La Bibbia nell'epoca moderna e contemporanea 8810402553, 9788810402559

Gli studi raccolti in questo volume rilevano una profonda evoluzio­ne, nell'uso della Bibbia, a partire dal XV sec.

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Italian Pages 448 [447] [447] Year 1992

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La Bibbia nell'epoca moderna e contemporanea
 8810402553, 9788810402559

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Un volume cospicuo per la mole, ma ancor più per i suoi contenuti. Descrive l'evoluzione, nell'uso della Bibbia, a partire dal 1450 (ini­ zio dell'epoca moderna) fino ai nostri giorni, con particolare atten­ zione alla Chiesa cattolica italiana. Molte le angolature che vengono messe a fuoco: le edizioni dei testi originali desunti da antichi codici, le più importanti versioni in lin­ gua volgare, l'atteggiamento dell'autorità ecclesiastica di fronte al diffondersi del testo biblico, il suo uso nella liturgia, la presenza di episodi e personaggi biblici nell'arte, ecc. Del tutto originale per l'ambiente italiano medio, anche se molto sintetico, il contributo di Bruno Corsani su l'uso della Bibbia presso i Valdesi dal XIII sec. fi­ no a oggi. Gli studi raccolti in questo volume rilevano una profonda evoluzio­ ne, nell'uso della Bibbia, a partire dal XV sec. Il fenomeno è dovuto non solo all'avvento della stampa, che ne favorisce la diffusione, ma soprattutto al modo nuovo con cui ci si accosta al Libro sacro. A quegli anni infatti risalgono le prime edizioni dei testi originali con annotazioni storiche, o filologiche, e quindi le prime applicazioni del metodo storico-critico all'esegesi biblica: un metodo inizialmente molto avversato dall'autorità ecclesiastica, ma che con l'enciclica Divino afflante Spiritu (1943) di Pio XII e con la costituzione Dei verbum del Vaticano II (1965) ha acquistato pieno diritto di cittadi­ nanza anche in campo cattolico. Il volume si conclude con due contributi di grande interesse su l'uso e l'interpretazione della Bibbia da parte degli ebrei e dei musulma­ ni: un segno del nuovo clima di dialogo ecumenico e interreligioso che è importante sviluppare, data la presenza sempre più vistosa di altre religioni anche in Italia.

In copertina: Calamaio di uno scriba di Qumràn, evoca il lavoro di quanti - attraverso i secoli­ hanno trasmesso il testo della Bibbia. (Museo R. e E. Hecht - Università di Haifa)

ISBN 88-10-40255-3

L. 42.000 (IVA compresa)

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l 111

788810 402559

LA BIBBIA NELLA STORIA diretta da Giuseppe Barbaglio collana

La collana si caratterizza per una lettura rigorosamente storica delle Scritture sacre, ebraiche e cristiane.

A questo scopo, i libri biblici, oltre che

come documenti di fede, saranno presentati come espressione di determina­ ti ambienti storico-culturali, punti di arrivo di un lungo cammino di espe­ rienze significative e di vive tradizioni, testi incessantemente riletti e re­ interpretati da ebrei e da cristiani. Si presuppone che la religione biblica sia essenzialmente legata a una storia e che i suoi libri sacri ne siano, per definizione, le testimonianze scrit­ te. Più da vicino, ci sembra fecondo criterio interpretativo la comprensione, criticamente vagliata, della Bibbia intesa come frutto della storia di Israele e delle primissime comunità cristiane suscitate dalla fede in Gesù di Nazaret e, insieme, parola sempre di nuovo ascoltata e proclamata dalle generazioni cristiane ed ebraiche dei secoli post-biblici.

ll direttore della collana, i collaboratori e la casa editrice si assumono il preciso impegno di offrire volumi capaci di abbinare alla serietà scientifica un dettato piano e accessibile a un vasto pubblico. Questi i titoli programmati:

(A. Bonora) (E. Cortese: 1985) Savoca: 1985)

l. L'ambiente storico-culturak delle Scritture ebraiche

2.

Da Mosè a Esdra: i libri storici dell'antico Israele

4. 5.

I canti di Israele (G. Ravasi:

3. I profeti di Israele: voce del Dio vivente (G. I sapienti di Israele (G. Ravasi)

1985) 6. La letteratura dell'epoca inter-testamentaria

(A. Bonora) 7. L'ambiente storico culturale delle origini cristiane (R. Penna: 31991) 8. La voce delle prime comunità cristiane (V. Fusco) 9. Il vangelo di Paolo: analisi storica delle sue Lettere (G. Barbaglio) 10. Le redazioni evangeliche (G. Segalla) 11. Gesù di Nazaret, evento fondante (G. Barbaglio) 12. Gli scritti della tradizione paolina e giudeo-cristiana 13. L'apocalittica cristiana del primo secolo (U. Vanni) 14-17. L'uso della Bibbia: nell'antichità cristiana (a cura di E. Norelli: 2 voli.); nel medioevo (a cura di C. Leonardi); nell'epoca moderna e contemporanea (a cura di R. Fabris: 1992) 18. La letteratura ebraica delle Scritture

RINALDO FABRIS ( a cura di)

LA B IBBIA NELL'EPOCA MODERNA E CONTEMPORANEA

EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA

©

1992 Centro Editoriale Dehoniano Via Nosadella , 6 - 40123 Bologna

ISBN 88-10-40255-3 Stampa: Grafiche Dehoniane, Bologna 1992

Introduzione generale di Rinaldo Fabris

Nei «Manuali di introduzione biblica» , a partire dalla Biblio­ theca Sacra di Sisto da Siena del 1566, alle opere di «Storia critica» di Richard Simon dedicate rispettivamente all' AT ( 1680) e al NT (1689/ 1693) , non manca mai una rassegna storica più o meno detta­ gliata non solo delle edizioni e versioni della Bibbia, ma anche dei commentari dell'intera Scrittura o dei singoli libri biblici. Anche nel­ l' Introduzione generale alla Bibbia di Gaetano Perella, che inaugura la serie dei volumi della Sacra Bibbia a cura di Salvatore Garofalo negli anni successivi alla seconda guerra mondiale , si dà una panora­ mica della storia dell'interpretazione dai padri fino all'epoca con­ temporanea. 1 Una rapida sintesi della «storia dell'esegesi» si trova anche nell'opera in collaborazione Messaggio della Salvezza, nel volume di Introduzione Generale di P. Bonatti e C.M. Martini. 2 Valerio Mannucci nella sua più recente Introduzione generale alla Sacra Scrittura dedica un breve capitolo , il sedicesimo , a un compen­ dio di «Storia dell'interpretazione della Bibbia dalle origini al Vati­ cano 11» . 3 In queste opere di carattere manualistico la rassegna storica se­ gue un modello tradizionale tracciato già nella summenzionata ope1 G. PERELLA, Introduzione generale alla sacra Bibbia , Marietti, Torino 2 1952, parte IV. «Ermeneutica» , 306-322; questo è il primo volume del La Sacra Bibbia voi­ gala e traduzione italiana dei testi originali illustrata con note critiche e commentate, sotto la direzione di Salvatore Garofalo ; questo è l'unico progetto di commento com­ pleto della Bibbia a opera di esegeti italiani, rimasto però incompiuto. L'introduzione di G. Perella, terminata nel luglio del 1945 , è stata pubblicata postuma sulla base del suo manoscritto pronto per la stampa. 2 P. BoNArn-C. M . MARTINI , Il messaggio della salvezza. Introduzione generale. Corso Completo di studi biblici , Torino-Leuman 1964, appendice IV, 279-290. 3 V. MANNUCCI, Bibbia come parola di Dio. Introduzione generale alla sacra Scrittura , Brescia 198 1 , 265-277 , privilegia la prospettiva «ermeneutica» e ne delinea le svolte decisive .

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ra di Sisto da Siena. Si fa un elenco dei vari interpreti della Bibbia in ordine cronologico a partire dai padri fino all'epoca contemporanea e attuale. Per l'epoca moderna è abbastanza comune la distinzione tra esegesi cattolica e protestante con un ruolo determinante asse­ gnato alla Riforma e al concilio di Trento . Un'altra tappa di questo percorso storico è individuato nell'elaborazione e applicazione del metodo «storico-critico» da parte degli studiosi e commentatori del testo biblico . Un contributo notevole per lo studio e la ricostruzione della storia del metodo «storico-critico)) applicato ai testi biblici , è ' offerto dalle monografie di N . S . Kraus (1969) per l'AT e di W . G . Kiimmel (1970) per il NT . S i tratta di due ricerche storiche che pren­ dono come punto di riferimento la Riforma e arrivano fino ai nostri giorni. La presentazione delle varie fasi dello sviluppo storico e l'a­ nalisi dei singoli autori sono ampie e documentate . Ma sia l'opera del Kraus sia quella del Kiimmel nella loro indagine si limitano all'a­ rea di lingua tedesca, con qualche sporadico riferimento ad altri am­ bienti culturali e linguistici. Inoltre la rassegna storica per una preci­ sa scelta degli autori privilegia l'aspetto strettamente metodologico degli studi biblici sotto il profilo storico-critico. È inutile cercare in questa ricostruzione della ricerca storico-critica una documentazio­ ne circa la presenza della Bibbia al di fuori delle università e dei libri che sono il prodotto e il veicolo dello studio e del dibattito accade­ mico attorno ai testi biblici. Di diversa impostazione è la Storia della Bibbia di Cambridge in tre volumi, di cui il terzo è dedicato all'ambiente occidentale dalla Riforma ai nostri giorni. 4 Uno spazio notevole è riservato alla rasse­ gna storica delle edizioni e versioni moderne e attuali della Bibbia e ai vari e diversi commentari biblici dal secolo XVII ad oggi, in una panoramica che abbraccia l'ambiente di lingua inglese e quello con­ tinentale a tutto campo dalla Scandinavia all'Italia, dalla Francia al­ l'Europa centrorientale . Naturalmente non manca uno studio sullo sviluppo del metodo storico-critico, applicato alla Bibbia, e al relati­ vo dibattito sull'autorità della Bibbia . Ma oltre a questo aspetto «scientifico» sono esaminati anche la presenza e il ruolo della Bibbia nell'ambito della Riforma e della Chiesa cattolica e in rapporto al­ l'attività missionaria. In forma di epilogo si presenta anche una sin-

4 S.L. GREENSLADE, a cura, The Cambridge History ofthe Bible. the Reformation to the Present Day, Cambridge 1%3.1975. 1978.

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The

Westfrom

tesi circa la diffusione e l'uso della Bibbia nel culto, nelle scuole e nelle letture private . È da rilevare ancora nella stessa appendice l'accenno all'influenza della Bibbia nella letteratura e nell'arte figu­ rativa e musicale e nella prassi morale. Su questa linea della Storia della Bibbia di Cambridge , ma con una prospettiva più ampia , si colloca la collezione francese in otto volumi sotto il titolo generale La Bible de tous [es temps , di cui sono attualmente pubblicati sette. 5 Lo scopo perseguito dai diversi cura­ tori dei volumi è quello di offrire una storia della Bibbia che tenga conto della presenza e uso dei testi sacri nella società occidentale da­ gli inizi dell'era cristiana a oggi. In altre parole si cerca di vedere co­ me la Bibbia è stata usata e valorizzata, letta , meditata e vissuta fino al punto di diventare fermento della società e delle culture . La trat­ tazione del periodo che va dalla Riforma all'epoca contemporanea è distribuita in quattro tomi, di cui uno dedicato alla Bibbia nel tempo delle «Riforme», uno al secolo XVI , «Le grand siècle» , e un altro al «Siècle des lumières» , e infine il quarto al mondo contemporaneo. I singoli contributi all'interno dei vari tomi , preparati da specialisti di diverse nazionalità e appartenenze confessionali , illustrano la dif­ fusione della Bibbia e le sue traduzioni, le varie forme e i molteplici livelli di lettura e interpretazione del testo sacro, il rapporto tra Bib­ bia scienze e arti - teatro , musica, iconografia - con l'aggiunta di studi più dettagliati su determinati ambienti e i personaggi di mag­ gior spicco o più rappresentativi. Ne risulta un quadro di ampio re­ spiro che però riesce a cogliere anche l'impatto che ha la Bibbia nel­ la vita della chiesa dell'ambiente europeo , nel contesto dell'emer­ gente cultura americana e nelle chiese dell'Africa e dell'India . Ma nonostante questo grande spettro di attenzioni , il fuoco ottico o il punto prospettico di osservazione rimane l'ambito europeo e in par­ ticolare l'area francofona. Forse è da imputare a questo orientamento il fatto che nell'ulti­ mo volume dedicato all'epoca contemporanea manca una trattazio­ ne specifica riservata al contesto italiano . Nella storia della Bibbia di Cambridge la rassegna delle versioni bibliche e degli studi-commenti

� Bible de tous les temps, I-VIII , Beauchesne, Paris 1984-1989; per l'epoca mo­ derna e contemporanea: M. VENAR:rr- B . RoussEL-G. BEDOUELLE, Les temps des Ré­ formes et la Bible, V; J.R. ARMOGATHE, Le grand Siècle et la Bible, VI, 1989; Y. BE­ LAVAL-B . PWNGERON-D . BouREL, Le Siècle des Lumières et la Bible, VII , 1986; C. SAVART-J.N. ALETII, Le monde contemporain et la Bible, VIII, 1985 .

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per area linguistico-nazionale consente di registrare il nome di qual­ che autore italiano: G . B . De Rossi, S. Ugdulena, S . Minocchi, G . Luzzi , D . Castelli, S . O . Luzzato. Nella storia dell'esegesi contem­ poranea della Bible des tous /es temps - ottavo volume a cura di C. Sav art e J .N. Aletti - sono menzionati tre nomi di autori italiani o che operano in Italia: il barnabita P. Semeria nel contesto della crisi modernista, G. Castellino per i suoi studi sui salmi e A. Bea in rela­ zione all'enciclica di Pio XII Divino afflante Spiritu e al suo ruolo nel concilio Vaticano Il . Le ragioni di questa specie di black-out sulla si­ tuazione biblica italiana credo che debbano essere ricercate nel ri­ tardo degli studi biblici in Italia, più volte rimarcato nel contributo di G . Betori . A sua volta G. Ghiberti parla di dipendenza straniera e di «provincialismo» per quanto riguarda lo studio della Bibbia nel contesto italiano dell'epoca contemporanea. Ma questa situazione ha le sue radici storiche nel contesto successivo alla Riforma prote­ stante che porta a un progressivo isolamento della cultura biblico­ teologica italiana rispetto al resto dell'Europa. A questo si deve ag­ giungere il clima di sospetto connesso con la crisi modernista nei suoi risvolti italiani e il distacco per non parlare dell'opposizione dell'ambiente cattolico nei confronti dello stato liberale . L'abolizio­ ne delle facoltà teologiche del 1873 è solo il riconoscimento o la for­ malizzazione di un divorzio tra cultura laica e studi biblico-teologici già consumato nella realtà. Tuttavia ritengo che una ricerca storica non solo degli studi bibli­ ci, ma anche della presenza e uso complessivo della Bibbia nel con­ testo italiano , permetta di temperare alcune valutazioni a prima vi­ sta troppo pessimistiche o generalizzanti. Naturalmente una seria sintesi storiografica dovrebbe essere preceduta da studi più detta­ gliati e da analisi particolari su singoli autori e ambiti ben definiti. Se si escludono alcuni saggi monografici per la storia più recente , man­ cano delle ricerche puntuali e organiche sulla presenza e l'uso della Bibbia nel contesto della chiesa e società italiana. Questa carenza si avverte in maniera particolare per i secoli XVI-XVII, in cui si fa sen­ tire ancora l'efficacia del patrimonio culturale maturato nel clima dell'umanesimo e rinascimento. Uno studio puntuale di questo pe­ riodo, aperto a tutti gli apporti e stimoli della ricerca storica più re­ cente , potrebbe far rivedere alcune impostazioni storiografiche troppo semplificatorie . Per quanto riguarda le origini di quello che si è soliti chiamare «metodo storico-critico» credo che si debba risalire 8

oltre Richard Simon , considerato dagli studiosi tedeschi del secolo XVIII il «padre della critica moderna» . 6 È legittimo cercare le radici di alcune ipotesi di critica letteraria di Simon , relative ai libri biblici- Pentateuco in particolare - negli studi e commenti biblici di autori ebrei come KiiiÙ)i, Abrabanel , Ja­ cob ben }Jayyim e Eliyahu Ashkenasi e soprattutto Abram lbn Ezra . Quando lo studioso oratoriano francese elabora la sua teoria degli «scribi pubblici», responsabili delle aggiunte e cambiamenti nel te­ sto della Bibbia, egli può riprendere un'ipotesi sui ritocchi del testo biblico già presente in alcuni rabbini del Talmud e in autori ebrei del medioevo e dell'epoca moderna. 7 Ma l'impulso a un nuovo modo di accostarsi e leggere la Bibbia e che sfocia dopo alterne vicende nell'elaborazione del metodo stori­ co-critico, ritengo che debba essere fatto risalire al contesto cultura­ le dell'umanesimo e rinascimento. Non può essere casuale che Era­ smo di Rotterdam decida di pubblicare nel 1505 le Adnotationes al NT di Lorenzo Valla trovate nel 1 504 in un manoscritto della Biblio­ teca nobertina di Pare vicino a Lovanio . È il lavoro filologico del V alla che ispira circa dieci anni dopo nel 1516 la prima edizione criti­ ca del NT greco e latino preparata da Erasmo per l'editore J. Froben di Basilea. Lo stesso Erasmo l'anno successivo alla pubblicazione delle note di L. Valla scende in Italia con lo scopo non solo di visita­ re i suoi luoghi santi, ma anche di «profittare di ciò che offrono le sue biblioteche e del rapporto coi suoi eruditi» (Lettera a Marco Laurin del 1518) . Dunque per Erasmo il contesto italiano non è solo il paese del «principe dell'eloquenza»- Petrarca - ma il vivaio del nuovo orizzonte culturale che sta alla base del suo progetto di rifor­ ma spirituale e religiosa.8 Un centro di prim'ordine , dove si incrociano le diverse correnti dell'umanesimo italiano è la Firenze degli eredi del Petrarca: Coluc­ cio Salutati (1331-1406) , Leonardo Bruni (1370-1444) , Poggio Brac­ ciolini (1380-1459) , Niccolò Niccoli (1364-1437) . Leonardo Bruni nel suo trattato in difesa degli studi umanistici sostiene la necessità

6 J.D. WooDBRIDGE, Richard Simon et la critique biblique, BIT, VI, 205 . 7 B . E . ScHWARZBACH , Les sourceS rabbiniques de la critique biblique de Richard Simon, BTI, VI , 207-231 . Alle stesse fonti rabbiniche , grazie ad alcuni manoscritti della biblioteca dell'Oratorio di Parigi, San Sulpizio, accessibili al Simon, risalirebbe anche la sua ipotesi di diversi livelli e gradi dell'ispirazione del testo biblico. 8 L.E. HALKIN, Erasmo, Bari 1989, 75-85 .

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di fondare la fede cristiana sulla conoscenza delle litterae.9 Lo stesso autore nella Epistula che accompagna la sua versione della Politica di Aristotele (1435- 1438) , dedicata al papa Eugenio IV, afferma che «anche Socrate e Platone hanno insegnato verità vicine al cristiane­ simo» . Questa esigenza di coniugare in modo armonico l'eredità dei classici , riscoperti , ritrovati e ricopiati, con il patrimonio religioso cristiano , è tipica dell'ambiente fiorentino , dove insegnano i maestri bizantini: Giovanni Argiropulo e Manuele Crisolora. A Firenze nel 1439 si conclude il concilio , iniziato a Basilea e continuato a Ferrara, con il decreto di unione tra ortodossi e cattolici, redatto dal monaco umanista Antonio Traversari. È lo stesso Traversari che informa i suoi amici che l'imperatore bizantino Giovanni VIII Paleologo ave­ va portato a Firenze codici delle opere di Platone, Plutarco e Aristo­ tele. È in questo clima di riscoperta dei classici greci che si compren­ de il dibattito fiorentino sul ruolo della filosofia aristotelica e plato­ nica , che vede impegnati Marsilio Ficino e Pico della Mirandola da una parte e Angelo Poliziano dall'altra. Nello stesso contesto si colloca la personalità di Girolamo Savo­ narola (1452-1498) . Egli attira le simpatie di Giovanni Pico della Mi­ randola e di suo fratello Francesco . Mentre Giovanni Pico studia i codici biblici ebraici per i suoi interessi verso la cabala giudaica, il Savonarola chiede al fratello Alberto , medico a Ferrara, di inviargli sei piccole Bibbie ebraiche. Il frate domenicano nel convento fioren­ tino di San Marco , dove sarà in seguito eletto priore, favorisce lo studio d�lle lingue : greco, latino, ebraico, aramaico e arabo. È in questo ambiente di studi umanistici e biblici che si forma il giovane domenicano Sante Pagnino , traduttore della Bibbia dai testi origina­ li in latino (Lione 1527) . Agli inizi del 1500 il Pagnini viene chiamato da Leone X a inse­ gnare a Roma nella scuola di lingue orientali fondata dallo stesso pontefice . L'iniziativa del papa si colloca nel contesto degli interessi umanistici e filologici che danno vita ai collegi dello studio delle tre lingue - ebraico, greco e latino - in cui si concetrano gli sforzi di umanisti come F. Melantone a Wittenberg, Erasmo a Lovanio, e di mecenati come il vescovo Fox a Oxford, il cardinale F. Ximenes ad Alcalà e di Francesco I a Parigi. La corte pontificia romana può con-

e

9 De studiis et litteris tTactDtulw ad BaptistDm MalatestDm, opera scritta tra il1423 il 1426.

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tare nei secoli XV-XVI su una tradizione di papi umanisti e mece­ nati . Niccolò V, Sisto IV, Giulio II e Leone X favoriscono l'incontro di studiosi e artisti. Nella prima metà del XV secolo alla curia di Roma lavorano come scrittori apostolici e segretari della cancelleria pontificia Leonardo Bruni e Poggio Bracciolini. Nel 1447 approda a Roma Lorenzo V alla, al servizio di Niccolò V come scrittore aposto­ lico. E nell'ambiente romano il Valla conclude le sue «Annotazioni» critico-filologiche al NT. Tramite Erasmo e gli altri umanisti europei l'eredità del Valla segna l'inizio di un nuovo approccio al testo biblico. Il progetto filologico del Valla si inserisce in quello più ampio di carattere filosofico che concepisce il sapere come sistema unitario. Esso si fonda non sulla filosofia scolastico-aristotelica , ma sulla «retorica» intesa come «dialettica» che privilegia il ruolo cono­ scitivo del linguaggio e della «parola» . L'impianto filosofico del Valla è riassunto da E. Guarin in questi termini: «opporre sul piano metodologico Quintiliano a Boezio, non significa quindi per lui opporre la grammatica o la retorica alla filosofia, ma all'ontologia aristotelica senza tempo , una filosofia sostanziata di analisi linguisti­ che e di consapevolezza storica , radicata nella riforma umani­ stica» . 10 Il Valla che combatte per la «libertà del filosofare», identificata con la religione e la repubblica cristiana, anticipa le posizioni di B . Spinoza. E quando contrappone i l Dio d i Abramo , di !sacco, Gia­ cobbe e di Paolo al Dio immobile di Aristotele , prelude ad alcune tesi e orientamenti della Riforma protestante . È comprensibile che gran parte degli scritti del nostro autore siano inclusi nell'Indice dei libri proibiti, comprese le Adnotationes al NT, con l'attenuante nisi corrigantur. È dunque legittimo stabilire una linea ideale che parte dagli umanisti e arriva fino al padre e fondatore della critica moder­ na R. Simon . Nella stessa direzione si trova Erasmo di Rotterdam, ma anche Galileo Galilei . Il primo è impegnato in un progetto di ri­ forma della cristianità, al cui servizio stanno sia le «belle lettere» sia la lettura critica dei testi biblici. Il secondo vive in prima persona il passaggio conflittuale da una concezione monolitica e rigida del sa­ pere a quella dinamica e diversificata secondo metodi epistemologici distinti e autonomi. Con la generale rivalutazione del ruolo di Gali­ leo nel XVII secolo , dopo un periodo di silenzio e rimozione , si . 10

1989,

E. GuAJUN , Umanisti artisti scienziati. Studi sul rinascimento italiano, Roma

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comprende anche la serena ed equilibrata posizione di A.L. Mura­ tori circa il rapporto tra conoscenza scientifica e proposizioni di fede. Quest'ampia digressione sul rapporto tra umanesimo e le origini del metodo storico-critico vuole richiamare l'attenzione su quello che è il vero spartiacque che distingue senza separare il periodo anti­ co e medievale dall'epoca moderna. Senza voler accentuare in modo semplicistico le rotture tra le varie epoche della storia, soprattutto per un fenomeno culturale e religioso com'è la presenza e la lettura della Bibbia nella chiesa e nella società, si può riconoscere nell'uma­ nesimo l'avvio di quel processo che conduce a un nuovo modo di rapportarsi alla Bibbia e di leggerne i testi . Le cinque parti del pre­ sente volume - che fa parte del progetto globale di «Bibbia nella sto­ ria» - offrono il risultato di alcuni sondaggi nei vari ambiti e in una progressione cronologica per ricostruire la traiettoria circa la pre­ senza e l'uso e interpretazione della Bibbia dal secolo XV all'epoca attuale . L'ambito della ricerca cronologicamente definito è enorme . Per sé essa dovrebbe estendersi a tutti i settori della chiesa e della società nella loro reciproca interdipendenza. Una prima delimitazione riguarda l'area geografica e culturale . Si è privilegiata quella italiana dal momento che esistono già delle ri­ cerche accurate e delle ampie monografie storiografiche per gli am­ biti di lingua tedesca, inglese e francese . Questa scelta però non esclude la possibilità di collocare la situazione degli studi biblici in Italia sullo sfondo degli orientamenti più generali che si sviluppano nel contesto europeo , in particolare nell'area tedesca , dove la ricer­ ca e il dibattito scientifico attorno alla Bibbia assumono una straor­ dinaria vivacità negli ultimi due secoli. Inoltre nell'ambito italiano l'interesse si concentra sull'uso e la lettura della Bibbia riel contesto religioso ecclesiale , senza però escludere qualche riferimento alla si­ tuazione culturale e sociale più ampia . Questo vale in modo più di­ retto per i due contributi della quinta parte che affrontano l'Approc­ cio degli ebrei all'interpretazione della Bibbia e l'Approccio musul­ mano ai testi della Bibbia (S . J . Sierra e M. Borrmans) . La prima parte della ricerca offre quattro sondaggi nei diversi settori circa la presenza e l'uso della Bibbia nei secoli XV-XVII . Il primo riguarda la diffusione del testo della Bibbia tradotto nelle lin­ gue parlate. Tentativi di versioni parziali della Bibbia nelle lingue parlate si possono segnalare anche nell'epoca medievale . Ma nei se12

coli XV-XVII in parallelo con l'affermarsi della lingua volgare o parlata nei testi letterari, si moltiplicano anche in Italia le versioni integrali della Bibbia prima sulla base della versione tradizionale la­ tina e poi dai testi originali. Questo fenomeno della traduzione dei testi sacri si inserisce nel processo culturale dell'umanesimo e del ri­ nascimento italiano in cui la traduzione dei testi classici ha un ruolo di primo piano per la diffusione delle nuove categorie e la progetta­ zione di nuovi sistemi di valori. A questo si deve aggiungere l'inno­ vazione di G. Gutenberg a metà del XV secolo . L'introduzione dei caratteri mobili nella stampa dei testi dà un impulso eccezionale alla diffusione rapida e ampia della Bibbia. Non è casuale che il primo testo esteso stampato a Magonza con il nuovo procedimento sia pro­ prio la Bibbia. La moltiplicazione dei testi a stampa favorisce la diffusione della Bibbia non solo nelle varie forme ed edizioni del testo, ma anche la disponibilità di quegli strumenti e sussidi biblici che erano stati ela­ borati nel corso dei secoli precedenti . Nel contesto di questa più am­ pia e capillare diffusione del testo biblico grazie alla stampa, matura anche l'esigenza di curare un'edizione critica sia delle versioni tradi­ zionali, latina e greca, sia dei testi originali: greco ed ebraico. In realtà questa esigenza accompagna lo studio della Bibbia fin dai tempi di Origene e sta alla base dei diversi tentativi messi in atto per controllare o correggere il testo biblico . Ma nel secolo XVI nella ri­ costruzione di un testo critico della Bibbia convergono due nuove motivazioni connesse con il mutato clima culturale e le controversie confessionali. Da una parte l'impulso che proviene dall'umanesimo per la cura e lo studio filologico dei testi originali sta all'origine della prima edizione critica del NT a opera di Erasmo di Rotterdam nel 1516. Dall'altra il confronto tra la chiesa cattolica e quella nata dalla Riforma impone di fondare l'uso e lo studio della Bibbia su basi si­ cure . In questo clima si colloca il decreto del concilio di Trento del 1546 sull' «autenticità>> della versione latina detta «vulgata» . Nel di­ battito conciliare matura l'esigenza di «correggere» sia le versioni la­ tina e greca della Bibbia sia il testo ebraico dell'AT. Per iniziativa del papa vedono la luce a Roma verso la fine del XVI secolo due progetti: la revisione della vulgata e l'edizione della Bibbia greca detta dei «Settanta». Invece l'edizione a stampa del testo dell' AT ebraico risale all'iniziativa della famiglia ebraica Soncino in diverse città italiane e di Daniele Bomberg a Venezia, che si avvale della collaborazione di maestri e studiosi ebrei. Ambedue le iniziative - la revisione delle versioni e la stampa dell' AT ebraico - si inseriscono 13

nel contesto culturale italiano soprattutto nel focolare di studi che si sviluppa a Venezia attorno all'editore e tipografo Aldo Manuzio. L'edizione della Bibbia poliglotta interessa altri centri europei che possono contare su una tradizione di studi biblici come Alcalà in Spagna e sull'appoggio finanziario di grandi personalità: il re Filippo II per la poliglotta di Anversa e Cromwel per quella di Londra . La stampa e la diffusione dei testi originali della Bibbia stimolarono la produzione di nuovi sussidi e strumenti per l'analisi del testo biblico : grammatiche , dizionari o lessici di ebraico , aramaico, siriaco e gre­ co. La conoscenza e lo studio della lingua ebraica è favorito in Italia nel secolo XVI dall'emigrazione forzata di maestri ebrei dalla Spa­ gna e dalla Germania . Invece la produzione di strumenti per lo stu­ dio del greco , innestato nel fervore di studi umanistici, è caratteristi­ co di alcuni centri italiani. Altri sussidi e s t rumenti accessibili a un pubblico più vasto sono le concordanze , i dizionari , le enciclopedie e i vari manuali storici e geografici di carattere biblico. Si tratta per lo più di testi scritti in latino e destinati ai predicatori del clero secolare e degli ordini e congregazioni religiosi . La stessa funzione svolgono i commentari biblici a singoli libri o a tutta la Scrittura. In questi com­ mentari , che prolungano e in parte sostituiscono le «glossae» e le > , in Miscellanea Galileiana , Pontificiae Accademiae Scien­ tiarum, Scripta Varia 27, 1964, voli . 1-11 , Città del Vaticano 1964; M. PEScE, «L'inter­ pretazione della Bibbia nella lettera di Galileo a Cristina di Lorena e la sua ricezio­ ne», in Annali di Storia dell'Esegesi, 4(1987) , 239-284. 9 All'edizione nazionale delle Opere di Galileo Galilei di A. Favero , Firenze 1890-1909, ristampa 1929-1939, 1968, si deve aggiungere ora: I documenti del proces­ so di Galileo Galilei a cura di S.M. Pagano, Pontificiae Accademiae Scientiarum, Scripta Varia 53, Città del Vaticano 1984.

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di Galileo nella presente ricerca è l'interpretazione della Scrittura nel contesto più vasto del dibattito culturale che essa implica . La po­ sizione di Galileo circa il rapporto tra la conoscenza scientifica e l'in­ terpretazione della Bibbia si può facilmente ricostruire sulla base delle quattro lettere che egli scrisse tra il 1613 e il 1615 , note come «lettere copernicane» . La prima di queste lettere , inviata all'amico Benedetto Castelli in data 21 dicembre 1613, offre il quadro storico e i punti programmatici di quel dibattito che verrà ripreso e svolto in seguito in modo più dettagliato nello scritto inviato in forma di lette­ ra a madama Cristina, granduchessa di Lorena. Non a caso una co­ pia della lettera indirizzata al Castelli , monaco cassinese e «lettore delle matematiche» in Pisa, fa parte del fascicolo delle carte del pro­ cesso di Galileo , conservato nell'archivio segreto vaticano . 1 0 La lettera prende lo spunto da una discussione avvenuta a Pisa in occasione di un pranzo presso il granduca Cosimo II, a cui avevano preso parte oltre al Castelli, anche la madre di Cosimo , madama Cristina di Lorena. 11 Durante il dibattito Antonio Boscaglia , inse­ gnante di filosofia a Pisa, aveva insistentemente insinuato presso la granduchessa «che il moto della terra non poteva essere massime che la Scrittura era manifestamente contraria a questa sentenza». Galileo nella lettera a Castelli , dopo avere richiamato l'antefatto della discussione , dà la sua piena approvazione alla linea tenuta da Castelli e coglie l'occasione per «tornare a considerare alcune cose in generale circa il portare la Scrittura sacra in dispute di conclusioni naturali ed alcune altre in particolare sopra il luogo di Giosuè , pro­ postoli, in contraddizione della mobilità della terra e stabilità del sole . » . L'argomentazione di Galileo circa il corretto rapporto tra l'auto­ rità della Scrittura e conoscenza scientifica si sviluppa secondo que­ ste linee . Egli concorda innanzitutto con il principio tradizionale «non poter mai la Scrittura sacra mentire o errare , ma essere i suoi decreti d'assoluta ed inviolabile verità» . A questo punto egli intro­ duce un secondo criterio ermeneutico : la sacra Scrittura e la natura non possono contraddirsi perché procedono ambedue da Dio , la pri­ ma come «dettatura dello Spirito Santo» e la seconda come «Osser. .

10 I documenti del processo di Galileo Galilei, 71-77 . 11 Di queste discussioni Castelli aveva dato notizia a Galileo con una lettera del 14 dicembre 1613 (GALILEI , Opere, IX, 605-606) e aveva incaricato Nicolò Arrighetti , discepolo e amministratore di Galilei , di informarlo a voce.

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vantissima esecutrice degli ordini di Dio» . Ma diverso è il modo in cui si presenta la verità nella Bibbia e nella natura. La Scrittura si adatta «all'intendimento universale» e alla «Capacità dei popoli rozzi e indisciplinati» ; essa esprime «molte cose diverse in aspetto e quan· to al significato delle parole dal vero assoluto» . La natura invece è «inesorabile e immutabile e nulla curante» della capacità di intende­ re degli uomini; non trasgredisce mai i termini delle leggi imposteli>> . Perciò conclude Galilei: «quello che dagli effetti naturali o dalle sen­ sate esperienze ci pon e innanzi gli occhi e le necessarie dimostrazio­ ni concludono , non debba in conto alcuno essere revocato in dubbio per luoghi della Scrittura» che suonano per la lorò forma immediata come contrari. Quindi «nelle dispute naturali» le argomentazioni tratte dalla Scrittura devono «tenere l'ultimo luogo». Qualora i testi della Scrittura appaiano contrari alle «conclusioni naturali», di cui si ha certezza sulla base del «senso manifesto» o delle «dimostrazioni necessarie», gli espositori della Bibbia devono cercare un senso di­ verso da quello letterale , come avviene in molti casi, dove si parla di Dio e del suo agire in modo antropomorfico. A sostegno di questo criterio ermeneutico Galilei richiama lo scopo primario della Scrittura. Esso non è quello di dare quelle in­ formazioni che si possono conseguire mediante l'uso corretto dei sensi , di discorso e intelletto, ma «l'autorità delle sacre Lettere ha solamente la mira di persuadere agli uomini quegli articoli e preposi­ zioni che sendo necessarie per la salute loro e superando ogni discor­ so, . non potevano per altra scienza né per altro mezzo farcisi credibili che per la bocca dell'istesso Spirito Santo». Una conferma di ciò si ha dal fatto che poco o nulla le Scritture ci dicono delle verità scien­ tifiche . Galilei perciò contesta quanti nelle discussioni scientifiche adducono argomenti tratti dalla Scrittura per controbattere «le espe­ rienze e le dimostrazioni necessarie» . Galilei infine aggiunge , a modo d i conferma, l a sua interpreta­ zione delle parole di Giosuè: «fermati o sole . . . e il sole si fermò in mezzo al cielo e non si affrettò a tramontare per un giorno intero» (Gs 10, 12-13) . Questo testo era addotto contro il sistema copernica­ no . La Scrittura si adatta nel suo modo di esprimersi «alla capacità di quei che sono a fatica idonei a intendere il nascere e il tramontare del sole». Ma il testo biblico , dice Galileo, nel sistema copernicano si può intendere nel senso naturale , perché con l'arresto del sole , «senza introdurre confusione alcuna tra le parti del mondo e senza 1 10

alterazione delle parole della Scrittura, si può allungare il giorno in terra». 12 Qualche mese dopo , il 16 febbraio 1615 , Galilei di fronte alle po­ lemiche e alle voci di eresia che correvano sul suo conto a Firenze per iniziativa dei padri domenicani , Nicolò Lorini e Tommaso Cac­ cini , scrive al suo amico mons. Pietro Dini inviandogli copia esatta della lettera scritta a Castelli , pregandolo di farla conoscere al padre gesuita Grembergerio (Grienberger) , matematico al collegio roma­ no , e al cardinale Bellarmino . In essa annuncia di avere quasi pronta una stesura più ampia e documentata dell'esposizione fatta a Castel­ li . Si tratta della lettera dedicata a madama Cristina di Lorena , in cui Galilei sviluppa in forma di piccolo trattato gli argomenti già esposti nella lettera a Castelli, aggiungendovi le citazioni dei padri della chiesa - Tertulliano e Agostino - e dei teologi come Tommaso d'A­ quino , e le posizioni esegetiche di alcuni autori cattolici come Paolo di Burgos (1353-1435), Alfonso Tostado (1400-1455) , Tommaso de Vio, detto Caietano (1469-1534) , Benedetto Pereyra (1535-1610) e Diego de Zufiiga (1536-1584) . Nello scritto inviato alla madre di Cosimo II Galileo si preoccu­ pa di ampliare quei criteri ermeneutici, che sono in armonia con l'o­ rientamento della chiesa cattolica, formulato nelle dichiarazioni del concilio di Trento. Nei testi conciliari si afferma che il criterio fonda­ mentale per l'interpretazione della Scrittura in senso cattolico è l'au­ torità dei padri e della tradizione . Ma questa autorità, basata su un vero e fondato consenso, dice Galileo, riguarda in primo luogo le verità «de fide» tra le quali non rientra «la mobilità della terra o la stabilità del sole». La posizione ermeneutica di Galileo è ineccepibile , solidamente fondata sulla tradizione e in accordo con i decreti del concilio di Trento. Ma il dibattito e poi lo scontro con il fronte avversario non avvengono su questo terreno, ma su quello filosofico e teologico , che tocca in primo luogo la concezione del mondo e solo subordina­ tamente l'interpretazione della Scrittura. È quanto si evince dalla ri­ sposta del cardinale Bellarmino a una lettera-trattato di Paolo Anto12 Un altro tentativo di interpretazione in chiave copernicana «concordistica» della Bibbia è trasmessa da Galilei nella lettera a mons. Pietro Dini del 23 marzo 1615, a proposito del salmo 18, contrapposto dagli avversari del sistema copernicano, dove le singole frasi del testo biblico sono interpretate secondo la teoria galileiana sulla luce e sul sole, che è il centro dal quale promana «lo spirito calorifico e fecon­ dante tutte le corporee sostanze» (Sulla libertà della scienza, 77) .

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nio Foscarini del gennaio 1615, in cui il frate carmelitano cerca di mostrare il pieno accordo tra i testi della Scrittura e il sistema coper­ nicano . Il cardinale Bellarmino , nella sua risposta in data 14 aprile 1615 , dichiara che la concezione copernicana può essere presa solo come ipotesi matematica, «ex suppositione», non assolutamente , perché affermando la mobilità della terra si corre il rischio di «ren­ dere false le Scritture sante contro il comune consenso dei santi pa­ dri , i quali, assieme a tutti i commentari moderni . . . convergono nel­ l'affermare ad litteram che il sole è nel cielo e gira intorno alla terra con somma velocità e che la terra è lontanissima dal cielo e sta nel centro del mondo immobile>>. Perciò , conclude Bellarmino , «quan­ do ci fosse vera dimostrazione che il sole stia al centro del monto e la terra nel terzo cielo e che il sole non circonda la terra, ma la terra circonda il sole , allora bisogneria andar con molta considerazione nell'esplicare le Scritture che paiono contrarie , e piuttosto dire che non le intendiamo, che dire che sia falso quello che si dimostra» . Il seguito dei fatti è noto . 11 26 febbraio 1616 il cardinale Bellar­ mino fa chiamare Galileo presso il suo palazzo e in presenza dei commissari del santo Uffizio gli comunica l'ordine - «praecepit et ordinavit» - «di abbandonare l'opinione che il sole stia al centro del mondo immobile e che la terra si muova» ; e di non aderirvi in qual­ siasi modo , né di insegnarla e difenderla a voce o con gli scritti. Gali­ lei aderì e promise di obbedire a tale «praecepto» . 13 Nel decreto sul­ l'indice dei libri proibiti del 5 marzo 1616 si dichiara «falsa e contra­ ria alla divina Scrittura la dottrina pittagorica sulla mobilità della terra e l'immobilità del sole insegnata anche da Nicolò Copernico, da Diego a Stufiica» . Pertanto si ordina di ritirare dalla circolazione gli scritti di Copernico e di Diego a Stufiica «donec corrigantur» ; in­ vece è assolutamente proibito e condannato il libro di P.A. Foscari­ ni, in cui si sostiene che la suddetta opinione è in armonia con la ve­ rità e non si oppone alla Scrittura. 14 Anche se la posizione esegetica di Foscarini e di Diego de Zufiiga (a Stufiica) è minoritaria, tuttavia essa si colloca nella prospettiva ermeneutica tradizionale, richiama­ ta da Galileo nella sua lettera a madama Cristina di Lorena e testi­ moniata da Benedetto Pereyra nei suoi Prolegomena biblica. 15 Sta di

13 I documenti del processo di Galileo Galilei, 101 . 14 I documenti del processo di Galileo Galilei, 103 . 1 5 Benedicti Parerii Valentini commentariorum et disputationum in Genesim , Ro­

mae 1591-1595 .

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fatto che dopo l'intervento del santo Uffizio del 1616 l'esegesi catto­ lica del secolo XVII sul testo di Giosuè 10, 12-13 evita ogni interpre­ tazione che possa dare adito a sospetti circa l'accoglienza o difesa della concezione copernicana. Nel seguito del secolo XVII la questione del rapporto tra la con­ cezione del mondo imposta dalle acquisizioni scientifiche e dalle nuove informazioni viene riproposta dal libro di Isaac de la Peyrère ( 1594-1676) , uscito anonimo in Olanda, ad Amsterdam nel 1655 . 16 In esso l'erudito francese , che scopre la sua vocazione biblica in Olanda al seguito del principe Luigi II di Condé, sostiene la teoria dell'esistenza degli uomini prima dell'Adamo biblico . A questa ipo­ tesi il De la Peyrère è indotto dal fatto che vi sono delle civiltà come quella caldea, egizia e cinese che non si lasciano integrare nella vi­ sione biblica della storia dell'umanità. In seguito alla pubblicazione del suo libro De la Peyrère fu condannato dal parlamento di Parigi e fatto arrestare. Solo la ritrattazione dei suoi errori e l'abbandono del calvinismo gli consentirono di ritrovare la sua posizione presso il Condé . Queste vicende di Isaac de la Peyrère sono una spia del cli­ ma di sospetto e repressione in cui si colloca anche il dibattito bibli­ co. Tutto quello che mette in discussione l'autorità della Scrittura è visto come una minaccia a quell'equilibrio instabile culturale e poli­ tico susseguente alla Riforma e al concilio di Trento. b. L'opera di Richard Simon11 È sintomatica al riguardo la storia di Richard Simon, nato a Dieppe , in Normandia , nel 1638 e ivi morto nel 1712. Dopo avere studiato presso i gesuiti, egli viene a contatto, a Parigi , con l'am­ biente della comunità sacerdotale dell'oratorio , dove , dopo alterne vicende , vi entra nel 1662. Qui Simon ha modo di conoscere Isaac de la Peyrère che , oltre alla sua discussa ipotesi sui preadamiti , negava per ragioni di critica letteraria anche l'autenticità mosaica del Penta-

16 Il libro di Isaac de le Peyrère si divide in due parti: Praeadamitae sive exercita­ tio super versibus duodecimo et decimotertio et decimoquarto capitis quinti epistulae D. Pauli ad Romanos quibus indicantur primi homines ante Adamum conditi, s.I. , 1655 ; Systema theologicum ex praeadamitarum hypothesi, s. I . 1655 . Il libro, stampato ad Amsterdam presso Elzevier, connobbe nel solo primo anno cinque edizioni. 17 P. AuvRAY , Richard Simon (1638-1 712) . Etude bio-bibliographique avec des textes inédits , Paris 1974 ; H. MARGlVAL, Essai sur Richard Simon et la critique biblique au XVII siècle, Paris 1900 , ristampa Ginevra 1970.

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teuco. Egli sosteneva l'ipotesi che Mosè avesse utilizzato documenti anteriori e che redattori successivi avessero composto il Pentateuco attuale sulla base delle sintesi di Mosè . Nello stesso periodo Simon viene a contatto con un ebreo di Pinerolo, venuto a Parigi , che gli consente di valorizzare la sua conoscenza della lingua ebraica per addentrarsi nel mondo giudaico. Egli ha anche dei rapporti con alcu­ ni studiosi protestanti che gli propongono una traduzione ecumenica della Bibbia (1676-1677) . Risale a questi anni la prima polemica di Richard Simon con J . Le Clerc. Ma Simon, che si era imposto all'attenzione del mondo colto pa­ rigino con alcuni studi eruditi e con scritti più o meno polemici , sca­ tena un vero e proprio uragano con la pubblicazione nel 1678 della sua opera più importante, alla quale stava lavorando da almeno una decina d'anni : Histoire critique du Vieux Testament. Egli divide il suo lavoro in tre parti, dedicate rispettivamente ai testi, alle versioni e commentari del testo biblico dell' AT, prendendo in esame per una valutazione critica tutto quello che nel corso dei secoli era stato scritto al riguardo. L'autore , cosciente dei rischi che comportava, non solo a livello economico , la stampa della sua opera innovatrice, si preoccupa di avere la copertura e l'appoggio dell'autorità con una dedica al re Luigi XIV. Ma nel corso di stampa a Parigi l'indice della materia della Histoire critique capita nelle mani di Jacques Bénigne Bossuet, il quale fa subito mettere in moto il meccanismo della cen­ sura regia. Vengono cosl confiscati e bruciati 1300 esemplari del li­ bro fatti stampare nel frattempo e se ne proibisce la stampa e la ven­ dita. In conseguenza di questo incidente Simon viene escluso dall'o­ ratorio e si ritira nel priorato di Bolleville. Due anni dopo I'Histoire critique viene edita ad Amsterdam per iniziativa dell'editore El­ zevier, 1680. Iniziano anche le polemiche attorno all'opera di Simon con proposte di correzioni e ritrattazioni, mentre continuano le edi­ zioni clandestine in Olanda con una prefazione dello stesso Simon , che tenta di concedere qualche cosa ai suoi avversari, sia del fronte cattolico sia di quello protestante . 18

18 Histoire critique du Vieux Testament. Nouvelle édition et qui est la primière sur la copie de Paris, augmentée d'une apologie générale et des plusiers remarques critiques. On a de plus ajouté à cette édition une table des matières et tout ce que a été imprimé jusqu'à present à l'occasion de cette Histoire critique , Rotterdam , Rivier Leers 1685. È considerata la quinta edizione nella serie delle varie riedizioni dopo quella disastrosa di Parigi del 1678.

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Nel frattempo Simon continua a lavorare al suo progetto di un'introduzione critica al NT, simmetrica a quella sull' AT. Nel 1689 ad Amsterdam presso R. Leers compare il primo volume dedicato allo studio del testo, dove Simon prende in esame i punti caldi della discussione tradizionale come quello della finale di Marco (Mc 16,920) , l'origine della Lettera agli Ebrei , il testo della prima Lettera di Giovanni sui tre testimoni (lGv 5 ,7) . Un anno dopo viene pubblica­ to un secondo volume , in cui l'autore esamina le diverse versioni del NT, da quelle latine antiche fino a quelle più recenti in latino e nelle lingue moderne . Finalmente nel 1693 esce il terzo volume della sto­ ria critica del NT, in cui si prendono in esame i commentatori dai pa­ dri fino all'epoca moderna. Qui Simon non risparmia le sue osserva­ zioni critiche a sant'Agostino, il padre ispiratore del giansenismo . Queste prese di posizione dell'erudito ex-oratoriano provocano la reazione dell'ambiente tradizionale , di cui si fa portavoce ancora una volta Bossuet . Alle critiche dei suoi avversari del fronte gianse­ nista e protestante Simon risponde con un'altra pubblicazione con­ cepita come supplemento alla storia critica del NT: Nouvelles ob­ servations sur le texte et /es versions du NT, stampato a Parigi nel 1695 . Questo è il primo scritto di Simon pubblicato nella capitale francese con l'approvazione dei teologi censori e munito di privi­ legio . Gli ultimi lavori di Simon, che trova sempre modo di entrare nella polemica più o meno erudita - celebre quella con il benedetti­ no Jean Martianay sull'edizione delle opere di Girolamo - sono de­ dicati alla traduzione del NT, stampata in quattro volumi a Trévoux nel 1702. Simon vorrebbe far uscire un'edizione del suo NT a Parigi, ma Bossuet vigila sull'opera del critico e colto sacerdote di Dieppe , anche con l'intento di convertirlo alla buona causa dell'apologia del­ la tradizione cattolica. Lo scambio di scritti tra le due parti rivela l'impossibilità di un incontro tra due mondi separati da due mentali­ tà opposte . Gli ultimi anni di Simon , ormai ritirato nella nativa Dieppe , sono occupati nella raccolta delle sue lettere e nella prepa­ razione di una Bibliothèque critique in quattro volumi , una specie di miscellanea dei vari scritti in parte già pubblicati - lettere, testi pole­ mici - stampata ad Amsterdam nel 1708-1710. Di fronte all'opera monumentale di Richard Simon, fondata su una erudizione eccezionale e animata da un'altrettanto straordinaria capacità di valutazione critica , è legittimo chiedersi quali sono stati gli esiti in rapporto allo sviluppo e all'applicazione del metodo stori­ co-critico nell'esegesi biblica. Certamente lo spirito polemico e il gu115

sto per l'ironia mordace non hanno giovato all'accoglienza delle po­ sizioni già di per sé audaci e sospette se confrontate con l'orienta­ mento della tradizione . Non può essere attribuito solo al contesto polemico il fatto che il benedettino Martianay, già aspramente criti­ cato da Simon , in una sua introduzione alla sacra Scrittura , riguardo all'origine mosaica del Pentateuco , accanto all'autore dell'ipotesi dei preadamiti, Isaac de la Peyrère, e ai razionalisti Hobbes e Spino­ za, menzioni anche «quanti si considerano cattolici e tuttavia non cessano di fare libri altrettanto dannosi che quelli degli eretici e dei libertini» . 19 Alcuni studiosi prima di Simon , anche nell'ambiente cattolico , avevano posto il problema dell'autenticità mosaica del Pentateuco come Andrea de Maes, detto Masius (1514-1573) , Bene­ detto Pereyra (1535-1610) , Giacomo Bonfrère (1573-1642) . Ma quello che attira l'attenzione dei critici di Simon è l'impostazione globale e sistematica del problema che sembra far traballare la Bib­ bia come fonte e fondamento delle verità religiose tradizionali. Ora questo è il punto cruciale nel contesto delle lotte di religione e delle contrapposizioni dottrinali tra cattolici e protestanti. Sullo sfondo di questo conflitto compaiono anche gli antesignani dell'illuminismo e del razionalismo che scalzano dalle radici il sistema religioso tradi­ zionale . E proprio nella questione mosaica Simon sembra accostarsi alle posizioni di Baruch Spinoza e di Tommaso Hobbes. Il filosofo di origine ebraica Baruch Spinoza (1632-1677) fa pub­ blicare , anonimo , ad Amburgo nel 1670 il suo Tractatus theologico­ politicus. Lo scopo fondamentale di questo scritto, diviso in due par­ ti come recita il titolo latino , è quello di mostrare , contro il rischio del fanatismo religioso, che si devono distinguere due campi o ambi­ ti: quello della religione o fede da una parte e quello della filosofia o ragione dall'altra. E pertanto la libertà di pensiero o del «filosofare» non solo può essere concessa senza danno per la religione e la pace dello stato , ma che non la si può «sopprimere se non sopprimendo la pace dello stato e la religione stessa» . A tale scopo Spinoza mostra sulla base di una reintepretazione razionale e storica della Scrittura qual è l'esigenza della religione . In questo progetto il filosofo olan­ dese affronta alcune questioni circa la cronologia biblica e l'origine mosaica del Pentateuco. Egli sulla scorta di alcune argomentazioni

19 J. MARTIANAY, Traité de la vérité et de la connaissance des livres de la Sainte Écriture, Paris 1697.

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già proposte in forma allusiva dal filosofo e commentatore medieva­ le ebreo Abraham ben Meir ibn Ezra (1089-1164) , fa risalire il Pen­ tateuco all'opera di Esdra nel periodo postesilico . Più determinante per comprendere la lettura critica della Bibbia da parte di Spinoza è l'influsso del filosofo inglese Tommaso Hobbes (1588-1679) , il quale nella sua opera sulla natura , forma e autorità dello stato , intitolata Leviathan , Londra 1651 , ritiene , in base ad alcuni principi di critica storica e letteraria, che a Mosè si possono attribuire solo alcuni capi­ toli del Deuteronomio (XI-XXVII) . Alcuni principi ermeneutici e posizioni critiche di Hobbes sono ripresi e sviluppati da Spinoza nel suo trattato .20 Circa l'effettivo rapporto tra l'opera di Spinoza e la storia critica dell'AT di Simon si deve osservare che quest'ultimo menziona espli­ citamente l'autore del trattato solo nella prefazione al suo lavoro , per mettere in guardia il lettore contro «le conseguenze false e dan­ nose che Spinoza ha preteso dedurre dai cambiamenti e dalle ag­ giunte per contestare l'autorità dei libri divini, come se queste modi­ fiche fossero puramente umane» . Il principio che Simon contrappo­ ne a Spinoza è questo : l'autorità dei libri biblici , scritti da veri profe­ ti guidati dallo Spirito di Dio , non dipende dalla individuazione o meno dell'autore storico . Questi dati di fatto fanno propendere per l'ipotesi che Simon abbia conosciuta l'opera di Spinoza introdotta in Francia da Leibniz nel 1672, solo quando egli ormai aveva ultimato la sua redazione dell' Histoire critique. Forse il lavoro di Spinoza gli ha suggerito il discreto riferimento al celebre commentatore ebraico Abraham ben Meir ibn Ezra nel capitolo sesto della sua opera. 21 Il lavoro di Simon si distingue da quello di Spinoza non solo per l'impostazione generale del metodo di critica letteraria e storica , ma anche per alcune ipotesi singolari come quella circa la formazione del Pentateuco, che sarebbe stato redatto dopo l'esilio sulla base delle tradizioni raccolte e messe per iscritto da scribi ufficiali. L'au­ torità dei libri biblici in questo caso è assicurata dalla tradizione che 20 Per un'interpretazione del sistema filosofico-religioso di T. Hobbes e in parti­ colare del ruolo e della prospettiva di ermeneutica biblica dell'opera M. Leviathan, cf. H. G. REVENTWW, The authority of the Bible and the Rise of the Modern World, London 1984, 194-222 ; per l'opera di B. Spinoza cf. S. ZAc, Spinoza et l'interprétation de l' Écriture, Paris 1965 ; A. MALET, Le Traité théologique-politique de Spinoza et la pensée biblique, Paris 1966; J . SANDYS-WUNSCH , «Spinoza the first biblica! theolo­ gian» , in ZA W 93( 1981), 327-341 . 21 P. AUVRAY, «Richard Simon e t Spinoza», i n Religion, érudition et critique à la fin du XVII siècle et au début du XVIII, 201-214.

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consente alla chiesa di accoglierli e riconoscerli come ispirati . 22 No­ nostante la buona intenzione dichiarata nella prefazione alla Histoi­ re critique du Vieux Testament, le disavventure della prima edizione e le polemiche successive in occasione della pubblicazione della Sto­ ria critica del NT hanno impedito all'opera di Simon di avere un im­ p atto fecondo immediato per la ricerca biblica nell'ambito cattolico. È stato detto che Richard Simon , nato troppo presto , non ha avuto né maestri né discepoli. Non può essere infatti considerato un disce­ polo di Simon , Giovanni Astruc (1684-1766) . Il suo libro Conjec­ tures sur les mémoires originaux dont parait que Mofse s'est servi pour composer le livre de la Genèse, pubblicato anonimo nel 1753 a Bruxelles, anticipa alcune ipotesi sui documenti e le fonti del Penta­ teuco. Ma esso non dipende direttamente dal lavoro di critica lette­ raria di Simon . Questi invece sarà rivalutato dagli studiosi di lingua tedesca nel secolo XIX che daranno un'impostazione sistematica al metodo storico-critico applicato alla Bibbia. 3.

La critica e il dibattito biblico in Italia nel secolo XVIII

Il rigido controllo esercitato dalla censura ecclesiastica sulla pro­ duzione e diffusione dei libri religiosi o attinenti alle questioni teolo­ giche , ha risparmiato all'Italia le lotte religiose e politiche che hanno caratterizzato la · storia della Francia e dei paesi limitrofi nel secolo XVII . Ma nello stesso tempo l'azione della censura , più oculata e vi­ gile nel contesto italiano , l'ha tagliato fuori da uno scambio fecondo e vivace con i nuovi fermenti dell'ambiente europeo attraversato dal fenomeno dell'illuminismo. Nell'ambiente religioso e culturale ita­ liano arrivano solo alcuni echi di quel dibattito teologico che si svi­ luppa attorno al progetto di riforma teologica , morale e disciplinare della chiesa, promossa da Cornelio Giansenio nel secolo XVII , ispi­ rato al pensiero di sant'Agostino . Il giansenismo si fa sentire in Italia nella variante proposta da Pascasio Quesnell . Esso ha la sua espres­ sione più vistosa e pubblica nel sinodo di Pistoia ( 1786) . Tra le 85

22 È da rilevare l'ambivalenza della «tradizione» nel testo di R. Simon, dove con questo vocabolo si designa la trasmissione storica di un testo da ricostruire critica­ mente , e la categoria teologica tipica della chiesa cattolica. Quest'ambivalenza , che ha sconcertato i primi lettori, continua a creare confusione anche tra i moderni, cf. KRAus , L'Antico Testamento, 1 12- 1 14.

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proposizioni condannate dalla bolla pontificia A uctorem fidei del 1794, figurano alcune riguardanti la lettura della Bibbia , la cui tra­ scuratezza era considerata dai giansenisti come la fonte del degrado religioso e spirituale della chiesa.23 Uno dei teorici e promotori del sinodo di Pistoia è Pietro Tamburini (1739-1827) , amico di Scipione de Ricci , conosciuto a Roma negli ambienti favorevoli al gianseni­ smo. Il Tamburini , docente di diritto e filosofia morale all'università di Pavia , dopo il fallimento del sinodo di Pistoia , diventa il divulga­ tore del pensiero illuminista d'oltralpe in Italia. Ma il clima della cultura religiosa italiana non è determinato da questi episodi, che sono solo il sintomo di alcuni fermenti o istanze latenti . Se il Tamburini si scaglia contro il «pessimo sistema della scolastica» e si mette alla scuola dei nuovi pensatori, un altro autore molto più rappresentativo dell'orientamento ufficiale, denuncia sen­ z'appello tutti i rappresentanti del nuovo indirizzo filosofico e cultu­ rale . Nella sua opera in due tomi e cinque libri il domenicano Danie­ le Concina fa un'ampia e appassionata difesa Della religione rivelata contro gli ateisti, deisti, materialisti, indifferentisti, che negano la veri­ tà dei Misteri, stampata a Venezia nel 1754. Nella lettera dedicatoria a Carlo Emmanuele re di Sardegna , il Concina dichiara che ha intra­ preso la sua opera apologetica «per i replicati impulsi ed esortazio­ ni» del papa Benedetto XIV. L'argomentazione del Concina si svol­ ge in modo sistematico , partendo dalla necessità e dal fatto della re­ ligione rivelata (libro I) ; passa quindi in rassegna i miracoli e le pro­ fezie che comprovano la religione rivelata (libro II) e controbatte le interpretazioni riduttive degli avversari. In questo contesto egli po­ lemizza contro la «insidiosa insinuazione di Spinoza che Esdra sia stato autore del Pentateuco».24 Quasi un intero capitolo del quarto libro è dedicato alla confutazione del «Sistema di B . Spinoza» sotto il profilo filosofico e teologico (c. IX) . E ancora nel libro quinto (c. III) Concina richiama l'attenzione sul «panteismo pericoloso di Spi­ noza» , che nella polemica costante del nostro autore è assimilato ai

23 Proposizione 67, Denzinger 2667, rimanda alle 7 proposizioni di Quesnell, n­ provate e condannate nel 1713 da Clemente Xl, costituzione Unigenitus Dei Filius, relative alla lettura e studio della sacra Scrittura. 24 D. CoNCINA , Della religione rivelata , libro Il, parte l, 3 § l , 79-80. Poco più avanti (pp. 81-82) controbatte gli argomenti addotti da Spinoza contro l'origine mo­ saica del Pentateuco. La polemica antispinoziana è ricorrente nell'opera di Concina (II, XIV, 177-180: contro gli oppositori della risurrezione di Gesù Cristo).

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deisti inglesi a partire da Hobbes e agli indifferentisti francesi tra i quali spicca Bayle. L'opera di Daniele Concina è rappresentativa del clima religioso e della cultura ufficiale. Ma nello stesso tempo rivela la penetrazio­ ne delle nuove idee religiose e degli orientamenti filosofici anche nel contesto italiano. È significativo il fatto che Pietro Giannone (16761748) , nell'ambiente di Napoli , elabori la sua teoria del giurisdizio­ nalismo (1723) , ripresa e ampliata a Vienna nell'opera Il triregno , che rivela contatti con il pensiero di Hobbes e , i n forma critica , con il trattato di B . Spinoza (1734) . Ma si deve tenere presente che Giannone , oltre a dover riparare a Vienna, conclude la sua vita erra­ bonda nel carcere di Torino . Tipico rappresentante dell'orientamento culturale italiano nel secolo XVIII è l'erudito veronese Scipione Maffei (1675-1755), fon­ datore del Giornale dei letterati (1710) e cultore di studi storici e pa­ leografici . Su richiesta dei rispettivi governi di Padova e di Torino , Maffei nel 1715 e 1718 elabora i progetti per un migliore ordinamen­ to delle materie nelle due università. È interessante quanto egli scri­ ve per il rinnovamento delle scienze religiose nello studio di Padova: «Restano gli studi sacri , che tanto in Italia languiscono . È prima d'altro importante una cattedra di sacra Scrittura, ma in questa non so quanto potrà segnalarsi chi non avrà notizia veruna di quelle lin­ gue nelle quali essa fu dettata . Sarebbe certamente necessario l'ad­ dittare le critiche osservazioni sul testo e l'istruire delle varie classi e delle differenti idee dei commentatori ; anzi non sarebbe male l'ap­ profittarsi sanamente per l'intelligenza delle cose indifferenti anche del Grazio e del Clerico, poiché nell'erudizione non si dà eresia. Dall'opera insigne di Riccardo Simone si può prendere saggio di un adeguato studio su la Scrittura>>.25 Il modello proposto , Richard Si­ mon , e il riferimento ai due autori protestanti Grozio e Le Clerc so­ no rivelativi dell'originale e libera visione di Maffei nel progettare uno studio serio e scientifico della Bibbia nell'ambito universitario . A questa posizione dello storico e letterato veronese può essere accostata quella di Ludovico Antonio Muratori (1672-1750) . Anche se l'apporto di Muratori si segnala soprattutto nel campo della ricer-

25 Un parere di Scipione Maffei intorno aUo studio di Padova sui primi del sette­ cento, in Atti del reale Istituto veneto di scienze tenere e arti, LXIX, 1909-1910, 583 ; A. RoTONDÒ, «La censura ecclesiastica e la cultura», in Storia d'Italia, 5 , Documenti 2 , Torino 1973, 1444 .

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ca storica e della critica letteraria, vale la pena richiamare in questo contesto la proposta metodologica lucida ed equilibrata che il biblio­ tecario dell'Ambrosiana e della ducale di Modena presenta nell'ope­ ra pubblicata a Parigi in tre libri nel 1714, sotto lo pseudonimo di Lamindo Pritanio dal titolo De ingeniorum moderatione in religionis negotio. In questo scritto Muratori prende lo spunto dalla pubblica­ zione dell'Appendix augustiniana di Giovanni Le Clerc del 1703 sot­ to lo pseudonimo di Johannes Phereponius - una critica contro la dottrina agostiniana - per tracciare nei primi due libri un quadro metodologico della ricerca critica nel campo della scienza religiosa. Il sottotitolo dell'opera ne definisce il contenuto e l'orientamento di fondo : «Quali sono i diritti e i doveri dell'uomo cristiano nel cercare e trasmettere la verità» . Muratori , con abbondanza di riferimenti ed esemplificazioni , sostiene che nelle materie storiche e scientifiche che non toccano direttamente il deposito della fede , il ricercatore cristiano è libero. Coerente con questo orientamento Muratori af­ fronta anche la questione del rapporto tra l'interpretazione della sa­ cra Scrittura e le conclusioni scientifiche che ricorda il caso di Gali­ leo e in particolare la lettera-trattato a madama Cristina di Lorena. In primo luogo Muratori richiama il principio ermeneutico tradi­ zionale : «Lo scopo delle sacre Lettere non è quello di informare il genere umano sulle cose profane , ma sull'amore di Dio e del prossi­ mo, in cui sta tutta la legge e la dottrina dei profeti» . 26 Pertanto non si può vincolare l'interpretazione della Scrittura a un sistema filoso­ fico o a delle conclusioni scientifiche che non rientrano nel suo am­ bito specifico . Quindi , Muratori affronta la questione posta dal si­ stema copernicano che sembra opporsi al significato letterale di mol­ ti testi biblici tra i quali il celebre passo di Gs 10,12-13. Muratori , co­ me già Galileo nella succitata lettera, riconosce che il testo della Scrittura deve essere interpretato nel suo senso naturale quando questo è ovvio e non si oppone ad altri testi o alle conclusioni della conoscenza naturale. Ma spesso l'autore biblico ricorre a un linguag­ gio figurato e si esprime conforme alla mentalità comune e corrente al suo tempo. Questo è il caso del testo di Giosuè , che può essere in­ terpretato senza essere vincolati a una determinata concezione astronomica. D'altra parte non spetta alla chiesa valutare la fonda­ tezza scientifica o meno di tali sistemi, le cui conclusioni restano nel-

26 De ingeniorum moderatione in religionis negotio, Venetiis 1927, lib. l, XXI, 167; cf. 186.

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l'ambito della probabilità ( «verisimilitudinis») . Dopo aver richiama­ to il principio ermeneutico definito dal concilio di Trento - autorità della chiesa e il consenso dei padri in materia di fede e di morale Muratori cita e commenta i classici testi di Agostino e Tommaso , ri­ feriti anche da Galileo nella sua lettera. Quindi conclude che non è sua intenzione difendere un sistema contro l'altro , ma «impedire che alcuni in tale genere di questioni introducano troppo facilmente o addirittura vi costringano l'autorità della Scrittura» .27 Questa posizione ermeneutica di Muratori si colloca armonica­ mente nel contesto della sua formazione culturale , in cui gioca un ruolo importante l'incontro con il cultore di storia Benedetto Bac­ chini (1651-1721), il quale introduce nell'ambiente italiano il meto­ do storico-critico dei maurini francesi (Mabillon) . Il Bacchini nel 1694 è nominato professore di Scrittura a Bologna, dove vi tiene qualche lezione fino al 1697. Durante la sua carica di priore di San Pietro a Modena nel 171 1 vi insegna greco ed ebraico. La figura del Bacchini è qui ricordata non per il suo contributo agli studi biblici, ma per il ruolo che esercita nella cultura storiografica e letteraria del settecento italiano . Gli uomini più preparati culturalmente e con no­ tevoli capacità di lavoro scientifico si orientano nel campo della ri­ cerca storica e letteraria. Al settore degli studi biblici invece si dedica il veronese Giusep­ pe Bianchini (1704- 1764) , le cui ricerche paleografiche e di critica storica si collocano nel clima inaugurato da Scipione Maffei e da A.L. Muratori. Passato da Verona a Roma Bianchini entra a far parte dell'Istituto di San Filippo Neri e può dedicarsi alle sue ricer­ che e studi sui codici antichi . In questo ambito si inserisce la sua te­ nace ricostruzione delle versioni antiche latine della Bibbia , chiama­ ta comunemente itala, già oggetto di ricerche da parte dei benedetti­ ni Martianay e Sabatier. Dopo una prima edizione comparsa a Ro­ ma nel 1740, nelle Vindiciae canonicarum scripturarum vulgatae edi­ tionis latinae, Bianchini prepara, sulla base di nuovi e più importanti codici, l'edizione dell' Evangeliarium quadruplex latinae versionis, seu veteris italicae, stampato a Roma nel 1749. Nelle sue ricerche di critica biblica Bianchini aveva progettato una storia critica della Volgata, di cui riuscl a preparare solo il primo tomo. Più tardi , quando si interessò delle versioni greche del libro di Daniele , opera pubblicata nel 1763 , aveva in animo di curare un'edizione poliglotta v

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De ingeniorum moderatWne, l, XXIV, 196.

della Bibbia. Il contributo di Bianchini allo studio critico del testo biblico è considerevole se si tiene conto della sua parallela attività di ricercatore e studioso di testi storici e liturgici. Dei circa quaranta nomi di biblisti del secolo XVIII , che hanno scritto dei commenti o pubblicati dei testi di introduzione alla Bib­ bia, si distinguono appena cinque o sei autori , che hanno dato un contributo scientifico allo studio della Scrittura . Questo riguarda an­ cora l'edizione critica del testo biblico . Il principe degli studiosi ita­ liani in questo campo è l'ebraista Giovanni Bernardo De Rossi , nato a Villa Castelnuovo Canavese nel 1742 e morto a Parma nel 183 1 . La sua produzione d i maggior rilievo per l a critica testuale dell'AT ebraico si colloca verso la fine del XVIII secolo, mentre alcuni studi di introduzione ed ermeneutica biblica sono pubblicati all'inizio del secolo successivo. Dopo la laurea in teologia a Torino , dove è ordi­ nato sacerdote nel 1766 , De Rossi si dedica allo studio delle lingue , ebraica e orientali. La sua attività di ricercatore inizia quando dal suo incarico di bibliotecario a Torino passa a insegnare lingue orien­ tali all'università di Parma, dal 1769 al 182 1 . Già nell'opera giovani­ le De praecipuis causis ac momentis neglectae hebraicarum litterarum disciplinae, Torino 1769 , De Rossi si propone di promuovere e in­ culcare lo studio della lingua ebraica. Ma la sua opera monumentale resta l'edizione critica del testo originale dell'AT: Variae lectiones Veteris Testamenti, in quattro vo­ lumi, pubblicati a Parma dal 1784 al 1788, a cui fa seguito il quinto Scholia critica in Veteris Testamenti libros , seu supplementa ad va­ riantes sacri textus lectiones, Parma 1798. De Rossi prende lo spunto dei suoi lavori dall'opera dell'ebreo inglese Benjamin Kennicott sul­ lo studio del testo ebraico deWAT e dalla pubblicazione nel 1776 del Vetus Testamentum hebraicum cum variis lectionibus. Egli amplia l'indagine dei manoscritti e delle edizioni antiche ebraiche della Bib­ bia per un totale di 1793 esemplari di testi ebraici consultati, a cui si devono aggiungere le traduzioni antiche e i commentari. La ricerca di De Rossi arriva alla conclusione che i vari codici ebraici dipendo­ no sostanzialmente da un'unica recensione . Il suo contributo segna una tappa fondamentale per la ricostruzione critica del testo ebraico dell'AT.28

28 A. VACCARI, «>, i n F. VIGOURoux-N . C . BACUEZ, Manuale biblico , S. Pier d'Arena 1894, l, 263-330; A . VACCARI, «Bibbia» , in Enciclopedia Ita­ liana , Roma 1930, 901-903 ; G. Ricciorn, «Bibbia» , in Enciclopedia Cattolica , Roma 1949, 1556-1563. 94

JEMOLO, Il

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rapporto alla linea giansenista. Per questo converrà tenere presente quanto detto sopra. A voler essere sintetici si potrebbe dire che dopo le versioni ita­ liane apparse tra fine quattrocento e fine cinquecento (in questo tempo dipendenti sovente dalla versione di Antonio Brucioli) , non includendo la Volgata latina, la cui autorità era senza pari , altro non si ebbe in Italia degna di menzione se non la traduzione dal greco del calvinista lucchese Giovanni Diodati, sobria, elegante , ma piuttosto di antiquato linguaggio , pubblicata a Ginevra nel 1607 e nel 1641 e ristampata poi di continuo (fu usata pure da Rosmini) , specie nel­ l'ottocento dove fu intesa come richiamo all'evangelismo ;98 molto più avanti (1769-1781) troviamo la traduzione , però dalla Volgata, di Antonio Martini ,99 di enorme diffusione e vera protagonista fino al sec. XX; di riconosciuto valore nel 1872-1875 abbiamo la tradu­ zione dall'originale dell' AT di Samuele Davide Luzzato , ebreo , 1 00 per approdare nel nostro secolo e trovare fra il 1920 e il 1930 La Bib­ bia di Giovanni Luzzi e la Sacra Bibbia del Biblico di Roma . È dun­ que sulla versione del Martini che porremo più attenzione , citando quei libri e avvenimenti che fecero da preparazione e da seguito.

1 . Avanti la Bibbia del Martini (1600-1750) L'Italia in questo tempo dispone di una duplice Bibbia volgare, uscita a Venezia nel 1471 e che rimaneggia malamente dei mano­ scritti del '300: la Bibbia del Malermi, che Alvise Guerra nel 1773 rieditò in chiave giansenista e la Bibbia jensoniana, ristampata come un classico a Bologna nel 1882-1887. 101 Per il resto , per tutto il sei­ cento gli stampatori puntano sullo smercio della Volgata sisto-cle­ mentina, protetta com'era dall'inquisizione, raccomandata dai sino-

98 La seconda edizione, quella definitiva, porta questo titolo: La sacra Bibbia tradotta in lingua italiana, e commentata da Giovanni Diodati di nation lucchese. Se­ conda edizione migliorata ed accresciuta. Con l'aggiunta de' Sacri Salmi, messi in rime per lo medesimo, In Geneva 1641 (cf. VACCARI , «Bibbia», 902) . 99 Nuovo Testamento del Signor Nostro Gesù Cristo secondo la Volgata tradotto in lingua italiana e di annotazioni arricchito, 6 voli. , Torino 1769- 1771 ; Vecchio Testa­ mento secondo la Volgata tradotto, 11 voli. , Torino, 1776-178 1 . 100 La sacra Bibbia volgarizzata da S. D. Luzzato e continuatori, 4 voli . , Rovigo 1 872-1875 . 101 La Sacra Bibbia volgarizzata da Nicolò Ma/ermi . . . Ridotta allo Stile Moderno e arricchita di Note (da A. Guerra) , 7 voli. , Venezia 1773 ; La Bibbia volgare secondo la rara edizione del l0 ottobre MCCCCLXXI, 10 voli . , Bologna 1882-1887 (ad opera di C. Negroni) .

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di, in uso nei seminari e nella liturgia, indicata presente nelle biblio­ teche dei parroci . Mediazione biblica fanno i catechismi storici , co­ me abbiamo visto , anzitutto quello di Claude Fleury, tradotto sull'i­ nizio del settecento, che incoraggiano a produrre compendi di storia sacra. Ma quanto a traduzioni tra la fine del seicento e i primi decen­ ni del settecento si ebbero solo sporadiche versioni poetiche di sin­ goli libri della Scrittura, oppure modeste parafrasi in prevalenza di salmi (Loreto Mattei, Gregorio Redi , Antonio M. Salvini. . .) . 102 La ragione può essere vista nella mancanza di stimoli . La stragrande massa del popolo era appagata nelle sue tendenze religiose con l'ap­ prendimento a memoria di alcune formule eucologiche e catechisti­ che . Per i patrizi e borghesi istruiti giovava la traduzione delle Epi­ stole e vangeli che si leggono tutto l'anno alla Messa di Remigio Nan­ nini (1522- 1580) , ristampata ancora a metà ottocento ; nei cortei processionali bastavano le lodi sacre apprese a memoria, e la corona del rosario ; nelle case , per i campi e per le vie , il segno della croce e brevi formule di invocazione e di scongiuro . Nelle scuole l'Abbece­ dario serviva ad apprendere il latino della messa, il Credo , la Salve Regina; oltre che il Pater, l'A ve e il Gloria. Si aggiunga ancora che il clero in Italia preferiva distribuire e controllare la cultura religiosa individuale e collettiva; preferiva tutelare la propria funzione mini­ steriale anche conservando tra testi sacri e popolo l'arcano velo della lingua latina. 103 La svolta che provocò una certa fioritura di edizioni integrali dell'AT e NT ha come dato estrinseco la reazione all'Histoire du peuple de Dieu del gesuita Jsaac Berruyer nel 1728 , tradotta in italia­ no tra il 1740-1755 , accusata di eresia, cui si doveva contrapporre quanto prima una ripresentazione italiana corretta. Questa fu l'oc­ casione che spinse il card . Carlo Vittorio delle Lanze di Torino a im­ pegnare il Martini per una nuova traduzione. Più in profondità, a metà del 1750, sentito era il desiderio di rinnovamento , stimolato dalle polemiche teologiche (tra rigoristi e benignisti, tra molinisti, tomisti e agostiniani) , dal crescente scetticismo illuminista, da un certo radicalismo portato avanti dal giansenismo. «Fu soprattutto il semplicissimo desiderio di ridare la Scrittura nella loro lingua ai cattolici italiani nel contesto di motivi propri

un 103

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MI:N occm, «> comparsi in tedesco francese, inglese e italiano , ma l'attenzione si porta so­ prattutto alla situazione italiana. Perciò interi capitoli sono dedicati a opere straniere tradotte in italiano. La rassegna inizia con le vite di Gesù di D.F. Strauss ed E. Renan, perché è convinzione dell'autore che «il risveglio degli studi cristiani in Italia ha inizio con la traduzio-

109 Tentativo promosso soprattutto daU' Associazione biblica italiana. 110 È la conferma di quanto constata nel capitolo precedente R. Rabris sull'as­ senza - a quest'epoca - nel contesto italiano di una scuola esegetica (mentre le cose più notevoli si verificano nel campo della critica testuale, della filologia, dell'erudizio­ ne biblica). 111 «Placé sous le signe de la "défense religieuse", le XIX siècle a été le grand siè­ cle de l'apologétique», anche se la quantità non è stata accompagnata dalla qualità (R. AuBERT, Vatican l, Paris 1964, 25) . Il giudizio vale in modo particolare per i paesi latini. 112 B. Labanca (1829-1913) insegna alla Sapienza, a Roma, dal 1886 al 1913: pri­ ma storia delle religioni e poi storia del cristianesimo. Diversi i giudizi sul suo conto, riportati da P. SCOPPOLA, Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia , Bologna 1961, 35, nota 44 (favorevole L. Salvatorelli , assai critici G. Gentile e G. Semeria). Con l'inizio dell'insegnamento romano coincide la pubblicazione dell'opera che Sal­ vatorelli giudica più importante: Il Cristianesimo primitivo.

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ne delle opere di D . Strauss e E. Renan» . 113 È però anche vero che , se la vita di Renan fu molto letta in Italia, il voluminoso studio di Strauss, tradotto e pubblicato sia a Torino sia a Milano nello stesso anno (1865) , segnò un totale insuccesso editoriale . 2. In diverso modo ebbero a influire sugli studi biblici in Italia il pontificato di Pio IX, quello di Leone XIII e la cosiddetta crisi mo­ dernista. Parlare di pontefici romani se�bra improprio in una de­ scrizione del cammino dell'esegesi , eppure è indispensabile per indi­ viduare l'alveo che accolse e condizionò lo sforzo dei ricercatori ita­ liani . È giudizio abbastanza diffuso che «si può situare sotto il pontifi­ cato di Pio IX la vera radice della crisi modernista» . 114 Pio IX aveva licenziato , con i documenti del Vaticano l , un magistero sull'ispira­ zione biblica che - per quanto ancora assai rigido - era il primo ten· tativo nella storia del magistero ufficiale di dare forma organica a un dato acquisito nell'autoconsapevolezza della fede cristiana, trasmes­ so dal mondo ebraico e costituente uno dei più condizionanti conte­ nuti di precomprensione nel processo di ricerca del senso del testo biblico. Di qui partirà l'enciclica Providentissimus Deus. La visione del Vaticano I codificava un concetto di Dio «autore» del testo sacro inteso in senso rigido e applicato nella linea delle con­ seguenze dell'inerranza . Contemporaneamente erano presenti al concilio le posizioni giudicate erronee dei cosiddetti «semirazionali­ sti», che in campo cattolico rappresentavano gli esponenti di una teologia e pastorale preoccupate di entrare in dialogo con le correnti della teologia razionalista e liberale e della filosofia idealistica, ro­ mantica e inizialmente positivista, come già s'è visto nel c. l . Particolare attenzione veniva data alla realtà e alle sorgenti della rivelazione , con un'accentuazione portata maggiormente sul campo 11 3 LAB ANCA, Gesù Cristo nella letteratura contemporanea , Torino 1903 , 204 . Molte pubblicazioni di Labanca sono rassegne o messe a punto di studi e tematiche seguite in vari centri. Il nostro libro sembra sintetizzare altre pubblicazioni preceden­ ti. 114 Sul rapporto tra l'ambiente di incubazione italiano e quello francese del mo­ dernismo si veda PoULAT, Crisi, 12. In Francia il movimento «si pone come mediazio­ ne tra due culture antagoniste» , mentre in Italia si pone «come riforma d'una società religiosa» . Viene citata a conferma la definizione di Buonaiuti: un'«aspirazione con­ fusa a una rinascita integrale dello spirito evangelico al di là di tutte le formule aride e delle discipline convenzionali». Occorre però notare che Buonaiuti è lungi dal rap­ presentare tutto il modemismo italiano: ad es. il Minocchi iniziale , collegato ai nomi di Semeria, Genocchi, i fratelli Mercati, è molto più sensibile alla problematica fran­ cese in campo biblico.

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sistematico che sulle conseguenze per un accostamento concreto del testo biblico . Ben presto però l'ipersensibilità suscitata nei confronti dell'inerranza del testo sacro si sarebbe trovata esposta ai contrac­ colpi di quella «questione biblica»115 che non era equilibrata da una sufficiente conoscenza dell'apporto umano dell'autore sacro e delle leggi del linguaggio. Il magistero di Leone XIII si caratterizzò per una maggiore aper­ tura a queste problematiche , anche se l'equilibrio tra correnti carat­ terizzate da opposta sensibilità e soprattutto fra le esigenze difficil­ mente conciliabili del dettatò dogmatico e dell'acquisizione storica non sempre fu raggiunto. L'enciclica Providentissimus Deus fu inter­ pretata sia come documento illuminato sia come freno o addirittura richiamo coartante. Se era certamente da escludere l'intenzione coartante, gli altri aspetti erano probabilmente presenti. 1 16 Nei riguardi degli studi biblici Pio X potè sembrare , a modo suo, non meno interessato e aperto alle novità. Ancora patriarca di Ve­ nezia sembra che con Minocchi egli abbia espresso la sua preoccupa­ zione sugli studi biblici (arretrati) in Italia e si sia detto molto inte­ ressato a L' Evangile et l'Eglise di Loisy. 117 Ma lo stesso papa prende·

m Sull a «questione biblica», discussione che aveva preso origine dal famoso ar­ ticolo di mons. D'Hulst, «La question biblique», in Le Correspondant, 134(1893), 201-25 1 , si è parlato nel capitolo precedente a proposito di A. Loisy. In Italia prende posizione sull'argomento G. BoNACCORSI, Questioni bibliche, Bologna 1904 (e anche «La veracità storica della Bibbia», in Studi Religiosi 3(1903) , 104-108) . n titolo, al plurale, sembra rifarsi all'affermazione di A. Loisy su Autour d'un petit livre, sull'esi­ stenza non di una ma di molte questioni bibliche. Bonaccorsi privilegia qui l'Antico . Testamento, ma la sua ricerca filologica si porterà pure sul Nuovo (e sui vangeli apo­ crifi) . 116 Cf. LEVIE, La Bible, 72. L'intenzione autenticamente rinnovatrice di Leone XIII (dimostrata nella - allora - sorprendente elevazione alla porpora cardinalizia, nel suo primo concistoro, di J.H. Newman) aveva previsto un'enciclica di argomento biblico, prima che comparisse l'articolo di moos. D'Hulst sulla «questione biblica». L'enciclica dedica due brevi paragrafi generali agli errori razionalisti e torna poi sugli errori , quando si parla dei problemi posti dalle scienze naturali e storiche. Se il suo tono è fortemente apologetico, l'impostazione è decisamente positiva, disponendo che nei seminari vi sia un insegnamento della sacra Scrittura adeguato ai tempi e che la divina Scrittura diventi l'anima di tutta la teologia (testo in EB , 81-134) . 117 Per i primi mesi del pontificato di Pio X Lorenzo Bedeschi parla addirittura di un «clima di liberalità», a cui «sembrava dovesse restare stabilmente fedele il pontifi­ cato del neoeletto papa Sarto»: L. BEDESCHI , Riforma religiosa e curia romana all'ini­ zio del secolo, Milano 1968 , 10. La confidenza del cardinal Sarto a Minocchi sarà rife­ rita da questi in una intervista rilasciata a G. PEsTELLI, «Salvatore Minocchi sarà sco­ municato? L'ammirazione del patriarca Sarto per il Loisy condannato da Pio X. In­ tervista a cura di G.P.», in La Stampa 25 gennaio 191 1 . Le circostanze dell'intervista non permettono di precisare le sfumature del primitivo colloquio.

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rà le note misure antimodemistiche che ebbero uno dei momenti culminanti proprio nella scomunica di Loisy. E d'altra parte negli stessi anni egli fondava in Roma il Pontificio istituto biblico. La finalità di «mettere un argine , specialmente a causa delle discussioni e difficoltà esistenti nel campo biblico» (come si esprimeva nel 1960 il card . Agostino Bea)ll8 mirava all'obiettivo concreto di «preparare insegnanti ben formati nelle materie bibli­ che» . Anche questo però, nel clima del momento, destava l'allarme in chi - come p. Lagrange - aveva da poco fondato l' École biblique a Gerusalemme e s'interrogava se la novità romana non significava una ridotta fiducia verso quanto già esisteva. Senza poter dare un giudizio globale né sui fatti né sulla persona, è però certo che con quel pontificato non coincise una stagione sere­ na per gli studi biblici in Italia e che si verificò un arresto per quella fioritura che era sembrata promettente, anche se denunciava ancora insicurezza, eterodipendenza e scarso orientamento. I due immediati successori, Benedetto XV e Pio XI, proveniva­ no da esperienze assai qualificanti nel campo della diffusione biblica (mons . Giacomo Della Chiesa - futuro Benedetto XV - era stato il primo presidente della «Pia società San Girolamo per la diffusione dei Vangeli») e in quello della ricerca documentaria (mons. Achille Ratti - poi Pio XI - era stato professore di ebraico nel seminario di Milano e poi, discepolo di A . Ceriani , fu pure prefetto dell' Ambro­ siana) . Il loro influsso , anche se non sottolineato da interventi straordinari (tranne l'enciclica Spiritus Paraclitus di Benedetto XV) ,119 fu portatore di equilibrio. Ma per la formazione di vere scuole occorreva tempo, e quel che era trascorso dall'uragano mo­ dernista non era stato sufficiente per dissipare paure e provocare movimenti corali. Il dialogo con la ricerca europea comincia ad an-

118 Nella commemorazione del 50" di fondazione del PIB . Cf. S. ScHMIDT, «Cin· quant'anni del Pontificio Istituto Biblico», in CivCat 1 1 1(1960) , 615-623 (qui 616) . 1 19 Pubblicata il 15 settembre 1920 (testo in EB , 444-495) . Se ne veda una pre­ sentazione in PEScE, «Esegesi storica>> , qui 270-272. L'enciclica prende occasione dal 1500" anniversario della morte di san Gerolamo. Molte tematiche sono comuni alla Providentissimus Deus, sia in riferimento all'ispirazione di tutta la Scrittura (proble­ ma evidenziato dalla «questione biblica») sia per l'importanza della Scrittura nella vi­ ta della chiesa. Ma si deve tener presente che sono trascorsi , nel frattempo, gli anni burrascosi della crisi modernista. Né si pensi che l'attenzione dedicata ai frutti spiri­ tuali della lettura della Bibbia sia una compensazione occulta nei confronti della chiu· sura scientifica, perché la preoccupazione e l'impegno del papa in tal senso datavano dagli anni finali di Leone Xlll e iniziali di Pio X.

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nodarsi, ma le tendenze apologetiche sono ancora dominanti e la collaborazione stenta a nascere. Con la guerra iniziò il periodo di Pio XII , ma proprio in quegli anni (1943) comparve la Divino afflante Spiritu , il documento più ricco e rasserenante prima del Vaticano I l . 120 Se per il cammino del­ lo studio teologico francese la successiva enciclica Humani generis operò un nuovo intervento frenante , 12 1 per la situazione italiana dal papa venne solo sostegno e aiuto , come ad es. nel caso delle accuse di Do lindo Ruotolo (che godeva delle simpatie di qualche rappre­ sentante dell'episcopato) . 1 22 Ma è un tempo in cui gli studiosi italiani si impegnano in modo particolare nella ricerca sull'antico mondo bi­ blico , dedicandosi oltre che alle lingue orientali anche all'archeolo­ gia biblica. Il Vaticano II conclude il pontificato di Giovanni XXIII e apre quello di Paolo VI . Durante il primo non mancò qualche rigurgito di sospettosità nei confronti della ricerca biblica grazie alla polemica Romeo-Spadafora contro il Biblico e la sospensione dall'insegna­ mento dei padri Lyonnet e Zerwick. 1 23 Durante il secondo però fu­ rono sconfessati quei sospetti, reintegrati quei benemeriti maestri e fu reso possibile un più diffuso impegno di lavoro biblico .

120 Amplissima la presentazione e il commento in tutta l'opera di LEVIE, La Bible (e specialmente pp. 164-210) . Dopo una parte storica (a partire dall'enciclica Provi­ dentissimus Deus, comparsa 50 anni prima) , segue quella dottrinale, sullo studio della Bibbia, in cinque punti: importanza del testo originale, principi ermeneutici cristiani (senso letterale , senso spirituale, importanza della tradizione), principi particolari per gli interpreti d'oggi (attenzione alla personalità dello scrittore sacro, al genere let­ terario, ai risultati degli studi sull'antico mondo biblico) , atteggiamenti di fronte ai problemi più difficili , uso della s. Scrittura nell'insegnamento ai fedeli (nel ministero, nei seminari , nella calamità della guerra). Testo in EB, 538-569 . m La novità per il mondo dell'esegesi era costituita dalla parte che ribadiva l'im­ portanza primaria dell'interpretazione letterale della Bibbia contro una pretesa sosti­ tuzione di essa da parte dell'«esegesi chiamata simbolica e spirituale� . Testo in EB 61 1-620, presentazione in LEVIE, La Bible, 213-215. 122 Se ne veda la presentazione in PEscE, «Esegesi storica� . 281 -286. Dolindo Ruotolo aveva preso lo pseudonimo di Dain Cohenel e aveva pubblicato fra il 1930 e il 1936 nove volumi di un commento (rimasto incompiuto) a La Sacra Scrittura. Psico­ logia-Commento-Meditazione, Gravina di Puglia. Nel 1939 questo commento venne messo all'indice e ne1 194l l'autore scriveva un libro contro le deviazioni funeste e le aberrazioni del «sistema critico-scientifico nello studio dell'interpretazione della Sa· era Scrittura», cioè del metodo che veniva praticato all'Istituto biblico e che si diffon­ deva nelle scuole italiane . Nello stesso anno la Commissione biblica scriveva ai vesco­ vi italiani, prendendo posizione contro queste accuse . 1 23 La vicenda è ricostruita in un recente intervento di G. SEGALLA, «Un caso re­ cente di comunicazione perturbata (a proposito di alcune questioni bibliche)», in Cre­ dere oggi 3(1983) , 45-58.

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Terminando qui la descrizione di alcuni fra i principali fattori de­ terminanti dell'evoluzione degli studi biblici negli ultimi cento anni , mi rendo conto di aver offerto un panorama prevalentemente infra­ cattolico , a causa della proporzione quantitativa degli operatori e della situazione nella quale io stesso opero. Vorrei però espressa­ mente riconoscere l'apporto qualitativamente assai rilevante prove­ niente da altri campi , come quello protestante e quello ebraico . Ritornando sui singoli periodi, troveremo, con qualche arricchi­ mento di particolari , alcune voci già incontrate.

2. Dal Vaticano I al nuovo secolo1 24 Accennavo poco fa al libro di B . Labanca. Gli autori che egli presenta vengono classificati in tre categorie: pii credenti , liberi cre­ denti e liberi pensatori e - sul piano della competenza - scienziati ; letterati e romanzieri . Mi pare che lo stesso Labanca si collochi tra i liberi credenti e in realtà è più uno storico della religione che un ese­ geta. Il suo metodo di inchiesta e la sua criteriologia è alquanto indi­ scriminata, ma di fatto egli colleziona nell'indice oltre 750 nomi, per altro assai eterogenei . È un fatto abbastanza indicativo della situa­ zione in Italia: una ristretta opinione pubblica colta legge molto e ri­ ceve impulsi dalla Germania e soprattutto dalla Francia. Questa doppia mediazione (perché anche la Francia è attenta a quanto si scrive in Germania) è assunta con una non eccessiva penetrazione dei problemi e viene recepita con una sensibilità fortemente precon­ cetta . Un esempio potrebbe essere, nello stesso Labanca, 125 il modo come egli parla di L' Evangile et l' Eglise di Loisy: lo descrive come

124 Descrizioni d'insieme è possibile attingere in G. PENCO, Storia della Chiesa in Italia nell'età contemporanea . 1: 1919-1945. Dalla crisi liberale alla democrazia; II: 1945-1 965. Verso il Concilio Vaticano Il, Milano 1986; L. TONDELU, «Cinquant'anni di studi biblici in Italia» , in ScCatt 80(1952) , 386-398; GAROFALO, «Gli studi biblici», 107-126; G. RINALDI, «La cultura cattolica nell'età leoniana. Gli studi biblici», in Aspetti della cultura cattolica nell'età di Leone XIII, Roma 1961 , 649-665 ; G. GIAVINI , «Gli studi biblici in Italia negli anni dal 1950 al 1970» , in ScCatt 101( 1973), 9-42; R. AUBERT, «La teologia cattolica durante la prima metà del XX secolo» , in Bilancio del­ la teologia del XX secolo , Roma 1972. 125 Si confrontino le relazioni scritte negli ultimi anni di attività di Labanca da L.H. JouRDAN , Baldassa"e Labanca: the Study of Religion in the Italian University, Oxford 1909 e da L. SALVATORELLI, «Gli studi religiosi in Italia e l'opera di Baldassare Labanca», in Saggi di storia e politica religiosa, Città di Castello 1914, 227-265 . Dello stesso Luigi Salvatorelli occorre ricordare la figura di studioso dai molteplici interessi: cf. F. PARENTE, «D contributo di Luigi Salvatorelli alla storia d'Israele e del cristiane­ simo antico», in RSI 78( 1966) , 479-512.

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un'opera finalizzata a stroncare Das Wesen des Christentums di A. von Harnack e in questo lo trova a volte ingiusto , ma dichiara di condividere parecchie cose giuste che l'autore scrive . Sembra che ol­ tre la superficie di una formale comprensione non sia ancora av­ vertita la portata di vera novità dell'inatteso intervento . 1 26 Sul versante cattolico tradizionale si potrebbe ricordare l'esem­ pio del torinese Giuseppe Ghiringhello , di cui è nota soprattutto la brochure La vita di Gesù: romanzo di Ernesto Renan, preso in esame da G. G . . L'autore è professore alla facoltà teologica dell'università locale , s'è formato come semitista e orientalista (nella scuola illu­ strata poco prima da A. Peyron) , insegna esegesi dei libri anticote­ stamentari (sui quali pubblica alcuni commentari) , ma intanto rico­ pre anche - verso la fine della carriera, dopo la cacciata della Facol­ tà teologica dall'università statale - l'insegnamento di apologetica. Un anno dopo la pubblicazione della Vita di Gesù in Francia, nel 1864 esce già la sua risposta presso Pietro di G. Marietti. L'opera trova buona accoglienza di critica anche fuori Italia, ma esige un co­ raggio non comune per la lettura: su 425 pagine l'ultimo titolo si tro­ va a . . . pagina 1 1 ! La maggior parte delle copie finisce al macero e l'autore se ne duole quando dalla Germania gliene richiedo ancora alcune. 127 La matrice della semitistica è comune a parecchi dei personaggi più notevoli nei nostri studi in quest'epoca. 128 A Palermo , Firenze e Roma insegna Gregorio Ugdulena (1815-1872) , che pubblica una pregiata traduzione del Pentateuco e dei libri storici, cosi come a Roma insegna il grande maestro Ignazio Guidi (1844-1935) , alla cui

126 Ma sono le reali convergenze tra Loisy e Harnack oggetto di uno stupore che sorge soltanto quando si vada oltre la superficie delle dichiarazioni di intenzione. Loi­ sy stesso lo ammette: «Ho avuto spesso l'aria, per effetto della controversia, di essere più lontano da Harnack di quanto in realtà non lo fossi ; l'ho criticato su sfumature, ma convenivo sulla sostanza. Per quanto riguarda, ad esempio, la critica dei testi sulla concezione verginale e la risurrezione , non avevo nulla da dire a Harnack» (lettera a Houtin, 1906. Documentazione su PoULAT, Crisi, 90, ma in generale i primi quattro capitoli, pp. 38-99) . 1 27 Su Giuseppe Ghiringhello mancano ancora studi approfonditi . Mi riferisco a due «memorie»: F. B . , Cenni sulla vita del Professore Giuseppe Ghiringhello , Torino 1879, e B. PEYRON, Notizie sulla vita e gli studi dell'Ab. Teologo Giuseppe Ghiringhel­ /o , Torino 1879. Da quest'ultima, a p. 21 , la confidenza sul libro richiesto quando era già . . . al macero. 128 Cf. G. RINALDI, «Gli studi italiani di ebraico biblico», in Gli studi sul Vicino Oriente in Italia da/ 1921 a/ 1970, I. L'Oriente preislamico, Roma 1971 , 59-67; S.J. SIERRA, «Gli studi italiani di ebraico postbiblico», in Gli studi sul Vicino Oriente, l, 69-101 .

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scuola passano molti dei giovani talenti che prenderanno parte, sul­ l'uno o sull'altro versante , alla controversia modernista. S'interessa lui stesso a Loisy così come accade, tra i suoi allievi , soprattutto per Salvatore Minocchi (1869-1943). In ambiente romano emergeranno, nei decenni successivi, Alberto Vaccari' (1875-1966) , Giuseppe Ric­ ciotti (1890-1964) , Umberto Cassuto (1833-195 1 ) , Eugenio Zolli (1881-1956) . Da queste scuole provengono anche nomi come Fran­ cesco Scerbo, allievo di David Castelli a Firenze (insegna anch'egli a Firenze ed è autore , fra l'altro di un fortunato vocabolario ebraico­ italiano e italiano-ebraico ripubblicato di recente) , ltalo Pizzi (opera a Torino , con amplissimo spettro di interessi) , Giovanni Luzzi (grande studioso evangelico : 1856-1946) . A Milano lavora un ricercatore di taglia eccezionale , Antonio Maria Ceriani (1827-1907) , 1 29 operante alla Biblioteca ambrosiana incessantemente dal 1855, fino a diventarne prefetto . Molto dotato anche sul piano tecnico , compone egli stesso , nella tipografia del­ l' Ambrosiana, per garantire la fedeltà delle edizioni in siriaco, ed è fra i primi a impiegare il metodo della riproduzione fotolitografica. Tra i prodotti di una fecondissima vita di ricercatore si ricordano in particolare i Monumenta Sacra et Profana (a partire dal 1861) , in cui trovarono posto importantissimi reperti della gloriosa Biblioteca ambrosiana. Fu questo uno degli ambienti più fecondi per un lavoro che, se era (e continua ad essere) altamente specializzato, fu però realizzato da uomini di grande umanità, capaci di comunicare , in eventuali attività di insegnamento , la ricchezza del loro metodo. Ba­ sta ricordare i nomi di Eugenio Griffini , Achille Ratti , Giovanni Galbiati e - in mezzo a noi - Enrico Galbiati. Stanno intanto affacciandosi , pure in Italia, le prime riviste con interesse biblico (parziale o totale) : per es. a Torino, a opera di Gia­ como Re , successore del Ghiringhello , Archivio di letteratura biblica e orientale (dal 1878 al 1908: irregolare sia nella comparizione sia nel programma) , a Firenze la Rivista bibliografica italiana di Salvatore Minocchi (1894- 1899) , e poi, dello stesso Minocchi, Studi religiosi (1901-1907) . Nel 1889 viene fondata a Roma la «Società per gli studi biblici», che fa riferimento ideale al grande archeologo Giovanni Battista de Rossi (1822-1894) , ed è presieduta da Isidoro Carini (1845-1895), 129 a . G. RINALDI, «Monsignor Antonio Maria Milano», in Aevum 31( 1957) , 297-315.

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Ceriani e

gli

studi semitistici

a

prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana. È la primavera bibli­ ca che accenna a fiorire sotto Leone XIII e che raccoglie nomi come Paolo Savi , Giovanni Semeria, Giovanni e Angelo Mercati e, poco più tardi , Giovanni Genocchi. L'attività della Società fu vivacissima, realizzata soprattutto in conferenze e dibattiti che non erano solo in­ terventi di aggiornamento ma riportavano gli stimoli di un gruppo al quale non mancava impulso creativo. Ma essa veniva arrestata nel 1898 . 3.

Dal modernismo alla seconda guerra mondiale130

Non è facile pronunciare un giudizio equo sul modernismo , nel quale confluiscono persone , problemi , tendenze e interessi dispara­ tissimi. 1 3 1 È illusorio anche solo pensare di esporre i fatti in modo neutro. Probabilmente solo chi ha sofferto le tribolazioni di quel pe­ riodo dà una testimonianz a adeguata, dove però la passionalità dei protagonisti ha una presenza assai varia, come può dimostrare il confronto tra i ricordi di padre Lagrange e quelli di Salvatore Mi­ nocchi . 1 32 Forse è facile l 'accordo sugli estremi. Sul versante dell'intolle­ ranza è presente, non solo nella curia romana, un movimento inqui­ sitorio subdolo , presuntuoso e poliziesco , volto a promuovere inter­ venti disciplinari a volte persecutori , tali da provocare choc e paure difficilmente superabili . È il caso - tra gli altri - degli integrali di moos . Umberto Benigni {1862- 1934) con quel «sodalitium pianum» o «sapinière»1 33 e con i loro organi di influsso sull'opinione pubblica 130 Oltre alle opere citate nel I e II capitolo, si possono consultare Fonti e docu­ menti per la storia del modemismo . l, Urbino 1972; B . LABANCA, I cattolici modernisti e i cattolici tradizionalisti, Roma 1907; L. H. JouaoAN , Modernism in Italy. Its origins, its Incentive, its Leaders and its Aims, Oxford 1909; A. GAMBARO, Il modernismo, s.I. (ma Firenze) 1912; C. BELLÒ, Modernismo italiano , Milano 1967 ; P. ScoPPOLA, Co­ scienza religiosa e democrazia nell'Italia contemporanea , Bologna 1966 ; L. BEOESCHI, La curia romana durante la crisi modernista , Modena 1968 ; RANCHETTI , Cultura; Guasco , Alfred Loisy; F. TuRVASI , Giovanni Genocchi e la controversia modernista, Roma 1974 ; Io. , Padre Genocchi, il Sant' Ufficio e la Bibbia, Bologna 197 1 . 13 1 Della sua impostazione teoretica si può vedere una analisi attenta nel già cita­ to studio di BOHM, Dogma. La reale presenza del problema per la concezione di fede cattolica e il dramma di molte vicende di uomini di chiesa sono i due poli di un feno­ meno storicamente assai complesso. 132 LAGRANGE , Il Padre Lagrange; S. MINOCCJU , Memorie di un modemista, Fi· renze 1974. 133 Cf. E. PoULAT, Intégrisme et catholicisme intégral, Paris-Toumai 1969; Io . , Catholicisme, démocratie et socialisme. Le mouvement catholique et Mgr. Benigni de la naissance du socialisme à la victoire du fascisme, Paris-Tournai 1977.

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di infelice memoria (purtroppo con qualche epigono in epoca più re­ cente, anche se di ben minore potenza) . D'altra parte, sul versante dell'ortodossia, alcuni esegeti modernisti portavano realmente le lo­ ro proposte fino a un punto di cui non si riusciva a vedere la concilia­ bilità con il deposito della fede cristiana (per esempio sull'ispirazio­ ne della Scrittura, sulla trascendenza e divinità dell'uomo Gesù) . 134 È vero anche che le esigenze del momento erano sentite in Italia e in Francia con una tale freschezza e problematicità che si comprende l'appassionato atteggiamento di molti protagonisti, anche quando l'equilibrio poteva risultare precario o addirittura rotto . 1 35 I prodromi sotto Leone XIII vedevano un gruppo di studiosi, per lo più giovani a noi già in parte noti. Essi erano in contatto con ambienti francesi al punto da prendere la parola su Revue Biblique (cosa che s'interromperà, con dispiacere di p. Lagrange , per non più riprendere) o al primo congresso internazionale biblico cattolico di Friburgo nel 1897. La curia romana è combattuta fra tendenze op­ poste , ma il papa non ama emettere condanne e desidera un rinno­ vamento autentico degli studi biblici e ha alcuni cardinali , come Pa­ rocchi e Satolli, che lo confermano nel suo indirizzo . Ma negli ulti­ missimi anni del1"800 si intensificano le denunce , anche per accuse frequenti che giungono da Parigi. 136

134 Per !imitarci all'ambiente italiano, è indicativa la confidenza di E. Buonaiuti a A. Houtin , in una lettera del 6 maggio 1907: «Lei afferma ancora il teismo e l'im­ mortalità deU'anima; io non vedo in questi postulati fondamentali che delle attitudini pragmatiche , vuote di ogni valore ontologico , ma in pratica iq non me la sentirei, per ora, di ribellarmi» (riportata in ZAMBARBIERI , Cattolicesimo, 8) . Sull'importanza di Buonaiuti, «un teologo ufficiale del modernismo», «la figure le plus représentative du modernisme italien», LAGRAN GE , Il Padre Lagrange, 27 e 43. 135 PouLAT, Crisi, 15, distingue tre categorie di protagonisti nel dibattito moder­ nista: gli aderenti al movimento modernista , i loro avversari dell'ala reazionaria e - in mezzo - quegli altri «avversari del modernismo», i quali però erano «a loro modo no­ vatori , padre Lagrange e la sua Scuola biblica di Gerusalemme, monsignor Batiffol e il suo Istituto cattolico di Tolosa, padre Laberthonnière con i suoi Annales de Philo­ sophie chrétienne, Bionde! con la sua «filosofia dell'azione» e il suo «metodo d'imma­ nenza»: nonostante il loro impegno a servizio detl'ortodossia, tutti «si sentivano coin­ volti nella stessa riprovazione». 136 Alcune componenti del clima che si andava formando nel 1903, all'interno detla stessa Societas Jesu (Schiffini, Billot . . . da una parte e Prat, Hummelauer . . . dall'altra) sono descritte in ZAMBARBIERI, Cattolicesimo , 74-82. Tra i biblisti italiani che si stanno affacciando alla ribalta e partecipano degli stessi interessi si ricordano i padri Giovanni Genocchi (1860-1926) , Giovanni Semeria (barnabita: 1867-1931), Paolo Savi (barnabita: 1867-1893), Salvatore Minocchi (1869-1943), Giuseppe Bo­ naccorsi (1874-1935) , Angelo Mercati (1870-1955) , Giovanni Mercati (1866-1957) , Giovanni Gismondi (gesuita: 1850-1912). Ben presto si aggiungerà Ernesto Buonaiuti l (1881-1946) .

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Nel 1902 viene istituita la Pontificia commissione biblica137 � tra i suoi membri si contano i padri Lagrange e Genocchi . Tra i primi problemi da affrontare, essa trova la dichiarazione che il S. Ufficio aveva rilasciato sull'autenticità del «comma giovanneo». 138 Nono­ stante la maggioranza dei pareri , per la resistenza di p. Billot quella posizione non viene ritrattata. Del resto entro breve tempo la com­ posizione della commissione muterà in senso più rigido, e con essa i suoi orientamenti. 139 In questo tempo sta anche partendo un movimento di diffusione della Bibbia (a cominciare dal Vangelo), che si esprimerà in Roma con la «Pia società di san Girolamo» , fondata nel 1902 . 140 Un feno­ meno singolare mostra come i tempi avessero raggiunto una sensibi­ lità matura al riguardo. Nel 1900 compare a Torino, con l'attribuzio­ ne a «un sacerdote cattolico italiano>> un volumetto intitolato Della lettura in famiglia del Santo Vangelo di N. S. Gesù Cristo . In realtà ne è autore il cremonese Proto Zambruni, 141 che in successivi interventi (a Milano nel 1901 , a Parigi nel 1903 , a Ravensburg nel 1904) si fa propagatore di una formazione della famiglia alla lettura frequente e devota del Vangelo . Il suo progetto viene totalmente assunto dalla «San Girolamo» ed ottiene l'approvazione del cardinal Sarto (lette­ ra del 30.5. 1902) , che anche da papa continua a mostrare la sua sim­ patia. A queste iniziative si rifaranno imprese successive , come i

137 Con la lettera apostolica Vigilantiae (30 ottobre 1902: cf. EB , 137-138) . Una sintesi del cammino percorso nei suoi primi sessant'anni è offerta da J.A. Fitzmyer nell'appendice I al suo A Christologica/ Catechism. New Testament Answers, New York-Ramsey 1982, 97-103. 138 Cf. il Decretum de autenthia textus I Jo. 5, 7 del 13 gennaio 1897 (del S. Uffi­ cio , con approvazione papale del 15 gennaio). Si veda presso ZAMBARBIERI, Cattolice­ simo , 79-82 e 124-126 (per le note 159-168) . Più sistematica la trattazione in TuRVASI, Giovanni Genocchi, 221-228. Vi si cita (a p. 222) un'interessante sintesi, formulata ironicamente dal Genocchi in una lettera a U. Fracassini, a proposito del ragiona­ mento di p. Billot , il più ostinato difensore del decreto: «Si fece un sillogismo , pren­ dendo a base la tesi di Franzelin: ogni testo dogmatico della Volgata è autentico . At­ qui . . . V. Ergo. Ma non c'è nei codici greci. Respondeo: se non c'è, deve esserci. Guardateci meglio, lo troverete». 139 Tra i membri italiani più coinvolti in questi mutamenti è da ricordare Umber­ to Fracassini, che nel 1907 dovette lasciare l'incarico di rettore del seminario di Peru­ gia e quello di consultore della Commissione biblica. 140 È a quanto pare il primo esempio di un tentativo diffuso di promozione popolare dell'apostolato biblico . LonFINK, Esegesi, dice che «il rinnovamento biblico ha oripne in Italia (1902)» (p . 18) . 14 Notizie desunte d a A. ZAMBARBIERI , «> . Un'altra linea di influsso della «San Gerolamo» si verificò nei confronti della Pia società san Paolo , fondata ad Alba (Cuneo) e fiorita in attività varie di formazione dell'opinione pubblica (editoriale , di audiovisivi . . . ) . Cf. R.F. EsPOSJTO, «Stampa e diffusione dei vangeli. La Pia Società di San Girolamo e il suo influsso sul pensiero e l'opera di D . Alberione . Appunti docu­ mentari"', in Pa/CI 60(1981) , 275-285 ; 348-358. 143 Cf. ZAMBARBIERI , Cattolicesimo, 65 e 1 12, nota 74. 144 Analoga distinzione è dato sentire anche in un'ammonizione dell'episcopato piemontese : L'episcopato delle due province ecclesiflstiche di Torino e Vercelli al Ve­ nerando Clero Subalpino, Novara 1905, 27-32.34-35 (cf. ZAMBARBIERI , Cattolicesimo, 239) . 14s Si sta concludendo una stagione di libera discussione sulla riforma della chie­ sa, che aveva trovato tipica manifestazione , nei primi mesi del 1905 (ma con un paio di episodi finali nel 1906) , con la pubblicazione quasi simultanea di nove opuscoli de­ dicati a un programma di riforma nella chiesa. Essi sono ripresentati in BEDESCHI, La curia ; a p. 59, nota 16 vi sono titoli complementari, a partire dal 1901 fino al 1906. Egli vi riscontra la quasi totale assenza dei «fermenti novatori europei di M6hler e Newman , di Vico e Lessing, di Ritschl e Harnack» (p. 22) , ma nota anche che con questo fenomeno ((fa la sua prima comparsa nella cristianità italiana una dialettica cattolica di scaturigine roman&>�o (p. 29). 146 L'enciclica Pascendi (il più importante dei tre documenti) , firmata da Pio X, sembra essere stata preparata a più mani . La parte dottrinale, più importante , è stata attribuita ad autori diversi (per es, al Padre Billot: 1846-1931), ma è ora per motivi vari riconosciuta come opera di padre Joseph Lemius (1860- 1923), oblato di Maria Immacolata. Cosl già in VlDLER, A Variety, 16-18 e, dieci anni più tardi , DALY, Tran­ scendence and Immanence. A Study in Catholic Modernism and Integralism, Oxford, 1980, 232-234. 147 Giovanni Semeria (1867-1931) fu uno dei giovani barnabiti che fin dall'epoca di Leone XIII presero parte al movimento di rinnovamento della chiesa soprattutto nel suo dialogo con la cultura contemporanea. Le vicende moderniste lo portarono in Belgio, poi nuovamente in Italia, dove fu interventista per la prima guerra mondiale e addirittura cappellano dello stato maggiore di Cadorna. Dopo la guerra il suo atteg-

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Nomi noti sono quelli di Salvatore Minocchi e di Ernesto Buo­ naiuti ( 1881-1946: anche a questi si rifaceva una rivista, Nova et vete­ ra, che visse solo dal gennaio al dicembre 1908) , 148 che costituiscono il corrispondente italiano dei Loisy, Turmel , Tyrrell, Schnitzer di Francia , Inghilterra, Germania. Il momento acuto della crisi era passato quand9 scoppiò la prima guerra mondiale , che lasciò il passo a una stagione non molto ricca di nomi e di iniziative . Un tentativo timido di commentario biblico veniva intrapreso presso la LICE di Torino da Marco Sales (t 1936) , che traduceva però ancora dalla Volgata, mentre il suo aiutante e successore Giuseppe Girotto (perito nei campi di concentramento alla fine della guerra) dava al lavoro un'impronta più moderna. A Reggio Emilia insegnava Leone Tonde Ili (t 1935) , 1 49 orientalista e biblista a pieno raggio. Il nome più prestigioso fu indubbiamente Al­ berto Vaccari (1875-1965) , a lungo vicerettore del Pontificio istituto biblico e mentore dei biblisti italiani . Oltre alle eruditissime «lnsti­ tutiones biblicae»150 egli programmò una versione italiana della Bib­ bia tradotta dai testi originali, usata ancora adesso come «Bibbia del Vaccari» o «della Salani» (l'editore che la pubblicò. prima in dieci volumi e poi in volume unico) . Accanto al grande filologo spicca uno studioso molto popolare , Giuseppe Ricciotti, docente presso parecchie università di stato. Si è già parlato della sua formazione orientalistica, ma le sue pubblicazioni si spinsero fino alle origini del cristianesimo. Le più note furono la Storia d'Israele (1932) , la Vita di

giamento ebbe un forte mutamento e l'ultima parte della sua vita fu dedicata a ripara­ re i danni della guerra (soprattutto verso gli orfani) . Tra le numerose pubblicazio� è interessante l'opera in due volumi, pubblicata a Milano, Ambrosiana, senza data (ma dopo i1 1929) : l miei quattro papi. Del primo periodo si ricordano Venticinque anni di storia del cristianesimo nascente, Roma 1900; e Dogma, gerarchia e culto nella chiesa primitiva, Roma 1902. Sulla valutazione dell'apporto teologico di p. Semeria alla con­ troversia modemista, si veda ZAMBARBIERI, Cattolicesimo , 23 , nota 5 1 ; 65 , nota 75 . 148 Per Minocchi , si veda A. AGNOLETIO, Salvatore Minocchi. Vita e opera (18691943) , Brescia 1964. Nella lunga lista degli «Scritti di Salvatore Minocchi» (editi: pp. 307-314; inediti e vari pp. 316-322) è documentato l'impegno eccezionale per la scien­ za biblica (in particolare la letteratura anticotestamentaria) e la semitistica. Per Buo­ naiuti, si veda la sua autobiografia Pellegrino di Roma. La generazione dell'esodo , Roma 1945 e la presentazione (con bibliografia articolata) di F. PARENTE, Ernesto buonaiuti, Roma 1971 ; in epoca precedente D . GRAsso, Il cristianesimo di Ernesto Buonaiuti, Brescia 1953 e V. VINAI, Ernesto Buonaiuti e l'Italia religiosa del suo tem­ po, Torre Pellice 1956. 149 Ebbe molta diffusione , di L. ToND ELU , Gesù nella storia al centro della critica biblica, Milano 1925 . 1� Edite dal Pontificio istituto biblico nel 1925 ; 1933; 1935 .

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Gesù (1941) e Paolo Apostolo (1958) : soprattutto la prima realizzò un invidiabile equilibrio tra erudizione sicura e stile divulgativo e co­ nobbe un numero incredibile di versioni . 1 5 1 Chiudiamo questo periodo con il ricordo di un personaggio atipi­ co , il barone Friedrich von Hugel (t 1924) . Figlio di genitori non ita­ liani, nacque (a Firenze: 1852) e soggiornò per lunghi periodi nel no­ stro paese che amò intensamente ; non teologo di professione , ebbe una conoscenza eccezionale della problematica biblica; amico di Loisy e di altri modernisti di punta, si preoccupava di salvare la co­ munione con la chiesa cattolica; interlocutore in prevalenza di eccle­ siastici , mantenne la consapevolezza della fecondità della sua condi­ zione laicale . 152 A distanza di decenni si sarebbe apprezzata l'intui­ zione di molte sue scelte. 1 53

4. Il trentennio del secondo dopoguerra Parlando di padre Vaccari ho tralasciato un particolare che anti­ cipa una realtà del periodo successivo . Nel 1928, per interessamento del filologo del PIB e dietro richiesta di alcuni docenti di esegesi bi­ blica dei seminari italiani, si tenne in Roma una Settimana biblica dei professori dei seminari di sacra Scrittura . L'iniziativa si ripeté al­ cune volte prima della guerra e fu subito ripresa nell'immediato do­ poguerra. In quest'incontri si volle formalizzare la cosa dando vita a una organizzazione dei biblisti italiani. Nel 1948 nacque così l'Asso-

151 KRAUS , L'Antico Testamento , 742.748 .752, presenta la Storia d'Israele, di Riccotti, rilevandone il carattere di «netto rifiuto alla concezione della storia dell'An­ tico Testamento di origine wellhauseniana» . Nella sua tipologia di alternativa radica­ le e per la sua pretesa profetica (ogni futura critica «storia d'Israele» dovrà rispettare le grandi linee della storia biblica: proprio come si sforza di fare il Ricciotti) , essa di­ venta un obbligato punto di confronto al termine di una lunga evoluzione . «Si è quin­ di dato ragione a Ricciotti?». 152 Anche se la presenza di laici dentro o attorno al movimento modernista non è rara: si pensi a Tommaso Gall arati Scotti , Antonio Fogazzaro , Giulio Pisa, Francesco Nobili-Vitelleschi. . . Esempio forse unico nella diffusione del modernismo, a Milano sorse nel 1907 una rivista, Il Rinnovamento , diretta da laici, che proprio facendo leva su questa circostanza distinguevano, di fronte agli interventi romani, l'obbligo di se­ guire gli insegnamenti e le direttive dottrinali provenienti da organi pontifici (obbligo che è di tutti) dall'obbligo di condizionare la decisione per un'attività pubblicistica al consenso della Santa Sede (che tocca solo gli ecclesiastici) . 153 Senza volere con questo accogliere indiscriminatamente il giudizio, superfi­ ciale e inesatto per troppi aspetti, che fa dei «Vinti del modernismo» i «Vincitori del Vaticano Il» (riportato nella Prefazione di G . Martina all 'opera di ZAMBARBIERI, Il Cattolicesimo, 8) .

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ciazione biblica italiana ( = AB l) , erede forse inconsapevole di ten­ tativi precedenti meno fortunati . 154 Questo fenomeno di associazionismo , che presto si ripeterà in Italia per i cultori di altre discipline così come accadrà anche per bi­ blisti di altri paesi in anni non molto distanti dai nostri , è destinato a esercitare non piccolo influsso. Nell' ABI confluiscono gli interessi delle precedenti «Società per gli studi biblici» e «Pia società di san Girolamo» , promuovendo l'aggiornamento e l'intensificazione degli studi biblici e contemporaneamente la diffusione della conoscenza sia teorica sia pratica della Bibbia in un mondo che le è un po' estra­ neo . Poco per volta l'Associazione si dà un periodico scientifico , la Rivista biblica (dal 1953 : Firenze , Roma , Brescia, Bologna) , e uno divulgativo , Parole di vita (dal 1956: Treviso , Brescia, Leumann­ Torino) (recentemente un altro, scientifico , Ricerche storico bibli­ che: dal 1988 , Bologna) , e alcune collane di studi . In Italia da tempo ormai compariva l'organo prestigioso del PIB , Biblica (appaiato al divulgativo Verbum Domini) . In tema di attività editoriale è da ricordare un'intensa attività di traduzione dal tedesco , francese , inglese e uno sforzo non piccolo per la composizione di manuali biblici. Le traduzioni sovente furono divulgative e magari un po' scoordinate , ma occorre globalmente ri­ conoscere che la loro presenza ha reso possibile lo studio biblico a un pubblico assai vasto . Si pensi non solo a opere grandiose come il Grande Lessico del Nuovo Testamento di Paideia (che rende accessi­ bile il Theologisches Worterbuch zum Neuen Testament) , ma anche le collane di commentari, i dizionari enciclopedici, opere importanti di autori divenuti classici. Dei manuali di introduzione biblica si affermarono soprattutto quello dell'editore Marietti e della LDC (ambedue a Torino) ; altri o non ebbero seguito (come quello iniziato da Spadafora per le Edi­ zioni Messaggero di Padova) o furono totalmente tradotti da altre lingue (come quello dell'editore Boria) . I primi due hanno radunato numerosi collaboratori , prevalentemente italiani (specialmente il se­ condo, di cui è in corso un completo rifacimento) . 155 È certamente 15-4 Ampie informazioni sono offerte dai due volumi di A. TAFI, Mezzo secolo al servizio della Chiesa in Italia. Note storiche sull'Associazione Biblica Italiana , Treviso 1985 ; e Un Uomo di Dio. Una vita per la parola di Dio. Mons. Gioacchino Scattolon (1 901-1 986) , Cortona 1990. 155 Per le precedenti edizioni si veda la descrizione del suo impianto programma­ tico in F. FESTORAZZI , «Un tentativo di "manuale" biblico: Il Messaggio della Salvez­ za» , in La teologia italiana oggi. Ricerca dedicata a Carlo Colombo nel 7fl' complean­ no, a cura della Facoltà teologica dell'Italia settentrionale , Brescia 1979, 375-382.

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fatto anomalo questo far precedere una sintesi divulgativa a un'ana­ lisi scientifica rigorosa, ma esso si prefigge di dare una formazione metodologica con sensibilità italiana alle giovani generazioni. Poco per volta si annunciano anche lavori di ricerca impegnata , che si presenta però con alcuni condizionamenti determinanti . Per un verso continua la linea dei semitisti ed orientalisti dei decenni precedenti . In partenza sono operanti uomini di alta scuola come , a Milano, Enrico Galbiati e Giovanni Rinaldi (alla Biblioteca ambro­ siana e all'Università cattolica) . Accanto a loro cammina una gene­ razione che ha un qualche legame con il Pontificio istituto biblico di Roma, in particolare con il p. A. Pohl , e che produrrà i nomi di Sa­ batino Moscati , Giovanni Garbini , Paolo Sacchi , Alberto Soggin, Franco Michelini Tocci , Francesco Vattioni. Per un certo periodo il dialogo fra gli studiosi operanti nelle università statali e quelli delle facoltà ecclesiastiche è facile , ma è prevedibile che una divaricazio­ ne avverrà presto . Un nuovo interlocutore sta condizionando il lavoro dei neotesta­ mentaristi: l'affacciarsi della categoria degli studiosi di letteratura cristiana antica . Nonostante la loro collocazione sia da porsi pro­ priamente nella storia dell'esegesi e nella storia del cristianesimo an­ tico , tuttavia anch'essi sovente si rivolgono al testo biblico e anche dall'esperienza dei loro antichi maestri traggono motivo a volte di insofferenza verso l'attuale cammino esegetico e a volte anche di suggerimenti metodologici. 1 56 Tra le condizioni determinanti in senso negativo sullo sviluppo degli studi biblici interviene la scarsa possibilità per i ricercatori ec­ clesiastici giovani, di recente formazione, di continuare in una vita di prevalente impegno scientifico: si verifica così non di rado che au­ tori di pregevoli ricerche giovanili non procedano nel loro lavoro . Ma questa è già storia dell'oggi , a circa 20 anni dalla conclusione del nostro periodo d'inèhiesta. m D a quel tempo ci accomiatiamo con l'eredità di pregiate versioni della Bibbia: anche se non tutte condotte con lo stesso impegno, è già indicativa la premura dei grandi editori anche non religiosi di possedere ognuno una propria versione biblica. Le imprese più rile-

156 Se ne trova l'eco negli Annali di storia dell'esegesi, (presso le Edizioni Deho­ niane Bologna) . IS? Sulle condizioni che han fatto da sfondo al lavoro biblico in questo periodo si può leggere G. ANGEUNJ , �1 fattori socio-culturali nell'evoluzione recente della teo­ logia in Italia», in La teologia italiana oggi, 101-125.

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vanti furono certamente quella di E. Galbiati -A. Penna-P. Rossano con la UTET (sfociata poi nella cosiddetta Bibbia CE!) e quella in­ terconfessionale che produsse la TILC (Traduzione interconfessio­ nale in lingua corrente , delle editrici ABU e LDC) : esempi d'una prevalente metodologia di versione secondo le equivalenze formali (la prima) e secondo le equivalenze dinamiche (la seconda) . Gli anni vicini al Vaticano Il, vinti alcuni rigurgiti di sempre reinsorgente sospetto, hanno visto un'apertura metodologica a tutto raggio , capace di recepire tutte le problematiche insorgenti . Si pote­ va continuare a obiettare alla produzione italiana un certo ritardo endemico nel riguardo dei paesi vicini e spesso una conseguente as­ senza di originalità. E infatti quell'apertura che chiamavamo «a tut­ to raggio» sovente rimaneva potenziale e non registrava un interesse operativo là dove c'era stata curiosità intellettuale. Mi pare che le cose siano un po' cambiate in meglio in questi ul­ timi venti anni .

IV. CONCLUSIONE Il clima di partenza di questa rassegna risentiva sia delle proble­ matiche sia delle delusioni evidenziate dall'illuminismo e dagli orientamenti che ne hanno costituito l'eredità. Era d'altronde pen­ sabile che sul campo dove si giuocava la sorte dei fondamenti stessi della civiltà occidentale non potesse essere assente la problematica del senso di quella Bibbia che aveva tanto influito sullo sviluppo del suo pensiero. La crisi modernista ha rappresentato un momento di questa dialettica e ha avuto una conclusione solo interlocutoria nel dibattito sempre reinsorgente . 158 Il periodo sul quale ci siamo affacciati ha coinciso con l'esplosio­ ne della ricerca archeologica e ne è stato profondamente segnato , soprattutto per la ridefinizione del quadro storico generale (ma an­ che per una somma innumerevole di acquisizioni specifiche) e poi per la scoperta di documenti letterari del tutto ignoti (a volte anche di lingue ignote) . È spiegabile che ne siano sorti orientamenti di let­ tura storica e storico-religiosa, fra i quali il «panbabilonismo» ha co­ stituito forse l'esempio più noto. La partecipazione italiana all'�r-

158 Cf. J. GREISCH-K. NEUFELDS-C. THEOBALD, La crise contemporaine. Du mo· dernisme à la crise des herméneutiques , Paris 1973 .

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cheologia biblica, se non ha avuto la dimensione del grande protago­ nista, non fu neppure secondaria. Si pensi a qualche episodio di par­ ticolare fortuna (nel piccolo, a Cesarea la scoperta dell'iscrizione di (Pon)zio Pilato, «prefetto» ; in grande , la scoperta della città di Ebla) e soprattutto al lavoro costante e spesso poco appariscente svolto dalla Scuola biblica francescana della flagellazione di Gerusa­ lemme. La nostra esposizione non ha evidenziato sistematicamente le metodologie e le scuole che intervenivano nella ricerca ( assomman­ dosi , alternandosi o eliminandosi) . 159 L'analisi letteraria riceveva risposte dallo studio delle tradizioni , dalla storia delle forme , dalla storia della redazione ; con proposta a volte alternativa si affaccia­ vano gli operatori della lettura strutturalista. L'analisi storica viveva momenti appassionanti (ma non unici) nel dibattito della «ricerca sulla vita di Gesù», mentre torna a riproporsi il problema di una cri­ teriologia per l'interpretazione storica dell'Antico Testamento . L'analisi storico-religiosa ha avuto il suo lancio con la scuola storico­ religiosa e i suoi vari momenti preferenziali, con attenzione al mondo babilonese o egiziano , all'ellenismo con le religioni misteri­ che o alla gnosi o al giudaismo anticotestamentario o postanticote­ stamentario . L'analisi teologica ha compiuto un lungo cammino dal momento in cui scoperse la sua autonomia ai vari dibattiti sulle com­ ponenti specifiche del proprio statuto . Le «nuove» analisi, ispirate a criteri sociologici, materialisti o psicanalitici o di varia derivazione letteraria, hanno visto spostarsi i baricentri della ricerca dalle sedi tedesche ora verso la Francia ora verso i paesi anglofoni, 160 fino a una certa stabilizzazione di preva­ lenza attuale negli Stati Uniti d'America. Sorge spontanea la do­ manda se qualche altro ambiente culturale potrà avvicinarsi alla du­ rata dei 150 anni dell'egemonia tedesca, offrendo cultura e strutture proporzionatamente adeguate . Nel procedere della descrizione incontravamo man mano com­ ponenti locali che contribuivano a caratterizzare le situazioni. In particolare in Italia: la specifica eredità storica, la disorganicità delle

1 59 Per una visione attuale della metodologia di ricerca evangelica (lettura strut­ turale, apporto della sociologia, lettura materialistica, ritorno a Gesù) , cf. Methoden der Evangelien-Exegese, Ziirich 1985. 160 Si parla oggi di uso post-moderno della Bibbia. Cf. E.V. McKNIGHT, Post­ Modem Use of the Bible. The Emergence of Reader-Oriented Criticism, Nashville 1 988.

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strutture e l'assenza di sedi idonee, la vicinanza del Vaticano, la pre­ senza del Pontificio istituto biblico . Varie iniziative cercavano di ov­ viare agli inconvenienti della disorganicità, in particolare la soluzio­ ne associazionistica che dà vita anche oggi all'AB I . Al Pontificio isti­ tuto biblico l'esegesi biblica italiana si scopre ogni giorno più debitri­ ce, anche se non molti suoi allievi italiani hanno potuto proseguire in un duraturo impegno di ricerca. Gli stessi orientamenti del PIB , inizialmente qualificati di conservatorismo (si ricordi p . Fonk) e poi spesso accusati di razionalismo modernista, forniscono l'esempio di una vicenda di chiesa sofferta e produttiva. Le componenti confessionali erano presenti, ma non ne eviden­ ziavamo troppo le conseguenze : che ci sono sempre , ma che nel la­ voro obiettivo e nel dialogo tendono a farsi comprensive , ad av­ vicinarsi e a superare i contrasti. L'Italia soffre ancora , nel lavoro esegetico, dell'isolamento pro­ vincialista. La lingua non favorisce lo scambio, perché per lo più non è sufficientemente conosciuta. Ma anche da parte dei protagonisti non si nota uno sforzo efficace per entrare nel dialogo internaziona­ le attraverso l'adesione alle grandi associazioni e l'intervento ai con­ vegni. Le pubblicazionP61 poi solo lentamente si attestano a un livel­ lo competitivo. Negli ultimi decenni si è assistito però a un impegno editoriale encomiabile, che ha fornito gli studiosi attuali di un note­ vole numero degli strumenti necessari per un lavoro autonomo.

161 Ne ha dato segnalazioni piuttosto scarse e discontinue . Per l'ultimo ventennio del nostro periodo si veda G. GIAVINI, «Gli studi biblici». Un'eccezione di puntualità fu offerta dagli interventi di E. Florit sul metodo della storia e delle forme: «La "sto­ ria delle forme" in rapporto alla dottrina cattolica» , in Bib 14(1933) , 212-248; Il meto­ do della «Storia delle forme» e la sua applicazione al racconto della Passione, Roma 1935 .

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2 Tendenze attuali nell'uso e nell'interpretazione della Bibbia di Giuseppe Betori

l. INTRODUZIONE 11 1965 , anno di promulgazione della costituzione conciliare Dei verbum, può valere come data significativa di quella svolta nel rap­ porto tra Bibbia e comunità ecclesiale , che connota attualmente l'u­ so e l'interpretazione del testo sacro . Questo vale in modo particola­ re per la situazione italiana, che qui sarà trattata specificamente. La prospettiva in cui ci si pone è dunque delimitata nell'ultimo venten­ nio e, per ciò che concerne il campo d'indagine, si focalizza sul vissu­ to ecclesiale della Scrittura, con particolare approfondimento per l'ambito catechistico e per quello delle aggregazioni ecclesiali. Alcune annotazioni introduttive aiuteranno a illuminare il con­ testo dei rilievi che verranno proposti. l.

A partire dal concilio

Nel capitolo precedente si è visto come il problema di una rinno­ vata centralità della Scrittura nella vita della chiesa si era affacciato , fin dall'inizio del secolo , nell'ambito della riflessione scientifica , co­ me pure della prassi ecclesiale. Il concilio si è trovato a interpretare, indirizzare e valorizzare situazioni e tendenze già presenti, esplicita­ mente o implicitamente , nell'esperienza del popolo di Dio . Si deve però anche riconoscere che , a confronto con altri ambienti ecclesiali e culturali , la situazione italiana si presentava al tempo in netto ri­ tardo. La costituzione conciliare Dei verbum rappresentò in questa situazione la matrice di un cambiamento , che da una parte liberò gli studi esegetici da timori e preclusioni e dall'altra promosse l'acquisi­ zione di una coscienza e di una prassi biblica nuova. Il riferimento immediato di quest'ultima era nel c. VI della Dei verbum dove , a partire dall'immagine della duplice mensa della pa-

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rola di Dio e del corpo di Cristo con cui il pane della vita nutre i fe­ deli, e unitamente alla riaffermazione del ruolo della Scrittura come regola suprema della fede della chiesa insieme con la tradizione , si proponeva il testo sacro come nutrimento e regola dell'annuncio e della vita cristiana, sottolineandone non solo il valore veritativo , ma anche la viva efficacia. 1 Le conseguenze concrete di queste premesse venivano poi descritte cosi: invito a un largo accesso dei fedeli alla Bibbia attraverso traduzioni appropriate dai testi originali, aprendo­ si anche alla collaborazione ecumenica ; 2 impegno richiesto agli ese­ geti per lo studio delle Scritture ; 3 ricollocazione di esse a fondamen­ to della teologia, della predicazione, della catechesi ;4 esigenza di un continuo contatto con la Bibbia, a cui tutti erano esortati e da ricer­ carsi nel contesto della liturgia, dello studio , della preghiera. 5 Le indicazioni, prevalentemente pastorali, del capitolo finale della Dei verbum si fondavano a loro volta su un insieme di puntua­ lizzazioni dottrinali , che formavano l'oggetto dei capitoli preceden­ ti. Nell'ottica di questo studio , tra esse vanno ricordate : la dimensio­ ne di comunicazione e di comunione propria della rivelazione divi­ na, che sfugge a una riduzione «intellettualistica» per riappropriarsi della sua natura storica nella dialettica fra evento e Parola; l'accezio­ ne ampia data all'espressione «parola di Dio», che abbraccia il mo­ mento rivelativo del passato , la sua trasmissione e poi codificazione scritta nel libro sacro, la ricezione nella vita che lo proclama e lo te­ stimonia; la ridefinizione dei rapporti tra Scrittura, tradizione e ma­ gistero ; il riconoscimento della dimensione umana dello scritto ispi­ rato e la specificazione formale della sua verità in rapporto alla fina­ lità salvifica ; l'acquisizione del ruolo dell'esegesi scientifica, in parti­ colare storico-critica, nella lettura di fede della Bibbia.

2. Gli sviluppi post-conciliari Questo complesso di prospettive dottrinali e pastorali non esau­ risce tuttavia il quadro di riferimento della lettura della Scrittura og­ gi . La Dei verbum con le sue acquisizioni chiudeva secoli di emargi­ nazione della Bibbia dal tessuto vivo della chiesa, liberava l'inter-

1 2 3 4 5

248

Cf. Cf. Cf. Cf. Cf.

DV DV DV DV DV

21: 22: 23 : 24: 25:

EVl/904. EVl/905. EVl/906. EVl/907. EV11908ss.

pretazione dalle strettoie cui era condannata dal predominio del da­ to dogmatico , riapriva il dialogo ecumenico , rispondeva agli interro­ gativi posti dalle scienze . Ma l'ambiente ecclesiale e culturale, nel momento stesso in cui recepiva queste risposte liberanti, poneva in secondo piano o dava ormai sostanzialmente per risolti i problemi cui esse si riferivano e ne apriva di nuovi. L'esegesi storico-critica, appena accettata con piena cittadinanza nell'ambito cattolico , si trova ora a doversi confrontare con metodo­ logie di lettura dei testi , che spesso si presentano come concorren­ ziali e alternative : le scienze umane provocano nuovamente la Scrit­ tura e si spazia dalle interpretazioni strutturaliste a quelle simboli­ che , dalle letture psicoanalitiche a quelle materialiste , ecc. Il proble­ ma della verità della Bibbia, che tanto aveva occupato l'attenzione negli ultimi due secoli, viene a essere emarginato rispetto agli inter­ rogativi concernenti l'efficacia della Parola e la sua valenza in ordine alla promozione di una prassi di liberazione. Il ritrovarsi intorno al testo sacro a partire dalle diverse confessioni di fede cristiane si in­ crocia con la difficile convivenza all'interno del cattolicesimo di op­ zioni ecclesiali e storiche che rivendicano tutte una paternità biblica. La rifondazione della riflessione teologica sul dato biblico deve con­ vivere con il frantumarsi delle ermeneutiche della fede e con il fati­ coso , non sempre chiaro e giustificato ricongiungersi delle diverse teologie all'unica professione di fede, con il conseguente sospetto non solo sulle precomprensioni ermeneutiche , ma anche sullo stesso momento scientifico dell'esegesi. La ritrovata circolazione del testo biblico nella vita comunitaria e personale del credente si scontra con l'oggettiva difficoltà della lettura, si banalizza o si fa addirittura de­ viante nella ricerca frettolosa dell'applicazione esistenziale , rischia di ridursi a orpello di «Verità» già confezionate, si traduce in «biblici­ smo» che allontana vuoi dalla storia vuoi dalla fede ecclesiale . È l'insieme di queste problematiche a costituire , in dialogo e in dialettica con il testo conciliare , il contesto in cui si situa oggi la Bib­ bia e il suo uso nella comunità cristiana.

II. UNO SGUARDO PANORAMICO La situazione appena descritta caratterizza la collocazione della Bibbia nella vita ecclesiale dell'occidente europeo in particolare . In Italia essa poi si deve misurare con specifiche problematiche , a cominciare da quel ritardo nel recupero della centralità della Paro-

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la, cui sopra si accennava. Ci si limita ad alcune brevi considerazio­ ni, a cominciare dall'ambito degli studi. l.

Le traduzioni

Il problema della traduzione del testo biblico aveva visto negli anni 50 e 60 il fiorire di diverse iniziative , assai meritorie per la diffu­ sione della lettura della Bibbia. Fra esse vanno ricordate: la tradu­ zione a cura del Pontificio istituto biblico sotto la direzione di A. Vaccari ;6 1'edizione in tre volumi curata da S . Garofalo ;7 la traduzio­ ne di E . Galbiati, A. Penna e P. Rossano.8 Di minore impegno nelle note e commenti e di più ampia diffusione erano le traduzioni pro­ poste dalle edizioni Paoline9 e dalla Libreria editrice fiorentina . 1 0 A questi filoni possono essere accostate più recentemente la Bibbia concordata, frutto di lavoro ecumenico , 1 1 e l'edizione in volume uni­ co della Nuovissima versione della Bibbia. 12 Ma la scena del testo biblico tradotto negli anni 70 e 80 è domi­ nata da due fatti . Nel 1971 la Conferenza episcopale italiana (CEI) edita la versione ufficiale della Bibbia per l'uso liturgico , che si fon­ da essenzialmente sulla già ricordata traduzione dell'editrice UTET. L'opera, pregevole e caratterizzata da una ricerca di fedeltà alla let­ tera del testo originale , si impone al di là dell'uso liturgico assumen­ do di fatto il quasi monopolio nell'ambito delle traduzioni. Decisivo fu il fatto che questa versione venne assunta come testo per alcune edizioni particolarmente ricche per introduzioni, note, rimandi a te­ sti paralleli. Si tratta dei tre volumi de La Bibbia TOB,13 che ripren­ de il commento dell'omonima opera francese, nonché de La Bibbia. Parola di Dio scritta per noP4 e dell'edizione a cura della Civiltà Cat­ tolica. 15 Si tratta soprattutto de La Bibbia di Gerusalemme, 16 che uti­ lizza il commento della celebre Bible de Jérusalem, con adattamenti

6 Firenze 1958. Torino 1960. 8 Torino 1963. 9 Roma 1958. 10 a cura di F. NAllDONI , Firenze 1961 . 11 Milano 1968. 12 Roma 1983. 13 Leumann 1976-1979. 14 Torino 1981 . 15 Roma 1983. 1 6 Bologna 1974. 7

250

italiani sotto la direzione di F. Vattioni. La ricchezza del materiale di sussidio raccolto in un unico e maneggevole volume , ha fatto de La Bibbia di Gerusalemme il punto di riferimento principe di grup­ pi , movimenti, singoli credenti nell'accostamento al libro sacro. Il salto di qualità rispetto ad analoghe imprese del passato è notevole. Seppure l'impianto delle introduzioni e note dell'edizione francese risaliva al 1955 , esso era stato sottoposto a radicale revisione nel 1973: l'ambiente italiano poteva usufruire finalmente di un agile strumento , in cui il commento non risentiva più di freni e inibizioni che avevano caratterizzato i tentativi precedenti , e si metteva al pas­ so con i paesi di più ricca tradizione di studi biblici. La leggerezza dell'apparato erudito , pur nella serietà scientifica, ne faceva un mez­ zo utilissimo sul versante spirituale e pastorale . L'uso della Bibbia in Italia negli ultimi venti anni è dunque es­ senzialmente riconducibile alla «traduzione CEI» ( di cui sembra in preparazione una revisione) e alla diffusione de La' Bibbia di Geru­ salemme. Ma il fenomeno della diffusione del testo sacro deve anno­ tare anche un altro fatto significativo : la traduzione interconfessio­ nale in lingua corrente Parola del Signore. 17 Agli antipodi quasi dei criteri ispiratori della traduzione CEI , Parola del Signore si affida al­ le ricerche linguistiche moderne per approdare ad una fedeltà con­ cettuale più che letterale e per inserirsi nel linguaggio vivo . Il risulta­ to è apprezzabile, seppure in alcuni punti discutibile , atteso il fine dell'accessibilità diretta al testo da parte di tutti , soprattutto nell'e­ dizione completa che si arricchisce di introduzioni , note e rimandi. La storia dirà come le finalità diverse delle due traduzioni sapranno giustificarne un uso diversificato nei vari contesti personali e comu­ nitari, con l'auspicabile collegamento tra momenti , come quello del­ l'annuncio, in cui la traduzione in lingua corrente prende il suo valo­ re , e quelli, come è il caso dello studio , della catechesi o della lettura meditativa secondo i ritmi di una «lectio» spirituale , in cui invece la versione più letterale appare preferibil� .

2. Gli studi : divulgazione e ricerca L'uso più ampio e più corretto della Bibbia non si affida soltanto alla bontà e magari alla diversificazione delle traduzioni. Si è già ac­ cennato al ruolo fondamentale assunto, nel campo della strumenta-

17

Roma-Leumann 1976 per il

NT

e 1985 per l'intera Bibbia. 25 1

zione di supporto alla lettura del testo , da La Bibbia di Gerusalem­ me. È da sottolineare come , sotto questo aspetto, l'opera è una tra­ duzione dal francese. In realtà, il tributo che gli studi biblici italiani pagano alla produzione di area francese , tedesca, inglese , ma anche spagnola, è elevato . Ciò vale anche per opere di carattere divulgati­ vo , che pur vedevano già prima del concilio e vedono al presente il contributo degli esegeti italiani. Fra traduzioni e opere originali la pubblicistica è abbastanza ampia e , soprattutto per il Nuovo Testa­ mento , copre a sufficienza gli ambiti introduttivi, dei commenti es­ senziali e a pro.spettiva pastorale , della teologia biblica. Oltre a un più coerente aggiornamento che tiene il passo con il progredire degli studi , c'è da sottolineare l'intensificarsi , in tempi recenti, dell'atten­ zione riservata a strumenti didattici che vogliono aiutare il singolo o il gruppo a una lettura autonoma ed esegeticamente corretta del te­ sto . È una strada nuova e interessante della divulgazione, che supe­ ra il momento caratterizzato dalla trasmissione da parte del compe­ tente di un prodotto interpretativo già elaborato e offerto in formato «ridotto» per la massa. In questa prospettiva è interessante notare come anche nei corsi e nelle settimane bibliche , che rappresentano uno strumento tradizionale della divulgazione , si affacciano oggi ini­ ziative in cui, alla presentazione degli aspetti introduttivi e contenu­ tistici dei vari libri biblici , si sostituisce la trasmissione di una meto­ dologia di lettura , che aiuti ad evitare gli intuizionismi arbitrari. Il problema della dipendenza dagli ambienti esegetici stranieri si pone anche a livello di studi scientifici. La presenza a Roma del Pon­ tificio istituto biblico crea una preziosa fonte di formazione per gli esegeti italiani, ma costituisce in qualche modo anche il limite alla varietà del dibattito e un freno alla nascita di una identità nazionale degli studi . L'attenzione, per lunghi anni predominante , al versante divulgativo da parte dell'Associazione biblica italiana (sorta nel 1948) , solo in tempi recenti può dirsi essersi significativamente spo­ stata verso l'ambito della ricerca. Scarsa è l'attenzione agli studi bi­ blici anche nelle università civili, sebbene si debba tener conto degli apporti dati in campo archeologico e orientalistico e , più recente­ mente , delle ricerche di storia dell'esegesi e di storia del cristianesi­ mo primitivo. Distacco tra istituzioni scientifiche ecclesiastiche e civili , preva­ lenza del compito formativo su quello della ricerca nell'attività degli esegeti , chiusura del mondo esegetico italiano alle grandi correnti esegetiche ed ermeneutiche europee prima del concilio: queste sono solo le più appariscenti fra le motivazioni che spiegano come la svol252

ta conciliare significò in Italia essenzialmente un proliferare , a volte prezioso e a volte discutibile nelle scelte , di traduzioni di opere stra­ niere . Tra i prodotti più meritevoli vanno annoverate la traduzione di strumenti come il Grande Lessico del Nuovo Testamento/8 di vali­ de introduzioni come quella al Nuovo Testamento a cura di A . George e P . Grelot ,19 di commentari di carattere scientifico come il Commentario teologico del Nuovo Testamento ,20 di numerosi e validi studi monografici . La ricerca italiana non è del tutto inoperosa e si notano alcune testimonianze significative , ma stenta ancora a farsi strada in mezzo al prevalere delle traduzioni. Una scuola esegetica italiana deve ancora nascere e acquisire una sua identità. L'esegesi italiana sconta ancora troppo il ritardo pre-conciliare . È significativo che il dibattito sul problema della demitizzazione bultmanniana si affacci significativamente in Italia solo sul finire de­ gli anni 60. I problemi legati a una piena ricezione del metodo stori­ co-critico sono alla ribalta ancora per tutti gli anni 70, mentre scarsa è la reazione e l'interesse per le provocazioni che vengono dalle ac­ quisizioni più recenti delle scienze umane. Una tematica come quel­ la dell'applicazione all'esegesi biblica di metodologie linguistiche e semantiche di ispirazione strutturale , che tanto spazio assume in Francia e nell'America del nord , trova solo sporadiche applicazioni tra gli esegeti in Italia. Il veloce recupero del ritardo accumulato non permette ancora di individuare chiare linee di tendenza. Gli ultimi segnali sembrano tuttavia indicare per gli studi veterotestamentari una preferenza per un più stretto contatto con il mondo delle ricer­ che orientalistiche , e quindi una prevalenza di interessi storiografici e di ambientazione culturale e letteraria; negli studi neotestamentari l'attenzione sembra prevalentemente rivolgersi alle sintesi teologi­ che . Ancora carente è invece in tutti e due gli ambiti il contributo a livello di commentari , nonostante pregevoli recenti tentativi. 2 1 Poco interesse , infine , desta la problematica metodologica. 3.

Bibbia e liturgia

Dove viva è l'attenzione , è nel campo ermeneutico ; ma anche qui il riferimento non è tanto alle grandi correnti culturali quanto al problema più immediato dell'attualizzazione del testo. Le istanze di 18 Brescia 1965ss. 1 9 Roma 1977- 1978 . 20 Brescia 1970ss. 21 Cf. le collane edite da Boria (Roma) , EDB (Bologna) e Marietti (Genova) .

253

fondo sono prevalentemente pastorali e spirituali. Il primo luogo di manifestazione di tali istanze è la liturgia. La riforma attuata in base alle indicazioni conciliari, per ciò che qui interessa, ha riportato an­ zitutto in circolazione nel contesto liturgico pagine e pagine della Bibbia da tempo trascurate, soprattutto grazie al ciclo triennale di letture per le festività e a quello biennale per le ferie nella liturgia della Parola della celebrazione eucaristica. Non si accosta ovvia­ mente la totalità della Scrittura, e la scelta è fatta in base a criteri che favoriscono }'«importanza» di alcuni testi e ne accantonano altri per motivi di «difficoltà» ; criteri sui quali si potrebbe ovviamente di­ scutere , come pure sulla delimitazione delle pericopi e sulle riduzio­ ni a cui vengono assoggettate. Rilevante è pure il fatto che la liturgia offre accostamenti fra varie pericopi, in particolare fra Antico e Nuovo Testamento , nonché attribuzioni a contesti liturgici che , sep­ pure rispettosi in genere delle indicazioni esegetiche , traggono la lo­ ro motivazione ultima da una tradizione che ne orienta la lettura in forza dei tempi dell'anno liturgico , dei significati sacramentali , delle connotazioni pastorali o popolari delle festività. Senza dilungare oltre queste annotazioni , si deve prendere atto che la riforma liturgica, se ha ampliato l'accesso dell'assemblea alla Scrittura, ripropone con maggior forza il problema di una prospetti­ va ermeneutica ben connotata, in cui si stabilisce una tensione tra esigenze esegetiche e di attualizzazione . Ciò appare in tutta eviden­ za nel momento omiletico , dove all'attualizzazione liturgica si ag­ giunge inoltre l'esigenza dell'attualizzazione storica. È difficile fare un bilancio della situazione omiletica. Un punto di riferimento si può trovare nelle indicazioni offerte in numerose riviste pastorali e soprattutto nei due strumenti specifici di più larga diffusione : Temi di predicaziont?2 e Servizio della Parola. 23 Mentre il primo si muove all'interno di una linea esegetica tradizionale verso finalità pastorali­ spirituali , in ogni caso in un'ottica intraecclesiale, che tuttavia supe­ ra il moralismo interpretativo imperante nel periodo pre-conciliare , il secondo sussidio è più sensibile agli sviluppi della recente ricerca esegetica, ma soprattutto si orienta verso un'attualizzazione aperta alle problematiche non solo ecclesiali ma anche culturali e sociali . Quando poi dai sussidi si passa alla concreta prassi omiletica, le in­ dagini, seppure parziali e non tutte scientificamente attendibili , par-

22 Napoli e poi Roma 23 Brescia 1968ss.

254

1956ss.

lano di un persistere di vecchie impostazioni moralistiche e persino di emarginazione o di utilizzazione a pretesto delle letture bibliche , conseguenza della scarsa preparazione biblica della maggioranza del clero, formato in gran parte in epoca precedente al concilio. Per chiudere questi brevi accenni all'uso liturgico della Bibbia è opportuno ricordare anche l'influsso indiretto che il testo sacro si è visto attribuire in questo contesto, in virtù dell'ispirazione biblica, sia nel linguaggio che nei temi teologi èi , riscontrabile nelle preghie­ re liturgiche del nuovo messale e dei vari rituali sacramentali. Un ri­ scontro, ad esempio, nella recente seconda edizione del messale in lingua italiana (1983) mostra come, attraverso lo sfondo biblico del­ le nuove preghiere eucaristiche , delle diverse collette , ecc. , la Scrit­ tura viene a nutrire più intensamente la preghiera comunitaria del­ l'assemblea e forma in tal modo ad una nuova spiritualità. 4.

La lettura «spirituale»

L'accenno alla spiritualità induce a gettare lo sguardo su un altro ambito di lettura della Bibbia, in cui la dialettica fra testo , interpre­ tazione e attualizzazione si fa sempre più viva. Si tratta del momento meditativo nell'esperienza spirituale , dove le mediazioni degli «au­ tori spirituali» , ancora imperanti fino al concilio, sono state sempre più sostituite da un ritorno alle fonti patristiche e soprattutto bibli­ che . È un fenomeno che abbraccia l'esperienza individuale ma an­ che di gruppi, senza tuttavia configurarsi ed essere assimilabile a quello dei movimenti , seppure come esperienza momentanea o par­ ziale ne possa toccare alcuni. È un fenomeno che ha molteplici e complementari cause: il rifiuto del moralismo ovvero del disimpe­ gno storico tipico della tradizionale letteratura spirituale, il diffon­ dersi della preghiera della «liturgia delle ore», la scontentezza di fronte alle difficoltà e all'aridità della lettura puramente esegetica, il ritorno a tematiche più direttamente teologico-spirituali dopo le ac­ centuazioni antropologico-sociologiche dell'immediato post-conci­ lio. Ciò che caratterizza questa lettura spirituale è la ricerca di un equilibrio tra le esigenze culturali innescate dall'esegesi contempo­ ranea, l'appropriazione delle ricchezze offerte dalla tradizione patri­ stico-medievale e ora anche giudaica , il bisogno di un più evidente rapporto tra Parola e cammino di conversione individuale , l'apertu­ ra alle istanze della testimonianza storica. In risposta a tali esigenze la lettura spirituale si presenta in genere come una ripresa dello 255

schema tradizionale nel medio evo della «lectio divina» , con un'arti­ colazione in diversi momenti, ovvero, più semplicemente, come una riflessione che passa dall'analisi esegetica a quella propriamente spi­ rituale e magari anche contemplativa. Ed è proprio lo stretto colle­ gamento fra dimensione «letterale» e «spirituale» del testo l'aspetto più positivo di questo modello di lettura, che costituisce una delle prospettive più interessanti della presente situazione di utilizzazione della Bibbia. A promuovere questo orientamento si incontrano centri mona­ stici tradizionali come Camaldoli e , con modalità e accentuazioni di­ verse, nuovi centri di spiritualità quali Bose , Monteveglio, Spello, S . Egidio , Sotto i l Monte . Un apporto non indifferente viene però an­ che dalla pubblicazione di riviste come Parola Spirito e Vita, 24 come pure dal moltiplicarsi di iniziative editoriali per la diffusione di stru­ menti illustrativi di una lettura meditativa-orante della Scrittura , nonché di esemplificazioni in forma di esercizi spirituali ovvero di «scuola della Parola» , tra cui vanno in particolare segnalate quelle ad opera di C.M. Martini.

5 . Bibbia e teologia Alcune considerazioni merita anche il rapporto tra Scrittura e teologia. Anche in questo la situazione italiana, muovendosi in ritar­ do rispetto al contesto europeo, solo a partire dal concilio mostra una più corretta collocazione della parola di Dio scritta nel percorso della riflessione teologica. Le indicazioni del concilio erano precise : «la sacra teologia si basa come su un fondamento perenne sulla pa­ rola di Dio scritta, insieme con la sacra tradizione» , e quindi la Scrit­ tura deve essere «come l'anima della sacra teologia» ;25 «nell'inse­ gnamento della teologia dogmatica, prima vengano proposti gli stes­ si temi biblici» , e anche la teologia morale sia «maggiormente fonda­ ta sulla sacra Scrittura» . 26 Anche in questo campo si deve soprattutto a un'ampia attività editoriale di traduzione il contatto con quei movimenti teologici di area linguistica francese e tedesca, che in questo orientamento ave­ vano anticipato e preparato il Vaticano Il. L'accedere della teologia

24 Bologna 1980ss. Cf. DV 24: EVl/907. 26 Cf. OT 16: EVl/807.

2S

256

italiana a quello che viene definito come metodo genetico , che ab­ bandona l'utilizzazione della Scrittura come prova dell'asserto teo­ logico-dogmatico per collocarla alla fonte di un processo storico di approfondimento della verità, è stato lento. Tra le cause più eviden­ ti di questa situazione va ricordata la scarsità e precarietà in genere delle istituzioni teologiche accademiche , come pure la presenza per certi versi «ingombrante» delle università ecclesiastiche romane . Se non mancano studi monografici di valore , anche per la teologia la divulgazione sembra sopravanzare la dimensione propriamente scientifica. Non si può dimenticare che , in un settore chiave e rivela­ tivo come quello della manualistica, il periodo post-conciliare è dominato dalla traduzione dell'opera tedesca Mysterium salutis ,21 e solo recentemente sta venendo alla luce una produzione nazionale come il Corso di Teologia Sistematica . 28 Maggiore dinamicità dimo­ stra invece il settore della teologia morale , dove il rinnovato metodo teologico connota diverse opere , a cominciare dal Corso di Teologia Morale. 29 Se dal complesso di questi segnali emerge una sicura acquisizio­ ne di una modalità di far teologia correttamente fondata sul dato bi­ blico , la fatica del cammino rivela pure come , in parallelo ad un'as­ senza di una scuola esegetica italiana, ci si trovi ancora lontani da una via italiana alla teologia. Testimone ne è anche il fatto che l'Ita­ lia sia rimasta spettatrice di fronte a quel pullulare di nuove teologie che ha caratterizzato e caratterizza la riflessione di fede e la vita ec­ clesiale tanto dell'Europa centrale quanto delle Americhe , dalla teologia politica alla teologia della liberazione, solo per fare qualche nome . Ed è da sottolineare come in tutti questi casi si abbia a che fa­ re con teologie che non solo si radicano in situazioni culturali e/o ec­ clesiali , ma anche comportano nuove ermeneutiche bibliche. Non sembra azzardato imputare alla lenta acquisizione di una sicurezza metodologica tanto in campo esegetico che teologico , come pure al ristagno culturale che caratterizza la situazione italiana, la causa di questa scarsa creatività della teologia italiana. Di rilievo appaiono allora in questo contesto l'attenzione ai problemi epistemologici ti­ pica dell'ambiente teologico milanese e quella alla tradizione filoso­ fica di stampo vichiano di alcuni saggi recentemente prodotti nel-

v 28 29

Brescia 1967- 1978. Bologna 1985ss . Bologna 1971-1972.

257

l'ambito della facoltà teologica dell'Italia meridionale. Ma gli studi biblici attendono ancora da una capacità teologica innovativa lo spa­ zio per esprimere la loro potenzialità.

6. Bibbia e magistero ecclesiale Un ultimo sguardo merita l'uso della Bibbia nelle espressioni del magistero . Anche in questo caso l'attenzione si concentra sulla si­ tuazione italiana, e in particolare sui documenti unitari dell'episco­ pato , prendendo concretamente in esame quei documenti pastorali che segnano i vari passi dei due progetti pastorali degli anni 70 {Evangelizzazione e sacramenti) e degli anni 80 (Comunione e co­ munità) . Nei documenti degli anni 70 si è di fronte a uno schema espositi­ vo tipico, diviso in tre momenti : l'analisi della situazione , le indica­ zioni dottrinali, le proposte pastorali. L'apporto biblico è situato al­ l'interno del secondo momento . Già lo schema è indicativo di un ti­ po di approccio alla Bibbia né dottrinale-deduttivo, né puramente kerygmatico . Il punto di partenza è l'esperienza concreta che di un determinato problema la comunità ecclesiale fa, nei suoi risvolti in­ terni e più ampiamente sociali. È a partire da questa situazione sto­ rica che si fa appello alla fede della chiesa, perché essa la illumini e la orienti verso nuove mete. Nell'esposizione della fede della chiesa il momento biblico si trova a volte intrecciato alle espressioni più re­ centi del magistero ecclesiale , soprattutto conciliare , e a volte , so­ prattutto nei documenti più recenti , come prima parola di uno svi­ luppo genetico della riflessione teologica. In ambedue i casi tuttavia è da notare come l'analisi della situazione storica venga a costituire di fatto l'orizzonte precomprensivo del messaggio biblico. Quanto poi al suo contenuto si afferma sempre più un'esposizione di tipo storico-salvifico che evita le citazioni disancorate dal contesto e sog­ gette quindi a manipolazioni , per restituirle alla progressività peda­ gogica della rivelazione divina . Interessante in questo tipo di approccio biblico è dunque l'espli­ cita coscienza del rapporto tra precomprensione e lettura del testo , oltre ovviamente al rilievo dato alla parola biblica, all'interno del momento dottrinale, come parola interpretativa. Ma la rigidità dello schema rischia il didascalismo, mentre non manca chi rimprovera al­ la precedenza data all'analisi dell'esperienza di costituirsi non come priorità metodologica bensi contenutistica, scambiando l'esplicita­ zione della precomprensione in affermazione fondante e quindi in pregiudizio. 258

Di qui il diverso orientamento che emerge nei documenti degli anni 80. Il riferimento al testo biblico esce dai confini ad esso riser­ vati all'interno della sezione dottrinale dei documenti e si fa presen­ te in tutte le articolazioni della riflessione . Due fatti soprattutto ca­ ratterizzano questo uso della Bibbia. Accanto alle sintesi storico­ salvifiche in chiave di teologia biblica, si fanno presenti riferimenti ampi a singoli testi , soprattutto neotestamentari , che utilizzano un modello narrativo di rilettura e attualizzazione del brano . Inoltre , un ruolo emblematico viene attribuito ad alcune pagine bibliche , che vengono a svolgere la funzione di «icona» rappresentativa della realtà di fede che il progetto pastorale intende proporre . Non solo quindi lo spazio attribuito alla Scrittura si allarga, ma anche la sua utilizzazione si presenta in modo variegato, coniugando insieme let­ tura storico-teologica e proposizione kerygmatico-esemplare . Mentre va salutata positivamente quest'attenzione esplicita al dato biblico nei documenti magisteriali dell'episcopato italiano un'attenzione che, occorre precisarlo, è di norma rispettosa delle ac­ quisizioni dell'esegesi recente -, resta invece qualche perplessità su questo alternarsi di modalità dell'approccio. Solo nel futuro si potrà giudicare se esso rappresenti il frutto di un consapevole riconosci­ mento della ricchezza della Scrittura, che si svela anche nella molte­ plicità dei modi di lettura, ovvero se ci si trovi di fronte a esitazioni che nascono dal timore di accogliere fino in fondo la dialettica pre­ comprensione-comprensione svelata e fondata dall'ermeneutica contemporanea.

III . BIBBIA E CATECHESI Le considerazioni precedenti hanno permesso di offrire una vi­ sione sintetica dell'uso della Bibbia oggi in Italia, attraverso la velo­ ce presentazione di alcune situazioni e problematiche da comporre tra loro come le tessere di un mosaico. Ma il quadro risulterebbe parziale senza il riferimento a due ambiti di utilizzazione del testo sacro di grande rilievo e che meritano un maggiore approfondimen­ to. Il primo di questi ambiti è quello catechistico.

l.

Il rinnovamento catechistico

La storia del dopo-concilio in Italia si identifica per larga parte con la storia del movimento catechistico . A supportare tale premi­ nenza è la scelta pastorale che guida la Conferenza episcopale italia259

na per tutti gli anni 70: Evangelizzazione e sacramenti. È il tentativo di superare un'esperienza ecclesiale di prevalente sacramentalizza­ zione , per un recupero della fondazione della fede attraverso una profonda azione di evangelizzazione e catechesi. Non è questo il luogo per un giudizio sull'efficacia pastorale del programma e sulla mai superata ambiguità di giudizio circa il destinatario , di volta in volta visto come società post-cristiana da rievangelizzare o come so­ cietà fondamentalmente cristiana da catechizzare . Interessa di più notare come il supporto più valido a tale programma venne offerto da una revisione radicale delle modalità e degli strumenti della cate­ chesi. I presupposti di questa svolta si potranno scoprire : nello stes­ so movimento catechistico italiano , con riferimento a figure come G. Nosengo e S. Riva; nella catechesi promossa dall'Azione cattoli­ ca , dal cui ambiente degli assistenti provengono anche le figure di vescovi più impegnati nel rinnovamento catechistico ; nel lavoro dei centri catechistici salesiano e paolina , a cui si aggiungerà successiva­ mente quello dehoniano ; nell'influsso esercitato dall'istituto di cate­ chetica della Università pontificia salesiana di Roma. È in questo contesto che il concilio in Italia si traduce in concentrazione sul ser­ vizio catechistico e trova impulso e rispondenza in un episcopato che, tra il 1970 e il 1982, produce un «documento di base», dal signi­ ficativo titolo Il rinnovamento della catechesi ( 1970) , e cinque cate­ chismi per le diverse età in otto volumi. La situazione in cui il rinnovamento catechistico si inserisce , per ciò che concerne il rapporto Bibbia e catechesi, può essere cosi sin­ tetizzata nei suoi orientamenti fondamentali. Si ha anzitutto un uso sussidiario della Bibbia , ridotta per lo più a raccolta di esempi dimo­ strativi di tesi teologiche precostituite , di norme morali codificate , di idee-forza di carattere vitalistico ; è questa una utilizzazione «illu­ strativa» di carattere strumentale , che supporta una catechesi di stampo dottrinale , ma si presenta anche in funzione moraleggiante come racconto edificante in un insegnamento di comportamenti eti­ ci, e, infine , riappare in una catechesi legata alla carica carismatica del leader o di una proposta di fede fatta di «parole d'ordine» ; co­ mune a quest'uso riduttivo dottrinale , moralistico e carismatico del­ la Bibbia è la pratica disattenzione delle istanze critiche dell'approc­ cio esegetico al testo , come pure la selezione aprioristica e parziale dei testi oggetto di considerazione. Questo modello di rapporto tra Bibbia e catechesi , che caratte­ rizzava le impostazioni catechistiche legate a strumenti come il cate­ chismo di Pio X, persiste oltre lo stesso Vaticano Il, complice la de260

ficiente «alfabetizzazione» biblica di molti catechisti , nonostante che già negli anni 50 e 60 si sviluppi a suo modo anche in Italia quel mo­ vimento della catechesi kerygmatica sorto in Germania negli anni 30. È un ritorno alla Bibbia che vuole superare l'aridità di una cate­ chesi dottrinale ; è una riconquista del primato della Parola , per cui la catechesi più che illustrare e motivare una dottrina deve procla­ mare l'evento salvifico che si attua nella persona di Gesù Cristo . I li­ miti di questo orientamento sono tutti riconducibili al fatto che la so­ pravvalutazione della parola biblica è a scapito della necessaria at­ tenzione al destinatario, alle sue problematiche , al suo linguaggio ; in una parola disattende le esigenze dell'attualizzazione . C'è poi da notare come , mentre nell'area tedesca la tendenza kerygmatica si coniugò ben presto con le esigenze di una lettura esegetica , fino a sfociare in un esegetismo catechistico con la riduzione della Bibbia a funzione storica , non altrettanto accadde in Italia . Come le istanze del metodo attivo e della dimensione pedagogica in catechesi erano state introdotte in chiave di pedagogia «evangelica» , di esemplarità di Gesù maestro, così l'influsso kerygmatico non spinse a una più corretta lettura esegetica del testo , restando l'interpretazione biblica legata a schemi tradizionali, sprovvisti per lo più di basi critiche. La Bibbia prendeva il posto delle sintesi dottrinali , ma era ancora as­ sente un metodo adeguato di lettura e il nuovo orientamento rischia­ va di tradursi in biblicismo di contenuti e di linguaggio. Su questa situazione si innesta, negli anni 60, il terzo orienta­ mento caratterizzante la situazione italiana, che va sotto il nome di svolta antropologica. Quasi a compensare l'assolutismo biblico del metodo kerygmatico, ora l'attenzione si volge prevalentemente al destinatario e recupera la finalità esistenziale del messaggio salvifi­ co . In sintesi schematiche, come quelle che vengono qui tracciate , è difficile rendere ragione della complessità e varietà dei fenomeni; ciò vale in particolar modo per la catechesi antropologica, sotto il cui nome vanno tentativi in cui la precomprensione esistenziale, per­ sonale e sociale , si fa pregiudizio che piega il testo biblico alle scelte ideologiche e magari politiche dell'interprete, ma anche tentativi in cui si cerca un equilibrio tra l'oggettività del dato rivelato e la rile­ vanza specifica che esso assume in rapporto a una concreta situazio­ ne culturale ed esperienziale , avendo tuttavia come finalità precipua non tanto l'«in sé» quanto ultimamente il «per me» del messaggio . Come esempio italiano delle prime tendenze si può ricordare il cate­ chismo della comunità dell'Isolotto Incontro a Gesù ;30 le tendenze 30

Firenze 1969.

261

più equilibrate e rispettose dei dati oggettivi della fede caratterizza­ no invece in genere la produzione dei principali centri editorali cate­ chistici e trovano ispirazione nel già ricordato istituto di catechetica dell'Università salesiana.

2. La Bibbia nel «documento di base» È in questa situazione ch e si cala Il rinnovamento della catechesi (RdC) , con una scelta che cerca di contemperare le esigenze rappre­ sentate dalle tendenze kerygmatiche e antropologiche. Fondamen­ tale è il superamento del concetto di «catechesi della dottrina cristia­ na» per quello più ampio di «catechesi per la vita cristiana» . Fonda­ mentale è pure il principio della duplice «fedeltà a Dio e fedeltà al­ l'uomo», che sfocia poi consequenzialmente nel cristocentrismo . In questo quadro , il rapporto tra Bibbia e catechesi viene cosi definito: «La Scrittura è il documento preminente della predicazione della salvezza . . . ; La Scrittura ha sempre il prìmo posto nelle varie forme del ministero della Parola, come in ogni attività pastorale» ; 31 occor­ re tener presenti i caratteri della Scrittura, quali il suo essere parola di Dio in linguaggio umano, la dinamica evento-parola della rivela­ zione , la progressività di questa, l'unità dei due testamenti e il culmi­ ne della rivelazione in Gesù Cristo , il rapporto tra Scrittura e Chie­ sa;32 la Scrittura è definita il «Libro», non un sussidio della cateche­ si, che va interpretato tenendo presente le modalità storiche della ri­ velazione , l'unità della Scrittura stessa, la fede della chiesa che si manifesta nella tradizione e nel magistero, la luce dello Spirito;33 nella Scrittura, con attenzione particolare al Nuovo Testamento, la catechesi sceglie «i testi e i fatti, i personaggi , i temi e i simboli che maggiormente convergono in Cristo», per una lettura che ne eviden­ zi la portata salvifica, eviti l'esemplarismo, sia attenta alle esigenze esegetiche , sappia tradursi in preghiera. 34 Gli elementi del quadro ora sintetizzato si raccolgono attorno al problema del posto e delle modalità di uso della Bibbia nella cate­ chesi. Il posto è primario, in rapporto a tutte le fonti della catechesi; in quanto fonte, la Bibbia rifiuta il ruolo di sussidio e si pone come

31 Cf. Cf. 33 Cf. 34 Cf. 32

262

RdC RdC RdC RdC

105 : 106: 107: 108:

ECEll/2682. ECEI112685 . ECEll/2687. ECEil/2689.

«il Libro» della catechesi: quindi non testo di appoggio a contenuti già predeterminati, e neppure fonte «per» i contenuti della cateche­ si , ma Parola essa stessa che la catechesi annuncia. Quanto alle mo­ dalità con cui questa Parola va letta e annunciata il RdC sembra sot­ tolineare in particolar modo l'unità storico-salvifica in funzione cri­ stocentrica, il rapporto con la fede ecclesiale , la prospettiva religiosa sia pure con una certa attenzione ai modi storici espressivi . L'atten­ zione invece all'attualizzazione in rapporto al destinatario non viene esplicitamente sottolineata. Del binomio linea kerygmatica-linea antropologica sembra dunque che nei testi sopra riassunti , e riguar­ danti specificamente la Bibbia, il RdC sottolinei piuttosto il primo termine , mentre nell'impostazione generale del documento i due principi della «catechesi per la vita cristiana>> e della «fedeltà a Dio e fedeltà all'uomo» riequilibrano il rapporto concedendo il giusto spa­ zio alle esigenze antropologiche . Il recupero della centralità biblica, in rapporto al testo e alla sua interpretazione , è netto. Le esitazioni, in cui si traduce la ricerca di equilibrio tra kerygma e antropologia, non potranno però non farsi sentire sull'attuazione del progetto catechistico che il RdC fonda; come pure non sarà senza conseguenze l'assenza di chiari orienta­ menti sul problema dell'alfabetizzazione biblica , dell'attenzione alle specifiche esigenze esegetiche e al rapporto tra esegesi e attualizza­ zione . 3.

La Bibbia nei catechismi

Il RdC apriva una stagione nuova nella catechesi italiana; come essa ha risposto e risponde al progetto è difficile determinarlo. Un punto sicuro di verifica si ha tuttavia nei testi che il «documento di base» ha ispirato, nei diversi volumi del «Catechismo per la vita cri­ stiana» . Pensati come strumenti di un itinerario catechistico unita­ rio , che va dall'infanzia alla maturità, questi volumi riflettono tutta­ via , oltre le peculiarità relative all'età dei destinatari, anche le diver­ se sensibilità delle varie équipes di lavoro che hanno preparato i testi sotto la guida della commissione episcopale competente; e in rap­ porto a questo fatto i diversi volumi sono testimoni di un'alternanza di accentuazioni del versante kerygmatico e rispettivamente antro­ pologico. Prima quindi di poter giungere a una visione unitaria, è necessario accennare , sia pur brevemente, a come la Bibbia è pre­ sente in ciascuno dei volumi del catechismo.35 35

L'analisi che segue tiene conto dell'edizione dei catechismi prima della revi-

263

Il «Catechismo dei bambini» ( CdB) attua una duplice utilizza­ zione del dato biblico . Esso è anzitutto fondamento delle scelte e de­ gli orientamenti educativi degli adulti nei confronti dei bambini. Ciò appare soprattutto nella seconda parte del CdB, dove la sacra Scrit­ tura è offerta come fonte di un'antropologia e di una pedagogia cri­ stiane. Nella terza parte , in particolare nel capitolo dal titolo «L'in­ contro con Gesù nelle Scritture», si hanno invece le indicazioni su come accostare i bambini ai contenuti biblici, in base ai principi del­ l'unità dei due testamenti e della centralità di Cristo. La scelta dei contenuti è guidata da un'esigenza di essenzialità, con un collega­ mento alle esperienze esistenziali del bambino e al ritmo dell'anno liturgico . Il modello di lettura è di carattere narrativo , con un'espli­ cita avvertenza nel ricercare un linguaggio semplice ma non infanti­ listico . I momenti essenziali della storia della salvezza vengono pre­ sentati al bambino come realtà, in cui egli può scoprire il volto au­ tentico del Padre e di Gesù . La Bibbia diventa così strumento per ri­ velare al bambino il senso religioso dell'esistenza. C'è da apprezzare in questo tentativo il modo con cui la presentazione della Bibbia sfugge a una strumentalizzazione moralistica e a una riduzione favo­ listica. Sono preoccupazioni ben presenti anche nei successivi tre volu­ mi del «Catechismo dei fanciulli» ( CdF) . Qui si manifesta una gra­ dualità nella presentazione della storia della salvezza, unitamente a una ricerca contemporanea di fedeltà al testo sacro e di attualizza­ zione di esso ; la Bibbia viene inoltre proposta come fonte per l'e­ spressione della fede e per la preghiera, mentre accentuato è, come sempre, il principio del cristocentrismo . Sulla base di questi principi ispiratori dell'uso della Bibbia nel CdF, il primo volume (Io sono con voi) presenta già un primo accostamento all'Antico Testamento attraverso l'utilizzazione della categoria dell'alleanza, con cui tradu­ ce biblicamente il tema antropologico di base della chiamata-rispo­ sta; per il Nuovo Testamento invece l'incontro con la persona di Ge-

sione in corso. Al momento in cui il presente studio va in stampa sono stati pubblicati solo i quattro volumi del «Catechismo dei fanciulli e dei ragazzi», che presentano il testo definitivo del CdF/1-2-3 e del CdR/1 . Le caratteristiche di fondo della dimensio­ ne biblica di questi testi sono restate inalterate, e questo anche nel volume Sarete miei testimoni che appare come il Qiù rielaborato. Le considerazioni che seguono manten­ gono pertanto il loro valore. E difficile invece prevedere se accadrà altrettanto per il , per i quali era stata au­ spicata una più profonda revisione.

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sù viene proposto attraverso il Vangelo di Marco , di cui si valorizza­ no i caratteri kerygmatico e assertivo ; c'è infine da notare come già in questo volume , rivolto a fanciulli di 6-8 anni , si inviti a un incon­ tro diretto con alcuni testi biblici , mentre il linguaggio stesso del ca­ techismo si nutre del linguaggio biblico . Il secondo volume (Venite con me) è articolato attorno alla categoria biblica della sequela, con un'accentuata attenzione al Vangelo di Luca, di cui si propone una specie di lettura continua nei primi sei capitoli e una lettura temati­ ca , attorno a testi scelti, nei successivi: è la dimensione storica e ca­ techetica del terzo Vangelo che viene valorizzata, avvalendosi al tempo stesso della dinamica lucana viaggio - eventi pasquali. Per l'Antico Testamento il CdF/2 opera invece una scelta selettiva di fi­ gure e fatti particolarmente significativi, presentati nella duplice di­ mensione della storia e dell'attualizzazione. Un accostamento glo­ bale all'economia veterotestamentaria si ha soltanto nel CdF/3 (Sa­ rete miei testimoni) , dove l'aver privilegiato come categoria biblica di base quella della storia della salvezza, permette di accostare la storia salvifica dell'Antico Testamento nei suoi filoni portanti: pro­ messe , profezia, sapienza, liturgia, escatologia. Quanto al Nuovo Testamento sono gli Atti degli apostoli ad assumere il posto centra­ le : lo Spirito nella chiesa rivela la continuità di una storia salvifica che dall'antico patto in Cristo raggiunge la storia di oggi. Uno sguar­ do sintetico sui tre volumi del CdF vi scopre , accanto a una linea di progressività di accostamento ai testi biblici, una loro utilizzazione fondamentalmente kerygmatica, sia pure con un'attenta preoccupa­ zione a dare rilievo a tratti di attualizzazione essenziali . Continuità e novità nell'approccio alla Bibbia si hanno con il «Catechismo dei ragazzi/l» (Vi ho chiamato amici) . Il tema di Dio padre e la scoperta della condizione di figli nei cc. l e 4 si affidano soprattutto a una ripresa del tema biblico dell'alleanza, con riferi­ mento particolare a Genesi, Deuteronomio e Osea, ma anche ad al­ cuni testi paolini e giovannei; la figura di Gesù e il rapporto a lui nel­ la sequela vengono presentati nei cc. 2 e 5 ancora co1,1 prevalente ri­ ferimento ai Vangeli di Marco e di Luca; lo Spirito e la chiesa sono invece i protagonisti dei cc. 3 e 6 e qui, oltre a Paolo e Giovanni , tor­ na in evidenza il Libro degli Atti. Al di là di queste constatazioni materiali è da rilevare come la lettura della Bibbia assuma caratteri nuovi , che si aggiungono ai riferimenti ecclesiale ed esperienziale già presenti nel CdF: ora il testo biblico , in particolare il Vangelo , viene direttamente «consegnato» al ragazzo come luogo di incontro con la persona di Gesù e con la comunità ecclesiale ; ora la Bibbia di-

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venta anche oggetto di ricerca, documento da approfondire e da si­ tuare culturalmente e teologicamente. Siamo di fronte a una duplice linea , quella della lettura diretta del testo e quella dell'attenzione al­ la dimensione esegetica, che si ritroverà con ovvi più ampi appro­ fondimenti nei successivi testi; si tratta inoltre di preoccupazioni che si aggiungono e non si sostituiscono alla fondamentale attenzione di attualizzazione ecclesiale ed esistenziale che accompagna in genere la presentazione kerygmatica della Bibbia nel «Catechismo per la vi­ ta cristiana» . Il «Catechismo dei ragazzi/2» (Io ho scelto voi) si pone anch'esso in questa prospettiva di fondo , e anch'esso con sue accentuazioni particolari. Quella più evidente è che circa due terzi del volume so­ no riservati al dato biblico. Metodologicamente interessante è l'arti­ colazione del materiale sul paradigma liturgico («profeta» , « Vange­ lo» , «apostolo») che corrisponde alle tre fasce veterotestamentaria, cristologica ed ecclesiologica. L'accostamento all'Antico Testamen­ to spazia dai sapienziali ai profeti, da testi scelti dalla Torah ai salmi; non si tratta tuttavia di un semplice ampliamento della conoscenza dei testi veterotestamentari, ma di una precisa ermeneutica antropo­ logica del testo visto come espressione delle domande esistenziali profonde, prima apertura verso una risposta, proiezione verso l'e­ vento cristologico. Questo è presentato come una «historia Jesu» co­ si come viene narrata dalla comunità credente , in una successiva ti­ lettura completa di essa, che utilizza tutti e quattro i Vangeli e si fo­ calizza di volta in volta su una delle tematiche esistenziali che il cate­ chismo affronta. In seguito, nella terza fascia di ogni capitolo , sono alcune Lettere di Paolo che offrono l'occasione per scoprire nelle vi­ cende della prima comunità cristiana il volto autentico della vita e della comunità cristiana di oggi. Nell'insieme i momenti esegetico e kerygmatico passano in secondo piano e, sotto le vesti preferibil­ mente della narratività, emerge prepotente l'istanza di attualizzazio­ ne, che dà luogo ad una lettura antropologica della Bibbia. È la dimensione critica della ricerca di una credibilità della fede che caratterizza invece il «Catechismo dei giovani», una dimensione che , nell'ambito del ruolo della Bibbia in Non di solo pane, si tradu­ ce in una ricerca della dimensione storica della vita di Cristo , della radice storica del suo mistero. Mentre nella prima parte del volume la presenza del riferimento biblico è solo occasionate , e con una uti­ lizzazione di testi quali espressioni qualificate dell'esistenza dell'uo­ mo e delle sue esperienze , il dato biblico, e più precisamente evan­ gelico , irrompe con forza quasi esclusiva nella seconda parte . Mo266

mento di passaggio è un capitolo in cui si affrontano le problemati­ che essenziali relative a storicità, credibilità, storia della formazione dei Vangeli . Su queste basi esegetiche si sviluppa una lettura della narrazione evangelica esplicitamente attenta alle esigenze della criti­ ca esegetica , rilevando il passaggio tra evento storico e rilettura di fede nella comunità, ma al tempo stesso interessata a far emergere il valore universale dell'evento , in una dinamica tra storia e attualizza­ zione che cerca di evitare archeologismo biblico e riduttivismi appli­ cativi. Nell'ultima parte del volume l'uso della Bibbia segue invece criteri tematici , cercando nel testo ispirato sia l'espressione compiu­ ta della fede che l'oggetto di un confronto ineludibile per la vita del credente. Siamo così giunti all'ultimo volume del «Catechismo per la vita cristiana» , il «Catechismo degli adulti» (CdA) , dal titolo Signore, da chi andremo?. È proprio forse in questo testo , che vuole essere stru­ mento per la maturità della fede, che il dilemma iniziale «Catechesi kerygmatica - catechesi antropologica» appare in tutta la sua eviden­ za, con il duplice pericolo di ridurre l'intero discorso catechistico al­ la Bibbia , sia nel suo oggetto che nel linguaggio , rischiando di non raggiungere l'uomo di oggi , ovvero , viceversa , di porre la vicenda esistenziale e storica dell'uomo al centro della catechesi , rischiando di fare di essa il criterio di verità della stessa Bibbia. Il CdA cerca di sfuggire a queste due riduzioni, come pure di evitare un facile com­ promesso . La strada scelta è quella di un superamento del dilemma attraverso un'impostazione originale del ruolo della Bibbia nella ca­ techesi: il kerygma assume una dimensione antropologica in virtù della sua storicizzazione , mentre il momento antropologico si ricol­ lega alla fonte del kerygma in forza del carattere narrativo della ca­ techesi. Si parla di storicizzazione del kerygma in quanto la parola biblica viene costantemente rapportata agli eventi salvifici del passa­ to che essa testimonia e di cui fa memoria, agli eventi del presente di cui illumina il significato salvifico e ne diventa ermeneutica di fede , agli eventi del futuro che propone come progetto , provocando a co­ struire una storia di salvezza. L'unità di questo triplice riferimento alla storia è offerta dal riferirsi sempre alle situazioni fondamentali dell'esistenza , così che il rapporto non è più tra fatti particolari ma tra persone storiche (Cristo , chiesa, noi) . Conseguentemente la let­ tura del testo biblico è fin dall'inizio lettura di fede, nella quale si percepiscono come viventi i personaggi del passato. Dal principio della lettura di fede discende anche la scelta di cominciare da Gesù e dal suo incontro con gli uomini . Il Nuovo Testamento viene privile-

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giato (Sinottici nella prima parte del volume , Atti nella seconda, Paolo e Giovanni nella terza) , e l'Antico Testamento viene recupe­ rato, anche se forse in misura non adeguata, come retroterra che il­ lumina gli eventi di Cristo e della chiesa. La scelta della storicizza­ zione del kerygma si traduce anche nella forma narrativa che assume la catechesi, in cui discorso catechistico e testo biblico si intrecciano in una unità di parola, che vede la citazione biblica non come confer­ ma del discorso catechistico e neppure come asserto che questo deve esplicitare . Infine , sempre alla scelta del kerygma storicizzato si può ricondurre l'aver voluto privilegiare categorie e strutture di pensiero tipiche dell'esperienza cristiana dei primi tempi : di fronte alla diffici­ le scelta di un linguaggio alla fine sempre «datato», si è preferito tor­ nare a concetti e strutture tipiche del Nuovo Testamento . Questo vale in modo particolare per il concetto di regno di Dio , vera catego­ ria portante di tutto il CdA , ovvero per la scelta di una cristologia di tipo induttivo . Un'ultima annotazione meritano: la presenza di un'appendice che funge da vera e propria introduzione alla Bibbia ; l'uso di testi biblici in funzione di preghiera; la ricchezza soprattutto dell'intreccio tra citazioni esplicite e rimandi biblici a margine , con cui il CdA proietta il lettore verso la Bibbia, offrendone una traccia di lettura articolata. Tirare delle conclusioni a questo punto , dopo questa essenziale analisi dell'uso della Bibbia nei vari volumi del «Catechismo per la vita cristiana» , non è facile . L'impressione generale è quella di una pluralità di modi di approccio al testo biblico che , se da una parte appare arricchente e tale da offrire piste diversificate per le varie sensibilità e situazioni catechistiche , dall'altra può ingenerare il so­ spetto di essere alla presenza di esitazioni, frutto di un problema non risolto . Alcune costanti balzano tuttavia all'attenzione, soprat­ tutto il netto superamento di ciò che sopra è stato definito uso sussi­ diario della Bibbia , in funzione tanto moralistica quanto dogmatica e «Carismatica» ; come pure è chiaro il rifiuto di una collocazione nel­ la prospettiva strettamente kerygmatica o in quella puramente an­ tropologica. La lettura della Bibbia è sempre esegeticamente corret­ ta, anche se un'attenzione esplicita ai problemi esegetici appare solo saltuariamente e ciò rende i testi non specificamente idonei a un'abi­ litazione personale alla lettura della parola sacra. Assai sviluppato è pure il modello narrativo come metodo di presentazione del testo bi­ blico, una scelta che se ha il vantaggio di favorire l'approccio ai con­ tenuti del testo rischia di essere utilizzata come alternativa all'acco­ stamento diretto . La scelta poi di privilegiare il Nuovo Testamento,

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conseguente alla proposta di una lettura di fede , sembra condurre all'emarginazione dell'Antico Testamento , il cui recupero appare a volte faticoso , e in genere non aiuta a percepire l'unitarietà e lo svi­ luppo della storia della salvezza. Infine resta sempre problematico lo sforzo di attualizzazione che , per non cadere in un arbitrario espe­ rienzialismo , rischia di restare in una sterile astrattezza con il fare ri­ ferimento alle sole condizioni fondamentali dell'esistenza . Ma qui il problema non appare superabile a livello di testi catechistici , per la loro provvisorietà: è nel concreto atto catechistico che l'attualizza­ zione è pienamente possibile.

4. Dai catechismi alla catechesi E si è così giunti all'interrogativo finale decisivo: quanto della proposta che nasce dal RdC dagli altri volumi del «Catechismo per la vita cristiana» sia realmente penetrato e attuato nella concreta prassi catechistica . Dati al riguardo possono giungere ovviamente solo per vie indirette , ma non sembra incauto affermare che , nono­ stante un sensibile salto qualitativo rispetto al passato , utilizzazioni edificanti e moralistiche della Scrittura permangono ancora . È quanto si può dedurre dalla verifica dei catechismi , promossa dalla Conferenza episcopale italiana: tra gli elementi più significativi sembra emergere la difficoltà degli operatori catechistici a utilizzare strumenti che richiedono competenze nuove rispetto al passato , e tra queste la capacità di un accostamento al testo biblico che sia cor­ retto nell'esegesi e nell'attualizzazione . Ciò corrisponde a quanto appurato nelle indagini sulla formazione dei catechisti in Italia , dove la conoscenza della Bibbia appare l'aspetto più bisognoso di appro­ fondimento nelle richieste provenienti dai catechisti stessi. E ancora non è privo di significato che la nota pastorale della CEI su La for­ mazione dei catechisti nella comunità cristiana (1982) ponga lo studio della Bibbia al primo posto tra le esigenze della dimensione conosci­ tiva della formazione . In realtà la ricchezza biblica dei nuovi catechi­ smi italiani si scontra con una generale situazione di «analfabeti­ smo» biblico, a diversi livelli , degli stessi operatori . 36 Una seconda osservazione è da fare invece a riguardo del fatto che solo raramente l'intero progetto catechistico italiano trova at-

36 In risposta a tale esigenza, si prevede che il «Catechismo degli adulti» venga affiancato da un sussidio di iniziazione all a Bibbia e alla sua lettura.

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tuazione , essendo ancora numerosi i luoghi in cui esso è confinato alla sola fanciullezza, ovvero viene sostituito nell'età giovanile e ma­ tura da altri cammini formativi . Ciò comporta squilibri, fratture e vuoti in un accostamento alla Bibbia, che il progetto stesso vedeva come progressivo e complementare nelle sue varie tappe . E se per il primo problema la soluzione va cercata nel moltiplicarsi di iniziative che favoriscano !'«alfabetizzazione» biblica degli operatori e in uno spazio maggiore negli stessi testi catechistici riservato a problemi in­ troduttivi e di abilitazione alla lettura, per questo secondo problema la risposta può venire solo da un rinnovamento globale della pasto­ rale .

IV. LA BIBBIA NELLE ASSOCIAZIONI , NEI MOVIMENTI E NEI GRUPPI ECCLESIALI L'accenno al problema generale della pastorale introduce nel se­ condo ambito di approfondimento dell'uso della Bibbia. Ciò che infatti caratterizza la situazione pastorale della chiesa italiana post-conciliare è l'estrema diversificazione delle proposte aggregative , sia in relazione agli itinerari formativi sia per ciò che concerne la presenza e l'azione testimoniale nell'ambito ecclesiale e in quello sociale. l.

La situazione pastorale

L'unità della progettazione pastorale attorno alla realtà parroc­ chiale , supportata in perfetta sintonia da poche e riconosciute espressioni associative , prima fra tutte l'Azione cattolica, appartie­ ne ormai al passato . Si potrà discutere se la crisi della parrocchia rappresenti il motivo o l'esito di questa situazione . In ogni caso c'è da constatare come l'evoluzione culturale e sociale da un lato e gli stimoli delle proposte conciliari dall'altro hanno infranto una situa­ zione di statica unitarietà , per dar luogo al manifestarsi di diverse aggregazioni, la cui consonanza con le linee comunitarie espresse dall'episcopato sopra ricordate , nonché la capacità di composizione e dialogo reciproco nel contesto diocesano e parrocchiale, rappre­ sentano la sfida più seria alla vita ecclesiale italiana degli ultimi anni. A questa sfida l'episcopato ha risposto con quello che viene definito il piano pastorale degli anni 80, tematizzato significativamente nel

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binomio «Comunione e comunità». Al tempo stesso si sviluppa pa­ rallelamente il dibattito sul rapporto tra comunità ecclesiale e comu­ nità civile , tra identità cristiana e testimonianza nel mondo , che ve­ de il manifestarsi di posizioni assai diversificate nell'ambito delle ag­ gregazioni ecclesiali e che viene raccolto a livello istituzionale nei due grandi convegni ecclesiali su «Evangelizzazione e promozione umana» (1976) e «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomi­ ni» (1985) ed è ora ripreso nei termini dei nuovi orientamenti pasto­ rali per gli anni 90, dal titolo significativo di Evangelizzazione e testi­ monianza della carità. Queste annotazioni sull'evoluzione generale della situazione pa­ storale mostrano , sia pure succintamente , il quadro complesso in cui si inserisce la problematica che qui ci preme. Infatti, la diversifica­ zione delle realtà aggregative, sia in rapporto al loro essere nella chiesa che al loro porsi nella società, comporta parallelamente una diversificazione di itinerari di fede , di modalità catechistiche , di ap­ proccio al testo biblico . Su queste ultime diversificate linee di lettura e di utilizzazione della Bibbia cercheremo ora di gettare un rapido sguardo.

2 . La Bibbia nell'associazionismo tradizionale Un primo ambito è dato da ciò che si può definire l'associazioni­ smo tradizionale: quelle forme cioè di aggregazioni laicali caratteriz­ zate da una forma organizzativa propriamente associativa e da una presenza nelle chiese italiane che antecede, spesso di svariati decen­ ni, l'evento conciliare. Si concentrerà l'attenzione sulle due associa­ zioni ecclesiali che , per entità e rilevanza di presenza ecclesiale , so­ no più significative: l'Azione cattolica (AC) e l'associazione scouti­ stica (AGESCI). La catechesi dell'AC ha da sempre riflettuto l'impostazione ca­ techistica promossa nelle strutture ecclesiali, a cui l'associazione è legata dal particolare rapporto con la gerarchia. Un ulteriore dato da considerare è rappresentato dalla cosiddetta «scelta religiosa». Con essa si determinò un distacco da una tradizione d'intervento di­ retto in campo specificamente politico. Il distacco si consumò dap­ prima, soprattutto nei settori adulti e giovani, in una linea di stampo «spiritualista» ed «ecclesiocentrico» , per evolversi solo con il tempo verso una ritrovata attenzione all'impegno testimoniate nel sociale e nel politico, senza più però le caratteristiche di integrismo tipiche soprattutto del dopoguerra. 271

In questo quadro si inserisce anche l'evolversi dell'attenzione ri­ servata al dato biblico, tenendo presente anche le diversità esistenti fra settori , articolazioni e movimenti in cui l' AC si è strutturata nel dopo-concilio . Nei settori adulti e giovani , sul tradizionale impianto dottrinale della catechesi, si avverte subito un rilevante interesse per i testi biblici , con una lettura che ne mette in luce i risvolti dapprima soprattutto spirituali e in seguito pastorali . La metodologia di fondo è quella del vedere-giudicare-agi re , dove il momento del giudizio è appunto illuminato dalla parola biblica. Più caratteristica è invece la situazione nell'Azione cattolica ragazzi, in forza della scelta per una catechesi esperienziale . Le modalità di accostamento al testo sacro somigliano in questo caso più da vicino a quanto sopra detto per la catechesi antropologica. Maggiore attenzione invece alla dimensio­ ne esegetica della lettura della Bibbia e al suo rapporto con la cultu­ ra è presente nei movimenti collegati all' AC, in particolare nella FUCI (Federazione universitaria cattolici italiani ) e nel MEIC ( Mo­ vimento ecclesiale di impegno culturale ) . All'interno di queste caratteristiche di fondo , si sviluppa poi un'evoluzione di approccio alla Bibbia che è strettamente collegata agli sviluppi della situazione e progettazione pastorale della chiesa in Italia sopra descritti . Già nell'epoca che precedette il concilio , i piani e le strumentazioni catechistiche dell' AC costituivano uno spa­ zio privilegiato per la sensibilità che in essi si mostrava nei confronti della sacra Scrittura. Non si può tuttavia dire che tale sensibilità fos­ se confortata da un'adeguata coscienza del problema ermeneutico che l'accostamento al dato biblico comportava: la struttura dottrina­ le della catechesi rimaneva ancorata a schemi di carattere pretta­ mente teologico-deduttivo e la presenza della pagina biblica faticava a distaccarsi da un'utilizzazione di tipo esemplare e moralistico . L'interesse alla Bibbia promosso dal concilio produsse da una parte una crescita quantitativa dello spazio riservato alla Scrittura, dall'al­ tra un intensificarsi di iniziative e strumenti che correvano , per certi versi , in parallelo alla catechesi ordinaria, rischiando di trasformarsi in supporto a un biblicismo che , a seconda dei settori e delle artico­ lazioni dell'associazione, poteva prendere forme di stampo spiritua­ listico ovvero esegetico-culturale . Anche i n questo caso sono piuttosto gli anni 7 0 e 80 a provocare un aggiustamento della situazione verso una sintesi più equilibrata, sotto l'impulso da una parte dei catechismi proposti dalla Conferen­ za episcopale e dall'altra del dibattito su fede e cultura, identità cri­ stiana e dialogo , scelta religiosa e pastorale e impegno storico di te272

stimonianza e presenza. Sotto questi impulsi il posto della Bibbia nella catechesi dell'associazione si adegua all'orientamento interme­ dio tra gli estremi kerygmatici e antropologici che contraddistingue la stagione presente della catechesi italiana. Soprattutto si assiste ad una diversificazione dell'accostamento alla Bibbia a seconda dei mo­ menti del percorso catechistico. A modo di esempio si può verificare come nei più recenti strumenti formativi per l'età adolescenziale prodotti dall'AC, l'accostamento al testo sacro prevede momenti di «alfabetizzazione» storico-letteraria per alcuni libri biblici, la propo­ sta di lettura di testi in funzione di teologia biblica con progressività tematica, l'indicazione di pagine bibliche per un accostamento medi­ tativo o per la preghiera in un contesto liturgico. Le esemplificazioni potrebbero essere molte ma alla fine si dovrà pur sempre convenire che il rapporto alla Bibbia all'interno dell' AC si identifica alla fine con le modalità e i problemi dell'uso della Scrittura nella catechesi italiana così come sono stati sopra descritti. Più autonomo, ma anche più difficile da decifrare, è il percorso dell'altra grande associazione cattolica, l'AGESCI , nell'utilizzazio­ ne della Bibbia. Si deve anzitutto ricordare come le radici dello scoutismo non possono essere disgiunte dalla familiarità con il testo biblico da parte del suo fondatore , Baden-Powell, cresciuto nella ca­ sa di un pastore e in un ambiente culturale e religioso profondamen­ te segnato dalla presenza del libro sacro . In questo senso , ancor pri­ ma che la familiarità con il testo , lo scoutismo si innerva nelle strut­ ture fondamentali del suo progetto educativo di categorie e dimen­ sioni che , esplicitamente o no , affondano le loro radici nella conce­ zione biblica dell'esistenza: un esempio più che evidente è senza dubbio la categoria del servizio . Accanto a questa connaturalità, si manifestano però nello scou­ tismo alcune tendenze divergenti riconducibili alla fine alla tensione tra quella che può definirsi la dimensione umanistica del progetto educativo e quella che ne costituisce l'esplicitazione tanto della con­ naturalità quanto della sorgente cristiana dei valori su cui il progetto stesso si fonda. L'alternarsi delle accentuazioni su uno dei due poli , a seconda dei tempi e dei luoghi, si traduce nella minore o maggiore attenzione riservata al momento della esplicitazione dei contenuti catechistici e, di conseguenza, di quella espressione privilegiata di tali contenuti rappresentata dalla Bibbia. Altro dato importante da considerare è la previdente rilevanza che nella metodologia scoutistica assumono la dimensione esperien­ ziale, l'espressione gestuale, il forte uso del simbolismo. Il momento

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della parola , e quindi anche della parola biblica, lo spazio riservato alla componente riflessiva connotano più l'attività di progettazione educativa dei formatori , dei capi, pjuttosto che l'attività educativa stessa. Non meraviglia quindi che, guardando ai tempi recenti, il ruolo della Bibbia nell'esperienza dell' AGESCI trovi una particolare ac­ centuazione proprio a partire dai responsabili, per i quali, negli ulti­ mi vent'anni, vengono programmate settimane di studio del testo sa­ cro, aventi come obiettivo la conoscenza dei singoli libri biblici ov­ vero l'approfondimento di temi monografici . L'iniziativa va inqua­ drata nell'ambito di quell'«alfabetizzazione», che rappresenta, come più volte detto , una delle urgenze pastorali più caratterizzanti la si­ tuazione della Bibbia in Italia. L'altro dato da sottolineare è la collo­ cazione che alla Scrittura viene riconosciuta nell'ambito del Progetto unitario di catechesi che l'AGESCI ha pubblicato nel febbraio 1983 , come attuazione , nell'ambito dell'associazione, del piano catechisti­ co generale della chiesa in Italia. Dopo aver affermato che la cate­ chesi, in quanto «trasmissione dei documenti della fede», deve esse­ re introduzione e offerta di chiavi interpretative della Bibbia come «documento» preminente della fede, il Progetto si preoccupa di sot­ tolineare i passi corretti di un accostamento alla Bibbia .nel cammino catechistico. Tali passi vengono individuati nell'«alfabetizzazione», ovvero nella conoscenza critica del testo nelle sue dimensioni stori­ che e letterarie , nell' «iniziazione», ovvero nel cogliere la rilevanza del messaggio storico per i problemi vitali dell'uomo, e nell'«incar­ nazione» , ovvero nel calare la parola biblica nelle concrete situazio­ ni di vita e nei diversi contesti ecclesiali e sociali. All'interno di que­ sta prospettiva di accostamento si colloca la fondazione biblica della pedagogia scout nelle sue esperienze e tecniche dell'ascolto, del do­ no-promessa, del servizio-impegno, della comunione-comunicazio­ ne. Più specificamente , poi, il momento biblico viene a caratterizza­ re la progressione dell'itinerario catechistico nelle tre branche in cui si articola l'associazione, con la presentazione di testi, figure , temi biblici legati agli obiettivi dei vari momenti dell'itinerario . Caratteri­ stico in questo uso della Bibbia, oltre al passaggio progressivo da singoli brani a interi libri biblici, è il parallelo riferimento sia all'An­ tico che al Nuovo Testamento , che contempera sia l'esigenza di non sfuggire alla dimensione storico-salvifica quanto il mettere in rilievo il ruolo interpretativo del Nuovo Testamento in rapporto all'Antico Testamento. Resta da verificare quanto le indicazioni contenute nel Progetto riusciranno a innervare di sostanza biblica un'esperienza,

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come quella scoutistica , in cui fino a oggi il testo sacro non ha assun­ to in genere quella centralità che gli dovrebbe essere propria . 3.

Il fenomeno biblico nelle «comunità di base»

Dall'ambito delle aggregazioni associative si passa a quello delle «comunità di base». L'espressione non è intesa univocamente e rico­ pre una vasta area di esperienze ecclesiali. Limitandosi al fenomeno in campo italiano , si vuole qui riferirsi a quelle aggregazioni che , na­ te sul finire degli anni 60, nel periodo cosiddetto della contestazio­ ne , si muovono all'interno di quel dissenso cattolico che premeva per un'accelerazione e una radicalizzazione del rinnovamento post­ conciliare in chiave anti-istituzionale e con forti caratterizzazioni di coinvolgimento ecclesiale nelle lotte sociali . Al sorgere spontaneo di queste comunità, tra cui vanno ricordate , ad esempio, quelle dell'I­ solotto a Firenze , del Vandalino a Torino e di Oregina a Genova, segue dagli inizi degli anni 70 un processo di collegamento, segnato dal susseguirsi di vari convegni nazionali, il primo tenuto nell'otto­ bre del 1971 , dal confluire di molti membri di tali comunità nel «Mo­ vimento dei Cristiani per il Socialismo» (settembre 1973) , dalla fon­ dazione della rivista COM e alla sua fusione con la rivista evangelica Nuovi Tempi (1974) . Il tramonto delle istanze contestative , l'emar­ ginazione delle comunità di base rispetto alla vita della chiesa italia­ na, la decrescente rilevanza anche numerica del fenomeno , nulla tolgono alla sua importanza storica, soprattutto per ciò che concerne il problema dell'utilizzazione della Bibbia. La lettura del testo sacro ha infatti assunto nell'esperienza delle comunità di base un ruolo significativo e centrale , spiegabile proba­ bilmente non solo e non tanto in forza della diretta riscoperta del­ l'importanza della Parola, ma anche , se non soprattutto , come logi­ ca conseguenza degli allentati legami e degli atteggiamenti oppositi­ vi nei confronti delle espressioni del magistero ecclesiale. Se questa situazione può ben spiegare certe prospettive della lettura della Bib­ bia, che nelle comunità di base sono riconducibili a un atteggiamen­ to classificabile in termini assai simili al principio della «sola Scrip­ tura» tipico della Riforma, altri aspetti della lettura che esse pro­ muovono della Bibbia vanno inquadrati all'interno delle scelte so­ ciali e politiche propugnate. Ciò che caratterizza anzitutto l'uso della Bibbia nelle comunità di base è l'atteggiamento rivendicativo della sua lettura nei confronti di una istituzione ecclesiale accusata di averne impedito l'accesso al 275

popolo . Si parla perciò di «riappropriazione» della Bibbia, rompen­ do il monopolio che su di essa avrebbe esercitato la «casta sacerdo­ tale» . Tale riappropriazione non ha come soggetto il singolo creden­ te ma il popolo in quanto tale ; meglio , il singolo deve accostarsi in prima persona al testo biblico , in quanto membro del popolo di Dio, per una lettura comunitaria. È questa riappropriazione che sola può svelare come la lettura che l'istituzione ha fatto della Bibbia sia stata in realtà una deformazione del suo messaggio a servizio delle classi dominanti , oscurando la forza contestativa e liberante della parola di Dio nei confronti degli oppressi. La riappropriazione popolare della Bibbia non significa un rifiu­ to totale e aprioristico del ruolo delle scienze esegetiche. Mentre nei confronti dell'istituzione la riappropriazione si traduce in contesta­ zione della lettura che da essa viene proposta, all'esegeta non è chie­ sto di farsi da parte , ma di immergersi nella dinamica della cultura e dell'esperienza popolare , coinvolgendosi nei processi storici di libe­ razione degli oppressi. Al tempo stesso è però chiesto che tutta la comunità sia resa abile all'uso delle conoscenze e degli strumenti esegetici, perché questi non restino monopolio dello specialista. Ma, al di là di questi aspetti contestatari, ciò che caratterizza l'u­ so della Bibbia nelle comunità di base è la precomprensione sociale e rivoluzionaria, che ne determina poi la stessa metodologia di lettu­ ra. Non esiste una lettura neutrale del testo e, per neutrale, si inten­ de indipendente dalle condizioni economiche, sociali e politiche . Quella che si proclama come tale è in· realtà una lettura borghese e idealista, tesa a giustificare , attraverso il ricorso ad una parola auto­ revole , la situazione di ingiustizia sociale che intende perpetuare . La condivisione della situazione degli oppressi chiede una scelta di cam­ po e un impegno, che diventano presupposti di lettura della Scrittu­ ra. In questo senso essa è una lettura «politica» , in quanto tende a evidenziare una parola liberante per le situazioni di oppressione . Ma, affinché questa parola non resti astratta denuncia bensl si tradu­ ca in forza operante , la condivisione degli oppressi deve diventare scelta di classe e immersione nel movimento storico di liberazione della classe operaia, quel movimento che nel materialismo storico e dialettico ha trovato la sua ideologia fondante. Ciò significa che il te­ sto biblico andrà analizzato alla luce delle categorie interpretative della storia e del reale che il materialismo ha offerto alle classi op­ presse , per aprirle all a coscienza della propria situazione e per indi­ care loro il cammino della liberazione . In tal modo , la lettura della Bibbia, oltre che «politica>> , dovrà essere anche «materialistica» . 276

Sulla base di questi principi ermeneutici si sviluppa una metodo­ logia di lettura che rifiuta il riferimento alle fonti autorevoli della fe­ de ecclesiale , come la tradizione e il magistero , e che compone insie­ me elementi tipici dell'esegesi storico-critica con riferimenti alle strutture di analisi dei testi mutuate dalla ideologia marxista. Il me­ todo valorizza poi in alto grado la dimensione comunitaria della let­ tura , mentre procede concretamente sia in forza di momenti di alfa­ betizzazione che di lettura continua di singoli libri biblici. Al di là però delle modalità di attuazione, ciò che appare proble­ matico , e alla fine irrisolto , è il rapporto ermeneutico fra Parola e prassi, fra testo sacro e storia della comunità interpretante. Ambi­ guo resta il concetto di normatività della Bibbia ; inaccettabile appa­ re la riduzione del messaggio del testo in funzione di una storia ri­ condotta alla sola dimensione economica ; ancor più discutibile è il verificarsi di fatto del porre la storia così interpretata a chiave inter­ pretativa della Bibbia e non viceversa. Altre obiezioni andrebbero poi sollevate a riguardo dell'emarginazione e del rapporto Bibbia­ magistero, nonché all'utilizzazione dell'analisi marxista per le impli­ canze ideologiche che sono sottese a quella che potrebbe apparire come una pura scelta epistemologica. I rilievi qui espressi , e i nume­ rosi altri qui taciuti , non devono però nascondere come l'esperienza delle comunità di base comporti anche aspetti positivi, che hanno in­ fluenzato anche la prassi biblica di altre aggregazioni ad esse non as­ similabili. Tra questi aspetti vanno ricordati la promozione di una lettura metodica del testo , l'acquisizione degli strumenti critici per una lettura corretta , la sottolineatura della dimensione comunitaria, la spinta verso un'interpretazione che entri in dialogo con gli inter­ rogativi vitali e storici connessi all'annuncio di liberazione salvifica cristiana. Questi brevi accenni alla collocazione della Bibbia nell'esperien­ za delle comunità di base espresse dal dissenso nei confronti della istituzione ecclesiale, non possono tuttavia far dimenticare l'esisten­ za di altre comunità di base inserite invece nel corpo ecclesiale e con una presenza significativa, sebbene limitata rispetto ad altre nazioni, pure in Italia . Anche in queste, che oggi vengono sempre più comu­ nemente definite «comunità ecclesiali di base>> , la Bibbia ha un ruo­ lo centrale . L'inserimento nel territorio, la ricerca di volersi costitui­ re su dimensioni di rapporti comunitari visibili, che superino l'anoni­ mato in cui spesso cadono le istituzioni parrocchiali, portano ad una lettura della Bibbia caratteristica. In particolare l'attenzione alla Bibbia è collocata all'interno di un itinerario di fede che si connota 277

per il posto a esso riservato alle problematiche ecclesiali e sociali , senza però tradursi in forme contestative e in scelte ideologico­ politiche . Uno spazio rilevante è dato pure alla valorizzazione della dimensione meditativa e orante della lettura del testo sacro. Ancora carenti , nonostante la crescita della relativa sensibilità, sono invece gli strumenti di supporto per una lettura metodicamente e scientifi­ camente corretta.

4. Nuovi movimenti ecclesiali e Bibbia La vita ecclesiale in Italia nel dopo-concilio, per quegli aspetti che hanno rilievo in ordine al problema dell'utilizzazione della sacra Scrittura , si caratterizza anzitutto per il sorgere o il consolidarsi di una dimensione nazionale della vita pastorale. A comporre il qua­ dro di questo primo aspetto, oltre alle vicende dell'associazionismo tradizionale, sono la liturgia in lingua italiana, i progetti pastorali della Conferenza episcopale con i relativi documenti , il progetto ca­ techistico e i catechismi nazionali. Del ruolo della Bibbia in questi ambiti si è già trattato. Ma c'è un secondo aspetto della vita ecclesiale altrettanto signifi­ cativo, anche per i riflessi sull'uso della Scrittura , che accompagna questa dimensione nazionale della vita ecclesiale, a volte sostituen­ dola , a volte semplicemente affiancandosi ad essa fino alla quasi estraneità , a volte persino entrando in concorrenza o conflittualità. Ci riferiamo alla nascita e allo sviluppo di movimenti e aggregazioni ecclesiali , che non risultano assimilabili all'associazionismo tradizio­ nale . I motivi di questa diversità sono molteplici , andando dal coin­ volgimento allo stesso titolo di clero e laicato fino alla caratterizza­ zione in forza di scelte che valorizzano determinate prospettive teo­ logiche , dimensioni della vita cristiana, opzioni di azione pastorale. Non è questo il luogo per analizzare motivazioni, natura e spes­ sore di questa «specializzazione» propria dei nuovi movimenti in rapporto alla globalità e complessità della vita ecclesiale . Importa invece sottolineare come questa diversità scaturisca e/o influisca an­ che sulle modalità di accostamento alla Scrittura. Non essendo pos­ sibile qui una trattazione del problema sulla base di un censimento completo di tali movimenti - d'altronde difficile già di per sé -, ci si limita ad alcune annotazioni su quelli normalmente giudicati come più significativi, per numero di aderenti o per incidenza pastorale. Nel 1962, in un quartiere di baraccati a Madrid , Kiko Arguello e altri laici danno vita a un'esperienza , che viene identificata come 278

«Cammino neocatecumenale». Ben presto l'esperienza si estende ad altre nazioni, e al momento la sua presenza è notevole anche in Ita­ lia, sia pure con diversa penetrazione tra le varie zone della penisola e le varie diocesi . Il movimento nasce con la finalità specifica di offrire un'evange­ lizzazione o rievangelizzazione che si sviluppa poi in una catechesi, distribuita in un cammino che dura circa dieci anni e si articola in di­ verse tappe , ispirandosi al catecumenato della chiesa antica, per giungere a una riappropriazione consapevole del proprio battesimo . L'esperienza , che non ama definirsi «movimento», ma preferisce la denominazione di «cammino» ovvero di «Comunità» neocatecume­ nale , si inserisce all'interno delle parrocchie e se ne propone una ri­ vitalizzazione , quasi una rifondazione , attraverso la maturazione a un livello adulto di identità cristiana dei membri in quanto battezza­ ti. Tre appaiono gli elementi cardine dell'esperienza neocatecume­ nale : la dimensione comunitaria, in forza della quale il cammino del singolo è sostenuto dal confronto e dal conforto del gruppo per una crescita non individuale ma ecclesiale ; il ruolo della liturgia , luogo di attuazione della catechesi oltre che di celebrazione del mistero ; il primato riconosciuto alla Parola, in specie alla parola biblica , la cui funzione appare fondante rispetto ai due elementi precedenti . Si tralascia ogni possibile considerazione sul movimento in quan­ to tale , per offrire alcune riflessioni circa l'ambito che qui interessa. La prima caratteristica che emerge è la rigida definizione per ogni tappa del cammino dei contenuti o dei testi biblici e delle modalità con cui vanno affrontati. Già nella tappa dell'annuncio i catechisti devono offrire alla considerazione dei destinatari il kerygma aposto­ lico , la figura di Abramo come modello della fede e l'esperienza del­ l'esodo come modello della liberazione, per giungere, dopo la con­ segna della Bibbia , alla presentazione della pasqua ebraica, della pasqua cristiana e dell'eucaristia. La comunità , nata da questo an­ nuncio , procede ora da sola nel suo approfondimento del testo bibli­ co, in particolare grazie alla liturgia settimanale della Parola, prepa­ rata in piccoli gruppi e in cui ciascuno propone le proprie «risonan­ ze» a livello di attualizzazione o applicazione. Nei primi anni si ricer­ ca una familiarità con la Bibbia, attraverso un metodo di alfabetizza­ zione , che propone un accostamento per temi (es. : «acqua» , «deser­ to», «olio», «roccia», «croce», ecc . ) , in cui ci si avvale di norma del Dizionario di teologia biblica.31 D alla lettura tematica, che dovrebbe 37

Edito a cura di X. LtoN DUFOUR, Casale Monferrato 1965 .

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aver portato alla consuetudine con il linguaggio biblico , si passa ad un accostamento al testo che svela la linea storico-salvifica del mes­ saggio. Ciò si ottiene con la lettura dei testi che illustrano in succes­ sione le tappe fondamentali della storia della salvezza: i patriarchi , l'esodo , la terra promessa , ecc. fino a sfociare nella storia della chie­ sa. L'acquisizione della prospettiva storico-salvifica permette , suc­ cessivamente, una riconsiderazione del rapporto tra antica e nuova alleanza, attraverso lo studio delle figure bibliche (Adamo , Abele , Abramo , ecc.) nel loro rapporto a Cristo, compimento delle Scrittu­ re . Sempre all'inizio di questa terza tappa, un'introduzione ai salmi educa i membri della comunità alla preghiera ecclesiale , a cui essi si impegnano con la recita delle lodi e dei vespri . Nel frattempo la ca­ techesi , pur mantenendo il primato del testo biblico, allarga il suo orizzonte alla tradizione della chiesa e alle formule di fede del suo magistero . È in questa prospettiva più ampia, che abbraccia dogma e morale , che si compiono gli ulteriori passi della «traditio-redditio Symboli», delle catechesi sul Padre nostro , della tappa dell' «elezio­ ne» , per giungere alla rinnovazione delle promesse battesimali. La descrizione, pur sommaria, qui offerta lascia intravedere co­ me il cammino neocatecumenale conduce a un'esperienza totale del testo biblico , con una successione pedagogico-catechistica interes­ sante e positiva, seppure non priva di interrogativi. La successione prevede l'acquisizione anzitutto del linguaggio, poi della struttura (storico-salvifica) , quindi della chiave interpretativa fondamentale (cristologica) , per poi porre la competenza biblica acquisita al servi­ zio della globalità della riflessione sul dato di fede . Il neocatecume­ no cresce quindi in un responsabile protagonismo nei confronti del testo scritturistico , che lo libera dalla normale situazione di debito nei confronti tanto dello specialista quanto del predicatore . Impor­ tante al riguardo è la cosciente attenzione a superare il pericolo la­ tente del fondamentalismo biblico , con il ricorso a strumenti esegeti­ ci , sia pure semplici e parziali. C'è però da notare che il metodo di lettura è essenzialmente riconducibile all'antico «leggere la Bibbia con la Bibbia» che , se da una parte costituisce un fattore essenziale di una corretta lettura di fede del testo , può tuttavia rischiare di non essere sempre attento alle esigenze critiche da una parte e al conte­ sto culturale di attualizzazione dall'altra. Si tratta di pericoli cui può ovviare l'avvedutezza dei catechisti, dei presbiteri , dei responsabili della comunità . Al loro equilibrio è pure affidato il compito di superare i problemi che nascono come ri­ svolto del pur giusto primato riconosciuto alla parola biblica. So280

prattutto nei primi anni del cammino, esso può risolversi in un bibli­ cismo che rischia di sfuggire alle dimensioni sociali ed ecclesiali della precomprensione , con il prevalere delle istanze individuali dell'ap­ plicazione del testo. Mentre infatti la comunità vuole costituire il luogo concreto della salvezza del singolo, la medesima comunità ri­ schia di diventare essa stessa «mondo» e «chiesa» per il membro del gruppo , e non tramite della società e della realtà ecclesiale nella loro globalità. Se a ciò si aggiunge che nella prima tappa del cammino la lettura del testo per temi non ha ancora dietro di sé una corretta im­ postazione del rapporto tra Antico e Nuovo Testamento , si potrà percepire meglio come il biblicismo incomba non solo come scarsa coscienza dell'inevitabile rapporto che si instaura fra lettore e testo , con un'assolutizzazione della parola scritta che in realtà riproduce il riflesso delle proprie esperienze e attese, ma anche come incapacità di unificare la lettura intorno al suo centro interpretativo , costituito dal Cristo così com'è proclamato dalla fede della chiesa . Eppure, nonostante questi limiti ovvero tendenziali pericoli, l'e­ sperienza neocatecumenale rappresenta senza dubbio l'esempio più significativo dell'irruzione del fenomeno biblico nella prassi pastora­ le e catechistica dei movimenti ecclesiali oggi . I rilievi proposti sono tutti riconducibili a una prospettiva kerygmatica dell'accostamento al testo sacro, una prospettiva che , come si è visto altrove , rappre­ senta una delle possibili , anche se non esaustive, chiavi di utilizza­ zione di esso . Ciò che la giustifica nell'ambito del neocatecumenato è la riscoperta e la valorizzazione del principio della potenza salvifi­ ca della Parola. Questa viene percepita come un evento che entra a contatto con la vita dell'uomo e lo interpella . E qui di nuovo si tocca un aspetto positivo del cammino , la riscoperta di una dimensione es­ senziale della fede troppo spesso trascurata, e al tempo stesso un pe­ ricolo tendenziale , che lo stesso cammino cerca di evitare con l'im­ portanza attribuita al fatto liturgico e comunitario. Un più valido equilibrio richiederebbe anche in questo caso una pari valorizzazio­ ne dell'elemento storico e di quello ecclesiale fin dai primi passi del­ l'esperienza. Ma il problema dei rischi connessi alla gradualità - an­ ch'essa elemento positivo di una pedagogia attenta ai tempi di matu­ razione -, investe anche altri aspetti dell'accostamento alla Bibbia, primo fra tutti la ripetizione nell'esperienza del singolo delle tappe del cammino storico-salvifico biblico, con la latente tendenza a tra­ durre la successione ebraismo-cristianesimo anche nello sviluppo della maturazione dell'adulto cristiano . I rilievi qui sollevati non intendono essere un giudizio negativo sulla validità dell'esperienza di fede proposta dal cammino neocate281

cumenale e neppure sul valore dell'approccio biblico che in esso si realizza. C'è se non altro da salutare come fatto estremamente posi­ tivo il coinvolgimento intorno al testo biblico di soggetti provenienti dalle più varie estrazioni sociali e culturali, che fa giungere a una pa­ dronanza del testo e del suo messaggio in ogni caso notevole , seppu­ re parziale. I rilievi annotati svelano però come il problema dell'uti­ lizzazione della Bibbia non sia soltanto o soprattutto un problema quantitativo . Ciò che resta alla fine in gioco è la correttezza di un modello ermeneutico che deve fare i conti con una serie di esigenze , individuali e sociali, storico-letterarie e di fede , ecclesiali e persona­ li, ecc. , non facilmente equilibrabili . In nessun altro movimento ecclesiale il dato biblico è così rile­ vante come nel cammino neocatecumenale . Non è tuttavia da sotto­ valutare il ruolo che esso assume in altre esperienze. Tra queste van­ no ricordati i «Gruppi del rinnovamento nello Spirito», frutto del rinnovamento carismatico di matrice cattolica, che si manifesta negli Stati Uniti nel 1966 e si diffonde rapidamente nel mondo, introdu­ cendosi in Italia nel 1971 e raccogliendo ampie adesioni . Il movimento carismatico nasce in un contesto di rifiuto di alcuni valori dominanti nella società occidentale contemporanea, legati in particolare alle dimensioni scientifiche e materialiste . L'affermazio­ ne della superiorità dello «spirituale» ricerca la sua radice in una ri­ comprensione del ruolo dello Spirito nella vita della chiesa, nella sua «effusione» sui credenti come potenza rinnovatrice è dispensatrice di doni particolari. Nasce così un'esperienza di vita cristiana che ap­ profondisce la relazione del battezzato con le Persone divine , che si traduce in cammino di conversione , che si nutre di carismi particola­ ri come la glossolalia, la profezia, le guarigioni, il discernimento de­ gli spiriti . La dimensione essenziale in cui si realizza questa esperienza è la preghiera, ed è al suo interno che si attua il contatto con la Bibbia da parte degli aderenti al movimento . Questa collocazione spiega a suf­ ficienza lo scarso interesse che i carismatici nutrono per le proble­ matiche propriamente esegetiche della lettura del testo. Questa let­ tura, che può essere programmata ma anche con scelta a caso dei brani, appare finalizzata a due scopi fondamentali : il nutrimento del dialogo con Dio, che nella Bibbia si manifesta e risponde alla parola dell'uomo e provoca la sua risposta; la scoperta della volontà di Dio, che nella Bibbia appare come luce che illumina le situazioni di vita del lettore e le indirizza e sostiene . Quanto appena detto lascia già intravvedere pregi e limiti del­ l'uso della Bibbia nel rinnovamento carismatico. D fattore positivo

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essenziale va individuato nella riscoperta della Bibbia come stru­ mento e quasi luogo della preghiera, non solo come motivazione per essa. I risvolti problematici sono legati da una parte a un accosta­ mento , che disattende in genere i requisiti di ordine storico-lettera­ rio ma anche teologico-sistematico per una corretta lettura, dall'al­ tra a certe caratteristiche di fondo dello stesso movimento , che ri­ schiano di far scivolare gli aderenti nell'emozionalismo , nell'espe­ rienzialismo, nello spiritualismo disincarnato. La ricerca di un significato «per me» immediato del testo si può tradurre di fatto in un accantonamento se non in un disprezzo per tutto ciò che il momento esegetico e critico può apportare alléPcom­ prensione del testo . Parimenti lontano dalla sensibilità del movi­ mento resta il confronto del messaggio del testo con una visione teo­ logica integrale, che sola potrebbe riequilibrare le accentuazioni in­ debite di temi particolarmente vicini agli orientamenti del movimen­ to stesso . Di qui l'apparire di tendenze fondamentaliste che si coniu­ gano qua e là con letture del testo biblico a sostegno di visioni teolo­ giche non sempre equilibrate soprattutto intorno ai temi dell'escato­ logia , della salvezza personale , del rapporto cristiano-mondo . Quanto al rapporto tra utilizzazione della Bibbia e alcuni carat­ teri tipici del movimento , che tendono a diventare limiti e deviazio­ ni , è da sottolineare lo sforzo del movimento di correggere le spinte emozionaliste ed esperienzialiste con una organica formazione dot­ trinale degli aderenti e il riflusso spiritualistico con un'accentuazione della testimonianza e della missionarietà. Sarà da valutare come nel futuro tali sforzi riusciranno a far superare i pericoli della lettura in­ timistica e personalistica del testo biblico . Ci sarà poi da verificare se essi non introdurranno ad altre letture parziali, questa volta conno­ tate come dottrinali e prassistiche . Il problema, alla fine , torna infat­ ti a essere quello dell'equilibrio tra le diverse componenti del model­ lo ermeneutico biblico e, da questo punto di vista, l'immediatezza e la semplicità dell'accostamento al testo nell'esperienza carismatica se da una parte può costituire fonte di novità e di genuinità di lettu­ ra, dall'altra rischia di mancare di sicuri punti di discernimento delle assolutizzazioni e dei parzialismi di essa. Un carattere di «ingenuità» viene a volte rimproverato anche al­ l'uso della Bibbia nel «Movimento dei focolari» . Nato sul finire del­ l'ultima guerra mondiale a Trento , per opera di Chiara Lubich, il movimento è oggi diffuso in tutto il mondo con una struttura com­ plessa, che vede la compresenza di piccole comunità maschili o fem­ minili con voti , focolarini sposati e preti , volontari , movimento sa-

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cerdotale, movimenti di massa: generazione nuova , famiglie nuove, comunità nuova, movimento parrocchiale. Alla complessità dell'or­ ganizzazione fa da contrappeso la semplicità dell'ispirazione , ricon­ ducibile a una spiritualità incentrata sul precetto dell'amore . All'interno della spiritualità del movimento focolarino la Bibbia assume un ruolo essenziale. Si è detto Bibbia, ma in realtà si dovreb­ be parlare di Vangelo, in quanto l'ispirazione biblica del movimento attinge essenzialmente ai testi neotestamentari e in specie evangeli­ ci. Il movimento nasce dalla lettura del Vangelo «sine glossa» per una immediata traduzione nella vita, e mantiene tutt'ora questa ca­ ratteristica di impostazione. Esso stesso si proclama traduzione in vita del Vangelo . In realtà tra i contenuti del messaggio neotesta­ mentario, come in ogni spiritualità, i focolarini ne valorizzano alcu­ ni. Tra essi al primo posto vanno collocati: l'idea di Dio-amore, il concetto di volontà di Dio, il comandamento nuovo dell'amore , la presenza di Cristo tra i fratelli, l'abbandono di Gesù sulla croce . So­ no questi contenuti chiave a guidare e orientare la scelta e la lettura dei testi biblici . Si parla anzitutto di scelta in quanto colpisce nell'esperienza dei focolari il proporsi di testi brevi e disancorati dal proprio contesto , spesso ridotti a semplici frasi. Sono «parole di vita»: una frase della Scrittura che, nella metodologia del movimento viene proposta alla riflessione per un mese , accompagnata da un commento semplice di spiegazione e di attualizzazione , perché sia tradotta in vita dagli ade­ renti. Si individua così la finalità specifica con cui ci si accosta alla Scrittura: trovare in essa un codice di vita, l'indicazione per orienta­ re i comportamenti e le azioni dell'esistenza quotidiana. Ciò che colpisce nell'esperienza del movimento nei confronti della Bibbia è ancora una volta la semplicità: di metodo e di conte­ nuto . Ciò significa un indirizzarsi all'essenziale che evita i pericoli insiti in un cammino complesso di accostamento al testo e in un con­ fronto ampio del testo con tutti i versanti e le dimensioni dell'espe­ rienza umana. La semplicità del metodo sta nell'invito a un confronto assiduo con la parola biblica , ma soprattutto nella scelta di testi brevi e di immediata presa sul lettore , nonché nel rifiuto di apparati interpre­ tativi per un ritorno al «sine glossa» . I pericoli insiti in tutto ciò sono evidenti di per sé : dall'arbitrarietà della scelta e della delimitazione dei testi alla problematicità di un accostamento che , se non è «glos­ sato» dalle spiegazioni , non può però non esserlo dall'esperienza di vita umana e religiosa dell'interprete e dall'ambiente culturale, so, ciale ed ecclesiale in cui egli vive .

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La semplicità del contenuto può apparire spesso in realtà come una sua riduzione di fatto agli elementi etici e personalistici del mes­ saggio . Lo stesso movimento pone dei correttivi a questo pericolo con il continuo riferimento alla chiesa, alla tradizione , al magistero. Ma forse sarebbe più corretto che la fondazione di fede dell'etica cristiana fosse ricercata a partire dallo stesso testo biblico , lasciando liberare da esso non solo delle norme di vita, bensì anche e in primo luogo una storia di salvezza che è mistero da contemplare e inda­ gare . Non sfugge a questa analisi il sospetto di un certo strumentali­ smo della Scrittura in ordine alle idee-guida del movimento , siano pure esse desunte da pagine evangeliche. Come pure non appare del tutto indebito vedere in questo uso della Bibbia il pericolo di una riedizione aggiornata dell'antica lettura moralistica di certa cateche­ si preconciliare . Tuttavia va valutato positivamente lo sforzo che il movimento produce in ordine a una fondazione evangelica della propria spiritualità, come anche l'attenzione riservata a che la lettu­ ra della Bibbia non si fermi a un puro conoscere ma diventi alimen­ to , criterio , principio di vita. L'aderente al movimento è chiamato ad essere un «vangelo vivente» e in questa formula si racchiude la forza del progetto interpretativo e allo stesso tempo il suo limite . Un ultimo sguardo merita il ruolo che la Bibbia assume nell'e­ sperienza di un movimento , «Comunione e liberazione» , che si pro­ pone come una delle forze più significative e in ogni caso di maggio­ re risonanza nella vita italiana ecclesiale e civile contemporanea. Fondato da don Luigi Giussani tra il 1969 e il 1970 sulle ceneri della precedente esperienza di «Gioventù Studentesca» , spazzata via dal­ la crisi del 68 , il movimento presenta il messaggio cristiano con forti accenti di integralità e di contrapposizione al mondo contempora­ neo e alla sua cultura , di cui denuncia le radici atee e quindi inuma­ ne . Tra le idee cardine della comprensione del cristianesimo che il movimento presenta sono da ricordare : il carattere di avvenimento proprio del cristianesimo , che lo rende irriducibile a pura teoria e a pura prassi e che si incarna nella persona del Cristo , nell'incontro con il quale l'uomo è liberato ; la centralità della chiesa, come luogo storico in cui l'avvenimento della salvezza si realizza per ogni uomo, in quanto è nel segno della chiesa che egli incontra il Cristo ; la ten­ sione missionaria per una presenza autentica della chiesa nel mon­ do, che ne sveli le ambiguità e costruisca in esso spazi di vera libera­ zione. Da queste idee-guida e dai loro corollari discende il progetto for­ mativo e l'itinerario spirituale dell'aderente al movimento . Il cam285

mino inizia con l' «incontro» con una esperienza autentica , personale o comunitaria, di cristianesimo , che funge da proposta e provoca al coinvolgimento dell'individuo con l'avvenimento Cristo. Di qui na­ sce l'esigenza di una verifica, relativa alle possibilità che in Cristo l'uomo possa trovare risposta piena alle sue attese; è una verifica che si fa nella «sequela», ossia nell'immissione nella vita di una co­ munità che testimonia l'esperienza salvifica, attraverso una condivi­ sione e una immedesimazione . Nell'esperienza del cammino un ruo­ lo fondamentale è riconosciuto alla preghiera e alla vita sacramenta­ le. L'esito del cammino è la costituzione di una personalità cristiana adulta, che riconosce la sua identità di fede nell'identità di fede della comunità, che vive il suo essere personale come essere comuniona­ le , e che dalla fede vede trasformata la sua vita, i suoi criteri di giudi­ zio (la fede che si fa cultura) , i suoi rapporti. Nasce cosi la missione , la testimonianza , la presenza che si fa proclamazione vitale della ve­ rità di fronte al mondo . La descrizione , sia pure succinta, lascia intravvedere come la Bibbia non abbia uno specifico rilievo nel progetto del movimento. Esso non rifugge certo dal momento riflessivo e veritativo, ma ciò che lo caratterizza non è certo l'accentuazione della Parola quanto dell'esperienza. Non manca senza dubbio nella prassi del movimen­ to uno spazio dedicato all'incontro con il testo sacro, ma esso av­ viene soprattutto nella forma celebrativa della preghiera biblica, at­ traverso la recita delle lodi , e della liturgia della Parola nel contesto delle celebrazioni sacramentali. L'altro spazio riservato alla Scrittu­ ra è quello meditativo personale o quello dell'illustrazione di temi di riflessione teologico-pastorali . In realtà la Bibbia in tutta la configu­ razione del progetto di Comunione e liberazione è filtrata attraverso gli assunti di una visione teologica e non punto diretto di riferimen­ to . La centralità riconosciuta all'evento chiesa fa di questa, della sua vita e del modo in cui incarna la Parola, il referente immediato del processo formativo e dell'intera spiritualità. L'incontro con la parola del testo sacro resta subordinato a questa prospettiva: è la comunità che parla e che si deve ascoltare, e non il Libro. La realtà variegata dei movimenti è ben più ampia degli accenni qui abbozzati, e l'analisi potrebbe allargarsi ad altri soggetti come i «Cursillos di cristianità» , l'«Opus Dei» , il «Movimento di rinascita cristiana», ecc. Quanto sopra detto lascia però già intravvedere co­ me le diverse accentuazioni proprie dei singoli movimenti rimandino a problematiche antiche sotto vesti nuove. Le tendenze latenti sono facilmente riconducibili a problematiche già tipiche dell'epoca pre286

conciliare : lettura dottrinale, riduzione moralistica , fondamentali­ smo, accentuazione kerygmatica, ecc. Se non ci si limita al dato quantitativo, in forza del quale tutti i movimenti in genere e alcuni in specie presentano un passo in avanti sensibile rispetto alla marginalità a cui la Bibbia era confinata nella vita pastorale prima del concilio, per il resto il cammino da fare è an­ cora lungo. Il dato qualitativo , ovvero la consapevolezza ermeneuti­ ca e l'equilibrio fra i suoi diversi fattori , lascia a desiderare in molte­ plici aspetti. Senza qui riprenderli e riassumerli , basti dire che tanto la visione conciliare, così come è stata delineata nelle prime pagine di questo saggio quanto le acquisizioni più sicure della riflessione contemporanea intorno all'ermeneutica biblica sono ancora lontane dall'essere pienamente recepite. E si può concludere proprio affer­ mando che il futuro del ruolo della Bibbia nella vita della chiesa in Italia, sia in genere che per ciò che concerne più specificamente i movimenti , i gruppi e le associazioni si gioca sul terreno della corret­ tezza del modello ermeneutico. In particolare esso dovrà fare i conti con la capacità di rispondere contemporaneamente e armonicamen­ te alle esigenze esegetiche , spirituali e culturali della lettura del te­ sto. A tali esigenze si dovrà rispondere con la crescita della compe­ tenza in ordine alle dimensioni storiche e letterarie dei libri biblici, con la chiara consapevolezza dell'interazione fra destinazione perso­ nale del messaggio e suo confronto con la fede ecclesiale , con la ri­ cerca di un giusto rapporto fra precomprensione antropologica, in­ dividuale e storico-sociale , e radicale novità di una Parola che irrom­ pe nell'esistenza degli individui e dei popoli con la potenza trasfor­ matrice della salvezza.

NOTA BIBLIOGRAFICA L'attualità del tema comporta, al presente , frammentarietà di documentazione e quasi assenza di analisi di livello scientifico. Si offrono solo indicazioni essenziali, rimandando alle bibliogra­ fie presenti nelle opere qui elencate . l.

Per un approccio al problema nella sua globalità

«> , in Orientamenti pedagogici 27 ( 1980) , 1019-1034. ETCHEGARAY A. , Storia della catechesi, Roma 1983 LAEPPLE A. , Breve storia della catechesi, Brescia 1985 Il rinnovamento della catechesi in Italia , Brescia 1977. RivA S . - GATTI G. , Il movimento catechistico italiano: dal Vaticano II al sinodo della catechesi, Bologna 1977. UFFICIO CATECHISTICO NAZIONALE, Itinerario per la vita cristiana. Li· nee e contenuti del progetto catechistico italiano, Torino-Leu­ mann 1984. 288

4. Sul ruolo della Bibbia nei volumi del catechismo italiano BETORI G. , «L'uso della Bibbia nel catechismo "Sarete miei testimo­ ni"», in Leggiamo insieme il Catechismo dei fanciulli: Sarete miei testimoni. Introduzione generale, Bologna 1976, 55-64 . . - «La Bibbia nel Catechismo dei giovani. Analisi del testo e guida all'utilizzazione», in Catechesi 48 ( 1979 ) 9 , 3-13. - «Una teologia e una catechesi radicate nella Bibbia» , in La teolo­ gia e la pastorale nel Catechismo degli adulti, Bologna 1983 , 7180. BISSOLI C. , «La dimensione biblica nel Catechismo dei ragazzi/l . Opzioni di fondo e guida all'analisi del testo», in Catechesi 5 1 ( 1982) 13, 19-25 . - «La dimensione biblica nel Catechismo dei ragazzi/2 . Opzioni di fondo del testo e sua utilizzazione catechistica» , in Catechesi 52 ( 1983 ) 3 , 21-29. - «La linea biblica del Catechismo dei giovani» , in Catechesi 48 ( 1979) 15, 19-33 . - «La Bibbia ai bambini? La dimensione biblica nel CdB» , in Cate­ chesi 43 ( 1974) 3 , 12-17. - «L'iniziazione dei fanciulli alla Bibbia nel CdF/2. Analisi del te­ sto e proposte operative», in Catechesi 44 ( 1975 ) 1 1-12, 22-35 . GALIZZI M. , «Parola di Dio e Catechismo degli adulti . Introduzione alla Bibbia e uso di essa nel Catechismo degli adulti», in Cate­ chesi 51 ( 1982) 5 , 3-14. - «Il nuovo Catechismo e la Parola di Dio. Analisi del testo e pro­ poste operative» , in Catechesi 43 ( 1974 ) 1 1-12, 37-42. N osiGLIA C. , «L'iniziazione dei ragazzi alla Bibbia nel CdF/3 . Anali­ si del testo e prospettive catechistiche» , in Catechesi 45 ( 1976) 1314, 9-23 .

5 . Sulla pastorale della chiesa in Italia Chiesa in Italia 1975-1 978, Brescia 1978. FRANCinNI E. , Il rinnovamento della pastorale. Guida alla lettura del­ la pastorale CE/ 1 970-1985, Bologna 1986. Per una pastorale che si rinnova, Torino-Leumann 1981 . SARTORI L. , «La barca ripartita. Dal concilio le vicende della chie­ sa» , in Note Mazziane 20 ( 1985 ) , 94-105 . 289

6. Sulle associazioni , movimenti e gruppi ecclesiali Dalla promessa alla partenza. Progetto unitario di catechesi, Milano 1983 . ARGUELLO K. , « (l febbraio , p. 42) . Si potrebbe pensare che l'Apocalisse offrisse qualche spunto per accennare all'opposizione fra i cristiani e uno stato sempre più invadente . Invece l'autore non lo fa , neppure quando commenta le parole: «Essi seguono l'Agnello dovunque va­ da» (Ap 14,4) . Seguire l'Agnello è un'espressione che contiene un'implicita allusione al martirio , ma il tema non è accennato nel commento, che parla solo genericamente di seguire Gesù sulla via dell'amore e del dolore, per poterlo poi seguire anche sulla via della gloria (5 luglio, p. 197). Leggermente migliore una meditazione sull'uccisione di Giovan­ ni Battista che aveva detto a Erode: «Non t'è lecito» (Mc 6,18) . Cito alcune frasi: 21 A. RmET, «La produzione letteraria della Claudiana�, in Cento anni di stampa evangelica. La Claudiana, 1855-1955, Torre Pellice 1956, 82.

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«Conserviamo ancora, io fondo al nostro vecchio repertorio mo­ rale alcuni facili sdegni, dei quali sappiamo fare, all'uopo, un uso moderato; ma non appena ci accorgiamo che lasciar parlare la no­ stra coscienza sarebbe quanto ledere i nostri interessi ed esporci a una fiera lotta, - oh , allora corriamo a trincerarci dietro alla pru­ denza (bisogna essere prudenti ! ) e dietro al necessario silenzio (bisogna saper tacere! ) e la nostra schiena si fa pieghevole come un giunco».

La conclusione è che ciò accade perché non sappiamo essere an­ zitutto intransigenti verso noi stessi e verso le nostre colpe. Onde l'esortazione finale : cominciamo con l'applicare la scure ai nostri peccati ! (4 maggio, p. 153) . L'aggettivo più adatto per definire quest'esegesi e la sua attualiz­ zazione è «atemporale» .22 L'esortazione , basata sulla Bibbia , avreb­ be dovuto incidere sul modo di rapportarsi con gli eventi senza che questi fossero menzionati o condannati : la condanna doveva scaturi­ re dalla coscienza dei singoli , illuminati dalla parola di Dio . Non si rifletteva che la coscienza dei singoli doveva essere aiutata a scorge­ re nella Bibbia la condanna della tirannia, della violenza, dell'ingiu­ stizia, della partigianeria almeno con un'intensità uguale e contraria a quella con cui era stata abituata a vedere nella Bibbia l'invito a es­ sere soggetti all'autorità costituita (Rrn 13 e altrove) .

4. La svolta del «rinnovamento biblico» L'inizio di una svolta venne, come spesso accade , con il trapasso generazionale : gli studenti in teologia nati nei primi anni di questo secolo ebbero modo (almeno quelli che conoscevano il tedesco) di entrare in contatto con le prime opere di Karl Barth . Quelli di cin­ que o dieci anni più giovani poterono anche constatare i problemi che si andavano ponendo in Germania con l'esegesi atemporale del­ la Bibbia, e in senso opposto essere testimoni della resistenza della chiesa confessante . Questa resistenza non aveva in primo luogo mo­ tivazioni politiche , ma bibliche e teologiche. Questo non poteva non

22 V. VrNAY, La Facoltà Va/dese di Teologia, Torre Pellice 1955 , 125. C'è un•a­ nalogia con l'osservazione di Alberto Ribet riportata sopra, a proposito delle raccolte di prediche che non fiorivano nei periodi di crisi storica più marcata: non sarà forse stato proprio per l'incapacità o il timore di gettarsi allo sbaraglio, con la luce della Pa­ rola di Dio , in mezzo alle crisi della storia?

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portare anche da noi a una riconsiderazione del modo di leggere la Bibbia. Fu specialmente una rivista, Gioventù Cristiana, che coagulò in­ torno a sé quanti cercavano di applicare anche nel mondo valdese la metodologia che si andava sviluppando in Germania. Non per nulla la rivista venne vietata poco dopo l'inizio della seconda guerra mon­ diale . Darò soltanto alcuni esempi dell'esegesi tentata o mediata dai collaboratori della rivista. «Nel1937 (pp. 12-16) V. Vinay pubblica un'ampia recensione del libro di Ed . Thurneysen sul Discorso della Montagna (Die Berg­ predigt, ThExH n. 46). Si tratta di un'esegesi nettamente cristolo­ gica, che spiazzava l'esegesi moraleggiante tradizionale . Nel 1940 (pp. 1-5) la rivista pubblica la traduzione della predica dello stesso Thurneysen su Ger 37,1-10, intitolata: Tempo di guer­ ra e parola di Dio (anche se l'Italia non era ancora in guerra all'i­ nizio dell'anno , la guerra era cominciata in Europa) . Alcuni anni prima, l'interesse si era concentrato sull'interpreta­ zione dell'Antico Testamento. Nel 1936 (pp. 8-10) troviamo un'ampia recensione (6 colonne) del libro di W. Vischer Das Christuszeugnis des Alten Testaments (21935). Il recensore notava: "Qui non troviamo né il razionalismo dei liberali che si acconten­ tano di affermare il valore morale e pedagogico dell'Antico Testa­ mento , né la fede cieca nella lettera, di certo biblicismo falsamen­ te ortodosso di alcune sette" (p. 8). "La chiesa sta e cade col rico­ noscimento dell'unità dei due testamenti" (p. 10). Il metodo del Vischer, che potremmo definire tipo logico, si rias­ sume in questa sua tesi fondamentale: "La Bibbia, confermata dalla testimonianza dello Spirito Santo , attesta che Gesù di Naza­ reth è il Cristo. Per questa ragione essa è la Santa Scrittura della chiesa cristiana.. . A rigar di termini , soltanto l'Antico Testamen­ to è la Scrittura, mentre il Nuovo ci reca la buona notizia che il contenuto di quella Scrittura , il senso di tutto ciò che dice , il suo Signore , Colui che l'adempie, è apparso in carne. Ogni libro del Nuovo Testamento porta, a suo modo , questa notizia" (vol. l, p. 7)».

Un altro giovane pastore, Francesco Lo Bue , criticava l'anno se­ guente l'entusiasmo per l'esegesi del Vischer (1938, pp. 149-153) . «Lo Bue riconosceva i limiti dell'esegesi puramente storica, che chiude gli occhi al significato che i testi biblici volevano convoglia-

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re ai loro lettori (cioè alla testimonianza dell'agire di Dio nella storia e all'appello a credere in quel Dio che cosi agisce) . A l tempo stesso manifestava l a sua perplessità rispetto a una ese­ gesi tipologica troppo spinta (facendo l'esempio del pastore sviz­ zero Walter Liithi che leggeva l'episodio di Daniele nella fossa dei leoni come prefigurazione della passione di Cristo)».

Pochi mesi dopo, Vinay, che aveva recensito il Vischer, replica­ va a Lo Bue (1938 , 197-202) con un articolo : «Come leggere l'Anti­ co Testamento?». «Secondo Vinay, Lo Bue critica l'esegesi del Vischer perché la in­ terpreta come un ritorno al metodo pre-critico. In realtà, la critica scientifica è stata più forte delle resistenze del pietismo moderato : da essa deriva l'esegesi tipologica. E questa "non è una figlia che disprezzi sua madre" (197) . L'esegeta "scientifico" non esclude per niente il punto di vista religioso dei testi sacri, altrimenti non sarebbe più "scientifico". Il compito dell'esegesi cristiana [Vinay dice : ecclesiastica] dell'Antico Testamento è di ricercare in esso le frecce che additano in direzione del Cristo che soffre ed è risusci­ tato , dunque la testimonianza intorno a lui.

Abbiamo poi una replica di Lo Bue: «Ancora sull'esegesi del­ l'Antico Testamento» (1939, 180-181 ) . «Respingendo l'accusa d i interpretare l a tipologia con un "tornare indietro" , Lo Bue afferma che egli la vede piuttosto come un "an­ dare oltre": si semplifica quello che per intima essenza è salutar­ mente contraddittorio, si unipolarizza quello che è, di natura, dia­ lettico. Il compito dell'esegesi dell'Antico Testamento è di esa­ sperare la tensione fra una visione profana e una visione profetica della storia d'Israele. Svalutando storicamente certi episodi del­ l' Antico Testamento si apre la via a una rivalutazione non più sto­ rica , perdendo la dialettica con l'interpretazione profetica dei fatti stessi.

Vinay applicò, con moderazione, l'interpretazione vischeriana dell'Antico Testamento nel I volume del Piccolo Manuale Biblico, opera destinata ai catechisti valdesi, che trattava il periodo «Dalla Genesi alla morte di Salomone», pubblicato nel 1938 e composto quando Vinay era pastore a Fiume. Dopo la seconda guerra mondiale , assistiamo allo sforzo di ri­ comporre in unità le fratture che si erano radicalizzate nel periodo precedente. Senza rinnegare ciò che di «profetico» vi era stato nella 316

svolta barthiana, anzi cercando di mantenere viva la sua spinta al rinnovamento del rapporto con Dio , col fatto religioso , con la paro­ la di Dio , si cerca di fondare quest'esigenza con un'applicazione del­ le regole storico-critiche . La reazione alla teologia liberale del seco­ lo XIX e dell'inizio di questo secolo si fa più attenta a non buttar via, insieme con l'acqua del bagno , anche il bambino (come direbbero gli inglesi) . Oltralpe , è la corrente del Renouveau biblique. 23 Simbolo di questa posizione è Giovanni Miegge, professore di esegesi alla facoltà valdese dal 1952 al 1961 . A quegli anni apparten­ gono le dispense dei suoi corsi (passi scelti della Genesi, 1957-1958; del Deutero-Isaia, 1958-1959 ; dei Profeti minori , 1959- 1960; del Deuteronomio , 1960-1961 ; di Giovanni , 1958- 1959 ; la Lettera ai Galati, 1957-1958 ; Romani I-VIII , 1960-1961 ; Salmi scelti , 19561957 ; Il Sermone sul monte , 1959-1960) , ma anche Per una fede, Mi­ lano 1952 e L'Evangelo e il mito nel pensiero di Rudolf Bultmann, Milano 1956. Nel primo testo, che è una presentazione della via del­ la fede rivolta a coloro che non possono o non vogliono credere, il secondo capitolo è centrato su: «La Parola e lo Spirito». Lì Miegge si distanzia dalla concezione massiccia dell'ortodossia protestante (che nei riformatori era più sfumata mediante il ricorso all'ispirazio­ ne) . Col termine «la Parola di Dio» essi «Intendevano soprattutto designare la Bibbia stessa, il libro della rivelazione , pensando al suo contenuto: il documento statutario, l'espressione definitiva della volontà divina per gli uomini . . . A differenza di essi , un protestante moderno , familiarizzato con la storia dell'Antico Testamento , non può pronunciare le stesse pa­ role senza pensare alla espressione biblica "E la parola di Jahvé fu rivolta a . . . " . Il termine "parola di Dio" gli suggerisce meno l'idea del contenuto della rivelazione, che la sua forma pura: Dio si ri­ volge a un uomo , a tu per tu , gli dà un ordine , connesso con una determinata situazione concreta. L'accento si sposta dalla cosa detta da Dio, al fatto che Dio la dice, anzi, all'atto in cui la dice. La Parola di Dio è anzitutto Dio che parla» (p. 35). « . . . né occorre pensare che quelle situazioni siano in tutto esem­ plari e normative, che i racconti che le contengono siano immuni

23 Cf. S. DE DIÉTRICH , Le Renouveau biblique. Principes, Methodes, Applications pratiques, Ginevra 1945. Tr. it.: La Bibbia «Parola vivente», Fossano 1971 (traduzio­ ne non integrale) . In Inghilterra, cf. E. HosXYNs-N. DAVEY, The Riddle of the New Testament, London 1931 ; 31947.

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da errori storici , da prospettive morali discutibili o condannabili , che gli stessi pronunciamenti divini supposti autentici (e la critica è sempre lecita, anzi doverosa) siano senz'altro riferibili alle no­ stre situazioni presenti. L'umanità del volume biblico è ricono­ sciuta senza riserve, il campo della ricerca storica , del giudizio eti­ co, è rispettato , la possibilità di scoperta di soluzioni nuove è sal­ vaguardata» (p. 37). «Comunque si pensi di questa concezione e delle difficoltà che presenta, dovrebbe essere facile riconoscere che procede con una acuta consapevolezza delle aporie a cui era esposta la concezione tradizionale, e che cerca di evitarle. La sua linea, tra le posizioni ugualmente rifiutate del soggettivismo mistico e dell'oggettivismo dogmatico può sembrare un filo di rasoio, ma si deve ammettere che è coraggiosamente seguita, e che non è facile trovame una mi­ gliore» (ibid.).

Questa era la linea seguita da Miegge , che ne dà esempio anche nell'affrontare il problema del «mito» nell'altra opera citata sopra. Un acuto recensore valdese , il pastore Giorgio Tourn , laureatosi egli stesso con una tesi su B ultmann, si sofferma sul rapporto fra queste due personalità, Bultmann e Miegge : «Teologi dialettici, la ricerca, più metodica e ristretta in Bult­ mann , più varia e curiosa in Miegge , li conduce al superamento di posizioni scolastiche verso rivalutazioni inconscie e personali di tempi forse un tempo avversati. La demitologizzazione . . . è un problema di frontiera ed è in quanto tale che non può non destare l'interesse di un teologo della natura di Giovanni Miegge. È sempre presente in lui un segreto desiderio di dialogare alle frontiere della fede , con il secolo, con l'ateo , con l'umanista .. . ; uomini dal pensiero irrequieto e dal­ l'obiezione acuta, dalla problematica umana, troppo umana, dalla genialità seducente, che solo un passo divide da noi: il passo della fede».24

La possibilità di una coesistenza dialettica di storia e mito , di ap­ proccio storico e di accettazione del fantastico nel suo significato più profondo , era già indicata in un saggio cristologico del Miegge (del 1927) pubblicato dall'ed. Doxa in Cristo Dio. Inchiesta.

24

90ss. 318

G. TouRN, «ll Bultmann di Giovanni Miegge»,

in

Protestantesimo XIII(1958) ,

«La possibilità di questa compenetrazione dell'umano e di realtà sovrumane (in Cristo) , e della "scoperta" di esse è l'eterno enig­ ma della fede cristiana. La necessità di questa scoperta è la sua croce perenne. Per essa il credente deve camminare sulla lama di rasoio di una storicità affermata ed al tempo stesso trascesa, ne­ cessaria ed insufficiente . A destra ed a sinistra s'aprono le voragi­ ni del positivismo storico e dell'idealismo mitologico. Il fatto che per secoli il cristianesimo è vissuto unicamente della croce ha un significato profondo. E non è detto che la croce , nella sua grande , tragica interpretazione paolina , non debba tornare ad essere , do­ po tanta dissipazione liberale, il centro della fede».25

Un altro esempio della sua capacità di riconciliazione delle uni­ lateralità esasperate dei decenni precedenti è dato dall'esegesi del­ l'Antico Testamento. Alla fine di un corso sul Secondo Isaia, dopo aver analizzato il testo ebraico di Isaia 53, Miegge dedica undici pa­ gine al problema della figura del «Servo di JHWH» , e termina la sua rivista della storia dell'interpretazione con riferimenti a C.R. North e H.H. Rowley. Fa poi seguire il suo breve commento : «A questa equilibrata e ricca interpretazione , in cui gli elementi collettivi della figura del Servo sono intesi come una profezia della chiesa corpo di Cristo , possiamo sostanzialmente aderire. Essa ci conduce oltre i confini di una esegesi storico-letteraria integran­ done le conclusioni con le visuali della fede cristiana. Ma questo, rebus bene gestis, è anche un diritto dell'esegeta» .26

C'è la prospettiva di fede , ma il rebus bene gestis è il giusto e do­ veroso tributo alle esigenze della ragione , del rigore critico-storico che Miegge aveva saputo recuperare e integrare nella sua visuale di credente, invece di costringere se stesso e gli altri a una impossibile opzione per l'una o per l'altro . Seguendo questo orientamento di massima, l'editrice Claudiana ha cercato di diffonderlo sia attraverso traduzioni di scritti di noti bi­ blisti stranieri che lo condividevano, sia con scritti di autori valdesi (o, in generale , evangelici italiani) . Nel catalogo 1986 ci sono circa 60 titoli biblici, che non sono pochi per un'impresa di piccole dimen-

25 G. MIEGGE, Cristo Dio. Inchiesta, Roma s.d. [1927] . Citato da V. VINAY, «Giovanni Miegge e la sua generazione», in Protestantesimo XVII(1962) , 5, nota 16. 26 Testi scelti del Secondo /saio, Facoltà Valdese di Teologia, Anno Accademico 1958-1959 , 141 .

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sioni. Gli autori tradotti sono di varia origine, sia per nazionalità che per confessione religiosa, ma tutti «seri» oppure «impegnati». Cito in ordine alfabetico: Barrett, Belo, Bonnard, Bornkamm, Bruce, Con­ zelmann , Davies, Drane, Hennisson, Hunter, Kasemann, Lohse, Maillot, Marxsen, Rendtorff, Robinson (J.A.T. ) , Schottroff (W.), Schweizer, Stendahl, Theissen, Travis, Vischer, Vouga, Weber, Ya­ maouchi (scusandomi per qualche eventuale omissione involontaria) . Quanto agli autori italiani, i loro scritti si collocano sul piano della cultura biblica (Dizionario Biblico, Chiave Biblica o concordanza, In­ troduzione al Nuovo Testamento) , della catechesi (Sta scritto; La tua parola è verità; Testimoni della Verità, in più volumi) , della formazione dei laici (Il Nuovo Testamento Annotato; Amos profeta della giustizia; Il poema biblico dell'amore tra uomo e donna) e dell'impegno (basi bi­ bliche dell'etica; interpretazione politica della Bibbia) . Al catalogo della Oaudiana vanno però aggiunte le opere pubbli­ cate dai valdesi in altre case editrici. Ricorderò per tutte quelle del Soggin (Introduzione all'Antico Testamento, Storia d'Israele, Amos) . Da una delle ultime pubblicazioni valdesi citiamo : «Dobbiamo avere l'umiltà di dire con Paolo: "Ora conosciamo so­ lo in parte . . . vediamo in modo oscuro come in uno specchio". Questo però non ci esonera dall'obbligo di impegnarci totalmente nella ricerca del significato del testo anche per noi , e questo impe­ gno totale comprende lo sforzo intellettuale, la meditazione , la preghiera, la comunione fraterna (nel senso di partecipazione alla vita di fede della comunità e anche nel senso di ricerca comune del significato del testo biblico) , lo sforzo di vivere l'esistenza cristia­ na e la testimonianza cristiana nel mondo . Bisogna essere inseriti nell'esistenza quotidiana con impegno, e non rimanere soltanto spettatori al balcone , se si vuole trovare il punto della nostra real­ tà di oggi sul quale il testo incide e che permette al testo di risplen­ dere in tutta la sua attualità». 27

Questi principi hanno trovato un campo di applicazione special­ mente in quella che si conviene chiamare «esegesi politica» della Bibbia. Sul piano pratico ne ha tentato un'applicazione Giorgio Gi­ rardet (Il Vangelo della liberazione -lettura politica di Luca , Torino 1975). Sul piano teorico invece se n'è occupato soprattutto Sergio Rostagno in una serie di saggi e di articoli pubblicati in Italia e al27

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B. CoRSANI, Esegesi, Torino 2 1989, 121 .

l'estero .28 Naturalmente , il riferimento a questa linea di ricerca non va inteso come se l'esegesi biblica dei valdesi si fosse occupata solo di questo negli ultimi anni: il rilievo che le ho dato è perché lì si è manifestata una certa originalità rispetto alle angolazioni e alle pro­ spettive usate in passato . 29 Si tratta di prendere in considerazione il background economico , sociale e «di classe» delle persone e dei gruppi che nella comunità primitiva o in quelle fondate dalla predi­ cazione apostolica hanno dato origine ai testi biblici o alle loro fonti , o a cui quei testi e quelle fonti fanno riferimento diretto o indiretto ; di valutarne i possibili condizionamenti ; e di rapportare poi le con­ clusioni di quelle ricerche alla situazione dei cristiani del nostro tem­ po e ai loro problemi , valutando la possibilità di trarne applicazioni utili sia in via diretta , sia in via negativa o per contrasto . È tutto un settore dell'orizzonte aperto dinanzi alla ricerca biblica, che non de­ ve essere visto in opposizione all'esegesi storico-critica, ma anzi la presuppone . Indica però i limiti o condizionamenti di cui può essere vittima. Vorrei concludere dicendo che come nel medioevo e nell'età moderna, così anche in questi ultimi 130 anni l'esegesi valdese della Bibbia ha usato metodi e strumenti dell'epoca senza particolare ori­ ginalità. La sua originalità è stata di esistere come strumento finaliz­ zato alla conoscenza della Bibbia da parte del popolo . Tuttavia ha avuto qualche suo carattere specifico per il fatto di essersi rivolta a dei destinatari che vivevano la loro fede in situazione di minoranza e andando contro corrente . L'attenzione ai problemi posti da questa situazione ha determinato le modeste particolarità dell'esegesi val­ dese anche per chi ne fruiva senza far parte di quella minoranza. Ma si tratta di una particolarità che si è esplicata più sul piano dell'appli­ cazione che della pura ricerca.

28 > (unità letterarie di più o meno 10 versetti) che spesso non hanno niente a che fare le une con le altre . Si passa cosl, all'improv­ viso , da un testo esortativo ad un altro storico-profetico , e poi da un testo di tipo giuridico a un altro di carattere escatologico, mentre vengono a inserirsi consigli morali o affermazioni polemiche . Sem­ bra, tutto sommato , che sia una raccolta di «pensieri» o «sentenze», oppure un corpus di omelie successive, dove ognuna, per illustrare il

3 «l ginn , dice Bausani, nominati spessissimo nel Corano (32 volte) e che hanno un grande ruolo nella tradizione e nelle credenze popolari di tutte le genti musulma­ ne, sono un residuo, accettato come dato di fatto da Muhammad, del paganesimo preislamico . La parola, di etimologia ancor non bene spiegata, è stata da alcuni stu­ diosi avvicinata al genius latino . Si tratta di corpi d'aria o di fuoco, dotati di ragione , innafferrabili , capaci di metamorfosi varie e di compiere lavori svariati, creati di "fiamma purissima di fuoco" (15, 27 ; 55, 15), o fiamma senza fumo, mentre gli angeli sono creati di luce e gli uomini di argilla. Maometto predicò loro e ascoltarono il Co­ rano (46, 29-32; 72, 1-15) . Secondo la tradizione ci sono varie classi e specie di ginn, e fra ginn e uomini possono esistere rapporti sessuali . Già in antico tuttavia i più illumi­ nati tra i pensatori islamici negarono per lo meno la parte più materialistica di tali leg­ gende» (Vedi la traduzione del Corano, fatta e commentata da Alessandro Bausani , Sansoni , Firenze 1978, 544; tranne rare eccezioni è questa traduzione che verrà qui utilizzata per la sua chiarezza e bellezza) . Fatto sta che spesso nel Corano, ginn e uo­ mini sono trattati insieme , sia per il bene sia per il male e, dunque, la gehenna (6, 128 ; 7,38; 32, 13; 41 , 29) . lblis, o Satana, sarebbe «uno dei ginn» (18, 50) e l'ultima sura finisce con una preghiera di rifugio presso Dio «contro il male dei ginn e degli uomini» (114, 6) .

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suo argomento principale , evoca tanti fatti della natura fisica, della storia profetica o dell'esperienza psicologica. È davvero un mosaico dove il lettore abituato alla Bibbia si sente più o meno sconcertato oppure spaesato ! Tutto sembra iniziare con la predica di Muham­ mad alla sua gente , i pagani politeisti di Mecca: il passato viene evo­ cato , tra racconti, leggi e meditazioni, a co nferma di quanto succede al Profeta meccano, il quale grida anche lui nel deserto di una città carovaniera poco aperta ai nuovi valori del monoteismo islamico. Ne deriva allora questo stile speciale che , di frequente , si fa esortati­ vo o polemico , interpella o minaccia, richiama alla ragione oppure invita alla fede . Perciò non vi si trova una sola storia di Mosè come avviene nel­ l'Esodo , e neanche un solo racconto delle vicende di Adamo e di Abramo come sono presentate nei primi capitoli della Genesi , nem­ meno una biografia unica di Gesù come la propone ogni nostro Van­ gelo . Non si può dunque avvicinare il Corano con la teoria e il meto­ do dei «generi letterari» : esso assomiglia piuttosto a quei nostri libri sapienziali che rileggono la storia passata, sotto una determinata an­ golazione , per trame alcune conclusioni di carattere religioso o giu­ ridico . Vi si trovano passi storico-profetici dunque , e anche parec­ chie preghiere personali, soprattutto quelle di Abramo (2,126-129; 14,35-41 ; 8,77-89) e quella di Zaccaria (19,1-1 1), ma vi si ripetono spesso avvertimenti di giustizia sociale, predicazioni sui tempi esca­ tologici , comandamenti di tipo morale e disposizioni di carattere giuridico . Un solo racconto storico fa eccezione alla regola della «di­ spersione» , ed è proprio quello di Giuseppe, figlio di Giacobbe (12, 1-11 1 ) , come una sola sura assomiglia, da parte sua , e da molto vicino , alla struttura dei salmi , con il ritornello di meditazione, ed è quella del Misericordioso (55 , 1-78) . A causa di questa peculiarità, la presente ricerca si vede costret­ ta a fare tanti salti da una sura a un'altra nello sforzo di riassumere una tematica ordinata e personalizzata, sforzo che viene raramente assunto dai commentatori del Corano, dato che il loro commento ( Tafsir) 4 si accontenta spesso di offrire per ogni versetto , più o 4 I grandi commentatori del Corano non mancano, da Tabari (morto nel 923), Zamakhshari (1 144) , Ràzi (1209) e Baydawi (1286) , aì moderni Muhammad 'Abduh e Rashid Ridà (Commento del ManfJr, 1900- 1925) e poi Sayyid Qutb (morto nel 1966) : si tratta, più o meno, di un commento filologico (senso apparente , zohir, e sen­ so nascosto , batin) , con implicazioni storiche, giuridiche , filosofiche, teologiche , e talvolta mistiche. Il problema resta sempre quello di come Leggere ed interpretare il Corano, dato che costituisce l'unico punto di riferimento del musulmano. Si veda, in

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meno isolato dal suo contesto , quanto se ne può dire al livello della lingua araba (approccio filologico tradizionale) , delle cause occasio­ nali della rivelazione (asbab al-nuzal) (in connessione con le circo­ stanze stesse della vita e della predica di Muhammad) e delle conse­ guenze teologiche , giuridiche o spirituali che ne derivano (con il pas­ sare dal significato letterale o zahir a quello nascosto o batin, trami­ te le tecniche del commento interpretativo o ta'wil) .

2. Riferimento coranico al contenuto della Bibbia Il messaggio coranico non si presenta mai come una rivelazione nuova che sarebbe del tutto estranea a quanto è stato da Dio propo­ sto agli uomini prima di lui; anzi l'islam pretende , appunto, che la religione del Dio unico è, anch'essa, unica e immutabile. Lo dice il Corano , molto spesso, come in questi versetti: «E già inviammo Noè e Abramo e stabilimmo fra la loro progenie il dono della Profezia e il Libro ; ma di tra loro alcuni si lasCiarono guidare, e molti furono gli empi. E allora sulle loro orme in successione inviammo i nostri Mes­ saggeri e ancora inviammo Gesù figlio di Maria, e demmo a Lui il Vangelo» (57 ,26-27) . La storia ripetuta dei profeti viene dunque a conferma di questo disegno di Dio, dato che l'ultima edizione del Li­ bro eterno si presenta sotto la forma perfetta e definitiva del Cora­ no, di cui non si può immaginare che venga manomesso dai musul­ mani oppure abbia bisogno di qualsiasi ritocco . «E questo (Corano) è un Libro che abbiamo rivelato , benedetto, confermante le scritture di prima, ad ammonizione della Madre delle Città (e cioè Mecca) e di quanti le sono attorno» (6, 92).

Cosi, a somiglianza dei suoi predecessori, i profeti della Bibbia, Muhammad si sente mandato per prima agli arabi pagani della tribù di Quraish e dice loro quanto diceva il profeta arabo Sàlih al suo po­ polo dei Thamud: «0 popolo mio ! Io vi ho annunziato i messaggi del mio Signore , e buoni consigli vi ho dato, ma voi non amate chi vi

proposito , J. JoMIER, Le Commentaire coranique du ManiJr, G.P. Maisonneuve , Paris 1954, 357; O. CARiffi, Mystique et politique: lecture révolutionnaire du Coran par Sayyid Qutb, Frère musulman radica/, Cerf, Paris 1984, 248 ; R. CASPAR, Traité de thèologie musulmane. 1: Histoire de la pensée religieuse musulmane, PISAI, Roma 1987 , 495 ; e poi i numeri 67-68(1984-2/1985-1) e 69(1985-2) di Etudes Arabes , PISAI, Roma; Le commentaire coranique, lère partie: Le Tafsir ancien (p. 286) , 2ème partie: Le Tafsfr moderne et contemporain (p. 160) .

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consiglia !» (7, 79) . Certo, la storia islamica ci dice che c'erano anche alcuni «monoteisti indipendenti» nella penisola araba dell'epoca, i quali sembravano seguire �e orme di Abramo e praticare un culto spoglio , di cui si sa ben poco: il Corano li chiama hanif (12 volte) e pretende che Abramo lo era prima di loro. Muhammad , però , nel suo insegnamento, si riferiva consapevol­ mente , alla saggezza di Luqman 5 e di Mosè . I consigli del primo al suo figlio non sono forse quelli del Profeta alla sua gente? «Figliuolo mio , dice il Corano , non dare a Dio compagni, ché l'idolatria è ini­ quità somma! . . . Compi la preghiera e invita al bene e sconsiglia il male , e sopporta pazientemente le sventure» (31 ,13 e 17) . E poi non fu forse Muhammad l'ascoltatore dell'arcangelo Gabriele , come Mosè fu il discepolo del «Servo di Dio»? «Posso seguirti - aveva det­ to Mosè - a patto che tu mi insegni, rettamente guidarmi , quel che a te fu insegnato? . . . Mi troverai , se a Dio piace , paziente , ed io non ti disobbedirò in nulla» (18 ,66 e 69) . Finalmente era tutto il retaggio della tradizione ebraica e cristia­ na che il nuovo Profeta intendeva assumere per conto suo e secondo la propria interpretazione , come l'esprime ancora il Corano nella prima lista dei profeti che propone : «E ad Abramo noi donammo !sacco e Giacobbe , ciascuno dei o al quali noi dirigemmo sulla giusta via. E prima ancora guid be e Vero Noè e, fra i suoi discendenti , Davide e Salomone e Giuseppe , e Mosè e Aronne: cosi noi compensiamo i benefici. E anche Zaccaria e Giovanni e Gesù e Elia , ciascuno dei quali fu annoverato fra i santi , e lsmaele ed Eliseo e Giona e Lot, e ciascu­ no levammo al di sopra d'ogni altra creatura . . . Quelli sono coloro cui abbiamo dato il Libro , e il Giudizio, e la Profezia . . . Quelli so­ no coloro che Dio ha ben diretto: segui l'esempio della loro gui­ da» (6,84-90) .

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Non è dunque da stupirsi se l'insegnamento coranico ripete a modo suo quanto viene proposto dalla Bibbia, prima di lui , su Dio stesso, i suoi profeti e la sua legge , e anche sul destino dell'uomo e della storia umana. Alla fine , le promesse del Corano corrisponde­ rebbero a q uelle della Bibbia , dato che vi viene detto : «O Signore !

s Eroe leggendario deU' Arabia prei-slamica, Luqmàn ha la sura 31 intitolata a suo nome , dove egli appare come un sapiente antico e un padre perfetto . Sarebbe l'autore di tanti proverbi, ma non fu mai riconosciuto come profeta.

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Dacci quel che tu ci promettesti per bocca dei tuoi Messaggeri» (3 ,194) . I musulmani sanno che Dio è il Vincitore (ghalib) (12,21) e che non ce ne sono altri al di fuori di lui (3 , 160; 8,48) dato che ne ha fatto a se stesso la promessa: « È nostro impegno sacro dar vittoria ai credenti» (30,47) . 3.

Dio biblico e Dio coranico

Tra il monoteismo della Bibbia e quello di Muhammad nel Cora­ no , ci sono tante somiglianze che pare superfluo entrare qui in tutti i particolari. Infatti , tante volte viene affermato che egli è «l'Unico» (al-Wahid) e che «non c'è dio al di fuori di Iddio» (la ilaha illa Allah) come usa dire la professione di fede musulmana (shahada) , il primo pilastro del culto islamico. Lo ripete la sura del Culto sincero , la quale si ritrova spesso dipinta nelle cupole delle moschee ottomane e costituisce uno dei testi basilari del catechismo musulmano : «Di' : Egli, Dio , è Uno, Dio , l'Eterno . Non generò né fu generato, e nes­ suno Gli è pari» (112,1-4) . E tutti i credenti sanno che «in verità Dio non sopporta che altri vengano associati a lui : tutto il resto Egli per­ dona a chi vuole , ma chi associa altri a Dio forgia suprema colpa» (4,48) . E poiché questo Dio unico è «l'Onnipotente» (al-Qahhar) , l'uo­ mo lo deve adorare e poi sottomettersi con fiducia a tutti i suoi de­ creti, anche nascosti, donde l'atteggiamento fondamentale del mu­ sulmano che dà nome alla sua religione (din) : l'isliìm è prima di tutto questa sottomissione a Dio. In tal senso , secondo il Corano , tutti i veri adoratori del Dio Unico sono stati e sono ancora dei sottom essi oppure dei musulmani (muslim essendo il participio attivo del verbo aslama , che significa praticare l'istam o sottomissione) .6 «> a nome di tutto il creato : «Sia gloria a Dio la sera, sia gloria a Dio al mattino ! A Lui la lode nei cieli e sulla terra , e il pomeriggio anche , e quando riposate al meriggio ! » (30, 17-18) , mentre la sura delle Api enumera, una per una , come lo sa fare il Salmo 104/103 , le creature più belle o utili (16, 1-128) , e cioè «i cieli e la terra , e poi l'uomo , e poi le greggi, i cavalli e muli , ecc . . . È lui che fa scendere l'acqua dal cielo . . È lui che vi ha soggiogato il mare . . . e ha piantato le montagne» e mentre la sura del Viaggio notturno inneggia, quasi per concludere : «Lo glorificano i sette cieli e la terra e tutti gli esseri che i cieli e la terra racchiudono , e non c'è cosa alcuna che non canti le sue lodi. . . In verità egli è mite e indulgente» (17,44) . Ma chi è nel Corano questo Dio che parla talvolta alla prima persona , passando in continuazione dal singolare «Io» al plurale «Noi» - che sarebbe «di maestà» secondo i commentatori - e talvol­ ta alla terza persona , come se fosse un «assente» , ma che dà soltanto ordini senza mai avviare un dialogo con i suoi profeti che lo mette­ rebbero più o meno alla pari con loro? Il suo mistero si intravede , .

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sempre dall'esterno, tramite questi novanta nove «Bei Nomi» (al­ Asma' al-Hwnti)1 che vengono proposti dal Corano sia in forma no­ minale (quasi tutti) sia in forma verbale (alcuni) . «A Dio apparten­ gono i nomi più belli. Invocatelo dunque con quei nomi» (7, 180) . Sarebbe fastidioso , a loro proposito, presentarli uno per uno, tanto più che , tra loro , alcuni hanno un posto di grande rilievo mentre al­ tri appaiono ben poche volte nel Libro. Il musulmano devoto ne co­ nosce la litania a memoria e sa recitarla con l'aiuto del suo rosario dai trentatrè granelli (subha) , utilizzato perciò tre volte . Molti di lo­ ro si ritrovano alla fine della sura del Bando: «Egli è Dio , non v'ha altro dio che lui , Conoscitore dell'Invisibile e del Visibile, il Clemente, il Misericordioso ! Egli è Dio: non v'ha altro dio che Lui , il Re , il Santo , la Pace, il Fedele , il Custode , il Possente, il Soggiogatore , il Grandissimo. Sia gloria a Dio oltre quel che a lui associano ! Egli è Dio, il Creatore , il Plasmatore, il Forgiatore, suoi sono i Nomi Bellissimi , e canta le sue lodi tutto quel ch'è nei cieli e sulla terra, egli è il Possente Sapiente !» (59, 22-24) .

Tutti questi bei nomi si presentano sparsi nel Corano , più o me­ no ripetuti , talvolta abbinati, ma spesso in fine di versetto , come predicati in brevissime proposizioni nominali che sottolineano , co­ me un finale musicale , ciò che è stato detto di vero sul mistero di Dio. La filologia comparata ci insegna che circa sessanta nomi e tito­ li coranici hanno il loro diretto corrispondente nei dialetti sud­ semitici . Inoltre, circa quaranta nomi disporrebbero di una radice si­ nonima che darebbe inizio a un «nome laicizzato» . A contrario, i no­ mi che hanno un'espressione simile o dispongono di una radice simi­ le o analoga in ebraico non superano la trentina, ma sono i più so­ vente citati e i più importanti per la teologia. Rimane allora il pro­ blema dei tre nomi che non si presentano mai come predicati oppure qualificativi , perché essi sono dei sostantivi. La parola Allah , Iddio (con l'articolo) , di puro stampo semitico e di origine meccana, viene usata più di 2. 700 volte nel Corano e sarebbe dunque il «nome su­ premo» . C'è ancora la parola Rabb , «Signore di» (sempre seguita da un pronome che la mette in relazione a esseri creati) , la quale si pre­ senta 959 volte. C'è , infine , la parola al-Rahmtin, il «Molto Miseri-

7 Si veda, in proposito, M. BoRRMANS, «l Bei nomi di Dio nella tradizione mus­ sulmana», in Atti del 3° Congresso dell'Associazione Biblica Italiana, 367-386.

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cordioso» , che ricorre 57 volte nel Corano , soprattutto negli anni centrali del periodo meccano: sembra essere un sinonimo di Allàh, ma ha origine yemenita e forse cristiana. Corrisponderebbero forse questi nomi-sostantivi più da vicino al mistero divino? Non sembra che il Corano voglia svelare quest'ulti­ mo: non è il suo proposito, essendo l'inconoscibile (ghayb) privile­ gio di Dio solo, senza possibile partecipazione umana. Gli ordini di­ vini non danno l'impressione di voler condividere con l'uomo qual­ cosa della conoscenza che Dio ha di se stesso. «Canta le lodi di Dio, dice il Corano, tutto quel ch'è nei cieli e tut­ to quel ch'è sulla terra: Egli è il Savio Possente. A lui appartiene il Regno dei cieli e della terra, egli vivifica e uccide , egli è sopra tut­ te le cose Potente. Egli è il Primo, egli è l'Ultimo, Egli è il Dispie­ gato, Egli è l'Intimo , Egli è sopra tutte le cose Sapiente>> (57, 1-3) .

Dio è Dio , e l'uomo rimane uomo , ognuno nella sua condizione specifica , senza che si possa immaginare qualche partecipazione o comunione. È proprio qui che il lettore abituato al messaggio della Bibbia si trova a disagio. Il Dio dell'Antico Testamento viene incon­ tro all'uomo: tanti nomi di luoghi e di uomini dicono quanto umano e terrestre è quest'avvicinarsi reciproco. Il Corano conosce pochissi­ mi nomi di luogo o di persona: sembra un discorso senza dimensioni storiche oppure geografiche, un discorso astratto e secco ! Nel Corano , Allàh rimane dunque il trascendente Dio che è al di sopra di tutto . Di lui si afferma l'esistenza e poi la potenza, la prov­ videnza e la misericordia, ma nessuna domanda gli viene indirizzata da parte umana o profetica, come nella Bibbia: «Tu, chi sei? Qual è il tuo nome?» , perché sarebbe blasfematoria. Libro d'insegnamento diretto (si trovano pochissime parabole, nel senso biblico della paro­ la) , il Corano parla spesso di Dio alla terza persona, lui , Huwa , co­ me se fosse l'Assente ( Gha'ib) e non sogna mai di metterlo alla pari con qualche creatura come viene fatto dalla Bibbia, dove Dio non ha paura di paragonarsi al vasaio che modella bei vasi , al vignaiolo che cura la sua vigna, al buon pastore che ricerca le pecore smarrite , allo sposo generoso che aspetta con ansia il ritorno della sposa infe­ dele , ecc. Per il Corano sono parabole indegne della maestà divina. Dio rimane irragiungibile , tanto più che , se egli parla ai profeti e in­ segna alle nazioni, non fa alleanza con loro e non rivela progressiva­ mente .alcuni aspetti della sua identità profonda, come fa nella Bib­ bia. Mistero dunque di un messaggio che, forse per troppo rispetto, si accontenta di dire quanto la sana ragione umana potrebbe affer-

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mare del Dio creatore , provvidente e remuneratore . Non pretende forse l'islam di essere una religione del tutto naturale e ragionevole?

4. Profeti biblici e profeti coranici Se l'islam si presenta cosl come un monoteismo della trascen­ denza assoluta, esso pretende anche di essere una religione profeti­ ca. Secondo il Corano, Dio non abbandona nessun popolo e si preoccupa di inviare a tutti dei messaggeri «come nunzi e ammonito­ ri» (6, 48) e Muhammad si sente dire : «Noi, invero, già mandammo inviati nostri a popoli che furono prima di te e abbiamo colpito que­ sti con afflizioni e calamità» (6, 42) . C'è dunque una «storia sacra» islamica, in cui si ripete lo stesso messaggio per bocca di tanti profeti che , tutto sommato , propongono le stesse proposte essenziali del Corano : richiamare gli uomini allo stretto monoteismo delle origini e invitarli di nuovo ad adorare il Dio unico , a sottomettersi alla sua legge ed a seguire il suo «profeta» (nabf) o il suo «inviato» (rasu() . Ripetizione ciclica di uno stesso intervento salvatore di Dio pres­ so ogni popolo e nella sua lingua, la storia dei profeti appare cosl, dal punto di vista musulmano , come la manifestazione multiforme della stessa e unica religione di Dio, attraverso l'epopea dei testimo­ ni privilegiati che sono i profeti «che gridano nel deserto» : essi godo­ no di un'elezione divina e sono inviati a popoli ribelli ; conoscono il sospetto , lo scherno e la persecuzione ; solo una «piccola parte» ac­ coglie il loro messaggio, mentre la massa del popolo sollecitato da Dio , subisce , alla fine, un terribile castigo ; al termine di ogni ciclo , il profeta prova infine le gioie della vittoria divina, perché Dio è colui che dà la vittoria (al-Ghalib) . Quali sono questi «testimoni profetici», di cui il Corano racconta le grandi gesta, le parole di salvezza e la fine vittoriosa? I loro nomi si ritrovano quasi tutti nella Bibbia, anche se ebrei e cristiani vi nota­ no l'assenza di Isaia, Geremia, Ezechiele , Daniele e tanti altri profe­ ti di rilievo dell'Antico Testamento . Il testo coranico celebra infatti ·

«II Nostro argomento , che demmo ad Abramo contro il suo popo­ lo . . . gli concedemmo Isacco e Giacobbe . . . mentre anteriormente avevamo diretto Noè e, fra i discendenti suoi , dirigemmo Davide , Salomone , Giobbe , Giuseppe, Mosè e Aronne . . . Zaccaria, Gio­ vanni, Gesù, Elia . . . Ismaele, Eliseo, Giona e Lot» (6, 83-86) .

Altri versetti aggiungono a questa lista lo stesso Adamo , Dhiìl­ Kifl (Giosuè?) e ldris (Enoch?) , nonché tre profeti del mondo arabo 360

preislamico , Hfid, Sàlih e Shu·ayb . Tutti questi profeti non hanno , tuttavia, la stessa importanza e, se il Corano consacra 502 versetti a Mosè, 245 ad Abramo , 131 a Noè e 93 a Gesù , è perché essi rappre­ sentano momenti decisivi dell'intervento divino, essendo Muham­ mad il «suggello dei profeth> , al quale il discorso coranico viene spesso riferito o consacrato. Un confronto tra Corano e Bibbia si ri­ vela, in proposito , tra i più chiarificatori . Basta vedere come Abra­ mo, Mosè e Gesù vengono presentati nella loro vocazione personale e nella loro missione profetica. a. Abramo8 Abramo (Ibrahim) , «l'amico di Dio» (Khalil Allah) , è il grande testimone del monoteismo e il coraggioso distruttore degli idoli. «Disse a suo padre: "O padre mio ! Perché adori ciò che non ode e non vede e non ti giova nulla? O padre mio, a me , in verità , è giunta, da Dio , una parte della scienza che a te non è arrivata; se­ guimi dunque, e io ti guiderò per una via piana"» (19 ,41-43).

E altrove , ai suoi avversari , dichiara : «Disputerete voi riguardo a Dio , mentre Egli mi ha diretto?» (6,80) ; «Il vostro Signore è il Si­ gnore dei cieli e della terra , che egli ha creato , e io di ciò rendo testi­ monianza» (21 ,56) . Per questo la risposta di Abramo fu molto sem­ plice: «Ecco , io vado dal mio Signore , il quale mi guiderà» (37 ,99) . Questa sottomissione gli fruttò il compito di accogliere gli inviati di Dio che gli annunciarono la distruzione delle città peccatrici (Sodo­ ma e Gomorra) e la nascita di un figlio (Isacco) . Primo «sottomesso>> (muslim) della storia, egli accetta di immolare il figlio che Dio gli aveva promesso e dato, e di cui il Corano tace stranamente il nome,9

8 Si veda, in particolare , su questo punto, Y. MouBARAC, Abraham dans le Co­ ran , Vrin, Paris 1958, 205. Studi approfonditi dovrebbero esplorare le corrisponden­ ze evidenti tra il testo coranico e «i primi cinquanta anni della vita di Abramo» secon­ do il Sefer ha- Yashar, dove troviamo tutto il dialogo monoteistico di Abramo con suo padre . La Bibbia