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Italian Pages 267 Year 2023
Andrea Agliozzo
Mutarsi in altra
voce
~ ~
Metrica, storia e società in Franco Fortini
Indice
,
Tavola delle abbreviazioni Introduzione
13
Parte prima. Metrica Costante figura Metrica, attenzione e libertà
27
1.
4,
2.
6,
3. Una nuova metrica sta nascendo
,5
4. I limiti della misura
Parte seconda. Società 135
5. «Alcune forme che tentavo di sperimentare in proprio»
171
6. Metrica come forma simbolica
207
7. Dare forma all'esistenza
23 5
8. Una contesa che dura
267
Per una conclusione
77
Ringraziamenti
27,
Indice dei nomi
2
Il reale significato di un autore come Lu Hsiin non consiste solo nella lotta impavida contro la morte degli altri e contro la propria stessa morte fisica (... ]. Ma consiste anche nella certezza che la duplicità e la lotta non hanno fine e che dunque non hanno fine la poesia e l'arte, con il loro messaggio di vita-e-morte; e che finalmente una politica dimentica di questo - e che non lo abbia continuamente presente nella propria liturgia profonda - contiene il germe di un errore, per l'importanza della posta, terribile. Così nel momento stesso in cui auspica «cannoni» e non «poesie» sa che i cannoni senza la verità delle poesie non sono nulla: «la vita quotidiana di un combattente non è tutta canti e pianti; ma quando tutto è legato a canti e pianti, allora si ha un vero combattente».
F. Fortini, Lu Hsiin, la ma,ica,,za, 1970
Tavola delle abbreviazioni
Le seguenti opere sono citate in nota, accompagnate dai numeri arabi (o romani} che indicano le pagine. AFF = Archivio Franco Fortini (Biblioteca di Area umanistica, Università degli Studi di Siena}. DISF = Dieci inverni senza Fortini. z994-2004, Atti delle giornate di studio nel decennale della scomparsa (Siena, 14-16 ottobre 2.004; Catania, ,-10 dicembre 2.004} a cura di L. Lenzini, E. Nencini e F. Rappazzo, Quodlibet, Macerata 2.006.
Opere di Franco Fortini
FV = Foglio di via e altri versi, Einaudi, Torino 1,67 (prima ed., ivi 1,46}. PE= Poesia e errore, Mondadori, Milano 1,6, (prima ed. Poesia ed e"ore, Feltrinelli, Milano 1,5,}. UVPS = Una volta per sempre, Mondadori, Milano 1,63. QM = Questo muro, Mondadori, Milano 1,73. PS = Paesaggio con serpente. Ver.si z973-z983, Einaudi, Torino 1,84. es = Composita solvantur, Einaudi, Torino 1 LC = Il ladro di ciliege e altre versioni di poesia, Einaudi, Torino 1,82.. VPD = Versi primi e distanti z937-z957, All'insegna del pesce d'oro, Milano 1,87. PI= Poesie inedite, a cura di P. V. Mengaldo, Einaudi, Torino 1,,5; nuova ed., ivi 1
,,4.
,,1.
Queste raccolte vengono citate da Tutte le poesie, a cura di L. Lenzini, Mondadori, Milano 2.014 (= TP} e sono ordinate seguendo l'indice del volume. Per la le-Lione dei testi si veda la Nota al testo redatta da Lenzini in TP
LXIII-LXN.
9
TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI
VP = Verifica dei poteri. Scritti di critica e di istituzioni letterarie, Einaudi, Torino 1,8, (prima cd.: il Saggiatore, Milano 1,65 = VP1). Cani = I cani del Sinai, Einaudi, Torino 1,7, (prima ed.: De Donato, Bari 1,67). SI= Saggi italiani, Gal7.anti, Milano 1,87 (prima ed.: De Donato, Bari 1,74). 01 = L'ospite ingrato. Primo e secondo, Marietti, Casale Monferrato 1,85 (prima ed.: L'ospite ingrato. Testi e note per versi ironici, De Donato, Bari 1,66). Queste quattro opere sono citate da Saggi ed epigrammi, a cura e con un saggio introduttivo di L. Lcnzini e uno scritto di R. Rossanda, Mondadori, Milano 2003 e ordinate secondo rindicc del Meridiano. I restanti saggi raccolti nel volume, comprese le note introduttive e le notizie sui testi, sono citati con r abbreviazione SE.
Confini = Sui confini della poesia, conferenza all'Università del Sussex, Brighton, maggio 1,78, pubblicata da Edizioni rObliquo, Brescia 1,86, e raccolta in F. Fortini, Nuovi saggi italiani, Garzanti, Milano 1,87 (= NSI), pp. 3 13-3 27· MB = Metrica e biografia, Conferenza all'Università di Ginevra, maggio 1,80, pubblicata su «Quaderni Piacentini», n.s. 2, 1,81, pp. 105-121. Questi due saggi vengono citati da F. Fortini, I confini della poesia, a cura di L. Lcnzini, Castelvecchi, Roma 2015. AM = Asia maggiore. Viaggio nella Cina, Einaudi, Torino 1,56. AP = Attraverso Pasolini, Einaudi, Torino 1,,3. DI= Dieci inverni z947-z957. Contributi ad un discorso socialista, a cura di S. Pcluso, con un saggio di M. Marchesini, Quodlibet, Macerata 2018 (prima ed.: Feltrinelli, Milano 1,57). ER = &trema Ratio. Note per un buon uso delle rovine, Garzanti, Milano 1,,0. FVBDL = Foglio di via e altri versi. Edizione critica e commentata, a cura di B. De Luca, Quodlibet, Macerata 2018. IN= Insistenze. Cinquanta scritti z976-z984, Garzanti, Milano 1,8 5. LS = Leggere e scrivere, in coli. con P. Jachia, Marco Nardi, Firenze 1,,3. LT = Lezioni sulla traduzione, a cura di M. V. Tirinato; premessa di L. Lcnzini, Quodlibet, Macerata 2011. MS1 = Il movimento su"ealista, Garzanti, Milano 1,5,. MS2 = II movimento su"ealista, n. ed. in collaborazione con L. Binni, Garmnti, Milano 1,77. NSI = Nuovi saggi italiani, Garzanti, Milano 1,87.
IO
TAVOLA DELLE. ABBREVIAZIONI
NSO = Non solo oggi. Cinquantanove voci, a cura di P. Jachia, Editori Riuniti, Roma 1 , , 1. Poeti= I poeti del Novecento, a cura di D. Santarone, Donzelli Editore, Roma 2017 (prima ed.: Laterza, Bari 1,77). Profezie = Profezie e realtà del nostro secolo. Testi e documenti per la storia di domani, Laterza, Bari 1,65. QF = Questioni di frontiera. Scritti di politica e di letteratura I965-I977, Einaudi, Torino 1 ,77. UDI= Un dialogo ininte"otto. Interviste I952-I994, a cura di V. Abati, Bollati Boringhieri, Torino 2003. UGA = Un giorno o l'altro, a cura di M. Marrucci e V. Tinacci, Quodlibct, Macerata 2006. VP1 = Verifica dei poteri. Scritti di critica e di istituzioni letterarie, il Saggiatore, Milano 1,65.
II
Introduzione
È solo quando si riconosce vita a tutto ciò di cui si dà storia e che non è solo lo scenario di essa, che si rende giustizia al concetto di vita. Poiché è in base alla storia, e non alla natura, per tacere di una natura così incerta come il sentire o l'anima, che va determinato, in ultima istan7.a, l'ambito della vita. Di qui deriva, per il filosofo, il compito di intendere ogni vita naturale in base a quella più ampia della storia.
W. Bcnjamin, Il compito del traduttore
Attraversando le campagne di Shenyang - l'allora Mukden nella Cina nord-orientale - Carlo Cassola, il Fausto di Asia Maggiore a cui il libro è dedicato, inizia a recitare «un po' sul serio e un po' per scherzo» alcuni versi di poeti italiani contemporanei 1 • Il gesto, percepito come una provocazione dal compagno di viaggio Fortini, provoca un dibattito sulle relazioni tra anima e storia, tra poesia e divenire, tra pratica di scrittura e prassi rivoluzionaria, che culmina nella rivendicazione da parte di Fausto di una vita appartata e in una critica contro gli «storicisti a buon mercato che giustificano ogni cosa a colpi di storia»: «voialtri volete rifare il mondo perché non sapete fare voi stessi» 2 • La battuta è seguita dal silenzio di Fortini, che nel suo diario di viaggio annota: Come è impossibile distinguere tra ragione e torto, quando si discute del modo di trovarsi o di perdersi, di volere o disvolere una vita. L'uno è parte dell'altro, è la ragione e l'altra parte dell'altro, e in tanto potrà fiorire in quan-
• AM II4. AM I 14-115.
:L
INTRODUZIONE.
to non dimentichi l'altro. Ma per questo bisogna che vi sia un fine comune, un obbietto esterno da aggredire insieme. [ ... ] Non c'è rivoluzione senza fede nella comunicazione3•
Da questo passaggio è possibile isolare tre clementi che caratterizzano la postura autoriale fortiniana. Il primo va estratto dalla coppia ragione-torto, da leggere come polarità dicotomica, come scissione, come tensione oppositiva che ha influenzato tanto la ricezione fortiniana quanto l'identificazione dell'autore con un'immagine del sé diviso, alternata da arresti e spinte al movimento variabili sotto il segno della contraddizione (si pensi a quel particolare di Santa Lucia di Francesco del Cossa scelto come immagine di copertina per l'antologia di versi di Una volta per sempre del 1978). Non è un caso che in uno degli ultimi volumi pubblicati in vita - Attraverso Pasolini - Fortini recuperi sin dall'incipit la polarità torto-ragione, che tuttavia salta nel momento in cui emerge la specificità formale della poesia: «aveva torto e non avevo ragione» - scrive di Pasolini - «quando dico che ebbe torto, non parlo della poesia sua, dove fu tale. La poesia non ha né torto né ragione ma presenza. I torti e le ragioni sono semmai nelle risposte di chi ne partecipa»•. Le ragioni, il torto e gli errori trovano spazio nei giudizi della critica a lui contemporanea, nei silenzi e nelle distanze, derivati non soltanto dalle posizioni ideologiche dell'autore, ma dalla «pura e semplice contestazione del fatto che Fortini scriva anche poesia» 5 • La contrapposizione tra politica e poesia - «letterato per i politici, ideologo per i letterati», ricordava nella prefazione del '73 ai Dieci invernl - sottintende tuttavia un argomento contestabile: ovvero che la poesia debba ritenersi autonoma rispetto alla realtà storica e alla situazione politica; e che quest'autonomia venga di fatto minacciata dalle interferenze del politico sulla scrittura poetica. Viceversa, per Fortini, la forma poetica va compresa in un rapporto complesso con la politicità e con la storia, configurabile a partire da un processo dialettico come garanzia di mediazione. Contro l'antimetabole che separava il letterato dall'ideologo, Fortini rivendicava l'urgen3
AM 115.
◄
AP VII.
s P. V. Mengaldo, I chiusi i11chiostri. Scritti su Franco Fortini, a cura di D. Santarone, Quodlibet, Macerata 2.02.0, p. 16 (c.vo dell'autore). 'DI 13.
INTRODUZIONE
za di riconoscere e portare a maturazione l'ambiguità di fondo del proprio habitus intellettuale: una «identità doppia» dentro cui bisognava scorgere il riflesso di una «ambigua realtà sociale» 7, dove le forme e i modi che il soggetto assume nell'elaborazione discorsiva dcli'esperienza storica sono inseparabili dalle situazioni del contesto, dai discorsi provenienti dal di fuori dei confini della poesia. Bisogna pertanto rifiutare, per dirla con l'autore, «qualsiasi ingerenza diretta del politico nell'opera letteraria», dal momento che i rapporti tra letteratura e politica «esistono sia oggettivamente, per il fatto che fra strutture politiche e cultura intercorrono rapporti necessari, sia soggettivamente, poiché ogni opera letteraria si pone sempre, voglia o no, il problema della provenienza e della direzione, ed è perciò legata al senso storico, quindi alla politica» 8• Come ha osservato Mengaldo, Fortini affida alla poesia «non un ruolo di sudditanza rispetto a una ideologia elaborata altrove né quello della falsa vacanza dall'ideologia, ma la funzione di veicolare un suo messaggio ideologico, distinto ed eventualmente in conflitto coi risultati del pensiero pensato concettualmente»9. Gettata nella realtà della quale intende porsi come specola critica, la poesia fortiniana si troverebbe esposta a due accuse contrapposte, ma complementari: «da destra, e sulla base di non spenti ideali di poesia "pura", quella di esser gravata da un eccesso di contenuti "pratici", impoetici o extrapoetici; da sinistra quella di risultare invece defilata o, peggio, arretrata rispetto alle posizioni ideologiche di cui il Fortini politico si vuole partecipe» 10 • Sulla base di questa doppia opposizione è possibile inoltre interpretare la posizione marginale di Fortini nel panorama culturale italiano; un isolamento derivato in parte da una mutazione, negli ultimi decenni della sua vita, dei paradigmi epistemologici che hanno segnato l'intellettualità e la poetica fortiniana. Eppure, questa reiterata inattualità si scontra con il recupero dcli'autore nel presente: dalla riedizione di testi da tempo introvabili a nuove traduzioni delle sue opere, e più in generale da un interesse sempre crescente di ricercatrici e ricercatori per il suo lavoro. Ed è probabile che Jbid. UDI 46-47. 'P. V. Mcngaldo, I chiusi inchiostri cit., p. 2.8 (c.vo dell'autore). 10 lvi, p. 16.
1 I
INTRODUZIONE
la recente fortuna di Fortini si alimenti proprio dalla sconfitta nel suo presente, dalla mancata istituzionalizzazione, dall'errore della profezia come anticipazione di una realtà che viceversa contraddice quel moto verso una meta sulla quale si fonda una scrittura estesa sulla durata, nella speranza di intercettare un interlocutore a venire che «degni togliere la polvere con la sua manica di seta e riceva il messaggio» 11 • Ma «speranza» è una parola radioattiva nel lessico fortiniano, attraversata anch'essa da attriti e contraddizioni. Che il linguaggio poetico possa veicolare un messaggio di speranza non vuol dire per Fortini abbracciare un ottimismo rivoluzionario, una facile - quanto rischiosa - identificazione tra parola e azione, tra poesia e salvezza. Contro il potere salvifico attribuito alla poesia dai fautori di una letteratura pura così scriveva a Mengaldo: « La "speranza", con le sue contraddizioni, non è la "salvezza". Trovo il verbo "salvare" in "Giardino d'estate, Pechino" ma è chiaramente improprio: e sta per "aufheben" » 12 • Il significato peculiare di questo aufbeben può essere ancora chiarito alla luce della citazione di Asia Maggiore, da cui è possibile estrarre un secondo punto. Lo strappo tra ragione e torto - tra poesia ed errore della poesia -viene risolto, nella pagina del diario di viaggio, in un superamento introdotto da un'avversativa: «ma per questo bisogna che vi sia un fine comune, un obbietto esterno da aggredire insieme». Dove per «aggredire» bisogna intendere non soltanto il momento dello slancio, ma il tempo del passo, dell'avanzata paziente - e al contempo non progressiva - verso un luogo collettivamente meditato. La prospettiva, dunque, la finalità della prassi, definita all'interno di un ulteriore superamento dialettico: quello dell'esperienza biografica saldata al destino della specie, alla collettività. In questo secondo nucleo della citazione troviamo pertanto due elementi complementari: l'imprescindibilità della storia rispetto all'espressione simbolica e la dimensione collettiva di quella stessa esperienza storica che attraversa ogni operazione di scrittura. Nella sua produzione saggistica, Fortini tende spesso a marcare la connessione dei rapporti tra gli uomini nel tempo al fine di for011127. Una lettera di Fra11co Fortini (Milano, 25 giugno 1974), in P. V. Mcngaldo, La tradizio11e del Novece11to. Prima serie, Bollati Boringhicri, Torino 1996, p. 427 [tra due 11
u.
parentesi nel testo].
16
INTRODUZIONE.
molare, a partire dal testo, una promessa per il futuro, declinata in un orizzonte di storicità. L'operazione è compiuta in nome di una
«assoluta sincronicità tendenziale del mondo presente e passato e delle nostre esistenze in esso, sincronicità che deve essere conquistata e che comincia ad esistere intanto come rivendicazione della contemporaneità di tutti i viventi» 13 • La sovrapposizione di piani temporali si esplicita, nella scrittura saggistica, come sfida al lettore «a trovare nella pagina che legge altro da quello che il titolo della pagina sembra promettergli», dove «la verità di un giudizio politico può essere scritta parlando di Proust, e un consiglio di poetica può nascondersi in una valutazione del dissenso dell'Est» 14; essa è inoltre riscontrabile nella produzione poetica, i cui rimandi extratestuali e le figure storiche irrompono nell'organizzazione del testo per arrestarlo e interrogarlo (basti pensare al componimento conclusivo del percorso poetico fortiniano, inserito come «epitome autobiografica» 15 appena prima dell'Appendice di light verses e imitazioni di Composita solvantur (1994): «E questo è il sonno ... Come lo amavano, il niente» 16, esempio di una scrittura con la storia, a partire dalla storia). Per Fortini, tuttavia, partecipare al tempo storico non significa riporre una fiducia progressiva nell'immediato domani, ma preparare, con minuziosa cura nel presente, un futuro di riscatto collettivo, pur dinnanzi alla dissoluzione di un orizzonte di storicità in piena epoca postmoderna, che ha certo avuto delle ripercussioni importanti sulla sua scrittura, orientata sin dagli esordi alla ricerca di interlocutori con i quali condividere un progetto di trasformazione politica. Fortini rifiuta insomma una concezione temporale basata sul processo unidirezionale della storia come continuum e perpetuum, privo di salti qualitativi, che genera scientismo, ottimismo tecnologico, riformismo, prediligendo viceversa «il paradosso della simultanea realtà della durata e degli intervalli» 17 • Un modo VP 124 (c.vo dell'autore). UDI 195. •s es 581. ,, es 561-562.. •1 VP 12.6 (c.vo dell,autore). Nel saggio è citata in nota la quindicesima tesi di filosofia della storia di Benjamin nella traduzione di Solmi: «La coscien7.a di far saltare il conti1111u,n della storia è propria delle classi rivoluzionarie nell'attimo della loro azione». efr. anche UDI 2.67. Sull,antistoricismo di Fortini cfr. anche 01 1018. •J 14
17
INTRODUZIONE
di situare autenticità e libertà- per usare una sua formula- «con la storia contro la storia» 18 • L'attitudine che pone il soggetto in un rapporto ambivalente con la tradizione culturale - continuità di memoria della specie, ma al contempo, per dirla con Benjamin, «documento di barbarie» - trova un suo corrispettivo nella forma profetica del discorso fortiniano, che assume nuovi significati se confrontata retrospettivamente col presente del lettore. Se è vero infatti, come osserva Gisèle Sa piro 19, che la profezia come messaggio di rottura con l'ordine costituito non può che perpetuarsi costituendo una comunità, istituzionalizzandosi, diventando un'ortodossia e dunque cessando di avere una forma profetica, il non aver conosciuto un'istituzionalizzazione, una scuola, una comunità, lascia Fortini nella dimensione aperta di una scrittura in grado di sollecitare domande ancora attuali, poiché non ancora risolte per il lettore di oggi. E l'aspetto più felice di questo fallimento, in grado di non dissipare l'intenzione profetica della scrittura, deriva proprio dalla forma del suo discorso come luogo di una contraddizione controbilanciata da una verifica dei processi comunicativi che àncora la profezia alla realtà materiale. Arriviamo così al terzo e ultimo punto della citazione di Asia Maggiore: «non c'è rivoluzione senza fede nella comunicazione». In quella riflessione a margine del dialogo di Mudken, Fortini osservava dalla lontana Cina la società ristretta degli intellettuali e scrittori italiani, erroneamente convinti della pacifica identificazione tra poesia, filosofia e vita «solitaria», e ostili a considerare che prima o dopo quella giusta solitudine dell'operazione creativa «si può essere veramente in comune, cultura, collaborazione» 10• Se la poesia non ha né torto né ragione, ma solo presenza, non si può dunque e non bisogna dire lo stesso del momento che precede e segue l'espressione poetica, anch'essa legata ai processi di produzione e di consumo a cui è sottoposto ogni atto comunicativo, tra i quali il modo poetico di comunicare. Fortini considera la scrittura poetica non soltanto come strumento per tradurre e rifunzionalizzare gli eventi storici come con•• 011087. ' G. Sapiro, Les écrivains et la politique e,i France. De l'Affaire Dreyfus à la gue"e d"Algérie, Scuil, Paris 2.018, p. 2.7. z.o AM 115. 1
18
INTRODUZIONE
tenuti, ma come dispositivo teso a veicolare nel presente il contenuto sedimentato nelle strutture formali, che riflettono in maniera complessa una tensione con lo spazio sociale e politico circostante, permettendo così di risolvere l'apparente incompatibilità tra poesia e politica. Strutture formali - tra cui la metrica - da intendersi come scelte, come parte di un apparato comunicativo che il poeta, in termini di prassi, ha il compito di maneggiare e conoscere, in vista di una comunicazione intesa come mezzo attraverso il quale è possibile «scegliersi dei compagni e disporsi con essi nell'ordine temporale» 21 • L'intenzione di questo libro è di indagare un segmento della traiettoria di Fortini a partire dall'indagine sulla nozione di metrica, impostata dall'autore non soltanto per ricavare una critica dei rapporti testuali, ma per elaborare una teoria del soggetto nella storia, in tensione con i rapporti sociali della realtà materiale. Tenendo conto delle dichiarazioni retrospettive formulate da Fortini, il volume intende proporre una verifica delle proposte "normative" dei primi saggi sulla metrica, tenendo conto degli errori teorici e dei mutamenti del contesto con il quale le scelte formali sono confrontate e da cui, secondo una prospettiva progressivamente rimodulata, esse derivano. L'operazione permetterà di risemantizzare le ipotesi più inattuali, muovendo dalle porosità di una figura attraversata da tensioni da verificare in un presente costruito sulla distanza 22; distanza da cui è possibile ricavare non tanto dei concetti da applicare in una realtà storica mutata, quanto piuttosto delle categorie di pensiero, nel senso di categorie che aiutano a pensare. Tra queste, il rapporto tra libertà e necessità, tra poesia ed errore della poesia, tra cultura e fallimento della cultura; nonché, su tutte, la dialettica tra immediatezza e mediazione, chiave di volta della discorsività fortiniana che supera la teoresi metrica per inglobare la funzione della critica come attività di mediazione «non fra autore e lettore ma fra l'opera e quel che l'opera non è» 23 • Quest'attitudine del pensiero di Fortini è confermata da Giovanni VP 193 (c.vo dell'autore). R. Bonavita, Per un buo11, uso della distanza, DISF 185-194. :LJ P. V. Mengaldo, I chiusi i,,cl,iostri cit., p. 79; cfr. la voce Critica redatta da Fortini in Ventiquattro voci per un dizio,iario di lettere, il Saggiatore, Milano 1998. :u
u
19
INTRODUZIONE
Raboni, secondo il quale sarebbe impossibile parlare dell'attività poetica fortiniana senza ricordare «che essa coesiste, nella vita e nella personalità dell'autore, con un'altrettanto intensa e incisiva attività di critico, di ideologo, di polemista»l..f. La triangolazione tra storia, politica e vita, unita all'esplicitavocazione civile a cui è sottoposta una scrittura orientata alla verifica dei processi di comunicazione, espongono Fortini a un confronto con un pensiero «impuro» che - per dirla con Remo Bodei - «non separa l'episteme dalla praxis, la teoria dall'esperienza» 25 • Si tratta di un'attitudine tipica, secondo Bodei, del pensiero italiano, che nel caso di Fortini va confrontata con quella «poetica della "impurità"» definita dall'autore in una lettera a Cases e imperniata su un'idea di poesia come «forma di conoscenza dell'errore inteso in senso conoscitivo e in senso morale» 26 • Questa particolare attitudine del pensiero non va dunque attribuita al solo Fortini ideologo, secondo un'opinione diffusa che colloca l'ideologo come espansione del Fortini poeta, ma va individuata anche nella poesia come dispositivo di . . . pensiero, esperienza e azione. All'interno di queste coordinate, lo studio della nozione di metrica permette di ricavare un paradigma discorsivo in grado di verificare l'appartenenza di Fortini a una filosofia della ragione impura che «ha primeggiato nella concezione della storia, della politica e dell'estetica, cioè in tutti quei campi in cui la "critica della ragion pura" non funziona - traendo giovamento precisamente dai limiti, se non dagli errori, di quella ragione» 27 • D'altra parte, la metrica si pone come strumento allegorico adottato per decifrare la realtà di un presente «infraindividuale» che supera la contingenza degli eventi per proiettarsi, con uno slancio verticale, in una temporalità lLf G. Raboni, 1.4 poesia che si fa. Cro,iaca e storia del Novece11to poetico italia110 1959-2.004, a cura di A. Cortcllcssa, Garzanti, Milano 2.005, p. 194. :r.s R. Bodci, U,,a filosofia della ragio11e impura: il pe11siero italia110, in E. Lisciani-Pctrini, G. Strummicllo, Effetto ltalian Thought, Quodlibct, Macerata 2.017, p. 59; cfr. anche R. Esposito, Genealogia dell'Italian Thought, in A. Montcfusco, Italia se,iza ,,adone. Lingue, culture, conflitti tra Medioevo ed età co1itempora11ea, Quodlibct, Macerata 2.019, p. 69; cfr. inoltre T. Negri, A propos d'ltalian Tbeory, in S. Contarini, D. Luglio (dir.), L'ltalian Theory existe-t-elle?, Éditions Mimésis, Sesto S. Giovanni 2.015, pp. 2.1-31. ~ F. Fortini, Lettera a Cases, AFF scatola XXVI, cart. 2.2., c. 14, citata da F. Diaco, Dialettica e spera,~. Sulla poesia di Franco Fortini, Quodlibct, Macerata 2.017, p. 12.7. :r.1 R. Bodei, Una filosofia della ragione impura: il pensiero italia110 cit., p. 58.
2.0
INTRODUZIONE
che pone a fondamento il rapporto tra le generazioni, e dunque il messaggio stratificato nelle forme da riscmantizzarc, secondo un'idea di letteratura in grado di garantire le istanze di traslazione, ossia di trasferimento, tradizione, trapianto 28 • Ncll' elaborazione teorica sulla metrica, Fortini si distacca da uno studio tecnico-formalistico del verso, considerando i nessi formali di un'opera in quanto clementi di una tradizione che oltrepassano i confini della dimensione estetica, in un discorso «estremamente presente a sé stesso e, per così dire, materialmente autocoscicntc» 29 sviluppato nella costante dialettica fra teoria e prassi. Questo doppio movimento produce corpi materici dalle fisionomie complesse, in uno scambio «mctadisciplinarc» 30 che integra il discorso sulla metrica in una totalità in movimento, non risolvibile in una forma conclusa che, pur costantemente ambita, viene posta sotto scacco da una scrittura che esplicita la contraddizione del soggetto e dcli'opera d'arte. La riflessione fortiniana sulla metrica si articola in due fasi: la prima è segnata dalla pubblicazione in rivista di tre saggi nel biennio 1957-58, in seguito raccolti nella quarta sezione del volume dei Saggi italiani del 1974, intitolata «metrica ctraduzione» 31 ; la seconda coincide con una conferenza presentata all'Università di Ginevra nel maggio 1980, in cui Fortini corregge parzialmente le ipotesi accentuali formulate in uno dei tre scritti degli anni Cinquanta, suggerendo un'apertura a nuovi strumenti da impiegare per descrivere l'esperienza di composizione poetica 32 • A questi interventi vanno affiancati i rimandi alla nozione di «metrica» che l'autore dissemina in prose politiche, componimenti, testi di conferenze, prefazioni a volumi, che confermano la centralità della metrica come dispositivo costitutivo della f01ma mentis fortiniana. I suoi saggi non devono pertanto essere intesi come interventi tecnici di metricologia, ma inquadrati in un percorso critico pronto ad appellarsi «a leggi non scritte, probabilmente inverificabili» 33 • L'attitudine interdisciplinare 1.1QF 49· 1 , G. Raboni, Divagado11i metriche, in Id., L'opera poetica, Mondadori, Milano 2.006, p. 407. J0
JI
SI 776. SI 783-817.
MB 39-?4• n SI 777·
JJ.
2.1
INTRODUZIONE
dei saggi sulla metrica - confermata dalla presenza di nomi come Wellek e Warren, Tomasevskij, Bally accanto a Hegel, Goldmann e Brecht, Lukacs o Adorno, De Martino o Merleau-Ponty - consente di non arrestare lo studio dei fatti metrici all'individuazione delle tipologie o alla descrizione tecnica delle nozioni ma di aprire le ricerche ad ulteriori prospettive di lavoro, assecondando quella confluenza di discipline auspicata dall'autore, volta a fornire un'interpretazione complessa del fenomeno metrico, anticipando l'auspicio di Agamben che in uno scritto del 201 o postulava la necessità di una «filosofia della metrica» 34. Il lavoro che segue è suddiviso in due parti. Nella prima il lettore troverà un discorso tracciato sullo sviluppo cronologico della riflessione teorica di Fortini: dai saggi della fine degli anni Cinquanta agli anni Ottanta, per concludere con i commenti relativi al verso di Pasolini, inseriti nell'ultimo volume pubblicato nel 1993. Il commento e l'analisi contestuale dei saggi saranno accompagnati dalla verifica del discorso teorico nelle sue implicazioni con la scrittura poetica e con la pratica di traduzione, a cui Fortini affida una funzione di mediazione e di straniamento. Dopo aver presentato i limiti del discorso sulla metrica, esposto a una tensione non pacificata rispetto alla composizione del testo poetico, le riflessioni fortiniane saranno inserite in una dimensione ampia che retrospettivamente permette di illuminare diversamente la sua produzione saggistica. La seconda parte del volume è pertanto dedicata al significato della forma e intende presentare il legame dell'elaborazione metrica con una specifica idea di prassi politica e di tensione etica, sullo sfondo di una concezione della letteratura come ritualità di forme nella storia e di un discorso critico che situa la poesia come strumento - fallibile e contraddittorio - di autocoscienza e di pedagogia. Il titolo del lavoro - riadattato da un verso di Traducendo Brecht- allude a due momenti centrali del percorso di riconoscimento di Fortini come poeta in relazione alla metrica: il primo è il già citato legame che l'autore stabilisce tra metrica e traduzione, intesa come allegoria e pratica del movimento tra individuo e collettività; il secondo è relativo all'importanza J4 G. Agambcn, Categorie italia11e. Studi di poetica e di letteratura, Latcr.1.a, Roma-Bari 2.010, p. 37.
2.2.
INTRODUZIONE.
che la terza raccolta - Una volta per sempre (1963), in cui Traducendo Brecht è contenuta - assume nell'estroflessione pratica di un lavoro condotto nel decennio precedente, segnato dal definitivo distacco dall'ermetismo, dall'abbandono del modello éluardiano e dall'esposizione del modello brechtiano come cifra metrico-stilistica, oltre che ideologica.
Parte prima Metrica
I.
Costante figura
Al pari della trasformazione della natura, la trasformazione della società è un atto di liberazione.
B. Brecht, Breviario di estetica teatrale
L'orgoglio schizoide dei poeti è la coscien7.a della propria impersonalità. L'orgoglio del poeta, più alto delle nuvole, non è altro che il je est u11 autre: da un lato un'afferma7.ione di superbia, dall'altro un significato assolutamente impersonale. Un sempre degli altri.
F. Fortini, Cospirare i11tellettualme11te I. I.
Allegorie di altre necessità
Interrogare la «fredda» componente tecnica significa per Fortini stabilire un rapporto di continuità con una visione totale dell'esperienza intellettuale, articolata, nel caso della forma poetica, come gesto orientato in prima istanza a sottrarre i fatti metrici «alla nebbiosa e [... ] corrente sopravvalutazione estetizzante» 1 • In contrasto con le posizioni di Cases, che in uno scritto sui limiti della critica stilistica polemizzava contro le epoche e gli individui improduttivi che si addentrano «nelle minuzie della tecnica» 2 , Fortini insiste a più riprese sull'importanza di ricavare, dall'esame degli elementi formali del testo, uno spazio di indagine sgomberato da qualsiasi pregiudizio scolastico, volto a far emergere omologie meno imme1
SI 798.
1
C. Cascs, I limiti della critica stilistica e i problemi della critica letteraria, «Società»,
XI, febbraio-aprile 19 5 5, p. 2.91, citato da Fortini in SI 79 5.
PARTE PRIMA. METRICA
diate tra espressione simbolica e strutture del reale 3 • Il suo intento non è di «contare virgole e sillabe, membri metrici e sintattici»•, né di forzare il pensiero in vista di un eclettismo che porti a confondere linguaggio e realtà, ma di perseguire un'attitudine critica indirizzata a «compiere scelte, individuare argomenti, costruire discorsi, impiegare linguaggi che siano scelte, argomenti, discorsi e linguaggi tendenzialmente augurabili ad una società nella quale "il libero sviluppo di ciascuno condizioni il libero sviluppo di tutti"» 5 • Questa scelta si allinea con un credo rimasto invariato lungo tutto il percorso poetico e intellettuale fortiniano: l'impossibilità di disgiungere una poesia dalla coscienza vigile di tutto quel che poesia non è, pena la degradazione della stessa a «vino di servi truccati da signori» 6 • Al pari inoltre del «complesso delle attività che hanno per oggetto la letteratura già esistente: cioè la critica, l'editoria, le ricerche di sociologia letteraria, eccetera» 7, e in quanto parte di un sistema di convenzioni «che in una società data fanno considerare letteratura certe forme di comunicazione ed espressione», i fatti metrici risultano per Fortini indissociabili - seppure in un rapporto ambivalente e complesso - dalle strutture economiche alla base di un sistema di organizzazione sociale. Come ha osservato Raboni, Fortini è un «poeta essenzialmente metrico», il cui punto mirato del suo operare «non è la dissoluzione, la trasgressione della metrica tradizionale, ma [... ] un lavoro
«Ogni arte, si sa, dice sempre altro da quel che sembra dire e suo oggetto non è affatto la "realtà della vita" [.•. ] ma la verità della vita», VP 8 (c.vo dell'autore). ◄ C. Cascs, I limiti della critica stilistica e i problemi della critica letteraria cit., p. 49. s VP 2.4. Si veda inoltre la recensione di Fortini al volume di Cesare Scgre e il significato del critico letterario come «colui che parla ad altri, (non in quanto specialisti di alcuna specialità 11é in qua11to depniti da una /unzione ,na i11 qua11to raggruppati o in conflitto, per situazione di cultura, ideologia, classe) po11e J-opera letteraria ed i suoi sig11ipcati i11 rapporto co11 tutto quel che egli sa del pensiero, delle ideologie, delle credenze, della società: sapere ,iel senso di sapie,,za e 11011 solo i11 quello delle scienze positive; e co11 quel che egli crede e vuole, in un dichiarato co11/ro11to fra il messaggio letterario e gli altri messaggi che lui critico attraversano e visita110, in una pubblica recog11izio11e dei pia11i diversi e co11traddittori, ma i,iseparabili della teoresi e della pratica, degli adempime11ti formali della poesia e delle informi inadempienze della storia», SI 776 (c.vo dell'autore). ' F. Fortini, (Nota autobiografica indirizzata a P. Lawton], AFF, scatola XX, cart. 56, c. 1. 1 VP 69. 3
1. COSTANTE FIGURA
di sperimentazione all'interno di questa metrica» 8 • Il giudizio di Raboni non va inteso alla luce dell'attento lavoro di limatura del testo - che, com'è facile obiettare, coinvolge ogni poeta «per l'illustre banalità secondo la quale nessun metro è "libero"» 9 - ; né, viceversa, va esteso alle singole dilatazioni semantiche della metrica presenti nei titoli o nel corpo dei componimenti, che pure fanno parte di un discorso totale sull'origine, uso e funzione delle forme ereditate dalla tradizione (Sonetto, Strofa, Sestina a Firenze, Canzonette del Golfo ecc.). La frase di Raboni andrà piuttosto indagata in relazione alla tendenza di Fortini a considerare la metrica come paradigma critico per intendere i conflitti reali di quei rapporti sociali e storici che nella letteratura - intesa come sistema di scelte - trovano espressione. Secondo Raboni, «già dagli antecedenti di Foglio di via, le strutture metriche della poesia fortiniana sono strutture che pensano se stesse nella misura in cui respingono, da un lato la funzione (attuata con una mimica o mentale naturalezza) di "respiro", dall'altra una funzione cieca, aprioristica di rottura o di scandalo» 10 • Raboni riconosceva nella traduzione il terreno a partire dal quale riconsiderare le nozioni di metrica e di ritmo e individuava nelle traduzioni di Fortini quell'essere un tutt'uno con l'evoluzione del suo dettato poetico, insistendo sulla prassi compositiva come momento complementare alle riflessioni formulate nei saggi teorici. La versione fortiniana del Faust veniva in questo senso inserita in un contesto di ipotesi e proposte metriche attive nella poesia italiana a partire dal dopoguerra e interpretata come una forma indiretta di saggio sulla metrica, «ricco di valore dimostrativo e persino di precisione didattica in quanto le moltissime soluzioni inventariate sono ovviamente riferibili a un repertorio scritto di sollecitazioni (il testo a fronte)» D'altra parte, gli stessi contributi su argomenti appa11
•
• Metrica e biografia. La ricerca poetica, critica e ideologica di Fra11co Fortini (Seminario in onore del prof. Franco Fortini tenuto presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Siena 1'8 maggio 1986), •Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia», voi. VII, Leo S. Olschki, Firenze 1987, p. 33. 'MB 73; Fortini cita indirettamente la frase di Eliot: •No vers is libre for the man who wants to do a good job», T. S. Eliot, The Musico{ Poetry, Jackson Son & Co, Glasgow 1942, p. 65. 10 G. Raboni, Divagazioni metriche cit., p. 407. Il lbid.
PARTE PRIMA. METRICA
rentemente distanti dalle forme metriche si rivelano fruttuosi per integrare la riflessione sulle regole e le scelte adottate nel processo di scrittura in versi. A partire dalla necessità di verificare il discorso fortiniano all'interno delle dinamiche di costruzione dello spazio culturale e sociale indagheremo in questa prima parte le riflessioni sulla metrica in parallelo ai mutamenti dei rapporti tra individuo e società dal momento che, come osserva l'autore: «tutta la ricca varietà metrica, anzi, tutta la ricca varietà di rapporti fra metro e ritmo, è a un tempo indizio e strumento rivelatore dei rapporti reali, obiettivi, fra gli uomini, e fra questa realtà e il poeta; al limite, le convenzioni strofiche e quelle dei generi si presentano all'autore come al lettore quali allegorie di altre necessità» 12.. Gli interventi sulla metrica verranno esaminati sullo sfondo dei seguenti interrogativi: quali sono i presupposti da cui muovono le riflessioni di Fortini? Qual è il significato della metrica in un senso più ampiamente epistemologico? Privilegiando un approccio diacronico che tenga conto dello sviluppo del pensiero di Fortini, presenteremo in questo capitolo alcuni elementi del fare poetico fortiniano sullo sfondo delle nozioni di metrica e di biografia, intese come «endiadi indissolubili» nella sua intellettualità 13 • Questa prima ricognizione ci consentirà di contestualizzare i primi interventi sulla metrica del 19 57-5 8, che verranno esaminati a partire dal capitolo successivo, coincidenti, sul piano della costruzione biografica, con l'esaurimento delle istanze parenetiche di Foglio di via. La lettura dei saggi sarà accompagnata da un esame contestuale volto a vagliare - se non a contestare - i tratti più rigidi delle formulazioni dell'autore, del resto smussati e corretti negli interventi critici più tardi. Nella produzione poetica che precede la "sconfitta" degli anni Settanta, la fiducia verso una ridefinizione dello spazio estetico e politico risulta connessa a un finalismo che Fortini fa coincidere - almeno nel discorso teorico sulla poesia - a misure unanimemente condivise e praticate (una visione, come vedremo, parzialmente ridimensionata). L'esigenza di riferirsi a strutture metriche non corrisponde tuttavia a una ripresa acritica delle forme di versificazione tradizionali: tra il rifiuto vitalistico delSI 793 (c.vo dell'autore). F. Podda, Il se1,so della scena: lirica e iconicità nella poesia di Fra11co Forti11i {co11 un i11edito), Pacini, Pisa 2.008, p. 97. u.
•J
30
I. COSTANTE FIGURA
la metrica e i rappel à l'ordre, Fortini individua una via alternativa da percorrere sul piano della composizione.
1. 2.
Metrica, biografia, storia
Nel settembre del 1955, Fortini pubblica su «Officina» una scelta di quattro poesie, successivamente raccolte - con alcune varianti - in Poesia ed e"ore (1959): Metrica e biografia, Ai poeti giovani, American Renaissance e I destini generali 14• Il titolo del primo dei quattro componimenti sarà ripreso in un intervento discusso venticinque anni dopo all'Università di Ginevra e pubblicato in seguito sui «Quaderni Piacentini» (con lo stesso titolo sarà organizzato un seminario dedicato all'autore presso l'Università di Siena 1'8 maggio 1986). Il testo di Metrica e biografia è qui riprodotto nella versione apparsa su «Officina»: In alto, ali' aria erta, ai fili d'erba, ai voli esili e ripidi dei rami; nelle grotte più chiuse dove cupa molto contro le mura, onda, tu tuoni; dentro l'afa di calce media e merce dove l'ossido falso si disfà; una ho portata costante figura, storia e natura, mia e non mia, che insiste; derisa impresa, ironia che resiste, e contesa che dura •s.
Il componimento è costruito su misure canoniche della tradizione prosodica italiana. L'adesione agli schemi metrici tradizionali è mantenuta nella poesia successiva del gruppo di testi di «Officina» - Ai poeti giovani - composta da due quartine di doppi settenari •• F. Fortini, Versi con l'Allegato: L 'a/teu,J della situazio11e, o perché si scrivo110 poesie, «Officina», 3, settembre 1955, ora in «Officina» (ristampa anastatica), Pcndragon, Bologna 1993, pp. 96-104. •s F. Fortini, Versi, ivi, p. 96.
31
PARTE PRIMA. METRICA
non rimati (a eccezione dei vv. 2-4 in cui si registra la rima alternata «discorso-percorso» )16• I due restanti componimenti, retoricamente vicini a stilemi montaliani, risultano viceversa estranei a un disegno prosodico tradizionale. I quattro testi pubblicati nella rivista bolognese condensano le opzioni formali praticate in questo periodo da Fortini ed enumerate nel citato intervento di Ginevra degli anni Ottanta. In questo autocommento, l'autore collocava i versi scritti tra il 1940 e il 19 5 5 in due situazioni metrico-prosodiche: da una parte, «sillabati ungarettiani, proclami, manifesti, versi che paiono intenzionali traduzioni da qualche lingua germanica o slava»; dall'altra «sequenze di endecasillabi, strofe di endecasillabi e settenari, quartine rimate, persino sonetti regolari, strofe lunghe e di rime complesse» 17 • Metrica e biografia - l'unico testo della produzione fortiniana «che reca nel titolo la parola "metrica"» 18 - appartiene a questo secondo contenitore formale. Il testo è composto da cinque distici di endecasillabi, a eccezione dell'ultimo, costituito da un endecasillabo e un settenario che, per effetto di clausola brusca, arresta la rapida sequenza di scivolamento dell'enunciazione, suggellando un conflitto tra storia e natura mantenuto aperto nella durata. A differenza dei primi tre distici non rimati, gli ultimi quattro versi recuperano la rima incrociata, marcando il valore semantico del sostantivo «figura» al v. 7 (in rima con «dura», v. 10), nonché la complementarità di due verbi chiave nella discorsività fortiniana, ovvero «insistere» e «resistere» (vv. 8-9). In Poesia ed errore (1959), il testo verrà inserito nella penultima sezione contrassegnata dalle date I956-I957; sezione che, nella riedizione del '69, privata nel titolo della «d» eufonica, diventerà conclusiva ed eponima della raccolta. In entrambe le edizioni, Metrica e biografia accompagna immediatamente Distici, un componimento che allude sin dal titolo alla misura metrica impiegata per organizzare la materia verbale di un percorso di precipitazione simbolica della voce scandito da undici distici che si concludono - anche in questo caso - con l'effrazione dell'endecasillabo di chiusura dell'ultimo. A differenza tuttavia del settenario impiegato in Metrica e biografia, l'ultimo verso di Distici 1 '
PE 157.
MB 54. •• P. V. Mcngaldo, I chiusi i,1ehiostri cit., p.
1
1
32.
12.8.
1.
COSTANTE FIGURA
è costruito su una misura di quindici sillabe in cui è possibile individuare un settenario sommato a un novenario ( «la vena della notte il giorno realmente disseti»): un verso lungo prossimo alle soluzioni formali impiegate da Ungaretti nelle sue traduzioni dei sonetti di Shakespeare del 1946 19• I primi tre distici di Metrica e biografia sono circostanziali: permettono al lettore di situarsi in un paesaggio visivamente scandito da una panoramica che sfuma verso il dettaglio, come se lo sguardo precipitasse verso il basso fino ad arrivare, nel terzo distico, non più a toccare gli oggetti nello spazio, ma a penetrare la realtà fin dentro la materia, in quell' «afa di calce media e merce / dove l'ossido falso si disfà» (vv. 5-6). Nel primo distico, la «costante figura» è gettata nel tempo, ha una consistenza gassosa, quasi fosse vento, respiro. Il movimento è verticale, discensivo, penetrativo, e ricorda ancora - nello sviluppo dell'azione - i vv. 10-11 di Distici («così precipito sempre, così / tremo, così esito, così temo» )20• I primi due endecasillabi hanno un incipit tendenzialmente giambico, con accenti principali in seconda e in sesta posizione. Nel secondo distico il respiro si fa tuono e il movimento si estende orizzontalmente. Sul piano metrico il terzo verso non pone particolari difficoltà di lettura: si tratta di un endecasillabo canonico con incipit anapestico, che velocizza e scioglie la cadenza più serrata del primo distico. Tra il terzo e il quarto verso si verifica una frattura nell'andamento discorsivo del componimento. Il secondo distico è infatti caratterizzato da una violenta inarcatura che accentua la scissione fissata nei tre versi conclusivi ( «storia e natura, mia e non mia, che insiste / derisa impresa, ironia che resiste,/ e contesa che dura»). A determinare l'attrito della dizione non è soltanto il brusco mutamento prosodico causato dall'accento in battere al v. 4; tra i due versi è presente inoltre una figura di inversione marcata - l'iperbato «... cupa/ molto contro le mura, onda, tu tuoni» - che, insieme alla personificazione simbolica dell' «onda», ricalca volutamente, in vista di un superamento, al-
'' Cfr. v. 12. del sonetto XV: «Per deturpare in notte il vostro giorno giovanile», G. Ungaretti, Vita d'un uomo. Traduzioni poetiche, a cura di C. Ossola e G. Radin, Mondadori, Milano 2.010, p. 159. 10 PE 188. Sul significato del verbo "tremare" cfr. R. Pagnanelli, Forti11i, Transcuropa, Ancona 1988, pp. 12. e sgg.
33
PARTE PRIMA. METRICA
cuoi stilemi retorici della poesia ermetica, ironicamente impiegati nel componimento liminare di Foglio di via, E questo è il sonno ( «cupa tua, />onda vaga tua del niente» )21 , pietra angolare del percorso poetico fortiniano. E questo è il sonno funzionava nella prima raccolta come indice di assorbimento e negazione di una fase giovanile caratterizzata dall'assunzione di modelli poetici osteggiati - ma sedimentati e mai del tutto rimossi - nella memoria fortiniana (si pensi al già citato testo che chiude la parte "seria" di Composita solvantur, la cui ripresa dei versi in limine di Foglio di via è frutto di un'operazione pienamente controllata) 22 • Un confronto tra gli ultimi due distici di E questo è il sonno e i primi due di Metrica e biografia permette di cogliere le analogie e gli attriti formali delle due fasi compositive dell'autore: Metrica e biografia (vv. 1-4)
E questo è il sonno (vv. 5-8)
In alto, ali'aria erta, ai fili d'erba, ai voli esili e ripidi dei rami;
[... ] E quel che odi poi, non sai se ascolti Da vie di neve in fuga un canto o un vento
nelle grotte più chiuse dove cupa molto contro le mura, onda, tu tuoni; [ ]
...
O è in te e dilaga e parla la sorgente Cupa tua, l'onda vaga tua del niente.
Oltre all'impiego di allitterazioni e di timbri scuri al v. 4 di Metrica e biografia e al v. 8 di E questo è il sonno - in quest'ultimo l'effetto di durezza viene raddoppiato dalla geminatio dell'aggettivo possessivo «tua», rispettivamente riferito alla «sorgente cupa» e ali' «onda vaga» - è possibile individuare ulteriori analogie tra i due testi sul piano prosodico. Dopo i primi tre versi caratterizzati da un andamento ritmico melodico (i vv. 5-7 di E questo è il sonno hanno un passo tendenzialmente giambico), in entrambi i componimenti si verifica una brusca inversione ritmica, caratterizzata da una contiguità di accenti che rende più faticosa la dizione piana dei segmenti precedenti, soprattutto per quanto riguarda il quarto verso di Metrica e biografia dove per rispettare lo schema endecasillabico è necessario compiere una sinalefe ardita ( «mura"onda» ), resa ancora :u ll
FV 5. c.s 561-56:z..
34
I. COSTANTE FIGURA
più innaturale dalle virgole che isolano il sostantivo «onda» in un inciso. Le due liriche risultano pertanto correlate anche sul piano della costruzione formale e della distribuzione ritmica. L' «onda» allude inoltre a un «canto» che raggiunge gli anfratti remoti della terra e personifica l'esperienza di una soggettività lirica che, distaccandosi da una forma di lamento autonomo e separato, esibisce adesso la necessità di mediare dialetticamente i due poli della storia e della natura, pur mantenendo come eco nella forma l'esperienza poetica vissuta nella Firenze degli anni giovanili, dove il distacco dell'arte dal mondo veniva giustificato dall'adozione di modelli poetici europei che proclamavano fughe là-bas o là-haut1 3• Anche la natura- nell'accezione marxiana del termine2-4-è chiamata a partecipare a questo processo di agnizione dell'anima nella storia. Il paesaggio di Metrica e biografia - scandito nei tre distici iniziali da un complemento di luogo introdotto dalla preposizione «in» o dall'avverbio «dentro» -viene descritto in ogni suo elemento naturale: dalle alture tratteggiate per metonimia da un' «aria erta», mutata in vento che soffia sulla vegetazione dell'erba e dei rami, alle grotte più profonde dove il rumore dell'onda si infrange sugli scogli, provocando un suono cupo; fino alla terra convertita in «calce media» e utilizzata come intonaco per imbiancare le facciate di un paesaggio urbano afoso, reificato, dove l'ossido di calcio è trasformato in materiale industriale impiegato per le costruzioni edilizie 2 s. La contrapposizione tra una natura non ancora corrotta-tutt'al più antropizzata in paesaggio rurale, come si evince da Racconto, ambientato in un luogo sull'Appennino vicino a Firenze chiamato «Casa al Vento» 26 - e un paesaggio urbano in rapida trasformazione è il tema dominante di quest'ultima sezione di Poesia ed errore: una scissione sulla quale se ne innesta una seconda che oppone, sul piano della storia, la pietra dei palazzi di Firenze, allegoria del passato e della tradizione, alla gresìte e al vetroflex delle nuove facMB 45· K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844, trad. di N. Robbio, Einaudi, Torino 2.004. 2.s Cfr. I destini generali, in PE 177: •Secolo di calce e fluoro, bava/ di aniline e corpi come lava/ di visceri[ ... )»; ma anche Al di là della speranza, PE 181: •[ ... ] In queste lente / sere di fumo e calce la città// che mi porta s'intorbida nei viali»; Aprile italiano, PE 198: «e vola aprile e va /sulle città di calce». ~ PE 187. 2.J
1-4
35
PARTE PRIMA. METRICA
ciate milanesi, progettate nel dopoguerra per ricostruire gli edifici bombardati. Significativo è il componimento posto al centro della sezione, La forme d'une ville, dove un Dante esiliato da Firenze in epigrafe dialoga con il Baudelaire di Le cygne evocato direttamente dal titolo, che osserva Parigi mutare durante le pianificazioni urbanistiche haussmaniane17• È soltanto in seguito ai primi tre distici che Fortini esplicita I'oggetto della sua lirica: a essere condotta - «portata» - nel paesaggio tratteggiato nei versi precedenti è una «costante figura», la sintesi di una lotta tra storia e natura, tra un io e un altro da sé come doppio o alterità materiale: una figura o un «fantasma» entro cui si consuma un intero ordinamento dell'esistenza, i cui schemi vengono suggeriti dall'uso del linguaggio letterario, come preciserà nella seconda prefazione a Verifica dei poteri in risposta alle critiche mosse ali' «uso formale della vita» 18 • Secondo Fortini, infatti, «solo nell'arte, intesa nel significato più vasto, e, per essa, nell'uso letterario della forma, quell'adempimento assume la forma appunto di un oggetto a funzionamento simbolico, in cui la proposta e il proponente coincidono» 2.9. Guardando alle riflessioni teoriche sulla metrica di poco successive alla stesura del componimento, la biografia risulterebbe ammissibile, sul piano collettivo della storia, solo a patto di riconoscere la presenza di una norma astratta - la metrica - quale garante di un 'impalcatura collettiva. Ci troviamo di fronte a una delle diverse declinazioni del dispositivo metrico impiegato da Fortini. Come dichiarerà in un saggio dedicato alla tecnica compositiva degli stessi anni, «non esiste nessuna "verità" ritmica prima della "menzogna" metrica» 30 • O ancora, estendendo i termini della composizione a un orizzonte etico, e correggendo un'espressione di Adorno con Lenin: «non si dà vera vita se non nella falsa» 31 •
PE 199. In esergo è citata la VII Epistola di Dante ad Arrigo VII di Lussemburgo («Tu Mediolani tam vernando quam hiemando moraris», Ep. VII, 20). Per Le cygne di Baudclaire, da cui è tratto il titolo della lirica, cfr. C. Baudclairc, CEuvres complètes, voi. I, a cura di C. Pichois, Gallimard, Bibliothèquc dc la Pléiade, Paris 1975, p. 86; cfr. anche Una traduzio11e da Baudelaire, NSI 378 e sgg. z.1 VP 385, cfr. i11{ra, capitolo 7. J., VP 385-386 (c.vo dell'autore). 30 SI 790 (c.vo dell'autore). J• F. Fortini, Non si dà vera vita se non nella falsa, in AA. VV., Co11tro l'i,ulustria culturale. Materiali per una strategia socialista, Guaraldi, Bologna 1971, pp. 113-118. J.7
I. COSTANTE FIGURA
La stessa coppia «metrica e biografia» viene impiegata da Fortini come formula di commiato in una lettera inviata a Pasolini nell'aprile 1957-dunque pochi anni dopo la stesura dell'omonimo componimento di «Officina» - in risposta alla recensione di quest'ultimo a I destini genera/i32.. Collocata nel periodo di collaborazione marginale con la rivista, la lettera permette di inscrivere la scissione della «costante figura» all'interno di un percorso di programmazione intellettuale: Carissimo, aveva proprio ragione Nietzsche quando diceva che solo la mano di un amico o di un nemico ti può guidare nella tua cittadella, quella meglio difesa. Ringraziarti sarebbe troppo poco: bisognerebbe discuterti. Penso che, nel complesso, tu abbia ragione; a parte il fatto che il titolo è davvero la traduzione esatta di un sottotitolo di Fourier, Les destinées générales. La lacerazione di cui tu parli c'è, reale, lunga, quasi inguaribile. Eppure - anche se è vero che il reale comportamento è indice di un progetto esistenziale profondo - non è detto che non si riesca, che non riesca, con oltranza, con depauperazione o amputazione della mia parte pseudopolitica, pseudomorale, pseudomartire, ad una verità non meramente profetica, anche se non accompagnata dalla grazia. Metrica e biografia. Salute e fratellanza".
La «lacerazione» evocata da Fortini - costitutiva nell'esperienza di scrittura poetica secondo l'autore - non si arresta a uno stato di disperazione. Essa viene piuttosto esplicitata come «ferita» nei momenti in cui le forme di mediazione risultano più incerte, come accadrà soprattutto a partire da Questo muro, dove la divaricazione tra natura e storia verrà esasperata in una variazione dei temi della scelta e del rischio corrispondenti alle trasformazioni extratestuali 34 • Tuttavia, nella seconda metà degli anni Cinquanta, la mediazione tra i due poli risulta ancora praticabile, se non necessaria; e non soltanto da un punto di vista compositivo, ma anche su un piano morale, intellettuale e politico. Il commiato alla lettera di Pasolini assume così il valore di una proposta di lavoro futuro da svolgere, nella direzione di un progetto che deve tener conto di un conflitto tra tempo storico e tempo naturale, al fine di procedere verso una società che il Marx J1. P. P. Pasolini, Saggi sulla letteratura e sull'arte, t. Mondadori, Milano 1999, pp. 12.09-12.12.. JJ J-t
AP 81-82.. Cfr. TP XXV.
37
1,
a cura di W. Siti e S. Dc Laude,
PARTE PRIMA. METRICA
dei Manoscritti - centrale nella riflessione di Fortini di questi anni3 5 - configura come «l'unità essenziale, giunta al proprio compimento, dell'uomo con la natura, la vera risurrezione della natura, il naturalismo compiuto dell'uomo e l'umanismo compiuto della natura» 36• L'operazione condotta in ambito letterario - la lettera è indirizzata a Pasolini ma per estensione a tutta la redazione di «Officina» - non va separata da finalità politiche. Il lavoro di gruppo deve svolgersi nei diversi livelli della comunicazione, nella coscienza dell'errore insito in ogni immediata identificazione tra momento estetico e prassi politica. Alla formula di commiato ricalcata sul componimento di Metrica e biografia segue infatti la coppia «salute e fratellanza» utilizzata da internazionalisti e anarchici37 • L'azione della «costante figura» - scissa tra i due poli della storia e della natura, tra un io che scrive e un io che legge e siede nel pubblico come vero autore dell'opera ( «mia e non mia») - viene descritta da Fortini utilizzando un verbo emblematico della sua traiettoria intellettuale, ovvero «insistere». Nel 1985 - in un momento di sperimentazione e applicazione su scala mondiale delle ricette neoliberiste - Fortini pubblicherà con il titolo di Insistenze la raccolta di articoli e interventi saggistici redatti tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, quasi a marcare da un lato la volontà di proseguire una guerra di posizione, «una contesa che dura» tra forme e maschere del potere pubblico e della riduzione dell'io nei confini del privato; dall'altro, la necessità di porre in evidenza i traumi del presente e del passato, in un momento in cui l'esistenza minacciata cede il passo all'insistenza della memoria, in opposizione al controllo organizzato dell'oblio. Si insiste quando più grave diventa l'azione di resistere (i due verbi, come ricordato, sono in Metrica e biografia in rima incrociata), quando l'orizzonte d'attesa è minacciato dalla stasi e dall'arresto delle forze. Gli anni in cui Fortini compone Metrica e biografia sono intervallati dagli «inverni» della Guerra fredda, da un ventennio «tra i più tragici della storia d'Italia e del mondo» 38 fissato nei versi di Po-
n LS52.-53.
J' K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit., p. 109. AP 82.. R. Bonavita, L •a,uma e la storia. Struttura delle raccolte poetiche e rapporto co11 la storia in Fra,,co Forti11i, Biblos, Milano 2.017, p. 18I. 37 J1
I. COSTANTE FIGURA
esia ed errore. La centralità del componimento del '5 5 è riconosciuta nella prière d'insérer che accompagna la raccolta del 1959, dove è presente un allargamento della questione metrica, ora estensione metonimica della poesia (nello stesso mese e anno della pubblicazione di Metrica e biografia usciva su «Ragionamenti» la recensione del volume sulla critica stilistica di Spitzer}3 9 : [ ... ] queste sue Poesie rappresentano oggi, raccolte in un solo volume, una specie di diario, una singolare autobiografia intima e pubblica insieme, che passa appunto dalla negazione giovanile del costume lirico e letterario ermetico, alla violenza delrimpegno politico e militante, alle immagini di «inverno» e di «resistenza» e di squallida distruzione degli anni «freddi»: fino ali' «al di là della speranza» affermato nel momento della grande crisi della speranza marxista. «Ironia che resiste - e contesa che dura», dice di sé Fortini, in una lirica che porta il titolo significativo di Metrica e Biografia. Accettando la propria voce, e il continuo trapassare dall'una all'altra attraverso gli accenti del pathos, del sarcasmo, dcli'elegia; senza mai nulla concedere ai modi dello sperimentalismo: questa poesia - la quale anticipa agli anni dell'immediato anteguerra e della guerra quel rinnovamento dei contenuti che si tende erroneamente a datare con gli anni del neorealismo - si pone come necessario tramite tra le due epoche, tra le due ltalic opposte e complementari in cui l'Autore e tutti noi ci siamo trovati a vivcrc40•
Negando ogni forma di purezza e di esistenza assoluta, l'io che scrive ha il dovere di farsi carico di un'astrazione obiettiva che sola può permettergli di allontanare e di misurare - anche nel senso di giudicare - la sua figura biografica scissa tra identità cd estraniazione, tra un per sé e di tutti, tra una libertà solo apparente e una libertà in grado di durare al di là dcli'errore. Questa scissione tra metrica e biografia continua a operare negli anni a venire, collocandosi a margine del progetto Fortini/Cani, lungometraggio del 1976, diretto dalla coppia di registi francesi Jcan-Marie Straub e Danièlc Huillet. In un appunto scritto durante le riprese del film e riportato in una nota introduttiva del 1978 all'edizione francese de I cani del Sinai, Fortini declinava il rapporto tra metrica e biografia all'interno dell'esperienza cinematografica: «sono ammalato, stanchezza, nevralgia al trigemino, capogiri. Succede, se si vuol rientrare nella propria biografia. Ma i due amici morti viventi mi hanno data J,
VP 199-2.16.
-t°
Citata da R. Bonavita, L 'a11itna e la storia cit., p. 181.
39
PARTE PRIMA. METRICA
in questi giorni una straordinaria lezione di metrica» 41 • Il film di Straub e Huillet va letto come un'ulteriore attivazione del dispositivo metrico utilizzato nel processo di riscrittura, nella possibile reintegrazione e presentificazione della biografia nella realtà storica per mezzo di una messa in forma straniante, fornita adesso dalla tecnica del montaggio cinematografico. Fortini/Cani è costruito sulla figura di Fortini che legge sullo schermo il suo testo scritto «con ira, a muscoli tesi, con rabbia estrema» nel '67, allo scoppio della Guerra dei sei giorni. La lettura de I cani del Sinai è intervallata da lunghissime e silenziose sequenze di un paesaggio proposto come rovine di un passato da interrogare: sono le Alpi Apuane, in cui hanno avuto luogo gli eccidi nazisti in Italia. Per Fortini tuttavia la panoramica effettuata mediante il piano straubiano «non "dice" soltanto quello che vi è accaduto e quanta calma copra i luoghi delle stragi antiche e moderne. "Dice" anche che questa terra è il luogo abitabile per gli uomini, è quello che dobbiamo abitare» 41• La natura, mediata dialetticamente con la storia, diventa figura di un'abitabilità, di una proposta d'azione che dal «qui» possa indicare un «altrove», e che in verità significhi: «non oggi ma ieri e domani» 43 • Nella Nota del I978 a Jean-Marie Straub Fortini riconosceva nella panoramica delle Alpi Apuane una calma apparente in cui «qualcosa chiedeva aiuto, da un profondo»«. La natura chiedeva - l'autore chiedeva attraverso il paesaggio - qualcosa come un «supplemento d'anima». La realtà inscritta nel paesaggio naturale doveva pertanto essere decifrata attraverso una finzione come la metrica: Tutta la realtà della lotta «materialistica» delle classi era inclusa in quei colori di idillio ed era per noi inseparabile da quei canti di uccelli ... Nelle istruzioni che Danièle e Jean-Marie mi proponevano, il testo mi si estraniava sotto gli occhi; la mia difesa era debolissima, lasciavo che liaisons inattese alterassero la punteggiatura e la sintassi. Capivo che operazione filmica, proprio modificando quanto recava la mia firma, proprio disfacendo il tessuto dei miei pensieri, li sormontava, li conservava. Non so se in quelle parole ci fosse quel che si dice «valore», ma certo in quella loro distruzione-rinascita uno ve n'eran.
r
◄•
◄:i. ◄3 ◄◄ ◄S
SE 1770-1771 (c.vo mio). SE 1769 (c.vo dell'autore). lbid. SE 1770. Jbid.
I. COSTANTE FIGURA
La possibilità di condurre un discorso figurale viene dunque garantita da un'astrazione morfologica, che nella traduzione cinematografica del libretto fortiniano si compone dell'insieme di elementi e scelte formali impiegate come strategie per sviluppare una dialettica tra natura e storia. Il riconoscimento della storia all'interno della natura - gli eccidi nazisti sono per il poeta inscritti nel paesaggio delle Alpi Apuane - avviene su una doppia contraddizione formale: da una parte è presente un'opposizione tra figura e sfondo naturale, tra dizione del testo e silenzio delle rovine (sono i momenti in cui la voce di Fortini tace e si ascolta soltanto il canto degli uccelli sovrapposto ai lunghi piani delle montagne); dall'altra, lo straniamento emerge dagli interstizi di una voce che parla, la cui dizione è ora trasformata in segno per mezzo dell'immagine fissata sulla pellicola. In quest'ultimo caso, la dissociazione supera la polarità voce-silenzio per collocarsi all'interno dell'enunciazione sullo schermo, restituendo nelle immagini una figura che è autore, attore e spettatore insieme del testo scritto circa un decennio prima. Mentre Fortini legge I cani del Sinai, la sua voce appare «stridula proprio perché nell'atto medesimo in cui parla di "realtà" è soverchiata dall'assenza» 46 • La messa in forma cinematografica consente, in una dimensione straniante, la reintegrazione e il superamento del passato: una risemantizzazione del soggetto che in quelle pagine dice «io» di fronte al dissidio natura-storia.
1.3. Il fantasma dell'arte, l'ironia della forma L'esordio poetico su «Officina» è preceduto da uno scambio di lettere con Pasolini che suggerisce a Fortini di accompagnare i suoi versi con uno scritto programmatico in forma di allegato - L'altezza della simazione, o perché si scrivono poesie47, definito da Leonetti e da Roversi «un sorprendente atto di coscienza [... ], un esempio quasi perfetto per gli altri, che verranno» 48 • L'allegato verrà pubblicato
voi.
4'
SE 1769.
47
Si veda P. P. Pasolini, Lettera a Fra11co Porti,u, Roma, 17 aprile 1955, in Id., Lettere, (1955-1975), a cura di N. Naldini, Einaudi, Torino 1988, p. 57 (cfr. AP 57 e sgg.). Ivi, p.115.
2. 1 •
PARTE PRIMA. METRICA
come postfazione a I destini generali (19 5 6)-49, in un anno di frattura storica segnato dalla presentazione del rapporto Chruscev e dalle rivolte ungheresi e polacche. La plaquette sarà integrata nella raccolta di Poesia ed errore I937-I957, dove l'accettazione delle forme classiche è in costante tensione con il contenuto dei componimenti. Poesia ed errore condensa sin dal titolo la contraddizione tra una poesia che intende resistere all'apoliticità della scrittura - attraverso strutture metriche opposte sia alle forme avanguardistiche sia alle forme tradizionali, assorbite durante l'apprendistato letterario a Firenze - e il rifiuto della «poeticità», espresso non di rado come rinuncia alla scrittura in versi 50 • Nell'allegato apparso su «Officina», la contraddizione tra «poesia» ed «errore della poesia» viene presentata in uno stile perentorio in grado di confermare il peso che ha agito sulla scrittura fortiniana la vulgata di un Fortini fine critico e saggista ma autore di versi mediocris•. L'incipit sintetizza in poche righe un discorso della rinuncia e dell'errore che Fortini porterà avanti fino a quando la sua voce poetica potrà distaccarsi dai modelli assorbiti durante gli anni di formazione e assumere, a partire da Una volta per sempre (1963), uno stile proprio, dove più netto apparirà il tentativo di mantenere il momento poetico rifiutando al contempo il carattere consolatorio della forma, in linea con gli interventi saggistici pubblicati in Verifica dei poteri. Leggiamo l'incipit dell'allegato: Scrivo versi anche perché penso che la poesia in versi abbia oggi, e più oggi di jeri, sue buone ragioni di esistere. Quei versi mi paiono spesso mediocri o così sono considerati. Mc ne dispiace. Mi piacerebbe esser persuaso di aver scritto una bellissima poesia e sentirmelo dire da coloro che amo e che stimo.[ ... ] Non quelle lodi sono venute che mi sarebbero state gradite. Amici ,., cfr. F. Fortini, L 'alteua della situazione o perché si scrivono poesie, in Id., I destini ge,reral~ Sciascia Editore, Caltanissetta 1956, pp. 71-80 (il testo verrà in seguito escluso nelle raccolte saggistiche successive). so «( ••• ] nel titolo c'è di tutto: principalmente "Poésie et vérité", ma anche - antifrasticamente - "Dichtung und Wahrheit"; naturalmente Ovidio era in mente, ma molto sullo sfondo, solo per la nozione di "esilio". Piuttosto "errore" significa "ambage". Insomma, nel titolo ho voluto unire la nozione di "poesia" come forma di conosccn7.a dell'errore inteso in senso conoscitivo e in senso morale: in sostanza, proclamo u,,a poetica della "impurità"», F. Fortini, Lettera a Cases, AFF scatola XXVI, cart. 2.2., c. 14. La lettera è citata in F. Diaco, Dialettica e speranza cit., p. 12.7. s• R. Bonavita, L'a11ima e la storia cit., p. 2.49.
1.
COSTANTE FIGURA
benevoli scuotono il capo davanti al mio volto, quando somiglia ali' antichissima maschera del cattivo poeta; e, affettuosi, consigliano maggior impegno nel lavoro critico dove, dicono, do buoni frutti. Quindi i miei versi, stampati o scritti, sono un argomento, per me, sommamente patetico. So bene che partecipano di tutti i vizi che da critico leggo nella maggior parte della poesia dei nostri giornisz..
A questo attacco brutale, Fortini oppone un procedimento retorico volto a reintegrare la funzione del linguaggio poetico all'interno di un orizzonte sociale. La frase conclusiva dell'intervento è in questo senso eloquente: «il solo vero modo [... ] di dissacrare la poesia e di uscire dall'estetismo è quello di far poesia»n. Lo schema argomentativo è tipico della costruzione discorsiva fortiniana, che si avvale della dialettica per contrastare un pensiero volto a essenzializzare e a destoricizzare i concetti. Il compito del critico-intellettuale - e del poeta, la cui scrittura è accompagnata adesso da un momento autocritico - è quello di riconoscere, attraverso un lavoro di ricognizione delle forze extra-poetiche, le mistificazioni dell'immagine di uomo veicolata dalla classe dominante. Sono gli anni in cui Fortini assorbe, grazie alla mediazione di Solmi e di Cases, la lezione dei francofortesi e la critica ali' «industria culturale» 54 • In accordo con Asor Rosa, egli potrà affermare negli anni Ottanta che «la letteratura deve smettere di essere tutto: solo a queste condizioni può pretendere di essere qualcosa» ss. Gli estremi del ragionamento stabiliti in L 'al-tezza della situazione - tendenziale rifiuto del poetico; invito a non rinunciare alla poesia - traducono una tensione che ricalca il movimento descritto nei cinque distici di Metrica e biografia. Tra i due poli della «contesa che dura» è presente nell'allegato un'autorialità che assume ed esibisce i limiti della forma, senza al contempo imbrigliare la propria fisionomia entro i poli dell'estremo formalismo e dell'estremo F. Fortini, L 'a/tev:,a della situaziotie cit., pp. 71-72. u lvi, p. 80. H Si ricordi l'introduzione di R. Solmi a Mi11ima e moralia di Adorno (Quodlibct, Macerata 2015) pubblicata per Einaudi nel 1954 di cui Fortini scrisse: «Leggere le cinquanta pagine introduttive è chiedersi come un giovane da poco uscito d'università abbia potuto scrivere pagine di tanta assoluta intelligenza e lucidità storica; e come simile risultato si sia dato in una situa7.ione politica e intellettuale di chiusura, di dimissione e irrigidimento», in Id., Qua11do amv,, Adonio, «Corriere della Sera», 6 febbraio 1977. ss UDI 257. s1.
43
PARTE PRIMA. METRICA
informalismo. La funzione di estraniazione della scrittura in versi è attivata dalla convenzione metrica in virtù del suo sistema di rimandi interni ed esterni al testo. In opposizione alle poetiche dell'irrazionale e dell'istintuale, che identificano illusoriamente letteratura e vita, Fortini oppone una scrittura controllata - la «sublime lingua borghese» - che mai elude il momento di autocoscienza. Pittore, oltre che poeta, motiva questa tendenza con un'analogia: Persuaso che la possibilità dell'espressione poetica si situi ali' estremità d'una cultura ho sempre disprezzato l'artificiale coltivazione delle tenebre, l'ignoranza raccomandata da molte poetiche di jeri all'apprendista poeta. Meglio fallire per sterilità che riuscire un bel verso sul buio. A un pittore che dipinge su fondo nero tutti i tòni vanno a posto - finché la superficie non è coperta. Allora son dolori e spesso tutto il beli'equilibrio se ne va in aria. Ora, nei confronti della coscienza critica, l'atto di scrivere versi ha sempre qualcosa dell'utopia, o meglio dell'ipotesi di lavoros'.
Il discorso dell'allegato è spinto dalla volontà di interporre una distanza ai modelli e alle poetiche dell'oscuro che Fortini - pur con continua diffidenza - aveva attraversato durante gli anni giovanili a Firenze. Il rifiuto di una linea poetica è rivolto non soltanto all'esterno, come attacco a una tendenza culturale, ma anche all'interno, come tentativo di liberare la propria voce da sedimentati influssi ermetici e superare una crisi poetica che non permette ancora di mostrare una fisionomia autoriale coerente a scelte etiche e morali. T aie operazione passa per la critica agli elementi formali della composizione, ovvero all'insieme di costanti retoriche e prosodiche sedimentate in una memoria, che richiedono uno sforzo di distanziamento e di controllo dei mezzi espressivi. La metrica si presenta dunque, anche in questo testo, come strumento di straniamento che permette al poeta di distanziarsi da forme di scrittura immediata, da una libertà senza vincoli percepita come mistificazione. Accanto alla funzione critica, la metrica garantisce un valido sostegno allo scrittore che rifiuta di «dipingere» sul fondo nero dell'irrazionale e dell'istintuale, e che per questo deve confrontarsi con la difficoltà di composizione, dovendo giustapporre sul bianco della tela colori e tonalità. La coscienza della forma mediante la padronanza - teorica e pratica - della tecnica diventa s' F. Fortini, L 'altev;a della situat,io,ie cit., p. 72.; dr. anche UDI 2.40 e sgg.
44
I. COSTANTE FIGURA
pertanto un mezzo attraverso il quale è possibile sottrarre l'io che scrive all'immagine posticcia del sé come prodotto di volontarismo. Fortini collega questa attitudine - e lo farà con maggiore insistenza nei decenni successivi, con l'esplosione del «surrealismo di massa» 57 - allo sviluppo delle forze capitalistiche che diffondono, «ad uso dei popoli sottosviluppati, dei vecchi modelli di individualismo prodotti anni fa oltreoceano», come quel «ragazzo che comincia a vendere giornali e risparmiare il mezzo dollaro per poi diventare Edison o Ford, e cioè Eliot o Thomas Mano» 58 • Per Fortini, dunque, la battaglia contro una certa idea di «lirica soggettiva autobiografica diaristica» corre sugli stessi binari di una critica a un intero ordine socioeconomico che sorregge il ritratto mistificato dell'artista. Tale costruzione è garantita da un discorso che identifica il successo dcli' operazione espressiva con il successo nella vita reale, restituendo un universo di individui e di solitudini che continuano ad accettare, senza sottoporla al vaglio critico, la forma che la classe dominante possiede e diffonde, utilizzando tale continuità come strumento di potere che garantisce il mantenimento dcli' egemonia. Avvalersi criticamente della convenzione metrica marcandone la necessità significa per Fortini denunciare la falsa coscienza di un ordine di valori che intende garantire una libertà a tutti, ma che finisce di fatto per restituire un'immagine fallace dell'esistenza dove ciascuno può credersi al sicuro all'interno di uno spazio distaccato dal reale che rende superflue le scelte: L'atto di comporre versi, cioè l'operazione sul linguaggio, proprio nella misura in cui perde il suo rapporto con la realtà e quindi il suo carattere funzionale, accresce la propria capacità di illusione ossia più largamente contribuisce alla fabbricazione di una personalità mistificata, posticcia, e a far credere il «doppio» più vero del vero soggetto. Detto altrimenti: mai così bene come nell'attività pseudo artistica la personalità nevrotica si prende per autenticas,.
La differenza tra mistificazione e autenticità non viene stabilita da alcun sistema di valori, né da un canone letterario; essa, secondo Fortini, può essere colta nell'ordine stesso che il poeta «impone» s1 MS:z. 2.5. Si veda D. Balicco, Nietzsche a Wall Street. Letteratura, teoria e capitalismo, Quodlibct, Macerata 2.018, pp. 2.7-54. s• F. Fortini, L'altezza della situazio,ie cit., p. 73. s, lvi, p. 75·
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PARTE PRIMA. METRICA
al verso, dentro cui passano, senza possibilità di occultarne i tratti, il suo carattere, le sue scelte e gli elementi della società all'interno della quale la scrittura poetica si sviluppa. Detto altrimenti, tanto più si degrada a «pratica superstiziosa» e a velleitarismo, tanto più la poesia mostra in negativo la sua capacità di rivelare un ordine di valori e di credenze appartenenti a una data storicità o cultura: «vero siero della verità, projezione simultanea del volontario e dell'involontario, dell'individuale e del collettivo, nulla le sfugge» 60• In una prosa del 1964 pubblicata su L'ospite ingrato Fortini riprende la tendenziale omologia tra scelte formali ed etiche, sviluppando ulteriormente il nesso tra l'operazione artistica e i meccanismi che regolano l'industria culturale: La menzogna corrente dei discorsi sulla poesia è nella omissione integrale o nella assunzione integrale della sua figura di merce. Intorno ad una minuscola realtà economica (la produzione e la vendita delle poesie) ruota un'industria molto più vasta (il lavoro culturale). Dimenticarsene completamente o integrarla completamente è una medesima operazione. Se il male è nella mercificazione dell'uomo, la lotta contro quel male non si conduce a colpi di poesia ma con «martelli reali» (Breton). Ma la poesia alludendo con la propria presenza-struttura ad un ordine valore possibile-doveroso formula una delle sue più preziose ipocrisie ossia la consumazione immaginaria di una figura del possibile-doveroso. Una volta accettata questa ipocrisia (ambiguità, duplicità) della poesia diventa tanto più importante smascherare l'altra ipocrisia, quella che in nome della duplicità organica di qualunque poesia considera pressoché irrilevante l'ordine organizzativo delle istituzioni letterarie e, in definitiva, l'ordine socioeconomico che le sostiene'•.
La variante o la scelta metrica in quanto «approssimazione della forma», correlata a una scelta morale materialmente saldata a una biografia consumata in effigie, si presenta come mezzo attraverso il quale riconoscere un sistema di elementi e di convenzioni collocate all'interno di una data società. La messa in valore del dispositivo metrico permette inoltre di percorrere una direzione contraria all'atteggiamento di dissacrazione dell'arte e della poesia delle avanguardie di fronte all'alienazione artistica europea, in parte adottato dallo stesso Fortini nei suoi primi tentativi di espressione poetica. Tale atteggiamento viene denunciato nell'allegato di «Of-
'° lvi, p. 76. '' 01982. (c.vo dell'autore).
I. COSTANTE FIGURA
ficina», come fallimentare- o meglio, del tutto errato - poiché è lo stesso capitalismo a incoraggiare l'operazione di dissacrazione e di desacralizzazione dell'arte compiuta dalle avanguardie, assorbendola e amministrandola secondo un criterio di efficienza. Collocando l'arte su di un piano "alto", trascinando le folle alle esposizioni e moltiplicando così «le forme più sciocche d'estetismo», la società capitalistica si fa espressione del più acuto odio per l'arte, mascherando sotto l'apparente promessa di liberazione una forma che non appartiene né a chi la pratica né a chi la fruisce 62• Dopo aver attraversato retoricamente il negativo e rivelato la contraddizione della scrittura in versi, Fortini conclude il suo intervento con un argomento di superamento necessario affinché lo sviluppo del suo discorso non si arresti a un nichilismo costantemente allontanato. Riconoscendo, pur nella contraddizione, il valore della forma - continuando dunque a praticare la poesia - è possibile dissacrare la poesia stessa e uscire dall'estetismo, senza ricorrere alla completa distruzione operata dalle avanguardie né, viceversa, osservare il culto dcli'elemento formale come Assoluto, svincolato dal contesto a cui il letterario si collega per origine e destinazione. Soltanto mediante un'operazione di riconoscimento e accettazione del nesso metrica-biografia in un contesto storico definito è possibile affidare alla «costante figura» un ruolo positivo, al di là dcli'errore e del fallimento della cultura: Nella poesia più recente, passato, presente e futuro tendono[ ... ] a riferirsi a eventi collettivi, su quelli si ordina la biografia. Il passato è l'infanzia o la giovinc-.aa ma anche, o più spesso, il tempo del fascismo, della guerra esterna o civile; il presente è la maturità ma è anche tempo di conflitti politici, della restaurazione sociale, del progresso o regresso di una parte o di una causa; il futuro è quello della morte ma anche di una rivoluzione o conciliazione o generale catastrofe. [ ... ] Questo inserimento delle biografie in un complesso di eventi ha voluto dire anche inserire il proprio passato e il proprio futuro nel passato o nel futuro di un popolo, o classe o genere umano; non soltanto ripresa, dunque, del senso romantico della storia ma anche della Stimmung della Ginestra'1•
,2. «I surrealisti, e Breton per primo, non hanno saputo comprendere che nel corso del ventennio fra le due guerre erano venute maturando forze di oppressione politica e di massificazione culturale tali che le loro opere e le loro manifcsta7.ioni sarebbero state accuratamente inserite dalle potenze ideologiche cd economiche nel variopinto mosaico di ciò che è accettato e dunque non scandalizza più. Ed è questo, senza dubbio, uno dei più forti argomenti della polemica comunista contro i surrealisti», MS1 40-41. '1 SI 560. 47
2.
Metrica, attenzione e libertà
Al concetto di libertà si dovrebbe accompagnare quello di responsabilità che genera la disciplina e non immediatamente la disciplina, che in questo caso si intende imposta dal di fuori, come limitazione coatta della libertà. Responsabilità contro arbitrio individuale: è sola libertà quella «responsabile» cioè «universale», in quanto si pone come aspetto individuale di una «libertà» collettiva o di gruppo, come espressione individuale di una legge. A. Gramsci, Quademo 6 (VIII),
S 11
Le vere nonne, si sa, sono introiettate e passate sotto
silenzio.
F. Fortini, Letteratura 2.1.
Semantica del metro
Tre anni dopo aver pubblicato Metrica e biografia, Fortini presenta su «Officina» un saggio intitolato Verso libero e metrica nuova (1958) in cui ipotizza l'esistenza di un verso italiano scandito non più a partire dal numero di sillabe, ma da una serie di accenti principali, distribuiti tendenzialmente, ma non sempre, in maniera isocronica. La nuova metrica accentuale viene presentata come superamento di due posizioni: l'integrale allusione metrica, o «pseudotradizionalismo», da una parte; l'integrale rifiuto dei metri, o «pseudoritmicità "pura"», dall'altra•. Secondo Fortini, negli ultimi dieci-quindici anni del secondo dopoguerra italiano si sarebbe I
SI 801.
49
PARTE PRIMA. METRICA
sviluppata tra i poeti contemporanei una tendenza compositiva distante sia dalla «ormai più che semisecolare ritmica "libera"» delle avanguardie sia dai «caratteri "reazionari" cioè meramente allusivi e restauratori che ebbe nel ventennio» la tradizione. L'opposizione alle pratiche compositive del suo tempo - corrispondenti alla postura di un singolo poeta o di un gruppo di poeti - costituisce un punto di partenza necessario per esaminare gli interventi di Fortini sulla metrica in filigrana con gli sviluppi della sua poetica, nonché con la sua posizione di critico e intellettuale. Come abbiamo anticipato, nelle sue formulazioni è sottintesa una presa di distanza nei confronti di specifici modi di intendere la realtà a partire dalla scrittura, al di là cioè dell'immediato dibattitto estetico sulla tecnica compositiva. Se in un primo momento Fortini colloca la necessità di interpretare la metrica come collante sociale, in una fase più matura di elaborazione teorica, tempi metrici e tempi sociali si biforcano, fino ad ammettere l'esistenza di una più complessa «struttura di opposizioni gestuali, di confUtti di voci, di tempi verbali, di conflitti emotivo-concettuali» 1 non più integralmente ascrivibile a uno schema numerico, impiegato per definire il movimento della scrittura nel discorso. Come vedremo, l'opposizione tra i due poli non è mai netta, bensì dialettica: ogni momento conserva le tracce del ragionamento che ha percorso, in un movimento che oscilla tra testo e contesto, tra forma e contenuto, tra metrica e biografia, nel significato esplorato nel capitolo precedente3• A partire dalla dichiarata compresenza tra ethos e poetica, sarebbe pertanto possibile individuare, nel discorso impostato da Fortini negli anni Cinquanta, due direzioni complementari: da una parte la tendenza a distanziare la propria attività poetica dall'esasperato vitalismo, che più avanti esploderà in quello che lui stesso definirà «surrealismo di massa»; dall'altra, una rinnovata critica nei confronti del «sonno» politico vissuto dal giovane poeta nella Firenze fascista, «città nemica» e al contempo patria spirituale, sedimentata nella memoria dell'autore come archetipo di antagonismo etico ed estetico. Collegando le riflessioni sulla metrica alle tensioni e alle contraddizioni stabilite con il contesto, Stefano Colangelo ha indicato nella «semantica del metro» il carattere distintivo della riflessione 1
J
MB 62. (c.vo dell'autore); dr. i11{ra, capitolo 8. Si veda QF 147.
50
2.. METRICA, ATTENZIONE. E LIBERTÀ
fortiniana sulla tecnica compositiva, ovvero «lo studio del rapporto tra la nuova percezione del metro, data dall'introduzione del verso accentuativo, e il significato»•. Secondo Colangelo, la metrica per accenti non deve essere considerata né un 'imitazione, né un «vezzo esotico», ma un «modello che meglio di altri, a giudizio di Fortini, può orientare ad un medesimo fine il corpo sonoro e il senso della poesia, la capacità di formalizzazione e quella di denotazione»s. A queste osservazioni è possibile affiancare un'ulteriore sfumatura semantica dell'espressione «significato della metrica». Essa può essere intesa sia come significato che la metrica apporta al senso globale del testo, la sua capacità di significazione, sia come significato del concetto di metrica, modellato storicamente all'interno di un pensiero occidentale, in opposizione alla nozione di ritmo6 • Nel primo caso, il potere di significazione della metrica va compreso nell'ordine di una tradizione che orienta il lettore secondo la sua capacità di cogliere una forma allusiva di un contenuto sedimentato nelle cavità della memoria collettiva. Nel secondo, si tratta di decifrare la metrica come «indizio e strumento rivelatore dei rapporti reali,
• S. Colangelo, Metrica come composido11e, Gedit, Bologna 2.002., pp. 67-70. s lvi, p. 67. ' Sul rapporto tra metro e ritmo rimando a M. Praloran, Metro e ritmo tiella poesia italia,,a. Guida a11omala ai fo,ula,ne11ti della versi/icado11e, Edizioni del Galluz7.o, Firenze 2.011; P. G. Beltrami, La metrica italiana, il Mulino, Bologna 1991, pp. 17-19; ].-C. Schmitt, Les rythmes au Moye11 .Age, Gallimard, Paris 2.016, pp. 57-58; E. Panofsky, «Albrccht Diirers rhythmische Kunst», Jahrbuch {ur Ku,istwissenschaft, 3, 192.6, pp. 136-192., poi in Id., Deutschsprachige Aufsatt,e I, K. Michels e M. Wamkc (a cura di), Akademic Vcrlag, Berlin 1998, pp. 390-473. Sulla storicità della no7.ionc di «ritmo» si legga in particolare lo studio di É. Bcnveniste, La notio11 de «rythme» da,is s011 expression li11guistique, «Joumal dc psychologic normale et pathologique», juillet-scpt. 1951, 44c année, 3, pp. 401-410, ora in Id., Problemi di li11guistica getierale, il Saggiatore, Milano 2.010, pp. 390-399. In relazione all'articolo di Bcnvenistc si veda C. Calarne, Rythme, voix et ,némoire de l'écriture e11 Grèce classique, in R. Pretagostini (a cura di), Tradizione e i,movazione nella cultura greca da Omero all'età elle11istica, voi. II, 3 voli., Gruppo Editoriale Internazionale, Roma 1993, pp. 785--'799; P. Chantrainc, «Rythmos», in Dictiom,aire étymologique de la langue grecque, Klincksicck, Paris 1968. Ancora sull'articolo di Bcnveniste si legga la critica di C. Dalimier, Émile Be11ve1uste, Plato11, et le rythme des flots (Le père, le père, toujours recommencé••. ), «Linx», 2.6, 1992. (numero tematico: Lectures d'~mile Benveniste), pp. 137-157; ma anche la risposta di H. Mcschonnic, Seul comtne Benveniste ou com1ne11t la critique 11,a,,que de style, «Langagcs», 2.9 e année, 118, 199 5, pp. 31-5 5. Di Meschonnic si veda in particolare Id., Critique du rythme. Anthropologie historique du langage, Verdicr, Lagrassc 1982..
PARTE PRIMA. METRICA
obiettivi, fra gli uomini, e fra questa realtà e il poeta» 7 • Quest'ultimo punto viene discusso da Fortini in un saggio del 1957 (Metrica e libertà) che ripercorreremo in questo capitolo, vero e proprio presupposto metodologico - e ideologico, secondo un adagio di Cases 8 - dell'intervento di «Officina» dedicato al verso accentuale.
2.2.
Metrica e attenzione
Apparso nell'ultimo numero di «Ragionamenti», Metrica e libertà esibisce fin dal titolo il tentativo di stabilire un legame tra momento estetico (metrica) e dimensione etica (libertà). Il saggio si inscrive all'interno di un percorso intellettuale e di una pratica compositiva che muove «dal formare al fare, dal poièin al prassein, dall'estetica all'etica e alla politica» 9 • La stessa rivista che lo accoglie è contrassegnata da una linea editoriale orientata verso una progettualità inedita nel dibattito italiano del secondo dopoguerra: una «critica e informazione critica sui maggiori temi del pensiero marxista contemporaneo, in una prospettiva antistalinista ma non riformista, per una unione del "blocco storico" delle sinistre» 10• La breve vita di «Ragionamenti» ha inizio in pieno «disgelo», nel momento in cui la maggior parte degli intellettuali «era inserita e decisa ad approfittare della imminente Belle époque» 11 • In aperta polemica con le linee del PCI, le tesi supportate da «Ragionamenti» chiedevano «l'autonomia degli uomini di cultura dalle direzioni culturali dei partiti e la loro "auto organizzazione" all'interno del "blocco storico" delle sinistre; nonché il controllo, ad opera degli operatori della cultura, degli strumenti di espressione» 12 • All'interno di questo orizzonte si colloca un saggio di Fortini su Spitzer, che anticipa gli interventi direttamente riferiti ai problemi
7
SI 793 (c.vo dell'autore).
1
C. Cases, I limiti della critica stilistica e i problemi della critica letteraria cit., p. 2.66.
'SE 12.79. IO UGA 2.77. Il
lbid.
11
UGA 2.79; cfr. anche Proposte per una orga11iu.azione della cultura marxista italia-
,,a, supplemento a «Ragionamenti», I, 5-6, 1955-1956.
p.
2.. METRICA, ATTENZIONE. E LIBERTÀ
morfologici della composizione in versi 13 • L'intento di Fortini è di mostrare, a partire dalle riflessioni di Cases, il divario metodologico - e, per l'autore, politico - tra una tendenza della critica atta a marcare, tramite la stilistica, il soggettivismo estetico, e l'altra, di ascendenza lukacsiana, che tenta di abbattere i muri delle università per rivendicare un principio di aderenza dell'opera al dato storico e sociale. Condividendo in sostanza le posizioni di Cases, Fortini obietterà a Spitzer di non utilizzare la stilistica in relazione a tutto ciò che è situato a margine del testo, fatto di materia, di storia e di conflitti. Il saggio è coerente con il progetto di liberazione della poesia dalla degradata accezione di «lirica moderna» come pura espressione degli impulsi vitali 1• e va pertanto posto in relazione con gli scritti sulla metrica, allineati alla posizione teorica espressa in questo periodo su «Ragionamenti». Secondo Fortini, infatti, nella sua resa formale la poesia deve «proporsi la raffigurazione di oggetti (condizioni, rapporti) non quella dei sentimenti» 1 5 : la sua portata rivoluzionaria coincide e consiste nell'intensità e nettezza della sua formalizzazione 16, non arrestata al solo momento estetico della composizione, ma esperita - conseguenza che si vuole causa - in uno spazio di azione politica sul mondo, di vita intellettuale e morale, di decostruzione e ricostruzione delle istituzioni affettive e dei rapporti interumani 17 • Il primo punto di Poetica in nuce ( 1962) è in questo senso eloquente: «come insieme di scelte linguistiche e di comportamento, un testo è sociale per la sua origine quanto per la sua destinazione, implicita o esplicita» 18• Il primo dei tre saggi sulla metrica si situa pertanto in linea con un lavoro che intende sottrarre ogni aspetto della vita artistica, sociale e politica dell'uomo - dunque anche la stilistica, la semantica, la linguistica - ali'estetizzazione e alla mistificazione della forma operata da
•J F. Fortini, La critica stilistica [a proposito di L. Spitzcr, Critica stilistica e storia del linguaggio], «Ragionamenti», I, 1, settembre-ottobre 1955, ora in VP 199-2.07 (con il titolo Leggendo Spitzer). 14 F. Fortini, Contro u11'idea di lirica moderna, «Officina», n. s., 1, mar.lo-aprile 1959, pp. 3-6, ripubblicato in VP1 2.2.9-2.33, cfr. F. Diaco, "Co11tro un'idea di lirica modema ..: Fortini, Friedrich e il Simbolismo, •Mosaico italiano», XIII 165, pp. 11-15. IJ 01963.
'' QF 142.. •1 QF i49 • •• 01962..
53
PARTE PRIMA. METRICA
una nuova trasformazione del capitalismo (la vita «falsa» nell'adagio di Adorno) •9. Un punto di partenza per interrogare la riflessione fortiniana sulla metrica è offerto dal concetto di attenzione, come del resto suggerisce la voce «Franco Fortini» redatta per l'antologia I poeti del Novecento del 1977, in cui l'autore stesso presentava le sue poesie «come implicito consiglio a "vivere con attenzione" e come esempio in atto di questa "attenzione"» 20 • Il termine, mutuato da Simone Weil - della quale Fortini traduce tre opere per le Edizioni di Comunità21 - sarà ripreso negli anni Ottanta in Metrica e biografia per formulare, in rapporto con il «risparmio intenzionale della parola», il concetto di qualità della dura'ta, condizione principale dei rapporti tra scrittura e lettura, mutevoli nella storia a seconda delle trasformazioni socioeconomiche22 : Fra l'attenzione- nel senso che a questa virtù è stato dato da Malebranche e da Simone Weil -e la scarsità volontaria ossia il risparmio intenzionale della parola {come pure, e inversamente, fra disattenzione e abbondanza o spreco) ho sempre creduto, Proust lo aveva insegnato, che vi fosse un rapporto e che questo intervenisse sul tempo cosiddetto interiore o durata; ma che la radice si avvinghiasse soprattutto nei modi, nelle relazioni e nei tempi della produzione e nella loro decisività. Della poesia si può ripetere quel che durante la sua guerra civile Lenin disse della libertà: che è bene troppo prezioso per non doverlo razionare; nel senso, aggiunto, di raisonner, rationaliser e, perché no, arraisonner1 J.
L' «attenzione» - epurata dell'aspetto più strettamente religioso che conserva in Weil2.1 - viene assunta da Fortini nel significato di «animum attendere», ovvero concentrare tutta l'attività psichica intorno a un oggetto, verso un oggetto. Contrapposto come in Weil '' T. W. Adorno, Mi11ima ,noralia. Meditazioni sulla vita offesa, tr. di R. Solmi, introduzione e nota ali'edizione 1994 di L Ceppa, Einaudi, Torino 2.015, p. 3 5. z.o
Poeti 199.
S. Wcil, La pesa,iteur et la grace, Plon, Paris 1947 (tr. it. L'ombra e la grazia, Edizioni Comunità, Milano 19 5 1); Ead., La co11dition ouvrière, Gallimard, Paris 19 5 1 (tr. it. La co1ulit,io1,e operaia, Edizioni Comunità, Milano 1952.); Ead., L'enracine,nent. Prélude à une déclaration des devoirs e1wers l'etre hun,ai11, Gallimard, Paris 1949 (tr. it. La prima radice. Preludio ad una dichiarazione dei doveri verso la creatura uma11a, Edizioni Comunità, Milano 1954). u MB 43 (cfr. i11{ra, 8.2.). 1 J MB 43-44 (c.vo dell'autore). 14 S. Weil, La pesa11teur et la grace cit., p. 155. :u
54
2.. METRICA, ATTENZIONE E LIBERTÀ
alla volontà25 , il termine esprime l'attitudine alla ricezione conoscitiva: una predisposizione attiva dell'anima che rifiuta il volontarismo, teso piuttosto a connotare la poesia come immediatezza, vitalismo, soggettivismo. Sul calco del titolo del saggio del '5 7, Fortini riprenderà il concetto di «attenzione» in una breve prosa dell'Ospite ingrato intitolata Attenzione e libertà26 • Il rapporto tra metrica, attenzione e libertà rappresenta un motivo centrale nella riflessione fortiniana sui modi di composizione. In linea con la proporzione «metrica sta a poesia, come attenzione sta a libertà», non si darebbe per Fortini libertà - e poesia - se non nel rispetto di una dialettica dove l'astrazione formale costituisce un momento oppositivo necessario della volontà immediata: Una libertà che si disgiunga dalla coscienza della necessità è privilegio senza neanche il correttivo dell'orgoglio ossia è consenso, e senza onore di rischio, alla servitù altrui. Una poesia che si disgiunga dalla coscienza costante di tutto quello che poesia non è, si degrada ad «aroma spirituale», a ipocrita «cuore di un mondo senza cuore» o, come una volta m'occorse di dire, a «vino di servi» z.7 _
La libertà alla quale Fortini allude non è sinonimo di dispersione anarchica delle forze, entropia; essa si presenta piuttosto come una configurazione degli impulsi soggettivi. Non si darebbe pertanto libertà senza ragionamento (raisonner) ovvero senza razionalizzazione o parcellizzazione (rationaliser). Tale attitudine coincide, nel campo delle forme metriche, con la formalizzazione del rapporto dialettico tra moto soggettivo e presenza oggettiva dello schema. La metrica può nondimeno diventare per Fortini il mezzo per arrestare gli uomini, la natura e gli eventi al fine di domandarne le cause (arraisonner) 28: un rationem reddere volto a smascherare, in forma L'attention et la volo,llé, in Id., La pesa,iteuret la gracecit, pp. 155-162.. 01 939-94o. 1.1MB44. 1.1 Alla voce •arraisonncr», Le Grand Robert de la langue fra11f4ise restituisce le seguenti definizioni: «v. tr. - XIVc; 1080, "intcrpcllcr quclqu'un"; dc 1. a-, et raiso11. 1. Ancicnnt. Convaincrc par dc bonncs raisons. - Raisonncr, chcrchcr à ramcncr à la raison (i11 Balzac). 2.. ( 1598) Mar. A"aisomier un navire : procédcr à un intcrrogatoirc ou à une visite pour véri6cr la nationalité du navirc, sa provcnancc, sa dcstinarion, son chargcmcnt, l'état sanitairc dc scs passagcrs. Abordcr, inspcctcr, rcconnaitrc. (... ] Fig. A"aiso,mer qq11, l'arrctcr pour l'intcrrogcr. D~R. Arraisonncmcnt». 1.s Cfr. S. Wcil, ~
55
PARTE PRIMA. METRICA
straniante, le ipocrisie che regolano i meccanismi di potere e dominano i rapporti tra individuo e società. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, una riflessione analoga era stata formulata nell'allegato di «Officina» del 19 5 5 che accompagnava le quattro poesie apparse per la prima volta sulla rivista bolognese19 . Al polo opposto dell'attenzione, Fortini definiva il volontarismo come confusa e infelice persuasione di un horror vacui della scrittura, che in campo editoriale finiva per corrispondere alla pubblicazione incontrollata di un numero di sei o settecento libretti di poesia stampati annualmente. Nel saggio del '5 5, Fortini invitava a confrontare la prassi del linguaggio con l'operazione di straniamento offerta dall'attenzione verso i mezzi tecnici di costruzione del discorso in versi. Secondo Fortini, ogni autore di poesia deve tenere conto dell'impossibilità di nascondere al verso alcunché della propria personalità, né della società in cui l'opera è inserita. La massima oraziana dell' Ars poetica - «mediocribus esse poetis I non homines non dii non concessere columnae»3°-significa che «la maschera è la verità del volto»J•. La prospettiva entro cui si inscrive il rapporto tra metrica e attenzione è la seguente: poiché la scelta di una soluzione formale coincide con l'approvazione di un dato rapporto tra gli uomini (e di questi con la storia), quella stessa approvazione finisce per giudicarmi in virtù di una messa in forma straniante dell'esistenza attraverso il linguaggio. In un'analoga «tensione delle facoltà dell'anima» 31 Simone Weil - citata da Fortini - situa l'ispirazione come forma del desiderio: L'ispirazione è una tensione delle facoltà dell'anima che realizza il grado di attenzione indispensabile alla composizione su piani multipli. Chi è incapace di un'attenzione simile ne riceverà, un giorno, la capacità se si ostina con umiltà, perseveranza e pazienza e se è spinto da un desiderio immutabile e violento. Se non è posseduto da un simile desiderio, non è indispensabile che scriva versi. [... ] Chi scrive versi desiderando di fare dei versi belli come ,., F. Fortini, L'altezza della situazio11e o perché si scrivo110 poesie cit., pp. 71-80. J Q. Orazio Fiacco, Ars poetica, vv. 372.-373 («Ai poeti non concedono d'esser mediocri né gli uomini, né gli dèi, né le colonne», tr. it. D. Bo, T. Colamarino, lITET, Torino 2.013). 31 F. Fortini, L'altezza della situat,io,ie cit., p. 76. J:i. Che per Éluard significa «far comprendere», dr. P. Éluard, F. Fortini, Il mo11do e le arti: Éluard - La poesia non è sacra, «Il Politecnico», 2.9, 1 maggio 1946, p. 38. 0
2.. METRICA, ATTENZIONI! E LIBl!RTÀ
quelli di Racine non farà mai un bel verso. Ma ne farà ancor meno se non avrà neppure quella speranzaJ:,.
Bisogna evitare di confondere l'ispirazione con I' «artificiale coltivazione delle tenebre» o il culto dell'immediatezza. Contrariamente alla profezia dei surrealisti di una liberazione per ogni uomo della capacità poetica - «non vi saranno più poeti là dove tutti lo siano»3 4 - , Fortini insiste sulla necessità che alcuni pochi siano disposti a «rinunciare ad una libertà mistificata perché altri vi rinuncino», al fine di rigettare ogni tentativo di fondare i propri interessi su un criterio individuale o di perseguire un successo privato in un momento storico in cui la libertà di ognuno è diventata la mistificazione di tutti. In Attenzione e libertà Fortini rifiuta pertanto sia l'antiascetismo vitalistico o anarchico sia la pienezza vitale, suggerendo una via alternativa a una pratica di liberazione collettiva fondata sui principi di attenzione, mediazione e responsabilità. In linea con quanto scriverà negli stessi anni in Al di là del mandato sociale, «la via ad una maggiore democrazia passa attraverso la creazione di una aristocrazia. E questa deve partire da una ipotesi rischiandone la verifica: l'esistenza di una classe aristocratica ossia rivoluzionaria» 35 che sia in grado di «puntare alla libertà e all'essenza per la via della necessità ed inessenzialità» 36. A conferma del ragionamento su poesia, forma e attenzione, Fortini ricorda come i discorsi che tendono a eliminare l'attenzione nei confronti delle forme metriche in nome di una libertà garantita a tutti finiscono quasi sempre per scontrarsi con la reale esistenza di un complesso più o meno visibile di convenzioni formali, di «si può» e «non si può», che agiscono non solo sulle scelte di composizione scritta, ma sulle direzioni e sulle organizzazioni di un'esistenza collocata entro i rapporti sociali e nella storia. Vediamo di precisare il rapporto tra norma e libertà passando in rassegna i paragrafi del saggio di «Ragionamenti».
S. Weil, La prima radice cit., p.2.31. P. Éluard, R Fortini, Il mo11do e le arti: Éluard - la poesia 110n è sacra cit., p. 3 8. Js 01 940 (c.vo dell'autore). :,, VP 180. JJ
J-t
57
PARTE PRIMA. METRICA
2. 3.
Metrica e autorità
La premessa metodologica di Metrica e libertà è la seguente: bisogna ampliare gli studi sulla metrica ad altri domini di ricerca, evitando al contempo di cadere nei «più probabili trabocchetti delle estensioni arbitrarie e delle analogie verbali» 37. Sarà necessario pertanto respingere, se non per estremo ricorso alla metafora, la confusione tra musicalità e scrittura poetica3 8 , mantenendo la separazione tra i due linguaggi. Come esempio di questa pratica, Fortini presenta la polisemia del concetto di autorità, declinabile sia come precetto metrico riferito ali' ossequio ritmico di fronte a una norma sia in relazione ad altre forme di autorità e di tradizione che intervengono nell'organizzazione dei rapporti sociali 39• L'estensione del termine va intesa - almeno in questa prima fase di produzione teorica - come strategia allegorica volta a creare nuove prospettive di lavoro modellate sul confronto di diverse discipline aperte alla possibilità di costruire un dialogo tra contenitori a prima vista non comunicanti, ancora in linea con un'aspirazione alla totalità. L'arretratezza degli studi di metrica nel panorama culturale italiano viene imputata non soltanto all'egemonia dell'estetica idealistica, ma alla capacità di sintesi tra discipline che tali studi richiedono. I discorsi sulla metrica dei poeti contemporanei sembrano dare per risolti alcuni dei più difficili problemi di metodo: si comincia dalla fonazione e dagli elementi sonori, mentre sfuma nell'incerto «il rapporto fra parola parlata e scritta, quindi fra i "bianchi" tipografici e i "silenzi", tra segno ritmico o metrico e segno del segno» 40• La stessa sovrapposizione tra metrica e autorità viene collocata come premessa metodologica dell'intera riflessione sulla forma; e di conseguenza, come vedremo, sulla traduzione. In linea con una revisione epistemologica e con uno studio sulla metrica distante da un approccio quantitativo-statistico avvertito come scientistico, Fortini muove da una precisazione da porre a fondamento di una critica ai meccanismi formali del testo poetico: SI 783. R. Wcllck, A. Warrcn, Tbeory o/ Literature, Harcourt, Brace, New York 1949, (tr. it. P. L. Contcssi, Teoria della letteratura e metodologia dello studio letterario, il Mulino, Bologna 1956, p. 2.10). J, Si veda la distinzione tra «autorità» e «autoritarismo» in QF 57 e sgg. ◄0 SI 784. J7 31
2.. METRICA, ATTENZIONE. E LIBE.RTÀ
la distinzione «millenaria» tra metro e ritmo, contenuta nella Teoria della letteratura di Wellek e Warren, pubblicata in Italia nel 1956; un'opera che sarebbe servita a «sottrarre l'arte alla via dell'intimismo e della mera interiorità, per restituirla agli uomini e alla loro natura sociale»••. Nella parte dedicata alla prosodia, Wellek e Warren riprendono le nozioni elaborate da Tomasevskij, secondo il quale il metro «deve essere considerato come uno schema astratto di certe interrelazioni del verso e il ritmo come la forma reale del fenomeno sonoro»• 2 • Per Tomasevskij, «la trama metrica è un fatto obiettivo»; quanto al ritmo, esso viene al contrario percepito come momento soggettivo, individuale, irripetibile. Alle osservazioni di Wellek e Warren, Fortini aggiunge: «il metro appare come l'astrazione, lo schema, la forma vuota; ogni indagine ravvicinata del verso non trova mai il metro (se non, appunto, come abnormità innaturale) ma sempre e solo "impulsi ritmici"»•u. Sembrerebbe a prima vista delinearsi una scissione tra un elemento «fisiologico, universale, cosmico», come il ritmo, e uno culturale, il metro, suscettibile di trasformazioni che interessano l'evoluzione delle forme nella storia. Ma non basta. Il ritmo si storicizza in accordo con un sistema di attese e di risposte nel pubblico variabili a seconda delle epoche in cui è inscritto. La persistenza di un'organizzazione ritmica - e dunque dell'elemento apparentemente incommensurabile, "naturale", individuale - va inquadrata, nel corso delle epoche, insieme a un'organizzazione metrica -, razionale, storica, collettiva. La dissociazione tra i due termini risulta tuttavia apparente. Il rapporto tra metro e ritmo è presentato non in termini dualistici, ma dialettici, in un movimento di compensazione dell'uno e dcli'altro polo accordato alle scelte di comportamento individuali e collettive. La lezione del marxismo critico permette a Fortini di «correggere», in chiave dialettica, l'apparente deriva formalistica dei suoi saggi: «si potrebbe anche dire», scriverà infatti, «che ritmo sta a metro come parole a langue; ma in verità il rapporto è più complesso»•◄• Inoltre, dal momento che risulta poco chiaro stabilire dove il ritmo finisca e
4'
p. X.;
P. L. Contcssi, ltitroduzione a R. Wcllck, A. Warrcn, Teoria della letteratura cit.,
cfr. LS 64.
4~
Citato da Fortini in SI 78 5. SI 786 (c.vo mio). 44 SI 792.-793.
-tJ
59
PARTE PRIMA. METRICA
cominci il metro, Fortini suggerisce di spostare la distinzione tra i due termini dal piano quantitativo (misurabilità-incommensurabilità) al piano qualitativo: Si può dire insomma che esiste tutto un ordine di «comportamenti ritmici» i quali, in misura più o meno cosciente, si pongono come adempimento, risposta, testimonianza di fronte ad una norma, o consuetudine o imperativo, interiore o esteriore; nei quali sembra manifestarsi insomma una necessità e non un arbitrio; dal «si piange così» della lamentatrice lucana, alle dodici forme fisse e agli ottantadue tipi di strofe delle Leys d'Amors, fino alla «libera» scelta stilistica del poeta contemporaneo. Questa intenzione di ossequio ritmico ad una nonna puc) dirsi metridtà-u.
Non si tratta per Fortini di elencare un catalogo terminologico, ma di ricavare, dall'attenzione verso le scelte formali, ulteriori tessiture tra modi di scrittura e tensioni del soggetto con la storia. Poco importa, in questo senso, se il verso di Pavese debba essere ricondotto «ad una struttura "ritmica" e non "metrica" nella accezione comune, formale e numerica, di questa parola» ◄ 6; ciò che conta per l'autore è la possibilità di considerare il metro come spia allusiva di una tradizione costituita di codici - tra questi, ad esempio, l'a capo - socialmente riconosciuti. Per quanto corretto sia affermare che «non si dà metro senza ritmo, mentre si dà ritmo senza metro», l'autonomia dell'atto estetico - la pretesa di situare l'arte al di fuori delle implicazioni storiche e sociali - viene dunque contestata. L'adozione della definizione di ritmo presa a prestito da James Craig La Drière come «recurring alternation, in a temporal series of perceptual data, of an element or elements relatively more conspicuous for perception with elements relatively less conspicuous» 47 non corrisponde a una riduzione del termine a strumento eminentemente formale. Al pari della metrica, anche il ritmo viene considerato come prodotto di una lenta stratificazione storica, così come la dizione, come dirà altrove4 8 • ◄ s SI 786-787
(c.vo dell'autore). SI 787. 47 J. T. Shipley (a cura di), Dictionary o{World Literature: Criticism> Fonns, Tech11ique, Philosophical library, New York 1953, p. 32.3 . ... SE I 562.-1578. 4'
60
2. METRICA, ATTENZIONE E LIBERTÀ
Il superamento del criterio quantitativo in funzione di un'analisi qualitativa dei due termini - volta cioè a rintracciarne cause e nessi extratestuali - costituisce l'assunzione teorica più innovativa dei saggi fortiniani sulla metrica, interpretabile come una presa di distanza rispetto alle teorie formaliste mai del resto interamente rifiutate•9. Pur non impiegando il "ritmo" come nozione operativa per ridefinire una teoria del soggetto nella storia, come dirà Meschonnic50, Fortini espone i limiti di una visione formalista del segno: «contro tutto quello che ci è stato insegnato per decenni [... ], i nessi ritmico-metrici non sono così decisivi e insostituibili come un superstizioso formalismo ha voluto farci credere; la traducibilità della poesia si fonda proprio su questa constatazione» s 1• La distinzione tra criterio quantitativo e qualitativo non è mai così netta. Negli scritti fortiniani degli anni Cinquanta si intravede l'urgenza di adottare una metrica che possieda anche proprietà geometriche. Da questa ambiguità mai risolta deriva il tentativo di Fortini di rintracciare nel verso un determinato numero di accenti per corroborare oggettivamente la sua ipotesi accentuale. Tuttavia, come vedremo nel prossimo capitolo, il senso della sua "nuova" metrica non risiede tanto nell'esattezza numerica, quanto piuttosto nella formula di proposta, in opposizione a forme di composizione che oscillano tra la ritmicità pura e il puro formalismo, entrambe rifiutate in quanto scelte etiche ed estetiche distanti dall'orientamento del lavoro impostato in questi anni. La metrica accentuale assume come vedremo un valore negativo all'interno di un paesaggio culturale che attribuisce alla poesia un carattere autonomo, contro la quale va schierata secondo Fortini una metrica da intendere, per definizione, come tradizione. In una lettera a Mengaldo del '74 - anno in cui per la prima volta vengono raccolti i tre scritti sulla metrica nel volume dei Saggi i-taliani - Fortini pone esplicitamente il legame tra riflessioni estetiche e direzioni etiche e politiche, ribadendo in particolare la necessità per gli intellettuali e gli scrittori 4 '
Cfr. Co11fini 37-38.
so G. Dessons, H. Mcschonnic, Traité du rythme. Des vers et des proses, Dunod, Paris 1998, p. 26 (tr. it. di F. Scotto e V. Kamkhagi, Trattato del ritmo. Dei versi e delle prose, •Testo a fronte», 26, I sem. 2002, Marcos y Marcos, Milano p. 25); cfc. anche H. Meschonnic, Critique du rythme. A11thropologie historique du la11gage, Verdier, Lagrasse 198 2. s• SI 795 (c.vo dell'autore).
61
PARTE PRIMA. METRICA
di indicare una (o più) possibile tradizione, una probabile eredità, e preparare fin d~ora la classe informale a diminuire la funzione didascalico-emotiva della poesia e a liberarsi dal proprio "ottimismo infantile"; accettando tuttavia la probabilità che il moto storico spazzi via quelle indicazioni e realizzi I'assunzione di quella eredità in modi ironici o grotteschis~.
Secondo Fortini, la libertà riceve dialetticamente forma dalla necessità, in un contesto storico-sociale in cui la varietà dei ritmi individuali costituisce un sistema referenziale per l'organizzazione dei discorsi parlati o scritti. A loro volta, tali ritmi si organizzano in un «sistema referenziale di secondo grado», trasformando la lingua d'uso in discorso letterario, definito non «solo per le scelte lessicali e sintattiche che lo compongono, ma anche per le scelte ritmiche, che sono, al pari delle altre, e com'è ovvio, scelte stilistiche» 53 • In altri termini, il ritmo si oggettiva in una lingua organizzandosi storicamente in una tradizione costruita da codici e da modelli «astratti e a un tempo reificati», che «finiscono col diventare qualificanti per una intera categoria di espressioni ("parole in rima", "verso", ma anche, più in genere "poesia", con relative sottospecie strofiche, ecc.)»s4 • Conducendo una breve storia dell'oggettivazione del ritmo - attraversata da incursioni hegeliane - Fortini arriva ad affermare che «il metro è un ritmo diventato istituto», senza per questo intendere la metricità come un'interpretazione pseudo-obiettiva del ritmo. Per ogni composizione in versi o prosa ritmica- per ogni «organizzazione semantica intenzionale» - egli individua due momenti di costruzione del testo poetico: il primo, astratto o formale, indicato dall'a capo (dal versus), la cui regolarità del «ritorno» costituisce un indizio non asso Iuto, ma prevalente, di metricità; il secondo, costituito dal moto interno o «impulso ritmico», che trova legittimità nel componimento grazie ali' esistenza oggettiva di norme l'antiphysis - che non vanno tuttavia confuse con il venir meno o il disperdersi di qualsiasi «verità» originale dell'espressione letteraria o di un presunto afflato poetico. L'ulteriore precisazione di Fortini ci riporta alla questione di partenza, nodo centrale della sua poetica e del suo modo di inten,:1. Una lettera di Fra11co Fortini (Lettera datata Milano, 2.5 giugno 1974), in P. V. Mengaldo, La tradizione del Novecento. Prima serie cit., p. 42.7 (c.vo dell'autore). n SI 787-788. 34
SI 788.
2.. METRICA, ATTENZIONE. E LIBERTÀ
dere l'azione politica del soggetto nella storia. Analogamente alla correzione della formula adorniana - non si dà vera vita se non nella falsass - non si darebbe nessuna "verità" ritmica prima della "menzogna" metrica. La diffusa opinione che vede la metrica come violenza organizzata nei confronti del linguaggio quotidiano andrà pertanto rifiutata 56• Il discorso poetico si distingue dal discorso referenziale per l'eterogeneità della propria struttura ritmica, organizzata «secondo frammenti di metricità - residui di istituzioni oratorie e artes dictaminis» 57 - le cui strutture rimangono sul fondo di una cultura letteraria finché non giungono a coscienza metrica. Si tratta ancora una volta della forma come contenuto sedimentato, che in una formula dialettica viene così esposta: [... ] il contrappunto fondamentale è quello che si stabilisce fra la metricità di un testo dato e la sua propria ritmicità, vale a dire la particolare ritmicità del «discorso letterario»; che mantiene la propria «presenza» anche di fronte allo schema metrico, proprio perché è uno dei termini della sintesis 8•
Come in un affresco parietale, dietro ogni organizzazione metrica Fortini ipotizza l'esistenza di una «sinòpia» ritmica, da non confondere con la «mera sonorità fisica del verso, né, tantomeno, con una intenzionale prosa ritmica» 59 • La caduta dei fattori più allusivi di metricità, come ad esempio la cesura di fine verso (enjambement), non comporta per Fortini la trasformazione del componimento in versi in un testo in prosa: la sinòpia ritmica si scopre e persiste anche al di fuori del verso, confermando la differenza tra ritmo poetico e ritmo del discorso quotidiano. La metrica si costituisce come spia allusiva di una tradizione, di una storia letteraria, e dunque di un rituale collettivo fissato da una serie di codici nel corso delle generazioni. Caduti i fattori metrici più rilevanti (numero di strofe, numero di versi, di sillabe ... ), l'ossequio alla legislazione metrica si trasferisce e si maschera nell'ossequio al "genere", volto a distanziare la poesia rispetto ad altre forme di scrittura.
ss F. Fortini, No11 si dà vera vita se non nella falsa cit., pp. 113-118 (c.vo dell'autore). s' R. Wellek, A. Warrcn, Teoria della letteratura cit., p. 2.2.8. s7 SI 791 (c.vo dell'autore). s• lbid. (c.vo dell'autore).
s, lbid.
PARTE PRIMA. METRICA
Nel terzo dei saggi sulla metrica pubblicato su «Paragone» 60, Fortini consacra un paragrafo alla critica contro l'indistinguibilità tra forma e contenuto, luogo comune dell'estetica idealistica. Il punto di partenza è la distinzione hegeliana tra la tendenziale monometria dell'epica e la tendenziale polimetria della lirica, quest'ultima intesa da Hegel come riflesso trasposto del moto dei sentimenti soggettivi. A un'impostazione sistematica che separa la lirica dall'epica - epica distinta dalla lirica per la presenza prolungata di elementi formali costanti (ottave, esametri, endecasillabi) i quali, ricreando costantemente l'attesa, si costituiscono come un «basso continuo» -, Fortini oppone quelle composizioni che, pur rifiutando il carattere istituzionale della metrica, riescono a mantenere un certo grado di straniamento a partire da elementi secondi che intervengono nell'identificazione della poesia come genere. Apparentemente, infatti, se si tien ferma la nozione di istituzionalità della metrica, o quella soggettività si autolimita o la metricità tende a dissolversi - come di fatto, storicamente, si è dissolta - in mera ritmicità. La poesia moderna sembra infatti procedere per decreti legge autocratici, «sic volo sic iubeo»; ogni composizione si pretende monade; e la comparsa o ricomparsa di forme «metriche» dev'esser ritenuta «puramente casuale». Tanto è vero che si dice, di taluni poeti, che hanno «ricreato» o «ritrovato dal di dentro», che so, l'endecasillabo; tanto è vero che frequentemente il poeta che adopera come serie ritmica quella che un tempo fu metrica, si premura di farci sapere - con qualche sapiente ipermetro o ipometro - il suo radicato rifiuto ali' obbedienza; tanto è vero che chi mima l'ossequio metrico, lo devia dalla sua vera funzione per farne strumento di allusione nostalgica o ironica''.
Per spiegare la necessità della metrica come fattore distintivo del genere poetico all'interno di un'istituzione letteraria, Fortini suggerisce un testo di Brecht, costruito su quei «ritmi irregolari» teorizzati dal poeta tedesco in un saggio di cui ci occuperemo più avanti 61• La presenza di un componimento brechtiano nel saggio è significativa: nel momento in cui Fortini scrive i suoi saggi sulla metrica è in corso la traduzione delle Poesie e canzoni di Brecht, pubblicate da Einaudi nel 19 59. Nei versi seguenti, il garante di metricità e M) SI 809-817. '' SI 813. ,1 Cfr. m,,-a, . ,r_ 5.2..
2.. METRICA, ATTENZIONE E LIBERTÀ
di ossequio al genere viene indicato, secondo l'autore, dalle lettere maiuscole a inizio verso e dall'enjambement: Empfanden wir das Bcdiirfnis, unseren Kummer lm Alkohol zu ersaufcn. So Nahmen einige Kisten mit Champagner Den Wcg in die Mannschaftsraume. Aber auch in den Offiziersraumen [... ]'-'
La collocazione dell' enjambement in precise coordinate del verso si spiegherebbe in ragione di una griglia metrica che continuerebbe ad agire anche in negativo sulla memoria del poeta, dal momento che nulla avrebbe vietato a Brecht di scrivere: lm Alkohol zu ersaufcn. So Nahmen einige Kisten
La scelta della prima soluzione in luogo della seconda confermerebbe, secondo Fortini, la reale esistenza dello scheletro di una tradizione - di una storicità, di un'autorità - ancora attiva dietro al verso apparentemente "libero" di Brecht. Che sia o meno possibile individuare il fantasma di una griglia metrica prescrittiva, la presenza dell' enjambement si spiega non in termini positivi, ovvero in relazione alla materia verbale scritta, collocata sulla pagina, ma in contrasto con un elemento tipografico trasformato in referente ultimo di metricità, ovvero lo «spazio bianco» quale manifestazione dell'ossequio al genere, marcatore obiettivo incaricato di distanziare la poesia dalle altre forme di scrittura. Vale la pena riportare per intero la citazione del saggio di «Paragone»: [... ] quanto più la poesia si vuole autonoma e «pura» tanto più, al limite, ha bisogno di qualcosa che la connoti come «poesia»; l'ossequio alla legislazione metrica si trasferisce e si maschera [... ] nell'ossequio al «genere» [... ]. E questo è forse il significato del celebre «bianco» che avvolge 'J «si sentì il bisogno di affogare nell'alcool / il nostro malumore. Così/ alcune casse di champagne presero/ la via delle cabine dell'equipaggio. Ma anche in quelle degli ufficiali [... ] », B. Brecht, Demolizio,ie della 1,ave Oskawa ad opera dell'equipaggio, in Id., Poesie e ca,,zoni, a cura di R. Leiscr e F. Fortini, Einaudi, Torino 1959, p. 49.
PARTE PRIMA. METRICA
tanta poesia moderna: l'effetto di «straniamento» è ottenuto anche prima dell'effato, con un tacito «favete linguis», tracciando un,orma immaginaria intorno al testo (a un testo qualsiasi}, non diversamente da quanto fecero i protodadaisti con gli oggetti readymade, che assumevano il loro significato solo se «spaesati» in una sala d,esposizione. Quesr>orma o cerchio è la nozione stessa di poesia moderna come soggettività (o oggettività} assoluta, nozione della quale partecipano tanto l'autore quanto i suoi presumibili lettori e ad evocar la quale bastano alcuni semplici artifici convenzionali come la disposizione tipografica, il tipo di volume, ecc. Si accendono dei «fuochi di posizione»: «qui poesia»'◄•
Questo rapporto di metricità stabilito dall'a capo e dallo spazio bianco è evidenziato da Raboni nella relazione tra teoresi metrica e prassi traduttiva, che ha inoltre riconosciuto all'autore il merito di aver mantenuto per il testo italiano del Faust la tabulazione dell'a capo, facendo « "corrispondere almeno approssimativamente una riga di traduzione" ad ogni verso dell'originale» 65 • Secondo Raboni, la scelta di Fortini andava letta in ragione dell'unica vera "scoperta" contemporanea: «la scoperta [... ] che un qualsiasi testo suddiviso per ragioni non puramente pratiche (p. es. di tabulazione o, in genere, di elencazione) in righe di differente giustezza, o comunque percepibili come una serie di a capo, sollecita da un lato, e dall'altro consente, d'esser letto come una poesia» 66 • La classificazione dell'a capo come criterio di metricità è soltanto uno degli elementi teorici presentati da Fortini, che del resto non viene assolutizzato come unico fattore di metricità. Come suggerisce Raboni in un saggio di qualche anno successivo alle sue Divagazoni metriche (1971 ): Fortini, naturalmente, va molto al di là di questa semplice individuazione che è, si noti, più o meno consciamente alla base del cosiddetto «stile da traduzione» a cui s,è accennato a proposito di Foglio di via: va al di là nella misura in cui fornisce, all'interno di un campo praticamente illimitato (e quindi indistinto, infrequentabile) di possibilità, una serie, non già di nuove regole, ma di esempi di effettiva e organizzativa rilevanza espressiva'7 •
'4 SI 815. 's G. Raboni, Divagaziotii metriche cit., p. 408. "lvi, p. 408. ' 7 G. Raboni, Franco Fortini, in Giovanni Grana (a cura di), Novece11to. Gli scrittori e la cultura letteraria tiella società italiana, voi. X, Marzorati, Settimo Milanese 1988,
pp. 94-95.
66
2.. METRICA, ATTENZIONE E LIBERTÀ
Tali esempi vengono associati da Raboni a una nuova unità metrica la quale, valorizzando espressivamente gli accenti delle singole parole come unità singole di senso, si oppone dialetticamente a una «casuale» polimetria. Questa valorizzazione espressiva degli accenti di parola è alla base della proposta per accenti presentata in questi stessi anni da Fortini, che indagheremo nel capitolo che segue, esplorando solo in seguito, nella seconda parte di questo libro, le aperture teoriche del primo saggio sulla metrica pubblicato su «Ragionamenti».
3· Una nuova metrica sta nascendo
Si sarebbe tentati di dire che nell'evoluzione dei diversi mezzi espressivi esistono soluzioni obbligatorie inscritte in una predestinazione della storia: un'osmosi più o meno cosciente che conferisce un profilo comune a una data epoca, grazie alla coincidenza che, anche se non è necessario e forse neppure possibile verificare sistematicamente, si presenta di continuo, ora in modo sfumato, ora con una stupefacente precisione. Pierre Boulez, Il paese fertile. Paul Klee e la musica
[... ] e il solo mutamento è questo verso che va e viene, ripete, in sé diverso cd eguale, monotono, cadenze immotivate, grigie danze, assenze secolari ma rode di pietà la pietra della morta realtà.
F. Fortini, Noti posso
3. 1. L'ipotesi accentuale di Fortini
Uno degli elementi principali delle formulazioni fortiniane sulla metrica riguarda il tentativo di prefigurare una norma di gruppo a partire da alcune tendenze individuate tra diversi modi di composizione dei poeti italiani del secondo dopoguerra. Letti retrospettivamente, i saggi di Fortini sulla metrica non ambiscono alla sola formulazione di una legge; in essi, l'autore intende piuttosto designare lo scopo che ogni operazione critica deve porsi per demistificare il carattere autonomo della composizione. Come ha osservato Paolo Giovannetti, l'analisi del verso accentuale di Fortini non può prescin-
PARTE PRIMA. METRICA
dere dalla componente lukacsiana e dalla necessità, per il critico, «di spiegare la funzione in senso lato ideologica, e ideale, dcli'operazione cominciata nel 19 57» 1 • In apertura a Verso libero e metrica nuova, Fortini rimanda non a caso alla terminologia e ai concetti di metro e di ritmo esaminati in Metrica e libertà (il rapporto tra la libertà del poeta e l'ordine socioeconomico che la sostiene e la mistifica; tra autonomia ed eteronomia dcli' opera d'arte, la prima considerata solo un momento della seconda) mettendo in guardia il lettore dal radicato pregiudizio di memoria romantica di una completa irrilevanza della convenzione metrica in nome dell'immediateu.a espressiva. Un pregiudizio presentato sia come un limite idealistico, «perché credeva alla indistinguibilità della forma dal contenuto», sia naturalistico, «perché tendeva a far coincidere autenticità espressiva con intonazione e quindi il verso con la cadenza sintattica» 2 • Malgrado le successive riformulazioni, Fortini insiste a più riprese sulla necessità di riconoscere l'esistenza di un'astrazione • P. Giovannetti, «Metrica è, per defìnizio11e, tradiziotre». Approssimazioni al verso accentuale di Fra,ico Forti11i, in Id., Dalla poesia i11 prosa al rap. Tradizioni e ca11011i metrici nella poesia italia,,a contempora11ea, interlinea, Novara 2.008, pp. 135-160 (p. 150). Giovannetti cita il saggio di T. Miinzcr su Lukacs apparso su «Ragionamenti» nello stesso anno di Metrica e libertà, definito da Fortini come «uno scritto che converrebbe citare largamente» (VP 2.69). lvi, p. 141; cfr. T. Miinzcr, Il giovane Lukacs, «Ragionamenti», 9, 1957, pp. 167-172.. Sulla metrica accentuale fortiniana, oltre agli studi di Giovannetti, vanno segnalati: S. Colangelo, Metrica come composizione cit., pp. 61-70; jcan-Charlcs Vegliante, in DISF 2.9-38; Bernardo Dc Luca, Per una verifica del verso accentuale, «L'Ulisse. Rivista di poesia, arri e scritture», 16, 2.013, pp. 2.0-32. (cfr. anche FVBDL 32.-39). Sullo sfondo di questi saggi vanno collocate le imprescindibili osservazioni di Mcngaldo. Di quest'ultimo, oltre alla prefazione al volume di Poesie scelte del 1974, si veda in particolare: U11 aspetto della metrica di Fortini e Questo muro di Franco Fortini, ora raccolti da D. Santaronc in P. V. Mcngaldo, I chiusi inchiostri cit., pp. 1530; pp. 115-135; pp. 137-162.. Si veda inoltre la corrispondcn7.a tra Fortini e Mcngaldo conservata presso l'Archivio Franco Fortini dell'Università di Siena. A questi interventi vanno inoltre affiancate - oltre alle relazioni tenute nel corso dei convegni del centenario (F. lppoliti, «Co1wersazio11e ininte"otta». Rasseg,,a bibliografica su Fra,ico Forti11i nel cente,iario della sua nascita [1917-2017) cit., p. 7)-lc indicazioni formulate da F. Diaco in Id., Dialettica e speranza. Sulla poesia di Fra11co Fortini, Quodlibct, Macerata 2.017 e Id., Franco Fortini critico e teorico della letteratura, T csi di dottorato in Critica letteraria e letterature comparate, Università di Sicna-Univcrsité dc Lausannc, A.A. 2.015-2.016. Si legga inoltre S. Ghidinclli, Nonna, orma, forma. La metrica per Forti11i, in G. Turchctta e E. Esposito (a cura di), Franco fortini e le istitudo11i letterarie, Lcdizioni, Milano 2.018, pp. 105-12.0. i. SI 802. (c.vo dell'autore).
3. UNA NUOVA METRICA STA NASCENDO
formale per la costruzione discorsiva della poesia, «pena la propria morte in quanto verso e cioè l'inutilità di ogni distinzione tipografica dalla prosa» 3• Il rischio di dispersione della scrittura in versi aveva portato anche i più "liberi" tra i poeti a dotarsi, ciascuno per proprio conto, di «una convenzione privata fra sé e sé, una recinzione metrica»•. Tuttavia, poiché non è possibile parlare di metrica se non all'interno di una socialità e di un sistema di regole collettivamente condivise, non si poteva ancora affermare l'esistenza, per i poeti che praticavano il verso libero, di metrica tout court, in assenza di costanti intersoggettive che emergessero o venissero riconosciute all'interno di una collettività. La presenza di moduli socialmente condivisi - caratteristica per Fortini del panorama poetico italiano del secondo dopoguerra - stava portando gradualmente alla nascita di una «nuova metrica» fondata sul compromesso fra numero di sillabe, ricorrenza di accenti forti e durata temporale degli accenti in una series. La metrica accentuale diventa inoltre lo strumento per riconoscere l'esaurimento storico delle avanguardie, rivelando nelle forme "libere" la necessità di riferirsi a una legge collettiva al contempo situata agli antipodi di un ritorno reazionario alla tradizione. Le premesse di una nuova metrica per accenti sono per Fortini le seguenti: indebolimento dello statuto sillabico della versificazione a favore di una prominenza di accenti "ritmici"; rifiuto dell'analogia tra metrica quantitativa classica e durata delle sillabe italiane; progressivo spostamento dall'isocronia di tipo sillabico - caratteristica dell'italiano (e dello spagnolo) 6 - alla ricorrenza isocronica di «accenti forti» nel verso, ammettendo però, almeno in fase iniziale, l'alternanza dei due criteri prosodici. L'ultimo punto presta il fianco a non poche ambiguità, dal momento che non sempre risulta agevole riconoscere un accento «principale» J
4
lbid. lbid.
s SI 802.-803. ' P. Giovannetti, G. Lavczzi, La metrica italia,,a contetnpora11ea, Carocci, Roma 2.02.0, p. 2.71. Lloyd Jamcs associa le lingue a isocronismo sillabico, come l'italiano e lo spagnolo, al suono di una mitragliatrice e le lingue a isocronismo accentuale, come l'inglese e il tedesco, al suono di un messaggio in alfabeto morse. L'immagine è ripresa da Pikc e da Abcrcrombie. Si veda a questo proposito lsocro11istno sillabico e isocro11is,no acce11tuale in M. Ncspor, Fonologia, il Mulino, Bologna 1993, pp. 2. 5 8 e sgg.
71
PARTE PRIMA. METRICA
oggettivamente valido in un verso composto in una lingua a struttura sillabica1. Consapevole del debole apparato teorico schierato a sostegno della fisionomia accentuale italiana, Fortini insiste sulla nuova metrica nel saggio pubblicato alcuni mesi dopo su «Paragone» Su alcuni paradossi della metrica moderna8 - dove alla ripresa sostanziale delle formulazioni dello scritto di «Officina» aggiunge un nuovo tassello terminologico. Al fine di irrobustire l'ipotesi accentuale e di ridurre l'arbitrio degli «accenti forti», Fortini propone la nozione anglo-germanica di «centroide»: «accento corrispondente ad una enfasi logica o retorica che rende, per così dire, enclitiche o proclitiche le sillabe che lo precedono e lo seguono, se logicamente o retoricamente meno importanti» 9 • «Centroide» è un termine mutuato dalla voce «Prosody» redatta da James Craig La Drière per il Dictionary of World Literature, da cui Fortini aveva già attinto - grazie alla mediazione della Teoria della letteratura di Wellek e Warren, testo di riferimento di questi anni, utilizzato come una sorta di Regia Parnassi• 0 - per precisare la sua idea di ritmo. Come accade per altre nozioni riferite alla composizione poetica -si pensi al projective verse formulato negli stessi anni da Charles Olson su modello della projective geometry• • - centroid è un termine in origine impiegato in campo fisicomatematico (baricentro), per indicare la posizione media dei punti di una figura bidimensionale nella geometria euclidea, ovvero la media aritmetica delle posizioni di ciascuno di essi 12 • Poiché ogni figura possiede un unico baricentro, è possibile estendere la metafora geometrica assumendo la sequenza versale come insieme di unità fisiche di significato rette da un punto di forza - il «centroide» - composto dalla somma di tutti gli accenti secondari di ogni segmento: unità corrispondenti, nella definizione di Craig La Drière, alle sillabe «logicamente e retoricamente meno importan7
Cfr. M. Gasparov, Storia del verso europeo, il Mulino, Bologna 1993.
SI 809-817. , SI 816-817. I
10 LS 64; cfr. R. Wcllek, A. Warrcn, Teoria della letteratura e metodologia dello studio letterario cit., pp. 3 3 5-3 3 6. Il Cfr. infra, 4•2 11 «Centroids (mathematics)», in McGraw-Hill E11cyclopedia o{ Science, McGrawHill, New York; Chicago; San Francisco (etc.] 2002, t. 3, pp. 691-692.
3. UNA NUOVA
METRICA STA NASCENDO
ti» che perdono la propria carica accentuale in funzione di una sillaba che li assomma e regge l'intero segmento. La configurazione del verso accentuale fortiniano assume dunque i tratti di una struttura sorretta da un numero costante di "figure" o unità parziali che regolano l'andamento prosodico delle linee successive (isocronismo degli accenti). Nella proposta di Fortini, la fisionomia orizzontale del verso si presenta come un blocco materico scolpito dalla prominenza dell'accento in un numero definito di punti corrispondenti a microsistemi di forza retti da un «centroide», attorno al quale gravitano le sillabe vicine. La scansione per accenti definita dal «centroide» determina una lettura percussiva centrata sulla materialità del dettato e non sulla cantabilità. Come vedremo, l'urgenza di distaccarsi da una poesia come «canto» costituisce un motivo portante delle riflessioni metriche di Fortini. &aminiamo la proposta accentuale applicata ad alcuni esempi indicati da Fortini per verificare la possibilità - e le difficoltà - di edificare, nella lingua italiana, una nuova metrica per accenti.
3.2. Un esempio da Zanzotto Nel saggio di «Officina» del '58, Fortini classifica i versi apparentemente liberi della produzione italiana contemporanea in tre tipologie, sulla base del numero di accenti che reggono il segmento orizzontale del componimento. Il primo tipo è «quello di Maia», costruito su tre accenti forti e individuato nelle misure utilizzate da Cardarelli, dal Quasimodo degli anni Trenta, da De Libero, Volponi e Zanzotto. Di quest'ultimo, Fortini riporta i vv. 2-8 di Epifania, poesia d'apertura di Vocativo (1957) contenuta nella sezione Come
una bucolica: Punge il pino i candori dei colli e il Piave muscolo di gelo nei lacci s'agita, nel bosco. Ecco il mirifico disegno la lucente forma provvidenza la facondia che esprime e riannoda e sfila echi, gemme, correnti.
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PARTE PRIMA. METRICA
Tra voi parvenze e valli appena sollecitate dal soffio del claxon, mormorate datralba, valgo come la foglia che riposa col vivo cardo col bozzolo e l'oro, valgo l'onda minuscola che fu tua sete scoiattolo un giorno, valgo oltre il dubbio oltre l'inverno che s'attarda celeste ai tuoi balconi, [ •• •] 13
In questa porzione di testo è possibile rintracciare, sulla base della classificazione canonica della metrica italiana, dei decasillabi (vv. 1 e 5); dei novenari (vv. 2-4; v. 9; v. 16); dei settenari (vv. 6 e 8; v. 11; v. 14); e degli endecasillabi (v. 10; vv- 12-13; v. 15; v. 17). Come anticipato, Fortini individua nel componimento una scansione a tre accenti principali, che diventa tuttavia poco agevole per un verso come «e riannoda e sfila» (v. 7), già di per sé problematico anche a una lettura sillabica (tenendo conto del criterio isocronico potremmo infatti classificarlo come un senario solo se astratto e isolato dai settenari che lo precedono e lo seguono). Secondo Fortini, «le libere sillabe» del v. 5 ( «la lucente ferma provvidenza») hanno la stessa durata e gli stessi tre accenti «delle sette (o sei, se fossero inserite in una serie di senari ... )» del verso «e riannoda e sfila», per il quale sarebbe meno evidente determinare una struttura a tre accenti forti, al contrario della serie dei precedenti e successivi 14 • Per risolvere questa impasse, Fortini propone di scindere il verbo riannodare con una dieresi che conferisce un doppio accento: «e rìlannòda-elsfila». In questo modo, la e iniziale del v. 7 assume il medesimo valore temporale di /a lu del v. 5, così come ma-provvi equivale a da-e. La prominenza dell'accento forte renderebbe così le sillabe - logicamente o retoricamente meno importanti che lo precedono e lo seguono - enclitiche o proclitiche, come suggerito dalla nozione di centroide mutuata da Craig La Drière. Come si nota da questo esempio, l'applicazione del criterio accentuale richiede uno sforzo non indifferente per il lettore. Di fronte alla difficoltà di presentare un modello compiuto, Fortini •J A. Zanzotto, Le poesie e prose scelte, a cura di S. Dal Bianco e G. M. Villalta, con due saggi di S. Agosti e F. Bandini, Mondadori, Milano 1999, p. 133. •• SI 804.
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3. UNA NUOVA METRICA STA NASCENDO
insiste tuttavia sull'iniziale incertezza della nuova metrica rispetto al limite che «la metrica tradizionale mantiene ben fermo tra una forma e l'altra e che concede alla coscienza metrica di tendersi e di giocare» 1 s. In questo modo, Fortini rileva il carattere eteronomo e convenzionale della metrica, intesa come norma comunemente accettata e condivisa, che necessita di tempi lunghi per sedimentarsi come regola. Analogamente ai versi precedenti, anche il v. 1 6 «valgo oltre il dubbio oltre l'inverno» presenta ulteriori difficoltà di scansione. Fortini osserva infatti che nulla vieterebbe di leggere il verso a tre accenti (valg-òltr-il-dùbbi-oltre-l'invèrno) o a quattro (valg-òltr-ildùbbio-òltre-l'invèrno) 16. La posizione degli accenti riportata nel saggio risulta anche in questo caso discutibile. Nessun elemento prosodico impedisce infatti di collocare l'accento metrico sul verbo «valgo», con una scansione che privilegia la prima posizione del verso; un'ipotesi di lettura confermata dalla ripresa anaforica del verbo ai vv. 12 e 14, accentato, in entrambe le occorrenze, in prima battuta. Nell'analisi condotta su Epifania va inoltre isolato un dettaglio: Fortini riporta il componimento privandolo del primo verso; lo stesso verso che, stando al criterio dell'isocronismo accentuale dichiarato in apertura - «condizione necessaria per la stessa riconoscibilità di tale misura» •1 - , avrebbe il compito di costituire il modello per i versi successivi. Nulla ci vieta infatti di leggere il primo verso - «Punge il pino i candori dei colli» - non già rispettando uno schema a tre accenti ritmici, a tripodia anapestica (- - + - - + - - + -), ma a quattro (+ - + - - + - - + -), dove l'accento tonico del verbo d'apertura permette di veicolare nella lirica un diverso valore semantico. D'altra parte, distribuendo sul primo verso tre soli accenti forti verrebbe in un certo senso disattivata l'intensità dell'accento lessicale in battere, con la conseguenza di indebolire la portata espressiva dell'azione veicolata dal verbo «pungere» a favore di una più marcata prominenza semantica del soggetto della frase ( «il pino»). Nel rispetto delle regole della teoria metrica canonica italiana, nessun problema di scansione sussiste tuttavia per questo •s lbid.
•' lbid. •1
P. Giovannetti, G. Lavc7.zi, La metrica italiana co11temporanea cit., p. 2.73.
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PARTE PRIMA. METRICA
primo verso. Secondo il criterio di classificazione sillabica, sarebbe infatti relativa la distribuzione degli accenti all'interno del verso, dal momento che è proprio l'accento in nona posizione a classificarlo come decasillabo (a cambiare è semmai l'esecuzione che, come si nota, costituisce un elemento importante per la metrica accentuale proposta da Fortini). Per chiarire il rapporto tra esecuzione e accenti tonici e mostrare lo scarto tra i due sistemi metrici è utile confrontare il componimento di Zanzotto in diffrazione con il celebre incipit del coro manzoniano del secondo atto del Carmagnola, che in apparenza presenterebbe lo stesso problema di scansione ( «S'ode a destra uno squillo di tromba; / a sinistra risponde uno squillo: / d'ambo i lati calpesto rimbomba / da cavalli e da fanti il terren» ). Il coro manzoniano è composto com'è noto da centoventotto decasillabi con un andamento regolare scandito da un "piede" tendenzialmente anapestico, che fissa gli accenti in 3 3 , 6 3 e 9 3 posizione (è l'andatura del «decasillabo manzoniano»). Rispetto al componimento metricamente asimmetrico di Zanzotto e alla lettura accentuale di Fortini, è presente in Manzoni una regolarità interna che assorbe l'esecuzione del lettore in una monotonia provocata dalla cadenza isoritmica. 18• Evitando di livellare le differenze fisionomiche dei due campioni, interessa qui chiederci - seguendo Menichetti 19 - se sia possibile ammettere una lettura del primo verso manzoniano con accento in prima battuta ( «S' ode a destra uno squillo di tromba»), ovvero rispettando, come nel primo verso di Epifania, i quattro accenti linguistici della frase. A questa domanda, Menichetti risponde che nel coro «l'inerzia ritmica fa sì che questo accento venga metricamente svalutato; anche se riteniamo che non si abbia il diritto di sopprimerlo nell'esecuzione, esso viene mentalmente come assorbito nell'uniformità globale del movimento anapestico» 10 • Rispetto al coro del Carmagnola (in cui tutti e centoventotto i versi sono, come si è detto, decasillabi anapestici), è assente dunque, nei versi di Epifania, una regolarità metrica e di conseguenza qual•• A. Menichetti, Metrica italiana: fo,ulame,lli metrici, prosodia, rima, Antenore, Padova 1993, p. 364. '' «Se esaminiamo meglio il primo verso, osserviamo che in realtà un accento linguistico colpisce anche "ode"», ibid. 10
lbid.
3. UNA NUOVA METRICA STA NASCENDO
siasi inerzia ritmica. Nel testo manzoniano l'andatura più o meno meccanica dei decasillabi mostra in maniera più esplicita un'astrazione metrica volta a creare, nella voce del lettore, una cavità pronta ad accogliere i versi successivi. L'identità metrica risulta nettamente più forte sia rispetto alle connessioni con gli altri versi della serie (più simili, quindi rispondenti al criterio identitario) sia in relazione al flusso semantico che scorre sotto ogni forma di componimento in versi. Dopo aver interiorizzato la carica allusiva di una più marcata astrazione metrica, il lettore del Carmagnola "correggerà" l'ipotetica scansione a quattro accenti del primo verso con il filtro dello schema a tripodia anapestica. Detto altrimenti, rispetto alla lettura accentuale del componimento di Zanzotto, è più forte in Manzoni il potere allusivo-organizzativo esercitato dalla metrica tradizionale la quale, applicando uno schermo simbolico nello scioglimento temporale dei versi del coro, permette ali'orecchio del lettore di raddrizzare una dizione non ana pestica, in funzione di un 'identità ritmica che ricorda - certo con differenze notevoli - quella che Pavese aveva definito, parlando dei suoi versi a carattere "anapestico", una «certa tiritera di parole» z.a. Starà al « buon senso» del lettore sottrarsi alla tirannia identitaria dei versi, cercando di eludere l'inerzia ritmica ed evitare di rimanere imprigionati nella scansione aritmetica della metrica 22• Tutt'al più, egli potrà rispettare il registro patriottico del coro «fremente di commossa indignazione» (semantica del metro), liberandosi a un'esecuzione che «richiede una decisa enfasi risorgimentale, ora guerresca ora carica di mesto pathos» 2 J. Bisogna tuttavia fare attenzione alla differenza tra l'ossatura metrica e la scansione prodotta dall'esecuzione del discorso in versi: comunque si legga ad alta voce il primo verso del coro manzoniano, questo e i successivi rispondono con ogni evidenza al criterio normativo della metrica sillabica, assicurato dall'accento in nona posizione. La metrica sillabica si pone pertanto come garante indiscusso della libertà soggettiva dell'esecuzione. :u C. Pavese, Il mestiere del poeta (a proposito di Lavorare statica), in Id., Lavorare stanca, Einaudi, Torino 1943 4 (prima edizione: 1936), p. 12.8. :u. Sen7.a •esagerare il "taratàntara" », il lettore «si lascerà guidare dal buon senso - e dal senso e colore delle frasi - per non cadere nella monotonia», A. Menichetti, Metrica italia,,a cit., p. 3 64. 1.J
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PARTE PRIMA. METRICA
La "monotonia" della scansione a tre accenti individuati da Fortini in Epifania è in linea con la lettura del fare poetico di Zanzotto, che l'autore aveva già descritto in una recensione del 19 52 di Dietro il paesaggio: Zanzotto ha due qualità minori: la bravura di orecchio, e una certa unità eidetica; e una maggiore, che gli deve aver valso il premio S. Babila e che Pampaloni m'ha fatto notare: un robusto senso del ritmo. La bravura è nei giochi stupiti delle analogie; l'unità eidetica è data dal paesaggio - monti, alberi, nevi, acque di torrenti - lucido e mentale, continuo pretesto o stimolo. [ ... ] La novità ritmica tiene insieme il mazzo d' aculei di queste immagini sapientemente «automatiche»: dapprima, quasi trascrizioni "barbare" di alcaiche; poi, nella 2 11 e nella 311 parte del libretto (la migliore, quest'ultima), strofe di versi di due o tre accenti che rompono ogni accenno di canto e si seguono rigidi, sincopati dall'a capo, quasi privi di punteggiatura, staccati, ma composti nella lassa, che risponde davvero al respiro della dizione [... ]. Ma, soprattutto, Zanzotto ci dà gli esercizi di agilità di uno strumento dal timbro agro, ricco di dissonanze~.
Il giudizio su Zanzotto restituisce le basi di un apparato lessicale che connota la scrittura saggistica fortiniana riferita alle questioni metriche che da lì a qualche anno verranno sviluppate nei tre saggi del 19 57-5 8. Va notata in particolare l'insistenza di Fortini nel configurare il verso per accenti come strumento di rottura rispetto a un «canto» associato a un'estetica post-mallarmèana che egli stava tentando di superare nella seconda metà degli anni Cinquanta. La lettura metrica del componimento di Zanzotto rimane tutt'altro che convincente per validare l'ipotesi accentuale. Applicare more geometrico la formula dell'isocronismo degli accenti a testi composti in una lingua a carattere sillabico porta a incanalare il discorso poetico in una rigida impalcatura numerica a tratti forzata. Del resto, a proposito dcli'esigenza di rintracciare nella poesia italiana ipotetici schemi a carattere accentuale, Giovannetti ha osservato: «la sensazione [... ] è che, ogni volta che si praticano queste analisi, proprio l'ibridazione dei criteri messi in gioco produca risultati tutto sommato insicuri, produca cioè scansioni difficili da z.t F. Fortini, Zanzotto: Dietro il paesaggio, «Comunità», VI, 14, giugno 1952., p. 76, citato da A. Cortcllcssa, Il sa11gue, il c/01,e, la "madre 11orma ... Zanzotto e Fortini, corrisponde,~e e combattimenti, in F. Carbognin (a cura di), A,ulrea Zanzotto, u11 poeta 1,el tempo, Aspasia, Bologna 2.008, p. 99 (c.vo mio).
3. UNA NUOVA METRICA STA NASCENDO
percepire, in qualche modo estranee all'orecchio italiano» 1 s. È pur vero, tuttavia, che lo stesso Fortini presentava il criterio accentuale in termini di proposta, consapevole del carattere parzialmente verificabile delle sue riflessioni e dello statuto ancora embrionale della nuova metrica. Lo statuto di un verso a carattere accentuale si presenta pertanto, almeno al lettore italiano, assai debole, non solo nel caso del primo tipo a tre accenti, ma anche per quei componimenti fondati su versi a quattro accenti principali - utilizzati secondo Fortini da Pavese e, spesso, da Montale, "erroneamente" confusi con endecasillabi ipermetri - e a cinque. Alle incertezze da lui stesso evidenziate nel saggio, Fortini risponde riconoscendo la necessità dei tempi lunghi per lo sviluppo dei fenomeni metrici: «la nuova metrica sta formandosi, sta uscendo fuori dalla ritmica del verso libero, ma è un processo relativamente lento; né d'altra parte è detto che tale metrica debba avere tutti insieme i caratteri cogenti della metrica tradizionale» 16 • A difesa delle sue argomentazioni Fortini aggiunge inoltre che «la promozione di un accento tonico ad accento ritmico si ha, esattamente come nella metrica tradizionale, quando si sia creata una convenzione di attesa» 17, che ancora, nello stato di incertezza in cui versava la metrica accentuale, mancava al lettore italiano. Fortini paragona questo momento di transizione all'intervallo cronologico compreso tra la metrica quantitativa e la metrica romanza, processo di trasformazione che «richiese lunghe incertezze e quindi lungo periodo di apparente "libertà" o arbitrio» 18 • È interessante notare come vedremo nel prossimo capitolo - che anche Alfredo Giuliani, fortemente critico nei confronti della proposta di Fortini, aprirà il suo saggio in appendice all'antologia dei Novissimi argomentando allo stesso modo il passaggio dalla metrica tradizionale a una nuova forma di verso 1 9. Il panorama poetico italiano degli anni Cinquanta e Sessanta appare dunque attraversato da alcune tendenze atte a preparare, secondo Fortini, la nascita di una nuova metrica per accenti, che qui :LJ
P. Giovannetti, G. Lave7.zi, La metrica italiana co11temporanea cit., p. 2.73.
~ SI p.
805 (c.vo dell'autore). SI p. 808. i.1 SI p. 805. :L, dr. M. Gasparov, Il verso sillabico medievale greco e lati110, in Id., Storia del verso europeo cit., pp. 13 I e sgg. &1
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PARTE PRIMA. METRICA
potremmo riassumere in tre punti. Sul piano del cosiddetto «pseudotradizionalismo», le forme di versi tradizionali hanno ormai un carattere proprio «solo nella misura in cui la ripetizione di ognuno di essi o delle loro combinazioni non è inferiore ad una "soglia" al di là della quale il loro carattere metrico cede di fronte a quello ritmico» 30. Fortini allude a quei componimenti liberi in cui versi canonici - per esempio endecasillabi - si alternano senza ordine preciso a decasillabi, settenari o altre misure, perdendo la loro fisionomia in funzione di una diversa organizzazione ritmico-sintattica. Il corollario di questa trasformazione è lo spostamento di valore dal principio sillabico allo schema per accenti, pur con le difficoltà sopra elencate. Sul versante opposto, della «pseudoritmicità pura», egli osserva che «la coscienza della "libertà" dalla metrica tradizionale è divenuta a tal punto tradizionale essa stessa da formar nuove convenzioni, fondate su accenti ritmici»3•. Come vedremo meglio più avanti, l'argomento del parziale esaurimento del verso libero verrà posto alla base di ulteriori interventi teorici su una nuova forma di verso 31. Come di fatto osserva Giovannetti, «il Novecento poetico italiano è periodicamente tentato dalla prospettiva di realizzare qualcosa di simile ad un vero e proprio verso accentuale» 33 • Infine - è il punto più problematico che apre direttamente alle ipotesi accentuali - «anche le nuove convenzioni ritmico-metriche (principalmente a tre, quattro o cinque accenti ritmici) perdono, al di sotto di una certa "soglia", il loro carattere metrico (o diciamo: neometrico) per tornare meramente ritmiche. Ma tale soglia non è la medesima al disotto della quale si disfà il carattere metrico di un verso formalmente "tradizionale" »34. Malgrado le incertezze, gli errori e le successive riformulazioni, le implicazioni teoriche avanzate da Fortini sono notevoli. I suoi saggi contengono, per citare Dal Bianco, «affermazioni sconvolgenti da un SI 807-808. SI 808. J:t. Cfr. A. Giuliani, Le forme del verso, in I Novissitni. Poesie per gli an11i •60, Einaudi, Torino 1965, pp. 2.14-2.2.2.; A. Rossclli, Spazi metrici, in Ead., L•opera poetica, a cura di S. Giovannll7.zi, Mondadori, Milano 2.012., pp. 181-189; cfr. anche G. Mesa, Il verso libero e il verso necessario, •Baldus», 5, 1996, poi Id., Il verso libero e il verso tiecessario. Ipotesi ed esempi nella poesia italia,,a contempora,iea, «il verri», 2.0, 2.002., pp. 135-148; ora in Akusma: forme della poesia contempora,iea, Metauro, Fossombrone JO JI
2.ooo, pp. 2.43-2.55. n P. Giovannetti, G. Lavczzi, La metrica italiana co11temporanea cit., p. 2.71. H SI 808.
80
3. UNA NUOVA METRICA STA NASCENDO
punto di vista prettamente tecnico-metricologico»H. Il suo discorso si giustifica ancora in una dimensione to'tale del lavoro intellettuale: alla fine degli anni Cinquanta e Sessanta il lavoro teorico fortiniano è indirizzato a valorizzare i nessi oggettivi e intersoggettivi della lingua in luogo degli aspetti soggettivi, viceversa associati - esteticamente e politicamente - al vitalismo delle avanguardie. Tale orientamento spinge Fortini a preferire, sul piano compositivo, lo schema metrico all'esecuzione ritmica, senza del resto abbracciare l'ipotesi formalista associata, in campo politico, al neopositivismo del socialismo riformista. Come si legge in Poetica in nuce, rimane preponderante in questa fase l'attitudine a «spostare il centro di gravità del moto dialettico dai rapporti predicativi (aggettivali) a quelli operativi, da quelli grammatici a quelli sintattici, da quelli ritmici a quelli metrici» 36; intenzione che si lega all'esaurimento delle istanze liberatorie della "ritmica pura", vero elemento costitutivo di una nuova metrica per accenti, dal momento che, secondo l'autore, «la coscienza della "libertà" dalla metrica tradizionale è divenuta a tal punto tradizionale essa stessa da formar nuove convenzioni, fondate su accenti ritmici»J7. Preferire la metrica al ritmo significa per Fortini garantire una «vera vita» sfruttando una costruzione "falsa", ironica, come la metrica: «cercare di preservare le residue capacità del linguaggio in una nuova estraniazione, diversa da quella brechtiana ma su quella orientata» 38 • Il significato della proposta metrica fortiniana resta dunque legato a un movimento che organizza il discorso in versi nella dialettica tra ipocrisia metrica e verità ritmica, la cui presenza della prima garantisce e preserva l'esistenza della seconda. Sta in questo doppio moto aperto-chiuso il significato della forma poetica in Fortini che indagheremo nella seconda parte di questo lavoro. La metrica per accenti va pertanto letta come tentativo di creare una posizione da contrapporre alla "soggettività" assoluta degli avanguardisti o al «nicodemismo degli intellettuali engagé», in una direzione che tentava sì di «superare l'inganno dell'arte, ma non il significato antropologico, e dunque politico, che quel tipo di lavoro sulla forma transitoriamente incarna» 39 • DISF 41. 01962.. J7 SI 808. Js
J' JI
VP 67.
J,
D. Balicco, Nietzsche a Wall Street cit., p. 38.
81
PARTE PRIMA. METRICA
3. 3. La lettura metrica delle Ceneri di Gramsci
Un ulteriore esempio della nuova metrica accentuale viene individuato da Fortini nelle Ceneri di Gramsci di Pasolini, vero e proprio luogo di verifica, secondo l'autore, della nuova tendenza compositiva nella poesia italiana. Come testimoniano le lettere e gli autocommenti di Attraverso Pasolini, la lettura delle Ceneri costituisce il nucleo attorno al quale gravita la possibilità di applicare le ipotesi accentuali ad altri poeti contemporanei 40, coinvolgendo non da ultimo la verifica della prassi intellettuale dei due poeti 41 • Dove altri hanno scorto un gioco di ipermetri e di ipometri intorno all'asse dell'endecasillabo, Fortini individua nelle Ceneri un verso costruito su un numero di accenti forti, in grado di determinare un'attesa o cavità nella serie dei versi successivi, letti all'interno del contesto che li rende tali e ne conferma la regola. Fortini ribadisce a più riprese la necessità di leggere un verso di poesia contemporanea all'interno del contesto tipografico della pagina in cui è inserito. Ad esempio, una frase come «La verità è che il mondo si fa piccolo», estrapolata da un articolo dcli' «Avanti!», non può essere considerata come un endecasillabo fintantoché essa non risulti inserita all'interno di un contesto dove l'abitudine metrica tenda a riconoscerla come tale. L'indice di allusività metrica stabilito all'interno di una comunità di lettori consente infatti di abbassare la carica espressiva del ritmo, subordinando l'andamento sintattico dell'enunciazione alla griglia metrica e ai segni grafici dello spazio visivo. Tali premesse consentono a Fortini di legitti40 «[ ... ] debbo a te un capitolo della mia interminabile e inutile pseudo-storia della poesia italiana contemporanea e vedrò che cosa succede ad una rilettura seria», in AP 77. ◄• Oltre ai saggi raccolti in AP si veda la Lezio,ie su «Le ceneri di Gramsci», registrazione inedita trascritta da Fortini e conservata presso l'AFF, Scatola XVIII (F2.a), cari. 77, 2.0 fogli dattiloscritti (datazione sconosciuta, ma sicuramente dopo il 1970), dove Fortini annota in calce, a penna rossa, il verso del Carme 101 di Catullo «Advenio has miscras, frater, ad inferias», a cui aggiunge, a capo: «Il fratricidio ricorrente nella Storia italiana». Per un confronto tra i due sul piano politico si veda R. Lupcrini, La lotta mentale, Editori Riuniti, Roma 1986, pp. 38-54; M. Scotti, "Una polemica;,, versi": Fortini, Pasoli11i eia crisi del '56, «Studi Storici», 45, 4 (ottobre-dicembre, 2.004), pp. 991-102.1; L Lcnzini, Attraverso Forti11i e Pasolini, •L'ospite ingrato», IX, 2.006, pp.95-114; É. 6 Ccallachain, Polemica/ perfomza,u:es: Pasoli11i, Fortini, Sa11gui11eti, and the literary-ideological debates o{ the 1950s, •The Modem Language Review», 108, 2., 2.013, pp. 475-503; D. Balicco, Fortini, in Id., Nietzsche a Wa/1 Street. Letteratura, teoria e capita/simo cit., pp. 70-76.
3. UNA NUOVA
METRICA STA NASCENDO
mare la sua lettura accentuale. Leggiamo le terzine della quinta sezione del poemetto pasoliniano: Non dico l'individuo, il fenomeno dcli' ardore sensuale e sentimentale... altri vizi esso ha, altro è il nome e la fatalità del suo peccare... Ma in esso impastati quali comuni, prenatali vizi, e quale oggettivo peccato! Non sono immuni gli interni e esterni atti, che lo fanno incarnato alla vita, da nessuna delle religioni che nella vita stanno, [... ].. ~
Rispetto ai versi di Epifania di Zanzotto, Fortini riconosce nelle Ceneri un verso isocronico tendenzialmente costruito su quattro accenti forti. È facile ancora una volta obiettare alla lettura fortiniana una certa forzatura imposta al verso di Pasolini, soprattutto se prendiamo in considerazione l'ultimo verso della seconda terzina, il più arduo della serie da inquadrare entro uno schema a quattro accenti stabilito secondo il criterio isocronico accentuale. Del resto, ancora con Giovannetti, «interpretandoli in un certo modo, costringo [... ] i versi a rientrare in uno schema»·0 • Fortini accompagna tuttavia la sua interpretazione con commenti a margine che anticipano e rispondono alle critiche che potrebbero scaturire da quelle considerazioni a carattere dichiaratamente embrionale. Secondo Fortini, infatti, il verso della seconda terzina risulta a prima vista ascrivibile a un segmento "ritmico" a tre accenti forti ( «prenatàli/vìzi/e quàle» )44 • Allo stesso tempo, però, la presenza del verso all'interno della serie dei precedenti consente di generare anche per esso un'attesa di quattro accenti forti, restituendo 4~ P. P. Pasolini, Tutte le poesie, t. 1, a cura e con uno scritto di W. Siti, saggio introduttivo di F. Bandini, cronologia a cura di N. Naldini, Mondadori, Milano 2.003, p. 82.1. 41 P. Giovannetti, G. Lave7.zi, La metrica italiana co11temporanea cit., p. 2.79. 44 SI p. 806 (correggo la lezione di Fortini, che nel saggio riporta «prenatali vizi e quali»).
PARTE PRIMA. METRICA
una lettura isocronica «incomparabilmente più lenta» ( «pré/natàli/ vìzi/e quàle») rispetto alla serie di versi di un altro componimento pasoliniano, L'umile Italia, costruito, secondo l'orecchio di Fortini, su tre accenti principali che renderebbero più veloce la lettura rispetto al rallentamento dei quattro nel verso delle Ceneri: È nel tempo puramente umano, accoratamente umano, che s'incide il vostro guizzo vano di animale dolcc-aa, è - insieme prossimo e lontano -
[... ]'n
La stessa lettura metrica delle Ceneri viene ripresa in un saggio sui poeti contemporanei pubblicato sul «Menabò» nel 19604 6, estesa adesso a Il pianto della scavatrice. Fortini individua una scansione di quattro accenti per la terzina seguente: frutto di furto, e una faccia crudele di giovani invecchiati tra i vizi di chi ha una madre dura e affamata.
[... ]•1
Com'era accaduto per le Ceneri, anche in questo caso l'apparente distribuzione a tre accenti dello "pseudoendecasillabo" «di giovani invecchiati tra i vizi» viene risolta da Fortini attraverso l'isocronismo della serie - della «corrente dei versi precedenti e seguenti» - che porta a una lettura a quattro accenti del tipo: «di giovani / invecchiati / tra i / vizi»"8• La distribuzione dei quattro accenti forti permette di allungare il verso rallentando la dizione, orientata a veicolare una funzione espressivo-comunicativa - quasi pedagogica - e a trasformare il carattere del poemetto da lirico a epico, con il conseguente allargamento prospettico dall'io al noi. Alla forte irregolarità sillabica sostituita da una tendenziale regolarità ritmica, Fortini fa inoltre corrispondere, a livello strofico, la griglia delle pseudoterzi•n P. P. Pasolini, Tutte le poesie, t. 4
'
1,
cit., p. 803.
1,
cit., p. 836.
SI 548-606.
◄7
P. P. Pasolini, Tutte le poesie, t.
41
SI 599·
3. UNA NUOVA METRICA STA NASCENDO
ne. Anch'esse hanno per l'autore la funzione, «quasi esclusivamente affidata alla suggestione grafica», di rompere con pause profonde il movimento del discorso, cioè dell'intonazione sintattica•9 • Nel volume del '93 dedicato a Pasolini, Fortini riconosce i limiti della sua lettura. Dichiarando di aver quasi parlato tra sé e sé, confessa, a distanza di trentacinque anni, l'errore della sua ipotesi di costituzione di un gruppo di forme ( «come chi dicesse: una regola liberamente accettata per un "lavoro di scuola"») che avessero la costanza di una metrica vera e propria, in seguito soprattutto al confronto con gli studi di Walter Siti, divergenti dalle sue ipotesi metriche, sull'endecasillabo pasoliniano 50• Il giudizio retrospettivo obbliga a riconsiderare il significato delle riflessioni di Fortini sulla metrica, che vanno valutate sullo sfondo di tensioni e pianificazioni del lavoro culturale nel solco tra gli anni Cinquanta e Sessanta. Si tratta di cogliere le ragioni che spingono il poeta a formulare una proposta collettiva di metrica accentuale, evitando di imporre una lettura forzata a un testo. In quella stessa glossa del '9 3 che precede la lettura delle Ceneri, Fortini riconoscerà inoltre che quell'estensione «irreale» a norma di gruppo nascondeva in realtà il tentativo di sperimentare in proprio alcune forme poetiche ispirate a lavori di traduzione o a nuovi modelli poetici 51 • Il significato delle riflessioni fortiniane, inserite entro un sistema di tensioni e di movimenti tellurici del panorama culturale italiano del secondo dopoguerra, si spiega esaminando lo scambio epistolare tra Fortini e Pasolini, in particolare il segmento temporale che copre gli anni tra il 1956 e il 1957. Nel 1957 si conclude l'esperienza di «Ragionamenti», che porterà Fortini a intensificare i rapporti, pur per un brevissimo periodo, con i redattori di «Officina», di cui entrerà a far parte della redazione a partire dalla seconda serie52•
4 '
SI 598-599. so AP 83-84; cfr. W. Siti, Saggio suWe11decasillabo di Pasolini, «Paragone», XXIII, 2.70, agosto 1972., pp. 9-61. In una direzione opposta, V. Mannino contesta la lettura metrica di Siti fondata sull'endecasillabo, recuperando l'ipotesi accentuale di Fortini, in una diversa distribuzione del numero di accenti (oscillanti tra i tre e i quattro per ogni verso), cfr. V. Mannino, I/ "discorso•• di Pasolini. Saggio su "Le ceneri di Gramsci", Argileto, Roma 1973, pp. 132.-146 (ma soprattutto, p. 136). s• AP 84. si. Cfr. G. C. Ferretti, «Offici,,a». Cultura, letteratura e politica 1,eg/i an11i Cinquanta, Einaudi, Torino 197 5.
PARTE PRIMA. METRICA
Nell'autunno dello stesso anno Fortini è impegnato inoltre a lavorare per quel libro «che non finisce mai» diventato poi il saggio Le poesie italiane di questi anni apparso sul «Menabò» nel 1960 53 • Il 23 ottobre del '57, Fortini scrive a Pasolini una lunga lettera in cui espone nel dettaglio la proposta di lettura delle Ceneri, riprendendo l'argomento della metrica già presentato nell'ultimo numero di «Ragionamenti» e che, «in diversa redazione», sarebbe stato nuovamente elaborato su «Officina» nel 19 5 gs•. La lettera si apre con una delle numerose capt:atio benevolentiae che costellano l'epistolario tra i due poeti, mediante la quale Fortini elogia la linea critica di Pasolini negli articoli pubblicati su «Il Punto»ss, vicini alle considerazioni che egli sta sviluppando in questi anni sulla poesia italiana contemporanea. Secondo Fortini, è in corso la costituzione di un gruppo di critici - tra cui lo stesso Pasolini - «notevolissimo», in grado di "mangiarsi" «tutti i padreterni del ventennio», anche quelli verso i quali, «con l'antipatia», egli nutre ancora «un eccessivo timor reverenziale»s6. Sulla stessa linea critica, Fortini crede di percepire la messa a frutto di alcune tesi da lui stesso formulate in completo isolamento, tra il 1949 e il 19 53. È il momento in cui egli scorge la possibilità di creare un blocco comune, di «mettersi alla testa di un lavoro di unificazione e di rafforzamento» tra riviste della sinistra, in seguito agli eventi del 19 56s 1 • Interpretate sullo sfondo di una traiettoria intellettuale, le proposte di Fortini si riallacciano a un momento storico in cui l'autore sta cercando di ridisegnare una nuova posizione nel campo italiano e di uscire dall'isolamento degli inverni della Guerra Freddas 8 • Si comprende sotto questa luce il valore strategico che i saggi sulla metrica assumono. Delineare il profilo di una scuola sotto il vessillo di una nuova tendenza compositiva significava intercettare, nelle SJ
51 548-606.
H
AP 83.
ss Sono i saggi che in parte confluiranno in P. P. Pasolini, Passione e ideologia, Garzanti, Milano 1960; poi Id.,Saggi sulla letteratura e sulrarte, t. 1, a cura di W. Siti e S. Dc Laude, Mondadori, Milano 1999. ,, AP 84. J7
SE CVI.
s• Cfr. anche D. Dalmas, La traiettoria di Fra,ico Fortini nel campo letterario italiano (1945-1970), in I. Fantappiè, M. Sisto (a cura di), Letteratura italia,,a e tedesca 1945-1970: Campi, polisistetni, transfer (Deutsche und italie11ische Literatur 1945-1970: Felder, Polysysteme, Transfer), Istituto Italiano Studi Germanici, Roma 2.013, p. 142..
86
3. UNA NUOVA METRICA STA NASCENDO
diverse voci della poesia italiana contemporanea, una linea formale in grado di opporsi sia alla linea ermetica sia ai critici della forma pura. Significava in altri termini ridefinire lo spazio estetico per l'intellettuale autonomo dalle prescrizioni del partito, ma non per questo isolato dalla possibilità di azione mediata da una pratica d'autocoscienza del proprio lavoro culturale. Tale è il portato della grande energia sprigionata dagli eventi del «mirabile e terribile» 19 56. L'accenno al lavoro di programmazione della critica letteraria sfuma verso il problema della forma poetica da adottare. Fortini ricorda nella lettera del '57 i suoi componimenti pubblicati su «Officina», che andranno a far parte della prima edizione di Poesia ed errore (19 59 ), caratterizzati da una staticità e da un arresto delle forLe rivoluzionarie sostituite da un paziente lavoro di esercitazione. La presenza di testi riferiti nel titolo alle forme metriche canoniche va inquadrata entro i margini della stessa attitudine esposta nella lettera a Pasolini, volta a strappare la nozione di poesia alle correnti critiche dominanti nel dopoguerra, a partire da una riflessione sulla tradizione e sulla ricezione. Se sul piano della critica Fortini insiste sulla necessità di «dividersi i compiti e passare a parlare dei classici», sul campo delle forme metriche, e dunque nella scrittura come sistema di scelte, formula l'invito a rifiutare il «regime di doppia verità nei confronti dell'endecasillabo, della rima e dell'enjambement»s9. L'argomentazione è calibrata sull'interlocutore Pasolini e allude alla questione della «libertà stilistica» e alla «piccola antologia neo-sperimentale» pubblicata su «Officina» nel giugno 19 57 60, a cui era seguita Una polemica in prosa di Sanguineti e la nota che accompagnava il testo nel numero 11 della rivista 61 ; nota in seguito posta da Fortini alla base del suo saggio sul Verso libero e metrica nuova pubblicato nel 1958 61• Il «regime di doppia verità dell'endecasillabo» a cui Fortini allude riguarda nello specifico l'oscillazione metrico-formale tra due tendenze da superare: l'endecasillabo di Pasolini e quello di Sanguineti. Il primo è definito come una «novecentista benché
s, AP 84-85. '° «Officina», 9-10, giugno 1957, ora in gon, Bologna 1993, PP· 341-358. '' lvi, pp. 452.-462.. ,:r. lvi, p. 504 (n. 1 ).
«Officina» (ristampa anastatica), Pcndra-
PARTE PRIMA. METRICA
propria "allusione metrica" allo schietto endecasillabo con i suoi accenti che esprimono i diversi toni»; il secondo, utilizzato dall' autore di Laborintus per la sua risposta in versi alla «piccola antologia neo-sperimentale» pasoliniana, è un fonema di undici sillabe esatte, che sfugge «così per giuoco alla prosopopea classicistica» 63 • Il discorso fortiniano sulla metrica delle Ceneri va dunque letto come un tentativo di distogliere l'orientamento stilistico pasoliniano da una linea estetizzante, costantemente osteggiata da Fortini sin dai tempi di Foglio di via, ma adesso distanziata con una maturazione teorica e una consapevolezza senza precedenti. Nella lettera del 2 3 ottobre 19 57 Fortini prosegue infatti: Voglio dire che gli ipermetri {da Ceneri) le assonanze e l'abuso dell'enjambement sono una trasposizione ritmica del plurilinguismo lessicale e quindi la maschera di una tensione ambigua, non interamente affrontata. Nei versi della Ricchezza, quanto più ti allontani dall'eco dell'endecasillabo tanto più risolvi questa ambiguità; ma al prezzo di una "ondulazione permanente", solamente ritmica non più metrica {nel senso che a questi termini do nel mio saggetto). Tu privi così il "racconto" della quadrettatura {o tappezzeria o colore di fondo o spartizione "monotona" del tempo) e, tendendo a far coincidere moto ritmico e moto metrico, contraddici, con una andatura da "inno" o "ode" {quindi sempre "lirica"), l'"epicità" della "narrazione"'-t.
Secondo Fortini, Pasolini non riuscirebbe a disfarsi, nella prassi letteraria, di un'ambiguità di fatto mantenuta sotto nuove forme espressive (ambiguità insita nel fare poetico pasoliniano che - come osserva Giovannetti - mostra «fin da giovane una percezione non del tutto regolata dell'endecasillabo» )65 • Tale ambiguità rifletterebbe secondo Fortini le scelte contestuali all'opera, estese a un'intera pianificazione politica e a una lotta di posizione. Ne aveva già parlato, ancor prima di Metrica e libertà, nell'Allegato del '5 5 richiesto dallo stesso Pasolini, dove poteva scrivere, dopo una citazione di quella Lettera ai Romani di Paolo sempre al centro della sua riflessione sulla poesia, che «la "variante", come approssimazione alla forma, è sempre una scelta morale» 66 • L'ambiguità sul piano lvi, p. 462. AP 8 5; con alcune varianti in UGA 226. 's P. Giovannetti, G. Lavezzi, La metrica italiana co11temporanea cit., p. 2.74. " F. Fortini, L'altezza della situazione o perché si scrivono poesie, in Id., J destini ge11erali cit., p. 76; cfr. anche VP 386. Per la richiesta di Pasolini, si veda AP 57. 'J '4
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3. UNA NUOVA METRICA STA NASCENDO
della forma - lo abbiamo visto - si riflette per Fortini a ogni livello dcli' organizzazione compositiva, dalla metrica alla sintassi e alla retorica. Esemplare è il noto concetto di sineciosi impiegato per descrivere le contraddizioni e le antitesi sulle quali si fonderebbe l'intera poesia pasoliniana 67• La lettura di Fortini è dunque orientata a contrastare la fusione indistinta tra lirismo ed epicità, in vista di una «rinuncia reale, non verbale, al monologo e ai piaceri del narcisismo» 68• Il progetto di costituzione di una nuova forma metrica viene declinato da Fortini al plurale: bisogna evitare la «ricorrente tentazione regressiva» al metro tradizionale come nostalgia del «canto», per tentare, viceversa, la costruzione di un gruppo di "forme" -come di una nuova scuola o gruppo contrapposto a un'idea di lirica moderna - «che abbiano carattere ritmico [... ] rispetto ai versi tradizionali ma che, per ripetizione ed istituzionalità, per forza cogente nei [... ] confronti [dei poeti], abbiano la costanza di una "metrica" vera e propria» 69 • Il modello che Fortini ha in mente è il verso a cinque percussioni di Pavese, indicato nella lettera a Pasolini come autore di riferimento e che del resto verrà inserito come esempio nel saggio di «Officina» sulla metrica. La lettera del '57 conferma il valore strategico attribuito da Fortini alla metrica e la tendenziale omologia tra forme estetiche e forme di intervento intellettuale, professata negli anni Cinquanta e Sessanta. Come si è anticipato, infatti, Fortini ha come obiettivo di rintracciare le linee compositive di una nuova koiné poetica dove scelte formali estetiche ed etiche possano coincidere, in vista di un progetto di società da realizzare dove l'arte e la letteratura non siano escluse o confinate come discipline autonome all'interno di un sistema di specializzazioni; dove, in altre parole, l'individuo non esprima i propri sentimenti attraverso un «canto» solitario, ma accordi quest'ultimo con la collettività, servendosi di un verso aperto-chiuso in grado di oltrepassare la tradizione lirica dcli'endecasillabo italiano. Tale è il valore figurale attribuito alle forme metriche, ancora solido fino agli anni Sessanta ma smentito, come vedremo, verso la fine degli anni Ottanta. 7 ' SI 588 csgg.; AP "QF 2.56-2.57. "AP 85.
2.1
csgg.
PARTE PRIMA. METRICA
Nell'ipotesi del Fortini di questi anni, non è il fare poetico a circoscrivere il modello di verso; viceversa, è la «legislazione tutta convenzionale» fondata su un impiego controllato dell'assonanza, della rima o dell'enjambement a determinare il moto interno della sintassi, incentrato sulla dialettica tra metro obiettivo e ritmo soggettivo. Una prospettiva che di fatto verrà rimodellata a distanza di circa vent'anni, crollate le possibilità di organizzare la prassi politica secondo schemi e forme non più praticabili. A differenza del saggio pubblicato in rivista, il progetto di costituzione del gruppo di poeti sotto l'insegna formale di una metrica accentuale viene esplicitamente discusso nella lettera a Pasolini, esortato a prendere parte a un modello di azione collettiva in un momento decisivo per gli intellettuali italiani. La conclusione della lettera si configura come una ripresa di quella captatio benevolentiae iniziale rivolta a un interlocutore di cui si ha piena coscienza dell'inconciliabilità che al momento tenta di essere superata in vista di un lavoro comune. Scrive Fortini: Ho sempre un po, avuta la fissazione organizzativa, ma altrimenti non si passa ad una rivista "egemonica,,, come «Officina» dovrebbe diventare. Ti ripeto quello che credo di averti detto a Roma: conoscendoti, ho dimesso certe prevenzioni che avevo nei tuoi confronti. Trovo che hai spalle robuste per resistere (con flessibilità, naturalmente, come Kierkegaard raccomanda al buon danzatore) alle pressioni ambientali. E, con ricorrente ingenua buona volontà di incallito (come tu pensi) moralista, mi affido alla dolce speranza d,una solidarietà, di una amicizia, di un lavoro comune... ; e dire che esco appena da una "catastrofe" quale è stata la fine di «Ragionamenti». Per fortuna, i cinque o seicento chilometri, fra Roma e Milano, ci preservano da troppo contigui umori 70 •
Fortini fa riferimento alla necessità di fissare le coordinate di uno spazio che definisce Lebensraum, per uscire sia dall' «incomposto» delle avanguardie71 , sia dal «falso-nostalgico-composto» dei ritorni all'ordine o di quello che nel saggio sulla metrica chiamerà «pseudotradizionalismo puro». La proposta di una metrica accentuale non deve essere intesa nella sua accezione normativa: essa si configura come il tentativo estremo - ma non esclusivo - di combattere -,o 1•
AP 86 {lavoro comune che non si attuerà, come si legge in QF 2.51-2.53). AP 85.
3. UNA NUOVA METRICA STA NASCENDO
un programma di estetizzazione dell'arte. Niente a che vedere con una «ennesima nostalgia classicista» - del resto apertamente combattuta dall'autore - «centripeta e monolinguistica» 72• Per Fortini, la necessità di una nuova metrica per accenti si lega al contrario alla persuasione «che sessant'anni di "verso aperto" lo hanno ormai reso così corrente per la sensibilità moderna che non si può più considerarlo tale e che bisogna passare ad un verso aperto di secondo grado [... ], un verso aperto-chiuso, una strofe aperta-chiusa, delle forme irregolari-regolari ... »73 • Le implicazioni politiche di questa scelta sono così espresse da Fortini: Bisogna scrivere pensando di poter essere tradotti nelle lingue dei paesi socialmente più sviluppati. Questo significa sapere e riconoscere l'importanza dei linguaggi burocratici, anzi del connettivo burocratico che tiene insieme i linguaggi specialistici. (Per questo Pasolini ha torto). Quel connettivo può dare aiuti importanti alla scrittura letteraria. LA semplificazione della scrit-
tura, il suo impoverimento apparente puc, essere utile autodisciplina anche per il linguaggio della poesia. Bisogna evitare di separare eccessivamente la scrittura discorsiva e scientifica da quella letteraria e poetica perché così si farebbe credere ad una contrapposizione di razionale e di irrazionale, oppure di impersonale e di soggettivo. Contrapposizioni forse necessarie alla conversazione ma false. Dovrebbe evitare di accentuarle chi vuole la lotta contro la disintegrazione degli uomini, che è uno dei compiti maggiori della letteratura1◄•
La possibilità di mediare le due posizioni rappresenta il motivo dominante della corrispondenza tra Fortini e Pasolini; un 'inconciliabilità che il primo aveva presentito sin dalle prime lettere, dove poteva confessare le sue riserve verso una poesia interamente riferita a un "popolare" sacralizzato, astorico, amorale, lontano dal lessico marxiano e dalle nozioni di "classe" su cui il ragionamento fortiniano era viceversa impostato75 • Come già anticipato nel primo capitolo, nella lettera di ringraziamento alla recensione di 7J. 7J
Jbid. lbid.
AP 17 (c.vo dell'autore). J debbo rileggere il suo Canto Popolare che mi ha un po' [... J sconcertato. Dirci, più per l'esplicito contenuto discorsivo-ragionativo che per la forma; se è lecito. Lei comprende che quell'eterno ritorno del popolare suona un po' duro, un po' pericoloso, alle mie orecchie d'asino marxista ... », AP 56. Lo stesso Fortini afferma di aver avvertito in quell'etemo ritorno del «popolare», un luogo centrale della poesia pasoliniana (ibid.). 74
7J « [ •••
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PARTE PRIMA. METRICA
Pasolini a I destini generali (I 9 5 6) anche il nesso tra forma di vita e forma del verso, tra scelte morali e varianti stilistiche risulta esplicito nella corrispondenza tra i due. La formula di commiato utilizzata da Fortini - «metrica e biografia» - intende marcare la necessità di una regola, che per estensione metonimica è espressione della poesia fortiniana, nel processo di formalizzazione del soggetto come biografia nella storia1 6 • Le forme di caputtio benevolentiae che Fortini rivolge a Pasolini sembrano funzionare poco, soprattutto dopo la conclusione dell'esperienza di «Offìcina»n. Il poeta delle Ceneri non abbandonerà i tratti di una sperimentazione svincolata dalle categorie di "utile" e "necessario", continuando piuttosto a considerare Fortini come un terribile inquisitore sempre pronto a puntare il dito. Pur nel tentativo di configurare l'altro come spettro di un rimosso o di un'inadempienza ( «ti scrivo solo un magro biglietto, per ricordarti che esisto e che soprattutto tu esisti in me: esisti tanto da essere l'ideale destinatario di quasi tutto quello che scrivo», confessava ancora nel '6 I a Fortini, auspicando l'inverso }7 8 , il confronto tra i due rivela puntualmente l'impossibilità di una pacificazione, spesso giocata sul piano morale. Lo testimonia la dedica di Fortini riportata nella copia di Pasolini di Una volut per sempre: «- Péntiti! /- No. I - Péntiti! I - No.1 ("Don Giovanni", ultimo atto)/ con il ricordo affettuoso del / tuo Franco Fortini I 8 maggio I963» 79 • Dopo la rottura definitiva, esacerbata dai fatti di Valle Giulia, Pasolini recensirà la seconda edizione di Poesia e e"ore del I 969, leggendovi in quei componimenti - scritti, a suo dire, in un momento di sosta dagli eventi bellici - il sunto della più esplicita tra le «ossessioni di Fortini»: Fortini [... ] ha bisogno di sentirsi in guerra, perché solo in tal caso egli esiste, e trova una necessità al proprio esistere. [ ... ] Tuttavia l'essere poeta è per lui motivo di vergogna: egli deve cercare delle scusanti, deve tentare una
7 '
AP 81-82.. n Le forme di captatio be,ievolentiae indiriz7.ate a Pasolini vengono riconosciute anche da Fortini, che arriva a definire « patetica» una di queste in una sua lettera del 16 giugno 1961, in AP 119. 71 AP 12.1. -rJ G. Chiarcossi e F. Zabagli (a cura di), La biblioteca di Pier Paolo Pasolini, Leo S. Olschki, Firenze 2.017, p. 54 (6g. 2.5b).
92.
3. UNA NUOVA METRICA STA NASCENDO
sorta di continua captatio benevolentiae, patetica, presso i suoi rigidi compagni di lotta, la cui unica categoria valevole per giudicare un uomo è l'utilitàSo.
Il giudizio di Pasolini sintetizzava una corrispondenza interrotta nel 1966. Un anno prima, Fortini aveva raccolto i suoi saggi più nitidi sulla trasformazione socioeconomica dell'Italia e l'industria culturale. Nell'ottobre dello stesso anno, Pasolini iniziava le riprese di Uccellacci e uccellini, dove T otò e Ninetto erranti per le campagne del sottoproletariato romano divorano il corvo che parlava ispirandosi alle frasi di Verifica dei poteri e di Profezie e realtà del nostro secolo, dopo aver assistito ai funerali di Togliatti 81 •
P. P. Pasolini, Saggi sulla politica e sulla società cit., p. 1192.. P. P. Pasolini, Uccellacci e uccellini, a cura di G. Gambetti, Milano, Garzanti 1966, p. 59; cfr. anche L. Lcnzini, Uti'antica promessa, Quodlibet, Macerata 2.013, pp. 170 e sgg. L'immagine dell'animale divorato era già presente in chiusura della nota della seconda di copertina della prima edizione di Verifica dei poteri del 1965 (cfr. SE 1761-1762.). In quest'ultimo caso la nota richiamava l'ultimo saggio di VP1 su Brecht, in cui Fortini evocava un «Orfeo equino che gli uomini sbranano pur di non udirne la profezia» (SE 1762.) che certo non sarà stato indifferente a Pasolini per elaborare il suo corvo. 1o
1
'
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4·
I limiti della misura
Per quanto tu ragioni, c'è sempre un topo - un fiore - a scombinare la logica. Dirci che tutto nel tuo ragionamento è perfetto, se non avessi davanti questo prato di trifoglio. G. Caproni, Altro inserto Sebbene creda, sì, di aver avuto, quanto a Pasolini, ragione nell'ordine della ragione, so di avere avuto torto di fronte all'albero d'oro della vita.
F. Fortini, Attraverso Pasoli,u
4. 1. La risposta di Pasolini In un saggio dedicato alle Questioni metriche novecentesche, Mengaldo evocava le difficoltà di pronunciarsi sulle ipotesi fortiniane «in assenza di (non agevoli) indagini sistematiche» 1 • Lo stesso Fortini rilevava non pochi ostacoli nell'applicazione della sua proposta accentuale, in ragione soprattutto dell'identificazione incerta del numero degli accenti forti in un verso tendenzialmente "libero" 2 • Riprendendo l'ipotesi su «Paragone», egli poteva inoltre confessare - forse spinto dalle critiche mosse da Pasolini3 - I' «elevato grado di arbitrio e di incertezza» di alcune sue considerazioni•. Nelle sue argomentazioni, Fortini non fa mai cenno al proprio metodo di scrittura, ma insiste 1
P. V. Mcngaldo, La tradizione del novecento. Terza serie, Einaudi, Torino 1991,
p.40.
SI 803-804. Cfr. P. P. Pasolini, Lettera a Forti11i, 31 ottobre 1957, AP 87. • SI 809. 1.
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PARTE PRIMA. METRICA
piuttosto sulla possibilità di rintracciare un'attitudine collettiva che assommi tendenze di versificazione disomogenee; un modo di procedere che, come riconoscerà più tardi, costituisce un limite dei suoi interventi, da leggere in questi decenni sulla base di una tendenziale omologia tra fenomeni metrici e finalità politiche. Tali misure, come si è anticipato, corrispondono in realtà a pratiche compositive che egli stava tentando di sperimentare in proprios. La presa di distanza di Fortini è esplicitata nei commenti che accompagnano i materiali di Attraverso Pasolini (1993). Introducendo la lettera del 2. 3 ottobre 19 57, Fortini aggiunge una glossa che marca una rottura rispetto alle ipotesi metriche formulate negli anni Cinquanta. In essa corregge la lettura "normativa" delle Ceneri riconoscendo, nella tendenza interna della scrittura poetica pasoliniana, la predominanza di una «ondulazione ritmica e non più metrica» che avrebbe portato Pasolini, nel giro di pochi anni, a un vero e proprio «metro libero» 6 • Il passaggio dalla metricità alla ritmicità - o, per meglio dire, «la fuoriuscita dall'isosillabismo» - viene ora inteso non più come tendenza volta alla costituzione di una nuova misura per accenti, ma come soluzione prosodica personale in «durevole tensione con uno schema endecasillabico e, appunto, con la terzina» 7 • In quel commento del '93 Fortini scriveva: Naturalmente, Pasolini aveva ragione a rispondermi che si sarebbe sentito soffocare se avesse dovuto pensare, scrivendo, a tutto quel che gli venivo spiegando. Mentre andavo proseguendo, nella mente e nella mia lettera, nientemeno che la costituzione (come chi dicesse: una regola liberamente accettata per un "lavoro di scuola,,) «di un gruppo cli "forme,, che avessero la costanza cli una metrica vera e propria». Oggi mi pare di capire che perseguivo l'irreale estensione a norma cli gruppo cli alcune forme che tentavo di sperimentare in proprio8•
L' «errore» riconosciuto a distanza di un trentennio non elimina
il portato teorico delle sue riflessioni, che andranno confrontate con un' «inquietudine metrica» manifestata da altre esperienze poetiche a s AP 84, cfr. i11{ra, capitolo 5. 'AP 83. 7 «Gli scrivevo: "Voglio dire che gli ipermetri (da Ceneri) le a~onanze e l'abuso dello e,1jambement sono un transfert ritmico [e qui sbagliavo, ingannato dal verbo, avrei dovuto dire: una "traslazione"] del plurilinguismo lessicale e quindi la maschera di una tensione ambigua, non interamente affrontata"», ibid. 1 AP 83-84 (c.vo mio).
4. I
LIMITI DELLA MISURA
lui contemporanee, volte a formulare un nuovo modello formale in risposta ali'esaurimento delle potenzialità espressive del verso libero e delle misure canoniche italiane. In questo capitolo presenteremo i limiti della proposta fortiniana, confrontando i saggi sulla metrica con alcune letture critiche che hanno insistito sulle aporie dell'ipotesi accentuale. Il confronto con Pasolini e Giuliani permetterà in particolare di mostrare ulteriori differenze tra universi discorsivi antitetici non soltanto sul piano dell'estetico, ma in ragione del nesso «intellettuale-realtà» ricordato da Romano Luperini 9 • Partiamo dalla risposta di Pasolini alla lettura metrica di Fortini delle Ceneri. Chi scrive sa di dover rivendicare una libertà di pensiero e di composizione rispetto a una postura critica percepita entro gli schemi di un rigido moralismo. La metrica per accenti viene rigettata da Pasolini come sintesi di una dialettica tra necessità e arbitrio, percepita piuttosto come dispositivo di coercizione. Di fronte alle lunghe carte inviate da Fortini, Pasolini risponde il 31 ottobre del 1957 con una lettera, di cui vale la pena riportare la parte riferita alla lettura delle Ceneri: Caro Fortini, sono qui davanti alle distese della tua lettera, e non so da che parte incominciare. Col ringraziartene, prima di tutto.[ ... ]. La metrica ... qui non oso più parlare: hai sventrato l'argomento, e hai sputtanato le mie illusioni. Ciononostante proseguo imperterrito, con terzine, rime e enjambements: mi consentono una grande libertà. E se dovessi stare a pensare a quello che dici tu, il metro libero chiuso, ai piedi, non agli accenti, ecc. mi sentirei soffocare: sul piano metrico preferisco "innovare" (se innovo è per istinto: lo so, lo so che ho torto, e che la tortura che eseguo ali' endecasillabo rischia di essere privata, incerta, di "transizione"). Ma il mio sperimentalismo esclude per ora esperimenti metrici, se non in second'ordine, coatti. [... ] Mi pare però, in generale, dal tuo scritto su «Ragionamenti» e dalla tua lettera, che ti manchi su questo tema la consueta folgorante chiarezza - e anche sicurezza, malgrado l'eterna insorgenza del dubbio. È forse un 'idea che non si è ancora sviluppata del tutto. E infatti si impone in forma di proposta, non di imperativo, come il tuo moralismo di solito richiede. Quando ti sarai completamente convinto, poveri noi! Nel frattempo, però, credo che sarò in crisi anch'io: e allora ricostruiremo! In équipe! 10
' R. Lupcrini, La lotta me11tale: per u11 profilo di Fra11co l4ortini, Editori Riuniti, Roma 1986, pp. 38-54. 10 AP 86-87 (c.vo mio).
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PARTE PRIMA. METRICA
Dal confronto tra le due lettere emerge un approccio antitetico alla realtà misurato alla luce dell'elemento morfologico: se per Fortini risulta impensabile abbandonare la dialettica autenticità-inautenticità, necessità-arbitrio (si ricordi l'epigramma su L 'ospi'te ingrato dove la prigionia della «sublime lingua borghese» del passato costituiva una garanzia di libertà del soggetto nel presente, nonché di continuità nel futuro) 11 , in Pasolini, al contrario, lo stesso ragionamento dialettico cede progressivamente il passo a una forma di pensiero volto a presentare le antitesi senza mediazione, per acuire lo «scandalo» della contraddizione tra due poli scissi e insanabili. Il «calore degli istinti» e l' «estetica della passione» conducono Pasolini ad adottare una forma poetica allusiva alla terzina dei poemetti pascoliani, tesa allo stesso tempo a smarcare la griglia metrica e a sabotare il « recinto della tradizione» 11 • Sperimentando una libertà assoluta, Pasolini rischiava di allontanarsi - secondo Fortini - da quella lotta per la conquista di una libertà di tutti che imponeva di rinunciare ali' «innovazione per istinto» e di accogliere viceversa un moto non davvero soppresso nell' «indistinto vitale o mistico», ma accordato a una «metrica continua di pazienza e di impazienza» 13 • Contro il «moralismo» imputato a Fortini, Pasolini rivendica le torture ali' endecasillabo tradizionale - «tortura» in figura etimologica con «torto» - che portano a configurare il processo di scrittura in versi come perenne scivolamento, piegatura, inclinazione della materia verbale, in opposizione alla rigida gabbia metrica che per Fortini è al contrario vera garanzia e strumento di realizzazione di una libertà non mistificata••. In una direzione complementare, ma mutata di segno, lo stesso Pasolini riconosceva nella lettera del '57 il limite dcli' operazione di tortura imposta 01989. La contraddizione tra scrittura e tradizione si registra anche sul piano ideologico, nel rapporto con la figura di Gramsci («Lo scandalo del contraddirmi, dell'essere/ con te e contro di te; con te nel cuore, / in luce, contro di te nelle buie viscere»). Sul rapporto Pasolini-Gramsci si veda P. Dcsogus, Laboratorio Pasoli,u. Teoria del seg,10 e del ci11ema, Quodlibet, Macerata 2.018 (in particolare pp. 97-u5); G. Fichera, L'impossibile delle Ceneri: Gramsci con Pasoli11i, in P. Desogus, M. Cangiano, M. Gatto, L. Mari (a cura di), Il presente di Gramsci. Letteratura e ideologia oggi, Gaalad Edizioni, Giulianova (Teramo) 2.018, pp. 2.78-2.94; P. Desogus (a cura di), Il Gramsci di Pasoli,u. Lingua, letteratura e ideologia, Marsilio, Venezia 2.02.2.. IJ 01 102.9-1030• 1 4 Cfr. infra, capitolo 6. Il
u.
4. I
LIMITI DELLA MISURA
all'endecasillabo, che rischiava di configurarsi come esperienza «privata, incerta, di "transizione"»•s. Pur nel parziale tentativo di mediazione col pensiero dell'interlocutore, Pasolini rivendica la sua opposizione a una metrica «coatta» in funzione di una specifica forma di sperimentalismo. Le ceneri di Gramsci ra ppresentano il preludio di un'esasperazione formale della tensione tra la coscienza di un'impossibilità di mantenere il passato, secondo forme tradizionali di espressione, e il tentativo di combattere, con armi diverse, l'avanzata dell'ordine neocapitalistico. Come osserva Caterina Verbaro, «dalla metà degli anni Sessanta in poi, per Pasolini la poesia è possibile solo a condizione che essa deponga la forma stessa del testo poetico e indossi la maschera del linguaggio magmatico dell'attualità» 16• Nel suo saggio sul «Menabò», Fortini evidenziava il disfacimento tra la forma dell'io e le forme della storia ne Il pianto della scavatrice, componimento «che tematizza la frattura dei tempi, tra un passato irrecuperabile e un futuro segnato dalla perdita dell'armonia» 17 : Il moto, relativamente continuo, discorsivo-narrativo, subisce il contrappunto continuo della griglia metrica. Il sistema del periodo, grazie alla interpunzione, alle sospensioni, alle parentesi, alle subordinate, è esso stesso «aperto», continuo; aggira, come un rampicante, con l'esuberanza dei suoi enjambements, le travi della struttura metrica. Ne viene un effetto vivacissimo, come da certe sculture del Bernini o da decorazioni del floreale. Mentre da una parte l'autore tiene distinto, con una serie di ostacoli (lessicali, sintattici, di versificazione e di strofe), lo svolgimento del tempo narrativo-discorsivo da quello di una possibile dizione-lettura «espressiva», dall,altra tende invece a congiungerli, senza tuttavia identificarli, giusta la poetica dcli' antitesi. Si spiega così perché in questa poesia che apparentemente spregia il "bel verso,, o la tcrLina-quadro, sia invece possibile isolarne non pochi [... ] e, al tempo stesso, l'impressione complessiva sia quella di un folto tremolio, di brulichio, di dispersione caotica, vibratilc 18•
IJ AP 87. '' C. Vcrbaro, Dalle terzi11e al magma, dalla metrica al montaggio. La dissoluzio,ie della forma poetica nell'ultimo Pasolini, •l'Ulisse Rivista di poesia, arti e scritture•, 16, 2.013, p. 10 (dr. anche Ead., Pasolini. Nel recinto del sacro, Giulio Perrone, Roma 2.017). •1 Jvi, p. 8. 1 ' AP 34; ora in SI 599. Cfr. anche la conclusione del saggio su Pasolini pubblicato su •Il Menabò», dove Fortini parlava della «forza di errore» delle Ceneri di Gramsci, AP 36-37.
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Il pianto della scavatrice esibisce per Fortini la più lucida padronanza degli opposti espressa da Pasolini. Spingendo sui termini esasperati della sua contraddizione, Pasolini riusciva a toccare - secondo l'autore - «un aldilà della nostra morale» 19• La stessa immagine di « brulichio» utilizzata da Fortini verrà impiegata da Pasolini per descrivere la struttura frammentaria di Petrolio, dove ogni mediazione tra i due estremi - necessaria per il primo - lascia spazio alla sola «dispersione caotica, vibratile», come strategia di resistenza e di esposizione del corpo 20 • D'altra parte, già nella seconda metà degli anni Cinquanta, la metrica «coatta» indicata da Fortini impone un'adesione della forma a scelte morali che Pasolini non può condividere. Nuove forme di resistenza vengono viceversa sperimentate di fronte alle mutazioni della società dei consumi, che lo porteranno progressivamente a optare per soluzioni linguistiche coerenti con la necessità di «gettare il corpo nella lotta» 21 • Tra la fine degli anni Cinquanta e l'inizio degli anni Sessanta, Fortini riconosce la grande potenzialità del Pasolini sperimentatore, indicandolo come uno che vorrebbe camminasse a fianco, e invece rischia «somiglianze odiose» 22• La sua lettura metrica è coerente pertanto con il tentativo di indirizzare l'altro verso una soluzione dialettica, verso una vitalità che non vada incontro alla disperazione o alla disgregazione; o di evitare che il suo pensiero diventi strumento di propaganda o di mistificazione per la classe egemone 2 .J. Rimane necessario per Fortini strappare la forma alla classe dominante, sviluppando modi e forme di liberazione del proletariato come «regole di condotta, comportamenti, interpretazioni della realtà»24, in vista di un progetto culturale comune meditato alla fine degli anni '' AP 32.. «Il mio non è un romanzo "aschiodinata", ma a "brulichio"», scrive nell'Appunto 22a, «e quindi è comprensibile che il lettore resti un po' disorientato», P. P. Pasolini, Romanzi e racco11ti. z962-1975, voi. 2., a cura di W. Siti e S. Dc Laude, Mondadori, Milano 1998, p. 12.75; dr. anche M. A. Bazzocchi, Esposizio11i: Pasolini, Foucault e l'esercizio della verità, il Mulino, Bologna 2.017, p. 19. :u «Perciò io vorrei soltanto vivere/ pur essendo poeta/ perché la vita si esprime anche solo con se stessa./ Vorrei esprimermi con gli esempi. / Gettare il mio corpo nella lotta», P. P. Pasolini, Tutte le poesie, t. 2., cit., p. 12.87. u AP 98. &J Si leggano a questo proposito le pagine di AP 42.-43 che ripercorrono l'episodio di Valle Giulia e l'ultimo incontro nella redazione dcll'«Esprcsso». ,.. AP89. z.o
100
4. I
LIMITI DELLA MISURA
Cinquanta. Per questo motivo, Fortini non intende rinunciare al rapporto con Pasolini «con una alzata di spalle o una definizione»:z.s. La testimonianza più esplicita di questo tentativo di conciliazione, seppur in forma di contrasto « "medievale" tra due eterne attitudini dello spirito» 26 , è esemplificata in Al di là della speranz,a, composta da Fortini in risposta alla Polemica. in versi di Pasolini pubblicata su «Officina» nel novembre del 19 56. Una parte di Al di là della speranz,a si configura come una replica in versi alla terza nota che accompagna il componimento di Pasolini in cui si accusava Fortini e gli altri redattori di «Ragionamenti» di misticismo dovuto alla « mitizzazione della base e la sospetta volontà di annullare la propria persona in un rigido e spento anonimato moralistico» :z.7 • Da questo momento, entrambi non faranno altro che ripetere lo stesso schema retorico: Pasolini accusa Fortini di moralismo; Fortini risponde additando all'altro narcisismo e assenza di programmazione28 • La violenta reprobatio contro le tesi di Pasolini :z.9 viene strutturata da Fortini come ragionamento dialettico costruito su una forma compositiva deliberatamente modellata sullo stile dell'oppositore, «quasi l'accettazione provvisoria di una discorsività propria della versificazione di Pasolini» 30• Il meccanismo retorico-formale si applica alle due "sestine" che introducono la terza sezione del poemetto: Mi provo ad un non mio discorso, vedi, credendo che anche a me la rima e il verso fingano forza ad essere diverso AP u8. ~ W. Siti, Lettera a Franco 14ortini, 1993, AFF cart. 48, c. 8. &7 «Officina» (ristampa anastatica), cit., p. 2.90 (n 3 ); cfr. anche P. P. Pasolini, Tutte le poesie, t. 1, cit., p. 867. z.1 «Nel leggere il Gramsci tuo e l'ultimo poemetto mi sono fabbricato un personaggio, un Pasolini forse immaginario, non so. Non tanto orgoglio-solitudine-sensualità; quanto piuttosto distacco reale dalla passione ideologica, dalla tematica politica e persino morale, cd impiego delle apparenze di quella e di questa a puri fini espressivo-stilistici», AP 77. &, «Ma tu chi sci che di pietà impietosa/ dài grazia ai versi dove sono ciechi, / fuor di te, tutti? Nei vicoli biechi/ e teneri ti sciogli, dell'afosa/ notte di Roma; e poi tomi, e ti rechi/ intatto al verso. Quella libertà // che ti perdoni, ad altri tu la togli / e del nulla sci complice e del male / del tuo popolo. A corte, poi, ti vale / leggere come l'anima disciogli / nei tuoi poemi in limpide querele,/ fra chi, come te, sa ... », Al di là della spera,~ VPD 793. JO AP 66. &s
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PARTE PRIMA. METRICA
dai miei vizi. Non credo a quel che credi. Altre vie delle tue m'hanno converso a questa nostra eguale volontà.
La nostra storia non è mai finita. Quando tu lo chiedevi, io scrissi in odio alla pietà che ti vinceva, in odio a chi vanta nel verso tuo la Vita micie dei morti e del peccato, vischio che fa dolce la nausea e la pietà:
[••. ]1·
Malgrado la presenza delle rime e degli enjambement caratteristici del verso ondulatorio di Pasolini, l'adozione "performativa" di Fortini degli abiti compositivi dell'oppositore non esclude un'identità metrico-formale allusiva a una tradizione. Fortini distribuisce la propria materia linguistica all'interno di una forma "morta" come la sestina, che della sestina mantiene tuttavia la sola allusione all'isocronismo strofico, depauperato rispetto al modello archetipico della forma chiusa arnaldiana, altrove utilizzata da Fortini con altri intenti ed erosioni storico-formali31• La stessa distribuzione simmetrica dei versi nelle strofe viene meno: la sestina salta nel momento in cui l'identificazione tra i due destini è massima. La scelta di Fortini appare dunque controllata. I versi successivi segnalati in corsivo - quasi un a parte drammatico anticipato dai due punti e da una tabulazione esulano dalla composizione espressamente concepita come risposta a Una polemica in versi. Le due strofe in corsivo furono infatti composte circa un anno prima in forma di commento a margine delle Ceneri a partire dal verso interrogativo di chiusura («se so che la nostra storia è finita?» )B. ~e contengono in forma embrionale le diciassette sestine del testo inviato a Pasolini nella lettera del 29 novembre 19 5 6. Pur assumendo morfologicamente le cadenze discorsive pasoliniane, la differenza con l'interlocutore-oppositore resta per Fortini in valica bile: il verso, la sintassi, la metrica - e, per estensione, la poesia - non possono essere scisse dalle «parole sorde» dell'economia politica, dai rapporti di produzione e dalle forze produttive. Per
J:i.
VPD 794· Cfr. infra, 6.2.
JJ
AP 65.
JI
102.
4. I
LIMITI DELLA MISURA
Fortini, si trattava di dire a «Pier Paolo» che anche i combattenti di Budapest - e, in figura, le periferie di Milano - «lavoravano entro di sé» per la possibilità stessa della poesia dell'uno e dell'altro. In quest'ottica va letta la citazione di Lucrezio posta in epigrafe al componimento: «perché io non posso compiere con animo sereno quest'opera nell'ora avversa della patria» 34• Nella sua risposta in versi, Fortini ribadisce insomma la necessità di sottrarre la poesia all'intimismo, lavorando al di fuori del verso per una lotta materiale da programmare all'esterno della dimensione letteraria, ma che dialetticamente interessa questa nella prassi della comunicazione. Il rapporto tra nessi formali e storia è oggetto delle tre sestine della sesta sezione, dove la prospettiva marxiana viene esplicitata con l'interpolazione di una formula di Engels - in ultima analisi - riferita «all'azione reciproca dell'evoluzione ideologica, di quella economica e della struttura, o base, economica»H: Pure, più forti dei loro brusii, più sottili dei nostri ragionamenti, più astute del dolore, ritessono la muta realtà con le tenaci fila le fone produttive e si tramutano in rapporti di produzione, e sta questa, "in ultima analisi", in rapporto col ritmo che ti scrivo. Alle officine di Varsavia i geli di mattine disperate fra binari, abrasivi, acciai, reparti di ruggine, odono forse ora la fine dei nostri tempi nelle cifre che Gozdzik spezza al microfono su folle protese e ferme come l'altre, allora, sui graniti di Pietrogrado; e chi ora va nei parchi di Buda e guarda le zolle péste di cingoli e passi, lavora in suo cuore, poeta, anche per te 3' . J-t «Nam ncquc nos agcrc hoc patriai tcmporc iniquo/ possumus acquo animo[ ... ]», Tito Lucrezio Caro, De remm ,iatura, (Libcr primus, vv. 41-42.), tr. it. La natura, a cura di A. Fcllin, lITET, Torino 2.004.
AP 76. 'VPD 796.
Js 3
103
PARTE PRIMA. METRICA
L'enfasi della sesta sezione non può che confermare quanto Pasolini aveva già espresso nella terza nota della sua Polemica in versi. Al rinnovamento dell'accusa di misticismo e di moralismo, Fortini risponde il I 0 gennaio I957 scrivendo: «la maggior parte dei miei amici [di "Ragionamenti"] sono molto meno "mistici" di me ed il loro moralismo è quello inevitabile di una opposizione che vuol preparare il futuro».J7. Fortini non abbandona la certezza che ogni discorso - anche quello sulla metrica - debba passare per la porta stretta dell'economia politica. Egli continua a insistere sull'esigenza di smascherare la mistificazione dell'opera poetica, sulla necessità di lavorare collettivamente - sul piano politico ed estetico - a una sottrazione della forma al dominio del capitale, mutando, tra pazienza e impazienza, i destinatari ai quali il suo discorso si rivolge. Se il futuro la cui «luce / [... ] non cessa un solo istante Il di ferirci» della sesta e ultima parte del Pianto della scavatrice viene inteso da Fortini come «proprio allungamento vitale piuttosto che un futuro come reale futuro altrui »38 , viceversa, per quest'ultimo, il futuro è un tempo d'attesa dove altri potranno giovarsi di un discorso in rovina espresso nelle prose saggistiche e negli interventi di critica. E non da ultimo, nel sistema di segni poetico-letterario che «va appreso [... ] nella sua "astanza "; sapendo però che, sottoposto alla traduzione critica che ogni recettore inevitabilmente ne compie, si tramuta da uno ad altro sistema di segni, salvo ricomporsi, per ogni futuro riuso, nella propria originaria figura formale» 39 • 4.2. Il giudizio dell'orecchio e il denre della storia: Fortini e Giuliani Nello stesso anno in cui Fortini raccoglie in Verifica dei poteri i saggi redatti tra la seconda metà degli anni Cinquanta e il I 9 6 5, Alfredo Giuliani pubblica Immagini e maniere per Feltrinelli◄0• Il volume è composto da ventuno «materiali» di critica letteraria apparsi per lo più sulle pagine del «verri» a partire dal 19 5 6, anno di fondazione della rivista di Anceschi orientata a un approccio fenomenologico del testo e aperta a un'idea di letteratura in fieri. All'interno
JI
AP 77. AP 33·
J,
AP XI.
◄0
A. Giuliani, Immagini e maniere, Fcltrinclli, Milano 1965.
J7
4. I
LIMITI DELLA MISURA
della biografia fortiniana, gli anni successivi al '5 6 sono segnati dalla trasformazione di una mai del tutto pacificata nozione di impegno. Oltre alla chiusura di «Ragionamenti», Fortini dà alle stampe nel 1957 i suoi Dieci inverni, interrompendo i rapporti con il PSI e con I' «Avanti!». Ridotto a «persona privata», egli non smette tuttavia di impostare un lavoro finalizzato all'appropriazione di uno spazio per elaborare un progetto di mutamento sociale. Le lettere che Fortini invia in questi anni rivelano il bisogno di «mettersi alla testa di un lavoro di unificazione e di rafforzamento» delle riviste della sinistra 41 • Quello che però è definito un «anno straordinario e tremendo» 41 appare ad Anceschi come un anno «stanco», «un anno sabbatico della letteratura; un anno di vacanza, non privo di misteriose fratture di dissolvimento» 43 • Contro il legame tra poesia e storia affermato in questi anni da Fortini, Alfredo Giuliani scriverà, recensendo Poesia ed errore, che la poesia non deve avere soltanto «lo scopo autobiografico di piangere sull'infelicità storica» 44 • L'affermazione della nuova corrente critica anceschiana trova fondamento nell'opposizione a correnti dominanti che avevano perso la loro presa sulla realtà storica, mutate le esigenze - e le fisionomie - dei produttori e dei consumatori. Secondo Roberto Esposito, «era proprio il definitivo superamento dello storicismo sia idealistico-crociano, sia marxistico-gramsciano, che consentiva alla nascente avanguardia di aderire con assoluta sintonia al livello ideologico del presente, di assumerlo cioè su di sé, e farsene disinvoltamente portatrice» 4 s. La lotta contro l'ufficiale nozione di impegno condotta dal nuovo gruppo del «verri» va letta infatti in controluce con un disfacimento interno di soluzioni poetiche esaurite. Il nuovo gruppo saprà sfruttare questo esaurimento per assumerlo come pietra angolare di un percorso di sprovincializzazione della cultura italiana. Come ha osservato Ermanno Krumm citando Mengaldo: «se con l'ermetismo fiorentino degli anni 1935-1940 "si è avuta l'ultima incarnazione di un linguaggio della poesia interpersonale, uniforme ed egemonico" [ ... ], con il secondo dopoguerra si 4•
SE CVI.
1.AP 62.. 4J L. Anccschi, lllterve11ti per «il ve"i» (I956-z987), a cura di L. Vctr~ Longo, Ravenna 1988, p. 15. 44 A. Giuliani, Immagini e maniere cit., p. 97. 4J R. Esposito, Ideologie della neoava11guardia, Liguori, Napoli 1976, p. 2.2.. 4
PARTE PRIMA. METRICA
è passati progressivamente a un massimo di plurilinguismo [... ] e a un'enorme varietà nella ricerca poetica»-f 6• Krumm constata inoltre il passaggio di testimone della critica letteraria dai critici "di professione" ai poeti-intellettuali. Con la scomparsa di critici come Debenedetti, Pancrazi, Russo, Flora, De Robertis, Emilio Cecchi, «il discorso critico sulla poesia passa direttamente a chi la fa» 47 • La capacità dello scrittore di orientare un progetto di prassi possiede tuttavia l'energia di una supernova: [... ] è un gradino intermedio rispetto al definitivo svuotamento del ruolo sociale del poeta, che avrà luogo negli anni Settanta. Ma è un punto importante, parallelo al progressivo infoltirsi di quanti scrivono (la società di massa rompe gli argini) e ali'aumentata importanza del sistema editoriale, che in questi anni incomincia a sostituirsi ai critici nel "promuovere,,, scegliere e valutare la pocsia-t8•
In questo contesto si colloca il discorso critico impostato da Fortini sul «Menabò» con Le poesie i-taliane di questi anni recensito da Giuliani sul «verri» 49 • La stroncatura è adesso al critico, laddove nella recensione a Poesia ed errore a essere contestata era stata invece l'attitudine del poeta. Pur intercettando questioni essenziali, Fortini non riuscirebbe a distaccarsi, secondo Giuliani, da un eccessivo logicismo, reo di trascinare le osservazioni sulla poesia in «speciosi computi di spinte e controspinte», strozzandole, insabbiandole, o semplicemente perdendole di vista «mentre crede di seguirle col dito puntato»s (l'immagine del Fortini censore è una costante nella prosopografia dell'autore). In un passaggio della recensione, Giuliani indaga il rapporto Fortini-Pasolini a partire dalla lettura fortiniana delle Ceneri, che contiene argomenti in parte condivisi nella sua stroncatura compilata nel 19 57s•. Malgrado alcuni punti di tangenza, lo scritto di Fortini appare a Giuliani tanto dialettico «da volersi presentare nella veste di elogio» si, carico di «contor0
4' E. Krumm, Il cuore del secolo, in Poesia italiana del Novece11to, a cura di E. Krumm, T. Rossi, prefazione di M. Luzi, Skira, Milano 1995, pp. 598-599. -t1 lvi, p. 606. 41 lbid. "'A.Giuliani, Immagini e ,naniere cit., pp. 100-105.
so lvi, p. 102.. s• lvi, PP· 89-93. s:a. lvi, p. 103.
106
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LIMITI DELLA MISURA
cimenti» dietro i quali si nasconderebbe «la larvata esaltazione di sé, "marxista moderno" e dunque politicamente (e poeticamente, chissà?) più avanzato di Pasolini»H. Giuliani denuncia l'inquietudine organizzativa fortiniana nei confronti dei suoi interlocutori, nonché l'aspetto dissociato del rapporto tra i due nemicissimi fratelli che arriva a essere definito dallo stesso Fortini come «un esemplare degli psichismi [... ] di ammirazione, devozione, stima e reciproca competitiva aggressività» da controllare e interpretare 54 • Il primo punto contestato da Giuliani riguarda l'atteggiamento classificatorio di Fortini: la sua insistenza a stabilire nessi tra poesia e politica a tutti i livelli della composizione, ovvero l'ossessione a fondere «la poesia politica, la politicità della poesia e l'uso che della poesia fa la politica» ss. Per Giuliani, viceversa, «una buona politica non serve a fare buona la poesia» 56 • Giuliani trova infatti inammissibile la privazione per il poeta della "grazia", del diritto all'autolegislazione (frantumata e assorbita dal contesto ideologico-sociale) e dell'autonomia semantica. D'altra parte, come abbiamo ricordato, definire la poesia autonoma significa per Fortini confermare un ordine di privilegio formale senza mediazione, che nega o mistifica il discorso contradditorio dell'opera poetica nel suo processo di formalizzazione. L'assenza del pubblico nell'atto di comunicazione tramite il linguaggio poetico risulta per Fortini un falso argomento, dal momento che la lirica, pur fingendo tale assenza, è direttamente orientata a un destinatario reale o fittizio. Per Giuliani, al contrario, «se c'è una poesia indirizzata ad altri (didattica, narrativa, satirica), c'è anche una poesia indirizzata "a nessuno": il poeta può non avere alcun problema di destinazione mentre ha il problema delle cose da dire» 57 • Il secondo punto della recensione tocca l'orecchio di Fortini, piegato secondo Giuliani alla stessa oltranza logica e classificatoria manifestata adesso sul piano della metrica 58 • È un orecchio che «crede di sentire chissà quali ronzii celesti mentre sono al lavoro i u lbid. AP XIV-XV. u A. Giuliani, Immagini e manierecit., p.
s-t
104.
s' lbid. S7
lbid.
s• •Fortini sfiora la poesia quando il suo linguaggio e i suoi motivi si adeguano l'uno agli altri, quando si tiene lontano dal loicismo e dalla tentazione di costruire versi col solo aiuto della consapevolezza storica», ivi, p. 99.
PARTE PRIMA. METRICA
tarli del suo armadio» 59 • La stessa opposizione era già stata formulata da Pasolini; ma anche, qualche anno più tardi, da Zanzotto, che criticava a Fortini il suo «irriducibile platonismo, "costituzionale"» incrociato con un marxismo volto a «configurare come poesia "vera" solo quella che sarà da una società "vera" che non è mai esistita, o meglio, che finora non si è attuata» 60• L'esempio utilizzato da Giuliani è il discusso endecasillabo del Pianto della scavatrice - «di giovani invecchiati tra i vizi» 61 - , che Fortini legge con quattro accenti forti, secondo il modello metrico descritto nel saggio di «Officina» ( «di giovani / invecchiati / tra i / vizi» )62 • In linea con il disappunto di Pasolini espresso nella lettera del 19 57, Giuliani contesta il rigore metricologico fortiniano e il criterio dell'isocronismo accentuale, che imporrebbe al lettore di posizionare un numero fisso di accenti - in questo caso quattro - anche dove gli accenti sarebbero, nella catena versale, soltanto tre: Con tali bizantinismi auricolari, Fortini si consola aspettando che la trasformazione dei rapporti sociali determini quella "nuova metrica'' che distinguerà la poesia dopo l'Avvento. Fortini avverte l'importanza della questione metrica, ma non sente e non vede, di fatto, che cosa della metrica è importante. Stando così le cose, c'è da domandarsi se egli veda ciò che è importante del socialismo'3•
Giuliani scopre il limite - più tardi confessato dal suo stesso autore6• - della concezione figurale delle forme metriche, ancora solida in Fortini fino almeno agli anni Sessanta. La conclusione della recensione al Menabò due va letta in questa direzione: «non so se sia giusto parlare di autolegislazione del poeta; so che dati i tempi, devo inventare i miei metodi, e la mia mente non è assorbita né separata dalla società» 6 s.
s, lvi, p. 103. '° A. Zanzotto, Lettera a Fra11co Fortini, Pieve di Soligo, 2.5/02/i96o in V. Abati (a cura e con un saggio di), A11drea Za,,zotto-Fra,ico Fortini. Due lettere (1960-1968} e un'i11tervista, •L'ospite ingrato. Annuario del Centro Studi Franco Fortini», II, 1999, pp. 301-302.. '' P. P. Pasolini, Tutte le poesie cit., t. 1, p. 836. 1 ' Cfr. supra, 3. 3 'J A. Giuliani, Immagini e maniere cit., p. 103. '4 Cfr. infra, 4·4 's A. Giuliani, Immagini e ,r,aniere cit., pp. 104-105. 108
4. I
LIMITI DELLA MISURA
Una proposta alternativa al problema metrico sollevato da Fortini arriva indirettamente da Giuliani in Il verso secondo l'orecchio, apparso sul «verri» nel febbraio 1961 e in seguito pubblicato nell'appendice di scritti teorici dell'antologia dei Novissimi, edita per Rusconi e Paolazzi 66• Si tratta di uno scritto programmatico, che include anche la metrica nella lotta per l'egemonia culturale. Il saggio muove dalla coscienza che ogni mutamento in campo metrico va rapportato a una trasformazione linguistica che lo precede. Giuliani ricorda il passaggio che portò alla formazione del verso romanzo sui relitti della metrica mediolatina, in un momento in cui la lingua aveva perso la sua caratteristica quantitativa in funzione di un dettato prossimo al criterio sillabico, da cui si sarebbe in seguito sviluppata - liberata, precisa l'autore-una nuova forma di versificazione. Un'affermazione analoga si legge in Verso libero e metrica. nuova (19 5 8 ), nel paragrafo in cui Fortini, per corroborare storicamente il suo verso accentuale, afferma allo stesso modo che «anche il passaggio dalla metrica quantitativa a quella romanza richiese lunghe incertezze e quindi lungo periodo di apparente "libertà" o arbitrio» 67. La difficoltà di mettere a punto un modello di verso «aperto-chiuso» fa dunque supporre a entrambi l'esistenza di una fase di transizione dove, di fronte all'esaurimento delle possibilità espressive del verso libero, i poeti cercano di mettere a punto un sistema di norme influenzate - anche in negativo - dalle avanguardie storiche. La legittimazione di una nuova metrica viene posta come alternativa rispetto ali' estremo rifiuto dello schema o della pratica mimetica del linguaggio aulico della tradizione. Pur sollecitando un nuovo modello metrico nella poesia italiana contemporanea, resta evidente per entrambi l'esistenza di una temporalità lunga coinvolta nei processi di trasformazione del costume metrico di una tradizione. Fortini e Giuliani divergono tuttavia nel rapporto con la tradizione: dialettico per il primo; antitetico e incompatibile con il nuovo, per il secondo. Nel confronto tra i due interventi va inoltre rilevata la diversa base epistemologica: nella visione marxista di Fortini, la metrica è indizio rivelatore di altre necessità, ovvero dei rapporti sociali " lvi, pp.
11-2.0,
poi in Id., Il verso seco,ido l'orecchio, «il verri», V,
1
(febbraio
1961 ), poi col titolo La fonna del verso, ora in Id. (a cura di), J Novissimi. Poesie per gli anni •60, Einaudi, Torino 1965, pp. 2.14-2.2.2.. '1 SI 805.
PARTE PRIMA. METRICA
tra individuo e collettività in omologia ai modi e agli strumenti di produzione dei discorsi; in Giuliani, per il quale la metrica è da intendersi come I' «arte di misurare il tempo del verso inventando e variando ritmi e valori fonici» 68 , l'aspetto più strettamente sociologico cede il passo alla sfera della percezione, trasposta nel lessico critico impiegato nel saggio. Secondo Giuliani, infatti, la metrica muta col mutare della lingua e «della nostra disposizione a sentire in un modo o in un altro i rapporti tra discorso e canto» 69 • Definire un verso «secondo l'orecchio» - dichiarare quindi l'abbandono di un verso «scritto per l'occhio» - significava inserirsi in quella continuità fenomenologica sostenuta da Anceschi. Il saggio di Giuliani è costruito circolarmente attorno a due autorità (e, si potrebbe dire, attorno a due temporalità storiche): Mario Vittorino, maestro di retorica del N secolo a. C., e Charles Olson, poeta americano contemporaneo, il cui saggio Projective Verse viene tradotto da Aldo Tagliaferri e pubblicato nello stesso numero del «verri» che ospita Il verso secondo l'orecchio. L'intervento di Giuliani è dunque stabilizzato da un'estesa epanadiplosi cronologico-argomentativa: la ripresa della poetica di Olson a conclusione del saggio acquisisce maggiore autorità grazie alla citazione iniziale di Mario Vittorino, mutuata da Dag Norberg70 • Per Vittorino, venuta meno la sensibilità della metrica quantitativa, la poesia doveva essere composta «ad iudicium aurium». Sviluppando successivamente tale percezione ritmica in un modello metrico (metrica ratione ), gli autori degli inni sacri avrebbero finito per plasmare lo scheletro di un nuovo modello di versificazione affrancato da una forma di scrittura avvertita, almeno in una fase di transizione, più simile alla prosa che al verso. Giuliani descrive la nuova forma di verso come il superamento della versificazione sillabica ( «con le sue arsi privilegiate e i suoi ritmi soggiogati») e accentuativa ( «a cui assimiliamo, nella lettura, il precedente; sicché, per esempio, "Dolce e chiara è la notte e senza vento" non è per noi un endecasillabo o è irrilevante che lo sia» )7 1, distanziandola al contempo dal criterio quantitativo impiegato dai
"A. Giuliani, La forma del verso cit., p. 2.14. "lbid. (c.vo mio). 70 D. Norbcrg, La poésie latine rytbmique du baut moye,, age, Almqvist 8c Wikscll, Stockholm 19 54. 1• A. Giuliani, La forma del verso cit., p. 2.14.
110
4. I
LIMITI DELLA MISURA
poeti "barbari". Il nuovo verso viene definito atonale, «dove, cioè, l'accento è servo dei moduli che di volta in volta formiamo con la frase; dove le sillabe "deboli" (o atone) non vivono ritmicamente a ricasco delle "forti", giacché le une e le altre non sono che giunture, snodi, maglie del discorso» 71• Lo scarto rispetto alle posizioni di Fortini, che eia bora il suo verso accentuale a partire dalla nozione di centroid di Craig La Drière, è evidente: Giuliani abbandona l'alternanza regolare di posizioni deboli e posizioni forti che caratterizza una definizione canonica di ritmo, ma tenta al contempo di rimanere all'interno dei confini di una metrica come «arte della misura». La terminologia proposta da Giuliani veicola un'esigenza non soltanto epistemologica: insistendo sulla nozione di metrica, egli intende dotare di autorità il suo congegno formale; un'autorità che il ricorso alla nozione di "ritmo" non è in grado di offrire. D'altra parte, la descrizione delle sillabe deboli come «maglie del discorso» avvicinerebbe la versificazione atonale a una misura non aritmetica, non soggiogata alla legge dei numeri, almeno all'interno del sistema geometrico euclideo. È in questo solco tra apertura e chiusura della forma che Giuliani introduce la teoria di Charles Olson. Intendere la metrica come «arte di misurare il tempo del verso» significa assumere i mutamenti di percezione del tempo e dello spazio e dotare di nuovi parametri di misurazione una scrittura connessa alle forme della realtà, per restituire sulla pagina l'immagine concreta del presente, del «mondo reificato ma carico di energie proiettive» 73 • Charles Olson costruisce il suo projective verse, dinamico o aperto, sulle modulazioni del respiro e della voce, prodotto e destinato ali' orecchio, e non ali'occhio. La sillaba rappresenta per Olson la particella sonora minima, che il poeta deve ascoltare in maniera costante e scrupolosa, per scoprire e andare incontro al suo «gemello», ovvero il verso7•. Attraverso la voce opposta alla «mente scolastica» il poeta Jvi, pp. 2.14-2.15. Ivi, p. 2.2.0. 74 C. Olson, Projective verse, in Id., Collected Prose, a cura di D. Allen e B. Friedlandcr, con una Introduzione di R. Crccley, University of California Prcss, Berkeley-Los Angeles 1997, pp. 2.39-2.49 (tr. it. A. Tagliafcrr~ Il verso proiettivo, «il verri», 1, 1961, pp. 13-14). Cfr. D. Duhaime, Charles O/sona,,d thequest{or aqua11tu,n poetics, «Rupkatha journal on lntcrdisciplinary Studics in Humanities», 3, 1, aprile 2.011, pp. 12.2.-12.3; cfr. anche D. Albright, Quantum Poetics: Yeats, Pound, Eliot, and the Sciet1ce o{ Moder,ùstn, Cambridge University Prcss, Cambridge 1997. 1z. 7J
III
PARTE PRIMA. METRICA
può riconfigurare il suo rapporto con la natura concepita come «forza alla quale è debitore della sua alquanto precaria esistenza»7S. Al concetto lineare della storia, ritenuto responsabile della barbarie della Seconda guerra mondiale, Olson contrappone la dimensione aperta dello spazio ( «Put war away with time, come into the space» )76 • Come per Fortini, inoltre, anche per Giuliani «una storia dell'inquietudine metrica vissuta dalla nostra più recente tradizione recherebbe probabilmente, se non grosse sorprese, utili indicazioni a vedere la questione del verso in termini di formula liberatoria e di nevrosi, ossia di rituale»n. L'espressione «inquietudine metrica», che Giuliani erge a «sintomo per cui si manifesta nel poeta l'angoscia della realtà» 78, consente di marcare una parziale convergenza con Fortini, pur declinata in differenti contenitori ideologici e strategie discorsive, ma formulata di fronte a una comune trasformazione del modo di percepire lo spazio della realtà; dove per «realtà» va intesa per Fortini la realtà storica e intersoggettiva 79 • Giuliani avverte la necessità di trovare una versificazione che sia «priva di edonismo, libera da quella ambizione pseudorituale che è propria della ormai degradata versificazione sillabica e dei suoi moderni camuffamenti» 80 • Con Fortini condivide l'esigenza di allontanarsi dal verso libero e dal verso canonico del lirismo, ma si distanzia nel rapporto con la tradizione e con la storia. Come abbiamo visto, la metrica serve a Fortini come dispositivo per assumere e indagare le mistificazioni formali, ammettendo dialetticamente l'ipocrisia dello schema. Da qui il paradosso di un superamento della forma attuato nel pieno rispetto della norma: di una «storia contro la storia» che trova analogie in un paradossale verso aperto-chiuso elaborato nella dialettica tra realtà e scrittura e al contempo avviluppato in un ragionamento contraddittorio, irrisolto e parzialmente verificabile. Il sistema di spinte e controspinte della prosa critica fortiniana viene da Giuliani sostituito da un energico invito alla concisione, caratterin C. Olson, Il verso proiettivo cit., p. 2.1. Cfr. C. Castellani, Corrado Cagli e Charles O/son. La ricerca di 11uovi linguaggi tra esoterismo e geometria 110n euclidea, «Miltteilungen dcs Kunsthistorischen in Florenz», LVI. Band - 2.014, Heft 2., p. 2.18. 77 A. Giuliani, La forma del verso cit., p. 2.17 (c.vo dell'autore). 71 lbid. .,, Cfr. P. Giovannetti, «Metrica è, per definidotie, tradi~ione» cit., pp. 145-146. lo A. Giuliani, fotroduzione z96z a J Novissimi. Poesie per gli a,mi '60 cit., p. 2.1. 7'
112.
4. I
LIMITI DELLA MISURA
stico - secondo quest'ultimo - del linguaggio poetico. «Sarebbe stato assai bello» - scrive Giuliani su Fortini - «se egli, preso il coraggio a due mani (anziché fregarsi la destra con la sinistra), avesse risposto al tema offertogli dal Menabò citando solo quel verso di Majakovskij: "Per prima cosa / bisogna / rifare la vita", che, pur lasciando in piedi la domanda "che faranno intanto i poeti?", ha il pregio della decisione» 81 • A differenza di Giuliani, secondo il quale «alla poesia non vale più dire, ma agire» 81, Fortini invita a una poesia in grado di superare lo stesso recinto poetico, che si accompagni dunque a una concreta azione preceduta dalla messa in discussione dell'estetico e delle categorie che lo sorreggono, le forme, in una prospettiva di totalità e di mediazione. Come epigrafe a un articolo del I97I pubblicato sui «Quaderni Piacentini», Fortini collocava una lettera non spedita di Aleksandr Blok a Majakovskij che per estensione è possibile leggere come risposta indiretta ai versi citati da Giuliani in forma di apostrofe, nonché come sintesi di una dialettica tra forme di programmazione politica e di riflessione estetica, di cui il verso accentuale rappresenta soltanto una delle proposte di azione totale del linguaggio impostata da Fortini: Il Palazzo d'Inverno e i Musei, li odio quanto voi. Ma la distruzione è vecchia come la costruzione cd è altrettanto tradizionale. Distruggendo quel che odiamo, siamo stanchi e disgustati non meno di quanto consideriamo il processo della costruzione. Il dente della storia è molto più velenoso di quanto pensiate; non possiamo mai sfuggire alla condanna nel tempo. Il vostro grido resta ancora un grido di dolore, non di gioia. Distruggendo, restiamo ancora schiavi del vecchio mondo; anche rompere la tradizione è una tradizione. Siamo minacciati da un pericolo ancora più grande: non possiamo evitare la necessità di dormire e di mangiare, qualcuno costruirà, altri distruggeranno, perché «c'è un tempo per ogni cosa, sotto il sole»; ma ognuno resterà uno schiavo finché non appaia un terL.O elemento, qualcosa di diverso dalla costruzione e dalla distruzione83•
4.3. Dalla parte dei critici
I dubbi sollevati da Pasolini e Giuliani sulla reale applicabilità delle ipotesi fortiniane vengono in parte esposti dai critici che si sono occupati dell'aspetto metricologico e linguistico dei saggi. Schema11
A. Giuliani, Immagini e maniere cit., p. 102. A. Giuliani, Prefazione z965 a I Novissimi. Poesie per gli a,mi 60 cit., p. 7. IJ QF 16. 1
1:1.
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PARTE PRIMA. METRICA
tizzando la ricezione degli interventi sulla metrica, è possibile individuare - seguendo Bernardo De Luca - due obiezioni principali alle argomentazioni fortiniane: «la prima è di ordine strutturale, e cioè la possibilità di avere un verso accentuale in lingua italiana; la seconda, invece è contestuale, se cioè il verso accentuale abbia realmente l'importanza riconosciutagli da Fortini» 8•. Abbiamo ricordato il giudizio di Raboni, riferito in particolare al nesso metrica-traduzione8s; nonché le perplessità di Mengaldo, che definiva gli scritti di Fortini «certo rivelatori e importanti ma insomma più ingegnosi che convincenti» 86. In questo paragrafo ci occuperemo della prima obiezione, rimandando al successivo la verifica dcli'elemento contestuale del verso accentuale riconosciuta da Fortini. Partiamo dal volume di Aldo Menichetti sulla Metrica italiatur7 • Individuando in Bacchelli uno dei primi poeti italiani del Novecento ad aver praticato un verso fondato sull'isocronismo degli accenti88, Menichetti evidenzia una differenza tra un tipo di verso il cui «numero delle sillabe non conta e la distanza che separa un accento ritmico dal successivo è assai variabile», e un altro tipo, più regolare, riscontrabile in gran parte dei versi di Pavese raccolti m Lavorare stanca. Vediamo i due esempi a confronto: Improvvisa, la fantasia m'ha condotto per le strade rettilinee del Bolognese, bordate di rami freddolosi, toccati dall'ottobre, con prospettive di persiane verdi allineate sulle facciate. (Paesaggi, Riccardo Bacchelli) 8, Camminiamo una sera sul fianco di un colle, in silenzio. Nell'ombra del tardo crepuscolo lt B. Dc Luca, Per u,,a veripca del verso accentuale, «L'Ulisse», 16, 2.013, p. 2.2.. •s Raboni fa ricorso alla nozione di atonalismo per descrivere il verso di Fortini; lo stesso termine, atonale, è utilizzato con un signi6cato differente da Giuliani sulla scorta del lessico musicale; dr. G. Raboni, Divagazioni metriche cit., pp. 406-411. " P. V. Mcngaldo, I chiusi i,ichiostri cit., p. 1 1 5. 17 A. Mcnichctti, Metrica italiana cit., pp. 96-98. u Tuttavia, come ricorda Giovannetti, «Bacchclli svolge nel 1914 un discorso molto sintetico, da lui mai più ripreso. La prima tcori7.zazionc sistematica e approfondita del verso accentuale si deve perciò a Franco Fortini[ ... ]», in P. Giovannetti, G. Lavczzi, La metrica italia,,a contempora11ea cit., p. 2.73. a, Citato da A. Menichetti in Metrica italia,,a cit., p. 96. La stessa lirica è riportata da Fortini in Poeti 2.7, citata da G. Contini in Letteratura dell'Italia unita (z861-1968}, Sansoni, Firenze 1968, p. 763.
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4. I
LIMITI DELLA MISURA
mio cugino è un gigante vestito di bianco, che si muove pacato, abbronzato nel volto, taciturno. T accre è la nostra virtù. (J mari del Sud, Cesare Pavese)'°
Contrariamente all'ipotesi di Contini, che sulla base del criterio della lunghezza associava la metrica di Pavese a quella di Bacchelli9', differenze fisionomiche importanti vanno rilevate tra i due campioni: se nella poesia di Pavese l'accento sviluppa un'identità ibrida di un pattern più o meno riconducibile al piede della metrica classica (l'anapesto - - +),nei versi di Bacchelli è assente al contrario una "struttura ritmica" analogamente cadenzata. La distribuzione irregolare degli accenti nei versi di Bacchelli restituisce uno schema meno compatto rispetto a quello pavesiano, il cui stretto isocronismo accentuale assicura l'effetto «alfabeto morse» indicato da Lloyd James per la struttura prosodica della lingua inglese92• Quando non riconducibile a unità prosodiche regolari - lo spettro del piede barbaro nel verso di Pavese-, lo schema accentuale viene escluso da Menichetti da un'oggettività linguistica. L'accertamento del principio accentuale risulta pertanto «impervio», in assenza di scritti teorici che orientano la lettura del verso, non sempre attestati per ogni autore. «In concreto» - osserva Menichetti - «a meno di dar credito a eventuali dichiarazioni dell'autore e anche disponendo dei suoi "scritti teorico-storici sull'argomento" (è il caso di Fortini [ ... ] ), il riconoscimento del principio rischia di cadere nel soggettivo; la metrica accentuale sconfina cioè fatalmente in quella libera» 93 . Distanziando la poesia di Bacchelli dalla metrica «barbara», lo stesso Fortini associa le origini del verso dell'autore bolognese «ai ritmi delle traduzioni dei Canti corsi, illirici, greci (1841-42) di Tommaseo» 9-4. Ancora su Bacchelli, Fortini precisa che «più che
'° C. Pavese, Il mestiere del poeta (a proposito di Lavorare sta11ca), in Id., Lavorare stanca cit., p. 9.
,, G. Contini, Letteratura dell'Italia u11ita (186z-z968) cit., pp. 762.-763; cfr. anche ivi, p. 1003. '& Cfr. M. Ncspor, Fonologia, il Mulino, Bologna 1993, pp. 2.58 esgg. ,J A. Mcnichctti, Metrica italiana cit., p. 97. ,,. Poeti 2.8; cfr. anche R. Bacchclli, Versi di Bacche/li letti da Bacche/li, Fonit-Cctra, Torino 1978.
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PARTE PRIMA. METRICA
a sviluppi lirici dello scrittore (cfr. Amore di poesia, 1930), questo esperimento preludeva alla prosa del narratore, teso a recuperare le strutture retoriche tradizionali» 95 • D'altra parte, lo stesso Bacchelli aveva descritto la sua metrica, «più propriamente che un verso, [... ] una misura in quattro tempi, scandita su quattro accenti, quantitativamente e complementarmente sillabica» 96• Il tendenziale sconfinamento del verso per accenti nella prosa rimane dunque un elemento importante della metrica accentuale. Si potrebbe inoltre istituire un parallelismo tra i modelli indiretti che hanno agito su Bacchelli e su Fortini per l'elaborazione di un verso per accenti. In entrambi va infatti isolata l'influenza prosodica originata dall'esposizione comune a un'oralità germanica: della madre Anna Bumiller, per il primo97; della moglie Ruth Leiser, per il secondo, conosciuta durante l'esilio in Svizzera, e insieme alla quale Fortini tradurrà le Poesie e canzoni di Brecht (1959). Per quanto riguarda Pavese, Fortini presenta nelle pagine introduttive dei Poeti del Novecento il cosiddetto «verso epico», utilizzato a sostegno dei suoi interventi sulla metrica e nella sua lettura delle Ceneri di Pasolini98 • Fortini precisa tuttavia l'impossibilità di definire la poesia di Pavese in termini di metrica «nella accezione comune, formale e numerica, di questa parola» 99, dal momento che in quest'ultimo prevarrebbe la densità ritmica piuttosto che la fissità metrica. Secondo Fortini: I poemetti narrativo-descrittivi di Lavorare stanca, con la loro scansione su quattro o cinque accenti maggiori [... ], non hanno nulla a che fare con la metrica «barbara» né col poemetto in prosa dei simbolisti, ma con giustapposizione di blocchi e con iterazioni pesanti costruiscono luoghi e persone, rapporti di interesse e di eros, tensioni fra città e campagna; e tutto questo è dominato da un senso di fatalità più che di destino, di attesa passiva, di pianto ringhiottito, di sfinitezza irrimediabile 100 •
,s lbid. "lbid. '» P. Giovannetti, G. Lavezzi, La metrica italia,,a contetnpora11ea cit., p. 2.72.. Cfr. anche A. Andreoli (a cura di), Disco"e,ulo di Riccardo Bacchei/i, R. Ricciardi, Milano-Napoli 1966, pp. 7-8. ,a Cfr. infra, 8.2.. ,, SI 787. ioo Poeti i43.
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4. I
LIMITI DELLA MISURA
La cadenza anapestica sarebbe pertanto più prossima a uno scivolamento sintattico atto a consolidare, nella ripetizione, l'attesa metrica del lettore. Il movimento discensivo del verso imprime al componimento un carattere monotono e cantilenato - «ampio e discorsivo» - da intendersi come «difesa automatica contro qualsiasi insinuazione di soggettivismo lirico» 101 • Nell'ipotesi in cui, al contrario, il lirismo fosse scandito dal ritmo anapestico, il registro «precipiterebbe di colpo nel comico e in toni da operetta» 102 • Come è stato osservato per il decasillabo manzoniano (ma tale accostamento non implica alcun rapporto di derivazione del verso lungo di Pavese dal decasillabo di Manzoni) 103 , è possibile applicare anche al verso di Pavese il concetto di inerzia ritmica 1.4. Il verso narrativo ed "epico" di Lavorare stanca è coerente al valore semantico veicolato dal movimento della voce collettiva nel testo, che nei versi del uzrmagno/a attiva una dialettica tra scrittura e storia, tra funzione poetica e tensione etico-politica. Oltre a interrompere la monotonia, l'enjambement esplicita l'affastellamento dei versi in serie, ovvero l'estensione dell'isocronismo di accenti orizzontale all'intera caduta verticale dei versi nella strofa. Come si legge nelle pagine del Mestiere del poe"ta, Pavese fa corrispondere la sua legge metrica al ritmo del suo «fantasticare» 105 • Tale pratica intende evitare sia il metro «rigidamente monotonale» -contro «ogni insidia di musicalità tardocrepuscolare» rappresentata dall'endecasillabo-, sia il modello lirico dell'ermetismo, la «religione della parola del primo Ungaretti e di Quasimodo, che del verso libero avevano fatto poco meno che un manifesto poetico» 106• In questo senso Pavese si avvicina, almeno negli intenti, ali' operazione compiuta da Fortini, ma con una differenza sostanziale: contrariamente a Fortini, Pavese delinea i tratti della poetica di Lavorare s"tanca utilizzando come esempio i propri componimenti e non di altri poeti. In altri termini, egli individua nella ritualità collettiva - di cui C. Di Girolamo, Il verso di Pavese, in Id., Teoria e prassi della versifìcazio11e, il Mulino, Bologna 1976, p. 186. 101
lbid. L'ipotesi - esclusa da Di Girolamo (ivi, p. 186, n. 8) - è di M. Mila, Prefazione a C. Pavese, Poesie, Einaudi, Torino 1961, p. VIII («la semplice aggiunta di un piede toglie tutta la scattante meccanica del decasillabo»). 1 0-f A. Menichetti, Metrica italia,,a cit., pp. 361 e sgg. 10 s C. Pavese, Lavorare stanca cit., p. 12.8. 1 °' C. Di Girolamo, Teoria e prassi della versifìcat,io,ie cit., pp. 185-186. 10
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la sua voce partecipa - una norma che regola le leggi del proprio universo poetico, mostrando una soggettività espressiva che, per sottrarsi a una forma di vita estetizzante, è disposta persino a rischiare la monotonia cantilenante, la «tiritera di parole» 107• Detto altrimenti: se Fortini cerca di astrarre una norma di gruppo per sottrarre i testi della sua contemporaneità dalla ritmica del verso libero - di cogliere, nell'insieme delle voci particolari, un «destino generale» - in Pavese il generale, in quanto espressione di un'organizzazione soggettiva dentro cui passa una porzione di storia, è inscritto nella voce di un soggetto che enuncia un discorso le cui regole vengono formalizzate nell'atto stesso della scrittura. Il momento della «fantasticheria» del ritmo precede quasi naturalmente la scoperta della norma che il poeta applica al movimento del suo discorso. Nel caso di Fortini, bisognerà attendere la conferenza del I 980 per leggere qualcosa di vagamente analogo•o&. Nei saggi degli anni Cinquanta, è ancora estraneo per lui un discorso sulla poesia condotto in termini di "soggettività", dal momento che «la nostra verità è sulle labbra degli altri, che il vero cammino interiore è il cammino dcli'esterno» •09. Quando in Metrica e biografia parlerà del suo modo di costruire i versi, il rapporto con i destini generali e la sua poetica saranno mutati rispetto alle scelte argomentative dei saggi degli anni Cinquanta, impregnati di una volontà di consegnare al lettore un ragionamento, uno schema analitico, una proposta d'azione valida a più voci e, pertanto, non interamente ascrivibile ali' esperienza di un singolo poeta. Sul versante della critica strutturale, al giudizio di Menichetti vanno affiancate le argomentazioni di Bertinetto, presentate in un saggio apparso sul primo numero della rivista «Metrica» nel I978 110 e ri-
•a, Una soluzione certo non definitiva, come testimonia un secondo intervento posto in appendice a Lavorare statica, dove Pavese supera le posizioni presentate nel Mestiere del poeta: «Quasi tutte le sue affermazioni e i suoi orgogli appaiono rientrati e superati nel secondo, A proposito di certe poesie 110n a11cora scritte, composto nel febbraio 1940. Qualunque sia per essere il mio avvenire di scrittore, considero conclusa con questa prosa la ricerca di Lavorare statica», C. Pavese, Lavorare sta11ca cit., p. 12.2.. •01 MB 39-74, dr. i11{ra capitolo 8. W. Siti, li 11eorealismo nella poesia italiana: z941-1956, Einaudi, Torino 1980, p. 176; cfr. anche Id., Il tarlo, in C. Fini (a cura di), Per Franco Fortini: contributi e testimo11ianze sulla sua poesia, Liviana, Padova 1980, p. 177. 110 P. M. Bertinetto, Strutture soprasegme11tali e sistetna metrico. Ipotesi, verifiche, risposte, «Metrica», I, 1978, pp. 1-54.
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LIMITI DELLA MISURA
prese in Strutture prosodiche dell'i'taliano La premessa di Bertinetto è la seguente: poiché in ogni lingua è possibile riconoscere una «sostanziale congruenza [... ] tra il sistema metrico e le strutture prosodiche» 11 2, diventa necessario «edificare la teoria metrica nel pieno rispetto delle caratteristiche prosodiche della lingua con cui si lavora» 113 • La posizione di Bertinetto è condivisa da Menichetti, che postula l'identità tra fenomeno metrico e strutture linguistiche sin dalle prime pagine del suo volume• 14 • In accordo a tale principio, Bertinetto esclude la possibilità di realizzare il metro accentuale nella lingua italiana, dal momento che: l'italiano non possiede l'accento secondario «nella forma in cui questo si manifesta in tedesco o in inglese»; nella lingua italiana non sono presenti differenze timbriche «uditivamente apprezzabili tra atone e toniche come in russo, né opposizioni quantitative come in ceco»; «il lessico italiano non contempla certo quella massiccia presenza di sostantivi monosillabici che ci è dato di trovare in inglese, e che già di per sé infittiscono la trama accentuale del discorso, accrescendo la possibilità di intervallare secondo un calcolato progetto le sillabe prominenti» 11 s. Sulla base dell'identità tra strutture prosodiche di una lingua e sistema metrico, non esiste secondo Bertinetto «alcun reale fondamento per edificare una metrica del tipo tonico-sillabico nella nostra lingua» 116; dichiarazione, questa, che Fortini riprenderà testualmente, ribaltandone le premesse 117• Bertinetto distingue tre livelli d'analisi: lo schema metrico, la scansione metrica e la recitazione del verso. Se quest'ultimo riguarda l'aspetto soggettivo della dizione - lasciato alla libera scelta di esecuzione del lettore-, i primi due si riferiscono all'astrazione della 111
•
111 P. M. Bcrtinetto, Strutture prosodiche dell'italiatzo. Accento, quantità, sillaba, giu,itura, {otzdame11ti metrici, Accademia della Crusca, Quaderni degli studi grammatica
italiana, Firenze 198 1. 112 • lvi, p. 2.19. 11 J lvi, p. 2.25. 114 «( ••• ] ogni fenomeno metrico è stato prima di tutto rapportato alla lingua; la lingua è stata cioè usata come parametro o reattivo sia ai fini della definizione e classificazione degl'istituti metrici in quanto tali, sia soprattutto nello studio delle diverse configurazioni che ciascuno di essi assume nel concreto dei singoli testi», A. Menichetti, Metrica italia,14 cit., p. VII. ••s P. M. Bcrtinetto, Strutture prosodichedell'italiatzo cit., p. 2.35. 11 11
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norma, al momento oggettivo• 18• Bertinetto esclude pertanto la dizione dal processo di costituzione di una metrica oggettiva, intesa piuttosto come la somma di schema e scansione. Per Fortini, la stessa dizione risulta inseparabile dall'astrazione metrica e tende a dialettizzarsi rispetto a una legge provvisoria creata collettivamente: L'isocronismo di una serie di versi, provocando l'attesa, genera una lettura, per dir così, coatta, che si ripercuote sul singolo verso; si crea qualcosa di molto simile ad una «legislazione» momentanea destinata a durare almeno quanto dura la composizione che si sta leggendo•''.
La formulazione di Fortini avvicinerebbe le sue ipotesi alla nozione di «ritmo» definita da Benveniste come «configurazione momentanea» 120 • Malgrado la parziale somiglianza con lo studio del linguista francese - e, in seguito, di Meschonnic - Fortini esclude tuttavia, soprattutto negli anni Cinquanta, la subordinazione della metrica al ritmo, intendendo piuttosto quest'ultimo nel significato canonico di alternanza di tempi forti e tempi deboli. Ricorrere alla nozione di ritmo per definire la condotta di un'intera pratica compositiva significava per Fortini instaurare - dal punto di vista etico - un compromesso con le forze che proponevano lo sgretolamento della tradizione per rivolgersi esclusivamente ai moti dionisiaci del poeta «danzatore sulle macerie». Tale modello estetico viene osteggiato da una poetica ispirata alla frase di Mandel'stam - «la poesia classica è poesia della rivoluzione» posta a conclusione dell'intervento di Poesia e antagonismo del 197i z.z.. Le obiezioni di Bertinetto sull'impossibilità di edificare una struttura metrica per accenti restano valide, soprattutto se lette sul piano linguistico e verificate rispetto ai caratteri prosodici dell'italiano. Allo stesso tempo, bisogna precisare la parzialità dell'analisi linguistica sulle strutture prosodiche dell'italiano, che non elimina il portato delle concrete effrazioni sulla lingua compiute dagli autori nell'esperienza 121
111
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Si veda a questo proposito l'esempio indicato da Bcrtinetto a partire dal noto verso dantesco «Ahi quanto a dir qual era è cosa dura», in ivi, p. 2.2.0. 11 , SI 806 (c.vo dell'autore). 110 É. Bcnvcnistc, Problemi di li11guistica generale cit., pp. 3 90-400. 111 O. Mandcl'stam, La quarta prosa, a cura di A. M. Ripcllino, Dc Donato, Bari 1 967, p. 45· ,u QF 149; «ma non, va da sé, nel senso dei neoclassicismi, di "destra" o di "sinistra"», LT 74.
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della scrittura. Sulla possibilità di «"forzare" le norme caratteristiche di una lingua, come l'italiano, a isocronia sillabica, avvicinandola a quelle di una lingua, come l'inglese, a isocronia ritmica», Giovannetti ha osservato infatti come la risposta dei poeti sia stata, storicamente, affermativa 113 • Fortini stesso, pur riconoscendo la reale difficoltà di edificare una metrica accentuale nella lingua italiana, risponderà alle critiche di Bertinetto dichiarando che «edificarla non si può ma praticarla la si pratica e come» •2..f. Nel febbraio del 1979, Bertinetto invia una lettera a Fortini in cui riconosce la legittimità delle sue «pretese di "anticipazione», rimanendo tuttavia fermo su alcuni punti che -sul piano descrittivo della lingua - rimangono inequivocabili: [ ... ] direi che le sue pretese di "anticipazione'' sono più che legittime; sempre che io non debba in futuro accorgermi nuovamente della vastità della mia ignoranza, facendo nuove scoperte. A mia discolpa, si fa per dire, posso solo invocare la scarsa memoria collettiva che la nostra cultura sembra palesare in generale. Questi suoi saggi avrebbero meritato una maggiore circolazione, dato il carattere fortemente innovatore (anche nel piano strettamente concettuale} che li contraddistingue. Eppure, non li avevo visti citati da nessuna parte. Quanto allo specifico della questione, ossia l'interpretazione tonico-sillabica (o addirittura puramente accentuale} della metrica italiana contemporanea, posso soltanto ribadire la mia posizione di attesa. Non mi considero affatto in grado, allo stato attuale (precario) delle mie conoscenze, di emettere ipotesi al riguardo. Ribadire ciò non è solo un mio diritto, ma un mio preciso dovere, checché ne pensi l'ignoto autore della segnalazione relativa alla rivista "Metrica,, ("la Repubblica", 2'}/01'1'}7'}}; il quale mi accusa di eccessiva cautela. Se la struttura prosodica dell'italiano sta davvero mutando, questo lo potranno sapere con certezza solo i nostri posteri. Le uniche nostre certe-LZC, al momento, sono costituite dalle testimonianze dei poeti, come la sua, che ci dicono come il verso sia inteso da parte di taluni che vivono dal di dentro l'esperienza della creazione. Altro non sono in grado di affermare. [... ] u.s
Bertinetto preferiva affidarsi alla testimonianza delle singole esperienze dei poeti, a partire dalle quali ricavare una tendenza, piuttosto che una regola prosodica da assumere a norma metrica. D'altronde, come abbiamo visto, nei saggi degli anni Cinquanta la metrica accentuale si configura per Fortini come uno strumento utilizzato per •:r.3 P. Giovannetti, G. Lavczzi, La metrica italia11a contempora,iea cit., p. 2.72.. •:r..tMB65. •:r.s P. M. Bcrtinctto, Lettera a Fortini, Torino 3 febbraio 1979, AFF, cart. 32..
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opporre una pratica compositiva a due tendenze da superare, ovvero lo pseudotradizionalismo e la pseudoritmicità pura. La difficoltà di realizzare uno schema compiuto non impedisce il riconoscimento della reale urgenza, da parte dei poeti degli anni Sessanta e Settanta, di configurare un nuovo sistema metrico a partire dai cambiamenti prosodici nella lingua italiana o da esigenze di poetica. È questa I' obiezione della segnalazione apparsa su «la Repubblica» del 29 gennaio I979, riferita al già citato primo numero della rivista «Metrica» del I978, in cui un «ignoto autore» ribadiva l'esigenza di andare oltre la cautela del saggio di Bertinetto, il quale eludeva «il problema di individuare l'attuale fase di transizione della poesia italiana da un sistema prosodico a un altro, dicendo che se sarà vero mutamento "lo sapremo tra qualche secolo"» 116•
4.4. Ancora sulla metrica accentuale A più di vent'anni di distanza, Fortini riprende l'ipotesi accentuale formulata su «Officina» e «Paragone» nel citato intervento di Ginevra del maggio I980, Metrica e biografia, che evoca nel titolo il componimento di Poesia ed errore, stabilendo una linea di continuità rispetto alla «contesa che dura». In questa nuova declinazione del nesso «metrica-biografia» Fortini sottopone a verifica storica alcune sue ipotesi, ora confrontate con una frattura culturale che aveva mutato non da ultimo il ruolo dell'intellettuale, ridotto a specialista della letteratura 127• Il carattere eteronomo della creazione artistica viene ribadito insieme alla necessità di collocare l'opera poetica in relazione a un sistema di forze esterne. In una nuova declinazione della formula che negli anni Cinquanta descriveva i rapporti tra metro e ritmo come «allegorie di altre necessità», Fortini afferma nuovamente che «è impossibile e suicida separare le condizioni della scrittura e della lettura dalla riproduzione materiale della esistenza biologica, dunque dal principio di realtà o, per essere meno chiari ma più allusivi,
u., Recensione anonima ad AA. W., Metrica, Ricciardi, Milano-Napoli 1978, «la Repubblica», 2.9 gennaio 1979. u.7 Emblematica a questo proposito è la prefazione a NSI 6.
12.2.
4. I
LIMITI DELLA MISURA
dai modi e dai rapporti di produzione» 128• Le differenze rispetto ai saggi degli anni Cinquanta sono tuttavia notevoli. La più evidente riguarda la dispositio argomentativa del saggio. Alla questione della metrica accentuale viene riservato soltanto un paragrafo - il quinto dei sei che compongono l'intervento preceduto da quattro blocchi discorsivi che descrivono le modalità compositive della poesia e la sua relazione con la costruzione biografica 119• L'autore smussa i toni di «perentorietà affermativa» 130, abbandonandosi a una prosa più distesa, quasi narrativa, autobiografica; complice anche il carattere orale dell'intervento, destinato alla lettura di fronte a un pubblico studentesco. Il mutamento di postura si riflette nella scelta dei verbi, che rispecchiano una volontà di ridefinire le categorie di un ragionamento ora percepito come superato. Si leggono espressioni come «mi pareva», «mi sembrava di cogliere», «mi pare possibile affermare», che fanno presentire non ancora una palinodia, ma certo una revisione rispetto alle ipotesi precedentemente elaborate: Mi pareva che fosse in corso una transizione da una metrica fondata sulla prevalenza dell'isocronismo sillabico ad una (analoga alla anglosassone) fondata sulla prevalenza dell'isocronismo accentuale. Mi sembrava di cogliere, nella pratica metrica di molti autori, la tendenza a costruire il verso sulla alternanza di momenti forti e di momenti deboli, dove il numero di questi ultimi fosse per avere sempre minore importanza 131 •
La revisione rispetto alle ipotesi degli anni Cinquanta è condizionata dalla pubblicazione di saggi critici che andavano in tutt'altra direzione rispetto alle ipotesi fortiniane. Il primo, che Fortini non cita esplicitamente ( «come poi altri credette di scorgere»), si riferisce quasi certamente alla lettura metrica delle Ceneri di Gramsci condotta da Walter Siti in un articolo del 1972 pubblicato su «Paragone», in seguito citato e ridiscusso da Fortini nel volume dedicato a Pasolini 1 J 1 • L'altro è il già citato studio di Bertinetto, il quale, come abbiamo visto, esponeva una certa perplessità sulla ,aa MB 42.; cfr. anche supra, 1.3.
u., Cfr. infra, capitolo 8.
130
IJI 1 1
J
F. Fortini, Lettera a Mengaldo, Milano, 2.9 novembre 1987, AFF, cart. 66, c. 3. MB 64. W. Siti, Saggio sull"endecasillabo di Pasoli11i cit.; cfr. AP 83.
12.3
PARTE PRIMA. METRICA
reale incidenza o esistenza della «memoria collettiva che la nostra cultura sembra palesare in generale» i33, pilastro concettuale dell'ipotesi fortiniana. Bertinetto spostava «ai posteri» la verifica della validità e la certezza di un'affermazione della norma, promettendo di avviare una ricognizione della questione in un programma di ricerca accademico sulla metrica del Novecento a partire dalle testimonianze dei poeti, gli unici in grado di dire «come il verso sia inteso da parte di taluni che vivono dal di dentro l'esperienza della creazione» 134 . Quest'ultima affermazione non sarà stata indifferente a Fortini, che l'anno successivo strutturerà il suo nuovo intervento sulla metrica a partire dalla testimonianza autobiografica dell' esperienza di composizione poetica. Tra i due termini del titolo, il peso argomentativo viene infatti spostato sul secondo 13 s. Fortini non intende tuttavia rinunciare alla sua ipotesi. In risposta a Bertinetto, egli spostava l'attenzione dalla teoresi alla prassi, affermando esplicitamente, vale la pena ripeterlo, che «edificarla non si può ma praticarla la si pratica e come» 136. In questa nuova variazione sul tema non è il ragionamento a dettare i termini di una pratica compositiva; viceversa, è la pratica a fornire i termini di una regola di composizione. D'altronde, la nuova impostazione retorica del discorso sulla metrica trova analogie con il modo di impostare un confronto tra intellettuale e società che Fortini aveva condotto qualche anno prima nei saggi di Questioni di frontiera. Rispetto alla pianificazione culturale degli anni Cinquanta e Sessanta, ali' organizzazione autonoma degli intellettuali opposta alla forma prescrittiva del partito•37 viene adesso sollecitata una nuova azione collettiva fondata su una strategia concertata di opposizione. Si tratta di una scommessa, per dirla con Fortini, giocata ai margini delle maggioranze, nella mutata consapevolezza, resa evidente
•JJ
P. M. Bcrtinctto, Lettera a Fortini, Torino 3 febbraio 1979, AFF, cart. 32., c. 3.
IJ4
lbid.
•u A conclusione della lettera indiri7.zata a Fortini, Bcrtinctto dichiarava: «La mia impressione è che, accanto alla posizione da lei (cd altri) espressa, ve ne siano altre contrastanti. Un indizio in questo senso mi sembra legato alrindubbia persistenza di suggestioni (o "cavità") pavcsianc negli anni in cui lei scriveva quei saggi. Si tratterà allora di verificare quanto diffuse siano tali suggestioni, anche in senso diacronico. Ma quel che sto dicendo non è neanche un'ipotesi di lavoro: è solo un presupposto metodologico», ibid. •J' MB 65. •J7 Cfr. Proposte per una orga11iuazione della cultura marxista italia,,a cit.
4. I
LIMITI DELLA MISURA
da decenni di "sconfitte", che «ogni odierna organizzazione della cultura o d'altro è destinata ad essere travolta al primo salto qualitativo del domani» 138 • Tale consapevolezza esclude un certo modo di organizzare la lotta, ma costringe allo stesso tempo a riformulare una strategia comunicativa, accompagnata da una «scelta di campo motivata meglio che si può» 139 , che punti a «una rivoluzione di tutti ad opera di tutti, del funzionamento dell'ufficio come della officina e della banca, del modo di scrivere una lettera come del modo di insegnare una lingua straniera, della redazione di una rivista come della tecnica di argomentazione di un manuale scolastico» 1• 0 • La critica all'industria culturale e al capitalismo avanzato non veniva declinata soltanto come sociologia del consumo e dei consumatori; essa andava accompagnata da una critica della produzione e dei produttori. È all'interno di questo orizzonte di prassi che Fortini ricalibra il suo lavoro di saggista e di poeta, alla cui produzione di opere in prosa e in versi si accompagna un'indagine sui linguaggi e sulle forme, sulla scrittura e sulla metrica. Sul rapporto tra sintassi e politica, così scrive in Contro il rumore: Ogni volta che nel nostro paese si presenta la possibilità di discorrere della comunicazione non-specialistica, ossia del linguaggio medio della persuasione e dell'informazione, gli addetti ai lavori scantonano o parlano d'altro. Tutti seguitano a credere che l'elaborazione e fondazione di un linguaggio, di una retorica e di una metrica sia questione di poco momento o non riguardi la Rivoluzione.[ ... ] Invece, per combattere la barbarie che abbiamo di fronte, è necessario che la notizia vera e la parola rossa siano anche un altro linguaggio; che i rapporti fra le parole e i periodi, i loro ritmi, le strutture delle forme di argomentazione e di rappresentazione si oppongano punto per punto a quelli degli «altri» e siano invece coerenti fra loro secondo un disegno e una scelta, nelrautorità di un pensiero coerente• ◄•.
All'intellettuale spettava adesso il compito di valutare quali forme e quali contenuti avessero il massimo di efficacia; o anche soltanto di «accendere una serie ininterrotta di contraddizioni» tentando di realizzare gli stessi fini pur risiedendo nelle strutture
•J 1
QF
12.3
(c.vo dell'autore).
•J, lbid. l ◄OQF 140.
•◄•
QF 89 (c.vo dell'autore). 125
PARTE PRIMA. METRICA
esistenti della società •·P•. Il compito di una critica al linguaggio a partire dalle strutture esistenti viene proseguito anche sul piano della composizione poetica, in una nuova indagine sulle scelte formali di organizzazione metrico-retorica del discorso in versi. Se da una parte, dunque, le analisi di Bertinetto costringono a un ridimensionamento delle applicazioni della metrica accentuale, dall'altra Fortini persegue il suo progetto intellettuale come esperienza totale del linguaggio nella storia. Il ridimensionamento dell'ipotesi accentuale è visibile in Metrica e biografia sia sul piano strutturale, interno cioè alla configurazione del verso e del componimento, sia su quello contestuale, ovvero in relazione ad altre esperienze compositive. Sul primo versante, Fortini insiste sulla possibilità di individuare costanti metriche che determinano un'attesa nel lettore nei testi di poeti di diverse generazioni, ammettendo tuttavia un margine di arbitrio maggiore rispetto ai saggi precedenti. L'impressione è che prevalga un atteggiamento meno normativo rispetto al tono assunto negli anni Cinquanta. In altri termini, Fortini non cerca più di perimetrare una koiné metrica, ma di descrivere un paesaggio dai contorni più smussati da cui ricavare una visione di insieme che porti a stabilire un legame tra modalità di produzione delle opere in versi e possibilità di intervento in un mutato contesto socioeconomico. Gli esiti di questa nuova attitudine risultano del resto più convincenti. La scelta degli autori presentati per esemplificare la tendenza accentuale è interessante. Il primo è il Montale degli anni Settanta, di cui Fortini propone la lettura di L'abbiamo rimpianto a lungo l'infilascarpe, pubblicato nella sezione Xenia Il di Sa-tura (1971)••u. Malgrado la presenza di endecasillabi tra altri versi deliberatamente allungati - v. 2 «il cornetto di latta arrugginito»; v. 3 «sempre con noi. Pareva un'indecenza»; v-4 «similori e gli stucchi un tale orrore» - è possibile secondo Fortini individuare una scansione a tre o a quattro ictus principali. A differenza del saggio di «Officina» del 1958, Fortini ammette ora «un margine di incertezza che dà libertà di dizione», a seconda dell'enfasi logica che si vuole attribuire al verso. La scelta di tre o quattro accenti sarebbe pertanto affidata al lettore, con la conseguenza di attenuare il potere normativo dello schema elaborato •4&
•4J
QF 138. E. Montale, Tutte le poesie, a cura di G. 2.ampa, Mondadori, Milano 1984, p. 307.
126
4. I
LIMITI DELLA MISURA
negli anni Cinquanta in funzione di criteri di lettura soggettivi dettati da elementi secondari che indirizzano la dizione. Il criterio dell'isocronismo tonico, necessario per ricavare la fisionomia di una metrica accentuale e stabilizzare l'architettura verticale dell'ordine discorsivo, viene ancora affermato da Fortini, ma subisce un indebolimento che permetterà di preparare il terreno, come vedremo, a una diversa nozione in grado di definire la struttura formale 144. Nell'esempio successivo, Un posto di vacanza di Sereni, l'oscillazione del numero di accenti all'interno di un verso si fa più marcata. Lo scheletro di un endecasillabo risulta ormai irriconoscibile rispetto ai componimenti sereniani precedenti. Agli otto versi iniziali della prima sezione, che ruotano attorno all'asse endecasillabico, seguono segmenti più lunghi ricondotti da Fortini a un modello ad alternanza irregolare di tre o quattro accenti forti. La stessa incertezza è mostrata per i versi di Giudici, di Bertolucci e di Orelli, ai quali è affiancato un testo di Nanni Balestrini, Le avventure della signorina Richmond. In quest'ultimo, l'esigenza di una metrica per accenti viene confermata, per Fortini, dal taglio della parola a fine o a inizio verso, che assume «la funzione estraniante di evidenziare l'arbitrio metrico ed indurre una lettura stridula, non-naturalistica e non-espressiva» 145 • Il ridimensionamento della proposta metrica avviene anche in termini contestuali. Seppur statisticamente preponderante nel panorama poetico italiano, la metrica accentuale viene adesso indicata come una tra le possibili soluzioni elaborate nell'ultimo ventennio. La nuova lettura del fenomeno tiene conto della pluralità di esperienze volte alla costituzione di un «verso necessario» 14 6, che mira cioè a superare l'impoverimento delle potenzialità espressive del verso libero internazionale. Accanto alla tendenza maggioritaria della metrica accentuale si dispiegherebbero secondo Fortini due direzioni, individuate sulla base della frequenza statistica dei testi dell'antologia di Antonio Porta, pubblicata in quello stesso periodo per Feltrinelli 147 • Da una parte si riscontra la tendenza isosillabica tradizionale, prevalente su quella tonica; ma questa è così rara che soltanto tre degli ottanta1 44
Cfr. infra, capitolo 8.
10
MB 68. G. Mesa, Il verso libero e il verso necessario, in Akusn,a: forme della poesia co11temporanea cit., pp. 2.43-2.55. 1 47 AA. W., Poesia degli a,mi Setta11ta, introduzione, antologia e note ai testi di A. Porta, prefazione di E. Siciliano, Fcltrinelli, Milano 1979. 1
4'
127
PARTE PRIMA. METRICA
cinque autori presenti nell'antologia di Porta utilizzano sequenze di endecasillabi, per età anagrafica e appartenenza a una generazione (gli ottantenni Betocchi e Solmi) o per scelta deliberata, come negli ipersonetti del «carnevalesco» Zanzotto. Dall'altra, Fortini individua un'area vastissima che sembrerebbe abbandonare qualsiasi parvenza di verso, limitandosi a una scansione fondata sulla pausa grafica o sulla misura del versetto originato dalla traduzione della Bibbia. Si tratta di versi liberi (tra cui l'autore include le ultime raccolte di Pasolini, Sanguineti, l'ultimo Zanzotto, Pagliarani, Luzi, Sereni) la cui libertà è da intendersi nel vero senso della parola, dove non è più percepibile l'intenzione di creare un'attesa nel lettore - caratteristica principale della concezione della metrica per Fortini - se non nel fattore ultimo di metricità dato dalla cesura a fine verso, I'a capo, unico elemento in grado di « riorganizzare retroattivamente il segmento», introducendo pause e cesure. Mancherebbe insomma, in questa seconda tendenza maggioritaria, il criterio di isocronismo verticale. Questo non significa tuttavia che altri e diversi elementi della composizione non debbano essere indicati nella costruzione formale e nell'ordinamento metrico dei componimenti. Fra tutti, Fortini segnala il criterio della divisione strofica. Al tradizionale versetto biblico, entrato nell'orecchio poetico italiano sin dalle traduzioni di Tommaseo e ripreso dai vociani fino alla prosa lirica o al poema in prosa, Fortini affianca l'esperienza della «poesia visiva». Per quest'ultima, di cui non è possibile individuare un criterio di ordine metrico nell'isocronismo sillabico o tonico, l'elemento che regola la composizione è dato dalla stessa disposizione tipografica, che assume la funzione di «medium legante» 1• 8• Il corollario di queste considerazioni ha conseguenze importanti sull'intera teoria metrica fortiniana. Riconoscendo una nuova area di composizione strutturata a partire dal bianco tipografico e dalla distribuzione irregolare delle strofe, Fortini ammette latamente l'impoverimento del significato tradizionalmente attribuito alla nozione di "metrica" nella sua accezione numerica. Negli stessi anni, Henri Meschonnic stava compiendo - ma con differenze notevoli rispetto alle riflessioni fortiniane - un'operazione simile, mosso dall'esigenza di indagare i criteri di organizzazione formale del componimento poetico a partire da elementi fino ad allora ritenuti poco incisivi dal ••• MB 70. 12.8
4. I
LIMITI DELLA MISURA
punto di vista semantico' 49• Fra tutti, proprio quel bianco tipografico che Fortini individuava come fattore metrificante, privato tuttavia del significato canonico che decenni di estetica dell'indicibile e del vuoto di memoria mallarméana gli avevano attribuito. Per fissare questa transizione - che Fortini riconosce ma a cui non fa seguire alcuna revisione terminologica - è utile riportare il passaggio dell'intervento in cui si accenna al problema di un'organizzazione formale diversa dall'ipotesi da lui stesso elaborata: Ma con questo sommario accenno agli organismi strofici e al sistema di segnali visibili che strutturano o tentano di strutturare testi i quali rifiutano, oltre alle norme dell'isosillabismo, anche quelle delle ricorrenze accentuative, siamo pervenuti all'area che non può più essere detta metrica, quella delle figurae e/ocutionis che, negli ultimi decenni, intervengono nei confronti della struttura metrico-prosodica con funzione di vera e propria supplenza. Ripetizioni dell'eguale (geminatio, reduplicatio, gradatio}, ripetizioni a distanza (anafore, epiforc}, figure di accumulazione, figure per detractionem o per ordinem, per non parlare di allitterazioni, omotcleuti ccc. creano una embricatura di rimandi, ritorni, ripetizioni, ricorsi•s 0
•
Fortini suggerisce in queste pagine l'esigenza di elaborare in negativo una terminologia che possa andare oltre il marcato dualismo metro-ritmo. Sulla scorta di Benveniste e di Hopkins, Meschonnic potrà parlare di «organizzazione del movimento di una parola nel linguaggio»• sa, proponendo una nuova sfumatura del termine di "ritmo". D'altra parte, è bene ricordarlo, Fortini non utilizzerà mai il concetto di "ritmo" per riferirsi a una nuova visione della forma poetica, ancora legato per lui a un'estetica dell'immediatezza e a scelte etiche lontane dal proprio modo di intendere la realtà. Egli continuerà a riferirsi a una definizione di "ritmo" numerica, platonica, di alternanza di tempi forti e tempi deboli 1 51 • Tuttavia, il ritmo è assunto da Meschonnic come .,., H. Meschonnic, Critique du rythme cit. Come testimonia una verifica presso il Fondo Fortini dell'Università di Siena, Fortini possedeva e aveva letto i primi tre volumi di Pour la poétique di Meschonnic; il secondo volume di Pour la poétique sarà inoltre indicato in bibliografia per un seminario sulla traduzione tenuto da Fortini durante l'anno accademico '76-'77 presso l'Università di Siena. •s 0 MB 70-71; cfc. anche UDI 318. •s• G. Dessons, H. Meschonnic, Trattato del ritmo. Dei versi e delle prose cit., p. 2.5. •s 1 Ancora in un'intervista dell'11 marzo 1982., Fortini definiva le sequenze ritmiche di una poesia come •ricorrenze degli accenti forti», UDI 72.5.
12.9
PARTE PRIMA. METRICA
configurazione e non come impulso soggettivo e vitalistico; un'accezione dello stesso termine che il poeta francese inscriveva - insieme alla traduzione - all'interno di una pratica della scrittura materialistica e dialettica, dove la pra~i non è orientata da una teoria egemone, ma che al contrario la destituisce anteponendo alla teoria il momento critico. Durante questa nuova fase di riflessione sulle forme poetiche italiane, Fortini mette in luce i limiti della misura nell'elaborazione teorica del verso. Un limite da situarsi in un ordine epistemologico e teorico e non di prassi poetica. Il dispositivo metrico verrà ancora percepito come meccanismo straniante necessario, pur nella nuova revisione della nozione che accoglie adesso ulteriori costituenti morfologici incaricati di sorreggere l'organizzazione discorsiva di un componimento in versi. La stessa ipotesi di un collegamento sotterraneo tra evoluzioni metriche e trasformazioni sociali - elemento teorico preponderante dei saggi degli anni Cinquanta - vede nell'intervento di Metrica e biografia un parziale indebolimento. Qualche anno dopo l'intervento di Ginevra, la stessa concezione «figurale» delle forme metriche verrà addirittura rigettata in una vera e propria palinodia delle ipotesi sociologiche dei primi saggi. In una lettera indirizzata a Mengaldo del 29 novembre 1987, Fortini poteva confessare uno scarto tra posizioni teoriche e componimenti in versi, diventato ormai « problematico e persino incomprensibile»: La condizione precaria dei miei giudizi, tu la chiami dialettica. Questa vorrei fosse ma sento di non meritarla. Dovrei aver ricevuta una formazione meno nebulosa. Non per aumentare il tasso di velocità dialettica: per spostarne i termini. Da una parte, mi ossessiona {non teoricamente ma nella pratica) la questione del vettore della comunicazione, della procedura e forma del paesaggio, di quel che si scrive, ai destinatari. Gli scorsi vent'anni hanno condotto quelle procedure a un grado di efferatezza quale Adorno aveva solo intravveduta. [ ... ] Quanto alla faccenda della «figura» sociale delle forme metriche si tratta di una mia vecchia sciocchezza: oggi non dubito che l'evoluzione delle forme metriche debba, almeno nel breve periodo, situarsi nell'ambito di una storia delle tendenze letterarie, in larga misura autonoma da quella dei rapporti sociali. Nel 19 57 la nuova legalità metrica mi veniva di fatto di supporla come procedente da mutamenti linguistici, un po' come ieri Bertinetto qualche anno fa cautamente parlava, per l'italiano, di lento passaggio da una struttura sillabico-accentuativa a una accentuativo-sillabica; oggi mi rendo conto che, in metrica, si danno
130
4. I
LIMITI DELLA MISURA
battute di arresto, inversioni di tendenza o situazioni di stallo e di eclettismo non riconducibili ai caratteri «geologici» dei mutamenti linguistici propriamente detti• n.
Tuttavia, ancora negli anni Ottanta, la metrica si collega per Fortini con la «promessa di riuso» dell'espressione letteraria, strettamente connessa a una «promessa extra e meta-letteraria di ripresa, di ripetizione e di durata»•H. Essa si presenta pertanto come una garanzia di storicità, di dialogo con un interlocutore in grado di riconoscere nella forma un contenuto sedimentato che sopravvive nella scrittura e nella lettura all'interno di una tradizione. Anche su quest'ultimo punto è possibile ricavare un'ulteriore differenza rispetto ai saggi degli anni Cinquanta. In Metrica e biografia Fortini smette di fare appello a una collettività orizzontale - ovvero collocata nel presente, ora ridotto ad assoluto tempo dcli'oblio rivolgendosi piuttosto a un interlocutore venturo con il quale stabilire un legame nel presente. La stessa necessità della metrica viene giustificata come un rifiuto etico della libertà soggettivistica e apparente dcli' arbitrio, del sogno spiritualistico e ribellistico delle avanguardie, ovvero dell'illusione di non avere ostacoli non soltanto in ragione dcli' «illustre banalità» secondo la quale nessun metro è «libero» per un vero poeta, ma perché, «esattamente come per tutte le figure del discorso, ogni organismo metrico-prosodico non può esistere fuor di un consenso dei destinatari, fuor di una attesa; altrimenti non può darsi né dissenso né frustrazione dell'attesa» •ss. Tenuto conto di questa revisione, che arriva fino a una esplicita ritrattazione nella lettera a Mengaldo, restano da considerare le aperture teoriche dei saggi sulla metrica, che superano i confini della legittimità linguistica della proposta accentuale e permettono di offrire uno strumento per verificare il significato di totalità nella traiettoria di Fortini: un nuovo modello che porti a definire - senza confondere libertà con immediatezza - una prassi comunicativa finalizzata alla lotta contro l'appiattimento dell'esistenza alla dimensione dcli'apparenza e del consumo.
F. Fortini, Lettera a Mengaldo, Milano, 2.9 novembre 1987, AFF, cart. 66, c. 2.-3. MB 72.. Il concetto di riuso (Wiedergebrauch) è di Lausbcrg (cfr. infra, 6.3). IJS MB 73·
•SJ
•H
131
Parte seconda
Società
5· «Alcune forme che tentavo di sperimentare in proprio»
[... ] o mutarsi in altra, non per noi più, voce.
F. Fortini, Traducetulo Brecht
5.I. L'ombra del ciliegio Nel I982 Fortini pubblica per Einaudi Il ladro di ciliege e altre versioni di poesia, un'antologia di testi di autori tedeschi, francesi, inglesi e ungheresi tradotti tra gli anni Quaranta e Ottanta. Il titolo allude com'è noto a Der Kirschdieb di Brecht, la cui immagine del giovane con i calzoni sdruciti nell'atto di rubare i frutti dell'autore tradotto rappresenta per Fortini il simbolo del «traduttore di versi di autori differenti da sé», mentre l'altro - «il rifugiato, lo scrittore politico in fuga» - rimane in silenzio alla finestra a osservare la scena, accogliendo il cenno del ladro che riempie le sue tasche di ciliegie disegnandosi «sullo sfondo di una catastrofe universale con l'eleganza e l'allegria di un angelo» 1 • L'immagine riprodotta in copertina è un olio su tavola realizzato da Fortini nel marzo I962 e intitolato - come indica il risvolto del libro - Appennino invernale. Tuttavia, sul verso del quadro conservato presso l'Archivio di Siena è indicato, oltre la data e la firma dell'autore, un titolo diverso, ovvero Lezioni di metrica 1 • La sovrapposizione tra l'immagine di copertina e il contenuto della UDI 32·3· F. Fortini, Lezione di metrica, 1962., olio su tavola, cm. 35x2.0, AFF (inv. n. F4 2.2.7), cfr. Id., Disegni. l,,cisio11i. Dipinti, a cura di E. Crispolti, Quodlibct, Macerata 2.001, p. I
:r.
104.
1 35
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
raccolta non è casuale, ancor più se letta insieme al passaggio da un titolo allegorico (Lezioni di metrica) a uno realistico (Appennino invernale): un'antologia di versioni di altri autori si apre con un'immagine che indirettamente rimanda alla teoria morfologica della composizione. Il legame tra metrica e traduzione è così esplicitato. L'accostamento tra il contenuto del volume e l'immagine di copertina trova un suo corrispettivo nella struttura dei Saggi i'taliani del '7 4, in cui Fortini raccoglie nella stessa sezione - la quarta - gli scritti «sulla metrica e la traduzione» 3 • Come abbiamo visto nella prima parte di questo lavoro, i tre saggi sulla metrica vengono pubblicati in rivista tra il 19 5 7 e il 19 5 8 e soltanto in seguito raccolti nel volume del '74. I due interventi sulla traduzione compaiono invece pochi anni prima della pubblicazione dei Saggi italiani, tra il '72 e il '73•. A differenza inoltre dei primi saggi sulla metrica, accolti in riviste militanti come «Ragionamenti» o «Officina», questi ultimi assumono un taglio diverso, in ragione della mutata cornice extratestuale entro cui si inseriscono. Dei due, infatti, soltanto il primo, Traduzione e rifacimento, è un saggio pubblicato in una rivista di studi letterari; il secondo è una comunicazione a un convegno. Negli estremi cronologici che definiscono la quarta sezione è inscritta la mutazione del critico-intellettuale, ora trasformato in storico della letteratura. A partire dal 1971, Fortini aveva iniziato a insegnare a Siena, dove alla coscienza di una radicale trasformazione della postura di critico si accompagnava il rifiuto di «forme definite "universitarie", con le loro terrorizzanti posture da combattimento poco dissimili da quelle delle mantidi» 5• Nei due saggi sulla traduzione non mancano tuttavia accenni programmatici sulla posizione dello studioso di letteratura all'interno della società, ora obbligato a «rinunciare a destinatari e consensi prossimi e attenderne di differiti» 6• In un tono meno assertivo rispetto ai decenni Cinquanta-Sessanta, gli interventi sulla traduzione inglobano e ridiscutono i precedenti saggi sulla metrica, stabilizzando 3
SI 781-855. Traduzione e rifacimetllo, •Problemi», 33, luglio-settembre 1972., pp. 12.5-141; Ci,,que paragrafi sul tradu"e, in Premio Città di Mo11selice per una traduzione letteraria -Atti del I Convegno sui problemi della traduzione letteraria, Padova 1973, pp. 6o-65 (i due interventi sono ora raccolti in SI 8 I 8-844). s NSI 7. ◄
'NSI9.
136
5.
•ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
la quarta parte dei Saggi italiani. Se i saggi della fine degli anni Cinquanta vengono redatti durante l'esperienza di versione dell'opera brechtiana, intra presa con Ruth Leiser già alla fine degli anni Quaranta e culminata nel '59 con la pubblicazione di Poesie e canzoni, gli interventi teorici sulla traduzione sono presentati in seguito alla pubblicazione del Faust di Goethe, dato alle stampe per Mondadori nel 1970 (Cinque paragrafi sul tradurre è l'intervento pronunciato in occasione dell'attribuzione del Premio Città di Monselice per la traduzione letteraria, conseguito nel '71 per l'opera goethiana, di fronte a una giuria presieduta da Gianfranco Folena )1. Lo scarto temporale tra i cinque interventi permette di impostare l'indagine di questo capitolo - in cui analizzeremo il significato delle «forme sperimentate in proprio» nello sviluppo della poetica fortiniana di riflesso ai limiti della teoresi metrica precedentemente indagata su una griglia che tiene conto di due momenti di elaborazione teorica, letti in parallelo con la pratica di traduzione che influenza la produzione dei componimenti rispettivamente raccolti in Una volta per sempre (1963) e in Questo muro (1973). Un lavoro, quello della traduzione, che permette a Fortini di verificare il legame tra nessi formali e conflitti extratestuali, come dichiarato a proposito della versione di Albertine disparue, avventura stilistica che permise ali'autore di capire «una volta per sempre, l'inseparabilità tra moto verso la trasformazione dei rapporti fra gli uomini e moto dei poemi verbali» 8 • Il volume di traduzioni del 1982 va inoltre considerato come un libro personale, che va ad aggiungersi alle precedenti raccolte in versi dell'autore. Per dirla con Irene Fantappiè, le poesie, i saggi e le traduzioni di Fortini si presentano come «passeggiate sui crinali che separano queste tre categorie di testi» 9 • Al pari del Quaderno di poesie di Montale o come Il musicante di Saint-Merry di Sereni, Il ladro di ciliege porta scritto sul frontespizio il nome di Franco Fortini 10• 7 Cfr. Premio Città di Mo11selice per una traduzione letterari cit.; dr. anche SE CXIX. Sul dialogo tra Fortini e Folena si veda I. Fantappiè, Fra,ico Forli11i e la poesia europea. Riscritture di autorialità, Quodlibct, Macerata 2.02.1, pp. 65-79. I LS 54-55. ' I. Fantappiè, Ci11que tesi sulla traduziot,e i11 Fortini. Sélection e marquage i11 Il ladro di ciliegie, in I. Fantappiè, M. Sisto (a cura di), Letteratura italiana e tedesca z945-z970 cit., p. 148; cfr. Ead., Fra,ico Forti11i e la poesia europea cit., pp. 81-99. 1 ° Cfr. UDI 32.2.; si legga inoltre l'incipit di Il musica11te di Saint-Merry, in NSI 164169: «Qui Sereni sta eseguendo, al suo meglio, Sereni. Trascrizioni, nel senso musicale
1 37
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
5.2. Fortini tra Éluard e Brecht Delineando la traiettoria di Fortini nel campo letterario italiano, Davide Dalmas ha osservato come gli anni della "crisi poetica" espressa nel titolo di Poesia ed errore- vadano considerati, per dirla in termini bourdieusiani, come un momento decisivo di accumulazione simbolica 11 • Si direbbe oltretutto che sia proprio l'errore a garantire lo sviluppo della poesia. Tra la fine degli anni Quaranta e lungo tutto il decennio successivo, l'attività di traduzione di Fortini è intensa, affiancata dalla lettura dei teorici del marxismo critico, in parte recensiti su «Ragionamenti». In questo segmento della sua traiettoria, Fortini non ha ancora definito uno stile proprio, ma utilizza forme "canoniche" oscillanti tra la metrica libera e la metrica tradizionale, mediando criticamente - se non sovvertendo - i modelli che la Firenze degli anni Trenta aveva potuto offrigli 12 • I saggi degli anni Cinquanta, insieme al lavoro di traduzione dei testi di Brecht, rappresentano un «capitale simbolico» che verrà speso nei testi confluiti in Una volta- per sempre, pubblicata nel '63, anno in cui «emerge in modo più vistoso il laboratorio intellettuale della fase precedente. I grandi cambiamenti del quadro sociale e politico (il neocapitalismo, l'immigrazione interna, l'esplosione delle città e l'abbandono delle campagne, il cambiamento dei costumi, la scolarizzazione di massa, l'industria culturale) si rifrangono nel campo letterario» 11. Agli apparenti anni di stasi dei «dieci inverni» era seguita una breve fase di riorganizzazione e di programmazione culturale, che aveva impegnato il poeta nel lavoro di «Ragionamenti» e di «Officina». Tuttavia, entrambi i progetti hanno vita breve, tanto da impridella parola; o variazioni, sempre nel medesimo senso, su tema altrui. Sarebbe assurdo parlare di poesie di Sereni se al genitivo diamo un senso solo causale, come "dovute a,,, "compiute da". Quel "di" va inteso come partitivo. Sono poesie fatte della materia di cui sono fatte le poesie firmate da Sereni e anche, naturalmente, tante altre poesie, di morti e viventi, di antichi e moderni. Come si dice un piatto d'argento, una nave di abete». 11 D. Dalmas, La traiettoria di Franco Forti11i 11el campo letterario italiano (z9451970), in I. Fantappiè, M. Sisto (a cura di), Letteratura italiana e tedesca z945-1970 cit., p. 143. u. Si veda ancora R. Bonavita, L 'a11itna e la storia cit. •J D. Dalmas, La traiettoria di Franco Forti11i 11el campo letterario italiano (z9451970) cit., p. 143.
5.
•ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
mere un grave senso di sconfitta, come si legge in una lettera inviata a Giacomo Noventa l'11 marzo 1958, in cui Fortini scrive: «lo ho tagliato accuratamente tutti i miei "legami"; o altri li ha tagliati per me. Lasciato il PSI, lasciati gli amici di "Ragionamenti", sono, come forse sono sempre stato o avrei dovuto essere, persona privata; ch'è forse uno dei modi più persuasivi di esser persona pubblica» 14• L'apparente chiusura di un orizzonte programmatico conduce alla «scoperta del "vero" Fortini, alla fissazione della sua più fortunata immagine di poeta e saggista» 15 • Una volta per sempre è la raccolta in cui l'autore può esibire una voce inedita all'interno del paesaggio letterario italiano, liberandosi dalla zavorra dell'ermetismo. La svolta viene di fatto anticipata dai saggi sulla metrica ed espressa organicamente nell'Introduzione alle Poesie e canzoni di Brecht del '59, che porta a maturazione l'elaborazione teorica e il ventaglio di possibilità espressive maturate durante gli anni della crisi. In un seminario del 1996 sul rapporto tra Fortini e Brecht, Raboni ha insistito sulla stratificazione delle diverse esperienze letterarie nell'opera poetica fortiniana, dall'ermetismo italiano all'avanguardia francese, fino alla rottura fornita dal modello brechtiano. Nell'incontro di Fortini con Brecht, Raboni individua il passaggio dalla sintassi alla paratassi, caratterizzato da una marcata assertività della sua poesia, «con la tendenza a dire le cose in modo lapidario ed estremamente chiaro, usando una pronuncia [... ] percussiva, che non sfuma mai, che batte sul senso di ogni parola e di ogni frase» 16 • La trasformazione - prosegue Raboni - non è dovuta alla sola contaminazione del modello brechtiano, quanto piuttosto all'esperienza della traduzione, « perché traducendo e dovendo quindi rinunciare spesso ad una pienezza metrica per ragioni di fedeltà, si lavora molto sul valore metrico della singola parola» 17• Il passaggio dalla sintassi alla paratassi e la dizione percussiva degli enunciati •• SE CVIII.
•s D. Dalmas, La traiettoria di Franco Fortini ,rei campo letterario italiano
{1945-
z970), cit., p. 142.. '' Cfr. Bertolt Brecht I Fra11co 'Porlini. Fra11co Forli11i traduttore di Bertolt Brecht: atti del semi1u:1rio, Milano, Libreria Claudiana, 2.6 settembre 1996, Centro di Studi Franco Fortini, Siena 1998, ora in •L'ospite ingrato. Rivista online del Centro Interdipartimentale di Ricerca Franco Fortini», http://www.ospiteingrato.unisi.itlbcrtolt-brechtfranco-fortini/ (c.vo mio). •1 Jbid.
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
si legano a una tendenza espressiva volta a separare le immagini per giustapposizione, cifra stilistica dei componimenti di Una volta per sempre, che esprimono la volontà di creare un attrito tra piano del reale e piano del simbolico, in vista di una rivendicazione del carattere non autonomo di una poesia che, nell'atto di farsi, nega sé stessa. Una lezione che, ancora prima di Brecht, Fortini eredita da Noventa 18• Va inoltre osservato che la presenza di Brecht non agisce immediatamente sulla scrittura di Fortini, ma deve prima scontrarsi con un modello che l'autore ha assorbito durante gli anni di formazione letteraria a Firenze, dove la cultura francese - e condizione, stili e produzioni degli autori appartenenti a quell'area culturale - risultava dominante. L'attraversamento degli autori francesi verrà ridiscusso nell'immediato dopoguerra con la scelta "obbligata" del surrealismo in veste engagé, di cui Fortini opterà per il più vicino Éluard in luogo di Aragon. Come ha osservato Bonavita, «perché Brecht e la filosofia neomarxista di area tedesca agiscano veramente nella sua scrittura [ ... ) dovrà esaurirsi o quantomeno entrare in crisi l'influsso dei suoi due grandi modelli dell'esordio: Montale e Éluard» 19, quest'ultimo definitivamente superato, insieme alla versione di un engagement mai pienamente accettata, nell'introduzione al volume di Poesie stampato per Einaudi nel '5 520• Nel periodo che intercorre tra il volume di traduzioni di Éluard e di Brecht l'habitus più maturo del poeta è in incubazione21 • Nell'Introduzione ai versi di Brecht, Fortini mette in scena una nuova postura autoriale meno vincolata alla formazione fiorentina e alla narrazione resistenziale. Sul campo delle forme metriche, questo mutamento corrisponde all'elaborazione di una nuova metrica per accenti, distante dai modi di composizione del lirismo ermetico e del verso libero avanguardista. La «funzione Brecht» attivata in questo periodo accresce l'integrale politicità della poesia fortiniana:
•• P. V. Mengaldo, I chiusi i,ichiostri cit., p. 59. '' R. Bonavita, L 'a11im4 e la storia cit., pp. 76-77. 10 Oltre alle Poesie e canzo,u di Brecht, Fortini pubblica nel 1959 Il movime11to su"ealista (MS1 ). :u Il superamento della poetica simbolista attraverso la traduzione di ~luard e la successiva assunzione del modello Brecht è ripreso da Fortini nella quarta delle sue Lezioni sulla traduzione (LT 163-164).
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«ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
dell'essere sempre poeta anche quando si parla d'alberi o di fiori 22• Leggendo l'introduzione alle Poesie e canzoni in filigrana ai saggi sulla poesia e sulla metrica dello stesso periodo, la sovrapposizione di frasi e di espressioni che ricorrono è sorprendente. Nello scritto su Brecht riemergono elementi già impiegati per combattere l'autonomia dell'espressione poetica e una certa idea di «lirica moderna» europea nel campo culturale italiano, espressi nello stesso anno sulle pagine di «Officina» nella recensione al volume di Friedrich'-3• Tali insistenze sono riprese nel commento della poesia brechtiana del Ladro di ciliege, in cui Fortini accentua il divario tra la poetica di Brecht e il decadentismo europeo. Per Fortini, infatti, la tensione che fonda il discorso brechtiano non si inscrive nelle polarità dell'essere e del non essere - estremi di un'antitesi propria a una certa poesia «pura» -quanto piuttosto dell'essere e del dover essere. Nell'universo simbolico di Brecht, il giovane ladro di ciliegie non incarna alcuna indifferente vitalità o libertà assoluta dell'anima moderna inghiottita da un'epoca tecnicizzata, imperializzata, commercializzata, «dominata da pianificazioni, orologi, costrizioni collettive e che con la "seconda rivoluzione industriale" ha ridotto l'uomo ad un minimo» 14• Al contrario, questo «ladro-non-ladro» che fa cenno al poeta alla finestra - la situazione dell'esclusione - stabilisce col suo apparire profetico una complicità che abolisce i confini dello spazio privato tra scrittore e lettore, sospendendo la scena e suggerendo l'apertura a un'azione avvenire. Nessun commento di chiusura accompagna la parabola. Il lettore è chiamato ad assorbire visivamente l'immagine del furto e trovare con attenzione una risposta al motivo dcli'allegria che invade la costruzione dello spazio verbale sulla pagina. La complicità tra il poeta esiliato e il giovane ladro, tra l'autore di versi e il suo lettore-traduttore, è espressa dal cenno, dal gesto, attorno al quale gravita la costruzione formale della poesia brechtiana, attraversata dall'immagine dell' «Uomo-che-dubiu Cfr. P. V. Mcngaldo, Divagado,u in forma di lettera, in C. Fini (a cura di), Per Franco Fortini cit., p. 138. 1.J F. Fortini, Contro utJ"idea di lirica moderna, «Officina», n. s., 1, mar.to-aprilc 1959, PP· 3-6, poi in VP1, PP· 2.2.9-2.33. 1-4 H. Fricdrich, Die Struktur der modernen Lyrik: vo" Baudelaire bis zur Gegenwart, Rowohlt, Hamburg 1956 (tr. it La struttura della lirica modema, Gananri, Milano 1958 pp. 186-187).
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
ta» e si domanda, insieme ai compagni riuniti, «come si agisce?». Una domanda che per Fortini, prima ancora che ideologica, è etica, in grado di configurare la poesia brechtiana come una vera e propria «educazione al dilemma» 1 s. La spinta collettiva che attraversa i testi brechtiani fornisce a Fortini gli strumenti per smarcarsi definitivamente dal modello Éluard, percepito ancora all'interno di una poesia lirica anche nei suoi testi più impegnati. Per Fortini, Éluard non era stato in grado di contrapporre all'io la realtà degli «altri» come insieme di voci collettive, che indicherà piuttosto con un generico tous (così come la «donna» sarà toutes les femmes o une pour toutes). Al contrario delle ballate brechtiane, che accolgono la contrapposizione di voci discordi, nella poesia di Éluard si avvertirebbe «una voce continua dell'individuo che può bensì diventar voce di tutti, eco di tutti (un cri dont le mien soit l'écho); ma che non diviene mai epica o drammatica, non si scinde mai in più voci, in distinti personaggi» 16• Per connotare visivamente lo scarto che separa i due modelli e la funzione esercitata sulla costruzione dell'autorialità fortiniana, è utile confrontare le due rispettive introduzioni ai volumi tradotti da Fortini, che mostrano sin dal primo paragrafo le diverse declinazioni assunte dal pronome personale «noi»: La poetica di Éluard non è la nostra. Questo significa anzitutto che un programma di poesia, una intenzione dei modi espressivi non è un mito privato dcli' autore, ma un progetto al quale siamo interessati tutti; e quindi, che dicendo «noi», voglio intendere i partecipanti a un'idea di poesia che momentaneamente definirò come diversa da questa che è stata di Paul Éluard:a.7 • Qui una voce che dimostra o scongiura. L'appello identifica o chiede dei destinatari: noi e voi, presenti o futuri. Uomo che leggi, oppresso, percosso, o illuso di non esserlo; uomo che non leggi, oppressore, persecutore, o illuso di non esserlo. Spesso l'esortazione è indice teso a una scena esemplare, a una moralità, a un quadro vivente. In un angolo, col suo sigaro di traverso e il cartiglio ben spiegato, c'è l'autore, vestito da Autore:a.8•
:a.s SE 1350. ~ F. Fortini, lntroduzio11e a P. Éluard, Poesie. Con raggiunta di alcu11i scritti di poetica, trad. di F. Fortini, Einaudi, Torino 19 5 5, p. 2.2.. :a.1 Ivi, p. 17. :a.1 F. Fortini, lntroduzio11e a B. Brecht, Poesie e ca11zoni, SE 13 50.
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•ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
Nell'introduzione alle poesie di Éluard, la frase di apertura indica una presa di distanza netta, accompagnata da un'immagine di un autore che progressivamente si dissolve sullo sfondo, reso quasi evanescente. Nell'altra, Brecht è ritratto come «autore vestito da Autore» nell'opacità materiale dei dettagli, col sigaro e col cartiglio spiegato, pronto a sostituire il poeta francese in un percorso ininterrotto di riscatto della forma 1 9. Il deittico d'apertura sembra inoltre sottintendere un avverbio in funzione avversativa ( «qui una voce ... »), a dimostrazione dell'impossibilità di isolare in blocchi separati le fasi attraversate da Fortini per raggiungere un luogo d'espressione in grado di saldare etica ed estetica. Un luogo dove non è necessario rinunciare alla poesia, pur tenendo ferma la coscienza che essa è sempre appartenuta alla classe dominante. Fortini scorge nella poesia brechtiana il più esplicito appello al lettore a collaborare materialmente per integrare il testo al di fuori della letterarietà: «non riempendo mentalmente, o piuttosto emozionalmente, puntini e spazi bianchi come in tanta più tipica lirica moderna, bensì integrarlo confrontandolo all'intero contesto storico e a un giudizio politico su di esso» 30 • Brecht appare come una dramatis personae, un modello e una fonte di esperienza da attraversare nelle capacità di manipolazione del linguaggio in una sintesi tra momento lirico e partecipazione politica che al contempo tiene ferma la separazione tra i due poli. A dispetto di tanta poesia moderna che vuole dirsi autonoma, «credendo di fondare la realtà di cui parla, nell'atto stesso di parlarne», per Brecht «il mondo, e senza stupore, esiste; che è suo solo perché è persuaso di condividerlo, non già con tutti, ma con una parte, la sua parte» 31 • L'assunzione del modello brechtiano come superamento della versificazione di Éluard è evidente anche sul piano della forma, che per Fortini - lo si è visto - è inseparabile dalle scelte morali e politiche effettuate all'interno di una storicità. Sulla lingua delle liriche di Brecht, il poeta-traduttore rammenta il dovere di non tralasciare
&, Cfr. anche LS 55: «( ••• ] la versione delle poesie di ~luard aveva esaurita una certa concitazione della speranza, che era stata vera, anche se ingenua per ottimismo, negli anni della "ripresa"; e invece quella di Brecht mi compariva come la geniale unione di assertività e di forma poetica assoluta e classica. ~luard mc lo sarei lasciato alle spalle, Brecht mai». J0 P. V. Mengaldo, I chiusi ;,,chiostri cit., p. 59. J• SE 1360 (c.vo dell'autore). 1 43
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nella lettura l'effetto di straniamento che i suoi versi provocano «il doppio giuoco senza del quale non può esistere arte o poesia» - anche di fronte ai componimenti apparentemente più didascalici, polemici o politici che, come la lirica, fingono di «mimare la parola d'ordine, il motto e l'epigrafe» 32• L'effetto di straniamento è attivato per Fortini dalla forma metrica come «truccatura "poetica" a enunciati narrativi [... ) esortativi [... ) o a parole d'ordine»H. L'eco di Metrica e libertà in cui Fortini definiva l'astratta regolarità metrica come «strumento di Verfremdung» 34 risulta in questo scritto evidente. Le stesse osservazioni sulla nuova sensibilità metrica del lettore italiano, in grado secondo Fortini di percepire un verso regolato per accenti, vengono adesso riprese in una nota collocata nel quarto paragrafo dell'Introduzione e integrate con osservazioni tecniche riferite alla traduzione delle poesie liriche brechtiane e alle canzoni per il teatro. Rispetto agli scritti sulla metrica, Fortini insiste adesso sulla stanchezza provocata dalle forme libere e da una lettura ritmica di versi o «righe» di poesia non regolare, ascrivendo tra le forme di composizione anche il linguaggio pubblicitario, frequentato in quegli stessi anni durante la sua attività di co-pywriter svolta presso l'Olivetti. La nuova abitudine del lettore di conferire alla sequenza versale un numero di accenti forti viene adesso individuata anche per la «più volontariamente umile traduzione "riga-a-verso"»JS. Protagonista di una mutazione percettiva nell'auscultazione ritmica del verso non è adesso il lettore generico, e nemmeno il poeta, quanto piuttosto il traduttore, che deve rifiutare la vulgata secondo la quale sarebbe impossibile una ricostruzione o trasposizione del ritmo dell'originale. Secondo Fortini, infatti: Nel corso dell'ultimo decennio - ma preparato da tutto il versolibrismo contemporaneo - ci sembra sia venuto maturando un mutamento nella sensibilità del lettore di poesia moderna (in Italia), che capovolge quasi completamente quanto sembra ovvio, in materia di traduzione «riga-a-verso». Detto in breve, l'abitudine alla lettura ritmica di «versi» o di «righe» di poesia (ma anche di comune copy-writing) non regolare, non tradizionale e cioè, come SE 1351. n lbid. H SI 792, cfr. infra capitolo 6. JS SE 1356. J:L
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«ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
si dice, libera, fa sì che ormai il lettore medio conferisca un ritmo cd una sequenza di accenti forti anche alla più volontariamente umile traduzione «riga-a-verso». La rinuncia ad una ricostruzione o trasposizione del ritmo originale, compiuta da moltissimi traduttori moderni in nome di una modesta utilità letterale, diventa inutile. La cesura di fine riga comanda ormai una lettura ritmica di tutta la riga. Ecco il traduttore «riga-a-verso» punito per la propria modestia e costretto a impegnarsi anche sul terreno ritmico-metrico. È un ritorno forzato alle idee che del tradurre versi ebbe il nostro Ottocento''.
Insistendo sulla necessità di considerare le strutture metriche della lingua come parte di un contenuto espresso al di là del segno, Fortini intende delegittimare, anche nella pratica di traduzione, l'immagine del genio creatore o l'autonomia della composizione. Il tedesco delle liriche di Brecht trasposto nella lingua italiana diventa strumento di sottrazione, che impone al lettore un confronto con gli scarti e le lacune stilistiche della propria lingua attraverso una forma straniante come la metrica, in grado di ricostruire un rapporto con la storia e con la tradizione. Si spiega così l'esigenza di Fortini di ritagliare uno spazio non marginale dell'introduzione al significato delle forme metriche brechtiane; premessa indispensabile per collocare la sua produzione in versi all'interno di una tradizione da innovare, da "liberare" da forme usurate mediante una nuova metrica aperta-chiusa. A differenza delle misure classiche utilizzate in Italia come citazioni o eleganze erudite a fini estetizzanti, Fortini scorge nell'uso brechtiano delle forme chiuse (ballata o Lied utilizzate soprattutto nel periodo giovanile) un modo di giocare «su innumerevoli dati storici, dall'innografia luterana allo sterminato Buch der Lieder popolare o romantico, fino alla cabarettistica», nonché un uso sarcastico del verso di Goethe, di Hi>lderlin o di Brentano 37• In altri termini, laddove nella poesia italiana le allusioni alle forme della tradizione persistevano per lo più come fantasmi o scheletri formali, nell'ultima produzione brechtiana emerge l'esigenza di rimettere la tradizione in movimento, di trasporre le misure canoniche in un al di qua che provoca sulla scena lo straniamento necessario per ricordare al lettore l'appartenenza a una realtà materiale. Tradurre Brecht comporta pertanto la messa in discussione del concetto caJ' SE 1355-1356. J7
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
nonico di «lirica moderna» e del gusto novecentesco della poesia italiana. Presentando al pubblico italiano la traduzione delle liriche brechtiane, Fortini poteva indicare una possibile via d'uscita a due esperienze di composizione -verso libero e verso tradizionale- non soltanto esaurite, ma fautrici di forme di vita distanti dalle urgenze culturali e politiche derivate dalla crisi degli anni Cinquanta. All'interno di una dimensione biografica, la traduzione brechtiana offre a Fortini una nuova fisionomia prosodica non più subordinata a schemi di composizione - e ai suoi corrispettivi ideologici - appartenenti a un tipo di versificazione éluardiana o montaliana. Come ricorda Fortini, Brecht non utilizza soltanto una metrica allusiva a modelli strofici o a strutture prosodiche della tradizione tedesca illustre, impiegate in funzione straniante, ma elabora un tipo di metro "libero" definito «verso gestico», anch'esso sperimentato in alcune poesie fortiniane di Una vol-ta per sempre. Nella teoria e nella pratica fortiniana il verso gestico rappresenta il trait-d'union tra due fasi compositive, nonché il mezzo attraverso il quale Fortini sperimenta nella forma l'elemento più spiccatamente corporeo che in un momento di elaborazione teorica più matura potrà più esplicitamente argomentare3 8• Il saggio in cui Brecht lo descrive - parzialmente riportato in una nota al testo dell'Introduzione fortiniana - ha come titolo Sulla poesia non rimata con ritmi irregolari, pubblicato nel 1939 in «Das Wort», una delle riviste della Deu'tschsprachige &i/presse {I933-I945} apparse a Mosca in lingua tedescaJ9. In esso, Brecht colloca «la legittimazione del ritmo irregolare, contro il gusto allora dominante della letteratura poetica sovietica» 40• La lotta di Brecht contro il formalismo mirava alla dimostrazione che il contenuto sociale delle opere poetiche costituisse il presupposto per ogni innovazione formale. La critica al formalismo rendeva possibile «un'evoluzione produttiva delle forme artistiche», non sottomesse ad alcuna struttura apriori, ma col-
J1
Cfr. infra, capitolo 8.
B. Brecht, Sulla poesia 110n rimata con ritmi i"egolari, in Id., Scritti sulla letteratura e sull'arte, trad. di B. Zagari, Einaudi, Torino 1973, pp. 2.58-2.66. Cfr. anche U. lssclstcin, Breviario di metrica tedesca, in Poesia tedesca del Noveamto, a cura di A. Chiarloni e U. Issclstcin, Einaudi, Torino 1990, pp. 436-437. ◄O SE i 359. 3'
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•ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
legate direttamente al movimento sociale che sottostà alla lirica41 • Per sottrarsi alla ripetitività di una metrica regolare astratta, che provocava nell'orecchio un effetto ironico di ninna nanna, Brecht aveva elaborato una forma di verso libero «variabile, sincopato, gestuale» 42 , adeguato alle tensioni sociali esplose negli anni di incertezza politica successivi alla Prima guerra mondiale: lo cercavo di rappresentare certe interferenze, certi sviluppi ineguali di destini umani, l'andirivieni degli eventi storici, dei «casi fortuiti». Il linguaggio doveva adeguarsi a tutto questo.[ ... ] Le mie conoscenze di politica a quel tempo erano vergognosamente scarse; ero tuttavia consapevole che gravi contraddizioni erano presenti nella vita sociale degli uomini e non ritenevo mio compito neutralizzare, mediante la forma, tutte quelle disarmonie e interferenze che avvertivo con tanta intensità. [... ] Non si trattava soltanto di una «lotta contro corrente» nel campo della forma, di una protesta contro la levigatezza e l'armonia dei versi tradizionali, ma già di un tentativo di mettere in luce le contraddizioni, le lotte tumultuose, la violenza delle vicende umane◄ 3 •
Rispetto al metro libero utilizzato in funzione espressiva per veicolare un'immediatezza lirica, il verso irregolare di Brecht è modulato sulle esigenze della voce e del gesto sulla scena, e adattato alle irregolarità della musica moderna che accompagnava il suo teatro. Segnato dall'intento «gestuale» e dalla dizione, il ritmo irregolare non rimato si presentava come «una fuga dal "sentimento" lirico verso il "movimento" » 44 • Questa nuova modalità compositiva poggia sull'esigenza di marcare le dissonanze della realtà storica. La grande cisterna sonora alla quale Brecht attinge è la strada di Berlino, dei cori improvvisati dai cortei delle mobilitazioni operaie o dei venditori ambulanti che modellano i loro jingle sullo stesso ritmo, in cui a cambiare è il tono e il volume della voce. Riportati sulla pagina scritta, tali suoni raggiungevano «una certa capacità di penetrazione» 45 da sfruttare per veicolare le agitazioni morali e politiche trasferite sulla scena. Brecht riconosceva nel metro libero il pericolo di distruzione della forma in un indistinto universo senza leggi. Allo stesso tempo, egli ◄•
B. Brecht, Sulla poesia 11011 rimata co11 ritmi irregolari cit., p. 2.64.
◄J. lv~ p. 2.58 (Nell'introduvo,ie Fortini traduce «mutevole, sincopato, gcstico»,
SE 1356). ◄J
lvi, pp. 2.59-2.60.
◄◄ SE 1358. ◄s B. Brecht, Sulla poesia 11011 rimata co11 ritmi irregolari cit., p. 2.62..
1 47
cfr.
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
esponeva un problema epistemologico centrale per la teoria della composizione. La validità ritmica del verso gestico non offriva le stesse garanzie derivate dall'impiego di ritmi regolari; tuttavia, aggiungeva l'autore, «non basta un numero esatto di piedi per creare un ritmo»46 • Si pone un paradosso emerso durante l'esame dei saggi sulla metrica di Fortini: in che modo salvare la forma metrica sottraendosi allo schema numerico, senza cioè rischiare di cadere in un soggettivismo espressivo? La risposta per Brecht è la seguente: la difficoltà riscontrata nella lettura dei ritmi irregolari non può e non deve costituire un argomento valido contro il loro uso, soprattutto in ragione del fatto che «una spiegazione perfettamente razionale non è né possibile né necessaria» 47• La frase ricorda la stessa che Fortini impiegherà nell'intervento di Me'b"ica e biografia con la parafrasi di Marx del Capiuzle: «non lo sanno ma lo fanno» 48 , ora riferita ai poeti. Le corrispondenze tra il saggio brechtiano e gli interventi di Fortini sulla metrica non si esauriscono a queste osservazioni. Come dirà più tardi Fortini, anche Brecht constatava la trasformazione fisiologica dell'orecchio del lettore all'interno di una società dai mezzi di produzione e di riproduzione mutati. Saldando ritmo, organizzazione del linguaggio e movimento del corpo, Brecht si collocava agli antipodi di un'immagine che per via analogica tentava l'identificazione tra parola e cosa. Secondo Fortini, infatti, nella lirica brechtiana l'oggetto è dato «attraverso e malgrado l'opacità del linguaggio comunicativo corrente» 49 : [... ] la più alta poesia di Brecht è poesia della situazione poetica e si fonda perciò - questo è, ci sembra, il punto fondamentale - non tanto su di una tensione fra lingua sociale e parola privata, né fra «ciò che è detto» e «ciò che è taciuto», quanto piuttosto fra universo storico, culturale, ideologico, già costruito e presupposto (nel caso specifico: quello insieme rivelato e fondato dal pensiero marxista) ed una occasione, una situazione, un esempio. In questo senso, bisogna dirlo chiaro, la form della poesia di Brecht consiste proprio nella sua non universalità, anzi nella sua parzialità. C'è in lui una scelta del soggetto, del buon soggetto, nel senso che Goethe dava a questo termine discorrendone con Eckermann. E questo soggetto, questa «situazione» esige, anche quando si finge didascalica, la preesistenza di un solido corpo di nozio4'
47
lvi, p. 2.64.
lvi, p. 2.61. ◄• MB 59· ,., SE 1358.
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•ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
ni e passioni. Si dirà che questo avviene per qualsiasi poeta. Ma la maggior parte della poesia moderna si vuole autonoma, intende fondare la realtà di cui parla, nell'atto stesso di parlarneS 0
•
La dialettica della composizione brechtiana non avviene all'interno del segno tra langue e parole, quanto tra poème e realtà, tra poesia e storia, al di fuori di una letterarietà autonoma. Valutata all'interno di questa stratificazione di materiali impiegati per la costruzione di una voce compatta e originale, la traduzione diventa in Fortini, per dirla con Irene Fantappiè, «un processo quasi completamente interno al campo culturale d'arrivo; e, quel che è più interessante, essa mette in discussione la distinzione tra letteratura al primo e al secondo grado, tra writing e rewriting, tra creazione e ri-creazione» s •.
5. 3. «Versi di cemento e vetro» Ripercorrendo il suo lavoro di traduzione delle poesie brechtiane, Fortini non tralascia le ripercussioni che quella «prova difficile» ebbe sui suoi versi scritti nello stesso periodo 52• Traducendo Brecht è in effetti il titolo delle due sezioni di Una volta per sempre che raccolgono i versi composti tra il 1959 e il 1962 dove è più marcato il tentativo di applicare «in proprio» la metrica accentuale analizzata nella prima parte di questo volume. Nel paragrafo che segue verificheremo nei testi poetici fortiniani le osservazioni formulate negli scritti sulla metrica, senza tralasciare i limiti avanzati nei capitoli precedenti. Partiamo dalla poesia di apertura di Traducendo Brecht I - Dalla mia finestra - che condensa in tre strofe il mutamento della poetica di Fortini rispetto alle prove precedenti:
so SE 1360 (c.vo dell'autore). s• I. Fantappiè, Cinque tesi sulla traduvo11e i11 Fortini cit., p. 149. Cfr. anche L. Lcnzini, Il poeta di nome Fortini, Manni, Lecce 1999, pp. 141-142.; R. Bonavita, Traduire pour créer une 11ouvelle position: la trajectoire de Franco Fortini d'Éluard à Brecht, in J. Meizoz (a cura di), La circulation intenuttio1utle des littérature.s, «Études dcs lcttrcs», 1-2., 2.006, pp. :z.77-2.91; M. V. Tirinato, « Dove a dito i,ulicavo chi erano». Forti11i, Brecht e la duplicità della poesia, «Moderna», IX, :z., 2.007, pp. 165-182.; L. Lcnzini, U,,a a11tica promessa cit., in particolare pp. 85-109.
s:a.LC738.
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
Dalla mia finestra vedo fra case e tetti una casa segnata da una guerra.
La notte che spezzò quei sassi ero giovane, tremavo felice nel tremito della città. I bambini gridano nella corte Le rondini volano basse. Le cicatrici dolgono 53 •
Il titolo allude alla situazione di esclusione descritta da Fortini a commento del Ladro di ciliege: la «finestra» dell'escluso è per estensione «un "luogo" simbolico della poesia contemporanea»s•4, impraticabile nelle sue forme tradizionali. In ciascun blocco di terzine è possibile individuare l'allusione alle raccolte poetiche precedenti: la situazione di esclusione del poeta alla finestra introduce la nuova esperienza di Una volta per sempre (prima strofa), che guarda agli eventi bellici e alle speranze palingenetiche di Foglio di via (il «tremavo felice» della seconda strofa) ora fissate nel luogo di contemplazione che riflette il tempo presente. L'errore della poesia espresso nel titolo del secondo volume di versi rimane inscritto nel corpo di chi osserva la realtà dall'abitazione, che simbolizza l'involucro protettivo della memoria e del ricordo. Il verso di chiusura - «le cicatrici dolgono» - rimanda alle ferite ancora aperte dopo lo scontro che caratterizzano la postura fortiniana. Rispetto alle raccolte precedenti, lo stile dell'enunciazione è anch'esso mutato. Alla distribuzione ipotattica della materia verbale si sostituisce la «nuda assertività, lo scandito procedere per frasi essenziali e per immagini icastiche, senza commento né notazioni impressionistiche o interventi effusivi» ss. Il movimento della scrittura è inedito rispetto alle forme ibride "ironizzate" o tragicamente alluse di Poesia ed errore. Le frasi distese nella paratassi veicolano una «diversa libertà» incentrata sull'azione e sul movimento violentemente fissato sul piano della forma. Come ha osservato Lenzini: n UVPS 2.35. UDI 32.3. ss L. Lcnzini, Il poeta di nome Fortini cit., p. 1 33. S4
5.
•ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
[ ... ] mentre sul piano compositivo c'è lo svolgere il discorso "segmento per segmento" entro una struttura semplice e lineare, dall'altra [ ... ] si dà un parallelo abbandono dcli' "onda metrica,, e la tendenza alla pcrcussività, il definitivo prevalere della pronuncia scandita sull'elemento melodico e sul "legato", nel quadro di un consapevole sforzo - in quegli anni argomentato da Fortini anche in sede teorica - di passare dal verso libero ad una metrica "quantitativa", quindi diversamente codificatas'.
Le soluzioni formali adottate nelle due sezioni di Traducendo Brecht oscillano tra due tipi di strutturazione metrico-prosodica: da una parte, una forma tendente alla regolarità, modellata sul verso accentuale isocronico descritto in quegli anni nel saggio di «Officina»; dall'altra, una struttura metrica meno vincolata all'isocronia degli accenti e alla linea versale, ricalcata sui componimenti brechtiani più esplicitamente riflessivi e pedagogici. A conferma di questa ipotesi, si legga la lettera del 6 luglio 1961 inviata a Enzensberger, che in quello stesso 1963 pubblicherà una traduzione delle poesie fortiniane per Suhrkamp: Il problema della traduzione di quei versi miei che hanno misura tradizionale non è, lo so, cosa semplice. Da noi, la situazione metrica è assai diversa che da voi e si offrono tutte le possibilità, dall'impiego «scrio» dei metri regolari, a quello allusivo-citazionistico a quello ironico. Anche il metro libero non è mai, in verità, tale (ho scritto due saggi su questo argomento). Penso che sia possibile però tradurre in forma libera le mie forme chiuse, considerando il modo di mantenere una certa drammaticità interna, o per meglio dire, il passaggio dalla dizione «prosastica» (il dimesso) al tono «retorico», «insigne», «aulico» e viceversa. Tutto il mio lavoro è nel senso di questo doppio moto: per intendersi, Il ladro di ciliege di Brecht e anche An die Nachgeborenen. Vorrei lei potesse vedere tutte le nuove poesie, quelle degli ultimi due-tre anni, che sto ordinando e raccogliendo: cc ne sono 1 5h.o che si intitolano Traducendo Brecht che sono tutte costruite secondo le forme da mc impiegate per tradurre Brecht, il Brecht cold e «cinese», non quello dei songs e delle ballate; e cc n'è un'altra ventina invece, di forme tendenzialmente più chiuse - queste ultime sono però le migliori. Chi le ha lette, dice che c'è un forte stacco, anche rispetto alle ultime di Poesia e E"ores 1 •
s' lvi, p. 134. s1 F. Fortini, Lettera a E,,zensberger, Milano, 6 luglio 1961, in F. Fortini, H. M. Enzcnsbcrger, Così a11che 11oi i11 u,,-eco. Carteggio 1961-1968, a cura di M. Manara, Quodlibct, Macerata 2.02.2., pp. 69-70. Sulla relazione tra Fortini cd Enzensbcrger si veda M. Manara, • Jch bare aufmerksam meine Feinde zu - Ascolto atte,ua,ne11te i miei
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PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
La dura assertività delle frasi su cui è costruita Dalla mia finestra è veicolata da una dizione percussiva a tre accenti più o meno regolari, che privilegia la scansione netta di ogni sintagma, imponendo al lettore un rallentamento della dizione per l'ultimo verso che estende le immagini, accentuando la mediazione tra la coscienza della storia e la percezione della realtà nel presente. Le cicatrici del passato sono inscritte sul corpo di chi sta in disparte ad osservare (cfr. ad esempio i vv. 1-2 «Dalla mia I finestra I vedo/ fra case I e tetti I una casa»; vv. 4-5 «La notte I che spezzò I quei sassi /ero giovane, I tremavo I felice»; vv. 7-8: «I bambini I gridano I nella corte / Le rondini I volano I basse»). Meno convincente risulta la scansione a tre accenti per i versi finali di ogni strofa, a meno di non assecondare il contestato orecchio fortiniano sul modello della sua lettura del Pianto della scavatrice. Esemplare in questo senso è il verso di chiusura, «Le cicatrici dolgono», dove per rispettare l'isocronia accentuale il lettore è obbligato - con torsioni poco convincenti - a forzare la scansione, suddividendo il sostantivo «cicatrici» con due dubbi accenti di parola. Resta tuttavia marcata la distribuzione paratattica in luogo dell'ipotassi, elemento necessario, ma non sufficiente, per realizzare la metrica accentuale. La corrispondenza verso-frase permette una lettura per accenti meno ardita rispetto alle frasi spezzate dagli enjambement e alla costruzione ipotattica, restituendo una linea versale monolitica. Qualcosa di analogo si verifica nella lirica successiva della sezione, Fine della preistoria, dove ai quattro versi iniziali scanditi su tre accenti forti viene ad aggiungersene un quinto - «che cosa aspetti» - che svolge la funzione esortativa espressa con voce più distesa, ma al contempo netta, rispetto ai Manifesti in maiuscolo di Foglio di via 58• La periodicità degli accenti e lo staccato della sillabazione porta il lettore a misurarsi con una poesia materializzata come spinta, gesto, indice d'azione nel presente. In accordo con la commistione tra scrittura e riscrittura, anche le versioni fortiniane di Brecht, insieme ai componimenti di Una volta per sempre, possono essere impiegate per verificare l'impiego tiemici». Il carteggio Fortini - Enzensberger, «L'ospite ingrato online», 19 aprile 2.016; Ead., «lo procedere) come per Brecht». Il carteggio Fortini-E,,zetisberger, in F. Diaco, E. Nencini (a cura di), «Per voci interposte». Forti11i e la tradudotie, «L'ospite ingrato», n. s. 5, Quodlibct, Macerata 2.019, pp. 85-95. s• FV 2.5.
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•ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
in proprio del verso accentuale, considerando i primi come materiali espressivi in cui «Fortini esegue Fortini»s9. Del resto, le poesie raccolte in Il ladro di ciliege nel 1982 sono accompagnate in calce non già dalla data di composizione dell'autore tradotto, ma dall'anno in cui Fortini le ha elaborate o riscritte. Un esempio è offerto da Der Anstreicher spricht von kommenden gro{Ien Zeiten di Brecht (L'imbianchino parla di grandi tempi a venire), pubblicata su «Das Wort» nel numero di aprile-maggio 1937 e soltanto due anni dopo collocata all'interno della sezione del Breviario tedesco (Deutsche Kriegsfibel) delle Poesie di Svedenborg, apparse nel 1939 60• Nel Ladro di ciliege Fortini inserisce la sua versione del componimento brechtiano accompagnata da una data in calce - il 19 5 6, assente naturalmente nel testo originale - che sta dunque a indicare il momento della traduzione. L'aggiunta della data costituisce la spia di un processo di appropriazione che confonde i piani della scrittura e della riscrittura, sulla base della quale è possibile leggere in parallelo la traduzione fortiniana dell'Imbianchino con l'ultima strofa di Dalla finestra, composta negli stessi anni:
...
[ ] I bambini gridano nella corte Le rondini volano basse. Le cicatrici dolgono'J.
Le foreste crescono ancora. I campi sono fertili ancora. Le città ci sono ancora Gli uomini respirano ancora'•.
Fatta eccezione per l'ultimo verso di Dalla mia finestra, difficile come abbiamo visto da incasellare nei tre accenti principali, la costruzione ritmica e sintattica in entrambi i componimenti risulta pressoché identica. Ogni verso corrisponde a una proposizione semplice priva di qualsiasi figura di inversione (si ricordino le frequenti anastrofi e iperbati di Foglio di via e di Poesia ed errore). I tre accenti forti che reggono ogni verso risultano più marcati nella versione brechtiana, scandita dall'epistrofe dell'avverbio «ancora», posto come elemento retorico cruciale a sostegno del-
s, I. Fantappiè, Franca Fortini e la poesia europea cit., p. 8 1. '° B. Brecht, Deutsche Kriegsfibel, «Das Wort. Literarische Monatsschrift»,
4-5, aprile-maggio 1937, pp. 59 e sgg. '' UVPS 2.35. ,2. «Dic Waldcr wachscn noch. / Dic Ackcr tragcn noch. / Dic Stadtc stchen noch. / Dic Mcnschen abncn noch», in LC 660-661.
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
la forma-non forma impiegata da Brecht per la costruzione del suo Breviario. Un ulteriore esempio della prossimità tra le poesie brechtiane nella versione fortiniana e questa prima sezione di Traducendo Brecht è dato dalla Prima lettera da Babilonia, in cui è rintracciabile, soprattutto nelle prime due strofe, l'impiego del principio accentuale garantito dall'incedere paratattico dell'enunc1az10ne: Al vecchio I che gira I la macina una vena I si spezza I nella pupilla e il serpe I è vicino I alla culla. Confuso I nella paglia I e nella polvere è il sandalo I di un profeta I ridicolo. Non è vero I che siamo I in esilio. Non è vero I che torneremo I in patria, non è vero I che piangeremo I di gioia dopo l'ultimai svolta I del cammino. Non è vero I che saremo I perdonati.
I tre accenti sui quali si reggono i versi delle prime due strofe scandiscono frasi icastiche e allegoriche, accompagnate da una seconda strofa eseguita sul meccanismo della negazione. Nei cinque versi della strofa conclusiva ( «Siedo a sera sul margine della foresta. / Le bestie selvagge e timide cercano acqua. / Guardo la grande diga che abbiamo costruita, / i lumi della centrale, l'aereo che scende, / la gente come me che ritorna alle case») è possibile con qualche cautela applicare una scansione a quattro accenti forti - seppur più incerta rispetto ai tre delle prime due strofe - tendente ai cinque nei vv. 12 e 13. Al di là di ogni pretesa normativa della regolarità accentuale, va registrato un rallentamento drastico della dizione, in linea con uno stato di contemplazione suggerito da verbi di stasi come «siedo» e «guardo», ai quali si contrappone un movimento esterno, che inscrivendosi nella griglia percettiva del quadro, viene immediatamente trasformato in oggetto di riflessione, assumendo una funzione durativa. Un simile processo di costruzione si riscontra in Aprile I96I: 'J
UVPS 2.39.
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•ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
La donna mi porta la posta, il pacco di libri lucidi e tante carte da buttar via. Le morì due anni fa, inedia e vino, il marito a Niguarda. Il mondo, ripeti dunque, è la storia degli uomini. I contadini di Cuba urlano contro gli aerei. Sono un servo che servi hanno disarmato. Giù nel cortile squadre di giovani morti spartiscono vino e cartucce por cl frente de Aragé>n. Di prima mattina a Firenze era un, aria leggera. Non so, non capisco, non parlo, lasciatemi andare'-'.
Alle urla dei contadini cubani contro i bombardamenti degli aerei statunitensi si sovrappongono le immagini del passato della guerra civile spagnola ( «El frente de Aragc5n») miste alla memoria degli anni giovanili a Firenze. Le immagini sono scandite da un incedere prosodico che ricorda il Pavese di Lavorare stanca, sebbene risulti assente, nel testo di Fortini, la periodicità interna dell'anapesto pavesiano, qui sostituita da sporadici moduli di anfibraco (- + -) che addensano interi versi (v.1; vv. 9-10) o che costituiscono almeno l'attacco iniziale (v. 4; v. 8). Pur in assenza della monoritmia interna pavesiana, è possibile individuare una scansione tonica retta su un'oscillazione di cinque accenti forti (probabilmente l'esempio di isocronia accentuale più riuscito della sezione), che risulta tuttavia problematico per i versi 2 e 6. Sul piano della «semantica del metro», la costruzione accentuale serve a veicolare - forma in quanto forma di un dato contenuto- l'esigenza di fissare «versi di cemento e vetro» riferiti al presente; di afferrare la storia e gli eventi, di decifrarne il senso che continua a sfuggire, pur nel tentativo di chiamare a raccolta nel cortile gli anni del passato come filtro che si sovrappone all'immagine dell'oggi. In Aprile I96I l'esigenza di mostrare il funzionamento della storia finisce per condizionare l'assertività della scrittura. L'organizzazione formale è scelta appositamente per puntellare il dato del presente, quasi una necessità di afferrarlo, per l'autore e lettore-collaboratore, di attaccarlo alla bacheca di sughero con uno spillo-accento ed esaminarne le ragioni. Se da una parte, per dirla ancora con Giovannetti, la validità oggettiva del criterio accentuale è frutto di una certa costrizione interpretativa, affidata al lettore (vv. 2 e 6), dall'altra il tentativo '-t
UVPS 2.42.
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
di rispettare l'ipotetica griglia accentuale sottopone il verso a un'estrema dilatazione dell'esecuzione volta a estendere la durata e a stimolare l'attenzione della lettura65 • Tale processo è coerente con un presente come simbolo, "insegna" del Fortini poeta: [... ] di qui il paradosso per il quale questa poesia, continuamente e quasi accanitamente aggiustata sul millimetro e l'attimo dei fatti storici contingenti, finisce per proiettarli come ombre cinesi sul telone bianco di una metastoria trascendente, quasi che Fortini abbia fatta propria fino in fondo la terribile senten7Al marxiana che ogni storia, prima della consumazione del comunismo, non è che preistoria; e il corso storico, che l'ideologo razionalizza come continuità concatenata, nelle pagine del poeta affiora come discontinuità e intermittenza, si polarizza in epifanie tragiche".
Un ulteriore esempio di messa in forma del contenuto storico come simbolo applicato a diversi livelli della composizione- dall'argomentativo-retorico al metrico-prosodico - è offerto dalla sezione conclusiva di Una volta per sempre, che ospita la Poesia delle rose, inserita nella raccolta quasi come coda che serve a stabilizzare, sintetizzare ed esibire la nuova poetica di straniamento e di rifiuto della consolazione dell'estetico, simboleggiata dalla mano ritratta al contatto con il «viscido di un rettile» 67 • L'immagine suggerita da Fortini potrebbe ricordare il Ragazzo morso da un rama"o di Caravaggio, ma con una differenza importante: lì l'azione di ritrarsi è caratterizzata come evento puntuale, ovvero lo scatto, l'istinto del ragazzo di fuggire l'evento istantaneo del morso; nella nuova rappresentazione che Fortini propone della sua poesia, la ritrazione avviene viceversa a causa del contatto prolungato con la superficie stessa del rettile (con l'intera fisionomia della poesia) e non con l'impeto del morso che potrebbe ricordare certe forme di gestualità avanguardista e di immediatezza della prassi. Non è l'azione, insomma, a causare una
's Si ricordi il significato del concetto di attenzio,ie nella riflessione e pratica della poesia fortiniana, cfr. supra, 2.2. "P. V. Mengaldo, I chiusi i,ichiostri cit., p. 23. '1 VP 67. Tra gli studi dedicati al poemetto ricordiamo: A. Asor Rosa, Forti,u e le rose, in C. Fini (a cura di), Per Franco Fortini cit., pp. 21-49; E. Passannanti, L 'Espressio11ismo tiella Poesia delle rose (z962}, in DISF 203-2.36; Id., Poem of the Roses: Linguistic F.xpressionism ;,, the Poetry of Fra1,co Fortini, T roubador Publishing, Leicestcr 2004; P. Jachia, Fortini e «La poesia delle rose». Note per u11 comme11to testuale, «Strumenti critici», 2, maggio 2010, pp. 265-288; F. Diaco, Dialettica e spera,wi cit., pp. 203-210.
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•ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
reazione, ma la percezione, il contatto prolungato con la superficie di una materia verbale disturbante. La costruzione formale della Poesia delle rose è commentata nell'intervento di Metrica e biografia degli anni Ottanta (su cui torneremo nel capitolo ottavo) in cui Fortini dichiara di aver ruotato attorno alla misura tradizionale dell'endecasillabo, ma per evitarlo: Una primissima stesura allineava dei decasillabi con rime e assonanze; ma subito dopo passavo a un verso che oscillava fra le 10 e le 14 sillabe, e cioè fra tre e cinque ictus maggiori, che successivamente tesero a ridursi a tre e quattro. Gli endecasillabi, spesso con accenti di 4a e 7a, sono tuttavia circa il 35 per cento del totale dei versi; conferma che è tutt,altro che perduto il contatto con la misura tradizionale, anche se due su tre versi ne divergono'8•
La «tenacia della tradizione» va dunque intesa come elemento di "disturbo" nella creazione di una metrica per accenti, che condiziona ancora l'orecchio del poeta pur nella sua volontà di allontanarsene (con la tradizione contro la tradizione, per utilizzare una struttura di pensiero costante nella filosofia della storia di Fortini) 69. Al polo opposto della tensione con la tradizione si colloca il ruolo svolto da ulteriori elementi metrici difficilmente incasellabili entro uno schema numerico, come Fortini stesso dichiara in riferimento alla composizione della Poesia delle rose. Non bisogna anche in questo caso sottovalutare il ruolo di mediazione svolto dal modello brechtiano che orienta la costruzione della poesia fortiniana in forme non sempre ascrivibili al criterio isocronico di distribuzione dei "centroidi", che talvolta rappresenta un limite coercitivo per lo sviluppo della sintassi, nonché per la dizione del lettore, con i problemi elencati nel capitolo dedicato all'ipotesi degli anni Cinquanta. Ciò non significa che una pratica accentuale non possa essere rintracciata, almeno in termini di proposta, o meglio, di esigenza. La trasformazione radicale della fisionomia prosodica del componimento non deve inoltre arrestarsi alla soglia del verso, del metro; essa va piuttosto estesa alla luce di ulteriori trasformazioni che intervengono nella strutturazione del testo, fra tutti l'organizzazione della sintassi e l'abbandono di stilemi retorici appartenenti a una poetica superata in funzione di una "MB 58. "Co11 la storia co11tro la storia, 01 1087.
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
chiarezza e di una assertività espressiva retta da proposizioni che coincidono non di rado con la linea versale. Accanto ai componimenti regolari organizzati per accenti, troviamo, in questa nuova fase di composizione fortiniana, testi in cui la sintassi si spezza a metà del verso - talvolta con punti fermi dando luogo a enjambement netti che impongono una rottura violenta della catena sintattica. Una parte dei versi delle due sezioni di Traducendo Brecht è riconducibile a questa seconda rifunzionalizzazione della discorsività brechtiana, dove meno agevole - e privo di reale fondamento - risulterebbe l'applicazione di un modello isocronico accentuale, pur nella scansione percussiva della materia verbale. È il caso della poesia eponima della prima sezione, Traducendo Brecht: Un grande temporale per tutto il pomeriggio si è attorcigliato sui tetti prima di rompere in lampi, acqua. Fissavo versi di cemento e di vetro dov'erano grida e piaghe murate e membra anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando ora i tegoli battagliati ora la pagina secca, ascoltavo morire la parola d'un poeta o mutarsi in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso credo di non sapere più di chi è la colpa. Scrivi mi dico, odia chi con dolcezza guida al niente gli uomini e le donne che con te si accompagnano e credono di non sapere. Fra quelli dei nemici scrivi anche il tuo nome. Il temporale è sparito con enfasi. La natura per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi70•
Il componimento più noto della produzione fortiniana è costruito su una metrica apparentemente meno vincolata rispetto agli 10
UVPS 2.38.
5.
«ALCUNE FORME CHE TENTAVO DI SPERIMENTARE IN PROPRIO»
esempi sopra riportati. Una classificazione degli accenti secondo i principi delineati da Fortini nei suoi saggi sarebbe in questo caso votata al fallimento. A differenza dei componimenti esaminati, la sintassi risulta in questo testo più articolata. Dei quattro lunghi periodi che compongono la prima strofa di tredici versi, soltanto il primo e l'ultimo si concludono esattamente a fine verso, mentre i due restanti si spezzano bruscamente a metà dei vv. 6 e 10. Il meccanismo è intensificato nella seconda strofa di otto versi, retoricamente costruita su un'epanadiplosi simmetrica che confonde l'esortazione iniziale esplicitamente rivolta come imperativo a sé stesso ( «Scrivi mi dico») e insieme al lettore o autore in figura nel verso conclusivo ( «Nulla è sicuro, ma scrivi»). La sintassi è troncata in più punti con frequenti enjambement che tuttavia non stravolgono l'assertività dominante delle due sezioni della raccolta. I sei periodi della seconda strofa amplificano la frattura già anticipata nel blocco di versi precedente. Sebbene le atmosfere della poesia siano da ricercare in testi brechtiani come Tempi duri, l'organizzazione formale di Traducendo Brecht ricorda liriche come A coloro che ve"anno o Il sandalo di Empedocle, dove il legato retorico-argomentativo del ragionamento si interrompe in punti mediani7 1 • Del resto, come ha ricordato l'autore, Traducendo Brecht fa parte di quei componimenti assimilabili al contenitore di "traduzioni immaginarie", dove l'ipotetica traduzione si trasforma «in aperto rifacimento manieristico» 72•
5 .4. Questo muro e la «funzione-Goethe» Le «forme sperimentate in proprio» sul criterio della metrica accentuale non si arrestano a Una volta per sempre, ma vanno ricercate, pur con diverse modalità di applicazione rispetto alla raccolta precedente, anche in alcune sezioni di Questo muro, che segna il passaggio - o meglio, l'integrazione - dalla funzione-Brecht alla «funzione-Goethe» 73 • Come ha osservato Mengaldo, l'influenza 1• Cfr. F. Fortini, Bertolt Brecht {Il sa11dalo di Et11pedocle), in Poesia tedesca del Novece11to cit., pp. 155-168. 1 ~ LT 177. 7J P. V. Mcngaldo, I chiusi i,u:hiostri cit., p. 138.
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
progressiva dell'autore del Faust non va intesa come una sostituzione del modello precedente, quanto piuttosto come un affiancamento o meglio un dialogo con Brecht, di cui Fortini può ancor meglio assimilare cadenze e movimenti per mezzo di un confronto stabilito per diffrazione con la figura di Goethe. La presenza di Goethe in Questo muro «aiuta del resto a capirne illimpidimento di scrittura, aumento del pedale lirico e falso o vero idillio, difficile trasparenza, come di un'acqua che sfida l'occhio con la sua limpidità, di simboli, parabole, allegorie» 74 • Il meccanismo di integrazione tra i due modelli tedeschi porta a rilevare una brillantezza cromatica che emerge dall'accostamento per giustapposizioni tra due diverse forme di scrittura che hanno effetti non secondari sul piano dcli' organizzazione formale dei testi redatti negli stessi anni da Fortini. Si direbbe inoltre che le due raccolte del '63 e del '73 segnino il passaggio a una stabilità formale prodotta da un bilanciamento di influenze, ricezioni e sperimentazioni portati a maturazione nelle poesie di Paesaggio con serpente, dov'è possibile individuare il punto di convergenza - e di superamento, nel senso più propriamente hegeliano - di un dialogo ininterrotto tra i modelli di Brecht e Goethe. La struttura complessiva di Questo muro - che in seguito a La posizione (I962-68} accoglie due sezioni speculari, ovvero Versi a se stesso (I962-68) e Versi a un destinatario (I96I-69) - appare «studiatissima, a spinte e controspinte e a sotterranee intenzioni dialettiche» 75 , che esplodono come rivelazione nella prosa conclusiva della sesta e ultima sezione (Di maniera e dal vero): L'ordine e il disordine76 • Anche le sezioni più autobiografiche della raccolta vanno considerate in relazione al meccanismo di allusione allegorica ora più studiatamente dissimulato rispetto ai volumi precedenti, in grado di incidere sulla costruzione globale della raccolta e di saldare l'elemento lirico alle spinte esterne del reale, in una dilatazione temporale dell'attesa che funge da preludio di un'azione distesa sulla lunga durata e organizzata in funzione di un tempo avvenire distante dall'oggi. La poesia che inaugura la raccolta, La linea del fuoco, non lascia in questo senso ambiguità: 74
lbid.
n lbid. 1'
QM 379; PS 387; NSO 53.
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Le trincee erano qui. C'è ferro ancora tra i sassi. L'ottobre lavora nuvole. La guerra finì da tanti anni. L'ossario è in vetta.
Siamo venuti di notte tra i corpi degli ammazzati. Con fretta e con pietà abbiamo dato il cambio. Fra poco sarà l'assalto77•
La sospensione dell'azione è segnalata da una rassegna di situazioni belliche del passato che si scontrano adesso con un muro del presente che deve essere conosciuto e fissato (come scriverà qualche anno dopo nella prima prosa di Insistenze, intitolata non a caso Il muro del rischio)7 8 per indicare e scegliere un'immagine dell'avvenire 79• La linea di fuoco ricalca lo stile assertivo impiegato per i componimenti della prima delle due sezioni di Traducendo Brecht di Una volta, per sempre. È il caso della ricordata poesia d'apertura della prima sezione -Dalla mia finestra - caratterizzata da uno stile paratattico e dall'assenza di enjambement, nonché dalla perfetta coincidenza tra periodo sintattico e misura versale (la «riga-a-verso») che prepara la scansione accentuale. Rispetto a Dalla mia finestra, si registra tuttavia un alleggerimento parziale della tensione orizzontale, riscontrabile nelle due proposizioni collocate nella seconda strofa di La linea del fuoco ed estese ai vv. 6-7 e 8-9, appena prima della chiusa del v. 10 che assume un valore profetico. Tra i momenti della raccolta ascrivibili al criterio accentuale, esemplare risulta, per organicità e coerenza formale interna, la se-
n QM 2.99. SE 1516-2.1; cfr. anche F. Fortini, Nota autobiografica indirizzata a P. Lawton, AFF, scatola XX, cart. 56, c. 3: «[Il titolo] è una citazione dal Purgatorio. Una parete fatta di colpa e di scacco. Ma era anche il muro del potere che impedisce di trasformare l'articolazione sociale e culturale circostante e che spegne il coraggio civile. Il muro del rischio, che quegli anni proponevano ai miei più giovani compagni. Poi tutto finì negli anni delle stragi, del terrorismo, dei tTips» . .,, «Il nero del muro incontra la mano aperta / Questo muro è tra il vero e la mano./ Il muro è ferro aria tempo. / Una voce chiama di là dal muro», 01 1086. 71
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
zione intitolata Il falso vecchio, che raccoglie i componimenti datati tra il '70 e il '7280• I primi dieci movimenti di questa quarta sezione, ordinati con la numerazione romana, sono organizzati per giustapposizione di quadri allegorici, secondo un principio già collaudato all'altezza della Poesia delle rose, posta a chiusura di Una vol-ta per sempre. I dicci "quadri" de Il falso vecchio sono legati da deittici posti come congegni formali volti a ottenere un effetto di legato che ostacola, con una dinamicità implicita, il senso di attesa e di staticità riconosciuto da Mengaldo come cifra distintiva della quarta raccolta fortiniana 81 • Il movimento a cui Fortini non rinuncia è garantito dal meccanismo dialettico come forma strutturante di una realtà in preda al caos e al disordine. La staticità delle prime poesie di questa quarta sezione viene in parte sovvertita dal componimento finale, Il bambino che gioca, orientato a riprendere il moto della storia, prima arrestato in un verbo al presente che «porta tutto il mondo» 8 2.: Il bambino smise di giocare e parlò al vecchio come un amico. Il vecchio lo udiva raccontare come una favola la sua vita. Gli si facevano sicure e chiare cose che mai aveva capite. Prima lo prese paura poi calma. Il bambino seguitava a parlarci,.
Per comprendere la tentazione fortiniana al movimento e ali'organizzazione, speculare e contrapposta a un orrore o a un'insofferenza per la stasi annichilente del presente imposta dalle condizioni esterne, è necessario risalire alle prime poesie della sezione e leggere contemporaneamente due testi simmetrici, il secondo e il terzo movimento de Il falso vecchio:
1o Per una lettura della sezione si legga L. Lcnzini, Stile tardo. Poeti del Novecento italia110, Quodlibct, Macerata 2.008, pp. 2.2.7 e sgg. •• Cfr. G. Gronda, Il falso vecchio. Connessioni i11terlestuali in u11a sezione di «Questo muro», in C. Fini (a cura di), Per Franco Fortini cit., pp.89-112.. IJ. QM 350. IJ QM 358.
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IL Quando si avvicinano i colombi i tacchini gridano. Il muratore picchia sul muro col suo martello. Le auto inferocite assaltano le vie e le piazze. I rumori più piccoli si posano dentro i più grandi poi attraverso i viventi vanno via.
III. Quando si avvicinano gli aerei i bambini gridano. La contraerea picchia sui muri col suo martello. Gli insanguinati assaltano le vie e le piazze. I filamenti più piccoli bruciano dentro i più grandi poi attraverso il tempo vanno via 8◄•
La scansione accentuale dei due testi, organizzati sulla stessa impalcatura formale, sintattica e perfino semantica (sono presenti in entrambi i testi i verbi «avvicinarsi», «gridare», «picchiare», «assaltare» ... ), sembra veicolare non tanto una dinamica di situazioni, quanto piuttosto un'insistenza percussiva di indagine fenomenica, suggerita del resto dalle azioni del muratore e della contraerea che picchiano sui muri col martello. Il confronto tra due quotidianità distanti causa un evidente cortocircuito: da una parte, è descritto un mondo "familiare" che somiglia a un'Italia vicina; dall'altra, sono evocate le atmosfere di una guerra lontana, verosimilmente il Vietnam. Ci troviamo di fronte a un meccanismo compositivo molto simile alle incursioni dell'occhio dei componimenti di Antonio Porta, anch'egli teorico negli anni Sessanta di un peculiare «verso accentuativo» 8 s. Entrambi i testi fortiniani hanno come incipit due azioni compiute da una terza persona plurale che ricordano i segmenti versali di non pochi componimenti raccolti in Cara. Ciò che tuttavia distanzia la scansione accentuale di Fortini rispetto alla distribuzione percussiva degli accenti in Porta è la presenza di un'apertura, nel primo, a una temporalità dialettica, non assunta dallo sguardo analitico che costruisce invece i testi chirurgici del secondo. «Noi porteremo a termine comunque il compito vegliando// questo nel piccolo sonno ormai riunito popolo»: 14
QM 348-349. •s A. Porta, Poesia e poetica, in A. Giuliani (a cura di), J Novissimi. Poesie per gli amu '60, Einaudi, Torino 1965, pp. 193-195; cfr. anche Id., Dietro la poesia, in La palpebra rovesciata, Quaderni di Azimuth, Milano 1960, pp. 34-41; si veda inoltre A. Pinchera, La metrica dei "Novissimi", «Ritmica», IV, giugno 1990, pp. 62.-76.
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
sono i versi conclusivi de LA posizione, che esprimono la necessità di combattere una guerra ancora aperta nel presente86• Alla staticità «verticale e assoluta dell'allegorismo» è compresente «l'opposta dinamica orizzontale, storica e relativizzante della dialettica, che a sua volta riceve dalla prima il divieto di compromettersi troppo col qui-e-ora» 87• La novità di Questo muro va ricercata nella variazione di forme e contenuti all'interno di una tradizione, disposti con l'obiettivo di creare uno spazio di autocoscienza derivato dall'assunzione di motivi del passato, come garanzia di ancoraggio alla storia in un presente costruito da muri e frontiere, reali e allegoriche. Ci troviamo di fronte a uno dei motivi dominanti della poesia fortiniana: la tensione della forma tra un passato formato e un futuro da formare, ora sperimentata in una raccolta implicitamente carica di attesa. La stasi indicata da Mengaldo risponde a un meccanismo di presa di coscienza delle responsabilità del presente: pur nella sua consapevole ritirata, il soggetto non intende rinunciare a una guerra di posizione che deve preparare l'avvenire; egli deve al contempo farsi cosciente della necessità di anteporre la conquista di uno spazio autocritico. Ne risulta una staticità programmatica, che elude il congelamento delle forze imposto dai mutamenti esterni. Non a caso, la frase di chiusura dell'ultimo componimento della raccolta è marcata da un verbo orientato al movimento - «e ti porti via» - possibile soltanto dopo l'attraversamento delle dolorose contraddizioni dell'ordine e del disordine, con effetti significativi anche sul piano formale della scrittura. A questo riguardo, si ha la percezione - ancora per dirla con Mengaldo88 - che tutta la struttura metrica di Questo muro, con le sue frasi asciutte e assertive, tenda alla prosa, come del resto dimostrano Un comizio e L'ordine e il disordine, due scritti collocati a conclusione della raccolta. Un altro degli elementi che, come abbiamo visto, caratterizzano l'apertura all'esperienza compositiva accentuale. Il principio di organizzazione interna dei versi eredita «il passo uniforme della poesia ragionante e quelle strutture "di cemento e di vetro" ammirate sempre in Brecht» 89 , confermando ancora una "QM301. 17 P. V. Mcngaldo, I chiusi i,ichiostri cit., p. 149. u lvi, pp. 142. e sgg. a, lvi, p. 143.
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volta «la prevalenza dello staccato sul legato», che si accompagna all'impoverimento e alla razionalizzazione della metrica90. In questo ordine formale si inserisce - ma questa volta come una tra le possibili soluzioni metriche, senza la compattezza e la linearità delle due sezioni di Traducendo Brecht - l'ipotesi accentuale elaborata negli anni Cinquanta, non più regolata da una ferrea aspirazione geometrica. Il componimento in cui la metrica per accenti risulta più riuscita è Agli dèi della mattinata, dov'è possibile riscontrare un numero variabile dai quattro ai sei accenti: Il vento scuote allori e pini. Ai vetri, giù acqua. Tra fumi e luci la costa la vedi a tratti, poi nulla. La mattinata si affina nella stanza tranquilla. Un filo di musica rock, le matite, le carte. Sono felice della pioggia. O dèi inesistenti, proteggete l'idillio, vi prego. E che altro potete, o dèi dell'autunno indulgenti dormenti, meste di frasche le tempie? Come maestosi quei vostri luminosi cumuli! Quante ansiose formiche nell'ombra!,•
Bisogna d'altra parte indicare il carattere latamente manieristico delle strutture formali impiegate in Questo muro, non ancora sviluppato e del tutto assunto come avverrà nelle architetture formali di Paesaggio con serpente e di Compositasolvantur. Come ha infatti osservato Fortini, Agli dèi della mattinata rappresenta un tentativo di costruire una «finta poesia idillica» attraverso «cadenze che in qualche modo riproducessero, seppure alla lontana, le cadenze dell'esametro e che servissero a dare una patina, un ricordo, un vaghissimo ricordo come di traduzione da un testo latino. Nulla a che fare col metro carducciano» 91 • La stessa linearità della storia è minacciata dal passo ciclico dei tempi naturali, senza che per questo si verifichi la prevalenza della seconda soluzione sulla prima. Si tratta piuttosto di un dissidio che mostra uno schieramento di forze quale preludio di un conflitto tra storia e natura, tra ordine e disordine, portato agli estremi nelle due raccolte successive.
'° lvi, p. 145. '' QM 366. ,:L F. Fortini, I poeti, la città, intervet,ti poetici nella città (La Spezia, Nove,nbre :1981), in F. Podda, Il se,,sode/Ja scena cit., p. 191.
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
La tentazione della prosa percepita da Mengaldo nei testi di Questo muro viene ostacolata dal condizionamento metrico che «esalta le testure, le giaciture e molte specie di figure del discorso, si fa suggerimento continuo e pressante alla dizione, scrittura orchestrale»93. Sono dichiarazioni che Fortini formula nella sua prefazione al Faust, tradotto nello stesso decennio in cui il poeta compone i testi di Questo muro9•. Sarebbe tuttavia riduttivo - se non tendenzioso - applicare meccanicamente le misure formali adottate per la versione dell'opera goethiana ai componimenti di Questo muro. Utile sarebbe piuttosto isolare alcune acquisizioni teoriche maturate durante il lavoro di traduzione di Goethe per meglio restituire la complessità della pratica compositiva fortiniana, non riducibile alla sola applicazione di una metrica accentuale. Del resto, come Fortini ha dichiarato, la sua versione del Faust non corrisponde a un «rifacimento», ma a una traduzione quanto più possibile adeguata del testo originale, finalizzata ad «aiutare chi potesse seguire la pagina tedesca» 95 . Ciò implica lo scarto tra due sistemi di scrittura poetica e due tradizioni, che non sconfina nella gerarchia del testo d' arrivo su quello di partenza, e dunque degli elementi prosodici italiani sulla polimetria dell'opera goethiana. L'osmosi tra le due voci ha conseguenze non indifferenti sul rinnovamento metrico e formale della lingua d'arrivo, non ultimo quella prosa «in agguato» 96 che si riverbera nei versi di Questo muro: Non mi sono proposto una traduzione che avesse vita indipendente dall' originale. Ho voluto che il lettore avvertisse il rinvio continuo ad un testo anteriore, il sapore di traduzione, il suo farsi. È un consiglio di Benjamin. Non ho ,J
SE 142.9.
,.. Tra gli studi sulla traduzione fortiniana del Faust segnaliamo in particolare: R. Venuti, "Poeta suavissime"', "Magisterclarissime"'. Fortini, Cases e la traduzio1,e del ·Paust, •L'ospite ingrato», 4, 2.001-2.002., pp. 2.89-2.92.; C. Cases, Laboratorio Faust. Saggi e comme,1ti, a cura di M. Sisto e R. Venuti, Quodlibct, Macerata 2.019; N. Muzzi, Verso su verso, la scalata del Faust, in F. Diaco, E. Nencini (a cura di), «Per voci interposte» cit., pp. 97-106; A. Landol6, «Il traduttore, a11che se 110n voleva ... ». Fra,u;o Forti11i e il Faust di Goethe, in F. Della Corte, L. Masi, M. Slarzynska (a cura di), Il secolo di Franco Fortini. Studi 1,el ce11tenario della nascita, Artemide Edizioni, Roma 2.019, pp. 177-186. Per il rapporto tra teoria, traduzione e forma cfr. anche A. Prete, Dialoghi sul confi11e. La traduzione della poesia, in Storia della Letteratura lta/ia,,a. Il Novece11to (lii): Sce,iari di fine secolo I, Garzanti, Milano 2.001, pp. 902.-906.
,s SE i42.9.
"N. Mu7.zi, Verso su verso, la scalata del Faust cit., pp. 103-104.
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voluto la traduzione che Goethe chiama «parodistica», il rifacimento. Di questa nobile forma del pastiche i nostri anni conoscono alcuni bellissimi esempi. Ma il metodo della «traduzione immaginaria» male si adatta al Faust, opera troppo ampia, fondata sulla varietà degli stili e su una pluralità di livelli [... ]. Una traduzione del Faust castiga i compiacimenti, rifiuta specchi benevoli, costringe a scegliere e a rinunciare. È critica~n.
Va marcata tuttavia una contraddizione strutturale - tipica del pensiero fortiniano - tra appropriazione del testo di partenza e versione didascalica sul modello delle versioni interlineari. Come ha osservato Maria Vittoria Tirinato, Fortini avverte spesso l'esigenza di un terzo, ovvero di una «traduzione che sia al tempo stesso sovrapponibile all'originale e in tutto autonoma da esso» 98 • A differenza delle altre versioni contenute in Il ladro di ciliege, il Faust può essere letto come un tentativo estremo di mettere in moto la sintesi tra due polarità, «assumendo e superando l'antitesi fra appropriazione geniale e versione didascalica» 99 in virtù del modello dialettico esplicitato nei componimenti di Questo muro, culminante nella conclusiva L'ordine e il disordine, che non a caso verrà inserita in Non solo oggi alla voce «Dialettica» 100 • La contraddizione interessa più livelli di scrittura e trova nella traduzione un'allegoria della totalità. L'atto di traduzione viene infatti «sistemato» da Fortini fra l'operazione interpretativo-critica e quello della lettura, per concludersi come atto di scrittura. 101 Del resto, secondo l'autore, il genere prossimo alla traduzione non è tanto la poesia, quanto la saggistica • 2.. Allo stesso tempo, Fortini tiene a separare i due atti di scrittura critico-saggistica e di lettura, dal momento che il primo esplicita discorsivamente la gerarchia di rilevanza dei vari livelli e delle componenti di un testo e il loro complesso di relazioni, mentre il secondo si limita «a destare» quella gerarchia a partire dalle tensioni e intenzioni del testo •0 1. In questo senso, la traduzione, definita come una pratica interpretativa, diventa l'insieme di appropriazione e pratiche di acquisizioni formali e intenzioni di un'opera. All'in0
,1 SE i42.7. M. V. 1irinato, «Larvatus prodeo», LT 2.1. "lbid. iooNSO 53· 101 LT 75· io:a. SE i436. IOJ LT 75· ,a
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
terno di questa tensione va interpretato il giudizio di Raboni, che inquadrava il Faust di Fortini come una forma indiretta di saggio dedicato alla metrica 104• Raboni sottolineava inoltre il legame fra la traduzione del Faust e il rilancio espressivo di una metrica alternativa nella tradizione italiana: Fortini è stato forse il poeta italiano che più puntualmente, più puntigliosamente, in questi anni, ha contribuito all'immagine di una metrica alternativa, basata in larga misura [... ] sulla quantità {sia in senso classico, per quanto il nostro orecchio può ancora percepirne la funzione, sia in senso puramente numerico, inteso quest'ultimo anche come possibile semplificazione o "metafora" del senso originario) anziché sull'accento, e tuttavia caratterizzata dalla riscoperta e dal rilancio espressivo degli accenti delle singole parole non come microunità ritmiche autosufficienti {che è l'ipotesi, poi tralasciata dal suo stesso autore, presente nell'Allegria di Ungaretti), ma come unità singole di senso all'interno dell'unità metrica "casuale" che le ospita senza assorbirle o livellarle o "tagliarle" o renderle - come succede invece, tipicamente, nel verso libero "classico" - interscambiabili nel loro valore di prescn7~ grafica e di suono • s. 0
Rispetto ad altri esempi di traduzione italiana, Fortini rifiuta la versione in prosa con intenti didascalici, ma evita al contempo di parodiare i versi di una tradizione estranea al sistema metrico italiano. Egli adotta per questo una regola: far corrispondere, almeno approssimativamente, «una riga di traduzione ad ogni verso» 106 • La traduzione del Faust permette latamente di rivelare - anche rispetto alla versione delle Poesie e canzoni di Brecht compiuta più di un decennio prima - i limiti del carattere istituzionale della metrica, a cominciare dalla scomparsa del potere normativo della metrica tradizionale già riconosciuta negli anni Cinquanta, ma lì fronteggiata opponendo una nuova forma di verso collettivo. Per realizzare una traduzione del Faust quanto più vicina ali'originale - allo scopo di ottenere un effetto di straniamento e di attenzione, non per puro gusto sacrale o estetizzante o per riverenza a un culto della bellezza - Fortini prova a ipotizzare una soluzione diversa sia dal «forcing linguistico del brutalismo informale» sia dal «ceri-
G. Raboni, Divagavo11i metriche cit., p. 407. lvi, p. 410. 1 °' SE 1430. IOf
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monioso falso-ottocentesco di fresca moda» 107 • Analogamente alle ipotesi formulate per la sua metrica accentuale, entrambe le soluzioni vengono rifiutate a favore di una metricità che egli definisce adesso «-fluida, che sta a quella rigorosa dell'originale come la versificazione moderna, "aperta", fondata su approssimative ricorrenze di accenti forti, sta alla versificazione "chiusa" istituzionale» 108 • Le riflessioni contenute nella prefazione al Faust smentirebbero pertanto il carattere rigido e normativo che la metrica assume negli anni Cinquanta, smussando, a distanza di più di un decennio, le allusioni a geometriche forme prescrittive da sviluppare collettivamente in una società futura. Esplicito appare in questo senso il nesso tra i saggi sulla metrica e quelli sulla traduzione; nonché il valore critico assunto dagli uni e dagli altri in relazione a pratiche di produzione culturale finalizzate a un percorso di appropriazione e autocoscienza della forma da applicare contro un sistema di dominio, in linea con i principi enunciati nel saggio di Al di là del mandato sociale 109 • Traduzione, linguaggio, metrica e società si pongono ancora, ali' altezza della traduzione del Faust, in stretto contatto con l'elaborazione di una forma - estetica, etica e politica - che prenda le mosse innanzitutto da un'esigenza di autocritica da porre come base di un processo di formalizzazione che interessa la dimensione individuale come la collettiva, la memoria privata e la memoria storica, quindi la tradizione.
•01 •01
'°'
SE i434. SE 1431 (c.vo mio). Cfr. infra, capitolo 7.
6. Metrica come forma simbolica
L'espressione è l'eco dolorosa di un potere schiacciante, violenza che diventa percettibile nel lamento. È sempre eccessiva, per quanto sincera, perché come in ogni opera d'arte, in ogni lamento sembra contenuto il mondo intero. M. Horkheimer, T. W. Adorno, Dialettica dell'illumi11ismo [... ] Ma per noi, per noi che poco da vivere ci resta, che cosa sono l'Asia immensa, il tuono dei popoli e i meravigliosi nomi degli eventi, se non figure, simboli dei desideri immutabili dolorosi?
F. Fortini, Reversibilità
6.1. Lex inhaerens ossibus Dopo aver esposto i limiti della teoresi metrica fortiniana e verificato la tenuta delle forme «sperimentate in proprio», approfondiremo in questo capitolo il significato di una metrica intesa come «ritmo diventato istituto», declinando le riflessioni di Fortini entro i confini di una prospettiva antropologica accordata a un'idea di letteratura come ritualità e rappresentazione simbolica dei rapporti tra gli uomini e la società nella storia. Attraverso alcuni esempi, presenteremo il portato attivo del dispositivo metrico nella produzione fortiniana in relazione alla necessità del soggetto di confermare la propria presenza nel mondo attraverso un rituale che prevede la «correzione» - o, per meglio dire, la riconfigurazione - degli impul-
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
si soggettivi mediante moduli espressivi e formule collettivamente condivise. Come abbiamo osservato nella prima parte di questo libro, il carattere istituzionale della metrica viene inteso da Fortini alla luce di una stretta connessione tra gli strumenti tecnici della composizione e una determinata vision du monde che l'opera letteraria è in grado di veicolare in relazione al suo contesto. Fortini concepisce la letteratura come un contenitore di forme collettive che testimoniano la continuità storica tra passato, presente e avvenire, conservando al loro interno una memoria come insieme di stratificazioni e rotture culturali. Tale è la premessa per condurre un discorso critico da opporre a un'estetica che intendeva sottrarre l'arte dagli schemi di riproduzione materiale, ma che finiva di fatto per essere assorbita all'interno dei processi di produzione e di consumo. Al centro di una concezione della metrica come «ritmo diventato istituto» si colloca il riconoscimento del carattere storico delle forme, anche per quelle composizioni che apparentemente rifiutano il criterio di metricità. Come abbiamo visto, la distinzione tra lo schema del verso, lo schema delle strofe, la «forma» letteraria e il «genere» si presenta per Fortini come una differenza formale minima, ascrivibile tutt'al più alla separazione tra una micro e una macrometrica. Il processo di storicizzazione e di legittimazione dei generi, situabile anche a livello della metrica, è coerente al rifiuto di un'idea romantica di strutture preesistenti, di disegni, di cavità musicali o ritmiche o metriche nei contenuti verbali. Secondo Fortini, la teoria letteraria deve fondarsi sulla storicità non soltanto delle forme in relazione ai generi e alle regole di composizione - nel caso della tragedia, ad esempio, il rispetto o il rifiuto delle unità aristoteliche-, ma anche dei più sottili mutamenti metrici in un contesto all'interno del quale l'opera si costruisce, dal momento che tutta la ricca varietà dei rapporti tra metro e ritmo si presenta come indizio e strumento rivelatore dei rapporti reali, obiettivi, fra gli uomini 1 • L'impossibilità di isolare una particolare esperienza metrica dalle stratificazioni precedenti porta Fortini ad assimilare la ricerca di un'utensilità «originaria» del metro alla ricerca dell'origine del linguaggio. Così concepita, la poesia viene collocata agli antipodi dell'opinione comune che la riduce a espressione immediata dei I
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METRICA COME. FORMA SIMBOLICA
sentimenti, delineandosi piuttosto come lavoro costante sulla lingua in grado di garantire una continuità espressiva intersoggettiva e un ancoraggio del soggetto a una comunità. Fortini esprimeva la tensione tra coercizione della struttura e movimento della sintassi - tra "menzogna" metrica e "verità" ritmica - nel suo celebre epigramma rivolto a Pasolini, Diario linguistico, in cui faceva proprio il meccanismo dialettico di libertà-necessità, esteso dalla lingua alla postura morale e politica 2 • La dialettica tra «libertà» e «prigione» viene declinata attraverso il dispositivo metrico che permette ancora una volta di sintetizzare, in una tensione in divenire, l'universo discorsivo fortiniano. Non stupisce pertanto di ritrovare lo stesso lessico dei saggi sulla metrica in un testo presentato il 24 settembre 1986 a Trieste in occasione di una conferenza sulla psicanalisi organizzata dall'Associazione triveneta di psichiatria democratica e dall'Associazione culturale Franco Basaglia3. Nel suo intervento, Fortini declinava il concetto di «libertà» sullo sfondo di una mutazione avvenuta in seguito a trasformazioni politiche e scelte etiche nel corso degli anni Settanta. La dialettica tra libertà e lotte sociali è indagata nel testo a partire da una frase di Valery, secondo il quale sono le catene a dare le ali•. L'elemento più originale dell'intervento riguarda la scelta di ricorrere a un apparato terminologico riferito alle questioni metriche per discutere dei meccanismi dell'inconscio in relazione ai movimenti sociali: [Valery] alludeva alle catene volontarie che in letteratura vengono accettate, ad esempio, con i livelli di stile e con le forme metriche. Non pochi studiosi sono persuasi che il cosiddetto «verso libero» non esiste o solo in pochi casi particolari; anzi, la maggior parte di questi ultimi sarebbero tali soprattutto per contrastare testi di periodi storici che imposero più rigorose convenzioni formali. Sappiamo d'altronde che le strutture narrative di un buon racconto poliziesco obbediscono a regole non meno ardue e rigide di quelle metriche di 1. «Non imiterò che mc stesso, Pasolini. / Più morta di un inno sacro / la sublime lingua borghese è la mia lingua. / Non conoscerò che mc stesso/ ma tutti in mc stesso. La mia prigione/ vede più della tua libertà», 01 989; il testo è poi inserito in F. Fortini, Versi scelti. 1939-1989, Einaudi, Torino 1990, p. 32.7 (in calce 1965), e con il titolo Li11gua e prigio11i, in NSO 133, con aggiunta in calce dell'anno «1966»; dr. SE 1782.. J NSO 2.2.3-2.38. 4 Cfr. L. Parcyson, Le regole seco,ulo Valéry, «Rivista di estetica», 1962., 2., pp. 2.2.92.59; dr. anche Id., L'estetica di Paul Valery, in Id., Problemi dell'estetica. Il. Storia, a cura di M. Ravcra, Mursia, Milano 2.000, pp. 11-90 (dr. in particolare ivi, p. 52.).
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PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
un sonetto di Mallarmé. Quel sistema di convenzioni e di costrizioni che in un testo letterario viene obliterato ad un dato livello, l'autore lo ristabilisce ad un altro, come se non fosse possibile mai rinunciare ali' ostacolo. E sembra che ciò valga anche per la prosodia e la metrica delle autogestioni psichiche individuali, a conforto di quelle concezioni antropologiche che si fondano sulridea di una ambivalenza o radicale dialetticità del cosiddetto essere umanos.
Il paradosso di Valery di una libertà costruita a partire dalle catene ometterebbe tuttavia di ricordare - secondo Fortini - «che le ali dell'incatenato non possono dispiegarsi senza il momento della liberazione» 6 • Un processo complementare a un'idea di libertà in continuo divenire, in cammino, come dirà a proposito del suo comunismo7. In quest'ottica, la terapia coinciderebbe con «l'insieme dei processi intenzionali messi in opera al fine di modificare rapporti fra gli uomini vissuti come sofferenza priva di meta, e trasformarli in rapporti fra gli uomini vissuti come sofferenza dotata di meta, ossia come una modalità della gioia» 8 • Nel testo del 1986 Fortini ha ancora in mente il portato attivo della forma in quanto forma di un dato contenuto, in grado di indicare, al di là dell'adorniano carattere di contestazione della realtà, una direzione all'esistenza, in vista di quella «gioia avvenire» che dava il titolo a un suo componimento pubblicato nel '4 7 su «Il Politecnico» e aggiunto nel 1967 a conclusione della seconda edizione di Foglio di via9. L'ultima delle quattro stanze ricordava al lettore, con un lessico ancora intriso di slanci parenetici, il prezzo da pagare per una gioia «che non possiamo perdere/[ ... ] perché ogni cosa nasce da quella soltanto», da conseguire pur non conoscendone la forma finale, ma a partire da una riflessione su questa inseguirla, «fissando senza vedere»; un bisogno che nasce dalla necessità di supporre un soggetto «che deve sapersi liberare dalle vanità connesse alla propria formazione estetica e dalla frivolezza di un'arte slegata dalla prassi» 10• La stessa formula di Valery era già stata evocata
s NSO 2.2.4. 'lbid. 7 Si veda la sua definizione di «comunismo in cammino» in SE 1653-1656; cfr. infra, per una conclusione. 1 NSO 2.2.4. , FV 61; cfr. anche FVBDL 351-356. 10 F. Diaco, Dialettica e spera,~ cit., p. 1 1 o.
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6. METRICA COMI! FORMA SIMBOLICA
in un'intervista del 1979 11 , dove Fortini riconosceva la necessità di « "strappare i fiori che ancora nascondono la catena" per mostrare la catena in tutta la sua realtà e per procedere a spezzarla» 12.. La «funzione terapeutica della libertà» 13 come dialettica in movimento consiste dunque nella capacità di compiere una scelta che sia inseparabile dalla conoscenza del campo di scelte possibili; una scelta che prefiguri un progetto finalizzato a contestare l'autodeterminazione dell'individuo modellato dall'etica borghese, e che la teoria marxiana e psicanalitica hanno denunciato come costruzione mistificata. La formula liberale di una libertà che finisce dove comincia la libertà altrui viene corretta da Fortini con una libertà che commc1a «esattamente, e soltanto, dove comincia la libertà di un altro»: [ ... ] la condizione che chiamiamo di libertà - da qualcosa e per qualcosa - non è terapeutica o lo è solo se contiene in sé la possibilità di un superamento di se stessa ossia una obbligazione e un impegno, quindi una accettata limitazione di sé per un fine ed un orizzonte ulteriori• ◄•
Il «paradosso metrico» di Valery era già stato citato nel saggio di Metrica e libertà del 19 57, mutuato dal volume di Pierre Guiraud dedicato alle forme di versificazione del poeta francese I s. Anche secondo Guiraud la libertà è garantita in poesia dalla presenza di un'astrazione necessaria o di una forma vuota come condizione essenziale in grado di liberare le idee, le immagini e le parole solo dopo averle incatenate e imposto loro una completa sottomissione16. Tale ordine non va tuttavia inteso come il corrispettivo di uno schema numerico, ma come momento dialettico di una lacerazione costitutiva tra pensiero e azione, da sottrarre all'ordine contemplativo della stasi. Detta con le parole di Fortini: «il problema non è nell'ordine del semplice superamento di questa frattura perché la frattura si riapre immediatamente dopo (... ]. L'idea e il persegui11
u.
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NSO 2.33. NSO 2.37 (c.vo dell'autore). •s P. Guiraud, Langage et versifìcation d'après l'amvre de Paul Valery. Étude sur la forme poétique da,,s ses rapporls avec la langue, Libairie C. Klincksieck, Paris 1953. •' lvi, p. 41. IJ
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
mento di questa divisione, l'andare identificando nella realtà le cose che sembrano unitarie e sono invece divise, questo è un compito intellettuale: un compito degli uomini in quanto intellettuali» 17• L'estensione della dialettica tra necessità e libertà dalla riflessione sulla metrica a un'intera vision du monde e a una definizione stessa della funzione dell'intellettuale costituisce la parte più interessante dell'intervento di Fortini presentato a Trieste, in accordo con un'analogia parziale tra forma di vita e forme di scrittura ininterrottamente ridiscussa e riformulata di fronte ai mutamenti delle condizioni materiali della letteratura e del ruolo dell'intellettuale: tra le varianti del testo e le scelte di comportamento in un contesto, declinate a seconda dello spazio concreto di lotta e di trasformazione del pensiero in prassi. A differenza degli interventi situati tra gli anni Cinquanta e Sessanta, significative risultano le dichiarazioni di Fortini nell'intervista Le catene che danno le ali del 1979: Non vedo per quale motivo non si debbano esaltare le catene che danno le ali, come diceva Valery della poesia, cioè le limitazioni di ordine retorico e linguistico. Tutto ciò vale anche al di fuori della poesia. Il movimento di rottura, di frattura delle norme, delle regole oppressive, non può non accompagnarsi con la istituzione di altre norme. Ogni massacro di aristocrazie è fondazione di un'aristocrazia. Il che non significa allora che tutto è inutile, che la storia si ripete continuamente. No, non è tutto inutile. Dove l'aristocrazia era quella dell'Ancien régime, diventa l'aristocrazia del civismo, del combattente per la causa rivoluzionaria, della liberté ou la mort. Anch'essa accetta i suoi limiti e le sue convenzioni 18 •
La ripresa di Fortini della citazione di Valery conferma la centralità del dispositivo metrico ora impiegato come allegoria di un'organizzazione sociale in un contesto di sconfitta dei movimenti. Fortini intende ancora indicare una parziale omologia tra l'espressione letteraria e le scelte d'azione, con una prassi complementare ai saggi antecedenti alla sconfitta; complementare, ma opposta, in ragione di un radicale mutamento di segno che interviene dall'esterno sulle riflessioni teoriche. Se negli anni Cinquanta le scelte stilistiche si collocavano sullo sfondo di un discorso enunciabile in un contesto in cui il critico-saggista poteva ancora riconoscersi in uno spazio soUDI 302.. •• UDI 307.
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ciale verificabile, benché progressivamente ristretto, viceversa, negli interventi successivi al '78-'79 Fortini invitava il suo interlocutore a una pratica negativa della scrittura, volta piuttosto a indagare i nessi col potere riducendo le «ali» del linguaggio, in una «sorta di rigida dieta del sapere» motivata da una rigorosa selezione delle forme e accompagnata dal rifiuto di una pratica onnivora della lettura 19 • Nella stessa intervista del 1979 va inoltre segnalata la presenza di un'espressione che ritroveremo nel citato intervento di Metrica e biografia discusso a Ginevra nel 1980: «credo, come diceva Lenin, che la libertà è un bene troppo prezioso per non razionarlo» 20• Ancora nel '57, la funzione espressiva del metro risulta direttamente proporzionale alla sua astrattezza, alla sua attitudine a porsi come forma vuota: «un metro, a rigore, non è tale se non quando è divenuto una conchiglia dove si ode un rombo impreciso» 21 • Il metro si pone come configurazione che trae origine da una cadenza ritmica trasformata collettivamente in una formula rituale codificata, come la danza, il canto, la magia, la musica, la mimica, il cerimoniale. L'idea storico-formale della «utensilità» del metro - il suo procedere in accordo a una tradizione e a una storia delle forme - si afferma a discapito di una concezione innatista che pone l'ordine e l'armonia della composizione come uno schema preesistente nell'animo del poeta. La metrica garantirebbe viceversa un sistema di allusioni, introducendo «una risonanza o intemporale e sacrale (l'indefinita "tradizione") o storica (la "distanza" e a un tempo "vicinanza" con una età o un gruppo di opere o autore particolare)» 22• Come ha osservato Michail Wachtel, «per chi desideri parlare con naturalezza e dare libero sfogo ai sentimenti, la poesia probabilmente non è il mezzo di espressione più appropriato» 23 • Nel
'' «Il problema non è quello di fornire a tutti la disponibilità di seimila parole[ ... ] ma è quello di costringere chi ne sa dodicimila ad usarne solo la metà, che è cosa assai più severa, ardua e grave. Ciò comporta un allargamento della libertà e una diminuzione della libertà», UDI 306-307. 10 UDI 307; cfr. MB 43. La stessa frase si legge anche in uno scritto inedito su Pasolini che Fortini invia al poeta friulano nel 1958, AP 94. u SI 788. l l SI 789. &J M. Wachtcl, The Development o{ Russia11 Verse. Meter a11d its Meanings, Cambridge University press, Cambridge 1998; tr. it. E. Gallitelli e G. Schiaffino, Il metro e i suoi sig11ipcati, «Testo a fronte», 43, Il semestre 2.010, p. 2.3 (c.vo dell'autore).
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formulare la sua «semantica metrica» 24 , Wachtel riconosce il debito nei confronti di Michail Gasparov, che nella sua Storia del verso europeo aveva tentato di ripercorrere la genesi delle forme di versificazione occidentali, per arrivare a configurare un ipotetico e mai attestato verso indoeuropeo da cui si sarebbero in seguito sviluppati i versi vedici e, in contatto con questi, i metri eolici 2 s. Per Gasparov, la continuità dell'esperienza poetica all'interno di una storia delle forme e di una geografia dei contesti è posta come carattere ineludibile di qualsiasi riflessione sulla metrica. Wachtel osserva come, a un livello preconscio, la risposta del lettore a una nuova poesia sia largamente determinata da un complesso di attese relative alla metrica. Per chiarire il concetto di aspettazione metrica e mostrare il carattere storico della forma, Wachtel restituisce un esempio che vale la pena riportare: Un esperto di musica che ascolta i primi due movimenti di un quartetto d'archi di Haydn si aspetta "automaticamente" che vi faccia seguito un minuetto, mentre un ascoltatore poco avvezzo alla storia della musica classica non compie alcuna anticipazione di questo tipo. La presenza o l'assenza di tali associazioni non hanno nulla a che fare con il genio o la chiaroveggenza, ma sono semplicemente il risultato di un'esposizione continua al suono e di un'educazione musicale. Se un lettore anglofono, senza alcun tipo di preparazione, riesce a comprendere le associazioni metriche e di genere del limerick, allora appare ragionevole che i poeti, che pensano razionalmente e costantemente alla forma, abbiano una percezione di gran lunga più sviluppata della sottile interazione tra metro e significato~'.
Tra gli strumenti più efficaci impiegati per confermare o rifiutare una tradizione, Wachtel inscrive la parodia intesa come processo fondato su un'intertestualità che testimonia in maniera palmare la necessità di un approccio storico all'analisi dei fatti letterari e che inequivocabilmente esige la conoscenza del contesto di un'opera, contro ogni tentativo di isolare la poesia dalla sua storicità. Il nesso tra composizione poetica e storicità delle forme viene esplicitato da Fortini in alcuni testi della sua opera poetica di cui ci occuperemo nel paragrafo che segue. ~
lvi, p. 2.2..
~s M. Gasparov, Storia del verso europeo cit. "M. Wachtcl, Il metro e i suoi sig11ificati cit., pp. 9-10.
6.
METRICA COME. FORMA SIMBOLICA
6.2. Parodia, straniamento e mediazione Il meccanismo di allusione metrica, in un rapporto complesso di recupero e stravolgimento delle forme tradizionali nel loro attrito con la storia, è attestabile nel repertorio fortiniano sia in alcune citazioni dirette di forme canoniche - si pensi in particolare alla «frastagliata e ricca» vicenda del sonett17 - sia come rifacimenti di strutture più libere. È questo il caso de Il poeta servo (1953), inserito nella sezione Una facile allegoria di Poesia ed errore (1959): Ho preso la mia fatica come un peso e la porto. Voi che da mille anni portate il peso del mondo e ne ridete e ne morite perdonate se vado così solo, se vado lento se non ho canto: sono un servo di molti padroni. Lontani non pensano a me. Non sanno che li tradisco. Non sanno che moriranno prima di me. E se sparisco l'odio il riso l'inganno il loro il mio errore saranno queste parole d,amore verità senza dolore aria libertà~. 1.1
P. V. Mcngaldo, I chiusi i,ichiostri cit., p.
J.J
PE 143-144. 1 79
1 18.
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
Come accade in altri testi fortiniani, è presente sin dal titolo una forma di ironia straniante volta ad assecondare in apparenza un punto di vista per superarlo poi nel corso dell'argomentazione. Il poeta servo allude a una contraddizione strutturale nella scrittura poetica: da una parte, la coscienza, con Adorno, che la poesia «canta sempre alla tavola dei potenti» 29 ( «Sono un servo che servi hanno disarmato», scriverà in un componimento successivo)3°; dall'altra, conseguenza che si vuole causa, il tentativo di non rinunciare alla composizione, pur demistificandone, in virtù di una verifica costante con lo spazio extrapoetico, il carattere autonomo e sacrale. Solo nella coscienza dell'estrema parzialità dell'atto poetico I' «inutile servo» di memoria evangelica può assumere un valore paradossalmente positivo. Il poeta servo si presenta come «la più teatrale e più vecchia», forse la «meno ingannevole», delle arti poetiche in versi redatte da Fortini.31 Il testo è strutturato su un deliberato cortocircuito tra contenuto e organizzazione metrico-retorica. I termini allusivi a una poetica diametralmente opposta a quella che Fortini - pur avendone praticato in precedenza gli stilemi - sta cercando di costruire negli anni di Poesia ed e"ore si inscrivono entro le atmosfere ungarettiane dei componimenti dell'Allegria. L'azione iniziale evoca il vissuto dell' «uomo di pena» de I fiumi («Ho tirato su / le mie quattr' ossa / e me ne sono andato [... ] » ), con scelte lessicali che rinviano a un universo sedimentato nella tradizione novecentesca italiana. La «fatica portata come un peso» è riconducibile a liriche come Pellegrinaggio ( «ho strascicato/ la mia carcassa / usata nel fango») o Natale ( «Ho tanta / stanchezza / sulle spalle»). Il verbo portare è attestato con frequenza nel lessico ungarettiano: si pensi alla terza strofa di Italia ( «Ma il tuo popolo è portato/ dalla stessa terra/ che mi porta/ Italia») o a Si porta ( «Si porta/ l'infinita/ stanchezza / dello sforLo / occulto / di questo principio / che ogni anno / scatena la terra» )3 2 • Tuttavia, la spia allusiva più evidente è data dal sostantivo «canto», collocato nella terza strofa ( «perdonate se
i., SE 1650. JO J•
56, C.
UVPS 2.42. F. Fortini, (Nota autobiografica indirizzata a P. Lawton], AFF, scatola XX, cart. I.
Le poesie di Ungaretti sono citate da G. Ungaretti, Vita d'un uomo. Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1969. 3:1.
180
6. METRICA COMI! FORMA SIMBOLICA
vado così solo [... ] / se non ho canto»), che esprime in negativo il più esplicito distanziamento di Fortini dalla poetica ungarettiana della «parola tremante nella notte», il cui canto (si pensi, tra tutti, a Moammed Sceab che «non sapeva/ sciogliere/ il canto/ del suo abbandono») rappresenta l'epicentro di una fraternità etica non ancora connessa alla necessità di affrancarsi dalla servitù materiale fissata dai rapporti di forza economici. L'intenzione "parodica" di Fortini si manifesta, oltre che nel lessico, nella scelta delle forme. La strategia di negazione e di distanziamento è riconoscibile sul piano della metrica, il cui meccanismo allusivo è garantito dall'adozione della forma ungarettiana che il lettore, all'interno di una tradizione, è in grado di riconoscere. Imitando lo slancio verticale dei componimenti dell'Allegria, Fortini suggerisce una fisionomia testuale che, in un'apparente continuità con la poetica di Ungaretti, finisce al contrario per ribaltarla dall'interno. Nel testo fortiniano è auscultabile il rumore di fondo di un contenuto verbale che letteralmente divora dall'interno la forma metrica come quel tarlo che da anni lavora «verso il cuore del legno morto» 33 • La struttura allusiva impiegata da Fortini prova il carattere storico della metrica, anche per quella forma in apparenza tra le più libere della tradizione novecentesca italiana quale il versicolo ungarettiano. Tuttavia, più che alla parodia - che in Fortini non è mai esibita - si potrebbe ricorrere a un termine russo ricordato da Tynjanov citando Ostolopov, ovvero perepsn', letteralmente «ricanto»34. Il termine, come osserva Tynjanov, non si è imposto nel lessico critico per via della traduzione troppo precisa e letterale di cp6i}; d'altra parte, perepesn' consente di prendere le distanze dalla nozione tradizionale di "parodia" come genere, marcando la stretta connessione con l'imitazione3s. Potremmo dunque ricorrere al "ri-
JJ
PE 104.
J4
J. Tynjanov, O parodii, in Id., Poetika. lstorija literatury. Kino, Moskva 1977, tr. it.
a cura e con una nota di M. Di Salvo, Sulla parodia, in M. Bona6n (a cura di), Dialettiche della parodia, Edizioni dell'Orso, Alessandria 1977, pp. 25-47; cfr. anche Id., Gogol' i Dostoevskij (K teorii parodii), Petrograd 1921, poi in Archaisty i novatory, Lcningrad 1929 [tr. it. Dostoevskij e Gogol' {per u,,a teoria della parodia), in Avanguardia e tradizio11e, tr. it. di S. Leone, Dedalo libri, Bari 1968, pp. 168 e sgg.J. Si veda inoltre M. Bona6n, Parodia e modelli di cultura. Studi di teoria letteraria e critica a11tropologica, Arcipelago Edizioni, Milano 1990. JJ J. Tynjanov, Sulla parodia cit., p. 33.
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
canto" come «ripetizione del canto» 36 per situare l'accostamento sopra descritto tra il testo di Fortini e la poetica del primo Ungaretti; una «ripetizione del canto» che deve ammettere la possibilità di un rispecchiamento semantico negativo, ovvero la sottrazione del canto, in vista di una riaffermazione epica e collettiva dell'espressione poetica. Osserva ancora Tynjanov: La variazione dei versi, propri e altrui, che si ha nella parodia, è un fatto evolutivo di enorme importanza. Lo è, ad esempio, la ripetizione del canto, così come lo è r autoparodia, molto più frequente di quanto si possa supporre. [... ] L'evoluzione della letteratura, e in particolare della poesia, non avviene solo mediante l'invenzione di forme nuove, ma soprattutto tramite l'utilizzazione di vecchie forme in funzione nuova. In questo processo svolgono un proprio ruolo, per così dire, di apprendistato, sperimentale, sia l'imitazione, sia la parodia. Ad esempio, il ruolo della parodia nell'opera di Nekrasov consiste nel trasferimento di vecchie forme a funzioni nuove, e in questo senso il suo apprendistato parodico presenta analogie con r assimilazione di vecchie forme mediante rimitazione, da lui stesso compiuta nella sua prima raccolta di poesie: si tratta di una sorta di secondo livello di apprendimento, mediante l'esperimento. Ciò non esclude affatto che queste opere abbiano un significato parodistico, un indirizzo non solo verso fenomeni vecchi, ma, in parte, anche contro di essiJ1.
Nel testo di Fortini, la carica di metricità del verso libero è confermata dall'impossibilità di astrarre dal suo contesto una forma compositiva dotata di identità storica, dentro la quale è racchiuso l'intero universo di scelte dell'Ungaretti poeta dcli' Allegria. Tuttavia, come si anticipava, la presa di distanza di Fortini non è riferita al solo sillabato ungarettiano, ma a un'intera pratica di scrittura assorbita e impiegata dallo stesso «poeta servo» nei suoi primi anni di formazione, come dimostrano due inediti che Mengaldo data al 1938, di fatto esclusi dalle raccolte principali: Per le tue immagini inviolata parete bianca guarda la mente. Scenda nella rete del sangue il tuo gelo altissima pace.
J' lbid. 37
lvi, pp. 33-34 (c.vo dell'autore).
6.
METRICA COME. FORMA SIMBOLICA
O ancora: Da ventidue anni
.
IO
.
sono VIVO.
Quanti anni, ancora, di vita; di questi minuti che ora finisco. Nella Tua mano ferita vincitore Gesù levami tu dal tempoJ 8•
La metrica non va dunque considerata come elemento astratto, estraneo al soggetto e al suo rapporto con il mondo. Per Fortini, essa corrisponde a una legge saldata alla voce del poeta in ogni epoca (lex inhaerens ossibus ), alrinterno della quale si manifesta ciò che Goldmann definisce vision du monde39 • Così concepita, la metrica si presenta - per dirla con Arnaldo Soldani - come una forma simbolica riassuntiva di uno specifico universo culturale, in analogia alrespressione coniata da Panofsky per indicare la prospettiva rinascimentale"0 • Tuttavia, mentre il carattere simbolico della prospettiva consente di esprimere I,estensione spaziale, la metrica, scandendo la durata dell'elocuzione - nel senso specifico di « produzione della catena parlata» - veicola nella sua impalcatura restensione temporale"'. Nella pratica fortiniana, il valore simbolico della metrica si esplicita nelle composizioni che marcano l'inattualità della forma metrica in relazione al contesto, nelPattrito generato con la materia verbale disposta alPinterno del componimento. Il più celebre esempio di questa allusione alla tradizione che esprime nella forma la rottura violenta con la storia è offerto dalla Sestina a Firenze, composta - come indicano le date in calce - tra il 1948 e
JI
PI 803-804; cfr. R. Bonavita, L'anima e la storia cit., pp. 36 e sgg.
J, SI 793· ◄ 0 A. Soldani, Metrica, voce, temporalità. Appu11ti sparsi sulla tradizione italia,u:1, in
Id. (a cura di), Metrica italia,u:1 e discipline letterarie: atti del Convegno di Verona {8-zo maggio 2008), Edizioni del Galluzzo per la Fondazione E. Franccschini, Firenze 2.009, pp. 2.33-2.64; cfr. anche Id., Le voci tiella poesia: sette capitoli sulle {onne discorsive, Carocci, Roma :z.o I o. ,., lvi, p. :z.34.
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
il 1957, ma ritoccata nel congedo nel 1978, in occasione dell'uscita dell'antologia Una volta per sempre. Poesie I938-I973 4 2.. La Sestina a Firenze rappresenta uno dei pochi esempi di sestina praticati nel Novecento poetico italiano, accanto - ma con esigenze compositive del tutto differenti - al Recitativo di Palinuro di Ungaretti, apparso in rivista appena un anno prima dell'inizio della composizione fortiniana, ovvero nel 194743 . Come ha già ricordato Mengaldo, è indubbio che Fortini abbia tenuto conto del modello ungarettiano, se non altro per tenerlo a debita distanza44. Il meccanismo che regola la sestina lirica o arnaldiana è stabilito, com'è noto, dalle sei parole-rima regolate dalla retrogradatio cruciata in sei strofe esastiche accompagnate da una tornada o congedo finale di tre versi 45 . Utilizzata da Dante (che esalta Arnaut Daniel in Purg. XXVI) e da Petrarca, la sestina ha esercitato sui poeti contemporanei un fascino per il suo meccanismo «imprigionante e incantatorio»46. In Fortini, tuttavia, la sestina non assume un valore di semplice imitatio; essa viene piuttosto inserita in un rapporto dialettico con la storia e con la tradizione. La scelta di utilizzare la variante dantesca del congegno arnaldiano - delle sei parole-rima, Fortini ne sceglie due ( «erba» e «pietra») che Dante utilizza per comporre Al poco giorno e al gran cerchio d'ombra47 - va interpretata come esigenza di riconfigurare, attraverso una forma chiusa, la traiettoria del poeta esiliato da Firenze, «città nemica» dalle arche di sasso (un'allusione al decimo canto dell'Inferno, già in Foglio di via) 48 esplicitamente richiamata nel titolo stesso della sestina. Il rapporto con la tradizione, fisicamente connotato dalle pietre fiorentine, risulta tuttavia conflittuale. Sul piano della forma, l'inquietudine nei confronti della storia si materializza nell'uso ecce◄J.
◄J
PE 12.2.-12.3.
G. Ungaretti, Recitativo di Palinuro, «Poesia», 7, giugno 1947, pp. 98-99. ◄◄ P. V. Mengaldo, I chiusi i11chiostri cit., p. 117; cfr. anche G. Frasca, La furia della si11tassi, Bibliopolis, Napoli 1992., pp. 380-388; Id., L'equivoco dell'esilio, DISF 167-183. ◄ s A. Menichetti, Metrica italiana cit., pp. 580-583. ◄' lvi, p. 5 82.. ◄7 C. Calenda, Di alcune i11cidenze da,itesche i11 Franco Fortini, «Esperienze letterarie», IX, 1984, 1, pp. 79-84 [poi in Id., Apparte11e,,ze metriche ed esegesi. Da11te, Cavalca11ti, Guittone, Biblopolis, Napoli 1995, pp. 145-153); cfr. anche F. Diaco, Le fu,,zioni de/l'intertestualità dantesca nella poesia di Fortini, «Giornale storico della letteratura italiana», 193, Fase. 642., 2.016, pp. 2.45-2.79. ◄• FV 9·
6.
METRICA COME. FORMA SIMBOLICA
zionale degli enjambement, normalmente evitati nella sestina; ma soprattutto nel deragliamento dell'ordine delle sei parole-rima nella sesta stanza del componimento, che mette in crisi il meccanismo della retrogradatio cruciata, dove lo schema delle rime che vorrebbe BDFECA dà invece BDAECF. Il meccanismo che regola la sestina si inceppa appena prima della tornada conclusiva: sono cioè scambiate le posizioni delle rime A (fiore) ed F (pietre), «con conseguente mise en relief semantica delle pietre delle torri di Firenze, quindi del rapporto tra memoria privata, che occupa le strofe precedenti, e memoria storica ("l'erba/ parla dei morti fra i marmi d'argento")»-49. Come ha osservato Giovannetti, «l'infrazione metrica sottolinea [... ] lo snodo semantico fondamentale della poesia» 50• L'intento dell'autore non è tanto di parodiare una continuità in funzione dissacrante, ma di evidenziare lo scarto tragico dell'individuo con la storia, concretizzata visivamente nei tratti architettonici di Firenze, patria letteraria e biografica del poeta. La rottura con la storia tramite l'alterazione di uno schema chiuso della tradizione letteraria occidentale veicola un significato allegorico negativo: nell'applicazione fortiniana della sestina, l'ingranaggio spezzato restituisce ali' esperienza formale la sua attualità, rivelando al contempo la distanza di una forma tradizionale e biografica lontana dal presente storico dell'autore che sta scrivendo. Se da una parte il lettore registra la distanza sincronica rispetto ai luoghi e alle poetiche legate a Firenze, dall'altra egli è di fronte a una rinnovata azione di «storia contro la storia» tipica delle classi rivoluzionarie, volta a far saltare il continuum per introdurre nel tempo degli orologi un nuovo assetto politico e sociale 51 • In uno scritto di quegli anni, Fortini affermava: Quando non possono più essere assunte come evasioni neoclassiche, le forme chiuse riappaiono come paradossale strumento di distruzione del sentimento, del contenuto; in musica, l'ultimo Stravinskij. Accenno prudentemente a queste possibilità perché non vorrei si dicesse che questa mia è un, altra delle continue, e snervanti, «attese della poesia». La «grande poesia» non la si attende, né la si spera, ma, se la si sa fare, la si fa; e la si riconosces:a.. ,., P. Giovannetti, G. Lavc7.zi, La metrica italiana co11temport1net1 cit., pp. 160-162.. s0 lbid. s• Per l'interpretazione allegorica della Sesti,ut a Fire,,ze e il suo rapporto con la storia dr. G. Frasca, La {uria della si11tt1ssi. La sesti,ut in Italia cit., p. 388. s:a. SI 475·
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
Il meccanismo inceppato della sestina esplicita l'errore della poesia che dà il titolo alla raccolta del 1959; errore che, secondo Fortini, suggerisce «tanto il percorso di molti anni-dal 1937 al 1957-quanto l'ambiguità dei desideri e della speran7.a che lo avevano accompagnato. E tutti e due i significati non si volevano separati dalla intenzione di poesia» 53 • L'allusione a formule fisse della tradizione che introducono, «col loro essere-così-a priori, una distanza critica del soggetto dall'oggetto e del testo da ciò che ne sta fuori, raffreddando l'espressione» 54, va dunque posta come istanza costitutiva della raccolta. Rispetto alle strutture tradizionali di Foglio di via si registra in Poesia ed errore un maggiore smottamento formale che porterà Fortini a elaborare un superamento netto rispetto alla stasi dei «dieci inverni», sperimentando come abbiamo visto forme e misure derivate dal confronto con Brecht e successivamente con Goethe. Oltre alla Sestina e a Il poeta servo, coerenti alla stessa filosofia della storia sono i componimenti come Sonetto e Falso sonetto - quest'ultimo inaugura non a caso la sezione di Poesia ed errore intitolata Una facile allegoria-, Quartina (di probabile ascendenza éluardiana)ss o ancora Canzone, che della «canzone» mantiene soltanto la divisione in strofe (quattro), di «misure del tutto diverse le une dalle altre e poco abbellite da rime» 56; o ancora Distici, con l'allungamento dell'ultimo verso nell'undicesimo distico che, rispetto ai precedenti endecasillabi, è scandito da cinque accenti forti a sostegno delle quindici sillabe («O senza moto aspettare, perché / la vena della notte il giorno realmente disseti»); nonché il suo prolungamento in Me'b"ica e biografìa57• A sostegno di questa visione delle forme e della tradizione è sufficiente ricordare i versi di Al-tra arte poetica, in cui Fortini affermava in poesia l'esisten7.a di un motivo «semi modulato semi tradito» che «può tornare a memoria»; «un senso diverso/ che può darsi all'identico» 58 come una sestina praticata a Firenze, ora inconciliabile con la biografia e con la storia di un ospite «ingrato» della tradizione59 • n PE 2.15.
P. V. Mcngaldo, I chiusi i,ichiostTi cit., p. 1 1 5. ss Cfr. A. Manfredi, Forti11i traduttore di Éluard, M. Pacini Fazzi, Lucca 1992.. s' P. V. Mcngaldo, I chiusi i,ichiostTi cit., p. 1 16. J7 Cfr. supra, 4.1. s• PE 2.06. s, Cfr. C. Marazzini, Revisio11e ed eversione metrica. Appunti sul sonetto nel Novecento, •Mctrica»,11, 1981, pp. 189-2.05, citato da P. G. Beltrami, L"esperiet~ del verso. Scritti di metrica italiana, il Mulino, Bologna 2.01 5, p. 44 5. J4
186
6.
METRICA COMI! FORMA SIMBOLICA
Va tuttavia ricordato che Fortini è «un poeta più della continuità che delle rotture» 60 • La metrica assume per l'autore una funzionalità reale e non va intesa come un astratto contenuto imperativo. La capacità della forma metrica di porsi come presenza obiettiva garantisce il fondamento di una verità ritmica dialetticamente in tensione con una menzogna metrica come elemento essenziale della sintesi. Fortini considera «l'astratta regolarità metrica» come strumento di straniamento (Verfremdung) in grado di rendere non tanto meno pressante la serietà del contenuto, bensì più pressante, e di alterare la fiducia nella praticità della comunicazione per il fatto di proiettare quest'ultima in una dimensione obiettiva 61 • Evidenziando lo scarto formale tra il testo poetico e il linguaggio della comunicazione, la metrica porta all'estremo il carattere di contestazione della forma nelle finalità di critica e di riappropriazione del contenuto formale detenuto dalla classe dominante. In Poetica in nuce, Fortini confermerà il carattere «rivoluzionario» della tradizione rivendicando l'intenzione di prediligere le forme morte, «purché ben morte», alle innovazioni 61, chiarendo il senso della già citata affermazione di Mandel'stam secondo il quale «la poesia classica è poesia della rivoluzione» 63 • Il «paradosso metrico», che pone la metrica sia come forma astraente - elemento di eccezionalità e di separazione - sia come presenza obiettiva in grado di garantire razionalità e ordine, permette di assegnare alla struttura formale un posto privilegiato all'interno della comunicazione, per mezzo della sua natura ambivalente, ovvero il suo essere dentro e fuori dalla lingua. Secondo Fortini, infatti, «ogni elemento della creazione poetica può presentarsi come portatore di necessità astratta o dovere retorico», ma il metro, in virtù della propria ambivalenza, è uno dei meno diretti, «proprio perché il sistema di segni ritmico su cui si fonda non è il sistema dei segni della lingua» 6•. Come abbiamo osservato per Il poeta servo e per la Sestina a Firenze, la metrica come strumento di Verfremdung garantisce al
'° P. V. Mcngaldo, I chiusi i,u;hiostri cit., p. 132.. ,, SI 792.. ,:r. 01963. 'J QF i49. '-t SI 793·
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
soggetto la possibilità di posizionarsi discorsivamente in relazione o in opposizione - non solo a una tradizione, ma a un intero sistema di valori e di scelte formali di una data storicità. In questi termini, più è grande la distanza tra la forma e il contenuto, maggiore sarà l'effetto di attrito del testo - e dunque l'urto con il linguaggio referenziale - rispetto al presente, al fatto di cronaca. Il metro risulta pertanto dotato di una funzione di mediazione in un paradosso necessario: [... ] ~o è, immediatamente, l'evocazione di una regola, quindi di un "pensiero" obiettivo, esterno, sociale; la percussione simmetrica di un certo numero di arsi e tesi crea immediatamente un,arca di consenso culturale; ma al tempo stesso, l'effetto di estraniazione, di distruzione dell'interesse, il supporto che esso offre alla creazione del "linguaggio convenzionale" dell'opera letteraria fanno sì che esso cooperi ad allontanare quest'ultima dal "consenso" primitivo's.
L'esempio più tangibile di attrito violento tra forma e contenuto va indicato nell'ultima produzione poetica di Composiut solvantur (1994), dove Fortini inserisce Lonutno Lontano, la più celebre delle Sette canzonette del Golfo: Lontano lontano si fanno la guerra. Il sangue degli altri si sparge per terra.
lo questa mattina mi sono ferito a un gambo di rosa, pungendomi un dito. Succhiando quel dito, pensavo alla guerra. Oh povera gente, che triste è la terra! Non posso giovare, non posso parlare, non posso partire per cielo o per mare. E se anche potessi, o genti indifese, ho l'arabo nullo! Ho scarso l'inglese! Potrei sotto il capo dei corpi riversi posare un mio fitto volume di versi?
's SI 797· 188
6.
METRICA COME. FORMA SIMBOLICA
Non credo. Cessiamo la mesta ironia. Mettiamo una maglia, che il sole va via".
La poesia è scandita da sette distici di doppi senari a rima baciata che, attraverso il cortocircuito con il contenuto, ribaltano l'illustre esempio manzoniano del primo coro dell'Adelchi, alludendo piuttosto ai ritmi utilizzati per la composizione delle filastrocche o delle ninnenanne per bambini. L'attrito formale della canzonetta conferma l'osservazione di Tynjanov secondo il quale il metodo più sicuro ed efficace della parodia in versi è la parodia dell'intonazione o della melodia 67 • L'attacco allude ancora una volta - come segnala anche Mengaldo68 - a una lirica ungarettiana ( «Lontano lontano / come un cieco / m'hanno portato per mano» )69, ricollocata entro un contesto "parodico" rispetto a una tradizione letteraria; ma soprattutto amaramente beffardo nei confronti della possibilità stessa della letteratura e della poesia di fronte agli eventi della storia. Le Sette canzonette del Golfo furono infatti scritte da Fortini nel 1991, nell'anno in cui «una operazione di "polizia" tra il Golfo Persico e Bagdad ammazzò centinaia di migliaia di persone, aprendo nuova era nelle relazioni internazionali» 70• Alle immagini della Guerra del Golfo riportate dai media con narrative stereotipate- se non completamente costruite ad hoc - Fortini oppone la forma volutamente straniante della canzonetta. Ad eccezione dei due sonetti «sarcastici per arcaismo» 71 - Gli imperatori e Aprile torna - le altre delle sette composizioni sono costruite su versi parisillabi: ottonari (Ah letizia; Se la tazza; Se mai laida) e decasillabi ( Come presto). Sono ritmi «del ridicolo o della Storia» che qui diventano «del ridicolo della Storia: la tragicommedia della propria impotenza di fronte all'ingiustizia di un rapporto di forze» 72 • In Lontano lontano, il registro comico dei doppi senari si scontra brutalmente con il
" es 52.8; dr. R. Talamo, Per u,,a lettura delle «Sette canzo11ette del Golfo» di Fra11co Fortini, «L'ospite ingrato. Rivista online del centro interdipartimentale di ricerca Franco Fortini», 16 giugno 2.009 (http://www.ospiteingrato.unisi.it/pcr-una-lettura-dclle-settc-canzonette-dcl-golfo-di-franco-fortini/). '1 ]. N. Tynjanov, Sulla parodia cit., p. 37. " efr. P. V. Mengaldo, I chiusi i,ichiostri cit., p. 1 2.7. "G. Ungaretti, Vita d'u11 uomo. Tutte le poesie cit., p. 106. 10
es 581.
W. Siti, La voce verticale. 5 2 liriche per u11 an110, Mondadori, Milano 1:1. Jbid.
1•
2.01 5,
p.
196.
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
contenuto tragico delle offensive di guerra; nonché con l'impossibilità del poeta di intervenire sulla realtà tramite un'azione diretta nei luoghi del conflitto. In mancanza di conoscenze della lingua araba e inglese, tanto più piegato alle leggi della vecchiaia ( «mettiamo una maglia che il sole va via»), il poeta si ritrova in uno stato di impotenza ( «non posso parlare»), privo di interlocutori, ormai dissolti in un fìloamericanismo unanime che, com'era accaduto durante la Guerra dei sei giorni nei Cani del Sinai (19 67 ), non concedeva spazio a un'opposizione critica, ancor più schiacciata dai media mainstream. Fortini è costretto ancora una volta a fare i conti con lo scarto tra poesia e realtà, tra pensiero e azione («Potrei sotto il ca po dei corpi riversi / posare un mio fitto volume di versi?» )73 • In una nota introduttiva alla poesia, Walter Siti osserva: La leggerezza è voluta e patita, non rientrava nel suo carattere: è un surrogato del silenzio. "Lontano lontano" si dice nelle fiabe, ma è anche il titolo di una canzone di T eneo; era pure la consolazione degli italiani in quel momento, per fortuna sta succedendo così lontano, il sangue era degli altri: la sproporzione di forze si rivelò pazzesca, un battaglione iracheno si arrese a una troupe della Rai - era una guerra a senso unico. Ecco allora che scatta, parodistico, il confronto tra le ferite belliche e la puntura di una rosa. Non dice "succhiandomi il dito" ma "succhiando quel dito'', come se l'insopportabilità del sangue rendesse estraneo perfino il proprio corpo1◄•
Pur nell'inefficacia dell'azione poetica, la densità del contesto entra in collisione con la forma metrica, che in quest'ultimo caso - riferita a un pensiero esterno, a una passiva area ideologica, situazionale - suona quasi come uno «sberleffo»n. Ma la risposta alla 7J Il «fitto volume di versi» è un riferimento a F. Fortini, Versi scelti 1939-z989, Einaudi, Torino 1990; dr. ancora W. Siti, La voce verticale. 52 liriche per u11 anno cit.,
P· 1 97· 74
Ibid.
n Jbid. Siti sottolinea la semplicità dello stile fortiniano della canzonetta, in cui è assente la parola •difficile o astrusa», o qualsiasi «citazione colta». In realtà, come ha osservato Felice Rappazzo, Lonta110 lo11tano ha come ipotcsto - ancora in forma parodica - alcuni versi del Faust di Goethe: «Di festa o di domenica il meglio che ci sia / per mc è parlar di guerre e di tempi di guerra/ mentre laggiù, in quei posti lontani, in Turchia/ i popoli si scannano. / Te ne stai alla finestra, ti bevi il tuo bicchiere,/ guardi andare giù sul fiume le barche colorate. / A casa si torna contenti, la sera / E benedici la pace e il tempo di pace» (faust, vv. 860-867, trad. di F. Fortini). Il punto di vista di Fortini coincide in termini parodici con quello del cittadino borghese del Faust, amplificando ulterionnen-
6. METRICA COMI! FORMA SIMBOLICA
«mesta ironia» non tarda ad arrivare. In Appendice di light verses e imi'tazioni Fortini colloca la più esplicita palinodia delle sue recenti soluzioni poetiche. Il discorso sulla metrica rimane inscritto all'interno della contraddizione, se non addirittura esposto alla sconfitta, al fallimento. È la conferma dell'impossibilità della poesia di distaccarsi dalla realtà storica, se non come menzogna travestita da verità assoluta, ma pur sempre "inutile": Considero errore aver creduto che degli eventi ( «meglio non nominarli!» mi soffiano i piccoli dèi) di questo '~1 non potessi parlare o tacere se non per gioco, per ironia lacrimante. I versi comici, i temi comici o ridicoli mi parvero sola risposta. Come sbagliavo! Ho guastato quei mesi a limare sonetti, a cercare rime bizzarre. Ma la verità non perdona. Chi mai potrà capire che tempo fu quello? Credevo scendere in un mio crepuscolo. Ahi gente! Invece altro era, incomprensibile e senza nome. Guardavo la luna di aprile sullo Eichhorn, a me-aanotte, e la stellina d'oro dello Jungfraujoch, Disneyland. (Nulla era vero. Voi tutto dovrete inventare) 7 '.
Malgrado la formulazione della palinodia, le Sette canzonette del Golfo non vengono escluse dall'ultima raccolta di Fortini. L'Appendice di light verses e imitazioni serve a controbilanciare I'organizzazione macrotestuale, confermando il carattere aperto della contraddizione. La sintesi è affidata al lettore, che ha il compito di chiudere il libro e di trovare altrove una risposta a una domanda di senso, che passa anche per il momento astratto della metrica. Va da ultimo evidenziata la presenza di uno scheletro di sonetto come struttura portante di Considero errore, che del sonetto conserva tuttavia la sola disposizione tipografica delle due quartine e delle due te la scissione tra azione e passività di fronte agli eventi della storia, cfr. F. Rappa7.zo, Verticalità e riscrittura: gli ipotesti 11ella poesia di Forti11i, in F. Della Corte, L. Masi, M. Slarzynska (a cura di), Il secolo di Franco Fortini cit., pp. 99-102.. 1'
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PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
terzine. Lo stesso errore della poesia ha bisogno di un orizzonte storico entro cui collocarsi, per formulare un'intenzione che sposti i confini di una progettualità di poco oltre l'immediato domani, verso una collettività edificabile attraverso un movimento dialettico continuo di una soggettività che deve recuperare la propria presenza nel mondo e nella storia. Per dirla con le parole di Fortini: «la "civiltà" potrebbe non essere altro che questo: il discorso ininterrotto sull'indicibile e la sua trasmissione» 77 •
6.3. Metrica, lamento e Wiedergebrauch Sull'ottavo numero di «Ragionamenti» Fortini recensisce Le dieu caché di Lucien Goldmann 78, tradotto nel 1961 insieme a Luciano Amodio per Lerici 79 • La recensione al saggio di Goldmann si configura come un ulteriore spazio di azione per estendere un discorso sul ruolo della cultura e dell'intellettuale all'interno della società. Qualche mese dopo, e nella stessa rivista, Goldmann viene evocato in Metrica e libertà non soltanto in relazione al suo modo di intendere il concetto di vision du monde (parte del titolo della recensione fortiniana) ma attraverso il riferimento alla Fedra, in grado di riassumere, secondo Fortini, l'intero significato del libro e di tradurre l'esistenzialismo giansenista nella sociologia marxista. Contrariamente all'interpretazione «inammissibile» di Spitzer8, la Fedra di Goldmann recupera, contro gli intenti dell'autore del saggio, una dimensione esistenziale della tragedia nascosta da «molta sociologica eloquenza» 81 • Fortini propone una lettura stilistica dell'opera raciniana «immediatamente dopo o insieme a quella ideologica», la cui storicità non deve essere svincolata dalla lettura critica della forma:
n NSO 178. VP 2.2.6-2. 3 3 •
71
.,, L. Goldmann, Le Dieu caché. Étude sur la vision tragique da,is /es Petisées de Pasca/et da,is le théotre de Racine, Gallimard, Paris 1955 (trad. it. F. Fortini, L. Amodio, Pascal e Raci11e: studio sulla visione tragica 11ei Pe,isieri di Pascal e nel teatro di Racine, Lcrici, Milano 1961 ). ao VP 2.32.. 11 VP2.31.
6. METRICA COMI! FORMA SIMBOLICA
La cosiddetta "forma" raciniana, o chiamatela la sua melodia, il timbro della sua Diimpfung, la sua "dolcezza", è essenziale per intenderne lo stesso schema ideologico, e anzi non si darebbe tragedia, non ci sarebbe "rifiuto del mondo" se non fosse prto, nello stesso gesto, il mondo; se il mondo e la speranza non avvolgessero in ogni momento i personaggi tragici nell'onda insinuante della dolcezza; se, diciamo, il flauto dell'elegia non li chiamasse sempre, non li invitasse perpetuamente a uscire di scena, loin du regard de Dieu8 a..
In questa proposta di interpretazione del marxismo tramite l'organizzazione della scrittura di Racine, Fedra è inserita nella continuità storica che giunge fino al presente, invitando il lettore ad accogliere la contraddizione e opporre a essa un superamento, a partire da un'identificazione tra il personaggio che parla nei versi della tragedia e il lettore che partecipa alla storia e ne assorbe i movimenti e i silenzi. Lo sguardo a una forma come forma di un dato contenuto - come intenzione e progetto di una società da realizzare - è coerente al discorso critico che Fortini sta conducendo in questi anni, in aperta tensione con le forze esterne al testo che spingono a formulare una nuova nozione di impegno. All'altezza del '56 il superamento reale della società capitalistica non è più incarnato - o almeno non totalmente - dalla classe operaia di «mezza Europa socialdemocratizzata ». Secondo Fortini, quei dannati sulla terra di cui Fedra è l'esempio si spostano altrove, in altri continenti; o rimangono «nelle zone depresse d'ogni nazione e individuo» 83 • Ristretta la prospettiva rivoluzionaria, il tasso di ossigeno di una data società si abbassa al punto da riproporre interrogativi che diventano etici: « mai la totalità diviene così evidente e perentoria come quando la realtà appare spezzata in uno specchio spezzato» 8•. Si spiega così il valore etico che la Fedra assume in Metrica e libertà, al di là di un discorso condotto in termini puramente tecnico-formali. La presenza di un personaggio connesso alla recensione pubblicata sulla stessa rivista conferma una lettura stilistica che contenga istanze etiche, oltre che un programma di allontanamento estetico rispetto alle posizioni formali del post-ermetismo o del via&yp 2.32.. 8 J VP 2.33; cfr. anche UDI 51: •Dopo l'ultima tentazione, quella di identificarsi con l'inconscio, si ritorna alla ragione e alla storia, con I'csigen7.a insoddisfatta di recuperare anche la "parte maledetta" di noi». 1-1
VP 2.33.
1 93
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
talismo avanguardista. Si potrebbe quasi azzardare che una parte di Metrica e libertà rappresenti una forma indiretta di risposta al saggio di Goldmann. La metrica, da intendersi ancora come paradigma mentale, assume per Fortini una funzione di contenimento del disordine e di mediazione dell'esperienza del soggetto in relazione al mondo, esprimendo «l'essenza ultima di certi conflitti»: Dicendo «allegorie di altre necessità» si vuol dire una cosa assai ovvia e cioè che talvolta è dato proprio alla metrica esprimere l'essenza ultima di certi conflitti, onde i cinque atti della tragedia classica francese sono la forma cerimoniale del prolungato supplizio dcli'eroe, o martirio delle forme e dcli' etichette, e Fedra non cozza solo contro il destino ma dà del capo, armoniosamente, contro le pareti dello stile tragico e le doppie colonne degli alessandrini; e non solo contro l'inafferrabilità del proprio volto interiore ma contro le fughe prospettiche delle scene, dei tempi, del verso bianco e fin contro gli scoscendimenti della giustapposizione degli stili lotta eroe elisabettiano 8s.
r
Nella tragedia di Racine, Fedra tenta inutilmente di contenere il proprio disordine in un «mondo» costruito su valori e regole morali rigide; di immettere il proprio vissuto nella storia, necessaria agli uomini per «produrre la propria vita [... ] in una maniera determinata» 86 • La dialettica tra impulsi soggettivi e formule cerimoniali collettive si rispecchia secondo Fortini nella tensione tra forze centrifughe della scrittura e strutture metriche. Attraverso Fedra, Racine mette in scena il portato di una forma tragica nel movimento furioso della sintassi che si infrange entro le sbarre dell'alessandrino, il quale, oltre ad assumere la funzione di contenimento delle forze - di prigionia - permette di formalizzare intersoggettivamente l'esperienza del destino del suo personaggio e di inscrivere la sua esperienza nella storia. Sormontare quelle pareti, abbatterle, significherebbe uscire dalla storia; e dunque morire 87• Scegliendo il suicidio, Fedra porta a compimento la destrutturazione dell'io, riappropriandosi in extremis di un corpo che non è più mediato con il mondo, ma torna a essere mera organicità. Nell'atto stesso di
•s SI 794· " Nota marginale di Marx ali' Ideologia tedesca, riportata da E. Dc Martino, La fine del mo11do: contributo all'a,,alisi delle apocalissi culturali, Einaudi, Torino 1977, p. 42.7 (c.vo dell'autore). 17 «Ma vivere "in tragico" equivale a morire», VP 2.69. 1 94
6.
METRICA COME. FORMA SIMBOLICA
morire, Fedra rivendica, pur negandolo, il desiderio come appropriazione del corpo che, scontrandosi con l'altro, getta la propria presen~ nell'oltraggio, al di fuori di un mondo inteso non già come «realtà» assoluta - che porterebbe secondo Fortini a un realismo ingenuo - ma come «realtà storica», regolata da specifiche norme e valori. Rivelando la sua dimensione tragica, Fedra esplicita la contraddizione estrema tra libertà e necessità, manifestando allo stesso tempo i limiti di un ordine non mediato attraverso una dialettica in continuo divenire. L'abnormità del personaggio assume dunque un senso nella forma, che traduce le istanze di liberazione dispiegabili a partire dal riconoscimento delle catene che permetterebbero di intraprendere un cammino di riscatto e di liberazione. Tale spinta verrebbe non da ultimo veicolata dalle strutture metriche entro le quali il personaggio si esprime. In un'ulteriore declinazione dell'eclettico Metrica e libertà, la metrica si costituisce come garante di un ordine formale costituito da scelte estetiche che corrispondono a movimenti dell'ethos. Fortini proietta la dialettica tra gli elementi del discorso e le scelte formali nel rapporto tra ordine e disordine del mondo psichico-interiore e della realtà culturale, marcando la tensione tra storia e natura. La società come insieme di costanti intersoggettive - marxianamente intesa come «l'unità essenziale, giunta al proprio compimento, dell'uomo con la natura, la vera risurrezione della natura, il naturalismo compiuto dell'uomo e l'umanismo compiuto della natura» 88 - media la natura degli uomini, presentifìcando l 'esistenza biologica attraverso una dimensione collettiva. Sullo sfondo di un'idea di poesia come insieme di formule cerimoniali storicamente trasmesse, la metrica svolge nella comunicazione poetica il ruolo di sintesi tra l'uomo in quanto essere sociale e la natura del suo corpo organico, presentandosi come forma simbolica di un sistema di rapporti introiettati nell'opera di poesia. Secondo Fortini, infatti, «il poeta (e il lettore) ripor"tano al di fuori dell'espressione poetica, al di fuori del testo, in una convenzione culturale, tutto quel che, nella metrica, collegava col mondo delle relazioni oggettive, con la società» 89 •
11 1,
K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit., p. SI 815 (c.vo dell'autore). 1 95
109.
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
Il rapporto tra forma di scrittura e forma di vita viene letto da Fortini in parziale omologia con la dialettica tra metro e ritmo, come inquietudine tra le forze disgregatrici del caos e la necessità di trascendere il proprio sé all'interno di un orizzonte collettivo (tra principio di realtà e principio di piacere, aveva dichiarato a conclusione della sua recensione al Dieu caché) 90• Per Fortini, dunque, la metrica - e, per estensione, la poesia - non va separata dalle forme del rito. Nello stesso paragrafo in cui è citata la Fedra, l'autore ricorda in nota che «anche i supplizi di eretici e regicidi erano "passioni" a carattere teatrale e cerimoniale»9•. Letta in questi termini, la scrittura poetica assume la funzione di rivelare, tramite il linguaggio, le tensioni tra ordine e disordine, nella dialettica tra la biografia dell'io che scrive e i destini generali ai quali le formule impiegate appartengono come memoria. La metrica si pone dunque come garante di un ordine culturale collettivo, controbilanciando un disordine psichico di impulsi i quali, senza la mediazione di un'organizzazione obiettiva ed esterna, rischierebbero di disintegrare qualsiasi ordine culturale. La dialettica tra ordine e disordine espressa come tensione tra storia e natura è indagata in La fine del mondo, opera incompiuta in cui Ernesto De Martino affrontava il problema delle apocalissi culturali nelle società occidentali. Secondo De Martino: Ogni cultura è chiamata a risolvere intcrsoggettivamcntc il proprio problema del distacco dalla natura, della protezione della vita cosciente, del dispiegamento di forme di coerenza culturale che stiano come regole di tale distacco e di tale protezione [... ]. D,altra parte ogni cultura è minacciata costantemente sia nel suo complesso come in ciascuno degli individui che ne partecipano e in ogni momento dcli' arco biografico di ciascun individuo, dal rischio di invertire questa dinamica, rendendosi incapace del distacco della natura, della protezione della vita cosciente, del dispiegamento delle forme di coerenza culturale, e, in ultima analisi, di una esperta intcrsoggettività del suo procedere nel tcmpo'J.·
Il riferimento a De Martino non è casuale. Dopo aver precisato, con una occupatio introduttiva, la necessità di superare le estensioni apparentemente arbitrarie dei termini guardando agli studi compiuti dagli etnologi sulle origini del canto e della preghiera, Fortini
'° VP :z.32.. 1 '
SI 794·
'J. E. Dc Martino, La fi,ie del mondo cit., p. 17 5.
6. METRICA COMI! FORMA SIMBOLICA
suggerisce in Metrica e libertà un'apertura «metadisciplinare» delle sue riflessioni. Ponendo come esempio la figura della lamentatrice lucana, Fortini cita in nota un articolo di De Martino apparso su «Nuovi Argomenti» nel 1955, precedente di qualche anno la pubblicazione di Morte e pianto rituale nel mondo antico93 • In riferimento ai «comportamenti ritmici» che si pongono come adempimento, risposta, testimonianza di fronte ad una norma, o consuetudine o imperativo, interiore o esteriore, nei quali sembra manifestarsi una necessità e non un arbitrio (nel caso della lamentatrice lucana, il «si piange così»), Fortini osserva: «L'abbozzo di ordine culturale», la «difesa rudimentale [... ] dal rischio di cadere senza compenso nella scarica incontrollata degli impulsi» che è, secondo E. De Martino, il lamento funebre lucano [... ] è affidata «a un certo numero di stereotipie espressive fissate dalla tradizione» destinate «a mettere ordine al caos», ed estese «a interi versetti o addirittura a strofe o a gruppi di strofe»; e «formano organica unità con il modulo musicale». Siamo dunque in presenza di una rigorosa mctricità cd eteronomia, prefigurata spesso, nei cosiddetti «subalterni», da un cerimoniale, occasione di riflessi condizionati, non molto diverso da quello che accende il segno «qui arte!» alla società colta contemporanea. Da notare che Dc Martino ci dice anche che la lamcntatricc, una volta liberata, con l'ossequio al «si piange così», dalla paura della «perdita di identità» può «anche cantare da sola [... ] e ritessere sul rigoroso telaio dei moduli il disegno di un dolore personale»; che è quasi una rigorosa definizione della poesia lirica"'.
Dopo aver formalizzato un'identità psichica, la lamentatrice è in grado di proseguire da sola. La sua presenza - nella comunità e nella storia come esserci, come essere nel mondo - è riattivata grazie a una forza rituale collettiva che permette al soggetto di sottrarsi, tramite una tecnica "spersonalizzante" - straniante, scrive Fortini alludendo alla V erfremdung brechtiana - alle forze disgregatrici del caos nel momento del lutto, percepito come evento storico assoluto. La lamentatrice effettua in questo modo - e, all'interno di una comunità, finge di effettuare, con un'ipocrisia formale codificata - un ,J E. Dc Martino, Co11siderazio11i storiche sul lame11to funebre luca110, «Nuovi Argomenti», 12., gennaio-febbraio 1955, pp. 1-42.; cfr. anche Id., Morte e pianto rituale nel mo,ido antico: dal lame11to paga110 al pia,ito di Maria, Einaudi, Torino 1958. ,,. SI 786-787: le citazioni di Fortini sono tratte da E. Dc Martino, Co,isiderazioni storiche sul la,ne,ito {u,iebre lucano cit., pp. 15-16.
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
distacco simbolico col morto, per evitare di morire (e di far morire) con ciò che muore. Secondo De Martino, «il costume di lamentare il morto, per quel che concerne la sua disciplina rituale, ritiene il valore di una tecnica psichica o vitale per restaurare, sia pure in modo rudimentale e "miserabile", la storicità umana del comportamento»95. T aie risulta per Fortini, almeno a questa altezza, la metrica, che in questo modo confermerebbe il carattere storico anche di quell'espressione apparentemente più distante dalla storia, come la lirica:
r
Metrica è la inautenticità che sola può fondare autentico; è la forma della presenza collettiva. Se l'aspettazione ritmica è attesa della conferma della identità psichica attraverso la ripetizione (una ripetizione che è moto nel tempo e quindi superamento di ogni successiva identificazione), l'aspettazione metrica è attesa della conferma di una identità socia/(!}'.
Non si tratta di confondere la ritualità con le norme individuali imposte dall'esterno, dal momento che, in assenza di intersoggettività, non si darebbe presenza, quindi storicità e collettività. A differenza delle stereotipie ossessive, che tendono ad assumere un carattere di arbitrio individuale e di distacco progressivo e senza compenso dalla società, il rito si configura per De Martino come una «sequenza ripetitiva socializzata, che regola il modo e la durata della ripetizione in guisa tale da dare orizzonte al ritorno alla operatività mondana»97. Nel caso particolare della metrica, la formula fissa si configura come una barre d'appui che offre al soggetto un ancoraggio dell'enunciazione a un sistema di riferimento spazio-temporale obiettivo, stabilito da un insieme di condizioni extrapoetiche presenti in una tradizione. D'altra parte, la lamentatrice, dopo aver recuperato la presenza per mezzo di una formula fissa (il «si piange così»), può «anche cantare da sola [... ] e ritessere sul rigoroso telaio dei moduli il disegno di un dolore personale» 98. L'interesse di Fortini per De Martino è dimostrato da un articolo pubblicato su «Quaderni Piacentini» in risposta al dialogo tra un
,s E. Dc Martino, Considerado11i storiche sul lamento funebre luca110 cit., p. 1 5. "SI 792 (c.vo dell'autore). '» E. Dc Martino, La fì,,e del mondo cit., p. 181. ,a SI 787.
6. METRICA COMI! FORMA SIMBOLICA
De Martino prossimo alla morte e l'amico Cesare Cases99• Nello stesso anno, troviamo inoltre inserito, nell'antologia di Profezie e realtà del nostro secolo, un saggio dell'antropologo sul mito e la religione 100, che contiene un passaggio utile per comprendere il riferimento di De Martino nello scritto di Fortini sulla metrica: [ ... ] le varie crisi individuali ricorrenti in un dato regime di esistenza sono tolte dal loro isolamento individualistico e trattate in forma socializzata e istituzionale mediante modelli di risoluzione che attuano la reintegrazione delle alienazioni e la pedagogia del mondo dei valori. [... ] In altri termini la vita storica dell'uomo in società comporta necessariamente un continuo «distaccarsi» da situazioni, un continuo dover oltrepassare le situazioni che passano [ ... ]. Il simbolo mitico-rituale si atteggia come strumento tecnico che, in date condizioni culturali, funziona da dispositivo per segnalare il rischio, per dare un orizzonte figurativo alle alienazioni ricorrenti e per trasformare il ritorno irrelato e servile del passato in una ripetizione attiva e risolutiva, aperta alle regole umane e ai valori culturali 101
•
De Martino definisce ethos della presenza nel mondo l'energia che fonda la civiltà e la storia, che lotta di continuo contro l'insidia della disgregazione e dell'isolamento 101 • Alla voce «Classico» redatta per l'Enciclopedia Einaudi - «classico» inteso come possibilità di costituire una forma che si estrinseca in affermazione della norma come «presenza», ossia nel costituirsi, confermarsi e durare della forma - Fortini scrive che «la forma del rito (culto, celebrazione, liturgia, metrica) è controllo della individualità emergente e si costituisce quale argine delle tendenze disgregatrici. Non a caso quella che è la più intimamente classica delle opere di Goethe, l'Ifigenia in Tauride, si fonda sul nesso educazione-civiltà-dominio dell'immediatezza» 103 • La stessa ipotesi fortiniana di una nuova metrica, distante da una pseudoritmicità pura e dallo pseudotradizionalismo " C. Cascs, lntroduzio11e a E. Dc Martino, Il mondo magico: prolegomeni a una storia del magismo, Bollati Boringhicri, Torino 1973 (prima edizione ivi, Einaudi, Torino 1948). Mi permetto di rimandare a A. Agliozzo, Il lame11to della violen~ subita. De Martino, Forti11i e il senso della fi11e, in P. Dcsogus, R. Gaspcrina Gcroni, G. L. Picconi (a cura di), De Martino e la letteratura. Le amicizie, le fonti, gli i11flussi, Carocci editore, Roma 2.02.1, pp. 110-12.2.. 100 E. Dc Martino, Mito e religione, in Profezie 531-551. 101 Profezie 537-538. 10 Profezie 5 50. IOJ NSI 2. 72.. :11.
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puro potrebbe leggersi come urgenza di rivendicare un uso letterario della lingua come formalizzazione di fronte a una crisi, tale da permettere al soggetto che scrive di riabilitare la propria presenza di fronte a una collettività. La presenza non si colloca soltanto nell' asse orizzontale della società, ma assume un significato particolare se confrontata con una temporalità: una presenza non soltanto di fronte alla morte, che è la «dura vittoria della specie sull'individuo» 10• , ma di fronte alla storia, che permette alla specie di non morire, al morto di parlare attraverso l'individuo. Il carattere rituale ed eteronomo delle forme viene ripreso da Fortini alla voce «Letteratura», compilata nel 1979 ancora per l'Enciclopedia Einaudi 10s. Secondo l'autore, «le istituzioni sociali della letteratura hanno sempre avuto una notevole forza di conservazione e di durata, fondata probabilmente sulla parentela storica con i discorsi di ri-uso (Wiedergebrauch )» 106 • Il discorso di ri-uso - nozione formulata da Lausberg 107 - «è un discorso che viene tenuto in tipiche situazioni [... ] periodicamente o irregolarmente» 108 • La conservazione di tali discorsi ( «fissati per una ripetibile evocazione di atti socialmente importanti, di coscienza collettiva») determina una tradizione che per la letteratura e la poesia è la «tradizione letteraria». Il riferimento a una ritualità e a una ripetitività storicamente accertabile - aggiunge Fortini - permette di ripensare il rapporto fra rito, magia e letteratura 109. La produzione di senso nell'opera letteraria avviene in funzione di un segnale esterno al testo. La letteratura risulta così «una istituzione le cui forme - le forme, appunto, letterarie - sono "fissate per una ripetibile evocazione di atti, socialmente importanti, di coscienza collettiva"» 110 • Tale idea di letteratura sembrerebbe più evidente per il teatro. Tuttavia, anche la forma apparentemente legata, «per millenaria convenzione», alla "soggettività", ovvero la lirica, può per Fortini rientrare all'interno di una letteratura come rito collettivo fondato sulla dialettica tra uso e ri-uso delle forme. 104
K. Marx, Ma11oscritti eco11omico-fìlosofìci del :r 844 cit., p. 1 1 1. NSI 2.74-3 I 2.. 1 °' NSI 2.79. •ar H. Lausbcrg, Elementi di retorica, il Mulino, Bologna 1969. 01 • lvi, p. 16; citato in NSI 2.88. IO, NSI 2.89. 110 lbid. IOJ
2.00
6.
METRICA COME. FORMA SIMBOLICA
Come è già stato ricordato, «anche la più "intima" poesia d'amore o di preghiera evoca, attraverso le sue componenti che alludono o suggeriscono la istituzione letteraria, "atti socialmente importanti, di coscienza collettiva"» 111 , fondati non soltanto sull'introiezione di riferimenti contestuali nel processo di scrittura del testo, ma nella tensione tra questo e l'ambiente circostante stabilita nel vettore opposto, ovvero quello della lettura. In una delle sue ultime interviste, Fortini dichiarava: La poesia non vuole comandare, non vuole persuadere, non vuole indurre, non vuole dimostrare. Si impone, sì, ma si impone con l'autorità dell'istituzione letteraria che essa evoca o rivive. Si impone con l'adempimento di un rituale, di un cerimoniale. Insomma, anche la poesia più apparentemente privata chiama in vita una parte della coscienza collettiva; allude al valore non individuale del linguaggio, produce un senso. Ora, tutte le forme del codice poetico, non solo le forme liriche, sono state ali' origine forme di comunicazione. Poi la storia della cultura le ha trasformate, le ha redistribuite. Una parte di quelle forme di comunicazione sono state messe da parte, sono divenute il modo poetico di comunicare••z..
L'idea di una letteratura legata alle forme collettive del rito può essere verificata anche nella prassi di scrittura dell'autore, dove l'aspetto più esplicito del cerimoniale subisce una riduzione progressiva nel corso delle sei raccolte poetiche principali: espressa in una coralità di contenuti, nella prima parte di Foglio di via; interiorizzata nei «contenuti della forma» come allusione a una tradizione nella produzione più tarda; fino alla dissoluzione della coralità nelle ultime raccolte ( «Oh l'inutile pietà che vi colora / vanissime metriche pause! Volete/ levarvi via, sparire /subito Il o sperate in quel dio che vi innamora?» )113 a cui opporre una proposta di rinnovamento e di protezione delle "verità" del passato, ora rovine da affidare a una posterità che sola potrà servirsene a patto di interrogare la tradizione come contenitore di forme cerimoniali. Relativamente a quest'ultimo caso, si noti come il citato ritorno alla prima raccolta di E questo è il sonno nell'ultima poesia di Composita solvantur non avvenga come mera ripresa intertestuale, ma come un invito, lbid. •z. F. Fortini, Che cos'è la poesia?, intervista RAI Educational, 8 maggio 1993.
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rivolto a un lettore futuro, a compiere un nuovo viaggio tra i morti, una nekyia simile negli intenti a quella di Foglio di via, adesso riferita a un passato dimenticato. Il «Proteggete le nostre verità» che chiude - prima dell'appendice - Composita solvantur funziona da catalizzatore che permette di «presentifìcare» l'esperienza del lettore del futuro, richiamandolo alla sua funzione etica di ricostruzione del passato nel dialogo con i morti. La reintegrazione del soggettolettore all'interno di una dimensione storica può dunque essere effettuata grazie alla precedente dissoluzione compiuta dall'autore, che mostra adesso la tradizione nelle nuove geometrie delle rovine; una dissoluzione che equivale, in altre parole, all'accettazione della propria morte, ma senza angoscia, sapendo che ciò che è amato «è protetto dalla miseria e dall'oblio» (è la frase di Marcuse utilizzata da Fortini come ipotesto della poesia)• •.t. Altri esempi di ri-uso delle forme cerimoniali sono presenti nella prima sezione di Foglio di via, intitolata Gli anni, dove sono raccolti dei "salmi di battaglia" che aspirano a esercitare una funzione performativa, indirizzata al progetto di ricostruzione dell'identità storica dopo il trauma della guerra, sotto forma di un rituale che "litanizza" i testi di questo periodo 11 s. Nelle poesie della prima raccolta fortiniana, il paesaggio lirico è di frequente attraversato da un'atmosfera luttuosa che spinge a intraprendere un percorso insieme individuale e collettivo, aperto a una dialettica tra "anima" e storia che permette di spiegare l'alternanza dei registri - elegiaco e corale - dei componimenti di Foglio di via. D'altra parte, come abbiamo visto, non si dà presenz,a nel mondo senza l'elaborazione rituale di un evento traumatico, senza l'ingresso in un cerimoniale in grado di reintegrare nella storia il soggetto in crisi. L'incontro con la morte - intesa nell'estensione collettiva dell'esperienza individuale - occupa un posto significativo nella prima raccolta poetica; un pericolo da allontanare attraverso l'organizzazione formale di un lamento da trasformare in H. Marcuse, Eros and Civilizatiom A Philosophical l,,quiry into Freud, The Beacon Prcss, Boston 1955 (tr. it. di L. Bassi, Eros e civiltà, Einaudi, Torino 1964, p. 188); Cfr. UDI 478 e 581. La frase chiude il capitolo intitolato Eros e Tha,,atos dell'opera di Marcuse, che Fortini inserisce in Profezie 559-565. Per la ricezione fortiniana del testo di Marcusc dr. LS 61: «Difficile esagerare la portata delle pagine di Adorno. A quelle si unì, nel 1955 o 1956, Eros e civiltà di Herbcrt Marcusc. Rammento di averlo acquistato a Londra in versione economica». 11 .s R. Bonavita, L'anima e la storia cit., p. 12.1. 114
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6. METRICA COMI! FORMA SIMBOLICA
azione palingenetica, in grado cioè di scongiurare il ritorno di quel sonno vissuto dal poeta nella città nemica ( «dichiara che il canto vero / è oltre il tuo sonno fondo / e i vertici bianchi del mondo I per altre pupille avvenire»)' 16 • L'intento di Fortini è di «disciplinare la mimica, esibire - fermo nella sua morte formale - il marchio dell'antica soggezione, imitare nello stesso tempo la violenza e il lamento della violenza subita» 11 1 attraverso un'organizzazione formale in grado di sottrarre il soggetto dalla disgregazione: una violenza e un lamento della violenza che Fortini scopre collettivamente in uno stato di sospensione tra coscienza e attesa, come testimonia l'arrivo ad Adliswil nel cantone di Zurigo, dov'era stato internato come profugo civile e politico dopo l'armistizio del '43. Nel capannone del campo di Adliswil Fortini poteva ascoltare, dagli scantinati, [ ... ] urla di gente che fosse tormentata e battuta, le preghiere di Kippur di radi gruppi di ebrei d'Europa orientale, scampati. Noi non sapevamo bene, allora, a che cosa. Lo sapevano essi, e in quelle ore, oltre le frontiere, accadeva quanto avrebbe accompagnato tutto il resto della nostra vita. Lo dicevano in quei gemiti incomprensibili e nei lunghissimi lamenti funebri che penetravano le pareti mentre tutt'intorno stavano i boschi perfettamente muti e stupefatti, rigati dai ghirigori della prima neve, dove la sentinella vestita di blu ciclo lasciava le impronte dei passi. O le congreghe e le risse dei serbi, dei greci e dei rumeni. O i personaggi italiani che l'armistizio aveva cacciati alla frontiera, i tristi adulti quasi ciechi di fronte a quanto era accaduto o i giovani che nei mesi seguenti avrei ritrovati qua e là o che sarebbero tornati in Italia anche a farsi uccidere' 18 •
Il rapporto tra il lamento e la formalizzazione del lutto attraverso il rito viene esplicitato in due componimenti di Foglio di via - ai quali, in Poesia ed errore del 1959, se ne aggiungerà un terzo 119 - apparsi sul numero 22 del «Politecnico» con il titolo di Consigli al morto come «rifacimenti su motivi di antichi canti funebri romeni» 110• Fortini non precisa che quei "rifacimenti" sono in realtà traduzioni esatte di Chan'ts du morts (folklore roumain), raccolte dall'etnomusicologo rumeno Costantin Brailoiu e pubblicate in una versione francese da Uarie 11
'
PE 96.
" 7
•Questo, credo, ho cercato di fare con i miei versi e questo ha a che fare con l'ebraismo», Ca11i 449. 1 " F. Fortini, Sere in Va/dosso/a, Mondadori, Milano 1963, p. 10. "' Cfr. FVBDL pp. 2.89 e sgg. 11 0 • F. Fortini, Co,isigli al morto, •Il Politecnico», 2.2., 2.3 febbraio 1946.
2.03
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
Voronca e da Jacques Lassaigne su «Mésures» nel 1939, che Fortini avrebbe letto durante il suo esilio in Svizzera 121 • La nota introduttiva ai testi riportati nella rivista francese li presenta come «canti rituali, o meglio di cerimonia [i quali] non possono essere cantati se non da donne designate da tempo e che non possono essere parenti del morto» 1:u. Fortini - che non indica la fonte, ma ha sicuramente letto i canti in traduzione francese, dal momento che i suoi "rifacimenti" ereditano gli errori e le lacune di questi 123 - sembra piuttosto interessato al «viaggio verso la pace» dopo la morte che i canti accompagnano, in un percorso notturno «per boschi, fra animali funebri, verso un colle di paradiso, dove sia reintegrata la vita larvale dell'anima» Di seguito è riportato il primo dei due testi pubblicati sul «Politecnico»: 12 ·•.
Vai diritto sulla via E non prendere paura Se tu vedi un olmo in fiore. Non è un olmo in fiore, quello: è la Vergine Maria. Vai diritto sulla via E non prendere paura. Se tu vedi un prato in fiore Non è un prato in fiore, quello: è Gesù Nostro Signore. Vai diritto sulla via E non prendere paura Se odi canto di galletti: Non è canto di galletti Sono Angeli che gridano 1 :r.s.
au Chants du ,nort {folklore roumain), raccolti da C. Brailoiu, tradotti dal romeno da I. Voronca e J. Lassaignc, «Mcsurcs», 4, 15 ottobre 1939, pp. 86-93, cfr. D. O. Ccpraga, Edipo in Tra,isilvania: tracce del folklore rome110 11el Novecento italiano, «Transylvanian Rcvicw», 2.0, pp. 2.09-2.2.5. au •lcs tcxtcs quc nous avons traduits sont dc véritablcs chants ritucls, ou micux dc cérémonic ; ils ne pcuvcnt ctrc chantés quc par dcs fcmmcs d(-signécs dc longuc date pour cela et qui ne pcuvcnt ctrc parcntcs du mort», «Mcsurcs», 4, 15 ottobre 1939, p. 86.
FVBDL 2.90. F. Fortini, Consigli al morto cit. (il riferimento scompare nelle prefazioni del ,46 e del , 67 di Foglio di via). u.s FV 52.. u.3 u.4
6.
METRICA COME. FORMA SIMBOLICA
Le tre strofe da cinque versi di ottonari costruite su anafore di formule fisse assumono, per il lettore di Foglio di via del 1946 che non conosce la fonte originale, una funzione catartica: il testo è un invito a verificare la scrittura nel contesto del dopoguerra italiano, auspicando l'integrazione dell'io nella litania del noi. Come ha osservato Cepraga, «non è difficile riconoscere nel tu al quale sono rivolti i Consigli l'esule, il profugo, lo scrittore politico in fuga, che per il Fortini del 1945-46 non è soltanto[ ... ] bruciante materia esistenziale, ma anche figura da proiettare sui "destini generali" e sulla Storia recente» 126• L'esplicita formula rituale viene situata in accordo al tono esortativo dell'intera raccolta, che veicola la necessità di un cammino-viaggio da opporre alla polarità di sonno-morte esplicitata sin dalla poesia liminare di Foglio di via. La poesia come ritualità collettiva viene così ad assumere un ruolo antagonistico rispetto al lirismo novecentesco della tradizione ermetica, al quale Fortini doveva del resto opporsi per formulare una nuova proposta d'azione come superamento della crisi e attesa di un futuro; una dialettica che, a partire dai decenni del dopoguerra, verrà declinata in un contesto radicalmente mutato in relazione agli eventi storici e politici. Il trascorrere dei «dieci inverni» nell'immediato dopoguerra attenua solo in parte il valore che Fortini attribuisce alla forma. La poesia, pur nell'errore e nella vergogna, può ancora servire come strumento di riconoscimento nella realtà di una totalità delle esistenze attraverso il lavoro di autocoscienza nella forma. In Poesia ed e"ore, la presenza collettiva è garantita dal contatto con l'interlocutore al quale la poesia viene affidata, siglata dalle date in calce che segnalano il rischio di perdere il contatto con la storia. Il tu al quale Fortini si rivolge è adesso il destinatario di una parola «senza canto senza voce quasi morta» 127 ; «un grido acuto e sommesso nel cuore degli altri» 128, in grado di parlare ad altri per mezzo di una dialettica tra contenuto e realtà storica. Alla fine degli anni Cinquanta, contro un nuovo ordine culturale di «illuministi e di neopositivisti dalla tendenza - che troppo comunemente [viene chiamata] "antimetafisica" - di pedagogizzare e culturizzare a oltranza» 129, Fortini D. O. Ccpraga, Edipo;,, Tra1,si/va11ia cit., p. 2.13. PE i49. u.l PE 151.
•d u.1
u.,UGA 2.57.
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
rivendica attraverso la metrica il carattere non autonomo dell'atto estetico, scagliandosi contro quei critici che iniziavano ad assumere le stesse posture incentivate dagli schemi del neocapitalismo e accettavano di inserirsi «in una economia dello "scambio" piuttosto che in una "economia della produzione", quindi fra gli intermediari piuttosto che fra i produttori o i consumatori» 130 • Per lui, viceversa, [... ] proprio della parola poetica è rivolgersi a tutto l'uomo, non all'uomo «poetico», di essere una allegoria di totalità che parla a una totalità. [... ] è assolutamente giusto che il lettore legga certe parole e certi nessi ( «luna», «pace», «selva oscura», «spoglia immemore» ... ) con un immediato confronto alle lune, alle paci, alle selve e alle spoglie della propria esperienza, riprendendo l'antico e sacrosanto principio schilleriano per cui l' «educazione estetica» dell'uomo è «educazione mediante l'arte» non «educazione a capire l'arte», in quanto l'educazione a capire l'arte è data dalla ricchezza e varietà di interessi, di conoscenze e passioni, e dunque, semmai, di studi e letture di ogni disciplina - ivi compresa, ove bisogni, la filologia ecc. - non dalla cosiddetta critica letteraria che è, o dovrebbe essere, non già una disciplina o specialità e neanche una mediazione tra la poesia e il lettore ma una fra lettore e lettore, fra lettore più esperto e lettore meno esperto•J•.
La citazione contiene una risposta all'interpretazione della poesia moderna di Friedrich 132 ed è tratta da una lettera del '59 a un destinatario non identificato, probabilmente Armanda o Roberto Guiducci insieme ai quali Fortini elaborò le Proposte per una organizzazione della cultura marxista italiana 133 • La progressiva maturazione stilistica degli scritti di questi anni, situati dopo la chiusura di «Ragionamenti» e di «Officina», porterà a formulare un discorso sulla forma condotto nel saggio più denso di Verifica dei poteri, ovvero Mandato degli scrittori e fine dell'antifascismo (Al di là del mandato sociale), di cui ci occuperemo nel capitolo che segue.
lbid. UGA 2.56. IJJ. VP1 2.2.9-2.33. •n Cfr. nota in UGA 559; si legga inoltre la prosa 33 dell'Ospite i,igrato in cui è citato Schiller, ancora del 1959 (01913). IJO IJI
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7. Dare forma ali' esistenza
Le impurità granulose e le venature di lava indicano un'unica dislocazione, o un'unica catastrofe, quale fonte comune della creazione delle forme. O. Mandcl'stam, Conversazione su Dante L'apparenza si afferma come unica realtà? Fingiamolo pure. Voler mutare le apparenze sarà dunque come voler mutare la realtà.
F. Fortini, U11 dece,mio di Postmoderno
7. I. Le contraddizioni della forma In questo capitolo ripercorreremo i presupposti teorici da cui Fortini muove per mediare il rapporto tra lirica e società nella prassi di scrittura, isolando un momento chiave della sua traiettoria intellettuale, collocato agli inizi degli anni Sessanta, corrispondente all'estroflessione del capitale simbolico accumulato nel decennio precedente. Se sul piano della forma poetica il passaggio è esplicitato, come abbiamo visto, nelle soluzioni espressive di Una volUt per sempre, dal punto di vista saggistico la mutata postura dcli'autore si riflette negli scritti - e nelle diverse edizioni - di Verifica dei po'teri, dove Fortini affronta, con una maturità inedita, le contraddizioni della forma, in un momento della storia culturale italiana in cui è possibile intercettare una nuova fisionomia dell'intellettuale-poeta. Per sviluppare un discorso critico sul rapporto tra linguaggio e prassi è utile ripartire dall'opposizione fortiniana all'avanguardia, sviluppata in particolare in Due avanguardie e Avanguardia e mediazione•. I
VP 77-92.; VP 93-106.
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
Come abbiamo osservato nel paragrafo dedicato al confronto con Giuliani, il rapporto tra identità e mediazione rappresenta il nodo costitutivo della polemica di Fortini contro le posizioni ideologiche dei neoavanguardisti. Letta insieme alle scelte sul piano estetico, l'opposizione all'immediatezza trova punti di contatto anche sul piano della metrica, la quale, veicolando una specifica vision du monde, consente secondo Fortini di rivelare il modo in cui gli autori rappresentano il proprio mondo e si contrappongono a un sistema di dominio simbolico che afferma la propria egemonia anche di fronte al carattere contestatario dell'opera d'arte, assorbito di fatto all'interno degli stessi processi di produzione e di consumo del capitale combattuti dall'estetica avanguardistica. Secondo Fortini, infatti, il capitalismo avrebbe fornito a molta arte moderna «la griglia metrica, la gabbia ritmica di cui le composizioni avanguardistiche credevano essersi sbarazzate o che ritenevano, al caso, ricostituire per arbitrio soggettivo» 2 • La stessa soggettività - anche quando rifiutata dalla nuova avanguardia in funzione di poetiche dell'oggetto - rischiava di rimanere intrappolata entro le pareti di uno «schema» fornito dal capitale, se a quella «griglia metrica» non veniva di fatto opposta una forma elaborata tramite un processo di riappropriazione e di coscienza, mediato con la storia e con la tradizione. La parola «metrica» è attestata due volte in Verifica dei poteri (ad eccezione della perifrasi denotativa di «studioso di metrica» )3: la prima, nella prefazione alla prima edizione del 1965, impiegata da Fortini per descrivere la legge interna del moto rivoluzionario degli uomini della classe sociale subordinata•; la seconda, nel citato saggio di Avanguardia e mediazione, dove per «metrica» si intende la forma simbolica prodotta dai meccanismi di dominio messi in atto dal sistema capitalistico. L'estensione metaforica del termine andrà ancora una volta collocata entro una visione totale dei ra pporti di produzione e di consumo dell'oggetto estetico, ricordando che per Fortini ogni scelta metrica corrisponde a una scelta morale verificabile all'interno di un contesto di rapporti sociali5 • Il signifiVP 105. VP 375· ◄ VP 380 s F. Fortini, I destini ge11erali cit., pp. 71-80, cfr. supra, 1.1 :r.
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DARE FORMA ALL'ESISTENZA
cato traslato di «metrica» andrà dunque confrontato- nella doppia attribuzione ai due poli del conflitto, ovvero il capitalismo e la classe oppressa - per interrogare il portato della comunicazione poetica in relazione a una forma di vita presentata dal capitale come ordine naturale d'esistenza. In un'intervista del 17 marzo 1965, Fortini riconosceva ai neoavanguardisti la capacità di aver rafforzato gli strumenti di estraniazione nei confronti del linguaggio: leggendo i loro testi, si avrebbe l'impressione di essere come dei «fantasmi, di non essere i destinatari delle loro parole» 6 • La sensazione - aggiungeva con ironia - non era affatto sgradevole: «i fantasmi hanno qualità straordinarie, non possono essere presi, inchiodati» 7 • L'intervista è rilasciata nello stesso anno di pubblicazione di Verifica dei poteri, che accoglie il saggio di Astuti come colombe stampato qualche anno prima sulle pagine del «Menabò» (1962) 8 • Anche in questo testo, le riflessioni di Fortini evidenziano uno scarto significativo rispetto al nuovo orientamento estetico proposto dai Novissimi. Opponendosi al progressismo dell'industria culturale tramite una forma di scrittura poetica al limite del «reazionario» e mediata con i più radicali mezzi dello straniamento linguistico, Fortini mirava a contestare l'idea di una poesia «quale mimesi critica della schizofrenia universale, rispecchiamento e contestazione di uno stato sociale e immaginativo disgregato» 9 • Al polo opposto di uno straniamento considerato come necessario, di un mascheramento al limite della reazione e dunque di un'ipocrisia che sola sarebbe stata in grado di manifestare quella «vera vita» dell'adagio adorniano corretto con la formula di Lenin 10, Giuliani sottolineava l'esigenza di andare al di là dello smascheramento, «sfidando il silenzio che sempre consegue, insieme con le chiacchiere, al deperimento di un linguaggio, esasperando l'insensatezza, rifiutando l'oppressione dei significati imposti, raccontando con gusto e con amore storie pensieri e bubbole di questa età schizofrenica» 11 • 'UDI 57-58. lbid. 1 VP 44-68. 'A. Giuliani, Pre{at.io11e z965 a Id., I Novissimi. Poesie per gli a11ni '60 cit., p. 9 (cfr. anche Poeti, p. 2.42.). 10 F. Fortini, No,i si dà vera vita se non ,iella falsa cit., pp. 113-118. 11 A. Giuliani, Introduzione 196 z, in Id. (a cura di), I Novissimi. Poesie per gli a1111i '60 cit., p. 18. 7
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
Dichiarare di voler apparire, come scrittore, il più reazionario significava per Fortini sfidare la posizione di chi concepiva la poesia come «semantica concreta» 12, da separare dalla temporalità storica tramite il solo posizionamento di fronte al linguaggio. L'analogia tra il progressismo di una letteratura in re e l'ideologia del consenso era per Fortini evidente nella prassi del linguaggio: l'errore sarebbe stato quello di convincersi che «mettendo la dinamite nella sintassi si mette la dinamite anche nella società. È ridicolo» - proseguiva«pensare che la rivoluzione si possa fare attraverso la letteratura. La società capitalistica se ne frega della sintassi» •3. La stessa tendenziale omologia tra un uso formale della vita e un uso letterario della lingua elaborata in Mandato degli scrittori e fine dell'antifascismo dovrà tenere conto di questa necessità di demistificare nella scrittura l'inautentica continuità tra letteratura e vita vestita da apparente autenticità formale. Affrontata con le armi della critica (e dell'autocritica), la forma, nel suo doppio valore contraddittorio, si presenta dunque come il luogo in cui ridiscutere - e verificare - i processi di produzione dei discorsi e dei linguaggi, ma soprattutto delle istituzioni da cui i primi provengono e all'interno delle quali sono rivestiti di forme illusorie per il consumo e per la reificazione. L'esempio della Poesia delle rose offre, come abbiamo visto, un modello paradigmatico per valutare una scrittura orientata alla prassi che esibisce la contraddizione nella costruzione di uno schema formale dialettico che dalle presupposizioni porti a verificare le posizioni, nella piena coscienza di un equilibrio precario tra concetto e sviluppo discorsivo della sintassi per certi versi irrisolvibile: «la storia ha un modo di ridere che è ripugnante» - scriverà a conclusione di una poesia più tarda - «Non sapevate, non sapevo. Ma e le rose?/ Nulla vogliono sapere, le pigre rose» 14 • Identificando immediatamente - vale a dire, senza mediazione - forma e contenuto, soggetto e oggetto, realtà e discorso, letteratura e mondo, i Neoavanguardisti esalterebbero, secondo Fortini, il valore negativo dell'arte, risolvendo la prassi estetica in un atto di volontà privato, non mediato dialetticamente con l'orizzonte collettivo. La stessa soggettività liberata, dissolta in uno slancio volvi, p. 19. UDI 659-660; cfr. anche 011109-1110. •• PS 405. u.
•J
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DARE FORMA ALL'ESISTENZA
lontaristico, verrebbe di fatto assorbita nelle dinamiche di produzione e di consumo delle forze capitalistiche, volte a trasformare l'aspetto contestatario dell'estetico in un motore di accumulazione definito marxianamente come «distruzione di ogni vincolo naturale, di ogni legame sociale, di ogni gerarchia e distinzione simbolica in favore dell'illimitato come unico spazio veramente adeguato alla produzione di moneta per mezzo di moneta»•s. Il carattere "aperto" dell'opera, la sua veste espressamente informale e più in generale l'aspetto esclusivamente «negativo» assunto dall'ideologia neoavanguardistica rimarrebbe nell'errore, poiché esso identificherebbe, con una rischiosa sovrapposizione, «realtà» e «discorso». Fortini crede al contrario [ ... ] che le grandi opere della letteratura e dell'arte abbiano una vera capacità dirompente nei confronti delle ideologie dominanti non tanto per la contestazione che rivolgono al consueto e al banalizzato, non soltanto per la capacità di spezzare schemi formali decaduti ma soprattutto - o almeno: anche - per il loro carattere di profonda inattualità e di ferrea conclusione cui non sfugge nessuna «opera aperta» o «ininterrotta» o «polisensa» o «informale» perché la formalità sta nel loro etimo, nella loro natura di enormi morfemi. In questo senso è inutile declamare contro la sacralità dell'arte [l'ho fatto per trent'anni, N. d. A.] perché la più dissacrata e dissacrante, umile, fabrile opera d'arte appare, grazie alla propria conclusione, come un artificio «caricato a valori» che sempre e in ogni caso allude silenziosamente a qualcosa, ad un possibile che non solo non è mai identico al possibile-avvenire del politico ma che non di rado gli è, nel senso più preciso della parola, intempestivo. È questo farsi latore di un disegno strategico a lui stesso spesso sconosciuto, in una anacronia che in circostanze particolari può battere sul tempo anche il più acuto dei politici, il motivo che da sempre, ad esaltazione o a scherno, accosta il prete al poeta e li rende entrambi- e giustamente- fastidiosi al politico''.
Le buone intenzioni avanguardistiche finalizzate a liberare una soggettività dai dogmi borghesi finirebbero per rimanere imbrigliate - o peggio, assorbite - nelle medesime logiche contestate, se la soggettività liberata non abbandona l'assurda convinzione secondo la quale l'opera poetica sarebbe, nella sua produzione linguistica, opera politica tout court. Contro l'identificazione tra opera e mondo, tra linguaggio e realtà, Fortini insiste ancora sulla necessità dello •s D. Balicco, Nie~che a Wall Street cit., p. 38. '' VP 95-96 (c.vo dell'autore).
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
strumento dialettico, mai stanco di ricordare che la costruzione di ogni opera d'arte va situata all'interno di una tensione tra linguaggio e azione, tra teoria e prassi, che non risolva immediatamente l'una nell'altra. Soltanto in questi termini la messa in forma dell'opera poetica può svolgere il ruolo di formazione autocritica del soggetto, la cui fruizione dell'opera conclusa che sta di fronte agisce sulla sua forma di vita indicando silenziosamente una direzione da percorrere verso un progetto di liberazione dalle maglie incantatorie del capitale. In altri termini, «la funzione pratico-politica delle opere di poesia, la loro attitudine ad essere legislatrici del mondo, si dà certamente ma al termine di un percorso diverso da quello del discorso pratico-politico» 17 • Lo stesso avviene, secondo Fortini, sul piano della critica come attività che va anch'essa inserita in una visione totale dei rapporti economici, politici e sociali, da distanziare dalla tendenza a registrare le oscillazioni periodiche del gusto, per trasferire viceversa le curve entro un discorso la cui tendenza non sia settoriale ma globale, non specialistica ma universalizzante. Rischiando perciò ideologismo e superficialità; ma cercando di individuare sempre e di leggere fra le righe la contraddizione fondamentale che sola dà giusto valore e peso di esistenza alle contraddizioni subordinate - a quelle figure di mediazione, appunto, di cui fanno parte anche le opere di poesia• 8•
Partendo da queste posizioni, interrogheremo in questo capitolo le modalità in cui, secondo Fortini, l'esperienza soggettiva può acquisire coscienza della forma mediante la pratica compositiva, in una prospettiva rivoluzionaria - e non pacificata - di «storia contro la storia» che rifiuti sia il «vitalismo disperato [ ... ] volto ad abolire ogni distinzione fra momenti e livelli di esistenze e di opere», sia il «formalismo esasperato, indifferente agli aspetti referenziali» 19•
VP 93· •• VP 105-106. '' Co11pni 2.3-2-4•1
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DARE FORMA ALL'ESISTENZA
7.2. Uso formale della vi"ta Sin dalle prime pagine dell'introduzione alla prima edizione di Verifica dei poteri, della coppia «lirica e società» Fortini lamenta la scomparsa del secondo termine. Se la figura alla quale «Ragionamenti» si ispirava era quella del «critico come il diverso dallo specialista, come colui che discorre sui rapporti reali fra gli uomini, la società e la storia loro, a proposito e in occasione della metafora di quei rapporti, che le opere letterarie sono» 20, agli inizi degli anni Sessanta, pur rimanendo in parte fedele a questa postura, Fortini è obbligato a mutare strategia. In un contesto politico-culturale dove gradualmente veniva affermandosi una società concepita come il « risultato passivo della disgregazione d'ogni particolarità», fondata sul profitto e sull'alienazione, quale spazio poteva essere riservato per il critico e per lo scrittore un tempo investito di un mandato sociale? Tanto più che, continuando a praticare una quanto mai ridotta pratica letteraria nella nuova industria culturale, egli rischiava persino di venir inteso come reazionario? A quale interlocutore rivolgersi, senza cadere nella finzione dei giornali e dei volumi di critica confinati in uno spazio «civile» e settoriale, e dunque esclusi dall'azione diretta di trasformazione del reale ridotto ora a mondo «generalizzato e scientifico»? Ridurre la poesia al silenzio dichiarando la sconfitta di una prassi comunicativa poetica significava per Fortini esporsi alla minaccia biografica del disimpegno, retrocedendo a una posizione intellettuale che negli anni della guerra si era macchiata di connivenza col regime fascista, avendo preferito un estetismo alternativo ali' azione politica. Per dirla con Lenzini, «chi aveva per tempo diagnosticato la "fine del mandato sociale degli scrittori", criticando le facili consolazioni del cosiddetto "impegno", non per questo poteva aderire a una nozione puramente estetica dell'arte, e tanto meno la sua riduzione a entertainment» 21 • Tuttavia - precisa Fortini - non bisogna intendere le proposte d'azione di Verifica dei poteri come "speranze" a breve scadenza, dal momento che è impossibile situare la speranza in un immediato presente ed essa parla semmai a un futuro di altri che verranno (nei versi indirizzati a Pasolini di circa io
VP 373·
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Co,,fini 6.
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
dieci anni prima, la speranza era descritta come un «convulso passo I di bestia, entro di noi, che viene e va» )22 • Alla domanda «com'è possibile la letteratura?» Fortini invitava un destinatario collettivo - ora disomogeneo e relegato «al confine fra certezza e precarietà, fra partecipazione all'esistenza e diniego di essa» - a strappare a quell'apparente Altro e Diverso «la maschera incantevole e repulsiva del Sacro» 2 3, per svelare la più autentica natura di uomini «non trasfigurati da lontananze storiche o geografiche o sociali, anzi fatti simili, anche se da quelle provengono, ai visi quotidiani che incontriamo, al nostro aspetto stesso: in un loro complesso, articolato, talora contraddittorio agire verso una finalità ora soggettivamente cosciente ora oggettivamente determinata da una coscienza non individuale» 24 • L'intellettuale non avrebbe più avuto il ruolo di guida in vista di una rivoluzione attuabile nell'immediato domani; il suo compito sarebbe stato quello di indicare - a partire anche e non solo dall'organizzazione dell'opera in versi - una meta futura alternativa allo stato di cose presenti, senza per questo rinunciare al momento estetico, dunque utilizzando la forma non come mero strumento di contestazione dcli' ordine informale ma come indice figurale di una realtà verso cui tendere. Tramontata la funzione sociale dello scrittore (recensendo quasi vent'anni dopo Aracoeli, Fortini dichiarerà che dopo quello sociale e politico, alla letteratura era stato tolto anche il mandato etico e religioso )25 rimaneva il compito di individuare le istanze di liberazione degli oppressi e portarle alla luce dalle regioni in cui l'oblio li aveva collocati; e da quel luogo porsi in ascolto di un moto di liberazione che - scrive l'autore - possiede una sua legge interna, «organizza il proprio rischio secondo una metrica, ha un suo modo di protendersi in clausole e cadenze, che sembra e forse è quello stesso delle opere di poesia, scritte o da scrivere» 26• La possibilità di conservare la dimensione poetica nella prassi viene interrogata da Fortini in Al di là del mandato sociale, terza e ultima parte di Mandato degli scrittori e fine dell'antifascismo: un saggio il cui valore paradossale F. Fortini, Al di là della spera~ {Risposta a Pasoli11i), in VPD 794 (c.vo dell'autore). VP 3 79. Si veda a tal proposito il saggio di E. Dc Martino antologiz1.ato Profezie 53 1-5 51; ma anche Profezie XIX. :t..t VP 380. :a.s SE i 599. "VP 380 (c.vo mio). u
:t.J
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DARE FORMA ALL'ESISTENZA
risiede «nella difesa del potere dell'estetico come piano della formalizzazione del negativo e della costruzione critica del soggetto» 2 1. La priorità del saggio è di ridefinire il significato della funzione della poesia non più relegata ai soli contenuti dell'impegno, quanto piuttosto aperta nella forma a una tensione tra dominanti e dominati 28 • Dato il carattere contradditorio dell'operazione, non bisogna stupirsi delle molteplici ambiguità che costellano l'equazione proposta da Fortini formulata per elaborare una via d'uscita a un'evidenza posta a margine dell'intervento di Verifica dei poteri: «davanti al tribunale della ragione teorica e pratica che ha formato il mondo del principio di prestazione, l'esistenza estetica è condannata» 29 • Frutto di un lavoro di fusione di diversi articoli pubblicati tra il 1964 e il 1965, Mandato degli scrittori e fine dell'antifascismo rappresenta - insieme ad Astuti come colombe - il centro di massa attorno al quale gravitano gli scritti di Verifica dei poteri3°, volti ad affermare, cadute le concrete istanze rivoluzionarie e rifiutati i dogmi della nuova società di consumo, non altro che la difesa ultima della poesia. Malgrado la costante diffidenza nei confronti di un'espressione poetica svincolata dall'azione sulla realtà storica, la scrittura in versi non viene mai del tutto rimossa da Fortini dal proprio universo simbolico, mai definitivamente esclusa dalla dimensione pratica dell'esistere. F.ssa è al contrario assunta come specifico dispositivo comunicativo in grado di mantenere attiva una dialettica che esibisce nella forma la contraddizione ( «La poesia / non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi» sono i versi conclusivi del suo componimento più celebre)3•. Dopo aver pubblicato una parte del saggio sui «Quaderni Piacentini» - Mandato degli scrittori e limiti dell'antifascismo. lii LA fine del mandato sociale - accompagnata da una breve premessa che svolge la funzione di raccordo delle argomentazioni precedenti, Fortini rielabora l'intervento e lo presenta, con alcune varianti, su «RinasciD. Balicco, No11 parlo a tutti. Fra,ico Forti11i i11tellettuale politico, manifcstolibri, Roma 2.006, p. 187. '1..1 Si veda inoltre la risposta all'inchiesta su «letteratura e industria» del •Menabò», dove Fortini dichiarava che •l'industria non è"" tema, è la manifestazione del tema che si chiama capitalismo», cfr. Astuti come colombe, VP 53 (c.vo dell'autore) . .,,, H. Marcuse, Eros e civiltà, Einaudi, Torino 1964, p. 138. JO VP 130-186. JI UVPS 2.38. "'7
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
ta» con il titolo che sarà poi quello definitivo di Al di là del mandato sociale3 1 • Il superamento dell'atmosfera luttuosa - quasi escatologica - del primo titolo è coerente a una scrittura mantenuta aperta verso una meta, in un movimento caratterizzato da un lavoro di pianificazione e di indagine degli strumenti a disposizione dell'intellettuale nel presente. A differenza dei precedenti scritti di Verifica dei po-teri - in particolare, rispetto alle prime due parti di Mandato degli scrittori o ad Astuti come colombe - al moto critico-distruttivo si sostituisce adesso un carattere «paradossalmente propositivo» 33 . Tramontata la possibilità di una reale incidenza dello scrittore sulla realtà e insieme conclusosi in Italia il processo di trasformazione della letteratura a prodotto per élites consumatrici sia in campo editoriale sia - con una parziale inversione di rotta - nella critica letteraria3 .., diventava necessario per Fortini interrogarsi su un'alternativa reale da proporre ali' ormai inattuale ritorno al mandato sociale e «allo stato che il movimento operaio volle conferire allo scrittore». Il paesaggio culturale italiano si presentava attraversato da diverse tensioni: la ormai perfetta coincidenza tra industria e società, il cui progetto era stato intrapreso quasi due secoli prima; la scomparsa, al limite dell'invisibilità, di una via - «che era parsa difficile ma chiara» - a una gestione socialista della vita comune; il restringimento dello spazio tra «parere ed essere» che imponeva quasi il dovere di «consumare quanto rimane di vita nella recognizione d'una superficie apparentemente compatta e senza appigli, dove si può soltanto vivere ma che toglie ogni significato a ogni specie di morte» 35 • La stessa operazione estetica del linguaggio, suggerita dai più intelligenti formalismi, seppur capace di contestare con la nuda presema la realtà, risultava per Fortini «mai responsiva ma solo interrogativa», dunque inadatta a restituire allo scrittore una funzione sociale, quella di intessere cioè un rapporto con il movimento operaio e, più genericamente, con la dimensione collettiva di una società contro una nuova forma egemonica di potere. In altre parole, era diventato quasi impossibile intravedere l'orizzonte futuro della profezia36•
Si veda la notizia dei testi curata da E. Ncncini in SE 1763. n D. Balicco, No11 parlo a tutti cit., p. 181. 34 Cfr. lstituvo11i letterarie e progresso del regime, in VP 69-76. JS VP 169. 3' Profezie XIII. 3:1.
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7.
DARE FORMA ALL'ESISTENZA
Di fronte alla completa svalutazione delle lettere, unita all'apparente impossibilità dell'azione politica - apparente poiché la crisi delle ideologie non è altro che un «cedimento catastrofico, a partire dagli intellettuali, di fronte ad una pressione ben orchestrata dai detentori del potere, nazionali ed internazionali» 37 - le conclusioni più immediate volgevano tutte alla dichiarazione frettolosa di una morte dell'arte (non nel senso hegeliano, di «momento dello Spirito»); o, tutt'al più, verso una sua "morte-e-trasfigurazione", cioè il recupero delle forme di comunicazione di massa, non dimenticando ma sottovalutando che il vero moltiplicatore delle comunicazioni di massa risiedeva nella formazione perpetua di prodotti per élites, anzi di élites consumatrici. In questo contesto, appariva pressoché inutile distinguere tra letteratura di denuncia, sperimentazione e appello alla novità. Si trattava piuttosto di evitare il fraintendimento di una facile e ingannevole coincidenza tra linguaggio e realtà - abbracciata dalle avanguardie ma osteggiata da Fortini, dal momento che, come si è detto, la parola non è la cosa, la letteratura non è la vita - per utilizzare viceversa l'opera letteraria nella sua possibilità di «strutturare un organismo comunicativo complesso a partire da più intenti, vari quanto a grado di chiarezza cosciente, rivolti sia all'interno che all'esterno della comunicazione che li unifica» 38 • Se l'illusione delle avanguardie era stata di aver creduto possibile il mantenimento del rapporto tra progresso politico-sociale e progresso delle forme espressive, Fortini ha ben chiaro che una perfetta coincidenza tra linguaggio e realtà provoca il più grande equivoco dell'arte, giacché «il mondo non è solo un testo» 39• Ciò non significava, tuttavia, rinunciare alla possibilità di porre le innovazioni stilistiche - almeno per il Fortini degli anni Cinquanta e Sessanta - in relazione alle trasformazioni sociali; tutt'al più bisognava precisare che il loro rapporto si costituiva nei "tempi lunghi". Secondo Fortini, [... ] a qualunque livello si sechi l'oggetto poetico, minimo è diventato il grado di traducibilità delr opera dall'ordine suo proprio a quello di conoscenza per-
7 J
UGA 341. VP 385; cfr. anche SE 1641. J, UDI 631-634 (cfr. infra, 8-4-). 1
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
la-prassi. È diventato, vale a dire non sempre è stato così; perché sempre più larga è diventata la zona di attiva mistificazione sociale e sempre più difficile un uso tendenzialmente universale della verità poetica 40•
La nuova società capitalistica inglobava l'universalità di valore della poesia, eliminando il portato negativo della forma, ora assorbito all'interno del suo stesso meccanismo produttivo, in grado cioè di garantire un'egemonia nutrita dalla stessa contestazione"'. Di fronte a questo panorama a una dimensione la possibilità di fare poesia o rientrava per intero nella sfera privata o portava a compimento appena qualche onorevole servizio ideologico. Nel migliore dei casi - com'è possibile secondo Fortini osservare nell'ultima produzione brechtiana - la poesia mischia le due cose, «tanto più anzi, quanto più si veste di allusione alla storia»: un invito a considerare l'elemento biografico all'interno del movimento storico, a dispetto delle critiche che Asor Rosa rivolgerà allo scritto42 • In un momento in cui l'industria culturale aveva trasformato anche la poesia in un prodotto linguistico atto alla comunicabilità, al consumo, la sua forza di rottura doveva tradursi in un atto di negazione dello stesso grado di poeticità, dal momento che non si orienta un ethos tramite la sola attività poetica, ma si dà forma all'esistenza effettuando scelte connesse a strutture e a organizzazioni: scelte etiche e politiche che Fortini aveva già posto in relazione alle varianti e alle soluzioni adottabili tra infinite possibilità di scrittura, in riferimento a un passato già formato e a un futuro da formare. Un approccio analogo era stato adottato per la forma-saggio, come dimostrano gli articoli raccolti nel suo primo volume di interventi, Dieci inverni. Tuttavia, a differenza della saggistica, la poesia non sembra in apparenza possedere i caratteri di un discorso interlocutorio: mentre «la prosa saggistica o critica crede di fatto o finge di credere ad una società presente e futura di destinatari; la poesia, VP 172. (c.vo dell'autore). «La vecchia affermazione, sulla quale era parso facile sorridere, essere il capitalismo necessario nemico dcli'arte, va così interpretata: la poesia appartie11e nece.ssariamente ad un ordi11e di valori a,,alogo a quello cui l'ordi1,ame,1to capitalistico fa sistematico, orga11iuato e i,ievitabile impedimento», VP 172. (c.vo dell'autore). 41 A. Asor Rosa, L'uomo, il poeta, «Angelus Novus», 1965, 5-6; ora in Id., Le armi della critica. Scritti e saggi degli a,mi ruggenti (I960-z970), Einaudi, Torino 2.011, pp. 95-138 (in particolare pp. 12.1-12.2.), cfr. i11{ra, 7.3. 4° 41
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7.
DARE FORMA ALL'ESISTENZA
buona o cattiva[ ... ], non crede o appena finge»·0 , pur sempre rimanendo all'interno di un orizzonte di storicità. Il «muori e diventa» del Selige Sehnsucht di Goethe avrebbe potuto spiegare, secondo Fortini, il significato più autentico della poesia, che deve negare sé stessa per porsi come strumento di prassi all'interno di una storicità non progressiva. In un'intervista pubblicata sull' «Avanti!» nel 1966 dichiarava su questa linea: Se qualcosa abbiamo imparato negli ultimi vent'anni è, credo, proprio il rigore del rapporto fra poesia e ideologia o, diciamo, tra poesia e «visione del mondo»; le sue contraddizioni necessarie, la sua utilità.Tuttavia - per quanto è delle opinioni o tendenze o mode - è accaduto, negli ultimi dieci anni, un curioso rovesciamento di posizioni. Mi spiego. Tutta la polemica condotta da me e da non troppi altri -dall'immediato anteguerra fin verso il 195 5 contro l'idea di poesia (pseudo-aristocratica, castello interiore, esercizio ascetico, illusione di canto, eccetera) del quindicennio precedente; tutta la polemica contro lo spiritualismo lirico che gabellava per antifascismo la propria ripugnanza della storia, tendeva a mettere in chiaro che la poesia è anche cultura, che anche la poesia è cultura, ossia conoscenza, pensiero, scelta, storicità 44 •
Ridurre la poesia e la letteratura a mero fatto testuale - a semplice «informazione come un'altra» ◄s - significava appiattire la loro dimensione storica, assecondando i dogmi di una nuova società tecnocratica che incentivava la reificazione del prodotto artistico, I' annullamento del rapporto tra l'espressione simbolica e la prassi, trasformando l'estetico in prodotto-merce. Di fronte a questo percorso di reificazione dell'espressione a fatto linguistico, non restava che riconoscere i modi culturali esistenti, e a essi opporre un'alternativa scaturita dalla messa in luce del processo di degradazione della vita offesa. Sul versante epistemologico, questa burocratizzazione del sapere ridotto a testualità viene associata da Fortini alle tendenze dello strutturalismo◄6 • Formalismo prima e strutturalismo dopo avevano elaborato epistemologie antistoricistiche - o al massimo, 43
UGA 340.
◄◄ UDI 87; la stessa intervista è riportata in UGA 339-341. 41 UGA 339. •' «Ma quelle che gli psicanalisti chiamano "resistenze" erano in mc così forti (e ancora lo sono), che ero (e sono) certo che lo strutturalismo, nel suo complesso, come metodo di interpretazione delle opere letterarie, sia stato anche uno strumento ideologico di quello che i francofortcsi hanno chiamato "l'universo amministrato,, e del tccnoscicntismo», LS 64.
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
secondo Fortini, storicistiche senza finalismo -, negando il movimento reale del linguaggio nella storia, che rimaneva al contrario isolato da ogni contaminazione, ridotto a specialismo. L'espressione poetica finiva per essere esclusa dall'intervento diretto nella trasformazione del reale, relegata a circoli, convegni o tempo libero «nella restaurata fiducia, bancaria, che piacere, lettura, sapere e saggezza fossero pur sempre là, accanto alle sigarette e allo scaffale, attingibili»47. In questo nuovo orizzonte culturale, l'uso letterario della lingua finiva per essere ridotto alla semplice comunicazione, lasciando fuori quella formalizzazione che poteva disporsi come metafora di un modo di essere degli uomini: Se poesia e arte diventano, soprattutto nel corso dell'ultimo secolo, «forma» e «struttura», ciò è proprio in quanto appaiono come «seconda natura» cioè come l'unico agire che la sclerosi della reificazione non abbia apparentemente invaso; conferma della spettrale legittimità delle teorie formaliste. Ma la tradizione umanista, che Lukacs esemplificherebbe nei nomi di Goethe e di Hegel, introduce nella prospettiva marxista, come fine del comunismo, la fine {o per meglio dire la conservazione-superamento) della alienazione, la restituzione dell'uomo a se stesso, insomma la capacità, individuale e collettiva, di fare sempre più se stessi, di autodeterminarsi, di formare passato, presente e avvenirct 8 •
Come già espresso nei saggi del volume dedicati a Spitzer e ad Auerbach49, l'opera d'arte come valore possiede per Fortini la capacità di agire come facoltà formatrice sulla vita: essa permette cioè di organizzare l'esistenza a partire dalla meta, guardando a un orizzonte che non si arresti alla contemplazione estetica. La formalizzazione della vita tramite la poesia come profezia metaforica o metafora profetica non deve d'altra parte essere intesa come una proposta reazionaria o conservatrice, ovvero nei termini di un formalismo borghese che 47 MB 42.. È ipotizzabile, nel testo della conferenza di Ginevra, un'allusione polemica all'incipit di Se u11a notte d'i11verno u11 viaggiatore di Calvino, pubblicato l'anno precedente: «Regola la luce in modo che non ti stanchi la vista. Fallo adesso, perché appena sarai sprofondato nella lettura non ci sarà più verso di smuoverti.[ ... ] Cerca di prevedere ora tutto ciò che può evitarti d'interrompere la lettura. Le sigarette a portata di mano, se fumi, il portacenere», I. Calvino, Se u,,a notte d'i,wemo un viaggiatore, Einaudi, Torino 1979 ora in Id., Romanzi e racconti, t. 2., a cura di M. Barenghi, B. Falcetto, Mondadori, Milano 1992., p. 614; cfr. UDI 2.57. ◄• VP 176-177 • .., VP 199-2.16; VP 2.17-2.2.5.
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7.
DARE FORMA ALL'ESISTENZA
relega la funzione poetica in un universo dove persistono solo forme e strutture immutabili. A tal proposito, vale la pena chiarire la distinzione tra un significato della forma in quanto tale e il significato della forma in quanto forma di un dato contenuto: (La dialettica di forma ed esistenza - o contenuto - ci rammenta che ogni forma è forma di qualcosa, che a sua volta ha una sua forma). Quando si dice che «la classe rivoluzionaria, in quanto matrice della società avvenire, porta la verità poetica» e che «quel suo moto ha una sua legge interna, organizza il proprio [rischio] secondo una metrica» si vuole dire che anzitutto l'arte e la poesia [... ] in quanto organizzazioni specifiche della forma sono propriamente privilegiate, o meglio che l'uso della forma artistica è inseparabile dalla
disponibilità di un uso formale della vitas
0 •
Cosa significa che l'opera di poesia è metafora profetica della formalizzazione della vita? Secondo Fortini, gli elementi che compongono l'opera artistica stanno fra loro in rapporti definiti e stabiliscono nell'insieme un sistema di tensioni dalle più semplici alle più complesse. In un breve testo dell'Ospite ingrato - Di tutti a tuttis• - l'autore dichiara l'impossibilità di separare l'espressione artistica dai cambiamenti socioeconomici di un tempo dato nella storia degli uomini. Più avanti, nella stessa direzione, dirà che [ ••• ] è impossibile e suicida separare le condizioni della scrittura e della lettura dalla riproduzione materiale della esistenza biologica, dunque dal principio di realtà o, per essere meno chiari ma più allusivi, dai modi e dai rapporti di produzione. Ho sempre saputo che una parentela c'era, e di alto grado, fra i contratti sindacali dei nostri anni e il modo di intendere una canzone del Petrarca; come pure fra il grado di manipolazione delle procedure cognitive indotto dai consumi contemporanei e le scelte lessicali e sintattiche delle frasi che sto pronunciando. E ho saputo che tale persuasione era destinata ad essere banale e inutile se non si accompagnava ad una osservazione ininterrotta di quali fossero, di oggetto in oggetto e di tempo in tempo, le dominanti e le dominatesJ..
La tensione tra le strutture che regolano un universo simbolico e gli elementi materiali di una società rimane costante nella riflessione di Fortini, estesa a tutti i livelli della costruzione poetica e souGA 374· s• 011073.
SJ. MB 42.-43. 2.21
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
discorsiva, come si legge, ad esempio, nell'introduzione per Paul Lawton redatta nel 1992 in occasione della pubblicazione dell'antologia inglese, dove il poeta ribadisce la necessità di individuare le tensioni tra opera di poesia e realtà extrapoetica53 • Di fronte alla crisi del mandato sociale, Fortini dichiarava allo stesso modo che le tensioni di un'opera letteraria si rivelano nella sua formalità «esperibile nell'opera come tale ma non [... ] imitabile o riproducibile nella vita reale del singolo ma solo nel contesto di una società umana e del suo cospirare»s 4 • In altre parole, pur ribadendo la necessità di separare qualsiasi misurazione del mondo a partire dall'opera letteraria, di tenere separati i piani che assolutizzano ogni estetica come fine ultimo del vivere (l'arte per l'arte), Fortini dichiarava allo stesso tempo - come già aveva confessato a Spitzer, a commento di una lirica di Goethess - che l'arte e la poesia, scavalcando la nostra capacità di dare forma alle nostre esistenze, indicano «silenziosamente» un'assenza che preme sulle singole esistenze dei destini generali rivelando l' «esigenza del loro accrescimento, anzi del loro salto qualitativo»s 6 • La poesia non cambia dunque il mondo ma può indicare, a chi la interroga, un orizzonte nel negativo e aprire la via al ribaltamento delle condizioni attuali nel confronto con la forma (o l'informe) delle nostre vite. Su questa direzione, Fortini potrà elaborare la formula che costituisce il punto nodale del suo saggio: Se è vero che l'uso letterario della lingua è omologo a quell'uso formale della vita che è il fine e la fine del comunismo, allora è possibile, seppure con ogni prudenza, suggerire una intenzione o una dedica a coloro che ci sono più vicini e che intendono scrivere: si cerchi di formare nell'opera letteraria o poetica una struttura stilistica che nelle sue tensioni interne sia metafora delle tensioni e della struttura tendenziale di un «corpo» sociale umano che per via rivoluzionaria muova verso una propria «forma». Che è il tema deriso dai «nuovi credenti», il tema della «prospettiva». La metafora, anzi l'allegoria del «corpo sociale umano» dovrà essere, nell'opera poetica, tutta sopportata dagli elementi linguistico-formali; legittimando così l'impiego degli strumenti analitici della critica semantica o strutturalista e insomma della tradizione formalista, ma solo a questa condiziones 7 • F. Fortini, (Nota autobiografica indirizzata a P. Lawton), AFF, scatola XX, cart. 56. VP 178. ss VP 2.15-2.16. s' VP 178. S7 VP 184 (c.vo dell'autore). H
S4
2.22.
7.
DARE FORMA ALL'ESISTENZA
Sarebbe un errore scorgere in questo paragrafo una formulazione pacificata dell'ipotetica universalità della poesia, del resto rifiutata da Fortini nelle pagine precedenti del saggio. L'invito a un'omologia tendenziale tra forma di scrittura e forma di vita non è - come esplicitamente indicato nella citazione - rivolto a tutti, ma solo a coloro che intendono scrivere, ai quali è richiesta una coscienza non mistificata dei rapporti tra forme, istituzioni e poteri. In questa lucida istantanea della crisi dell'intellettuale, per gli scrittori e i critici coscienti della fine del mandato sociale rimaneva percorribile una prassi volta a «elaborare modelli di scrittura critica, di linguaggio saggistico, di informazione scritta, di organizzazione dell'indagine e dello studio letterario58 • La strategia di riconoscimento della forma - del possesso della forma da parte della classe egemone e del conseguente processo di reificazione della classe dominata - verrà estesa negli anni a tutti i livelli dell'estetico, non soltanto dunque alla dimensione poetica. Vale la pena a questo proposito ricordare un'intervista dell'11 marzo 1982, dove Fortini declinava l'uso formale della vita in rapporto dialogico con l'intervistatore, a partire dall'impatto della musica leggera nella società degli anni Ottanta: È uno dei modi di comunicazione internazionale più forte per i giovani. Però è ricevuta, subita. Vi obbligano a mangiarla. La musica leggera, come anche l'immagine televisiva, il libro, il giornale a fumetti e perfino la scuola o la poesia sono delle proposte di forma. Faccio un esempio. Se mangiate un budino a forma di conchiglia, voi credete che la sostanza di quello che mangiate sia il budino. In realtà, quello che vi viene venduto, senza che voi ve ne accorgiate, è la forma del budino. Così avviene per la musica. Voi credete di consumare la musica, di sentire la musica, invece voi sentite, senza accorgervene, giorno dopo giorno, la forma di quella musica. [... ] Ma non solo questo: anche il pianto, la sofferenza, il riso, la gioia, la vita, il bene, il male, l'amore, tutto ... è già formato. Non si sfugge a questo. Anche la persona che non ha mai visto la televisione ha delle forme nelle quali raccoglie l'esperienza. La nostra società però queste forme le regala: non vi dà soltanto la matita, ma anche l'abitudine all'involucro, al colore, alla luccnte-.aa, alla marca. Tu hai una marca sulla giacca? Sì. Ca"era. Ecco. Hai mai pensato che tu sci come quei corridori di Formula I che hanno l'auto coperta di scritte e di marche? Tu sci un membro del club Carrcra. Sci consumato. li usano. Dovrebbero regalartela la giacca o farti uno s• VP r74.
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PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
sconto: tu fai pubblicità. Invece ti hanno fregato, perché ti hanno spiegato che se tu porti quella marca ti distingui. Questo vuol dire «offrire la forma»s,.
7.3. L>uomo e il poeta: Fortini e Asor Rosa
In polemica con le posizioni fortiniane, Asor Rosa interpreta il saggio di Verifica dei po'teri come la scoperta, da parte dello scrittore borghese, del proprio limite, sostituita da un discorso connotato da «una inclinazione aristocratica conforme a un non mai completamente dimenticato apprendistato ermetico, con le sue squisitezze e le sue miserie» 60 • Secondo Asor Rosa, Fortini replicherebbe l'errore di preservare un modello d'azione - la poesia, l'ordine dell'estetico - che il mondo operaio dovrebbe invece soffocare, dal momento che, pur non responsabile della nascita della società capitalistica, l'intellettuale borghese ne è divenuto complice: «l'unico "piano" operaio, al quale lo inviteremmo a partecipare», commenta Asor Rosa, «è quello che progettasse sistematicamente la sua estinzione come rappresentante di uno specifico corpo sociale» 61 • Il discorso di Fortini rischierebbe dunque di confondere «il profilo di un'esperienza intellettuale e culturale con lo sviluppo reale di una situazione storica e sociale» 62 • Pur riconoscendo all'autore la lucidità critica che tocca il culmine in Astuti come colombe - definito «il saggio più bello che, nel campo della contemporaneistica, sia apparso in Italia in questo dopoguerra» 6 3 - nonché la coscienza che qualunque discorso sul mondo contemporaneo debba passare attraverso la porta stretta della critica dell'economia politica 64, Asor Rosa rifiuta la proposta di Fortini, recepita come forma di misticismo lontano dalle urgenze storiche del presente. Lo stesso isolamento del poeta e la sua ,, UDI 724-725. Asor Rosa, L'uomo, il poeta cit., p. 105, cfr. anche Id., Intellettuali e classe operaia. Saggi sulle forme di uno storico conflitto e di u,ia possibile alleanza, La Nuova Italia, Firenze 1973, pp. 231-271. 1 ' lvi, p. n5. 'J. lvi, p. 121. 'J lvi, p. 123. '4 lvi, p. 122. Fortini è del resto consapevole che di fronte alla «pianificazione capitalistica» sia «assolutamente ipocrita tentare di lottare con le armi della letteratura», dr. UDI 55.
'° A.
7.
DARE FORMA ALL'ESISTENZA
ricerca di una « non volgare sublimità» deriverebbero per il critico «dal fatto ch'egli è l'ultimo degli intellettuali borghesi più che il primo dei ricercatori marxisti» 6 s. Resta tuttavia da capire se l'invito a rifiutare la letteratura in quanto «cattiva coscienza dei letterati» 66 non rimanga prigioniero di un'idea di letteratura eurocentrica che trascura l'esistenza di diverse forme letterarie in tradizioni in cui l'atto di resistenza di fronte a un potere egemonico può includere l'estetico come momento di coscienza e di contestazione. Sarebbe inoltre opportuno chiedersi se la stessa opposizione ali' estetico nell'attività critica non resti avviluppata nella medesima apostrofe ali'avversario, finendo così per mitizzare la «"materialità" come mero "informe" plutonio, secondo una concezione fallica delle "forze rivoluzionarie"» 67 • Il «nichil-ferocismo» di Asor Rosa 68 potrebbe insomma essere contestato sulla base di una distinzione tra due posizioni antitetiche situate in un esteso orizzonte di attesa: per il critico Asor Rosa, fare poesia nel momento in cui la tensione tra sviluppo capitalistico e movimento operaio è giunta al culmine rappresenta nient'altro che un cedimento «all'invito suggestivo di una tradizione, anzi di una consuetudine cristallizzata» 69 , allorché bisogna rinunciare a tutto, finanche all'idea di uomo, per impostare la lotta di classe; per il poeta Fortini, quella stessa tradizione va verificata in un'opposizione dialettica col nuovo, trasformata in un'allegoria volta a stabilire connessioni tra un passato già formato e un futuro da formare. A patto tuttavia di far seguire, ali' «errore» della poesia, la spinta alla programmazione della prassi nel presente, intesa sul piano del linguaggio come preparazione attenta degli strumenti retorici e comunicativi che altri, ali' occorrenza, potranno reperire e utilizzare, in una diversa temporalità rispetto alla lotta immediata. Si legga a questo proposito la conclusione di Astuti come colombe: Ma basterà rammentare come si siano ricevute, all'inizio della vita e ancora ieri, le parole che ci hanno insegnato in quale dire-Lione cercare i nostri compagni. Allora in quello che scrivo, o che altri scriverà, ci potrà essere, 's lvi, p. 126. "lvi, p. 138. ' 7 VP 387;cfr. anche la prefazione del '73 alla ristampa di Dieci inverni, in DI 16-17. "LS 66. " A. Asor Rosa, L'uomo e il poeta cit., p. 13 2.
2.2.5
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
come la lima fine d,acciaio nascosta nella pagnotta dell'ergastolano, una parte metallica. Che possa appropriarsene solo chi rabbia chiesta e per questo meritata. Contrabbandata sotto specie in che tutti, anche i nemici, possono comunicare; ma solo a lui e a quelli come lui destinata70•
Posto di fronte all'invito a rinunciare a tutto ciò che non è necessario - «la bellezza, la consolazione, la speranza, il dolore, il piacere, debbono essere cancellati dal nostro orizzonte», ammoniva Asor Rosa71 - , Fortini ritorna sulle proprie posizioni nel 1969 per ricordare che non si deve rinunciare a nulla. La prefazione alla seconda edizione di Verifica, dei poter1°1 2 registra un mutamento retorico-argomentativo importante rispetto alla prima dell'edizione del 196 5, complice soprattutto il mutato orizzonte intellettuale e le nuove coordinate storiche dettate dai movimenti di contestazione antimperialista, dalle lotte operaie e studentesche. Oltre a un marcato invito a considerare nel moto personale l'inscrizione delle lotte collettive, la prefazione del 19 69 contiene una risposta alle critiche di Asor Rosa argomentata in tre paragrafi che corrispondono ai punti toccati dal critico, nonché a tre diversi momenti logici di cui l'ultimo rappresenta sin dal titolo un invito a mantenere nella contraddizione un movimento aperto e ininterrotto del linguaggio poetico. Di fronte alla negazione delle lettere - e perfino della cultura, della bellezza e dell'uomo - è necessario per Fortini formulare una strategia di difesa partendo dalla ridefinizione del carattere «regressivo» della poesia. È il primo argomento schierato nella prefazione. Contro chi aveva scorto nelle tesi finali di Mandato degli scrittori una rinuncia all'impegno o un «ripiegamento opportunistico mascherato da una postura retorico-eroica»n, Fortini ricorda che il termine «regressivo» non assume una connotazione negativa; o me70
VP 68.
«A chi ci obietta che ciò è assai più che rinunciare alla poesia: è rinunciare all'uomo, risponderemo che appunto di ciò che intendiamo parlare. Solo un taglio di spada, drastico e provocatorio come questo, chiarisce fino in fondo che la lotta di classe non passa attraverso le idee, i valori, la cultura», A. Asor Rosa, L'uomo e il poeta cit., p. 132.. 71 VP 382-396. I materiali, successivamente redatti in forma organica, sono presenti già nel 1967, come riporta la datazione del volume Un giorno o l'altro. Si vedano in par1•
ticolare gli scritti intitolati: Asor Rosa (UGA 3 72-3 73); Dare forma all'esist~ (UGA 373-374) e A11cora A. R. (UGA 377). 1J VP 382.
2.2.6
7.
DARE FORMA ALL'ESISTENZA
glio, esso risulta "negativo" soltanto per coloro che considerano «che tutto debba essere subordinato al primato della lotta politica immediata» 74 • In quanto parte di un sistema di istituzioni, la poesia, grazie alla storicità che attraversa il linguaggio e la forma come garante nella memoria di un contenuto da attivare, permette di compiere un percorso di ricerca volto ad affermare, anche nelle opere più distanti dall'impegno politico, «modelli di comportamento e proposte di libertà che hanno come equivalente non già quel che dicono poeti e letterati ma il modo di usare il linguaggio che è specifico della poesia e della letteratura» 7s. A chi obietta il completo disinteresse o inutilità della poesia nella parte di mondo in cui è stata teorizzata la lotta di classe, Fortini restituisce - attraverso l'esempio di testi cinesi e la loro forma "eccentrica", e dunque straniante rispetto a quelle occidentali - la postura di un intellettuale che intende superare le posizioni riferite a una visione occidentale16• Riabilitato il carattere storico e antropologico della poesia nelle diverse tradizioni e istituzioni culturali, Fortini può estendere il suo quadro argomentativo per impostare il secondo punto della sua difesa, il più problematico: la tendenziale omologia tra uso letterario del linguaggio e uso formale della vita. Contro quanti avevano attribuito alla formula un atteggiamento razionalistico ed egemonico proprio della classe borghese a discapito del ceto subalterno - una sorta di savoir vivre come forma ordinatrice del caos esistenziale - Fortini precisa che l'espressione intende dire l'opposto: «la possibilità di dare, più che un ordine, una intenzione alla propria esistenza»; un'intenzione in grado di riordinare il passato e il presente, in vista di una proposta d'azione volta a garantire nel futuro il libero sviluppo di tutti. È questa la sua idea di comunismo sulla quale torneremo più avanti. A differenza dell'atto formale imposto dal razionalismo borghese, Fortini ribadisce - con Lukacs - l'idea di una finalità e di una prospettiva in grado con la sola presenza di scardinare l'ordine proposto dalla classe egemonica, «l'ordine degli uccisori» 77 che contie-
74
lbid.
n VP 383 (c.vo dell'autore). 7' «C'è un medio uomo europeo e italiano cresciuto nella media civiltà neocapitalistica. [ ••• ] E la possibilità di essere diversi», Profezie VII. n PS 397·
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PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
ne - per dirla con Barthes - un «conteno éternellement répressif» in termini eminentemente linguistici78 • L'uso formale della vita non va inteso dunque come una forma mistificata di forze ordinatrici del caos esistenziale tipica del razionalismo borghese, di una classe che elegge gli intellettuali come legislatori dell'umanità. Essa va al contrario identificata col valore eminentemente pedagogico dell'opera d'arte, come si legge in una nota preparatoria alla seconda prefazione di Verifica dei poteri: Dare forma alla esistenza significa assumere quel potere sulla materia vitale che è pedagogia quindi educazione, direzione, finalità. Nelle società di classe quel potere è privilegio: lo si possiede nella misura in cui altri ne è spossessato. Sapere che cosa si farà domani, volere un adempimento, esercitare le virtù dianoetiche, progettare, scegliersi il lavoro, la causa, la morte: tutto questo è nella storia ottenuto mediante la distruzione anzi la dissoluzione delle forme che la classe dominata si tramandava come sua cultura. Le culture subalterne sono colpite di inessenzialità e divengono derisorie anzitutto ai margini, sulle frange contigue alle forme e ai valori delle classi superiori. L'uomo subalterno è un colonizzato, vive fra le ombre di forme inutili. Esiste senza limite; sarebbe una semplice intenzione se non portasse i residui delle forme morenti e se - soprattutto - quei residui, «rigenerati», non gli venissero continuamente proposti dalla classe dirigente1,.
Se la prima parte dell'argomentazione è riservata alla difesa della poesia, la seconda è sdoppiata sul calco dei due segmenti che compongono l'equazione forma-vita. Alla precisazione della forma (uso formale della vita) segue una breve incursione sul significato del linguaggio (uso letterario del linguaggio). Identificare linguaggio e realtà significa non solo svincolare l'azione estetica dal contesto, ovvero disattivare il poetico in funzione di una pura contemplazione, ma alimentare la più grande illusione che considera il mondo come un testo. Sebbene sia dunque possibile riconoscere nell'uso del linguaggio letterario la capacità di strutturare un organismo comunicativo a partire da più intenti, l'analogia tra forma e vita andrà verificata tenendo conto dell'opposizione contro i fautori di un'indistinguibilità tra parola e cosa, tra letteratura e vita 80• A più 71
R. Barthcs, Le degré zéro de l'écriture, Scuil, Paris 1953, p. 40. UGA 373. 1o «Carlo Bo// No», 01 1016.
r,
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DARE. FORMA ALL'ESISTENZA
di quindici anni da Al di là del mandato sociale, Fortini preciserà in questo senso: Se siamo parlati dal linguaggio, ciò significa che siamo arruolati, impegnati dal linguaggio che ci parla, e non possiamo fare altro che lavorare a mutare questa necessità in libertà. Abbiamo sostenuto che la poesia, nei suoi momenti più alti, non è un'arma della trasformazione sociale, o meglio che è come uno di quei ghiaccioli lucentissimi che nei racconti polizieschi trapassano il cuore e poi si fondono, arma introvabile di un delitto perfetto. La funzione della letteratura non è quella del suo valore: la potenza del Valore, di ogni valore, è inverificabile per definizione. Ma c'è un potere letterario, come capacità di proporre istituzioni del linguaggio e scelte di comportamenti linguistici, che riguarda la pedagogia e le comunicazioni di massa. In questo aspetto, la letteratura è pienamente responsabile della propria influenza, e non hanno scusa quelli che la vendono agli amministratori del peggio81 • L'uso del linguaggio letterario, straniante rispetto alla scrittura comunicativa, propone attraverso la forma «schemi di ordinamento dell'esistenza». Tale ordinamento, diverso dall'ordine inteso in termini coercitivi, viene consumato in figura, in fantasma, e non può diventare - né forse lo pretende - una risposta alla domanda della letteratura: non si traduce cioè in bisogno, ma rimane aperto come elemento «regressivo». In altre parole, l'ordinamento della forma non deve essere inteso in termini di razionalità poliziesca; esso diventa al contrario il garante del moto stesso dell'uomo, del suo desiderio. Per questo, secondo l'autore, «solo nell'arte, intesa nel suo significato più vasto, e, per essa, nell'uso letterario della forma, quell'adempimento assume la forma appunto di un oggetto a funzionamento simbolico, in cui la proposta e il proponente coincidono» 81. In che modo interpretare la difesa dell'aspetto «regressivo» della poesia, della sua garanzia di tenere aperto il desiderio tramite il movimento della forma? La risposta di Fortini a questa domanda è ancora una volta formulata come difesa della dialettica tra punto di vista soggettivo e moti collettivi: [... ] se si nega la realtà di quella simmetria fra uso letterario della lingua e uso «formale» della vita - in quelli almeno che sono, fin d'ora, i suoi «territori liberati» - non s'intenderebbe più per quale motivo e come esista 11 11.
UDI 2.87-2.88. VP 385-386.
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
una serie di relazioni fra moto storico complessivo di una società data in un tempo dato, i moti particolari e parziali, le biografie individua/i e le «forme»; in particolare le «forme» artistiche e poetiche; e sarebbe assurda la pretesa di qualsiasi storiografia e sociologia8J.
Per «linguaggio» Fortini intende tanto i «segni» maggiori quanto quelli minori, dalla strutturazione dei generi letterari al fonema. Come abbiamo visto nella prima parte di questo libro, tale percorso era già stato battuto negli anni Cinquanta in relazione alle forme metriche, quando in un allegato pubblicato su «Officina» e negli interventi successivi dedicati allo stesso argomento Fortini aveva tentato di stabilire I' «indimostrato, e magari indimostrabile» nesso tra le scelte etiche e le varianti compositive84. L' «uso formale della vita» si inscrive dunque nella riflessione sul sistema di scelte che fondano l'operazione di scrittura, dalle più impercettibili fino alle vocazioni supreme. Il compito ideologico proposto dall'equazione indicata da Fortini non è di dar forma a un informe (soluzione del razionalismo borghese), né di venerare un informe (soluzione dell'estremismo vitalistico o avanguardistico ), ma di «criticare l'immagine mistificata, ossia la forma illusoria, che la classe oppressa ha di se stessa» tramite una proposta di prassi che passa anche per l'uso del linguaggio letterario come strumento di mediazione e di attenzione. La verifica del processo di formalizzazione consente di rivelare «comportamenti capaci di allargare l'area di disponibilità delle esistenze, di mu"tare in scelte la maggior quo"ta possibile di destino, di creare autenticità con frammenti di inautenticità » ss. Assumere l'omologia tendenziale tra la forma di linguaggio letterario e la forma di vita strappata agli schemi della classe dominante significa attuare un'operazione di demistificazione dell'estetico in li1J
VP 386 (c.vo dell'autore). è facile ammettere che sia indimostrata, e magari indimostrabile, la corrispondenza fra una struttura stilistica data e la struttura di un corpo storico-sociale; ma non posso dire che altrettanto indimostrata sia la corrispondenza fra struttura di un corpo storico-sociale e struttura, ad esempio, dei comportamenti. Mi pare che non si dica nulla di scandaloso, e nemmeno di nuovo, ponendo in parallelo - scn7.a la ridicola pretesa di ritrovare determinismi cari al positivismo di cent'anni fa - le articolazioni e gli stilemi superficiali o profondi dei rapporti intcrumani (con quel che implica questo termine, nel pensiero marxista) e quelli, superficiali o profondi, con cui si costituiscono le "forme" artistico-poetiche», ibid. •s VP 390 (c.vo dell'autore). l.t «Ora mi
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DARE FORMA ALL'ESISTENZA
nea con gli intenti realizzati da Marx nel Capitale sul terreno dell'economia politica. Il poeta dovrà pertanto rivelare quella inessenzialità della forma e da lì procedere in vista di un orizzonte di libertà che non va confusa con la sirena surrealista 86 • In altri termini, il recupero del momento estetico dell'esistenza non implica l'apologia del privilegio individuale (già il Marcuse di Eros e civiltà, introducendo Schiller, ricordava il rischio di trasformare tali formulazioni in un «"estetismo" irresponsabile», qualora per estetico e per immaginazione si fosse inteso «un regno di ornamenti, di lusso, di vacanze, in un mondo sotto tutti gli altri aspetti repressivo» )87 • Esso può essere accettato soltanto se concepito in vista cli un "privilegio" che sia "autentico", ovvero non ottenuto per «sottrazione cli autenticità ad altri, per reificazione degli altri» 88 • La classe rivoluzionaria porta la "verità" poetica se riesce a «puntare alla libertà e all'essenza per la via della necessità ed inessenzialità», senza cadere nei facili ottimismi che conducono a un progressismo o a una liberazione in forma cli ribellismo vitalistico, in un movimento cli formalizzazione lento, «quasi inverificabile, come i bradisismi» 89. Opporre una forma "autentica" all'informe del neocapitalismo significa sovvertire la forma mistificata che nasconde alla classe operaia un «principio repressivo addizionale», come Marcuse ha definito il «principio di prestazione (performance)» lavorativo90• Va tuttavia precisato che l'uso formale della vita non rappresenta un punto d'arrivo, ma un momento di tensione che non è in grado di risolvere il conflitto delle esistenze tanto sociale, quanto psichico. Fortini è consapevole che la poesia non scopre un indirizzo delle singole figure, ma rivela nello scarto la propria futilità, la propria instabilità anche linguistica: in questo senso la poesia è sempre «un'ode alla polvere» 91 • Allo stesso tempo, essa è in grado 1' «Rifiuto la vecchia sirena surrealista. Non mi piace vivere di anticipi sulla libertà di tutti. Ultima istanza della poesia è la prassi; chi è marxista lo sa. Ma degli atti intellettuali la verifica pratica è storica e si compie per mediazioni. Non è quella, pragmatista, dell'immediatezza biologica; non spaccia per "materialismo" l'empirismo scientista né per rivoluzione il ribellismo ali'ombra del potere. Esca da questo, chi davvero spera uscire di minorità», UDI 71. 17 H. Marcuse, Eros e civiltà cit., p. 1 50. 11 UGA 373. 1, VP 180. '° •La classe operaia è coatta all'impiego pratico della propria vita, al principio di prestazione, al lavoro immediatamente utile», VP 178; cfr. H. Marcusc, Eros e civiltà cit, p. 30. ,, VP 179.
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PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
di predisporsi come azione che strappa la «verità della forma» alla classe dominante, che viceversa la riproduce come una continua «proposta di essenza» 92• A conclusione di Poesia e antagonismo, Fortini riprendeva nel 1977 alcune proposte elaborate nella seconda prefazione a Verifica dei poteri: È la forma (Adorno parla di forma della lirica) come autenticità, che si opporrebbe alla inautenticità del linguaggio logorato, e alla vita inautentica eccetera; ma la forma in tanto esiste in quanto si pone entro un altro da sé, un informe, ossia una realtà convenzionale, quella oggettiva e necessariamente mistificata. Però la negazione di questa realtà convenzionale, fittizia e pseudosoggettiva non avviene davvero, come sappiamo, solo ad opera della «forma astante» letterario-artistica; avviene nell'azione politica, nella vita intellettuale e morale, nella decostruzione e ricostruzione delle istituzioni affettive e dei rapporti interumani. Anche nei confronti della negazione a mezzo di letteratura, in definitiva, dcv' essere introdotto un criterio pratico-politico di risparmio: la forma letteraria che lascia trasparire al massimo gli elementi extratestuali e quindi riduce al minimo il proprio indice di rifrazione è anche quella che più potentemente ed economicamente li estrania. L'educazione rivoluzionaria finalmente ha bisogno di fare diversa questa realtà non di farne un'altra'3•
Il terzo e ultimo punto dell'argomentazione di Fortini riguarda il rapporto tra la biografia intellettuale e i destini generali, esteso come rivendicazione più ampia della possibilità di continuare a praticare la poesia. Rispetto alle parti precedenti dell'introduzione del '69, strutturate per chiarire i termini e le espressioni impiegate nel saggio, in quest'ultima Fortini deve argomentare la difesa tanto della legittimità del poeta quanto della sua stessa attività di critica, tacciata di incoerenza rispetto ai suoi saggi più aggressivi di Verifica dei poteri, polemici proprio nei confronti di quella «consuetudine cristallizzata» di scrivere versi che adesso gli viene mossa contro. L'anatema di Asor Rosa - «non so come, a chi tratta parole in forma letteraria, non si geli la lingua in bocca, ogni qualvolta arriva ad essere capace di intendere la condizione nella quale il mondo si trova. Mai la necessità ha raggiunto un livello così estremo, mai le parole sono state così inadeguate allo scopo» 94 - trova d'accordo lo
'J. VP 180. ,1 QF 149 (c.vo dell'autore). '4
A. Asor Rosa, L'uomo e il poeta cit., p. 132., citato da Fortini in VP 392..
2.32.
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DARE FORMA ALL'ESISTENZA
stesso Fortini, il quale, condividendo il giudizio del critico, deve al contempo fare i conti con il proprio fan'tasma letterario. L'obiezione del critico al poeta è la seguente: chi predica il silenzio cominci col tacere. Il rifiuto netto di Asor Rosa - « bisogna rinunciare all'uomo»; «la bellezza, la consolazione, la speranza, il dolore il piacere, debbono essere cancellati dal nostro orizzonte»; «la lotta di classe non passa attraverso le idee, i valori, la cultura» 9 s - porta Fortini a riconoscere l'errore delle sue precedenti formulazioni mosse contro chi continuava a scrivere versi e ad assumere come «poesia vera» - la poesia come valore, di un valore cosciente della propria debolezza, capace di incidere sulle coscienze96 - quella poesia in grado di superare la dicotomia etica-estetica: Il mio errore non era, così credo oggi, nella sopravvivenza di una ostinata vocazione o presunzione letteraria, con i suoi vizi e le sue decorazioni, per entro discorsi che si volevano di ideologie e di politica. [... ] E nemmeno era, il mio errore, in quel che anche i più benevoli amici mi rimproveravano, ossia di civettare con le allegorie del linguaggio religioso. No, il mio e"ore era, diciamolo, di non aver sufficientemente difeso la insostituibilità del discorso poetico e letterario. Era l'errore di aver eccessivamente esaltato l'afasia, la tragicità, l'impossibilità della parola letteraria, di avere non solo ceduto alla tentazione orgogliosa di un diniego della propria vocazione ma di aver incitato altri a farlo; quando invece si può volgersi ad una vocazione nuova solo al fine di raggiungervi un grado di autenticità e valore più alto di quello antecedente al mutamento o conversione'7 •
Dopo aver riabilitato l'estetico all'interno della prassi, dopo aver chiarito il significato della forma rispetto all'analogia linguaggio-vita, Fortini conclude la sua prefazione schierando il valore della formalizzazione poetica contro l'estetismo insito in ogni dichiarata disperazione, contro la «pseudoreligiosità di chi continua a chiamare soltanto rivoluzione politica quella che dovrebbe riconoscere [... ] come la proiezione nella storia di un atto di fede nel/'indimostra-
bile legame e presenza di viventi, di passati e di venturi» 98 • Ma c'è dell'altro. L'accusa di Asor Rosa tocca solo in parte l'incoerenza del critico che continuava a scrivere versi ed è rivolta soprattutto a una ,s lbid.
" Cfr. UDI 62. 5-62.8. ' 7
VP 393 (c.vo dell'autore).
,a VP 393-394 (c.vo dell'autore).
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
confusione - alimentata da Fortini e dagli intellettuali-poeti del suo tempo - tra vicende storiche e vicende individuali; una confusione colpevole di ingannare lo scrittore e i suoi lettori. Detta con le parole di Asor Rosa, «il primo comandamento è: la nostra biografia non vale un soldo bucato» 99• La risposta di Fortini è eloquente. Utilizzando un'ironia partigiana che finge di condividere le posizioni dell'interlocutore, l'autore ribalta le argomentazioni di Asor Rosa con un argomento di superamento che oltrepassa le antitesi. È vero, secondo Fortini, che il movimento del reale non coincide con quello delle nostre teste, che ha ragione chi lo accusa di teorizzare i suoi casi privati; tuttavia, solo la dichiarata ed esibita accettazione di un punto di vista soggettivo permette di diminuire il rischio di «involontaria mistificazione ideologica del nostro prossimo» 100• I casi personali - e, di conseguenza, anche le opere di poesia, aperte all'incontro con l'alterità - non fanno che riflettere nella loro interna organizzazione formale un mutamento verificato altrove, dove si decidono le sorti politiche del mondo. Confondere cultura e realtà, vicende individuali e della storia, rimane per Fortini il solo «fare», la sola prassi concessa al poeta e al critico - e, dunque, allo stesso Asor Rosa - «oltre ad essere l'unico modo corretto di non sottovalutare le proprie biografie» 101 • Quest'ultimo punto della prefazione verrà ripreso nel saggio Sui confini della poesia discusso a Brighton nel 1978, in cui Fortini inserisce un'ulteriore precisazione del nesso forma-esistenza, che approfondiremo nel capitolo che segue: Se si assumesse la forma come la tensione ad inglobare, affrontare ed elaborare quel che sta oltre le frontiere della forma poetica; se la tendenza centripeta di ogni opera, il suo tendenziale rifiuto ad altro da sé potesse venir considerato un capitale sussidio ermeneutico proprio per comprendere quel che è contiguo ali' opera, nel va e vieni o doppio movimento di cui hanno parlato gli stilcritici (come Leo Spitter), allora l'opera proprio perché chiusa potrebbe essere arma a comprendere la realtà aperta e informale e in ciò proporre una propria leggibilità ulteriore. [ ... ] Più che la sovversiva promessa di felicità, la poesia, se si porta ai propri confini, riafferma l'esigenza che gli uomini raggiungano controllo, comprensione e direzione della propria esistenza ioz..
" A. Asor Rosa, L'uomo e il poeta cit., p. 100 VP 394 (c.vo dell'autore). 101 UGA 373· ioz. Conp11i 3 8.
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1 2.2..
8. Una contesa che dura
Se la parte dei versi ti è rimasta più oscura, ciò è stato anche perché era, cd è, oscura a mc, perché viene da un "altro" da mc e va alla parte "altra" degli altri. F. Fortini, Lettera a Ruth, 24 marzo 1992
Il testo è il tuono che poi continua a lungo a risuonare. W. Benjamin, I «passages» di Parigi, N 1, 1
8. I. La qualità della durata Nella conferenza di Brighton del I978, Fortini proseguiva la riflessione sulla forma declinando la concezione figurale in un panorama culturale segnato dal trionfo della società dello spettacolo nella sua mistificata forma di «festa crudele» 1 • Contro la riduzione dell'opera letteraria a «testo» - «ossia in apparenza e fantasma» 2 - e di fronte all'abolizione della dialettica nella critica contemporanea, Fortini insisteva sulla possibilità di leggere nella forma poetica uno slancio profetico reiterato nel tempo. Si trattava di guardare ali'opera letteraria non come struttura separata dal significato in • Confi11i 37. Sulla concezionc6gurale rimando a 1'ìgura e allegoria dell'lntroduzio11e di F. Diaco, DialettiaJ e spera,~ cit., pp. 71-78; cfr. anche E. Zinato, Forti,u, Proust e la dialettica figurale, «l'immaginazione», 110, 1994, pp. 63-64; F. Menci, Dialettica e concezione figurale in Forti11i, «L'ospite ingrato•, 3, 2000, pp. 159-181; Ead., 1'ortini tra Lukacs e Be1,jami11, «Allegoria», 38, 2001, pp. 70-87; P. jachia, Forti11i tra prosa, poesia, e "dialettica figurale". Per un'a,,alisi ideologiat e testuale di "L'ordi11e e il disordine" (z972} e "Il comu11ismo" (z989}, «L'Ulisse. Rivista di poesia, arti e scritture», 21, 2018, pp. 142-163. 1. Confi,,i 3 7 •
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continua creazione né come testualità recisa dagli elementi contestuali e dalla storia, bensì come promessa di raggiungimento per gli uomini del «controllo, comprensione e direzione della propria esistenza», in una continuità con i morti e con i venturi: La divaricazione e la contraddizione fra forma e non-forma è anche fra un passato formato che si propone/oppone a un futuro da formare; per conferirgli, oltre tutto, la capacità di comprendere e recuperare i defunti, ossia il passato medesim'.
A conclusione dello scritto del 1978, Fortini inserisce una citazione della Lettera ai Romani - Adam qui est forma futuri (Rm 5,14)- che riassume lo slancio figurale sviluppato sotterraneamente lungo tutto l'intervento. Il testo della conferenza riprende un percorso di interpretazione figurale mediato dai testi religiosi e consolidato dalla ricezione dcli' opera di Auerbach, che Fortini recensisce nel secondo numero di «Ragionamenti» nel 19 56, in uno scritto successivamente inserito nella sezione Di alcuni critici di Verifica dei poteri•. Ad Auerbach Fortini dedicherà inoltre un intero corso di Storia della critica letteraria a Siena nell'anno accademico 197374s. La recensione di Verifica dei poteri, caratterizzata da un duplice movimento di assunzione e di distanziamento dal modello auerbachiano, si concludeva con espressioni simili a quelle formulate nell'intervento del 1978: Non solo per conscia o inconscia «memoria» ci toccano le opere del passato né solo per nostra similitudine a quel passato; ma perché la loro irrisolta tensione seguita a fornire una forma alla nostra. E la nostra dissimiglianza da quel passato, percepita insieme alla somiglianza in una forma unitaria, ci spinge, individuandoci, a cercar nel futuro di noi stessi una soluzione a quella tensione e alla nostra: una compiuta dissimiglianza insomma o una intera adeguazione'. J Confini 3 8. • VP :z.17-2.2.5. s Cfr. AFF scatola XXXIX, c. 3. Per l'importanza dello studio di Auerbach, si legga UDI 563-564; cfr. anche F. Fortini, Le rose dell'abisso. Dialoghi sui classici italiani, a cura di D. Santarone, Bollati Boringhieri, Torino 2.000, p. 2.1. Per il rapporto Fortini-Auerbach, oltre al già citato studio di A. Reccia, si veda anche C. Mathieu, Fortini lettore di «Mimesis», in «Mimesis». L'eredità di Auerbach, a cura di E. Gregori e I. Paccagnella, Esedra, Padova 2.009, pp. 509-5 15 • 'VP:z.2.5.
8. UNA CONTESA CHE DURA
A differenza di Auerbach, la concezione figurale non riguarda per Fortini un preciso periodo storico, ma tende a configurarsi come metodo di interpretazione del reale applicabile alla contemporaneità, in contiguità col pensiero dialettico7 • Accettare questa formula significa affermare un discorso sviluppato per «sommari procedimenti di razionalizzazione» 8 • Il tentativo di stabilire una continuità tra dialettica e figuralità porta infatti a elaborazioni teoriche non del tutto traducibili né interpretabili per mezzo di un procedimento discorsivo razionale quanto piuttosto declinabile attraverso la «verbalità poetica come ininterrotto dire altro da quel che il testo immobile sembra dire» che meglio esprimerebbe il rapporto tra dialettica, e figura. Il linguaggio poetico si presenterebbe in questo senso come il «tipico strumento, ma tutt'altro che unico e privilegiato, della dialettica figurale» 9, insieme ai suoi elementi formali e alle loro tensioni esterne al testo. Secondo Fortini, [... ] gli clementi che compongono la realtà e la sua storia - a partire dalle nostre esistenze - sono figure di altre manifestazioni, passate, presenti, a venire, che non le simboleggiano ma le integrano e le inverano; e la possibilità di leggere simultaneamente e unitariamente sia oggetto che il suo prolungamento figurale assume che il principio di non contraddizione è solo parzialmente vigente cd è costantemente in tensione con quello di identità e superamento dei contrari
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•
Com'è noto, al centro della riflessione di Auerbach si colloca la lettura di quella stessa Lettera ai Romani riportata da Fortini a conclusione dell'intervento formulato a più di vent'anni dalla recensione di Mimesis••: uno scarto temporale che conferma la centralità della concezione figurale come metodo che, pur con importanti correzioni, resisterà fino a Extrema Ratio e a Composita solvantur 12• Cfr. A. Rcccia, Forli11i e Auerbach cit., pp. 197-198. •LS 51· 'lbid. 10 LS 50-51; cfr. anche UDI 563-564. 11 Cfr. E. Aucrbach, Dante als Dichter der irdische11 Welt, W. Dc Gruytcr & Co., Bcrlin-Lcipzig 192.9 (tr. it. di M. L. Dc Picri Bonino e D. Della Tcr7.a, introduzione di D. Della Terza, Studi su Dante, Fcltrinclli, Milano 1993 10). Per la ricezione fortiniana della Lettera ai Romani, cfr. anche K. Barth, L'Epistola ai Romani, cura, introduzione e traduzione di G. Micggc, Fcltrinclli, Milano 2.002.. u. Cfr. F. Fortini, Be11jami11, l'allegoria e il postmoderno, «Allegoria», III, 7, 1991, p. 12.6, ora in R. Lupcrini (a cura di), Teoria e critica letteraria oggi: atti del Convegno internazio,,ale z960-1990: la teoria letteraria, le metodologie critiche, il co11flitto delle 1
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
Ancor prima del saggio di Auerbach, la Lettera ai Romani si pone come testo centrale dell'interpretazione figurale per Fortini, sin dalla conversione al cristianesimo protestante 13 • La stessa Bibbia viene letta dapprima nell'edizione "riveduta", pubblicata dalla Società Biblica Britannica e Forestiera, poi nella traduzione cinquecentesca di Diodati, e infine nella Vulgata•\ che assume per l'autore un valore esistenziale e insieme politico•s. A differenza della lezione della Lettera ai Romani della Vulgata, che traduce i;urcoç con il latino «forma», la Nova vulgata indica «figura» per i;urcoç, nel passaggio in cui Adamo è indicato come prefigurazione di colui che verrà. Fortini scorge nella forma poetica la capacità di ordinare il passato a partire da una meta, di farsi figura di un tempo che verrà e che altri, nel futuro, dovranno interpretare. La forma interviene nella costruzione della biografia per orientare un avvenire che deve rendere conto delle varianti compositive e delle scelte etiche compiute in un presente fondato su una stratificazione di voci del passato. Alla fine degli anni Settanta è possibile isolare un 'insistenza dell'autore a porre in termini figurali l'opera poetica, da interpretare come segno e risposta di fronte a una disfatta in piena trasformazione del capitale. Per evitare di naufragare in un nichilismo da sempre osteggiato, Fortini stacca lo sguardo da un orizzonte d'attesa immediato e lo rivolge, estendendo la tensione in durata, a un interlocutore futuro. Il gesto disperato di Fortini è pertanto un gesto di salvezza che - in un paradosso coerente con la sua figura autoriale - deve rinnegare la salvezza per farsi sostituzione 16 , dissoluzione
poetiche, Siena, 10-12 maggio 1990, FrancoAngeli, Milano 1991, pp. 261-268; dr. anche Alcune precisazioni su postmoderno e allegoria, in UDI 62.5-628. •J E. Masi ha ricordato quanto Fortini conoscesse bene la Bibbia: «girava per Firenze con la Bibbia; quindi aveva conoscenza della Bibbia da prima, quando era ancora di religione ebraica. [... ]; pochi mesi prima di morire, mi disse: "Ho riletto la Lettera di Paolo ai Romani: non mc ne importa più niente", però per dire "non mc ne importa più niente" vuol dire che era stata una sua lettura molto importante», cfr. Bertolt Brecht I Franco Forti11i. Franco Fortini traduttore di Bertolt Brecht: atti del seminario, Milano, Libreria Claudiana, 26 settembre 1996, Centro di Studi Franco Fortini, Siena 1998, ora in «L'ospite ingrato. Rivista online del Centro Interdipartimentale di Ricerca Franco Fortini», http://www.ospiteingrato.unisi.itlbertolt-brcchtfranco-fortini/. •4 Cfr. SE 15 87 e sgg.; ma anche LS 22. •s Il testo biblico in latino viene considerato come «l'operazione più maoista che il cristianesimo abbia mai compiuto», UDI 2.27. 1 ' SE 1671.
8. UNA CONTESA CHE DURA
delle cose composte: la «figura/ di seme morto e di erba futura» 17 che fa eco al passo evangelico di Giovanni ( «se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto»; Gv 12,24). All'interno di una concezione messianica della storia - che non esclude l'ancoraggio al presente e la lezione marxiana dei nessi e delle cause materiali - la forma in quanto figura viene intesa da Fortini come «fondamento di ogni dover essere, anche politico, [... ] messa in opera delle operazioni di Agnizione o, come più correttamente si dice, di comunicazione-riconoscimento» 18. Tramite questo sistema di riconoscimento formale tra i vivi, i morti e i venturi è possibile per Fortini dare ragione del presente e del passato in un futuro che si pone al di là delle «nostre biologie terminali» 19• Il passaggio da un punto di osservazione oggettivo dei nessi formali - caratteristico dei saggi degli anni Cinquanta - a una visione che tiene adesso conto dell'elemento più spiccatamente biografico si manifesta esplicitamente nella conferenza discussa a Ginevra nel 1980, Metrica e biografia20 • In questo testo vengono predisposti nuovi strumenti teorici per descrivere l'esperienza di composizione poetica e il suo rapporto con la realtà e con la storia. Sin dal primo paragrafo ritroviamo i temi centrali della riflessione fortiniana: tra tutti, la necessità di guardare al linguaggio e alle sue trasformazioni in relazione alle strutture e ai nuovi assetti del potere economico. Non a caso, pochi anni prima dell'intervento di Ginevra, egli intitolava «Politica e sintassi» la terza sezione della prima parte di
Questioni di frontiera. Dopo aver introdotto le linee di ricerca e le lacune di una teoria sulle forme di produzione e di ricezione di un'opera letteraria, Fortini insiste ancora sulla necessità di situare l'opera poetica all'interno di un sistema di tensioni di dominanti e di dominate. Il suo discorso sociologico si riallaccia a una linea che da Lukacs arriva fino a Sartre e ai francofortesi, dai quali Fortini intendeva in parte distanziarsi nel «cammino», non nella «direzione» 21 • Secondo Fortini, la lesione e i mutamenti cui-
PS 397· SE 1674. '' lbid. MB 39-74.
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turali degli ultimi decenni non sarebbero stati causati dalle trasformazioni dei modi di scrittura e di lettura, ma dalle loro condizioni. Alla ricerca sociologica, egli affianca adesso una persuasione non del tutto declinabile in termini scientifici, ma ascrivibile piuttosto a indimostrabili esperienze personali. Il salto di paradigma che condiziona Metrica e biografia viene in parte anticipato nella voce «Classico» redatta per l'Enciclopedia Einaudi nel 1978, in cui Fortini scrive: L'armonia fra le contraddizioni, l'equilibrio fra sentimento e ragione, la serenità temperata dalla coscienza di quella somma di tragedie individuali e collettive che è la storia umana, la ricerca dcli'oggettività, la postulazione della totalità come orizzonte dcli' «essenza umana»: queste furono certo le formule fondamentali la cui realinazione, secondo il pensiero socialista, era il mandato della classe operaia. Questa fu certo considerata dai classici del marxismo, per un secolo, come l'ipotesi umana successiva alla distruzione della società divisa in classi. T aie immagine e proposta non è sopravvissuta, oggi sembra, alle forme recenti di sviluppo delle forze imperialistiche e alle recessioni delle rivoluzioni comuniste; o, per meglio, ha rivelato quanto fosse subordinata ad un 'idea di umanità eurocentrica, di tipo greco-cristiano e cristiano-borghesen.
La persuasione che le trasformazioni delle condizioni di scrittura e di lettura siano andate trasformandosi insieme ai cambiamenti socioeconomici viene adesso sintetizzata da Fortini attraverso un concetto attorno al quale si costruisce l'intero saggio di Metrica e biografia: la «qualità della durata». Fortini sviluppa il concetto di «qualità della durata» collocando sullo sfondo il rapporto proporzionale fra attenzione e volontà, nei termini impostati da Simone Weil e da Malebranche; ma anche, del suo contrario, ovvero fra disattenzione e abbondanza o spreco 1 l. Come abbiamo visto, per Weil i due termini risultano antitetici, dal momento che un eccessivo volontarismo o soggettivismo porterebbe a contrastare la predisposizione attiva verso la conoscenza come tensione dcli' animo. Fortini interpreta la «qualità della durata» in termini materiali e la applica all'esperienza di scrittura e di lettura, ricordando le riflessioni di Proust sulla durata u
NSI 2.73.
Malebranche viene citato da Fortini anche in merito alla lettura di M. Merleau-Ponty, L•«attentio1'» et le «jugen,e,,t» (chapitre Ili), in Id., Phénoménologie de la perception, Librai rie Gallimard, Paris 194 s (tr. it. di A. Bonomi, Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano 2.012.s, pp. 63-64), testo discusso nell'intervento di Metrica e biografia. Cfr. in particolare, ivi, p. 59. :a.J
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o tempo interiore e sul rapporto tra realtà e attenzione. Rispetto a Proust, Fortini esamina la mutazione della durata in termini marxisti, in relazione cioè allo sviluppo dei modi e dei tempi di produzione, nonché alla loro incidenza sulle singole esistenze, proiettate sull'esperienza di scrittura e di lettura14 , in un ordine schizofrenico di produzione e di consumo in cui gli oggetti e le esperienze riproducibili non sono fatti per durare, e nemmeno per deperire. Anche le trasformazioni relative alla metrica - in quanto forma in un quadro storico - vengono inserite da Fortini nell'ordine di mutamenti e cause che riguardano la durata (il tempo interiore) condizionata da un nuovo assetto sociale definito dal capitalismo avanzato. A differenza dell'elaborazione di un modello metrico oggettivamente valido, Fortini si limita adesso a restituire il funzionamento della composizione poetica, marcando il portato della tradizione come sistema di rimandi storici in grado di garantire una continuità e un collante tra le epoche alla luce di una soggettività che intende riaffermare - anche attraverso il proprio corpo, connesso ai meccanismi di produzione - un movimento scandito in termini dialettici e incline al rifiuto di un'esperienza poetica svincolata dalla mediazione tra storia privata e storia collettiva. La stessa trasformazione relativa al corpo si registra nei componimenti fortiniani. Secondo Giacomo Magrini, [... ] fino a quando il dialogo, e la lotta, col mondo e con la storia si svolgeva su un piano di esplicitC72a e di lealtà, necessari e sufficienti a sostenerlo erano gli organi esterni, la scorza del corpo; ma dal momento in cui le offese si son fatte più insidiose e diversificate, e di conseguenza la difesa più astuta e profonda, è cominciata la discesa nella riserva, forza e rifugio, costituita dal('interno del corpoJ.S.
La coscienza di una trasformazione dovuta ali'egemonia del modello di produzione e di consumo di una «terza fase del capitalismo»z.6 non porta Fortini a ritrattare il significato ambiguo e contraddittorio l.f «Il tritacarne psicologico dentro il quale siamo entrati, rende ardua, pesante la durata della lettura», UDI 352.• &s G. Magrini, Il corpo nella poesia di Forti,u, in C. Fini (a cura di), Per Franco Forti11i cit., p. 1 28. ~ F. Jamcson, Postmodeniism or the Cultura/ Logie of Late Capitalism, Verso, London-New York 1991 (tr. it. di M. Manganelli, Postmodernismo. Ovvero la logica culturale del tardo capitalismo, Fazi, Roma 2.007). Cfr. M. Gatto, Fredric Jameson. Neomarxismo, dialettica e teoria della letteratura, Rubcttino, Sovcria Mannelli 2008; D. Balicco, Fredric Jameso11, in Id., Nietzsche a Wall Street cit., pp. 105-117.
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che l'opera di poesia assume in una dimensione sociale. L'espressione poetica rimane praticabile a patto di essere inquadrata all'interno di una prospettiva non estetizzante, che non rivendichi una sedicente autonomia, ma rimanga aperta al confronto - nella composizione così come nella lettura - con le forze di produzione e di consumo che agiscono ali'esterno dei suoi confini. Forze dai mutati modi e forme di produzione che finiscono per mutare modi e forme della scrittura. In questa nuova variazione sul tema dell'elemento formale, la metrica assume il compito di garantire una mediazione tra l'io poetico come figura e la sua realtà storica e sociale. Essa rappresenta inoltre una forza di contenimento dcli'arbitrio senza vincoli considerata da Fortini come un'illusione avanguardistica che sottintende nella ribellione una rivendicazione narcisistica destinata a essere trasformata dal sistema capitalistico in consenso o servitù altrui. La metrica, grazie alla sua astrazione, può viceversa svolgere la triplice funzione straniante di raisonner, rationaliser e arraisonner27• Se in Metrica e libertà (19 57) il rapporto tra necessità e arbitrio veniva declinato in termini obiettivi, di organizzazione sociale, adesso, in Metrica e biografia (1980), la libertà viene esaminata a partire dal confronto con la biografia della «costante figura», scandita entro i confini di una metrica intesa anche in termini di percezione. Rispetto a Metrica e libertà, il ragionamento viene sostituito, sul piano retorico-argomentativo, da una entità corporea che restituisce fisicamente un percorso biografico in una tensione tangibile con la realtà e con il mondo. Malgrado le reticenze dell'autore 28, il corpo diventa la sede dell'opposizione tra storia e natura, tra metrica e biografia. Come osserva Merleau-Ponty nella Fenomenologia della percezione - citata da Fortini nell'intervento - «il corpo proprio è il terzo termine, sempre sottinteso, della struttura figura e sfondo, e ogni figura si profila sul duplice orizzonte dello spazio esterno e dello spazio corporeo» 29 • La scrittura saggistica coincide adesso con un'autoesegesi che privilegia l'universo dei sensi - dell'udito e della vista - con la conMB 44; cfr. supra, 2..2.. «Devo lottare contro la tendenza a sottovalutare tutto ciò che ha a che fare con la sfera del corpo; e so di avere dei pregiudizi contro le dottrine che lo esaltano oltremodo», UDI 2.76. z., M. Mcrlcau-Ponty, Fenomenologia della perceziotze cit., p. 154. Il passaggio è citato anche da Dc Martino in La fine del mondo cit., p. 5 82.. z.7 z.1
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seguente riformulazione del concetto stesso di metrica nella sua accezione numericaJ0 • A partire dal riconoscimento dei limiti della misura, il saggio apre a un'indagine volta a rintracciare ulteriori dispositivi formali che intervengono nell'organizzazione complessiva del componimento poetico. La nuova declinazione della metrica deve infatti tenere conto - lo ricordava già Bertinetto nella sua lettera - di una collettività stravolta negli anni Ottanta, il cui rapporto con la storia e con la tradizione subisce una profonda e pianificata recisione. I saggi raccolti in Insistenze (198 5) - e soprattutto nella prima parte del volume, « Una lettera a Nietzsche» - sembrano confermare la necessità di impostare un confronto con una nuova strutturazione del tempo e dell'ordine storico compiuta in piena postmodernità, nonché il divario tra realtà e apparenza. In uno scritto intitolato Il controllo dell'oblio (1982), il problema della memoria è letto da Fortini in relazione alla nuova organizzazione del capitalismo avanzato, che influenza il rapporto dei destini col tempo e con la storia. Al principio della traslazione, e dunque della distanza, il potere egemonico sostituisce quello dell'amalgama, che avrebbe presto portato a situare le esistenze all'interno di un universo dove si sarebbe finiti «col credere che le cose siano andate in modo diverso dal vero»: Sappiamo come si fa a dimenticare e a far dimenticare. Il controllo dcli' oblio, ci dice Le Goff, è uno dei più spietati strumenti del potere. Ne sanno qualcosa anche gli odierni cittadini degli Imperi. L'interdetto della memoria - questa affascinante istituzione che varia di età in età e di tirannia in tirannia, fino a noi - non opera mai da solo, ha bisogno di un'altra istituzione sorella, il cui nome risale alla rivoluzione giacobina: l'amalgama. Con il principio dell'amalgama, soprattutto se introdotto o coltivato dalla legislazione, si possono estendere criminalizzazioni e ostracismo a strati sempre più vasti. L'importante è che, anche se in minima misura, ognuno sia colpevole o colpcvolizzabile; dunque bisognoso di dichiararsi «uomo» di qualcuno, di chiedere una qualsiasi protezione. Così si controlla il consenso {ma si rende irriducibile il dissenso) 31 •
Jo Per il rapporto tra metrica e pcrca.ionc cfr. F. Podda, Il senso della sce,,a cit. (in particolare pp. 18-24). J• SE 1580-1581; Cfr. anche Storia e memoria, SE 1668-1670.
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Ristabilire la metrica come storicità o incontro-scontro con il passato significa per Fortini operare un atto di resistenza collocato entro i confini di una sfida politica che coinvolge più direttamente la memoria storica. Il conunllo dell'oblio contiene un passaggio che sembra approfondire il concetto di «qualità della durata» avanzato in Metrica e biografia. Il medium che fa da collante ai due scritti è ancora Proust, interpellato da Fortini per chiarire la distinzione tra la «pulsione memoriale» e il «ricordo», declinati adesso in termini di attenzione e durata: Qual è, oggi, la durata media di una lettura continuata? Quale la capacità di attenzione sostenuta? Non paradossalmente, quanto più si rinuncia a «ricordare» ossia a formulare verbalmente la storia che conosciamo, di noi e degli altri, tanto più la congerie dei frammenti memoriali emergenti da esperienze scompare diventa medium delle nostre giornate, un glutine attraversato da pulsazioni e da soprassalti. Quando ci illudessimo di poterne elaborare un frammento, interrogarlo (come Proust ha fatto) fino in fondo, ci dovremmo accorgere che il tempo di contemplazione di cui si dispone si esaurisce rapidamente, come in certe affollate esposizioni o nei dibattiti televisivi dove, ben presto, «il tempo sta per scadere»':r..
Tra la fine degli anni Sessanta e gli anni Settanta sarebbero stati alterati gli equilibri fra società e ceto politico a partire da una nuova amministrazione e distribuzione del tempo e della durata interiore. Il nuovo assetto economico stava infatti producendo una serie di «analgesici» che, di fronte a fenomeni come inflazione, disoccupazione e liquidazione di ogni possibile prospettiva politica, «abbassassero la soglia della coscienza», incentivando epifanie intermettenti e soprassalti di memoria contro il possesso e la coscienza di un tempo storico. La risposta di Fortini al «controllo dell'oblio» e al «surrealismo di massa» in difesa di una tradizione - la cui espropriazione viene definita come «il vero esito della colonizzazione» - va intesa come forma di resistenza ai gestori del ricordo e agli usurpatori della memoria, in grado di garantire la propria egemonia in un presente continuato di consumatori (e di produttori) che non ricordano cosa hanno fatto, sono o hanno voluto un mese, un anno, dieci anni prima 33 • Il discorso fortiniano contro la dimensio3:r.
SE 1584.
«Nel contesto più ristretto della critica letteraria, il declino degli affetti potrebbe essere inoltre descritto come il declino delle grandi tematiche proprie del modernismo JJ
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ne degradata dell'estetico - ora ridotto alla produzione di «feticci di figurazioni culturali o frustoli di poesia» - si traduce in questi anni come difesa del ricordo che, «nella sua definitività narrativa», è oggetto e strumento, giudizio e scelta34• In questo paesaggio si inserisce la metrica come dispositivo in grado di garantire «sequenze di una temporalità non individuale» in virtù della sua promessa di ri-uso (Wiedergebrauch ), della sua capacità di rendere durevole l'opera letteraria, che è «di un altro, o di altri o di nessuno», dal momento che la parola non coincide con la voce dell'io che scrive, ma appartiene a un altro da sé come figura della quale il pubblico si impossessa. Arriviamo a un ulteriore nodo discorsivo sviluppato in Metrica e biografia: lo sdoppiamento dell'io-poetico e la percezione della sua estraneità nell'atto di composizione in versi.
8.2. Spaltung Portare una «costante figura» significa per Fortini attraversare il presente in una tensione tra natura e storia posta ali' origine della forma tragica del lamento, della preghiera, della lirica e solo in parte districabile con il ragionamento, ma traducibile attraverso il processo di scrittura in versi che restituisce il movimento di un soggetto non più unitario, ma fissato nell'atto di dividersi da sé stesso «come in certi inizi di alterazione mentale» 35 • In questa partizione tra un io che scrive e un io che legge a partire dalla stessa unità biografica, Fortini individua una crepa, una scissione psichica (Spaltung) caratteristica di una formazione storica e sociale entro cui la biografia si inscrive. La scrittura poetica si presenta di conseguenza come la traduzione di un discorso che parla il presente, praticabile grazie ali'esistenza di un codice formale - la metrica - sedimentato nel corpo che abito e impiegato con una sorta di coazione, quasi un tic maniacale. Il termine «metrica» è ricco di implicazioni semantiche, che Fortini enuclea attraverso una particolare genealogia analogica com-
avan7.ato, vale a dire il tempo e la temporalità, i misteri elegiaci della durée e della memoria (che vanno intese pienamente come categorie della critica letteraria legate sia al modernismo avanzato che alle opere stesse)», F. Jameson, Postmoder,iismo cit., p. 32.. J-t
SE 1586. XXII.
Js Pro{ezie
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piendo vere e proprie torsioni. Metrica è in primo luogo misura, come suggerisce la radice etimologica del verbo greco, métron; ma è anche, come ricorda l'autore, mezura, temine che indica un valore morale, sociale ed estetico per i poeti trobadorici, ovvero l'autodisciplina, il dominio di sé, del giusto limite che per Fortini è anche senso «dell'illimitato che sta al di là» 36• Allo slittamento etico e morale, l'autore affianca il verbo francese arpenter, che indica l'azione di misurare un terreno agrario, ma anche, in senso figurato, di percorrere una superficie a grandi passi 37 ; «passo» come gradus che, dal latino «andatura», dà origine in francese al Gradus ad Parnassum, il «dictionnaire de prosodie, de syntagmes ou d'expressions latines ou grecques utilisé pour écrire ou traduire des vers» 38• Fortini collega infine la metrica al giudizio, ricorrendo al lessico scientifico, «dove certi campioni di misura, in meccanica fine, si chiamano giudici» 39 • Nello slittamento semantico del termine, la metrica viene utilizzata come dispositivo atto a collocare l'io nel mondo, che lo misura camminando col proprio passo, con la propria andatura, perlustrandolo e giudicandolo, in un'immagine che ricorda la Conversazione su Dante di Mandel'stam, in cui il poeta russo osservava: A me, sul serio, vien fatto di domandarmi quante suole di pelle bovina, quanti sandali abbia consumato, l'Alighieri, nel corso della sua attività poetica, battendo i sentieri da capre dell'Italia. L'Inferno, e ancor di più il Purgatorio, celebrano la camminata umana, la misura e il ritmo dei passi, il piede e la sua forma. Del passo, congiunto alla respirazione e saturo di pensiero, Dante fa un criterio prosodic4°.
Per Mandel'stam l'organizzazione del discorso in versi corrisponde al movimento di un corpo che scandisce col passo la misura del mondo, in un'esperienza che - dirà Fortini - è «soggettiva e 3' MB 50. Per la nozione di maura cfr. S. Gaunt, S. Kay (cditcd by), The Troubadours: A11 lntroduction, Cambridge Univcrsity Prcss, Cambridge 1999, pp. 35 e sgg.; dr. anche J. Wcttstcin, « Maura». L'idéal des troubadours: s011 esse1,ce et ses aspects, Slatkinc, Gcnèvc 1974. 37 Cfr. «arpcntcr» in T résor dc la Langue Françaisc informatisé [fLFi): «A.-Mesurcr la superficie d'un tcrrain par arpent et, p. ext., par toutc autrc mcsurc agraire; B.- P. métaph., au fig. et en la11g. cour. et fam. Parcourir d'un pas largc et décidé». 31 Cfr. «gradus» in Trésor dc la Langue Françaisc informatisé (TLFi). 3, MB 50. ◄0 O. Mandel'stam, Co1wersatio1ie su Dante, Il mclangolo, Genova 2.003, pp. 43-44.
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incomunicabile», ma non per questo scissa dalla storia o relegata nell'indicibile. Va notato inoltre come una parte dei componimenti inseriti nelle ultime raccolte dell'autore simulino nella forma il percorso della camminata. Basti pensare, ad esempio, a La salita, che dà il titolo alla quinta sezione di Composita solvantur in cui è collocato il lungo componimento eponimo di sessantasei versi, dedicato a Remo Bodei ◄ a, che nella parte conclusiva esplicita un atteggiamento compositivo corrispondente al tentativo di mantenere aperto il movimento per raggiungere «un luogo più alto, visibile e veggente, dove sia possibile promuovere i poteri e la qualità di ogni singola esistenza»◄ 2 • Ricostruire l'itinerario della composizione a partire dall'esperienza del corpo nel mondo permette di «giungere a intravvedere che cosa può stare all'origine di certe scelte metriche» 43 • Il terzo paragrafo di Metrica e biografia è costruito sulla componente fenomenologica della scrittura in versi◄◄• Il passaggio è sottolineato dal rifiuto dell'asserzione «mentalista» di Morris Halle e SamuelJay Keyser, al quale Fortini contrappone la definizione di un'esperienza che interseca visione e linguaggio. Per spiegare questo passaggio, Fortini ricorre ancora una volta all'analogia con l'esperienza della pittura, più volte impiegata per esplicitare i nessi formali della composizione poetica◄s: Lo sguardo si porta non più su quel che è prossimo e immediato ma su quel che è relativamente lontano. Passo da una visione bioculare e quindi tridimensionale ad una monoculare, la cosiddetta realtà si distende su due ◄• CS 546-548. Per un,analisi del testo si rimanda a D. Balicco, Letteratura e mutazione. Pier Paolo Pasolini, Emesto De Marti110, Franco Forti,u, Artemide, Roma 2.018, pp. 63-98. ◄ 1 SE 1653. ◄J MB 50. 44 Walter Siti segnala la prossimità di Fortini poeta a interessi fenomenologici già ali'altez7.a di Poesia ed e"ore, intravedendo nel testo di Una /acile allegoria (19 54) una possibile anticipazione di una nota del 13 aprile 1956 del Diario fe110me11ologico di Enzo Paci, scritta due anni dopo il testo fortiniano; cfr. W. Siti, Il tarlo, in C. Fini (a cura di), Per Fra,u;o Forti11i cit., p. 180 (n 6). 41 Cfr. supra, 1.3. Per il rapporto tra la pittura di Poussin e il lavoro di traduzione di Milton dr. LC 740. Su questo punto si legga G. Simonetti, Fortini e Poussin: paesaggio con serpente, in J seg,,i incrociati. Letteratura italia11a del '900 e arte figurativa, a cura di M. Ciccuto e A. Zingone, M. Baroni, Viareggio 1998, pp.731-745; E. Zinato, L'«Angue Nemico»: note su Paesaggio con serpente, DISF 119-132..
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
dimensioni, si fa «quadro». Questa condizione, etimologicamente «idillica», si pone (non sempre ma spesso) come il momento cerimoniale, necessario sebbene insufficiente, che precede la possibilità che si formi un impulso verbale e ritmico. Disegnatore e pittore men che dilettante, so bene che la visione monoculare diminuisce l'autonomia dei volumi e accresce quella delle lince; o, come ci dice la psicologia sperimentale, attenua la differenza fra oggetto e sfondo; o, come ci dicono alcuni analisti, riporta al momento neonatale di una immatura coordinazione del sensorio ... Disegnando e dipingendo, so bene che la visione monoculare (che è poi quella a specchio suggerita da Leonardo e quella del reticolo prospettico di Diircr) è soprattutto un ripiego, una facilitazione tecnica o, tutt~ al più, un processo di estraniazione a buon mercato; istituzionale quasi solo per gli impressionisti; che infatti mi hanno sempre dato l'idea di gente che dipingesse sovrappensiero. Nella disposizione a poetare, invece, quella perdita di intenzionalità del reale - e quindi quella perdita dei nomi - è un momento primo cd equivale ad una premessa negativa. Il mondo si fa immagine, anzi uno «schermo di immagini», la «realtà» è una messa in scena, una apparenza, io non ne faccio parte, io sono morto ovvero morta e dunque illegittima è tutta la «realtà» ..'.
L'estraneità dell'io rispetto alle cose nel momento che precede la composizione viene vissuta dal poeta come colpa, non come privilegio. La derealizzazione fruita nell'esperienza poetica è percepita dal giovane Fortini come un'amplificazione dell'estraneità di un sé già biograficamente estraniato nella Firenze fascista degli anni Trenta. Era pertanto prevedibile che questo tipo di esperienza estetica - assolutamente svincolata dal «teatro del mondo» e condotta mediante un processo di derealizzazione dei sensi (quel «déreglement de tous les sens» di cui parlava Rimbaud)"7 - si situasse all'origine del «lamento lirico più facile» dei primissimi tentativi di scrittura, coincidente con una poesia intesa in termini decadenti come «ispirazione», rifiutata da Fortini nella costruzione della sua autorialità-t 8 • Per entrare nella realtà e nella storia era necessario che la biografia incontrasse l' «amara, cupa e sonora cisterna»"9 , un disegno metrico-prosodico come garante di una collettività. ◄' MB 51-52.• ◄7 Cfr. A. Rimbaud, Lettre à Paul Deme,ry (Charlcvillc, 15 maggio 1871), in Id., CEuvres complètes, a cura di A. Guyaux, con la collaborazione di A. Ccrvoni, Gallimard, Paris 2.009, p. 344. 41 Cfr. Per tre momenti, QM 318-319. ◄, P. Valcry, Le cimitière mari11, in Charmes (cfr. P. Valcry, CEuvres, a cura di J. Hyticr, I, Gallimard, Paris 1957).
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Tuttavia, anche questo salto assume per Fortini un carattere inautentico. Le forme metriche utilizzate in una prima fase di composizione sono associate a una pratica della scrittura «scarsamente controllata»: da una parte, l'apparente immediatezza delle avanguardie storiche, del «singulto o grido»; dall'altra, «l'accettazione della decorazione letteraria, dell'artificio, dell'arcaismo deliberato», che il poeta aveva vissuto in quell'ambiente ermetico fiorentino da cui vorrà prendere le distanzes0 • Nel tentativo di rigettare entrambe le soluzioni, Fortini aveva infatti provato a elaborare, come abbiamo visto, una nuova metrica per accenti più consona a una direzione etica ed estetica accordata alle urgenze storiche del secondo dopoguerra. Attraverso la narrazione autobiografica compiuta sullo sfondo delle scelte metriche, Fortini intende ancora una volta esplicitare l'abbandono di una poetica dell'immediatezza o dell'ossequio a una norma tradizionale associata a una poesia separata dal mondo e dalla realtà. Ci troviamo infatti di fronte a un testo in cui l'autore commenta sé stesso e dove, di conseguenza, egli sta tentando di consegnare al lettore la fisionomia di un percorso organico. Negli ultimi vent'anni - e dunque tra i Sessanta e i Settanta che accolgono la pubblicazione della seconda e della terza raccolta in versi dopo Poesia ed errore (1959) - quei momenti di visione monoculare, di percezione delle cose che precede la scrittura, non vengono interpretati da Fortini come un «annunzio di angoscia», quanto piuttosto come «il preludio di qualcosa che può formarsi»s•: Paradossalmente, in un medesimo tempo, dico quel che vedo, e ora abolisco la concretezza di quel che dico di vedere, ora quella dell'io che lo dice. E ora credo di sapere meglio che i fantasmi verbali e i nessi ritmici, i segmenti di discorso che emergono nella cavità indotta dallo sguardo monoculare piuttosto che emersioni del represso, o voci dall'inconscio sono stati fantasmi di scrittura letteraria, frantumi di archivio storico. La mano che li muove, certo, rimane nascosta; ma il materiale è sempre riconoscibile, è materiale spoglio, porta i segni della traversata dei secoli della lingua. La corporazione, la frateria, la tradizione in una parola, bestemmiata o derisa, opera al di là o dopo ogni mandato, privato o pubblicosJ..
so MB 54· s• MB 55 (c.vo dell'autore). s:a. Jbid. (c.vo dell'autore).
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I verbi di percezione come «guardo», «vedo», «scopro», marcano l'inseparabilità della composizione poetica dal presente della storia e dalla realtà come fatto vissuto: «le linee e i colori della realtà visibile» - prosegue Fortini - «possono più facilmente, ma più severamente, tornare "a fuoco", riacquistare i nomi, essere quell'albero, quel cortile, quell'uomo»n. Nell'atto della scrittura, la convenzione metrica si rivela come strumento di supporto, garanzia di un cammino percorso da altri, in grado allo stesso tempo di offrire dialetticamente gli strumenti per mezzo dei quali il soggetto può assumere coscienza della propria storia, e del bisogno di combatterla. Scrive Fortini: Quando nella cavità, nello spazio fra la scena e l'io, sorgono un segmento verbale, un impulso ritmico, e si atteggiano in un disegno, in un'arcata di cesure e di intonazioni, il primo movimento è di distrarmi, tanta è la paura di essere inferiore al compito, di fallire, di non avere la durata sufficiente alla composizione; la paura della «illusione», nel senso leopardiano. Ecco che, a questo punto, i sussidi proposti dalla memoria metrico-prosodica (ad esempio il concatenamento delle strofe} porgono aiuto e sostegnos-t.
La metrica si configura pertanto come un supporto a partire dal quale è possibile scegliere di modificare il rapporto tra il soggetto e il mondo nell'esperienza di composizione. Essa diventa inoltre un sussidio che assicura la dura'ta, con il significato indagato nel paragrafo precedente, rivelando la presenza di vettori esterni che intervengono nella configurazione complessiva del componimento, mediante una pressione esercitata dal contesto sulle sue frontiere. Una pressione in grado di sottoporre a uno sforzo lo stesso vincolo metrico, che permette di stabilizzare, con contraccolpi formali, la sintassi del discorso in versi. Per meglio chiarire il rapporto tra l'organizzazione poetica e il sistema di tensioni contestuali che condizionano forme e strutture metrico-prosodiche, seguiremo il commento fortiniano di tre esempi di composizione riportati nel saggio - La poesia delle rose, Deducant te angeli e Settembre I968 - verificando il legame tra la struttura metrica e il significato che questa assume nella riflessione teorica condotta da Fortini negli anni Ottanta.
n lbid. (c.vo dell'autore). H
MB 56.
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8.3. Il mondo non è solo un testo Pubblicato nel 1962 dalla Libreria Antiquaria Palmaverde di Roversi e successivamente inserito come sezione conclusiva di Una vol-ta per sempre (1963), La poesia delle rose è un poemetto in sette movimenti - accompagnati da un congedo finale di sette versi ( Ultime sulle rose)ss - definito dall'autore come un «sommario storico o la descrizione rituale di un rito» s6; nonché, dal punto di vista compositivo, «un mostro, un equivoco» s7 • Il poemetto è noto per essere uno dei testi più oscuri dell'intera produzione poetica di Fortini; e, va aggiunto, volutamente oscuroS 8 • In questi versi, Fortini ostacola il lettore alla comprensione per pretendere il massimo grado di attenzione, eludendo una chiarezza che risolva le contraddizioni in un imbroglio ( «non parlo a tutti» - scriverà in Questioni di frontiera - «Parlo a chi ha una certa idea del mondo e della vita e un certo lavoro in esso e una certa lotta in esso e in sé» )S 9 • Al contempo, quasi a voler rivelare le tracce del suo passaggio, l'autore dissemina degli indizi per decifrare i suoi rimandi allusivi. È il caso delle due citazioni inserite in nota al componimento: la prima, è di Anastasio Sinaita, monaco polemista ed esegeta vissuto attorno al VII secolo d. C. («Ciascuno divenne spezzato in se stesso e negli altri»); la seconda è tratta ancora dai Manoscritti di Marx - «la società è l'unità essenziale, giunta al proprio compimento, dell'uomo con la natura, la vera risurrezione della natura» 60 - luogo costante del pensiero fortiniano. Se la citazione di Anastasio Sinaita condensa la spaccatura (Spaltung) ricondotta nel saggio a una derealizzazione da reintegrare attraverso una forma rituale di comunione con l'altro da sé e il sé spezzato nell'altro, la frase di Marx insiste piuttosto sulla «contesa che dura» tra natura e storia - espressa nel componimento di Metrica e biografia pubblicato su «Officina» nel 19 5 561 - che proietta la scrittura nella dimensione sociale. Come ha osservato Magrini, La poesia delle rose rappresenta un punto u UVPS 2.81-2.90. s' UVPS 2.9 3. S7 MB 59· s• Cfr. supra, 5.3 s, QF i2.5. '° K. Marx, Manoscritti economico-filosofici del 1844 cit., p. 109. '' Cfr. supra, 1.1.
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PARTE SECONDA. SOCIETÀ
di svolta nella vicenda del corpo nella poesia di Fortini, corrispondente al passaggio della parola poetica dall'esterno all'interno 6 2.. Le rose stabiliscono non soltanto l'allegoria del presente, ma esibiscono la tragica scissione del corpo materiale tra realtà e apparenza, fra trasparenza e opacità. Una scissione che si verifica sia nella scelta dei contenuti sia in relazione alle soluzioni formali, inseparabili dal significato che sottendono. Tra il marzo e l'aprile del 1962, Fortini è a Roma per lavorare al commento del documentario La statua di Stalin, diretto da Lino Del Fra e Cecilia Mangini, con i quali aveva già collaborato per All'armi siam fascisti 63 • In uno dei pomeriggi di primavera, l'autore si trova ad attraversare a piedi Villa Borghese. Nel campo visivo della passeggiata, le «rose unite alla polvere» appaiono accanto «alla aridità delle anfore e delle terracotte secolari» 64 : la scissione tra la natura delle rose e la storia evocata dalle anfore è fissata nel quadro visivo. Tornato a Milano, l'immagine concretizzata nel giardino di Villa Borghese - già da principio scissa tra i due poli di cui il soggetto fa esperienza - viene sviluppata in una decina di versi che costituiranno l'incipit del poemetto, qui riportato nella sua versione finale: Rose, rose di polvere, quanta durezza nei ceppi a notte, rose arcuate di spine quali i tendini robusti e i muscoli disseccati della ragazza che nell'auto seta manovra e cuoio ma molle se un abbagliante la sbatte ma maculata lungo la gola come le rose contuse nel lavorìo di mezzanotte e ortiche's.
Come testimonia Fortini, lo schema iniziale non ricalca alcun disegno prosodico, che viene al contrario scoperto nel processo di scrittura come necessità di reintegrazione e di compensazione simbolica del soggetto con il mondo. Lontana da ogni canonico schema metrico, la forma iniziale del componimento è dettata da un movimento che ricalca l'opposizione tra catabasi e anabasi. Il percor,~ G. Magrini, Il corpo tiella poesia di Forti1'i cit., p. 12.6. 'J F. Fortini, Tre testi per film, Edizioni Avanti!, Milano 1963. '4 MB 57·
's UVPS 2.83.
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so intrapreso dall'autore in una notte di catastrofe si conclude in «un'alba disperata/felice, di un "nonostante tutto"» irrinunciabile. La ritualità viene pertanto risolta - come ricordava De Martino come superamento della malattia e dell'apocalisse culturale precedentemente esperita, in un movimento ascensivo necessario affinché il mondo possa proseguire il suo corso 66 • La tensione tra catastrofe e redenzione lasciava aperto, tuttavia, uno spazio intermedio di costruzione, che doveva essere colmato dagli eventi mentali della notte. Tra le due polarità del mondo percepito- definite come incipit ed explicit del poemetto, proiezione esterna di uno stato di tensione tra due polarità dell'io spezzato - rimaneva scoperto l'intero percorso che il soggetto doveva compiere dall'uno all'altro vertice di un disegno formale antico: La scelta, ma non preordinata, era di tensione, di andirivieni lungo la diacronia della lingua italiana; scelta a me inconsueta. E per questo sentivo il bisogno di una incatenatura metrica rigorosa. Non rime però, se non occasionali. Sfrenarmi invece nelle allitterazioni, negli omoteleuti, nelle cacofonie intenzionali. E strofe, di sette versi. Che in ogni strofa ricorresse la parola «rosa», ma che ogni artificio fosse messo in opera per stringere e rendere compatto il testo. Per diffidenza verso la capacità di sostenere un discorso troppo lungo, le strofe mi si ordinarono in gruppi di tre. Capivo che avrebbe dovuto essere una allegoria di un itinerario di salvezza, dalreros orgiastico alla apocalissi religiosa, alla discesa agli inferi dell'inconscio fino alla accettazione della storia e della contraddizione'7 •
Nessuno schema tradizionale viene impostato in anticipo rispetto ali'enunciazione, come era accaduto invece con il sonetto o la sestina in Poesia ed errore, malgrado l'ipocrisia del primo o il meccanismo inceppato della seconda68 • Tuttavia, una volta montato su tre strofe di sette versi, il discorso risultava ancora poco «cavernoso» o barocco rispetto all'intenzione iniziale del poeta. Per colmare questo vuoto, Fortini allunga di un verso ogni strofa, per arrivare alla «buffa conclusione» di aver inconsciamente riportato alla luce l'ottava, sedimentata nella memoria metrica del poeta, ma senza le rime o gli endecasillabi: di aver cioè, a gran fatica, raggiunto il punto di unione con "E. Dc Martino, La fì11e del mo11do cit., pp. 471-472. Cfr. supra, 6.3 MB 57-58. " Cfr. supra, 6.2.
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2.53
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i morti, entrando in comunione col respiro con cui Ariosto o T ~o avevano costruito i propri versi 69. In altre parole, la «tenacia della tradizione» e la memoria di un passato sedimentato nella forma spinge il metro libero a rientrare in una convenzione che nei secoli ha veicolato nel suo ordinamento un preciso significato. Dalla testimonianza di Fortini si ricava un'idea di metrica non più esclusivamente soggetta alla legge dei numeri, quanto piuttosto intesa come dispositivo di rifrazione del testo poetico, in grado cioè di sostenere l'enunciazione soggettiva e di rifunzionalizzare il passato per orientare l'esistenza verso una meta a partire da un insieme complesso di elementi morfologici che reggono la struttura del testo: La capacità di controllo critico deve, di necessità, essere inferiore a quella di scrittura. Si può essere, come sono, nimicissimo di ogni auscultazione dell'inconscio; eppure la frase di Marx «Non lo sanno ma lo fanno» sembra scritta proprio per gli autori di versi. Il «Se ne scrivono ancora» di una poesia di Sereni equivale a un «Si ama ancora», altro esempio di un fare che non è sapere, nel senso corrente di autocoscienza70•
Il secondo esempio riportato in Metrica e biografia riguarda il componimento Deducant te angeli, contenuto nella sezione Versi a se stesso di Questo muro (1973). Utilizzando lo stesso procedimento applicato per la lettura della Poesia delle rose, estrapoleremo dalla testimonianza dell'autore ulteriori indizi per comprendere il salto paradigmatico degli anni Ottanta che interessa la nozione di metrica. L'esordio del paragrafo è tipico dell'ordine mentale di Fortini: non esiste alcun misterioso impulso soggettivo nella scrittura in versi, ma un ossequio a una norma che va presupposta anche quando promulgata all'istante dall'autore della composizione. In accordo al registro e alle scelte argomentative dell'intervento, anche l'autocommento di Deducant te angeli è attraversato dalla presenza dell'elemento sensoriale che, come abbiamo visto, costituisce la novità più evidente di questo nuovo discorso sulla metrica. Fortini afferma infatti di aver trascritto parte di quei versi «come vedendoli, per allucinazione diurna, davanti [a lui], in uno stato di tensione molto forte, leggendoli, per così dire, già stampati» 71 • La testimo" UDI 728. MB 59.
-,o 1•
MB 60.
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nianza del percorso di composizione permette inoltre di situare, sul piano della forma - della visione della forma -, l'atmosfera allucinatoria che il lettore ricava dalle immagini disposte sulla pagina. Le quattro sezioni asimmetriche che scandiscono il componimento amplificano l'espressionismo già sperimentato nella Poesia delle rose, orientando le scelte retoriche e formali verso un punto critico al di là del quale la materia verbale rischia addirittura di dissolversi, come dimostrano i puntini di sospensione del secondo movimento della poesia 71• Per comprendere questa transizione di fase è utile riportare per intero il testo, introdotto da una doppia negazione nominale seguita da una avversativa che immette il lettore in una tensione immediata col presente: I
Non questi abeti non il ribrezzo della cascata ma questa la sequenza. Prima vengono le pietre dei greti poi gli alberghi sbarrati. Secondo: le nebbie e i compianti. Erosioni, mostri. Tutto chiuso anche la casa cantoniera e gli isolatori tintinnano. Terzo: l'ostinazione del torrente e la condotta forzata assolutamente giù cono di deiezione. Meglio tergere il cristallo fuggire lo sterminio i detriti il laser che recide chi passa per questo borgo. Era vissuta qui. Dov'era l'ospizio ,, ora ce ceco 7z. Cfr. G. Nava, La co1idizio1,e espressionista. Rebora, Sbarbaro, CAmpana, in A. Asor Rosa, Letteratura italiana del Novece,uo. Bila11cio di un secolo, Einaudi, Torino 2000, p. 340 (citato da E. Passannanti in DISF 2.06).
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lacrimante uno stabilimento. La minorata che ti raccontarono. Morta ma quando da tanto. Oligofrenica coi suoi ditoni buona e capiva anima di colomba decorticata e strideva. 2.
3 La corriera fa marcia indietro sul ponte di legno. Nevica sulla spalletta, sul collo dello spaccalegna che entra allo spaccio. Il resto è ben chiuso o sembra. Certamente lassù il cimitero austriaco sotto le stille dcli' abetina, con la Beata Vergine turchina in lacrime d'argento e i fagotti in costume o in uniforme certamente sotto lapidi e ferri. Ma un raggio dalla centrale abbaglia oltre la nebbia taglia marmo rame zinco. Tutto fra poco apparirà ti assicurano verranno a portare via tutto entro aprile. 4 Ma non crederci no è qui che si apre la buca qui ti pianteranno i manigoldi. Scappa fin che puoi scappa fra i meli defoliati vergine testona fiato lordo mia maturità strabica mia creatura antenata ingiustificata irrecupcrata seme di credente di breve convulsione di contratta disperazione amore della tua mamma
faccina mitragliata fotografata parola inesistita mia giovinezza
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carico di carne uccisa che l'elicottero solleva da questo mondo portatemi via un servo un servo non inutile merita queston.
Il primo elemento da isolare è la torsione costantemente annodata - benché con pazienza scandita in una sorta di elenco numerato di paesaggi dove la natura inghiotte edifici in disuso come alberghi, stabilimenti, case cantoniere - delle immagini registrate in un ipotetico quadro visivo-mentale del presente, il cui orrore costringe l'io-poetico a prorompere in un grido di soccorso come appello a una fuga disperata ( «da questo mondo portatemi via»). La difficoltà del testo non è tale per la scelta dei singoli contenuti brutalmente disposti sulla pagina; essa riguarda soprattutto gli interstizi formali sui quali il testo viene costruito74 • Il titolo del componimento allude al canto liturgico dell'antifonario gregoriano intonato durante la processione per accompagnare i defunti75 • L'allusione alla preghiera cristiana e le immagini dei morti confermano nel testo il carattere cerimoniale che la poesia assume per Fortini, forma attraverso la quale è possibile disciplinare la mimica, esibire la violenza e il lamento della violenza subita76• L'allusione al canto gregoriano inscrive la lirica in una dimensione rituale simile alla situazione sociale della lamentatrice di De Martino nell'atto di piangere il morton. In Deducant te angeli il lamento è scandito da codici di comportamento di una tradizione cristiana richiamata - oltre che dal titolo - dalla citazione indiretta di un verso del Dies lrae: «Quidquid latet apparebit» che nel terzultimo verso del terzo movimento si traduce in «Tutto fra poco apparirà» 78 • 73
QM 32.9-31.
Per un'interpretazione del testo si veda L. Lenzini, Deducant te a11geli. Appu,iti veloci su una poesia "difficile" di Fra,ico Forti11i, •Poliscritture», 6, dicembre 2.009, p. 80. 7J «In paradisum dcducant te Angeli; in tuo adventu suscipiant te martyrcs, et pcrducant te in civitatem sanctam jerusalem. Chorus angelorum te suscipiat, et cum Lazaro quondam pauper aeternam habeas requiem», cfr. A. Blaise, Le vocabulaire latin des pri11cipaux thèmes liturgiques, Brepols, Tumhout 1966, p. 2.31; ivi, p. 449. 1' Ca11i 449· 77 Cfr. supra, 6.3. 11 L. Lcnzini, Deduca,it te angeli cit., p. 80; cfr. anche Id., U,,a facile allegoria. Comme11to in forma di semi11ario, in Il poeta di ,wme Forti,u, Manni, Lecce 1999, pp. 110-113. 74
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La citazione biblica è tuttavia riconvertita e secolarizzata nel presente storico di Fortini grazie ali'aggiunta del «ti assicurano» nello stesso verso, sintagma che svolge la funzione di convocare i responsabili dei delitti pubblici e privati. Ci troviamo di fronte a un esempio diretto di ri-uso (Wiedergebrauch) che garantisce all'espressione letteraria la promessa di ripresa, di ripetizione e di durata. L'ombra del verso del Dies Irae si prolunga fino al mondo dei vivi. Il linguaggio sacrale entra in collisione con le azioni degli uomini nel presente. Il meccanismo di abbassamento del «Poetico» messo in atto dall'aggiunta del sintagma conclusivo del verso è coerente con il senso globale del componimento: «Quidquid latet apparebit I ti assicurano». Un processo simile - ma del tutto mutato di segno - si legge in Fratelli di Ungaretti, dove alla domanda intimata al soldato nel buio della notte - «Di che reggimento siete?» - il poeta aggiunge la parola «fratelli», trasformando l'uso comune e referenziale della formula militare in linguaggio della poesia «che in ogni punto contraddice l'uso comune» 79 • Se però Ungaretti tenta di trasportare la guerra in un altrove, in un orizzonte di umanità che si scopre nell'esperienza tragica condivisa, Fortini, al contrario, intende separare, creare delle fratture, colpire nell'occhio il lettore. L'esigenza di Fortini è altra rispetto al poeta dell'Allegria: egli ha bisogno di portare le immagini della guerra sotto lo sguardo distaccato del lettore occidentale, che ignora o preferisce ignorare le cause di un massacro impossibile da separare dalle scelte di buona condotta privata. La tonalità cupa dell'Jn paradisum gregoriano si riversa nei quattro movimenti del testo, caratterizzati dalla presenza dei morti nella guerra del Vietnam a cui si affiancano tempi e situazioni eterogenee «che presuppongono, da parte dell'io, l'assunzione prospettica del punto di vista di chi è stato ucciso, e deprivato di memoria, ed un presente in continuità con lo "sterminio"» 80• Il massacro definisce .,, UDI 728. 1o L. Lcnzini, Deducant te a11geli cit., p. 80. Cfr. anche il commento di Fortini in QM 382: «Il titolo è dalle preghiere per i trapassati. I coni di deiezio11e che si formano per accumulo di materiali detritici convetti dalle acque d'una corrente; decorticata: cui è stata tolta parte della corteccia cerebrale come, per esperimento, si fa ai colombi o ad altri animali; defoliati: l'aggettivo richiama i defolianti largamente usati nel Vietnam; così l'elicottero viene da una foto che uno ne mostrava sollevare in ciclo una rete gremita di uccisi da un bombardamento alla periferia di Saigon, dopo l'offensiva del Tct (1969). Il servo 110n inutile è l'evangelico "servo inutile"» (c.vo dell'autore).
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la tonalità del componimento non soltanto nelle immagini impresse nei versi per mezzo della lingua scritta ( «faccina mitragliata fotografata»81; «carico di carne uccisa che l'elicottero solleva»), ma anche attraverso il codice tipografico che entra a far parte degli strumenti impiegati per la costruzione del testo. Quest'ultimo assume una rilevanza decisiva ali'altezza del secondo movimento, che rimane lacunoso, privo cioè di alcuna concatenazione di grafemi. Nelle pagine autoesegetiche di Metrica e biografia, Fortini dichiara di aver percepito la lacuna già nell'insieme allucinatorio della visione globale della poesia, ma di aver successivamente rifiutato l'idea di colmare quel vuoto, che di fatto viene lasciato tale. Il bianco scaturisce pertanto da una scelta deliberata, e non da un'ermetica impossibilità della parola. Riprendendo uno dei principi dcli' Ars poetica oraziana - «Ne pueros coram popolo Medea trucidet» (v. 1 8 5) - per Fortini, I' «orrore non doveva essere detto» 82 • Quel silenzio doveva però essere indicato con una scelta tipografica marcata, in grado di porre in evidenza lo scarto rispetto alla parola scritta. Nel secondo movimento, l'autore opta dunque per una successione di puntini intesa come «ossequio ad un pubblico invisibile», il quale, attraverso il segno straniante sulla pagina, viene chiamato a interrogarsi e a chiedere ragione di quei morti elencati nei versi successivi. Il silenzio - vissuto come un « buon metodo critico» 83 richiede tuttavia un grado di complicità con il pubblico; o, detta in termini estremi, presuppone l'esistenza stessa di un interlocutore, che non è detto sia presente o incline all'attenzione della lettura. Tornando sullo stesso argomento a distanza di un decennio da Deducant te angeli, Fortini aggiungeva fra parentesi: Solo in questi anni, dunque un po' tardi, a dire il vero, ho capito che una composizione non può affidare i propri silenzi al bianco della pagina e che in questo la poesia post-mallarmcana è stata dialetticamente punita nella sua pre•• Il verso ricorda una foto scattata durante un'operazione condotta nel novembre del 1967 dalla 101111 Airbone Division per catturare i militanti del Fronte di Liberazione Nazionale del Vietnam del Sud nei villaggi della costa di Tam Ky. La foto ritrae una donna sospettata di essere una "Viet Cong" e interrogata da un ufficiale della polizia sudvietnamita mentre un soldato americano le punta alla tempia un fucile M16 (Foto Associated Prcss); cfr. P. Hamill (a cura di), Vietnam: The Real War: A Photographic History by the Associated Press, Abrams, New York 2.013, p. 182..
B:r.MB6o. QF 89.
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tesa di autosufficienza, in quanto i bianchi tipografici in funzione di pause non sono affatto un silenzio socioculturale ma sono anzi gli spifferi, i canali d> aria dove si convogliano, tanto petulanti quanto meno visibili, i luoghi comuni estetico-poetici del tempo; mentre un organismo poetico deve produrre da sé i propri silenzi, ossia quei passaggi di tinta relativamente neutra, passaggi appunto, visibilissimi in Petrarca e Leopardi; come un organismo non genera solo cellule nobili, nervose o muscolari, ma anche connettive o epitelialiS...
Che sia mostrato esplicitamente o nascosto tra le crepe di un «organismo poetico» (ancora un'allusione metaforica al corpo «dall'interno»), il bianco della pagina - e insieme, la capacità del lettore di riconoscere, interrogare e decifrare quel bianco - si inserisce per Fortini all'interno di una «retorica di situazioni spaziali e ritmiche» messe a disposizione da una tradizione e attivate nell'atto della scrittura. Tali elementi appartengono tanto allo spazio psichico del lettore e dello scrittore quanto al sistema di movimenti del corpo utilizzato come espressione, in un universo percettivo in cui il significato concettuale si forma «per prelevamento su un significato gestuale, che, a sua volta, è immanente alla parola» 8 s. Fortini inserisce un esempio di nesso costitutivo sedimentato nella memoria della cultura greco-cristiana ed espresso come sopravvivenza della forma: il convertirsi del negativo in positivo, della morte in vita, della disperazione in speranza direttamente connesso alla resurrezione cristiana in quanto forma di una vittoria sulla morte che, saldata nel XVIII secolo a un'eredità storica e a un messianesimo post-cristiano, fonderebbe l'organizzazione strutturale - la «curva algebrica» - che ogni ascoltatore di Beethoven è in grado di riconoscere, e che è possibile avvertire nella chiusa dell'Arcipelago di Holderlin, nella parte finale dell'Ode al vento occidentale di Shelley, nella Ginestra di Leopardi o nel Voyage di Baudelaire86 • Per impostare la struttura di alcuni suoi componimenti, lo stesso Fortini dichiara di aver spesso utilizzato una forma modellata sul meccanismo della dialettica. Esemplare, in questo senso, la struttura metrico-retorica - suggerita anche dal titolo - di Per tre momenti, dove il secondo momento nega il primo, e il terzo i due precedenti 87; o, ancora, Settembre 1.t
MB 60-61.
•s M. Mcrlcau-Ponty, Fenomenologia della percezione cit., p. 2.50. " MB 61; cfr. anche UDI 2.38-2.39 • .., QM 318-319.
2.60
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I968, che a qualche anno di distanza dalla conferenza verrà inserito nella sezione Circostanze di Paesaggio con serpente (1984): Quest'anno ne ripete molti altri. La venuta del caldo, per esempio. Il grande caldo si è tutto sfogato nella prima quindicina di luglio.
Gli studenti, le riunioni. Torino. Parigi. Berlino. I colpi a Dutschke, sotto Pasqua. I giorni di maggio. La lotta a Shanghai. Ieri i russi a Praga; o è da quindici giorni, già da trenta giorni. Stenta la coscienza a seguire questo volo profondo. L'azzurro è profondo. Il viola è denso e il verde sulla dorsale di pini e cipressi. Dove la dorsale del poggio va in ombra è molta ombra. Poco fiato leva le piume bianche dei cardi ed esse in processione senza pena vanno senza peso sempre più nell'aria lasciano l'ombra entrano nella luce rosa. Stringo nella tasca una lettera di stamani 88 •
In quest'ultimo testo, tuttavia, la forma dialettica subisce una correzione a posteriori "obbligatoria", in ragione di un significato conclusivo che il poeta non intende accettare. Alle tre strofe irregolari del testo Fortini aggiunge una coda composta da un solo verso che ribalta I' Au'{hebung del terzo movimento, mettendo in crisi lo sviluppo dialettico dell'enunciazione. L'iter variantistico riportato in Metrica e biografia permette di comprendere le ragioni di questo superamento. Fortini spiega di aver costruito il testo a partire dalla contrapposizione tra due ordini di eventi: «quelli della cronaca politica della primavera e della estate 19 68 e quelli di un crepuscolo di fine settembre, di quel medesimo anno, in una zona collinare» 89 • La prima strofa di tre versi descrive lo stato attuale del presente inserito nella ciclicità delle stagioni che di anno in anno ritornano (tesi). La seconda supera la stasi di settembre e si contrappone ali' «indiffe11 1,
PS 416 (c.vo dell'autore). MB 62..
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renza dei cicli stagionali volti alla imminente oscurità d'autunno» in quattro versi in corsivo costruiti su secchi enunciati nominali che richiamano gli scioperi, le riunioni sindacali, le manifestazioni studentesche, l'attentato a Rudi Dutschke a Berlino, le lotte a Shanghai e l'invasione della Cecoslovacchia del 21 agosto (antitesi). La terza strofa colloca gli eventi del '68 in un paesaggio naturale che diventa allegoria della storia, come accade in numerose composizioni di Paesaggio con serpente: è il momento finale della dialettica, il superamento. Tuttavia, a opera compiuta, Fortini intravede nei nove versi conclusivi il rischio di «una apologia della eternità naturale contrapposta alla futilità delle passioni storiche», significato che il lettore poteva dedurre dalla veste formale del componimento. Per lui, al contrario, quei versi «volevano essere [... ] una semplice contrapposizione», la fissazione non della vanità, ma della durezza della lotta umana. L'equivoco poteva oltretutto essere confermato dalla destinazione del componimento, inserito inizialmente in una raccolta in onore degli ottant'anni di Montale, che - afferma Fortini - da Sa-tura in poi «non si era davvero vietato di celebrare la vanità dell'impegno umano rivolto alle trasformazioni storiche» 90 • La collocazione di Settembre I968 avrebbe finito per accrescere - secondo l'autore - la possibilità di una lettura reazionaria degli stessi versi. Per ovviare a questo eventuale equivoco, Fortini decide di ripubblicare il testo aggiungendo un verso «che alludesse ad una continuazione della conflittualità, ad un "nonostante tutto"; che riportasse dal presente "naturale" al presente "storico" »91 • La chiusa del componimento - «Stringo nella tasca una lettera di stamani» - svolge pertanto una funzione correttiva, attivata tramite l'organizzazione formale della doppia interlinea che separa il segmento dalla strofa precedente incorniciato da un bianco in grado di esprimere I' opposizione a un eterno ritorno delle stagioni e la rivendicazione della storia, confermata dall'atto di stringere nella tasca una lettera del giorno in cui il discorso dell'io poetico è collocato. Per Fortini, il verso non svolge un ruolo metrico, ma semmai uno «iper-prosodico» 92• In questa riformulazione ed estensione della metrica egli riconosce la necessità di ulteriori nozioni per descrivere il processo di compo-
'° MB 63. ,. lbid. ,1. MB 64.
8. UNA CONTESA CHE DURA
sizione, affidando uno spazio inedito al movimento, all'unione tra gesto e parola, che espone i limiti della misura e del ragionamento teorico, ma apre al contempo a nuove prospettive di indagine: Manchiamo, credo, ancora, di una retorica della gestualità - ho parlato di «curva» e volevo dire: «movimento» - di questi miti, dei maggiori e dei minori. E ne parlo perché mi sembra di rendermi conto, ripensando anche alla importanza che ha avuto su di me il modello delle ballate (quello del romancero e, naturalmente, di Brecht}, che quanto sono andato cercando per tutta la vita nella «sonora cisterna» non era di dire la adolescenziale esperienza di separazione del «reale» e neanche una metrica a partire dalla quale stabilire una tensione con le intonazioni e le cadenze sintattiche, bensì una struttura fatta di opposizioni gestuali, di conflitti di voci, di tempi verbali, di conflitti emotivo-concettuali. Non si può allora parlare neanche di metrica verticale o della strofa,J.
Nonostante il parziale ridimensionamento dell'uso del concetto di metrica, è opportuno precisare che Fortini ha ancora in mente l'accezione numerica di ritmo formulata da James Craig La Drière, ovvero alternanza di tempi forti e tempi deboli (formula ripetutamente osteggiata da Meschonnic durante tutto il suo lavoro poetico). Sebbene sia presente in questa fase di riflessione una marcata attenzione verso una scrittura situabile entro i confini del gesto e del movimento - suggestione che Fortini, ancor prima di Merleau-Ponty, ricava da Brecht e che Brecht elabora a partire dalla lettura della Bibbia luterana, come Meschonnic dal testo masoretico-, risulta per lui impossibile l'adozione critica di un "ritmo" nell'accezione suggerita dal saggio di Benveniste. Le possibili aperture verso la gestualità e la voce gli arrivano invece dalla frequentazione dei saggi di Paul Zumthor sulla poesia medievale, autore che condivide con Meschonnic la valorizzazione dell'oralità e del corpo nella scrittura, in vista di una nuova antropologia del linguaggio94. Pur non dichiarando esplicitamente questa impasse teorica, Fortini pare dunque riconoscere, tra le righe del suo saggio, i limiti di una metrica intesa come proiezione normativa di un'organizzazione intellettuale e sociale, suggerendo una diversa configurazione dell'ordine della forma in chiave meno costrittiva rispetto alla geometria che ca,1 MB 62. (c.vo dell'autore). ,,. Cfr. F. Fortini, La poesia ad alta voce, SE 1562.-1578 (in particolare SE 1568 e sgg.)
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ratterizzava le proposte degli anni Cinquanta. Rimaneva aperta una frattura che Meschonnic tenterà di sanare a partire da una diversa formulazione del ritmo, svincolando il senso dcli'enunciazione dal carattere numerico della tradizione occidentale. Secondo quest'ultimo, infatti, «il n 'y a pas à laisser tomber le mot rythme [... ] mais à laisser la mesure à ce qui se mesure. Il s'agit de situer le rythme, pour que la force empirique du discours suffìse à en renouveler la conception. Le sens ne se mesure pas. Comme activité des sujets. Ne se compte pas non plus» 9 s. Per collocare l'apertura di Fortini verso una nuova concezione della forma, è possibile affiancare all'affermazione di Meschonnic la conclusione di Metrica e biografia, che rappresenta in un certo senso la presa di distanza più marcata rispetto alle posizioni espresse negli anni Cinquanta: Diciamo qui che sarebbe prevaricazione verbale della peggior specie confondere la scansione della scrittura e quella della biologia e biografia, il sistema di ritorni racchiusi o esibiti nella pagina e quello delle ossessioni personali o sociali o storiche. Abusare dell'etimo di «metrica» per parlare di prosodia, di reticolo di ritorni delle figure del discorso, questo mi sarà concesso, perché non mi proponevo di formalizzare rigorosamente quanto sono venuto dicendo; ma dilatare eccessivamente la metafora conduce al medesimo eccesso ciarlatano di chi chiama il mondo un testo. È questa una antica e gloriosa metafora, lo so bene, e teologica. Ma pecca di «cattiva infinità». Invece non posso che spingermi sul confine, dove cessa la mensurabilità del nostro mondo e delle nostre pagine; dove non c'è metrica perché non c'è misura''·
Se l'intervento discusso a Brighton due anni prima si chiudeva con la citazione paolina della Lettera ai Romani, «luogo capitale per la scrittura fortiniana» 97 , Metrica e biografia si conclude con due versi del Faust di Goethe, tradotto da Fortini poco più di un decennio prima. Sono i vv. 11. 306-7 estratti dall'Atto Quinto. Faust è ormai vecchio e ha ottenuto un feudo sulla costa con terre che si estendono senza confini, ma non sopporta che i due anziani
,s H. Mcschonnic, Critique du rythme cit., p. 2.15 [ «non è necessario abbandonare la parola rinno [••• ] ma lasciare la misura a ciò che è possibile misurare. Si tratta di situare il ritmo, affinché la forza empirica del discorso sia sufficiente a rinnovarne la concc7.ione. Il senso non può essere misurato. Come attività dei soggetti. Né può essere contato» (traduzione mia)]. "MB 73-74 . .,, Co11fini 9.
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Filemone e Bauci abitino in una piccola capanna all'interno del suo territorio. Infastidito dalla campana suonata dai due per «contemplare l'ultimo raggio di sole», Faust chiede a Mefistofele di sgomberare la capanna e di cacciare i due vecchi, per impadronirsi dei tigli del loro giardino, unici alberi che non gli appartengono e che per questo egli brama di possedere. Ma Mefistofele interpreta a suo modo l'ordine e incendia la capanna, uccidendo entrambi gli anziani abitanti. A prendere la parola nella scena è Linceo, il guardiano della torre del castello di Faust, che scorgendo il fuoco dall'alto interrompe il canto di gioia nei confronti del mondo al quale prima si era abbandonato. La contrapposizione tra i due momenti - il canto e il lamento - è netta. L'inno d'amore di Linceo sullo «splendore eterno» si scopre precario, frutto di una grande mistificazione (il mondo è quello creato da Mefistofele); di reale ci sono al contrario le fiamme che distruggono la capanna e l'idillio di una realtà che si rivela un'impostura modellata da una forma appartenente alla classe egemone: Non soltanto per mia gioia così in alto m'hanno posto. Dalle tenebre del mondo che orrore atroce mi s'agita contro! [... ] Questo dovevano i miei occhi vedere! Tanto lontano dovevano scernere! Rami grevi s'abbattono, crolla la piccola cappella, fiamme aguzze come serpi hanno avvinto già le vette. Fino alle radici i cavi ceppi, brace di porpora, ardono
Lunga pausa. Canto Quel che una volta fu grato allo sguardo coi suoi secoli sparì,8•
,a J. W. Goethe, Faust, traduzione e a cura di Franco Fortini, Mondadori, Milano 1970; cfr. anche LC 628-63 1.
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
L'orrore atroce che agita Linceo dalla torre è per Fortini «il rogo della capanna abitata da Filemone e Bauci [... ] data alle fiamme dal Demonio, l'agente immobiliare di Faust, imprenditore di terribili multinazionali» 99 • Scorgendo l'incendio dal balcone del palazzo, Faust sopraffatto dall'angoscia esclama: «Che è questo armonioso lamento dall'alto? / Parola e canto, qui, troppo tardi» 100. La contraddizione della poesia - il suo essere canto e lamento insieme, il suo procedere per forme alienate ma orientate allo stesso tempo alla liberazione - non si risolve nella stasi della contemplazione. La scrittura viene ancora configurata come dialettica tra privato e collettivo, tra mondo e corpo, quest'ultimo in tensione con il movimento impresso alla forma del verso. Per Fortini, il mondo stesso - complice il suo sostrato religioso, dove alla cultura ebraica si affianca il cristianesimo valdese - non deve ridursi a mera testualità: solo in una sua parte esso è «grammaticabile e mensurabile. Dove lo è, appare senza dubbio qualcosa in comune tra realtà e discorso sulla realtà» 101 • Soltanto in quello spazio è possibile la misura, oltre la quale resta aperta una prassi del linguaggio che non rinunci a quello che Bloch aveva chiamato «Principio di speranza», ma ne allarghi i confini, sposti i termini e gli interlocutori; e soprattutto, non confonda « il "di qui" mensurabile col "di là" incommensurabile» 102 •
"UDI 632.. 100 LC 631. 101 UDI 632.. 101MB 74·
2.66
Per una conclusione
Parli al plurale solo per ammonire i figli a non inciampare nei gradini. Tutto è Tremendo ma non ancora irrimediabile
F. Fortini, La realtà
Tutto se non si vince ritornerà
F. Fortini, La colli11a
Gli ultimi decenni della vita di Fortini sono segnati da un mutamento radicale nella visione dei rapporti tra l'attività politica e la scrittura poetica. In un'intervista rilasciata nel 1981, l'autore prendeva le distanze dalla persuasione che la parola poetica potesse e dovesse qualcosa contro «la trionfale organizzazione delle carogne»: «oggi non lo credo» - proseguiva - «altre debbono oggi essere le armi. Non necessariamente da fuoco. Ma armi. Anche di parole, dunque. Ma non necessariamente di poesia» 1 • Le dichiarazioni rilasciate nell'intervista riprendono in negativo una prosa del 1958 collocata nel risvolto di copertina dell'antologia di Una volta per sempre, dove Fortini confessava ancora di credere, pur nella coscienza dell'errore, alla verità di alcune sue poche poesie, poiché ogni loro verso portava il segno della contraddizione e si inseriva in una «natura cerimoniale dello scrivere, così rispettoso di ogni possibile istituzione retorica, così ben difeso dalla confusione delle categorie» 2..
UDI 313. F. Fortini, U,,a volta per sempre. Poesie :1938-1973, Einaudi, Torino 1978; G. Spagnoletti, Poesia italiana contempora,,ea :1909-1959, Guanda, Parma 1964', p. 679 (la frattura tra i due momenti storici è fissata in versi in CS 506). I
&
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
Gli inizi degli anni Ottanta segnano come abbiamo visto la dispersione della cerimonialità e della comunità, ora assorbite da un potere egemonico che appiattisce il tempo e lo spazio, con importanti ricadute sulla dimensione dell'estetico. Per Fortini diventa adesso difficile riconoscere nelle forme letterarie contemporanee il compito di veicolare un sistema di significati a partire dal concetto lausberghiano di ri-uso. In risposta a questo nuovo contesto, egli invitava il suo lettore a una diversa ecologia della letteratura, fondata sull'arresto della legiferazione ininterrotta di forme e gusti letterari, per agire al contrario introducendo «quote di silenzio dove l'urlio e la confusione impediscono ormai di udire qualsiasi parola» 3• L'operazione andava condotta - da parte di chi legge e di chi scrive, ma non nella lettura e nella scrittura - intervenendo sui costumi, sull'educazione e sulla comunicazione: Più che di «riùso» bisognerebbe parlare di «préuso»; di qualcosa che gode di privilegio e prestigio prima che si strappi la fascetta o si laceri l'involucro di plastica. Perché non ricordare che nelle società occidentali e almeno dall'età omerica il letterario pertiene soprattutto, anche se non esclusivamente, ali' agio, al decoro, al lusso, alla liberalità dei dominanti o al potere di scribi e sacerdoti?◄
Il problema non riguardava per Fortini la perdita dell'aura o la dissoluzione del primato dell'artistico e del poetico, di fatto auspicata in quanto causa di un infeltrimento delle società occidentali; né bisognava affidarsi alla soluzione promossa da Benjamin di una politicizzazione dell'arte come risposta all'estetizzazione della politica, dal momento che «l'arte politicizzata non cessa di essere arte, buona o cattiva; e quindi è sempre tentata dall'errore di credersi un bene in sé, avulso dagli altri beni»s. Tutt'al più, si trattava di seguire quello che lo stesso Benjamin aveva suggerito a conclusione del saggio L'autore come produttortf, senza tuttavia riporre una fiducia verso una filosofia positiva della storia. Consapevole che un tale SE 1626. SE 1623. s lbid. 'W. Bcnjamin, L'autore come produttore, in Id., Opere complete VI. Scritti z934I 9 3 7, a cura di R. Ticdcmann e H. Schwcppcnhauscr; cd. it. a cura di E. Ganni, con la collaborazione di H. Ricdigcr, Einaudi, Torino 2004, pp. 43-58. J
◄
2.68
PER UNA CONCLUSIONE
progetto dovesse essere considerato non inevitabile, quanto piuttosto doveroso, Fortini invitava a prendere coscienza della necessità di assumere le vittorie parziali conquistate come allegorie della «vittoria finale», che non ci sarà se non come «cuore e ragione delle singole vittorie parziali», nella piena coscienza che: Ogni vittoria di una parte è sconfitta dell'altra; enigmatica condizione che fa godere allo sconfitto un suo oscuro privilegio. Questi rovesciamenti paradossali (di cui vive, oltre tutto, il cristianesimo), questa dialettica dei possibili, non sono però, come per i mistici d'Oriente, fantasmagorie del desiderio e della morte; ma schemi costitutivi di realtà, appunto, possibili, di modi di relazione interumana ancora inediti, che attendono la propria incarnazione. Noi li percepiamo, oggi, come pietrificanti paradossi; e invece la loro legge, come quella mosaica per Vcnanzio Fortunato, ne fa umbra {uturorum, figura dcli' avvenire. Come la necessità di una struttura metrica, quelle vittorie storiche che lottiamo per conseguire ci fanno (faranno) a un tempo prigionieri e libcri 7 •
L'insistenza fortiniana verso una lotta contro il privilegio - ancora definita ricorrendo al dispositivo metrico - muta adesso armi nella ritirata, pronta nondimeno a individuare nuove strade da percorrere al fine di scongiurare la sottrazione della memoria e la gestione dcli' oblio, mediante un accordo tra azione e figuralità. Per compiere quest'operazione, diventava tuttavia necessario ridurre materialmente, anche sul piano quantitativo, l'escursione letteraria, esplosa nella produzione impazzita di un numero esorbitante di libri pubblicati ogni anno, nonché di continui aggiornamenti bibliografici e saggi critici nel contesto accademico, che avrebbero avuto effetti non indifferenti sulla qualità della durata della lettura e della ricezione dei testi. La stessa critica alla poesia va ancora letta come critica a un'idea egemone di poesia: «un'idea completamente sbagliata» - la riduzione della poesia alla lirica - che immette i lettori in una prospettiva ristretta, diventati «dei professionisti del fioretto, degli specialisti dell'essenza» 8 • Per combattere l'appiattimento neoliberista dell'esistenza e delle relazioni, rimaneva dunque indispensabile riprendere in considerazione ciò che il decennio 7
SE 1619. F. Fortini, I poeti, la città, interventi poetici nella città (z98z), in F. Podda, Il se11so della scena cit., p. 2.06. Cfr. SE 1645. 1
PARTE SECONDA. SOCIETÀ
«sanguinario, feroce, sordo e ipocrita» degli anni Settanta aveva fatto detestare, ovvero l'azione politica: Una via che è sempre non meno maestra né meno tremenda di quella della poesia, della scienza e della religione. [... ] Tramontate ormai le forme « politiche» della politica - ne sopravvive il fantasma nel sistema presente dei partiti e dei sindacati, tuttavia capace di guasti e peggio - già fin d'ora si vedono giovani che senza saperlo fanno la nuova politica. Una delle sue vie passa anche attraverso un ripensamento della lettura-scrittura, della letteratura e delle sue condizioni,.
I punti di questa «politica della parola» - del programma di riduzione del rumore di fondo convertito in produzione incontrollata di romanzi, poesie, saggi e articoli accademici - vengono enunciati nel citato Per una ecologia della letteratura. Per Fortini bisognava innanzitutto disinfestare e ridurre la «biblioteca immaginaria e intimidatoria che ronza fra una parola e l'altra, detta o stampata dai "media"»; selezionare, non per via amministrativa o burocratica, i testi da inserire nelle biblioteche reali proposte dalla scuola e dall'editoria; infine rifiutare la sacralizzazione (che non vuol dire, come precisa l'autore, ridurre il sacro al profano e viceversa, ma rendere distinguibili i due termini), nonché il pretesto di qualsiasi celebrazione, contemplazione, preghiera «che non passino anche attraverso [... ] una lotta per modificare il sistema entro il quale corrono le comunicazioni» 10• Fortini delinea insomma gli articoli di un programma da applicare in una società orientata a «controllare i propri consumi di "cultura" contro la prepotenza del loro spreco, indotto dalla manipolazione sfrenata, dal liberismo culturale e dal profitto» 11 • Un ruolo centrale nell'elaborazione di questo progetto viene affidato alla pedagogia. In epigrafe a un intervento del 1989 sul significato del termine «comunismo» - redatto nelle quaranta righe previste dalla redazione (che diventeranno ottanta, nella versione finale) intese come una «scommessa metrica» 12 - Fortini sceglie di inserire un estratto dell'Enciclopedia Garzanti che si conclude con l'importanza accordata ali' «educazione comune, pubblica, di tutti gli individui» come , SE 162.1-162.2.. IO SE 162.2.. Il lbid. u.
ER99.
PER UNA CONCLUSIONE
parte integrante della "dottrina" 13 • Comunismo è per Fortini un termine eterodosso, da non associare a una politica di partito, ma da intendere come un processo di liberazione in movimento, mai perfettibile e sempre in combattimento, distante da una tradizione di pensiero scientistica o illuministica (o meglio, non interamente assimilabile ad essa). Il suo «comunismo in cammino» (un altro, egli aggiunge, non esiste) si presenta come «la possibilità [... ] che il maggior numero di esseri umani - e, in prospettiva, la loro totalità
- pervenga a vivere in una contraddizione diversa da quella oggi dominante»••. Detto altrimenti, è la lotta per strappare il dominio agli oppressori e sfruttatori ( «in Occidente, quasi tutti; differenziati solo dal grado di potere che ne deriviamo») che costruiscono e garantiscono la propria libertà sulla non-libertà di altri uomini oppressi e sfruttati ( «e tutti, in qualche misura lo siamo; differenziati solo dal grado di impotenza che ne deriviamo»), i quali non sono migliori fintanto che ingannano se stessi con la speranza di trasformarsi, a loro volta, in oppressori e sfruttatori di altri uomini. Si tratta di un combattimento - anche di retroguardia - condotto in nome di valori indimostrabili e di paradossi che non vanno eliminati in ragione di un pensiero logico, che ha portato, a destra come a sinistra, alla produzione «dei sottouomini o dei sovrauomini; egualmente negatori degli uomini in cui ci riconosciamo» •s. Esso dovrà pertanto evitare «l'errore di credere in un perfezionamento illimitato; ossia che l'uomo possa uscire dai propri limiti biologici e temporali»: errore già presente nella cultura faustiana della borghesia vittoriosa dell'Ottocento, ma anche in Marx e in Lenin, e che «oggi trionfa nella maschera tecnocratica del capitale» 16 • Il comunismo, nell'accezione fortiniana, lascia aperta la contraddizione della forma tragica, dal momento che nessun nuovo sistema di rapporti potrà mai mutare il conflitto tra storia e natura, tra i limiti biologici dell'individuo e la temporalità ciclica delle stagioni 17• •J F. Fortini, Che cos'è il comunismo, in •Cuore» (supplemento settimanale delr •Unità»), 16 gennaio 1989; poi, con l'aggiunta dell'epigrafe e alcune righe d'introduzione relative alle circostanze della pubblicazione, in ER 98-101; ora in SE 1653-1656. 14 SE 1653 (c.vo dell'autore). IJ SE 1655. '' lbid. •1 Cfr. anche 011005: •Una cspcrien7.a "naturale" assume insomma caratteri storici e, perché storici, di classe. Però quel suo carattere di storicità e di classe è continuamente
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
Esso rimane pertanto inscritto nella contrapposizione dialettica tra i due poli sia come tensione tra morti e venturi sia come mediazione tra pensiero e corpo, quest'ultimo come mai finora presente a conclusione di una delle prose più rilevanti dell'ultima produzione fortiniana: Il comunismo è il processo materiale che vuole rendere sensibile e intellettuale la materialità delle cose dette spirituali. Fino al punto di saper leggere e interpretare nel libro del nostro medesimo corpo tutto quello che gli uomini fecero e furono sotto la sovranità del tempo, le tracce del passaggio della specie umana sopra una terra che non lascerà traccia 18 •
In questa tensione tra storia e natura, tra dominanti e dominati, Fortini continua a situare lo spazio letterario e poetico in accordo alla necessità di ridimensionare, fino alla scomparsa, il valore sacrale e teologico della poesia, che la pone nell'ordine del privilegio e la disgiunge da un'azione verso cui essa è, nella contraddizione, in grado di orientarsi; azione che, lo abbiamo visto, passa per un progetto di costruzione sociale in cammino. In questo modo, la produzione e, soprattutto, l'educazione all'opera poetica (così come la traduzione, la lettura e la scrittura) potrà disporsi come un'attività di mediazione o una proposta orientata alla conquista di una vittoria parziale, in un'ipotesi comunitaria. Elaborando uno spazio d'azione come formazione autocritica, condivisa e dialogica, l'opera sarà mediatrice nella sua conclusione, non nella sua intenzione, entro un paradosso non verificabile e non estinguibile con la teoria, ma riconducibile alle cause attraverso la lettura critica dei rapporti tra testo e contesto. Non a caso Mengaldo identificava la forma poetica di Fortini come un discorso consumato per speculum in aenigmate•9, ancora aperto alla visione paolina di una forma futuri, accordata con la proposta di una società il cui fine e la fine è «l'uso formale della vita omologo all'uso letterario della lingua»: Il comunismo in cammino adempie l'unità tendenziale tanto di eguaglian-
za, fraternità e condivisione quanto quella di sapere scientifico e di sapienza sommerso e riassorbito dalla "natura", tende a farsi inevitabilità, irrimediabile. La lotta del singolo contro quella inevitabilità è la ragione della forma tragica». •• SE 1656 (c.vo dell'autore). '' P. V. Mengaldo, I chiusi i,ichiostri cit., p. 16.
272
PER UNA CONCLUSIONE
etico-religiosa. La gestione individuale, di gruppo e internazionale, dell'esistenza (con i suoi insuperabili nessi di libertà e necessità, di certezza e rischio) implica la conoscenza delle frontiere della specie umana e quindi della sua infermità radicale (anche nel senso leopardiano). Quella umana è una specie che si definisce dalla capacità (o dalla speranza) di conoscere e dirigere se stessa e di avere pietà di sé. In essa, identificarsi con le miriadi scomparse e quelle non ancora nate è un atto di rivolgimento amoroso verso i vicini e i prossimi; ed è allegoria e figura di coloro che saranno 10 •
Trasformare una forma di linguaggio in una forma di vita e una forma di vita in una forma di linguaggio significa rifiutare l'identificazione tra mondo e discorso, tra cosa e parola. Solo a condizione di tale premessa è possibile per Fortini credere alle poesie e alle cose, ovvero condurre un'azione che non rinunci ali' estetico, a patto di demistificare la falsa sovrapposizione tra svolgimento della sintassi e immediata identificazione della parola con l'azione rivoluzionaria. Il sistema degli elementi formali di un'opera resta dunque legato a un depositum historiae che per Fortini ha molte delle caratteristiche di quello che Jameson ha chiamato «inconscio politico»: «a somiglianza della magica, religiosa e liturgica quella della poesia si rivelerebbe così [... ] lingua della ripetizione, del raddoppiamento, del ritorno, del parallelismo» 21 • Posto di fronte alla dimensione postmoderna, Fortini continua a declinare la relazione tra elementi testuali ed extratestuali sulla base dell'hegeliana dialettica fra servo e padrone, che tenta di sovrapporre alla funzione del linguaggio poetico impostata da Jakobson per comprendere la produzione discorsiva nei termini di "lavoro culturale". Anche il lavoro "artistico", «dal bricolage dei cosiddetti primitivi all'artigianato medievale e rinascimentale fino al moderno scrittore seduto al suo persona/», risulta infatti «una sequenza di operazioni mediante le quali il Servo si difende dalla morte e, in prospettiva, si emancipa»u. Tuttavia, il servo non produce la forma per fruirne, ma perché ne fruisca il padrone23 • Sarebbe per questo falsa la risoluzione (e dissoluzione) della dialettica servo-padrone da parte delle società postindustriali in un pensiero adialettico che SE 1655-1656. SE 1645. u Jbid. 1.J SE 1645-1646. lO
:u
2 73
PARTE SE.CONDA. SOCIETÀ
garantirebbe, ma a prezzo di una grave mistificazione, una libertà accessibile a tutti. Attraverso un'arte mimetica, le società neoliberiste avrebbero soltanto concesso l'interiorizzazione di quel conflitto entro lo spazio privato, « mentre alla loro periferia permane la condizione servile dei fornitori delle materie prime e degli addetti al terziario ripetitivo» 14 • Nella sua capacità di costruire forme, il discorso poetico permetterebbe così di rivelare il paradosso della sua stessa costruzione, ponendosi come momento di indagine dello spazio politico che lo contorna, dal momento che il testo stesso reca con sé la dialettica extratestuale, pur celata nell'inconscio e spostata oltre le barriere del visibile (un "visibile" a sua volta organizzato), dove servi e padroni assumono connotati fisici meno evanescenti. Ne consegue l'impossibilità di scindere l'attività di creazione da quella dell'azione, ma solo a condizione di tenere ferma la specificità dell'una e dell'altra: Di solito, per tradizione neoplatonica, si associa il poiéin alla libertà e il prattein alla necessità; qui si vuole invece che ogni lavoro, anche quello "poetico", sia nelrordine della necessità e servile e che neppure gli uccelli cantino in "libertà". Variante di un luogo vero e comune: che vi è rapporto stretto fra sazietà e danza, riposo e canto, agio e spettacolo, consumo e poesia. Solo apparente è allora la contraddizione fra condizione servile e s'tatus intellettuale da molte società e civiltà attribuito al poeta, cooptato dalla casta degli scribi e dei sacerdoti tramite il privilegio della scrittura. Infatti l'autore è anche il primo fruitore di se stesso e partecipa quindi della insuperabile duplicità dei liberti:r.s.
L'hegeliana dialettica servo-padrone viene riabilitata al fine di consentire il riconoscimento delle cause che fissano i rapporti tra esistenze nel mondo, tra centro di produzione e periferia, «fin dove il fango dei secoli non ci permette di distinguerle più» 16• Questo riconoscimento è possibile grazie a una critica all'istituzione letteraria compiuta attraverso un confronto «con altre istituzioni della convivenza umana» 17, che non deve arrestarsi a uno «smontaggio» delle ideologie dominanti tramite la sovversione avanguardistica, ma deve tenere ferme le ragioni che conducono allo sviluppo e al mantenimento delle z.t
:r.s ~ :r.1
SE 1645. SE 1650. SE 1652.. Ibid.
2 74
PER UNA CONCLUSIONE
strutture che le stesse ideologie coprono o mistificano. Il rapporto tra potere, dominio e linguaggio non è pertanto situabile soltanto all'interno di una visione allegorica e simbolica, ma nella sua connessione diretta col potere politico ed economico, poiché è nel linguaggio che agiscono le strutture di dominio e di subordinazione presenti nella realtà sociale così come in quella psichica: La storia dei sentimenti e dei pensieri si specchia in quella dei rapporti interumani determinati dai conflitti per la sopravvivenza come pure dai fantasmi profondi che ci abitano, e cioè dall'inconscio storico e finalmente dall'universo dei bisogni e della economia politica18 •
Di fronte all'uditorio della Harvard University, Fortini tornava a chiedersi nel 19 87 «se i vari gradi delle figure del discorso e di ritmo, la sequenza dell'asse sintattico che si rovescia in fuga verso l'immobilità paradigmatica, e insomma tutto l'intreccio di "prosa" e "poesia" in cui viviamo, non abbia le sue radici - e i suoi fiori anche in quello che mezzo secolo fa Bertolt Brecht ebbe a chiamare "il secco, 'ignobile' lessico / della economia dialettica"» 29 • Un invito a cogliere i rapporti che costruiscono i prodotti materiali, artistici e simbolici, fin a scorgervi dentro anche le nostre relazioni, pubbliche e private. Ma anche una sfida volta a evitare, al contrario di quella formica di fronte alla matita protagonista di una prosa di Insistenze, di ribaltarsi sul dorso quando le antenne toccano il muro; e a differenza della formica valicarlo, considerare l'ipotesi della salita, senza escludere al contempo il rischio che l'azione richiede: Nessuno deve vagheggiare il rischio. Ma conoscerlo e fissarlo in viso, questo sì. Ma dirne i termini; che è anche un modo di prepararsi a vincerlo, quando lo si dovesse affrontare. Questo richiede che ci sia chi si fa provocatore e chiede di verificare i mandati di quanti si attribuiscono il diritto e la responsabilità della prudenza. Responsabilità non è soltanto un tristo eufemismo per indicare le regole del gioco, che tanto più ti si chiede di rispettare quanto meno le hai stabilite; responsabile è anche chi ha capacità di comparire quando sia chiamato. Come lo saremo, non so se temo o spero, un giorno o l'altroJ 0
•
11
lbid. lbid. JO SE 152.1. 1
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2.75
Ringraziamenti
Questo libro nasce da una ricerca compiuta durante gli anni di dottorato tra Bologna, Vcnezia e Parigi ed è frutto di un lavoro di riscrittura della tesi discussa nel 2.019. A conclusione di questo percorso, desiro ringraziare il «Centro Studi Franco Fortini» dell'Università di Siena e in particolare Elisabetta Ncncini e Luca Lenzini, che mi hanno concesso più volte la generosità di un confronto mettendo a disposizione materiali indispensabili per poter condurre questa ricerca. Il mio riconoscimento va a Davide Luglio e a Silvana T amiozzo Goldmann, per il ripetuto sostegno e la fiducia, e a Dario Gentili cd Elettra Stimilli per aver creduto in questo progetto. Ringrazio Daniele Balicco, Marco Antonio Bazzocchi, Stefania Caristia, Giuseppe Carrara e il gruppo di lettura dei Dieci inverni, Stefano Colangelo, Paolo Desogus, Francesco Diaco, Alessandro Fiorillo, Paolo Giovannetti, Manuele Gragnolati, Filippo Milani, Antonio Montefusco, Giuseppe Sangirardi, Emanuele Zinato per le preziose occasioni di dialogo che hanno accompagnato questi anni. Ringrazio l'ELCI, l'Équipe littérature et culture italiennes, e le mie colleghe e colleghi dell'ERjIS, l'Équipe dc rccherchc dcs jeunes italianistes di Sorbonne Univcrsité. Questo lavoro non sarebbe stato possibile senza il supporto e l'amicizia di chi, nei momenti passati insieme, più di una volta ha reso «meno sconsiderata la speranza». Ringrazio per questo Silvia Cucchi, Alexandra Khaghani, Grazia Scocca, la mia solida casa bolognese abitata in ogni spazio da Letizia Colopi, Vito Di Battista, Marco Nardini e Martina Vischetti, le mie colleghe e amiche veneziane, in particolare Carla Dc Nardin. Grazie a Laura Maver Borges per avermi insegnato che è possibile accogliere insieme verità e tenerezza, «contrapposte e unite», e a Giuseppe Andrea Liberti per essere l'interlocutore costante e il destinatario delle parole e dei bianchi che uniscono queste pagine. Un ringraziamento va inoltre a Federica e alla mia famiglia. Infine, e per ogni momento, ringrazio Giò, «dove il mare sta».
2.77
Indice dei nomi
Abati, Velio 11, 108n Abcrcrombie, David 71 n Adorno, Theodor Ludwig Wicsengrund 2.2., 36, 43n, 54 e n, 130, 171, 180, 2.02.n, 2. 3 2. Agamben, Giorgio 2.2. e n Agosti, Stefano 7 4n Albright, Daniel 1 1 1n Allen, Donald I I 1n Amodio, Luciano 192. e n Anastasio Sinaita 2.51 Anccschi, Luciano 104, 105 e n, 110 Andreoli, Aldo 1 16n Aragon, Louis 140 Ariosto, Ludovico 2. 54 Arnaut, Daniel 184 Asor Rosa, Alberto 43, 156 n, 2.18 e n, 2.2.4 e n, 2.2.5 e n, 2.2.6 e n, 2.3 2. e n, 2 33, 2.34 e n, 2.5 5 n Auerbach, Erich 2.2.0, 2.36 e n, 2.37 e n, 2.38 Bacchelli, Riccardo 114 e n, 115 e n, 116 en Balestrini, Nanni 1 2.7 Balicco, Daniele 45n, 81n, 82.n, 2.1 m, 2.15n,2.16n,2.41n,2.47n Bally, Charles 2.2. Bandini, Fernando 7 4n, 8 3 n Barenghi, Mario 2.2.on
Barth, Karl 2. 3 7D Barthes, Roland 2.2.8 e n Basaglia, Franco 173 Bassi, Lorenzo 2.02.n Baudelaire, Charlcs 36 e n, 2.60 Ba7.zocchi, Marco Antonio I oon Beethoven, Ludwig van 2.60 Beltrami, Pietro G. 5m, 186n Benjamin, Walter 13, 17n, 18, 166, 2.35, 2.68 e n Benveniste, ~mile 51n, 12.0 e n, 12.9, 2.63 Bernini, Gian Lorenzo 99 Bertinetto, Pier Marco 1 18 e n, 1 19 e n, 12.0 e n, 12.1 e n, 12.2., 12.3, 12.4 e n, 12.6, 130, 2.43 Bertolucci, Attilio 12.7 Betocchi, Carlo 1 2.8 Binni, Lanfranco I o Blaisc, Albert 2.57n Bloch, Emst 2.66 Blok, Aleksandr A. 1 13 Bo, Domenico 5 6n Bobbio, Norberto 3 5n Bodei, Remo 2.0 e n, 2.4 7 Bona6n, Massimo 181 n Bonavita, Riccardo 19n, 38n, 39n, 42.n, 138n, 140 e n, 149n, 183n, 2.02.n Bonomi, Andrea 2.40n Boulcz, Picrre 69 Brailoiu, Costantin 2.03, 2.04n
INDICE DEI NOMI
Brecht, Bcrtolt 2.2., 2.7, 64, 65 e n, 93n, u6, 135, 138, 139, 140 e n, 141, 142.n, 143 e n, 145, 146 e n, 147 e n, 148,151, 152., 153 en, 154,159,160, 164, 168, 186, 2.63, :z.75 Brentano, Clemens 145 Breton, André 46, 47n Bumiller, Anna 1 16 Calarne, Claude 51 n Calcnda, Corrado 184n Calvino, Italo 2.2.on Cangiano, Mimmo 98n Caproni, Giorgio 9 5 Caravaggio, Michelangelo Merisi detto il 156 Carbognin, Francesco 78n Cardarclli, Vincenzo 73 Cascs, Cesare :z.o e n, 2.7 e n, :z.8n, 42.n, 43, 52. e n, 53, 166n, 199 e n Casso la, Carlo 13 Castellani, Carlotta 1 1:z.n Catullo, Gaio Valerio 82.n Cecchi, Emilio 106 Ceppa, Leonardo 54n Cepraga, Dan Octavian 2.04n, 2.05 e n Cervoni, Aurélia 2.48n Chantrainc, Pi erre 51 n Chiarcossi, Graziella 92.n Chiarloni, Anna 146n Chrusccv, Nikita Scrgecvic 42. Ciccuto, Marcello 2.4 7n Colamarino, Tito 56n Colangelo, Stefano 50, 51 e n, 70n Contarini, Silvia :z.on Contcssi, Pier Luigi 58n, 59n Contini, Gianfranco 1 14n, 11 5 e n Cortcllcssa, Andrea 2.on, 78n Craig La Drièrc,Jamcs 6o, 72., 74,111, :z.63 Creelcy, Robert II m Crispolti, Enrico 13 5n Dal Bianco, Stefano 74n, 80 Dalimier, Catherinc 5 1n Dalmas, Davide 86n, 138 e n, 139n Dante Alighieri 36 e n, 184, 2.46 Davoli, Ninetto 93 Dc benedetti, Giacomo 106 Dc Laude, Silvia 3 7n, 1oon
del Cossa, Francesco 14 Del Fra, Lino 2.52. Dc Libero, Libero 73 Della Corte, Federico 166n, 191n Della T crza, Dante :z. 3 7n Dc Luca, Bernardo I o, 70n, 1 14 e n Dc Martino, Ernesto 2.2., 194n, 196 e n, 197 e n, 198 e n, 199 e n, 2.14n, 2.4:z.n, 2.53 e n, :z.57 Dc Pieri Bonino, Maria Luisa :z.37n Dc Robertis, Giuseppe 106 Dcsogus, Paolo 98n, 199n Dcssons, Gérard 61 n, 12.9n Diaco, Francesco 2.0n, 4:z.n, 53n, 70n, 15:z.n, 156n, 166n,174n, 184n,:z.35n Di Girolamo, Costanzo 1 17n Di Salvo, Maria 181 n Duhaimc, Douglas 1 1 1n Diirer, Albrecht 2.48 Dutschke, Rudi :z.6:z. Eckermann, Johann Pcter 148 Edison, Thomas Alva 4 5 Eliot, Thomas Stcams, :z.9n, 4 5 Éluard, Paul 56n, 57n, 138, 140 e n, 142. e n, 143 e n Engels, Fricdrich 103 Enrico VII di Lussemburgo 36n (v. Arrigo VII di Lussemburgo) Enzensberger, Hans Magnus 151 e n Esposito, Edoardo 70n Esposito, Roberto :z.on, 105 e n Falcetto, Bruno 2.2.on Fantappiè, Irene 86n, 137 e n, 138n, 149 e n, 153n Fellin, Armando 103 n Ferretti, Gian Carlo 8 5n Fichera, Gabriele 98n Fini, Carlo u8n, 14m, 156n, 162.n, 2.4m, 2.47n Flora, Francesco 106 Folena, Gianfranco 13 7 e n Ford, Henry 4 5 Fourier, François Marie Charlcs 37 Frasca, Gabriele 184n, 18 5n Fricdlandcr, Bcnjamin 111n Friedrich, Hugo 141 e n, 2.06
2.80
INDICE DEI NOMI
Gallitelli, Eleonora 177n Gambetti, Giacomo 93n Ganni, Enrico 2.68n Gasparov, Michail L. 72.n, 79n, 178 e n Gaspcrina Geroni, Riccardo 199n Gatto, Marco 98n, 241n Gaunt, Simon 2.46n Ghidinelli, Stefano 70n Giovannetti, Paolo 69, 70n, 71n, 75n, 78, 79n, 80 e n, 83 e n, 88 e n, 112.n, 114n, 116n, 12.1 e n, 155, 185 e n Giovannu7.zi, Stefano Son Giudici, Giovanni 12.7 Giuliani, Alfredo 79, 8on, 97, 104 e n, 105 e n, 106 e n, 107 e n, 108 e n, 109, 110 e n, 111, 112. e n, 113 e n, 114n, 163n, 2.08, 2.09 e n Goethe, Johann Wolfgang 137, 145, 148, 159, 160, 166, 167, 186, 190n, 199, 2.19,2.2.0,2.2.2.,2.64,2.650 Goldmann, Lucien 2.2., 18 3, 192. e n, 194 Gramsci, Antonio 49, 98, 101 Gregori, Elisa 2.36n Gronda, Giovanni 162.n Guiducci, Armanda 2.06 Guiducci, Roberto 2.06 Guiraud, Pierrc 175 e n Guyaux, André 2.48n Hall e, Morris 2.4 7 Hamill, Petc 2.59n Haydn, Franz Joseph 178 Hegcl, Georg Wilhclm Fricdrich 2.2., 64, 2.20
Hiilderlin, Friedrich 145, 2.60 Hopkins, Gerard Manley 12.9 Horkheimer, Max 171 Huillct, Danièle 3 9, 40 Hytier, Jean 248n lppoliti, Francesca 70n Issclstcin, Ursula 146n Jachia, Paolo 10, u, 156n, 2.35n, Jakobson, Roman 2.73 Jamcson, Fredric 2.4m, 2.45n, 2.73 Kamkhagi, Vancsm 61 n Kay, Sarah 246n
2.81
Kcyscr, Samucl Jay 247 Kierkegaard, Seren 90 Krumm, Ermanno 105, 106 e n Landolfi, Andrea 166n Lassaigne,Jacqucs 2.04 e n Lausbcrg, Heinrich 131 n, 2.00 e n, Lavezzi, Gianfranca 71n, 75n, 79n, 8on, 83n,88n,114n,116n, 12.1n, 185n Lawton, Paul 2.8n, 161 n, 1Son, 2.2.2. e n Le Goff, Jacqucs 2.4 3 Lciscr, Ruth 65n, 116, 137, 2.35 Lenin, Nikolaj pscud. di Vladimir 11,ic Ul'janov 36, 54, 177, 2.09, 2.71 Lcnzini, Luca 9, 10, 8:z.n, 93n, 149n, 150 e n, 162.n,2.13,2.57n,2.58n Leonardo da Vinci 2.48 Leone, Sergio 181 n Lconctti, Francesco 41 Leopardi, Giacomo 2.60 Lisciani-Petrini, Enrica 2.on Lloyd Jamcs, Arthur 7 m, 11 5 Lucrezio Caro, Tito 103 e n Luglio, Davide :z.on Lu Hsiin 7 Lukacs, Gyorgy 2.2., 70n, 2.2.0, 2.2.7, 2.39 Lupcrini, Romano 82., 97 e n, 2.37n, Luzi, Mario 106n, 12.8 Magrini, Giacomo 2.41 e n, 2.51, 2.52.n Majakovskij, Vladimir Vladimirovic 1 13 Malebranche, Nicolas 54, 240 e n Mallarmé, Stéphane 174 Manara, Matilde 15 m Mandel'stam, Osip F.miPevic 12.0 e n, 187, 2.07, 246 e n Manfredi, Anna 186n Manganelli, Massimiliano 2.41 n Mangini, Cecilia 2. 5 2. Mann, Thomas 45 Mannino, Vincenzo 8 5n Manzoni, Alessandro 76, 77, 1 17 Mara1.zini, Claudio 186n Marchesini, Matteo I o Marcusc, Herbcrt 2.02. e n, 2.15n, 2.31 e n Mari, Lorenzo 98n Marrucci, Marianna 1 1 Marx, Karl 35n, 37, 38n, 148, 194n, 195n, 2.oon, 2.31, 2.51 e n, 2.54, 2.71
INDICE DEI NOMI
Masi, Edoarda 2. 3 8n Masi, Leonardo 1660, 191n Mathieu, Carlo 2.36n Meizoz, Jén>me 149n Menci, Francesca 2.35n Mengaldo, Pier Vinccn7.0 9, 14n, 15 e n, 16 e n, 19n, 32.n, 61, 62.n, 70n, 95 e n, 105, 114 e n, 12.30, 130, 131 e n, 1400, 1410, 1430, 1560, 159 e n, 162., 164e n, 166, 1790, 182., 184e n, 1860, 1870, 189 e n, 2.72. e n Menichetti, Aldo 76 e n, 77n, 114 e n, 115 e n, 1 17n, 1 18, 1 19 e n, 184n Merlcau-Ponty, Mauricc 2.2., 2.40n, 2.42. e n, 2.60n, 2.63 Mesa, Giuliano Son, 1 2.7n Meschonnic, Henri 5 1n, 61 e n, 1 2.0, 1 2.8, 12.9 e n, 2.63, 2.64 e n Michcls, Karen 51 n Miegge, Giovanni 2.37n Mila, Massimo 117n Milton, John 2.47n Montale, Eugenio 79, 12.6 e n, 13 7, 140, 2.62. Montefusco, Antonio 2.on Miinzcr, Thomas, 70 n Muzzi, Nino 166n Naldini, Nico 4m, 83n Nava, Giuseppe 2.5 5n Negri, Toni 2.0n Ncncin~ Elisabetta 9, 152.0, 166n, 2. 16n Ncspor, Marina 71n, 115n Niet7.sche, Fricdrich Wilhclm 37, 2.43 Norberg, Dag 1 1o e n Noventa, Giacomo 139, 140
Pancrazi, Pietro 106 Panofsky, Erwin 5 1n, 18 3 Paolo di Tarso 88, 2.38n Pareyson, Luigi 173n Pasolini, Pier Paolo 14, 2.2., 37 e n, 38, 41 e n, 82., 83 e n, 84n, 85, 86 e n, 87, 88 e n, 89-91, 92. e n, 93 e n, 95 e n, 96, 97, 98 e n, 99 e n, 100 e n, 101 e n, 102.-107, 108 e n, 113, 116, 12.3, 12.8, 173 e n, 1770, 2.13 Passannanti, Erminia 156n, 2.55n Pavese, Cesare 6o, 77 e n, 79, 89, 1 14, 11 5 e n, 1 16, 1 17 e n, 1 18 e n, 1 5 5 Peluso, Sabatino 10 Petrarca, Francesco 184, 2.2.1, 2.6o Picconi, Gian Luca 199n Pike, Kenneth Lee 71 n Pinchera, Antonio 163n Podda, Fabri7.io 30n, 1650, 2.43n, 2.69n Porta, Antonio 12.7 e n, 12.8, 163 e n Poussin, Nicolas 2.4 7n Praloran, Marco 51 n Pretagostini, Roberto 5 1n Prete, Antonio 166n Proust, Marccl 17, 54, 2.40, 2.41, 2.44 Quasimodo, Salvatore 73, 117
Olson, Charlcs 72., 110,111 e n, 112. e n Orazio Fiacco, Quinto 56 n Ordii, Giorgio 12.7 Ossola, Carlo 33n Ostolopov, Nikolaj Fcdorovich 181
Raboni, Giovanni 19, 2.on, 2.1 n, 2.8, 2.9 e n, 66 e n, 67, 114 e n, 139, 168 e n Racine, Jcan 57, 193, 194 Radio, Giulia 33n Rappa7.zo, Felice 9, 1900, 191n Ravera, Marco 173n Reccia, Alessandra 2.36n, 2.37n Ricdiger, Hellmut 2.68n Rimbaud, Arthur 2.48 e n Ripcllino, Angelo Maria 12.on Rossanda, Rossana 10 Rosselli, Amelia Son Rossi, Tiziano 106n Rovcrsi, Roberto 4 1, 2. 5 1 Russo, Luigi 106
Paccagnella, Ivano 2.36n Paci, Enzo, 2.4 7n Pagliarani, Elio 12.8 Pagnanelli, Remo 3 3 n
Sanguineti, Edoardo 87, 12.8 Santarone, Donatello 1 1, 14n, 70n, 2. 3 6n Sapiro, Gisèle 18 e n Sartre, Jcan-Paul 2.39
6 Ccallachain, Éanna 8 2.n
INDICE DEI NOMI
Schiller, Fricdrich 2.060, 2.31 Sccab, Moammcd 181 Schiaffino, Gabriella 1770 Schmitt, Jcan-Claude 51 n Scotto, Fabio 61 n Schwcppcnhauscr, Hcrmann 2.680 Scotti, Mariamarghcrita 82.n Scgre, Cesare 2.8n Sereni, Vittorio 12.7, 12.8, 137 e n, 1380, 2.54 Shakespeare, William 3 3 Shclley, Percy Bysshe 2.60 Shiplcy, Joscph Twadcll 6on Siciliano, En7.o 12.7n Simonctti, Gianluigi 2470 Sisto, Michele 86n, 1370, 1380, 1660 Siti, Walter 370, 830, 85 e n, 86n, 1000, 1010, 1180, 12.3 e n, 189 e n, 190 e n,2470 Slarzynska, Malgon.ata 166n, 191 n Soldani, Arnaldo 183e n Solmi, Renato 17, 43 e n, 540 Solmi, Sergio 12.8 Spagnolctti, Giacinto 2.670 Spiaer, Leo 39, 52., 53 e n, 192., 2.20, 2.2.2., 2.34 Straub, Jcan-Marie 39, 40 Stravinskij, Igor' Fcdorovic 18 5 Strummicllo, Giusi 2.on T agliafcrri, Aldo 1 1o, 1 11n Talamo, Roberto 1890 Tasso, Torquato 2.54 Tcnco, Luigi 190 Ticdcmann, Rolf 2.680 Tinacci Valcntina 11 Tirinato, Maria Vittoria I o, 1490, 167 e n
T ogliatri, Palmiro 93 Tomascvskij, Boris Viktorovic 2.2., 59 Tommaseo, Niccolò 115, 12.8 Totò, pscud. di Antonio dc Curris 93 Turchetta, Gianni 700 Tynjanov, Jurij Nikolaevic 181 e n, 182., 189 en Ungaretti, Giuseppe 33 e n, 117, 168, 1800, 181, 182., 184 e n, 1890, 2.58 Valéry, Paul, 173-176, 2.480 Vegliante, Jcan-Charlcs 700 Venanzio Fortunato 2.69 Venuti, Roberto 1660 Verbaro, Caterina 99 e n Vetri, Lucio 1050 Villalta, Gian Mario 7 4n Vittorino, Caio Mario 1 1o Voronca, Ilarie 2.04 e n Wachtcl, Michail 177 e n, 178 e n Wamke, Martin 5m Warren, Austin 2.2., 580, 59 e n, 630, 72. cn Wcil, Simone 54 e n, 550, 56,570, 240 Wellck, René 2.2., 580, 59 e n, 630, 72. e n Wcttstcin, Jacqucs 2.460 Zabagli, Franco 92.n Zagari, Bianca 1460 Zampa, Giorgio 12.6n Zanzotto, Andrea 73, 740, 76-78, 83, 108 e n, 12.8 Zinato, Emanuele 2.350, 2470 Zingone, Alcxandra 2470 Zumthor, Paul 2.63