-Salerno I, 283, menziona: (v. HIRSCHFELD, icc. cit., 32; CELlO, 147; MoscHINr, !oc. cit., 49; GN0LI, bc. cit., 111 e 47 segg.). II palazzo Palotta di cui parla II BAGLIONE per identificare meglio Ia casa con gli affreschi, fu successivamente occupato del card. Zacchia (Faobo Emiio, promosso ne) 1597, morto nel 1605 [CARDELLA VI 611 e non Landivio, promosso nel 1626, morto nel 1637 [CARDELLA VI 255]) e dal card. Pallotta (non Gio. Ev., promosso nel 1587, motto nel 1620 [CAR.. DELLA V 2781, ma Giovanni Battista, promosso nel 1629, motto nel 1668 [CARDELLA VI 292]). GN0LI identifica questo palazzo con quello Pallavicini-Carpi, era di proprietà di Sabini (bc. cit. p. 47), situato all'angolo di via de' Prefetti in via di Campo Marzo, dove nell'androne è infatti murato uno stemma di casa Pallavicini, scolpito in travertino e trasferito qui in mezzo alla facciata. Altri nobili inquilini, precedenti a quell nominati, sono stati il card. Rodolfo Pie da Carpi (motto nel 1564), II card. Gio. Francesco Gambara (motto nei 1587) e il card. Antonio Maria Sauli (elevato nel 1587), che abito in questo palazzo nel 1601 come risuita dal ms, pubblicato dal TOMEI (Palladio 1939, 221 n. 50). Deve essersi trasfenito poco do-
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po, cedendo II posto al card. Zacchia. Mancano notizie per il perio.. do tra Ta morte di quest'ultimo (1605) e l'entrata del Pallotta, awenuta forse dopo la sua promozione nel 1629. Probabilmente in questo periodo ii palazzo, che aveva prima Ta facciata su via di Campo Marzo, con cinque finestre e una porta centrale, ebbe Ia configurazione che si vede nell'incisione del Ferrerio del 1638, con Ia facciata di dodici finestre su via de' Prefetti, corrispondente piü o meno a quella attuale. Secondo l'AsToLFI, 11 palazzo fu dato neT 1730 circa dalla marchesa Girolama Pallavicini-Montoro all'Arciconfraternita de' Marchegiani (v. Rassegna marchegiana 1933 1 225); ma già al tempo del Pallotta, e cioè nel 1640 circa 1 è chiamato ii palazzo della Madonna di Loreto dallo Spada (v. F. EHRLE, Dalle carte e dai discgni dl Virgilio Spada (Atti PAccMem, Ser. ifi, vol. II), Rorna 1927, 15 II e ifi; FALDA, n. 427; pal. Pallavicino in campo Marzo; N0LLI, n. 437: pal. della S. Casa di Loreto). Altri documenti sulla storia del palazzo si trovano nell'archivio di S.M. in Aquiro (v. GABRIELT, in: ArchStorRom 1928, n. 63); niproduzione fotografica in Commentarium Pontificium Athenaeum Lateranense, Anno Acadernico 1937-38, 224. Credo che si possa identificare Ia via de' librari del Collegio Romano, menzionata dal BAGLI0NE soltanto nel manoscritto (v. variante) con Ia via di S. Ignazio, cosi denominata al termine dci lavoni della chiesa omonima, avvenuto dopo Ia monte del BAGLIONE.
La casa con la facciata dipinta daT Ligonio dev'esser stata demolita per far posto al nuovo convento dei Padri Domenicani, terminato nel 1640, cioè parecchio tempo dopo la redazione delia variante. Lo stemma di Paolo IV (1555-59) neT dipinto si spiega con il fatto che la casa si trovava dirimpettto ad una proprietà del Papa, compaesano e protettore del Ligorio, Ia quale fu successivamente donata da sua nipote ai Gesuiti, divenendo il nucleo del futuro Collegio Romano. V i0
Molara [cancellato: Ia quinta alla Piaza dis. Marco delPalazzo diSg.ri Sanesij e vi sono diversi Vasi alla antica finti di metallo de rara stima; manca: one sono.... B medesimo un']altra nel vicolo in contro al Palazzo vecchio de 1 Signori Gaetani all'orso [su striscia di carla: one sono di sopra quattro figuroni di Chiaro scuro, che servono per termine e sostenono una cornice, e tra Ic finestre ui è una storia di Chiaro scuro assai consumata dal tempo; .copra le finestre .ctanno per ciascheduna due puttini che reggono cornucopij di frutti di Color giallo, sotto ui e un fregio di CJsiaroscuro di diversi trofei e due figure di giallo con un figurone grande di Chiaroscuro] alle loro maniere riconosconsi essere opere di Pirro
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Ligorio. Manca la menzione della facciata di fronte alla Cancelleria (10h 112 ) .
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Anche questo affresco non esiste pin. L'iscrizione portava la data del 1546 e fu pubblicata dal LANCIANI (v. 11 codice barberiniano XXX, 89 [cioè I'odierno barb. lat. 20161, ArchStorRom VI, 1883, 226). 11 palazzo delia Molara e indicato nella pianta del N0LLX al n. 262. Una fontana, eretta di fronte ad esso, e menzionata in documenti del 1590 e del 1593, ma non si trova indicata ndlle piante (v. P. PECCH IA!, Acquedotti e fontane di Roma neZ Cinquecento, Roma 1944, 90 e 97). Quanto alIa salita diS. Silvestro v. CAMETTI, in: BollArte 1918, 183 e n. 1-2. Ne! cod. Chig. in un passo cancellato, v. variante 101, si parla anche di una facciata dipinta cilia piaza di S. Marco dci palazzo de Sig. ri Sanesz. edificio che non sono riuscito ad identificare.
P 10 10 RESTA in D: paiono di Polidoro.
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1010 La facciata non esiste pin (v. HIRSCHFELD, n. 36; GNOLI, 120). Sembra che si tratti della stessa facciata menzionata del MANCINI nel vicolo dei Gaetani, con un affresco della Trcrnquilità, da lui attribuita a Raffaello (MANcINI, Viaggio per Roma, ed. Marucchi I, 281, riga 39/40, e Discorso di pittura, ibid. 311, riga 22 e commento del Salerno, II, 197, n. 1484). Per la prima stesura della descrizione v. la variante 101. Il palazzo Gaetani, chiarnato all'Orso per Ta sua vicinanza al famoso albergo tuttora esistente, e per distinguerlo da quell'altro sull'isola tiberina, è visibile in una bella veduta dipinta da Matteo Bril nella Torre del Ventj (fot. Mus. Vat. 111-28-8). E riconoscibile, benché non nominato, anche nelle piante del TEMPESTA (1593) e del MAGGI (1625), e menzionato nell'elenco del 1601 (v. TOME!, in: Palladio 1939, 168, n. 14). La sua storia risale certamente fino alla metà del Cinquecento circa: fu venduto nel 1626 o nel 27 ai monaci celestini di S. Eusebio, i quail vi aprirono nel 1629 un collegio (v. Roma, 1936, 98; 1937, 68 e 294), con l'annessa chiesa di S. Maria in Posterula o dell'Orso, indicata nella pianta del FALDA (del 1676, a! n. 166); fu demolito alla fine dell'Ottocento per i lavori dei muraglioni del Tevere (v. IJomus, II, 327 segg. [a p. 171 nota b della stessa opera si parla di un documento con una perizia del Ligorio, da lui eseguita in qualità di antiquario]; ARMELLINI, 347 segg.). Dopo Ta vendita del palazzo ai Celestini, i Gaetani andarono ad abitare nel palazzo de Cupis in piazza Navona
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(v. documenti nel catalogo della mostra di piazza Navona, a cura di Roma 1943, 92).
E. GERLINI,
C 1012 L'affresco in Campo di fibre avanti la Cancelleria è scomparso (v. HIRSCHFELD n. 35; GN0LI 1938, 48). Per le altre facciate attribuite al Ligorio, v. HIRSCHFELD, n. 37, GN0LI 1937, 123.
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1014 Questo e anzi certamente l'aspetto piü interessante della sua attivitã artistica, ma non è facile da ricostruire. fl VASARI ommette Je notizie necessarie a questa ricerca, data la sua avversione per il Ligorio. Per ciô che riguarda ii periodo intorno al 1550 mi sembra accettabile l'attribuzione di due palazzi tuttora esistenti: palazzo Torres-Lancellotti in piazza Navona, attribuito dal FERRERIO al Ligorio (v. sotto), e palazzo Spada alla Regola, giâ Capodiferro (per Ic somiglianze ascritto anch'esso dal CECI a! Ligorio, 1929, in: Th-B). Al primo palazzo, iniziato fra ii 1548 e ii 552 e attribuito dal BAGLI0NE (con riserva) al Vignola (v. 828), fu annesso un edificio preesistente, acquistato nel 1542 (v. E. GERLINI nel. catalogo della mostra Piazza Navona, 1943, 80). II padrone, di nazionalità spagnola, deve aver gradito particolarmente il Ligorio (v. Jacobus LAURUS, Palazzi diversi Roma 1637; P. FERrtaruo, Palazzi di Roma, Roma s.a., tav. 29; F. CANCELLIERI, II mercato... nel C'irco Agonale... Piazza Navona, Roma 1811, 40 n. 3; P. PEccrnAI, in: L'Urbe, 1938, n. 1, 29; TOMEI, in: Palladio, 1939, 174 n. 43). [C. L. FROMMEL, per le evidenti analogie stilistiche con palazzo Spada, ha attribuito tanto l'architettura del palazzo Torres quanta quella del palazzo Spada stesso a Giulio Merisi da Caravaggio (Der römische Palastbau der Hochrenaissance, TUbingen 1973, II, 78 segg.), seguendo con ciô J. WASSERMAN (Palazzo Spada, in: ArtBull 43, 1961, 58 scgg.), che ha attribuito il palazzo Spada al Merisi, basandosi soltanto su T0TTI (Ritratto di Roma, 1638, 210). L'ipotesi è lungi dall'essere dimostrata; altri ritengono che il Ligorio sia stato architetto dcl palazzo Torres (L. SALERNO, in: Piazza Navona, Isola dei Pamphilj, Roma 1970, 271 segg.; G. SMITH, The Casino of Pius TV Princeton 1977, 25). Palazzo Spada venne a sua volta attribuito dat FERRERIO a Giullo Mazzoni per I'errata interpretazione di un passa del VASARI, net quale viene dichiarato decoratore dell'interno del palazzo. Scartata l'attribuzione poco convincente a Girolama da Carpi (A. SERAFINI, Girolamo dci Carpi. Roma 1915, 368 segg.) sebbene seguita ancora nel 1961 da H. VAN DAM VAN ISSELT (Wie t de architect van Palazzo Spada te Rome?, in: Mededeelingen, 31, 1961, 213 segg.) < si raccomanda quella at Ligorio so-
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loll
prattutto per l'atmosfera di erudizione classica e archeologica che caratterizza la decorazione della facciata e del cortile >> (HESS nella prima stesura di questo commento). 11 palazzo fu costruito dat cardinale Girolamo Capodiferro, iniziato nel 1548 e compiuto prima della morte del cardinale che avvenne il 1 dicembre 1559. Intorno at mese di aprile del 1550, la facciata era eretta fino all'altezza del piano nobile. Recentemente J. HUNTER ha proposto, sulla base di van docurnenti, Bartolomeo Baronino come architetto del palazzo (The Architectus Celeberrimus of the Palazzo Capodiferro at Rome, in: RömJbKg 21, 1984, 397 segg.). Per la decorazione della facciata e del cortile, di incerta attribuzione, v. NEPPI, op. cit. La decorazione interna è in gran parte di Giullo Mazzoni (VAsArn), di diversi altri suoi discepoli e di Daniele da Volterra. Per le pitture di G. Sicciolante da Sermoneta, v. 242. R.]. II palazzo Capodiferro divenne in seguito proprietà dci Mignanelli, dai quali II cardinale Bernardino Spada to acquistô net 1632 (v. POLLAK, Die Kunsttatig/eeit unter Urban VIII, I, 371; CARDELLA VI, 253), introducendo importanti trasformazioni per opera del Borromini e di altni artisti (v. PASSERI, ed. Hess, 280 e n. 3, 364 e n. 9, 296, Roma 1937; C. CECCHELLI, in: Capitolium, 1931, 372 segg.; T0MEI, in: Palladio, 1939, 224 n 64; CH. L. FR0MMEL, op. cit., II, 62 segg.; L. SALERNO, in: Via Gin/ia, Roma 19752, 495 segg.; L. NEPPI, Palazzo Spada, Roma 1975; R. CANNATA, Guida alpalazzo Spada, Roma 1984; HUNTER, bc. cit.). Notizie sulla famiglia Capodiferro in: Atti Acc. Lincei, 1892, ser. IV, 3 segg.; per ii cardinale Girolamo Capodiferro v. CARDELLA IV, 270. Per l'attivita architettonica v. inoltre vifia d'Este a Tivoli (925) e villa Giulia (723) dove, net 1553, a mio parere il Ligorio subentrô a! Vasari in qualita di sovrintendente ai lavori di villa Giulia. Vorrei attribuire a lui il portico semicircolare e la trasformazione dde costruzioni che circondano II cortile della fontana, ambiente tutto pervaso di spinito classico. Non mi sembra opera sua ii palazzetto che Si trovava in via Flaminia e che sembra sia stata sua abitazione. Eu poi ricostruito net 1927 sul Campidoglio (v. fotografia in: Capitolium ifi, 1927/28, 230). V 10"
architetto del Pontefice
C 10" Ebbe questo incarico net 1555, cioè subito dopo l'elezione di Paolo IV (A. M0DIGLIANI, Disegni inediti di Pirro Ligorio, in: RivlstNaz IV, 1932, 226 n. 21). [Per i lavori del Ligorio in Vaticano, v. J. S. ACKERMAN, The Cor-
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1019
113
tile del Belvedere Città del Vaticano 1954 (Studi e documenti Ill); D. REDIG DR CAMPOS, Ipalazzivaticani, Bologna 1967.1113 gennaio 1568 il Ligorio accenna alla sua carica di architetto del Palazzo Apostolico, dalla quale venne esonerato nel giugno 1567; a partire da questa data Nanni di Baccio Bigio ottenne 25 scudi al mese sino alla morte, probabilmente nell'agosto 1568 (D. COFFIN, in: JSAH XIV, 4, 1954, 31). R.I.
C io 19 Tanto questo passo quanto quello piü in basso (26-31) sono copiati daJ. VASARI (VasMil \Tll, 245 segg., 257, 266), come si sa, troppo parziale nei confronti di Michelangelo; VASAR1T rende il Ligorio responsabile della strana faccenda svoltasi a suo dire nell'ottantunesimo anno di eta di Michelangelo, cioè nel 1556. Il racconto del VASARI e stato accettato come documento storico da tutti gil studiosi, pei-sino dal FREY, benché almeno quest'uhimo sembri averne riconosciuto II carattere arbitrario. Fatto sta che proprio in quell'epoca, a chi volesse muovere critiche a Michelangelo, non mancavano gli elementi di giudizio, essendo successo quel grave errore nella costruzione della volta della cappella del Re di Francia - oggi chiamata della Colonna - per II quale fu biasimato, anzi cacciato, un subalterno; lo sbaglio era stato in realtà causato dalla tendenza di Michelangelo, disastrosa in un lavoro cosi grandioso, di non dire una parola delle sue intenzioni a chicchessia e di circondarsi di elementi poco capaci, mentre egli, impedito dalla sua eta avanzata, andava raramente a S. Pietro e vi mandava coi suoi ordini Urbino, gilt suo servitore, che era stato sostitutito al sopra citato Nanni di Baccio Bigio, altra vittima della maldicenza vasariana (v. K. FREY in JbPrKs 37/1916 Beiheft, 38 segg., 48 segg.; Nachiass II, 298 segg.). Contrariamente a quello che il BAGLIONE dice anche a p. 2, non risulta che it Ligorio abbia avuto un incarico a San Pietro sotto Paolo IV finché fu in vita Michelangelo; tuttavia egli poteva credersi autorizzato ad inserirsi nei lavori in virtü della sua carica di architeuo di S. Santith. [II Ligorio diventô architetto di S. Pietro nel 1564/65, ma non iniziô nessuna nuova costruzione, v. J. S. ACKERMAN, ioc. cit., 2' ed., 1964, II, 98, 104. Per il problema della sua partecipazione alla struttura ddll'attico incompleto, visibile nell'incisione del monogrammista H.CiB. del 1565 (ACKERMAN, tav. 53b) - evidentemente diverso dal progetto di Michelangelo nell'incisione di V. LUCCHINI (1564; ACKERMAN, tav. 59a) - v. H.A. MILL0NJC.H. SMITH, Michelangelo and St. Peter's, in: Burl.Mag XCI, 1969, 484 segg.; M. HIRST, A Note on Michelangelo and the Attic of St. Peter's, in:
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1O ° - 1O
BuriMag CXVI, 1974, 662 segg.; F. E. KELLER, Zur Pluming am Ban der römischen Peterskirche im Jabre 1564-1565, in: JbBerlMus XVIII, 1976, 38 segg. Per II progetto che prevedeva che Ia piazza fosse circondata da un portico, sappiamo solo che dev'essere stato studiato nel 1564 sotto Pio IV, ma non conosciamo ii suo ideatore, v. Cii. THOENES, Studien zur Geschichte des Peteiplatzes, in: ZKg 26, 1963, 107 e n. 64. R]. r' lu2O
Egli divenne architetto di S. Pietro soltanto nel 156415, v. 10 19 . Si firma ereditâ (A. BERTOLOTTI, Artisti bobgnesiferraresi, s.I., s.d., 131). R.I. cadde in quelli della morte.
C
2
Pirro Ligorio morl il 30 ottobre
1583
(v. 9 ', commento).
Nella seconda disposizione Ia vita del Sementa seguiva, sullo stesso foglio 6v, quella del Ligonio. Ambedue mancavano ancora neT pnimo
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111
ordinamento. Nella terza stesura Ia vita del Vasari venne interpolata dopo quella del Sementa, e finalmente nel testo stampato veniva messa tea le vite del Ligorio e del Sementa. RESTA in D: norninato anco dat Lomazzo (ed in basso:) Giorgio Vasari nato del 1511, di 63 - rnorI del 1574 (cancellato:) nato 1492 di 80 1578. In testa della pagina: Perino
Pellegrino - Cechino Vasario
C 11 3 Nella prima postilla, il padre RESTA si riferisce al Trattato dell'arte della pittura, scoltura et architettura di Giovanni Paolo Lomazzo milanese pittore, Milano 1585, dove alla carta 112 è menzionato il Vasari. Giorgio Vasari nacque II 30 luglio 1511 ad Arezzo (i genitori erano Antonio di Giorgio Vasaio e lvladdalena de' Tacci), e morl II 27 giugno 1574. Per Ia vita e le Vite del VASARI V. W. KALLAI3, Vasaristudien, Wien/Leipzig 1908, e commento 14 29 Per la bibliografia vasariana v. M. GOERING e P. GAZZOLA, in TH-B e P. BAB0cCHI, Vasaripittore, Firenze 1964, 152 segg., dove sono citate anche le fonti ed i documenti principali sotto le vane voci della bibliografia. Qui vorrei accennare alle prinicipali edizioni moderne delle opere scnitte del VASARI: Le opere di Giorgio Vasari con nuove annotazioni e commenti di Gaetano Milanesi, Firenze 1878-85, Der titerarische Nachiass Giorgio Vasaris, hrsg. und mit kritischem Apparate versehen von K. FREY, München, I, 1923, II, 1930; Neue Briefe von Giorgio Vasari, hrsg. und enläutert von H. W. FREY, Munchen 1940 (Literanischer Nachlass, ifi); La Zibaldone di Giorgio Vasari, a cura di A. DEL VITA, Roma 1938; II libro delle Ricordauze di Giorgio Vasari, a cura di A. DEL VITA, Arezzo 1938; Inventario e regesto del manoscritti dell'Archivio vasariano, a cura di A. DEL VITA, Roma 1938; Le Vite..., a cura di P. DELLA PERGOLA, L. GRASSI, G. PREVITALI, 1-IX, Milano 1962-66; Le Vite..., a cura di R. BETTARINI e P. BAROCCHI, Firenze 1966 segg. (in corso di pubblicazione). Finora manca una trattazione monografica completa del Vasari architetto (v. E. LusINI, II Vasari architetto, in: II Vasari, XIV, 1943, 14 segg.; Studi Vasariani, Atti del convegno internazionale per ii IV centenario della prima edizione delle > del Vasari, Firenze, Palazzo Strozzi, 16-19 settembre 1950, Firenze 1952; F. BORSI, Architettura in terza pagina, Firenze 1965, 59 segg. (Vasari architetto); L. G. SATKOWSKI, Studies on Vasari's Architecture,
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ii New YorklLondon 1979; v. anche V. FAsoLo, L'architettnra nell'opera pittorica di Gior.gio Vasars, in: Atti del XH congresso di storia dell'architettura, Arezzo, 10-15 settembre 1961, Roma 1969, 215 segg. La pin recente monografia del pittore e ancora quella di P. BAROCCHI, Vasari pittore, Firenze 1964, e, della stessa autrice: Complementi at Vasaripittore, Ffrenze 1964 (Atti e memorie dell'Accademia toscana di scienze e lettere La Colombaria, XXVIII, nuova serie XLV, 1963-1964). V. dopo: II Vasari, storiografo e artista, Atti del congresso internazionale nel IV centenario della morte, Arezzo-Firenze, 2-8 settembre 1974, Firenze 1976; Tn. S. R. BOASE, Giorgio Vasarii The Man and the Book, Princeton 1979; Giorgio Vasari. Pruncii, letterati e artisti nelle carte di Giorgio Vasari. Pittura vasariana dat 1532-1554. Mostra 26 sett.-29 nov. 1981, Arezzo, Sonochiesa di S. Francesco, Firenze 1981; P. BAROCCHI, Studi vasariarn Torino 1984. Per Vasari disegnatore v. inoltre: Mostra di disegni del Vasari e delta sua cerchia (Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, XVII), Firenze 1964; Giorgio Vasari, dessinateur et collectionneur, Musée du Louvre, XXXVT' Exposition du Cabinet des Dessins, Paris 1965; Mostra di disegni vasariani., Carri trionfali e costumi per ía Genealo,gia degli dei (1565), Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi, XXII, Firenze 1966; C. MONBEIG.-GOGUEL, W. VITZTHUM, Dessins inédits tie Giorgio Vasari, in: Revue de I'art, 1968, 1/2, 89 segg.; In., Musée dii Louvre, Cabinet des Dessins, hnventaire générat des dessuns italiens, I, Vasari et son temps, Paris 1972. V. inoltre Ia bibliografia in G. THIEM, Neuentdeckte Zeichnungen Vasaris md Naldini:r für die Sala Grande des Piilazzo Vecchio in Florenz. in: ZKg 31, 1968, 143 segg. Per Roma specialinente: Cn. DAvIs, L'attivith romana del Vasari net 1553: uncisioni degli affreschi di villa Altoviti e ía fontanalia di villa Giulia, in FlorMitt 23, 1979, 197 segg. Naturalmente nella bibliografia vastissima del Vasari abbiamo dovuto limitarci ai titoli che si riferiscono ai soggiorni romani. BELLORI
C
in B: 11 Vasari ha scritto tanto dire stesso che non occorreva
it Baglione
Se
BOTTARI
in B: Dice ii vero.
me prendesse ía briga.
114 La presente vita infatti fa largo uso di quello che avevano scritto il VASARI stesso (VasMil VII, 649 segg.) e il BORGHINI (541 segg.); ma fermandosi entrambi circa all'anno 1566 e non trattando quindi delle pitture fatte in Vaticano, il BOTTARI forth un'aggiunta per la sua edizione delle Vise (Roma 1759-60). Per questa
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11
- ii'
121
parte almeno, II testo del Baglione assume il valore di fonte d'inforrnazione.
P
RESTA (?) in A: del Vasario po. Maestro flu Marzilla di puoi Michelangelo et Andrea del Sarto puoi fe l'orefice puoife it pittore et finalme. (2) l'Architetto.
C
Per il padre di Giorgio, v. 11
P ii
in D: (su targa disegnata a penna:) Gulielmo Marzila francese M. Angelo Bonaroti RESTA
del Sarto ino Giorgio Vasari Pciegrino
C 11
V
Per Guglielmo di Pietro de Marcillat menzionato anche nella postilIa (v. I I le 119) nato a La Châtre, Berry (dép. Indre) in Francia, morto ad Arezzo il 13 aprile 1529 a sessant'anni circa, v. l'ottimo articolo di Mario SALMI del 1922 in Th-B sotto Guglielmo, e dopo, fra gil altri: G. SINIBALDI, Guglielmo de Marc/flat, pittore di affreschi, in: L'arte 29, 1926, 267; M. DONATI, Deli'attiuità di Guglielrno de Marc/flat net Palazzo Vaticano, in: AttiPAccRend 25/26, 1949/51. 267 segg.; L. BERTI, Marc/hat o it culmine clears/co della vetrata italiana, in: Antichità viva, 1, 1962, 2, pp. 30 segg.; inoltre: KALLAB, 10 segg.; piccola nota bibliografica anche in FOURRIER BONNARD, Histoire... de Ia trinité du Mont Pi;ado..., 27 segg., e n.; per gli studi creduti del Michelangelo e Andrea del Sarto, v. KALLAB, 24 segg. Per gil anni giovanili in generale - dal 1524 a! 1543 - trattati cia! BAGLIONE molto sommariamente, v. KALLAB, 41 segg.; le Ricordanze del Vasari (Nachlass 11, 847 segg.), e P. BAROCCHI, 9-24, 87 segg. e 113 segg. 15
interpolato cia! Tronsareiji: condotto
C 11 17 [Vasari venne a Roma nel dicembre del
1531, fu accolto dad Cardinal Ippolito de' Medici (KALLAB, 48) e disegno non soltanto nudi e anatomie (VasMil, VII, 12 segg., VIII, 233 segg.), ma anche un carrone con una Venere seduta ornata dahle tre grazie. Ebbe Ia commissione d'una tela con la Battaglia tra sat/ri e con /1 bacca-
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ii' - 11 21
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vale dei fauni. Fece ariche disegni da anticaglie (KALLAB, 49). Nell'estate del 1532 lasciô Roma per recarsi ad Arezzo, ammalato di febbre. Di questo primo soggiorno romano, come degli inizi in generale, non ci sono pervenute fino ad oggi nessune prove artistiche; salvo il Cristo portato at sepoicro, Arezzo, Casa Vasari, identificato da U. BALDINt con ii dipinto eseguito aila fine del 1532, cioe dopo ii ritorno a Firenze, per Ippolito de' Medici (RivArte XXVffl, 1952, 195 segg.; BAR0ccHI, 10 segg.; 113; cfr. FREY II, 851, ricordo n. 52 del 10-)U-1532, e FREY I, 15 segg.; lettera del novembre/dicembre 1532 a Ippolito de' Medici; VasMil 'VII, 656. R.I.
C r'
' Vasari tornô a Roma nel mese di febbraio 1538 (KALLAB, 65). Nel mese di lugio 1538 egli stava nuovamente ad Arezzo. -,,20
'- 11 21
('
Arezzo, Camaldoli, Bologna, Camaldoli, Arezzo, Venezia (v. J. SCHULZ, Vasari at Venice, in: BurllVIag 103, 1961, 500 if.; 1541142), Ferrara (?), Bologna, Arezzo, Montefiascone, Roma (v. KALLAB, 65 segg.; BAROCCHI, 13 segg. DalI autunno 1542 a glugno 1543 (KALLAB, 72); v. A. RONCHINI, Giogio Vasari alla corte del card. Farnese, in: Atti e mem. R. dep. stor. patr. prov. mod. e parm. II, 1864, 121 segg. [Durante questo soggiorno romano fece un'Allegoria della Giustizia e delta Verità per Alessandro Farnese che si trova ora a! Museo di Capodimonte (v. VasMil VII, 672; BAROCCHI, 23, 29, 96; B. MoLAJOLI, Notizie sii Capodimonte, Catalpgo delle Gallerie e del Museo, Napoli 1964, 40, disegno a Chatsworth, v. C. M0NBEIG.-GOGUEL, 11 manierismo Jiorentino, Milano 1971, fig. 17. Per Bindo Altoviti fece una Pietà con Febo e Diana, finora non ritrovata, per la quale perô si sa che esiste un disegno al Louvre (BAROCCHI, 128 n. 25; Musée du Louvre, Giorgio Vasari dessinateur..., n. 13; VasMil VII, 671, dove identificato erroneamente con la Deposizione Doria). II SALMI ha pubblicato un quadro della coil. Chigi Saracini, Siena, che ha Ia stessa composizione, perà altre dimensioni rispetto a quelle indicate dal Vasari stesso. Ii SALMI ritlene che sia una ripetizione autografa. Non vorrei esciudere che si tratti di una ripetizione della seconda metà del Cinquecento in uno stile pittoricamente avanzato, possibilmente della cerchia degli allievi, p.e. del genere di Calvaert (M. SALMI, Contribnti at Vasari pittore, in: Studi di storia dell'arte, bibliologia ed erudizione in onore di Aifredo Petrucci, Roma 1969, 51 segg.). R.I.
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1123 - 1128
123
V 1123 S. Agostino [cancellato: ad Un; interpolato dal Tronsarelli: a Galeotto da Girone] mercatante
V 1125 Interpolato dal Tronsarelli: e Ia Vergine Madre trwnortita 1...] e in vane attitudini
P
1126
RESTA in D: In S. Ag'. (a Croce. —Jo [?]. BOTTARI in C: Non v'è pü.
C 1126 Credo che ii RESTA, arrivato a Roma nel 1665 (v. AROELATI, Bibi. Script. Med., Milano 1745, non abbia ancora potuto vedere questo quadro al suo posto originario: esso venne eseguito nel 1544 su commissione di Galeotto da Girone, mercante fiorentino, per Ia quinta cappella a sinistra (del SS. Cosma e Damiano; v. FORCELLA, VI, 80, n. 240); viene menzionato dal VASARI stesso (VasMil 'VII, 673; Nachlass I, 123, II, 861) e dal MANcINI (ed. Marucchi-Salerno, I, 78, 132, 231, Considerazioni...; 282, Viaggio...; 302, Discorso ... ), che lo definisce molto bello, inoltre dal CELlO (Memorie, 1638, 15). II quadro fu tolto nel 1660 circa, quando fu aperta, al posto della cappella, Ia porta laterale verso via de' Pianellari. L'apertura dell'ingresso laterale fu effettuata contemporaneamente all'erezione della contigua cappella di S. Tommaso da Villanova a spese di Camillo Pamphilij. In seguito aBe modifiche, il quadro fu venduto ii 30 Iuglio 1661 per sc. 150 al principe Pamphiij, munifico padrone della nuova cappella, ed incorporato in seguito nelle collezioni della famiglia Doria Pamphilij (v. PASSERI, 318; U. DONATI, in: L'Urbe 1940, n. 8, 26, n, 31), dove il KALLAB fu II primo a identificarlo (bc. cit., 73; foto ANDER-. SON, 3080).
C 1128 La notizia è fornita dal
VAsARI stesso, II quale indica anche l'anno preciso di questo soggiorno che si svolse nel 1544 (VasMil VII 673). Quando Fiippo Adimari, vescovo di Nazaret, mori nel 1536, (v. MORONI, 47/257; GAMS, 903), il suo palazzo rimase incompiuto e presumibilmente in mano ai suoi eredi che lo diedero in affitto come si vede nel caso del VASARI. Nel 1546 fu acquistato da Orazio Farnese, secondo figlio del duca Pierluigi, forse per condurvi Ia giovane sposa, Diana di Francia (v. LITTA, t. XII). Egli rivendette il palazzo dopo cinque anni, cioe nel 1552, aT cardinale Giovanni Salviati (nato nel 1490, promosso nel 1517) che era allora proprietario della confinante Villa Lante (v. Ta planta del BUFALINI, 1551, ed. Ebrle, 32: o Vinea D.R.C. Salvia-
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1128
tis >>). Mono il card. Salviati nel 1553, evidentemente prima di averci potuto fare qualsiasi cosa, ii palazzo fu terminato, come dice il VASARI, dal > (bc. cit.), cioè dab card. Bernardo, fratello del card. Giovanni (promosso nel 1561); ma i lavori di architettura devorio essere stati compiuti in gran pane prima della sua promozione, perché nel 1559 Santi di Tito vi dipinse Ia cappella. La costruzione e cos! databile dab 1556 al 1559. Le didascalie del Ferrerio che affermano II compimento del palazzo aT 1557 (Palazzi, libro I, t. 21) sono quindi importanti. La pane piü antica del palazzo, edificata dalI'Adiinari, cioè prima del 1536, forse opera di Antonio da Sangallo il giovane, si riconosce ancora in fondo al vicolo di S. Onofrio, con una bella scala a tre rampe e alcune sale a volta, di proporzioni modeste se paragonato a quelle dell'edificio principesco nel quale fu incorporata. La costruzione nuova è tradizionalmente attribuita a Nanni di Baccio Bigio (v. FERRERIO, bc. cit.), architetto attivissimo ma aricora poco studiato, mono probabilmente nel 1568, maltrattato, anzi vilipeso dab VASARI, che enumera soltanto poche delle sue opere, fra le quali ii compimento di Pal. Ricci, poi Cevoli, oggi Sacchetti, ma non menziona Pal. Salviati (l'articolo del TH-B [1931] e insufficiente; K. FREY [JbPrKs 1912 e 19161 non ha compreso I'identitâ di > con Nanni di Baccio Bigio, lodando b'uno ma biasimando l'altro. Esso accetta quindli sia qui che nel Nachiass la testimonianza dcl VASARI, pur avendone indovinato ii carattere arbitrario. II Baglione non lo nomina; tuttavia l'attribuzione di Pal. Salviati a Nanni sembra accettabile per la somiglianza con Pal. Sacchetti, tanto nella pianta come nell'alzato. Dab vicolo, dove il portone è ancora conservato, benché non indicato dab NOLLI (pianta del 1748, n. 1227), Si entrava nel cortile, circondato sui tre lati dalla costruzione alta an piano e mezzo sopra II loggiato del pianterreno; mentre di fronte, attraverso an portico, come credo, si doveva intravedere il verde del giardino, disposizione suggerita da Pal. Farnese, adoperata dallo stesso Nanni in Pal. Ricci-Sacchetti, imitata dall'Ammannati in Pal. Pitti a Firenze e da Martino Lunghi in Pal. Borghese a Roma; mobto bela è ]a scala nobile, superiore a quella di Pal. Farnese per la sua buminosità. Ii palazzo a mio parere rimase incompiuto, sia per Ia morte dell'architetto che per quella del padrone, card. Bernardo, avvenuta nello stesso anno, e cioè neT 1568. II suo erede, Antonio Maria Salviati (promosso alla porpora nel 1583) si fece costruire an al-
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tro palazzo vicino al Collegio Romano, e quello della Lungara venne abbandonato, forse a cagione delle inondazioni. Nel 1600, ii giardino [v. ORBAAN, Documenti, 235]). [Dopo ii commento assai dettagliato e percià lasciato irivariato, la storia del palazzo, ii suo stile e ]a questione delle attribuzioni e stata esaurientemente descritta da Cu. L. FROMMEL, Der rörnische Palastbau c/er Hochrenaissance, Tubingen 1973, II, 305 segg. (Römische Forschungen der Bibliotheca Hertziana XXI). R.I.
C
11 29
Questi quadri non sono stati ancora rintracciat!, quanto alla persona di Tiberio Crispi, nato net 1497 o 98, nominato castellano di Castel S. Angelo net 1542, cardinale nel 1544, morto a Sutri nel 1566 v. Nachlass I, 137 segg., CARDELLA, IV, 271, BORGATTI, 320 segg., 343, 364. [Per Tiberio Crispi, Cristofano Gherardi e Lattanzio Pagani hanno dipinto nel 1549 una grande tavola con Ia Madonna in Gloria per Ia chiesa S. Maria del Popolo a Perugia, ora appartenente alla Pinacoteca, esposta perô nella Sala della Consulta net Pajazzo Comunale; v. BAROCcHI, 146). R.I. .
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P 1i
RESTA in C: Li ho visti da un ragatiere at Corso 1696 in circa. BOTTART in C: Sono in casa Strozzi ma non sà se siano del Vasari.
C 1132 Servendosi, tanto il RESTA come ii BOTTARI, nelle loro note del plurale, sembra che l'identificazione da loro tentata sia sbagliata, perché secondo le indicazioni del VASARI è cinaro che si tratti di un quadro soltanto, dipinto nel 1544 per Luca Martini da Firenze. Una delle numerose repliche o copie si trovava, secondo una nota del MILANESI (VasMil VII, 673 segg.), nella galleria del Duca d'Orléans (v. Nachiass I, 125 segg., 175, II, 861; KALLAB, 74).
[Pare possibile che ii plurale si riferisca ai personaggi rappresentati. R.I. RE5TA in D: In Napoli.
C ii" L'elenco delle opere eseguite a Napoli negli anni
15 44/45 è stato fat-
to dal Vasari stesso nella sua autobiografia e nei suoi ricordi (VasMil Vu, 674 segg.; Nachiass I, 134 segg., II, 861 segg.). Vedi KALLAB, 75 segg.; P. BAROCCHI, 24 segg. e taw. X[I-XIV, 27-33 b. P 1 i'
BELLORI in A: Cancelleria. RESTA in D: In Roma in Cancelleria p. ii Card. Farnese.
C 1116 La storia di questo ciclo, eseguito entro cento giorni nel 1546, e pregiato dcii letterati contemporanei, attratti daula varietà enciclopedica (BARoccrn) in cui si trovano raffigurati i Fatti della vita di Paolo LU in chiave allegorica (Paolo LU consegna agli ambasciatori I dhpacci della cancelleria; costruisce S. Pietro, remunera (a virtü; rappacifica Carlo V e Francesco I) è stata scritta dallo stesso VASARI (VasMil VII, 678; ricordo in Nachiass II, 864 segg.), dallo STEINMANN (MbKw ifi, 1910, 45 segg.) e da K. FREY (Nachiass I, 177 segg., dove si trovano riprodotte tutte le iscrizioni). V. inoltre W. KALLAB, Vasaristudien, Wien 1908, 76 segg.; Voss, Malerei der Spätrenaissance, I, 270; VENTURI IX, 6, 291 segg.; P. BAItoccrn, 27 segg.; Musée dii Louvre, Giorgio Vasari Dessinateur et collectionneur, Paris 1965, n. 15; A. ScHiAvo, II palazzo della Cancelleria, Roma (s.a.); Vasari et son temps, 1972, 166 segg.; n. 217; CH. DAVIS, bc. cit., 1979, n. 37; F. HERMAN JACOBS, A New Drawing by Vasari for the Sala dei Cento Giorni, in: Master Drawings, 20, 4, 1982, 371 segg., e DAVIS, ivi, 21, 3, 1983, 292 segg.; ii piü recente riassunto della decorazione, del programma e del ruolo nell'opera del Vasari è molto utile e si
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127
trova in: Oltre Raffaeio) Asp etti della cultura figurativa del Cinquecen to rornano, maggio-luglio 1984, Roma 1984, 130 segg. (P. CARLONI, M. GRASSO).
La prospettiva sill muro (interrotto dalla finestra) è moito interessante perché Si pone stilisticamente fra Ia Farnesina e la sala degli Svizzeri in Vaticano. La seguente descrizione del Baglione mostra certe inesattezze soprattutto per ii significato delle figure allegoriche, tratte dalle indicazioni erronee dell'autobiografia; v. le correzioni fatte dal FREY. Quanto all'incendio del 1939, v. GI0vANNONI, in: Palladio, 1940, 45.
C
1141
v. ii, commento.
C
128
v. ii, commento.
C
12 12
V.
1136, cornmento.
C
12 16
V.
1136, commento.
C
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V.
11, commento.
P
1220
RESTA
C
1220
Per Paolo Giovio, per Ia sua vita e per Ia sua importanza come storiografo, v. Enciclopedia Italiana XVII, 278, Inoltre v. FREY, Nachlass, I, H.
V
1221
cognome Bagnacavaio venne inserito dal Tronsarelli in uno spazio lasciato appositamente libero.
V
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Correzioni ortografiche dal Tronsarelli dei nomi: Flori Aretino di Gb. Paolo dal Borgo [interpolato dal Tronsarelli: di F. Salvadore Fo-
in A: scolari del Vasario.
Ii
schi d'Arezzo].
C
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[v. VasMil VII, 681. Per Bizzera, Gaspar Becerra, v. SAUR, Aug. Künstlerlexikon, 8, München Leipzig 1994, 106. Per Pedro Ruviale o de Rubiales (Estremadura 1511 - Roma 1582), v. F. BOLOGNA, Roviale spagjrnolo e la pittura napoletana del Cinquecento, Napoli 1958. Per Giov. Batt. Ramenghi, detto Bagnacavallo, v. A. BOLOGNINI AMO1UNI, Vile del pittori ed artefici bolognesi, II, Bologna 1841, 102; E. CONTARINI, Il quadro del misteri del rosario, dtinto cia Giambauista Ramenghi detto ii Bagnacavaio, Imola 1896; G. FLE-
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128
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CHIA, Università popolare di Ba.gnacavaio, Una famiglia di pittori rornagnol1 Bagnacavallo 1924; C. BERNARDINI, Note sal Ba.gnacavallo junior, in: Prospettiva, 1979, 18, 20 segg. Per Seb. Fiori, Salvador Foschi e Giovanni Paolo dal Borgo, cioè del Colle di Borgo Sansepoicro, V. Tb-B. Sarebbe da aggiungere Raffaellino dal Colle, che è la personalità pin nota nominata dal VASARI. Quanto alla postilla del RESTA, intesa in senso generico (v. 1220), sarebbe ancora da aggiungere Donato da Formello di cui la vita inizia a 16". R.I.
C
1221 Cioè a Firenze, Ravenna e Rimini (v. KALLAB, 78 seggi; BAR0Ccii, 30 segg. V. anche P. PAsINI, II quadro del Vasari nel Duomo di Rimini, in: Riv. Diocesana di Rimini, n. 33, marzo-aprile 1968, 51 segg.
C
1220 Gil affreschi nella propria casa in Borgo S. Vito ad Arezzo (costruita tra il 1540 e ii 1548), furono dipinti negli anni 1542 e 1547 e sono ben conservati (v. VasMil VII, 671, 685; KALLAB, 72, reg. 103, 79, reg. 134; Nachiass II, 859, reg. 128; M. BAccI, I dipinti di Casa Vasari ad Arezzo. in: Paragone 8, 1957, 91, P. 52 segg.; BAROccHI, 23, 32 segg., 120, 127, 131, 145; Mostra di disegni del Vasari, Firenze 1964, n. 57). Sono un vero campionario di differenti sistemi decorativi, al quale si e ispirato Federico Zuccaro per gli affreschi della propria casa. La sala ha il soffitto in legno con molti compartimenti in pittura - nel centro Ia virth percuote l'invidia -, un po' sovraccarichi per Ia volontà di far troppo in un ambiente di dimensioni piuttosto ridotte. Vi sono figure allegoriche, nudi di gusto michelangiolesco e putti dipinti in iscorcio. Nel fregio molto largo ci sono figure di unto bronzo e marmo, alternate a vedute ben fatte di Roma antiCa; nello zoccolo Si possono vedere scene della vita di antichi pittori, forse nicavate da PLINIO (Alinani, 38428 e 29). Seguono due camere a volta con reminiscenze raffaellesche. Nei tniangoli della seconda camera ci sono gruppi di donne in costume moderno, fra le quail Ia moglie del pittore; nella camera da letto, in mezzo al soffitto di legno c'è un tondo, Dio benedice it seine di Abramo (BAROCCHI, tav. XVI); inoltre, nei quattro angoli, si vedono figure allegoniche e belle grottesche. Per questa e per altre opere del Vasari ad Arezzo v. mo!tre gil studi sopra indicati. Alla bibliografia del Th-B si aggiunga: A. DEL VITA, La pinacoteca diArezzo, Firenze 1921; U. PASQUX e U. VIvIANI, Guida X. ... di Arezzo e dintorni Arezzo 1925; W. BOMBE, Giorgio Vasaris Häuser in Florenz and Arezzo ... , in Belvedere, 1928, 55 segg.; Descrizione delle opere eseguite in Arezzo da Giorgio Vasari, Arezzo 1911; D. VIvIANI, Quando e come s'iniziô in
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Arezzo Ia costrnzione della Fabbrica delle Logge sui disegni di Giorgio Vasari?, Arezzo 1934, con bibliografia; Albino SEccrn, La casa del Vasari in Arezzo, in: Ii Vasari storiografo e artista, Firenze 1976; A. CEcCHI, La cam del Vasari in Arezzo, in: Giorgio Vasari. Firenze 1981 (v. 11 3, commento), 21 segg.
P 1236
BELLORI in A: S. Pietro in Montorio. RESTA in D: Roma. - mifu donato dal Sig. Filippo Colli ('ho messo nel
p °. libro. C
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Giulfo Ill conobbe it Vasari prima della sua elezione: l'artista aveva già lavorato per liii a Montesansavino (VasMil VII, 689, 692). Vasari venne a Roma neT febbraio del 1550 e di nuovo nel maggio dello stesso anno. Probabilmente allora ebbe l'incarico dei lavori della cappella a S. Pietro in Montorio, che e la quarta a destra, gia precedentemente patronato della famiglia Del Monte (v. FORCELLA V, 260 n. 725). Il contratto è del 3 giugno (Nachlazc H, 869 n. 197) e prevede la collaborazione dell'Ammanati per l'opera di scultura (v. 28'). Nell'arco d'ingresso si legge la data del 1552; nel mese di dicembre 1553 II Vasari Jasciô Roma. La cappella era sicuramente compiuta, anche se ii pagamento finale avvenne nel luglio del 1554. Del primo progetto, molto ricco, fu eseguita soltanto la volta, con pitture rappresentanti Stone di S. Paolo entro stucchi, mentre per le pareti fu adottato, dietro consiglio di Michelangelo, un concerto piü semplice che mette in evidenza le sculture (VasMil VTI, 226, 693). Potrebbe darsi che ci sia stata l'intenzione (non realizzata a causa della morte del Papa) di collocare Ia tomba di Giulio Ill e quella di suo padre nella cappella di fronte, adottata poi dal cardinal Giovanni Ricci. [Nei pilastri e nel frontone dell'arco sono dipinti i Dottori (uno dei quail distrutto dalla Tapide posta nel pilastro di destra) e gil Evangelisti. La tavola d'altare è in buon stato di conservazione. Essa rappresenta Saulo the viene condotto cia Anania per essere battezzato, probabilmente eseguita nell'estate del 1551 (Nachlass I, 293 segg.; BARoccul, 133 n. 43 e ray. 43; citata da) BORGHINI, Riposo, 1584, UT, 109). La composizione è stata il modello per un quadro con Abramo e Melehisedek, attribuito dalla BAR0ccHI al Poppi (FlorMitt Xl, 1963/65, 142). Si trova alla Bob Jones University, Greenville, USA). Disegni per Ia cappella si trovano negli Uffizi (639 F), al Louvre (2151, 2152, 2198) e al British Museum (v. M. RINEHART, in: BuriMag 106, 1964, 76 e fig. 33; BAR0ccHI, 133 n. 40-43; Mostra di disegni del Vasari, Firenze 1964, n. 15; BAROCCHI, Complements, 261; Vasari et son temps, 154 segg.,
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n. 200-202). La cappella è stata restaurata (v. M. V. BRUGNOLI, Le cappelle Del Monte e Ricci a S. Pietro in Montorio in: fl Vasari, 21, 1963, 184 segg. R.I. V. inoltre LITTA, Famiglie celebri, sotto DEL MONTE; FREY, Nachiass, I, 289 segg., 390 segg.; A. E. Popp, in: MUJbBK 1927, 411 segg. (quanto al progetto di collocare le tombe a S. Giovanni dei Fiorentini). V. recentemente: Oltre Raffaello, aspetti della cultura figurativa del Cinquecento romano, maggio-luglio 1984, Roma 1984, 85 segg.; A. NAVA, The Chronology of the De Monte Chapel in S. Pietro in Montorio in Rome, in: ArtBull, 66, 1984, 150 segg.; ST. KuMMErt, Anfange und Ausbreitung der Stuckdekoration im römischen Kirchenrauin, Tubingen 1987, 70 segg. [II Vasari esegul per Giulio ifi anche la tavola della Vocazione di S. Pietro che fu compiuta nel 1561; venne tuttavia restituita al Vasari che la pose nel 1563 nella sua cappella sull'altar maggiore della pieve di Arezzo, per essere in seguito trasportata nel 1865 alla Badia di Arezzo (v. CH.-A. ISERMEYER, Die Cappella Vasari und der Hochaltar in der Pieve von Arezzo, in: Eine Gabe der Freunde für Carl Georg Heise zum 28.VI.1950, 137 segg.). R.I.
V 12
Interpolato dal Tronsarelli: fuori delta porta del popolo
V 1241 Aggiunto daT Tronsarelli:
Ia condusse, e compilla
P 12' RESTA in D:
Vigna papa Giulio. SPADA in F: vi è II nome mo scolpito in marmo.
C 12' Per Ia storia della costruzione e per gli architetti Vignola e Amma723
nati, v. i commenti e 2821, peril Vasari v. inoltre KALLAB, 86 segg. Ii Vasari, avendo lavorato per Giullo ifi già quando questo era legato a Bologna (v. VasMil VII, 689), ottenne da lui Ia promessa di un impiego a Roma, ed essendo evidentemente stata fatta Ia medesima promessa aT Vignola, ne consegul Ta divisione dell'incarico di Villa Giulia fra i due artisti. Vasari verme a Roma nel febbraio del 1550. Le sue notizie a proposito di Villa Giulia sono forse volutamente imprecise e concepite con l'intenzione di dare un'importanza esagerata al proprio contributo (VasMil VII, 694 segg.); mentre dopo le sue dimissioni nel 1553 egli non fu piü in grado di seguire Jo sviluppo dei lavori. A mio parere il Vasari hi congedato perché incapace di dare all'insieme delia Villa quel carattere di classicitâ che si pUÔ ammirare ancora oggi. Secondo me fu Pirro Ligorio II suo sostituto, da-
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to che era molto piu erudito del Vasari. Quest'ultimo sfogo la sua rabbia con le calunnie nella seconda edizione delle Vite, tacendo i meriti del Ligorio, e accennando vagamente all'opera di quest'ultimo in Villa Giulia con le parole > (VasMil VII, 694). Il contributo del Ligorio andrebbe ricercato nel ninfeo, non dovuto al capriccio dcl Papa, come generalmente dice il Vasari a proposito dci cambiamenti dei progetti, ma a ragioni controllabii (v. 723)• II disegno del Vasari pua forse essere ancora ricostruito nd portichetto, paragonabile alla loggia degli Uffizi; non riesco invece ancora ad individuare ii supposto contributo di Michelangelo, dcl resto non menzionato dal C0NDIvI. I disegni del Vasari per la decorazione pittorica (VasMil VTJ.T, 300) non furono eseguiti ma sosti tuiti da quelli di Taddeo Zuccari (VasMil \TII, 82). [Per i disegni fatti per Ia Villa Giulia v. la Mostra di disegni del Vasari, Firenze 1964, tin. 18-21, e P. BARoccrn, 36, 133 nn. 44a, b, 45, 47. Le idee per la decorazione con scene bacchiche erano di Annibal Caro, v. A. DEL VITA, Lo Zihaldone, 308 segg. R.] P
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RESTA
in C: ucla Chiesa.
La tavola si trova tuttora al suo posto a S. Giovanni Decollato. La data dell'incarico, probabilmente il 1552, e illegibile nelle ricordanze (Nachlass II, 870); collocamento nel 1553 (VasMil VII, 694 segg.; V. MoscHINI, S. Giovanni Decollato [Chiese di Roma illustrate, 261, Roma 1926, 29). Foto Gabinetto Fotografico Nazionale D 1136. [VASARI scrive che questo quadro e >. Infatti la composizione strettamente sinimetrica e rappresentativa era importante per l'evoluzione della pittura a Roma nella seconda metà del Cinquecento, v. per esempio Ia Flagellazione di Cristo di Federico Zuccari (1573), o l'ultima cena dell'Agresti all'Oratorio del Gonfalone. Per le altre pitture della chiesa di S. Giovanni Decollato, menzionate dal BAGL lONE, v. 29" (Naldini), 462 (ZuccHI), 78' (Cosci), 189 [191] (RoNcALLI),II6, 5 ' 2
COMMENTO (NEBBIA). R.].
P 12
Bottari in B: La loggia Altoviti è fuor di porta Castello a man destra, Ia pittara di Deità, e non di colonne.
C
v. 13'
13'
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e
[Quanto alle pitture che Si trovano nella loggia della vigna e nella loggia del palazzo, 9 VASARI scrive (VasMil VII, 695): . Ii BAGLIONE, parlando di una non ha ben inteso Ia descrizione vasariana, come rilevô già ii BOTTARI (postilla 12) ed il MILANESI: >. R.I. II territorio della vigna deve esser stato molto vasto, perché ii casino nisulta distante parecchio dall'ingresso a Porta di Castello, cioè come af ferma CECCARIUS (G. CECCARELLI) in: Roma nei suoi Rioni, 547, 549, al posto dell'odierna via Luigi Calamatta, vicino a ponte Cavour (v. anche ALVERI, II, 105). fl terreno fu acquistato nel 1870 da Mons. Fr. X. de Mérode, e al dire del GN0LI (ArchStorArte, I, 1888, 211), ii casino fu demolito nel 1849 durante l'assedio di Roma. F. MATZ e F. v. DUHN (Antike Bildwerke in R.om, ifi, Leipzig 1882, 297) nominano II casino ancora net 1878/79 (v. CH. DAVIS, Per l'attii'ita romana del Vasari nel 1553, in: FlorMitt 23, 1979, 218 n. 16). [Le pitture che si trovavano già nella loggia della vifia sono state riprodotte nelle incisioni di Thomas PIR0LI in: G. Vasari, Peintures de (a ViUe Altoviti a Rome, inventées par Michel-Ange, peintes par Giorgio Vasari et gravées an trait par Thomas Piroli, Paris 1807. II libro è noto anche a J. HEss nella sua prima stesura di questo commento, ma trattato soltanto da CH. DAVIS, bc. cit., 197 segg. Contiene tredici mcisioni dalle stagioni e dalle divinitA pagane. Le pitture vengono neondate dab VASARI ii 3 luglio 1553 (Nachlass II, Ricordanze, 871 n. 214). R.I. La chiesa di S. Lazzaro, detta de' Lebbrosi, esiste tuttora (v. ARMELLINI, ed. Cecchelli, II, 1041, 1322, con letteratura). [fl palazzo con Ia loggia, carattenizzata secondo ii VASARI perché > (VasMib, 695; v. 132, commento) fu demolito durante i lavori di sistemazione del Tevere, e cioè alla fine del secobo scorso. Le pitture si trovavano nello scrittoio di Bindo Altoviti, del quale panla anche il CELLINI, e che viene descritto da D. GNOLI, (Le demolizioni in Roma, 11 Palazzo Altoviti, in: ArchStorArte, I, 1888, 202 segg.): (Luca 5, 5-7) ad essere nominato,
si trova sul lungo pianerottolo della cordonata di Bramante o scala della Floreria all'altezza del secondo piano delle logge sopra ]a porta della Sala vecchia degli Svizzeri. E I'ultima scena della serie che raffigura Ia vita di Cristo con gli apostoli, rappresentata in questa scala dagli allievi del Vasari secondo i suoi cartoni ed eseguita neT 1572/73 (v. anche 1627 Gli altri due - la Vocazione di Andrea e Ia Vocazione di Pietro (Matteo 4, 18; Marco 1, 19; Giovanni 1, 40) circondati da cornici di Stucco formano le sovrapporte dentro Ia sala e furono incorporati nella decorazione ideata dopo, cioè neT 1582/83, v. le riproduzioni in Illustrazione Vaticana 1935, 7 16/17 e copertina. Vasari non menziona queste pitture nelle sue Ricordanze; ne fa appena un accenno nelle lettere del 1571, 72 e 73. fl nipote Marcantonio sostiene che siano state eseguite nelYanno 1573 (Nachlass II, 595/6, 650, 672, 725, 75 1/2; v. KALLAB, 135). Si tratta delle miglioni di tutte e anche Ia loro esecuzione sembra quella pin vicina al Vasari. R.I.
V
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Interpolato daT Tronsarelli: da Antonio di S. Gallo Architettata
V
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Interpolato daT Tronsarelli: e da suoi allievi; nella medesima riga sempre dallo stesso: gran
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RESTA
in D: Sala Regia in Vaticano.
Le vicende politiche, spirituali ed artistiche di quasi cinquantanni Si nispecchiano nella storia complicatissima della Sala Regia e nei cambiamenti dello schema decorativo che finalmente produssero lo stato attuale. [Nella sala troviamo le seguenti scene: Parete occidentale (cioè parete destra, vista daT lato opposto alla Cappella Paolina), da destra a sinistra: Ferirnento del Colzgny (Vasari), Donazione di Ptpino (sopra la porta della Sistina; Sicciolante), Le flotte dei Turchi e della S. Lega (Vasari; le personificazioni della S. Lega sono dcl Sabatini), Gregorio 1X scomunica l'imperatore Federico LI (sopra Ia porta della Scala Regia; Vasani), Battaglia di Lepanto (Vasari; Ia Fede Cattolica è del Sabatini), Donazione di Ariberto confermato da Luitprando (sopra Ta porta aba Speziaria; G. B. Fiorini,
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13 2 1565, v. BERTOLOTTI, Art. Bologn., 44; VasMil VII, 94, VIII, 488; BAGLIONE erroneamente: Sammacchini. 3114).
Parete orientale: la cosidetta appendice alla storia di Alessandro Ill (G. M. Zoppelli, v. BERTOLOTTI, Art. Lomb. I, 118; vedi questo commento e il commento 23'), Innocenzo ILL e Pietro d'Aragona (Agresti; sopra Ia porta della Sala Ducale), Alessana'ro file Barbarossa a Venezia (Porta, detto il Salviati), Carlo Magno (T. Zuccari; sopra Ia porta della Scala di Maresciallo), Gregorio XI torna a Roma da Avi gnone (Vasari), Agapito II ed Ottone I (forse Sammacchini, v. BERTOLOTTI, Art. Bologn. 44; E. BOREA, in: Boll. unione storia ed arte, 1961, 5, p. 4; Baglione erroneamente: Marco Pino, 3114). Parete meridionale: Pres'a di Tunisi (T. Zuccari), due virtü (T. Zuccan), Gregorio VII ed Enrico IV (F. Zuccari). Parete settentrionale: Strage degli Ugonotti (Vasari), Carlo IX e it Cardinale di Lorena (Vasani). Nella parte supeniore Si trovano gli affreschi del Sabatini e di RafR.I. faellino da Reggio; v. 1826 e La sala fu costruita da Antonio da Sangallo il giovane dal 1537 in poi per ordine di Paolo ifi sul sito di una cappella (v. TH-B XXIX, 403 segg.; H. EGGER, Cape/la Sancti Nicolaz in: Studi e documenti per Ia storia del palazzo apostolico vaticano, II, 1935, 104, 132, 136 segg.; H. VAN DAM VAN ISSELT, I soffitti della Sala del Concistoro e della Sala Regici in Vaticano, in: AttiPaccRend XXVIII, 1955-56, 101 segg.; Cii. L. FROMMEL, Antonio da Sangallos Cappella Paolina, in: ZKg 27, 1964, 1 segg.; REDIG DE CAMPOS, bc. cit., 127 segg.; B. DAVIDSON, The Decoration of the Sala Regia Under Pope Paul Ill, in: Art Bull 58, 1976, 395 segg.) ed era destinata a conclavi, a concistori pubblici e a ricevimenti di sovrani etc. Perino del Vaga ebbe l'incarico dei lavoni decorativi di pittura e di stuccatura nel 1540 circa, o poco dopo (primo pagamento della proW visione mensile di 25 Sc, II 5 gennaio 1542; v. BERTOLOTTI, Spesene diPaolo LLl in: Atti e mem. Emifia, n.s. ifi, 1878, 182; FREY, in: JbPrKs 1909, Betheft, 148 segg., come anche per ukerioni informazioni. L'apparizione di Jacopo Sansovino in febbraio e in marzo del 1543, non sembra esser stata piii che un breve interludio, se Ia statua di marmo da lui eseguita era veramente destinata per La Sala Regia, v. FREY, in: JbPrKs 1909, Betheft, 152 n. 184); egli fornI anche i disegni per i vetri (che non si sono conservati), eseguiti da Pastorino da Siena che fu chiamato a Roma nel 1541 per questi lavori e che ricevette pagamenti tanto per questi quanto per i lavori della cappella Paolina (v. Tn-B sotto Pastorini' A. RONCHINI, in: Atti
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e mem. R. dep. stor. patr. prov. mod. e parm. V, 1870, 39 segg.; BERTOLOTTI, Speserie, 181, 184, 188 segg.; FREY, bc. cit. Gli stucchi e i marmi della volta sono anch'essi di questo periodo (v. VasMil V, 624; FREY, in: JlPrKs 1909, Beiheft, 154 n. 217-19; iscrizione non ricordata dal FORCELLA; restauro dal Landini nel 1592 JIORBAAN, Doc., 54 segg.J), cosi come Ia porta della cappella Paolina, opera di Guglielmo della Porta. Morto il Vaga nell'ottobre del 1547 (FREY, in: JbPrKs 1909, Betheft, 159 n. 271) gil succedette Daniele da Volterra, giâ suo aiutante e fortemente raccomandato da Michelangelo, che deve aver se non sorvegliato, almeno osservato il progresso dei lavori quando eseguiva le pitture nell'adiacente cappella Paolina. A partire da novembre dello stesso anno, Daniele ricevette la provigione mensile (non la medesima di Perino come dice il VASARI ma di soil venti Sc.; Spesene, 204; Fry, in: JhPrKs 1909, Betheft, 159 n. 273) e dopo questo periodo egli cominciô a lavorare nella Sala, in agosto e forse anche a novembre del 1548 (Speserie, 189, 191; Ant. lomb., I, 339). Esegui gli stucchi nei muri e sostitul, andando avanti nei lavori, i disegni propri a quelli di Perino, come risulta evidente dallo stile, che è in alcune patti puramente michelangiolesco (v. VasMil VII, 57). Egli cominciô a dipingere in conformità del primo programma che comprendeva la rappresentazione dei Re donatoni (ecco I'origine del nome della sala) in sei sovrapporte (chiamate dal Vasari taberizacoli) e di sei stone relative alle Donazioni poste nei pannelli sottostanti, non essendo stato considerato di affrescare le pareti minori. Quando Paolo ifi morI nel novembre del 1549, Ia decorazione stuccata dei muri era compiuta, almeno nella parte superiore, dove appaiono i gigli e le imprese di casa Farnese (stemma lavorato di Guglielmo della Porta sopra l'ingresso alla cappella Paolina [v. BERTOLOTTI, Speserie, 188 e 190; LANCIANI, Scavi II, 134]). Erano terminati due degli affreschi delle sei figure singole, che possiamo immaginarci nello stile dei profeti della cappella Sistina (v. DAVIDSON, 1oc. cit.; 1, 17 fig. 35; disegno del Dosio di un particolare della sala Regia). Una delle stone era stata iniziata ma venne tolta piü tardi da Francesco Salviati. I lavori furono sospesi nei pontificati seguenti di Giulio ifi e Paulo IV, e non furono ripresi die pin di dieci anni dopo, sotto Pio IV (1559-1565). Secondo il VASARI, Daniele, occupato con Ia fusione del cavallo di bronzo per il monumento ad Enrico II re di Francia (t1559) avrebbe reso scontento il Papa per voter far lavorare nella Sala Regia i suoi scolari (VasMil VII, 67); conseguentemente l'incarico sarebbe stain offerto allo stesso Vasari, ma egli lo avrebbe declinato, proponendo il Salviati come Ia persona Ia
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piü adatta. Quest'ultiino pero, pur essendo favorito anche dal card. Farnese, ottenne soltanto la metà del lavoro, mentre il sostegno di Michelangelo procurô a Daniele l'altra metà (VasMil VIT, 67). Nel giugno 1561 > (LANCIANI ff1, 228; Redig De Campos, 163). Quest'ultima stonia venne eseguita nel 1565, ma pin tardi venue sostituita con Ia Battaglia di Lepanto del Vasari. [II disegno della Storia dei sette re Si trova a Chatsworth (v. A. E. PoPHAM, Old Master Drawings from Chatsworth, A Loan Exhibition..., 1962, n. 53, e J. GERE, bc. cit., tav. XXVII, ma vi è un errore per
quanto riguarda l'ubicazione dell'affresco nella sala Regia. R.I. Le sovrapporte vermero affidate, su consiglio del Ligorio, a vari artisti menzionati in parte dal Vasari e in parte dal Baglione. Degli artisti che hanno lavorato, secondo II Baglione, nella Sala Regia, si parla nelle pagine 1618 (Donato da Formello), 18' (Sabatini), 1826, 26> (Raffaellino), 1912 (Agresti; p aga mento -fatto n el 1563), 23 (Sicciolante), 3114 (Marco Pino), Sammacchini, v. elenco delle scene all'i.nizio di questo commento), 436 (P. Fontana), 122 31 (Zuccani). Taddeo Zuccani ottenne oltre al Carlo Magno sopra Ia porta della scala di Maresciallo anche la parete che va verso Ia cappella Paolina; tutta l'impresa yenne sospesa tuttavia per la monte di Pio IV (dicembre del 1565) ed i pond dovettero essere disfatti per II conclave. L'affresco della Presa di Tunisi a sinistra della porta di accesso alla cappella Paolina fri miziato da Taddeo, ma terminato dopo la sua monte dal fratello Federico, che esegul anche Gregorio VII che ribenedice Enrico 1V1, a destra della porta, mentre le due virti. che si trovano sopra Ia porta sono di mano di Taddeo (v. 122 > ). Toccarono finalmente al Vasari quegli affreschi che ancora mancavano o che dovevano essere sostituiti, e cioè in tutto sette (graridi e piccoli), compresa una sovrapporta. Tutte le circostanze gil enano favorevoli: Ia morte del cardinal Amulb (1570), evidentemente non troppo amico suo; la protezione da parte di Mons. Sangalletti, tesoniere di Pio V, e l'amore che quest'ullimo coltivava per Cosimo I. II carteggio del VASARI contiene molte notizie relative a questo terzo peniodo dci lavori nella Sala Regia; sono invece poche le notizie per quanto niguarda lo stato nel quale egli Ia trovà al suo arnivo all'inizio del 1572 (V. Nachlass IT, 730; KALLAB, 134). Quando sotto Pio IV le stork delle donazioni furono dipinte nei tabernacoli, altre sei stone vennero scelte per i pannelli delle pared maggioni. Di questa serie sulle pared maggioni si sono preservati soltanto due affreschi: Fedenico Barbarossa a Venezia (Por-
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1328 ta), e un dipinto di dimensioni alte e strette, chiamato precedentemente >, e che si trova nel cantone di fronte alla porta della cappella Sistina, eseguito da Zan Maria Zoppelli Cremonese (BERTOLOTTI, Art. Lomb. I, 118; TH-B, voce Zupelli, Giov. MaAb ria). Per questo affresco e per ii suo soggetto v. ii commento tri soggetti rimasti sono la Presa di Tunisi ed Enrico IV a Canossa (T. e F. Zuccari) sulla parete verso la cappella Paolina, tutti avvenimenti connessi alla supremazia spirituale e secolare del papato. Incitato forse anche dal VASARI (Nachiass II, 616 segg.), Pio V voile perô dedicare alla vittoria cli Lepanto della quale aveva avuto precedentemente una visione, tre pannelli, cioe una parete intera (v. PASTOR VIII, 561): tutto dovette essere cambiato e si perse ogni pensiero unificatore. I soggetti già eseguiti o per lo meno iniziati vennero tolti, e altri invece vennero rilegati in spazi minori. Ii Vasari, tomato a Firenze dopo la monte di Pio V (maggio 1572), fu richiamato nell'autunno del 1572 da Gregorio XIII, quando II Papa decise di commemorare in tre stone la strage degli Ugonotti accaduta nello stesso anno. Perciô fu deciso di soppnimere una delle stork di Lepanto e di introdurre due pannelli nella parete minore dinimperto alla cappella Paolina; i lavoni vennero eseguiti frettolosamente con l'aiuto di molti giovani e si protrasseno fino a maggio del 1573. Secondo il Vasari, ii ciclo degli affreschi storici (v. FORCELLA VI, 80 n. 226) venne accolto favorevolmente dal Papa, che non era un conoscitore della questione, come non lo era neanche Pio V, ma che certamente era interessato ai soggetti propagandistici (v. PH. P. FEHL, Vasari's o Extipation of the Huguenots . The Challenge of Pity and Fear, in: GazBA 116, 1974, 257 segg.; ID., Die Bartholomäusnacht von Gior.gio Vasari: Gedanken über das Schreckliche in der Kunst, in: Mitteilungen der Technischen Universität Carolo-Wilbemina zu Brawiscbweig, IX, 3/4,4974, 71 segg.; H. RöTTGEN, Zeitgeschichtliche Bildprogramme der katholischen Restauration unter Gregor XLLL 1572-1585, in: MÜJbBK XXVI, 1975, 89 segg.; E. HOWE, Architecture in Vasari's < Massacre of the Huguenots >, in: JWCI, 39, 1976, 258 segg.). Per quanto riguarda questi iiltimi lavori del Vasari nella Sala Regia, v. anche Nachiass II, 704 segg. e soprattutto 729 segg., lettena CMXLV, con i conimenti del FREY. [Per i problemi che si rifeniscono a queste stone ideologiche e per le polemiche che vi sono connesse, il Vasari nicorse a Vincenzo Borghini che ribadI alle domande che gil vennero rivolte: voi havete costi di queste inventioni, che Roma ne stata fonte>> (Nachiass II, 744).
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Non vi è traccia dde pitture di Arrigo Fiammingo e di Giovanni Modanese (TH-B: Giovanni da Modena), indicati dal Vasari nella sua lettera del 5 fcbbraio 1573 al Borghini come suoi predecesson nella sala (VasMil VIII, 487 scgg.). Vasari è stato aiutato da: L. Sabatini, D. Calvaert, Giovanni Francesco da Bologna, Jacopo Coppi (Nachiass II, 631 n. 1, 788 n. 4) e Donato da Formello (v. 1618). Non è ancora chiaro quale sia il contributo di Giovanni Francesco da Bologna, di cui non sappiamo altro, di Jacopo Coppi e di Donato da Formello. La Fede Cattolica nell'angolo sinistro della Battaglia di Lépanto, e t'irnmaine della Lega, cioè le tre figure nell'angolo sinistro della Flotta della Lega, con tutta Ia parte di sotto, sono del Sabatini (v. 1815SC88. e i commenti 1819 ). L'idea generale e perô dovuta aI Vasari, come lo dimostra ii disegno per Ia Bartagjia che si trova al Gabinetto Disegni e Stampe, Uffizi, Firenze (7080 F). Per la parte del Calvaert, v. 13 35, commento. La decorazione della parte supeniore della parete verso, Ia cappella Paolina fu terminata dopo Ia morte del Vasari, avvenuta nel 1574. La decorazione rappresenta quattro angeli, due dci quail dipinti dal Sabatini e da Raffaellino da Reggio (v. 1826, 26); altre due invece, eseguite in stucco, sono di Prospero Fontana (v. 436) R.I. v. Nachlass II, 617, 633 segg., 729 segg., 744 segg., 779 segg, 892 segg.; PAsTOR V, 757, VII, 589, VIII, 609, IX, 826; Lo SToRIco (Pericle PERALI), I fasti del Pontificato nella Sala Regia, in: Ill. Vat. I, 1930, n. 1, 31 segg., II, 1931, n. 1, 28 segg., n. 4, 33 segg., n. 7, 23, n. 9, 33, n. 16, 20, ifi, 1932, 490; REDIG Dii CAMPOS, bc. cit.; E. BOREA, bc. cit.; BAROCCHI, 71 segg.; DAVIDSON, bc. cit.; FEHL, bc. cit.; RöTTQEN, bc. cit.; HOWE, bc. cit.; Giorgio Vasari Arezzo 26 sett. - 29 nov. 1981, Firenze 1981, 97 segg. Per i vari disegni preparatori v. BAROCCHI, n. 98 b, 99a (L'ammiraglio Coligny ferito, Vienna, Albertina; Battaglia di Lepanto, Firenze, Uffizi, Gab. Disegni e Stampe) e ibid., 73 (Ritorno di Gregorio )I cia Avignone, Paris, Louvre, 2163). v. inoltre: Mostra di disegni del Vasari e della sua cerchia, Firenze 1964, n. 50 (Battaglia di L epanto) . Per i disegni di Penn del Vaga v. BERENSON, bc. cit. Per ii restauro eseguito sotto Clemente XI v. Mattia LORET, in: Archivi d'Italia, 1936. V
13 ° La morte del Coligni
V
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Cappella sista, quando seguI Ia strage de quell empi heretici, sono disegni
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corpo dellhinterpolato dal Tronsarelli: Ammiragliol Coligni morto è portato a casa
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Sopra Ia porta di mezo, che va a S. Pietro, dov'è Papa Gre,orio 1X
C 13 35 La strage degli Ugonotti avvenne sotto Gregorio KilT ii 24 agosto 1572 (PASTOR IX, 356 segg.). II ciclo che all'inizio era composto da soltanto sei stone grandi nelle pareti longitudinall, the era già stato modificato ripetutamente, fu dunque rimodificato per introdurvi queste ultime tre stone attuali (v. commento 1328). A questo prop osito si eliminô la pittura già esistente nel pannello a destra clell'ingresso della cappella Sistina, per sostituinla con ii Ferimento dell'ammiraglio Coltgny e si dipinse due pannelli di formato molto stretto nella parete dirimpetto alla cappella Paolina, v. l'elenco all'inizio del cornmento 1328. Ii Borghini, pur approvando la cominemorazione del fatto sanguinoso, trova lo spazio ad esso concesso eccessivo (lettera del 17 gennaio 1573; v. Nachiass II, 744 segg.). Nella parete dirimpetto alla cappella Paolina sono raffigurate La strage degli Ugonotti e L'approvazione della morte di Coligny. Quest'ultiino ê mediocre, sia per quanto riguarda il componirnento che l'esecuzione del lavoro. La scena del Coligny ferito, eseguita dal Vasari stesso, e la migliore delle tre scene. Essa rappresenta l'attentato di Maurevel, nel quale Coilgny fu fenito, e che avvenne due giorni prima della notte di S. Bartolomeo. [Nella Strage degli Ugonotti, che e crudele ed espressiva, la mano e lo stile fiammingheggiante del Calvaert sono riconoscibii e paragonabili allo stile dde facce esagerate dei soldati nella Flagellazione di Curio alla Pinacoteca di Bologna. Per II conteriuto ideologico e polemico contro gli eretici, con allusioni alla Caduta di Simon Mago del Pordenone e del Tibaldi, agli Angeli combattenti dell'ApocaIise e a S. Pietro die tag/ia l'orecchio a Maichus dalla Grande Passione di Dürer, e per ciô che riguarda l'uso premeditato dell'architettura di sfondo, v. H. RöTTGEN, Zeitgeschzchtlzche Bildprogramme c/er katholischen Restauration, 1572-1585, in: MuJbBK XXVI, 1975, 89 segg.; E. HOWE, Architecture in Vasari's , in: Jwcx, 39, 1976, 258 segg. Per la valorizzazione e per il giudizio su questi affreschi, v. la discussione tra PH. FEHL, Vasari's Extirpation of the Huguenots . The Challenge of Pity and Fear, in: GazBA 116, 1974, 257 segg., e H. RöTTGEN, bc. cit. R.I. V 13 36 L'Imperadore heretico [...] Carlo Magno, ch'è di Taddeo Zucchero.
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C 13' L'affresco cli Gregorio 1K che scomwu'ca l'imperatore Federico 11 si trova sopra la porta che conduce alla Scala Regia. E strano che ii posto fosse rimasto vuoto quando, sotto Pio IV, Si usava distribuire fra Vari pittori le stone che riguardavano le donazioni rappresentate nelle sovrapporte o nei >; inoltre e strano che fra i donatori non vi figurasse la contessa Matilde, mentre la stonia dipinta dal Vasari rompe con l'unit del tema che carattenizza le altre cinque sovrapporte. Puà darsi che la stonia sia stata prima rappresentata in uno dei grandi compartimenti della parete, e che poi sia stata trasferita per fare posto ad una delle stone che riguardano Ia Battaglia di Lépanto.
[Lo scostamento daIl'unjtã della tematica delle donazioni che si trova nei tabernacoli, cornisponde at mutamento di quesra tematica, miziato progessivamente gin sotto Pio IV, accentuando la supremazia spirituale e secolare dei pontefici. R.I.
C 13
L'affresco di Carlo Magno, situato in una delle edicole chiamate dat Vasari , e precisamente in quella sopra Ia porta che conduce alla scala del Maresciallo, fu ordinato ed eseguito sotto Pio IV (VASMIL, VTI, 39, 93 segg.; scudi 100 net 4 maggio 1564, v. BERTOLOTTI, Artisti urbinati, 18), ma puô darsi che II concerto nisalga at pontificato di Paolo ifi. I gigli nel timpano di casa Farnese, eseguiti in stucco, potrebbero far paste della decorazione plastica cornpiuta prima di quella pittonica. L'affresco è di gran lunga II migliore, non soltanto per quanto riguarda il ciclo eseguito durante quel pontificato, come dice II Vasari, ma di tutta la sala, compresi i dipinti dello stesso Vasari. Nella bella tests dell'imperatore mi sembra riconoscere il ritratto del cardinale Rodolfo Pio da Carpi, morto propnio net 1564. v. Pericle PERALI, La restituzione di Carlo Magno, in: Ill. Vat. II, n. 7, 1931, 23 segg. [Per i disegni di Taddeo Zuccani fatti per quesin affresco, v. J. GERE, Taddeo Zuccari. His Development Stndied in His Drawings, London 1969, 102 segg., e i numeri del catalogo 229 (tav. 150), 6 (tav. 151), 33 (tav. 152), 5 (tav. 153), 104 (tav. 154). R.I.
Sotto 122 vengono menzionati altri dipinti nella stessa sala, lasciati incompiuti da Taddeo e terroinati dat fratello Federico.
V 13 V
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Manca:
13 42 Manca: come parimente queue de' Vit/ a terra scossi
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C 1342 L'affresco delle due Armate si trova fra Ia porta della cappella Si stina e quella della scala Regia. La battaglia di Lépanto avvenne II 7 ottobre 1571, quando il Vasari era già tomato a Firenze, dopo aver dipinto le tre cappelle della torre Pia. Egli suggerl subito la commemorazione della vittoria da realizzare in un'affresco (lettera perduta; v. Nachiass II, 617 segg.); essendo stata accettata l'idea egli fu chiamato di nuovo a Roma, dove arrivà all'inizio del 1572. fl posto piü adatto per ii dipinto sarebbe indubbiamente stato Ia parete minore, quella dove si trova la loggetta, diuimpetto alla Presa di Tunisi; fu invece deciso di dedicare tre panneffi all'avvenimento, e cioe su una delle pareti maggiori, e perciô ne conseguI II cambiamento di tutto il ciclo. Ails morte di Pio V, il primo maggio del 1572, II cartone della era compiuto, ma non ne era stata iniziata l'esecuzione. Elevato Gregorio XIII, i lavori yennero ripresi riel novembre del 1572; Vasari dipinse soltanto la parte superiore. Sembra essersi set-vito di qualche stampa per is sua composizione, non priva di grandezza, maigrado una sua semplicità leggermente schematica. La parte inferiore, e cioe tutto il primopiano, è stata dipinta dal Sabatini, arrivato a Roma all'inizio del 1572, che deve aver eseguito i disegni forniti dal Vasari, come risulta dal suo aspetto stifistico (v. vita del Sabatini, 18' c 24 Nachlass II, 635, 647, 675; foto Anderson 4635) e ugualmente ii disegno del Vasari, Firenze, Gabinetto Disegni e Stampe, 7080F (v. 1328, commento). [La Mostra delle Jiotte in ordine di battaglia è impressionante per la rigorosa forma piramidale e per l'allusione al Giudizio finale per mezzo della Lega che si trova sul lato dei beati e per mezzo della morte, e della disperazione sul lato dei condannati, e che rappresentano rispettivamente Ia flotta cristiana e la flotta turca. R.I.
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[Interpolato dal Tronsarelli: Pontefice] Alessandro III [cancellato: di Federico; interpolato dal Tronsarelli: e del/a Republica di Venetia]
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Interpolato dal Tronsarelli: pittore in Venezia molto prattico Interpolato dal TronsareUi: historia
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Per Giuseppe Porta di Castelnuovo di Garfagnana (ca. 1520 - ca. 1575), v. STECHOW in TH-B (sotto >; 1935); alla nota bibliografica Si aggiunga: MANcINI, ed. Marucchi-Salerno, I, 203, 267) 346; II, tin. 728 e 1231; CAMPORI, in: Atti R. dep. stor. patr. mod. e parrn. VI, Modena 1872, 1 segg.; MoscHINI, in: Riv. di Venezia XII, 1933, 14, 231 segg.; V. PERTILE, II convento di Carceri e gli affreschi di Giuseppe Salviat, in: RivArte XVIII, ser. II, anno VTJI, 1936, 195 segg.; W. BELL DINsM00R, The Literary Remains of Sebastiano Serlio, in: ArtBull 1942, 55 n. 4; H. TIETZE, E. TIETZE-CONRAT, The Drawings of the Venetian Painters in the 15th and 161h Centuries, New York 1944, 243 segg., 324; M. JAFFE, Ginseppe Porta, ii Salviati and Peter Paul Rubens, in: Art Quarterly 18, 1955, 331 segg.; G. JADEROSA MOLINO, Riconoscibili decorazioni ad aifresco di Giuseppe Porta detto Salviat in: ArteVen 17, 1963, 164 segg.; F. ZAVA BOCCAZZI, Le tele ritrovate di Giuseppe Salviati.. in: ArteVen 17, 1963, 169 segg.; In., Le tele di G.Salviati aS. Poh in: ArteVen 20, 1966, 250 segg.; W. WOLTERS, Uber die Wandteppiche von S. Marco in Venedig und ihren Meister, in: Pantheon 23, 1965, 75 segg.; D. MCTAVISH, Giuseppe Porta Called Giuseppe Salviati London 1981 (Outstanding Dissertations in the Fine Arts). E menzionato già il 3 settembre del 1562 nei pagamenti per i lavori
della Sala Regia > (probabilmente un falegname; v. BERTOLOTTI, Art. mod., in: Atti e mem. ... Emifia, 1883, 90); sembra che il Porta abbia ricevuto il primo pagamento il 13 dicembre 1563, cioè subito dopo Ia morte di Francesco Salviati (nel mese di novembre del 1563). L'ultimo pagamento e del 17 novembre del 1565, in totale circa 1000 sc. Secondo il Vasari gli erano state commissionate da parte del cardinale Amulio (VasMil VII, 93), [e cioè appunto L'incontro cli Alessanciro HI e di Fec/er/co .Barbarossa, e La storia delli sette re, che fu in seguito sostituita dalla Battaglia di Lepanto (v. II commento 1328). R.I. Infatti il pagamento della caparra per > (VasMil Vu, 67); e tanto è veto che nel di-
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pinto non c'è traccia della mano di Francesco, essendo di uno stile puramente veneziano, con molti ritratti non ancora identificati (v. comrnento 1328; foto Anderson 4626). [Disegni si trovano a Chatsworth e nel Louvre, riprodotti dal TnrrZE, bc. cit., e a Hartford, Wadsworth Atheneuni (v. A Selection of Italian Drawings from North American Collections, Regina, Norman Mackanzie Art Gallery, Montreal, Museum of Fine Arts 1970, n. 16; MCTAVISH, 244 segg., 322, 327 (Incontro di Alessandro 111 e di Federico Barbarossa) e 320 (Storia dci sette Re, Chatsworth). Uno studio per II nobile con Ia barba lunga e scura e con il braccio destro a1zato, situato a destra nell'affresco, allora proprietà di Geoffrey Gathome-Hardy e ora in una collezione privata in Svizzera, venne esposto nel 1971 da Colnaghi, London (Loan Exhibition of Drawings by Old Masters from the Collection of Mr. Geoffrey Gathorne-Hardy, Oct./Nov. 1971, n. 30, con ripr.; attribuito ed identificato da D. MCTAVISH, V. ioc. cit., 356 segg.). R.I. Vi e poi il pannello di formato stretto, a sinistra dell'ingresso alla SaIa Ducale, completamente negletto dal VASARI e non descritto dal TAJA (21, 33), ne dab CHATTARD (II, 25), che tra l'altro lo chiamano erroneamente ; nonostante vi sia una scena che si svolge a Venezia, mentre quella delYappendice avviene davanti a S. Pietro (Anderson 4641; Giuseppe Porta detto il Salviati). Stilisticamente I'opera è estranea aT Porta; sarebbe piuttosto identificabile con quella eseguita da , con e fra le altre cose, un Cristo che appare in forma d'ortolano a Madalena. > Qua!cuno tagliô le pagine di questo hibro. Alcune delle miniature sono state viste presso dei collezionisti privati da un postillatore settecentesco del VASARI (v. A. WEIXLGAERTNER, in: Die Graphischen Künste, ifi, 1938, 128). Le miniature di questo libro non sono ancora state identificate, Esiste un'incisione del soggetto dal VAsARI indicato (Le Dl. 85). Come racconta il VASARI (VASMTL V, 330), ii Clovio fu allievo del pittore e miniaturista Girolamo dai Libri, quando abjtà a Candiana. [Alcuni frammenti di miniature che si trovano a Windsor Castle devono avere qualche cosa in comune con il soggiorno a Candiana (POPHAM/WILDE, 1971, 123, fig. 162, 141, n. 31; ID., 1980, 101). Prima della pai-tenza per Perugia esegul anche una miniatura ed un disegno a penna caratteristico per ii suo stile di disegnatore; ambedue sono induse nelle (Biblioteca Comunale di Treviso, ms. 646). E un libro che potrebbe aver scritto per gratitudine, in seguito al miracoloso aiuto che egli aitribul alla Madonna per ha guarigione della sua gamba fratturata. Le due opere che Si trovano nel libro sono state pubblicate da M. LEVI D'ANCONA, hoc. cit., 1969 (v. anche CI0NINI-VI5ANI, 1980, 98 segg. e riproduzioni, Ia miniatura è a colon). La data 1533 rintracciabile neh libro iniziato dal Cbovio, si trova sub verso del foglio 26, che sul recto porta il suo disegno a penna. Va ni-
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levato che questa data contraddice invece Ia fonte del VAsArn, the sostiene the il Clovio sia rimasto per tre anni con i padri dopo il sacco di Roma, prima di tornare in servizio presso il cardinal Grimani, e che ciô sarebbe quindi successo nel 1531. Quanto ai lavori eseguiti a Perugia per ordine dcl cardinal Marino Grimani, v. VASMIL 559 segg.; J. GOLUB, Nuove fonti su Giulio Clovio, in: Paragone, 31, 1960, 359/61, 121 segg.; E. G. MILLAR, Les manuscrstr àpeintures des Bibliotheques c/c Londres, Les manuscrits a peintures de Ia Bibliotheque c/u Musée de Sir John Soane, in: Bulletin de la Société francaise de reproduction des manuscripts a peinture, 4, 1914-20, 116 segg. e p1. XLVII-LII: Ms. 111, Commentaires c/u Cardinal Marino Grimani sur l'epitre c/c Saint Paul aux Romains, eseguito tra ii 1531 e il 1537 (v. MILLAR, 118, per quanto riguarda la prima data, e LEVI D'ANCONA, 1950, 56, per quanto riguarda Faltra). II libro contiene tre ifiustrazioni nel testo, e vi e una pagine intera che raffigura la Conversione di S. Paolo (v. SMITH, Diss., 13; CIONINI-VISANI 1971, 126, illustrazioni 168, 169; In., 1980, 88 e ripr. a colori a pp. 34, 35, 37.
Per quanto niguarda i rapporti molto evidenti con le grottesche dde logge raffaellesche, v. MILLAR, tavv. XLVII e XLVfflv, e per II riferimento the si trova nella Conversione di S. Paolo nispetto all' arazzo di Raffaello v. XLIX e L. Al codice appartenevano con grande probabiità anche S. Paolo che acceca Elima e Ic Virtà teologalz, Paris, Louvre, Cabinet des Dessins. Secondo il SAKcINsKI, 15, ii Clovio avrebbe illustrato Jo stesso testo un'altra volta e questa nuova Convernione di S. Paolo sarebbe servita per l'incisione del Cort. Questa notizia non e ancora stata verificata. Secondo Jo stesso autore si sarebbe probabilmente trattato del manoscritto che provveniva daTl'Italia e che entrô a far parte della collezione Nowel Jenning, per poi passare alla collezione Strange. Comunque non rimane die un disegno preparatorio, conservato al British Museum (GERE/POUN-. CEY, 71, tav. 66). 11 MILLAR ha identificato l'altro libro menzionato daT VASARI, Un Officio delta Madonna eseguito tra il 1531 e il 1537 per il Gnimani, con quattro miniature, con il Libro d'Ore del British Museum, noto come Stuart de Rothesay Hours (ins. 20927; MILLAR, 118, 127 segg, e tav. XLVIII; British Museum Reproductions from Illuminated Mannscr4'ts, series 1V, London 1928, 34 p1. LI; LEVI D'ANCONA, 1950, 57; SMITH, Diss., 16; CIONINI-VISANI, 1971, 125 segg., illustrazioni 165 segg., CI0NINI-.VI5ANI, 1980, 87 segg., riproduzioni a colore: pp. 7 e 30 segg.). Secondo M. LEVI D'ANcONA apparten-
gono allo stesso periodo anche > di Eunialo d'Ascoli,
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, e II Jibro non si trova piü in Vaticano. Ma Ia LEVI D'ANCONA, 1950 (1959), 65 segg. e figg. 9-11, ha giustamente identificato questo > con ii Towneley Lectionary o Evangelistario che si trova alla Public Library di New York (v. BRADLEY, 147, 202, 254; A. E. BYE, bc. cit.; SEYMOUR DE Rxccr, bc. cit.; SMITH, Diss., 13 segg.; CIONINI-VIsANI, 67 segg., riproduzioni a colon), mettendo in evidenza l'errore del VASARI (VasMil 568) che, nell'edizione del 1568 parla di due miniature destinate ad un messale, e
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cioe di Cristo che insegna agli apostoli e del Giudizio Universale, ma
ignorando che in realtà queste miniature erano destinate all'Evangelistario in questione, ed è infatti Ii che esse si trovano. Ii BAGLIONE ha ripreso daT VASARI I'errore della denominazione liturgica del Hbro. La stessa autrice ha tra l'altro identificato altre due miniature del Towneley Lectionay, e cioe, Ta ResAurrezione e la Natività, pin due bordure con Ia Pentecoste e I'Avvento con ie miniature degli stessi soggetti, elencate nell'inventario del Clovio del 31-12-1577 (A. BERTOLOTTI, Don Ginlio Clovio Principe dei miniatori, in: Atti e mem. Dep. stor. patria Emilia e Romagna, n.s., VTI 2, Modena 1882, 271). CosI ha potuto stabilire sia Ia data che l'attribuzione delle miniature al Clovio, trattandosi in ambedue i casi di problemi discussi già da molto tempo. Le due miniature che menziona il VASARI datano di prima del 1568, le restanti quattro miniature che il VASARI tralascia vennero eseguite dopo il 1568, ma prima del dicembre 1577. fl Towneley Lectionary riappare in due inventari che si fecero della Cappella Sistina (Roma, ASR, Camerale I, Inventari, vol. 1560 LEVI D'ANCONA, 67 segg., 76 n. 19) con Ia descrizione di tutte le miniature, essendone cambiato solo l'ordine. L'Evangelistario contiene To stemma del cardinal Alessandro Farnese e fu donato alla Cappella Sistina cIa un cardinal Farnese. La LEVI D'ANCONA non ha tuttavia potuto stabiire se Ia donazione hi fatta cIa Alessandro, mono neT 1589, o da Odoardo, morto nel 1626. Questo problema si risolve leggendo il diario del cerimoniere Gio. Paolo Mucanzio, che Msgr. Ravanat segnala a J. HESS. In questo diario (vat. lat. 12318, fol. 152r/153) viene menzionato II giorno di Natale del 1594 un prezioso evangeliario con rilegatura ricoperta di lamine d'argento, portanti lo stemma del card. Alessandro Farnese, lasciato per testamento dallo stesso Farnese ai cardinali diaconi. E ornato di pitture da (dopo vi è uno spazio vuoto, forse destinato per ). Ii HESS aveva già identificato questo < evangeliario>> con l'Evangelistario Towneley in un commento scritto anteriormente ai nuovi studi sulI'argomento, senza perô identificarlo con il .smessale>> menzionato daT VASARI e daT BAGLIONE. Qltre ai due inventari pubblicati dafla LEVI D'ANCONA, ii HESS ha scoperto altri inventari nei quali ii libro viene citato fino aT 1789. In uno di questi inventari II libro viene descnitto con parole molte simili usate negli akri inventari: , v. 17 7 , coxnmento). Questa informazione è dovuta a A.E. P0PHAM e mi è stata gentil-
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1618 - 16
169
mente comunicata cia E. K. WATERHOUSE. Formello, un paese situato tra Rorna e Viterbo, a 27 km cia Roma, era propricta degli Orsini, duchi di Bracciano, finché non Lu venduto nel 1661 ai Chigi (v. MoitoNi, 58, 116). fl RESTA interpreta il testo del BAGLIONE in modo inesatto; quest'ultiino non dice che Donato comparve sotto Gregorio XIII. Pare infatti che si sia trovato a Roma già molto prima. [Ha pagato Is sua quota all'Accademia di San Luca dal 18 maggio del 1554 al 28 ottobre del 1555 (secondo le notizie di F. NOACK presso la Bibliotheca Hertziana, ricavate dal vol. 2 dell'Archivio dell'Accademia), ma sembra improbabile che abbia già partecipato alle pitture del Vasari in corso nella sala dei Centogiorni della Cancelleria (1546), come lo sostiene il BAGLIONE, sotto 1618, basandosi su alcuna fonte, creando in questo modo una confusione con la sua partecipazione alla sala Regia. II Vasari stesso comunque non lo nomina tra i suoi aiutanii Ma siccome tutto sommato morl > (17") durante il pontificato di Gregorio XIII (1572-1585), non puô essere nato molto prima del 1550. 11 disegno conservato aI British Museum, con II particolare di una battaglia con un guerriero ferito trasportato dai camerati, piuttosto assoniigliante ad un vecchio Sileno che ad un guerriero, è una composizione senza peculiarità, tratta forse qualche esempio antico. E l'unico disegno conosciuto di Donato, v. J. A. GERE, PH. POUNCEY, Italian Drawings in the Department of Prints and Drawings in the British Museum, 1, Artists Working in Rome c. 1550 to c. 1640, London 1983, n. 93; questi autori sostengono giustamente che lo stile del disegno, partendo da Michelangelo, è piuttosto vicino a Battista Franco, a Pierino cia Vinci e a Jacopo Zucchi. Sulla parete della navata sinistra della parrocchia cli S. Lorenzo a Formello si trova un affresco che raffigura I'Esaltazione della Croce. L'attribuzione a Donato è di lunga data e deE tutto convincente. Altrettanto sua mi pare sia anche Ia pala dell' altar maggiore, che raffigura S. Lorenzo che battezza Un soldato romano, opera di buona qualltà, caratterizzata da un'impronta fortemente vasariana. R.I.
C 1618 V. 1617, commento, per ciô che
Si riferisce alla sala dei Centogiorni. Per Ia partecipazione alla sala Regia, 1572/73, v. 1328, conimento: Nachiass II, 573, 650, 664. La parte avuta dal Donato non è comunque distinguibile.
V 1619 Interpolato: vane cose C 1619 [Non e ancora verificabile la parte avuta da Donato alle pitture delle loggie e della galleria, trattandosi soltanto di un'indicazione generica. R.].
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1620 - 1632
170
V 1620 Interpolato dal Tronsarelli:
e sotto 1...] professione.
V
1623
Sopra [cancellato: le; interpolato dal Tronsarelli: diverse] scale
V
1624
Dal Ilinterpolato dal Tronsarelli: 2'] cortile [parola cancellata, non leggibile; interpolato dal Tronsarelli: mette nella] sala Regia
V 1625 Manca: (' lo-26
V
V
162730
dalla parte 1...] arco.
Con > s intende quello del Maresciallo, dal quale prende ii nome anche la scala che conduce alla Sala Regia (per la costruzione della Scala v. H. EaGER, Cappella Sancti Nicolai). L'affresco qui indicato, a forma di lunetta sopra Ia porta della scala nell'interno, esiste tuttora ed è stato restaurato. Lo stile della pittura - chiaro e morbido si accorda con quello degli altri affreschi di Donato citati in seguito. Nella Be parole scala che vci alla Sala del Concistoro, evvi sono state cancellate e sostituite dalla mario del Tronsarelli su una striscia di carta con: e nel cortile del Pozzo nell'altra scala, che cornincia dalla porta vecchia della Foreria, e va a riuscire alla porta delle loggie dipinte da Raffaeio, euai in faccia,] a piedi, qnando il Saluadore comanda [.1.
Manca: e di vero
C 1632 Per porta della > si intende la porta della Floreria che conduce alla scala della Floreria e che reca l'iscrizione (sopra la porta c'e un'iscrizione di Pio VII che II FORCELLA menziona a p. 201 del vol. VI, n. 758, dicendo che essa si trova , v. anche TAJA, 101). La porta si trova nel cortile di San Damaso, dirimpetto a quella del palazzo di Sisto V. La scala a due branche, che era originariamente a forma di cordonata (cordonata di Bramante), conduce non soltanto alle logge di Raffaello (vicino al cui ingresso si trova un'altra iscrizione di Pio VII; v. FORCELLA VI, 208, n. 797), ma anche alle terze logge, benché sia ristretta e senza pitture. La scala è decorata con gli affreschi della vita di Cristo e con gil apostoli che vengono nominati in seguito; v. Giorgio Vasari. Principi. Letterati e artisti nelle carte di Giorgio Vasari Arezzo 1981, 100 seg. (J. KLIEMANN) e Indict; con ag,giunte e revisioni (ID); V. 1636, 17'. [L'affresco che rappresenta la pesca dcl censo (Matteo 17, 27), si trova sul primo pianerottolo della scala e dà inizio alla serie delle scene
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16-" - 16
171
che rappresentano Cristo con gil apostoli, illustrate in questa scala (v. anche CELlO, 101). L'affresco che è stato restaurato non è a forma di lunetta come gli altri, ma di una sovrapporta: e quindi pRi alto, socchiuso ndlla parte superiore in un seniicerchio (v. anche 1323). Un disegno del Vasari fu da Sotheby Parke Bernet, Fine Old Master Drawings, 9-7-1981, 103 con ripr. R.I. Con - espressione usata dal BAGLIONE nel cod. Chigiano - s'intende il cortile di S. Damaso che avrebbe preso questo nome dopo la costruzione della fontana con il bassoriievo, che rappresenta una scena della vita di S. Damaso, avvenuta net 1649 per opera di Alessandro Algardi (v. PASSERI, ed. HEss, 209 e n. 2; nella veduta del MAGGI del 1615, sotto n. 84: ).
V 16
[Cancellato: In una altra scala che conduce alla sala di Costantino per andare; sostituito dalla mario del Tronsarelli con: Nella scala che a mano manca segue, è volta per andarel nell'appartamento [interpolato dal Tronsarejlj: vecchio] PontiJicio cioè in faccia ye Ia storia della nanicella
P
16' RESTA
C
1636
in D: una in oglio l'hanno i Sig". Millini.
L'affresco indicato dal BAGLIONE (Matteo 14, 22-34, Marco 6, 47-52, Giovanni 6, 16-2 1) si trova sul pianerottolo fra il primo ed il secondo piano delle loggie, alla fine della seconda branca della cordonata (v. TAJA, 103). Possiamo leggervi l'iscrizione >. La collezione Mellini che il BELLORI menziona in una postilla, sostenendo che si trovasse nella vigna di questa famiglia, deve essere andata perduta. Ignoro perô quando. [Sopra l'arco, all'inizio della seconda branca, si trova ]a Consegna delle chiavi, che non è opera di Donato da Formello. Benché sia stato fatto secondo un cartone del Vasari, BAGLIONE non lo cita (v. TAJA, 103). R.I.
V 16
Et a canto euni efJigiato Jrlsto che 1...] di S. Pietro [cancellato: tulle in fresco dij,inte]
C 16
Ugualmente ben conservato
(TAJA, 103
segg.).
V 1639171 Su striscia di carta ii Tronsarelli ha aggiunto, variando appena il testo: [...J Pontificio incontro Ia porta delle loggie di Raffaelle, ha nd nuro Ia piccola historia di Cristo I...] barca, diligentern. formata. Tutte a fresco dsinte.
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172
C 171
17' - iT
[La scena che raffigura ii lavoro alle reti (Luca 5, 1-4), si trova sul pianerottolo del secondo piano, vicino alla pot-ta che conduce alle logge di Raffaello (TAJA, 104); è in buono stato di conservazione. Indicazioni relative alla storia della scala e ad un recente restauro del dipinto, si trovano in: AttiPAccR end XXJII-IV, 384 segg. L'affresco della Pesca miracolosa (Luca 5, 5-7), nominato in 13'9 e nel commento 1323 (TAJA, 104 segg.), si trova alla fine del pianerottolo che è a forma di un ltmgo corridoio, proprio di fronte a chi vi sale, sopra Ia porta che conduce ella sala vecchia degli Svizzeri. Non essendo opera di Donato da Formello, ii BAGLIONE giustamente non To menziona nella vita di Donato. A questo aifresco si riferisce invece II CELlO, attribuendolo a tot-to a Donato con le parole : Two Mock-Heroic Designs by Dürer, in: JWCI, 1939, 206 segg. [fl soggetto viene da Luciano, che scrisse < Hercules Galltus >, in cui racconta del dio gallico Ogmios, dio dell'eloquenzia. Ii testo di Luciano fu pubblicato nel 1506 nella traduzione latina di Erasmo di Rotterdam. R.I. Non sembra che ii Sabatini abbia preso parte all'esecuzione dde pitture della seconda sala ducale, dove invece è ricordata l'attività di suo figlio Mario, che sovrintese ai lavori cli restauro dopo Ia morte dcl padre (ultimo pagamento 31-3-1578; v. M. VAES, in: Bulletin de l'Institut Historique Beige de Rome, 8, 1928, 307 n. 2). Per quanto riguarda altri collaboratori, v. il cornmento 636. C 1811 Le dovrebbero essere quelle vicino alla Sala Ducale, incompiute al momento della sua morte. Cioè, si tratta dde due sale dei pararnenti, menzionate ripetutamente dal BAGLIONE, 5% e 41, senza menzionare perô la pane avuta dal Sabatini commenti).
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180
1811 - 18l4
C 1812
Una partecipazione del Sabatini agli affreschi della galleria delle carte geografiche mi sembra sia da esciudere, perche la sua edificazione non era ancora terminata al momento della sua morte. Puô darsi che II BAGLIONE volesse parlare della cosiddetta galleriola o galleria plccola, vicino alla sale dei paramenti (v. 533, commento), le cui pitture vengono infatti attribuite al Sabatini in un documento recente (v. PASTOR IV, 905). Nella volta di questa sala sembra che egli riprenda e sviluppi le idee espresse dal suo maestro Vasari nella cappella di S. Pietro Martire (v. 1410, commento), combinandole con le sue proprie ispirazioni, per esempio prese dalle logge di Gregorio. Gli affreschi furono portati a termine nel 1577 da Mario Sabatini (v. VAEs, in: Bull. Inst. belge 1928, 307 n. 2; fot. Alinari, 41080).
C 1814
[Oltre ad una partecipazione alla progettazione della loggia del primo piano si tratta soprattutto della loggia mediana at secondo piano. Per Ia terza loggia, la cui soprintendeuza competeva aI Circignani, v. 411. Secondo le iscrizioni leggibii nella loggia del secondo piano (>), Je decorazioni delle volte yennero eseguite tra maggio del 1576 e maggio del 1577. Secondo le < Mernorie sidle pittare et fabriche .> pubblicate dal PASTOR IX, 905, lo stesso Sabatini ne ebbe la soprintendenza fino alla sua morte in agosto del 1576. Marco da Faenza (v. 2229 e commento 22) prese il suo posto. Per l'architettura e per le decorazioni v. M. Vat. 1935, 1270 segg. e 1936, 161 segg.; specialmente 164 e fig. 12, dove si attribuisce al Sabatini di aver avuto ['idea dell'insieme decorativo dde volte e l'esecuzione di un certo numero di stone del Nuovo Testamento: Cristo e l'adtdtera (compartimento 7); ii tentativo di lapidare Cristo (comp. 7); Ia guarsgione di tin indernoniato (comp. 4); Ia come.gna delle chiavi a S. Pietro (comp. 8); ía guarigione di tin fanciullo ossesso (comp. 8); Ia parabola dci bambini (comp. 9; foto Musei Vaticani VI-284; V1-28-7; VI-27-9; V1-28-10; VI-28-8; VILT-32-2). Secondo me ía .guarigione dell'indernoniato è perô opera del Circignani. Alle precedenti attribuzioni vanno aggiunte: Cristo a i dieci Iebbrosi (comp. 9; foto VIIl-35 -1) e forse anche Cristo e Ia donna Cananea e S. Pietro camtnina sopra Ic onde (comp. 7; VI-28-5; VI-28-6), come anche sicuramente i quadri centrali degli stessi compartimenti 4, 7, 8, 9, e forse 11, tutti riconoscibili quale opere del Sabatini, tenendo
conto dei visi, dei profili e della forma tipica della bocca (cfr. Ufl capolavoro del Sabatini è la Vergine in gloria, Bologna, Pinacoteca, Allnan 37552). R]. Contemporaneamente ii Sabatini sovrintese alla decorazione della sala bolognese o sala dei brevi (v. PASTOR IX, 90)) che si trova vici-
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1818 - 18'
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no alle logge del terzo piano, terminata, come attesta l'iscrizione, nel 1575. In un'ovale al centro della volta c'è II cielo stellato di Giovanni Antonio Vanosino da Varese (v. J. HEss, On Some Celestial Maps and Globes of the Sixteenth Centtny, in: Warburg Journal 30, 1967, 406, 409). La gola della volta è stata trasformata illusionisticamente (usando la tecnica del trompe l'oeil) in un colonnato che si apre su pergolati; e un opera del Mascherino (v. anche REDIG DE CAMpos, bc. cit., 173 segg.), concepita secondo un mirabile scorcio. Contributo del Sabatini sono be figure colossali di astronomi, che giacciono tra questo colonnato, di uno stile chiaramente derivato da Pellegrino Tibaldi (v. DANTI, Vignola 89; CECCHELLI, t. 395/6; P. PERALI, in: Ill. Vat. 1933, 977 segg.); sua è inoltre anche la decorazione figurativa sulle pared (BIAGETTI I REDIG DE CAIVIPOS, in: Rendiconti XI, 183-187; XV, 239-241; XXI, 282-283). [Per quanto riguarda la bella figura che rappresenta la Pace (foto Musei Vaticani XXX-66-23) esiste un disegno a matita in possesso di M. Pierre Rosenberg, Paris, già artribuito ab Cavalier d'Arpino. R.I. Non si puô identificare il Sabatini con quel Sabaoth, come e stato suggerito, che dal 1560 at 1562 avrebbe lavorato alla Loggia della Cosmografia, essendo quest'ultimo un artista individuabile con sicurezza, di cognome Dentis (v. BERTOLOTTI, Art. yen., 19 segg.; P. GI0SWANI, in: Arte 1907, 134; F. BANFI, in: Urbe 1951/I, 7).
V 1818
Interpolato dal Tronsarelli: ii quadro deli'
C 18's Per gil affreschi della sala Regia e per I'affresco della Battaglia di Lepanto, v. 1328 e 1342 (Vita del VASARI). La Battaglia diLepanto si trova tra l'ingresso della scala Regia e quello della sagrestia della cappella Paolina. lb Sabatini che doveva essere rintracciabile a Bologna net dicembre del 1571 sembre essere arrivato a Roma nel gennaio del 1572 (Nachlass II, 630 segg., 635), chiamatovi del VASARI. II VASARI impiegava mold aiutanti (Un pagamento at Sabatini è annotato sul tergo di una Jettera del 5 aprile 1572 [Nachlass II, 664]), perché sia per vobontà propria che per quella del Granduca, aveva molta fretta pel terminare i lavori at pin presto. Oltre at gruppo in primo piano, descritto dab BAGLIONE come collocati a sinistra, sono attribuibili at Sabatini anche i due gruppi superiori, dove viene raffigurata l'Apparizione di Cristo che scaccia i demoni circondato da Santi e demoni. Secondo ii Vsi (Nachlass II, 675) l'affresco fu terminato poco prima della morte di Pio V, avvenuta lb 1" maggio 1572; si tratta dunque del primo lavoro compiuto dai due pittori in collabo-
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i8' - 1826 razione (foto Anderson 4635; per il disegno del VASARI che contiene anche Je parti eseguite dal Sabatini, v. 1328, commento. [L'attribuzione della Fecle a Donato da Formello, sostenuta del CELlO, 104, non corrisponde allo stile di questa figura. R.I.
V 1821 Interpolato dal Tronsarelli: Ia mostra dell'Arrnata e I'imagine della
C 1824 Il Sabatini, partito da Roma con ii Vasari in seguito alla morte di Pio V, tornà a Bologna, dove è possibile rintracciarlo ii 29 gennaio 1573 (BODMER, TH-B). fl Vasari lo chiamô di nuovo a Roma, dove dovrebbe esseere arrivato in compagnia di Dionigio Calvaert e Gio. Francesco da Bologna nel febbraio del 1573 (Nachlass, II, 756, 763) per non piü tornare in patria. fl dipinto si trova accanto all'altro dipinto, cioè tra I'ingresso ella scala Regia e quello alla cappella Sistina. La provenienza del mondo teatrale di queste figure allegoriche, descritte del Vasari in mm lettera del 23 febbraio 1572, e evidente (Nachiass II, 647). Qui l'assimilazione allo stile del Vasari e completa, e l'unith stilistica di tutto il primo piano è tale da farlo apparire opera di una sola mano, cioè disegnata dal Vasari ed eseguita del Sabatini (fot. Anderson 4636). fl cartone era terminato quando Pio V morl, ma contrariamente a quello elm dice il Vasari, non sembra che l'esecuzione fosse terminata al momento della sua partenza nel mese di giugno 1573, perché tanto il Sabatini quanto il Calvaert ricevettero la provvigione mensile ancora per parecchio tempo (Ia prima era di 33 sc., la seconda di 12 Sc.; il Calvaert rimase a Roma fino a novembre). [Per ii problema che Si riferisce ella sua partecipazione agli affreschi, v. 13 35 , commento. R.I.
C 1826 Questi due angeli
trovano sotto Ia loggetta e sono probabilmente quelli indicati erroneamente del BODMER come esistenti nella sala Clementina, nella quale non possono esservi pitture del Sabatini per ragioni di cronologia. Non sono menzionati nella lettera del VASARI. Raffaellino da Reggio (v. 1328, commento, e 26') rimpiazzà il Sabatini dopo la sua morte, avvenuta prima di aver iniziato a creare ii secondo angelo. [Erroneamente il BAGLIONE scrive che l'angelo del Sabatini si trova a sinistra, mentre in realtà è situato a destra. Porta Ia palma e le chiavi, mentre l'angelo di Raffaellino si trova a sinistra e porta la tiara (>) e la croce, come il BAGLIONE scrive giustamente sotto (Ambedue sono stati incisi in: E. PISTOLESI, II Vaticano VIII, Roma 1829, tavv. LXXffl e LXXXffl). Un disegno che raffigura i due angeli con la tiara e un globo ai lati di una nicchia e con Si
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18'°
183
I'iscrizione a penna , si trova a Edinburgh e è ancora contraddistinto dalla vecchia attribuzione al Sabatini (v. K. ANDREWS, National Gallery of Scotland, Catalogue of Italian Drawings, Cambridge 1968, I, 110, n. D 904, e II, fig. 757). Un'alternativa è un disegno, nei particolari pi vicino aII'esecuzione, che si trova nella collezione Freiherr Koenig Fachsenfeld, Fachsenfeld (v. W. VITZTFJUM, in: Burl. Mag 111, 1969, 691 e fig. 69, recensione del catalogo di Edinburgh; Sammlung Schloss Fachsenfeld, Ausstellung Staatsgalerie Stuttgart, 16. -4. -16.7.1978, Stuttgart 1978, 177 n. 85). Un disegno dell'angelo, forse eseguito dallo stesso Sabatini, a matita nera su carta celeste, si trova nell'Allen Art Museum, Oberlin/Ohio (Acc. n. 68.18), identificato ed attribuito da E. PILLSBURY, Lorenzo Sabbatini and the Sala Regia, in: Allen Memorial Art Museum Bulletin XXX[V, 1, 1976/77, 38 segg. R.I.
C 1830 Per Cesare Arbasia (Saluzzo 1547-1607) v. 5, commento, 3025, 272 (370); TEl-B sotto Arbasia (II, 59) e sotto Cesare (VI, 307), e Mario BRESSY, Cesare Arbasia, pittore saluzzese del Cinquecento (15471607), in: L'Arte 59, 1960, 289 segg.; 60, 1961, 41 segg.; ID., Giunte a Cesare Arbasia, in: L'Arte 42, 1963, 321 segg.: L'Arbasia ha soggiornato due volte a Roma, prima dat 1570, e poi dal 1593, dopo una sosta prolungata in Spagna. (v. anche [Frédéric Quilliet], Le arti italiane in Ispagna ossia storia di quanto gli artisti italiani contribuirono ad abbellire le Castiglie, Roma 1825, 33 segg.). Dat 1596 fino alla morte e rintracciabile in Piemonte (v. N. GABRIELLI, Studi sal pittore Cesare Arbasia, in: Atti della Soc. Piemontese di Architettura e Belle Art XV, 1936, 316 segg.; BREssY, 66). In questo passo sembra che l'autore volesse accennare ai paesaggi che si trovano nel fre-
gio della prima sala ducale, cioè in quella vicina alla sala Regia. Di questi paesaggi sono ancora visibili quattro, eseguiti intorno al 1575 [di cui solo due sono attribuibili con sicurezza alI'Arbasia, v. 5, cornmento; R.I. Per i paesaggi che si trovano nella prima sala ducale, v. Foto Musei Vaticani ffl-37-7 e 8, III, 40-4 e 6; M. VAES, Bull de l'Inst. beige 1928, 296 segg.; id. in: Roma 1931, 346. 11 CELlO gli attribuisce anche i pergotati at primo piano delle logge di Gregorio XIII (Memorie, 109), dove, secondo me, Ia mano di Matteo Bril ê riconoscibile, e soprattutto negli animali. Anche quest'ultimo è menzionato dat BAGLIONE soltanto di sfuggita. La sua collaborazione alle opere eseguite sotto Gregorio XIII è iniziata dopo Is morte del Sabatini, ma potrebbe essersi fatta su composizioni decorative lasciate da Iui: dei paesaggi nelle due camere dette dei foconi (1578), degli animali nei pergolati menzionati sopra; inoltre
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18 35
-
18'
esegul le vedute di Roma al terzo piano dde logge (v. M. VAEs, bc. cit., 310; J. HESS, in: Ill. Vat. 1935/1936, bc. cit.). [Sono da assegnare a Matteo Bril anche due dei paesaggi che si trovano nella prima sala ducale, v. 5, commento. R.]. P 18'
SPADA
in F: dove si vestono Ii Canonici. in E: l'istesso avea detto nelle 9 Chiese di Roma stampato
MALVASIA
dal Pei del 1639 fac. 44 nella quarta secondo l'Abb e Titi net di pittura. RESTA in D: io l'ho.
SUO
Studio
C 181,
Ii quadro esiste tuttora e si trova nella sagrestia dei Beneficiati, e se il disegno non è della mano di Michelangelo dovrebbe essere stato tratto da una sua opera, e cioe dalla Pietà che si trova nel Duomo di Firenze. Quanto alla sua ubicazione, che avenne prima a S. Pietro e poi nella sagrestia preesistente a quella odierna, miziata nel 1776 dal Marchionni, v. M. CERRATTIT. ALFARANO, Dc basilicae vaticanae antiquissima et nova structura, Roma 1914, 65 n.; TITI, nell'edizione del 1674 - probabilmente quella consultata cia1 MALVASIA - a p. 25; R. SIND0NEJA. MARTINELLI, Della .cacrosanta basilica di S. Pietro in Vaticano, Roma 1750, II, 223; TITI, ed. 1763, 22; riprod. in VENTURI IX, 6, fig. 258. [Una copia di Antonio Viviani del quadro del Sabatini si trova nella seconda cappella a destra a S. Maria dei Monti. Un'adorazionc dci Ma.gi che si trova al palazzo Venezia e attribuita al Sabatini (GFN E 26557). R.I. Un'altra opera si trovava a S. Pietro Vecchio, e cioè il ciclo delle ciiique sovrapporte eseguito net 1574 o 75 in parte dal Sabatini e in parte da altri artisti, sotto Ia sua direzione; ma sotto Paolo V venne distrutta (v. PASTOR IX, 905; VAES, bc. cit.).
P 18
MALVASIA in B: Dal libro della Compag4. de pittori si cava che mon verso Lug°. 1576 et ii Notaro lOntesani gli fa quasi an panegfrico dde sue lodi vedi Ia vita di Prospero Fontana presso di noi at segno 0 et ii suo luogo di consegliofi dato alli 17 d'A.g°. 1577 a Mario sno Fig°. proponcnd.olo Bartolomeo Passerotti Massaro. Si che erra dunque il P. Regi che ndlle sue Memorie istoniche lo fa aver operato sotto Sisto V ancora pag. 451. mentre Sisto V Ji creato Papa del 1585. RESTA in D: Prospero Fontana se non era canico di moglie efigli l'Ab. Primaticci to voleva condur in Francia [cancellato: del 631, diede poi l'Ab. danari a Prosp°. Fontana p. it viaggio diframia ma s'amalô et ad instanza del Vasanio del 63 lo liberô.
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C 18
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fl Sabatini mori ii 2 agosto 1576 e fu seppellito nella Rotonda (v. G. CAscI0LI, Docurnenti inediti dell'archivio capitolare di S. Pietro, in: Roma III, 1925, 280). II passo relativo all'Ortesani (v. MALVASIA in E) e stato introdotto nel testo della Felsina, non penã nella vita del Fontana, ma invece in quella di Orazio Sarnmachini (v. ed. ZANOTTI 1, 169). Per quanto riguarda la successione dcl figlio Mario all'incarico del padre, v. Id. 184. Interessante è la citazione che si legge neWopera di Domenico REGI, Memorie hirtoriche del venerabiIc P. Camillo de Lellis e de' suoi Chierici Regolari Ministri degl'Inferirn, Napoli 1676, dove si attribuisce a! Sabatini a p. 451 !'esecuzione di
certi affreschi che si trovano nella piccola chiesa di S. Maria in Tnvio, ma che non sono niuscito a nintracciare (v. ARMELLINI, 280). La nota del RESTA è ricavata nella sua prima parte dal VASARI, dove tuttavia non ci si niferisce al Fontana - citato del RESTA per pura distrazione - ma invece al Sabatini (v. VASMIL VII, 415 segg.). Solo la seconda parte spetta al Fontana; ii Pnimaticcio lo voleva chiamare in Francia (VASMIL VII, 414). Alle opere citate dal BAGLIONE che sono state eseguite a Roma bisogna aggiungere il rifaciinento dell'uomo che porta un tavolo ndi'Incendio dcl borgo di Raffaello. II Caiio (p. 118) Scrive: (v. J. HESS, in: GazBA 1947, 78 e fig. 2). [Ritengo che il ritratto di un cardinale con il segretario che si trova nella Galieria Spada sia probabilmente opera del Sabatini (Alinari 28939). Gia ZERI lo niferiva alla scuola bolognese del Sec. XVI, e cioè vicino aI Passarotti, a Lavinia Fontana e al Calvaert (ZERI, Gallena Spada n. 102). Un quadro d'altare che rappresenta l'ascensione delta Madonna, angeli e an vescovo inginocchiato, di provenienza nomana, senza rnai essere nominato nelle guide e di proprietà pnivata, è anch'esso da attribuire al Sabatini. R.I.
V 19'
La vita dell'Agresti si trova su foglio 8r della paginazione definitiva del ms., mentre nella prima stesura aveva Ia paginazione 3.
P 19'
RESTA in D: Modiani.
C 19'
Per Livio Agresti v. TH-B (antiquato); Voss II, 552 segg.; EncicIo pedia Italiana (FRANCOVICH, 1929); VENTURI IX, 5, 679 segg.; alle note bibliografiche Si aggiunga: G.V. MARCHESI, Vitae Illustrium foroleviensiwn, Forolivij 1726, 257 segg.; G. ROSETTI, Vise degli nomini illustri forlivesi 1858, si., 245 segg.; VASARI, Nachiass II; N.
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I9 - 19
186
PEVSNER, Einige Regesten aus Aleten der Florentiner Kunstakademie, in: FlorMitt IV, 1933, 128; R. BUSCAROLI, Nota su Livio Agresti, in: Melozzo da Forli, Gennaio 1939, X\TI1, 314 segg.; A. SPALLICCI, Livio Agresti detto ii Ricciutino. ForlI 1953; F. SPAZZOLI, Livio Agresti, Attualita di un piccolo maestro, in: Studi romangoli 23, 1972 (1975), 63 segg.; C. STRINATI, La tavola Pellucchi di Livio Agresti, in: Prospettiva 9, 1977, 69 segg.; C. Di GIACOM0, Livio Agresti a Castel S. Angelo, in: Quaderni dell'Istituto di Storia dell'Arte Medievale a Moderna, Facoltà di Lettere e Fiosofia, Universita di Messina, 5-6, 1981-82, Roma 1983, 11 segg. Quanto al tentativo del RESTA di identificare II pittore Livio Agresti con Livio Modiani e meglio Mcdigliani, ugualmente da Forli, v. 1938, postilla e commento.
V 1927 Queste righe sino ad
anch'esso sono riportate sulla striscia di carta che copre la prima stesura del passo che dice cosi: Livio Agresti nato nella Romagna in luogo, che Forli si nomina fu allievo di Perino dcl Vaga ed in Castello San Angelo dzinse, e solo (.1.
P 192
C 192
P
19>
RESTA
in C: Città [correzione della parola
Si dice che l'Agresti, prima cli venire a Roma, abbi avuto come maestro Francesco Menzocchi di ForlI (1502-1584; v. TH-B [GR0NAu. 19301; VENTURI IX, 5, 663 segg.; L. Filippini BALDANI, Francesco Menzocchi pittore forlivese e Ia villa imperiale di Pesaro, in: Melozzo da ForlI, 1937, 32 segg., 1938, 80 segg., 136 segg., 248 segg., 1939, 309 segg., 370 segg.; ID., Livio Agresti e la Cappella del SS. Sacramento nella Cattedrale di Forli, in: La Pie, Rassegna mensile d'illustrazione romagnola, XIII, 1932, 240 segg.; F. DA MORROVALLE, Francesco Menzocchi a Loreto, in: ArteAntMod 1965, 29, p. 93 segg.; SPAZZOLI, 64 segg.
P 19
RESTA in C: Luca non intendeva In prorpettiva ma coloriva assai bene. Non usci da Raveima.
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19 - 19'
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19
La notizia su Luca da Ravenna, inserita dal BAGLIONE poco organicamente rispetto al contesto, e tratta daT VASARI (VII, 421). Per Luca Longhi da Ravenna (1507-1580) v. TH-B; VENTURY IX, 5, 691 segg.; A. PIGLER, Zur Bildniskunst von Luca Longhi, in: Pantheon XV, 1935, 120 scgg.; R. BUSCARDI, in: Melozzo da ForD, 1937, 27; G. BARGELLESI, Un'opera di Nicolà Pisano a Chantilly, in: Belle Art, 195189 (N. Pisano, attivo 1499/1526; opera già attribuita al Longhi); P. DELLA PERGOLA, Rifethnenti a Luca Loughi, in: BollArte ser. 4, 40, 1955, 83 segg.; Aus einer Dusseldorfer Sammlung, Luca Loughi., in: Weltkunst 33, 1963, 21, p. 22. Pare che dell'Agresti esista una sola opera a Ravenna, e cioè un quadro d'altare nella chiesa dello Spirito Santo che rappresenta i cosiddetti vescovi colombini che adorano ía croce (v. C. Ricci, Guida di Ravenna, Bologna 1923; T. BUSIGNANI, Pittori romagnoli del Cinquecento, in: il Gomune di Ravenna, 1932; VENTURI IX, 5, fig. 400; MALVASIA, ed. ZANOTTI, II, 56). [Lo SPAZZOLI, 69 segg. rifiuta giustamente l'attribuzione, nata del resto da un equivoco. R.I.
C 19
L'elenco degli accademici di S. Luca pubblicato dat MISSIRINI, Mernorie della Romana Accadernia di S. Luca, Roma 1823, 13, venne iriiziato nel 1535; la sua compilazione non fu mai interrotta e perciô contiene anche i nomi di artisti che nel 1535 non erano ancora nati. Accanto al nome dell'Agresti sta per esempio Donato da Formello registrato all'Accademia nel 1554-55 (v. 1617). Perciô questo non ci da nessuna prova delta presenza di Livio net 1535 a Roma, come Jo sostiene il GRONAU Vasari, ed. ted., V, 423, e pin recentemente anche Jo SPAZZOLI, 82). [Per quanto riguarda ]a data del suo arrivo a Roma, C. Di GIAcOMO propone una data che si situa intorno aT 1540, Jo SPAZZOLI situa invece ii suo secondo arrivo in questo città intorno at 1542; come abbiamo già specificato, senza fondamento. Secondo C. STRINATI, l'Agresti avrebbe eseguito a Castel S. Angeto la Carità e l'Abbondanza che si trovano nella sovrapporta a sinistra dell'Imperatore Adriano nella Sala Paolina, e cioe sulla parte meridionale (STRINATI, bc. cit., v. commento 19'), sotto Ia direzione di Perino del Vaga tra il 1543 e il 1547 (v. anche ii CELlO, Meinoria. 1638, 45). Di GIAcoMo (bc. cit., 13) invece attribuisce e sono d'accordo con questa ipotesi - quest'opera aT Perino stesso. E ba stessa autrice che in un'articobo assegna all'Agresti, anche se in modo molto prudente, le due coppie della Chiesa e Ia Pace e di Calliope ed Eute,pe. Per be partecipazioni alla >, v. id. 13 segg. R.I.
C
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188
V 1910 Dopo la parola lode seguono passi che nel testo stampato sono diffusi in vane righe: lode, e nell'Oratorio dcl Gonfalone fatto havea Ia cena di no.t° Sig. cogliApostoli diligente condotta come anche [interpolato: it Cristo che porta la Croce et] haven dipinto in St. Caterina nih firnari l'altar rnag,giore col martirio della Vergine e dalle bande it S. Pietro e S. Paolo e nella parte di sopra I'Annunziata fsure a ohio lavorate. [Interpolato: Nella facciata incontro al Palagio gia de Stg. Sforza, hora de' Szg. Sacchetti hauea formate alcune storiette e vasi di brouzo et aitre 19118 21-23, 13-15 ftgure di chiaro scuro]. Si tratta dei passi
P 1911
SPADA
C
II teSto dell'iscrizione, riprodotto dal TAJA (15 segg., v. anche Ill. Vat, I, 1930/31, n. 8, 35) giustifica l'osservazione del postillatore. L'affresco che si trova sopra l'ingresso alla sala ducale (v. 13 20 cornmento; ripr. da CECCHELLI, tav. 363; VENTURI IX, 5, fig. 398; foto Musei Vat. 111-27-23) fu eseguito durante il pontificato di Pio IV nel 1563, come dice il GRONAU in fede del BERTOLOTTI, il quale pubblicô la notizia del pagamento di sc. 175 all'Agresti, insieme ad altri pagamenti che datano dell'anno 1563, per esempio quello fatto al Sammachini (VAsARI, ed, ted. del GRONAU, 424 n. 1; BERTOLOTTI, Art. bologn., 45; LANCIANI, Scavi ifi, 228; v. anche
1912
in F: Innocenzio 111 cosi ivi dice h'iscrittione.
SPAZZOLI .).
[Tin disegno del soldato, collocato a sinistra, si trova a Wien, Albertina, n. 2033, v. F. WICKHOFF, Die italieniscben Handzeichnimgen der Albertina, in: JbKhSW 1891/92, n. 5. B. 77; J. GERE, II manierismo a Roma, Milano 1971, fig. 20 (I disegni dei maestri, 10) R.I. Nel 1565 l'artista è rintracciabile a Firenze, dove Tavora sotto ii Vasari al Palazzo Vecchio (v. Nachiass III, 215). IL TAJA menziona altri lavori dell'Agresti in Vaticano: affreschi murali nella sala de' Pontefici che rappresentano cariatidi dipinte in giallo. Negli intervalli ci sono dde vedute di Roma. E un'insieme che fa subito pensare a certi ambienti dipinti dal Menzocchi alla Villa Impeniale di Pesaro; il tutto è in cattivo stato e perciô venne ricoperto da una stoffa dipinta modestamente con un'ordine architettonico (v. TAJA, 87; CHATTARD II, 84; EHRLE-STEVENSON, Lesfresques du Pinturicchio dans les salles Borgia au Vatican, Roma 1898, 61; PASTOR VII, 589, dove si ac-
cenna erroneamente a questi lavori, come se fossero ancona visibii; REDIG DE CAMPOS, 164. Inoltre l'Agresti collaborô al rifacirnento della sala de' chiaroscuni dopo ii 1560, ma non è possibile determiflare il suo contnibuto (TAJA, 116; CHATTARD II, 303).
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C 1 9 13
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Questa facciata affrescata non esiste pin. Essa non era situata in via Giulia, come lo pensa ii GNQLI (U. GN0LI, Facciate graffite e dipinte in Roma, in: Ii Vasari VIJ1, 1937, 122) e Ia PERIcOLIRID0LFINI (Le case romane con facciate grafJite e dspinte, Roma, Palazzo Braschi 1960, 49), perché ii palazzo menzionato dal BAGLIONE, dirimpetto a cui c'era Ia facciata dipinta, non è quello che si trova in via Giulia, ancora oggi di proprieta della famiglia Sacchetti, ma acquistato soltanto nel 1642 (avviso del 3 maggio; v. in: Roma, 1938, 392) o nel 1648 (come gentilmente mi suggeri il Marchese G. Sacchetti), dal BAGLIONE denominato palazzo Cevoli (6642). Si tratta invece del palazzo Sforza-Cesarini, in passato Borgia, e poi conosciuto sotto il nome di Cancelleria vecchia, come è confermato anthe dal TOTTI, 249: >). La facciata dipinta si trovava quindi in via dei Banchi Vecchi, di fronte alla Cancelleria vecchia. Forse Ta pittura di Livio Agresti è identica a quella indicata dal MANCINI (Viaggio per Roma, ed. MARUCCHI-SALERNO, I, 280), cioè (STRINATI, 1976, 20). Nonostante ci sia un'ampia fenditura verticale e sorprendente che nessuno abbia finora notato il fatto die l'affresco e chiaramente opera di due mani: una deve aver dipinto Ia croce con le figure, a sinistra, l'altra invece, partendo da uno stile compositorio completamente different; deve aver dipinto tutta Ia parte di destra dove sono rappresentati dei guerrieri e del cavafieri. E una composizione che si sviluppa dal basso verso I'alto. Per me non vi è dubbio che Ia parve di destra sia stata eseguita dal Nebbia. Lo si capisce dal taglio dei vlsi e dalla forma degli occhi, mentre per quanto riguarda i colon, il pittore si è adattato ai colori celesti, mlschiati con il bianco, che esistono nella parve sinistra dell'affresco, dove si puo notare un'influenza proveniente da Daniele da Volterra. Questo fatto è molto interessante, dato che lo STRINATI (1976, 20) attribuisce giustamente l'affresco seguente, cioe Ia Deposizione, a Giacomo Rocca, allievo di Daniele e autore del Crocifisso con S. Gerolamo e Tiberio Cevoli nella chjesa di S. Maria degli Angeli (per Rocca v. RöTTGEN, in: ZKg 27, 1964, 214 segg., e fig. 12). Mi sembra giustificata, considerando l'evidente rassomiglianza, anche nel colorito, I'attribuzione della parve sinistra della Crocifissione alTo stesso Rocca. L'ultimo degli affreschi e la Re.currezione di Marco Pino (v. 3 iv), eseguita insieme al Profeta e alla Sibilla sovrastante, negli anni 1568/72 (STRINATr, 1982; COCUZZA, 1981/82). I due Profeti e le due Sibille dell'arco trionfale sono stati ridipinti da Paolo Tonsi nel 1823.
Un disegno di una collezione pnivata che riguarda la sezione di sinistra ma che nei particolani non le corrisponde, fu attnibuito da E. PILLSBURY a Lorenzo Sabatini (E. PILLSBURY / J. CALDWELL, Sixteenth Century Italian Drawings: Form and Function, Yale University Art Gallery, May 7 - June 30 1974, n. 25). Un altro disegno, con particolani differenti nispetto aT primo disegno, che viene conservato aT British Museum (1952-45-9a), è stato attribuito da A.E. POPHAM ad un seguace del Bertoja (A.E. POPHAM, Italian Drawings in the Department of Prints and Drawings in the British Museum, 4, Artists Working in Parma in the Sixteenth Century, London 1967, 238). Nonostante anche J. GERE sembri voler concordare con un'attnibuzione aT Sabatini (J.A. GERE, Italian Drawings in the Department of Prints and Drawings in the British Museum, 5, Artists Working in Rome c. 1550 to c. 1640, 126), Ia ritengo ancora una que-
stione aperta. Un altro disegno ancora (POPHAM, n. 237; GERE, p. 26) è stato attribuito giustamente aT Bertoja; era destinato al sistema decorativo del freglo e delle piccole edicole, come anche
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1918
192
disegno che si trova al Museo di Budapest e come altri due discgni, the si trovano agli Uffizi e al Museo Capodimonte, Napoli (v. GERE, in: A.E. POPHAM, Italian Drawings ... British Museum, 4, Artists Working in Parma, London 1967, n. 237). Infine c'è ii quadro d'altare che rappresenta II Calvario e che II RUGGERI, 114, 163, attribuisce all'Agresti con argomenti non convincenti, mentre la M0LFIN0 lo assegna a Pedro Ruviale Spagnuolo (bc. cit., 47 segg.). Diversa è perô la struttura dello spazio e anche un'espressione pin drammatica nelle figure, caratteristiche stilisticamente molto pin sviluppate rispetto alle opere di Ruviale che la MOLFINO mette a confronto. Lo STRINATI assegna infine e giustamente questo quadro dipinto intorno al 1577 a Jacopo Coppi, fiorentino ed allievo del Vasari (STRINATI 1979, e nel Dizionario biografico degli italiani, voce Coppi, 1984; Oltre Raffaello, 169 segg.). I due affreschi dell'Agresti dimostrano l'influsso dde composizioni vasariane, p.es. del Battesimo di Saulo che si trova a S. Pietro in Montorio. Ma piu importante fu per l'Agresti to stile di Federico Zuccari. Per Ia bibliografia, v. L. RUGGIEBI, L'arciconfraternità di S. Lucia del Gonfalone, Roma 1866; H. Voss, Die Malerei der Spitrenaissance in Rom und Florenz, II, Berlin 1920, 458 e fig. 177; G. BIAsrnTTI, L'iinportanza e ía funzione storica della Confraternita del Gonfalone a Roma, in: Atti del II Congresso Romano, II, 1931, 69 segg.; S. BONG, L'arciconfranternita del Gonfalone e II riscatto degli schiavi dei musulmam in: Capitolium 1957, n. 9, 20 segg.; OBERHUBER, Jacopo Bertoja im Oratorium von S. Lucia del Gonfalone in Roin, in: Römische Historische Mitteilungen, 3, 1958/59 und 1959/60, 239 segg.; E. LAVAGNINO, La chiesa di Santo Spirito in Sassia, Torino 1962, 162 segg.; A. MOLFINO, L'oratorio del Gunfalone, Roma 1964; H. RöTTGEN, Notes on the Oratorio del Gonfalone in Rome, in: BuriMag CX, 1966, 141 segg.; F. SPAZZOLI, Livio Agresti attualità di un piccolo maestro, in: Studi romagnoli XXIII, 1972, 63 segg.; R.E. MACK, Girolamo Muziano and Cesare Nebbia at Orvieto, in: ArtBulI, 56, 1974, 410 segg.; C. STRINATI, Marcantonio del Forno nell'Oratorio del Gonfalone a Roma, in: Antichità viva XV, 3, 1976, 14 segg.; ID., Quadri romani Ira '500 e '600, opere restaurate e da restaurare, 29 genn. - 28 marzo 1979, 11; C. Di GIACOMO, Livio Agresti a Castel S. Angelo, in: Quaderni dell'Istituto di storia deil'arte medievale e moderna, Facoltit di lettere e filosofia, Universita di Messina, 5-6, 1981-82, 12; A. COCUZZA, Marco Pino da Siena nell'Oratorio del Gonfalone a Roma, ivi, 29 segg.; C. STRINATI, Metafora teatrale e rievocazione dell'antico nella deco razione deifOratorio del Gonfalone, in: > alla parola > (v. variante 1920). R.I. L'organo fu dorato nel 1658 (A.C. de Romanis O.S.A., La chiesa di S. Agostino di Roma, Rorna 1921, 26); probabilmente in seguito a qualche guasto verificatosi in questa parte della chiesa. Ma poi fu distrutto nel 1680 dall'incendio al quale II RESTA accenna nella sua postilla (v. A. L0DOLINI, in: Archivi d'Italia, ser. II, an. I, 1933/4, 107; avviso del 21 settembre 1680, in: Roma, 1941, 438). RESTA in A: in un altro luogo si contradice, dice esser cominciate cia... e diinte clal Zuccari. RESTA in D: S. Pietro e S. Paolo.
Non vi è contraddizione (come crede ii RESTA nella sua postilla dopo una lettura ovviamente poco attenta) perché le pitture attribuite dal BAGLIONE a Raffaellino da Reggio e a Federico Zuccari, si trovano nei muri laterali del coro. Purtroppo non esiste pin nessuna delle pitture dell'Agresti: dei quadri del Settecento hanno preso il loro posto, anche se il TITI ii cita ancora nell'edizione del 1763, come anche il NIBBY nell'edizione del 1838, 149. [Un Martirio di S. Caterina fu inciso nel 1)6) da Cornelis Cort: LIVIUS AGRESTUS FOROLIVIENSIS INVENTOR. JOANNES BAPTISTE DE CAVALLERIS INCIDEBAT CUM PRIVILEGIO 1565; un esemplare
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1924 - 1927
194
si trova al Gabinetto delle Stampe, Roma (F.C. 49907; manca da EJERENS DE HAAN; SPAZZOLI, fig. 7). R.I. V
1924.27
P
1927 RESTA
E aggiunto dal Tronsarelli su una striscia di carta (v. variante 191920): Dentro la Chiesa della Consolazione nella seconda Cappella a man dintta v'è di suo L. . .1. in D: Mad'. della Consolazione.
C 1927 Per Ia stampa fu sostituito il passato al presente usato nel cod. Chi giano, ma la correzione non è basata sull'autopsia perché II quadro esiste tuttora. E dipinto su tavola e verine restaurato e ridimensionato rispetto alla misura originaria. Si tratta della seconda cappella a destra. Rappresentata e la Madonna sul trono con ilfiglio; alla sua sinistra troviamo S. Giuseppe, a destra S. Anna e un angelo. In primo piano a sinistra si vede il ritratto di Andrea Pellucchi di Città di Castdllo che aveva fatto decorare la cappella prima della sua morte, av venuta nel 1575, a 85 anni, come risulta dall'iscrizione del monumento sepolcrale (v. FORCELLA VIII, 330, n. 795, 332, n. 799). [J. HESS ipotizza nella prima stesura di questo commento che il donatore doveva avere circa 65 anni. Morto dunque a 85 anni (e non a 75, come scrive lo STRINATI, 1977, 69) nel 1575, ii quadro dovrebbe conseguentemente essere stato dipinto nel 1555 all'incirca. Per quanto mi riguarda penso che si possa ipotizzare che egli abbi vissuto fino ai 75 anni all'incirca e che si possa quindi datare il quadro entro un periodo che si situi intorno a! 1565. Lo STRINATI suggerisce invece una data che si gira intorno a! 1562, anno in cui venne concessa la cappella. C. Di GIAcoMo vorrebbe invece spostare Ia data dell'esecuzione del quadro dopo ii 1568, e cioe dopo i lavori che ebbero luogo alla villa d'Este di Tivoli. Questa data ml pare troppo tarda. Sbagliata è comunque la data del 1575, indicata dab STRINATI nel 1979, 38. R.I. Le due figure dipinte a fresco che fiancheggiano I'altare e le pitture della volta, sono rovinate e non permettono un'attribuzione sicura. Le due tele dipinte ad olio sui muri laterali - la Vocazione di S. Pietro e II Martinlo di S. Anna - sono di un manierista anonimo della fine dcl Cinquecento. Vedi P. Fernando DA RIESE Pio X, S. Maria della (Jonsolazione, Roma 1968, 71 (Le chiese di Roma illustrate, 98); C. W. BRENTANO, The Church of S. Maria della Consolazione. Ph. Diss. Univ. of California, Berkeley, Univ. Microfilms 1970, 38 segg.; C. STRINATI, La tavola Pellucchi di Livio Agresti, in: Prospettiva, 9, 1977, 69 segg.; Quadri romani tra '500 e '600, opere re-
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1932 - 1937
195
stanrate e da restaurare, 29 germ. - 28 marzo 1979, catalogo di C. STRINATI, Roma 1979, 36 segg, e ray. 3; C. Dr GIAc0MO, bc. cit., v. II commento 191 .
P 1932
C
1932
RESTA
in D: assontione.
La decorazione iniziô nel 1576 (contratto per 500 scudi con Litardo Piccioli di Amelia, allievo dell'Agresti (v. VANTI, Cirillo, 136) per ordine di Cesare Gborieri, segretario domestico di Gregorio XIII (mofi nel 1595; v. > in una lettera del 1571 (v. BOTTARI, Leitere, 111, 1822, 265). Esistono anche numerose versioni della Sacra Fan2iglia, conservate al Museo di Leipzig (del 1563) e nella Galleria Nazionale d'Arte Antica a Roma (v. C. GOULD, in: BuriMag 1951, 279; TOLNAY, V, 133, 193 segg.; N. Di CAP.PEGNA, n. 115). Per quanto riguarda i rapporti artistici tra il Venusti a Michelangelo, e per ulteriori informazioni sull'individualitã artistica del primo, v. WILDE, in: BurlMag, 1959, 370; A. PEnniG, bc. cit. R.I.
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206
21'-21'
V 211
Interpolato cial Tronsarelli: di marmo
P2i
RESTA in A: adesso v'hanno cacciato dentro mm S. Anna M a e Giesli di
C
2i
Carlo Cesi, ne vi è pii q t0 quadro di Marceio non so pche. RESTA in C: forse sarO quella cia. in S". Caterina de Funari che e sua col disegno di M.A. Buonarrota [fin qui sbarrato verticalmente]. Dalla Capella Cesi levarono la Nunciata e se la misero in casa i SigrJ Duchi d'Aquasparta e cia Carlo Cesi vifecero dzoingere Ia Mad. ', S. Anna e Cr. che hora si vede. RESTA in D: con l'occasione che M. Angelo fece II d°, disegno at Venu.cti p. i Cesi lo vide anco it Correggio e l'imitO nella mia nuntiata bisogna fusse disegno fatto im pezzo p a p ii Correggio morI del 1540.
[La decorazione della cappella Cesi, ]a seconda a destra, fu avviata nel 1524 con una pittura di Rosso Fiorentino, che si trova nella lunetta sopra la facciata. Antonio cia Sangallo il G., responsabile per il progetto architettonico di tutta la cappella, aveva affidato a Rosso Fiorentino i lavori della decorazione. Gran parte del lavori architettonici della cappella vennero eseguiti intorno al 1530 dallo stesso Antonio cia Sangallo II Giovane. Simone Mosca invece esegui gli ornamenti dei pilastri e degli zoccoli. II tutto avvenne sotro la commissione del card. Paolo Emiio Cesi e di Ottavio Cesi. La cappella yenne infine compiuta e decorata per II cardinale Federico Cesi da Vincenzo de' Rossi, II quale eseguI le figure the si trovano sui sarcofaghi, le statue e II decoro figurale della facciata e del vano della cappella (VASMIL VI, 298 segg.; J. WILDE, Italian Drawings... British Museum, Michelangelo and His Studio, London 1953, 72 segg.; G. URBAN, Die Cappella Cesi in S. Maria della Pace und die Zeichnungen des Antonio cia Sangaio, in: Miscellanea Bibliotheca Hertzianae [Römische Forschungen, XVI], München 1961, 213 segg.; C.L. FROMMEL, Miszellen zu Sangallo dem Jungeren, Rosso und Montelupo in S. Maria della Pace in Rom, in: II Vasari 21, 1963, 144 segg.). La volta fu dipinta da Girolamo Sicciolante (v. 24) intorno al 1550. Anche II quadro del Venusti, commissionato da Tommaso de' Cavalien (VASMrL VII, 272), data di questo stesso periodo. Esso è stato perduto, tuttavia è identificabile come composizione con una replica pin piccola che si trova nella Galleria Nazionale d'Arte Antica a Roma (N. Di CARPEGNA, Catalogo della Galleria Nazionale, Palazzo Barberim, Roma 1955, 59). Secondo il TOLNAY (V, 82 segg., 207 segg.) si tratta del secondo tipo di composizione iconografica dell'Annunciazione tra i disegni di Michdangelo; cioè della Madonna seduta con I'angelo pin piccolo che scende dall'alto a destra (v.
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TOLNAY per quanto riguarda la letteratura completa, e BAROCCHI, G. VASARI, La Vita di Michelangelo, IV, 1928 segg.). II PERRIG (Michelangelo and Marcello Venusti, in: WallRJb. 24, 1962) giu-
dica II quadro soltanto come un'imitazione basata su vari disegni di Michelangelo e non gli attnibuisce il valore di essere una fedele ripresa di un'idea michelangiolesca. R.]. La sostituzione del quadro con Ia Sacra Famiglia e S. Anna. di Carlo Cesi, opera tuttora esistente, dovrebbe essere avvenuta intorno al 1670. Il TXTI è il primo a segnalanlo nella sua edizione del 1674 (p. 454). Del contesto della nota del RESTA (21, postilla) Si pUO dedurre la sua rinuncia a voler identificare l'Annanciazione del Venusti che si trova nella chiesa della Pace con l'Annunciazione die si trova nella chiesa di S. Caterina de' Funari (per questa v. 2024, postilla e cornmento); [puà darsi che in un primo momento non fosse consapevole che si trattasse di composizioni diverse, essendo il quadro della chiesa S. Caterina una ripetizione di quello della chiesa di S. Giovanni. R.I. E importante sottolineare che la chiesa di S. Caterina fu eretta a spese del cardinal Federico Cesi, nirnanendo cos! probabilmerite sotto ii giuspatronato della stessa famiglia. Il Corneggio, citato dal RESTA nella postifia in D, morl il S marzo del 1534. A proposito di questa postilla vorrei segnalare un'altra di quelle pubblicate daT MONGER!, tratte da tin esemplare delle Vite del VAsARI, in: Arch. stor. lomb., II, 1875, 407 segg., ifi, 1876, 101 segg. (particolarmente p. 1111) e p. 258 segg. TI MONGERi non era al corrente del fatto che le note erano state scritte del RESTA e che esse si trovavano nelI'esemplare del VASARI, ed. del 1550 della biblioteca Cicognara, oggi in possesso della Biblioteca Vaticana (v. Cat. Cicognara, n. 2390).
V 2i
con alcuni Santi {. . . 11 I nomi dei Santi Si trovano ella fine di questo
passo. P 21
SPADA
C
[La cappella Mignanelli è, entrarido nella chiesa S. Maria della Pace, la seconda a sinistra. Un'iscnizione del 1569 ricorda Ia morte di Pietro Paolo Mignanelli, figio di Fabio Mignanelli (FOECELLA, V, 496, n. 1308). Fabio Mignanelli diventô chierico dopo Ia morte della moglie Antonina Capodiferro, e nel 1551 venne nominato cardinale. Morl nel 1557 e fu sepolto in S. Maria della Pace. E possibile che lui abbia incaricato il Venusti, dopo Ia sua promozione al cardinalato, oppure nel suo testarnento. II quadro conservato non rappresenta
21
in F: Prete.
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soltanto i due Sand, come si potrebbe dedurre dal testo del BAGLIONE, ma anche ia Madonna che sta al di sopra del due Sand suila luna, circondata dagli angeli. La composizione è molto severa, anzi, un p0' antiquata. Stiisticamente si tratta pera di un'opera caratteristica del Venusti. L'affermazione dello STEINMANN, ripresa anche dal TOLNAY, che il quadro della cappella sia stato perduto, è erronea. Essi intendono identificarlo con l'originale di un'incisione del 1557 di Sebastiano da Reggio, che rappresenta il solo S. Girolamo (E. STEINMANN, In: Festschrift Paul Clemen, Düsseldorf 1926, 420; TOLNAY, bc. cit., V, 61 e ripr. 251-53; fotografia Gab. Fot. Naz. E 40249). R.I.
C 218
V
2110.12
La cappella è dedicata a Cristo vincitore della morte e fu fatta costruire da Vincenzo Maccarani, mono nel 1577 (Ia sua tomba è a destra nella cappella; v. FORCELLA 1, 470, n. 1827; iscrizione tuttora esistente nella prima cappella a sinistra). Nel 1820 all'incirca, la cappelia era ancora in possesso della famiglia (v. Fr. J.J. BERTHIER, L'église de Ia Minerve a Rome, Roma 1910, 425). fl quadro è menzionato anche dal BERTHIER a) suo posto originario (p. 355: Ia chapelle de Ia Resurrection. on de l'Apparition a Ste. Madeleine); net 1922 tuttavia, essa fu trasformata, aiquanto ridotta nelle sue dimensioni e dedicata a) Sacro Cuore (v. R. SPINELLI, S. Maria sopra Minerva, Roma 1927. {Le chiese di Roma illustrate, 191, piantina, n. 44). Si puô presumere che in questa occasione Ia tdla del Venusti che rappresenta Cristo che appare a Maria Maddalena, sia stata trasferita nella cappdlla Maddaleni-Capodiferro, situata nel transetto sinistro fra la sagrestia e l'ingresso che va verso ii Collegio Romano, dove si trova tuttora. v. J.P. GRossI O.P., Ba.cilica di S. Maria sopra Minerva, 2' ed. (s.d.), 20, 30. [Recentemente II quadro è stato trasferito alla Soprintendenza. La sua futura collocazione verrà decisa in seguito a) suo restauro. R.I. II passo sulla cappella Porcari venne inserito dopo quello su]la cappella del Rosario (12-14); e ucla cappella de' S.' Porcari ou'è S. Girolamo, ui è a m[an]o dritta un quadro d'una Madonna S. Pietro e S. Paolo a olio sopra ii muro di mo.
C 2110 Questo quadro di S. Giacomo Apostolo, dipinto a olio sul muro, probabilmente eseguito per ordine della confraternita dell'Annunziata, esiste tuttora. Si trova sull'altare della quinta cappella a sinistra che allora era della famiglia Salviati, ora dci Lante della Rovere. E inserito in una ricca architettura, con due cobonne tortili (v.
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BERTHIER, bc. cit., 318; SPINELLI, bc. cit., piantira n. 39; I.P.
O.P., Basilica di S. Maria .copra Minerva, 2' ed., Roma (s.d.), 34). GRossI
C 2112 Efl quadro è dipinto su tavola e rappresenta la Madonna seduta sopra un bel paesaggio con una barca che simboleggia la chiesa. I Santi Pietro e Paolo stanno sui lati, insieme ad altre figure di Santi. Si nota
un importante rapporto con Ia pittura fiorentina, particolarmente con Andrea del Sarto, col Era Bartolomeo e con il Vasari. R.I. Quando Ia cappelle fu dedicata a S. Girolamo, II quadro venne sostituito con un quadro di Avanzino Nucci e attaccato alla parete destra (v. Csuo, 65). Infine Eu trasportato nel vestibolo della sagrestia, dove si trova tuttora. Questo avvenne quando, nel Settecento, is cappella fu dedicata a S. Pio V e decorata di affreschi murali da Lazzaro Babdi. n nome > non s'incontra nelle iscrizioni del Cinquecento; sembra che questa famiglia antichissima si scrivesse o dopo Ia morte ignominiosa di Stefano Porcari, impiccato neT 1453 per tentato assassinio di Nicolô V. In moke iscrizioni che si trovano neila Minerva e che sono purtroppo sprovviste di una data, ritroviamo questi nomi (v. AMEYDEN, ed. BERTINI, II, 151; BERTHIER, bc. cit., 122 segg.; 306 segg., 309; TITI, ed. 1708, 139; SPINELLI, bc. cit., piantina, n. 34, 38). [Recentemente ii quadro e stato trasferito ails Soprintendenza per i Beth Artistici e Storici di Roma. R.I.
C
21 " In seguito alla manomissione dde memorie sepoicrali nella cappella
che si trova a destra del coro, mancano le iscrizioni che potrebbero servire per una ricostruzione della sua storia. Mi sembra perô probabile che sia stata fatta costruire (o abmeno dedicata ab SS. Rosario) dab cardinale che porta questo name e che morl nei 1559 (v. FORCELLA I, 455, 1-1. 1770); quest'anno costituirebbe II terminus post per Ta sua decorazione. La volta a bone è niccamente stuccata. Uno dci dipinti, cioè Ia Coronazione di spine, che si trova at centro sopra ia cornice destra, è stato nifatto dab Saraceni; un'altro, I'ultimo ndl'asse dells volta sopra l'altare, è stato distrutto per essere sostituito con una finestra (v. BERTHIER, 208 segg.; per i quadri della volta v. Gab. Fotogr. Naz. C 3620-23, C 3625-26; Anderson 20697, 6429; Alinari 27889; particobare di stucco Gab. Fat. Naz, C 3627). [Gli affreschi murali sono di Giovanni de' Vecchi (CELlo, 65; BAGLIONE 129). In riferimento alla data del 1559 e alla dedica del cardinal Rosania è da rilevare una contraddizione, visto che ba cappella era di proprietà della famigbia Capranica fin dab 1449 e che è stata
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dedicata alla Madonna del Rosario soltanto nel 1579 (v. I.P. GRossI, O.P., Basilica di S. Maria sopra Minerva, 2' ed., Roma s.d., 17). In questo caso i quindici quadri dei rnisteri del Rosario sarebhero le ultime opere del Venusti. R.I.
V
21 16 a man [cancellato diriva; sovraposto: sinistral.
C
21'
[Questo quadro, che ora si trova nella sagrestia di S. Giovanni in Laterano (Alinari 26619; Anderson 4044) fu commissionato secondo il VASARI (VASMIL VII, 757 segg.; v. anche ivi, 272) da Tommaso de' Cavalieri in fondo dell'ultima nave sinistra prima del transetto (LAUER, 593). E un'opera che porta l'impronta stiistica del Venusti, anche se fondata su qualche disegno di Michelangelo. Le guide lo attribuiscono sempre al Venusti. Per questo, ii tentativo di attribuirlo a Michelangelo stesso, è del tutto errato (M. FLUGI D'ASPERMONT, rn: M. Vat. 1934; G. PARRONI, in: GazBA 1937, 283 segg.; qui si afferma che il quadro sia stato acquistato nel 1794, senza perô nominare la fonte di tale notizia). Per la storia del quadro, per i relativi disegni e per la bibliografia, v. H. THODE, Michelangelo, Kritische Untersuchungen über seine Werke, II, Berlin 1908, 457; J. WILDS, Italian Drawings in the Department of Prints and Drawings in the British Museum: Michelangelo and His Studio, London 1953, 112; TOLNAY, V., 83, 206 segg.; P. BARocern, Vasari, La vita di Mi. chelangelo, Napoli 1962, IV, 1929 segg.; A. PERRIG, Michelangelo und Marceio Venusti. Das Problem der Verkundigungs- unci ölberg-Konzeptionen Michelangelos, in: WallRJb, 24, 1962, 261 segg.
Non è certo che per il quadro esista un disegno prep aratorio di Michelangelo, ma è invece certo che ne esiste uno dcl Venusti conservato negli Uffizi (B. BERENSON, The Drawings of the Florentine Painters, Chicago 1938, n. 1644 e fig. 737; T0LNAY, V., fig. 315; PERRrn, ioc. cit., fig. 158; inciso Nicholas Beatrizet, B. 12, ). Una replica in piccolo dello stesso Venusti si trova ad Apsley House (H. THODE, bc. cit. 457; E. Descr. & Historical Catalogue of.. Pictures and Sculpture at Apsley House, London, London 1901, I, 175 s. n. 85; WELLINGTON, A
bc. cit. 112). Una replica che si trovava già a Napoli, alla S. Maria della Sanita e che ormai è scomparsa, e citata dab CEci, in: Napoli Nobilissirna, N.S. I, 1920, 94. Per la replica che si trova a S. Caterina dei Funari e b'Annunciazione a S. Maria della Pace, v. 20 24 comifiento, e 21. R.I. WILDE,
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C 2120 II modesto santuario non fu demolito all'inizio del Settecento per far posto alla chiesa dedicata al Nome di Maria, come Si usa ripetere (v. C. CECCHELLI, in: Miscellanea della Società Romana di Storia Patria, 1938, 120 segg.), perché lo troviamo ancora menzionato nel TiTI, ed. del 1763, indipendentemente dalla nuova chiesa (p. 278). Infatti, ii pianterreno, adibito ad uso di sagrestia alla chiesa settecentesca esiste tuttora, mentre il primo piano costituisce l'abitazione del parroco. Possiamo vedere l'aspetto primitivo del piccolo edificio in una stampa della fine del Seicento (v. CECCHELLI, bc. cit., 121); durante la prima metà del '800 la facciata fu trasformata e venne inserita una finestra palladiana, che possiamo vedere aricora oggi. Questa modifica venne forse apportata contemporaneamente ai lavori eseguiti nello stesso periodo anche nelI'adiacente palazzo Bonelli. [II dlipinto di Venusti, eseguito e pagato nel 1563 (BERTOLOTTI, Artisti lombard, 1, 102 segg.; VENTURI IX, 6, 476), menzionato dal TITI, bc. cit. come conservato ucla vecchia chiesetta, si trova oggi alla Pinacoteca Vaticana. In un primo momento veniva attribuito a Sebastiano del Piombo. B. DAVIDSON lo identificô in seguito invecc come opera del Venusti (bc. cit., 8 segg.; fig. 3, e ray. 2 (disegno a Haarlem, Teylers Stichting). R.I. vT 21
C
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.
.
-
.
ici Natwita di N. Si.gnore a olso e [1 aggettivo bellissirna e stato corretto con: bella] opera di Marcello con una gloria di[cancellato: bellz sostituito a gratiosi, dalla mano del Tronsarelli] Puttini, che fcrno wi giro.
In seguito all'intervento che si era fatto nel tardo Ottocento sulla facciata della chiesa, spostandola piü in dietro, non si tratta piü della terza, ma della seconda cappella a sinistra. fl quadro viene conservato 11 stesso. Forse II MANCINI, ed. MARUCCHI—SALERNO I, 145, 285, vuole accennare ad esso (esemplare nella Bib!, Vaticana, Stampe XIV 138 - 2; alto 379, largo 275, alquanto tagliato).
C
L'ultima notizia su di lui risale al testamento fatto il 13 ottobre 1579 (BERTOLOTTI, bc. cit., 102). Secondo le notizie del NOACK, rintracciabii presso Ia Bibliotheca Hertziana, egli e motto ii 14 ottobre (v. 20, commento). L'interessante inventario, compilato ii 28 otto-
22'
bre, è stato pubblicato cia! BERTOLOTTI, Giimte agli artisti lombardi, 11; RECCHI,
bc. cit., 145 n. 1).
C
22' V. 20,
P
22" RESTA
C
22" V. VASMIL VII, 5752
V
22''
commento.
in C: Una bella copiuccia del Giudizio diM.A. Buonarotafatta da Marceio Venusti ['ha Borghese. (v. 20 k ', postilte e commento).
La vita di Marco da Faenza segue quella del Venusti sul foglio 8v, ma in una versione molto pin breve di quella stamp ata: Marcho da faenza visse anch'eli nel medesimo tempo e diinse aelle logge e nella Galleria fatte da Gregorlo et hebbe per Ia maestriadelI'amficio la sopra intendenza di tutte Ic grottesche fatte nelli pilastri dde loggie Vaticane, et anche delle stauze dopo Ia morte di Lorenzino, nella quale sorte di pittura fu assai valenthuomo e fece anche molte di quelle historiette si nella Galleria come nelle loggie e lavorava con un mirabilfranchezza et albora facva alcani audi si risentiti e bene intesi in queue figarine piccole fra le sue grottesche, che era stupore a vederli con o,gni prontezza et agilita di mano terminati et ultimamente net Pontijicato di Gregorio Xlii sene morl.
Dopo il Baglione, evidentemente, grazie ad informazioni pin approfondite, ha arricchito le sue conoscenze sulle opere di Marco per cui,
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ampliata Ia prima versione, l'ha trascritta su una striscia di carta con l'aggiunto di tutto il primo passo (righe 17-24). P
2216 RESTA
C
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P
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in C: Taddeo Znccaro secondo ii Baldinucci fu ii M a di Marco Marcucci ô Marchetti cia Faenza M°. di Gio. Batt a Mont [aggiunta dal Bottari]: ano del/a Marca.
La data di nascita di Marco da Faenza e sconosciuta; si è solo a conoscenza della data della sua morte, cioe ii 13 agosto 1588 (v. 236). Alla bibliografia raccolta in TH-B si puo aggiungere: VENTURI IX, 6, p. 328, nota, e 517, nota; A. CORBARA, Aspetti del tardo manierismo faentino, in: Melozzo da ForlI, 1939, aprile, 338 segg. (Ill. Marco da Faenza); P. BARoccI-u, Complementi al Vasari Pittore, 1964, 278 segg. (Atti e mem. dell'Acc. Toscana di Scienze e Lettere La Colombaria, XXVIII, nuova ser. )IV, 1963-64); The Age of Vasari, Binghamton 1970, 87, n. D 45 e ripr. D 45 a; C. MONBEIG-GOGUEL, Vasari et son temps, Paris 1972, nn. 59-77; A. CECCHI, Pratica, fierezza e terribilita nelle grottesche di Marco da Faenza in Palazzo Vecchio a Firenze, in: Paragone, 28, 1977, 327, 24 segg., 329, 6 segg.; J.A. GERE/PH. POUNCEY, Italian Drawings in the Department of Prints and Drawings in the British Musewn, 5, Artists Working in Rome c. 1550 to c. 1640, London 1983. 123 segg. in D: dcci 1492 al 1503 Aless.o VL
C 22' 9 La notizia è del VASARI (VA5MIL V, 201 segg.). [Morto da Feltre viene identificato con Pietro Luzzi, pittore da Feltre (CROWE—CAVALCASELLE, Storia della pittura in Italia) o con Antonio da Feltro, il cui nome si trova in un graffito nella Domus Aurea di Nerone (HULSEN, in: FlorMitt, II, 81 segg.); quest'ultimo visse all'incirca dal 1467 al 1515 e si trovô nel 1492/94 a Roma, dove fece parte della cerchia del Pinturicchio. R.I. Ma l'identità di Lorenzo e di Pietro Luzzi, asserita come tin fatto certo dal VENTURI, IX 3, 549 segg., non è provata. v. nel TH-B sotto Morto e sotto Pietro Luzzi. [Per Lorenzo Luzzo che infatti non ha niente a che fare con il Morto da Feltre, v. S. CLAUT, 11 < caso> Lorenzo Luzzo, in: Giornata di studio peril Pordenone, Piacenza 26 sett. 1981, Parma (segg.). R.I.
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in D: dal 1513 at 1521 Leone X.
Per Giovanni da Udine (1487-1561) v. VASMIL VI, 549 segg. Dobbiamo questa informazione aI VASARI. La denominazione >, Roma 1981, I, II, di F. M. ALIBERTI GAuDIoso e E. GAuDIoso; v. anche N. DACOS, in: BollArte 67, 1982, 142 segg. Nella sua vita sul Perino del Vaga (VASMIL, V, 628 segg.) il VASARI parla dei lavori a Castel Sant'Angelo. 111543, data dell'iscrizione che si trova tuttora nella loggia del Castel S. Angelo verso Prati, in-
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dica a mio parere ii compimento della costruzione, opera di Antonio da Sangallo il giovane (FORCELLA, XLII, 144, n. 252; BORGATTI, Cartel S. Angelo, Roma 1931, 2 segg., fig. 125, 126) ) costituendo ii terminus post per la decorazione, nella quale lavorarono nel 1545 anche Luzio Luzzi e, dal 1548 al 49, Pier Antonio Spanzotti da Casale (v. BERTOLOTTI, Appendice agli artisti subalpini, Torino 1879, 33; BORGATTI, 338; TH-B sotto Span2otti; C. D'ONOFRIO, Cartel S. Angelo, Roma 1971, 247); secondo l'itinerario compilato dal VENTURI; IX, 5, 548, II Sermoneta si troiiô dal 1545 al 47 a Piacenza, e nel 1548 a Bologna, e quindi i suoi lavori a Castel S. Angelo dovrebbero essersi svolti in un primo periodo, che va dal 1543 aI 45, e in un secondo periodo, dal 1548 in poi. [Questo corrisponde ai pagamenti che ebbero luogo dal 29 giugno al 22 agosto del 1544, pubblicati dall'ONOFRIo, ioc. cit., 247; v. anche E. GAunIoso, I lavori farnesiani a Cartel Sant'Angelo, Precisazioni ed iotesz in: BollArte, 61, 1976, 21 segg.; HUNTER, 131 segg. R.I. Nella loggia sono rimasti due paesaggi nelle lunette, a fianco dcll'iscrizione, degli avanzi di grottesche ed alcune figure in cornici di Stucco nei pennacchi della volta, fra le quali si riconosce I'irnperatore Adriano che brucia Ic cambiali dci cittadini e una Vergine con I'unicorno, un'impresa di casa Farnese e uno stemma di Tiberio Crispi, Castellano dal 1542 al 1545; sembra verosimile che gli stucchi siano stati eseguiti dal Luzzi e le grottesche dallo Spanzotti, meritre 1e figure di dimensione pin grande costituiscono il contributo del Sermoneta. Quest'ultimo prese parte sotto Perino del Vaga anche ai lavori della sala Paolina (i primi pagamenti fatti al Perino datano del 1545; v. D'ONoFRIo, 247), ma non agli stucchi, come si usava dire, che sono invece opera di Luzio Luzzi e di Raffaello da Montelupo (v. TH-B; BORGATTI, op. cit.; D'ONoFrno, op. cit., 247). Quando nel ottobre del 1547 ii Perino morI, le pitture murali erano a mio parere appena state iniziate (pagamento per la volta e poi per tutta Ia sala nel 1546, risp. 1547, pubbl. da D'ONOFRIo, 247 segg.), non vennero interrotte, come risulta dail'esame stilistico, dai suoi affievi principali, come ad esempio Sicciolante da Sermoneta. A1l'esecuzione collaborarono ccrtamente Marco Pino nel 1546 (3125), il Tibaldi nel 1547 segg. (v. 62 °) e Livio Agresti (19'). La mano del Sermoneta mi pare con certezza riconoscibile nella figura di Adriano (v. BORGATTI, fig. 339; ed. 1929, fig. 72); per Ia testa dell'imperatore l'artista si era servito di un busto antico come modello (ripr. in B0RGATTI, Cartel Sant'Angelo, Roma 1911, frontespizio). La persona dell'imperatore assomiglia molto ad un'altra figura che si trova ndl'affresco del Sermoneta della sala Regia. Inoltre 6 forse riconoscibile
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in alcune delle figure allegoriche che stanno nelle nicchie (BORGATTI, 343, fig. 139) e in quel ritratto che ii BORGATTI attribuisce erroneamente a Fulvio Orsini (v. ed. 1931, 343 e fig. 141). [La parte avuta dal Sermoneta è ancora incerta. L'opinione di HEss, ii quale attribuisce la figura di Adriano al Sermoneta, mi pare pin convincente dell'opinione del BRI GANTI, che l'attribuisce a! Tibaldi (G. BRIGANTI, Ii manierismo e Pellegrino Tibaldi., Roma 1945). Il problema delle attribuzioni è trattato da J. A. GERE, Two Late Fresco Cycles by Perino del Vaga: The Massimi Chapel and the Snin Paolina, in: BurlMag 102, 1960, 9 segg. B. DAVIDSON ha attribuito al Sermoneta una delle sovrapporte che si situa a destra di Aciriano, con due figure femminili, v. bc. cit. 59, fig. 8. Per la sovrapporta del lato sinistro, G. Di GIAcOM0 (v. 19, commento) ha preso in considerazione lo stesso Perino, mentre R. HARPRATH (Papst Paul Ill als Alexander der Grosse. Das Freskenprogramm der Sala Paolina in der Engelsburg. Berlin 1978, 81) suggerisce che sono attribuibill a Sicciolante da Sermoneta time le quattro coppie che si trovano sulle pared minori, ma che sono perô certamente di mani diverse. La Di GIACOI'vIO assegna per esempio all'Agresti Ta coppia che si trova a destra del Michele Arcangelo nella parete nord, e la coppia a sinistra nella parete est (HARPRATH, figg. 24 e 25). T. PUGLIATTI propose nel 1980 ancora altre soluzioni (bc. cit., 12 segg.; per gil interventi degli altri pittori invece: 18 segg. HUNTER mette una partecipazione del Sermoneta in dubbio, ma i suoi argomenti non sono convincenti (450 segg.); v. inoltre dei titoli già citati: VASMIL, V, 628; PASTOR, V, 758 segg.; F. ANTAL, Zum Problem des niederländischen Manierismus, in: Kritische Berichte, I/il, 1927/28/29, 235; RODOCANACHI, Le château St. Ange, Paris 1909, 145 segg., 234. R.I.
C
2320 E Ia terza cappella a destra; intorno al 1523 fu ordinata per la cappella la tavola d'altare di Giulio Romano da Jacob Fugger, motto nel 1525 (VASMIL V, 532; F. HARTT, Giulio Romano, New Haven 1958, 1, 56 segg.; J. SCHMIDLIN, Geschichte der deutsehen Nationaikirche in Row, S. Maria dell'Anima, Freiburg 1906, 242). Sulla tavola d'altare è rappresentata la Madonna con it figiio ed i Santi Giuseppe, Giovanni Batt., Gincomo e Marco (foto Anderson 4839). La presenza di S. Giacomo si spiega con II nome del donatore, ii S. Marco deve invece essere stato scelto per commemorare due membri della famiglia sepolti nella chiesa; uno dei due è motto neT 1478, l'altro nel 1511 (FORCELLA ifi, 439, n. 1052; 444, n. 1069). La cappella fu gravemente danneggiata durante T'inondazione del
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1599 (v. avviso del 30 gennato, in: Roma, 1929, 371); piü tardi il dipinto di Giulio Romano venne restaurato da Carlo Saraceni, come sappiamo dal Baglione stesso (v. 14642) - un lavoro biasimato da Iui e dal CELlo (Memoria, 48, v. anche MANCINI, ed. Marucchi-Salerno, I, 316, 205, n. 1544) - e poi dal Maratta. Dopo essere stato relegato per qualche tempo nella sagrestia, venne traslocato (secondo J. LOHNINGER, S. Maria dell>Anima, Roma 1909, 98 segg. nel 1750 e secondo J. SCHMIDLIN, bc. cit., 242, nel 1819) sull'altare maggiore, dove si trova tuttora. SuII'altare della cappella venne invece collocato no crocifisso del Cinquecento. Antonio Fugger (1493-1560) commissionà gli affreschi sui muri e nella volta a Perino del Vaga. In seguito alla sua morte, net 1547> gli subentrô dopo ii mese di aprile del 1549 II Sermoneta (VASMIL VII, 572; SCHMIDLIN, 243). Le scene rappresentate sono: a sinistra, Ia Nativith, I'Annunziata con .cibille e due putlini e la Visitazione; a destra, la Presentazione del bambino al tempio; nella volta invece si trova l'Asnrnzione. Purtroppo gli affreschi si erano assai rovinati, particolarmente nelle zone inferiori. Vennero restaurati dallo Seitz (v. Ic riproduzioni in VENTURI [X, 5, fig. 320 segg.; F. HARTT, in: ArtBuII 1944, 91; J. HEss, in: GazBA 1947, 96 segg.; G. Frhr. VON POELNITZ, Jakob Fugger, Tubingen 1949, I, 278, II, 265: fotografie Gab. Fot. Naz. D 122 1-26). [B. F. DAVIDSON ha proposin una data piü tardiva del 1549, cioè il 1555160 all'incirca; il BRUNO propone invece la prima metâ degli anni sessanta, confermain dab HUNTER che stabilisce Ia data del 1560-63 (R. BRUNO, bc. cit., IV, 33 segg.; HUNTER, 247 segg.). 11 VASARI menziona gil affreschi net contesto di altre opere che datano dello stesso periodo, come per esempio Ia pala d'altare nella sagrestia di S. Spirito in Sassia (v. 251, commento: 1564), e Ia cappella di S. Tommaso dci Cenci (v. 23 °: 1565). La piii completa storia della cappella, anche per quanto riguarda i disegni relativi a quest'opera, tra i quali si trova uno studio conservato at British Museum (v. GEREJPOUNCEY, 162, n. 262), si trova net testo di HUNTER, bc. cit. In questo contesto vorrei portare b'attenzione su un lavoro che il Sermoneta avrebbe eseguito net 1549 (secondo 0. RAGGIO, V. 2310) per Claude d'Urfé, ambasciatore francese presso Ia Santa Sede e at Concilio di Trento. Si tratta di undici pitture ancora esistenti, eseguite per la cappella del Castello di La Bastie d'Urfé presso Lyon (v. anche 713) R.].
V 23' Ripetuto due volte net ins., una prima Volta, cancellato, dopo 2327 e quindi dopo 24.
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2322 - 2327
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C
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Net Seicento vennero aggiunte at dipinto due figure di Santt eseguite da Giovanni Battista Speranza; v. 358 [260]2. L'insieme, in forma di trittico, e visibile nell'incisione del VASI (VIII, 141; del 1758), ma oggi non esiste pin: potrebbe essere stato distrutto net 1870, quando il monastero venne soppresso per costituirvici 1'Archivio di Stato (v. E. CARUSI, Ii Cartario di S. Maria in Campo Marzio, in: Atti del 10 Congresso Nazionale di Studi Romani, I, 1929, 517 segg.). Lavori di pittura vennero eseguiti sia a S. Pietro che a S. Maria in Campo Marzio in occorrenza della traslazione del corpo di S. Gregorio Nazianzeno. Jacopo Sementa recepI un pagamento per questi lavori ii 19 giugno 1580 (v. BERTOLOTTI, Art. bolo.gnesi. 56). V. anche HUNTER, 425, dal quale si ricavano perô meno informazioni.
P 2327 RESTA in D: [carta danneggiata: Questo io non to credo vero, pche it disegno variato ['ho iv e si vede che non è di Perino ma uno della naniera men facile che del Penny, e dalla quadratura divensa. a se fosse stato ii disegno di Perino, non l'haverebbe tanto variato nell'opera. Se nonfü che ii Sermoneta facesse questo dise.gno ma Perino gliene desse vu altro.
C
2327
[La cappella, o pin chiaramente, l'altare della Pieta, ebbe net 1555 le doti dalla famiglia Muti Papazurri (v. E. ZOCCA, La basilica del SS. Apostoli in Roma, Roma 1959, 93). Ii RESTA, v. Ia postilla, ha ancora visto questo quadro, che tra l'altro e menzionato anche dal TITI, 1674, 346; 1721, 339, 1763, 316, come anche dal VAsT, 1791. Net 1807 verme rimosso per essere sostituito da un quadro di Francesco Manno. Comunemente viene identificato con II quadro che si trova al Museo di Poznan, che rappresenta Ia Pietà con due attre Marie, S. Giovanni Ev. e tre altre fzgure, acquistato dal Conte Raczynski net 1821 a Roma. Nonostante le doti del 1555 si pensa che sia invece del 1544/45, quando ancora dominava l'ispirazione e I'irfluenza di Perino del Vaga, come tra l'altro accenna giustamente In stesso BAGLIONE (VAsMIL VII, 571; H. Voss, 108 e fig. 22; VENTURI IX, 5, 555 e fig. 309; F. ZERI, bc. cit., 1951, 141 segg.; DAVIDSON, 56 segg.; J. BIALOsTOCrU, M. WALICKI, Europäische Malerei in polnischen Sammlungen, 1957, n. 100). E. K. WA.TERHOUSE (1970, 107) mette in dubbio Ia correttezza di questa data del 1544/45. Egli non dubita che it quadro provenga dai SS. Apostoli, avanza perô I'ipotesi che i Muti abbiano sostituito nel Settecento it quadro originario con quello di Poznan, opera che data della metà del Cinquecento. R. BRUN0, in: Critica d'arte, 1973, 130, 59, e 136, 39, ritiene infine che il quadro di Poznan facesse parte di una delle altre opere considerate perdute e che sia quindi non identifica-
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bile con il quadro di SS. Apostoli. La PUGLIATTI, 16, concorda con questa ipotesi. Ii problema si complica con il fatto che il quadro, rappresentato in un aifresco della Biblioteca Vaticana, che mostra Ia chiesa di SS. Apostoli prima delle trasformazioni sei-settecentesche, e assai diverso; sembra piuttosto rappresentare una Discern cia/la crocc, osservata dallo HESS e Jnserita nella prima stesura di questo commento. Anche il WATERHOUSE percepI questo stesso aspetto, bc. cit. (foto Musei Vaticani IX-36-20; ripr. HESS, Kunstgeschichtliche Studiez, IT, tav. 123, fig. 27). II problema resta aperto, sebbene Ia tradizione documentata studiata ancora una volta in modo convincente da J. B. HUNTER, 1983, 119 segg., è tale da non permettere una libera disponibilità per deduzioni puramente stiistiche da parte degli storici ddl'arte. HUNTER si decide chiaramente per la data del 1542/44. E comunque da esciudere, come ha giustamente ribadito il WATERHOUSE, che aria Deposizione del Sermoneta, pubblicato in uno studio dello stesso WATERHOUSE, bc. cit., fig. 51, e conservata nel King's College di Cambridge, possa essere quella di SS. Apostoli. Egli accenna invece alla Pietà che si trovava a S. Giovanni dei Fiorentini ma che e andata perduta, e della quale non abbiamo nessuna informazione, v. 2330. R. , (' 23 30 Dell esxstenza di un quadro del Sermoneta parla anche ii Torn, 1638, 246, ma non pin TITI, nella sua edizione del 1673, 393; pare che nel frattempo sia avvenuta la trasformazione della terza cappella con quel passagio nuovo, per mezzo del quale si accede alla sagrestia, e pare che il quadro sia stato traslocato nel vicino oratorio Sant'Orsola della Pietà de' Fiorentini, che oggi non esiste pin ma che viene menzionato dal NIBBY, 769 segg., insieme ad affreschi murali attribuiti allo stesso Sermoneta. [II WATERHOUSE ha suggerito l'ipotesi che si potesse trattare del quadro deHa Pietà che si trova alla King's College Chapel di Cambridge; si tratta di un'informazione che anche il HUNTER (329 segg., 413 segg., 420 segg.) ha preso in considerazione. V. anche 2327, commento). R.I. cT .'3l
Inrerpolato: Et [...J Longobardi.
P 23
SPADA in F: [riferendosi alla parola mena:] con se [parola illeggibile] prigioniere.
C
Ii VASARI parla a pin riprese di questo dipinto che si trova sopra Ia porta della Cappella Sistina, sia nelle Vite (VASMIL VTI, 39, 93
V L.7
23 35
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23'
segg. 573) che in una lettera (Nachiass H, 750 segg.). fl quadro fu eseguito ai tempi del pontificato di Pio IV, II cui stemma e visibile nella parte sinistra, e data probabilmente del 1563 all'incirca (v. VENTURI, 580; PERALI, in: Ill. Vat. 1931, n. IV, 33 segg.). [II disegno che raffigura la Donazione di Pzpino, cioè la sottomissicme di Astolfo cii re Pzino, Si trova a Parigi al Cabinet des dessins, n. 1960; v. J. GERE, II manierismo a Roma, Milano 1971, ray. XXVIII (I disegni dei maestri, 10). Un disegno che raffigura un guerriero e che e molto simile a quello del disegno conservato al Louvre, ma meno fine, è stato pubblicato da M. WINNER in: Vom .rpaten Mittelaiter his zu Jacques Louis David, Berlin 1973, 40, n. 52 e ripr. R.I. II VASARI asserisce (p. 94) che II Sermoneta abbia avuto l'incarico di due affreschi nella sala Regia; infatti nel mese di novembre del 1565 ebbe la caparra per ii secondo affresco, il cui soggetto fu i'autoritiz conferita dalla sede apostolica alli elettori deli'Impero (V. LANCrANI, Scavi ffi, 228). Credo di riconoscere quest'opera non ancora identificata nel pannello stretto a sinistra dell'ingresso alla sala Ducale, chiamato inadeguatamente > sia dal TAJA (21, 33) che dallo CHATTARD (II, 25; interpretazione a sua volta accettata dal FREY, Nachiass II, 747). Credo the ii quadro fosse stato eseguito con Faiuto di quel certo >, artista peraltro sconosciuto, che dal 23 al 29 novembre 1565 ricevette 60 scudi per > (BERTOLOTTI, Art. lomb. I, 118). Che il quadro sia stato dipinto nel periodo indicato, è verificabile dallo stemma di Pio IV sopra uno stendardo (foto Anderson 4641 erroneamente attribuito al Porta). V. anche 1328. [Uria partecipazione del Sermoneta all'esecuzione della cosiddetta , che fu pagata allo Zoppelli (v. 1328), non risulta né dal BERTOLOTTI, né da altre fonti. Non mi sembra nemmeno possibile che si possa attribuire l'appendice al Sermoneta dal punto di vista stiistico. E possibile che ii secondo affresco eseguito, o comunque iniziato dal Sermoneta, fosse parte di quell distrutti. Per quanto riguarda invece l'identificazione del soggetto, non mi convince l'interpretazione di J. HESS. Secondo me si tratta di un'allusione alla decisione di Pio IV a favore dell'ambasciatore francese nella controversia per la precedenza fra gil ambasciatori francesi e spagnoli (1564, V. PASTOR, VII, 427 segg.; H. RöTTGEN, Zeigeschicht1iche Bildprogramme der katholischen Restauration miter Gregor XLLII, 1572-1585, in: MuJbBK XXVI, 1975, 94 segg.) Un disegno a matita con le mezze figure dei personaggi e le figure dello sfondo, giâ allora attribuito al
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23'
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Vasari e provveniente dalla collezione Resta, già allora identificato anche dallo stesso Resta con l'affresco, si trova oggi al British Museum (J. A. GERE/PH. POUNCEY, Italian Drawings in the Department of Prints and Drawings in the British Mvseum, 5, Artists Working in Rome c. 1550 to 1640, London 1983, I, 180, n. 286, II, tav. 270. Quanto aba Donazione di Pipino rimando, non tralasciando il cornmento di HESS, all'ampio riassunto della storia di questo aifresco che si trova in: HUNTER, op. Cit., 284 segg. R.I. V 2336.38 Si trova dopo 24 1 con Ia variante: Bologna [parola illeggibile] di colore a fresco. Manca il resto del passo.
C
2338 A proposito di questa cappella (v. HUNTER, 172 segg.), Umberto GNOLT pubblico i documenti decisivi, facendo perà erroneamente riferimento alla prima cappella a destra (Documenti senza casa, in: RivArte, 17, 1935). L'incarico della decorazione della cappella venne affidato da Nicolô Dupré, chierico parigino, a Perino del Vaga, il 20 marzo 1547. In questa prima fase Ia decorazione comprendeva soltanto la volta e l'altare. In seguito alla morte dell'artista, il quale aveva lasciato il lavoro incompiuto, l'incarico venne affidato ii 13 novembre 1548 a Jacopino del Conte (VASMIL, VII, 416, 573, 576). Nel contratto stipulato non appare alcuna spiegazione relativa aIl'inserimento del Sermoneta e del Tibaldi in questi lavori. Come si vede nella cappella che e dedicata a S. Remigio, il tema delle raffigurazioni che riguardano Ia vita di Clodoveo fu perô cambiato in un secondo momento, per essere allargato, rinunciando con ciô alle stuccature della volta. Si decise di inserire tre stone invece di una soltanto, inoltre dovevano seguire due affreschi grandi per decorare i muri. [Per il tema iconografico e per i suoi rapporti con la vittoria del Cristianesimo in Costantino e nel divino regno francese, v. HUNTER, bc. cit. II quadro d'altare the rappresenta II Giuramento di Clodoveo e S. Remzio che battezza i Franchi e, stando ella testimonianza del VAsARI, informazione ripresa anche dal BAGLIONE (7526) e da alcune guide, della mano di Jacopino. La parte avuta dal Perino del Vaga, del quale parla il MANCINI (Alcune Considerationi; ed. Marucchi-Salerno, 79, 282, II, n. 375) non perô il VASARI, il CELlo e neanche II BAGLIONE, potrebbe aver riguardato soltanto i disegni per Ia volta. E una volta a botte, ora suddivisa in tre riquadri che rappresentano delle scene della vita di Clodoveo. Due striscie con grottesche scorrono nella parte anteriore e posteriore della botte. A pie' della volta Si trovano su ambedue i lati, quindi fiancheggianti e taglianti le grot-
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tesche e le scene laterali, due puttini che tengono ghirlande di frutti. La .Battaglia della parte centrale rivela lo stile del Tibaldi, in conformità con la testimonianza del VASARI (v. 6213; VASMIL, VII, 416; TITI, 1674, 159), mentre gil affreschi laterali della volta che rappresentano una Battaglia ed un Assedio e Ic grottesche, testimoniano di un rapporto pin stretto con gh allievi diretti di Raffaello (v. Ia sala di Costantino e Ic logge). Tra questi B. DAVIDSON ha introdotto Michaeii Grechi Lucchese (ArtBull 46, 1964, 551 e fig. 13), ma in modo non del tutto convincente, essendovi anche un forte influsso dello stesso Tibaidi (v. 6213). R.I. Quanto ai due affreschi muraii, quello eseguito daT Sermoneta si trova a sinisera - e non a destra come si Tegge nelle guide - e rappresenta, secondo D'ARMAILHACQ, S. Remigio che battezza Clodoveo. E una composizione importante per un suo aspetto che ricorda un rigido raffae]ismo (per un disegno preparatorio, v. DAVIDSON, 1966, 61, n. 34; HUNTER, 179). Si a'vvicina alle opere che si trovano in S. Maria dell'Anima (v. D'ARMAILHACQ, L'eglise nationale de Saint Louis des Français a Rome, Rome 1894, 131 segg.; lam, bc. cit., 143 segg. e fig. 9), particolarmente per Ta sua spaziosità e per le sue prospettive architettoniche, dde quali p aria anche ii BAGLIONE.
[L'affresco di destra che rappresenta ia Battaglia cli Clodoveo viene menzionato SoItanto daT Tm, 1674, 159, come un'opera del Tibaldi. Egli si basa ovviamente sulla notizia del VASARI e del BAGLIONE, i quali sostengono che il Sermoneta avrebbe dipinto ii suo aifresco in concorrenza con II Tibaidi, In F. ZERI (bc. cit., 1951, 144) Si legge , vista ancora daT MILANESI (bc. cit., n. 4). Facciata e pianta sono riprodotte in CIPRIANI, Itinerario fz,urato negli edifizi pii rirnarchevoli di Rorna,
Roma 1835, 77). [La chiesa fu ricostruita nel 1561/62 (v. E. VERNIER, G. ZANDRI, C. DE VITA, S. EligIo dei Eerrari Le chiese di Roma illustrate, 127, Roma 1975, 43). HUNTER, 258 segg. suggerisce una data tra il 1561 ed il 1565, possibilmente il 1563, mentre T. PUGLIATTI pensava ad una data attorno al 1566/67 (PuGLIATTI, 16). R.I.
V 24
Qui segue interpolato 24'
C 24
[Quest'opera, menzionata dal VASARI (VASMIL, VII, 573) si trovava nella cappella della contessa di Carpi e venne eseguita intorno al 1563 ed II 1565 (v. HUNTER, 396 segg.). HUNTER identifica la cappella suddetta con la quarta cappella a sinistra - come Io fece anche il HESS nella prima stesura del commento - che dal 1624 fu sotto il patronato di Paolo Alaleona, il quale commissionô i due quadri laterali al Vouet. L'affresco del Sermonera, menzionato ancora dal TITI, 1686, 336, venne nel 1736 sostituito con un quadro del Benefial che rappresenta Ta Morte della Beata Giacinta Marescotti.
Nel 1660/63 all'incirca, F. MARTINELLI descrive l'affresco del Setmoneta insieme ai quadri del Vouet (C. D'ONOFRIO, Roma neZ Seicento, Firenze 1969, 76). Per quanto riguarda l'identificazione della contessa di Carpi con Cecilia Orsini Pio o Caterina Pio Caetani, v. HUNTER, op. cit. V. inoltre L. HUETTER/E. LAVAGNINO, S. Lorenzo in Lucina (Chiese di Roma illustrate, 27), Roma 1930, SOsegg. R.I. V 2410
Interpolato: e ucla volta [.1 Ii 4 storiette son sue, tra ii riartimenti di stucco
C 2410 L'espressione . Questo palazzo hi costruito per ii card. Gio. Antonio Trivu)zio (morto net 1511) ed acquistato dal card. Paolo Emffio Cesi nel 1517. Suo fratello Federico Cesi lo ereditô net 1537. Egli ebbe un debito di riconoscenza versa Giulio ifi, per cia che riguarda lo stemina di Giuho ifi (v. CARDELLA IV, 265). In seguito alla costru-
24"
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zione del colonnato berniniano nel 1660 all'incirca, il palazzo fu alquanto mutilato e Yaffresco in questione si rovinô probabilmente durante questi lavori; ii RESTA non deve quindi averlo conosciuto ; adesso non rimane altro che II muro esterno di questo edificio, che già ospitava una celebre collezione di marmi antichi (v. HUELSEN, Antikengarten; GNOLI, in: Mitt. d. deutschen arch. Inst. röm. Abt. XX, 1905, 267 segg.; T0MEI, in: M. Vat. 1938, 17 segg.; In., in: Palladio ioc. cit., 165, n. 1). Anche Ia facciata che ii Sermoneta dipinse per Ia chiesa di S. Salvatore in Lauro è andata in rovina (v. VASMIL V, 626).
C
scrive nell'edizione del 1568 (VA5IVIIL, 573) che il Sermoneta . Si puo presumere, visto che il VASARI compI if testo della seconda edizione già nd 1566, che la decorazione della cappella fosse gia in corso prima della morte del cardinal Federico, av venuta nel 1565 (v. anche HUNTER, 314, 515). II BAGLIONE parla a 6812 della costruzione che attribuisce a Martino Longhi. Pare che fosse stato lo stesso VASARI ad essere il sovrintendente, come risulta da due lettere indirizzate dal cardinal Pier Donato Cesi nel 1572 (Nachiass II, 694 segg., 700, 886; la descrizione un p0' inesana del VASARI mi fa pensare che non si possa dedurre I'esistenza di un secondo quadro, come invece vorrebbe II FREY). [La tavola, ben conservata (ripr. v. VOSS, 106, con Ia data errata del 1572; VENTURI, fig. 319) e una delle migliori del Sermoneta ed e significativa come esempio della pittura di riforma dopo il concilio di Trento. Assai interessante - anche per quanto riguarda Ia data del 1564, quando il quadro ovviamente non era ancora stato eseguito - è l'ammonimento di Andrea GILI0 nei suoi Due dialoghi (Camerino 1564), indirizzato al cardinal Cesi riferendosi agli errori commessi dai pittori, dicendo . R.I. La figu.. ra della Santa è molto simile a quella della xilografia di simile soggetto del Dürer (B. 120). La Santissima Trinità della quale parla if BAGLIONE occupa Ia parte superiore del quadro, mentre nel BAGLI0NE si ha l'impressione che si trovasse sopra il quadro. [Un disegno che rappresenta II carnefice si trova a Firenze, Gab. Dis. e Stampe, 6372 F; v. J. GERE, Ii manierismo a Roma, Milano 1971, fig. 23 (I disegni dei maestri, 10). Al di sopra dell'arco dell'altare, a destra e a sinistra, ci sono nei triangoli affreschi di un profeta e di una sibilla del Sermoneta. Ai lati
2419 11 VASARI
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24' dell'altare si trovano quattro quadri, due superiori e di formato pià piccolo sono del Sermoneta (S. Giovanni Ev.; S. Matteo), e due infenon, di formato piü alto, di Giovanni Battista Ricci (S. Pietro e S. Paolo), eseguiti piü tardi (Trni, ed. 1674, 304). I quattro quadni sulle pareti laterali furono dipinti softanto verso Ia metà del Seicento (v. PAssEru, ed. Hess, 242, n. 3 e 4). R.I.
C 2422
La cappella Sforza, la cui costruzione iniziô su commissione del cardinal Guido Ascanio Sforza da Tiberio Calcagni prima del 1564, su base di disegni di Michelangelo (VASMIL VII, 264) e tenminata su commissione dcl cardinal Alessandro Sforza da Giacomo della Porta nel 1573, si trova nella navata sinistra fra la cappeila Cesi e Ia cappella Paolina (v. TH-B, sotto questi nomi; foto: GFN C 9574; ANDERSON 17460, particolare 17463. Le pitture del Sermoneta menzionate dal BAGLIONE ed eseguite intorno al 1570/73 (v. HuNTER, 347 segg.), esistono tuttora; sia la tavola d'akare (ripr. in VENTURI, fig. 329) che i ritratti sulle tombe di Guido Ascanio e di Alessandro Sforza (FORCELLA, XI, 40 n. 74, 42 n. 80). [HUNTER (351 segg.) cita II GILI0 dai (Camerino 1564) con l'ammonimento a! cardinal Santa Fiore, cioè Sforza, per Ia cappella eche vi fabnica esso, non le lasciare sporcare de le vane, e favolose figure>> (Giio, 122). II Sermoneta cornispondeva ai nuovi preceni del conciio di Trento relativo all'onestà dde immagini. R.I.
C 2426
Ii crocijisso con ía Madonna, S. Giovanni Ev. e con ía Maddalena esiste tuttora. Non essendo stato xnenzionato dal VASARI deve essere quindi stato eseguito dopo il 1568; nipr. in VENTURI, fig. 327 (v. CELlO, 31; BAGLIONE, Le nove chiese, 118; A. VALENTINI, La patriarcale basilica Lateranense, Roma 1832/3 4, II, 31 e tav. XXVI; J. B. v. TOTH, Die Kathedrale des Papstes, Freiburg 1966, 94; foto Anderson 20907). [TI quadro porta Ia data e la firma del 1573. L'ultiino pagamento relativo ad esso venne fatto il 17 luglio 1573 da Orazio Massimo al Sicciolante, cioe ; il FANTINI lo chiamà cosI, niferendosi all'iscrizione del disegno della collezione Weld: EVEXIT AD AETHERA VIRTVS. Potrebbe essere una nipetizione della descrizione della stessa facciata. I disegni che si trovano a Monaco ed a Lille erano attribuiti a Giuseppe Cesari. Puô darsi che ii RESTA abbia visto uno dei due in piazza Navona. R.I. 11
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26-26'
251
> o manescalco potrebbe indicare il mestiere del mascalcia. E interessante ricordare la vicinanza di Un albergo frequentato da vetturini; ma potrebbe voler indicare ugualmente un (v. it Dizionario etimologico italiano). P 26 C 267
RESTA
in D: Trh gli altri ii Cay. Giuseppe.
[Quanto alla postilia del RESTA, è vero che Giuseppe Cesari era rimasto impressionato dall'arte di Raffaellino, e doe, particolarmente da quelle caratteristiche alle quail accenna anche II BAGLIONE (cfr. il Sansone di Giuseppe Cesari nella sala vecchia degli Svizzeri at Vaticano; ripr. in HEss, Kunstgeschichtl. Studien, II, tav. 38, fig. 8; H. RöTTGEN, II Cavalier d'Arpino, catalogo della mostra, Roma 1973, 21 segg. e fig. 2). Ma II suo seguace pià diretto era perô Paris Nogari, come suggerisce to stesso BAGLIONE (v. 8733) R.I.
P 26
RESTA in D (a p. 26 in alto): It Med°. Rossi ha t'angelo con Tobia che và in stampa io ne vidi in Napoli tin contorno pur originale, ma q '°. è bellissimo.
C 269
fl soggetto menzionato dal RESTA nella sua postilla, e rappresentato anche in un quadro che si trova alla Galleria Borghese (Voss, 556; COLLOBI, Rivista, bc. cit., fig. 7; P. DELLA PERGOLA, Galleria Borghese: I dipinti, I, 1955, n. 109), inciso da Agostino Carracci net 1581 (v. MALVASIA, ed. Zanotti, I, 76; NAGLER Xl, 38; ID., Monogr. IV, n. 3553). TI quadro che raffigura to stesso soggetto fu probabilmente non di proprieta di una certa contessa Sanfiore o Santafiore (FANTINI, 26; FALDX, 333 n. 29), ma della contessa Barbara Sanvitale; era conservato net suo castello di Sala Baganza (v. L. MoLossi, Vocabolario topografico dei ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, Parma 1832/34, 466 segg.; FR. MAGANI, Ordinamento Canonico della Diocesi di Parina, Parma 1910, 372). La morte della contessa net 1612 potrebbe essere il terminus post per l'acqui-
sto del quadro da parte del cardinal Scipione Borghese. [II disegno per il quadro della Galleria Borghese, probabilmente to stesso di cui parla ii RESTA nella sua postilla, e conservato negli Uffizi (FERRI, 1890, 278; Voss, 557 n. 1; FALDI, 330 e fig. 15; Mostra dei dise.gni degliZuccari, n. 82). Esso venne ripetuto in una xilografia a chiaroscuro, probabilmente di Andrea Andreani che operava dal 1584 at 1610 (BARTSCH XII, p. 27, n. 9; Mostra, bc. cit., n. 82). Un discgno che raffigura un giovane che caramina, si trova a Rennes, Musée des Beaux-Arts, n. 46/4, e potrebbe essere, secondo J. GERE, uno
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studio per Tobia, non perô per Ia composizione del quadro Borghese (v. J. GERE, II manierismo a Roma, Milano 1971, tav. XXII (I disegni dei maestri, 10). R.I.
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In seguito alle trasformazioni relative alla chiesa, necessarie per la costruzione di via XXIV Maggio, non e pin la terza cappella a sinistra, ma is seconda. Come si capisce dagli stemmi e dalle iscrizioni, Ia cappella sottostava al giuspatronato della famiglia Ghislieri, e Secondo una iscrizione sul pilastro di destra, fu consacrata nel 1576 (informazione che non figura nel FORCELLA). [La data della consacrazione corrisponde anche alla cronologia degli affreschi nell'opera di Raffaellino; v. anche FALDI, 328. R.I. La volta a botte e decorata da un tondo con un giro di putti, fiancheggiato da edicole stuccate nelle quali sono rappresentate Ic stone indicate daT BAGUONE. Un disegno che raffigura il sogno di Giuseppe è stato niprodotto in: Critica d'Arte, bc. cit., fig. 2. L'annunciazione, divisa in due figure, Si trovava un tempo nei tniangoli dell'arco che cia accesso alla cappella, ma poi venne sostituita con stucchi ornamentali di stile seicentesco. II BAGLIONE non cita i due affreschi murali, cioè I'Epifania e is Circoncisione, attnibuiti dagli uni a Raffaellino (VENTURI IX 6, 647 segg.; C0LL0BI, Rivista, Joe. cit., 226 segg.), da altri, a Jacopo Zucchi (F. ANTAL, in: Krit. Benichte, I-il, 1927-29, 207 segg.; FALDI, 324 segg.). [Si tratta indubbiamente di opere caratteristiche di Jacopo Zucchi, cfr. S. Spirito in Sassia, affreschi nell'apside. R.I. Per il quadro d'altare, v. la vita di Marcello Venusti (21). Un restauro di tutte Ic pitture fu eseguito nel 1641, e in questa occasione si provvide a sostituire La strage degli innocenti di Raffaellino con quella attuale, di carartere cortonesco (F0RCELLA IV, 52 n. 125; v. FALDI, 328 e fig. 5-6; E. BOREA, in: Boll. della Unione Storia ed Ante, 1959, n. 1, p. 4, con riprod.).
C 2617 [L'incanico di deconare la cappella maggiore a S. Caterina de' Funari fu spartito fra Livio Agresti e Federico Zuccani; quest'ultiino ricevette l'incarico di ornare le pareti laterali, dove dipinse le due stone di S. Caterina: Voss e KöRTE suppongono che siano state dipinte ndllo Stesso periodo della F1age11azione di Cnisto dell'Oratorio del Gonfalone (1573; Voss, Malerei der Spätrenaissance, II, 458; W. KöRTE, Der Palazzo Zuccari in Rom, Leipzig 1935), cioè dopo is morte del cardinal Fedenico Cesi, costruttore della chiesa, che viene menzionato neT suo testamento del 1565. J. GERE ricorda la data del 1571 che si niferisce ai due evangelisti deHa cappella Ruiz, la
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2618
2627
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seconda a destra (J. GERE, Musée du Louvre, Dessins de Taddeo et Federico Zuccaro, Paris 1969, n. 73). Le figure in piedi, raffigurate sotto le due stone, rappresentano i SS. Saturino, Sisinio, Romano e Agostino. Le reliquie dei primi tre sono custodite nella chiesa, mentre le monache dell'annesso convento erano dell'ordine di S. Agostino (v. TITI). Ogni figura è accompagnata da due putti. I santi non sono caratterizzati dallo stile di Raffaellino, ma ricordano quello di Federico Zuccari, nonostante siano stati ridipinti. I putti, a destra sulla parete destra, sono stati dipinti nel Settecento, mentre quelli del lato sinistro sono stati ridipinti. Nei putti della parete sinistra invece, nonostante anch'essi siano stati assai ridipinti, possiamo ancora riconoscere lo stile originario. Direi particolarmente in quello di destra. Nella cronologia relativa data dal BAGLIONE, quest'opera viene certamente collocata troppo 'cardi. R.I. P 26's
RESTA
in D: ii disegno di q '. Ia donai at Sig. Luzgi Scarnozzifatta disua
Inano [?].
C 2626 E probabilmente la sua ultima opera creata a Roma, terminata nd 1577. In tutti e tre gli affreschi l'influsso dde incisioni dureriane mi sembra niconoscibile, mentre il concerto spaziale con queUe tipiche prospettive di fondo, rivela uno studio accurato degli affreschi tibaldiani a palazzo Poggi (v. Ill. Vat., 1935, 1270 segg., 1936, 161 segg.; COLLOBI, fig. 5 e 6). [L'enirata in Gerusalemme Si trova nel decimo compartimento, contando dalla loggia di Raffaello (foto Musei Vat. XV-5-10 e VIII35-5), le altre due scene si trovano nell'undicesimo compartimento (foto XV-5-11, Vffl-35-9, VIll-35-10). L'intero disegno della Lavanda dci piedi Si trova a Lille (H. PLTJCHART, Musée Wicar, Notice des dessins..., Lille 1889, 583, attribuito a Taddeo Zuccaro), attribuzione ed identificazione di PH. POUNCEY, comunicazione di J. GEnE. Un altro disegno di Raffaellino e conservato a! Teylers Museum Haarlem (D 43); copiato dal Roncalli in un disegno degli Uffizi (10197 F); v. W. CH. KIRWIN, C7ristofano Roncalli an Exponent of the Proto-Baroque: His Activity Through 1605, Stanford Uni-
versity 1972 (Microfilm-Xerography), 26 e nn. 67/68. R.I. P
in D: Nella sala vecchia de Svizzeri I'estote parati è suo benche it Baglione to metti ad a/ti-i.
2627 RESTA
C 2627
In quanto aba postilla del sala vecchia degli Svizzeri
RESTA, Ia collaborazione dell'artista alla e da esciudere, essendo questi affreschi
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26' - 26 32
254
stati eseguiti nel 1582, e cioe quattro anni dopo la morte di Raffadilino. La figura con Ia scritta > è giustamente attribuita dat BAGLIONE a Paris Nogari (v. M. Vat., 1935, 713 segg.), seguace dello stile di Raffaellino. V 2631
accanto la porta
C 2632 In quel periodo Ia sala ducale (v. 53) era divisa in due. In una del le due, quella chiamata dat BAGLIONE che si trova nel cod. Chigi. Per gli affreschi delI'Oratorio, v. K. OBERHUBER, in: Röm. Hist. Mitteilungen, 1958/9, 252 segg.; A. M0LFINO, L'oratorio del Gonfalone, Roma 1964, 28; Oltre Raffaeio, aspeui della cultura figurativa del Cinquecento romano, maggio-luglio 1984, Roma 1984, 157 segg.; per tutta la bibliografia, v. 1918, commento). R.I.
C 27
Le sale dipinte da Giovanni de' Vecchi, o, se non dipinte da lui, comunque decorate sotto Ia sua direzione, si trovano nel cosiddetto appartamento d'inverno al piano nobile e al piano dei cardinali. 11 contributo del Raffaellino va cercato soltanto in questa parte, e cioè a sinistra dell'eritrata. Alcuni particolani verificabii neila sala del Mappamondo, dove le pitture vennero iniziate nel 1573 da Gio-
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vanni de' Vecchi e da Giovanni Antonio Vanosino e terminate nd 1574, potrebbero essere opera di Raffaellino (J. FALDI, Gil aifreschi del palazzo Farnese di Caprarola, Roma 1962, 37 segg.; J. HEss, in: Warburg Journal, 30, 1967, 406 segg.). Attribuibile sempre a! Raffaellino sono alcune figure visibili nel fregio, uomini seduti con libri o tavole in mano, ed i satiri menzionati dal BAGLIONE vicini a questi ultimi, come anche i putti che tengono in mano le iscrizioni delle carte geografiche. Nell'irisieme compositivo esse sono comunque figure di minore importanza (v. Voss, Spatrenaissance, 555, fig. 222; COLLOBI, fig. 8). [Nelle grottesche del. Ia sala del Mappamondo troviamo la data del 1574, mentre in quelle della Sala degli Angeli c'e la data del 1575. fl BAGLIONE sostiene tuttavia che le pitture a Caprarola siano state l'ultimo lavoro di Raffaellino. Questa contraddizione rimane irrisolta. Si è creduto a lungo (anche J. HESS nella 1" stesura di questo comrnento) che Raffaellino avesse dipinto l'angelo custode nella sala degli Angeli. Suggerisco l'attenzione allo studio approfondito di halo FALDr, II palazzo Farnese di Caprarola, Toririo 1981, 34 segg., e particolarmente con riferimento alla nota 79: sicuramente opera di Raffaellino sono soltanto i due satiri con i putti accanto al liocorno. Le altre pitture della sala del Mappamondo (escluse quelle geografiche) sono di Giovanni de' Vecchi, eseguite forse in parte con l'aiuto di Raffaellino, come sostiene ancora lo stesso FALDI, tavv. 206, 207, 251 (angeli e arcangeli della sala degli angeli; freglo della sala di Mappamondo). R.I. C
2712
[Le parole > sembrano indicate il fatto al quale accennano anche II VAN MANDER (ed. Noe, 302) e lo stesso BAGLIONE, cioè aBa morte causata da un amore infelice. [Secondo Ic notizie di F. NOACK presso Ia Bibliotheca Hertziana, l'Accademia di S. Luca avrebbe mandato II 30-10-1577 un certo Adriano da Norcia con scudi 0.20 < per portare a m. Rafaelo da Regio amalato>> (Acc. S. Luca, vol. 41, Entrate e Uscite). R.I. Secondo ii FANTINI egli morI nel mese di maggio del 1578, invece secondo II BAGLIONE sarebbe motto poco dopo, e cioè a luglio del 1578.
V
2715
maniera [cancellato: si possa] di colorire. Anche qui come già altrove il Baglione ha confuso Ic righe copiando ovviamente da una prima redazione. Le parole si possa stanno nella riga 16 dopo paragonar.
P 27 21
RESTA
in D: eminenza .cua.
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272 —
272
257
C 2721 La stima per le opere di Raffaellino si manifesta anche nel fatto che le incisioni tratte dalle sue opere furono ristampate, come ci indica il NAGLER (bc. cit.).
C 2726 Non si sono conservate le sue memorie a S. Maria in Aquiro, dove, secondo il FANTINI, Si trovava un distico in suo onore. Viene considerato suo ritratto un bel disegno a matita nera e rossa, di forma ovale, conservato at British Museum e attribuito da) Voss (Spätrenaissance, 558) a Federico Zuccari. A. E. POPHAM 10 attribuisce invece a Raffaellino. Non rassomiglia perô a quel disegno inciso (v. G. ROvEsTI, II pittore reggiano Raffaeio Mota, Reggio Emilia 1901), che non mi sembra avere un valore di un documento. [L'attribuzione a Raffaellino viene confermata da J. GERE/PH. POUNCEY, Italian Drawiags in the Department of Prints and Drawings in the British Museum, 5, Artists Working in Rome 1550-1640, London 1983, 148, II, tav. 224, pur riconoscendo lo stile zuccaresco del disegno. Non c'è nessuna prova che sia un autoritratto, e
pur corrispondendo a tale genere, dovrebbe essere on giovane di vent'anni circa. R.I. P
2727
RESTA in D: 1 Baccio Bandinelli 2 Sansovino 3 M. Angelo
Landini [2]
V 2721
Amanatti 1571
La vita dell'Ammannati segue quella di Raffaeilino sul foglio lOr, perô Ia stesura finale si trova su un gran pezzo di carta incollato in margine. Nella 1' redazione mancano i seguenti passi: Condusse [...] Michelangnolo [righe 33-361. Invece: Fece egli molte opere come di scoltura cosI d'architettura. Manca inoltre: Giunse [ ... II adoperossi [righe 2740-286 1; sopra casse [riga 281; entro nicchie [ ... ] Giulio 111 [righe 10-111, e vi si veggono [...] condoite [righe 12-131; net balaustro [riga 131, et in clue onali [...1l lauorate [righe 14-151; antiche e moderne [riga 181; Come anche [ ... ] dell arte [righe 19-221; da ad fu malamente delle sue fatiche soddicfatto [righe 23/241. Invece dei passi 26-37 si trova nella P versione soltanto: Quest huomo lavorô d'architetura molte cose ma in Roma di suo è ii bet Collegio Romano con suo disegno edificato. Con suo ordine fece fare it Palagio de Szg.' Rucellai hora de Sig." Gaetani net Corso et anche quello di incontro con suo disegno ordinato. Mancano be righe 38-39. Invece di 291.4 si trova sobtanto: Ultimamente vecchio a Fiorenza se ne morl con gran fama e motto honore. Le varianti qui appresso si riferiscono alla versione
finale.
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C
272 - 27"
2728
Me note bibliografiche del TR-B, dell'Enciclopedia italiana e del VENTURI, X, 2, 346 segg.; XI, 2, 212 segg.), e per quanto riguarda l'architettura e Ia scultura a Roma, Si pUO aggiungere: Catalogo delta mostra del Cinquecento toscano, Firenze 1940, 32, 42, 52, 57, 101, 190; E. VODOZ, Studien zum architektonischen Werk des Bartolomeo Amannate in: FlorMitt, 1941, 1 segg. (bibliografia a p. 139 segg.); P. PIERI, S .J., L'architetto J3artolomeo Ammannati e I Gesuitz in: Archivium historicum Soc. Jesu, 1943,) segg.; I. BELLI BARSALI, Problemi sulla tarda architettura di Bartolomeo Ammannati: it Palazzo Pubblico di Lucca, in: Palladio 10, 1960, 50 segg.; M. Fossr, B. A. e Ia prima sec/c dci Gesuiti a Firenze, in: ArteAntMod 7, 1964, 200 segg.; G. KAUFFMANN, Das Forum von Florenz, in: Studies in Renaissance & Baroque Art, New York 1967, 37 segg.; M. Fossi, Bartolomeo Ammannati architetto, Napoli (1968). Altri studi particolari verranno indicati in seguito. Ii BAGL lONE scrisse il presente Capitolo due volte, ampliandolo considerevolmente nella seconda redazione. Si è largamente servito del BORGHINI e del VAsArn; tuttavia non mancano notizie originali.
P 27 ° BELLORI in B: II palazzo dcl Giard°. de Medici con tut.ti gli ornam
C
27 0
Per la postilla del BELLORI: Camillo Crescenzi, propnietanio di una vigna sul Pincio ereditata dal cardinale Ivlarcello Crescenzi (morto nel 1552; v. CARDELLA, 236 segg.), si era fatto fare da Nanni di Baccio Bigio un disegno per la costruzione di una palazzina, il cui costo era tuttavia al di sopra delle sue possibilità finanziarie. PreferI quindi vendere nel 1564 tutta la proprietà ai nipoti del cardinal Ricci, i quail si impegnarono a far costruire Ia palazzina da Nanni Secondo il suo disegno, che si basava probabilmente su alcune costruzioni preesistenti. Sembra che I'opera di Nanni sia stata compiuta nel 1567, cioè un anno prima della sua morte, e se non è stato cosI, è probabile che gli sia subentrato il figlio, Annibale Lippi, benché non sia nominato nei documenti. L'aspetto della villa Ricci ci è pin o meno noto dalla pianta del DUPERAC (1577; Ia forma che Ia villa assume nella pianta del CARTARO del 1576 non sembra attendibile) dove si vede Ia villa dal lato del giardino, con una loggia di tre aperture con architravi al centro del pianterreno, e una torte che conteneva Ia scala a chiocciola. Nell'edificio attuale Ia mano di Nanni si riconosce soltanto nella distnibuzione dei piani e delle finestre, conservata nelle facciate verso ovest e est (v. GNOLI, in: BollArte, 1911, 201 segg.). In seguito alla morte del cardinale Ricci avvenuta nel 1574, net 1576 Ia villa vemie venduta da parte dei suoi eredi al cardinale Ferdinan-
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27 °
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do de' Medici (avviso del 21 gennaio; v. in: Roma, 1931, 87), il quaIc fece trasformare la palazzina, dandole l'aspetto principesco visibile ancora oggi. In seguito alla morte del Vasari nel 1573, l'Ammannati era la persona pin adatta ad intraprendere questo lavoro, e l'attribuzione del BELLORI viene corifermata dai documenti stessi, secondo i quali egli sarebbe venuto a Roma a tale proposito poco dopo l'acquisto, per dare nel mese di luglio dello stesso anno un suo parere (v. lettera del 21 aprile, in: Archivium hist. Sac. Jesu, 1943, 42 n. la). Lo stile dell'Ammannati ë riconoscibile in molti particolari, ma non tutto ii suo concetto originario ebbe piena esecuzione. Questo si crede conservato in due affreschi tuttora esistenti nel cosiddetto studio Jaeger nel giardino che si trova sopra il muro torto, decorato con la flora at centro, circondato dai ventz, dalle quatiro stagioni, con quattro favole cli Esopo, grottesche, ghirlande, il tutto nello stile dello Zucchi (v. comrnento). II modello che servi per la trasformazione fu la villa Imperiale vicino a Pesaro, senza dubbio conosciuta all'Ammannati, viste le sue relazioni con Urbino e con Ia casa Rovere. Dalla villa Imperiale proviene l'idea delle due torri a pianta rettangolare che terminano in belvederi uniti fra di loro da un piano mezzanino con terrazzo sovrastante (pianta negli Uffizi, dis. 3448 A nel vol. Bartolom.° Amrnannatz, Fabbriche di sua invenzione; riprodotto, senza identificazione dell'edificio al quale era destinato, in Bartolomeo Ammanati, Appunti per un trattato, a cura di Mazzino Fossi, Roma 1970; comm. orale da C. MIGN0T). Lo stesso vale per Ia loggia con aperture, parte ad arco e parte ad architrave (v. L. GRONAU, Documenti artistici urbinati, 8; disegno di Francisco cia Hollanda). E degno di uno scultore-architetto il concerto di rivestire con sculture antiche tutta la facciata che dii sul giardino, incastrate nel muro o collocate critro nicchie - supplendo eventualmente, dove mancava if riscontro, con qualche opera o con un'aggiunta moderna di stucco -, riferendosi ad un concerto già adoperato dal cos! chiamato Lorenzetto, nel celebre cortile di palazzo Valle-Capranica, da dove provenivano per l'appunto in gran parte le sculture della collezione Medici. La stesso Animannati aveva ornato, venticinque anni prima la villa Giulia, con sculture antiche e moderne. Egli ebbe allora Ia possibilità di studiare altri esempi di questa decorazione nc1 casino di Pio IV e nel palazzo Capodiferro-Spada, di costruzione pin recente. Ne! Caso presente andavano ingranditi i muri dde pareti laterali della facciata, dai quali bisognava poi ricavare Ic nicchie. E per questo che le cornici dde nicchie intagliano Ia parte ceritrale che non fu ingrossata, perché vi andavano soltanto i riievi. L'csecuzione dei lavori non
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si deve essere svolta sotto la direzione personale dell'Ammannati, il quale rimase a Roma soltanto alcuni mesi. Sappiamo anzi che Alberto Alberti s piü che d'altro Si OCCUO nella fabbrica della Vifia Mcdici>> (v. GUALANDI, Mernorie Org., VI, 53 seggi; tuttavia I'Ammannati fece evidentemente il disegno per II portone monurnentale verso Roma, che forma un insieme decorativo con Ia finestra sovrastante del mezzanino e con il balcone del piano nobile (non ancora mdicato nella pianta di Roma della Biblioteca Sistina: ORBAAN, Doc., tav. I; Ic sfere medicee che prima ornavano il portone furono sostituite con sculture antiche, ma anche queste non esistono pin), e fece anche il disegno per quell'altro portone verso via di Porta Pinciana, dove si trova l'iscrizione su due lastre di marmo (pubblicata ripetutamente ma andata persa), così come fece un disegno per lo stemma di travertino in mezzo alla facciata posteriore. I lavori di architettura nella palazzina, iniziati mel 1576, dovrebbero essere stati compiuti nel 1579, quando Jacopo Zucchi, allora presente a Roma, parlà in una sua lettera al cardinale della decorazione interna. Sembra che alcune stanze, quelle meno grandi, siano state lasciate nello stato del periodo ricciano, mentre gli ambienti pin importanti furono rifatti dall'Ammannati, come per esempio l'androne, Ia sala grande che occupa il centro del piano nobile con ii mezzanino sovrastante che dà verso Roma, l'odierna sala da pranzo dove tuttora stucchi con Ic sfere medicee. La posizione della galleria ad angolo rerto con la palazzina, esattamente come a Palazzo Sacchetti, e con le finestre inginocchiate, fanno supporre che il suo pianterreno risalga al periodo del card. Ricci e di Nanni. Del concerto deWAmmannati si è tenuto conto soltanto mel prolungamento fino alla facciata che dà verso Roma e che termina nel portone che è caratterizzata da una ringhiera sovrastante e che e tuttora esistente. In questo modo si ottennero 24 nicchie per le statue antiche. II piano superiore - 11 secondo in direzione Roma e ii primo in direziome giardino - è indicato in forma aiquanto fantasiosa in una delle vedute dello studio Jaeger; Ma anche il suo stato attuale non ha niente in comune con ii concerto ammannatiano. Nella pianta del GREUTER (1618) non è visibile. E nemmeno la cosiddetta grotta, cioè il loggiato sotto ii bosco, ricevette Ia forma voluta dall'Ammannati: rimase priva dei chioschi (o dde uccelliere) che avrebbero forse dovuto coronare le sue estremità. L'intenzione dell'Ammannati di includere nel terreno della villa e di sistemare artisticamente Ie pendici della coJlina die davano in direzione Roma (v. l'affresco menzionato), non fu attuata. Sono rimaste in uno stato di rozzezza fino al giorno di oggi. In quest'ultimo caso il veto venne inipartito da
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Sisto V che voleva condurre via Sistina fino a S. Maria del Popolo (v. J.A.F. ORBAAN, How Pope Sixtus VLost a Road, in: The Town Planning Review, December 1928, 121 segg.); peraltro l'esecuzione dci concetti dell'Ammannati fu ritardata in un primo momento per mancanza di fondi, finché nel 1587 i lavori non vennero abbandonati, quando il cardinale Ferdinando rinuncià alla porpora per tornare a Firenze e per prendere in carico il governo del Granduca. Egli non tornô pin a Roma, ma offrI i'uso della villa al cardinal Montalto, nipote di Sisto V (v. avviso 28-11-87, in: I.A.F. ORBAAN, La Roma di Sisto V negli avvisi, 302). All'inizio del 1591 ne prese possesso il cardinale Alessandro de' Medici, il futuro Leone XI, senza perô far eseguire lavori importanti. Ii muro a scarpa del pianterreno (verso Roma) fu costruito nel 1626 per rimediare a certi danni verificatisi in quel posto. Nel 1698 un incendio distrusse le pitrure di due stanze (avviso del 28-6; v. in: Roma, 1943, 210). Altre pitture, attribuite a Zuccari - forse sbaglio per Zucchi - e al Rubens furono rimosse o distrutte per ordine del granduca Cosimo ifi (deceduto nel 1723; v. BOTTARI, in: II Buonarroti, 1867, 47). Per le piante e Ic alzate della villa Medici v. V. BALTARD, Villa Medicic a Rome dessinée... par Victor Ballard, Paris 1847. La storia pin recente della villa è stata scritta ripetutamente, v. G. BEAUME, L'académie de France a Rome, Paris 1923; H. LAPAUZE, Histoire de ('academic de France, Paris 1924; F. B0YER, La construction de (a Villa Médicis, in: La Revue de I'Art, 1927, 3 segg., 109 segg.; ID., Les antiques c/c Ia Villa Médicis. in: Academic des Inscriptions et Belles Lettres, Comptes Rendus des seances de l'année 1929, 55 segg.; ID., Un inventaire inéedit des antiques de Ia Villa Medici in: Revue archeologique, 1929, 256 segg. (al n. 117 una statua di bronzo, presumibilmente il Marie dell'Ammannati); F. BLANCHER, L'accademia diFrancia, in: M. Vat., 1932, 445 segg.; J. -P. ALAUX, Académie c/c France a Rome, Paris 1933, II, 9 segg.; P. TOME!, Un elenco dei palazzi di Roma, in: Palladlo, 1939, 229 segg.; P. PEccEIAI, Villa Medici, in: L'Urbe, 1940, 4 segg.; ID., La scalinata di Piazza di Spagna e Villa Medici, Roma 1941; G. BOCCHINO, Annibale L#iju l'autore di Villa Medici?, in: Osservatorio Romano 1943, n. 40, 18 febbraio. fl VACCA fornisce notizie per ciô che riguarda l'acquisto di marmi antichi (v. TH. SCHREIBER, in: Berichie dci preuss.-sàchs. Gesellschaft der Wissenschaften, phil.-hist. Classe, 33, 1881, 68 segg.). Per Ia bibliografia pin recente e dopo questo commento di HESS v. L. SALERNO, Piazza di Spagna, Napoli 1967, 43 segg.; Fossi 1968, 191 segg.; G. M. ANDRES, The Villa Medici in Rome, Diss. Princeton
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Univ. 1970 (1971; Microfilm-Xerography) e dopo da Garland, New York 1976; C. MIGNOT, Les Loggias de lv Villa Médicis, in: Revue de FArt, 19, 1973, 50 segg.; E. DARRAGON, Le studiolo cia C'ardinal Ferdinand a lv villa Medicis, ivi, 63 segg.; J. MARTIN, Un grand ha-
tisseur de la Renaissance. Le cardinal Giovanni Ricci de Montepulciano (?1497-1574), in: MélArchHist, Moyen-Age et temps modernes, 85, 1974, 1, 251 segg.; G. M. ANDRES, The Villa Meclici in Rome. The Projects of 1576. in: FlorMitt, 19, 1975, 277 segg.; E. PILLSBURY, Ammanati and the Villa Medici in Rome: an Unknown Letter, ivi, 303 segg.; M. Fossl, Documenti per Iv stony di Villa Medici e cii Palazzo Firenze a Roma, in: Antichità viva 15, 1976, 37 segg.; ID., Contributo allo studio della Villa Medici alla Trinita dei Monti a Roma, in: Scritti di storia dell'arte in onore di Ugo Procacci, II, Venezia 1977, 422.
C
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Nato a Settignano il 18-6-1511, e mono a Firenze II 22-4-1592. Fu allievo di Baccio Bandinelli a Firenze e poi di Jacopo Sansovino a Venezia.
P 2736 RESTA in C: hebbi di sna mano il sepolcro de due Medici di S. Lor°. di Fiorenza preso da quello di M. Angelo ma pfettissima ". fatto.
C
2736
Quanto alla postilla del RESTA, un disegno del soggetto da lui mdicato Si trova negli Uffizi (riprod. dal VENTURI X12 , fig. 236).
V
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ha operatte.
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memoria et a posteri rinoveremo i meniti della say Virti.
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RESTA in D: Fiorenza - Pisa - Venezia - Padova - Roma.
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II passo riprende le indicazioni del VASARI e del B0RGrnNI. II periodo giovanile dell'Ammanriati comprende esciusivamente opere di scultura. A Firenze gli si attribuiscono due figure provenienti dal sepoicro di Mario Nan, non messe in opera (VENTURI, X 2, fig. 300, 301); a Pisa il cosiddetto altare di S. Gamaliel nel duomo, Ia navata minore destra (B0RGHINI, 590; del monumento Boncompagni il BAGLIONE parla in seguito). II monumento per il duca Francesco Maria della Rovere I (t 1538) che stava nella chiesa - ora sconsacrata - di S. Chiara a Urbino, fu rimosso e non è mai stato nfltracciato (v. L. SERRA, Cataiogo delle cose d'arte, Roma 1932, 111 segg.; P. ROT0NDI, Contributi all'attività urbinate di Giovanni
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Bandini, in: Urbium, 1941; F. MAZZINI, Guida di Urbino, Vicenza 1962, 211). Si ignora tutto sulle sculture per Ia Villa Imperiale a Pesaro (THI-B), v. B. PATZAK, Die Renaissance- and Barockvilla in Italien, Leipzig 1908 (per la Villa Irnperiale v. piü recente: C. ARSENI, Villa Imperiale a Pesaro e altre questioni guardanti 11attività di Girolamo Genga architetto, Urbino 1969), nonostante non ci sia nessun accenno riguardo Ammanati. A Venezia collaborà sotto II Sansovino alle opere di marmo della Libreria (v. L. PLANISCIG, Venezianische Bildhauer, Wien 1921, 418; Sergio BETTINI, Note sui soggiorni veneti di B. A., in: Le Arti ifi, 1940, 20 segg.). Per le opere di Padova v. CH. HUELSEN, in: Collectanea Olschki, 160 n. 88; F. KRIEGBATJM, in: FlorMitt ifi, 1929, 71 segg.; W. ARSLAN, in: Miscellanea Supino 1933, 497 segg.; 0. KuRz, in: Old Master Drawings 1937, 42 e figg. 44; FREY, Nachiass I, 288; PLANISCIG, bc. cit., 435; BETTINI, bc. cit. Altre opere giovanili si trovano a Napoli, a S. Maria del Parto, dove partecipô alla tomba Sannazaro (v. 0. MORISANI, in: RivArte 1941, 145 segg.) e a New York, Frick Collection (M. WEINBERGER, in: GazBA 1945, 257 segg.; v. 2727). L'Ammanati certamente non morI durante il pontificato di Gregorio Xffl come crede II BAGLIONE, il quale è sempre poco informato su quello che succede fuori Roma (v. 27' e 29).
C 27' 0 Notizia proveniente dal
B0ROmNI e confermata dab PASTOR, V, 770; v. E. MUENTZ, Hist. de l'art pendant la Renaissance, III, 235.
V 281
sapere [cancellato: e dicono esser sua opera Ii belli Porte laterali della Madonna di loreto al foro Traiano]
U
Manca: del Palagia Colonnese
28 4
P 28
RESTA in B: Vasari parte terza p. 44 et 40. Batt. Franco.
C 28
L'Ammanati esegul nel 1545 a Padova un'altra decorazione. scenica (v. L. BIAGI, in: Arte, 1923, 49). II VASARI, rispetto al BAGLI0NE, fa un resoconto pin preciso dei lavori teatrali a Roma nella sua vita di Battista Franco, come indicato dal RESTA, che si servi dell'edizione Manolessi, Bologna 1647 (VASMIL, VI, 583). Parlando di ecomedie>> ii VASARI non precisa quale fossero le opere rappresentate; dato die, secondo Iui Ia recita si svolse sotto Paolo ifi, mi sembra poco probabile che Si sia rappresentato l'Edzo dell'An.guilla, come suggerisce invece I'annotatore del Baldinucci (ed. Manni, VI,
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264
256 - 28's
19 n. 2); quest'opera venne stampata a Padova soltanto nel 1556 e a Venezia nel 1565 (Mazzucchelli). Sembra anzi che in questa occorrenza II poeta agisse soltanto da impresario. Quanto alla sala, quella che sia II VASARI che II BAGLIONE (cioè nel cod. Chigi) chiamano la si tratta forse del , che gia da prima faceva parte del convento e che venne poi incorporato nell'attiguo palazzo Colonna (v. P. Francesco SANTILLI, La Basilica del SS. Apostoli [Le chiese di Roma ifiustrate, n. 151, 21). E cosI che si spiega la correzione, dovuta probabilmente al TRONSARELLI. fl luogo identificabile in via Giu]ia, dove lo spettacolo venne trasferito dopo un certo periodo di tempo, sembra che fosse non >, come sostiene il VASARI, ma un'altra chiesa nelle vicinanze di S. Biagio che allora servI da teatro, fino a quando, nel 1575, venne data ai bresciani per essere consacrata ai SS. Faustina e Giovita (MARTINELLI, Roma ricercata, Roma 1658, 61). C 286
Esiste una descrizione contemporanea di questa festività che Si SVO1 se il giorno 18 febbraio del 1550, ma come spesso, gil artisti che ne hanno fornito i disegni non sono nominati. Si tratta di costumi, di grandi quadri dipinti con stone dell'antichità romana e di una statua di Flora (v. F. CANCELLIERI, Storia de' solennipossessi d'somrnipontefici, 502; F. CLEMENTI, II carnevale romano, Città di Castello,
1938/39, 206 segg.). Per ottenere e per eseguire questo incanico, l'Ammanati deve essersi trovato a Roma al momento delFelezione di Giulio ifi, avvenuta il 7 febbraio; ad ogni modo, egli era in contatto con persone importanti prima di ricevere incarichi dal Papa per l'aiuto del Vasani. Si suppone che partI subito dopo per Urbino, dove si sposô con Laura Battiferri II 7 apnile. Ma vi si deve essere trattenuto per poco tempo, per ritornare a Rorna quasi immediatamente. V
28910
Interpolato dal Tronsarelli: sopra casse e entro niccbie
V 28" Manca:
C Vl Si
veggono [ ... ] condotte; manca: nel balaustro
V 28" Aggiunto dal Tronsareffi: felicemente lavorate.
C 2815 Sembra che ii Vasani abbia ottenuto l'incanico della cappella nel maggio del 1550 (v. 1236); egli affidà all'Ammannati Ia parte scultorea di due figure giacenti sopra dei sarcofaghi, che rappresentano dei personaggi della famiglia del Monte e di due figure allegoriche che stanno
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28' -28 21
265
in piedi, inoitre del parapetto ornato con quattro coppie di putti e di due teste in rilievo. Nell'estate del 1550 I'Ammannati andô a Carrara per scegliere i marmi; in ortobre cominciô il lavoro, terminandolo tre aimi dopo, cioe nell'autunno del 1553, benché II pagamento finale sia stato fatto soltanto nel luglio del 1554 (PASTOR, VI, 261 n. 1 [da correggere Montalto in del Monte]; K. FREY, in: JbPrKs XXX, 1909, 163 n. 333; B. PEsci - E. LAVAGNINO, S. Pietro in Montorio, Roma 1958; [Le chiese di Roma illustrate, 421, 42). Oltre all'influsso del Salviati già rilevato precedentemente (KRIEGBAUM, bc. cit., 92 segg.), credo sia riscontrabile anche lo stile di Giulio Clovio, a sua volta influenzato dal Salviati: basta paragonare l'opera che si trova atl'>, compiuta nel 1546, e allora ammiratissima, con dei particolari simii: i putti con le gambe corte e le teste studiate al naturale che poggiano sul torso quasi senza cob; i bassoriievi a forma di cammei su fondo drappeggiato; persino lo stile delle figure e del vestiario (v. The Pierpont Morgan Library, Exhibition of Illumi nated Manuscripts held at the New York Public Library ) New York 1934, tav. 95). Per la parte avuta dal Vasari nella cappella v. 1236 (alla nota bibliografica si aggiunga: A. GABRIELLI, Su Bartolommeo Ammannats in: La critica d'arte 1937, 9 segg.; W. GRAMBERG, in: Zkg 1937, 50 segg.; A. NOVA, The Chronology of the Del Monte Chapel in S. Pietro in Montorio in Rome in: ArtBull 66, 1984, 150 segg.; ST. KUMMER, Stuckdekoration, 71 segg., 77 segg.
V 28
Manca: antiche e moderne
ifl 28 18
RESTA in D: jo Ihavevo.
V 28!9
Interpolato dal Tronsarelli: di manno
V
281921
Come anche [interpolato dal Tronsarelli: tutta] Ia loggia [dal Tronsarelli: ben divisa et adornal che e sopra Ia delia fonte [dal Tronsarelli: è z.ma nobiliss. architettura].
(
28
21
BAGLIONE
parla della Villa Giuha e del suo ninfeo. Per la storia della vifia Giulia v. 723• Le indicazioni del VASARI sulla parte avuta dall'Ammanati nella costruzione di villa Giulia valgono soltanto per il primo periodo, durante il qulile i lavori si svolsero appunto sotto Ia sua direzione. Quando nel 1553 il Vasari fu licenziato, v. 723, si affidarono a mio parere i lavori della costruzione a Ligorio, che si assumô la clirezione. Molte patti dell'opera del Vignola furono cambiate, così come anche
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2821 le costruzioni intorno al cortile della fontana, al quale venne conferito quel carattere chiuso e intimo per permettere al Papa di prendervii bagni d'aria e dell'acqua Vergine (v. 723), Ma see veto che ii concetto dell'insieme in questa nuova forma e dovuto a! Ligorio, l'esecuzione dei particolari architettonici e plastici è invece sicuramente da attribuire aJI'Ammannati, come risulta dalle stampe. Ed è in questo senso che egli got6 porre la sua firma nella loggia. Nella sua lettera al Benavides del 1555 (v. G. BALESTRA, La fontana pubblica, 65 segg.; E. VoDoz, bc. cit., n. 19 e 61; I. BELLI BARSALI, 1983, 170 segg.) ha evidentemente voluto inserire le sue opere, pur non facendo il proprio nome. La sua mario si riconosce infatti nei particolari decorativi del cortile grande rettangolare che prolunga quello semicircolare a tergo della palazzina, di cui e purtroppo rimasto conservato pochissimo. Molte altre sculture sono scomparse, tra le quali anche quei due angeli menzionati dab BAGLIONE ma non dall'Ammanriati stesso. Forse rappresentavano le vittorie. [Secondo le nuove ricerche di F. LAND Mooi, A Contribution 21to the Study of the Villa Giulth, in: RomJbKg 12, 1969, 171 segg., v. ii progetto iniziale della villa Giulia fu trasformato già tie! 1552 per quanto riguarda la parte posteriore, e quindi ancora durante la presenza del Vasari. Le responsabilità dell'Ammannati vengono sottovalutate dal HESS che pensa soprattutto alla coilaborazione del Ligorio; v. la domanda di pagamento fatta dall'Ammannati: C. L. BIAGI, Di Bartolommeo Ammanati e di alcune sue opere, in: L'Arte 26, 1923, 49 segg.; Fossi, 1968, 31; v. la lettera a! Benavides menzionata sopra. In eritrambi i casi l'Ammannati parla dei suoi lavori, e cioè della loggia con il cortile dinanzi e della fontana. Anche Ia sua firma BARTHOLOMEO AMANNATO ARCHITETTO FIORENTIN0 vicino alla porta sul lato destro del portico che portava ad una delle scale curve del ninfeo, sottolinea ii suo importante contributo ai lavori (v. Fossi, 1968, 31 segg. e be due riproduzioni 21/22 di due discgni per le porte di questo portico; v. inokre CH. DAVIS, Four Documents for the Villa Giulia, in: RomjbKg, 17, 1978, 219 segg.). Ciô non esciude una subordinazione a! Vasari, a! Vignola o a! Ligorio. La zona inferiore del ninfco Va sicuramente attribuita all'Ammannati e a! Vasari (VASMIL \7T1, 694); Ic sculture sono opere dell'Ammannati. Vasari scrive: . Esegui irioltre il portichetto ndlla parte posteriore del ninfeo, nel quale fu incorporata la loggia inferiore già esistente come anche i due chioschi che collegavano questa loggia cal piano del giardino (FosSi, 34 segg.). Forse la serliana non fu finita dallo stesso Ammannati.
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2821
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BAGLIONE attribuisce erroneamente al Vignola la cosiddetta fontana pubblica che Si trova alI'angolo tra via Flaminia e Ia strada che porta alla villa Giulia v. 727• Il GAMUCCI invece, in Le an&hitã della citth di Roma, Venezia 1565, 137, sostiene a distanza di pochi anni che sia opera dell'Animanati. v. COOLIDGE, in: ArtBull, 1943, 177 segg.; VoDoz, bc. Cit., 5 segg.; M. BAFILE, Villa Giulia, Roma 1948; WALCHER CASOTTI, Vignola, 150, 249 segg.; Fossi, 1968, 24 segg.; I. BELL! BARSALI, 1983, 228 segg., e 727• Nella parte di questo commento dedicata alla fontana, tolta per un ultimo aggiornamento, J. HESS scrisse: . Ii BAQIONE non cita i lavori dell'Ammannati al palazzo Firenze intorno a! 1552 perché negli anni seguenti li attribuisce, probabilmente erroneamente, al Vignola. v. 734 La costruzione di quello che oggi Si chiama palazzo Firen2e cominciè all'inizio del Cinquecento per ordine di Giacomo Cardelli, segretario apostolico sotto Leone X. Era concepito a forma di L COfl i muri esterni che davano verso Ia piazza ed il vicolo del Divino Amore. Venduto ne! 1551 o nel 1552 dab figlio di Giacomo Cardelli a Giulio ifi (Ciocchi Del Monte), il palazzo venne terminato a forma quadrata. Mentre II BAGLIONE Sostiene che i lavori siano stati eseguiti dal Vignola (734), si legge in un documento non datato e scritto dall'Ammannati la richiesta per un pagamento per questi lavori eseguiti esciusivamente da Iui (v. L. B IAGI, Di Bartolommeo Ammannati e di alcune sue opera, in: L'Arte, 26, 1923, 53 segg.; Cii. DAVIS, ic. 219 segg.). In yenta è proprio Ia facciata del palazzetto in fondo al cortile, quella che il BAGLIONE attribuisce al Vignola, che porta chiaramente l'impronta stilistica dell'Ammannati, mentre il disegno per Ia facciata che da verso il giardino, di stile differente, potrebbe invece essere del Vignola. 11 M0NTINI, op. cit., 25, sostiene invece die anche questa facciata sia dell'Ammannati, nonostante la differenza di stile. II Fossi, 1968, 37 segg., sottolinea l'influenza del Vignola nella facciata del giardino, ma insiste a chiarire che ci sono due stili dell'Ammannati. Essi si esprimerebbero sia in uno stile manierista e sia in uno stile pin erudito in un senso piü classico. Anche ii lato sinistro del portico, identico a quello precedente di destra, fu eseguito daIl'Ammannati. R.I. E molto probabile che i lavoni vennero compiuti nab 1554, quando Bartolomeo Bussotto ricevette 1600 scudi per Ia stoffe con le quail furono rivestite le pareti delle sale e dde stanza (v. K. FREY, in: JbPrKs 1909, Betheft, 163, n. 335; ID., Der literarische Nachiass
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2822
Giorgio Vasari.c I, 1923, 340). Quando ii pafazzo passô alla Casa Medici nel 1561, l'Ammannati vi fece eseguire nel 1572 altri lavori non ancora precisati (v. F. BoYER, in: Revue de fArt, LI, 1927, 114), probabilmente in queHa parte dove dal 1574 in poi Jacopo Zucchi dipinse i suoi affreschi. In un perido che si pUci considerare il quarto, i lavori si svolsero all'inizio del Seicento sotto Ta direzione del Cigoli; alle facciate che danno verso Ia piazza e via della Lupa venne conferita la forma che conservano tuttora. 11 contributo di Giovanni Antonio Dosio, Carlo Maderno, Pietro Veri e di altri architetti, accertato da documenti, non è ancora stato individuato nei suoi particolari. Net Settecento il palazzo cominciô a deturpare, fino a quando non venne iniziato un restauro nel 1929/3 0, durante il quale lo stemma di Giulio ifi menzionato diii BAGLIONE fu riportato al suo posto originario (734); v. R. BONFIGLIETTI, in: Capitolium, VT, 1930, 1 segg., con Ia nota bibliografica. Le pitture che si trovano nella loggia del primo piano vengono attribuite a Prospero Fontana ma con una ragione non del tutto certa (v. VASMIL VII, 415; MALVASIA, ed. Zanotti, I, 175; B. Panofsky, Herkules am Scheidewege, Leipzig 1930, 107 e tav. XXIX). Per le pitture di Agostino Tassi, non rintracciate, v. J. Hass, Agostino Tassi, Munchen 1935, 10. Le pitture alle quale ii RESTA si riferisce nella sua nota a p. 734 non sono menzionate da altre fonti e non esistono sicuramente piü, a meno che l'autore non le abbia scambiate con quelle di villa GiuHa. Per II palazzo intero, v. Soc. Naz. Dante Alighieri, Palazzo Firenze restaurato, Roma 1949; R. U. MONTINI, Palazzo Firenze, Roma 1958 (Quaderni di storia dell'arte VII); Oltre Raffaello, aspetti della cultura figurativa del Cinquecento romano, maggio-luglio 1984, Roma 1984, 211 segg. Per Ammannati e per Prospero Fontana a Palazzo Firenve, v. II libro uscito recentemente di A. NOVA, Bartolomeo Ammanati e Prospero Fontana a Palazzo Firenze. Architettura e emblemi per Giulio Ill Del Monte, in: Ricerche di storia dell'arte, 1983, 21, 53 segg. C' ' z.oo22
[Per Ammannati scultore v. VENTURI X, 2, 346; J. POPE-HENNESSY, Italian High Renaissance and Baroque Sculpture, 1-3, London 1963, passim, ma particolarmente 2, 72 segg.; ID., Ii Cinquecento e Barocco, Milano 1966, 1-2, particolarmente 2, 379 segg. Per quanto riguarda la nudita dde figure e II mutamento artistico-ideologico sotto l'influenza della Controriforma, v. Ia lettera inviata daT Ammannati al granduca Ferdinando I intorno aT 1590: ache non lasci piii scolpire ci pingere cose ignude; et quelle che o da me e da altri sono state fatte si cuoprano, o del tutto si tolgano, in modo che Dio
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2823 28
269
tie resti servito, tie si pensi che Fiorenza sia II nido degli idoli, o di cose provocanti a libidine, et a cose che a Dio Sommamente dispiacciono> (G. GAYE, Carteggio inedito d'artisti del secoli XLV. X XVI, ifi, Firenze 1840, 578 segg.). R.I. P 2823 BELLORI
in B: morto Gin/jo seguI Paolo 4 che non si dilettô difabriche
nè di scoltura.
C
2824
Per quanto riguarda la postilla del BELLORI, per ordine di Paolo IV fu tuttavia iriiziata la costruzione della villa nei giardini del Vaticano, compiuta in seguito sotto Pio IV. Nel Vaticano sono state eseguite su sua iriiziativa anche altre opere (v. R. ANCEL, Le Vatican sour Paul IV. in: Revue bénédictine 1908, 48 segg.; D. REDIC DE CAMPOS, 140 segg. Per (Fossi, 147). Egli si riferisce anche all'opinione di M. CALVESI (II Sacro Bosco di Bornarzo, in: Scritti di storia dell'arte in onore di L. Venturi, I, Roma 1956), che pensa di poter >. HIRSCHFELD, n. 29, GN0LI, 117.
V 30'' segue dopo 25.
C
30
Secondo I'iscrizione II sepoicro fu eretto nel 1575 (v. FORCELLA I, 188 n. 716); l'affresco era tuttavia già danneggiato nel 1674, quando II Tin (p. 212; allora si vedeva soltanto uno dci due putti) pubblicô la sua guida. Lo stato di rovina era avanzato al tempo della seconda cdizione, e cioè nel 1686 (p. 168: ); nel 1736 ii CASIMIRO ne parla al passato (p. 91: >), mentre oggi non se ne vede traccia alcuna. La parte architettonica e scultorea del monumento si trova ancora nel suo posto originario e cioè vicino alla cappella di S. Diego (settima a destra). Quest'opera di Giovanantonio Dosio (1535-1619; v. L. WACHLER, in: RömJbKg IV, 1940, 157 segg.; alla nota bibliografica si aggiunga: R. BONFIGLIETTI, in: Capitolium 1930, 10; PONNELLE e L. I3ORDET, S. Philippe Neri, 364, 369, 483; WEINBERGER, in: ArtBull 1945, 266 segg.; quanto a Michele Antonio marchese di Saluzzo [1488-1528] v. LITTA tav. X; C. MULETTI, M(?m. nor. -dzl. app. alla Città ed ai Marchesi di Saluzzo, Saluzzo 1831, VI, 90 segg.) non è stata trasferita qui, come si a.fferma erroneamente, da S. Maria del Popolo.
V 3020
Qui seguono alcune correzioni dallo stesso Baglione che sono state provocate da una copiatura errata della prima stesura.
3025
[Nel 1560 Ia cappella fu concessa ad uno spagnolo di nome Aritico o Antioco Bonfili che promise di farla dipingere (F. BONNARD, Hisloire du convent royal de Ia Trinité dii Mom' Punclo a Rome. Roma Paris 1933, 33; M. BRESSY, Cesare Arbasia, pittore saluzzese del Ciiiquecento, in: L'.Arte LX, 1961, 44). La collaborazione dei due pittori Cespedes e Arbasia relativa alla cappella finI tra il 1570 - probabile data di trasferimento dell'Arbasia a Roma - e ii 1574/76, soggiorno di van MANDER a Roma, the vide ovviamente i lavori della cappella compiuti. (ed. NoE, 305) R.I. La Deposizione di Daniele da Volterra, che prima si trovava nella terza cappella a sinistra, si trova
C
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283
oggi sull'altare. Sembra che l'Annunciazione del Cespedes sia nascosta sotto ii dipinto del Volterra (un dipinto dello stesso soggetto si trova nella cattedrale di Tuy, attribuito all'Arbasia). Gli affreschi sono: Ia Maledizione del serpente (GFN E46646) sulla parete sinistra, la Natività (GFN E 46645) a destra, gli Evirngelisti nella volta, Ic stone della vita di Maria e dei puttini ride tre lunette, le mezze figure del Re di Giuda nell'arco e le due sibille sulla facciata. II BAGLIONE ed II CELlo attribuiscono gli affreschi al Cespedes, eccetto per i paesaggi, che entraxnbi considerano opera dell'Arbasia (v. per 1'Arbasia paesista ariche 5 commento, 18 0, 370 (272) ). Si dliscute anche di una possibile partecipazione dell'Arbasia alla parte figurale (v. BRESSY, 43 segg.). BRESSY attribuisce Ic figure della Maledizione e tutta la Natività at Cespedes e mi sembra convincente. Non si esprime perô in modo chiaro e deciso sull'attribuzione da fare per la volta, pur ritenendo che i paesi siano di mano dell'Arbasia. La GABRIELLI invece attribuisce Ia Nativith all'Arbasia, come anche le figure dei Re di Giuda, che si trovano nell'arco (N. GABRIELLI, Studi rid pittore C. Anbasia, Torino 1933). E certamente possibile distinguere almeno due mani nelle pitture: S. Luca e S. Marco ad esempio, dipinti nella volta (GFN E 46644) sono di mario diversa degli altri evangelisti, che ricordano invece lo stile delle figure della Natività e dde Maledizione, dove l'influenza zuccaresca e sabatiniana appare evidente. II BAGLIONE, parlando del Cespedes, osserva che (riga 28). S. Luca e S. Marco sono invece pin vicini agli affreschi dell'Arbasia che si trovano nel Sagrario della Cattedrale di Cordoba e che furono eseguiti nel 1586 (v. p. es. Foto Maes, Barcelona, C 97928, figura di profeta). I due profeti dipinti sui pilastri a S. Trinità de' Monti sono del francese L. Dupré (1789-1837). Non si tratta di restauri o di ripetizioni dde pitture originarie, come crede D. Angulo INIGTJEZ, Los frescos de Cespedes en la iglesia de la Trinidad de los Montes cle Roma, in: Archivio espanol de arte, 40, 1967, n. 160, 305 segg., e con ripr.). Oltre aila letteratura citata sopra, v. anche LOGA, bc. cit., 148 segg.; M. VAES, in: Bulletin de Ylnstitut historique beige, 1928, 296 segg.; id. in: Roma, 1931, 346 segg. R.I. V 3025 imparato
P
3029 RESTA in D: se Fed Zuccaro nacque circa at 1540 e morI del 1606
incirca era giovane II Zuccari q "°. Cespade l'irnitava mentre Cespade to studio nel Pontificato di Greg . che flu dal 1571 at 1585.
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3Q23
- 3032
C
3029 I
C
30'
Per l'elenco delle opere eseguite in Spagna, v. A. PONZ, Viaje de Erpana, Madrid 1772 segg., ed. 1947; TH-B; due illustrazioni in LOGA, bc. cit., fig. 91 e 92; Angulo INIGUEz, Ars Hispaniae, 12, Madrid 1954, 310 segg. Ii Cespedes morI a Cordoba ii 26 luglio 1608.
V
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La vita di Marco Pino segue su foglio lOv quella del Cespedes; ven ne perô sostituita da una 2' versione, scritta su una larga striscia di carta.
C
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Per Marco Pino da Siena (circa 1525, Costa al Pino vicino Siena 1587/88 Napoli), v. TH-B (BAUMGART, 1933) e VENTURI IX 5, 513 segg.; neile note bibliografiche manca il capitolo dedicatogli dal MANCINI (v. l'edizione MARUCCHI-SALERNO) e Ia breve notizia dcl VAN MANDER (v. VAES, in: Roma 1931, 347, ed edizione
due artisti Si SOflO forse incontrati quando lavoravano a TrinitI de' Monti, dove Federico Zuccari stava terminando gli affreschi lasciati incompiuti da Taddeo Zuccari (m. 1566) con l'aiuto dcl Céspedes, come si ipotizza nel TH-B, dove, a questo proposito, si parla anche di una misteriosa collaborazione a S.M. in Aracoeli. E anche proba.. bile che Ia notizia del BAGLIONE riguardo all'amicizia con Zuccari si riferisca al terzo soggiorno del Céspedes a Roma, dal 1583 al 1585; è anche possibile che i due siano partiti insieme per la Spagna nel 1585.
NOE, 306, 323).
[Lo studio fondamentale sulla formazione e Ia cronologia di Marco Pino si trova in E. B0REA, Grazia e furia in Marco-Pino, in: Paragone 13, 1962, 151, p. 24 segg.; v. inoltre G. BRIGANTI, II maniertsmo e Pellegrino Tiba1dt Roma 1945, 92 e passim; F. ZERI Pittura e controriforma. L'arle senza tempo di Sczione da Gaeta, Torino 1957, 32 e passim; G. GILBERT, Italian Paintings at Si. Meinrad Archabhey: Marco Pino: St. Jerome..., in: GazBA 52, 1958, 355 segg., fig. 2 (questo quadro non è opera di Marco, ma è una dde numerose copie del quadro di Giovanni de' Vecchi a S. Maria in Araceli. Venne tra l'altro anche copiato in alcuni quadri che si trovano in Spagna, come per esempio in un'opera del Borgianni, Pamplona, coil. BuendIa; pubbl. dal PEREZ SANCHEZ, Borgianni, Cavarozzi y Nardi en Erpaña, Madrid 1964, tav. 2; C. FI0RILLO, Un o nuovo Marco Pino, in: BollArte LXIX, 27, 1985, 115 segg. Altri quadri furono erroneamente attribuiti dal PEREz SANCHEZ a Giuseppe Cesari a causa di un disegno - anch'esso una copia del quadro del de' Vecchi -
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attribuito tradizionalmente e forse giustamente al Cesari (Wien, Albertina; A. E. PEREZ SANCHEZ, May sobre Borgianni y Nardi, in: Archivo Espanol de Arte, 38, 1965, 105 segg. e tav. 1). Un'altra copia, in buone condizioni, che data del tardo Cinquecento e che è forse di Raffaellino da Reggio, si trovava nel 1969 neT mercato antiquario a Roma; ora fa parte di una collezione privata a Roma); Notable Works of Art Now on the Market, Marco Pino, St. Catherine of Alexandria, in: BuriMag 110, 1968, Advert. Suppi. to Dec.,
pl. 12. R.I. V 3033.36 1' versione: Marco cia Siena fu egli in .Rorna et [ ... ]
P
3036 RESTA
C
3036
in D: Marco da Sienafu scolaro di Daniel da Parma chefu scol°. del Correggio.
[La postilla sembra confermata dallo stile non privo di reminiscen ze correggesche e parmigianesche - bisogna perô tener conto di un soggiorno a Parma prima del 1545, perché dopo è possibile nfltracciare il Pino a Roma. Per Daniele Porri da Parma (1500 Parma - 1577 Roma), allievo del Correggio a del Parmigianino, e soggetto prefenito del RESTA - come dimostrano le sue postille al VASARI - v. il breve articolo pubblicato neT TEl-B (PELICELLI, 1933). Pià importante per Marco Pino fu tuttavia la pittura di Domenico Beccafumi (come accenna giustamente il BAGLIONE) e Ta collaborazione con Perino del Vaga; inoltre l'influenza decisiva di Michelangelo su Marco Pino e partico)armente visibile nell'appassionata e graziosa bellezza deile figure, come anche nel concerto spaziale. R.].
V 30-3 i
1' versione: manca da e quifino a Daniello (3 ia ); 2' versione: manca da e qui fino a Per/n del Vaga (31 '), mentre il passo su S. Trinitâ de' Monti (31 24) segue quebo sulla sala Regia (31 10.14)
P 30
RESTA
in D. II Lomazzo lo fa scot'. di M. Angelo
e
'.-. 3039 Quanto aba postilla del RESTA, 11 Lomazzo non lo ha considerato un allievo ma un imitatore (Ternpio, ed. Bologna 1785, 131).
C
311 [Secondo H MANCINI (ed. MARUCCI-H-SALERNO, I, 80, 161, 198, 269, II, 83 n. 705) la prima opera eseguita a Roma è Ia Visitazione che si trova sulla parete dell'entrata a S. Spirito in Sassia (BOREA, 27 e tav. 19); il CELlO, 91, attribuisce quest'opera, insieme ad
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31 un'altra, cioè Ia Conversione di S. Paolo che si trova sulla stessa parete, erroneamente a Matteo da Siena; con lui concorda II Tii, 1674, 33, ed II VENTURI, IX, 6, 488, fig. 267, che la riproduce erroneamente come opera del Venusti, v. 2028, commento, inotre e citata come opera dello Zucchi: IX, 6, 394; v. anche 4615, commento). Sarebbe forse stata dipinta nel 1545, che è la data della Conversione di S. Paolo di Roviale Spagnolo e che si trova sulla stessa parete (VAsMIL, 43; VENTURI, IX, 6, 215 segg.; fig. 127; F. BOLOGNA, Roviale Spagnolo e (a pittura napoletana del Cinquecento,, Nap oil 1958, 10 segg.). Nella Visitazione la formazione senese sotto l'influenza proponderante del Beccafumi e evidente. Venne eseguita dopo Ia collaborazione alle pitture della sala Paolina a Cartel S. Angelo, sotto la guida di Perino del Vaga, ma il BAGLIONE Ia cita sokanto alla fine della descrizione della vita di Marco Pino; v. 3125). R.I.
C 3 14
La notizia e tratta dal VASARI (VASMIL 'VII, 59 segg.): secondo lui Daniele da Volterra ebbe l'incarico edalla Signora Lucrezia della Rovere >> nel 1551; non mi e stato possibile verificare questa data. [La cappella e la terza a destra e fu concessa il 18 agosto 1548, v. BOREA, nota 7. Nel 1553 Michelangelo fu invitato dai Della Rovere per dare una valutazione dei dipinti, che allora erano solo in parte eseguiti (BERTOLOTTI, Art. Lomb., 1881, II, 293, e Art. BoL, 1886, 41 segg.; LANCIANI, Storia degli scavi, III, 37; G. BRIGANTI, It manierismo e Pelle,grino Tibaldi, Roma 1945 e n. 82). Lucrezia della Rovere morl nel 1552 (FORCELLA III, 116 n. 300). Secondo II VASARI, Daniele lavorô a queste pitture per quattordici anni. Pu aiutato sia da Marco Pino e Pellegnino Tibaldi (v. sotto) che dai suoi allievi Giovan Paolo Rossetti (Presentazione di Cristo at tempio nella lunetta di sinistra; v. anche 6215; l'Anminziazione nella lunetta sopra l'altare, i due profeti negli angoli esterni e due profeti nei pilastni; questi ultimi sono spariti), da Gaspare Becerra, spagnuolo (Nativita della Vergine nella lunetta di destra) e da Michele Alberti (Strage degli Innocents, parete sinistra). Particolarmente attribuibile a Daniele è l'Assunzione che si trova sulla parete dell'altare e la Presentazione delta Vergine at tempio, dipinta sulla parete destra (VASMIL 59 segg.). R.I. La volta è nicoperta da una decorazione a cassettoni, evidentemente un ricordo della Sala Regia. Al centro vi è incastrata un'arme di casa Della Rovere, quattro ovati con gruppi di figure negli angoli e quattro edicole con stone della vita di Maria Vergine nelle assi pnincipali. Una di queste è intonacata, mentre quella che rappresenta II rzposo net/a fuga in Egitto, 6 stata ridipinta.
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31'
287
[La BOREA attribuisce giustamente le altre due, e cioè l'Incorcmazione delta Vergine e ['Incontro di Gioacchino ed Anna che sono molto rovinate, a Marco Pino. Le pitture nell'arco, dove sono dipinti Davide e Golia, Giuditta ed Oloferne, la Creazione di Eva, ed inoltre coppie diiovani mull attorno alle querce dei Della Rovere, sembrano invece opere di Pellegrino Tibaldi, acm il CELlO, 96, assegna tutte le pitture che si trovano al di sopra della cornice, ma certamente sbagliando. R.I. Marco Pino e Pellegrino Tibaldi non presero pane all'esecuzione degli affreschi murali, dato che il primo lasciô Roma nel 1556 o nel 1557, quando Ia cappella non era ancora stata compiuta, mentre ii secondo parti da Roma nel 1555. Le pitture della cappella, come tutte le altre in questa chiesa, furono Un po' danneggiate durante l'occupazione francese alla fine del Settecento (v. F. BONNARD, Histoire dii C'ouvent Royal de la Trinité dii Mont Pincio a Rome. Rome Paris 1933). C 31
[Per la storia delle decorazioni, eseguite trail 1568 ed il 1577, v. 1918 L'affresco del Pino, la Resurrezione di Cristo, che il MANcINI ritiene un'opera tarda (ed. MARUCCHI-SALERNO, I, 198, Alcune Considerazioni; II, n. 707), e ii quinto sul lain sinistro di fronte all'affresco del Bertoja (Gab. Fot. Naz. B 47088). Le figure che si trovano sopra non rappresentano le virtii, come afferma il BAGLIONE, ma un profeta ed una sibilla, entrambi accompagnati da aneli adolescenti e putti (Gab. Fot. Naz. B 47112). E. J3OREA ha proposto ii 1573/75 per collocare l'opera del Pino, ponendolo cronologicamente vicino alla Caduta di S. Paolo del 1574 (Palermo, Arcivescovado; BOREA, fig. 31). Ella rileva lo stile iperbolico di quest'opera estremamente artificiale e di una graziosa bellezza e furia, basata suil'opera giovanile e suite nuove esperienze tratte dalle opere degli Zuccari e di Raffae]Iino. In questo senso Marco Pino si avvicinerebbe allo stile generale della tarda < maniera>> internazionale di Raffae]lino, di Spranger, di Bloemaert e di Wtewael (B0REA, 39 segg.). La data proposta della BOREA e accettata anche dalla MOLFINO, che la sposta soltanto tra il 1576 ed II 1577, dato che l'opera e citata nei documenti non prima del gennaio 1576. Per gli anni 1576/78 mancano perô i documenti (MOLFINO, 41 segg.). Recentemente questa data tarda è stata messa in discussione: e stain rovesciato II concerto dell'evoluzione dell'opera di Marco. Per esempio I'esecuzione dell'affresco del Gonfalone è stata posta alI'inizio delle opere degli anni settanta, e doe tra il 1569 ed il 1571 (v. COCUZZA, 1981/82 e STRINATI 1982; per la bibliografia cornpleta v. 1918, commento, come anche II riassunto: Oltre-Raffaello,
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31 10 -31' aspetti della cultura Jgurativa del Cinquecento romano, maggio-luglio 1984, Roma 1984, 167 segg.). R.I.
V 3 1014
versione: manca; 2 1 versione: Net Palazzo Vaticano in Sala Regiafece una istoria, sopra Ia Porta che va al/a loggia delta Beneditione e meantrovi una di mano di oratic Somachini cia Bologna.
C 3 i < Per Ia storia della Sala Regia v. 1328. L'affresco di Ottone I ed Agapita II (Foto Musei Vaticani XLV-14-23) si trova alla fine della parete sinistra che dà verso Ia cappella Paolina e che occupa uno dci sei tabernacoli >>, dove Daniele da Volterra aveva cominciato a dipingere figure singole di re donatori. Sotto Pio IV fu perô deciso di rappresentarvi l'atto delle donazioni (v. 1328). II Vofterra che era occupatissimo con la fusione del - cioè del monumento per Enrico II di Francia - dichiarè che avrebbe affidato I'esecuzione ai suoi scolari, assumendonc naturalmente la sovrintendenza (VASMIL VII, 67). Questa proposta non piacque al Papa; ii lavoro fu diviso col Salviati e finalmente Daniele fu esciuso. Tuttavia sembra che abbia iniziato secondo ii concerto modificato che fu poi finito da uno stuolo di aftri pittori. [Dat punto di vista stilistico, I'affresco di Ottone I ed Agapito H non puô essere opera di Marco Pino, come ha giustamente dimostrato E. BOREA, proponendo invece ii nome di Sammacchini, aI quale da canto suo il BAGLIONE attribuisce, ma a torto, l'affresco che Si trova di fronte e che in realtà è di mano di G. B. Fiorini (Foto Musei Vat. ffl-27-17; BOREA, in: Boll. Unione Storia ed Arte, 1961, 5, n. 4). Questa e Ia ragione per cui II VASARI non cita l'affresco come lavoro dcl Pino, pur nominandolo spesso. R.I. L'affresco fu eseguito nel 1563 o nel 1564; Sammacchirii ricevette una caparra di 30 Sc. ii 29 settembre 1563. L'intero pagamento per il suo lavoro ammontava a 200 sc. secondo il BERTOLOTTI; secondo ii LANCIANI (Scavi 111, 228) invece, la cifra era di 260 Sc. Nell'affresco troviamo numerosi riferimenti michelangioleschi (per esempio ii Cristo della Minerva, lo schiavo morente) e mold ritratti, incluso quello dcl papa Pio IV, ii cui stemma è visibile sia net trono che nel baldacchino (v. Ill. Vat. 1931, n. 9, 33 segg.). II Sammacchini, che aveva anche collaborato alle pitture del Casino di Pio IV, ritornô a Bologna, dove mod nel 1577. 11 BAGLIONE non lo incluse nelle sue Vite, dato che la sua permanenza a Roma fu breve.
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31I8312
289
P 3 1 18
RESTA in D: di questo io ne tengo ii disegno originale.
C
V. 25 ° . La cappella - o piuttosto l'altare - era, secondo II MALVASIA (p. 41) di proprietà di Capogalli. Purtroppo le iscrizioni raccolte daT FORCELLA non forniscono ulteriori chiarirnenti. II dipinto che II MANCINI (ed. Marucchi-Salerno, Viaggio, 278) attribuisce a
Raffaellino da Reggio confondendolo evidentemente con quello menzionato daT BAQLIONE a 25 °, è ancora ricordato dal TITI nelle edizioni del 1674 (348) e del 1686 (286), ma non pin nell'edizione del 1763. E presumibie che sia scomparso, come è avvenuto per tanti altri dipinti, durante i lavori che ebbero luogo nel Settecento.
C
3122 II dipinto esiste tuttora nella seconda cappella a destra, dove si tro-
vano gli affreschi del Roncalli. II
CAsIMIRO, in Memorie istoriche della chiesa e convento di S. Maria in Araceli di Roma. Roma 1763, 43,
fornisce alcune notizie sulla storia della cappella, che non contribuiscono perô a chiarire la cronologia dell'opera di Marco Pino; la cappella fu eretta in onore del S. Sepolcro da Maurizio Morelli, che la cedette nel 1585 a Paolo Mattci, figlio di Ciriaco. L'iscrizione che ricorda Ia decorazione della cappella è del 1590 (v. FORCELLA I, 201, n. 766); il dipinto deve quindi essere stain eseguito negli ultimissimi anni della sua vita, a meno che non sia stain fatto già prima della cessione per ordine del Morelli (Gab, Fot. Naz. E. 48753; ripr. in Riv. Araldica, 1943, 270). [La BOREA data il quadro al 1585, quando la cappella fu ceduta. La studiosa nota perô >; MEYER, Künstlerlexikon, I, 272, n. 2; l'incisione contiene altre stone della vita del .Battista attorno al Battesimo). II dipinto non è pin di stile michelangiolesco ma testimonia la maniera postmichelangiolesca, tipica del Sabatini, del Calvaert e di Venusti. Il lavoro pin importante che Matteo esegul a Malta è il fregio nella sala grande, chiamata anche Ia sala del Maggior Consiglio ora Hall of St. Michael and St. George — che raffigura le vane jasi dell'assedio del 1565; sicuramente è un'opera sua e nel 1631 ne venne fatto un'incisione in rame da A. F. Lucini a Bologna. Gil affreschi dovrebbero essere stati eseguiti tra il 1576 ed II 1581, e doe durante il soggiorno documentato dell'artista a Malta. La datazione presunta ai tempi di Alof de Wignacourt (1601-22) e da scartare perché non e fondata. Matteo tornô a Roma al piü tardi nel 1581 e si trasferI nel 1583/84 in Spagna e dopo in -
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3223 3224
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Peru (v. 3223 e 3224). Non si sa niente di un secondo viaggio a Malta. Per gil affreschi v. BOISQELIN, Matte ancienne et moderne, I, 1809, 60; B. LINTORN SIMMONS, Descrsitition of the Governor's Palaces in Malta, Malta 1887; R. PARIBENI, Malta, Roma 1925, fig. 70; In., Malta, Bergamo 1930; 0. F. TENCAJOLI, Andrea 11 Re d'Ungheria ricordato a Malta in unaffresco del palazzo magistrale, in: Corvina XXI-XX1V, 1931/32, Budapest 1933, 18 segg.; SCICLTJNA, op. cit., 24; J. C. LOCHHEAD, T. F. R. BARLING, The Siege of Malta 1565, London 1970, con tutti gil affreschi riprodotti a colore. Altre attribuzioni a Matteo di dipinti che si trovano nella gala di attesa, o Paggeria, nella cappella e nella camera da letto, sono senza fondamento (v. J. PERETTI, Les arpects linguistiques littéraires artistiques et folkloristiques de l'italianité de Malte, Tolentino 1965, 219; v. anche J. QUENTIN HUGHES, The Building of Malta, London 1956, 137. R.I. V 3223
Interpolato dal Tronsarelli: prese ii suo uiaggio verso
C 3223
[Matteo da Lecce si recô in Spagna verso Ia fine del 1583 o all'inizio del 1584, come attesta la data visibile nell'incisione sul retro del dipinto su rame, che fa parte di una collezione privata a Lima (v. 3224, commento) e ]a data 1584 del Cristoforo che si trova nella cattedrale di Sevilla (v. sotto. R.I. II TH-B cita parecchie opere a Sevilla, datandole dal 1584 al 1587. Per quanto riguarda II S. Cristoforo che si trova nella cattedrale, si sostiene erroneamente che sia stato dipinto quando il pittore Luis de Vargas era ancora in vita, cioè prima della sua morte, avvenuta nel 1568 (v. V. v. LOGA, Die Malerei in Spanien vom XLV. his XVIII. Jahrhundert, Berlin 1923, 99; A. PALOMINO, El museo pictórico, ed. Sanchez Canton, Fuentes literarias, ifi, Madrid 1934, 157). [Secondo Francisco PACHECO, Arte de la pintura, 1649, il S. Cristoforo fu dipinto nel 1584 (v. SANCHEZ CANTON, bc. cit., II, 167 segg.). E firmato ) e fa parte della serie dci predecessori di Cristo (foto Bibliotheca Rertziana D 9398). Gli altri predecessori nei pennacchi furono eseguiti da Cesare Nebbia (Achaz e Ezechias; Azor, Sadoc, Achirn) e da Paris Nogari (Jesse, David). [Lo stile che distingue Ia Sibilla fa notare un influsso bolognese di tipo sabatiniano. I puttirii nicordano quelli del Roncalli. R.I.
V
3822
ben formato, esquisita fzgura, e da canto
P 3824
RESTA
C 3824
[L'affresco non si trova a sinistra della finestra, come erroneamente sostiene il BAGLIONE e piü in là anche il TITI, ma nella parte destra della lunetta che Si trova sopra il monumento di Pio V nel braccio sinistro della cappella. Raffigurati sono SALMON .Booz .DE RAHAB; Ia figura pnincipale è an interessante precursore bolognese del Narses di Guido Rein che si trova nella cappella Paolina, situata aI lato opposto della cappella Sistina (foto BibI. Hertziana D 9374). Per la parte complementare della lunetta divisa della finestra in due, v. ]a vita di Arrigo fiammingo (7740) R.I.
in D: dcl S". - bella cosa.
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382 - 38'
V 3825
309
nella cappella alcune figure, e nella sagrestia sonvi [...].
26 ,'. ..
C
38
V
3827
Interpolato: Vi,njnale
C
3828
[Questo poreone monumentale si trovava all'incrocio dell'odierna via de Pretis con via Urbana, poco verso Est, ai piedi della collina di S. Maria Maggiore (v. V. MAssIMo, Notizie istoriche della Villa Massirno, Roma 1836, 43 e tav. V, e pianta tav. I). Fu demolito insieme a tutta la villa nel 1874-89 (v. MANCrNI, ed. MarucchiSalerno, I, 278, II n. 822; R. CORSETTI, Il passato topografico e storsco dell'Istituto Massirno alle Terme, Roma 1898, 51 segg.; G. ANGELERI, V. MARI0TTI BIANcrn, Termim, Roma 1984, 168.). R]. Già V. MAssIMo scriveva nel 1836 degli affreschi quasi interamente
=
[n dLfflcde stabilire quah dde figurme dde grottesche nelle decorazioni della sagrestia siano di mano sua. Confrontando perO le due figurine femminii sedute, visibifi sulla fotografia Anderson 17503, con Ia figura di Salomon (lunetta sinistra della cappella), o con i puttini del pennacchio, si possono immaginare ie figure alle quali accenna II BAGLIONE. Ma stessa maniera si pUÔ avanzare l'ipotesi che nella prima cappelletta situata a destra, i due angeli dci due pennacchi a sinistra nel loro stile bolognese vicino al Sabatini, possano essere della mario di Lattanzio (foto BibI. Hertziana D 9370). R.I.
scancellati.
I lavori del Fontana per la porta viminale furono stimati il 26 marzo 1589 (G. MATTH lAB, La villa Montalto alle Terme, in: Capitolium X[V, 1939, 142 segg. e n. 7) [Furono già stimati nel mese di luglio del 1587, secondo I'informazione che dobbiamo a Matthias QUAST (ASR, Camerale I, fabbriche, busta 1527, libro 50, fol. 72 r. segg.). R.], Per la Giustizia di Giacomo Stella, che corrisponde alla Relgione, v. 336 [238] .
V
3828
opera degna di gran lode
V 3833 manca: (per dir vero). P
38
C 3
RESTA
in D: pur dirute.
Si tratta della scala che Sisto V fece costruire da Domenico Fontana, per poter scendere dalla sagrestia della cappella Sistina alla cappella Gregoriana in S. Pietro (v. REDIG DE CAMPOS, 192). In seguito
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337_394
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fu notevolmente ridotta, quando il Maderno costrul la nave cli S. Pietro; oggi Ia scala termina nella cappella del SS. Sacramento. Le pitture che ornavano la sua volta a botte erano, secondo il TAJA, . Biassumendo si presume dunque che i quadri grandi siano di Santi di Tito: Nabucco in.vita it popoio ad adorare Ia statua d'oro, Racconto delta seconda parte del sogno (forse eseguito da un compagno), l'Insania di Nabucco, e ii Ritorno alfautorità sovrana. Quanto alla Seconda parte dcl sogno (11-40-6) dubito che ii CELlO abbia accennato a questo affresco quale opera del de' Vecchi, come crede il RoLl (ArteAnt Mod 8, 1965, 47 e fig. 18), essendo questa scena stiisticamente troppo legata alle altre tre grandi di Santi di Tito, come anche ai suoi affreschi che si trovano nel palazzo Salviati (v. soprattutto ii Miracolo di S. Filippo, fotografia GFN E 45143). Non vorrei comunque escludere l'aiuto di un'altra persona (v. anche Arnolds, 10, che presume Ia presenza di un'aiutante). Di Santi di Tito esiste a! Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi un disegno sul tema del Ritorno all'autorità sovrana (v. ARNOLDS, 12 segg. e tav. VII, n. mv. 7734 F); un'altro disegno, nella stessa collezione, rappresenta invece Nabucco guarzto che loda Dio ed è attribuito a Santi di Tito (ARNOLDS tav. XII; n. mv. 7717). La sua composizione (e non lo stile) sembra tuttavia aiquanto circignanesca; v. sopra, ed in seguito alla stesura di questo commento: Disegni di Santi di Tito, Firenze 1985 (catalogo del Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi), a cura di S. LECCHI.NI GI0vANN0NI e M. COLLARETA, nfl. 1 e 2. R.I. Per la costruzione e per la decorazione delle logge di Gregorio XIII, dei quail scrissi brevemente in: Illustrazione Vaticana, 1935, 1270 segg., 1936, 161 segg., v. II commento 5 27 con I'elenco dei vari riferimenti fatti dal BAGLIONE aile Logge. Al Circignani attribuisco Ia stona del Tributo a Cesare, situata at secondo piano (bc. cit., 164 e fig. 9), come anche i sedici affreschi raffiguranti il paradiso, che si trovano al terzo piano (bc. cit. 166, fig. 13 e 14); bavori eseguiti probabilmente tra il 1577 ed II 1582. [Il secondo piano venne, secondo Ie iscrizioni, decorato tra il maggio del 1576 e II maggio del 1577 sotto Ia sovrintendenza del Sabatini, e in seguito alla sua monte net mese di agosto del 1576, sotto quella di Marco da Faenza. (v. 1814). Dato che le scene del Circignani si trovano net terzo e nel quarto compartimento insieme a quelle del Sabatini, è presumibile che saranno state dipinte tra ii
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maggio e agosto del 1576, periodo in cui il Circignani non appare nei documenti di Cittã della Pieve (v. CANUTI, 208). L'attribuzione del Tributo a Cesare (comp. 11; foto Mus. Vat. VIll-3541) al Circignani non è convincente, perché vi mancano le finezze della modellazione coloristica. Bisogna tuttavia accettare l'attribuzione della Guarzgione delta suocera di S. Pietro (VT-27-8; comp. 3), fatta da J. HEss nel BurlMag 1951, 191, e fig. 17. Altre opere sue sono: la Guarzgione di vu indemoniato (comp. 4; VT-27-9), e Cristo che calma ii vento (comp. 4; VI-27-10). HESS attribuiscela prima al Sabatini (v. 18', commento). Mi sembra tuttavia evidente che lo stile delle figure e dei volti sia circignanesco (v. anche Ia Guarigione della suocera). II secondo braccio del terzo piano, e cioe quello settentrionale, yenne decorato nel 1582 per quanto riguarda la parte the va dal quarto all'undicesimo compartimento. VAN MANDER attribuisce la sovrintendenza artistica al Circignani e invece quella iconografica ad Egnazio Danti (v. 5728, commento). La data del 1582 the si trova nell'undicesimo compartimento è dell'Ottocento. Essa sostitul un'iscrizione che ricordava F introduzione del calendario gregoriano nel 1582. Questa data è quindi il terminus postquem per la decorazione che venne perà aricora eseguita nel 1582, prima del successivo restauro del braccio occidentale (1583), e prima della decorazione della Sala vecchia degli Svizzeri (1583; v. RöTTGEN, II Cavalier d'Arpino, catalogo della mostra, Rorna 1973, 20 seg.). fl ciclo consiste nella raffigurazione dei Santi net paradiso e delle virtü che qualificavano il pontificato di Gregorio Xlii, ricordate nelle iscrizioni attraverso i fatti del suo governo. [Per II tema geografico sulle pareti v. PODESTA, Le mappe delle Logge Vaticane, in: Riv. Eur. II, fasc. 7, 34 segg.; BANP1, La Loggia della CosmograJia net Palazzo Vaticano, in: L'Urbe 14, 1951, n. 1, 1 segg.; ALMAGIA, Le pitture geografiche murali della terza Lo.ggia e di altre sale vaticane, Città del Vaticano 1955, Per Ia costruzione invece: J. ACKERMAN, Cortile delBelvedere, Città del Vaticano 1954, 102 segg.; J. WASSERMAN, The Palazzo Sisto Vin the Vatican, in: JSAH 21, 1962, 26 segg. Numerosi pittori lavoravano alla terza Loggia, tra i quail vi erano (secondo ii BAGLIONE, VAN MANDER, CELlo e TAJA il Lombardelli (475), Nogari (8738), Croce 27) Matteo (297 [199] ), Cesari (368 [270] '), Tempesta (314 [216] 6) Bril (296 [198] Akri pittori, come Massei, Roncalli, Matteo da Siena, Donato da Formello, Giacomo Stella, nominati anch'essi dal Baglione nelle loro vite, devono probabilmente aver dipinto soltanto nelIa seconda Loggia. Inoltre, considerando le sedici rappresentazioni del paradiso, due in ogni volta (quella dell'undiccsima tuttavia dipinta ex novo; tutte fotografate dai Musei Vaticani), II Circignani ha evi-
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41"
dentemente eseguito una parte delle figurine nell'ottavo compartimento (foto 11-27-12; GFN D 5019), riconoscibii per Ia loro carnagione color rosa e celeste. Inoltre aggiunse delle figurine nelle raffigurazioni della Traslazione delle reliquie di Gregorio Nazianzeno (11 giugno 1580) sopra le finestre interne (p.c. nel comp. 5, foto 11-34-12; comp. 7, foto 11-34-10; comp. 8, foto 11-27-2). R.I. Lo studio della Galleria dde carte geografiche, decorata sotto Gregorio Xffl neT 1580/81, non è stato ancora intrapreso; per quanto riguarda la divisione stilistica dei pittori si prefigura un compito non facile, viste le sue dimensioni enormi e Ia varietà infinita dei lavori di stucco e di pittura (v. R. ALMAGIA, Le pitture murali della Galleria delle carte geografiche, Città del Vaticano 1952; v. inoltre 5728 per il Danti, 5119 per il Muziano, e 11623 per II Nebbia; per alcune scene di improrita circignanesca v. 44). [La data del 1580/81 è deducibile dall'iscrizione meridionale, visto che nell'indicazione dell'anno VIlil del pontificato di Gregorio XIII I'ultimo I non è pin di stucco ma aggiunto in colore; un fatto che iqdica l'inizio dci lavori di decorazione nel 1580. R.I. fl Baglione attribuisce altrove Ia sovrintendenza ai lavori al Muziano (5119), mentre credo che nella vita del Circignani si trani piuttosto della sovrintendenza alla Torre dci venti, costruita tra il 1578 e il 1580 da Ortaviano Mascherino, e destinata ad osservazioni meteorologiche. Si accenna talvolte a questa torte come se facesse parte della galleria: al tempo di Gregorio XIII, e cioè nel 1580, ii Circignani vi decorô infatti Ia sala della meridiana (v. 53) [Si trana della volta con il meridiano, con venti e puttird intorno, con
le quattro stagioni, ed inoltre, di due grandi affreschi sulk pareti. Questi uhimi rappresentano Cristo che calma ii vento (Matteo 8, 23 segg.), e II Naufragio di S. Paolo a Malta (disegno preparatorio per Ia parte di sinistra, poi notevolmente modificata a Haarlem, Teyler Muscum (TuRcIc, fig. 2 e tav. 29). In mezzo troviamo Ta scena dei quatEro angeli che tengono I quatiro venti (Apoc. VII, 1); inoltre, sulle pareti ci sono le personificazioni dci venti e diverse piccole scene e grottesche molto belle, tanto sulle pareti, quanto anorno alle finestre. Le grandi scene sono caratteristiche per Ia composizione del Circignani; in una Specie di horror vacui sono inserite numerose figure assai movimentate oppure molto tranquffle, sparse in diverse profondita spaziali poco definite. 11 vantaggio di questo genere compositivo e rilevabile dal suo valore decorativo, accentuato ulteriormente dagli sfondi paesaggistici, attribuiti con maggior sicurezza a Matteo Bril (v. 543) Molto bella e la composizione della volta con la prospettiva del colonnato e con quadri illusori tenuti da puttini (i pin belli sono eseguiti daT
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Circignani). Un disegno di una testa molto simile a quella di un putto nella volta at di sopra del naufragio Si trova presso il Kupferstichkabinett di Berlin sotto gli anonimi, n. mv. 24377. Sembra inammissibile che BAGLIONE avesse omesso quest'opera, che in realtâ e una delle migliori del Circignani; si pUÔ quindi supporre che egli volesse con questo passo accennare proprio ad essa. R.I. Vedi PASTOR IV, 834 segg.; per tutta la storia e per Ia destinazione scientifica v. P.I. STEIN S.J., La Sala della Meridiana nella Torre del Venti in Vaticano, in: illustrazione Vaticana, 1938, n. 10, 403 segg., con Ia descrizione fatta da Egnazio Danti, comprendendo molte riproduzioni; F. MANCINELLI, J. CASANOVAS, La Torre del Venti in Vaticano, Città del Vaticano 1980, con incluse molte riproduzioni a colon. V 4112
[Cancellato: Primieramente dsinse; sostituito con: Figurô con i suoi colon] nella Chiesa L.I. Ripetuto sulla striscia che contiene la seconda stesuna del primo passo (cf. variante 412h1): Fzgurô con suoi Colon nella chiesa (l'uleima parola
e
dal Tronsarelli).
T
All3
manca: numerosi
C
4113
[Gli affreschi vennero eseguiti net 1582 su commissione dei padri Gesuiti del Collegio germanico ed unganico (v. F. BANFI, in: Capitolium, 28, 1953, 296, dove vi è fatto riferimento anche al Vat. Lat. 11904, del 1585/90 circa, che contiene la Descnstio aliquot Ecciesiarum Romanorum, Auctore Julio Roscio Hortino, in cui Si trova su foL 44 v. ii seguente passo sulla chiesa: ; v. inoltre: L. BENEDETTI, Santo Stefano Rotondo, Roma 1962 (Quaderni dell'>, 7), 32 segg., con citazione dde raffigurazioni pnincipali; Nicolô viene tuttavia confuso con Antonio Circignani). Oniginariamente erano trentadue aifreschi (v. CELlO, 90); ne esistono ancora trenta. Essi furono > nel 1705 e net 1832. Verranno restaurati durante i lavoni di conservazione, che sono in corso da molti anni in questa chiesa. Due affreschi con i inartiri di Policarpo e Marghenita vennero sostituiti nell'Ottocento del Manno (NIBEY, 1849, 170; MONSSEN, V. sotto; non so quale fosse il criterio che glielo fece atiribuire a Marcello Leopardi, c. 1794 che mi sembra un po' troppo presto). Per gli sfondi di paesaggio eseguiti da Matteo da Siena v. 4429 Gli affreschi dei martini coprono un grande panorama della storia dei primi cristiani, che viene niassunto nel periodo del Baronio e de-
V 91
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gli Annales ecciesiastici. Si tratta comunque di un'arte facilrnente percepibile, stimolata dalle crudeltà raffigurate e nata dal linguaggio propagandistico in un secolo di conflitti religiosi e di novità crudeli diffuse per stampa; v. H. RöTTGEN, Zeitgeschichtliche Bildprogramme der katholischen Restauration tinter Gregor Xlii 1572-1585, in: MuJbBK 26, 1975, 106 segg., dove viene citato anche il giudizio di CH. DICKENS sugli affreschi (Pictures from Italy, 1846); TH. BuSER, Jerome Nadal and Early Jesuit Art in Rome, in: ArtBull 58, 1976, 424 segg. A. VANNUGLI, bc. cit. R.I. Questi affreschi hanno suscitato grande interesse in ragione dei soggetti: ne sono state fatte trentadue incisioni da Bartobomeo Grassi, con ii testo di Giullo Roscio. [TITI p arIa di un'edizione fatta da Bartolomeo Grassi con testo di Giulio Roscio da Orte, senza l'indicazione di una data. F. BANFI (Capitolium 28, 1953, 297 segg.) cita l'edizione del Grassi con incisioni di G.B. de' Cavalieri, del 1585: Ecclesiae militantis triumphi in &clesia S. Stephani Rotundi Roma Nicolai Circiniani pictoris manu visuntur depicta... a Joanne Bap. ta tie Cavallertjs aeneis typis accurate expressa. MDLXXXV. Romae ex officina Bartholomaei Grassi (formato 40; Biblioteca Vaticana). La Bibliotheca Hertziana possiede un'edizione stampata dab Cavaheri con tesro del Roscio del 1589, dedicata a Prosper de Baume: Triumphus Martyrum in templo Stephani Caelii Montis expressus Julio Roscio Hortino Autore... Opera et industria Jo. Baptistae de Cavalleriis MDXXCV]JII (80). Nd frontespizio di questa edizione (1589) si riconosce perO ancora un testo originario, poi raschiato dal rame ma ancora chiaramente leggibile. ... Ecclesiae S. Stephani rotondi a Roma visuntur depicta. Roma ... MDLXXXIII. Questo testo raschiato dev'essere stato fatto per una prima edizione del 1583, realizzata - come sembra - soltanto qualche anno dop0. Fornisce II terminus ante quem per l'esecuzione degli affreschi. NeIla Biblioteca Vaticana Si trova un'edizione uguale a quella in possesso della Hertziana; data perô de 1587 ed è dedicata al cardinal Giacomo Savelli. v. anche VANNUGLI, bc. cit. R.I. Le pubblicazioni dedicate a questi affreschi hanno forse contribuito alla cattiva fama del Circignani: trovo invece che questi aifreschi siano soltanto qualitativamente inferiori rispetto ad altre opere sue, che posseggono spesso grazia e fantasia. Bisogna tuttavia annotare che artisti come ii Guercino ed il Domenichino non abbiano disdegnato di considerarli come fond cli ispirazione, soprattutto quando si trattava di rappresentare, per esempio, II martirio di qualche Santo. Pare anzi che il ciclo fosse inteso come una Biblia pauperum, donde la preoccupazione di spiegare i soggetti con ci-
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fre e scritte. [Sicuramente questi affreschi vanno intesi come una serie di informazioni storiche visibili in cui Ia scopo didattico e il grande nurnero delle rappresentazioni limitava le possibilitâ artistiche, non stimolando affatto la fantasia e le ambizioni del pittore. Non si puô tuttavia negate il carattere particolare dell'intenzione storico-panoramica dell'insieme. D'altra parte gli affreschi hanno un loro pregio particolare quando si tratta delle scene situate sugli sfondli, con figure leggerissime situate nei bei paesaggi di Matteo da Siena (v. 4429) che preludono a simili figurazioni sugli sfondi di Giuseppe Cesari, del Correnzio, di Micco Spadaro, entrambi influenzati dal primo. Un disegno a matita lavata che rappresenta la Lapidazione di S. Stefano si trova a! Gabinetto delle Stampe di Roma (vol. 158-1-3; FC 1800-66; foto Bibliotheca Hertziana D 11308; RöTTGBN, bc. cit., 111, fig. 25). R.I. Da attribuire al Circignani sono inoltre le stone dei Santi Primo e Feliciano nella Cappella dell'altare maggiore. [Si tratta di nove affreschi con ii loro sistema architettonico, dipinto anch'esso dal Circignani. Sono sue anche le figure di Cristo con S. Paolo, I dodici Apostoli ed i Santi Stefano e Lorenzo nella parte inferiore dell'abside della cappella. Per i chiaroscuri sopra Ia balaustra in S. Stefano, v. L.H. MONsSEN, St. Stephen's Balustrade in Santo Stefano Rotondo (bc, cit., ff1, 107 segg.; v. sotto), dove sono attribuiti giustamente a! Circignani, mentre il VANNUGLI li considera del Tempesta. Particolare attenzione a questi affreschi è stata dedicata in una recente monografia da L.H. MONSSEN, The Martyrdom Cycle in Santo Stefano Rotondo, in: Institutum romanum Norvegiae, Acta ad archaeologiam et artium historiam pertinentia, series altera, II, Roma 1982, ifi, 1983. Per i due affreschi dcl Tempesta visibili sui lati delI'ingresso della cappella dci Santi Primo e Feliciano v. 314 [216] 37; recentemente: L.H. MONSSEN, Antonio Tempesta in Santo Stefano Rotondo, in: BoUArte 67, 1982, 14, 107 segg.; A. VANNUGLI, Gil affreschi di Antonio Tempesta a S. Stefano Rotondo e l'emblematica nelia cultura del Martirlo presso Ia Compagnia di Gesà, in: Storia del-
l'Arte, 1983, 48, 101 segg. (v. anche per il libro di Giovanni Battista Cavalieri). Non posso condividere l'attribuzione dde Stone del SS. Primo e Feliciano al Temp esta, come proposta dal VANNUGLI. Le ritengo opere tipiche del Circignani. R.I. V 41
lughilterra [interpolato dal Tronsarelli: doe] martirtY di quei Catholici et altre figure.
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C 41
41
[L'attuale chiesa della SS. Trinitâ degli Inglesi o di S. Tommaso di Canterbury è stata costruita nell'Ottocento. Quella preesistente (cioè dcl 1575) era stata distrutta alla fine del Settecento. Gli affreschi furono eseguiti nel 1583/84 e nel 1584 vennero incisi da Giovanni Battista Cavalieri nel libretto irititolato Ecclesiae Anglicanae Trophaea . - - in Collegio Anglico per Nicolaum Cicinianurn a'ipictae per Jo. Bap. de ('avaller aeneis typis rapraesentatae... MDLXXXIIII, Romae officina Bartholomaei Grassi. II libro si riferisce nelle pagine 31, 32 e 35 a dci martiri avvenuti solo nel 1583, terminus postquem per l'esecuzione degli affrcschi (v. H. RöTTGEN, Zeitgeschichtliche Bildprogrwmne der katholischen Restauration unter Gregor XIII, 1572-1585, in: MuJbBK, XXVI, 1975, 110 segg.). fl committente George Gilbert morl II 6 ottobre 1583. (L. SALERNO nell'edizione manciniana, II, 89). Dal libro citato sopra sono state fatte anche le copie ottocentesche sulle pareti del matroneo che offrono ancora un'impressione abbastanza completa dell'opera, anche se non ritengo che si trattasse di pitture originali come mi sembrava in un primo momento e come credono ancora J.A. GERE, PH. POUNCEY (Italian Drawings in the Department of Prints and Drawings in the British Museum, Artists Working in Rome c. 1550 to c. 1640, London 1983, 55, n. 66 e tav. 62: disegno del Martirio di S. Ebba; CAVALIER!, tav. 18). fl disegno che riguarda l'Uccisione di Thomas Becket è conservato a Gottingen, Kunstsammlungen der Universität (v. W. STECHOW, in: Old Master Drawings, June 1935, 13 segg. e tav. 18; con la vecchia ma erronea attribuzione ad Antonio Circignani; v. RöTTGEN, bc. cit., 113, fig. 34). Un altro conservato al Cabinet des Dessins du Louvre (10302) sotto ii nome di Nicolô Circignani, rappresenta il Martirio dci gesuiti Edmund Campion, Alexander Briant and Ralph Sherwin consumato nel dicembre del 1581 (CAVALIER!, tav. 33; Rottgen, fig. 32). Devo a CHANDLER KIRwIN la segnalazione di un quarto disegno, per p. 5 nel libro del CAVALIER!, che si trova alla Teyler Stichting di Haarlem (K. I. 41), con l'attribuzionc ad un anonimo fiorentino. L'attualità della storia contemporanea degli eventi non si rispecchia nelle raffigurazioni che si distinguono per una loro caratterizzazione fantastica della storia romana. Per quanto riguarda le raffigurazioni delle torture su commissione dei gesuiti v. F. HASKELL, recensione di F. ZERI, Pittura c controriforma, in: BuriMag., 100, 1958, 399; Th. BUSER, 10c. cit. (v. 41 15 ). R. Per quanto riguarda Ia storia del collegio v. A. CARDINAL GASQUET, A History of the Venerable English College, Roma, London 1920, 190 segg.; L. LOTTI, La cornunità cattolica inglese di Roma, Roma 1978 (Quad. dell'Alma Roma, 18).
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P 4121 RESTA in D: qti adesso sono sbiancata da PP. Giesuiti. C 4121
Le pitture del Circignani che rappresentano La vita ed ii martirio di S. Apollinare e che adornavano l'abside e le pareti della chiesa, furono create prima del 1586 su commissione di padre Michele di Loreto S.J. (P. SANTINI, Come era S. Apollinare, in: L'Osservatore romano, 19-3-1937, 5; C.M. MANCINI, S. Apollinare, Roma 1967 [Chiese di Roma, ill., 931. 16). Esse non sono perite net rifabbricare ultimamente Ia chiesa sotto Benedetto XTV, come dice ii BOTTARI nella sua edizione del TITI (1763, 405).; dovrebbero anzi esser state daneggiate già prima che il Resta scrivesse Ia sua postifia (v. postifia 4121), cioe probabilmente nel 1700 circa. Ma potrebbero anche esser state rovinate nel 1599, quando la chiesa fu > durante l'inondazione (v. avviso del 30 gennaio 1599, in: Roma, 1929, 371). Esistono dde incisioni a mano di Giovanni Battista de' Cavalieri all'interno di un libretto intitolato < Beati Apoiinaris martyris ... res gestae prom' Romae ... apud collegium Germaniewn et Ungaricwn a Nicolao Circiniano depictae Viswztur a Joanne Batpth'tae de Cavalers'is typis aeneis expressae, Rornae 1586,.. ex officina Bartholomaei Grassi (contiene dodici incisioni, di cui tre allegoriche). La dimensione esteriore della chiesa in quel periodo è visibile nelle piante del DUPERAC (1577), del TEMPESTA (ca. 1600) e del MAGGI (1625). Per la sua storia v. R. KRAUTHEIMER, Corpus Basilicarum aristianarwn Romae, I, 1937, 77. Contributi alla storia delI'adiacente Collegio si trovano in: Archivi d'ltalia, 1933-34, 311 segg. (Recchi).
V 4123 Interpolato.
C
4123Pitture menzionate dal CELlo, 25, e dal Titi 1674, 109. Nell'edizione del TITI del 1763 si sostiene a p. 99 che la chiesa fu rifatta di nuovo nel 1723. E da HUELSEN viene indicata come una chiesa tuttora esistente (p. 473, sotto S. Stefano de Arenula); oggi, come unico ricordo, ci è rimasto ii nome di una strada che parte da via Arenula sulla sinistra, prima di arrivare a Ponte Garibaldi.
C 4127 Esiste tuttora l'affresco del catino restaurato recentemente, che raffigura Cristo sul trono appoggiato su nuvole e circondato dai cori degli an ,geli. Secondo l'Ortolani fu eseguito nel 1587 per ordine del cardinal Antonio Carafa. [Le pitture del Circignani che si trovano a SS. Giovanni e Paolo, sono tra le sue opere piü belle. Vengono descritte da FILIPPO RON-
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DININI, De Sanctis Martyribus Johanne et Paulo eorumque Basilica.. Roma 1707, 163 segg. Sui muri vi erano rappresentati i SS. Giovanni e Paulo, Saturninus, Speratus, altri Martiri Scillitani, S. Pammachius e Scene della vita di S. Giovanni e S. Paolo; sono in tutto undlici, come Si capisce dalle iscrizioni riportate dal RONDININI. Un epigrafe ricordava la decorazione fatta su commissione di Antonio Carafa nel 1587. 11 CANUTI sostiene che sarebbe stata eseguita nel 1578 e non nel 1588, mentre A. PRANDI Ia colloca nel 1588. Sopra l'arco dell'abside si trovava 1'Annunciazione, e sui lad, S. Pietro, S. Paulo, S. Domenico e S. Caterina da Siena. Intorno agli anni dell'esecuzione dell'opera, II Roscio scriveva nella sua Descritio aliquot Ecciesia rum Romanorum (Bib!. Vat. 11904, fol. 20): ii circuito della tribuna è ornato di figure moderne. R.I. Non esistono pin gli affreschi murali, sostituiti nel 1725 con quelli che vi si trovano ancora oggi (v. TITI, 1763, 77; P. STANISLAO DELL'ADDOLORATA, La basilica celimontana del 55. Giovanni e Paulo, Roma 1930, 38 segg.; S. ORTOLANI, 55. Giovanni e Paulo) Roma 1931, 16 e 39 [Chiese di Roma illustrate, n. 291; A. PRANDI, SS. Giovanni e Paolo, s.a., 47, 88 [Chiese di Roma illustrate, n. 38]). V 41'
Interpolato.
P 4129 RESTA in D: hora v'è di Carlo Maratti. C 4129
11 quadro del Circignani, chiamato dal BERTHIER IL Trionfo degh Eletti, e stato sostituito con un opera di Carlo Maratta, tuttora esistente, che rappresenta S. Pietro che conduce avanti ía Madonna Ii cmque Santi canonizati da Clemente X. La sostituzione II preteso cognome Scavezzi, sotto
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II quale viene invece citato dal NAGLER deriva da un'incisione dalla statua di Sisto V che fu scolpita dallo stesso Antichi; ci deve perè essere qualche errore. R.I. Vedi NAGLER, Künstlerlexikon sotto Scavezz, MEYER, Künstlerlexikon e TM-B sotto Antichi; MANcINI, ed. Marucchi-Salerno, I, passim; VENTURI X 3, 575 segg.; P. BACci, L 'elenco detle pitture, sculture e architetture di Siena, compilatu net 162516 da Mons. Fabio ChigL., in Bull. Sen. 1939, 306, 313. A. RIccoBoNI, Roma netl'arte. La scz.dtura nell'evo moderno dat Quattrocento ad og,gi, Roma 1942, 115 segg.; S. PRESSOUYRE, Nicolas Cordier, Recherches stir Ia sculpture a Rome autour de 1600, Roma 1984, passim.
C
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V 42 31 1'
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V 42
Alcuni lavori eseguiti sotto Gregorio XIII vengono menzionati dal Baglione (V. sotto). Negli ultimi anni del pontificato, precisamente tra il 1581 ed il 1584, egli si trattenne a Carrara. Dagli acquisti di marmo si puô dedurre che era stato incaricato di fare del lavori probabilmente mai eseguiti, o, se lo fossero stato, fino ad ora non ancora identificati (v. CAMPORI, Memorie biografiche degli scultori... di Carrara, Modena 1873, 212, 268). manca: hello fl Bode credeva che si trattasse di sculture (v. W. v. BODE, Die italienischen Bildwer/ee der Renaissance und des Barock, 111, Brouzestatuetten, Berlin 1930, 41). E invece pin probabile che le opere indicate did Baglione fossero dde stampe o dci disegni, non ancora rintracciati. ° Interpolato ma
pin breve: nella Abitazione del Razanti i due vilani vi-
cino la fonte son sui.
C 42 ° La famiglia Razzanti ê oriunda di Matelica nelle Marche, e probabil mente qualche membro di essa si stabill a Roma dopo l'elezione di Sisto V, marchigiano anche lui (v. M0RONI 43, 251, 265; FORCELLA ifi, 40 n. 106). La casa è indicata dal TOTTI in una veduta di piazza Navona (Ritratto diRoma moderna, Roma 1638, 232 segg., al n. 9). Essa aveva un ingresso da piazza Madama ed e forse identificabile con l'odierno n. 69, nel cui cortile si trova infatti una bella vasca di marmo. Perô non ci sono pin Ic sculture del Bresciano, che si devono essere rovinate, essendo di stucco. Ne il MAGGI, né il PARASACCHI menzionano Ta fontana.
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C 434
T
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Queste statue erano probabilmente collocate nelle nicchie che una volta si trovavano nei quattro sostegni della cupola e che furono riempite per dare maggiore stabiità alla cupola. Le statue che furono eseguite durante i diversi restauri della chiesa alla fine del Cinquecento, sono menzionate dal TOTTI (Ritratti di Rorna moderna, 1638, 195) con t'attribuzione corretta (v. anche C 449)• Esse esistevano ancora all'inizio del Settecento N. TITI 1708, 89, 1721, 106), quando il loro scultore era stato ormai dimenticato. Non saprei indicare Ia data della loro scomparsa, ma in ogni modo esse non sono piü rintracciabili nell'ultinia edizione del TITI del 1763, 464. Per S. Eligio degli Orefici, v. M. TAFURI e L. SALERNO, in: Via Giulia, Roma 1973, 431 segg. Interpolato: e di suo nella Sala Re.gza le figure intorno larine di gregorzo xTII. Esistono tuttora questi due geni alati, di proporzioni eccessivamente allungate, collocati sopra ia finestra palladiana, dirimpetto all'ingresso della Cappella Paolina. Lo stemma di Gregorio X1I[ che essi fiancheggianoe probabilmente quello che to stesso Bresciano esegul in collaborazione di Gio. Angelo Cavadino, e che fu pagato net 1581 (v. BERTOLOTTI, Artisti lornbardi Milano 1881, 205), v. anche B. DAVIDSON, The Decoration of the Sala Regia under Pope Paul Ill, in: ArtBull., 58, 3, 1976, 413. Si tratta di quattro gruppi composti da due figure (v. F. BAUM GART, G. BIAGETTI, Die Fresken des Michelangelo, L. Sabbatini und F. Zuccari in der Cappella Paolina im Vatikan, Città del Vaticano 1934, tav. Ill, LVI), lavorati dal Bresciano nel 1580 o nel 1581 (secondo ii BERTOLOTTI, Arlisti lombardi aRoma, 1,205: Roma, ASR, Tes. segr. 1308, 1580-81, f. 39: 10 scudi a e uria S. Caterina, eseguite in cera, sono menzionate negli atti di quel processo che risale al 1591/2 (v. BERTOLOTTI, Gian Domenico Aigelini, ioc. cit., 81). Nelle collezioni Borghese si trova un riferimento a > (v. ORBAAN, Documenti sul barocco, 112 n.). Due
Baglione dice altrove, ma sembra che si sbagli, che queste due sta tue fossero opere di Leonardo da Sarzana, cioe dal Sormanni, > (BERTOLOTTI, Artisti subalpini in Roma, Mantova 1884, 103). Ne! 1589 fu pagato ii trasporto della (BERTOLOTTI, bc. cit., 103). La statua nel suo complesso e stata attribuita da W. GRAMBERG a! Sormanni, in TH-B, voce Sormani (Alinari 28236). Entrambe si trovano nelle nicchie laterali del braccio trasversa!e, situate di fronte all'ingresso della cappella, v. anche RiccoBoNI, bc. cit., 116. [Per quanto riguarda la Statua di S. Paolo, si pua considerare assai convincente ii riferimento die J. HESS fa rispetto albo stile di Prospero, data I'affinitâ della posa e dello stile scultorio che esiste con la statua del Mosè nella Fontana deil'Acqua Felice. Senza fondamento sembra invece Yattribuzione che Si fa a! Prospero del Presepe che si trova sotto l'akare del Sacramento (RIccoBoNI, bc. cit., 116 segg.). Secondo TITI (1763, 2)6) si tratta di un opera di Cecchino da Pietra Santa, che fu comunque un collaboratore di Prospero (Th-B 27, voce Pietrasanta, Cecchino; 4322, commento). R.I. misure, che non fanno errori se non per non voler prestare fede al consiglio altrui, e per mera caponeria, et in questa statua perse
Il Baglione parla in parecchi posti della condotta e della moStra del!'Acqua Felice, progettata giâ nel 1583 da Gregorio XIII. In un avvi-
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so del 22 luglio 1587 è comunicata l'intenzione di erigere sulla facciata della fontana ormai funzionante una statua di Mosè, e ii 15 settembre, probabilmente del 1588, furono pagati Sc. 4.50, senza precisare a chi, (salmo 149) si riferisce appunto a questo soggetto. Ii quadro, tematicamente scambiato con quell'opera introvabile del Sermoneta, viene citato dab TITI, 1763 e da NIBBY, 1838, come opera del Sermoneta, mentre il Resta ha invece almeno identificato il suo vero autore. Secondo PILLSBURY Si stipulô un contratto ii 4-12-1585 per l'indoratura dell'altare nella sagrestia (PILLSBURY, 441 segg.), e si tratta di una data conforme ailo stile del quadro. R.I.
P 461923
RESTA in D. lo ho nel rnio 3°. Tomo tutta q'. galleria intiera a penna d'acquarello. 1583.
C 4623 [II palazzo eretto per Francesco Jacobelli da Foligno ma non terminato, fu venduto ii 7 maggio 1583 a Orazio Rucellai (ASV, Arch. Ruspoli, Div. 2, Arm. B, tomo 74, fasc. 4; gentile communicazione da E. PILLSBURY. R.I.
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3.59
Inanzitutto è interessante Ia forma architettonica della galieria, che ha le proporzioni di un corridoio cornposto da sette finestre per lunghezza su due di larghezza, ma che non serge al collegamento come per esempio Ia galleria delle carte geografiche, perché è situato all'angolo dell'edificio. Si direbbe che si tratta di un concerto importato dalla Francia monarchica, con la quale infatti Orazio Rucellai manteneva relazioni strettissime, ideato e progettato per le visite del Granduca, che vi poteva far passare in rivista i suoi cortigiani. Anche i soggetti degli affreschi che rappresentano gli Dei olimpici e gli linperatori romani, portano lo stesso carattere cortigiano (per ii tema iconografico V. SAXL, bc. cit., ed ii suo soggetto, il libro di ZuccHI, Discorso sopra ii dei de' gentilL. Composto da Giacomo Zucchi... Roma 1602; SCFILOSSER, Lett. artistica, 3 2 ed. 1964, 377). L'ispirazione che nasce dalla Volta della Cappella Sistina è evidente, ed è visibile in mold particolari, ma anche nella sua composizione generale: caratteristica è la striscia centrale che e ideata in senso Iongitudinale, senza accento centrale, perché Ia sua bellezza sia pienamente godibile Vedendola e progredendo dall'ingresso, come se fosSe, appunto, un corridoio. Manca, a differenza della volta Sistina, qualsiasi tentativo di interpretare to spazio in senso illusionistico, mentre l'abbondanza figurativa e Ia ricchezza ornamentale creano un'ambiente di alto valore decorativo. La data del 1583, fornita dat P. RESTA, pare accettabile almeno per quanto riguarda gli schizzi; l'esecuzione di un'opera cosi vasta si dev'essere protratta per parecchi anni. (Fotografie GFN C 8947/8/9). [Per un disegno di Atlante ed Ercole conservato nella Kongelige Kobberstik Samlung a Kbenhavn, v. PILLSBURY, bc. cit., 16 e tav. 17. R.I. V 4626
Puttini a fresco [cancellato: raro; sostituito con: sono] pregio
C
[La cappella, la terza a destra, fa parte della riedificazione di S. Mana in Via, avvenuta dal 1592 al 1596. Pu eretta a spese di Pietro Aldobrandini, fratello di Clemente VIII e motto nel 1587, sotto l'incanico di sun figlio, e cioè del cardinal Pietro Aldobrandini (v. L. MORTARI, Considerazioni e precisazioni sulla cappella Aldobrandini in S. Maria in Via, in: Quaderni di Emblema, 2, Bergamo 1973, 76 segg.). Se ne parla per la prima volta net 1593. La volta a mezza botte e decorata con stucchi motto elaborati, tra cui sono incastrati quattro compartimenti rettangolari disposti per akezza, due per ogni bato, e un ovato per altezza nel centro. I soggetti disposti intorno all'imagine del Padre Eterno sono: I'Ascensione, Noli me tan-
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46' gere, Pentecoste ed 4ssunzione (Ia MORTAR I non indica ii Noli me tangere). Le pitture dello Zucchi andrebbero collocate già nel 1593/ 94 (MORTARI: 1594/96), quando la chiesa era voltata, e prima del 10 agosto 1594, quando venne pagato Giuseppe Cesari per pitture
fatte e ancora da fare. fl Cesari sostitul ovviamente lo Zucchi, deceduto probabilmente dopo aver terminato gil affreschi della volta nel 1593/94. Sembra inammissibile che i due pittori, di eta e di formazione cos! diverse, ricevessero una commissione insieme. Ritengo che un disegno dell'Adorazione dei pastori, pubblicato dal PILLSBURY, bc. cit., tav. 14, sia un progetto finale per I'affresco che si trova a sinistra, che lo Zucchi avrebbe dovuto eseguire. II Cesari ne ha ripreso qualche traccia compositiva per I'esecuzione del suo affresco; v. CELlo, 68; TITI, 1674, 384; 1763, 351; C. CECCHELLI, S. Maria in Via, Roma (1925; Chiese di Roma illustrate, 14); CALCAGNO, 43 segg.; Restauri della Soprintendenza alle Gallerie... per ii Lazio, Roma 1972, n. 41 e tav. 42 b; L. MORTARI, bc. cit.; H. RÔTTGEN, Ii Cavalier d'Apino, catalogo della mostra, Roma 1973, 31. Per informazioni sul quadro d'altare e gli affreschi murali del Cesari, v. 272 [370] 27 R.].
C
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Esistevano due cardinali di nome Aragona: il primo, chiamato Pietro Tagliavia, promosso nel 1553, morto nel 1558 (CARDELLA IV, 331), ebbe Ia sua residenza vicino aBa Fontana di Trevi, nell'odierno palazzo Poll, il secondo, Simone (suo nipote) a cui accenna ovviamente il Baglione, promosso nel 1583, chiamato anche con il nome di cardinal Terranova, abitava prima < vicino alla Dogana >, fino a quando, assunto il titolo di S. Lorenzo in Lucina, si trasferl nelt'odierno palazzo Fiano-Almagià, dove morl nel 1604 (CARDELLA V, 218; FORCELLA XI, 305, n. 35; P. T0MEI, Un elenco dipalazzi di Rorna del tempo di Clemente V/IL in: Palladio, 1939, 219, n. 46, 226, n. 78. Per informazioni sulla storia dcl palazzo Fiano e sugli affreschi attribuiti a Baldassare Croce, v. 199 [201] 15 Uno dei quadri dello Zucchi rappresentava ]a Resurretione di nostro Signore, come ci dicono 10 stesso Baglione neb suo volumetto Le Nove Chiese di Roma, Roma 1639, 45, e il TITI, 1674, 26. [Un altro quadro, e doe un'Ascensione, opera dello Zucchi, è menzionato nell'edizione dcl Tn'i del 1763, 22; si tratta di quebb'24scensione incisa dal CaBot (Tableaux de Rome; v. J. LIEURE, Jacques Callot Paris 1924, pars II, vol. 1, n. 30) e dab MACGI/GREUTER, Le nove chiese. I due quadni, opere caratteristiche dello Zucchi, si trovano ora conservate come opere della > nella Collegiata S. Lorenzo a S. Lorenzo Nuovo (Viterbo).
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La Resurrezione sta sul primo altare a sinistra, l'Ascensione uguale all'incisione di Callot, è invece sul primo altare a destra. Furono donati da Pio VI nell'occasione della fondazione del paese e della chiesa (1774-77) e provengono dalla sagrestia di S. Pietro (A. BRESCIANI, S. Lorenzo Nuovo 1941, Memorie, Roma 1941, 5 segg., con riproduzione come VASARI). Al tempo del Baglione i quadri venivano conservati nella sagrestia vecchia, preesistente alt'edificio attuale (v. VALENTINI, La Patriarcale Basilica Vaticana, H, Roma 1855, tav. LXXII e LXXIII; CALCAGNO, 44 segg.). Un altro quadro dello Zucchi che raffigura Tutti I Santi, attribuitogli dalla CALCAGNO e messo in relazione con i quadri destinati af cardinal Aragona, viene conservato nella sagrestia dei Canonici, inciso anch'esso dal Callot e dal Maggi. Gil altari, sui quali furono app esi i quadri dello Zucchi, non possono essere - come scrive J. HESS in un passo che ho canceilato - quell commissionati sotto Clemente VUI (cioè al Roncalli, Passignano, Vanni, Cigoli, Castello, Baglione), essendo le lavagne state disposte sin sei altari giâ nel 1600, anche se i dipinti furono eseguiti pochi anni dopo (informazione dovuta a CHANDLER KIRWIN; v. id. A Petrine Triumph: The Decoration of the Navi Piccole in San Pietro under Clement VT11, in: Storia dell'Arte, 1974, 21, 119 segg.) - Si tratta quindi di altri altari, ovviamente anche in quelle parii create dal Maderno. II MANCINI parla di due quadri dello Zuc chi, senza precisarne i soggetti, > Si rifenscono alla cura del guaiaco o legno santo, che si usava somministrare ai sifilitici nell'ospedale di S. Giacomo. Prima dei lavori qui indicati, esisteva una sola corsia situata lungo l'odierna via Antonio Canova, con estensione verso Ovest fino alla via di Ripetta, che terminava con la chiesa di S. Maria Pot-ta Paradisi. In direzione Est invece, non giungeva completamente fino al Corso (piante dcl Bufalini, 1531, del Duperac, 1577, del Tempesta, 1593). tDai grandiosi disegni di Antonio da Sangallo e di Baldassare Peruzzi fatti per l'ospedale e per Ia chiesa, databile intorno al 1518, fu eseguita Soltanto una parte della corsia summenzionata con l'annessa chiesa di S. Maria Porta Paradisi, e cioè fra il 1518 ed il 26 (v. M. HEINZ, San Giacomo in Augusta in Rom und der Hospitalban der Renaissance, Bonn 1977). Dal 1537 al 45, sotto Paolo ifi, questa pat-re della corsia fu prolungata, senza perô, come è già stato detto, arrivare fino al Corso. R.I. Soltanto nel 1579, in seguito alla nomina di Antonio Maria Salviati come guardiano dcll'ospedale, vennero iniziati i lavori della seconda corsia e della nuova chiesa di S. Giacomo. fl reStauro della corsia già esistente fu compiuto nel 1580 per opera di Bartolomeo Grillo o Gripetta. Subito dopo vi fu la costruzione, sembra ex novo, della secondo corsia, parallela alla prima, opera compiuta nel 1584, comprendente due facciate corrispondenti su Via Ripetta e sul Corso. Quest'uitima fu trasformata nell'Ottocento, l'altra invece, che dava su via Ripetta, e tuttora esisrente e da annbuire, a mio parere, a Francesco da Volterra, nonostante il suo nome non appaia mai nei documenti finora pubblicati. [HIBBARD, (Maderno, 118) attribuisce la facciata al summenzionato Grfflo. R.I. Nel 1590 fu finairnente compiuta una costruzione trasversale che collegava le due corsie dietro ii coro della chiesa, formando con questa un cortile. [I lavori (secondo la HEINZ) nipresero Ic idee dei progetti di Antonio da Sangallo R.I. Dal 1842 al '49 fu ricostruita la corsia di via Canova per opera di Pietro Camporesi ii giovane, che la prolungo fino al Corso. Le due facciate verso il Corso, accanto alla chiesa, ebbero la sistemazione neoclassico-palladiana, the si vede tuttora. (v. P. Mario VANTI, M.I., S. Giacomo degl'Incurabili di Roma net Cinquecento, Roma 1938, 155 segg.; alle note bibliografiche fornite a p. 12 segg. e nelle note del testo, si aggiunga: F0RCELLA, IX, 130 segg.; P. PASCHINI, Da Ripetta a Piazza del Popolo, in: Ro-
Le parole , (307 [209] 39) Nel 1600 la costruzione della facciata non era ancora finita (PANcIROLI, I tesori nascosti, Roma 1600, 321), e HIBBARD ritiene giustamente che debba esser stata in gran parte costruita dopo quest'anno. Quando Volterra morI esisteva sicuramente un solo muro nudo. D'akra parte, HIBBARD - e mi sembra convincente - giudica la facciata quale opera caratteristica del Volterra e ritiene che ii Maderna abbia avuto una piccola parte nell'ideazione dell'insieme. Per quanto riguarda le variazioni ti-a la medaglia del 1592 e la sua realizzazione, v. bo stesso HTBBARD, 120, che fa risalire questi cambiamenti in gran parte al Volterra stesso. Secondo lui, la finestra centrale con il frontone spezzato, sarebbe invece un'idea del Maderna che si ri-ova identica nella facciata di S. Susanna. R.I. I campanii [di carattere volterriano. R.1 che fiancheggiano ii coro, sono da attribuire at secondo periodo di costruzione (v, anche HIB-
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BARD, 120); infatti essi non sono indicati nella medaglia. fl cardinal Salviati, morto nel 1602, lasciô i denari necessari per questi lavori (v. gli avvisi del 17 e del 20 aprile, in: Roma, 1935, 185). La consacrazione della chiesa che ebbe luogo nel 1602 con il vescovo di Vercelli, Giovanni Stefano Ferrerio, non si svolse dunque sull'altar maggiore, non ancora esistente, ma sull'altare di S. Giacomo, cioè il secondo a sinistra, come risulta dal testo dell'iscrizione commemorativa (FORCELLA, IX, n. 261). Fotografie: facciata GFN E 24779; esterno del coro; GFN C 6962; interno: Foto Marburg 54089, 54090; GFN F 24783/4. ,io1214
vT 'o
.
Segue nel ms. alIa 17 ed e pm breve: e in S. Gregorzo con suo ordine fece Ia Cappella di S. Gregorio.
V 48" Segue 12-14. C
4814
[La cappella, dedicata a S. Gregorio, è situata accanto alla navata si nistra e si innaiza su pianta quadrata con tre nicchie poco profonde e con una cupola appoggiata su quattro colonne poste negli angoli. L'architrave porta un'iscrizione con Ia data del 1600 (v. FORCELLA, H, n. 354; fotografie: foto HUTZEL presso la Bibliotheca Hertziana). Ii Baglione considera la stessa cappella anche come un'opera di Carlo Maderna (nella sua Vita (307 [2091 40) e Si PUÔ presumere che l'opera sia stata eseguita del Maderna sulla base dei disegni del Volterra dopo Ia sua morte. HESS, in uria prima stesura di questo cornmento, ritenne verosimile che il Volterra abbia eseguito II lavori della cappella fino ella cornice. HIBBARD (Maderno, 121) preferisce invece l'ipotesi che ii Maderna I'abbia eseguita secondo i disegni propri, riferendosi soprattutto all'idea delle colonne poste negli angoli, modvo adoperato del Maderna anche nella cappella Lancelotti, allora in S. Giovanni in Laterano e in seguito sparita per via dde trasformazioni borrominiane. Riferendosi sempre a questo argomento, HIBBARD (Maderno, 60) rimanda giustamente ella cappella di S. Zeno a S. Prassede (Pasquale I, 817-24), che e indice per quanto le tradizioni paleocristiane e del primo med.ioevo fossero prese in considerazione da parte del mondo ufficiale dell'arte ella fine del Cinquecento. Bisogna tener presente che questi concetti influenzarono l'architettura del rinascimento, come per esempio nel caso della chiesa di S. Bernardino di Francesco di Giorgio ad Urbino. I pagamenti dei lavori per Ia cappella datano del 1595 al 1600. L'altare fu consacrato nel 1603.
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Vedi TITI, 1674, 82; 1721, 75; 1763, 75; N. CAFLIECH, Carlo Mademo, München 1934, 11; V. MoscHINr, San Gregorio al Celio, Roma s.a. (Chiese diRorna illustrate, 17), 10; HIBBARD, bc. cit. Per quanto riguarda gli affreschi di G.B. Ricci, v. 14928; per II quadra d'altare diAnnibabe Carracci giã esistente nella cappella, v. 10741 . R.I. Altri lavori eseguiti a S. Gregorio per ordine del cardinal Salviati, e percià probabilmente dal Volterra, sono per esempio Ia scala monumentale davanti alla chiesa (PANCIROLI, I tesori nascosti dell'alrna citth di Rorna, Roma 1600, 395; FRANZINI, Roma antica e moderna, ed. 1668, 375) e l'erezione, al posto di un portico aperto, dell'oratorio dedicato a S. Barbara, la cui decorazione terminô nel 1602 per ordine del cardinal Baronio, successore del Salviati. II pozzo menzionato dal Baglione esiste ancora; fu rinnovato nel 1604, sempre per ordine del cardinal Baronio (v. PANCIROLI, 1625, 690). C 4816
[I lavori per la chiesa degli Orfanelli, a S. Maria in Aquiro, con l'insieme del suo complesso, furono iniziati da Francesco da Volterra e terminati dal Maderno. Fiippo Breccioli sembrerebbe esser stato l'architetto-esecutore, e anche ideatore della facciata, v. sotto. R.I. Nonostante che alcuni autori parlassero della demolizione della vecchia chiesa e di una sua costruzione ex novo (CxAccoNIo, IV, 80; CArtDELLA, V, 193; LANCIANI, Scavi di Rorna, IV, 170), sembra che in realtà Si trartasse piuttosto del rifacimento e dell'ingrandimento della costruzione preesistente, come viene indicata nelle piante del BUFA LINI (1551) e del DUPERAC (1577), con l'aggiunta di sei cappelle, della navata traversa con la cupola, del coro con l'abside e della facciata. Rialzando la nave centrale mediante an muro attico, sopra il quale poggia Ia volta a botte con lunette, ii Volterra ouenne, come a S. Giacoma, un effetto di straordinaria altezza, che toglie la prevalenza alla cupola. [La data della costruzione della navata nuova a trasformata, viene tradizionalmente definita intorno al 1590/91; secondo I'IMPERI fu terminata entro quella data (per Ii'vIPERT V. sotto). R.I. Ii Baglione nei suoi scritti non parla della cupola. Ne parla invece il PANCIROLI nell'ed. del 1600 (p. 499). Quanto alla facciata l'attribuzione al Volterra del disegno conservato a Vienna non convince (Albertina; v. EGGER, Architektonische Handzeichnungen alter Mcister, I, Wien/Leipzig 1910, tav. 13; attribuzione a! Breccioli dab GI0vANN0NI, Sag,gi sulla architettura del Rinascimento, Milano 1935, 224; e anche al Volterra dallo ZOCCA, bc. cit., 525 segg.). E vero che Ia sua interpretazione (v. rips. anche da HIBBARD, Maderna, tav. 16a) rappresenta dde difficoltà, perché i monti in cima al frontone ricordano quelli di Sisto V, mentre lo scudo 6 sormontato
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non dal cappello cardinalizio, ma da una corona che potrebbe mdicare Lorenzo Salviati, pronipote ed erede del cardinale Antonio Maria, morto neT 1602, anno in cui I lavori non erano ancora stati cornpiuti (v. Roma, 1935, 185). Ci sono alcuni particolari di stile maderniano - il mezzo pilastro, le porte - ma gli ornamenti del piano superiore sono differenti. I campanii sono simili a quelli di S. Giacomo degli Incurabili. Forse ii disegno fu eseguito dal Maderna e da Filippo Breccioli, come ci viene suggerito dalle indicazioni del Baglione (308 [21011 e 347 [249116) [L'attribuzione del disegno alla cerchia del Maderna trova conferma riel libro di HIBBARD, 121, II quale ritiene che II disegno è stato eseguito dal Breccioli. Secondo F. MARTINELLI (ms. Rorna ornata. Biblioteca Casanatense, 4984; pubbl. dal d'ONOFRIO, Rorna nel Seicento, Roma 1969) (d'ONoFRIo, 88). Questa attribuzione diventa ancora piü verosiniile se si tiene conto della liceuza dei Mastri di Strada, concessa nd 1602 agli Orfanelli per Ia costruzione della facciata, dunque molto tempo dopo Ta morte del Volterra (HIBBARD, Di akirne licenze ritasciate dai Masiri di Strada per opere di edtjicazione a Roma, in: BoIlArte 52, 1967, 100; In. Maderna, 122) R.I. L'esecuzione della facciata si protrasse per parecchio tempo; nella pianta dcl TEMPESTA del 1593 non vi è nessuna traccia; mancano altre piante per un periodo di circa 25 anni, e solo nel 1618 segue Ia pianta del GmrnTER (v. ORBAAN, Docwnenti nut barocco), dove si vede l'ordine inferiore compiuto. L'indicazione dell'ordine superiore nella pianta del MAGGI (1625) e del FALDA (1676) non ha valore documentario, dato che questa parte è stata costruita soltanto nel 1774 per opera di Pietro Camporesi il vecchio (1726-81; v. Th-B, dove Ia data del 1745 che indica questo lavoro andrebbe corretta. Un restauro di stile eccessivo fu eseguito nd 1860 (v. S. IMPERI, Della chiesa di S. Maria in Aquiro, Roma 1866, 31 segg.; G. GABRIELI, L'archivio di S. Maria in Aquiro, in: ArchStorRoma, 1928, 61 segg.). V. recentemente: H. HIBBARD, bc. cit., 1967; ID, Maderno, 121 Segg. Per la Casa degli Orfani e per il Collegio Salviati, ambedue disegnati ed edificati dal Maderna e da Filippo Breccioli, v. HIBBARD, Maderna, 122 segg.
C 4817 Palazzo rimasto incompiuto a causa della morte del Volterra; fu ter minato dal Maderna e in seguito demolito nella seconda meta del Seicento. [Si trovava in piazza del Collegio Romano dietro S. Maria in via Lata (pianta del GRETJTER, 1618, sopra il n. 212; v. HIBBARD, Ma-
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4819 - 41 derna, tav. 101a). I lavori iniziarono intorno al 1592 (v. bc. cit., 117, per tutta la storia del palazzo). R.I. T
4018-19
'-to
379 HIBBARD,
Manca.
C 48'
Edjfjcjo tuttora esistente al n. 57 di via dcl Pantheon (ZoccA, 530 n. 17: (cioè I'altare dell'Annunziata) . Nell'edizione del 1674 il TITI scrive che alla cappella (p. 195). [v. a proposito anche HIBBARD. R.I.
C
4832
[II vecchio palazzo Lancellotti in via dei Coronari era di dimensioni modeste, come risulta dal censimento dei palazzi: . (v. P. TOMEI, Contributi di archivior an elenco dei palazzi di Roam nel tempo di Clemente VLll in: Palladia 3, 1939, 222, n. 57; V. anche HIBBARD, Maderno, 123, per quanta riguarda la storia del palazzo). In quanto al nuovo palazzo invece, la pianta del TEMPESTA (1593) non fornisce indicazioni relative ad esso, ma è supponibile che i lavon dell'edificio siano iniziati a] di piü intorno al 1591, per volontâ di Scipione Lancellotti, cardinale sin dal 1583 (v. HIBBARD, 123). Secondo II TITI (ed. 1686, 407) invece, ebbero inizio già sotto Sisto V. Come Si vede anche nel caso di alcuni edifici del Volterra, Ia toro costruzione venne continuata dal Maderno dopo Ia sua monte, avvenuta nel 1594/95; HIBBARD (309 [2111 24) ritiene che l'attività del Maderno si sia svolta ancora durante Ia vita di Scipione Lancellotti, deceduto nel 1598, data che si trovano le sue iniziali sopra le porte del piano nobile versa la loggia del cortile. Sotto il cardinale Orazio Lancellotti, promosso nel 1611 e deceduto nel 1620, II palaz.. zo venne ingrandita e terminato. 11 portale fu fatto secondo il disegno del Domenichino (PASSERI, ed. HESS, 119; Baglione, 384 [286] 44), In aria prima stesura di questo come HESS ritiene che II compimento del palazzo fosse reso impossibile a causa della matte di Scipione Lancellotti avvenuta nel 1598, e che sia realizzato soltanto da Orazio Lancellotti sotto direzione del Maderno. Purtroppo HIBBARD non fornisce alcuna prova per quanta niguarda la datazione dei lavori del Maderno degli anni 90; rirnane incerto anche il problema sulla parte da attribuire al Maderna e sull'ingrandimento realizzato sotto Orazio Lancellotti. Si puô in ogni caso confermare che l'intero fianco destro del palazzo con le due assi anch'esse situate a destra della facciata principale, sia stato aggiunto sotto Orazio Lancdllotti, creando cosi I'asimmetria della facciata (v. G.B. FALDA, Nuovi dise,gni dell'architettura, e pianle de' palazzi di Roma de'piii celebri architetti, libro secondo, Roma, da Giovanni Giacomo de' Rossi, tavv. 48, 49; G.B. CiPRIANI, Itinerario figarato ne1iedflzi pii rimarchevoli di Roma, Ro-
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48 - 48 38
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ma 1835, tav. 67; P. LETAROIJILLY, Edifices de Rome moderne, III, Liege 1853, tav. 346; I'incisione del Lauro, del 1638, riprodotto did T0MEI, bc. cit., è aiquanto idealizzata. Fotografie: parte della facciata: Soprintendenza ai Monumenti di Lazio, 1318; portale: GFN C 473. R.I. V
Interpolato; manca: e vaga 34
C
48
V
483538
Questa fontana, scomparsa probabilmente quando, sotto Clemente )GI, fu sistemata F area di fronte al palazzo di Montecitorio (v. R. VENUTI, Acc'urata e succinta descrizione di Roma moderna, Roma 1767, 314; G. DOM. CAMPAGLtA, 11 quinto libro dcl Nuovo Teatro, Roma 1739, n. 20) ci è tramandata nell'incisione di G.B. FALDA, Le Jontane di Roma ndlle piazze e luoghi publici del/a citth Roma..., 1691, I, 29, ed in quella contenuta nella collezione di D. PARASACCHI, Raccolta del/c principali fontane dell'inclitta città di Roma, Roma 1647. [Pu sistemata nella nicchia centrale di un prospetto da facciata di chiesa con cinque assi ndll'ordine inferiore, e un'asse nell'ordine superiore, II tutto sormontato da sei anfore. R.I. Ricevette cos! un carattere prevalentemente architettonico. Essendo, come tutte le fontane alimentate dall'acqua Vergine, semiinterrata a causa della pressione ridotta, Vi Si accedeva tramite una dde due scale che conducevano gin a destra e a sinistra lungo la balaustra semicircolare, aperta al centro per permettere di accedere alle scale. Non aveva altro ornamento scultoreo se non bo stemma e le imprese del cardinale Giulio Antonio Santorio di S. Severina, morto nd 1602, il cui palazzo a Montecitorio e menzionato dab Baglione (6836) e indicato nella pianta del TEMPESTA. Interpolato su una striscia di carta con variante: in stampa sotto Sisto V un capriccioso lwiario [...11 figurate, et al meridiano di Roma fu calculato.
C 4838 Si tratta di un calendario su foglio singolo, ornato di figure incise da Diana, moglie del Volterra, che vi pose anche Ia sua firma. L'esemplate che viene citato dab NAGLER (Monogrammisten, 11, 1161/19, ma non si trova nel BARTSCH) porta la data del 1581; fu cioè pubblicato quando Gregorio XIII era ancora in vita, ma potrebbe darsi che esistano o esistessero esemplari precedenti o seguenti, come sembrerebbero significare be parole >, usate did Baglione. La descrizione del Baglione è peraltro copiata sulla didascalia del foglio.
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V
48 0 Interpolato: Jigliuola [...] scultore Mantovano che
V
48'
P
48' BOTTARI
v 492
'T
C 492
C 495
C 496
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Ia qua/c italgiô [interpolato: oltre a/cane carte (lavoro del marito)] a/cane altre belle, Ic cal
in B: Diana Mantovana sue carte rare.
net Beizss.o Palagto
Per Diana Mantovana v. Th-B sotto > e sotto > (Servolini, 1936). Si chiamava Diana Scultori e non Diana Ghisi, come per errore spesso si trova (tra l'altro net Bartsch). Alla nota bibliografica si aggiunga: E. Steinmann, Kompositionen Michelangelos in seltenen Stichen, in: Festschrift Jir Paul Clemen, Düsseldorf 1926, 422 segg. II Volterra si trovava, come abbiamo visto, già net corso della sua giovinezza a Mantova, e, nel 1583, su raccomandazione di Giacomo della Porta, ricevette I'invito di tornarvici; si ignora se i'mvito fu accettato (v. BERTOLOTTI, Artisti in relazione coi Goazaga, 17 seg.). La casa che ii Volterra ebbe in affitto net 1573 dal convento di S. Agostino esiste ancora in via della Stelletta, 6-7, ma la pictura di Raffaellino cia Reggio e scomparsa (v. a proposito: 20. [Ne! 1587 egli ebbe invece un'altra casa situata in via Gregoriana < cum situ versus via felice>> (v. HIBBARD 1967, 103). R.I. L'ultirna menzione del Volterra sembra datare dcl maggio 1594, quando egli tenne una conferenza all'Accademia di S. Luca, parlando dell'utiitã dello studio dei libri di Vitruvio, dcl Vignola e del Palladio (v. Romano ALBERTI, Origine a progresso dell'Accademia del disegno..., Pavia 1604, 66; D. MAHON, Studies in Seicento Art and Theory, Studies of the Warburg Institute edited by F.
16, London 1947, 170 segg.). Egli non morl quindi , ma sotto quello di Clemente e presumibilmente at suo inizio, e cioè probabilmente net SAXL,
1595.
[Francesco da Volterra mod secondo HIBBARD net 1594/95; Si sa con certezza che fu prima del 20 marzo del 1595 (HIBBARD, Giacomo della Porta on Roman Architects, in: BuriMag 109, 1967, 713; ID., Maderno, 111). Avendo ancora parlato net maggio 1594 all'Accademia di S. Luca (v. sopra) e avendo ancora pagato ii suo contributo all'Accademia in agosto e in novembre (notizie del N0AcK), dob-
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biamo presumere che la data della sua morte, cioe ii 15 febbraio 1594, come si legge nell'Elenco delli Virtuosi al Panteon (notizia anch'essa dal Noack tratta dall'Archivio dei Virtuosi al Panteon e conservata presso Ia Bibliotheca Hertziana) sia sbagliata e che andrebbe forse corretta con Ia data del 15 febbraio 1595. Secondo la stessa notizia, egli fu sepolto a S. Trinità de' Monti. R. 11. C
497
[Tra le opere non menzionate dal Baglione si puô elencare: la colla borazione alla facciata di S. Maria dell'Orto nel 1575/76, dai disegni del Vignola; v. F. FASOLO, La fabbrica cinquecentesca di S. Maria deli'Orto, Roma 1945; L. HTJETTER, S. Maria dell'Orto in Trastevere, Roma 1955: M. WALCHER-CASOTTI, Ii Vignola, Trieste 1960, 190 segg.; H. HIBBARD, The Architecture of the Palazzo Borghese, Roma 1962, 85; commento 93• S. Lorenzo in Panisperna, facciata costruita nel 1574 su volontâ del cardinal Guglielmo Sirleto, titolare della chiesa (v. P. TOMASSI, Chiesa di San Loreuzo in Panisperna, Roma 1967, 9; HIBBARD, Mademo, 29). S. Susanna, convento. II Volterra era architetto delle cisterciense (v. WASsERMAN, 68; SCHWAQER, 261; HIBBARD, Maderno, 111 segg.). Dal 1587 in poi si hanno informazioni di pagamenti fat. ti al Volterra per il convento, che fu terminato soltanto dopo la sua morte (1594/95). R.I. Nel 1588/89 è menzionato insieme a Domenico Fontana in relazione al presbitcrio di S. Luigi de' Francesi e con l'ospedale che si nova vicino alla chiesa, Ia cui costruzione fu perô iniziata soltanto nel 1600 (v. J. DELUMEAU, in: MétArchHist 1952, 284). La maggior parte dde opere rimaste incompiute, furono terminate dal Maderno (HIBBARD, 130).
[La chiesa di S. Silvestro in Capite, anch'essa importante per la sua cupola ovale, fu progettata nel 1591. La sua costruzione era in corso nel 1593, poi fu portata a termine dal Maderno. I lavori al convento finirono in gran parte nel 1591 (v.per Ia storia della costruzione: HIBBARD, Mademno, 125 segg.). Per la supervisione alla costruzione della navata di S. Andrea della Valle eretta a partire dal 1591 secondo i disegni di Francesco Grimaldi e di Giacomo della Porta (v. 773, commento), che si è svolta tra il 1591 ed il 1593, v. HTBBARD, Maderno, 146 segg. Per il nuovo convento ed ii chiostro di S. Maria in Via, egli ha firmato misure e stime in un periodo di tempo che andava dal 1585 aI 1590; per lavori relativi alla chiesa e nominato nel 1593 (v. commento).
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Per il palazzo Cardelli in via della Scrofa, costruito daT Volterra che trasformô per Alessandro Cardelli gli edifici preesistenti a partire dal 1592 v. G. SCANO, Palazzo Cardelli in: Capitolium, 36, 10, 1961, 22 segg. I lavori vennero interrotti nel 1596 e continuati dal 1601 sotto Gaspare Guerra. Tre progetti per II monastero della confraternita di S. Giuseppe de Cathecumeni, già situato sotto il colle capitolino, di fronte a S. Marco, sono conservati presso l'Accademia di San Luca e attribuiti dal WASSERMAN, 77 segg., ad Un anonimo, e dallo SCHWAGER invece a! Volterra stesso (SCHWAGER, 262). Quanto al progetto non realizzato per il palazzo del cardinal Enrico Caetani, vicino all'Albergo dell'Orso nell'odierna via di Tor di Nona, v. LOTZ 1974, 283 e 384, n. 43 (Firenze, Uffizi, Arch. 6722, 6732, 6733). TI palazzo della villa Ludovisi (Torlonia) a Frascati fu costruito per il cardinale Tolomeo Gab, forse dopo II 1591, quando questi diventh vescovo di Frascati. Francesco da Volterra che fu impiegato per altri lavori nella villa né fu forse l'architetto. v. H. HIBBARD, Recensione di C. Franck, Die Barockvillen in Frascati in: ArtBull 40, 1958, 357; In., Maderno, 210. R.I. V 498 C 498
La vita del Muziano segue a! f. 15v. quella di Francesco da Volterra. Alle note bibliografiche compilate da Ugo da Como (Girolamo MuzIANo, Note e docurnentii. Bergamo 1930), dal Th-B (P. DELLA PERGOLA, 1931) e daT VENTURI LX 7, 428 segg., si deve aggiungere soprattutto II MANCINI (Barb. lat. 4315 f. 76 v.; Marc. 47 r.; ed. Marucchi-Salerno, 207), le indicazioni di Karel van Mander (M. VAES, in: Roma 1931, 341; In. in: Bulletin de l'Institut beige a Rome 1928, 299; ed. Noë, 300, 307); N. PEYSNER, &iroclemalerei in den rornanischen Ländern, Wildpark-Fotsdam 1928, 95, 109; H. TIETZE e E. TIETZE-CONRAT, Drawings of Venetian Painters, New York 1944; F. BAUMOART, Renaissance and Kunst des Manierismus, KöIn 1963, 157 segg.; A. WALTHER, Mziziano and Calvaert in der Gernaldegalerie, in: Dresdner Kunstblätter 9, 1965, 6, 121 segg.; S.J. FREEDBERG, Painting in Italy, 1500 - Harmondsworth, 1971, 341 segg. [La fonte piü importante per Muziano, ottre a quella della Vita scritta dat BORGHINI nel suo Riposo, 574 segg., è quella di un anonimo contemporaneo - il confessore del Muziano - scritta intorno aT 1584. Essa e conservata in una copia di M.N. GABBURRI, inserita nelle Vite di artisti scritte da lui, che si trovano presso la Biblioteca
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Nazionale di Firenze. E stata pubblicata e commentata in modo esauriente da U. PilocAccI, Una vita , II cui stemma caratterizzato cia tre palle segnate di croci e una mezza luna, corrisponde allo stemma della cappella che sarebbe la quarta a destra. Essa passà ai Gabrielli nel 1548 U. TAURISANO, S. Maria sopra Minerva..., Roma 1955, 26 segg.). Padrone della cappella era, secondo ii VAsARI, (VI, 584). La sua descrizione si prolunga per molto ma e inesatta e si capisce che egli non deve averla vista, dato che manca anche ii nome del Muziano. La decorazione, gli affreschi laterali che rappresentano I'Adorazione dei pastori e la Resurrezione, le lunette con le Sibille e con i Profeti. come anche la volta (v. sotto), vennero. eseguiti da Battista Franco in conformitâ con il suo itinerario, doe tra il 1550 ed il 1554, prima che egli tornasse a Venezia (v. Tb-B). Ma Ia volta la Iasciô evidentemente incompiuta; II Muziano dovette quindi subentrare a liii e dipingere le figure dei profeti che Si trovano nell'arco d'ingresso (BORGHINI, 574; CELlo, 64; quest'ultimo parla dell'arco intero, come io fa anche il Baglione; DA CoMo, 36 segg. e I. TAURISANO, S. Maria sopra Miner-va..., Roma 1955, 27, attribuiscono al Muziano anche le pitture della volta con l'Adorazione dei Magi, la Deposizione della Grace, FAscensione, la Pentecoste e i quattro Evangelisti). [Inoltre - secondo l'idea convincente di Rosamond Mack, il brano di paesaggio che si vede nella Resur-
Delle incisioni si parla pin esplicitamente nella vita di Cornelio Cort 387 [289]. Un contributo al tema si trova in: Festrchrifl für Max J. Friedlinder, Leipzig 1927 (v. F. LuGT, Pieter Bruegel und Italien, bc. cit., 111 segg.); un'akro contributo molto interessante si trova in: G. GRONAU, Docwnenti artistici urbinati, 261.
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rezione sul lato destro (foto RIGAMONTI 69/134), è stato dipinto dal Muziano. Un disegno motto simile a questo paesaggio si trova (con l'attribuzione tradizionale a! Muziano) a Darmstadt, Hessisches Landesmuseum (AE 1386). R.I. Le pitture, tanto quest'ultima quanto quelle del Franco, ritoccate nel 1683 da Ciro Fern, esistono tuttora, con eccezione di quella che si trovava sull'altare e che rappresentava > opera di Battista Franco (VasMil, bc. cit.). Questa fu sostituita con il quadra attuale di S. Pietro Martire, lavoro di Ventura Lamberti del 1688, quando Ia cappella fu riedificata a questo Santo (v. Borghini, 574; Celio, 64, Titi 1674, 169; 1721, 156; 1763, 156; Berthier, bc. cit., 83, 317; Da Coma, 36; Procacci, bc. cit., n. 16; St. Kummer, Stnckdekoration, 47. Per un'altra delle prime opere del Muziano a Roma, cioè a SS. Apostoli, v. 5215, commento.
V 4920 ]) 4930
E per attendervi con rnaggior frequenza RESTA in D: non occorre rnai descrivere i prirnars
]D 4931 BOTTARI in B: Ora è neZ palazzo Aplico. a M. Cavallo.
C 4931 [Secondo il
CELlO ed il BAGLIONE, II quadro si trovava al di sopra della tomba dcl Muziano, sub muro del camp anile, cioè a destra nella navata centrale, sopra la porta del campanile; v. B0ROHINI, 574; Vita del 1584, PROCACCI, bc. cit., 21 e n. 250; MANCINI, Viaggio, ed. Marucchi-Salerno 276, II, n. 1393; CELlo, 72 e ed. Zocca. n. 182; BAGLIONE, Nove chiese, 164; RIDOLFI-HADELN 1, 281 n. 1; TITI 1674, 280; 1721, 268; 1763, 251, 306, (1763, giâ al Quirinale, Appartamento de' Principi); vedi anche II commento 5211. E riconoscibile in una delle incisioni che si trova nell'opera di P. DE ANGELIS, Basilicae S. Mariae Majoris descriptio, Roma 1621, 95. Dal testo del Baglionc sembra evidente che il Muziano abbia voluto essere sepolto vicino al quadro già sistemato sul luogo, forse per volontà dei Colonna, dato che Ia grande tela firmata ma non datata venne eseguita a Subiaco per conto dell'arcivescovo Marcantonio Colonna (1523-1597), divenuto cardinale ii 12 marzo del 1565 (PRocAcci, 250 e n. 21). Procacci attribuisce questa tela a! 1555, cioè alla fine del peniodo in cui II Muziano , e che durô cinque o sei anni, fino al sesto anno del pontificato di Giulio ifi. Durante questi anni il Muzjano non fece vedere quasi niente del suo lavoro in pubblico.
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La tela deve perè essere stata terminata at pin tardi nel 1555, perché fu la ragione per Ia quale net 1555 venne allogato al Muziano lo stesso soggetto per il Duomo di Orvieto, v. 5212, commento. I lavori per II cardinale d'Este dei quali p aria il Baglione, furono iniziati nel 1560. Net Settecento il quadro venne rimosso e nel 1763 venne collocato net Quirinale. Dat 1870 si trova at Vaticano, prima nella sala del Concistoro e poi nella Pinacoteca Vaticana. Un disegno, proveniente dal libro del VASARI, è conservato at Louvre; VENTURI, in: ArchStorArte 1891, 201; DA CoMo, 40 segg.; 0. Kunz, in: Old Master Drawings 1937, 40 (pubblicazione del disegno); HEss in: Maso Finiguerra II, 1937, 70 segg. (e in: Kunstgeschichtliche Studien. 376 segg.). Una replica (125 x 92) su legno che si trovava già a S. Luigi de' Francesi fu trasferita a Parigi net 1802; net 1875 fu portata a Fontainebleau e oggi si trova at Musée des Beaux Arts di Dijon, v. VIL-. LOT, Notice des tableaux..., Paris 1874, 170 e n. 276; D'ARMAILHAC, St. Louis des Français. Roma 1894, 162; Bulletin de Ia Société de l'hist. de l'art français, 1936, 291; Le XVU siècle european, Paris 1965/66, Repertoire. Un'altra rappresentazione della Resurrezione di Lazzaro, riprodotta in un'incisione di Simon Vallée a cura del CROZAT (Recueil d'estarnpes d'après les plus beaux tableaux... a'ans le cabinet tin Roy..., I, Paris 1729, tav. 87 e p. 32), faceva parte della coil. del Duca d'Orleans, proveniente dalla coil. di Crisdna di Svezia, e viene identificata dallo HESS, bc. cit., con una tela con Ia Resurrezione di Lazzaro non finita ma forse termiriata in seguito da un allievo, e che fu trovata nella casa del Muziano dopo la sua morte; v. Voss, 559; HESS, ioc. cit., PROCACCI, bc. cit., n. 21; DA COMO, 193 (inventario dcl Muziano), 42 (ripr. da Vallée). Oltre a questi tre o quattro quadri viene citata un'altra opera del Muziano,che rappresenta to stesso soggetto >.
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50' In La vita del 1584 quest'opera viene situata ancora neT periodo in cui il Muziano si trovava a Subiaco, cioè prima del 1555, mentre invece ii Baglione la colloca ovviamente dopo il 1560, e cioe dopo ii periodo dei lavori eseguiti per il cardinal d'Este. FuO darsi che gli mancassero le giuste informazioni, dato che ii Borghini non ne parla affatto. J. GERE ha messo in evidenza i rapporti personali ed artistici tra Muziano e Taddeo Zuccari, pubblicando un disegno di Taddeo (Hamburg, Kunsthalle) che rappresenta Jo stesso soggetto. E Jo stesso autore che pubblico un disegno che rappresenta il profeta a sinistra della lunetta (Amsterdam, Rijksmuseum, n. 49.554; J. GrtE, Ii manierismo a Roma, Milano 1971, fig. 29 (I disegni dei maestri, 10). Questo disegno è simile ad un'altro disegno che si trova invece a London (British Museum 1952-2-9-1) e che rappresenta un uomo con barba seduto su un muro, che J. GERE prese in considerazione per la parte destra della stessa lunetta (J. GERWPH. POUNCEY, Italian Drawings in the Department of Prints and Drawings in the British Museum, Artists Working in Rome c. 1550 to c. 1640, London 1983, n. 219 e tav. 207). V. Vita anonima, PRocAcci, 250 e n. 16; Tin 1674, 119; 1721, 110; 1763, 118; DA COMO, 144; J. GERE, Girolanzo Muziano and Taddeo Zuccaro: a Note on an Early Work by Muziano, in: BuriMag 108, 1966, 417 segg. e figg. 1 e 47. Fotografie: GFN E 49058 e particolari 49057, 59, 60. R.I.
4 1) .1. ) u
C
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RESTA
.
n D: II disegno di quest opera I ho to.
i
La cappella progettata su pianta semicircolare (fotografia GFN 56868) fu eretta, come dice I'iscrizione, in vita sua da Filippo Ruis di Valenzia, segretario apostolico (FORCELLA IV, 338; M0R0NI, 49, 301); quindi sia Ia costruzione della cappella (opera del Vignola
8) che Ta sua decorazione devono essere state eseguite nel periodo tra il 1564 - data del compitnento della chiesa - ed II 1582 - anno della morte di Ruis (alcune indicazioni sulla persona del committente si trovano in, DA CoMo, 88). [Le figure dipinte sotto S. Marco, sul pilastro a sinistra, e sotto S. Luca, sul pilastro a destra, sono dipinte da Federico Zuccari (v. 12215) - oltre alla firma dello Zuccari si trova la data MDLXXI. fl quadro dell'altare die si è conservato, impressiona per Ia sua severita e inclinazione classicista (foto GFN E 35285, 56874; RrnAM0NTT 68/601). I quadri laterali a sinistra rappresentano la Guarigione del cieco, sopra S. Giovanni (GFN B 56889; RICAMONTI 68/597 e 631; a destra V.
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vi è la Guarigione dello storpio, e sopra, S. Matteo (GFN B 56877; RIGAMONTI 68/598 e 630). Nella volta (GFN B 56910) sono rappresentati altre tre Miracoli cli Cristo e tre Profeti (RIGAM0NTI 68/635, 628, 632, 636, 637). Nell'arco invece si vedono S. Girolamo Plo Padre, S. Francesco (RIGAMONTI 68/633, 629, 634). I pilastri con le pitture di Federico Zuccari, firmate e datate FEDERICUS ZUCCHARUS FACIEBAT ANNO DOMINI MDLXXI, raffigurano a sinistra Cristo che porta la croce e sopra, S. Marco (GFN E 56914; RIGAMONTI 68/549 e 660); invece a destra, Cristo Ira i marngoldi e sopra, S. Luca (GFN E 56890; RIGAMONTI 68/600, e 654). Le pitture del Muziano che dovrebbero esser stato eseguite dopo aver lasciato ii servizio presso il cardinal Ippolito d'Este e dopo il suo matrimonio (B0RGrnNI, 574), sono databii intorno al 1566/68 fino al 1570/71 (RUMMER, 84), ma possono essere considerate solo in pane autografe; lo sono certamente il Cristo mono che si trova sull'altare, forse in parte la Guar:gione del cieco, S. Girolarno e S. France.cco. v. BORGHINI, 574 (>, BoitGHINI chiama Valentiano erroneamente Vinitiano); MANCINI, Alcune considerazioni, ed. Marucchi-Salerno, 79, Viaggio, 279; II, n. 363; CELlO, 26 e n. 54; TITI 1674, 99; 1721, 90; 1763, 85 segg.; DA CoMo, 144 e 88; ST. KUMMER, Stuckdekoration, 83 segg. R.I.
C
La grande tavola centinata, certamente una dde pitture migliori del Muziano, che nel 1842/3 si trovava ancora sull'altare maggiore, fu sostituita in quello stesso anno con il quadro di Alessandro Capalti (1817-68) tuttora esistente, e che tra l'altro rappresenta lo stesso soggetto (v. GALASSI-PALUZZI, in: Roma, 1927, 249). Si trova ora nella cosiddetta Galleria dei Marmi nel pianterreno dcl Collegio e fu restaurato recentemente (ripr. da DA CoMo, 86; VENTURI IX 7, fig. 255; foto GFN). Fu commissionato al Muziano dal card. Alessandro Farnese il 1" agosto 1587, con il patto che fosse terminato entro due anni per il prezzo di seicento scudi d'oro, escluso ii costo della tavola e dell'oltramarino (v. DA CoMo, 187; anche GALASSIPALUZZI, in: Roma 1925, 209 segg.; P. PECCHIAI, 11 Gesii di Rorna, Roma 1952, 81, 86 segg., 104, 212, 315 e tav. VIII; PRocAcci, 263 n. 71: manca nella Vita del 1584; disegno preparatorio agli Uffizi). Per le fonti: MANCINI, Viaggio, ed. Marucchi-Salerno, 279, II, n. 1434; CELlo, 39 e ed. Zocca, n. 101; Tr'ri 1674, 192; 1721, 186; 1763, 174.
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Questa chiesa venne demolita intorno a! 1650 per essere sostituita con quella di S. Ignazio, dove fu portato il quadro del Muziano, collocato sopra la porta che conduce in Sagrestia (TITI 1674, 185). Pochi anni dopo fu rimosso a destinazione ignota (Titi 1686, 144), ma vi è un dubbio se non to si potrebbe identificare con un'altro di uguale soggetto, attribuito a Giovanni de' Vecchi e conservato nella quadreria del Gesü, vicino al quadro della Circoncisione del Muziano (v. 507)• [Ma questo quadro attribuito at de' Vecchi non puô - per ragioni stiistiche - essere considerato il quadro perduto del Muziano. R.I. RESTA
in D: Jiacco.
Ii quadro che raffigura S. Niccolô da Bari che benedice alcuni bambini, menzionato del d'ARMAILHAC, L'é.glise nationale de Saint Louis des Français a Rome, Roma 1894, 162, si trova nella seconda cappella a sinistra, dedicata a S. Niccolô da Bari (foto RIGAMONTI 68/5) e non mi pare tanto fiacco, come to sostiene II RESTA nella sua postil la; anzi, la monumentale figura del Santo avvolta net piviale e con la mitra in capo, e del punto di vista stifistico una delle sue figure artisticamente pin mature. LI due quadri ai lati dell'altare - S. Margherita e S. Caterina - sono, secondo it TITI, da attribuire a G. Massei (v. commento 10426), gli affreschi sulle pareti sono invece di Bald. Croce (298 [200] 20) e gli affreschi della volta di Giov. Bait Ricci da Novara (14936). v. CELlO, 17 segg.; TITI 1674, 161; 1721, 149; 1763, 148; DA CoMo, 88, 205; PROCACCI, bc. cit. n. 39 (non appare nella Vita del 1584); C. PEfficoLI RIDOLFINI, San Luigi del
Francesi, in: Tesori d'arte christiana 5, 1968, 137 e ripr. a color. R.I.
V 5013
quadro dell'Assunta, ma perché
C o'
11 committente dell'Assunzione destinata all'altar maggiore, fu Mathieu Cointrel, detto in versione itallana Matteo Contarelli, o, secorido il BORGHINI (575; anche il RID0LFI, ed. Hadeln I, 282 n. 8, 406 n. 3; sarebbe da correggere), Monsieur Mattia Contarini. Egli fu promosso alla porpora nel 1583 e morl net 1585, dopo aver nominato Virgilio Crescenzi suo erede, e dopo aver lasciato dei fondi ulteriori per arricchin-ienti della chiesa (v. CIAccoNlo, Historiae Pontificum..., Roma 1677,111, 97; CARDELLA, Memorie stoniche de' Cardinah, Ron-ia 1793, V, 213; MORON! XVII, 51). Puô darsi che ii quadro citato dal BORGUINI non fosse mai stato collocato al posto per il quale era stato destinato; ma a mio parere si trattava di proble-
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mi finanziari sorti fra il pittore e Virgiio Crescenzi, come to vediamo anche net caso della cappdlla Contarelli e del Cavalier d'Arpino. In ogni modo, II 14 gennaio del 1592, cioè prima della morte del Crescenzi, II quadro fu venduto dal Muziano per 500 scudi at monanero di S. Paolo (v. BERTOLOTTI, Art. lomb. I, 121), dove il TITI to cita net 1674, collocato sul primo altare appresso alla sagrestia, ma dove in seguito fu distrutto, per causa dell'incendio avvenuto nel 1823. Misurava circa 30 pâlmi in ahezza e 13 palmi in Iarghezza. D'altra pane, I'unica testimonianza che ci è rimasta sono le incisioni, purtroppo molto sommarie, del Callot (LIEuRE, Caiot, parte Ili. vol. 1, Paris 1924, ii. 42), di Giovanni MAGGI, Matteo GREUTER, Le nuove chiese; N.M. NICOLAI, Della basilica di San Paulo, Roma 1815, 308). Sull'altare maggiore di S. Luigi si trova ii quadro di Francesco Bassano. v. MANcINI, Alcune considerationi e Viaggio per Roma, ed. Marucchi-Salerno, 78, 272; TITI 1674, 70 (S. Paolo); 1721, 65; 1763, 68; DA CoMo, 88; PnocAccl, bc. cit., n. 39. I due affreschi laterali dell'altar maggiore, atrribuiti dab CELlo, 18, a Cesare Nebbia, sono menzionati anche dab TITI nell'ed. del 1674 come opere del Muziano. Scomparvero in seguito at rifacimento della cappella del coro at quale G. RolsEcco (Roina antica e moderna, ed. del 1750) accenna, scrivendo che era in corso di esecuzione (I, 558). 11 TITI non ne parla pin nell'ed. dcl 1763. Secondo an documento pubblicato dab BERTOLOTTI, Art. lomb. I, 119, il Muziano ricevette net 1565 da Matthieu Cointrel anche I'incarico di dipingere la sna cappella pitture mai eseguite da lui. In buona pane dovevano essere gli stessi soggetti che in seguito vennero dipinti dab Cavalier d'Arpino e dal Caravaggio (v. 137 3 e 370 [2721"); H. RÔTTGEN, Giuseppe Cesari, die Contarelli-Kapelle und Caravaggio, in ZKg, 27, 1964, 201 segg.
C 50
La S. Apollonia si trova sub quarto altare a sinistra (v. CELlO, 15 segg.; TITI 1674, 439; 1721, 429; 1763,403; A.C. DR ROMANIS, La chiesa di S. Agostino di Roma, Storia e arte, Roma s. a., 62). La sagrestia nella sua forma attuale è opera dcl Settecento, come indica ii Trri nella sua edizione del 1763. Nella cappella di S. Monica in via del S. Ufficio, 25, ho rintracciato ii quadro del Muziano, dovuto alle indicazioni del Rev.mo Padre Semenza. E un'opera di dimensioni modeste, cioe ca. 1,5 m. di altezza e I m. di larghezza. II Santo, vestito di nero, in piedi a destra, e la Santa, in bianco e nero, seduta a sinistra, hanno delle teste così ben caratterizzate che sembra trattarsi di veri ritratti. Attraverso un colonnato si vede un
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bel paesaggio collinoso, ispirato da belle tinte rosee. Per le fonti v. Vita del 1584, PRocAcci, 251 e n. 55 (esistevano in tutto cinque tavole con S. Agostino e S. Monica in diversi luoghi); TITI 1674, 440; 1721, 430. [fl quadro si trova ancora presso il Collegio Internazionale Agostiniano S. Monica in via del S. Ufficio 25. SuJia cornice c'è scritto: . La pennellata potrebbe essere del Muziano, ma non vorrei esciudere del tutto che si tratti di una copia secentesca. II quadro è stato ritoccato e meriterebbe un'analisi pin approfondita. Quanto al soggetto, si tratta del famoso colloquio che avenne a Ostia tra Agostino e sua madre prima della sua morte (Agustinus, Confessiones, libro IX, cap. X; ringrazio padre Dr. Michael Wernicke per l'identificazione del soggetto) R.I.
V
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Assuntione di N.Sig.re
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5021
BELL0ru in A:
l'istessa opera fece in Araceli.
C 5021 11 quadro (ripr. di
DA CoMo, 143; foto Alinari 28989)1 ben conser vato, si trova sull'altare della terza cappella a destra, istituita nella sua forma primidva nel 1580 da Girolamo Cevoli (v. FORCELLA IV, 147 n. 336), allora proprietario dell'odierno palazzo Sacchetti in via Giulia. L'akare fu consacrato nd 1581 da Alessandro de' Meclici, II futuro Leone XI. Ne! 1592 vi fu tumulata una figlia di Tiberio Cevoli. Ricostruita la cappella nella sua forma odierna - pagamento del 1601, consacrazione del 1607 P- vi fu trasferito il quadro del Muziano. Un disegno della composizione intera è conservato a Windsor Castle (A.E. P0PHAM-J. WILDE, The Italian Drawings at Windsor Castle, 1949, n. 518, p1. 81). Vedi TITI 1674, 131; 1721, 123; 1763, 125; E. STRONG, La chiesa nuova, Roma 1923, 103; PONNELLE et BORDET, St, Philippe Ni'ri, 366; DA CoMo, 122, 142 (ripr. del quadro a p. 143 e di un'incisione di G. PETRINI a p. 142); J. Hass, Contributi alla storia della Chiesa Nuova, in: Scritti di storia dell'arte in onore di Mario Salmi, .W, Roma 1963, 235, 237 (e in: I(unsgeschichtliche Studien I, 1967, 353). Per la replica a S. Maria in Aracoeli, v. 5025.
C 5023
[II d.ipinto su tela raffigura S. Paolo per intero in una nicchia (foto RIGAMONTI 68/563). Come anche la tela che raffigura S. Niccol& nella seconda cappella a sinistra nella chiesa di S. Luigi dei Francesci (v. 50"), si tratta in ambedue i casi di un'esempio importante della pittura romana alla fine del Cinquecento, e cioe di un quadro d'alta-
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5024 - 5027
401
re composto di una figura sola. Forse venne eseguito nel 1584, perché nel BURGH INI (1584) non appare ancora; è invece giè menzionato nella Vita dell'anonirno dello stesso anno. Gli affreschi della cappella sono del Roncalli. v. La vita del 1584, PRocAcci 252 e n. 68; SALERNO, commento 1529 ella edizione del MANcINI, it quale non menziona ii quadro; CELlo, 54; TITI 1674, 214; 1721, 209; 1763, 195; P.F. CASIMIRO, Mernorie istoriehe delta chiesa e convento di Aracelz, Roma 1845, 325 segg.; L. SALERNO, Pittura, scultura e arti minori nell'Aracoeli, in: Capitolium 40, 1965, 200 (con datazione del 1582-83). R.I.
V 5024
Interpolato: E dall'istesso [ ... ] Ascensione di N. S.re.
(' '... 50 25
, [fl passo sulla cappella dell Ascensione (Ia sesta a smistra) e stato interpolato dal Baglione nel suo manoscritto (v. variante 5024). La cappella, affrescata da Niccolô Trometta, venne istituita da Vittoria ToTfa Orsini net 1582 e terminata net 1583. CosI ii quadro del Muziano risulta quasi contemporaneo a quello della Chiesa Nuova di cui è una replica ma in una composizione pià ristretta (foto GFN E 21493). Non appare neT BORGHINI, ma viene citato nella Vita dell'anonirno del 1584. Potremo quindi presumere che sia stato eseguito proprio nel 1584. Disegni che riguardano l'Ascensione si trovano negli Uffizi, at Gabinetto dei disegni (v. PRocAccI n. 68). v. Vita del 1584, PROCACCI, 252 e n. 61, 68; CELlO, 54; TITI 1674, 214; 1721, 209; 1763, 194; CASIMIRO, Inc. cit. 317 segg.; DA CoMa, 142; SALERNO, 200. Il TITI sostiene nella sua edizione del 1721, 210, e in quella del 1763 (anche II Casimiro, 352, lo trascrive) che nella terza cappella a sinistra, dedicata a S. Antonio di Padova, dove la volta è stata dipinta da Niccolô Troinetta, ci sarebbe una . Ma ovviamente si sbaglia. Soltanto nella sua edizione del 1674, 215, II TITI menziona anche un quadro d'altare della prima cappella a sinistra, senza indicarne il soggetto. Forse si trattava della Concezione, citata ndlla Vita del 1584 (PRoCACCI, 252), ma non viene citata in nessun'altra fonte. R.I.
C
Esistono due cappelle Mattei a S. Maria in Aracoeli. Quella dedicata a S. Maneo Apostolo è Ia quinta a destra, istituita nel 1565 da Alessandro Mattei (FORCELLA I, 178 n. 679; Rivista Arald. 1942, 155 segg.; 1943, 301, 303). [Le fonti ci dicono che già neT 1582 il Muziano progertà l'arrivo di uno stuccatore fiorentino per decorare una cappella in Aracoeli (L. FUMI, 11 duorno di Orvieto, Roma 1891,
5027
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402
,27
418 doc. CCXII; PROCACCI, n. 68). Ma non è dato per certo che si trattasse proprio della cappella Mattei (come lo credono d'altronde PRocAccI e K. SCHWAGER, bc. cit., V. in seguito), e non invece della cappella Orsini, istituita nel 1582 (5025). Per come sia, ii contratto relativo alle pitture e alle stuccature venne stipulato con ii Muziano sulla base di disegni di Giacomo del Duca soltanto ii 1-9-1586 (v. K. SCHWAGER, Unbekannte Zeichnungen Jacopo Del Ducas, Em Beitrag zur Michelangelo-Nachfolge, in: Stil und Uberlieferung in der Kunst des Abendlandes, II, Berlin 1967, 57 segg. e 63; S. BENEDETTI, Giacomo Del Duca e l'architettura del Cinquecento, Roma 1973, 351 segg.; ST. KUMMER, Stuckdekoration, 102 segg.). Secondo questo contratto be stone da dipingere che riguardavano S. Matteo erano . Ii Risuscitamento del flglio del re di Etiopia, che si trova sulla parete sinistra (foto GFN E 48723), II Martirio di S. Matteo che Si trova sulla parete destra (GFN E 48722) e l'Evangelista con l'angelo die si trovava sull'altare (in frattempo smarnito), dovevano essere di suo pugno. Nei pennacchi invece dovevano esserci i Busti dei Quattro Evan.gelisti, ma che oggi non ci sono pii. Nelle bunette il Muziano doveva, secondo II contratto, dipingere altre scene della Vita di S. Mattea, i temi da scegliere gil erano stati debegati biberamente. Questi dipinti sono visibili ancora oggi: a sinistra si vede per esempio la Predica, a destra, Ia Vocazione (foto GFN B 48721). Nella cupola fu dipinto ii Padre Eterno. Ad eccezione delle pitture sulle pareti, . Per turte be pitture e stuccature ricevette 1200 scudi. 11 contratto con lo stuccatore D. Sebastianus q. Alexij de Rubeis de Civitate tiburtina venne fatto il 10-9-1586 per 300 scudi. I lavori si protrassero fino dopo il 7-7-1589, data in cui lo stuccatore venne pagato ancora con 50 scudi. Le pitture datano quindi del 1586/89 alI'incirca. La loro esecuzione e sicuramente in gran parte dovuta a Cesare Nebbia. Un disegno che riguarda il Risuscitarnento (Firenze, Gab. Stampe e Disegni) è stato pubblicato da me, in: Giuseppe Cesari, die Contarelli - Kapelle und Caravaggio, in: ZKg 27, 1964, 212 e fig. 8). R.I. II TITI scnive nel 1721 che la cappella verme >. Le pitture del Muziano furono (TITI 1721, 205). Al quadro d'altare > (CAsIMIRO, bc. cit., 116). v. CELlo, 54; Tin 1674, 211 5.; 1721,
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5029 - 5022
403
205; 1763, 191; vedi per le opere del Muziano che si trovano all'Aracoell anche commento 243 .
[L'ultirno contributo alla storia e al progetto della cappella, è di J.E.L. HEID1MAN, Obsertiations on Girolarno Muziano's Decoration of the Mattei Chapel in S. Maria in Aracoeli in Rome, in: BurilVIag,
119, 1977, 686 segg. In questo studio il Muziano viene considerato l'esecutore del progetto della cappella. fl quadro d'altare è riprodotto e presentato come opera del Muziano, sebbene ridipinto (fig. 26), ma certamente a torto. R.I.
C 5029 II compimento della chiesa nel 1583 fornisce II terminus postquem per questo quadro, collocato tuttora allo stesso posto, nella seconda cappella a sinistra, dedicata alla Nativitii di Cristo (fotografie della cappella: RIQAMONTI 68/165-168). Dovrebbe essere stato uno degli ultimi lavori del Muziano. [Disegni che riguardano una Natività con pastori si trovano nel taccuino degli Uffizi, Gab. Dis. Stampe, 7650, 51, 59, 60, 61, 70 (PRocAcci, n. 62). I quadri laterali, i pilastri e I'Incoronazione della Vergine che si trova sopra l'arco, furono dipinti da Cesare Nebbia (v. 117'), le istoriette che si vedono nella volta, furono invece dipinte da Paris Nogari (v. 886). Per il contributo dello scultore Buonvicino, v. 170. Anche questo quadro si distingue dagli altri di questo soggetto soprattutto per le poche figure rappresentate, e per la devota calma delle pose e dei gesti. R.I. In questa cappella nessuna iscrizione ricorda la famiglia Bianchetti, oriunda da Bologna, e non sono riuscito ad identificare gli elementi araldici degli stemmi - tre gigli, una colomba sopra monti, un leone rampante, tre stelle -, ad eccezione delle strisce diagonali, indicate dal CIACCONJO (II FORCELLA V, 69 n. 204, X, 464 n. 751, riproduce Ic iscrizioni sepolcrali di Lodovico Bianchetti, a S. Agostino, e del card. Lorenzo, nel Gesü; v. Vita del 1584, PROCACCI, 252 n. 62; MANCINI, Viaggio, ed. Marucchi-Salerno, 278, II n. 1418; CELlO, 55 segg.; TITI 1674, 263; 1721, 254; 1763, 237; Voss, 562 seg.; DA Coivio, 142 seg.; 0. MONTENOVESt, Santa Maria dci Monti, in: Capitolium XX\Tll, 1952, 172.
V
C
31 Manca:
sacre
5032 I cappuccini possedevano sin dal 1575 Ia chiesa che prima era dedi-
cata a S. Nicola da Bari e poi loro stessi Ia dedicarono a S. Bonaventura, in Un luogo dove oggi si trova Ia chiesa di S. Croce de' Lucchesi (v. pianta del MAGGI; CH. HUELSEN, Le chiese diRoma nelMedia Ere, Firenze 1927, 407). Ma dovettero abbandonarla quando
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50 35
404
Urbano V[ll, volendo incorporare il territorio del loro converito nell'area del palazzo di Montecavallo, costruisse per loro il monastero vicino a piazza Barberini, con la chiesa dedicata a S. Maria della Concezione. I cappuccini vi traslocarono nel 1630 (v. 0. POLLAK, Die Kunsttatigkeit unter Urban VIII, 1928, I, 165 segg.; PASSERI, ad. HEss, 153; D. DA ISNELLO, II convento della Santissima Concezione.., Viberto 1923, 72 segg.). II quadro dcl Muziano (foto GFN C 4106) esiste tuttora. Prima si trovava nella seconda cappella a destra, ma non corrispondendo alle proporzioni grandiosi degli akari nuovi, è stato appeso sulla parete laterale sinistra della terza cappella a sinistra (cappella della Pieta). [Anche questo quadro e un esempio miportante per Ia pittura paesistica del Muziano ed ebbe, data la sua composizione, un'enorme influenza su molte rappresentazioni di questo soggetto nella pittura romana alla fine del Cinquecento. R.I. v. BORCHINI, 576; TITI 1674, 367; 1721, 360; TITI 1763, 336; CANTALAMESSA, in: BollArte 1910, 205 s.; DA CoMo, 136). P 50"
RESTA in D: q. mi pare tale quale qui Ia dice I'antore ma è da al/ri ascritta al Boccaccino del Vasario.
C 50"
La cappella dedicata all'Immacolata è Ia terza sulla destra, fondata nel 1588 da Vittoria Tolfa, marchesa della Guardia, nipote di Paolo IV, che istitul altre cappelle in alcune chiese romane; (l'iscrizione con la dedica è riportata dal FORCELLA VI, 356 n. 1111; a suo tempo era perô già scomparsa; v. anche ALvErti, II, 127; v. inoltre C. CATENA, Traspontina, guida storica e artictica, Roma 1954, 61). Il dipinto del Muziano, giudicato dal DA COMO soltanto come un'opera da scuola (p. 140), venne rimosso nel Settecento e rimase per lungo tempo in un andito della sagrestia. [Sokanto recentemente e stain portato nel collegio dci carmelitano a Sassone (fraz. di Ciampino), dove fu ritrovato da Rosamond Mack (foto RIGAMONTI 68/640).
Rappresenta Ia Madonna sulla mezza luna, incoronata c/a due put/i. Sotto se leggono le parole - che provengono dal Cantico dci Cantici . Esse fanno dcl soggetto la rappresentazione dell'Immacolata, anche se manca Ia corona delle stelle e - meno importante - ii serpente, mentre l'incoronazione non app artiene necessariamente al soggetto. Il quadro fu sostituito suIl'akare da un'akro, probabilmente perche l'imagine di una Madonna sulla mezza luna senza stelle a serpente fu vista g ia alla fine del Cinquecento come una cosa iconograficamente arretrata (si nod anche la mancanza dci simboli dell'immacolata con-
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5O'
405
cezione), e nel Settecento non venne proprio pin adoperata (per Ficonografia di questo tipo v. A.M. L1PICIER, L'Immaculée Conception dans I'art et l'iconographie, Spa 1956; M. LEVI D'ANcoNA, The Iconography of the Immaculate Conception in the Middle Ages and Early Renaissance, College Art Association 1957; E. GULDAN, Eva und Maria, Graz-Köln 1966, 90 segg.; inoltre, v. anche AaiIoRr, in: Ii Monte Carmelo, 1932, 249 segg.). R.I. La decorazione rimanente della cappella non era ancora compiuta, quando Clemente VIII incaricô gli eredli di Vittoria Tolfa con la sua realizzazione finale. In realtà i lavori rimasero incompiuti fino alla fine dell'Ottocento. Nel 1895 furono finalmente terminati da Cesare Caroselli e Attllio Palombi (AIoRI, ioc. cit., 221). v. per il quadro del Muziano: CELlO, 57; TIT; 1674, 474; 1721, 457; 1763, 429. II dipinto del Boccaccino menzionato nella nota del RESTA che lo confonde con quello del Muziano, rappresentava secondo ii VASARI 1'Incoronazione della Vergine. (v. VASMIL IV, 582; ZAIST, Notizie istoriche de pittori... Cremonesi, Cremona 1774, I, 89).
C 5 017
[L'arciconfraternita dei S.S. Bartolomeo e Alessandro della nazione bergamasca fu fondata net 1539. Possedeva Ta chiesetta S. Bartolomeo dei Bergamaschi o S. Macuto, che si trovava sin dal 1539 all'inizio dell'attuale via del Seminario. Nel 1725 Benedetto XIII dette ordine di lasciare questa chiesa offrendo in cambio quella situata in piazza Colonna, the prima si chiamo S. Maria della Pieta de' Pazzareffi. I Bergamaschi la riedificarono e la dedicarono ai SS. Bartolomeo e Alessandro. I quadri della vecchia chiesa vi furono traslocati. Tra essi ye ne era quello del Muziano menzionato dalla Vita del 1584 (PROcAcCI, 252 e n. 59, considerato perduto). Viene menzionato anche dal MANCINI, Viaggio (ed. Marucchi-Salerno, 283, II, n. 1525), daT CELlO, 25, che l'attribuisce al Nebbia, daT TITI, 1674, 388; 1708, 324; 1721, 379, mentre nell'ed. del 1763, 356, riferendosi alla chiesa in piazza Colonna, lo si indica come , essendo stato sostituito sull'altare sinistro con un'altro quadro dello stesso soggetto, dipinto da Aureliano Milani, tuttora esistente. Ii quadro del Muziano (creduto perduto dal DA CoMo, 206, e daT PRocAccI, be. cit.) si trova ora nell'andito fra chiesa e sagrestia ma in condizioni deteriorate; e composto di tre figure molto grandi che occupano completamento lo spazio del quad.ro (ripr. in: U. VIcHI, Le chiese ininori diRoma. SS. Bartolomeo e Alessandro, Roma 1965, fig. 4; erroneamente attribuito a Antonio Valtellina). Ne esiste una replica nel transetto della chiesa di S. Giovanni Decollato, menzionata daT TITI 1674, 89, e
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406 1721, 83, indicata appunto come copia, ma net 1763, 81, viene considerata come I'originale, allora conservato ; v. Ia postilla del RESTA, 52 16 ed ii relativo commento 5236 (foto RIGAMONTI 69-136 (1969). R.I.
V 504)
Qui segue interpolato 4451i con la variante: Bracciano fu sua.
C
5040 II quadro che è stato distrutto durante l'incendio del 1823 era originariamente destinato all'altar maggiore di S. Luigi de' Francesi, v. commento 5014.
C
5041
U v 5c44.5l u
C
511
[II quadro (foto Alinari 29998) rappresenta l'espressione pin decisa e matura della volontà artistica del Muziano, manifestandosi in una perfetta simmetria di composizione, un aria di grande calma e di gravita delle persone raffigurate con una particolare attenzione al racconto epico. Ha molto influenzato Ia pittura e la scultura romana della fine del Cinquecento. R.I. Si trova tuttora nella seconda cappella a sinistra. Questa cappella fu istituita e decorata > da Pietro Alfonso Avignonese, secondo un'iscrizione del 1585 (FORCELLA IX, 157 n. 308; 158 n. 309), e gli stucchi di allora vi sono almeno in parte ancora conservan. Una replica del quadro esiste nella sagrestia de' beneficiati a S. Pietro in Vaticano (ora è conservato nel Museo storico artistico Tesoro di S. Pietro). Un disegno del medesimo soggetto che si trova aI Louvre viene segnalato da 0. KURz, in: Old Master Drawings, ioc. cit. Per quanto riguarda ii quadro, v. La vita del 1584, PROCACCI, 252 e n. 65; MANCINI, Via.ggio, ed. Marucchi-Salerno, 278 (senza precisazione del soggetto), II, 188 n. 1421; CELlO, 63 e ed. Zocca n. 187; Trrx 1674, 328; 1721, 306 (la cappella fu omessa nell'ed. del 1763); Voss, bc. cit., 562 e fig. 226; VENTURI IX 7, fig. 256; DA CoMo, 142, 205; G. MATTHIAE, S. Maria de.gliAnge1z Roma 1965, 61 (Chiese di Rorna illustrate. 87). Segue interpolato a 40. Questo passo è interpolato nel manoscritto. La pittura venne eseguita daT 1565 al 66 per ordine del cardinal Ippolito d'Este, che abitô dal 1549 in poi nel palazzo Orsini di Monte Giordano, oggi chiamato palazzo Taverna in via di Monte Giordano. Non se ne ha pin traccia; e se fosse stato eseguito a fresco, come si potrebbe supporre, sarebbe stato distrutto quando scomparve la cappella grande, come viene chiamata nei documenti (v. PAcIFICI, ioc. cit., 146 e 389
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407
segg., dove sono menzionati altri lavori del Muziano e di altri artisti eseguiti per questo palazzo; DA CoMo, 176 segg., II quale a p. 70 n. 1 cita uno studio di Giuseppe Pritnolo sul palazzo, senza ulteriori indicazioni. II palazzo fu anche l'abitazione del cardinale Luigi d'Este che vi mon nel 1587 (v. avvisi, in: Roma 1931, 233 e 386). V. P. PECCHIAI, Patazzo Taverna a Monte Giordano, Roma 1963 (Quaderni di storia dell'arte XIII; senza citazione del Muziano). P 5 1'° RESTA in D: doppo q!1 Mosaici sono venuti qti ultimi di Pietro da Cortona. V 5114
quando S. Giov. Grisostomo celebra
C 51'7
[Per quanto riguarda Ia storia della cappella, eretta dal 1572 al 1578, v. la vita di Giacomo della Porta, 8026. Nel 1580 venne giudicata (avviso del 13 giugno 1580; L. BELTRAMI, La Roma di Gregorio XLU negli avuisi atla corte sabauc/a, Milano 1917, 36). Nelle Nove Chiese ii BAGLIONE descrive i soggetti: (CHATTARD, invece di S. Atanasio, scnive S. Basilio, di cui infatti c'erano le reliquie; v. F.M. T0RRIGI0, Le sacre grotte vaticane, Rorna 1675, 167 segg.), >. Ii Medici Ii ha poi alquanto arricchito, aggiungendovi il suo stemma (v. le ifiustrazioni da INCISA, 1933, pp. 218-219. La sistemazione del giardino disposto in terrazze, ornato di fontane e con altri lavori in stucco che vennero perô in gran parte distrutti quando fu tracciata Ia Via dell'Impero, ora Via dei Fori imperiali, deve essere stata in gran pane opera di Giacomo del Duca. Delle opere di pittura e delle fontane eseguite per ordine del cardinal Margotti dal Vasanzio e che, secondo il TOTTI (Ritratto di Ro,na, 1638, 469) Paolo V andava a visitare nel 1610, si parla a p. 1762, commento. [Questo commento di J. HESS è rimasto Invariato, proprio perché si pone in contrasto di altre opinioni, come per esempio quella delI'INCISA, dello SCHWAGER e del BENEDETTI. BENEDETTI, che si basa su G. GIOVANNONI (Aitonio cia Sangallo, ii Giovane, Roma 1959, I, 291), vede nel nucico originario del palazzo I'opera di SangaUO il Giovane, e considera come opera di Del Duca soprattutto il giardino della villa, opinione tra l'altro anche . del BAGLIONE. SCHWAGER, bc. cit. 1964 (1967) e BENEDETTI non mettono I'opera di Del Duca in rapporto con ii Silvestri, ma con Alessandro dei Medici, e quindi Ia situano dopo il 1567. Anzi, il BENEDETTI sembra voler collocarlo proprio negli u]timi anni in cui del Duca si trovô a Roma, e cioè negli anni '80. Mentre si deve dubitare di certe tesi fondamentali del HESS, e soprattutto per quanto riguarda il legame tra Del Duca e Silvestri, bisogna altresi sottolineare che Ia vifia meriterebbe uno studio monografico, e soprattutto anche per le sue decorazioni interne. R.]. P 55"
C
5511
SPADA in F: Mario.
II terreno della villa Mattei passô in proprieth ai Mattei nel 1553 (v. E. CASANOVA, in: Capitolium, I, 1925, 15 segg.; A. PERNIER, in: Capitolium, VIII, 1931, 170) e hi Ciriaco Mattei colui che fece erigere la villa, poi ingrandita e in pane trasformata sotto Girobamo Mattei intorno al 1650, almeno per quanto riguarda i giardini (v. G. VAsI, Delle rnagrnflcenze cli Roma antica e moclermi, Roma 1761, tav. 196). La famiglia se ne disfece nel 1802, ed essendo da abora passata da un proprietario alb'altro, Si spiega che la forma onginaria del casino e del giardino sia in gran pane sparita, sia per quanto riguarda il suo esterno che fu completamente trasformato nell'Ottocento, sia per Ta pane interna, dove ho potuto costatare sobtanto Ta conservazione di alcune cornici stuccate sulle volte dove si
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trovavano probabilmente delle pitture. Anni fa Ia Società geografica si istailô nel casino. II giardino è aperto al pubblico ed e ornato di un portone proveniente dalla villa Giustiniani al Laterano, passata poi ai Massimo e finalmente ai Lancellotti (v. PERNIER, bc. cit., 172, pianra del N0LLI), mentre il portone che dà verso 55. Giovanni e Paolo è quello originale. Neila pianta dal Du'ERAc (1577) non vi sono traccie di costruzioni, anche se II terreno pare circondato di muri. Nella pianta del TEMPESTA (1593) la villa è indicata con Ia scritta , ma purtroppo il casino è trattato troppo sommariamente per poter discernere i particolari. II giardino ha un aspetto piuttosto incolto, dab quale spicca tuttavia l'obelisco portatovi dab Campidoglia e ceduto a Ciriaco Mattei nel 1581 (RODOCANACHI, Le capitole romain antique et moderne, Paris 1904, 86, n. 1). Nemmeno la pianta di M. GREUTER (1618) fornisce Un contributo sicuro in merito al casino, mentre il giardino e ben sistemato. Ii testo delle due iscrizioni riportate dal VENUTI (VENUTI-AMADUZZI, Monumenta mattheiana, 1779, I, XXV segg.) sembra quindi attendibile, doe, Si capisce che Ia costruzione avvenne entro gli anni 1581 e 1586. [Per quanto riguarda Ia siStemazione dell'insieme v. la pianta del Giardino dell'Ill.mo Sg. re Ciriaco Matthei posto nel Monte Celio, incisa nel 1614 da Giacomo LAURO (v. BENEDETTI, fig. 264 segg.; E.B. MACDOUGALL, A Circus, a Wild Man and a Dragon: Family, History and the Villa Mattei, in: JSAH, 42, 1983, 121 segg., fig. 1). BENEDETTI ne ha data una ricostruzione (1973, 308 segg.). Vecli anche la veduta di M. GREUTER (Veclute e giardini, 1620), presa daila parte di S. Maria in Domnica (BENEDETTI, fig. 269), la veduta riprodotto nel testo di TOTTI, (Ritratto di Roma moderna, Roma 1638, 437), le due vedute inserite dab FALDA (Li giardini di Roma, Roma ca. 1670) e la veduta del VASI (Delle magnijicenze di Roma antica e moderna, Roma 1747-59). R.I. Il casino possedeva nello stato originario soltanto un piano at di sopra della cortina e ter minava con la balaustra [v. ora Ia ricostruzione in BENEDETTI, presso pagina 326. R.I. Si capisce chiaramente che l'architetto studiô da vicino sia ii casino di villa Lante quanta quello di villa Madama, avendo in comune tutti e due la caratteristica di un sito alie pendici di una collina. Si tratta cioè di due costruzioni di derivazione raffaellesca che dimostrano che l'artista non rimase sempre per tutto intero quel seguace di Michelangelo. v. E. CASANOVA, La villa Celimontana, in: Capitolium, I, 1925, 15 segg.; A. PERNIER, I dintorni della Navicella, ivi ifi, 1931, 157 segg.; K.E.W. STROOTMAN, La villa Celimontana nel soggiorno di una principessa olandese, in: Roma,
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511
XW, 1936, 85 segg.; VENTURI XI 2, fig. 521 e522; HESS 1966, 31; G. TORSELLI, Ville di Roma, Roma 1968, 95 segg.; BELLI BARSALI, 384 segg.; BENEDETTI 1973, 308 segg., figg. 261-287; MAcDOUGALL bc. cit.
[Un altro lavoro destinato ai Mattei consisteva nelba decorazione architettonica della loro cappella in S. Maria in Aracodli, Ia quinta a desrra, documentata da tre disegni, databile per mezzo del contratto allegato con II 1586 e pubblicati da K. SCHWAGER, bc. cit. 1964 (1967). SCHWAGER parla nello stesso articolo anche del progetto non eseguito per II monumento di Paolo IV. v. per la cappella anche BENEDETTI 1973, 351 segg.; ST. KUMMER, Stucka'ekoration, 102 segg.; R.I. 11 passo sulla villa Strozzi trova conferma nel testo di TOTTI (Ritratto di Roma moderna, Roma 1638, 469), dove viene usata Ia forma Maro che viene forse giudicata pin corretta dagli eruditi, mentre il BAGLI ONE scrisse nel suo manoscritto Mario (v. variante 55 9 h1)• E chiaro che flOfl Si PUÔ trattare della villa Strozzi-Frangipane, albora situata sul Viminale e che su base del tutto incerta 'viene anche attribuito a Giacomo della Porta (v. TITI 1763, 434; VENUTI, Accurata e succinta descrizione toporafica e istorica di Rorna moderna, Roma 1767, I 1, 164; L. CALLARI, Ipalazzi diRoma, Rorna 1932, 375; POLLAK, in: TH-B; P. PIETRANGELI, La Villa Strozzi al Viminale,, in: QuadArchit VT-Vu, fasc. 3 1-48, 1961, 341 segg.; BELLI BARSALI, 25, 31, 89 n. 24, 383), come non si puô neanche trattare delle case Strozzi die si trovano nell'odierno quartiere Trionfale e che sono senza dubbio di costruzione anteriore (v. GIOVANNONI, Saggi sull'architewAra del Rinascimento, Milano 1931, 38, 43 fig. 20 e 21, 47, n. 19; P. HOFFMANN, I casali Strozzi e l'Osteria delFalcone, in: Capitobium, XXXVI, 6, 1961, 3 segg.). Si tratta invece dell'edificio poco lontano dalle case Strozzz, che si trova all'inizio del pendio di Monte Mario e che non è stato consetvato molto bene (v. P. HOFFMANN, Joe. cit., 13 segg.; HESS 1966, 31 [questo commento di J. HESS che è servito per la pubblicazione del 1966, era già stato scritto nel 1948. RI; BELLI BARSALI, 383). L'edificio quackato a parallelepipedo fri costruito forse non del tutto ex novo, e perciô possiede nella parte posteriore un piano di meno. La parte frontale consiste net pianterreno, con in mezzo una boggia voltata di tre archi; sopra si inaizano il piano nobile e un mezzanino, ognuno con cinque finestre, tutti e due abbracciati da uno stesso ordine di pilastri. fl cornicione, poco significante, non è probabilmente quello originale. Al piano nobile Si trovano tre stanze sul davanti, dove sono conservati bei soffitti decorati di affreschi raffiguranti grottesche con scene
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mitologiche, e con in mezzo degli stemmi di casa Strozzi eseguiti in stucco. Dietro a queste stanze vi è ancora un'altra, pin grande, con I'ingresso a piano terra. Una bella scala a chiocciola si trova, guardando la facciata, a sinistra. Del giardino non rimane purtroppo quasi niente (v. HOFFMANN, bc. cit.; HESS, bc. cit., 31; BELLI BARSALI, bc. cit., 25, 31, 89, n. 24, 383 con ripr.; BENEDETTI 1973, 348 segg.). V
Manca in ambedue le vers.: Et anche [ ... ] da S. Gallo.
}) 5516
C
5516
RESTA in D: [disegno a penna della lanterna di S. Maria di Loreto con scritto sopra:] Giac.' del Duca e sotto: Ant'. S. Gab.
[La costruzione della chiesa non fu iniziata da Antonio da Sangailo il giovane nel 1507 (v. TEl-B; S. BENEDETTI, S. Maria di Loreto, Roma 1968, 19 segg., Le chiese di Roma illustrata, iii., 100; S. BENEDETTI, L'opera di Giacomo Del Duca in S. Maria di Loreto in Roma, in: QuadArchit, 79-84, 1967, 1 segg.; id. 1973, 115 segg.), ma soltanto nel 1522, in seguito alla costruzione di un edificio precedente, come dimostrano be ricerche di CH. JOBST, Die Planungen Antonio da Sangaios d.J. für die Kirche Santa Maria di Loreto in Roma, tesi di baurea, Bonn 1985). fl progetto della chiesa data del 1522 ad e di Sangallo II G. Alla sua morte, cioè neb 1546, non esisteva altro che ii pianterreno, eseguito, secondo JOBST, tra il 1522 e il 1552, provvisoriamente coperto da un tetto a due pioventi (G.B. CAVALIERI, Urbis Romae edificorum quae supersunt reliquiae..., 1569). R.I. Per parecchi anni dev'essere rimasta in questo stato, che tra l'altro Si vede riprodotta da G.A. Dosio in una stampa che si trova in Aedificia illustria Urhis Romae, 1569 (v. CH. HTJELSEN, Das Skizzenbuch des Giovannantonio Dosio, Berlin 1933, VI segg.; II disegno dello stesso Dosio, ripreso in A. BARTOLI, Cento vedute di Roma antica, Firenze 1911, tav. )XXIX, fu probabilmente eseguito alcuni anni prima [venne già riprodotto in B. GAMUCCI, Libri quattro dell'antichità di Roma, Venezia 1565; informazione che devo a JOBST. R.I. Si dave dunque attribuire a Giacomo Del Duca, membro della Compagnia dei Fornari e nipote del cappellano Antonio Del Duca (v. BENEDETTI 1968, 40) tutta ]a parte rimanente dell'edificio, contrariamente alla tesi del BAGLIONE, e infatti, sia il tamburo che la cupola portano chiaramente l'impronta del suo stile. [Questa opinione di J. HESS che data all'incirca del 1948, trovô piena conferma negli studi pubblicati da S. BENEDETTI, ll.cc. 1967 e 1968. Del Duca fu nominato architetto della chiesa nab 1573; v. BE-.
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5L
NEDETTI 1968, 41; SCHWAGER, Joe. cit. 61 segg.; BENEDETTI 1973, 115 segg. e figg. 87-122. R.I. In una stampa di Stefano DuPERAC del 1575 (1 vestigi dell'antichith di Roma, tav. 33) Si vede il
tamburo compiuto e i lavori iniziati alla calotta interna della cupola, che nella pianta del 1577 dello stesso DUPERAC è rappresentata non conformemente abo stato definitivo. [La calotta esterna con ]a lanterna fu invece compiuta nel 1577, come BENEDETTI dimostrô riferendosi ad una documentazione relativa. Nel 1592, cioe quattro anni dopo Ia partenza dell'artista per Ia Skiha, secondo ii POLLACK si tratterebbe appunto del 1588, fu rivestita con lastre di piombo. La data del 1592 si trova incisa sotto una dde finestre della cupola. fl foghio 26 r del codice Dyson Perrins, disegnato dal DUPERAC, riproduce Ia cupola quasi compiuta ma senza laterna, ed è databile tra il 1575 ed ii 1577 (TH. ASHBY, Topographical Study in Rome in 1581, London 1916; R. WITTKOWER, Direguide Ic mine di Rorna e come anlicamente erano, Milano 1964; CH. THOENES, in: Kunstchronik 18, 1965, 17 segg. v, anche H. HA-. GER, Zur Plantmgs- und Baugeschichte der Zwillingskirchen auf der Piazza del Popolo..., in: RomJbKG, 11, 1967/68, 243, n. 106. R.I. L'attribuzione delle porte laterali a Giacomo Del Duca sembra accettabile, come ci viene suggerita dal BAGLIONE [e confermata dai documenti pubblicati dal BENEDETTI, 1967 e 1968, 46. Anche il campanile è opera di Del Duca. Per Ia sua forma interna, attribuibile al Del Duca, e soprattutto per quanto riguarda Ta calotta della cupola, si veda J'anahisi del BENEDETTI, 11.cc. R.I. Un come asserisce ii VENTURI (p. 571) mentre corrisponde esattamente alle mcisioni di Giacomo LAURO (Palazzi diversi nell'alina città di Rorna, Roma 1638) e di P. FERREItIG, Palazzi di Rorna, Roma ca. 1650, tav. 36), benché abbia subito dde trasformazioni nel corso delle quail è stato aggiunto il piano al di sopra del cornicione, e gil fu troncato un pezzetto verso ii Tritone costruendovi usia facciatina obliqua, per cui oggi possiede solo sedici delle diciasette finestre originali, per non parlare del suo stato interno. Il BAGLIONE lo menziona ndlla vita di Giacomo della Porta, ma personalmente non vedo alcuna ragione per dubitare della tradizionale attribuzione che si fa a Giacomo Del Duca; è vero che non appare neile piante del DUPERAC (1577) e del TEMPESTA (1593), ma non si vede nemmeno il palazzo del Bufalo (G. VASI, Delle magnijiceuze di Roma crntica e moderna, Roma 1759, tav. CLXVIII); Yattribuzione proposta dab LAVAGNINO a del Duca (Jacopo del Duca., architettore del Popolo Romano, in: Capitohum, VII, 1931, 205) su suggerimento del BARI0L0, fu accettata senz'altro dal VENTURI e dall'HERMANIN in una communicazione del 1943 (v. C. ASTOLFI, I palazzi del Bufali e Maureii,
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l' Accademia Colotiana ., in: Studi romani, 4, 1956, 644 segg.); nonostante quest'attribuzione mi sembri accettabile, essa avrebbe bisogno di essere stiisticamente approfondita. [E stata invece messa in dubbio dall'As'roLFI, Joe. cit., ii quale suggerisce Annibale Lippi, figlio di Nanni di Baccio Bigio; ma l'analisi approfondita che il BENEDETTI 1973, 226 segg., ci ha forthto, accerta l'attribuzione a del Duca. Fotografie del palazzo del Bufalo: Soprintendenza ai Monumenti del Lazio, 1311, 1316, GFN E 22517, 22518. Ri. vT5519-2O
C 5520
Manca nella la vers.; nella 2a segue a 32. La costruzione di porta S. Giovanni faceva parte del restauro delle mura e della chiusura della Porta Sinaria eseguiti per ordine di Gregorio XIII. La costruzione della porta e menzionata dal Baglione a 622 ed egli, in un primo momento, l'attribuI nel suo manoscritto a! Mascherino (v. variante 61727), per in seguito correggersi, attribuendola giustamente a Giacomo del Duca. L'iscrizione sul lato esterno (GREGORIVS XIII PONT. MAX. PVBLICAE VTILITATI ET VRBIS ORNAMENTO VIAM CAMPANAM CONSTRAVIT PORTAM EXTRUXIT ANNO MflLXXIIII PONT. iii) presenta Ia data dcl 1574 ed II
nome di Gregorio Xffl, il cui stemma è perà frantumato perché mancano II drago e la tiara; l'aspetto originale e anche cambiato in quanto non si vedono pii le balaustre nelle patti retrostanti all'attico, cioe tre a destra e a sinistra della lapide e che sono visibii nelle stampe del VAST (Mangzficenze. I, tav. XXXVIII), di G.B. CIFRIANI (Itinerario Jlgurato negli edifizi pià rimarthevoli di Roina, Roma 1835, tav. 33), e di L. Rossini (Le porte antiche e moderne del recinto di Roma ... , Roma 1829, tav. 11; V. anche NIBBY, Le mura di Roma Roma 1820, 358 e tav. XVIII); v. PASTOR, IX, 816 n. 3; E. LAVAGNrNo, Jacopo del Duca, architettore del Popolo Romano, rn: Capitohum, VII, 1931, 206 S.; VENTURI, XI 2, figg. 149-154; L. COZZI, Le porte di Rorna, Roma 1968, 239 segg.; E. ArVIAIJEI, Le porte di Roma, in: Gapitotiurn, 40, 1965, 557 e fig. su p. 559; BENEDETTI 1973, 95 segg., figg. 70-86. V 5521.23 Manca in ambedue le versioni
C 5523
La chiesa non è indicata nella pianta del DUPERAC (1577) e del TEMPESTA (1593), ma appare per la prima volta in quella del GREUTER del 1618 (n. 169). Secondo I'ARMELLINI (Le chiese di Roma, 117) è stata demolita nell'Ottocento; mi chiedo da dove il Baglione abbia tratto una notizia cosiprecisa. II TOTTI (1638, 465
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segg.) riporta una iscrizione commemorativa di un restauro eseguito nel 1606; v. BENEDETTI 1973, 483.
V
5524.30
Manca in ambedue le versioni.
C
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V. C
T
v
32
5531-32 Manca nella 1 vets.; nella 2 viene segulto da 19-20.
C 55 12
[11 ruolo attribuito a del Duca come architett:o del Popolo Romano è dubitato dal PECCHtAI, Ii Campidoglio nel 1500, Roma 1950, p. 28, e anche dal BENEDETTI, 191 segg. In quanto al soffitto nella prima sala dei Conservatori, citiamo C. PIETRANGELI: (C. PIETRANGELI, La Sala degli Orazi e Curiazi, in: Capitolium, 37, 1962, 196 segg.; In., It Carnpidoglio di Michelangelo, Milano 1965, 115) lo stesso autore sostiene ancora l'attribuzione a del Duca, nonostante si capisca che in realtà ne dubiti anche lui. R.I. La statua di Leone X è opera di Domenico Aimo da Bologna e fu trasferita all'Aracoeli nel 1876. Quanto alla finestra centrale, (foto Anderson 17744), il pagamento fatto a Giacomo della Porta nel 1568 (TOLNAI, in: JbPrKs, Lifi, 1932, 251) non prova, a niio parere, che II disegno sia suo [come scrive il PECCHIAI, 28, e come sembrano sostenerlo C. PIETRANGELI, La Sala degli Orazi e Curiazi, in: Capitolium, 37, 1962, 195, e A. ScrnAvo, II Campidoglio di Michelangelo e dei continuatori, in: Capitolium, 39, 1964, 204. R.], mentre egli, occupatissimo, lo deve aver fatto eseguire da Giacomo del Duca, ricevendone la rimunerazione quale direttore dei lavo-ti e avendo magari pagato ii del Duca dalla sua propria tasca. Tanto e vero che il Baglione confuse i due Giacomo già nd caso del palazzo Cornaro. Pu Gregonio XIII a ordinate finalmente ii nifacimento della sala dcl palazzo del Senatore (v. RODOCANACHI, Le capitole romain antique et moclerne, Paris 1904, 97 e n. 2; C. PIE-. TRANGELI, Storia antica e recente dell'Aula Consiliare, in: Capitolium, 34 1959, 24). La nicchia viene di solito attribuita a Giacomo della Porta. La statua, opera di P.P. Olivieri (7618) e collocata 11 nel
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55 - , 36
1577, fu anch'essa trasportata all'Aracoeli nel 1876. [La tesi di HEss, che del Duca sarebbe stato l'esecutore di alcuni lavori per Giacomo della Porta nelle commissioni del Popolo Romano, sembra sostenuta anche dal BENEDETTI 1973, 191. R.I. V 5535.36 Manca nella 1' vers.: e le sue C SS 36
La sua parte avuta nei lavori di Caprarola non è ancora stata indivi duata, ma credo di riconoscere ]a mano di Giacomo del Duca nella fontana della sala di Ercole (VENTURI, fig. 671; foto ANDERSON 22942). [Dalle ricerche di L.W. PARTRIDGE risulta, che la fontana fu eseguita tra gennaio del 1572 e tra novembre del 1573 da Curzio Maccarone, fontaniere attivo al Vaticano e anche a Tivoli, II quale, secondo il PARTRIDGE, dovrebbe anche aver fatto il disegno (L.W. PARTRIDGE, The Sala dErcole in the Villa Farnese at Gprarola, I, in: ArtBull, 53, 1971, 480 segg. Mi pare perà che la domanda che si pone rispetto a chi abbi fatto II disegno, non è tuttora stata risolta con il nome di Maccarone. R.I. Del resto, il contributo di del Duca va principalmente cercato nei giardini e nella palazzina. Quest'ultima non è menzionata nella descrizione della visita che fece Gregorio XIII a Caprarola nel 1578 e che Si pun leggere in: ORBAAN, Docurnenti sul barocco, 365 segg.; neanche Ameto ORTI ne parla nel suo poema Capramla, scritto, mi pare, intorno al 1585. Sembra che sia stata costruita mediante l'ampliamento della loggia preesistente e negli affreschi, eseguiti dal Tempesta, si trova due volte la data 1586. Sono scomparse molte delle sculture che ornavano le fontane e che sono indicate nelle descrizioni menzionate sopra (v. ORBAAN ) 380, 385); alcune di queue che si trovano vicino ella palazzina ricordano quelle di Villa Pia al Vaticano. [Per i lavori a Caprarola v. S. BENEDETTI, 1973, 241 segg. R.I. Altri luoghi dove Giacomo dcl Duca potrebbe aver lavorato sono per esempio gli Orti Farnesiani su! Palatino, la loggia che già si trovava nel giardino di Palazzo Farnese, al di Ia di via Giulia, e la Villa Lante a Bagnaia (v. HESS, 1966, 31 e 23; BENEDETTI 1973, 175 segg.: Orti Farnesiani). [L'idea del Benedetti che esisterebbe un rapporto di del Duca con II Giardino pensile nel palazzo dci Piceni in via Parione, è molto attraente. R.I. Per quanto riguarda altri lavori, situabili fuori Roma, come per esempio a Bracciano, Vigna Grande, Anguillara e Campagnano, v. S. BENEDETTI, Nuovi documenti e qualche iotesi su Giacomo del Duca, in: Palladio, XX, 1970, 3 segg.; P. HOFFMANN, bc. cit., BENEDETTI 1973, passim.
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C 55
Quel poco che fin gui è stato pubblicato sul soggiorno e sull'operosità di Giacomo del Duca in Sidiia, è stato raccolto in: RivlstNaz, 1ST, 1933, 233 segg. (G. SAr1oNA, L'opera dell'architetto horentino Carnillo Camiliani in Sidiia). Del Duca è stato architetto del senato messinese dal 1592 (?) al 1600, ed ivi ha preso pane alla costruzione delia chiesa di S. Giovanni di Malta (1590/92). Per quanto riguarda l'u)timo periodo passato in Siciia, v. BENEDETTI 1973, 370 segg.
P 55'
RESTA in D: bel Paesino.
C
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C 55
Se le indicazioni del POLLAK in TH-B fossero esatte, e cioè che egli morI dopo ii 1601 a ottant'anni, mi pare che non ci sia bisogno di immaginarlo ucciso da alcuni invidiosi, per poter spiegare la sua morte. [Mori a Cefalü nel 1604; v. F. BASILE, Studi sull'architettura di Sicilia. La corrente michelangiolesca, Roina 1942. R.I. Non sembra che siano state stampate.
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La vita di Antonio de' Monti segue al fol. 17v quella di Giacomo del Duca.
C 56'
Di questo artista, valido pittore di nitratti, non si hanno aitre notizie, né e stato finora possibile attribuirgli qualunque cosa. Secondo ii T.H-B è morto nel 1588 all'incirca; la notizia si basa ovviamente sol tanto su una deduzione di testi del Baglione.
C 56'
[Forse sarebbe da prendere in considerazione un nitratto di Gregorio XIII come un'eventuale opera di Antonio de' Monti, per if quale esiste invece anche un'incerta attribuzione al Pulzone e che si trova nella collezione Boncompagni-Ludovisi; è riprodotto nell' opera di A. HAIDACHER, Geschichte der Päpste in Bildern, Heidelberg 1965, 438. R.].
V
V .5620 lo distornassero. V
5632
La vita di Egnazio Danti è interpolata. Essa e scritta dal Baglione su un grande pezzo di carta, incollato al fol. 17v.
C 5632 [Egnazio Danti, matematico, cosmografo ed architetto, è nato a Perugia nel 1536 e morI ad Alatri II 19-10-1586. Nel 1555 entrô nell'ordine dei Domenicani nel convento di Perugia e nel 1562 si recô a
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Firenze a servizio di Cosimo I. Tradusse la Sfera di PROCLO (1573) c Ia Prospettiva di Eudide (1573). Tra le sue tante attivitâ insegnô anche matematica, prima nella studio di Firenze, e pol a Bologna. Dipinse le carte geografiche degli armadi del Guardaroba del Palazzo Vecchio di Firenze. Nel 1580 fu nominato cosmografo pontificio e fece parte della cornmissione per la riforma del calendario; inoltre ebbe Ta direzione delle tavole geografiche nella Galleria delle carte geografiche e nella loggia del terzo piano del Vaticano. Nel 1583 Gregorio XIII lo fece vescovo di Alatri. R.I. Me note bibliografiche contenute negli articoli dcl YET-B (0. P0LLAK, 1913), e dell'Enciclopedia Italiana (R. ALMAGIA, 1931), si pua aggiungere: V. MARCHESE, Mernorie de' piü insgnipittori... domenicarn, 4 ed., Bologna 1879, II, cap. 15, 352 segg.; G. UzIELLI, L'epistolario Colombo Toscanelli e I Danti, in: Boll. della Soc. geogr. italiana, ser. ifi, vol. II, 1889, 849 segg.; G.B. VERMIGLIOLI, Elogio di Ignazio Danti, in: Opuscoli II, 1825, 115 segg. E dopo ii 1931 soprattutto: R. ALMAGIA, Le pitture murali della Galleria delle carte geografiche, Citti del Vaticano 1952 (Monumenta cartographica vaticana, vol. XII), 4 segg.; In., Le pitture geograjiche murali della terza loggia e di altre sale vaticane, Città del Vaticano 1955 (Monumenta..., vol. IV), 5 segg.; G. ROVERSI, II patrimonio dei Tanari a Gaggio Montano e nelBelvedere, in: Strenna storica bolognese, 24, 1974, 237 segg.; M. D'ALATRI, Egnazio Danti, scienziato, cartografo e vescovo di Alatri, in: Lunario romano, 9, 1979, 609 segg.; S. BRINK, Fra Egnazio Danti, das Prograrnm der sala vecchia degli Svizzeri irn Vatikan und C. Ripas Iconologia >, in: FlorMitt 27, 1983, 223 segg. La vita del Danti e stata interpolata nel manoscritto dallo stesso Baglione. (v. variante). C 5613 C 56 31
Per Giullo di Pervincenzo Danti (1500-1575), architetto, orefice e fonditore, v. W. BOMBE in TH-B (1913). Per Vincenzo Danti (1530-76), sct.iltore, orefice, pittore, architetto, teorico e poeta, v. W. BOMBE in YR-B (1913) e VENTURI X 2, 507-2 9. Alle note bibliografiche ivi cornpilate si aggiunga: U. Mm DELDORF/F. KRIEGBAUM, Forgotten sculpture by Domenico Pog,irn, in: BuriMag 53, 1928, 10 n. 4; KRIEGBAUM, In: JhKFISW 1929, 247; N. PEVSNER, Einige Regesten aus Akien der Florentiner Kunstakademie, in: FlorMitt IV, Heft 2/3, 1933, 129. Dopo 1936 (VENTURI) v. H. KIEUTNER, The Palazzo Pitti Venus' and other Works by Vincenzo Danti, in: BurlMag 100, 1958, 427 segg.; J. POPE-
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HENNESSY, II Cinquecento e it Barocco (La scultura italiana, Ill), Milano 1966, II, 384 segg.; ID., Essays on Italian Sculpture, London! New York 1968, 116 segg. 191 segg.; V. MARTINELLI, Scultura italiana dat manierismo at rococo, Milano 1968, 11 segg., testo alle tavv. 1-3. Per i suoi scritti teorici, v. SCHLOSSER, La letteratura artistica, Firenze 1935, 336 segg., 349, 385 segg.; P. BARoccHI, Trattati d'arte del Cinquecento, Bari 1960, I, 207 segg. Le notizie del Baglione derivano dal BORGHINI, PJposo, 519 segg.
C 5638 V. BORGHINI, 524. Egli mod ii 26 agosto 1580, a circa trentatre anni (v. IB0MBE in TM-B, 1913). V 571.2
C
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e poi professando la Religione Domenicana
Fu vestito a Perugia nell'anno 1555, cioè a diciotto anni. Le carte geografiche dipinte sopra gil sportelli degli armadi nel guardaroba del Palazzo Vecchio, esistono tuttora (v. A. LENZI, Palazzo Vecchio, Milano 1929, 193 segg.; G. SINIBALDI, Il Palazzo Vecchio diFirenze, Roma 1934, 15). fl lavoro fu iniziato nel 1563, e Ia descnizione minuta che ne da il VASARI nella seconda edizione della sua opera (1568; VasMil VII, 633 segg), deve essere basata sui disegni del Danti, perché nonostante quest'ultimo continuasse i lavori a quest'opera per tutto II suo soggiorno fiorentino, cioe fino al 1575, dovette lasciare l'impresa incompiuta. Stefano Buonsignori (v. JudoCo DEL BAIDA, Egnazio Danti... e Ic sue opere in Firenze, Firenze 1881, 4 segg., 26 segg.; The Geographical Journal 1927, 504, 593) Ia terminô. La s/era di Proclo Liceo tradotta da Maestro Egnatio Danti; Cosmografo del Serenissimo Gran Duca di Toscana. Con le Annotazioni, & con l'uso della S/era del medesimo. In Fiorenza Nella Stamperia de' Giunti. 1573. E dedicata Alta Ill" Ecc sig. dogna Isabella Medici Orsina, duchessa di Bracciano, del 26 ottobre 1573. L'uso della s/era perô è stain pubblicato indipendentemente: Trattato dell'uso delta s/era di M. Egnatio Danti; Cosmografo del Serenissimo Gran Duca di Toscana. In Fiorenza Nella Stamperia de' Giuntz 1573; dedicata All'111 11'° et Ecc"° stg. Diomede delta Cornia Marchese di Castiglione, del 24 ottobre 1573; altra dedica al Sig. Cesare della Penna del 12 marzo 1570.
II Danti lasciô Firenze sotto circostanze misteniose nel settembre del 1575, trasferendosi a Bologna (v. DEL BADIA, 15 segg.; G.B. Co-.
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Piante e Vedute della CYttà di Bologna, Bologna 1914, 32 ZACCAGNXNI, Egnazio Dcrnti, cartografo di Bologna e dcl suo distretto, in: IV Annuario del R. Liceo Scientifico, Bologna 1928, MELLI,
segg.; G. 85 segg.
in B: Ifr.' di Fr. Ignazio diventano quattro. Per questa postilla v. commento 5728.
]) 5713 B0TTARI
V
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al quale pal in eta giovanile morendo
C 5718 Vedi V
5720
'U v
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V
5725
V 5726
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Manca: e prattica rngengnosa, e nirabd opera benche Gioseppino Cesciri. Arpino, poi Cavaliere dell'habito di Cristo [manca: e poi dell'habito di S. Michele]
C 5726 Per Giuseppe Cesari d'Axpino v. C
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II Danti si trasferl a Roma nel 1580. Manteneva dci contatti con ]a cone pontificia giâ da parecchio tempo, cioè da quando aveva eseguito i disegni per la chiesa ed il convento dci domenicani a Bosco Marengo (Alessandria) su ordine di Pio V, anche Iui domenicano (1566-72; v. V. MARCHESE, Mein. dci pittori... domenicanz, 4 ed. 1879, II, 357; MR VIALE, La chiesa di Santa Croce a Bosco Mare.'zgo) Torino 1959, 11 segg.; v. inoltre PASTOR VIII, 90 segg.; G. SiSTO, S. Pio V. ccl it ternpio di S. Croce a Bosco Marengo, Alessandria 1969). Quest'opera fu proseguita da Martino Lunghi e da Giacomo della Porta, ma il VASARI non Ia menziona quando parla del Danti, nonostante fosse stato Iui stesso ad eseguire i quadri d'altare per Ta chiesa (VasMil VII, 706). La gafleria situata aT terzo piano del corridoio di Pio IV a! Vaticano, fu costruita da Ottaviano Mascherino nel 1580 (Mernorie sulle pitture e fabbriche di Gregorio XLLT v. PASTOR, IX, 905; ALMAGXA, bc. cit. 1952, 1 segg.; J.S. ACKERMAN, The Cortile del Belvedere, Cittit del Vaticano 1954. Studi e documenti per la storia del Palazzo Apostolico Vaticano, III, 104 segg.; v, per la storia della galleria anche il commento 5119).
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La direzione pittorica era nelle mani di Girolamo Muziano, di cui dovrebbe quindi essere lo schema compositivo (v. 51'; per Ia direzione del Circignani rispetto alla torre dei venti che fa parte dell'insieme della gaileria, v. commento 41"). Tra il 1580 ed il 1581 (v. i') hanno collaborato alla sua esecuzione molti artisti che Baglione in gran parte nomina. Le carte geografiche sono presentate come se fossero dci quadri o degli arazzi sospesi davanti ad un ordine di pilastri, dei quail si vedono soltanto i capitelli e le basi; concerto dovuto probabilmente al Mascherino, sempre intento ad ottenere effetti spaziali [ma proprio per questa ragione si potrebbe pensare anche allo stesso Danti, v. in seguito, il commento alla sala vecchia degli Svizzeri R.I. La grottesche che si trovano nelle lunette delle finestre, come anche quelle sulla volta, attribuite dal Baglione a Marco da Faenza, differiscono stifisticamente da quelle dde logge, che sono certamente opera di Marco, ma si avvicinano invece allo stile di Giovanni Battista Lombardelli. [L'idea di decorare Ta galleria con carte geografiche provveniva da im'usanza gii molto diffusa in Italia, come lo fu anche nello stesso Vaticano (loggia di Pio IV al terzo piano; per altri esempi italiani Anteriori a quelli della galleria v. ALMAGIA, bc. cit., 1952, 11 segg.). La galleria consiste in sedici grandi carte geografiche su ogni lato, in mezzo a diciasette finestre, e di otto carte geografiche minori ai lati dde porte agli inizi dde due pareti, cioè in tutto sono quaranta. fl tema del ciclo e composto da rappresentazioni geografiche dde provincie italiane alle quali Si rifeniscono i fatti miracolosi inseriti in una decorazione di grottesche nella volta (per il ciclo v. la lettera del Danti del 24-12-1580 dove sono nominati anche i suoi collaboratori della realizzazione scientifica ALMAGIA, 2). R.] Quanto alla notizia del Baglione riguardo a un fratello di Egnazio, di nome Antonio, si ha l'impressione che si tratti di un imbroglio. Un fratello di Egnazio di nome Antonio risulta completamente sconosciuto, a mi sembra possibile che si tratti di una confusione con Antonio Vanosino da Varese, ii quale dipinse dde carte geografiche nelle logge di Pio IV e di Gregorio XIII. Collaboratore alle carte della Galleria e stato invece il fratello Girolamo (B0RGHINI, 524). Di altni collaboratoni si conosce con sicurezza solo il nome di Girolamo Pico da Fontecchio (1540-1596), il quale forni il disegno per Ia pianta di Aquila (pagamento del 27-6-1581; v. 1}i-B; L. RIVERA, in: Roma, 1931, 304, con nipr.; esiste una stampa di Giacomo Lauro), eseguita come viene sostenuto, da Paolo Bril; un collabonatore anonimo ha fornito la pianta di Vicenza (v. G. FAsoLo, Notizie di arte e storia vicentini., in: Arch. veneta 22, 1938, 294 seggi. Nella se-
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poltura di marmo, della quale il Baglione parla come se fosse Ia tornba del fratello Antonio, die perô appunto non e mai esistito, si tratta in yenta della tomba del fratello e scultore Vincenzo Danti, con il nitratto del defunto, scolpita da Valerio Cioli. SI trova nella chiesa di S. Domenico a Perugia (M. WEINBERGER, A Sixteenth Century Restorer, in: ArtBull XXVIII, 1945, 266 segg., fig. 6). A p. 156 il Baglione menziona uno scuhore di nome Aurello Cioli, forse identico con Valerio (v. anche T}1-B). Un pnimo restauro delle carte fu eseguito nel 1588 sotto la direzione di Giovanni Guenra (Italia nuova; Etruria due terzi; Forum Julij overo Friuli la meth; ornamenti cartelle, lettere etc.; nella volta alcune core pane raccomodate, parte rifatte, vedi BERTOLOTTt, Artisti modenesi,
in: Atti e memorie... Emilia 1883, 108 segg.). Pochi anni dopo, cioè dal 1592 in poi, Pietro Oldrado fu pagato per il restauro delle carte di Perugia, Piemonte, Farina e Piacenza, Mantova, Milano e Toscana (BERTOLOTTI, in: Giorn. di erud. art. IV, 1875, 193 segg.; ORBAAN, Documenti suE barocco, 51 n., 53 n.; il Vanosino era uno degli stimatoni); quasi contemporaneamente fu aggiornata Ia carta di FerSara in seguito a]l'incameramento successo sotto Clemente VIII (v. TAJA, 314). TI restauro importantissimo intrapreso sotto Urbano VIII, significava che le carte ricevettero un aggiornamento su base scientifica, eseguito da Luca Holstenio negli armi 1632-36, che perô non fu mai terminato (v. FORCELLA VI, 150 n. 555; ALMAGIA, L'op era geograjica diLuca Holstenio [Studi e Testi n. 1021, Cittâ del Vaticano 1942, 102 segg.; In., bc. cit. 1952, passim; Domenico CASTELLI, Prospettiepiante..., cod. vat, barb. lat. 4409, f. 28 e 29). TI Danti naturalmente non è responsabile per la parte figurativa e decorativa, tanto meno delle carte stesse (v. F. CURSCHMANN, Die Karte air dekoratives Kunstwerk [Résumés... Congrés international des sciences histoniques, Varsavie 19331 quanto neanche dde cornici e della volta della galleria (v. per questa POLLAK I, 386 segg.). Un quarto restauro ebbe luogo sotto Innocenzo X, doe negli anni 1647-50, per opera di Gio. B. Magni, quando vennero ritoccate le carte di Ferrara, Comacchio, Bologna, Calabria, Salerno e quando sedici parapetti di finestre con grottesche furono dipinti di nuovo (v. BERTOLOTTI, Art. moden. bc. cit., 155). Tb quinto nestauro si svolse sotto Clemente XI (Albani, 1700-1721; v. Mattia LORET, in: Archivi d'Italia 1936,54 segg.), ma deve esser si protratto fino al pontificato di Benedetto XIII (Orsini, 1724-30), comelo attestabo stemma in una cartella (v. CECCHELLr t. 390). Un sesto restauro fu invece intrapreso da Antonio Bianchini per ordine di Pio IX (Mastai-Ferretti, 1846-78; v. R. THOMASSY, Les Paper
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géographes, in: Nouvelles Annales des Voyages 1852-53, 25; inoltre v. PASTOR IX, 831 segg.; VAES, in Bull. de l'Institut Beige 1928, 314; CECCHELLI, 94 segg. e tav. 389). Perle fonti v. MANCINI, Alcune considerationi, ed. Marucchi-Salerno, 238 (soprastante della Galleria); CELlo, 119 (