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Italian Pages 800 [797] Year 2023
CAPOVERSI
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FORUGH FARROKHZAD IO PARLO DAI CONFINI DELLA NOTTE tutte le poesie
A cura di Domenico Ingenito
BOMPIANI CAPOVERSI
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In copertina: Fourgh Farrokhzad, dalla rivista Tamasha, 10 febbraio 1972 www.giunti.it www.bompiani.it Progetto grafico Polystudio © 2023 Giunti Editore S.p.A. / Bompiani Via Bolognese 165 – 50139 Firenze – Italia Via G.B. Pirelli 30 – 20124 Milano – Italia ISBN 979-12-217-0534-8 Prima edizione digitale: ottobre 2023
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TI UNISCO AL FUOCO Appunti per una biografia poetica
Io mi chiedo sempre per quale motivo la musica della mia poesia risulti così estranea alle vostre orecchie. Perché sono tanti quelli che non possono digerirla agevolmente? Forse perché mi accusano di contribuire con i miei versi alla diffusione di dissolutezza e corruzione? Forse a una donna non è permesso di comunicare in poesia la verità del proprio sentire rispetto a qualsiasi oggetto di desiderio? Se io mi limitassi a scrivere una poesia che descrive il corpo, gli occhi e le fattezze del viso di un’altra donna e non di un uomo, esprimerei forse il mio vero sentimento? Versi del genere potrebbero infine attrarre i miei lettori? In occidente è ormai una questione obsoleta, ma qui in Iran tutto questo suscita ancora stupore e avversione.
Con queste parole, nella postilla a Prigioniera, del 1955, l’allora ventenne Forugh Farrokhzad difendeva il contenuto erotico della propria poesia in un Iran che ancora non sapeva come accogliere la novità sovversiva di uno sguardo poetico femminile che osasse posarsi apertamente sul corpo di un uomo. Nove anni dopo, la poetessa apriva con i versi seguenti il canto conclusivo di una delle più straordinarie raccolte poetiche del Novecento, Una rinascita (1964), opera totale che 5
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trascende l’identità di genere e la separazione tra i tempi della vita e il tempo del ritmo poetico. Ritmo che ripete se stesso oltre la scomparsa di chi scrive e di chi legge: “Il mio intero essere è un versetto oscuro / che nel ripeterti al suo interno / ti condurrà all’alba di eterne crescite e fioriture. / Io ti sospiro in questo verso, ah / in questo verso ti unisco all’albero, / ti unisco all’acqua, ti unisco al fuoco.” Avvicinarsi all’opera poetica completa di Forugh Farrokhzad, qui presentata per la prima volta in traduzione italiana con a fronte il testo persiano delle ormai rarissime prime edizioni, offre la possibilità di riflettere su tutto quello che vibra e produce significato nello spazio di una vita che, nel farsi scrittura, difende e allo stesso tempo elude la centralità biografica del femminino. Ma anche una vita che guarda se stessa dall’interno del corpo per proiettarsi oltre l’io della poesia e il tu dello sguardo sul mondo: “Parla, parla con me, / esiste forse qualcuno che conceda a te il suo corpo caldo / e da te non desideri altro che sentire la vita che scorre?” “Forse la vita è l’accendersi una sigaretta / nella pausa languida fra due amplessi” Esperienza come performance della poesia Il successo di cui gode oggi il ricordo di Forugh Farrokhzad sia in Iran (nonostante la censura) che in altri paesi di espressione persiana (Afghanistan, Tajikistan, Uzbekistan), accompagnato dalla complessa ricezione delle sue opere, rende difficile riassumere nello spazio di un’introduzione l’eccezionalità della sua voce nel panorama della poesia iraniana del Novecento. Morta nel 1967 a trentadue anni in un inci6
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dente d’auto, Farrokhzad continua a esercitare la sua influenza letteraria ben oltre i confini della lingua persiana. Scrittrice, ma anche documentarista, produttrice cinematografica e attrice, Farrokhzad ha fatto della poesia la sua principale risorsa vitale e della propria esperienza di vita la sua unica realtà poetica in un contesto letterario dominato dal patriarcato di formalismi statici. Con la sua opera, infatti, inaugura negli anni Cinquanta l’ingresso iraniano nella modernità lirica. E si tratta, questa, di una modernità che nell’odierna Repubblica Islamica dell’Iran ha mostrato tutta la portata dei suoi risvolti socio-politici soltanto un anno fa, nel corso delle manifestazioni di matrice femminista legate all’assassinio di Mahsa Amini, che hanno messo in luce la povertà ideologica di un regime teocentrico e inattuale. Attenta sin dagli inizi all’intento di rinnovare le forme e il senso di fare poesia in Iran, Farrokhzad non è stata una poetessa dell’impegno politico o sociale, né una teorica del femminismo (se si escludono due ingenuamente militanti ma potenti poesie giovanili, A mia sorella e Canto di battaglia). Inoltre, prima di Farrokhzad, scrittrici iraniane sia medievali che moderne avevano affrontato la questione della scrittura femminile.1 Si pensi alle riflessioni sul canone letterario femminile espresse dalla poetessa trecentesca Jahān, oppure a Parvin E‘tesami (1907-1941), che celebrò con versi entusiastici la proibizione del velo. Ciononostante, Farrokhzad è la prima poetessa iraniana che pone al centro della sua opera l’affermazione del valore e della dignità della voce, del corpo e dell’espressione erotica e sessuale femminile. Questo aspetto fondamentale del suo lavoro si situa alle origini culturali del cambiamento oggi in atto in Iran, dove, a sessant’anni anni di distanza, un’intera società multietnica, plurilinguista e mul7
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ticonfessionale riconosce nella libertà delle donne il motore principale del rinnovamento politico e nella libertà di espressione artistica la sua unica possibilità di sviluppo.2 Avendo pubblicato quattro raccolte di poesia tra il 1955 e il 1964 (seguite da una breve ma importantissima silloge postuma, uscita nel 1974), Farrokzhad ha consegnato alla storia un floriegio di testi nato dalla frizione constante tra il suo corpo e la complessità del mondo che la circonda. È nel versante di questa frizione – ora pacata ora ribelle, ma sempre accesissima – che bisogna leggere il ricorrere ossessivo nella poesia di Farrokhzad di una pluralità di temi concatenati: dal desiderio sessuale alla ricerca di nuove esperienze di vita, dalla pulsione di morte all’affermazione del sé oltre vincoli sociali e di genere, fino all’esplorazione di una percezione non lineare del tempo e la dissezione del ricordo e del suo valore nelle diverse fasi della vita. Poesia, per Farrokhzad è quindi, prima di ogni cosa, l’espressione dei confini labili che separano la creazione letteraria dall’esistenza. Nel presentare e studiare la vita e l’opera di Farrokhzad, traduttrici, biografe e storiche della letteratura si ritrovano nella situazione imbarazzante di dovere leggere, giustamente, la poesia dell’autrice iraniana in quanto poesia tout court e non trascrizione di eventi, e allo stesso tempo fare i conti con una scrittura che chiede, prega e talvolta reclama di essere letta come traccia dolorosamente estatica di esperienze vissute.3 Ma la questione è più sottile. Nella tradizione lirica novecentesca iraniana che precede Farrokhzad, inclusa la poesia modernista degli anni ’20 e ’30, l’oggetto del desiderio erotico è in genere rappresentato nelle forme di un ideale di bellezza femminile etereo e astratto. Se fino alla fine dell’Ottocento la celebrazione lirica del 8
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giovane efebo si sovrapponeva all’ideale delle donne-angelo esaltate dalla narrativa epica medievale (si pensi al personaggio di Leili, ad esempio), la modernità letteraria del Novecento iraniano manifesta un processo di eterosessualizzazione in chiave patriarcale del discorso poetico sul desiderio.4 Mentre le influenze puritane di ideali etici importati dal colonialismo culturale occidentale addomesticavano gli aspetti più ambigui delle poetiche della sessualità (modernizzare, quindi, in quel contesto, significa anche “eterosessualizzare” il discorso erotico), l’io lirico maschile emergeva come unico soggetto desiderante.5 Il corpo femminile, le cui tensioni e volontà erotiche restavano invisibili, se non irrilevanti, diventava invece l’unico oggetto di desiderio possibile.6 Il paradosso è che se da un lato le spinte moderniste che ispiravano Farrokhzad invitavano a sviluppare, per la prima volta nella storia della letteratura persiana, una poetica dell’espressione del sentimento lirico personale, il canone socio-letterario prescriveva che il corpo della donna fosse rappresentato come unico oggetto erotizzabile.7 La conseguenza di questo scarto è che a una giovane poetessa come Farrokhzad, interessata a esplorare le possibilità artistiche del modernismo letterario, veniva automaticamente preclusa la possibilità di esprimere in versi il proprio punto di vista sulla sfera dell’eros e del principio di piacere, a meno che la sua prospettiva espressiva non venisse epurata dal filtro della dedizione amorosa coniugale e materna. In questo contesto, la rottura con il passato, la ribellione, e la sovversione di aspettative estetiche e sociali diventano per un’aspirante poetessa modernista le uniche possibilità di fare poesia. Ed è in virtù di queste spinte rinnovatrici che la ricerca poetica per Farrokhzad diventa ricerca di esperienze di vita, e di conseguenza il vissuto biografico, so9
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prattutto nell’ambito erotico, preme per essere trasmutato in forma lirica. Se cediamo alla tentazione critica formalista di leggere la poesia di Farrokhzad esclusivamente in quanto poesia e ci imponiamo di non accordare importanza al suo percorso biografico, perdiamo di vista tutto il valore del rapporto tra scrittura ed esperienza che contraddistingue la vera novità artistica di queste cinque raccolte nel loro contesto storico-letterario. È per questo motivo che la biografia letteraria qui introdotta e l’analisi puntuale delle singole raccolte poetiche di Farrokhzad in appendice intendono presentare la poesia dell’autrice in quanto atto performativo nel contesto storico e culturale che le è proprio e non come l’espressione di un sentimentalismo biografistico. Mettendo da parte per una volta gli abusati paragoni con l’opera di Sylvia Plath, il mio approccio alla scrittura di Farrokhzad punta a mostrare come in queste raccolte, al pari dell’opera di fotografe come Diane Arbus, Cindy Shermann e Nan Goldin, volendo proporre un paragone ardito, vita, finzione e arte si inseguono e amplificano vicendevolmente fino a eliminare i confini che le separano. “Lontano da qui, lontano da qui”8 I primi anni: diventare donne in un paese che cambia L’Iran vanta oggi uno dei più elevati tassi di alfabetizzazione femminile del medio oriente. Nonostante l’ostracizzazione delle forze politiche progressiste da parte del clero conservatore e gli apparati paramilitari legati alla “guida suprema”, alle donne è consentito di partecipare attivamente a tutte le sfere della vita sociale e culturale, nel campo delle 10
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arti e, in misura minore, della politica.9 Eppure, come è risaputo, dal 1979 a oggi le cittadine della Repubblica Islamica hanno dovuto fare i conti con gravi discriminazioni di carattere sociale e politico, di cui l’obbligatorietà del copricapo è solo la punta dell’iceberg. Tra gli anni ’40 e ’60, invece, nonostante la repressione esercitata dalla dinastia regnante Pahlavi (soprattutto dopo il golpe di stato del 1953, fomentato dai servizi segreti americani e britannici per impedire la nazionalizzazione del petrolio), le donne non erano soggette a una segregazione forzata da parte del sistema monarchico.10 L’università di Tehran cominciò ad ammettere studentesse già nel 1937, e per alcuni anni, a partire dal 1936, lo shah Reza interdì il velo negli spazi pubblici.11 Ciononostante, la classe media emergente, inclusi i nuovi circuiti laici intellettuali cui afferiva la famiglia Farrokhzad, abbracciava una visione tradizionale della famiglia e del ruolo della donna. In quei decenni, le aspettative sociali relegavano le donne principalmente al ruolo di mogli e madri, e ci si aspettava che ogni figura di rilievo politico o intellettuale si muovesse all’ombra di una figura maschile capace di garantire protezione e accesso all’alta società.12 Sullo sfondo ambivalente di questo scorcio storico, Forugh al-Zaman Farrokhzad, nata il 29 dicembre 1934 in una famiglia di ceto medio legata alla burocratizzazione del nuovo sistema militare istituito da Reza Shah, trascorse i primi anni della sua infanzia e adolescenza in un ambiente culturale che concedeva alle donne spazi di parziale indipendenza e autodeterminazione, a patto che non trasgredissero le consuetudini patriarcali dominanti.13 Figlia di un colonnello ossessionato da ordine, disciplina e controllo assoluto dello spazio domestico, Farrokhzad trovò nei giochi infantili con 11
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i suoi numerosi fratelli e sorelle e nell’apprezzamento della letteratura (complice suo padre, va notato) gli spazi di evasione in cui ebbe modo di sviluppare la curiosità per il mondo e l’intelligenza ribelle che la contraddistinsero per il resto della sua vita. Prima che il padre fosse trasferito a Tehran, Forugh trascorse i suoi primi sette anni di vita in una casa posta a metà strada tra il mar Caspio e le foreste subtropicali della regione settentrionale del Mazandaran (la stessa regione dove era nato nel 1897 la principale figura di rilievo del modernismo poetico iraniano, Nima Yushij, particolarmente stimato dalla poetessa nella fase matura della sua ricerca poetica).14 Un’infanzia trascorsa a contatto con la natura, la dimensione del gioco con i fratelli, le occasioni di socializzazione nell’alveo di una classe media urbana emergente, esperienze professionali nel campo delle arti manuali (sopratutto pittura e taglio e cucito) e la mancanza d’istruzione formale in materie letterarie sono tutti fattori che consentirono a Farrokhzad di sviluppare un rapporto personalissimo nei confronti della creazione letteraria. Senza mai aderire a scuole di maniera, ma piuttosto rifuggendole spesso anche in modo impetuoso, la poetessa si impegnò nello sforzo di costruire se stessa nella ricerca costante di nuove forme poetiche. “Ho peccato fra due braccia” Lo scandalo di un esordio lirico La poesia è il mio dio. Amo così tanto la poesia che notte e giorno non penso a nulla se non a comporre versi nuovi, una poesia tanto bella che nessuno ne ha mai composta una simi12
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le. La felicità per me non è avere un buon marito, bei vestiti, una vita agevole e pietanze raffinate. Mi sento felice solo quando il mio spirito è soddisfatto, quando la poesia soddisfa il mio animo. Se mi offrissero tutte queste cose belle che la gente persegue con tanto fervore e dovessero, in cambio, portarmi via la forza di scrivere poesia, io mi toglierei la vita. Forugh Farrokhzad, lettera al padre (6 maggio 1956)15
Farrokhzad si sposa a sedici anni, nel settembre del 1950, con il vicino di casa e lontano parente Parviz Shapur, nonostante la forte opposizione dei genitori dovuta alla differenza di età. Dopo la nascita di un figlio, Kamiar, la coppia si trasferisce ad Ahvaz, città del sud particolarmente conservatrice ma anche aperta a flussi lavorativi occidentali, per via degli impianti di estrazione petrolifera che la circondano. Con il suo clima desertico, la prossimità del Golfo Persico e la presenza di palmeti che costeggiano il fiume che l’attraversa, il Karun, Ahvaz diventa presto un luogo importante della geopoetica di Farrokhzad, soprattutto in relazione al fervore metropolitano della capitale (“città dei sogni”, “città dei desideri”, “città delle luci”). Mettendo in discussione le aspettative sociali del ruolo tradizionale di moglie e madre, Farrokhzad trova presto uno spazio di libertà nella frequentazione di cerchie intellettuali e circuiti editoriali tehranesi nel corso delle sue visite di famiglia. È nella dialettica della sua vita divisa tra Ahvaz e Tehran, tra la frustrazione derivante dall’obbligo di diventare una madre del sud e l’occasione di vedersi riconosciuta come interlocutrice intellettuale e aspirante poeta nella metropoli allora più elettrizzante del Medio Oriente, che il de13
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butto letterario di Farrokhzad prende la forma di un vero e proprio scandalo. Dopo la comparsa di una sua lettera e un paio di componimenti in versi in varie riviste letterarie tehranesi, nell’ottobre del 1954 Farrokhzad pubblica sulla rivista d’avanguardia Rowshanfekr (L’intellettuale) una poesia intitolata Il peccato. È la prima volta nella storia della letteratura persiana che una scrittrice descrive con toni confessionali un incontro erotico presumibilmente, per quello che si evince dal testo, extra-coniugale. La retorica della confessione che apre e chiude la poesia (“Ho peccato, un peccato colmo di piacere, / ho peccato in un abbraccio caldo e infuocato”) suggerisce una corrispondenza immediata tra l’io lirico e la poetessa. Per il pubblico iraniano di quegli anni, Farrokhzad raggiunge il culmine dello scandalo socio-letterario nel verso in cui rappresenta la “peccatrice” del testo adagiata sul torace del suo amante, gesto che sovverte la passività sessuale con cui l’oggetto di desiderio femminile è generalmente descritto nella lirica iraniana amorosa.16 Il testo è introdotto da una nota dal tono delicatamente ironico che lascia intuire che sia stata il prodotto di un’intervista o una composizione in prosa a quattro mani con un redattore anonimo. La nota, intitolata “La poetessa sfrontata” (shā‘er-e biparvā), è accompagnata da due foto di Forugh Farrokhzad, allora appena ventenne. L’autrice è presentata come la più giovane poetessa d’Iran, madre di un bambino di due anni e moglie dedita alla cura delle faccende domestiche nella città di Ahvaz. Nel descrivere le sue influenze letterarie, il testo presenta Farrokhzad come “adoratrice” del poeta medievale Hafez17 e lettrice avida di Baudelaire, André Gide ed Emile Zola, aggiungendo poi che “Forugh scrive poesia 14
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con sfrontatezza e riflette esplicitamente [nei suoi testi] qualunque cosa lei veda e reputi attraente; Il peccato è un esempio di questa sua disinibizione”.18 Il testo infine esprime il proposito socio-letterario che ha spinto Farrokhzad a pubblicare un pezzo lirico interpretabile come la confessione di un’avventura extraconiugale: “Più di ogni altra cosa, Forugh desidera che nel nostro spazio sociale le donne abbiano lo stesso di diritto degli uomini di esprimere liberamente in poesia tutto quello che desiderano.” Indipendentemente dal valore estetico dei versi, e nonostante la loro regolarità formale e ritmica, Il peccato può essere letta come il momento inaugurale del modernismo poetico persiano. Piuttosto che rivelazione di un incontro sessuale illecito, la pubblicazione di questa poesia costituisce un atto performativo, una messa in scena semiseria orchestrata dal tono della nota introduttiva, dai riferimenti biografici, dall’ambiguità emotiva della posa di Farrokhzad nelle foto che accompagnano il pezzo. Nel carattere scioccante di questa provocazione si assiste alla costruzione di un io lirico che, perforando la differenza tra confessione autobiografica e finzione letteraria, indusse sia detrattori che critici simpatizzanti a leggere Il peccato come una confessione scaturita da sincero pentimento.19 “Una città in tumulto sulla sponda di quel delta” Sublimazione erotica tra Tehran e il Sud: le prime due raccolte La prima raccolta di Forugh Farrokhzad, Asir (Prigioniera), esce nell’estate del 1955.20 Come sarà messo in luce 15
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nello studio critico in appendice dedicato alla presentazione delle singole raccolte, le poesie di questo libro, ampliando la portata del Peccato, irrompono con il coraggio di una sperimentazione erotica femminile all’epoca sconosciuta nel panorama letterario iraniano. Per comprendere l’innovazione dell’ardore con cui Farrokhzad esprime con disinibizione le trame del desiderio dal punto di vista di un io lirico assetato di esperienza e inebriato dalla trasformazione in parola dei percorsi del vissuto biografico, bisogna forse tenere presente il senso di urgenza liberatoria espresso dalla poesia omoerotica italiana pubblicata tra gli anni ’50 e ’80.21 Una lettura incrociata potrebbe rivelare come la passionalità prorompente ed estaticamente sofferta con cui autori come Sandro Penna, Pier Paolo Pasolini, o Dario Bellezza mettevano in scena il desiderio di essere presi da un corpo maschile o possederlo irrompe in misura equivalente nell’erotismo eterosessuale (ma non per questo meno sovversivo) di Forugh Farrokhzad.22 Nell’autunno 1955, un tentativo di suicidio porta Farrokhzad all’ospedalizzazione in una struttura psichiatrica.23 Nell’arco delle settimane in cui la poetessa cade vittima dell’alienazione psicofisica causata dalle sessioni di elettroshock, alcune riviste rivelano dettagli relativi sia alla sua condizione psicologica che all’identità degli amanti descritti sia nel Peccato che in Prigioniera.24 Farorkhzad aveva chiarito molto lucidamente nella postilla alla sua prima raccolta i termini del suo intento artistico, ovvero quel suo sfumare i confini tra vita e poesia, finzione e confessione, al fine di sovvertire le strutture del patriarcato letterario e offrire per la prima volta un punto di vista femminile sul rapporto tra lirica, sessualità e affetti. Ciononostante, questo suo intento viene ora 16
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tradito dagli stessi uomini che si erano finti suoi interlocutori intellettuali e canali onesti di liberazione erotica, per poi confessare pubblicamente il proprio ruolo biografico nei versi della poetessa.25 Se si lasciano da parte gli aspetti più meschini dei pettegolezzi che circondano questa fase della vita personale di Farrokhzad, lettere e interviste rivelano che il confronto con gli uomini che frequentò sia in segreto che apertamente era sempre filtrato da serratissimi scambi intellettuali sul valore del fare poesia in quegli anni in Iran. È per questo motivo che la forte carica erotica che emerge sia da Prigioniera che dalla seconda raccolta, Divār (Il muro, pubblicata nella primavera del 1956) è sempre posta in diretto confronto con le possibilità linguistiche del dire poetico. Assistiamo quindi, riscoprendo queste raccolte, al modo con cui le esperienze di dolore, piacere, dubbio e attesa infinita di quegli “anni infernali”, come Farrokhzad li definì, si amplificano nella scrittura e ritornano ancora più magnificate in un vissuto biografico che emerge come traduzione in altra lingua di un testo a fronte. Dopo l’esperienza dell’ospedale psichiatrico e in seguito alla separazione del marito (novembre 1955), Farrokhzad trascorre alcuni mesi presso la sua amica artista Tusi Ha’eri. In questo periodo incomincia a sviluppare una fase di scrittura più meditativa e per certi versi formalmente più efficace. In questi testi, emerge un io lirico rinnovato sia dalla riscoperta della poesia classica persiana che dall’amicizia con poeti come Nader Naderpur, Mehdi Akhavan-Sales e, in particolare, Sohrab Sepehri, autore quest’ultimo di versi intesi a riscoprire un legame tra l’io e la trascendenza mistica tramite la contemplazione della natura.26
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“Se io fossi Dio” Dal viaggio in Europa a Ribellione Prigioniera e Il muro rappresentano tappe progressive con cui Farrokhzad sperimentò la possibilità di reinventarsi sia nella vita che nella scrittura. Le raccolte apparvero al culmine di fasi cicliche di elevazione artistica scaturite sia dalla ricerca di libertà personale ed espressiva che dalla disperazione per il senso di prigionia e reclusione dovuto allo scontro con le norme sociali e letterarie del tempo. Non è un caso se, all’inizio dell’estate del 1956, dopo aver pubblicato Il muro e dopo aver confessato all’ex marito, Shapur, la sua impossibilità di essere moglie, madre e al contempo poetessa, Farrokhzad parte per l’Europa, alla ricerca di nuove esperienze estetiche, nuove ispirazioni linguistiche e letterarie e nuove possibilità di abitare il mondo. Sia critici accorti che detrattori hanno spesso attribuito all’incontro con lo scrittore e produttore cinematografico Ebrahim Golestan (1922-2023) la svolta definitiva nel percorso artistico di Forugh Farrokhzad. Prima di esplorare il senso di questo incontro che sicuramente aprì nuovi orizzonti alla ormai celebre poetessa iraniana, è importante notare che considerazioni di questo tipo, con un certo sapore paternalistico, non rendono giustizia a quella che fu la vera esperienza trasformativa nella vita di Forugh Farrokhzad, ovvero la sua permanenza in Italia e in Germania tra l’estate del 1957 e l’inverno del 1958. Il diario di viaggio che compose durante il suo soggiorno in Europa meriterebbe di essere tradotto integralmente.27 Pubblicato a puntate sulla rivista Ferdousi, Dar diāri digar (In un’altra terra) preannuncia nel titolo e nel respiro la raccolta più importante di Farrokhzad, 18
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Tavallodi digar (Una rinascita, 1964).28 Le pagine del diario rivelano come quei mesi la scrittrice iraniana trovò uno spazio di solitudine rigenerante in cui l’esplorazione di nuovi contesti urbani e relazioni sociali faceva da sfondo alla riscoperta del retaggio letterario persiano classico e modernista in relazione alle arti visive e alla poesia europee. Il viaggio in Italia e Germania offre a Farrokhzad l’opportunità di studiare l’italiano e il tedesco. Punto di svolta nello sviluppo artistico della poetessa è l’esperienza di tradurre in persiano, con l’auto del fratello Amir Mas‘ud, una selezione di liriche moderniste tedesche tratte da un’antologia pubblicata un anno prima dell’arrivo di Forugh Farrokhzad in Germania.29 Tratti comuni dei testi scelti da Forugh e il fratello per questa antologia sono riflessioni, talvolta intrise di sarcasmo mitteleuropeo, sull’esilio e la transitorietà della vita. Immergendosi in questi temi tramite l’esercizio della traduzione, Farrokhzad conquista una nuova dimensione contenutistica e formale per lo sviluppo della sua esperienza poetica, la quale si allinea con i movimenti di traduzione (soprattutto dal francese) catalizzatori del modernismo poetico persiano.30 La raccolta ‘Osiān (Ribellione), pubblicata nella primavera del 1958, è il frutto di questo nuovo spazio creativo, in cui i caratteristici toni malinconici di Farrokhzad danno luce a una critica lucida, a tratti ironicamente cinica, della questione del rapporto tra libertà e costrizione analizzata da una prospettiva poetica, personale e religiosa. Questa progressione tematica acquista ancora più valore se si tiene conto delle sperimentazioni formali più ardite che appaiono nei testi composti sia durante il viaggio europeo che al ritorno a Tehran, quando Farrokhzad deve accettare la decisione pre19
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sa dalla famiglia del suo ex-marito di impedirle di vedere suo figlio Kamiyar: “Mi appoggiai al petto del muro e dissi piano: / sei tu, proprio tu, Kami, bimbo mio? / E compresi che di quel passato amaro / altro non restava che il ricordo di un nome.” “Scorri verso di noi / scorri verso di noi” L’incontro con il cinema e un amore totale L’incontro con Ebrahim Golestan, scrittore, regista e maggiore produttore cinematografico dell’epoca, offre a Forugh Farrokhzad l’opportunità di ampliare gli orizzonti delle sue esperienze artistiche e umane. Artista dallo sguardo critico raffinato, votato alla ricerca di un impegno politico posto al di là delle logiche di partito (abbandonò il partito comunista Tude nel 1948), Golestan è forse il primo interlocutore capace di reggere il confronto con l’esuberanza intellettuale di Farrokhzad. I due amanti trassero dalla loro relazione tormentata (ben presto sulla bocca di tutti, sebbene Golestan avesse moglie e figli) una fonte inesauribile di ispirazione artistica nel campo della poesia, del cinema e del documentario storico-sociale.31 La collaborazione con il regista comincia nell’estate del 1958 quando la poetessa viene assunta come assistente nella sua casa di produzione, fondata solo un anno prima. Dopo aver trascorso alcuni mesi in Inghilterra per studiare produzione cinematografica, tra il 1958 e il 1963 Farrokhzad collabora alla realizzazione di importanti documentari che la portano a riflettere sulle dinamiche socio-industriali del paese: Un incendio, Acqua e calore e Il mare (quest’ultimo rimasto 20
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incompiuto). Il suo più importante contributo in questo campo resta un piccolo capolavoro del cinema documentario iraniano, Khāne siāh ast (La casa è nera), interamente scritto e diretto da lei e filmato in un lebbrosario nei pressi di Tabriz, nel nord del paese. La produzione del documentario precede di un anno le riforme socio-economiche di Mohammad Reza Shah Pahlavi (fautore della “rivoluzione bianca”) e l’inizio dell’ascesa politica di Ruhollah Khomeini, il principale ideologo e guida della rivoluzione del 1979 che portò alla formazione della Repubblica Islamica d’Iran.32 Sebbene critica sociale e religiosa siano sicuramente al centro de La casa è nera, il film è soprattutto una riflessione lirica sul tempo dell’umano, sul dolore e sulle forme del ritmo che cercano di pronunciare la fragile transitorietà della bellezza.33 Riproponendo alcuni dei temi sacri affrontati nella raccolta Ribellione e intersecandoli all’alternarsi di immagini e versi (qui pubblicati e tradotti per la prima volta) che strutturano la riflessione esistenziale del film, con La casa è nera Farrokhzad ha prodotto una straordinaria opera di poetica visiva che le ha fatto ottenere il primo premio al festival del cinema di Oberhausen nel 1963. Questa nuova fase del suo percorso artistico sfocerà in tutta la complessità del suo splendore nella raccolta Tavallodi digar (Una rinascita), pubblicata nell’inverno del 1964 e considerata il manifesto del modernismo poetico iraniano. Per Farrokhzad, si trattava invece della conquista di una nuova forma di libertà nel ritrovamento di una lingua letteraria che le prestasse fedeltà: “All’epoca scrivevo poesia di tanto in tanto, in modo istintivo, così come emergeva in me, un paio di volte al giorno, in cucina, alla macchina per cucire. Scrivevo tanto per scrivere, ed ero molto ribelle. E allo stesso modo 21
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leggevo raccolte poetiche l’una dopo l’altra. Mi riempivo in questo modo, e dopo essermi caricata di poesia altrui, avendo un briciolo di talento, mi sentivo obbligata a dare qualcosa in cambio. Non so se quelle fossero poesie, so solo che quell’‘io’ era il mio io di quei giorni, erano poesie sincere, sicuramente facili. Non mi ero ancora ‘costruita’. Non avevo ancora trovato la mia lingua e forma propria o il mio sistema di pensiero. Vivevo in quell’ambiente piccolo e ristretto che chiamiamo comunemente vita domestica. Poi all’improvviso mi liberai di tutto questo. Cambiai il mio ambiente, ovvero cambiò per forza di cose e in modo naturale. Le raccolte Il muro e Ribellione erano un mio sbracciarmi disperato e battere i piedi in mezzo a due fasi della vita. Erano i miei ultimi respiri prima di una forma di liberazione.”34 “Le vertebre sottili della mia schiena” Una rinascita: l’apogeo artistico prima della fine L’eclettismo stilistico, le riflessioni sul contrasto tra memoria storica e memoria poetica, e la costruzione di un io lirico frammentato in flussi di coscienza alternati al ritmo di immagini completamente nuove che caratterizzano Tavallodi digar (Una rinascita) fanno dell’intero corpus letterario di Farrokhzad una voce imprescindibile nel panorama poetico del Novecento iraniano e internazionale. Dedicata a E.G. (Ebrahim Golestan), la raccolta presenta una riflessione sulla forma non lineare delle esperienze di vita e delle immagini che emergono dalla giustapposizione di ricordi e parole che acquistano significati nuovi nelle diverse possibilità espressive del presente lirico. Naturale chiedersi, con il senno critico del poi, se la 22
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frammentazione dell’io come processo di critica (spesso ironica) e scoperta della relazione tra sé e il mondo in atto in questa fase matura della sua produzione poetica non fosse stata influenzata dalla partecipazione di Farrokhzad nel gennaio del 1964 all’adattamento in persiano (per la regia di Pari Saberi) di Sei personaggi in cerca di autore, nei panni della figliastra. Se nelle prime raccolte la ricerca dell’esperienza porta Farrokhzad a immaginare l’amore come la possibilità di un idillio promesso al di là dell’angustia delle pareti domestiche,35 in Una rinascita amare è esperienza stravolgente che non offre salvezza, se non nell’accettazione della sua forza oscura, devastante quanto necessaria. Quello che però lega questa fase della vita di Farrokhzad alle sue prime pulsioni letterarie è che anche il rinnovamento d’amore, sebbene sia per lei l’esperienza più sublime tra tutte quelle della vita, è pur sempre una variabile esistenziale che acquista valore soltanto se pronunciata tramite la scrittura. La tentazione di tradurre passi tratti dalle lettere di Farrokhzad indirizzate a Golestan è molto forte: scevre di affettazione, sono pagine che rivelano una forma di passione che trascende la differenza tra l’io dell’amare e il tu dell’essere amati. Ogni incursione in queste lettere pubblicate in diversi tempi rivela la forma linguistica di un desiderare straziantemente vero nella sua fusione di luce e oscurità, esaltazione e disperazione. Fortunatamente, questa forma linguistica del pensiero di desiderio che si fa parola è presentissima nella scrittura pubblica di Farrokhzad, e nelle sue raccolte più mature e nelle sue prose critiche. Infatti, in alcune delle sue più lucide pagine di critica letteraria, purtroppo non ancora adeguatamente studiate, Farrokhzad inquadra il problema della natura dell’amore all’interno di una critica della poesia erotica 23
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che le è contemporanea, e che include una presa di coscienza sui limiti del suo stesso percorso lirico: “Nella poesia di oggi non si parla mai dell’amore come uno dei sentimenti umani più belli e puri. Il legame e la fusione tra due corpi, questa bellezza sacra che è come preghiera e celebrazione, è stata ridotta a necessità e bisogno primitivo. Il sesso, questa forma di espressione folle del volere e del desiderare, crea la più elevata e più oscura forma di unione tra le totalità di due anime. È infatti una finestra che si apre su quello che chiamano Dio e la sua verità sentita esclusivamente nella carne, nella pelle e nel cavo delle vertebre della schiena, e non al di là dell’esistenza esteriore, che si sazia rapidamente e scivola nel sonno fino a dimenticare che è possibile diventare una sola cosa.”36 Sebbene in Una rinascita abbondino riferimenti a occasioni biografiche (ad esempio, una gravidanza non portata a termine, descritta con versi brevissimi in Fiore rosso),37 l’amore che Farrokhzad riconcepisce come trascendenza ancorata alla carne produce uno scollamento tra esperienza di vita ed esperienza letteraria. Rivalutando la sessualità come ricerca dell’assoluto tramite i sentieri della carne (gusht, in persiano, parola che la poetessa rivendica esplicitamente),38 Farrokhzad riprende un filone dell’erotismo sacro che è caratteristico della poesia persiana medievale.39 Allo stesso tempo, la sua presa di distanza dal sesso fine a se stesso e non come ricerca di senso la porta a criticare personaggi come la cabarettista e cantante Mahvash (1920-1961), le cui esibizioni in chiave bourlesque e la ristampa nel 1957 di un discusso manuale sul piacere sessuale potrebbero essere oggi viste come importanti aspetti dell’emancipazione della donna iraniana.40 Questa prospettiva critica traspare dallo sguardo sarcastico con cui Farrokhzad riesuma la figura della “ragazza felice” di trovare il suo prin24
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cipe azzurro (Il sogno, nel Muro) e la converte nella Bambola meccanica di Una rinascita: “Si può urlare / mi piace / con voce gravemente falsa, / gravemente estranea / si può essere femmine belle e sane / carne fatta tovaglia di pelle, due seni grossi e sodi / tra le braccia espertissime di un maschio.”41 Pertanto, con questa raccolta, per Farrokhzad il problema non è più la ricerca di una libertà espressiva legata alla conquista di emancipazione sentimentale. La vera questione ruota invece intorno alla domanda del come dire un’esperienza totale d’amore che è simultaneamente attuale, passata ed eterna e, in quanto tale, lacera il corpo sul confine che separa la presenza dall’assenza: “Ah, ero piena di lussuria, la lussuria della morte, / i miei capezzoli dilaniati da spasimi pungenti, / ah, / memoria del mio primo mestruo, / quando le membra si aprivano / in uno stupore innocente / a mescolarsi con quell’indecifrabile, / con l’ambiguo, con l’oscuro.” Tramite il filtro della poesia, lontano dalla volgarità degli spazi pubblici della politica e della cultura pop emergente, l’esperienza dell’amore presente cattura il ricordo di tutti i tempi nella vita, fino a lasciare trasparire, come nei versi appena citati, la memoria del primo sentirsi esistere nel corpo. L’accettazione dell’esperienza del desiderio come forma di dolore, includendo il dolore fisico che accompagna le fasi più acute dello sconforto interiore, spiega la pulsione di morte (drammaticamente espressa anche tramite vari tentativi di suicidio) che ha sempre contraddistinto l’intensità esistenziale di Farrokhzad: “Questa nostalgia che scaturisce dal mio amare, / ritrovo nell’amplesso il fervore severo della morte.” La possibilità di trovare una forma linguistica per la percezione dell’annientamento che accompagna un’estasi d’amore che non può essere sorretta dai confini angusti della carne 25
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diventa l’unica forma di liberazione: “Mi liberavo / mi liberavo / la pelle del mio corpo / si squarciava nella dilatazione dell’amore / la mia massa in fiamme / si scioglieva lentamente, / versandosi e riversandosi / nella luna, luna affossata, riversa, indistinta. / Piangevamo l’uno sull’altro / vivendo follemente l’uno nell’altro / nell’istante inaffidabile dell’unione.” Una rinascita trascende le trame del vissuto biografico per rendere l’io poetico di Farrokhzad testimone distaccato di come il ritmo sincopato di questo nuovo stile possa parlare ai lettori dell’esperienza dissonante della modernità iraniana, ben oltre ogni forma di esotizzazione sentimentalistica dell’identità culturale e di genere. L’io si frammenta per tenere conto della traccia del vissuto in un arco ampio di stili, registri e temi nuovi: dalle riflessioni sarcastiche sull’alienazione della classe media (Bambola meccanica) alla critica in dialetto tehranese dell’infanzia della classe operaia priva di aperture alla dimensione del sogno (La mamma un giorno disse ad Alì). Per Farrokhzad, come dichiarò lei stessa in un’intervista, Una rinascita non costituisce un libro uniforme ma la registrazione in versi di quattro anni di vita che l’avvicinarono alla sorgente più profonda del suo rapporto con la poesia.42 Inoltre, in questa raccolta, la presenza di una nuova vena ironica non passa inosservata (O mia patria di perle tempestata ne è un esempio esilarante), soprattutto per il contrasto che essa crea con i toni più sofferti e intensi dello stile di Farrokhzad. Un passo tratto da una lettera scritta nell’autunno del 1963 e indirizzata al fratello Fereydun (assassinato da agenti della Repubblica Islamica nel 1992) ci aiuta a contestualizzare lo spirito sarcastico della poetessa nel panorama editoriale di quegli anni: “Sono dieci anni che scrivo poesie e ancora oggi quando ho bisogno di cinquanta toman mi metto la testa tra le ma26
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ni per non piangere della mia disgrazia. Quando pubblico un libro gli editori si mettono di malavoglia le mani in tasca e mi danno giusto mille toman per i diritti d’autore. Il libro poi lo pubblicano solo dopo aver fatto storie infinite. Quando poi il libro esce, con una tiratura di almeno duemila esemplari, resta per anni nelle vetrine delle librerie finché non vendono a stento una cinquantina di copie. Infine quattro scemi, ignoranti e rincretiniti si fanno gioco di te facendo finta di pubblicare critica letteraria in quelle due o tre riviste da quattro soldi che non fanno altro che parlare di culi e cosce, delitti scandalistici e brasati della domenica tipo ghorme sabzi.”43 “Perché fermarmi?” Oltre la morte: poesia come pensiero “Mi sono incamminata da sola. Come una bambina che si perde in una foresta. Mi sono diretta in ogni direzione per fissare ogni cosa e lasciare che tutto mi catturasse, finché non sono arrivata a una sorgente in cui ritrovare non solo me stessa ma anche tutte le esperienze della foresta. In realtà, le poesie di questo libro non sono altro che i passi da me mossi alla ricerca della sorgente. Adesso la poesia per me è diventata una questione urgente. È una responsabilità che sento nei confronti della mia stessa esistenza. Rispetto la poesia allo stesso modo con cui una persona religiosa rispetta la sua fede. Non credo ci si possa affidare esclusivamente al proprio talento. Comporre una poesia davvero buona richiede lo stesso sforzo, la stessa attenzione e precisione necessarie per una scoperta scientifica.”44 Non è un caso che, nel descrivere i suoi più recenti sviluppi creativi, Farrokhzad suggerisca un paragone tra poesia 27
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e scienza. L’io frammentario della sua ultima raccolta (Crediamo pure all’inizio della stagione fredda, pubblicata postuma nel 1974), anche in seguito all’esperienza della produzione cinematografica e del teatro, è un io che si fa carico del dovere di documentare la realtà in una forma che si sforza di essere ispirata e allo stesso tempo analitica. Forse è proprio questo aspetto, il connubio tra lirismo e analisi, che Farrokhzad ha in mente quando nelle ultime interviste dichiara di avere finalmente compreso che la poesia deve diventare una forma di pensiero, quindi capace anche di trascendere ogni rapporto promiscuo con l’esperienza soggettiva. La correlazione tra pensiero e lirica, la poesia che, in un certo senso, si fa analisi prismatica del mondo, è una delle chiavi di lettura di Crediamo pure all’inizio della stagione fredda, titolo dell’omonimo, lucidissimo poema continuo con cui questa silloge si apre. Come molti lavori lasciati incompiuti, la raccolta offre al lettore uno spiraglio da cui guardare il lavoro di scrittura nel suo farsi opera in quello spazio ambiguo in cui il rapporto tra parole, immagini e pensieri continua a vibrare con una forma potente di incertezza. Quale direzione Forugh Farrokhzad desiderava che questo nuovo lavoro prendesse, una volta ultimato? L’influenza del discorso scientifico – sicuramente estetizzato, ma pur sempre con distacco analitico – è particolarmente presente in una poesia il cui titolo è stato reso in passato come È solo la voce che resta (Tanhā sedā-st ke mimānad). Nel rilevare una forte componente analitica, e affidandomi sia ai diversi significati della parola sedā che ai temi principali del testo, ho preferito ripercorrere il senso della voce fino alla sua origine fisica, Nulla resta se non il suono: “è il suono, il suono, il suono / il suono del desiderio limpido che l’acqua ha di scorrere / il suono del riversarsi luminoso della stella 28
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/ sulle pareti femminee del suolo / il suono del seme che si rapprende in senso / il dilatarsi della mente condivisa dell’amore / il suono, il suono, il suono solo il suono resta.” Questo ritorno al suono, nella sua capacità di farsi struttura per la voce, va interpretato come la scoperta da parte di Farrokhzad della poesia come tecnica dell’intelletto, esattamente come è stato rilevato nel caso di quel pensiero per immagini che scandisce il ritmo de La casa è nera. Il suono pronuncia l’apparire della realtà come se si trattasse di una serie di inquadrature: “orizzonte verticale / orizzonte verticale, movimento che scaturisce / e nei margini del vedere / ruotano pianeti luminosi, / nella sua elevazione la terra si ripete / e i vuoti d’aria / si trasformano in connessioni sotterranee.” “Perché fermarmi?” si chiede Farrokhzad diverse volte, prima di avanzare un’ultima domanda retorica che riporta la metrica del suono alla questione del desiderio e delle sue meccaniche: “Cosa farmene del lungo gemito selvatico / dell’organo sessuale degli animali?” Domanda la cui risposta è offerta in una delle poesie manifesto di tutta l’opera della poetessa, Una finestra, che riprende il tema della necessità del guardare (“perché non ho guardato?” si chiede numerose volte in Crediamo pure), la necessità di assistere al processo del proprio divenire nei diversi tempi della vita: “Quando la mia fede era impiccata alle fragili corde della giustizia / e in tutta la città / facevano a pezzi il cuore delle mie luci / quando velarono con il fazzoletto nero della legge / gli occhi infantili del mio amare / e dalle tempie ansiose della mia speranza / sgorgavano fiotti di sangue, / quando la mia vita ormai non era più nulla, / nulla, se non il tic-tac di un orologio, / capii che dovevo amare, / amare, amare follemente.” Nonostante la follia d’amore che costella i suoi versi, Far29
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rokhzad non perse mai la lucidità tagliente del suo sguardo critico, proiettato dal 1965 in poi sempre più sul linguaggio visivo. Dopo aver rilasciato due interviste a Bertolucci, che era interessato a girare un documentario sulla sua vita, presentò La casa è nera alla seconda edizione del Festival del cinema d’autore a Pesaro.45 Un certo stile cinematografico appare nelle poesie che Farrokhzad compose a quattro mani con il poeta Yadollah Roya’i (fondatore del movimento modernista della “poesia volumetrica”, she‘r-e hajm) poche settimane prima della sua scomparsa prematura. In particolare Erezione suicida, con il suo insolito simbolismo sessuale espresso da un punto di vista posto al di là della differenza di genere (o motivato dalla ricerca di una fusione tra il maschile e il femminile), invita a immaginare il tipo di poesia che Farrokhzad avrebbe potuto scrivere negli anni ’70 e oltre. Il tentativo di ricostruire gli istanti che precedettero e seguirono l’incidente stradale del 13 febbraio 1967 e l’ossessione con cui amici, familiari, studiosi e lettori tuttora rievocano le circostanze della morte di Farrokhzad rivelano il peso delle riflessioni sul senso della fine che attraversano la sua intera opera. Con il “versetto oscuro” della sua vita che si fa canto dell’esperienza e riflessione ritmica, Farrokhzad ci parla della possibilità simultanea dell’esistere e del non esistere, di essere presenti al mondo e a se stessi e al contempo immaginarsi distaccati da ogni legame con il qui e l’ora, “lontano da qui, lontano da qui”, come scrisse da bambina. A noi non resta che accogliere e ascoltare la misura emblematica della sua notte estrema, fatta soglia pregna di senso: “Io parlo dai confini della notte / dal termine del buio / e parlo / dei confini della notte. // Se vieni a casa mia, caro, portami un lume / e uno spiraglio da cui poi guardare / la folla nel vicolo felice.” 30
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N OT E A L L’ I N T R O D U Z I O N E
1. Sulla scrittura femminile nell’Iran moderno si veda, in italiano, Vanzan 2009, Sabahi 2014 e in inglese, Milani 1992 e Milani 2011. Cfr. il volume curato da Claudia Yaghoobi (2023) sul movimento #metoo in Iran. 2. Vedi Borsatti 2023; Hejazi 2023. Si veda anche il fondamentale studio di Claudia Yaghoobi (2020), Temporary Marriage in Iran: Gender and Body Politics in Modern Iranian Film and Literature, che analizza ruoli e rappresentazioni delle donne nel cinema e nella letteratura dal punto di vista dell’istituto del sighe, o matrimonio temporaneo. 3. Dobbiamo a Michael Hillmann (1987) e Farzaneh Milani (2016) i due studi più importanti sulla vita di Farrokhzad. In queste pagine mi sono affidato soprattutto all’aggiornamento biografico offerto di recente da Milani e al confronto tra le sue fonti e il quadro che emerge dalle comunicazioni private intrattenute da Hillmann con scrittori e intellettuali che hanno interagito con la poetessa direttamente. Le prospettive critico-letterarie più importanti sul conto dell’opera di Farrokhzad si ritrovano invece in Brookshaw e Rahimieh 2023. 4. Sull’omoerotismo in poesia persiana, si vedano, Ingenito 2020; Vanzan 2021. Con la figura di Leili, invece, spesso citata da Farrokhzad sia nelle poesie che nelle riflessioni sulla differenza tra follia d’amore medievale e complessità del sentimento moderno, ci si riferisce al romanzo medievale in versi, Leili e Majnun, tradotto in italiano da Giovanna Calasso (Nezami 1985). 5. Cfr. Afary 2009, pp. 161-165.
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6. Si veda Najmabadi 2005. 7. Sullo sviluppo di un romanticismo anti-spirituale in poesia persiana, improntato a dimensioni specifiche del romanticismo francese, vedi Ahmed 2012, pp. 339-345. 8. Uno dei primissimi versi composti da Forugh Farrokhzad durante l’infanzia (Milani 2016, p. 47). 9. Per una storia politica e culturale delle donne iraniane dall’Ottocento ai giorni nostri, si veda Vanzan 2019. 10. Per una disamina dettagliata della storia dell’Iran moderno e contemporaneo, si rimanda all’eccellente studio di Farian Sabahi (2020), in particolare pp. 104-105. 11. Risultano particolarmente interessanti i toni con cui Parvin E‘tesāmi (1907-1941), la maggiore poetessa iraniana prima di Farrokhzad, lungi dall’essere una modernista, salutò nell’inverno del 1936 la proibizione del velo in un’ode che si conclude con una lode del sovrano Reza Shah Pahlavi: “Ci voleva un velo per occhi e cuore, ma velo di pietà: / questo putrido chador non fu mai fondamento dell’Islam. // O Sovrano, le tue potenti mani rendono tutto più agevole / senza te non ci sarebbe stata alcuna speranza per noi!” E‘tesāmi 1954, pp. 153-154. 12. Per uno sguardo sulle primissime conversazioni intorno all’emancipazione femminile nel contesto aristrocratico che precede di pochi decenni la nascita di Farrokhzad, si vedano le memorie di Tāj al-Saltane (18841936), figlia del sovrano qajaro Nāser al-Din, tradotte in italiano da Anna Vanzan (2017). 13. Fino a una decina di anni fa, critici e biografi sostenevano che Farrokhzad fosse nata nel gennaio 1935. Il rinvenimento del certificato di nascita della poetessa risolve la questione in maniera definitiva. 14. Milani 2016, p. 40. 15. Ibid., p. 80. 16. Il pezzo è riprodotto integralmente in Milani 2016, pp. 533-534. Sebbene Farrokhzad alluda al Peccato nella sua prima raccolta, la poesia comparirà l’anno successivo, in apertura del Muro. Cfr. ibid., p. 90, per una testimonianza sulla reazione immediata dei lettori dell’epoca alla pubblicazione di questa poesia. 17. Hāfez di Shiraz (m. 1390) è il poeta lirico classico più apprezzato oggi in Iran. Poeta della fusione tra mondanità politica, erotismo e trascen-
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denza sovrasensibile, Hāfez era apprezzato dagli intellettuali modernisti soprattutto per la venatura polemica con cui alcuni suoi versi denunciano l’ipocrisia dell’ortodossia religiosa del tempo. Sebbene il suo canzoniere (divān) sia stato tradotto diverse volte in italiano, l’edizione al momento più accessibile è quella pubblicata nella “bianca” Einaudi curata da Gianroberto Scarcia e Stafano Pellò nel 2008. Cfr. Ingenito 2009 e Norozi 2022 per due analisi delle traduzioni italiane e francesi della sua poesia. Si veda anche la monografia esaustiva di Brookshaw (2019), oltre a Ingenito 2018, per alcune riflessioni sulle dimensioni geopoetiche e storiche della sua lirica. 18. La menzione di poeti classici persiani e scrittori francesi rivela la natura mista delle spinte moderniste che influenzarono il gusto letterario di Farrokzhad. In una lettera pubblicata nella rivista Omid-e Irān (La speranza dell’Iran) nel gennaio 1955 (p. 15), Farrokhzad aveva discusso in modo più esteso le sue preferenze letterarie. Per un approfondimento sulla questione del modernismo poetico persiano si rimanda all’analisi critica posta in appendice. 19. Si veda ad esempio l’assoluzione sessista e petulante in rime baciate del poeta conservatore Ebrāhim Sahbā (anni dopo sbeffeggiato da Farrokhzad in O mia patria di perle tempestata): “se hai peccato ha fatto bene a farlo / ché peccando hai sedotto tutta la città…” (“Bilitis-e Irān”, Khāndanihā 16, 2, 1956: pp. 20-21; vedi anche Milani 2016, pp. 86-87, Hillmann 1987, pp. 30-31). Perfino il critico e traduttore Shojā‘ al-Din Shafā, autore della introduzione (imposta dall’editore del volume, vedi Milani 2016, p. 96) a Prigioniera parlerà del “peccato di una poetessa che ha cercato di purificarsi attraverso l’arte”. 20. Farrokhzād 1955. 21. Si veda Ottonello 2022, pp. 39-46. 22. Nello stesso pezzo citato sopra (“Bilitis-e Irān”), Sahbā pubblicò una poesia in cui il poeta tradizionalista chiama la poetessa “volto di luna dalle dolci movenze” che deve smettere di insistere sul “peccare” e le consiglia di custodirlo nel velo dell’ambiguità poetica, perché il velo è consono alle donne. 23. Milani 2016, pp. 117-118. 24. Sebbene Il peccato non compaia in questo libro (la poesia aprirà invece la seconda raccolta di Forugh), l’eco del suo scandalo accompagna l’uscita di questa raccolta nella forma di uno scambio di accuse espresse in
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forma di finzione letteraria tra Farrokhzad e l’editore di Rowshanfekr, Nāser Khodāyār. Infatti, poco settimane dopo, Khodayar comincerà a pubblicare un racconto a puntate, Fioritura cobalto, in cui lascia intendere al suo pubblico di essere stato l’amante di Farrokhzad e l’oggetto di desiderio evocato nella poesia apparsa nella sua rivista. Cfr. Milani 2016, pp. 90-95. 25. Vedi Hillmann 1987, pp. 24-25, 32. 26. Su Mehdi Akhavān-Sāles si veda l’eccellente studio di Marie Huber (2016). La poesia di Sohrab Sepehri è apprezzabile in italiano grazie alle traduzioni particolarmente raffinate di Riccardo Zipoli (1995) e Occhetto e Mardani (2022). Prashant Keshavmurthy e Pouneh Shabani-Jadidi (2021) hanno invece curato per Brill la traduzione inglese con testo a fronte dell’intera opera poetica di Sepehri (Hasht Ketāb). 27. Per la traduzione italiana di vari passi, vedi Piemontese 2003. 28. Farrokhzad 1964. 29. Forugh e Amir Mas‘ud Farrokhzād 2000. Per un’analisi accurata, cfr. Mina 2023. 30. Cfr. Ahmed 2012. 31. Vedi Hillmann 1987, pp. 39-40, e l’importante intervista rilasciata a Farzaneh Milani (2016, pp. 182-212) 32. Sabahi 2020, pp. 147-163, 33. Le riflessioni pubblicate dal Vincent Barletta nel gennaio 2019 sul ritmo lirico del film sono particolarmente illuminanti (https://www.vincentbarletta.io/blog/the-house-is-black.) Si veda anche Rahimieh 2023. 34. Bavandpur 2002, II, p. 54. 35. Brookshaw 2023, pp. 36-43. 36. Bavandpur 2002, II, p. 89. 37. Nell’intervista rilasciata a Milani (2016, p. 208), Ebrahim Golestan rivela che Farrokhzad decise di abortire tra il 1961 e il 1962. 38. Bavandpur 2002, II, p. 91. 39. Ingenito 2020. 40. Bavandpur 2002, II, p. 86. Parallelamente alle osservazioni di Farrokhzad sullo spirito del modernismo poetico come espressione del sentimento personale, Mahvash presenta negli stessi anni il libro Il segreto della soddisfazione sessuale (Rāz-e kāmyābi-ye jensi) come frutto delle proprie esperienze sessuali dirette. 41. Una simile vena satirica appare in O mia patria di perle tempestata,
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con un possibile riferimento a Mahvash: “città di ‘stelle’ di rilievo, con cosce, culi e tette sbattute su riviste d’arte / culla di chi andò a ideare la filosofia del ‘ma che ci frega a noi?’” Il tema della donna ridotta a una presenza meccanica scaturita da un’emancipazione superficiale riapparirà in Mi fa pena il giardino (in Crediamo pure all’inizio della stagione fredda). 42. Bavandpur 2002, II, p. 123. 43. Ibid., II, p. 126. 44. Ibid., II, p. 50. 45. Per la trascrizione di una delle interviste, si veda Ibid., II, pp. 315-318.
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N OTA A L L’ E D I Z I O N E , A L L A T R A D U Z I O N E E ALLA TRASLITTERAZIONE
Questo libro include l’intera produzione poetica di Forugh Farrokhzad, con testo a fronte, e in una forma critica mai apparsa prima in persiano o in traduzione. Le pagine che seguono presentano, infatti, tutte le poesie pubblicate da Farrokhzad quando era ancora in vita (eccezione fatta per alcuni testi postumi in Crediamo pure all’inizio della stagione fredda). A differenza dei testi oggi reperibili nelle librerie iraniane, le raccolte qui presentate e tradotte sono assolutamente incensurate e includono poesie apparse su rivista, inediti giovanili, poesie scritte a quattro mani con il poeta Roya’i e versi estratti dal copione de La casa è nera. Ci ho tenuto anche a includere i paratesti più salienti (citazioni poetiche introduttive, note e, soprattutto, la preziosa postilla a Prigioniera, sulla scrittura femminile) che accompagnavano le prime edizioni delle raccolte di Farrokhzad, sperando così di fare cosa utile non solo per lettori e studiosi, ma anche per quello che resta della memoria di una delle poetesse più straordinarie di ogni tempo. In quanto tasselli di un’editio princeps di un autore moderno corredata da apparati critici, i testi originali sono presentati nella forma in cui apparirono nelle prime edizioni di ciascuna raccolta (inclusi divisioni strofiche, punteggiatura e 36
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paratesti). Sono stato particolarmente fortunato da reperire le primissime edizioni delle raccolte Prigioniera, Il muro, Ribellione e Una rinascita, libri che sono quasi introvabili nelle biblioteche pubbliche europee e nordamericane (e ormai irreperibili in Iran e Afghanistan). Variazioni autoriali successive e refusi riconoscibili (anche con il supporto della corrispondenza privata dell’autrice) sono state appuntate in nota. Allo stesso modo, ho ritenuto opportuno segnalare le divergenze testuali più rilevanti per le poesie più importanti che sono apparse in rivista prima di essere incluse in raccolta dall’autrice. Inoltre, ho preferito riprodurre e tradurre la terza edizione di Prigioniera, risalente al 1963, e non l’edizione originaria del 1955 (fattami gentilmente pervenire da Farzaneh Milani). Le profonde differenze tra le due edizioni suggeriscono che l’autrice decise di consegnare ai posteri un libro dal dettato radicalmente rivisto, soprattutto per quanto concerne la disposizione dei testi. Ho comunque incluso tutte le poesie che non furono ripubblicate dopo il ‘55, segnalando poi in nota alcune delle discrepanze maggiori che aiuteranno i lettori esperti a ricostruire aspetti importanti della maturazione creativa di Farrokhzad. Cominciai a studiare persiano da autodidatta, leggendo Forugh Farrokhzad a ventidue anni, quando insegnavo fotografia in un liceo della campagna portoghese. Una volta tornato a Napoli, la mia maestra e amica di polsi, Camilla Miglio, mi insegnò che lo spirito del tradurre è la conquista silenziosa di un metro capace di portare avanti, in altro spazio, altra forma, la voce dei morti. Devo a lei e agli amici che credettero in questa dedizione la mia prima pubblicazione, La strage dei fiori: poesie persiane di Forugh Farrokhzad (Orien37
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texpress, 2009) che includeva solo una manciata di testi, tradotti spesso liberamente. Dopo essermi dedicato per quindici anni quasi esclusivamente alla poesia persiana classica, tra Tehran, Oxford e Los Angeles, Io parlo dai confini della notte rappresenta un ritorno meditato (più maturo, si spera) a quelle stesse origini della mia passione per la cultura persiana. Devo al collega e amico Giacomo Longhi, eccezionale traduttore di narrativa moderna sia dal persiano che dall’arabo, l’occasione iniziale che mi ha consentito di tradurre l’opera completa di Forugh Farrokhzad. Per la traduzione italiana delle prime tre raccolte mi sono ispirato in parte allo stile di Antonia Pozzi, nelle cui poesie ho sempre riconosciuto tratti comuni con la scrittura di Forugh. Nel tradurre Una rinascita e Crediamo pure all’inizio della stagione fredda ho cercato una consonanza con le sperimentazioni ritmiche di Amelia Rosselli e la metrica accentuativa di Giuliano Mesa. Traducendo simultaneamente alcuni testi di Farrokhzad in inglese, soprattutto le sue poesie più sperimentali, ho provato a adottare in italiano il ritmo sincopato prodotto da T.S. Eliot nei Quattro quartetti tramite il contrasto tra metrica accentuativa e il pulsare di un’ossatura giambica. Sia la presenza ossessiva che l’assenza ostinata di rime nelle poesie di Farrokhzad impongono al traduttore la scelta tra rispetto stucchevole della lettera e ricreazione in altra forma. Ho optato per il principio di compensazione, che consente di riprodurre aspetti esteticamente intraducibili (in questo caso, le rime, appunto) tramite variazioni formali (allitterazioni, cesure, assonanze, etc.) e semantiche che tentano di riprodurre l’effetto dell’originale piuttosto che il suo dettato. Nel complesso, tradurre poesia modernista, una volta superati gli scogli di accuratezza filologica e competenza lin38
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guistica, significa produrre continue approssimazioni ai testi originali, anche perché quegli stessi testi sono stati concepiti come istanze di sperimentazione permanente. La poesia modernista, specialmente quella di Farrokhzad, tradisce il proprio mandato sovversivo se non si lascia tradurre costantemente in nuove forme. Le mie traduzioni devono molto alle versioni italiane e inglesi di grandi maestre e maestri della traduzione letteraria dal persiano: Dominic Brookshaw, Dick Davis, Michael Hillmann, Franklin Lewis, Paul Losensky, Setrag Manoukian, Faezeh Mardani, Daniela Meneghini, Camilla Miglio, Paola Orsatti, Stefano Pellò, Carlo Saccone, Sunil Sharma, Anna Vanzan, Riccardo Zipoli e molti altri esperti. Vorrei aggiungere infine che, per essere apprezzati, i testi, anche lunghi, di Forugh Farrokhzad vanno performati, ovvero letti ad alta voce, sussurrati, mormorati, gridati, canticchiati, messi in scena, con serietà, certo, ma anche con le venature ironiche che spesso li accendono. Forugh avrebbe amato la gioia irriverente con cui anche noi, oggi, possiamo leggerla di lingua in lingua. Il persiano è una lingua indoeuropea il cui sistema di scrittura è una variante dell’alfabeto arabo. Sia nell’introduzione che nel corpo delle traduzioni ho adottato un sistema di trascrizione semplificato, di tradizione soprattutto anglosassone (shah invece di scià o shāh, Ferdowsi al posto di Ferdousi, Farrokhzad e sighe, al posto di Farroxzād e siġe, etc.). Ho preferito segnalare soltanto la vocale lunga “ā” (ma non per i nomi propri menzionati nell’introduzione e nei versi tradotti), mentre per le note esplicative e la bibliografia mi sono attenuto al sistema di traslitterazione adottato dalla rivista Iranian Studies. 39
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Il nome “Forugh Farrokhzād” contiene alcuni dei fonemi più difficili da pronunciare per le lettrici e i lettori italiani. La consonante “gh” suona come una erre francese leggermente più dolce, la “kh” è simile alla jota spagnola (Juan), mentre la vocale lunga “ā” (come in Tehrān) è pronunciata come una /a/ molto chiusa, tendente a una “o” aperta. La rara consonante “zh” corrisponde alla “j” francese di “je.” “S” e “z” sono pronunciate rispettivamente come la esse sorda di “sera” e la esse sonora di “viso.” “Ch” (chador) è pronunciata come la “c” dolce di “cena.” Infine, l’accento tonico cade in genere sull’ultima sillaba (Iràn, Tehràn, Farrokhzàd, etc.).
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BIBLIOGRAFIA
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IO PARLO DAI CONFINI DELLA NOTTE
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اسیر تقدیم به همسر هنرشناسم پرویز به پاس گذشتها و فداکاریهای او در راه پیشرفت هنر من
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PRIGIONIERA1 Dedicato a mio marito Parviz, fine conoscitore d’arte, in cambio di tutti i suoi sacrifici e concessioni nel percorso del mio progresso artistico. Tehran, 1955
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به خواهرم
خیز از جای و طلب کن حق خود خواهر من ...ز چه رو خاموشی خیز از جای که باید زین پس خون مردان ستمگر نوشی خیز از جای و طلب کن حق خود از کسانی که ضعیف خوانند از کسانیکه به صد حیله و فن گوشه خانه ترا بنشانند تا به کی در حرم شهوت مرد مایه عشرت و لذت بودن تا به کی همچو کنیزی بدبخت سر مغرور بپایش سودن تا بکی در ره یک لقمه نان صیغه حاجی صد ساله شدن هووی دوم و سوم دیدن تا بکی ظلم و ستم خواهر من؟ باید این نال ٔه خشم آلودت بیگمان نعره و فریاد شود باید این بند گران پاره کنی تا ترا زندگی آزاد شود
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PER MIA SORELLA2
Sollevati adesso e rivendica i tuoi diritti sorella mia, perché stai in silenzio? Sollevati adesso, d’ora in poi potrai bere il sangue degli uomini tiranni. Sollevati adesso e rivendica i tuoi diritti da quelli che ti chiamano debole da quelli che con cento scuse e inganni ti secludono in un angolo della casa. Per quanto ancora sarai fonte di godimento e piacere nel tempio di lussuria dell’uomo? Per quanto ancora come serva sventurata strofinerai la tua testa fiera sui suoi piedi? Fino a quando per un pezzo di pane dovrai sposare per poche ore un pellegrino centenario o vedere la seconda e terza moglie di tuo marito?3 Fino a quando questa ingiustizia, sorella mia? Questo tuo gemito intriso di rabbia dovrà irrompere infine come un grido dovrai spezzare queste catene pesanti per liberare la tua vita.
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خیز از جای و بکن ریش ٔه ظلم راحتی بخش دل پر خون را جهد کن ...جهد ...که تغییر دهی بهر آزادی خود قانون را ! اهواز دیماه ۱۳۳۰
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Sollevati ed estirpa le radici dell’ingiustizia offri sollievo al cuore sanguinante con i tuoi sforzi, con la tua forza cambierai la Legge sulla via di libertà. Dicembre 1951 / gennaio 1952, Ahvaz
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سرود پیکار
تنها تو ماندی ای زن ایرانی در بند ظلم و نکبت و بدبختی خواهی اگر که پاره شود این بند دستی بزن به دامن سرسختی تسلیم حرف زور مشو هرگز با وعده های خوش منشین از پای سیلی بشو ز نفرت و خشم و درد سنگ گران ظلم بکن از جای آغوش گرم توست که پرورده این مرد پر ز نخوت و شوکت را لبخند شاد توست که می بخشد بر قلب او حرارت و قوت را آنکس که آفرید ٔه دست توست رجحان و برتریش تو را ننگ است ای زن به خود بجنب که دنیایی در انتظار و با تو هماهنگ است زین بندگی و خواری و بدبختی خفتن به گور تیره تو را خوشتر کو مرد پرغرور...؟ بگو باید زین پس به درگه تو بساید سر
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C A N TO D I B AT TA G L I A 4
Sei rimasta solo tu, donna iraniana, nei lacci d’ingiustizia, disgrazia e malasorte. Se vorrai spezzare queste catene fatti coraggio e mostra la tua tenacia. Non cedere mai alle parole dure, non perderti in dolci promesse, diventa torrente di rabbia, odio e dolore, e rovescia la pietra dell’oppressione. È il tuo caldo abbraccio che ha nutrito quest’uomo pieno di boria e presunzione, è il tuo sorriso felice che riscalda il suo cuore e offre a lui la forza. Ti disonorano il privilegio e il vantaggio di chi fu creato dalle tue mani, ascolta donna, ritorna in te, perché c’è un mondo che ti attende e sta dalla tua parte. È più dolce per te dormire in una tomba oscura che in questa servitù, umiliazione e disgrazia. Dove è l’uomo orgoglioso...? Di’ che deve inginocchiarsi davanti al tuo portale.
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کو مرد پرغرور...؟ بگو برخیز کاینجا زنی به جنگ تو می خیزد حرفش حق است و در ره حق هرگز از روی ضعف اشک نمی ریزد حرفش حق است و اسلحه اش هم حق فریاد خشم و درد بلبهایش با مرد پر غرور بگو این زن زین دایره برون نکند پایش زمستان ۲۳۳۱اهواز
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Dove è l’uomo orgoglioso? Che si prepari! C’è una donna qui pronta a fargli guerra, le sue parole sono verità, e sulla via del vero lei non piange mai per debolezza. La sua parola è vera, ed è di verità che si arma, grida di dolore e rabbia le affiorano alle labbra. Dite all’uomo orgoglioso che questa donna non metterà mai piede fuori da questo cerchio. Ahvaz, inverno 1953/1954
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شب و َه َوس
در انتظار خوابم و صد افسوس خوابم به چشم باز نمیآید اندوهگین و غمزده میگویم شاید ز روی ناز نمیآید چون سایه گشته خواب و نمیافتد در دامهای روشن چشمانم میخواند آن نهفت ٔه نامعلوم در ضربه های نبض پریشانم مغروق این جوانی معصومم مغروق لحظه های فراموشی مغروق این سالم نوازشبار در بوسه و نگاه و همآغوشی میخواهمش در این شب تنهائی با دیدگان گمشده در دیدار با درد ،درد ساکت زیبائی سرشار ،از تمامی خود سرشار میخواهمش که بفشردم بر خویش بر خویش بفشرد من شیدا را بر هستیم بپیچد ،پیچد سخت آن بازوان گرم و توانا را
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L A N OT T E E I L D E S I D E R I O
Insonne, attendo il sonno che mi tormenta e non torna agli occhi. Rattristita, mi dico che magari è solo per capriccio che non torna. Il sonno sembra ombra che non cade nei lacci luminosi dei miei occhi e l’ignoto che si cela sembra cantare nel battito turbato del mio polso. Annego in questa giovinezza innocente annego negli istanti dell’oblio annego nel saluto che accarezza, nei baci, negli sguardi, negli amplessi. Sola, in questa notte io desidero lui con i miei occhi perduti nell’incontro con il dolore silenzioso della bellezza e colma, ricolma della mia pienezza. Lo voglio, voglio che mi stringa su di sé che stringa me, estasiata, su di sé che si avvinghi a tutto il mio essere con quelle braccia calde di potenza.
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در ال بالی گردن و موهایم گردش کند نسیم نفسهایش نوشد ،بنوشد که بپیوندم با رود تلخ خویش به دریایش وحشی و داغ و پر عطش و لرزان چون شعله های سرکش بازیگر در گیردم ،به همهمه در گیرد خاکسترم بماند در بستر در آسمان روشن چشمانش بینم ستاره های تمنا را در بوسههای پر شررش جویم لذات آتشین هوسها را میخواهمش دریغا ،میخواهم میخواهمش به تیره ،به تنهائی می خوانمش به گریه ،به بیتابی می خوانمش به صبر ،شکیبائی لب تشنه میدود نگهم هر دم در حفره های شب ،شب بیپایان او ،آن پرنده شاید میگرید ستاره سرگردان بر بام یک ٔ زمستان ۱۳۳۳اهواز
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Voglio che la brezza del suo respiro soffi calda sul mio collo, i miei capelli, e mi beva, perché io rechi ancora al suo mare il mio rivo di amarezza. Voglio che mi prenda, assetato, selvatico, tremante e acceso, come fiamma ribelle mi prenda ansimando e non lasci che cenere di me nel letto. Voglio vedere le stelle del desiderio nel cielo chiaro dei suoi occhi e cercare nei suoi baci infiammati il piacere focoso di lussuria. Lo voglio, sì, lo voglio ahimè lo voglio lo chiamo in questo buio desolato lo chiamo in questo pianto impaziente lo chiamo nella calma, nell’attesa. A ogni istante il mio sguardo assetato corre nelle fosse della notte senza fine fatto uccello che adesso sembra piangere sul tetto di una stella vagabonda. Ahvaz, inverno 19545
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شُعل ٔه رمیده
میبندم این دوچشم پر آتش را تا ننگرد درون دو چشمانش تا داغ و پر تپش نشود قلبم از شعل ٔه نگاه پریشانش میبندم این دو چشم پر آتش را تا بگذرم ز وادی رسوائی تا قلب خامشم نکشد فریاد رو میکنم به خلوت و تنهائی ای رهروان خسته چه می جوئید در این غروب سرد ز احوالش رمیده خورشید است او شعل ٔه ٔ بیهوده میدوید به دنبالش او غنچ ٔه شکفت ٔه مهتابست باید که موج نور بیفشاند بر سبزه زار شب زده چشمی کاو را بخوابگاه گنه خواند باید که عطر بوس ٔه خاموشش با ناله های شوق بیآمیزد در گیسوان آن زن افسونگر دیوانه وار عشق و هوس ریزد
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FIAMMA ESULE
Chiudo questi occhi pieni di fuoco per non scrutare dentro i suoi due occhi perché il mio cuore non palpiti affannato nella fiamma del suo sguardo turbato. Chiudo questi occhi pieni di fuoco per percorrere la vallata dell’infamia, affinché non soffra il mio cuore spento mi inoltro solitaria nel silenzio. Cosa cercate viaggiatori stanchi, forse sue notizie in questa fredda sera? Lui è la fiamma esule del sole: lo state rincorrendo invano. Lui è gemma sbocciata al chiaro di luna lui deve spargere onde di luce sui prati notturni degli occhi che invitano all’alcova del peccato. Mescolerà il profumo dei suoi baci silenziosi a gemiti di piacere e verserà follemente amore e lussuria nei capelli di una donna seducente.
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باید شراب بوسه بیاشامد از ساغر لبان فریبائی مستانه سر گذارد و آرامد بر تکیه گاه سین ٔه زیبائی ای آرزوی تشنه به گرد او بیهوده تار عمر چه میبندی ؟ روزی رسد که خسته و وامانده بر این تالش بیهده می خندی آتش زنم به خرمن امیدت باشعلههای حسرت و ناکامی ای قلب فتنه جوی گنه کرده شاید دمی ز فتنه بیارامی می بندمت به بند گران غم تا سوی او دگر نکنی پرواز ای مرغ دل که خسته و بیتابی دمساز باش با غم او ،دمساز زمستان ۲۳اهواز
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Sorseggerà il vino dei baci dalla coppa di due labbra, inebriato, poserà il suo capo sul sostegno languido di un seno. Ma tu, desiderio assetato, perché lo stringi invano nel laccio della vita? Un giorno forse riderai stremato di tutti questi sforzi così vani. O cuore sedizioso, cuore peccatore, con fiamma di rimpianto e delusione darò fuoco alle messi del tuo sperare perché trovi pace dalla tua tentazione. Ti legherò ai lacci solidi del dolore perché tu non voli più da lui, ascolta cuore in volo, stanco e distrutto, renditi al dolore, tuo intimo compagno. Ahvaz, inverno 1954
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رمیده
نمیدانم چه میخواهم خدایا بدنبال چه میگردم شب و روز چه میجوید نگاه خست ٔه من چرا افسرده است این قلب پر سوز ز جمع آشنایان میگریزم به کنجی میخزم آرام و خاموش نگاهم غوطه ور در تیرگیها به بیمار دل خود میدهم گوش گریزانم از این مردم که با من بظاهر همدم و یکرنگ هستند ولی در باطن از فرط حقارت بدامانم دو صد پیرایه بستند از این مردم ،که تا شعرم شنیدند برویم چون گلی خوشبو شکفتند ولی آن دم که در خلوت نشستند مرا دیوانهای بد نام گفتند دل من ،ای دل دیوان ٔه من که میسوزی از این بیگانگی ها مکن دیگر ز دست غیر فریاد خدا را ،بس کن این دیوانگی ها مرداد - ۱۳۳۳تهران
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ESULE
Non so cosa desidero, mio Dio, di cosa vado in cerca, giorno e notte, qual è l’anelito del mio sguardo stanco perché si affligge questo cuore in fiamme? Rifuggo le persone a me care scivolo in un angolo, calma e silenziosa, il mio sguardo affonda nelle tenebre ausculto l’ammalarsi del mio cuore. Scappo via da questa gente che si finge amica in apparenza, ma poi da dietro è così infame che nel falso affetto mi taglia i panni addosso. Gente che appena ascolta i miei versi sorride come rosa profumata ma poi sparla alle mie spalle e mi chiama “pazza infame”. Cuore mio, o mio pazzo cuore tu che soffri perché sono diversa smetti di piangere per colpa d’altri metti fine, ti prego, alle tue pazzie. Tehran, luglio / agosto 1954
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خاطرات
چهره خاموش خیال باز در ٔ خنده زد چشم گناه آموزت باز من ماندم و در غربت دل حسرت بوس ٔه هستی سوزت باز من ماندم و یک مشت هوس باز من ماندم و یک مشت امید سوزنده عشق یاد آن پرتو ٔ که ز چشمت به دل من تابید باز در خلوت من دست خیال صورت شاد ترا نقش نمود بر لبانت هوس مستی ریخت در نگاهت عطش طوفان بود یاد آنشب که ترا دیدم و گفت دل من با دلت افسان ٔه عشق چشم من دید در آن چشم سیاه نگهی تشنه و دیوان ٔه عشق یاد آن بوسه که هنگام وداع برلبم شعل ٔه حسرت افروخت یاد آن خند ٔه بیرنگ و خموش که سراپای وجودم را سوخت
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I RICORDI
Rivedo il sorriso dei tuoi occhi di peccato sul volto tetro del mio immaginarti e mi ritrovo nella nostalgia del cuore a rimpiangere i baci che mi accesero. Restiamo io e una manciata di desideri sono sola, con un pugno di speranze, nel ricordo del raggio d’amore che bruciava e dai tuoi occhi incendiava il mio cuore. E nel silenzio del mio immaginarti figuravo il tuo volto felice riversandoti ebbrezza sulle labbra, la sete infuriava nel tuo sguardo. Quella notte che ti vidi, il mio cuore, ricordi, raccontò al tuo cuore la favola d’amore. I miei occhi scorsero in quegli occhi neri uno sguardo assetato, impazzito d’amore. Ricordi come quel bacio nell’ora dell’addio accese sulle mie labbra la fiamma d’amarezza. Ricordi quel sorriso esangue e spento che bruciava il mio essere per intero?
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رفتی و در دل من ماند بجای عشقی آلوده به نومیدی و درد پرده اشک نگهی گمشده در ٔ خنده سرد حسرتی یخ زده در ٔ آه اگر باز بسویم آئی دیگر از کف ندهم آسانت سوزنده عشق ترسم این شعل ٔه ٔ آخر آتش فکند بر جانت تهران مرداد ماه ۱۳۳۳
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Te ne andasti, lasciando nel mio cuore un amare che si tinge di pena e sconforto, uno sguardo perduto nel velo delle lacrime: amarezza di ghiaccio in un sorriso raggelato. Ah, se tu tornassi a me un giorno non ti lascerei scivolare dal mio palmo e temo che questa fiamma che brucia d’amore finisca per incendiarti infine l’anima. Tehran, luglio / agosto 1954
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رؤیا
باز من ماندم و خلوتی سرد خاطراتی ز بگذشتهای دور یاد عشقی که با حسرت و درد رفت و خاموش شد در دل گور روی ویرانههای امیدم دست افسونگری شمعی افروخت مردهئی چشم پر آتشش را از دل گور بر چشم من دوخت ناله کردم که ای وای این اوست در دلم از نگاهش ،هراسی خنده ای بر لبانش گذر کرد کای هوسران ،مرا میشناسی قلبم از فرط اندوه لرزید وای بر من ،که دیوانه بودم وای بر من ،که من کشتم او را وه که با او چه بیگانه بودم او به من دل سپرد و بجز رنج کی شد از عشق من حاصل او با غروری که چشم مرا بست پا نهادم بروی دل او
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IL SOGNO
Siamo rimasti io e questo freddo stare soli ricordi di un lontanissimo passato memoria di un amore che portò via con sé pena e amarezza a spegnersi nel cuore di una tomba. Una mano incantatrice accese una candela sulle rovine della mia speranza, dal ventre della fossa un morto saldò ai miei occhi i suoi occhi infuocati. Gemendo e piangendo mi dissi che è lui, il suo sguardo versava in me terrore; un sorriso attraversò le sue labbra: “Mi conosci, tu, dissoluta?” Il mio cuore tremò nell’estremo lacerarsi povera me, che pazza che ero povera me, io lo avevo ammazzato ah, quanto estranei noi due! Lui mi concesse il suo cuore, ma cosa ottenne dall’amarmi se non sofferenza? Con l’orgoglio che mi accecava gli occhi gli camminai sopra il cuore. 73
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من به او رنج و اندوه دادم من به خاک سیاهش نشاندم وای بر من ،خدایا ،خدایا من به آغوش گورش کشاندم در سکوت لبم ناله پیچید شعل ٔه شمع مستانه لرزید چشم من از دل تیرگیها قطره اشکی در آن چشم ها دید همچو طفلی پشیمان دویدم تا که در پایش افتم به خواری تا بگویم که :دیوانه بودم میتوانی بمن رحمت آری دامنم شمع را سرنگون کرد چشم ها در سیاهی فرو رفت ناله کردم مرو ،صبر کن ،صبر لیکن او رفت ،بی گفتگو رفت وای بر من ،که دیوانه بودم من به خاک سیاهش نشاندم وای بر من ،که من کشتم او را من به آغوش گورش کشاندم مرداد ماه ۱۳۳۳تهران
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Gli donai solo angoscia e sofferenza lo sotterrai nel nerissimo suolo, povera me, o mio Dio, mio Dio lo trascinai all’abbraccio della tomba. Un urlo s’insinuò nel silenzio delle labbra la fiamma della candela tremò inebriata i miei occhi dal cuore delle tenebre videro una lacrima in quegli occhi. Corsi da lui come bimba penitente per spargermi ai suoi piedi in lacrime supplicando che “ero pazza, pazza, potrai avere pietà di me?” La mia gonna rovesciò le candele gli occhi affondarono nel buio gli scongiurai di non andare via ma partì, andò via, senza fiatare. Povera me, ero pazza, pazza, lo sotterrai nel nerissimo suolo povera ma, io lo avevo ammazzato trascinandolo all’abbraccio della tomba. Tehran, luglio / agosto 1954
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هرجائی
از پیش من برو که دل آزارم ناپایدار و سست و گنه کارم در کنج سینه یک دل دیوانه در کنج دل هزار هوس دارم قلب تو پاک و دامن من ناپاک من شاهدم به خلوت بیگانه تو از شراب بوس ٔه من مستی من سرخوش از شرابم و پیمانه چشمان من هزار زبان دارد من ساقیم به محفل سرمستان تا کی ز درد عشق سخن گوئی گر بوسه خواهی از لب من ،بستان عشق تو همچو پرتو مهتابست تابیده بی خبر به لجن زاری باران رحمتی است که میبارد بر سنگالخ قلب گنه کاری من ظلمت و تباهی جاویدم تو آفتاب روشن امیدی بر جانم ،ای فروغ سعادتبخش دیر است این زمان ،که تو تابیدی
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D I S S O L U TA
Lasciami perdere: io spezzo cuori sono incostante, debole, peccatrice, ho un cuore pazzo in fondo al petto e cento voglie dentro al cuore. Il tuo cuore è puro, le mie mani sporche, concedo intimità agli sconosciuti il vino dei miei baci ti inebria ma io mi ubriaco senza sosta. I miei occhi hanno cento lingue e verso da bere alla cerchia degli sbronzi, fino a quando parlerai del mal d’amore? Se vuoi un bacio rubalo alle mie labbra! Il tuo amare è come chiaro di luna ignaro del suo accendersi sulla melma, è una pioggia di grazia che cala sulla pietraia di un cuore peccatore. Sono eterna tenebra e distruzione tu il sole luminoso di speranza ormai è tardi, non potrai brillare sul mio spirito, o glorioso fulgore.6
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دیر آمدی و دامنم از کف رفت دیر آمدی و غرق گنه گشتم از تندباد ذلت و بدنامی افسردم و چو شمع تبه گشتم شهریور ۱۳۳۳تهران
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Ormai è tardi, ho perso ogni decenza è tardi: annego nel peccato. La tempesta di vergogna e infamia mi sorprende e spegne la mia fiamma. Tehran, agosto / settembre 1954
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اسیر
ترا میخواهم و دانم که هرگز به کام دل در آغوشت نگیرم توئی آن آسمان صاف و روشن من این کنج قفس ،مرغی اسیرم ز پشت میله های سرد تیره نگاه حسرتم حیران به رویت در این فکرم که دستی پیش آید و من ناگه گشایم پر بسویت در این فکرم که در یک لحظه غفلت از این زندان خامش پر بگیرم به چشم مرد زندانبان بخندم کنارت زندگی از سر بگیرم در این فکرم من و دانم که هرگز مرا یارای رفتن زین قفس نیست اگر هم مرد زندانبان بخواهد دگر از بهر پروازم نفس نیست ز پشت میلهها هر صبح روشن نگاه کودکی خندد برویم چو من سر میکنم آواز شادی لبش با بوسه میآید بسویم
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PRIGIONIERA
Io ti voglio, ma so che non potrò mai stringerti a me, come il cuore spera. Sei tu quel cielo limpido e luminoso e io in questa gabbia un uccello prigioniero. Da dietro queste grate fredde e scure il mio sguardo amaro si volge a te stupefatto, e immagino l’avanzare di una mano mentre spiego le mie ali verso te. Penso a come volare via da prigionia, nella distrazione di un momento, farmi gioco del guardiano e rifarmi una vita accanto a te. Penso a queste cose, ma so che mai avrò la forza di lasciare la voliera e anche se il guardiano mi lasciasse andare il fiato mio è troppo stretto per il volo. Ogni mattino luminoso, dalle grate, lo sguardo di una bimba mi sorride e quando intono il mio canto gioioso le sue labbra mi offrono un bacio.
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اگر ای آسمان ،خواهم که یک روز از این زندان خامش پر بگیرم به چشم کودک گریان چه گویم ز من بگذر ،که من مرغی اسیرم من آن شمعم که با سوز دل خویش فروزان میکنم ویرانه ای را اگر خواهم که خاموشی گزینم پریشان میکنم کاشانه ای را مرداد – ۱۳۳۳تهران
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Ascolta cielo, se io un giorno volessi volare via da questa gabbia nera cosa direi agli occhi piangenti della bimba: “Non volermene, amica, sono uccello di voliera.” Sono cero che bruciando in fondo al cuore spargerei luce su un luogo di rovina: se un giorno mi spegnessi distruggerei un caldo nido. Tehran, luglio / agosto 1954
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بوسه
در دو چشمش گناه می خندید بر رخش نور ماه می خندید در گذرگاه آن لبان خموش شعله ای بی پناه می خندید شرمناک و پر از نیازی گنگ با نگاهی که رنگ مستی داشت در دو چشمش نگاه کردم و گفت باید از عشق حاصلی برداشت سایهئی روی سایهئی خم شد در نهانگاه راز پرور شب نفسی روی گونهئی لغزید بوسه ای شعله زد میان دو لب مهر ماه ۱۳۳۳تهران
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UN BACIO
Il peccato sorrideva nei suoi occhi la luce della luna le rischiarava il volto una fiamma indifesa scintillava nel varco di labbra silenziose. Timidamente, ma piena di un desiderio sordo con lo sguardo tinto di ubriachezza guardai a lungo nei suoi occhi, e mi disse: “Cogliamo il frutto d’amore.” Un’ombra si piegò sull’altra ombra nell’appartarsi misterioso della notte un sospiro scivolò su una guancia un bacio sfavillò tra quelle labbra. Tehran, settembre / ottobre 1954
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ناآشنا
باز هم قلبی به پایم اوفتاد باز هم چشمی به رویم خیره شد باز هم در گیر و دار یک نبرد عشق من بر قلب سردی چیره شد باز هم از چشم ٔه لب های من تشنهئی سیراب شد ،سیراب شد باز هم در بستر آغوش من رهروی در خواب شد ،در خواب شد بر دو چشمش دیده میدوزم به ناز خود نمیدانم چه می جویم در او عاشقی دیوانه میخواهم که زود بگذرد از جاه و مال و آبرو او شراب بوسه میخواهد ز من من چه گویم قلب پر امید را او بفکر لذت و غافل که من طالبم آن لذت جاوید را من صفای عشق میخواهم از او تا فدا سازم وجود خویش را او تنی می خواهد از من آتشین تا بسوزاند در او تشویش را
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S C O N O S C I U TO
Di nuovo un cuore mi cade ai piedi nuovi occhi che fissano il mio viso il mio amare di nuovo nella lotta pronto a dominare un cuore gelido. Di nuovo un assetato si disseta, si disseta alla fonte delle mie labbra. Nuovamente un passante si addormenta, si addormenta nel letto del mio abbraccio. Maliziosa lego gli occhi agli occhi suoi senza sapere cosa cerco in lui: voglio un amante che per rapida follia dica addio a soldi, onore e faccia. Da me vuole il vino dei miei baci cosa dire al cuore colmo di speranza? Lui pensa al piacere, ma non sa che io cerco solo un eterno godimento. Io da lui esigo la purezza d’amore per poi immolare la mia esistenza. Ma lui vede in me un corpo infuocato perché incendi la sua angoscia.
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او بمن میگوید ای آغوش گرم مست نازم کن ،که من دیوانهام من باو میگویم ای نا آشنا بگذر از من ،من ترا بیگانهام آه از این دل ،آه از این جام امید عاقبت بشکست و کس رازش نخواند چنگ شد در دست هر بیگانه ای ای دریغا ،کس بآوازش نخواند مهر – ۱۳۳۳تهران
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Lui mi dice: “Ascolta, abbraccio caldo inebriami di malizia, sono pazzo,” e io gli dico: “Ascolta, sconosciuto dimenticati di me, ti sono estranea.” Misero cuore, ah, misera coppa di speranza infranta, senza che alcuno ne colga il segreto diventa liuto nelle mani degli estranei, eppure, ahimè, nessuno lo accorda al canto. Tehran, settembre / ottobre 1954
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حسرت
از من رمیدهئی و من ساده دل هنوز بی مهری و جفای تو باور نمیکنم دل را چنان بمهر تو بستم که بعد از این دیگر هوای دلبر دیگر نمیکنم رفتی و با تو رفت مرا شادی و امید دیگر چگونه عشق ترا آرزو کنم دیگر چگونه مستی یک بوس ٔه تو را دراین سکوت تلخ و سیه جستجو کنم یاد آر آن زن ،آن زن دیوانه را که خفت یک شب بروی سین ٔه تو مست عشق و ناز لرزید بر لبان عطش کردهاش هوس خندید در نگاه گریزندهاش ،نیاز لبهای تشنهاش به لبت داغ بوسه زد افسانههای شوق ترا گفت با نگاه پیچید همچو شاخ ٔه پیچک به پیکرت آن بازوان سوخته در باغ زرد ماه هر قصهئی ز عشق خواندی بگوش او در دل سپرد و هیچ ز خاطر نبرده است دردا دگر چه مانده از آن شب ،شب شگفت آن شاخه خشک گشته و آن باغ مرده است
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AMAREZZA
Sei fuggito da me, ma io continuo, ingenuamente, a non credere al male del tuo disamore ho il cuore conficcato nell’amarti, e dopo te non potrò desiderare altri amanti. Sei andato via, e con te ho perso speranza e desiderio come potrò volere ancora il tuo amore? Come potrò cercare ancora l’ebbrezza di un tuo bacio in questo silenzio amaro? Ricordati di quella donna, quella donna pazza che dormì una notte sul tuo petto, ubriaca di vanto e amore. Desiderio tremava sulle sue labbra assetate e una smania sorrideva nel suo sguardo sfuggente. Sulle tue labbra il marchio rovente dei suoi baci ti raccontava con gli sguardi le favole di fervore, come edera si intrecciò alle tue membra le sue braccia bruciate nel giardino giallo della luna. Le sussurrasti storie d’amore, fecero presa in fondo al petto, e mai dimenticò. Cosa resta ormai di quella notte, meravigliosa notte? La miseria di rami rinsecchiti, un giardino che muore.
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با آنکه رفتهئی و مرا بردهئی ز یاد میخواهمت هنوز و بجان دوست دارمت ای مرد ،ای فریب مجسم بیا که باز بر سین ٔه پر آتش خود می فشارمت مهر -۱۳۳۳تهران
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Te ne sei andato via, dimenticandoti di me, eppure io ti voglio, ti voglio ancora, amandoti nell’anima. Ascolta uomo, vieni da me, incanto scolpito nella forma: ti stringerò di nuovo al mio seno in fiamme. Tehran, settembre / ottobre 1954
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یادی از گذشته
کناره آن شط پر خروش شهری ست در ٔ با نخلهای در هم و شب های پر ز نور کناره آن شط و قلب من شهری ست در ٔ آنجا اسیر پنج ٔه یک مرد پرغرور کناره آن شط که سالهاست شهریست در ٔ آغوش خود به روی من و او گشوده است بر ماسه های ساحل و در سایه های نخل او بوسه ها ز چشم و لب من ربوده است آن ماه دیده است که من نرم کرده ام با جادوی محبت خود قلب سنگ او آن ماه دیده است که لرزیده اشک شوق در آن دو چشم وحشی و بیگانه رنگ او ما رفته ایم در دل شب های ماهتاب با قایقی به سین ٔه امواج بیکران بشکفته در سکوت پریشان نیمه شب بر بزم ما نگاه سپید ستارگان
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U N R I C O R D O D E L PA S S ATO
Una città in tumulto sulla sponda di quel delta con palmeti intrecciati alle notti luminose. C’è una città su quella sponda, e il mio cuore è prigioniero nelle mani di un uomo fiero. C’è una città su quella sponda che da anni si apre a me e a lui per abbracciarci. Sull’arena di quella costa, all’ombra delle palme lui rubava baci ai miei occhi e labbra. Quella luna vide come io intenerivo con magia d’affetto il suo cuore di pietra. Quella luna vide il tremito di lacrime appassionate su quegli occhi selvaggi, stranieri nel colore. Nel cuore delle notti illuminate dalla luna solcammo con la barca il petto di onde sconfinate a notte fonda, nel silenzio travolgente, lo sguardo bianco delle stelle sbocciava sul nostro incontro.
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بر دامنم غنوده چو طفلی و من ز مهر دیده در خواب رفته را بوسیدهام دو ٔ در کام موج دامنم افتاده است و او بیرون کشیده دامن در آب رفته را اکنون منم که در دل این خلوت و سکوت ای شهر پر خروش ،ترا یاد میکنم دل بسته ام به او و تو او را عزیز دار من با خیال او دل خود شاد میکنم شهریور ماه – ۱۳۳۳تهران
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Lui scivolò sulla mia gonna come un bimbo, e io con affetto posai baci sui suoi occhi addormentati. La mia gonna scivolava nelle onde, e lui riportò a galla le mie vesti intrise d’acqua. Adesso sono io o città tumultuosa a riportarti alla memoria nell’alveo di questo silenzio. Amore mi lega a lui, prenditene cura perché quando lo immagino ho il cuore che mi sboccia. Tehran, agosto / settembre 1954
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پائیز
چهره طبیعت افسونکار از ٔ بر بسته ام دو چشم پر از غم را تا ننگرد نگاه تب آلودم این جلوه های حسرت و ماتم را پائیز ،ای مسافر خاک آلود در دامنت چه چیز نهان داری جز برگ های مرده و خشکیده دیگر چه ثروتی بجهان داری جز غم چه می دهد به دل شاعر سنگین غروب تیره و خاموشت جز سردی و مالل چه می بخشد بر جان دردمند من آغوشت در دامن سکوت غم افزایت اندوه خفته میدهد آزارم آن آرزوی گمشده می رقصد در پردههای مبهم پندارم پائیز ،ای سرود خیال انگیز پائیز ،ای تران ٔه محنت بار پائیز ،ای تبسم افسرده چهره طبیعت افسونکار بر ٔ مهر ماه – ۱۳۳۳تهران
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L’A U T U N N O
Distolgo gli occhi addolorati dal volto della natura ingannatrice perché il mio sguardo, saturo di febbre, non si posi su questi segni di mestizia e lutto. Ascolta, Autunno, viaggiatore impolverato cosa nascondi sotto la tua veste? Quali ricchezze porti al mondo se non l’accartocciarsi di foglie morte? Cosa offrono i tuoi tramonti scuri e pesanti al cuore del poeta, se non tristezza? Cosa dona il tuo abbraccio al mio animo turbato, se non languore e gelo? Mi tormenta la pena sopita che riposa nelle tue vesti di silenzio doloroso. Adesso quella speranza perduta danza nei veli oscuri del mio pensiero. Autunno, canto che accende immagini, ascolta, melodia che addolora, Autunno, sei sorriso di mestizia sul volto di natura ingannatrice. Tehran, settembre / ottobre 1954
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وداع
میروم خسته و افسرده و زار سوی منزلگه ویران ٔه خویش بخدا می برم از شهر شما دل شوریده و دیوان ٔه خویش میبرم ،تا که در آن نقط ٔه دور شستشویش دهم از رنگ گناه شستشویش دهم از لک ٔه عشق زینهمه خواهش بی جا و تباه میبرم تا ز تو دورش سازم ز تو ،ای جلو ٔه امید محال می برم زنده بگورش سازم تا از این پس نکند یاد وصال ناله میلرزد ،میرقصد اشک آه ،بگذار که بگریزم من از تو ،ای چشم ٔه جوشان گناه شاید آن به که بپرهیزم من بخدا غنچ ٔه شادی بودم دست عشق آمد و از شاخم چید شعل ٔه آه شدم صد افسوس که لبم باز بر آن لب نرسید
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I L C O M M I ATO
Me ne vado, tristissima e spossata, verso la mia dimora in rovina. E giuro che porto via dal paese vostro il mio cuore pazzo ed esaltato. Lo porto via, e forse in quel punto lontano lo laverò dal colore dei peccati lo laverò dalle macchie dell’amore, da tutte queste voglie disdicevoli. Lo porto via per allontanarlo da te, o riverbero di sogno inconcludente. Lo porto via per seppellirlo vivo e forse dimenticherà l’ora dell’unione. Il gemito trema, danzano le lacrime ah, lascia che io scappi via da te o fonte da cui peccato scaturisce che io infine impari a contenermi. Giuro che io ero un bocciolo di gioia: la mano dell’amare mi strappò dal ramo per farmi fiamma di sospiri, e ahimè le mie labbra non sfiorano quelle labbra.
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عاقبت بند سفر پایم بست میروم ،خنده بلب ،خونین دل میروم ،از دل من دست بدار ای امید عبث بی حاصل مهر – ۱۳۳۳تهران
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Infine i lacci del viaggio legarono i miei passi me ne vado sorridendo a cuore aperto me ne vado, e adesso libera il mio cuore o speranza infruttuosa e vana. Tehran, settembre / ottobre 1954
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افسان ٔه تلخ
نه امیدی که بر آن خوش کنم دل نه پیغامی نه پیک آشنائی نه در چشمی نگاه فتنه سازی نه آهنگ پر از موج صدائی ز شهر نور و عشق و درد و ظلمت سحر گاهی زنی دامن کشان رفت پریشان مرغ ره گم کرده ای بود که زار و خسته سوی آشیان رفت کجا کس در قفایش اشک غم ریخت کجا کس با زبانش آشنا بود ندانستند این بیگانه مردم که بانگ او طنین ناله ها بود بچشمی خیره شد شاید بیابد نهانگاه امید و آرزو را دریغا ،آن دو چشم آتش افروز بدامان گناه افکند او را باو جز از هوس چیزی نگفتند جلوه ظاهر ندیدند در او جز ٔ بهرجا رفت ،در گوشش سرودند که زن را بهر عشرت آفریدند
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FIABA AMARA
Non c’è speranza che mi rassereni il cuore non un messaggio, né un viso familiare, non c’è sguardo che seduca gli occhi né una voce che ondeggi melodiosa. Al mattino una donna se ne è andata altezzosa dalla città di luci, amore, dolore e tenebra. Era uccello impazzito dal volo perduto che cercava il nido tra lacrime stanche. Nessuno versò lacrime al suo seguito nessuno comprendeva la sua lingua questa gente sconosciuta non sapeva che il suo grido era l’eco di un lamento. Contemplava attonita due occhi nell’illusione di ritrovare segreta speranza, ma quegli occhi che spandono fuoco la gettarono nella veste del peccato. Non le suggerirono altro che lussuria non videro in lei che un effimero risplendere, dovunque andasse le cantavano all’orecchio: “La donna fu creata per puro godimento.”
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شبی در دامنی افتاد و نالید مرو ! بگذار در این واپسین دم ز دیدارت دلم سیراب گردد شبح پنهان شد و در خورد بر هم چرا امید بر عشقی عبث بست چرا در بستر آغوش او خفت چرا راز دل دیوانه اش را بگوش عاشقی بیگانه خو گفت چرا ؟ ...او شبنم پاکیزهای بود که در دام گل خورشید افتاد سحرگاهی چو خورشیدش برآمد بکام تشنه اش لغزید و جان داد باده شور افکنی بود بجامی ٔ که در عشق لبانی تشنه میسوخت چو میآمد ز ره پیمانه نوشی بقلب جام از شادی میافروخت شبی ،ناگه ،سر آمد انتظارش لبش در کام سوزانی هوس ریخت چرا آن مرد بر جانش غضب کرد چرا بر ذرههای جامش آویخت کنون ،این او و این خاموشی سرد نه پیغامی ،نه پیک آشنائی نه در چشمی نگاه فتنه سازی نه آهنگ پر از موج صدائی پائیز ۱۳۳۳اهواز
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Una notte capitò tra due braccia, gridava: “Non andare, lascia che in quest’ultimo respiro il mio cuore si disseti del nostro incontro;” quello spettro svanendo si disfece. Perché sperava in un amore futile? Perché dormì nel letto del suo abbraccio, perché confidò il segreto del suo cuore a un amante estraneo alla sua natura? Forse perché lei era purissima rugiada stillata sul laccio fiorito del sole? Sul far del giorno, quando si levò il suo sole scivolò spirando nel suo assetato ardore. Era esaltante vino versato in un calice bruciava nell’amare ogni labbro assetato. Quando si palesava a lei un bevitore il fondo del calice sfavillava di piacere. Una notte, d’improvviso, al culmine dell’attesa le sue labbra versarono desiderio bruciante in una bocca. Perché quest’uomo era in collera con lei? Perché si impossessò dei frammenti del suo calice? Eccola adesso, nel silenzio che raggela non un messaggio, né un latore familiare non c’è sguardo che seduca gli occhi né una voce che ondeggi melodiosa. Ahvaz, autunno 19547
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ُگریز و درد
رفتم ،مرا ببخش و مگو او وفا نداشت راهی بجز گریز برایم نمانده بود این عشق آتشین پر از درد بی امید در وادی گناه و جنونم کشانده بود رفتم که داغ بوس ٔه پر حسرت تو را با اشکهای دیده ز لب شستشو دهم رفتم که نا تمام بمانم در این سرود رفتم که با نگفته بخود آبرو دهم رفتم ،مگو ،مگو که چرا رفت ،ننگ بود عشق من و نیاز تو و سوز و ساز ما پرده خموشی و ظلمت ،چو نور صبح از ٔ بیرون فتاده بود بیکباره راز ما رفتم ،که گم شوم چو یکی قطره اشک گرم در ال بالی دامن شبرنگ زندگی رفتم ،که در سیاهی یک گور بی نشان فارغ شوم ز کشمکش و جنگ زندگی
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LA FUGA E IL DOLORE
Me ne vado, perdonami, e non darmi dell’infedele, non mi è rimasta altra via se non la fuga questo amore infuocato, doloroso e disperato mi trascina per i deserti di pazzia peccaminosa. Me ne vado, per sciacquare con le lacrime il marchio rovente del tuo bacio amaro sulle mie labbra. Me ne vado per non restare incompiuta in questo canto e ritrovare il rispetto per me stessa nel non detto. Me ne vado, ma non dire, non chiederti se ho vergogna del mio amare, del tuo volermi, del nostro spasimare. Come luce del mattino, improvvisamente il nostro segreto aveva lacerato il velo del buio e del silenzio. Me ne vado, per svanire come lacrima calda nelle pieghe crepuscolari della veste della vita. Me ne vado, per risollevarmi dalla vita e dai suoi affanni dalle lotte, riposare nel buio di una tomba senza nome.
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من از دو چشم روشن و گریان گریختم از خنده های وحشی طوفان گریختم از بستر وصال به آغوش سرد هجر آزرده از مالمت وجدان گریختم ای سینه در حرارت سوزان خود بسوز دیگر سراغ شعل ٔه آتش ز من مگیر میخواستم که شعله شوم سرکشی کنم مرغی شدم ب ه کنج قفس بسته و اسیر روحی مشوشم که شبی بی خبر ز خویش در دامن سکوت بتلخی گریستم ناالن ز کردهها و پشیمان ز گفتهها دیدم که الیق تو و عشق تو نیستم مهر – ۱۳۳۳اهواز
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Scappai via da due occhi chiari e piangenti scappai via dai sorrisi selvaggi della tempesta, dal letto che ci univa all’abbraccio freddo della fuga scappai via, tormentata dal biasimo della coscienza. Petto: brucia nel tuo stesso ribollire infuocato non chiedermi di offrirti la traccia di una fiamma. Volevo farmi fiamma che si leva rivoltosa ma mi sono fatta uccello richiuso in una gabbia. Sono spirito turbato che a notte, di sé ignaro, piange amaro nella veste del silenzio: gemendo per quel che feci e dissi mi accorsi di non meritare te e il tuo amore. Ahvaz, agosto/settembre 1954
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انتقام
باز کن از سر گیسویم بند پند بس کن ،که نمیگیرم پند در امید عبثی دل بستن تو بگو تا بکی آخر ،تا چند از تنم جامه برون آر و بنوش سوزنده لبهایم را شهد ٔ تا بکی در عطشی دردآلود بسر آرم همه شبهایم را خوب دانم که مرا برده ز یاد منهم از دل بکنم بنیادش بادهای ،ایکه ز من بی خبری باده ای تا ببرم از یادش شاید از روزن ٔه چشمی شوخ برق عشقی به دلش تافته است من اگر تازه و زیبا بودم او ز من تازه تری یافته است شاید از کام زنی نوشیده است گرمی و عطر نفسهای مرا دل باو داده و برده است ز یاد عشق عصیانی و زیبای مرا
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V E N D E T TA
Slacciami i nastri dai capelli non ascolterò i tuoi consigli, sono lacci per quanto ancora legare il cuore, dimmi, a speranze così futili? Estrai il mio corpo dai vestiti e sorseggia il nettare ardente delle mie labbra, fino a quando trascorrere ogni notte in questa sete dolorosa? So bene che mi ha dimenticata e strapperò dal cuore la sua presenza voglio vino – non sai nulla tu di me voglio vino – per dimenticarlo. Forse dallo spiraglio di occhi vispi scorse il lampo di un innamorarsi e sebbene fossi giovane e bella lui trovò un’altra più attraente. Forse sorseggiò dalla bocca di un’altra donna il calore e la sete dei miei respiri. Innamorandosi di lei, lui dimenticò il mio amare, bellissimo e ribelle.
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گر تو دانی و جز اینست ،بگو پس چه شد نامه ،چه شد پیغامش خوب دانم که مرا برده ز یاد زآنکه شیرین شده از من کامش منشین غافل و سنگین و خموش زنی امشب ز تو میجوید کام در تمنای تن و آغوشی ست تا نهد پای هوس بر سر نام عشق طوفانی بگذشت ٔه او در دلش ناله کنان میمیرد چون غریقی است که با دست نیاز دامن عشق ترا میگیرد دست پیش آر و در آغوشش گیر این لبش ،این لب گرمش ،ای مرد سوزنده او این سر و سین ٔه ٔ این تنش ،این تن نرمش ،ای مرد پائیز - ۱۳۳۳اهواز
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Sappiamo che è così, confessa, altrimenti cosa fu delle tue lettere e dei messaggi? So bene che mi ha dimenticata perché di me si stanca la sua bocca. Ma non startene lì ignaro, severo e spento, stanotte una donna cercherà il tuo piacere nelle voglie del corpo e dell’amplesso per sporcare con lussuria il proprio nome. Il suo amore tempestoso è ormai passato, muore gemendo nel suo cuore. È come un naufrago che con mano disperata afferra la veste dell’amarti. Offrile un braccio e stringila a te. Eccoti, maschio, le sue labbra, labbra calde, ecco la sua testa, il suo seno in fiamme ecco il suo corpo, maschio, il suo corpo tenerissimo. Ahvaz, autunno 1954
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دیو شب
الی الی ،ای پسر کوچک من دیده بربند ،که شب آمده است دیده بر بند ،که این دیو سیاه خون به کف ،خنده به لب آمده است سر به دامان من خسته گذار گوش کن بانگ قدمهایش را کمر نارون پیر شکست تا که بگذاشت بر آن پایش را آه ،بگذار که بر پنجرهها پرده ها را بکشم سرتا سر با دو صد چشم پر از آتش و خون میکشد دم بدم از پنجره سر از شرار نفسش بود که سوخت مرد چوپان به دل دشت خموش وای ،آرام که این زنگی مست پشت در داده به آوای تو گوش یادم آید که چو طفلی شیطان مادر خست ٔه خود را آزرد دیو شب از دل تاریکی ها بی خبر آمد و طفلک را برد
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I L D E M O N E N OT T U R N O
Ninna nanna, bimbo mio piccino si fa sera, chiudi gli occhi chiudi gli occhi perché un demone nero è qui che ride a mani insanguinate. Poggia la testa sul mio seno ascolta come si spezza la schiena del vecchio olmo al rumore dei suoi passi. Ah, lasciami coprire con le tende tutte le finestre per intero, con cento occhi colmi di fuoco e sangue a ogni istante la sua testa si sporge dalle grate. Furono le scintille del suo fiato a uccidere il pastore nel mezzo della piana spenta. Piano piano, ché questo uomo nero ubriaco sta ascoltando la tua voce dalla porta. Ricordo che quando un bimbo cattivo faceva arrabbiare la sua mamma stanca il demone notturno spuntava dal buio per venire a portarselo via, poveretto.
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شیش ٔه پنجره ها میلرزد تا که او نعره زنان میآید بانگ سر داده که کو آن کودک گوش کن ،پنجه به در میساید نه ،برو ،دور شو ای بد سیرت دور شو از رخ تو بیزارم کی توانی بربائیش از من تا که من در بر او بیدارم ناگهان خامشی خانه شکست دیو شب بانگ بر آورد که آه بس کن ای زن که نترسم از تو دامنت رنگ گناه است ،گناه دیوم اما تو ز من دیوتری مادر و دامن ننگ آلوده آه ،بردار سرش از دامن طفلک پاک کجا آسوده بانگ میمیرد و در آتش درد میگدازد دل چون آهن من میکنم ناله که کامی ،کامی وای بردار سر از دامن من زمستان – ۱۳۳۳اهواز
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I vetri alle finestre cominciano a tremare finché lui non arriva urlando “Dov’è il bambino, dove?” Senti adesso le sue mani sulla porta? “E invece no, vattene via, cattivo via da noi, il tuo viso mi fa paura! Come puoi portarlo via da me io che qui veglio su di lui?” D’improvviso il silenzio si spezzò il demone notturno cominciò a urlare: “Ah, smettila, donnetta, non ti temo il peccato macchia la tua veste, il peccato! Sono un demone, ma tu sei più diabolica: sei madre, eppure svergognata ah, solleva la sua testa dal tuo seno come può riposarvi un bimbo puro?” Nello spegnersi dell’urlo, il fuoco di dolore trafigge come lama il cuore mio e grido: “Kami, Kami, bimbo mio ahimé, scosta la tua testa dal mio seno.” Ahvaz, inverno 19558
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عصیان
بلبهایم مزن قفل خموشی که در دل قصهئی ناگفته دارم ز پایم باز کن بند گران را کزین سودا دلی آشفته دارم بیا ای مرد ،ای موجود خودخواه بیا بگشای درهای قفس را اگر عمری بزندانم کشیدی رها کن دیگرم این یک نفس را منم آن مرغ ،آن مرغی که دیریست به سر اندیش ٔه پرواز دارم سرودم ناله شد در سین ٔه تنگ به حسرتها سر آمد روزگارم بلب هایم مزن قفل خموشی که من باید بگویم راز خود را بگوش مردم عالم رسانم طنین آتشین آواز خود را بیا بگشای در تا پر گشایم بسوی آسمان روشن شعر اگر بگذاریم پرواز کردن گلی خواهم شدن در گلشن شعر
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RIBELLIONE
Non stringermi le labbra al silenzio, ho dentro me una storia mai detta: libera i miei piedi da questi ceppi, la nostalgia mi turba il petto. Vieni uomo, creatura egoista vieni ad aprire questa voliera mi hai tenuto prigioniera per una vita adesso vieni e libera il mio respiro. Io sono quell’uccello che da tempo pensa a come volare via da te il petto mio si stringe e il mio canto si fa lamento per lo sconforto dei miei giorni. Non stringermi le labbra al silenzio, voglio pronunciare il mio segreto e recare alle orecchie della gente l’eco ardente della mia voce. Vieni, apri questa gabbia ché io dispieghi le ali verso il cielo chiaro della poesia, se mi lasci spiccare il volo farai di me rosa nel giardino dei versi.
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لبم با بوس ٔه شیرینش از تو تنم با بوی عطرآگینش از تو نگاهم با شررهای نهانش دلم با نال ٔه خونینش از تو ولی ای مرد ،ای موجود خودخواه مگو ننگ است این شعر تو ننگ است بر آن شوریده حاالن هیچ دانی فضای این قفس تنگ است ،تنگ است مگو شعر تو سر تا پا گنه بود از این ننگ و گنه پیمانه ای ده بهشت و حور و آب کوثر از تو مرا در قعر دوزخ خانه ای ده کتابی ،خلوتی ،شعری ،سکوتی مرا مستی و سکر زندگانیست چه غم گر در بهشتی ره ندارم که در قلبم بهشتی جاودانی ست شبانگاهان که مه میرقصد آرام میان آسمان گنگ و خاموش تو در خوابی و من مست هوسها تن مهتاب را گیرم در آغوش نسیم از من هزاران بوسه بگرفت هزاران بوسه بخشیدم به خورشید در آن زندان که زندانبان تو بودی شبی بنیادم از یک بوسه لرزید
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Tu mi rendi dolci baci sulle labbra e per te il mio corpo si fa intriso di fragranze, il mio sguardo scoppia di scintille e per te il mio cuore intona il suo lamento. Ma tu, uomo, essere egoista, non dire che questi versi sono scandalo non sai nulla della loro commozione l’aria mi sta stretta, e troppo, in questa gabbia. Non dire che i miei versi sono intrisi di lussuria offrimi un calice di scandalo e peccato. Il paradiso e le sue acque, le vergini, ti appartengono: offrimi una casa nell’antro dell’inferno. Un libro di poesie e un luogo tranquillo nella pace è per me fermento e vita inebriante; cosa importa se non vedrò il paradiso? Nel mio petto brilla un eterno Eden. Quando a notte la luna danza calma in mezzo al cielo sordo e silenzioso tu dormi, mentre i desideri mi ubriacano e stringo a me il corpo chiaro della luna. La brezza mi concede mille baci e offro mille baci al sole ma in quella cella di cui eri guardiano una notte le mie radici tremarono per un bacio.
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بدور افکن حدیث نام ،ای مرد که ننگم لذتی مستانه داده مرا می بخشد آن پروردگاری که شاعر را ،دلی دیوانه داده بیا بگشای در ،تا پر گشایم بسوی آسمان روشن شعر اگر بگذاریم پرواز کردن گلی خواهم شدن در گلشن شعر اهواز -پائیز ۱۳۳۳
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Dìsfati del mito della tua vanagloria, uomo, ché il disonore mi concede un piacere allucinato. Il Creatore potrà perdonarmi se ai poeti offre un cuore malato di follia. Vieni, apri questa gabbia ché io dispieghi le ali verso il cielo chiaro della poesia, se mi lasci spiccare il volo farai di me rosa nel giardino dei versi. Ahvaz, autunno 1954
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شراب و خون
نیست یاری تا بگویم راز خویش ناله پنهان کرده ام در ساز خویش چنگ اندوهم ،خدا را ،زخمه ای زخمه ای ،تا برکشم آواز خویش بر لبانم قفل خاموشی زدم با کلیدی آشنا بازش کنید کودک دل رنج ٔه دست جفا ست با سر انگشت وفا نازش کنید پر کن این پیمانه را ای هم نفس پر کن این پیمانه را از خون او مست مستم کن چنان کز شور می باز گویم قص ٔه افسون او رنگ چشمش را چه میپرسی ز من رنگ چشمش کی مرا پا بند کرد آتشی کز دیدگانش سر کشید این دل دیوانه را دربند کرد از لبانش کی نشان دارم به جان جز شرار بوسه های دلنشین بر تنم کی مانده از او یادگار جز فشار بازوان آهنین
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IL VINO E IL SANGUE
Senza amici cui confidare il mio segreto ripongo ogni lamento nel mio strumento, il mio dolore si fa liuto: un colpo solo per pizzicare le mie corde, la mia voce. Serro le mie labbra col lucchetto del silenzio riapritemi con una chiave familiare il mio cuore è un bimbo tormentato da menzogna, carezzatelo con dita di franchezza. Se siamo amici, riempi questa coppa riempi questa coppa con il suo sangue, inebriami disfatta, dal vino così estasiata che ripeta il racconto del suo incantarmi. Perché chiedermi il colore dei suoi occhi? Fu la loro sfumatura forse a legarmi i polsi? Fu invece il fuoco che sfavilla dal suo sguardo a incatenare questo cuore pazzo. Quale traccia nel mio animo delle sue labbra se non le scintille dei suoi baci – carezzano il cuore. Di lui quale segno resta sul mio corpo se non la stretta di braccia forti come il ferro?
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من چه می دانم سر انگشتش چه کرد در میان خرمن گیسوی من آنقدر دانم که این آشفتگی ز آن سبب افتاده اندرموی من آتشی شد بر دل و جانم گرفت راهزن شد راه ایمانم گرفت رفته بود از دست من دامان صبر چون ز پا افتادم آسانم گرفت گم شدم در پهن ٔه صحرای عشق چهره بختم سیاه در شبی چون ٔ ناگهان بی آن که بتوانم گریخت بر سرم بارید باران گناه مست بودم ،مست عشق و مست ناز مردی آمد قلب سنگم را ربود بس که رنجم داد و لذت دادمش ترک او کردم چه می دانم که بود مستیم از سر پرید ،ای همنفس بار دیگر پرکن این پیمانه را خون بده ،خون دل آن خودپرست تا بپایان آرم این افسانه را زمستان ۱۳۳۳اهواز
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Non saprò mai cosa fecero le sue dita tra le messi folte dei miei capelli ma comprendo origine e ragione del turbamento che scompiglia la mia testa. Si fece fuoco nel mio cuore e prese l’anima, poi come tagliagola mi assaltò sul cammino della fede, la veste della pazienza mi scivolò di mano: inginocchiatami, mi prese senza sforzo. Mi persi nella vasta spianata dell’amore in una notte nera quanto il mio destino improvvisamente, senza che io avessi scampo la pioggia del peccato cominciò a scrosciare su di me. Ero ebbra, ebbra d’amore, ebbra di malia un uomo venne a rubare il mio cuore pesante mi offrì dolore, ricambiai con godimento lo lasciai andare, senza capirne il senso. Amico mio, l’ebbrezza defluisce riempi ancora questa coppa versami del sangue, il sangue di quell’uomo così che io racconti la fine della storia. Ahvaz, inverno 19559
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دیدار تلخ
به زمین میزنی و میشکنی عاقبت شیش ٔه امیدی را سخت مغروری و میسازی سرد در دلی ،آتش جاویدی را دیدمت ،وای چه دیداری ،وای این چه دیدار دالزاری بود بیگمان برده ای از یاد آن عهد که مرا با تو سر و کاری بود دیدمت ،وای چه دیداری ،وای نه نگاهی ،نه لب پر نوشی نه شرار نفس پر هوسی نه فشار بدن و آغوشی این چه عشقی است که در دل دارم من از این عشق چه حاصل دارم میگریزی ز من و در طلبت باز هم کوشش باطل دارم کرده من باز لبهای عطش ٔ لب سوزان ترا میجوید می تپد قلبم و با هر تپشی قص ٔه عشق ترا میگوید
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INCONTRO AMARO
Scaraventi e infrangi al suolo infine lo specchio di speranza, orgoglioso, con violenza, e freddo accendi in un cuore la fiamma perpetua. Ti ho incontrato, ahimè, che incontro ahimè, un incontro struggente, sono certa, hai rimosso dalla memoria quel patto che mi stringeva a te. Ti ho incontrato, ahimè, quale incontro ahimè, non uno sguardo, né labbra di delizia, nessuna scintilla nei respiri colmi di desiderio, non la stretta di due corpi che si vogliono. Che amore è questo che mi abita il cuore, quale frutto otterrò mai da questo amare? Fuggi da me, e cercarti di nuovo è uno sforzo vano. Le mie labbra assetate cercano ancora le tue labbra roventi, palpita il mio cuore e in ogni battito racconta la storia dell’amarti.
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بخت اگر از تو جدایم کرده میگشایم گره از بخت ،چه باک ترسم این عشق سرانجام مرا پرده خاک بکشد تا بسرا ٔ خلوت خالی و خاموش مرا تو پر از خاطره کردی ،ای مرد شعر من شعل ٔه احساس منست تو مرا شاعره کردی ،ای مرد آتش عشق به چشمت یکدم جلوهئی کرد و سرابی گردید تا مرا واله و بی سامان دید نقش افتاده بر آبی گردید در دلم آرزوئی بود که مرد لب جانبخش ترا بوسیدن بوسه جان داد بروی لب من دیدمت لیک ،دریغ از دیدن سینهای ،تا که بر آن سر بنهم دامنی ،تا که بر آن ریزم اشک آه ،ای آن که غم عشقت نیست می برم بر تو و بر قلبت رشک
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Se la sorte mi ha reso distante da te scioglierò il nodo del destino; cosa importa? Temo che questo amore alla fine mi trascini al santuario del terreno. Tu, uomo, hai colmato di memorie il mio silenzio vuoto ed estinto. La mia poesia è fiamma dei miei sensi, tu, uomo hai fatto di me una poetessa.10 Il fuoco dell’amore apparve improvviso nei tuoi occhi e si tramutò in miraggio, appena mi scorse sedotta e indifesa si fece riflesso che appare sull’acqua. Uomo, il mio cuore era mosso dalla speranza di baciare le tue labbra di vita, ma il bacio morì sulle mie labbra eppure ti vidi, ahimè, ti vidi. Un petto, dove io posi la testa, e un vestito, dove io versi lacrime. Ascolta, quando il dolore d’amarti non è più qui invidio te, invidio il tuo cuore.
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به زمین می زنی و میشکنی عاقبت شیش ٔه امیدی را سخت مغروری و میسازی سرد در دلی ،آتش جاویدی را زمستان – ۱۳۳۳اهواز
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Scaraventi e infrangi al suolo lo specchio di speranza, orgoglioso, con violenza, e freddo accendi in un cuore la fiamma perpetua. Ahvaz, inverno 1955
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ُگم َ گشته
من به مردی وفا نمودم و او پشت پا زد به عشق و امیدم هر چه دادم به او حاللش باد غیر از آن دل که مفت بخشیدم دل من کودکی سبکسر بود خود ندانم چگونه رامش کرد او که میگفت دوستت دارم پس چرا زهر غم به جامش کرد اگر از شهد آتشین لب من جرعهای نوش کرد و شد سرمست حسرتم نیست ز آن که این لب را بوسه های نداده بسیار است باز هم در نگاه خاموشم قصه های نگفتهئی دارم باز هم چون به تن کنم جامه فتنه های نهفته ای دارم
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P E R D U TA
Mostrai lealtà a un uomo, ma lui calpestò il mio amare, le mie speranze. Che lui gioisca di tutta la mia grazia ma non del cuore facilmente offerto. Il mio cuore era un bimbo indocile come fece ad ammansirlo lui che mi diceva io ti amo e infine versò nient’altro che dolore? E non importa se goccia a goccia lui sorseggiava il nettare infuocato delle mie labbra: sono tanti ancora i baci mai offerti da questa bocca. E quante storie rimangono inespresse nel fondo del mio sguardo spento. E quando indosso i miei vestiti sono ancora molte le seduzioni che custodisco dentro.
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باز هم میتوان به گیسویم چنگی از روی عشق و مستی زد باز هم میتوان درآغوشم پشت پا بر جهان هستی زد باز هم میدود به دنبالم دیدگانی پر از امید و نیاز باز هم با هزار خواهش گنگ میدهندم بسوی خویش آواز باز هم دارم آن چه را که شبی ریختم چون شراب در کامش دارم آن سینه را که او میگفت تکیه گاهی ست بهر آالمش زانچه دادم به او مرا غم نیست حسرت و اضطراب و ماتم نیست غیر از آن دل که پر نشد جایش بخدا چیز دیگرم کم نیست کو دلم ،کو دلی که برد و نداد غارتم کرده ،داد میخواهم دل خونین مرا چه کار آید دلی آزاد و شاد میخواهم
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Qualcuno potrà ancora accarezzare inebriato i miei capelli e nel mio abbraccio languido abbandonare il mondo e le sue cose. Occhi colmi di desiderio scorrono ancora su di me e sono mille ancora le preghiere sorde che mi cercano speranzose. È ancora in me quello che versai una notte come vino nella sua bocca. E questi seni saranno ancora quel che lui chiamava alcova del sollievo. Non ho cura di quel che gli donai, rassegnazione, ansia e amarezza non mi consumano. Non mi manca nulla se non quel cuore che lui mi prese, lasciando un vuoto qui nel petto. Dov’è quel cuore dov’è quel cuore che portò via da me, depredata, che giustizia mia sia fatta cosa sarà del mio cuore sanguinante, lo voglio felice e libero questo cuore mio. 139
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دگرم آرزوی عشقی نیست بیدالن را چه آرزو باشد دل اگر بود باز می نالید که هنوزم نظر باو باشد او که از من برید و ترکم کرد پس چرا پس نداد آن دل را وای بر من که مفت بخشیدم دل آشفته حال غافل را دی ماه – ۱۳۳۳اهواز
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Non è più in me ormai il senso dell’amare quali desideri coltivano gli scorati? Se il cuore fosse ancora in me mi chiederebbe di vegliare su di lui. Abbandonata, mi lasciò a me stessa perché allora non restituirmi il cuore? Povera me ridotta a svendere questo cuore ingenuo dall’animo turbato. Ahvaz, dicembre 1954 / gennaio 1955
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از یاد رفته
یاد بگذشته به دل ماند و دریغ نیست یاری که مرا یاد کند دیدهام خیره به ره ماند و نداد نامه ای تا دل من شاد کند خود ندانم چه خطائی کردم که ز من رشت ٔه الفت بگسست در دلش جائی اگر بود مرا پس چرا دیده ز دیدارم بست هر کجا می نگرم ،باز هم او ست که بچشمان ترم خیره شده درد عشقست که با حسرت و سوز بر دل پر شررم چیره شده گفتم از دیده چو دورش سازم بیگمان زودتر از دل برود مرگ باید که مرا دریابد ورنه دردیست که مشکل برود
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D I M E N T I C ATA
Che pena la memoria del passato serbata dentro noi e non ci sono amici che si ricordino di me. I miei occhi fissano la strada e non c’è lettera che mi renda felice. Quali errori, cosa avrò fatto per meritare lo slacciarsi della collana dell’affetto? Se c’era davvero posto per me nel suo cuore, perché preclude l’incontro a questi occhi miei? Il mio sguardo ruota e vedo lui dovunque a fissare i miei occhi umidi; è il dolore d’amare con la sua amarezza rovente che ha il sopravvento sulle scintille del mio cuore. Mi dissi che allontanandolo dagli occhi sarebbe scivolato rapidamente dal mio cuore ma dovrà essere la morte a cogliermi o questo male non andrà mai via.
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تا لبی بر لب من میلغزد میکشم آه که کاش این او بود کاش این لب که مرا میبوسد سوزنده آن بدخو بود لب ٔ میکشندم چو در آغوش به مهر پرسم از خود که چه شد آغوشش چه شد آن آتش سوزنده که بود شعله ور در نفس خاموشش شعر گفتم که ز دل بر دارم بار سنگین غم عشقش را شعر خود جلوهئی از رویش شد با که گویم ستم عشقش را مادر ،این شانه ز مویم بردار سرمه را پاک کن از چشمانم بکن این پیرهنم را از تن زندگی نیست بجز زندانم تا دو چشمش به رخم حیران نیست بچکار آیدم این زیبائی بشکن این آینه را ای مادر حاصلم چیست ز خود آرائی در ببندید و بگوئید که من جز از او از همه کس بگسستم کس اگر گفت چرا؟ باکم نیست فاش گوئید که عاشق هستم
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Quando due labbra sfiorano le mie sospiro sperando che siano sue: “Se solo queste labbra che mi baciano fossero le labbra roventi di quel meschino.” Altri uomini mi stringono al petto dolcemente e mi chiedo cosa è stato del suo abbraccio. Cosa è stato di quel fuoco acceso che fiammeggiava nel suo fiato silenzioso? Composi versi per alleviare il cuore dal dolore sordo dell’amarlo, la mia poesia è riflesso del suo viso a chi dirò tutto il mio soffrire? Madre, rimuovi il pettine dai miei capelli strofina via il trucco dai miei occhi strappa questa camicia dal mio corpo la vita non mi è altro che prigione. Cosa farmene di questo fascino se il mio viso non lascia stupefatti gli occhi suoi? Infrangi questo specchio, madre, cosa ottengo dal truccarmi? Chiudete la mia porta e dite che io non vorrò vedere altri che lui. E non importa se c’è gente che fa domande: ditelo spudoratamente che sono innamorata. 145
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قاصدی آمد اگر از ره دور زود پرسید که پیغام از کیست گر از او نیست ،بگوئید آن زن دیر گاهیست ،در این منزل نیست زمستان – ۱۳۳۳اهواز
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Al corriere che forse arriverà da lontano, chiedete pure il nome del mittente e se lui non fosse dite che quella donna è da tempo ormai che non vive qui. Ahvaz, inverno 1955
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ناشناس
بر پرده های درهم امیال سر کشم چهره یک ناشناس بود نقش عجیب ٔ نقشی ز چهرهئی که چو می جستمش بشوق پیوسته میرمید و بمن رخ نمینمود یکشب نگاه خست ٔه مردی بروی من لغزید و سست گشت و همانجا خموش ماند تا خواستم که بگسلم این رشت ٔه نگاه قلبم تپید و باز مرا سوی او کشاند نومید و خسته بودم از آن جستجوی خویش با ناز خنده کردم و گفتم بیا ،بیا راهی دراز بود و شب عشرتی به پیش نالید عقل و گفت کجا میروی کجا راهی دراز بود و دریغا میان راه آن مرد ناله کرد که پایان ره کجاست چون دیدگان خست ٔه من خیره شد بر او دیدم که میشتابد و زنجیریش به پاست. زنجیریش بپاست ،چرا ای خدای من دستی بکشتزار دلم تخم درد ریخت اشکی دوید و زمزمه کردم میان اشک “زنجیرش بپاست که نتوانمش گسیخت”
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L O S C O N O S C I U TO
Sulle tende sgualcite dei miei desideri irrequieti si forma la stranissima immagine di un viso sconosciuto. È l’immagine di un volto che un tempo cercavo con passione, e più ardevo e più mi rifuggiva. Lo sguardo stanco di un uomo una notte scivolò sul mio volto, per poi affievolirsi nel silenzio. Per un attimo pensai di spezzare la catena dello sguardo ma il cuore nuovamente prese a battere per lui. Ero scorata e stanca da quel mio cercare, sorrisi seducente: vieni que, vieni. Un lungo sentiero prima della notte di piacere, la ragione mi tratteneva: “Dove stai andando, dove?” Un percorso senza fine, e nel mezzo del cammino l’uomo mi chiese dove fosse il termine. I miei occhi stanchi presero a fissarlo: si affrettava a piedi incatenati. Perché, mio Dio, i suoi piedi erano incatenati? Una mano seminò dolore nei campi del mio seno. Una lacrima scorse sul mio viso, e trillai nel pianto: “Ha i piedi incatenati e non posso liberarlo.” 149
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شب بود و آن نگاه پر از درد میزدود از دیدگان خست ٔه من نقش خواب را لب بر لبش نهادم و نالیدم از غرور “کای مرد ناشناس بنوش این شراب را” آری بنوش و هیچ مگو کاندراین میان در دل ز شور عشق تو سوزنده آذریست ره بسته در قفای من اما دریغ و درد پای تو نیز بست ٔه زنجیر دیگریست لغزید گرد پیکر من بازوان او آشفته شد بشان ٔه او گیسوان من شب تیره بود و در طلب بوسه مینشست هر لحظه کام تشن ٔه او بر لبان من ناگه نگاه کردم و دیدم به پردهها آن نقش ناشناس دگر ناشناس نیست افشردمش بسینه و گفتم بخود که وای دانستم ای خدای من آن ناشناس کیست یک آشنا که بست ٔه زنجیر دیگری ست زمستان – ۱۳۳۳اهواز
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Era notte e quello sguardo sfregò via l’immagine del sonno dai miei occhi stanchi; posai le labbra sulle sue e altera gli dissi: “Adesso bevi questo vino uomo sconosciuto. Sì, adesso bevi e non parlare, perché qui in fondo al cuore bruciano le pire dell’amare. Non c’è ritorno alle mie spalle, e un’altra catena, ahimè, lega i tuoi piedi.” Le sue braccia scivolavano attorno alla mia figura, i miei capelli si sclacciarono sulle sue spalle. La notte era scura, e a ogni istante la sua bocca, assetata, voleva baci dalle mie labbra. D’improvviso guardai, e vidi che sulle tende quell’immagine sconosciuta mi era familiare; la strinsi al petto e dissi: “Dio mio, adesso lo riconosco, è uno sconosciuto che conosco; altra catena lo tiene prigioniero.” Ahvaz, inverno 1955
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چشم براه
آرزوئی است مرا در دل که روان سوزد و جان کاهد هر دم آن مرد هوسران را با غم و اشک و فغان خواهد بخدا در دل و جانم نیست هیچ جز حسرت دیدارش سوختم از غم و کی باشد غم من مای ٔه آزارش شب در اعماق سیاهیها مه چو در هال ٔه راز آید نگران دیده به ره دارم شاید آن گمشده باز آید سایه ای تا که بدر افتد من هراسان بدوم بر در چون شتابان گذرد سایه خیره گردم به در دیگر همه شب در دل این بستر جانم آن گمشده را جوید زینهمه کوشش بیحاصل عقل سرگشته به من گوید
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O C C H I S U L L A S T R A DA
Nel cuore ho un desiderio che mi brucia lo spirito e tormenta l’anima: a ogni respiro mi sfianco nel dolore del mio pianto pensando a quell’uomo dissoluto. E giuro che nel cuore e nell’anima non resta nulla se non la brama di vederlo. Brucio di dolore, ma io so che questo mio penare non lo tocca. A notte fonda quando sorge dalle tenebre l’aura misteriosa della luna i miei occhi preoccupati sono fissi sulla strada: tornerà lui che si perse? Quando un’ombra si staglia sulla porta io accorro ansiosa sulla soglia, quando rapida passa oltre resto a fissare un’altra porta.
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زن بدبخت دل افسرده ببر از یاد دمی او را این خطا بود که ره دادی به دل آن عاشق بد خو را آنکسی را که تو میجوئی کی خیال تو بسر دارد بس کن این ناله و زاری را بس کن او یار دگر دارد لیکن این قصه که میگوید کی بنرمی رودم در گوش نشود هیچ ز افسونش آتش حسرت من خاموش میروم تا که عیان سازم راز این خواهش سوزان را نتوانم که برم از یاد هرگز آن مرد هوسران را شمع ای شمع چه می خندی؟ تیره خاموشم بشب ٔ بخدا ُمردم از این حسرت که چرا نیست در آغوشم زمستان – ۱۳۳۳اهواز
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Ogni notte, in mezzo a questo letto la mia anima cerca quel disperso e la ragione, confusa da tutti i miei sforzi vani, dice: “O povera sventurata dimenticalo per un attimo quale errore fu aprire il cuore a quel meschino amante. La persona che tu attendi non ti immagina nemmeno smettila di piangere perché lui ha trovato un’altra amata.” Come potranno mai queste parole fare presa su di me? Per il suo incanto non si estingue il mio desiderare. E me ne vado per denudare il segreto del mio volere arroventato. E non potrò mai dimenticare quell’uomo intemperante. O fiamma, fiamma, perché deridi la mia notte tetra e sorda? Mi sta uccidendo l’amarezza di sapere che lui non è più tra le mie braccia. Ahvaz, inverno 195411
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آین ٔه شکسته
دیروز بیاد تو و آن عشق دلانگیز بر پیکر خود پیرهن سبز نمودم در آینه بر صورت خود خیره شدم باز بند از سر گیسویم آهسته گشودم عطر آوردم بر سر و بر سینه فشاندم چشمانم را ناز کنان سرمه کشاندم افشان کردم زلفم را بر سر شانه در کنج لبم خالی آهسته نشاندم گفتم بخود آن گاه صد افسوس که او نیست تا مات شود زینهمه افسونگری و ناز چون پیرهن سبز ببیند بتن من با خنده بگوید که چه زیبا شده ای باز او نیست که در مردمک چشم سیاهم تا خیره شود عکس رخ خویش ببیند این گیسوی افشان به چهکار آیدم امشب کو پنج ٔه او تا که در آن خانه گزیند
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S P E C C H I O I N F R A N TO
Nel tuo ricordo, ieri, e in memoria di quell’amore travolgente ho vestito con una camica verde la mia figura. Ho fissato di nuovo il mio viso nello specchio e ho sciolto lentamente le ciocche dei capelli. Spargendomi il profumo su collo e petto con grazia mi sono truccata gli occhi di azzurro, slacciate le trecce, le ho posate sulle spalle e accanto alle mie labbra, lentamente, ho disegnato un neo. Oh malinconia, che lui non è qui adesso – mi sono detta – ché stupito ammiri la mia grazia seducente per poi dirmi sorridendo: “Sei ancora più bella” dopo aver visto la camicia verde sul mio corpo. Adesso lui non è qui a scorgere il riflesso delle sue guance che si fissa nelle mie pupille nere. Cosa farmene stanotte dei miei capelli sparsi se le sue dita non abitano più qui?
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او نیست که بوید چو در آغوش من افتد دیوانه صفت عطر دالویز تنم را ای آینه ُمردم من از این حسرت و افسوس او نیست که بر سینه فشارد بدنم را من خیره به آئینه و او گوش بمن داشت گفتم که چه سان حل کنی این مشکل ما را بشکست و فغان کرد که از شرح غم خویش ای زن ،چه بگویم ،که شکستی دل ما را زمستان – ۱۳۳۳اهواز
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Lui non è qui, per annusare impazzito l’odore del mio corpo nell’ora dell’amarsi. O specchio, guardami morire dalla voglia: lui non è qui a stringermi con vigore tra le braccia. Io mi guardavo allo specchio e lo specchio mi ascoltava: “Come potrai disfare la nostra malinconia?” Si infranse, gridando di dolore: “Donna, cosa dirti, ci hai spezzato il cuore!” Ahvaz, inverno 195412
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دعوت
ترا افسون چشمانم ز ره بردهست و میدانم چرا بیهوده می گوئی ،دل چون آهنی دارم نمیدانی ،نمیدانی ،که من جز چشم افسونگر باده مرد افکنی دارم. در این جام لبانمٔ ، چرا بیهوده می کوشی که بگریزی ز آغوشم از این سوزندهتر هرگز نخواهی یافت آغوشی نمیترسی ،نمیترسی ،که بنویسند نامت را تیره گوری ،شب غمناک خاموشی به سنگ ٔ بیا دنیا نمی ارزد باین پرهیز و این دوری فدای لحظهای شادی کن این رؤیای هستیرا لبت را بر لبم بگذار کز این ساغر پر می چنان مستت کنم تا خود بدانی قدر مستی را ترا افسون چشمانم ز ره برده است و میدانم که سر تا پا بسوز خواهشی بیمار میسوزی دروغ است این اگر ،پس آن دو چشم راز گویترا چرا هر لحظه بر چشم من دیوانه میدوزی بهار – ۱۳۳۴تهران
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I N V I TO
L’incanto dei miei occhi ti perverte, e so bene perché mi dici invano di avere un cuore d’acciaio. Ma non sai, non sai che oltre a questi occhi seducenti nel calice delle labbra ho un vino che stende un uomo.13 Perché cerchi inutilmente di fuggire dal mio seno? Non troverai abbraccio più rovente di quello che ti offro. E non temi, non temi che in una notte sorda di dolore scrivano il tuo nome sulla pietra scura di una tomba? Ma vieni qui: il mondo non vale rinuncia e lontananza. Dedica allora agli attimi di gioia il sogno di questo esistere. Riponi le tue labbra sulle mie, e con questo vino ti mostrerò cosa fare da ubriachi. L’incanto dei miei occhi ti perverte, e so bene che ardi tutto dalla voglia come solo un malato arde. Se non è vero, allora dimmi: perché posi a ogni istante sui miei occhi la follia dei tuoi occhi misteriosi? Tehran, primavera 1955
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خسته
از بیم و امید عشق رنجورم آرامش جاودانه میخواهم بر حسرت دل دگر نیفزایم آسایش بیکرانه میخواهم پا بر سر دل نهاده می گویم بگذشتن از آن ستیزه جو خوشتر یک بوسه ز جام زهر بگرفتن از بوس ٔه آتشین او خوشتر پنداشت اگر شبی بسرمستی در بستر عشق او سحر کردم شبهای دگر که رفته از عمرم در دامن دیگران بسر کردم دیگر نکنم ز روی نادانی قربانی عشق او غرورم را شاید که چو بگذرم از او یابم آن گمشده شادی و سرورم را
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S T R E M ATA
Mi tormentano timore e speranza d’amare e cerco una forma eterna di pace affinché non irrompa più l’amarezza nel cuore resto in attesa di una serenità sconfinata. Calpestando il volere del mio cuore so che mi farà felice lasciare andare via quel pretestuoso preferisco ormai il veleno ai torridi baci suoi. Per una sola notte che trascorsi inebriata da sera all’alba nel suo letto immaginò che la mia vita intera fosse un passare di braccia in braccia nel letto d’altri. Mai più farò del mio amor proprio per ignoranza una vittima del suo amore. E forse nel lasciarlo andare ritroverò tutta la mia felicità perduta, la mia gioia di sempre.
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آن کس که مرا نشاط و مستی داد آن کس که مرا امید و شادی بود هر جا که نشست بی تأمل گفت “ او یکزن ساده لوح عادی بود” می سوزم از این دو روئی و نیرنگ یکرنگی کودکانه میخواهم ای مرگ از آن لبان خاموشت یک بوس ٔه جاودانه میخواهم رو ،پیش زنی ببر غرورت را کو عشق ترا بهیچ نشمارد آن پیکر داغ و دردمندت را با مهر بروی سینه نفشارد عشقی که ترا نثار ره کردم در سین ٔه دیگری نخواهی یافت زان بوسه که بر لبانت افشاندم سوزنده تر آذری نخواهی یافت در جستجوی تو و نگاه تو دیگر ندود نگاه بی تابم اندیش ٔه آن دو چشم رویائی هرگز نبرد ز دیدگان خوابم دیگر بهوای لحظهئی دیدار دنبال تو در بدر نمیگردم دنبال تو ای امید بی حاصل دیوانه و بی خبر نمیگردم
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Quella persona che mi offrì ebbrezza e incanto, quella persona che era per me speranza e gioia prese a sparlare di me in ogni dove: “Quella ragazza semplice e banale…” Doppiezza e tradimento mi addolorano, non voglio altro che sincerità bambina; tu, morte, baciami adesso nell’eterno con quelle tue labbra di silenzio. Adesso vattene e offri il tuo orgoglio a quelle donne che non sanno cosa fare del tuo amare e non stringeranno al loro petto con affetto quelle tue membra calde e addolorate. L’amore che io per te dissipai non lo troverai in seno a un’altra e non troverai altare più focoso dei baci che ti ho acceso sulle labbra. Il mio sguardo intemperante ormai non corre alla ricerca di te e dei tuoi occhi. E il pensiero di quei due occhi da sogno non strapperà il sonno alle mie pupille. Cesserò di vagare sconsolata nel desiderio dell’incontro e dei suoi istanti. L’ansia di vederti, o speranza vana, non mi condurrà più a follie senza senso.
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در ظلمت آن اطاقک خاموش بیچاره و منتظر نمیمانم هر لحظه نظر بدر نمیدوزم وان آه نهان بلب نمیرانم ای زن که دلی پر از صفا داری از مرد وفا مجو ،مجو ،هرگز او معنی عشق را نمی داند راز دل خود باو مگو هرگز زمستان – ۱۳۳۳اهواز
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Non resterò più in attesa disperata nel buio di quella stanza silenziosa, i miei occhi non fisseranno più la porta di continuo e le mie labbra cesseranno di sospirare la mia segreta sofferenza. Ascolta, ragazza dal cuore pieno di purezza, non aspettarti fedeltà dall’uomo, mai mai più, non conosce il senso dell’amare, non fare suo il tuo intimo segreto. Ahvaz, inverno 1955
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بازگشت
ز آن نامه ای که دادی و زان شکوه های تلخ تا نیمه شب بیاد تو چشمم نخفته است ای مای ٔه امید من ،ای تکیه گاه دور هرگز مرنج از آن چه بشعرم نهفته است شاید نبوده قدرت آنم که در سکوت احساس قلب کوچک خود را نهان کنم بگذار تا تران ٔه من رازگو شود بگذار آن چه را که نهفتم عیان کنم تا بر گذشته مینگرم ،عشق خویش را چون آفتاب گمشده میآورم بیاد مینالم از دلی که بخون غرقه گشته است این شعر ،غیر رنجش یارم بمن چه داد این درد را چگونه توانم نهان کنم آن دم که قلبم از تو بسختی رمیده است این شعر ها که روح ترا رنج داده است فریادهای یک دل محنت کشیده است
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I L R I TO R N O
Per quella tua lettera e il rimpianto amaro non ho chiuso occhio l’altra sera fino a mezzanotte, tu, origine della mia speranza, lontanissimo sostegno non volermene, ti prego, per quello che nascondo nei miei versi. Forse non ho avuto forza di nascondere in silenzio quello che sente il mio lieve palpito. Lascia che il mio cantare sveli, lascia che riveli il mio segreto. Rifletto sul passato e ricordo il mio amare come fosse un sole perduto. Soffro per un cuore che annega nel sangue cosa mi può offrire la poesia se non l’astio del mio amato? Come nascondere questo penare se il mio cuore tormentato ti elude? Questi miei versi che ti pesano nell’animo sono solo grida di un cuore torturato.
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گفتم قفس ،ولی چه بگویم که پیش از این آگاهی از دو روئی مردم مرا نبود دردا که این جهان فریبای نقشباز با جلوه و جالی خود آخر مرا ربود اکنون منم که خسته ز دام فریب و مکر بار دگر به کنج قفس رو نموده ام بگشای در که در همه دوران عمر خویش جز پشت میلههای قفس خوش نبودهام پای مرا دوباره بزنجیرها ببند تا فتنه و فریب ز جایم نیفکند تا دست آهنین هوسهای رنگ رنگ بندی دگر دوباره بپایم نیفکند بهار – ۱۳۳۴تهران
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Dico gabbia, ma come dirti che prima d’ora non sapevo quanto è ipocrita la gente? Ahimè questo mondo seduttore mi ha tradita con trucchi e incanti. E stremata dalla trappola d’illusioni mi volgo verso il fondo della gabbia: apri questa porta perché in tutti i tempi della vita non ho vissuto che dentro a una voliera, dietro le sue grate. Incatena ancora una volta le mie gambe finché voluttà e menzogna non mi spezzino, perché l’acciaio di passioni iridescenti non sia ceppo che mi trascina i piedi al fondo. Tehran, primavera 1955
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نقش پنهان
آه ،ای مردی که لب های مرا از شرار بوسه ها سوزاندهئی هیچ در عمق دو چشم خا ُمشم راز این دیوانگی را خواندهئی هیچ میدانی که من در قلب خویش نقشی از عشق تو پنهان داشتم هیچ میدانی کز این عشق نهان آتشی سوزنده بر جان داشتم گفتهاند آن زن ،زنی دیوانه است کز لبانش بوسه آسان میدهد آری ،اما بوسه از لب های تو بر لبان مردهام جان می دهد هرگزم در سر نباشد فکر نام این منم کاینسان ترا جویم بکام خلوتی میخواهم و آغوش تو خلوتی میخواهم و لبهای جام فرصتی تا بر تو دور از چشم غیر ساغری از باد ٔه هستی دهم بستری میخواهم از گل های سرخ تا در آن یک شب ترا مستی دهم
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I M M A G I N E N A S C O S TA
Ah, ascolta, maschio che bruci le mie labbra con la fiamma dei baci, non scorgi il segreto della mia pazzia nel fondo di questi miei occhi spenti. Non sai che custodivo in fondo al petto l’immagine nascosta dell’amarti. Non sai che in quel segreto amare un fuoco rovente mi accendeva l’anima. Dicono che sono pazze quelle donne le cui labbra facilmente danno baci; è vero, sì, ma i baci che mi dai con le tue labbra riportano in vita le mie labbra morte. Io non mi sono mai curata del pudore ed eccomi qui nel fervore del volerti un angolo appartato per i nostri corpi un luogo di silenzio, le labbra della coppa. L’occasione per spargerti addosso lontano da sguardi estranei il calice di vino dell’esistere, voglio un letto di rose scarlatte per inebriarti lì con me per una notte.
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آه ،ای مردی که لبهای مرا از شرار بوسهها سوزاندهئی این کتابی بی سرانجامست و تو صفح ٔه کوتاهی از آن خواندهئی ! تهران ۲۵اسفند ۱۳۳۳
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Ah, ascolta, maschio che bruci le mie labbra con la fiamma di baci, questo è un libro che non termina, e tu non ne hai letto che la pagina più breve. Tehran, 16 marzo 1955
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بیمار
طفلی غنوده در بر من بیمار با گونه های سرخ تب آلوده با گیسوان در هم آشفته تا نیمه شب ز درد نیاسوده هر دم میان پنج ٔه من لرزد انگشتهای الغر و تبدارش من ناله میکنم که خداوندا جانم بگیر و کم بده آزارش گاهی میان وحشت تنهائی پرسم ز خود که چیست سرانجامش اشکم بروی گونه فرو غلطد چون بشنوم ز نال ٔه خود نامش ای اختران که غرق تماشائید این کودک من است که بیمارست شب تا سحر نخفتم و میبینید دیده من است که بیدارست این ٔ یاد آیدم که بوسه طلب میکرد با خنده های دلکش مستانه یا مینشست بانگهی بیتاب در انتظار خوردن صبحانه
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A M M A L ATO
Ho un bimbo in braccio che dorme, malato, le guance arrossate dalla febbre e i capelli spettinati: dolorante fino a notte fonda non ha preso sonno. Tremano fra le mie mani a ogni respiro le sue manine sottili e febbrili, e io piango, chiedendo a Dio di farla finita con me e lasciarlo in pace. Spesso, nel terrore della solitudine mi chiedo cosa ne sarà di lui, mi scorrono lacrime dalle guance quando sento il suo nome nelle mie preghiere. O stelle assorte nello spettacolo: questo è il mio bambino malato, io insonne per tutta la notte, vedete? E questi sono i miei occhi spalancati. Ricorderò di come cercava baci con la frenesia dolce dei suoi sorrisi e poi se ne stava a strillare inquieto in attesa della colazione.
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گاهی بگوش من رسد آوایش “ماما” دلم ز فرط تعب سوزد بینم درون بستر مغشوشی طفلی میان آتش تب سوزد شب خامش است و در بر من نالد او خسته جان ز شدت بیماری بر اضطراب و وحشت من خندد تک ضربههای ساعت دیواری تهران ۲۲اسفند ۱۳۳۳
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“Mamma” mi dice, sento la sua voce e il cuore mi brucia per l’affanno. Vedo come in un letto sfatto un bimbo si consuma nel fuoco della febbre. Nella notte silenziosa mi piange in seno, spossato dalla malattia, la febbre alta, e i rintocchi dell’orologio sul muro deridono la mia disperazione. Tehran, 13 marzo 1955
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مهمان
امشب آن حسرت دیرین ٔه من در بر دوست بسرمیآید در فروبند و بگو خانه تهی ست زین سپس هر که بدرمیآید شانه کو ،تا که سر و زلفم را درهم و وحشی و زیبا سازم باید از تازگی و نرمی و لطف گونه را چون گل رؤیا سازم سرمه کو ،تا که چو بر دیده کشم راز و نازی به نگاهم بخشد باید این شوق که در دل دارم جلوه بر چشم سیاهم بخشد چه بپوشم که چو از راه آید عطشش مفرط و افزون گردد چه بگویم که ز سحر سخنم دل بمن بازد و افسون گردد آه ،ای دخترک خدمتکار گل بزن بر سر و بر سین ٔه من تا که حیران شود از جلو ٔه گل امشب آن عاشق دیرین ٔه من
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L’ O S P I T E
Stanotte quella mia amarezza di sempre avrà fine tra le braccia dell’amato, la porta sarà chiusa, e se chiedono di noi dite che nessuno è in casa. Datemi un pettine, per abbellirmi selvaggiamente i capelli sciolti sul collo. Farò delle mie guance cosa fresca e delicata, soffice come il fiore del sogno. E con una traccia d’azzurro mi tingerò gli occhi con uno sguardo di segreta seduzione. E questa passione che ho dentro sfavillerà nelle mie pupille nere. Che cosa potrò indossare così che al suo arrivo la sete lo consumi per intero; e cosa dovrò dire, perché stregato dalla magia della mia parola conceda a me il suo cuore? Ah, servile ragazzina, ascolta: posami una rosa sul petto e tra i capelli perché lo splendore dei suoi petali rapisca di stupore il mio amante di un tempo.
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چو ز در آمد و بنشست خموش زخمه بر جان و دل و چنگ زنم با لب تشنه دو صد بوس ٔه شوق باده گلرنگ زنم بر لب ٔ ماه اگر خواست که از پنجرهها بیندم در بر او مست و پریش آنچنان جلوه کنم کاو ز حسد پرده ابر کشد بر رخ خویش ٔ تا چو رؤیا شود این صحن ٔه عشق کندر و عود در آتش ریزم ز آن سپس همچو یکی کولی مست نرم و پیچنده ز جا برخیزم همه شب شعله صفت رقص کنم تا ز پا افتم و مدهوش شوم چو مرا تنگ در آغوش کشد مست آن گرمی آغوش شوم *** آه ،گوئی ز پس پنجرهها بانگ آهست ٔه پا میآید ای خدا ،اوست که آرام و خموش بسوی خان ٔه ما میآید بهار – ۱۳۳۴تهران
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Appena entra e si siede silenzioso, farò vibrare le corde dell'anima e del cuore. Con labbra assetate darò cento baci di passione alle labbra del vino color di rosa. E se dalle finestre la luna vorrà vedermi stringerlo a me, inebriata di fervore, risplenderò così pienamente che per invidia coprirà il suo volto con il velo delle nuvole. Spargerò sul fuoco mirra e aloe, ché si tinga come un sogno questa scena d’amore. E poi come una gitana ubriaca mi solleverò leggera e agile. E danzerò per tutta la notte come fiamma fino a crollare sfinita al suolo, e quando mi avrà serrata al petto l’ebbrezza di quell’amplesso caldo mi darà alla testa. *** Ah, sento dietro le finestre il rumore dei suoi passi: sta per arrivare. O mio Dio, è lui che ci raggiunge in casa calmo e silenzioso. Tehran, primavera 1955
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راز من
هیچ جز حسرت نباشد کار من بخت بد ،بیگانهئی شد یار من بیگنه زنجیر بر پایم زدند وای از این زندان محنت بار من وای از این چشمی که میکاود نهان روز و شب در چشم من راز مرا گوش بر در می نهد تا بشنود شاید آن گمگشته آواز مرا گاه می پرسد که اندوهت ز چیست فکرت آخر از چه رو آشفته است بی سبب پنهان مکن این راز را درد گنگی در نگاهت خفته است گاه مینالد به نزد دیگران “ کاو دگر آن دختر دیروز نیست ” “ آه ،آن خندان لب شاداب من ” افسرده مرموز نیست” “ این زن ٔ گاه می کوشد که با جادوی عشق ره به قلبم برده افسونم کند گاه میخواهد که با فریاد خشم زین حصار راز بیرونم کند
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I L M I O S E G R E TO 1 4
Il mio destino non è altro che amarezza e per malasorte ho uno sconosciuto per compagno. Hanno incatenato i miei piedi innocenti nel dolore infinito di questa prigione che mi danna. Maledetti questi occhi che giorno e notte scavano di nascosto nei miei occhi e posando la testa sulla porta cercano di sentire la mia voce abbandonata. Mi chiede a volte cosa mi tormenti: “Perché il tuo pensiero non trova pace? Non nascondere senza motivo il tuo segreto un dolore sordo riposa nel tuo sguardo.” E poi si lamenta al cospetto d’altri: “Questa non è più la ragazza di un tempo, cosa resta di quelle mie labbra sorridenti in questa donna depressa e misteriosa?” A volte con la stregoneria d’amore cerca di farsi strada nel mio cuore, altre volte le sue urla di rancore mi sottraggono dal castello dei segreti.
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گاه می گوید که ،کو ،آخر چه شد؟ آن نگاه مست و افسونکار تو دیگر آن لبخند شادی بخش و گرم نیست پیدا بر لب تبدار تو من پریشان دیده میدوزم بر او بیصدا نالم که ،اینست آن چه هست خود نمی دانم که اندوهم ز چیست زیر لب گویم ،چه خوش رفتم ز دست همزبانی نیست تا برگویمش راز این اندوه وحشتبار خویش بیگمان هرگز کسی چون من نکرد خویشتن را مای ٔه آزار خویش از منست این غم که بر جان منست دیگر این خود کرده را تدبیر نیست پای در زنجیر می نالم که هیچ الفتم با حلق ٔه زنجیر نیست آه ،اینست آن چه میجستی به شوق راز من ،راز زنی دیوانه خو راز موجودی که در فکرش نبود ذره ای سودای نام و آبرو راز موجودی که دیگر هیچ نیست جز وجودی نفرت آور بهر تو آه ،اینست آن چه رنجم میدهد ورنه ،کی ترسم ز خشم و قهر تو اسفند – ۱۳۳۳اهواز
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A volte poi mi dice: “Ma dov’è, che fine ha fatto quel tuo sguardo magico e inebriato? Non vedo più sulle tue labbra febbrili quel sorriso di gioia calda.” Io sconvolta fisso gli occhi su di lui, mi lamento senza voce e mi dico che così stanno le cose e non so da dove venga la mia pena e mi dico a labbra strette: “Che bella fine ho fatto.” Non c’è nessuno che capisca la mia lingua, perché io pronunci il segreto del mio dolore orrendo, chi mai come me farebbe di se stessa l’origine del proprio torturarsi? Da me procede il dolore che ho nell’anima sono causa ormai del mio stesso male a piedi incatenati ecco il mio lamento scoprendomi perduta in questi anelli. Ah, è questo che cercavi con passione, il mio segreto, il segreto di una donna che impazzisce? Il segreto di un essere che mai poté curarsi dell’onore e dell’infamia? Il segreto di un essere che ormai non è più nulla se non il tuo oggetto di disprezzo? Ah, è questo che non mi dà pace, non il tuo rancore; tu non mi fai paura. Ahvaz, febbraio / marzo 1955
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دختر و بهار دختر کنار پنجره تنها نشست و گفت ای دختر بهار حسد می برم به تو عطر و گل و ترانه و سر مستی ترا با هر چه طالبی بخدا می خرم ز تو بر شاخ نوجوان درختی شکوفهای با ناز میگشود دو چشمان بسته را می شست کاکلی به لب آب نقرهفام آن بالهای نازک زیبای خسته را خورشید خنده کرد وز امواج خنده اش بر چهر روز روشنی دلکشی دوید موجی سبک خزید و نسیمی به گوش او رازی سرود و موج بنرمی از او رمید خندید باغبان که سرانجام شد بهار دیگر شکوفه کرده درختی که کاشتم دختر شنید و گفت چه حاصل از این بهار ای بس بهار ها که بهاری نداشتم ! خورشید تشنه کام در آن سوی آسمان گوئی میان مجمری از خون نشسته بود میرفت روز و خیره در اندیشه ای غریب دختر کنار پنجره محزون نشسته بود بهار - ۱۳۳۴تهران
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L A R A G A Z Z A E L A P R I M AV E R A 1 5
La ragazza andò a sedersi solitaria accanto alla finestra: “O primavera, amica mia, che invidia ho di te non so cosa darei per il tuo profumo e i fori, per i tuoi canti spensierati.” Una gemma apriva gli occhi languidi dal ramo di un arbusto giovane. Un’allodola sciacquava le sue ali sottili e stanche sulla riva dell’acqua argentata. Il sole sorrideva spargendo flutti sul volto di un mattino chiaro e splendido. Un’onda s’inoltrava leggera e la brezza intonò un segreto alle sue orecchie: la nuvola si sfumava. Il giardiniere sorrideva: “La primavera è ormai tra noi, fioriscono gli alberi da me piantati.” La ragazza rispose: “Cosa vale questa primavera se le belle stagioni non sbocciano per me?” Il sole assetato in quel lato del cielo pareva immerso in un braciere insanguinato. Il sole se ne andava, e immersa in un pensiero strano la ragazza se ne stava triste alla finestra. Tehran, primavera 1955
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خان ٔه متروک
دانم اکنون از آن خان ٔه دور شادی زندگی پر گرفته دانم اکنون که طفلی به زاری ماتم از هجر مادر گرفته هر زمان میدود در خیالم نقشی از بستری خالی و سرد نقش دستی که کاویده نومید پیکری را در آن با غم و درد بینم آنجا کنار بخاری سای ٔه قامتی سست و لرزان سای ٔه بازوانی که گوئی زندگی را رها کرده آسان دورتر کودکی خفته غمگین در بر دای ٔه خسته و پیر بر سر نقش گلهای قالی سرنگون گشته فنجانی از شیر پنجره باز و در سای ٔه آن رنگ گلها به زردی کشیده پرده افتاده بر شان ٔه در آب گلدان به آخر رسیده
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L A C A S A A B B A N D O N ATA
Adesso so che non resta gioia di vivere in quella casa lontana. Adesso so che un bimbo in lacrime si dispera perché sua madre è andata. Ogni ora percorro nella mente l’immagine di un letto vuoto e freddo, l’immagine di una mano addolorata che disperata cerca un corpicino. Vedo lì accanto a una stufa l’ombra di una figura, debole e tremante, l’ombra di braccia che pare abbiano detto addio alla vita troppo facilmente. Poco oltre un bimbo addormentato, triste, nelle braccia di una vecchia balia, stanca, una tazza di latte, riversa sui fiori stinti del tappeto. All’ombra di una finestra aperta i fiori si scolorano ingialliti le tende cascano alle spalle della porta l’acqua ristagna nel suo vaso.
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گربه با دیده ای سرد و بی نور نرم و سنگین قدم میگذارد شمع در آخرین شعل ٔه خویش ره بسوی عدم میسپارد دانم اکنون کز آن خان ٔه دور شادی زندگی پر گرفته دانم اکنون که طفلی به زاری ماتم از هجر مادر گرفته لیک من خسته جان و پریشان میسپارم ره آرزو را یار من شعر و دلدار من شعر میروم تا بدست آرم او را بهار – ۱۳۳۴تهران
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Il gatto, con occhi freddi e spenti ondeggia mollemente, appesantito. La candela, nella sua ultima fiamma, cede il passo al proprio estinguersi. Adesso so che non resta gioia di vivere in quella casa lontana. Adesso so che un bimbo in lacrime si dispera perché sua madre è andata. Ma io che resto stanca dentro e dispersa abbandono ogni passo di speranza, la poesia si fa amica e confidente e io le porgo queste mani. Tehran, primavera 1955
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یکشب
یکشب ز ماورای سیاهیها چون اختری بسوی تو میآیم بر بال باد های جهان پیما شادان به جستجوی تو میآیم سر تا به پا حرارت و سرمستی چون روزهای دلکش تابستان پر میکنم برای تو دامان را از الله های وحشی کوهستان یک شب ز حلقهای که بدر کوبند در کنج سینه قلب تو میلرزد چون در گشوده شد ،تن من بی تاب در بازوان گرم تو میلغزد بخش دیگر در آن دقایق مستی در چشم من گریز نخواهی دید چون کودکان نگاه خموشم را با شرم در ستیز نخواهی دید یک شب چو نام من بزبان آری میخوانمت بعالم رؤیائی بر موجهای یاد تو میرقصم چون دختران وحشی دریائی
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U N A N OT T E
Una notte arriverò al tuo incontro come astro che affiora dal buio: verrò a cercarti, cavalcando l’ala di venti giramondo. Come i giorni incantevoli dell’estate, inondata d’ebbrezza e vampe di calore verrò a riempirti il costato di anemoni selvatici di montagna. Una notte sentirai bussare alla tua porta i colpi del chiavistello, il cuore ti esploderà in petto, e vedrai il mio corpo impaziente scivolare fra le tue braccia calde. In quei minuti che ci inebriano non scorgerai più nei miei occhi l’ombra della fuga, non vedrai più il mio sguardo, spento e infantile, lottare contro il pudore. Pronuncerai il mio nome una notte e ti inviterò nel regno del sogno, danzerò nelle onde del tuo ricordo come ragazza degli abissi.
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یک شب لبان تشن ٔه من با شوق در آتش لبان تو میسوزد چشمان من امید نگاهش را بر گردش نگاه تو میدوزد از “زهره” آن اله ٔه افسونگر رسم و طریق عشق میآموزم یک شب چو نوری از دل تاریکی در کلبهات شراره میافروزم آه ای دو چشم خیره بره مانده آری ،منم که سوی تو میآیم بر بال باد های جهان پیما شادان بجستجوی تو میآیم خرداد – ۱۳۳۴اهواز
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Una notte le mie labbra assetate arderanno con passione nel fuoco delle tue labbra. I miei occhi cercheranno speranzosi il percorso del tuo sguardo. Apprenderò da Venere, divina seduttrice, la dismisura e le regole dell’amare per poi una notte accendere scintille nel tuo rifugio come fossi luce emersa dal cuore del buio. Ah, tu che hai gli occhi fissi sul cammino ascolta, sì, sarò io a venirti incontro, sì, ti verrò a cercare, cavalcando l’ala di venti giramondo. Ahvaz, maggio / giugno 1955
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در برابر خدا
از تنگنای محبس تاریکی تیره این دنیا از منجالب ٔ بانگ پر از نیاز مرا بشنو آه ،ای خدای قادر بی همتا یک دم ز گرد پیکر من بشکاف بشکاف این حجاب سیاهی را شاید درون سین ٔه من بینی این مای ٔه گناه و تباهی را دل نیست این دلی که بمن دادی در خون طپیده ،آه ،رهایش کن یا خالی از هوی و هوس دارش یا پایبند مهر و وفایش کن تنها تو آگهی و تو می دانی اسرار آن خطای نخستین را تنها تو قادری که ببخشائی بر روح من ،صفای نخستین را
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A L C O S P E T TO D I D I O
Ascolta l’emergere del mio grido disperato dal fondo delle strettoie carcerarie del buio, dalle cloache torbide di questo basso mondo ascoltami, o Dio onnipotente e senza pari. Lacera questo velo di tenebra, lacera questo velo nero che avvolge la mia figura e forse dentro al mio petto scorgerai l’origine della mia perdizione, il mio peccato. Non è un cuore quel cuore che tu mi desti, ti prego libera questo cuore che palpita nel sangue, svuotalo di lussuria e desiderio o fa che sia devoto ad affetto e fedeltà. Solo tu conosci e comprendi i segreti di quel peccato originale, solo tu hai il potere di offrire al mio spirito la purezza primigenia.
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آه ،ای خدا چگونه ترا گویم کز جسم خویش خسته و بیزارم هر شب بر آستان جالل تو گوئی امید جسم دگر دارم از دیدگان روشن من بستان شوق بسوی غیر دویدن را لطفی کن ای خدا و بیاموزش از برق چشم غیر رمیدن را عشقی بمن بده که مرا سازد همچون فرشتگان بهشت تو یاری بمن بده که در او بینم یک گوشه از صفای سرشت تو یک شب ز لوح خاطر من بزدای تصویر عشق و نقش فریبش را خواهم به انتقام جفاکاری در عشق تازه فتح رقیبش را آه ای خدا که دست توانایت بنیان نهاده عالم هستی را بنمای روی و از دل من بستان شوق گناه و نفس پرستی را بنده ناچیزی راضی مشو که ٔ عاصی شود بغیر تو روی آرد راضی مشو که سیل سرشکش را در پای جام باده فرو بارد
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Oh, Dio, come potrò rivelarti l’avversione che io, stanca, sento per le mie spoglie? Ogni notte sulla soglia della tua gloria quasi spero di possedere un altro corpo. Espelli dai miei occhi luminosi la voglia ardente di braccia altrui e insegna loro, mio Dio, ti prego, come sfuggire al lampo di altri occhi. Donami un amore che mi renda come gli angeli del tuo paradiso offrimi un amato in cui possa vedere una stilla della tua purissima natura. Rimuovi per una notte dalle tavole della mia mente l’immagine dell’amore e il disegno delle sue seduzioni. Per vendicarmi del suo tormentarmi voglio che il suo rivale prevalga in un amare nuovo. Oh, mio Dio, le tue potenti mani posero le fondamenta dell’esistere nel mondo mostra il tuo volto e rimuovi dal mio cuore la passione del peccato e la lussuria. Non lasciare che una tua serva si ribelli volgendo il volto ad altri che Te. Non lasciare che il suo torrente di lacrime scorra accanto al calice di vino.
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از تنگنای محبس تاریکی تیره این دنیا از منجالب ٔ بانگ پر از نیاز مرا بشنو آه ،ای خدای قادر بیهمتا اردیبهشت – ۱۳۳۴اهواز
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Ascolta l’emergere del mio grido disperato dal fondo delle strettoie carcerarie del buio dalle cloache torbide di questo basso mondo ascoltami, o Dio onnipotente e senza pari. Ahvaz, aprile / maggio 1955
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ای ستارهها
ای ستاره ها که بر فراز آسمان با نگاه خود اشاره گر نشستهاید ای ستارهها که از ورای ابرها بر جهان نظاره گر نشستهاید آری این منم که در دل سکوت شب نامههای عاشقانه پاره میکنم ای ستاره ها اگر بمن مدد کنید دامن از غمش پر از ستاره میکنم با دلی که بوئی از وفا نبرده است جور بیکرانه و بهانه خوشتر است در کنار این مصاحبان خودپسند ناز و عشوه های زیرکانه خوشتر است ای ستاره ها چه شد که در نگاه من دیگر آن نشاط و نغمه و ترانه مرد ای ستاره ها چه شد که بر لبان او آخر آن نوای گرم عاشقانه مرد جام باده سر نگون و بسترم تهی سر نهاده ام بروی نامه های او سر نهاده ام که در میان این سطور جستجو کنم نشانی از وفای او
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O S T E L L E 16
O stelle che vagate per i cieli il vostro sguardo è segno fisso, o stelle che oltre le nuvole fissate contemplando il nostro mondo. Sì, questa sono io, che nel cuore silenzioso della notte strappo tutte le lettere d’amore; o stelle, se mi verrete incontro in questa sofferenza riempirò d’astri la mia veste. Un tormento infinito e futile giova al cuore che mai conobbe fedeltà, e la furbizia di moine seducenti ben si addice all’egoismo dei falsi amici. O stelle, perché si eclissò dal mio sguardo tutta quella gioia melodiosa dell’esistere? O stelle, perché sulle labbra andarono a spegnersi le canzoni calde del suo amore? Con bicchieri di vino rovesciati e il letto vuoto inclino la testa sulle sue lettere, ripongo qui il capo per cercare tra le righe un segno del suo essermi fedele.
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ای ستاره ها مگر شما هم آگهید از دو روئی و جفای ساکنان خاک کاینچنین بقلب آسمان نهان شدید ای ستاره ها ،ستاره های خوب و پاک من که پشت پا زدم بهر چه هست و نیست تا که کام او ز عشق خود روا کنم لعنت خدا بمن اگر بجز جفا زین سپس بعاشقان با وفا کنم ای ستاره ها که همچو قطره های اشک سر بدامن سیاه شب نهادهاید ای ستاره ها کز آن جهان جاودان روزنی بسوی این جهان گشادهاید رفته است و مهرش از دلم نمیرود ای ستاره ها ،چه شد که او مرا نخواست؟ ای ستارهها ،ستارهها ،ستارهها پس دیار عاشقان جاودان کجاست؟ تیر ماه – ۱۳۳۴اهواز
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O stelle, forse anche voi sapete dei terrestri e della loro ipocrisia, della loro crudeltà e per questo vi celate tanto nelle viscere del cielo, o stelle, care e pure stelle. Io che per soddisfare ogni suo desiderio dal fondo del mio amare dissi addio al visibile e all’invisibile, che Dio mi maledica se d’ora in poi non tradirò la fedeltà dei miei amanti. O stelle voi che come lacrime stillate sulla veste nera della notte o stelle che da quel mondo eterno aprite uno spiraglio sul nostro mondo. Ma lui se ne è andato e il mio affetto non lascia il mio cuore, o stelle, stelle, perché non mi ha voluta? O stelle, vi prego, stelle, stelle, dov’è la costellazione degli amanti eterni? Ahvaz, giugno / luglio 1955
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حلقه
دخترک خنده کنان گفت که چیست راز این حلق ٔه زر راز این حلقه که انگشت مرا این چنین تنگ گرفته است ببر چهره او راز این حلقه که در ٔ این همه تابش و رخشندگی ست مرد حیران شد و گفت : حلق ٔه خوشبختی ست ،حلق ٔه زندگی ست همه گفتند :مبارک باشد دخترک گفت :دریغا که مرا باز در معنی آن شک باشد سال ها رفت و شبی زنی افسرده نظر کرد بر آن حلق ٔه زر فروزنده او دید در نقش ٔ روزهائی که بامید وفای شوهر بهدر رفته ،هدر زن پریشان شد و نالید که وای چهره او وای ،این حلقه که در ٔ باز هم تابش و رخشندگی ست حلق ٔه بردگی و بندگی است بهار - ۱۳۳۴تهران
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L’A N E L L O
La ragazza sorridendo chiese: “Qual è il segreto di questo anello d’oro, il segreto di quest’anello che tengo stretto al dito? Il segreto di questo anello dall’effige che risplende?” Confuso, l’uomo le rispose: “È l’anello di fortuna, l’anello della vita.” “Auguri!” dicevano tutti e la ragazza: “Ma io ahimè del suo valore non ne sono più sicura.” Trascorsero anni e una notte una donna avvilita guardò quell’anello d’oro, vide nel suo disegno risplendente i giorni perduti nell’attesa di vedere fedeltà da suo marito. Turbata, la donna gemeva: “Oddio, oddio, questo anello la cui immagine risplende ancora lucentissima è anello di asservimento e prigionia.” Tehran, primavera 1955
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اندوه
کارون چو گیسوان پریشان دختری بر شانه های لخت زمین تاب میخورد خورشید رفته است و نفس های داغ شب بر سینه های پر تپش آب میخورد خیره من ،ساحل جنوب دور از نگاه ٔ افتاده مست عشق در آغوش نور ماه شب با هزار چشم درخشان و پر ز خون سر میکشد به بستر عشاق بیگناه نیزار خفته خامش و یک مرغ ناشناس تیره آن ضجه میکشد هر دم ز عمق ٔ مهتاب میدود که ببیند در این میان مرغک میان پنج ٔه وحشت چه میکشد بر آبهای ساحل شط سایه های نخل میلرزد از نسیم هوسباز نیمه شب آوای گنگ همهم ٔه قورباغه ها پیچیده در سکوت پر از راز نیمه شب
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ANGOSCIA
Il Karun, fiume meridiano, si snoda sulle spalle nude del paesaggio come i riccioli scarmigliati di una ragazza. Il sole cala, e i respiri torridi della notte sfiorano il petto palpitante delle acque. Lontana dal mio sguardo fisso, inebriata d’amore, quella sponda meridionale casca nell’abbraccio luminoso della luna. La notte, con mille occhi radiosi e insanguinati cala al capezzale degli amanti immacolati. Il canneto riposa silenzioso e dal suo fondo scuro un uccello sconosciuto schiamazza senza sosta. Si affretta il chiaro di luna per vedere cosa accade all’uccellino preso nella morsa del terrore. Per la brezza sensuale di mezzanotte l’ombra delle palme nella sponda trema sulle acque di quel delta. Il verso sordo del brusio delle rane si insinua nel silenzio misterioso della notte.
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در جذبه ای که حاصل زیبائی شب است رؤیای دور دست تو نزدیک میشود بوی تو موج میزند آنجا ،بروی آب چشم تو میدرخشد و تاریک میشود بیچاره دل که با همه امید و اشتیاق بشکست و شد بدست تو زندان عشق من در شط خویش رفتی و رفتی از این دیار ای شاخ ٔه شکسته ز طوفان عشق من تابستان – ۱۳۳۴اهواز
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Nel rapimento scaturito dalla bellezza notturna il sogno remoto della tua presenza si fa più vicino. Laggiù l’odore tuo fluttua tra le acque, i tuoi occhi brillano per poi rabbuiarsi. Povero quel cuore che con tutto l’ardore e la speranza si spezzò per mano tua, prigione poi del mio amarti. O ramo divelto dalla tempesta di questo amare, te ne vai alla deriva del tuo delta, te ne vai via da questa terra. Ahvaz, estate 195517
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صبر سنگ
روز اول پیش خود گفتم دیگرش هرگز نخواهم دید روز دوم باز میگفتم لیک با اندوه و با تردید روز سوم هم گذشت اما بر سر پیمان خود بودم ظلمت زندان مرا میکشت باز زندانبان خود بودم آن من دیوان ٔه عاصی در درونم هایهو میکرد مشت بر دیوارها میکوفت روزنی را جستجو میکرد در درونم راه می پیمود همچو روحی در شبستانی بر درونم سایه میافکند همچو ابری بر بیابانی می شنیدم نیمه شب در خواب هایهای گریههایش را در صدایم گوش میکردم درد سیال صدایش را
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L A PA Z I E N Z A D E L L A P I E T R A
Il primo giorno io mi dissi che non l’avrei mai più rivisto, il secondo giorno pensai lo stesso ma esitavo angosciata. Trascorso il terzo giorno ero ancora risoluta, il buio spezzava la mia prigionia ma ero il guardiano di me stessa. Quell’io ribelle e folle strillava dentro me cercava uno spiraglio battendo i pugni contro le pareti. Come uno spirito che vaga in un santuario il mio io si faceva strada dentro me, la sua ombra si stagliava al mio interno come nuvola sul deserto. Sentivo a mezzanotte nel sonno i singulti del suo pianto, riconoscevo nella mia voce il dolore fluido della voce sua.
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شرمگین می خواندمش بر خویش از چه رو بیهوده گریانی در میان گریه مینالید دوستش دارم ،نمیدانی بانگ او آن بانگ لرزان بود کز جهانی دور بر میخاست لیک در من تا که میپیچید مرده ئی از گور بر میخاست مرده ئی کز پیکرش میریخت عطر شور انگیز شب بوها قلب من در سینه میلرزید مثل قلب بچه آهوها در سیاهی پیش میآمد جسمش از ذرات ظلمت بود چون به من نزدیکتر میشد ورط ٔه تاریک لذت بود می نشستم خسته در بستر خیره در چشمان رؤیاها زورق اندیشه ام ،آرام میگذشت از مرز دنیاها باز تصویری غبار آلود زان شب کوچک ،شب میعاد زان اطاق ساکت سرشار از سعادت های بی بنیاد
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Lo invocavo a me, con vergogna: “Perché piangi senza motivo?” Singhiozzava tra le lacrime: “Lo amo, e non lo sai.” Il suo suono era lo strepito che si levava da un mondo lontano. Ma nell’infiltrarsi dentro me era un morto che si alza dalla tomba. Un cadavere le cui membra sprigionavano il profumo esaltante delle viole, il cuore mi sussultava dentro al petto come fosse quello di un cerbiatto. Avanzava nel buio verso me, le sue membra atomi di tenebra, quando mi sfiorò si fece abisso nero di piacere. Sedevo stanca sul letto fissando gli occhi dei miei sogni, la barca del mio pensiero, placida attraversava il confine che separa i mondi. E di nuovo un’immagine polverosa di quella piccola notte, notte del convenire: quella stanza silenziosa traboccante di infondate esultanze.
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در سیاهی دستهای من میشکفت از حس دستانش شکل سرگردانی من بود بوی غم میداد چشمانش ریشه هامان در سیاهیها قلبهامان ،میوههای نور یکدگر را سیر میکردیم با بهار باغهای دور می نشستم خسته در بستر خیره در چشمان رؤیاها زورق اندیشه ام ،آرام میگذشت از مرز دنیا ها روزها رفتند و من دیگر خود نمی دانم کدامینم آن من سرسخت مغرورم یا من مغلوب دیرینم بگذرم گر از سر پیمان میکشد این غم دگر بارم مینشینم ،شاید او آید عاقبت روزی بدیدارم تهران ۱۳۳۴ -
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Nel buio le mie mani sbocciavano al suo tocco, aveva la forma del mio disperdermi l’ombra di dolore nei suoi occhi. Le nostre radici affondavano nel profondo, nell’oscuro i nostri cuori erano frutti di luce ci saziavamo l’un l’altro con la primavera di giardini remoti. Sedevo stanca sul letto fissando gli occhi dei miei sogni, la barca del mio pensiero, placida attraversava il confine che separa i mondi. Nel trascorrere dei giorni ormai non so più distinguere chi siamo: io l’orgogliosa e ostinata oppure io la sopraffatta di sempre. Se un giorno tradirò la mia promessa questo dolore mi trascinerà di nuovo via con sé. Attendo, e forse un giorno infine sarà qui, per vedermi. Tehran, 1955
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از دوست داشتن
دیده تو امشب از آسمان ٔ روی شعرم ستاره میبارد در سکوت سپید کاغذها پنجههایم جرقه میکارد شعر دیوان ٔه تب آلودم شرمگین از شیار خواهشها پیکرش را دوباره میسوزد عطش جاودان آتشها آری ،آغاز دوست داشتن است گرچه پایان راه ناپیداست من بپایان دگر نیندیشم که همین دوست داشتن زیبا ست از سیاهی چرا حذر کردن شب پر از قطره های الماس است آنچه از شب بجای میماند عطر سکرآور گل یاس است آه ،بگذار گم شوم در تو کس نیابد دگر نشان ٔه من روح سوزان و آه مرطوبت بوزد بر تن تران ٔه من
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D E L L’A M A R E 1 8
Stanotte oltre il cielo dei tuoi occhi le stelle piovono sui miei versi, nel silenzio di un foglio bianco le mie dita seminano scintille. La mia poesia folle e febbrile nella vergogna della scia lasciata dalle voglie vede ardere di nuovo la sua figura nella sete eterna dei fuochi. Sì, è questo l’inizio dell’amare anche se non si scorge il destino del percorso e non penso più alla fine perché è l’amare stesso che mi innamora. Perché guardarsi dalle tenebre? La notte si riempie di stille di diamanti e quello che resta della notte è il profumo inebriante dei gelsomini. Ah, lascia che io mi perda in te e nessuno saprà più dove sono, lo spirito rovente dei tuoi sospiri umidi soffierà sul corpo della mia canzone.
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آه ،بگذار زین دریچ ٔه باز خفته در پرنیان رؤیاها با پر روشنی سفر گیرم بگذرم از حصار دنیاها دانی از زندگی چه میخواهم من تو باشم ،تو ،پای تا سر تو زندگی گر هزار باره بود بار دیگر تو ،بار دیگر تو آنچه در من نهفته دریائیست کی توان نهفتنم باشد با تو زین سهمگین طوفانی کاش یارای گفتنم باشد بسکه لبریزم از تو ،میخواهم بدوم در میان صحراها سر بکوبم به سنگ کوهستان تن بکوبم به موج دریا ها بسکه لبریزم از تو ،میخواهم چون غباری ز خود فرو ریزم زیر پای تو سر نهم آرام به سبک سای ٔه تو آویزم آری آغاز دوست داشتن است گرچه پایان راه ناپیدا ست من به پایان دگر نیندیشم که همین دوست داشتن زیباست تهران – ۱۳۳۵
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Ah, lascia che da questo spiraglio aperto, assopita nella seta dei sogni, mi metta in viaggio con piume lucenti e mi spinga oltre la fortezza dei mondi. E sai cosa voglio dalla vita? Essere te, te, da testa a piedi, e se la vita si ripetesse mille volte ancora e ancora te, solo te. Come può essermi invisibile quel mare che è in me riposto? E se solo avessi io la forza di parlarti di questa tempesta spaventosa! Mi sono fatta così tanto piena di te che voglio correre tra le pianure e conficcare la testa nella roccia degli altopiani scagliare il mio corpo tra le onde dei mari. Mi sono fatta così tanto piena di te che come polvere mi sfaldo da me stessa, poserò la testa sui tuoi piedi, piano mi allaccerò all’ombra che ti segue. Sì, è questo l’inizio dell’amare anche se non si scorge il destino del percorso, e non penso più alla fine perché è l’amare stesso che mi innamora. Tehran, 1956
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خواب
شب بروی شیشه های تار می نشست آرام ،چون خاکستری تبدار باد نقش سایه ها را در حیاط خانه هر دم زیر و رو میکرد پیچ نیلوفر چو دودی موج میزد بر سر دیوار در میان کاجها جادوگر مهتاب با چراغ بی فروغش میخزید آرام گوئی او در گور ظلمت روح سرگردان خود را جستجو میکرد من خزیدم در دل بستر خسته از تشویش و خاموشی گفتم ای خواب ،ای سرانگشت کلید باغ های سبز چشمت برک ٔه تاریک ماهی های آرامش کولبارت را بروی کودک گریان من بگشا و ببر با خود مرا به سرزمین صورتی رنگ پری های فراموشی تهران ۱۳۳۳ -
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IL SONNO
La notte calava placida sui vetri scuri come cenere febbrile nel cortile della casa, il vento capovolgeva a ogni istante il disegno delle ombre, il giglio azzurro ondeggiava per il muro come fumo, un chiaro di luna incantatore scivolava lento tra i pini, con la sua fiaccola offuscata pareva cercasse il proprio spirito errante nel sudario del buio. Scivolai verso il cuore del letto spossata dall’ansia e dal silenzio, dissi: “Sonno, ascolta, le tue dita sono chiave di giardini rigogliosi, i tuoi occhi, stagno scuro dei suoi pesci calmi; apri il tuo sacco davanti al mio bimbo triste e portami via con te verso la terra rosata delle fate dell’oblio.” Tehran, 1954
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صدائی در شب
نیمه شب در دل دهلیز خموش ضرب ٔه پائی افکند طنین دل من چون دل گلهای بهار پر شد از شبنم لرزان یقین گفتم این او ست که باز آمده است جستم از جا و در آئین ٔه گیج بر خود افکندم با شوق نگاه آه ،لرزید لبانم از عشق چهره آئینه ز آه تار شد ٔ شاید او وهمی را مینگریست گیسویم درهم و لبهایم خشک شانهام عریان در جام ٔه خواب لیک در ظلمت دهلیز خموش رهگذر هر دم میکرد شتاب نفسم ناگه در سینه گرفت گوئی از پنجره ها روح نسیم دید اندوه من تنها را ریخت بر گیسوی آشفت ٔه من عطر سوزان اقاقیها را تند و بیتاب دویدم سوی در
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U N A VO C E N E L L A N OT T E
A mezzanotte, nel cuore dell’androne silenzioso echeggiava il rumore di passi come il cuore dei fiori a primavera. Il mio cuore si colmò di tremolante rugiada di certezza: “È lui, sarà tornato,” mi dissi. Trasalendo, rivolsi uno sguardo appassionato alla mia figura nella vertigine dello specchio. Ah, le mie labbra erano un fremito d’amore, i sospiri offuscarono il volto dello specchio, forse contemplava un’illusione. I capelli scompigliati e le labbra secche le spalle nude nella veste del sonno ma nel buio dell’androne silenzioso l’urgenza trascorreva a ogni istante. Il respiro mi si arrestò improvviso nel petto come se alla finestra lo spirito della brezza scorgendo la mia pena mi spargesse sui capelli scarmigliati il profumo ardente delle acacie. Mi precipitai impaziente alla porta.
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ضرب ٔه پاها ،در سین ٔه من چون طنین نی ،در سین ٔه دشت لیک در ظلمت دهلیز خموش ضرب ٔه پاها ،لغزید و گذشت باد آواز حزینی سر کرد تهران – ۱۳۳۴
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Il rumore dei passi nel mio petto era come melodia di un flauto nel costato della piana. Poi nel buio dell'androne silenzioso quel suolo scivolò via e si dissolse. Il vento si levò con un lamento mesto. Tehran, 1955
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دریائی
یکروز بلند آفتابی در آبی بیکران دریا امواج ترا به من رساندند امواج ترانه بار تنها چشمان تو رنگ آب بودند آندم که ترا در آب دیدم در غربت آن جهان بی شکل گوئی که ترا بخواب دیدم از تو تا من سکوت و حیرت از من تا تو نگاه و تردید ما را میخواند مرغی از دور می خواند بباغ سبز خورشید در ما تب تند بوسه میسوخت ما تشن ٔه خون شور بودیم در زورق آبهای لرزان بازیچ ٔه عطر و نور بودیم میزد ،میزد درون دریا دلهره فرو کشیدن از ٔ امواج ،امواج ناشکیبا در طغیان بهم رسیدن
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MARINA
Un giorno il sole si stagliava altissimo sull’azzurro sconfinato del mare, le onde ti consegnarono a me, onde melodiose e solitarie. I tuoi occhi avevano il colore dell’acqua. Appena ti vidi nelle onde era come se ti sognassi nella nostalgia di quel mondo informe. Tra te e me, silenzio e smarrimento, tra me e te, sguardi ed esitazione. Un uccello mi chiama da lontano, mi invita al giardino verde del sole. In noi bruciava la febbre alta dei baci, noi assetati di sangue salato ci facemmo gingilli di profumo e luce, imbarcati alla deriva di acque tremanti. Il ventre del mare pulsava forte nell’ansia di inghiottire dentro sé le onde, onde impazienti, nella rivolta di arrivare insieme.
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دستانت را دراز کردی چون جریانهای بی سرانجام لبهایت با سالم بوسه ویران گشتند روی لبهام یک لحظه تمام آسمان را در هالهئی از بلور دیدم خود را و ترا و زندگی را در دایرههای نور دیدم گوئی که نسیم داغ دوزخ پیچیده میان گیسوانم چون قطرهئی از طالی سوزان عشق تو چکید بر لبانم آنگاه ز دوردست دریا امواج بسوی ما خزیدند بی آنکه مرا بخویش آرند آرام ترا فرو کشیدند پنداشتم آن زمان که عطری باز از گل خوابها تراوید یا دست خیال من تنت را از مرمر آبها تراشید پنداشتم آن زمان که رازیست در زاری و هایهای دریا شاید که مرا بخویش میخواند در غربت خود ،خدای دریا تهران – ۱۳۳۳
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Allungasti le mani come le correnti interminabili, con il saluto di un bacio, le tue labbra andarono a disfarsi sulle mie. Per un istante intero vidi il cielo in un’aura di cristallo, vidi me stessa, vidi te, vidi la vita nei cerchi della luce. Era come se la brezza ribollente dell’inferno si fosse insinuata nei miei capelli, il tuo amore stillò sulle mie labbra come goccia d’oro rovente. Quindi poi da lontano le onde cominciarono a scivolarci incontro e senza portarmi via con loro ti inghiottirono piano piano. Immaginai allora che un profumo trasudasse dal fiore del sonno o che il movimento del mio pensiero scolpisse il tuo corpo nel marmo delle acque. Pensai allora che c’è un segreto nei lamenti e gemiti del mare: era il dio del mare che forse mi chiamava a sé, invitandomi alla sua nostalgia. Tehran, 1954
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دیوار تقدیم به پرویز ،بیاد گذشت ٔه مشترکمان ،و باین امید که هدی ٔه ناچیز من بتواند پاسخی بمحبت های بیکران او باشد فروغ فرخزاد ۱۲تیر ۱۳۳۵
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IL MURO19 Dedicato a Parviz, in memoria del tempo trascorso insieme e nella speranza che questo mio dono di poco conto possa ricambiare il suo affetto senza fine.20 Forugh Farrokhzad, 3 luglio, 1956.
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بجای مقدمه
گل در بر و می در کف و معشوق بکامست سلطان جهانم به چنین روز غالمست گو شمع میارید در این جمع که امشب در مجلس ما ماه رخ دوست تمامست در مذهب ما باده حاللست ولیکن بیروی تو ای سرو گل اندام حرامست گوشم همه بر قول نی و نغم ٔه چنگست چشمم همه بر لعل لب و گردش جامست در مجلس ما عطر میامیز که ما را هر لحظه ز گیسوی تو خوشبوی مشامست “از چاشنی قند مگو هیچ و ز شکر” “ز آنرو که مرا از لب شیرین تو کامست” “تا گنج غمت در دل ویرانه مقیمست” “همواره مرا کوی خرابات مقامست” “از ننگ چه گوئی که مرا نام ز ننگست”
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IN GUISA DI INTRODUZIONE
Ho rose in braccio, vino tra le mani e l’amato mi abbraccia, in un giorno così diventa mio servo il sovrano del mondo. Non portate alcuna fiamma stanotte all’incontro nostro, piena nel convivio è la luna: il volto dell’amico nostro. Lecito è il vino nella nostra religione, eppure vietato è quel vino senza il tuo volto, o cipresso dal corpo fiorito! Io ascolto soltanto le note melodiose del flauto e della lira, ho gli occhi che seguono il rubino delle labbra e il giro della coppa. Non spargere profumi nel nostro convivio: è con i tuoi capelli che le nostre narici s’inebriano, attimo dopo attimo. Non chiedermi del sapore di nettare e zucchero, io muoio dalla voglia di baciare le tue dolci labbra. Soffrire per te è un tesoro nascosto tra le rovine del cuore, è per questo che io dimoro nel vicolo di ogni perdizione. Di quale vergogna mi parli, se questa è la mia gloria? E perché mi chiedi della gloria, se non ho vergogna alcuna?
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“وز نام چه پرسی که مرا ننگ ز نامست” میخواره و سر گشته و رندیم و نظر باز ” “وانکس که چو ما نیست در این شهر کدامست؟” “ با محتسبم عیب مگوئید که او نیز” “پیوسته چو ما در طلب عیش مدامست” “حافظ منشین بی می و معشوق زمانی” “کایام گل و یاسمن و عید صیامست” “حافظ”
با اینکه دانشوخرد سبب نمود برترین نیرو برای آدمیانست اکنون تو باید به کمک جلوه های افسون وسحر از اهریمن نیرو بگیری گوته “دیوان شرقی”
گویند که :دوزخی بود ،عاشق و مست قولیست خالف ،دل در آن نتوان بست گر عاشق و مست ،دوزخی خواهد بود فردا باشد بهشت همچون کف دست گویند :بهشت و حور عین ،خواهد بود و آنجا می ناب و انگبین ،خواهد بود گر ما می و معشوق گزیدم چه باک چون عاقبت کار همین خواهد بود
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Siamo folli e liberi quando beviamo vino nel gioco degli sguardi, quando troverai qui in città qualcuno diverso da noi? Non parlate male di me al guardiano dei costumi, anche lui come noi di continuo cerca un piacere senza fine. Hāfez, non sedere mai senza il vino e senza l’amato: sono giorni della rosa e del gelsomino, e il digiuno si spezza. Hāfez
Sebbene conoscenza e saggezza mostrino la più elevata potenza degli esseri umani, adesso tu dovrai trarre forza dalle manifestazioni di inganno e magia che il diavolo può offrire. Goethe, Divano orientale [sic!]
Dicono che chi ama e beve andrà all’inferno ma sono parole che il cuore non ama: se bevitori e amanti andranno all’inferno troveremo il paradiso vuoto come un palmo di mano. Promettono paradiso e vergini dagli occhi neri là dove ci saranno nettare e vino purissimo. Cosa importa darsi oggi al vino e all’amore se alla fine dei tempi ci saranno offerti entrambi?
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من ظاهر نیستی و هستی دانم، من باطن هر فراز و پستی دانم، با اینهمه از دانش خود شرمم باد. گر مرتبهای ورای مستی دانم، ای صاحب فتوی ،ز تو پرکارتریم با اینهمه مستی ز تو هشیارتریم؛ تو خون کسان خوری و ما خون رزان انصاف بده :کدام خونخوارتریم؟
خیام
اینک که برای ما هر امیدی بنومیدی مبدل گشته است .خداوندگار را نگر که بجای ما فرشتگان مطرود و دربدر شده دل بمسرتی تازه خوش کرده و بآفریدن آدمی پرداخته و بخاطر وی جهانی تازه آفریده است! پس ای امید ،بدرود باش و ای ترس تو نیز مرا ترک کن و ای پشیمانی از من دوری گزین! در من که سرچشم ٔه خوبی خشکیده است تو ای بدی و پلیدی بجای خوبی و خیر جایگزین باش. زیرا چون تو با منی قلمرو آفرینش را با یزدان دو بخش خواهم کرد و من بر نیمی از آن فرمانروائی خواهم داشت. بهره من گردد. نیز بخشی شاید از آن نیم که خاص پروردگار است ٔ چنانکه خواهد شد و دیری نمیپاید که این جهان نو ،و این آدمیان بر تسلط من آگاهی خواهند یافت. میلتون منظوم ٔه چهارم گفتگوی شیطان از بهشت گمشده.
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Conosco l’apparire dell’essere e del non essere conosco l’essenza di gloria e miseria, eppure che io mi vergogni della mia conoscenza se riconosco pensiero superiore all’ebbrezza. Maestro di fatwa, ne sappiamo una più di te, certo ubriachi, ma di te siamo molto più sobri. Beviamo il sangue della vite, tu quello della gente, dicci allora: chi di noi è più assassino? Khayyām21 E così per noi Speranza si volse in Disperazione, e guarda invece come Dio al posto nostro, che siamo angeli esiliati e derelitti, creò gli umani, per farne il suo nuovo trastullo, e per loro creò questo nuovo mondo. E allora addio Speranza, e con speranza, addio Timore, addio Rimorso, ormai in me perduto. Tu, allora, o Male, prendi il posto del Bene e di ogni bontà, perché se tu sei con me potrò almeno dividere in due parti con il Creatore l’impero del creato e su una metà regnare. E forse di quella metà propria del Signore io avrò giurisdizione su una parte. Tutto questo di certo avrà luogo e presto questo mondo nuovo e questi esseri umani avranno chiaro il mio dominio. Milton “Discorso di Satana”, Libro IV, Il Paradiso perduto.22
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گناه
گنه کردم گناهی پر ز لذت در آغوشی که گرم و آتشین بود گنه کردم میان بازوانی که داغ و کینه جوی و آهنین بود در آن خلوتگه تاریک و خاموش نگه کردم بچشم پر ز رازش دلم در سینه بی تابانه لرزید ز خواهشهای چشم پر نیازش در آن خلوتگه تاریک و خاموش پریشان در کنار او نشستم لبش بر روی لبهایم هوس ریخت ز اندوه دل دیوانه رستم فرو خواندم بگوشش قص ٔه عشق: ترا میخواهم ای جانان ٔه من ترا میخواهم ای آغوش جانبخش ترا ،ای عاشق دیوان ٔه من هوس در دیدگانش شعله افروخت شراب سرخ در پیمانه رقصید تن من در میان بستر نرم بروی سینهاش مستانه لرزید
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I L P E C C ATO 2 3
Ho peccato, un peccato colmo di piacere, ho peccato in un abbraccio caldo e infuocato, ho peccato fra due braccia, fra due braccia forti e ribollenti di rancore. In quel luogo di buio silenzio appartato guardai nei suoi occhi colmi di segreti, il mio cuore fremeva furioso nel petto, desiderio nei suoi sguardi vogliosi. In quel luogo di buio silenzio appartato mi adagiai sconvolta al suo fianco: la sua bocca versava desiderio tra le mie labbra, liberandomi dal tormento del mio cuore folle. Gli sussurrai piano piano il racconto d’amore: ti voglio, ti voglio, anima mia ti voglio, ti voglio, abbraccio che infiamma ti voglio, amore mio folle. Il desiderio spargeva fiamme nei suoi sguardi il vino nero tremava e danzava nel calice nel letto soffice le mie forme fremevano ubriache sul suo torace.
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گنه کردم گناهی پر ز لذت کنار پیکری لرزان ومدهوش خداوندا چه میدانم چه کردم در آن خلوتگه تاریک و خاموش
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Ho peccato, peccato, quanto piacere accanto allo spasimo estatico di un corpo. Oddio, che cosa ho mai fatto in quel luogo di buio silenzio appartato?
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رؤیا
با امیدی گرم و شادی بخش با نگاهی مست و رؤیائی دخترک افسانه میخواند نیمه شب در کنج تنهائی: *** بیگمان روزی ز راهی دور میرسد شهزادهای مغرور میخورد بر سنگفرش کوچههای شهر ضرب ٔه سم ستور باد پیمایش میدرخشد شعل ٔه خورشید بر فراز تاج زیبایش. تار و پود جامهاش از زر سینهاش پنهان بزیر رشتههائی از در و گوهر میکشاند هر زمان همراه خود سوئی باد . . .پرهای کالهش را یا بر آن پیشانی روشن حلق ٔه موی سیاهش را. ***
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I L S O G N O 24
Nella solitudine della mezzanotte con speranze vive e gioiose la ragazza leggeva la fiaba a occhi rapiti e trasognati: * * * Vedrai come un giorno un nobile principe verrà da lontano gli zoccoli del suo destriero veloce come il vento batteranno sul selciato delle strade giù in paese. Brillerà la fiaccola del sole in cima alla sua corona splendente. Fili d’oro nella trama e nell’ordito delle sue vesti, con il petto coperto da filature di perle e gemme. Di continuo il vento carezzerà le piume del suo cappello per poi scompigliare i suoi riccioli neri sulla fronte luminosa. * * *
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مردمان در گوش هم آهسته میگویند “آه . . .او با این غرور و شوکت و نیرو” “در جهان یکتاست” “بیگمان شهزادهای واالست” *** دختران سر میکشند از پشت روزنها گونههاشان آتشین از شرم این دیدار سینهها لرزان و پرغوغا در طپش از شوق یک پندار “شاید او خواهان من باشد” *** شهزاده زیبا دیده ٔ لیک گوئی ٔ دیده مشتاق آنان را نمیبیند ٔ او از این گلزار عطراگین برگ سبزی هم نمیچیند همچنان آرام و بی تشویش میرود شادان براه خویش میخورد بر سنگفرش کوچههای شهر ضرب ٔه سم ستور بادپیمایش مقصد او . . .خان ٔه دلدار زیبایش *** مردمان از یکدگر آهسته میپرسند “کیست پس این دختر خوشبخت؟”
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La gente mormorerà di spalla in spalla: “Ah, è lui, è lui così unico al mondo con la sua nobiltà, gloria e forza – certamente un principe d’alto lignaggio” * * * Emozionate da questo incontro le ragazze porgeranno dalle piccole finestre le loro gote accese con i seni tremanti e in tumulto nel palpito di quella visione che appassiona: “Chiederà forse la mia mano?” * * * Eppure il bel principe non posa gli occhi sul loro sguardo ardente, non coglie alcun germoglio da quel roseto profumato e prosegue calmo per la via mentre gli zoccoli del suo destriero veloce come il vento battono sul selciato delle strade giù in paese. E la sua meta è la casa dell'amata. * * * La gente giù in paese si chiede a bassa voce: “Chi sarà questa ragazza fortunata?”
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*** ناگهان در خانه میپیچد صدای در سوی در گوئی ز شادی میگشایم پر اوست ...آری ...اوست “آه ...ای شهزاده ...ای محبوب رؤیائی “نیمه شبها خواب میدیدم که میائی” زیر لب چون کودکی آهسته میخندد با نگاهی گرم و شوق آلود بر نگاهم راه میبندد “ای دو چشمانت رهی روشن بسوی شهر زیبائی” “ای نگاهت بادهئی در جام مینائی” “آه ...بشتاب ای لبت همرنگ خون الل ٔه خوشرنگ صحرائی” “ره ...بسی دور است” “لیک در پایان این ره ...قصر پر نور است” *** مینهم پا بر رکاب مرکبش خاموش میخزم در سای ٔه آن سینه و آغوش میشوم مدهوش . باز هم آرام و بی تشویش میخورد بر سنگفرش کوچههای شهر ضرب ٔه سم ستور بادپیمایش میدرخشد شعل ٔه خورشید. بر فراز تاج زیبایش.
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* * * D’un tratto la porta di casa si apre l’eco si insinua tra le stanze, è come se io spiegassi le ali dalla gioia. “È lui,” mi dico, “sì, è proprio lui! Ah, mio principe, o amato dei miei sogni dal fondo di ogni notte sognavo il tuo arrivo.” Un sorriso gli sfiora le labbra, come un bimbo dallo sguardo caloroso e appassionato che si serra nel mio sguardo: “Gli occhi tuoi sono sentiero luminoso alla volta della città gloriosa, il tuo sguardo è vino in una coppa turchese ah, eccoti qui, le tue labbra hanno il colore del sangue acceso dei papaveri nelle piane. Sono giunto da lontano ma alla fine della strada ecco che ritrovo il castello della luce.” * * * Silenziosa, lascio scivolare i miei piedi nelle staffe del suo cavallo, mi stringo all’ombra di quelle braccia, di quel petto, e perdo i sensi, poco a poco. E di nuovo, con calma estrema, gli zoccoli del suo destriero, veloce come il vento, battono sul selciato delle strade giù in paese e brilla la fiaccola del sole in cima alla sua corona splendente. 251
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*** میکشم همراه او زین شهر غمگین رخت. دیده حیران مردمان با ٔ زیر لب آهسته میگویند “دختر خوشبخت!”...
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* * * Al suo fianco porto via le mie cose da questa città triste, e la gente, con stupore negli sguardi, mormora a bassa voce: “Che ragazza felice!”
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نغم ٔه درد
در منی و اینهمه ز من جدا با منی و دیدهات بسوی غیر بهر من نمانده راه گفتگو تو نشسته گرم گفتگوی غیر غرق غم دلم بسینه میطپد با تو بیقرار و بی تو بیقرار وای از آن دمی که بیخبر ز من بر کشی تو رخت خویش از این دیار سای ٔه توام بهر کجا روی سر نهادهام به زیر پای تو چون تو در جهان نجستهام هنوز تا که بر گزینمش بجای تو شادی و غم منی بحیرتم خواهم از تو ....در تو آورم پناه موج وحشیم که بیخبر ز خویش گشتهام اسیر جذبههای ماه گفتی از تو بگسلم ...دریغ و درد رشت ٔه وفا مگر گسستنی است؟ بگسلم ز خویش و از تو نگسلم عهد عاشقان مگر شکستنی است؟
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CANZONE DOLOROSA
Sei dentro me, eppure da me diviso, sei con me ma il tuo sguardo si rivolge altrove, non ti è più possibile parlarmi: ormai pendi dalle labbra di un’altra. Annegando nel dolore mi freme il cuore in petto, con te io mi perdo, senza te sono perduta. Maledetto sia l’istante che lasciasti questa terra senza dirmi nulla. Mi sono fatta ombra tua dovunque tu ti inoltri ho posato la mia testa ai tuoi piedi non ho trovato nessuno come te al mondo: chi mai potrebbe prendere il tuo posto? Sei la mia gioia e il mio tormento e mi stupisco che scappando da te in te mi rifugio. Sono onda selvaggia che ignara di se stessa è prigioniera della forza attrattiva delle fasi lunari. “Adesso mi separo da te,” dicesti; che pena, è forse possibile disunire il filo dell’unione? Il patto degli amanti può essere mai spezzato? 255
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دیدمت شبی بخواب و سرخوشم وه ...مگر بخوابها بهبینمت غنچه نیستی که مست اشتیاق خیزم و ز شاخهها بچینمت شعله میکشد به ظلمت شبم آتش کبود دیدگان تو ره مبند ....بلکه ره برم بشوق. در سراچ ٔه غم نهان تو
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Una notte ti ho visto in sogno e il ricordo mi lascia estasiata, ahimè, è solo in sogno che posso scrutarti, non sei gemma che io inebriata dal desiderio possa cogliere da un ramo teso. Una fiamma si protende nel buio della notte è il fuoco cobalto dei tuoi occhi. Non precludermi questo sentiero e lasciami entrare con ardore nel palazzo del dolore che nascondi.
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گمشده به دکتر طوسی حائری
بعد از آن دیوانگیها ای دریغ باورم ناید که عاقل گشتهام گوئیا “او” مرده در من کاینچنین خسته و خاموش و باطل گشتهام هر دم از آئینه میپرسم ملول چیستم دیگر ،بچشمت چیستم؟ لیک در آئینه میبینم که ...وای سایهای هم زانچه بودم نیستم همچو آن رقاص ٔه هندو بناز پای میکوبم ولی بر گور خویش وه که با صد حسرت این ویرانه را روشنی بخشیدهام از نور خویش ره نمیجویم بسوی شهر روز بیگمان در قعر گوری خفتهام گوهری دارم ولی آن را ز بیم در دل مردابها بنهفتهام
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P E R D U TA
per la dottoressa Tusi Ha’eri25
Dopo tutte quelle follie temo di non avere ancora ritrovato il senno. Forse lei sarà morta dentro me visto che sono così stanca, spenta e disperata? Indolente chiedo a ogni istante allo specchio: “Cosa sono diventata ormai ai tuoi occhi, cosa?” Ma nello specchio, ahimè, vedo che non resta neanche l’ombra di quella che ero. Muovo i passi quasi come fossi una danzatrice indù che, seducente, balla sulla sua pira funebre. Ah, me misera, che dal mio ardore ho estratto da me cento raggi per illuminare queste rovine. Non cerco sentiero che mi porti alla città del giorno, mi assopisco allora nel loculo di un sepolcro. Possiedo sì una perla ma per mio timore la ripongo nel ventre della melma.
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میروم ...اما نمیپرسم ز خویش ره کجا ...؟ منزل کجا ...؟ مقصود چیست؟ بوسه میبخشم ولی خود غافلم کاین دل دیوانه را معبود کیست “او” چو در من مرد ناگه هر چه بود در نگاهم حالتی دیگر گرفت گوئیا شب با دو دست سرد خویش روح بیتاب مرا در بر گرفت آه ...آری ...این منم ...اما چه سود “او” که در من بود ...دیگر ...نیست ...نیست میخروشم زیر لب دیوانهوار “او” که در من بود ...آخر کیست ...کیست؟
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E me ne vado, ma non chiedo a me stessa: “Dove sarà la strada, quale casa? Dov’è la meta?” Cedo baci, ma non mi rendo conto di chi questo cuore folle si farà adoratore. Da quando lei mi è morta dentro all’improvviso nel mio sguardo c’è uno strano nuovo sentire, è come se la notte con le sue mani gelide stringesse al petto questo mio spirito inquieto. Ah, sì, questa sono io ma a cosa vale se lei che era in me ormai non esiste, non è più qui. Grido sottovoce come fossi pazza: lei che era in me chi è ormai, chi è?
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اندوه پرست
کاش چون پائیز بودم ...کاش چون پائیز بودم کاش چون پائیز خاموش و مالل انگیز بودم برگهای آرزوهایم یکایک زرد می شد آفتاب دیدگانم سرد میشد آسمان سینه ام پر درد میشد ناگهان طوفان اندوهی بجانم چنگ می زد اشگهایم همچو باران دامنم را رنگ می زد وه ...چه زیبا بود اگر پائیز بودم وحشی و پر شور و رنگ آمیز بودم شاعری در چشم من می خواند ...شعری آسمانی در کنارم قلب عاشق شعله می زد در شرار آتش دردی نهانی نغمه من.... همچو آوای نسیم پر شکسته عطر غم می ریخت بر دل های خسته پیش رویم : چهره تلخ زمستان جوانی. پشت سر : آشوب تابستان عشقی ناگهانی سینه ام : منزلگه اندوه و درد و بدگمانی کاش چون پاییز بودم ...کاش چون پاییز بودم
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M A S O C H I S TA
Magari fossi come l'autunno... magari io fossi come l'autunno. Magari io fossi come l'autunno, silenziosa e malinconica. Ingiallirebbero una ad una le foglie delle mie speranze, gelerebbe lento il sole dei miei occhi. Il cielo del mio petto si colmerebbe di dolore, improvvisa, la tempesta di angoscia coglierebbe la mia anima. Come pioggia le lacrime mi tingerebbero la veste, ah… che meraviglia se fossi come l’autunno, selvatica, entusiasta, cangiante. Un poeta canterebbe nei miei occhi i versi del cielo, accanto a me il fiammeggiare del cuore di un amante, nelle scintille accese da un dolore nascosto, la mia melodia… spezzata come il suono della brezza, il profumo del male si spargerebbe nei cuori afflitti. Davanti ai miei occhi il volto amaro di un giovane inverno, e alle mie spalle il fervore improvviso di un’estate amorosa. Questo è il mio petto: dimora d’angoscia e dubbio. Magari fossi come l’autunno... magari io fossi come l’autunno.
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قربانی
امشب بر آستان جالل تو آشفته ام ز وسوس ٔه الهام جانم از این تالش به تنگ آمد ای شعر ...ای اله ٔه خون آشام دیریست کان سرود خدائی را در گوش من به مهر نمیخوانی دانم که باز تشنه خون هستی اما … بس است اینهمه قربانی خوش غافلی که از سر خودخواهی با بنده ات به قهر چها کردی چون مهر خویش در دلش افکندی او را ز هر چه داشت جدا کردی دردا که تا بروی تو خندیدم در رنج من نشستی و کوشیدی اشکم چون رنگ خون شقایق شد آنرا بجام کردی و نوشیدی چون نام خود بپای تو افکندم افکندیم به دامن دام ننگ آه ...ای الهه کیست که می کوبد آئین ٔه امید مرا بر سنگ؟
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IL SACRIFICIO
Questa sera, sulla soglia del tuo splendore mi sconvolge l’ardore dell’ispirazione, il mio animo è rapito dall’impegno o poesia, o divinità avida di sangue. Era da tempo che non mi sussurravi cantando quell’inno divino. So bene che sei ancora assetata di sangue, ma poni fine a questo sacrificio! Ma non riconosci forse il rancore con cui, accecata, ti abbatti sui tuoi servi? Innesti il tuo affetto nel cuore loro per poi privarli di ogni avere. Maledetta me per averti riso in faccia ora siedi tra i miei affanni e guardi come le lacrime per te versate nella coppa da cui bevi si tingono come il sangue del papavero. Quando gettai ai tuoi piedi il mio nome tu mi legasti al laccio dell’infamia. Ah, o Dea, chi è che frantuma sulla pietra lo specchio delle mie speranze?
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در عطر بوسه های گناه آلود رؤیای آتشین ترا دیدم همراه با نوای غمی شیرین در معبد سکوت تو رقصیدم اما ...دریغ و درد که جز حسرت هرگز نبوده باده به جام من افسوس ...ای امید خزان دیده کو تاج پر شکوف ٔه نام من؟ از من جز این دو دیده اشگ آلود آخر بگو ...چه مانده که بستانی؟ ای شعر ...ای الهه خون آشام دیگر بس است ...اینهمه قربانی
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Nel profumo dei peccaminosi baci ho visto in sogno il tuo presagio di fuoco ho danzato nel tempio del tuo silenzio accompagnata dal ritmo di un dolcissimo dolore. Eppure, ahimè, dolore, che se non il vino d’amarezza nulla fu versato nel mio calice. O povera speranza che declini come autunno, che ne fu della corona in fiore della mia reputazione? Cosa mi resta di cui tu possa privarmi se non questi due occhi piangenti, dimmi, infine? O poesia, divinità avida di sangue, poni fine a questo sacrificio!
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آرزو به پوران مینو
کاش بر ساحل رودی خاموش عطر مرموز گیاهی بودم چو بر آنجا گذرت میافتاد بسراپای تو لب میسودم کاش چون نای شبان میخواندم بنوای دل دیوان ٔه تو خفته بر هودج مواج نسیم میگذشتم ز در خان ٔه تو کاش چون پرتو خورشید بهار سحر از پنجره میتابیدم پرده لرزان حریر از پس ٔ رنگ چشمان ترا میدیدم کاش در بزم فروزند ٔه تو خند ٔه جام شرابی بودم کاش در نیمه شبی درد آلود سستی و مستی خوابی بودم کاش چون آینه روشن میشد خنده تو دلم از نقش تو و ٔ صبحگاهان به تنم میلغزید گرمی دست نوازند ٔه تو
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DESIDERIO
per Puran Minu26
Magari io fossi l’odore misterioso di una pianta che aleggia sulle rive di un fiume silenzioso. E se ti capitasse di attraversare quelle acque avvolgerei il tuo corpo per intero. Magari io cantassi come il flauto dei pastori al ritmo del tuo cuore folle, assopita sulla lettiga ondulata della brezza passerei per la soglia della tua casa. Magari io splendessi dalla finestra al mattino presto come i raggi del sole in primavera: vedrei il colore dei tuoi occhi oltre il fremito delle tende di seta. Magari fossi la spuma di un calice di vino nel tuo convivio scintillante, magari nel mezzo di una notte dolorosa fossi la stanchezza e il torpore di un sonno profondissimo. Magari il mio cuore si illuminasse come specchio nel riflesso del tuo sorriso: ogni mattino scivolerebbe sul mio corpo il calore delle tue carezze.
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کاش چون برگ خزان رقص مرا نیمه شب ماه تماشا میکرد در دل باغچه خان ٔه تو شور من ...ولوله برپا میکرد کاش چون یاد دل انگیز زنی میخزیدم بدلت پر تشویش ناگهان چشم ترا میدیدم جلوه زیبایی خویش خيره بر ٔ کاش در بستر تنهائی تو پیکرم شمع گنه میافروخت ریش ٔه زهد تو و حسرت من زین گنهکاری شیرین میسوخت کاش از شاخ ٔه سرسبز حیات گل اندوه مرا میچیدی کاش در شعر من ای مای ٔه عمر شعله راز مرا میدیدی
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Magari a mezzanotte la luna contemplasse la danza del mio corpo fatto foglia d’autunno, nel cuore del giardino di casa tua la mia emozione scuoterebbe ogni cosa. Magari potessi guizzare nel tuo cuore in ansia come il ricordo prorompente di una donna, vedrei improvvisamente i tuoi occhi sorpresi dalla bellezza del mio manifestarmi. Magari le mie membra accendessero candele di peccato nel letto della tua solitudine. Le radici della tua ascesi e della mia amarezza arderebbero dolcemente in questo nostro peccare. Magari dal ramo verde della vita tu cogliessi il fiore della mia tristezza, magari tu vedessi nella mia poesia, o fonte di vita, la fiamma del mio mistero.
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آبتنی
لخت شدم تا در آن هوای دل انگیز پیکر خود را بآب چشمه بشویم وسوسه می ریخت بر دلم شب خاموش تا غم دل را بگوش چشمه بگویم آب خنک بود و موج های درخشان ناله کنان گرد من به شوق خزیدند گوئی با دستهای نرم و بلورین جان و تنم را بسوی خویش کشیدند بادی از آن دورها وزید و شتابان دامنی از گل بروی گیسوی من ریخت عطر دالویز و تند پون ٔه وحشی از نفس باد در مشام من آویخت چشم فرو بستم و خموش و سبکروح تن بعلف های نرم و تازه فشردم همچو زنی کاو غنوده در بر معشوق یکسره خود را به دست چشمه سپردم روی دو ساقم لبان مرتعش آب بوسه زن و بی قرار و تشنه و تبدار ناگه در هم خزید ...راضی و سرمست جسم من و روح چشمه سار گنه کار
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N U DA N E L L A F O N T E 2 7
Mi denudai in un’aria dolce e serena per bagnare la mia figura nell’acqua della fonte. La notte silenziosa suggeriva al cuore sottovoce di confidare alla fonte il dolore riposto in petto. L’acqua era fresca e i flutti, brillando, mi accarezzavano nel sussurro di passione. Come mani morbide e cristalline li sentivo trarre a sé il mio corpo, il mio spirito. Da lontano una brezza mi scorreva addosso versandomi sui capelli un grappolo di fiori. L’alito di vento mi soffiava piano nelle narici un’odore di mentuccia, incantevole e pungente. Socchiudendo gli occhi silenziosa e serena strinsi il mio corpo all’erba morbida e umida. Come una donna che riposa sul petto dell’amato mi concessi tutta alle mani della fonte. Le labbra dell’acqua mi tremavano sulle cosce baciandomi con fervore, nella sete di un fremito febbrile. E d’un tratto la mia figura e l’anima lasciva della fonte scivolarono l’una dentro l’altra inebriate dall’orgasmo.
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سپید ٔه عشق
آسمان همچو صفح ٔه دل من روشن از جلوه های مهتابست امشب از خواب خوش گریزانم که خیال تو خوشتر از خوابست خیره بر سایه های وحشی بید میخزم در سکوت بستر خویش باز دنبال نغمه ای دلخواه مینهم سر بروی دفتر خویش تن صدها ترانه می رقصد در بلور ظریف آوایم لذتی ناشناس و رؤیا رنگ می دود همچو خون به رگهایم آه ...گوئی ز دخم ٔه دل من روح شبگرد مه گذر کرده یا نسیمی در این ره متروک دامن از عطر یاس تر کرده
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L’A L B A D E L L’A M O R E
Il cielo, come pagina del cuore, s’illumina nel riflesso della luna. Stanotte rifuggo il sonno e la sua dolcezza, perché il tuo ricordo mi è più dolce di ogni sogno. Fissando le ombre selvatiche del salice scivolo nel silenzio del mio letto, nuovamente alla ricerca di versi languidi ripongo la testa sul quaderno. Il corpo di cento canzoni danza nel fragile cristallo della mia voce, un piacere sconosciuto e trasognato scorre in me come sangue nelle vene. Ah, lo spirito nottambulo della luna pare che adesso visiti il loculo del mio cuore, e in questo sentiero abbandonato una brezza immerge le vesti nel profumo di gelsomino.
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بر لبم شعله های بوس ٔه تو می شکوفد چو الله گرم نیاز در خیالم ستاره ای پر نور میدرخشد میان هال ٔه راز ناشناسی درون سین ٔه من پنجه بر چنگ و رود میساید همره نغمه های موزونش گوئیا بوی عود میآید آه ...باور نمیکنم که مرا با تو پیوستنی چنین باشد نگه آندو چشم شورافکن سوی من گرم و دلنشین باشد بی گمان زان جهان رؤیائی زهره بر من فکنده دید ٔه عشق می نویسم بروی دفتر خویش سپیده عشق” “جاودان باش ...ای ٔ
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Le fiamme dei tuoi baci mi sbocciano sulle labbra come papaveri caldi di voluttà. Nella mia immaginazione una stella sfavilla, impazzita di luce, nel centro dell’aura e del suo segreto. Dentro al mio petto uno sconosciuto fa vibrare le corde di liuto e cetra, profumo di aloe pare si levi dalle sue melodie armoniose. Ah, non riesco a credere che un tale legame unisca me e te, e che i tuoi occhi emozionanti si posino calmi e amorosi su di me. Sono certa che dal mondo dei sogni Venere ha lanciato su di me lo sguardo d’amore e scrivo sul mio quaderno: “Che tu sia eterna, alba dell’amore.”
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بر گور لیلی
آخر گشوده شد ز هم آن پرده های راز آخر مرا شناختی ای چشم آشنا چون سایه دیگر از چه گریزان شوم ز تو من هستم آن عروس خیاالت دیرپا چشم منست اینکه در او خیره مانده ای لیلی که بود...؟ قص ٔه چشم سیاه چیست؟ در فکر این مباش که چشمان من چرا چون چشم های وحشی لیلی سیاه نیست در چشم های لیلی اگر شب شگفته بود در چشم من شگفته گل آتشین عشق لغزیده بر شکوف ٔه لب های خامشم بس قصه ها ز پیچ وخم دلنشین عشق در بند نقش های سرابی و غافلی برگرد ،...این لبان من ...این جام بوسه ها از دام بوسه راه گریزی اگر که بود ما خود نمیشدیم چنین رام بوسهها!
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S U L S E P O L C R O D I L E I L I 28
I veli del mistero infine si dischiusero mi riconoscete ormai, occhi familiari perché fuggire ancora da voi come fossi ombra? Sono io la sposa delle fantasie che perdurano. È nei miei occhi che si fissa il tuo sguardo, cosa importa di Leili e della storia dei suoi occhi neri? Non chiederti, non chiederti adesso perché i miei occhi non sono neri come gli occhi selvatici di Leili. Se la notte fioriva negli occhi di Leili nei miei occhi si apre il fiore di amore infuocato. Molti i racconti dei piacevoli meandri d’amore che scivolarono sul fiore delle mie labbra silenziose. Non te ne rendi conto, stretto come sei nelle trame di un’illusione, e allora torna qui: sono queste le mie labbra, e questo è il calice dei baci, se fosse possibile sfuggire all’inganno del baciarsi noi non saremmo mai diventati schiavi dei baci.
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آری ...چرا نگویمت ای چشم آشنا من هستم آن عروس خیاالت دیر پا من هستم آن زنی که سبک پا نهاده است بر گور سرد وخامش لیلی بیوفا
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Sì… perché nasconderlo a voi, occhi familiari, sono io la sposa delle fantasie che perdurano, sono io la donna che adesso calpesta leggera la tomba fredda e silenziosa di Leili l’infedele.
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اعتراف
تا نهان سازم از تو بار دگر راز این خاطر پریشان را می کشم بر نگاه ناز آلود نرم و سنگین حجاب مژگان را دل گرفتار خواهش جانسوز از خدا راه چاره میجویم پار ساوار در برابر تو سخن از زهد و توبه می گویم آه ...هرگز گمان مبر که دلم با زبانم رفیق و همراهست هر چه گفتم دروغ بود ...دروغ کی ترا گفتم آنچه دلخواهست تو برایم ترانه میخوانی سخنت جذبه ای نهان دارد گوئیا خوابم و تران ٔه تو از جهانی دگر نشان دارد
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CONFESSIONE
Perché io ti nasconda di nuovo il segreto di questa mente turbata, lascio cadere delicatamente sul mio sguardo seducente il velo scuro delle ciglia. Il cuore è in preda a una voglia che brucia l’anima, in Dio cerco la via che mi salvi. Devotamente ti parlo adesso della pietà e del pentimento. Ah… non credere che il mio cuore sia amico intimo della mia lingua, bugie, erano bugie tutto ciò che dissi, ti ho forse mai detto quello che il cuore ama sentire? Intoni un canto per me, un’estasi si nasconde nelle tue parole, forse il mio sonno e il tuo canto sono il segno di un mondo d’altrove.
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شاید اینرا شنیده ای که زنان در دل “آری” و “نه” بلب دارند ضعف خود را عیان نمیسازند رازدار و خموش و مکارند آه ...منهم زنم ...زنی که دلش در هوای تو میزند پر و بال دوستت دارم ای خیال لطیف دوستت دارم ای امید محال
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Forse lo sai, hai sentito dire che i “sì” e i “no” che le donne custodiscono nel cuore non affiorano alle labbra, loro non manifestano mai le loro fragilità, perché sono misteriose, silenziose, ingannatrici. Ah, anche io sono donna, donna il cui cuore si agita nel desiderio di averti: ti amo, immagine delicata, ti amo, desiderio impossibile.
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یاد یکروز
خفته بودیم و شعاع آفتاب بر سراپامان بنرمی میخزید روی کاشیهای ایوان دست نور سایه هامان را شتابان میکشید موج رنگین افق پایان نداشت آسمان از عطر روز آکنده بود گرد ما گوئی حریر ابرها پرده ای نیلوفری افکنده بود “دوستت دارم” خموش و خسته جان باز هم لغزید بر لبهای من لیک گوئی در سکوت نیمروز گم شد از بیحاصلی آوای من ناله کردم :آفتاب ...ای آفتاب بر گل خشکیده ای دیگر متاب تشنه لب بودیم و او ما را فریفت در کویر زندگانی چون سراب در خطوط چهره اش ناگه خزید سایه های حسرت پنهان او چنگ زد خورشید بر گیسوی من آسمان لغزید در چشمان او
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RICORDO DI UN GIORNO
Dormivamo, e i raggi del sole scivolavano delicatamente sui nostri corpi, la luce disegnava rapidissima il profilo delle nostre ombre sulle maioliche del porticato. Non aveva fine l’onda cangiante dell’orizzonte il cielo ero intriso dei profumi del giorno. Il cielo pareva ci avvolgesse con la seta turchese delle nuvole. A bassa voce, un “ti amo” malinconico scivolò nuovamente sulle mie labbra. Ma si perse nella quiete di mezzogiorno, nella mia voce fievole. E implorando dissi: “Sole, ascolta, sole non splendere sui fiori essiccati.” Eravamo assetati, ma lui come miraggio ci spinse al deserto della vita. D’improvviso l’ombra d’amarezza nascosta calò sui tratti del suo viso. Quando il sole filtrò tra i miei capelli il cielo si rifletté nei suoi occhi. 287
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آه ،...کاش آن لحظه پایانی نداشت در غم هم محو و رسوا میشدیم کاش با خورشید میآمیختیم کاش همرنگ افقها میشدیم
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Ah, se solo quell’istante non avesse mai avuto fine e fossimo svaniti l’uno nell’altro nel dolore, nell’infamia. Se solo ci fossimo uniti al sole per diventare una sola cosa con l’orizzonte.
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موج
تو در چشم من همچو موجی خروشنده و سرکش و ناشکیبا که هر لحظه ات می کشاند بسوئی نسیم هزار آرزوی فریبا تو موجی تو موجی و دریای حسرت مکانت پریشان رنگین افق های فردا آلوده دیدگانت نگاه مه ٔ تو دائم بخود در ستیزی تو هرگز نداری سکونی تو دائم ز خود می گریزی تو آن ابر آشفت ٔه نیلگونی چه میشد خدایا ... چه میشد اگر ساحلی دور بودم بگشوده خود شبی با دو بازوی ٔ ترا میربودم ...ترا میربودم
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L’ O N DA
Nei miei occhi sei come un’onda, fragorosa, ribelle, impaziente, ogni momento ti trascini nel vento di mille desideri seducenti. Sei l’onda, sei come onda che appartiene al mare di sconforto, l’accendersi degli orizzonti di domani stravolge lo sguardo nebbioso dei tuoi occhi. Sei in guerra perenne con te stesso, non troverai mai pace: fuggi da te stesso come quella nuvola turchese che si agita turbata. Oddio, oddio, se solo io fossi una costa lontana, una costa che possa portarti via una notte con le sue braccia aperte…
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شوق
یاد داری که ز من خنده کنان پرسیدی چه ره آورد سفر دارم از این راه دراز؟ چهره ام را بنگر تا بتو پاسخ گوید اشک شوقی که فرو خفته به چشمان نیاز چه ره آورد سفر دارم ای مای ٔه عمر؟ سینه ای سوخته در حسرت یک عشق محال پرده رؤیائی دور نگهی گمشده در ٔ پیکری ملتهب از خواهش سوزان وصال چه ره آورد سفر دارم ...ای مای ٔه عمر؟ دیدگانی همه از شوق درون پر آشوب لب گرمی که بر آن خفته به امید و نیاز بوسه ای داغتر از بوس ٔه خورشید جنوب ای بسا در پی آن هدیه که زیبند ٔه تست در دل کوچه و بازار شدم سرگردان عاقبت رفتم و گفتم که ترا هدیه کنم پیکری را که در آن شعله کشد شوق نهان
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PA S S I O N E 2 9
Ti ricordi di quando, sorridendo, mi chiedesti: “Cosa mi porti in dono dal tuo lungo viaggio?” Guarda il mio volto e troverai risposta: la lacrima di una passione che riposa negli sguardi del volerti. Cosa ti porto in dono, sorgente di vita? Un petto bruciato nell’amarezza di un amore impossibile? Uno sguardo perduto nel velo di un sogno distante? questo corpo in fiamme per la voglia bruciante di un amplesso? Cosa ti porto in dono, sorgente di vita? Due occhi commossi dalla passione che ho dentro? Labbra calde dove riposa pieno di speranze un bacio più bollente dei baci del sole del sud? Vagai per vicoli e mercati alla ricerca di un dono degno di te, mi dissi infine che meriti la figura di un corpo preso dalla fiamma di passione segreta.
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چو در آئینه نگه کردم ،دیدم افسوس جلوه روی مرا هجر تو کاهش بخشید ٔ دست بر دامن خورشید زدم تا بر من عطش و روشنی و سوزش و تابش بخشید حالیا ...این منم این آتش جانسوز منم ای امید دل دیوان ٔه اندوه نواز بازوان را بگشا تا که عیانت سازم چه ره آورد سفر دارم از این راه دراز
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Ma guardandomi allo specchio notai con dolore come il tuo andare via adombrava il mio splendore. Mi aggrappai alla veste del sole perché mi offrisse i suoi raggi, la sua smania, il fulgore. Ed eccomi infine, questa sono io io sono questa vampa che brucia l’anima. Ascolta, speranza di un cuore pazzo e incline alla tristezza, apri le braccia ché io denudi per te il dono che ti porto dal mio lungo viaggio.
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اندوه تنهائی بدوست هنرمندم مهری رخشا
پشت شیشه برف می بارد پشت شیشه برف می بارد در سکوت سینه ام دستی دان ٔه اندوه می کارد موسپید آخر شدی ای برف تا سرانجامم چنین دیدی در دلم باریدی ...ای افسوس بر سر گورم نباریدی چون نهالی سست می لرزد روحم از سرمای تنهائی می خزد در ظلمت قلبم وحشت دنیای تنهائی دیگرم گرمی نمیبخشی عشق ...ای خورشید یخ بسته سینه ام ...صحرای نومیدیست خسته ام ...از عشق هم خسته غنچه شوق توهم خشکید شعر ...ای شیطان افسونکار عاقبت زین خواب درد آلود جان من ...بیدار شد ...بیدار
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TRISTEZZA D’ESSERE SOLE
dedicata all’amica artista Mehri Rakhsha30
Nevica dietro le vetrate, nevica, dietro le vetrate, nel silenzio del mio petto una mano ripone il seme di tristezza. Hai i capelli bianchi, ormai, neve sei caduta nel mio cuore al vedermi così ridotta, ma che pena non essere caduta sulla mia tomba. Nel freddo della solitudine il mio spirito trema come il germoglio leggero di un giovane albero. Il mio cuore scivola nel buio, mondo spaventoso dello stare soli. Non mi offri più calore, amare: ti sei fatto ormai sole raggelato, il mio petto è una distesa disillusa, e sono stanca, spossata dall’amore. Si è seccata anche la gemma della tua passione, poesia: demone d’inganno, la mia anima si è svegliata infine da questo sonno doloroso.
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بعد از او بر هر چه رو کردم دیدم افسون سرابی بود آنچه می گشتم بدنبالش وای بر من ...نقش خوابی بود ای خدا ...بر روی من بگشای لحظه ای درهای دوزخ را تا به کی در دل نهان سازم حسرت گرمای دوزخ را؟ دیدم ای بس آفتابی را کاو پیاپی در غروب افسرد آفتاب بی غروب من! ای دریغا ...درجنوب! افسرد بعد از او دیگر چه میجویم؟ بعد از او دیگر چه میپایم؟ اشک سردی تا بیفشانم گور گرمی تا بیاسایم پشت شیشه برف می بارد پشت شیشه برف می بارد در سکوت سینه ام دستی دان ٔه اندوه می کارد
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Dopo di lui ogni cosa era per me miraggio di un inganno: povera me quello che cercavo in lui era l’immagine di un sogno. Ti prego, Dio, apri su di me per un istante le porte dell’inferno, fino a quando potrò nascondere in fondo al cuore la smania che ribolle nell’abisso? Ho visto molte volte come si spegne il sole nel tramonto di ponente, ma il sole mio che mai tramonta si è spento a meridione. Cosa potrò mai desiderare dopo di lui? Cosa aspettarmi ormai, dopo di lui? Una lacrima fredda da versare, una tomba calda per riposare? Nevica dietro le vetrate, nevica, dietro le vetrate, nel silenzio del mio petto una mano ripone il seme di tristezza.
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قصهای در شب
چون نگهبانی که در کف مشعلی دارد میخرامد شب میان شهر خواب آلود خانه ها با روشنائی های رؤیایی یک بیک درگیرودار بوس ٔه بدرود ناودانها نالهها سر داده در ظلمت در خروش از ضربه های دلکش باران میخزد بر سنگفرش کوچه های دور نور محوی از پی فانوس شبگردان دست زیبائی دری را می گشاید نرم میدود در کوچه برق چشم تبداری کوچه خاموشست و در ظلمت نمیپیچد بانگ پای رهروی از پشت دیواری باد از ره میرسد عریان و عطر آلود خیس باران می کشد تن بر تن دهلیز در سکوت خانه می پیچد نفس هاشان نالههای شوقشان لرزان و وهم انگیز چشم ها در ظلمت شب خیره بر راهست جوی می نالد که “آیا کیست دلدارش؟” شاخه ها نجوا کنان در گوش یکدیگر “ای دریغا ...در کنارش نیست دلدارش”
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U N R A C C O N TO N E L L A N OT T E
La notte vaga nella città assonnata come un guardiano che stringe una fiaccola. Una a una le case si apprestano a dirsi addio nei chiarori del sogno. Le grondaie sussurrano nel buio e gemono sotto i colpi amorevoli della pioggia. La luce tenue che segue le torce delle ronde notturne scorre sul selciato dei vicoli lontani. Una mano bella apre una porta dolcemente, il lampo di occhi febbrili attraversa il vicolo. Le strade sono silenziose, e nel buio non si sente il brusio di passi oltre il muro. Il vento soffia, nudo e profumato, si bagna nella pioggia, e sfiora con il petto il corpo dell’ingresso. I sospiri penetrano la calma della casa, gemiti di passione tremano, evocano immagini. Occhi fissano la strada nel buio della notte il rivo d’acqua bisbiglia: “Chi è che l’ama?” I rami sussurrano tra loro: “Ah, che pena l’amato non è al suo fianco adesso.”
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کوچه خاموشست و در ظلمت نمیپیچد بانگ پای رهروی از پشت دیوار میخزد در آسمان خاطری غمگین نرم نرمک ابر دودآلود پنداری “بر که می خندد فسون چشمش ای افسوس؟” “وز کدامین لب لبانش بوسه می جوید؟” “پنجه اش در حلقه موی که می لغزد؟” “با که در خلوت بمستی قصه می گوید؟” “تیرگی ها را بدنبال چهمیکاوم؟” “پس چرا در انتظارش باز بیدارم؟” “در دل مردان کدامین مهر جاویداست؟” “نه ...دگر هرگز نمیآید بدیدارم” پیکری گم می شود در ظلمت دهلیز باد در را با صدائی خشک می بندد مرده ای گوئی درون حفره گوری بر امیدی سست و بی بنیاد می خندد
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Silenzio nelle strade, nel buio non si sente il brusio di passi oltre il muro. Una pensiero triste solca il cielo, delicata nuvola fumosa di una fantasia: “Chi irretisce l’inganno dei suoi occhi? E da queli labbra lei attende baci? In quali capelli scorrono le dita? Chi ascolta le sue storie nell’intimità ebbra del silenzio? Perché scavo nelle tenebre, perché resto sveglia in sua attesa? Quale forma di affetto perdura nel cuore degli uomini? No, non tornerà mai più a vedermi.” La figura di un corpo si perde nel buio dell’ingresso il vento chiude la porta con un suono secco, nella fossa di una tomba una morta sembra sorridere di speranze infondate.
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شکست نیاز
آتشی بود و فسرد رشته ای بود و گسست دل چو از بند تو رست جام جادوئی اندوه شکست آمدم تا به تو آویزم لیک دیدم که تو آن شاخ ٔه بی برگی چهره امیدم لیک دیدم که تو بر ٔ خنده مرگی ٔ وه چه شیرینست بر سر گور تو ای عشق نیازآلود پای کوبیدن وه چه شیرینست از تو ای بوس ٔه سوزنده مرگ آور چشم پوشیدن وه چه شیرینست از تو بگسستن و با غیر تو پیوستن در بروی غم دل بستن که بهشت اینجاست بخدا سای ٔه ابر و لب کشت اینجاست
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L E G A M E S P E Z Z ATO
C’era un fuoco: si estingueva e una catena: si slacciava, quando il cuore da te si liberava si rompeva la coppa magica del tormento. Ero venuta per aggrapparmi a te ma ti vidi ramo senza foglie e sul volto delle mie speranze eri il sorriso della morte. E quanto mi è dolce, amore intriso di bisogno, calpestare la lastra della tua tomba. E quanto mi è dolce chiudere a te gli occhi, o bacio bruciante di morte. Ah, quanto è dolce separarmi da te e lanciarmi nelle braccia di un altro, slacciare sul suo petto il peso del dolore e il paradiso è qui, lo giuro, il margine dei campi, i riflessi delle nuvole.
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تو همان به که نیندیشی بمن و درد روانسوزم که من از درد نیاسایم که من از شعله نیفروزم
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Farai bene a non pensare a me o al dolore che mi spacca dentro perché io non troverò mai sollievo e nessuna fiamma mi accende.
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شکوفه اندوه
شادم که در شرار تو میسوزم شادم که در خیال تو میگریم شادم که بعد وصل تو باز اینسان در عشق بیزوال تو میگریم پنداشتی که چون ز تو بگسستم دیگر مرا خیال تو در سر نیست اما چه گویمت که جز این آتش بر جان من شراره دیگر نیست کناره نخلستان شبها چو در ٔ کارون ز رنج خود به خروش آید فریادهای حسرت من گوئی از موجهای خسته به گوش آید شب لحظهای بساحل او بنشین تا رنج آشکار مرا بینی شب لحظهای بسای ٔه خود بنگر تا روح بی قرار مرا بینی من با لبان سرد نسیم صبح سر میکنم ترانه برای تو من آن ستارهام که درخشانم هر شب در آسمان سرای تو
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IL FIORE DEL DOLORE
Sono felice di bruciare nelle tue vampe sono felice di piangere nell’immaginarti felice di sentire che dopo il nostro unirci piango in un amarti che non declina. Credevi che avendoti lasciato non avrei più serbato dentro l’immagine di te? Ma come dirti che non c’è scintilla in me se non questo fuoco? Quando a notte il lamento del Karun lambisce le sponde dei palmeti i miei singhiozzi amari sembrano sfiorare le onde stanche. Siediti una notte sulla riva e guarda come si manifesta il mio dolore osserva la mia ombra e scorgi il turbamento del mio animo. Io canto per te con le labbra fredde della brezza del mattino, sono la stella che ogni sera risplende in cielo sulla tua dimora.
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غم نیست گر کشیده حصاری سخت بین من و تو پیکر صحراها من آن کبوترم که به تنهائی پر می کشم به پهن ٔه دریاها شادم که همچو شاخ ٔه خشکی باز در شعلههای قهر تو میسوزم گویی هنوز آن تن تبدار کز آفتاب شهر تو میسوزم در دل چگونه یاد تو میمیرد یاد تو یاد عشق نخستین است یاد تو آن خزان دل انگیزیست جلوه رنگین است کاو را هزار ٔ بگذار زاهدان سیه دامن رسوای کوی و انجمنم خوانند نام مرا بننگ بیاالیند آفریده شیطانند اینان که ٔ اما من آن شکوف ٔه اندوهم کز شاخه های یاد تو می رویم شبها ترا به گوش ٔه تنهایی در یاد آشنای تو میجویم
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Non importa se la sagoma degli altopiani ha tracciato tra noi due una solida fortezza: sono la colomba che solitaria vola oltre gli spazi marini. Sono felice di consumarmi nuovamente come ramo secco nelle fiamme del tuo livore sembro essere ancora quel corpo di febbre che arde nel sole della tua città. Come può svanire dal petto il tuo ricordo? Il tuo ricordo è memoria del primo amore il tuo ricordo è autunno stupendo che rinasce in mille sfumature. Lascia che gli asceti ipocriti31 mi chiamino la vergogna del quartiere lascia che mi denigrino questi esseri diabolici. Io sono il fiore di dolore che si dischiude dai rami del tuo ricordo, a notte, nell’angolo della solitudine ti cerco in quello che di te mi è ancora vivo nella mente.
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پاسخ
بر روی ما نگاه خدا خنده می زند. هر چند ره به ساحل لطفش نبرده ایم زیرا چو زاهدان سیه کار خرقه پوش پنهان ز دیدگان خدا می نخورده ایم پیشانی ار ز داغ گناهی سیه شود بهتر ز داغ مهر نماز از سر ریا نام خدا نبردن از آن به که زیر لب بهر فریب خلق بگوئی خدا خدا ما را چه غم که شیخ شبی در میان جمع بر رویمان ببست به شادی در بهشت او می گشاید ...او که به لطف و صفای خویش گوئی که خاک طینت ما را ز غم سرشت طوفان طعنه خند ٔه ما را ز لب نشست کوهیم و در میان ٔه دریا نشسته ایم چون سینه جای گوهر یکتای راستیست زین رو بموج حادثه تنها نشسته ایم مائیم ...ما که طعن ٔه زاهد شنیده ایم مائیم ...ما که جام ٔه تقوی دریده ایم زیرا درون جامه بجز پیکر فریب زین هادیان راه حقیقت ندیده ایم!
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L A R I S P O S TA 3 2
Lo sguardo di Dio ci sorride benevolo, sebbene noi non sfioriamo la riva della Sua grazia. Non siamo asceti che peccano sotto il saio: non celiamo il vino agli occhi del Signore.33 Voglio la fronte nera per il marchio del peccato, non per la piaga pietosa della tessera.34 Preferisco dimenticare Dio invece di sussurrarne il nome per inganno. Cosa importa se una notte i falsi santi tra la folla ci chiusero in faccia le porte del paradiso? Lui infine le aprirà per infinita e pura grazia. Lui che intrise di dolore la nostra argilla. L’alluvione del biasimo non ci porta via il sorriso. Siamo montagne erette in mezzo al mare, nel nostro petto è la perla rara del vero quindi siamo soli, nell’onda degli eventi. Siamo noi a udire il biasimo dei bigotti, siamo noi a strappare il saio di pietà: sella veste di chi crede di condurre a Verità non vediamo che il colore dell’inganno.
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آن آتشی که در دل ما شعله میکشید گر در میان دامن شیخ اوفتاده بود دیگر بما که سوخته ایم از شرار عشق گناهکاره رسوا! نداده بود نام ٔ بگذار تا به طعنه بگویند مردمان در گوش هم حکایت عشق مدام! ما “هرگز نمیرد آنکه دلش زنده شد بعشق” جریده عالم دوام ما” “ثبت است در ٔ
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Se le vesti del santo fossero avvampate con la stessa scintilla di passione che bruciava nel nostro cuore, lui non ci avrebbe chiamati osceni peccatori. Lascia allora che sparli di noi la gente e racconti la storia dell’amore senza fine: Chi ha il cuore vivo per amore non potrà mai morire: sulle tavole del mondo è inscritta la nostra eternità.35
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دیوار
در گذشت پر شتاب لحظه های سرد چشم های وحشی تو در سکوت خویش گرد من دیوار میسازد میگریزم از تو در بیراهه های راه تا ببینم دشتها را در غبار ماه تا بشویم تن بآب چشمههای نور تا بلغزم در نشیب جادههای نور در مه رنگین صبح گرم تابستان پر کنم دامان ز سوسنهای صحرائی بشنوم بانگ خروسان را ز بام کلب ٔه دهقان میگریزم از تو تا در دامن صحرا سخت بفشارم برروی سبزه ها پا را یا بنوشم شبنم سرد علفها را میگریزم از تو تا در ساحلی متروک از فراز صخره های گمشده در ابر تاریکی بنگرم رقص دوار انگیز طوفان های دریا را در غروبی دور چون کبوترهای وحشی زیر پر گیرم دشتها را ،کوهها را ،آسمانها را بشنوم از البالی بوته های خشک نغمههای شادی مرغان صحرا را
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IL MURO
Precipita il passo delle ore gelide e nel loro silenzio i tuoi occhi selvatici innalzano un muro attorno a me. Fuggo da te, nei sentieri perduti del tragitto perché io veda gli altopiani nella polvere di luna e lavi il mio corpo nelle sorgenti lontane, perché io scivoli nei pendii dei sentieri di luce. Nella bruma accesa delle calde mattine d’estate riempirò la mia veste con i gigli del deserto e sentirò lo strepito dei galli dai tetti dei villaggi. Fuggo da te, perché nella veste della piana io stringa forte le mie gambe alle piante e beva la rugiada fredda dei giardini. Fuggo da te, perché in una costa abbandonata, dalla cima di falesie perdute in una nuvola nera, io guardi la danza vertiginosa delle tempeste di mare. In un crepuscolo lontano sorvolerò, come i colombi selvatici, le piane e i monti e i cieli, ascolterò negli arbusti rinsecchiti le melodie felici degli uccelli nell’alba.
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میگریزم از تو تا دور از تو بگشایم راه شهر آرزوها را و درون شهر ... درب سنگین طالئی قصر رؤیا را لیک چشمان تو با فریاد خاموشش راه ها را در نگاهم تار میسازد همچنان در ظلمت رازش گرد من دیوار میسازد عاقبت یکروز... میگریزم از فسون دیده تردید میتراوم همچو عطری از گل رنگین رؤیاها میخزم در موج گیسوی نسیم شب میروم تا ساحل خورشید. در جهانی خفته در آرامشی جاوید نرم میلغزم درون بستر ابری طالئی رنگ پنجه های نور میریزد بروی آسمان شاد طرح بس آهنگ من از آنجا سر خوش و آزاد دیده میدوزم به دنیائی که چشم پر فسون تو راههایش را به چشمم تار میسازد دیده میدوزم بدنیائی که چشم پر فسون تو همچنان در ظلمت رازش گرد آن دیوار میسازد
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Fuggo da te, perché io lontano da te mi faccia strada verso la città dei desideri, e in città… aprirò i portali pesanti e dorati del castello del sogno. Ma i tuoi occhi, nel loro urlo silenzioso, lasciano calare le tenebre sui miei sentieri, come nel buio del loro segreto innalzano un muro attorno a me. E alla fine, un giorno, fuggirò dalla magia degli sguardi del dubbio, mi spargerò come profumo dai fiori rossi del sogno e cadrò nell’onda dei capelli della brezza notturna, e andrò via, oltre i margini del sole. In un mondo assopito da una pace eterna scivolerò delicata nel letto dorato di una nuvola, e le dita illuminate tracceranno le linee d’innumerevoli canzoni nel cielo della gioia. E io da lì, libera e inebriata, di quel mondo resterò a fissare le strade che i tuoi occhi immergono nelle tenebre, resterò a fissare quel mondo che i tuoi occhi d’inganno come il buio del loro segreto rinchiudono nel muro.
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ستیزه
شب چو ماه آسمان پرداز گرد خود آهسته میپیچد حریر راز او چو مرغی خسته از پرواز مینشیند بر درخت خشک پندارم شاخهها از شوق میلرزند در رگ خاموششان آهسته میجوشد خون یادی دور زندگی سر میکشد چون اللهای وحشی از شکاف گور از زمین دست نسیمی سرد برگ های خشک را با خشم میروبد آه ...بر دیوار سخت سینهام گوئی ناشناسی مشت می کوبد “باز کن در ...اوست” “باز کن در ...اوست” من به خود آهسته می گویم: بازهم رؤیا آنهم اینسان تیره و درهم باید از داروی تلخ خواب عاقبت بر زخم بیداری نهم مرهم میفشارم پلکهای خسته را برهم لیک بر دیوار سخت سینهام با خشم ناشناسی مشت می کوبد “باز کن در ...اوست” “باز کن در ...اوست” 320
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U N A L OT TA
Di notte, quando la luna che si concede al cielo tesse lentamente intorno a sé la seta del mistero, lui, come uccello stanco del suo volo, viene a posarsi sull’albero secco del mio pensiero. I rami tremano di passione nelle loro vene silenziose scorre piano il sangue di un ricordo lontano. Come un anemone selvatico la vita si affaccia dalle fessure della tomba le mani di una brezza fredda spazzano via con furia le foglie morte dal terreno. Ah, è come se uno sconosciuto battesse il pugno sul muro solido del mio petto: “Apri la porta, è lui, apri la porta, è lui.” Ma io mi dico a bassa voce: è di nuovo il sogno; così oscuro, così confuso. Dovrò allora infine cospargere la ferita della veglia con la medicina amara del sonno. Stringo le palpebre stanche ma sul muro solido del mio petto uno sconosciuto batte il pugno con rancore “Apri la porta, è lui, apri la porta, è lui.” 321
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دامن از آن سرزمین دور برچیده ناشکیبا دشت ها را نوردیده روزها در آتش خورشید رقصیده نیمه شبها چون گلی خاموش در سکوت ساحل مهتاب روئیده “باز کن در ...اوست” آسمان ها را به دنبال تو گردیده در ره خود خسته و بیتاب یاسمنها را به بوی عشق بوئیده بالهای خستهاش را در تالشی گرم هر نسیم رهگذر بامهر بوسیده “باز کن در ...اوست باز کن در ...اوست” اشک حسرت می نشیند بر نگاه من رنگ ظلمت میدود در رنگ آه من لیک من با خشم می گویم : باز هم رؤیا آنهم اینسان تیره و درهم باید از داروی تلخ خواب عاقبت بر زخم بیداری نهم مرهم میفشارم پلک های خسته را بر هم
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Si è fatto strada da una terra lontanissima, si è affrettato a percorrere gli altopiani, di giorno ha ballato nel fuoco del sole, nel fondo della notte è spuntato come fiore silenzioso sulle rive quiete del chiaro di luna. “Apri la porta, è lui.” Ha attraversato i cieli per cercarti inquieto e spossato nel suo cammino, ha annusato i gelsomini che profumano d’amore, ha baciato con affetto ogni brezza passeggera, le sue ali stanche nell’ardore del cercare. “Apri la porta, è lui, apri la porta, è lui.” Le lacrime di amarezza si posano sul mio sguardo il colore del buio scorre nelle sfumature dei miei sospiri mai io con rabbia mi dico: è di nuovo il sogno: così scuro, così confuso. Dovrò allora infine cospargere la ferita della veglia con la medicina amara del sonno e stringere le mie palpebre stanche.
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قهر
نگه دگر بسوی من چه می کنی؟ چو در بر رقیب من نشستهای به حیرتم که بعد از آن فریبها تو هم پی فریب من نشستهای بچشم خویش دیدم آنشب ایخدا که جام خود به جام دیگری زدی چو فال حافظ آن میانه باز شد تو فال خود به نام دیگری زدی برو ...برو ...بسوی او .مرا چه غم تو آفتابی ...او زمین ...من آسمان بر او بتاب زآنکه من نشسته ام بناز روی شانه ستارگان بر او بتاب زآنکه گریه میکند در این میانه قلب من به حال او کمال عشق باشد این گذشتها دل تو مال من ،تن تو مال او تو که مرا به پرده ها کشیده ای چگونه ره نبرده ای به راز من؟ گذشتم از تن تو زانکه در جهان تنی نبود مقصد نیاز من
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RANCORE
Perché posi di nuovo il tuo sguardo su di me? Sei finito nelle braccia della mia rivale e mi stupisce vedere come dopo tutti quegli inganni adesso provi a sedurmi di nuovo. Con i miei stessi occhi ti vidi quella notte alzare il calice e brindare con un’altra, e quando ti vidi aprire il divano di Hāfez divinavi non per te, ma per lei.36 Vattene, vattene, va’ da lei, cosa mi importa? Tu sei il sole e lei è il terreno, io sono il cielo, splendi pure su di lei, perché io aleggio vezzosa oltre le stelle. Splendi su di lei, perché a pensarla mi piange il cuore, e queste indulgenze sono perfezione d’amore: il tuo cuore mi appartiene ma il tuo corpo è suo. Tu che hai dipinto il mio ritratto come hai fatto a non carpire il mio segreto? Ho fatto a meno del tuo corpo perché in questo mondo non sono certo i corpi il mio desiderio ultimo. 325
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اگر بسویت اینچنین دویده ام بعشق عاشقم نه بر وصال تو به ظلمت شبان بیفروغ من خیال عشق خوشتر از خیال تو کنون که در کنار او نشستهای تو و شراب و دولت وصال او! گذشته رفت و آن فسانه کهنه شد تن تو ماند و عشق بی زوال او!
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Se ti sono venuta incontro così di corsa è perché sono innamorata dell’amore e non del nostro amplesso. Nel buio delle mie notti prive di fulgore l’immagine d’amore mi è più dolce del tuo ricordo. Adesso te ne stai accanto a lei voi due, il vino e la fortuna di tenervi stretti. Il passato è andato via e quella favola è storia vecchia resta il tuo corpo e l’amore suo che mai si logora.
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تشنه
من گلی بودم در رگ هر برگ لرزانم خزیده عطر بس افسون در شبی تاریک روئیدم تشنه لب بر ساحل کارون بر تنم تنها شراب شبنم خورشید میلغزید یا لب سوزنده مردی که با چشمان خاموشش سرزنش می کرد دستی را که از هر شاخ ٔه سرسبز غنچ ٔه نشکفته ای می چید پیکرم ،فریاد زیبائی در سکوتم نغمهخوان لبهای تنهائی دیدگانم خیره در رؤیای شوم سرزمینی دور و رؤیائی که نسیم رهگذر در گوش من می گفت: “آفتابش رنگ شاد دیگری دارد” عاقبت من بیخبر از ساحل کارون رخت برچیدم در ره خود بس گل پژمرده را دیدم چشمهاشان چشم ٔه خشک کویر غم تشنه یک قطر ٔه شبنم من بآنها سخت خندیدم
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A S S E TATA
Ero un fiore, in ogni venatura dei petali tremanti fluiva un profumo d’incanto; in una notte scurissima sbocciai con labbra assetate sulle rive del fiume Karun. Scivolavano sul mio corpo il vino della rugiada del sole e le labbra brucianti di un uomo, i suoi occhi spenti punivano ogni mano che cogliesse da ogni ramo rigoglioso i boccioli non ancora schiusi. La mia sagoma era urlo di bellezza le labbra della solitudine intonavano melodie nel mio silenzio i miei occhi si perdevano nel sogno nefasto di una terra lontana e immaginaria dove una brezza fugace mi sussurrava all’orecchio: “Dove il sole splende nei colori d’altra gioia.” Ma alla fine, io ignara delle sponde del Karun feci i bagagli e trovai troppi fiori appassiti sul mio cammino: nei loro occhi la fonte inaridita del deserto del dolore, e risi di loro nella sete di una goccia di rugiada.
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تا شبی پیدا شد از پشت مه تردید تکچراغ شهر رؤیاها من در آنجا گرم و خواهشبار از زمینی سخت روئیدم نیمه شب جوشید خون شعر در رگ های سرد من محو شد در رنگ هر گلبرگ رنگ درد من منتظر بودم که بگشاید برویم آسمان تار دیدگان صبح سیمین را تا بنوشم از لب خورشید نورافشان شهد سوزان هزاران بوس ٔه تبدار و شیرین را لیکن ای افسوس من ندیدم عاقبت در آسمان شهر رؤیاها نور خورشیدی زیر پایم بوته های خشک با اندوه مینالند “چهره خورشید شهر ما دریغا سخت تاریک است! ” ٔ خوب می دانم که دیگر نیست امیدی نیست امیدی محو شد در جنگل انبوه تاریکی چون رگ نوری طنین آشنای من قطره اشگی هم نیفشاند آسمان تار از نگاه خسته ابری به پای من
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Poi una notte, oltre la nebbia del buio, apparve la torcia unica della città dei sogni e io nell’ardore del desiderio germogliai da un terreno aspro. A mezzanotte il sangue della poesia prese a ribollire nelle mie vene fredde, il colore del mio soffrire andava stemperandosi nelle sfumature di ogni petalo. Attendevo che il cielo oscuro aprisse su di me gli occhi del mattino d’argento per lasciarmi bere dalle labbra del sole che spande luce il nettare ardente di mille baci dolci e febbrili. Eppure, ahimè io non vidi infine nella città dei sogni la luce di alcun sole. Sotto i miei piedi gli arbusti secchi gemevano addolorati: “Che pena che il volto del sole nella nostra città sia più nero del buio.” E so bene che non mi resta più speranza, non mi resta più speranza. Come venatura di luce, la mia eco più interna svanì nel fitto della foresta buia, il cielo oscuro non versò lacrime ai miei piedi dallo sguardo stanco di una nuvola.
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من گل پژمرده ای هستم چشمهایم چشم ٔه خشک کویر غم تشنه یک بوس ٔه خورشید قطره شبنم تشنه یک ٔ
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Io sono un fiore appassito i miei occhi sono la fonte inaridita del deserto di dolore io assetata di un bacio solare, assetata di una goccia di rugiada.
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ترس
شب تیره و ره دراز و من حیران فانوس گرفته او براه من برشعل ٔه بی شکیب فانوسش وحشت زده میدود نگاه من بر ما چه گذشت؟ کس چه می داند در بستر سبزه های تر دامان گوئی که لبش به گردنم آویخت الماس هزار بوس ٔه سوزان بر ما چه گذشت؟ کس چه می داند من او شدم ...او خروش دریاها من بوت ٔه وحشی نیازی گرم او زمزمه نسیم صحراها من تشن ٔه میان بازوان او همچون علفی ز شوق روئیدم تا عطر شکوفه های لرزان را در جام شب شکفته نوشیدم باران ستاره ریخت بر مویم از شاخ ٔه تکدرخت خاموشی در بستر سبزههای تر دامان من ماندم و شعله های آغوشی
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TIMORE
La notte è scura, lungo il cammino e mi prende lo stupore. Lui regge una fiaccola, illumina i miei passi, il mio sguardo scorre atterrito sulla sua fiamma inquieta. Cosa ci è accaduto, chi può saperlo? È come se nel letto di foglie lascive le sue labbra mi abbiano appeso al collo il diamante di mille baci di fuoco. Cosa ci è accaduto, chi può saperlo? Io sono lui ormai, lui il fragore dei mari e io l’arbusto selvatico di un desiderio rovente, lui, brusio della brezza d’altopiano. Io assetata nella cintura delle sue braccia sono cresciuta con passione come filo d’erba fino a bere dalla coppa immensa della notte il profumo delle gemme tremule. Dai rami dell’albero solitario del silenzio la pioggia mi versava stelle sui capelli, nel letto di foglie lascive restavamo io e le fiamme di un abbraccio. 335
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میترسم از این نسیم بی پروا گر با تنم اینچنین درآویزد ترسم که ز پیکرم میان جمع عطر علف فشرده برخیزد !
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Io temo questa brezza sfrontata che sfiora tutto il mio corpo e temo che tra la gente la mia pelle trasudi il profumo d’erba calpestata.
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دنیایی سایهها
شب به روی جاده نمناک سایه های ما ز ما گوئی گریزانند دور از ما در نشیب راه در غبار شوم مهتابی که میلغزد سرد و سنگین بر فراز شاخه های تاک سوی یگدیگر بنرمی پیش می رانند شب به روی جاده نمناک در سکوت خاک عطرآگین ناشکیبا گه به یکدیگر میآویزند سایه های ما ... همچو گلهائی که مستند از شراب شبنم دوشین گوئی آنها در گریز تلخشان از ما نغمه هائی را که ما هرگز نمیخوانیم نغمه هائی را که گه با خشم در سکوت سینه میرانیم زیر لب با شوق میخوانند لیک دور از سایهها بی خبر از قص ٔه دلبستگی هاشان از جدائیها و از پیوستگی هاشان جسمهای خست ٔه ما در رکود خویش زندگی را شکل می بخشند
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IL MONDO DELLE OMBRE
Di notte, sul sentiero umido le nostre ombre sembrano fuggire da noi, ma lontano da qui, nella mezzanotte del cammino nella polvere sinistra di un chiaro di luna che scivola gelido e pesante sui rami della vite, si rincorrono dolcemente. Di notte, sul sentiero umido nel silenzio del terreno profumato si abbracciano impazienti le nostre ombre… come fiori ancora inebriati dal vino di rugiada della notte trascorsa nella loro fuga amara da noi due sembrano cantare con passione, sottovoce, le canzoni che noi mai intoniamo, le canzoni che a volte con rancore ci scorrono nel silenzio del petto. Ma lontani dalle ombre ignari della storia del loro amarsi dei loro addii e incontri i nostri corpi stanchi e immobili trasformano la vita.
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جاده نمناک شب به روی ٔ ای بسا پرسیده ام از خود “زندگی آیا درون سایههامان رنگ میگیرد؟” “یا که ما خود سایه های سایه های خویشتن هستیم؟” همچنان شبکور میگریزم روز و شب از نور تا نتابد سایهام بر خاک در اتاق تیرهام با پنج ٔه لرزان راه میبندم بروزنها میخزم در گوشهای تنها “ای هزاران روح سرگردان” “گرد من لغزیده در امواج تاریکی” “سای ٔه من کو؟” نور وحشت میدرخشد در بلور بانگ خاموشم “سای ٔه من کو؟” “سای ٔه من کو؟” او چو رؤیایی درون پیکرم آهسته میروید “من” گمگشته را در “خویش” میجوید من ِ پنج ٔه او چون مهی تاریک میخزد در تار و پود سرد رگهایم در سیاهی رنگ می گیرد طرح آوایم “از تو میپرسم” “ای خدا ...ای سای ٔه ابهام” “ پس چرا بر من نمیخندد” “آن شب تاریک وحشتبار بی فرجام” “از چه در آئین ٔه دریا” “صبحدم تصویر خورشید تو میلغزد ؟” “از چه شب بر شان ٔه صحرا” 340
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Di notte, sul sentiero umido quante volte mi sono chiesta: “La vita prende vita nelle nostre ombre oppure siamo solo l’ombra delle nostre ombre?” Giorno e notte come i pipistrelli rifuggo la luce. Perché la mia ombra non si rifletta sul terreno, nella mia stanza oscura con mani tremanti abbasso le persiane e striscio solitaria in un angolo. “O mille spiriti erranti scivolati intorno a me tra le onde del buio dove è la mia ombra?” La luce del terrore brilla nel cristallo del mio grido muto: “Dove è la mia ombra dove è la mia ombra?” Ecco che come un sogno lei emerge lentamente dal profondo del mio corpo io cerco in me stessa l’io che si perde le sue mani sono come nebbia scurissima, mi striscia nella fredda trama e nell’ordito delle vene, il disegno della mia voce acquista colore nell’oscuro. “Io chiedo a te o Dio, o ombra dell’ambiguo perché non mi sorride quella notte buia e terrificante che non termina? Perché al mattino presto l’immagine del tuo sole scivola sullo specchio del mare? 341
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“باز هم گیسوی مهتاب تو میرقصد” “از تو میپرسم” “ای خدا ...ای ظلمت جاوید” “در کدامین گور وحشتنک” “عاقبت خاموش خواهد شد” “خنده خورشید ؟” من نمیخواهم سایهام را لحظهای از خود جدا سازم من نمیخواهم او بلغزد دور از من روی معبرها! یا بیفتد خسته و سنگین زیر پای رهگذرها! او چرا باید براه جستجوی خویش روبرو گردد با لبان بست ٔه درها ؟! او چرا باید بساید تن بر در و دیوار هر خانه؟! او چرا باید ز نومیدی پا نهد در سرزمینی سرد و بیگانه؟! آه ...ای خورشید لعنت جاوید من بر تو شهد نورت پر نیمسازد دریغا جام جانم را با که گویم قص ٔه درد نهانم را؟ سایهام را از چه از من دور میسازی؟ از چه دور از او مرا در روشنائی ها رهسپار گورمیسازی ؟
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A quale fine di notte i capelli del tuo chiaro di luna continuano a danzare sulle spalle della steppa? Io chiedo a te, o Dio, o buio eterno: in quale tomba orribile andrà a spegnersi infine il sorriso del sole?” Io non voglio separare da me la mia ombra nemmeno per un istante, io non voglio che l’ombra mi scivoli via oltre le intersezioni o che cada, pesante e sfinita, sotto i piedi dei passanti. Per quale motivo lei deve sbattere nel cercarsi contro le labbra serrate delle porte? Per quale motivo deve strofinare il corpo lungo porte e pareti di ogni casa? Per quale motivo deve entrare, rassegnata, in una terra fredda e aliena? Ah, ascolta, sole, che tu sia da me maledetto in eterno, il nettare della tua luce purtroppo non mi riempie il calice dell’anima: a chi racconterò la storia del mio dolore nascosto? Perché porti via da me la mia ombra? Perché lontano da lei mi spingi nella tomba con i tuoi bagliori?
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گر ترا در سینه گنج نور پنهانست بگسالن پیوند ظلمت را ز جان سایه های ما! آب کن زنجیرهای پیکر ما را بپای او! یا که او را محو کن در زیر پای ما! آه ...ای خورشید لعنت جاوید من بر تو هر زمان رو در تو آوردم گر چه چشمان مرا در هفت رنگ خویش خیره تر کردی لیک در پایم سایه ام را تیره تر کردی! از تو می پرسم ای خدا ...ای راز بی پایان سایه بر گو چیست ؟ عطری از گلبرگ وحشتها تراویده ؟ بوته ای کز دانه ای تاریک روئیده ؟ اشک بی نوری که در زندان جسمی سخت از نگاه خسته زندانی بیتاب! لغزیده؟ از تو میپرسم تیرگی درد است یا شادی؟ جسم زندانست یا صحرای آزادی؟ ظلمت شب چیست؟ شب خداوندا سایه روح سیاه کیست؟ وه که لبرزیم از هزاران پرسش خاموش بانگ مرموزی نهان می پیچدم در گوش
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Se si nasconde nel tuo petto il tesoro della luce slaccia allora il legame che unisce il buio all’anima delle nostre ombre. Sciogli i lacci che lo uniscono ai nostri corpi oppure dissolvilo da sotto i nostri piedi. Ah, o sole che tu sia da me maledetto in eterno, ogni volta che a te mi rivolgo, sempre più stupiti i miei occhi dai tuoi sette colori, eppure ai miei piedi tu rendi sempre più scura la mia ombra. Io chiedo a te, o Dio, o segreto senza fine, dimmi adesso: che cosa è un’ombra? Profumo che stilla dal petalo del panico? Arbusto sbocciato dal seme più oscuro? La lacrima opaca che nella prigione di un corpo turgido scivola dallo sguardo stanco di un prigioniero turbato? Io chiedo a te: l’oscurità è gioia o dolore? Il corpo è prigione oppure steppa di libertà? Che cosa è il buio della notte? O notte del Signore, chi è l’ombra dello spirito nero? Ah, sono piena di migliaia di domande silenziose, un grido misterioso si insinua di nascosto nelle mie tempie:
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“این شب تاریک” “سایه روح خداوند است” “سایه روحی که آسان میکشد بر دوش” “با رنج بندگان تیره روزش را” آه ... او چه میگوید؟ او چه میگوید؟ خسته و سرگشته و حیران میدوم در راه پرسش های بی پایان
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“Questa notte buia è l’ombra dello spirito di Dio è l’ombra di uno spirito che leggero si fa carico del dolore di servi dai giorni funesti.” Ah, ma cosa dice, cosa dice lei che stremata, perduta, sconvolta rincorre i sentieri delle domande senza fine?
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عُصیان
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RIBELLIONE37
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IN GUISA DI INTRODUZIONE
Ascolta Signore, tu sei stato per noi casa di generazione in generazione. Prima che esistessero i monti e prima che tu creasti la terra e il mondo, dall’inizio e sino all’eterno tu sei Dio. Tu fai ritornare l’essere umano alla polvere e dici: “Ritornate, figli di Adamo!” Perché ai tuoi occhi mille anni sono come il giorno di ieri che è passato, come una veglia durante la notte. Tu li anneghi nell’alluvione, e diventano come un sonno. Al mattino gli uomini sono come l’erba rigogliosa, che cresce e fiorisce, ma a sera è falciata e appassita, perché siamo mortificati dalla tua ira e sconvolti dal tuo furore. Perché ti curi dei nostri peccati e riponi le nostre colpe nella luce del tuo volto, perché tutti i nostri giorni si perdono nel tuo rancore. Procediamo nei nostri anni come se fossero un’illusione. Il tempo delle nostre vite dura settanta anni, e se arriviamo a ottanta, l’orgoglio che ne deriva non è altro che pena effimera, perché una volta giunti al termine voliamo via rapidamente. Chi è che conosce la potenza della tua ira e la misura della tua rabbia in base al timore che tu meriti? Nutri il nostro mattino con la tua misericordia, perché riempiamo di gioia la nostra intera vita. Rendi noi felici in cambio dei giorni da te distrutti e degli anni trascorsi a vivere il male. Rendi salde le azioni delle nostre mani, e fa che l’operato delle nostre mani, sì, perduri. Preghiera di Mosè38 La resurrezione è vicina e la luna si è spaccata. Ma anche se costoro vedessero un miracolo se ne allontanerebbero e direbbero: “Questo è un sortilegio potente!” E smentirono, e le loro passioni 351
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seguirono, ma ogni cosa è fissata. E già sono giunte loro antiche storie piene di moniti. Saggezza penetrante, ma gli ammonitori non giovano. Il giorno in cui il Chiamante li inviterà a cosa orrenda, loro volgeranno Lui le spalle e con gli occhi bassi allora usciranno dai sepolcri come se fossero locuste disperse. In tutta fretta accorreranno verso il Chiamante e i miscredenti diranno: “Questo è un giorno durissimo.” Prima di loro fu il popolo di Noè a smentire. Smentirono il nostro servo e lo dissero pazzo che ha udito cose senza senso. Lui allora invocò il suo Signore, dicendo: “O Signore, io sono sconfitto, vendicati pure.” E spalancammo le porte del cielo ad acqua torrenziale e facemmo sgorgare di fonti la terra intera, e le acque del cielo e della terra si contrarono nella misura prefissata. Noi riponemmo lui in una cosa fatta di tavole di legno e chiodi che scorreva da Noi protetto mentre il diluvio era compenso per i miscredenti, segno da noi lasciato. C’è allora qualcuno che accoglierà il monito? Come furono i tormenti da Me inflitti e il terrore che indussi? C’è allora qualcuno che accoglierà il mio monito? […] Anche gli ‘Ad mi smentirono, e come furono i tormenti da Me inflitti e il terrore che indussi? Mandammo infatti contro di loro un vento glaciale violento, in un giorno di calamità senza fine, che strappava via gli uomini come tronchi di palme divelte. E come furono i tormenti da Me inflitti e il dolore che indussi? C’è allora qualcuno che accoglierà il monito? […] E i Thamud ancora smentiscono gli ammonitori, dicendo: “Dovremmo forse seguire un uomo solo dei nostri? Saremmo certo in folle errore. Come fu solo lui a essere ispirato tra tutti noi, è certo lui un bugiardo insolente.” Domani capiranno chi è il bugiardo insolente, Noi invieremo loro la Cammella come prova, ma tu osservali e attendi paziente. E informali che l’acqua dovrà essere divisa tra loro, e ogni razione d’acqua sarà in presenza della Cammella. Allora essi chiamarono il loro compagno che afferrò il coltello e le tagliò i garretti. E come furono i tormenti da me inflitti e il dolore che indussi? Noi inviammo contro di 352
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essi un grido, ed ecco, si disfecero minutissimi come erba secca. C’è allora qualcuno che accoglierà il monito? E anche il popolo di Lot smentì gli ammonitori. E Noi mandammo contro di loro un vento violento che disperde le pietre, e solo la famiglia di Lot fu risparmiata, sul far dell’aurora. Era una grazia da parte Nostra, ed è così che Noi ricompensiamo chi Ci è grato. Lot li aveva ammoniti del nostro tormento, ma loro discussero il monito, e come codardi gli chiesero che trovassero soddisfazione con i suoi ospiti, e Noi accecammo i loro occhi. Gusta il Mio castigo, il Mio monito. C’è allora qualcuno che accoglierà il monito? […] E il monito giunse anche alla gente del Faraone, ma smentirono tutti i Nostri versetti e li afferrammo della stretta d’un Possente. O dunque i miscredenti tra voi sono forse migliori di quelli? O avete concessioni d’immunità nelle scritture celesti? Oppure essi dicono: “Siamo tanti e ci aiuteremo a vicenda.” Ma presto queste masse saranno sgominate e sfuggiranno la guerra. Anzi, il loro convegno è la resurrezione, e sarà la più triste e amara delle resurrezioni. E i peccatori sono in errore e follia. Un giorno saranno trascinati sul volto della pace e diranno loro: “Gustate il tocco del fuoco.” In verità Noi creammo ogni cosa in stabilita misura. E l’ordine Nostro è unico e solo, come battere di ciglia. E già sterminammo nazioni simili a voi: c’è allora qualcuno che accoglierà il monito? E ogni cosa che hanno fatto è già nelle scritture, e ogni cosa, piccola e grande è segnata con il calamo. I pii saranno presso giardini e ruscelli, in una posizione amatissima, presso un potente Sovrano. Sura della Luna, Il Corano [traduzione adattata dalla versione italiana di Alessandro Bausani]
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بندگی قسمت اول آورد به اضرارم اول به وجود جز حیرتم از حیات چیزی نفزود رفتیم به اکراه و ندانیم چه بود زین آمدن و بودن و رفتن مقصود خیام
برلبانم سایهای از پرسشی مرموز در دلم دردیست بیآرام و هستی سوز راز سرگردانی این روح عاصی را با تو خواهم در میان بگذاردن امروز گرچه از درگاه خود میرانیام ،اما تا من اینجا بنده ،تو آنجا خدا باشی سرگذشت تیرهٔ من سرگذشتی نیست کز سرآغاز و سرانجامش جدا باشی *** نیمه شب گهوارهها آرام میجنبند بیخبر از کوچ دردآلود انسانها دست مرموزی مرا چون زورقی لرزان میکشد پاروزنان در کام توفانها چهرههایی در نگاهم سخت بیگانه خانههایی برفرازش اشک اخترها وحشت زندان و برق حلق ٔه زنجیر داستانهایی ز لطف ایزد یکتا! 354
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S E RV I T Ù ( PA RT E P R I M A ) 3 9
Prima mi costrinse a venire al mondo, poi nulla aggiunse al mio esistere se non stupore: ce ne andammo senza volerlo, e ancora non sappiamo perché venire, essere e poi partire. Khayyam
Sulle mie labbra l’ombra di domanda arcana un dolore nel cuore senza pace, e fiamme: oggi io Ti confido tutto il mistero errante di questo mio spirito ribelle. Sebbene Tu mi allontani dalla soglia – misura del mio essere qui una serva, e Tu, lì, il Signore – il mio destino oscuro non è destino il cui inizio e fine si separino da Te. *** A mezzanotte le culle dondolano tranquille ignare del migrare doloroso della gente: mano di mistero che mi trascini come battello che oscilla alla deriva, nella bocca del ciclone. Smisurata alterità delle facce nel mio sguardo le lacrime degli astri vi aleggiano come case terrore della cella e guizzo degli anelli di catena: mani di grazia del Divino Indivisibile. 355
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سینهٔ سرد زمین و لکههای گور هر سالمیسایه تاریک بدرودی دستهایی خالی و در آسمانی دور زردی خورشید بیمار تب آلودی جستجویی بیسرانجام و تالشی گنگ جادهای ظلمانی و پایی به ره خسته نه نشان آتشی بر قلههای طور نه جوابی از ورای این در بسته *** آه ...آیا نالهام ره میبرد در تو؟ تا زنی بر سنگ جام خودپرستی را یک زمان با من نشینی ،با من خاکی از لب شعرم بنوشی درد هستی را سالها در خویش افسردم ،ولی امروز شعلهسان سر میکشم تا خرمنت سوزم یا خمش سازی خروش بیشکیبم را یا ترا من شیوهای دیگر بیاموزم دانم از درگاه خود میرانیام ،اما تا من اینجا بنده ،تو آنجا ،خدا باشی سرگذشت تیرهٔ من سرگذشتی نیست کز سر آغاز و سرانجامش جدا باشی ***
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Tombe macchiano il petto freddo del terreno, ogni saluto è ombra oscura dell’addio: mani vuote in un cielo lontanissimo pallore febbrile di sole ormai malsano. Ricerca irrisolta, sforzo attonito, sentiero tenebroso, sfinimento nelle gambe, non c’è segno di fiamma sulle alture del Sinai: non una risposta oltre questa porta sigillata. *** Sospiro. Il mio gemito si farà strada dentro Te? Frantumerai poi il cristallo dell’egoismo per sederti accanto a me, creatura terrestre, e sorseggiare dai miei versi il dolore di esistere? Per anni mi sono raggelata, ma oggi come fiamma mi innalzo per bruciare il tuo raccolto, e scegli se estinguere il mio strepito irrequieto oppure lasciare che ti insegni altro corso. Sebbene Tu mi allontani dalla soglia – misura del mio essere qui una serva, e Tu lì, il Signore – il mio destino oscuro non è destino il cui inizio e fine si separino da Te. ***
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چیستم من؟ زادهٔ یک شام لذتبار ناشناسی پیش میراند در این راهم روزگاری پیکری بر پیکری پیچید من به دنیا آمدم بیآنکه خود خواهم کی رهایم کردهای تا با دوچشم باز برگزینم قالبی خود از برای خویش؟ تا دهم بر هرکه خواهم نام مادر را خود به آزادی نهم در راه پای خویش من به دنیا آمدم تا در جهان تو حاصل پیوند سوزان دو تن باشم پیش از آن کی آشنا بودیم ما با هم؟ من به دنیا آمدم بی آن که “من” باشم روزها رفتند و در چشمم سیاهی ریخت ظلمت شبهای کور دیرپای تو روزها رفتند و آن آوای الالیی مرد و پر شد گوشهایم از صدای تو “کودکی” همچون پرستوهای رنگین بال رو بسوی آسمانهای دگر پر زد نطفهٔ اندیشه در مغزم بخود جنبید میهمانی بیخبر انگشت بر در زد میدویدم در بیابانهای وهم انگیز مینشستم در کنار چشمهها سرمست میشکستم شاخههای راز را ،اما از تن این بوته هر دم شاخهای میرست
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Ma cosa sono io, generata una sera da cascate di piacere uno sconosciuto mi guidava in questo senso, ora delle membra che si legano alle membra: per poi nascere senza neanche volerlo. Ma dimmi: quando mi hai liberata? Io allora a occhi aperti sceglierò da me, per me, una forma, perché io chiami madre quel che voglio madre e liberamente mi incammini per la mia via. Io fui generata perché nel Tuo mondo diventassi il frutto del legame bruciante tra due corpi. Prima di allora come potevamo noi conoscerci? Io venni al mondo senza che io fossi io. Trascorrere dei giorni, ho nerezza profusa negli occhi: il buio delle Tue notti cieche senza indugio. Trascorrere dei giorni, e quel canto della nenia estinto: e io ricolma delle Tue voci nella testa. Infanzia, come rondine dalle ali variopinte, prese il volo su per altri cieli, lo sperma del pensiero mi si rapprese dentro, le dita di un ospite inatteso batterono alla porta. Correvo per deserti allucinati, inebriata mi chinavo sul lato delle fonti. E spezzavo i rami del mistero, eppure, dal tronco di questo arbusto, spuntavano verdi ramoscelli.
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راه من تا دور دست دشتها میرفت من شناور در شط اندیشههای خویش میخزیدم در دل امواج سرگردان میگسستم بند ظلمت را ز پای خویش عاقبت روزی ز خود آرام پرسیدم چیستم من؟ از کجا آغاز مییابم؟ گر سرا پا نور گرم زندگی هستم از کدامین آسمان راز میتابم؟ از چه میاندیشم اینسان روز و شب خاموش؟ دانهٔ اندیشه را در من که افشانده است؟ چنگ در دست من و من چنگی مغرور یا به دامانم کسی این چنگ بنشاندهاست؟ گر نبودم یا به دنیای دگر بودم باز آیا قدرت اندیشهام میبود؟ باز آیا میتوانستم که ره یابم در معماهای این دنیای رازآلود؟ ترس ترسان در پی آن پاسخ مرموز سر نهادم در رهی تاریک و پیچاپیچ سایه افکندی بر آن “پایان” و دانستم پای تا سر هیچ هستم ،هیچ هستم ،هیچ سایه افکندی بر آن “پایان” و در دستت ریسمانی بود و آن سویش به گردنها میکشیدی خلق را در کوره راه عمر چشمهاشان خیره در تصویر آن دنیا
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Il mio percorso abbracciava pianure lontane, galleggiavo per il delta dei miei pensieri, mi immegevo nel ventre delle onde impazzite, liberavo le mie gambe dai lacci dell’oscuro. E infine un giorno, con calma, mi chiesi: ma cosa sono io, da dove è che ho inizio? Se io sono da testa a piedi luce calda di vita da quale cielo di mistero io splendo? Ma a cosa penso nel mio silenzio notte e giorno? Chi depose in me il seme del pensare? E questa cetra nelle mie mani è vanagloria oppure fu qualcuno a offrirmi queste corde? Se io non fossi o se fossi d’altro mondo avrei comunque la facoltà del pensiero? Potrei comunque farmi strada tra gli enigmi di questo universo arcano? Inseguendo spaventata la domanda misteriosa mi addentrai per i tornanti di quel sentiero oscuro: proiettasti ombra su quella Fine, e sapevo bene che da testa a piedi sono nulla, sono nulla, nulla. Gettavi l’ombra su quella “fine”, ma nelle mani stringevi un cappio legato al collo trascinavi il popolo nel crogiolo della vita, i loro occhi fissavano immagini dell’altro mondo.
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میکشیدی خلق را در راه و میخواندی: آتش دوزخ نصیب کفر گویان باد هر که شیطان را به جایم بر گزیند او آتش دوزخ بجانش سخت سوزان باد *** خویش راآینهای دیدم تهی از خویش هر زمان نقشی در آن افتد به دست تو گاه نقش قدرتت ،گه نقش بیدادت گاه نقش دیدگان خودپرست تو گوسپندی در میان گله سرگردان آنکه چوپانست ،ره بر گرگ بگشوده! آنکه چوپانست ،خود سرمست از این بازی میزده در گوشهای آرام آسوده میکشیدی خلق را در راه و میخواندی: آتش دوزخ نصیب کفرگویان باد هر که شیطان را به جایم برگزیند ،او آتش دوزخ به جانش سخت سوزان باد *** آفریدی خود تو این شیطان ملعون را عاصیش کردی و او را سوی ما راندی این تو بودی ،این تو بودی کز یکی شعله دیوی اینسان ساختی ،در راه بنشاندی مهلتش دادی که تا دنیا به جا باشد با سرانگشتان شومش آتش افروزد 362
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Trascinavi il popolo per la via, declamando: “Che le fiamme dell’inferno accolgano i miscredenti e chiunque scelga Satana al posto mio senta nell’anima il bruciare degli inferi.” *** Mi vidi specchio avulso da se stesso, non vedevo immagine se non la tua immagine, specchio del tuo potere o tirannia, oppure immagine dei Tuoi occhi rapiti da te stesso. Agnello smarrito in mezzo al gregge pastore che lo spinge verso il lupo; pastore che lo colpisce, inebriato dal gioco, percuotendolo in un angolo solitario. Trascinavi il popolo per la via, declamando: “Che le fiamme dell’inferno accolgano i miscredenti e chiunque scelga Satana al posto mio senta nell’anima il bruciare degli inferi.” *** Ma proprio Tu creasti questo Satana maledetto facesti di lui un ribelle per poi guidarlo verso noi. Sì, Tu fosti, questo fosti, che da una sola fiamma40 forgiasti un demone da porre sulla via. Nella tregua che gli offristi, finché c’è mondo, le sue dita nefaste, libere di spargere fuoco:41 363
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لذتی وحشی شود در بستری خاموش بوسه گردد بر لبانی کز عطش سوزد هر چه زیبا بود بی رحمانه بخشیدیش شعر شد ،فریاد شد ،عشق و جوانی شد عطر گلها شد ،به روی دشتها پاشید رنگ دنیا شد ،فریب زندگانی شد موج شد بر دامن مواج رقاصان آتش میشد درون خم به جوش آمد آنچنان در جان میخواران خروش افکند تا ز هر ویرانه بانگ نوش نوش آمد نغمه شد ،در پنجۀ چنگی به خود پیچید لرزه شد ،بر سینههای سیمگون افتاد خنده شد ،دندان مه رویان نمایان کرد عکس ساقی شد به جام واژگون افتاد سحر آوازش در این شبهای ظلمانی هادی گم کرده راهان در بیابان شد بانگ پایش در دل محرابها رقصید برق چشمانش چراغ رهنوردان شد هر چه زیبا بود ،بیرحمانه بخشیدیش در ره زیبا پرستانش رها کردی آنگه از فریادهای خشم و قهر خویش گنبد مینای ما را پر صدا کردی چشم ما لبریز از آن تصویر افسونی ما بپای افتاده در راه سجود تو
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lussuria animale accesa nel giaciglio estinto fatta baci sulle labbra che riardono nel fuoco. Spietatamente gli concedesti ogni bellezza: si fece verso, urlo, poi amore e giovinezza, fragranza di rose che aleggia per le piane, si fece sfumatura, poi illusione di vita. Si fece onda sulle vesti ondulate di chi danza, si fece fuoco che ribolle nel ventre delle botti e quando scatena tumulto nell’animo dei bevitori da ogni taverna si leva il clamore nero degli sbronzi. Si fece melodia che scivola nel vibrato delle corde si fece palpito dentro ai petti di argenteo marmo si fece sorriso che schiude i denti di solari volti poi riflesso del coppiere nella coppa capovolta. La magia della sua voce nelle notti più oscure si fece guida per chi smarrì la via nel deserto. Il tonfo dei suoi passi danzava nel cuore degli altari, il guizzo dei suoi occhi si fece fiaccola per i pellegrini. Spietatamente gli concedesti ogni bellezza: lo scatenasti sul cammino di chi bellezza venera e solo allora riempisti la nostra volta di cobalto con gli strepiti del Tuo furore di vendetta. Colmasti i nostri occhi con immagini d’incanto, noi caduti in ginocchio per prostrarci a Te,
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رنگ خون گیرد دمادم در نظرهامان سرگذشت تیرهٔ قوم “ثمود‟ تو خود نشستی تا بر آنها چیره شد آنگاه چون گیاهی خشک کردیشان ز توفانی تندباد خشم تو بر قوم “لوط‟ آمد سوختیشان ،سوختی با برق سوزانی *** وای از این بازی ،از این بازی درد آلود از چه ما را اینچنین بازیچه میسازی؟ رشته تسبیح و در دست تو میچرخیم گرم میچرخانی و بیهوده میتازی چشم ما تا در دو چشم زندگی افتاد با “خطا” این لفظ مبهم آشنا گشتیم تو خطا را آفریدی ،او به خود جنبید تاخت بر ما ،عاقبت نفس خطا گشتیم گر تو با ما بودی و لطف تو با ما بود هیچ شیطان را به ما مهری و راهی بود؟ هیچ در این روح طغیان کردۀ عاصی زو نشانی بود ،یا آوای پایی بود؟ تو من و ما را پیاپی میکشی در گور تا بگویی میتوانی اینچنین باشی تا من و ما جلوه گاه قدرتت باشیم بر سر ما پتک سرد آهنین باشی *** 366
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di sangue intriso poco a poco il colore degli sguardi: questo fu il destino cupo delle genti di Thamud.42 Calasti su di loro finché non li lasciasti attoniti con la bufera li rendesti come piante aride l’uragano della Tua furia si scagliò contro Sodoma: li bruciasti, li bruciasti con il lampo che riarde. *** Maledetto sia questo Tuo trastullo, giocare col dolore, cosa farai di noi, mentre trovi svago in questa sorte? Ruotiamo in mano tua mentre gira lo spago del rosario e invano procedi con l’assalto. Appena i nostri occhi calarono negli occhi della vita ci facemmo avvezzi all’ambigua parola dell’Errore: creasti Tu l’errore, che all’improvviso ci prende e assale, fino a fare di noi stessi errore. Se Tu ci accompagnassi, baciati dalla tua grazia, nessun Satana potrebbe mai indurci in tentazione non avremmo traccia di rivolta o eco di alcun passo in questo spirito ribelle. Trascini passo a passo tutti noi, e me, nella tomba, per dire: “Questo è quello che sarete.” Il Tuo potere intero si manifesta in me e in noi, sulla nostra testa batte il martello freddo del metallo. *** 367
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چیست این شیطان از درگاهها رانده؟ در سرای خامش ما میهمان مانده بر اثیر پیکر سوزندهاش دستی عطر لذتهای دنیا را بیافشانده چیست او؟ جز آن چه تو میخواستی باشد تیره روحی ،تیره جانی ،تیره بنیانی تیره لبخندی بر آن لبهای بیلبخند تیره آغازی ،خدایا ،تیره پایانی میل او کی مایۀ این هستی تلخ است؟ رأی او را کی از او در کار پرسیدی؟ گر رهایش کرده بودی تا بخود باشد هرگز از او در جهان نقشی نمیدیدی ای بسا شبها که در خواب من آمد او چشمهایش چشمههای اشک و خون بودند سخت مینالیدند و میدیدم که بر لبهاش ناله هایش خالی از رنگ و فسون بودند شرمگین زین نام ننگ آلودۀ رسوا گوشه یی میجست تا از خود رها گردد پیکرش رنگ پلیدی بود و او گریان قدرتی میخواست تا از خود جدا گردد ای بسا شب ها که با من گفتگو میکرد گوش من گویی هنوز از ناله لبریز است: شیطان :تف بر این هستی ،بر این هستی دردآلود تف بر این هستی که اینسان نفرت انگیزست
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Ma chi è questo Satana cacciato dalle soglie ancora ospite dei nostri palazzi silenziosi? Una mano che ricopre l’etere bruciante del suo corpo con il profumo del mondo e i suoi piaceri. Ma cosa è lui se non quel che Tu volesti fosse? Spirito oscuro, animo oscuro, fondazione oscura sorriso oscuro su quelle labbra serie e inerti, principio oscuro, Dio mio, oscura fine. Come poteva il suo desiderio farsi fonte di questa vita amara? Quale avviso gli chiedesti? Se Tu lo avessi lasciato in pace a se stesso la sua traccia non sarebbe mai apparsa al mondo. Quante notti apparve lui nel mio sonno, i suoi occhi fonti di sangue e lacrime, gemeva forte e vedevo come sulle labbra i suoi lamenti erano privi di ogni sortilegio. Svergognato dal disonore dell’infamia cercava rifugio per fuggire da se stesso. Le sue membra fatte esangui nelle lacrime cercava forza per distaccarsi da se stesso. Quante notti con me trascorse nei sussurri, la mia testa è ancora colma del suo pianto: sputo sopra questo esistere, questo essere nel dolore, sputo sopra questa vita abominevole.
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خالق من او ،و او هر دم به گوش خلق از چه میگوید چنان بودم ،چنین باشم؟ من اگر شیطان مکارم ،گناهم چیست؟ او نمیخواهد که من چیزی جز این باشم! دوزخش در آرزوی طعمهای میسوخت دام صیادی به دستم داد و رامم کرد تا هزاران طعمه در دام افکنم ،ناگاه عالمیرا پرخروش از بانگ نامم کرد دوزخش در آرزوی طعمهای میسوخت منتظر برپا ،ملکهای عذاب او نیزههای آتشین و خیمههای دود تشن ٔه قربانیان بیحساب او میوه تلخ درخت وحشی “زقوم‟ ٔ همچنان بر شاخه ها افتاده بی حاصل آن شراب از حمیم دوزخ آغشته نازده کس را شرار تازهای در دل دوزخش از ضجههای درد خالی بود دوزخش بیهوده میتابید و میافروخت تا به این بیهودگی رنگ دگر بخشد او به من رسم فریب خلق را آموخت من چه هستم؟ خود سیه روزی که بر پایش بندهای سرنوشتی تیره پیچیده ای مریدان من ،ای گمگشتگان راه راه ما را او گزیده ،نیک سنجیده!
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Il mio creatore cosa dice ogni istante, sussurrando alle orecchie della gente sul mio conto ieri come oggi? Che colpa ho io di essere il Satana che inganna? Non voleva forse che io non fossi altro che questo? Gli inferi bruciavano perché Lui trovasse una preda, tese per me una trappola per potermi catturare così che io potessi intrappolare mille prede e poi spargere nel mondo il grido della mia infamia. Gli inferi brucivano perché Lui trovasse una preda, pronti in attesa tutti gli angeli del suo tormento: spade infuocate e cortine dense di fumo assetato delle sue vittime innumerevoli. La bacca amara dell’euforbia selvatica, Zaqqum43 permane sui rami senza che il frutto maturi e il vino che ribolle nel fondo degli inferi44 non ha sparso alcuna nuova fiamma nei cuori. Il suo inferno era privo di lamenti di dolore, contorceva e accendeva invano il suo inferno perché tingesse d’altro senso questa vanità, insegnò a me la regola dell’inganno umano. Ma cosa sono io se non uno sventurato i cui piedi caddero nel laccio nero del destino? O miei fedeli, o voi smarriti per la via fu lui a scegliere con cura il nostro cammino.
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ای مریدان من ،ای گمگشتگان راه راه ،راهی نیست تا راهی به او جوییم! تا به کی در جستجوی راه میکوشید؟ راه ناپیداست ،ما خود راهی اوییم ای مریدان من ،ای نفرین او بر ما ای مریدان من ،ای فریاد ما از او ای همه بیداد او ،بیداد او بر ما ای سراپا خندههای شاد ما از او ما نه دریاییم تا خود موج خود گردیم ما نه توفانیم تا خود خشم خود باشیم ما که از چشمان او بیهوده افتادیم از چه میکوشیم تا خود چشم خود باشیم؟ ما نه آغوشیم ،تا از خویشتن سوزیم ما نه آوازیم تا از خویشتن لرزیم ما نه “ما‟ هستیم تا بر ما گنه باشد ما نه “او‟ هستیم تا از خویشتن ترسیم ما اگر در دام ناافتاده میرفتیم دام خود را با فریبی تازه میگسترد او برای دوزخ تبد از سوزانش طعمههایی تازه در هر لحظه میپرورد ای مریدان من ،ای گمگشتگان راه من خود از این نام ننگ آلوده بیزارم گر چه او کوشیده تا خوابم کند ،اما منکه شیطانم ،دریغا سخت بیدارم! *** 372
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O miei fedeli, o voi smarriti per la via, non è vera via la via che conduce a Lui. Fino a quando cercherete la via a ogni costo? Non c’è via, siamo solo viandanti che lo servono. O miei fedeli, è su di noi la Sua maledizione, o miei fedeli, per Lui urliamo insieme tutta l’ingiustizia, su di noi la Sua ingiustizia, tutto il nostro sorridere procede solo da Lui. Non siamo mare che produca onda propria non siamo tempesta che coltivi la propria rabbia noi che cademmo dai Suoi occhi vanamente perché farci occhi dei nostri stessi occhi? Non siamo abbraccio che possa in sé bruciare non siamo voce che possa tremare per se stessa non siamo noi tanto da fare nostro il peccato non siamo Lui tanto da temere noi stessi. Se avessimo proceduto senza tentazioni avrebbe teso trappole con nuovi sortilegi, al laccio di nuova tentazone ci avrebbe condotto portadoci alle bocche dell’inferno. O fedeli miei, voi che smarriste la via, disprezzo ormai l’infamia del mio nome e sebbene Lui tenti di assopire questo corpo sono desto ormai e Satana è il mio nome. *** 373
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ای بسا شبها که من با او در آن ظلمت اشک باریدم ،پیاپی اشک باریدم ای بسا شبها که من لبهای شیطان را چون ز گفتن مانده بود ،آرام بوسیدم ای بسا شبها که بر آن چهرۀ پرچین دست هایم با نوازش ها فرود آمد ای بسا شب ها که تا آوای او برخاست زانوانم بی تأمل در سجود آمد ای بسا شب ها که او از آن ردای سرخ آرزو میکرد تا یکدم برون باشد آرزو میکرد تا روح صفا گردد نی خدای نیمیاز دنیای دون باشد *** بارالها ،حاصل این خود پرستی چیست؟ “ما که خود افتادگان زار مسکینیم‟ ما که جز نقش تو در هر کار و هر پندار نقش دستی ،نقش جادویی نمیبینیم ساختی دنیای خاکی را و میدانی پای تا سر جز سرابی ،جز فریبی نیست ما عروسکها ،و دستان تو دربازی کفر ما ،عصیان ما ،چیز غریبی نیست شکر گفتی گفتنت ،شکر ترا گفتیم لیک دیگر تا به کی شکر ترا گوییم؟ راه میبندی و میخندی به ره پویان در کجا هستی ،کجا تا در تو ره جوییم؟ 374
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Oh, quante notti trascorsi con lui nelle tenebre piangendo sconsolata lacrime su lacrime. Oh quante notti ho baciato in silenzio le labbra di Satana quando il suo dire era interrotto. Oh quante notti su quel volto raggrinzito sono calate carezze da queste mie mani, oh quante notti, nell’elevarsi della sua voce, le mie cosce crollarono inconsce. Oh quante notti desiderò disfarsi di quel mantello scarlatto, nella volontà di farsi spirito purissimo e poi diventare di metà di questo basso mondo il Signore. *** Oh Dio mio, qual è il frutto di tanta vanagloria? “Siamo noi i poveri caduti di disgrazia.” In ogni pensiero e azione, se non il Tuo sigillo, non baciamo sigillo d’altra mano o sortilegio. Creasti questo mondo terreno sapendo che tutto intorno a noi non è che miraggio, malia, incanto. Noi bambole nel tuo gioco di prestigio: ed eccoti la nostra blasfemia, la nostra ribellione. Per grazia da Te indotta Ti rendemmo grazie, ma fino a quando dovremo ringraziarTi? Poni ostacoli sulla via dei pellegrini, ma dove sei, dove possiamo sfiorarTi? 375
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ما که چون مومیبهدستت شکل میگیریم پس دگر افسانه روز قیامت چیست؟ پس چرا در کام دوزخ سخت میسوزیم؟ این عذاب تلخ و این رنج ندامت چیست؟ این جهان خود دوزخی گردیده بس سوزان سر به سر آتش ،سراپا نالههای درد بس غل و زنجیرهای تفته بر پا ها از غبار جسمها ،خیزنده دودی سرد خشک و تر با هم میان شعله ها در سوز خرقه پوش زاهد و رند خراباتی میفروش بیدل و میخوره سرمست ساقی روشنگر و پیر سماواتی این جهان خود دوزخی گردیده بس سوزان باز آنجا دوزخی در انتظار ماست بی پناهانیم و دوزخبان سنگین دل هر زمان گوید :که در هر کار یار ماست! یاد باد آن پیر فرخرای فرخ پی آن که از بخت سیاهش نام “شیطان‟ بود آن که در کار تو و عدل تو حیران بود هر چه او میگفت ،دانستم ،نه جز آن بود این منم آن بندۀ عاصی که نامم را دست تو با زیور این گفتهها آراست وای بر من ،وای بر عصیان و طغیانم گر بگویم ،یا نگویم ،جای من آنجاست
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Noi, plasmati come cera in mano Tua, perché dovremmo credere al giorno del giudizio? Perché bruciare nelle fiamme dell’inferno? Perché queste pene amare e il tormento del pentirsi? Questo mondo da tempo fatto inferno che s’infiamma, da cima a fondo fuoco, immerso in urla di dolore. Catene e ceppi stretti alle caviglie, fumo gelido che aleggia sulla polvere dei corpi. Riardendo insieme nelle fiamme l’arido e l’intriso il mistico in ascesi brucia con il ribelle libertino ardono lo scorato vinaiolo e l’ubriacone il coppiere illuminato e il maestro celestiale. Questo mondo da tempo fatto inferno che s’infiamma eppure nell’oltre è altro inferno che ci attende, noi senza alcun rifugio, mentre spietato il Guardiano degli inferi ci confessa il suo sostegno! Alla memoria di quel maestro di gloriose e sagge gesta il cui nome, Satana, lo trasse nel destino oscuro, turbato dal tuo operato, dalla tua “giustizia”, sapevo bene che era vero tutto quello che mi disse. E questa sono io, serva ribelle il cui nome la Tua mano adorna con questa scrittura, oh misera me, miseria sulla mia ribellione sediziosa: che io parli o taccia, conosco il mio destino.
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باز در روز قیامت بر من ناچیز خرده میگیری که روزی کفر گو بودم در ترازو مینهی بار گناهم را تا بگویی سرکش و تاریکخو بودم کفهای لبریز از بار گناه من کفۀ دیگر چه؟ میپرسم خداوندا چیست میزان تو در این سنجش مرموز؟ میل دل یا سنگهای تیرۀ صحرا؟! خود چه آسانست در آن روز هولانگیز روی در روی تو ،از “خود‟ گفتگو کردن آبرویی را که هر دم میبری از خلق در ترازوی تو ،ناگه جستجو کردن! در کتابی ،یا که خوابی ،خود نمیدانم نقشی از آن بارگاه کبریا دیدم تو به کار داوری مشغول و صد افسوس در ترازویت ریا دیدم ،ریا دیدم خشم کن ،اما ز فردایم مپرهیزان من که فردا خاک خواهم شد ،چه پرهیزی خوب میدانم سر انجامم چه خواهد بود تو گرسنه ،من خدایا ،صید ناچیزی! تو گرسنه ،دوزخ آنجا کام بگشوده مارهای زهرآگین ،تک درختانش از دم آنها فضا ها تیره و مسموم آب چرکینی شراب تلخ و سوزانش
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E so che nel giorno del giudizio riprenderai le parole blasfeme di questa sventurata e porrai sulla bilancia il peso dei miei peccati per poi chiamarmi indocile snaturata. Un piatto dove pesano i miei peccati ma cosa c’è nell’altro piatto, chiedo a Te, mio Dio? Quale bilancia usi per questo giudizio misterioso? Il desiderio del cuore o le pietre nere del deserto? Quanto facile sarà quel giorno di terrore parlarti faccia a faccia di quello che io sono e cercare d’improvviso nel Tuo piatto il pudore che strappi dalla gente. Non ricordo se in un libro oppure in sogno vidi immagini del glorioso soglio, Ti vidi immerso nel lavoro del giudizio: non vidi altro che impostura e inganno nella scala. Infuriati pure, ma non lanciarmi nel timore del domani, perché temere il domani quando io sarò polvere? Conosco bene il corso del mio destino: Tu affamato Dio, e io preda da nulla. Tu hai fame, l’inferno spalanca la sua bocca, i suoi radi alberi sono serpi velenose. Gli spazi fatti oscuri e tossici dal suo alito,45 il vino suo bruciante e amaro è acqua resa melma.
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در پس دیوارهایی سخت پا برجا “هاویه‟ آن آخرین گودال آتشها خویش را گسترده تا ناگه فرا گیرد جسمهای خاکی و بی حاصل ما را *** کاش هستی را به ما هرگز نمیدادی یا چو دادی ،هستی ما هستی ما بود میچشیدیم این شراب ارغوانی را نیستی آنگه خمار مستی ما بود سال ها ما آدمکها بندگان تو با هزاران نغمۀ ساز تو رقصیدیم عاقبت هم ز آتش خشم تو میسوزیم معنی عدل تو را هم خوب فهمیدیم تا تو را ما تیرهروزان دادگر خوانیم چهر خود را در حریر مهر پوشاندی از بهشتی ساختی افسانهای مرموز نسیه دادی ،نقد عمر از خلق بستاندی گرم از هستی ،ز هستیها حذر کردند سالها رخساره بر سجاده ساییدند از تو نامی بر لب و در عالم رؤیا جامیاز می،چهرهای زان حوریان دیدند هم شکستی ساغر “امروزهاشان‟ را هم به “فرداهایشان‟ با کینه خندیدی گور خود گشتند و ای باران رحمتها قرن ها بگذشت و بر آنان نباریدی 380
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Oltre le mura che si ergono solide Havia,46 estrema fossa dei fuochi ultimi, si espande a dismisura per accogliere i nostri corpi di fango inconcludente. *** Se solo Tu non avessi mai donato a noi la vita o se, donatala, fosse nostro questo nostro esistere. Avremmo bevuto questo vino scarlatto e goduto poi l’ebbrezza del non essere. Per anni noi marionette umane al Tuo servizio nel balletto di mille melodie da Te accordate per poi bruciare infine nel fuoco del Tuo rancore: adesso capiamo il senso della tua giustizia. Perché noi sciagurati Ti chiamassimo il Giusto Dio velasti i nostri volti con la seta dell’affetto, rendesti l’Eden promessa d’incanto misterioso, reso credito, sottraesti vita ai figli Tuoi. Eccitati dall’esistere, rinunciarono all’esistenza per anni strofinando al suolo la fronte prosternati: il Tuo nome sulle labbra, mentre in sogno anelavano il vino delle coppe e il volto di vergini celestiali. Frantumasti il calice dei loro esserci nell’oggi, odiando ti facesti gioco dei loro domani. Sepolcri di se stessi nell’attesa, o Pioggia di Grazia, trascorsi i secoli, la Tua acqua non li bagna. 381
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*** از چه میگویی حرامست این میگلگون؟ در بهشت جویها از میروان باشد هدیۀ پرهیزکاران عاقبت آنجا حورییی از حوریان آسمان باشد میفریبی هر نفس ما را به افسونی میکشانی هر زمان ما را به دریایی در سیاهیهای این زندان میافروزی گاه از باغ بهشتت شمع رؤیایی ما اگر در این جهان بی در و پیکر خویش را در ساغری سوزان رها کردیم بارالها ،باز هم دست تو در کار است! از چه میگویی که کاری ناروا کردیم؟ در کنار چشمههای سلسبیل تو ما نمیخواهیم آن خواب طالیی را سایههای سدر و طوبی ز آن خوبان باد بر تو بخشیدیم این لطف خدایی را حافظ ،آن پیری که دریا بود و دنیا بود بر “جوی‟ بفروخت این باغ بهشتی را من که باشم تا به جامینگذرم از آن؟ تو بزن بر نام شومم داغ زشتی را *** چیست این افسانۀ رنگین عطرآلود؟ چیست این رؤیای جادوبار سحرآمیز؟ 382
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*** Perché proibisci questo vino cremisi come una rosa se in paradiso ne scorrono ruscelli in piena?47 E lì una vergine sarà il dono ultimo per gli austeri, fra tutte le vergini del cielo.48 A ogni respiro ci seduci con tranelli ci trascini ogni istante verso nuove sponde e nelle tenebre di questa prigione accendi poi la fiamma onirica di paradisiaci giardini. Se in questo mondo sconquassato noi ci fossimo arresi all’ardore dell’ebbrezza non sarebbe stato altro che l’esito del Tuo volere, e allora, o Dio, perché punirci? Sulle sponde delle fonti del tuo Salsabil49 non desideriamo quel sogno dorato, che le fronde del sublime Loto dell’Oltre50 sfiorino i devoti: noi cedemmo a Te la Grazia. Hāfez, quel saggio che era mare e mondo, svendette per un grano questo giardino eterno. Chi sono io per non trarne vino in cambio? Imprimi il segno di vergnogna al mio nefasto nome. *** Ma cosa è questa favola intrisa di fragranze? Cosa è questo sogno che trabocca di magia? 383
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کیستند این حوریان ،این خوشههای نور؟ جامههاشان از حریر نازک پرهیز کوزهها در دست و بر آن ساقهای نرم لرزش موج خیال انگیز دامانها میخرامند از دری بر درگهی آرام سینههاشان خفته در آغوش مرجانها آبها پاکیزهتر از قطرههای اشک نهرها بر سبزههای تازه لغزیده میوهها چون دانههای روشن یاقوت گاه چیده ،گاه بر هر شاخه ناچیده سبز خطانی سرا پا لطف و زیبایی ساقیان بزم و رهزنهای گنج دل حسنشان جاوید و چشمان بهشتیها گاه بر آنان گهی بر حوریان مایل قصرها ،دیوارهاشان مرمر مواج تختها ،بر پایه هایش دانۀ الماس پردهها ،چون بالهایی از حریر سبز از فضاها میترواد عطر تند یاس *** ما در اینجا خاک پای باده و معشوق ناممان میخوارگان راندۀ رسوا تو در آندنیا میو معشوق میبخشی مؤمنان بیگناه پارسا خو را
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Chi sono queste vergini, questi grappoli di luce, avvolte da vesti di fine seta e di pietà? Avanzano eleganti di soglia in soglia con seni assopiti nell’abbraccio dei coralli, reggendo brocche nel fruscio incantevole delle vesti sulle loro cosce delicate. Acque purissime, più pure delle lacrime, rivi che attraversano freschissime radure, frutti come radiosi grani di rubino, ora da mano colti, ora sospesi sui rami. Ragazzi dalla fine barba abbracciati da bellezza51 coppieri del convivio eternamente splendidi, si posano ora su di loro ora sulle vergini gli sguardi di chi dimora in paradiso. Marmo ondulato sulle mura dei castelli alcove tempestate da pietre di diamante cortine come ali di seta verdeggiante l’aria fragrante intrisa di pungente gelsomino. *** E noi qui giù, devoti al vino e all’amore, nomea di bevitori, infamati da vergogna, mentre lassù elargisci vino e amati ai fedeli senza peccato e senza macchia.
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آن “گناه‟ تلخ وسوزانی که در راهش جان ما را شوق وصلی و شتابی بود در بهشتت ناگهان نام دگر بگرفت در بهشتت بارالها ،خود ثوابی بود! هر چه داریم از تو داریم ،ای که خود گفتی: مهر من دریا و خشمم همچو طوفان است هر که را من خواهم او را تیره دل سازم هر که را من برگزینم ،پاک دامانست پس دگر ما را چه حاصل زین عبث کوشش تا درون غرفههای عاج ره یابیم یا برانی یا بخوانی ،میل میل تست ما ز فرمانت خدایا رخ نمیتابیم *** تو چه هستی؟ ای همه هستی ما از تو تو چه هستی؟ جز دو دست گرم در بازی دیگران! در کار گل مشغول و تو در گل میدمی تا بندۀ سر گشته ای سازی تو چه هستی ،ای همه هستی ما از تو؟ جز یکی سدی به راه جستجوی ما گاه در چنگال خشمت میفشاریمان گاه میآیی و میخندی بروی ما تو چه هستی؟ بندۀ نام و جالل خویش دیده در آیینۀ دنیا جمال خویش هر دم این آیینه را گردانده تا بهتر بنگری در جلوههای بی زوال خویش 386
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Quel peccato amaro e bruciante per il quale la nostra anima smaniava presa da passione ora in paradiso cambia segno e nome, Dio, il peccato diventa opera di devozione. Quel che possediamo è a Te dovuto, dicesti: il mio amore è mare, tempesta la mia collera oscurerò il cuore di chiunque io desideri52 e ai miei prescelti lascerò la veste intonsa. Quale frutto allora ricaviamo dallo sforzo vano di spingerci nei penetrali d’avorio: se Tu ci allontani o inviti, la scelta è Tua, potremmo mai, o Dio, sfuggire al Tuo decreto? *** Ma cosa sei Tu, da cui viene tutto il nostro essere? Cosa sei Tu se non due mani dedite al trastullo? Sprofondiamo nel pantano mentre Tu soffi nell’argilla per attirare i tuoi errabondi servitori. Ma cosa sei Tu, da cui viene tutto il nostro essere? Sei argine sul cammino del nostro cercarti prima ci stringi nella presa della tua collera poi ritorni per farti beffa di noi tutti. Ma cosa sei Tu, servo del tuo nome e gloria? Vedesti il Tuo splendore nello specchio del mondo e ora volgi a ogni istante questo specchio per meglio contemplare la Tua epifania imperitura. 387
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برق چشمان سرابی ،رنگ نیرنگی شیرۀ شبهای شومی ،ظلمت گوری شاید آن خفاش پیر خفته ای کز خشم تشنۀ سرخی خونی ،دشمن نوری خود پرستی تو ،خدایا ،خود پرستی تو کفر میگویم ،تو خارم کن ،تو خاکم کن با هزاران ننگ آلودی مرا اما گر خدایی ،در دلم بنشین و پاکم کن لحظه ای بگذر ز ما ،بگذار خود باشیم بعد از آن ما رابسوزان تا ز“خود‟ سوزیم بعد از آن یا اشک ،یا لبخند ،یا فریاد فرصتی ،تا توشۀ ره را بیندوزیم
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Sei il guizzo che illumina il miraggio, colore del tranello, succo delle notti nere, tenebra della fossa, sei forse quel vecchio pipistrello assetato del rosso del sangue, nemico della luce. Veneri Te stesso, Dio, Te stesso adori, ecco che bestemmio: umiliami, fammi polvere, mi macchiasti con mille vergogne, eppure se Dio Tu sei, penetra il mio cuore e fammi pura. Risparmiaci per un momento, lasciaci essere noi e poi facci ardere, perché bruciamo di noi stessi, e infine lacrime risa o urla saranno occasione per farne viatico del nostro proseguire.
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خدایی (قسمت دوم) گر بر فلکم دست بدی چون یزدان برداشتمی من این فلک را ز میان از نو فلک دگر چنان ساختمی کازاده به کام دل رسیدی آسان "خیام"
نیمهشب گهوارهها آرام میجنبند بیخبر از کوچ دردآلود انسانها باز هم دستی مرا چون زورقی لرزان میکشد پاروزنان در کام توفانها چهرههایی در نگاهم سخت بیگانه خانههایی بر فرازش اشک اخترها وحشت زندان و برق حلق ٔه زنجیر داستانهایی ز لطف ایزد یکتا ! سین ٔه سرد زمین لکههای گور هر سالمیسایهٔ تاریک بدرودی دستهایی خالی و در آسمانی دور زردی خورشید بیمار تبآلودی جستجوی بیسرانجام و تالشی گنگ جادهای ظلمانی و پایی به ره خسته نه نشان آتشی بر قلههای طور نه جوابی از ورای این در بسته
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DELLE COSE DIVINE ( PA RT E S E C O N DA )
Se io come il Signore potessi posare le mani sul destino del cielo porterei ogni astro via dal mondo. Costruirei un nuovo firmamento, pronto a far felice un nobile cuore. Khayyām
A mezzanotte le culle dondolano tranquille ignare dell’emigrare doloroso della gente, intanto una mano come barca che vacilla mi trascina a capofitto nel petto del ciclone. Volti estranei fissati nel mio sguardo case sorvolate dalle lacrime degli astri di prigionia l’orrore e il bagliore di catene storie della grazia del Dio unico. Il petto gelido del terreno, i segni delle fosse ogni saluto è ombra di un addio, mani vuote, e in un cielo distante il pallore di un sole malsano di febbre. Ricerca inconcludente e sforzi vacui un sentiero oscuro, lo stremarsi dei piedi nessuna traccia di fuochi sul Sinai nessuna risposta da questa porta sigillata.
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*** مینشینم خیره در چشمان تاریکی میشود یک دم از این قالب جدا باشم؟ همچو فریادی بپیچم در دل دنیا چند روزی هم من عاصی خدا باشم ! گر خدا بودم ،خدایا زین خداوندی کی دگر تنها مرا نامی به دنیا بود من به این تخت مرصع پشت میکردم بارگاهم خلوت خاموش دلها بود گر خدا بودم ،خدایا ،لحظهای از خویش میگسستم ،میگسستم ،دور میرفتم روی ویران جادههای این جهان پیر بی ردا و بی عصای نور میرفتم وحشت از من سایه در دلها نمیافکند عاصیان را وعدهٔ دوزخ نمیدادم یا ره باغ ارم کوتاه میکردم یا در این دنیا بهشتی تازه میزادم گر خدا بودم دگر این شعلهٔ عصیان کی مرا ،تنها سراپای مرا میسوخت ناگه از زندان جسمم سر برون میکرد پیشتر میرفت و دنیای مرا میسوخت سینهها را قدرت فریاد میدادم خود درون سینهها فریاد میکردم هستی من گسترش مییافت در“هستی” شرمگین هر گه "خدایی" یاد میکردم 392
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*** Mi siedo, scrutando gli occhi del buio, potrò mai separarmi da questa forma e come un urlo penetrare il cuore del mondo, ribelle anche a Dio per qualche giorno? Se io fossi Dio, o Signore, se non un nome nulla di me sovrasterebbe il mondo, cederei questo trono di perle tempestato il mio soglio sarebbe il covo silenzioso dei cuori. Se io fossi Dio, o Signore, da me stessa per un attimo separata, via, da me lontana verso i sentieri in rovina di questo vecchio mondo me ne andrei senza mantello o bastone di luce. Il timore di me non adombrerebbe i cuori non infliggerei l’inferno ai ribelli: illuminerei il sentiero dei giardini d’Eram53 fonderei in questo mondo un nuovo paradiso. Se io fossi Dio, questa fiamma ribelle cesserebbe di bruciarmi viva da testa a piedi: sfavillerebbe dalla cella del mio corpo avanzando e ardendo nel mio mondo. Donerei a ogni petto l’impeto del grido io stessa urlerei furiosa in tutti i petti il mio essere si aprirebbe all’esistere accoglierei l’onta di dire il nome di quel dio. 393
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مشتهایم ،این دو مشت سخت بیآرام کی دگر بیهوده بر دیوارها میخورد آنچنان میکوفتم بر فرق دنیا مشت تا که "هستی" در تن دیوارها میمرد خانه میکردم میان مردم خاکی خود به آنها راز خود را باز میخواندم مینشستم با گروه باده پیمایان شب میان کوچهها آواز میخواندم شمع میدر خلوتم تا صبحدم میسوخت مست از او در کارها تدبیر میکردم میدریدم جام ٔه پرهیز را بر تن خود درون جام می "تطهیر" میکردم من رها میکردم این خلق پریشان را تا دمیاز وحشت دوزخ بیاسایند جرعهای از بادهٔ هستی بیاشامند خویش را با زینت مستی بیارایند من نوای چنگ بودم در شبستانها من شرار عشق بودم ،سینهها جایم مسجد و میخانه این دیر ویرانه پر خروش از ضربههای روشن پایم من پیام وصل بودم در نگاهی شوخ من سالم مهر بودم بر لبان جام من شراب بوسه بودم در شب مستی من سراپا عشق بودم ،کام بودم ،کام
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Mai più batterei vanamente i miei pugni questi miei pugni irrequieti contro le pareti li spingerei tanto forte sulla faccia del mondo, i miei pugni, che l’essere svanirebbe dalle mura. Costruirei la mia dimora tra gli umani sulla terra confesserei loro tutti i miei segreti mi unirei all’adunanza dei bevitori di vino e a notte intonerei i miei canti per le strade. Il vino arderebbe nel mio seno sino all’alba, inebriata della sua fiamma sceglierei cosa fare. Strapperei dal mio corpo il saio della castità e mi purificherei nel fondo della coppa. Offrirei una tregua a queste genti turbate perché trovino sollievo dall’angoscia dell’inferno e sorseggino tranquille il vino dell’esistere adornate dalla ghirlanda dell’ebbrezza. Sarei melodia di corde nelle alcove a notte sarei la scintilla d’amore che trafigge il petto le moschee e le taverne di questo convento in rovina si farebbero piene del suono argenteo dei miei passi. Sarei il messaggo dell’incontro nello sguardo suadente sarei il saluto dell’affetto sulle labbra della coppa sarei il vino dei baci nelle notti inebrianti sarei amore da testa a piedi, tutta desiderio, desiderio.
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مینهادم گاهگاهی در سرای خویش گوش بر فریاد خلق بینوای خویش تا ببینم دردهاشان را دوایی هست؟ یا چه میخواهند آنها از خدای خویش؟ گر خدا بودم ،رسولم نام پاکم بود این جالل از جامههای چاک چاکم بود عشق شمشیر من و مستی کتاب من باده خاکم بود ،آری ،باده خاکم بود *** ای دریغا لحظهای آمد که لبهایم سخت خاموشند و بر آنها کالمینیست خواهمت بدرود گویم تا زمانی دور زانکه دیگر با توام شوق سالمینیست زانکه نازیبد زبون را این خداییها ! من کجا و زین تن خاکی جداییها من کجا و از جهان ،این قتلگاه شوم ناگهان پرواز کردنها ،رهاییها مینشینم خیره در چشمان تاریکی شب فرو میریزد از روزن به بالینم آه ،حتی در پس دیوارهای عرش هیج جز ظلمت نمیبینم ،نمیبینم
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Nella mia dimora presterei orecchio poi alle grida della mia poverissima gente per trovare sollievo ai loro dolori o capire cosa desiderano da questo loro Dio. Se io fossi Dio, profeta sarebbe il mio nome puro vedrei gloria nella veste che si strappa amore la mia spada ed ebbrezza il mio libro sacro vino sarebbe la mia terra, sì, vino la mia terra. *** Oh sventura: per le mie labbra è giunta l’ora di un silenzio profondissimo, non sfiorano parola. Voglio dirTi addio per un lungo istante perché mi manca la passione di salutarTi. Non merita il divino una sventurata come me non sono altro che questo corpo d’argilla come potrei d’improvviso essere rapita dal mattatoio nefasto di questo basso mondo? Mi siedo, scrutando gli occhi del buio dalla finestra la notte mi scorre sul guanciale. Tristezza infinita: oltre le mura del divino Trono non vedo altro che l’oscuro, vedo il buio.
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ای خدا ،ای خند ٔه مرموز مرگآلود با تو بیگانست ،دردا ،نالههای من من ترا کافر ،ترا منکر ،ترا عاصی کوری چشم تو ،این شیطان ،خدای من تهران ۲۵ -شهریور ۱۳۳۶
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O Dio, mortifero sorriso di mistero, ascolta, ti sono estranei i miei lamenti o la mia pena, ti scredito, ti rinnego, mi ribello, alla faccia tua, Satana è il mio solo, vero Dio. Tehran, 16 settembre, 1957
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عصیان خدا
ٔ منظومه این شعر در حقیقت حاصل اولین تالشی است که برای ساختن ''عصیان'' کردهام و شاید حق این بود که در خالل همان منظومه به چاپ میرسید اما چون از لحاظ زمانی در میان تاریخ به وجود آمدن دو شعر فاصله زیادی افتاده است ،این قطعه برایم شخصیت مستقلی پیدا کرده است ٔ و به این جهت آن را جداگانه در این کتاب به چاپ میرسانم.
گر خدا بودم مالئک را شبی فریاد میکردم سکه خورشید را در کوره ظلمت رها سازند خادمان باغ دنیا را ز روی خشم میگفتم برگ زرد ماه را از شاخه شبها جدا سازند نیمه شب در پردههای بارگاه کبریای خویش پنج ٔه خشم خروشانم جهان را زیر و رو میریخت دستهای خستهام بعد از هزاران سال خاموشی کوهها را در دهان باز دریاها فرو میریخت میگشودم بند از پای هزاران اختر تبدار میفشاندم خون آتش در رگ خاموش جنگلها
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LA RIBELLIONE DI DIO
Questo poemetto in realtà è il frutto del mio primissimo tentativo di composizione della raccolta Ribellione e forse sarebbe dovuto apparire in quel contesto. A ogni modo, dal momento che è trascorso un lungo lasso di tempo tra la nascita dei due poemi, per me questo frammento è dotato di una personalità differente, e per questo motivo ho deciso di pubblicarlo come testo a sé stante in questa raccolta.
Se io fossi Dio urlerei una notte agli angeli ché scaglino la moneta del sole nel crogiolo del buio. E con ira ordinerei ai servi del giardino del mondo di strappare la foglia gialla della luna dal ramo delle notti. Dalla corte dei miei arcangeli e tra i suoi veli distruggerei l’intero mondo con la furia del mio pugno. Dopo millenni di silenzio le mie mani stanche affonderebbero montagne nelle bocche spalancate degli oceani. Scatenerei milioni d’astri sfavillanti, e del fuoco spargerei il sangue nelle vene silenziose dei boschi.
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میدریدم پردههای دود را تا در خروش باد دختر آتش برقصد مست در آغوش جنگلها میدمیدم در نی افسونی باد شبانگاهی تا ز بستر رودها ،چون مارهای تشنه ،برخیزید خسته از عمری بروی سینهای مرطوب لغزیدن در دل مرداب تار آسمان شب فرو ریزند بادها را نرم میگفتم که بر شط شب تبدار زورق سرمست عطر سرخ گلها را روان سازند گورها را میگشودم تا هزاران روح سرگردان بار دیگر ،در حصار جسمها خود را نهان سازند گر خدا بودم ،مالیک را شبی فریاد میکردم آب کوثر را درون کورهٔ دوزخ بجوشانند مشعل سوزنده در کف ،گل ٔه پرهیزکاران را از چراگاه بهشت سبز تردامن برون رانند خسته از زهد خدایی ،نیمه شب در بستر ابلیس در سراشیب خطایی تازه میجستم پناهی را میگزیدم دربهای تاج زرین خداوندی لذت تاریک و دردآلود آغوش گناهی را ۲سپتامبر - ۱۹۵۶رم
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Strapperei la cortina di fumo, perché inebriata danzi la ragazza del fuoco nell’abbraccio delle foreste e nell’urlo del vento. Soffierei nel flauto un vento notturno d’incanto, perché si levino dal letto dei ruscelli serpenti assetati stanchi di strisciare per una vita intera sopra un umido petto, per sprofondare nella palude oscura del cielo. Con grazia direi ai venti di far scorrere sui fiumi di febbre il profumo di fiori rossi come battello ebbro. Spalencherei le tombe, per far ritornare migliaglia di spiriti erranti alla fortezza segreta dei corpi. Se fossi Dio urlerei una notte agli angeli ché facciano ribollire l’acqua celestiale nella fucina dell’inferno, e con fiamme ardenti tra le mani scaccino il gregge degli incorruttibili dai pascoli peccaminosi dell’Eden. Stanca dell’ascesi divina, a mezzanotte, nel letto di Satana, stanca dell’ascesi divina cercherei riparo nella tentazione di un nuovo errore. Al prezzo della corona dorata del Signore dei Mondi sceglierei un piacere nero e doloroso nell’abbraccio del peccato. 2 settembre 1956, Roma
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شعری برای تو به پسرم کامیار و به امید روزهای آینده
این شعر را برای تو میگویم در یک غروب تشنهٔ تابستان در نیمههای این ره شوم آغاز در کهنه گور این غم بیپایان این آخرین ترانه الالیست در پای گاهوارهٔ خواب تو باشد که بانگ وحشی این فریاد پیچد در آسمان شباب تو بگذار سایهٔ من سرگردان از سایهٔ تو ،دور و جدا باشد روزی به هم رسیم که گر باشد کس بین ما ،نه غیر خدا باشد من تکیه داده ام به دری تاریک پیشانی فشرده ز دردم را میسایم از امید بر این در باز انگشتهای نازک و سردم را آن داغ ننگ خورده که میخندید بر طعنههای بیهده ،من بودم گفتم :که بانگ هستی خود باشم اما دریغ و درد که "زن" بودم
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UNA POESIA PER TE
A mio figlio Kamiar, nella speranza dei giorni futuri
Compogno per te questa poesia in un assetato crepuscolo estivo, fra sentieri avversi e tortuosi nella tomba antica di dolori senza fine. Questa è l’ultima nenia, l’ultimo canto presso la culla del tuo sonno, che avvolga questo selvaggio lamento il firmamento dei tuoi giovani giorni. Lascia che la mia ombra vagabonda si distacchi dall’ombra tua, lontana, e forse un giorno ci ritrovemo, solamente Dio tra noi due. Appoggio a una porta oscura la fronte segnata dal dolore, accarezzo di nuovo speranzosa questa soglia con dita sottili e fredde. Ero io quel marchio ardente d’infamia che derideva le futili ingiurie, volevo farmi grido del mio esistere ma è mia la sventura di essere donna.
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چشمان بیگناه تو چون لغزد بر این کتاب درهم بی آغاز عصیان ریشه دار زمانها را بینی شگفته در دل هر آواز اینجا ،ستارهها همه خاموشند اینجا ،فرشتهها همه گریانند اینجا ،شکوفههای گل مریم بیقدرتر ز خار بیابانند اینجا نشسته بر سر هر راهی دیو دروغ و ننگ و ریاکاری در آسمان تیره نمیبینم نوری ز صبح روشن بیداری بگذار تا دوباره شود لبریز چشمان من ز دان ٔه شبنمها رفتم ز خود که پرده در اندازم از چهرپاک حضرت مریمها ! بگسستهام ز ساحل خوشنامی در سینهام ستارهٔ طوفان است پروازگاه شعل ٔه خشم من دردا ،فضای تیر ٔه زندان است من تکیه داده ام بدری تاریک پیشانی فشرده ز دردم را میسایم از امید بر این در باز انگشتهای نازک و سردم را
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Quando i tuoi occhi innocenti scivoleranno su questo libro confuso e senza inizio vedrai come germoglia nel cuore di ogni voce la ribellione che si radica in ogni epoca. Qui le stelle sono tutte assopite qui gli angeli piangono a dirotto, i fiori di Maria, candidi e puri, valgono meno dei rovi del deserto. Qui attende all’inizio di ogni cammino il demone di menzogna, infamia e ipocrisia. In questo cielo tenebroso non scorgo brillare la luce nitida dell’alba del risveglio. Lascia che di nuovo i miei occhi spalancati si colmino di perle di rugiada. Via da me stessa per trarre dal velo il volto immacolato delle santissime “Marie”! Abbandonate le sponde del buon nome, nel mio petto arde la stella di tempesta. La fiamma del mio rancore s’innalza, ormai, nel buio spazio di prigionia. Appoggio a una porta oscura la fronte segnata dal dolore, accarezzo di nuovo speranzosa questa soglia con dita sottili e fredde.
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با این گروه زاهد ظاهرساز دانم که این جدال نه آسان است شهر من وتو ،طفلک شیرینم کاشیانه شیطان است ٔ دیریست روزی رسد که چشم تو با حسرت لغزد بر این ترانهٔ دردآلود جویی مرا درون سخنهایم گویی بخود :که مادر من او بود ۷مرداد - ۱۳۳۶تهران
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Non è facile il mio destino con questa gente ipocrita e bigotta. La mia città – la tua città – dolce fanciullo, è da tempo dimora del demonio. Un giorno infine i tuoi occhi tristemente scorrerano su questo canto doloroso, mi cercherai nei miei versi e dirai a te stesso: “Era mia madre.” Tehran, 29 luglio 1957
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پوچ
دیدگان تو در قاب اندوه سرد و خاموش خفته بودند زودتر از تو ناگفته ها را با زبان نگه گفته بودند از من و هرچه در من نهان بود میرمیدی میرهیدی یادم آمد که روزی در این راه ناشکیبا مرا در پی خویش میکشیدی میکشیدی آخرین بار آخرین بار آخرین لحظۀ تلخ دیدار سر به سر پوچ دیدم جهان را باد نالید و من گوش کردم خش خش برگهای خزان را باز خواندی باز راندی باز بر تخت عاجم نشاندی باز در کام موجم کشاندی
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I N VA N O
I tuoi occhi velati di sonno freddi e spenti nel cerchio di malinconia. Il linguaggio degli sguardi, presto, prima di te, ha svelato il non detto. Ti allontanavi da me e da tutto ciò che in me si celava, fuggivi, ricordo di quel giorno in cui sul sentiero mi stringevi impaziente a te mi stringevi ultimo amico ultima volta ultimo istante amaro dell’incontro vidi quanto il mondo fosse vano, il vento gemeva, io ascoltavo lo schiocco delle foglie in autunno. Mi richiamasti a te mi allontanasti, mi invitasti al trono d’avorio per poi gettarmi nel vortice delle onde.
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گرچه در پرنیان غمی شوم سالها در دلم زیستی تو آه ،هرگز ندانستم از عشق چیستی تو کیستی تو ۱۲مهر – ۱۳۳۶تهران
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Sebbene tu vivesti per anni nel mio cuore, avvolto dalla seta di un dolore senza fine – ah – mai compresi cosa fossi tu dell’amore o chi potessi essere. Tehran, 4 ottobre 1957
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دیر
در چشم روز خسته خزیدست رؤیای گنگ و تیرۀ خوابی اکنون دوباره باید از این راه تنها به سوی خانه شتابی تا سایه سیاه تو اینسان پیوسته در کنار تو باشد هرگز گمان مبر که در آنجا چشمیبه انتظار تو باشد بنشسته خانۀ تو چو گوری د ر ابری از غبار درختان تاجی بسر نهاده چو دیروز از تارهای نقرۀ باران از گوشههای ساکت و تاریک چون در گشوده گشت به رویت صدها سالم خامش و مرموز پر میکشند خسته بهسویت گویی که میتپد دل ظلمت در آن اطاق کوچک غمگین شب میخزد چو مار سیاهی بر پردههای نازک رنگین
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S I FA TA R D I
Negli occhi stanchi del giorno s’insinua il sogno vacuo e oscuro del sonno. Ora devi affrettarti su questa strada, avanzare da sola verso casa. Finché la tua ombra nera non ti segue incessante non credere che uno sguardo ti attenda laggiù. La tua casa s’immerge come sepolcro in un velo di polvere d’alberi, come ieri i fili d’argento della pioggia le fanno da corona sulla testa. Porta che si schiude al tuo incontro da angoli bui e silenziosi, cento saluti muti e celati stanchi si volgono verso te. Pare che palpiti il cuore del buio in quella piccola, tristissima stanza, striscia la notte come nero serpente sulle tende colorate e sottili.
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ساعت به روی سینۀ دیوار خالی ز ضربه ای ،ز نوایی در جرمیاز سکوت و خموشی خود نیز تکه ای ز فضایی در قابهای کهنه ،تصاویر این چهرههای مضحک فانی بیرنگ از گذشت زمانها شاید که بوده اند زمانی! آیینه همچو چشم بزرگی یکسو نشسته گرم تماشا بر روی شیشههای نگاهش بنشانده روح عاصی شب را تو ،خسته چون پرندۀ پیری رو میکنی به گرمی بستر با پلکهای بسته لرزان سر مینهی به سینۀ دفتر گریند در کنار تو گویی ارواح مردگان گذشته آنها که خفتهاند بر این تخت پیش از تو ،در زمان گذشته ز آنها هزار جنبش خاموش ز آنها هزار نالۀ بیتاب همچون حبابهای گریزان بر چهرۀ فشردۀ مرداب
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L’orologio sul petto del muro si svuota di cadenzati rintocchi, nel suo crimine di stasi e silenzio si fa frammento del suo spazio. Immagini nelle cornici antiche, questi ridicoli volti effimeri pallidi nel trascorrere degli anni sono forse un tempo esistiti. Come occhio immenso lo specchio si accende in un angolo scrutando, e fissa sul vetro del suo sguardo lo spirito ribelle della notte. Sei stanca come un uccello invecchiato, ti annidi nel tepore del tuo letto con palpebre chiuse e tremanti appoggi il tuo capo sul quaderno. Sembra che piangano al tuo fianco gli spiriti dei morti passati, quelli che prima di te dormirono su questo letto, nel tempo lontano. Sono loro questi movimenti silenziosi e questi mille sospiri inquieti come schizzi che sfuggono dal volto contratto di acquitrini.
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لبریز گشته کاج کهنسال از غارغار شوم کالغان رقصد به روی پنجره ها باز ابریشم معطر باران احساس میکنی که دریغ است با درد خود اگر بستیزی میبویی آن شکوفۀ غم را تا شعر تازهای بنویسی ۱۰ژوئن – ۱۹۵۷مونیخ
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Il pino antico adesso trabocca del vocìo funesto dei corvi e danza di nuovo sulle finestre la seta profumata della pioggia. E senti che è tristissima cosa combattere il tuo tormento, annusa per un attimo il fiore del dolore e scrivine infine i versi più puri. Monaco, 10 gennaio 1957
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صدا
در آنجا ،بر فراز قلۀ کوه دو پایم خسته از رنج دویدن به خود گفتم :که در این اوج دیگر صدایم را خدا خواهد شنیدن بسوی ابرهای تیره پر زد نگاه روشن امیدوارم ز دل فریاد کردم :کای خداوند من او را دوست دارم ،دوست دارم صدایم رفت تا اعماق ظلمت بههم زد خواب شوم اختران را غبارآلوده و بیتاب کوبید در زرین قصر آسمان را مالئک با هزاران دست کوچک کلون سخت سنگین را کشیدند ز طوفان صدای بی شکیبم بخود لرزیده ،در ابری خزیدند ستونها همچو ماران پیچ در پیچ درختان در مه سبزی شناور صدایم پیکرش را شستشو داد ز خاک ره ،درون حوض کوثر
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L A VO C E
Là in alto, sulla cima del monte, con piedi stanchi per la lunga corsa, pensai: su questa vetta solitaria Dio ascolterà la mia voce sincera. Il mio sguardo di speranze radiose puntava alle nuvole scurissime trassi un grido dal fondo del cuore: mio Signore, io lo amo, lo amo! La mia voce nelle profondità del buio sorprese il sonno tremendo degli astri, velata di polvere e trepidante battè alla porta dorata del castello celeste. Gli angeli, con mille mani minute sollevarono il cancello pesante dei cieli: colti dal turbine della mia voce tremarono scivolando tra le nubi. Le colonne intrecciate come serpi alberi aleggiavano nella nebbia verde la mia voce lavò le sue membra nella vasca sacra di Kawsar.
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خدا در خواب رؤیابار خود بود بزیر پلکها پنهان نگاهش صدایم رفت و با اندوه نالید میان پردههای خوابگاهش ولی آن پلکهای نقرهآلود دریغا ،تا سحرگه بسته بودند سبک چون گوش ماهیهای ساحل به روی دیدهاش بنشسته بودند صدا صدبار نومیدانه برخاست که عاصی گردد و بر وی بتازد صدا میخواست تا با پنجه خشم حریر خواب او را پاره سازد صدا فریاد میزد از سر درد بههم کی ریزد این خواب طالیی؟ من اینجا تشنۀ یک جرعۀ مهر تو آنجا خفته بر تخت خدایی؟! مگر چندان تواند اوج گیرد صدایی دردمند و محنتآلود؟ چو صبح تازه از ره باز آمد صدایم از "صدا" دیگر تهی بود ولی اینجا بسوی آسمانهاست هنوز این دیده امیدوارم خدایا این صدا را میشناسی؟ من او را دوست دارم ،دوست دارم ۳ژوئن – ۱۹۵۷مونیخ
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Dio, assopito, era immerso nel sogno con sguardo celato sotto le palpebre, con un urlo di dolore la mia voce penetrò le cortine del suo talamo. Eppure, quelle palpebre argentate rimasero serrate sino all’alba poggiate sui suoi occhi e lievi come conchiglie di battigia. La mia voce si levò cento volte afflitta per ribellarsi e prenderlo d’assalto, la voce, con il suo pugno di rancore, voleva strappare il raso del suo sonno. Gridava la voce, nel dolore estremo: come spezzare questo sonno dorato? Io qui assetata di una goccia d’affetto e tu lì assopito sul trono divino? Fino a dove e per quanto può elevarsi una voce dolente e disperata? Sul far del giorno, nel ritorno dell’alba la mia voce era ormai spoglia di suono. Ma questi occhi speranzosi si volgono ancora verso i cieli, mio Signore, riconosci questa voce? Io lo amo, sì, l’amo ancora. Monaco, 3 giugno 1957
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بلور رؤیا
ما تکیه داده نرم به بازوی یکدگر در روحمان طراوت مهتاب عشق بود سرهایمان چو شاخۀ سنگین ز بار و برگ خامش ،بر آستانۀ محراب عشق بود من همچو موج ابر سپیدی کنار تو بر گیسویم نشسته گل مریم سپید هر لحظه میچکید ز مژگان نازکم بر برگ دستهای تو ،آن شبنم سپید گویی فرشتگان خدا در کنار ما با دستهای کوچکشان چنگ میزدند در عطر عود و نالۀ اسپند و ابر دود محراب راز پاکی خود رنگ میزدند پیشانی بلند تو در نور شمعها آرام و رام بود چو دریای روشنی با ساقهای نقره نشانش نشسته بود در زیر پلکهای تو رؤیای روشنی من تشنۀ صدای تو بودم که میسرود در گوشم آن کالم خوش دلنواز را چون کودکان که رفته ز خود گوش میکنند افسانههای کهنۀ لبریز راز را
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C R I S TA L L I S O G N A N T I
Ci stringevamo teneri braccio a braccio, dentro di noi il chiaro di luna dell’amore. Come rami frondosi carichi di frutti, le nostre teste recline sulla soglia dell’altare d’Amore. Io accanto a te come onda di nuvola bianca intrecciavo nei capelli candidi fiori di Maria e dalle ciglia sottili un latte di rugiada mi gocciolava sulla foglia delle tue mani. Gli angeli di Dio parevano suonarci accanto le loro corde con manine delicate. Nel profumo di muschio e nel gemito di ruta che brucia, lustravano l’altare con la loro purezza. Calma e remissiva come mare che brilla la tua fronte alta si immergeva nella luce delle candele. Sotto le tue palpebre la traccia di un sogno luminoso sorretto da steli d’argento. Come i bambini che ascoltano estasiati le favole antiche intrise di mistero io avevo sete della tua voce che cantando mi sussurrava parole che scaldano il cuore.
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آنگه در آسمان نگاهت گشوده گشت بال بلور قوس و قزحهای رنگرنگ در سینه قلب روشن محراب می طپید من شعلهور در آتش آن لحظۀ درنگ گفتم خموش "آری" و همچون نسیم صبح لرزان و بی قرار وزیدم به سوی تو اما تو هیچ بودی و دیدم هنوز هم در سینه هیچ نیست به جز آرزوی تو ۹ژوئن – ۱۹۵۷مونیخ
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D’un tratto poi nel cielo del tuo sguardo si aprirono le ali cristalline dell’arcobaleno, nel mio petto palpitava il cuore luminoso dell’altare e io infiammata dal fuoco di quell’indugiare. Silenziosa dissi di sì, e come brezza mattutina soffiai verso te tremula e impaziente. Ma tu eri nulla: vidi che non c’era nulla nel tuo cuore, se non quel che ti preme avere. Monaco, 9 giugno 1957
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ظلمت
چه گریزیت ز من؟ چه شتابیت به راه؟ به چه خواهی بردن در شبی این همه تاریک پناه؟ مرمرین پلۀ آن غرفه عاج! ای دریغا که ز ما بس دور است لحظه ها را دریاب چشم فردا کورست نه چراغیست در آن پایان هر چه از دور نمایان است شاید آن نقطۀ نورانی چشم گرگان بیابان است میفرومانده به جام سر به سجاده نهادن تا کی؟ او درینجاست نهان میدرخشد در می گر به هم آویزیم ما دو سرگشتۀ تنها ،چون موج به پناهی که تو میجویی ،خواهیم رسید اندر آن لحظۀ جادویی اوج! ۸آبان – ۱۳۳۶تهران
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TENEBRA
Ma questo tuo fuggire da me? Questa foga di andar via? In cosa troverai rifugio in una notte tanto oscura? I gradini marmorei di quel palazzo d’avorio troppo lontani ormai da noi, cogli gli attimi, il domani ha gli occhi offuscati. Non c’è fiaccola lì dove tutto termina, quel che appare da lontano, quei punti di luce forse sono gli occhi dei lupi della steppa. C’è ancora vino nel calice, perché pregare ancora se Lui è qui celato e brilla nel cristallo? Se noi ci teniamo stretti, noi, solitari e dispersi, arriveremo come onda al rifugio che tu cerchi, nell’istante magico dell’orgasmo. Tehran, 30 ottobre 1957
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گره
فردا اگر ز راه نمیآمد من تا ابد کنار تو میماندم من تا ابد ترانۀ عشقم را در آفتاب عشق تو میخواندم در پشت شیشههای اتاق تو آن شب نگاه سرد سیاهی داشت داالن دیدگان تو در ظلمت گویی به عمق روح تو راهی داشت لغزیده بود در مه آیینه تصویر ما شکسته و بیآهنگ موی تو رنگ ساقۀ گندم بود موهای من ،خمیده و قیری رنگ رازی درون سینۀ من میسوخت میخواستم که با تو سخن گوید اما صدایم از گره کوته بود در سایه ،بوته هیچ نمیروید ! زآنجا نگاه خستۀ من پر زد آشفته گرد پیکر من چرخید در چارچوب قاب طالیی رنگ چشم "مسیح" بر غم من خندید
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IL NODO
Se non ci fosse un domani in arrivo io resterei per sempre al tuo fianco intonerei all’infinito la melodia del mio amore nel fulgore del tuo. Dietro i vetri della tua stanza la notte aveva uno sguardo nero e freddo il vestibolo dei tuoi occhi nel buio pareva condurre al profondo del tuo spirito. Spezzata e disarmonica la nostra immagine scivolava nella nebbia dello specchio, nei tuoi capelli il colore del grano, i miei capelli ondulati e neri come pece. Un segreto mi bruciava nel petto volevo che ti parlasse ma un nodo mi stringeva la voce: gli arbusti non crescono nell’ombra. Di lì prese il volo il mio sguardo stanco vibrando inquieto attorno alla mia figura, nella cornice dorata l’occhio di Cristo derideva il mio dolore.
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دیدم اطاق درهم و مغشوش است در پای من کتاب تو افتاده سنجاقهای گیسوی من آن جا بر روی تختخواب تو افتاده از خانۀ بلوری ماهی ها دیگر صدای آب نمیآمد فکر چه بود گربۀ پیر تو کاو را بدبده خواب نمیآمد بار دگر نگاه پریشانم برگشت الل و خسته به سوی تو میخواستم که با تو سخن گوید اما خموش ماند به روی تو آنگه ستارگان سپید اشک سوسو زدند در شب مژگانم دیدم که دستهای تو چون ابری آمد به سوی صورت حیرانم دیدم که بال گرم نفسهایت ساییده شد به گردن سرد من گویی نسیم گمشده ای پیچید در بوتههای وحشی درد من دستی درون سینۀ من میریخت سرب سکوت و دانۀ خاموشی من خسته زین کشاکش دردآلود رفتم به سوی شهر فراموشی
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Vidi tutto sottosopra nella stanza in disordine: i tuoi libri caduti ai miei piedi, le spille dei miei capelli sparpagliate sul tuo letto. L’acqua aveva cessato di gorgogliare nella dimora di cristallo dei pesci. A cosa pensava il tuo vecchio gatto i cui occhi non potevano prendere sonno? E poi il mio sguardo turbato ritornò a te muto e spossato, volevo che ti parlasse ma rimase in silenzio a guardarti. E le stelle bianche del mio pianto sfavillavano nella notte delle ciglia; vidi come le tue mani, come nuvole, toccavano il mio viso attonito. Sentii l’ala calda del tuo respiro sfiorare il mio collo freddo come se una brezza sperduta penetrasse i boschi selvaggi del mio soffrire. Una mano mi versava in petto il piombo del silenzio e grani di sconforto. Spossata da questa tensione dolorosa mi diressi verso la città dell’oblio.
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بردم ز یاد اندُه فردا را گفتم "سفر" فسانۀ تلخی بود ناگه به روی زندگیام گسترد آن لحظۀ طالیی عطرآلود آن شب من از لبان تو نوشیدم آوازهای شاد طبیعت را آن شب به کام عشق من افشاندی ز آن بوسه قطرۀ ابدیت را ۱۲ژوئیه – ۱۹۵۷مونیخ
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Dimenticai la tristezza del domani e mi dissi che il viaggio è amara favola. Improvviso si sparse sul mio vivere quell’istante dorato e profumato. Quella notte bevvi dalle tue labbra le voci felici della natura, quella notte spargesti con quei baci stille dell’eterno nella bocca del mio amore. Monaco, 12 luglio 1957
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بازگشت
عاقبت خط جاده پایان یافت من رسیدم ز ره غبارآلود نگهم پیشتر زمن میتاخت بر لبانم سالم گرمیبود شهر جوشان درون کورۀ ظهر کوچه میسوخت در تب خورشید پای من روی سنگفرش خموش پیش میرفت و سخت میلرزید خانهها رنگ دیگری بودند گردآلوده ،تیره و دلگیر چهره ها در میان چادرها همچو ارواح پای در زنجیر جوی خشکیده ،همچو چشمیکور خالی از آب و از نشانۀ او مردی آوازه خوان ز راه گذشت گوش من پر شد از ترانۀ او گنبد آشنای مسجد پیر کاسههای شکسته را میماند مؤمنی بر فراز گلدسته با نوائی حزین اذان میخواند
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I L R I TO R N O 5 4
E infine la strada giunse al suo termine, ero arrivata dalla polvere del sentiero, il mio sguardo s’affrettava più di me, dalle labbra porgevo il mio saluto caldo. La città in fiamme nell’afa di mezzogiorno, il vicolo ardeva nella vampa del sole, i miei passi sui ciottoli spenti, uno dopo l’altro, tremanti, tremanti. Di un altro colore le case, polverose, buie, indignate. I volti, fasciati dai veli, come spiriti stretti dai lacci. In secca il ruscello, come occhio accecato vuoto d’acqua e d’ogni sua traccia, passava per la via un uomo e cantava, piene le mie orecchie di quell’aria. La cupola amica della vecchia moschea sembrava una ciotola spaccata, e un vecchio fedele in cima al minareto con tono malinconico chiamava alla preghiera.
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میدویدند از پی سگها کودکان پا برهنه ،سنگ به دست زنی از پشت معجری خندید باد ناگه دریچه ای را بست از دهان سیاه هشتی ها بوی نمناک گور میآمد مرد کوری عصازنان میرفت آشنایی ز دور میآمد دری آنجا گشوده گشت خموش دستهایی مرا بهخود خواندند اشکی از ابر چشمها بارید دستهایی مرا ز خود راندند روی دیوار باز پیچک پیر موج میزد چو چشمه ای لرزان بر تن برگهای انبوهش سبزی پیری و غبار زمان نگهم جستجو کنان پرسید در کدامین مکان نشانۀ اوست؟ لیک دیدم اطاق کوچک من خالی از بانگ کودکانۀ اوست از دل خاک سرد آیینه ناگهان پیکرش چو گل رویید موجزد دیدگان مخملیاش آه ،در وهم هم مرا میدید
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Dietro i cani correvano a piedi nudi i bambini, con sassi nei palmi. Sorrise una donna da dietro il suo velo, subito si levò il vento e chiuse una porta. Dalla bocca nera delle corti l’odore umido delle fosse, un uomo cieco puntellava il cammino col bastone. Un volto familiare si avvicinava. Una porta si aprì nel silenzio, due mani mi chiamarono a sé, una lacrima, dalle nuvole degli occhi, due mani mi spinsero via. Sul muro ancora la vecchia edera vibrava come fonte che zampilla, sul dorso delle sue foglie spesse il verde di vecchiaia e la polvere del tempo. I miei occhi vagavano, e chiesi “Cos’è rimasto di lui?” Ma vidi che vuota era la stanza del suo chiasso un tempo bambino. Dal cuore di terra fredda dello specchio improvvisa la sua immagine spuntò come un fiore, nell’onda del suo sguardo di velluto ahimé, anche in sogno mi vide!
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تکیه دادم به سینۀ دیوار گفتم آهسته : این توئی کامی؟ لیک دیدم کز آن گذشتۀ تلخ هیچ باقی نمانده جز نامی عاقبت خط جاده پایان یافت من رسیدم ز ره غبارآلود تشنه بر چشمه ره نبرد و دریغ شهر من گور آرزویم بود ۲۵شهریور – ۱۳۳۶تهران
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Mi appoggiai al petto del muro e dissi piano: sei tu, proprio tu, Kami, bimbo mio? E compresi che di quel passato amaro altro non restava che il ricordo di un nome. E infine la strada giunse al suo termine ero arrivata dal sentiero di polvere, l’assetata non trova mai la fonte e la mia città era ormai sepolcro delle mie speranze. Tehran, 16 settembre 1957
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از راهی دور
دیده ام سوی دیار تو و در کف تو از تو دیگر نه پیامینه نشانی نه به ره پرتو مهتاب امیدی نه به دل سایه ای از راز نهانی دشت تف کرده و بر خویش ندیده نم نم بوسۀ باران بهاران جاده ای گم شده در دامن ظلمت خالی از ضربۀ پاهای سواران تو به کس مهر نبندی ،مگر آندم که ز خود رفته ،در آغوش تو باشد لیک چون حلقۀ بازو بگشایی نیک دانم که فراموش تو باشد کیست آن کس که ترا برق نگاهش میکشد سوختهلب در خم راهی؟ یا در آن خلوت جادویی خاموش دستش افروخته فانوس گناهی
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DA U N A S T R A DA L O N TA N A
I miei occhi rivolti al tuo paese, nel palmo delle tue mani nessuna traccia di te, non un messaggio, nessun chiarore di speranza dalla luna, nel cuore nessuna ombra di mistero. La piana riarde, senza che gli scrosci delle piogge primaverili la bacino, un sentiero che si perde nel versante del buio non toccato dal passo dei cavalieri. Non ti darai a nessuno, a meno che lui, fuori di sé, si abbandoni al tuo abbraccio. Ma sai bene che aperte le braccia sarai dimenticata. Ma chi è che a labbra bruciate ti trascina nel tornante di una strada con il lampo del suo sguardo? E chi fa delle sue mani lanterna accesa del peccato nell’intimità magica del silenzio?
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تو به من دل نسپردی که چو آتش پیکرت را ز عطش سوخته بودم من که در مکتب رؤیایی زهره رسم افسونگری آموخته بودم بر تو چون ساحل آغوش گشودم در دلم بود که دلدار تو باشم "وای بر من که ندانستم از اول" "روزی آید که دل آزار تو باشم" بعد از این از تو دگر هیچ نخواهم نه درودی ،نه پیامی ،نه نشانی ره خود گیرم و ره بر تو گشایم زآنکه دیگر تو نه آنی ،تو نه آنی ۸ژانویه – ۱۹۵۷مونیخ
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Il tuo cuore non era ancora mio quando come fiamma nella sete appiccai fuoco alle tue membra, io che nella regola onirica di Venere appresi l’esercizio del sedurre. Quando come costa aprii a te il mio grembo desideravo in cuor mio essere tua: “Povero me, non sapevo che un giorno sarei diventato croce sul tuo cuore.” Adesso basta, non voglio altro da te: non importa se un addio, segno o messaggio, m’incammino solitaria e lascio che tu vada perché tu ormai non sei tu, non sei più quello che eri. Monaco, 8 gennaio 1957
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رهگذر
یکی مهمان ناخوانده ز هر درگاه رانده ،سخت وامانده رسیده نیمه شب از راه ،تن خسته ،غبارآلود نهاده سر بروی سینۀ رنگین کوسن هایی که من در سالهای پیش همه شب تا سحر میدوختم با تارهای نرم ابریشم هزاران نقش رؤیایی بر آنها در خیال خویش وچون خاموش میافتاد بر هم پلکهای داغ و سنگینم گیاهی سبز میرویید در مرداب رؤیاهای شیرینم ز دشت آسمان گویی غبار نور برمیخاست گل خورشید میآویخت بر گیسوی مشگینم نسیم گرم دستی حلقه ای را نرم میلغزاند در انگشت سیمینم لبی سوزنده لبهای مرا با شوق میبوسید و مردی مینهاد آرام ،با من سر بروی سینۀ خاموش کوسنهای رنگینم ***
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D I PA S S A G G I O
Un ospite inatteso cacciato via da ogni uscio, spossato e derelitto, arrivava a mezzanotte dalla polvere del cammino posando la testa sul petto dei cuscini colorati che negli anni tessevo ogni notte fino all’alba con fili soffici di seta cuscini ricamati con disegni trasognati e tratti dalla mia fantasia quando poi il silenzio calava sulle mie palpebre infiammate e pesanti una pianta rigogliosa spuntava dalla palude dei miei sogni dolci pareva si levasse dalla piana del cielo una polvere di luce la rosa del sole pendeva dai miei ricci bruni delicatamente la brezza calda di una mano lasciava scivolare un anello sul mio dito d’argento labbra brucianti baciavano le mie labbra con passione e un uomo con me posava la testa sul petto di cuscini colorati. ***
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کنون مهمان ناخوانده ز هر درگاه رانده ،سخت وامانده بر آنها میفشارد دیدگان گرم خوابش را آه ،من باید بخود هموار سازم تلخی زهر عتابش را و مست از جامهای باده میخواند :که آیا هیچ باز در میخانۀ لبهای شیرینت شرابی هست یا برای رهروی خسته در دل این کلبۀ خاموش عطرآگین زیبا جای خوابی هست؟! ۲۳اوت – ۱۹۵۶رم
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Adesso, un ospite inatteso cacciato via da ogni uscio, spossato e derelitto, qui preme gli occhi caldi del suo sonno. Ah, come stemperare adesso l’amarezza del suo biasimo quando ubriaco dal vino nelle coppe canta: “Rimane ancora una goccia nella taverna delle tue dolci labbra e nel cuore di questa capanna silente e profumata c’è ancora un letto per un passante spossato?” Roma, 23 agosto 1956
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سرود زیبایی
شانههای تو همچو صخرههای سخت و پر غرور موج گیسوان من در این نشیب سینه میکشد چو آبشار نور شانه های تو چون حصارهای قلعهای عظیم رقص رشته های گیسوان من بر آن همچو رقص شاخه های بید در کف نسیم شانه های تو برجهای آهنین جلوۀ شگرف خون و زندگی رنگ آن به رنگ مجمری مسین در سکوت معبد هوس خفته ام کنار پیکر تو بی قرار جای بوسه های من به روی شانههات همچو جای نیش آتشین مار شانه های تو در خروش آفتاب داغ پر شکوه زیر دانه های گرم و روشن عرق برق می زند چو قلههای کوه
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C A N TO D I B E L L E Z Z A
Le tue spalle falesie solide d’orgoglio lambite questa notte dalle onde dei miei capelli, cascate di luce. Le tue spalle fortezza cinta da mura elevate carezzate dalla danza dei miei capelli fremito dei rami di salice nel palmo della brezza. Le tue spalle torri di metallo stupefacente apparizione del sangue e della vita riflesso di un braciere ramato. Nell’intimo del tempio del volerti ho dormito turbata accanto al tuo corpo la ferita dei miei baci sulle tue spalle come il morso infuocato del serpente. Le tue spalle nel clamore glorioso e abbacinante del sole imperlate dalla luce calda del sudore scintillano come le vette dei monti.
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شانه های تو قبلهگاه دیدگان پر نیاز من شانه های تو مهر سنگی نماز من نوامبر – ۱۹۵۶رم
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Le tue spalle versante sacro dei miei occhi avidi di te le tue spalle tessera in pietra del mio pregare.55 Roma, novembre 1956
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جنون
دل گمراه من چه خواهد کرد با بهاری که میرسد از راه ؟ با نیازی که رنگ میگیرد در تن شاخههای خشک و سیاه ؟ دل گمراه من چه خواهد کرد ؟ با نسیمیکه میتراود از آن بوی عشق کبوتر وحشی نفس عطرهای سرگردان لب من از ترانه میسوزد سینه ام عاشقانه میسوزد پوستم میشکافد از لذت پیکرم از جوانه میسوزد هر زمان موج میزنم در خویش میروم ،میروم به جایی دور بوتۀ ُگر گرفتۀ خورشید سر راهم نشسته در تب نور من ز شرم شکوفه لبریزم یار من کیست ،ای بهار سپید؟ گر نبوسد در این بهار مرا یار من نیست ،ای بهار سپید
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FOLLIA
Cosa se ne farà il mio cuore perduto della primavera che sta per arrivare, del desiderio che si ravviva nel fusto di rami aridi e neri? Cosa se ne farà il mio cuore perduto della brezza da cui si leva l’odore dei colombi selvatici in amore e l’alito di profumi vagabondi? Le mie labbra bruciano di canzoni il mio petto brucia amorosamente la mia pelle si lacera dal piacere il mio corpo arde di primizie. Forme d’onda mi si muovono dentro, vado via, verso un luogo lontano e l’arbusto incandescente del sole sorge sul mio cammino, notte di luce. Il pudore dei boccioli mi ricolma, chi sarà il mio compagno, chiarissima primavera, se non chi potrà baciarmi in questa tua stagione, prima, vera?
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دشت بی تاب شبنم آلوده چه کسی را بخویش میخواند؟ سبزه ها ،لحظه ای خموش ،خموش آنکه یار منست میداند! آسمان میدود ز خویش برون دیگر او در جهان نمیگنجد آه ،گویی که اینهمه "آبی" در دل آسمان نمیگنجد در بهار او ز یاد خواهد برد سردی و ظلمت زمستان را مینهد روی گیسوانم باز تاج گلپونههای سوزان را ای بهار ،ای بهار افسونگر من سراپا خیال او شده ام در جنون تو رفته ام از خویش شعر و فریاد و آرزو شده ام میخزم همچو مار تبداری بر علفهای خیس تازۀ سرد آه با این خروش و این طغیان دل گمراه من چه خواهد کرد؟ اسفند – ۱۳۳۶تهران
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Ma chi è che chiama a sé la piana, agitata e macchiata di rugiada? Silenzio, voi piante, silenzio adesso: il mio compagno potrà dirlo. Il cielo corre fuori da se stesso il mondo ormai non lo contiene ah, tutto questo azzurro immenso ben oltre il grembo del firmamento. In primavera lui dimenticherà il freddo e il buio dell’inverno, coronerà di nuovo i miei capelli con ghirlande di fiori di mentuccia. O primavera, primavera che seduci, l’immagino con tutta me stessa, folle di te io perdo il senno, mi faccio verso, grido, smania. Come serpente nella febbre, striscio sull’erba umida che spunta fresca, ah, cosa se ne farà il mo cuore perduto di queste mie urla disperate? Tehran, febbraio / marzo 1958
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بعدها
مرگ من روزی فرا خواهد رسید در بهاری روشن از امواج نور در زمستانی غبارآلود و دور یا خزانی خالی از فریاد و شور مرگ من روزی فرا خواهد رسید : روزی از این تلخ و شیرین روزها روز پوچی همچو روزان دگر سایه ای زامروزها ،دیروزها ! دیدگانم همچو داالنهای تار گونه هایم همچو مرمرهای سرد ناگهان خوابی مرا خواهد ربود من تهی خواهم شد از فریاد درد میخزند آرام روی دفترم دستهایم فارغ از افسون شعر یاد میآرم که در دستان من روزگاری شعله میزد خون شعر خاک میخواند مرا هر دم به خویش میرسند از ره که در خاکم نهند آه شاید عاشقانم نیمه شب گل بروی گور غمناکم نهند
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I N F I N E P O I 56
Verrà un giorno la mia morte: in una primavera illuminata da onde di luce in un lontano inverno polveroso o in un autunno privo del vociare della gioia. Verrà un giorno la mia morte: uno di questi giorni dolci e amari un giorno futile quanto ogni altro giorno ombra d’ogni oggi, ombra d’ogni domani. I miei occhi come varchi bui le mie gote come lastre gelide d’improvviso un sonno mi porterà via mi svuoterò d’ogni grido di dolore. Libere dall’inganno della poesia, le mie mani scivoleranno lente sul mio quaderno e ricorderò quando in queste mani fiammeggiava il sangue dei versi. A ogni respiro il suolo mi chiama, vengono a prendermi per seppellirmi ah, e forse i miei amati a mezzanotte poseranno fiori sulla mia fossa triste.
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بعد من ناگه به یکسو میروند پردههای تیرۀ دنیای من چشمهای ناشناسی میخزند روی کاغذها و دفترهای من در اطاق کوچکم پا مینهد بعد من ،با یاد من بیگانهای در بر آئینه میماند بهجای تارمویی ،نقش دستی ،شانه ای میرهم از خویش و میمانم ز خویش هر چه بر جا مانده ویران میشود روح من چون بادبان قایقی در افقها دور و پیدا میشود میشتابند از پی هم بی شکیب روزها و هفته ها و ماهها چشم تو در انتظار نامهای خیره میماند بچشم راهها لیک دیگر پیکر سرد مرا میفشارد خاک دامنگیر خاک! بی تو ،دور از ضربههای قلب تو قلب من میپوسد آنجا زیر خاک بعدها نام مرا باران و باد نرم میشویند از رخسار سنگ گور من گمنام میماند به راه فارغ از افسانههای نام و ننگ زمستان – ۱۹۵۸مونیخ
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Dopo di me caleranno all’improvviso drappi scuri sul mio mondo occhi sconosciuti scivoleranno sulle pagine dei miei quaderni. Dopo di me uno sconosciuto, ricordandomi, entrerà nella mia piccola stanza, resteranno tracce sullo specchio: un capello, il segno di una mano, un pettine. Mi libererò di me, mi lascerò andare via tutto quel che resta cadrà in rovina. Come vela di una barca il mio spirito si nasconderà negli orizzonti lontani. Incalzeranno rapidi, susseguendosi senza sosta i giorni, le settimane, i mesi i tuoi occhi in attesa di una lettera fissando l’imbocco della via. Ma la mia figura fredda sarà ormai schiacciata dal terreno che accoglie terreno, là sottoterra, marcirà il mio cuore senza te lontano dal battito del tuo cuore. Infine poi la pioggia e il vento laveranno il mio nome su una pietra ignota la mia tomba per la via sgravata dalla favola di gloria e infamia. Inverno 1958, Monaco
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زندگی
آه ،ای زندگی منم که هنوز با همه پوچی از تو لبريزم نه به فکرم که رشته پاره کنم نه بر آنم که از تو بگريزم همه ذرات جسم خاکی من از تو ،ای شعر گرم ،در سوزند آسمانهای صاف را مانند که لبالب ز بادۀ روزند با هزاران جوانه میخواند بوتۀ نسترن سرود تو را هر نسيمی که میوزد در باغ میرساند به او درود تو را من تو را در تو جستجو کردم نه در آن خوابهای رؤیایی در دو دست تو سخت کاویدم پر شدم ،پر شدم ز زيبایی پر شدم از ترانه های سياه پر شدم از ترانه های سپید از هزاران شراره های نیاز از هزاران جرقه های امید
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L A V I TA
Ah, vita, tutto questo vuoto, eppure eccomi traboccare ancora di te. Non penso di tagliare questo filo e non intendo fuggire via da te. Tutti i frammenti del mio corpo terreno si accendono per te, o poesia fervente, somigliano ai cieli purissimi traboccanti di mattino e del suo vino. Con le mille gemme del suo arbusto la rosa canina intonava il tuo canto, ogni alito di brezza nel giardino le recava il tuo saluto. Io ti cercavo nel tuo stesso interno e non in quel dormire trasognato, scavai con forza nelle tue mani e mi resi pienissima di grazia. Mi feci piena di canzoni nere mi feci piena di canzoni bianche piena di mille vampe di passione piena di mille lampi di speranza.
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حیف از آنروزها که من با خشم به تو چون دشمنی نظر کردم پوچ پنداشتم فریب تو را ز تو ماندم ،تو را هدر کردم غافل از آنکه تو بجایی و من همچو آبی روان که در گذرم گمشده در غبار شوم زوال ره تاريک مرگ میسپرم آه ،ای زندگی من آینهام از تو چشمم پر از نگاه شود ورنه گر مرگ بنگرد در من روی آیینه ام سياه شود عاشقم ،عاشق ستارۀ صبح عاشق ابرهای سرگردان عاشق روزهای بارانی عاشق هرچه نام توست بر آن میمکم با وجود تشنۀ خويش خون سوزان لحظه های تو را آنچنان از تو کام میگیرم تا به خشم آورم خدای تو را ! بهار – ۱۳۳۷تهران
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Che pena per quei giorni che con rabbia in te vedevo la mia nemica, credevo vano l’incanto che mi porgi, abbandonandoti io ti rovinavo. Ero ignara del tuo permanere mentre io trascorro come acqua, perduta nella polvere sinistra dei crolli percorro il sentiero buio della morte. Ah, vita, io sono uno specchio, con te i miei occhi si colmano di sguardi e se fosse morte a guardarmi dentro vedrei il mio specchio tinto di nero Sono innamorata della stella dell’alba innamorata delle nuvole erranti innamorata dei giorni di pioggia innamorata di ogni cosa che reca il tuo nome. Con tutto il mio essere assetato bevo il sangue bruciante dei tuoi istanti e di te godo così profondamente da scagliare il tuo Dio nel furore. Primavera 1958, Tehran.
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ابیاتی بر گرفته از خانه سیاه است
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VERSI TRATTI DAL FILM LA CASA È NERA (1962)57
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در هاويه كيست كه تو را حمد میگويد ای خداوند؟ در هاويه كيست؟ نام تو را ای متعال خواهم سراييد نام تو را با عود ده تار خواهم سراييد زيرا كه به شكلی مهيب و عجيب ساخته شدهام استخوان هايم از تو پنهان نبود وقتی كه در نهان به وجود میآمدم و در اسفل زمين نقش بندی می گشتم در دفتر تو همگی اعضای من نوشته شده و چشمان تو ای متعال جنين مرا ديده است چشمان تو جنين مرا ديده است گفتم كاش مرا بال ها مثل كبوتر می بود تا پرواز كرده راحتی می يافتم هر آيينه به جايی دور میرفتم و در صحرا مأوی میگزيدم می شتافتم به پناهگاهی از باد تند و طوفان شديد زيرا كه در زمين مشقت و شرارت ديده ام دنيا به بطالت آبستن شده و ظلم را زاييده است از روح تو به کجا بگریزم و از حضور تو کجا بروم اگر بال های باد سحر را بگیرم و در اقصای دریا ساکن شوم در آنجا نیز سنگینی دست تو بر من است
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Chi è che nell’abisso di Havia Ti loda, o Signore? Chi risiede nell’abissio di Havia? Io canterò il Tuo nome, o Altissimo, canterò il Tuo nome con un liuto a dieci corde, perché fui creato in forme gloriose e stupende le mie ossa non ti erano nascoste quando presi forma in segreto e quando il mio disegno si tracciava nel ventre della terra tutti i miei organi erano scritti nel tuo quaderno e i Tuoi occhi, o Altissimo, hanno visto il mio embrione. I tuoi occhi hanno visto il mio embrione. Ho detto: magari avessi le ali come una colomba per trovare riposo dopo il volo e raggiungere infine un luogo remoto per trovare rifugio sull’altopiano. Mi precipiterei in un luogo riparato dalla forza dei venti perché in terra ho visto corruzione, ho visto il male. Il mondo è gravido di vanità e partorisce ingiustizia come potrò fuggire dal Tuo spirito, dove andrò lontano dalla Tua presenza? Se avessi le ali della brezza del mattino e abitassi nelle vastità del mare anche laggiù sentirei su di me il peso della Tua mano. 469
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مرا باده سرگردانی نوشانده ای چه مهیب است کارهای تو چه مهیب است کارهای تو هنگامی كه خاموش بودم جانم پوسيده میشد از نعرهای كه تمامی روز میزدم به ياد آور كه زندگی من باد است مانند مرغ سقای صحرا و بوم خرابه ها گردیده ام و چون گنجشگ بر پشت بام ،منفرد نشسته ام مثل آب ریخته شده ام و مثل آنانی که از قدیم مرده اند و بر مژگانم سایه ی موت است بر مژگانم سایه ی موت است مرا ترک کن مرا ترک کن زیرا روزهایم نفسی است مرا ترک کن پیش از آنکه به جایی روم که از آن برگشتن نیست به سرزمین تاریکی غلیظ آه ،ای خداوند ،جان فاخته ی خود را به جانور وحشی مسپار به یاد آور که زندگی من باد است و ایام بطالت را نصیب من کرده ای و در گرداگردم آواز شادمانی و صدای آسیاب و روشنایی چراغ نابود شده است خوشا به حال دروگرانی که اکنون کشت را جمع می کنند و دستهای ایشان سنبله ها را می چیند
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Mi hai fatto bere il vino dello smarrimento e quanto maestose sono le Tue opere, quanto maestose sono le Tue opere, quando permanevo nel silenzio la mia anima si disfaceva nel lamento che traevo da mattina a sera. Ricorda che la mia vita è come il vento. Come il pellicano io vago tra le piane e le rovine, come i passeri resto solitario in cima ai tetti, sono come acqua versata, sono come chi è morto da tempo e sulle mie palpebre si posa l’ombra della morte, sulle mie palpebre l’ombra della morte. Lasciami andare, lasciami andare, i miei giorni non sono che un respiro, lasciami andare, prima che io vada in un luogo da cui non si ritorna, nella terra dell’oscuro che si addensa. Ah, Signore, non porgere la vita della mia colomba alle bestie selvatiche, ricorda che la mia vita è come il vento, hai fatto dei giorni vani il mio destino e vedo svanire intorno a me la voce della gioia, il suono dei mulini, la luce delle lampade. Beati i mietitori che adesso contemplano il raccolto e raccolgono le spighe con le mani.
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بیایید به آواز کسی که در بیابان بیراه می خواند گوش دهید آواز کسی که آه می کشد و دستهای خود را دراز کرده می گوید :وای بر من زیرا که جان من به سبب جراحاتم در من بیهوش شده است و تو ای فراموش شده ی روزها که خویشتن را به قرمز ملبس می سازی و به زیور های زر می آرایی ،و چشمان خود را به سرمه جال می دهی، به یاد آور که خود را عبث زیبایی داده ای به سبب آوازی در بیابان بیراه و یارانت که تو را خوار شمرده اند وای بر ما ،زیرا که روز رو به زوال نهاده است و سایه های عصر دراز می شوند و هستی ما چون قفسی که پر از پرندگان باشد از ناله های اسارت لبریز است و در میان ما کسی نیست که بداند که تا به کی خواهد بود موسم حصاد گذشت و تابستان تمام شد و ما نجات نیافتیم مانند فاخته برای انصاف می نالیم و نیست انتظار نور میکشیم و اینک ،ظلمت است و تو ای نهر سرشار که نفس مهر تو را می راند به سوی ما بیا به سوی ما بیا
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Venite ad ascoltare la voce di chi canta perduto nel deserto, la voce di chi sospira e stende in aria le braccia dicendo “povero me”, perché adesso per tutte le mie ferita l’anima mi sviene dentro. E tu, dimenticato dai giorni, tu che ti fai tessere abiti scarlatti e ti adorni con gioielli d’oro, e fai risplendere i tuoi occhi con l’azzurro, ricordati che è vana la bellezza che ti offri per via di una voce perduta nel deserto e per i tuoi compagni che ti credono spregevole, povero me, perché il giorno si appresta alla rovina e si allungano le ombre della sera e la nostra esistenza come voliera piena di uccelli risuona con le grida di prigionia e non c’è nessuno che tra noi sappia fino a quando questo andrà avanti, è trascorsa la stagione del raccolto, termina l’estate e noi non abbiamo trovato salvezza, come la colomba gemiamo giustizia che non esiste, attendiamo la luce, ma la tenebra ci avvolge e tu, fiume in piena guidato dal respiro del tuo amore scorri verso di noi, scorri verso di noi…
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تولدی دیگر به ا .گ. هم ٔه هستی من آی ٔه تاریکیست که ترا در خود تکرارکنان به سحرگاه شکفتنها و رستنهای ابدی خواهد برد من در این آیه ترا آه کشیدم ،آه من در این آیه ترا به درخت و آب و آتش پیوند زدم
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UNA RINASCITA58 Per E. G. Il mio intero essere è un versetto oscuro che nel ripeterti al suo interno ti condurrà all’alba di eterne crescite e fioriture. Io ti sospiro in questo verso, ah in questo verso ti unisco all’albero, ti unisco all’acqua, ti unisco al fuoco.
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آن روزها
آن روزها رفتند آن روزهای خوب آن روزهای سالم سرشار آن آسمان های پر از پولک آن شاخساران پر از گیالس آن خانه های تکیه داده در حفاظ سبز پیچکها ،بیکدیگر آن بامهای بادبادکهای بازیگوش آن کوچههای گیج از عطر اقاقیها آن روزها رفتند آن روزهائی کز شکاف پلکهای من آوازهایم ،چون حبابی از هوا لبریز ،میجوشید چشمم به روی هر چه میلغزید آنرا چو شیر تازه مینوشید گوئی میان مردمکهایم خرگوش ناآرام شادی بود هر صبحدم با آفتاب پیر به دشتهای ناشناس جستجو میرفت شبها به جنگلهای تاریکی فرو میرفت آن روزها رفتند آن روزهای برفی خاموش کز پشت شیشه ،در اتاق گرم، هر دم به بیرون خیره میگشتم پاکیزه برف من ،چو کرکی نرم، آرام میبارید 476
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I GIORNI
I giorni andati, giorni belli, giorni pienissimi quei cieli scintillanti e i rami carichi di ciliegie le case accostate nel pudico abbraccio dell’edera e sui tetti gli aquiloni danzanti nel vento i vicoli confusi nell’odore delle acacie. I giorni andati, quando le mie voci scaturivano dalla fessura delle mie ciglia come bolle sature d’aria, i miei occhi bevevano come fosse latte fresco qualunque cosa li seducesse come se nelle mie pupille dimorasse la lepre esultante della gioia che all’alba si lanciava, complice il vecchio sole, alla scoperta di pianure sconosciute e a sera si addentrava nelle tenebre dei boschi. Quei giorni andati, quei giorni di nevicate mute dietro la finestra, nel caldo della stanza, osservavo estasiata a ogni istante la mia neve pura che scivolava come soffice peluria, precipitava lenta 477
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بر نردبام کهن ٔه چوبی بر رشت ٔه سست طناب رخت بر گیسوان کاجهای پیر و فکر میکردم به فردا ،آه فردا ـ حجم سفید لیز. با خش و خش چادر مادر بزرگ آغاز میشد و با ظهور سایه مغشوش او ،در چارچوب در – که ناگهان خود را رها میکرد در احساس سرد نور – و طرح سرگردان پرواز کبوترها در جامهای رنگی شیشه. فردا... گرمای کرسی خواب آور بود من تند و بیپروا دور از نگاه مادرم خطهای باطل را از مشقهای کهن ٔه خود پاک میکردم چون برف میخوابید در باغچه میگشتم افسرده در پای گلدانهای خشک یاس گنجشکهای مردهام را خاک میکردم ** آن روزها رفتند آن روزهای جذبه و حیرت آن روزهای خواب و بیداری. آن روزها هر سایه رازی داشت هر جعب ٔه سر بسته گنجی را نهان میکرد
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sulla vecchia scala di legno sul filo cadente dei panni stesi sulla chioma degli antichi pini e pensavo al domani, ah, domani – bianca sagoma che sfugge. Domani cominciava nel fruscio del chador della nonna59 e la sua ombra incerta che si affacciava alla porta presto in balia della sensazione fredda della luce e le linee erranti dei piccioni in volo tra i vetri colorati delle finestre, domani... Assopita nel tepore della stufa, lontano dallo sguardo di mia madre, cancellavo rapida e spavalda le note della maestra dai miei vecchi compiti. La neve cessava di cadere e me ne andavo mesta per il giardino a seppellire i miei passeri sotto i vasi spogli dei gelsomini. ** I giorni andati, i giorni di fervore estasiato i giorni di sogni a occhi spalancati, in quei giorni in ogni ombra era un mistero, un tesoro si celava in ogni scatola serrata, sembrava esistere un mondo 479
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هر گوش ٔه صندوقخانه ،در سکوت ظهر گوئی جهانی بود هر کس ز تاریکی نمیترسید در چشمهایم قهرمانی بود آن روزها رفتند آن روزهای عید آن انتظار آفتاب و گل آن رعشههای عطر در اجتماع ساکت و محجوب نرگسهای صحرائی که شهر را در آخرین صبح زمستانی دیدار میکردند آوازهای دوره گردان در خیابان دراز لکههای سبز بازار در بوهای سرگردان شناور بود در بوی تند قهوه و ماهی بازار در زیر قدمها پهن میشد ،کش میآمد ،با تمام لحظه های راه میامیخت و چرخ میزد ،در ته چشم عروسکها. بازار ،مادر بود که میرفت ،با سرعت بسوی حجمهای رنگی سیال و باز میآمد با بستههای هدیه ،با زنبیلهای پر. بازار ،باران بود ،که میریخت ،که میریخت ،که میرخت ** آن روزها رفتند آن روزهای خیرگی در رازهای جسم آن روزهای آشنائیهای محتاطانه ،با زیبائی رگهای آبیرنگ
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in ogni angolo del ripostiglio, nella pace di mezzogiorno ed era ai miei occhi un eroe chiunque si addentrasse in quel buio. I giorni andati, i giorni dell’anno nuovo60 ad attendere il sole e i suoi fiori, il brivido di profumi nell’umile unirsi in silenzio dei narcisi di montagna che abbracciavano la città nell’ultimo mattino dell’inverno. E la voce dei venditori ambulanti nelle strade interminabili chiazzate di verde, il mercato aleggiava nello spargersi di odori, l’odore pungente di pesce e di caffè il mercato si apriva sotto i passi, si espandeva, si mescolava a ogni istante del cammino e volteggiava in fondo agli occhi delle bambole. Il mercato era mamma che s’affrettava verso quelle fluide onde di colore e ritornava con doni impacchettati e cestini pieni, il mercato era la pioggia, che cadeva incessante, e scendeva, scendeva, senza sosta. ** I giorni andati, i giorni di attonita scoperta dei segreti del corpo, i giorni di cauti incontri con la bellezza azzurra delle vene,
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دستی که با یک گل از پشت دیواری صدا میزد یک دست دیگر را و لکههای کوچک جوهر ،بر این دست مشوش ،مضطرب ،ترسان و عشق، که در سالمی شرمآگین خویشتن را بازگو میکرد در ظهرهای گرم دودآلود ما عشقمان را در غبار کوچه میخواندیم ساده گلهای قاصد آشنا بودیم ما با زبان ٔ ما قلبهامان را به باغ مهربانیهای معصومانه میبردیم و به درختان قرض میدادیم و توپ ،با پیغامهای بوسه در دستان ما میگشت و عشق بود ،آن حس مغشوشی که در تاریکی هشتی ناگاه محصورمان میکرد و جذبمان میکرد ،در انبوه سوزان نفسها و تپشها و تبسمهای دزدانه ** آن روزها رفتند آن روزها مثل نباتاتی که در خورشید میپوسند از تابش خورشید ،پوسیدند و گم شدند آن کوچههای گیج از عطر اقاقیها در ازدحام پرهیاهوی خیابانهای بیبرگشت. و دختری که گونههایش را با برگهای شمعدانی رنگ میزد ،آه اکنون زنی تنهاست اکنون زنی تنهاست
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una mano dietro al muro con un fiore chiamava un’altra mano e le minute macchie d’inchiostro, su queste mani agitate, trepidanti, timorose. E l’amore che si annunciava nel pudore di timidi saluti. Tra i vapori del mezzogiorno cantavamo il nostro amore nella polvere del vicolo, decifravamo la lingua umile dei soffioni, fiori messaggeri portavamo i nostri cuori al giardino delle tenerezze innocenti e li davamo in prestito agli alberi, e una palla girava di mano in mano con il messaggio di un bacio ed era amore, sentimento confuso che nel buio degli androni improvviso ci assediava e seduceva nel tocco ardente del respiro e nel battito di sorrisi furtivi. ** I giorni andati, quei giorni, come piante che si disfano al sole, sono appassiti nella canicola, e quelle strade confuse dall’odore delle acacie si disperdono nel brusio gremito di strade che non tornano. E la ragazza che colorava le sue guance con i petali dei gerani è diventata ormai una donna sola, eccola: una donna sola.
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گذران
تا به کی باید رفت از دیاری ،به دیاری دیگر نتوانم ،نتوانم جستن هر زمان عشقی و یاری دیگر کاش ما آن دو پرستو بودیم که همه عمر سفر میکردیم از بهاری به بهاری دیگر آه ،اکنون دیریست که فرو ریخته در من ،گوئی، تیره آواری از ابر گران چو میآمیزم ،با بوس ٔه تو روی لبهایم ،میپندارم، میسپارد جان ،عطری گذران آنچنان آلودهست عشق غمناکم با بیم زوال که همه زندگیم میلرزد چون ترا مینگرم مثل اینست که از پنجرهای تکدرختم را ،سرشار از برگ در تب زرد خزان مینگرم مثل اینست که تصویری را روی جریانهای مغشوش آب روان مینگرم
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FUGACEMENTE
Per quanto ancora si dovrà vagare ogni volta di terra in terra? Io non posso, non posso cercare a ogni istante un altro amore, un altro amico. Magari fossimo quelle due rondini in viaggio per l’intera vita di primavera in primavera. Sospiro per le macerie scure che da tempo ormai sembrano crollarmi addosso da nuvole pesantissime. Quando mi mescolo ai tuoi baci penso al profumo che veloce si estingue sulle mie labbra. Il tormento del mio amare è così intriso di terrore della fine che quando io ti guardo la mia vita intera vacilla: è come se guardassi dalla finestra il mio albero solitario rigoglioso di foglie nell’ingiallire febbrile dell’autunno. È come se guardassi un’immagine nello specchio confuso delle acque correnti.
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شب و روز شب و روز شب و روز بگذار که فراموش کنم. تو چه هستی ،جز یک لحظه ،یک لحظه که چشمان مرا میگشاید در برهوت آگاهی؟ بگذار که فراموش کنم.
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Giorno e notte giorno e notte giorno e notte lascia che io dimentichi. Ma cosa sei tu se non un istante, un istante che mi spalanca gli occhi nella voragine cieca della coscienza? Allora lascia che io dimentichi.
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آفتاب میشود
نگاه کن که غم درون دیدهام چگونه قطره قطره آب میشود چگونه سای ٔه سیاه سرکشم اسیر دست آفتاب میشود نگاه کن تمام هستیم خراب میشود شرارهای مرا به کام میکشد مرا به اوج میبرد مرا به دام میکشد نگاه کن تمام آسمان من پر از شهاب میشود ** تو آمدی ز دورها و دورها ز سرزمین عطرها و نورها نشاندهای مرا کنون به زورقی ز عاجها ،ز ابرها ،بلورها مرا ببر امید دلنواز من ببر به شهر شعرها و شورها
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NEL SORGERE DEL SOLE
Guarda, il dolore nei miei occhi scivola via goccia a goccia come l’acqua, guarda come la mia ombra nera e ribelle è dominata dal sole guarda si disfa la mia vita intera una scintilla mi trascina al desiderio e mi spinge all’estasi mi trascina all’inganno guarda come tutto il mio cielo è solcato da stelle cadenti. ** Sei arrivato dai luoghi remotissimi, tu, dalla terra di bagliori e profumi, adesso mi distendi in una barca fatta d’avorio, nuvole e cristalli: portami via, mia speranza, carezza del cuore, portami via, nella città dei versi e dei fervori.
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به راه پر ستاره میکشانیم فراتر از ستاره مینشانیم نگاه کن من از ستاره سوختم لبالب از ستارگان تب شدم چو ماهیان سرخ رنگ ساده دل ستاره چین برکه های شب شدم چه دور بود پیش از این زمین ما به این کبود غرفههای آسمان کنون به گوش من دوباره میرسد صدای تو صدای بال برفی فرشتگان نگاه کن که من کجا رسیدهام به کهکشان ،به بیکران ،به جاودان کنون که آمدیم تا به اوجها مرا بشوی با شراب موجها مرا بپیچ در حریر بوسهات مرا بخواه در شبان دیر پا مرا دگر رها مکن مرا از این ستارهها جدا مکن **
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Mi trascini lungo il sentiero costellato di astri, mi hai distesa oltre la stella, guardami, io sono arsa dalla stella da lato a lato, infiammata dalle stelle come i pesci dal petto rosso che semplice hanno il cuore, stringo a me le stelle negli stagni della notte. Quanto lontana era prima d’ora la nostra terra, adesso in questo azzurro, nelle dimore del cielo mi sovviene di nuovo la tua voce, il fruscio delle ali innevate degli angeli e guarda fino a dove sono arrivata alla via lattea, oltre lo spazio e l’eterno. Adesso che giungiamo sino al culmine lava il mio corpo con il vino delle onde avvolgimi nella seta del tuo bacio desiderami nelle notti senza fine e non lasciarmi, non separarmi più da queste stelle. **
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نگاه کن که موم شب براه ما چگونه قطره قطره آب میشود صراحی سیاه دیدگان من به الالی گرم تو لبالب از شراب خواب میشود به روی گاهوارههای شعر من نگاه کن تو میدمی و آفتاب میشود
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Guarda, come la cera della notte sui nostri sospiri goccia a goccia diventa seme, la coppa nera dei miei occhi nella tua nenia calda da lato a lato trabocca col vino del sonno, affàcciati sulla culla dei miei versi e guarda, tu ti stagli nel sorgere del sole.
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روی خاک
هرگز آرزو نکردهام یک ستاره درسراب آسمان شوم یا چو روح برگزیدگان همنشین خامش فرشتگان شوم هرگز از زمین جدا نبودهام با ستاره آشنا نبودهام روی خاک ایستادهام با تنم که مثل ساق ٔه گیاه باد و آفتاب و آب را میمکد که زندگی کند بارور ز میل بارور ز درد روی خاک ایستادهام تا ستارهها ستایشم کنند تا نسیمها نوازشم کنند ** از دریچهام نگاه میکنم جز طنین یک ترانه نیستم جاودانه نیستم جز طنین یک ترانه جستجو نمیکنم در فغان لذتی که پاکتر ساده غمیست. از سکوت ٔ
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SULLA TERRA
Io non ho mai voluto farmi astro nel miraggio del cielo o come spirito dei prescelti diventare la compagna silenziosa degli angeli, mai stata, io, separata dal terreno e mai amica delle stelle, io m’innalzo sulla terra; e il mio corpo come verde stelo è dal sole e dal vento e dall’acqua che attinge perché viva. Feconda di desiderio feconda di dolore io m’innalzo sulla terra, che càntino di me le stelle e mi accarezzino i venti e le brezze. ** Osservo attenta dal mio spiraglio e non sono altra cosa che l’eco di una melodia e non sono io eterna e non cerco altra cosa che l’eco di melodia nel gemito di piacere più puro del silenzio terso del dolore.
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آشیانه جستجو نمیکنم در تنی که شبنمیست روی زنبق تنم ** بر جدار کلبهام که زندگیست با خط سیاه عشق یادگارها کشیدهاند مردمان رهگذر. قلب تیر خورده. شمع واژگون. نقطههای ساکت پریدهرنگ، بر حروف درهم جنون. هر لبی که بر لبم رسید یک ستاره نطفه بست در شبم که مینشست روی رود یادگارها پس چرا ستاره آرزو کنم؟ ** این تران ٔه منست –دلپذیر دلنشین پیش از این نبوده بیش از این
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Non cerco la mia casa nel corpo che si fa rugiada sul giglio del mio corpo. ** Sulle pareti della mia casa, la mia vita, con i versi neri dell’amore lasciarono traccia di memoria gli uomini che passavano per poi andarsene: il cuore bruciato dalla freccia, candele infauste, scritture silenziose dal colore stinto, le lettere scomposte della pazzia. Per ogni labbro che giunse alle mie labbra un astro spargeva il suo seme nel calare della mia notte presso il ruscello dei ricordi, perché, perché desiderare gli astri? ** È questa la melodia che calda e struggente ho nel cuore. Non era così prima d’ora non era così…
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شعر سفر
همه شب با دلم کسی میگفت “سخت آشفتهای ز دیدارش “صبحدم با ستارگان سپید “میرود ،میرود ،نگهدارش” من به بوی تو رفته از دنیا بی خبر از فریب فرداها روی مژگان نازکم میریخت چشمهای تو چون غبار طال تنم از حس دستهای تو داغ گیسویم در تنفس تو رها میشکفتم ز عشق و میگفتم “هر که دلداده شد به دلدارش “ننشیند به قصد آزارش “برود چشم من به دنبالش “برود عشق من نگهدارش” ** آه ،اکنون تو رفتهای و غروب سایه میگسترد به سین ٔه راه تیره غم نرم نرمک خدای ٔ مینهد پا به معبد نگهم مینویسد به روی هر دیوار آیههائی همه سیاه سیاه
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POESIA DEL VIAGGIO
Qualcuno ogni notte mi sussurava nel cuore: “Ti stravolge vederlo, sul far del giorno andrà via con le stelle chiare, andrà via, trattienilo allora!” Il tuo odore mi porta via dal mondo e non so nulla dei tradimenti di domani, i tuoi occhi spargevano come polvere d’oro sulle mie ciglia sottili. S’infiammava il mio corpo al tocco delle tue mani, slacciavo i capelli nel tuo respiro. Mi aprivo tutta all’amore e dicevo: “Chiunque offra il cuore a chi stringe il cuore mai potrà arrendersi al tormento; che parta, e partano i miei occhi a cercarlo, che partano per l’amore mio, a trattenerlo.” ** Ah, nel mio sospiro adesso sei lontano, e il tramonto stende ombre sul petto della strada, e poco a poco il demone divino di buia angoscia mette piede nel tempio del mio sguardo, e scrive sopra ogni muro versetti più neri del nero.
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باد ما را خواهد برد
در شب کوچک من ،افسوس باد با برگ درختان میعادی دارد دلهره ویرانیست در شب کوچک من ٔ گوش کن وزش ظلمت را میشنوی؟ من غریبانه به این خوشبختی مینگرم من به نومیدی خود معتادم گوش کن وزش ظلمت را میشنوی؟ در شب اکنون چیزی میگذرد ماه سرخست و مشوش و بر این بام که هر لحظه در او بیم فرو ریختن است ابرها ،همچون انبوه عزاداران لحظ ٔه باریدن را گوئی منتظرند لحظهای و پس از آن ،هیچ. پشت این پنجره شب دارد میلرزد و زمین دارد باز میماند از چرخش پشت این پنجره یک نامعلوم نگران من و تست
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I L V E N TO C I P O RT E R À V I A
Che pena, nella mia piccola notte il vento ha un appuntamento con le foglie degli alberi. Nella mia piccola notte c’è l’ansia di rovina imminente. Ascolta, senti l’alito del buio? Contemplo stupita questa buona sorte, io, da tempo assuefatta alla disperazione. Ascolta, senti l’alito del buio? Qualcosa adesso attraversa la notte, la luna è rossa e turbata. Attorno a questo tetto che ogni ora teme di crollare si affollano le nuvole come nere schiere di lutto, quasi in attesa dell’istante di pioggia. Un istante, e nient’altro dopo. Dietro questa finestra la notte trema e la terra esita nel suo ruotare. Dietro questa finestra qualcosa di ignoto ci scruta in ansia per me e per te. 501
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ای سراپایت سبز دستهایت را چون خاطرهای سوزان ،در دستان عاشق من بگذار و لبانت را چون حسی گرم از هستی به نوازشهای لبهای عاشق من بسپار باد ما را با خود خواهد برد باد ما را با خود خواهد برد
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Tu, presenza che germoglia, riponi le tue mani come ricordo rovente fra i miei palmi appassionati e le tue labbra – senso caldo dell’esserci – abbandonale alle carezze di queste labbra innamorate. Il vento ci porterà via, sì, il vento ci porterà via.
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غزل “هر شب به قص ٔه دل من گوش میکنی” “فردا مرا چو قصه فراموش میکنی” ه ،ا ،سایه
چون سنگها صدای مرا گوش میکنی سنگی و ناشنیده فراموش میکنی رگبار نوبهاری و خواب دریچه را از ضربههای وسوسه مغشوش میکنی دست مرا که ساق ٔه سبز نوازش است با برگهای مرده همآغوش میکنی گمراهتر ز روح شرابی و دیده را در شعله مینشانی و مدهوش میکنی ای ماهی طالئی مرداب خون من خوش باد مستیت ،که مرا نوش میکنی دره بنفش غروبی که روز را تو ٔ بر سینه میفشاری و خاموش میکنی در سایهها ،فروغ تو بنشست و رنگ باخت او را به سایه ،از چه سیهپوش میکنی؟
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G H A Z A L 61
Stasera ascolti il racconto del mio cuore ma domani ti scorderai di me e del mio racconto. H. A. Saye
Tu sei pietra, ascolti attento la mia voce e come pietra dimentichi, prima di sentirmi. Tu, acquazzone di marzo, tormenti il sonno dello spiraglio sotto i colpi del desiderio. Tu raccogli le miei mani, steli verdi di carezze, e le offri al corpo di foglie ingiallite. Tu, più smarrito dello spirito del vino, lanci fiamme agli occhi e poi confondi. Tu che nella palude del mio sangue, pesce dorato, di me ti disseti: salute alla tua ebbrezza! Tu, vallata purpurea del tramonto, spegni e stringi al tuo petto il giorno. L’Alba tua così impallidisce nella notte: perché la vesti a lutto con la tua Ombra?62
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در آبهای سبز تابستان
تنهاتر از یک برگ با بار شادیهای مهجورم در آبهای سبز تابستان آرام میرانم تا سرزمین مرگ تا ساحل غمهای پائیزی در سایهای خود را رها کردم در سای ٔه بیاعتبار عشق در سای ٔه فرار خوشبختی در سای ٔه ناپایداریها شبها که میچرخد نسیمی گیج در آسمان کوته دلتنگ شبها که میپیچد مهی خونین در کوچههای آبی رگها شبها که تنهائیم با رعشههای روحمان ،تنها– در ضربههای نبض میجوشد احساس هستی ،هستی بیمار “در انتظار درهها رازیست” این را به روی قلههای کوه بر سنگهای سهمگین کندند آنها که در خط سقوط خویش یکشب سکوت کوهساران را از التماسی تلخ آکندند 506
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P E R L E A C Q U E V E R D I D E L L’ E S TAT E
Più sola di una foglia e gravata da felicità abbandonate mi affido serenamente alle acque verdi dell’estate verso il terreno della morte verso la riva di dolori autunnali abbandonando me stessa a un’ombra, l’ombra screditata dell’amore sotto l’ombra di fortuna fugace all’ombra di ogni evanescenza. Quando a notte nel tristissimo spazio del cielo gravita una brezza stordita quando a notte una nebbia insanguinata scivola per i vicoli azzurri delle vene quando a notte siamo soli con il brivido dello spirito, solo allora dentro i nostri polsi freme questo morboso senso d’essere. “Mistero che ti celi nell’attesa delle valli” incisero per le vette dei monti su costoni spaventosi coloro che cadendo a notte colmavano il silenzio delle cime con amarissimi scongiuri. 507
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“در اضطراب دستهای پر، “آرامش دستان خالی نیست “خاموشی ویرانهها زیباست” این را زنی در آبها میخواند در آبهای سبز تابستان گوئی که در ویرانه ها میزیست ما یکدگر را با نفسهامان آلوده میسازیم آلوده تقوای خوشبختی ٔ ما از صدای باد میترسیم ما از نفوذ سایههای شک در باغهای بوسههامان رنگ میبازیم ما در تمام میهمانیهای قصر نور از وحشت آوار میلرزیم ** اکنون تو اینجائی گسترده چون عطر اقاقیها در کوچههای صبح. بر سینهام ،سنگین در دستهایم ،داغ در گیسوانم رفته از خود ،سوخته ،مدهوش اکنون تو اینجائی چیزی وسیع و تیره و انبوه چیزی مشوش چون صدای دوردست روز بر مردمکهای پریشانم میچرخد و میگسترد خود را شاید مرا از چشمه میگیرند 508
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“La pace delle mani vuote non si trova nei pugni stretti, sublime silenzio delle rovine.” Questo cantava una donna nelle acque per le acque verdi dell’estate – si diceva vivesse tra rovine. Noi ci macchiamo l’un l’altro con il fiato macchiati noi da pietà di sorte temiamo la voce del vento, impallidiamo quando le ombre del dubbio penetrano i giardini dei nostri baci, e in tutte le feste nel castello di luce tremiamo nel terrore di rovina. ** Adesso sei qui ti spandi come aroma di acacia nei vicoli del mattino. Pesante, sul mio petto, bruciante, tra le mani, arso, sconvolto, abbandonato ai miei capelli adesso sei qui. Qualcosa di oscuro, denso, immenso qualcosa di turbato, come voce lontana del giorno, ruota e si diffonde per le mie pupille stravolte. Forse mi attingono da fonti 509
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شاید مرا از شاخه میچینند شاید مرا مثل دری بر لحظههای بعد میبندند شاید... دیگر نمیبینم. ** ما بر زمینی هرزه روئیدیم ما بر زمینی هرزه میباریم ما “هیچ” را در راهها دیدیم بر اسب زرد بالدار خویش چون پادشاهی راه میپیمود افسوس ،ما خوشبخت و آرامیم افسوس ،ما دلتنگ و خاموشیم خوشبخت ،زیرا دوست میداریم دلتنگ ،زیرا عشق نفرینیست
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forse mi colgono da rami forse mi chiudono come porta sugli istanti imminenti, forse io non riesco più a vedere. ** Noi crescemmo da vano terreno piovemmo su vano terreno vedemmo il Nulla sui sentieri: avanzava sovrano sul dorso del suo giallo cavallo alato. Poveri noi, baciati da pace e fortuna addolorati e silenziosi nella gioia d’amare, poveri, per amore che è ingiuria.
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میان تاریکی
میان تاریکی ترا صدا کردم سکوت بود و نسیم که پرده را میبرد در آسمان ملول ستارهای میسوخت ستارهای میرفت ستارهای میمرد ترا صدا کردم ترا صدا کردم تمام هستی من چو یک پیال ٔه شیر میان دستم بود نگاه آبی ماه به شیشهها میخورد ترانهای غمناک چو دود بر میخاست ز شهر زنجرهها چون دود میلغزید به روی پنجرهها تمام شب آنجا میان سین ٔه من کسی ز نومیدی نفس نفس میزد 512
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NEL BUIO
Nel buio ti ho chiamato, silenzio, un alito di vento gonfiava le tende nel cielo maliconico, una stella che ardeva, una stella appariva, una stella svaniva. Ti ho chiamato e chiamato ancora. Il mio essere intero era tazza di latte tra le mie mani, lo sguardo della luna cadeva sui vetri. Una triste canzone si levava, fumo lieve dalla città delle cicale, tremava come fumo davanti alle finestre. Per tutta la notte, laggiù in mezzo al mio seno qualcuno, disperato, ansimava senza posa. 513
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کسی به پا میخاست کسی ترا میخواست دو دست سرد او را دوباره پس میزد تمام شب آنجا ز شاخههای سیاه غمی فرو میریخت کسی ز خود میماند کسی ترا میخواند هوا چو آواری به روی او میریخت ** درخت کوچک من به باد عاشق بود به باد بیسامان
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Qualcuno si alzava, qualcuno cercava te, le sue due mani fredde respinte nuovamente. Per tutta la notte, laggiù il dolore grondava da rami scurissimi, qualcuno perdeva i sensi, qualcuno ti invocava, l’aria, simile a rovine crollava sul suo viso. ** Il mio piccolo albero innamorato del vento, in balia del vento.
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بر او ببخشائید
بر او ببخشائید بر او که گاهگاه پیوند دردناک وجودش را با آبهای راکد و حفرههای خالی ،از یاد میبرد و ابلهانه میپندارد که حق زیستن دارد بر او ببخشائید بر خشم بیتفاوت یک تصویر که آرزوی دور دست تحرک در دیدگان کاغذیش آب میشود بر او ببخشائید بر او که در سراسر تابوتش جریان سرخماه گذر دارد و عطرهای منقلب شب خواب هزار سال ٔه اندامش را آشفته میکنند بر او ببخشائید بر او که از درون متالشیست اما هنوز ،پوست چشمانش از تصور ذرات نور میسوزد و گیسوان بیهدهاش نومیدوار از نفوذ نفسهای عشق می لرزند
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A B B I AT E P I E TÀ D I L E I
Abbiate pietà di lei che a volte dimentica il legame doloroso tra la sua esistenza e le acque stagnanti, le fosse svuotate, per poi credere – ingenuamente credere – che anche lei merita di vivere. Abbiate pietà di lei, della rabbia indifferente di un’immagine che negli occhi di carta scioglie il desiderio lontano di uno slancio. Abbiate pietà di lei del suo sudario attraversato per intero dalla corrente rossa della luna, le fragranze riverse della notte giungono a turbare il sonno millenario del suo corpo. Abbiate pietà di lei che dentro di sé si disfa mentre la pelle dei suoi occhi brucia ancora immaginando i raggi della luce e i suoi capelli vani tremano disperati, penetrati dall’alito d’amore. 517
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ساده خوشبختی ای ساکنان سرزمین ٔ ای همدمان پنجرههای گشوده در باران بر او ببخشائید بر او ببخشائید زیرا که مسحور است زیرا که ریشههای هستی بارآور شما در خاکهای غربت او نقب میزنند و قلب زودباور او را با ضربههای موذی حسرت در کنج سینهاش متورم میسازند.
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Ascoltate, abitanti della terra semplice della gioia, compagni delle finestre aperte nella pioggia: abbiate pietà di lei, abbiatene pietà perché una magia la tiene prigioniera, perché le radici delle vostre vite fruttuose affondano nei terreni della sua malinconia e con gli affondi lancinanti dell’angoscia dilatano il suo cuore ingenuo in un angolo del petto.
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دریافت
در حباب کوچک روشنائی خود را میفرسود ناگهان پنجره پر شد از شب شب سرشار از انبوه صداهای تهی شب مسموم از هرم زهرآلود تنفسها شب... گوش دادم زده تاریک در خیابان وحشت ٔ یک نفر گوئی قلبش را مثل حجمی فاسد زیر پا له کرد زده تاریک در خیابان وحشت ٔ یک ستاره ترکید گوش دادم... نبضم از طغیان خون متورم بود و تنم... تنم از وسوس ٔه متالشی گشتن. روی خطهای کج و معوج سقف چشم خود را دیدم چون رطیلی سنگین خشک میشد در کف در زردی در خفقان
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PERCEZIONE
Il bagliore si spegneva nella bolla minuta, d’improvviso, colmando la finestra, la notte traboccava di voci vuote, notte macchiata dal calore di respiri avvelenati, la notte... Ascoltavo nella strada buia e inorridita una persona schiacciare il proprio cuore come si calpesta un grumo che marcisce. Nella strada buia e inorridita una stella si lacerava. Ascoltavo... Il sangue scaturiva a dilatarmi i polsi e il mio corpo... gonfio, nella tentazione di disfarsi. Nella curva delle linee oblique del soffitto vidi i miei occhi come tarantole gravide avvizzite nella schiuma, nel pallore, nell’angoscia.
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داشتم با همه جنبش هایم مثل آبی راکد تهنشین میشدم آرام آرام داشتم لرد میبستم در گودالم گوش دادم گوش دادم به همه زندگیم حفره خود موش منفوری در ٔ یک سرود زشت مهمل را با وقاحت میخواند جیرجیری سمج و نامفهوم لحظهای فانی را چرخزنان میپیمود و روان میشد بر سطح فراموشی آه ،من پر بودم از شهوت ،شهوت مرگ هر دو پستانم از احساسی سرسامآور تیر کشید آه من بیاد آوردم اولین روز بلوغم را که همه اندامم باز میشد در بهتی معصوم تا بیامیزد ،با آن مبهم ،آن گنگ ،آن نامعلوم ** در حباب کوچک روشنائی خود را در خطی لرزان خمیازه کشید.
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Nonostante i miei sussulti mi facevo sedimento, lentamente come acqua che ristagna ricadevo fino al fondo della fossa. Ascoltavo la mia intera vita fatta ratto rivoltante, rintanato, che osceno canta canzoni insulse, stridule; io, vibrazione di cicala tenace e astrusa che ruotando percorre il suo istante perituro per poi incedere sulla scia dell’oblio. Ah, ero piena di lussuria, la lussuria della morte, i miei capezzoli dilaniati da spasimi pungenti, ah, memoria del mio primo mestruo, quando le membra si aprivano in uno stupore innocente a mescolarsi con quell’indecifrabile, con l’ambiguo, con l’oscuro. ** Nella bolla minuta il bagliore sbadigliava sul tremolio di una linea.
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وصل
آن تیره مردمکها ،آه ساده خلوت نشین من آن صوفیان ٔ در جذب ٔه سماع دو چشمانش از هوش رفته بودند دیدم که بر سراسر من موج میزند چون هرم سرخگون ٔه آتش چون انعکاس آب چون ابری از تشنج بارانها چون آسمانی از نفس فصلهای گرم تا بی نهایت تا آنسوی حیات گسترده بود او دیدم که در وزیدن دستانش جسمیت وجودم تحلیل میرود دیدم که قلب او با آن طنین ساحر سرگردان پیچیده در تمامی قلب من ساعت پرید پرده بهمراه باد رفت او را فشرده بودم در هال ٔه حریق
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INCONTRO
Quelle pupille scure, oh Dio... I sufi dei miei occhi, misticamente reclusi, cedevano nell’estasi della sacra melodia dei suoi due occhi.63 Come onda mi pervadeva per intero scarlatta vampa di fuoco come riflesso d’acqua o nuvola nella convulsione delle piogge cielo rappreso nell’alito di calde stagioni lui si estendeva fino all’estremo oltre il limite della vita. Vidi come nel soffio delle sue mani la materia corporea del mio essere si disfaceva e il suo cuore con quell’eco magica e dispersa penetrava il corpo del mio cuore. Il sussulto dell’ora, la tenda volò via con il vento, lo strinsi nell’alone dell’incendio. 525
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میخواستم بگویم اما شگفت را انبوه سایه گستر مژگانش پرده ابریشم چون ریشههای ٔ جاری شدند از بن تاریکی در امتداد آن کشال ٔه طوالنی طلب و آن تشنج ،آن تشنج مرگآلود گمشده من تا انتهای ٔ دیدم که میرهم دیدم که میرهم دیدم که پوست تنم از انبساط عشق ترک میخورد دیدم که حجم آتشینم آهسته آب شد و ریخت ،ریخت ،ریخت در ماه ،ماه به گودی نشسته ،ماه منقلب تار ** در یکدیگر گریسته بودیم در یکدیگر تمام لحظ ٔه بیاعتبار وحدت را دیوانهوار زیسته بودیم
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Volevo parlarne ma io, esterrefatta: i nodi ombrosi delle sue ciglia calarono dal fondo del buio come frange di un velo di seta lungo l’interminabile percorso del volere, e quella convulsione, convulsione intrisa di morte fino al limite smarrito del mio essere. Mi liberavo mi liberavo la pelle del mio corpo si quarciava nella dilatazione dell’amore la mia massa in fiamme si scioglieva lentamente e versandosi e riversandosi nella luna, luna affossata, riversa, indistinta. ** Piangevamo l’uno sull’altro vivendo follemente l’uno nell’altro nell’istante inaffidabile dell’unione.
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عاشقانه
ای شب از رؤیای تو رنگین شده سینه از عطر توام سنگین شده ای به روی چشم من گسترده خویش شادیم بخشیده از اندوه بیش همچو بارانی که شوید جسم خاک هستیم زآلودگیها کرده پاک ای تپشهای تن سوزان من آتشی در مزرع مژگان من ای ز گند مزارها سرشارتر ای ز زرین شاخه ها پربارتر ای در بگشوده بر خورشیدها در هجوم ظلمت تردیدها با توام دیگر ز دردی بیم نیست هست اگر ،جز درد خوشبختیم نیست ای دل تنگ من و این بار نور؟ هایهوی زندگی در قعر گور؟ ای دو چشمانت چمنزاران من داغ چشمت خورده بر چشمان من پیش از اینت گر که در خود داشتم هرکسی را تو نمیانگاشتم درد تاریکیست ،درد خواستن رفتن و بیهوده خود را کاستن سر نهادن بر سیهدل سینهها سینه آلودن به چرک کینهها 528
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AMOROSAMENTE
Del tuo sogno è avvampata la notte, pesante il mio seno ormai, colmo del tuo odore, sei disteso davanti ai miei occhi e questa gioia che mi doni supera ogni affanno, come una pioggia che lava il corpo del terreno purifichi il mio essere da ogni impurità. Sei fremito del mio corpo in fiamme, fuoco nei campi delle mie ciglia, più traboccante delle messi e del grano, dei rami dorati più colmo di frutti, tu, porta aperta sul risplendere dei soli, quando ci invadono le tenebre dei dubbi sono con te, e del dolore non restano timori, se non le pene del mio gioire. Cuore mio serrato, cos’è questo corpo di luce, questo clamore di vita dal fondo della fossa? Sono i miei pascoli i tuoi due occhi, arroventato il marchio dei tuoi occhi sui miei occhi, anche se ti avevo prima d’ora dentro di me non avrei scambiato alcun altro per te. È un nero tormento desiderare il dolore, allontanarsi e poi umiliarsi invano, rivolgere i toraci al cuore più buio insudiciare il petto con la bile dei rancori, 529
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در نوازش ،نیش ماران یافتن زهر در لبخند یاران یافتن زر نهادن در کف طرارها گمشدن در پهن ٔه بازارها آه ،ای با جان من آمیخته ای مرا از گور من انگیخته چون ستاره ،با دو بال زرنشان آمده از دوردست آسمان از تو ،تنهائیم خاموشی گرفت پیکرم بوی همآغوشی گرفت جوی خشک سینه ام را آب ،تو بستر رگهام را سیالب ،تو در جهانی اینچنین سرد و سیاه با قدمهایت قدمهایم براه ای به زیر پوستم پنهان شده همچو خون در پوستم جوشان شده گیسویم را از نوازش سوخته گونههام از هرم خواهش سوخته آه ،ای بیگانه با پیراهنم آشنای سبزهزاران تنم آه ،ای روشن طلوع بیغروب آفتاب سرزمینهای جنوب عشق دیگر نیست این ،این خیرگیست چلچراغی در سکوت و تیرگیست عشق چون در سینهام بیدار شد از طلب ،پا تا سرم ایثار شد این دگر من نیستم ،من نیستم حیف از آن عمری که با من زیستم
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trovare nella carezza il morso del serpente o vedere il veleno nel sorriso degli amici. Posare l’oro su palmi criminali e perdersi infine tra le piazze dei mercati. Ascolta, tu che mi penetri il fondo dell’anima per sollevarmi poi come stella dal fondo dalla fossa con le ali sfiorate dall’oro, arrivato dal più remoto firmamento, per te la mia solitudine è presa dal silenzio e rappreso il mio corpo nell’odore dell’amplesso. Sei acqua nel rivolo in secca del mio petto, esondi e straripi dal letto delle vene, in questo mondo tetro e raggelato muovo i miei passi accanto ai passi tuoi. Tu che ti celi sotto la mia pelle e mi ribolli dentro come sangue bruciando i miei capelli con carezze, accendi le mie guance di passione. Tu che non sei avvezzo alla mia veste ma intimo dei campi verdi del mio corpo, ah, tu sorgi luminoso senza tramontare, sole cocente delle terre del mezzogiorno. Ma questo che non è amore è puro stupore come baleno nel silenzio e nell’oscuro. E quando amore si ridestava nel mio petto mi feci, nel volerti, da testa a piedi donazione. Questa non sono più io, non sono io, e che pena di quella vita che con me trascorsi.
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ای لبانم بوسهگاه بوسهات خیره چشمانم براه بوسهات ای تشنجهای لذت در تنم ای خطوط پیکرت پیراهنم آه ،میخواهم که بشکافم ز هم شادیم یکدم بیاالید به غم آه ،میخواهم که برخیزم ز جای همچو ابری اشک ریزم هایهای این دل تنگ من و این دود عود؟ در شبستان ،زخمههای چنگ و رود؟ این فضای خالی و پروازها؟ این شب خاموش و این آوازها؟ ای نگاهت الیالئی سحر بار گاهوار کودکان بیقرار ای نفسهایت نسیم نیمخواب شسته در خود ،لرزههای اضطراب خفته در لبخند فرداهای من رفته تا اعماق دنیاهای من ای مرا با شور شعر آمیخته اینهمه آتش به شعرم ریخته چون تب عشقم چنین افروختی الجرم ،شعرم به آتش سوختی
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Ascolta, le mie labbra sono dimora dei tuoi baci, attoniti i miei occhi sul sentiero dei tuoi baci. Sei fremito di piacere sparso sul mio corpo, mi vesto con le linee del tuo petto, ah, come vorrei spaccarmi in due e mescolare per un respiro il dolore con la gioia: sì, io voglio alzarmi e andare via, come nuvola versare lacrime a singhiozzi. Ma questo fumo d’aloe, e il cuore che si serra? Corde d’arpa e cetra nel santuario della notte? Questo spazio vuoto, dove poi librarmi in volo? E questa notte di silenzi e queste voci? Ah, il tuo sguardo così carico di magie, una culla per bambini che non dormono. Ascolta, la brezza sonnolenta del tuo fiato mi rinfresca dal fremito d’angoscia, dormi nel sorriso dei miei domani, e poi sprofondi nei fossati dei miei mondi. Ascolta, mi unisci al fervore della poesia riversando fiamme nei miei versi, mi hai bruciata poi nella febbre dell’amarti, per poi incendiare il mio canto con il fuoco.
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پرسش
سالم ماهیها – سالم ،ماهیها سالم ،قرمزها ،سبزها ،طالئیها به من بگوئید ،آیا در آن اتاق بلور که مثل مردمک چشم مردهها سرد است و مثل آخر شبهای شهر ،بسته و خلوت صدای نیلبکی را شنیدهاید که از دیار پریهای ترس و تنهائی به سوی اعتماد آجری خوابگاهها، و الی الی کوکی ساعتها، و هستههای شیشهای نور ،پیش میآید؟ و همچنان که پیش میآید، ستارههای اکلیلی ،از آسمان به خاک میافتند و قلبهای کوچک بازیگوش از حس گریه میترکند.
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D O M A N DA
Buongiorno pesciolini – buongiorno pesciolini, buongiorno pesci rossi, pesci verdi e dorati, ditemi una cosa: in quella vostra stanza di cristallo gelida come le pupille dei morti, sigillata e solitaria come il fondo delle notti in città, udite forse il suono di un flauto che dalla terra delle fate di terrore e solitudine avanza verso la fiducia murata dei dormitori e la nenia degli orologi a pendolo, verso i grani di vetro della luce? E mentre avanza le stelle di carta crollano al suolo dal loro cielo e piccoli cuori capricciosi esplodono nel pianto che affiora?
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دیوارهای مرز
اکنون دوباره در شب خاموش قد میکشند همچو گیاهان دیوارهای حایل ،دیوارهای مرز تا پاسدار مزرع ٔه عشق من شوند اکنون دوباره همهمههای پلید شهر چون گل ٔه مشوش ماهیها از ظلمت کران ٔه من کوچ میکنند اکنون دوباره پنجرهها ،خود را در لذت تماس عطرهای پراکنده باز مییابند اکنون درختها همه در باغ خفته ،پوست میاندازند و خاک با هزاران منفذ ذرات گیج ماه را به درون میکشد ** اکنون نزدیکتر بیا و گوش کن به ضربههای مضطرب عشق که پخش میشود چون تامتام طبل سیاهان در هوهوی قبیل ٔه اندامهای من
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LE MURA DEL CONFINE
Di nuovo adesso nella notte silenziosa si estendono come piante muri interstiziali, le mura del confine, guardie dei campi del mio amore. Adesso, di nuovo, il mormorio lurido della città come un banco isterico di pesci migra lontano dal buio della mia riva. Adesso, di nuovo, le finestre si ritrovano nel piacere del contatto con profumi sparsi, ora gli alberi dormono in giardino, si squarcia la corteccia e da mille orifizi il suolo restituisce i frammenti storditi della luna. ** Adesso avvicinati ancora e senti il diffondersi dei colpi ansiosi dell’amore come il battito di tamburi africani nel clamore tribale del mio corpo.
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من ،حس میکنم من میدانم که لحظ ٔه نماز ،کدامین لحظهست. اکنون ستاره ها همه با هم همخوابه میشوند. من در پناه شب از انتهای هر چه نسیمست ،میوزم من در پناه شب دیوانهوار فرو میریزم با گیسوان سنگینم ،در دستهای تو و هدیه میکنم به تو گلهای استوائی این گرمسیر سبز جوان را با من بیا با من به آن ستاره بیا نه آن ستارهای که هزاران هزار سال از انجماد خاک ،و مقیاسهای پوچ زمین دورست. و هیچکس در آنجا از روشنی نمیترسد من در جزیرههای شناور به روی آب نفس میکشم من در جستجوی قطعهای از آسمان پهناور هستم که از تراکم اندیشههای پست تهی باشد با من رجوع کن با من رجوع کن به ابتدای جسم به مرکز معطر یک نطفه
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Io lo sento e riconosco l’istante vero della preghiera. Adesso tutte le stelle si fanno compagne di letto. Protetta dalla notte io soffio dai confini di quel che si fa brezza, protetta dalla notte follemente mi accascio con il peso dei capelli nelle tue mani e ti offro i fiori equatoriali di questa nuova terra rigogliosa. Vieni con me vieni verso quella stella la stella che dista milioni di anni dal ghiacciarsi del suolo e dalla misura vana della terra, dove nessuno osa temere la luce. Io respiro a pelo d’acqua tra isole alla deriva e cerco, io, un frammento di cielo sconfinato e sgombro da pensieri infami. Ritorna con me ritorna con me all’orgine del corpo al centro profumato dello sperma
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به لحظهای که از تو آفریده شدم با من رجوع کن من ناتمام ماندهام از تو اکنون کبوتران در قلههای پستانهایم پرواز میکنند اکنون میان پیل ٔه لبهایم پروانههای بوسه در اندیش ٔه گریز فرو رفتهاند اکنون محراب جسم من آماده عبادت عشق است ٔ با من رجوع کن من ناتوانم از گفتن زیرا که دوستت میدارم زیرا که “دوستت میدارم” حرفیست، که از جهان بیهدگیها و کهنهها و مکررها میآید با من رجوع کن من ناتوانم از گفتن بگذار در پناه شب ،از ماه بار بردارم بگذار پر شوم از قطرههای کوچک باران از قلبهای رشد نکرده از حجم کودکان به دنیا نیامده بگذار پر شوم شاید که عشق من گهواره تولد عیسای دیگری باشد ٔ
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al momento che in te fui creata ritorna con me, rimasta incompleta di te. Adesso le colombe spiccano il volo dalle cime dei miei seni, adesso al centro delle mie labbra fatte bozzolo si schiudono farfalle di baci che pensano alla fuga, adesso l’altare del mio corpo si prepara all’orazione dell’amore. Ritorna con me il dire mi è impossibile perché io ti amo perché l’amarti sono parole calate dal mondo di un futile e desueto ripetersi ritorna con me, il dire mi è impossibile. Lascia che protetta dalla notte io mi ingravidi di luna, lascia che io mi riempia di sottili gocce di pioggia, di cuori che crescono, di sagome di bambini non generati, lascia che io mi riempia e magari il mio amare sarà culla per la nascita di un nuovo messia.
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جمعه
جمع ٔه ساکت جمع ٔه متروک جمع ٔه چون کوچههای کهنه ،غمانگیز جمع ٔه اندیشههای تنبل بیمار جمع ٔه خمیازههای موذی کشدار جمع ٔه بی انتظار جمع ٔه تسلیم خان ٔه خالی خان ٔه دلگیر خان ٔه در بسته بر هجوم جوانی خان ٔه تاریکی و تصور خورشید خان ٔه تنهائی و تفأل و تردید خان ٔه پرده ،کتاب ،گنجه ،تصاویر ** آه ،چه آرام و پر غرور گذر داشت زندگی من چو جویبار غریبی در دل این جمعههای ساکت متروک در دل این خانههای خالی دلگیر آه ،چه آرام و پر غرور گذر داشت...
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V E N E R D Ì 64
Venerdì di silenzio venerdì abbandonati venerdì malinconici come i vicoli di un tempo venerdì di pensieri svogliati e indisposti venerdì di sbadigli prolungati e irritanti venerdì senza attesa venerdì arrendevoli. Casa vuota casa struggente casa protetta dagli attacchi della giovinezza casa del buio e pensieri del sole casa di solitudine, divinazioni e indugi casa di tende, libri, credenze e disegni. ** Ah, la mia vita scorreva così fiera e tranquilla come un ruscello d’altrove nel cuore di quei venerdì abbandonati e silenziosi nel cuore di quelle case vuote e struggenti ah, scorreva così fiera, tranquillissima…
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عروسک کوکی
بیش از اینها ،آه ،آری بیش از اینها میتوان خاموش ماند ** میتوان ساعات طوالنی با نگاهی چون نگاه مردگان ،ثابت خیره شد در دود یک سیگار خیره شد در شکل یک فنجان در گلی بیرنگ ،بر قالی در خطی موهوم ،بر دیوار میتوان با پنجههای خشک پرده را یکسو کشید و دید در میان کوچه باران تند میبارد کودکی با بادبادکهای رنگینش ایستاده زیر یک طاقی گاری فرسودهای میدان خالی را با شتابی پرهیاهو ترک میگوید میتوان بر جای باقی ماند در کنار پرده ،اما کور ،اما کر میتوان فریاد زد با صدائی سخت کاذب ،سخت بیگانه “دوست میدارم” 544
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BAMBOLA MECCANICA
Oh, sì, più di così si può stare più mute di così. ** Per ore lunghissime si può restare con lo sguardo fisso dei morti stupite nel fumo di una sigaretta fissando la forma di una tazza oppure un fiore esangue sul tappeto o linee inesistenti su di un muro. Con dita inaridite si può scostare la tenda e vedere la pioggia che scroscia in strada un bambino fermo sotto un portico mentre stringe aquiloni colorati una carrozza malandata che strepitando abbandona in tutta fretta la piazza vuota. Si può restare su due piedi accanto a una tenda, eppure cieche, sorde. Si può urlare “mi piace” con voce gravemente falsa, gravemente estranea 545
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چیره یک مرد میتوان در بازوان ٔ مادهای زیبا و سالم بود سفره چرمین با تنی چون ٔ با دو پستان درشت سخت میتوان در بستر یک مست ،یک دیوانه ،یک ولگرد عصمت یک عشق را آلود میتوان با زیرکی تحقیر کرد هر معمای شگفتی را میتوان تنها به حل جدولی پرداخت میتوان تنها به کشف پاسخی بیهوده دل خوش ساخت پاسخی بیهوده ،آری پنج یا شش حرف میتوان یک عمر زانو زد با سری افکنده ،در پای ضریحی سرد میتوان در گور مجهولی خدا را دید میتوان با سکهای ناچیز ایمان یافت میتوان در حجرههای مسجدی پوسید چون زیارتنامه خوانی پیر میتوان چون صفر در تفریق و جمع و ضرب حاصلی پیوسته یکسان داشت میتوان چشم ترا در پیل ٔه قهرش دکم ٔه بیرنگ کفش کهنهای پنداشت میتوان چون آب در گودال خود خشکید
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si può essere femmine belle e sane carne fatta tovaglia di pelle, due seni grossi e sodi tra le braccia espertissime di un maschio. Si può macchiare la purezza di un amore nel letto di un ubriaco di uno squilibrato, di uno straccione. Si può disprezzare con astuzia ogni incantevole mistero. Si può, da sole, risolvere un cruciverba: si può gioire in fondo al petto con una soluzione sciocca – soluzione sciocca – ecco, nove o sette lettere. Si può restare inginocchiate a capo chino ai piedi di un altare si può vedere Dio in un ossario ignoto si può trovare fede con monete da quattro soldi si può marcire in celle di moschea come vecchie che sgranano invocazioni. Si può, come lo zero, offrire lo stesso risultato sottraendo, moltiplicando, dividendo si possono vedere i propri occhi nel loro bozzolo di rancore come bottoni pallidi di scarpe consumate. Si può evaporare, come acqua nella pozza.
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میتوان زیبائی یک لحظه را با شرم مثل یک عکس سیاه مضحک فوری در ته صندوق مخفی کرد مانده یک روز میتوان در قاب خالی ٔ نقش یک محکوم ،یا مغلوب ،یا مصلوب را آویخت میتوان با صورتکها رخن ٔه دیوار را پوشاند میتوان با نقشهائی پوچتر آمیخت میتوان همچون عروسکهای کوکی بود با دو چشم شیشهای دنیای خود را دید میتوان در جعبهای ماهوت با تنی انباشته از کاه سالها در البالی تور و پولک خفت هرزه دستی میتوان با هر فشار ٔ بیسبب فریاد کرد و گفت “آه ،من بسیار خوشبختم”
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Si può nascondere con vergogna la bellezza di un momento in una scatola come foto in bianco e nero che imbarazza. Si può appendere l’immagine di una condannata, una sconfitta, una crocifissa nella cornice vuota di quel che resta di un solo giorno si può coprire con maschere le crepe in una parete. Ci si può mescolare a immagini più insulse. Si può vivere come bambole meccaniche, guardare il mondo con due occhi di vetro si può dormire per anni con le membra impagliate in una scatola foderata accanto a pizzi e perline. Si può urlare a ogni pressione oscena di una mano: “Oh sì, sono proprio fortunata.”
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تنهائی ماه
در تمام طول تاریکی سیرسیرکها فریاد زدند: “ماه ،ای ماه بزرگ…” درتمام طول تاریکی شاخهها با آن دستان دراز که از آنها آهی شهوتناک سوی باال میرفت و نسیم تسلیم به فرامین خدایانی نشناخته و مرموز و هزاران نفس پنهان ،در زندگی مخفی خاک دایره سیار نورانی ،شبتاب و در آن ٔ دقدقه در سقف چوبین لیلی در پرده غوکها در مرداب همه با هم ،همه با هم یکریز تا سپیده دم فریاد زدند: “ماه ،ای ماه بزرگ ”... ** در تمام طول تاریکی ماه در پنجره ها شعله کشید ماه دل تنهای شب خود بود داشت در بغض طالئی رنگش میترکید 550
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SOLITUDINE DI LUNA
Per tutta la distesa della notte, al buio, le cicale strillavano: “Luna, o luna, o grande luna…” Per tutta la distesa della notte i rami degli alberi con quelle loro braccia lunghe che sospiravano gemiti di lussuria verso il cielo e poi la brezza che si piegava ai decreti di esseri divini sconosciuti e misteriosi e migliaia di respiri occulti nella vita segreta del suolo e le lucciole, in quel cerchio errante di luce ansia che attraversa il legno del soffitto, Leili nel suo velo,65 le raganelle nei pantani, tutti, tutti all’unisono senza sosta strillavano fino alle prime luci: “Luna, o luna, o grande luna…” ** Per tutta la distesa della notte la luna scintillava alle finestre, la luna fatta cuore solitario nella notte si spezzava nell’oro dei suoi singhiozzi. 551
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معشوق من
معشوق من با آن تن برهن ٔه بیشرم بر ساقهای نیرومندش چون مرگ ایستاد خطهای بیقرار مورب اندامهای عاصی او را در طرح استوارش دنبال میکنند معشوق من گوئی ز نسلهای فراموش گشته است گوئی که تاتاری در انتهای چشمانش پیوسته در کمین سواریست گوئی که بربری در برق پر طراوت دندانهایش مجذوب خون گرم شکاریست معشوق من همچون طبیعت مفهوم ناگزیر صریحی دارد او با شکست من قانون صادقان ٔه قدرت را تأیید میکند
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I L M I O A M ATO 6 6
Il mio amato con il suo corpo nudo e disinvolto si erge come la morte sulle sue cosce vigorose. Le fibre delle sue membra nervose s’intrecciano al disegno solido della sua figura. Il mio amato sembra appartenere a generazioni perdute nel ricordo. Un tartaro nel taglio dei suoi occhi in agguato, galoppante, un barbaro nel guizzo tagliente dei denti, incantato dal sangue caldo della preda. Il mio amato come la natura possiede il senso ineluttabile di una comprensione chiara, lui, con la mia disfatta, conferma la legge inappellabile del potere:
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او وحشیانه آزادست غریزه سالم مانند یک ٔ جزیره نامسکون یک در عمق ٔ او پاک میکند با پارههای خیم ٔه مجنون از کفش خود ،غبار خیابان را معشوق من همچون خداوندی ،در معبد نپال گوئی از ابتدای وجودش بیگانه بوده است او مردیست از قرون گذشته یادآور اصالت زیبائی او در فضای خود چون بوی کودکی پیوسته خاطرات معصومی را بیدار میکند او مثل یک سرود خوش عامیانه است سرشار از خشونت و احساس او با خلوص دوست میدارد ذرات زندگی را ذرات خاک را غمهای آدمی را غمهای پاک را
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terribilmente libero, come istinto puro, nel cuore vergine di un’isola deserta. Lui lucida le sue scarpe dalla polvere delle strade con gli stracci della tenda di Majnun – antico folle d’amore.67 Il mio amato come un dio dei templi nepalesi fu straniero sin dal principio del suo esistere. Lui è un maschio dei tempi che furono, memoria di bellezza originaria. Come l’odore di un bambino risveglia di continuo intorno a sé ricordi d’innocenza. Lui, come ballata dolce di paese, irrompe violento, puro, intenso. Ama con purezza la grana della vita la grana del terreno le tristezze umane i dolori puri.
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او با خلوص دوست میدارد یک کوچه باغ دهکده را یک درخت را یک ظرف بستنی را یک بند رخت را معشوق من انسان سادهایست انسان سادهای که من او را در سرزمین شوم عجایب چون آخرین نشان ٔه یک مذهب شگفت در البالی بوت ٔه پستانهایم پنهان نمودهام
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Ama con purezza il sentiero in fiore di un villaggio un albero un secchiello di granita i panni stesi al sole. Il mio amato è un essere semplice, un semplice essere umano che io, in questa terra nefasta di prodigi, ho nascosto tra i boschi dei miei seni come ultimo segno di incantevole religione.
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در خیابانهای سرد شب
من پشیمان نیستم من به این تسلیم میاندیشم ،این تسلیم دردآلود من صلیب سرنوشتم را بر فراز تپههای قتلگاه خویش بوسیدم ** در خیابانهای سرد شب جفتها پیوسته با تردید یکدگر را ترک میگویند در خیابانهای سرد شب جز خداحافظ ،خداحافظ ،صدائی نیست من پشیمان نیستم قلب من گوئی در آنسوی زمان جاریست زندگی قلب مرا تکرار خواهد کرد و گل قاصد که بر دریاچههای باد میراند او مرا تکرار خواهد کرد آه ،میبینی که چگونه پوست من میدرد از هم؟ که چگونه شیر در رگهای آبی پستانهای سرد من مایه میبندد؟
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P E R L E S T R A D E F R E D D E D E L L A N OT T E
Io non mi pento, e penso a questa rinuncia, questa rinuncia dolorosa. Ho baciato la croce del mio destino sul crinale delle colline del mio martirio. ** Per le strade fredde della notte gli innamorati si separano attardandosi per le strade fredde della notte non giunge altra voce se non l’eco ripetuta degli addii. Io non mi pento, il mio cuore si spinge sull’altra costa del tempo, la vita porterà avanti e ripeterà il mio cuore, e sarà il fiore minuto che vola per i laghi del vento a ripetermi oltre me stessa. Ah… vedi adesso come lenta si lacera la mia pelle, e vedi adesso come si rapprende il latte nelle vene azzurre del seno mio freddo?
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که چگونه خون رویش غضروفیش را در کمرگاه صبور من میکند آغاز؟ تو من تو هستم و کسی که دوست میدارد و کسی که در درون خود ناگهان پیوند گنگی باز مییابد با هزاران چیز غربتبار نامعلوم و تمام شهوت تند زمین هستم که تمام آبها را میکشد در خویش تا تمام دشتها را بارور سازد گوش کن به صداهای دور دست من در مه سنگین اوراد سحرگاهی و مرا در ساکت آئینهها بنگر که چگونه باز ،با تهماندههای دستهایم عمق تاریک تمام خوابها را لمس میسازم و دلم را خالکوبی میکنم چون لکهای خونین بر سعادتهای معصومان ٔه هستی من پشیمان نیستم با من ای محبوب من ،از یک من دیگر که تو او را در خیابانهای سرد شب با همین چشمان عاشق باز خواهی یافت گفتگو کن و بیاد آور مرا در بوس ٔه اندوهگین او بر خطوط مهربان زیر چشمانت
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Vedi come il sangue prende a fluire cartilagineo nei miei fianchi pazienti? Io sono tua, tua, e sono quella che ama, quella che nel profondo ritrova ancora, d’improvviso, una sorda unione con migliaia di cose malinconiche e indistinte, sono la lascivia feroce della terra che trae a sé tutte le acque per fecondare interamente ogni pianura. Ascolta le mie voci remotissime nella bruma fitta dei canti dell’alba e guardami negli specchi silenziosi, vedi come ancora con quel che resta di queste mani sfioro il fondo oscuro di tutti i sogni, e mi tatuo il cuore come una macchia insanguinata sulle gioie innocenti dell’esistere. Io non mi pento, e parlami, amato mio, di un’altra me che troverai di nuovo con gli stessi occhi innamorati per le strade fredde della notte, e ricordami nei baci che soffrendo poserà sulle rughe gentili dei tuoi occhi.
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در غروبی ابدی
–روز یا شب؟ –نه ،ای دوست ،غروبی ابدیست با عبور دو کبوتر در باد چون دو تابوت سپید و صداهائی ،از دور ،از آن دشت غریب، بی ثبات و سرگردان همچون حرکت یاد –سخنی باید گفت سخنی باید گفت دل من میخواهد با ظلمت جفت شود سخنی باید گفت چه فراموشی سنگینی سییبی از شاخه فرو مییافتد دانههای زرد تخم کتان زیر منقار قناریهای عاشق من میشکنند گل باقاال ،اعصاب کبودش را در سکر نسیم دلهره گنگ دگرگونی میسپارد به رها گشتن از ٔ و در اینجا ،در من ،در سر من؟ آه... در سر من چیزی نیست بجز چرخش ذرات غلیظ سرخ و نگاهم مثل یک حرف دروغ شرمگینست و فرو افتاده
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E T E R N O T R A M O N TA R E
È giorno oppure notte? Ti sbagli, amica: è un eterno tramontare. Due colombe trascorrono nel vento come feretri bianchi e da quella strana pianura, da lontano, l’eco di voci, incerte, smarrite, come i gesti del ricordo. Bisogna dire qualcosa, lo si deve dire, il mio cuore desidera unirsi al buio, bisogna dire qualcosa. Pesantissimo oblio una mela che cade dal ramo i semi gialli del cotone si spaccano dentro il becco dei miei canarini innamorati. Il fiore dei baccelli cede i suoi nervi azzurrini alle voluttà della brezza per sfuggire all’angoscia di un mutare sordo: ma cosa qui, dentro me, dentro la mia testa, cosa? Ah, nulla, nulla nella mia testa se non il vorticare di dense molecole scarlatte e i miei sguardi si abbassano come parole ingannevoli, tremando di vergogna. 563
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– من به یک ماه میاندیشم – من به حرفی در شعر – من به یک چشمه میاندیشم – من به وهمی در خاک – من به بوی غنی گندمزار – من به افسان ٔه نان – من به معصومیت بازیها و به آن کوچ ٔه باریک دراز که پر از عطر درختان اقاقی بود – من به بیداری تلخی که پس از بازی و به بهتی که پس از کوچه و به خالی طویلی که پس از عطر اقاقیها –قهرمانیها؟ –آه اسبها پیرند –عشق؟ –تنهاست و از پنجرهای کوتاه به بیابانهای بی مجنون مینگرد به گذرگاهی با خاطرهای مغشوش از خرامیدن ساقی نازک در خلخال –آرزوها؟ –خود را میبازند در همآهنگی بیرحم هزاران در –بسته؟ –آری پیوسته ،بسته ،بسته خسته خواهی شد.
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Io penso a una luna sola alla singola parola di un verso io penso a una sola sorgente un’illusione nel terreno all’odore fecondo dei campi di grano alla storia del pane all’innocenza dei giochi e a quello stretto vicolo che si prolunga dove si spandeva il profumo delle acacie io penso all’amarezza del risveglio dopo i giochi alla meraviglia al termine del vicolo al vuoto che avanza ben oltre il profumo delle acacie. Ma gli intrepidi valori? Ah i cavalli invecchiano. E l’amore? Solitario contempla da una finestra chiusa i deserti dove Majnun non vaga, la soglia dove un ricordo stemperato rivede il passaggo di caviglie sottili nei loro calzari. Ma le speranze? Si danno al vento nella congiura brutale di mille porte sprangate? Ecco, così chiuse, ogni ora serrate ci si stanca.
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–من به یک خانه میاندیشم با نفسهای پیچکهایش ،رخوتناک با چراغانش ،روشن همچون نینی چشم با شبانش ،متفکر ،تنبل ،بیتشویش و به نوزادی با لبخندی نامحدود دایره پی در پی بر آب مثل یک ٔ و تنی پر خون ،چون خوشهای از انگور –من به آوار میاندیشم و به تاراج وزشهای سیاه و به نوری مشکوک که شبانگاهان در پنجره میکاود و به گوری کوچک ،کوچک چون پیکر یک نوزاد –کار ...کار؟ –آری ،اما در آن میز بزرگ دشمنی مخفی مسکن دارد که ترا میجود آرام آرام همچنان که چوب و دفتر را بیهده دیگر را و هزاران چیز ٔ و سرانجام ،تو در فنجانی چای فرو خواهی رفت همچنان که قایق در گرداب و در اعماق افق ،چیزی جر دود غلیظ سیگار و خطوط نامفهوم نخواهی دید –یک ستاره؟ –آری ،صدها ،صدها ،اما همه در آنسوی شبهای محصور –یک پرنده؟
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Io penso poi a una casa il fiato indolente dell’edera le sue lampade accese come il guizzo degli occhi una casa dalle notti inerti, assorte in pigrizia un neonato dal sorriso illimitato come cerchio su cerchio nell’acqua e un corpo ricolmo di sangue, come grappolo d’uva. Io penso alle rovine al saccheggio di un oscuro soffiare a una luce sospetta che scava dentro le finestre quando cala la sera, a un piccolo loculo, piccolo come il corpicino di un neonato. Il fare, ma il fare? Sì, ma in quel tavolo grande si cela un nemico che lentamente ti corrode mentre mastica legno e quaderno e migliaia di altre cose inutili. E infine tu sprofondi in una tazza di tè come barca nel vortice e quando toccherai gli abissi dell’orizzonte non vedrai altro che tracce indecifrabili e il fumo denso di una sigaretta. Una stella? Centinaia di stelle, certo, più di mille, ma solo al di là delle notti assediate. Forse gli uccelli? 567
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–آری ،صدها ،صدها ،اما همه در خاطرههای دور با غرور عبث بال زدنهاشان –من به فریادی در کوچه میاندیشم –من به موشی بیآزار که در دیوار گاهگاهی گذری دارد! –سخنی باید گفت سخنی باید گفت در سحرگاهان ،در لحظ ٔه لرزانی که فضا همچون احساس بلوغ ناگهان با چیزی مبهم میآمیزد من دلم میخواهد که به طغیانی تسلیم شوم من دلم میخواهد که ببارم از آن ابر بزرگ من دلم میخواهد نه نه که بگویم نه
نه
–برویم –سخنی باید گفت –جام ،یا بستر ،یا تنهائی ،یا خواب؟! –برویم...
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Centinaia, pure, ma tutti nei ricordi più lontani, futile boria nel battito dell’ala. Io penso a un grido nel vicolo a un topo di campagna che continua a passare dietro la parete. Bisogna dire qualcosa lo si deve dire. Al mattino presto, nel fremito dell’istante quando lo spazio come carezza di pubertà si mescola a un ambiguo sentire io desidero lasciarmi straripare io desidero farmi pioggia che scroscia da quella grossa nuvola io desidero dire no, no, no, no. Andiamocene bisogna dirlo il calice oppure il letto, la solitudine o il sonno? Andiamo via...
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مرداب
شب سیاهی کرد و بیماری گرفت دیده را طغیان بیداری گرفت دیده از دیدن نمیماند ،دریغ دیده پوشیدن نمیداند ،دریغ رفت و در من مرگزاری کهنه یافت هستیم را انتظاری کهنه یافت آن بیابان دید و تنهائیم را ماه و خورشید مقوائیم را چون جنینی پیر ،با زهدان به جنگ میدرد دیوار زهدان را به چنگ زنده ،اما حسرت زادن در او مرده ،اما میل جاندادن در او خودپسند از درد خود ناخواستن خفته از سودای بر پا خاستن خندهام غمناکی بیهودهای ننگم از دلپاکی بیهودهای غربت سنگینم از دلدادگیم شور تند مرگ در همخوابگیم نامده هرگز فرود از بام خویش در فرازی شاهد اعدام خویش کرم خاک و خاکش اما بویناک بادبادکهاش در افالک پاک ناشناس نیم ٔه پنهانیش شرمگین چهره انسانیش کوبکو در جستجوی جفت خویش میدود ،معتاد بوی جفت خویش 570
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PA L U D E
La notte si ammalò, annerendo, poi il tumulto della veglia invase gli occhi – gli occhi non cessano di vedere, miseria, gli occhi non sanno come velarsi, mi scrutarono dentro, trovando vecchia terra di morte: il mio essere, vecchia attesa. Gli occhi videro quel deserto, la mia solitudine, la mia luna e sole di cartapesta. Videro me, feto tardivo che lotta contro l’utero e ne strappa le pareti. Io, un essere che vive nel dolore di dar vita, essere che muore nell’amarezza della fine, fiera di non volersi liberare dal tormento e indolente al rimettersi in piedi. Il mio sorriso è smorfia di dolore al vento, nell’onta di questa purezza inutile. Questa nostalgia che scaturisce dal mio amare, ritrovo nell’amplesso il fervore severo della morte. Mai discesa dal mio stesso tetto adesso vado incontro alla mia esecuzione. Lei è verme sotterraneo di terra putrida ma con aquiloni nelle sfere celesti, ignora la metà celata, il suo volto umano coperto di vergogna. Cerca di porta in porta per farsi coppia, correndo, assuefatta all’odore della sua metà. 571
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جویدش گهگاه و ناباور از او جفتش اما سخت تنهاتر از او هر دو در بیم و هراس از یکدگر تلخکام و ناسپاس از یکدگر عشقشان ،سودای محکومانهای وصلشان ،رؤیای مشکوکانهای ** آه ،اگر راهی به دریائیم بود از فرو رفتن چه پروائیم بود گر به مردابی ز جریان ماند آب از سکون خویش ،نقصان یابد آب جانش اقلیم تباهیها شود ژرفنایش گور ماهیها شود آهوان ،ای آهوان دشتها گاه اگر در معبر گلگشتها جویباری یافتید آوازخوان رو به آبیرنگ دریاها روان خفته بر گردون ٔه طغیان خویش جاری از ابریشم جریان خویش یال اسب باد در چنگال او روح سرخ ماه در دنبال او ران سبز ساقهها را میگشود عطر بکر بوتهها را میربود بر فرازش ،در نگاه هر حباب انعکاس بیدریغ آفتاب خواب آن بیخواب را یاد آورید مرگ در مرداب را یاد آورید
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Lei la cerca, spesso senza crederci, ma quella metà, lui, vive ancora più appartata. Entrambi spaventati, nel reciproco terrore, l’un l’altro amareggiati, disillusi. Il loro amarsi: desiderio criminale, il loro incontro: sogno indecoroso. ** Ah, se ci fosse per noi una strada nel mare non avremmo più cura dello sprofondare. Se l’acqua cede il flusso alla palude si fa malacqua che torbida ristagna: essenza fatta regione putrefatta, profondità che accoglie pesci morti. Cervi, o cervi degli altopiani, se un giorno passando per i prati udiste il mormorio di un ruscello che nella sua corsa verso i laghi azzurri è cullato nelle curve del suo dirompere e mentre scorre nella seta del suo flusso si aggrappa alla criniera del vento – vento rincorso dall’animo rosso della luna che divarica le cosce verdi degli steli per poi sfiorare l’aroma vergine degli arbusti mentre lo sguardo delle bolle a pelo d’acqua riflette i raggi inesauribili del sole – pensate al sonno di quella insonne, pensate alla morte pensate alla palude. 573
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آیههای زمینی
آنگاه خورشید سرد شد و برکت از زمینها رفت و سبزهها به صحراها خشکیدند و ماهیان به دریاها خشکیدند و خاک مردگانش را زان پس به خود نپذیرفت شب در تمام پنجرههای پریده رنگ مانند یک تصور مشکوک پیوسته در تراکم و طغیان بود و راهها ادام ٔه خود را در تیرگی رها کردند دیگر کسی به عشق نیندیشید دیگر کسی به فتح نیندیشید و هیچکس دیگر به هیچچیز نیندیشید در غارهای تنهائی بیهودگی به دنیا آمد خون بوی بنگ و افیون میداد زنهای باردار نوزادهای بیسر زائیدند
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VERSETTI TERRESTRI
Allora poi raggelatosi il sole la grazia abbandonò i campi. L’erba riarse nelle valli verdeggianti, si seccarono i pesci nei mari e il suolo cessò di accogliere i morti. In tutte le finestre impallidite come immaginazione equivoca la notte si addensava straripando e le strade cedevano le curve alle braccia del buio. Nessuno pensò più all’amore, nessuno pensò più al possesso, poi, nessuno più pensò a nulla. Nelle caverne di solitudine il vacuo venne al mondo il sangue si appestava d’oppio le donne incinte partorivano neonati senza testa.
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و گاهوارهها از شرم به گورها پناه آوردند چه روزگار تلخ و سیاهی نان ،نیروی شگفت رسالت را مغلوب کرده بود پیغمبران گرسنه و مفلوک از وعدهگاههای الهی گریختند گمشده عیسی و برههای ٔ دیگر صدای هیهی چوپانی را در بهت دشتها نشنیدند در دیدگان آینهها گوئی حرکات و رنگها و تصاویر وارونه منعکس میگشت و برفراز سر دلقکان پست چهره وقیح فواحش و ٔ یک هال ٔه مقدس نورانی مانند چتر مشتعلی میسوخت مردابهای الکل با آن بخارهای گس مسموم انبوه بیتحرک روشنفکران را به ژرفنای خویش کشیدند و موشهای موذی اوراق زرنگار کتب را در گنجههای کهنه جویدند
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Le culle, vergognose, si rifugiavano nelle tombe. Un giorno amarissimo, nerissimo, venne a mancare al pane, la forza gloriosa della vocazione. I profeti, affamati, sventurati, sfuggirono alla presenza divina e gli agnelli smarriti del Messia persero il richiamo dei pastori nello stupore degli altopiani. Pareva che negli occhi gli specchi riflettessero le immagini distorte di gesti e colori e in cima al cappello dei pagliacci sui volti sfacciati delle puttane come un cerchio che sfavilla bruciasse un’aura di luce sacra. Le paludi etiliche con i loro vapori acremente tossici risucchiavano le masse inerti d’intellettuali, subdoli i ratti nei vecchi ripostigli masticavano i fogli dorati dei manoscritti.
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خورشید مرده بود خورشید مرده بو د و فردا در ذهن کودکان مفهوم گنگ گمشدهای داشت آنها غرابت این لفظ کهنه را در مشقهای خود با لک ٔه درشت سیاهی تصویر مینمودند مردم، گروه ساقط مردم دلمرده و تکیده و مبهوت در زیر بار شوم جسدهاشان از غربتی به غربت دیگر میرفتند و میل دردناک جنایت در دستهایشان متورم میشد گاهی جرقهای ،جرق ٔه ناچیزی این اجتماع ساکت بیجان را یکباره از درون متالشی میکرد آنها به هم هجوم میآوردند مردان گلوی یکدیگر را با کارد میدریدند و در میان بستری از خون با دختران نابالغ همخوابه میشدند
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Il sole era morto il sole era morto e il senso del domani, vacuo, svaniva dalla mente dei fanciulli. Domani, una parola disusata e oscura che segnavano sui quaderni con grosse macchie nere. La gente il consesso estinto della gente afflitta, scarna e smarrita sotto il peso funesto delle salme vagava di nostalgia in nostalgia e si gonfiava nelle proprie mani il desiderio doloroso di delitti. Una scintilla poi d’un tratto povera cosa consumava dall’interno questa folla esanime e quieta gli uomini si scannavano recidendosi le gole per poi andare a coricarsi con piccole bambine nelle alcove del sangue.
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آنها غریق وحشت خود بودند و حس ترسناک گنهکاری ارواح کور و کودنشان را مفلوج کرده بود پیوسته در مراسم اعدام وقتی طناب دار چشمان پرتشنج محکومی را از کاسه با فشار به بیرون میریخت آنها به خود فرو میرفتند و از تصور شهوتناکی اعصاب پیر و خستهشان تیر میکشید اما همیشه در حواشی میدانها این جانیان کوچک را میدیدی که ایستادهاند و خیره گشتهاند به ریزش مداوم فوارههای آب ** شاید هنوز هم در پشت چشمهای لهشده ،در عمق انجماد زنده مغشوش یک چیز نیم ٔ بر جای مانده بود که در تالش بیرمقش میخواست ایمان بیآورد به پاکی آواز آبها شاید ،ولی چه خالی بیپایانی
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Sprofondavano nel proprio panico, il senso spaventoso di un peccare paralizzava i loro spiriti orbi e ottusi. Durante il rito dell’esecuzione quando la forca spingeva fuori dalle orbite gli occhi straziati di un condannato, loro, con nervi aridi e logori, meditavano, compassati, trafitti da un pensiero di lussuria. Lungo i margini delle piazze poi vedevi questi piccoli criminali in piedi, fermi, a fissare lo scrosciare d’acqua dalle fonti. ** Ma forse, dopotutto, nelle profondità del gelo oltre tutti quegli occhi schiacciati restava qualcosa di confuso e vivo per metà che nel suo sforzo spento desiderava credere alla purezza del canto delle acque. Eppure, come fare con quel vuoto senza fine?
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خورشید مرده بود و هیچکس نمیدانست که نام آن کبوتر غمگین کز قلبها گریخته ،ایمانست ** آه ،ای صدای زندانی آیا شکوه یأس تو هرگز از هیچ سوی این شب منفور نقبی بسوی نور نخواهد زد؟ آه ،ای صدای زندانی ای آخرین صدای صداها...
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Il sole si era estinto e nessuno sapeva che quella triste colomba fuggita da ogni cuore recava il nome della fede. ** Ascolta, o voce imprigionata, potrà mai lo splendore della tua disperazione aprire un varco verso la luce nel mezzo di questa notte infausta? Ah, voce imprigionata, o ultima voce delle voci.
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هدیه
من از نهایت شب حرف میزنم من از نهایت تاریکی و از نهایت شب حرف میزنم اگر به خان ٔه من آمدی برای من ای مهربان چراغ بیار و یک دریچه که از آن به ازدحام کوچ ٔه خوشبخت بنگرم
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IL DONO
Io parlo dai confini della notte dal termine del buio e parlo dei confini della notte. Se vieni a casa mia, caro, portami un lume e uno spiraglio da cui poi guardare la folla nel vicolo felice.
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دیدار در شب
چهره شگفت و ٔ از آنسوی دریچه به من گفت “حق با کسیست که می بیند “من مثل حس گمشدگی وحشت آورم “اما خدای من “آیا چگونه میشود از من ترسید؟ “من ،منکه هیچگاه، “جز بادبادکی سبک و ولگرد “بر پشت بامهای مه آلود آسمان “چیزی نبودهام “و عشق و میل و نفرت و دردم را “در غربت شبان ٔه قبرستان “موشی بنام مرگ جویدهست”. چهره شگفت و ٔ با آن خطوط نازک دنبالهدار سست که باد ،طرح جاریشان را لحظه به لحظه محو و دگرگون میکرد و گیسوان نرم و درازش که جنبش نهانی شب میربودشان و بر تمام پهن ٔه شب میگشودشان همچون گیاههای ته دریا در آنسوی دریچه روان بود و داد زد
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I N C O N T R O N E L L A N OT T E
E da dietro lo spiraglio un volto sconvolgente mi disse: “Hanno ragione quelli che vedono, io sono come una terribile sensazione di smarrimento, eppure, oh Dio, come si può avere terrore di me, di me, che mai fui altra cosa se non un leggero aquilone che s’invola oltre i tetti annebbiati del cielo? Nel rimpianto notturno delle fosse un ratto chiamato morte ha masticato tutto il mio amore, le mie voglie, rancori e dolori.” E il volto sconvolgente con quelle sue linee sottili di tenue tracciato che il vento istante dopo istante scomponeva, sbiadiva e ridisegnava mentre i fremiti segreti della notte rubavano le sue lunghe chiome morbide che come alghe nel fondo del mare si spargevano sull’intera distesa del buio quel volto, oltre lo spiraglio, andava urlando:
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“باور کنید “من زنده نیستم” من از ورای او تراکم تاریکی را و میوههای نقرهای کاج را هنوز، میدیدم ،آه ،ولی او... او بر تمام اینهمه میلغزید و قلب بینهایت او اوج میگرفت گوئی که حس سبز درختان بود و چشمهایش تا ابدیت ادامه داشت. ** “حق با شماست “من هیچگاه پس از مرگم “جرئت نکردهام که در آئینه بنگرم “و آنقدر مردهام “که هیچ چیز مرگ مرا دیگر “ثابت نمیکند “آه “آیا صدای زنجرهای را “که در پناه شب ،بسوی ماه میگریخت “از انتهای باغ شنیدید؟ “من فکر میکنم که تمام ستارهها “به آسمان گمشدهای کوچ کردهاند “و شهر ،شهر چه ساکت بود “من در سراسر طول مسیر خود “جز با گروهی از مجسمههای پریده رنگ
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“Credetemi, io non sono cosa viva.” Io vedevo l’addensarsi della notte oltre quel volto attorno ai coni argentei del pino, ma poi, ah, lui… prese a scivolare su ogni cosa mentre il suo cuore interminabile si librava come la verde sensazione degli alberi, con lo sguardo esteso fino all’eterno. ** “Avete ragione, non ho mai avuto il coraggio io, dopo la mia morte, di guardarmi allo specchio e sono talmente morta che nulla al mondo potrà più stabilire la mia fine. Ah, avete mai sentito dal fondo del giardino il canto della cicala che fuggiva dalla luna protetta dalla notte? Io penso che tutte le stelle migrarono verso un cielo perduto e nella città, silenziosissima città, lungo il mio intero percorso non incontrai altro che un gruppo di statue pallide, 589
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“و چند رفتگر “که بوی خاکروبه و توتون میدادند “و گشتیان خست ٔه خوابآلود “با هیچ چیز روبرو نشدم “افسوس “من مردهام “و شب هنوز هم “گوئی ادام ٔه همان شب بیهودهست”. خاموش شد و پهن ٔه وسیع دو چشمش را احساس گریه تلخ و کدر کرد “آیا شما که صورتتان را “در سای ٔه نقاب غمانگیز زندگی “مخفی نمودهاید “گاهی به این حقیقت یأسآور “اندیشه میکنید “که زندههای امروزی “چیزی بجز تفال ٔه یک زنده نیستند؟ “گوئی که کودکی “در اولین تبسم خود پیر گشته است “و قلب – این کتیب ٔه مخدوش “که در خطوط اصلی آن دست بردهاند – “به اعتبار سنگی خود دیگر “احساس اعتماد نخواهد کرد “شاید که اعتیاد به بودن “و مصرف مدام مسکنها 590
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alcuni spazzini nel tanfo di tabacco e liquami e pattuglie stanche e assonnate. Che pena, sono morta e sembra che la notte sia ancora il seguito di quelle notti senza senso.” Poi restò in silenzio e l’affiorare del pianto riempì d’amarezza l’ampia distesa dei suoi occhi. “Ma voi che nascondete il vostro viso nell’ombra del triste velo della vita pensate mai a questa verità deprimente: i vivi di oggi non sono altro che gli scarti d’altre vite? Si dice che una bambina invecchi al suo primo sorridere e il cuore – questa stele raschiata dalla manomessa cifra originaria – mai più potrà affidarsi alla fede nella propria roccia. Sarà che l’assuefazione all’esistere e il consumo continuo di sedativi
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“امیال پاک و ساده و انسانی را “به ورط ٔه زوال کشاندهست “شاید که روح را جزیره نامسکون “به انزوای یک ٔ “تبعید کردهاند “شاید که من صدای زنجره را خواب دیدهام. “پس این پیادگان که صبورانه “بر نیزههای چوبی خود تکیه دادهاند “آن بادپا سوارانند؟ “و این خمیدگان الغر افیونی “آن عارفان پاک بلنداندیش؟ “پس راست است ،راست ،که انسان “دیگر در انتظار ظهوری نیست “و دختران عاشق “با سوزن دراز برودری دوزی “چشمان دیر باور خود را دریدهاند؟ “اکنون طنین جیغ کالغان “در عمق خوابهای سحرگاهی “احساس میشود “آئینهها به هوش میآیند “و شکلهای منفرد و تنها “خود را به اولین کشال ٔه بیداری “و به هجوم مخفی کابوسهای شوم “تسلیم میکنند. “افسوس “من با تمام خاطرههایم “از خون ،که جز حماسه خونین نمیسرود
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hanno trascinato i più puri e semplici desideri umani verso il baratro della rovina, e forse lo spirito è stato esiliato ai confini di un’isola deserta, sarà che io ho sognato il canto delle cicale. Ma allora questi soldati che pazientemente si sostengono con le loro lance di legno sono gli stessi cavalieri dal pié di vento? E questi scarni oppiomani dalle reni piegate, quei purissimi mistici dal pensiero elevato? Allora è vero, è vero che l’umano ormai non attende più epifanie, e con lunghi aghi da uncinetto le ragazze innamorate si lacerano gli occhi increduli? Adesso le grida dei corvi risuonano nel fondo dei sogni del primo mattino gli specchi ritrovano i sensi e le singole forme solitarie si offrono alle prime tracce del risveglio e all’affondo segreto di incubi funesti. Che pena dovermi fermare adesso al termine delle mie occasioni con tutte le mie memorie di un sangue che declamava soltanto poemi truculenti, 593
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“و از غرور ،غروری که هیچگاه “خود را چنین حقیر نمیزیست “در انتهای فرصت خود ایستادهام “و گوش می کنم :نه صدائی “و خیره میشوم :نه ز یک برگ جنبشی “و نام من نفس آنهمه پاکی بود “دیگر غبار مقبرهها را هم “بر هم نمیزند” لرزید و برد و سوی خویش فرو ریخت و دستهای ملتمسش از شکافها مانند آههای طویلی ،بسوی من پیش آمدند “سرد است “و بادها خطوط مرا قطع میکنند “آیا در این دیار کسی هست که هنوز “از آشنا شدن شده خویش “با چهره فنا ٔ ٔ “وحشت نداشته باشد؟ “آیا زمان آن نرسیدهست “که این دریچه باز شود باز باز باز “که آسمان ببارد جنازه مرد خویش “و مرد ،بر ٔ “زاریکنان نماز گذارد؟” شاید پرنده بود که نالید یا باد ،در میان درختان یا من ،که در برابر بنبست قلب خود
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memorie di un orgoglio che mai visse miseria tanto profonda, e allora io ascolto: non c’è voce che resti, e rimango a fissare: non c’è foglia che tremi e questo mio nome un tempo fiato di ogni purezza adesso non ridesta nemmeno la polvere dei sepolcri.” Prese a tremare si scompose da lato a lato le mani sue supplici mi raggiunsero solcate dal ritmo di sospiri. “Fa freddo, le brezze spezzano le mie linee, è rimasto qualcuno in queste terre che non trasalisca nell’orrore di conoscere il disfarsi del proprio volto? Non è ancora arrivato il momento che questo spiraglio si apra, apra, apra, che il cielo prenda a piovere e l’uomo singhiozzando gema pregando sulla salma del prossimo?” Era forse il pianto di un uccello o il vento nel mezzo degli alberi oppure io stessa che nel vicolo cieco del mio cuore
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چون موجی از تأسف و شرم و درد باال میآمدم و از میان پنجره میدیدم که آن دو دست ،آن سرزنش تلخ باز ،همچنان دراز بسوی دو دست من در روشنائی سپیده دمی کاذب تحلیل میروند و یک صدا که در افق سرد فریاد زد: “خداحافظ”
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mi gonfiavo come onda di tristezza, vergogna e dolore e vedevo svanire in mezzo alla finestra quelle due mani – due rimproveri amari – ancora una volta tese verso le mie nelle prime luci dell’alba, mentre una voce si levava dall’orizzonte freddo: “Addio.”
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وهم سبز
تمام روز را در آئینه گریه میکردم بهار پنجرهام را به وهم سبز درختان سپرده بود تنم به پیل ٔه تنهائیم نمیگنجید و بوی تاج کاغذیم فضای آن قلمرو بی آفتاب را آلوده کرده بود نمیتوانستم ،دیگر نمیتوانستم صدای کوچه ،صدای پرندها صدای گمشدن توپهای ماهوتی و هایهوی گریزان کودکان و رقص بادکنکها که چون حبابهای کف صابون در انتهای ساقهای از نخ صعود میکردند و باد ،باد که گوئی تیره همخوابگی نفس میزد در عمق گودترین لحظههای ٔ حصار قلع ٔه خاموش اعتماد مرا فشار میدادند و از شکافهای کهنه ،دلم را بنام میخواندند تمام روز نگاه من به چشمهای زندگیم خیره گشته بود به آن دو چشم مضطرب ترسان که از نگاه ثابت من میگریختند و چون دروغگویان به انزوای بیخطر پناه میآورند 598
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LA VERDE ILLUSIONE
Per tutto il giorno piangevo nello specchio, la primavera aveva ceduto la mia finestra alla verde illusione degli alberi. Troppo grande il mio corpo per entrare nella crisalide della solitudine, mentre l’odore della mia corona di carta macchiava l’aria di quelle terre senza sole. Non ce la facevo, non potevo, le voci nel vicolo, il canto degli uccelli, l’eco sorda di una palla di stracci e il vociare fuggente dei bambini, la danza degli aquiloni che come bolle di sapone dai loro fili salivano in alto, fino al margine dei rami, e il vento, un vento che pareva respirare dalle profondità più infossate delle ore buie del sesso. Tutto questo mi stringeva alle pareti della rocca sorda della fiducia, e dalle crepe antiche invocava il mio cuore con il suo vero nome. Per tutto il giorno il mio sguardo ha fissato gli occhi della mia esistenza, quei due occhi confusi dallo spavento, in fuga dal mio sguardo stupito. Come bugiardi, a cercare rifugio nella clausura sicura delle mie palpebre. 599
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** کدام قلّه کدام اوج؟ مگر تمامی این راههای پیچاپیچ در آن دهان سرد مکنده به نقط ٔه تالقی و پایان نمیرسند؟ به من چه دادید ،ای واژههای ساده فریب و ای ریاضت اندامها و خواهشها؟ اگر گلی به گیسوی خود میزدم از این تقلب ،از این تاج کاغذین که بر فراز سرم بو گرفته است ،فریبندهتر نبود؟ چگونه روح بیابان مرا گرفت و سحر ماه ز ایمان گله دورم کرد چگونه ناتمامی قلبم بزرگ شد و هیچ نیمهای این نیمه را تمام نکرد چگونه ایستادم و دیدم زمین به زیر دو پایم ز تکیهگاه تهی میشود و گرمی تن جفتم به انتظار پوچ تنم ره نمیبرد کدام قلّه کدام اوج؟ مرا پناه دهید ای چراغهای مشوش ای خانههای روشن شکاک که جامههای شسته در آغوش دودهای معطر بر بامهای آفتابیتان تاب میخورند
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** Ma quali altezze, quali vette? Ma allora, forse, tutti questi sentieri tortuosi in quella bocca nutrita dal freddo non giungono all’ultimo crocevia dell’incontro? Cosa mi avete donato, voi, parole fatte per incantare i semplici, voi, che mortificate le membra e i desideri,68 e se avessi infilato io un fiore tra i miei capelli al posto di questa farsa, questa corona di carta che mi marcisce sulla testa, forse quel fiore non sarebbe stato più incantevole? Ma come mi ha conquistata l’anima del deserto, e la magia della luna che mi allontanò dal riparo del gregge. Quanto è cresciuta la parte incompleta del mio cuore, quando nessun’altra metà è arrivata per unirsi a questo brano. Ma come ho fatto a fermarmi e a guardare la terra che sprofonda sotto i miei piedi e il calore del corpo di chi voglio che non procede verso la vuota attesa del mio corpo? Ma quali altezze, quali vette? Proteggetemi voi, lampade turbate, o case illuminate e incredule, là, dove sui vostri tetti presi dal sole i panni stesi risplendono nell’abbraccio di vapori profumati.
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ساده کامل مرا پناه دهید ای زنان ٔ که از ورای پوست ،سر انگشتهای نازکتان مسیر جنبش کیف آور جنینی را دنبال میکند و در شکاف گریبانتان همیشه هوا به بوی شیر تازه میآمیزد کدام قلّه کدام اوج؟ مرا پناه دهید ای اجاقهای پر آتش – ای نعلهای خوشبختی و ای سرود ظرفهای مسین در سیاهکاری مطبخ و ای ترنم دلگیر چرخ خیاطی و ای جدال روز و شب فرشها و جاروها مرا پناه دهید ای تمام عشقهای حریصی که میل دردناک بقا بستر تصرفتان را به آب جادو و قطرههای خون تازه میآراید تمام روز تمام روز رها شده ،رها شده ،چون الشهای بر آب به سوی سهمناکترین صخره پیش میرفتم به سوی ژرفترین غارهای دریائی و گوشتخوارترین ماهیان و مهرههای نازک پشتم از حس مرگ تیر کشیدند نمیتوانستم دیگر نمیتوانستم صدای پایم از انکار راه بر میخاست و یأسم از صبوری روحم وسیعتر شده بود
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Proteggetemi voi, donne semplici e piene che con le vostre dita sottili seguite il movimento esaltante di un feto sotto la pelle, e dall’aprirsi dei vostri scialli, di continuo, l’aria si mescola all’aroma di un latte fresco. Ma quali altezze, quali vette? Proteggetemi voi, focolari ardenti, fortunati ferri di cavallo, o canzone delle pentole di rame nel sortilegio della cucina, melodia della ruota per filare la lana, scope e tappeti, voi, che vi stringete da mattina a sera, proteggetemi voi, amori voraci che il desiderio eterno e doloroso, con un magico seme e con una goccia di sangue fresco, decora il giaciglio delle vostre conquiste. E per tutto il giorno, tutto il giorno, liberata, come un cadavere a pelo d’acqua mi avvicinavo alle falesie più spaventose, verso il più profondo antro del mare, tra i pesci più affamati, e nel presagire la morte sentivo pulsare le vertebre sottili della mia schiena. Ma non ce la facevo, non potevo, nel rumore dei miei passi risuonava la sfiducia del sentiero, e la mia disperazione superava la misura paziente dell’anima. 603
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و آن بهار ،و آن وهم سبز رنگ که بر دریچه گذر داشت ،با دلم میگفت “نگاه کن “تو هیچگاه پیش نرفتی “تو فرو رفتی”
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E quella primavera, quella verde illusione di speranza che volteggiava sul lago “guarda,” mi disse, “tu non procedi, è così che sprofondi.”
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جفت
شب میآید و پس از شب ،تاریکی و پس از تاریکی چشمها دستها و نفسها... و نفسها و نفسها و صدای آب که فرو میریزد قطره قطره قطره از شیر بعد دو نقط ٔه سرخ از دو سیگار روشن تیک تاک ساعت و دو قلب و دو تنهائی
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INSIEME
Si fa notte e poi il buio, oltre la notte e dopo il buio gli occhi e le mani e respiri, sospiri, respiri… e la voce dell’acqua che scorre goccia a goccia a goccia dal rubinetto. E poi i due punti rossi di due sigarette accese e il tic-tac dell’orologio e due cuori, due solitudini.
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فتح باغ
آن کالغی که پرید از فراز سر ما و فرو رفت در اندیش ٔه آشفت ٔه ابری ولگرد نیزه کوتاهی ،پهنای افق را پیمود و صدایش همچون ٔ خبر ما را با خود خواهد برد به شهر همه میدانند همه میدانند که من و تو از آن روزن ٔه سرد عبوس باغ را دیدیم و از آن شاخ ٔه بازیگر دور از دست سیب را چیدیم همه میترسند همه میترسند ،اما من و تو به چراغ و آب و آینه پیوستیم و نترسیدیم سخن از پیوند سست دو نام و همآغوشی در اوراق کهن ٔه یک دفتر نیست سخن از گیسوی خوشبخت منست با شقایقهای سوخت ٔه بوس ٔه تو و صمیمیت تنهامان ،در طراری و درخشیدن عریانیمان مثل فلس ماهیها در آب
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L A C O N Q U I S TA D E L G I A R D I N O
Quel corvo appena passato in volo librandosi sopra di noi per poi calare sul pensiero agitato di nuvole vagabonde, urlando come lancia che attraversa la distesa dell’orizzonte, quel corvo, sì, andrà giù in città per dire di noi due. Tutti lo sanno tutti lo sanno che io e te abbiamo visto il giardino da quel freddo e triste spiraglio, e colto una mela dal quel ramo che oscillava elevato. Tutti temono tutti hanno paura, ma io e te siamo legati alla fiamma, all’acqua, allo specchio e non temiamo nulla. Non dico il legame effimero tra due nomi che si possiedono nelle pagine ingiallite di un quaderno, io dico i miei capelli felici con i papaveri bruciati dei tuoi baci e l’intimità dei nostri corpi, serrata, e la nostra nudità che luccica come scaglie di pesci nell’acqua, 609
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سخن از زندگی نقرهای آوازیست فواره کوچک میخواند که ،سحر گاهان ٔ ما در آن جنگل سبز سیال شبی از خرگوشان وحشی و در آن دریای مضطرب خونسرد از صدفهای پر از مروارید و در آن کوه غریب فاتح از عقابان جوان پرسیدیم که چه باید کرد همه میدانند همه میدانند ما به خواب سرد و ساکت سیمرغان ،ره یافتهایم ما حقیقت را در باغچه پیدا کردیم در نگاه شرمآگین گلی گمنام و بقا را در یک لحظ ٔه نامحدود که دو خورشید به هم خیره شدند سخن از پچ پچ ترسانی در ظلمت نیست سخن از روزست و پنجرههای باز و هوای تازه و اجاقی که در آن اشیاء بیهده میسوزند و زمینی که ز کشتی دیگر بارور است و تولد و تکامل و غرور سخن از دستان عاشق ماست که پلی از پیغام عطر و نور و نسیم بر فراز شبها ساختهاند
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dico la vita d’argento di una voce che all’alba mormora un lieve zampillare. A notte noi in quel verde bosco alla deriva chiedemmo alle lepri selvatiche, e nel mare quieto e indifferente chiedemmo alle conchiglie ricolme di perle e sul monte straniero e trionfante chiedemmo alle giovani aquile: “Cosa bisogna fare?” Tutti lo sanno tutti lo sanno che per noi si apre un varco verso il sogno freddo e silenzioso di fenici antiche.69 Abbiamo trovato la verità nel giardino, nello sguardo timido di un fiore senza nome, e l’eterno, nell’attimo sconfinato in cui due soli si fissano incantati. Non dico un brusio atterrito nel buio, dico il giorno e le finestre aperte e l’aria fresca e le cose inutili da ardere nel fuoco e la terra feconda di una nuova semina, dico la nascita, la crescita, l’orgoglio. Dico le nostre mani innamorate che sopra le notti hanno costruito un ponte con il messaggio di luce del profumo e della brezza.
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به چمنزار بیا به چمنزار بزرگ و صدایم کن ،از پشت نفسهای گل ابریشم همچنان آهو که جفتش را پردهها از بغضی پنهانی سرشارند و کبوترهای معصوم از بلندیهای برج سپید خود به زمین مینگرند
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Vieni verso il pascolo verso l’immenso pascolo e chiamami da dietro il respiro del fiore di seta come il cervo chiama la compagna. Le tende si gonfiano di un rancore nascosto e i colombi innocenti dall’alto delle loro torri bianche guardano la terra. [primavera 1962]70
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گل سرخ
گل سرخ گل سرخ گل سرخ او مرا برد به باغ گل سرخ و به گیسوهای مضطربم در تاریکی گل سرخی زد و سرانجام روی برگ گل سرخی با من خوابید ای کبوترهای مفلوج ای درختان بیتجرب ٔه یائسه ،ای پنجرههای کور، زیر قلبم و در اعماق کمرگاهم ،اکنون گل سرخی دارد میروید گل سرخ سرخ مثل یک لک ٔه خون آه ،من آبستن هستم ،آبستن ،آبستن
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FIORE ROSSO
Fiore rosso fiore rosso fiore rosso lui mi portò al giardino del fiore rosso al buio piantò un fiore rosso nei miei capelli agitati e poi dormì con me sul petalo di un fiore rosso. O colombi impotenti voi alberi ignari del mestruo, o finestre accecate! Sotto le pareti del cuore, nelle profondità del mio ventre, adesso un fiore rosso sta spuntando. Fiore rosso rosso ed è quasi una goccia di sangue. Ah, gravida, gravida, gravida io sono.71
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به علی گفت مادرش روزی...
علی کوچیکه علی بونه گیر نصف شب از خواب پرید چشماشو هی مالید با دس سه چار تا خمیازه کشید پا شد نشس چی دیده بود؟ چی دیده بود؟ خواب یه ماهی دیده بود یه ماهی ،انگار که یه کپه دوزاری انگار که یه طاقه حریر با حاشی ٔه منجوق کاری انگار که رو برگ گل الل عباسی خامه دوزیش کرده بودن قایم موشک بازی میکردن تو چشاش دو تا نگین گرد صاف الماسی همچی یواش همچی یواش خودشو رو آب دراز میکرد که بادبزن فرنگیاش صورت آبو ناز میکرد بوی تنش ،بوی کتابچههای نو بوی یه صفر گنده و پهلوش یه دو بوی شبای عید و آشپزخونه و نذری پزون
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L A M A M M A U N G I O R N O D I S S E A D A L Ì 72
Alì il piccolino Alì che fa i capricci a mezzanotte si alzò dal letto stropicciandosi gli occhi con le mani, sbadigliò tre o quattro volte si mise in piedi e poi si coricò di nuovo. Che cosa ha sognato Alì? Che avrà sognato? Alì ha sognato un pesciolino un pesciolino come una ciotola di monetine oppure un rotolino di seta pistagna di perline ricamato sulla fronte di una bella di notte con due perle tonde tonde di diamante che giocavano a mosca cieca dentro agli occhi piano piano piano piano sfiorava il pelo dell’acqua con ventaglietti di Francia che carezzavano le ondine. Le scaglie del pesciolino profumavano di quaderni nuovi l’odore bello di uno zero grande grande accanto al due odore delle notti di festa e minestre delle grazie 617
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شمردن ستاره ها ،تو رختخواب ،رو پشت بون ریختن بارون رو آجرفرش حیاط بوی قوطیای آب نبات انگار تو آب ،گوهر شبچراغ میرفت انگار که دختر کوچیک ٔه شاپریون کجاوه بلور تو یه ٔ به سیر باغ و راغ میرفت دور و ورش گل ریزون باالی سرش نوربارون شاید که از طایف ٔه جن و پری بود ماهیه شاید که از اون ماهیای ددری بود ماهیه شاید که یه خیال تند سرسری بود ماهیه هر چی که بود هر کی که بود علی کوچیکه محو تماشاش شده بود واله و شیداش شده بود همچی که دس برد که به اون رنگ روون نور جوون نقره نشون دس بزنه برق زد و بارون زد و آب سیا شد شیکم زمین زیر تن ماهی وا شد دسه گال دور شدن و دود شدن شمشای نور سوختن و نابود شدن باز مث هر شب رو سر علی کوچیکه
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contare poi le stelle in pigiama da sopra al tetto, la pioggia che scende sui mattoni del cortile l’odore di scatole di cioccolatini. Era come se una gemma che cade in acqua scintillando come se la reginella delle fatine se ne andasse per campi e per giardini nel suo carrozzino di cristallo con luci e fiorellini a profusione da ogni lato, è come se il pesciolino appartenesse a diavoletti e fate, e forse il pesciolino era un pesce monello ma vuoi vedere che questo pesciolino era solo una fantasia nella sua testa? A ogni modo qualunque cosa fosse il pesce, chiunque fosse, Alì il piccolino guardava con gli occhi sbarrati meravigliato da stupore. Ma quando con la mano accarezzava quei colori sgargianti quelle luci a festa quell’argento bianco bianco, lampo e pioggia d’improvviso, l’acqua si anneriva e la terra si apriva sotto al pesciolino i fiorellini sparivano come fumo e le striscette di luce bruciavano e sparivano, poi come ogni sera il fazzoletto di cielo pieno di pere
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دسمال آسمون پر از گالبی نه چشمهای نه ماهیی نه خوابی ** باد توی باد گیرا نفس نفس میزد زلفای بیدو میکشید از روی لنگای دراز گل آغا چادر نماز کودریشو پس میزد رو بند رخت پیرهن زیرا و عرق گیرا دس میکشیدن به تن همدیگه و حالی بحالی میشدن انگار که از فکرای بد هی پر و خالی میشدن سیرسیرکا سازا رو کوک کرده بودن و ساز میزدن همچی که باد آروم میشد قورباغهها از ته باغچه زیر آواز میزدن شب مث هر شب بود و چن شب پیش و شبهای دیگه امو علی تو نخ یه دنیای دیگه علی کوچیکه سحر شده بود نقره نابش رو میخواس ٔ ماهی خوابش رو میخواس راه آب بود و قرقر آب علی کوچیکه و حوض پر آب ** 620
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si apriva sulla testa di Alì piccolino: niente fonte, niente pesci, neanche un sogno. ** La brezza sussurrava nelle torri del vento tirava i riccioli dei salici piangenti e scostava il chador da preghiera a fantasia dalle cosce lunghe di Gol Agha. I panni stesi al sole sottovesti e fazzoletti a strofinarsi l’uno contro l’altro come a far l’amore nel gonfiarsi e svuotarsi di pensieri strani. Le cicale accordavano gli strumenti per suonare e quando il vento si calmava i ranocchi nel giardino cantavano il loro lamento notte come ogni altra notte avanti e indietro, sempre di notte ma Alì stava dentro a un altro mondo Alì il piccolino era stregato voleva l’argento puro voleva il pesciolino che aveva sognato e c’era solo un tubo d’acqua e la pioggia che scroscia giù Alì piccolino e la bagnarola in giardino. **
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“علی کوچیکه “علی کوچیکه “نکنه تو جات وول بخوری “حرفای ننه قمرخانم “یادت بره گول بخوری “تو خواب ،اگه ماهی دیدی خیر باشه “خواب کجا حوض پر از آب کجا “کاری نکنی که اسمتو “توی کتابا بنویسن “سیا کنن طلسمتو “آب مث خواب نیس که آدم “از این سرش فرو بره “از اون سرش بیرون بیاد “تو چار راهاش “صدای سوت سوتک پاسبون بیاد “شکر خدا پات رو زمین محکمه “کور و کچل نیسی علی ،سالمتی چی چیت کمه؟ “میتونی بری شابدوالعظیم “ماشین دودی سوار بشی “قد بکشی ،خال بکوبی ،جاهل پامنار بشی “حیفه آدم اینهمه چیزای قشنگو نبینه “اال کلنگ سوار نشه “شهر فرنگو نبینه “فصل ،حاال فصل گوجه و سیب و خیار و بستنیس “چن روز دیگه ،تو تکیه ،سینه زنیس “ای علی ای علی دیوونه “تخت فنری بهتره ،یا تخت ٔه مرده شور خونه؟
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“Alì, piccolino Alì, piccolino cerca di non saltare nel letto non ti scordare delle parole di mammina Qamar non ti fare prendere per scemo! Se sogni i pesciolini mentre dormi è buon auspicio ma il sogno è sogno e la vasca d’acqua è vasca d’acqua! Ma vuoi che ti prendano in giro? Vuoi farti una nomea? Vedi che ti mettono gli occhi addosso l’acqua non è come un sogno dove uno si mette dentro da un lato ed esce dall’altro o al suo crocicchio si sente il fischio del guardiano grazie al cielo hai i piedi belli fermi per terra non sei né cieco né pelato, Alì, su fa il bravo, cosa vuoi? Te ne vai forse giù a Shabdolazim? Prendi il treno che fa ciuf ciuf, ti fai grande, ti puoi fare un tatuaggio come i cafoni di Pa Menar ma che peccato quando uno non vede tutte queste cose belle ma che fai, non sali sulla giostra, non vai al cinematografo? Ora è la stagione dei pomodori, delle mele, di cetrioli e granite tra qualche giorno al santuario i battenti si battono il petto. Ascolta Alì, pazzerello Alì preferisci il letto a molle o il letto dell’obitorio?
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“گیرم تو هم خودتو به آب شور زدی “رفتی و اون کولی خانومو به تور زدی “ماهی چیه؟ ماهی که ایمون نمیشه ،نون نمیشه “اون یه وجب پوست تنش واسه فاطی تنبون نمیشه “دس که به ماهی بزنی “از سر تا پات بو میگیره “بوت تو دماغا میپیچه “دنیا ازت رو میگیره “بگیر بخواب ،بگیر بخواب “که کار باطل نکنی “با فکرای صد تا یه غاز “حل مسائل نکنی “سر تو بذار رو ناز بالش ،بذار بهم بیاد چشت “قاچ زینو محکم چنگ بزن که اسب سواری پیشکشت” * * حوصل ٔه آب دیگه داشت سر میرفت خودشو میریخت تو پاشوره ،در میرفت انگار میخواس تو تاریکی داد بکشه“ :آهای ذکی “این حرفا ،حرف اون کسائیس که اگه “یه بار تو عمرشون زد و یه خواب دیدن “خواب پیاز و ترشی و دوغ و چلوکباب دیدن “ماهی چیکار به کار یه خیک شیکم تغار داره “ماهی که سهله ،سگشم “از این تغارا عار داره
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E pure se ti buttavi nell’acqua salata metti che lo acciuffavi quel birbante di un pesciolino ma che ci fai con un pesce, ci mangi il pane? Vuoi cucire una veste per Fatimina con quelle quattro scaglie in croce? Quando tocchi il pesciolino poi lo sai che le mani ti puzzano di pesce? Ma che puzza poi, pure dentro la testa, e chi s’è visto s’è visto, chi ti fila più? Ma va’ a dormire, va’ Alì non fare guai per risolvere le tue questioni con pensieri da quattro soldi. Coricati sul cuscino e chiudi gli occhi dondola il cavallino avanti e indietro prima che cadi e ti fai male.” ** Ma la vasca nel cortile si era annoiata uno schizzo qua uno schizzo là pareva quasi che nel mezzo del buio volesse raccontare la sua: “Ma cosa dite, cosa dite, che parole sono?” “Queste sono parole della gente che in tutta la loro vita fanno solo un sogno – sempre se lo fanno – e pensano solo alle cipolle, all’aceto e ai sottaceti e al kebab! Il pesciolino cosa se ne fa dei ciccioni? Non sia mai! Il pesciolino ha vergogna dei ciccioni.
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“ماهی تو آب میچرخه و ستاره دس چین میکنه “اونوخ به خواب هر کی رفت “خوابشو از ستاره سنگین میکنه “میبرتش ،میبرتش دلمرده چاردیواریا “از توی این دنیای ٔ “نق نق نحس ساعتا ،خستگیا ،بیکاریا “دنیای آش رشته و وراجی و شلختگی “درد قولنج و درد پر خوردن و درد اختگی “دنیای بشکن زدن و لوس بازی “عروس دوماد بازی و ناموس بازی “دنیای هی خیابونارو الکی گز کردن “از عربی خوندن یه لچک بسر حظ کردن “دنیای صبح سحرا “تو توپخونه “تماشای دار زدن “نصف شبا “رو قص ٔه آقا باالخان زار زدن “دنیائی که هر وخت خداش “تو کوچههاش پا میذاره “یه دسه خاله خانباجی از عقب سرش “یه دسه قداره کش از جلوش میاد “دنیائی که هر جا میری “صدای رادیوش میاد “میبرتش ،میبرتش ،از توی این همبون ٔه کرم و کثافت و مرض “به آبیای پاک و صاف آسمون میبرتش “به سادگی کهکشون میبرتش” **
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Il pesciolino nuota nell’acqua e coglie fiori e quando salta nel sogno di qualcuno riempie di stelle tutti i sogni. Ti porta via, ti porta via da questo brutto mondo di quattro mura dal tic toc sgraziato degli orologi dalla stanchezza e dall’angoscia dal mondo di minestre e chiacchiere a vanvera dai mal di pancia, dolori e abbuffate, dai complessi questo mondo di questioni e fandonie sdolcinate mondo da giochetti di sposini e gelosie mondo di attese infinite e sfaccendati la gioia di vedere come recita litanie arabe una timorata di Dio con il velo in testa al mattino presto a zonzo per Tupkhane per vedere come uccidono uno e ne impiccano un altro piangere a mezzanotte per la sorte di Aqa Bala Khan un mondo dove tutte le volte che il Signore scende in mezzo ai vicoli deve farsela con un manipolo di vecchie di quartiere al seguito di malviventi un mondo dove la radio a voce alta risuona in ogni angolo. Il pesciolino invece ti porta via, via lontano da questa chiavica calda di mondo appestato verso gli azzurri puri e limpidi dei cieli ti porta via verso la semplicità del firmamento.” **
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آب از سر یه شاپرک گذشته بود و داشت حاال فروش میداد علی کوچیکه نشسته بود کنار حوض حرفای آبو گوش میداد انگار که از اون ته تهها از پشت گلکاری نورا ،یه کسی صداش میزد آه میکشید دس عرق کرده و سردش رو یواش به پاش میزد انگار میگفت“ :یک دو سه “نپریدی ،هه هه هه “من توی اون تاریکیای ته آبم بخدا “حرفمو باور کن ،علی “ماهی خوابم بخدا “دادم تمام سرسرا رو آب و جارو بکنن “پرده های مرواری رو “این رو و اون رو بکنن “به نوکرای باوفام سپردم “کجاو ٔه بلورمم آوردم “سه چار تا منزل که از اینجا دور بشیم “به سبزه زارای همیشه سبز دریا میرسیم “به گلههای کف که چوپون ندارن “به دالونای نور که پایون ندارن “به قصرای صدف که دربون ندارن “یادت باشه از سر راه “هف هش تا دونه مرواری “جمع کنی که بعد باهاشون تو بیکاری “یه قل دو قل بازی کنیم “ای علی ،من بچ ٔه دریام ،نفسم پاکه ،علی “دریا همونجاس که همونجا آخر خاکه ،علی “هر کی که دریا رو به عمرش ندیده “از زندگیش چی فهمیده؟ 628
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L’acqua schizzò e inghiottì una falena, Alì piccolino era seduto accanto alla vasca ascoltava le parole dell’acqua come se qualcuno lo chiamasse da un angolo lontanissimo oltre il giardinetto delle luci sospirandogli piano mentre raccoglieva in grembo le mani sudate e fredde: “Uno, due, tre ma che fai, non salti ahahha io ti parlo dal buio in fondo all’acqua, Alì, mi devi credere sono io il pesciolino del tuo sogno, lo giuro! Ho fatto spolverare tutto il vestibolo del palazzo persino le tende di perline incaricando la mia servitù più fidata mi hanno portato la lettiga di cristallo. Allontaniamoci da qui solo tre o quattro stazioni e troveremo i sempreverdi pascoli del mare raggiungeremo le greggi della spuma libere da guardiani e i vestiboli sconfinati della luce sino ai castelli di conchiglie liberi da custodi. Ricordati di raccogliere sette o otto conchiglie lungo il percorso per giocare a biglie spensieratamente. Alì, io sono figlio del mare, il mio respiro è purissimo, Alì il mare si estende fino a dove termina la terra, Alì. Cosa hanno capito della vita tutti quelli che non hanno mai visto il mare? 629
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“خسته شدم ،حالم بهم خورده از این بوی لجن “انقده پا بپا نکن که دوتائی “تا خرخره فرو بریم توی لجن “بپر بیا ،و گرنه ای علی کوچیکه “مجبور میشم بهت بگم نه تو ،نه من” ** آب یهو باال اومد و هلفی کرد و تو کشید انگار که آب جفتشو جست و تو خودش فرو کشید دایرههای نقرهای توی خودشون چرخیدن و چرخیدن و خسته شدن موجا کشاله کردن و از سر نو به زنجیرای ته حوض بسته شدن قل قل قل تاالپ تاالپ قل قل قل تاالپ تاالپ چرخ میزدن رو سطح آب تو تاریکی ،چن تا حباب ** – علی کجاس؟ – تو باغچه – چی میچینه؟ – آلوچه آلوچ ٔه باغ باال جرئت داری؟ بسماله
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Sono stanco di tutta questa melma non ti fissare, sennò sprofondiamo entrambi nella melma fa’ presto, Alì piccolino altrimenti saremo costretti a separarci.” ** L’acqua d’improvviso si sollevò e lo tirò via con sé in un flutto. Era come se l’acqua avesse ritrovato la sua metà e l’inghiottì dentro se stessa. Cerchi d’argento si intersecavano e ruotavano l’uno dentro l’altro. I flutti si allungarono e ripresero a legarsi alle catene nel fondo della vasca: glu glu glu patlup patlu glu glu glu patlup patlup e qualche bolla risaliva a pelo d’acqua turbinando nell’oscurità. ** Dov’è finito Alì? In giardino? Cosa coglie? Le susine le susine del giardino di lassù? Ti fai avanti? Nel nome del Signore!
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پرنده فقط یک پرنده بود
پرنده گفت“ :چه بویی ،چه آفتابی ،آه “بهار آمده است “و من بهجستجوی جفت خویش خواهم رفت” پرنده از لب ایوان پرید ،مثل پیامی پرید و رفت پرنده کوچک بود پرنده فکر نمیکرد پرنده روزنامه نمیخواند پرنده قرض نداشت پرنده آدمها را نمیشناخت پرنده روی هوا و بر فراز چراغهای خطر در ارتفاع بیخبری میپرید و لحظههای آبی را دیوانهوار تجربه میکرد
پرنده
آه فقط یک پرنده بود
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LA RONDINE ERA SOLO UNA RONDINE
La rondine disse: “Ma che profumo che sole, ah, la primavera è giunta infine e io mi avventuro alla ricerca di una compagna.” La rondine spiccò il volo dal bordo del portico, come un messaggio prese il volo e se ne andò. La rondine era piccola la rondine non pensava la rondine non leggeva il giornale la rondine non aveva debiti la rondine non conosceva gli esseri umani. Nell’aria la rondine si levava oltre i lumi del pericolo, elevazione spensierata, e si godeva la follia di ogni istante azzurro. La rondine, ah
era solo una rondine.
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ای مرز پر گهر...
فاتح شدم خود را به ثبت رساندم خود را به نامی ،در یک شناسنامه ،مزین کردم و هستیم به یک شماره مشخص شد پس زندهباد ۶۷۸صادره از بخش ۵ساکن تهران دیگر خیالم از همه سو راحتست آغوش مهربان مام وطن پستانک سوابق پرافتخار تاریخی الالئی تمدن و فرهنگ و جق و جق جقجق ٔه قانون... آه دیگر خیالم از همه سو راحتست از فرط شادمانی رفتم کنار پنجره ،با اشتیاق ،ششصد و هفتاد و هشت بار هوا را که از غبار پهن و بوی خاکروبه و ادرار ،منقبض شده بود درون سینه فرو دادم و زیر ششصد و هفتاد و هشت قبض بدهکاری و روی ششصد و هفتاد و هشت تقاضای کار نوشتم فروغ فرخ زاد در سرزمین شعر و گل و بلبل موهبتیست زیستن ،آنهم وقتی که واقعیت موجود بودن تو پس از سالهای سال پذیرفته میشود
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O M I A PAT R I A D I P E R L E T E M P E S TATA . . .
Vittoria! Sono riuscita a registrarmi mi fregio di un nome su una carta d’identità e la mia esistenza s’identifica con un numero: evviva il 678, rilasciato dal quinto distretto di Tehran! Ormai più nulla mi preoccupa sono cullata dal dolce abbraccio della madrepatria mi consola il ciuccio della storia gloriosa la ninna nanna della civiltà, della cultura, il trillare del sonaglio della Costituzione ah ormai più nulla mi preoccupa. Tanta è la mia felicità che mi sono affacciata commossa alla finestra e per seicentosettantotto volte ho tirato dentro al petto tutta l’aria appesantita dalla polvere e dall’odore di escrementi e rifiuti e sotto seicentosettantotto cambiali sotto seicentosettantotto richieste d’impiego ho scritto: “Forugh Farrokhzad”. Che privilegio vivere nella terra delle rose terra di poesia e usignoli73 specialmente quando dopo anni e anni hanno accettato che esisti per davvero.
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جائی که من با اولین نگاه رسمیم از الی پرده ،ششصد و هفتاد و هشت شاعر را میبینم که ،حقه بازها ،همه در هیئت غریب گدایان در الی خاکروبه ،به دنبال وزن و قافیه میگردند و از صدای اولین قدم رسمیم یکباره ،از میان لجن زارهای تیره ،ششصد و هفتاد و هشت بلبل مرموز که از سر تفنن خود را به شکل ششصد و هفتاد و هشت کالغ سیاه پیر در آوردهاند با تنبلی بسوی حاشی ٔه روز میپرند و اولین نفس زدن رسمیم آغشته میشود به بوی ششصد و هفتاد و هشت شاخه گل سرخ محصول کارخانجات عظیم پالسکو موهبتیست زیستن ،آری در زادگاه شیخ ابودلقک کمانچهکش فوری و شیخ ای دل ای دل تنبک تبار تنبوری شهر ستارگان گران وزن ساق و باسن و پستان و پشت جلد و هنر گهواره مؤلفان فلسف ٔه “ای بابا بهمنچه ولش کن” ٔ مهد مسابقات المپیک هوش آه جائی که دست به هر دستگاه نقلی تصویر و صوت میزنی ،از آن
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Vivere qui, dove io con il mio primo sguardo ufficiale oltre il sipario vedo seicentosettantotto poeti ciarlatani rovistare nella spazzatura come manipoli di mendicanti, alla ricerca di metrica e rime.74 E dall’eco dei miei primi passi ufficiali d’improvviso, dal fondo dei liquami di urla buie, seicentosettantotto usignoli misteriosi per svago tramutati in seicentosettantotto cornacchie nerissime e vecchie si involano pigramente verso i margini del giorno.75 E la mia prima boccata d’aria ufficiale è intrisa del profumo di seicentosettantotto fasci di rose rosse manifattura industriale della monumentale fabbrica plasco.76 E quale dono, oh sì, vivere così nella terra natia del santo buffone Abu Dalqak oppiomane che strimpella il suo archetto e dello sceicco “O cuore cuore”, suonatore figlio di tamburellisti di malaffare,77 città di “stelle” di rilievo, con cosce, culi e tette sbattute su riviste d’arte culla di chi andò a ideare la filosofia del “ma che ci frega a noi?” Terra delle gare olimpiche di sagacia, ah qui dove ad ogni pressione delle dita su un apparecchio radiofonico o forse televisivo 637
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بوق نبوغ نابغهای تازه سال میآید و برگزیدگان فکری ملت وقتی که در کالس اکابر حضور مییابند هر یک به روی سینه ،ششصد و هفتاد و هشت کباب پز برقی و بر دو دست ،ششصد و هفتاد و هشت ساعت ناوزر ردیف کرده و میدانند که ناتوانی از خواص تهی کیسه بودنست ،نه نادانی فاتح شدم بله فاتح شدم اکنون به شادمانی این فتح در پای آینه ،با افتخار ،ششصد و هفتاد و هشت شمع نسیه میافروزم و میپرم به روی طاقچه تا با اجازه ،چند کالمی درباره فوائد قانونی حیات بعرض حضورتان برسانم ٔ و اولین کلنگ ساختمان رفیع زندگیم را همراه با طنین کف زدنی پرشور بر فرق فرق خویش بکوبم من زندهام ،بله ،مانند زنده رود ،که یکروز زنده بود و از تمام آنچه که در انحصار مردم زندهست ،بهره خواهم برد من میتوانم از فردا در کوچههای شهر ،که سرشار از مواهب ملیست و در میان سایههای سبکبار تیرهای تلگراف گردش کنان قدم بر دارم و با غرور ،ششصد و هفتاد و هشت بار ،به دیوار مستراح های عمومی بنویسم
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ecco che strombazza l’annuncio di un nuovo genio78 e quando la crema degli intellettuali della nazione si presenta ai corsi serali per adulti ognuno di loro sfoggia all’occhiello seicentosettantotto kebabiere elettriche mentre infilano ai polsi seicentosettantotto orologi Navzer79 e sanno bene che la miseria non è degli ignoranti ma di chi ha le tasche vuote. Vittoria, sì, ho vinto! Adesso per festeggiare questo evento accendo davanti allo specchio seicentosettantotto candele comprate a rate e se me lo permettete salto sul davanzale per pronunciare al cospetto vostro due parole sui vantaggi legali della vita e poi inaugurare nel fragore di ferventi applausi il grattacielo della mia esistenza con un piccone che mi pianto nella testa. Io sono viva, sì, come il fiume “Zende”, anch’esso un tempo in vita80 e trarrò frutto da tutto quello che la gente viva stringe a sé. Da domani potrò andare a zonzo per i vicoli di questa città nella profusione di doni alla nazione e passeggiare poi sotto l’ombra leggera dei pali del telegrafo e scrivere orgogliosa per seicentosettantotto volte 639
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خط نوشتم که خر کند خنده من میتوانم از فردا همچون وطن پرست غیوری سهمی از ایدهآل عظیمی که اجتماع هر چار شنبه بعد از ظهر ،آنرا با اشتیاق و دلهره دنبال میکند در قلب و مغز خویش داشته باشم سهمی از آن هزار هوس پرور هزار ریالی که میتوان به مصرف یخچال و مبل و پرده رساندش یا آنکه در ازای ششصد و هفتاد و هشت رأی طبیعی آنرا شبی به ششصد و هفتاد و هشت مرد وطن بخشید من میتوانم از فردا مغازه خاچیک در پستوی ٔ بعد از فرو کشیدن چندین نفس ،ز چند گرم جنس دست اول خالص و صرف چند بادیه پپسی کوالی ناخالص و پخش چند یاحق و یاهو و وغ وغ و هوهو رسما ً به مجمع فضالی فکور و فضله های فاضل روشنفکر و پیروان مکتب داخ داخ تاراخ تاراخ بپیوندم و طرح اولین رمان بزرگم را که در حوالی سن ٔه یکهزار و ششصد و هفتاد و هشت شمسی تبریزی رسما ً به زیر دستگاه تهی دست چاپ خواهد رفت
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sui muri dei cessi pubblici: lo scrivo per far ridere gli asini. Finalmente da domani come patriota fervente della nazione potrò partecipare con il cuore e con il cervello a quell’ideale eccelso cui le folle accorrono con trasporto appassionato ogni mercoledì a mezzogiorno,81 dove uno spera di scambiare quei mille rial per tende, divani e frigoriferi oppure offrirli in dono a seicentosettantotto uomini della nazione in cambio di seicentosettantotto voti validi. Da domani in poi nel retrobottega del bar di Khacik l’armeno dopo aver fumato qualche grammo d’oppio di buon taglio e buttato giù due sorsi di pepsi cola di contrabbando e dopo avere urlato a squarciagola come mistica da quattro soldi “ya haqq ya hua vagh vagh hua hua”82 potrò finalmente unirmi ufficialmente alla congrega degli arguti pensatori e delle fogne erudite dell’intelletto e dei seguaci della scuola del bla bla bla. E così potrò mandare in stampa ufficialmente nell’anno solare 1678 del maestro di Rumi83 per tipi squattrinati la prima stesura del mio capolavoro in prosa appuntata su entrambi i risvolti 641
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بر هر دو پشت ششصد و هفتاد و هشت پاکت اشنوی اصل ویژه بریزم من میتوانم از فردا با اعتماد کامل خود را برای ششصد و هفتاد و هشت دوره به یک دستگاه مسند مخمل پوش در ملس تجمع و تأمین آتیه یا مجلس سپاس و ثنا میهمان کنم زیرا که من تمام مندرجات مجل ٔه هنر و دانش و تملق و کرنش را میخوانم شیوه “درست نوشتن” را میدانم و ٔ توده سازندهای قدم به عرص ٔه هستی نهادهام من در میان ٔ که نیروی عظیم علمیش او را تا آستان ساختن ابرهای مصنوعی و کشف نورهای نئون پیش برده است البته در مراکز تحقیقی و تجاربی پیشخوان جوجه کبابیها توده سازندهای قدم به عرص ٔه هستی نهادهام من در میان ٔ که گرچه نان ندارد ،اما بجای آن میدان دید باز و وسیعی دارد که مرزهای فعلی جغرافیائیش از جانب شمال ،به میدان پر طراوت و سبز تیر و از جنوب ،به میدان باستانی اعدام
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di seicentosettantotto pacchetti speciali di sigarette Oshnu di prima scelta. A partire da domani con fiducia estrema prendendo posto da scranni foderati di velluto potrò invitarmi a seicentosettantotto sessioni del Parlamento del Qui riuniti per stabilire il futuro o del Senato del Ringraziamento e apologia ma solo perché io leggo tutti i numeri delle riviste Arte e sapere oppure Adulazione e prosternazione e conosco benissimo lo stile dello “scrivere correttamente”.84 Ho messo piede nella distesa dell’esistere per emergere tra una massa di “creativi” spinti ormai dalla loro infinita potenza scientifica alla creazione di nuvole artificiali e alla sorprendente scoperta delle luci al neon carpita certamente nei centri di ricerca e sperimentazione dei venditori di pollo allo spiedo. Ho messo piede nella distesa dell’esistere per emergere tra una massa di “creativi” che, sebbene non abbiano pane da mangiare, dispongono però di vastissimi orizzonti i cui attuali confini geografici si estendono dal nord della piazza dei Campi verdeggianti di pallottole fino al sud, dove si apre la piazza antica delle Esecuzioni 643
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ودر مناطق پر ازدحام ،به میدان توپخانه رسیدست و در پناه آسمان درخشان و امن امنیتش از صبح تا غروب ،ششصد و هفتاد و هشت قوی قویهیکل گچی به اتفاق ششصد و هفتاد و هشت فرشته – آنهم فرشت ٔه از خاک و گل سرشته – به تبلیغ طرحهای سکون و سکوت مشغولند ** فاتح شدم بله فاتح شدم پس زنده باد ۶۷۸صادره از بخش ۵ساکن تهران که در پناه پشتکار و اراده به آنچنان مقام رفیعی رسیده است ،که در چارچوب پنجرهای در ارتفاع ششصد و هفتاد و هشت متری سطح زمین قرار گرفتهست و افتخار این را دارد که میتواند از همان دریچه – نه از راه پلکان – خود را دیوانهوار به دامان مهربان مام وطن سرنگون کند و آخرین وصیتش اینست که در ازای ششصد و هفتاد و هشت سکه ،حضرت استاد آبراهام صهبا مرثیهای به قافی ٔه کشک در رثای حیاتش رقم زند
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e raggiunge piazza Artiglieria nel settore più affollato,85 dove al riparo di un cielo sereno e radioso da mattino a sera seicentosettantotto cigni di gesso all’unisono di seicentosettantotto angeli – quelli invece fatti di terra e fango – sono impegnati nell’annuncio del Grande programma di immobilità! e silenzio!86 ** Vittoria, sì, ho vinto! Evviva il 678, rilasciato dal quinto distretto di Tehran! Viva lei, che guidata da abnegazione e volontà è ascesa a una posizione tanto elevata da potersi affacciare al cornicione di una finestra all’altezza di seicentosettantotto metri dal suolo e scagliarsi giù con onore alla maniera dei pazzi – non dalle scale, ma dalla finestra stessa – nelle braccia gentili della madrepatria e chiedere infine, in cambio di tutto questo, che al prezzo di seicentosettantotto monete il sommo maestro Abraham Sahba declami in ricordo della sua vita un’elegia funebre che faccia rima con “cazzate”.87
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به آفتاب سالمی دوباره خواهم داد
به آفتاب سالمی دوباره خواهم داد به جویبار که در من جاری بود به ابرها که فکرهای طویلم بودند به رشد دردناک سپیدارهای باغ که با من از فصلهای خشک گذر میکردند به دستههای کالغان که عطر مزرعههای شبانه را برای من به هدیه میآورند به مادرم که در آئینه زندگی میکرد و شکل پیری من بود و به زمین ،که شهوت تکرار من ،درون ملتهبش را از تخمه های سبز میانباشت ،سالمی دوباره خواهم داد میآیم ،میآیم ،میآیم با گیسویم :ادام ٔه بوهای زیر خاک با چشمهام :تجربههای غلیظ تاریکی با بوتهها که چیدهام از بیشههای آنسوی دیوار میآیم ،میآیم ،میآیم و آستانه پر از عشق میشود و من در آستانه به آنها که دوست میدارند و دختری که هنوز آنجا، در آستان ٔه پر عشق ایستاده ،سالمی دوباره خواهم داد
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S A L U T E R Ò D I N U O VO I L S O L E
Saluterò di nuovo il sole e il torrente che mi scorreva in petto, saluterò le nuvole dei miei pensieri cadenzati e la crescita dolorosa dei pioppi in giardino che percorrevano con me le stagioni più aride. Saluterò poi gli stormi di corvi che a sera mi portavano in offerta l’odore dei campi notturni. Saluterò mia madre, che viveva in uno specchio come ritratto della mia vecchiaia. E saluterò la terra, il suo desiderio ardente di ripetermi e riempire di semi verdi il suo ventre infiammato, sì, la saluterò, la saluterò di nuovo. Arrivo, arrivo, arrivo, con i capelli miei: procedere di odori dal terreno e questi miei occhi: esperienze dense del buio: io arrivo con gli arbusti che recisi nei boschi oltre il muro. Arrivo, arrivo, arrivo, e la soglia trabocca d’amore mentre aspetto quelli che amano e la ragazza che è ancora lì, nella soglia traboccante d’amore, io lei, la saluterò di nuovo.
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من از تو میمردم
من از تو میمردم اما تو زندگانی من بودی تو با من میرفتی تو در من میخواندی وقتی که من خیابانها را بی هیچ مقصدی میپیمودم تو با من میرفتی تو در من میخواندی تو از میان نارونها ،گنجشکهای عاشق را به صبح پنجره دعوت میکردی وقتی که شب مکرر میشد وقتی که شب تمام نمیشد تو از میان نارونها ،گنجشکهای عاشق را به صبح پنجره دعوت میکردی تو با چراغهایت میآمدی به کوچ ٔه ما تو با چراغهایت میآمدی وقتی که بچهها میرفتند و خوشههای اقاقی میخوابیدند و من در آینه تنها میماندم تو با چراغهایت میآمدی... تو دستهایت را میبخشیدی تو چشمهایت را میبخشیدی تو مهربانیت را میبخشیدی 648
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I O C H E M O R I VO P E R T E
Io che morivo per te ma tu eri tutto il mio vivere. Camminavi con me cantavi dentro me quando io senza meta percorrevo le strade camminavi con me cantavi dentro di me. Tu, tra gli olmi, invitavi i passeri innamorati al mattino delle finestre, nel ricorrere della notte quando la notte non terminava tu, tra gli olmi, invitavi i passeri innamorati al mattino delle finestre. Con le tue luci tu arrivavi al nostro vicolo venivi lì con le tue luci quando i bambini se ne andavano e i grappoli di acacia dormivano e io restavo sola nello specchio, tu arrivavi con le tue luci. Tu mi offrivi le tue mani tu mi offrivi gli occhi tuoi tu mi offrivi il tuo affetto 649
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وقتی که من گرسنه بودم تو زندگانیت را میبخشیدی تو مثل نور سخی بودی تو اللهها را میچیدی و گیسوانم را میپوشاندی وقتی که گیسوان من از عریانی میلرزیدند تو الله ها را میچیدی تو گونههایت را میچسباندی به اضطراب پستانهایم وقتی که من دیگر چیزی نداشتم که بگویم تو گونههایت را میچسباندی به اضطراب پستانهایم و گوش میدادی به خون من که نالهکنان میرفت و عشق من که گریهکنان میمرد تو گوش میدادی اما مرا نمیدیدی
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quando ero affamata mi offrivi il tuo viatico, eri luce generosa. Tu coglievi anemoni e ricoprivi le mie chiome, quando tremavano nude tu coglievi anemoni. Tu premevi le guance contro l’ansia dei miei seni quando ormai non mi restava altro da dire tu premevi le guance contro l’ansia dei miei seni e ascoltavi il mio sangue che fluiva nel suo gemito e il mio amore che moriva nel suo pianto. Tu ascoltavi, ma non mi guardavi.
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تولدی دیگر
هم ٔه هستی من آی ٔه تاریکیست که ترا در خود تکرارکنان به سحرگاه شکفتنها و رستنهای ابدی خواهد برد من در این آیه ترا آه کشیدم ،آه من در این آیه ترا به درخت و آب و آتش پیوند زدم زندگی شاید یک خیابان درازست که هر روز زنی با زنبیلی از آن میگذرد زندگی شاید ریسمانیست که مردی با آن خود را از شاخه میآویزد زندگی شاید طفلیست که از مدرسه بر میگردد زندگی شاید افروختن سیگاری باشد ،در فاصل ٔه رخوتناک دو همآغوشی یا نگاه گیج رهگذری باشد که کاله از سر بر میدارد و به یک رهگذر دیگر با لبخندی بیمعنی میگوید “صبح بخیر” زندگی شاید آن لحظ ٔه مسدودیست که نگاه من ،در نینی چشمان تو خود را ویران میسازد و در این حسی است
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U N A R I N A S C I TA
Il mio intero essere è un versetto oscuro che nel ripeterti al suo interno ti condurrà all’alba di eterne crescite e fioriture. Io ti sospiro in questo verso, ah in questo verso ti unisco all’albero ti unisco all’acqua ti unisco al fuoco. Forse la vita è una lunga via attraversata ogni giorno da una donna con una cesta in mano forse la vita è una corda con cui un uomo si appende dal ramo di un albero forse la vita è una bambina che torna da scuola. Forse la vita è l’accendersi una sigaretta nella pausa languida fra due amplessi o lo sguardo perso di un passante che solleva il cappello e dice “Buongiorno” con un sorriso vuoto a un altro passante. La vita forse è quell’attimo serrato in cui il mio sguardo si distrugge nelle pupille dei tuoi occhi e in questa sensazione 653
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که من آنرا با ادراک ماه و با دریافت ظلمت خواهم آمیخت اندازه یک تنهائیست در اتاقی که به ٔ دل من اندازه یک عشقست که به ٔ ساده خوشبختی خود مینگرد به بهانههای ٔ به زوال زیبای گلها در گلدان به نهالی که تو در باغچ ٔه خانهمان کاشتهای و به آواز قناریها اندازه یک پنجره میخوانند که به ٔ آه... سهم من اینست سهم من اینست سهم من، آسمانیست که آویختن پردهای آنرا از من میگیرد سهم من پائین رفتن از یک پل ٔه متروکست و به چیزی در پوسیدگی و غربت واصل گشتن سهم من گردش حزن آلودی در باغ خاطرههاست و در اندوه صدائی جان دادن که به من میگوید: “دستهایت را “دوست میدارم” دستهایم را در باغچه میکارم سبز خواهم شد ،میدانم ،میدانم ،میدانم و پرستوها در گودی انگشتان جوهریم تخم خواهند گذاشت
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che io andrò a confondere con la visione del buio, la percezione della luna. In una stanza ampia quanto una solitudine il mio cuore grande quanto l’amare attende i pretesti semplici della sua felicità e il delicato appassire dei fiori nel vaso e il giovane albero che piantasti nel giardino di casa nostra e la voce del canarino che canta nella misura di una finestra. Ecco, questa è la mia parte questa è la mia parte la mia parte è un cielo che una tenda scosta via da me la mia parte è venire giù da gradini abbandonati e unirmi a una cosa che marcisce nel rimpianto la mia parte è una passeggiata struggente nel giardino della memoria e morire nella tristezza di una voce che mi dice “Le tue mani, amo le tue mani.” Pianterò le mie mani in giardino crescerò rigogliosa, lo so, lo so, lo so, e le rondini deporranno le uova nelle pieghe delle mie dita sporche d’inchiostro.
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گوشواری به دو گوشم میآویزم از دو گیالس سرخ همزاد و به ناخنهایم برگ گل کوکب میچسبانم کوچهای هست که در آنجا پسرانی که به من عاشق بودند ،هنوز با همان موهای درهم و گردنهای باریک و پاهای الغر به تبسمهای معصوم دخترکی میاندیشند که یکشب او را باد با خود برد کوچهای هست که قلب من آنرا از محله های کودکیم دزدیده ست سفر حجمی در خط زمان و به حجمی خط خشک زمان را آبستن کردن حجمی از تصویری آگاه که ز مهمانی یک آینه بر میگردد و بدینسانست که کسی میمیرد و کسی میماند هیچ صیادی در جوی حقیری که به گودالی میریزد ،مرواریدی صید نخواهد کرد. من پری کوچک غمگینی را میشناسم که در اقیانوسی مسکن دارد و دلش را در یک نیلبک چوبین مینوازد آرام ،آرام پری کوچک غمگینی که شب از یک بوسه میمیرد و سحرگاه از یک بوسه به دنیا خواهد آمد 656
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Incollerò alle mie unghie due petali di dalia e appenderò ai miei lobi due rossi orecchini di due rosse ciliegie gemelle. E c’è un vicolo dove i ragazzi che mi amavano con i capelli spettinati e i colli sottili e le gambe magre pensano ancora al sorriso innocente di quella ragazza che una sera il vento portò via con sé. C’è un vicolo che il mio cuore ha rubato ai quartieri dell’infanzia. Il viaggio di una sagoma lungo la linea del tempo, fecondare con una sagoma la sterile linea del tempo, la sagoma conscia di un’immagine che poi ritorna da una festa nello specchio. Ed è così che c’è chi muore e c’è chi resta. Nessun pescatore raccoglierà mai la perla dall’esile ruscello che sfocia in un fosso. Io conosco una piccola e triste fata che vive nell’oceano e suona il proprio cuore con un flauto magico, piano piano, piccola triste fata, che a notte muori con un bacio e all’alba, con un bacio, tornerai al mondo. 657
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ایمان بیاوری م به آغاز فصل سرد
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CREDIAMO PURE ALL’INIZIO DELLA STAGIONE FREDDA
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ایمان بیاوریم به آغاز فصل سرد
و این منم زنی تنها در آستان ٔه فصلی سرد آلوده زمین در ابتدای درک هستی ٔ و یأس ساده و غمناک آسمان و ناتوانی این دستهای سیمانی زمان گذشت زمان گذشت و ساعت چهاربار نواخت ساعت چهار بار نواخت امروز روز اول دی ماه است من راز فصلها را میدانم و حرف لحظهها را میفهمم نجاتدهنده در گور خفتهاست و خاک ،خاک پذیرنده اشارتیست به آرامش زمان گذشت و ساعت چهاربار نواخت در کوچه باد میآید در کوچه باد میآید و من به جفتگیری گلها میاندیشم به غنچههایی با ساقهای الغر کمخون و این زمان خست ٔه مسلول و مردی از کنار درختان خیس میگذرد مردی که رشتههای آبی رگهایش 660
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C R E D I A M O P U R E A L L’ I N I Z I O D E L L A S TA G I O N E F R E D DA
E questa sono io, una donna sola sulla soglia di una stagione fredda, dove comincio a percepire l’essenza sporca della terra e la semplice, triste disperazione del cielo e l’impotenza di queste mani di cemento. Passato è il tempo, passato è il tempo e l’orologio ha suonato quattro volte. Ha suonato quattro volte. Oggi è il primo giorno dell’inverno, io conosco il segreto delle stagioni e comprendo la lingua dei momenti. Sotto terra dorme chi porterà salvezza e la terra, la terra tutta che accoglie a sé, è un segno di riposo. Passato è il tempo e l’orologio ha suonato quattro volte. Soffia il vento in strada, soffia il vento in strada. E io penso all’accoppiarsi dei fiori, penso ai piccoli fiori dai magri steli esangui e a questo stanco tempo malsano, e un uomo passa accanto agli alberi bagnati, un uomo dalle vene come linee azzurre, 661
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مانند مارهای مرده از دو سوی گلوگاهش باال خزیدهاند و در شقیقههای منقلبش آن هجای خونین را تکرار میکنند سالم سالمو من به جفتگیری گلها میاندیشم در آستان ٔه فصلی سرد در محفل عزای آینهها و اجتماع سوگوار تجربههای پریده رنگ و این غروب بارور شده از دانش سکوت چگونه میشود به آنکسی که میرود اینسان صبور، سنگین، سرگردان، فرمان ایست داد چگونه میشود به مرد گفت که او زنده نیست ،او هیچوقت زنده نبودهاست در کوچه باد میآید کالغهای منفرد انزوا در باغهای پیر کسالت میچرخند و نردبام چه ارتفاع حقیری دارد آنها تمام سادهلوحی یک قلب را با خود به قصر قصهها بردند و اکنون دیگر دیگر چگونه یک نفر به رقص برخواهد خاست
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serpenti morti che strisciano su per le pareti della gola e ripetono e ripetono nelle sue tempie riverse quelle sillabe di sangue sal-ve sal-ve E io penso all’accoppiarsi dei fiori. Sulla soglia di una stagione fredda, nella riunione di lutto degli specchi e nel raduno tristissimo delle esperienze pallide e in questo tramonto ormai fertile nella saggezza del silenzio, come si può, come si può fermare chi paziente, grave, disperso così procede? Come si può dire all’uomo che lui non vive, che non ha mai vissuto? Soffia il vento in strada, gli appartati corvi della solitudine volteggiano nei vecchi giardini del malessere, e la scalinata punta ad altezze troppo misere… Tutta l’ingenuità di un cuore l’hanno portata al castello delle favole. Ma come, come può adesso una persona sollevarsi nella danza, 663
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و گیسوان کودکی اش را در آبهای جاری خواهد ریخت و سیب را که سرانجام چیدهاست و بوییدهاست در زیر پا لگد خواهد کرد؟ ای یار ،ای یگانهترین یار چه ابرهای سیاهی در انتظار روز میهمانی خورشیدند انگار در مسیری از تجسم پرواز بود ،که یکروز آن پرنده نمایان شد انگار از خطوط سبز تخیل بودند آن برگهای تازه که در شهوت نسیم نفس میزدند انگار آن شعلهٔ بنفش که در ذهن پاک پنجرهها میسوخت چیزی بجز تصور معصومی از چراغ نبود در کوچه باد میآید این ابتدای ویرانیست آن روز هم که دستهای تو ویران شدند باد میآمد ستارههای عزیز ستارههای مقوایی عزیز وقتی در آسمان ،دروغ وزیدن میگیرد دیگر چگونه میشود به سورههای رسوالن سر شکسته پناه آورد؟
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e immergere i capelli infantili nelle acque correnti e calpestare, sotto i piedi, quella mela ormai colta e annusata? Tu, amico, tu, unico, solo amico, quali nuvole nere attendono il giorno di festa del sole? L’apparire un giorno di quell’uccello era come la traccia di un volo che prende forma nella mente, come se le foglie nuove che respirano nella lascivia della brezza fossero le linee verdi dell’immaginazione, come se quella fiamma viola che bruciava nel pensiero puro delle finestre non fosse altro che la fantasia innocente della lampada. Soffia il vento in strada, è questo il principio della rovina, e anche quel giorno c’era vento, quando le tue mani si disfacevano. Care stelle, care stelle di carta, come si può, quando in cielo soffia forte il vento di menzogna, come si può trovare riparo nelle scritture di profeti sopraffatti?
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ما مثل مردههای هزاران هزار ساله بههم میرسیم و آنگاه خورشید بر تباهی اجساد ما قضاوت خواهدکرد من سردم است من سردم است و انگار هیچوقت گرم نخواهم شد ای یار ،ای یگانهترین یار “آن شراب مگر چند ساله بود؟” نگاه کن که در اینجا زمان چه وزنی دارد و ماهیان چگونه گوشتهای مرا میجوند چرا مرا همیشه در ته دریا نگاه میداری؟ من سردم است و از گوشواره های صدف بیزارم من سردم است و میدانم که از تمامی اوهام سرخ یک شقایق وحشی جز چند قطره خون چیزی بجا نخواهد ماند خطوط را رها خواهم کرد و همچنین شمارش اعداد را رها خواهم کرد و از میان شکلهای هندسی محدود به پهنههای حسی وسعت پناه خواهم برد من عریانم ،عریانم ،عریان مثل سکوتهای میان کالمهای محبت عریانم و زخمهای من همه از عشق است از عشق ،عشق ،عشق جزیره سرگردان را من این ٔ از انقالب اقیانوس و انفجار کوه گذر دادهام
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Noi come i morti da mille anni giungiamo insieme all’incontro, e solo allora il sole giudicherà il disfarsi dei nostri corpi. Mi penetra il freddo, il freddo, forse mai più il caldo troverà il mio corpo. Tu, amico, tu unico solo amico, “quanto vecchio era quel vino?” Soppesa, guarda adesso il ritmo del tempo, guarda i pesci rodere le nostre carni, come mai continui a tenermi stretta al fondo del mare? Mi penetra il freddo, e non voglio orecchini di madreperla, mi penetra il freddo e so bene che null’altro resta, se non qualche goccia di sangue, delle illusioni scarlatte di un papavero selvatico. Libererò infine ogni linea e sarò libera dallo scorrere dei numeri e dal centro angusto delle forme geometriche troverò riparo fra le sconfinate distese del sentire. Sono nuda, e nuda, e nuda, come i silenzi tra le parole d’affetto sono nuda e di tutte le ferite sono mie le ferite d’amore, d’amore, d’amore, d’amore. Ho trasportato quest’isola errante nel turbinare degli oceani ben oltre l’esplosione della montagna, 667
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و تکهتکه شدن ،راز آن وجود متحدی بود که از حقیرترین ذرههایش آفتاب به دنیا آمد سالم ای شب معصوم! سالم ای شبی که چشمهای گرگهای بیابان را به حفرههای استخوانی ایمان و اعتماد بدل میکنی و در کنار جویبارهای تو ،ارواح بیدها ارواح مهربان تبرها را میبویند من از جهان بیتفاوتی فکرها و حرفها و صداها میآیم و این جهان به الن ٔه ماران مانند است و این جهان پر از صدای حرکت پاهای مردمیست که همچنان که ترا میبوسند در ذهن خود طناب دار ترا میبافند سالم ای شب معصوم! میان پنجره و دیدن همیشه فاصلهایست چرا نگاه نکردم؟ مانند آن زمانی که مردی از کنار درختان خیس گذر میکرد... چرا نگاه نکردم؟ انگار مادرم گریسته بود آن شب آن شب که من به درد رسیدم و نطفه شکل گرفت آن شب که من عروس خوشههای اقاقی شدم
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e nel lacerarsi segreto di un’esistenza tanto solida da portare il sole al mondo con i suoi brani più modesti. Buongiorno, notte innocente! Buongiorno, notte che trasformi gli occhi dei lupi della piana in fossi ossuti di fede e fiducia, e accanto ai tuoi ruscelli, le anime dei salici annusano i gentili spiriti delle asce. Io vengo dal mondo indifferente di pensieri, parole e voci, da questo mondo simile a nido di vipere, da questo mondo dove risuonano i passi della gente che nell’ora del bacio mi intreccia sulla testa la corda del patibolo. Buongiorno, notte innocente! Sempre tutta questa distanza tra la finestra e lo sguardo. Perché non ho guardato? Come nel tempo in cui un uomo passava accanto agli alberi bagnati. Perché non ho guardato? Forse mia madre aveva pianto quella notte, quella notte che io venni con dolore e lo sperma prese forma, quella notte che andai in sposa alle acacie,
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آن شب که اصفهان پر از طنین کاشی آبی بود و آن کسی که نیم ٔه من بود ،به درون نطف ٔه من بازگشتهبود و من در آینه میدیدمش که مثل آینه پاکیزه بود و روشن بود و ناگهان صدایم کرد و من عروس خوشههای اقاقی شدم... انگار مادرم گریسته بود آن شب چه روشنایی بیهودهای در این دریچ ٔه مسدود سر کشید چرا نگاه نکردم؟ تمام لحظههای سعادت میدانستند که دستهای تو ویران خواهدشد و من نگاه نکردم پنجره ساعت تا آن زمان که ٔ گشودهشد و آن قناری غمگین چهار بار نواخت چهار بار نواخت و من به آن زن کوچک برخوردم که چشمهایش ،مانند النههای خالی سیمرغان بودند و آنچنان که در تحرک رانهایش میرفت گویی بکارت رؤیای پرشکوه مرا با خود بهسوی بستر شب میبرد آیا دوباره گیسوانم را در باد شانه خواهم زد؟ آیا دوباره باغچهها را بنفشه خواهم کاشت؟ و شمعدانیها را در آسمان پشت پنجره خواهم گذاشت؟ آیا دوباره روی لیوانها خواهم رقصید؟
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quella notte che le moschee di Isfahan brillarono nell’eco di maioliche azzurre. E quella persona che era la mia metà, quella notte ritornò dentro il mio seme. E io la vedevo nello specchio che come specchio era puro, e luminoso, e mi chiamò d’improvviso e così andai, io, in sposa alle infiorescenze delle acacie… Forse mia madre aveva pianto quella notte. Quale effimero chiarore si era acceso in quella soglia serrata? Perché non ho guardato? Ogni attimo d’ebbrezza felice sapeva che le tue mani si sarebbero disfatte. E io non ho guardato finché non si è spalancata la finestra dell’orologio e quel triste canarino ha cantato quattro volte. Ha cantato quattro volte. E io ho incontrato quella piccola donna dagli occhi come nidi vuoti di simorgh88 e tanta era la frenesia delle sue cosce che pareva condurre con sé nel letto della notte la verginità del mio sogno glorioso. Pettinerò di nuovo i miei capelli nel vento? Pianterò di nuovo le viole in giardino? E lascerò di nuovo i gerani nel cielo dietro la finestra? Danzerò di nuovo sui bicchieri? 671
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آیا دوباره زنگ در مرا بسوی انتظار صدا خواهد برد؟ به مادرم گفتم“ :دیگر تمام شد” گفتم“ :همیشه پیش از آنکه فکر کنی اتفاق میافتد باید برای روزنامه تسلیتی بفرستیم” انسان پوک انسان پوک پر از اعتماد نگاه کن که دندانهایش چگونه وقت جویدن سرود میخوانند و چشمهایش چگونه وقت خیره شدن میدرند و او چگونه از کنار درختان خیس میگذرد صبور، سنگین، سرگردان در ساعت چهار در لحظهای که رشتههای آبی رگهایش مانند مارهای مرده از دو سوی گلوگاهش باال خزیدهاند و در شقیقههای منقلبش آن هجای خونین را تکرار میکنند سالم سالمآیا تو هرگز آن چهار الل ٔه آبی را بوییدهای؟...
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I rintocchi della porta mi condurranno di nuovo all’attesa di una voce? Dissi a mia madre: “È finita, accade sempre prima che tu ci possa pensare, dobbiamo mandare le condoglianze al giornale.” L’uomo cavo, l’uomo cavo e pieno di fiducia, guarda come i suoi denti cantano quando masticano e i suoi occhi, come lacerano i suoi occhi quando fissano. E come passa lui accanto agli alberi bagnati, paziente, grave, disperso. Alle quattro, nell’ora in cui dalle sue vene linee azzurre come serpenti morti strisciano su per le pareti della gola e ripetono e ripetono nelle sue tempie riverse quelle sillabe di sangue sal-ve sal-ve Forse tu non hai mai annusato quei quattro anemoni azzurri?
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زمان گذشت زمان گذشت و شب روی شاخههای لخت اقاقی افتاد شب پشت شیشههای پنجره سر میخورد و با زبان سردش ته ماندههای روز رفته را به درون میکشد من از کجا میآیم؟ من از کجا میآیم؟ که این چنین به بوی شب آغشتهام؟ هنوز خاک مزارش تازهست مزار آن دو دست سبز جوان را میگویم... چه مهربان بودی ای یار ،ای یگانهترین یار چه مهربان بودی وقتی دروغ میگفتی چه مهربان بودی وقتی که پلکهای آینهها را میبستی و چلچراغها را از ساقه های سیمی میچیدی و در سیاهی ظالم مرا بسوی چراگاه عشق میبردی تا آن بخار گیج که دنبال ٔه حریق عطش بود بر چمن خواب مینشست و آن ستارههای مقوایی به گرد الیتناهی میچرخیدند چرا کالم را به صدا گفتند؟ چرا نگاه را به خان ٔه دیدار میهمان کردند! چرا نوازش را به حجب گیسوان باکرگی بردند؟ نگاه کن که در اینجا چگونه جان آن کسی که با کالم سخن گفت
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Passato è il tempo, passato è il tempo e la notte è calata sui rami nudi dell’acacia, la notte scivola dietro i vetri della finestra, e con la sua lingua fredda ingoia i resti del giorno ormai trascorso. Da dove vengo io? Da dove vengo io, così intrisa di odori notturni? È ancora fresco il terreno della sua fossa dico la fossa di quelle due mani giovani e rigogliose… Tu amico, quanto eri amoroso, unico solo amico, quanto eri amoroso nelle tue bugie, quanto eri amoroso quando chiudevi le palpebre degli specchi e coglievi i bagliori dagli steli d’argento e nel buio crudele mi conducevi al pascolo d’amore fin quando il vapore vago che segue l’incendio di sete calò sul prato del sonno. E quelle stelle di carta ruotavano nel cerchio infinito. Perché hanno chiamato suono la parola? Perché hanno invitato lo sguardo alla casa dell’incontro? Perché hanno velato la carezza nella verginità pudica dei capelli? E adesso guarda come qui alle pertiche dell’illusione
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و با نگاه نواخت و با نوازش از رمیدن آرامید به تیرهای توهم مصلوب گشتهاست و جای پنج شاخ ٔه انگشتهای تو که مثل پنج حرف حقیقت بودند چگونه روی گون ٔه او ماندهست سکوت چیست ،چیست ،چیست ای یگانهترین یار؟ سکوت چیست بجز حرفهای ناگفته من از گفتن میمانم ،اما زبان گنجشکان زبان زندگی جملههای جاری جشن طبیعتست زبان گنجشکان یعنی :بهار ،برگ ،بهار زبان گنجشکان یعنی :نسیم ،عطر ،نسیم زبان گنجشکان در کارخانه میمیرد جاده ابدیت این کیست این کسی که روی ٔ بسوی لحظ ٔه توحید میرود و ساعت همیشگیاش را با منطق ریاضی تفریقها و تفرقهها کوک میکند این کیست این کسی که بانگ خروسان را آغاز قلب روز نمیداند آغاز بوی ناشتایی میداند این کیست این کسی که تاج عشق به سر دارد و در میان جامههای عروسی پوسیدهست پس آفتاب سرانجام در یک زمان واحد بر هر دو قطب ناامید نتابید
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hanno crocifisso l’anima di quella che ha pronunciato la parola e carezzato con lo sguardo e la cui fuga fu placata da carezze, ed ecco i segni sulla sua guancia delle tue cinque dita, che erano come le cinque lettere del c e r t o. Cos’è il silenzio, cos’è, cos’è, solo unico amico? Cos’è il silenzio se non le parole del non detto? Non ho voce per parlare, ma la lingua dei passeri è la lingua viva delle frasi sciolte e della festa nella natura. La lingua dei passeri è primavera, foglia, primavera. La lingua dei passeri è brezza, profumo, brezza. La lingua dei passeri sta morendo nelle fabbriche. Ma chi è questa, questa persona che sul sentiero dell’eternità procede verso l’istante dell’unione assoluta e accorda il suo orologio alla matematica logica di sottrazioni e divisioni? Chi è questa persona che non sente nel canto del gallo il battito del giorno e vede nel mattino solo l’ora della colazione? Chi è questa persona che indossa in testa la ghirlanda d’amore e marcisce nel vestito da sposa? E infine il sole non riusciva a splendere simultaneo sui due poli di sconforto. 677
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تو از طنین کاشی آبی تهی شدی و من چنان پرم که روی صدایم نماز میخوانند... جنازههای خوشبخت جنازههای ملول جنازههای ساکت متفکر جنازههای خوشبرخورد ،خوشپوش ،خوشخوراک در ایستگاههای وقتهای معین و در زمین ٔه مشکوک نورهای موقت و شهوت خرید میوههای فاسد بیهودگی... آه، چه مردمانی در چارراهها نگران حوادثند و این صدای سوتهای توقف در لحظهای که باید ،باید ،باید مردی به زیر چرخهای زمان له شود مردی که از کنار درختان خیس میگذرد... من از کجا میآیم؟ به مادرم گفتم" :دیگر تمام شد" گفتم" :همیشه پیش از آنکه فکر کنی اتفاق میافتد باید برای روزنامه تسلیتی بفرستیم". سالم ای غرابت تنهایی اتاق را به تو تسلیم میکنم چرا که ابرهای تیره همیشه تازه تطهیرند پیغمبران آیههای ٔ و در شهادت یک شمع راز منوری است که آن را آن آخرین و آن کشیدهترین شعله خوب میداند
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Ti svuotavi dell’eco delle maioliche azzurre, ma io sono così piena che pregano al suono della mia voce… Salme fortunate salme di sconforto salme di silenzio tra pensieri salme del felice incontro, eleganti, sfamate, alle fermate dei tempi precisissimi e nei terreni equivoci delle luci effimere e la passione di comprare i marci frutti della vanità… Ah, chi è questa gente che agli incroci fissa gli incidenti, il suono di questi fischi d’arresto nell’ora in cui un uomo deve, e deve, e deve essere schiacciato sotto le ruote del tempo, un uomo che passava accanto agli alberi bagnati… Ma da dove vengo io? Dissi a mia madre: “È finita, accade sempre prima che tu ci possa pensare, dobbiamo mandare le condoglianze al giornale.” Buongiorno mia strana solitudine, qui ti cedo la mia stanza perché le nere nuvole di sempre sono i profeti dei versetti nuovamente purificati. E nel martirio di una candela c’è un segreto luminoso che conosce bene quella fiamma, ultima fiamma che resiste. 679
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ایمان بیاوریم ایمان بیاوریم به آغاز فصل سرد ایمان بیاوریم به ویرانههای باغهای تخیل شده بیکار به داسهای واژگون ٔ و دانههای زندانی نگاه کن که چه برفی میبارد... شاید حقیقت آن دو دست جوان بود ،آن دو دست جوان که زیر بارش یکریز برف مدفون شد و سال دیگر ،وقتی بهار با آسمان پشت پنجره همخوابه میشود و در تنش فوران میکنند فوارههای سبز ساقهای سبک بار شکوفه خواهد داد ای یار ،ای یگانهترین یار ایمان بیاوریم به آغاز فصل سرد...
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Crediamo pure, crediamo pure all’inizio della stagione fredda, crediamo pure alle rovine dei giardini della mente, alle falci riverse e intonse, e alle molecole imprigionate. E guarda adesso, come nevica… Forse “verità” erano quelle due giovani mani, quelle due giovani mani seppellite dal peso della neve incessante e il prossimo anno, quando la primavera abbraccerà nel sonno il cielo dietro la finestra, e dal suo corpo schizzeranno i verdi zampilli di steli leggeri, quelle mani infine fioriranno, e allora o amico, o unico, solo amico, crediamo pure all’inizio della stagione fredda… [Inverno 1965]89
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بعد از تو
ای هفت سالگی ای لحظههای شگفت عزیمت بعد از تو هرچه رفت ،در انبوهی از جنون و جهالت رفت بعد از تو پنجره که رابطهای بود سخت زنده و روشن میان ما و پرنده میان ما و نسیم شکست شکست شکست بعد از تو آن عروسک خاکی که هیچ چیز نمیگفت ،هیچ چیز بجز آب ،آب ،آب در آب غرق شد بعد از تو ما صدای زنجرهها را کشتیم و به صدای زنگ ،که از روی حرفهای الفبا برمیخاست و به صدای سوت کارخانههای اسلحهسازی ،دل بستیم
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D O P O VO I , S E T T E A N N I
Sette anni, quel momento stupendo dell’inizio, tutto quello che è trascorso dopo di voi è stato forma densa di pazzia e ignoranza. Dopo di voi si è infranta la finestra, legame vivissimo e luminoso tra noi e gli uccelli, tra noi e la brezza, la finestra che si è infranta che si è infranta e si è infranta. Dopo voi, sette anni, quella bambola di fango che non parlava, non diceva nulla se non “acqua, acqua, acqua,” è annegata nella sua acqua. Dopo di voi abbiamo ucciso il canto dei grilli e legato il cuore alla campanella che risuonava dalle lettere dell’alfabeto e ci siamo innamorate della sirena delle fabbriche che producono armi.
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بعد از تو که جای بازیمان زیر میز بود از زیر میزها به پشت میزها و از پشت میزها به روی میزها رسیدیم و روی میزها بازی کردیم و باختیم ،رنگ ترا باختیم ،ای هفت سالگی بعد از تو ما به هم خیانت کردیم بعد از تو ما تمام یادگاریها را شده خون منفجر های با تکههای سرب ،و با قطره ٔ از گیجگاههای گچ گرفت ٔه دیوارهای کوچه زدودیم بعد از تو ما به میدانها رفتیم و داد کشیدیم: “زنده باد مرده باد” و در هیاهوی میدان ،برای سکههای کوچک آوازهخوان که زیرکانه به دیدار شهر آمدهبودند ،دست زدیم بعد از تو ما که قاتل یکدیگر بودیم برای عشق قضاوت کردیم و همچنان که قلبهامان در جیبهایمان نگران بودند برای سهم عشق قضاوت کردیم بعد از تو ما به قبرستانها رو آوردیم و مرگ ،زیر چادر مادربزرگ نفس میکشید و مرگ ،آن درخت تناور بود که زندههای این سوی آغاز به شاخههای ملولش دخیل میبستند 684
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Dopo di voi non si giocava più sotto il tavolo, da sotto i tavoli si passò a dietro i tavoli e da dietro i tavoli arrivammo a giocare sopra il tavolo, e perdemmo, perdemmo i vostri colori di incanto, perdemmo voi, sette anni. Dopo di voi ci siamo tradite, dopo di voi con schegge di piombo e fiotti di sangue che schizza abbiamo ripulito da tutti i ricordi le tempie coperte di gesso dei muri nel vicolo. Dopo di voi siamo scese per le piazze e abbiamo strillato “Lunga vita a” e “Abbasso!” E nel baccano delle piazze per pochi spiccioli abbiamo battuto le mani ai cantori che scaltri erano venuti a vedere la città. Dopo di voi ci siamo uccise a vicenda giudicando i nostri amori, e stringendo i nostri cuori ansiosi nelle tasche abbiamo processato il ruolo del nostro amare. Dopo di voi ci siamo dirette ai cimiteri e la morte respirava sotto il chador della nonna, morte che era un albero vasto, dove i vivi in questo verso del principio legavano voti di stoffa ai rami addolorati
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ومردههای آن سوی پایان به ریشههای فسفری اش چنگ میزدند و مرگ روی آن ضریح مقدس نشستهبود که در چهار زاویهاش ،ناگهان چهار الل ٔه آبی روشن شدند صدای باد میآید صدای باد میآید ،ای هفتسالگی برخاستم و آب نوشیدم و ناگهان به خاطر آوردم که کشتزارهای جوان تو از هجوم ملخها چگونه ترسیدند. چقدر باید پرداخت چقدر باید برای رشد این مکعب سیمانی پرداخت؟ ما هرچه را که باید از دست دادهباشیم ،از دست دادهایم ما بیچراغ به راه افتادیم ماده مهربان ،همیشه در آنجا بود و ماه ،ماهٔ ، در خاطرات کودکان ٔه یک پشتبام کاهگلی و بر فراز کشتزارهای جوانی که از هجوم ملخها میترسیدند چقدر باید پرداخت؟...
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e i morti dell’altro verso della fine infilavano le mani nelle radici fosforescenti. E la morte sedeva su quel sepolcro sacro dove all’improvviso ai quattro lati si accesero quattro anemoni azzurri. Sento arrivare la voce del vento, la voce del vento, o sette anni. Mi sono alzata e ho bevuto acqua e ho ricordato all’improvviso la paura che i vostri campi coltivati avevano dell’assalto delle cavallette, e quanto si dovrà pagare quanto si dovrà pagare per la crescita di questo cubo di cemento? Noi abbiamo abbandonato tutto quello che doveva essere perduto, noi senza fiaccole ci siamo incamminate e la luna, la luna, femmina gentile, è sempre stata lì, nei ricordi infantili di un tetto di paglia e fango e al di sopra dei giovani campi coltivati che temevano l’assalto delle cavallette. Quanto si dovrà pagare?
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پنجره
یک پنجره برای دیدن یک پنجره برای شنیدن یک پنجره که مثل حلق ٔه چاهی در انتهای خود به قلب زمین میرسد و باز میشود بسوی وسعت این مهربانی مکرر آبیرنگ یک پنجره که دستهای کوچک تنهایی را از بخشش شبان ٔه عطر ستارههای کریم سرشار میکند و میشود از آنجا خورشید را به غربت گلهای شمعدانی مهمان کرد یک پنجره برای من کافیست من از دیار عروسکها میآیم از زیر سایههای درختان کاغذی در باغ یک کتاب مصور از فصلهای خشک تجربههای عقیم دوستی و عشق در کوچههای خاکی معصومیت از سالهای رشد حروف پریدهرنگ الفبا در پشت میزهای مدرس ٔه مسلول از لحظهای که بچهها توانستند بر روی تخته حرف "سنگ" را بنویسند و سارهای سراسیمه از درخت کهنسال پر زدند
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UNA FINESTRA
Una finestra per vedere una finestra per sentire una finestra che come bocca di un pozzo giunga in fondo al cuore della terra e s’apra lungo la vastità di questa continua grazia azzurra, una finestra che nel favore notturno del profumo di nobili stelle trabocchi di piccole mani della solitudine, e da lì potremo invitare il sole al rimpianto dei gerani. Mi basta una finestra. Vengo dal paese delle bambole sotto l’ombra di alberi di carta nel giardino di un libro illustrato dalle stagioni secche dell’esperienza arida dell’amicizia e dell’amore dai sentieri polverosi dell’innocenza dagli anni fiorenti nelle pallide lettere dell’alfabeto da dietro i banchi di una scuola malsana, quando i bambini ormai sapevano scrivere sulla lavagna la parola “pietra” gli stormi confusi volarono dai vecchi alberi.
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من از میان ریشههای گیاهان گوشتخوار میآیم و مغز من هنوز لبریز از صدای وحشت پروانهایست که او را در دفتری به سنجاقی مصلوب کرده بودند وقتی که اعتماد من از ریسمان سست عدالت آویزان بود و در تمام شهر قلب چراغهای مرا تکهتکه میکردند وقتی که چشمهای کودکان ٔه عشق مرا تیره قانون میبستند با دستمال ٔ و از شقیقههای مضطرب آرزوی من فوارههای خون به بیرون میپاشید وقتی که زندگی من دیگر چیزی نبود ،هیچ چیز بجز تیکتاک ساعت دیواری دریافتم ،باید ،باید ،باید دیوانهوار دوست بدارم یک پنجره برای من کافیست یک پنجره به لحظ ٔه آگاهی و نگاه و سکوت اکنون نهال گردو آنقدر قد کشیده که دیوار را برای برگهای جوانش معنی کند از آینه بپرس نام نجاتدهندهات را آیا زمین که زیر پای تو میلرزد تنهاتر از تو نیست؟ پیغمبران رسالت ویرانی را با خود به قرن ما آوردند این انفجارهای پیاپی
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Vengo dalle radici profonde di piante carnivore e la mia testa ancora trema all’urlo terribile di una farfalla crocifissa sull’album con uno spillo. Quando la mia fede era impiccata alle fragili corde della giustizia e in tutta la città facevano a pezzi il cuore delle mie luci, quando velarono con il fazzoletto nero della legge gli occhi infantili del mio amare e dalle tempie ansiose della mia speranza sgorgavano fiotti di sangue, quando la mia vita ormai non era più nulla, nulla, se non il tic-tac di un orologio, capii che dovevo amare, amare, amare follemente. Mi basta una finestra, una finestra nell’ora dell’intesa, dello sguardo, del silenzio. Adesso l’albero di noci è talmente cresciuto che spiega alle sue giovani foglie la presenza del muro. Chiedi allo specchio il nome che ti salverà, la terra che freme sotto i tuoi passi non sarà più sola di te stessa? I profeti del nostro tempo hanno forse portato le scritture della rovina? Queste esplosioni continue, 691
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و ابرهای مسموم، آیا طنین آیههای مقدس هستند؟ ای دوست ،ای برادر ،ای همخون وقتی به ماه رسیدی تاریخ قتل عام گلها را بنویس همیشه خوابها از ارتفاع سادهلوحی خود پرت میشوند و میمیرند من شبدر چهارپری را میبویم که روی گور مفاهیم کهنه روییدهست آیا زنی که در کفن انتظار و عصمت خود خاک شد جوانی من بود؟ آیا دوباره من از پلههای کنجکاوی خود باال خواهم رفت تا به خدای خوب ،که در پشت بام خانه قدم میزند سالم بگویم؟ حس میکنم که وقت گذشتهست حس میکنم که “لحظه” سهم من از برگهای تقویم است حس میکنم که میز فاصل ٔه کاذبیست در میان گیسوان من و دستهای این غریب ٔه غمگین حرفی به من بزن آیا کسی که مهربانی یک جسم زنده را به تو میبخشد جز درک حس زندهبودن از تو چه میخواهد؟ حرفی به من بزن من در پناه پنجره ام با آفتاب رابطه دارم
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e le nuvole avvelenate sono forse l’eco di versetti sacri? Tu, amico, tu, fratello, tu che hai il mio stesso sangue, quando arriverai sulla luna scrivi la data della strage dei fiori. Sempre i sogni s’infrangono morendo, cadendo da altezze innocenti, io annuso il quadrifoglio che spunta dalla tomba di antichi sensi. La donna che divenne polvere nel sudario dell’attesa e del pudore, era forse la mia giovinezza? Salirò di nuovo, io, per le scale della curiosità per salutare il buon Dio che cammina sul tetto di casa? Sento che il tempo è trascorso, sento che è un istante la mia parte tra le pagine del calendario, sento che il tavolo è una distanza ingannevole tra i miei capelli e le mani di questo triste sconosciuto. Parla, parla con me, esiste forse qualcuno che conceda a te il suo corpo caldo e da te non desideri altro che sentire la vita che scorre? Parla, parla con me, salva, al riparo della mia finestra, sono amica del sole.
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دلم برای باغچه میسوزد
کسی به فکر گلها نیست کسی به فکر ماهیها نیست کسی نمیخواهد باور کند که باغچه دارد میمیرد که قلب باغچه در زیر آفتاب ورم کردهاست که ذهن باغچه دارد آرام آرام از خاطرات سبز تهی میشود و حس باغچه انگار چیزی مجردست که در انزوای باغچه پوسیدهست حیاط خان ٔه ما تنهاست حیاط خان ٔه ما در انتظار بارش یک ابر ناشناس خمیازه میکشد و حوض خان ٔه ما خالیست ستارههای کوچک بیتجربه از ارتفاع درختان به خاک میافتند و از میان پنجرههای پریده رنگ خان ٔه ماهیها شبها صدای سرفه میآید حیاط خان ٔه ما تنهاست پدر میگوید: “از من گذشتهست از من گذشتهست من بار خودم را بردم و کار خودم را کردم” 694
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M I FA P E N A I L G I A R D I N O
Nessuno pensa ai fiori, nessuno pensa ai pesci, nessuno vuole credere che il giardino sta morendo o che il cuore del giardino si infiamma sotto il sole, che piano piano si svuota la memoria del giardino dei suoi verdi ricordi e i sensi del giardino paiono ormai una cosa spoglia che marcisce in reclusione solitaria. Solo è il cortile di casa nostra, il cortile di casa nostra adesso sbadiglia nell’attesa di pioggia da una nuvola sconosciuta mentre si svuota la sua vasca. Le minute stelle inesperte cadono al suolo dalla cima degli alberi, e a notte, dalle finestre pallide della casa dei pesci, risuonano colpi di tosse. Solo è il cortile di casa nostra. Papà dice che: “È tardi, è troppo tardi, è troppo tardi per me, gravato dal mio carico ho fatto quel che potevo.” 695
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و در اتاقش ،از صبح تا غروب یا شاهنامه میخواند یا ناسخ التواریخ پدر به مادر میگوید: “لعنت به هر چه ماهی و هر چه مرغ وقتی که من بمیرم دیگر چه فرق میکند که باغچه باشد یا باغچه نباشد برای من حقوق تقاعد کافیست” مادر تمام زندگی اش سجادهایست گسترده در آستان وحشت دوزخ مادر همیشه در ته هر چیزی دنبال جای پای معصیتی میگردد و فکر میکند که باغچه را کفر یک گیاه آلوده کردهاست مادر تمام روز دعا میخواند مادر گناهکار طبیعیست و فوت میکند به تمام گلها و فوت میکند به تمام ماهیها و فوت میکند به خودش مادر در انتظار ظهور است و بخششی که نازل خواهد شد برادرم به باغچه میگوید قبرستان برادرم به اغتشاش علفها میخندد و از جنازهٔ ماهیها که زیر پوست بیمار آب به ذرههای فاسد تبدیل میشوند شماره برمیدارد 696
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E nella sua stanza, da mattina a sera, legge il Libro dei re, o il Compendio delle storie. Papà dice a mia madre: “Maledetti pesci e uccelli, cosa importa? Quando morirò che differenza fa che il giardino resti ancora lì o sparisca, mi basta la pensione.” Per tutta la vita mia madre è stata tappeto di preghiera srotolato sull’antro spaventoso dell’inferno, mia madre, sempre mia madre, cerca dovunque le orme del peccato e crede che il giardino sia macchiato dall’eresia di una pianta. Mia madre prega tutto il giorno, mia madre, peccatrice di natura, soffia benedizioni su ogni fiore e soffia su tutti i pesci e soffia su se stessa. Mia madre attende l’arrivo del Messia e la grazia che calerà sulla terra. Mio fratello dice che il giardino è un cimitero. Mio fratello ride degli steli avviluppati e discordi delle erbe, e conta le spoglie dei pesci che sotto il pelo malsano dell’acqua si disfano in lembi imputriditi. 697
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برادرم به فلسفه معتاد است برادرم شفای باغچه را در انهدام باغچه میداند او مست میکند و مشت میزند به در و دیوار و سعی میکند که بگوید بسیار دردمند و خسته و مأیوس است او ناامیدیش را هم مثل شناسنامه و تقویم و دستمال و فندک و خودکارش همراه خود به کوچه و بازار میبرد و ناامیدیش آنقدر کوچک است که هر شب در ازدحام میکده گم میشود و خواهرم دوست گلها بود ساده قلبش را و حرفهای ٔ وقتی که مادر او را میزد به جمع مهربان و ساکت آنها میبرد خانواده ماهیها را و گاهگاه ٔ به آفتاب و شیرینی مهمان میکرد... او خانه اش در آنسوی شهر است او در میان خان ٔه مصنوعیش با ماهیان قرمز مصنوعی اش و در پناه عشق همسر مصنوعی اش و زیر شاخههای درختان سیب مصنوعی اش آوازهای مصنوعی میخواند و بچههای طبیعی میسازد او هر وقت که به دیدن ما میآید و گوشههای دامنش از فقر باغچه آلوده میشود
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Mio fratello si droga di filosofia e non vede altra cura per il giardino che la sua distruzione. Si ubriaca e sfonda porte e pareti a pugni stretti, e cerca di dire quanto è stanco e triste e disperato, e porta in strada e al mercato il suo sconforto come fosse una patente, la sua agenda, un fazzoletto, l’accendino, la sua penna. Il suo sconforto è così ristretto che ogni notte si perde tra la folla dentro i bar. E mia sorella, che era amica dei fiori, e che quando mia madre la picchiava raccoglieva per quei fiori gentili e silenziosi le parole più pure del suo cuore, ogni tanto invitava con i dolci la famiglia dei pesci a una festa verso il sole. Oggi mia sorella vive all’altro capo della città nella sua casa finta con pesci rossi finti, raccolta nell’amore del suo marito finto sotto i rami di meli finti, e canta canzoni finte, e mette al mondo figli veri, mia sorella ogni volta che viene a trovarci e si sporca i lembi della gonna con la miseria del giardino 699
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حمام ادکلن میگیرد او هر وقت که به دیدن ما میآید آبستن است حیاط خان ٔه ما تنهاست حیاط خان ٔه ما تنهاست تمام روز از پشت در صدای تکهتکهشدن میآید و منفجرشدن همسایههای ما همه در خاک باغچههاشان بجای گل خمپاره و مسلسل میکارند همسایههای ما همه بر روی حوضهای کاشیشان سرپوش میگذارند و حوضهای کاشی بی آنکه خود بخواهند انبارهای مخفی باروتاند و بچههای کوچ ٔه ما کیفهای مدرسهشان را از بمبهای کوچک پر کردهاند حیاط خان ٔه ما گیج است من از زمانی که قلب خود را گم کردهاست میترسم من از تصور بیهودگی این همه دست و از تجسم بیگانگی این همه صورت میترسم من مثل دانشآموزی که درس هندسهاش را دیوانهوار دوست میدارد تنها هستم و فکر میکنم که باغچه را میشود به بیمارستان برد
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si bagna nell’acqua di colonia, mia sorella è gravida ogni volta che viene a trovarci. Solo è il cortile di casa nostra. Solo è il cortile di casa nostra, tutto il giorno dalla porta si sente il rumore di qualcosa che si fa a pezzi per poi esplodere, i vicini non seminano fiori nel cortile ma piantano granate e mitraglie, i vicini coprono con la plastica le maioliche delle vasche e senza volerlo accumulano polvere da sparo. I bambini del nostro vicolo caricano gli zaini con piccole bombe. Turbato è il cortile di casa nostra. Mi fa paura il tempo che disperde il suo cuore. Ho paura del vuoto inutile di tutte queste mani, ho paura dell’immagine estranea di tutte queste facce. Sono sola, io, come l’allievo che ama follemente la sua lezione di geometria e penso che si può condurre il giardino all’ospedale
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و فکر میکنم... و فکر میکنم... و فکر میکنم... و قلب باغچه در زیر آفتاب ورم کردهاست و ذهن باغچه دارد آرامآرام از خاطرات سبز تهی میشود
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e penso e poi penso e penso… e s’infiamma il cuore del giardino sotto il sole e piano piano si svuota la memoria del giardino dei suoi verdi ricordi. [Estate 1963]90
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کسی که مثل هیچکس نیست
من خواب دیدهام که کسی میآید ستاره قرمز دیدهام من خواب یک ٔ و پلک چشمم هی میپرد و کفشهایم هی جفت میشوند و کور شوم اگر دروغ بگویم ستاره قرمز را من خواب آن ٔ وقتی که خواب نبودم دیدهام کسی میآید کسی میآید کسی دیگر کسی بهتر کسی که مثل هیچکس نیست ،مثل پدر نیست ،مثل انسی نیست، مثل یحیی نیست ،مثل مادر نیست و مثل آن کسی است که باید باشد و قدش از درختهای خان ٔه معمار هم بلندتر است و صورتش از صورت امام زمان هم روشنتر و از برادر سیدجواد هم که رفتهاست و رخت پاسبانی پوشیدهاست نمیترسد و از خود خود سیدجواد هم که تمام اتاقهای منزل ما مال اوست نمیترسد
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QUALCUNO COME MAI NESSUNO
Ho sognato che qualcuno sta arrivando ho sognato una stella rossa e il sussulto continuo delle mie palpebre le mie scarpe che si appaiano e che io perda la vista se sto mentendo ho sognato quella stella rossa da sveglia, a occhi aperti qualcuno sta arrivando qualcuno sta arrivando un’altra persona una persona migliore qualcuno come mai nessuno, qualcuno che non è come papà, qualcuno che non è come Ensi, qualcuno che non è come Yahya, che non è come mamma qualcuno che è come bisogna essere qualcuno che è più alto degli alberi della casa dell’architetto e il suo viso è più luminoso del viso dell’Imam nascosto,91 e che non avrà paura del fratello di Seyyed Javad che se n’è andato e indossa la divisa da guardiano e non ha paura neanche dello stesso Seyyed Javad che è il proprietario tutte le stanze di casa nostra. 705
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و اسمش آنچنانکه مادر در اول نماز و در آخر نماز صدایش میکند یا قاضیالقضات است یا حاجتالحاجات است و میتواند تمام حرفهای سخت کتاب کالس سوم را با چشمهای بسته بخواند و میتواند حتی هزار را بی آنکه کم بیاورد از روی بیست میلیون بردارد مغازه سیدجواد ،هرچه که الزم دارد ،جنس نسیه و میتواند از ٔ بگیرد و میتواند کاری کند که المپ “هللا” که سبز بود :مثل صبح سحر سبز بود دوباره روی آسمان مسجد مفتاحیان روشن شود آخ... چقدر روشنی خوبست چقدر روشنی خوبست و من چقدر دلم میخواهد که یحیی یک چارچرخه داشتهباشد و یک چراغ زنبوری و من چقدر دلم میخواهد که روی چارچرخ ٔه یحیی میان هندوانهها و خربزهها بنشینم و دور میدان محمدیه بچرخم آخ... چقدر دور میدان چرخیدن خوب است چقدر روی پشتبام خوابیدن خوب است چقدر باغ ملی رفتن خوب است 706
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E il suo nome è lo stesso nome che mamma invoca all’inizio e alla fine delle preghiere o Giudice dei giudici o Speranza di chi spera e sa leggere a occhi chiusi tutti i termini difficili del sussidiario del terzo anno e sa come sottrarre mille da venti milioni senza sbagliare il computo e può comprare a credito nel negozio di Seyyed Javad tutto quello che gli serve e può fare accendere di nuovo l’insegna che dice Allah – verde come il verde primo mattino – sopra al cielo della moschea di Meftahian. Oddio, quanto è bella la luce quanto è bella la luce e quanto desidera il mio cuore che Yahya possieda un carretto e una lanterna e quanto vorrei che ci sedessimo sul carretto di Yahya in mezzo a meloni e angurie per fare un giro intorno a piazza Mohammadiye. Oddio, che bello che è girare intorno alla piazza che bello che è dormire sopra al tetto che bello andare al parco comunale
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چقدر مزه پپسی خوب است چقدر سینمای فردین خوب است و من چقدر از هم ٔه چیزهای خوب خوشم میآید و من چقدر دلم میخواهد که گیس دختر سید جواد را بکشم چرا من اینهمه کوچک هستم که در خیابانها گم میشوم چرا پدر که اینهمه کوچک نیست و در خیابانها گم نمیشود کاری نمیکند که آنکسی که بخواب من آمدهاست ،روز آمدنش را جلو بیندازد و مردم محل ٔه کشتارگاه که خاک باغچههاشان هم خونیست و آب حوضهاشان هم خونیست و تخت کفشهاشان هم خونیست چرا کاری نمیکنند چرا کاری نمیکنند چقدر آفتاب زمستان تنبل است من پلههای پشتبام را جارو کردهام و شیشههای پنجره را هم شستهام چرا پدر فقط باید در خواب ،خواب ببیند من پلههای پشتبام را جارو کردهام و شیشههای پنجره را هم شستهام کسی میآید کسی میآید
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che buono è il sapore della Pepsi che bello che è il cinema Fardin e quanto mi piacciono tutte le cose belle e quanto amerei, quanto vorrei tirare le trecce della figlia di Seyyed Javad. Perché sono così piccola da perdermi per le strade? Perché papà, che non è tanto piccolo e non si perde per le strade, non fa qualcosa perché arrivi prima la persona di cui ho sognato la venuta? E la gente nel quartiere del mattatoio i cui giardini hanno il terreno insanguinato e il sangue si mescola all’acqua nelle vasche e hanno sangue sulle suole delle scarpe perché non fa nulla? Perché non fa nulla? Pigrizia estrema del sole invernale. Ho spazzato le scale fino al tetto e sciacquato i vetri delle finestre, perché papà sogna solo nei suoi sogni? Ho spazzato le scale fino al tetto e sciacquato i vetri delle finestre. Qualcuno sta arrivando qualcuno sta arrivando
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کسی که در دلش با ماست ،در نفسش با ماست ،در صدایش با ماست کسی که آمدنش را نمیشود گرفت و دستبند زد و به زندان انداخت کسی که زیر درختهای کهن ٔه یحیی بچه کردهاست و روز به روز بزرگ میشود ،بزرگتر میشود کسی که از باران ،از صدای شرشر باران ،از میان پچ و پچ گلهای اطلسی کسی که از آسمان توپخانه در شب آتشبازی میآید و سفره را میندازد و نان را قسمت میکند و پپسی را قسمت میکند و باغ ملی را قسمت میکند و شربت سیاهسرفه را قسمت میکند و روز اسمنویسی را قسمت میکند نمره مریضخانه را قسمت میکند و ٔ و چکمههای الستیکی را قسمت میکند و سینمای فردین را قسمت میکند درختهای دختر سیدجواد را قسمت میکند و هرچه را که باد کردهباشد قسمت میکند و سهم ما را میدهد من خواب دیدهام...
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qualcuno che ripone in noi il suo cuore, che respira accanto a noi al nostro unisono qualcuno il cui arrivo non può essere impedito qualcuno che non si potrà arrestare e sbattere in prigione qualcuno che ha figliato sotto gli antichi alberi di Yahya e cresce giorno dopo giorno si fa sempre più grande qualcuno che arriva dalla pioggia, dallo scrosciare della pioggia dai sussurri delle petunie, qualcuno che arriva dal cielo di Tupkhane nella notte dei fuochi d’artificio e stende la tovaglia per il pranzo e spezza il pane e versa Pepsi a ciascuno e condivide il parco comunale lo sciroppo per la tosse l’iscrizione a scuola e il turno all’ospedale e gli stivali di plastica e il cinema Fardin e gli alberi della figlia di Seyyed Javad e le cose mai vendute e offre a tutti noi quello che ci spetta, ho sognato che… [Estate 1966]92
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تنها صداست که میماند
چرا توقف کنم ،چرا؟ پرندهها به جستجوی جانب آبی رفتهاند افق عمودی است افق عمودی است و حرکت :فوارهوار و در حدود بینش سیارههای نورانی میچرخند زمین در ارتفاع به تکرار میرسد و چاههای هوایی به نقبهای رابطه تبدیل میشوند و روز وسعتی است که در مخیل ٔه تنگ کرم روزنامه نمیگنجد چرا توقف کنم؟ راه از میان مویرگهای حیات میگذرد کیفیت محیط کشتی زهدان ماه سلولهای فاسد را خواهد کشت و در فضای شیمیایی بعد از طلوع تنها صداست صدا که ذوب ذرههای زمان خواهد شد چرا توقف کنم؟ چه میتواند باشد مرداب چه میتواند باشد جز جای تخمریزی حشرات فاسد
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N U L L A R E S TA S E N O N I L S U O N O
Perché fermarmi, perché? Gli uccelli sono andati alla ricerca di un lato azzurro orizzonte verticale orizzonte verticale, movimento che scaturisce e nei margini del vedere ruotano pianeti luminosi, nella sua elevazione la terra si ripete e i vuoti d’aria si trasformano in connessioni sotterranee e il giorno è un’immensità che non entra nel ristretto immaginare dei tarli dei giornali. Perché fermarmi? Attraverso i capillari della vita la qualità del terreno di coltura per l’utero della luna ucciderà le cellule infette e nello spazio chimico che segue l’alba c’è solo il suono, suono poi dissolto nelle molecole del tempo perché fermarmi? Cosa sarà mai l’acquitrino, cosa sarà mai se non il luogo dove insetti infetti depongono le uova?
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افکار سردخانه را جنازههای بادکرده رقم میزنند نامرد ،در سیاهی فقدان مردیاش را پنهان کردهاست و سوسک ،آه وقتی که سوسک سخن میگوید چرا توقف کنم؟ همکاری حروف سربی بیهوده است همکاری حروف سربی اندیش ٔه حقیر را نجات خواهد داد من از سالل ٔه درختانم تنفس هوای مانده ملولم میکند پرندهای که مرده بود به من پند داد که پرواز را بخاطر بسپارم نهایت تمامی نیروها پیوستن است ،پیوستن به اصل روشن خورشید و ریختن به شعور نور طبیعی است که آسیابهای بادی میپوسند چرا توقف کنم؟ من خوشههای نارس گندم را به زیر پستان میگیرم و شیر میدهم صدا ،صدا ،تنها صدا صدای خواهش شفاف آب به جاری شدن صدای ریزش نور ستاره بر جدار مادگی خاک صدای انعقاد نطف ٔه معنی و بسط ذهن مشترک عشق صدا ،صدا ،صدا ،تنها صداست که میماند
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Le salme tumefatte schedano i pensieri della cella frigorifera. L’uomo infame nasconde nel buio la sua vigliaccheria e lo scarafaggio, ah, se lo scarafaggio comincia a parlare perché fermarmi? Non ha valore l’aiuto dei caratteri mobili, l’ausilio dei caratteri di piombo non ci salverà dal pensiero meschino, mi ammalo nel respiro dell’aria viziata, un uccello morto mi consigliò di ricordarmi del volo. Il fine ultimo di tutte le forze è quello di unirsi, unirsi al principio luminoso del sole e sfociare nell’intelletto della luce. È naturale che marciscano i mulini a vento. Perché fermarmi? Io spingo sotto il seno le spighe verdi del grano per allattarle, è il suono, il suono, il suono il suono del desiderio limpido che l’acqua ha di scorrere il suono del riversarsi luminoso della stella sulle pareti femminee del suolo il suono del seme che si rapprende in senso il dilatarsi della mente condivisa dell’amore il suono, il suono, il suono solo il suono resta.
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در سرزمین قد کوتاهان معیارهای سنجش همیشه بر مدار صفر سفر کردهاند چرا توقف کنم؟ من از عناصر چهارگانه اطاعت میکنم و کار تدوین نظامنام ٔه قلبم کار حکومت محلی کوران نیست زوزه دراز توحش مرا به ٔ درعضو جنسی حیوان چکار مرا به حرکت حقیر کرم در خالء گوشتی چکار مرا تبار خونی گلها به زیستن متعهد کردهاست تبار خونی گلها میدانید؟
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Nella terra della gente bassa i criteri della misura viaggiano sempre sul meridiano zero, perché fermarmi? Io mi conformo ai quattro elementi e la stesura delle norme del mio cuore non pertiene al governo locale dei ciechi. Cosa farmene del lungo gemito selvatico dell’organo sessuale degli animali? Cosa farmene del movimento infimo di un verme nelle cavità della carne? Un legame di sangue con i fiori mi obbliga a vivere, sapete voi del legame di sangue con i fiori? [Novembre / dicembre 1966]93
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پرنده مردنی است
دلم گرفتهاست دلم گرفتهاست به ایوان میروم و انگشتانم را بر پوست کشیدهی شب میکشم چراغهای رابطه تاریکاند چراغهای رابطه تاریکاند کسی مرا به آفتاب معرفی نخواهد کرد کسی مرا به میهمانی گنجشکها نخواهد برد پرواز را بهخاطر بسپار پرنده مردنی است
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L’ U C C E L L O M O R I R À
Sono tristissima tristezza in fondo al cuore vado in veranda e sfioro con le dita la pelle tesa della notte le lampade del legame sono spente le lampade del legame sono spente. Nessuno mi presenterà al sole nessuno mi inviterà alla festa dei passeri, ricordati del volo l’uccello morirà.94
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POESIE SCRITTE A QUATTRO MANI DA FORUGH FARROKHZAD E YADOLLAH ROYA’I95
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دلتنگی
زیرا در آسمان، شیرازه سفرنامهام را ٔ از آفتاب دوختم، در کوچههای بی بازو، در گاههای بیزن، با آفتاب سوختم. تصویر این شکستگی اما سنگین است تصویر این شکستگی ،ای مهربان ای مهربان ترین تعادل روانی آیینه را بههم خواهد ریخت. مرا به باغ کودکیام مهمان کن! زیرا من از بلندیهای مناجات افتادهام وقتی که صبح ،فاصل ٔه دست و پلک بود -صحرا پر از سپیده دم میشد با حرفهای مشروط با مکثهای لحظه به لحظه با دستهای من، که شکلهای مشکوک را پرچین و توطئه را از روی صبح برمیچید.
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N O S TA L G I A [ 1 ]
Sarà perché nel cielo ho cucito con il sole il dorso del mio diario di viaggio, e allora è con il sole che mi sono bruciato nei vicoli senza braccia sulle soglie senza donne. È però così pesante l’immagine di questa disfatta l’immagine di questa disfatta tu mio caro tu carissimo, di tutti il più caro l’equilibrio psicologico confonderà lo specchio, invitami allora al giardino dell’infanzia. Sarà perché io sono crollato dalle alture delle suppliche – quando il mattino era la distanza tra le mani e le palpebre – la piana si riempiva d’alba con parole convenute con pause d’istanti dopo istanti con le mie mani che estraevano dal mattino le forme ambigue recinti e congiure.
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اینک تمامی آبیهای آسمان در دستمال مرطوبم جاریست! وز جادههای بدبخت، گنجشکها غروب را به خانهام آوردهاند گنجشکهای بیکار گنجشکهای روز تعطیلی... آذرماه ۱۳۴۵
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Ed ecco tutti gli azzurri del cielo scivolano nel mio fazzoletto umido e dai sentieri di mala sorte i passeri hanno portato il tramonto qui da me i passeri a spasso i passeri del giorno di festa… Dicembre 1966
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دلتنگی
شب ،در گریز اسب سیاه یک صف درخت باقی ماند در چهار كهكشان نعل، یك صف درخت بی شیهه می گذشت رگ بریده ،دهان باز كرده و ریخت افق دراز، دراز دراز مذاب. ، لخته لخته دراز ِ ِ زنی در اصطكاك رانهایش ُگر میگرفت ستاره ای رسیده ،در ته خود چكه كرد صدائی ،از سرعت پرسید: كجا ؟ كجا ؟ اما جواب ، گذشتن بود و در گریز اسب سیاه، سرعت پیاده می رفت سرعت ،صف درخت بود
كه می ماند.
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N O S TA L G I A [ 2 ]
A notte, nella fuga del cavallo nero rimase un filare d’alberi nelle quattro galassie degli zoccoli un filare d’alberi correva senza nitrire. Vena tagliata, bocca aperta, sversarsi dell’orizzonte ampio ampliato di spezzone in spezzone ampio del liquefarsi. Una donna avvampava nella frizione delle cosce arrivava una stella, stillava nel suo fondo. Una voce chiese alla velocità “Dove? Dove?” Risposta era però il trascorrere e nella fuga del cavallo nero la velocità sui suoi piedi velocità era filare d’alberi che resta.
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صعود مرگ خواهانه
صعو ِد مرگ خواهانه رگ عبور ،رگ بنبست فشار توده ی تخديری تجسّد نفس ،تشنج ابريشم گسيختن از چارچوب ،ريختن از آه رهایی فرو رونده ِ ـ سالم از ارتفاع ،سالم! مرا به سطح رطوبت مرا به تاب و تب گوشت ت پروانه ی سياه مرا به ظلم ِ حرص گل گوشتخوار مرا به ِ به ضلع و قاعده ،به انتهای قنات مرا به گو ِد مادگیات دعوت كن درون قلب مثلث، مرا به باز و بسته شدن در اين محيط چنگكی بيرحم تهی ز همهمه پر از سقوط
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E R E Z I O N E S U I C I DA
Erezione suicida vena trasversale, vena occlusa pressione di massa intorpidita incarnazione del respiro, convulsione della seta scollarsi dalla cornice, sversamento del sospiro liberazione che discende. Un saluto saluti dall’elevazione e invitami al livello dell’umidità invitami alle contorsioni alla febbre della carne invitami al buio della falena nera alla voluttà del fiore carnivoro alla costola, al periodo, invitami al termine del canale d’acqua, invitami al fossato del tuo essere femmina dentro al nucleo triangolare invitami al dischiudersi e contrarsi in questo spazio uncinato, spietato vuoto di mormorio pieno di crolli
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مرا به ريختن ديوانه ريختن دعوت كن فرو ِد نيروی ماهيچهای عبور در گوگرد نفس كشيدن در دهليز خفه شدن احاطه شدن پريدن ِ در رخوت پريدن ِ در خواب فراموشی مژهها مشخصات مرداب... ـ آآه... ـ صدای دود میآيد؟ ـ چه ماه تنهايی! زمستان ۱۳۴۵
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invitami all’eiaculare il folle eiaculare la discesa della forza muscolare passaggio nello zolfo respirare nell’androne soffocare circuirsi sobbalzare nella letargia sobbalzare nel sonno oblio delle palpebre generalità di palude… Aaah... è il suono del fumo? È una luna solitaria. Inverno 1967
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جسمانی
فرونشاندن جسم آه ای ِ حکومت بیتسکین ای پاسخ تمام اشکال اضطراب! وقتی که حرکت غریزه مرا زایید جبر باد نام مرا بر سطوح سبز درختان نوشت و ِ سفینه ها می چرخیدند و ماه ،ماه تصرف شده از انتهای تهیگاه تو تولد دنیا را بشارت می داد. سالم! حرارت چسبنده! زمستان ۱۳۴۵
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CORPOREO
Ah, questo sgravare il corpo regime irrequieto questa domanda totale forme del turbamento. Quando il movimento istintivo mi generava e la costrizione del vento scriveva il mio nome sui gradi verdi degli alberi le barche viravano e la luna, luna ormai invasa annunciava la nascita del mondo dal termine del tuo costato. Benevenuto, calore che fa presa. Inverno 1967
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ALTRE POESIE POSTUME
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عطر و طوفان
بادها چون به خروش آیند عطرها دیر نمی پایند اشکها لذت امروزند یادها شادی فردایند *** خنده مهر آلود اگر آن ٔ برلبم شعل ٔه آهی شد سفر عمر چو پیش آمد بهرمند توش ٔه راهی شد *** عشق اگر غم به دلم میداد یا خود از بند غمم میرست گرهی بود که در قلبم آسمان را به زمین می بست *** عشق اگر زهر دورویی را با می هستی من آمیخت برگ لرزان امیدم را بر سر شاخ ٔه شعر آویخت
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I L P R O F U M O E I L M A E S T R A L E 96
Quando i venti soffiano forte il profumo non resta a lungo, le lacrime sono piaceri d’oggi e i ricordi gioia di domani. *** Forse quel sorriso amorevole mi era fiamma di sospiro sulle labbra e allora lungo il viaggio della vita ne trassi viatico sul cammino. *** Che amore fosse dolore in petto oppure salvezza dal tormento mi era nodo che in fondo al cuore saldava terra e cielo. *** L’amore mescolava con veleno di menzogna il vino della mia esistenza, eppure appese ai rami della poesia le foglie tremanti della mia speranza.
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*** عشق اگر شعل ٔه دردی بود که تنم درتب آن میسوخت سوزنی بود که بر لبهام لب سوزان تو را می دوخت *** روزی از وحشت خاموشی در دلم شعر غریویشد پریزاده قلب من که ٔ عاقبت عاشق دیوی شد *** گرچه امروز تو را دیگر با من آن عشق نهانی نیست باز در خلوت من ز آن یاد نیست شامی که نشانی نیست *** دائم از عشق تو بگسستن بر من خسته روا باشد لیک در مذهب من دانی؟ گله از دوست خطا باشد ***
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*** Sebbene amore fosse fiamma sofferta che mi bruciava il corpo nella febbre era anche spillo che sulle mie labbra cuciva le tue labbra in fiamme. *** Un giorno nel terrore del silenzio poesia si fece urlo nel mio cuore, il mio petto figlio d’angeli prese ad amare un demone. *** Anche se oggi quel segreto amarmi ormai non è più in te, ogni fiamma che serbo dentro è segno silenzioso di quel ricordo. *** Sono stanca, ti è lecito spezzare il nostro amore di continuo, ma sai che nel mio credo dell’amato non ci si lamenta? ***
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چنگ چون تار ز هم بگسست کس برآن پنجه نمیساید گنه از شدت طوفانهاست عطر اگر دیر نمیپاید! تابستان ۱۳۴۳
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Nessuno tocca un liuto quando perde le sue corde e se il profumo non resta a lungo sarà colpa del maestrale. Estate 1964
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با کدام دست؟
خواب خواب خواب او غنوده است روی ماسههای گرم زیر نور تند آفتاب از میان پلک های نیمه باز خسته دل نگاه می کند: جویبار گیسوان خیس من روی سینه اش روان شده بوی بومی تنش در تنم وزان شده خسته دل نگاه می کنم: آسمان به روی صورتش خمیده است دست او میان ماسههای داغ با شکسته دانه هایی از صدف یک خط سپید بی نشان کشیده است دوست دارمش... مثل دانهای که نور را مثل مزرعی که باد را مثل زورقی که موج را یا پرندهای که اوج را دوست دارمش...
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C O N Q U A L I M A N I ? 97
Il sonno, il sonno, il sonno, lui riposa sulle sabbie calde sotto la luce accecante del sole. Ha il cuore spezzato e guarda, tra le palpebre socchiuse, il torrente dei miei capelli bagnati che gli scorre sul petto, l’odore primitivo del suo corpo che mi soffia sul corpo. Guardo, con il cuore spezzato, come il cielo si affaccia sul suo viso, le sue mani tra le sabbie roventi tracciano una linea bianca, quasi nulla, con frammenti di conchiglie. Lo amo, come il grano ama la luce, come i campi amano il vento, come le barche amano le onde, come gli uccelli amano le altezze lo amo…
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از میان پلکهای نیمه باز خسته دل نگاه می کنم: کاش با همین سکوت و با همین صفا در میان بازوان من خاک می شدی با همین سکوت و با همین صفا... در میان بازوان من زیر سایبان گیسوان من لحظهای که می مکد لبان تو سرزمین تشنۀ تن جوان من چون لطیف بارشی یا مه نوازشی، کاش خاک می شدی... کاش خاک می شدی... تا دگر تنی در هجوم روزهای دور از تن تو رنگ و بو نمی گرفت با تن تو خو نمی گرفت تا دگر زنی در نشیب سینه ات نمی غنود سوی خانه ات نمی دوید نغمۀ دل تو را نمی شنود از میان پلکهای نیمه باز خسته دل نگاه می کنم مثل موج ها تو از کنار من دور می شوی... باز دور می شوی... روی خط سربی افق یک شیار نور می شوی 744
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Ho il cuore spezzato e guardo tra le palpebre socchiuse. Se solo ti facessi terra tra le mie braccia con questo stesso silenzio, con questa stessa purezza sotto il parasole dei miei capelli, quando le tue labbra bevono dal terreno assetato del mio giovane corpo come una pioggia delicata o la nebbia di una carezza, se ti facessi terra... se ti facessi terra... con questo stesso silenzio questa stessa purezza. Perché un altro corpo nell’invasione dei giorni remoti non prenda l’odore e il colore del tuo corpo e non sudi con il tuo corpo, perché un’altra donna non riposi nella curva del tuo petto e non corra verso casa tua e non ascolti la canzone del tuo cuore. Ho il cuore spezzato e guardo, tra le palpebre socchiuse, ti allontani come le onde dal mio fianco e vai sempre più lontano, un solco di luce sulla la linea di piombo dell’orizzonte. 745
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با چه میتوان عشق را به بند جاودان کشید؟ با کدام بوسه ،با کدام لب؟ در کدام لحظه ،در کدام شب؟ مثل من که نیست می شوم... مثل روزها... مثل فصل ها... مثل آشیانه ها... مثل برف روی بام خانه ها... او هم عاقبت در میان سایه ها غبار می شود مثل عکس کهنه ای تار تار تار می شود با کدام بال می توان از زوال روزها و سوزها گریخت با کدام اشک میتوان پرده بر نگاه خیرۀ زمان کشید؟ با کدام دست می توان عشق را به بند جاودان کشید؟ با کدام دست...؟ خواب خواب خواب او غنوده است روی ماسه های گرم زیر نور تند آفتاب
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Con cosa si potrà stringere in lacci eterni l’amore? Con quali baci, quali labbra? In quale attimo, quale notte? Come me che mi dissolvo come giorni, come i nidi, le stagioni come la neve sui tetti delle case anche lui alla fine sarà polvere tra le ombre, come una vecchia foto che sbiadisce, si appanna. Con quali ali si potrà sfuggire alla rovina dei giorni e degli ardori? Con quali lacrime si potrà velare lo sguardo stupefatto del tempo? Con quali mani si potrà stringere in lacci eterni l’amore, con quali mani? Il sonno, il sonno, il sonno. Lui riposa, sulle sabbie calde, sotto la luce accecante del sole.
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N OT E A I T E S T I
1. La raccolta fu pubblicata a Tehran nell’estate del 1955 dall’editore Amir Kabir. Dopo un’iniziale esitazione dovuta alla giovane età della poetessa e all’insolita lunghezza della raccolta, l’editore acconsentì alla pubblicazione del libro, a patto che fosse introdotto da un intellettuale di chiara fama. La stessa Farrokhzad si presentò alla porta del critico e traduttore Shojā‘ al-Din Shafā, il quale accettò di scrivere una lunga prefazione incentrata sul rapporto tra morale sociale e libertà artistica. La postilla autografa di Farrokhzad, qui tradotta integralmente in appendice, costituiva una risposta alle critiche di cui la poetessa era stata oggetto all’indomani delle prime pubblicazioni su rivista. La raccolta fu ripubblicata da Farrokhzad nel 1956 e nel 1963. I testi originali qui riportati riproducono l’edizione del 1963, con l’aggiunta di liriche presenti solo nella prima edizione. Le differenze tra l’edizione del ’55 e quella del ’63 sono notevoli, specialmente dal punto di vista delle scelte lessicali e sintattiche (non sempre felicissime, va ammesso, nel caso della prima pubblicazione). Sebbene la qualità della terza edizione abbia tratto profitto da un precisissimo labor limae stilistico, il libro non presenta le undici illustrazioni di Mohammad Bahrāmi che accompagnano la prima edizione. Nella raccolta del ’55 le poesie sono disposte secondo il seguente ordine: Esule, Prigioniera, Un bacio, Invito, Sconosciuto, Dissoluta, Il commiato, I ricordi, Il sogno, Un ricordo del passato, Amarezza, L’autunno, Il vino e il sangue, O stelle, Incontro amaro, Perduta, Al cospetto di Dio, Angoscia (ovvero Anduh, intitolata ‘Eshq-e mafqud nella prima edizione), La fiamma esule, La fuga e il dolore, Ribellione, Vendetta, Stremata, Dimenticata, Lo sconosciuto, La notte e il deside-
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rio, L’ospite, Immagine nascosta, Il ritorno, Ammalato, Canto di battaglia, Occhi sulla strada, La casa abbandonata, Fiaba amara, La ragazza e la primavera, Il demone notturno, Il mio segreto, L’anello, Una notte, Specchio infranto, Per mia sorella. 2. Farrokhzad decise di non includere questa poesia nella seconda e terza edizione di Prigioniera. Questi versi apparvero per la prima volta nella rivista Omid-e Irān il 2 gennaio 1955 (Milani 2016, p. 109, n. 11) con il titolo Be khāharānam (Alle mie sorelle). 3. “Sposare per poche ore” rende il termine sighe, ovvero la pratica sciita del matrimonio temporaneo. Vedi Yaghoobi 2020. 4. Anche questo testo è assente nelle edizioni successive di Prigioniera. 5. Luogo e data segnalati nella terza edizione sono probabilmente erronei. L’edizione del 1955 (p. 110) riporta “Tehran, primavera 1955.” 6. Il nome della poetessa, Forugh, che significa, appunto “fulgore”. 7. Luogo di composizione non segnalato nella prima edizione. 8. Luogo e data di composizione non segnalati nella prima edizone. 9. Nella prima edizione, autunno del 1954. 10. Qui “poetessa” traduce il termine persiano shā‘ere, che si contrappone al sostantivo neutro shā‘er (poeta/poetessa). 11. Data e luogo di composizione non segnalati nella prima edizione. 12. Luogo e data di composizione non segnalati nella prima edizione. 13. Riferimento a un verso di Hāfez: “Io voglio un vino acre che con forza stenda un uomo al suolo / ché per un respiro io non pensi al mondo e all’amarezza dei suoi mali”. 14. Questa poesia, in cui letture biografistiche potrebbero individuare riferimenti al marito di Farrokhzad, fu pubblicata per la prima volta nella rivista Sepid-o Siāh il 6 marzo 1955. Nella quarta strofa dell’edizione del 1963, il verso “cosa resta di quelle mie labbra sorridenti” sostituisce il dettato apparso sia in rivista che nella prima edizione della raccolta: “quella mia Forugh leggera e sorridente” (ān Forugh-e chābok-o khandān-e man). 15. L’illustrazione di Mohammad Bahrāmi che nella prima edizione accompagna questa poesia (Farrokhzad 1955, p. 139) ritrae una giovane donna che, nuda e trasognata, accarezza il proprio pube. 16. Poesia pubblicata inizialmente nella rivista Rowshanfekr (L’intellettuale) il 14 luglio 1955. Nell’edizione del 1963 la parola zolm (ingiustizia, violenza, repressione, etc.) è sostituita dal termine jowr, politicamente
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meno carico di connotazioni, che avrebbero potuto attirare l’attenzione del regime Pahlavi. La versione apparsa in rivista riporta il 26 giugno 1955 come data esatta di composizione, senza menzionarne il luogo. La pubblicazione originale è accompagnata dalla rappresentazione grafica di una donna nuda in punta di piedi su una mezzaluna e con braccia aperte verso le stelle. 17. ‘Eshq-e mafqud (Mancanza d’amore) nella prima edizione. 18. Pubblicata nella seconda edizione della raccolta, nel 1956. 19. La raccolta fu pubblicata a Tehran nell’estate del 1956 dall’editore Amir Kabir e ristampata nel 1961. La prima edizione è accompagnata da diciassette illustrazioni anonime astratte, di stile cubista-futurista, che tendono a dare un’idea visiva dei testi poetici. In alcuni casi le immagini alludono ai contenuti sensuali di alcune poesie. Spicca l’illustrazione di pagina 61, affiancata a Nuda nella fonte, in cui si riflettono le allusioni all’autoerotismo presenti nel componimento. 20. Parviz Shāpur è stato sposato con Farrokhzad dal 1950 al 1955. La separazione avvenne pochi mesi dopo la pubblicazione di Prigioniera. Nella ristampa del 1961, alla dedica all’ex marito si aggiunge questa nota indirizzata al fratello di Forugh, Fereydun Farrokhzād: “Caro Feri, il fulgore [forugh] di questo libro è un fulgore semplice, sciocco e sentimentale. Se pensi che mi somiglia e credi ad ogni modo di accettarlo, prendilo, è tuo: noi non siamo avari. Forugh Farrokhzad, giugno/luglio1961.” 21. Matematico e poeta iraniano del dodicesimo secolo. Le numerose quartine a lui attribuite sono caratterizzate da un edonismo scettico marcatamente antireligioso. Negli anni ’20 del Novecento, grazie alla riscoperta di ‘Omar Khayyam in chiave laico-progressista da parte dello scrittore Sādeq Hedāyat (1903-1951), le quartine diventarono un punto di riferimento in Iran per i movimenti letterari e socio-culturali di carattere modernista e riformatore. Per una selezione di traduzioni pregevoli in italiano, vedi Bausani 1979. 22. La prima traduzione persiana del Paradiso perduto di John Milton, a cura di Shafā (traduttore e critico letterario che compose la nota introduttiva per la prima raccolta di Farrokhzad, Prigioniera; vedi supra) appare decenni dopo la pubblicazione del Muro. È possibile che sia stata la stessa Farrokhzad a tradurre questo passo in forma di parafrasi esplicativa, nel corso del suo viaggio in Europa.
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23. Come segnalato nella nota introduttiva, questa poesia apparve sulla rivista Rowshanfekr nell’autunno del 1954, quasi un anno prima della pubblicazione della raccolta Prigioniera. Il testo con cui la poesia è introdotta, accompagnato da due fotografie di Farrokhzad, è intitolato Shā‘er-e bi-parvā (La poetessa spudorata). In numerose interviste l’allora direttore della rivista, Nāser Khodāyār, ha sostenuto di essere sia l’autore dell’articolo introduttivo che il reale oggetto di desiderio “peccaminoso” descritto in questa poesia. Vedi, in persiano, Milani 2016, 88-94. 24. Composta il 13 dicembre 1955, secondo la pubblicazione Nemunehā-ye she‘r-e āzād, (1961). 25. Intellettuale, traduttrice e futura moglie del celebre poeta Ahmad Shāmlu, Tusi Hā’eri accolse Farrokhzad in casa propria durante i mesi difficili che seguirono la separazione dal marito e dal figlio, tra l’autunno del 1955 e l’inverno dell’anno seguente. Fu in quella occasione che la poetessa iraniana ebbe modo di apprezzare i principali esponenti della poesia modernista francese. È forse possibile riscontrare in questo testo tracce delle riflessioni letterarie di Farrokhzad sulla natura dell’io avvenute durante la scoperta delle avanguardie letterarie europee, proprio nei mesi della preoccupazione per il malessere mentale che, dopo un tentato suicidio, la portò a un breve periodo di ospedalizzazione forzata. 26. Personaggio non meglio noto. Fonti private suggeriscono si trattasse di una poetessa poco conosciuta o di un’artista vicina a Farrokhzad. 27. Nuda nella fonte (ābtani, lett. “bagno”) apparve inizialmente sulla rivista Rowshanfekr l’11 agosto 1955. Nell’edizione apparsa in rivista il testo presenta un’interessante variante per la seconda strofa, dove troviamo “con mani invisibili e immaginarie” al posto di “con mani morbide e cristalline”. 28. La storia semileggendaria di Leili (Laylā) e Majnun ha origini arabe ed è associata al motivo dell’ideale d’amore verginale (detto ‘udhrita) celebrato in poesia tra l’ottavo e il decimo secolo d.C. La figura di Leili, soprattutto dopo la circolazione della narrazione in versi del poeta persiano medievale Nezāmi (1985), diventò l’ideale lirico di una donna irraggiungibile sia per la sua bellezza che per gli ostacoli sociali presentati dalla regola cortese. La polemica erotica di Farrokhzad contro il personaggio di Leili rievoca la visione modernista della poetessa e la sua proposta di riscattare la lirica persiana dall’inattualità degli ideali d’amore celebrati dalla tradizio-
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ne classica. Vedi anche la poesia Il mio amato, nella raccolta Una rinascita, in cui Farrokhzad paragona la potenza di realtà del proprio oggetto di desiderio alla presenza effimera di Majnun. 29. La poesia apparve per la prima volta nella rivista Rowshanfekr l’undici luglio 1955. 30. Nota artista iraniana e confidente di Forugh Farrokhzad (vedi Milani 2016, p. 487). 31. Sulla figura degli “asceti” (zāhedān) ipocriti vedi il testo seguente. 32. Probabilmente composta in risposta a una fatwā (opinione legale espressa da un giurista musulmano) informale con cui un gruppo di dottori della legge nella città santa di Qom espressero un giudizio negativo nei confronti della prima raccolta di poesie di Farrokhzad. 33. Il motivo degli asceti ipocriti è molto comune nella poesia persiana del Trecento. Elementi di critica socio-religiosa di questo tipo abbondano nella poesia di Hāfez, particolarmente amata da Farrokhzad. 34. Riferimento alla tessere di argilla del terreno di Karbala sulla quale i fedeli sciiti posano la fronte durante la preghiera rituale. Mostrare una cicatrice sulla fronte dovuta allo zelo di pietà è spesso motivo di ostentazione religiosa, fortemente criticato sia dagli intellettuali laici che dai fedeli che cercano un rapporto più intimo con il divino. 35. Verso tratto dal Canzoniere di Hāfez. 36. Gli iraniani sono soliti trarre auspici (fāl) consultando le liriche del poeta medievale Hāfez di Shiraz. Questa pratica, in voga in Iran e Asia centrale sin dal quindicesimo secolo, oggi è particolarmente sentita nei giorni del capodanno persiano (Nowruz) e durante il solstizio d’inverno (shab-e yaldā), quando amici e parenti trascorrono la notte più lunga dell’anno leggendo poesie e raccontando storie. 37. Ribellione (‘Osiān o, più comunemente, ‘Esiān, sebbene l’edizione originale confermi la prima vocalizzazione) fu pubblicata a Tehran nell’estate del 1958 dall’editore Amir Kabir. Le censure continue cui questa raccolta è stata sottoposta negli anni (dovute soprattutto alla teologia letteraria con cui Farrokhzad si è misurata nella prima metà del libro) hanno impedito che il testo fosse adeguatamente studiato e tradotto. Anche in questo caso, ho preferito fornire la primissima edizione della raccolta, ormai quasi del tutto introvabile. 38. Nell’impossibilità di reperire la traduzione originale da cui questo
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passo biblico è tratto, ho provveduto una versione italiana che tenesse conto delle scelte semantiche con cui ho reso i luoghi chiave della poesia di Farrokhzad. 39. Tutti i riferimenti coranici in nota, adattati in Italiano dalla traduzione di Alessandro Bausani (1996), appartengono all’edizione originale. 40. [Tutte le note in questa sezione appartengono al testo originale e sono dell’autrice] Corano 7:13-15: “E rispose Dio [a Satana]: ‘Via di qui! Non t’è lecito, qui, fare il superbo! Fuori! Ché tu sei ormai un essere spregevole.’ – Disse: ‘Lasciami attendere, fino al giorno in cui gli uomini saranno risuscitati.’ – Rispose il Signore: ‘Ebbene, ti sia concesso d’attendere fino a quel giorno.’” 41. Corano 7:12: “E disse Iddio: ‘Che cosa t’ha impedito di prostrarti, quando Io te l’ho ordinato?’ E quegli rispose: ‘Io sono migliore di lui: me Tu creasti di fuoco e lui creasti di fango!’” 42. Corano, 41:17: “E i Tamud, Noi li guidammo, ma essi amarono meglio la cecità che la Guida e li colse la folgore del castigo d’abominio, per quel che avean meritato.” 43. Corano 37: 62-68: “Abbiamo fatto dell’albero di Zaqqum oggetto di tentazione per gli empi, e ha i frutti come teste orrende di serpi e di quelli mangeranno, e di quelli i ventri s’empiranno e, sopra, sozzo miscuglio di liquido ribollente berranno poi alla fiamma d’inferno torneranno.” 44. Corano 37: 67: “Sozzo miscuglio di liquido ribollente berranno.” 45. Corano 56:42: “Si aggireranno in vento bruciante, in acqua ribollente.” 46. Corano 101: 8-11: “Allora chi avrà leggere le bilance – avrà per madre l’Abisso (Havia). – E come potrai sapere cos’è l’Abisso? – Fuoco vampante!” 47. Corano 43:71: “Saran fatti circolare fra loro [i fedeli] vassoi d’oro e coppe [di cristallo] piene di cibi deliziosi e vino purissimo.” 48. Corano 44:54: “Così sarà. E daremo loro in ispose fanciulle dai grandi occhi neri.” 49. Corano: 76:15-20: “E qualcuno passerà attorno con vasi d’argento e crateri che son di cristallo – di cristallo d’argento, forgiati con armonia, – saranno abbeverati da una coppa il cui licore è miscela di zenzero – d’una fonte colà che ha nome Salsabil.” 50. Corano: 56:27-32: “Quei della destra! Oh, quei della destra! – S’ag-
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gireranno fra piante di loto senza spina – e acacie copiose di rami – e ombra ampia – e acqua scorrente – e frutti molti.” 51. Corano: 56: 17-19: “E fra loro ragazzi d’eterna gioventù trascorreranno – con coppe e bricchi e calici freschi limpidissimi.” 52. Corano 7:178: “Colui che Iddio guida è il Ben Guidato, e colui che Dio travia, è perduto.” 53. Termine appartenente alla toponomastica araba pre-islamica, i giardini di Eram sono celebrati in poesia persiana come archetipo ideale di uno spazio lussureggiante di piaceri mondani e ultramondani. 54. La poesia descrive il ritorno di Farrokhzad a Tehran dopo il suo viaggio in Italia e Germania. Kami è il diminutivo del nome di suo figlio, Kamiār. 55. Riferimento alla tessera di argilla (possibilmente della terra di Karbala, Iraq) sulla quale i fedeli sciiti poggiano la fronte durante la preghiera. 56. La poesia è ispirata a un testo del poeta tedesco Ossip Kalenter (1900-1976), Wenn mich der Tod ereilt, tradotta in persiano da Forugh Farrokhzad e il fratello Amir Mas‘ud (Marg-e man ruzi, La mia morte un giorno). Vedi Farrokhzad 2000, p. 84. 57. Versi tratti dal copione de La casa è nera (Bāvandpur 2002, II, pp. 247-304). 58. Tavallodi digar fu pubblicata a Tehran nell’inverno del 1964 per i tipi di Morvarid. Farrokhzad pubblicò su rivista un numero considerevole delle poesie di questa raccolta. In attesa di un accurato studio filologico capace di ricostruire la genesi dei singoli testi, qui si propone la versione integrale dell’edizione del 1964, anch’essa fortemente censurata nelle edizioni pubblicate dopo la morte dell’autrice. 59. Il chador e il velo scuro tradizionale che copre i capelli e il corpo delle donne, lasciando scoperto solo il volto. 60. ‘Eyd qui sta per il capodanno del calendario solare iraniano, Nowruz, che coincide con l’equinozio di primavera. 61. Il termine ghazal in arabo e persiano indica un breve componimento lirico (di lunghezza variabile, tra i cinque e i dodici distici) di carattere amoroso, paragonabile al sonetto della tradizione italiana. Farrokhzad compose questo in risposta (seguendo la stessa rima e metro) a un poema composto dal poeta Hushang Ebtehāj (noto come H. A. Sāye), da lei particolarmente apprezzato. 62. La chiusa contiene un gioco di parole con il nome della stessa Far-
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rokhzad (Forugh, che in persiano significa fulgore, qui reso come “alba”) e un riferimento a Hushang Ebtehāj, il cui nom de plume, sāye, significa “ombra”. 63. Qui Farrokhzad si affida al linguaggio della mistica islamica. Per sufi si intende il fedele che in via più o meno ufficiosa abbraccia uno dei numerosi ordini islamici impegnati nella ricerca di un contatto più diretto con l’esperienza del divino, spesso tramite pratiche contemplative e di meditazione mistica. Con “sacra melodia” ho reso il termine tecnico samā‘ che, soprattutto nel periodo medievale, indica un rito collettivo in cui l’ascolto di musica e poesia offrono ai partecipanti una catarsi spirituale che spesso sfocia in episodi di rapimento estatico. Vedi Ingenito 2020, pp. 443-449. 64. Come in molti paesi a maggioranza musulmana, anche in Iran il venerdì è il giorno di festa. 65. Vedi la poesia Sul sepolcro di Leili. 66. “Amato” rende il termine persiano ma‘shuq, che nella lirica d’amore classica rappresenta l’oggetto di desiderio celebrato dall’amante (‘āsheq). Farrokhzad e i suoi contemporanei, dopo il processo di eterosessualizzazione modernista dello sguardo critico sul canone medievale, riconoscevano una presenza esclusivamente femminile nel giovane efebo di sesso maschile che la figura del ma‘shuq rappresentava nella lirica classica (a differenza della poesia narrativa, che di solito metteva in scena dinamiche amorose eterosessuali). 67. Majnun era l’amante semileggendario di Leili (vedi Sul sepolcro di Leili, nel Muro). 68. Verso presente solo nella prima edizione. 69. Ho tradotto come “fenici antiche” la figura dell’uccello magico simorgh, particolarmente presente sia nei cicli epici dell’Iran preislamico che nella tradizione mistica del medioevo persiano. 70. Questa poesia apparve per la prima volta nella rivista Keyhān-e Hafte, dove era stata specificata la data di composizione. 71. Nell’intervista rilasciata a Farzaneh Milani, Ebrahim Golestan ha ammesso che Farrokhzad compose questo testo durante una gravidanza che scelse di non portare a termine. 72. Questo testo, scritto nella lingua colloquiale del dialetto di Tehran, meriterebbe uno studio a parte e una traduzione libera in dialetto roma-
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nesco o napoletano. Sebbene il registro parlato fosse già stato impiegato in versi da Ahmad Shāmlu nel suo poema Parihā (Le fate, 1953), con la storia di “Alì piccolino” Farrokhzad estende per la prima volta l’uso del dialetto al fine di proporre un ritratto verista e al contempo fantastico dello scontro tra realtà popolare e sogno. Numerosi versi contengono riferimenti a quartieri storici di Tehran, abitudini e tratti folkloristici che caratterizzano il proletariato urbano iraniano del primo Novecento. 73. L’Iran è generalmente descritto come la terra di poesia, rose e usignoli (she‘r-o gol-o bolbol). 74. Qui la poetessa denuncia il dogmatismo estetico e politico di scrittori e intellettuali emersi dai settori più conservatori della società iraniana degli anni ’50 e ’60. 75. Riferimento ai membri del parlamento iraniano, ritenuti dalla poetessa fantocci politici di dubbia estrazione che, simili a cornacchie, sono incapaci di governare. 76. Fatto costruire nel 1962 dall’impresario ebreo Habib Elqāniān (messo poi a morte dalla Repubblica Islamica nel 1979), il palazzo Plasco era considerato uno dei primi grattacieli eretti in Medio Oriente. L’edificio diventò simbolo della modernizzazione frenetica del paese, per poi crollare nel 2017 in seguito a un drammatico incendio. 77. I poeti tradizionalisti sono paragonati a cantori di strada che frequentano ambienti promiscui con la scusa di diffondere un sentimento di pietà religiosa popolare. 78. Riferimento alla diffusione di programmi a premi. 79. All’epoca, marca di orologi di lusso. 80. L’espressione “fiume zende” (“fiume vivo”) è un gioco di parole che fa riferimento al fiume Zāyande (che “genera vita”), corso d’acqua che bagna Isfahan. All’epoca in cui Farrokhzad era attiva il fiume era spesso in secca per via dello sfruttamento eccessivo delle sue acque. Oggi purtroppo di questo corso d’acqua non resta che un alveo arido. 81. Riferimento alla lotteria nazionale, che aveva luogo ogni mercoledì pomeriggio. 82. Esternazioni teopatiche pronunciate nel contesto di alcune congreghe sufi come espressione estatica del proprio fervore mistico e religioso. Nel suo fervente razionalismo laico, Farrokhzad, a differenza del suo amico e pittore neo-spirituale Sohrāb Sepehri, non si mostrò mai interes-
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sata alle pratiche mistiche legate al sufismo, il cui esercizio fu represso sia dallo Shah che dal regime islamico. 83. Gioco di parole intraducibile in italiano: il riferimento è all’anno 1678 dell’anno islamico del calendario solare (corrispondente al 2199 del calendario gregoriano). L’aggettivo shamsi (solare) è qui giustapposto a tabrizi (della città di Tabriz), con allusione esplicita al maestro spirituale del poeta mistico Rumi, appunto Shams-e Tabrizi. 84. Ulteriore critica del dogmatismo formale brandito da poeti e intellettuali tradizionalisti. Personaggi come Ebrāhim Sahbā, citato direttamente negli ultimi versi di questa poesia, criticarono Farrokhzad aspramente sia per la sua libertà sessuale che per la sua espressività modernista e anticonvenzionale. 85. Luoghi reali della Tehran centromeridionale. 86. Riferimento alla natura totalitaria del regime dello Shah. 87. Deformazione del nome Ebrāhim Sahbā, uno dei maggiori detrattori della poetessa (vedi nota introduttiva). Le forme poetiche dei poeti tradizionalisti, spesso improntate al recupero rigido di forme letterarie classiche, si basavano sull’uso pedissequo di metri e rime per la composizione di poesie d’occasione che includevano elogi della famiglia reale ed esponenti politici di ogni grado, elegie funebri, etc. Cfr. Milani 2016, p. 176, per la risposta di Ebrāhim Sahbā all’affondo sarcastico di Farrokhzad. 88. Altrove tradotto come “antica fenice”, vedi la nota al testo La conquista del giardino. 89. Data di composizione specificata nella selezione di testi contenuta in Jāvedāne Forugh Farrokhzad, pubblicata nel 1968. 90. Data di composizione specificata nella selezione di testi Jāvedāne Forugh Farrokhzād. 91. Secondo l’escatologia sciita si tratta del dodicesimo e ultimo imam, il quale vive in occultamento dal 941 d.C. e comunica saltuariamente con fedeli particolarmente devoti ed esponenti del clero per mezzo di sogni e visioni. 92. Data di composizione specificata nella selezione di testi Jāvedāne Forugh Farrokhzād. 93. Data di composizione specificata nella selezione di testi Jāvedāne Forugh Farrokhzād. 94. Il poeta Yadollāh Royā’i sostiene che fu a casa sua che Farrokhzad
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cominciò a comporre questo testo, lasciandolo incompiuto pochi giorni prima di morire. Vedi Bāvandpur 2002, I, p. 419. 95. Sull’occasione che portò alla stesura a quattro mani di questi testi, vedi Bāvandpur 2002, I, pp. 375-387. 96. Poesia pubblicata negli Stati Uniti nel 1994 nel numero speciale della rivista Daftar-e Honar (anno primo, secondo numero, p. 111) dedicato a Forugh Farrokhzad. Sebbene non vada escluso che questa poesia sia un falso attribuito a Farrokhzad, temi e stile, inclusi i rimandi a Hāfez, suggeriscono che potrebbe trattarsi in realtà di un’opera originale dell’autrice. 97. Anche per questa poesia è difficile stabilire l’autenticità dell’attribuzione. Apparso nell’edizione del 1992 delle opere complete (peraltro censurate) di Farrokhzad per i tipi di Morvarid, il testo è presentato come “l’ultima poesia di Forugh”. Nonostante l’impasse filologica, lo stile di Con quali mani?, ancora più della poesia precedente, si allinea con i migliori esempi della produzione poetica dell’autrice. Inoltre, il desiderio espresso dall’io lirico di trasformare l’amato in terreno da stringere a sé trova un’eco nella lettera che Farrokhzad scrisse durante la sua permanenza a Pesaro, il 29 maggio 1966: “Vieni qui e scaviamo una fossa in cui io e te possiamo adagiarci nudi e abbracciarci mentre ci ricopriamo di terra e restiamo in silenzio. Potremo dormire nel silenzio fino alla fine del mondo, fino a decomporci senza separarci mai” (Milani 2016, p. 291).
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APPENDICE I P O S T I L L A ( U N C H I A R I M E N TO) 1
Di fronte al torrente di accuse e critiche che da tempo scorre contro di me da ogni lato, ho cercato continuamente un’occasione per chiarire e difendere il percorso che ho intrapreso e l’obiettivo che mi sono prefissata. Coloro che leggeranno queste pagine dovrebbero capire che questa mia difesa è esclusivamente una difesa dell’obiettivo che ho davanti, nel senso che non intendo assolutamente cercare di giustificare la mia arte personale con questo mezzo. Questo lo dico a quelli che fondano la propria buona reputazione sullo screditare gli altri, mentre con curiosità morbosa cercano di trovare un punto debole nella vita privata degli individui, in modo da colpirli. Voglio dire loro che la mia esistenza, la mia reputazione, la mia vita e in generale tutto ciò che mi riguarda personalmente non hanno il minimo valore se paragonati al mio ideale e al mio obiettivo. E forse la tenacia che ho mostrato finora di fronte a tanta pressione è la migliore testimonianza della solidità della mia fede. I miei amici mi chiedono: fede in cosa? Avanzare verso quale obiettivo? E continuo a convincermi che solo grazie alla forza della mia tenacia riuscirò a liberare la mia condizione delle catene marce che legano l’arte, e aprirò un varco verso 761
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questo diritto per tutti... e in particolare per le donne, affinché possano liberamente svelare le loro emozioni nascoste e i loro sentimenti fugaci e delicati, per esprimere quello che serbano nel cuore senza la paura o l’ansia di essere giudicate dagli altri. Io mi chiedo sempre per quale motivo la musica della mia poesia risulti così estranea alle vostre orecchie. Perché sono tanti quelli che non possono digerirla agevolmente? Forse perché mi accusano di contribuire con i miei versi alla diffusione di dissolutezza e corruzione? Forse a una donna non è permesso di comunicare in poesia la verità del proprio sentire rispetto a qualsiasi oggetto di desiderio? Se io mi limitassi a scrivere una poesia che descrive il corpo, gli occhi e le fattezze del viso di un’altra donna e non di un uomo, esprimerei forse il mio vero sentimento? Versi del genere potrebbero infine attrarre i miei lettori? In occidente è ormai una questione obsoleta, ma qui in Iran tutto questo suscita ancora stupore e avversione. Quando sfoglio pagine di riviste, quando apro libri di poesia che sono una testimonianza dei poeti del passato e del presente, quando leggo attentamente i loro versi, vedo che in ogni pagina gli uomini hanno descritto con la massima franchezza e libertà il loro amore e la loro amata, paragonandola a ogni cosa, hanno tessuto ogni tipo di desiderio nei suoi confronti nel mondo dell’immaginazione e con il linguaggio della poesia e hanno messo in parole tutte le fasi dell’amore che hanno vissuto accanto a lei. E la gente ha letto questi libri con la massima tranquillità, e nessuno ha gridato che oh mio dio... le fondamenta della morale stanno crollando, la pietà e la castità pubblica si stanno disfacendo e la pubblicazione di questo libro conduce la moralità dei giovani alla rovina! 762
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Ma quando una donna prende in mano la penna e rivendica per sé il diritto di esprimere ciò che sente, ovvero di riflettere in poesia il suo spirito femminile, all’improvviso le quattro colonne del trono divino prendono a tremare, da ogni lato si levano grida di disperazione, e tutti piangono a lutto per la perdita della castità e della morale sociale. Il problema è che nel nostro paese non è mai stato riconosciuto alcun diritto alle donne. Le donne sono sempre state considerate come beni di consumo che, una volta utilizzati, vengono messi da parte e dimenticati. A causa dello spirito debole e sottomesso che ci è proprio, non siamo mai volute uscire dalla nostra condizione di oggetti di consumo e mostrare la nostra vera personalità. Ed è per questo che il castello di potere ed egocentrismo degli uomini si è innalzato verso il cielo, e adesso, non potendomi sopportare, credono che io stia bestemmiando, che abbia strappato il velo del pudore e della modestia, e che abbia parlato di cose che sono di loro competenza esclusiva e parte del loro dominio eterno! Ma lasciate che dicano quello che vogliono, il trascorrere del tempo mostrerà il vero valore di ogni cosa e arriverà il giorno in cui quelli che oggi mi accusano di essere spudorata e pensano che dovrei andare a pentirmi in privato, dovranno arrendersi di fronte ai diritti che noi, attraverso la lotta e il progresso della civiltà, creeremo per noi stesse. La poesia è il linguaggio del cuore – e nella sostanza non si possono porre limiti a un artista. L’arte si staglia al di là della morale, e l’espressione di tutto quello che è considerato peccato dal punto di vista delle regole morali non è affatto tale nel mondo dell’arte. Né si dovrebbe legare l’arte con le catene della morale, perché in tal caso molti dei capolavori della crea tività mondiale finirebbero tra le opere che la morale proibisce di ammirare o leggere. 763
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La statua del Bacio di Rodin, famoso scultore francese, è considerata uno dei capolavori dell’arte mondiale, ma se un giorno dovesse essere esposta al pubblico del nostro paese, con molta probabilità i conservatori e coloro che si fissano con l’etica con tutte le proprie forze e che, come dice Hāfez, sotto questa maschera “quando sono da soli fanno tutt’altro”, la dichiarerebbero illegale e la considererebbero una figura oscena. Secondo me, quando si vuole giudicare un’opera d’arte, si dovrebbe considerare solo ed esclusivamente l’aspetto estetico che le è proprio. È invece particolarmente ingiusto e di cattivo gusto condannare secondo norme morali un’opera dotata di valore artistico. Per esprimere quello che intendo dire, qui posso citare quello che l’egregio scrittore Mati‘ al-Doule Hajazi ha scritto nel suo libro Le canzoni di Bilitis: “I poeti ci incantano con le loro arti e il loro lavoro di intarsio con le parole, ma non ci rivelano i segreti ferventi del loro cuore. Hanno paura che noi lettori li giudichiamo per le loro scelte morali. Non sono disposti a rinunciare alla finzione per fare vera poesia, ma rimanere in vita tramite la poesia è meglio che morire dietro il velo delle false apparenze.” E in un altro passo, per assolvere la poetessa ed elevare la sua posizione e renderla indipendente da qualsiasi vincolo, scrive: “Se questa ragazza ubriaca ha strappato il velo della verginità, non ha colpa. Al suo tempo, amava la verità e l’amore. Al di là di questo... era una poeta e ha fatto poesia.” Questa invece è una frase che non dimenticherò mai, e proviene dal nostro grande poeta contemporaneo, Pejman: “Non vale la pena, a discapito dell’arte, conservare idee antiche e insulse per rispettare i capricci di gente dai gusti discutibili.” Sì, la poesia è il linguaggio del cuore e se io nascondo quello che 764
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sento dentro, come posso aspettarmi che la mia poesia attragga i miei lettori? Coloro che mi accusano dicendo che la mia arte consiste esclusivamente nell’espressione di scene d’amore “particolari” farebbero meglio a studiare la mia piccola raccolta di poesie e mantenere una posizione imparziale nei loro giudizi. La poesia, tra l’altro, in termini di contenuto e motivi, si divide in vari aspetti, ognuno dei quali ha valore artistico a seconda di quanto uno scrittore si impegni su quella linea. E se nella mia poesia riuscirò a perfezionare anche solo questo aspetto erotico che gli altri mi attribuiscono, ne sarò comunque molto soddisfatta. Io ho deciso con forza di rimanere una donna nella mia poesia. Non ho mai avuto bisogno di indossare una maschera di castità e purezza sul mio viso per nascondere fattezze interiori diverse. E come dice Khayyam: “Dicono che sono un adoratore del vino, sì, lo sono; / mi chiamano corrotto ubriacone; sì, lo sono; / non fare troppo caso al mio abito esteriore / perché sì, io sono tutto quello che è dentro me.” Coloro che vogliono attaccarmi con queste tattiche dovrebbero considerare che il mondo della poesia è un luogo che libera l’artista da questi vincoli esteriori. Inoltre, se mi sono rivolta alla poesia e all’arte, non è stato per vezzo o divertimento, ma perché per me queste cose sono la mia stessa vita. Quello che per me conta davvero è l’emozione di essere in vita. Non voglio arrendermi alla tranquillità e alla felicità dell’anima e del cuore. La mia aspirazione più elevata è che la mia poesia diventi la manifestazione delle bellezze e dei piaceri che la vita offre all’essere umano. Voglio che la mia poesia sia da cima a fondo colma di emozione e ardore. Coloro che mi condannano per come celebro la potenza del desiderio dovrebbero sapere che io per “desiderio” non 765
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intendo qualcosa di banalmente futile. Per esprimere quello che intendo, non conosco una frase migliore di quanto espresso dal signor Shafa nell’introduzione al suo libro L’ombra dei giorni (Comtesse de Noailles): “Il desiderio, nel linguaggio di Noailles, significa quella potente forza universale da cui deriva ogni attrazione, e dinanzi alla quale ogni altra forza e legge non può che impallidire nella sua impotenza.” E sono proprio questi il mio percorso, il mio obiettivo e il mio pensiero... e assicuro a coloro che continuano a criticare il mio lavoro e a interpretare le mie opere secondo le loro inclinazioni che non ho alcuna intenzione di tornare indietro. Desidero versare nella forma delle mie poesie tutta l’eccitazione e l’entusiasmo che sento nella vita, e nessuno può criticarmi per questo. So di non aver fatto nulla di straordinario, se non essere stata la prima donna a muovere un passo per spezzare questa catena di vincoli che legano le donne. Questo è il motivo di tutto il clamore che mi circonda. Se altre mi avessero preceduto, i lettori oggi accoglierebbero la mia poesia con molta più serenità. Certamente, un giorno, tutto questo vociare svanirà e la mia poesia risulterà come qualcosa di già noto alle orecchie della gente. Quando è apparsa la scuola della Poesia Nuova [di Nima Yushij] anche essa ha suscitato lo stesso clamore, perché il suo ritmo risultava strano alla gente. Sono in molti a credere ancora che con l’avvento della poesia moderna la nostra letteratura sia entrata in una fase di volgarità e declino. Eppure la loro convinzione non può certo ostacolare l’avanzamento di questo stile poetico, perché la Poesia Nuova è una necessità del nostro secolo. È di fondamentale importanza comprendere che la poesia, così come ogni altro bisogno spirituale ed emotivo, scaturisce dal carattere del proprio tem766
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po, luogo e condizioni sociali. La società in cui viviamo oggi è molto diversa dall’epoca della nostra poesia classica. Questo bisogno che la società moderna sente per un cambiamento nella poesia e nella letteratura è la cosa che più di ogni altra garantisce il progresso e la sopravvivenza della Poesia Nuova. Ora che sono trascorsi solo pochi anni dagli inizi della Poesia Nuova, vedo che gradualmente il clamore che circondava la sua comparsa si è placato e coloro che fino a ieri deridevano e criticavano questa linea stilistica oggi si inchinano di fronte alla sua bellezza e freschezza. È questa esperienza che mi dà speranza. È con la massima speranza che ora infatti procedo verso il mio obiettivo. Una donna ha il diritto di essere una donna anche nella sua poesia, e coloro che non lo accettano devono aspettare il giorno in cui, con l’avanzamento della civiltà e della cultura, questo diritto si affermerà da sé per le donne nel nostro paese. Forough Farrokhzad Aprile / maggio 1955
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APPENDICE II L E C I N Q U E R A C C O LT E D I F O R U G H FA R R O K H Z A D : UNA BREVE INTRODUZIONE CRITICA
Con i suoi mille anni di età e le centinaia di migliaia di testi che, al culmine della sua espansione geografica, circolavano tra Balcani, Asia centrale e India, la poesia persiana consegna alla storia uno dei più importanti patrimoni culturali dell’umanità. Celebrando vino e roseti, regine armene e mercanti del Golfo Persico, schiavi georgiani e principesse bambine, oasi subtropicali e spianate desertiche, amori carnali ed estasi mistiche, omoerotismo e dolcezza materna, la poesia persiana può essere letta come la costante ricerca di una mediazione tra la purezza di forme letterarie ideali e l’esperienza umana della bellezza in contesti storici e geografici in continua evoluzione.2 Si tratta di una poesia che non descrive il mondo per quello che è o così come appare, ma che lo astrae in forme linguistiche talmente raffinate da spingere l’animo all’azione. I critici persiani medievali descrivono infatti l’effetto della poesia come un discorso fittizio in versi che, specialmente se accompagnato da musica, è capace di produrre dilatazioni e compressioni nella circolazione sanguigna e nello spirito di chi ascolta.3 Il valore di verità della poesia quindi non deriva da una capacità imitativa della realtà, ma dal suo effetto sul cor768
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po e sulla mente del lettore. In questo contesto, la verosimiglianza astratta rispetto al mondo è espressa in forme retoricamente tanto persuasive da ispirare uno spettro amplissimo di azioni: dall’agire politico alla catarsi contemplativa, dal perfezionamento etico del sé al contenimento o eccitazione di rabbia e concupiscenza, dall’azione militare alla ricerca di forme angeliche nello specchio dell’invisibile. Sebbene il periodo post-classico, dopo il sedicesimo secolo, abbia conosciuto correnti letterarie che potremmo definire di gusto barocco e neoclassico, un vero e proprio romanticismo lirico preindustriale non ha mai preso piede in Iran. Fino all’inizio del Novecento, infatti, l’io che parla, ama, piange, desidera e celebra nella poesia lirica persiana è un io condiviso, un io che mette in scena retorica e canone letterario più che il riflesso emotivo delle esperienze del poeta elevate a espressione poetica.4 I primi trent’anni del Novecento iraniano sono caratterizzati da eventi socio-politici repentini e di portata rivoluzionaria. Sebbene l’Iran non fosse mai caduto nel giogo del colonialismo europeo, durante la prima metà del diciannovesimo secolo il paese era al centro degli interessi geopolitici russi, inglesi e americani.5 La cosiddetta rivoluzione costituzionale (1906-1911), che impose agli ultimi shah della dinastia Qajar la creazione di un parlamento, fu seguita da una industrializzazione dal ritmo vertiginoso inaugurata da Rezā Shāh Pahlavi, tra gli anni ’20 e ’30 e portata avanti da suo figlio, Mohammad Rezā Shāh, che salì al potere nel 1941 e favorì, con l’aiuto dei servizi segreti britannici e statunitensi, il colpo di stato che ne 1953 depose il ministro Mosaddeq.6 Se è vero che la poesia costituiva ancora una parte essenziale dell’identità culturale iraniana, la sua cristallizzazione 769
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depersonalizzata in forme ormai statiche non poteva più contenere le esigenze estetiche di una società in rapidissima trasformazione. Nel corso di meno di trent’anni l’Iran si ritrovò con una nuova capitale diventata ormai metropoli in piena esplosione demografica, un doloroso processo di democratizzazione degli affari politici interni, l’emergere di un ceto medio pienamente alfabetizzato e l’espandersi di una classe intellettuale desiderosa di conoscere stili, tendenze e tradizioni artistiche occidentali. La risposta letteraria a questi cambiamenti fu la costruzione graduale di una nuova soggettività lirica che, invece di proporre rotture radicali con forme e temi del passato, cercava un dialogo con la tradizione partendo da un punto di vista personale e libero di esprimere reazioni emotive dettate dall’esperienza individuale di un mondo che cambia rapidamente. Inoltre, già dalla seconda metà dell’Ottocento, l’emergere di profondi legami culturali con la Francia e l’adozione di modelli di istruzione di stampo europeo favorirono importantissimi movimenti di traduzione letteraria sui quali si andava innestando lo spirito di rinnovamento poetico modernista di contenuti e forme.7 Considerando il ruolo essenziale che la poesia classica assume nella formazione dell’identità culturale iraniana, è facile immaginare l’ostilità con cui critici e scrittori tradizionalisti accolsero il processo di modernizzazione poetica. In mancanza di una tradizione narrativa prosastica formalmente canonizzata, il racconto breve e i primi esperimenti romanzeschi costituivano un terreno fertile e inattaccabile per l’innovazione letteraria. Sperimentare in poesia, al contrario, nonostante l’approccio moderato della linea di Nimā, significava per molti critici comporre illeggibili pastiches pseudo-poetici. 770
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È importante comprendere che nella cultura letteraria persiana, sia nel periodo classico che al culmine delle più recenti esperienze moderniste, fare poesia richiede espressione ritmica, ovvero un processo di versificazione secondo forme metriche più o meno riconoscibili. Trattandosi di una tradizione metrica quantitativa, in poesia persiana il ritmo è reso dall’alternanza di sillabe brevi (ta) e lunghe (tan) assemblabili secondo un ampio spettro di variazioni. Queste variazioni generano metri che spesso, soprattutto nella poesia classica, sono associati a generi letterari specifici. Ad esempio, il ritmo enfaticamente martellante del ta tan tan / ta tan tan / ta tan tan / ta tan è caratteristico della poesia epica (in particolare dell’epopea nazionale, Il libro dei re, completato agli inizi dell’undicesimo secolo da Ferdowsi). E anche oggi, nel parlato quotidiano, la lingua persiana spesso esibisce tracce di una sensibilità metrica che invita i parlanti a organizzare la sintassi in modo da far riecheggiare equilibri ritmici. Anche nel caso di versi liberi la mancanza di metro è apprezzabile esteticamente proprio per la sua a-ritmia, per il suo affermarsi senza metrica in uno spazio linguistico dove il lettore si aspetta una qualche parvenza di ritmo. Questo perché, in tale contesto, la metrica è esperita quasi come se fosse una struttura grammaticale. Un verso senza ritmo equivale a una frase che non rispetta alcuna regola grammaticale. E per il lettore persofono una poesia ritmicamente sgrammaticata può essere apprezzata solo nel contesto di una grammatica metrica individuabile. In uno slancio proto-modernista espresso nel bel mezzo del periodo medievale, il poeta mistico Rumi (m. 1273) arrivò a esprimere nel verso seguente la propria frustrazione lirica nei confronti dei limiti del linguaggio umano fronte all’espe771
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rienza estatica del divino: “O Sovrano dell’Eterno, io trascendo la forma di questi versi: / questo tan ta ta tan, tan ta ta tan, tan ta tan mi sta uccidendo!”8 Dal metro, insomma, non si scappa, e l’unico espediente di cui Rumi dispone per trascendere il vincolo del ritmo è azzerare il significato del verso fino a mostrare l’ossatura dello schema metrico (tan ta ta tan). Pertanto, è solo tenendo conto dell’essenzialità del metro nel contesto lirico persiano che possiamo comprendere come mai Forugh Farrokhzad, malgrado la sua ricerca ossessiva e spesso ribelle di nuove forme espressive, non si è mai disfatta completamente delle regole prosodiche, arrivando addirittura a esprimere, poche settimane prima della morte, disinteresse nei confronti del verso libero.9 Sebbene abbia dichiarato di essere stata inizialmente influenzata dalla poesia militante (soprattutto nel senso dell’impegno sociale e politico) di Ahmad Shāmlu (19252000),10 sia lei che i poeti della sua generazione trovarono un punto di riferimento nella “maniera” modernista di Nimā Yushij (1897-1958), fautore non solo di un approccio moderato alla riformulazione delle forme classiche ma anche della ricerca di una ricerca lirica intimista basata sull’immediatezza dell’espressione linguistica sospesa tra esperienza soggettiva e ricerca di un simbolismo oggettivo.11 Poeta della notte, del sogno e del rapporto tra vita quotidiana e contemplazione della natura, Nimā pubblica tra il 1939 e il 1940 una serie di articoli intitolati Il valore del sentimento nella vita degli artisti, testo in cui si ritrovano posture critiche che riecheggiano sia in molti degli scritti di Farrokhzad sulla poesia che nella particolare “militanza del sentire” espressa nei suoi versi.12 La nostra poetessa ha ereditato da Nimā non solo la freschezza di una forma di origine mista, po772
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polare ed Europea, nota come do-beyti (serie concatenata di strofe di quattro versi con rima alternata o flessibile: x a x a), ma anche una conversazione intertestuale non accademica, ovvero priva di affettazioni colte e di maniera, con la tradizione poetica classica.13 Altrettanto “nimaiste” sono le sperimentazioni con i metri spezzati (in seguito allungati e riplasmati tramite un uso enfatico di vocali lunghe) che si ritrovano nella seconda parte di Ribellione e nelle ultime due raccolte. Dal punto di vista filosofico, uno degli aspetti più affascinanti che legano il pensiero poetico di Nimā Yushij con la fase più matura di Farrokhzad è l’idea del contrasto tra la pienezza del momento vissuto nel presente e la percezione del tempo come un’entità non-lineare, capace di frammentare l’adesso in una pluralità di forme del ricordo.14 L’esperienza nimaista fu portata avanti da numerosi autori della generazione di Farrokhzad, ognuno dei quali sviluppò poetiche e configurazioni stilistiche personalissime, tanto da fare degli anni che vanno dal colpo di stato del 1953 alla rivoluzione del 1979 uno dei periodi più affascinanti per la sperimentazione modernista iraniana.15 Inizialmente Farrokhzad accolse la rivoluzione nimaista soprattutto tramite la ricerca costante di immagini adatte a esprimere le forme del desiderio femminile. Questo processo di sovversione dell’io lirico rispetto ai generi sessuali si legava al disinteresse dell’autrice nei confronti della poesia classica persiana, che percepiva come versificazione formalista lontana dal vero sentire di una persona, indipendentemente dal contesto storico.16 Nonostante la mancanza di familiarità con la poetica classica (nel senso di discorso teorico sulla funzione della poesia come creazione che punta all’azione), Farrokhzad espresse da giovane una visione del comporre versi in cui scorgiamo il riflesso del773
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le teorie medievali discusse prima: “Io credo che una poesia, al pari di un calice di vino, deve infiammare l’essere umano, e io sono intenzionata a prodigare tutti i miei sforzi al fine di lasciare questo stesso effetto nel lettore in tutta semplicità.”17 Per Farrokhzad la necessità di scrivere una poesia che rappresentasse i nuovi modi di sentire emersi con la sua idea personale di modernità imponeva la ricerca di metri nuovi, metri violenti: “Io non mi trovo molto bene con i metri che sono stati usati comunemente finora nella poesia persiana, e questo perché non vedo alcun tipo di affinità tra questi metri e il mio sentire, in quanto sentire di una persona di oggi. Si tratta di ritmi particolarmente delicati, anche nel caso della poesia epica o militare. In questi ritmi c’è una delicatezza che si accorda male con i sentimenti di oggi. Penso che se noi volessimo tracciare il nostro modo di sentire moderno su un foglio, tracceremmo una linea a zig-zag. […] Bisogna trovare metri nuovi che siano in grado di esprimere sentimenti nuovi. Questo nuovo sentire è più radicale dei vecchi metri.”18 Sia nella pratica letteraria che nelle riflessioni sulla poesia, la potenza disarmonica dei nuovi ritmi doveva accordarsi all’abbandono dell’estetica del sentimentalismo per fare spazio all’apprezzamento della violenza che circonda i processi di modernizzazione e industrializzazione del paese. Nella sua critica puntuale ai limiti degli stili inattuali o popolari amati dai lettori contemporanei, Farrokhzad denuncia che la “nostra poesia” è stata rovinata dall’ossessione di una corrispondenza tra scrittura e bellezza delicata. Rilevando la violenza sregolata della vita di oggi, nello stesso testo aggiunge che la poesia moderna ha bisogno di una maggiore ferocia, accompagnata da espressioni non poetiche al fine di donare nuova vitalità alla scrittura. 774
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In alcune interviste, riconsiderando anche il valore delle proprie poesie giovanili, Farrokhzad propone un’estetica del brutto e del quotidiano, della necessità di descrivere cattivi odori, oppure il pane non come idea astratta ma presenza storica e specifica dell’esperienza (propone ad esempio di parlare del pane sangak, cotto su un letto di sassi).19 Metrica e scelte lessicali devono adattarsi a quello che si vede e si sente, in modo da opporsi a ogni prescrizione estetica prestabilita. È in questa chiave che possiamo contestualizzare il passo famoso dell’intervista in cui Farrokhzad riflette sulla parola “esplosione” (enfejār), il cui uso in poesia, sebbene metricamente infelice, è vicino alla propria esperienza simbolica: “Io da mattina a sera vedo esplodere qualcosa in qualunque direzione guardi.”20 Prigioniera (Asir, 1955) Oggi ampiamente ignorata da critici e traduttori, Prigioniera continuò ad alimentare lo scandalo suscitato dalla pubblicazione in rivista della poesia Il peccato.21 La raccolta, che nella prima edizione era accompagnata da illustrazioni spesso sessualmente allusive dell’artista Mohammad Bahrami (1926), riscosse il parere negativo di scrittori, storici della letteratura e critici tradizionalisti sia per i suoi contenuti che per il moderatissimo modernismo formale che i testi presentano. Lettori e critici modernisti, invece, pur restando in alcuni casi spiazzati dall’ardire erotico di questa scrittura, sottolinearono quasi unanimemente la novità radicale che questo libro presentava nel panorama letterario dell’epoca. Il problema della scrittura femminile e del rapporto tra l’io poetico e il genere sessuale dell’io biografico che Farrokhzad rende esplicito nel775
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la postilla alla raccolta fu abbozzato già dalla principessa medievale Jahān Malek Khātun, contemporanea e concittadina di Hāfez di Shiraz, il massimo poeta persiano classico.22 In un tredicesimo secolo in cui l’Iran era totalmente dominato dalla scrittura maschile, Jahān si rivolse la seguente domanda nell’introduzione autografa alla sua collezione di liriche amorose: è lecito per una donna scrivere e diffondere la propria poesia? La sua soluzione fu quella di riconoscere da un lato la presenza di altre poetesse che l’avevano preceduta e dall’altro adattare lo stile e le figure della propria scrittura al canone maschile. Come risultato di questa scelta, pur senza nascondere il proprio genere sessuale nell’introduzione, Jahan adottò in poesia un io lirico maschile che si rivolge a un giovane essere amato, riflettendo così la consuetudine omoerotica della tradizione lirica persiana.23 Riflettendo su un problema simile la soluzione che Farrokhzad rende esplicita in Prigioniera non offre compromessi. Sia il paratesto che accompagna la racconta che le poesie stesse presentano un io che afferma la propria femminilità in una forma di confessionalità estrema che si rivolge a una serie di tu maschili. Il rapporto tra l’io e i tu degli scambi amorosi che si dipanano nella raccolta è scandito dalla geografia e dalla cronologia dei riferimenti compositivi che appaiono in calce a ogni poesia. Anche senza tenere conto delle diverse ondate di smascheramenti biografici dovuti sia alle rivelazioni diffuse contemporaneamente all’uscita della raccolta che alla pubblicazione di lettere personali (il tu/lui di uno Shāpur-marito protettivo e il tu/ lui di un Khodāyār-amante), i riferimenti alle date e luoghi di composizione dei testi, tutti scritti tra Tehran e Ahvaz tra l’inverno del 1954 e l’estate del 1955, invitano a tracciare collegamenti diretti tra i contenuti del libro e la vita di Farrokhzad. 776
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Sia l’alternanza del punto di vista tra le due città (una Tehran di liberazione erotica e mal d’amore, contrapposta a una Ahvaz di “prigionia” domestica e nostalgia) che una progressione cronologica imperfetta, dove i testi sembrano muoversi avanti e indietro nel tempo, creano un effetto di drammatizzazione delle esperienze di vita e scrittura che invita a studiare questo libro come se fosse un romanzo di formazione amorosa di un’autrice che perviene alla conquista della propria voce poetica: “Tu, uomo, / hai colmato di memorie il mio silenzio / vuoto ed estinto. / La mia poesia è fiamma dei miei sensi, / tu, uomo / hai fatto di me una poetessa.” Il punto di vista e i propositi dell’io lirico cambiano costantemente: si passa dall’introduzione di riferimenti metapoetici (“Per quella tua lettera e il rimpianto amaro / non ho chiuso occhio l’altra sera […] / non volermene, ti prego, / per quello che nascondo nei miei versi”) alla ricerca di salvezza dal peccato seguita dalla difesa della propria libertà sessuale, dalla preoccupazione per un figlio e un compagno che non meritano una madre e moglie spudorata alle preghiere di ricongiungimento con un amante rimasto nella “città di luci, amore, dolore e tenebra”. È forse tramite questi espedienti retorici e narrativi che una scrittura esplicitamente autobiografica riesce a creare una trama fittissima di finzioni letterarie che erodono progressivamente ogni correlazione tra versi e vita. Il muro (Divār, 1956) A metà strada tra la performatività confessionale di Prigioniera e lo sperimentalismo poliedrico della produzione poetica successiva, Il muro, in quanto opera circoscritta, costitui777
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sce una delle esperienze liriche meglio riuscite di Farrokhzad. Il fatto che la raccolta si apra spudoratamente con la poesia Il peccato indica il superamento di questioni rimaste ancora irrisolte nella raccolta precedente. I riferimenti crono-geografici sono assenti e le uniche spie extra-testuali sono i nomi di tre care amiche della Farrokhzad, la cui presenza nelle dediche sembra funzionare come l’estensione di uno spazio dove l’io lirico è impegnato in un percorso di cura del sé biografico. La raccolta può essere letta come un libro prodotto durante un intenso periodo di riflessione sul rapporto tra passato letterario, memoria individuale e le possibilità creative che derivano da sperimentazione metrica e metaforica. È un libro che nel suo complesso si presenta nelle forme di una rielaborazione del lutto amoroso e riaffermazione del sé e della sua dignità in un contesto in cui la complessità del desiderio erotico e artistico viene finalmente accettata per quello che è. Il senso di prigionia che deriva dall’immagine del muro è ripreso dalla figura della voliera situata al centro di Prigioniera. Ma in questa raccolta, così come nella poesia eponima, il titolo può essere letto secondo la metafora di un muro astratto che pochi anni dopo Farrokhzad ebbe a descrivere in una lettera al fratello: “Se vuoi diventare poeta, devi sacrificare te stesso per la poesia e mettere da parte molte delle semplici felicità che portano gioia. Costruisci un muro attorno a te e all’interno di questo spazio murato comincia tutto dall’inizio: nascere, formarsi, pensare, scoprire diversi significati. Questo è quello che faccio, ma è un processo amarissimo, e ci vogliono perseveranza e dedizione.”24 La raccolta si apre con una conversazione epigrafica tra passi tratti da Goethe, dal Paradiso perduto di John Milton, dal divano del poeta persiano medievale Hāfez e dalle quar778
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tine attribuite al matematico del dodicesimo secolo ‘Omar Khayyām. Il filo rosso che collega queste citazioni di apertura è la messa in discussione della differenza oggettiva tra il bene e il male così come è definita dalle religioni rivelate. La conseguenza principale di questa critica, particolarmente presente nei passi di Hāfez e ‘Omar Khayyām, è che nessun giudizio morale dovrebbe avvelenare o interdire la ricerca personale del piacere, soprattutto se abbracciato da un certo “intelletto d’amore” che accomuna peraltro dimensioni importanti della lirica italiana e persiana. Si ritrovano eco di questo aspetto di critica socio-filosofica nelle poesie in cui, con un tono particolarmente hafeziano che include anche citazioni dal canzoniere del poeta medievale, Farrokhzad si rivolge a un tu maschile del suo passato, ora pacatamente riesumato nella difesa della libertà di amare senza curarsi del giudizio altrui. Questo recupero di motivi specifici della tradizione classica contribuisce alla riformulazione della poesia nei termini di una presenza ultramondana, attraverso la realizzazione che il tormento non deriva da un avverso destino amoroso o costrizioni sociali, ma dalla poesia stessa, qui reificata in divinità assetata di sangue sacrificale: “Questa sera, sulla soglia del tuo splendore / mi sconvolge il fervore dell’ispirazione, / il mio animo è rapito dallo sforzo / o poesia, o divinità avida di sangue.” Origine delle azioni che motivano il mal d’amore, potenza insondabile della voce, la poesia diventa oggetto di desiderio e occasione di incontro con il sé. È in questo senso che possiamo infatti interpretare il naturalismo autoerotico di un testo come Nuda nella fonte, in cui Farrokhzad espone l’incontro tra le sue parti intime e i flutti di una sorgente, elemento naturale che la poetessa ha altrove paragonato all’incontro con la poesia nella foresta dell’esperienza. 779
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Ribellione (‘Osiān, 1958) Ribellione, divisa in due parti, è una raccolta che riprende il motivo del rifiuto delle norme sociali e religiose e lo drammatizza nella forma di un colloquio tra l’io lirico, Satana e la presenza divina. Una celebrazione elegiaca del diavolo e dell’esaltazione della carnalità promessa ai credenti nel paradiso musulmano, espressa in una lunga concatenazione di quartine strofiche, sfocia in un attacco diretto nei confronti dell’autorità divina e ai valori religiosi che limitano il principio di piacere: “Creasti questo mondo terreno sapendo / che tutto intorno a noi non è che miraggio, inganno, / incanto. Noi bambole nel tuo gioco di prestigio: / ed eccoti la nostra blasfemia, la nostra ribellione.” La parte finale della serie di quartine si configura come una celebrazione stilisticamente preziosa del paradiso islamico rappresentata per mezzo delle immagini tipiche della tradizione persiana classica, con riferimenti al vino e alle bellezze efebiche che caratterizzano aspetti importanti della poesia di Hāfez e, prima di lui, Khayyām. Questi due autori, considerati frettolosamente da Farrokhzad gli unici veri poeti della tradizione classica, diventano per la poetessa il compromesso creativo con cui rievocare la libertà sociale e religiosa difesa dalle auctoritates del passato e creare una lettura del loro stile che possa funzionare nel ribaltamento di valori di cui lei si fa carico in questa raccolta. L’immedesimazione con un dio ribelle ai dettami etici della differenza tra il bene e il male (Se io fossi Dio) offre a Farrokhzad un momento catartico da cui meditare sul suo prossimo (o appena avvenuto) ritorno a Tehran con alcuni dei pezzi più struggenti della sua intera opera. 780
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Rileggendo poi gioielli inimitabili come Una poesia per te, Si fa tardi o La vita, si fa fatica a capire per quale motivo critici e traduttori continuino a sminuire l’importanza delle prime tre raccolte di Farrokhzad. Sebbene in contesti specifici la poetessa abbia parzialmente ripudiato il valore delle sue prime esperienze poetiche, tali esternazioni vanno interpretate come l’espressione di una coscienza autocritica volta al raffinamento del proprio talento. Rimanendo fedele a questa linea, Farrokhzad giunse a criticare aspramente il lavoro di quasi tutti i suoi contemporanei, per poi snobbare totalmente le poche voci poetiche femminili che la circondavano.25 Testimonianza contraria a ogni parvenza temporanea di rigetto del proprio lavoro va individuata nel modo con cui Farrokhzad continuò a lavorare alle sue poesie giovanili, fino a ripubblicare più volte (nel 1956, 1961 e 1963) questi primi lavori mesi o anni dopo averne criticato il valore. In Ribellione gli esercizi di stile più evidenti ruotano intorno a dimensioni specifiche del passato letterario che non sembrano fare riferimento diretto ad alcuna urgenza storica. È interessante notare come questa riscoperta dei classici abbia preso forma nei mesi in cui Farrokhzad si confrontava con la poesia modernista europea (soprattutto quella tedesca) e si lanciava in esercizi di traduzione letteraria che la ispirarono a scrivere componimenti originali (Infine poi, basata su un testo di Ossip Kalenter da lei tradotto). Dovremmo forse leggere questi due movimenti come aspetti di una stessa volontà di ricostruire la propria voce poetica tramite l’esercizio creativo di imitazione e riscrittura. Non c’è da meravigliarsi allora se la seconda parte del libro preannuncia la rivoluzione tematica e formale che ha fatto del lavoro successivo, Una rinascita, la raccolta manifesto di Farrokzhad e del modernismo poetico persiano. 781
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Una rinascita (Tavallodi digar, 1964) Per complessità stilistica e valore letterario, Una rinascita meriterebbe di essere l’oggetto di uno studio monografico approfondito. Avendo già accennato alle caratteristiche tematiche che rendono questa opera straordinaria per la polisemia delle novità che rappresenta, qui ci sofferma solo su alcune questioni che faciliteranno l’apprezzamento di questo libro unico nel panorama della poesia del Novecento. Una rinascita è soprattutto una raccolta di conquista. Il libro si apre e chiude con il ricordo dei giorni dell’infanzia e la presa di coscienza della propria solitudine come donna e come essere umano che ricorda e accetta il peso della propria nostalgia. Si tratta della conquista di una voce capace di raccontare la polifonia di questo incontro con il passato che per Farrokhzad costituisce l’esperienza di un costante sfasamento. L’accettazione del dolore (“la cosa più bella che Dio abbia creato”),26 la coscienza di appartenere in parte al lato buio dell’esistenza, alla materia cupa del sentire è il punto di partenza per una delle metafore più belle del libro, ovvero La conquista del giardino, che presta il nome a un testo divenuto poi famosissimo. Luogo carico di simboli nella cultura persiana, il giardino rappresenta il cuore più fragile e al contempo più essenziale della forza con cui Farrokhzad e le sue rifrazioni poetiche si aggrappano alla vita. Quando tutto pare che andrà presto distrutto, affondando nel buio della notte, Farrokhzad trova nel giardino la forza di resistere, grazie soprattutto al modo con cui la poesia rende leggibile, quasi sacro, questo spazio e lo mette in comunicazione con l’esperienza dell’amare.27 L’amare al di qua del giardino conquistato è assoluto, scarnificante. È per questo che molti di questi testi cercano 782
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di affondare nella carne di quello che evocano, nella pelle di chi ascolta, con lo slancio apertissimo dei versi ipermetrici e iperritmici di alcune di queste poesie. Ipermetria d’amore che Farrokhzad recupera grazie a un altro esperimento radicato nella poesia classica, questa volta riesumata per dire qualcosa che è troppo moderno e vero per essere vissuto appieno. In un suo commento alla poesia a rime baciate intitolata Amorosamente, testo ispirato, perlomeno nella forma e nella gravitas sacrale, al Masnavi spirituale del mistico medievale Rumi, Farrokhzad afferma che: “in Amorosamente volevo esprimere una misura dell’amore che oggi non esiste più, ovvero il raggiungere un’elevazione assoluta, sacra, dell’amare, cui io ero arrivata. E questa non era un’esperienza attuale. Oggi la gente misura il proprio amore con il tic-tac degli orologi, lo trascrivono nei registri per renderlo, così per dire, rispettabile, lo inscrivono in una legge, gli assegnano un prezzo, e testano i suoi limiti con fedeltà e tradimento. Ma quel sentimento che era in me non ha nulla a che fare con tutto questo, è un sentire che, avendomi formata, mi perfezionerà, ne sono certa. Nel contesto delle specificità del nostro tempo, quel sentire era ed è tuttora un sentire inattuale. E spesso si è costretti a spingersi verso epoche ancora più remote per l’espressione di alcuni sentimenti desueti. Il metro del masnavi per me è qualcosa di perennemente separato e al contempo sempre presente.28 Forse sono le parole di Rumi ad avere conferito un sentire del genere a questo metro così conforme alla qualità del mio sentire tanto da spingermi a comporre in questa forma. È un metro bello, di una bellezza, appunto, desueta, ma non invecchia, non muore mai.”29 Qui una forma metrica desueta è impiegata per mostrare lo scarto estraniante tra il sentire amoroso dell’io biografico 783
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e le necessità banali dell’oggi. Questa soluzione mostra come nella poesia di Farrokhzad passato e presente storico si ribaltino costantemente per mostrare la non linearità del tempo biografico, che solo la poesia può riaccordare nella plasticità metrica che percorre lo “zigzag” di “questo tempo strano”. Con Il mio amato (Ma‘shuq-e man), Farrokhzad sovverte la rappresentazione tradizionale dell’oggetto di desiderio caratteristico della lirica persiana classica, basata sulla dialettica amorosa tra amante (‘āsheq) maschio come unico soggetto desiderante e amato (ma‘shuq), presenza efebica, spesso femminizzata, o comunque convertita in presenza femminile nel periodo moderno, priva di voce propria ed esclusa dalla possibilità di dare voce al proprio desiderio. Impossessandosi del ruolo letterario dell’amante senza nascondere il proprio genere sessuale femminile (ma anzi enfatizzandolo), Farrokhzad converte in amato la figura tradizionale del soggetto desiderante, creando così uno scambio di ruoli senza precedenti nella storia della poesia persiana: “Il mio amato / con il suo corpo nudo e disinvolto / si erge come la morte / sulle sue cosce vigorose. // Le fibre delle sue membra nervose / s’intrecciano al disegno solido / della sua figura.” Il tormento con cui nelle sue prime raccolte Farrokhzad costruisce l’immagine letteraria di un tu maschile che è desiderato, temuto e al contempo disprezzato, in questo testo si trasforma nella celebrazione estatica della libertà di rappresentare il corpo di un uomo con uno stile che sarebbe stato inimmaginabile un decennio prima: “Il mio amato / è un essere semplice, / un semplice essere umano che io, / in questa terra nefasta di prodigi, / ho nascosto tra i boschi dei miei seni / come ultimo segno / di incantevole religione.”
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Crediamo pure all’inizio della stagione fredda (Imān biāvarim be āghāz-e fasl-e sard, 1974) Con la raccolta postuma Crediamo pure all’inizio della stagione fredda si assiste alla gestazione di una nuova possibilità di pensiero poetico colto nel suo progressivo emergere alla superficie linguistica del testo.30 L’impatto della poesia lunga Crediamo pure può essere paragonato ai modi con cui testi come La libellula di Amelia Rosselli o La terra devastata di T.S. Eliot hanno trasformato il destino del fare poesia in italiano e in inglese senza mai esaurire la portata del proprio pensiero che si fa forma.31 Le esperienze di traduzione e pastiche letterario inaugurate da Ribellione riemergono nell’apertura del poema tramite un chiaro rifacimento all’eliotiano “Here I am, an old man in a dry month” (Gerontion, 1920): “E questa sono io, / una donna sola / sulla soglia di una stagione fredda.” Dalla finestra di questo io-donna che riflette su se stesso si dipana una riflessione per immagini sul rapporto tra le proprie esperienze di vita e la violenza della natura imprevedibile del tempo e delle conseguenze di azioni e parole che scorrono in modo indeterminato tra passato e presente. Da questa soglia di onniscienza lirica Farrokhzad mette in luce l’ansia che deriva dalla percezione di una catastrofe imminente (personale o universale che sia) e l’impossibilità di convertire lo slancio del proprio sentire, del proprio prevedere, in azione che salvi. Credere che il peggio stia per arrivare, quasi come premonizione della propria morte, diventa l’unica certezza capace di sostenere la voce in una forma di pienezza che resiste al crollo e alla perdita del senso delle cose: “Ma io sono così piena che pregano al suono della mia voce…” Questa forma negativa del credere diventa quindi l’occasione per affermare la necessità dello sguardo sul mondo come 785
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unica forma di resistenza. È qui che la poesia di Farrokhzad, raggiungendo uno dei suoi punti più elevati, apre una finestra di testimonianza sul trasformarsi del mondo, sulla necessità di dire, nella disarmonia del proprio ritmo, il valore di bellezza delle “esplosioni” che la circondano e le chiedono di essere pronunciate anche a costo di tradire la metrica classica: “Mi basta una finestra, / una finestra nell’ora dell’intesa, dello sguardo, del silenzio. / Adesso l’albero di noci è talmente cresciuto / che spiega alle sue giovani foglie / la presenza del muro. / Chiedi allo specchio / il nome che ti salverà, / la terra che freme sotto i tuoi passi / non sarà più sola di te stessa? / I profeti del nostro tempo / hanno forse portato le scritture della rovina? / Queste esplosioni continue, / e le nuvole avvelenate / sono forse l’eco di versetti sacri? / Tu, amico, tu, fratello, tu che hai il mio stesso sangue, / quando arriverai sulla luna / scrivi la data della strage dei fiori.” Domenico Ingenito Los Angeles, settembre 2023.
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N OT E A L L E A P P E N D I C I
1. Questa nota, assente nelle edizioni successive e qui per la prima volta tradotta integralmente, fu composta in risposta all’indignazione con cui alcuni lettori e istituzioni religiose accolsero la pubblicazione in rivista di alcune poesie di Farrokhzad. Vedi Milani 2016, pp. 84-85. 2. Per un’introduzione allo studio della letteratura persiana, si veda l’ormai classico Bausani 1968. Cfr. anche Pistoso 2018, per una disamina dei rapporti artistici e letterari tra Italia e Iran. 3. Su questo aspetto psico-pragmatico della poesia persiana medievale si vedano i due importanti contributi di Paola Orsatti (1997) e Justine Landau (2013). Cfr. Ingenito 2020, pp. 519-523. 4. Sugli aspetti psicologici e noetici (ovvero dal punto di vista delle teorie islamiche medievali su anima e intelletto), si veda Ingenito 2020, pp. 207-231). 5. Sabahi 2020, pp. 55-80. 6. Ibid., 129-146. 7. Per uno schizzo del ruolo della francofonia e dei movimenti di traduzione dal francese in Iran tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, si veda Ahmed 2012, 40-52. 8. Rastam az in bayt-o ghazal ay shah-o soltān-e azal / mofta‘elon mofta‘elon kosht marā. Per una selezione di poesie di Rumi in elegantissima versione italiana, si veda Pellò 2020. 9. Bavandpur 2002, II, p. 27. 10. Per la traduzione italiana di una delle raccolte più significative di Shāmlu, Abramo nel fuoco (1973), vedi Occhetto e Mardani 2021. 11. Su Nimā Yushij, purtroppo ancora poco conosciuto in Italia, si veda,
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in italiano, Pellò 2003, in inglese, Karimi-Hakkak e Talattof 2004 (particolarmente utile è il saggio di Paul Losensky, ibid., 139-172, sulla rappresentazione della notte in questo poeta), Ahmed 2012 (soprattutto la terza parte dello studio) e il recentissimo quanto autorevole Purnāmdāriān 2022. 12. Nimā Yushij 1976. 13. Vedi Bavandpur 2002, II, p. 37. 14. Vedi Purnāmdāriān 2022. 15. Si vedano, a questo proposito, le osservazioni di Behnam Fomeshi (2023) e Farshad Sonboldel (2023). Per uno studio delle propaggini più recenti del modernismo novecentesco iraniano, legate alla poesia di Bizhan Jalali, si veda Fani 2017. 16. Nel suo spirito polemico spesso non privo di ingenuità, Farrokhzad arrivò a dire che prima di Nimā una poesia vera e propria non esisteva in Iran. Fatto salvo per Hāfez, nel cui canzoniere sentiva la presenza di una persona che vive, ogni altro autore non era che un versificatore. Bavandpur 2002, II, p. 72. 17. Farrokhzad 1955. 18. Bavandpur 2002, II, p. 25. 19. Ibid., II, p. 38. 20. Ibid., II, p. 58. 21. Eccezione notevole al disinteresse della critica contemporanea è l’eccellente studio di Marta Simidchieva (2023). 22. Su Jahān Malek Khātun, si veda Brookshaw 2008, in inglese, e Ingenito 2010, in italiano. 23. Su questi aspetti, si veda Ingenito 2011, Ingenito 2018. 24. Milani 2016, p. 64. 25. Bavandpur 2002, II, p. 74. 26. Milani 2016, p. 145. 27. Per un’eccellente disamina della rappresenzatione del giardino come spazio di liberazione (di contrasto all’angustia psicologica dello spazio domestico) si veda Brookshaw 2023. 28. Come forma poetica, il masnavi è caratterizzato da una narrazione lunga espressa in rime baciate, secondo lo schema aa bb, etc. 29. Bavandpur 2002, II, p. 64. 30. Bavandpur 2002, II , p.75. 31. Si veda la necessaria traduzione di Carmen Gallo (Eliot 2021), che restituisce al testo tutta la sua attualità drammatica.
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RINGRAZIAMENTI
La lista è lunga, quindi non me ne vogliano amici e colleghi se dimentico qualche nome. Prima di tutto voglio ringraziare mio marito, Victor Mazzone, per tutto il sostegno e la gioia che mi dona. I miei genitori e mia sorella Dorita saranno sempre la vera casa dell’affetto. Senza l’aiuto di Carmen Gallo (“the original jun”), che mi ha aiutato a rivedere ogni singolo verso tradotto, non avrei mai avuto il coraggio di riavvicinarmi alla traduzione poetica in italiano. Mahsa Pashaei ha pazientemente assistito nel difficile processo di trascrizione dei testi originali. Amr Ahmed, Arezou Azad, Tiziana Buccico, Dominic Brookshaw, Vittorio Celotto, Antonio Del Castello, Tommaso Di Dio, Aria Fani, Behnam F. Fomeshi, Davide Grossi, Joana Hurtado Matheu, Marie Huber, Ashkaan Kashani, Gelareh Khoshgozaran, Justine Landau, Giacomo Longhi, Paul Losensky, Victor Mazzone, Darlene Mazzone, Michael Mazzone, Camilla Miglio, Jane Mikkelson, Farzaneh Milani, Mahroo Moosavi, Mariam Niazadeh, Francesco Occhetto, Francesco Ottonello, Maurizio Pistoso, Farian Sabahi, Aria Safar, Fatima Sai, Roberto Santoro, Farshad Sonboldel, Claudia Yaghoobi. 789
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Sono infine molto grato a Paolo Maria Bonora, della collana CapoVersi, per la cura esemplare con cui ha facilitato la pubblicazione di un libro editorialmente impegnativo come questo. Dedico questo lavoro a tutte le donne di Iran e Afghanistan, nella speranza che la notte del loro soffrire giunga presto al termine.
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INDICE
Ti unisco al fuoco. Appunti per una biografia poetica5 Note all’introduzione31 Nota all’edizione, traduzione e alla traslitterazione36 Bibliografia 41
اسیر
PRIGIONIERA
به خواهرم 05 Per mia sorella 51 سرود پیکار 45 Canto di battaglia 55 شب و ه ََوس 85 La notte e il desiderio 59 شُعل ٔه رمیده 26 La fiamma esule 63 رمیده 66 Esule67 خاطرات 86 I ricordi 69 رؤیا 27 Il sogno 73 هرجائی 67
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84 49
Dissoluta77 اسیر 08 Prigioniera81 بوسه 48 Un bacio 85 ناآشنا 68 Sconosciuto87 حسرت 09 Amarezza91 یادی از گذشته 49 Un ricordo del passato 95 پائیز 89 L’autunno99 وداع 001 Il commiato 101
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افسان ٔه تلخ Fiaba amara ُگریز و درد
401 105 801 La fuga e il dolore 109 انتقام 211 Vendetta113 دیو شب 611 Il demone notturno 117 عصیان 021 Ribellione121 شراب و خون 621 Il vino e il sangue 127 دیدار تلخ 031 Incontro amaro 131 ُگم َگشته 631 Perduta137 از یاد رفته 241 Dimenticata143 ناشناس 841 Lo sconosciuto 149 چشم براه 251 Occhi sulla strada 153 آین ٔه شکسته 651 Specchio infranto 157 دعوت 061 Invito161 خسته 261 Stremata163 بازگشت 861 Il ritorno 169 نقش پنهان 271
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Immagine nascosta 173 بیمار 671 Ammalato177 مهمان 081 L’ospite181 راز من 481 Il mio segreto 185 دختر و بهار 881 La ragazza e la primavera 189 خان ٔه متروک 091 La casa abbandonata 191 ... یکشب 491 Una notte 195 در برابر خدا 891 Al cospetto di Dio 199 ای ستارهها 402 O stelle 205 حلقه 802 L’anello209 اندوه 012 Angoscia 211 صبر سنگ 412 La pazienza della pietra 215 از دوست داشتن 022 Dell’amare221 خواب 422 Il sonno 225 صدائی در شب 622 Una voce nella notte 227 دریائی 032 Marina231
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دیوار
IL MURO بجای مقدمه 632 In guisa di introduzione 237 گناه 242 Il peccato 243 رؤیا 642 Il sogno 247 نغم ٔه درد 452 Canzone dolorosa 255 گمشده 852 Perduta259 اندوه پرست 262 Masochista263 قربانی 462 Il sacrificio 265 آرزو 862 Desiderio269 آبتنی 272 Nuda nella fonte 273 سپید ٔه عشق 472 L’alba dell’amore 275 بر گور لیلی 872 Sul sepolcro di Leili 279 اعتراف 282 Confessione283 یاد یکروز 682 Ricordo di un giorno 287
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432 235 موج 092 L’onda291 شوق 292 Passione293 اندوه تنهائی 692 Tristezza d’essere sole 297 قصهای در شب 003 Un racconto nella notte 301 شکست نیاز 403 Legame spezzato 305 شکوفه اندوه 803 Il fiore del dolore 309 پاسخ 213 La risposta 313 دیوار 613 Il Muro 317 ستیزه 023 Una lotta 321 قهر 423 Rancore325 تشنه 823 Assetata329 ترس 433 Timore335 دنیایی سایهها 833 Il mondo delle ombre 339
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عصیان ُ
843 349
RIBELLIONE In guisa di introduzione 351 بندگی قسمت اول 453 Servitù (Parte prima) 355 )خدایی (قسمت دوم 883 Delle cose divine (parte seconda) 391 عصیان خدا 893 La ribellione di Dio 401 شعری برای تو 204 Una Poesia per te405 پوچ 804 Invano411 دیر 214 Si fa tardi 415 صدا 814 La voce 421 بلور رؤیا 224 Cristalli sognanti 425
ظلمت 624 Tenebra429 گره 824 Il nodo 431 بازگشت 434 Il ritorno 437 از راهی دور 044 Da una strada lontana 443 رهگذر 444 Di passaggio 447 سرود زیبایی 844 Canto di bellezza 451 جنون 254 Follia455 بعدها 654 Infine poi 459 زندگی 064 La vita 463
ابیاتی بر گرفته از خانه سیاه است
464
VERSI TRATTI DAL FILM LA CASA È NERA (1962)
467
تولدی دیگر
274 475
UNA RINASCITA آن روزها I giorni گذران Fugacemente
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474 477 284 485
آفتاب میشود Nel sorgere del sole روی خاک Sulla terra
684 489 294 495
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شعر سفر 694 Poesia del viaggio 499 باد ما را خواهد برد 894 Il vento ci porterà via 501 غزل 205 Ghazal505 در آبهای سبز تابستان 405 Per le acque verdi dell’estate 507 میان تاریکی 015 Nel buio 513 بر او ببخشائید 415 Abbiate pietà di lei 517 Percezione521 وصل 225 Incontro525 عاشقانه 625 Amorosamente529 پرسش 235 Domanda535 دیوارهای مرز 435 Le mura del confine 537 جمعه 045 Venerdì543 عروسک کوکی 245 Bambola meccanica 545 تنهائی ماه 845 Solitudine di luna 551 معشوق من 055 Il mio amato 553
در خیابانهای سرد شب 655 Per le strade fredde della notte 559 در غروبی ابدی 065 Eterno tramontare 563 مرداب 865 Palude571 آیههای زمینی 275 Versetti terrestri 575 هدیه 285 Il dono 585 دیدار در شب 485 Incontro nella notte 587 وهم سبز 695 La verde illusione 599 جفت 406 Insieme607 فتح باغ 606 La conquista del giardino 609 گل سرخ 216 Fiore rosso 615 ...به علی گفت مادرش روزی 416 La mamma un giorno disse ad Alì617 پرنده فقط یک پرنده بود 036 La rondine era solo una rondine 633 ...ای مرز پر گهر 236 O mia patria di perle tempestata...635 به آفتاب سالمی دوباره خواهم داد 446 Saluterò di nuovo il sole 647 من از تو میمردم 646 Io che morivo per te 649 تولدی دیگر 056 Una rinascita 653
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ایمان بیاوریم به آغاز ...فصل سرد
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CREDIAMO PURE ALL’INIZIO DELLA STAGIONE FREDDA
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ایمان بیاوریم به آغاز فصل سرد856 Crediamo pure all’inizio della stagione fredda بعد از تو Dopo voi, sette anni پنجره Una finestra
661 086 683 686 689
دلم برای باغچه میسوزد Mi fa pena il giardino کسی که مثل هیچکس نیست Qualcuno come mai nessuno تنها صداست که میماند Nulla resta se non il suono پرنده مردنی است L’uccello morirà
POESIE SCRITTE A QUATTRO MANI DA FORUGH FARROKHZAD E YADOLLAH ROYA’I دلتنگی Nostalgia [1] دلتنگی Nostalgia [2]
2 96 695 207 705 017 713 617 719
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027 723 427 727
صعود مرگ خواهانه 627 Erezione suicida 729 جسمانی 037 Corporeo733
ALTRE POESIE POSTUME
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عطر و طوفان Il profumo e il maestrale
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با کدام دست؟ Con quali mani?
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Note ai testi Appendice I. Postilla (un chiarimento) Appendice II. Le cinque raccolte di Forugh Farrokhzad: una breve introduzione critica Note alle appendici Ringraziamenti
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