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Italian Pages 86 [43] Year 1967
ISTITUTO DI FILOLOGIA CLASSICA UNIVERSITÀ DI URBINO
FILOLOGIA E CRITICA COLLANA DIRETTA DA BRUNO GENTILI
3.
GIULIANA LANATA
MEDICINA MAGICA E RELIGIONE POPOLARE IN GRECIA FINO ALL'ETÀ' DI IPPOCRATE
E D I Z I O N I DELL'ATENEO ROMA
Indice
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C opyright © 1967 by E dizio n i d e ll’A ten eo R om a, via A n ton io Musa, 15 V rinted in Ita ly
Premessa
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Medicina magica e religione popolare in Grecia fino all’età di Ippocrate
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Indice dei nomi propri e delle cose notevoli
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Indice dei passi citati
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Indice degli autori moderni
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Sembrerà sproporzionato che io senta la necessità di pre mettere alcune righe, diciamo così di cronistoria e di giu stificazione, a un saggio così breve, per avvertire che que ste pagine sono nate esattamente come sono scritte, come riflessioni, appena un po’ più discorsive di un usuale com mento, attorno a un passo di autore antico. Stavo lavorando a un commento al De morbo sacro di Ippocrate, impresa che non dispero ancora di portare a termine un giorno o l’altro; e nello sforzo non dico di risolvere, ma di impostare alcuni problemi del pensiero scientifico e filosofico greco sullo scor cio del V secolo a.C. prestavo scarsa attenzione alle pagi nette introduttive del trattato, alle figure di guaritori e tau maturghi che l’autore vi descrive per contrapporvi, in pole mico chiaroscuro, i metodi e i procedimenti della medicina scientifica. Ma quando mi risolsi a concentrare la mia atten zione su quelle pagine così singolari, mi fu subito chiaro che, per interpretarne esaurientemente i dati, non bastava un at teggiamento di ironica sufficienza o di sdegnosa polemica come quello adottato dall’autore; e dopo parecchi tentativi in varie direzioni, sono arrivata alla conclusione che la ri cerca vada indirizzata soprattutto sul piano antropologico, anche se, come il lettore vedrà, gli strumenti di cui mi servo nelle pagine che seguono non sono soltanto quelli dell’an tropologia. Perché questa premessa? Per prevenire alcune possibili obiezioni del tipo di quelle che trovano espressione nelle pacate parole con cui M.P. Nilsson indica, fra i pericoli della ricerca antropologica, quello di scegliere, fra le varie testi monianze, solo quelle adatte alla dimostrazione di una tesi
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predeterminata, e di trascurare le altre. Le conoscenze antro pologiche del grande studioso della religione greca sono ster minate; la sua simpatia per il mondo delle tradizioni popo lari è garantita fra l’altro dalla sua appartenenza, orgogliosa mente rivendicata, a una vecchia famiglia di agricoltori sve desi; quest’obiezione non certamente malevola o preconcetta va quindi presa in seria considerazione. Ma, da un lato, mi sembra che il pericolo di una comoda selezione più o meno cosciente dei dati non sia caratteristico soltanto di questo metodo d’indagine; e dall’altro mi pare che il capitolo ini ziale del De morbo sacro, che presenta un quadro coerente e unitario, possa offrire a questo proposito una sufficiente tranquillità. Il mio discorso è esposto, credo, a un secondo tipo di obiezioni, che E.R. Dodds, nella prefazione a pagine ben più importanti delle mie, si prefigurava nella formula « I Greci non erano selvaggi »; formula che recentemente si è sentita risuonare qua e là ad esempio nelle discussioni e recensioni sollevate da una stimolante relazione di K.J. Dover a uno degli ultimi Entretiens della Fondazione Hardt, in cui una nuova visione storica della poesia archilochea, che si sottrae a questioni del tipo De Archiloco Homeri imitatore e inse risce Archiloco nella tradizione del « canto popolare » greco, poggia anche su esempi tratti da culture pre-letterarie (« sel vagge »! ) del mondo moderno. È forse troppo malizioso ve der affiorare, dietro alla preoccupazione legittima sulla liceità dell’uso analogico di materiali tratti da contesti storici e so cio-culturali diversi e lontani, anche quella a parer mio meno legittima di salvaguardare l’unicità non storica, ma paradig matica di un popolo come quello greco che non sarebbe stato mai, in nessun momento o aspetto della sua cultura, « pri mitivo »? Come il lettore di queste pagine avrà modo di con statare, l’aspetto legittimo di questa obiezione metodolo gica è da tempo al centro della stessa ricerca antropologica,
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che vi ha dato delle risposte da cui l’impostazione del m io lavoro è stata largamente condizionata; d’altronde, il riferi mento, nel corso di un’analisi della medicina magica nella Grecia classica, a una « teoria generale della magia », non mi è sembrato meno giustificato del ricorso ai princìpi della linguistica generale per l’interpretazione di problemi lingui stici particolari e storici. Un’ultima considerazione. L’applicazione della ricerca an tropologica alla cultura classica, per quanto piuttosto impo polare in Italia (fatte le debite eccezioni: ma qui si tiene conto soltanto del livello medio di diffusione ), ha ormai una lunga storia: e Clyde Kluckhohn nel 1960, nel suo Anthropology and thè Classics, poteva tracciarne un breve consun tivo, e insieme indicarle alcune nuove prospettive, ripren dendo il titolo di un’analoga impresa di R.R. Marett risa lente al 1908. Per non dilatare eccessivamente le note ho citato di solito, anche per quel che riguarda la storia della religione greca, bibliografia relativamente recente. E mi si rimprovereranno forse molte « omissioni ». Ma il fatto che, per fare un solo esempio, non si trovi citato il grande nome di Erwin Rohde non significa perciò che io lo consideri, come si suol dire, « superato ». E d ’altra parte quante cose un Lobeck, o un Lehrs avevano compreso della religione popo lare dei Greci ancora prima della scuola antropologica di Cambridge, e dei suoi strumenti d’indagine? Nel licenziare queste pagine sento il gradito dovere di ringraziare il Ministero dell’Istruzione olandese, che mi ha permesso un soggiorno estivo a Leiden dove ho potuto rac cogliere molto del materiale su cui si fonda questa ricerca; e sono lieta altresì di esprimere una più personale gratitu dine agli amici della Bibliotheek der Rijksuniversiteit e della Bibliotheek v.h. Museum v.d. Geschiedenis d. Natuurwetenschappen della stessa città, che hanno facilitato il mio lavoro con la loro costante, cordiale, sollecita collaborazione. Il ma noscritto era ormai in tipografia quando ho potuto consul-
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tare ad Amburgo, per la liberalità del direttore prof. J.H. Kiihn e dei redattori, il materiale ivi raccolto ed ela borato in vista dell’edizione del lessico ippocratico. Questo mi ha permesso di aggiungere sulle bozze alcune utili pre cisazioni. Un ringraziamento particolare desidero manifestare al prof. Bruno Gentili, che, nell’ambito di una serie di attività promosse dall’Istituto di Filologia Classica dell’Università di Urbino, ha voluto accogliere questo saggio in una collana da lui diretta. G. L.
MEDICINA MAGICA E RELIGIONE POPO LARE IN GRECIA
Il breve trattato che s’intitola La malattia sacra 1 occupa, secondo un giudizio ampiamente condiviso, un posto di pri mo piano fra le opere del Corpus Hippocraticum. L’autore2 vi confuta, con mordente ironia e lucida consequenzialità, l’opinione che l’epilessia, la malattia cosiddetta sacra, abbia un’origine soprannaturale, vada attribuita ad un intervento divino e demonico, e debba quindi essere curata con puri1 Περί ίρής νούσου: Hippocrate, CEuvres... par E. Littré VI, Paris 1849, p. 352 sgg.; Hippocrates... by W.H.S. Jones II, London 1923, p. 138 sgg. Nel presente saggio, per comodità del lettore, sono sempre citate sia l’edi zione di Littré (L.) che quella di Jones (J.) con il numero della pagina e della riga, e senza il numero del volume. La tradizione manoscritta di questo trattato è stata di recente studiata da A. Rivier, Recherches sur la tradition manuscrite du tratte hippocratique « De morbo sacro », Berne 1962, da cui si attende l ’edizione nel Corpus Medicorum Graecorum. È in pre parazione altresì un’edizione nella collana « Ars Medica » dell’editore de Gruyter di Berlino a cura di H. Grensemann. Io mi attengo al testo a tutt’oggi per questo trattato meno insoddisfacente, quello di Jones. Quel che oggi sappiamo sulla tecnica compositiva della prosa greca arcaica, e alcune documentate ricerche come quelle di F.J. Diliger, Ιχθ ύ ς II, Miinster 1922, p. 359 sgg., ci rendono assai meno corrivi a supporre interpolazioni o a procedere ad atetesi di quanto non fossero ad esempio U. von Wilamowitz (Die hippokratische Schrift περί ίρής νούσου, Sitzunsgsber. Beri. Akad. 1901) o O. Regenbogen (Symbola Hippocratea, Diss. Berlin 1914). Dello stesso Wilamowitz si può vedere un’edizione estremamente « pur gata » del nostro trattato nella seconda parte del primo volume del Griechisches Lesebuch. L’unica edizione commentata è a tutt’oggi quella di F. Dietz, Hippocratis de Morbo sacro liber, recensuit etc. F.D. Lipsiae 1827. Gli altri trattati ippocratici sono citati, quando è possibile, secondo Heiberg (C.M.G. I 1) o Kiihlewein, altrimenti secondo Littré. 2 Mi sembra inutile sollevare il problema dell’autenticità, che richiede rebbe un discorso a parte, visto che la Malattia sacra è qui studiata solo per le testimonianze che essa offre sulla medicina primitiva dei Greci. Par lerò quindi sempre dell’autore o di « Ippocrate ». Più pertinente se mai è il problema della datazione, per cui si veda più avanti la nota 17.
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ficazioni, con formule d’incantesimo, con l’osservanza di in terdizioni dietetiche e di pratiche superstiziose. Dimostrata l’infondatezza, l’incongruenza e la fondamentale empietà di queste concezioni magiche, e ricondotta anche l’epilessia nel l’ambito delle medesime cause naturali che determinano tutti i fenomeni morbosi, l’autore individua la causa specifica di questa malattia in una imperfetta depurazione del cervello nell’embrione, e nella conseguente presenza nel corpo di un eccesso di flegma che altera il normale movimento del san gue e dell’aria nelle vene, e per conseguenza produce i sin tomi tipici dell’attacco epilettico, difficoltà di respirazione, spasmi, protrusione della lingua, convulsioni eccetera, fino a portare, nei casi più gravi, alla morte. Allo stesso modo vanno spiegate secondo l’autore le turbe conoscitive che ac compagnano l’attacco epilettico, perché non arriva più al cervello nella solita quantità l’aria con la sua carica d’intelli genza, di cui il cervello allo stato normale è interprete. La Malattia sacra propone ai suoi lettori e ai suoi inter preti alcuni motivi e temi di ricerca di pungente interesse: il netto richiamo della medicina all’osservanza del metodo scientifico che le è proprio e al ripudio della superstizione e della magia; la particolare concezione teologica per cui la divinità è identificata con i processi della natura; la formu lazione di una originale teoria della conoscenza, che supera la semplice descrizione del meccanismo fisiologico della sen sazione quando attribuisce al cervello la funzione di inter pretarla; i rapporti del nostro autore con la ricerca medico filosofica della sua età e di quella precedente (Alcmeone, Diogene di Apollonia, Anassagora sono soltanto i nomi che soccorrono p iù . immediatamente ).. Si spiega quindi come questo pur breve trattato sia gene ralmente considerato come uno di quelli del Corpus in cui meglio si può cogliere la nascita della medicina come scienza autonoma; che si veda in esso il frutto di quella stessa co scienza metodologica che nello stesso torno di tempo, anche
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se non alla stessa mano e forse neanche a un autore della stessa scuola, dettava le pagine memorabili della Medicina antica-, e sarà merito anche del nostro autore se la « li bertà dalla superstizione », la άδεισιδαιμονίη, è espressamente ricordata fra le qualità essenziali per il medico auten tico3. E l’irrisione con cui l’autore accompagna la sua de scrizione delle credenze e dei metodi dei guaritori ciarlatani e imbroglioni si comunica immediatamente al lettore che, trovate in limine queste miserabili figure con il loro baga glio di formule, di ridicoli rituali e di « miracoli » di ogni genere, e divertitosi un poco assieme all’autore man mano che questi ne smonta il castello di impostura, le abbandona poi senza più curarsene assieme alle parole di chiusura di questa sezione: « E questa è la mia opinione per quel che riguarda le purificazioni » 4 che, pur frequenti come for mula di trapasso nei trattati ippocratici5, hanno qui un poco il sapore di una iscrizione funebre. « Ippocrate » ha sepolto la magia. Ammettiamo dunque per un momento che l’autore della Malattia sacra abbia vittoriosamente battuto in breccia, abbia totalmente annichilito i suoi ridicoli avversari; ammettiamo altresì che il suo influsso sui medici posteriori sia stato così decisivo che in tutto il corso della medicina greca, anche del la più tarda, non si ritrovi più traccia di credenze o di in flussi magici6 — cosa che, dico subito, sono un po’ restia ad ammettere — ; ma anche concesso questo, potremo spingerci 3 Dee. hab. 5 = IX 234, 1 L. 4 364, 8 L. = 150, 60-61 J.: καί περί μέν των καθαρμών ούτω μοι δοκεϊ έχειν. 5 Cfr. ad esempio Aer. 12 = C M .G . I 1, 67, 13: περί μέν τούτων ούτως έχει; 13 = C.M.G. I 1, 68, 12: περί μέν ούν Αιγυπτίων καί Λιβύων ούτως εχειν μοι δοκεϊ; 15 = C M .G . I 1, 69, 20; Capii, min. 1 = II 3, 7-8 Κ. 6 È la tesi di L. Edelstein, ‘ Greek Medicine in its Relation to Religion and Magic ’, Bull, of thè Inst. of thè Hist. of Med. 5, 1937, pp. 201246; e si veda anche J. Heiberg, ‘ Geisteskrankheiten im klassischen Altertum ’, Allgem. Zeitschr. fiir Psychiatrie 86, 1927, pp. 4-9.
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oltre e pensare che la lezione della Malattia sacra si sia estesa anche di là dalla ristretta cerchia degli « addetti ai lavori »? Non pare: se nella prima orazione contro Aristogitone dello pseudo-Demostene leggiamo di uno sciagurato imbro glione che, avuti in consegna da una schiava i farmaci e le formule d’incantesimo di una maga di Lemnos, Teoride, con dannata a morte dagli Ateniesi con tutta la sua famiglia, ^si vantava di potere, con essi, guarire gli epilettici, αυτός ων έπίληπτος πάσηι πονηριά:,7: e qualcuno doveva pur credere ai suoi farmaci prodigiosi! E se osserviamo il comportamento di quell’ansioso personaggio, di quella autentica vittima del « legalitarismo » religioso che è il superstizioso descritto da Teofrasto, lo vediamo non solo sottoporsi in ogni occasione e per ogni pretesto ad ogni sorta di riti purificatori, ma anche sputarsi in seno, con un brivido di terrore, a scopo apotropaico, alla vista di un pazzo o di un epilettico8. E an cora al tempo di Plutarco erano venerati in Argo gli Elasioi, lontani discendenti di Anfiarao, che avevano fama di saper « scacciare » gli attacchi epilettici9. Certo, il personaggio di cui parla lo pseudo-Demostene è un ciarlatano della peggior razza; il superstizioso di Teo frasto si comporta assai peggio di una donnicciola (sua mo glie, si direbbe, accampa pretesti per non doverlo accompa gnare tutte le volte nelle sue visite periodiche ai purifica tori ) ; ma evidentemente, a qualche livello culturale o so ciale, sopravvisse a lungo la vecchia concezione che 1 epiles sia era una malattia « demonica », che andava curata con « purificazioni » e « incantesimi ». E se almeno a partire dall’età ippocratica — ma eviden^ [Dem .] XXV 79-80. 8 Theophr. XVI 15: μαινόμενον δέ ίδών ή έπίληπτον φριξας εις κόλπον πτύσοα; cfr. Theocr. VI 39. Questa superstizione ebbe vita lun ghissima: cfr. Plin. N.H. XXVIII 4, 35: despuimus comitiales morbos, hoc est contagia regerimus. 9 Plut. Quaest. gr. XXIII 296 f: τούς δέ τά ς επιληψίας αποτρεπειν δοκοΰντας ‘ έλασίους ’ μεν ονομάζουστ κ τλ.
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temente si può risalire molto più addietro — la medicina magica e la medicina scientifica presso i Greci costituiscono due filoni nettamente distinti, anche il primo merita, credo, di essere autonomamente studiato: non solo per l’incidenza che esso ebbe nella società greca, in quella arcaica come in quella classica; ma anche come testimonianza di una partico lare mentalità magica, di cui queste concezioni mediche non rappresentano che un aspetto, la cui presenza e operatività nel mondo greco si tende talvolta a considerare con perples sità e diffidenza, mentre la sua larga diffusione nel mondo greco post-classico è frequentemente spiegata con influssi esterni, soprattutto orientali, « barbari ». Ma « sotto molti aspetti si potrebbe dimostrare che gli antichi Greci vivevano in modo non dissimile dai barbari di oggi. » 10 Il richiamo che con questa citazione tucididea Fr. Boehm intendeva rivolgere ai lettori dei suoi Symbola Pythagorea 11 non ha forse del tutto perduto la sua attualità, anche se le parole dell’Archeologia avranno oggi un suono assai familiare per i lettori, poniamo, di P.M. Schuhl o di E.R. Dodds n; ed è proprio per questo che non credo inutile una rilettura sistematica di quelle pagine iniziali della Malattia sacra in cui sono descritte le convinzioni e le tecniche dei guaritori, a cui non sempre gli storici della medicina hanno dedicato tutta 1 attenzione che meritano, per la loro tendenza a con siderare la medicina primitiva come una forma embrionale e immatura della medicina scientifica, e non come un insieme di rappresentazioni che hanno un loro particolare significato all’interno un determinato quadro culturale, capace di vita e di sopravvivenza autonoma attraverso ai secoli, e fonda mentalmente diverso rispetto a quello della medicina scien10 Thuc. I 6, 6. 11 Diss. Berlin 1905. 12 P.M. Schuhl, Essai sur la formation de la pensée gyecque, Paris 1934, 21949; E.R. Dodds, The Greeks and thè lrrational, Berkeley 1951, 1963 (trad. it. Firenze 1959). Cito di solito dall’edizione paper-bound.
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tifica 13. Ma, sia detto per inciso, proprio una più corretta impostazione metodologica ( insieme a una più accurata ispe zione filologica dei testi) ha permesso di raggiungere una valutazione più equa dell’importanza e dei risultati della medicina degli Egizi, o degli Indiani14, in precedenza consi derate con un po’ di compatimento, come balbettìi ancora indistinti di una scienza ai suoi albori; e oggi possiamo trac ciare un quadro più preciso dei rapporti che legavano i Greci a questi due popoli anche sotto questo aspetto così impor tante della loro cultura, e sostituire, anche in questo campo all idoleggiamento di un « miracolo » greco e ippocratico un quadro storico abbastanza sostanzioso e articolato. Così, per riprendere il filo di un discorso solo apparen temente interrotto, la testimonianza offerta dalla Malattia sacra va studiata in funzione dei dati che essa offre, senza lasciarsi fuorviare dagli interventi critici del suo autore, la cui importanza deve essere valutata in altra sede; perciò, nelle pagine che seguono, riproduco quelle parti delle pagine iniziali del trattato in cui l’autore presenta le convinzioni e i metodi dei suoi avversari, tralasciando per quanto possi bile i suoi interventi personali. _