L'astrologia e la psiche moderna 8834010728, 9788834010723

L'ASTROLOGIA E LA PSICHE MODERNA Dane Rudhyar

232 50 3MB

Italian Pages 200 [197] Year 1992

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Table of contents :
Prefazione. pag. 5
Parte Prima
La psicologia del profondo e i suoi pionieri
1. Freud e la psicologia del p r o f o n d o ................................................ » 9
2. Alfred Adler e la psicologia dell’affermazione individuale » 17
3. Cari Gustav Jung e l’approccio positivo all’inconscio .... » 27
4. L ’approccio di Jung alla personalità e la via astrologica all’au­
torealizzazione ............................................................................................... » 34
5. L ’Anima e l’Animus nell’analisi junghiana e il simbolo lunare
in astro lo gia .......................................................................... » 43 6. La carta astrale di Cari Gustav Jung . » 52
Parte Seconda
Oltre la psicologia del profondo
7. Fritz Kunkel e la psicologia del noi . » 65
8. Jacob L. Moreno e lo psicodramma . » 75
9. Roberto Assagioli e la psicosintesi . » 86
10. Che cos’è il S é ? ................................... » 96
11. Il Sé: chiave astrologica a una psicologia integrale . » 104
12. L ’approccio astro-psicologico all’autosviluppo:
la via del d is c e p o la t o ................................................................ » 113 13. L ’approccio astro-psicologico all’autosviluppo
l’autosviluppo e i suoi p e r ic o li .............................................. » 124
14. L ’approccio astro-psicologico all’autosviluppo:
dalla totalità maggiore alla totalità minore. » 135
Parte Terza
Prospettive astro-psicologiche
15. Gastrologia psicoanalizzata . . . pag. 145
16. I fattori sessuali della personalità . » 153
17. I misteri del sonno e dei sogni . » 162
18. Le grandi svolte della v i t a ..................................................................... » 172
19. Affrontare e superare le crisi: la vita nel ‘secolo psicologico’ . » 181
20. Il ruolo dell’astrologo come consulente . » 191
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 8834010728, 9788834010723

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Dane Rudhyar

Gastrologia e la psiche moderna

Astrolabio

Particolarmente adatto alla persona di ampi interessi e cultura, allo studioso di psicologia desideroso di acquisire nuovi strumenti introspettivi, al cultore di astrologia interessato a una visione d’insieme e a un maggiore approfondimento psicologico, questo libro di Dane Rudhyar dedicato ai rapporti tra psicologia del profonda e astrologia fornisce una guida di prim’ordine per Tesplorazione di un territorio affascinante e sconfinato che esercita un profondo influsso su tanta parte della nostra vita. Dane Rudhyar, nato a Parigi nel 1895 e morto in America nel 1985, è stato definito un moderno 'Uomo del Rinascimento' per via della sua capacità di esprimersi in molti campi: musica, pittura, poesia, filosofia, astrologia. Ha scritto di astrologia fin dagli anni ’30 ed è stato il primo scrittore di fama a contribuire regolarmente alle riviste di astrologia. Di Dane Rudhyar sono apparsi in questa collana: Studio astrologico dei complessi psicologici L e case astrologiche Il ciclo di lunazione La pratica dell'astrologia Gastrologia della personalità I segni astrologici II ciclo delle trasformazioni Gastrologia centrata sulla persona

ISBN 88-340-1072-8

G A S T R O L O G IA E LA P S IC H E M O D E R N A

di D a ne R udhyar

Titolo originate dellopera A ST R O L O G Y A N D T H E M O D E R N P SY C H E (CRCS Publications)

Traduzione di G r a z i e l l a V ia k e n g o

© 1976, CRCS, Sebastopol, California © 1992, Casa Editrice Astrolabio - Ubaldini Editore, Roma

Dane Rudhyar

U astrologia e la

psiche moderna

ROMA

A S T R O L A B IO MCMXCII

Prefazione Il mio interesse per la psicologia del profondo risale alla primavera del 1932, quando mi fu regalata una copia del libro II segreto del fiore d'oro, trattato sulle dottrine esoteriche cinesi con commento di Richard Wilhelm e Cari Gustav Jung. Ne fui profondamente colpito, e poco dopo scrissi Harmonic Psychology * che segna l’inizio del mio lavoro nel campo delTastropsicologia, o, come l’ho chiamata molto più tardi, dell’astrologia umanistica. Studiavo astrologia dal 1920, e avevo ormai assunto nei suoi confronti un approccio più filosofico e creativo dopo aver letto alcuni dei primi corsi ciclostilati di Mark Edmund Jones. All’incirca allo stesso tempo, mi entusiasmò il libro di Ian Smuts Holism and Evolution, che mi offrì un concetto fondamentale a quel tempo completamente nuovo: il concetto di olismo. Nel 1933 ebbi l’opportunità di leggere tre dei quattro libri di Jung allora tradotti in inglese, e mi convinsi ancor più della possibilità di integrare l’astrologia con la psicologia del profondo. In quell’anno ebbe inizio la pubblicazione di American Astrologa, la prima rivista che propu­ gnava un tipo di astrologia solare di successo. Il suo direttore Paul Clancy, avendo saputo della mia idea, si offrì di pubblicare qualsiasi cosa scrives­ si nel futuro, in una rubrica mensile che sarebbe stata dedicata all’astrologia psicologica. Quando Grant Lewi divenne direttore della rivista Horoscope, mi chie­ se anche lui di scrivere articoli. Dopo che Clancy ebbe rinunziato a rinnovare la clausola dell’esclusiva nel nostro contratto, cominciai a scri­ vere due articoli al mese per Horoscope, di carattere più breve e più ispirato, e continuai così per anni. Nel 1942, a New York, conobbi la condirettrice di una rivista che ora ha da tempo cessato le pubblicazioni, World Astrology. Questa signora era ansiosa di avere miei articoli, e per molti anni scrissi due articoli al mese anche per quella rivista. Una serie, pubblicata sotto lo pseudonimo * Gran parte di questo scritto originale è stata ristampata nell’epilogo del mio L ’astrologia della personalità (Astrolabio, Roma 1986).

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Prefazione

di Daniel Morison, trattava dei personaggi e degli eventi di cronaca. Nell’altra serie, con il mio vero nome, cercai di rendere popolari le idee di alcuni dei capiscuola della psicologia del profondo, le cui opere cono­ scevo bene, e di dimostrare come le dottrine psicologiche fondamentali che questi uomini propugnavano potessero essere messe in rapporto con le caratteristiche della loro carta natale. È questa seconda serie sulla psicologia del profondo e sull’astrologia che forma il corpo del presente volume. Nell’ultima sezione sono stati aggiunti molti articoli pubblicati in Horoscope dopo la seconda guerra mondiale, poiché si riferiscono a pubblicazioni psicologiche significative e pertinenti. Tutti questi articoli sono stati riveduti e controllati con cura, sotto la mia supervisione, dalla mia amica e assistente Leyla Rael, le cui idee sono in intensa sintonia con le teorie e la visione del mondo che ho cercato di divulgare durante tanti anni. Le sono estremamente grato per la sua efficiente collaborazione. I miei ringraziamenti vanno anche a Stephen Arroyo della CRCS Publications. Fu sua l’idea iniziale di racco­ gliere questo materiale in forma aggiornata. Posso aggiungere a questo punto che le carte natali di questo libro sono state ricalcolate con il sistema Campano di domificazione, il sistema di calcolo delle case che ho usato durante questi ultimi anni, per le ragioni spiegate nella prima parte del mio libro Le case astrologiche (Astrolabio, Roma 1984). Nella sua forma attuale, il materiale contenuto in questo volume pre­ senta, credo, molti punti di vista degni di nota e forse nuovi sia per la persona di ampie vedute interessata alla psicologia, sia per lo studioso di astrologia ansioso di raggiungere una più completa comprensione dei vari aspetti di un argomento complesso che è giunto a dominare così gran parte della nostra vita contemporanea. Spero e ho fiducia che questo libro aiuterà molte persone ora attratte dal campo affascinante dell’astro­ logia a raggiungere una più profonda introspezione psicologica e, allo stesso tempo, suggerirà in modo più preciso e formalizzato agli studiosi di psicologia l’importanza di studiare gli aspetti fondamentali della per­ sonalità di uno psicologo, per poter pienamente capire il carattere essen­ ziale e la qualità dei suoi insegnamenti. Palo Alto, California Aprile 1976

Parte Prima

La psicologia del profondo e i suoi pionieri

1 Freud e la psicologia del profondo

Alcuni decenni or sono, la parola psicologia non si sentiva quasi nomi­ nare, se non nel linguaggio dei filosofi, dei moralisti e degli studiosi di tecniche religiose tese a purificare e a santificare la vita di relativamente poche persone. La psicologia era argomento di studi universitari. La scienza medica le dedicava ben poca attenzione. I disturbi mentali, l’iste­ rismo e la pazzia, una volta attribuiti a cause ‘occulte’ di ‘possessioni’ diaboliche, erano considerati per lo più malattie incurabili, e le persone colpite erano bollate come paria e, alle volte, come criminali. La sanità mentale e la razionalità erano viste come segni del divino nell’uomo, e poiché si pensava che l’uomo avesse il libero arbitrio’ e fosse ‘padrone’ della propria mente e dei propri sentimenti, perdere l’equilibrio mentale e l’autocontrollo significava abbandonare più o meno volontariamente la propria natura divina, divenire preda di forze animalesche o demoniache. Nella maggior parte dei casi il pazzo era trattato di conseguenza. Durante il secolo scorso, le idee sulla natura dell’uomo, accettate acriticamente per secoli, cominciarono ad essere duramente contestate. I filosofi materialisti della scuola tedesca le misero in discussione su basi generali, cercando di provare che tutte le attività della mente e dell’anima umana potevano essere ridotte e spiegate alla stregua di prodotti di pro­ cessi materiali biochimici. Più specificamente, i fenomeni psicologici ven­ nero a essere analizzati da uomini il cui compito era guarire i malati. Malattie al limite tra il semplicemente fisico e lo psicologico, e specialmente tutte le forme di ‘isteria’, avevano suscitato l’interesse dei ricerca­ tori già dai tempi di Anton Mesmer alla fine del diciottesimo secolo. Questa serie di tentativi di curare tali malattie portò alla fine alla psico­ analisi e a Sigmund Freud. Da allora, la psicologia moderna si è divisa in diversi rami: in sostanza, la ‘psicologia sperimentale’ dei laboratori universitari lungo la linea del comportamentismo e lo studio dei fenomeni primari, come l’attenzione, le azioni riflesse, le associazioni di idee, ecc., e i vari tipi di ‘psicoterapie’

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La psicologia del profondo e i suoi pionieri

che cercano di curare le malattie della mente e della vita interiore del­ l’uomo. Ciò che noi discuteremo principalmente saranno i tipi di psicoterapia che non si occupano specificamente della cura di forme acute di pazzia, ma il cui scopo principale è piuttosto condurre gli uomini e le donne della nostra epoca caotica a un più grande senso di salute e sanità (psicologica, morale e mentale) e a una più intensa comprensione delle loro potenzialità interiori. I tipi di disturbi che queste psicoterapie cerca­ no di curare sono essenzialmente prodotti dal mancato adattamento degli individui al proprio ambiente: alla famiglia, alla scuola, agli amici, alla società. Trattano del conflitto fondamentale tra individuale e collettivo, tra l’Io e tutto ciò che non è Io, cioè a dire, il ‘mondo esterno’. Un tale conflitto è assolutamente fondamentale nella natura umana, e solo nella natura umana. È privilegio dell'uomo di individualizzarsi uscendo dal gregge, dalla tribù, dalla comunità socio-religiosa nella quale è nato. È privilegio dell’uomo sentirsi ‘separato’ come ‘io’, un Io che ha caratte­ ristiche uniche. È suo privilegio, ed è suo tragico carico o responsabilità. Fa di lui un dio, o un demone. Tutti gli psicoterapeuti, da Freud in poi, si sono occupati essenzial­ mente dell’Io: del modo in cui l’Io si sviluppa, matura o manca di ma­ turare, si cristallizza secondo modelli sociali di acquiescenza o di ribellio­ ne, si trasforma superando le proprie limitazioni, e, in rari casi, diventa parte di una più ampia integrazione spirituale. Ogni scuola di psicoterapia, però, affronta i problemi dell’Io da un punto di vista diverso, e di solito si concentra su un certo tipo di disturbo a scapito di altri. Ciò accade in gran parte perché lo psicologo non riesce ad afferrare l’essere umano completo come unità organica, e in particolare perché non ha modo di raffigurarsi direttamente la struttura di questa unità. Qui entra in causa l’astrologia; infatti, nella carta natale, l’astrologo ha la possibilità di studiare l’intero quadro delle funzioni, facoltà e pulsioni di una persona. Può studiare il progetto della personalità totale, come pure il programma generale del suo sviluppo, dalla nascita in poi. Può quindi trattare con Vintera persona piuttosto che con uno o due soltanto degli stimoli e delle attività fondamentali che contribuiscono alla crescita della coscienza e dell’Io; o alla loro malformazione e distruzione finale. Tuttavia, il tipo di psicologia rappresentata dalla maggior parte degli astrologi e testi di astrologia non è di solito all’altezza di queste possibi­ lità. È un tipo di astrologia ancora basato sulle opere di Tolomeo e di Aristotele, un’astrologia ‘classica’ ancora impregnata di antichi concetti religiosi ed etici, e finora scarsamente influenzata dal fermento di idee che Freud e i suoi successori hanno diffuso nel mondo moderno. Freud non è un fenomeno unico. Tra gli atteggiamenti verso la vita

Freud e la psicologia del profondo

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divulgati e resi popolari da Darwin e da Freud c'è una correlazione fondamentale. In questi due pionieri troviamo infatti l'espressione di una profonda ribellione contro la fiducia ‘classica’ nei fattori intellettuali e razionali nella natura umana basati sulle spiegazioni offerte dalla teologia religiosa e dal razionalismo del diciottesimo secolo per spiegare i fenome­ ni biologici e psicologici, la genesi della specie naturale e dell'Io indivi­ duale degli esseri umani. Mentre gli psicologi classici e religiosi credeva­ no in un'anima donata da Dio, Darwin e Freud abbandonarono il con­ cetto di una simile creazione ‘dall'alto' e cercarono di descrivere uno sviluppo progressivo, evolutivo, delle specie e degli individui ‘dal profon­ do'. Nacque così la ‘psicologia del profondo', una psicologia che affonda audacemente nelle profondità subconsce dell'anima umana, una psicolo­ gia evolutiva dell'Io. Ciò che Darwin e Freud cercavano di distruggere era il concetto co­ siddetto platonico di un mondo ‘spirituale' delle idee o Archetipi prece­ dente il mondo ‘fisico' degli organismi materiali. Questi Archetipi, essen­ do ‘Emanazioni' dirette della Mente Universale e delle sue Gerarchie Divine, non erano considerati ‘suscettibili di evoluzione'. Si sosteneva che fossero stati creati completi e perfetti. L'evoluzione si poteva trovare solo nel mondo materiale: un lento tentativo da parte degli organismi fisici (e psicologici) di avvicinarsi sempre più ai modelli ideali che costituiscono la ‘Realtà'. D'altra parte, la psicologia ‘classica’ è basata sull'ipotesi che l'uomo sia un'‘anima divina' che opera in associazione più o meno stretta con un corpo materiale e una ‘personalità' condizionata dalla materia. Ogni per­ sona è un ‘figlio di Dio'; o, in termini più filosofici, è, in primo luogo, un'entità spirituale, la cui struttura e le cui funzioni essenziali sono fissate come archetipo prima della nascita, e si perpetueranno dopo la morte del corpo. Questa entità spirituale è il ‘vero' sé, cui sono pertinenti gli attri­ buti spirituali di volontà, carattere, discriminazione tra bene e male, mo­ ralità, razionalità e creatività mentale. Questi attributi sono in conflitto costante con i desideri e le passioni della psiche e del corpo, che sono invece legati alla terra. Durante l'era vittoriana, l'umanità, essendosi trovata improvvisamente in- possesso di straordinarie possibilità materiali, sperimentò un incre­ mento generalizzato della virulenza del conflitto tra gli attributi spirituali e i desideri personali di autoesaltazione e autogratificazione, particolar­ mente perché anche il potere delle limitazioni religiose e sociali del pas­ sato stava svanendo sotto i colpi della critica intellettuale. I risultati fu­ rono ovvi: concetti morali e ideali elevati venivano continuamente con­ traddetti dai ‘dati concreti'. Gli esseri umani tentavano sempre più di

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La psicologia del profondo e i suoi pionieri

vivere due vite allo stesso tempo. Nevrosi, psicosi e casi di scissione della personalità si moltiplicarono. Il pericolo stava diventando sociale, oltre che personale. Qualcosa doveva succedere. Come l’ortopedia e la chirurgia dovevano svilupparsi in un periodo in cui le malformazioni da lavoro e gli incidenti si moltiplicavano col diffondersi dell’età delle macchine e degli impieghi d’ufficio artificialmente limitanti, così la psicoterapia (cura dell’anima personale condizionata dalla materia, o ‘psiche’) doveva scoprire tecniche che potessero alleviare lo stato generalizzato di lieve pazzia evidenziato dal cittadino civilizzato e meccanizzato dell’era post-vittoriana. Quando una persona, a causa di un qualche profondo conflitto o ansia, si trova costretta a compiere ripetitivamente azioni, non solo con­ tro la sua cosiddetta Volontà’, ma senza neppure sapere che le sta com­ piendo, la psicologia classica cessa di avere qualsiasi significato pratico. Se non so chi sono o cosa faccio, allora, a tutti i fini pratici, il termine ‘io’ ha perduto il suo significato. La persona sotto ipnosi è in una simile condizione; ma nella stessa condizione è anche un uomo affetto da una ‘nevrosi coatta’, solo in grado minore. La psicologia classica risolveva il problema dichiarando l’uomo ‘pazzo’, dato che l’entità spirituale entro di lui aveva ‘lasciato il corpo’. Tuttavia, quando sulla linea di confine tra salute mentale e pazzia si vengono a trovare milioni di persone apparentemente normali, il proble­ ma non può essere sbrigato così sommariamente. Il problema della salute mentale e della razionalità (anzi, di più, il significato della volontà, della personalità, dell’Io) deve essere riformulato. La formulazione non può essere una sentenza senza sfumature, del tipo cosciente-o-no. Deve am­ mettere gradazioni e sfumature: inconscio, subconscio, semiconscio, alle volte conscio... magari cosciente di gradi varianti di vivacità e acutezza mentale; in alcuni casi, una coscienza che accede a realtà al di là dal normale spettro cromatico; potremmo parlare di coscienza all’ultravioletto? Una simile ‘scala’ di stati di coscienza suggerisce l’esistenza di un processo evolutivo; un processo di crescita dalle radici verso l’alto, un emergere dal profondo. L ’‘io’ individuale, invece di essere visto come un sé archetipico, a priori, (come un certo ‘modello di perfezione’ che tra­ scende la vita organica sulla terra) comincia a essere compreso come risultato finale della vita umana, come una vittoria da conquistare, come l’esito di un lento sforzo verso l’integrazione e l’individualizzazione (o ‘individuazione’). E questo sforzo, come la nascita, può diventare un aborto. La ‘coscienza dell’io’ può nascere sana, o può emergere dalle oscure profondità inconsce dell’istinto malformata e contorta da frustra­ zioni e pressioni di ogni sorta.

Freud e la psicologia del profondo

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L'Io emerge dall’istinto durante gli anni dell’infanzia; può essere per­ sino condizionato da cause prenatali! Le malattie della volontà e della mente, e la ‘predisposizione’ ai collassi psicologici e agli esaurimenti nervosi, devono perciò essere fatte risalire a ciò che accadde durante i primissimi anni di vita. Lo psichiatra dovrebbe quindi risalire agli inizi della personalità individuale, proprio come il naturalista darwiniano stu­ dia in particolare quei residui del passato fossilizzato che mostrano nuove forme di vita che emergono da specie più vecchie. Il naturalista e il paleontologo ricercano le indicazioni da fossili profondamente sepolti in rocce antiche portate alla superficie della terra da cataclismi o da erosioni millenarie. Anche lo psicologo del profondo deve seguire la pista fino nelle profondità, fino ai primi strati di coscienza infantile, oppure appro­ fittare di eruzioni psicologiche o di crisi, cataclismi nella crescita delF‘anima’, che porteranno alla superficie memorie a lungo dimenticate di shock e frustrazioni. Normalmente, tuttavia, i ricordi consci della mente già deformata dalla tensione o dalla paura non possono essere di vero aiuto allo psicologo ansioso di sondare il contenuto dell’area che si trova tra istinti inconsci e i primi barlumi della coscienza dell’Io. L ’Io fa resistenza a questo sondaggio, proprio come un bambino farebbe resistenza a rientrare nel grembo che ha condizionato la sua stessa struttura. Tuttavia, ogni matti­ na, quando ci si sveglia, si sperimenta di nuovo questo emergere della coscienza dall’inconscio. In questa ‘fase soglia’ dell’attività mentale, ten­ dono a riprodursi le condizioni che prevalevano nella prima infanzia. Chiamiamo queste condizioni ‘sogni’. Mentre sogniamo ogni mattina, siamo di nuovo bambini che lottano per emergere da quel grembo di istinti e approdare ai problemi della coscienza dell’Io e adattamento dell’Io al nostro ambiente complesso. Così, imparando a capire il mondo dei sogni, veniamo a conoscere i tentativi che la coscienza ha compiuto e compie costantemente per affermare se stessa e venire a patti con la forza degli istinti. Gli istinti hanno forza. Sono vita in azione. La loro forza è ciò che gli psicologi chiamano libido o energia psichica. Man mano che l’Io si fa strada nel mondo della famiglia e della società, incontra condizioni che ostacolano l’espressione della libido. Cerca di adattarsi a queste condizio­ ni, e, nel far ciò, spesso deve rimuovere l’energia istintuale. Come conse­ guenza, si generano conflitti. Ripetuti conflitti e rimozioni causano ten­ sione, rigidità e congestione nelle strutture che si evolvono nella coscien­ za. Sono quelli che gli psicologi chiamano ‘complessi’, e questi, a loro volta, condizionano il futuro adattamento dell’Io a nuove esperienze durante l’adolescenza e per tutta la giovinezza. Nel perdere la sua spon­

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La psicologia del profondo e i suoi pionieri

taneità e flessibilità, l’Io diventa fisso, cristallizzato e impacciato da mec­ canismi di difesa (come una tartaruga nel guscio) o sviluppa meccanismi di attacco e aggressione unilaterali (come una tigre o un serpente a sonagli). Se sottoposto a un forte shock, lTo diviene vittima dei suoi stessi meccanismi rigidi. Si sviluppano nevrosi e psicosi, che portano a condizioni patologiche e a malattie. Per curare questi disturbi, lo psicoterapeuta deve trovarne le cause originarie. Deve ‘ridurre’ le cristallizzazioni dell’Io o complessi, e liberare l’energia psichica che queste cristallizzazioni hanno deviato e bloccato. È una specie di ‘chirurgia dell’anima’ o osteopatia psichica, ed è ciò che ha tentato Freud. La psicoanalisi freudiana è essenzialmente una tecnica psico-chirurgica. Essa usa l’analisi dei sogni come mezzo per scoprire sintomi nascosti. Costringe l’Io a tornare nello stato soglia di coscienza emergente (coscienza infantile) e aiuta la persona a fare ciò che non era riuscita a fare nell’infanzia. Non c’è qui spazio sufficiente per uno studio dettagliato della tecnica freudiana. Ho soltanto isolato qualcuno dei suoi tratti fondamentali, trat­ ti che sono simboleggiati in maniera sorprèndente nella sua carta natale.* La carta illustra graficamente la discesa di Freud nelle profondità della psiche (col bisturi in mano!). Il bisturi è, naturalmente, Marte, simbolo dell’acciaio e degli strumenti da taglio: Marte, che si trova proprio alle radici della carta di Freud, e in moto ‘retrogrado’. In generale, questo pianeta retrogrado rappresenta una funzione vitale che è rivolta all’inter­ no. Come il chirurgo taglia verso l’interno, così Freud cerca di raggiun­ gere gli strati più profondi dell’organismo per liberare ciò che è diventa­ to contorto o congestionato, cristallizzato o corrotto. Quando è presa nella morsa di un ‘complesso’, la libido diventa di­ struttiva. Quando i desideri normali sono frustrati, diventano ascessi psichici che causano autointossicazione. Il Marte retrogrado di Freud è a 4 gradi della Bilancia, nel settore della carta che rappresenta la madre (e, in alcuni casi, il padre). Questo Marte caratterizza il complesso materno, o complesso d’Edipo, che è così fondamentale nella psicoanalisi. La Bi­ lancia è il segno della coscienza sociale emergente, proprio come l’Ariete simboleggia la coscienza personale emergente. E Marte, solo nell’emisfe­ ro inferiore della carta (che contrappone la propria forza a quella di tutti gli altri pianeti che circondano lo Zenit), rivela una tensione terribile nell’anima di Freud. Graficamente, lo schema planetario è quello di un triangolo con la punta verso il basso: quasi un trapano! * Recentemente, in America, è stata riprodotta un’altra carta usata in Europa e che dà un Ascendente Scorpione. Resta da vedere in maniera conclusiva quale carta sia corretta.

Freud e la psicologia del profondo

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A

S ig m u n d F r eu d circa le 9,05 Freiberg, Moravia 6 maggio 1856

I pianeti sopra l’orizzonte sono tutti all’interno del quadrato formato da Nettuno-Giove nei Pesci e Luna-Saturno nei Gemelli. E il Sole, al centro del raggruppamento, forma semiquadrati a Giove e a Saturno: decisamente uno schema potenzialmente di tensione. Saturno, nella casa che si riferisce all’introspezione, alla reclusione, alla retribuzione o Karma, suggerisce che Freud si era davvero assunto un carico pesante. D ’altra parte, tuttavia, Saturno è in certa misura collegato al 'fallimento’ e all’ini­ zio di una nuova vita con nuove opportunità. Freud era di origine ebrai­ ca, e la sua carta natale contiene più di un indizio del profondo pessimi­ smo e desiderio di espiazione e di sacrificio di sé che caratterizzano la tradizione spirituale ebraica. Le sue esplorazioni nelle profondità dell’ani­

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La psicologia del profondo e i suoi pionieri

ma umana iniziarono un movimento di pensiero che non ha ancora rag­ giunto la sua completa realizzazione. Ma le sue idee hanno anche dato origine a una gran quantità di forme pensiero dannose, liberato molte ‘tossine’ psichiche, condotto a molti abusi; e tutto questo risveglio del profondo è diventato responsabilità spirituale di Freud. Ogni grande maestro deve portare il peso dell’uso sbagliato dei suoi insegnamenti da parte di seguaci ignoranti, sciocchi o avidi! Freud ha aperto una porta. I suoi discepoli Jung e Adler hanno dato alla psicoanalisi ciascuno una direzione diversa. Adler (anch’egli di origi­ ne ebraica) rappresenta essenzialmente una tendenza opposta a quella di Freud (esercitando così una funzione complementare). Jung, erede della più profonda tradizione spirituale dell’Europa germanica da Paracelso a Goethe e nato alla vita libera e integrata del popolo svizzero, presenta una trasformazione fondamentale delle implicazioni e degli scopi della psicoanalisi. Freud si occupava di chirurgia dell’anima, Adler del benessere sociale di persone maladattate. Jung è un tipo moderno di ‘Guida spirituale’; il suo scopo è l’integrazione sempre più totale della personalità, della psi­ che umana in evoluzione.

2 Alfred Adler e la psicologia dell’affermazione individuale

Come ho detto nel capitolo precedente, la psicologia moderna - o piuttosto la psicoterapia - è stata profondamente influenzata ai suoi inizi dal concetto di evoluzione sviluppato da Darwin. La preoccupazione prin­ cipale di Darwin era di confutare l’idea tradizionale che ogni specie vivente fosse un’entità biologica completamente distinta prodotta da un atto sepa­ rato della creazione divina, e dimostrare che le caratteristiche di queste specie erano invece il prodotto di un continuo processo di evoluzione determinata dai principi fondamentali di adattamento casuale all’ambiente e della sopravvivenza del più idoneo, o ‘selezione naturale’. Il metodo di Darwin era di scavare nel passato, studiare uomini primitivi e fossili, cer­ care quei periodi dimenticati di transizione biologica in cui la forza del­ l’adattamento evolutivo aveva introdotto nuovi orientamenti organici in risposta a cambiamenti esterni nelle condizioni di vita del nostro globo. Darwin, essenzialmente, guardava indietro. Il suo metodo era analitico e ‘riduttivo’, cioè, cercava di ridurre circostanze presenti a cause prece­ denti, per dimostrare che ciò che esiste oggi si è sviluppato in un lonta­ nissimo ieri. Sigmund Freud ha agito allo stesso modo. Ha scavato nei contenuti rimossi e dimenticati dell’inconscio dei suoi clienti nevrotici come un paleontologo o un geologo che scavino in vecchi strati di roccia. Ha analizzato le cause della nevrosi mostrando come l’energia vitale fon­ damentale - la libido - fosse stata messa in pericolo da condizioni am­ bientali avverse e fosse diventata un ostacolo all’evoluzione psichica inte­ riore della persona in crescita. Col ‘ridurre’ i sintomi distruttivi della nevrosi alle loro cause, alla coscienza ormai matura è data un’ulteriore possibilità di affrontare le condizioni che avevano prodotto la nevrosi. L ’individuo coinvolto acquisisce l’opportunità di comprendere la fallacia o l’inadeguatezza del tipo di reazione che aveva avuto durante l’infanzia, e può così finalmente liberare l’energia della libido, che aveva dato forza a emozioni e comportamenti nevrotici, dirigendola in canali più costruttivi.

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La psicologia del profondo e i suoi pionieri

Tuttavia, gli approcci darwiniano e freudiano ai materiali dei loro rispettivi studi non prevedono (o perlomeno certamente non configura­ no) alcuno scopo al processo evolutivo. Per Freud, c’è un conflitto cieco e fatale tra gli istinti dell’individuo e le limitazioni e i tabù della società, e c’è veramente molto poco che si possa fare. La sua prospettiva, come pure quella di Darwin, è davvero pessimistica e tetra. Ma non tutti gli evoluzionisti avevano visto l’evoluzione in una prospettiva così priva di finalità; Lamarck, che aveva preceduto Darwin, aveva dato una grande importanza alla spinta creativa all’interno di ogni specie vivente; e l’idea che l’intero processo evolutivo riceva energia da parte di una tensione verso un fine più o meno chiaramente definibile, divenne particolarmente evidente nel pensiero di alcuni filosofi irìglesi del secolo scorso, portando al concetto di ‘sacralità’ configurato da Ian Smuts, filosofo e statista, nella sua grande opera Holism and Evolution. In campo psicologico, Alfred Adler fu tra coloro che parteciparono alle discussioni del gruppo che si raccoglieva reverentemente intorno a Freud; e Adler cominciò presto a contestare le opinioni del ‘maestro’ in modo radicale. Differenze di opinioni e di temperamento portarono a un violento scontro. Adler aveva conosciuto Freud nel 1906, e alla fine lasciò il gruppo nel 1911, emergendone a buon diritto come il padre di un sistema psicologico che chiamò ‘Psicologia individuale’. Adler portò diversi concetti nuovi all’interpretazione delle nevrosi e dei disturbi a esse collegati. Questi nuovi concetti, o modi di concepire la vita, sono diametralmente opposti a quelli che erano fondamentali per Freud. Mentre Freud parla insistentemente della ‘sessualità’, Adler si riferisce all’Io e alla sua ‘volontà di potenza’; là dove Freud concepisce ogni cosa come riferita a cause passate e cerca di sondare profondità nascoste, Adler vede ogni cosa come facente parte di un piano condi­ zionato da uno scopo, come espressione della “finalità dell’anima uma­ na che è conquista, perfezione, sicurezza, superiorità” (Adler, Social Interest); dove Freud analizza la psiche nei suoi componenti, nei suoi complessi, e simili, Adler accentua ‘l’unità della personalità’, che iden­ tifica con l’Io. Il suo riconoscimento dell’unità della personalità è particolarmente significativo. La psicologia tradizionale ha dato per scontato che una persona che dice ‘io’ sappia esattamente di cosa stia parlando e a cosa si stia riferendo; presume che ciò che è chiamato ‘io’ sia un’entità essenzial­ mente permanente con un carattere coerente: insomma, un’‘anima’ creata da Dio. Freud dimostrò che P‘io’ era una commistione di ogni genere di fattori, conosciuti e sconosciuti, consci e inconsci; che poteva scindersi nei suoi componenti; che la sua unità era sempre potenziale preda del­

Alfred Adler e la psicologia dell affermazione individuale

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l’energia istintiva, eccetera. Adler si oppose decisamente a lasciare che l’unità della sua personalità fosse distrutta dall’analisi. Si aggrappò al suo ‘io’ con ostinata intensità, eppure aveva dovuto affrontare i dati indiscutibili rivelati dalla ricerca psichiatrica e dall’analisi dei sogni. Dovette, allora, conciliare questi dati con la sua protesta egocentrica contro la psicoanalisi. La sua ‘Psicologia individuale’ fu costruita attorno a questo tentativo di conciliazione, anche se forse non ne era del tutto consapevole! Adler, scienziato e uomo del ventesimo secolo, non suggerì che gli esseri umani nascessero con anime indissolubili, create da Dio, ma, con­ siderando l’individuo espressione distinta dell’impulso evolutivo che scor­ reva attraverso l’umanità, vedeva nella personalità un organismo che persisteva come fondamentale e coerente unità finché non veniva dissolto dalla morte. Considerò quelli che sembrano sintomi di disintegrazione psichica come sforzi della personalità integrale (cioè l’Io) di risolvere i suoi problemi con metodi inefficaci. Leggendo Adler, tuttavia, si sente la sua implicita condanna dell’uomo che sceglie un simile ‘stile di vita’ sbagliato; una condanna non dissimile dal disprezzo del moralista religio­ so per la persona che si ‘lascia’ andare alla pazzia, o di quello dell’euro­ peo borghese benestante per la persona che si lascia travolgere dal falli­ mento (imperdonabile crimine sociale!). Adler scrisse, nel suo Social Interest: A Challenge to Mankind: Ogni individuo si sceglie, all’inizio della propria vita, una regola di comportamento, con relativa libertà di utilizzare in essa capacità e difetti innati, come pure le prime impressioni del suo ambiente. Questa regola di comportamento è diversa per ciascuno quanto a tempo, ritmo e direzione. L ’individuo, che si confronta perennemente con l’irraggiungibile ideale di perfezione, è sempre possedu­ to e spronato ad andare avanti da un sentimento di inferiorità... La legge fondamentale della vita è quella del superamento... Essere un essere umano significa possedere un senso di inferio­ rità che spinge costantemente in avanti verso le sue conquiste. Le vie verso la vittoria sono diverse in mille modi, come lo sono le finalità di perfezione scelte. Più forte è il senso di inferiorità speri­ mentato, più potente è il bisogno di superarlo, e più violenta l’agi­ tazione emotiva... La nevrosi è un atto creativo, e non regressione a forme infantili e ataviche... La nevrosi è lo sfruttamento automatico e inconsapevole da parte del paziente dei sintomi risultanti dagli effetti di uno shock... La guarigione può solo essere conseguita con mezzi intellettuali, con la

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crescente comprensione da parte del paziente del suo errore, con lo svilupparsi del suo senso sociale... L ’inferiorità organica o, ancor più, un’educazione troppo indul­ gente, durante l’infanzia, hanno viziato il bambino e lo hanno con­ dotto a formarsi questo particolare stile di vita, inibendo lo svilup­ po di un adeguato senso sociale... Secondo Adler, un bambino è ostacolato nello sviluppo di un adegua­ to ‘stile di vita’ (che include una quantità corretta di senso sociale e sentimenti sociali), quando viene viziato, trascurato e quando possiede inferiori capacità fisiche. Questi tre fondamentali “handicap dell’infanzia” devono essere affrontati e superati per mezzo della “forza creativa del bambino” . Il successo o il fallimento dipendono dal suo “stile di vita”, che a sua volta dipende dal modo in cui il bambino “utilizza l’eredità e l’influenza del suo ambiente” in “relativa libertà”. Che cosa esattamente faccia sì che il bambino abbia ‘relativa libertà’ nello stabilire il suo ‘stile di vita’ che condizionerà tutto il resto, Adler non lo dice chiaramente; ma presumibilmente ne vede la causa in un’espressione distinta e individuale dell’onda creativa dell’evoluzione umana (Yélan vital di Bergson) che persegue il suo fine ultimo di perfe­ zione. Per Adler, ogni persona deve essere avvicinata e curata come un caso individuale. In realtà, il mondo di Adler è un mondo di individui il cui compito come individui è considerato indiscutibile e decisivo. Tuttavia, per equilibrare il suo estremo individualismo e la sua accentuazione dell’Io e della ‘volontà di potenza’, Adler ha anche sottoli­ neato il senso sociale e l’idoneità dell’individuo a concorrere al progres­ so evolutivo dell’umanità. Il valore di un essere umano è determinato, per Adler, dalla sua capacità di contribuire “al più alto sviluppo dell’in­ tera umanità” . Quegli individui che “non hanno dato alcun contributo al bene comune... sono completamente scomparsi. Niente rimane di essi. È successo a loro quello che è successo alle specie animali che si sono estinte perché non sono state capaci di entrare in armonia con le realtà del cosm o...” , perché non avevano “afferrato il significato della vita” . Il problema per lo psicologo, a parere di Adler, è di aiutare l’indivi­ duo ad adattare i propri bisogni a imprese superiori, e il proprio “scopo di perfezione” allo “scopo collettivo e conclusivo dell’evoluzione uma­ na” . Anche il nevrotico, l’alcolizzato o il criminale hanno il proprio “sco­ po superiore; ma esso conduce in direzione così contraria alla ragione che siamo incapaci di riconoscere in esso un vero scopo di perfezione”. Il destino dell’uomo è “un’assimilazione vittoriosa con il mondo ester­

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no”, “la padronanza di tutti i vantaggi e gli svantaggi decretati dall’armo­ nia superiore”. Chi era quest’uomo che ha esaltato in tal modo la ‘volontà di potenza’ e identificato l’Io con il ritmo fondamentale della personalità totale? Alfred Adler nacque il 7 febbraio 1870, vicino a Vienna, in Austria. La sua famiglia era ebrea, ma suo padre si era convertito al Protestantesimo. Adler contrasse la polmonite all’età di cinque anni, e decise, fin da bam­ bino, di diventare medico. Riconobbe che la sua teoria del complesso di inferiorità aveva origine da una inferiorità organica infantile che si era sforzato di superare, aggiungendo che “proprio come la natura offre una compensazione per gli organi danneggiati, così anche lo spirito dell’uomo può essere educato a compensarlo per tutti i disturbi psichici prodotti da organi difettosi”.

circa le 14 7 febbraio 1870 nei pressi di Vienna

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Adler si laureò in medicina a Vienna nel 1895, cominciò a praticare come specialista in oculistica nel 1897, e incontrò Freud nel 1906. Quan­ do il suo Sole progresso raggiunse l’Ariete, Adler ruppe con Freud, formò la scuola di ‘Liberi psicoanalisti’ e pubblicò il giornale Internationale Zeitschrift fur Individuai Psychologie. Venne in America nel 1927, tenne conferenze alla Columbia University, e nel 1932 ebbe la prima cattedra di psicologia medica istituita in un’università americana (l’università di medicina di Long Island). Morì nel 1937 di un attacco di cuore mentre era ad Aberdeen, in Scozia. Aveva sposato a Vienna una studentessa russa, e da lei aveva avuto tre figlie e un figlio, così la sua casa era un vero laboratorio di psicologia infantile sperimentale, fattore importante per lo sviluppo delle sue idee. Non sono riuscito a trovare notizia della sua esatta ora di nascita, e mi vengono in mente molti possibili Ascendenti, in considerazione del suo tipo bio-psicologico e del genere di vita che condusse. Ma l’Ascendente più probabile, considerando le caratteristiche di Adler, è Cancro, con Urano retrogrado congiunto all’ascendente. Secondo i suoi biografi, Adler era allo stesso tempo “l’uomo più ac­ comodante e più difficile con cui avere rapporti, il più sincero e il più astuto, il più conciliante e il più intransigente” . Era “un uomo basso e robusto con begli occhi e una bella voce di tenore” (vedi la sua Luna congiunta a Giove nel Toro); aveva un “temperamento focoso (il quadra­ to di Marte-Sole a Giove-Plutone) tenuto sotto ferreo controllo, e con i suoi pazienti aveva un atteggiamento comprensivo” (Venere retrograda dominante, in creativo aspetto di quintile a Saturno). Se la carta natale scelta è corretta, il suo tratto più interessante dal punto di vista dell’analisi globale (o Gestalt) è il fatto che sia Urano sia Saturno sono al di sotto dell’orizzonte, rispettivamente nella prima e sesta casa, mentre tutti gli altri pianeti sono inclusi nel quadrato che Mercurio retrogrado in Acquario fa alla congiunzione Giove-Plutone in Toro, ai due lati del Medio Cielo e della Venere nei Pesci. I pianeti al di sopra dell’orizzonte (specialmente quelli in Acquario e Toro) si riferiscono alle tensioni emotive di Adler e ai suoi problemi organici; come pure alle dif­ ficoltà di adattamento sociale (vedi Nettuno quadrato a Urano all’Ascen­ dente) che possono essere stati in parte collegati a conflitti socio-religiosi di cui può non essere stato consapevole. D ’altra parte, Urano e Saturno simboleggiano il suo sforzo individuale teso alla soluzione dei suoi proble­ mi e la Venere retrograda, esaltata nei Pesci e congiunta al Medium Coeli, il risultato finale, manifestato e proclamato pubblicamente, di questo sforzo. Saturno in sesta casa potrebbe rappresentare il ‘complesso di inferio­ rità’ prodotto dalla debolezza fisica, ma anche la tendenza a imporsi una

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ferrea autodisciplina e profilassi mentale. Urano, congiunto all’Ascenden­ te in Cancro, si collegherebbe con l’insistenza di Adler sulla forza creativa dell’individuo, che cerca senza posa di superare la propria inferiorità e raggiungere i vertici dell’evoluzione umana. Il simbolo collegato al grado di Urano (sistema Sabiano) mostra “una fanciulla fragile e aristocratica che sposa un giovane proletario” , e da tale simbolo noi ricaviamo l’idea di una fusione tra passato e futuro, tra forma ed energia emotiva proiet­ tata in avanti. Indica anche la tendenza ad assimilare contenuti inconsci (il giovane proletario) da parte di una coscienza acculturata. Adler non attribuiva alcun valore reale all’inconscio, fosse quello de­ scritto da Freud o quello a cui si riferiva Jung. Non attribuiva neppure particolare valore ai sogni: Un sogno non ci dice niente di nuovo; niente che non possiamo trovare altrettanto bene nel comportamento del paziente. Con l’uso di metodologie accuratamente scelte, e selezionando il contenuto dei sogni, si può riconoscere come colui che sogna, guidato dal proprio codice di comportamento, si affanni a portare avanti il proprio stile di vita in contrasto con il buon senso, stimolando artificialmente le proprie emozioni (Social Interest). L ’unico inconscio per lui accettabile era la grandiosa spinta evolutiva verso un fine di perfezione che stimola l’individuo a superare le proprie debolezze e raggiungere il potere. Questa spinta è inevitabile. L ’uomo è destinato a lottare per avanzare ‘dal basso verso l’alto’, dai valori inferiori ai superiori, e, secondo Adler, ...ciò non solo fissa una fondamentale categoria di pensiero, la struttura della nostra ragione, ma, ciò che è più importante, produ­ ce la realtà fondamentale della nostra vita. L ’origine dell’umanità e gli inizi sempre reiterati della vita infantile lo imprimono nella mente con ogni atto psichico: “Conquista! Sorgi! Vinci!”. Questa sensa­ zione non ci lascia mai (Psycologies of 1930). Questa, “lotta per il successo, la sicurezza, l’accrescimento, che è alla radice di tutte le soluzioni dei problemi della vita, e si manifesta nel modo in cui affrontiamo questi problemi”, può essere vista, astrológica­ mente, nella congiunzione di Marte e Sole in Acquario nella carta natale di Adler. Anche il simbolo del grado del Sole aggiunge il significato di ‘predominio’ a questa posizione. Raffigura “un incendio boschivo che viene domato” e indica una esasperazione di problemi vitali che rivelano

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a una persona la sua vera statura, mettendola alla prova e sfidandola a mobilitare tutte le sue energie. Inoltre, Marte occupa un grado che sim­ boleggia la verifica di una forza e la capacità di esprimerla. Nel simbo­ lismo zodiacale, l’Acquario si collega alla liberazione della forza attraver­ so la volontà e l’immaginazione umane allo scopo di rendere dinamica la ricerca di nuovi traguardi. Giove congiunto a Plutone indica la possibi­ lità di uno sfogo creativo di questa liberazione dinamica di energia, poi­ ché il quadrato di Sole-Marte alla congiunzione Giove-Plutone suggerisce uno stato di tensione contro gli ideali conservatori del destino umano. Potremmo anche aggiungere che il quadrato della Luna in Toro al Mercurio retrogrado in Acquario implica un sostanziale conflitto mentale con 1’‘immagine materna’, una ribellione interiore che probabilmente venne trasferita e trasformata, più tardi, in tensioni coniugali. La mente di Adler operava, come fece osservare Jung, secondo una linea di introver­ sione. Per lui, la realtà interiore (l’Io), era di gran lunga più importante del mondo degli oggetti esterni o delle persone. È vero, sviluppò un forte interesse per i ‘sentimenti sociali’, ma era un atteggiamento di pura com­ pensazione (vedi Giove, la sua posizione e i suoi aspetti). L ’Io per lui non era solo il centro della coscienza (come lo è nella psicologia di Jung); assorbiva la totalità della personalità unificata e ciò implica che Adler avesse ridotto il campo della personalità al livello conscio. Ciò che Freud aveva cercato maldestramente di fare in modo clinico e riduttivo, ciò che Jung tendeva a stabilire su basi molto più ampie e sane, era mostrare che ciò che l’individuo chiama ‘sé’ (il suo ‘io’ unifica­ to) non è il suo essere totale, ma solo un essere superficiale. Mentre Freud si sforzava di rivelare le profondità della psichejamana, Adler, reagendo violentemente contro tale rivelazione, focalizzò tutta la sua at­ tenzione, ogni significato e valore sul sé superficiale. Egli glorificò la spinta evolutiva dal profondo alla superficie, ma il vero sé, per lui, era il culmine dell’evoluzione umana, unificata e univoca, che si manifesta come essere individuale, con ‘stile di vita’ e ‘regole di comportamento persona­ li’. Adler si occupava solo dell’élite integrata: non cercava di costruire esseri umani più complessi, più completi, con radici più profonde e una più approfondita estensione nella sfera sommersa degli istinti e delle energie fondamentali. Voleva solo sviluppare personalità vincenti; e sem­ brava non importargli molto quanto costasse questa vittoria. La vittoria - sosteneva - può essere verificata solo da un funzionamen­ to sociale efficiente. Lo scopo della capacità viene diretto, in modo errato, verso una superiorità opprimente sugli altri individui, o, correttamen­ te, verso una più piena cooperazione con gli altri e più ampia partecipa­ zione alla formazione creativa della ‘comunità ideale’, di un’umanità per­

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fetta. La mancanza del ‘senso sociale’ porta al modo errato; la coopera­ zione è la chiave per la soluzione costruttiva dei ‘tre problemi principali’ ai quali “tutti gli altri problemi della vita possono essere subordinati: il problema della vita in comune, del lavoro e dell’amore” (,Social Interest). Come si può aiutare il nevrotico o il disadattato sociale a mutare l’atteg­ giamento scorretto verso la società, verso il suo lavoro e le sue manife­ stazioni d’amore in un atteggiamento corretto? Adler risponde così: Chiunque non abbia acquisito durante la fanciullezza il necessa­ rio grado di senso sociale, non lo avrà successivamente nella vita... a meno che per caso alcuni dolorosi errori di costruzione siano riconosciuti e corretti dal soggetto. Le esperienze dolorose, per quanto frequenti, non potranno cambiare il suo stile di vita, finché non avrà raggiunto la comprensione. L ’intera opera di educazione, guarigione e progresso umano può essere promossa solo lungo linee di migliorata comprensione (Psychologies o f 1930). (Vedi Sole e Marte congiunti alla cuspide della nona casa, che è essenzialmente la casa della comprensione). La psicologia individuale ritiene che l’essenza della terapia con­ sista nel far prendere coscienza al paziente della sua mancanza di capacità di cooperare, e nel fargli capire che la mancanza di questa capacità ha origine in disadattamenti risalenti alla prima infanzia. Ciò che accade durante questo processo non è di scarsa importan­ za: la capacità di cooperazione del paziente è accresciuta dalla col­ laborazione col medico. Il suo ‘complesso di inferiorità’ si rivela erroneo. Si risvegliano coraggio e ottimismo. E il ‘significato della vita’ gli si rivela nel fatto che bisogna dare un giusto senso alla vita. Questo tipo di cura può essere iniziato a ogni stadio della vita spirituale (Psychologies of 1930). Adler, specialmente nei suoi ultimi anni, divenne essenzialmente un educatore e un moralizzatore sociale. La sua era una psicologia del suc­ cesso individuale. Ed egli considerava il successo psicologico come un progresso monolitico dell’individuo razionale, ben integrato nella società e punta avanzata dell’evoluzione umana. Sorgono tuttavia le domande: questo individuo vincente non sarà superficiale? Questa riuscita integra­ zione sociale e personale non nasconderà una povertà di contenuti inte­ riori e di radici? Adler compensa il freudiano rovistare nelle malsane ‘profondità’ subconsce della psiche umana con l’esaltazione delle ‘vette’ e della volon­ tà di vittoria dell’individuo conscio. Ma, leggendo Adler, ci si rende

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presto conto che le sue idee e le sue tecniche possono solo portare, nella maggioranza dei casi, a vuoti trionfi del ìin troppo conscio (perché esclu­ sivamente conscio) Io. Per questa ragione Adler ottenne i suoi maggiori successi in un'America che era passata attraverso lo sfavillante ottimismo del New Thought, esso stesso una versione più libera della Christian Science che ripudiava il male. Divenne compito di Jung prendere le caratteristiche migliori della psicologia del ‘profondo' e di quella del ‘sommo' e sviluppare un approccio psicologico che cercasse di raggiun­ gere l'integrazione dell'essere umano totale sulle basi della ricerca inter­ minabile di una sempre più completa ‘assimilazione’ dei contenuti della vita, della società e dell'universo.

3 Cari G ustav Ju n g e Papproccio positivo airinconscio

Nei capitoli precedenti abbiamo visto la psicoterapia svilupparsi in un metodo per trattare le aberrazioni del comportamento personale, che erano considerate manifestazioni di nevrosi. L ’analisi dei fenomeni nevrotici (in comportamento, pensiero e sentimenti), rivelò ai primi ricercatori il fatto che questi fenomeni venivano neutralizzati se (per mezzo dell’ipno­ si, dell’analisi dei sogni o altri metodi) alla persona nevrotica potevano esser fatti ricordare chiaramente certi tipi di eventi penosi della prima infanzia o dell’adolescenza, eventi che avevano causato un’impressione profonda o uno shock emotivo, ma che la persona aveva dimenticato. Questo fatto, e altri collegati, portarono filosofi come Pierre Janet e psichiatri come Sigmund Freud a capire che la natura interiore dell’uomo (la ‘psiche’) non era costituita solo da un’aggregazione di idee, di senti­ menti, percezioni, consci, ecc. ma includeva anche una grande quantità di materiale inconscio. Oltre a ciò che una persona conosceva di se stessa (oltre ai pensieri, ai sentimenti, agli stati d’animo, le aspirazioni, i deside­ ri e i ricordi che sapeva essere ‘suoi’) c’erano in lei anche molti impulsi e desideri sgraditi, strani, sgradevoli, immorali, e forse persino criminosi, che il suo Io cosciente non poteva accettare e dunque rimuoveva per paura, disgusto o orrore. Così rimossi, questi sgraditi contenuti della psiche erano visti ricadere nei recessi tenebrosi del ‘subconscio’, cioè al di sotto della soglia della coscienza. Erano i fuoricasta e i paria della psiche. La psiche, come le nostre città moderne, aveva ‘bassifondi oscu­ ri’, e se questi bassifondi psichici diventavano sovraffollati o venivano, in un modo o nell’altro, messi in subbuglio, i loro selvaggi, rozzi abitanti criminali, traboccavano, per così dire, nelle parti consce della psiche (paragonabili alla ‘buona società’) e provocavano distruzione, che si manifestava come sintomi nevrotici. Furono date varie spiegazioni per l’esistenza di questi ‘bassifondi psichici’ e dei loro indesiderabili abitanti nei primi anni di questo secolo,

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particolarmente da Pierre Janet, Freud e Adler. In pratica, tutte queste spiegazioni evidenziavano il carattere negativo dei fattori inconsci all’interno della psiche. Secondo Freud, i desideri, sentimenti e pensieri non accettati e rimossi avevano origine negli oscuri istinti della vita animale e particolarmente nelle prime manifestazioni della sessualità; in realtà era­ no visti come la risultanza di conflitti fondamentali tra la Vita’ e bordine sociale’. Per Adler, i contenuti inconsci della psiche non avevano quasi nessun significato, tranne che come conseguenza di un metodo sbagliato usato dall’individuo nel suo sforzo di conquistare la superiorità e affer­ mare la sua volontà di sopravvivere nonostante gli svantaggi psicologici o sociali. I contenuti inconsci erano rifiuti, materiali tossici che dovevano essere eliminati dall’individuo sano diretto in modo autonomo verso il proprio scopo e verso il bene ultimo della società umana. Poi venne Cari Gustav Jung. Nei suoi libri e nei suoi metodi di cura egli descrisse con ricchezza di dettagli, analogia e competente immagina­ zione un quadro completamente diverso dell’inconscio. In questo quadro riconosciamo alcune delle caratteristiche citate da Freud; ma Jung dimo­ stra che l’interpretazione di Freud della natura e dell’origine dei fattori psichici responsabili di nevrosi, isterismo e simili disturbi, è unilaterale e incompleta. Soprattutto, Jung distingue tra un inconscio ‘personale’ (il subconscio di Freud) e un inconscio ‘collettivo’. E questa distinzione sottrae immediatamente il metodo di Jung al campo strettamente clinico della cura delle nevrosi e lo porta nella sfera dell’educazione psicologica o della guida religiosa. Le idee di Jung divengono così punti di riferimen­ to per ogni persona che sia ansiosa di vivere una vita più piena e più equilibrata, più ricca e più integrata. La psicologia di Jung va alle radici del problema della vita umana e preannuncia una nuova epoca di comprensione psicologica e filosofica. La sua cautela scientifica e il suo desiderio di procedere di pari passo con lo sviluppo del pensiero del ventesimo secolo hanno (io credo) limi­ tato l’ambito della sua visione spirituale, perlomeno come la troviamo formulata nei suoi scritti pubblici; tuttavia, egli ha compiuto per la psi­ cologia ciò che Einstein ha realizzato nel campo della fisica. Ha stabilito un ‘nuovo’ schema di riferimento per il pensiero psicologico, e, poiché la psicologia è destinata ad assumere una funzione sempre crescente nel­ l’evoluzione del pensiero umano, una nuova civiltà (che ora avanza a stento verso formulazioni adeguate e manifestazioni concrete nella strut­ tura del vivere sociale e personale) gli è e gli sarà profondamente de­ bitrice. Si potrebbe far risalire l’interesse di Jung per i miti e per il simbolismo religioso al fatto che suo padre non era solo un uomo di chiesa di larghe

Cari Gustav Jung e l'approccio positivo a ll inconscio

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vedute, ma anche un uomo che aveva dedicato molto tempo allo studio del pensiero orientale. Comunque, quando aveva quasi quarantanni ed era ancora in rapporto con Freud, pubblicò il suo libro La psicologia dell inconscio (1912) dedicato all’interpretazione di alcuni temi fondamentali che si incontrano nelle mitologie antiche come pure nelle opere ispirate sia di poeti moderni sia di visionari. La pubblicazione di que­ st’opera portò le sue divergenze di opinione con Freud a una crisi acuta. Freud (perlomeno in quel periodo) insisteva nel limitarsi al campo dei conflitti personali che avessero cause riconoscibili in eventi oggettivi dei primi anni di vita di un individuo. Jung, d’altra parte, cominciò a sonda­ re la comune umanità di tutti gli esseri umani, cioè l’eredità psichica che il passato dell’evoluzione umana ha trasmesso a ogni nuovo nato. In altre parole, Jung cercò di dimostrare l’esistenza di un fondamento culturale e biologico collettivo nella psiche umana; un fondamento sul quale ogni persona costruisca o possa costruire, in modo più o meno creativo e originale, la struttura della propria individualità. Questo fon­ damento è il prodotto dell’esperienza ereditata biologicamente, social­ mente, culturalmente o religiosamente. Esiste nel profondo della vita interiore di ogni persona, ma è normalmente altrettanto inconscio delle funzioni organiche del respirare o dell’assimilare il cibo. I materiali che costituiscono questo fondamento di coscienza, tuttavia, possono venire alla superficie, oppure l’Io cosciente può scegliere di esplorarne le pro­ fondità ermetiche. Questi materiali allora appaiono alla coscienza come immagini di particolare vitalità e forza. Si rivelano in tale forma ai mistici o ai grandi poeti, ai creatori di simboli artistici, religiosi o politici, con il potere di influenzare un gran numero di persone. Hanno un tale potere poiché in realtà esistono in stato latente in ogni persona nella collettività. Non tutte le persone spe­ rimentano direttamente nella propria coscienza questi simboli, ma tutti sono stimolati e incitati a sentire o ad agire quando si trovano di fronte a questi simboli, per esempio in letteratura o nella pittura. Jung parla di queste immagini come di ‘immagini primordiali’ o come di ‘archetipi’ dell’inconscio collettivo. Tra queste immagini, possiamo citare la ‘Grande Madre’, lo ‘spirito’ (YAnima o Animus di una persona), il ‘vecchio saggio’, l’‘Eroe solare’, Inombra’, il ‘grande serpente’ (il potere vitale), il ‘simbolo della salvezza’ o il ‘Salvatore che redime’, ecc. Queste immagini sono qualcosa di più di semplici concetti o miti fantasiosi, prodotti dall’immaginazione di uomini eccezionali. Jung li considera con­ tenuti fondamentali dell’inconscio collettivo, o ‘strutture’ essenziali della psiche umana. La persona comune scopre queste immagini nelle tradizio­ ni sociali e religiose della sua giovinezza; e mentre in quanto individuo

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non è realmente conscia della natura e del significato di questi ‘archetipi’, familiarizza con il significato che hanno nella sua tradizione, ed è in grado di utilizzarne il potere nello stesso modo inconscio in cui respira. Tuttavia, ci sono persone che, per una ragione o per l’altra, perdono questo contatto inconscio con la loro tradizione di base e con gli atteg­ giamenti collettivi della loro società. Tali persone cercano, tranquillamen­ te o (molto più spesso) sotto tensione e sforzo, di sviluppare il loro proprio approccio individuale e i loro significati fondamentali. Non contente di accettare acriticamente ciò che la loro comunità o razza ha edificato per secoli, si ribellano. Proprio come, a un certo pun­ to, dovettero ribellarsi contro la loro madre e il suo amore soffocante per poter asserire ed esprimere la loro propria individualità, questi individui cercano di emergere anche da quel ‘grembo collettivo’ che è la tradizio­ ne, la religione, la cultura e la moralità. Questo emergere dalla Madre collettiva è la fase fondamentale di quello che Jung chiama il ‘processo di individuazione’, il processo che solo conduce alla maturità psicologica e spirituale. Nascita e rinascita spirituale, libertà dalla madre e liberazione dal passato, sono temi eterni nell’esperienza umana. Sono manifestazioni dell’eterna lotta tra l’individuale e il collettivo: una lotta che vivifica il significato di questi due opposti polari che si incontrano durante tutta la vita, e che devono prendere forma e significato individualizzato e conscio nell’esperienza di ogni uomo o donna che possano davvero reclamare la posizione di personalità individuale matura. Questo tipo di esperienza è determinato da problemi di relazione umana che raggiungono una certa profondità di valore, sia nella gioia sia nel dolore. Quando quella profon­ dità viene raggiunta (al di sotto del livello di ‘inconscio personale’ e delle sue rimozioni o frustrazioni che si possono far risalire a eventi dramma­ tici della fanciullezza o a shock emotivi), l’individuo si trova ad affrontare situazioni insolite e sogni insoliti. Il problema da affrontare non è più quello di normalizzare le sue reazioni emotive o cancellare ricordi di shock e di fallimenti personali; è essenzialmente il problema di instaurare un nuovo rapporto in profondità tra la sua individualità appena conquistata e le energie fondamentali, le funzioni e le coazioni strutturali della sua razza e della sua tradizione ancestrale. Egli, persona singola, affronta l’umanità con il suo intero passato... e, io aggiungerei (sebbene Jung non sia molto chiaro su questo punto) il suo intero futuro, incluso il disegno cosmico o divino dell’evo­ luzione umana. Un simile confronto deve avvenire in modo leale. Si può solo risolvere in un successo o fallimento spirituale. Secondo Jung, il successo conduce all’integrazione della personalità; il fallimento conduce

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a una cristallizzazione o disintegrazione regressiva della psiche, alla sopraffazione dell’Io conscio da parte delle energie dell’inconscio ri­ svegliato. Per capire il vero significato di tali eventi, dobbiamo studiare la cre­ scita, lo sviluppo e il crollo delle nazioni e società umane - e in partico­ lare della civiltà europea. Il ‘processo di individuazione’ è un processo universale nella sua portata, poiché opera a vari livelli e in relazione a vari tipi di entità individualizzate. È universale poiché si basa sull’intera­ zione ciclica e sulla lotta costante tra i due poli della vita universale: l’individuale e il collettivo. Il significato di queste due polarità era ben conosciuto dagli antichi saggi cinesi, che le chiamarono Yang e Yin, e che basarono la loro intera filosofia di vita, la loro etica, l’arte e i sistemi sociali sui ritmi periodici che queste polarità dispiegano in natura. Questo ritmo periodico si esprime in astrologia, prima di tutto, nello Zodiaco e nel suo simbolismo, basato com’è sul moto oscillatorio annuale del Sole in declinazione; vale a dire nello spostamento verso nord o verso sud dei luoghi ove tramonta il sole durante tutto l’anno. Ho discusso questo argomento esaurientemente nel mio libro The Pulse o f Life. Ma, riferito alla carta natale di un individuo, il contrasto tra i fattori che hanno a che fare con la struttura individuale della coscienza e i fattori che si riferiscono all’inconscio collettivo è rappresentato dalla distinzione tra, da una parte, i pianeti del sistema solare fino a Saturno incluso, e, dall’altra, i pianeti oltre a Saturno scoperti di recente: Urano, Nettuno e Plutone. Ho chiamato i primi ‘pianeti del conscio’, e gli altri ‘pianeti dell’inconscio collettivo’* e in un successivo capitolo studieremo il signi­ ficato di questa distinzione e il suo uso nell’analisi psicologica di una carta natale. Il lettore dovrebbe avere a questo punto un’idea generale di quanto Jung si sia allontanato dal tipo di approccio psicologico assunto da Freud. Con Jung vediamo emergere un concetto completamente diverso dell’in­ conscio. In contrasto con il quadro dipinto da Freud di un inconscio come un purgatorio o un inferno di contenuti psichici rimossi e virulenti, Jung rappresenta l’inconscio come un vasto regno di energia psichica dal quale emerge l’Io conscio. Questo processo di manifestazione, chiamato da Jung ‘individuazione’, può essere compiuto con maggiore o minore successo e creatività, e il materiale psichico che l’Io è riuscito a ‘differen­ * Si veda Gastrologia della personalità. Di questi ‘pianeti dell’inconscio’ l’autore si è occupato con grande profondità nel suo libro The Sun Is Also a Star (Dutton, N.Y., 1975) [N .d.C J.

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ziare’ e a individualizzare durante la sua vita, ritorna normalmente all’in­ conscio collettivo dopo la morte. In un certo senso, questo regno è l’oceano primordiale dell’essere umano; la matrice universale di tutto ciò che diviene, nel vivente, desiderio, sentimento, pensiero, intuizione e aspirazione. In un altro senso, è il serbatoio collettivo in cui si riversa tutto ciò che gli esseri umani hanno dato e daranno come contributo alla civiltà, sia che abbia valore positivo o negativo. A questo punto, dovrei probabilmente sottolineare il fatto che Jung non pensa a conscio e inconscio come a due specie di entità. Jung basa essenzialmente la sua dottrina e la sua tecnica su dati empirici, cioè su quello che egli e i suoi pazienti hanno sperimentato realmente nella loro vita interiore. Jung non è in primo luogo un filosofo; è un investigatore e un interprete che cerca di fondare la sua interpretazione su basi più ampie possibile, e non semplicemente su un concetto limitato di indivi­ dualità umana. Vede la psiche dell’uomo come qualcosa di vasto, costi­ tuito da molti fattori (o ‘contenuti’). Alcuni di questi contenuti sono consci (cioè collegati a un punto centrale, un Io); molti sono inconsci, ma premono contro i margini o contro la ‘soglia’ della coscienza, e in deter­ minate circostanze filtrano o erompono nel campo di questa coscienza, sulla quale presiede, o regna dispoticamente, l’Io. Per definizione, non sappiamo che cosa sia l’inconscio (altrimenti ces­ serebbe di essere inconscio!). Sappiamo che, in maniera conscia o semi conscia, facciamo resistenza all’ingresso di certi pensieri, sentimenti, im­ pulsi, comprensioni e intuizioni nel campo della coscienza. Ma perché facciamo resistenza a questi contenuti nascosti della nostra psiche? Può darsi che sia perché sono negativi in se stessi, rifiuti tossici delle ‘nostre vite non vissute’, ma può anche darsi che siano un richiamo verso una vita più grande, più piena, più spirituale, e che il nostro Io rifiuti di ammetterli nel suo ambito per paura o per inerzia. In altre parole, i contenuti inconsci della nostra psiche sono quelli che l’Io rifiuta di riconoscere, o quelli che rappresentano una-sfida a u n ’ul­ teriore crescita delle sue potenzialità e agli interessi radicati delle parti consce, razionalistiche (e razionalizzanti!) della nostra natura interiore. Così l’inconscio, a un esame superficiale, sembra essere antagonista della parte conscia. Pure (e questo è il punto essenziale), essi sono le due metà della psiche. Come scrive Jung: La psiche consiste di due metà discrepanti che, insieme, dovreb­ bero opportunamente formare un ‘tutto’ unico... (ma) la coscienza e l’inconscio non formano un tutto quando l’uno dei due viene represso o danneggiato dall’altro. Se proprio devono essere in

Cari Gustav Jung e l'approccio positivo aWinconscio

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contrapposizione, che sia una lotta leale con uguali diritti da en­ trambe le parti. Ambedue sono aspetti della vita. Che la coscienza difenda pure la sua ragione e le sue pratiche autoprotettive, e che si dia un’equa possibilità alla vita caotica del subconscio di espri­ mersi a modo suo, perlomeno finché possiamo sopportarlo. Ciò significa conflitto aperto e aperta collaborazione allo stesso tempo. Eppure, paradossalmente, è presumibilmente quello che la vita umana dovrebbe essere. È la vecchia storia dell’incudine e del mar­ tello: il ferro che soffre, tra di loro, sarà alla fine forgiato in un’uni­ tà indistruttibile, l’individuo. Questa esperienza è ciò che viene definito, in successivi capitoli di questo libro, il processo di indivi­ duazione {Vintegrazione della personalità). Tutto questo porta a un concetto di ‘personalità’ come totalità orga­ nizzata dell’esperienza umana e dei contenuti psichici, sia consci sia in­ consci. L ’inconscio non deve mai essere considerato un territorio chiuso con confini determinabili, ma piuttosto un canale attraverso il quale l’in­ tero universo (passato, presente, futuro) potenzialmente si riversa nella psiche umana. In questo modo, la personalità rimane aperta a incessante espansione e crescita. Una crescita radicale deriva dalla ‘interpenetrazione reciproca’ di conscio e inconscio; il fondersi dell’ordine razionale e delle energie vitali irrazionali. Questi opposti antitetici devono essere conciliati nell’esperienza dell’individuo, devono essere integrati in una vibrante, pulsante totalità della personalità, nella quale nessuna funzione venga rimossa o sottovalutata, ma nella quale ogni funzione occupi il proprio posto nell’economia di un tutto in continua espansione. L ’espansione avviene da una realizzazione a un’altra realizzazione ancora più grande, attraverso crisi di crescita nelle quali la coscienza individualizzata assimila una porzione sempre più ampia dell’essenza universale. In questo proces­ so di crescita, l’individuo impara a comprendere di avere un significato ultimo solo attraverso la propria partecipazione al tutto universale. Inve­ ce di agire partendo soltanto dal suo centro conscio (l’Io), egli avanza, ritmicamente e serenamente, partendo dal centro della totalità integrata del suo essere, che Jung chiama ‘il Sé’. Come scrive Jolande Jacobi nel suo interessante libro, La psicologia di C.G. Jung, il Sé è “quel punto focale della nostra psiche nel quale si mostra più chiaramente l’immagine di Dio, e l’esperienza del quale ci dà la conoscenza, come nient’altro, del significato e della natura della nostra somiglianza con Dio. È il primitivo ideale cristiano del Regno di Dio che è ‘dentro di voi’. È l’estrema possibilità di esperienza nella psiche e della psiche”.

L ’approccio di Ju n g alla personalità e la via astrologica all’autorealizzazione

Cos’è la ‘personalità’? Le risposte a questo problema differiscono tan­ to quanto gli approcci psicologici che gli uomini hanno assunto verso il problema centrale della vita umana. Secondo alcuni filosofi medievali, solo Dio è dotato del supremo attributo della personalità, perché Egli solo è un essere completo, autosufficiente e indipendente. Nella recente letteratura teosofica o cosiddetta occulta, il termine ‘personalità’ è stato usato in opposizione a ‘individualità’; il primo infatti definisce la natura sempre mutevole e terrestre dell’uomo, mentre il secondo si riferisce all’entità relativamente permanente e spirituale che si pensa essere la realtà essenziale dell’uomo. La personalità, nella psicologia classica, è indiscutibilmente collegata alla coscienza; ma Freud cercò di ridurre l’unità della personalità, prima data per scontata, a componenti instabili, energie subconsce, meccanismi psichici, complessi, e a una brama in un certo senso disperata di irrag­ giungibile perfezione. Adler reagì all’approccio freudiano sottolineando l’unità della personalità, identificando la personalità con l’Io, e liberando­ si dei fattori inconsci nella vita psichica dell’individuo col considerarli sottoprodotti residui e tossici di un tipo di adattamento alla vita e alla società inefficace e morboso, un adattamento controllato dalla perenne volontà di potenza e di superiorità. Nello studiare la psicologia di Jung, scopriamo che il suo concetto di personalità è molto ampio e comprensivo: che la personalità è un orga­ nismo in via di evoluzione, il cui carattere integrato e la cui completezza non dovrebbero essere dati per scontati, ma dovrebbero invece essere considerati la finalità essenziale (ma difficile da raggiungere) della vita per gli esseri umani. L ’integrazione della personalità non è solo un pro­ cesso complesso e arduo; non ha neppure un fine concepibile, poiché la personalità è essenzialmente il prodotto della reciproca interpenetrazione, armonizzazione e integrazione di due specie di fattori, fondamentalmente

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distinti e apparentemente opposti (eppure complementari) nella vita psichica dell’uomo. Questi fattori si riferiscono o alla coscienza e al centro che controlla la coscienza, l’Io, oppure appartengono al campo dell’inconscio. Poiché il campo dell’inconscio non ha confini conoscibili, ma si estende in teoria ad infinitum in direzione di una sempre più ampia esperienza dell’universo, ne consegue che non possono essere posti limiti definiti all’ambito della personalità. Il campo della coscienza può sempre includere una totalità più ampia dei contenuti precedentemente inconsci. Alcune brevi citazioni da Jung aiuteranno a porre in una prospettiva ancora più chiara la sua idea delle relazioni tra conscio e inconscio. Proprio come il corpo umano mostra un’anatomia comune al di sopra e al di là di tutte le differenze razziali, così anche la psiche possiede un sostrato comune. Io l’ho chiamato inconscio collettivo. Essendo eredità umana comune, trascende tutte le differenze di cultura e di coscienza, e non consiste semplicemente di contenuti suscettibili di divenire consci, ma di inclinazioni latenti che portano a identiche reazioni. Così, l’inconscio collettivo è semplicemente l’espressione psichica di identiche strutture cerebrali che non tengo­ no conto di alcuna differenza razziale. Per mezzo di esse possono essere spiegate le analogie, che arrivano fino all’identità, tra i vari miti e simboli, e la capacità di comprensione umana in generale. Le varie linee di sviluppo psichico scaturiscono da un ceppo comune le cui radici si estendono nel passato. Preso in senso strettamente psicologico, ciò significa che abbia­ mo comuni istinti di ideazione (immaginazione) e azione. Ogni im­ maginazione e azione conscia è derivata da questi prototipi inconsci e rimane legata a essi. Senza alcun dubbio, la coscienza proviene dall’inconscio. È qual­ cosa che dimentichiamo troppo spesso, e perciò tentiamo sempre di identificare la psiche con la coscienza (Commento al Segreto del fiore d'oro). La distinzione tra mente e corpo è una dicotomia artificiale, una discriminazione che è indubbiamente basata molto di più sulla peculia­ rità della comprensione intellettuale che sulla natura delle cose. In realtà, così stretta è l’interconnessione di tratti fisici e psichici, che non solo possiamo trarre ipotesi di ampia portata sulla costituzione del corpo, ma possiamo anche ipotizzare da peculiarità psichiche le corri­ spondenti caratteristiche corporee (Modem Man in Search of a Soul). La ‘psiche’ è sia fisica sia mentale (Commento al Segreto del fiore d'oro).

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La psiche è un sistema autoregolantesi che si mantiene in equi­ librio così come fa il corpo. Ogni processo che va troppo oltre, immediatamente e inevitabilmente richiede un’attività compensatoria. Senza tale adattamento non esisterebbe un normale metabolismo, e neppure una psiche normale. Possiamo prendere l’idea di compen­ sazione, così intesa, come la legge che regola gli eventi psichici. Troppo poco da un lato ha come risultato troppo dall’altro lato. La relazione tra conscio e inconscio è di tipo compensativo {Modem Man in Search of a Sout). Non c’è personalità senza definizione, pienezza e maturità... Lo sviluppo della personalità significa fedeltà alla legge del pro­ prio essere... Quando tutto è stato detto e fatto, l’eroe, il capo e il sapiente è anche colui che scopre nuove vie verso più grandi certezze. Si potrebbe lasciare tutto come prima, se queste nuove vie non esiges­ sero di essere scoperte, e non perseguitassero l’umanità con tutte le piaghe d’Egitto finché queste scoperte non vengano attuate. La via non scoperta, in noi, è come un contenuto vivo nella psiche. La filosofia classica cinese lo chiama il ‘Tao’ e lo paragona a un corso d’acqua che irresistibilmente muove verso la sua foce. Essere nel Tao significa adempimento, completezza, una vocazione seguita, inizio e fine e completa comprensione del significato dell’esistenza innato nelle cose. La personalità è il Tao (LJintegrazione della per­ sonalità). Queste citazioni, per quanto frammentarie, delineano per noi il qua­ dro fondamentale della personalità che Jung sviluppa con grande ricchez­ za di dettagli attraverso i suoi numerosi scritti. Richiamano anche alla mente la ragione per cui le tecniche sviluppate dalla tradizione astrologi­ ca possono essere di estrema utilità pratica per l’individuo che cerca di procedere nell’arduo cammino dell’integrazione della personalità; purché queste tecniche astrologiche vengano usate in modo nuovo, un modo diret­ to consciamente all*ottenimento di una personalità positiva, definita, piena e matura. Usare così Pastrologia non è facile; che non vi sia alcun dubbio al proposito! Non è facile, perché un’astrologia finalizzata alla realizzazione integrale della ‘legge del proprio essere’ deve essere prima di tutto pur­ gata di ogni atteggiamento, credenza e aspettativa tradizionali che fre­ quentemente creano, nello studioso come in chi lo consulta, timori, un senso di inferiorità o un falso ottimismo. Peggio ancora, l’astrologia nel suo aspetto popolare spesso causa una dipendenza psicologicamente

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malsana dal consiglio di praticanti per nulla infallibili e insufficientemen­ te preparati in questa difficilissima arte. Tale dipendenza, in linea di principio, non sarebbe peggiore della dipendenza del cliente dal suo psicoterapeuta o ‘analista’, se l’astrologo fosse uno psicologo esperto, e fosse realmente dedito al benessere psicologico dei suoi consultanti, ma, sfortunatamente, ciò non succede spesso. Non succede, non perché gli astrologi siano persone meno oneste degli psicologi, ma semplicemente perché l’approccio che il pubblico astrologico si aspetta da un astrologo non è nel complesso psicologicamente costruttivo. Se una persona va a consultare uno psicoterapeuta, il suo scopo di solito è raggiungere un migliore stato di sviluppo psichico, e magari di essere guarita da qualche disturbo mentale acuto. Si aspetta la guarigione o un’esistenza più piena. Ma la persona media che cerca il consiglio dell’astrologo si aspetta il tipo di informazione che di solito non porta a una vita interiore più piena, più ricca, più definita, e più matura. ‘Conoscere il futuro’ (anche se resta inteso che vi può essere cono­ scenza solo dei potenziali eventi futuri) non porta, di per sé, all’integra­ zione personale. Non è, di per sé, conoscenza psicologica sana. Persino la conoscenza di quale corso di azione abbia maggiori probabilità di ‘successo’ in una data circostanza non è, in se stessa, di gran valore, psicologicamente parlando. Sarebbe un guaio se, pur avendo successo esteriormente (o proprio a causa di questo successo esteriore) tale cono­ scenza creasse uno stato di dipendenza da procedimenti astrologici ma­ lamente intesi e un falso senso di sicurezza psicologica. Qual è allora l’uso psicologico valido dell’astrologia dal punto di vista adottato da Jung? Può solo essere la chiarificazione (il rendere più coscien­ te e obiettivamente reale) della 'legge del proprio essere. Ogni procedi­ mento o pratica astrologica che non abbia questo fine, e in cui il pra­ ticante o il consultante non si aspettano che abbia questo fine, è nocivo alla salute psicologica e non può favorire il processo di integrazione della personalità. Ciò non significa che non si possano usare applicazioni astro­ logiche che non siano soprattutto, o che non siano affatto, dirette al benessere psicologico degli individui. Indica semplicemente quale sia l’uni­ co fine fondamentale di ogni applicazione costruttiva di metodi astrolo­ gici agli individui, siano queste tecniche astrologiche carte natali, pro­ gressioni, transiti, ecc. Se questo è il caso, la domanda a cui dobbiamo rispondere è: Come può Pastrologia aiutare l’individuo a raggiungere una coscienza più chiara e obiettiva della legge del suo essere, e quindi del suo vero sé? Tutti i miei scritti in libri e riviste astrologiche sono stati essenzialmen­ te diretti a rispondere a questa domanda. L ’astrologia, ho dimostrato,

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può essere usata come mezzo di ‘autorealizzazione’, come un potente aiuto nel ‘processo di individuazione’; cioè, nel processo di diventare, nella realtà e nella pienezza della vita cosciente, ciò che si è, alla nascita, solo potenzialmente. L ’individualità (cioè, l’unicità strutturale dell’essere) è potenziale o latente in ogni bambino appena nato. Diventa una realtà solo attraverso gli sforzi persistenti e coerenti del giovane come del vec­ chio di raggiungere la maturità interiore. Ciò che l’astrologia può fare per aggiungere successo a questi sforzi è offrire all’individuo potenziale (o alla persona più anziana, confusa, che porta il peso di troppi errori) il progetto della struttura della sua individualità. L ’astrologia, in altre parole, offre a una personalità in via di evoluzio­ ne, che forse brancola neH’incoscienza e nell’immaturità psicologica, l’archetipo della sua personalità potenziale: ciò che sarebbe, se diventasse ciò che potenzialmente è. Un archetipo è come un seme: la potenzialità di una particolare struttura di un essere organico. Può darsi che il seme non cresca mai fino a diventare una pianta pienamente sviluppata. Ma, nel caso che cresca, diventerà nella realtà ciò che il seme contiene in potenzialità. Una ghianda non diventerà mai un albero di mele; ma veder cadere una ghianda sul suolo non indica se, in quel posto, una quercia raggiungerà mai la maturità. Uastrologia si occu­ pa solo di potenzialità; mai di eventi definiti o destinati. Jung usa sempre il termine ‘archetipo’, e il modo in cui lo definisce ha un grande significato per l’astrologo che cerca di valutare il significato psicologico corretto di una carta natale, un ‘archetipo’ di un genere speciale. Gli archetipi sono, nella filosofia di Jung, punti focali o campi di forza dell’inconscio collettivo; cioè, sono immagini che determinano e controllano le attività più fondamentali di ciò che abbiamo chiamato ‘la comune umanità dell’uomo’. Essi esprimono le risposte più primordiali e più comuni di tutti gli esseri umani a poche situazioni fondamentali; e ci appaiono come immagini simboliche nei sogni, come pure in tutti i miti o concezioni religiose. Queste immagini simboliche hanno un enorme potere. Possono influenzare vaste collettività, provocando conversioni religiose o portando a crimini razionalmente inesplicabili. Hanno un lato oscuro, oltre a quello luminoso. Ciò che è importante capire, tuttavia, è che solo la loro forma è deter­ minata, non il loro contenuto; che “l’essenza ultima del loro significato può essere delimitata, ma non descritta” . “La forma di questi archetipi”, dice Jung, “è in un certo senso paragonabile al sistema assiale di un cristallo, che predetermina per così dire la forma cristallina nella soluzione satura, senza possedere in se stesso esistenza materiale”. Questo ‘sistema assiale’ determina solo la

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possibilità che si formi concretamente una certa caratteristica. Quale di queste formazioni possibili verrà in realtà concretamente realizzata di­ pende dalla natura della ‘soluzione satura’, cioè, nel caso degli archetipi, dalla comune esperienza dell’umanità, o della particolare razza o cultura alla quale un individuo appartiene. Quando una persona sogna una misteriosa figura materna dotata di attributi cosmici (o quando il pittore ispirato dipinge una simile figura) l’immagine suscitata non è in realtà creazione di colui che sogna, o del­ l’artista, come entità individuali. L ’immagine è già latente nel suo subcon­ scio, come la forma della foglia della quercia è latente nella ghianda. L ’archetipo ha quindi una specie di esistenza obiettiva in un regno incon­ scio di potenzialità, un regno al quale si riferisce Goethe nel Secondo Faust come il ‘regno delle Madri’. Infatti, Jung chiarisce che “l’inconscio è la madre della coscienza”. Gli occultisti hanno anche parlato, con significato sostanzialmente uguale, del regno della ‘luce astrale’, che crea nei suoi aspetti superiori, e riflette nei piani inferiori. Hanno anche usato le espressioni Anima Mundi e le ‘Vergini della luce’, riferendo queste ultime ai segni dello Zodiaco, considerati come espressioni simboliche delle grandi ‘Gerarchie creative’ che sono i costruttori dell’universo, e dell’uomo in generale. Queste gerarchie sono viste come agenti collettivi, o Schiere spirituali, attraverso i quali opera YAnima Mundi; Jung parla anche degli archetipi dell’inconscio come ‘organi dell’anima’. Questi ‘organi dell’anima’, tuttavia, sono la concentrazione dell’espe­ rienza comune di miriadi di generazioni di esseri umani. Essi sono insiti nell’umanità come gli istinti sono insiti negli animali e in fondo anche nell’uomo. Istinti e archetipi sono della stessa natura. E, se si comprende questo, vediamo anche come, nelle cosmologie esoteriche o ‘gnostiche’, le summenzionate Schiere creatrici siano considerate come quintessenza dell’esperienza spirituale di vaste collettività di esseri che sono vissuti in universi o sistemi solari precedenti, e in essi hanno raggiunto l’immortalità. [Il numero degli archetipi è] relativamente limitato, poiché esso corrisponde al numero delle possibilità di ‘esperienze tipiche fondamentali’, come quelle che gli esseri umani hanno avuto dall’inizio dei tempi... [pure] la somma di questi archetipi rappresenta per Jung la somma di tutte le potenzialità latenti della psiche umana: un enorme serbatoio inesauribile di antica sapienza riguardante le più profonde relazioni tra Dio, l’uomo e il cosmo. Aprire questo serba­ toio alla propria psiche, risvegliarla a una nuova vita, e integrarla con la parte cosciente, significa perciò niente di meno che togliere l’individuo dal suo isolamento e incorporarlo neWeterno processo

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cosmico... Rimuovere la confusione e l’isolamento dell’individuo moderno, far sì che egli possa trovare il suo posto nella grande corrente della vita, aiutarlo a trovare una completezza che consape­ volmente e deliberatamente leghi il suo lato luminoso della parte conscia a quello oscuro della parte inconscia, questo è il significato e lo scopo della guida di Jung (J. Jacobi, La psicologia di C.G. Jung). Ho messo in corsivo alcune delle succitate frasi perché chiariscono il legame tra la psicologia di Jung e l’astrologia. Il significato simbolico della carta natale di un individuo, tracciata per l’esatto momento e luogo di nascita, è veramente, per quanto riguarda il valore psicologico, un archetipo nel suo subconscio. È forse il più potente di tutti gli archetipi, quando viene fatto affiorare alla luce della coscienza, in quanto può determinare l’intera condotta dell’individuo, l’intero atteggiamento verso se stesso e la sua vita, e la qualità delle sue aspettative per quanto riguarda gli eventi futuri e il suo destino nel suo complesso. La carta natale è un simbolo di straordinaria potenza, e questo simbolo, poiché è basato sull’esperienza primordiale del cielo da parte dell’umanità (una comprensione meravigliosa di ordine trascendente in mezzo a una vita di caos terreno) apre la porta alla capacità dell’uomo di “trovare il proprio posto nel grande fiume della vita” secondo un modello di ordine archetipi­ co. Questo modello di ordine nella realtà viene offerto all’uomo dallo spettacolo di punti e dischi di luce che si muovono senza sosta nel cielo. Sono lì perché l’uomo li ammiri. Per una persona, studiare la propria carta natale significa scoprire l'ordine celeste alle radici del proprio essere. È scoprire la particolare fase dell'Anima Mundi (l’anima del mondo, La Grande Madre) che divenne la forma nella quale la natura umana gene­ rica e collettiva venne versata, quando l’individuo emerse nel mondo di aria e di luce come neonato dotato di respiro. Il momento del primo respiro è il grande simbolo dell’atto individua­ lizzante con il quale la natura umana non generata emerge dalla ‘madre oscura’ (il grembo della terra) e comincia ad agire nel regno della ‘madre celeste’. Nel grembo, l’uomo è avviluppato e grandemente condizionato dalla natura umana generica, ma appena emerge da questo grembo e si trova sotto la volta del cielo (la ‘chiesa’ celeste nella quale officiano le ‘Vergini di luce’ zodiacali), si trova a entrare in un regno di essenziale libertà. Egli respira\ e in questo suo atto di respirare, l’uomo è il simbolo archetipico del suo stato individualizzato. È libero di alterare il suo respi­ ro, e attraverso il potere del respiro (che è anche il potere del Verbo pronunciato) l’uomo può provare a se stesso di essere unico e padrone o condannarsi a una vita individuale rudimentale e fallimentare.

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Lo Yoga degli antichi indiani era basato su questa comprensione del significato e del potere del respiro; e così pure lo era, in un altro senso, l’astrologia. L ’astrologia era il mezzo per collegare il primo momento della libertà individuale (il primo respiro) alT‘eterno processo cosmico’. L ’astrologia era perciò, e può essere oggi, un metodo per “sottrarre l’individuo al suo isolamento e incorporarlo nel processo eterno” , un metodo che viene così diretto proprio allo stesso successo finale che Jacobi descrive come lo scopo della guida psicologica junghiana. Le fina­ lità dei due metodi sono identiche nella loro essenza; e le metodologie presentano molte caratteristiche analogie, come pure egualmente caratte­ ristiche differenze. Il primo punto da sottolineare è che la funzione principale dell’astro­ logia, considerata nel senso psicologico descritto sopra, è di aiutare (con le parole di Jung) “a riconoscere il proprio sé per quello che per natura è, in contrasto con quello che si vorrebbe essere”; e, come aggiunge la Jacobi, “probabilmente non c’è niente di più difficile per l’uomo che riconoscere ciò ...”. La carta natale, considerata come simbolo della par­ tecipazione fondamentale al processo universale da parte dell’individuo, può rivelare all’individuo ciò che egli è per natura, e in questo modo ciò che egli può realizzare, se vive in armonia con questa ‘legge’ del suo essere individuale. Ma la carta natale tratta di relazioni simboliche, con formule di interazione funzionale, che devono tutte essere interpretate, come devono essere interpretati i sogni, se devono diventare psicologica­ mente significativi ed efficaci. E, come un sogno, la carta natale può essere interpretata in molti modi. Può essere vista come un tutto dinami­ co e creativo, come un invito all’integrazione, oppure come un aggregato di informazioni frammentarie sulle preoccupazioni più comuni dell’umanità (ricchezza, case, storie d’amore, salute, matrimonio, affari, successo, ecc.). La pratica normale e tradizionale dell’astrologia tratta il secondo tipo di astrologia. Di regola, l’astrologo cerca informazioni che riguardano eventi, passati o futuri, o la conoscenza di caratteristiche isolate del tem­ peramento personale del suo cliente. L ’astrologia non ha allora alcun fine di integrazione psicologica (soprattutto perché il cliente o l’astrologo stesso non si aspettano che essa abbia tale scopo. La maggior parte della gente si avvicina all’astrologia oggi nello stesso modo in cui si avvicina all’argomento dei sogni) in modo disorganizzato, dilettantesco, frammen­ tario e quindi malsano. Chiunque si aspetti che i simboli onirici o delle carte natali lo condu­ cano verso una personalità più piena, più totale, più conscia, e più ma­ tura, deve prendere un atteggiamento molto più serio e responsabile. Dovrebbe rendersi conto che, mentre il contatto con l’archetipo dell’in­

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conscio e con i tracciati celesti del momento di nascita può portare un individuo a uno stato ricco e sereno di realizzazione della personalità, un tale contatto può anche portare a spaventose conseguenze psicologiche. La carta natale è molto diversa in realtà da una semplice classificazione di fattori. Una volta che sia stata studiata e le sia stata prestata l’attenzione indispensabile, la carta comincia ad agire come un potere dinamico nell inconscio. Essa ‘agisce’ sull’astrologo. Porta le tendenze alla coscienza (producendo così eventi), tendenze che altrimenti sarebbero potute rima­ nere latenti e nascoste. Chiunque creda nel significato della carta natale e nella validità dell’interpretazione datale (da se stesso o da un astrologo praticante) non è più del tutto la stessa persona. Il suo orientamento verso l'inconscio è stato alterato, per quanto lievemente. Non rendersi conto di ciò è andare in cerca di veri pericoli, poiché l’atteggiamentoidi una persona verso il proprio inconscio è il fattore più dinamico della sua personalità. Il processo di integrazione della personalità è, infatti, sempre gravido di veri pericoli psicologici. Nessuno lo riconobbe più chiaramente di Jung, che affermò recisamente che nessuno sarebbe mai potuto riuscire pienamente in questo processo a meno che non fosse spinto dall’interno da una vera ‘vocazione’, da una necessità interiore.* Come dovrebbero rendersene conto anche gli astrologi! Ci sono, tuttavia, necessità colletti­ ve oltre che individuali. Viviamo in un’età esplosiva (una crisi globale nello sviluppo dell’umanità) il che richiede che noi tutti assumiamo nuo­ ve responsabilità e affrontiamo deliberatamente pericoli nuovi in nome di uno scopo collettivo che non possiamo più ignorare. Questa è un’età di integrazione globale, sia che per ‘globo’ noi intendiamo il pianeta Terra, oppure la sfera della totalità della nostra psiche, corpo e mente. Dobbia­ mo perciò seguire una via di integrazione totale, nella personalità come pure nella società. E dobbiamo essere disponibili ad accettare rischi, o altrimenti diventare meno che umani. Perché essere umani significa esse­ re una totalità cosciente; significa essere un microcosmo, un centro di forza e di significato all’interno del vasto organismo del macrocosmo: il Tutto universale.

* Si veda l’ultimo capitolo dell 'Integrazione della personalità, di C.G. Jung.

5 L'A nim a e l’Animus nell’analisi junghiana e il simbolo lunare in astrologia

Nei capitoli precedenti abbiamo studiato il significato che C.G. Jung attribuiva nel suo sistema psicologico all'inconscio e alle immagini pri­ mordiali (archetipi) che da esso emergono sulla soglia della coscienza individuale. Gli archetipi dell'inconscio collettivo sono basati su espe­ rienze primordiali tanto vitali e universali che le normali reazioni a essi sono state profondamente impresse nella natura umana come istinti, at­ teggiamenti tradizionali e comportamenti coatti. Tali reazioni umane a situazioni universali di vita sono ereditate; a dire il vero sono condizio­ nate da, e sono l'espressione psicologica di, strutture organiche del cor­ po, specie del cervello. E l'individuo medio non è maggiormente coscien­ te dei contenuti della profondità della sua psiche che delle funzioni del suo sistema digestivo o circolatorio. Se, tuttavia, un individuo si pone (o è posto dalle peculiari richieste della civiltà moderna} in circostanze che ostacolino o precludano reazioni naturali o stabilite ancestralmente a situazioni fondamentali e tradizionali del vivere umano, quasi inevitabilmente ne risulteranno dei disturbi. Questi disturbi colpiscono il funzionamento organico normale del corpo o della psiche, o di ambedue. Se è colpito il corpo, si avranno malattie e dolore fisico. Se l'effetto è prima di tutto psicologico, la coscienza registra di­ sturbi psichici e influenza l'Io. I disturbi alterano il normale stato di equilibrio tra il conscio e l'inconscio e mettono così in forse la stabilità delle strutture che l'Io si è costruito. L'Io, come centro che controlla la coscienza, governa su un campo di attività psichica che è costantemente circondato dal vasto e misterioso regno dell’inconscio. L'Io agisce come un re di un paese oltre i cui confini si estendano mari, montagna e foreste abitate da razze sconosciu­ te. Queste razze possono essere barbare, o possono essere altamente civilizzate. Sia nell’uno sia nell’altro caso, i loro modi di vivere strani e diversi possono essere affrontati sulla base di scambi commerciali fruttiferi,

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e si può avere un vivificante interscambio di valori. Si possono avere periodi, tuttavia, nei quali, sotto la pressione di condizioni interne o esterne, il ritmo normale di comunicazione e di scambi tra il regno dell’Io (il campo della coscienza) e le vaste regioni dell’inconscio sia disturbato. L ’Io può decidere (o esservi costretto dalla pressione delle richieste sociali) di agire o cercare espressione in un modo contrario ai modelli di comportamento generici e culturali che sono normali per la natura umana o per le tradizioni più profonde di una particolare religio­ ne o cultura. Allora, la psiche nel suo complesso (che è parte conscia e parte inconscia) viene a essere disturbata. Se il disturbo dura abbastanza a lungo, si crea un complesso o si sviluppa una nevrosi. La parte conscia diventa rigida o bellicosa, isolazionista o aggressiva; cessa di avere scambi pacifici con la parte inconscia che, con le energie arginate o ridotte in schiavitù dall’Io, diventa esplosiva e cerca vendetta. Nei primi stadi del conflitto, l’inconscio sembra cedere. La natura umana cerca di adattarsi alle richieste dell’Io e alla sua volontà conscia; e tutti sappiamo a quanto si può spingere l’adattamento, per un po’. Tuttavia, se la pressione del comportamento anormale dellTo sui ritmi naturali della comune umanità di quella persona viene mantenuta o au­ mentata, la ‘natura umana’ si ribella, apertamente o con una resistenza ‘sotterranea’. Può darsi che da principio la ribellione non influenzi l’equi­ librio delle funzioni biologiche in modo percepibile; ma è probabile che si manifesti con modalità psichiche, per esempio con sogni strani e ossessivi pieni di ansia e di un senso oscuro di minaccia. Ogni istinto, in quanto comune espressione fondamentale della natura umana, può manifestarsi come immagine archetipica nei sogni, o può essere liberato attraverso fantasie a occhi aperti e simboli artistici il cui significato profondo può essere o no conosciuto dall’artista. Ma questi archetipi dell’inconscio pervengono nel campo della coscienza solo nel momento e nel luogo in cui vi sia necessità di essi, una necessità della personalità al cui interno essi prendono forma, secondo modelli antichi e ancestrali. Secondo Jung, la coscienza si adatta all’ambiente secondo direzione, proposito e finalità, e l’inconscio agisce in un modo che compensa quanto vi sia di unilaterale in queste attività consce. Jung sottolinea queste fun­ zioni compensatorie dell’inconscio, considerandole come una prova che la psiche è un tutto organico. Proprio come il corpo tutto intero cerca sempre di ripristinare l’equilibrio organico disturbato dalle azioni volon­ tarie e forzate in cui l’uomo civilizzato indulge costantemente, e come la perdita di un organo del corpo (o la distruzione di una parte del cervel­ lo) è compensata dal corrispondente sovrasviluppo di qualche altro orga­ no o funzione, allo stesso modo anche la psiche crea il proprio equilibrio.

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Se una persona forza volontariamente la propria psiche a rispondere a esperienze esterne in modo standardizzato e limitato, questo atteggia­ mento artificiale o forzato provocherà un tipo di attività egualmente esagerato e opposto nell’inconscio. Se una persona giovane ha idolatrato il padre e la sua adorazione ha sbilanciato le sue reazioni naturali verso la società e riguardo al suo proprio sviluppo, può darsi che abbia allora sogni in cui il padre appare come una persona insignificante, meschina, o persino mostruosa. Se un individuo si identifica con il proprio atteggiamento sociale o professiona­ le in modo tale da esibire continuamente le affettazioni e le caratteristi­ che tipiche della propria posizione o classe sociale, sviluppa una masche­ ra (o Persona) di cui è sempre più difficile liberarsi. L ’inconscio compen­ serà col costringerlo a comportarsi in modo diametralmente opposto nei momenti in cui non si controlla. L ’eroe popolare, che si è identificato con ciò che il suo pubblico si aspetta da lui, e recita la sua parte giorno e notte, può tuttavia essere conosciuto da moglie e figli come una perso­ na nervosa, brontolona e debole. In questi casi, l’inconscio reagisce a un atteggiamento unilaterale e fisso dell’Io conscio con una pressione irresi­ stibile, costringendo la persona ad agire in un modo che sarebbe ripu­ gnante al suo Io, se fosse cosciente di questa fase di comportamento. Jung chiama questa parte dell’inconscio Anima, e VAnima tende sempre a bilanciare la Persona, la parte della psiche che, nel cercare di adeguarsi efficacemente alle esigenze dell’ambiente (o a qualche inferiorità organica o complesso infantile), esagera nell’adattamento e diventa schiava degli atteggiamenti sociali. L Anima è la funzione inconscia che cerca di adattare la personalità alle richieste della ‘natura umana’, cioè al tipo di risposta normale che un essere umano dovrebbe avere verso esperienze interiori ed esterne se agisse come una personalità sana, forte e completa. La natura umana è conservatrice, e l’inconscio collettivo o generico (altro nome per la ‘na­ tura umana’) reagisce alla tensione e allo sforzo di atteggiamenti consci, volitivi e ultra-individuali con modelli arcaici e ancestrali che sono altret­ tanto difficili da modificare degli istinti animali. In molti casi, tuttavia, la saggezza accumulata nel passato si rivela molto più sana e sicura dei progetti d’azione iperdifferenziati e iperrazionali di un Io costretto ad adattarsi a una civiltà febbrile. Jung sottolinea che ciò che emerge dall’inconscio in sogni, ispirazioni e fantasia creativa, rivela tesori di saggezza e spesso intuizioni profetiche che sono compo­ nenti essenziali di ogni personalità che si vanti di essere sana, ricca di significato umano e veramente creativa. Ma questi sogni e queste ispira­ zioni di solito sono ermetici, e devono essere interpretati. Si presentano

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come immagini e scene o simboli drammatizzati, poiché Pinconscio non è né razionale, né logico, né legato a sequenze di causa-effetto. Perciò, l’inconscio si può manifestare alla coscienza come una moltitudine di immagini o archetipi. Queste immagini (collegate come sono a esperienze personali e recenti oppure a esperienze universali e arcaiche) costituisco­ no l’unico mezzo di comunicazione possibile per l’inconscio. Se contenu­ ti inconsci, ammonimenti o giudizi sono alle volte registrati dalla coscien­ za come vere parole in sequenza logica e chiara, ciò succede perché sono prima elaborati e, per così dire, tradotti da una funzione psichica interme­ diaria che cerca sempre di rendere l’inconscio intellegibile all’Io coscien­ te. \ J Anima, nel suo aspetto più positivo e più profondo, adempie a tale funzione. Quindi, YAnima deve essere vista così: prima di tutto, come reazione compensatrice verso un atteggiamento conscio unilaterale con il quale l’Io si identifica (la Persona). In secondo luogo, YAnima è la funzione mediatrice che cerca di colmare la frattura tra l’inconscio e il conscio, tra la ‘natura umana’ e l’Io, tra la saggezza collettiva permanente della razza e le forme di conoscenza differenziate, raffinate, intellettualizzate e can­ gianti dell’Io. In un terzo aspetto, Jung descrive YAnima anche come l’immagine ideale di donna che ogni uomo porta nella propria mente inconscia, in armonia sia con i suoi bisogni personali sia con le tradizioni impersonali arcaiche che codificano il significato essenziale della donna per l’uomo. Quello che nell’uomo è YAnima, diventa YAnimus nella donna. In altre parole, Anima e Animus rappresentano i rispettivi elementi del sesso opposto in ciascuno. E qui riconosciamo un punto essenziale nella psicologia junghiana, un punto che è anche stato un fattore integrale dell’astrologia fin dai primi tempi della civiltà caldea o cinese. Questo punto è che ogni manifestazione psichica è dotata di polarità, come lo sono tutte le forme di energia nell’universo. La legge della polarità è la legge stessa della vita. Ovunque vi sia vita, due forze di polarità opposta interagiscono, si interpenetrano e si equilibrano l’una con l’altra incessan­ temente. Ogni organismo vivente mostra questo ritmo polare dinamico; esso si manifesta, in un aspetto, come la legge di compensazione sopra menzionata, in un altro aspetto, come sesso. Il sesso (considerato nel suo significato più ampio di polarizzazione delle energie vitali) non si riferisce solo agli organi fisici. Questi hanno a che fare con le manifestazioni esterne e esteriormente attive del sesso nel corpo; ma nella psiche, troviamo manifestazioni corrispondenti di oppo­ sta polarità che costituiscono le fasi interiori ed interiormente attive del­ l'energia vitale. Ed è a queste che si riferiscono i concetti psicologici di

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Animus e Anima. È un fatto accertato che all’interno della personalità totale dell’uomo o della donna siano contenuti elementi sia maschili sia femminili. Ciò che rende un uomo ‘virile’ è la più alta percentuale di energia maschile che la sua natura fisica include; ma il fatto complemen­ tare è che, allo stesso tempo, la sua natura psichica includerà una percen­ tuale più bassa di energia femminile. La sessualità biologica, in altre parole, è semplicemente la fase centrale dell’aspetto esteriorizzato della forza vitale bipolare che opera attraverso la persona umana ed è responsabile della sua creazione. L ’aspetto di questa forza vitale creativa che viene esteriorizzata o emessa come sesso, costruisce, mantiene e riproduce il corpo, secondo le direttive dell’ancor più primordiale principio di differenziazione (karma) simboleggiato in astrologia da Saturno. D ’altro canto, la parte interiorizzata e non manife­ stata dell’energia vitale (Anima o Animus) - di polarità opposta al sesso dell’organismo - costruisce e alimenta quelle funzioni psicologiche attra­ verso le quali avvengono forme caratteristiche di attività interiore (o potremmo anche dire di ‘attività dello spirito’). Alla funzione AnimaAnimus è dovuto lo sviluppo originario di tutte le immagini, i simboli e le fantasie creative attraverso le quali l’inconscio comunica con l’Io co­ sciente. È anche il fattore che controlla lo sviluppo di aspirazioni e atteg­ giamenti devozionali, o tecniche occulte, che si sviluppano come conse­ guenza di un riorientamento interiore (o ‘conversione’) dell’Io, che si allontana dall’individualizzazione o dalla differenziazione per rivolgersi alle realtà fondamentali o spirituali comuni a tutti gli uomini. Ogni volta che ci occupiamo di energie vitali, ci occupiamo di ciò, che in astrologia, è essenzialmente rappresentato dal Sole e dalla Luna. Il regno della ‘vita’ (usando il termine nel senso stretto che definisce la forza che plasma, conserva e riproduce gli organismi viventi) è il regno della dualità. E, come ho chiarito nel mio libro sull’argomento,* questo regno della vita e della dualità è espresso astrológicamente dall’interazione ciclica di fattori solari e lunari. Tuttavia, vi è un terzo fattore che deve essere preso in considerazione in ogni analisi davvero approfondita: la Terra. La terra stabilisce le posizioni e la relativa importanza di ciò che gli esseri umani percepiscono come il Sole e la Luna. Il bisogno di questi esseri umani (e di tutte le creature che abitano sulla superficie della terra) è ciò che rende necessaria la manifestazione dell’energia soli-lunare, e in * Pubblicato in origine come The Moon: The Cycles and Fortunes of Life (McKay 1946), fu rivisto e in seguito pubblicato in Olanda (Servire, 1967) e in America (Shambhala Publications, 1971) col titolo di The Lunation Cycle (Trad. it., Il ciclo di lunazione, Astrolabio, Roma 1985).

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particolare le orbite della Luna. Nella tradizione esoterica, la Luna, seb­ bene satellite della terra, è rappresentata come più vecchia della terra. La Luna è la madre, che diligentemente provvede alle necessità del figlio, e così gli ruota attorno, racchiudendo ogni suo movimento. In altre parole, l’orbita della Luna attorno alla Terra delinea i confini di un ‘grembo cosmico psichico’ all’interno del quale tutta la vita sulla Terra opera e dal quale trae nutrimento. Questo ‘grembo’ costituisce il regno sub-lunare degli astrologi medievali, il mondo in cui si diceva (da parte degli gnostici cristiani del secondo secolo d.C.) che governasse il dio lunare, Jehovah. Questo dio si occupava della formazione dell’‘uomo astrale’. Era un dio geloso e possessivo, ma produceva strutture vitali per provvedere alle necessità delle creature terrestri. Poiché queste creature terrestri, consi­ derate collettivamente, non sono pronte a ricevere direttamente l’energia creativa costante e impersonale dello Spirito solare, questa energia è attenuata e adattata ai loro bisogni dal dio lunare, il Demiurgo. L ’energia solare viene ceduta alla Luna a ogni novilunio, ma solo in quantità accet­ tabili dalla capacità limitata delle creature terrestri. Quindi il dio (o gli dèi) lunare costruisce strutture specializzate (di corpo e psiche) attraver­ so le quali l’energia solare diventa utilizzabile da parte di organismi e personalità terrestri. La quantità e il tipo di energia solare liberata all’inizio di ciascun ciclo di lunazione è fissata da Saturno; poiché, mentre il Sole rappresenta il centro del sistema della personalità individuale, Saturno rappresenta i confini di questo sistema: le limitazioni, il destino particolare o fato dell’individuo. Saturno simboleggia l’operare della legge di differenziazione individuale (il Karma dell’individuo). Esso definisce la struttura perma­ nente organica del corpo (lo scheletro), e anche la struttura dell’Io. Fino a che l’Io governa come centro della personalità, e finché i lontani pia­ neti Urano e Nettuno non riescono a contrastare e a dissolvere il control­ lo di Saturno sulla personalità, Saturno controlla l’emissione di energia solare (o spirito universale) attraverso le forme costruite periodicamente dalla Luna (le strutture fisiologiche e controllate dall’Io del corpo e della coscienza). L ’attacco dell’inconscio collettivo alla coscienza centrata nel­ l’Io opera in primo luogo sotto il potere di Urano. Ma, se Urano è colui che attacca, l’energia liberata nell’attacco è emessa anch’essa dalla Luna. Tutta l’energia vitale viene in fondo dal Sole, ma è distribuita in forma differenziata dalla Luna. L ’attacco di Urano al dominio dell’Io condizionato da Saturno signi­ fica che qualche nuovo contenuto rivoluzionario dell’inconscio si è atti­ vato e che, di conseguenza, la personalità sta per affrontare un drastico processo di metamorfosi. Questo processo porta dallo stadio centrato

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nell’Io (personalità controllata da Saturno) a quello in cui il Sé (in senso junghiano, il Sole) viene inteso come nucleo unificante di una personalità totale (simboleggiata dall’intero sistema solare). Questa metamorfosi è ciò che Jung chiama ‘il processo di individuazione’. L ’uomo medio è però ancora piuttosto lontano da questa sfida. In lui, Urano agisce in modo riflesso, come fattore di disturbo causato da situazioni sociali instabili e distruttive. In lui, il ruolo di Saturno non è realmente messo in discus­ sione in modo individuale. Si deve quindi considerare una simile persona come operante esclusivamente entro i limiti di Saturno, secondo il suo normale ritmo psicologico. Ciò significa che la sua coscienza è normalmente immune da contatti con i potenti archetipi dell’inconscio collettivo che, in individui superiori (o squilibrati!) opera attraverso Urano e Nettuno focalizzati nettamente sull’individuo. La psiche dell’uomo medio, purtuttavia, ha attività incon­ sce; ma queste si riferiscono o all 'inconscio personale dell’individuo (il ‘subconscio’ di Freud), o alla sua reazione individualizzata e passiva alle correnti sociali, culturali e religiose che animano la comunità, la classe e la nazione che sono sue per nascita e tradizione ancestrale. È in riferi­ mento a questi due tipi di fattori inconsci che le funzioni Animus-Anima operano essenzialmente. Queste funzioni costituiscono un aspetto della Luna nel simbolismo astrologico, il tipo di attività lunare diretto verso l’interno. L ’altro aspetto ha a che fare con il tipo di attività lunare diretto verso l’esterno, che, come abbiamo visto prima, si occupa di costruire strutture biologiche e facoltà psicologiche il cui scopo è quello di creare il miglior tipo di adattamento al mondo esterno che sia possibile. In altre parole, nell’es­ sere umano medio, la Luna rappresenta due distinti tipi di attività di polarità opposta. Le tradizioni antiche riconobbero chiaramente questo fatto quando dettero alla Luna un doppio genere, parlando del pianeta come Lunus-Luna: la Luna maschile e la Luna femminile. In lingua tede­ sca la parola Luna è maschile, e negli antichi libri indiani troviamo con­ tinui riferimenti alla Luna con il nome di ‘Re Soma’. Questo nome indiano è interessantissimo, perché la stessa parola, soma, in greco significa ‘corpo’, e da esso derivano molti termini scientifici moderni che si riferiscono al corpo. Re Soma, o Lunus, è infatti colui che governa tutte le attività che hanno a che vedere con la nascita, il mante­ nimento e la riproduzione del corpo e tutti quegli elementi della psiche che sono orientati verso le esigenze della vita esterna. È l’energia maschile negli uomini e l'energia femminile nelle donne. Governa l’aspetto esterio­ rizzato della forza vitale. E, in Astrologia, è la Luna all'esterno dell'orbita della Terra, la luna piena dal primo all’ultimo quarto, quindi la Luna

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soggetta all’attrazione di Marte, Giove e Saturno, i pianeti ‘maschili’ di un’astrologia creata da una civiltà nella quale gli uomini governano su tutte le attività umane esterne. L ’altro aspetto della Luna è Luna, l’energia che sta dietro le manife­ stazioni interiorizzate della forza vitale, XAnima degli uomini e YAnimus delle donne; quindi, il fattore ‘contrasessuale’. Questo fattore porta alla creazione nella vita interiore di tutte le immagini e dei simboli AnimaAnimus che Jung ha studiato e interpretato molto dettagliatamente, e che vanno sotto il nome generico di ‘immagini dello spirito’. Questa imma­ gine dello spirito è essenzialmente dotata di attributi femminili nell’uomo (di qui la Grande Madre, la Musa, la donna che redime, Beatrice e anche tutte le polarizzazioni negative: la Donna-Ragno, la ‘Femme Fatale’, la tentatrice, ecc.). Ha caratteristiche maschili, positive o negative, nelle donne. Si riferisce simbolicamente alla Luna quando è all’interno dell’or­ bita della Terra, cioè la Luna Oscura, dall’Ultimo al Primo Quarto. A causa di questa polarizzazione Lunus-Luna, ne consegue che, per aumentare il flusso di energia vitale diretto verso l’interno, la corrente diretta verso l’esterno (rappresentata principalmente da sesso, sottomissione ai modelli sociali ed egocentrismo, cioè da Marte, Giove e Saturno) deve essere ridotta e arginata. Questo è lo scopo essenziale di molte pratiche occulte e religiose che prevedono l’isolamento, l’ascetismo e il dono di sé, dallo yoga degli Indiani al monacheSimo cristiano. La vita dello spi­ rito è vista quindi come diametralmente opposta alla vita sessuale e alla vita socio-professionale centrata nell’Io (o governata dalla Persona). Si pensa anche che si sviluppi in contrasto con la vita razionale dell’intellet­ to, poiché, mentre quest’ultimo opera in un campo di forme logiche governate da Saturno, la vita dello spirito ha le sue radici nelle funzioni irrazionali Animus-Anima, e, più tardi, nelle attività dell’inconscio collet­ tivo rappresentate da Urano, Nettuno e Plutone. Il concetto di sviluppo della personalità di Jung, tuttavia, è un concet­ to per il quale nessuna funzione deve essere rimossa a scapito di un’altra. La tecnica di ‘individuazione’ (l’acquisizione di una personalità completa attraverso lo sviluppo globale delle sue molte funzioni) implica una ‘inter­ penetrazione reciproca’ di tutti gli opposti psichici, specialmente di con­ scio e inconscio. In astrologia ciò significa che tutti i fattori planetari di una carta natale devono essere sviluppati e che la carta deve essere con­ siderata un tutto organico, simbolo della totalità della personalità umana. Lo sviluppo totale di quella personalità potrà avvenire attraverso interazioni relativamente tranquille o aspre tensioni tra le varie funzioni; ma non c’è alcun senso nel chiamare i primi tipi di rapporti (cioè gli aspetti plane­ tari) ‘buoni’ e i secondi ‘cattivi’, o anche ‘fortunati’ e ‘sfortunati’.

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La carta natale ci dà un quadro molto chiaro dell’equilibrio funzionale entro il quale una personalità opera. Ciò che mostra, tuttavia, è solo un quadro astratto di rapporti complessi, una formula o un progetto. Nono­ stante ciò, il possesso di un simile modello oggettivo permette di intro­ durre tecniche psicoterapeutiche nel regno di quello che Jung chiama la ‘psiche oggettiva’. Esso riduce l’infinita complessità delle attività fisiopsicologiche a pochissime funzioni fondamentali (i pianeti, compresi Sole e Luna, e fattori secondari), a pochi tipi caratteristici di attività organiche (i Segni dello Zodiaco) e a poche categorie fondamentali di esperienze individualizzanti (le Case). Questi dati astrologici sono simbolici. Devono essere interpretati, pro­ prio come devono essere interpretati i sogni. Bisogna dare loro significa­ to a seconda delle necessità e del livello di attività di ciascuna persona. Pure, poiché queste sono strutture umane comuni in tutti gli individui, poiché l’esperienza del cielo è fondamentale nell’esperienza umana e tocca le stesse radici della coscienza umana, e poiché tutti gli esseri umani si sforzano di raggiungere, per quanto siano varie le strade che seguono, un unico scopo evolutivo, che è sia il sé centrale sia l’Immagine di Dio in ogni individuo, i simboli dell’astrologia hanno una validità universale. Il loro significato acquisisce importanza a seconda della disponibilità del­ l’uomo ad affrontare la totalità della sua natura, e a vivere nei suoi abissi oltre che sulle sue vette, nella sua umanità comune oltre che nella sua esasperatamente differenziata e preziosamente unica individualità.

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Prima di interpretare la carta natale di un uomo che ha fatto forse di più di ogni altra persona vivente per stabilire un modo coerente e totale di affrontare il problema deirintegrazione individuale, è necessario riaffermare che Yuso veramente valido delTastrologia, psicologicamente parlando, è il chiarimento (il rendere più conscio e obiettivamente reale) della legge dell’essere individuale, e dunque del fondamento strutturale del sé individuale. Ogni valida interpretazione astrologica dovrebbe di­ ventare una guida alla realizzazione di sé, un aiuto nel ‘processo di individuazione’. Dovrebbe cercare di trasformare la confusione psicologi­ ca in lucida comprensione delle potenzialità innate, e del modo più ‘lo­ gico’ (secondo la ‘legge’ dell’essere individuale) di sviluppare queste po­ tenzialità in realizzazioni pienamente espresse. Con queste finalità nella mente, l’astrologo dovrebbe prima di tutto cercare di determinare dalla carta natale la natura caratteristica del rap­ porto tra fattori consci e fattori inconsci, poiché questo rapporto prepara il terreno al processo di integrazione personale e di autorealizzazione. Ovviamente, questo rapporto cambia continuamente nelle sue manifesta­ zioni reali e precise; ma è comunque basato su un qualche tipo di fon­ damento strutturale, che costituisce l’‘archetipo’ del futuro sé. In ogni individuo, l’Io conscio tende a svilupparsi in modo particolare e diverso; emerge dalla matrice dell’inconscio impetuosamente o con diffidenza, sotto a una grande pressione o in modo agevole e tranquillo. L ’atteggiamento dell’Io verso l’inconscio dipende da come si svolge que­ sto processo. Questo atteggiamento è essenzialmente definito quando l’individuo raggiunge i 28 anni, e io, in un altro scritto* l’ho chiamata l’età di una teorica ‘seconda nascita’. Questo atteggiamento può ancora * Si veda, dell’autore, Vastrologia della personalità (Astrolabio, Roma 1986), New Mansions for New Men (1938) e Occult Preparations for a New Age (Quest Books, 1975 [N .d.C J.

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cambiare; ma, qualora sembri farlo in modo radicale, avverrà con un atto di ribellione violenta; e cioè tenderà a ripolarizzarsi nel suo opposto, per pura scontentezza di sé. Non c’è un fattore astrologico specifico che possa indicare il carattere tipico dell’atteggiamento dell’Io verso l’incon­ scio (allo stesso modo che non c’è un fattore specifico nella carta natale sufficiente a determinare se una persona possa essere classificata come estroversa o introversa), uno dei punti più difficili da determinare dalla carta natale. Ma, considerando lo schema complessivo della carta e il modo in cui i fattori planetari sono collegati uno per uno, si può scoprire molto per quanto riguarda questi elementi fondamentali del carattere. Lo schema complessivo di una carta natale può rientrare, secondo quanto è stato dimostrato da Marc Edmund Jones, in pochi modelli strutturali fondamentali.* Che si considerino o no pienamente soddisfa­ centi le sue definizioni e caratterizzazioni, il principio che sta alla base di una simile classificazione è del tutto fondato, specialmente quando lo schema della carta si avvicina a uno dei tipi ideali. Nel suo libro, Jones presenta la carta natale di Jung come esempio del tipo di schema a forma piatta e lunga, uno schema che presenta, nella sua forma ideale, “forti e importanti aggregazioni di pianeti in punti irregolari” e che suggerisce “forza molto individuale o determinata nella vita, in cui il temperamento si proietta nell’esperienza secondo i suoi gusti molto speciali” . Conside­ rando il modello generale della carta natale, l’astrologo può accertare le relative concentrazioni o dispersioni degli interessi e delle linee di attività di una persona: può accertare quindi il suo modo particolare di fare sì che l’esperienza sia funzionale allo scopo essenziale del suo essere. L ’espe­ rienza deve essere usata dall’Io, se si vuole che ci sia integrazione della personalità e autorealizzazione. La principale funzione dell’Io è di personalizzare il frutto prodotto dalle molte esperienze di una vita indi­ viduale mettendolo in rapporto con una struttura relativamente perma­ nente di consapevolezza e dandogli significato individuale. Nel caso in cui i pianeti siano uniformemente distribuiti in tutto lo schema, la tendenza dell’Io è di usare vari e diversi tipi di esperienze o di conoscenza acquisita per rendere universali gli interessi della persona. L ’individuo, allora, può venire coinvolto in molti settori della vita, tro­ vando correlazioni tra moltissime sfaccettature dell’esistenza. Se l’Io ha un senso di integrità strutturale abbastanza forte e sufficiente ampiezza * Si veda Guide to Horoscope Interpretation, di Marc Edmund Jones. Si veda anche, dell’autore, L ’astrologia centrata sulla persona (Astrolabio, Roma 1989), che include una sezione intitolata “Primi passi nello studio delle carte di nascita”, nella quale sono ridefiniti e reinterpretati i modelli planetari caratteristici.

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di vedute per integrare questo materiale differenziato, il contributo di questo individuo all’umanità può essere inestimabile nella sua universali­ tà o nella sua capacità di espandere gli orizzonti e la partecipazione di tutti gli esseri umani alle multiformi attività di un vasto mondo. I parti­ colari pianeti evidenziati nella carta dalle loro posizioni angolari indicano la forma caratteristica che la manifestazione dello schema planetario pren­ derà. Per esempio, nel caso di Theodore Roosevelt (scelto da Marc Jones per illustrare questo tipo sparso - forma piatta - di schema planetario), Marte all’Ascendente indica un approccio aggressivo al problema dell’in­ tegrazione. Plutone al nadir, la Luna alla cuspide della settima casa, e il Sole in Scorpione allo zenith, enfatizzano ulteriormente il carattere imperialistico e determinato di questo tipo di americano d’azione.

A

C a rl G u sta v J u n g ora locale 19,20 26 luglio 1875 Kesswill - Svizzera

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D ’altra parte, quando molti pianeti sono raggruppati assieme o divisi in precisi raggruppamenti nello spazio, la tendenza dell’Io è di affidarsi a definiti tipi di esperienze, che stimolano accentuazioni o contrasti allo scopo di organizzare i contenuti della coscienza e renderli significativi. Stu­ diando alcune carte, possiamo percepire la capacità dell’Io di tenere sotto controllo lo stress indotto da forze conflittuali o squilibri nel temperamento. In altre carte natali, i pianeti che simboleggiano gli elementi collettivi e trascendenti dell’esperienza (o la pressione dell’inconscio sulla coscienza) hanno posizioni così predominanti nella carta natale che si possono evidenziare vari e gravi pericoli per l’Io. Questi pericoli possono variare dal fanatismo e dall’unilateralità irrazionale a vere scissioni della personalità; o qualsiasi altro tipo di fallimento nel processo di integrazione personale e spirituale. La carta natale di Jung mostra un’accentuata dispersione dei pianeti; ma anche una notevole simmetria. Nove pianeti sono racchiusi in due zone di circa 90 gradi ciascuna: Saturno, Nettuno, la Luna e Plutone in una, Giove, Urano, Sole, Venere e Mercurio nell’altra. A metà strada tra queste zone c’è Marte in Sagittario nell’emisfero superiore; stazionario, ostinato e con una grande e ardente intensità. Ridotto ai suoi elementi essenziali, lo schema può essere schematizzato graficamente nella figura che segue: