Vangelo di Luca. Commento a 9,51-19,27 [2] 9788839407368

Dopo il primo volume del commento a Luca dedicato all'infanzia di Gesù e al suo ministero in Galilea, questo second

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Italian Pages 895 Year 2007

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Vangelo di Luca. Commento a 9,51-19,27 [2]
 9788839407368

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VANGELO DI LUCA François Bovon Edizione italiana a cura di Oscar Ianovitz Volume 2 Commento a 9 , 5 1 - I 9 ,2 7

PAIDEIA EDITRICE

ISBN 978 88 394 0736 8 Titolo originale dell'opera: François Bovon Das Evangelium nach Lukas :z.. Teilband: Lk 9,51-14,35; 3· Teilband: Lk 15,1-19,:z.7 (Evangelisch-Katholischer Kommentar zum Neuen Testament) Traduzione italiana di Paolo Bemardini Revisione di Oscar Ianovitz @ Neukirchener Verlag, Neukirchen-Vluyn 1996 e :z.oo1 @ Patmos Verlag & Benziger Verlag, Diisseldorf und Ziirich 1996 e :z.oo1 @ Paideia Editrice, Brescia :z.oo7

PREMESSA ALL'EDIZIONE ITALIANA

La notizia della traduzione e pubblicazione di una versione italiana del mio commento al vangelo di Luca nel bel Commentario Paideia mi è giunta con gioia. Il primo volume di questa traduzione è apparso sul fi­ nire del 2005, il secondo vede la luce ora, e io non posso che sorpren­ dermi e rallegrarmi per tanta laboriosità e celerità. Marco Scarpat, direttore di Paideia, molto opportunamente ha deciso di pubblicare in un unico volume quelli che nell'edizione originale co­ stituiscono due tomi. Così facendo egli non solo colma il ritardo ma soprattutto riunisce in un'unità coerente ciò che peraltro è stato suddi­ viso per ragioni esteriori. Questo secondo volume dell'edizione italiana copre dunque la parte centrale del terzo vangelo, gli episodi, discorsi, dialoghi, miracoli e parabole che concorrono a quello che per convenzio­ ne viene chiamato «racconto di viaggio», ossia il cammino che Gesù per­ corre per spostarsi dalla Galilea a Gerusalemme. Il commento sottolinea quanto a Luca stia a cuore mettere in luce il doppio valore di questo itinerario: a beneficio dei discepoli Gesù manifesta più chiaramente la propria sorte e, con gli occhi al loro futuro, approfondisce la sua conce­ zione del rinnovamento del popolo di Dio, delle condizioni che è neces­ sario soddisfare per appartenergli e per svolgervi un ministero responsa­ bile. Progredendo nella lettura dei capitoli 9-19 i lettori apprendono non soltanto che Gesù è il messia glorioso di Israele - ciò è già stato illustra­ to loro nei capitoli 1-9 -, ma che la sua è anche la missione di un mes­ sia sofferente, di un XPta't'Òc; 7ta-8lJ't'oc;, per riprendere l'espressione degli Atti degli Apostoli, il secondo tomo dell'opera di Luca (Atti 26,23 ). In queste pagine il vangelo rivela a quali condizioni è possibile accedere al regno, le esigenze della vita cristiana e le responsabilità di qualsiasi gui­ da cristiana. A conclusione di questa breve premessa all'edizione italiana mi piace ricordare Dom Jacques Dupont che una trentina d'anni fa, parlandomi con parole encomiastiche delle collane bibliche edite da Paideia, mi ha fatto conoscere la figura di Giuseppe Scarpat. Harvard University, Pasqua 2007.

François Bovon

AVV ERTENZA ALL'EDIZIONE ITALIANA

La traduzione italiana è stata condotta sull'edizione originale in lingua fran­ cese pubblicata dalle Éditions Labor et Fides nel Commentaire du Nouveau Testament, Deuxième série (voli. mb e mc): L'Évangile selon Saint Luc (9, JI-I4,JJ), Genève 1996 e L'Évangile selon Saint Luc (IJ,I-I9,27), Genè­ ve 2001.

PREMESSA AL TOMO I I DELL'EDIZIONE ORIGINALE A Frédéric Amsler, Emi Biitschmann, Bertrand Bouvier, Isabelle Cbap­ puis-juillard, Janine Cberix, Marcel Du"er, Albert Frey, Denise Jor­ nod, Laurie A. Sullivan, Eva Tobler, Peter Vogt e David Wa"en, in se­ gno di gratitudine per l'aiuto inestimabile che banno apportato alla pre­ parazione, redazione ed edizione di questo volume.

Ecco il secondo volume del mio commento al vangelo di Luca. Compren­ de i capitoli da 9,5 I a I4,3 5 e contiene l'esegesi di testi assai importanti quali il Padrenostro, l'episodio di Marta e Maria o la parabola del sama­ ritano. Rispetto al primo volume la struttura dell'opera è rimasta iden­ tica. La parte dedicata all'analisi viene qui particolarmente sviluppata in quanto esamina la rilettura lucana del vangelo di Marco o della fonte dei logia. Il talento letterario e gli orientamenti teologici di Luca possono co­ sì evidenziarsi in tutta la loro luce. A differenza del primo volume le par­ ti denominate Storia degli effetti hanno ricevuto un'attenzione speciale, il che spiega, almeno in parte, la lunghezza dell'opera. I risultati di que­ sta storia, così come sono scelti qui, arricchiscono le parti dedicate a spie­ gazioni e conclusioni. Le traduzioni del testo biblico - tengo a precisarlo - sono traduzioni di lavoro che possono discostarsi dalle traduzioni correnti nell'intento di far emergere le espressioni originali del testo greco. Lettrici e lettori sono pregati di consultare le indicazioni pratiche che figurano all'inizio dell'elenco delle abbreviazioni e della bibliografia ge­ nerale. L'ampiezza di quest'ultima, che è tuttavia soltanto a complemen­ to di quella del primo volume, dimostra l'intensità delle ricerche su Lu­ ca in questi ultimi anni. Mentre avevo scritto il primo volume in tedesco, accontentandomi di rivederne la traduzione francese, ho redatto il secondo volume in fran­ cese, mia lingua materna. In questi ultimi anni ho potuto contare su un posto di assistente alla Facoltà di teologia dell'Università di Ginevra e beneficiare di un sussi­ dio del Fonds national suisse de la recherche scientifique. La Sig.ra !sa­ belle Chappuis-Juillard, che fu mia assistente per cinque anni, mi ha of­ ferto la sua preziosa e generosa collaborazione. In modo assai meritevo­ le ha sistemato tutta la bibliografia di questo volume, ha letto e riassunto numerosi libri e articoli, ha dattiloscritto parte della versione francese e l'essenziale della versione tedesca. Infine, ha richiamato la mia attenzio­ ne su problemi e questioni teologiche in gioco con grande lucidità. La Sig.ra Eva Tobler ha pure collaborato a questo lavoro assumendosi l'onere di molti aspetti della storia degli effetti con grande competenza.

IO

PREMESSA AL TOMO II DELL'EDIZIONE ORIGINALE

Da quando sono arrivato, nel 1993, alla Harvard Divinity School, ho beneficiato dell'aiuto del Signor David Warren, poi della Sig.ra Laury Sullivan per gli ultimi controlli. Entrambi meritano la mia viva ricono­ scenza. Infine, mi è gradito ringraziare anche: la Sig.ra janine Cherix, che è stata mia segretaria per più di vent'anni; il prof. Eduard Schweizer, che mi ha comunicato numerose osservazioni; il prof. Bertrand Bouvier, che non ha mai lesinato il proprio tempo per offrirmi consigli filologici e per rileggere le bozze; il Sig. Gabriel de Montmollin delle Éditions La­ bor et Fides, che non ha smesso di interessarsi alla pubblicazione di que­ sto libro; e finalmente il Fonds national suisse de la recherche scientifì­ que come pure il Comité de la Société auxiliaire de la Faculté autono­ me de théologie protestante dell'Università di Ginevra per il loro genero­ so appoggio. Harvard University, 1 5 gennaio 1996.

François Bovon

PREMESSA AL TOMO I I I DELL'EDIZIONE ORIGINALE

All'Università di Uppsala in segno di gratitudine per il conferimento del dottorato honoris causa

Con gioia presento ai lettori il terzo volume del mio commentario del vangelo di Luca. Sarà seguito da un quarto e ultimo volume che pren­ derà in esame sia la fine del ministero di Gesù a Gerusalemme sia i rac­ conti della passione e della risurrezione. Il primo volume è stato pubbli­ cato nel 1991 e il secondo nel 1996. Stabilitomi ora negli Stati Uniti d'America, apprezzo i contatti con i miei nuovi colleghi e i miei nuovi studenti. Le discussioni in seno al Di­ partimento di Nuovo Testamento stimolano la mia immaginazione e mettono alla prova, per non dire scuotono, taluni miei convincimenti. Gli incontri della Society of Biblical Literature mi rendono familiari nuo­ ve ricerche e nuovi orientamenti della ricerca. Gli effetti di queste molteplici conversazioni non si faranno sentire effettivamente che nel quarto e ultimo volume. Posso tuttavia fin d'ora segnalare ciò che sin qui ho soltanto sospettato: malgrado la sua buona volontà, la sua buona fede e la sua fede nuova, Luca non ha sradicato da sé taluni lineamenti del suo carattere né abbandonato una parte di idee ricevute. Senza volerlo e probabilmente senza potersene nemmeno accorgere, l'evangelista si presenta nella sua opera come un essere divi­ so, attaccato al tempo stesso al kerygma e alle opinioni correnti, rispet­ toso dell'etica e dell'ethos, dell'amore e del potere di Dio e del mondo. Amerebbe, ad esempio, dare un posto alle donne nella comunità cristia­ na; le lascia invece nell'ombra nel momento preciso in cui affronta l'ar­ gomento dei ministeri nella chiesa e non conferisce loro nessun potere di direzione nel libro degli Atti degli Apostoli. La struttura del commento è rimasta la stessa, anche se il mio inte­ resse per la storia degli effetti è aumentato nel corso degli anni. I lettori lo constateranno facilmente leggendo l'interpretazione della parabola ' det figlio prodigo (Le. 1 5 ,1 1-3 2.). Redigendo queste righe penso ai miei e alle mie ex assistenti del­ l'Università di Ginevra ed esprimo loro qui la mia viva gratitudine. I lo­ ro lavori preparatori mi sono stati estremamente utili e certi sviluppi di questo volume sono loro debitori. Menziono e ringrazio in particolare Emi Batschmann, Frédéric Amsler, Isabelle Juillard ed Eva Tobler. A questi nomi vanno aggiunti quelli dei miei collaboratori e collabo-

I2

PREMESSA AL TOMO III DELL'EDIZIONE ORIGINALE

ratrici della Harvard University: la mia riconoscenza va a David War­ ren, Laura Beth Bugg, Laura Nasrallah, Ann Graham Brock, Catherine Playoust, Mitzi Jane Smith, Dong-Hee Bae, Anna Miller e Caroline Kelly, che hanno partecipato al mio lavoro accanto alle loro proprie ri­ cerche. Ringrazio anche il personale dell' Andover Library della Harvard Divinity School, in particolare Gloria Korsman e Laura K. Whitney. Anche se la pubblicazione della versione tedesca precede quella della versione francese, ho redatto questo volume in francese e la versione te­ desca è il risultato di una traduzione che ho rivisto attentamente. Al­ bert Frey ha tradotto il cap. 1 5 in tedesco e Andreas Kesseler i capp. 1 619. Ne sono loro infinitamente grato. Questo commento è pubblicato nel Commentaire du Nouveau Tes­ tament di cui è responsabile il professor Jean Zumstein. Lo ringrazio della sua generosità e del costante interesse che ha manifestato per que­ st'opera. Le Éditions Labor et Fides hanno diritto anch'esse alla mia vi­ va gratitudine; il loro direttore, Gabriel de Montmollin, ha seguito il pro­ gredire di questo lavoro anno dopo anno con la medesima benevola at­ tenzione. Camb ridge, Massachusetts, 1 marzo 200 1 .

François Bovon

INDICE DEL VOLUME

7 8 9 II I5

Premessa all'edizione italiana Avvertenza all'edizione italiana Premessa al tomo n dell'edizione originale Premessa al tomo III dell'edizione originale Abbreviazioni e bibliografia VANGELO DI LUCA

4I 49 6I 85 IOI I22 140 I67 I87 209 2I9 23 2 244 269 300 323 350 375 402 422 442

Inospitalità dei samaritani (9,5 1-56) Seguire Gesù nella vita (9,5 7-62) La diffusione del vangelo ( Io, I-20) La rivelazione ai piccoli ( I o,2I -24) Il samaritano, o dell'eredità della vita eterna ( I 0,25-37) Marta e Maria ( Io,3 8-42) Il Padrenostro ( 1 1,I-4) La preghiera e il suo esaudimento ( 1 1,5-I 3 ) Nel regno di Satana ( 1 1 ,14-26) La beatitudine migliore ( 1 1 ,27-28) Gesù non ha dato altro segno che se stesso ( 1 1 ,29-3 2) La lucerna e l'occhio ( 1 1,3 3 -3 6) Un pranzo che va a finir male ( 1 1,37-54) Confessare la fede ( 1 2, I - 1 2) Il disinteresse funesto per il dialogo ( 1 2, I 3 - 2 I ) Ricerca senza preoccupazioni ( 1 2,22-34) Attenzione e responsabilità ( 1 2,3 5-48) Sapienza cristiana ( 1 2,49-59) Buon uso delle sventure ( I 3 , I-9) Dio raddrizza il corpo e libera le persone ( I 3 , IO-I7) Il grano di senape e il lievito ( I 3 , I 8-21)

14

INDICE DEL VOLUME

460

Sulla via della giustizia (13,2.2.-30)

478

La volpe e la chioccia (13,31-35)

500

Il sabato dell'idropico (14,1-6)

519

Scelta del posto e lista degli invitati (14,7-14)

537

Gli invitati al festino (14,15-2.4)

562.

Riflettere prima di impegnarsi in parole e atti (14,2.5-35)

589

Le parabole della misericordia (15,1-32.)

644

L'amministratore disonesto (16,1-9)

665

Regole di fedeltà (16,10-18)

686

Parabola del ricco e del povero Lazzaro (16,19-31)

712.

Scandalo, perdono, fede e servizio (17,1-10)

72.6

I dieci lebbrosi (17,11-19)

741

Al cospetto dell'avvenire (17,2.0-37)

768

La parabola del giudice iniquo e della vedova insistente

(18,1-8) 785

La parabola del fariseo e dell'esattore (18,9-14)

804

Gesù e i bambini (18,15-17)

814

Ereditare la vita eterna (18,18-30)

831

Nuovo annuncio della passione (18,31-34)

841

Il cieco di Gerico (18,35-43)

855

In visita da Zaccheo (19,1-10)

873

La parabola delle mine (19,11-2.7) Excursus

237

L'occhio, lucerna del corpo

447

Il regno di Dio

ABBREVIAZIONI E BIBLIOGRAFIA (n)

Gli elenchi di abbreviazioni, le informazioni e la bibliografia generale forniti sotto completano - e quindi non sostituiscono - le indicazioni poste all'inizio del vol. 1.

ABBREVIAZIONI E SIGLE Freedman, D.N. (ed.), Anchor Bible Dictionary (The), 6 voli., New York 1992. ACEBT Amsterdamse cahiers voor exegese en bijbelse theologie, Kampen ANTJ Arbeiten zum Neuen Testament und zum Judentum, Frankfurt a.M. ANTZ Arbeiten zur neutestamentlichen Theologie und Zeitgeschichte, Berlin ASEs Annali di Storia dell'Esegesi, Bologna BCPED Bulletin du Centre protestant d'études et de documentation, Paris BET Beitriige zur biblischen Exegese und Theologie, Frankfurt a.M. - Bem Bible Bhashyam Bible Bhashayam, Indian Biblical Quarterly, Vedavathoor, Kottayam, Kerala Bible Review Bible Review, Washington, D.C. BibNot Biblische Notizen, Miinchen BJSt Brown Judaic Studies, Missoula, Mont. BTB Biblical Theological Bulletin. A Joumal of Bible and Theology, Roma, poi New York, poi Jamaica, N.Y. BThZ Berliner Theologische Zeitschrift, Berlin BullCPE Bulletin du Centre protestant d'études, Genève CentHermStudProt Center for Hermeneutical Studies Protocol Series, Berkeley, Cal. CEV.S Cahiers Evangile, Supplément CFHB.W Corpus fontium historiae Byzantinae, Series Washingtoniensis, Dum­ barton Oaks - Washington, D.C. CPG Geerard, G. (ed.), Clavis Patrum Graecorum (CChr), 5 voli., Tumhout CRThPh Cahiers de la Revue de Théologie et de Philosophie, Genève-I..ausanne­ Neuchitel Crux Crux, Vancouver CuaBi Cuademos Biblicos, Valencia DEB Dictionnaire encyclopédique de la Bible, ed. Centre Informatique et Bi­ ble, Abbaye de Maredsous, Tumhout 1987 Emm Emmanuel, New York EpworthRev Epworth Review, London EstTrin Estudios Trinitarios, Salamanca EWNT H. Balz - G. Schneider (edd.), Exegetisches Worterbuch zum Neuen Te­ stament, 3 voli., Stuttgart 1980-1983 Forum Forum: Foundations and Facets, Banner, Mont. FoundFac Foundations and Facets: Literary Facets, Sonoma, Cal. ABD

16

ABBREVIAZIONI E BIBLIOGRAFIA

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ABBREVIAZIONI E BIBLIOGRAFIA

17

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1972.-1975 Trinity Journal

Trinity Journal, Deerfìeld, DI.

COMMENTARI I.

Antichi

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London 1 66o (nuova edizione aumentata, Amsterdam 1 698). Eckhart, Meister, Predigten, in J. Quint (ed. e tr.), Die deutschen und lateinischen Werke. Die deutschen Werke I-III, Stuttgart 1 9 5 8-1976. -, Sermones, in E. Benz - B. Decker - J. Koch (edd. e tr.), Die deutschen und lateinischen Werke. Die lateinischen Werke IV, Stuttgart 11987. -, Traktate, in J. Quint (ed. e tr.), Die deutschen und lateinischen Werke. Die deutschen Werke v, Stuttgan 1963 . Efrem Siro, Commentaire de l'Evangile concordant ou Diatessaron, trad. dal siriaco e dall'armeno. Introduzione, traduzione e note di Louis Leloir (Sources Chrétiennes 1 2. 1 ), Paris 1966.

I8

ABBREVIAZIONI E BIBLIOGRAFIA

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phylact's Explanation of the New Testament 3], tr. di C. Stade, House Springs, Mo. 1997). Tertulliano, Adversus Marcionem I V ( CChr SL 1 ), Turnhout 1954, 544-663 . - Mare., cf. Holmes, P.

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5 1 E avvenne che stavano per compiersi i giorni della sua elevazione,a ed egli indurì il suo volto per camminare verso Gerusalemme. 52 E inviò messaggeri davanti al suo volto. Messisi in cammino, entrarono in un villaggio di samaritani per preparare la sua venuta. 53 Ma costoro non lo accolsero, perché camminava con il volto rivolto verso Gerusalemme. a Il vocabolo civriÀlJI'�Jitc; (v. p ), «rapimento•, «elevazione», è di difficile traduzione. Malgrado la pesantezza, mantengo inoltre il termine «volto» che ritorna tre volte (vv. 5 1 · 5 1 . 5 3 ) . Nel v. 54 seguo infine il testo lungo ( «come fece anche Elia» ), mentre nei vv. s s - s 6 preferisco il testo breve.

INOSPITALITÀ DEI SAMARITANI 54 Vedendo ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo al fuoco di scendere dal cielo e di consumarli, come fece anche Elia?». 55 Ma egli, voltosi indietro, li rimproverò. 56 Ed essi camminaro­ no fino a un altro villaggio. Eccoci all'inizio della seconda parte del vangelo. Finora Gesù, il messia d'Israele, ha guarito e predicato in Galilea. Si è manifestato come il me­ dico, il salvatore e il re, il figlio di Dio. Prende ora la via di Gerusalem­ me. Sia gli annunci della passione (9,22.44) sia il racconto della trasfi­ gurazione (9,28-3 6) ci hanno informati che questo cammino condurrà all'agonia e al martirio di questo messia destinato a diventare messia sof­ ferente (Atti 26,23 ). Introdotto solennemente (v. p ), il racconto di viag­ gio (9, 5 1 - 1 9,27) inizia con una storia singolare, riassunta più che rac­ contata la quale, come una parabola, annuncia l'orientamento nuovo, tragico, di tale destino.

Funzione del racconto. Si può accostare il nostro episodio a Mt. Io,sb, il divieto pronunciato da Gesù di evangelizzare la Samaria, alla lettera di entrare in una città samaritana.' Le. 9,5 1 - 5 6 e Mt. Io,sb manifesta­ no l'esistenza di un problema samaritano. Ci si potrebbe anche chiede­ re, a torto, se il racconto di Luca non dovesse giustificare o temperare l'intransigenza del Cristo matteano. Ma è meglio mantenere distinte tra loro le comunità matteana e lucana. La chiesa lucana ignora il divieto trasmesso da Matteo, mentre è favorevole alla missione in Samaria (cf. Atti 1 , 8 ; 8,4-8; 9,3 1 ), anche se talora ha incontrato in questa regione una certa opposizione (cf. Atti 8 ,9-2 5 ) . Il racconto rispecchia gli atteggia­ menti diversi dei samaritani di fronte alla missione cristiana: un villag­ gio non accoglie Gesù (v. 5 3 ), mentre pare che un altro, probabilmente anch'esso in Samaria, non lo respinga (v. 5 6). Il problema samaritano non spiega quindi il racconto, ma gli serve da inquadramento d'ambien­ te. La storia che leggiamo ha un nucleo arcaico; è più di una proiezione postpasquale nella vita di Gesù. Forma tradizionale del racconto. Il racconto tradizionale si propone­ va di sensibilizzare i discepoli ai rischi del mestiere e d'inculcare in loro un giusto atteggiamento missionario. Se ne può delimitare l'estensione tradizionale rielaborata da Luca. Il v. 5 1 non ne faceva parte, perché redazionale, come mostrano sintassi, lessico e teologia. :z. La storia inir

Cf. M. Lehmann, Quellenanalyse, 143-145 e Schiinnann n, 3 1 s. La sintassi: !-yÉvE'to 8È tv -t discepoli/ diversi dai dodici (9, 1 ) e non diversi dagli inviati in Sa­ maria (9,52). Il loro numero deve corrispondere a quello delle nazioni fissato dal pensiero giudaico. Ma sia la tradizione manoscritta di Le. ro, r sia la tradizione giudaica oscillano tra settanta e settantadue. Ho conservato settantadue secondo il testo di Gen. IO nei LXX, piuttosto che settanta secondo il testo masoretico.3 Luca infatti preferisce seguire di solito il testo dei LXX invece di quello ebraico dell'Antico Testamen­ to. Fedeli alla regola missionaria enunciata pure da Marco e praticata dai primi cristiani, 4 andranno a due a due. La loro missione è ancora prepasquale e ricorda l'invio in Samaria (9,52), un invio preparatorio: andranno «davanti al suo volto »; Luca insiste: là «dove egli stesso do­ veva andare» . Il discorso che segue contraddice tale prospettiva, perché non si riparla mai del viaggio di Gesù sulle orme dei settantadue. Ma la contraddizione si attenua se si considera, con l'aiuto della riflessione re­ dazionale di 22,3 5-3 8, che Luca vede nell'invio di Le. IO una formazio­ ne, un esercizio, una prova generale. I settantadue sono ancora protetti dalla prossimità a Gesù. s 2. «Egli disse loro » : seguendo Q, Luca preferisce svilupp,are qui le istruzioni missionarie più che raccontarne la prima applicazione. La me­ tafora della « messe» , che nella Scrittura si applica soprattutto al giudi­ zio, assume talora - il che è naturale - un senso positivo. 6 Si ha qui la stessa situazione di Gv. 4,3 5 .7 La preghiera orienta la metafora 8 in di­ rezione dell'allegoria: il Signore della messe fa il proprio ingresso con forza. Ma la gioia è minacciata dalla mancanza di operai. Deve levarsi la preghiera, derivata da tale timore. Questo il senso del v. 2 considerato 1

Conservato da D e dai testimoni paleolatini. I numerosissimi testimoni che leggono un xa:l davanti a hÉpouc; ( •altri ancora» ) sottoli­ neano questo aspetto. 3 Le Recognitiones pseudoclementine ( 1 ,40) parlano già dei settantadue e non dei set­ tanta. Già rilevato da Godet n, 22. Su settanta o settantadue cf. B.M. Metzger, Seventy e S. Jellicoe, Luke. 1)7S legge settantadue. 4 Mc. 6,7. Cf. Atti 1 3 ,2. s Si noti l'espressione oli 'Ìjp.e:ÀÀE:v a:th� tp'X,e:a-8a:l, dove emerge a) il motivo della storia della salvezza e b) una connotazione cristologica. 6 Cf. ls. 9,2 e Sal. 1 2 5 ( 1 26),s-6. Nel senso di giudizio la •messe» compare in ls. 17,5. 7 Che ci sia una connessione letteraria tra Le. 10,2 e Gv. 4,3 5 ? Probabilmente no. 8 Si noti l'equilibrio del primo detto: jUv-òÉ, &p!ap.�-Épya:Tcu, 7toÀUc;-òÀtyot. 1

70

LA DIFFUSIONE DEL VANGELO

in sé, ma posto nel suo attuale contesto fa pensare che l'invio da parte di Gesù (vv. 2-3 ) debba corrispondere all'intento di Dio. Segnala anche che il cammino missionario inizia con una preghiera. Questo implica natu­ ralmente che altri discepoli verranno ad aggiungersi ai settantadue. 3· «Andate »: Luca aggiunge quest'imperativo per inserire il versetto nella serie di esortazioni. I Malgrado la paura, l'impreparazione e i mezzi limitati, bisogna andare. 2 La nota di fiducia, di calma, di assenza di pre­ occupazioni che contiene il verbo u1tayw, «andare» con valore intransi­ tivo, si contrappone alla menzione seguente: come agnelli fra i lupi. Que­ sta situazione pericolosa fa presente il sentimento dei primi cristiani nel loro ambiente giudaico,3 ma anche il ricordo della Scrittura (Is. 1 1 ,6: «il lupo abiterà con l'agnello » ) consente di sperare in una riconciliazione escatologica. Gli Acta Philippi raccontano come la profezia sia stata attuata proletticamente con la conversione al vangelo di un capretto e di un leopardo (cf. Is. 1 1 ,6: «Il leopardo dormirà vicino al capretto » ).4 2 Clem. 5 indica che il detto di Gesù ha agitato gli animi e provocato uno sviluppo leggendario: «Per questo, fratelli, lasciando il soggiorno di que­ sto mondo, facciamo la volontà di chi ci ha chiamati e non temiamo di uscire da questo mondo. Il Signore ha detto infatti: 'Voi sarete come agnelli in mezzo ai lupi'. Pietro gli rispose: 'E se i lupi sbranano gli agnelli?'. E Gesù disse a Pietro: 'Gli agnelli, dopo la morte, non hanno più da temere i lupi' » . Segue un'allusione a Le. 1 2,4-5 .5

Nei vv. 1 - 3 il lessico dell'invio è ricco (ci7toa'tÉÀÀw, «inviare », ix�aÀÀw, «spe­ dire», u1tciyw, «andare», all'imperativo); se corrisponde alla pratica sociale della comunità di Q,6 serve anche a Luca, in una situazione missionaria I Lo sviluppo corrisponde a quello che sarà accaduto nello stadio precedente per il v. l.: il detto (affermazione) è stato completato da un'esortazione (imperativo). 2 Lntliyw intransitivo significa «ritirarsi» o, come qui, «avanzare tranquillamente» . La sfu­ matura in questo caso suggerisce con fiducia. 3 Cf. i detti sulle persecuzioni (ad es. 6,n) e i racconti di ostilità giudaica negli Atti (ad es. Atti 6,8- 1 5 ; 7,54-8,1; 1 3 ,44-48). 4 Act. Phil. 8,1 5-1.1 (96-101). Ambr. In Le. 7,48-51. (n, 1.4-1.6) è molto sensibile ai lupi­ eretici nel momento in cui predica, a causa degli avvenimenti del 3 8 6 nel corso dei quali riuscì solo a viva forza a conservare le sue basiliche che il vescovo ariano, Aussenzio, con l'appoggio imperiale, rivendicava. 5 2 C/em. 5,1-4 (tr. secondo H. Hemmer). V. Les Pères apostoliques, n. Clément de Ro­ me, Épitre aux Corinthiens, Homélie du ne siècle, testo, tr. fr., introduzione e note, Pa­ ris 1909, 140-143· 6 Su à'ltoa-tÉì..ì..w in Q, nel senso apocalittico dei profeti che, mandati per radunare Israe­ le, si scontrano con l'ostilità, cf. S. Schulz, Q, 414.

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certamente differente ma non priva di analogie. 1 Richiama, agli occhi del­ l'evangelista, le origini del movimento cristiano e - soprattutto in Le. 9 quelle dell'apostolato. Gesù, l'inviato di Dio ( I o, I 6b), ha egli stesso man­ dato subito messaggeri. Se si cerca un antecedente di questo gesto, occorre rivolgersi alla figura della sapienza: anch'essa viene da Dio e chiama gli uo­ mini a collaborare alla sua missione. 4· Il v. 4 si preoccupa del viaggiare: limita anzitutto al massimo l 'equi­ paggiamento, come in 9,3 . Niente « borsa » , né «sacca » / né > .3 Gesù giunge quindi fino a proibire il minimo che ogni viaggiatore de ve portare con sé. Come s'è visto per 9,3, simili prescrizioni, tipiche del ra­ dicalismo di Q, hanno perduto in parte attualità ai tempi di Luca (cf. 22,3 5-3 8). L'evangelista nondimeno le trasmette per deferenza, ma le consegna a un passato trascorso; gli preme sottolineare la fragilità del miss io nario e la sua dipendenza nei confronti del Signore e degli abi­ tanti del luogo visitato. Che mediante queste prescrizioni la tradizione cristiana abbia inteso distinguersi sia dai pellegrini giudei sia dai filosofi itineranti è una possibilità,4 e nemmeno va esclusa una ripresa dell'idea­ le levitico. Ciononostante, ed è quello che conta: la privazione non è più per Luca un segno dell'imminenza del regno di Dio, ma il ricordo di un passato ideale, di un tempo in cui la presenza di Gesù garantiva pace e sicurezza.

Il v. 4 trasmette poi una proibizione enigmatica: il divieto cioè di salutare in cammino (che contrasta col saluto rivolto in casa, v. 5 ) . Sono state propo­

ste diverse spiegazioni: fretta escatologica, concentrazione sull'essenziale, paura dei contatti e della loro seduzione, allenamento a subire l'ostilità.5 Dopo non poche esitazioni opto per la scelta del motivo delle priorità: solo arrivati a destinazione, nella città e poi nella casa, si pronunceranno i salu­ ti, che non saranno semplici formalità, ma l'enunciazione della pace offerta da Dio stesso. 1 Cf. il mio Pratiques missionaires et eommunication de l'évangile dans le ehristianisme primitif: RThPh 1 14 ( 1982.) 3 69-3 8 1 . 1 (XtÀÀav-t1ov, •borsa• , vocabolo raro, ma che Luca utilizza volentieri ( 1 1,33; 2.2.,3 5-36). La proibizione corrisponde al p.�"tE: tipyUp&Ov, •né argento», di 9,3; 1tljpa, •sacca », cf. 9,3;

W.

Michaelis, lt�pa, TWNT VI, 1959, 1 19-1 2.1. Qui si tratta di una sacca per le provvi­

ste alimentari e non di una sacca per mendicare. Gesù proibisce di prendere provviste, non di mendicare.

3 Cf. Le. 2.2.,3 5, dove si ritrovano i tre termini (borsa, sacca e sandali). Le. 9,3 proibiva la camicia di ricambio, ma non si pronunciava sulle calzature. 4 Cf. a 9,3-5 (vol. 1, p. 5 34). 5 Cf. l'ordine di Eliseo a Gehazi in 2 (4) Re 4,2.9; Le. 9,62.. Su tale divieto cf. Fitzmyer n, 847; A. O'Hagan, Greet; B. Lang, Grussverbot e I. Bosold, Pazifismus.

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s-7· Il successo nella città (vv. 8-1 1 ) presuppone l'accesso alla casa (vv. 5-7). Proprio per questo un'esperienza missionaria sta alla base di una simile composizione letteraria. Lo stabilirsi di contatti personali pre­ cede dunque la proclamazione pubblica. La casa 1 è il luogo di questi pri­ mi scambi. I gesti profani di mangiare, bere e riposarsi sono valorizzati, perché fungono da mediazioni alla comunicazione del vangelo. Neces­ sari alla vita, saranno considerati dai missionari come il loro salario, meritato ma limitato.1 La «pace», religiosa, che precede gli inviati, con­ ferisce alla loro missione una dimensione sacra. A quel tempo le parole hanno ancora il loro peso: la pace è la pienezza di vita e di relazioni, la felicità dinamica e concreta, il segno che distingue il regno messianico. Questo è il vero saluto, che si contrappone alle imprecazioni così diffu­ se e si distingue dalle formule di cortesia che ci si scambia semplicemen­ te (cf. Mt. 5,47). Il Dio che invia ( vv . 3 - 5 ) è anche quello che accompa­ gna, perché proprio della sua pace si tratta. Luca rispetta sia la fraseolo­ gia semitica ( « fanciullo di pace », letteralmente «figlio di pace�� ) sia le rappresentazioni bibliche (la pace itinerante e comunicativa, d. I Sam. [I Re] 25,5-6, come l'arca «mobile » che può apportare benedizione o maledizione, cf. I Sam. [I Re] 4-7 e 2 Sam. [2 Re] 2). I missionari reste­ ranno nella prima casa che li accoglierà: quel che conta è questo gesto di ospitalità, non la comodità o il lusso. È anche il modo migliore per non creare rivalità fra i membri della comunità nascente.3 Basta che vi si trovi un «fanciullo di pace» perché il vangelo possa essere comunica­ to. Non è necessario che sia, come nella vecchia religione del dovere, un padre a imporre la fede a ciascuno. Conta soltanto la presenza di uno di questi piccoli di cui si parlerà in I0,21 . I vv . 5-7 dicono, con un mag­ gior numero di parole, quello che Luca aveva espresso in 9,4 sulla mis­ sione dei dodici. 1 Luca alterna olxo� a o!xlll. Perché? Verosimilmente perché o!xtll designa la costruzione e olxo� la costruzione e coloro che vi abitano. 1 Sul salario dei servi di Dio cf. Num. 1 8,3 1; Le. 10,7b / Mt. IO,Iob; I Cor. 9,4-14; Fil. 4,18; Gal. 6,6; I Tim. 5,18. Come i figli di Aronne o di Levi, i missionari cristiani non possiedono nulla, ma meritano in salario una parte delle offerte. 3 La reiterazione, l'eventualità, la condizione e la regola sono segnalate da iho e il con­ giuntivo (cf. Bauer, s. v. e BDR, § 3 8o. 1b). - Èn:liVGtn:liUoJLllt: «riposare», «riposarsi», «ap­ poggiarsi »; cf. Num. 1 1,25-26 e z (4) Re 2, 1 5 (per lo Spirito che riposa su qualcuno). ­ La particella enclitica "(E entra spesso in composizione, come qui: d 8È !L� 'fE per sottoli­ neare meglio la distinzione: «ma in caso contrario», «tranne• . - !Ì:vllxclJLn:Tw: a) «curva­ re»; b) intransitivo e in senso figurato •ritornare sui propri passi •, •andare e venire•, •andare su e giù• e c) «distogliersi da»; qui va tradotto nel senso b); cf. Plut. Mor. 796d e Diog. Laert. s,z; 7,5.

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8-9. Più ampia della casa, la città rappresenta il campo missionario. 1 Dalla Galilea a Gerusalemme e da Gerusalemme a Roma l'opera di Luca si sviluppa grazie a una rete di città. La città è il luogo della vita, della storia, del potere, della conversione, dell'insediamento, poi dell'edifica­ zione di chiese, dell'accettazione o del rifiuto collettivo del vangelo. L'at­ tenzione che Luca riserva alle città rammenta l'interesse che nutre per le mediazioni e deriva dal suo sforzo di storicizzazione. In altri termini e per ricapitolare, il v. 8 ripete per la città quanto i vv. 5-7 dicevano per la casa. Appena nominati, i missionari sono al posto di lavo­ ro, un'attività pubblica: in un lampo il v. 9 riassume la missione della chie­ sa in una formulazione che corrisponde certamente al periodo prepasqua­ le, ma che conserva la sua attualità ai tempi di Luca. Come fa spesso, l'evan­ gelista colloca l'azione (..9e:pcx7te:Uw, «curare» ) prima della parola (ÀÉyw, «di­ re» ). L'azione caritativa viene espressa da un verbo ( &pcx7te:Uw, «curare») che insiste più che sulla guarigione, di cui non si dubita, sulle cure richie­ ste.1 Luca, che ha delineato la figura di un Gesù medico,J conferisce qui ai suoi discepoli una funzione terapeutica analoga." I discepoli devono preoc­ cuparsi delle attenzioni che dovranno prodigare. Dio si accollerà la guari­ gione, lenta o immediata. La chiesa cristiana trova in questa prescrizione la legittimazione della sua opera diaconale e ospedaliera (cf. 10,29-3 7, il samaritano che si occupa del ferito per tutto il tempo necessario). Se Giovanni Battista non aveva ancora il diritto, in Luca, di predica­ re il regno (3,3-17), i discepoli di Gesù, seguendo il loro maestro, l'han­ no sempre. Devono persino proclamarne l'imminenza, una imminenza che la pasqua ha modificato (il libro degli Atti conserva l'importanza del­ la �cxatÀe:icx, del «regno», ma non quella della sua imminenza). L'imma­ gine che èyyt"çw, «avvicinare», «avvicinarsi », disegna è peraltro più spa­ ziale che temporale e ben si adatta a questo capitolo in cui i luoghi svol­ gono un ruolo determinante. Come la pace che può arrivare, il regno di Dio si è avvicinato. Per personalizzare questa realtà, Luca aggiunge «fi­ no a voi » , ma non ne dimentica la componente oggettiva, poiché nel v. nb ricorderà, a favore dei discepoli, che il regno si è avvicinato in mo­ do assoluto, sia che gli abitanti della città lo accettino o lo rifiutino. Il v. u b è decisivo: dietro le constatazioni storiche,• sta la decisione divir

volte nei vv. 1 - 1 6 che segnalano peraltro i nomi di sei città. &pam:.Jw: «onorare•, « prendersi cura di», «dare cure mediche•, «curare»: verbo caro a Luca. 3 Cf. a 4,40-4 1 (vol. 1, p. 2.65 ). 4 Si osservi l'importanza dell'uso di 1tÀ�v ( «ma•, «soltanto•, « tuttavia» ) nei vv. r rb, 14 e 2.0, che rimarca una riserva: malgrado le debolezze o i rifiuti degli uomini e delle don­ ne, Dio agisce o ha agito. 1

ltOÀI� compare cinque

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na che i credenti conoscono (ymoax.e:-re:, «sappiate» ) 1 con la fede: Dio, indipendentemente dalle volontà e velleità umane, si è avvicinato per in­ staurare il suo potere di pace e giustizia. IO-I I . Il gesto rituale di togliersi via la polvere, vv. IO- I I , corrispon­ de più o meno alla soluzione raccomandata ai dodici (9,5 ). 1 Il testo in­ siste sul suo carattere pubblico ( «nelle sue piazze» ), prevede una dichia­ razione che confermi il gesto (e:t7ta-re:, «dite » ) e descrive la polvere con goffa insistenza (letteralmente: «quella che si è attaccata a noi dalla vostra città ai piedi»). Ma utilizza un altro verbo, meno violento che in 9,5, dove veniva fatta cadere scuotendola (tho-rtvciaaw); qui viene tolta spolverandola (tÌ7tO!J.cXaao�J.. IÌ-8E"w soltanto qui (4 volte) e in 7,30: «dichiarare non valido» , «annullare», «violare• (un trattato, una promessa), «respingere•, «rigettare .. . 3 Calpestare i serpenti e gli scorpioni: cf. Sal. 90(9 1),13 (ma i nomi degli animali non corrispondono a quelli di Le. 10,19). Cf. Mc. 1 6,17-18 e Iust. Dial. 76,6 che stabilisce un collegamento tra il testo del salmo e Le. 10,19. I serpenti e gli scorpioni sono i primi pericoli che minacciano Israele nel deserto, Deut. 8 , 1 5 ; resistergli è resistere alla tenta­ zione e al peccato. Cf. M. Miyoshi, Anfang, 102. Il versetto va inteso in senso letterale o figurato? Mentre P. Grelot, Étude, sostiene il senso figurato (vittoria sul male), preferisco suggerire il senso letterale che si apra a quello figurato. 4 Cf. R. Sooer, Die apokryphen Apostelgeschichten und die romanhafte Literatur der Antike, Stuttgart 1922 (rist. Darmstadt 1969), 5 1 -102; A. Boureau, La légende dorée. Le système na"atif de ]acques de Voragine (f 1298), Paris 1984, 1 5 3 - 1 6 5 . s Sui nomi iscritti nei cieli cf. O. Hagemeyer, Freut euch e Fitzmyer n , 8 6 3 s. Sullo sfon-

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che questa relazione con Dio sia vissuta quaggiù in condizioni di supe­ riorità di fronte al mondo demoniaco. Il ruolo di mediatore che svolge Gesù tra Dio e i suoi figli, segnalato nel v. 1 6, si ritrova qui fortemente rimarcato: « Ecco, io vi ho dato il potere . . . » (v. 19). Un potere che insie­ me trionfa e protegge. Perché questo potere possa essere comunicato ai cristiani, è necessa­ ria la disfatta di Satana. Proprio in ciò l'escatologia si attua. La caduta del tiranno, del re di Babilonia ad esempio (Is. q,u-q), percepita in anticipo e annunciata dai profeti biblici, è stata intesa nella letteratura intertestamentaria come quella di Satana stesso. 1 Luca inserisce Gesù in questa corrente profetica e apocalittica. Satana, con la velocità del lampo, è caduto dal cielo.1 Gli avvenimenti della fine stanno quindi per accadere. Veggente privilegiato, Gesù ha assistito 3 alla cacciata e alla caduta di Satana, l'accusatore e il tentatore. E proprio per mettere in primo piano questa visione apocalittica Luca ha costruito lo scenario del ritorno vittorioso dei settantadue. Ritiene che Gesù non sia soltanto lo spettatore di questa disfatta del maligno, ma il principale aiutante di Dio. Se ha solo assistito alla caduta, partecipa nondimeno alla sconfitta delle milizie di Satana, alle espulsioni dei demoni 4 e più in generale alla vittoria sul male.5 Per Luca tuttavia, come per Giovanni il veggente / Satana, espulso dal cielo, non è ancora definitivamente ucciso. Ha altre forze finali da gettare nella battaglia. Il suo potere sulla terra dev'essere ancora contrastato un passo dopo l'altro dalle truppe del Cristo.7 Si tratta oggi di riproporre questa certezza dottrinale in termini non mito­

logici (o, più precisamente, in termini mitologici che corrispondano alla modo l'idea, ispirata dai registri regali dell'Oriente antico, di un registro di vita di quanti appartengono a Dio. Cf. Deut. 3 2,3 2-3 3; Sal. 68(69),29; Mal. 3,16-x7; Iub. 30,19-23; x Hen. 47,3 ; Apoc. 3,5, ecc. 1 Cf. A. Puig Tàrrech, Visi6. 1 A. Puig Tàrrech, Visi6 e J.-M. Rosenstiehl, Chute hanno studiato il tema della caduta di Satana nella letteratura giudaica e cristiana. Il diavolo viene fano precipitare da Dio sia per aver rivaleggiato con lui sia per essersi rifiutato di venerare l'uomo creato da po­ co. Fra i numerosi testi, ci si può riferire a 2 Hen. 29,4·5 (recensione lunga); Vit. Ad. I4· x6; Apoc. 1 2,7- 1 8 . Su Satana in Luca cf. l'excursus nel vol. 1, pp. 233 s. 3 Si noti l'aspetto di passato dell'avvenimento come pure la sua durata: É-8�twpouv, «con­ templavo» (imperfetto). J. Hills, Luke xo,x8, propone di intendere la forma come una terza persona plurale; il che non è affatto verosimile nel contesto. 4 Cf. 1 1,20. Malgrado l'opinione di tal uni, ritengo che nel giudaismo del tempo il pote­ re degli spiriti malvagi fosse associato con quello di Satana. s Cf. sopra, p. 76 n. 3· 6 Apoc. 1 2,7· 1 8 . 7 Fra i problemi di critica testuale che pongono i vv. 17-20: nel v. 1 8 qual è l'ordine del­ le parole? Nel v. 19 bisogna leggere il presente o il perfetto del verbo «dare » ? Luca ha utilizzato la duplice negazione e il congiuntivo del verbo «nuocere» o la negazione sem­ plice e il futuro?

LA DIFFUSIONE DEL VANGELO dernità): il vangelo, in particolare questo v. 1 8 di Le. 10, dà la certezza che in Gesù Cristo Dio ha deciso di venire a capo del male e ha attuato la prima metà di questo progetto. I cristiani vivono nella situazione critica della vit­ toria sicura in mezzo alla tormenta. Partecipano già al trionfo, nella comu­ nione e nell'amore, pur subendo gli ultimi assalti di sofferenza e di morte. 20. Ciò che li rallegra, che li deve rallegrare, secondo il v. 20, non è l'euforia seducente della vittoria, ma la certezza incrollabile di essere amati da Dio. Dire che i nostri nomi sono iscritti nei cieli (o nel libro di vita, Apoc. 3 , 5 ), è credere che solo la memoria di Dio assicura la conti­ nuità della nostra vita fino all'eternità. Di questa convinzione, fonte di gioia, facciamo l'oggetto della nostra speranza contro ogni speranza

(Rom. 4,1 8 ). Storia degli effetti. Alla fine del n secolo I lreneo utilizza questo o quel versetto della nostra pericope in una prospettiva dottrinale o ne rettifi­ ca l'esegesi di fronte ad avversari gnostici. La presenza dei settanta gli consente, ad esempio, di rifiutare l'interpretazione gnostica dei dodici co­ me figure dei dodici eoni emessi dall'uomo e dalla chiesa (manca infatti un gruppo di settanta eoni nel sistema contro cui polemizza).2. La cono­ scenza del vangelo riguarda analogamente la predicazione apostolica au­ torizzata da colui che ha detto «Chi ascolta voi ascolta me . . . » (v. 1 6).3 Il credo proclama, ad esempio, la vera passione e la vittoria pasquale del Cristo che inviò il paraclito sulla terra, dove il diavolo era stato preci­ pitato come un lampo,4 e conferì ai suoi discepoli il potere di calpestare i serpenti e gli scorpioni (v. 19).5 Ireneo riorganizza quindi da teologo il testo lucano a partire da una confessione di fede sensibile alla passio­ ne e risurrezione del Cristo. Da parte sua Clemente di Alessandria cita il detto sulla messe abbon­ dante (Mt. 9,3 7 / Le. 1o,2) nel contesto della parabola dei talenti (Mt. 25,14-30). A suo parere gli «operai» sono i prodamatori della parola di I Isolati, alcuni detti di Le. 10,1-20, sono citati liberamente già dalla fine del 1 secolo, sia a partire dal nostro vangelo sia secondo la tradizione orale. Ecco alcuni esempi tra la fine del I secolo e la fine del II : il salario dell'operaio (v. 7): I Tim. 5 , 1 8; Did. 1 3 , 1-2; gli agnelli e i lupi (v. 3 ): 2 Clem. 5,2 (cf. sopra, p. 70); Epistola apocrifa dello Pseudo-Tito sulla verginità (data?) (cit. in K. Aland, Synopsis, 259); l'ascolto del testimone (v. 1 6): lust. Apol. 1,16,10 e 63,5; il potere sui serpenti (v. 19): Mc. 1 6, 1 8 (chiusa non autenti· ca); Iust. Dia/. 76,6; la messe (v. 2): Ev. Thom. 73; l'accoglienza nelle città e la guari­ gione dei malati (vv. 8-9): Ev. Thom. 14. 2. Iren. Haer. 2,21,1. 3 Iren. Haer. 3, prologo. 4 Iren. Haer. 3,17,3· 5 Iren. Haer. 2,20,3. Ireneo intende qui • la potenza del nemico» (v. 19b) come «l'inizia­ tore dell'apostasia» .

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Dio, sia che agiscano con la mano sia con la parola, ossia mediante la comunicazione scritta o orale.' Leggere l'Adversus Marcionem di Tertulliano è difficile tanto quanto capire I litiganti di Racine. Le allusioni ci sfuggono e l'ironia ci immer­ ge nell'incertezza. Sembra certo tuttavia che il polemista africano resi­ sta passo dopo passo al suo avversario e contraddica versetto per verset­ to l'interpretazione sviluppata da Marcione nelle Antitesi.1 La costante ricorrente dell'argomentazione è dimostrare che, con i suoi ordini, Ge­ sù non si contrappone all'Antico Testamento, ma lo conferma o lo com­ pleta: l'ordine di non salutare nessuno riprende, per esempio, quello di Eliseo rivolto a Gehazi ( 2 [4] Re 4,29, parallelo che attraversa tutta la storia della chiesa); così, se il regno si avvicina, è perché era lontano ma, se lo era, esisteva già. La novità non è quindi assoluta, malgrado le recri­ minazioni di Marcione.3 Predicando su Le. I o Ambrogio disserta in chiave allegorica. 4 Le co­ noscenze etologiche del tempo gli consentono di identificare i lupi con gli eretici e di attaccare implicitamente uno di loro, Aussenzio, suo av­ versario, il vescovo ariano della controversia delle basiliche (nell'anno 3 8 6). Finché il pastore, cioè il vescovo, è presente, il gregge non viene mi­ nacciato. Bisogna tuttavia che egli veda il lupo prima che sia quest'ul­ timo a vederlo. Altrimenti, secondo la zoologia antica, il lupo gli toglie la voce! A ciò si aggiunga - prospettiva escatologica - che l'invio degli agnelli fra i lupi deve sfociare in una riconciliazione finale, come annun­ cia la profezia di Is. 65,25. Le restrizioni di Gesù relative alla bisaccia e alle calzature (aggiunge il bastone, con Matteo) offrono ad Ambrogio il destro per armonizzare una composizione in cui dominano i temi della povertà gloriosa (niente bisaccia), della rinuncia alle relazioni mortali (il cuoio delle calzature) e dell'espropriazione del potere (il bastone).5 In1

Clem. Al. Strom. 1,7,1 (dice che gli operai sono !3PaXE'ic; [in piccolo numero], mentre Mt.

e Le. hanno òì.iyot [poco numerosi]); Greg. M. Mor. 27,30,54 intende lui pure il nostro

v. 2 come illustrazione della predicazione. Bonaventura Comm. in Le. 10,4 (254) para­ gona i buoni predicatori a mietitori che operano grazie alla spada della parola di Dio. 1 Tertullian. Mare. 4,24. Marcione dovette considerare furto il gesto degli israeliti che avevano portato via, in occasione dell'esodo, vasellame egiziano (Es. 1 2.,34-36) e con­ trapporlo all'atteggiamento dei discepoli che si privano persino del necessario per ordine di Gesù. 3 Riguardo ai nostri versetti è rimasto un frammento di Origene (Hom. in Le. fr. 69, Rauer 1 5 8 [Origenes, Werke IX, 290); cf. Origène, Hom. Luc., 5 19). Vi si medita sul­ l'espressione «a due a due» (v. 1 ) e si insiste sull'antichità di una disposizione (cf. Mosè e Aronne) che favorisce il mutuo conforto nel servizio della parola (Origene rimanda a Prov. 1 8,19 e a Ecci. 4,9). 4 Ambr. In Le. 7,44-65. 5 A tal proposito scrive: «Perché egli li ha mandati a seminare la fede non con la coerci-

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fine, sottilmente, Ambrogio giustappone il rifiuto di salutare i viaggia­ tori ( « in presenza di ordini divini quello che è umano deve per il momen­ to essere messo da parte �� ) • e la proclamazione della pace agli abitanti della casa. 1 Nel v secolo Cirillo di Alessandria dedica cinque sermoni ai nostri ver­ setti.3 Il più significativo, il primo, menziona la missione stessa dei set­ tanta.4 Partendo da una cristologia della salvezza (il figlio unico ci ha giustificati con la fede, purificati e liberati da Satana decaduto), Cirillo afferma che questo mondo nuovo inaugurato in Cristo dev'essere stato proclamato: dai dodici a Israele, poi dai settanta al mondo intero. Il pa­ triarca trova prefigurato nella Scrittura questo cammino dall'avvenimen­ to alla sua predicazione: annunciato non solo dalla scelta dei settanta an­ ziani insediati da Mosè (Num. n,r 6), ma anche, secondo un'esegesi ti­ pologica presente già in Tertulliano, 5 dalla descrizione della zona di Elim coi suoi dodici pozzi e le sue settanta palme (Es. 1 5 ,27). Beda fornisce una spiegazione allegorica del v. 4a. Nella borsa il dena­ ro, ossia la sapienza, resta nascosto. Ora, in base a Sir. 4 I , 1 7, la sapien­ za nascosta non serve a nulla.6 Sul v. 4b (divieto di salutare) Bonaventu­ ra offre una tavolozza di interpretazioni allegoriche. Non bisogna, per esempio, salutare durante il cammino perché la salvezza è offerta non per dialogare coi santi ma per imitarli. È la vita (vita) e non la via (via) che va condivisa con loro.7 A proposito della polvere da scuotere via (vv. IO- I I ) Bonaventura menziona i predicatori che paragona ai piedi, mentre la triplice polvere che li minaccia rappresenta per lui la leggerezza del mondo, ossia la vanagloria, quando si cantano le loro lodi; l'impazienza, quando il loro annuncio non viene accolto; la cupidigia, quando si offre loro una re­ munerazione. 8 Probabilmente dietro a quest'allegoria dei piedi si cela il testo di Is. 5 2,7 ( « Come sono belli i piedi di quelli che annunciano buo­ ne cose! » ) e il racconto giovanneo della lavanda dei piedi ( Gv. r 3 ) . Già zione, ma con l'insegnamento, non dispiegando il vigore del loro potere, ma esaltando la dottrina dell'umiltà» (§ 59, vol. n, 2.8). Si conosce la posizione contraria che assumerà Agostino in base a Le. 14,2.3, cf. sotto, pp. 5 5 5 s. 1 In Le. 7,63; n, 30. :z. In Le. 7,64. Da parte sua il Crisostomo cita il nostro v. 8 per dire che l'amore recipro­ co è più importante del digiuno, cf. Hom. in Mt. 46 o 47,4 (PG 5 8, 48o). 3 Cirillo di Alessandria Serm. in Le. 60-64; cf. R. Payne Smith, Cyri/ 1, 2.72.-2.9 5 · 4 Serm. in Le. 6o (op. cit., 2.72.-2.76). ll passo che riassumiamo è conservato i n greco: fr. 100 nell'ediz. di J. Reuss, Lukas-Kommentare, 106. Rimangono dodici frammenti greci dei Serm. in Le. 60-64 (cf. op. cit., 106-uo). 5 Tertullian. Mare. 4,2.4. 6 Beda In Le. 3,192.8-1937 (2.15). 7 Bonaventura Comm. in Le. 10,10 ( 2. 5 5 ). 8 Op. eit. 10,2.0 (2.58 s.).

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Clemente di Alessandria 1 segnala che Gesù h a lavato i piedi dei disce­ poli per renderli puri ai fini della predicazione. Al v. I 8 la Glossa ordinaria .. ci propone in Satana un esempio da non seguire. Se il diavolo stesso è potuto essere stato fatto precipitare sulla terra, a quanta maggior ragione noi stessi, nati dalla terra, rischiamo la stessa sorte umiliante se tentiamo di elevarci per orgoglio. Giunti a Calvino, ritroviamo il rapporto tra i dodici ( « per risvegliare i giudei alla speranza della salvezza vicina » ) e i settanta ( «per espande­ re in tutti i luoghi la notizia della venuta di Cristo » ). Ma, segnato dal­ l'umanesimo del suo tempo, il riformatore presenta anche una spiegazio­ ne storica del numero di settanta (è quello degli anziani di Es. I 8,22. e di Num. n,24-3 0 e pure dei membri del sinedrio che il re Erode decise di sopprimere) prima di concludere a metà fra lo storico e il teologo: «Sembra ora che il Signore ordini settanta araldi per rendere pubblica la sua venuta, nell'intento di promettere e dare la speranza di ristabilire la situazione che era decaduta » . l

Più oltre Calvino sottopone ad analisi il v. I 6, il che gli dà l'opportunità di riflettere sul ministero pastorale, ricevuto nella seguente serie di legittima­ zioni: «E viceversa Dio ha deciso di governare la sua chiesa mediante il mi­ nistero degli uomini, e anzi prende spesso dalle persone comuni del popolo quelli che eleva ministri della parola » . n detto lucano valorizza questo mi­ nistero: « È dunque una lode e raccomandazione singolare del ministero esterno, quando Gesù Cristo dice che tutta la riverenza e l'onore che si por­ ta alla predicazione degli uomini, purché sia pura e fedele, viene riconosciu­ ta da Dio come fatta alla propria persona >> . Ne consegue a) che abbiamo in­ teresse ad « abbracciare la dottrina del vangelo » e b) ad avere fiducia in una simile testimonianza umana. Riconosce poi (prima di prendersela col papa) che «questo passo autorizza magnificamente lo stato dei pastori che eser­ citano il loro incarico fedelmente e con una retta affezione» .4 I vv. I 9-20, con l'iscrizione dei nomi nei cieli, dovevano ispirare il rifor­ matore ginevrino. Al ritorno dei discepoli Gesù non dubita dell'eccellenza del dono divino che questi hanno appena applicato con successo. Ma «c'è qualche altra cosa più alta, cui devono guardare in particolare» . Tale real­ tà più elevata, fonte della gioia vera, non può essere per Calvino lettore del v. 20 che «l'elezione gratuita di Dio » . Qui il Cristo «ha voluto toccare l'ini­ zio da cui erano derivati tutti questi beni, ossia l'elezione gratuita di Dio, perché non si attribuissero nulla » . s Ritornando a Luca, ecco quanto direi a mo' di conclusione. Poiché vi so­ no due tipi di racconti di vocazione, uno che riporta i nomi degli apo1 Clero. Al. Paed. 2.(8),63,2.. 3 J. Calvin, Harmonie, 2.82. s .

:z.

Glossa ordinaria a Le. 10,17-18 (PL 1 14, 2.85). Op. cit., 2.86. s Op. cit., 2.88.

4

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stoli (cf. 5 ,27-28), l'altro che rimane senza determinazione (9,5 7-62), in Luca si hanno anche due specie di insediamento, quella dei dodici, i cui nomi vengono elencati (6, 1 2- I 6) e quella dei settantadue anonimi ( Io, I ), come pure due discorsi di invio (9, I -6 e Io,I -20). A differenza dei do­ dici, orientati su Israele, i settantadue rappresentano la missione cristia­ na fra le nazioni, come viene praticata ai tempi di Luca. Questi messag­ geri sono mandati «davanti al suo volto », come lo erano stati i loro com­ pagni nel villaggio samaritano (9, 5 2-56). Tuttavia non si tratta più qui di andare a preparare l'arrivo di Gesù, ma di andare ad annunciare, co­ me ha fatto lui stesso, il regno di Dio. La collaborazione è quindi di un ordine diverso, somiglia a una delega, come suggerisce il v. I 6, ma poiché l'episodio si colloca prima di pasqua, ha anche e innanzitutto l'aspetto di un esercizio preparatorio, di una prova generale. Col tempo verranno la passione del Cristo e la vera missione dei discepoli (cf. 22,3 5-3 8). Co­ me si vede Luca cerca sia di abbozzare un quadro storico della vita di Gesù sia di tratteggiare un'immagine normativa della missione cristia­ na. Da storico si rende conto che l'evangelizzazione contemporanea (cf. i suoi racconti negli Atti) va applicata in modo diverso dai tentativi missionari sperimentati da Gesù e dai suoi discepoli (cf. Le. 9,I-6 e Io, I-2o). Ciononostante Luca è anche teologo e, oltre ai cambiamenti, an­ nota le costanti della proclamazione del vangelo, tra le quali vanno con­ siderati i punti seguenti: è il Signore che manda (v. I ); la missione è una tappa della storia della salvezza (v. 2); la missione e la sofferenza procedono di pari passo (v. 3 ); nell'evangelizzazione v'è scambio e non solo dono (v. 7); il gesto accompagna la parola (v. 9); la casa serve da focolare per la prima comunità ( vv . 5-7); s'impone una riflessione sui mezzi da limitare o da conservare; si po­ ne cioè sia il problema della formazione dei missionari sia quello della loro pratica; il Signore Dio e il Signore Gesù che mandano non rimangono inatti­ vi. Che i destinatari l'accettino o no, il regno non cessa di arrivare. I discepoli mandati sono necessariamente separati dal loro Signore. Non viene certo esclusa ogni comunione, ma viene vissuta in regime di fede: il contatto con Dio non è diretto, ma mediato dalla preghiera (v. 2) e la relazione col Cristo dipende d'ora in poi dall'analogia e dalla delega (v. I 6). I discepoli, il cui anonimato consente a noi d'identificar­ ci con loro, sono chiamati a una fede adulta. La presenza del Cristo si ri­ duce simbolicamente al suo nome (v. 1 7 ) . Il testo testimonia una riflessione approfondita sulla pratica missiona-

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ria, i mezzi a disposizione e gli atteggiamenti da adottare. Tale riflessio­ ne si inserisce in un quadro realistico e non utopistico. Il regno di Dio, di cui i vv. 6- 10 annunciano lo slancio vigoroso, non s'impone per il mo­ mento come un'evidenza o una coercizione. Ha tuttavia la sua oggetti­ vità, e la sua vicinanza non dipende né dai proclamatori né dagli ascol­ tatori. Se la vita degli uomini, delle donne e dei ragazzi dev'esserne ar­ ricchita, questo regno va accolto soggettivamente. Per rispettare questa libertà, il Dio che viene passa attraverso la mano e la voce dei suoi in­ viati umani. Di qui l'importanza accordata alle mediazioni. Per evitare i malintesi di una teologia della gloria che rischierebbe di insuperbire i missionari, il Cristo lucano limita rigorosamente i mezzi, secondo la con­ cezione biblica della guerra santa. Gli intermediari umani sono necessa­ ri ma, perché la gloria del successo competa a Dio, saranno poco nu­ merosi e modestamente equipaggiati, come Gedeone e Davide. Opera di fede, l'adesione sarà libera. Credere che il regno si sia avvicinato, sa­ rà quindi riconoscere che il Dio dei cristiani si comunica, attorno a un tavolo, mediante uno scambio di espressioni umane. Ciò non toglie che saranno veramente Dio e veramente il suo regno a diventare allora pre­ senti. Qua o là il testo segnala che questa parola umana sarà completa­ ta da gesti e persino da azioni di potenza, quelli che chiamiamo mira­ coli, guarigioni ed esorcismi (vv. 1 3 · 1 7· 19), seguendo in ciò il resto del vangelo. La forza di questi atti sarà quella dei segni e non delle prove, il che li manterrà a livello di parola che invita e non costringe. Se le mediazioni appartengono ai predicatori, alla loro parola e ai lo­ ro atti, compaiono anche negli ascoltatori, nelle loro città, nelle loro ca­ se e nelle loro tavole. La distinzione tra evangelisti ed evangelizzati ten­ derà del resto a sfumarsi, poiché ogni persona interpellata che avrà ac­ cettato la trasformazione costituita dalla IJ-&'tcivotcx, la ((conversione» (v. 1 3 ), diventerà a sua volta annunciatrice della buona novella. La strategia di Dio per raggiungere gli uomini mediante suo figlio e i suoi inviati, con la persuasione e non la coercizione, non va esente da rischi, oggettivi e soggettivi anch'essi. Il testo è attento agli avversari, paragonati a lupi (v. 3 ). Il testo parla dei nemici servendosi della figura mitologica di Satana caduto dal cielo, e quindi detronizzato, sulla terra, dunque vicino e min�ccioso (v. 1 8 ), e dei demoni da esorcizzare (v. 17). L'allusione ai (( lupi » fa capire che queste forze oggettive del male si in­ carnano in soggetti umani. Non ce ne vengono dati tuttavia né i nomi né le categorie; senza dubbio perché nessuno è necessariamente un av­ versario né definitivamente perduto per la causa del vangelo. Qualsiasi caccia alle streghe è proibita. Ciò che domina alla fine della pericope, malgrado l'assenza di Dio e

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la distanza del Cristo, malgrado le minacce del nemico (v. r 9) e dei suoi sgherri (vv. 3 e 17), è la gioia. Gioia del regno di Dio che realmente si è avvicinato (v. I I b), malgrado la guerra e la morte ancora in azione; gioia dell'elezione dei credenti che sanno di essere amati fin dall'eterni­ tà (immagine dell'iscrizione dei nostri nomi nel libro di vita, v. 20); gioia della vita presente, rischiosa e avvincente, a motivo del compito affida­ to, dei successi sperati e della comunione dei collaboratori. Gioia della cerchia dei fedeli, gioia anche del legame che, mediante il figlio, ci col­ lega col padre (v. r 6).

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21 In quest'ora Gesù fu inebriato d'esultanza nello Spirito santo e disse: «lo ti rendo grazie, padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai saggi e agli intelligenti e le hai svelate ai piccoli. Sì, padre, tale fu in realtà il tuo compiacimento. 224 Tutte le cose mi sono state tra­ smesse dal padre mio e nessuno conosce chi è il figlio se non il padre, né chi è il padre se non il figlio e colui al quale il figlio lo vuole proprio svela­ re» . 23 Ed essendosi rivolto verso i discepoli, disse loro in privato: «Beati gli occhi che vedono quello che voi vedete. 24 Infatti io vi dico: numerosi profeti e re vollero vedere quello che voi, proprio voi vedete e non l'hanno visto, e udire quello che voi udite e non l'hanno udito » . a L'importante problema testuale del v. 22 verrà trattato nel commento.

Eccoci, teologicamente, nel cuore del vangelo. Qui nasce la novità, in una rivelazione; rivelazione inserita nel tempo, ma indipendente dalla storia; legata alla parola di Gesù, ma destinata a ogni generazione; pie­ na di vigore, e tuttavia discreta; oggetto di riflessione, ma negata ai sa­ pienti. È arrivato il tempo dei capovolgimenti. Capovolgimento dei va-

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!ori e sostituzione delle persone promuoveranno gli umili al primo po­ sto tra i beneficiari di Dio. Questa rivelazione cristiana e le ripercussio­ ni che le sono proprie corrispondono, come precisa il testo, al progetto di Dio. Questo succede perché il padre sta dietro al figlio e vive in co­ munione con lui. Non sorprende affatto perciò che un'impressione di compimento, di irruzione escatologica, attiri le menti alla lettura que­ sto passo. Qui termina la lunga attesa dei profeti biblici e qui inizia la testimonianza del paradosso cristiano, del nocciolo duro del vangelo. I vv. 2 I -24 del cap. IO sono strettamente connessi a quanto precede (cf. «in quest'ora » , v. 2 I ) . Se il successo missionario è stato attribuito alla disfatta di Satana (vv. I 7-20), ora si spiega con la volontà efficace del padre (vv. 2 I-22). Grazie alla composizione di Luca la rivelazione evocata non si può dissociare da taluni avvenimenti storici, come il mi­ stero del padre e del figlio è associato a una realtà concreta, ossia la co­ munità cristiana, modesta e fiera. Svelamento del disegno di Dio e tap­ pa decisiva della storia della salvezza, spazio divino manifestato nel tem­ po umano: questa è l'esperienza vissuta. Ma il testo non comunica di­ rettamente tale esperienza: in secondo piano, in un metalinguaggio, tra­ smette da una parte una preghiera di Gesù che spiega quello che succe­ de in alto (cf. �io ti rendo grazie» , v. 2 I ) e dall'altra parte una diagnosi su quanto accade quaggiù (vv. 23-24). La solennità dell'ora (cf. «nello Spirito santo», v. 2 I ) corrisponde a quella del battesimo di Gesù (3,2I· 22): alla missione del figlio risponde qui il ruolo dei bambini. Egli e lo­ ro non agiscono autonomamente: la loro azione è di far vedere e sentire quello che il padre stesso compie ed esprime. I Il parallelo di Matteo induce a credere che la preghiera di Gesù (vv. 21 -22) facesse seguito già in Q alla maledizione delle città della Galilea (vv. I 3 - I 5 ) ."" Luca prosegue quindi la rilettura della fonte dei logia, do­ po aver composto l'episodio del ritorno dei settantadue discepoli (vv. I ?20). Tutt'al più si può notare come introduca la preghiera di Gesù in modo più solenne rispetto a Q e a Mt. n,25a. Il v. 2Ia ha subìto infat­ ti il segno del suo intervento: il tempo diventa esattamente «quest'ora » e la reazione di Gesù un'esultanza «nello Spirito santo » .3 I

Cf. M. Miyoshi, Anfang, 142.-1 50.

2.

Cf. la connessione corrispondente in Matteo: Mt. 1 1,:z.o-:Z.4.:Z.5·2.7·

3 La tradizione manoscritta esita in questo v. 2.1 tra «nello Spirito» (o «in spirito") e dal­ c

lo Spirito» (o «dallo spirito»). Qualunque sia la forma testuale conservata, a mio parere è necessario supporre che Luca voglia menzionare qui la pattecipazione dello Spirito san­ to e non semplicemente dello spirito umano. Parecchi manoscritti precisano peraltro che Gesù è il soggetto dei verbi.

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LA RIVELAZIONE AI PICCOLI

Il testo della preghiera di Gesù (vv. 21b-22) è quasi identico in Luca e in Matteo. Entrambi rispettano i detti di Gesù basandosi su una stes­ sa versione greca di Q. Luca, che ama i verbi composti, scrive ci1tÉxpu­ o,JJa.c;, «hai nascosto», • riuscendo a formare così un'allitterazione con ci1te­ xaÀuljJa.c;, «hai svelato » . Sembra peraltro che sia lui, invece di Matteo, a correggere la formula di reciprocità: laddove Q e, sulla sua scia, Mat­ teo affermano la conoscenza reciproca (accusativo semplice: