Commento al Libro VII dell'Eneide di Virgilio. Con le aggiunte del cosiddetto Servio Danielino


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Commento al Libro VII dell'Eneide di Virgilio. Con le aggiunte del cosiddetto Servio Danielino

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TESTI E MANUALI PER L'INSEGNAMENTO UNIVERSITARIO DEL LATINO Collana diretta da ALFONSO TRAINA 78

SERVI O

COMMENTO AL LIBRO VII DELL'ENEIDE DI VIRGILIO Con le aggiunte del cosiddetto Servio Danielino

Introduzione, bibliografia, edizione critica a cura di GIUSEPPE RAMIRES

PÀTRON EDITORE BOLOGNA 2003

Copyright

© 2003 by Pàtron editore - Quarto Inferiore - Bologna

I diritti di traduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo sono riservati per tutti i Paesi. È inoltre vietata la riproduzione, anche parziale, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

Prima edizione, aprile Ristampa 6 5 4

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2003

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2008

2007

2006

2005

2004

2003

Opera pubblicata con il contributo della Fondazione Bonino - Pulejo di Messina.

FBP

RJNDAZIONE UBERlO SONINO ol MARIA SOFIA PULEIO MESSINA

In copertina: Riccardianus Lat.

492, saec. XV, c.

l.

Biblioteca Riccardiana, Firenze.

PÀTRON EDITORE- Via Badini,

40050 Quarto Inferiore (BO) Tel. 051.767003 Fax 051.768252

12

E-mail: [email protected] Sito: www.patroneditore.com Il catalogo generale

è visibile nel nostro sito web. Sono possibili ricerche per: è presente il sommario e per

autore, titolo, materia e collana. Per ogni volume

le novità la copertina dell'opera e una sua breve descrizione. Stampa: Stabilimento Editoriale Pàtron Via Badini,

12 - 40050 Quarto Inferiore - Bologna

Alla memoria di Sebastiano Timpanaro

SOMMARIO

Introduzione

......................................................................................

p. IX

Codices .............................................................................................. " LXIII Siglorum compendiorumque explicatio ....................................... " LXXXI Conspectus editionum quas praecipue adhibui ........................... " LXXXV Conspectus operum ad Seruii textum pertinentium .................... " XCIX

Commentariorum Seruii G. in Aeneidos Vergilii liber septimus ........................... " APPENDIX I Codicum errores singulares

......

. . ...

......

.

....................

.

..........

.

.........

. " 125

Variae codicum lectiones ad orthographiam pertinentes ........... " 129

APPENDIX I I Addenda e t corrigenda a d Servio, Commento al libro IX

dell'Eneide di Virgilio

..............

.

......................................................

" 135

Index locorum ................................................................................... " 139

INTRODUZIONE

Nel 1 996 diedi alle stampe l ' edizione del commento di Servio al libro IX dell ' Eneide. Con questo volume, che esce a cinque anni di distanza dal primo, continuo il progetto di una nuova edizione dei Com­ mentarii serviani all ' Eneide di Virgilio. La scelta del libro VII non è ca­ suale: già con la pubblicazione del commento al libro IX avevo ristretto il campo d ' i ndagine alla seconda esade serviana del commento, giacché per i primi cinque libri esiste, come si sa, l ' edizione Harvardiana 1 , men­ tre per il sesto e per i libri dal settimo al dodicesimo, l ' unica edizione moderna consultabile resta quella, ultracentenaria, di Georg Thilo2• Un secondo motivo, non irrilevante, riguarda l ' argomento del setti­ mo libro, fino a poco tempo fa tra quelli meno commentati dalla critica virgiliana3: un libro ricco di antiquitates, che diventano occasione per notazioni erudite. Per i lettori moderni, le note serviane a questo libro si trasformano, così, in un affascinante viaggio a ritroso lungo le strade della storia e del mito fino a raggiungere le fondamenta dell ' architettura virgiliana, che come per incanto si disvela grazie allo scavo, che l ' anti­ co esegeta, certo con i suoi strumenti , e non ultima la memoria, effet-

1 Si tratta del l ' edizione progettata da E.K. Rand ( Une nouve/le édition de Servius, ( 1 938) 3 1 1 -324) e i suoi allievi, della quale sono usciti soltanto due volumi (in Aen. I-II, Lancaster 1 946; in Aen. III-V, Oxford 1 965).

2 L' edizione del commento di Servio a tutto Virgilio fu pubblicata da G. Thilo nel l ' ar­ co di dieci anni (in Aen. I-V, Leipzig 1 878- 1 88 1 ; in Aen. VI-XII, Leipzig 1 883- 1 884; in Bue. et Georg., Leipzig 1 887). 3 Oltre alle opere complessive (mi limito qui a ricordare, tra i moderni, J. Conington ­ H. Nettleship, London 1 883- 1 884; E. Paratore, Milano 1 978- 1 983), per il libro VII vi erano pochi commenti monografici (il più completo si poteva considerare quello, riguardante anche il libro VIII, di C.J. Fordyce, Oxforc\ 1 977). È però uscita da poco u n ' imponente edizione con commento curata da N. Horsfall, Leiden 2000 .

x

INTRODUZIONE

tuava su singole parole, nomi di luoghi, sull' archeologia insomma che dovette confortare il Poeta nel concepimento del suo grande disegno. Il commento al libro VII, rispetto agli altri libri, si distingue per il nu­ mero decisamente inferiore delle cosiddette aggiunte serviano-danieline. A questo proposito è opportuno riportare i risultati di un' indagine effet­ tuata sui dodici libri del Commento ali' Eneide, neli' edizione di Thilo; essa mi ha permesso di stabilire per approssimazione le percentuali di righi del testo auctus (posti in corsivo da Thilo) presenti in ogni singolo libro: la percentuale più alta si osserva nel libro IV (50% circa del materiale esegetico), seguita dal III (45%) e dal II (4 1 %); sotto il 40%, fra il 30 e il 36% troviamo ben sei libri : VIII (36% ), IX e XII (35% ), I e X (32% ), XI (30% ); il libro V presenta una percentuale di aggiunte appena superiore al 1 6%. 1 1 1imite inferiore viene toccato dal VI (5 ,%) e appunto dal libro VII, che con il 4,5% registra il dato più basso4• Se consideriamo che la percentuale media è appena inferiore al 30%, si prospetta la seguente si­ tuazione: il presunto compilatore ha lavorato alacremente sui primi libri, si è un po' 'riposato' a metà dell' opera e ha acquistato un ritmo più co­ stante nella parte finale. È possibile che Servio si sia impegnato di più sui primi libri del suo opus, poi, forse per stanchezza o per noia, sia diventato meno costante. Ma questa è semplicemente un ' ipotesi che non può con­ durre ad alcuna conclusione, tanto più se si considera che il commento al VI si sottrae a questa 'regola' , perché la parte 'autenticamente' serviana è invece assai ampia. È pur vero che il VI libro doveva suscitare molto interesse in un commentatore 'neoplatonizzante' come Servio5 . 4 Naturalmente queste percentuali non si possono considerare definitive. Bisogna in­ fatti tener conto del l ' impostazione data da Thilo al l ' apparato critico, nel quale sono spesso confinate varianti del testo auctus e aggiunte, soprattutto del Turonensis. E d ' altronde assai discutibile un metodo che si serva dei dati statistici per delineare un percorso di lavoro e non è mia intenzione qui trarre conclusioni sul metodo di lavoro del compilatore del testo auctus basandomi sui dati statistici. 5 Una ricostruzione delle dottrine filosofiche presenti nei Commentarii di Servio ha tentato con ottimi risultati A. Setaiol i, La vicenda dell'anima nel commento di Servio a Virgilio, Frankfurt am Main 1 995 . Tra le diverse recensioni apparse al volume di Setaioli,

INTRODUZIONE

XI

Le aggiunte del Turonensis

È noto che le aggiunte danieline ai libri III-XII sono tramandate in massima parte dagli attuali codici Parisinus lat. 7929 (sec. IX) e Ber­ nensis 1 72 (sec. IX) che insieme restituiscono il testo del famoso Flo­ riacensis (F). Per i primi due libri , i codici fondamentali sono gli attuali Parisinus lat. 1 750 (sec. IX) e Leidensis Voss. F. 79 (sec. IX) che insie­ me restituiscono il codice siglato P. Ad essi vanno aggiunti il Cassella­ nus Bibl. Pubi. Ms. Poet. 6 (sec. IX, C) e il Bernensis 1 67 (sec . IX-X, G). Altro ' materiale' , che sembra provenire dalla medesima fonte, fu rinvenuto già da Pierre Daniel in un singolare codice di Virgilio, che presenta in marginibus et interliniis una mole impressionante di anno­ tazioni e scolii: si tratta dell' attuale Bernensis 1 65 (sec . IX, T), meglio conosciuto come Turonensis6, di cui il ricchissimo materiale scoliastico non è stato ancora completamente selezionato e studiato7. Dopo Sa­ vage, sappiamo che nel Turonensis si possono distinguere (non senza

segnalo quella di L. Castagna ( «Aevum» 7 1 ( 1 997) 1 96- 1 99) e - anche per la singolarità del titolo, quella di E. Marcelli, Servio «platonizzante», 50 ( 1 998) 1 1 3- 1 22.

6 Oltre

le saltuarie contaminazioni di codici serviani, a quest' elenco vanno aggiunti i l

Vaticanus lat. 1 570 (sec . IX-X, v), che riporta scoli i perlopiù nella versione di T , il Parisi­ nus lat. 7930 (sec . XI, Pe) e il Montepessulanus lat. H 253 (sec. IX-X, Montp.) già da me

impiegati nell ' edizione del commento al libro IX, nonché le schede Ambrosiane (Bibl. Ambros. S . 83 sup . , sec. XVI, Ambros.), che riportano una silloge di citazioni, ovvero di "excerpta ex schediis Seruii ineditis" tratti da F P T, il cui valore è stato a lungo sub iudice, sino alla condanna annunciata dagli Harvardiani e poi ribadita da Ch.E. Murgia, Pro/ego­ mena to Servius 5. The Manuscripts, Berkeley-Los Angeles-London 1 975, in particolare 1 5- 1 9, che li considera semplicemente degli apografi . Gli estratti furono elaborati nell"of­ ficina' di Pierre Daniel ad uso dello Scaligero ( 1 540- 1 609) e di altri studiosi . Una ricolla­ zione deii'Ambrosianus ha portato a considerarlo testimone di ottime correzioni del testo tradito, si nora ingiustamente attribuite a studiosi successivi. Ciò rende gli estratti senz' altro utili ai fi ni della textus constitutio e non esclude del tutto la possibilità che essi possano dipendere anche da codici diversi da F P T, come ho cercato di dimostrare in Copisti e filo­ logi nell"Officina ' di Pierre Daniel. Varianti Ambrosiane al testo del Servius auctus ?,

lto più accurata e proficua e l ' apparato, come si diceva, testimonia

8 Su quest' opera, cfr. M. Squillante Saccone, Le lnterpretationes Vergilianae di Tiberio Claudio Donato, Napoli 1 985, e da ultimo, con rassegna degli studi precedenti, M. Giosef­ fi, Ritratto d 'autore nel suo studio. Osservazioni a margine delle lnterpretationes Vergi lia­ nae di Tiberio Claudio Donato, in E io sarò tua guida. Raccolta di saggi su Virgilio e gli studi virgiliani, a cura di M. Gioseffi, Mi lano (2000) 1 5 1 -2 1 5 . Comunicazioni sulla tecnica

espostiva di Tiberio Donato hanno recentemente presentato ad un Convegno svoltosi presso il Collegio Ghislieri di Pavia il 5 e 6 ottobre 200 1 ("Grammatica e grammatici latini: teoria ed esegesi", a cura di F. Gasti ), lo stesso Gioseffi (Ut sit integra locutio: esegesi e grammatica in Tiberio Claudio Donato) e un allievo di I. Gualandri, L. Pirovano (Si gener externus petitur de gente Latinis: tracce di ambigu itas nel responso di Fauno, Verg. Aen . 7, 36 7-370), del quale si attende una nuova edizione critica del commento al libro l del l ' Eneide. Ricordiamo che l ' edizione di riferimento è quella, ottima ma limitata ai testi­ moni medievali , di H. Georgii, Leipzig 1 905 (rist. Stuttgart 1 969). Per i rapporti degli scolii di T con l 'esegesi virgiliana di Nonio, cfr. Savage, The scholia ... , cit., 1 09- 1 4 1 e G. Barabino, Gli Scholia del Virgilio di Tours e l 'esegesi virgiliana di Nonio, 9 ( 1 984) 9-3 1 .

9 Cfi. i vv. 390, 498, 568, 583, 6 1 2, 645 , 657, 665 , 668 , 675, 678, 684, 686, 693, 698, 700, 70 1 , 7 1 0, 724, 762, 795, 800, 803 , 8 1 7 .



Cfr. i vv. 464, 5 1 7, 6 1 0, 63 1 , 662, 682, 697, 735, 738, 740, 74 1 , 776, 779.

INTRODUZIONE

XIII

un buon numero di scolii non pubblicati da Daniel 1 1 • Fra questi, sette si possono attribuire con certezza alla quinta mano, giacché contengono note tironiane, e non devono essere presi in considerazione ai nostri fini 1 2 • C ' è anche un caso in cui la fedeltà a Daniel induce Thilo ad acco­ gliere lo scolio, di certo interessante, ma probabilmente più recente e redatto dalla quinta mano, a cateias del v. 741 (id est hastas, cateiae Lingua Theotisca hastae dicuntur) 1 3 • D a una personale collazione d i T mi sono convinto che il materiale, già segnalato da Thilo nel suo apparato critico, deriva dalle medesime fonti usate dal presunto compilatore del testo auctus. Anzi, lo stesso T re­ ca la prova di questa compilazione nello scolio al v. 6 1 2, dove l ' aggiunta (in grassetto) è inserita all' interno della nota 'autenticamente' serviana. CINCTVQVE GABINO "Gabinus cinctus" est toga sic in tergum reiecta, ut ima

(una T) eius lacinia a tergo (a tergo

om.

T) reuocata hominem cingat. hoc

autem uestimenti genere ueteres Latini, cum necdum arma haberent, prae­ cinctis togis bellabant: unde etiam milites in procinctu esse dicuntur. hoc rursus utebatur consul bella indicturus ideo quia (quia

om.

T), cum Gabii,

Campaniae ciuitas, sacris operaretur, bellum subito euenit: tunc ciues (et inde

T) cincti togis suis ab aris sunt ad bella profecti (ad bella profecti sunt T) et adepti uictoriam: propter quod omen tali habitu semper utebantur in bellis (propter [ ... ] in bellis : unde hic ortus est mos T).

Thilo in apparato scopre e nota l ' inettitudine del compilatore, il quale non si accorge che scrivendo "praecinctis togis " ripete quanto già detto con "hoc autem vestimenti genere ". Questo tipo di distrazioni è possibile rinvenirlo anche altrove, ma quel che qui più interessa è comprovare l ' attività compilatoria di T. Anche nello scoli o al v. 71 O la nota del Turonensis si poggia su quella serviana e così si dipana:

11 12 13

Già Savage, The Scholia . . , cit., 149, si era accorto di questa peculiarità dell'ed. Thilo. .

S i tratta degli scoli i a i vv. 1 39, 1 63 , 5 1 7, 6 1 2, 637, 686, 740. Nella presente edizione questo scol io è ovviamente soppresso.

INTRODUZIONE

XIV

AMITERNA COHORS de Amiterno oppido Sabinorum ex quo fuit Sallustius. et

Amiterna dixit pro Amiternina et dictum est oppidum a flumine.

Lo scoliaste, o meglio gli scoliasti di T danno inoltre prova di cono­ scere molto bene il commento di Servio 1 4 e qualche volta si producono in varianti di un certo interesse, che trovano riscontro in F (v. 276 pro merito; v. 396 nebridarum) o in altri rami della tradizione serviana (v. 682 om. populi = a T y). Le ragioni appena esposte inducono ad inserire le peculiarità serviane di T, che erano state del tutto ignorate da Thilo, nell' apparato della presente edizione e a pubblicare invece nel testo le aggiunte di T, almeno quelle che non contengono note tironiane e quelle per le quali si può escludere la dipendenza da Tiberio Claudio Donato. E non si tratta soltanto degli scolii relegati da Thilo in apparato, perché la mia collazione ha enucleato un gruppo di nuovi scolii, che hanno pari dignità rispetto a quelli già segnalati da Daniel e da Thilo e che sono introdotti dalla formula quidam dicunt o quidam accipiunt, che se proprio non è un criterio certo di selezione, si può almeno consi­ derare un utile indizio della tecnica compilatoria (cfr. v. 568 e v. 607), già ampiamente impiegata, peraltro, dal compilatore del Floriacensis 1 5• Lo scolio più problematico era quello al v. 61 2. Infatti nel margine di T, la medesima mano che aveva vergato la nota a cinctus gabino, intro­ duce un' ampia ed importante integrazione a quanto già detto da Servi o a proposito di quirinali trabea. Lo scoliaste - caso piuttosto raro 16 cita qui direttamente Servio per contraddirlo: Preter [sic] quod Seruius 1 4 Numerose sono le glosse ricavate dal commento originale (per es. v. 1 3 odoriferam; v. 350 sine morsu sine sensu; v. 706 de antiquis Sabinis), e di cui dò comunque notizia in apparato. 1 5 Savage, The Scholia . . , cit., 1 49, si spingeva anche più in là, sostenendo che lo scolio del Turonensis a 7,6 1 0- introdotto per l ' appunto da quidam . . . dicunt- sarebbe stato tratto, undoubtedly, da una parte di commento continuo, come dimostrerebbero le parole quod iam supra dictum est (= 610. 7-8). Va inoltre detto che secondo le statistiche offerte da R . B . Steele, Servius and the Scholia of Daniel, 20 ( 1 899) 287, nel testo auctus si registrano ben 460 occorrenze di quidam contro le 75 di Servio. .

1 6 Cfr. Savage, The Scholia . . . , cit.,

1 07- 1 09.

xv

INTRODUZIONE

dicit quidam dicunt. . . Daniel aveva già pubblicato questa lunga aggiunta, Thilo la relega invece in apparato con ampia discussione, che comprende le correzioni suggerite dallo Scaligero. A differenza di Thilo, credo che anche questa aggiunta, al pari delle altre, derivi da un commento o da commenti antichi (quidam), da un' esegesi, per così dire, extra-serviana se non addirittura pre-serviana, e che dunque meriti la pubblicazione nel testo, con la semplice atetesi di preter [sic] quod Seruius dicit: un incipit che funziona anche come prova supplementare dell ' attività compilatoria che contraddistingue pure gli scoliasti di T. In definitiva, è possibile che un buon numero di aggiunte, provenienti dal medesimo corpus che diede vita al Floriacensis, sia confluito soltanto in T. Que­ sto codice va dunque impiegato ad integrazione, certo con la dovuta oculatezza e seguendo quei criteri, che ho cercato di definire, ma con maggiore fiducia rispetto a Thilo e allo stesso Daniel. La tradizione manoscritta

Il testo del commento di Servi o ali ' Eneide si costituisce attraver­ so due tradizioni che discendono dal medesimo archetipo. Lo stemma codicum è stato ben ricostruito da Ch.E. Murgia e in linea di massima esso è ancora oggi valido: Da un archetipo I: discenderebbe due subarchetipi Il. e f . Il subar­ chetipo Il. si ricostruirebbe (laddove i pochi testimoni 'puri ' lo consen­ tono) dal l ' accordo di L K t (J 6) . Il subarchetipo f (al quale afferisco­ no la maggior parte dei testimoni superstiti) si ricostruisce attraverso i 'migliori ' codici della classe y e della classe a. Murgia individua inol­ tre una classe T, palesemente contaminata, della quale però indica, di volta in volta, il basic-text1 7 •

1 7 Cfr. la rappresentazione grafica dello stemma in Murgia, Prolegomena . , cit., 5 e 1 68. Per la distinzione del basic-text nei codici T cfr. 87-88. ..

XVI

INTRODUZIONE

Discuterò più avanti singole situazioni in cui soltanto l ' uso dei cri­ teri i nterni può determinare una scelta oculata della lezione migliore. È giusto invece dichiarare i criteri generali che ho seguito per la textus constitutio: ho accordato, di norma, la mia preferenza alla tradizione Il. rispetto alla tradizione f nei casi di recensio aperta e lezioni adiafore. L' opzione non è, invero, priva di rischi, perché a fronte di casi in cui il testo r sembra rappresentare una tradizione migliore 1 8 , all ' editore s' im­ pone una scelta, per evitare il rischio di restituire un testo 'contamina­ to' , che oscilli fra tradizioni differenti alla maniera della maggior parte di quelli compilati e circolanti in età umanistica 1 9• In generale, si deve avere consapevolezza che un' attività 'filologica' si è sempre svolta intorno ai classici . Così come ogni epoca ha avuto il 'suo' Virgilio, allo stesso modo il testo di Servio è stato stabilito più volte, o, per dirla con Contini, ha visto ciclicamente modificarsi il proprio assetto. Non si può dire che l' attività editoriale preposta a stabilire questi status abbia subi­ to sostanziali modifiche nel passaggio dal i ' età medievale a quella uma­ nistica. La trasmissione del testo, nei centri di cultura, non avveniva soltanto attraverso una pedissequa trascrizione. La conservazione di errori sicuramente congiuntivi è fenomeno che si manifesta unitamente ad una discreta attività emendatoria e ' integrativa' . Così l ' attribuzione di 'purezza' ad un determinato testimone, più che da riflessioni fondate, sembra nella maggior parte dei casi una concessione dettata da 'ottimi­ smo stemmatico' . Ogni testimone è, in effetti, un' edizione e - sincroni­ camente - una redazione. Se il numero delle redazioni corrisponde (esclusi gli apografi certi) al numero dei testimoni, bisogna valutare gli effetti di questa situazione ali ' atto di costituire il testo, soprattutto nel

1 8 Cfr. infra, XVIII-XX. 1 9 Per es. i l cod. Parisinus 7965 ,

scri tto probabilmente a Ferrara nel 1 469, D, che va messo in relazione con l'editio princeps, Venezia 1 47 1 , pubblicata per i niziativa di Battista Guarino sulla base del lavoro preparatorio di Guarino Veronese (cfr. L. Piacente, Ludovico Carbone e un 'edizione «pirata» di Servio, «lnvLuc>> 9 ( 1 987) 1 29- 1 42).

INTRODUZIONE

XVII

caso di un autore come Servio la cui recensio risulta particolarmente vasta. Se è vero che "non è lecito mescolare redazioni distinte"20, si po­ trebbe prospettare l ' ipotesi di pubblicare due edizioni, una che riporti il testo li e un' altra che riporti il testo f: essa va invece esclusa perché non ci troviamo in presenza di una recensio della tradizione manoscrit­ ta che "mette in luce solo opposizioni di varianti adiafore"2 1 • In questo punto risiede, a mio avviso, una delle maggiori debolezze dell'editio Harvardiana, che ha preteso di distinguere anche nell ' impa­ ginazione il testo di Servio e quello auctus. Le due redazioni, quella serviana intesa unitariamente e quella serviano-danielina, non presentano solo varianti adiafore: il materiale serviano-danielino include la reda­ zione serviana, ed anche i suoi diversi assetti . Bisogna, quindi, rinun­ ciare al progetto Harvardiano di pubblicare il cosiddetto Seruius auctus indipendentemente, perché si perpetuerebbe un arbitrio rispetto alla tra­ dizione manoscritta ed alla genesi delle due parti, o almeno al momento in cui è avvenuta la coagulazione di parti più antiche (DS) e Servio. Insomma, io credo che dobbiamo rinunciare al sogno Harvardiano di ricostruire una tradizione esegetica unitaria diversa da Servio (Donato), traendola dal corpo stesso del materiale serviano. Il ragionamento sin qui illustrato sulle redazioni mi induce a concludere che il compito di un editore serviano sia, di fronte al materiale pervenutoci, quello di fornire l ' edizione della redazione più antica di questa coagulazione di cosiddetto Servio Danielino e Servio, perché questa coagulazione ci trasmettono i testimoni manoscritti . Ogni passo ulteriore all ' indietro diviene un arbitrio ecdotico, privo di sostegno nei documenti della tra­ dizione, e perciò sostenuto solo da argomenti extra-documentari . Per quanto mi riguarda, ritengo in generale ancora plausibile l ' ipotesi di

20 G. Con tini, Breviario di ecdotica, Torino 1 990, 7. E non s ' i n tende proseguire sulla strada indicata da Bédier del 'codice unico ' , cfr. J. Bédier, La tradition manuscrite du Lai de l ' Ombre, 54 ( 1 928) 1 6 1 - 1 96; 3 2 1 -380. 21

Cfr. Contini, Breviario . . , cit. , 7. .

INTRODUZIONE

XVIII

Thilo22 che la redazione più antica di questo materiale sia stata messa insieme intorno al sec . VII o VIII, probabilmente e almeno in parte (cfr. infra, LVI-LVIII) in ambito insulare. È invece necessario sforzarsi di pubblicare un 'solo' Servio; al massimo, si potrebbe pensare ad un ' edi­ zione critica del Servio circolante in età umanistica, dando conto in ap­ parato di tutti i gradi di contaminazione a cui il testo fu sottoposto, per esempio nell' officina scrittori a di Guarino Veronese, perché un' opera del genere sarebbe molto utile e gradita non soltanto agli studiosi di storia della tradizione del testo.

I rapporti tra li e a r Nell' attribuire la propria preferenza a A ci sono alcuni fattori che non bisogna perdere di vista: l) il testo li è tràdito dal testimone più antico di Servio, Leidensis B . P.L. 52 (sec. VIII, L), che è un codice scritto certa­ mente a Corbie23; 2) la dicotomia stemmatica fra le tradizioni li e a r non è influenzata da F, che ci restituisce il testo auctus per il libro VII24• Il codice F risulta infatti palesemente contaminato, accordandosi ora con li (tradizione con la quale è statisticamente più affine) ora con a r. Non mancano, tuttavia, casi in cui si è ritenuto di dover dare la pro­ pria preferenza a a r contro l ' accordo di li F: 542. 2 inchoare a r : indicare li F (per errata lettura di eh, con l ' asta 663. verticale dell ' h unita alla c, comune in diverse grafie minuscole) longinquitate a r : longinquitatem li F (ma in Seruius auctus la lezione va accolta perché preceduta da ad) 685. l aut sit a r : ut sit li F.

22 Cfr. Thilo, Praef. l LXVI-LXIX. Per una sintesi del le diverse posizioni degli studio­ si, cfr. G. Brugnoli, s. v. Servio, 4 ( 1 988) 805-8 1 3 ; C. Baschera, Ipotesi d 'una relazio­ ne tra il Servio Danielino e gli sco/ii veronesi a Virgilio, Verona 2000 . 23

Cfr. G.I. Lieftinck (introduction par), Servii Grammatici in Vergilii carmina com­ B. P. L. 52, Amsterdam 1 960.

mentarii. Cod. Leidensis

24 Con il

limitato accordo di G e l ' apporto di T, di cui si è già detto.

INTRODUZIONE

XIX

Di poco più numerosi sono i passi in cui l ' accordo a r F si dimo­ stra superiore alla lezione di A. Il più delle volte si tratta di errori deter­ minati da cattiva lettura del l ' antigrafo: 49. l ut a r F : et li 421 . 2 quoda r F : quid li 563. 2 hirpini a r F : hispani li (per facile confusione di r con s, forse una r con l ' asta verticale particolarmente pronunciata, tipica della scrittura insu­ lare25) 595. uoluntatem a r F : uoluptatem li (scambio di n per p, possibile in scrittura insulare26) 605. 5 potor a r : potori li F (si tratta di dittografia dovuta al successivo item) 762. 4 auctor esta r F: auctores li (errata lettura del compendio di est) 796. 7 eisa r F: eius A. La natura particolarmente semplice di questi errori non esclude la possibilità che essi si trovassero già nell' archetipo e chea r li abbia­ no semplicemente emendati . Altri errori di li si sono prodotti in modo diverso. Alcune omissioni, per esempio, sono spiegabili per omoteleuto : 647. 3-4 quos in bello non inuenis. item in sequentibus aliquos inuenimus: om. item [ . . . ] inuenimus 678. 15 item a Latino Laurentum; item a Lauinia Laurolauinium: om. a Latino [ . . . ] item 697. 3-5 deie­ cisse dicitur uectem ferreum, quo exercebatur. qui cum terrae esset adfixus et a nullo potuisset auferri, eum rogatus sustulit: om. quo [ . . . ] eum 723. 1 -2 hunc Agamemnonis plerique comitem, plerique nothum filium uolunt: om. comitem plerique. Alcuni errori sembrano invece delle dittografie: 601 . 17-18 extincta maio ruma r F : extinctam ma io rum A. Altri ancora sono il frutto di banalizzazioni, di letture sintetiche o altro: 367. 6 essea r F: esse commemorar li (forse per influenza del precedente commemorans) 499. 3 ad ciuitatis nomen a r F : ad ciuita-

25

Per questo tipo di errore in scrittura insulare cfr. Ch.H. Beeson, Insular Symptoms > 5 ( 1 932) 8 1 - 1 00, in particolare 90.

in the Commentaries on Vergil,

26

Per questo tipo di errore Beeson, lnsular. . , cit., 87, fa proprio l ' esempio di uolupta­

tem per uoluntatem.

.

xx

INTRODUZIONE

597. 2 tem nomen a 586. 2 contionum a f F : contentionum a expiatur a f F : expiabitur Il.. In un solo caso, a 535. l, mi sembra che la lezione di a possa essere rifiutata avvalendosi del criterio della lectio diffi cilior. F e a f leggono trudit (-det a), mentre a ha ponit, che potrebbe essere stata in origine una glossa successivamente introdottasi nel testo. La lettura anche di poche pagine di apparato critico - forse addirit­ tura ne può bastare una - offre una chiara visione della dicotomia esi­ tente tra le due tradizioni del testo serviano. Quando esse divergono, e non si è in presenza di un chiaro errore materiale27, solo in qualche caso è possibile applicare il criterio della lectio diffic ilior, come per 168. 4 urbem a f in luogo di pomeria A abbastanza sicuro, o come a 790. 8 dove exagitata a T y N U, può benissimo essere una lezione nata come glossa di uexata a (uexagitata, infatti, W); ovvero a 701 . 3, dove a f F leggono pratis, in una citazione virgiliana, in luogo del corretto stagnis Il.. Sono consapevole che per situazioni come quest' ultima si può facil­ mente opinare che nell' archetipo ci fosse pratis, mentre stagnis è corre­ zione dotta di A.; tuttavia, pur cercando di ragionare s'e olio per scolio, era necessario compiere una scelta di campo 2 8 • Ci sono situazioni, come a 683. l, in cui incontriamo due testi diver­ si, ma entrambi corretti e funzionali. Servio sta spiegando il lemma geli­ dumque Anienem. Aniofluuius dice subito e poi, nella versione A conti­ nua est urbi proximus. Mentre F omette, la tradizione a f legge invece haud longe ab urbe est, che vuoi significare praticamente la stessa cosa. In questo caso non è possibile applicare alcun criterio interno: neanche l' usus scribendi, infatti, ci sovviene in alcun modo. Se si dovesse allesti-

27 Come ad esempio per 303. 2 dove conditor di a [ subentra a conditos di A per lo scambio di 's' insulare con 'r'. 2 8 Non si può neppure escludere l ' ipotesi di un archetipo con doppie lezioni, possi­ bilità tutt' altro che remota, ad esempio, per a, come ho cercato di dimostrare in Servio, Commento al libro IX dell Eneide, a cura di G. Ramires, Bologna ( 1 996) XIII sgg. e in G. Ramires, Per una nuova edizione di Servio, 1 24 ( 1 996) 325 sgg. '

INTRODUZIONE

XXI

re un testo per nostro diletto, sarebbe lecita una scelta in relazione al gu­ sto o addirittura si potrebbero usare entrambe le versioni, introducendo tra le due ve! o id est, secondo un uso tanto caro agli umanisti. Ma il proposito di restituire un testo che sia il più coerente possibile e la prefe­ renza accordata a Il. impongono senza dubbio una scelta univoca. D' altra parte ci sono casi in cui, dinanzi a varianti estese ma di natura adiafora, sembra consigliabile accordare la preferenza a Il. per coerenza stilistica e letteraria. Un esempio è il passo 259. l, dove Servio spiega l'espressione di nostra incepta secundent. Nella tradizione Il. (e in F) lo scolio ha inizio con questa frase d' impianto quasi solenne: secundum priscam consuetudinem locuturus est (est non si legge in F e forse andrebbe atetizzato anche nel testo di Servio) de publica utilitate ; la tradizione a r invece legge: antiquo more locuturus (ma y a hanno locutus) de publicis rebus. A me sembra abbastanza evidente, in a r, un processo di banalizzazione del testo, identificabile non tanto nel passaggio da consuetudo a mos, quanto in quello da priscus ad anti­ quus29. Risulta comunque difficile in questo caso decidere se adottare il criterio della leetio dijficilior o quello dell' usus scribendi. Lo stesso scolio offre inoltre almeno altri due elementi di discussione. Per spie­ gare che cosa intenda con de publica utilitate, Servio dice id est de pace et (de aggiunge F) regiis nuptiis. Ma in questo modo leggono in realtà soltanto L J (oltre ad F), perché a r e anche un ramo di A cioè 6, che più di una volta risulta contaminato, in luogo di regiis nuptiis leggono nuptiis filiae o filiae nuptiis, che a me sembra una chiara sem­ plificazione. La lezione filiae potrebbe essere opera di un glossatore, che - usando il testo di Virgilio, Aen. 7,268 sgg. - aveva urgenza di spiegare, per primo a sé stesso, che cosa Servio intendesse con l' espressione, piuttosto solenne e impegnati va, regiis nuptiis. Prose-

29 I termini consuetudo e mos si ritrovano con frequenza nei Commentarii. Fra anti­ quus mos e prisca consuetudo è invece la prima iunctura a risultare più comune (cfr. Seru . Aen. 7,509 e 537, 8,423, 1 0,832 nonché Seru. auct. Aen. 8,363, 9,667, 1 0,244 e 766).

XXII

INTRODUZIONE

guendo, nel medesimo scoli o, finalmente l ' antico esegeta ci dice che cosa Latino deve fare secondo l ' antica consuetudine: facit ante deo rum commemorationem, sicut - ed ecco qui una bella citazione dotta e rara in Catonis orationibus legimus. A parte il fatto che a f fanno seguire sicut da un pleonastico etiam, la lezione orationibus è restituita soltanto da a, dal correttore di Pa (che collazionava probabilmente un codice a) , e in modo scorretto ma abbastanza sicuro da L J, che hanno arati­ bus (probabilmente per mancata lettura di un compendio) . Gli altri co­ dici3 0 leggono traditionibus, che non dà senso e che già Thilo aveva giustamente relegato in apparato3 1 • Ci sono elementi a sufficienza, io credo, per poter affermare che in questo scolio il testo li è davvero il più affidabile e vicino all ' originale ' serviano'32•

Accordo di LJ VS a 6 f

Come abbiamo visto, in alcuni casi la tradizione li è testimoniata dai soli codici L J, mentre la classe 8 risulta contaminata da f. A 728. 2

30 In pratica il testo f, ad eccezione di a, che ha una sua particolare vicenda stemmati­ ca (cfr. infra XXXVI-XLIX). 3 1 Thilo pubblica orationibus sulla base di F e del cod. V di Burman [= Le nella pre­ sente edizione]. 32 Per dovere di completezza, aggiungo che quasi tutti i codici r (fanno accezione P b e Z del gruppo y) leggono in omnibus Catonis traditionibus. Thilo pubblica omnibus sulla

scorta di una citazione interna, cioè lo scoli o servi ano a Aen. I l ,30 l : nam maiores nullam orationem nisi inuocatis numinibus inchoabant, sicut sunt omnes orationes Catonis et Grac­ chi; nam generale caput in omnibus legimus. È possibile, ma non sicuro, che Catone, doven­ do pronunciare un discorso de publica utilitate, premettesse sistematicamente un' invocazio­ ne agli dei . A quest' arcaica abitudine allude probabilmente Cic. diu. in Caec. 1 3,43, in un passo in cui il sarcasmo non è certo riferito alle veteres orationes, ma a quegli avvocati me­

diocri che credevano di dimostrare la loro preparazione imparando a memoria qualche "anti­ ca arringa". D' altra parte, è a tutti nota la grande ammirazione di Cicerone verso Catone il Censore. In definitiva, omnibus è forse parola da recuperare nel testo, tanto più che è traman­ data anche da a, che come abbiamo visto legge correttamente orationibus. Il dubbio tuttavia rimane, perché omnibus potrebbe essere anche l ' aggiunta di un acculturato copista.

INTRODUZIONE

XXIII

la lezione Perperna era per Thilo congetturale, anche se il suo apparato non dà notizie sulla provenienza di questo emendamento33• Secondo Thilo, i codici oscillano tra perna (nato da aplografia) e perpenna (esito, eventualmente, di assimilazione) . Il quadro è in realtà più complicato: perpenna è la forma più diffusa (F a y) ; perna è invece lezione tipica della classe di Tours (T), anche se Pa legge pernenna. In a c ' era invece farnace (V W e apografi umanistici34; N ha invece perna, forse per

33 Perperna è indubbiamente un nome gentilizio d' origine etrusca, come confermano diverse iscrizioni (cfr. RE s. v.) . La forma Perperna (cfr. CIL XI p. 1 445 c) è forse da prefe­ rire a Perpenna, che però è attestata da iscrizioni (cfr. CIL X 7 1 25 ) e testi letterari, ed è infatti la lezione comunemente accettata, per esempio, dagli editori di VeI le i o Patercolo sia per 2,4 1 ,8 e 38,5, dove si parla del console vincitore di Aristonico, sia per 2,30, 1 dove il riferimento è di certo al capo della congiura contro Sertorio, così come in Amm. 26,9,9. Anche in un altro frammento delle Historiae sallustiane (3,83 Maur.), tramandato anch ' es­ so da Servi o (A en. l ,698) i codici oscillano tra Perperna e Perpenna, mentre quest' ultima è la lezione di tutti i manoscritti di Nonio (28 1 ,28-30), che insieme a Servi o tramanda questo brano. Difficile considerare invece il frammento 2,55, tramandato da Seru. auct. (A en. 1 2,694) in modo così confuso da sollecitare più di un tentativo emendatorio (cfr. gli appara­ ti di Thilo e Maurenbrecher) . 34 Cfr. Cod. Oxoniensis Linc. 9 1 . È ovvio che nessuna relazione vi può essere sul piano storico tra Perperna, generale e 'cattivo genio' di Sertorio in Spagna, contro il quale pro­ mosse infine la congiura del 72 a.C., e Farnace, figlio di Mitridate re del Ponto, protagonista dopo il 63 a.C. della guerra contro Roma. Per tentare di spiegare la genesi di questo errore si deve considerare che nell ' archetipo la lezione Gallaecia (l' odierna Galizia, cfr. Plin. nat. 3,28; 4, 1 1 2; 8, 1 66; 1 9, 1 0; 33,78 e 80; 34, 1 56 e 1 58 ; S i i . 3,345 ) doveva essere già corrotta, sicché tutti i codici pervenuti leggono Gallia (Galilea ha però Z). È possibile, però, che ad un certo l ivello della trasmissione del testo, il nome Gal/aecia sia stata confuso con quello, paleogratìcamente assai simi le, di Gallograecia, che come si sa (per via dei Gall i che occu­ parono questa regione, cfr. Plin. 1zat. 5 , 1 46) è un altro nome della Galatia (cfr. Caes. ciu. 3,4,5 ; BAI. 67, l e 78, l; Liu . 37,8,4; 38, 1 2, l e 1 8,5; Fior. epit. 2, I l , l ), regione dell ' Asia Mi­ nore, che è senz' altro col legata alle vicende che vedono protagonista Farnace prima che Ce­ sare lo sconfiggesse nel 47 a.C. Un copista dotto che emendando trascriva Gallograecia in luogo di un ormai i lleggibile Gallaecia avrà di conseguenza corretto Perperna (o forse già perna) con Farnace. In seguito, quasi inevitabilmente, la lezione Gallograecia si sarà nuo­ vamente corrotta in Gallia, mentre nessun elemento paleografico o altro avrebbe favorito in questi codici i l ripristino di Perperna . Che nel l ' archetipo ci fosse Gallaecia o Callaecia (così emendò J. Voss in Melam, 1 86), non vi è ragione di dubitare, perché la Cale conquista­ ta da Perperna corrisponde all ' odierna Villanova de Gaya in Portogallo, il cui nome deriva proprio da Cale Portum (cfr. Isid. Goth . 280,3 1 , ma anche CIL 2, 322).

XXIV

INTRODUZIONE

contaminazione). Per questo passo non disponiamo di A e dunque la lezione di e si ricostruisce con il solo apporto di O e S, codici che spesso, ancor più di A, mostrano i segni della contaminazione: infatti in questo caso leggono perpenna (anzi, prima che intervenisse il correttore, O aveva addirittura perpenda). Gli unici a conservare la lezione presumi­ bilmente giusta perperna sono L e J (il correttore di L, che usava un codice T, espunge le prime tre lettere e propone, ovviamente, perna). Segnalo adesso i pochi casi in cui ho corretto quello che con sicurez­ za considero un errore materiale di L J: 601 . l communem F a e r : commemora! LJ 1 4 est repetere F a A S r : es petere L J repetere O (l' errore si è ingenerato probabilmente per una mancata lettura del com­ pendio sulla 'e' , per est e del compendio di re) 678. 5 ne F a e f : in L 8 romanae F a e f : romani L J 713. l tetricus mons F a e f : J tetricum mons Lac J (mons di genere neutro non sembra attestato, cfr. 740. 3 aperte F a e f : a parte L J (fraintendimento del Th.l.L. s. v. ) 765. commemoratione F a 8 r: commemoratio L compendio di per) J. Vanno poi considerate alcune omissioni: 88. 1 -2 L J omettono incu­ bare [ . . . ] il/e, forse per aplografia; 445. 1 -2 nella frase communis sermo habet "ardeo illa re ", sed figuratius "ardeo in illam rem " dicimus, L J omettono il/a re [ . . . ] ardeo, forse ancora per aplografia. Anche a 568 si può tranquillamente parlare di errore meccanico, per la caduta di habeant hic specus [ . . . ] antiqui codices: HIC SPECVS HORRENDVM hoc nomen apud maiores trium generum fuit. Ennius

feminino posuit, Horatius masculino quae nemora aut quos agor in specus, Vergilius neutro, quod hodie in numero singulari tribus tantum utimur casibùs "hoc specus, huius specus, o specus". nam pluralem tantum a genere masculi­ no habemus in omnibus casibus: hinc est ipsi in defossis specubus. quamquam antiqui codices habeant hic specus horrendus. quidam horrendum non ad specus referunt sed exclamationem dicunt.

SPIRACVLA DITIS aditus, a spi­

rando, q u o d i b i h o s t i a e a d m o t a e c o n c i d a n t e t m o r i a n t u r. antiqui codices piracula habent, quae dieta sunt àJTÒ rwv 1TEpcin.ùv, hoc est a finibus inferorum. quidam loca huius modi a pestilentia spiritus spiracula uocari dicunt, alii quod terra spiritum reddit.

INTRODUZIONE

xxv

È possibile che, a 605. 1-2 ( HYRCANISVE gens est dieta a siiua Hyrca­ nia, ubi sunt tigres. ARABISVE P. hic datiuus. . . ), il copista abbia omesso gens. . . ARABISVE P. per omoteleuto tra HYRCANISVE e ARABISVE. Più difficile spiegare l' omissione di 153. 4-5 autem [ . . . ] fuerat: Ser­ vio sta interpretando augusta ad moenia (la reggia di Latino), dove si devono recare per ordine di Enea centum oratores. L' antico esegeta spiega che quelle mura sono augurio consecrata, e Virgilio dice questo perché sa che nessun senatus consuitum poteva svolgersi se non in augusto ioco. Proprio per questo motivo, continua lo scolio, il tempio di Vesta non fu augurio consecratum, in modo che non potesse aver luogo alcuna riunione del Senato nello stesso posto dove risiedevano le vergini Vestali35• Lo scolio si conclude così : ad atrium autem Vestae co­ nueniebat, quod a tempio remotum fuerat (nel tempio di Vesta, dunque, non si poteva svolgere il senatus consuitum, che era invece consentito ad atrium, che si trovava distante dal tempio). Poiché non ci sono note le fonti di Servio, l ' unica testimonianza utile è Geli . 14,7,7, dove si dice che Varrone "spiegò e ribadì - nel memorandum per il console Gneo Pompeo - che il senatoconsulto non sarebbe stato giuridicamente valido se non si fosse tenuto in un luogo stabilito dagli àuguri e che avrebbe preso il nome di «tempio»". In effetti, anche se grazie all ' opera degli augures alcune curie erano diventate tempia, Io stesso Varrone aveva precisato che non tutti i luoghi sacri erano templi, tanto è vero che neanche l' aedes di Vesta si poteva considerare un tempio3 6 •

35 Servio dice che questo tempio era anche la regia di Numa, ma la notizia non sembra avere alcun fondamento e già in passato fu censurata dagli studiosi. Pragmatica, ma non del tutto convincente sul piano storico, la proposta avanzata da Thilo in apparato, di spostare la frase nam haec Juerat regia Numae Pompi/ii dopo l ' ultimo Juerat. Numa avrebbe eletto a propria reggia l' atrium, cioè l' aedes di Vesta, perché luogo, al contrario del tempio, in cui è possibile riunire il senato. 36 In verità i codici L J al posto di autem [... ]Juerat hanno seneca, che )ungi dal poter essere considerata una citazione dello scrittore, è parola che qui ovviamente non dà alcun senso. Ma forse una spiegazione si può tentare. Il cod. F, invece di autem, legge sane ed era questa, forse, anche la lezione del l ' esemplare di L J. Un ulteriore indizio che le cose

XXVI

INTRODUZIONE

Ci sono quattro luoghi in cui L J restituiscono la lezione corretta in accordo con F. A 120. l periphrasi usus est (ma J ha perifrasius est) è lezione abbastanza sicura rispetto a periphrasis est di a e f37• Non meno interessante il caso di 363. 2, che riguarda una variante nel testo di Virgilio: Amata implora qui Latino di non concedere Lavi­ nia in isposa al predone Enea, usando come argomento la tradizionale perfidia dei Troiani (vv. 363-364) : at non sic Phrygius penetrar La­ cedaemona pastor l Ledaeamque Helenam Troianas uexit ad urbes? Il paragone è oltraggioso: agli occhi della regina38, Enea è un novello Pa­ ride, che con l ' inganno s ' introdusse nella regia di Menelao per rapire Elena. A parte il paragone fra la pudica Lavinia ed Elena, che lascia un po' perplessi, è opportuno ragionare su quell'at iniziale. I codici virgi­ liani più antichi divergono39: il Mediceus legge an, mentre il Romanus ha at (così anche y, sec . IX, che da Mynors fu considerato in gran parte apografo del Palatinus). Servio dimostra di conoscere entrambe le va­ rianti . Nel lemma accoglie at, ma nello scolio aggiunge: Legitur et 'an non sic '; sed hoc absolutum est. si autem 'at ' Legeris, inceptiua parti­ eu/a est, ad ornatum solum pertinens. E a conforto di quanto dice cita Hor. epod. 5 , 1 -2 (at o deorum quicquid in caelo regit l terras et huma­ num genus) . La lezione inceptiua è restituita dai codici L e J, ma anche siano andate così viene dal gruppo e, che legge autem, ma aggiunge Vestae seneca conue­ niebat quod a tempore motum (sic) .fuerat. Un' altra ipotesi, da tenere in considerazione, è che seneca si debba emendare in senatum. Comunque mi sembra abbastanza evidente che in questo punto i più antichi testimoni della tradizione Il. restituiscono un testo guasto ed è dunque legittimo far ricorso alla tradizione r. Certo, in modo più ardito, ed accogliendo le proposte avanzate si potrebbe leggere : ad atrium autem senatum conueniebat, òppure ad atrium sane conueniebat, espungendo Vestae da considerare una glossa penetrata nel testo f a da lì, per collazione, in F a e.

37 Nel commento al l ibro IX (v. 326, Seruius auct.) mi ero imbattuto in una situazione pressochè identica e curiosamente, anche i n quel caso, un codice (F) leggeva perifrasius est, dove è chiaro il rabberciamento conseguente alla caduta del compendio di us. Da qual­ cosa di simile a perifrasius sarà partito i l copista dir per correggere in periphrasis. 3H Cfr. anche le uoces delle matres a Il 483 485 che definiscono Enea "predone frigio". 39 Cioè M (sec. IV-V) e R (sec. IV-V), visto che per questo passo ci manca P (sec. IV). ,

-

,

INTRODUZIONE

XXVII

da F, dal Reginensis 1 674, dal correttore di Ps, che pone la lezione in margine (alias inceptiua), e dal Reginensis 1 669 (copulatiua uel incep­ tiua) . I codici a f hanno invece copulatiua. Non vi è dubbio (e nessun dubbio nutriva neppure Thilo) che qui l ' unica lezione plausibile sia inceptiua, come risulta anche dal confronto con il commento ad Aen. l 0,4 1 1 ( SED BELLIS ACER 'sed ' modo inceptiua particula est, ut in Sallu­ stio saepius, sicut 'at ' interdum: nam non est coniunctio ratiocinantis) e con lo scolio di Elio Donato ad Andr. 666: 'at ' principium increpatio­ ni aptum, cui seguono due citazioni a sostegno, la prima da Aen. 2,535 e la seconda proprio da Hor. epod. 5, 1 -240•

Accordo di Il. con y vel a

Non mancano casi che si possono con sicurezza definire di 'recen­ sio chiusa' , nei quali la tradizione Il. concorda con y o con a4 1 •

Accordo d i Il. con y vel F y VS a T a

Non si riscontrano varianti di grande importanza: si tratta per lo più di singole parole con marcato carattere di equivalenza. L' accordo Il. y42 quasi mai ha sollevato problemi testuali, tantomeno quando è rafforzato dalla concordanza di a. Il caso più interessante e che si può considerare ancora aperto è 517. l, in cui Servio si sofferma su sulphurea Nar a/bus 40 Lo scolio all'Andria di Terenzio autorizza Ender ( Don. Verg. 90) ad ipotizzare l'esi­ stenza di una spiegazione simile anche nel perduto commento di Donato a Virgil io, dal quale, in ultima analisi, dipenderebbe l'esegesi di Servio. 41 Non prendiamo in considerazione per il momento l'accordo con a o con T, in quanto queste due classi, molto vicine ma indipendenti, presentano un diverso grado di contami nazione. 42

Con o senza F: per es. 563. 6 tamen F Il. y : sane a T o; 776. 3 dicitur Il. y : di­

cunt F a TO.

XXVIII

INTRODUZIONE

aqua. Thilo pubblica lo scolio nella forma: in LX. Flaminiae est ciuitas Narnia in montibus posita. La lezione in LX. Flaminiae è attribuita da Thilo, oltre che al Floriacensis, ai codici di Amburgo (H) e Lipsia (Lips.), che si possono considerare appartenenti alla classe T, ma con un più alto grado di contaminazione rispetto ai codici da Murgia giustamen­ te prescelti per restituire nel modo più 'puro' possibile la classe T. Rinvio dunque al mio apparato, dove si evince che i due codici che in questo caso tramandano la lezione caratteristica di T (Pa subisce l ' influenza, io credo di a), e cioè Q e Se (purtroppo ci manca per questo verso l' apporto spesso chiarificatorio di Ps), fanno intendere che nell' antigrafo le due lezioni sussistevano. Infatti Q ha in lx alii in uiaflaminiaflaminiae, men­ tre Se nel testo legge in lxflaminiae, ma nel margine ha alias in aia (sic) flaminia. Probabilmente in lxflaminiae leggeva anche a, pur se qualche dubbio rimane perché il testimone più autorevole di questa classe, cioè W, presenta semplicemente flamine, poi corretto in flaminie43. Gli altri codici, e cioè 11 a Pa y hanno in uia flaminia. In effetti le due informa­ zioni sono precise, anzi in lxflaminiae è addirittura scrupolosa e ricer­ cata: giusto dunque pubblicarla per il testo auctus, laddove per il testo serviano la lezione in uia flaminia si potrebbe preferire non soltanto sul piano stemmatico ma anche per il confronto con Strab. 5 ,2, 1 044 : 1TOÌI.Etç b'òaìv a't ÈvTÒç TWV 'A1TEVVtVWV Òpwv a/;tat Àoyou KaT' aÙT�V 1-JÈv T�V .> 70 ( 1 9 1 1 ) 1 06- 1 45 .

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