Internazionale N.1531 - 29 Settembre - 05 Ottobre 2023

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29 set/5 ott 2023 Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo

n. 1531 Rebecca Solnit Una storia di abusi già sentita

anno internazionale.it 30 Scienza Cosa c’è sotto la polvere

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TTOBRE 29-30 S SETTEMBRE/1 OTTTOBRE 29-30

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Quando il mondo è attraversato da profonde rivalità la politica conta più del libero mercato

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29 settembre/5 ottobre 2023 • Numero 1531 • Anno 30 “Da quel momento in poi fu tutto come un’allucinazione”

Sommario 29 set/5 ott 2023 Ogni settimana il meglio dei giornali di tutto il mondo

n. 1531 Rebecca Solnit Una storia di abusi già sentita

anno internazionale.it 30 Scienza Cosa c’è sotto la polvere

IN COPERTINA

4,50 € a Ucrain La guerra in b ilico

TTOBR 29-30 TTOBRE S SETTEMBRE/1 OTT 29-30

nale Internazionale ale Int a Ferraraa a Il programma è online

Occasione Quando il mondo è attraversato da profonde rivalità la politica conta più del libero mercato

SETTIMANALE • PI, SPED IN APDL 353/03 ART 1, 1 DCB VR • AUT 9,60 € • BE 8,60 € CH 10,30 CHF • CH CT 10,00 CHF D 11,00 € • PTE CONT 8,30 € • E 8,30 €

Giovanni De Mauro

Gli incontri erano venti e tutto il programma riempiva appena tre pagine. Alla Casa Bianca c’era George W. Bush e il presidente del consiglio italiano era Romano Prodi. Sedici anni dopo, il festival di Internazionale è cresciuto molto (il programma occupa decine di pagine), ha attraversato indenne una pandemia e tre cambi di sindaci, e nel frattempo tutto intorno il mondo è cambiato. Alcune cose però sono rimaste le stesse. Non solo il fatto che è ospitato dalla città di Ferrara e che si svolge tra fine settembre e inizio ottobre, ma anche che durante questi tre giorni si cerca di raccontare l’attualità sfogliandola come se fosse un grande giornale dal vivo. E poi è soprattutto il momento in cui la redazione e le firme del giornale incontrano lettrici e lettori. Quest’anno, però, c’è una novità. Anzi due. La prima è che per festeggiare i trent’anni di Internazionale (che comunque, per l’esattezza, cadono il 6 novembre) abbiamo pensato a un’edizione leggermente diversa: trenta parole per descrivere gli ultimi tre decenni. Cominciando da “potere”, finendo con “lotta” e passando per “intelligenza artificiale”, “lavoro”, “razzismo” e tante altre. Come sempre ci saranno anche i documentari e gli audiodocumentari, le presentazioni di libri e i workshop, la musica in piazza e gli incontri in cui la redazione parla del suo lavoro (il programma è tutto online sul sito di Internazionale). La seconda novità è una serie di appuntamenti riservati alle abbonate e agli abbonati. In questi appuntamenti racconteremo cosa c’è in cantiere, i nuovi progetti su cui stiamo lavorando e l’evoluzione di quelli già in corso. Saranno anche l’occasione per ascoltare e conversare con le persone che, scegliendo di abbonarsi al giornale, lo rendono possibile. Ci vediamo a Ferrara nel fine settimana. u

Il mondo frammentato I dati dimostrano che quando le grandi potenze mondiali sono ai ferri corti la libertà del mercato passa in secondo piano. Quello che conta sono gli obiettivi geopolitici. E le aziende devono adeguarsi o cercare di aggirare gli schieramenti (p. 50). Copertina di Rodrigo Sánchez

UCRAINA

22 La stagione dei cigni neri New York Review of Books ARMENIA

27 È cominciato l’esodo dal Nagorno Karabakh Politico STATI UNITI

30 L’estrema destra in prima serata Slate IRAN-IRAQ

33 Una ferrovia attraverso il confine Al Jazeera INDIA

36 Le tensioni con il Canada spaventano i sikh Reuters VISTI DAGLI ALTRI

41 Il doppio gioco 43

di Giorgia Meloni Jeune Afrique La valle del Po avvolta nell’inquinamento The Guardian TECNOLOGIA

58 Santiago boys

TANZANIA

ECONOMIA E LAVORO

64 Gli allievi africani di Xi Politiken

115 Dublino non sa come spendere i soldi The New York Times

SCIENZA

68 Il lato oscuro della pulizia The Guardian

Cultura 90

Cinema, libri, suoni

18

Domenico Starnone

46

Rebecca Solnit

PORTFOLIO

Le opinioni

72 Realtà apparente Gauri Gill RITRATTI

78 Johannes Fritz.

48

Jayati Ghosh

90

Giorgio Cappozzo

Il grande volo The New York Times

92

Nadeesha Uyangoda

94

Giuliano Milani

98

Claudia Durastanti

GRAPHIC JOURNALISM

107 Leonardo Caffo

81 Cartoline dall’EmiliaRomagna Gianluca Costantini STATI UNITI

87 Un sospiro di sollievo Variety

Le rubriche 10

Dalla redazione di Internazionale

18

Posta

21

Editoriali

119

Strisce

121

L’oroscopo

122

L’ultima

POP

102 Quando ero in America Werner Herzog

Articoli in formato mp3 per gli abbonati

SCIENZA

109 Buone notizie per la vita su Europa The Guardian

The New Statesman

Il nuovo Internazionale Kids è in edicola

Internazionale pubblica in esclusiva per l’Italia gli articoli dell’Economist.

Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

9

internazionale.it/sommario

La settimana

WERNER HERZOG A PAGINA 107

Dalla redazione di Internazionale Per ritrovare gli articoli di cui si parla in questa pagina si può usare il codice qr o andare qui: intern.az/1I00

Internazionale.it Articoli

DR

Video

Per uno stipendio migliore

UCRAINA

SESSO

Che può fare l’Ucraina con i missili a lungo raggio Gli Stati Uniti li invieranno a Kiev dopo molte esitazioni. Come reagirà la Russia?

Desiderio e disgusto La saliva serve a masticare, parlare, proteggerci dai batteri e per pratiche sessuali diverse dalla penetrazione vaginale.

MIGRANTI

MUSICA

Cinquemila euro è il prezzo della libertà In provincia di Ragusa aprirà la prima struttura di detenzione dei richiedenti asilo.

Mink Stole, John Waters e tutte quelle “buone cose di pessimo gusto” Do, Re, MiNK nasconde, sotto la cenere, quella libertà pagana di poter ridere di tutto.

FRANCIA

“Con il nuovo contratto siamo pagati appena 5,50 euro l’ora”, spiega una dipendente del Museo del novecento di Milano. Che si tratti del Colosseo o degli Uffizi di Firenze, in Italia i lavoratori della cultura guadagnano in media meno di sette euro l’ora. La tv franco-tedesca Arte racconta che, per questo motivo, molti di loro sono favorevoli all’adozione del salario minimo.

Perché Parigi si ritira dal Niger È la fine di un braccio di ferro impossibile da vincere. La situazione era diventata insostenibile.

Risucchiati da TikTok

Cile 1973

◆ Sigrid, Benjamin e Amanda hanno tra gli 11 e i 14 anni, vivono in Svezia e hanno tutti e tre un profilo su TikTok. In questo articolo, tradotto dal giornale svedese Kamratposten, raccontano i loro dubbi a proposito del social network nato per condividere video e amato dagli adolescenti.

In edicola

10

GATTI

Vocabolario felino I gatti comunicano il loro stato d’animo con ogni parte del corpo, dai baffi alla coda. Ecco tredici segnali segreti per capire cosa provano. ATTUALITÀ

Azione! Perché il mondo del cinema è in sciopero.

In edicola, in libreria e online c’è il nuovo volume di Internazionale storia: Cile 1973. A cinquant’anni dal colpo di stato militare che rovesciò il governo di Salvador Allende e aprì la terribile stagione della dittatura di Augusto Pinochet, 192 pagine di articoli della stampa internazionale dal 1971 a oggi.

FOTOGRAFIA

Un nuovo dialogo con le macchine Gli scatti di Chloé Milos Azzopardi in mostra al festival PhMuseum days di Bologna.

ERIC HOBSBAWM

Cile, anno primo La via cilena al socialismo raccontata, nel 1971, da uno dei maggiori storici del novecento. GABRIEL GARCÍA MÁRQUEZ

Il golpe e i gringos A ridosso del colpo di stato lo scrittore colombiano ricostruisce gli eventi in tutta la loro drammaticità.

SCIENZA

MÓNICA GONZÁLES

A che serve l’economia Molti pensano che abbia solo a che fare con i soldi, ma in realtà si occupa anche di felicità.

Una storia vera Una famiglia divisa dalla violenza del regime militare di Augusto Pinochet.

Cile 1973 Il governo di Allende, il golpe e la dittatura di Pinochet nella stampa di tutto il mondo

FUMETTI

FUMETTO

Moon kids Avventure spaziali. Sul serio? Come fare ricerche online. La storia di Anita Conti Un vita in difesa degli oceani.

Le ultime ore di Allende Lo sceneggiatore Carlos Reyes e l’illustratore Rodrigo Elgueta, entrambi cileni, ricostruiscono i momenti che hanno preceduto la morte del presidente.

Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

In edicola, in libreria e online

Immagini Passaggio Eagle Pass, Stati Uniti 25 settembre 2023 Migranti venezuelani s’infilano in un buco nel filo spinato per attraversare la frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti. Il 21 settembre l’amministrazione Biden ha annunciato che permetterà a circa 472mila venezuelani, arrivati in territorio statunitense prima del 31 luglio 2023, di vivere e lavorare legalmente nel paese. Il permesso durerà diciotto mesi. Intanto il numero di migranti che attraversano il confine dal Messico a settembre ha ripreso a crescere, superando le ottomila persone in un giorno solo. Foto di Andrew Caballero-Reynolds (Afp/Getty)

Immagini La voce della piazza Tel Aviv, Israele 23 settembre 2023 Uno striscione con il volto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e la scritta “dittatore in fuga” è esposto durante una manifestazione contro la riforma della giustizia voluta dal governo di estrema destra. Da gennaio decine di migliaia di israeliani scendono in piazza tutte le settimane per protestare contro la proposta, perché indebolirebbe il sistema giudiziario, mettendo a repentaglio la democrazia israeliana. Foto di Jack Guez (Afp/Getty)

Immagini Con il fiato sospeso Brasília, Brasile 20 settembre 2023 Un gruppo di nativi aspetta davanti a un grande schermo che la corte suprema brasiliana si pronunci sulla proposta di legge del marco temporal. Il 21 settembre il massimo tribunale del paese ha dichiarato incostituzionale il progetto sostenuto dal settore agroalimentare, in base al quale rischiavano di essere espulse le popolazioni indigene che non potevano dimostrare di vivere sulle loro terre già prima del 5 ottobre 1988, quando fu promulgata la costituzione. È una vittoria per i diritti di tutti i nativi. Foto di Eraldo Peres (Ap/Lapresse)

[email protected] La Germania si è fermata u Ho letto l’inchiesta della Zeit sulla crisi della Germania (Internazionale 1530). Vivo in questo paese da anni e la sensazione è che andrà peggio. Il passaggio alle energie rinnovabili è più lento del previsto. La burocrazia è atroce e siamo quasi a zero sulla digitalizzazione. Da straniera in Germania posso confermare che a volte sembra che alcune regole siano fatte solo per rallentare. I tedeschi però sono gran lavoratori e gente di principio, quindi mi sento ottimista. Tatiana

L’Italia di Ghali u L’articolo di Alia Malek (Internazionale 1529) sull’impegno di Ghali a difesa dei migranti e degli immigrati di seconda generazione racconta insieme la storia di un ragazzo speciale e la Storia. Il rapper che piace alle mamme e che non è né bravo (lo è) né straniero racconta la sua Italia, impegnata a difendere i confini

da persone disperate. Cinquemila euro per non farsi rinchiudere, altri soldi da pagare nell’infinito tragico cammino verso la libertà. Intanto Io capitano vince a Cannes e vola a Los Angeles. Sembra un paese schizofrenico, invece è parte della tanto agognata Europa, sempre più frazionata nelle sue antiquate nazioni. Grazie a chi racconta le fughe e i sogni di chi rischia la vita per viverla. Non credo che partire da luoghi cosiddetti sicuri contempli attraversare il deserto a piedi e il mare su un barcone. Claudia Dalmastri

Vietato difendersi u Ho letto l’articolo di Amira Hass sulle aggressioni dei coloni israeliani (Internazionale 1530). Non solo non si è ancora trovata una soluzione, ma l’attenzione è calata incredibilmente. L’unico modo che hanno i palestinesi di farsi sentire è urlare, con la voce o con la forza, contro chi li schiaccia da decenni. Lettera firmata

Oltre ogni misura u I superyacht di cui si parla nell’articolo di Society (Internazionale 1530) sono status symbol, costruiti esclusivamente per soddisfare dei megalomani e sono il manifesto dello squilibrio sociale. Intanto c’è chi viene criminalizzato solo per il fatto di arrivare su una misera barchetta di latta a Lampedusa. Giovanni Di Leo

Errata corrige u Su Internazionale 1529, a pagina 95, J.M. Coetzee è uno scrittore sudafricano. Errori da segnalare? [email protected] PER CONTATTARE LA REDAZIONE

Telefono 06 441 7301 Fax 06 4425 2718 Posta via Volturno 58, 00185 Roma Email [email protected] Web internazionale.it INTERNAZIONALE È SU

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Dear Daddy Claudio Rossi Marcelli

Un’idea rigida di famiglia Ho assistito mia sorella durante il parto. Da madre single voleva il mio supporto. È stato un momento importante ma in parte rovinato dalle circostanze: la piccola è stata portata in terapia intensiva dove non potevo entrare perché non ero il padre. È rimasta sola mentre gli altri neonati godevano dell’affetto dei genitori. Pare sia lo standard negli ospedali italiani. Ma perché è ancora così difficile rapportarsi a famiglie “diverse’’? Alla fine sono solo i bambini a rimetterci. –Adriano

18

Dodici anni fa mi trovavo in un ospedale dell’Ohio perché Tara, la donna che ha portato avanti le gravidanze da cui sono nati i miei tre figli, stava per partorire il più piccolo. Quando le contrazioni si sono fatte più frequenti è arrivato il ginecologo che, notandomi accanto al letto, mi ha chiesto: “Lei è il padre del bambino?”. “Sì, sono io”, ho risposto. “Ma io sono il marito di Tara”, ha detto Nick dall’altro lato della stanza. “Il marito e il padre del bambino, tutti e due in sala parto. Questa non mi era mai capitata”, ha detto il dottore divertito. Alla fine comunque la vera parte

Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

del marito l’ha fatta Lisa, la sorella lesbica di Tara. Concentratissima fino all’ultimo minuto, teneva stretta la mano di Tara, respirava e spingeva insieme a lei, seguendo le istruzioni del dottore. Gli Stati Uniti sono un paese complesso e con tanti difetti, ma ho sempre amato la loro idea elastica di famiglia, basata sui ruoli pratici più che sulle definizioni. In Italia, come conferma la tua storia, siamo legati a un modello rigido e teorico di famiglia, che è più forte anche del bene dei bambini. [email protected]

Parole

Domenico Starnone

Storia di un’agonia

u Fateci caso. Se uno chiede: raccontami il tuo lavoro, la conversazione si esaurisce in un breve giro di frasi. Faccio l’elettricista, faccio l’ingegnere, faccio il bancario. Sì, ma i dettagli? Niente, si va avanti a stento. E dopo frasi generiche si finisce per parlare di soldi, di vessazioni, perfino di amori e via romanzando, ma del lavoro come si svolge, delle difficoltà, di quando sei bravo e quando sbagli, del gergo che è in uso, del gesto abitudinario, degli strumenti che ogni giorno maneggi, di come funzionano, dei rischi che corri, di come ti sei scavato una nicchia per evitare rogne eccetera, si dice poco o niente. Buona parte della vita se ne va lavorando, ma di quel tempo non facciamo racconto, è tempo perso e l’ultima cosa che ci viene in mente è ritrovarlo. Intanto moltissimi dei lavori che abbiamo fatto o sono già spariti o sono vicini alla sparizione o si sono così modificati che se fossimo richiamati in servizio non sapremmo da dove cominciare. Ben venga dunque ogni tentativo di raccontare i lavori, prima che la stessa idea di lavoro, nel bene e nel male, diventi un reperto. Ho un libro sottomano interessante, s’intitola: Di verità solo l’ombra (Il pensiero scientifico). L’autore, Vittorio Fontana, è un medico geriatra. Racconta tra realtà e fantasia il suo lavoro mentre, non soccorsa né prontamente né pigramente, agonizza la sanità pubblica.

“UN RAFFINATO DISTILLATO DI FEROCE UMORISMO” HOLLYWOOD REPORTER

UN FILM DI

ALI ASGARI & ALIREZA KHATAMI

Illustrazione: “algoritmo popolare” di Arianna Vairo per il Festival Aperto 2023

www.iteatri.re.it 23/09 . ALMAR’A / DI MARCO / ORCHESTRA DI PIAZZA VITTORIO --- 23 e 24/09 . LES JOSIANES --24/09 . BARO D’EVEL --- 29/09 . CIFARIELLO CIARDI / ICARUS VS. MUZAK / GAREGNANI --- 30/09 . TESI / BANDITALIANA + TOSCA --- 1/10 . ICARUS / BERGAMELLI / ANGIUS --- 4/10 . CORNER TONIUTTI --- 7 e 8/10 . BANTI --- 7/10 . SISSOKO / BIANCHI HOESCH --- 8/10 . DE KEERSMAEKER / ROSAS --- 11/10 . LANZA / VALLE / MDI ENSEMBLE --- 14/10 . VANTOURNHOUT --- 14/10 . BATSHEVA DANCE COMPANY / NAHARIN + Workshop Gaga --- 15/10 . LA VERONAL / MORAU --- 21/10 . CCCP FEDELI ALLA LINEA / BIGNARDI / SCANZI / CHERSTICH --- 24/10 . CALEXICO --- 28 e 29/10 . PEEPING TOM + mostra ARIANNA ARCARA --- 31/10 . ZORN / HANNIGAN / GOSLING /MARSELLA TRIO / NEW MASADA --- 1/11 . MULLOVA ENSEMBLE --- Progetto DanzER. | --- dal 31/10 al 5/11 . GRUPPO NANOU --- 3/11 . DEWEY DELL --- 4/11 . FND / ATERBALLETTO --- 4/11 . GRIBAUDI / MM CONTEMPORARY DANCE COMPANY --- 4/11 . FND / OURAMDANE / PRELJOCAJ --- 5/11 . NICOLA GALLI --- 5/11 . PANZETTI / TICCONI --- 8/11 . ZEROGRAMMI --- 10/11 . SOLIDARITÄT BRIGADE / ENSEMBLE CONS. “MARCELLO” VENEZIA / MANCUSO --- 11/11 . BATTISTELLI / ARS LUDI --- 12/11 . CTRL+ALT+CANC . Direction Under 30 --- 15/11 . RZEWSKI / ARCIULI --- 18 e 19/11 . COMPAGNIE MAGUY MARIN --- ExtrAperto | 16/12 . MM CONTEMPORARY DANCE COMPANY / MAGUY MARIN --- 13/2/24 . FILARMONICA DELLA SCALA / METZMACHER / AIMARD / SÁENZ / ZAVAGNA Partner

Fondatori

Con il sostegno di

Partner tecnico

Editoriali

Il tradimento di Londra sul clima “Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante se ne sognano nella vostra filosofia” William Shakespeare, Amleto Direttore Giovanni De Mauro Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen, Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini Editor Giovanni Ansaldo (opinioni), Daniele Cassandro, Carlo Ciurlo (viaggi, visti dagli altri), Gabriele Crescente (scienza, ambiente), Camilla Desideri (America Latina), Francesca Gnetti (Medio Oriente), Alessandro Lubello (economia), Alessio Marchionna (Stati Uniti), Stefania Mascetti (Europa, caposervizio) Andrea Pipino (Europa), Francesca Sibani (Africa), Junko Terao (Asia e Pacifico), Piero Zardo (cultura, caposervizio) Copy editor Giovanna Chioini (caposervizio), Anna Franchin, Pierfrancesco Romano (coordinamento, caporedattore) Photo editor Giovanna D’Ascenzi (web), Mélissa Jollivet, Maysa Moroni, Rosy Santella (web) Impaginazione Beatrice Boncristiano, Pasquale Cavorsi (caposervizio), Marta Russo Podcast Claudio Rossi Marcelli, Giulia Zoli (caposervizio) Web Annalisa Camilli, Simon Dunaway (notizie), Giuseppe Rizzo, Giulia Testa Internazionale Kids Alberto Emiletti, Martina Recchiuti (caporedattrice) Internazionale a Ferrara Luisa Ciffolilli, Gea Polimeni Imbastoni Segreteria Monica Paolucci, Gabriella Piscitelli Correzione di bozze Lulli Bertini, Sara Esposito Traduzioni I traduttori sono indicati dalla sigla alla fine degli articoli. Sarah Victoria Barberis, Patrizia Barbieri, Alessandra Bertuccelli, Francesco Caviglia, Stefania De Franco, Francesco De Lellis, Nicoletta Giacon, Giusy Muzzopappa, Francesca Rossetti, Fabrizio Saulini, Andrea Sparacino, Bruna Tortorella Disegni Anna Keen. I ritratti dei columnist sono di Scott Menchin Progetto grafico Mark Porter Hanno collaborato Giulia Ansaldo, Cecilia Attanasio Ghezzi, Francesco Boille, Jacopo Bortolussi, Catherine Cornet, Sergio Fant, Claudia Grisanti, Ijin Hong, Anita Joshi, Alberto Riva, Concetta Pianura, Francesca Spinelli, Laura Tonon, Pauline Valkenet, Guido Vitiello Editore Internazionale spa Consiglio di amministrazione Brunetto Tini (presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot (vicepresidente), Alessandro Spaventa (amministratore delegato), Antonio Abete, Giovanni De Mauro Sede legale via Prenestina 685, 00155 Roma Produzione e diffusione Angelo Sellitto Amministrazione Tommasa Palumbo, Arianna Castelli, Alessia Salvitti Concessionaria esclusiva per la pubblicità Agenzia del Marketing Editoriale srl Tel. +39 06.69539344 - Mail: [email protected] Subconcessionaria Download Pubblicità srl Stampa Elcograf spa, via Mondadori 15, 37131 Verona Distribuzione Press Di, Segrate (Mi) Copyright Tutto il materiale scritto dalla redazione è disponibile sotto la licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale Condividi allo stesso modo 4.0 Internazionale. Significa che può essere riprodotto a patto di citare Internazionale, di non usarlo per fini commerciali e di condividerlo con la stessa licenza. Per questioni di diritti non possiamo applicare questa licenza agli articoli che compriamo dai giornali stranieri. Info: [email protected]

Registrazione tribunale di Roma n. 433 del 4 ottobre 1993 Iscrizione al Roc n. 3280 Direttore responsabile Giovanni De Mauro Chiuso in redazione alle 19 di mercoledì 27 settembre 2023 Pubblicazione a stampa ISSN 1122-2832 Pubblicazione online ISSN 2499-1600 PER ABBONARSI E PER INFORMAZIONI SUL PROPRIO ABBONAMENTO Numero verde 800 111 103 (lun-ven 9.00-19.00), dall’estero +39 02 8689 6172 Fax 030 777 23 87 Email [email protected] Online internazionale.it/abbonati LO SHOP DI INTERNAZIONALE Numero verde 800 321 717 (lun-ven 9.00-18.00) Online shop.internazionale.it Fax 06 442 52718 Imbustato in Mater-Bi

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Financial Times, Regno Unito In un universo alternativo, la scorsa settimana il premier britannico Rishi Sunak si sarebbe presentato all’assemblea generale dell’Onu per promuovere il ruolo guida di Londra nella lotta al cambiamento climatico. Invece è rimasto a casa per pronunciare un discorso in cui ha promesso “un approccio più pragmatico” alla transizione verde, “in modo da ridurne il peso per i lavoratori”. In realtà si tratta di un indebolimento di politiche cruciali che avrebbero dovuto portare il Regno Unito ad azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro il 2050. Il divieto di vendere auto nuove alimentate a benzina e diesel è stato rinviato dal 2030 al 2035, ci sarà più tempo per passare dalle caldaie a gas alle pompe di calore e sono state cancellate le regole per imporre una maggiore efficienza energetica degli immobili. Sunak ha dichiarato che se il governo avesse insistito con le misure precedenti, “avrebbe rischiato di perdere il consenso della popolazione”. Nel contesto di un aumento del costo della vita, chi guida il paese ha il compito di alleggerirne il peso sulla popolazione. E il miglior modo di farlo è fornire assistenza a chi è più vulnerabi-

le. I costi delle misure ambientali vanno distribuiti in maniera proporzionale e progressiva, e le politiche devono essere studiate, comunicate e applicate adeguatamente. Molti partiti europei, soprattutto a destra, stanno andando nella stessa direzione del governo britannico. Però in passato il Regno Unito era stato la prima grande economia a porsi l’obiettivo di azzerare le emissioni entro il 2050. Rinunciare a questo primato morale offre una giustificazione agli altri grandi paesi per rallentare gli sforzi e rende più difficile convincere i paesi meno industrializzati a fare ciò che serve. Il premier conservatore ritiene che presentarsi come l’uomo che ha alleviato l’impatto a breve termine delle misure climatiche sulle famiglie sia un buon modo per differenziarsi dall’opposizione laburista. Ma esercitare una vera leadership significa riuscire a mantenere il sostegno degli elettori superando le sfide del presente e approfittando della transizione verde per alimentare la crescita e l’innovazione. Solo così, e non certo rinnegando gli impegni climatici, Sunak potrebbe dimostrare di meritare una conferma alle prossime elezioni. ◆ as

La ferita aperta di Abu Ghraib The Guardian, Regno Unito Sono passati vent’anni dall’inizio degli abusi e delle torture commessi dall’esercito statunitensi sugli uomini rinchiusi ad Abu Ghraib, in Iraq. All’epoca il racconto di quello che succedeva in quella prigione si diffuse rapidamente, ma fu solo dopo la pubblicazione di alcune foto raccapriccianti, nel 2004, che si capì la vera portata del problema. Un detenuto era stato fotografato nudo, incappucciato e collegato a fili elettrici. Il segretario della difesa Donald Rumsfeld parlò di “mele marce” e disse che i prigionieri iracheni sarebbero stati risarciti. Ma un recente rapporto di Human rights watch indica che Washington non ha mai versato risarcimenti alle vittime delle torture avvenute ad Abu Ghraib e in altre prigioni statunitensi in Iraq. Migliaia di uomini, donne e bambini furono incarcerati dai soldati statunitensi. Secondo un rapporto del Comitato internazionale della Croce rossa basato sulle stime dei servizi segreti statunitensi, tra il 70 e il 90 per cento delle

persone detenute nel 2003 erano state arrestate per errore. Lo scandalo di Abu Ghraib continua a macchiare la reputazione degli Stati Uniti. Oggi l’occidente presenta la sua rivalità con Pechino per il ruolo di leader globale in termini di superiorità morale. Ma a uno sguardo cinico, influenzato dai ricordi di quello che è successo in Iraq, non c’è motivo per fidarsi degli Stati Uniti finché continueranno a rifiutare di affrontare i fatti. Nel 2022 il Pentagono ha pubblicato un piano d’azione per ridurre i danni ai civili nelle operazioni militari. È una buona notizia, ma il progetto non prevede un meccanismo di compensazione per le azioni passate. I risarcimenti, come forma di assunzione di responsabilità, potrebbero aiutare a evitare crimini futuri e a rimediare ai danni alla reputazione degli Stati Uniti. Ma soprattutto rappresenterebbero un piccolo passo verso la giustizia per i detenuti, che aspettano da vent’anni. ◆ as Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Ucraina GUERRA

La stagione dei cigni neri Tim Judah, New York Review of Books, Stati Uniti La controffensiva ucraina registra i primi importanti successi, ma il futuro del conflitto rimane incerto. La svolta potrebbe arrivare da un evento imprevedibile a una stazione di servizio abbandonata su una collina nel villaggio di Preobraženka, nel sudest dell’Ucraina, si sentono gli spari dell’artiglieria mentre pennacchi di fumo si alzano in lontananza. C’è un via vai di veicoli per lo sminamento, carri armati e suv pieni di soldati. Dieci chilometri a sud, sul fronte meridionale di Zaporižžia, l’esercito ucraino ha aperto un varco nella difese costruite dalla Russia sulla linea del fronte, lunga mille chilometri. Speravo di capire se la controffensiva ucraina, cominciata all’inizio di giugno, era un fallimento, un successo o semplicemente procedeva più lenta del previsto. Ma la vista era oscurata da alcuni cigni neri che volavano elegantemente in stormi a forma di v. “È la stagione del cigno nero”, mi spiega Pavlo Kazarin, giornalista e scrittore della Crimea. Si è arruolato nell’esercito ucraino subito dopo l’invasione russa. L’ho sentito parlare per la prima volta a luglio, a Dnipro, durante un forum sulla stabilità e la sicurezza ucraine organizzato dall’Aspen institute di Kiev e dall’Impact hub di Odessa. Tra gli ucraini che incontro è il primo, ma non l’ultimo, a parlarmi di cigni neri. L’espressione viene dal libro Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita, pubblicato nel 2007 da Nassim Nicholas Taleb, statistico ed esperto di matematica finanziaria. La teoria di Taleb sostiene che la storia è influenzata in modo sproporzionato da eventi imprevedibi-

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Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

li, e non c’è da sorprendersi che in Ucraina sia diventata piuttosto popolare. Tymofiy Mylovanov, presidente della Kiev school of economics, mi racconta che gli snodi più importanti nella storia moderna del suo paese “sono stati tutti determinati da eventi a probabilità zero e di impatto elevato”. Per esempio l’esplosione del 1986 nella centrale nucleare di Černobyl, che contribuì a uno dei più grandi cigni neri della storia recente: la dissoluzione dell’Unione Sovietica, e quindi l’indipendenza ucraina, nel 1991. Le rivoluzioni ucraine del 2004 e del 2014, l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014 e l’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022 erano tutti eventi ugualmente imprevisti. Questo vuol dire che gli ucraini devono essere preparati a qualsiasi evenienza, comprese le ripercussioni di fatti su cui non hanno nessun controllo. Il 25 luglio, in un caffè a Lyman, a dodici chilometri dal fronte nell’Ucraina orientale, un soldato che si faceva chiamare Fox mi ha confessato che, se due anni fa qualcuno avesse detto che Kiev sarebbe finita sotto le bombe russe, “si sarebbero tutti messi a ridere”. In quel momento ci è passato davanti un lanciarazzi Grad. Fox, Aree sotto il controllo russo Dati aggiornati al 27 settembre 2023

160 km

Kiev Charkiv

UC R A INA Dnipro Zaporižžia Odessa

Cherson

Sebastopoli Mar Nero

Luhansk

Donetsk Verbove

Mykolaiv

Izmail

Lyman

Tokmak Mare di Azov

Crimea Annessa dalla Russia nel 2014

RUSSIA

che combatteva dal 2014, ha detto di aver imparato “a non avere troppe speranze e a non fare affidamento su previsioni e aspettative”. Dopo che a giugno i russi hanno distrutto la diga di Nova Kachovka, gli ucraini potevano immaginare che Mosca li bombardasse o “che magari facesse esplodere la centrale nucleare di Zaporižžia”. Settimane dopo, invece, il paese è stato scosso da un evento che si può considerare un cigno nero: l’ammutinamento di Evgenij Prigožin, il leader della milizia mercenaria Wagner. “Questo mi ha insegnato a essere pronto a tutto”, ha detto Fox, “e ad adattarmi ai cambiamenti il più velocemente possibile”. Due missili diretti verso le postazioni russe ci sono sfrecciati sopra. Era ora di lasciare Lyman.

Grandi speranze Tre mesi dopo l’inizio della controffensiva ucraina, centri studi, esperti, militari in pensione e funzionari di ogni rango sfornano in continuazione opinioni diverse su come sta andando: alcuni sostengono che il piano sta fallendo, altri che procede più che bene. Gli ottimisti fanno notare che lontano dal fronte, e dalla vista dei giornalisti occidentali, i depositi russi di logistica e di armi vengono sistematicamente distrutti. Ma raramente questi osservatori riconoscono che le loro previsioni possono facilmente essere disattese. Molti di loro pensavano che Putin non avrebbe mai attaccato l’Ucraina, e quando è successo hanno detto che Kiev sarebbe caduta in pochi giorni. “Tendiamo a fare affidamento sulla nostra forza d’inerzia storica”, afferma Mylovanov. “Si potrebbe pensare, per esempio, che ormai tutti gli ucraini abbiano lasciato il paese, ma in realtà un buon 86 per cento della popolazione è ancora qui. La gente vive a Odessa, a Charkiv... Mi chiedo cos’altro non capiscono le persone che non sono direttamente sulla linea di tiro”. Kazarin mi racconta che molti dei suoi compagni credono che gli alleati dell’Ucraina esitino ancora a fornire le armi di cui il paese ha bisogno perché temono un’escalation e la guerra nucleare. Tuttavia, sottolinea, la Crimea e altre quattro province ucraine parzialmente occupate dai russi sono già state annesse da Mosca e secondo la costituzione russa ogni missile o carro armato occidentale dispiegato in quelle zone costituisce di fatto un attac-

LAETITIA VANCON (THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO)

Odessa, Ucraina, 5 settembre 2023

co alla Russia. “Se i paesi occidentali ritengono che l’Ucraina si stia solo difendendo, allora il loro aiuto è semplice carità”, dice. Ma se l’Ucraina sta effettivamente combattendo per proteggere i paesi della Nato, come le repubbliche baltiche e la Polonia, questo l’autorizza a chiedere tutto l’aiuto di cui ha bisogno. Perché”, continua Kazarin, “o siamo noi a combattere con le armi della Nato sul nostro territorio o dovrà essere la Nato a combattere con le sue armi sul suo territorio”. Kazarin è convinto che la Russia non rischierebbe mai uno scontro con la Nato, ma poi aggiunge che la situazione potrebbe cambiare, perché “l’appetito imperialista di Mosca continua a crescere”. C’è però un’alternativa alla guerra totale con la Russia. Cosa succederebbe nel caso di un congelamento del fronte? L’Ucraina era una democrazia vivace prima dell’invasione, ma la sua normale vita politica si è interrotta nel febbraio 2022.

Come spiega Kazarin, la guerra è stata “una specie di anestetico”. Fin dall’inizio la società ucraina “si è compattata intorno a due concetti: la vittoria e il sostegno all’esercito”. Oggi qualcosa sta cambiando. Questo non vuol dire, però, che le cose stiano tornando alla normalità: le elezioni, per esempio, non ci potranno essere finché sarà in vigore la legge marziale. Negli ultimi mesi ci sono stati diversi dibattiti pubblici sul futuro del paese dopo la guerra. Come ho capito al convegno di Dnipro, gestire le aspettative è fondamentale. Quando chiedevo alle persone che incontravo che futuro si aspettassero dopo la guerra, il più delle volte la loro risposta cominciava così: “Dopo la nostra vittoria...”. Nessuno dubitava della vittoria. Tuttavia negli ultimi mesi il significato attribuito a questa parola è cambiato. Nei primi giorni e nelle prime settimane dell’invasione, vittoria voleva dire ricac-

ciare i russi fuori da tutti i territori che avevano appena invaso. Ma dopo gli inattesi successi ucraini a Kiev, Charkiv e Cherson le aspettative sono aumentate. Se erano riusciti a respingere i russi in quelle zone, gli ucraini avrebbero potuto farlo ovunque. Oggi le persone con cui parlo non hanno dubbi: vittoria significa riportare la sovranità ucraina ai confini riconosciuti a livello internazionale nel 1991, che includono la Crimea e le aree delle province di Donetsk e Luhansk occupate dai russi nel 2014. Un cigno nero potrebbe portare a questo tipo di vittoria, ma è altrettanto possibile che non succeda. Quando è cominciata la controffensiva, i commentatori e i funzionari ucraini, come il capo dell’intelligence militare Kyrylo Budanov, hanno fatto credere alla popolazione che l’esercito russo sarebbe crollato rapidamente e che la Crimea sarebbe stata riconquistata. Nei giorni del primo anniversario dell’invasione, Maria Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Ucraina

LIBKOS (AP/LAPRESSE)

In un ospedale di Kiev, Ucraina, 10 luglio 2023

Avdeeva, un’esperta di sicurezza e comunicazione di Charkiv, mi ha detto che gli ucraini “non vedevano l’ora che arrivasse l’estate” perché pensavano che la guerra sarebbe finita prima. Alcuni immaginavano perfino di andare in vacanza in Crimea. Alla fine le aspettative sono state ridimensionate. E oggi, spiega Avdeeva, “la gente è consapevole che la guerra non finirà presto”. Se la Russia riuscirà a mantenere la maggior parte dei territori occupati, l’Ucraina potrebbe subire pressioni dagli alleati per negoziare una tregua. Alcuni citano come modello per un accordo russoucraino l’armistizio che nel 1953 mise fine alla guerra di Corea, che chiedeva “una completa cessazione delle ostilità e di tutte le attività militari fino al raggiungimento di una soluzione pacifica definitiva”. Una simile soluzione sarebbe molto impopolare tra la maggior parte degli ucraini, a meno che non arrivino a pensare che i loro soldati stanno morendo per niente. La fine dei combattimenti lungo l’attuale linea del fronte probabilmente consentirebbe alla Russia di consolidare la

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Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

sua presenza nei territori occupati, di cambiarne il tessuto demografico, importando centinaia di migliaia di coloni dalla Russia (come è stato fatto in Crimea), e di plasmare le menti dei giovani attraverso la scuola.

La politica del risentimento Ella Libanova, una delle principali demografe ucraine, è categorica: senza l’adesione dell’Ucraina alla Nato, qualsiasi tregua darebbe la possibilità alla Russia di tornare a finire il lavoro tra qualche anno. Un’Ucraina vulnerabile continuerebbe a perdere popolazione a causa dell’emigrazione e la sua economia non sarebbe in grado di sostenere un esercito abbastanza forte da respingere nuovamente i russi. A suo avviso, solo un ritorno ai confini del 1991 può

Oggi gli ucraini sono consapevoli che la guerra non finirà presto

dare al paese la sicurezza di cui ha bisogno. Altri non sono così apocalittici. Tuttavia c’è chi prevede una pericolosa svolta nella politica ucraina nel caso in cui le speranze di vittoria più ambiziose siano infrante. In passato la principale linea di frattura nella politica ucraina divideva i partiti filoccidentali da quelli filorussi, ma questa spaccatura è stata superata con l’invasione decisa da Mosca, che ha cancellato la legittimità dei secondi. La nuova linea di faglia potrebbe correre tra i partiti europeisti e quelli populisti-nazionalisti, che alimentano, come dice Kazarin, “la politica del risentimento”. Yevhen Hlibovytsky, analista e fondatore del centro ucraino pro.mova, fa un ulteriore passo avanti, parlando esplicitamente di “orbanismo”. In altre parole, l’Ucraina potrebbe seguire le orme del leader autocratico e nazionalista ungherese Viktor Orbán, ovviamente senza replicarne l’atteggiamento di apertura verso il Cremlino. Orbán ha a lungo puntato sulla politica del risentimento, incolpando gli stranieri dei mali del suo paese e insistendo sul Trattato del Trianon, che nel 1920 privò

l’Ungheria di gran parte del suo territorio. Hlibovytsky teme che i populisti ucraini possano fare lo stesso: mettere in dubbio l’impegno dell’occidente a favore dell’Ucraina, sottolineando che è stato lento o insufficiente; lamentarsi per i profughi costretti a lasciare il paese, e poi protestare perché l’Ucraina deve accettare l’arrivo di immigrati per sostituirli. Se gli ucraini si convincessero di non essere stati aiutati a dovere da un occidente volubile e timoroso, questo – sostiene Hlibovytsky – potrebbe fatalmente indebolire il centro politico e giocare a favore delle forze allo stesso tempo “antirusse e antioccidentali, che a quel punto farebbero causa comune con quel che resta dei vecchi partiti russofili, con soggetti religiosi e ultraconservatori e con i populisti-nazionalisti”.

Filorussi o populisti Oksana Forostyna, scrittrice e redattrice del sito Ukraina Moderna, aggiunge che i partiti filorussi in passato molto forti nel sudest del paese erano in fondo meno vicini a Mosca di quanto si creda. Era semplicemente una forma di populismo, in cui le strutture di partito alimentavano il clientelismo e si occupavano della spartizione dei posti di lavoro. Forostyna prevede che i politici populisti faranno perno su una “posizione filoucraina ma antioccidentale”, cavalcando, tra le altre cose, l’ostilità verso la comunità lgbt per alimentare i timori di un’invasione culturale dell’occidente, esattamente come è stato fatto in Russia, Ungheria e Polonia. Mylovanov, invece, rifiuta l’idea che l’Ucraina approderà a questo tipo di nazionalismo se ogni centimetro quadrato del paese non sarà presto liberato: nel 2014 durante la rivoluzione di Maidan morirono centinaia di persone, la Russia annesse la Crimea e invase ampie zone delle regioni di Donetsk e Luhansk, “l’Occidente non fece niente” e l’Ucraina restò comunque una democrazia. Secondo lui nei prossimi anni gli ucraini dovranno impegnarsi a creare entusiasmo intorno alla prospettiva di entrare nell’Unione europea invece di costruire un futuro fondato sulla solidarietà antirussa. “Certo, siamo contro di loro perché ci stanno uccidendo”, ma l’Ucraina deve definire se stessa soprattutto come un paese che crede “nella democrazia, nella libertà e nello sviluppo”, afferma Mylovanov. “Noi non useremo mai i loro metodi”. ◆ ab

Da sapere

Tra il fronte e la diplomazia “Mese dopo mese Kiev sta spuntando la lista delle armi richieste all’occidente”, scrive l’Economist. “All’inizio della guerra erano arrivati i missili Javelin e Stinger, usati per colpire aerei e carrarmati. Poi l’artiglieria. Nell’estate 2022 era stato il turno dei lanciarazzi Himars. E lo scorso gennaio dei carri armati. Ad agosto, infine, la Casa Bianca ha deciso che gli alleati europei potevano inviare a Kiev i jet F-16. Solo un’arma fondamentale mancava all’elenco: i missili Atacms (Army tactical missile system). Il 21 settembre anche questa voce è stata spuntata. Durante un incontro a Washington il presidente statunitense Joe Biden ha detto al suo collega ucraino Volodymyr Zelenskyj che un ‘piccolo numero’ di Atacms era in arrivo”. Il Kyiv Independent fa notare che la consegna dei missili non fa parte del pacchetto di aiuti militari da 325 milioni di dollari annunciato da Washington il 21 settembre, e sottolinea che la decisione statunitense è arrivata alla fine della visita di Zelenskyj negli Stati Uniti, in cui il presidente ucraino ha incontrato, oltre a Biden, anche il segretario alla difesa Lloyd Austin. Come spiega il giornale ucraino, “i missili Atacms hanno una gittata di trecento chilometri e serviranno a colpire le postazioni russe nei territori ucraini occupati. In teoria, con gli Atacms Kiev potrebbe attaccare anche obiettivi in territorio russo, ma si è impegnata a usarli esclusivamente all’interno dei suoi confini”. Il 25 settembre in Ucraina sono arrivati anche i primi carrarmati statunitensi Abrams, in anticipo di alcuni mesi sulla data di consegna inizialmente fissata. Oltre al sostegno militare statunitense, con la sua missione in Nordamerica Zelenskyj si è assicurato anche 480 milioni di dollari di aiuti dal Canada. Nel frattempo la controffensiva ucraina ha registrato progressi significativi, soprattutto nel sud del paese. Come ha spiegato alla Cnn il generale ucraino Oleksandr Tarnavskyj, anche se le operazioni stanno andando più lentamente

del previsto, le forze di Kiev hanno sfondato le linee di difesa russe a Verbove, a sud di Zaporižžja. Secondo Tarnavskyj, il prossimo obiettivo è la liberazione della vicina città di Tokmak. Un’altra importante azione militare ucraina è stata l’attacco del 22 settembre al quartier generale della flotta russa del mar Nero, a Sebastopoli, in Crimea. Le autorità ucraine, riferisce il Kyiv Independent, parlano di 34 ufficiali russi uccisi, tra cui il comandante della flotta, l’ammiraglio Viktor Sokolov. La Reuters spiega invece che secondo il ministero della difesa di Mosca nel bombardamento è morto solo un militare russo, mentre la contraerea ha abbattuto cinque missili ucraini. I russi sostengono anche che Sokolov sia ancora vivo. Il 26 settembre, inoltre, le forze di Kiev hanno colpito una postazione russa nella regione di Cherson. Per tutta risposta tra il 24 e il 26 settembre i russi hanno bombardato le città di Odessa e Izmail, danneggiando le infrastrutture portuali, e obiettivi civili in nove regioni del paese. I morti sono stati complessivamente undici. Anche dal punto di vista politico e diplomatico gli ultimi giorni sono stati densi di novità. Il 20 settembre il presidente polacco Mateusz Morawiecki ha affermato che la Polonia – dove si voterà per le elezioni legislative il 15 ottobre – ha interrotto l’invio di armi all’Ucraina e sta pensando ai propri rifornimenti di armamenti di ultima generazione. L’annuncio è arrivato mentre tra i due stati la tensione era già alta, a causa delle decisione di Varsavia di non consentire le importazioni di prodotti agricoli ucraini per proteggere il mercato nazionale. “In questa campagna elettorale Diritto e giustizia (il partito nazionalista al potere dal 2015) sta giocando con questioni di importanza strategica”, scrive il settimanale polacco Polityka. “E rischia di alimentare un atteggiamento molto pericoloso, il risentimento antiucraino. Inoltre espone la Polonia alle critiche dell’opinione pubblica internazionale. E questo solo per guadagnare la fiducia dei propri sostenitori”. ◆ Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Europa ARMENIA

È cominciato l’esodo dal Nagorno Karabakh Gabriel Gavin, Politico, Belgio Dopo il successo dell’offensiva azera, migliaia di persone lasciano le case nell’enclave armena in Azerbaigian. Una fuga che potrebbe cancellare un’intera comunità l 24 settembre, quattro giorni dopo il successo della fulminea offensiva militare dell’Azerbaigian, che ha ri­ preso il controllo del Nagorno Kara­ bakh (enclave a maggioranza armena in territorio azero), i primi convogli di profu­ ghi armeni sono partiti alla volta di Ere­ van. Le organizzazione umanitarie e il governo armeno hanno reso noto che mi­ gliaia di persone hanno lasciato la regione (l’autoproclamata repubblica dell’Art­ sakh) dopo che Baku aveva aperto il corri­ doio di Laçın, che la collega all’Armenia. Interminabili code di automobili cari­ che di civili transitano lentamente attra­ verso il posto di blocco vicino al villaggio di Kornidzor, al confine con l’Azerbaigian. Molte vetture sono appesantite da bagagli di ogni genere. Artur, un armeno del Na­ NANNA HEITMANN (THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO)

I

Goris, Armenia, 24 settembre 2023

gorno Karabakh rimasto lontano da casa per nove mesi durante il blocco del corri­ doio di Laçın imposto dagli azeri, non ha avuto notizie dei suoi parenti per giorni, dall’inizio dell’offensiva. Poi ha ricevuto una chiamata dalla sorella, Rima, che gli ha raccontato di essere stata portata via dai russi. Dopo un’interminabile ora di attesa, si sono riabbracciati. Seduta sul sedile posteriore di un suv, la ragazza piange mentre i due figli (di uno e tre anni) scartano barrette di cioccolato, un lusso a cui non erano più abituati. Marut Vanyan, un blogger locale, racconta che molti altri civili si stanno preparando a partire: “Sembra che se ne stiano andando tutti. A 50 km

Regione autonoma del Nagorno Karabakh

AZERBAIGIAN Corridoio di Laçın

Stepanakert Şuşa

ARMENIA Goris Naxcivan

IRAN

Stepanakert non ci sono alternative”. In un centro di assistenza del Comitato in­ ternazionale della Croce rossa (Icrc) a Kornidzor, un anziano chiede ai giornali­ sti perché si siano interessati al Nagorno Karabakh solo quando la situazione si è fatta drammatica. “Dov’eravate prima? Volete filmare? Ecco, filmate le mie gam­ be!”, urla con rabbia, alzandosi i pantaloni e mostrando le gambe ferite. “Stamattina mio marito ci ha chiamati per dirci che stavano organizzando l’evacuazione dei villaggi di Berdadzor e Mets Shen, nella regione di Şuşa”, racconta Karina Kafyan, tra le prime persone riuscite a fuggire. “Chi aveva benzina partiva. Ora l’intero villaggio aspetta un autobus, un’auto o qualsiasi mezzo che possa portare del car­ burante. Tutti vogliono andarsene”.

Promesse e paure Verso sera, un convoglio di ambulanze af­ fiancate da veicoli della Croce rossa attra­ versa le montagne in direzione della città armena di Goris. In un ospedale in perife­ ria un gruppo di medici, portantini e agen­ ti di polizia è in attesa del convoglio. Quando le ambulanze arrivano, tutti si affrettano a trasportare i feriti. “Siamo riusciti a facilitare il passaggio di 23 ambulanze del ministero della sanità armeno, con a bordo altrettanti feriti”, spiega Zara Amatuni, portavoce dell’Icrc. “Ora stiamo cercando di avere un quadro chiaro di cosa serve alla gente che è anco­ ra sul posto, ma dobbiamo trovare risorse. Finora la Croce rossa, che è in contatto con le autorità di entrambi gli stati, si è po­ tuta occupare delle necessità più urgenti, compresa la consegna di materiale sanita­ rio. Inoltre abbiamo ricoverato 26 feriti e trasportato i corpi di trenta persone uccise durante i combattimenti per garantirgli una sepoltura degna”, aggiunge Amatuni. Secondo i dati del governo di Erevan, alle 22 del 24 settembre 1.050 civili erano stati registrati come “sfollati” in territorio armeno. Le autorità hanno ribadito che i profughi continuano ad arrivare e i nume­ ri potrebbero crescere significativamente. Poche ore prima il primo ministro ar­ meno Nikol Pashinyan aveva dichiarato che gli armeni dell’Artsakh, nonostante le rassicurazioni della Russia, sono ancora “esposti al rischio di pulizia etnica”. “Se non sarà messo in piedi un meccanismo di protezione efficace contro il rischio di pu­ lizia etnica, è probabile che gli armeni del Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Europa

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GRECIA

KOSOVO

Un nuovo leader per Syriza

La polizia sotto attacco

CLIMA

Governi alla sbarra Il 27 settembre sei giovani portoghesi dagli 11 ai 24 anni hanno denunciato alla Corte europea dei diritti dell’uomo, a Strasburgo, 32 governi: gli esecutivi dei paesi dell’Unione europea, più quelli di Regno Unito, Norvegia, Russia, Svizzera e Turchia. Le ragazze e i ragazzi li accusano di non aver fatto abbastanza per combattere il cambiamento climatico e ridurre le emissioni di gas serra, spiega El País.

Zvečan, 25 settembre 2023

ARMEND NIMANI (AFP/GETTY)

Stefanos Kasselakis (nella foto), 35 anni, cittadino greco-statunitense residente a Miami e senza esperienza politica in Grecia, è stato eletto alla guida di Syriza, il principale partito d’opposizione (sinistra). Ex operatore finanziario di Goldman Sachs, Kasselakis ha annunciato la sua candidatura solo alla fine di agosto, ricorda Kathimerini. Il 25 settembre ha ottenuto il 56,6 per cento dei voti degli iscritti, battendo la favorita Efi Achtsioglou, ex ministra del lavoro. Kasselakis è entrato in corsa dopo le sconfitte del partito e le dimissioni di Aléxis Tsípras, che lo ha guidato per quindici anni. LOUISA GOULIAMAKI (REUTERS/CONTRASTO)

Nagorno Karabakh riterranno che la fuga dalla loro terra sia l’unica soluzione”, ha detto Pashinyan, aggiungendo che l’Armenia accoglierà tutti i suoi “fratelli”. Dopo la sigla dell’accordo di resa, garantito da Mosca e arrivato al termine di un giorno di combattimenti con le forze azere, Pashinyan aveva dichiarato di “presumere” che la Russia si sarebbe fatta carico del destino dei civili. Bersaglio di forti critiche in patria, il primo ministro ha anche manifestato la speranza che la popolazione armena possa continuare a vivere nella regione. Poco dopo le sue parole, le autorità dell’Artsakh hanno fatto sapere che “le persone rimaste senza casa a causa delle recenti attività militari e che vogliono lasciare la repubblica saranno trasferite in Armenia dai corpi di pace russi”. Secondo Hikmet Hajiyev, consigliere del presidente azero Ilham Aliyev per la politica estera, il governo di Baku “rispetterà la scelta individuale dei residenti”. “Le insinuazioni secondo cui l’Azerbaigian avrebbe bloccato il passaggio sono false”, ha detto Hajiyev a Politico. “Le persone possono usare i propri veicoli”. Intanto, il 23 settembre decine di camion con aiuti umanitari, inviati dalla Croce rossa russa e dall’Icrc, hanno avuto accesso alla regione attraverso il corridoio di Laçın. Le autorità azere sostengono che il passaggio dei camion sia la prova della buona fede di Baku, che aveva promesso di “reintegrare” gli armeni del Nagorno Karabakh una volta che le forze locali avessero deposto le armi e il governo non riconosciuto fosse stato smantellato. Tuttavia, David Babayan, consigliere del governo della repubblica dell’Artsakh, ha detto in un’intervista alla Reuters che “il popolo armeno non vuole vivere sotto il dominio azero. Il 99,9 per cento preferirebbe piuttosto lasciare le terre dei propri avi”. Accusando la comunità internazionale di aver abbandonato i centomila armeni del Nagorno Karabakh, Babayan ha aggiunto: “Il destino del nostro popolo peserà come una vergogna su tutto il mondo civilizzato. Un giorno le persone responsabili della nostra sorte dovranno rispondere dei loro peccati davanti a Dio”. Pashinyan, da parte sua, ha accusato la leadership armena dell’Artsakh di aver alimentato il malcontento. Nella capitale Erevan, intanto, continua a montare la rabbia contro il primo ministro e la sua gestione della crisi. ◆ as

Il 24 settembre in Kosovo si è verificato il più grave episodio di violenza degli ultimi anni. Un gruppo di trenta serbi armati ha attaccato alcuni poliziotti kosovari, uccidendone uno e ferendone due. Secondo la ricostruzione del sito Kossev, alle 2.30 di notte alcune pattuglie della polizia hanno notato due camion senza targa che bloccavano la strada di accesso al villaggio di Banjska. Subito dopo sono state attaccate con colpi di arma da fuoco, granate e bombe a mano. Con l’arrivo di altri agenti, gli assalitori si sono rifugiati nel monastero di Banjska, dove erano presenti i monaci e alcuni turisti serbi. Gli scontri sono continuati per diverse ore e alla fine, oltre al poliziotto, sono rimasti uccisi quattro uomini del commando. Più tardi sono state arrestate altre quattro persone sospettate di aver preso parte all’attacco. Il premier kosovaro Albin Kurti ha parlato di terrorismo, accusando Belgrado di sostenere i gruppi armati serbi attivi nel nord del Kosovo, mentre il presidente serbo Aleksandar Vučić ha condannato l’attacco, aggiungendo però che la responsabilità è del leader kosovaro e della sua politica antiserba. “Kurti non può dare segni di cedimento. E non può farlo neanche Vučić”, scrive il sito croato Telegram. “Il risultato è Zone a maggioranza serba uno stallo molto difficile SERBIA Banjska da gestire. Con i leader locali sotto pressione e Mitrovica una situazione Pristina internazionale KOS OVO estremamente confusa, gli ingredienti per ALBANIA MACEDONIA immaginare lo scenario 30 km DEL NORD peggiore ci sono tutti”. ◆

Americhe

BETTMANN/GETTY

Rupert Murdoch a New York, Stati Uniti, ottobre 1978

STATI UNITI

L’estrema destra in prima serata Justin Peters, Slate, Stati Uniti Rupert Murdoch lascerà la presidenza di Fox News. Ha costruito un impero alimentando le paure e il risentimento delle persone, cambiando la politica negli Stati Uniti e in altri paesi facile e frustrante riassumere la carriera di Rupert Murdoch, l’imprenditore di 92 anni che il 21 settembre ha annunciato di voler lasciare la guida del suo impero mediatico. Negli ultimi cinquant’anni Murdoch ha guadagnato miliardi di dollari grazie a organi d’informazione che hanno diffuso un populismo reazionario alimentato dalla paura e dalle divisioni sociali. I suoi giornali e canali tv hanno fomentato la crudeltà repressa del loro pubblico, stimolandone gli istinti peggiori e dando vita a un’ottusa cultura reazionaria che ha contribuito a trasformare la politica di molti paesi. Come tanti imprenditori del nostro tempo, Murdoch ha manovrato le leve del potere prima di tutto per aumentare la sua ricchezza e la sua influenza. Nel Regno

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Unito i suoi tabloid hanno terrorizzato i reali e i nobili, costretti a fare i conti con il fatto che l’imprenditore aveva un’influenza paragonabile alla loro. Ha contribuito a consolidare il conservatorismo liberista della premier britannica Margaret Thatcher, che in cambio gli ha permesso di espandere il suo monopolio sul mondo dell’informazione. Negli Stati Uniti il quotidiano New York Post ha pubblicato senza sosta le storie raccapriccianti di una città in declino, convincendo gli elettori a scegliere sindaci che hanno usato il pugno di ferro. E poi c’è Fox News, il gioiello della corona di Murdoch, che dal 1996 domina il mondo dei notiziari tv via cavo ed è diventato un ingranaggio cruciale nell’apparato elettorale repubblicano, tanto da contribuire in modo decisivo a lanciare le nuove stelle del partito. Murdoch ha costruito il suo impero andando alla ricerca di segmenti di mercato trascurati e offrendo al pubblico un’alternativa senza filtri alla rigida tradizione culturale del paese. Quando ha deciso di sfidare l’egemonia delle tre emittenti nazionali degli Stati Uniti – Cbs, Nbc e Abc – Fox ha ottenuto i primi

successi con tre programmi che erano molto diversi da quelli mandati in onda dai rivali: Married... with children, una sguaiata sitcom che aveva per protagonista una famiglia stupida e irritante come possono essere certe famiglie nella realtà; Cops, una sorta di reality che spogliava di qualsiasi trama e interesse il tipico programma sulla polizia e metteva in primo piano il disgusto borghese verso i poveri; e infine I Simpson, la dimostrazione, una volta per tutte, che i secchioni di Harvard possono essere divertenti. Poi Murdoch ha deciso di sfidare la Cnn sul terreno dell’informazione. Ha chiesto al consulente repubblicano Roger Ailes di creare un canale di notizie ispirato ai programmi radiofonici aggressivi ed estremisti di Rush Limbaugh. Fox News è stata lanciata nel 1996. Murdoch ha capito subito che c’era una platea vasta e ignorata di persone la cui priorità non era avere le notizie ma sentirsi dire che la colpa dei problemi del paese era di qualcun altro. Mentre la Cnn dava all’opinione pubblica notizie internazionali e il rigore giornalistico, Fox News ha puntato tutto sulle guerre culturali, e ha finito per trasformare il dibattito politico statunitense.

Un nome da dimenticare Ailes ha gettato benzina sul fuoco del risentimento dei conservatori. L’incendio è diventato incontrollabile nel 2016, quando gli statunitensi hanno eletto presidente Donald Trump, un uomo con opinioni personali e politiche intrise della stessa rabbia crudele e illogica alimentata da Fox News per vent’anni. In un certo senso il successo di Fox News nel 2016 è stato l’apice della carriera di Murdoch. Poi, come in molte storie dell’orrore, l’uomo ha scoperto di non poter controllare la sua creatura. Era disgustato dal comportamento di Trump, ma ha mantenuto buoni rapporti con il presidente perché sapeva che era popolare tra gli spettatori di Fox News. Alla fine ha scoperto che era Trump a tenere in piedi Fox News, non il contrario. Questo pone l’emittente nella scomoda posizione di dover scegliere tra dire al pubblico quello che non vuole sentirsi dire (che Trump è inadeguato a ricoprire la carica di presidente) oppure prendere la decisione redditizia, anche se umiliante, di abbassare la testa e salire sul carro della candidatura di Trump alle presidenziali del 2024. È una situazione tutt’altro che

Da sapere Corsa agli ascolti Media degli spettatori dei notiziari di tre canali televisivi statunitensi, in milioni 4

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FONTE: PEW RESEARCH CENTER

Fox News

2 Cnn 1 Msnbc 0 2016

2017

2018

2019

2020

2021

2022

VENEZUELA

BRASILE

Incursione nel carcere

Vittoria per i nativi Brasília, 21 settembre 2023

MATEUS BONOMI (ANADOLU AGENCY/GETTY)

All’alba del 20 settembre almeno undicimila agenti e militari hanno fatto irruzione nella prigione di Tocorón (nella foto), circa 140 chilometri a sudovest di Caracas. “Per anni”, scrive Bbc Mundo, “il carcere è stato il centro delle operazioni del Tren de Aragua, l’organizzazione criminale più potente del Venezuela e tra le principali di tutta l’America Latina”. Le autorità non hanno nominato il Tren de Aragua, ma hanno scritto che l’obiettivo dell’operazione era mettere fine alle reti criminali attive nel centro penitenziario. Non è stato reso noto se ci sono state vittime.

STATI UNITI

Il 21 settembre la corte suprema del Brasile ha dichiarato incostituzionale la tesi del cosiddetto marco temporal, sostenuta dalla lobby degli agricoltori. Se il progetto fosse passato, le popolazioni native che non potevano dimostrare di vivere nelle loro terre prima del 5 ottobre 1988, quando fu promulgata la costituzione, avrebbero perso il diritto di vederle “demarcate”, cioè mappate e protette, si legge in un comunicato di Survival international. Se la tesi fosse stata accettata, i nativi avrebbero potuto essere espulsi dai loro territori, spiega O Globo. Senza contare che molte popolazioni indigene sono nomadi e altre erano state cacciate dalle terre durante la dittatura militare, che terminò nel 1985. “La protezione delle terre dei nativi è parte della soluzione all’emergenza climatica”, scrive sulla Folha de S.Paulo Txai Suruí, coordinatrice del movimento della gioventù indigena dello stato di Rondônia. u

Problemi fiscali per Trump

MESSICO

YURI CORTEZ (AFP/GETTY)

invidiabile. Forse è anche per questo che Murdoch ha deciso di farsi da parte e mollare la patata bollente al figlio Lachlan. Ora ci si chiede se Fox News cambierà sotto la nuova guida. La risposta è no. Le tv via cavo sono in declino e molti degli abbonati rimasti sono anziani che non hanno né le conoscenze né la voglia di passare ai servizi di streaming. Non è un segreto che questa fascia demografica tenda a essere più conservatrice, e oggi gli elettori conservatori votano in gran parte Trump. Lachlan Murdoch potrà anche condividere l’insofferenza del padre verso il candidato repubblicano, ma difficilmente lascerà che le sue valutazioni personali interferiscano con gli affari. Cosa farà invece Rupert Murdoch? Molti sostengono che sia stato il più spregevole ed efficace antagonista politico della sua generazione. Si potrebbe essere d’accordo. Ma la percezione di questo potere sconfinato è anche il prodotto della tendenza dei mezzi d’informazione a mistificare la propria rilevanza. È innegabile che Murdoch abbia avuto una grande influenza sulla politica contemporanea. Tuttavia, lo stesso vale per altre persone, come il finanziatore repubblicano Sheldon Adelson, che preferiva lavorare nell’ombra. Tutti questi uomini vogliono credere di poter domare il fuoco, ma immancabilmente finiscono per bruciarsi, quasi sempre lontano dai nostri sguardi. In quest’ottica la storia di Murdoch è stata unica solo perché si è svolta in pubblico, così come la sua eclisse. Quando morirà, il mondo non ci metterà molto a dimenticare il suo nome. u as

Un tribunale di New York ha stabilito che l’ex presidente Donald Trump ha falsificato per anni i valori delle sue proprietà e delle sue aziende. “Una vittoria per l’accusa nel processo in cui Trump è accusato di vari reati fiscali”, scrive la Cnn. Nelle prossime settimane verrà determinata l’entità della multa, e alcune aziende dell’ex presidente perderanno i permessi che gli consentono di operare.

Nessuna verità sui 43 studenti “Nel nono anniversario della scomparsa dei 43 studenti della scuola normale rurale di Ayotzinapa i loro familiari e migliaia di persone sono scese in piazza il 26 settembre a Città del Messico per chiedere giustizia sul caso”, scrive il quotidiano La Jornada. I rapporti tra le famiglie e il governo messicano sono molto tesi, perché secondo i genitori

degli studenti scomparsi il presidente Andrés Manuel López Obrador rifiuta di consegnare tutte le informazioni in suo possesso, in particolare per coprire il presunto coinvolgimento dell’esercito con il gruppo criminale dei Guerreros unidos. “Nove anni dopo la sparizione forzata dei nostri figli compiuta dallo stato messicano, l’ostacolo principale è avere accesso ai documenti della difesa”, ha detto durante la manifestazione il padre di uno studente scomparso.

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Africa e Medio Oriente Pellegrini iraniani attraversano il confine a Shalamcheh, diretti verso Kerbala, in Iraq, città santa per gli sciiti, il 5 agosto 2023

HAIDAR MOHAMMED ALI (ANADOLU AGENCY/GETTY)

Alcune delle difficoltà che il progetto ha incontrato per anni sono ancora presenti, ma sembra che oggi le due parti siano d’accordo su come affrontarle. Innanzitutto, dal lato iraniano il corso d’acqua dovrà essere dragato, cosa che non si fa da prima della rivoluzione. Mentre l’Iraq non ha ancora bonificato una vasta zona minata. Le mine furono piazzate durante la guerra tra i due paesi negli anni ottanta, quando l’allora presidente iracheno Saddam Hussein invase l’Iran e avviò un conflitto durato otto anni. Alcuni osservatori nel tempo hanno detto che Baghdad potrebbe aver tergiversato sul progetto e i mezzi di informazione iraniani hanno suggerito che gli Stati Uniti possano avere fatto pressioni per rallentarlo.

IRAN-IRAQ

Una ferrovia attraverso il confine

Vantaggi per tutti

Maziar Motamedi, Al Jazeera, Qatar Sono cominciati i lavori per costruire la tratta che unirà Shalamcheh e Bassora, tra Iran e Iraq. Il progetto aiuterà entrambi i paesi, ma presenta anche nuove incognite ll’inizio di settembre Iran e Iraq hanno annunciato che sono ufficialmente aperti i cantieri per una linea ferroviaria che collegherà i due paesi, ideata decenni fa. L’infrastruttura è importante da un punto di vista geopolitico per entrambi, ma pone anche diverse sfide. Collegherà la città di Shalamcheh, sul confine iraniano, con Bassora, nel sudest dell’Iraq, e prevede il trasporto di passeggeri e merci. I 32 chilometri di ferrovia dovrebbero essere completati entro ventiquattro mesi. Teheran e Baghdad avevano firmato un accordo per sviluppare la tratta nel 2014, ma poco dopo avevano interrotto il progetto a causa della violenta offensiva del gruppo Stato islamico in gran parte dell’Iraq. Lo hanno ripreso alla fine del

A

2021, quando in Iraq la situazione politica e la sicurezza sono migliorate. Ma non sono riuscite a realizzarlo come avevano previsto. Il primo ministro iracheno Mohammed Shia al Sudani e il vicepresidente iraniano Mohammad Mokhber hanno spiegato ai giornalisti che i primi studi per una ferrovia risalgono a poco prima della rivoluzione islamica in Iran del 1979. Accanto all’infrastruttura principale, l’Iran costruirà anche un viadotto mobile sul corso d’acqua che divide i due paesi, noto come fiume Arvand in Iran e Shatt al Arab in Iraq, che dovrà essere sollevato per far passare le navi. Principali linee ferroviarie

Teheran

IRAQ Baghdad Kerbala

Nuovo collegamento ferroviario

Najaf Bassora

Shalamcheh Al Faw

ARABIA SAUDITA

IRAN

Golfo Persico

KUWAIT

200 km

L’obiettivo della tratta ferroviaria è collegare l’Iran alle coste mediterranee della Siria, per connettere i principali paesi del cosiddetto asse della resistenza sostenuto da Teheran. Alcuni mezzi d’informazione iraniani accusano l’Iraq di aver dato priorità alla Via dello sviluppo, un progetto che dovrebbe essere completato nel 2025 e comprende una ferrovia e un’autostrada parallele per collegare il porto meridionale di Al Faw, nel governatorato di Bassora, alla Turchia. La ferrovia tra Iran e Iraq potrebbe portare vantaggi a entrambi i paesi, ma forse sarà più importante per Teheran, che cerca di consolidare la sua posizione regionale grazie anche a una decina di infrastrutture su rotaia. La tratta collegherà l’Iran a Najaf e Kerbala in Iraq, facilitando il trasporto di milioni di pellegrini verso i due luoghi sacri islamici. Il progetto contribuirà anche ad allentare le pesanti sanzioni imposte sul paese dagli Stati Uniti. Essendo al centro delle principali linee ferroviarie della regione, l’Iran dovrebbe beneficiare di un miglioramento dei trasporti e di un aumento del commercio. Le ferrovie si sono dimostrate fondamentali per il Corridoio internazionale di trasporto nord-sud, un ambizioso piano che prevede di unire l’India all’Asia centrale e alla Russia passando per l’Iran. u fdl Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Africa e Medio Oriente

GHANA

Un paese da sistemare Dal 21 al 25 settembre centinaia di ghaneani hanno partecipato alle manifestazioni contro il carovita riunite sotto l’hashtag #FixTheCountry, scrive The Cable. Il movimento è nato ad Accra nell’agosto 2021 per denunciare la corruzione, le tasse troppo alte, il sistema dell’istruzione inadeguato e l’alto costo della vita, ma anche la decisione del presidente Nana Akufo-Addo di spendere milioni di dollari per una nuova cattedrale. Le proteste sono ricominciate alla fine dell’estate, anche se negli ultimi mesi l’inflazione è scesa.

LIBIA

DIPLOMAZIA

KUWAIT

Verso il riavvicinamento

Maschi e femmine

Al Quds al Arabi, Regno Unito

Studenti e insegnanti dell’università del Kuwait si sono mobilitati contro il ripristino di una legge del 1996 che impone la separazione tra i generi. La norma era stata sospesa nel 2015, quando la corte costituzionale aveva stabilito che maschi e femmine potevano frequentare le stesse classi a condizione di sedere in gruppi distinti. Secondo il Kuwait Times, la misura serve a distogliere l’attenzione da altri problemi. Innanzitutto dalle mancanze e dai difetti del sistema universitario e poi dalle questioni che “minacciano la sopravvivenza del paese”: la catastrofe climatica, i bassi livelli del sistema educativo e di quello sanitario, un’economia in ritardo rispetto ai vicini della regione e un razzismo e una xenofobia crescenti.

Il 26 settembre una delegazione saudita è andata in Cisgiordania per la prima volta da quando Israele ha occupato il territorio nella guerra del 1967. Poche ore dopo il ministro del turismo israeliano, Haim Katz, è atterrato in Arabia Saudita in occasione di un incontro delle Nazioni Unite. È la prima visita pubblica di un ministro israeliano nel paese del Golfo e un segno del riavvicinamento tra Israele e Arabia Saudita, che gli Stati Uniti stanno promuovendo, scrive Al Quds al Arabi. I colloqui vanno avanti da mesi e si concentrano su garanzie di sicurezza per l’Arabia Saudita e assistenza per un suo programma nucleare civile, e su alcune eventuali concessioni ai palestinesi, come il ritiro di Israele dalla Cisgiordania, da Gerusalemme Est, dalla Striscia di Gaza e dalle alture del Golan. Il presidente palestinese Abu Mazen ha detto di avere forti dubbi sui paesi arabi che stringono legami con Israele. Per questo, nota il giornale panarabo, durante la sua visita l’inviato saudita Nayef al Sudairi ha promesso che la causa palestinese sarà al centro di qualsiasi accordo di normalizzazione delle relazioni diplomatiche con Israele. ◆

NIGER

Il ritiro I primi arresti dopo l’alluvione francese Il procuratore generale libico Al Siddiq al Sour ha ordinato l’arresto di sedici funzionari nell’ambito dell’indagine sull’alluvione che ha colpito Derna l’11 settembre, causando almeno 3.800 morti e diecimila dispersi. Secondo Al Wasat sono accusati di “cattiva gestione e negligenza”. Nel 2010 i lavori per riparare le due dighe crollate a Derna furono affidati a un’azienda turca, ma s’interruppero con lo scoppio della rivoluzione. Dopo la caduta di Gheddafi, ogni anno veniva stanziato un budget per gli interventi, ma nessuno dei successivi governi ha fatto ripartire il cantiere.

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Come si svolgerà il ritiro francese dal Niger? Se lo chiede il sito della radio Rfi dopo che il 24 settembre il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato il rientro in patria dell’ambasciatore a Niamey, Sylvain Itté, e dei 1.500 soldati schierati nel paese africano per collaborare alla lotta antiterrorismo. Il ritiro, ha detto Macron, avverrà entro la fine del 2023. La Francia era l’unico paese ad avere con il Niger una collaborazione che prevedeva il coinvolgimento dei suoi militari nelle operazioni di combattimento, al servizio delle forze locali, spiega Rfi, sottolineando come gli altri contin-

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genti internazionali – tra cui quello italiano – si limitassero a fare formazione. Dopo la partenza dei soldati francesi dalla base aerea di Niamey, la Francia sarà presente militarmente nella regione del Sahel solo in Ciad, con mille unità. Ora bisognerà vedere cosa faranno gli Stati Uniti, osserva Jeune Afrique, che dopo il golpe del 26 luglio hanno spostato tutti i loro militari nella capitale Niamey.

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Djenné, giugno 2023

OUSMANE MAKAVELI (AFP/GETTY)

NIPAH DENNIS (AFP/GETTY)

Accra, 22 settembre 2023

IN BREVE

Mali Il 25 settembre la giunta militare al potere ha posticipato a data da destinarsi le presidenziali, previste per febbraio, per “motivi tecnici”. Bamako continua a rinviare il trasferimento dei poteri a un governo civile. Egitto Il 25 settembre la commissione elettorale ha annunciato che le presidenziali si terranno a dicembre e non nella primavera del 2024, la scadenza prevista dalla costituzione. Siria Venticinque persone sono morte il 25 settembre negli scontri tra le forze a maggioranza curda e i combattenti fedeli al regime nell’est del paese.

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#ASTORIAWINES

Asia e Pacifico

COLE BURSTON (AFP/GETTY)

Sikh manifestano davanti al consolato indiano a Toronto, Canada, 25 settembre 2023

INDIA

Le tensioni con il Canada spaventano i sikh Manoj Kumar, Reuters, Regno Unito Uno scontro tra New Delhi e Ottawa suscita timori nello stato indiano del Punjab, dove la religione sikh è più diffusa e da dove migliaia di studenti partono per il Nordamerica aspro scontro tra India e Canada sulla morte di Hardeep Singh Nijjar, un separatista sikh ucciso a giugno nella provincia canade­ se della British Columbia, comincia a far sentire i suoi effetti nello stato indiano del Punjab. Lì vive gran parte della comunità sikh del paese, che teme la reazione del governo nazionalista indù di New Delhi e

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le ricadute sulle prospettive di costruirsi una vita migliore in Nordamerica. Nijjar, un idraulico che 25 anni fa ave­ va lasciato il Punjab ed era diventato cit­ tadino canadese, è stato ucciso a colpi di arma da fuoco davanti a un tempio nella periferia di Vancouver. Il primo ministro canadese Justin Tru­ deau ha detto che ci sono “accuse credi­ bili” sul coinvolgimento di agenti di New Delhi nell’omicidio. Il governo indiano guidato da Narendra Modi, che nel 2020 aveva definito Nijjar “terrorista”, ha re­ spinto le accuse definendole “assurde”, ha espulso il capo dell’intelligence cana­ dese in India, ha diramato allerte sui viaggi in Canada e ha interrotto la con­ cessione di visti d’ingresso ai canadesi.

I sikh sono solo il 2 per cento della po­ polazione indiana, che conta 1,4 miliardi di persone, ma sono la maggioranza nel Punjab, uno stato di 30 milioni di abitanti dove cinquecento anni fa è nata la loro re­ ligione. All’estero la comunità sikh più numerosa è quella del Canada, teatro di molte proteste separatiste che hanno irri­ tato l’India. Tra gli anni ottanta e gli anni novanta il governo indiano represse un’insurre­ zione sikh uccidendo decine di migliaia di persone, ma la causa per la nascita di uno stato indipendente, il Khalistan, è ancora viva. Nel villaggio di Bharsingh­ pura in pochi ricordano Nijjar, ma lo zio, Himmat Singh Nijjar, 79 anni, racconta che tra i suoi compaesani parecchi “riten­ gono che Trudeau sia stato molto corag­ gioso”. “Non c’era bisogno di far correre al suo governo un rischio così grande per una sola persona”, dice l’uomo seduto su una panca di legno nella sua fattoria cir­ condata da risaie e banani lussureggianti. L’anziano Nijjar si dice preoccupato per il deterioramento delle relazioni diploma­ tiche con il Canada e per l’economia in declino nel Punjab, che da prospero gra­

naio dell’India è stato superato negli ultimi vent’anni da stati che si sono concentrati sul settore manifatturiero, sui servizi e sulla tecnologia. “Oggi tutti vogliono mandare i figli in Canada, perché l’agricoltura qui non è redditizia”, continua l’anziano Nijiar. L’India è il paese da cui proviene il maggior numero di studenti stranieri in Canada. Nel 2022 sono stati 320mila, il 47 per cento del totale. “Ora temiamo che il Canada non ci conceda più i visti o che il governo indiano possa ostacolarci”, dice Gursimran Singh, un diplomato di 19 anni che vorrebbe andare nel paese nordamericano. Parla nel luogo più sacro per i sikh, il tempio d’oro di Amritsar, dove molti studenti vanno a pregare per ottenere un visto o ringraziare dopo averlo avuto. Il tempio era stato al centro delle tensioni tra indù e sikh quando la prima ministra Indira Gandhi nel 1984 ne ordinò l’assalto per scacciare i separatisti che si erano asserragliati lì in difesa del loro leader. Poco dopo Gandhi fu uccisa da due delle sue guardie del corpo sikh.

Presi di mira I rapporti con il governo del Bharatiya janata party (Bjp), il partito del primo ministro Modi, si sono fatti molto tesi quando nel 2020 i contadini sikh hanno guidato le proteste contro la liberalizzazione del settore agricolo e hanno bloccato la capitale, costringendo il premier a ritirare il provvedimento. È stata una delle pochissime sconfitte dell’uomo forte indiano. Il governo di Modi ha creato “un’atmosfera di paura”, soprattutto per i giovani, racconta Sandeep Singh, 31 anni, che vive nello stesso villaggio di Nijiar. “Se organizziamo una manifestazione, i genitori vietano ai figli di partecipare perché temono che possano subire lo stesso destino” di Nijiar in Canada, prosegue. Kanwar Pal, segretario politico del gruppo separatista radicale Dal Khalsa, dice: “Chiunque lotti per il Khalistan lotta per il diritto all’autodeterminazione, per il diritto a un referendum in Punjab. Per l’India gli attivisti sikh erano nemici e li ha presi di mira”. Secondo il Bjp in Punjab non c’è nessun sostegno alla causa indipendentista e qualsiasi richiesta di questo tipo rappresenta una minaccia per l’India. Il partito, inoltre, afferma che Modi ha fatto più di chiunque altro per i sikh. u gim

Da sapere

Accuse reciproche l 18 settembre 2023 il primo ministro canadese Justin Trudeau, parlando al parlamento, ha detto che ci sono “prove credibili” che dietro all’uccisione di Hardeep Singh Nijjar, il separatista sikh ucciso a giugno nella British Columbia da uomini con il volto coperto, ci siano agenti di New Delhi. Il ministero degli esteri canadese ha poi riferito di aver espulso un diplomatico indiano di alto livello, ritenuto il capo dei servizi segreti indiani. Trudeau ha lanciato le accuse una settimana dopo il G20 di New Delhi, dove ha avuto “un incontro tempestoso con il premier indiano Narendra Modi”, scrive The Hindu. Le due parti si erano accusate rispettivamente di “interferenze straniere negli affari interni del Canada” e di “fornire rifugio agli estremisti antindiani”, ma non avevano rivelato di aver discusso dell’omicidio di Nijjar, cittadino canadese. È poi emerso che ad agosto la consigliera per la sicurezza nazionale canadese Jody Thomas era andata a New Delhi due volte per parlare del caso con il collega indiano Ajit Doval. Secondo le autorità indiane il Canada non ha fornito prove specifiche, ma secondo l’Associated Press Trudeau prima del G20 le aveva condivise con i partner dei Five eyes – Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda – e alcuni dei leader di quei paesi ne avevano parlato con Modi. L’India ha definito “assurde” le accuse di Trudeau, ha espulso a sua volta un diplomatico canadese e ha sospeso il rilascio dei visti ai cittadini canadesi. Il portavoce del ministero degli esteri di New Delhi ha accusato Ottawa di avere un pregiudizio nei confronti degli indiani e ha etichettato la sua mossa come “motivata politicamente”. Asia Sentinel scrive che l’accusa potrebbe avere un fondamento: Trudeau guida un governo di minoranza sostenuto dal New democratic party di Jagmeet Singh, un sikh che non ha mai nascosto la sua antipatia per Modi. Erano anni che l’India si lamentava con il governo canadese per le attività

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dei separatisti sikh della diaspora, ma il governo di Ottawa ha sempre replicato di dover garantire la libertà d’espressione. Nel 2020 le autorità indiane avevano definito Nijjar “terrorista” e secondo l’associazione dei sikh canadese l’intelligence di Ottawa l’aveva avvertito delle minacce contro di lui. “Il prossimo passo dev’essere una riflessione a freddo sul da farsi”, scrive The Hindu in un editoriale schierato con il governo indiano. “La priorità per Trudeau è provare pubblicamente le sue accuse. Oppure ammettere di non poterlo fare. Le affermazioni dell’India secondo cui il Canada è un rifugio per i violenti gruppi separatisti antindiani favorevoli al Khalistan sono state confermate da molti incidenti in passato. Il fatto che Nijjar, leader del gruppo Khalistan tiger force, fosse cittadino canadese parla da sé”. Il New York Times scrive che dopo l’omicidio di Nijjar l’intelligence statunitense aveva fornito informazioni al governo canadese. Il segretario di stato statunitense Antony Blinken ha esortato l’India a collaborare con l’indagine di Ottawa, ma in generale i funzionari statunitensi hanno cercato di evitare tensioni diplomatiche con New Delhi. Le rivelazioni sul coinvolgimento dell’intelligence di Washington, continua il quotidiano statunitense, rischia di mettere gli Stati Uniti in difficoltà in un momento in cui l’amministrazione Biden cerca di rinsaldare le relazioni con l’India per farne un partner fidato in funzione anticinese. Il 25 settembre a New Delhi si è aperta la conferenza dei capi degli eserciti dell’Indo-Pacifico, organizzata dall’India e dagli Stati Uniti con la partecipazione di più di trenta paesi per rafforzare la cooperazione tra gli stati della regione, preoccupati per l’influenza crescente della Cina. Nella capitale indiana è arrivato anche il maggiore generale Peter Scott, dell’esercito canadese, secondo cui “la disputa non influenzerà la collaborazione militare tra i due paesi”, scrive The Hindu. u Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Asia e Pacifico 18 agosto 2023

BIRMANIA

COREA DEL SUD

EVELYN HOCKSTEIN (REUTERS/CONTRASTO)

Vaccini come armi di guerra Parto

anonimo

The Diplomat, Giappone C’è un aspetto poco noto della brutalità della giunta militare birmana: la manipolazione strategica delle vaccinazioni e la negazione dell’assistenza sanitaria di base come arma di guerra, scrive The Diplomat. “Questa terribile violazione dei diritti umani ha implicazioni non solo per la Birmania ma anche per la regione. Da quando i militari hanno preso il potere nel febbraio del 2021, la Birmania è stata sconvolta da una guerra civile e i servizi sanitari del paese sono stati distrutti, in particolare quelli per le cure preventive come il programma di vaccinazione nazionale. Si tratta di una questione di sicurezza regionale. Il numero consistente di profughi non vaccinati e vulnerabili, inclusi migliaia di bambini, rende la Birmania un terreno dove le malattie infettive possono proliferare. La giunta ha reso selettivo l’accesso ai vaccini, che sono distribuiti in base alla lealtà al governo militare, causando un pericoloso calo nei tassi di immunizzazione contro le malattie trasmissibili più comuni”. ◆

DIPLOMAZIA

Rassicurare Pechino Dopo quattro anni di pausa, i leader di Cina, Giappone e Corea del Sud riprenderanno al più presto i colloqui trilate­ rali con l’obiettivo di calmare i timori di Pechino per la cre­ scente influenza statunitense in Asia, scrive il South China Morning Post. Ad agosto la Cina si era detta preoccupata per le dichiarazioni a proposi­ to del “nuovo capitolo nella cooperazione trilaterale sulla sicurezza” rilasciate al sum­ mit di Camp David, negli Stati Uniti, tra il presidente ameri­ cano Joe Biden, il coreano Yoon Suk­yeol e il primo mini­ stro giapponese Fumio Kishi­ da. In particolare il governo cinese è irritato perché nel co­ municato finale del vertice si parlava di “comportamento aggressivo” della Cina nel mar Cinese meridionale.

Mar Cinese meridionale, 22 settembre 2023

ANTHONY WALLACE (AFP/GETTY)

Seoul, 13 settembre 2023

Il 1 dicembre il Giappone av­ vierà un programma per ga­ rantire ai richiedenti asilo per­ messi di residenza a lungo ter­ mine che gli permetteranno di lavorare, scrive il Japan Times. Il provvedimento fa parte della revisione della leg­ ge sull’asilo approvata dal par­ lamento a maggio e riguarderà principalmente gli ucraini in fuga dalla guerra.

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TED ALJIBE (AFP/GETTY)

GIAPPONE

Permessi per i profughi

Il Partito del potere del popolo, al governo, sta cercando di far passare una legge che permette­ rebbe alle donne di partorire in ospedale in modo anonimo. La misura è parte di una strategia per ridurre il numero delle na­ scite non registrate e promuove­ re l’assistenza alle madri, scrive il Korea Herald. Ma le organiz­ zazioni per i diritti delle donne dicono che la legge non affronta le cause principali delle nascite non registrate, come la povertà e lo stigma delle madri single. A giugno il ministero della sanità ha svelato che 2.123 bambini nati in strutture mediche tra il 2015 e il 2022 non sono stati registrati. Di questi 249 sono morti e 601 sono stati abbandonati. Subito dopo il parlamento ha approva­ to un emendamento che dà alle strutture sanitarie la responsa­ bilità di registrare i nuovi nati. Secondo le attiviste, gran parte delle nascite non registrate è do­ vuta a “un sistema e una cultura patriarcali, a condizioni socioe­ conomiche svantaggiate”, a un’educazione sessuale inade­ guata e alle difficoltà di accesso all’aborto, anche se è stato de­ penalizzato nel 2021.

FILIPPINE

La barriera cinese Il 25 settembre la guardia costiera filippina ha annunciato di aver ri­ mosso una barriera galleggiante installata dalla Cina vicino a una porzione di barriera corallina contesa nel mar Cinese meridionale. L’obiettivo di Pechino era impedire ai pescatori filippini di accedere alle tradizionali zone di pesca. La barriera galleggiante, lunga tre­ cento metri, era stata avvistata all’ingresso della secca di Scarbo­ rough, di cui la Cina si è impossessata nel 2012.

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IN BREVE

Thailandia L’attivista Arnon Nampa è stato condannato a quattro anni di carcere per le­ sa maestà. Nampa, 39 anni, nel 2020 aveva chiesto pub­ blicamente la riforma della monarchia.

Visti dagli altri

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO (AP/LAPRESSE)

La presidente del consiglio Giorgia Meloni con il presidente tunisino Kais Saied. Tunisi, 11 giugno 2023

POLITICA

Il doppio gioco di Giorgia Meloni Arianna Poletti, Jeune Afrique, Francia La presidente del consiglio si presenta spesso ai leader africani come un’alleata anticolonialista e non paternalista. Ma la sua linea nei confronti dei migranti va in direzione opposta aramente i ministri del governo di Giorgia Meloni sono andati cosi spesso avanti e indietro nel Mediterraneo. Dopo diverse visite in Nordafrica (tre a Tunisi) accompagnate dalla promessa che l’Italia sarebbe riuscita a istituire un blocco navale per impedire le traversate di migranti, a settembre c’è stato un record di sbarchi a Lampedusa. Tra gennaio e settembre di

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quest’anno il ministero dell’interno italiano ha registrato l’arrivo di 115mila persone. Era dal 2016 che non si vedeva un afflusso simile. Nel 2022 i migranti sbarcati erano stati 62mila. A differenza del passato, però, Giorgia Meloni e il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini non descrivono più la questione migratoria come una minaccia incontrollabile o un’“invasione”. “L’Italia non può permettersi di far fronte a un’estate di sbarchi”, twittava Meloni nel giugno 2022. Un anno dopo, mentre il centro di accoglienza di Lampedusa, che ha una capienza di quattrocento posti, deve gestire settemila persone, Giorgia Meloni sembra pesare meglio le parole quando si rivolge all’opinione pubblica. Anche se in Italia la retorica contro i migranti racco-

glie molti consensi, è soprattutto in Africa che la leader del governo italiano cerca di farsi sentire.

Sentimento antifrancese Il 25 ottobre 2022 alla camera dei deputati Meloni ha detto di avere in mente “un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra Unione europea e nazioni africane, anche per contrastare il preoccupante dilagare del radicalismo islamista, soprattutto nell’area subsahariana. Ci piacerebbe così recuperare, dopo anni in cui si è preferito indietreggiare, il nostro ruolo strategico nel Mediterraneo”, in cambio del controllo delle frontiere. Mentre in molti stati dell’Africa francofona si diffondono sentimenti antifrancesi, Roma si presenta come un’alternativa alla politica Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Visti dagli altri di Parigi e dei suoi alleati in Africa, spesso definita paternalista e neocolonialista. Tra l’Italia di Giorgia Meloni e la Fran­ cia di Emmanuel Macron, indebolita dai recenti colpi di stato nel Sahel, le tensioni in materia di politica africana si toccano con mano. Le ultime vicende in Niger, do­ ve il presidente Mohamed Bazoum è stato rovesciato da un colpo di stato il 26 luglio, ne sono una prova. In una recente intervi­ sta all’ italiana Agenzia Nova, l’ambascia­ tore algerino a Roma Abdelkrim Touahria ha dichiarato che l’Italia potrebbe dare un “grande contributo” allo sforzo algerino per risolvere la crisi nigerina in modo pa­ cifico ed evitare un intervento militare della Comunità economica degli stati dell’Africa occidentale (Ecowas), sostenu­ ta dalla Francia. “Il contributo dell’Italia è molto im­ portante, in particolare nel contesto dell’ultima conferenza internazionale sullo sviluppo e le migrazioni che si è te­ nuta a Roma. Questa iniziativa italiana è strettamente legata a quello che succede in Africa”, ha dichiarato Touahria. A gen­ naio Meloni era andata ad Algeri per ne­ goziare accordi energetici privilegiati, accompagnata da Claudio Descalzi, pre­ sidente dell’Eni, la principale partner della compagnia petrolifera algerina Sonatrach. Meloni è andata tre volte a Tunisi in meno di un mese, ogni volta accompagna­ ta dal presidente del consiglio olandese Mark Rutte e dalla presidente della com­ missione europea Ursula von der Leyen. Il 16 luglio del 2023 ha ottenuto la firma di un accordo tra Unione europea e Tunisia. Un “successo comune ottenuto grazie alla mediazione dell’Italia”, afferma una fonte diplomatica a Roma. In Europa però ci so­ no state delle voci critiche.

Memoria coloniale Secondo il quotidiano tedesco Süddeut­ sche Zeitung, che cita una nota interna del ministero degli esteri tedesco, Berli­ no non ha apprezzato di essere stata esclusa nei negoziati. Questa protesta avrebbe trovato un orecchio attento nella direttrice generale del servizio giuridico del consiglio europeo Emer Finnegan, che potrebbe rimettere in discussione la validità dell’accordo, anche se è stato presentato come un modello. Il consiglio europeo e il servizio diplo­ matico dell’Unione europea sarebbero

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stati esclusi dalle discussioni, così come i rappresentanti della società civile. In un comunicato del 14 settembre, il mediatore europeo ha chiesto alla Commissione eu­ ropea se “fosse stata fatta una valutazione dell’impatto sui diritti umani prima di fir­ mare il protocollo”. Diversi eurodeputati, tra cui il presidente del gruppo politico Alleanza progressista dei socialisti e de­ mocratici, hanno chiesto il ritiro dell’ac­ cordo voluto da Meloni. Lo stesso giorno sei politici del gruppo non hanno ottenuto il visto di ingresso a Tunisi. Il 23 luglio, una settimana prima della firma dell’accordo, Meloni accoglieva a Roma i leader di di­ versi paesi dell’Africa settentrionale, del Medio Oriente e del Golfo. Nelle foto uffi­ ciali della conferenza sulle migrazioni e lo sviluppo, organizzata dal governo italia­ no, lei appariva sorridente, seduta tra i suoi alleati, l’emiratino Mohamed Ben Zayed e il tunisino Kais Saied, che aveva suggerito l’idea di questo vertice.

Giorgia Meloni è andata tre volte a Tunisi in meno di un mese La conferenza di Roma, annunciata all’ultimo momento, ha rafforzato l’im­ magine che la presidente del consiglio cerca di costruirsi da quando è al governo: una leader amica dei capi di stato africani, sostenitrice di una visione non coloniale delle relazioni diplomatiche tra la sponda nord e sud del Mediterraneo. In Africa Ro­ ma vuole adottare “una cooperazione pa­ ritaria, un approccio che non deve essere paternalistico, che deve aiutare queste nazioni, accompagnarle, cercare di capire le loro difficoltà, intervenire su quelle dif­ ficoltà”, ha dichiarato alla conferenza. Queste frasi non sono nuove e riecheg­ giano i discorsi contro la Francia che Me­ loni pronunciava prima di essere nomina­ ta presidente del consiglio. “Fratelli d’Ita­ lia tenta da tempo di accendere i riflettori su questioni neocoloniali che, attraverso le migrazioni di massa, ci toccano da vici­ no”, spiegava nel febbraio 2019 durante un incontro intitolato “L’economia delle ex colonie francesi dell’Africa e il franco cfa”. Qualche mese dopo, durante una tra­ smissione televisiva aveva tirato fuori dal portafoglio una banconota: “La conosce­

te? È la moneta coloniale francese, il fran­ co cfa, usato per sfruttare le risorse delle nazioni africane”, aveva spiegato davanti alle telecamere. “Ed ecco un bambino che lavora in una miniera d’oro in Burkina Fa­ so, uno dei paesi più poveri del mondo”, aveva aggiunto indicando una foto. Cavalcando queste dichiarazioni, tra­ dotte in inglese, in francese e in arabo e diventate virali sui social network, Meloni riesce a far dimenticare le sue posizioni apertamente razziste e ostili ai migranti, trasformandosi in una paladina dei diritti dei popoli africani francofoni. È la nuova icona della lotta contro il neocolonialismo in Africa? C’è da dubitar­ ne. Nel libro Mafia nigeriana. Origini, rituali, crimini, di cui è coautrice, la leader del governo italiano difende un’idea aper­ tamente razzista dei nigeriani e più in ge­ nerale degli africani che vivono in Italia. Parla di “richiedenti asilo illegali” e non esita a denunciare la “sostituzione etnica in corso” nel suo paese, provocata da po­ poli “retrogradi”, “che fanno ancora ricor­ so alla stregoneria”. Nell’aprile 2023 Meloni ha simbolica­ mente scelto l’Etiopia, un’ex colonia ita­ liana, per annunciare il suo “Piano Mattei per l’Africa”, una serie di accordi energeti­ ci che puntano a rendere l’Italia “una cer­ niera naturale e un ponte energetico tra il Mediterraneo e l’Europa”. Il modello di cooperazione bilaterale che propone e che intende replicare in tutto il continente prevede più fondi ed equipaggiamenti per le forze di difesa e di sicurezza dei singoli stati in cambio di un’intensificazione della lotta all’immigrazione e di nuovi accordi energetici vantaggiosi per Roma. Ma la novità di Meloni è che con la re­ torica del suo governo cancella la memo­ ria coloniale italiana. A proposito di que­ sto fenomeno lo storico italiano Angelo Del Boca parlava di “italiani brava gen­ te”: nonostante la violenza del sistema coloniale, gli italiani sono convinti di es­ sersi comportati da “brave persone”. Questa convinzione non è mai stata mes­ sa in discussione e orienta le scelte politi­ che dell’attuale governo. u gim Arianna Poletti è una giornalista italiana che vive a Tunisi. Il 29 settembre sarà a Ferrara al festival di Internazionale per parlare dell’esportazione di energia solare dal Nordafrica all’Europa attraverso cavi sottomarini.

MARCO MANTOVANI (GETTY)

Un allevamento di maiali. Cremona, 18 aprile 2023

AMBIENTE

La valle del Po avvolta nell’inquinamento Angela Giuffrida, The Guardian, Regno Unito Nella provincia di Cremona i problemi di salute sono più frequenti che nel resto del paese. La concimazione dei terreni agricoli, i camion e le fabbriche rendono l’aria irrespirabile li abitanti di Crotta d’Adda, un piccolo centro abitato nel cuore della valle del Po, sono barricati in casa da quasi due settimane. Dai vasti campi agricoli a poca distanza arriva un fetore insopportabile e potenzialmente nocivo, che provoca vomito, difficoltà respiratorie, capogiri, gonfiore agli occhi e mal di testa. “Così non si può vivere”, spiega Cristiano Magnani, un abi-

G

tante del posto, “non possiamo uscire, non possiamo fare nulla. Anche in casa non siamo più al sicuro. La puzza si attacca a tutto e dura per settimane. La ciliegina sulla torta è che viviamo in un’area circondata da tutte le attività che provocano inquinamento”. Crotta d’Adda, in provincia di Cremona, è un paese di seicento abitanti che intorno ha allevamenti di maiali e polli. Le feci di questi animali sono trasformate in fertilizzanti e poi depositate sui campi attraverso un processo noto come spandimento dei fanghi. Un effetto secondario di questo procedimento è il “gesso di defecazione”, un materiale solido ottenuto dall’idrolisi dei materiali biologici con la calce o l’acido solforico. Il gesso di defecazione è considerato un prodotto versatile

in agricoltura, ma c’è anche il rischio che contenga sostanze di scarto che non si possono usare come fertilizzanti. In Lombardia esistono regole sullo spandimento di fanghi, ma sono piuttosto vaghe. Controllare il processo e stabilire se i fertilizzanti hanno al loro interno agenti dannosi per l’ambiente o la salute degli esseri umani è piuttosto complicato. I fanghi non sono l’unico problema che affligge Crotta d’Adda e gli altri centri abitati della provincia di Cremona. La valle del Po, un’area geografica che attraversa le regioni dell’Italia settentrionale – tra cui Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna – è una delle più inquinate d’Europa. Un’indagine del Guardian ha riscontrato che più di un terzo delle persone che vivono nella valle e nelle zone cirInternazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Visti dagli altri costanti respira una quantità di polveri sottili quattro volte superiore ai limiti fissati nelle linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità. Cremona, che ha una popolazione di circa sessantamila abitanti, è meno nota per l’inquinamento rispetto ai grandi centri industriali come Milano e Torino, ma è ai primi posti nella classifica delle città europee con la peggiore qualità dell’aria. La classifica è stata pubblicata nel 2023 dall’Agenzia europea dell’ambiente (Eea).

SVIZZERA

Lago di Como

Lago d’Iseo

Lago di Garda

Lombardia Brescia Milano Pavia

Crotta d’Adda

I TA LI A Cremona Po 50 km

Provvedimenti più incisivi

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Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

le morti premature. “Qui le persone fanno finta di nulla, tranne quando vengono colpite direttamente. Le condizioni atmosferiche stanno peggiorando, anche a causa del cambiamento climatico”. Alcune iniziative locali, come la costruzione di piste ciclabili e i limiti alla circolazione dei veicoli inquinanti, hanno contribuito a ridurre lo smog. Ma le autorità sono restie a prendere provvedimenti più incisivi, perché avrebbero costi economici pesanti. “Sappiamo che la principale fonte d’inquinamento sono le auto, e allora perché non c’è un intervento forte del governo sulla mobilità sostenibile?”, si chiede Michele Arisi, che fa parte dell’associazione ambientalista di Cremona chiamata Stati generali clima, ambiente e salute. “Anche se a Cremona circolano

Da sapere Inquinamento in Europa Ogni rettangolo rappresenta una settimana da gennaio ad agosto del 2023. Ogni colore la concentrazione media di polveri sottili Pm2,5 nelle zone intorno alle città selezionate. Sotto i limiti stabiliti dall’Organizzazione mondiale della sanità Fino a due volte sopra i limiti Fino a tre volte Fino a quattro volte Più di quattro volte Amsterdam Atene Berlino Copenaghen Milano Padova Parigi Reykjavík Stoccolma Verona

FONTE: DEUTSCHE WELLE/COPERNICUS

Secondo l’Eea, nel 2020 la cattiva qualità dell’aria è stata all’origine di 50.303 morti premature in Italia. Anche se la maggior parte dei casi si è verificata a Milano, è stata Cremona la provincia italiana con la più alta percentuale di decessi – tra 150 e 200 ogni centomila abitanti – attribuiti alle polveri sottili (Pm2,5). “Nessun organo del corpo umano viene risparmiato dalle polveri sottili”, spiega Maria Grazia Petronio, referente per la Toscana dell’Associazione medici per l’ambiente (Isde). “Abbiamo a che fare con ogni genere di tumori, malattie respiratorie, problemi d’infertilità e difficoltà cardiovascolari. Quando i livelli di Pm2,5 sono alti registriamo un aumento degli arresti cardiaci”. Protetta dalle Alpi e dagli Appennini, lontana dalla costa e con venti generalmente poco intensi, la valle del Po ha caratteristiche che favoriscono l’inquinamento. Inoltre è il cuore economico dell’Italia ed è intensamente industrializzata e coltivata. La Lombardia produce enormi quantità di rifiuti di origine animale, soprattutto nelle aziende della provincia di Cremona e delle province vicine. Più del 40 per cento del latte prodotto in Italia viene dalla Lombardia, che è anche la prima regione italiana per numero di suini allevati. L’inquinamento di Cremona è causato anche da un’acciaieria che si trova nei pressi di Crotta d’Adda, da un vecchio inceneritore e dal costante passaggio di veicoli pesanti. “Da queste parti non ci manca niente”, ironizza Giovanna Pirotta, volontaria di Legambiente, la più importante organizzazione ambientalista italiana. Il problema della qualità dell’aria nella città famosa per la fabbricazione di violini è noto da tempo, ma Pirotta spiega che l’argomento viene “volutamente ignorato”, soprattutto per quanto riguarda

molte biciclette, il numero di auto per abitante è comunque tra i più alti in Italia”. L’associazione di Arisi – insieme ad altre organizzazioni come Critical mass, fondata nel 2022 da un gruppo di ragazze e ragazzi per sensibilizzare la popolazione sui temi ambientali – si oppone alla costruzione di un nuovo centro commerciale e al collegamento autostradale. “Le autorità sono consapevoli del problema dell’inquinamento ma agiscono in senso opposto, con progetti che aumentano il traffico”, accusa Arisi. Facendo riferimento a un piano preparato in collaborazione con il Piemonte, il Veneto e l’Emilia-Romagna, l’assessore all’ambiente della Lombardia Giorgio Maione sottolinea che negli ultimi anni la regione ha fatto progressi nella lotta all’inquinamento. In Lombardia, che conta più di dieci milioni di abitanti, il livello di polveri sottili Pm10 si è ridotto gradualmente negli ultimi dieci anni, come sono diminuiti i giorni in cui è stato superato il limite di 50 microgrammi di particolato per metro cubo d’aria (anche se nel 2022 in buona parte della regione sono stati di più dei 35 previsti dalla normativa italiana ed europea). Le limitazioni al traffico, i sistemi di riscaldamento più ecologici, gli incentivi per rendere le case più efficienti dal punto di vista termico e gli interventi sulle attività agricole hanno contributo a questo miglioramento. Maione ricorda che tra il 2018 e il 2022 la regione ha investito in questo tipo di iniziative 19 miliardi di euro, soprattutto per migliorare la mobilità, favorendo per esempio l’acquisto di veicoli meno inquinanti. Tuttavia l’assessore, secondo cui la Lombardia sta facendo “un grande sforzo”, ritiene che le caratteristiche geografiche della regione rendano impossibile raggiungere gli obiettivi sulla qualità dell’aria fissati per il 2030 dall’Unione europea. L’Italia è uno dei paesi che chiedono all’Unione di rivedere gli impegni comunitari. “Non siamo contrari a quegli obiettivi. Chiediamo solo un metodo diverso, come per esempio un prolungamento delle scadenze”, spiega Maione. “Perfino l’Unione europea ammette che oggi l’obiettivo non è tecnicamente raggiungibile, anche usando le migliori tecnologie. A meno di non voler chiudere le attività commerciali e produttive, fermare tutte le auto ed eliminare il bestiame”. u as

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Le opinioni

Una storia di abusi già sentita Rebecca Solnit on c’è niente di nuovo, tranne qual- facile capire perché le presunte vittime di Brand non che dettaglio, nell’inchiesta pub- l’abbiano denunciato prima. Esistono però prove del blicata dal New York Times sull’at- fatto che chi lavorava nel settore sapesse delle accutore britannico Russell Brand. La se a Brand e che le donne si mettevano in guardia le storia di un uomo ricco o potente o une con le altre. E anche questa è una storia già senfamoso accusato di aver compiuto tita. Una delle parti più agghiaccianti dell’articolo molestie sessuali per anni l’abbiamo già letta tante del New York Times riguarda la sedicenne che dice volte. Brand sostiene che tutte le sue relazioni sono di aver avuto rapporti sessuali con Brand e che alla state consensuali. Questo è il primo pezzo di una sto- fine lui ha aggredito e molestato: pare abbia racconria familiare. Persone del genere hantato che in un’occasione il tassista cono potuto cavarsela per anni, perché Tanti uomini nosceva l’indirizzo a cui aveva chiesto una delle forme assunte dalla disugua- colpevoli di violenze di essere portata e l’abbia pregata di glianza di genere è quella della voce: la sessuali ottengono non andarci. Se questo è vero, perfino il voce con cui si racconta cos’è successo, ancora contratti tassista sapeva. la voce a cui si presta ascolto e a cui vie- redditizi. Perciò è La storia di Brand è emersa conne dato credito. temporaneamente a un’altra storia di facile capire perché Un altro pezzo familiare della storia le presunte vittime violenze sessuali che ha coinvolto una riguarda chi pensa che ci sia qualcosa di Russell Brand celebrità. Si tratta della lettera dell’atdi strano nel fatto che le donne violentore Ashton Kutcher in difesa del collenon l’hanno tate abbiano aspettato “fino a oggi” per ga Danny Masterson, star televisiva denunciare. Questa critica ignora il denunciato prima incriminata per aver stuprato due donfatto che spesso quando denunciano ne, inviata al giudice incaricato del cacasi di molestie, stupri e violenze domestiche le don- so. Vale la pena ricordare che Masterson l’ha fatta ne si espongono a ulteriori abusi. Dalla testimonian- franca per vent’anni prima di essere chiamato in triza di Anita Hill sulle molestie sessuali di Clarence bunale, anche se una delle vittime aveva denunciato Thomas nel 1991 fino a Amber Heard che accenna l’aggressione nel 2004. appena alla violenza domestica nel suo matrimonio, “A prescindere da dove fossimo o con chi fossisi puniscono le donne che prendono la parola. mo, non ho mai visto il mio amico agire in modo di“Perché non hanno denunciato?”, chiedono alcu- verso da quello che ho descritto”, ha dichiarato ni. Perché ci sono persone che non vedono l’ora di Kutcher. E molte persone sui social network hanno attaccare e screditare chi ha subìto violenza. E anche ribadito la sua illusione, ossia che quella che vedono perché le denunce di molestie devono essere fatte a – anche solo sul palcoscenico o in un film – è la persopoliziotti spesso pieni di pregiudizi, corrotti o loro na tutta intera, senza lati oscuri. Una delle cose più stessi molestatori. ovvie è che i molestatori tendono a muoversi in moA Londra nel 2021 Sarah Everard è stata rapita e do strategico: chi picchia la moglie di solito non lo fa uccisa da un agente di polizia mentre tornava a casa davanti a persone che potrebbero fermarlo o manuna sera. Le donne che hanno manifestato contro darlo in carcere. Bisogna essere stupidi per non sal’omicidio sono state maltrattate dalle forze dell’or- pere che fin troppe persone trattano in modo diverso dine e in alcuni casi arrestate. L’anno scorso un agen- chi è potente e chi non lo è. E tante persone potenti e te di New Orleans si è dichiarato colpevole di aver privilegiate sono proprio stupide. molestato la quattordicenne che avrebbe dovuto In seguito, Kutcher è stato costretto a dimettersi aiutare. Troppi femminicidi avvengono dopo che la dal direttivo di un’organizzazione non profit che si polizia ha ignorato le richieste di aiuto. Le forze occupa di traffico di minori . E ha scritto un’altra lettedell’ordine sono spesso parte del problema. ra, stavolte di scuse: “Le vittime di molestie sessuali I pochi casi di stupro che arrivano in tribunale, sono state messe a tacere e le referenze da me inviate inoltre, spesso si traducono per le vittime in esposi- sono un altro doloroso esempio di colpevolizzazione zione, pericolo, colpevolizzazione e anni di tormen- di persone che hanno mostrato il coraggio di condiviti. Una minuscola percentuale di casi si conclude con dere la loro esperienza”, ha scritto. “Negli ultimi dieci una condanna. Tanti uomini riconosciuti colpevoli anni abbiamo cercato d’invertire proprio questo stato di abusi sessuali o violenza domestica, tra cui il rap- di cose”, ha proseguito. Peccato che in quella occasioper Chris Brown, ottengono ancora oggi contratti ne lui abbia cercato invece di perpetuarlo. E, come lui, redditizi per esibirsi e promuovere prodotti. Perciò è molti altri continuano a farlo. u gim

N

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Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

REBECCA SOLNIT

è una scrittrice e saggista statunitense. Il suo ultimo libro uscito in Italia è Le rose di Orwell (Ponte alle Grazie 2022). Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.

Vite d i Ro ccia FEDERICA MINGOLLA Ar r am picat r ice e G uida A l p i n a | M e m b r o d e l t e a m a t l e t i S a l e w a

DOMARE LA ROCCIA Una vigna costretta a crescere su uno strato di terra sottile e che, d’istinto, affonda le radici là dove può trovare nutrimento: nella roccia. Un vino dalla delicatezza rara e di grande equilibrio, con sfumature fruttate e una sapidità davvero unica, dono della roccia madre. Nino Negri presenta Vigna Sassorosso, un Nebbiolo di montagna scolpito dalle avversità.

ni nonegri .i t

Le opinioni

L’austerità dello Sri Lanka sulle spalle dei poveri Jayati Ghosh iù di un anno dopo che il grande movi- estero. Un governo può coprire il debito pubblico mento di protesta Aragalaya ha co- usando la valuta nazionale controllata dalla banca stretto alla fuga il presidente dello Sri centrale. Ma per onorare il debito estero servono enLanka Gotabaya Rajapaksa e suo fra- trate in valuta pregiata o nuovi prestiti. tello, il primo ministro Mahinda RajaLo Sri Lanka non può pagare gli interessi sul debipaksa, gli srilanchesi sono di nuovo in to estero perché le sue riserve in valuta sono insuffipiazza. A riaccendere la rabbia dell’opinione pubbli- cienti. Dal 2016 il governo ha preferito contrarre ca è stato l’accordo di salvataggio siglato a marzo tra nuovi prestiti internazionali, soprattutto da privati, il Fondo monetario internazionale (Fmi) e il governo per rimborsare i creditori esteri. All’inizio del 2022 del presidente Ranil Wickremesinghe. ha scelto la via dell’insolvenza invece Per affrontare l’attuale crisi della bilan- Prendendo di mira di esplorare soluzioni alternative. cia dei pagamenti, l’accordo offre allo i fondi pensione, Ridurre il debito pubblico in un’eSri Lanka meno di tre miliardi di dolla- il piano di conomia già in declino, però, è un’operi in quattro anni, una minuscola parte ristrutturazione razione dolorosa e anche inutile. Il dedi quello che serve al paese per pagare del debito messo a bito pubblico dello Sri Lanka è in mano gli interessi sul debito. a diversi soggetti, tra cui la banca cenpunto dal governo In cambio di questo prestito di rischia di aumentare trale, la banca commerciale e i fondi emergenza, l’Fmi ha imposto una serie le disuguaglianze pensione. Poiché il sistema bancario di condizioni che hanno peggiorato la del paese è debole, gli effetti più pesanetniche, di classe ti li subiranno i fondi pensione, in cui i crisi dei salari e ridotto il potere d’acquisto. Il passaggio obbligatorio ai tassi e di genere lavoratori hanno versato i risparmi di di cambio del mercato, in particolare, una vita. ha causato una svalutazione della moneta, ha provoTanti lavoratori percepiscono salari decisamente cato l’impennata dei prezzi del carburante e dei ge- al di sotto della soglia minima tassabile. Tra loro ci neri alimentari importati e ha contribuito a un au- sono le donne impiegate nel settore tessile e i lavoramento del 165 per cento delle tariffe per l’energia tori nelle piantagioni di tè, soprattutto quelli apparelettrica tra il giugno 2022 e il febbraio 2023. Con tenenti alla minoranza tamil. Questi gruppi hanno l’imposizione di vincoli fiscali, l’economia ha prose- già sperimentato un peggioramento delle condizioni guito nella sua spirale verso il basso, con una contra- di vita. Oggi quasi il 56 per cento dei 22,2 milioni di zione di oltre il 7,8 per cento nel 2022 e dell’11,5 per srilanchesi è alle prese con la precarietà sociale ed cento nel primo trimestre del 2023. Questo ha avuto economica e donne e bambine sono le più colpite. Le un impatto negativo sull’occupazione, sui redditi e stime ufficiali suggeriscono che circa il 43 per cento sulla sostenibilità di piccole e medie imprese: nel dei bambini al di sotto dei cinque anni soffre di mal2022 i salari reali sono crollati del 30-50 per cento e nutrizione, un fenomeno che colpisce anche le donsono rimasti stagnanti. ne in gravidanza o in allattamento. Nonostante i proclami sull’importanza della lotta Prendendo di mira i fondi pensione, il piano di alla corruzione e del contenimento dei flussi finan- riduzione del debito pubblico deciso dal governo riziari illeciti, il piano dell’Fmi non affronta efficace- schia di aumentare le disuguaglianze etniche, di mente questi problemi. E, anche se include un mo- classe e di genere. Con l’erosione dei loro risparmi, i desto aumento delle tasse sui profitti delle aziende, poveri saranno spinti ancora di più verso l’indigenza. trascura la possibilità d’imporre tasse sui patrimoni. Nel frattempo il processo di aggiustamento del debiL’attuale ondata di proteste in parte è una reazio- to fa affidamento sul lavoro non retribuito delle donne alla decisione del governo di rispettare la richie- ne che continuano a fornire cure e assistenza in questa dell’Fmi di ristrutturare sia il debito estero sia sto periodo di austerità e di riduzione dei servizi soquello pubblico: invece di concentrarsi sull’abbassa- ciali. Le difficoltà delle srilanchesi operaie evidenmento del debito estero portandolo a livelli sosteni- ziano come la crisi abbia ripercussioni diverse in babili, infatti, l’accordo punta a contenere quello tota- se al genere. le, riducendo di conseguenza il rimborso ai creditori Per costruire una ripresa solida, allo Sri Lanka stranieri di un mero 30 per cento. Una scelta difficile servirebbe un cambio di strategia: il governo e l’Fmi da spiegare. Se una valuta non serve da riserva glo- dovrebbero sforzarsi di migliorare la vita dei lavorabale, come fa invece il dollaro, per il paese che la usa tori, invece di riversare sulle loro spalle il peso c’è una netta distinzione tra il debito interno e quello dell’aggiustamento del debito. u gim

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JAYATI GHOSH

è un’economista indiana. Insegna all’università Jawaharlal Nehru di New Delhi e collabora con diversi giornali indiani. Questo articolo è stato scritto insieme alla docente universitaria srilankese Kanchana N. Ruwanpura.

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I dati dimostrano che quando le grandi potenze mondiali sono ai ferri corti la libertà del mercato passa in secondo piano. Quello che conta sono gli obiettivi geopolitici. E le aziende devono adeguarsi o cercare di aggirare gli schieramenti

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vocherà incertezza e imprevedibilità”. Con un linguaggio insolitamente diretto, all’inizio del 2023 la presidente della Ban­ ca centrale europea Christine Lagarde ha dichiarato che “assistiamo a una fram­ mentazione dell’economia globale in blocchi contrapposti, ciascuno dei quali cerca di coinvolgere buona parte del resto del mondo nei suoi interessi strategici”. Ci sono buoni motivi per essere preoc­ cupati. All’inizio di quest’anno gli econo­ misti del Fondo monetario internazionale (Fmi) avevano calcolato che nella situa­ zione più estrema, con un’economia glo­ bale divisa in rigidi blocchi, a lungo anda­ re perderebbe il 7 per cento della produ­ zione, un cambiamento simile alla scom­ parsa dell’economia francese e di quella tedesca.

Nuove relazioni La frattura non è né equilibrata né netta. Guidati dagli Stati Uniti, i paesi che hanno condannato l’invasione dell’Ucraina rap­ presentano più di due terzi del pil globale. La Cina si trova al centro dell’altro blocco e la sua corsa per superare gli Stati Uniti è frenata dal rallentamento della sua cresci­ ta, che secondo molti provocherà proble­ mi duraturi. Questa cortina di ferro economica è estremamente permeabile. L’istinto del­ le aziende a cercare profitti e mercati red­ ditizi è forte quanto il desiderio di rispar­ miare dei consumatori. I paesi di entram­ bi i blocchi continuano a vendersi prodot­ ti a vicenda. Ad agosto la segretaria al commercio statunitense Gina Raimondo

KENT NISHIMURA (LOS ANGELES TIMES/GETTY)

na parola compare sem­ pre più spesso nei docu­ menti di alcune multina­ zionali. Dai giganti di Wall street come il fondo d’investimento Black­ Rock a colossi come la Coca­Cola e la Te­ sla, nel 2023 gli amministratori delegati delle principali aziende quotate in borsa negli Stati Uniti hanno usato la parola “ge­ opolitica” dodici volte, quasi il triplo ri­ spetto a due anni fa. Ci sono prove concre­ te del fatto che le tensioni nelle relazioni internazionali e più di un decennio di av­ vertimenti sulla fine della globalizzazione spingono le aziende a schierarsi. Le multi­ nazionali occidentali che per anni hanno ignorato la geopolitica e cercato solo il profitto, stanno costruendo le fabbriche in paesi amici. Mentre i leader mondiali erano riuniti a New York per l’assemblea generale an­ nuale delle Nazioni Unite, i dati indicava­ no un mondo pronto a riorganizzarsi in blocchi rivali, sebbene ancora collegati, che riflettono il voto del Palazzo di vetro sull’invasione russa dell’Ucraina. Nel 2022 quasi 180 dei 1.200 miliardi di dollari di investimenti diretti esteri greenfield (quelli che prevedono la costruzione di un impianto o di un’infrastruttura) sono stati spostati dai paesi che hanno rifiutato di condannare l’invasione della Russia verso quelli che l’hanno fatto. “È un cambiamento storico”, ha affer­ mato l’ex ministro del commercio sudco­ reano Yeo Han­koo, secondo il quale “sta nascendo un ordine economico che pro­

Nella foto, alcuni deputati statunitensi del Partito democratico celebrano l’approvazione di una legge sulla produzione di semiconduttori che aumenterà la concorrenza con la Cina. Washington, Stati Uniti, 29 luglio 2022

ammentato

è andata in Cina a proporre una ripresa delle vendite di aerei della Boeing e di altre esportazioni statunitensi. Le aziende cinesi produttrici di veicoli elettrici cominciano a invadere l’Europa, anche se questo ha spinto Bruxelles ad aprire

un’indagine sui sussidi di Pechino. Paesi come l’India, che hanno scelto di non condannare l’invasione della Russia astenendosi dal voto all’Onu, tentano d’intrecciare nuove relazioni strategiche con gli Stati Uniti e altre potenze occidentali.

Sia gli investitori cinesi sia quelli occidentali si stanno concentrando su un gruppo sempre più importante di economie, come il Vietnam e il Messico, che a loro volta cercano di avere buoni rapporti con entrambi i blocchi. Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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In copertina

Percorsi abituali

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Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

Calo inesorabile Investimenti stranieri in Cina dal 2020, variazione rispetto a cinque anni prima, % 0 Asia (esclusa Cina)

-61,1

Stati Uniti

-57,9

Altri paesi

-39,5

Europa (esclusa Europa emergente)

-36,7

Americhe (esclusi Stati Uniti)

-29,0

Europa emergente*

-5,9

*Albania, Bielorussia, Bosnia Erzegoviva, Bulgaria, Ungheria, Kosovo, Moldova, Montenegro, Macedonia del Nord, Polonia, Romania, Russia, Serbia, Turchia e Ucraina.

Secondo un’analisi del Fondo monetario condivisa con Bloomberg, gran parte del cambiamento ruota intorno alla Cina. Tra il secondo trimestre del 2020 e il primo trimestre del 2023 gli investimenti diretti delle aziende statunitensi in Cina sono crollati del 57,9 per cento e quelli delle aziende europee sono calati del 36,7 per cento rispetto ai cinque anni precedenti alla pandemia, mentre gli investimenti degli altri paesi asiatici sono diminuiti di più di due terzi. La valutazione dell’Fmi riflette un’evoluzione più ampia in corso tra gli economisti, che per generazioni hanno studiato l’economia globale usan-

La guerra in Ucraina Blocchi contrapposti Quota di pil globale in base al voto sulla risoluzione Onu di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina 100 Contrari o astenuti

Proiezioni

Assenti e non membri Onu 50

Favorevoli

0 2010

2020

2030

2040

2050

FONTE: FMI, BANCA MONDIALE, BLOOMBERG

All’inizio del 2023 gli economisti dell’Fmi hanno dichiarato che i flussi di investimenti e merci non seguivano più i percorsi abituali. Mentre un tempo prevaleva la promessa di nuovi mercati redditizi, dall’analisi di due decenni di dati è emerso che negli ultimi anni la politica ha svolto un ruolo importante nel determinare il flusso di capitali. “Anche se si valutano aspetti come il rischio paese e la distanza geografica, che generalmente è un fattore chiave del commercio bilaterale e dei flussi finanziari, si nota comunque che la geopolitica conta”, afferma Andrea Presbitero, ricercatore dell’Fmi.

Investimenti in Cina

FONTE: FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE

Ma nessun altro dato è più significativo di quello degli investimenti esteri diretti greenfield, che spesso richiedono anni per essere completati e quindi sono una scommessa sul futuro. Usando come filtro il voto alle Nazioni Unite sull’invasione dell’Ucraina, Bloomberg Econo–mics ha scoperto che negli ultimi due anni la quota globale di questi investimenti destinata a paesi che non hanno condannato l’invasione è stata in media solo del 15 per cento, in calo rispetto al 30 per cento del decennio fino al 2019. Nel 2022 la quota diretta in Cina, inclusa Hong Kong, è scesa a meno del 2 per cento da una media di quasi l’11 per cento. Gli investimenti in Russia sono stati praticamente azzerati. I dati indicano che i paesi occidentali puntano soprattutto dove i governi la pensano come loro. Tra il 2021 e il 2022 negli Stati Uniti la quota di investimenti diretti esteri ha registrato il maggior aumento rispetto al decennio precedente alla pandemia. Ma la crescita più alta è stata quella di paesi come la Germania, l’Italia e il Regno Unito. Questo potrebbe riflettere, tra l’altro, un cambiamento della politica industriale statunitense, che incoraggia gli investimenti in settori strategici come i semiconduttori e i veicoli elettrici, e la risposta degli alleati europei e asiatici. Ma allo stesso tempo segna una svolta di un altro tipo. Anche se a settembre l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) ha affermato che è prematuro dichiarare la fine della globalizzazione, l’organismo ha sottolineato che le tensioni cominciano a influenzare i flussi commerciali e ci sono i primi segnali di frammentazione. Secondo la Wto, dopo l’invasione dell’Ucraina l’aumento degli scambi tra i due ipotetici blocchi geopolitici è stato di circa il 4-6 per cento più lento di quello all’interno degli stessi blocchi.

do modelli legati alla tendenza delle aziende a massimizzare i profitti e influenzati dalla geografia o dall’attrattività dei grandi paesi. Ora devono fare i conti con dei dati che mostrano un’inafferrabile spinta della geopolitica e con un modo di definire la sicurezza nazionale che si espande continuamente. Secondo Maurice Obstfeld, ex capo economista dell’Fmi, si torna a quella che per secoli è stata la norma, cioè che i commerci sono determinati dalla competizione per il potere. Penny Goldberg, ex capo economista della Banca mondiale, definisce la geopolitica “un’incertezza creata dall’uomo”. Dietro a questo cambiamento negli Stati Uniti e in altre economie occidentali c’è in gran parte la sensazione che per troppo tempo i leader politici abbiano avuto una fiducia ingiustificata nella capacità dei mercati di prendere sempre la decisione giusta. Ma Goldberg teme che oggi il mondo stia andando troppo nella direzione opposta. Investire usando come guida la sicurezza nazionale spesso significa agire più sulla fiducia che sui dati. In passato molti governi hanno commesso errori di calcolo in nome della sicurezza, come nel caso della guerra in Iraq del 2003, osserva Goldberg. Se la geopolitica guida gli investimenti “bisogna fidarsi del proprio governo. E a volte anche le persone ben intenzionate possono sbagliare”. Goldberg vede conseguenze negative più ampie per l’economia globale. Per esempio, un aumento dell’inflazione dovuto ai maggiori costi di produzione, meno innovazione a causa della minore cooperazione internazionale nella ricerca e più disuguaglianza globale in seguito allo stallo degli investimenti nei paesi poveri. E mentre finora la competizione geopolitica si è concentrata su settori tecnologici strategici, come i semiconduttori e l’energia, ora la spaccatura si sta ampliando. Il commercio delle materie prime diventa frammentato. Tutto è partito dal petrolio e dal gas, ma gli Stati Uniti e i loro alleati vogliono garantirsi nuove catene di approvvigionamento “più amichevoli” per materiali come il rame, il nichel e il litio, fondamentali per i semiconduttori. In alcuni paesi la spaccatura si deve al desiderio di sottrarsi al condizionamento del dollaro. I Brics, il gruppo di economie emergenti che comprende il Brasile, la Russia, l’India, la Cina e il Sudafrica, stanno esplorando la possibilità di introdurre una nuova valuta condivisa, che potrebbe

CFOTO/FUTURE PUBLISHING/GETTY

In una fabbrica di materiali per l’assemblaggio di semiconduttori a Hai’an, Cina, 27 febbraio 2023

proteggerli dalle sanzioni occidentali. All’inizio del 2023 la Germania ha dichiarato che le sue maggiori “aziende, nei processi decisionali, devono tenere sufficientemente conto dei rischi geopolitici”. Le ha anche avvertite che se un giorno dovessero affrontare i costi associati a una crisi geopolitica, non potranno contare sul fatto che il governo le salverà. Il premier cinese Li Qiang ha risposto con un messaggio altrettanto netto in occasione di una visita in Germania, invitando le aziende a prendere da sole le decisioni sugli investimenti invece di seguire le indicazioni del loro governo.

Un paragone troppo facile È forte la tentazione di credere che tutto il declino sia cominciato con la vittoria di Donald Trump alle presidenziali statunitensi del 2016. Ma la spinta verso nuovi blocchi economici era già in atto. L’amministrazione di Barack Obama aveva avviato negoziati commerciali motivati dalla geopolitica con l’Unione europea e i paesi asiatici. La nuova via della seta lanciata dalla Cina, e che ha raggiunto l’Asia e l’Africa, ha avuto apertamente un peso geopolitico fin dall’inizio. Quello che probabilmente succederà è anche più complicato di quanto faccia

pensare il paragone spesso citato con la guerra fredda. La Cina ha ancora un ruolo dominante in molte catene di approvvigionamento e in futuro anche le nuove fabbriche probabilmente avranno bisogno del paese asiatico. Secondo un’analisi del Rhodium group, anche se le aziende diversificano gli investimenti e gli scambi allontanandosi da Pechino, grandi spostamenti verso paesi alternativi possono comportare solo un ridimensionamento minimo della Cina. Inoltre, molte economie emergenti che hanno rapporti con il governo cinese desiderano ancora attirare investimenti dall’occidente, aggiunge Obstfeld. Non vogliono essere costrette a scegliere. Il gruppo dei Brics potrebbe espandersi, ma è un blocco tuttora lacerato dalle rivalità geopolitiche, come ha dimostrato la decisione del presidente cinese Xi Jinping di non andare all’ultimo vertice del G20 in India. La stessa costruzione delle alleanze di Pechino mostra altre crepe. L’Italia ha dichiarato di voler uscire dall’accordo sulla nuova via della seta. Pochi giorni dopo l’India e l’Arabia Saudita hanno aderito al progetto degli Stati Uniti e dell’Unione europea di costruire legami commerciali tra l’Asia meridionale, il Medio Oriente e l’Europa. L’econo-

mista Jim O’Neill, che nel 2001 coniò il termine Bric, definisce la divisione in blocchi irrealistica e “inventata da politici e idealisti. Anche i paesi che hanno più esperienza e successo nelle esportazioni, come la Germania e la Corea del Sud, sono molto attenti a non legarsi troppo a uno dei due schieramenti”. Eppure è difficile ignorare i dati. Le aziende scommettono sulla geopolitica. La quota cinese nelle esportazioni asiatiche sta perdendo terreno al ritmo più veloce degli ultimi due decenni, anche perché il commercio si sta diversificando, spiegano gli economisti della banca Nomura in un rapporto uscito a settembre. Il “paesaggio geopolitico frammentato”, che il presidente della BlackRock, Larry Fink, ha definito una nuova forza “strutturale” decisiva per i profitti del suo fondo, è destinato a durare. E anche gli amministratori delegati si stanno preparando per il nuovo mondo. Nella sua riunione di luglio con gli investitori della Tesla, Elon Musk ha suggerito la sua soluzione all’ascesa della geopolitica: “La cosa migliore che possiamo fare è avere fabbriche in molte zone del pianeta”, ha detto. “Se le cose si mettono male in una zona, possiamo comunque andare avanti nelle altre”.u bt Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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In copertina

ADRIANA ZEHBRAUSKAS (THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO)

I lavori per la fabbrica di semiconduttori della Tsmc. Phoenix, Stati Uniti, 20 settembre 2023

Un momento critico per il commercio globale Barry Eichengreen, Prospect, Regno Unito L’economia mondiale ha superato molte crisi dal crollo del 2008 alla pandemia. Ma la geopolitica è la sfida più difficile a globalizzazione è stata dichiarata morta moltissime volte. Ma nonostante tensioni e difficoltà, il sistema globale di produzione, commercio e finanza è rimasto in piedi. La globalizzazione è sopravvissuta alla crisi finanziaria del 2008, alla Brexit, a quattro anni di presidenza di Donald Trump e anche al covid-19, smentendo chi diceva che il virus avrebbe fermato le catene di approvvigionamento mondiali. Si sarebbe tentati di concludere che la globalizzazione sia semplicemente troppo radicata nella società contemporanea

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perché si possa tornare indietro. Multinazionali come la Apple, che progettano i prodotti in California e li fanno costruire in Asia, ricavano enormi profitti dalla possibilità di assumere talenti, procurarsi materie prime e organizzare le attività di assemblaggio in vari paesi. Ma tutto questo è vero anche per le piccole imprese e il settore dei servizi. Di recente il Wall Street Journal ha parlato della Scottytest, un’azienda statunitense di indumenti da viaggio che prima ha cominciato con una ventina di impiegati nella sua sede di Ketchum, in Idaho, e ora, grazie a internet, ha stilisti in Ucraina, operatori del servizio clienti in Albania e addetti alle vendite in India. Anche se la Brexit impedisce ai coltivatori britannici di impiegare manodopera dell’Europa dell’est, per raccogliere la frutta servono comunque braccianti stra-

nieri, che vengono fatti arrivare dal Sudafrica e dall’Indonesia. Ed è vero che le carenze di container per le spedizioni e la chiusura dei porti a causa del covid-19 avevano interrotto la fornitura dei prodotti dall’estero, ma questo ha solo confermato quanto i consumi quotidiani dipendano ormai dalle merci importate. Aziende e consumatori sanno che la globalizzazione è un aspetto indispensabile del mondo contemporaneo. Tutto fa pensare che protesterebbero duramente – e con successo – contro i tentativi di riportare indietro le lancette dell’orologio. Almeno questa è la teoria, perché le attuali minacce alla globalizzazione sono più gravi e diverse da quelle sventate in passato. Con il senno di poi, possiamo dire che l’epoca d’oro della globalizzazione sono stati i due decenni tra la fine del novecento e l’inizio degli anni duemila, culminati con lo scoppio della crisi finanziaria del 2008. In quei vent’anni le esportazioni e le importazioni mondiali sono aumentate più del pil globale, trainate dalla rapida crescita della Cina e dalla sua integrazione – insieme ad altri mercati emergenti – nel sistema del commercio e della finanza internazionali. Una fetta sempre maggiore di questo commercio aveva riguardato i

ricambi e la componentistica, settori in cui le innovazioni nel trasporto (i container) e nelle comunicazioni (internet) avevano favorito la disaggregazione e la distribuzione internazionale dei processi di produzione. Negli stessi anni anche i flussi finanziari attraverso le frontiere erano cresciuti più del pil globale. Negli ultimi quindici anni, al contrario, il commercio internazionale e i flussi di capitale sono cresciuti allo stesso ritmo del pil. Oggi le esportazioni sommate alle importazioni mondiali sono pari al 50 per cento del pil globale, come prima della crisi del 2008. Anche le attività finanziarie internazionali sono tornate ai livelli precedenti la crisi. Forse la globalizzazione non è finita, ma l’epoca della “iperglobalizzazione” è evidentemente passata. Cos’è cambiato? E dove sta andando l’economia globale? Come spesso succede, ci sono più fattori in gioco. Negli ultimi anni la crescita economica a due cifre della Cina ha rallentato, insieme al contributo cinese allo sviluppo del commercio e degli investimenti internazionali. In risposta alla crisi finanziaria globale, le banche hanno ridotto i livelli d’indebitamento, mentre la regolamentazione del settore bancario è diventata più severa, frenando il tasso d’espansione vertiginoso dei prestiti interbancari internazionali.

In tre parole Ma se dovessimo riassumere in tre parole le difficoltà della globalizzazione negli ultimi quindici anni, potremmo usare queste: ascesa del populismo. Una serie di crisi e il modo in cui i governi l’hanno gestita hanno alimentato un crescente malcontento popolare verso il sistema economico globale. Durante la crisi finanziaria del 2008 Wall street (la grande finanza) è stata salvata, ma Main street (la gente comune) no. Come raccontano Daron Acemoglu e Simon Johnson nel loro ultimo libro, Power and progress, nell’autunno 2008 la compagnia assicurativa statunitense Aig aveva incassato 182 miliardi di dollari di aiuti dalla Casa Bianca per evitare il fallimento, ma questo non le impedì di pagare mezzo miliardo di dollari di bonus ai suoi dirigenti, alcuni dei quali erano stati tra i responsabili dei problemi dell’azienda. Nove società finanziarie, tra le principali beneficiarie dei fondi di salvataggio, pagarono ai dipendenti bonus per più di un milione di dollari. I lavoratori licenziati in seguito alla recessione non ebbero sostegni altrettanto generosi. Un contraccolpo era prevedibi-

le. A sinistra nel 2011 si materializzò la campagna Occupy Wall street e poi il movimento globale Occupy, guidato da giovani che denunciavano la disuguaglianza, la finanza globale e l’influenza politica sproporzionata dell’1 per cento più ricco della popolazione. Occupy è stato un movimento politico importante – anche se un po’ vago e confuso – ma non ha abbattuto la globalizzazione finanziaria. Alcuni politici di sinistra, non insensibili a quel messaggio di Occupy, si erano già attivati per combattere gli eccessi della globalizzazione finanziaria. Negli Stati Uniti Barney Frank ed Elizabeth Warren promossero leggi per tutelare i consumatori, aumentare i controlli sulla finanza e limitare i futuri salvataggi

Il sistema politico ha preso nota dei disagi che Trump cercava di sfruttare bancari. Nel 2012 il Regno Unito adottò il Financial service act, che istituì nuove autorità di vigilanza, la Financial conduct authority e la Prudential regulation authority, oltre ad aumentare i poteri di vigilanza della Banca d’Inghilterra, per sorvegliare meglio le principali istituzioni finanziarie. La Banca centrale europea decise di limitare drasticamente i flussi internazionali. Gli esperti del Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria elaborarono nuove regole sulla quantità di capitale che le banche devono avere a disposizione. Forse si può discutere dei limiti di queste riforme, ma in qualche modo hanno rappresentato una risposta al malcontento popolare. Poi nel 2016 ci sono state la Brexit e l’elezione di Donald Trump, due tipiche manifestazioni di populismo. Trump ha sfruttato il risentimento contro le élite e la xenofobia (la classe politica e finanziaria e l’immigrazione sono due classici bersagli della furia populista). In campagna elettorale disse che la globalizzazione, insieme al deep state, era il problema principale degli Stati Uniti: il sistema globale degli scambi penalizzava le imprese statunitensi; l’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) trattava “malissimo” il paese; l’immigrazione minacciava la prosperità e lo stile di vita degli statunitensi. La sua risposta, una volta eletto presidente, furono i dazi alle importazioni dalla Cina,

dall’Europa e dal Canada. Trump minacciò di uscire dalla Wto e bloccò le nomine dei suoi vertici, uscì dall’accordo commerciale Trans-pacific partnership (Tpp), riscrisse il North american free trade agreement (Nafta) e cominciò a costruire un “grande, bellissimo muro” lungo la frontiera meridionale con il Messico. Neanche lui, però, è riuscito a invertire il corso della globalizzazione. Le élite bancarie e imprenditoriali, consapevoli dei vantaggi di un’economia globalizzata (soprattutto per loro), si sono opposte alle minacce di uscire dalla Wto e ai dazi più clamorosi. La Silicon valley, che poggia su un numero consistente di imprenditori e ingegneri stranieri, era contraria alle restrizione delle leggi sull’immigrazione. Tutto questo dimostra che la globalizzazione è ormai profondamente radicata.

Prospettive di occupazione Intanto il sistema politico ha preso nota dei disagi che Trump cercava di sfruttare. Riconoscendo il cosiddetto China shock – il fatto che l’aumento delle importazioni da economie come quella cinese ha un impatto sproporzionato sulle prospettive di occupazione dei lavoratori in alcune zone del paese – l’amministrazione democratica di Joe Biden ha confermato i dazi nei confronti di Pechino. Per contrastare la disuguaglianza, ha appoggiato (con esiti alterni) l’innalzamento del salario minimo, la cancellazione dei debiti degli studenti e l’aumento delle tasse per i cittadini più ricchi. Ha deciso sussidi e agevolazioni fiscali per le imprese che riportano negli Stati Uniti posti di lavoro nell’industria. Le sue proposte di riforma dell’immigrazione, per la verità, si sono arenate al congresso. Tuttavia, il senso complessivo di queste misure è stato scongiurare gli eccessi della globalizzazione e risarcire gli sconfitti. È stato il segnale che la politica li ascoltava. Lo scopo dichiarato della Brexit, invece, era “riprendere il controllo”, strappandolo dalle mani dei burocrati senza volto di Bruxelles, bestia nera dei critici britannici della globalizzazione. La Brexit è stata una risposta all’impossibilità del Regno Unito di disciplinare l’immigrazione a suo piacimento – su base economica e identitaria – finché il paese fosse rimasto nel mercato unico europeo. Ma è stata anche una risposta al China shock: studi come quello di Italo Colantone e Piero Stanig, dell’American Political Science Review, mostrano che il sostegno all’uscita dall’UInternazionale 1531 | 29 settembre 2023

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In copertina nione europea era maggiore nelle regioni più colpite dalla concorrenza cinese. La Brexit non ha migliorato le prospettive economiche britanniche né ha scalfito la globalizzazione. I suoi sostenitori affermavano che il Regno Unito avrebbe rapidamente negoziato una serie di accordi bilaterali di libero scambio con decine di paesi. Stiamo ancora aspettando. La Brexit non ha nemmeno danneggiato la dimensione europea della globalizzazione, dato che le evidenti difficoltà del Regno Unito non hanno incoraggiato gli altri paesi a seguire il suo esempio. E non ha fatto diminuire l’immigrazione, che nel 2022 ha raggiunto il suo massimo storico: ha solo cambiato il paese d’origine degli immigrati; la domanda di medici e infermieri stranieri, oltre che dei raccoglitori di frutta, non è diminuita. Il covid-19 avrebbe potuto danneggiare seriamente la globalizzazione, con le frontiere chiuse, le navi da carico ammassate davanti al porto di Long Beach, negli Stati Uniti, e le aziende alle prese con la fragilità delle catene di approvvigionamento globali. Avrebbe potuto esacerbare le relazioni tra gli Stati Uniti e la Cina e alimentare la xenofobia, tra voci di virus sfuggiti da un laboratorio e di infezioni trasportate in aereo dall’estero. In un contesto del genere c’era il forte rischio di una nuova, potenzialmente fatale, offensiva populista alla globalizzazione. Alla fine, però, le cose sono andate diversamente. I governi hanno assicurato un sostegno senza precedenti alle fasce di popolazione più minacciate dalla pandemia e il rischio di un contraccolpo è stato contenuto. I settori della globalizzazione più colpiti dalla pandemia si sono ripresi. Il turismo internazionale è tornato attivo grazie ai vaccini e all’immunità naturale. Il Global supply chain pressure index della Federal reserve bank di New York (uno dei dodici istituti regionali della banca centrale statunitense), che misura soprattutto i costi del trasporto merci marittimo e aereo, è tornato sotto i livelli precedenti al 2020, confermando l’impressionante adattabilità della logistica globale. È l’ennesima prova del fatto che sul piano strettamente economico la globalizzazione presenta vantaggi enormi. Tuttavia questo fenomeno non riguarda solo l’economia, ma anche la sicurezza, nazionale e internazionale. E qui sta la minaccia più reale e concreta. Gli Stati Uniti stanno assumendo una posizione più aggressiva sul commercio di tecnologie avanzate con la Cina. In parte, questo riflette il deside-

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rio di ostacolare l’ascesa economica del paese asiatico e di proteggere i posti di lavoro negli Stati Uniti. Ma l’obiettivo principale di queste misure è rallentare l’acquisizione e lo sviluppo cinese di tecnologie da usare per scopi militari e civili, che garantirebbero a Pechino vantaggi nello spionaggio e nel settore della difesa. Per questo nel 2022 Washington ha vietato la vendita e l’importazione di una serie di nuovi dispositivi di comunicazione prodotti dalle aziende cinesi Huawei e Zte, temendo l’intrusione di Pechino nelle telecomunicazioni statunitensi. La Casa Bianca ha imposto restrizioni sui sistemi di videosorveglianza e radio sviluppati dalle aziende cinesi Hikvision, Dahua e Hytera, specificando che l’importazione e

Gli Stati Uniti hanno tagliato le vendite ai produttori cinesi di microprocessori la vendita di questi sistemi potrebbe essere approvata solo se si dimostrasse il loro uso per scopi diversi da quelli legati alla sicurezza nazionale. Poi, all’inizio del 2023, l’amministrazione Biden ha bloccato l’approvazione della maggior parte delle licenze che consentono alle aziende statunitensi di vendere i loro prodotti alla Huawei. Trump aveva già aggiunto il gruppo cinese alla lista nera del commercio, ma Washington aveva continuato a concedere licenze a singole aziende statunitensi, come la Qualcomm e la Intel, a condizione che le loro esportazioni non fossero collegate alla tecnologia 5g. Gli Stati Uniti hanno inoltre ridimensionato le vendite ai gruppi industriali cinesi specializzati nella produzione di microprocessori e semiconduttori avanzati usati in ogni tipo di tecnologia, dall’intelligenza artificiale alle armi ipersoniche. Ad agosto, infine, Biden ha emesso un ordine esecutivo che riduce gli investimenti statunitensi in Cina in settori dell’alta tecnologia, come la microelettronica e i computer quantistici. Pechino ha risposto mettendo al bando due aziende statunitensi dell’aerospazio e della difesa, che ora non possono vendere, comprare o investire in Cina, limitando le esportazioni sul gallio e il germanio, due metalli molto usati nei semiconduttori e nei veicoli elettrici, e annun-

ciando un provvedimento simile sulle esportazioni delle terre rare. Insomma, sono stati colpiti i tre filoni principali della globalizzazione che legano Stati Uniti e Cina: il commercio, gli investimenti e le migrazioni. La Casa Bianca, inoltre, consapevole che in un mondo globalizzato le misure unilaterali sono inefficaci, ha cercato il sostegno di altri paesi. Washington ha fatto valere la cosiddetta regola del “prodotto diretto estero”, vietando alle aziende di altri paesi di vendere alla Huawei qualsiasi merce che faccia uso di tecnologie statunitensi. Le associazioni europee del settore tecnologico si sono opposte, ma non hanno potuto fare molto. Gli Stati Uniti hanno invitato il governo olandese a bloccare la vendita di macchine avanzate per la progettazione dei microprocessori prodotte dall’Asml, l’unica azienda al mondo oggi in possesso di questa tecnologia. Gli olandesi hanno risposto ricordando agli Stati Uniti che la politica commerciale europea è decisa a livello dell’Unione europea. A marzo, però, hanno ceduto alle pressioni statunitensi.

Due questioni Come Washington, c’è da aspettarsi che Pechino faccia lo stesso con i paesi della sua sfera d’influenza. Il futuro della globalizzazione ruota intorno a due interrogativi. Ecco il primo: due potenze rivali come gli Stati Uniti e la Cina possono limitare il commercio, gli investimenti e il trasferimento di conoscenze su prodotti e processi con implicazioni militari e di sicurezza nazionale e continuare a fare affari su tutto il resto? Oppure le tensioni si allargheranno con ricadute negative sui rapporti tra i due paesi? Nonostante le tensioni, gli Stati Uniti restano uno dei più importanti partner commerciali della Cina, e viceversa. La segretaria al tesoro statunitense Janet Yellen ha assicurato che le restrizioni resteranno “mirate” e che “non ci saranno controlli ad ampio raggio in grado di pregiudicare gli investimenti statunitensi in Cina”. L’obiettivo è “diversificare”, non “disaccoppiare” (rendersi indipendenti). Ma il concetto stesso di sicurezza nazionale, o almeno il suo campo di applicazione, è piuttosto fluido. I veicoli elettrici con computer di bordo che ricevono aggiornamenti software online e sono costruiti grazie a tecnologie straniere costituiscono un rischio di sicurezza nazionale se, per esempio, i movimenti dei passeggeri sono tracciati?

JADE GAO (AFP/GETTY)

Nel campus aziendale della Huawei di Dongguan, Cina, 9 luglio 2022

Allo stesso modo, la distinzione tra diversificazione e disaccoppiamento è una questione di punti di vista. Nel 2022 gli investimenti diretti esteri statunitensi in Cina hanno toccato il minimo da vent’anni. Dal 2021 al 2022 gli investimenti statunitensi in capitale di rischio in Cina sono scesi del 75 per cento. Più disaccoppiati di così è difficile. Nei primi cinque mesi del 2023 le importazioni statunitensi di merci dalla Cina erano in calo del 24 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il Messico ha superato la Cina come primo partner commerciale degli Stati Uniti. Aziende statunitensi come la Hp e la Apple stanno spostando la produzione dalla Cina ad altri mercati emergenti. Certo, è difficile stabilire quanto queste tendenze siano il frutto delle tensioni geopolitiche e quanto dell’aumento dei costi, del rallentamento della crescita e della repressione politica in Cina. Ma senza dubbio le tensioni geopolitiche che fanno prevedere possibili ulteriori restrizioni al commercio e agli investimenti bilaterali sono uno dei fattori decisivi. Il secondo interrogativo è se gli altri governi saranno costretti a fare una scelta di campo o potranno continuare a fare affari con gli Stati Uniti e la Cina. Paesi come

la Germania, solidi alleati di Washington ma fortemente dipendenti dal mercato cinese, vorrebbero entrambe le cose. La strategia per le relazioni con la Cina pubblicata dal governo tedesco in estate definisce il paese asiatico un “rivale sistemico”, ma sottolinea la necessità di mantenere gli scambi bilaterali e nega qualsiasi intenzione di “impedire il progresso e lo sviluppo economico della Cina”. Il caso dell’Asml e il piegarsi del governo olandese alle pressioni statunitensi, tuttavia, è un segnale del fatto che avere entrambe le cose non sarà facile. Gli Stati Uniti continuano a sollecitare gli alleati europei e asiatici a limitare gli investimenti in Cina. Se le tensioni tra Washington e Pechino dovessero intensificarsi, gli altri paesi sarebbero costretti ad allearsi con una delle due potenze e a bloccare il commercio, gli investimenti e il trasferimento di tecnologie con l’altra. Certamente una guerra con Taiwan avrebbe questo effetto, con implicazioni devastanti non solo per la globalizzazione. Ma possiamo anche immaginare conflitti più limitati – accuse di spionaggio, lo sviluppo di strutture di addestramento militare cinesi a Cuba – che, seppur meno drammatici, spingerebbero nella stessa

direzione, minando alla base la globalizzazione per come l’abbiamo conosciuta. I paesi hanno dimostrato di saper affrontare crisi finanziarie, emergenze sanitarie ed eruzioni populiste. Hanno dimostrato di saper mettere un freno alla globalizzazione finanziaria lasciata a briglia sciolta. Hanno immunizzato le loro popolazioni – economicamente e politicamente, oltre che dal punto di vista sanitario – da un virus che si è diffuso grazie all’interdipendenza globale. Hanno saputo riconoscere, sia pure in ritardo, che la globalizzazione non è una marea che solleva automaticamente tutte le barche e che la sua sostenibilità si fonda su una serie di misure in grado di risarcire gli sconfitti. Quello che non hanno ancora dimostrato è che la globalizzazione sia compatibile con la rivalità geopolitica e il rischio geostrategico. Gli Stati Uniti e la Cina, in particolare, dovranno elaborare una strategia per disinnescare questo rischio. u fsa L’AUTORE

Barry Eichengreen è un economista statunitense. Insegna economia e scienze politiche all’Università della California, Berkeley, negli Stati Uniti. Il suo ultimo libro è The populist temptation (Oxford 2023).

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Tecnologia

Santiago boys Evgeny Morozov, The New Statesman, Regno Unito

l 1 agosto 1973 a Lima, in Perù, si tenne un vertice diplomatico all’apparenza banale. In realtà non c’era nulla di banale nel suo programma rivoluzionario: i partecipanti – per lo più diplomatici di alto livello provenienti dalla Bolivia, dal Cile, dalla Colombia, dall’Ecuador e dal Perù – aspiravano a creare un ordine tecnologico mondiale più giusto, che avrebbe potuto scongiurare la nascita della Silicon valley e quindi dei colossi della tecnologia. Un primo passo, pensavano, era unire le forze e studiare come ridurre l’influenza sempre maggiore delle grandi multinazionali. Era una questione urgente in particolare nel campo delle tecnologie avanzate, messe a punto soprattutto negli Stati Uniti e in Europa occidentale. In America Latina queste tecnologie spesso dovevano essere importate e a costi molto alti. Da uno studio è emerso che tra il 1962 e il 1968 il Cile aveva raddoppiato le spese per i servizi tecnologici, e le sue aziende nazionali pagavano perfino molti brevetti scaduti o inesistenti. Proprio per evitare ostacoli esterni così assurdi quattro anni prima i paesi riuniti in Perù avevano firmato il patto andino, un accordo di libero commercio regionale e di sinistra, che aveva l’obiettivo di agevolare la ricerca collettiva per l’industrializzazione e lo sviluppo economico. Con quel patto i cinque paesi avrebbero sommato il loro potere politico e cercato di evitare i costi stratosferici legati all’importazione di tecnologia straniera. L’accordo incoraggiava anche progetti

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comuni di ricerca e sviluppo per realizzare alternative interne. Orlando Letelier, all’epoca ministro degli affari esteri del presidente socialista Salvador Allende, guidava la delegazione cilena. Il suo discorso fece eco agli aspetti più di sinistra del programma tecnologico di Allende, osservando che “viviamo in un mondo dove il concetto di proprietà del diritto romano, quando è applicato alla tecnologia, incoraggia lo sfruttamento”. Letelier puntò il dito contro la crescente dipendenza tecnologica della regione: “Oggi cinquecento multinazionali controllano il 90 per cento della tecnologia produttiva del mondo”, disse. Per limitare queste disparità, Letelier sosteneva che bisognava creare una nuova istituzione internazionale. Questa avrebbe facilitato l’accesso dei paesi in via di sviluppo ai benefici della tecnologia e della ricerca avanzata, brevetti compresi, con modalità simili a quelle seguite dal Fondo monetario internazionale (Fmi) per concedere accesso al capitale finanziario. Il Fondo tecnologico internazionale avrebbe dovuto adottare un atteggiamento meno prescrittivo dell’Fmi ed essere meno subordinato agli Stati Uniti. Era un piano per un ordine tecnologico mondiale alternativo, basato su un’intuizione che oggi la maggior parte degli analisti tecnologici ha perso di vista: cioè che l’arretratezza tecnologica di un paese è spesso la conseguenza di fattori geopolitici e geoeconomici di vecchia data, e quasi mai della rigidità burocratica o della mancanza di

CHRISTIAN CREIXELL (ALAMY)

Una delle eredità più importanti del presidente cileno Salvador Allende, vittima del golpe militare del 1973, fu il tentativo di rendere più democratica la tecnologia, scrive Evgeny Morozov

La sala operativa del Cybersyn ricreata nel palazzo della Moneda a Santiago del Cile, 8 settembre 2023

una cultura dell’innovazione. Questo perché il successo nel gioco tecnologico globale è associato al potere e alla sovranità di un paese, non alla sua inventiva e apertura a nuove idee. Nel sistema immaginato da Letelier e Allende, tutti i paesi, anche quelli oggi indicati come sud del mondo, alla fine sarebbero stati in grado di sviluppare il loro arsenale industriale e tecnologico. Questa strategia gli avrebbe evitato di rivolgersi alle multinazionali – pensate al cloud o all’intelligenza artificiale – spezzando il ciclo della dipendenza tecnologica ed economica.

Una lotta dimenticata Ma quell’intuizione non si realizzò mai. Poche settimane dopo il vertice di Lima, l’11 settembre 1973, il governo di Allende fu rovesciato da un golpe che instaurò la crudele dittatura del generale Augusto Pinochet. Orlando Letelier passò i dodici mesi seguenti nei centri di detenzione insieme a molti altri esponenti dell’amministrazione Allende. Quando alla fine fu rilasciato e andò in esilio negli Stati Uniti, si dedicò a combattere Pinochet. Diventò un critico feroce degli economisti neoliberisti che all’epoca erano consulenti della dittatura cilena, i cosiddetti Chicago boys. Un mese dopo la pubblicazione su The Nation del suo maggiore attacco a Milton Friedman e ai suoi seguaci – un saggio che mostrava il fallimento delle loro soluzioni per i problemi economici del Cile – Letelier fece una fine tragica: la sua auto saltò in aria a Washington per ordine diretto del regime di Pinochet. Un mese dopo il Cile si ritirò dal patto andino. Era la fine della lotta ambiziosa, e completamente dimenticata, del paese sudamericano per sottrarre le tecnologie al monopolio delle grandi aziende e dei grandi capitali. Quest’anno, nel cinquantesimo anniversario del golpe di Pinochet, siamo tentati di vedere Allende come una figura tragica ma sventurata, che passò gran parte della sua breve presidenza a respingere le iniziative per rovesciarlo. È vero che l’ambizioso programma elettorale della coalizione di Unidad popular passò in secondo piano rispetto agli sforzi del governo per sopravvivere all’assalto della Cia, delle multinazionali, degli oligarchi cileni e di vari movimenti terroristici di estrema destra. Ma nonostante tutti i proInternazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Tecnologia blemi e le crisi, furono molte le iniziative radicali, utopiche e perfino surreali che riescono a ispirarci ancora oggi. Sorprende che molte avessero a che fare con la tecnologia. La spinta di Letelier per creare l’equivalente tecnologico dell’Fmi è solo un esempio tra molti. Tutte quelle iniziative avevano in comune una lettura della tecnologia attraverso la lente della geopolitica e dell’economia alternativa, che fu distrutta dalla trasformazione neoliberista seguita al colpo di stato. Se Pinochet sposò la scuola economica di Chicago, il governo di Allende beneficiò di quella che potremmo chiamare la scuola tecnologica di Santiago. E oggi che riflettiamo su un futuro post-neoliberista, sgomberato dall’influenza dei Chicago boys, abbiamo molto da imparare dai Santiago boys, più umili ma più saggi. La scuola di Santiago deve la sua esistenza al fatto che la Commissione economica dell’Onu per l’America Latina e i Caraibi (Cepal) ha il suo quartier generale nella capitale cilena. Nei primi decenni dopo la sua fondazione, nel 1948, l’istituzione sfidò la visione dominante del libero mercato – e del ruolo della tecnologia al suo interno – sostenuta dagli economisti di Chicago e del Massachusetts institute of technology (Mit). Immaginate una nazione più ricca che vende auto a un paese più povero il quale, a sua volta, vende in cambio banane. Secondo quella visione quando entrambi si specializzano e introducono delle innovazioni tecnologiche, i prezzi dei due prodotti scendono. E tutti sono contenti: il progresso avanza.

Volanti e banane Gli economisti della Cepal non erano d’accordo con queste previsioni ottimistiche. Sostenevano che con il tempo i paesi sviluppati escono più forti da questi scambi. In primo luogo, perché l’innovazione tecnologica favorisce i produttori di auto più dei coltivatori di banane: non si possono fabbricare frutti tropicali con una stampante 3d. In secondo luogo, perché i paesi ricchi che di norma producono merci più avanzate hanno sindacati forti. E questi, per difendere gli interessi dei lavoratori, impediscono ai prezzi delle auto di ridimensionarsi con la stessa rapidità di quelli delle banane. In un mondo con una tecnologia sempre più avanzata, sostenevano gli economisti della Cepal, il libero mercato favori-

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Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

sce i ricchi e i potenti: ci vorrà una quantità sempre più grande di banane latinoamericane per pagare una singola auto europea. Per citare l’ex presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso, che all’epoca era un semplice studioso, la mano invisibile del mercato somiglia a quella della matrigna cattiva: invece di correggere le disuguaglianze, le aggrava. Da qui nasceva il dissenso della scuola di Santiago e della Cepal con le idee degli economisti di Chicago: invece di adottare il libero scambio ed eliminare le tariffe, i paesi in via di sviluppo dovrebbero usare il mercato e la politica industriale per produrre internamente una parte delle merci che importano. Forse non tutta l’automobile, ma almeno i volanti e gli pneumatici. Questa politica, nota come sostituzione delle importazioni, ottenne in fretta l’appoggio dei governi riformisti di tutta l’America Latina. Con ogni probabilità fu l’idea migliore degli anni cinquanta. Ma dopo un decennio alcuni economisti e sociologi di stanza a Santiago – molti, come Cardoso, erano brasiliani fuggiti dal paese

Oggi abbiamo molto da imparare dai Santiago boys, più umili ma più saggi dopo il golpe militare del 1964 – cominciarono a vederne i limiti. Tanto per cominciare non si possono fabbricare volanti come si coltivano banane: occorrono macchinari costosi e quel tipo di conoscenze e competenze protette dalle leggi sulla proprietà intellettuale. Se un paese si limita a importarle dagli Stati Uniti e dall’Europa occidentale, nella speranza di “industrializzarsi” e di costruire imprese avanzate, rischia di diventare ancora più dipendente dalle economie sviluppate e dalle multinazionali. Questa radicalizzazione del programma iniziale della Cepal diventò nota come teoria della dipendenza e conquistò Santiago. Non poteva essere altrimenti: tra il 1960 e il 1970 la città cilena fu un rifugio per molti intellettuali di sinistra europei e latinoamericani, al punto da essere chiamata “capitale della sinistra”. Con i suoi difetti e le sue incongruenze, la teoria della dipendenza individuò giustamente nella tecnologia l’ultima frontiera del potere e dell’accumulazione,

addirittura più di un decennio prima della nascita della Apple. Come scrisse a metà degli anni sessanta Andre Gunder Frank, un economista tedesco che si era formato a Chicago e disertò la scuola neoliberista per insegnare in Brasile e poi in Cile, “la tecnologia statunitense sta diventando la nuova fonte del potere monopolistico e la nuova base del colonialismo economico e del neocolonialismo politico”. Era come se stesse parlando del calcolo quantistico, del 5g o dell’intelligenza artificiale.

Le nostre soluzioni Per la scuola di Santiago era fondamentale lottare per la sovranità tecnologica se si voleva ottenere una significativa sovranità economica, e quindi lo sviluppo del paese. Senza una propria base tecnologica e scientifica, una nazione che montava auto non era meno dipendente di una che coltivava frutta tropicale. Per usare le parole dell’antropologo brasiliano Darcy Ribeiro – un amico di Allende e componente della scuola di Santiago – non c’è tanta differenza tra una repubblica delle banane e una repubblica delle Volkswagen. La posizione della scuola di Santiago sulla tecnologia sembrava così radicale perché minava la rosea narrazione ortodossa fornita dalla teoria della modernizzazione, che tanto influenzò la posizione di Washington nella guerra fredda. Dai loro posti all’Mit, a Stanford e alla Rand corporation, i teorici della modernizzazione sostenevano che il progresso tecnologico ed economico andassero di pari passo. Se i paesi riuscivano ad arrivare a un punto di “decollo” – prendendo in prestito le soluzioni che avevano funzionato negli Stati Uniti o in Europa occidentale – la loro traiettoria di sviluppo era assicurata. La scuola di Santiago non era d’accordo, perché vedeva nel controllo straniero sulla tecnologia un collo di bottiglia insormontabile sulla strada verso lo sviluppo. Difendeva la necessità per un paese di costruirsi la sua capacità tecnologica. Come una volta disse Allende, “abbiamo diritto alle nostre soluzioni”. Ma non era solo una questione di commercio e politica industriale, come aveva sostenuto la Cepal per decenni. Implicava anche scontri con le multinazionali che ostacolavano il progresso tecnologico; la radicalizzazione di tecnici e scienziati che spesso si nascondevano dietro la “neutralità” della scienza; e la sperimentazione di nuovi strumenti informatici di pianificazione e gestione, per mostrare che la burocrazia può

BETTMANN/GETTY

Salvador Allende all’assemblea generale delle Nazioni Unite. New York, Stati Uniti, 4 dicembre 1972

essere altrettanto efficace del mercato nel gestire l’economia. Il Cile fu naturalmente il principale terreno di prova per le ricette politiche della scuola di Santiago. Circa un anno prima che Allende arrivasse al potere, il paese aveva creato un’agenzia governativa chiamata Istituto per la ricerca tecnologica (Intec), che aveva il compito di fornire alle aziende e ai ministeri competenze tecnologiche nazionali in modo da ridurre la dipendenza del Cile dall’estero rafforzando al tempo stesso le capacità locali. Invece di aiutare a ridurre il settore pubblico e renderlo più orientato al mercato, come dicevano i laburisti, usava le conoscenze di progettisti, scienziati e tecnici per favorire lo sviluppo del paese. L’Intec era ospitato in una più ampia istituzione dello stato cileno, la Corporazione statale per lo sviluppo (Corfo), creata nel 1939 per mobilitare i capitali interni ed esteri necessari allo sviluppo di nuove e importanti industrie, come le acciaierie, fondamentali per gli sforzi di industrializzazione del Cile. La Corfo condivideva in parte il programma della scuola di Santiago, ma era legata anche al capitale industriale cileno. Di conseguenza

diventò il bersaglio di frequenti attacchi della sinistra – e anche del giovane senatore Salvador Allende – che la giudicava non sufficientemente strategica, soprattutto se scorporava e privatizzava le industrie che aveva creato. Quando Allende arrivò al potere fu possibile radicalizzare la Corfo e usarla per accelerare la ricerca di una sovranità tecnologica cilena. La Corfo dell’era Allende lanciò l’azienda elettronica nazionale, che aveva il compito di costruire una fabbrica di semiconduttori nel nord del paese. Questo avrebbe permesso al Cile – un tempo semplice esportatore di rame e nitrati – di diventare un’economia tecnologicamente avanzata in grado di soddisfare le sue esigenze di sviluppo.

Sostenere lo scontro Se Allende avesse potuto realizzare le altre ricette politiche della scuola di Santiago, il Cile forse si sarebbe trasformato nella Corea del Sud o nella Taiwan dell’America Latina. Ma a differenza di questi paesi, il Cile di Allende non era uno stato autoritario di destra che soffocava i diritti dei lavoratori a favore dell’industrializzazione. Il golpe di Pinochet distrusse la pos-

sibilità di un’industrializzazione di sinistra e democratica in America Latina. Nella sua ricerca di sovranità tecnologica Allende non poteva limitarsi a mandare in giro i consulenti dell’Intec per razionalizzare la produzione. Doveva anche essere pronto a sostenere degli scontri, soprattutto perché alcune delle più importanti infrastrutture delle telecomunicazioni cilene, compresi i telefoni e i telex, erano nelle mani della multinazionale straniera che la scuola di Santiago considerava più dannosa per lo sviluppo del paese. Quell’azienda era l’Itt e nel 1970, quando Allende fu eletto, nella regione aveva una reputazione discutibile. Con radici a Puerto Rico e a Cuba, l’Itt in breve tempo si era affermata in territorio statunitense. Negli anni venti del novecento usò il legame dei suoi fondatori con Wall street per espandersi rapidamente in America Latina (il che aiutò moltissimo Washington a vincere la battaglia contro il Regno Unito per la supremazia globale nelle telecomunicazioni). All’inizio degli anni cinquanta, l’Itt era già sgradita a molti dei suoi clienti locali, che la accusavano di far pagare tariffe esorbitanti ma di investire poco per miInternazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Tecnologia gliorare le infrastrutture. Di conseguenza le economie locali stagnavano: lasciate alle forze del mercato, le telecomunicazioni diventarono un ostacolo alla crescita invece che un importante fattore di sviluppo. Un giovane Fidel Castro – allora aspirante avvocato – aveva perfino citato in giudizio la sussidiaria locale di Cuba. Il suo studio legale aveva vinto la causa, ma il dittatore del paese, Fulgencio Batista, ribaltò la decisione. In seguito l’Itt fu una delle prime aziende nazionalizzate da Castro nel 1960, un anno dopo la rivoluzione cubana che lo aveva portato al potere. L’audacia di Castro potrebbe aver ispirato Leonel Brizola, un governatore di sinistra del Brasile che nel 1962 aveva fatto lo stesso con le proprietà locali dell’Itt nel suo stato. Ma a quanto sembra non si voleva consentire a questi tecno-nazionalisti latinoamericani di fare quello che volevano. L’Itt mobilitò i suoi alleati a Washington e umiliò il Brasile costringendolo a pagare un prezzo considerevole per la nazionalizzazione, mentre Brizola e il cognato, l’allora presidente del paese João Goulart, furono descritti come comunisti schierati con i sovietici. Due anni dopo Goulart fu spodestato dai militari.

Andare avanti Niente di tutto questo scoraggiò Allende. Nella sua campagna per le elezioni presidenziali del 1970 promise di nazionalizzare l’azienda e di affidare ai tecnici, invece che ai manager, la responsabilità delle decisioni strategiche. L’Itt finanziò gli avversari politici di Allende in Cile per ostacolare la sua vittoria. E dopo la sua elezione continuò a cercare di destabilizzarlo, facendo pressioni su Washington affinché tagliasse i prestiti al Cile e sospendesse gli aiuti tecnici. Allende si limitò ad andare avanti e prese il controllo dell’azienda. Per gli standard di oggi, fu un colpo senza precedenti contro il potere dei colossi tecnologici. Da quel momento l’Itt, come centinaia di altre aziende strategiche nazionalizzate dal governo, sarebbe stata gestita dalla Corfo. E la sua missione sarebbe stata lo sviluppo del paese, non l’aumento esponenziale dei profitti. Più facile a dirsi che a farsi. Le fasi iniziali della rivoluzione di Allende furono così elettrizzanti che i lavoratori di molte aziende considerate non strategiche – compresa una fabbrica di caramelle – chiesero di passare sotto il controllo dello stato. Ben presto l’ambasciatore statuni-

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Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

tense, e non fu il solo, fece del suo meglio per privare Allende dei quadri che potevano guidare le aziende nazionalizzate. L’obiettivo fu perseguito diffondendo quelle che oggi chiamiamo fake news, cioè che il presidente cileno avrebbe chiuso le frontiere e impedito a dirigenti e tecnici di lasciare il paese. Quindi dovevano andarsene subito. La situazione spinse Allende a imbarcarsi in una sorprendente iniziativa che puntava a usare reti di computer e telex per affrontare la mancanza di personale qualificato: il Cybersyn. La sua storia è stata magistralmente approfondita da Eden Medina in Cybernetic revolutionaries (2011), ma è importante sottolineare i legami intellettuali e politici tra il Cybersyn e la scuola di Santiago. Innanzitutto, molti giovani economisti e tecnici di Allende aderivano alla teoria della dipendenza. Alcuni introdussero perfino corsi sullo sviluppo e la dipendenza nelle facoltà d’ingegneria delle loro università. Quando ottennero dei ruoli nel governo di Allende, questi giovani tecnocrati si circondarono di teo-

Il progresso tecnologico non è garanzia di progresso sociale ed economico rici della dipendenza brasiliani, all’epoca in esilio in Cile. In secondo luogo, il Cybersyn era un progetto nato dalla Corfo e ospitato all’Intec. Anche il progettista tedesco della sua sala operativa, un dipendente dell’Intec, era un sostenitore della teoria della dipendenza e nei suoi saggi citava Gunder Frank. Terzo, il Cybersyn aveva il compito di fornire il software per mettere in pratica quella teoria, come la nazionalizzazione dell’Itt, che finì dentro la Corfo. E proprio come la scuola di Chicago e il neoliberismo alla fine trovarono degli alleati nelle piattaforme della Silicon valley, la scuola di Santiago e la sua variante della teoria della dipendenza consapevole della forza della tecnologia fecero buon uso di software informatici socialisti, come il Cybersyn. Oggi per mettere in atto l’originale visione del mondo della scuola di Santiago servirebbe un software nuovo e migliore. Eppure gli elementi fondamentali di quell’approccio – l’idea che la tecnologia è geopolitica applicata con altri mezzi, che

il progresso tecnologico non è garanzia di progresso sociale ed economico e che è il potere a consentire ad alcuni paesi di innovare condannandone altri alla stagnazione – è ancora attuale nel nostro mondo dominato dalle grandi aziende tecnologiche. Allende non era un mago della tecnica. Commise errori grossolani e a un certo punto invitò perfino l’Itt a controllare se ci fossero cimici nel suo ufficio. Ma sotto la sua guida un piccolo paese latinoamericano seguì in modo sistematico una politica tecnologica geopoliticamente informata sfidando aziende grandi e potenti. Questa posizione coraggiosa rese ancora più tragica la sua scomparsa. Il golpe del 1973 non solo privò il Cile della sua preziosa democrazia, ma derubò anche tutti noi di un mondo in cui i paesi potevano affrontare aziende potenti, difendere la loro sovranità tecnologica e governare l’innovazione per costruire una società più uguale e giusta.

Il ragionamento di Galeano I problemi che il Cile aveva nel periodo precedente ad Allende diventarono i problemi del mondo intero o almeno del mondo esterno alla Silicon valley. Quello che lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano scrisse della regione nel suo libro del 1971, Le vene aperte dell’America Latina, suona vero ancora oggi: “L’America Latina è condannata a subire la tecnologia dei potenti, che attacca e sottrae le materie prime naturali, ed è incapace di creare una tecnologia per sostenere e difendere il suo sviluppo”. Oggi il ragionamento di Galeano vale per l’intero pianeta. Quello che abbiamo è un mondo guidato da poche decine di Itt, tutte legittimate dalla teoria secondo cui l’innovazione è una questione di idee e ideali, non di meri rapporti di potere e forza militare. Con tutti i suoi limiti, Allende sapeva che nel mondo reale l’innovazione era altro. Per questo, nonostante i suoi contributi al socialismo democratico, forse il suo lascito più grande è aver mobilitato la scuola di Santiago, mostrando a tutti la strada verso una tecnologia democratica. u gc L’AUTORE

Evgeny Morozov è un giornalista e scrittore bielorusso, esperto di tecnologia e internet. È autore del podcast The Santiago boys e sarà al festival di Internazionale a Ferrara il 29 settembre per parlare di intelligenza artificiale.

BADRU KATUMBA (AFP/GETTY) / CAMPAGNA DI LATTE CREATIVE

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Tanzania

Gli allievi africani di Xi Sebastian Stryhn Kjeldtoft, Politiken, Danimarca In Tanzania la Cina gestisce dei corsi di formazione per dirigenti di partito. In questo modo cerca di esportare il suo modello di governo autoritario stato un grande giorno per i 120 giovani politici africani. Dopo aver seguito un corso intensivo in una scuola per quadri di partito in Tanzania, hanno mandato una lettera di ringraziamento allo sponsor della scuola: il “compagno” Xi Jinping. Con loro grande sorpresa, il capo di stato cinese ha risposto. Xi è stato “lieto di sapere che il workshop è stato un successo”. Ha notato che gli studenti hanno “discusso argomenti importanti, come il tipo di sviluppo verso cui un partito di governo deve guidare il suo paese nella nuova era”. Ha chiesto ai giovani politici di tenere a mente la grande responsabilità e la missione che hanno. “La Cina e l’Africa appartengono a una società con un futuro comune, che condividerà prosperità e preoccupazioni. La speranza di un’amicizia duratura tra i popoli cinesi e africani poggia sulle giovani generazioni”, aveva scritto Xi in risposta, come riportato dall’agenzia di stampa governativa Xinhua. Alla scuola tanzaniana, la Mwalimu Julius Nyerere leadership school, la lettera, scritta nel 2022, è stata letta e riletta più volte. L’ultima è stata nel giugno 2023, quando un nuovo gruppo di reclute provenienti da sei paesi africani ha partecipato ai corsi di formazione. Hanno studiato le idee e le strategie del Partito comunista cinese. Il concetto di fondo è la fusione tra partito e stato, per cui il partito e l’apparato statale si sovrappongono, controllando la società nella sua interezza.

È

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Che la Cina cerchi di trasferire nel resto del mondo alcune forme del suo governo autoritario è una novità significativa secondo gli esperti internazionali intervistati da Politiken e dall’agenzia di stampa statunitense Axios, che hanno visitato la scuola. Questo sforzo contraddice alcune dichiarazioni fatte in passato da Xi, per cui la Cina non intendeva esportare il suo modello politico. Daniel Mattingly, esperto di politica cinese all’università statunitense di Yale, osserva: “Negli ambienti accademici finora si esitava a dire che la Cina stava provando a diffondere all’estero il suo autoritarismo. Perciò, è una novità rilevante che da questa scuola escano studenti convinti che serva ‘un modello di stato a partito unico, come il Partito comunista cinese’”. L’esistenza di questa scuola è particolarmente degna di nota anche da un punto di vista danese. Per cinquant’anni la Tanzania è stata “la migliore amica” africana della Danimarca, il paese a cui Copenaghen ha versato più aiuti allo sviluppo: almeno 1,8 milioni di euro, di cui una parte consistente doveva servire a rafforzare la democrazia. La Mwalimu Julius Nyerere leadership school si trova a Kibaha, a un’ora e mezza da Dar es Salaam. È frutto della collabora200 km

RUANDA

KENYA

BURUNDI

TA N Z A N I A Dodoma

Zanzibar Bagamoyo Kibaha

REP. DEM. CONGO

Dar es Salaam

ZAMBIA MALAWI

zione tra il Partito comunista cinese e sei formazioni politiche africane con una storia simile: tutte sono nate da movimenti che nel novecento lottarono per l’indipendenza dalle potenze coloniali e la ottennero. All’ingresso spicca una frase di Julius Nyerere, il padre fondatore della Tanzania. È un invito a decolonizzare la mente: “Imparare bene la storia significa superare i mali primitivi dell’imperialismo e del pensiero razzista”. I sei partiti africani hanno un’altra caratteristica in comune: arrivati al potere, non l’hanno più lasciato, anche se formalmente sono a capo di democrazie parlamentari. Oltre al partito al governo in Tanzania, Chama Cha Mapinduzi (Ccm), ci sono l’African national congress del Sudafrica, il Frelimo del Mozambico, l’Mpla dell’Angola, la Swapo della Namibia e lo Zanu-Pf dello Zimbabwe.

Rigore ideologico La scuola è stata finanziata e costruita dalla Cina, ed è costata circa 35,5 milioni di euro. È un edificio imponente, color marrone chiaro, con quasi trecento stanze, aule per le lezioni, sale riunioni, una lavanderia, una sala per i rinfreschi, campi da calcio e basket. Lo scorso giugno la struttura ha ospitato 160 politici e funzionari africani per un corso di dieci giorni. Alla cerimonia di apertura gli studenti ballavano con le uniformi colorate e cantavano inni politici, mentre i funzionari cinesi applaudivano e filmavano l’evento. Tra i partecipanti c’era Collin Ngujapeua della Swapo, dalla Namibia. È rimasto colpito dalla “purezza” ideologica e dal “rigore” dell’insegnamento, affidato a funzionari cinesi: “Io, Collin, non sono superiore al partito. Il partito è superiore a me. La disciplina è molto importante, specialmente tra i giovani”. Ngujapeua è coordinatore distrettuale a Okakarara, una cittadina di settemila

AMADEJA PLANKL (IMAGO/ALAMY)

La presidente tanzaniana Samia Suluhu Hassan e il leader cinese Xi Jinping. Pechino, Cina, 3 novembre 2022

abitanti. Vede il suo futuro in politica, nei ranghi della Swapo, che governa la Namibia dall’indipendenza, nel 1990. È affascinato dall’idea della fusione tra partito e stato, che dovrebbe cominciare dall’alto e arrivare “alla base”: “In Namibia questo non succede. La Swapo governa, ma non ha il controllo totale. Dobbiamo ripartire da capo e lavorare mano nella mano, partito e governo. È quello che fanno in Cina, dove il capo del partito e quello del governo sono la stessa persona. È uno degli aspetti su cui dobbiamo concentrarci”. In Namibia, un paese grande quasi quanto la Francia e la Germania messe insieme, è difficile raggiungere i villaggi

più sperduti. Inoltre la popolazione, in gran parte formata da giovani, è in rapida crescita. In Cina, invece, il Partito comunista ha occhi e orecchie anche nel più piccolo centro abitato. Ngujapeua cita anche la campagna anticorruzione di Xi Jinping, che avrebbe ripulito il partito da elementi corrotti e sleali. In un compito Ngujapeua ha scritto di voler “eliminare le tigri”, “schiacciare le mosche” e “braccare le volpi” in Namibia. Sono parole che ricalcano quelle di Xi. Queste osservazioni fanno riflettere, afferma Richard McGregor, un esperto di politica cinese del centro studi australiano Lowy institute: “Mi colpisce soprattut-

to il desiderio di avere il controllo al cento per cento, che è anche l’ambizione della Cina. Uno dei princìpi fondamentali del Partito comunista cinese è che non può esistere un potere indipendente. Non ci sono ong né comitati locali indipendenti. In passato la Cina ha sperimentato un certo grado di autonomia nei villaggi, ma oggi è tutto finito. Est, ovest, nord, sud: il partito controlla tutto. Quindi è interessante che alla scuola del partito insegnino che non si deve controllare solo il governo centrale, ma anche tutto quello che sta sotto”. L’ambasciata cinese a Washington respinge le critiche. “Il Partito comunista e Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Tanzania le forze politiche in Africa imparano scambiandosi esperienze di governo e si sostengono a vicenda nel progetto di sviluppo più adatto alle rispettive condizioni nazionali”, ha risposto per email il portavoce Liu Pengyu. “Non cerchiamo di esportare il nostro sistema. Le relazioni esterne del Partito comunista non sono guidate dalle ideologie. I partiti stranieri e i paesi di buona volontà sono tutti invitati a confrontarsi con il Partito comunista”.

Senza invito

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Economia Espansione ventennale

ALGERIA

EGITTO SUDAN

GUINEA NIGERIA

ETIOPIA SOMALIA KENYA TANZANIA

Oceano Atlantico

ZAMBIA ZIMBABWE 46 paesi hanno firmato accordi di cooperazione bilaterale con la Cina 8 zone economiche speciali 22 zone franche o industriali realizzate dalla Cina

MOZAMBICO MAURITIUS SUDAFRICA 800 km

Dal 2000 la Cina è diventata il primo partner commerciale di più di 30 paesi africani.

FONTE: POLITIKEN

I corsi di formazione politica in Africa non sono un’invenzione cinese. Anche la Danimarca e altri paesi occidentali cercano di diffondere le idee su come si governa. In Tanzania l’organizzazione Mellemfolkeligt samvirke (ActionAid Danimarca) gestisce una scuola superiore che avvicina i giovani politici ai temi della democrazia e del rispetto dell’ambiente. Lo stato danese ha promosso diversi programmi, tra cui uno per riformare il sistema fiscale. Quando il comico danese Jan Gintberg ha visitato il paese africano nel 2014 per un programma tv, ha incontrato Rished Bade – all’epoca direttore dell’agenzia delle entrate locale – che si è mostrato grato, ma anche sorpreso: “Non credo ci sia un posto al mondo dove la gente ami le tasse. Ho saputo che in Danimarca la parola per tasse è skat, la stessa per tesoro. È vero?”, ha chiesto Bade con gli occhi che gli scintillavano. Funzionari e politici africani sono stati invitati in Danimarca. Hanno soggiornato in hotel eleganti, assistito alle elezioni e seguito i dipendenti comunali danesi sul lavoro. Hanno partecipato anche a corsi sulla risoluzione dei conflitti. Tra di loro c’era Reginald Munisi, dirigente di Chadema, il più grande partito d’opposizione in Tanzania. È tanto entusiasta della formazione che ha ricevuto in Danimarca quanto preoccupato per quella cinese : “In Danimarca mi hanno insegnato come noi, come partito, possiamo evitare di cadere nelle trappole che ci vengono tese. Ho imparato ad analizzare le strategie elettorali del governo e a non alimentare i conflitti che stanno cercando di innescare”. Secondo le valutazioni di Munisi il Ccm ha a disposizione un budget elettorale duecento volte superiore a quello di Chadema. Nonostante ciò, il suo partito ha ottenuto quasi il 40 per cento delle preferenze alle elezioni del 2015. Poi il vincitore di quel voto, il presidente John Magufuli, ha inasprito la persecuzione politi-

ca e per sei anni a Chadema è stato vietato di organizzare incontri politici. Due esponenti di spicco hanno subìto aggressioni e sono sopravvissuti ad attentati, altri sono stati imprigionati o si sono visti confiscare illegalmente le loro proprietà. Secondo Munisi, le ultime elezioni, nel 2020, sono state rubate. “Hanno soffocato il parlamento. Hanno ridotto al silenzio i mezzi d’informazione e il settore privato. Hanno sperimentato che possono vincere le elezioni in modo illegale, ma senza creare il caos. Quando ho visto tutto questo, ho pensato: questo non è il Ccm che conosco. Hanno cominciato a usare strategie che nessun paese democratico può tollerare. Sospetto che stiano imparando l’approccio cinese”, dice Munisi. L’occidente è alle strette, afferma Lisbeth Pilegaard, direttrice dell’Istituto danese per i partiti e la democrazia, un’organizzazione indipendente creata dal parlamento danese per promuovere la democrazia a livello globale. “Per sessant’anni la Danimarca ha versato soldi alla Tanzania, e ora a che punto siamo? Ci troviamo con un governo relativamente repressivo che non rispetta le minoranze, i diritti lgbt e gli altri partiti politici. Non abbiamo fatto abbastanza per il movimento democratico, perché in tutto il mondo la democrazia è in declino. Dobbiamo essere più aggressivi, e abbiamo delle idee su come diventarlo. Ma non possiamo imporre la democrazia agli altri. Allo stesso tempo,

dobbiamo ammettere che finora le nostre attività di sostegno alla democrazia non hanno funzionato”. Dall’apertura della scuola in Tanzania i mezzi d’informazione cinesi propongono reportage e interviste che mostrano studenti allegri. Ai giornalisti di Politiken, invece, è stata riservata un’accoglienza fredda a luglio, quando abbiamo visitato la scuola dopo lunghi mesi di trattative. Non ci è stato permesso di assistere ai corsi, parlare con gli studenti e fare foto. La direttrice Marcellina Chijoriga non ha voluto essere intervistata, anche se parla spesso con i giornalisti cinesi. In cambio abbiamo ottenuto una visita guidata e tanti discorsi. Abbiamo potuto vedere il cuore della scuola, la grande sala conferenze dove politici, funzionari e dirigenti aziendali vengono formati. I simboli dei partiti africani sono esposti insieme alla falce e martello del Partito comunista cinese. A sinistra, c’erano le foto dei vari presidenti cinesi che stringono la mano ai colleghi africani. C’erano anche le foto di leader africani come Robert Mugabe, dello Zimbabwe, e Nelson Mandela, del Sudafrica. Ma i cinesi erano più numerosi. La visita ci ha dato un’idea della missione della scuola. Per i politici africani lo sviluppo cinese è un riferimento. La Cina in quarant’anni ha fatto uscire 800 milioni di cinesi dalla povertà. La scuola è stata fondata perché, secondo i partiti africani, c’era un “vuoto di leadership” nelle nuove generazioni. La direttrice Chijoriga ha detto alcuni mesi fa all’emittente cinese Cgtn: “Voi cinesi avete una visione, siete uniti. E seguite sempre la vostra strategia… È qualcosa da cui noi africani dobbiamo imparare”. Diverse forze politiche del continente ammirano l’organizzazione del Partito comunista, conferma Mandira Bagwandeen, ricercatrice alla Nelson Mandela school of public governance dell’università di Città del Capo, in Sudafrica: “Il partito è visto come una macchina ben oliata che ha il polso di ogni aspetto dell’economia, dell’amministrazione e della società cinese”. Molti insegnanti vengono dalla scuola centrale del Partito comunista cinese di Pechino. Mattingly spiega che è un centro di formazione unico nel suo genere: “Nelle democrazie occidentali non troviamo nulla di simile. Immaginate se da Science Po, il prestigioso istituto di Parigi dedicato agli studi politici, uscissero i rappresen-

Esibizione di wushu a Dar es Salaam, Tanzania, novembre 2014

luppo. Solo che questa volta Pechino non sostiene gruppi rivoluzionari, ma partiti autoritari in democrazie deboli”.

ZHANG PING (IMAGO/ALAMY)

Un’esperienza indimenticabile

AMADEJA PLANKL (IMAGO/ALAMY)

All’istituto Confucio di Dar es Salaam, agosto 2020

tanti e i funzionari statali di un solo partito. È quello che succede in Cina, dove i dirigenti civili e militari vengono tutti da quella scuola. Uno dei suoi obiettivi è il controllo ideologico, ma un altro è costruire una rete sociale integrata nel partito e un senso di appartenenza. Xi Jinping è stato un ex presidente della scuola centrale”. Alla Mwalimu Julius Nyerere ci sono anche docenti africani, che insegnano storia delle rivoluzioni e panafricanismo. Secondo uno di loro, il tanzaniano Hussein Lufunyo, l’istituto non è una minaccia per la democrazia: “La Cina è una democrazia dittatoriale in cui lo stato e il partito si sono fusi. La scuola racconta questa esperienza e come abbia contribuito allo sviluppo cinese. Noi non vogliamo per forza adottare lo stesso modello. La Tanzania è sempre stata un paese neutrale e i nostri leader hanno sempre seguito

un modello misto, che guarda a ovest ma anche a est”. Per lui la scuola è un’iniziativa positiva. I leader africani oggi hanno a disposizione “un menù con varie opzioni tra cui scegliere”. A volte guardano a occidente, altre volte alla Cina, a seconda di cosa gli sembra meglio. Tuttavia il menù offerto dalla scuola di Kibaha non è per tutti. I politici dell’opposizione non sono benvenuti, a meno che non condividano le idee di quelli al governo, ci hanno spiegato durante la visita. Secondo Anne-Marie Brady, esperta di Cina all’università di Canterbury, nel Regno Unito, non si può parlare di menù, ma di “ingerenza politica”, perché la scuola insegna ai partiti di governo ad aumentare il loro controllo sullo stato. I corsi “alimentano la dittatura”, sostiene. “È come ai tempi di Mao, quando la Cina voleva essere un modello per i paesi in via di svi-

Oltre alla scuola di Kibaha, la Cina ha finanziato una nuova biblioteca nell’università di Dar es Salaam, la principale del paese. L’ateneo ospita anche un centro studi sinoafricano e una grande sede dell’istituto Confucio per la diffusione della cultura cinese all’estero, che in dieci anni ha insegnato la lingua cinese a quasi cinquantamila studenti. “In Tanzania la Cina si rivolge all’élite: i leader politici e le persone più istruite”, osserva Muhidin Shangwe, dell’università di Dar es Salaam, che studia il soft power cinese. “Quando parlo con le persone che fanno parte della diaspora africana in Cina, molte mi dicono di avere genitori o familiari con incarichi politici importanti. A Dar es Salaam, invece, quasi tutti preferirebbero studiare in Europa, in particolare in Scandinavia. Verrebbe da dire che la Cina fa presa sull’élite, ma meno sul resto della popolazione, che al contrario guarda con simpatia all’occidente”, spiega Shangwe. Ma anche se la scuola di partito in Tanzania non riesce a diffondere nel continente le idee politiche della Cina, può comunque incidere. Molti ex studenti hanno scritto sui social network che il loro soggiorno alla Mwalimu Julius Nyerere leadership school è stata un’esperienza fantastica, in cui hanno stretto amicizie con giovani di altri paesi. Parlano della gita che hanno fatto a Bagamoyo, città sulla costa che un tempo era il principale centro dell’Africa orientale per il commercio di avorio e gli schiavi. Le giovani promesse dei partiti rivoluzionari hanno parlato del loro futuro tra le rovine dei governi coloniali, tedesco e britannico. Se chi lascia la scuola ha la sensazione che il Partito comunista cinese gli abbia regalato un’esperienza da ricordare per tutta la vita, l’iniziativa può essere definita un successo. Sono come quei viaggi premio che la Danimarca, gli Stati Uniti e altri paesi occidentali offrono ai politici, spiega Richard McGregor del Lowy institute australiano: “Naturalmente i cinesi vogliono che questi studenti facciano una bell’esperienza e non che passino tutto il tempo sui libri. Ma c’è una differenza. Quando le democrazie cercano di accattivarsi le élite di un altro paese, non lo fanno per insegnargli a costruire uno stato a partito unico”. u pb, fc Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Scienza

Il lato oscuro della pulizia Jay Owens, The Guardian, Regno Unito

i tutte le faccende nes­ suna è più futile ed esa­ sperante dello spolvera­ re. Perché? Perché la polvere è estremamen­ te difficile da eliminare. Ogni passaggio del piumino non fa che trasferire la nostra energia a quelle minu­ scole particelle, che volano allegramente nell’aria, fluttuano per alcuni istanti e poi si adagiano di nuovo delicatamente, di­ stribuendosi sulle superfici appena puli­ te. Ma noi siamo furbi, vero? Usiamo un panno inumidito o quel fantastico tessuto in microfibra elettrostatica che abbiamo visto in uno spot pubblicitario? Non im­ porta: la semplice pressione della mano consuma sia il tessuto sia la superficie, lasciando una scia di microscopica deva­ stazione. Non otterremo mai e poi mai un risul­ tato perfetto: è impossibile. Allora quan­ do – e perché – questo compito impossibi­ le è diventato un’aspirazione? In Europa e negli Stati Uniti, il ventesimo secolo è co­ minciato con un panorama domestico

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FUSE (CORBIS/GETTY)

Nella società moderna l’ossessione per la polvere e la sporcizia è stata alimentata e sfruttata per limitare la libertà delle donne e marcare le distinzioni tra le classi sociali

alimentato dalla legna, dal carbone e dall’olio di gomito. Nella sua autobiogra­ fia del 1934, la scrittrice statunitense E­ dith Wharton osservava: “Sono nata in un mondo in cui telefoni, motori, luce elettri­ ca, riscaldamento centralizzato, raggi x, cinema, radio, aeroplani e radiotelegrafi non solo erano sconosciuti, ma non erano ancora stati neanche immaginati”. Quan­ do arrivò a scrivere le sue memorie, tutte queste novità, un tempo sorprendenti, erano la norma. Eppure, anche se può sembrare che queste tecnologie rendano il mondo più

grande – il giorno più lungo, e i nostri mo­ vimenti quotidiani più liberi e più ampi – i loro effetti sulla vita delle donne sono sta­ ti spesso esattamente l’opposto. Piuttosto che liberarle dal lavoro domestico, queste tecnologie l’hanno fatto aumentare. Una luce più brillante significava polvere e sporco più visibili e quindi il bisogno di una pulizia più accurata e più frequente per rimuoverli. I vestiti dovevano essere lavati ogni giorno o due, e anche i figli. “Il lavoro domestico di oggi non è im­ posto dai limiti del sistema immunitario umano. È stato inventato intorno alla fine

giorni dalle 7.00 alle 19.00. La spolveratura comincia alle 9.30 con la pulizia delle camere da letto, poi si passa al soggiorno, alla sala da pranzo, al pianerottolo e alle scale alle 10.15. Tra le 11.30 e le 12.30 e dalle 15 alle 16 è il momento dei “lavori settimanali straordinari”, il che significa spolverare di più quattro giorni su sei perché si pulisce a fondo una determinata stanza. Inoltre tutti i tipi di pavimento devono essere spazzati quotidianamente, mentre sui tappeti va passato l’aspirapolvere una volta alla settimana; i mobili devono essere spolverati e “strofinati” ogni giorno, e anche le superfici delle pareti richiedono una spolverata settimanale.

Un problema senza nome

del secolo scorso, con il preciso scopo di dare alle donne della classe media qualcosa da fare”, scriveva nel 1993 l’autrice e attivista Barbara Ehrenreich. “Quando la preparazione del cibo e la cucitura degli indumenti si spostarono dalle case alle fabbriche, le casalinghe della classe media si ritrovarono a fissare il vuoto. Dovevano diventare suffragette? Entrare nel mondo del lavoro e competere con gli uomini? ‘Troppe donne’, scriveva in un editoriale il Ladies’ Home Journal nel 1911, ‘sono pericolosamente inattive’. A questo punto entrarono in gioco le esperte di

scienze domestiche, un gruppo di donne che, se esistesse un inferno femminista, sarebbero torturate per l’eternità con i piumini da spolvero. Erano donne che facevano carriera dicendo ad altre donne che non potevano fare carriera perché i lavori domestici erano di per sé un’occupazione sufficiente”. Spuntò una nuova generazione di manuali sui lavori domestici, per istruire le donne sugli atteggiamenti, i comportamenti e le ansie propri del ruolo di casalinga. The ABC of good housekeeping, pubblicato nel 1949, regola gli orari tutti i

Perché bisognava spolverare così spesso? La pulizia è una questione di rispettabilità: “Non sai mai quando un amico o un parente caro e fidato può entrare e far scorrere un dito in guanto bianco lungo il battiscopa dietro il divano, e come ti sentiresti allora?”, osservava la scrittrice satirica Elinor Goulding Smith negli anni cinquanta. Ma esiste anche un’ansia più profonda, una paura dell’invasione: la polvere è implacabile e ci circonda. La storica Elaine Tyler May, nel suo libro sull’impatto della guerra fredda sulle famiglie statunitensi, racconta come la stabilità della casa di periferia simboleggiasse la sicurezza in un momento di profonda instabilità geopolitica. La polvere rivela che la sacralità della casa è una finzione: minaccia il suo status di rifugio dal mondo esterno. La battaglia contro di essa sembra banale, ma inconsciamente la posta in gioco è esistenziale. Nel suo libro del 1963 La mistica della femminilità, Betty Friedan racconta che “milioni di donne vivevano ispirandosi alle belle immagini della casalinga americana che salutava il marito con un bacio dalla finestra, portava i bambini a scuola con la sua station wagon e sorrideva mentre passava la nuova lucidatrice elettrica sul pavimento immacolato della cucina”. La loro vita era ridotta alla servitù, sostiene, le loro ambizioni e i loro interessi erano messi da parte a favore dei bisogni della famiglia. Friedan lo definì “un problema senza nome”, una malattia dell’anima causata da una vita piena di compiti inutili e di orizzonti profondamente limitati. Pensate a Betty Draper, la perfetta casalinga bionda di Mad men, con le mani intorpidite dalla rabbia psicosomatica repressa quando deve lavare i piatti e fare altre faccende domestiche. Vedendo la Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Scienza sua giornata scorrere nel vuoto, prende un fucile ed esce in giardino per sparare ai piccioni del vicino che hanno osato esercitare la libertà che a lei manca. Alcuni sostengono che Friedan avesse esagerato i problemi della casalinga disperata. Tutte le donne di cui non scriveva – le donne non bianche e della classe operaia, ma anche le madri single, le lesbiche e le single in generale – avevano le loro difficoltà, molte delle quali dal punto di vista della sopravvivenza erano più urgenti della noia. Eppure c’è qualcosa di vividamente simbolico in quel momento culturale: la perfetta casalinga bianca di periferia che impazzisce per una striscia di polvere. Quando sono stressato o sopraffatto dai problemi, o quando sento che sto perdendo il controllo sulla mia vita, provo il bisogno compulsivo di pulire il mio appartamento. È il desiderio di mettere ordine nel mio ambiente, nella speranza che possa in qualche modo mettere ordine anche nella mia mente agitata. La stessa convinzione esiste a livello sociale.

Guardando la porta di casa Forse conoscete la famosa definizione dell’antropologa Mary Douglas, secondo cui “lo sporco è materia fuori posto”. La cosa importante di questa intuizione è che Douglas non sta parlando solo dell’ordine materiale delle cose. “Credo che alcuni inquinamenti siano usati come analogie per esprimere una visione generale dell’ordine sociale”, scrive. La storia delle preoccupazioni per la polvere e l’igiene domestica lo dimostra in ogni sua fase. Gli interventi dei riformatori sanitari dell’ottocento e la “mania della scienza domestica” all’inizio del secolo successivo furono spesso dettati da pregiudizi di classe. Adrian Forty, professore emerito di storia dell’architettura allo University college London, collega “il feticismo dell’igiene” con “la paura borghese di perdere autorità sociale e politica”. “Il timore dell’inquinamento nasce quando i confini esterni di una società sono minacciati”, scrive. L’urbanizzazione e l’industrializzazione avevano scosso l’ordine sociale stabilito, facendo emergere una nuova classe operaia urbana che partecipava alle proteste, agli scioperi – e in Francia e Germania, alle rivoluzioni – per conquistare il diritto a un salario giusto, a migliori condizioni di lavoro e al voto. L’igiene diventò un mezzo per distinguere i poveri “buoni” e “rispettabili” dalla plebaglia. Quando la loro baracco-

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Quella della pulizia nel novecento non è solo una storia di distinzioni di genere e di classe, ma anche di disuguaglianze basate sul colore della pelle poli fosse stata rasa al suolo, quelli che seguivano i diktat degli operatori sanitari della classe media avrebbero potuto ottenere nuovi alloggi, quelli che non si conformavano alle norme sarebbero stati sfrattati. I meno fortunati strisciavano letteralmente sui cumuli di polvere di Londra – le grandi pile di rifiuti, come quella appena a sud del quartiere di King’s Cross – guadagnandosi da vivere con gli scarti di tutti gli altri. Quindi le classi medie dovevano ostentare la pulizia domestica per distinguersi da quelli che facevano il “lavoro sporco”. La polvere – o meglio la sua assenza – continuò a indicare status e rispettabilità per le comunità della classe operaia nel Regno Unito lungo tutta la metà del ventesimo secolo. Le donne che vivevano nelle case a schiera dei centri urbani pulivano il gradino d’ingresso seguendo un rituale quotidiano o settimanale, lo lucidavano con la cera rossa o lo lustravano con una pietra abrasiva finché non brillava. Spazzavano la strada per tenere lontana la polvere e lo sporco (consistente nelle aree industriali) e versavano un secchio di acqua saponata sul marciapiede per pulire anche quello. “Questo dimostrava quanto tenevi alla tua casa”, dichiarò Margaret Halton, 85 anni, al Lancashire Telegraph nel 1997. “Potevi dire chi era pulito e chi non lo era semplicemente guardando la porta di casa sua”. In queste strade strette e comunità affiatate, avevi sempre tutti gli occhi addosso. Mantenere una perfetta pulizia in condizioni difficili era il modo per dimostrare il proprio orgoglio. Facendo una ricerca sull’argomento, inizialmente ho pensato che l’eliminazione della polvere fosse una componente minima ma importante della nascita della modernità: la creazione del nuovo attraverso la sconfitta della malattia e della sporcizia, la pulizia come sistema di controllo, fino al livello microscopico. Man mano che proseguivo le letture, tuttavia,

la “bianchezza” continuava a comparire accanto allo sporco – non solo come immagine visiva dell’ambiente domestico ideale, igienicamente immacolato, ma anche del candore dell’archetipo della casalinga americana degli anni cinquanta, che viveva in quartieri dai quali le famiglie nere venivano sistematicamente escluse perché le banche non gli concedevano i mutui. Oggi a Londra bisognerebbe chiudere gli occhi per non notare che la maggior parte dei lavoratori che puliscono case e uffici sono persone non bianche, spesso latinoamericane o nere. Quella della pulizia nel novecento non è solo una storia di distinzioni di genere e di classe, ma anche di disuguaglianze basate sul colore della pelle.

Orrore morale La pulizia raramente è solo pulizia, un processo pratico e funzionale che consiste nel passare l’aspirapolvere sulla moquette e nel lavarsi le mani con il sapone. È sempre carica di un ulteriore significato. La sua virtù apparentemente ovvia è offuscata dalla consapevolezza che spesso la pulizia è usata per creare categorie di persone: il cittadino virtuoso contro l’emarginato. Le donne, in particolare, sono etichettate con parole come “troia”, che collegano l’immoralità sessuale a questioni di sporcizia e disattenzione; la “brava donna” è ancora sinonimo della casalinga attenta e “pulita”. Non fraintendetemi: per favore, continuate a passare l’aspirapolvere. Gli acari della polvere provocano l’asma e le sostanze chimiche rilasciate dal divano alterano il sistema endocrino e fanno male alla salute. I benefattori della riforma sanitaria dell’ottocento fecero davvero del bene alla salute pubblica. Ma potremo mai liberare la polvere dall’orrore morale che provoca? La polvere è un simbolo del tempo che passa, del decadimento e della morte, ma anche un residuo della vita. Il suo significato non è mai bianco o nero, ma grigio e piuttosto confuso. Convivere con la polvere ci insegna ad accettare la contraddizione: dobbiamo pulire, ma non identificarci con la pulizia; rispettare il bisogno materiale di igiene, diffidando però del suo uso come metafora sociale. u bt QUESTO ARTICOLO

È tratto da Dust. The modern world in a trillion particles di Jay Owens (Hodder & Stoughton 2023).

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29 Seembre > 1 Oobre Piazza Trento e Trieste Il Mediterraneo centrale è la roa migratoria più pericolosa del mondo, e ad affrontarla anche tante donne sopravvissute a violenze e abusi. Le loro storie raccolte sulla nave Geo Barents, in un’istallazione immersiva. Visite guidate all’installazione con gli operatori umanitari MSF. Prenotazioni presso l’Infopoint del Festival in Piazza Trento e Trieste.

Domenica 1 oobre ore 11:00 Teatro Comunale Dall’Afghanistan alla Siria, le organizzazioni umanitarie faticano sempre di più a raggiungere i luoghi di crisi. Così le popolazioni colpite non riescono a ricevere le cure di cui hanno bisogno, e non ci sono più testimoni per denunciare le loro condizioni.

© MSF/Ehab Zawati

Con Michiel Hofman, Senior Humanitarian Specialist MSF; Lorenzo Tugnoli, fotografo; Francesco Strazzari, politologo. Modera Marta Serafini, Corriere della Sera.

Per maggiori informazioni: www.internazionale.it

www.msf.it

Sabato 30 seembre ore 11:00 Ex Teatro Verdi

TUTTE LE FOTO © GAURI GILL. COURTESY JAMES COHAN GALLERY, NEW YORK

Portfolio

Realtà apparente Nelle sue immagini l’artista indiana Gauri Gill mescola la tradizione del suo paese con il racconto della vita quotidiana. Realizzando una fotografia poetica e al tempo stesso impegnata, scrive Christian Caujolle un teatro del quotidiano, tra documentario e messa in scena, riflessione sulla società e performance, riferimento alle tradizioni e rielaborazione di momenti di vita ordinaria. Dal 2015 l’artista indiana Gauri Gill lavora alla serie Acts of appearance. Potrebbe

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sembrare un semplice racconto di vita quotidiana, se non fosse che tutti i personaggi sono mascherati. Anche se la maschera fa parte della cultura indiana, siamo lontani dalle rappresentazioni dei poemi epici come il Mahābhārata o il Ramayana. Qui, esseri umani, animali e oggetti hanno sostituito gli dèi. Jawhar, una

città nello stato del Maharashtra, sulle montagne dei Gati occidentali, è un borgo situato in una delle rare regioni tribali rimaste in questa zona, ed è nota per i suoi paesaggi pittoreschi e il patrimonio culturale. Ogni anno ospita una festa che dura tre giorni, in cui si svolge la processione del Bohada, dove alcuni attori interpretano scene mitologiche. Le maschere di cartapesta che indossano sono fabbricate dagli artigiani delle tribù kokna e warli e rappresentano divinità indù. Colpita dalla loro forza espressiva, nel 2015 Gill ha proposto ai due artigiani più famosi del posto, i fratelli Subhas e Bhagvan Dharma Kadu, di partecipare a un progetto collaborativo, dirigendo un gruppo di trenta artisti e volontari. “Potete creare delle maschere che rappresentino la vita del villaggio e dei suoi abitanti di oggi?”, gli ha chiesto la fotografa. Gill non aveva in mente un’idea precisa, dovevano essere loro a inventarle. Ed è quello che hanno fatto. L’unico suggerimento è stato quello di conservare l’estetica indiana tradizionale in cui le espressioni sulle ma-

A pagina 72: Untitled (4) e (15). Qui accanto: Untitled (74). Dalla serie Acts of appearance, 2015-in corso. Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Untitled (28), dalla serie Acts of appearance, 2015-in corso.

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Qui accanto: Untitled (9); a pagina 77 Untitled (27). Dalla serie Acts of appearance, 2015-in corso. Tutte le foto: Gauri Gill. Per gentile concessione dell’artista e della galleria James Cohan, New York.

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schere si riferiscono a diversi tipi di emozione e alle esperienze umane comuni, come la malattia e la vecchiaia. Le maschere create per il progetto di Gill sono di vario tipo: quelle con la figura umana rappresentano le diverse emozioni come stupore, paura, rabbia e amore; quelle dalle sembianze animali mettono in luce la relazione tra gli abitanti e la natura. Uno dei personaggi più interessanti è il cervo chital, riprodotto in sculture di terracotta che gli artigiani vendono ai turisti. Ci sono anche serpenti, lucertole, insetti, roditori e altri animali comuni nei villaggi. Alcune maschere riproducono oggetti moderni come i computer, i telefoni, i televisori o, a causa della frequente mancanza di acqua potabile, una bottiglia di acqua minerale. Gill ha proposto ai soggetti di posare scegliendo situazioni della loro vita quotidiana. Così una ragazza-coniglio è accovacciata in una tenda, una donna-cobra si rilassa su un divano, una donna-sveglia si sporge all’esterno di una macchina guidata da una grande lucertola. Grazie alle maschere, queste scene apparentemente ordinarie, si trasformano in attimi misteriosi, che disturbano il consueto ordine delle cose. Anche se sono delle messe in scena,

le fotografie di Gill non sono mai teatrali. Questi tableaux inventano una fotografia letteraria, poetica, e al tempo stesso impegnata. In una foto si vede un’insegnante seduta in cattedra con lo sguardo perso nel vuoto. Dietro di lei ci sono vecchi poster di re guerrieri e indipendentisti indù. Tra questi, Swami Vivekananda, che rilanciò l’induismo nell’ottocento e sviluppò il concetto di nazionalismo nell’India britannica, e Subhas Chandra Bose, il nazionalista sovversivo che lottò per la sovranità indiana durante la seconda guerra mondiale. Uno slogan patriottico in hindi dice “Maa tujhe salaam” (Madre patria, ti saluto). Le regole di condotta, scritte in inglese su una lavagna, esaltano il sistema induista delle caste. Si tratta di immagini che criticano la religione e il nazionalismo. Un approccio simile si osserva anche nella foto di un ospedale antiquato, dove un personaggio con la testa da topo si china su un malato con una maschera che esprime sofferenza; o in un’altra, in cui ci sono due operai che lavorano la terra sotto il sole mentre un uomo-scimmia li osserva. Per Gill la collaborazione è un elemento fondamentale nel processo fotografico. Nata nel 1970 a Chandigarh, si è laureata

in arti visive a New Delhi e ha studiato fotografia negli Stati Uniti. Poi è tornata in India, dove si dedica alle sue opere e all’insegnamento. Durante la sua carriera ha sostenuto il lavoro di altri artisti. Nel 2003 per un festival di sole donne ha allestito uno studio fotografico all’aperto, incoraggiando le persone a scegliere come posare: una rara possibilità di autorappresentazione in una società patriarcale. In una delle sue mostre ha incluso le immagini di disegni realizzati da artisti locali. “Questi progetti hanno permesso alle persone del posto di sentirsi rappresentate in quanto artiste, non come semplici artigiani”, dice Gill. “L’universale si raggiunge spesso guardando l’elemento locale o quotidiano, qualcosa di familiare e quindi non esotico, ma mai ordinario”. u adr

Da sapere Le mostre u Gauri Gill è tra i dodici finalisti del premio internazionale di fotografia Prix Pictet. Alcuni dei suoi lavori sono esposti a Londra presso il centro di fotografia South Kensington fino al 20 aprile 2024, e alla Barbican gallery dal 5 ottobre 2023 al 14 gennaio 2024.

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Ritratti

Johannes Fritz Il grande volo Denise Hruby, The New York Times, Stati Uniti. Foto di Nina Riggio È un biologo austriaco. A bordo di un aereo ultraleggero guida gli uccelli in via d’estinzione verso il percorso migratorio oltre le Alpi. Ma la crisi climatica sta rendendo il suo lavoro più difficile l biologo austriaco Johannes Fritz aveva bisogno di un piano. Di nuovo. La sua missione era evitare l’estinzione dei suoi rari e amati uccelli. Per sopravvivere all’inverno europeo, l’ibis eremita – che nel continente era già scomparso allo stato selvatico – ha bisogno di volare a sud, oltre le Alpi, prima che le montagne diventino invalicabili. Ma il cambiamento climatico ha spinto questi animali a rinviare il momento in cui cominciano a migrare. Ora raggiungono le montagne troppo tardi per superare le vette e restano bloccati in una trappola mortale. “Due o tre anni così e spariranno di nuovo”, spiega Fritz. Determinato a salvare gli ibis eremita, ha deciso che condurrà gli uccelli lungo una nuova rotta migratoria guidandoli personalmente a bordo di un piccolo velivolo. Il biologo pensa di poterci riuscire per un motivo semplice: l’ha già fatto. Quando Fritz è nato, 56 anni fa, l’ibis eremita, un uccello nero grande come un’oca, con la testa senza piume e un becco enorme, in Europa era presente solo in cattività. Gli ultimi esemplari allo stato brado erano stati probabilmente mangiati dagli europei quattro secoli prima. Ha dedicato la sua carriera all’obiettivo di riportarli nel continente. Per farlo, ha dovuto insegnare ai più giovani il percorso migratorio che avrebbero seguito da adulti. Diciotto anni fa il biologo modificò un aereo ultraleggero in modo che potesse

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viaggiare a velocità abbastanza lente davanti ai suoi “studenti” alati. Per gli uccelli Fritz era l’unica fonte di cibo, amore e attenzioni. Gli ibis seguirono con entusiasmo il loro insegnante a bordo di quel velivolo rumoroso. Nel 2004, tre anni dopo i difficili esperimenti iniziali, Fritz condusse il primo stormo dall’Austria all’Italia. Da allora ne ha portati a destinazione altri quindici. Nel corso degli anni ha reintrodotto allo stato brado 277 ibis, molti dei quali hanno successivamente trasmesso le informazioni sulla nuova rotta ai loro cuccioli. Ma oggi quel percorso non è più un’opzione. Il cambiamento climatico ha fatto salire le temperature nella zona in cui gli uccelli trascorrono l’estate – compresa tra l’Austria e il lago di Costanza, in Germania – quindi gli ibis eremita cominciano la loro migrazione alla fine di ottobre invece che alla fine di settembre, come facevano fino a dieci anni fa. L’anno scorso, mentre seguiva gli uccelli, Fritz ha trovato la neve sulle loro piume. Il loro lungo becco non riusciva a trovare larve e vermi nel terreno ghiacciato. A novembre tre colonie hanno tentato di attraversare le montagne, fallendo. Fritz ha ipotizzato che in quel periodo i flussi d’aria calda ascendente fossero troppo de-

Biografia ◆ 1967 Nasce a Hall, in Austria. ◆ 1987 Diventa un funzionario pubblico per il controllo della popolazione di camosci e cervi, ma si rifiuta di uccidere gli animali. ◆ 1988 S’iscrive alla facoltà di zoologia all’università di Innsbruck. ◆ 2000 Comincia un dottorato di ricerca al centro Konrad Lorenz di Grünau im Almtal, in Alta Austria. ◆ 2004 Conduce il primo stormo di ibis eremita dall’Austria all’Italia volando sopra un aereo ultraleggero.

boli per permettere agli uccelli d’innalzarsi al di sopra delle Alpi. Il biologo e la sua squadra hanno attirato gli animali affamati con alcuni vermi, li hanno messi in gabbia e li hanno trasportati oltre le montagne. Ma Fritz sapeva che questa sorta di servizio taxi privato non poteva essere una soluzione a lungo termine. Così ha deciso di mostrare agli uccelli un nuovo percorso. In estate, sulle rive del lago di Costanza, gli studiosi e gli uccelli hanno seguito un corso di volo, esercitandosi in vista del loro epico viaggio. A ottobre sperano di raggiungere la costa atlantica meridionale della Spagna, fino a Cadice, dove gli ibis potranno trascorrere l’inverno.

Pista d’atterraggio Il nuovo percorso per superare le vette alpine è lungo circa quattromila chilometri, il triplo rispetto al precedente, che si concludeva in Toscana. Volando a una velocità massima di quaranta chilometri all’ora, dovrebbe durare sei settimane invece di due. “Siamo ottimisti, pensiamo che funzionerà”, spiega Fritz mentre spinge il suo piccolo velivolo su un prato che funge da pista d’atterraggio. Ha tre ruote, un’elica e una tettoia che somiglia a un paracadute, ma Fritz giura che è sicuro. Diversamente dagli alianti su cui ha imparato a volare, questo non gli fa venire la nausea. Cresciuto in una fattoria del Tirolo, Fritz amava osservare le interazioni tra mucche e cavalli, che si svolgevano più liberamente quando gli animali erano portati fuori dalle stalle per il pascolo. Dopo quelle esperienze durante l’infanzia pensò che gli sarebbe piaciuto diventare un biologo. A vent’anni s’iscrisse a un corso che in futuro gli avrebbe permesso di studiare biologia all’università. Prima però ne seguì uno di formazione da funzionario pubblico responsabile del

THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO

Johannes Fritz a Beuren Am Ried, in Germania, 14 agosto 2023

controllo della popolazione animale. Nell’impervio territorio alpino, monitorava la salute dei camosci e dei cervi, ma si rifiutava di ucciderli. Solo una volta, cedendo alle insistenze del suo superiore, premette il grilletto. “Era un cerbiatto orfano, sarebbe morto comunque”, racconta Fritz, che nonostante questo considera quell’episodio una “macchia nera” nella sua vita professionale. Fritz aveva 24 anni quando finalmente cominciò a studiare all’università di Vienna e a quella di Innsbruck. In seguito fece un dottorato al centro di ricerca Konrad Lorenz di Grünau im Almtal, in Alta Austria, allevando corvi e insegnando alle oche selvatiche come aprire le scatole. Lavorando a stretto contatto con gli animali in libertà realizzava il suo sogno di bambino. Nel 1997 uno zoo consegnò al centro di ricerca i primi pulcini di ibis eremita nati nella struttura. Molto meno inclini a imparare rispetto alle oche, e meno intelligenti dei corvi, questi animali avevano frustrato la maggior parte degli scienziati. Ma Fritz se ne innamorò. Quando le persone sostengono che le creste nere e le teste rosse e rugose garantiscono agli ibis

eremiti un posto tra gli uccelli più brutti del pianeta, Fritz risponde sottolineandone il carisma, la socievolezza e la tenerezza. Il biologo conosce i gusti dei pulcini, che mangiano topi triturati e cuore di bovino otto volte al giorno. Agli ibis invece piace infilare il loro becco dentro le sue orecchie. Dalla prima volta in cui gli ibis sono stati liberati, più di vent’anni fa, Fritz ha imparato che l’isolamento all’interno degli zoo non ne aveva cancellato l’istinto migratorio, anche se li avevano privati delle informazioni geografiche. Nella loro ricerca del sud, alcuni erano finiti in Russia. Fritz ha capito che gli uccelli avevano semplicemente bisogno di una guida. “In quel periodo L’incredibile volo aveva un grande successo tra i biologi”, racconta Fritz, riferendosi al film del 1996 in cui Jeff Daniels e Anna Paquin guidano la migrazione delle oche canadesi orfane a bordo di un aliante. Quando Fritz ha dichiarato che voleva fare lo stesso con gli ibis eremita, l’hanno preso in giro. Eppure, dopo anni di esperimenti, alla fine c’è riuscito. I suoi due figli, entrambi adolescenti, in passato hanno seguito da terra il padre

e la migrazione degli uccelli. La famiglia e i colleghi sono stati testimoni di tutti i rischi corsi dal biologo. “Fortunatamente, quando il motore smetteva di funzionare eravamo sempre in un punto dove si poteva atterrare”, ricorda Fritz. Oggi la sua priorità è la sicurezza, anche perché non è più l’unico ad assumersi dei rischi. Gli ibis eremita, infatti, sono cresciuti da due assistenti che si comportano come madri adottive. Una vola sul sedile posteriore dell’aereo pilotato da Fritz, mentre l’altra su un secondo velivolo. In una mattina afosa sul lago di Costanza, il biologo tira su la cerniera della sua giacca verde oliva e sale sull’aereo. Si volta per controllare i 35 ibis eremita, poi fa segno a una delle assistenti di salire a bordo dietro di lui. Quando si alzano sulla pista erbosa, gli uccelli li seguono. Voleranno a ovest, verso la Francia. Poi a sud, in direzione del Mediterraneo, dove seguiranno la costa fino all’Andalusia, una delle regioni più calde del continente. Lungo il percorso incontreranno condizioni meteo impossibili da prevedere. Ma questi rischi, inevitabili, “sono anche necessari”, spiega Fritz. “Non è un lavoro, è la mia vita”. u as Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Graphic journalism Cartoline dall’Emilia-Romagna

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Graphic journalism

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Graphic journalism

Gianluca Costantini è un autore di fumetti. Ha 51 anni ed è nato a Ravenna, il suo ultimo libro è Patrick Zaki. Una storia egiziana (Feltrinelli Comics 2022).

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Cultura

Stati Uniti

MARIO TAMA (GETTY)

Los Angeles, California, 18 settembre 2023

Un sospiro di sollievo Cynthia Littleton, Kate Aurthur, Matt Donnelly, Gene Maddaus, Variety, Stati Uniti Dopo 148 giorni di sciopero produttori e scrittori di Hollywood hanno trovato un accordo. Ora tocca agli attori ollywood tira un sospiro di sollievo. L’associazione degli scrittori cinematografici, la Wga, e le piattaforme di streaming hanno raggiunto un’intesa di massima per un nuovo contratto triennale che dovrebbe mettere fine allo sciopero che ha segnato profondamente il settore per 146 giorni. Il 24 settembre, dopo cinque giorni di trattative ininterrotte, i negoziatori della Wga e quelli dell’associazione dei produttori cinematografici e televisivi (Amptp) hanno finalmente trovato un accordo. La giornata precedente era stata dedicata

H

quasi esclusivamente al lavoro degli avvocati delle due associazioni, che hanno definito i dettagli del complesso e innovativo ampliamento dei termini del Minimum basic agreement. La definizione della terminologia impiegata rispetto all’uso dell’intelligenza artificiale nella produzione di contenuti è stata uno degli ultimi scogli da superare.

Un fronte compatto “Possiamo dire con grande orgoglio che si tratta di un risultato eccezionale che garantisce miglioramenti e tutele agli autori in tutti gli ambiti in cui siamo attivi”, hanno scritto i negoziatori della Wga in un’email indirizzata agli iscritti. La Wga ha riconosciuto di aver tratto grande forza dalla solidarietà e dall’attivismo dei suoi iscritti. Fin dall’inizio dello sciopero, infatti, entrambi i rami del sin-

dacato (Wga east e Wga west) hanno portato avanti una protesta impressionante, affidandosi alla leadership di decine di “capitani”. “Ciò che abbiamo ottenuto con la nostra attività a partire dal 2 maggio, lo dobbiamo alla determinazione con cui gli iscritti hanno manifestato la loro resistenza, la loro solidarietà e la loro disponibilità a collaborare e a condividere la sofferenza e l’incertezza degli ultimi 146 giorni. È stato il potere generato dallo sciopero, insieme al supporto delle altre sigle sindacali, a costringere i produttori a tornare al tavolo del negoziato per trovare un accordo”, si legge ancora nell’email. Il Sag-Aftra, il sindacato degli attori i cui iscritti sono in sciopero dal 14 luglio, si è immediatamente congratulato con la Wga per la sua capacità di superare gli ostacoli principali. “Il Sag-Aftra si congratula con la Wga per aver raggiunto un accordo di principio con l’Amptp dopo 146 giorni di impegno, resistenza e solidarietà nello sciopero. Attendiamo di poterne conoscere i termini, ma al contempo siamo concentrati sulle necessità e le richieste dei nostri iscritti”, si legge nella dichiarazione del sindacato. “Fin dal giorno in cui è cominciato lo sciopero della Wga, gli iscritti del Sag-Aftra sono stati al fianco degli autori. Confermiamo il nostro sciopero per il contratto televisivo-cinematografico e continuiamo a invitare gli studi di produzione, le Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Cultura

Stati Uniti

CHRIS PIZZELLO (AP/LAPRESSE)

Burbank, California, 2 maggio 2o23

piattaforme di streaming e l’Amptp a sedersi al tavolo dei negoziati, per raggiungere l’accordo che i nostri iscritti meritano e pretendono”. Non c’è dubbio che la Wga sia riuscita a costringere la potente associazione dei produttori ad accettare le priorità degli autori nella prima contrattazione sindacale completa dal 2017 (nel 2020 la trattativa era stata ostacolata dalla pandemia). Una trattativa che è sembrata molto complicata fin dall’inizio, a marzo. Il sostegno incrollabile della stragrande maggioranza degli iscritti della Wga è stato l’elemento che ha permesso ai negoziatori, guidati da Chris Keyser e David Goodman, di soddisfare le richieste prioritarie degli autori. Come per esempio una nuova formula sulla retribuzione per le repliche, i cosiddetti residual. Il SagAftra, che rivendica una misura simile, potrebbe essere avvantaggiato nella sua trattativa dal patto concluso dalla Wga: la formula consiste in un sistema di bonus basato su soglie predeterminate e piuttosto elevate, ma supera comunque di gran lunga le previsioni fatte dagli esperti al termine del primo giro di colloqui tra la Wga e l’Amptp. I due schieramenti hanno trovato un compromesso anche sul tema delle dimensioni degli staff, prevedendo un numero minimo di autori adeguabile in base al numero di episodi per stagione.

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La fine dello sciopero della Wga faciliterà la conclusione della protesta del SagAftra e il ritorno della comunità creativa al suo tradizionale ciclo di produzione, distribuzione e promozione dei contenuti. La produzione di programmi televisivi e film è nel caos dall’inizio dell’anno, quando l’attività ha subìto un rallentamento in vista del 1 maggio, data di scadenza del contratto della Wga. Già nel 2022, alla luce dei cambiamenti strutturali incorsi nel mondo della tv e del cinema, era chiaro che le trattative contrattuali del 2023 sarebbero state difficili. Hollywood è ansiosa di rimettersi al lavoro, ma dopo una pausa di cinque mesi gli studios e le piattaforme di streaming avranno bisogno di tempo per tornare a

Da sapere Un grande successo u Il 26 settembre 2023 i due grandi rami del sindacato degli scrittori, la Wga east (a Manhattan) e la Wga west (a Los Angeles), hanno votato all’unanimità la fine dello sciopero per le 12 del 27 settembre, anche se il voto definitivo sulla ratifica del contratto è previsto per i primi di ottobre. La Wga ha reso pubbliche le 94 pagine di contratto in cui è evidente che, oltre agli adeguamenti in materia di retribuzione e di continuità lavorativa, gli scrittori hanno ottenuto ampie garanzie sull’uso dell’intelligenza artificiale nel processo creativo. Variety

operare a pieno regime. Quando ha cominciato a diffondersi la notizia dei progressi nella trattativa, è partita una pianificazione della ripresa dell’attività, con i produttori e i dirigenti che hanno verificato la disponibilità delle strutture e di altre risorse indispensabili. Dopo quasi due mesi di stallo, le parti hanno ripreso a trattare. Alla maratona finale, cominciata il 20 settembre, hanno partecipato quattro figure di primo piano di Hollywood: Bob Iger della Disney, Donna Langley della Nbc Universal, Ted Sarandos di Netflix e David Zaslav della Warner Bros. Discovery. Una prima prima proposta dell’Amptp, consegnata l’11 agosto, non era piaciuta alla Wga, secondo cui l’offerta era così piena di scappatoie ed eccezioni da renderla sostanzialmente insignificante. Dopo il labor day, che quest’anno è caduto il 4 settembre, i co-presidenti del comitato di negoziatori della Wga, Chris Keyser e David Goodman hanno cominciato a ricevere forti pressioni di alcuni iscritti di primo piano, che chiedevano di riprendere la trattativa. Ora che un’intesa con la Wga è a portata di mano, i negoziatori dell’Amptp si potranno concentrare sulla vertenza con il Sag-Aftra. Perché ricominciare a lavorare e tornare a pieno regime ovviamente non sarà possibile finché anche gli attori non ratificheranno il loro accordo. u as

Dei civili arrivano a Tiro dopo la fuga dai loro villaggi nel Libano meridionale durante i raid aerei israeliani. Tiro, Libano 2006 © Paolo Pellegrin / Magnum Photos

Paolo Pellegrin

L’orizzonte degli eventi 30.8.23—7.1.24 Le Stanze della Fotografia Isola di San Giorgio Maggiore, Venezia Un’iniziativa congiunta

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Radio ufficiale Con la speciale partecipazione di

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Cultura

Schermi Documentari

In rete Un’app molesta

Donna, vita, libertà: una rivolta iraniana Arte.tv Il 16 settembre 2022 Mahsa Amini fu uccisa a Teheran dalla polizia. Donne e giovani scesero subito in piazza contro il regime teocratico. Cronaca della nascita di un movimento di protesta senza precedenti. La scelta OpenDdb, Zalab View Carlo A. Bachschmidt, che tra le altre cose ha collaborato alla realizzazione del podcast Limoni di Internazionale, ha girato uno dei migliori documentari sulla storia e le battaglie del movimento no Tav. Mixtape Paramount+ Le audiocassette hanno avuto un ruolo chiave nella nascita dell’hip-hop. I dj diedero forma a un genere e a un gusto che da sottocultura si trasformò rapidamente in fenomeno mondiale. Preghiera per Willy Monteiro Rai Play Willy Monteiro Duarte, 21 anni, è stato assassinato a Colleferro nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2020. Un’inchiesta sulle origini culturali e sociali di questo delitto, in dialogo con i parenti e gli amici sia della vittima sia dei colpevoli. Project rockin’ high InQuota.tv Una sgangherata band finlandese di heavy metal vuole entrare nel Guinness dei primati organizzando il concerto rock “più in alto” di tutti, al campo base dell’Everest. Ma il progetto è troppo folle e, come si può immaginare, tutto (o quasi) andrà storto.

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Serie tv Infamia Netflix, 8 episodi Questa serie polacca è un racconto di formazione abbastanza classico, ma grazie all’ambientazione e alle interpretazioni dà la sensazione di qualcosa di nuovo, intenso, bello e speciale. Gita (Zofia Jastrzębska) è una ragazza rom di 17 anni che torna in Polonia con la famiglia dopo alcuni an-

ni in Galles. Non è un ritorno trionfale. La nuova comunità è violenta e discriminatoria. Anche solo indossare dei pantaloni al posto della gonna è un problema. Gita vorrebbe diventare una rapper e frequentare la scuola, invece potrebbe essere costretta a un matrimonio combinato. The New York Times

Dopo Google, anche la Apple ha rimosso dal suo store l’app Real world portal di Andrew Tate. L’autore, arrestato in Romania per traffico di esseri umani, induzione alla prostituzione e stupro, è un ex campione di kickboxing diventato celebre online per i suoi discorsi misogini, e già in passato censurato dai social network. Nelle ultime settimane gli avvocati di quattro donne britanniche che accusano Tate di molestie sessuali hanno scritto una lettera alle aziende tecnologiche, affermando che l’app condivideva tecniche su come controllare e sfruttare le donne e faceva parte di uno schema piramidale. Secondo un portavoce di Andrew Tate, che rigetta le accuse, l’app aveva duecentomila utenti. Gaia Berruto

Televisione Giorgio Cappozzo

La pesca proibita C’è lo spot di un’importante catena di supermercati che è di una cupezza abbacinante: mamma e figlia piccola stanno facendo la spesa; si perdono di vista, pensi al peggio, invece la bambina sta nell’area frutta, vuole comprare una pesca. La madre prova a dissuaderla, poi cede; sono a casa, la bimba sempre con la pesca; citofona il padre; è venuta a prenderla, s’intuisce che i genitori sono separati; la bimba sale in macchina e dà la pesca al padre, “te la manda mamma”, il pa-

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dre (che prima sorrideva felice di passare un fine settimana con la figlia) s’incupisce e risponde che le telefonerà per ringraziarla. Nella prospettiva della figlia, e dei creativi, la bugia potrebbe innescare un nuovo inizio tra i due adulti. “Non c’è una spesa che non sia importante”, dice lo slogan. Dopo la pandemia – quando le pubblicità imboccarono la strada emotiva e motivazionale, i celebri “ce la faremo” con lo sconto alla cassa – arriva lo spot “colpevolizzante”, rivolto

a una clientela che ha qualcosa da farsi perdonare (cioè tutti). In questo caso la colpevole è la mamma, ovvio, che non aveva alcuna intenzione di comprare la pesca, che forse dati i tempi costa più della parcella dell’avvocato, e tanto meno regalarla all’ex. Ho forti dubbi sull’efficacia della nuova linea: così manipolatoria che, temo, non solo fa passare la voglia di andare all’alimentari, ma anche di mangiare, di uscire di casa, di alzare le tapparelle, di scansare il lenzuolo dagli occhi. u

I consigli della redazione

Il caftano blu Maryam Touzani, in sala

L’ultima luna di settembre Amarsaikhan Baljinnyam, in sala

dere da loro e si filma il posseduto con i cellulari. I problemi arrivano quando gli spiriti non se ne vanno. Mia si presta al gioco e la sua discesa agli inferi ha qualcosa di ineluttabile. Uno degli aspetti più spaventosi di Talk to me è la plausibilità dei comportamenti degli adolescenti. Spettrale, triste e occasionalmente goffo il film non è perfetto, ma funziona. Jeannette Catsoulis, The New York Times

DR

Asteroid City

Asteroid City Di Wes Anderson. Con Scarlett Johansson, Jason Schwartzman. Stati Uniti 2023, 105’. In sala ●●●●● Il concetto di film perfetto è assurdo. Ma alcune pellicole raggiungono una sintesi impeccabile dell’opera del loro autore. Asteroid City è una di queste. Dà la sensazione che Wes Anderson si sia fatto da parte per ricalibrare il rapporto tra la sua arte, se stesso e il mondo esterno. Non è quindi il miglior film di Anderson né il più personale. Ma è quello in cui, facendo un passo indietro, si rende più presente, intellettualmente ed emotivamente. Tutto questo è incorporato nel dispositivo metanarrativo che dà il via al racconto: uno show televisivo sulla creazione di una commedia teatrale inventata apposta per lo show. Gran parte del film è proprio quella commedia apparentemente inesistente ambientata in una cittadina sperduta in un deserto stilizzato. Lì arriva un ricco cast di forestieri, molti dei quali richiamati da un fenomeno astronomico. Anderson mette in scena una storia elaborata, ricca di spunti e personaggi, e di dettagli che cancellano la distinzione tra primo piano e sfondo, con una pas-

sione estetica che riflette la sua devozione personale. E alla fine Asteroid City dimostra (a chiunque ne abbia mai dubitato) che Anderson non è uno “stilista”, ma un regista lungimirante con una grande profondità politica. Richard Brody, The New Yorker Talk to me Di Danny e Michael Philippou. Con Sophie Wilde. Australia 2023, 94’. In sala ●●●●● Il film di esordio dei fratelli australiani Danny e Michael Philippou è un horror avvolto su una storia di perdita. Trasmette una sensazione di tristezza che nessun mostro e nessuno squartamento possono cancellare completamente. Talk to me deve molto alla performance in continua evoluzione di Sophie Wilde nei panni di Mia, un’adolescente che ha perso da poco la madre. Incapace di un rapporto con il padre, trova un po’ di conforto nella famiglia della sua migliore amica. Durante una festicciola ha l’opportunità di ricreare un legame con i compagni di scuola da cui si è allontanata. Tra i ragazzi è diventato popolare un gioco sovrannaturale: con la mano imbalsamata di un medium si evocano gli spiriti, ci si fa posse-

The creator Di Gareth Edwards. Con John David Washington. Stati Uniti 2023, 133’. In sala ●●●●● Il film di Gareth Edwards non è eccezionale, eppure credo che abbia il potenziale per cambiare per sempre il modo di fare film. La storia è un grande miscuglio di cliché fantascientifici: un ex marine amareggiato deve guidare verso un futuro incerto il primo bambino ibrido (metà essere umano, metà intelligenza artificiale) solo per riscoprire la sua umanità. Ma è come è fatto che ci fa sperare. Dopo aver visto com’è stato realizzato The creator imploreremo Hollywood di dare l’addio a film di supereroi da 300 milioni di dollari che per andare in pari devono incassare il pil di

Grenada e inaugurare un’epoca di film commerciali con un budget ragionevole, ma migliori della tanta robaccia che ci siamo dovuti sorbire negli ultimi vent’anni, liberando gli studios da quella che ormai è diventata una schiavitù. David Ehrlich, IndieWire The palace Di Roman Polański. Con Fanny Ardant. Italia/Svizzera/ Polonia 2023, 100’. In sala ●●●●● Al di là di come la si pensa sul fatto che Roman Polanski debba continuare o no a fare film, credo che possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che non avrebbe mai dovuto fare questo: un’accozzaglia di scenette da sitcom ambientate in un hotel che sarebbero state scartate da qualunque sitcom. Nessuna è divertente e qualcuna è più spaventosa dei film horror dello stesso autore. Philip De Semlyen, TimeOut

Newsletter Schermi è la newsletter settimanale di Internazionale su cosa vedere al cinema, in tv e sulle piattaforme di streaming. Per riceverla: internazionale.it/newsletter

DR

Film

Sex education stagione 4, Netflix

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Cultura

Libri Francia

I libri italiani letti da un corrispondente straniero. Questa settimana la freelance norvegese Eva-Kristin Urestad Pedersen.

Allargare gli orizzonti

Linda Barbarino La malarazza Il Saggiatore, 264 pagine, 17 euro ●●●●● La dragunera (Il Saggiatore), il primo romanzo di Linda Barbarino, mi era piaciuto molto, invece sono stata un po’ delusa da La malarazza. Stavolta Barbarino non è riuscita a catturarmi. Ci ho riflettuto un po’ e sono arrivata alla conclusione che il motivo sia questo: la voglia della scrittrice di portarci indietro nel tempo, in una Sicilia che ormai non esiste più, è troppo evidente. È così preponderante che ho faticato a immergermi nella storia e nelle vicende di Alfredo Mancuso, di Felicetta, Nunziatina e gli altri. Ogni storia, che si svolga ai nostri giorni o nei secoli passati, dovrebbe comunque permettere al lettore di entrare in relazione e identificarsi con i protagonisti – vedere quello che vedono loro, sentire quello che sentono loro – e pensare, o anche illudersi, che dentro quella storia potevamo esserci anche noi. In La malarazza, invece, la determinazione di Barbarino di svelare la Sicilia come era una volta, di farci vivere l’atmosfera d’allora, diventa un ostacolo alla lettura e non un aiuto, aumenta le distanze anziché accorciarle. Forse è una reazione strettamente personale, ma sta di fatto che ho stentato a leggere questo libro. u

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È possibile riscrivere la storia della colonizzazione francese alla luce di nuovi elementi esaminati negli ultimi trent’anni Sintetizzare i profondi rinnovamenti vissuti dalla storia del colonialismo francese negli ultimi tre decenni. È la sfida raccolta dallo storico Pierre Singaravélou e dal gruppo di ricercatori che ha coordinato nel loro Colonisations. Notre histoire, pubblicato dalla casa editrice Seuil. Una sfida ambiziosa, che mette alla prova la nozione stessa di progresso storiografico, in cui tenere conto di nuove conoscenze fattuali, di riflessioni e concetti inediti, ma anche di punti di vista alternativi. Inserire queste tre dimensioni in un unico volume è stata un’operazione

ART MEDIA/PRINT COLLECTOR/GETTY

Italieni

complicata. Alcune scelte editoriali fatte dagli autori funzionano molto bene. Altre sono più deboli. Per esempio, quella di raccontare alcuni processi partendo dal loro esito, come la trasformazione di Martinica, Guyana, Guadalupa e La Réunion in diparti-

menti francesi d’oltremare. Processi che richiedono al lettore conoscenze specialistiche. Ma senza dubbio Colonisations analizza un orizzonte molto ampio in un modo nuovo, invitando a spostare lo sguardo ancora più lontano. Le Monde

Il libro Nadeesha Uyangoda

Futuro melmoso Maria Sardella La culla sull’abisso Transeuropa, 160 pagine, 16 euro Nello stato di New York sono già stati accesi i riscaldamenti, i condizionatori ronzavano fino a due settimane fa e la raccolta differenziata potrebbe funzionare meglio: per quanto io sia stata lontana dal resto del mondo, in queste settimane non sono mancati gli spunti per parlare di cambiamento climatico. È la frequenza con cui si parla di questo tema ad avermi spinto ver-

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so La culla sull’abisso, romanzo distopico su un futuro abbastanza plausibile. In un pianeta assediato dall’innalzamento delle acque, una comunità abruzzese si autogoverna tra commissioni cittadine, tessere per il razionamento dei viveri, la scomparsa del mondo come lo si conosceva e la comparsa della Linea, un confine di melma putrida che minaccia d’inghiottire quel che resta di umano. Un’altra linea divide in due il romanzo: da un lato una trama sostenuta da dialoghi poco convincenti

in cui il soprannaturale viene in aiuto a una logica interna fragile; dall’altra un’ambientazione sorprendente (che mi ha riportato alla Melma rosa di Fernanda Trías), su cui incombe una natura “indifferente e terribile”. Di alcuni libri giungono forte l’intento oltre la solidità della struttura, la potenzialità oltre l’esattezza delle frasi. L’uno e l’altra, in questo romanzo, riescono a raccontare il domani che forse ci aspetta, e mi sembra un motivo più che sufficiente per leggerlo. u

I consigli della redazione

Leila Mottley Passeggiare la notte Bollati Boringhieri

Il romanzo

Ariel Dorfman Indagine su un colpo di stato Guanda, 592 pagine, 24 euro ●●●●● Uno strano e misterioso personaggio, Joseph Hortha, magnate di Wall street, vuole aprire un museo negli Stati Uniti dedicato a suicidi famosi, e vuole che l’ultima sala sia dedicata a Salvador Allende. Ma prima è necessario stabilire se si è davvero suicidato o se sia stato ucciso. Hortha affida il compito d’indagare sui fatti allo stesso Ariel Dorfman, che diventa un personaggio nel suo stesso romanzo. L’autore ci racconta la sua storia e allo stesso tempo la storia del Cile negli anni turbolenti in cui Allende trionfò finalmente alla guida di Unidad popular; e, nel mezzo, i dibattiti tesi e aspri tra i giovani quando bisognava scegliere tra lottare nelle campagne elettorali e aderire alla lotta armata. Oggi sappiamo che Allende si è davvero suicidato, come è stato provato da studi forensi, contrariamente alla versione diffusa dal discorso di Fidel Castro all’Avana il 28 settembre 1973, in cui sosteneva che il presidente fosse morto combattendo con il fucile che lui stesso gli aveva regalato. Per la sinistra rivoluzionaria si trattava di una questione ontologica: morte in combattimento o suicidio. E il suicidio non era eroico. Ma questa verità rimane al di fuori del romanzo, che ha bisogno di dubbi, perché la sua dinamica dipende dalle indagini che Ariel deve fare per conto di Hortha. È un thriller che ci permette di conoscere i retro-

JEFF VESPA (WIREIMAGE/GETTY)

Omicidio o suicidio?

Ariel Dorfman scena del colpo di stato e ci introduce ai retroscena della vita di Allende, al dramma della sua caduta e alla tragedia che ne consegue. È anche un’elegia della figura di Allende come eroe morale di una generazione, il medico umanista diventato politico, convinto che il socialismo nel suo paese fosse realizzabile attraverso gli strumenti democratici all’interno della costituzione. Un ideale che, come abbiamo visto, i falchi dell’amministrazione Nixon, guidati dal dottor Kissinger, erano ben lungi dal condividere, così come non lo condividevano né Pinochet né i vertici militari del Cile né la destra, che incitò apertamente al colpo di stato. Il lettore sale e scende diversi piani, entrando e uscendo dai vari scenari: storia patriottica, autobiografia, testimonianza, cronaca, resoconto giornalistico, storia poliziesca. Un dispositivo dell’immaginazione per comprendere gli avvenimenti della storia e imparare a leggere la realtà attraverso la finzione. Sergio Ramírez, El País

Niviaq Korneliussen La valle dei fiori Iperborea

Naoise Dolan La coppia felice Blu Atlantide, 272 pagine, 18 euro ●●●●● Il secondo romanzo della scrittrice dublinese Naoise Dolan è una specie di Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare riscritto per la generazione Z. Mentre l’esordio Tempi eccitanti trattava di un triangolo amoroso, La coppia felice è più un esagono amoroso, con tutte le complicazioni del caso. Celine è una pianista professionista che mette il suo cuore nella musica. Le persone e i sentimenti passano in secondo piano. All’inizio del libro, Celine e Luke sembrano aver deciso di sposarsi. La storia ripercorre l’anno che precede il giorno del matrimonio. La storia è raccontata dalle diverse prospettive di un ampio cast: Celine e Luke, la sorella di Celine, Phoebe, l’ex fidanzato di Luke, Archie, e la vecchia amica nonché ex di Luke, Vivian. Ma Dolan non si limita a loro, muovendosi con disinvoltura tra i punti di vista di personaggi più periferici. È un romanzo divertente, eppure al di sotto della spensieratezza si cela un’analisi del concetto di monogamia e dell’istituzione del matrimonio nel contesto della fluidità sessuale, per non parlare dell’ipocrisia delle unioni in chiesa ancora popolari tra le giovani generazioni laiche. Forse Dolan deve ancora trovare la trama perfetta per la sua deliziosa scrittura, ma intanto con questo secondo romanzo ha fugato ogni dubbio sul suo spettacolare talento, regalandoci qualcosa di leggero, piacevole ed elegante come un macaron francese. Sicuramente farà un salto di qualità. Edel Coffey, The Irish Times

Seth Greenland I risvolti della fortuna Spider & Fish

Camila Sosa Villada Sono una pazza a volere te Sur, 222 pagine, 17,50 euro ●●●●● Il nuovo libro di Camila Sosa Villada, Sono una pazza a volere te, è composto da nove racconti che potrebbero essere divisi in “zone” o climi: infanzia, famiglia, sesso, travestitismo, immaginazione. Sono alcuni dei nodi sensibili che da tempo ispirano l’opera dell’autrice argentina. Nel suo carattere ibrido (ci sono testi del passato e testi del presente, una storia completamente autobiografica e una ricostruzione fittizia ambientata a New York), questa raccolta segna un interessante allontanamento dalla chiave autobiografica adottata nel romanzo precedente, Le cattive. Sosa Villada è un’artista sui generis che sembra aggredire la letteratura da un confine pericoloso, come un esercito che invade una cittadella di notte. Le sue storie sono incentrate su temi con cui la letteratura argentina non è molto a suo agio, come il sesso o il denaro. Un altro elemento importante per Sosa Villada è l’umorismo, anche se molte delle sue storie sono cupe. “Viviamo nell’epoca del politicamente corretto”, spiega l’autrice. “Ci chiediamo continuamente quali sono gli argomenti su cui si può ridere e quali sono quelli su cui non si può. La censura è qualcosa di molto radicato in noi. Ecco perché è bene incontrare persone molto lontane dal proprio universo”. Mariano Vespa, La Nación Melissa Broder Affamata NN editore, 288 pagine, 18 euro ●●●●● Un romanzo sul tema della fame incentrato su una giovane donna con un disturbo alimentare che trova la salvezza

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Cultura

Libri senza aggiunte. Ma Miriam riempie letteralmente la coppetta di Rachel. Non passa molto tempo prima che la nostra eroina abbandoni la dieta e s’innamori perdutamente della commessa e del cibo. Broder presenta la fame di sesso e la fame di cibo di Rachel come due aspetti inestricabilmente legati, se non addirittura intercambiabili. Il romanzo mette coraggiosamente in discussione l’esaltazione femminile della magrezza e il disprezzo per il grasso. E parla di come siamo incatenati alle idee socialmente dominanti. Lucinda Rosenfeld, The New York Times Muriel Barbery Un’ora di fervore Edizioni e/o, 208 pagine, 18 euro ●●●●● Muriel Barbery conosce bene Kyoto, e l’ha già usata per il viaggio iniziatico di Rosa, la giovane botanica francese di Una rosa sola: frutto di una bre-

ve relazione tra una malinconica addetta stampa, Maud, e un mercante d’arte giapponese, Haru, Rose scopriva a Kyoto il testamento di un padre che non aveva mai conosciuto. In Un’ora di fervore ritroviamo questi personaggi, ma in un viaggio diverso. Tutto è invertito: il punto di vista è quello di Haru, a cui è negato il diritto di avvicinarsi alla figlioletta e di vederla crescere, se non attraverso delle foto. Una specie di anamnesi che, dall’infanzia ai suoi ultimi giorni, gli permette di ricomporre il puzzle della sua esistenza. Haru è un “figlio delle montagne” innamorato della bellezza. Dopo aver studiato architettura, ha comprato un edificio in rovina sulle rive del fiume Kamo-Gawa, che attraversa Kyoto, e lo ha trasformato in una “meraviglia di legno e vetro”. Il lascito di Haru a Rose è una visita a questo sito straordinario, accanto ad altri luoghi ricchi di emozioni. Monique Petillon, Le Monde

Non fiction Giuliano Milani

Gli inizi di bell hooks bell hooks Non sono una donna, io. Donne nere e femminismo Tamu, 308 pagine, 18 euro Se oggi nel mondo delle scienze sociali nessuno si stupisce più del fatto che alcuni gruppi subiscono allo stesso tempo due o più diversi tipi di dominazione e che, per questo, vanno studiati è anche merito di questo libro, uscito negli Stati Uniti nel 1981. Primo saggio di bell hooks (19522021), destinata a diventare una delle teoriche e attiviste

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più importanti del femminismo contemporaneo, nasce, come molte riflessioni fondamentali, da un problema. Come l’autrice spiega nell’introduzione, non era facile essere una donna nera nei movimenti che negli anni settanta lottavano per i diritti civili: se invocavi il razzismo ti accusavano di togliere spazio alla lotta delle donne, se invocavi il femminismo, eri tacciata di remare contro la causa afroamericana. Da qui parte una riflessione storica sulla condizione delle nere durante la schiavi-

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tù, sulla formazione di stereotipi che servivano a separarle e distinguerle dalle donne bianche, sulla matrice patriarcale di una parte importante del movimento afroamericano e sulla difficoltà del movimento femminista statunitense di comprendere a fondo il problema del razzismo. Così bell hooks torna, consapevole, alla difficoltà della battaglia delle donne nere che è all’origine della sua ricerca e che le permette di entrare nella storia per imprimerle una nuova direzione. u

Jackie O RANDI CHILDS PHOTOGRAPHY

tra le braccia di una sua coetanea ebrea ortodossa, che lavora in una gelateria. Rachel pianifica e conta ossessivamente le calorie che può consumare fino all’ultimo muffin, poi si costringe a bruciarne 3.500 a settimana in palestra. Con il suo tono spento e la narratrice che cerca di sfuggire a se stessa, il romanzo può ricordare Il mio anno di riposo e oblio di Ottessa Moshfegh. Ma mentre la protagonista di Moshfegh vive per dormire, l’antieroina di Broder vive per mangiare. Il punto di svolta arriva quando la terapeuta di Rachel la incoraggia a tagliare i contatti con la madre che la rimprovera di essere grassa e a usare la creta da modellare per “identificare, in modo visivo e tattile, la discrepanza tra come ti percepisci e come appari effettivamente agli altri”. Entra in scena Miriam, la ragazza lussuriosamente grassa dietro il bancone di Yo!Gurt, dove Rachel va per la sua porzione giornaliera di 500 grammi,

Ronni Diamondstein Jackie and the books she loved Sky Pony Press Biografia illustrata dell’ex first lady statunitense attraverso i libri che ha amato, a cominciare dai racconti di Čechov. Ronni Diamondstein è una giornalista e un’autrice di libri per ragazzi statunitense. Caral Sferrazza Anthony Camera girl Gallery Books Prima del matrimonio con Kennedy, Jacqueline Bouvier (1929-1994) era un’ambiziosa giornalista e fotografa: questo libro ne illustra la formazione. Caral Sferrazza Anthony è un biografo statunitense. Kate Storey White house by the sea Scribner Kate Storey, editor di Rolling Stone, racconta la storia dell’ultimo secolo della famiglia Kennedy attraverso la loro residenza di Hyannis Port, in Massachusetts. Randi Taraborrelli Jackie: public, private, secret St Martins Press Frutto di 25 anni di ricerche e interviste, questa biografia getta nuova luce su vari momenti più o meno noti, compresi i matrimoni con Kennedy e Onassis. Randi Taraborrelli è un biografo statunitense. Maria Sepa usalibri.blogspot.com

29, 30 settembre e 1 ottobre Internazionale a Ferrara è promosso da Internazionale Comune di Ferrara Ferrara feel the festival Regione Emilia-Romagna Università degli studi di Ferrara Fondazione Teatro Comunale Comune di Cento Comune di Portomaggiore Arci Ferrara Progetto Polimero Associazione IF

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Cultura

Libri Ragazzi Un mistero in testa Chimamanda Ngozi Adichie Il foulard della buonanotte Mondadori, 32 pagine, 16 euro Chimamanda Ngozi Adichie, grande scrittrice nigeriana, ha scelto di scrivere (sotto lo pseudonimo di Nwa) la storia di un foulard della buonanotte. Per chi non ha una mamma africana o afrodiscendente questo pezzo di stoffa può risultare un mistero, ma è fondamentale durante il sonno proteggere i riccioli afro, in modo da averli morbidi e soffici. Molte donne nere, che hanno deciso di tenere i loro capelli naturali, la sera usano un fazzoletto o una cuffia leggera, che può essere di seta, di cotone, comunque di un materiale che faccia respirare il cuoio capelluto. La mattina sarà più semplice sistemare i capelli. È da questo foulard che parte e si sviluppa la storia scritta da Nwa. Ci sono una madre, sua figlia Chino e una stoffa verde accesa con grandi cerchi rossi e piccoli cerchi blu. Un foulard molto bello. Mentre la mamma si prepara per uscire, Chino le chiede se può tenerlo tra le mani. Da lì comincia una bella avventura con il foulard. Diventa coperta, mantello magico e tutto quello che viene in mente a Chino. Poi arriva il papà e la bambina gli avvolge la testa riccia. Così il gioco si fa insegnamento sulla cura del corpo. Un album illustrato pieno di colori e conoscenza. Pieno di vita. Igiaba Scego

Ricevuti Fabio Luppino Quei giorni torneranno Santelli, 151 pagine, 12,99 euro Attraverso continui salti temporali, il racconto delle vite di cinque donne, fatte di passioni, ideali, illusioni ed epiloghi amari. David Broder I nipoti di Mussolini Ponte alle Grazie, 384 pagine, 20 euro A ottant’anni dalla fine di Mussolini e del regime i suoi eredi politici sono saldamente al governo. Com’è successo? Un’analisi dei movimenti postfascisti italiani.

Fumetti

Manga e ombre cinesi Rambo Pavone Pamma Coconino press, 232 pagine, 22 euro Folle, iconoclasta quanto maturo, è l’esordio folgorante di un autore romano incentrato su un’invasione aliena e un’adolescente. Ambientato in un futuro e in un luogo imprecisati, trasfigura in un pop psichedelico raffinatissimo l’estetica manga, fondendo l’horror (Suehiro Maruo e Junji Ito), gli ufo robot di Go Nagai o la saga di Godzilla per rivelarci il giocattolo delle finzioni come dell’umanità. La protagonista Pamma, come altri adolescenti afflitta da vessazioni e bullismo, per reazione diviene una sorta di versione al femminile del robottino Astro Boy, infinita saga fantascientifica per ragazzi del re del manga Osamu Tezuka, ma porta in sé qualcosa

d’indefinito, legato al gender. Pamma è un’allegoria allucinata della trasformazione del corpo durante l’adolescenza e dell’incertezza su quello che diverrà. Ma più di tutto sembra la metafora dell’epoca postmoderna, surrogato della grandezza del mondo che fu ma anche una sorta di suo condensato. Perché, per quanto il racconto sia coloratissimo e ludico, è anche profondo. Ogni immagine è tanto perfetta estericamente e forte che si potrebbe isolare in un quadro. E la narrazione impressionistica è veicolo d’immagini inquietanti, di ombre del nostro tempo. Del resto un’ombra, o se si preferisce una silhouette da ombre cinesi, si staglia con nettezza sulla copertina. Un vero racconto alieno, inteso in senso ampio. Francesco Boille

Martha C. Nussbaum Giustizia per gli animali Il Mulino, 432 pagine, 36 euro Gli esseri umani infliggono agli animali danni ingiusti: allevamenti intensivi, sperimentazioni, distruzione degli ambienti naturali. Questo saggio solleva una questione etica che non possiamo più rimandare. Jean-Loup Amselle L’invenzione del Sahel Meltemi, 174 pagine, 16 euro Secondo l’antropologo francese, a una categoria geografica è stata associata una questione sociale e politica del tutto arbitraria. Il Sahel è una creazione del colonialismo francese. Daisy Letourneur Uomini non si nasce Fandango libri, 276 pagine, 19 euro L’autrice si cimenta nel difficile compito di affrontare la mascolinità dalla prospettiva femminista di una donna trans.

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Cultura

Suoni Podcast Un mare di spie

Dalla Francia

Merle Baeré e Frederik Hugo Ledegaard Thim Cold front DR Nel 2021 due giornalisti svedes, Ali e Maria, entrano in contatto con una fonte che sarebbe disposta a consegnare una lista di nomi di spie russe infiltrate nel governo di Stoccolma. Più o meno nello stesso periodo, un gruppo di giornalisti norvegesi comincia a investigare sull’insolito traffico di barche da pesca nel Mare del nord. E scoprono che qualche mese prima due cavi di rete che passano sul fondale, uno dei quali era usato per trasmettere informazioni segrete tra i paesi del nord, erano stati tagliati. È passato più di un anno dall’invasione Russa dell’Ucraina e inchieste giornalistiche come queste sono diventate molto frequenti nei paesi vicini all’area di influenza dell’ex Unione Sovietica. Alle squadre di reporter svedese e norvegese si sono aggiunte presto anche quella finlandese e quella danese, in una serie di eventi che ha portato alcuni di loro a inseguire in mare aperto un motoscafo guidato da spie russe, mentre alcuni cecchini provavano a colpirli con un fucile. Questo lavoro d’inchiesta sullo spionaggio e la disinformazione russa, coordinato dalla radio pubblica danese e splendidamente narrato dalla voce di Tim Hinman, si allontana dalle velleità del mondo dei podcast per ridare il giusto valore al servizio pubblico. Vincitore, tra gli altri, del miglior podcast d’inchiesta ai DIG award di Modena. Jonathan Zenti

Il rapper MHD dovrà andare in carcere dopo un processo durato anni

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Il 23 settembre la corte d’assise di Parigi ha condannato il rapper francese MHD, il cui vero nome è Mohamed Sylla, a dodici anni di carcere per l’omicidio di un ragazzo nell’ambito di un regolamento di conti tra bande rivali. I fatti risalgono alla notte tra il 5 e il 6 gennaio 2018. Il ragazzo, che si chiamava Loïc K. e aveva 23 anni, era stato investito con un’auto nel 10° arrondissement della capitale francese e poi aggredito e accoltellato da un gruppo di persone. L’auto era stata ritrovata il giorno dopo, bruciata, in un parcheggio. MHD si di-

A. JOCARD (AFP/GETTY)

Condannato per omicidio

MHD chiara innocente, ma il suo dna è stato rilevato su un coltello trovato nei pressi della scena del crimine e diversi testimoni sostengono di averlo riconosciuto quella sera. I suoi avvocati non hanno voluto rilasciare dichiarazioni. I condannati hanno dieci giorni per ricorrere in appello. Il

rapper, nato da genitori originari della Guinea e del Senegal nel 19° arrondissement parigino, è stato il pioniere dell’afro-trap, un genere che mescola hip-hop e tradizioni africane. È diventato famoso a partire dal 2015 con brani come Afro trap part 3 (Champions League) e Afro trap part 10 (Moula gang). Il ventinovenne era stato accusato di omicidio nel gennaio del 2019 e messo in carcere. Era stato rilasciato dopo un anno e mezzo mentre le indagini proseguivano e aveva pubblicato un nuovo album, Mansa. Aveva avuto successo anche all’estero, conquistando l’ammirazione di star globali come Drake e Madonna. Le Monde

Canzoni Claudia Durastanti

La partenza di Seydou Il rischio di trascurare la colonna sonora di Io capitano c’è, e sarebbe un errore. Il nuovo film di Matteo Garrone, esempio di cinema civile che in diversi momenti non rinuncia alla ricerca del bello, è imbrigliato in una serie di cornici formali che s’influenzano a vicenda. Ci sono la parabola, il road movie, l’avventura, la linea d’ombra, Conrad e Pinocchio, in una girandola di messaggi e ipotesi di vita per i giovani protagonisti capace di mettere in moto una grande macchina didascalica proprio per dissolvere sia la didascalia sia

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la retorica. All’interno di questa macchina c’è il rischio di dimenticare uno dei moventi principali nella partenza di Seydou, e cioè scrivere pezzi e fare musica (ed eventualmente firmare autografi). In realtà, già a partire dal trailer, si capiva che la cantilena fantasmatica di Seydou Sarr – l’attore che interpreta il protagonista, vincitore del premio Mastroianni e voce di molti brani della colonna sonora – è una chiave centrale per comprendere il tono del film, reso perfettamente dalle orchestrazioni del compositore

Andrea Farri. È il tono di un’oscurità accecante, che si alterna ai ritmi ludici e festaioli di brani come Senegal e Baby e a quelli appunto da road movie come in Albala del chitarrista maliano Samba Touré, passando dalla presenza estemporanea di Franco Ricciardi sui telefonini con la sua “Leyla, habiba, bella comm’a sta città”. L’equilibrio tra tutti questi elementi è un ulteriore accento sulla forza popolare del film, un assalto alla mestizia di chi vorrebbe che certi viaggiatori oltre a essere senza scarpe, fossero anche senza musica. u

Pop Scelti da Giovanni Ansaldo

Róisín Murphy Hit parade Ninja Tune

Mitski The land is inhospitable and so are we Dead Oceans Wilco

Doja Cat Scarlet Rca ●●●●● L’album senza ospiti di Doja Cat vorrebbe dirne quattro a chiunque ha sostenuto che lei non è davvero una rapper. Scarlet afferma l’abilità di Doja nel rappare e il suo diritto di avere molti talenti. Ma è un album ripetitivo, che abbina interpretazioni non sorprendenti dell’hip-hop tradizionale con risposte taglienti agli insulti ricevuti negli ultimi mesi, anche dai suoi fan. Concettualmente, l’album è a metà strada tra Anger management di Rico Nasty e Reputation di Taylor Swift, come se la sua autrice avesse sempre qualcosa da dimostrare. Dopo le iniziali Paint the town red e Demons, Scarlet è un purgatorio di canzoni dal ritmo simile che suonano come echi progressivamente meno profondi dell’orgoglio e della spavalderia dei già citati singoli. La performance vocale di Doja Cat è dinamica, ma la sua scrittura rende i pezzi poco più che degli insulti da parco giochi. La già citata Paint the town red è un meritato successo di Halloween e il ghigno con cui Doja Cat dice “preferirei essere famosa”

fa pensare all’Eminem dell’era Slim Shady. Ma le tinte horrorcore che tanto avrebbero fatto bene a questo disco finiscono lì. Scarlet dovrebbe essere un manicomio, e invece è come un viaggio nella sala d’attesa della clinica dell’hip-hop. Anna Gaca, Pitchfork Giuliano Carmignola Vivaldi: Le quattro stagioni e altri concerti per violino Giuliano Carmignola, violino; Venice Baroque Orchestra, direttore: Andrea Marcon Sony Classical ●●●●● No, probabilmente il mondo non ha bisogno di un altro disco delle Quattro stagioni di

Vivaldi. Però forse possiamo aggiungerne uno: questo. È un po’ come un parente che ti sta simpatico e, anche se lo vedi solo una volta all’anno, quando c’è è sempre divertente. In questo cd c’è più di un’ora di grande divertimento e anche di entusiasmo, perché insieme ad alcune delle opere più familiari di Vivaldi ce ne sono altre mai registrate prima. Arrivo a dire che sono le Quattro stagioni più impressionanti che ci siano su disco. Provate il Presto dell’Estate: non avete mai sentito le sue scale suonate con una furia così abbagliante e una velocità tanto vertiginosa. Oppure l’Allegro di apertura dell’Inverno: vi verranno i brividi anche se fuori ci sono quaranta gradi. Se siete come me e vi siete chiesti dove sono i grandi strumentisti ad arco italiani – i discendenti di coloro che suonarono e composero gran parte della musica che è ancora parte del repertorio standard, quelli che hanno inventato le forme emulate da tutto il resto d’Europa – basta ascoltare Giuliano Carmignola e i suoi colleghi. Non si limitano a suonare questa musica, la possiedono. David Vernier, ClassicsToday Doja Cat

ARTURO HOLMES (WIREIMAGE/GETTY)

Wilco Cousin dBpm Records ●●●●● Fare qualcosa di diverso dopo quasi trent’anni di carriera non è mai facile. Ma con l’aiuto di un nuovo produttore con una nuova prospettiva su quello che potrebbe essere il loro suono, gli statunitensi Wilco si sono avventurati in acque ghiacciate per il loro tredicesimo album in studio. Spinto dalle idee della produttrice e cantautrice gallese Cate Le Bon, capace di trovare un punto d’incontro con la poetica malinconia del leader della band Jeff Tweedy, il suono del gruppo si è decisamente rinnovato. L’album si apre con un torbido suono di chitarra prima che Tweedy emerga dalla nebbia: in Infinite surprise la band viene gettata tra acque tranquille e formicolii di dissonanza. La maggior parte del disco è pensata per costruire progressivamente tensione, con una lenta salita verso il climax del brano che dà il titolo al lavoro ed è il centro tonale di tutto: Cousin è un teso tira e molla che riflette sull’identità individuale, mentre Tweedy canta “Sei mio cugino / mio cugino / sono te”. La batteria di Glenn Kotche è confinata e lasciata libera solo nei momenti più rari. Dopo aver lottato contro la solitudine e l’alienazione, Tweedy ci lascia con un pizzico di ottimismo nella conclusiva Meant to be. Se Cruel country del 2022 era un cenno alle radici country della band, Cousin rappresenta un allontanamento da quelle origini in favore di nuovi lidi sonori. Clay Geddert, Exclaim

ANNABEL MEHRAN

Album

dadá Joãozinho tds bem Global Innovative leisure

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INSERZIONE PUBBLICITARIA

TURISANDA: VIAGGI UNICI PER SCOPRIRE LA BELLEZZA DEL MONDO Scoprire ogni angolo di mondo attraverso viaggi esclusivi, per realizzare ogni volta un sogno diverso. È questo l’obiettivo di Turisanda, brand di viaggi che il prossimo anno compirà cento anni. Un lungo percorso che, dal 1924, ha accompagnato alla ricerca della bellezza, mostrandoai viaggiatori paradisi e realizzando itinerari volti al rispetto e all’autenticità. Del resto, Turisanda non propone mete, ma stili di viaggio a immagine e somiglianza di coloro che scelgono di partire per trovare se stessi, vivere un’emozione, un’esperienza o un incontro, per scoprire un mondo che racchiude moltitudini e meraviglie indescrivibili a parole, ma che Turisanda ama e conosce alla perfezione. Molto più di un luogo o di un tour, partire è un itinerario nell’anima, per scoprire un po’ di sé a ogni passo. Un team di oltre mille professionisti e Travel Designer che disegnano viaggi nati dalla profonda conoscenza di luoghi e persone, esperienze e tradizioni, in un mosaico di proposte fuori dall’ordinario. Con un unico scopo: incoraggiare e assecondare la vostra curiosità per il mondo e fare in modo che il vostro tempo libero sia perfetto. Diversi stili di viaggio, da scegliere e combinare in totale libertà: i migliori hotel e resort per un soggiorno in grandi città e in piccoli paradisi terrestri o marini, da vivere in modo originale; ad esempio svegliandosi in eleganti alberghi di ghiaccio o chiudendo gli occhi sotto le stelle nel cuore di un canyon.

Esclusivo glamping nel cuore del deserto di Wahiba Sands

Luxury resort sulla sommità delle Al Hajar Mountains

L’unicità delle proposte di Turisanda trova il suo apice nei viaggi itineranti, di gruppo, privati, accompagnati da guide esperte o in autonomia, per esempio al volante di un’auto per vivere un sogno on the road. Percorsi che vanno oltre le strade più battute, per connettersi realmente ai luoghi, invece di vederli solamente. Da non perdere anche la collezione di itinerari Sensibility firmata Made by Turisanda: viaggi sostenibili, tra culture ricche di storia ed ecosistemi preziosi. Non solo attività o location a basso impatto ambientale, ma un approccio consapevole alla vacanza volto alla tutela delle popolazioni locali e alla salvaguardia delle ricchezze naturali. Intimo boutique resort nell’atollo di Ari Sud

INSERZIONE PUBBLICITARIA

SUGGESTIONI DI VIAGGIO il Tour “Voyager Desert”: un incredibile incontro con l’Oman in un susseguirsi emozionante di oasi lussureggianti, acque cristalline, forti medioevali e spiagge bianchissime, per conoscere le bellezze naturali del paese ma anche venire a contatto con usi e costumi tradizionali millenari. Un itinerario inusuale che saprà regalare esperienze indimenticabili con soggiorni in due location da sogno. Un lussuoso glamping situato nel cuore del deserto di Wahiba, per dormire sotto il cielo stellato del deserto omanita. E poi l’Anantara Al Jabal Al Akhdar, un rifugio tranquillo e isolato, in vetta alla Montagna Verde. Ad attendervi una cena gourmet sulla piattaforma sospesa sul bordo del canyon dalla quale la Principessa Diana si affacciò per godere del paesaggio nel 1986. Spostandoci alle Maldive, Turisanda suggerisce il Drift Thelu Veliga Retreat, piccolo resort eco-chic per soli adulti, incastonato nell’atollo di Ari Sud. Per un’esperienza intima e raccolta in un paradiso esotico da vivere rigorosamente a piedi scalzi.

Pop Quando ero in America Werner Herzog ventun anni avevo già girato due mente molto povera. Ma per altre ragioni, la città mi corti e mi sentivo fermamente diventò cara e si rivelò importante. pronto ad affrontare un lungomeAll’inizio degli anni sessanta non ci si spostava in traggio. Ma a quell’epoca era imaereo così di frequente come oggi e avevo ottenuto pensabile che a un giovane fosse una borsa di studio supplementare per un viaggio affidato un film importante. gratuito in nave. Mi imbarcai sulla Bremen, la stessa Sapevo che, in quel momento, non c’era sperannave su cui, l’anno precedente, prima di trasferirsi a za, così accettai l’offerta di una borsa di studio negli Las Vegas, gli illusionisti Siegfried e Roy avevano laStati Uniti, non dovetti quasi nemmeno presentare vorato come camerieri, intrattenendo i passeggeri la domanda. La commissione era sorpresa che vocon i loro giochi di prestigio. Su quella nave incontrai lessi andare in un’università dove c’era uno studio la mia prima moglie, Martje. Ci furono tempeste per cinematografico, in modo da poter lavorare subito una settimana e nel giro di due giorni la sala da pranmentre continuavo a seguire le lezioni. zo per ottocento passeggeri si svuotò. Sarei potuto andare nelle università Pittsburgh non fu Tutti avevano il mal di mare. Lei stava più prestigiose, ma scelsi Pittsburgh una buona scelta. andando nel Wisconsin dove avrebbe perché ero attratto dall’idea sentimen- L’industria studiato letteratura. Il mare mosso non tale che lì non avrei avuto a che fare siderurgica era in le dava fastidio e quando passammo con inutili chiacchiere accademiche, rapido declino e la davanti alla Statua della libertà eravama avrei incontrato delle persone vere. Duquesne mo talmente assorti in una partita di Pittsburgh era la città degli operai side- university era shuffleboard che ci lasciò del tutto indifrurgici, ai quali mi sentivo vicino perferenti. Una volta che lei terminò i suoi un’istituzione ché avevo lavorato in un’acciaieria. studi a Friburgo, ci sposammo. culturalmente A ventun anni scrissi nel giro di poMartje è la madre del mio primo fiche settimane la sceneggiatura Feuer- molto povera glio, Rudolph, che porta i nomi di tre zeichen e la presentai in concorso al persone importanti nella mia vita: premio Carl Mayer, che doveva il nome allo scenegRudolph, Amos, Achmed. giatore di famosi film muti come Il gabinetto del dotRudolph era il nome di mio nonno. Ero sempre tor Caligari e L’ultima risata. Pochi mesi dopo, quanstato convinto che il suo nome terminasse con ph, do avevo appena compiuto 22 anni, vinsi il premio. ma è stato proprio quando, per la stesura di queste Visto che l’anno precedente non era stato assegnamie memorie, ho guardato con più attenzione i doto, ricevetti l’equivalente di due premi, cioè diecimicumenti della mia famiglia che mi sono accorto che la marchi. invece si chiamava Rudolf con la f. Al concorso avevano partecipato registi affermaAmos è un omaggio all’autore, direttore di festiti e molti giovani emergenti, ricordo che c’era anche val e distributore cinematografico Amos Vogel che, Volker Schlöndorff con il suo I turbamenti del giovacome Lotte Eisner, è stato per me un vero mentore. ne Törless. In seguito, quel premio si dimostrò un Ricordo che, dopo circa tre anni di matrimonio, mi argomento importante di fronte ai produttori che prese in disparte e mi chiese se c’era qualcosa che dovevano decidere quali progetti finanziare: potevo non andava nella relazione con Martje. “No”, gli rifar valere il fatto che la mia sceneggiatura aveva susposi, “è tutto a posto”. “E allora perché non avete perato tutti gli altri concorrenti e che avevo già reafigli?”, mi domandò senza tanti giri di parole. Ma sì, lizzato alcuni film, cosa che altri candidati non potepensai, perché no, e così Amos, che era scappato da vano vantare. Vienna nelle condizioni più disperate per sfuggire ai Per quanto riguarda Pittsburgh, devo dire che nazisti, diventò una specie di padre ombra. non fu una buona scelta. L’industria siderurgica era Achmed è invece il nome dell’ultimo dipendente quasi inesistente, era in rapido declino, le acciaierie di mio nonno, aveva cominciato a lavorare per lui erano chiuse e stavano facendo la ruggine, e la Duquando era ancora un ragazzo. La prima volta che quesne university, che aveva uno studio cinematoandai a Kos, quando avevo quindici anni, lo rintracgrafico, in quegli anni era un’istituzione culturalciai e mi presentai come il nipote di “Rodolfo”. Ach-

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WERNER HERZOG

è un regista cinematografico e teatrale tedesco. Questo articolo è un estratto dalla sua autobiografia, Ognuno per sé e Dio contro tutti (Feltrinelli 2023). © 2023 Carl Hanser Verlag GmbH & Co. KG, München. Per gentile concessione di Berla & Griffini Rights Agency.

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PIERLUIGI LONGO

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Pop med si mise a piangere, poi aprì tutti gli armadi, tutti i cassetti, tutte le finestre e le porte e mi disse: “Tutto questo ora è tuo!”. Apparteneva alla minoranza turca. Rimase sull’isola, che nel frattempo, dopo il crollo dell’impero ottomano, era diventata greca. Lavorava come custode degli scavi dell’Asclepieion, dove ogni giorno sopportava in silenzio un vero e proprio supplizio. Quando stendeva il suo tappeto per la preghiera, i bambini gli lanciavano delle pietre urlando: “Achmed, Achmed!”. Nonostante ciò, lui continuava a pregare, senza mai lamentarsi.

Storie vere La prima figlia di Sauhry Turner, Jasmine, è nata il 3 settembre del 2020 all’AdventHealth Ocala, in Florida, Stati Uniti. La seconda, Jessica, è nata nello stesso ospedale il 3 settembre 2021. La terza, Juliet, il 3 settembre 2023. Sono stati tre parti naturali e senza nessun intervento medico. “È decisamente il nostro giorno fortunato!”, ha commentato il padre delle bambine, Jeremy. Secondo Roger Heath-Brown, professore emerito di matematica pura all’università di Oxford, nel Regno Unito, le probabilità che tre fratelli o sorelle festeggino il compleanno lo stesso giorno sono una su 48.627.125. I genitori hanno deciso che le bambine faranno sempre una grande festa insieme e avranno tre regali diversi, ma non hanno ancora deciso per la torta.

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A Pittsburgh capii fin dai primi giorni che quello non era il mio posto, e dopo una settimana mi fu chiaro che non sarei potuto restare. È vero che c’era uno studio cinematografico, ma era allestito come per un telegiornale, con una scrivania per l’annunciatore circondata da tre telecamere enormi. Sul soffitto dello studio erano fissati dei faretti vecchio stile che non avevamo il permesso di togliere o spostare. Rinunciare immediatamente all’università, però, significava perdere il visto, quindi dover lasciare gli Stati Uniti. Rimasi iscritto, ma lasciai il mio alloggio. Alla Duquesne c’era un piccolo gruppo di giovani scrittori che ruotava intorno a una rivista dove pubblicai il mio primo racconto. A volte mi capitava di dormire sul pavimento della biblioteca, ma alle sei del mattino arrivavano gli addetti alle pulizie e mi scoprivano. Facevo la spola tra i divani di persone che avevo conosciuto di sfuggita e quello di un professore che a più di quarant’anni era ancora succube della madre, che gli proibiva di frequentare le studenti, ma probabilmente le donne in generale. Dalla finestra di casa sua vedevo alberi scuri e scoiattoli che avevano un aspetto confortante. C’era qualcosa di rassicurante anche nei versi degli uccelli a me sconosciuti, così come nel gioco che i raggi di luce facevano attraverso la fitta chioma degli alberi. Allora, nella mia mente si formavano delle immagini. La svolta arrivò da un fatto del tutto casuale. La zona dove avevo provvisoriamente preso alloggio si trovava sulle colline un po’ fuori Pittsburgh, nella circoscrizione di Fox Chapel. Prendevo per una ventina di chilometri l’autobus che si fermava a Dorseyville. Da lì, percorrevo a piedi una strada di campagna e dopo aver attraversato un bosco di latifoglie, arrivavo fino alla collina. In quel tratto, mi capitava spesso di essere superato da un’auto piena di giovani guidata da una donna. Un giorno cominciò a piovere e io stavo camminando senza ombrello; la macchina si fermò accanto a me e la donna abbassò il finestrino, dicendo che non era proprio il tempo migliore per andarsene in giro a piedi e che, se volevo, poteva darmi un passaggio. In macchina erano solo due minuti, 120 secondi. Mi chiese da dove venivo. “Dalla Germania, sono un crucco”, risposi, facendo ridere tutti. Voleva sapere dove abitavo e in poche parole spiegai la mia situazione. Oh, disse allora la donna, è lì che stavo. Conoscevano il professore, era uno un po’ strambo,

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anzi, peggio, “un pazzoide, uno schizzato”. Senza esitare, mi disse che di sicuro sarei stato molto meglio da loro, dove c’era ancora spazio nella soffitta. La casa era a circa trecento metri da quella del professore. In un minuto diventai un componente della famiglia, come se ne avessi sempre fatto parte. La donna si chiamava Evelyn Franklin. Aveva sei figli, tra i diciassette e i 27 anni, e spiegò che proprio in quel momento un settimo figlio sarebbe stato utile alla famiglia, visto che la figlia maggiore si era sposata ed era l’unica a essersi trasferita: la troupe era incompleta. Il marito era morto alcolizzato e per Evelyn gli anni passati insieme a lui dovevano essere stati un lungo calvario. Succedeva di rado che lo citasse e quando ne parlava lo chiamava sempre Mr. Franklin. Le più giovani erano due gemelle, Jeannie e Joanie, poi c’era Billy, un musicista rock fallito, altri due fratelli, uno dei quali un po’ noioso e affettato, e infine un altro fratello, di 25 anni, un tipo lento ma molto buono. Da bambino era caduto da un’auto in corsa. Al gruppo si aggiungevano la nonna novantenne e un cocker spaniel, Benjamin, o Benjamin Franklin. Mi sistemarono in soffitta, dove, oltre a un letto che nessuno usava più, c’erano solo cianfrusaglie. Il tetto era molto spiovente e potevo stare in piedi solo al centro della stanza, dove passava la linea di colmo. Mi immersi subito in quella follia quotidiana. Evelyn, che lavorava come segretaria per una compagnia di assicurazioni, faceva ogni giorno la pendolare tra la casa e la città. Le gemelle tornavano dalla scuola a Fox Chapel nel pomeriggio, portando spesso delle compagne a casa. La nonna, a partire dalle otto del mattino, cercava di svegliare Billy, che di solito rimaneva a suonare in un bar fino alle tre di notte. Ogni mezz’ora, picchiava sulla sua porta chiusa a chiave e provava ad allontanarlo dal suo stile di vita peccaminoso citando frasi dalla Bibbia. Il cane, che era legato a Billy in una sorta di simbiosi amorosa, se ne stava accucciato pazientemente davanti alla porta. Solo nel pomeriggio il ragazzo faceva la sua comparsa, stiracchiandosi di gusto, completamente nudo. La nonna scappava e Billy, battendosi il petto, deplorava a voce alta e con toni da Vecchio testamento la sua vita peccaminosa. Ai suoi lamenti Benjamin Franklin, che non si era mosso da lì, guaiva ma conoscendo il rituale scalciava con le zampe posteriori. Passando poi a un linguaggio canino che si era completamente inventato, Billy prendeva per le zampe il cane e lo trascinava giù per le scale, esattamente come Christopher Robin fa con Winnie the Pooh. Si fermava un attimo su ognuno dei gradini coperti da una moquette da quattro soldi per condannare ulteriormente, sempre in linguaggio canino, la sua vita viziosa. Al piano di sotto, nel soggiorno, vedendo il ragazzo nudo che inseguiva la nonna, le gemelle e le loro amiche scappavano urlando. Lui intanto continuava a elencare i suoi peccati, a metà tra un profeta biblico e un cocker. Non era affatto insolito, in questo clima di caotica creatività, che le gemelle m’inseguissero con un’ac-

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qua di colonia piuttosto scadente comprata da Wool­ worth e me la spruzzassero addosso. Erano molto fantasiose al riguardo. Un giorno, accorgendomi che mi stavano facendo un’imboscata vicino alla porta del garage, m’intrufolai nel bagno del piano superio­ re con l’idea di saltare dalla finestra che dava sul ga­ rage e di attaccarle improvvisamente alle spalle con la schiuma da barba. Fuori aveva nevicato, la neve non era molto alta ma mi sembrava sufficiente per attutire il salto. In realtà, atterrai sulle scale di ce­ mento che portavano al garage. Il rumore che fece la mia caviglia fu talmente forte che mi s’impresse per sempre nella mente, sembrava quello di un ramo quando si spezza dopo essere stato calpestato. Mi dovettero operare e ingessare fino all’anca. Solo do­ po cinque settimane mi misero un gesso che arrivava fino al ginocchio. Volevo bene ai Franklin. Con loro scoprii la parte migliore dell’America. Più tardi li invitai a Monaco e li portai a Sachrang per una festa di paese. Abbracci, birre, grida di gioia. Andai con loro anche sul Geigel­ stein. Ma negli anni il rapporto diventò più difficile perché tutta la famiglia, compreso Billy, si era data al fondamentalismo religioso. Inoltre, erano tutti in­ grassati così tanto che quasi non li riconoscevo. Quando nel 2012 ho interpretato il ruolo del catti­ vo nel film d’azione hollywoodiano Jack Reacher - La prova decisiva – mi avevano voluto sia il regista Chri­ stopher McQuarrie sia l’attore principale Tom Crui­ se – le riprese erano proprio a Pittsburgh. Ma non sono riuscito a trovare i Franklin. Sono andato in macchina fino a Fox Chapel, dove ormai quasi tutto era cambiato, ovunque nuovi edifici, era molto de­ primente. Però ho trovato la casa. Era come me la ricordavo, il prato, i vecchi alberi di latifoglie, solo la stradina di cemento che portava al garage era coper­ ta da un cumulo di terra, con sopra dei cespugli orna­ mentali. Non c’era nessuno, allora ho bussato dai

vicini. Mi sono trovato davanti una coppia di anziani, che mi ha detto che nel frattempo la casa aveva avuto diversi proprietari. Sapevo già che Evelyn Franklin era morta. Due anni dopo avrei saputo della morte di Billy, che era stato per me come un fratello, un fratel­ lo della cui esistenza non avevo saputo nulla fino al giorno in cui lo conobbi. Per riconoscerlo erano ba­ stati pochi secondi. Quando vivevo con loro, le gemelle e le loro amiche erano al settimo cielo per il concerto di una nuova band britannica alla Civic arena. Erano i Rolling Sto­ nes. Tutti quei gruppi musicali e l’intera cultura pop mi erano rimasti abbastanza indifferenti, con l’ecce­ zione di Elvis. Ero stato a Monaco a vedere il suo pri­ mo film. Ricordo che intorno a me alcuni ragazzi avevano cominciato con molta calma e metodo a staccare le poltrone dai loro fissaggi. Era dovuta in­ tervenire la polizia. Al concerto di Pittsburgh, le gemelle tenevano in mano dei cartelli con il nome del loro idolo Brian Jones, che di lì a poco sarebbe annegato nella sua pi­ scina. Ricordo ancora con stupore il subbuglio e le urla delle ragazze. Quando il concerto finì, molti dei sedili di plastica erano fumanti di urina: a quanto pa­ re le ragazze si erano pisciate addosso. Capii che quella band sarebbe diventata molto famosa. Molto più tardi, in Fitzcarraldo, Mick Jagger avrebbe dovuto recitare accanto a Jason Robards, ma le riprese del film furono interrotte a metà perché Robards si ammalò. Allora ricominciai da zero, que­ sta volta con Klaus Kinski: avrei avuto Jagger a dispo­ sizione solo per tre settimane, poi sarebbe stato in tour con i Rolling Stones. Mick Jagger era così straor­ dinario, così unico, che non volevo sostituirlo e così cancellai le sue scene dalla sceneggiatura. Nel film gli avevo affidato la parte di Wilbur, un attore inglese che, dopo essere impazzito, si ritrova nella foresta Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Pop

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amazzonica. In un certo senso, all’origine di quel personaggio c’era il nudo Billy Franklin di Pitts­ burgh. Il cane Benjamin Franklin fu sostituito da una timida scimmia di nome McNamara. Trovai impiego da un produttore che lavorava per il canale Wqed di Pittsburgh. Il suo nome era Matt von Brauchitsch. Non dissi che non avevo il visto per la­ voratori. Su incarico della Nasa, von Brauchitsch stava realizzando diversi documentari su tecniche futuristiche di propulsione. Non avevo referenze e in fondo neanche una vera e propria formazione nel mestiere, ma fin dall’inizio lui sembrava convinto delle mie capacità. Questo ottimismo pragmatico è un aspetto degli Stati Uniti che ammiro ancor oggi. Il documentario che dovevo sviluppare io si concen­ trava sulle prime ricerche per i razzi al plasma, con­ dotte principalmente a Cleveland, in Ohio. In parole povere, bisognava usare come propulsore il plasma bollente, che avrebbe fuso all’istante tutti i conteni­ tori fatti di materiali solidi; per questo si stavano conducendo esperimenti su contenitori non mate­ riali, cioè campi magnetici estremamente resistenti. Mi ero comprato una Volkswagen arrugginita e con quel mezzo sgangherato facevo su e giù tra Pitts­ burgh a Cleveland. Quel periodo poi è stato raccon­ tato in modo molto esagerato. Dicevano che avevo girato dei film per la Nasa, che avevo lavorato per loro come ricercatore, che avevo rinunciato a quella carriera e alla possibilità di diventare astronauta per darmi al cinema. Tutte invenzioni che non mi distur­ bano. Non mi danno fastidio perché so chi sono. Ci sono cose sulle quali la memoria modella se stessa, si rende indipendente, assume forme nuove, si sten­ de come un velo leggero sul sonnambulo. Comunque, un giorno ricevetti una convocazio­ ne dai funzionari dell’ufficio immigrazione, che mi chiedevano di presentarmi immediatamente da loro

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portando con me il passaporto. Sapevo cosa signifi­ cava: dato che avevo violato le regole in materia di visti, sarei stato espulso e rispedito in Germania. A Pittsburgh mi comprai subito un dizionario di spa­ gnolo e partii. Guidai fino in Texas senza quasi mai fermarmi e attraversai il confine a Laredo. Quando fui nella terra di nessuno, sul ponte che attraversava il Rio Grande, sentii un rumore al cambio, come se gli Stati Uniti non volessero lasciarmi andare e il Messico non fosse pronto ad accogliermi. Spinsi l’auto finché trovai qualcuno che me la riparò. Dopo due giorni ripresi il viaggio abbandonandomi all’i­ gnoto. All’inizio mi fermai a Guanajuato, ma ripartii dopo qualche settimana, quando un toro mi schiac­ ciò la gamba ancora dolorante contro un muro. Per tirare avanti, avevo bisogno di soldi. E così cominciai a lavorare per alcuni ricchi rancheros, i grandi proprietari terrieri messicani. Il mio lavoro consisteva nel contrabbandare stereo e televisori dagli Stati Uniti perché, a causa dei dazi doganali, in Messico erano molto più costosi. Potevo farlo perché c’era un varco nel confine tra le città di Reynosa, in Messico, e McAllen, in Texas. Lì, i frontalieri passa­ vano di mattina per andare a lavorare in Texas e la sera tornavano a casa. Al confine, sulla strada che si apriva a ventaglio, c’erano tre corsie riservate solo a loro. Le loro auto si riconoscevano da lontano per gli speciali adesivi che avevano sul parabrezza. E la mia macchina scassata sembrava perfetta per lo scopo. Per vie traverse riuscii a procurarmi una targa messi­ cana e un adesivo. E la mia macchina scassata sem­ brava perfetta per lo scopo. La mattina presto, gli agenti di frontiera statunitensi mi facevano passare senza problemi sulle corsie speciali insieme ad altre migliaia di auto. Per me, l’unica cosa importante era raggiungere in fretta McAllen, prima che il visto su­ scitasse sospetti. Al ritorno, gli agenti messicani non controllavano nulla.

Poi mi trasferii a San Miguel de Allende, una bella cittadina coloniale che oggi è completamente rovinata. Allora, durante le mie escursioni, scoprii le mummie di Guanajuato, che a quel tempo erano ancora disposte in lunghe file, appoggiate al muro. Nosferatu, che girai dodici anni dopo, comincia con una lunga sequenza di queste mummie. Allora le mummie erano esposte in un museo. Solo di notte, di nascosto, ci fu permesso di toglierle dalle loro prigioni di vetro e appoggiarle al muro. Avevo un progetto cinematografico, Segni di vita, che andava avanti. Ma quando mi trovai nella parte più meridionale del Messico, al confine con il Guatemala, mi ammalai. Era epatite, anche se ancora non lo sapevo. Io però volevo andare in Guatemala e trovai un punto del fiume a poche centinaia di metri dalla stazione di confine, che mi sembrava attraversabile. Misi un vecchio pallone da calcio di gomma, che avevo trovato, in una borsa per la spesa così da avere un supporto, una sorta di salvagente, e avanzai tenendo attentamente il bagaglio sulla testa. Sentivo però che qualcosa non andava. Fu allora che notai, proprio di fronte a me, sulla riva opposta, due soldati giovanissimi che se ne stavano fermi, indecisi con i loro fucili in mano. Erano usciti dalla giungla e ridacchiavano imbarazzati. Feci un cauto gesto di saluto con la mano e tornai indietro nuotando molto lentamente. In realtà, dentro di me ero contento di non essere riuscito ad attraversare la frontiera. Sentivo che c’era qualcosa che non andava. Stavo malissimo e avevo la febbre. Tornai di corsa verso il Texas, questa volta senza targa falsa e senza adesivo sul parabrezza. Davo per scontato che con il mio visto di studente mi avrebbero fatto rientrare negli Stati Uniti. Al confine mi chiesero cosa avessi fatto in Messico. Quando dichiarai di esserci andato per un breve viaggio di ricerca, mi fecero passare. Da quel momento in poi

Poesia

SELÎM TEMO

Lo spaventapasseri tra i sesami la mia anima è il vento la mia spina dorsale una croce latina i passeri mi sdegnano a nessuno si leva il mio sciatto cappello solo io fra i sesami derelitto, nel suolo confitto; morti i vicini nessuno a farmi visita solo stormire del tempo e il mio vuoto

è uno scrittore, traduttore e studioso curdo nato a Batman, in Turchia, nel 1972. Per aver difeso i diritti politici del popolo curdo, è stato rimosso dal suo incarico all’università Artuklu di Mardin. Oggi vive a Parigi. Questo testo è tratto dalla raccolta Pûnga li bajêr (“La mentuccia di città”, Dara yay 2021). Traduzione dal curdo di Francesco Marilungo.

la notte appartiene a se stessa il giorno a tutti al fuoco non c’è scampo Selîm Temo

fu tutto come un’allucinazione. Continuai a guidare giorno e notte, fermandomi solo per delle soste di poche ore, durante le quali appoggiavo la testa sudata sul sedile accanto. Raggiunsi Pittsburgh. I Franklin mi portarono all’ospedale, dove rimasi per due settimane. Quando il clan tornò a prendermi avevo recuperato le forze, e un paio di giorni dopo m’imbarcai su un volo per la Germania. u ng

Altri animali Leonardo Caffo

La legge dell’animalità “Sarebbe un errore di giudizio considerare che i migranti, siccome arrivano in Europa, devono essere subito ripartiti in tutta Europa e in Francia”, ha detto il ministro dell’interno francese Gérald Darmanin in un’intervista prima della sua visita a Roma del 18 settembre. In questa frase ci sono tante cose che non vanno: se i migranti arrivano in Europa, allora sono già ripartiti in Europa, semplicemente sono mal ripartiti, perché sono in un unico paese, anzi, in un’unica isola; i migranti non “arrivano” in Euro-

pa, ma sono costretti a fuggire da campi di concentramento, clima estremo, colonialismo di ritorno. Ma, soprattutto, l’errore di giudizio è di Darmanin e di molti altri: non vedono che queste migliaia di ragazzi e ragazze sono i “nuovi barbari” di cui parla Toni Negri in Impero, che come altri animali – nel senso più nobile del termine – ci stanno facendo notare che il modello di stato nazione funziona sempre meno, che non c’è Frontex che regga davanti alla disperazione. E che anche per gli esseri umani vale la legge dell’a-

nimalità più potente: siamo vivi perché siamo in movimento e perché questo movimento, nostro malgrado forse, ha una forza incontrollabile e testarda. Non è che i migranti non vanno ripartiti in Europa perché l’Europa funziona diversamente, come dice Darmanin, ma perché l’Europa come la volevano Immanuel Kant o Edmund Husserl proprio non esiste più: è fallita. Al grido di “aiutiamoli a casa loro” non sarebbero esistiti neanche la Magna Grecia o l’Impero romano, che hanno generato l’Europa. u Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Scienza

NASA/JPL-CALTECH/SETI

Un’immagine di Europa scattata dalla sonda Galileo

ASTRONOMIA

Buone notizie per la vita su Europa Hannah Devlin, The Guardian, Regno Unito La scoperta che il suo oceano contiene anidride carbonica rende la luna di Giove un posto ancora più promettente per la ricerca di forme di vita aliene nel nostro sistema solare immenso oceano di Europa, una delle tante lune di Giove, contiene carbonio, che è tra gli ingredienti essenziali della vita. Secondo le osservazioni del telescopio spaziale James Webb, l’anidride carbonica ghiacciata individuata sulla superficie della luna proviene dall’oceano salato che si trova sotto una crosta gelata spessa una quindicina di chilometri. Pur non rispondendo ancora al quesito sull’eventuale presenza di vita aliena in quegli abissi freddi e bui, i risultati danno comunque corpo alla possibilità che l’oceano di Europa sia il posto migliore del sistema solare in cui cercarla. “È una scoperta sensazionale”, ha commentato Christopher Glein, geochimico del Southwest research institute del

L’

Texas e coautore della ricerca. “Non sappiamo se l’oceano di Europa contenga davvero vita, ma il nuovo risultato è un’ulteriore prova del fatto che potrebbe ospitarla. Dal punto di vista dell’astrobiologia è un ambiente molto incoraggiante”. Con un diametro di tremila chilometri, Europa è poco più piccola della nostra luna. Le ipotetiche forme di vita dovrebbero affrontare avversità estreme come una temperatura di superficie che raramente supera i 140 gradi sotto zero e le radiazioni che arrivano da Giove. Tuttavia l’oceano, che raggiunge una profondità tra i 64 e i 160 chilometri, la rende un’importante candidata per la ricerca. La potenziale abitabilità dipende dalla composizione chimica, che abbonda di elementi biologicamente essenziali come il carbonio. Le precedenti ricerche avevano individuato l’anidride carbonica in superficie senza però svelare se fosse stato espulso dall’oceano sotterraneo o se fosse dovuto all’impatto con meteoriti. Le ultime osservazioni effettuate dal telescopio James Webb usando lunghezze d’onda nel vicino infrarosso avevano l’obiettivo di

mapparne la distribuzione in superficie. Il telescopio ha rilevato una forte concentrazione di anidride carbonica nella Tara Regio, un’area di circa 1.800 chilometri quadrati nel cosiddetto terreno del caos, dove la superficie è piena di crepacci e rilievi formati via via che i blocchi di ghiaccio sono stati spinti verso l’alto dai processi geologici. “La scoperta dell’anidride carbonica nelle regioni ricche di sale della calotta di ghiaccio di Europa indica che proviene dall’oceano sottostante e non da fonti esterne”, ha detto Kevin Hand, astrobiologo del Jet propulsion laboratory della Nasa e coautore della ricerca. Anche lui definisce “cruciali” i risultati: “Come sappiamo, la vita ama mangiare e respirare anidride carbonica, quindi il fatto che nell’oceano di Europa possa essercene in abbondanza è un ottimo segno della sua abitabilità e della presenza di eventuali abitanti”.

I sei grandi Spesso gli astrobiologi parlano dei “sei grandi” elementi della vita terrestre: carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, fosforo e zolfo. Su Europa ne sono stati individuati quattro – carbonio, idrogeno, ossigeno e zolfo – ma ancora non sappiamo se lo zolfo sia arrivato in superficie dall’oceano o da Io, un’altra luna di Giove. “Le future osservazioni del telescopio James Webb e della missione Europa Clipper, prevista per il 2024, dovrebbero fornirci ulteriori indizi dell’eventuale presenza degli altri componenti fondamentali per la vita come l’azoto”, spiega Glein. I risultati sono stati pubblicati dalla rivista Science insieme a uno studio che analizza le proporzioni degli isotopi del carbonio (forme diverse dell’elemento) su Europa. Un alto rapporto tra carbonio-12 e carbonio-13 può essere segno di processi vitali, ma l’analisi si è rivelata inconcludente. Andrew Coates, responsabile del dipartimento di planetologia del Mullard Space science laboratory dello University college London, che non ha partecipato allo studio, reputa i risultati “importanti e interessanti”. “Alla vita servono acqua allo stato liquido, la giusta chimica, una fonte di energia e tempo sufficiente per crescere”, ha aggiunto. “Pensiamo che su Europa possa esserci tutto questo”. u sdf Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Scienza ARCHEOLOGIA

Il ritorno del virus nipah

I primi falegnami

Dalla fine di agosto nel Kerala il virus nipah ha infettato sei persone, uccidendone due. È il quarto focolaio in cinque anni nello stato indiano. Per contenere i contagi, scrive Nature, in pochi giorni sono stati fatti più di 700 tamponi. Scuole, uffici e trasporti pubblici sono stati chiusi. Il virus nipah è comune tra i pipistrelli, e può contagiare gli esseri umani e animali domestici come il maiale attraverso il contatto diretto o tramite cibo e acqua contaminati dai fluidi corporei. Causa febbre, vomito, polmonite e disturbi neurologici, e ha un elevato tasso di mortalità (tra il 40 e il 75 per cento). Finora non esistono vaccini né terapie. Il rischio che si diffonda su scala globale è basso, ma se dovesse comparire una variante più contagiosa potrebbe arrivare in altri paesi e causare epidemie più vaste. Una migliore gestione della fauna selvatica e il ripristino delle aree forestali potrebbero ridurre la diffusione dei virus zoonotici.

Nature, Stati Uniti

CHRIS THOROGOOD

SALUTE

Un sito nello Zambia ha restituito le possibili tracce della più antica struttura in legno realizzata da ominidi. Presso le cascate Kalambo sono stati trovati due grossi pezzi di legno risalenti ad almeno 476mila anni fa, che erano incastrati tra loro grazie a un incavo. Nello stesso sito sono stati trovati degli utensili in legno, con una datazione più recente. I reperti erano sepolti in un terreno saturo di acqua, che ha privato di ossigeno funghi e batteri rallentando la decomposizione del legno. Non è chiaro a che tipo di costruzione appartenessero i due pezzi. Forse si trattava di una palafitta, di un rifugio o di una piattaforma rialzata per isolarsi dal terreno. Nel sito non sono state trovate ossa, e non si sa quindi quale ominide abbia prodotto e usato gli oggetti. Considerando l’età dei reperti e i ritrovamenti in aree vicine, potrebbe trattarsi dell’Homo heidelbergensis, un possibile antenato dell’H. sapiens, scrive Nature. Poiché il legno si conserva male, è molto difficile ricostruire l’evoluzione delle tecniche di lavorazione, ma sembra evidente che già cinquecentomila anni fa ominidi considerati primitivi fossero capaci di usarlo per realizzare strutture. ◆ JAN BIELECKI (CC BY-SA)

GEOLOGIA

Un solo continente Secondo uno studio uscito su Nature Geoscience tra 250 milioni di anni la deriva dei continenti potrebbe portare le terre emerse a unirsi per formare un nuovo supercontinente, chiamato Pangea Ultima. L’intensificarsi dell’attività vulcanica rilascerebbe nell’atmosfera grandi quantità di anidride carbonica, provocando un forte aumento delle temperature. Con l’eccezione delle zone costiere più lontane dall’equatore, il supercontinente sarebbe desertico e inabitabile per la maggior parte delle specie attuali. Questo potrebbe innescare una nuova estinzione di massa.

IN BREVE

ZOOLOGIA

Imparare senza cervello Le meduse possono imparare dalle esperienze fatte. Questi animali sono privi di cervello centralizzato, a differenza di insetti, mammiferi e molti altri animali. Secondo Current Biology le meduse Tripedalia cystophora (nella foto) possono imparare a riconoscere un ostacolo e a evitarlo. La capacità di apprendimento è importante per la sopravvivenza degli animali. Il risultato potrebbe aiutare a capire alcune proprietà fondamentali del sistema nervoso.

Biodiversità. Secondo Plants People Planet tutte le piante del genere rafflesia, che include alcuni dei fiori più grandi al mondo, sono a rischio di estinzione (nella foto una Rafflesia kemumu). Su 42 specie, 25 sono in pericolo critico di estinzione, 15 in pericolo e due vulnerabili. Le rafflesia vivono in Asia sudorientale. Biologia Nel cervello delle femmine di topo con prole è stato individuato un circuito neurale che si attiva con l’ascolto delle vocalizzazioni dei cuccioli. Il circuito, che si trova nel talamo, trasmette l’informazione a neuroni dell’ipotalamo che controllano il rilascio dell’ossitocina, un ormone che promuove la produzione di latte. I neuroni dell’ossitocina si attivano solo dopo essere stati stimolati ripetutamente. Secondo Nature il sistema assicura l’efficienza delle cure materne.

PALEONTOLOGIA

Pionieri degli abissi I pesci cominciarono a colonizzare gli abissi oceanici almeno 130 milioni di anni fa, 80 milioni di anni prima di quanto ipotizzato. Si pensava che in quel periodo le profondità marine fossero abitate solo da vermi, molluschi e altri invertebrati, ma i fossili rivenuti in tre siti appenninici testimoniano la presenza di almeno tre specie di pesci ossei a circa 1.500 metri di profondità. “È stato come trovare le impronte degli astronauti sulla Luna”, spiegano i ricercatori italiani su Pnas.

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SPANISH NATIONAL RESEARCH COUNCIL (CSIC)

Il diario della Terra Il nostro clima

Emissioni negative

Ecologia. È stato creato un atlante mondiale dei “cerchi delle fate”, gli anelli di vegetazione che creano motivi tipici in alcune zone aride. Finora erano noti quelli in Namibia (nella foto) e in Australia, ma analizzando le immagini satellitari sono stati trovati 263 siti con formazioni simili in quindici paesi. In Africa, oltre che in Namibia, i cerchi delle fate sono presenti anche nella fascia del Sahel, sulla costa nordoccidentale, nell’est del continente e in Madagascar. In Asia sono stati individuati in Kazakistan e nella penisola arabica. Secondo Pnas questi anelli si sviluppano in specifiche condizioni climatiche su suoli sabbiosi e con pochi nutrienti, e tendono a essere più produttivi rispetto alle aree circostanti.

Radar

Sui poveri piove più forte

Polvere Una forte tempesta di polvere ha investito la provincia del Belucistan, nel sudest

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Terremoti Un terremoto di magnitudo 4,2 ha colpito la zona dei Campi Flegrei, vicino a Napoli, senza provocare vittime né danni significativi. Altre scosse sono state avvertite in Myanmar, nel nord della Spagna, sulla costa della Tunisia e in Pakistan. Incendi Due persone sono morte negli incendi che hanno colpito la costa settentrionale della Sicilia. Mari Una fioritura straordinaria di plancton ha creato una vasta zona morta priva di ossigeno nel golfo della Thailan-

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dia, uccidendo grandi quantità di pesci e altre specie marine e distruggendo centinaia di allevamenti di molluschi. Il fenomeno potrebbe essere stato provocato dalle temperature eccezionalmente elevate raggiunte dalle acque marine, anche a causa dell’effetto di El Niño. Uccelli L’influenza aviaria H5n1 ha raggiunto le isole Galápagos, in Ecuador, dove vivono diverse specie di uccelli rari (nella foto una sula piediazzurri). Le autorità hanno lanciato un piano di emergenza.

S. ARCOS (REUTERS/CONTRASTO)

Alluvioni Otto persone sono morte fulminate nelle township di Città del Capo, in Sudafrica, allagate dalle forti precipitazioni che hanno provocato l’evacuazione di alcune zone. ◆ Un fiume in piena ha travolto alcune abitazioni di fortuna a Città del Guatemala, provocando almeno sei vittime e tredici dispersi. ◆ Otto persone sono morte annegate e due risultano disperse nell’esondazione di un fiume nello stato di Jalisco, in Messico.

dell’Iran, facendo almeno tre vittime e causando problemi respiratori a centinaia di persone. Secondo gli esperti nella regione questi fenomeni stanno diventando più intensi e frequenti a causa del cambiamento climatico.

◆ Entro il 2060 la Germania potrebbe diventare un paese a emissioni negative, cioè assorbire più anidride carbonica dall’atmosfera di quanta ne emetta, scrive il Tagesspiegel. Il piano del governo è ancora in elaborazione, ma adottare questo obiettivo potrebbe essere utile per sviluppare le tecnologie di cattura e sequestro del carbonio e mettere a punto un sistema di finanziamento pubblico. Sarebbero usati metodi già noti, come il rimboschimento e il ripristino delle torbiere, ma anche tecnologie innovative, come la cattura diretta dell’anidride carbonica dall’aria e l’uso delle biomasse per produrre energia. Non sarebbero invece inclusi i sistemi adottati nelle centrali a combustibili fossili o nei termovalorizzatori. Anche altri paesi, come gli Stati Uniti, perseguono obiettivi simili. Ad agosto l’amministrazione Biden ha scelto i primi beneficiari del fondo da 3,5 miliardi di dollari per lo sviluppo di questi sistemi. I due vincitori, la Occidental Petroleum e la Climeworks, costruiranno impianti che dovrebbero sottrarre all’atmosfera più di due milioni di tonnellate di anidride carbonica l’anno. Alcuni ambientalisti sostengono che la cattura diretta è costosa e inutile, e può essere sfruttata dalle aziende petrolifere per giustificare l’uso dei combustibili fossili. Nel 2022 però il Gruppo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc) delle Nazioni Unite ha ricordato che la rimozione dell’anidride carbonica è essenziale per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette.

Il pianeta visto dallo spazio

Il riempimento del lago di Aculeo, in Cile Nord 1 km

NASA

18 maggio 2023

7 settembre 2023 ◆ Il lago di Aculeo, in secca da cinque anni, si è parzialmente riempito di nuovo. L’acqua ha cominciato a raccogliersi nel bacino asciutto alla fine di agosto, dopo che una forte perturbazione invernale ha

portato fino a 370 millimetri di pioggia nel Cile centrale. Quando il satellite Landsat 9 ha scattato la foto in basso, le acque avevano coperto una superficie di circa cinque chilometri quadrati, metà di

quella che occupavano storicamente, ed erano profonde circa un metro. Fino al 2010 il lago, che si trova a pochi chilometri dalla periferia di Santiago, era una destinazione turistica molto

frequentata dagli abitanti della capitale cilena, ma negli ultimi anni il suo livello aveva cominciato a calare rapidamente, finché nel 2018 il bacino si è prosciugato del tutto. In parte il fenomeno è stato provocato dalla siccità senza precedenti che ha colpito il Cile, durante la quale le precipitazioni sono calate di più di un terzo. Ma secondo gli studi il fattore più importante è stato l’aumento del prelievo idrico dagli affluenti del lago per l’agricoltura, per l’uso domestico e per le piscine, legato allo sviluppo della vicina città di Paine. Le precipitazioni invernali hanno permesso la ripresa della vegetazione sulle sponde del lago e alleviato le difficoltà degli agricoltori, ma il livello dell’acqua non è ancora sufficiente per la balneazione e la navigazione. Inoltre secondo i ricercatori non è chiaro se il riempimento continuerà o se il lago è destinato a prosciugarsi di nuovo nel giro di pochi mesi. Per garantire la sua stabilità a lungo termine sarebbe necessario ridurre il consumo di acqua e ripristinare gli ecosistemi del suo bacino idrografico. Un bacino poco profondo in secca da cinque anni è stato parzialmente ripristinato dalle forti piogge di quest’inverno, ma il suo futuro appare ancora incerto.



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Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

Economia e lavoro alti i giovani hanno difficoltà a trovare un posto in cui vivere. E il numero di persone senza fissa dimora, compresi lavoratori con famiglia, è in costante aumento. La penuria di alloggi e di altre infrastrutture sta ostacolando la crescita economica, sostiene l’Irish business and employers confederation, un’associazione che rappresenta imprese nazionali e internazionali. “Le aziende non riescono ad attirare o trattenere le persone di cui hanno bisogno”, dice Fergal O’Brien, dirigente dell’associazione. “Ora l’economia va bene, ma secondo la nostra organizzazione c’è tanto potenziale non sfruttato”.

ELLIUS GRACE (THE NEW YORK TIMES/CONTRASTO)

Dublino, Irlanda, 3 settembre 2023

Ospedali e scuole

IRLANDA

Dublino non sa come spendere i soldi Ed O’Loughlin, The New York Times, Stati Uniti L’Irlanda chiuderà il 2023 con un avanzo di bilancio di dieci miliardi di euro. Nel paese si discute su come usare al meglio queste risorse. Le esperienze passate non sono incoraggianti uindici anni dopo lo scoppio di una bolla immobiliare che costrinse Dublino a prendere in prestito miliardi di dollari per evitare l’insolvenza, l’Irlanda ha scoperto che anche avere troppi soldi può essere un problema. Grazie alle entrate ottenute con le imposte societarie, pagate soprattutto da multinazionali statunitensi che hanno sede nel paese, il governo prevede di finire il 2023 con un avanzo di bilancio di dieci miliardi di euro. Nel 2024 si arriverà addirittura a sedici miliardi. Per anni le basse aliquote sui redditi d’impresa hanno rappresentato per le multinazionali un incentivo ad aprire una sede in Irlanda. Nonostante i lenti passi avanti registrati dagli Stati Uniti e altri paesi nell’introduzione di un’imposta mi-

Q

nima globale sui profitti delle multinazionali, i soldi versati al fisco irlandese aumentano velocemente, ma pongono la politica davanti a scelte difficili: nel documento annuale di bilancio che dovrà essere presentato a ottobre il governo deve indicare cosa fare con tutti questi soldi. Ci sono diverse opzioni sul tavolo: risparmiare per il futuro, rimborsare i debiti, investire in alloggi popolari o in qualche altra infrastruttura come ospedali e scuole, oppure costruire una metropolitana a Dublino, o ancora dilapidare tutto in tagli alle tasse e sussidi. “Qualunque cosa facciano, ci saranno persone deluse”, dice Cliff Taylor, giornalista economico del quotidiano Irish Times. Si parla di mettere da parte i soldi in un fondo sovrano per sostenere i costi del sistema pensionistico, che aumenteranno a causa dell’invecchiamento della popolazione. “Se andremo in questa direzione”, prosegue Taylor, “altri diranno che abbiamo un urgente bisogno di spendere quei soldi in alloggi, trasporti e sanità e per adeguare il sistema energetico al cambiamento climatico”. L’Irlanda soffre di una grave carenza di case e appartamenti. A causa degli affitti

Un recente sondaggio commissionato dall’Irish Times ha suggerito che il 40 per cento dell’opinione pubblica preferirebbe che i soldi in più fossero spesi per “trasporti pubblici, alloggi, ospedali e scuole”, e il 25 per cento per servizi pubblici come la sanità e l’istruzione. Solo il 9 per cento ha indicato come prima scelta il taglio delle tasse. Meno del 5 per cento preferirebbe rimborsare il debito pubblico o risparmiare per le future spese sulle pensioni. Secondo Eoin Reeves, docente di economia all’università di Limerick, le spese per grandi progetti sono ostacolate dal fatto che in passato il governo irlandese non si è dimostrato capace di spendere in modo efficiente le ingenti somme investite. I grandi progetti infrastrutturali in Irlanda tendono a essere completati in ritardo e a superare di gran lunga le previsioni di spesa iniziali. Nel 2015 si prevedeva l’inaugurazione, entro il 2020, di un nuovo ospedale pediatrico da 380 posti letto a Dublino, per una spesa di 650 milioni di euro. La data di apertura è stata posticipata al 2024 e il costo è arrivato ad almeno 2,2 miliardi di euro. La struttura diventerebbe così l’ospedale più costoso al mondo in termini di spesa per posto letto. Con il suo traffico congestionato, Dublino è una delle poche capitali europee senza metropolitana, eppure i progetti per la costruzione di una linea che colleghi il centro al frequentatissimo aeroporto, con una spesa che nel 2000 era stata stimata in 3,5 miliardi di euro, sono stati rimandati o modificati più volte. In base all’ultima versione, la sua realizzazione richiede dieci anni di tempo, con un costo tra i sette e i dodici miliardi di euro. “Se volessi Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

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Economia e lavoro

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Internazionale 1531 | 29 settembre 2023

AMBIENTE

STATI UNITI

Mattoncini sostenibili

Lo sciopero si allarga

La Lego, il più grande fabbricante mondiale di giocattoli, ha bloccato un progetto per produrre i suoi mattoncini usando la plastica riciclata. La decisione, spiega il Wall Street Journal, è stata presa quando si è capito che il cambio avrebbe comportato un aumento delle emissioni di anidride carbonica, perché avrebbe richiesto il consumo di più energia e la ristrutturazione degli impianti produttivi. Da tempo la Lego cerca di usare materiali sostenibili ecologicamente. In passato ha provato il mais, ma i risultati sono stati deludenti. L’azienda ha dichiarato che sta testando molti altri materiali e che conta di lanciare prodotti sostenibili entro il 2032.

GERMANIA

Arriva gas dalla Russia La Securing Energy for Europe (Sefe), un’azienda controllata in passato dal colosso energetico russo Gazprom e nazionalizzata nel 2022 dal governo tedesco, ha ordinato un carico di gas naturale liquefatto (gnl) prodotto in Siberia dalla Yamal. Il carburante, scrive Bloomberg, dovrebbe arrivare a ottobre. La sua destinazione finale è l’India.

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Bolingbrook, Stati Uniti, 22 settembre 2023

KAMIL KRZACZYNSI (AFP/GETTY)

raccogliere in un libro i casi di grandi progetti finiti male, di certo l’Irlanda contribuirebbe con un bel numero di brutte figure”, dice Reeves. Secondo Rory Hearne, docente esperto di questioni immobiliari alla Maynooth university, per lungo tempo hanno prevalso politiche di libero mercato che hanno contribuito a una sorta di avversione ideologica ai grandi investimenti pubblici nei servizi e nell’edilizia. Hearne intravede anche un divario generazionale. “Chi prende queste decisioni nel governo e nella pubblica amministrazione è gente relativamente privilegiata sulla cinquantina”, spiega. “Mentre queste persone ci dicono che dovremmo accantonare i soldi per i tempi difficili, i trentenni dicono che loro stanno annegando adesso”. Tra due anni ci saranno le elezioni e il partito di centrosinistra dello Sinn Féin sta andando bene nei sondaggi grazie alla promessa di usare il denaro pubblico per costruire alloggi a prezzi accessibili. Questo potrebbe indurre il governo conservatore, guidato dal primo ministro Leo Varadkar, a cercare la popolarità immediata con tagli alle tasse e altre forme di sussidi. Si parla già di un possibile taglio della tassa universale per i servizi, una forma d’imposta sul reddito. Un ultimo dilemma per i politici irlandesi è che nessuno sa per certo quanto durerà questa congiuntura favorevole. Gran parte dell’avanzo di bilancio arriva da aziende statunitensi come la Apple, la Alphabet e la Pfizer, che incanalano in parte o del tutto le loro attività estere e proprietà intellettuali passando per società sussidiarie irlandesi, tassate con un’aliquota dell’11,5 per cento. Ma l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico sta cercando di dare vita a un’aliquota minima globale del 15 per cento, che azzererebbe il vantaggio dell’Irlanda. Nel 2022 il Fiscal council, un organismo consultivo ufficiale, ha lanciato l’allarme sull’eccessiva dipendenza dell’Irlanda dalle imposte societarie. Il fatto che il paese conti su queste entrate, inoltre, ha distorto il calcolo del pil, in cui rientrano attività che non si svolgono nel paese. Quello che arriva con tanta facilità può andare via altrettanto facilmente, osserva Taylor: “Potrebbero cambiare all’improvviso le norme fiscali statunitensi e le tasse finirebbero altrove”. u gim

Il 22 settembre il sindacato United automobile workers (Uaw) ha esteso lo sciopero indetto una settimana prima in tre stabilimenti delle principali case automobilistiche statunitensi, la General Motors, la Ford e la Stellantis. In particolare la Uaw – che chiede tra l’altro aumenti in busta paga del 40 per cento, maggiori benefit sanitari e una settimana lavorativa di 32 ore – ha coinvolto nella protesta tutti i centri di distribuzione dei ricambi della General Motors e della Stellantis. La Ford, spiega il New York Times, è stata risparmiata perché, secondo il sindacato, ha acconsentito di più alle richieste dei lavoratori. Gli impianti interessati sono diciotto centri di distribuzione della General Motors e venti della Stellantis, che danno lavoro rispettivamente a 3.475 e 2.150 persone iscritte alla Uaw. In seguito a questa decisione lo sciopero ora coinvolge più di diciottomila lavoratori. Il 26 settembre il presidente degli Stati Uniti Joe Biden è andato nel Michigan a esprimere solidarietà agli operai della COREA DEL SUD

Speculazione selvaggia Negli ultimi cinque anni in Corea del Sud trenta persone hanno comprato ottomila appartamenti. Tutto questo, scrive Bloomberg, è successo nonostante le misure volute dal governo per limitare la possibilità di possedere più case. I trenta proprietari hanno speso complessivamente quasi

1.200 miliardi di won (novecento milioni di dollari) tra il giugno 2018 e il giugno 2023. I tre principali compratori hanno acquistato 2.194 alloggi. La speculazione si concentra nell’area metropolitana di Seoul. I prezzi delle case sono aumentati del 37 per cento in tutto il paese, del 44 per cento a Seoul e del 51 per cento a Gyeonggi, un’area intorno alla capitale che forma la provincia più popolosa del paese.

I N T E R N A T I O N A L

M U S I C

A N D

A R T S

Peanuts, 1960 Charles M. Schulz, Stati Uniti

Buni Ryan Pagelow, Stati Uniti

War and Peas E. Pich e J. Kunz, Germania

Strisce

Mafalda, 1964 Quino, Argentina

PEANUTS ©PEANUTS WORLDWIDE LLC. DIST. DA ANDREWS MCMEEL SYNDICATION. RIPRODUZIONE AUTORIZZATA. TUTTI I DIRITTI RISERVATI

© 2023, SUCESORES DE JOAQUÍN S. LAVADO (QUINO)

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COLLEZIONE AUTUNNO INVERNO 2023

L’oroscopo

Rob Brezsny Se hai mai pensato di intraprendere il mestiere di spia, i prossimi mesi saranno un momento favorevole per farlo. Questo vale anche se hai considerato di studiare per diventare detective, giornalista investigativa, ricercatrice scientifica o investigatrice privata. La tua tendenza ad arrivare al fondo della verità sarà al culmine, e anche la tua curiosità. Sarai in grado di portare alla luce segreti che nessun altro ha scoperto. Avrai una straordinaria abilità nel cogliere il nocciolo di ogni questione. Comincia subito a sfruttare al massimo i tuoi superpoteri!

cambiamento, e chi non può cambiare idea non può cambiare nulla”, George Bernard Shaw. 2. “Solo le persone più forti hanno il coraggio di cambiare idea e di ammettere che stavano sbagliando”, Enid Blyton. 3. “A volte essere fedele a se stessi significa cambiare idea”, Vera Nazarian. 4. “La disponibilità a cambiare idea è segno di razionalità, non di debolezza”, Stuart Sutherland. VERGINE

ARIETE

Secondo l’autrice Diane Ackerman, è inevitabile che ognuno di noi a volte “sembri goffo, si sporchi, faccia domande stupide, riveli la propria ignoranza o dica la cosa sbagliata”. Siccome mi succede spesso, sono estremamente tollerante con tutti. Sono comprensivo, piuttosto che critico, quando vedo persone che “si danno troppo da fare, sono goffe, si prendono troppo cura l’una dell’altra o sono troppo aperte alle esperienze”. Nelle prossime settimane, Ariete, attirerai la buona sorte se rinuncerai a criticare gli altri. Sii tollerante e pronto ad accettare ma vai anche oltre: cerca di essere accogliente e amichevole, ama la commedia umana così com’è.

CANCRO

Il comico del Toro Kevin James confessa: “Ho scoperto che urlo allo stesso modo se sto per essere divorato da uno squalo enorme o se un’alga mi sfiora un piede”. Molti di noi potrebbero fare un’ammissione simile. La buona notizia, Toro, è che nelle prossime settimane a metterti ansia saranno cose simili a un’alga, piuttosto che a uno squalo enorme. Urla pure se ne senti la necessità – di tanto in tanto abbiamo tutti bisogno di sfogarci – ma poi rilassati.

Quando proponi strategie intelligenti e ti metti in moto per ottenere ciò che desideri, festeggio. Sono felice quando crei la vita che immagini per te stesso e faccio il possibile per aiutarti a realizzarla. Ma di tanto in tanto, come ora, condivido il punto di vista dell’autore del Cancro Franz Kafka, che diceva: “Non è necessario che tu esca dalla tua stanza. Resta seduto alla tua scrivania e ascolta. Non ascoltare nemmeno, aspetta semplicemente. Anzi, non aspettare neanche, stai lì tranquillo e solitario. Il mondo ti si offrirà apertamente. Non ha scelta. Rotolerà in estasi ai tuoi piedi”.

GEMELLI

LEONE

Ecco i personaggi famosi con cui ho avuto legami personali: l’attrice Marisa Tomei, la rockstar Courtney Love, la regista Miranda July, il drammaturgo David Mamet, l’attore William Macy, il filosofo Robert Anton Wilson, la rockstar Paul Kantor, l’impresario rock Bill Graham e

Parliamo di chi cambia idea. In alcuni ambienti è considerato un segno di debolezza, se non addirittura d’imbarazzo. Ma io la considero una nobile necessità e ti consiglio di prenderla in considerazione nel prossimo futuro. Ecco quattro pensieri guida: 1. “Il progresso è impossibile senza

TORO

ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

l’autrice Clare Cavanagh. Non hai mai sentito parlare di Clare Cavanagh? È la brillante traduttrice della poeta premio Nobel Wisława Szymborska e la biografa dello scrittore premio Nobel Czesław Miłosz. Per quanto apprezzi le altre celebrità che ho nominato, adoro il lavoro di Cavanagh. Come Gemelli, esprime il potenziale più alto del tuo segno: la capacità di usare un linguaggio meraviglioso per comunicare verità piene di sentimento. Ti suggerisco di farne il tuo modello in questo momento. È ora di stupire, persuadere e intrattenere con le parole.

“L’anima si muove in cerchio”, diceva lo psicologo James Hillman. “La nostra vita non procede dritta ma ondeggia, si rinnova, si ripete”. Negli ultimi mesi, Vergine, il destino della tua anima è stato intensamente caratterizzato da sterzate e picchiate. E credo che il movimento rotatorio continuerà per molti mesi. È un male o un bene? Per lo più è un bene, soprattutto se ne apprezzi la poesia e la bellezza. Più impari ad amare la danza a spirale, più la danza sarà piacevole.

influenza. Nelle prossime settimane, Sagittario, non avrai bisogno di essere convincente come lui. Ma avrai una maggiore capacità di influenzare gli altri. Spero che userai i tuoi poteri a fin di bene. CAPRICORNO

La cantautrice Joan Baez è un esempio di longevità e resistenza tipiche di molti Capricorni. Ha pubblicato il suo ultimo album nel 2018, ben 59 anni dopo l’inizio della sua carriera. Un articolo del New Yorker descrive il suo stile “elegante e feroce, provocatorio e materno”. Osserva anche che, sebbene sia quasi in pensione dalla musica, sta “creando opere d’arte toccanti e imprevedibili”. Ti propongo di fare di Baez il tuo modello. Spero che ti spinga a essere elegante, fiero e audace, mentre affinerai le tue capacità nel lavoro che svolgi tenacemente da molto tempo. Per ottenere ulteriori crediti, aggiungi un tocco inaspettato. ACQUARIO

SCORPIONE

Ultimamente hai avvertito un prurito fantasma impossibile da grattare? Ti senti meno te stesso e più una versione di te stesso creata da un’intelligenza artificiale? Il tuo cuore sente un solletico strano? Se è così, ti consiglio di non preoccuparti. Questi fenomeni indicano che presto comincerà l’equivalente di quello che fanno i serpenti: mutano la pelle per far posto a un nuovo strato. Questa è una buona cosa! Dopo ti sentirai fresco e nuovo.

Mary Frances Berry, autrice e attivista dell’Acquario, ha vinto numerosi premi per il suo impegno contro le discriminazioni razziali. Ha attirato l’attenzione del mondo sul sistema di apartheid in Sudafrica, contribuendo a porre fine a quella grave ingiustizia. “Il momento in cui devi fare qualcosa”, scrive, “è quando nessun altro è disposto a farlo, quando tutti dicono che non si può fare”. Sei in una fase in cui questo motto ti sarà utile, Acquario. PESCI

SAGITTARIO

Secondo la leggenda, nel quinto secolo dC papa Leone I convinse l’esercito dell’unno Attila a non conquistare tutta l’Italia. Forse ci sono stati altri motivi oltre alla persuasività di Leone I a trattenerlo. Per esempio, alcune testimonianze fanno pensare che le truppe di Attila fossero superstiziose perché un precedente invasore era morto subito dopo aver attaccato Roma. Gli storici concordano comunque sul fatto che il papa Leone fosse un leader potente le cui parole avevano una grande

Ti invito a trascorrere un po’ di tempo a guardare nel buio, in senso letterale e figurato. Comincia spegnendo le luci la sera e fissando lo spazio di fronte a te. Dopo un po’ forse vedrai lampi di luce. Potrebbero essere i tuoi nervi ottici che cercano di riempire gli spazi vuoti, oppure messaggi spirituali luminosi che arrivano dal vuoto. Qualcosa di simile potrebbe succedere anche a livello metaforico. Mentre esplori parti sconosciute della tua psiche e della tua vita, sarai visitato da rivelazioni luminose.

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internazionale.it/oroscopo

BILANCIA

COMPITI A CASA

Qual è il tuo miglior segreto? Esiste un modo per trarne vantaggio?

CÔTÉ, CANADA

L’ultima

LACOMBE, FRANCIA

IÑAKI Y FRENCHY, SPAGNA

“Si prega di pazientare qualche decennio, finché troviamo una soluzione”.

GUERRA-BOOTHBY

GLEZ, BURKINA FASO

“Il paradosso delle guerre: più durano, meno interessano”.

La Francia lascia il Niger. “Non mi state cacciando. Sono io che me ne vado”.

“Ha cominciato anni fa a dire che sono il suo migliore amico, e ora mi sembra brutto dirgli che per me non è lo stesso”.

Le regole Come comportarsi a una festa 1 Se c’è musica, balla. 2 Non fare nulla che non vuoi vedere sui social il giorno dopo. 3 Non lasciare mai una birra a metà. 4 Per fumare esci all’aperto. 5 Non puoi andare via prima delle candeline.

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