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Italian Pages [100]
n. 1528 • anno 30
internazionale.it
4,50 €
Ilaria Maria Sala A Hong Kong è meglio non fare troppe domande
Repubblica Ceca La scuola dove s’impara dai propri errori
Achille Mbembe Le ragioni dei golpe in Africa
SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03 ART 1, 1 DCB VR • AUT 9,60 € • BE 8,60 € CH 10,30 CHF • CH CT 10,00 CHF D 11,00 € • PTE CONT 8,30 € • E 8,30 €
8/14 settembre 2023 Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo
I giudici hanno condannato decine di immigrati nigeriani accusati di associazione mafiosa sulla base di un documento poco credibile. L’inchiesta di Bloomberg Businessweek
8/14 settembre 2023 • Numero 1528 • Anno 30 “È impossibile che qualcosa vada storto con la kofta”
Sommario internazionale.it
4,50 €
Ilaria Maria Sala A Hong Kong è meglio non fare troppe domande
Repubblica Ceca La scuola dove s’impara dai propri errori
Achille Mbembe Le ragioni dei golpe in Africa
IN COPERTINA
Una prova inverosimile
I giudici hanno condannato decine di immigrati nigeriani accusati di associazione mafiosa sulla base di un documento poco credibile. L’inchiesta di Bloomberg Businessweek
Giovanni De Mauro La guerra nello Yemen è cominciata nel 2015 e ha provocato centinaia di migliaia di vittime. Da una parte ci sono i ribelli huthi, appoggiati dall’Iran, dall’altra una coalizione guidata dall’Arabia Saudita e sostenuta dagli Stati Uniti. Due ricercatori, Esther Brito Ruiz e Jeff Bachman, hanno fatto uno studio su come il New York Times, un quotidiano autorevole e capace di influenzare l’opinione pubblica internazionale, sta raccontando la guerra nello Yemen e quella in Ucraina, dove gli statunitensi sono ugualmente coinvolti. “La nostra ricerca mostra forti distorsioni nella portata e nel tono della copertura. Queste distorsioni conducono a un’informazione che evidenzia o sminuisce le sofferenze umane in un modo che apparentemente coincide con gli obiettivi di politica estera degli Stati Uniti”. Gli articoli sullo Yemen usciti nel New York Times tra il 2015 e il 2022 sono stati 546. Quelli sull’Ucraina hanno superato questa cifra in meno di tre mesi. I titoli sullo Yemen riguardano soprattutto i singoli eventi, mentre quelli sull’Ucraina mettono più enfasi sul contesto (“Concentrandosi su fatti isolati o contestualizzati, i mezzi d’informazione sono in grado di portare i lettori a interpretazioni diverse”). Gli studiosi approfondiscono diversi aspetti, per esempio quelli legati alla sicurezza alimentare. Le azioni russe che bloccano le esportazioni di grano sono descritte come un’arma di guerra, quelle della coalizione saudita, che pure hanno portato lo Yemen sull’orlo della carestia, sono raramente definite nello stesso modo. Gli Stati Uniti, notano Brito Ruiz e Bachman, si trovano su fronti opposti quando c’è da condannare chi infligge il maggior numero di vittime civili. Criticano giustamente la disumanità delle atrocità russe in Ucraina, mentre tacciono su quelle saudite nello Yemen. “Il nostro studio”, concludono i due ricercatori, “suggerisce che questo atteggiamento può essere aiutato dai mezzi d’informazione”. Il punto non è stabilire una gerarchia, ma essere consapevoli che le guerre non sono raccontate tutte nello stesso modo. ◆
n. 1528 • anno 30
I giudici italiani hanno condannato a pene molto severe decine di immigrati nigeriani accusati di associazione mafiosa. Ma l’esistenza di questa mafia è stata dimostrata con un documento poco credibile. (p. 38). Copertina di Mark Porter Associates, elaborazione grafica di Justin Metz
ATTUALITÀ
18 Le ragioni
REPUBBLICA CECA
56 La scuola dove
dei golpe in Africa Le Monde
s’impara dai propri errori Aktualne
CILE
24 Mettere fine
26 L’alleanza asiatica
tregua Cinzia Canneri
Perché si torna a parlare della strage di Ustica Le Monde GIAPPONE
46 La lezione ecologista di Kamikatsu Nippon.com SCIENZA
50 Rischio
Cinema, libri, suoni
14
Domenico Starnone
34
Gideon Levy
36
Ilaria Maria Sala
Le opinioni
di Spagna Der Spiegel GRAPHIC JOURNALISM
72
Giorgio Cappozzo
75
Nadeesha Uyangoda
68 Cartoline dal Cile
76
Giuliano Milani
Paloma Suajar
78
Claudia Durastanti
83
Leonardo Caffo
MUSICA
70 L’Italia invade
VISTI DAGLI ALTRI
33
Cultura 72
VIAGGI
66 Le vie verdi
30 Il Nagorno Karabakh sull’orlo della fame The Times
ai lavoratori più utili Die Zeit
PORTFOLIO
è inutile nella crisi birmana The Irrawaddy ARMENIAAZERBAIGIAN
90 Ingresso vietato
60 Corpi senza
all’impunità dopo mezzo secolo La Tercera BIRMANIA
ECONOMIA E LAVORO
6
Dalla redazione di Internazionale
POP
14
Posta
80 Una lingua
82
Le rubriche
la Germania The Guardian
per poche anime Auður Ava Ólafsdóttir Il cuoco di Saddam Witold Szabłowski SCIENZA
17
Editoriali
95
Strisce
97
L’oroscopo
98
L’ultima
Articoli in formato mp3 per gli abbonati
85 Se i rimedi della nonna fanno male The Conversation
precoce Financial Times
Il nuovo Internazionale Kids è in edicola
Internazionale pubblica in esclusiva per l’Italia gli articoli dell’Economist.
Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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internazionale.it/sommario
Influenzare
8/14 settembre 2023 Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo
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La settimana
WITOLD SZABŁOWSKI A PAGINA 83
Dalla redazione di Internazionale Per ritrovare gli articoli di cui si parla in questa pagina si può usare il codice qr o andare qui: intern.az/1HN3
Internazionale.it Articoli
DR
Video
Salviamo gli avvoltoi In Africa questi rapaci sono diminuiti del 90 per cento. La maggior parte è stata uccisa involontariamente dagli esseri umani, che avvelenano le carcasse degli animali per tenere lontani i predatori dal bestiame. Le Monde spiega come gli avvoltoi tutelano l’ambiente e l’ecosistema e perché la loro assenza ha gravi conseguenze anche per la salute delle persone.
RUSSIA-UCRAINA
SESSO
La battaglia per il grano Vladimir Putin cerca di impedire il passaggio dei cereali attraverso la Romania.
Prima o poi passa “Il consiglio che in genere dai alle coppie che non fanno sesso vale anche per il sesso orale?”.
EUROPA
MUSICA
Se la laicità divide Il dibattito francese sui simboli religiosi a scuola mostra il diverso atteggiamento dei paesi europei su questi temi.
Il pop post industriale degli Orchestral Manoeuvres in the Dark Un album oscurato da un’unica grande hit che ha gettato le fondamenta del synth pop britannico.
SIRIA
Riprende forza la contestazione al regime Le recenti proteste coincidono con il reintegro del paese nel mondo arabo dopo un decennio vissuto ai margini.
Una scena di Manodopera Il regista francese Alain Ughetto racconta il suo film d’animazione sugli emigrati italiani.
ERIC HOBSBAWM
Tutti a scuola!
CINEMA
essenziale.it GRETA DE LAZZARIS
Cile 1973
CINEMA
Un film quasi impossibile Con Io capitano Matteo Garrone è riuscito a raccontare un viaggio epico senza restare intrappolato nella retorica. TRASPORTI
La vera utopia europeista Volare è diventato costoso, oltre che poco sostenibile. È il momento di ripensare ai treni notturni?
Dal 12 settembre in edicola, in libreria e online c’è il nuovo volume di Internazionale storia: Cile 1973. A cinquant’anni dal colpo di stato che rovesciò il governo di Salvador Allende 192 pagine di articoli della stampa internazionale dagli anni settanta a oggi.
Cile 1973 Il governo di Allende, il golpe e la dittatura di Pinochet nella stampa di tutto il mondo
6
GABRIEL GARCÍA MÁRQUEZ
Il golpe e i gringos A ridosso del colpo di stato il grande scrittore colombiano ricostruisce gli eventi in tutta la loro drammaticità.
◆ “Perché dobbiamo andare a scuola?”, si chiede Vanessa, 10 anni, all’inizio dell’articolo di copertina del nuovo numero di Internazionale Kids. Dalla risposta di Hawani Negussie, esperta di educazione per l’infanzia, si capisce che studiare non è l’unica cosa importante. La copertina è di Trudeiskrude.
MÓNICA GONZÁLES
Una storia vera Il dramma di una famiglia divisa dalla violenza del regime militare di Pinochet. FUMETTO
FOTOGRAFIA
L’orizzonte degli eventi A Venezia sono esposte più di trecento foto di Paolo Pellegrin, scattate ai quattro angoli del mondo.
Cile, anno primo La via cilena al socialismo raccontata, nel 1971, da uno dei maggiori storici del novecento.
In edicola, in libreria e online dal 12 settembre
Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
Le ultime ore di Allende Lo sceneggiatore Carlos Reyes e l’illustratore Rodrigo Elgueta, entrambi cileni, ricostruiscono i momenti che hanno preceduto la morte del presidente.
In edicola
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Immagini Dopo le fiamme Johannesburg, Sudafrica 31 agosto 2023 Due donne si disperano dopo l’incendio che il 31 agosto ha distrutto un edificio residenziale di Johannesburg, il principale centro economico del Sudafrica e dell’Africa subsahariana. Il bilancio è di almeno 77 morti. L’edificio, di proprietà comunale, era occupato da circa duecento famiglie sudafricane e immigrate, che vivevano in condizioni di grande precarietà. Le cause dell’incendio sono da chiarire, ma da anni non si faceva manutenzione al palazzo, che ai tempi dell’apartheid ospitava gli uffici in cui si rilasciavano ai neri i permessi per spostarsi in città. Foto di Shiraaz Mohamed (Reuters/ Contrasto)
Immagini Ospite di riguardo Ulan Bator, Mongolia 2 settembre 2023 Il papa Francesco firma il libro degli ospiti davanti al presidente mongolo Ukhnaagiin Khirelsikh. Durante il viaggio apostolico nel paese asiatico il papa ha incontrato la più giovane e piccola comunità cattolica del mondo. Alla messa del 3 settembre officiata da Francesco nella capitale erano presenti tutti i fedeli della Mongolia: 1.450 persone su una popolazione di 3,3 milioni. Foto di Remo Casilli (Afp/Getty)
Immagini Fuori servizio Perry, Stati Uniti 30 agosto 2023 Una stazione di servizio dopo il passaggio dall’uragano Idalia, che ha colpito Messico, Cuba e Stati Uniti alla fine di agosto. In Georgia e in Florida più di 400mila persone sono rimaste per giorni senza elettricità e le autorità sono state costrette a cancellare centinaia di voli. Secondo alcune stime, i danni causati dall’uragano potrebbero arrivare a diciotto miliardi di dollari. La National oceanic and atmospheric administration (Noaa) statunitense stima in quaranta miliardi di dollari i danni provocati da disastri climatici e ambientali tra gennaio e luglio del 2023. Foto di Sean Rayford (Getty)
[email protected] Come affrontare l’ansia climatica u Dopo aver letto l’articolo di copertina sull’ecoansia e l’articolo di Rebecca Solnit (Internazionale 1526) mi sento meno sola. Aiuta sapere che non sono l’unica a soffrire di ansia climatica e che all’estero ci sono persone specializzate e pubblicazioni che possono aiutarmi ad affrontarla. Soffro di ansia legata alla situazione ambientale del pianeta da molti anni, ma il disagio si è accentuato dopo la nascita dei miei figli. Quando ho cominciato a stare male una delle cose che più mi faceva soffrire era la sensazione di essere l’unica preoccupata, e non capivo perché nessuno protestasse e scendesse in piazza (o tirasse torte alla Gioconda). Nessuno degli psicoterapeuti e psichiatri che ho consultato aveva mai avuto a che fare con casi di ansia climatica né mi ha indirizzato verso un collega più preparato. Nessuno mi ha saputo trattare in relazione alla specificità della mia ansia, anzi, qualcuno ha contri-
buito a farmi sentire ancora più pazza, sottolineando l’eccezionalità del mio caso. Negli anni successivi ho partecipato all’organizzazione di marce e manifestazioni e almeno ho capito di non essere sola, anche se fino a poco tempo fa non avevo mai conosciuto qualcuno che avesse sintomi simili ai miei. Temo che in Italia la psichiatria e la psicoterapia siano ancora inadeguate a trattare l’ansia climatica, e credo che fino a quando non ci sarà personale formato altre persone soffriranno in silenzio come me. Valentina B.
L’arte di chiedere scusa u Ho letto con interesse l’articolo di Arthur Brooks sull’arte di chiedere scusa (internazionale.it). Anche se alcuni passaggi sono un po’ complessi, l’ho trovato significativo e voglio farlo leggere ai miei figli adolescenti, affinché possano riflettere su un “atteggiamento” fondamentale per la loro crescita. Patrizia
Un altro genere di vecchiaia
Parole
u Mi è piaciuto tantissimo leggere l’articolo di Barbara Leda Kenny sui nuovi modelli di convivenza per le anziane sole (essenziale.it). Ho 55 anni e ho in mente da vari anni di realizzare un cohousing di questo tipo, per me e per chiunque ne avrà bisogno. Roberta
Luigi XIV e noi
L’economia di Beyoncé e Taylor Swift
u Insomma, lo stato sono io, siamo noi o sono gli altri? Il problema si pone tutti i giorni, ma in maniera vistosa quando si tratta di segreti ributtanti, cioè di quelle cose indicibili come la strage di Ustica o altri orrori che gli stati mettono da parte in attesa di tempi in cui per i motivi più diversi saranno considerate dicibili. Per capirci, quando Luigi XIV affermava che lo stato era lui, le infinite porcherie di uno stato nazionale avevano un nome, il suo. E se volevate ficcare il naso nelle segrete cose, fatti vostri, l’assolutismo era l’assolutismo, dovevate mettere in conto la galera o una corda al collo. Certo, non pochi conservatori pensano tuttora che quella esperienza storica andava conservata e riesumata di tanto in tanto sotto mentite spoglie. Ma in genere si è preferita la formula di un bel libro di Piero Calamandrei: lo stato siamo noi. Noi infatti paghiamo le tasse (quando le paghiamo), noi votiamo, noi mandiamo i nostri rappresentanti a occupare ogni strapuntino, noi siamo per interposta persona benemeriti statisti. Ma le scelleratezze? Se lo stato siamo noi, perché delle nefandezze non siamo mai al corrente, anzi la verità la dobbiamo strappare col nostro stesso corpo ai corpi sempre estranei, sempre minacciosi, sempre all’occasione deviati, dello stato? No, lo stato sono gli opachi altri. Noi siamo meno che zero. Forse persino Luigi XIV era un prestanome.
u È difficile per me accogliere la definizione di “fenomeno culturale” in relazione alle cantanti Beyoncé e Taylor Swift (Internazionale 1527). Io lo trovo puro intrattenimento. Luciano Viotto Errori da segnalare? [email protected] PER CONTATTARE LA REDAZIONE
Telefono 06 441 7301 Fax 06 4425 2718 Posta via Volturno 58, 00185 Roma Email [email protected] Web internazionale.it
Dear Daddy Claudio Rossi Marcelli
Speriamo che sia femmina Siamo genitori di due bambine e ci viene spesso detto “ora tocca fare il maschietto!”. Anche se non escludiamo l’idea di avere un terzo figlio, è strano che per noi l’idea di avere un maschio non sia assolutamente un incentivo? –Adriano “I genitori di tutto il mondo hanno sempre preferito avere figli maschi invece che femmine”, raccontava un articolo del New York Times di qualche anno fa. “Ma ci sono segnali che negli Stati Uniti qualcosa stia cambiando. Forse perché ci sono meno pregiudizi nei con-
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fronti delle femmine, e forse ce ne sono di più sui maschi”. Il quotidiano diceva che da dieci sondaggi fatti su questo tema tra il 1941 e il 2011 emergeva che gli statunitensi non avevano mai cambiato opinione: se avesse potuto avere un solo bambino, il 40 per cento avrebbe preferito un maschio e il 28 per cento una femmina (il resto non indicava preferenze). Uno studio della Cornell university però ha messo in luce un nuovo atteggiamento: mentre prima i genitori di una bambina erano più propensi a fare altri figli per avere un maschio, piano piano è successo l’opposto, e oggi so-
Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
no i genitori di un bambino quelli più propensi a fare altri figli per avere una femmina. I motivi di questo cambiamento non sono chiari, ma di certo c’entrano la maggiore parità tra i sessi nella società e la percezione che i maschi creino più problemi (alimentata da crimini come sparatorie o violenze sessuali), o il fatto che le ragazze vanno meglio a scuola. Tutto questo per dirti che il vostro resistere alla spinta sociale di “fare un maschietto” è in linea con i tempi e non è affatto strana. [email protected]
Domenico Starnone
Claude AnShin Thomas
Una volta ero un soldato In libreria dal 12 settembre
Il racconto del percorso esistenziale e spirituale di Claude AnShin Thomas da soldato a monaco buddhista zen: un viaggio dalla sofferenza alla liberazione.
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Editoriali
Un’occasione unica per l’Italia “Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante se ne sognano nella vostra filosofia” William Shakespeare, Amleto Direttore Giovanni De Mauro Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen, Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini Editor Giovanni Ansaldo (opinioni), Daniele Cassandro, Carlo Ciurlo (viaggi, visti dagli altri), Gabriele Crescente (Europa), Camilla Desideri (America Latina), Simon Dunaway (attualità), Francesca Gnetti (Medio Oriente), Alessandro Lubello (economia), Alessio Marchionna (Stati Uniti), Andrea Pipino (Europa), Francesca Sibani (Africa), Junko Terao (Asia e Pacifico), Piero Zardo (cultura, caposervizio) Copy editor Giovanna Chioini (web, caposervizio), Anna Franchin, Giuseppe Rizzo, Pierfrancesco Romano (coordinamento, caporedattore) Photo editor Giovanna D’Ascenzi (web), Mélissa Jollivet, Maysa Moroni, Rosy Santella (web) Impaginazione Beatrice Boncristiano, Pasquale Cavorsi (caposervizio), Marta Russo Podcast Claudio Rossi Marcelli, Giulia Zoli (caposervizio) Web Annalisa Camilli, Stefania Mascetti (caposervizio), Giulia Testa Internazionale Kids Alberto Emiletti, Martina Recchiuti (caporedattrice) Internazionale a Ferrara Luisa Ciffolilli, Gea Polimeni Imbastoni Segreteria Monica Paolucci, Gabriella Piscitelli Correzione di bozze Lulli Bertini, Sara Esposito Traduzioni I traduttori sono indicati dalla sigla alla fine degli articoli. Alessandra Bertuccelli, Jacopo Bortolussi, Giuseppina Cavallo, Stefania De Franco, Andrea de Georgio, Francesco De Lellis, Susanna Karasz, Giusy Muzzopappa, Francesca Rossetti, Andrea Sparacino, Bruna Tortorella, Nicola Vincenzoni Disegni Anna Keen. I ritratti dei columnist sono di Scott Menchin Progetto grafico Mark Porter Hanno collaborato Giulia Ansaldo, Cecilia Attanasio Ghezzi, Francesco Boille, Jacopo Bortolussi, Catherine Cornet, Sergio Fant, Claudia Grisanti, Ijin Hong, Anita Joshi, Alberto Riva, Concetta Pianura, Francesca Spinelli, Laura Tonon, Pauline Valkenet, Guido Vitiello Editore Internazionale spa Consiglio di amministrazione Brunetto Tini (presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot (vicepresidente), Alessandro Spaventa (amministratore delegato), Antonio Abete, Giovanni De Mauro Sede legale via Prenestina 685, 00155 Roma Produzione e diffusione Angelo Sellitto Amministrazione Tommasa Palumbo, Arianna Castelli, Alessia Salvitti Concessionaria esclusiva per la pubblicità Agenzia del Marketing Editoriale srl Tel. +39 06.69539344 Mail: adv@ameonline.it Subconcessionaria Download Pubblicità srl Stampa Elcograf spa, via Mondadori 15, 37131 Verona Distribuzione Press Di, Segrate (Mi) Copyright Tutto il materiale scritto dalla redazione è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Internazionale, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. Per questioni di diritti non possiamo applicare questa licenza agli articoli che compriamo dai giornali stranieri. Info: [email protected]
Registrazione tribunale di Roma n. 433 del 4 ottobre 1993 Iscrizione al Roc n. 3280 Direttore responsabile Giovanni De Mauro Chiuso in redazione alle 19 di mercoledì 6 settembre 2023 Pubblicazione a stampa ISSN 11222832 Pubblicazione online ISSN 24991600 PER ABBONARSI E PER INFORMAZIONI SUL PROPRIO ABBONAMENTO Numero verde 800 111 103 (lunven 9.0019.00), dall’estero +39 02 8689 6172 Fax 030 777 23 87 Email [email protected] Online internazionale.it/abbonati LO SHOP DI INTERNAZIONALE Numero verde 800 321 717 (lunven 9.0018.00) Online shop.internazionale.it Fax 06 442 52718 Imbustato in MaterBi Certificato PEFC Questo prodotto è realizzato con materia prima da foreste gestite in maniera sostenibile e da fonti controllate PEFC/18-32-03
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Financial Times, Regno Unito Già prima che l’Italia ricevesse la prima parte dei 191,5 miliardi del Piano di ripresa e resilien za (Pnrr) c’era chi dubitava che fosse in grado di usare questi soldi in modo efficace. Roma non è mai riuscita a spendere tutti i fondi europei e a farne buon uso. Al ritmo attuale, alla scadenza del 2026 il governo italiano avrà speso solo un quarto della cifra totale. Per un’economia che quasi non è cresciuta dalla crisi finanziaria del 2008, con un debito pari al 144 per cento del pil, significherebbe sprecare un’opportunità enor me. Il Pnrr è al centro del piano Next generation Eu, creato dopo la pandemia di covid19 per modernizzare l’economia europea. L’Italia ha concordato il pacchetto di aiuti nel 2021. I fondi comprendevano progetti per rinnovare le infra strutture e riforme per favorire la crescita. Ma Roma non è riuscita a seguire la tabella di marcia stabilita. Di recente ha ammesso di avere problemi in 118 dei 527 obiettivi fissati, e i versamenti successivi sono stati rinviati. Il go verno guidato da Giorgia Meloni sostiene che il piano ereditato dal suo predecessore Mario Draghi è inadeguato, e non ha tutti i torti. Assor bire fondi pari al 10 per cento del pil in cinque anni, infatti, era un compito proibitivo in par tenza. L’Italia potrebbe completare il piano ori
ginale solo se ottenesse una proroga, cosa che sembra improbabile. Rivedere il piano potrebbe essere più sensato. Il governo ha proposto una serie di “correzioni”, eliminando parte degli in vestimenti nella transizione energetica e gli sgravi fiscali “verdi”. Inoltre Meloni vuole ridi mensionare alcune riforme strutturali, che mi ravano a migliorare l’efficienza del settore pub blico, favorire la concorrenza e ridurre i tempi della giustizia e l’evasione fiscale. Fare marcia indietro su questi impegni sarebbe un errore, anche perché l’incapacità dell’Italia di spendere i fondi europei nasce proprio dai problemi che le riforme dovrebbero risolvere. È nell’interesse di Bruxelles modificare il programma insieme a Roma. In quest’ottica sa rà importante dare la priorità ai progetti infra strutturali essenziali, sostenere gli incentivi verdi e impedire che le riforme strutturali siano abbandonate. Ciò che accade nella terza econo mia dell’eurozona è importante per la stabilità finanziaria di tutta l’Europa. I fondi del Pnrr non basteranno a ribaltare le sorti dell’Italia, ma possono essere un primo passo per uscire da de cenni senza crescita. Se Roma sprecherà l’occa sione, è difficile immaginare che riesca a risol vere i suoi problemi economici. ◆ as
Il tempo è nemico dell’Ucraina Le Temps, Svizzera Negli ultimi giorni è risultato chiaro che il go verno ucraino ha i nervi a fior di pelle. Il 1 set tembre il ministro degli esteri ha invitato chi criticava la controffensiva dell’esercito di Kiev a “chiudere il becco” . Il 2 l’oligarca Ihor Kolo moiskyj, uno dei primi sostenitori del presi dente Volodymyr Zelenskyj, è stato arrestato per corruzione. Il 3 è stato rimosso per lo stesso motivo il ministro della difesa. Tutti questi eventi sono l’effetto della pressione internazio nale. Vari paesi, a cominciare dagli Stati Uniti, ritengono che la controffensiva finora sia stata poco efficace. Gli esperti del Pentagono sono arrivati a sostenere che l’Ucraina verrà sconfit ta perché non ha seguito le indicazioni di Wa shington. Zelenskyj inoltre è stato biasimato per gli scarsi successi nella lotta alla corruzio ne. Secondo l’ong Transparency international in questo campo l’Ucraina è al 116° posto su 180, nonostante sia cruciale per l’adesione
all’Unione europea. Consapevole del proble ma, a volte Zelenskyj ha fatto ricorso a metodi che sfiorano l’autoritarismo. La legge marziale introdotta all’inizio del conflitto è usata per pu nire i politici corrotti, ma anche per neutralizza re gli oppositori. Con l’avvicinarsi di tre appun tamenti cruciali – le elezioni in Ucraina a marzo, quelle per il parlamento europeo a giugno e le presidenziali negli Stati Uniti a novembre – due interrogativi diventano più pressanti: fino a quando bisognerà pagare per questa guerra? E dove va a finire il denaro? Le risposte non dipen dono solo dagli ucraini. Dopo diciotto mesi di conflitto e perdite colossali, anche gli alleati de vono rispondere. Le esitazioni di Washington, Parigi o Berlino nell’invio di armi hanno rallen tato le operazioni militari di Kiev. Mentre in Eu ropa e negli Stati Uniti si diffonde una certa stanchezza, questa perdita di tempo potrebbe costare la vittoria agli ucraini . ◆ as Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Africa e Medio Oriente
AFP/GETTY
Il generale golpista Brice Oligui Nguema a Libreville, Gabon, 4 settembre 2023
ATTUALITÀ
Le ragioni dei golpe in Africa Achille Mbembe, Le Monde, Francia Nel continente sono in corso trasformazioni profonde, di cui i colpi di stato sono un sintomo. Le ex potenze coloniali non hanno più voce in capitolo, scrive il filosofo Achille Mbembe e prese di potere militari nelle ex colonie francesi in Africa sono il sintomo di trasformazioni profonde che si è cercato a lungo di nascondere, ma la cui improvvisa accelerazione sta cogliendo di sorpresa molti osservatori distratti. Si potrebbe sostene-
L 18
Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
re che sono gli ultimi sussulti nella lenta agonia del modello francese di decolonizzazione incompiuta. In realtà queste lotte sono portate avanti da forze in gran parte interne e annunciano l’inevitabile fine di un ciclo cominciato dopo la seconda guerra mondiale e durato quasi un secolo. Certo, ci sono ancora basi militari francesi in Senegal, Costa d’Avorio, Gabon, Ciad e Gibuti. Il franco cfa non è stato abolito e l’Agence française du développement è ancora quella di un tempo. Nel frattempo i centri culturali francesi hanno solo cambiato nome. Nonostante la presenza di questi residui del passato, la Francia non decide più tutto quello che
succede nei vecchi possedimenti coloniali. La maggior parte di questi strumenti e molti altri sono diventati obsoleti. Forse è arrivato il momento di sbarazzarsene, e di farlo nel migliore dei modi. Così la frattura si sanerebbe. Messi di fronte alle loro responsabilità, gli africani non avrebbero più scuse. La decolonizzazione sarebbe completa e, soprattutto, certificata.
Un ruolo secondario Dall’inizio di questo secolo la stretta di Parigi sulle sue ex colonie si è molto allentata, a volte contro la sua volontà. In questo momento storico la Francia ha un ruolo secondario. Non perché sia stata spodestata dalla Russia o dalla Cina – due spauracchi che i nemici e i critici locali di Parigi sanno come agitare per tenerla in scacco – ma perché, in un movimento inedito e rischioso di ricentramento su se stessa, di cui molti faticano a cogliere la portata, l’Africa è entrata in un nuovo ciclo storico. Mosso da forze essenzialmente locali, il continente si sta ripiegando su se stes-
so. Per comprendere le spinte profonde alla base di questa svolta, le lotte multiformi che l’accompagnano e le sue conseguenze a lungo termine, dobbiamo cambiare griglia analitica e partire da nuove premesse. Soprattutto, dobbiamo prendere sul serio la percezione che le società africane hanno della loro storia. Il continente sta sperimentando molte trasformazioni simultanee. Sono di diversa portata, ma interessano tutti i livelli della società e si traducono in rotture a catena. Con l’affermarsi di sistemi politici multipartitici, sono tornate in primo piano le poste in gioco collettive, mentre emergono nuove forme di disuguaglianza e conflitto, in particolare tra i generi e le generazioni.
Movimento di fondo L’ingresso nello spazio pubblico delle persone nate negli anni novanta e all’inizio dei duemila, cresciute in tempi di crisi economica senza precedenti, è stato un evento cruciale. Ha coinciso con il risveglio tecnologico del continente, la maggiore influenza delle diaspore, l’accelerazione dei processi di creatività artistica e culturale, l’intensificarsi della mobilità e della circolazione internazionale, e la ricerca incessante di modelli di sviluppo alternativi ispirati alla ricchezza delle tradizioni locali. Le sfide demografiche, socioculturali, economiche e politiche sono ormai intrecciate, come dimostrano la contestazione delle forme politico-istituzionali emerse negli anni novanta, i cambiamenti dei modelli di autorità nelle famiglie, la rivolta silenziosa delle donne e l’aggravarsi dei conflitti generazionali. Su questo movimento profondo si è innestata l’ascesa del neosovranismo, una versione impoverita e adulterata del panafricanismo. In un contesto di caos ideologico, disorientamento morale e crisi di significato, il neosovranismo non è una visione politica coerente ma una grande chimera. Per i suoi sostenitori serve soprattutto a creare fermento in una comunità emotiva e immaginaria, ed è questo che gli conferisce tutta la sua forza e il suo carico di tossicità. Le sue truppe sono reclutate principalmente tra i giovani africani attivi sui social network. Ma anche nell’immenso serbatoio delle diaspore. Questi ragazzi e ragazze, spesso poco integrati nei paesi dove sono cresciuti e trattati come citta-
dini di seconda classe, paragonano le loro esperienze alle grandi lotte dei panafricanisti del dopoguerra contro il colonialismo e la segregazione razziale. Tuttavia, il neosovranismo non è la stessa cosa. Non abbiamo ancora sufficientemente sottolineato quanto l’anticolonialismo e il panafricanismo abbiano contribuito al consolidamento di tre grandi pilastri della coscienza moderna: la democrazia, i diritti umani e l’idea di una giustizia universale. Il neosovranismo, però, rompe con questi tre elementi fondamentali. In primo luogo, rifugiandosi dietro il presunto carattere primordiale delle razze, i suoi sostenitori rifiutano il concetto di comunità umana universale. Individuano un capro espiatorio, che eleggono a nemico assoluto, contro il quale tutto è lecito. Così, i neosovranisti sostengono che l’Africa si emanciperà definitivamente solo cacciando dal continente le vecchie potenze coloniali, a partire dalla Francia, anche a costo di sostituirle con la Russia e la Cina. Ossessionati dall’odio per lo straniero e affascinati dal suo potere materiale, si oppongono alla democrazia, che considerano un cavallo di Troia dell’ingerenza internazionale. Preferiscono il culto degli uomini forti, sostenitori del maschilismo e detrattori dell’omosessualità. Da qui deriva un’indulgenza verso i colpi di stato dei militari e la riaffermazione della forza come mezzo legittimo di esercizio del potere. Questi sconvolgimenti si spiegano con la debolezza delle organizzazioni della società civile e dei corpi intermedi, in un contesto d’intensificazione delle lotte per i mezzi di sussistenza e di un intreccio di conflitti tra classi, generi e generazioni. Come effetto perverso dei lunghi anni di glaciazione autoritaria, in molti campi della vita sociale e culturale si sono diffuse delle logiche informali. Il carisma individuale e la ricchezza vengono prima del lavoro lento e paziente di costruzione delle istituzioni, mentre si affermano concezioni dell’impegno politico basate sugli scambi di favore e i clientelismi. Di fronte a tante crisi, la democrazia rappresentativa non sembra più in grado di assicurare i grandi cambiamenti a cui aspirano le nuove generazioni. I ripetuti brogli hanno reso le elezioni una causa di
Gabon
Fine di un regime cinquantennale l 30 agosto 2023 in Gabon un colpo di stato ha messo fine al governo del presidente Ali Bongo Ondimba e a 56 anni di dominio della sua famiglia sul paese dell’Africa centrale. I militari hanno preso il potere subito dopo l’annuncio dei risultati delle elezioni del 26 agosto, che davano per vincente il presidente uscente. Ali Bongo aveva preso il posto del padre Omar dopo la sua morte nel 2009. L’Unione africana ha condannato il golpe e sospeso il paese dall’organizzazione. Nella capitale Libreville, invece, parte della popolazione è scesa in piazza per festeggiare i militari. Il Gabon è un paese produttore di petrolio. Di questa ricchezza ha beneficiato l’élite al potere, ma non la popolazione di 2,4 milioni di abitanti. Più di un terzo dei gabonesi vive in povertà. Il paese è stato spesso definito una “cleptocrazia”, un governo fondato sul furto e la corruzione, e uno degli esempi più eclatanti della Françafrique, il sistema politico-finanziario che ha permesso a Parigi di mantenere il controllo sulle ex colonie. Il 4 settembre il generale Brice Clotaire Oligui Nguema ha prestato giuramento come presidente durante il periodo di transizione. Alla cerimonia erano presenti alcuni rappresentanti dell’opposizione, ma non Albert Ondo Ossa, il candidato che afferma di aver vinto le ultime elezioni. Nguema non ha annunciato una data per il ritorno a un governo civile, perché prima dovrà essere adottata una nuova costituzione. u
I
CAMERUN
150 km
GUINEA EQUATORIALE Libreville
Mandji
GABON Masuku
Oceano Atlantico
CONGO
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Africa e Medio Oriente conflitti violenti. Le esperienze democratiche recenti hanno fatto poco per arginare la corruzione. Anzi, l’hanno alimentata e usata per legittimare la presenza al potere delle élite responsabili dell’attuale stallo. In una situazione simile i colpi di stato sembrano essere l’unico modo per realizzare il cambiamento, per garantire una forma di alternanza ai vertici dello stato e per accelerare la transizione generazionale. Molti ragazzi e ragazze, disorientati e senza futuro, si sentono bloccati in una condizione che può essere cambiata solo con la violenza e l’azione diretta. Questo desiderio di violenza catartica si fa strada in un momento di grave stagnazione intellettuale delle élite politiche ed economiche e, più in generale, delle classi medie e dei professionisti. A questo si aggiungono gli effetti dell’intontimento di massa provocato dai social network. Nella maggior parte dei paesi, i mezzi d’informazione e i dibattiti pubblici sono colonizzati dai rappresentanti di una generazione colpita da un analfabetismo funzionale, conseguenza di decenni di scarsi investimenti nell’istruzione e in altri settori.
Mercati della violenza L’Africa francofona è stata ignorata, se non addirittura abbandonata, dalle grandi fondazioni private internazionali, che dagli anni novanta contribuiscono al consolidamento delle società civili nel continente. Questi finanziamenti a sostegno della democrazia non sono forse andati in gran parte all’Africa anglofona? In tutti i paesi del continente, verso la fine del ventesimo secolo e l’inizio del ventunesimo, c’è stata una crescita della predazione e dell’estrazione. Le zone che sfuggono al controllo degli stati si sono moltiplicate e abbiamo assistito a una corsa sfrenata alla privatizzazione delle risorse del suolo e del sottosuolo. Sono emersi grandi mercati regionali della violenza, che hanno attirato tanti sfruttatori, dalle multinazionali alle compagnie di sicurezza private. Quello che fanno è fornire protezione in cambio dell’accesso privilegiato a risorse rare. Grazie a queste nuove forme di baratto, le classi dirigenti africane sono state in grado di esercitare la loro influenza sullo stato, di controllare le principali aree estrattive, di militarizzare gli scambi e di rafforzare i loro lega-
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mi con le reti internazionali della finanza e del profitto. Il prezzo di questa nuova fase nella storia dell’accumulazione privata nel continente è stata la brutalizzazione e il declassamento di interi settori della società e l’instaurazione di un regime d’isolamento più insidioso di quello coloniale. Le vittime sono condannate a migrazioni pericolose. Alla generazione sacrificata del periodo dei programmi di aggiustamento strutturale (1985-2000) se n’è aggiunta un’altra, bloccata all’interno da una gerontocrazia avida, e all’esterno dalle politiche europee contro l’immigrazione e da una gestione arcaica delle frontiere ereditata dalla colonizzazione. I bambini soldato delle guerre di predazione del passato sono stati sostituiti dalle folle di
La stabilità e la sicurezza non si otterranno con gli interventi militari adolescenti, che oggi non esitano ad acclamare i golpisti o partecipano alle rivolte urbane e ai successivi saccheggi. L’Africa è a un bivio, soprattutto perché a valle del neosovranismo si aprono diverse strade senza uscita. Il mercato religioso si è ampliato. È in corso una lotta spietata tra diversi modelli di verità. Secondo alcuni, come i sostenitori del kemetismo, la salvezza è nel passato, nell’antico Egitto. Per altri, la soluzione è il culto dell’imprenditorialità e la sfrenata glorificazione dell’individuo. In un contesto di povertà, precarietà e lotta per la sopravvivenza, continua ad affermarsi una cultura edonistica basata sulla corruzione e sull’ostentazione, sull’accaparramento e sullo sperpero spettacolare della ricchezza. In contrapposizione a queste strade senza uscita e al feticismo delle elezioni, dobbiamo scommettere su una democrazia sostanziale, che dovrà essere costruita passo dopo passo, riaffermando il pensiero intellettuale, riabilitando la voglia di scrivere la propria storia invece di avere nuovi padroni, e affidandosi all’intelligenza collettiva degli uomini e delle donne africane. Questa intelligenza va risvegliata, alimentata e sostenuta. Così po-
tranno emergere nuovi orizzonti di significato, perché la democrazia in questa fase ha senso solo se mira a uno scopo più alto, che è la rigenerazione e la cura di tutto ciò che è vita. Non vuol dire solo alleggerire i debiti, aumentare le quote di mercato, costruire dighe, ponti, scuole, centri sanitari e pozzi o finanziare progetti, ma creare un movimento di base a lungo termine sostenuto da nuove coalizioni sociali, intellettuali e culturali.
Ritagliarsi un posto La Francia può avere un posto in questo progetto, a condizione che abbandoni gli orpelli del passato e le sue illusioni di grandezza. Per questo deve ricostruire da capo i suoi strumenti diplomatici. Deve anche abbandonare una visione obsoleta della pace, della sicurezza e della stabilità. Per quanto importante, la lotta contro i gruppi jihadisti non può costituire l’unico bastione per la sicurezza in Africa. Né può essere vista solo attraverso la lente degli interessi europei, cioè la protezione delle frontiere esterne dell’Unione europea. La stabilità e la sicurezza non si otterranno con gli interventi militari, sostenendo i tiranni o imponendo sanzioni inopportune, il cui unico effetto è ferire popolazioni già in ginocchio, ma consolidando la democrazia. Questo deve farci interrogare sul significato e sugli scopi della presenza militare francese in Africa. È giunto il momento di metterla in discussione, perché è quello che fanno le nuove generazioni di africani. La strategia attuale non sarà sufficiente. Lasciare il Mali per il Burkina Faso, poi il Burkina Faso per il Niger e infine il Ciad, senza esaminare i ripetuti fallimenti francesi e la sconfitta morale e intellettuale subita da Parigi in Africa, è un rimedio poco efficace. La ragione militare e la ragione civile hanno sempre avuto difficoltà a coesistere nel continente. A lungo termine, la stabilità richiederà l’effettiva smilitarizzazione di tutti i settori della vita politica, economica e sociale. Questo significa affrontare di petto i movimenti profondi che alimentano le forze del caos e incoraggiano le fratture violente. ◆ adg Achille Mbembe è uno storico e filosofo camerunese, considerato uno dei più importanti teorici del postcolonialismo. In Italia sta per uscire il suo ultimo libro, Brutalismo (Marietti 1820).
P AT RI C IO GU Z MÁ N
AL CINEMA 11 SETTEMBRE 2023 – 11 SETTEMBRE 1973 A 50 ANNI DAL GOLPE IN CILE 5 CAPOLAVORI DEL MAESTRO
CILE - IL MIO PAESE IMMAGINARIO NOSTALGIA DELLA LUCE / LA MEMORIA DELL’ACQUA / SALVADOR ALLENDE / LA CORDIGLIERA DEI SOGNI patrocinio di
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Africa e Medio Oriente ZOHRA BENSEMRA (REUTERS/CONTRASTO)
Adré, Ciad, 4 agosto 2023
SUDAN
Milioni di profughi
ISRAELE
Proposte africane sul clima
La polizia peggiora le cose
Daily Nation, Kenya
Il 3 settembre il premier Benjamin Netanyahu ha annunciato duri provvedimenti contro gli eritrei che il giorno prima hanno partecipato ai disordini a Tel Aviv (nella foto), compresa l’espulsione di mille di loro. Gli scontri sono scoppiati durante una manifestazione organizzata dall’ambasciata eritrea per celebrare il trentesimo anniversario dell’indipendenza del paese. Alcuni richiedenti asilo, fuggiti dal regime di Isaias Afewerki, hanno cercato di sabotare l’evento e in seguito all’intervento della polizia la situazione è degenerata. Circa 150 persone sono rimaste ferite. Il Jerusalem Post riferisce che, secondo alcune organizzazioni per la difesa dei diritti dei migranti, la polizia ha fatto un uso eccessivo della forza e “questo sanguinoso fallimento poteva e doveva essere evitato”.
Il 4 settembre si è aperto a Nairobi, in Kenya, l’Africa climate summit, una riunione tra i leader africani in cui elaborare una serie di proposte da presentare alla conferenza sul clima Cop28, in programma a Dubai per fine novembre. Il quotidiano Daily Nation mette in evidenza la richiesta del presidente keniano William Ruto, che propone un piano per alleggerire il debito dei paesi del continente. La crisi climatica ha aggravato la situazione finanziaria di molti stati africani, che non hanno più risorse da investire sullo sviluppo perché devono pagare interessi molto alti. “Se non risolveremo il problema del debito, non risolveremo quello del clima”, ha detto Ruto. Nonostante produca solo una quantità minima di emissioni di gas serra, l’Africa deve sopportare gli effetti più gravi dei cambiamenti climatici. Per esempio in Kenya la siccità ha causato la morte di 2,5 milioni di capi di bestiame. Tra gli annunci fatti al vertice, gli Emirati Arabi Uniti hanno promesso 4,5 miliardi di dollari per sviluppare le energie rinnovabili in Africa, che è ancora in gran parte non elettrificata. ◆
ALGERIA-MAROCCO SUDAFRICA
Le vittime dell’incuria Almeno 77 persone, tra cui più di una decina di bambini, sono morte nell’incendio scoppiato il 31 agosto in un grande edificio residenziale di cinque piani a Johannesburg. Nel palazzo, di proprietà dell’amministrazione comunale, vivevano centinaia di persone in condizioni di vulnerabilità, tra migranti molto poveri e richiedenti asilo. L’edificio era stato destinato a un rifugio per donne e bambini vittime di violenze, spiega il Mail & Guardian, ma almeno dal 2019 era occupato e non riceveva alcun tipo di manutenzione. Un’inchiesta dovrà stabilire le cause dell’incendio.
Incidente diplomatico Il 29 agosto due turisti marocchini, Abdelali Mchiouer e Bilal Kissi (che aveva anche la nazionalità francese), erano in vacanza a Saidia, una località di villeggiatura in Marocco, vicino alla frontiera con l’Algeria. Quel giorno sono stati uc500 km
SPAGNA Algeri
Oceano Atlantico
Saidia Rabat
MAROCCO Sahara Occidentale
ALGERIA
MAURITANIA MALI
cisi dalla guardia costiera algerina dopo che avevano superato inavvertitamente il confine a bordo delle loro moto d’acqua. Secondo Mohamed Kissi, fratello di una delle vittime e parte del gruppo di turisti, lui e i suoi amici si erano persi e le guardie hanno sparato senza avvisare. Un terzo turista è stato arrestato e condannato al carcere per essere entrato illegalmente in Algeria. Il settimanale marocchino Tel Quel si chiede quali saranno le ricadute dell’incidente, in un contesto di tensioni altissime e in “totale assenza di canali diplomatici tra i due paesi”. I confini terrestri tra Algeria e Marocco sono chiusi dal 1994 e nel 2021 Algeri ha rotto unilateralmente i rapporti diplomatici, dopo che Rabat aveva normalizzato i rapporti con Israele.
Tel Aviv, 2 settembre 2023 IN BREVE
Siria Decine di persone sono morte negli scontri cominciati il 28 agosto tra le Forze democratiche siriane (una coalizione guidata dai curdi) e i combattenti arabi nella provincia di Deir Ezzor, nell’est del paese. Rdc Due alti ufficiali congolesi sono stati arrestati dopo l’uccisione di 56 civili a una manifestazione che si era svolta il 30 agosto a Goma. Le forze armate avevano aperto il fuoco contro la folla che contestava la Monusco, la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite.
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MOSTAFA ALKHAROUF (ANADOLU AGENCY/GETTY)
In Sudan sono continuati il 2 e il 3 settembre gli scontri tra l’esercito regolare e i paramilitari delle Forze di supporto rapido. Un bombardamento aereo a sud di Khartoum ha ucciso almeno venti persone. Il sito Sudan Tribune scrive che il 4 settembre l’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha stimato in 1,8 milioni il numero di persone che, entro la fine dell’anno, saranno fuggite nei paesi vicini a causa della crisi umanitaria. Da aprile più di un milione di persone ha lasciato il Sudan. Nella foto, un gruppo di profughe sudanesi.
AMBIENTE
Americhe CILE
Mettere fine all’impunità dopo mezzo secolo Daniel Matamala, La Tercera, Cile Alla vigilia dell’anniversario del golpe del 1973, gli assassini del cantautore Víctor Jara sono stati finalmente condannati. Una sentenza che mostra la strada per fare giustizia in Cile
“S
iamo cinquemila qui. / In questa piccola parte della città. / Siamo cinquemila. / Quanti siamo in totale nelle città e in tutto il paese?”. Queste parole, scarabocchiate su un taccuino, fanno parte dell’ultima poesia scritta dal cantautore e poeta cileno Víctor Jara nell’Estadio Chile, a Santiago. L’avvocato Boris Navia portò la poesia con sé quando fu trasferito all’Estadio nacional. La copiò su due pacchetti di sigarette Hilton per due prigionieri che dovevano essere rilasciati. Fu scoperto e pagò la sua audacia con la tortura. Ma uno dei pacchetti, affidato a un medico, sfuggì ai controlli e le ultime parole dell’artista diventarono pubbliche. Quando questo succedeva Víctor Jara era già stato picchiato, ustionato,
torturato e ucciso con decine di proiettili (morì a settembre del 1973, pochi giorni dopo il colpo di stato del generale Augusto Pinochet). Il suo corpo fu gettato tra i cespugli e poi portato all’obitorio come un cadavere anonimo. Una dipendente lo identificò, consentendo alla vedova Joan Jara di dargli sepoltura. Anche nelle circostanze più estreme, sottoposto a una violenza brutale e vicino alla morte imminente, Jara non aveva smesso di creare né di solidarizzare con chi soffriva, come aveva fatto per tutta la vita. Rinchiuso in quella prigione del terrore, aveva pensato agli altri, a tutti i suoi connazionali che stavano condividendo il suo stesso destino. Erano molte migliaia. Almeno 40.175 donne e uomini cileni furono vittime della prigionia politica e della tortura. E 1.162 cadaveri non sono ancora stati ritrovati.
Parole immortali Dopo cinquant’anni è stata finalmente fatta giustizia. È passato mezzo secolo prima che i carnefici di Jara fossero condannati: il 28 agosto una sentenza della corte suprema ha confermato le condanne a 25 anni di carcere per il rapimento e l’omici-
MARCEL MONTECINO (GETTY)
Víctor Jara, a destra, a una manifestazione. Santiago, 4 settembre 1973
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dio dell’artista e del suo compagno di martirio, l’avvocato Littré Quiroga, ucciso con più di venti proiettili. Mezzo secolo d’impunità impenetrabile, in cui una dittatura onnipotente e i suoi mezzi d’informazione compiacenti hanno negato le morti, inscenato scontri, inventato “purghe” tra gruppi di sinistra o attribuito l’orrore a crimini comuni e a una “guerra” immaginaria. Ma quale guerra? Forse quella tra un artista che non aveva altro che la sua voce e la sua chitarra e la macchina di morte di uno stato trasformato in una banda di terroristi impegnati a uccidere i propri connazionali? Nel 1978 Joan Jara presentò la prima denuncia. Fu un gesto simbolico, in un’epoca di giudici obbedienti al regime o terrorizzati. Solo nel 1999 il caso di Jara cominciò a essere preso sul serio. L’avvocato Nelson Caucoto ripartì da zero, cercando di ricostruire la struttura di comando dell’Estadio Chile. Anche con il ritorno del paese alla democrazia, dopo il 1990, le forze armate restarono fedeli al patto del silenzio. “Abbiamo chiesto all’esercito, all’aeronautica, alla marina, alla polizia e nessuno sapeva. C’era un chiaro interesse a non indagare”, ha detto Caucoto. Il suo lavoro meticoloso ha portato giustizia per Jara e Quiroga e ha svelato la rete di silenzio sugli orrori commessi nell’Estadio Chile. È la storia di tante famiglie delle vittime, che hanno affrontato non solo il dolore e l’impunità, ma anche la negligenza o il vero e proprio boicottaggio delle istituzioni statali. Istituzioni che si sono schierate con gli assassini, nascondendo prove e ostacolando la ricerca della verità e della giustizia. Mentre l’11 settembre si avvicina, e con questa data la commemorazione del cinquantesimo anniversario del golpe, vediamo parlamentari che minimizzano il numero di morti durante la dittatura o addirittura negano le violenze sessuali commesse dai militari. Per loro sono sciocchezze, provocazioni da quattro soldi che saranno spazzate via dal tempo. Invece la sentenza sull’uccisione di Víctor Jara rimarrà scritta nei libri. Come un altro evento rilevante: il lancio del piano nazionale per la ricerca dei detenuti scomparsi. Un ministro del governo cileno ha spiegato che “sono stati i funzionari statali e lo stato, con i suoi mezzi, ad aver commesso questi crimini. È ragione-
Daniel Matamala è un giornalista e scrittore cileno nato nel 1978.
ECUADOR
STATI UNITI
Gli ostaggi liberati
Condanne per gli insorti Enrique Tarrio a Washington, settembre 2020
STEPHANIE KEITH (GETTY)
“Il 1 settembre le autorità ecuadoriane hanno reso noto che cinquanta agenti di polizia penitenziaria e sette poliziotti, che erano stati presi in ostaggio dai detenuti di sei carceri del paese, sono stati rilasciati e sono in buone condizioni di salute”, scrive l’Associated Press. Secondo il governo, l’azione dei detenuti – coordinati da diverse bande criminali – è stata una risposta al tentativo delle forze di sicurezza di riprendere il controllo degli istituti. Da tre anni l’Ecuador vive un’escalation di violenza e la situazione rischia di aggravarsi in vista del ballottaggio delle presidenziali del 15 ottobre.
GUATEMALA
Il 5 settembre 2023 Enrique Tarrio, ex leader dell’organizzazione di estrema destra Proud boys, è stato condannato a ventidue anni di carcere per il suo ruolo nell’assalto al congresso di Washington, il 6 gennaio del 2021. Quel giorno centinaia di sostenitori dell’ex presidente Donald Trump hanno fatto irruzione nell’edificio per impedire ai parlamentari di ratificare il risultato delle elezioni presidenziali del 2020, vinte da Joe Biden. Tarrio, 39 anni, è stato condannato per cospirazione sediziosa, cioè per il tentativo di rovesciare con la forza il governo. Il 6 gennaio non ha partecipato all’attacco, ma secondo la sentenza ha contribuito a organizzare e a incoraggiare l’insurrezione. “Prima di Tarrio erano state condannate altre cinque persone, con pene tra i dieci e i diciotto anni di carcere”, scrive il Washington Post. A maggio è stato condannato Stewart Rhodes, fondatore della milizia di destra Oath keepers.
Ripensamento positivo
STATI UNITI
Cuenca, 1 settembre FERNANDO MACHADO (AFP/GETTY)
vole, quindi, che oggi lo stato si occupi della ricerca e della riparazione”. La sentenza su Víctor Jara e la ricerca delle persone scomparse mostrano la strada per raggiungere l’unità con la giustizia, non con l’impunità. Con la verità, non con le bugie. Con un paese che non nasconde l’orrore sotto il tappeto, ma guarda in faccia il suo passato per un futuro condiviso guarito dalle ferite. Il 30 agosto il piano di ricerca del governo di Gabriel Boric è finito nella prima pagina del quotidiano statunitense New York Times. Mentre in Cile è passato come un evento qualsiasi. Le frasi incendiarie della vita di tutti i giorni non ci permettono di vedere il grande arco di una storia che in alcuni casi comincia finalmente a chiudersi e in altri è una ferita purulenta, dopo cinquant’anni di morte e insabbiamento della verità. Raúl Jofré González, Edwin Dimter Bianchi, Nelson Haase Mazzei, Ernesto Bethke Wulf, Juan Jara Quintana e Hernán Chacón Soto sono gli assassini condannati. Per mezzo secolo questi criminali hanno goduto di impunità e privilegi: una carriera militare, stipendi pubblici, onorificenze, medaglie e una comoda pensione pagata da tutti i cileni. Hanno avuto molto tempo per pentirsi, confessare e contribuire a chiarire la verità e rimediare in parte al dolore causato. Invece hanno scelto di vivere tutta la loro vita da vigliacchi. Ma ora la giustizia li ha finalmente raggiunti. Uno dei condannati, Chacón, si è suicidato poco dopo aver saputo della sentenza. Il presidente Boric ha parlato di chi “muore vilmente per non affrontare la giustizia”. Ma il suicidio, anche di un criminale spregevole, è una decisione intima, che è meglio non giudicare. Chacón è stato un vigliacco non per come è morto, ma per come visse e per come uccise. Per come abusò di un uomo indifeso, armato solo di un taccuino e di una matita. “Canto, come mi riesci male / quando devo cantare l’orrore. / Orrore come quello che vivo, come quello che muoio, orrore”. Le parole di Jara e il suo nome sono immortali. Quelle dei suoi assassini solo una nota a piè di pagina nella storia dell’orrore. u fr
“Il 3 settembre il tribunale supremo elettorale ha ritirato in modo temporaneo la sospensione di Semilla, il partito di centrosinistra di Bernardo Arévalo, un sociologo di 64 anni che il 20 agosto ha vinto a sorpresa le elezioni presidenziali”, scrive l’Afp. Il partito era stato accusato di irregolarità nella registrazione di alcuni suoi iscritti. L’elezione di Arévalo mette fine a dodici anni di governi di destra.
Sciopero all’orizzonte “Il settore automobilistico sta andando verso uno sciopero che potrebbe avere conseguenze pesanti per tutta l’economia statunitense”, scrive l’Associated Press. Il sindacato United auto workers e le case automobilistiche stanno negoziando un nuovo contratto collettivo, ma al momento le parti sono lontane. Il termine per trovare un accor-
do è il 14 settembre, quando scadrà il contratto attuale. Il sindacato chiede aumenti salariali del 46 per cento, una settimana di 32 ore lavorative ma con la retribuzione delle attuali quaranta e una serie di benefit. La General Motors, la Stellantis e la Ford considerano irrealistiche queste richieste. I colloqui si svolgono mentre le case automobilistiche spendono decine di miliardi di dollari per passare ai veicoli elettrici, il cui assemblaggio richiede meno lavoratori rispetto alle auto tradizionali.
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Asia e Pacifico
DITA ALANGKARA (AFP/GETTY)
I leader dell’Asean al vertice di Jakarta, Indonesia, 5 settembre 2023
BIRMANIA
L’alleanza asiatica è inutile nella crisi birmana Bertil Lintner, The Irrawaddy, Thailandia L’Associazione dei paesi del sudest asiatico (Asean) non ha fatto nulla dopo il golpe militare. E, con l’occidente distratto dall’Ucraina, la Cina ha assunto un ruolo centrale ue anni e mezzo dopo il golpe militare in Birmania, ci si chiede non tanto cosa possano fare gli altri paesi dell’Associazione delle nazioni del sudest asiatico (Asean), ma se l’organizzazione sopravvivrà alla crisi. Per i suoi detrattori, l’Asean ha mostrato ancora una volta i suoi punti deboli, scivolando dall’impotenza politica all’ir-
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rilevanza regionale. Tutti i segnali indicano che la Cina ha preso l’iniziativa rafforzando ulteriormente la sua posizione, mentre l’occidente, che di solito è presente quando si tratta di fare pressione sui generali al potere in Birmania, è occupato con la guerra in Ucraina. Il primo, debole tentativo dell’Asean di affrontare la presa del potere del generale Min Aung Hlaing risale al 24 aprile 2021, quasi tre mesi dopo il golpe. Allora il capo della giunta militare aveva incontrato i leader degli altri nove stati membri a Jakarta accordandosi su una “intesa (consensus) in cinque punti”, che invocava l’immediata fine delle violenze e l’instaurazione di un “dialogo costruttivo” tra “tutte le parti coinvolte”. La parola
consensus era stata scelta con molta attenzione perché è uno dei due princìpi cardine dell’Asean, insieme alla “non interferenza”. Di fatto significa che il blocco non può intervenire contro nessuno dei partner né in un loro conflitto. Dalla sua istituzione nel 1967, l’Asean ha vissuto molti momenti di questo tipo: l’invasione di Timor Leste da parte dell’Indonesia nel 1975; le infinite dispute di confine tra Thailandia e Laos, Cambogia e Vietnam e Malaysia e Filippine; gli scontri alla frontiera tra Thailandia e Cambogia. E non ha fatto nulla per risolvere questi problemi. Non c’è da stupirsi, quindi, se Min Aung Hlaing ha creduto di poter ignorare l’intesa e continuare con la sua sanguinosa campagna contro la resistenza. Nel frattempo i manifestanti contrari al colpo di stato hanno bruciato la bandiera dell’Asean per le strade di Yangon e Mandalay, accusando l’organizzazione di non essere credibile e di aver legittimato il potere della giunta. Gli inviati dell’Asean in Birmania non hanno avuto il permesso di incontrare Aung San Suu Kyi, la leader di fatto del governo civile deposto dai gene-
rali, che oggi è in carcere. Lo stesso vale per gli inviati dell’Onu e per gli avvocati di Suu Kyi. Poi però l’11 giugno, a sorpresa, il ministro degli esteri tailandese Don Pramudwinai l’ha incontrata nel carcere di Naypyitaw. Don ha incontrato anche Min Aung Hlaing e, a margine di un incontro tra ministri degli esteri a Jakarta, ha informato gli altri stati dell’Asean. Non è chiaro come e da chi sia stato organizzato il viaggio di Don. Un indizio è arrivato alla fine di luglio, quando Deng Xijun, inviato speciale della Cina, è andato in Birmania. Anche se non ci sono conferme ufficiali, pare che anche Deng abbia incontrato Aung San Suu Kyi, che a quel punto era stata trasferita dalla sua cella a un alloggio più comodo nella capitale. La giunta ha anche annunciato una grazia parziale per lei, una misura salutata da molti come un “passo avanti” o addirittura, per usare le parole di Don, come una “svolta”. A molti è sfuggito che la grazia era per lo più simbolica. Aung San Suu Kyi, condannata a 33 anni di carcere, dovrà scontarne ancora 27. Gli incontri a Naypyitaw hanno spinto Malaysia e Filippine a dire che i paesi dell’Asean dovrebbero poter mettere in campo una loro strategia per affrontare la crisi birmana. In altri termini, l’Asean come gruppo è diventata superflua. L’8 agosto il presidente indonesiano Joko Widodo ha affermato che il blocco, Birmania inclusa, deve continuare a collaborare per risolvere la crisi: “L’Asean è una grande nave che deve andare avanti, non può affondare, perché abbiamo una responsabilità nei confronti delle centinaia di milioni di persone a bordo”. Il blocco però è già affondato. Secondo fonti interne, è stata la Cina ad aver preparato il terreno per gli incontri di Don a Naypyitaw, e la visita di Deng, un mese dopo, ha confermato il ruolo di Pechino. Mentre l’occidente presta poca attenzione alla Birmania, la Cina sta diventando l’unico giocatore in campo. Non sono buone notizie per la Birmania, e comunque è stato sciocco aspettarsi che l’Asean potesse promuovere la democrazia. Nel febbraio 2021, due settimane dopo il golpe, l’ex premier australiano Kevin Rudd, all’epoca presidente dell’Asia society, aveva detto che bisognava percorrere la strada del dialogo con i golpisti sotto “la guida dell’Asean”. Il 30 aprile 2021 l’Unione europea, che ha
imposto sanzioni contro i golpisti, dichiarava di “essere pronta a sostenere l’Asean per facilitare un dialogo costruttivo e riportare la Birmania su un percorso di democrazia”. Si dimentica spesso, però, che l’Asean è un consesso di regimi per lo più non democratici. Vietnam e Laos sono dittature guidate da partiti comunisti e la Cambogia è governata da un regime autoritario che non ha mostrato nessun interesse ad aderire ai princìpi democratici. Il Brunei è una monarchia assoluta. La Malaysia ha alternato periodi di repressione ad altri di maggiore apertura. Singapore non è famosa per il rispetto delle opinioni dei dissidenti e in Thailandia l’esercito ha più volte fatto colpi di stato contro governi eletti (a maggio si sono tenute le elezioni, ma il senato, nominato dai militari, ha bocciato il governo del partito vincitore). Le Filippine hanno istituzioni democrati-
È stato sciocco aspettarsi che l’Asean potesse promuovere la democrazia che ma sono tormentate dalla corruzione, mentre l’ex presidente Rodrigo Duterte è accusato dal procuratore capo della Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità. E poi naturalmente c’è la Birmania. Dei dieci paesi dell’Asean, solo l’Indonesia, ora presidente di turno, potrebbe essere considerata un paese stabile e ragionevolmente democratico. Proprio all’Indonesia gli organismi internazionali, inclusa l’Onu, si sono rivolti perché assumesse un ruolo di primo piano nella soluzione della crisi birmana. Progressi però non ce ne sono stati, a causa delle norme che stabiliscono ciò che l’Asean può o non può fare. Nel frattempo ad agosto il primo ministro di Timor Leste Xanana Gusmão ha dichiarato che, se il blocco non fosse riuscito a risolvere il conflitto in Birmania il suo paese avrebbe riconsiderato l’idea di accedere all’Asean. “Timor Leste, un paese che ha sposato la democrazia, non può accettare in alcun modo regimi guidati da giunte militari e non potrebbe ignorare le violazioni dei diritti umani commesse in Birmania”, ha aggiunto Gusmão.
La presidenza dell’Asean ruota ogni anno seguendo l’ordine alfabetico dei nomi inglesi degli stati membri, il che vuol dire che nel 2024 toccherà al Laos (nel 2026 sarebbe la volta della Birmania/ Myanmar, ma al vertice dell’Asean che si chiude l’8 settembre, dove il generale birmano Min Aung Hlaing non è stato invitato, si è deciso che salterà il turno). Vientiane non è famoso per prendere l’iniziativa in politica estera e dipende fortemente dalla Cina, che in Laos ha fatto grossi investimenti in progetti infrastrutturali: la ferrovia ad alta velocità che collega i due paesi, diverse dighe per la produzione di energia idroelettrica, l’istituzione di zone economiche speciali.
L’abbraccio di Pechino L’esercito birmano, fortemente nazionalista, ha cercato per anni di alleggerire la sua dipendenza dalla Cina, prima avviando relazioni nella difesa con la Russia e con la Corea del Nord e poi, dopo le elezioni del 2010, cercando di stabilire un rapporto del tutto nuovo con l’occidente, che prevedeva l’apertura del paese e la concessione, senza precedenti, di libertà politiche. Tutto è cambiato nel 2021, con il golpe di Min Aung Hling. Le relazioni con la Russia sono più strette che mai e pare che la giunta abbia ristabilito un certo grado di cooperazione con Pyongyang. E alla fine i militari birmani hanno dovuto implorare il sostegno di Pechino per poter sopravvivere. Il prezzo da pagare è stato molto alto. Il 22 agosto Irrawaddy ha scritto che la Cina sta aiutando la giunta a suon di miliardi, per un valore che copre il 23,5 per cento del totale degli investimenti stranieri. Vale la pena di osservare che quei soldi sono quasi tutti destinati allo sviluppo di impianti per l’energia idroelettrica – di cui Pechino sarà la principale beneficiaria –, di ferrovie e altre infrastrutture che legheranno in modo ancora più stretto il paese alla Cina. Il che vuol dire più soldi nelle tasche dei militari e pochi miglioramenti nelle condizioni di vita dei birmani. Mentre l’Asean rischia di non avere un futuro, la Cina consolida il suo ruolo di potenza dominante nell’Asia sudorientale. Quando l’occidente se ne renderà conto, probabilmente dopo la fine della guerra in Ucraina, potrebbe essere troppo tardi. E il sogno di una Birmania democratica e federale sarà più lontano. u gim Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Asia e Pacifico Seoul. 2 settembre 2023
COREA DEL NORD
AUSTRALIA
Obiettivi lontani
Il leader nordcoreano Kim Jong-un andrà presto a Mosca per parlare con il presidente russo Vladimir Putin dell’eventualità di fornire armi alla Russia. Mosca e Pyongyang non hanno confermato la notizia, rivelata da un funzionario statunitense ai mezzi d’informazione. Secondo il New York Times Kim viaggerà su un treno blindato probabilmente già la prossima settimana. La Casa Bianca ha dichiarato che se Pyongyang venderà armi alla Russia ne pagherà le conseguenze. Il ministro della difesa russo Sergej Sojgu, ha detto che Russia e Corea del Nord stanno valutando la possibilità di fare esercitazioni militari congiunte, scrive la Bbc.
Le emissioni di gas serra in Australia hanno ripreso ad aumentare in modo notevole e Canberra ha poche possibilità di raggiungere gli obiettivi sul clima che si era data, scrive il Saturday Paper. Il governo si è impegnato a ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra del 43 per cento rispetto ai livelli del 2005. Per farlo le emissioni dovrebbero diminuire di un paio di punti percentuali ogni anno, invece negli ultimi 12 mesi sono aumentate dello 0,9 per cento. Il problema è che, rispetto al 2005, il gas serra prodotto dal settore dei trasporti si è incrementato di quasi un quinto. La crescita recente è dovuta al traffico aereo, accresciuto in un anno del 63,4 per cento, ma anche le emissioni del trasporto su gomma hanno ricominciato a salire dopo la pandemia.
JUNG YEON-JE (AFP/GETTY)
Kim Jong-un a Mosca
COREA DEL SUD
Insegnanti sotto pressione Il 2 settembre a Seoul centomila insegnanti hanno manifestato davanti al parlamento chiedendo più protezione contro il rischio di essere accusati di molestie se puniscono gli studenti. La legge sulla tutela dei minori, infatti, include una clausola ambigua che permette ai genitori di denunciare gli insegnanti anche per “ragionevoli azioni pedagogiche”. In Corea del Sud, dove le scuole sono molto competitive, le pressioni delle famiglie sugli insegnanti possono essere molto forti. Proteste simili si sono svolte anche nel resto del paese per commemorare il suicidio, a luglio, di un’insegnante delle elementari minacciata dai genitori dei suoi alunni. Dal 2018 sono un centinaio gli insegnanti della scuola pubblica che si sono tolti la vita.
ROSLAN RAHMAN (AFP/GETTY)
PAKISTAN
Nikkei Asia, Giappone
SINGAPORE
Il presidente più amato Tharman Shanmugaratnam è il nuovo presidente di Singapore, eletto il 1 settembre con il 70,4 per cento dei voti. Ex ministro delle finanze e viceprimo ministro, Shanmugaratnam è uno dei politici più popolari della città stato. Quando mesi fa ha annunciato la sua candidatura molti hanno considerato la sua scelta uno spreco, dato che il ruolo di presidente è in gran parte di rappresentanza, scrive Asia Times.
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Il governo pachistano fatica a contenere la rabbia della popolazione per i prezzi dell’energia elettrica, che hanno raggiunto livelli insostenibili. Il 2 settembre in molte città i negozi sono rimasti chiusi per protesta e decine di migliaia di persone hanno sfilato per le strade bruciando le bollette. Le proteste sono cominciate la terza settimana di agosto, quando i pachistani hanno ricevuto le bollette di luglio. Normalmente la spesa per l’elettricità ammonta al 15-20 per cento di quella totale delle famiglie, ma quest’estate è arrivata anche al 200 per cento, scrive Nikkei Asia. Gli impegni presi con il Fondo monetario internazionale limitano il margine di manovra del governo ad interim, che si prepara a una nuova ondata di malcontento. È molto probabile, infatti, che le elezioni previste per novembre saranno rimandate. La situazione non fa che alimentare la popolarità dell’ex primo ministro Imran Khan, in carcere per corruzione. ◆
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LAUREN DECICCA (GETTY)
Energia alle stelle
IN BREVE
Thailandia Il 1 settembre l’ex primo ministro Thaksin Shinawatra, rientrato in Thailandia ad agosto dopo 15 anni di esilio volontario, ha ricevuto il perdono reale con una riduzione a un anno della pena che sta scontando in carcere per corruzione e abuso di potere. Cina Il presidente Xi Jinping non parteciperà al G20 in programma il 9 e 10 settembre a New Delhi, in India. Al suo posto sarà presente il primo ministro Li Keqiang. È la prima volta dal 2008 che un presidente cinese è assente dal vertice.
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Europa Manifestazione contro il blocco a Stepanakert, 25 luglio 2023
de di ore per il pane. Non ci sono più trasporti pubblici, non è possibile consegnare i prodotti agricoli locali e l’elettricità e il gas sono razionati. Il sistema sanitario è prossimo al collasso. Secondo il ministro della salute Vardan Tadevosyan tutte le operazioni chirurgiche tranne le più urgenti sono state sospese e c’è una grave carenza di medicinali di base. I reparti di maternità sono in crisi: più del 90 per cento delle donne incinte soffre di anemia e gli aborti spontanei sono triplicati.
ANI BALAYAN (AFP/GETTY)
Vittoria incompleta
ARMENIA-AZERBAIGIAN
Il Nagorno Karabakh sull’orlo della fame Laurence Broers, The Times, Regno Unito Da quasi tre mesi le autorità azere bloccano l’unica via d’accesso all’enclave armena, dove scarseggiano i prodotti essenziali. Secondo alcuni l’obiettivo è la pulizia etnica entre l’inverno si avvicina, decine di migliaia di civili rischiano di soffrire la fame in una contesa regione montuosa dell’Azerbaigian, dove una crisi in corso da quasi tre mesi sta arrivando al punto di rottura. Il Nagorno Karabakh, abitato in maggioranza da armeni, si era separato dalla neonata repubblica dell’Azerbaigian dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Ne era scaturita una guerra che aveva provocato migliaia di vittime, e costretto centinaia di migliaia di azeri a fuggire dalla regione. Il conflitto è rimasto congelato per decenni, finché nel 2020 l’Azerbaigian ha ribaltato la situazione in una seconda guerra, recuperando gran parte dei territori persi negli anni novanta. A quel punto i circa 120mila armeni del
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Nagorno Karabakh si sono ritrovati circondati da territori controllati da Baku. L’unico collegamento tra la regione e il mondo esterno era il corridoio di Laçın, una striscia di terra lunga cinque chilometri che univa la regione all’Armenia. In base al cessate il fuoco del 2020, il corridoio avrebbe dovuto essere controllato dalle forze di pace russe. Ma a dicembre del 2022 è stato bloccato da un gruppo di sedicenti ambientalisti azeri, che protestavano contro l’estrazione illegale di minerali nel Nagorno Karabakh. Secondo il governo azero inoltre il corridoio era usato per fornire armi alle milizie armene. Nonostante i timori di una crisi umanitaria, però, le consegne di viveri e medicinali della Croce rossa e delle forze di pace russe non si erano fermate. La situazione è cambiata nuovamente a giugno, quando l’Azerbaigian ha prima limitato e poi chiuso definitivamente l’accesso alla zona. Da allora nella regione non arrivano più provviste, latte in polvere, prodotti per l’igiene e farmaci. I corrispondenti stranieri hanno riferito che mancano viveri e carburante, i bazar e i supermercati sono vuoti e si formano co-
L’attenzione internazionale è aumentata progressivamente anche grazie al rapporto di Luis Moreno Ocampo, ex procuratore capo della Corte penale internazionale, secondo cui in Nagorno Karabakh è in corso un genocidio. L’Azerbaigian nega che ci sia una crisi umanitaria, e ha proposto un percorso alternativo per i rifornimenti destinati alla popolazione armena, che dovrebbe passare per la città azera di Ağdam. Ma gli armeni del Nagorno Karabakh hanno bocciato questa soluzione perché violerebbe gli accordi del 2020, che garantivano la libera circolazione lungo il corridoio di Laçın. La loro reazione ha alimentato in Azerbaigian la convinzione che non ci sia nessun blocco, e che nella regione sia in corso una sorta di sciopero della fame collettivo. La questione delle due rotte fa capire quale sia la reale posta in gioco: il controllo del Nagorno Karabakh. Nel 2020 l’Azerbaigian ha ottenuto una vittoria schiacciante ma incompleta. Il Nagorno Karabakh è stato ridotto a un’enclave precaria, ma una parte resta fuori dal controllo di Baku. Questo ha permesso la sopravvivenza della repubblica dell’Artsakh, proclamata dagli armeni all’inizio degli anni novanta. L’invio delle forze di pace russe, inoltre, ha segnato una sconfitta simbolica per l’Azerbaigian, che nel 2013 aveva celebrato la rimozione delle ultime strutture militari del suo ex dominatore. L’invasione russa dell’Ucraina ha offerto a Baku l’occasione inaspettata di “completare” la vittoria del 2020. L’Azerbaigian, infatti, è diventato un paese più importante per la Russia, soprattutto come snodo dei collegamenti con l’Iran e la Turchia. Inoltre le sue riserve di gas e petrolio sono diventate ancora più importanti per l’Unione europea. Il 31 agosto Hikmet Hajiyev, consulente di politica
50 km
Regione autonoma del Nagorno Karabakh
AZERBAIGIAN
UCRAINA
RUSSIA-TURCHIA
Lotta alla corruzione
Amici come prima
Ağdam
La campagna contro la corruzione in Ucraina ha preso di mira due dei personaggi più in vista del paese nel giro di pochi giorni. Il 2 settembre l’uomo d’affari Ihor Kolomoiskyj (nella foto), uno dei principali sostenitori di Volodymyr Zelenskyj durante la campagna per le presidenziali del 2019, è stato arrestato con l’accusa di frode e riciclaggio di denaro. Il giorno successivo Zelenskyj ha annunciato la rimozione del ministro della difesa Oleksij Reznikov, da mesi oggetto di forti polemiche dopo la scoperta di numerosi casi di corruzione all’interno delle forze armate. A prendere il suo posto sarà Rustem Umerov. u Il 6 settembre un missile russo ha colpito un mercato a Kostjantynivka, vicino al fronte del Donbass, uccidendo almeno 17 persone.
Stepanakert
ARMENIA
AZERBAIGIAN
estera del presidente azero Ilham Aliyev, ha illustrato la posizione di Baku: “L’Azerbaigian non può più tollerare l’esistenza di una zona grigia sul suo territorio. Il regime illegale deve essere sciolto e disarmato”. Aliyev ha dichiarato che il corridoio di Laçın potrà essere riattivato solo dopo l’apertura della rotta di Ağdam e dovrà rispettare il regime doganale azero. Recentemente il presidente del consiglio europeo Charles Michel ha spiegato che sono in corso dialoghi con l’Azerbaigian, l’Armenia e gli armeni del Nagorno Karabakh su un piano per la progressiva riapertura dei due percorsi. La ripresa dei collegamenti tra il Nagorno Karabakh e l’Azerbaigian dopo trent’anni sarebbe un passo storico, ma avverrebbe in un clima di totale diffidenza dovuto al blocco e alle continue violazioni del cessate il fuoco. Resta da vedere se il corridoio di Laçın rimarrà transitabile anche dopo l’apertura della rotta di Ağdam, e a quali condizioni. Gli armeni potranno lasciare il Nagorno Karabakh attraverso il corridoio, ma non è chiaro quali sarebbero i requisiti per rientrare. Baku insiste sul “reintegro” della popolazione armena nello stato azero, ma non ha ancora presentato nessun piano concreto in questo senso. Con la stagione fredda alle porte, gli armeni del Nagorno Karabakh si preparano a nuove sofferenze e temono che Baku voglia spingerli ad abbandonare quella che considerano la loro casa, un piano che equivarrebbe alla pulizia etnica. u as Laurence Broers si occupa di Caucaso per il centro studi britannico Chatham house. Ha scritto Armenia and Azerbaijan: anatomy of a rivalry (Edinburgh University Press 2019)
VLADYSLAV MUSIIENKO (REUTERS/CONTRASTO)
Territori controllati dall’Armenia Aree riconquistate dall’Azerbaigian durante il conflitto del 2020 Aree cedute dall’Armenia all’Azerbaigian dopo il conflitto
UNIONE EUROPEA
Vestager va in congedo La commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager ha lasciato temporaneamente l’incarico per candidarsi alla guida della Banca europea per gli investimenti. Le sue funzioni sono state assegnate al commissario alla giustizia Didier Reynders.
Soči, Russia, 4 settembre 2023
SERGEI GUNEEV (REUTERS/CONTRASTO)
Corridoio di Laçın
L’incontro del 4 settembre tra il presidente russo Vladimir Putin e quello turco Recep Tayyip Erdoğan, il primo da quasi un anno, rappresenta un tentativo di rilanciare la loro turbolenta partnership strategica dopo mesi di crisi: Putin era stato irritato dai segnali di distensione lanciati da Erdoğan all’occidente dopo la sua rielezione a maggio, in particolare sull’adesione dell’Ucraina alla Nato. I due hanno parlato di diversi progetti di cooperazione, ma Erdoğan non è riuscito a ottenere la ripresa dei negoziati sull’accordo per l’esportazione dei cereali ucraini attraverso il mar Nero, da cui Mosca si è ritirata a luglio. Putin ha confermato che è disposto a trattare solo se saranno cancellate le sanzioni che limitano il commercio di prodotti agricoli e fertilizzanti russi. Il giorno dopo un nuovo bombardamento russo ha colpito il porto fluviale di Izmail, usato dall’Ucraina per esportare i suoi cereali dopo la fine dell’accordo. u
SPAGNA
Le condizioni di Puigdemont Dopo settimane di ipotesi, l’ex presidente catalano Carles Puigdemont ha messo nero su bianco le condizioni che i partiti spagnoli dovranno soddisfare per ottenere il sostegno di Junts per Catalunya, divenuto l’ago della bilancia in parlamento dopo le elezioni del 23 luglio. Puigdemont ha chiesto un “accordo storico” per mettere fi-
ne alla questione catalana, che preveda un’amnistia per tutti i leader separatisti condannati per il referendum sull’indipendenza del 2017 (tra cui lui stesso) e il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione della regione, ma non ha chiesto esplicitamente l’autorizzazione a indire una nuova consultazione legalmente valida. Secondo El País è un segnale di pragmatismo che spiana la strada all’inizio delle trattative con il Partito socialista del premier Pedro Sánchez.
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FRANCO ORIGLIA (GETTY)
I resti del Dc-9. Pratica di Mare, Italia
GIUSTIZIA
Perché si torna a parlare della strage di Ustica
posizionati sulla sua scia per nascondersi ai radar. All’epoca Gheddafi, pur essendo vicino all’Italia, guidava un regime antioccidentale ed era coinvolto in un conflitto in Ciad, dove la Francia sosteneva i suoi avversari. La pista di un legame tra l’incidente e le tensioni tra Parigi e Tripoli si è rivelata difficile, ma ha fatto più volte irruzione nel dibattito pubblico. Gli inquirenti hanno incontrato molti ostacoli: secondo il giornalista Andrea Purgatori, uno specialista della vicenda morto da poco, l’indagine è stata segnata dalla morte sospetta di una ventina di testimoni. Già nel 2008 l’ex presidente della repubblica Francesco Cossiga aveva parlarto di responsabilità della Francia, provocando la riapertura delle indagini. Nel 2011 il giudice Rosario Priore, che per dieci anni ha seguito il caso, denunciò l’ostruzionismo di Parigi. Nel 2013 la corte di cassazione ha attribuito l’esplosione letale a un missile aria-aria, ma senza stabilire la nazionalità dell’aereo responsabile del lancio.
Un’ipotesi condivisa
Allan Kaval, Le Monde, Francia L’ex presidente del consiglio italiano Giuliano Amato ha rilanciato la tesi secondo cui dietro l’incidente aereo del 1980 ci sono responsabilità della Francia mai chiarite l disastro aereo avvenuto nei pressi dell’isola di Ustica la sera del 27 giugno 1980 è una delle tante tragedie in parte ancora oscure che costellano la storia dell’Italia repubblicana e continuano a infestarne la memoria. L’idea di un coinvolgimento francese nel dramma, sullo sfondo delle tensioni geopolitiche all’epoca molto forti tra Parigi e la Libia, è stata rilanciata dall’ex presidente del consiglio italiano Giuliano Amato. In un’intervista al quotidiano La Repubblica del 2 settembre 2023, Amato ha ripreso la tesi sostenuta dalle famiglie delle vittime, secondo cui un aereo francese avrebbe lanciato un missile colpendo il Dc-9 in volo da Bologna a Palermo e provocando la morte dei suoi 81 passeggeri. “La versione più credibile è quella della
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responsabilità dell’aeronautica francese, con la complicità degli americani”, ha dichiarato Amato, che oggi ha 85 anni e ha guidato il governo italiano dal 1992 al 1993 e tra il 2000 e il 2001. Amato ha precisato di essersi interessato al caso nel 1986, quando era ministro degli esteri e il presidente del consiglio era Bettino Craxi, suo compagno nel Partito socialista italiano (Psi). Secondo l’ipotesi a cui Amato attribuisce maggiore credibilità, un caccia francese prese di mira nello spazio aereo italiano un aereo libico sul quale avrebbe dovuto viaggiare il leader libico Muammar Gheddafi, sferrando un attacco di cui i passeggeri del Dc-9 furono vittime collaterali. Il tentativo di uccidere Gheddafi sarebbe stato pianificato con la copertura di esercitazioni militari della Nato nel mar Mediterraneo. Amato sostiene che Gheddafi era stato avvertito da Bettino Craxi, all’epoca segretario del Psi, ma che ci furono comunque combattimenti aerei che coinvolsero apparecchi libici nelle vicinanze del Dc-9. L’aereo sarebbe stato distrutto da un missile lanciato contro uno o due caccia libici che si erano
Le dichiarazioni di Amato riprendono quindi un’ipotesi condivisa negli ambienti interessati alla vicenda in Italia, ma che non è mai stata dimostrata in via definitiva dalla giustizia. Daria Bonfietti, che presiede l’associazione dei familiari delle vittime, ha dichiarato a Repubblica che la Francia deve “porre fine alle bugie di stato”. Nella sua intervista anche Amato aveva lanciato un appello: “Mi chiedo perché un giovane presidente come Macron non voglia togliere l’onta che pesa sulla Francia. E può toglierla solo in due modi: dimostrando che questa tesi è infondata oppure porgendo le scuse più profonde all’Italia e alle famiglie delle vittime in nome del suo governo”. La presidente del consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato che le parole “importanti e degne di attenzione” di Amato sono “frutto di deduzioni personali” e l’ha invitato a rendere noto se ha elementi precisi che permetterebbero di riaprire le indagini. La ministra francese degli esteri Catherine Colonna ha dichiarato che Parigi ha fornito “gli elementi a sua disposizione tutte le volte che è stata sollecitata” e che resta “a disposizione per lavorare con l’Italia se ne viene fatta richiesta”. u gim Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Le opinioni
In Israele regna l’ingiustizia suprema Gideon Levy a querelante numero 6 è una bambina sì da non mandare completamente in frantumi il di tre anni. La numero 5 è una ragazza prestigio della corte. di undici. Il querelante numero 4 è un Probabilmente quei tre giudici non hanno mai brillante studente delle superiori. Il visitato il campo di Shuafat, e non hanno idea di conumero 3 fa le pulizie dentro l’ospeda- me si viva in quel posto. È uno dei campi profughi più le Hadassah di Ein Karem, un quartie- duri del paese. Gli è stato fornito un rapporto sull’inre di Gerusalemme. Il ricorrente numero 1 è un im- terrogatorio del padre di M.Z., condotto da un agenprenditore nel settore delle ristrutturazioni e la nu- te dello Shin bet. Al punto numero 10 di quel documero 2 è sua moglie. Vivono tutti insieme in un ap- mento l’agente scrive che era un amico di Mohampartamento fatiscente nel campo promed Ali Abu Saleh, ucciso a colpi d’arfughi di Shuafat, un quartiere a mag- Il fatto che siano ma da fuoco dopo aver minacciato i gioranza araba della città. Lo stato sempre demolite soldati israeliani con una pistola gioisraeliano ha intenzione di demolire la le abitazioni cattolo, mentre un’altra casa del camloro casa, e loro hanno fatto ricorso alla degli attentatori po veniva demolita. corte suprema in un vano tentativo di palestinesi, Secondo l’accusa, M.Z. aveva trovafermare questo spregevole provvedi- e mai quelle degli to un coltello vicino alla casa di sua zia mento. La corte suprema, nella sua attentatori ebrei, e d’impulso aveva deciso di accoltellafunzione di massimo tribunale milita- è la quintessenza re l’agente in risposta all’uccisione del re israeliano, ha approvato la demolisuo amico. I genitori e i fratelli molto di un sistema zione il 24 agosto. Era scontato. probabilmente non avevano idea delle A intervalli di poche settimane i simile all’apartheid sue intenzioni, ma la sorellina di tre giudici della corte suprema sono chiaanni ora pagherà il prezzo del suo gemati a prestare servizio. Questo succede quando sto. Anche lei perderà la casa, per gentile concessioqualcuno fa causa alle istituzioni militari. Non in- ne della corte suprema israeliana. dossano uniformi, come sarebbe appropriato, né i La demolizione di una casa è una punizione colgradi da ufficiale, ma vestono in color cachi e il loro lettiva, un crimine di guerra. Distruggere quella deltribunale funziona esattamente come quello milita- la famiglia di un tredicenne è ancora più grave e inre della base di Ofer, in Cisgiordania. È difficile tro- concepibile. Il fatto che siano sempre demolite le vare le differenze tra i giudici dell’alta corte e qua- abitazioni degli attentatori palestinesi, e mai quelle lunque altro magistrato militare a cui è stato ordina- degli attentatori ebrei, è la quintessenza di un sisteto di approvare ogni ingiustizia. ma giudiziario simile all’apartheid. La corte supreI due tribunali hanno un’identica finalità ideolo- ma non ha neppure aspettato che il ragazzo fosse gica: legittimare, insabbiare e approvare qualunque condannato (il suo processo è in corso), provando cosa gli venga chiesta dall’esercito e dallo Shin bet (i che quando si tratta di palestinesi non c’è bisogno di servizi segreti israeliani), e respingere qualunque una sentenza. istanza legata all’occupazione che chieda giustizia, M.Z. ha pugnalato un agente su un autobus dopo il rispetto dei diritti umani, o semplicemente un po’ che il suo amico era stato ucciso durante una demolidi umanità. Il faro della giustizia spegne la sua luce, zione avvenuta poco prima. Ora a bordo campo a e l’oscurità scende finché la corte non torna a occu- scaldarsi c’è il prossimo attentatore, che crescerà sulparsi delle questioni civili, quando la sua natura illu- le rovine della casa di M.Z. I giudici di maggioranza minata si manifesta nuovamente. dicono che la demolizione scoraggerà i genitori, ma è In questa realtà deprimente ci sono alcuni aspetti un’affermazione ridicola e tristemente scollegata dalancora peggiori. Per esempio la sentenza 5933/23, su la realtà. un ricorso presentato dalla famiglia di M.Z., un raAll’ingresso del campo di Shuafat c’è un posto di gazzino accusato di aver accoltellato un poliziotto blocco con truppe d’assalto che dominano sugli abisenza ucciderlo. Il poliziotto era morto in seguito, tanti. La polizia attacca il campo ogni giorno e ogni quando una guardia di sicurezza ha aperto il fuoco. notte e commette violenze su chi vive lì. Il tredicenne La famiglia del bambino chiedeva alla corte di bloc- M.Z era abbastanza grande da rendersi conto che docare la demolizione della loro casa. veva fare qualcosa. Gli arbitri della giustizia hanno Con la maggioranza di due giudici contro uno, il pensato che la sua famiglia dovesse essere crudeltribunale ha approvato la demolizione. È bello avere mente punita per questo. Non ci sono parole per queun magistrato onesto in posizione di minoranza, co- sta vergogna. u fdl
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GIDEON LEVY
è un giornalista del quotidiano israeliano Haaretz, su cui è uscito questo articolo.
Le opinioni
A Hong Kong è meglio non fare troppe domande Ilaria Maria Sala ong Kong continua a cambiare nel volto di chi si allontanava dopo aver riconosciuto giorno dopo giorno, mentre le au- il brano. A Hong Kong sono finiti i tempi in cui per torità locali cercano di rimodella- strada si poteva chiedere tranquillamente a qualcure tutti gli aspetti della vita quoti- no la sua opinione su una canzone o su uno slogan. Il diana seguendo il modello di Pe- musicista, intanto, continuava ad accompagnare chino. Nel 2o20 il presidente cine- con i movimenti del corpo le note dell’inno alla città, se Xi Jinping ha imposto una legge sulla sicurezza scritto dai manifestanti del 2019. nazionale a Hong Kong per punire gli atti di sovverIn un’altra occasione, nell’area ristorazione di un sione, secessione, terrorismo e “complicità con le piccolo centro commerciale di un quartiere operaio, forze straniere”, vietando molti degli un venditore di spaghetti in brodo aveslogan che hanno caratterizzato le ma- Dopo l’approvazione va appeso una frase beneaugurante nifestazioni a favore della democrazia della legge sulla accanto alla finestrella da cui porgeva sicurezza nazionale le scodelle piene. C’era scritto: “Cittacominciate nel 2019 in città. Leggendo i giornali locali, ho sco- sono finiti i tempi dini di Hong Kong tenete duro”. Ho perto che la legge sulla sicurezza na- in cui per strada voluto fotografarla, perché le rarità zionale dev’essere applicata pratica- si poteva chiedere vanno documentate, e lui mi ha rivolto mente in tutti i campi: ogni funzionario a qualcuno uno sguardo fugace. Si sarà chiesto governativo, dal piccolo burocrate ai la sua opinione perché facevo quella foto? Forse in dirigenti, deve farla applicare, e quindi tempi diversi i nostri sguardi si sarebsu una canzone anche i settori apparentemente più inbero incontrati in maniera molto più significanti diventano motivo d’in- o su uno slogan significativa. Anche in questo caso, per quietudini impreviste. Chi deve occunon mettere in pericolo nessuno, meparsi della raccolta dei rifiuti, per esempio, deve ri- glio non fare domande. badire in tutte le riunioni che l’applicazione della Nel frattempo il governo sta aumentando la presnorma è sua responsabilità personale. sione per cancellare il cantonese, la lingua di Hong E riguardo alla prevenzione degli incendi, l’igie- Kong, e sostituirlo con il mandarino parlato nel resto ne, la prevenzione di malattie infettive, i percorsi dei della Cina (per amore o per forza). Ha appena sciolto mezzi pubblici? Mai dimenticare i possibili risvolti la Societas linguistica hongkongensis (Slhk), un’aslegati alla legge voluta da Pechino. I tassisti sono sta- sociazione fondata da Andrew Chan che promuoveti invitati dalla polizia a denunciare immediatamen- va l’uso del cantonese e organizzava periodici conte ogni attività sospetta da parte dei loro passeggeri corsi di scrittura (contrariamente a quanto si dice, o delle persone in strada. Ai luoghi che ospitano mo- non è vero che tutti i tipi di cinese sono scritti nello stre o spettacoli è stato ricordato che tutte le loro ma- stesso modo. Infatti il cantonese, che fino a tempi nifestazioni devono salvaguardare la sicurezza na- recenti non doveva sottostare a nessuna delle politizionale. che linguistiche uniformanti promosse nel resto delIntanto continuano, a rilento, i processi a chi è la Cina, ha avuto molto tempo per sviluppare appieaccusato di averla messa in pericolo. Sugli autobus ci no la sua scrittura). sono strani annunci governativi, che a prima vista Chan è un giovane di Hong Kong e ama la sua linsembrano pubblicità di film d’azione, e invece sono gua madre. Si è spaventato dopo che la polizia speavvisi che ordinano di segnalare subito alla polizia ciale, quella responsabile di far rispettare la sicurezqualsiasi cosa desti diffidenza, oppure sono immagi- za nazionale, ha perquisito la casa dei suoi genitori, ni di poliziotti in tenuta antisommossa intenti a dove non abita più. Il motivo dell’operazione era un sventare attacchi terroristici. racconto sul sito della Slhk, pubblicato tre anni fa, Un giorno camminavo su una passerella che col- che immaginava una società distopica in cui non si lega una banca a un centro commerciale. Un signore poteva più parlare cantonese, e Hong Kong era disuonava l’erhu (uno strumento cinese a due corde) e ventata irriconoscibile. sorridendo diffondeva le note di “Gloria a Hong Il giorno della perquisizione, Chan era all’estero, Kong”, l’inno dei manifestanti che il governo sta cer- e ha dichiarato che non tornerà, aggiungendo che in cando di vietare in tutto il mondo. Un tempo qualcu- realtà la sua organizzazione era già stata chiusa. no si sarebbe fermato ad ascoltarlo, magari lascian- Aver affidato a ogni funzionario la responsabilità di do una piccola mancia. Invece stavolta tutti passava- proteggere la sicurezza nazionale produce uno zelo no veloci, e mi è sembrato di vedere sorpresa e paura che Hong Kong non aveva ancora conosciuto. u
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ILARIA MARIA SALA
è una giornalista italiana che vive a Hong Kong. Collabora con il New York Times e il Guardian. Il suo ultimo libro è L’eclissi di Hong Kong. Topografia di una città in tumulto (add editore 2022). Questo articolo è stato scritto per Internazionale.
In copertina
Una prova inv Zach Campbell e Lorenzo D’Agostino, Bloomberg Businessweek, Stati Uniti. Foto di Luca Sironi
I giudici italiani hanno condannato a pene molto severe decine di immigrati nigeriani accusati di associazione mafiosa. Ma l’esistenza di questa mafia è stata dimostrata con un documento poco credibile, scrive il settimanale statunitense na mattina di marzo del 2018 tre agenti di polizia giudiziaria sono entrati in un magazzino dell’azienda internazionale di spedizioni Dhl a Roma. Cercavano un pacco appena arrivato da Lagos, in Nigeria. Quando gli è stato consegnato l’hanno aperto e dentro c’erano due piccoli opuscoli di trenta pagine. Erano due copie dello stesso documento. La stampa era scadente, così come l’impaginazione. Sulle copertine, di cui una era girata al contrario, c’era l’immagine di un berretto verde con le parole Proudly maphite (Orgogliosamente maphite), e su ogni pagina c’era la frase: “Costituzione maphite: cosa rappresentiamo”. Un agente si è infilato dei guanti di lattice e ha appoggiato gli opuscoli su un foglio di carta bianco. Poi ci ha messo accanto un righello e ha fotografato le pagine. Gli agenti erano lì su incarico di una squadra formata da dieci persone specializzata nella tratta di persone. Tuttavia, nel giro di poco tempo quegli opuscoli hanno assunto un significato ben più vasto. Erano copie di quella che presto sarebbe stata chiamata la “bibbia verde” e che è diventata il più importante documento nella guerra dichiarata dal governo italiano contro le presunte organizzazioni criminali in cui sarebbero coinvolti migliaia di immigrati nigeriani. Tra queste
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Foto tratte da Fragments of justice, una serie sulle aule dei tribunali italiani fotografate nell’orario di chiusura.
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ce ne sarebbe anche una chiamata Maphite. Per anni in Italia i funzionari delle forze dell’ordine, la stampa e i politici di destra hanno descritto la Maphite e altri gruppi simili come una sorta di cosa nostra degli anni duemila. Durante un’indagine la polizia ha ascoltato mezzo milione di telefonate, seguito individui sospettati di far parte delle bande e fatto delle intercettazioni ambientali. Ma le prove erano ancora deboli. La polizia aveva bisogno di qualcosa di decisivo e lo ha trovato nel magazzino romano della Dhl.
Aperto un mondo “Abbiamo accertato che è una vera e propria mafia, la quinta più potente al mondo”, dice Fabrizio Lotito, il funzionario che dirigeva la Squadra antitratta (Sat) di Torino. A un primo sguardo il documento sequestrato sembra un miscuglio tra un programma e una costituzione, scritto con il tono di un cattivo dei film di James Bond che illustra il suo piano diabolico. Il testo descrive la struttura e le regole della Maphite, un’organizzazione dichiaratamente illegale: “Essendo un gruppo criminale, ci occupiamo di ogni aspetto illegale che possa far avanzare e guadagnare la Maphite”, si legge in una sezione. “Ci occuperemo di droga, omicidi su commissione, prostituzione, furti su vasta scala, scommesse e armi”. Lotito riconosce che questo non è il genere di cose che un’organizzazione criminale stampa e fotocopia. “Alcuni aspetti della bibbia verde ci sembravano strani, quasi inverosimili”, ammette. “Poi abbiamo avuto conferma dal collaboratore che
verosimile
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invece era tutto reale, e ci ha aperto veramente un mondo”. La squadra guidata da Lotito ha fatto tradurre il documento in italiano e successivamente – lavorando con l’allora sostituto procuratore della repubblica presso il tribunale di Torino, Stefano Castellani, e con altri funzionari in Italia – lo ha usato come prova principale per arrestare e processare più di settanta persone, tra cui un politico nigeriano. Alcuni degli indagati sono stati condannati a più di dieci anni di carcere. In generale l’elemento che accomuna gli accusati è l’appartenenza a una confraternita, l’equivalente di quelle universitarie negli Stati Uniti. Alcune confraternite nigeriane, nate negli anni cinquanta, si sono trasformate in organizzazioni violente. Altre, invece, formano ancora oggi reti di contatti tra ex studenti emigrati in Europa e in Nordamerica. In Italia, dove su sessanta milioni di residenti cinque milioni sono stranieri, il 2 per cento dei quali provenienti dalla Nigeria, l’opinione sulle confraternite non tiene conto di queste differenze. Nel corso degli anni le autorità e i mezzi d’informa-
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zione hanno dipinto questi gruppi come sette brutali dedite a riti sconvolgenti, incluso il cannibalismo. Un importante giornale italiano ha scritto che i gruppi nigeriani mettevano in pratica ritorsioni “a metà tra la magia nera e le vendette mafiose”. Nel 2019 il procuratore nazionale antimafia dell’epoca, Federico Cafiero De Raho, ha dichiarato che alcuni presunti criminali nigeriani usavano “rituali magici” per controllare le loro vittime. Queste tesi sono accettate senza riserve anche in ambienti rispettati, con termini che spesso sono apertamente razzisti. Il partito di estrema destra Fratelli d’Italia, che nel 2022 ha vinto le elezioni ed è al governo, ha promesso di ridurre l’immigrazione. Nel 2019, un anno dopo l’ingresso della squadra di Lotito nel magazzino della Dhl, e poco prima che la notizia dell’esistenza della bibbia verde fosse resa pubblica, Giorgia Meloni, oggi presidente del consiglio italiana è stata co-autrice del libro Mafia nigeriana, in cui si sostiene che “i membri di queste sette praticano riti di magia nera e come iniziazione bevono
sangue umano”. Il saggio mette ripetutamente in guardia il lettore sulla “sostituzione etnica” e accusa i nigeriani di “praticare il cannibalismo, strettamente legato al commercio di carne umana”. Nello stesso periodo in cui è stato pubblicato il libro, in occasione di un discorso in parlamento, Meloni ha chiesto al governo, guidato allora da Giuseppe Conte, d’impiegare l’esercito per contrastare le confraternite, che ha definito “tra le organizzazioni criminali più feroci e pericolose del mondo”. Affermazioni simili sono state fatte anche da alcuni magistrati. “Non abbiamo le prove, ma è probabile che ci siano stati cannibalismo, violenza estrema, gente fatta a pezzi”, sostiene Stefano Orsi, sostituto procuratore di Bologna, che ha rappresentato l’accusa contro 28 persone sospettate di far parte dei maphite. Orsi ritiene che i componenti di questo gruppo tendano a essere estremamente violenti e armati, anche se riconosce che nei casi esaminati non sono state trovate armi da fuoco. Orsi e altri funzionari sottolineano che da quando l’opinione pubblica, le for-
ze dell’ordine e i mezzi d’informazione sono venuti a conoscenza della bibbia verde, quattro anni fa, il documento è stato fondamentale per processare e condannare i criminali nigeriani. L’anno prima del suo ritrovamento nessun nigeriano era stato accusato in base alle leggi antimafia italiane. L’anno successivo, invece, i nigeriani processati sono stati 154, il 60 per cento di tutti gli stranieri giudicati per mafia. “Il documento ci ha aiutato a convincere il giudice che stavamo ragionando di qualcosa di effettivamente reale”, spiega Orsi. Il fatto che le confraternite siano state trattate come organizzazioni mafiose ha esposto chi ne faceva parte a punizioni più severe. In Italia l’associazione mafiosa è un reato grave. Sia Orsi sia Lotito hanno detto a Bloomberg Businessweek che sono state le intercettazioni a permettere di rintracciare la bibbia verde, e che il destinatario dell’opuscolo, un presunto capo della Maphite, è stato arrestato, processato e condannato per aver promosso e guidato un’organizzazione mafiosa.
Contraddizioni evidenti Tuttavia, secondo alcuni documenti giudiziari, nel 2021 l’ispettrice di polizia Irene Coppola ha testimoniato che un informatore in carcere ha comunicato alla sua unità i dettagli sul pacco nel magazzino della Dhl a Roma e che il destinatario non era mai stato indagato. Quando gli abbiamo fatto presenti le dichiarazioni di Coppola, Orsi e Lotito ci hanno risposto per iscritto che le intercettazioni sono state fondamentali per trovare la bibbia verde e che le indagini dei tribunali ne hanno confermato la provenienza. L’ufficio del pubblico ministero Castellani ci ha inviato una dichiarazione in cui si afferma che una recente condanna dimostra la solidità delle prove raccolte. Né la presidente del consiglio Giorgia Meloni né la direzione nazionale antimafia hanno risposto alle nostre richieste di un commento. In ogni caso queste non sono le uniche incongruenze nella storia della bibbia verde. Analizzando a fondo le circostanze del suo ritrovamento e del suo uso emerge una lunga serie di contraddizioni nell’operato delle autorità italiane. Ma sull’argomento la fonte più eloquente è proprio l’opuscolo. Uno studio attento del documento, di cui Bloomberg Businessweek ha visionato una copia, dimostra che la bibbia verde è un’accozzaglia di frasi copiate da testi di bande criminali nelle carceri degli Stati Uniti, frasi di boss famosi e
Da sapere
Il reato di associazione mafiosa l reato di associazione di tipo mafioso è definito dall’articolo 416 bis del codice penale, introdotto nel 1982. È un reato che si definisce associativo, perché punisce l’appartenenza a un gruppo mafioso formato da tre o più persone a prescindere dagli eventuali reati commessi. Le pene previste vanno dai dieci ai quindici anni di carcere per i componenti dell’associazione e dai dodici ai diciotto anni per chi la promuove o dirige. Il carattere distintivo di un’associazione di tipo mafioso, rispetto a una semplice associazione per delinquere, è il potere di intimidazione derivato dalla fama criminale dell’organizzazione. Questo potere genera, dice il 416 bis, “una condizione di assoggettamento e di omertà” nella comunità in cui agisce il gruppo mafioso, che se ne avvale per commettere delitti, controllare le attività economiche “o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti”. A partire dai primi anni duemila alcune procure hanno individuato i caratteri dell’associazione mafiosa anche in gruppi di origine straniera. Nel 2007 un giudice di Torino ha emesso la prima condanna basata sul 416 bis nei confronti di alcuni componenti di due confraternite nigeriane: la Black axe e la Eiye. La sentenza, emessa in seguito a un processo con rito abbreviato, è diventata definitiva con la pronuncia della corte di cassazione il 5 maggio 2010. Secondo la corte, la forza d’intimidazione dei due gruppi sulla comunità nigeriana, pur non riguardando il resto della società italiana, era sufficiente a giustificare l’applicazione del 416
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bis. Negli anni successivi sono state emesse condanne per mafia contro altre confraternite nigeriane: la Vikings e la Maphite. La giurisprudenza però non è d’accordo nel considerare associazioni mafiose le confraternite nigeriane in Italia. Due recenti decisioni del tribunale di Palermo hanno affermato che la Black axe e la Eiye non sono associazioni mafiose. Nel caso della Black axe la sentenza è definitiva, mentre le motivazioni della sentenza sulla Eiye non sono ancora state pubblicate. A maggio del 2021 la terza sezione penale del tribunale di Torino ha assolto due presunti affiliati ai Maphite dall’accusa di associazione mafiosa, con una sentenza che critica duramente le tesi della procura. Il potere d’intimidazione di Maphite, scrivono i giudici, graviterebbe intorno a una vendetta non eseguita per il furto di una bicicletta: “Una vicenda insignificante scaturita da un piccolo sopruso, proseguita con due settimane di chiacchiere e che alla fine si è spenta senza alcun gesto eclatante che sia dimostrativo di potere mafioso”. La sentenza sottolinea il rischio definito dalla cassazione di “‘bagatellizzazione’ del reato di associazione di tipo mafioso”: la “riduzione di scala” delle associazioni punibili con il 416 bis, a fronte di un continuo aumento delle pene, che sono arrivate a triplicare quelle originariamente previste dalla legge del 1982. Lo scorso luglio la corte d’appello di Torino ha ribaltato l’assoluzione con una sentenza di cui si attendono le motivazioni. ◆ Lorenzo D’Agostino
film sulla mafia, compresi Il padrino e Quei bravi ragazzi. Nelle loro dichiarazioni scritte Orsi e Lotito sostengono che le prove di plagio non sono un motivo valido per dubitare della veridicità del documento. Resta il fatto che la bibbia verde,in base alla data riportata dovrebbe risalire al 1978, ma buona parte del materiale che riproduce sarebbe stato pubblicato solo molti anni dopo. Eppure queste contraddizioni evidenti non sono sufficienti per tenere lontano dal carcere persone innocenti. D’altro canto i pubblici ministeri e i politici italiani parla-
no senza scomporsi di stregoneria. In Italia i mezzi d’informazione hanno l’abitudine di dipingere le attività criminali che coinvolgono i nigeriani come parte di un movimento più grande e pericoloso. Secondo Etannibi Alemika, professore di criminologia all’università di Jos, in Nigeria, specializzato nello studio del crimine organizzato, questo atteggiamento svela un misto tra ignoranza culturale, razzismo, pigrizia intellettuale e “folclore senza alcuna prova a sostegno”. Se qualcuno che ha fatto parte di una confraternita diventa uno spacciatore, spiega Alemika, Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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non significa che l’intera confraternita sia una banda di narcotrafficanti né che gli altri componenti siano colpevoli. In Italia la parola mafia ha un potere forte, per ovvie ragioni. Quando è usata, gli imputati hanno poca scelta se non quella di accettare una richiesta di giudizio abbreviato che preveda un certo periodo di detenzione, anche se il contenuto della prova principale in mano ai magistrati è così vago da essere assurdo. La stampa italiana ha pubblicato alcuni estratti della bibbia verde, ma il documento non è mai stato reso pubblico per intero, almeno a quanto ne sa Bloomberg Businessweek. Continua a essere usato, però, nei procedimenti giudiziari. La prima confraternita della Nigeria, quella dei Pyrates, è nata nel 1952, al termine di un secolo di dominio coloniale britannico. Quell’anno sette studenti decisero di creare un’associazione i cui partecipanti erano parte dell’élite dell’università di Ibadan, all’epoca amministrata dall’università di Londra, nel Regno Unito. L’idea era creare una rete studentesca anticolonialista che potesse essere presa
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sul serio per i propri meriti accademici, sfuggendo al clientelismo e al nepotismo delle autorità tradizionali. Come hanno confermato in seguito alcune persone della confraternita, i Pyrates si occupavano anche di organizzare feste studentesche. Il gruppo ha fatto proseliti nei campus di tutto il paese e ha spinto altri a imitarlo, in parte grazie alla sua forte influenza intellettuale. Tra i sette fondatori c’era anche Wole Soyinka, futuro scrittore, poeta, professore di letteratura e premio Nobel. Una generazione più tardi, conclusa la guerra civile nigeriana, altri studenti hanno fondato nuove confraternite, con nomi come Black axe, Eiye e Vikings. Tra queste associazioni c’era la Maphite, nata nel 1978 con l’obiettivo dichiarato di riportare l’attenzione delle confraternite all’attività accademica. Ma nel corso degli anni ottanta e novanta, quando decine di questi gruppi diventarono onnipresenti nelle facoltà nigeriane, molti furono coinvolti in una serie di colpi di stato e cooptati dai regimi militari. Quando alcuni stati nigeriani hanno deciso di vietare tutte le orga-
nizzazioni studentesche, le confraternite hanno abbandonato i campus universitari, diventando sempre più estremiste. A quel punto i componenti più pacifici, nel tentativo di distinguersi dagli elementi violenti, hanno ricostruito le reti tra studenti dandogli nuovi nomi. Diversi maphite sono passati a un nuovo gruppo chiamato Green circuit association. Oggi, anche se i tabloid nigeriani raccontano periodicamente episodi di violenza giovanile attribuiti alle confraternite, in generale le associazioni studentesche non sono considerate focolai d’illegalità. I componenti delle confraternite sono presenti in diversi settori della vita pubblica, dalle forze dell’ordine alle istituzioni. Questo periodo ha coinciso più o meno con un calo della violenza delle organizzazioni criminali italiane. Per oltre un secolo le più importanti famiglie mafiose avevano dominato le comunità locali, imponendo un codice basato sull’omertà e uccidendo decine di agenti di polizia, funzionari e magistrati. Dall’inizio degli anni novanta, però, il governo italiano ha creato un gruppo di forze di polizia specializ-
zate, la direzione investigativa antimafia, e di magistrati, la direzione nazionale antimafia, per contrastare in modo più efficace i criminali. Attualmente il codice penale italiano prevede una pena minima di dieci anni per chiunque sia ritenuto colpevole di appartenere a un’organizzazione mafiosa. La minaccia rappresentata da una condanna di questo tipo può essere sufficiente a convincere un accusato che è meglio scegliere quello che in Italia si chiama giudizio abbreviato, un procedimento penale speciale per rendere il processo più veloce, in cui l’imputato rinuncia a una serie di diritti della difesa in cambio di uno sconto di pena in caso di condanna. A metà degli anni duemila le unità antimafia avevano sequestrato miliardi di euro di beni a cosa nostra, indebolendo una delle più grandi organizzazioni criminali italiane. Il governo attribuisce a queste unità il merito di aver incarcerato più di diecimila persone e di aver ridotto quasi della metà la percentuale di omicidi in Italia. Nel frattempo le squadre antimafia sono cresciute fino a trasformarsi in reti di agenti di polizia e magistrati con un budget annuale di circa cento milioni di euro (oggi la cifra ammonta a 120 milioni di euro, senza contare le spese per le indagini, coperte dal ben più corposo budget per la giustizia). Nel 2013 gli agenti della polizia giudiziaria avevano ormai allargato il loro raggio d’azione alle comunità di immigrati. In Sicilia, dove i migranti stavano cominciando ad arrivare in gran numero a bordo di imbarcazioni fatiscenti partite dal Nordafrica, la magistratura ha preso di mira i presunti scafisti. Nel nord del paese, dove gli immigrati tendevano a stabilirsi per la maggiore disponibilità di posti di lavoro, le autorità hanno avviato una serie di indagini sulle loro organizzazioni sociali. Nel 2013 Lotito e Castellani hanno aperto un’indagine sui legami di alcuni criminali con la Maphite e la Green circuit association. La squadra di Lotito ha sistemato alcune cimici nella sede di un incontro della Green circuit association, la sala conferenze di un albergo alla periferia di Bologna. Secondo gli atti giudiziari, gli agenti hanno interrotto la riunione spacciandosi per operai e hanno fatto sgomberare la sala con la scusa di dover riparare l’impianto di riscaldamento. Invece hanno inserito telecamere e microfoni nelle plafoniere. Le registrazioni sono state poi usate nei processi contro almeno diciannove persone come
prova della loro appartenenza a un’associazione mafiosa. Alla riunione c’erano tre uomini che sarebbero poi diventati figure centrali nella crociata dell’antimafia contro le confraternite nel processo definito da Lotito “il nostro fiore all’occhiello”. Il primo era Bright Edogiawerie, un immigrato nigeriano che viveva in Italia da circa dieci anni e lavorava come magazziniere carrellista, oltre a essere anche presidente della sezione italiana della Green circuit association. Il secondo era Osaze “Cesar” Osemwegie, funzionario governativo di basso rango in
La bibbia verde contiene molte frasi rubate ad Al Capone e ad altri boss visita dalla Nigeria. Il terzo era Thomas “Oscar” Omoregie, noto anche come “Snake” (serpente), che poi sarebbe diventato il pentito chiave nei processi contro gli altri due e l’informatore principale nelle indagini che hanno portato la polizia alla scoperta della bibbia verde. Secondo la polizia, Omoregie, che si è trasferito in Italia da Benin City all’inizio degli anni novanta per cercare lavoro, è nel programma di protezione testimoni e per questo non è stato possibile contattarlo per un’intervista. Ma la sua collaborazione con le forze di polizia risulta da centinaia di pagine di documenti processuali. Quando ci fu la riunione nell’albergo di Bologna, Omoregie aveva già collaborato altre volte con le forze dell’ordine. Nel 2009 era stato prosciolto da un’accusa di sfruttamento della prostituzione, prima di scontare una condanna per traffico di droga e truffa a danno di alcuni possessori di carte di credito. Negoziò la sua libertà in cambio della collaborazione in almeno tre indagini correlate. Quando nel 2016 è stato arrestato con l’accusa di essere un maphite, Omoregie ha cominciato a parlare con Lotito e Castellani. Nel giro di un anno ha fatto i nomi di decine di nigeriani che avrebbero commesso crimini mafiosi per conto dei maphite, dagli affari multimilionari con armi e droga alla tratta di migliaia di nigeriani e allo sfruttamento della prostituzione in Europa. “Le cose che ho visto erano sconvolgenti”, si legge in un documento della polizia che cita una deposizione di Omoregie. “Quando entri nella Maphite
non puoi più uscirne. Solo da morto”. In una dichiarazione scritta, l’avvocato di Omoregie, Luca Carnino, ha precisato che la testimonianza del suo assistito non è in vendita. “Le dichiarazioni di Thomas Omoregie sono state sottoposte a un vaglio severo dagli inquirenti e hanno sempre trovato piena conferma nella realtà”, ha scritto Carnino. “Nel corso degli anni, Omoregie e i suoi familiari sono stati più volte minacciati, per costringerlo a ritrattare. Falliti questi tentativi, è iniziata una campagna denigratoria, peraltro abbastanza puerile, volta a contrastare i risultati delle inchieste giudiziarie italiane”.
Numeri incomprensibili Omoregie, condannato a sei anni di carcere per i fatti del 2016, è stato rilasciato nel 2018. La polizia ha sorvegliato le persone indicate nella sua testimonianza, senza però trovare alcuna prova del fatto che la Maphite fosse un’organizzazione criminale con un ampio raggio d’azione. Questo fino a quando Omoregie non ha dichiarato di sapere dove trovare le prove: in un magazzino della Dhl a Roma. I magistrati italiani continuano a presentare come prova valida le fotografie della bibbia verde scattate nel 2018. Bloomberg Businessweek ha visionato una copia fornita da un giornalista che l’aveva da anni. Il documento combacia con le foto pubblicate finora dalla stampa italiana. Per prima cosa si vedono le foto del pacco, con il codice di tracciamento Dhl e gli indirizzi del mittente e del destinatario ben visibili. Poi appaiono i due opuscoli con i berretti verdi in copertina. La prima frase che compare è “Siamo la Maphite (chiamata anche Green circuit association)”, seguita da un’esposizione della presunta struttura dell’organizzazione. Al vertice, si legge negli opuscoli, c’è un “don”, poi un presidente e alcuni vicepresidenti, generali, capitani, luogotenenti e sergenti, fino ai soldati semplici. Le pagine successive elencano le priorità criminali del gruppo e descrivono nel dettaglio una serie di riti di iniziazione, confessioni di crimini passati e inviti a commetterne altri. Sparsi in tutto il testo ci sono bizzarri intermezzi e frasi da gangster, che diventano comprensibili solo dopo averli cercati su Google. Gran parte del testo della bibbia verde è copiata parola per parola da due documenti. Uno è il programma della Mexikanemi, una gang di origine messicana preInternazionale 1528 | 8 settembre 2023
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In copertina sente in Texas, negli Stati Uniti, fondata nel 1991, mentre l’altro è un testo simile, attribuito alla Nuestra familia, un altro gruppo criminale i cui affiliati sono nelle carceri californiane. Nella bibbia verde i nomi delle bande sono stati sostituiti con Maphite, mentre alcuni riferimenti specifici alla storia delle due gang sono stati modificati per corrispondere a quella delle confraternita nigeriana. Per il resto, il testo è identico. Un segnale evidente del plagio è il fatto che la bibbia verde comprenda numeri misteriosi disseminati nel testo. Un’analisi dei due programmi delle gang rivela che i numeri corrispondono in realtà a quelli delle pagine copiate. In alcuni casi sono quelli degli atti giudiziari di un processo condotto negli Stati Uniti in cui il documento della Mexikanemi è stato presentato come prova. Nel contesto della bibbia verde questi numeri non hanno un senso apparente. Risultati simili si ottengono cercando su internet altri passaggi. Molte delle frasi più provocatorie, successivamente riprese nei titoli degli articoli e nei servizi televisivi che hanno raccontato la presunta violenza delle confraternite nigeriane in Italia, sono copiate senza alcuna attribuzione dalle dichiarazioni dei boss più famosi degli Stati Uniti. Eccone alcune: “Con una parola gentile e un’arma si ottiene di più che con una parola gentile e basta” (frase attribuita ad Al Capone); “Non esistono soldi giusti o soldi sbagliati. Esistono solo i soldi” (Lucky Luciano); “I giudici, gli avvocati e i politici hanno una licenza per rubare. Noi non ne abbiamo bisogno” (Carlo Gambino). Fatto ancora più imbarazzante, alcuni passaggi particolar-
mente feroci riportati dalla stampa italiana sono citazioni leggermente modificate di capisaldi della cultura pop statunitense. Spesso si susseguono uno dopo l’altro all’interno della stessa pagina. Come le frasi rubate ad Al Capone e agli altri boss, compaiono in un’infinità di siti suggeriti da Google attraverso la ricerca “citazioni mafiose”. “Niente di personale, sono solo affari” viene dal film Il padrino. Un lungo passaggio sugli sforzi che gli affiliati sono disposti a fare per proteggere la loro famiglia deriva da un libro di Mario Puzo, L’ul-
L’opuscolo è una clava da usare contro i presunti appartenenti alle bande criminali timo padrino (Corbaccio 1996). Ma la citazione più famosa contenuta nella bibbia verde è un’altra: “Ammazzavamo con il sorriso. Sparare alla gente era una cosa da nulla per noi”. La frase è un po’ modificata, ma la sua provenienza risulta ovvia leggendo le due parole successive contenute nella bibbia verde: Good fellas (bravi ragazzi), come il titolo inglese di un famoso film sulla mafia. Sono pochi i pezzi della bibbia verde che non sono stati copiati e spesso la fonte è semplicemente Wikipedia. La parte sui riti d’iniziazione dei maphite? Viene dalla pagina Wikipedia sui rituali mafiosi. Il lungo discorso sulla promessa di non parlare con la polizia? Lo ritrovate nella pagina Wikipedia sull’omertà. Inoltre è facilissimo individuare i passaggi che non pro-
Da sapere La criminalità nigeriana in Italia ◆ Nella relazione semestrale (gennaio-giugno 2022) presentata in parlamento, la direzione investigativa antimafia (Dia) afferma che “la criminalità organizzata nigeriana concentra i suoi interessi prevalentemente nella tratta di esseri umani connessa con lo sfruttamento della prostituzione e con l’accattonaggio forzoso, nonché nel settore del narcotraffico”. Il rapporto prosegue affermando che “ulteriori settori d’interesse risultano la falsificazione di documenti, le truffe e le frodi informatiche, la contraffazione monetaria
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e anche nei reati contro la persona e il patrimonio”. Per quanto riguarda la tratta e lo sfruttamento della prostituzione della donne nigeriane, in un rapporto del 2017 la ong Save the Children afferma che la filiera criminale nigeriana si basa su ruoli definiti: le adescatrici, che portano le donne in Libia; le maman, che ne facilitano l’ingresso in Italia; e i sodali, che le smistano nei luoghi di prostituzione. Secondo Élodie Apard, ricercatrice presso l’Institut de recherche pour le développement, a Parigi, e specialista della tratta nige-
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riana, intervistata da Afrique XXI, “è difficile parlare di un’organizzazione piramidale”. “Si tratta più spesso di piccole reti familiari o comunitarie che agiscono per conto proprio”. In un rapporto del 2023 sulla tratta Save the chilndren afferma che “nel 2022 in Italia le vittime prese in carico dal sistema antitratta sono state 850, di cui il 59 per cento donne e meno del 2 per cento i minori. Arrivano soprattutto dalla Nigeria (46,7 per cento), seguita da Pakistan (8,5 per cento), Marocco (6,8 per cento) e Brasile (4,5 per cento)”.
vengono da un plagio, perché di solito sono scritti in maiuscolo. Le parti non copiate comprendono una lista di due pagine con le presunte operazioni criminali del gruppo, che corrisponde, punto per punto, a una testimonianza rilasciata da Omoregie alla polizia all’inizio del 2017. C’è anche un resoconto piuttosto insignificante degli eventi durante una riunione della Green circuit association, organizzata in Nigeria alla fine dello stesso anno, con tanto di cronaca di una partita di calcio tra i partecipanti residenti in Nigeria e quelli in visita dall’estero (la squadra della diaspora ha vinto 3-1). Omoregie ha dichiarato di aver saputo del pacco Dhl mentre era sotto protezione, e di aver appreso i dettagli sulla consegna e il numero di tracciamento da un gruppo Facebook segreto di cui facevano parte alcuni maphite. In seguito dice di aver riferito le informazioni a Lotito e a Castellani. Le fotografie del pacco rivelano che il mittente era Osaze Timaya, residente a Lagos, mentre la destinataria era Hajia Popoli. Nessuno dei due è stato accusato formalmente, e su Popoli non sono nemmeno state fatte delle indagini. Ma a quanto pare entrambi erano conoscenti di Omoregie. Bloomberg Businessweek ha rintracciato Popoli all’indirizzo di Roma riportato sul pacco, dove gestisce un piccolo salone di bellezza. La donna racconta di aver incontrato Omoregie nel suo locale insieme a Timaya, suo cliente da anni (non è stato possibile contattarlo per un commento), e ricorda di aver ricevuto uno strano pacco dalla Nigeria che sembrava contenere un libro. Insospettita si sarebbe rifiutata di firmare la ricevuta o lo avrebbe buttato via. Popoli garantisce che nessun agente di polizia le ha mai fatto domande su quel pacco. “Se la polizia stava davvero seguendo una pista e sul pacco c’era scritto ‘Hajia Popoli’, perché non sono venuti da me?”, si chiede la donna indicando alcune auto della polizia parcheggiate in strada. “Lavoro qui da 26 anni”. Né la polizia né la magistratura hanno voluto commentare il fatto che il contenuto della bibbia verde sia stato dichiarato autentico dalla stessa persona che ha contribuito al ritrovamento del pacco, tra l’altro spedito da un suo conoscente a un’altra. Lotito, che oggi lavora come consulente per la commissione parlamentare antimafia, sottolinea nella sua dichiarazione che la polizia non ha mai contattato Popoli perché riteneva che non fosse la reale destinataria della bibbia verde. Il
funzionario, che ha ribadito di non avere il minimo dubbio sull’autenticità del documento, spiega che Popoli “era proprietaria di un’attività in regola” e dunque probabilmente il suo indirizzo era stato usato “per non destare sospetti”. Il sostituto procuratore Orsi, invece, scrive che “tutta la simbologia e la ritualità della mafia nigeriana è mutuata da altre organizzazioni criminali. Nulla di strano quindi che la bibbia verde sia frutto di assemblaggi vari”. Secondo l’ufficio di Castellani, la condanna di molti affiliati dimostra che il documento è reale e che la testimonianza di Omoregie è affidabile. “Il mio assistito, Thomas Omoregie, respinge nettamente l’insinuazione che la sua collaborazione con le autorità giudiziarie italiane non sia sincera e che la copia della bibbia verde rinvenuta dagli inquirenti sia contraffatta”, scrive invece l’avvocato Carnino.
Un falso evidente Da anni ormai la bibbia verde è usata come una clava contro i presunti affiliati delle gang, spingendoli ad accettare il giudizio abbreviato. “È una questione di pregiudizio”, spiega Cinzia Pecoraro, avvocata palermitana che ha difeso molti cittadini nigeriani accusati di reati di tipo mafioso. “C’è un pregiudizio creato dall’opinione pubblica e dai mezzi d’informazione”. Pecoraro fa l’esempio del caso che ha coinvolto Austine Johnbull, il primo immigrato nigeriano e componente di una confraternita a diventare informatore della polizia. Poche settimane prima che Omo-
regie cominciasse a fare i nomi dei presunti affiliati alla Maphite, Johnbull aveva denunciato i suoi compagni della confraternita Black axe, portando alla condanna di quattordici persone attraverso il giudizio abbreviato. Tuttavia, i cinque accusati che hanno scelto il rito ordinario sono stati assolti, anche perché la testimonianza di Johnbull è risultata poco credibile. A marzo di quest’anno il giudice che ha assolto un presunto affiliato alla Black axe a Palermo ha scritto nella sentenza che, almeno in Italia, “l’esistenza di un’organizzazione mafiosa chiamata Black axe può essere esclusa”. Molti nigeriani accusati di far parte dei maphite non hanno avuto la stessa fortuna. Il personale della Dia aveva arrestato Edogiawerie più di un anno prima della pubblicazione della bibbia verde, sulla base delle dichiarazioni di Omoregie, secondo cui il connazionale era coinvolto nel traffico di armi e droga. Alla fine i magistrati hanno ritirato tutte le accuse fatta eccezione per l’associazione a delinquere, ma la comparsa della bibbia verde è stata sufficiente a convincere Edogiawerie che fosse meglio accettare il giudizio abbreviato. Alla fine del 2018 Edogiawerie è stato condannato per associazione mafiosa. Oggi sostiene che non aveva capito cosa stava accettando dicendo sì al giudizio abbreviato, e nega di essere mai stato coinvolto in attività mafiose. Come capo della Green circuit association, spiega, gestiva un’organizzazione benefica di cui facevano parte figure importanti della società. “Ci sono medici e avvocati. L’uomo che ha
aiutato mia moglie a ottenere un permesso di soggiorno nel Regno Unito aveva fatto parte dell’associazione”. Oggi Edogiawerie è tornato a manovrare il muletto a Voghera, in Lombardia, dove ha scontato la sua pena. Secondo lui la bibbia verde è un falso evidente. Osemwegie, un funzionario che in Nigeria si occupa di arte, cultura e turismo, e di questioni legate alla diaspora, e che aveva sponsorizzato la nomina di Edogiawerie a presidente della Green circuit association in Italia, è della stessa opinione. Alla fine del 2019 Osemwegie è stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa mentre era in visita ufficiale ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, e nell’estate 2020 è stato estradato in Italia. Dopo aver scelto il rito ordinario, che dà più spazio alla difesa, nel gennaio del 2021 da una località segreta ha assistito alla testimonianza di Omoregie, trasmessa in video al tribunale di Torino durante il lockdown. Nelle immagini il testimone appare confuso, come dimostrano le trascrizioni. A un certo punto l’avvocato della difesa gli chiede se ha mai visto l’accusato nell’atto di commettere un crimine. Omoregie risponde di no, prima di aggiungere spontaneamente di non aver mai saputo che i componenti della Maphite fossero una mafia, fino a quando gliel’ha spiegato la polizia. Durante il controesame, Omoregie evita più volte di rispondere alle domande e cerca di cambiare argomento. Tanto che a un certo punto il pubblico ministero gli chiede di smettere di parlare. Osemwegie è stato assolto e da allora porta avanti una campagna internazionale per attirare l’attenzione sugli errori giudiziari nei processi contro la confraternite. Ma il 30 giugno di quest’anno la corte d’appello di Torino ha ribaltato la sentenza di assoluzione in primo grado, condannandolo a più di dieci anni di carcere. In Italia i magistrati basano ancora interi processi sul testo della bibbia verde. Per le persone accusate, la difesa migliore rimane la scelta del rito ordinario, spiega Pecoraro. Secondo l’avvocata per nessun motivo un imputato dovrebbe scegliere il rito abbreviato: “È come salire sulla ghigliottina con le proprie gambe”. u as GLI AUTORI
Zach Campbell è un giornalista statunitense. Collabora con The Intercept, Atavist Magazine e The Guardian. Lorenzo D’Agostino è un giornalista italiano. Collabora con Foreign Policy, The Intercept, Libération.
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Giappone
CARL COURT (GETTY)
Kamikatsu, Giappone, luglio 2020
La lezione ecologista di Kamikatsu Nippon.com, Giappone
In un piccolo centro tra le montagne dell’isola di Shikoku si ricicla quasi tutto. A dimostrazione che vivere riducendo al minimo i rifiuti è possibile 46
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Da sapere Scarti in fumo ◆ Il Giappone ha un tasso di riciclo delle bottiglie di plastica tra i più alti del mondo (l’86 per cento, con l’obiettivo di arrivare al 100 per cento entro il 2030), ma, poiché usano impacchettare qualsiasi cosa, è anche uno dei paesi che consuma più plastica monouso. Inoltre, poiché nell’arcipelago c’è poco spazio per costruire discariche gran parte dei rifiuti (il 78 per cento, uno dei tassi più alti tra i paesi dell’Organizzazione per la cooperazione economica e lo sviluppo) viene bruciata. Nel paese ci sono più di mille inceneritori ad alta tecnologia dove si bruciano rifiuti per produrre energia, parte della quale serve per fare funzionare gli impianti. Nel processo, però, si producono anche gas serra, scrive il Financial Times.
giapponese “villaggio del futuro per gli obiettivi di sviluppo sostenibile”, e riceve visite da tutto il mondo. Nel maggio 2020 è stato inaugurato il Centro zero rifiuti, che ospita un punto di raccolta, ma anche una sala per incontri, un ufficio/laboratorio e perfino una struttura per il pernottamento. C’è poi il Kuru kuru shop, dove gli abitanti possono portare le cose che non usano più, con un recupero di circa 5,5 quintali di oggetti ogni mese. L’hotel Why offre ai suoi ospiti un’esperienza senza rifiuti, e ha un aspetto pulito e moderno grazie a un uso ragionato di legno e mobili riciclati. Le stanze non hanno la tv e non ci sono supermercati nei paraggi, ma si è immersi nella natura. L’idea di riflettere su questioni ambientali godendosi allo stesso tempo il lusso della semplicità è stata accolta molto positivamente, tanto da aver attirato in tre anni un numero di visitatori che supera quello della popolazione locale.
Naturalmente, via via che la divisione dei rifiuti aumentava, cresceva il peso sulle spalle dei cittadini. Per favorire la comprensione delle politiche ambientali, il comune ha organizzato incontri con gli abitanti delle sue 55 frazioni, spiegando come funziona il sistema. Il problema principale erano gli scarti alimentari, che costituiscono il 40 per cento dei rifiuti domestici. Esclusi questi, si potevano abbassare il carico e la frequenza del ritiro dei rifiuti, alleviando così l’impegno per i cittadini. Il comune ha quindi offerto sovvenzioni alle famiglie per l’acquisto di compostiere elettriche a un quinto del prezzo di mercato. Oggi l’80 per cento degli abitanti ne ha una. “A Kamikatsu, con le case sparse tra le montagne, la raccolta dei rifiuti era molto complicata”, spiega Otsuka. Questa soluzione è stata quindi un grande passo in avanti. Poiché nella zona ci sono molti agricoltori, il compost riciclato è risultato estremamente utile. Per il compost inoltre si usano trucioli di legno di cedro, molto abbondante nell’area. È stato possibile costruire un albergo vicino al sito di raccolta dei rifiuti proprio grazie a un ambiente pulito e inodore, senza rifiuti organici o inceneritori. Partendo dal concetto che “separare crea risorse, mischiare crea rifiuti”, nel comune oggi si fa una raccolta differenziata suddivisa in 45 categorie. I rifiuti da bruciare, per esempio i prodotti igienici, sono affidati a una compagnia di smaltimento, ma tutto il resto si ricicla o riusa. Per incentivare questo tipo di abitudini è stato creato un sistema di ricompensa a punti, accumulabili e scambiabili con buoni e altri premi. Anche i ristoratori locali promuovono l’obiettivo “zero rifiuti”, usando per esempio ingredienti con alcuni difetti che non
Compostiere elettriche ra le valli della regione dello Shikoku, a un’ora di macchina dalla città di Tokushima, si trova Kamikatsu, un comune che nel 2003 ha lanciato la prima iniziativa “zero rifiuti”. Il villaggio, dove vivono 742 famiglie, si era prefisso l’obiettivo delle 3r – ridurre, riciclare e riusare i rifiuti – ed è riuscito a raggiungere un tasso di riciclo del 79,9 per cento nel 2021, mentre la media nazionale si ferma al 19,9 per cento. Kamikatsu ha attirato l’attenzione anche per il suo sistema unico di riciclaggio, che divide i rifiuti in 45 categorie. È stato nominato dal governo
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Il Centro, diventato il simbolo di Kamikatsu e la sua principale attrazione turistica, fino agli anni novanta era un sito per la combustione dei rifiuti, come racconta la responsabile del progetto, Otsuka Momona. Successivamente, con l’inasprimento delle regole ambientali, bruciare i rifiuti all’aperto fu vietato, e nel 1997 il comune di Kamikatsu aprì la stazione di rifiuti di Hibigata, portando la cultura della raccolta differenziata nelle case. All’inizio i rifiuti erano divisi in nove categorie, che già l’anno successivo erano diventate 22. Quando l’inceneritore fu chiuso nel 2001, il numero aumentò ancora, arrivando a 35 categorie.
RUSSIA
Mar del Giappone/ Mare orientale
GIAPPONE
COREA DEL SUD Tokyo Kyoto Osaka Tokushima Kamikatsu Oceano Pacifico Isola di Shikoku 200 km
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KAZUHIRO NOGI (AFP/GETTY)
Giappone
Un’impiegata del centro di raccolta dei rifiuti smista quotidiani e riviste. Kamikatsu, Giappone, 2019
possono essere venduti nei mercati, eliminando l’uso degli oshibori (piccoli asciugamani inumiditi per pulirsi le mani) usa e getta, e servendo il tè in thermos portati dai clienti.
Formazione e spopolamento Nonostante gli sforzi collettivi, però, l’obiettivo di azzerare i rifiuti entro il 2020 non è stato raggiunto. È ormai chiaro che, per eliminare il 20 per cento di scarti che ancora si producono, non ci si può affidare esclusivamente agli sforzi dei consumatori. Per questo Kamikatsu ha formulato un nuovo piano decennale. Il cardine di questo piano è sviluppare un’economia circolare in collaborazione con aziende e istituti di ricerca. Il comune, i cui residenti hanno una forte consapevolezza in termini di consumo responsabile, sta ricevendo molte richieste di collaborazione da aziende che vogliono produrre secondo la stessa logica. Una di queste è il colosso delle bevande Suntory. Il Giappone vanta un alto tasso di recupe-
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ro delle bottiglie di plastica per gli standard internazionali (86 per cento), ma il riciclo orizzontale, cioè la conversione delle bottiglie usate in bottiglie riutilizzabili, è solo del 20 per cento. La Suntory è già in grado di garantire un riciclo orizzontale per quasi la metà delle sue bottiglie, ma punta a raggiungere il 100 per cento entro il 2030, usando esclusivamente materiali riciclati o di origine vegetale. L’azienda ha inoltre stretto un accordo con Kamikatsu, da cui comprerà le bottiglie raccolte dall’aprile 2024. Un altro obiettivo del piano decennale è la formazione di “personale per il sistema zero rifiuti”, sempre più cruciale in un
Non ci si può affidare esclusivamente agli sforzi dei consumatori. Serve la collaborazione delle aziende e degli istituti di ricerca
piccolo paese afflitto dal problema dello spopolamento. “Vogliamo attivare scambi con altri comuni per raccogliere nuove idee e competenze”, racconta Otsuka, arrivata a Kamikatsu dalla prefettura di Kanagawa. Otsuka ha cominciato a interessarsi all’economia sostenibile durante i suoi studi di moda all’estero e, dopo la laurea, ha deciso di trasferirsi nel villaggio dello Shikoku. Dei venti impiegati nel centro e nell’hotel, solo la metà è composta da abitanti del posto. Ma anche gli altri dipendenti, per lo più giovani, partecipano alla vita quotidiana del villaggio e dei suoi abitanti, aiutano nelle sagre e nelle attività agricole come la raccolta delle foglie di tè. Nel villaggio abitano per lo più persone anziane ma attive, che collaborano con il negozio di oggetti riciclati o alla raccolta di decorazioni floreali, parte di un settore che frutta alla città più di 200 milioni di yen (1,27 milioni di euro) all’anno. Vent’anni di “rifiuti zero” hanno fatto fiorire il turismo, il lavoro e nuove industrie locali, trasformando un nobile obiettivo in un mezzo per creare un luogo sostenibile dove vivere. Tutto questo grazie a persone che condividono l’idea di una vita senza scarti. u jb
29, 30 settembre e 1 ottobre
Il programma del festival è online internazionale.it/festival
Internazionale a Ferrara è promosso da Internazionale Comune di Ferrara Ferrara feel the festival Regione Emilia-Romagna Università degli studi di Ferrara Fondazione Teatro Comunale Comune di Cento Comune di Portomaggiore Arci Ferrara Progetto Polimero Associazione IF
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Scienza
Rischio precoce Sarah Neville e Amy Borrett, Financial Times, Regno Unito. Foto di Jon Super
I casi di persone sotto i cinquant’anni a cui si diagnostica un tumore sono in aumento. Secondo gli studiosi non c’è un’unica causa che spiega questa tendenza preoccupante el 2017, quando Paddy Scott cominciò a soffrire di fortissimi dolori allo stomaco, il sospetto che potesse avere un tumore non lo sfiorò neppure. Britannico, cineasta e fotografo, viaggiava spesso per lavoro in luoghi estremi e pericolosi. Aveva 34 anni ed era orgoglioso della sua forma fisica. Quando la medica di base lo mandò in ospedale per fare una colonscopia, lo specialista gli chiese se voleva partecipare alla sperimentazione per un nuovo esame del sangue che serviva a individuare i tumori. “Ricordo di aver pensato ‘va bene,
ma tanto risulterà tutto negativo’”, racconta. Invece ricevette la notizia sconvolgente di avere un tumore all’intestino in fase avanzata, che si era diffuso al fegato. L’esperienza di Scott non è più un’anomalia come in passato. Negli ultimi trent’anni c’è stata una crescita improvvisa dei cosiddetti tumori a insorgenza precoce nelle persone sotto i cinquant’anni. Alcuni autorevoli epidemiologi parlano di un’epidemia.
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Dieta e stile di vita
Salute L’età protegge meno Incidenza del cancro nei paesi del G20, percentuale 20-24
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FONTE: IHME/FINANCIAL TIMES
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L’analisi fatta dal Financial Times sui dati dell’Istituto per la metrica e la valutazione sanitaria della facoltà di medicina dell’università di Washington, negli Stati Uniti, mostra che negli ultimi trent’anni l’incidenza del cancro nei paesi industrializzati del G20 è cresciuta più rapidamente fra le persone tra i 25 e i 29 anni, rispetto a qualunque altra fascia di età: il 22 per cento dal 1990 al 2019. In questi paesi l’incidenza per chi ha tra i 20 e i 34 anni è la più alta degli ultimi trent’anni. Viceversa, i casi tra chi ha più di 75 anni sono diminuiti rispetto al picco raggiunto intorno al 2005. In più di sei anni di estenuanti terapie fornite dal servizio sanitario nazionale britannico, Scott si è accorto di questo cambiamento: “Nel reparto prima mi conoscevano tutti perché ero il più giovane. Ma l’altro giorno ho fatto la chemioterapia insieme a un ragazzo che avrà avuto meno di trent’anni”, dice. I ricercatori non hanno una spiegazione definitiva sui motivi per cui tante per-
sone così giovani sembrano essere più vulnerabili al cancro rispetto ai loro coetanei delle generazioni passate. Alcuni indizi si potrebbero trovare nei tipi di tumore che li colpiscono. Nei paesi del G20, tra il 1990 e il 2019 i casi di tumore al colon-retto nella fascia d’età tra i 15 e i 39 anni sono cresciuti del 70 per cento rispetto a un aumento del 24 per cento di tutti i tipi di cancro. Un’analisi condotta dall’American cancer society, con i dati nazionali sull’incidenza e la mortalità dei tumori, suggerisce che quest’anno il 13 per cento dei casi di cancro al colon-retto e il 7 per
Paddy Scott ha avuto la diagnosi di un tumore all’intestino a 34 anni. Regno Unito, 30 maggio 2023
cento dei decessi riguardano pazienti sotto i cinquant’anni. Michelle Mitchell, direttrice generale del Cancer research Uk (CrUk) sottolinea che l’età rimane il principale fattore predittivo del rischio di tumore, con il 90 per cento di tutte le neoplasie che colpisce chi ha più di cinquant’anni e la metà chi ne ha più di 75. Ma l’incremento nei più giovani è comunque “un cambiamento importante, e dobbiamo capirlo”, dice. Insieme al National cancer institute (Nci)degli Stati Uniti, il CrUk ha lanciato una ricerca per approfondire le cause dei tumori a insorgenza precoce.
Questa tendenza ha implicazioni economiche, mediche e sociali. Per gli oncologi in prima linea, l’aumento dei casi di cancro tra i giovani sta diventando un aspetto inevitabile e preoccupante della professione. Shahnawaz Rasheed, il chirurgo responsabile delle terapie di Scott al Royal Marsden, un importante ospedale oncologico di Londra, ricorda che un paio d’anni fa ha operato quattro donne con meno di quarant’anni nel giro di due settimane. Di recente ha avuto come paziente un’atleta di livello internazionale, in straordinaria forma fisica, poco più che trentenne.
“Sono persone che dovrebbero avere una vita normale, costruirsi una carriera, crescere dei figli”, afferma. “Mi si spezza il cuore”. Gli scienziati sono sempre più convinti che i cambiamenti nell’alimentazione e nello stile di vita, cominciati alla metà del secolo scorso, nascondano almeno in parte la chiave del mistero. Il dottor Frank Sinicrope, un oncologo e gastroenterologo della clinica Mayo, negli Stati Uniti, particolarmente interessato al tumore del colon-retto a insorgenza precoce, sottolinea che l’incidenza di questa malattia è cresciuta soprattutto tra le perInternazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Scienza sone nate a partire dagli anni sessanta del novecento. Negli ultimi anni l’aumento tra i pazienti più giovani è stato “piuttosto allarmante”, ammette. Con ogni probabilità l’alimentazione e lo stile di vita a cui sono esposti i bambini nella prima infanzia sono un fattore che spiega questo incremento, dice. Poi sottolinea che l’obesità infantile è “diventata più diffusa e problematica negli ultimi trent’anni”. Ma non c’è un unico fattore in grado di spiegare il fenomeno, aggiunge Sinicrope. Mentre studiano le relazioni con la dieta, i ricercatori si stanno concentrando anche sulla possibilità che i cambiamenti del microbiota – i circa centomila miliardi di microbi che vivono dentro di noi, per lo più nell’intestino – aumentino la predisposizione al cancro. Oltre a svolgere un ruolo fondamentale nella salute generale, compresa la digestione e la regolazione del sistema immunitario, il microbiota ci protegge dai batteri patogeni e favorisce la produzione di vitamine essenziali.
Vari colpevoli
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anni cinquanta in poi, che possono influire sui ritmi circadiani e sul metabolismo: stili di vita più sedentari, alterazione dei modelli del sonno e ripetute esposizioni notturne a una luce intensa. “Sono tutti mutamenti che succedono simultaneamente, perciò è difficile individuare il colpevole. Probabilmente sono più colpevoli che lavorano insieme”, dice. L’aumento dei casi nei paesi occidentali più ricchi è destinato a trovare un’eco tardiva ma clamorosa in quelli più poveri, in cui questi mutamenti sociali sono cominciati a distanza di decenni rispetto agli Stati Uniti o al Regno Unito. La ricerca del Financial Times ha rilevato che tra il 1990 e il 2019 l’incidenza di tumori nella fascia d’età tra i 15 e i 39 anni è aumentata molto più rapidamente nei paesi a reddito medio-alto, come Brasile, Russia, Cina e Sudafrica, rispetto a quelli a reddito alto. Parliamo del 53 per cento contro il 19 per cento.
del sangue, possono essere influenzati sia dall’obesità sia dalle condizioni del microbiota, anche se non c’è un rapporto evidente con l’apparato digerente, sostiene Ogino. Inoltre, anche l’uso di antibiotici e più in generale di farmaci può influire sul microbiota di una persona, noto come la sua “impronta batterica”. Ogino osserva che durante la seconda metà del novecento, il ventaglio di farmaci disponibili per trattare varie patologie è fortemente aumentato. Le nuove medicine contro l’obesità sono un esempio recente. “Il loro effetto a lungo termine in realtà resta sconosciuto”, aggiunge. Il rapporto con il microbiota è ancora da dimostrare, sottolinea, e ricorda altri cambiamenti, avvenuti dagli
Conseguenze economiche
Salute I tumori che aumentano di più Variazione dell’incidenza del cancro nella fascia d’età tra i 15 e i 39 anni nei paesi del G20, dal 1990 al 2019, percentuale 104
Rinofaringe Prostata
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Colon e retto
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Testicol0
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Seno Tutti i tumori
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FONTE: IHME/FINANCIAL TIMES
Il consumo di alimenti con un alto contenuto di grassi saturi e zuccheri potrebbe alterare la composizione del microbiota, danneggiando la salute umana. Queste alterazioni riguardano le persone di tutte le età, ma i ricercatori considerano molto significativo che i casi di tumore a insorgenza precoce siano cominciati ad aumentare intorno al 1990. I nati negli anni sessanta appartengono alla prima generazione esposta fin dall’infanzia a diete moderne e a cambiamenti ambientali e nello stile di vita che nel mondo ricco sono diventati la norma negli anni cinquanta. I tumori spesso impiegano decenni a svilupparsi, è possibile covare un tumore a crescita lenta per anni. Quindi chi riceve la diagnosi tra i venti e i cinquant’anni “potrebbe essere stato esposto a fattori di rischio quando era piccolissimo o addirittura ancora nell’utero”, spiega il professor Shuji Ogino, un epidemiologo della Harvard T.H. Chan school of public health che partecipa all’iniziativa di ricerca del CrUk e dell’Nci. Il fatto che i tumori del tratto gastrointestinale – colon-retto ma anche esofago, stomaco, pancreas, dotto biliare e cistifellea – siano i più diffusi tra i giovani rafforza l’ipotesi di un legame con la dieta. Alcuni altri tipi di tumore diagnosticati sempre più spesso a pazienti giovani, come quelli al seno, ai reni e il carcinoma all’endometrio, più il mieloma, un tumore
Il consumo di alimenti con un alto contenuto di grassi saturi e zuccheri può alterare il microbiota, danneggiando la salute umana
Secondo Valerie McCormack, un’epidemiologa che ha studiato gli schemi tipici del tumore nei paesi a basso e medio reddito, in cui per molto tempo le patologie infettive rappresentavano il rischio più grave per la salute, la maggiore incidenza delle malattie non trasmissibili, tra cui il cancro, dipende da diversi fattori. In questi paesi le donne hanno complessivamente meno figli e in età più avanzata, con la conseguenza che passano un periodo più breve della loro vita allattando al seno rispetto alle generazioni precedenti. Avere una famiglia più numerosa, e quindi di regola allattare per più tempo, oltre a partorire per la prima volta in giovane età, sono fattori che proteggono contro il tumore al seno. “Questi cambiamenti comportano molti benefici per le donne, ma le espongono a un rischio maggiore di sviluppare un cancro al seno”, dice McCormack, che oggi è viceresponsabile della sezione epidemiologia dell’ambiente e dello stile di vita all’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che fa parte dell’Organizzazione mondiale della sanità. Allo stesso tempo l’aumento del fumo e del consumo di alcol in alcune economie in via di sviluppo, soprattutto tra gli uomini, “sta riducendo il divario nel rischio di cancro” tra paesi ricchi e poveri, mentre l’adozione di una dieta più occidentalizzata, l’obesità e la minore attività fisica vanno messe in relazione con l’aumento dei casi di tumore al colon-retto,
Paddy Scott con il figlio. Regno Unito, 30 maggio 2023
aggiunge McCormack. Secondo lei, “sono cambiamenti epidemiologici e nello stile di vita che contribuiranno a una maggiore incidenza di certi tumori”, ma è improbabile che possano raccontare l’intera storia. “L’aumento di alcuni tipi di cancro è così recente che non sono state condotte ricerche per individuare con precisione tutti i fattori scatenanti”, dice. L’incremento dei tumori a insorgenza precoce è un problema non solo per i sistemi sanitari, ma anche per le economie dei vari paesi. Chi sopravvive a un tumore è esposto a un rischio maggiore di avere problemi a lungo termine come infertili-
tà, malattie cardiovascolari e tumori secondari, dicono i ricercatori. Questo implica la concreta possibilità di maggiori costi per l’assistenza sanitaria in futuro. Simiao Chen, direttrice dell’unità di ricerca per la salute della popolazione e l’economia all’Istituto di sanità globale di Heidelberg, in Germania, e professoressa aggiunta all’Union medical college di Pechino, in Cina, ha guidato un’équipe che nei primi mesi del 2023 ha stimato che il costo globale del cancro tra il 2020 e il 2050 potrebbe essere di 25,2 milioni di miliardi di dollari ai prezzi costanti del 2017. Questo, hanno concluso i ricercatori,
“equivale a una tassa annua dello 0,55 per cento sul prodotto interno lordo globale”. “Se la tendenza è di ammalarsi sempre prima, allora i costi saranno molto più alti, perché perderemo persone in età lavorativa che potrebbero contribuire alla crescita economica”, afferma Chen. Chi sopravvive a un tumore potrebbe non recuperare i suoi precedenti livelli di produttività, aggiunge, “perciò si ridurranno la quantità e la qualità della forza lavoro”. Prendendo atto che i tumori a insorgenza precoce stanno diventando più frequenti, alcuni medici chiedono di abbassare l’età per inserire le persone nei Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Scienza programmi di screening, che nella maggioranza dei casi sono destinati a chi ha più di cinquant’anni. In Inghilterra, per esempio, i kit del test per il tumore all’intestino sono inviati a domicilio quando i pazienti compiono sessant’anni. A maggio del 2023 il gruppo di lavoro dei servizi preventivi statunitensi, un organismo indipendente composto da esperti di tutto il paese, ha dichiarato che l’età per lo screening al seno dovrebbe scendere a quarant’anni. Nel 2021 lo stesso gruppo ha affermato che lo screening colon-rettale dovrebbe cominciare quando le persone compiono 45 anni. Oggi che i sistemi sanitari di tutto il mondo sono in affanno per lo scarto tra domanda e risorse, ulteriormente aggravato dalla pandemia di covid-19, dimostrare l’urgenza di spese necessarie può essere difficile. Considerando la percentuale crescente di persone sotto i cinquant’anni che sviluppano un cancro, sarebbe opportuno un “dialogo nazionale” su quali sono le priorità, dice Rasheed, il chirurgo del Royal Marsden di Londra.
Campanello d’allarme
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sere considerata un’eventualità remota. Rasheed, che tiene regolarmente conferenze per i medici di base sull’importanza di riconoscere tempestivamente i segnali della “bandiera rossa” del cancro, afferma che gli studi hanno mostrato come i giovani “a volte sono stati visitati da cinque o sei medici diversi prima di essere sottoposti a indagini specialistiche, diagnosi e cure”. Gli stessi sintomi in un paziente con trent’anni di più avrebbero probabilmente fatto risuonare subito il campanello d’allarme. Le diagnosi tardive possono dipendere anche dalla mancanza di consapevolezza tra i più giovani sui sintomi che dovrebbero preoccuparli, suggerisce Rasheed. “Ho visto e sentito molte storie orribili di ragazzi che quando finalmente arrivano in ospedale hanno una malattia lo-
Salute Il reddito conta Variazione dell’incidenza del cancro tra il 1990 e il 2019, per reddito ed età, percentuale Fascia d’età
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FONTE: IHME/BANCA MONDIALE/FINANCIAL TIMES
Alcuni scienziati affermano di aver individuato delle differenze nella struttura molecolare dei tumori che colpiscono i più giovani, sottolineando la potenziale esigenza di trattamenti specifici per questo gruppo di pazienti. Tomotaka Ugai, un professore della Harvard medical school, negli Stati Uniti, ha diretto uno studio sulla maggiore incidenza dei tumori a esordio precoce. La sua ricerca nel 2021 ha attirato l’attenzione internazionale su questa tendenza. Secondo lui, per molti tipi di cancro, come quelli al seno, al colon-retto, all’endometrio, al pancreas, alla prostata e per il mieloma multiplo “i casi a insorgenza precoce hanno caratteristiche cliniche più aggressive”. Un’altra domanda che ci si fa è se i tumori a esordio precoce hanno cause diverse da quelli diagnosticati in età più matura. “Pensiamo che nel caso d’insorgenza precoce o tardiva molti fattori di rischio coincidano, ma non sappiamo se coincidono completamente, quindi dobbiamo fare altre ricerche”. Secondo alcuni medici è importante anche il fatto che nei giovani spesso i tumori raggiungono uno stadio avanzato prima di essere diagnosticati. Quindi bisogna essere più attenti ai tumori tra i pazienti di venti e trent’anni, riconoscendo che oggi questa malattia non può più es-
Le diagnosi tardive possono dipendere anche dalla mancanza di consapevolezza tra i giovani sui sintomi che dovrebbero preoccuparli
calmente avanzata o metastatica. Invece avrebbe potuto esserci una possibilità per scoprire e curare il tumore precocemente”, dice. Scott ricorda che quando la dottoressa di base lo segnalò a un ospedale del centro di Londra per fare delle analisi “sembra che le abbiano risposto: ‘Non è urgente, ha 34 anni ed è chiaramente in ottima salute’. Lei però continuò a insistere e alla fine riuscì a farmi ricoverare”. La questione che più preoccupa medici e ricercatori è la possibilità che l’aumento dei casi di tumore negli ultimi decenni sia solo la punta di un iceberg epidemiologico più grande. Nel loro studio, Ugai e i ricercatori che hanno collaborato con lui sottolineano la possibilità che i bambini, gli adolescenti e i giovani adulti di oggi possano essere esposti a un maggiore rischio di tumore per tutta la durata della loro vita rispetto alle generazioni precedenti. Il problema non è solo il cancro. Gli stessi fattori di rischio possono predisporli a sviluppare patologie come il diabete e le malattie infiammatorie croniche intestinali, dicono gli scienziati. Se non si prenderanno iniziative per incoraggiare uno stile di vita e una dieta più sani, e per cambiare il modo in cui gli alimenti sono prodotti e distribuiti, in futuro le patologie croniche potrebbero aumentare. Mentre negli ultimi decenni la diffusione del fumo – una delle principali cause di tumore – è diminuita in molte zone del mondo, l’obesità, la sedentarietà e altri fattori di rischio sono aumentati, osserva Ugai. “Si potrebbe parlare di una sorta di scambio, ma possiamo ipotizzare che nel prossimo futuro i casi di tumore a insorgenza precoce continueranno a crescere”, dice. Per i giovani uomini come Scott, che erano sani e in forma, il tumore può sembrare la più grande delle sfortune. Mentre lotta contro la malattia, Scott resiste alla tentazione di chiedersi “perché proprio io?”. Si è iscritto a un master in politiche ambientali e l’anno scorso la sua compagna, Hen, ha partorito un bambino, Osprey, facendolo diventare papà. Ma inevitabilmente Scott pensa a come sarebbero potute andare le cose: “Per dieci anni avevo cercato di entrare nel settore dei documentari sulla natura. Poi, proprio mentre stavo cominciando la terapia oncologica, ho ricevuto varie offerte di lavoro e ho dovuto rifiutarle. Non posso fare a meno di chiedermi: ‘Come sarebbe la mia vita se non mi fossi ammalato?’”. u gc
29, 30 settembre e 1 ottobre
Workshop Allargare lo sguardo
La serie televisiva tra romanzo,
Con Stefano Liberti, giornalista Con Francesca Manieri, sceneggiatrice D S OL T OU
D S OL T OU
In viaggio con l’audio Con Eleonora Sacco e Angelo Zinna, autori di podcast
Guardare con la mente Con Paolo Pellegrin, fotogiornalista
Fare storie D S OL T OU
Con Domenico Starnone, scrittore Riservato alle abbonate e agli abbonati di Internazionale
Come fare fumetti per ragazze e ragazzi Con Susanna Mattiangeli, autrice e Rita Petruccioli, illustratrice
Quasi lo stesso articolo Con Francesca Spinelli, giornalista
Il manuale delle intelligenze Con
, giornalista
La scienza fa notizia Con Silvia Bencivelli, giornalista D S OL T OU
Esercizi di lettura femminista
La campagna che funziona Con Teresa Sdralevich e Chiquinquirá García
Con Giulia Siviero, giornalista
Un’agenda per il mondo Interpretare il mondo con i dati Con Donata Columbro, giornalista
Con Andrea Rubin, ricercatore A cura di Agenda17, Università di Ferrara
Tutte le informazioni su: internazionale.it/workshop
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Repubblica Ceca
La scuola dove s’impara dai propri errori Natalie Polakova e Runa Koblihova, Aktualne, Repubblica Ceca Nel villaggio di Řeznovice alunni e insegnanti lavorano insieme. Non solo per apprendere, ma anche per migliorarsi e stare con gli altri mercoledì mattina, il sole entra dalle finestre e illumina le pareti di un’aula colorata. La lezione nella scuola elementare di Řeznovice, un villaggio nel sudest della Repubblica Ceca, sta per cominciare. Gli alunni di terza, seduti su un tappeto davanti a una grande lavagna, aspettano l’insegnante. L’obiettivo della lezione di oggi è scritto a
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chiare lettere: imparare le regole sulle vocali che seguono la lettera v. Per raggiungerlo i bambini possono fare delle prove con un assistente, compilare delle schede ed esercitarsi al computer. Si cimenteranno in tutte queste attività nell’ordine e nei tempi che preferiscono. Durante la lezione lavorano da soli, raramente qualcuno fa domande agli adulti presenti. “Il sistema di valutazione che usiamo incoraggia i bambini a essere indipendenti. La preparazione delle attività richiede più impegno all’insegnante, ma in classe sta agli studenti svolgere gran parte del lavoro. Cercano di arrivare da soli alla soluzione. Quando non sanno qualcosa, provano ad aiutarsi con strumenti diversi o consultano un compagno
di classe. In questo modo imparano anche a conoscersi meglio”, dice la maestra, Martina Grycová. Nella scuola di Řeznovice si usa la valutazione formativa da trent’anni. In Repubblica Ceca è un’eccezione. Alcuni insegnanti e genitori continuano a nutrire dubbi su questo metodo, ma sempre più scuole vorrebbero introdurlo. Si sta rivelando efficace ed è raccomandato dai pedagogisti e dal ministero dell’istruzione. “Alla base di questo metodo c’è un lavoro continuo sull’obiettivo e sul riscontro di quello che è stato appreso, sulla collaborazione con i compagni di classe, l’autovalutazione e il dialogo”, spiega Helena Zitková, dell’università di Pardubice. “Questo porta gli studenti ad assu-
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In queste pagine, foto della scuola elementare e materna di Řeznovice
mersi la responsabilità d’imparare e sostiene la loro motivazione”. Il percorso per raggiungere l’obiettivo è definito dall’insegnante e dagli alunni.
Fare da soli Tutto comincia quando l’insegnante entra in classe avendo ben chiaro quello che si deve ottenere durante la lezione. L’obiettivo deve essere realizzabile e verificabile. “Non possiamo dire ai bambini di andare a pagina 32 del libro di testo, bisogna presentargli un argomento specifico”, afferma Karla Černá, preside della scuola di Řeznovice. “Gli alunni di prima elementare sono in grado di esprimere cosa possono fare per raggiungere l’obiettivo. E sanno anche suggerire cosa va cambiato perché il risultato la prossima volta sia migliore”. Secondo Černá, i bambini si avvicinano allo studio con il massimo entusiasmo quando sanno esattamente quale sarà il risultato. L’insegnante non insiste sugli insuccessi e gli errori, piuttosto sottolinea i successi e i progressi. Gli alunni devono capire da soli cosa è andato storto. “Se
l’obiettivo è imparare a scrivere correttamente una lettera dell’alfabeto, lo affrontano in autonomia. In fase di verifica, prima ci concentriamo su quello che hanno fatto bene: i bambini cerchiano una lettera che gli piace, e l’insegnante fa lo stesso. Solo dopo ci occupiamo di quello che bisognerebbe riscrivere e sul perché, con gli alunni che decidono cosa cancellare e qual è l’errore”, spiega la preside. Martina Grycová, maestra in terza elementare, aggiunge: “Sui testi che mi consegnano non faccio correzioni, ma accanto a ogni riga faccio una crocetta per ciascun errore. I bambini poi cercano gli errori e li correggono da soli. Memorizzano meglio in questo modo che ricevendo indietro il foglio pieno di segni rossi”. I commenti dell’insegnante e dei bambini sono importanti. Alla fine dell’ora gli alunni di terza, la maestra e l’assistente rivedono insieme la lezione. “Chi conosce le parole con la lettera y preceduta dalla lettera v come dicevamo all’inizio della lezione? Avete capito tutto?”. Una selva di mani si alza in un attimo. “A chi non è bastato il tempo per completare il compito?”, continua la maestra. Uno studente si alza in piedi dicendo che non è riuscito a fare l’esercizio al computer.
“Ho passato troppo tempo sulle schede. Non sono stato attento”, spiega. “Sì, è quella la ragione. La prossima volta sarebbe meglio tenere d’occhio l’ora”, consiglia l’insegnante. La preside afferma che i bambini non hanno paura di riferire onestamente i loro insuccessi quando sono sicuri che non saranno puniti: “Questo alunno si è reso conto che deve imparare a gestire meglio il tempo. Un errore o un ritardo non sono un problema, al contrario, possono essere un buon punto di partenza per raggiungere il prossimo obiettivo”. La chiave è un’autovalutazione accompagnata da un continuo feedback. Questo non è previsto nella valutazione classica. “I voti sono solo numeri soggettivi a cui siamo abituati”, afferma Helena Zitková, che ha insegnato nelle scuole primarie e secondarie, a proposito del sistema di voti da uno a cinque usato in Repubblica Ceca. La valutazione tradizionale considera solo le conoscenze acquisite. Trascura invece la motivazione, gli sforzi per migliorare, i progressi individuali o lo sviluppo della capacità di esprimersi e di lavorare in gruppo. “Il voto non tiene conto, per esempio, del fatto che una bambiInternazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Repubblica Ceca na può aiutare i compagni, prestargli le matite, o essere volenterosa”, afferma la preside. Inoltre, i voti spesso portano alla divisione degli alunni in buoni e cattivi, influendo negativamente sulla loro motivazione e sulla loro psiche. “Noto che i bambini danno molta importanza ai voti. E questo per loro è spesso fonte di stress, tensione e talvolta ansia”, dice lo psicologo e psicoterapeuta infantile David Macek. Succede soprattutto quando il risultato è al di sotto delle loro aspettative o di quelle degli altri.
Una nuova pagella Nonostante questi limiti, gli esperti non rifiutano completamente la valutazione classica. “Incontro presidi e docenti che ritengono che l’approccio formativo significhi presentare una valutazione scritta in pagella. Per loro la prospettiva di dover scrivere lunghe lettere agli alunni due volte l’anno è scoraggiante. Ma sbagliano”, sottolinea Jiří Vorlíček, docente dei corsi di valutazione formativa alla scuola Lipka di Brno. Karla Černá pensa che si possa educare anche con i voti, ma devono essere supportati dalle parole: “Questo processo deve aiutare il bambino o la bambina ad apprendere. Se attraverso un voto comunico allo studente che non è bravo in qualcosa, devo anche dirgli cosa può fare per migliorare. E per questo devo usare le parole”. Nella sua scuola gli alunni ricevono i voti a partire dalla quarta elementare. I maestri cercano di fare in modo che il passaggio dalla valutazione puramente verbale non li destabilizzi. “Gli alunni di terza non vedono l’ora di ricevere i voti. Ma hanno ancora bisogno di sapere che se sbagliano nessuno li giudicherà severamente. Alcuni bambini non riescono a ottenere il massimo, questa è la realtà. Ecco perché mettiamo l’accento sulla valutazione verbale, che li fa sentire apprezzati e gli dà la sensazione di aver raggiunto qualcosa”, afferma la preside. Per farla funzionare gli insegnanti di Řeznovice seguono delle regole comuni. I bambini tengono un registro, che compilano insieme a loro. “Abbiamo trovato il modo di equiparare la voce degli alunni alla nostra”, dice la preside. Un altro supporto sono gli incontri a cui partecipano l’insegnante, gli alunni e i genitori. Si svolgono due o tre volte all’anno. La scuola ha anche introdotto una nuova pagella scolastica come parte di un progetto condotto da Jana Kratoch-
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vílová, che dirige il dipartimento di pedagogia dell’università Masaryk di Brno. “Finora hanno aderito dieci scuole primarie di varie dimensioni in diverse parti del paese. Partecipano 115 insegnanti, 53 classi e circa mille alunni. Altri stanno mostrando interesse”, afferma Kratochvílová. Stando alla sua ricerca, i genitori sono rimasti colpiti dall’aspetto e dalla struttura di questa pagella. Apprezzano il fatto di sapere esattamente cosa può fare il loro bambino e in cosa deve migliorare. Inoltre, giudicano positivamente l’autovalutazione e le forme di valutazione combinate o verbali. Secondo Vorlíček, il sistema sta avendo sempre più successo: la richiesta di corsi per formare i maestri sta aumentando notevolmente. Il suo istituto organizza ogni anno un programma estivo di tre giorni e quattro anni fa ha proposto un progetto più ampio finanziato anche dall’Unione europea. “Che il feedback precoce e continuo motivi e supporti lo sviluppo degli alunni è provato dalla ricerca e dall’esperienza pluriennale degli insegnanti”, afferma Jana Kratochvílová. Anche David Macek, che in passato ha lavorato come psicologo nelle scuole primarie, sottolinea l’effetto positivo sugli studenti, soprattutto nei primi anni, quando si forma il loro atteggiamento verso l’apprendere. All’estero questo metodo è più diffuso, soprattutto nei paesi scandinavi, nel
Un altro supporto sono gli incontri a cui partecipano l’insegnante, gli alunni e i genitori. Si svolgono due o tre volte all’anno
Regno Unito e nei Paesi Bassi. In Finlandia, che da molti anni occupa i primi posti nella classifica del Programme for international student assessment (Pisa), l’approccio formativo è uno dei pilastri fondamentali dell’istruzione. Le indagini Pisa sono tra le più importanti per misurare il livello d’istruzione degli studenti delle scuole secondarie. Si concentrano non tanto sulle conoscenze acquisite a scuola, quanto su quelle di cui ragazze e ragazzi avranno bisogno per proseguire gli studi.
Paura di cambiare Tuttavia, alcuni insegnanti cechi rifiutano la valutazione formativa. “Il più delle volte sostengono che i genitori o l’amministrazione scolastica gli chiedono i voti. Tuttavia, credo che la vera ragione sia la mancanza di fiducia”, afferma Kateřina Emer, docente dell’Associazione dei liberi professionisti nell’istruzione. Anche Karla Černá parla della riluttanza a rinunciare ai metodi consolidati: “Le persone spesso temono le novità. Perfino certi insegnanti non vogliono cambiare, senza capire che imparare da soli e migliorarsi continuamente fa parte del loro lavoro”. I genitori preferiscono la valutazione convenzionale per la sua semplicità e perché sono abituati così. “Anche per noi è stato un lungo percorso, abbiamo dovuto spiegare e giustificarci. Le famiglie hanno dovuto capire che l’ambiente che creiamo sostiene lo sviluppo dei bambini”, ricorda Černá. Alcuni genitori hanno trasferito i figli in un’altra scuola. In trent’anni anni, però, sono stati casi isolati. Secondo la preside, i genitori scelgono la sua scuola proprio per il metodo che sceglie: “Sono pochi i bambini della zona, la maggior parte viene da località che si trovano nel raggio di venti chilometri. Le famiglie hanno scelto questa scuola perché vogliono che si presti attenzione al loro bambino e che non sia solo uno nella massa”. In alcuni istituti solo una parte del corpo docente adotta la valutazione formativa. Černá avverte però che se una scuola vuole adottarla, gli insegnanti devono essere tutti convinti. “Devono sapere esattamente perché lo fanno e cosa comporta. L’importante è essere presenti per gli alunni e aiutarli il più possibile nell’apprendimento. È questo che ci rende insegnanti”, conclude la preside. u ab
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Corpi senza tregua Cinzia Canneri denuncia le violenze subite dalle donne scappate da Eritrea ed Etiopia. Il suo lavoro ha vinto il premio Camille Lepage al festival Visa pour l’image di Perpignan, in Francia
Asmara, Eritrea, marzo 2019
Portfolio Ngrzi, 32 anni, è stata ferita durante la guerra nel Tigrai e ha tentato il suicidio. Addis Abeba, Etiopia, dicembre 2022
Un centro ad Al Fashaga, in Sudan, per donne e bambini fuggiti da Etiopia ed Eritrea
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Minori non accompagnate nel campo profughi di Um Rakuba, in Sudan, 4 giugno 2021
Lungo la strada da Asmara a Massaua, Eritrea, 2019
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Portfolio n Women’s bodies as battlefields (I corpi delle donne come campi di battaglia) la fotografa Cinzia Canneri ha documentato la condizione delle donne eritree ed etiopi della zona del Tigrai. Dal 2017 al 2019 Canneri ha raccontato le storie di chi è scappata dall’Eritrea, uno dei paesi più poveri al mondo, e ha provato a raggiungere l’Etiopia in cerca di un futuro migliore. Poi, dopo che il 4 novembre 2020 l’esercito federale etiope ha invaso la regione settentrionale del Tigrai con il sostegno dell’esercito eritreo e delle forze della regione Amhara, alleate del governo federale, il progetto si è allargato alle donne tigrine e al loro viaggio verso la capitale Addis Abeba o i campi profughi del Sudan. Gli investigatori delle Nazioni Unite ritengono che i soldati eritrei, alleati dell’esercito etiope, avrebbero violentato e ridotto in schiavitù sia le donne eritree sia le tigrine. “Le eritree sono state punite per aver lasciato il loro paese, le etiopi sono state colpite in un’operazione di ‘pulizia etnica’”, ha detto Canneri. Fino al 2022 la fotografa ha continuato a seguire le storie di alcune di loro. Sono donne che portano ancora i segni delle violenze fisiche e mentali, subite nel corso del viaggio. “I loro corpi erano come campi di battaglia, in cui non esistevano più schieramenti”. Secondo le autorità sanitarie regionali durante il conflitto nel Tigrai, che si è concluso a novembre del 2022, sarebbero state stuprate 120mila donne. In un rapporto uscito il 5 settembre 2023 Amnesty international ha dichiarato che, malgrado la fine delle ostilità, le violazioni dei diritti umani continuano. Il governo etiope si è impegnato a fare giustizia per i crimini commessi durante il conflitto, ma alcuni osservatori esterni temono che manchi la volontà politica di pro-
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ERITREA Asmara
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GIBUTI Addis Abeba
SOMALIA
E T IOP I A SUD SUDAN 250 km
cessare i responsabili. “Dopo due anni di conflitto nel Tigrai ora è in corso una tregua, ma siamo ancora lontani dal poter vedere dei risultati. Speriamo che i corpi violati di queste donne possano prima o poi essere tutelati”, dice Canneri. u Cinzia Canneri è una fotografa italiana nata a Piombino, in provincia di Livorno, nel 1970. Con il lavoro Women’s bodies as battlefields nel 2022 ha vinto il primo premio della categoria reportage del concorso Pictures of the year international e nel 2023 ha ricevuto il Camille Lepage, assegnato ogni anno per sostenere il lavoro di un fotoreporter impegnato in un progetto a lungo termine. Il premio è stato consegnato al festival di fotogiornalismo Visa pour l’image di Perpignan, in Francia, che si concluderà il 17 settembre. Nella foto grande: un gruppo di donne attraversa illegalmente il fiume Tekezé per provare a raggiungere il Sudan. Eritrei ed etiopi si affidano a contrabbandieri e trafficanti di esseri umani per superare il confine. Humera, Etiopia, aprile 2019.
Qui accanto: Rita, quarant’anni, con il figlio di tredici anni ad Addis Abeba, Etiopia, 2017. Rita guarda la foto del luogo in cui è stata sepolta sua figlia in Eritrea. Spesso le donne restano vicino ai paesi da cui scappano per non allontanarsi dalle loro famiglie o dai parenti morti. “Andare via da qui significherebbe perdere mia figlia per la seconda volta”, ha detto Rita. Al centro: Hellen, 22 anni, è stata ferita da un proiettile in Eritrea. La polizia di frontiera l’ha fermata tre volte mentre cercava di scappare dal paese. Spesso i poliziotti colpiscono le donne alla pancia per impedirgli di avere figli. Axum, Etiopia, aprile 2019. A sinistra: donne tigrine ed eritree pregano per i loro figli morti o scomparsi. Addis Abeba, dicembre 2022. Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Viaggi
Le vie verdi di Spagna Alla scoperta della regione della Murcia in bicicletta, pedalando lungo un vecchio binario ferroviario trasformato in pista osé Perán, che di mestiere fa la guida cicloturistica, frena bruscamente: “È lui!”, esclama. Ci sono appena sfrecciati davanti tre ciclisti: uno di loro era Alejandro Valverde, ex campione spagnolo. Almeno secondo Perán. Prima che però la guida possa assicurarsene, i tre sono già spariti in lontananza sulla pista, una linea drittissima che taglia la pineta. Poco importa. Perán, 46 anni, barba brizzolata e casco rosso, e il suo gruppo – di cui facciamo parte anche noi – non sono qui per avvistare celebrità o per correre come se fossero a una gara. Tutt’altro. Chi si muove lungo i tratti di strada riservati solo a biciclette e pedoni della Vía verde del noroeste di solito è alla ricerca di tranquillità e natura, e dell’opportunità di scoprire una Spagna lontana da coste affollate e grandi città: tutte caratteristiche ben presenti lungo la pista che per circa ottanta chilometri si snoda nell’entroterra, dalla città di Murcia fino a Caravaca de la Cruz. Poco fuori Murcia cominciano i calanchi, profondi solchi scavati nelle rocce
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S PA G N A Mar Mediterraneo PORTOGALLO
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dall’erosione: sembra un paesaggio lunare. Poco dopo il tragitto comincia ad attraversare una pianura fertile, ricca di pinete e frutteti. Sulle colline a ovest si vedono vigneti e mandorleti. Il percorso che seguiamo è una delle Vías verdes (strade verdi) di Spagna, nate nel 1993, quando cominciò la conversione delle linee ferroviarie dismesse in piste ciclopedonali non accessibili ai veicoli a motore. La Spagna conta più di 3.300 chilometri di vecchi binari da scoprire a piedi o in bicicletta: si passa da tratti brevi, per chi vuole fare solo una passeggiata, a più lunghi, come la Vía verde de ojos negros, nella regione di Valencia, il percorso più esteso del paese, di recente prolungato fino a raggiungere i 193 chilometri di lunghezza. Nel 2023 questa rete ha compiuto trent’anni. E non smette di espandersi: ormai gli itinerari sono 135 e di continuo nascono nuove tratte e collegamenti. “Dopo il covid”, osserva Perán, “sia la gente del posto sia i turisti vogliono spostarsi e viaggiare in modo più attivo e sostenibile”.
Castello del cinquecento Tutto questo regala nuova vita anche al resto delle vecchie infrastrutture: al momento sono circa 125 le ex stazioni che ospitano bar o pensioni. Inoltre, sono stati aperti musei, piccoli centri informazioni e negozi per noleggiare biciclette. Poi ci sono i tunnel, i viadotti e i ponti ferroviari, che invece si prestano particolarmente bene a essere fotografati. Al contrario del presunto corridore professionista, il nostro gruppo, composto da cinque ciclisti della domenica, se la prende comoda. Pedaliamo con calma, girovagando per i villaggi, visitando le fortezze e fermandoci nelle bodegas (cantine). A dirla tutta, bariamo anche un po’: per evitare le brulle colline iniziali e arrivare a Mula, la località a metà strada in cui – secondo Perán – comincia la parte più bella dell’ex linea ferroviaria su cui
HIDALGO & LOPESINO (AGEFOTOSTOCK/ALAMY)
Alexandra Frank, Der Spiegel, Germania
oggi corre la Vía verde del noroeste, ci affidiamo a un taxi. In effetti il nostro punto di partenza sembra proprio uscito da un film della Disney: a bordo strada, accanto al furgoncino che ha portato qui le nostre bici a noleggio, ci sono dei coniglietti che brucano l’erba, mentre sopra le nostre teste uno scoiattolo salta di ramo in ramo. L’aria è piena del profumo del rosmarino selvatico. In lontananza, alle spalle degli ulivi e oltre i tetti del villaggio, si stagliano le mura del castello cinquecentesco di Mula. “È una regione ricca di storia”, spiega Perán: gli iberi vi costruirono alcuni insediamenti e una necropoli, più tardi i romani usarono le sorgenti calde della zona per edificare delle terme che esistono ancora oggi. Infine, gli arabi elaborarono un ingegnoso sistema per rendere fertile il terreno arido. A giudicare da quanto si vede ancora oggi, è chiaro che ci sono riusciti: in bicicletta oltrepassiamo alberi di limone, con i frutti che lanciano bagliori tra palme e cipressi; dietro i cardi in fiore spuntano rami carichi di melograni. Qual-
Caravaca de la Cruz, Spagna, 9 novembre 2007
che chilometro più in là, la strada corre tra alberi carichi di succose prugne, pesche e pesche noci. Se vogliamo fermarci per cogliere un frutto o per scattare una foto, Perán non ci mette fretta. Al contrario, è proprio lui a invitarci a guardare quello che abbiamo intorno. Nel villaggio di El Niño, per esempio, una chiesa di pietra e mattoni fiancheggiata da due torri si staglia su un’altura. “Sembra una frase fatta, ma è vero”, dice Perán aggiustandosi il casco, “in questo tour la meta è il viaggio stesso”.
In pellegrinaggio Fino al 1971 lungo la Vía verde del noroeste passavano i treni. A volte le gambe ne risentono: il percorso è in leggera ma costante salita, d’altronde dal punto più basso della piana del Río Segura fino a quello più alto prima di arrivare a Bullas ci sono circa seicento metri di dislivello. Circondata da vigneti, Bullas, è il posto perfetto per riprenderci dal primo giorno di pedalate. “All’epoca, anche il vino di questa regione era trasportato su rotaia”,
racconta Alicia López Amor, del locale Museo del vino, che si trova in una vecchia bodega del posto e ospita una moderna esposizione multimediale. Da queste parti già i romani coltivavano la vite, e poi mandorle e olive; successivamente, la ferrovia ha consentito l’esportazione di questi prodotti in grandi quantità, prima a Madrid e poi da lì alla volta del Nordeuropa. Oggi, però, succede il contrario: i turisti – nordeuropei, ma anche e soprattutto spagnoli – percorrono la strada verde per venire a visitare il museo. A soli dodici chilometri da Bullas, c’è il sito archeologico di Begastri, vicino a Cehegín, un’altra testimonianza della storia di questa regione. Lo attraversiamo il giorno seguente. “Una città dimenticata”, dice Maria Gil Chico, che ci accoglie all’ingresso del parco archeologico. Per molto tempo la popolazione ha valorizzato il fatto che qui avevano vissuto iberi, romani e visigoti, anche se quando pioveva parecchio dal terreno venivano sempre fuori resti archeologici. “Durante la costruzione della ferrovia, gli operai hanno
scoperto delle pietre con delle iscrizioni”, racconta Gil Chico, “ma finora gli scavi hanno portato alla luce meno del 1o per cento del patrimonio archeologico della zona. Capire perché i romani usassero il luogo come sito militare non è difficile: guardando al di là di quello che resta delle mura si dominano le colline per chilometri. In lontananza, le catene montuose, dalle più diverse sfumature di colore, si stagliano contro il cielo. Sotto di noi, la strada verde prosegue verso ovest su un imponente viadotto. Se il giorno prima avevamo avuto gran parte della pista tutta per noi, su questo tratto c’è un gran viavai: chi porta il cane a passeggio e chi sfreccia in bicicletta indossando tute di lycra; bambini che giocano con l’eco nei vecchi tunnel ferroviari e famiglie ai tavoli da picnic sotto i pergolati di legno, ai lati del sentiero. “Qui confluiscono diversi itinerari”, racconta qualche chilometro più avanti Mariano Cristea, l’oste che ci serve le tapas (alimenti serviti in piccole porzioni per accompagnare una bibita) per pranzo. Nei dintorni di Bullas si snoda un tradizionale itinerario enoturistico. Inoltre la Vía verde del noroeste costituisce l’ultimo tratto del pellegrinaggio verso Caravaca de la Cruz. “Ogni sette anni, quando la città celebra l’anno santo”, spiega Cristea, “qui arrivano fedeli di tutto il mondo. A parte questo, però, la cittadina è un posto piuttosto tranquillo”. Grazie ai pellegrini e ai ciclisti della Vía verde del noroeste, Cristea fa ottimi affari: da lui devono passare per forza. La Estación (La stazione) è un albergo-ristorante con otto posti letto, ospitato in una vecchia stazione restaurata con amore, che sorge direttamente lungo il sentiero: mancarla è impossibile. La destinazione ultima del nostro tour è Caravaca de la Cruz, dove il servizio navetta è già in attesa di prendere in consegna le nostre bici. Prima di tornare a Murcia passeggiamo un po’ per la graziosa cittadina con i suoi edifici rinascimentali, le sue strade acciottolate, i suoi bar invitanti e la fortezza dei cavalieri templari che svetta su tutto il paesaggio. L’anno prossimo i pellegrini torneranno a invadere questo luogo, diretti alla basilica in cui è conservata la croce di Caravaca, una reliquia contenente un frammento della croce di Gesù. Noi, invece, abbiamo già deciso: vogliamo percorrere un’altra delle Vías verdes. Affinché la meta sia di nuovo il viaggio stesso. u sk Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Graphic journalism
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Paloma Suajar è un’artista tessitrice e tatuatrice nata a Santiago del Cile nel 1982. Il suo profilo Instagram è @amapola_suajar
Cultura
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Il video di Velocità, di Roy Bianco & Die Abbrunzati Boys
L’Italia invade la Germania Angelica Frey, The Guardian, Regno Unito Una nuova generazione di tedeschi ha scoperto i successi italiani degli anni ottanta, trasformandoli in una moda olci colline, tovaglie a quadretti, la tinta satura di un Aperol spritz e la torre di Pisa. Ora metteteci un po’ di musica: con ogni probabilità somiglierà alla sdolcinata Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri. “La colonna sonora è sempre la stessa: per molte persone l’Italia è questa”, mi dice Francesco Wilking, musicista, compositore e cantante indie. Figlio di madre italiana e padre tedesco, cresciuto in Germania, Wilking ha cercato un tipo diverso di sonorità italiane, melodicamente meno straripanti, e
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meno sentimentalmente esagerate, ispirate più da cantautori come Lucio Battisti e Fabrizio De André. E ha fondato la Crucchi Gang, un gruppo che fa cover di canzoni tedesche degli anni ottanta e di band indie tedesche contemporanee traducendole in italiano. Nel 2020 il loro primo disco è stato un successo di critica e ha raggiunto il trentaquattresimo posto nelle classifiche di vendita tedesche. Il secondo, Fellini, è uscito all’inizio di quest’anno. La Crucchi Gang è l’avanguardia di un bizzarro revival che l’italo-pop degli anni ottanta sta vivendo in Germania, alimentato in alcuni casi da un serio interesse per la storia del genere e la musicalità della lingua italiana, in altri dalla pura e semplice nostalgia. Nel 2022 il gruppo bavarese Roy Bianco & Die Abbrunzati Boys è arrivato in vetta alle classifiche tedesche con l’album
Mille grazie, superando anche star come i Red Hot Chili Peppers. L’estate di quello stesso anno, il giornalista dell’edizione tedesca di Rolling Stone e musicista Eric Pfeil è entrato nella classifica dei best seller di Der Spiegel con Azzurro, una raccolta di saggi che celebra cento canzoni italiane inquadrandole nel loro contesto culturale e storico. Non tutte le canzoni suonate in giro per la Germania nelle ultime due estati sono state particolarmente divertenti. Nell’agosto 2022 Per sempre del cantante tedesco-italiano Giovanni Zarrella, una raccolta di cover decisamente poco ironiche di successi come Angel di Robbie Williams o Home di Michael Bublé, ha venduto vagonate di copie. E anche Sarà perché ti amo è tornata in classifica in Austria, Germania e Svizzera. La Germania guarda da tempo immemore all’Italia in cerca di melodie struggenti. L’italiano era la lingua che i compositori tedeschi usavano per le loro opere liriche fino a quando, nel 1791, Il flauto magico di Mozart rese popolare l’opera in tedesco. Nel dopoguerra del novecento il festival della canzone di Sanremo diventò così popolare in tutta Europa da ispirare la competizione canora dell’Eurovision. Poi grazie al grande flusso di lavoratori italiani immigrati e al boom economico degli anni sessanta, che permetteva ai cittadini
La copertina dell’album Crucchi Gang, 2020
CRUCCHIGANG.DE
UNITED ARCHIVES GMBH/ALAMY
Ricchi e Poveri, 1984
della Germania federale di andare regolarmente in vacanza nel Mediterraneo, la musica popolare italiana è entrata a far parte del vernacolo culturale tedesco. La passione per il pop italiano ha raggiunto il picco tra la fine degli anni settanta e i primi anni ottanta, soprattutto grazie ai dischi degli artisti pubblicati dell’etichetta Baby Records. La loro scuderia di cantanti di grandissimo successo – tra cui i Ricchi e Poveri e Al Bano e Romina Power, che erano una coppia anche nella vita – incarnava l’idea di un’Italia inondata dal sole e caratterizzata da uno stile di vita spensierato. Nel 1982 Felicità di Al Bano e Romina rimase nelle classifiche tedesche per quaranta settimane. “La Baby Records è arrivata al momento giusto nel posto giusto, proprio mentre la disco cominciava a diventare popolare”, dice lo studioso di musica, produttore e curatore Beppe Savoni. “Nessun’altra etichetta ha fatto quello che hanno fatto loro: sono stati forse gli unici a fare dischi suonati sia in discoteca sia a Sanremo”. Questi pezzi hanno funzionato così bene nei paesi di lingua tedesca soprattutto grazie a una sonorità che sembrava esotica e al tempo stesso familiare. “Tutti gli artisti italiani che all’epoca diventarono famosi in Germania facevano sempre pezzi molto melodici. Se in Italia c’erano
gruppi simili ai Kraftwerk, in Germania non se ne sapeva niente”. Anche il rapporto complicato della Germania con il passato ha avuto un ruolo. “Se da tedesco vai in altri paesi e senti la musica francese o italiana degli anni sessanta, la cosa ti affascina e pensi: ‘Che bello, perché noi non abbiamo niente di simile?’”, dice Wilking. La frattura culturale provocata dai nazisti è stata così profonda che la musica popolare tedesca non sarebbe mai più stata divertente e innocente come negli anni della repubblica di Weimar, sostiene. “Tutte le persone che facevano buona musica nella Berlino degli anni venti e trenta erano ebree”.
Un paese diverso L’attuale revival è stato in parte ispirato dalla pandemia. Wilking ricorda che quando la Crucchi Gang ha pubblicato il suo album d’esordio le persone erano ancora quasi tutte bloccate in casa per i lockdown: “Siamo usciti con questo album nell’estate 2020. La gente pensava, per esempio, a Sanremo o a Rimini, e non ci poteva andare. Così ci ascoltava per viaggiare almeno con le orecchie , visto che non poteva farlo di persona”. Roy Bianco & Die Abbrunzati Boys hanno inventato un elaborato mito di fondazione secondo cui si sono conosciuti nel 1982 sul lago di Garda (uno dei posti più amati dai turisti tedeschi), si sono se-
parati per poi riunirsi nel 2016. In realtà hanno tra i venti e i trent’anni. Canzoni come Bella Napoli e Velocità giocano con gli arrangiamenti degli anni ottanta, mentre altre, come Amore sul mare, fanno riferimento al pop sentimentale anni novanta di cantanti come Nek o Eros Ramazzotti. Il progetto di Wilking è più concettuale. Meine kneipe, un’esplosione di indie pop della band tedesca Von Wegen Lisbeth uscita nel 2016, diventa Al mio locale. “Mi piace moltissimo l’atmosfera dell’originale”, dice Wilking. “Ho pensato che sarebbe stato bello trasportarlo in un contesto musicale come il disco-funk di Giorgio Moroder”, prosegue Wilking. “Prendi la lingua e la traduci in un’altra; prendi uno stile e lo traduci in un altro”. I suoi amici italiani sembrano averlo colto. “Abbiamo fatto una grande serata a Berlino con moltissimi italiani”, ricorda. Al concerto la Crucchi Gang non ha suonato solo le sue canzoni, ma anche quelle di cantanti italiani più recenti, come la rapper Madame. È stato un tentativo di colmare il divario tra l’idea di Italia che hanno gli stranieri e quella degli italiani. “Per gli stranieri, in particolare per i tedeschi, l’Italia è solo un paese bellissimo in cui ogni giorno si passeggia sulla spiaggia, si mangia pizza e si beve vino. Ma per gli italiani che vivono in Italia tutta quella bellezza non esiste”. u gim Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Cultura
Schermi Documentari
In rete Chat fatali
“Se l’è cercata” Arte.tv Secondo le stime, ogni anno in Francia si commettono 250mila stupri, ma solo 16mila sono denunciati e un decimo di questi ultimi arriva a un processo. Quattro ordinarie storie di vittime di violenza. Come una foresta in città Openddb.it Il centro sociale XM24 è un punto di riferimento per l’antagonismo e la cultura a Bologna. Nell’estate 2019 c’è stata l’ipotesi dello sgombero, mentre il circostante quartiere della Bolognina era segnato da cambiamenti urbanistici e sociali. La parte del leone RaiPlay Dopo l’anteprima all’80a edizione della Mostra del cinema di Venezia, arriva online questa storia del più antico festival cinematografico del mondo, ricordando premi, rivelazioni e scandali. Le mura di Bergamo Apple Tv+, Prime Video Il regista Stefano Savona e un gruppo di suoi studenti hanno filmato la fase critica della pandemia a Bergamo, e seguito i mesi di elaborazione collettiva del trauma, creando un documento sul covid destinato a resistere al tempo. Surrogacy underground ZalabView In alcuni paesi la gestazione per altri è possibile; in molti, tra cui l’Italia, è vietata dalla legge. Il documentario racconta i viaggi oltre confine di alcune coppie italiane e l’esperienza delle donne incinte e dei figli.
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Serie tv The changeling Apple Tv+, 8 episodi Nella serie basata sul cupo best seller di Victor LaValle, il mercante di libri rari Apollo (LaKeith Stanfield) e la libraia Emma (Clark Backo) decidono di mettere su famiglia dopo una lunga frequentazione. Quella che sembra una favola moderna, dopo che Emma ha partorito Bryan, si trasformerà
in qualcosa di più simile a un horror. The changeling è un po’ frustrante. Come tante serie in streaming risulta gonfiata, ma finisce senza una soluzione, lasciando i nostri dubbi nelle mani dell’eventuale seconda stagione. Eppure ti rimane in testa, anche settimane dopo averla vista. Entertainment Weekly
“Negli ultimi cinque anni sono cresciuti i messaggi diretti e le storie. I giovani passano molto più tempo nella sezione messaggi che in quella delle storie. E in ogni caso più nella sezione delle storie che in quella del feed”. Così Adam Mosseri, amministratore delegato di Instagram, spiega il grande cambiamento avvenuto sull’app. Dopo anni a mettere filtri per rendere perfette le immagini, gran parte degli utenti si è stufata. E lasciata la finta perfezione agli influencer, ha cominciato a pubblicare immagini che scompaiono dopo 24 ore, poi a farle visualizzare solo a un piccolo gruppo di amici e infine a inviarle a singole persone. “I social network sono morti”, scrive Business Insider. “Uccisi dalle chat”. Gaia Berruto
Televisione Giorgio Cappozzo
Il telecomando del Pentagono A seguito delle recenti dichiarazioni di Giuliano Amato sulla strage di Ustica, La7 ha riproposto una straordinaria puntata di Atlantide scritta e condotta da Andrea Purgatori con filmati, interviste e chiamate da casa. Nel dedalo di misteri e incongruenze, il giornalista ricordava quanto dichiarato dal Pentagono nelle ore successive all’abbattimento: i radar della portaerei Saratoga, al largo di Napoli, erano spenti (e non potevano rilevare i movimenti aerei) per non di-
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sturbare le frequenze televisive nazionali. Il comunicato dei militari statunitensi fu presto smentito con argomenti tecnici, ma colpisce tuttavia che nel 1980 il palinsesto tv, secondo gli alleati, potesse prevalere sul protocollo militare in un’area particolarmente sensibile come quella del Mediterraneo. Dunque, cosa andava in onda di così importante alle 20.59 di quel 27 giugno? Su Rai 1 trasmettevano la rubrica registrata del telegiornale Tam tam; su Rai 2 un varietà di Enzo Torto-
ra, L’altra campana, con i telespettatori chiamati a rispondere a un sondaggio tramite l’accensione delle luci di casa loro (i risultati erano calcolati in base al consumo di kilowattora); su Rai 3 Le baccanti di Euripide con Michele Placido; e sul napoletano Canale 21 una rubrica dedicata agli alieni. Programmi interessanti, ma non da inficiare la sicurezza nazionale. Per chi se lo chiedesse: gli Europei di calcio, che si erano tenuti proprio in Italia, erano finiti da due settimane. u
Venezia 2023 sottoporsi a un trattamento per cancellare le sue emozioni. In ogni epoca Gabrielle incontra Louis (George MacKay), prima confidente, poi minaccioso stalker e infine amore impossibile. Bonello, rischiando, mescola film in costume, distopia, thriller psicologico e dramma sentimentale. Facendo risplendere Léa Seydoux praticamente in ogni inquadratura, firma la sua opera più romantica. Benjamin Locoge, Paris Match
DR
Povere creature!
Povere creature! Di Yorgos Lanthimos. Con Emma Stone. Irlanda/Regno Unito/Stati Uniti 2023, 141’ ●●●●● La nota affettuosa suggerita dal titolo è fuorviante. Questa bizzarra epopea è animata da una spietatezza degna di una vivisezione. Una follia vittoriana steampunk-retrofuturista, scritta da Tony McNamara a partire dal romanzo del 1992 di Alasdair Gray, e diretta dal virtuoso dell’assurdo, Yorgos Lanthimos. Emma Stone con questa interpretazione spinge la sua carriera a un livello ulteriore, e forse anche più su. Interpreta Bella, soggetto e oggetto dell’esperimento di un carismatico e problematico anatomista (soprannominato God e interpretato da Willem Dafoe). Il film è il risultato di un sensazionale incontro di talenti e ogni battuta, ogni interpretazione, ogni immagine, ogni fotogramma è una magnifica scoperta. Peter Bradshaw, The Guardian Priscilla Di Sofia Coppola. Con Cailee Spaeny, Jacob Elordi. Stati Uniti/Italia 2023, 113’ ●●●●● Il film di Sofia Coppola sulla
relazione tra la quattordicenne Priscilla Beaulieu (Cailee Spaeny) e il ventiquattrenne Elvis Presley (Jacob Elordi) non sarà una visione piacevole per i fan del re del rock’n’roll. Mostra Elvis in una luce tutt’altro che lusinghiera, come un narcisista insicuro, ossessionato da un’adolescente a cui non concede (neanche dopo averla sposata) alcuna forma d’indipendenza. Il film, sostenuto dalla stessa Priscilla (e tratto dal suo libro Elvis and me), è un’opera cupa, lontanissima dall’esuberante Elvis di Baz Luhrmann. In una serie di episodi brevi e apparentemente non legati tra loro, Sofia Coppola analizza in modo quasi freddo e molto incisivo il modo in cui Priscilla è stata controllata dagli uomini della sua vita. E se Elvis era un re, la sua corte era un luogo tetro. Geoffrey Macnab, Independent La bête Di Bertrand Bonello. Con Léa Seydoux, George MacKay . Francia/Canada 2023, 146’ ●●●●● Tre epoche e tre volte Gabrielle (Léa Seydoux), musicista a Parigi all’inizio del novecento, house sitter nella Los Angeles del 2014 e infine disoccupata nel prossimo futuro, spinta dall’intelligenza artificiale a
Dogman Di Luc Besson. Con Caleb Landry Jones. Francia 2023, 114’ ●●●●● La presenza di Luc Besson nella selezione veneziana smentisce chi ha dato per finita la sua carriera, anche se Dogman non è certo un capolavoro. Da subito il protagonista Douglas (Caleb Landry Jones) sembra un tipo bizzarro: arrestato dalla polizia del New Jersey ha un vestito rosa, una parrucca biondo platino e il trucco che gli cola giù dagli occhi, come una tragica Marilyn parente stretta di Joker. Accetta di confidarsi con una psichiatra e le racconta la sua storia, da bambino abusato ad adulto paraplegico in grado di stringere
Maestro Di e con Bradley Cooper. Con Carey Mulligan. Stati Uniti 2023, 129’. ●●●●● In più occasioni Bradley Cooper ha negato che Maestro fosse una biografia di Leonard Bernstein. Il focus del film è il rapporto del musicista con la moglie Felicia, interpretata da Carey Mulligan, che si merita l’applauso più convinto. Con una straziante universalità è in grado di connettersi con tutti noi in un modo che non riesce a Cooper. Quest’ultimo compie una magnifica ricostruzione che però rimane tale. Cooper dimostra di essere un regista capace di proporre una visione genuina, anche se forse questo film gli è riuscito fino a un certo punto. Bilge Ebiri, Vulture
DR
In concorso
rapporti e comunicare con i cani meglio che con gli esseri umani. Nel racconto di Douglas ritroviamo tutto il cinema di Besson: eroi infantili, scenografie molto studiate, dialoghi quasi banali e un bel po’ di azione nei momenti chiave, che stavolta si arricchiscono di una sorprendente sfumatura queer. Forse il regista vuole suggerire che può sopravvivere anche dopo il #MeToo. Marie Sauvion, Télérama
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Cile 1973 Il governo di Allende, il golpe e la dittatura di Pinochet nella stampa di tutto il mondo
Internazionale storia
Cile 1973 Il governo di Allende, il golpe e la dittatura di Pinochet nella stampa di tutto il mondo A cinquant’anni dal colpo di stato 192 pagine di cronache e foto dalla stampa cilena e internazionale dell’epoca e analisi sul Cile di oggi In edicola, in libreria e online dal 12 settembre
Cultura
Libri Messico
I libri italiani letti da un corrispondente straniero. Questa settimana la freelance norvegese Eva-Kristin Urestad Petersen.
Le madri cercatrici
Roberto Lessio e Marco Omizzolo Laboratorio criminale People, 208 pagine, 18 euro ●●●●● Per chi vivesse nell’illusione che le mafie della capitale sono periferiche e poco importanti, meno violente e con mezzi inferiori rispetto ai clan più conosciuti per manipolare sia la politica sia la giustizia, basta leggere alcune pagine del libro di Roberto Lessio e Marco Omizzolo per togliersi ogni dubbio: non è così. La mafia di Roma e dintorni è un ramo dell’albero criminale italiano brutale, potente e pericoloso quanto gli altri. Su questo punto sono molto convincenti. I due autori cercano però di dimostrare che la malavita italiana prende le forme e raggiunge l’importanza che ha perché il sistema italiano lo permette, quasi la sollecita. Che viviamo in un “laboratorio criminale”. Su questo punto trovo il libro meno convincente. Un evidente schieramento politico offusca a volte gli argomenti dei due scrittori, e il loro evidente entusiasmo prende spesso il sopravvento: ci sono troppi nomi, fatti, fili da seguire, che rendono il testo difficile per un lettore che non abbia fatto le stesse ricerche. Laboratorio criminale è un libro importante, ma con un po’ più di cura editoriale sarebbe potuto essere anche una bellissima lettura. u
Una sociologa messicana racconta la storia delle donne che vogliono recuperare i corpi dei loro figli scomparsi in tutto il paese Tania del Río, sociologa originaria del Sinaloa, uno degli stati più violenti del Messico, ha scritto Las rastreadoras (Aguilar), un libro che approfondisce la storia e le vite delle madri cercatrici, le cosiddette “donne segugio”, organizzate in gruppi che cercano i cadaveri dei figli vittime di sparizione forzata. L’ultimo episodio è di poche settimane fa: cinque giovani che erano usciti insieme a Lagos de Moreno, nello stato messicano di Jalisco, e che sarebbero stati assassinati dai narcotrafficanti. Finora nessuno è stato arrestato e i corpi devono ancora essere ritrovati,
ULISES RUIZ (AFP/GETTY)
Italieni
Giornata internazionale delle vittime delle sparizioni forzate. Guadalajara, Messico, 27 agosto 2023 com’era successo ai 43 studenti di Ayotzinapa nel 2014. Del Río spiega che le sparizioni forzate in Messico esistono dagli anni settanta, quando era l’esercito a esserne responsabile. Poi hanno cominciato i trafficanti di droga, con la con-
nivenza dello stato. Finora le persone scomparse, di solito giovani, sono più di 110mila, le condanne solo 36. “Il lavoro delle donne segugio dimostra che lo stato non funziona”. Almudena Barragán, El País
Il libro Nadeesha Uyangoda
Ode malinconica Fabienne Agliardi Appetricchio Fazi, 284 pagine, 18 euro In questo periodo sono in una residenza per scrittori con alcuni autori e autrici, e qualche sera fa parlavamo d’intraducibilità e incomprensione dei testi, di come alcune parole misteriose possano aiutare a creare una relazione attiva con il lettore, di come in questa incrinatura la letteratura sparisca e crei qualcosa di più autentico, vicino. Be’, leggendo Appetricchio molte parole vi
sfuggiranno, e non sempre sentirete la voglia di rincorrerle o di ritrovarle nel glossario petricchiese messo alla fine del libro: contribuiranno comunque a creare un senso di nostalgia per una lingua e per un tempo che non vi sono del tutto estranei, ma a cui non tornate da molto. Con una lingua popolare, vernacolare e quasi fiabesca, che ha la musicalità di una filastrocca, Agliardi porta e riporta i lettori all’eterna estate dei fratelli Bergamaschi – di nome e di fatto – Mapi e
Lupo. Li si vede, pagina dopo pagina, appetricchiarsi per vent’anni a quel borgo a sud, “immaginifico escluso dalle mappe e fuori dalle rotte, diviso dal resto del mondo da un ponte malfermo e da un bosco di serpi”, abitato da personaggi che, oltre a portare quasi tutti il nome del santo locale, sembrano usciti dai margini della realtà. Quest’ultimo libro di Fabienne Agliardi è un’ode malinconica al tempo quando smette di tornare, che è poi il tempo dell’infanzia. u
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Cultura
Libri Sandra Newman Gli uomini Ponte alle Grazie, 320 pagine, 19,90 euro ●●●●● Il problema del femminismo sono gli uomini. Non nel senso che gli uomini sono la fonte dei problemi delle donne, anche se le statistiche tendono a puntare in quella direzione. Il problema del femminismo è che, nonostante tutto, alle donne piacciono gli uomini. Il romanzo di Sandra Newman prende questo dilemma e lo affronta in modo intelligente. Immagina un mondo in cui tutti gli uomini, i ragazzi, le donne trans, tutti i non-binari e i feti portatori del cromosoma Y scompaiono misteriosamente in un istante. Il modo in cui le donne rimaste affrontano questa liberazione, questo lutto, dà alla storia la sua tensione. Jane, la narratrice principale, è in campeggio con il marito e il figlio piccolo. Si sta abbandonando a un sogno a occhi aperti in cui non si è mai
sposata e non ha avuto un figlio, una realtà alternativa in cui potrebbe essere prima ballerina in Giappone o fare il giro del mondo in barca a vela. Poi, di colpo, marito e figlio non ci sono più. Gli aerei precipitano e gli incendi divampano. Le donne sono distrutte dal dolore. Ma dopo il cataclisma, scende una strana pace. Sono rimaste in un “mondo di agnelli senza lupi”. Le bambine possono giocare all’aria aperta senza sorveglianza, le più grandi godono della loro libertà. Tuttavia, alcune sentono la mancanza dei loro uomini. E quando comincia una trasmissione chiamata The Men, che sembra mostrare gli scomparsi alla deriva in una dimensione maledetta, si fissano sull’idea di riportarli indietro. Un romanzo avvincente e struggente che pone una domanda: cosa fare quando la politica si scontra con le esigenze dell’amore? Sarah Ditum, The Spectator
Pankaj Mishra Figli della nuova India Guanda, 352 pagine, 19 euro ●●●●● Pankaj Mishra racconta tutto l’eccitante senso di opportunità e l’amaro disincanto della globalizzazione, la precipitosa ascesa e la spettacolare caduta di una schiera d’indiani poveri che hanno cercato il successo in occidente. Cresciuto da un venditore ambulante della stazione ferroviaria, Arun Dwivedi comincia la sua ascesa frequentando l’Indian institute of technology, dove si imbatte in due ragazzi come lui. Aseem, “una mascotte dell’autoinvenzione trionfante”, si trasforma in un’affascinante figura culturale e attivista politico. Virendra, nato nella casta degli intoccabili, diventa un finanziere miliardario con abitudini sessuali insolite. Arun è più cauto e abbraccia una vita tranquilla come studioso di letteratura sull’Himalaya indiano. Ma quando s’innamora di Alia, una giornalista musulmana
Non fiction Giuliano Milani
Federarsi tutti Anthony Pagden Oltre gli stati. Poteri, popoli e ordine globale Il Mulino, 256 pagine, 19 euro L’invasione russa dell’Ucraina e le conseguenze che sta provocando un po’ ovunque mostrano che ormai tutto è interconnesso, che “oggi qualsiasi guerra, ovunque si svolga, è una guerra mondiale”. E la pandemia ha chiarito che nessun paese è autosufficiente. I tempi sono dunque più che maturi per riflettere su un modo condiviso di governare il pianeta. Lo fa il po-
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litologo Anthony Pagden ripercorrendo tre sviluppi storici che ci hanno portato alla situazione presente: il formarsi degli stati nazione e la loro crisi; l’evoluzione di un diritto internazionale e di un cosmopolitismo giudiziario volti a regolarne i rapporti reciproci; il processo della globalizzazione economica, di cui si mettono qui in luce anche i lati positivi. Passate in rassegna le varie possibilità di arrivare a un vero governo o anche solo a una governance mondiale, viene proposta una “federa-
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zione di federazioni” fondata sul principio di sussidiarietà, della quale si rinviene un precedente nell’impero universale immaginato da Dante nella Monarchia, con un tribunale a svolgere il ruolo che lì aveva l’imperatore. Si tratta di un riferimento solo in apparenza sorprendente per un illuminista come Pagden, il cui saggio scorrevole e vivace, forse un po’ troppo ottimista, è una riflessione utile per combattere e superare gli orizzonti angusti e pericolosi dei nuovi nazionalismi. u
benestante che sta scrivendo un libro sugli “uomini vuoti” della nuova India, è attirato da Londra e dai suoi piaceri cosmopoliti. Figli della nuova India analizza le fortune di queste figure durante il boom indiano e il successivo contraccolpo populista guidato da Narendra Modi. Mishra, prolifico scrittore di saggistica, non è mai noioso. Ma non ha uno stile letterario, e questo romanzo ha poche sfumature o astuzie narrative. Sam Sacks, The Wall Street Journal Meg Howrey Ti ameranno Blu Atlantide, 320 pagine, 18,50 euro ●●●●● Per Carlisle, una ragazza ossessionata dalla danza e cresciuta con la madre in Ohio, passare una quindicina di giorni all’anno con il padre e il suo fidanzato nel Greenwich village di Manhattan era un’esperienza affascinante. La vita nella casa di Robert e James, piena di arte, bellezza e conversazioni non appropriate alla sua età, le sembrava un balletto. Poi è stata bandita dal loro mondo. Ormai è una coreografa e non li vede da quasi vent’anni, quando James la chiama per dirle che il padre sta morendo. La causa del loro allontanamento è il mistero principale di Ti ameranno, il quarto romanzo di Meg Howrey, una luminosa cronaca di tradimenti, sacrifici e ambizioni creative, incorniciata dalla crisi dell’aids a New York negli anni ottanta e da dinamiche familiari molto complesse. Howrey, lei stessa ex ballerina professionista, trova modi convincenti per catturare il lettore. Hephzibah Anderson, The Guardian
I consigli della redazione
Karen Jennings Un’isola Fazi
Francesca Coin Le grandi dimissioni Einaudi
Francia
Floyd Gottfredson Le follie di Eta Beta Panini Comics
Ragazzi
JOEL SAGET (AFP/GETTY)
Evviva il cinema
Chloé Delaume Pauvre folle Seuil Clotilde Mélisse ripercorre la sua vita: la scoperta della poesia nella biblioteca materna, il femminicidio in famiglia, l’adolescenza e le pulsioni suicide, la diagnosi di bipolarità e l’incontro, dieci anni prima, con Guillaume. Chloé Delaume è nata a Versailles nel 1973. Carole Fives Le jour et l’heure JC Lattès Carole Fives (Le Touquet, 1971) affronta il tema del fine vita attraverso il viaggio di una famiglia (moglie, marito e quattro figli) verso una clinica in Svizzera. Eric Reinhardt Sarah, Susanne et l’écrivain Gallimard Sarah racconta a uno scrittore la sua discesa agli inferi a causa del marito. E lo scrittore le dice come intende trasporre la sua storia in un romanzo in cui la protagonista si chiamerà Susanne. Eric Reinhardt è nato a Nancy nel 1965. Thomas B. Reverdy Le grand secours Flammarion Uno scontro tra un ragazzo e un poliziotto davanti a un liceo dà inizio a una sommossa che infiammerà una banlieue parigina. Thomas B. Reverdy è nato nel 1974. Maria Sepa
Fumetti
Psichedelia extraterrestre Ruppert & Mulot La parte meravigliosa, volume 2 – Gli occhi di Juliette Coconino press, 144 pagine, 22 euro Recensendo il primo volume di La parte meravigliosa, scrivevo che era “dai tempi di Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) di Steven Spielberg che non si vedeva una rappresentazione così astratta e spirituale degli extraterrestri e, in estensione, dell’‘altro’”. E che suoni e musica, essendo qui fumetto e non cinema, erano sostituiti “da forme grafiche luminescenti che sembrano sculture o pitture astratte”. Come sempre senza la classica divisione tra sceneggiatore e disegnatore, ma lavorando entrambi sui due segmenti, i francesi Florent Ruppert e Jerôme Mulot, noti per le loro graphic novel un po’ da teatro
surreale, ci riportano tra gli ttut, bellissimi e silenziosi esseri “comparsi dal nulla”. Coconino in questi anni ha dimostrato coraggio e lungimiranza nella qualità delle edizioni, ed è quindi un peccato che non abbia mantenuto dell’edizione originale il formato più grande e soprattutto la carta patinata, che sublima la psichedelia dei colori, davvero importante per questo inclassificabile trip da anni settanta. Le entità messe in scena sono prossime sia all’astrazione sia alle installazioni, grazie al magistrale senso dello spazio e al segno grafico degli autori, delicato e aereo. Qui, l’uno o l’una viaggia nell’altro o altra, e tutti sono “l’altro”: l’empatia è inscindibile dall’interpenetrazione e questi indefinibili fenomeni aerei sono insieme pura poesia e pura violenza. Due unità inseparabili. Francesco Boille
Manlio Castagna Dedalo & Dharma. Fuga dal cinema Kazan Mondadori, 368 pagine, 17 euro Manlio Castagna – sceneggiatore, scrittore e per oltre vent’anni nella direzione cinematografica del Giffoni film festival – ha scritto un libro con al centro il grande cinema. In tempi dove le piattaforme imperversano e ne distruggono il linguaggio, è un atto coraggioso. La storia prende spunto dalla Rosa purpurea del Cairo di Woody Allen. Se nel film a entrare dentro lo schermo era Cecilia, una giovane, interpretata da Mia Farrow, alle prese con la grande depressione degli anni trenta, qui in un cinema che si chiama Kazan (come il grande regista Elia Kazan) a fare come lei è Dedalo, un ragazzo un po’ timido e annoiato perché dove abita non succede mai niente. Dedalo va al cinema, e sullo schermo appare lei, Dharma Farrow. E, come nel film, anche a Dedalo succede di tutto. Prima diventa amico di Dharma, ma siccome c’è un mostro che se la vuole mangiare, decide di salvarla, semplicemente uscendo dallo schermo insieme a lei. Ma si può? La trama in realtà è un pretesto per un viaggio bellissimo. E questo libro fa capire perché bisogna studiare cinema a scuola. Soprattutto nel paese che ha avuto Federico Fellini, Luchino Visconti e Mario Monicelli. Igiaba Scego
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Cultura
Suoni Podcast L’isola del ballo
Dal Brasile
Sarah Story Ibiza: what’s the big deal? Bbc Sounds Bbc Sounds sta realizzando delle serie monografiche sui miti musicali dimenticati. Dopo aver raccontato l’hip hop nel Regno Unito e il tracollo del brit pop alla fine degli anni novanta, quest’estate ha mandato la dj Sarah Story alla scoperta delle origini della leggenda di Ibiza in otto puntate da quindici minuti circa, incalzate dai ritmi dance più energici fino a quelli più psichedelici e lisergici. Story gira con il suo microfono tutti i locali più iconici dell’isola, come il Café Mambo, nel quale si riversano ogni giorno centinaia di persone per guardare il tramonto prima di affrontare la notte. Viaggiare con Sarah Story a Ibiza è un privilegio perché, da conduttrice della trasmissione Future dance su Bbc One, ha accesso ai locali quando sono chiusi, ai dj mentre si riposano di giorno e alle feste a cui solo poche persone sono invitate. Dai suoi microfoni passano leggende come Pete Tong, Judge Jules e Norman Cook o nomi più d’avanguardia come Alisha, Arielle Free o Sam Divine; tra questi anche celebrità come David Guetta, che si fa autopromozione durante l’intervista. La serie ha anche il merito di trattare in modo onesto l’abbondante uso di sostanze, dall’alcol alle droghe, complici nel creare quel clima intimo e surreale che ogni giorno porta le persone in spiaggia per cercare di riprendersi da una nottata prima di lanciarsi in quella successiva. Jonathan Zenti
Un musicista di São Paulo porta la bossa nova nel mondo di oggi
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João Rocha sa che per molte persone nel mondo la musica brasiliana migliore è quella di cinquant’anni fa. La música popular brasileira e il movimento tropicália della fine degli anni sessanta e settanta trasformarono musicisti come Caetano Veloso, Gilberto Gil e Os Mutantes in grandi star, mostrando il paese con colori vivaci e amichevoli. Per Rocha, però, quella musica dice poco della sua esperienza personale. “Pensiamo ad Antônio Jobim e João Gilberto, alla bossa nova. Adoro queste persone, suono la loro musica da molto tempo, ma
MARIA ZABENZI
Sguardo al presente
João Rocha non è quello di cui abbiamo bisogno oggi. Non riflette la situazione in cui viviamo. È una specie di fantasia, ma non possiamo vivere solo di questo”. Rocha si assume la responsabilità di ristabilire l’equilibrio nel suo nuovo album, tds bem Global, registrato con il nome d’arte di
dadá Joãozinho. L’album esprime l’urgenza di una nuova generazione di brasiliani che ha ereditato un paese politicamente devastato, e dove le opportunità e l’ottimismo sono preziosi. Dalla rumorosa e inquieta energia notturna di Cuidado! fino all’avvincente Sem limitessss, intrisa di trap, il disco viene direttamente dalle strade di São Paulo, e si porta dietro tutto il loro conflitto, l’adrenalina e il tumulto. Nell’ultimo lavoro di Rocha ci sono echi provenienti da tutta la storia della musica – dal dub reggae al punk, dalla samba al baile funk – ma il risultato finale è assolutamente contemporaneo. Max Pilley, Bandcamp Daily
Canzoni Claudia Durastanti
Vedersi, vedere In questi giorni mi sveglio con un po’ di notifiche festose sulla ripubblicazione di Sputiamo su Hegel di Carla Lonzi per La Tartaruga, il testo più importante del femminismo italiano, che mancava da tempo in libreria ma ha avuto un’ostinata circolazione clandestina che ha permesso al pensiero di Lonzi di sopravvivere e reinventarsi. La vita sotterranea e l’assenza di Sputiamo su Hegel nei circuiti ufficiali fa pensare a quello che ci perdiamo della storia e a come il movimento femminista sia fatto di scarti,
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ondate, inabissamenti ed emersioni improvvise, in cui quasi mai ci si affeziona all’idea di conquista perché è più importante l’idea di cambiamento. E penso alle canzoni perse: anche se non c’entra poi tanto con Lonzi, appena leggo le notifiche delle donne e delle ragazze che l’hanno presa in libreria mi viene in mente Carla è una mia amica della cantautrice Antonietta Laterza, tratta dall’album del 1979 Le belle signore. Figlia di emigrati lucani, bolognese, Laterza ha preso parte ai movimenti di autocoscienza femminile
inaugurati proprio da Lonzi con il gruppo di Rivolta femminile. E con la sua vita artistica è riuscita a dare una rappresentazione al rimosso della disabilità, intersecando sul palco discorsi sulla sessualità, l’avventura, la libertà e la sperimentazione a partire da un presupposto limite (Laterza era sulla sedia a rotelle a causa di una malattia), sfidando produttori e retoriche di mercato che non si rifiutavano di vederla. Vedersi, vedere: anche quello di Carla Lonzi è stato un tentativo di visione radicale. u
Dance
Bob Sinclar feat. QUINZE Never knew love like this before
Scelti da Claudio Rossi Marcelli
Slowdive
INGRID POP
Album
Maija Sofia True love Tulle ●●●●● Il nuovo album di Maija Sofia sembra già un classico di questi anni venti del nostro secolo. Lei è una cantautrice irlandese di Galway che fonde melodie assillanti con testi che fanno venire il groppo in gola. Il precedente Bath time, del 2019, parlava di donne abbandonate e abusate come Edie Sedgwick e Jean Rhys, mentre True love si concentra su storie più personali in cui convergono i luoghi, i rapporti con gli altri e le aspettative sociali. L’intreccio di folk e pop sperimentale crea una serie di canzoni straordinariamente forti. La voce di Sofia è leggera ma capace di un registro potente che aggiunge genuinità a quello che canta. Telling the bees è un buon punto di partenza: un valzer stregato con una vocalità vorticosa che la avvicina a Cate Le Bon, Aldous Harding e Joanna Newsom, ma restando comunque se stessa. Il racconto mette insieme la storia di santa Rita da Cascia, che con pazienza riesce a domare un marito irruento, e la credenza secondo cui bisogna comunicare sempre alle api nascite,
morti e altri eventi importanti. Così tra esoterismo e mistero, la cantautrice affronta temi più attuali e personali. True love è stato registrato sulla costa di Cork, lontano dalla città, un luogo perfetto per fare magie e scrivere storie. Un disco che parla di persone, vive o morte, del potere degli oggetti, del tempo e dello spazio, scritto da un’artista dal talento invidiabile. Tom Bolton, The Quietus Pieter-Jan Belder William Byrd: My ladye Nevells booke Pieter-Jan Belder clavicembalo Brilliant Classics ●●●●● Per celebrare il quattrocente-
The Kolors Italodisco
simo anniversario della morte di William Byrd, la Brilliant Classics ha pubblicato tutto il suo My ladye Nevells booke nella splendida interpretazione di Pieter-Jan Belder. Chi ha già apprezzato il clavicembalista olandese nel suo Fitzwilliam virginal book sapranno cosa aspettarsi: Belder preferisce la continuità ritmica rispetto a Davitt Moroney, nella sua integrale di Byrd uscita per la Hyperion. Qui c’è però sempre un palpabile senso di libertà nelle cadenze e negli ornamenti, e i tempi garantiscono unità ai pezzi. Belder, per esempio, sostiene brillantemente i nove minuti di Have with yow to Walsingame grazie a una forte base ritmica, una mano sinistra sicura e molta varietà nell’articolazione. Se l’elasticità di Moroney è perfetta per molte pavane, una lettura come questa si rivela ottima per altri pezzi, come la quinta gagliarda, allegramente percussiva. Devo ammettere che la presa di suono molto ravvicinata di questo album può affaticare qualche ascoltatore: meglio apprezzarlo a piccole dosi. È comunque una raccolta molto raccomandata. Jed Distler, ClassicsToday Maija Sofia
JILLY MCGRATH
Slowdive Everything is alive Dead Oceans ●●●●● Dedicato alla madre della cantante e chitarrista Rachel Goswell e al padre del batterista Simon Scott, entrambi morti nel 2020, il nuovo album degli Slowdive è stato descritto dalla band come “un’esplorazione della natura scintillante della vita”. Everything is alive è il primo disco in studio del gruppo in sei anni, ed è un’opera di grande bellezza. Attraversa una serie di paesaggi sonori e, anche se rimane inconfondibilmente legato al suono caratteristico degli Slowdive, si apre all’innovazione e all’evoluzione, invece di indugiare su una comoda nostalgia. Lo stile di questo disco è quasi cinematografico, e a volte risuona di tristezza e meraviglia, crescendo con gli ascolti. L’album è nato dalle sperimentazioni con i sintetizzatori modulari del chitarrista e cantante Neil Halstead, che all’inizio l’aveva pensato come un disco elettronico minimale. Ma quando la band si è riunita, le atmosfere si sono espanse. Per vivere un viaggio completamente coinvolgente è sicuramente utile ascoltare l’album nel suo insieme, ma allo stesso modo le tracce funzionano bene come pezzi autonomi. Lo dimostrano i recenti singoli: primi esempi sono la cadenzata bellezza di evasione di Kisses e le atmosfere cinematografiche dense e minacciose di The slab. Everything is alive contiene solo otto brani, ma esplora un ampio spettro emotivo, che va dalla tristezza alla gioia. Ed è, perché no, un album ottimista. Andy Von Pip, Under the Radar
Kylie Minogue Tension
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Pop Una lingua per poche anime Auður Ava Ólafsdóttir sei anni, come regalo di compleanl’altro, ricordo di aver sentito dire che quando gli no ricevetti un mappamondo che astronauti arrivano a una distanza abbastanza granpoggiava su un supporto. Aveva una de da vedere la Terra in lontananza, piangono e si lampadina all’interno e si poteva abbracciano. far ruotare. Chi l’aveva fatto non Si ritiene che il numero delle lingue parlate nel aveva dedicato molto impegno all’imondo oscilli tra seimilacinquecento e settemilacensola in cui vivevo io, l’Islanda, per cui i suoi contorni to, dipende da come sono contati i dialetti. Ogni due erano approssimativi. Per giunta l’isola era di colore settimane una di loro muore, per cui andando avanti bianco, a significare che era ricoperta di ghiaccio cocosì si può presumere che il novanta per cento delle me il polo Nord. Io sapevo che non era così. A parte la lingue si estinguerà entro la fine del prossimo secolo. capitale Reykjavík, sul globo erano indicati il vulcaUn giorno c’è chi parla una lingua e dice di amare no Hekla e anche la sua altezza, 1.447 qualcuno, o di avere fame, e il giorno metri. Ma non era segnato nessun con- A sei anni ero dopo nessuno lo capisce più. fine, anzi il pianeta si divideva in terra- consapevole Secondo me la madrelingua è l’uniferma e oceani in cui tutto era mescola- di abitare su ca patria di uno scrittore e dal momento to e tutto connesso. I fiumi erano tratti un’isola lontana che ogni lingua comporta uno specifico di penna blu e un esile dito di bambina e avevo scoperto modo di pensare, in un’altra lingua io poteva seguire il loro corso fino al mare di parlare una lingua scriverei storie totalmente diverse. attraverso molte terre e numerose fron- che non era parlata Considerando le lingue ufficiali dei centiere, la stessa acqua, lo stesso pesce in nessun altro posto tonovantatré paesi delle Nazioni Unite, che depone le uova in un paese ed è pescrivo nella lingua nazionale parlata dal e che si chiamava scato in un altro. minor numero di persone al mondo. A sei anni ero consapevole di abita- islandese Ogni giorno nascono soldati e medici, re su un’isola lontana e più o meno nelma non poeti né linguisti, dice un persolo stesso periodo avevo scoperto di parlare una linnaggio del mio romanzo Eden. gua che non era parlata in nessun altro posto e che si A loro vorrei aggiungere i traduttori, soprattutto chiamava islandese. Quelli che la parlavano allora quelli che traducono lingue utilizzate da poche pererano 180mila, oggi sono 350mila. Anche se non casone. In alcuni paesi del mondo c’è un solo traduttopivo ancora la parola örlög, destino, mi pareva tuttare che traduce dall’islandese (il che significa che gli via uno strano destino sia essere nata su un’isola in autori islandesi rimarranno in lista d’attesa per qualmezzo all’oceano sia parlare una lingua che ben poche anno), in altri non ce n’è nessuno. chi capivano. La conoscenza si accumula a poco a poco e da In qualche modo tutto questo è finito nei miei roquando molto tempo fa ho avuto in regalo il mappamanzi: il tema della memoria insulare, l’avere per mondo ho scoperto diverse cose, per esempio che gli vicino solo l’oceano, una lingua per poche anime, oceani stanno morendo. E anche se vivo su un’isola una natura da isola vulcanica ai margini dell’Artico. priva di foreste, so che nel mondo esistono 73.300 Il mappamondo ce l’ho ancora e non è da molto specie di alberi. Ho imparato anche che la lingua è lo che gli ho cambiato la lampadina. strumento principale nella lotta degli esseri umani Quando oggi lo guardo sulla mia scrivania, mi per il potere. E che non sempre questi ultimi sono sembra di osservare la Terra dallo spazio, di vedermi capaci di far combaciare pensieri e parole. So anche davanti il terzo pianeta più vicino al Sole, una macche tutte le persone che abitano sulla Terra sono lechiolina azzurro pallido delle dimensioni di una cagate attraverso la stessa comune antenata che visse pocchia di spillo, nel buio profondo del cosmo, che in Africa e che è probabile parlasse una sorta di linnon gira solo intorno al Sole alla velocità di 108mila gua palatale. Ho poi imparato che l’essere umano è chilometri all’ora, ma anche su se stessa, a 1.690 chil’unico animale che ride e piange, e su questo ho lometri all’ora, e così mi capita pure di pensare a scritto un libro (Hotel Silence, Einaudi 2018), e che quanto poco ci vorrebbe per far deviare il globo terallo stesso modo è l’unico che scrive poesie e racconracqueo dalla sua rotta. E dato che un pensiero tira ta storie, e anche su questo ho scritto un libro (La vita
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AUÐUR AVA ÓLAFSDÓTTIR
è una scrittrice islandese. Sarà ospite di Babel, festival di letteratura e traduzione, che si terrà a Bellinzona, in Svizzera, il 16 settembre. L’edizione 2023 di Babel è dedicata alle isole letterarie e linguistiche (babelfestival.com). Questo testo è inedito. Il titolo originale è Tölfræði: um eyjur í miðju hafi, fámenningstungumál og það sérstaka fólk sem kallast þýðendur.
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CHIARA DATTOLA
degli animali, Einaudi 2021). Nel mio ultimo romanzo, Eden, che tratta di vari elementi della realtà che stanno scomparendo, tra gli idiomi e la natura, il personaggio principale è una linguista specializzata in lingue minoritarie. Ha calcolato quanti alberi dovrebbe piantare per compensare le emissioni degli aerei che ha preso per partecipare oltreoceano a convegni sulle lingue minoritarie a rischio d’estinzione, ed è giunta alla conclusione che sarebbero cinquemilaseicento. Se l’islandese scompare, scompaiono i 620mila vocaboli di quella lingua. Scompare una lingua che
usa la stessa parola per pecora e fiume glaciale, una parola di una sola lettera, á. Se la mia lingua madre scompare, scompare una lingua che per dire televisione, elicottero e computer crea neologismi tutti suoi e dice sjónvarp, þyrla e tölva. Se l’islandese scompare, scompare una lingua che usa lo stesso verbo per lasciare, separarsi da una persona (að skilja við) e per capire una persona (að skilja). Ma soprattutto, se la lingua in cui scrivo scompare, scompare la sola lingua che io conosca che adopera la stessa parola (heima o heimur) per indicare “casa” e “mondo”. u sr Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Pop WITOLD SZABŁOWSKI
è un giornalista polacco. Tra i suoi libri pubblicati in Italia L’assassino dalla città delle albicocche (Keller 2019). Questo articolo è un estratto del suo ultimo libro, Come sfamare un dittatore (Keller 2023).
CHRISTIAN DELLAVEDOVA
Il cuoco di Saddam Witold Szabłowski n giorno il presidente Saddam Hussein invitò degli amici per un giro in barca sul fiume Tigri. Portò con sé alcune guardie del corpo, il segretario e me, il suo cuoco personale. Faceva caldo, era una delle prime serate primaverili di quell’anno. Non c’era nessuna guerra in corso, tutti erano di ottimo umore, e uno degli uomini della scorta, Salim, mi annunciò: “Mettiti seduto, Abu Alì, hai una giornata libera. Il presidente ha detto che oggi cucina lui per tutti. Farà la kofta”. “Giornata libera…”. Sorrisi tra me e me, perché sapevo che con Saddam non esisteva niente del genere. E dato che si doveva mangiare la kofta, mi misi a preparare l’occorrente per la grigliata. Tritai carne di manzo e di agnello in parti uguali, la insaporii con cipolla, pomodoro fresco e prezzemolo, e misi il tutto in frigorifero, in modo che poi aderisse bene allo spiedo. Preparai anche una bacinella per sciacquare le mani, accesi il fuoco, tostai le pite, e affettai pomodori e cetrioli per un’insalata. Solo a quel punto mi sedetti. In Iraq tutti gli uomini sono convinti di sapere come si cuoce la carne alla griglia. Si apprestano a grigliarla anche se non ne sono affatto capaci. Saddam non era da meno. Spesso i suoi ospiti mangiavano solo per gentilezza ciò che cucinava per loro: in fondo chi si azzarderebbe a dire in faccia al presidente di non gradire il cibo che ha preparato con le proprie mani? Non mi piaceva quando Saddam si metteva ai fornelli. Tuttavia, quel giorno mi ero detto che era solo
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Storie vere Roy Melvin Cox e Aaron Michael Jones, californiani, avevano progettato un software che telefona a persone scelte a caso, gli dice che l’assicurazione sulla loro auto sta per scadere e propone di rinnovargliela. In tre mesi hanno fatto circa cinque miliardi di queste chiamate. Dovranno pagare una multa di 300 milioni di dollari: lo ha deciso la Commissione federale per le comunicazioni degli Stati Uniti.
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la kofta, cosa poteva andare storto? Se hai la carne pronta, già tritata e condita, basta metterne uno strato sottile sullo spiedo, schiacciare con le dita, adagiare per pochi minuti sulla griglia ed è fatta. Saddam e amici aprirono una bottiglia di whisky e mandarono Salim in cucina per prendere la carne e l’insalata. Restai seduto, in attesa degli eventi. Mezz’ora più tardi ricomparve Salim, che reggeva il piatto con la kofta. “Te la manda il presidente”. Ringraziai dicendo che era molto gentile da parte del signor presidente, staccai la carne e l’avvolsi nella pita. Assaggiai e… che bruciore! Ahi che bruciore! “Acqua, presto, acqua!”. Mandai giù qualche sorso, ma non provai alcun sollievo. “Ancora un po’”. Niente. Continuava a bruciare. Avevo le guance e le gengive infuocate, dagli occhi cominciarono a scendermi le lacrime. Fui colto dal panico. “Veleno?”, pensai. Ma perché?! Per quale motivo?! Forse qualcuno ha cercato di avvelenare Saddam e invece l’ho mangiato io?! “Un sorso d’acqua”. Sono vivo? “Un sorso d’acqua”. Sono vivo… No, non è veleno… Ma se non è veleno, allora che avrà combinato Saddam? Continuai a tracannare acqua per quasi venti minuti, cercando di eliminare il sapore piccante dalla bocca. Fu così che scoprii il tabasco. Saddam aveva ricevuto quella salsa in regalo, e dato che non gli piaceva mangiare piccante, decise di testarla sui suoi amici. E sul personale di servizio. Eravamo tutti lì a correre freneticamente in lungo e in largo sulla barca, bevendo acqua per neutralizzare l’effetto del tabasco, e nel frattempo Saddam si sbellicava dalle risate.
Salim tornò nel giro di una ventina di minuti per informarsi se avevo gradito la kofta. Mi fece uscire dai gangheri. Dissi: “Se fossi stato io a rovinare la carne in questa maniera, Saddam mi avrebbe piazzato un bel calcio nel sedere e mi avrebbe detto di rimborsargliela”. A volte lo faceva. Se il cibo non gli piaceva, si faceva restituire i soldi. Per la carne, il riso, il pesce. Diceva semplicemente: “Questa roba fa schifo. Mi devi ridare cinquanta dinari”. Fu per questo motivo che lo dissi. Ma certo non mi aspettavo che Salim avrebbe riferito le mie parole al presidente. Invece, quando Saddam gli chiese della mia reazione, lui rispose: “Abu Alì ha detto che se fosse stato lui a cucinare una cosa del genere, il presidente gli avrebbe dato un calcio nel sedere e si sarebbe fatto ridare i soldi”. Lo spiattellò in presenza di tutti gli ospiti di Saddam. Il presidente gli ordinò di venire a prendermi. Mi spaventai. E anche parecchio. Non avevo idea di come avrebbe reagito Saddam. Non si usava criticarlo. Non lo faceva nessuno: né i ministri né i generali, figuriamoci un cuoco. Che potevo farci? Mi avviai. Ce l’avevo con Salim, perché mi aveva tradito, ma anche con me stesso per la mia stupida uscita. Vidi Saddam e i suoi amici seduti intorno al tavolo sul quale erano appoggiati la kofta e delle bottiglie di whisky aperte. Alcuni avevano ancora gli occhi arrossati, era evidente che anche loro avevano assaggiato il tabasco. “Mi è giunta voce che la mia kofta non ti è piaciuta”, disse Saddam con un tono grave. I suoi amici, le guardie del corpo, il segretario, erano tutti lì a fissarmi. Avevo sempre più paura. Non potevo di punto in bianco mettermi a tessere le lodi della sua kofta, sarebbe stata una menzogna lampante.
ĐJOKO ZDRAVESKI
Poesia
Leggendo Rumi Salvarti dall’amore mio non puoi Puoi tacere Guardare in giù o in su verso il cielo puoi Salvarti non puoi E non ti chiedo niente in cambio Đjoko Zdraveski
è un poeta e saggista macedone nato nel 1985. Ha pubblicato quattro raccolte, tra cui Ljubavina (Antholog 2016), da cui è tratta questa poesia. Vive a Parigi e insegna all’Institut national des langues et civilisations orientales. Traduzione dal macedone di Milena Trajkovska.
Cominciai a pensare alla mia famiglia. Mi chiesi dove si trovasse mia moglie in quell’istante. E cosa stesse facendo. Mi domandai se i bambini fossero già tornati da scuola. Non sapevo bene cosa aspettarmi, ma ero certo che non sarebbe stato niente di buono. “Non ti è piaciuta…”, ripeté Saddam. E all’improvviso scoppiò a ridere. Continuò a ridere e a ridere e a ridere. E tutti i commensali si unirono a quella risata. A quel punto Saddam tirò fuori cinquanta dinari, e li passò a Salim dicendo: “Hai ragione, Abu Alì, questa roba è troppo piccante. Ecco il risarcimento per la carne che ho sprecato. Ti preparo un’altra kofta, ma senza la salsa. La vuoi?”. La volevo. Me la servì senza tabasco. Quella volta gli era venuta molto buona, ma ripeto: è impossibile che qualcosa vada storto con la kofta. u mb
Altri animali Leonardo Caffo
Il nemico nel menù Si fa un gran parlare del granchio blu come nemico assoluto: devasta l’ecosistema, si nutre di ogni cosa, consuma tutto l’ambiente circostante. A pensarci bene, questa è la descrizione dell’essere umano (in particolare europeo), che di fronte al caso del granchio blu – una specie originaria dell’Atlantico che si sta diffondendo sulle coste italiane – avrebbe potuto, per la prima volta, fermarsi a riflettere sugli effetti assurdi che il dissesto ecosistemico antropico ha creato nel suo stesso ambiente. Ma anche stavolta, niente da fare. Così, del
granchio blu ora si fa anche un gran mangiare. Abbiamo una presidente del consiglio che mangia granchio blu, chef stellati che ci spiegano come cucinarlo, la corsa delle persone più diverse ad assaggiarlo. Come sempre, il nemico diventa cibo, e questo ci ricorda una nota tesi di Jacques Derrida, nel suo “Il faut bien manger”. O il calcolo del soggetto (Mimesis 2021): “La bestia sarebbe divoratrice e l’uomo divorerebbe la bestia. Divoramento e voracità. Devoro, vorax, vorator. Ne va della bocca, dei denti, della lingua e della violenta
precipitazione a mordere, inghiottire, ingoiare l’altro, prenderlo dentro di sé per ucciderlo. La sovranità sarebbe divoratrice? La sua forza e il suo potere, la sua più grande potenza”. Mangiare animali anche quando non è necessario, insomma, è il modo in cui mostriamo quanto siamo ancora “più bestie selvagge” di quanto pensiamo. Il granchio blu mangia tutto? E noi ci mangiamo il granchio. E ancora una volta, così, ristabiliamo il potere di Pulcinella: tutto intorno a noi crolla, ma noi moriremo a pancia piena. u Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Scienza un lato può rientrare nella categoria della disinformazione, ma dall’altro non è un tipo di disinformazione classica (come le notizie false o la pubblicità fuorviante). E chi la approva non è necessariamente antiscientifico. Quelli che per esempio credono all’utilità di “affamare la febbre” possono essere favorevoli ai vaccini. Allo stesso modo non è insolito che chi segue le raccomandazioni sanitarie ufficiali ricorra anche ai rimedi della nonna per proteggersi di più dal coronavirus.
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ANGELO MONNE
Acque bollenti
SALUTE
Se i rimedi della nonna fanno male K.K. Donois e H. Vally, The Conversation, Regno Unito Le credenze popolari sulla salute, che si tramandano di generazione in generazione, spesso persistono anche quando la scienza ne dimostra l’inutilità o addirittura la pericolosità el 1665, quando a Londra scoppiò la peste bubbonica, in tanti cercarono disperatamente un modo per proteggere se stessi e i propri cari. Un rimedio piuttosto diffuso consisteva nel pestare due spicchi d’aglio nel latte appena munto. Si credeva che bere quell’intruglio al mattino, a stomaco vuoto, scongiurasse la temuta malattia. Come all’epoca della peste, con il covid in tanti hanno cercato rimedi casalinghi. Sui social sono cominciati a circolare post sulle proprietà protettive e curative dell’aglio. Tanto che, esasperata, l’Organizzazione mondiale della sanità ha risposto con vari tweet suggerendo cautela. Anche se ci sono studi che confermano le proprietà antimicrobiche di alcuni composti dell’aglio, purtroppo l’idea che inge-
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rirlo possa prevenire le infezioni di qualunque batterio o virus è falsa. Pur sembrando innocui, i rimedi della nonna possono anche fare danni. Una signora di 72 anni, per esempio, si è inflitta un’ustione chimica sulla lingua consumando quotidianamente aglio crudo nel tentativo di scongiurare il coronavirus. L’idea dell’aglio come cura di ogni male affonda le sue radici nella saggezza medica popolare, che in effetti possiede un certo grado d’intuitività seducente e in genere nasce da credenze culturali e da tradizioni antiche. Questo sapere prevede rimedi erboristici, consigli alimentari e il ricorso a precisi comportamenti. Spesso si tramanda per via orale da una generazione all’altra e può essere uno dei motivi per cui i miti sulle cause e le cure delle malattie persistono malgrado i progressi della scienza medica. L’incrollabile convinzione che fare il bagno dopo mangiato è pericoloso, per esempio, non ha basi scientifiche: anche se sembra avere una sua logica, la tesi che mangiare prima di nuotare causi l’annegamento è stata smentita dalla ricerca. La saggezza popolare è complessa perché da
Tuttavia, forse, l’idea che la saggezza popolare sia prevalentemente innocua ha indotto gli esperti a sottovalutarla. Per esempio, credere che bere del latte caldo prima di andare a letto aiuti a dormire non è dannoso (anche se è falso), ma altre credenze possono esserlo. Nel 2020, per esempio, quando nel Regno Unito cominciò il lockdown, al Burns centre dell’ospedale pediatrico di Birmingham le ustioni legate ai suffumigi sono aumentate di trenta volte. Molti genitori avevano letto sui social che l’inalazione di vapore potesse prevenire o curare i sintomi a carico dell’apparato respiratorio. La situazione era molto sconfortante soprattutto perché gli studi pubblicati in tutto il mondo dal 1969 sottolineano il rischio di ustione legato ai suffumigi. Tuttavia ci sono alcuni rimedi della nonna che sembrano avere un certo grado di plausibilità biologica. Forse il proverbio “una mela al giorno toglie il medico di torno”, che risale al 1870 circa, si basava sul fatto che le mele sono ricche di sostanze nutritive. In questo caso gli scienziati hanno scoperto che le mele, pur non offrendo un apporto vitaminico eccezionale, possono essere considerate un alimento cosiddetto funzionale, perché contengono sostanze bioattive che risultano nel complesso salutari. In ogni caso, dato che la saggezza popolare non è destinata a sparire presto, sarebbe utile capire perché le persone ci credono e fino a che punto può compromettere la fiducia nella scienza. u sdf Katrine K. Donois è dottoranda in psicologia (comunicazione della scienza), all’Anglia Ruskin university, nel Regno Unito. Hassan Vally è professore associato di epidemiologia, alla Deakin university, in Australia. Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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Scienza PALEOANTROPOLOGIA
La mappa dei kakapo
Gli antenati quasi estinti
Grazie a una collaborazione internazionale è stato mappato il genoma di quasi tutti i kakapo viventi, più quello di una cinquantina di esemplari deceduti. Il kakapo (Strigops habroptila) è una specie di pappagallo notturno, endemico della Nuova Zelanda, a rischio di estinzione. È il pappagallo più pesante del mondo (alcuni maschi superano i tre chili) e vive fino a 90 anni. Non vola, ma si arrampica sui tronchi o cerca il cibo per terra. Prima dell’introduzione di predatori come gatti e ratti, questi uccelli erano diffusi in tutto il paese. Ora si contano circa 250 esemplari, confinati su cinque isole senza predatori, e gli accoppiamenti tra consanguinei aumentano l’incidenza delle malattie. Il sequenziamento, spiega Nature Ecology & Evolution, sarà utile per studiare la loro suscettibilità alle malattie, individuare varianti cruciali per la sopravvivenza e per decidere quali individui trasferire per aumentare la diversità.
Science, Stati Uniti
JINGYAO DOU
GENETICA
Tra i 900mila e gli 800mila anni fa gli antenati umani potrebbero essere stati prossimi all’estinzione. In quel periodo la popolazione umana in Africa ed Eurasia si sarebbe ridotta a circa 1.300 individui in età riproduttiva, forse a causa del clima, diventato molto rigido, e di altre condizioni ambientali difficili. Lo studio si basa sull’analisi del genoma di circa tremila individui moderni, appartenenti a dieci popolazioni africane e a quaranta non africane. Le differenze genetiche sono state analizzate con un nuovo metodo matematico, chiamato FitCoal. Lo strumento stima la grandezza di una popolazione nel tempo, basandosi sullo sviluppo demografico e sulla diversità genetica attuale. Secondo la rivista Science, 930mila anni fa la popolazione potrebbe essere diminuita del 98,7 per cento. Per 117mila anni ci sarebbe stato un “collo di bottiglia”, che avrebbe ridotto la diversità genetica attuale. Alla fine del periodo potrebbero essere emersi tre tipi umani: i sapiens, i neandertal e i denisova. L’ipotesi andrebbe confermata da altri studi, basati sul ritrovamento di fossili o utensili. ◆ JOACHIM REDDERMANN (TU WIEN)
TECNOLOGIA
Un olfatto digitale Una ricerca pubblicata su Science ha progettato una rete neurale in grado di riconoscere l’odore di un centinaio di composti analizzandone le strutture molecolari. Questo modello di intelligenza artificiale è stato allenato con i dati della struttura di cinquemila sostanze odorose e una cinquantina di parole come “fruttato” o “erbaceo”. Le descrizioni degli odori sono state paragonabili, se non superiori, a quelle degli annusatori umani addestrati. In futuro il sistema potrebbe servire a progettare nuovi profumi sintetici e a capire come il cervello umano interpreta ogni odore.
IN BREVE
AMBIENTE
Cinghiali ancora radioattivi Perché alcuni cinghiali in Baviera (Germania) sono così contaminati da cesio radioattivo da non essere sicuri per il consumo? Secondo Environmental Science & Technology, come si pensava la contaminazione deriva in parte dall’incidente della centrale nucleare di Černobyl nel 1986. Tuttavia, tra il 10 e il 68 per cento della contaminazione potrebbe essere dovuta ai test nucleari condotti negli anni sessanta. Il cesio potrebbe essere passato dal suolo ai funghi sotterranei e quindi ai cinghiali che li mangiano.
Astronomia È stato trovato un pianeta oltre il nostro sistema solare che è molto grande e molto denso. Chiamato Toi1853 , ha una massa pari a 73 volte quella terrestre e dimensioni simili a quelle di Nettuno. Le caratteristiche del pianeta sono sorprendenti e la sua origine non è chiara. Secondo Nature, l’esopianeta potrebbe derivare da collisioni multiple di protopianeti. Genetica Raccogliere dna dalla superficie delle foglie di una pianta potrebbe aiutare a stabilire quali animali sono presenti in una zona. La tecnica è stata usata in una zona di vegetazione tropicale terrestre del Kibale national park in Uganda. È stato individuato il dna di 52 vertebrati selvatici, tra i quali 26 uccelli e 24 mammiferi. È stato isolato anche il dna di un pesce, probabilmente predato da un uccello, scrive Current Biology.
TECNOLOGIA
Pilota artificiale Un sistema basato sull’intelligenza artificiale, Swift, è riuscito a battere dei giocatori umani in una gara di droni, scrive Nature. Nelle gare di droni si deve completare un percorso tridimensionale il più velocemente possibile. Il pilota guida grazie alle immagini raccolte da una videocamera sul drone, che è anche dotato di sensori di velocità e accelerazione. Tuttavia, i piloti umani si sono dimostrati più adattabili in condizioni ambientali differenti da quelle previste, come una luce diversa.
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Il diario della Terra YASUYOSHI CHIBA (AFP VIA GETTY)
Il nostro clima
Cargo a bassa emissione
Specie aliene Secondo un rapporto dell’Ipbes, la piattaforma intergovernativa sulla biodiversità e i servizi ecosistemici, sono più di 37mila le specie di piante e animali introdotte dalle attività umane in luoghi non originari, sia intenzionalmente sia accidentalmente. Più di 3.500 sono molto dannose nel nuovo ambiente. Nell’85 per cento dei casi le specie aliene hanno avuto un impatto negativo su quelle native. In generale, possono minacciare la biodiversità, ridurre la produzione alimentare e costituire un problema sanitario. Solo nel 2019 hanno causato danni per 423 miliardi di dollari. Il 34 per cento dei casi è stato segnalato nelle Americhe, il 31 in Europa e Asia centrale, il 25 nel resto dell’Asia e nella regione del Pacifico e il 7 per cento in Africa. Nella foto: il lago Victoria, in Kenya, invaso dai giacinti d’acqua, una specie invasiva originaria del Sudamerica.
Radar
E ora c’è troppa pioggia
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Piogge Mentre si fatica a controllare gli incendi, in Grecia la tempesta Daniel ha investito il centro e l’ovest del paese. Le forti piogge hanno colpito anche le vicine Bulgaria e Turchia. Il bilancio complessivo è di almeno undici morti, di cui due a Istanbul, dove ci sono stati anche 31 feriti. In Bulgaria e in Grecia sarebbe caduta in 24 ore una quantità di pioggia pari a quella che di solito cade in diversi mesi. Altri decessi causati dalle precipitazioni sono stati registrati in Spagna e in Algeria. Terremoti Un sisma di magnitudo 5,4 sulla scala Richter ha colpito l’isola indonesiana di Timor, costringendo molte persone a lasciare le proprie
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case, ma non ha provocato vittime. Altri terremoti sono stati registrati in Tanzania, in Papua Nuova Guinea e alle isole Figi. Elettricità Dopo un’estate particolarmente piovosa, a Oslo e a Bergen, le due principali città della Norvegia, l’elettricità è stata gratuita per una giornata. Nel paese più del 90 per cento dell’elettricità proviene dall’energia idroelettrica e il prezzo per chilowattora è correlato al livello delle precipitazioni: più piove o nevica, più i bacini idrici sono pieni, meno costa l’elettricità. C. POPPE (NTB/REUTERS/CONTRASTO)
Cicloni Almeno 21 persone sono morte nel Rio Grande do Sul, nel Brasile meridionale, dove piogge torrenziali hanno causato frane e alluvioni. Più di cinquantamila persone in una sessantina di città sono state colpite e circa 3.700 hanno dovuto lasciare le loro case. Quasi dieci milioni dei 203 milioni di abitanti del Brasile vivono in zone a rischio di alluvioni o frane. ◆ Il tifone Haikui ha attraversato Taiwan, facendo cadere centinaia di alberi e danneggiando le strade, prima di essere declassato a tempesta e dirigersi verso la Cina meridionale. Nella
zona era da poco passato il tifone Saola, che si era abbattuto con particolare forza su Hong Kong.
◆ Una nave mercantile alimentata a metanolo “verde” ha concluso la sua prima traversata. La nave della Maersk era partita dalla Corea del Sud il 10 luglio e ha percorso nel complesso 21.500 chilometri, facendo tappa per rifornirsi a Singapore, Port Said e Rotterdam prima di arrivare in Danimarca. La nave è alimentata a biometanolo, un combustibile con emissioni di gas serra inferiori di circa il 65 per cento rispetto a quelle normali, ma può usare anche carburante tradizionale, spiega la Reuters. La Maersk ha ordinato altre 24 navi simili. Nel 2028 le navi a biometanolo potrebbero essere più di duecento. Secondo Tristan Smith dell’University college di Londra, tuttavia, non è possibile produrre abbastanza biometanolo per tutti. Un altro carburante utile per ridurre le emissioni di gas serra, che rappresentano circa il 3 per cento delle emissioni globali, sarebbe l’ammoniaca. Ma non sono stati ancora costruiti prototipi di navi, e secondo uno studio su Nature Energy, l’uso su ampia scala di ammoniaca potrebbe avere un impatto negativo sull’ambiente. È invece in corso la traversata dalla Cina al Brasile del mercantile Pyxis Ocean, dotato di vele, scrive la Bbc. Si pensa che i nuovi dispositivi, aiutando l’azione dei motori, possano ridurre il consumo della nave di circa un terzo. Le vele sono prodotte con lo stesso materiale delle pale eoliche e sono quindi rigide. Secondo la Bbc, a breve e medio termine potrebbero emergere altre soluzioni per ridurre le emissioni della marina mercantile.
Il pianeta visto dallo spazio 08.07.2023
Il parco eolico Fryslân, nei Paesi Bassi
Nord 2 km
Kornwerderzand
Mare dei Wadden
Afsluitdijk
Lago di IJssel
EARTHOBSERVATORY/NASA
Parco eolico Fryslân
◆ I Paesi Bassi hanno una lun ga storia di sfruttamento del vento. Non sorprende, quindi, che ospitino il più grande par co eolico d’acqua dolce del mondo, il Windpark Fryslân. Quest’immagine, scattata dal satellite Landsat 8 della Nasa, mostra le 89 turbine eoliche del parco, posizionate a forma re un esagono per ridurre al minimo l’ostruzione del pae saggio naturale. Il parco si tro va nel lago di IJssel, uno dei bacini artificiali più grandi d’Europa. Nell’immagine si
vede anche l’Afsluitdijk, una diga lunga 32 chilometri che protegge il lago dalle inonda zioni. Il parco eolico, entrato in funzione nel 2021, ha una ca pacità di 1,5 terawattora all’an no, che corrisponde all’1,2 per cento del consumo d’elettricità del paese. I lavori di costruzio ne non sono stati facili. Uno dei problemi principali era la necessità di usare, per il tra sporto dei materiali, navi che fossero abbastanza piccole da attraversare i varchi della diga e che potessero operare nelle
Il Windpark Fryslân è il più grande parco eolico d’acqua dolce del mondo. Comprende 89 turbine posizionate a formare un esagono.
◆
acque poco profonde del lago. Inoltre, l’installazione delle turbine è stata spesso ostacola ta dal vento. Vicino al villaggio di Korn werderzand, che si trova nella parte nordorientale della diga, c’è un’isola artificiale nata co me piattaforma per i materiali da costruzione e convertita in riserva naturale e oasi per gli uccelli. L’isola è circondata da 25 ettari di acque poco profon de che ospitano molte specie di pesci.–Lindsey Doermann (Nasa)
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ISABEL INFANTES (AFP/GETTY)
Economia e lavoro
Londra, Regno Unito, 15 dicembre 2022 REGNO UNITO
Ingresso vietato ai lavoratori più utili Bettina Schulz, Die Zeit, Germania Il governo di Londra ha deciso di favorire l’arrivo di immigrati qualificati. Ma così non risolve la carenza di manodopera e favorisce lo sfruttamento dei più poveri teve, 34 anni, fa l’infermiere in una casa di cura inglese per persone con disabilità, ma non ha studiato per fare questo mestiere. Oggi nel Regno Unito il personale sanitario è molto ricercato: nel 2022 il paese ha reclutato dall’estero più di settantamila infermieri. Eppure, secondo il centro studi King’s Fund, il settore ha ancora 150mila posti di lavoro scoperti. È stato così che Steve ha ricevuto un’offerta dalla Active prospects, un’organizzazione che gestisce centinaia di case di cura britanniche. Questo significa che nel Regno Unito un immigrato può trovare un impiego in modo relativamente semplice se ha un visto di lavoro speciale. Il lavoro nelle case di cura non è privo di rischi, dato che spesso i dipendenti non
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si attengono ai regolamenti e le responsabilità non sono stabilite in modo chiaro. In quella in cui lavora Steve, per esempio, i dipendenti – e il capo, spesso assente – si sono dati delle regole tutte loro. Le agenzie interinali li hanno reclutati in Nigeria, Ghana, Zimbabwe e Sri Lanka, perché le persone che provengono da questi paesi parlano bene l’inglese e sono disposte a lavorare dalle 43 alle sessanta ore alla settimana per 11,50 sterline all’ora (tredici euro). Il problema è che quasi tutte vogliono guadagnare più soldi nel minor tempo possibile per spedirli ai familiari a casa, dove il costo della vita è infinitamente più basso. Nessuno sa cosa succede davvero in questi posti, lo stato se ne disinteressa e non fa mai controlli: si accontenta di poter colmare la carenza di personale. Dopo la Brexit e la pandemia di covid-19, il mercato del lavoro britannico è cambiato profondamente. Come in molti altri paesi, anche i britannici hanno colto l’occasione della pandemia per uscire dalla vita lavorativa e andare in pensione. Inoltre sono sempre di più le persone che restano a casa per prendersi cura di un parente, visto che nel paese il numero di
adulti con patologie croniche è a livelli altissimi. Molti studenti delle scuole superiori o delle università faticano a riprendere gli studi. La popolazione inattiva è aumentata al punto che la Banca d’Inghilterra segue con apprensione il dato e i suoi effetti sull’economia. Anche la Brexit ha lasciato il segno. Molti lavoratori dell’Europa continentale sono tornati a casa e ne arrivano sempre meno a causa delle condizioni ormai molto complicate per il rilascio dei visti. Per un professionista qualificato può valere la pena di affrontare le difficoltà burocratiche, ma i lavori poco pagati sono diventati ancora meno attraenti. Così, secondo i dati più recenti, nel Regno Unito c’è un milione di posti di lavoro vacanti. Un’indagine del Centre for european reform (Cer) pubblicata all’inizio del 2023 ha stimato che la fine della libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea nel Regno Unito ha provocato una carenza di 330mila lavoratori. Dal momento che le nuove regole sull’immigrazione privilegiano l’ingresso di stranieri qualificati e con buoni stipendi, mancano le persone disposte a svolgere mansioni più umili, soprattutto nei settori dell’ospitalità e della ristorazione, nell’industria alimentare e della trasformazione, nei trasporti, nel commercio al dettaglio e nell’edilizia. Con il nuovo sistema dei visti il governo ha creato una situazione critica: da un lato ha cercato di rassicurare gli elettori ansiosi di mettere fine a un’immigrazione ritenuta senza controllo; dall’altro ha riconosciuto che al paese serve manodopera. L’idea è che più una persona è qualificata, più facilmente entra nel Regno Unito. Nel 2022 Londra ha concesso 423mila visti di lavoro, soprattutto a cittadini provenienti da India, Nigeria, Filippine, Zimbabwe, Stati Uniti, Pakistan, Australia e Sudafrica. Tutti per lavoratori qualificati. Il sistema ha creato una carenza di personale “a basso costo”, dato che i cittadini dell’Unione europea se ne sono andati e i britannici non hanno troppa voglia di raccogliersi da soli le fragole nelle afose serre di plastica, di sudare nei cantieri o di sedere per intere giornate alla guida dei camion. Il governo ha creato delle eccezioni, per esempio per i lavoratori stagionali, ma molti economisti le ritengono insufficienti. E prima delle elezioni è difficile che ci siano altre concessioni. Con le nuove re-
A dodici miglia dalla costa Alcuni settori sfruttano le lacune del sistema per ottenere comunque manodopera a basso costo. Da un rapporto dell’università di Nottingham uscito nel maggio 2022 è emerso che spesso i pescatori non europei sono assunti dalle navi britanniche con un visto di transito, che di fatto non gli consente di entrare nel paese. Queste persone sono costrette a operare sulle navi a più di dodici miglia dalla costa, non possono scendere nei porti e sono sfruttate brutalmente: salari minimi, nessuna assicurazione sanitaria e nessuna delle tutele previste dalle legge. Un altro problema sono gli intermediari. In Nigeria, per esempio, si offrono posti di lavoro a basso reddito nel Regno Unito, ma si chiedono cifre molto alte per il servizio, trattenute dallo stipendio. Una volta arrivati, gli immigrati si rendono conto che la paga non è quella promessa dagli agenti e si ritrovano in condizioni simili a una moderna schiavitù, perché a causa dei debiti non possono abbandonare il lavoro. Steve era in una situazione simile. Poi qualcuno si è lamentato delle condizioni della casa di cura. Il suo capo è stato sospeso e le norme di sicurezza sono state di nuovo applicate. Una svolta positiva sia per lui sia per le persone con disabilità che vivono lì. u nv
FRANCIA
STATI UNITI
La vendemmia delle macchine
Polizze troppo rischiose
Il settore agricolo francese è alle prese con una grave carenza di manodopera. Alla vigilia della stagione della vendemmia, scrive Le Monde, due terzi dei viticoltori sono ancora a corto di personale. Questa situazione ha spinto molte aziende a puntare sulle macchine. “Oggi solo un decimo dei 750mila ettari di vigneto in Francia è vendemmiato manualmente”, sostiene Philippe Astoin, dirigente dell’azienda meccanica Pellenc. “Sempre più spesso i produttori di vini rosati o bianchi scelgono di raccogliere di notte per evitare il forte caldo diurno”. Di fatto restano vendemmiati a mano solo i vigneti per la produzione di particolari tipi di vino, come lo champagne.
GIAPPONE
Donne non pagate Secondo un rapporto del governo di Tokyo, il lavoro non pagato svolto ogni anno dalle donne giapponesi vale 111mila miliardi di yen (705 miliardi di euro), pari a circa un quinto del pil nazionale. La cifra, scrive Bloomberg, è notevolmente più alta rispetto a quella stimata per i lavori non pagati svolti dagli uomini, che si fermano a 32mila miliardi di yen.
Newsletter Economica è la newsletter settimanale di Internazionale che racconta cosa succede nel mondo dell’economia. Per riceverla: internazionale.it/newsletter
Crystal River, Stati Uniti, 31 agosto 2023
CHANDAN KHANNA (AFP/GETTY)
gole sull’immigrazione il Regno Unito ha accolto ventimila lavoratori in più nel settore informatico. E il numero è destinato a crescere quando, a breve, il governo siglerà un nuovo accordo con l’India. Ma allo stesso tempo sono aumentate le disuguaglianze tra la ricca Londra e le regioni più povere del paese. Le persone qualificate arrivano nella capitale per lavorare nell’informatica, nella finanza, nell’amministrazione, nella sanità o nelle università, mentre in altre zone il turismo, l’agricoltura e l’edilizia aspettano invano il personale. Secondo il Cer, se il Regno Unito non avesse rinunciato con la Brexit alla libera circolazione delle persone, nei settori alberghiero, della ristorazione e alimentare sarebbero arrivate 67mila persone in più dall’Unione europea e 31mila da paesi extraeuropei. I trasporti potrebbero contare su 130mila europei in più e il commercio al dettaglio su 120mila in più. Nell’edilizia ci sarebbero altri cinquantamila lavoratori europei.
A causa dell’aumento degli eventi meteorologici estremi, come tornado e inondazioni, le compagnie assicurative sono meno disposte a coprire le aziende e i proprietari d’immobili esposti ai disastri naturali. Negli Stati Uniti, scrive il Washington Post, almeno cinque grandi gruppi assicurativi – Allstate, American Family, Nationwide, Erie Insurance Group e Berkshire Hathaway – hanno dichiarato all’autorità di mercato, la National association of insurance commissioners, che la maggiore frequenza degli eventi estremi, riconducibile alla crisi climatica, li ha convinti a smettere di proporre polizze in alcune regioni del paese o comunque a escludere la copertura di determinati eventi e a chiedere premi più alti. La Nationwide ha fatto sapere che già dal 2020 ha smesso di offrire polizze in alcune zone della California, in particolare per i beni che si trovano troppo vicini alla costa, perché sono più esposti agli uragani. L’azienda ha annunciato ulteriori restrizioni già dalla fine del 2023. u AZIENDE
Un furto milionario L’Aurubis, il più grande produttore europeo di rame, ha scoperto che nei suoi magazzini mancano metalli per centinaia di milioni di euro. Il 1 settembre le sue azioni alla borsa tedesca di Francoforte sul Meno hanno perso il 17 per cento. L’azienda di Amburgo, spiega il Financial Times, ha
aperto un’inchiesta interna per capire se il furto di metalli (rame e altri materiali ottenuti con l’attività di recupero di prodotti usati) sia dovuto alla complicità tra un gruppo di suoi dipendenti e alcuni fornitori. L’indagine, in cui è stata coinvolta anche la polizia tedesca, dovrebbe essere chiusa entro la fine di settembre. L’Aurubis aveva già subìto un furto simile, che a giugno aveva portato all’arresto di sei persone.
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INSERZIONE PUBBLICITARIA
FESTIVAL FRANCESCANO 2023, IL SOGNO ATTUALE DI UN MONDO POSSIBILE DAL 21 AL 24 SETTEMBRE IN PIAZZA MAGGIORE A BOLOGNA, LA XV EDIZIONE TRA “SOGNO, REGOLE E VITA” Sono passati otto secoli dall’approvazione della Regola con cui San Francesco ha delimitato il suo sogno, rendendolo rivoluzionario e attuale ancora oggi. Di regole, sogni e rivoluzioni possibili si parla a Bologna, al Festival Francescano.
Un Festival di piazza, aperto al mondo di oggi. Portare in piazza, tra le donne e gli uomini di oggi, il messaggio universale di fraternità, dialogo e pace del Santo d’Assisi, per affrontare le tante crisi che caratterizzano l’attualità: questa, da sempre, è la w del Festival Francescano, una quattro giorni di conferenze, workshop, incontri e spettacoli organizzata dai francescani in collaborazione con tante realtà locali e nazionali grazie al sostegno del Partner
Incontri - foto Danilo Crecchia
Gold Rekeep, gruppo bolognese leader nel facility management in Italia. Nelle quindici edizioni del Festival, sono stati centinaia di migliaia i visitatori, più di cinquecento gli ospiti protagonisti del nostro tempo, per una agorà sempre aperta al confronto e all’incontro. Solo quest’anno, per la XV edizione dal titolo “Sogno,regole e vita”, saranno oltre cento le voci nazionali e internazionali che parleranno di come i sogni possano
aiutarci a vedere un mondo possibile e come le regole, condivise e giuste, possano concretizzare e rendere possibili quei sogni. Zuppi, Schmitt e Sala: i sogni infranti del nostro tempo e un sogno possibile di fraternità. Tra i protagonisti del Festival, in programma dal 21 al 24 settembre, ci sarà il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente CEI, che dialogherà con lo scrittore francese Èric-Emmanuel Schmitt. I due si metteranno sulle tracce di quell’Uomo che ha insegnato a tutti il sogno possibile della fraternità. Sempre il cardinale Zuppi sarà poi in dialogo con la giornalista di esteri Cecilia Sala, promosso da Rekeep, per parlare delle tante sfumature dell’attualità, caratterizzata da guerre, migrazioni e cambiamenti climatici. Sul tema ambientale, l’attivista di Friday for Future Giovanni Mori si confronterà con l’urbanista Elena Granata, vicepresidente della Scuola di Economia Civile.
INSERZIONE PUBBLICITARIA
Applausi per Gemma Calabresi edizione 2022 - foto Alberto Berti
Sogni di accoglienza e il ricordo di Don Milani, profeta disobbediente. In Piazza Maggiore per parlare di accoglienza e inclusività, ci saranno invece lo psichiatra Vittorio Lingiardi e fra Marcello Longhi, presidente dell’Opera San Francesco, nota realtà caritativa di Milano. Nell’anno del centenario della nascita, il Festival ricorderà anche don Lorenzo Milani, lo scomodo priore di Barbiana che sognava una scuola e una società inclusive. Dei giovani ai quali si rivolgeva don Milani parlerà la filosofa Michela Marzano in una conferenza dal titolo “Sogni fragili”, mentre a loro
è dedicato lo spettacolo con Stefano Andreoli e Ghemon. Ospiti nazionali e internazionali, per sogni che abbracciano il mondo. Tra le voci internazionali del Festival Francescano, oltre a Schmitt, ci saranno il filosofo francese Frédéric Gros, che parlerà di disobbedienza, tema di indagine di uno dei suoi saggi più celebrati, e il medievista Jacques Dalarun, massimo conoscitore dell’opera di San Francesco. E poi, le voci dell’Italia di oggi: il giurista Gherardo Colombo onorerà con una lectio magistralis il 75esimo della Costituzione Ita-
liana; Romano Prodi rifletterà sull’attualità del sogno di pace europeo mentre lo psichiatra Paolo Crepet ci interrogherà sul torpore educativo che pare caratterizzare la nostra società. Non solo conferenze e incontri, però. Saranno decine gli eventi, le mostre, i workshop, le attività per ragazze e ragazzi e gli spettacoli - tutti gratuiti - che animeranno per quattro giorni una delle piazze più importanti d’Italia. Per scoprire il programma completo del Festival Francescano 2023 ed essere aggiornati sulle novità, si può visitare il sito www. festivalfrancescano.it. Intanto, è possibile averne un assaggio ascoltando il podcast “Ricalcolo”.
PROGRAMMA COMPLETO:
Spettacoli - foto Danilo Crecchia
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Peanuts, 1960 Charles M. Schulz, Stati Uniti
Buni Ryan Pagelow, Stati Uniti
War and Peas E. Pich e J. Kunz, Germania
Strisce
Mafalda, 1964 Quino, Argentina
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© 2023, SUCESORES DE JOAQUÍN S. LAVADO (QUINO)
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Direttore: Domenico De Masi
Il lavoro come è, come cambierà La Scuola del Fatto Quotidiano presenta un corso formativo di 64 ore con un modulo di 20 ore curato dal Politecnico di Torino
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L’oroscopo
Rob Brezsny In occasione della stagione del tuo compleanno, Vergine, t’invito a essere più originale del solito, e perfino stravagante e unica. Non è uno stato in cui ti senti sempre a tuo agio, ma penso che in questo momento ti farebbe bene. Ti offro i consigli dello scrittore Christopher Morley: “Leggi ogni giorno qualcosa che nessun altro sta leggendo. Pensa ogni giorno qualcosa che nessun altro sta pensando. Fa’ ogni giorno qualcosa che nessun altro è così sciocco da fare. Non schiodarsi mai dal coro fa male alla mente”. Ti offro anche una citazione della poeta Edith Sitwell: “Non sono eccentrica! Sono solo più viva della maggior parte delle persone”.
ARIETE
Il campione di scacchi Garri Kasparov, dell’Ariete, afferma: “La guerra è più simile a una partita di poker che a una di scacchi. Su una scacchiera i pezzi sono allo scoperto, visibili a tutti, mentre il poker si basa su informazioni incomplete. Devi fare ipotesi e agire di conseguenza”. Sospetto, Ariete, che questo paragone possa esserti utile. Forse non sei coinvolto in un conflitto aperto, ma stai affrontando una situazione complessa che somiglia a una partita di poker. Per uscirne bene, cerca di mantenere una perfetta faccia da poker, del tutto imperturbabile. Evita di abbandonarti a comportamenti spontanei o inconsci in grado di rivelare informazioni che sarebbe meglio tenere per te.
ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI
TORO
Cresciuta in povertà, Eva Perón, del Toro, diventò un’attrice e una politica carismatica che fu first lady dell’Argentina per sei anni. Alla fine il parlamento argentino le attribuì il titolo di “guida spirituale della nazione”. Da cosa dipese la sua ascesa fulminea? “Senza fanatismo”, diceva, “non si può realizzare nulla”. Nei prossimi mesi, Toro, non ti consiglio di seguire la sua strategia. Dovresti essere concentrato e motivato, e anche un po’ sanamente ossessionato, ma senza cadere nel fanatismo. GEMELLI
Lo scrittore Ben H. Winters, dei Gemelli, dice: “Ogni scelta ne preclude altre.
Ogni passo avanti si lascia dietro mille possibili universi morti”. Non penso che gli universi morti siano davvero mille. Mi sembra più probabile che siano due o tre. Ma il punto è che devi essere pronto a lasciarti il passato alle spalle. Per prendere decisioni ci vuole sicurezza. Giudicare le tue scelte con il senno di poi non è costruttivo. Sei pronto a divertirti con coraggio e determinazione, Gemelli? Se la risposta è sì, i ritmi cosmici saranno dalla tua parte. CANCRO
La giornalista Alexandra Robbins dà questo consiglio ai ragazzi, ma può essere utile a tutti: “Non c’è niente di sbagliato in te solo perché non hai ancora incontrato persone che condividono i tuoi interessi e la tua visione della vita. Alla fine troverai chi ti apprezzerà per quello che sei”. Te lo dico, Cancerino, perché nei prossimi mesi entrerai in contatto con molte persone che la pensano come te e vogliono lo stesso mondo che vuoi tu. Sei pronto a goderti una vita sociale più spumeggiante che mai? LEONE
Il saggista Kevin Kelly è un visionario anticonformista impegnato a creare il miglior futuro possibile. Secondo lui, dovremmo rinunciare alle utopie. Dovremmo invece incentrare i nostri sforzi sulle “protopie”, che ci fanno “procedere a piccoli passi”, per migliorare il mondo dell’1 per cento ogni anno. Nei prossimi mesi, Leone, dovresti applicare una variante di questa strategia alla tua
vita. Ma un miglioramento dell’1 per cento è un obiettivo troppo modesto. Dovresti puntare a un miglioramento del 6 per cento, se non del 10 per cento, entro il tuo prossimo compleanno. BILANCIA
Ti capita mai di volere che la tua vita sia diversa da quella che è? Di tormentarti perché non riesci a esprimere il tuo io ideale? La maggior parte di noi indulge in questi inutili sprechi di energia. Una delle principali cause d’infelicità è l’impressione falsa che non siamo chi dovremmo essere. In accordo con i ritmi cosmici, nelle prossime quattro settimane ti autorizzo a essere totalmente libera da questa sensazione. Apprezzati per la persona che sei in questo preciso momento. Congratulati con te stessa per il gran lavoro fatto per diventare quella che sei. Regalati dosi abbondanti di amore dolce e scintillante. SCORPIONE
Lo scrittore Kurt Vonnegut, dello Scorpione, diceva: “Voglio stare il più vicino possibile ai margini senza andare oltre. Ai margini vedi tante cose che non si vedono dal centro. Le persone ai margini sono le prime a vedere le cose grandi e inimmaginabili”. Non sto dicendo, Scorpione, che dovresti vivere come Vonnegut. Per farlo avresti bisogno di dosi ulteriori di coraggio e lucidità. Ma se hai voglia di esplorare i margini, le prossime settimane avrai la possibilità di farlo con la massima sicurezza, soddisfazione e divertimento possibili. SAGITTARIO
“Dove c’è grande amore, ci sono sempre miracoli”, diceva la scrittrice Willa Cather, del Sagittario (1873-1947). In accordo con i presagi astrali, t’invito a creare le condizioni favorevoli per questi miracoli. Se non hai tutto l’amore che vorresti, usa la fantasia per offrire il tuo miglior amore possibile. Se nella tua vita l’amore non è abbastanza grande, scopri come renderlo migliore. Se sei già benedetto da un grande amore, prova a trasformalo in qualcosa di
ancora più straordinario. Si sta aprendo, Sagittario, la stagione della creazione di miracoli attraverso il potere dell’amore. CAPRICORNO
Il critico letterario Alexander Woollcott (1887-1943), del Capricorno, era spesso scortese. A volte salutava le persone dicendo: “Salve, esseri ripugnanti”. Descrisse l’esperienza di leggere le raffinate opere di Marcel Proust “come immergersi nell’acqua sporca della vasca da bagno di un estraneo”. Ma secondo i suoi molti amici, Woollcott era affettuoso, generoso e umile. Te lo dico, Capricorno, nel caso ci siano contrasti tra la tua immagine pubblica e la tua vera anima. È un periodo ideale per armonizzare il tuo io interiore con quello esteriore. ACQUARIO
Nel 1963 la scrittrice Betty Friedan, dell’Acquario, pubblicò La mistica della femminilità, un libro rivoluzionario che ebbe un ruolo fondamentale nella nascita del movimento femminista, portando all’attenzione di tutti “il problema senza nome”: il senso d’invisibilità e impotenza di milioni di donne. In un libro successivo Friedan rievocò quel periodo: “Non sapevamo cosa sarebbe successo, ma sapevamo che dovevamo farlo”. T’invito a individuare un obiettivo simile nella tua vita, Acquario: un progetto che ti sembra necessario per il tuo futuro, nonostante le incognite. PESCI
“Tra le persone che mi piacciono e ammiro non riesco a trovare un comune denominatore, ma tra quelle che amo sì: mi fanno tutte ridere”, diceva il poeta W.H. Auden, dei Pesci. I presagi astrali indicano chiaramente che ridere con le persone che ami è un’esperienza che dovresti fare, soprattutto in questo momento. Ti aiuterà a eliminare sia le preoccupazioni sia gli ostacoli che potrebbero interferire con l’arrivo dei tuoi prossimi insegnamenti. Usa la fantasia per creare situazioni in cui questa magia potrà realizzarsi.
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internazionale.it/oroscopo
VERGINE
COMPITI A CASA
Quale messaggio inviato dalla vita hai ignorato?
SUMMERS, STATI UNITI
L’ultima
HAJJAJ, GIORDANIA
Ritorno a scuola. “Cosa ho postato sui social network durante le vacanze estive”.
KAP, FRANCIA
I siriani tornano in piazza contro il regime di Bashar al Assad.
Licenziato l’allenatore della nazionale di calcio femminile e sospeso il presidente della Federcalcio spagnola per il bacio non consensuale a una giocatrice dopo la vittoria ai mondiali.
ANJALI
DALCIO, BRASILE
Colpi di stato in Africa occidentale.
“Ti fa capire quanto siano terribili e insignificanti queste foto”.
Le regole Soldi 1 I soldi sono fatti per essere spesi. Ma non tutti in una volta. 2 Nessuna carta di credito ti fa sentire ricco quanto una mazzetta di contanti. 3 Non prendere in prestito soldi dagli amici. 4 Non prestare soldi agli amici. 5 I soldi non fanno la felicità, ma piangere in un’auto di lusso è più comodo che su un motorino.
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Internazionale 1528 | 8 settembre 2023
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