Il Principe. Con il commento di Napoleone Bonaparte 8871004434

Anche se questo libro non lo dice, le annotazioni di Napoleone al Principe di Machiavelli sono generalmente ritenute un

103 79

Italian Pages 116 [124] Year 1994

Report DMCA / Copyright

DOWNLOAD PDF FILE

Recommend Papers

Il Principe. Con il commento di Napoleone Bonaparte
 8871004434

  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

Niccolò Machiavelli

IL PRINCIPE con il commento di NAPOLEONE BONAPARTE

© 1994, La Spiga, Vrmercate

Ntccolò Machiavelli IL PRINCIPE commentato da Napoleone BQTI.aparte NICCOLÒ MACHtA VEW, scn'ttore e politico,nacque aFirenu,

nel 1469, da nobile famiglw. Fece il suo esordio nella vita pubblica nel 1498, con l'incarico di segretan'o della seconda cancelleria della repubblica diFiri!11U,dicastero clu si occupa­ va della guerra e degli interni,carica che gli procurò,presso la crit1ca, l'appellativo di �segretario fiorentino�. U varie �wgaz.ioni �(missioni diplomatiche) affidategli W portarono nel1500 al campo dell'assedio di Pisa,da tempo in guerra con Firi!11U, e in Francia alla corte di Luigi XII. Nel 1502 venne inviato due volte presso Cesare Borgia, il duca Valentino, figlio di papa Alessandro VI, e nel 1503 fu mandato a Roma a seguire il conclave destinato ad assegnare il soglw pontificio a Giulio Il. Tre anni pit1 tardi lo stesso Machiavelli accompagnò il pontefice a Imola. Nel 1507, invece,si recò presJO l'imperatore Ma.ssimilìano in TiroW. Dai resoconti di queste mislionì egli tra.sJe gli seri/li: �Del modo di tratlare i popoli della Val di Chiana ribellati� (1502), �Descrizione del modo tenuto dal duca Valentino nell 'am­ mazzare Vitellozzo Vitelli, 0\iverotto da Fermo, il signor Pagolo e il duca di Gravina OrsiniM (1503),�Rapporto delle cose della Magna M (1508), �Ritratto di cose di Francia M (1510 ) e anc01a "Ritratto delle cose della MagnaM (1512),

oltre al progetto di una storia di quegli anni in poesia,da cui nacquero il "Decennale primo� (sugli anni dal 1494 al 1504) e il "Decennale secondo M (interrotto al1509). La sconfilla dei francesi nel1512, seguita dal crollo della repubblica fiorentina, loro allRata, cambiò radicalmente la sua vita. Caduto il governo repubblicano guidato dal gonfaloniere Pier Sode�ini,fu nstafnlita la signoria medicea e Machiavelli venne allontanato dal suo incanco. Nel1513 il suo nome comparve in un elenco di congiurati contro la signoria: venne imp1igionato, torturato e confinato in una sua proprietà di campagna, l'Albergaccio presso San Casciano in Val di Pesa. Furono anni moll.o tristi dal Jnlnlo

di vista umano, ma molto proficui sul piano della sua produ­ zione: compost i �Discorsi sulla prima .. cteca" di Tito Livio" (1513�17), optra con cui teorizz.ò la repubblica COTMJor:ma piU alla d1 guvtrno, e�ll Principe" (1517), il suo testo p1ù noto. Quest'ultimo, mofto schematicamente,può essere definito un trattato teso a indicare in un principato unifica/are la soluzione contro l'anarchia secolare dei piccoli stati itabani. U pagine, purcolme di commazio7U e di sdegno per le sorti tklla patria, d'altro canto, ci. mostrano un Macliiavelli teorico e scienz.iato, in grrulo di dimost-rare la necessità di separar-t la morale dalla politica: quest'ultima deve giudicare l'agire umano secondo l'utzle arrecato allo stato. Allro "prodotto" di questo oùum fonato sono i "Dialoghi dell'arte della guerra" (1519-20), opera tesa a dimostrare la pmcolosittl e l'inaj]ìdaOilittl cUlle milizie mercmarie. Il desiderio di partecipare di nuovo alla vita politica, che traspart da alcune lettere scritte all'amico Francesco Vettori, ambasciatore fiorentino a Roma, non vmne mai esaudito pima1M1!lt. Ottenne pochi incarichi e dì scar.m 1mpmtanza. Nel1519 vmm richiesto un suo parere per una eventuale modifica della costitmù.me fiorentina: wmpose allora il �Di­ scorsosopra ilrifonnareloStatodiFirenze".Nel1520scri.sse

una "Vita diCasuuccioCastracani da Lucca", biografia eU­ dica/a al JWio capitano di ventura. Lo stesso anno, grazie al­ l'inJere.ssamentodi Giuliotk 'Medici, lostudium fiorentino gli commissionò, in cambio di un compenso annuo, una storia tklla città. Nacquero cosi le "!storie fiorentine" (1520-25). Machiavelli mori aFireru.enel1527. Ricordiamo, inoltre, la novella "Belfagor arcidiavolo" (composta probo.bilmentt in gioventU) e alcune opere ttatrali: "Le maschere" (1504), andata perduta; la "Mandragola" (1518 ca.); le trrulmioni dell'"Andria" di Terenzio (15/n) e della commedia plautina �Ciizia" (1524). Gli viene, infi7U, attribu itoil�Dialogo intorno alla nosll'a lingua" ( 1515 ca.).

NAPOLEONE BoNAPILRTE, condottiero e uomo politico, nacque ad Ajaccio (Corsica) mi1769 e mori, dopo aver segnato in maniera profonda la storia europea durantt quell'età che proprio da lui prende il nome, in esilio sull'isola di Sani 'Elena (Oceano Atlantico) ml1821. Brillantt stratega, appare inusuale pensare a lui COTM uomo di lettere, ma è neces.sario registrare mlla sua intricata biogra­ fia un certo interesse per la parola scritta. Il primo esperimn�to di produzione letteraria risale alla

giovin= in Corsica: negli anni Ira i/ 1 786 e il1 790 cercherà di dar corpo a un progetto di sluria della sua isola, con l'intenzione di auvicinar.ri alla pmonalilà del rivoluzionario còr.s-o Pasquale Paoli. Ne/ 1 787 si dedicò alla composizione di brevi racconti dai Ioni cupi, indicativi di un certo disagio di vivere nell'attesa di trovare la via della propria reali.u.azione. Tra di essi si segnala �La masque prophète� (La ma­ schera profeta), racconto della morte di Hackem, capopopolo ri!H!lle dal volto mascherato per nascondereferite e cecità, che al momento di essere catturalo preferisce auvelenare i suoi segua­ ci, seguendone il tragico destino gellandosi nella fossa ove giacciono i loro cadaveri. Trasferitosi inFrancia, partecipò al concorso per l'Acctuk­ mia di Lione con un breve saggio su.l /e111(1. "Verità e senti­

menti che debbono essere inculcati agli uomini per giun­ gere alla felicitift, che non riscosse il gradimento della com­

missione giudicante. Giunti gli anni del Terrore rivolu:donario, Napoleone redasse, esprim.endo con fonna moderata convimioni di una certa lungimiranza, un pamphlet dal titolo � Le .souper de Beaucaìre� (La serata di Beaucaire, 1 793): compiendo varie njkssioni sulla realtà francese e su.l senso della nuova unità rnu.ionale, giunse a dimostrare l'inutilità delle sollevazioni locali frutto del disagio vmo la situazimll' politica. Sconvolto dagli auvenimenti su.ccessivt al 9termidoro, con il rovesciamento di R.obespierre, Napoleone mostrò, in partico­ lare attravmo la s-ua comspondenwfamilwre, di aver subìlo un certo um.traccolpo psicologico dal precipitare degli eventi, il cui apice fu la temporanea perdita del grado di generale. ProprioalWra egli cf.lmpose, ef!ettuandoquasi untransfert, la TWVella �Clisson et Eugénie" (Clisson e Eugénie, datala attorno al 1 795, ma pubblicata integralmente solo nel 1955), vicenda ruotante attorno a questo novello Cincinnato, guerrie­ ro ritiratosi tempManeamente in campagna nell'apparente felicità della P[opria famigliola: costretto dalla situazione a riprendere le dnni e scoperto 1l_ tradimento della moglie, egli morirà da prode. Assorlnto da compiti ben più alti e teso vmo un destino di gloria, Napoleoneamcluseapparentnn.entequi la sua carriera di lelleralo. Occorre, però, ricordare che tutta la vita pubblica del grande còr.s-o i stata segnala da quella mDle di docummli politici, USii di discorsi, memoriali, che generalmente viene

definita YProclamaùons et mémoires� (Proclami e memo­ riali). Sin dal cosiddetto ylndirizzo a Pasquale Paoli� (1789), rui si affiancano le lettere sulla Corsica, vera e propria di­ chiarazione d'amore per la sua terra in chiaveantifranwe,fu tutto un susseguirsi di esternazioni cM assumono, al di là di un relativo valore storiografico, un indubbio interesse nell'agiografia napoleonica. Al 1796, solo per citare i più famosi, datano i proclami all'Armata d'Italia e ai rappresentanti cispadani e cisalpini, e al 1798 il discorso precedente la battaglia delle Piramidi (il celeberrimo " ...quaranr.a secoli di swria vi contempla­ no .. . � ).Danondimmtìcare,poi,ilproclamaperl'assunzione del consolato nell799 o i bolle/lini all'esercito imperiale (per tutti, quelli di Austerlitz del 1805). Interessanti ancM come atti politici il discorso dell'abdica­ zione diretto alla Vecchia Guardia (1814) e quello del ristabilimento dell'Impero (1815), cosi come la lettera di resa dopo Waterloo o il famoso YMémorial de Saint-Hélène, ou joumal où se trouve consignè,jour parjour, ce qu'a dit et fai t Napoléon M (Memoriale di Sani 'Elena, ovver o diario ove

viene esposto, giamo per [51amO, ciò che ha detto e fallo Napo­ leone, pubblicato m otto volumi nel 1822-23), raccolto du­ rante gli ultimi tristissimi anni d1 esilio dal conte di Las Cases, vero caposaldo della letteratura politica di inizio Ottocento. Siamo difronte,insomma, a una produzione che è il.frutto delle wnlingenze politicM e degli eventi storici, comunque testimonianza della statura del personaggio, universalmente riconosciuta. All'urizwn.tedegli scritti napoleonici, grazie a un cou p de theatre sul quale ci dilungheremo più oltre, appare improvvi­ saql!,esla ediz.ùmecommentalade ''Il principe� di Machiavelli. E stato senz'altro lo spirito vitale di un'opera le cui intenzioni vennero sovente fraintese (valga per tutti il signifi­ caio non propriamente lusinghiero dell'aggettivo ymachia­ vellico �) ad attirare l'attenzione di Napoleone il quale ci offre, in queste pagine, ilfrutto di una lettura attenta del testo e un wntributo,grazie ai continui rimandi alle vicende personali, alla uorizzm..ione del distacco tra etica e politica che conferma­ no il valme universale del lavoro del segretario fiorentino.

Per aiutare il lettore a comprendere il senso delle note al testo, redatte in epo!Of(l du dìspwu11do con pocoècome u.n dispìausucon molto no) v Non ho osuroato abbaJtanza bmtquesta regola, ma essi affl!alloquelli cile offendono, e questi offesi mi nppartmgono. (o) u Si aume111n moll>sszmo l'af f itto aff inch� resti qualcosa per si.(�) 27 Non li Inno rumJ�o li forw _a rtstart 111 essa, t da li non u.scoranna, almrnapernumnz_co•_ztradt mt.{B) e s r :;, t;:.�;:!,tUie��� �n�:!t};;;;:a� u ::F7a�':�f':�;:;��:f. ;e;; Firmu nt ofjiiranno ali? nuovi.{8) .., Perquestatal/eral'AltSina m Lombardia. (A) Il

missero e' Romani in Grecia; e in ogni altra provincia che gli entrarono, vi furono messi da' provinciali�. E l'ordine delle cose è che, subito che uno forestiere potente entra in una provincia, tutti quelli che sono in essa meno potenti gli aderiscano, mossi da invidia hanno contro a chi è suto potente sopra di loro31: tanto che, respetto a questi minori potenti, lui non ha a durare fatica alcuna a guadagnar! i, perché subim tutti insieme volentieri fanno uno globo col suo stato che lui vi ha acquistato'2• Ha solamente a pensare che non piglino troppe forze e troppa autorità; e facilmente può, con le forze sua e col favore loro, sbassare quelli che sono potenti, per rimanere in tutto arbitro di quella provin­ cian. E chi non governerà bene questa parte, perderà presto quello arà acquistato; e, mentre che lo terrà, vi arà dentro infinite difficultà e fastidii"'.

7 E' Romani, nelle provincie che pigliarono, osservarono bene queste parti; e' mandarono le colonie, intrattennono e' meno potenti, sanza crescere loro potenzia; abbassarono e' potenti, e non vi lasciarono prendere reputazione a' potenti forestieri'�. E voglio mi basti solo la provincia di Grecia per esempio: furono intrattenuti da loro gli Achei e gli Etoli; fu abbassato el regno de' Macedoni; funne caccia­ to Antioco36; né mai e' meriti degli Achei o degli Etoli fecionoche pennettessino loro accrescere alcunostato'7; né le persuasioni di Filippo gli indussono mai ad esserli amici 1 � e

��������� ��;!����� ��� ������� !J� �: ��� � �

ll c l o o Perché e' Romani feciono in questi casi quello che tutti e' principi savii debbono fare; li quali non solamente hanno }(l

Ceri possrmo chiamarsi in Lombardia, non sono romani. (A) �!l'muto /rovtTebbel:Au.slria contro di IIU', rugli alluafi deboli potmtatritaliani.(A) Vinarli! Non mi prmdtrO qv.tJta briga; saranno obbligati dalk mie a : c)on IIU', specialmente nel mio piano de/W Ccufedera{�':e i�r;;:'!( � �!�h�:v;f:��i�/7:::/�rofeg.�: ��a�i�e;::z::;��· �tarmiarIIU'l. i (c) " Qui si preoccupa di scrrdilarli. (8) J6 Percllinon lullrgliallnr(8) 11 Qrasto non era suflimmle; i figli di &molo dOW!Val!o ancora avi!T' �Hogno della mia scuola. (c) J6 E la cosa mlglioredufecero. (8) 11 CM

Il

12

ad avere riguardo agli scandali presenti, ma a' futuri, e a quelli con ogni industria obviare; perché, prevedendosi discosto, facilmente vi si può rimediare; ma, aspettando che ti si appressino, la medicina non è a tempo, perché la malattia è divenuta incurabile. 8 E interviene di questa come dicono e' fisici dello etico, che nel principio del suo male è facile a curare e difficile a conoscere, ma, nel progresso del tempo, non l'avendo in principio conosciuta né medicata, diventa facile a conosce­ re e difficile a curare�9• Così interviene nelle cose di stato; perché, conoscendo discosto (il che non è dato se non a uno prudente) e' mali che nascono in quello, si guariscono presto; ma quando, per non li avere conosciuti, si lasciano crescere in modo che ognuno li conosce, non vi è più remedio. Però e' Romani, vedendo discosto gli inconvenienti, vi rimediorno sempre; e non li lasciorno mai seguire per fuggire una guerra, perché sapevano che la guerra non si leva, ma si differisce a vantaggio di altri40; peròvollono fare con Filippo e Antioco guerra in Grecia, per non la avere a fare con loro in Italia; e potevano per allora fuggire l'una e l'altra; il che non volsero. Né piacque mai loro quello che tuno dì è in bocca de' savii de' nostri tempi41, di godere el benefizio del tempo, ma sì bene quello della virtù e prudenzia loro; perché il tempo si caccia innanzi ogni cosa, e può condurre seco bene come male, e male come bene42•

9 Ma torniamo a Francia, ed esaminiamo se delle cose dette ne ha fatto alcuna; e parlerò di Luigi e non di Clli-lo, come di colui, che, per avere tenuta più lunga possessione in Italia, si sono meglio visti li suoi progressi: e vedrete come egli ha fatto il contrario di quelle cose che si debbano fare per tenere uno stato in una provincia disforme4'. 10

I!SS!!Tt!

Machiav�lli dovroa indbposto nell'animo mentre scrivroaque­ sto, oppure�m appena stato vbztato dal suo mt!dico. {c) Imporl.antt massima: daqui bbogna che tragga una delle principali regole della mw condo/la militare� politica. (A) 41 Sono dr i codardi e, se mt!lli!Sst alia mia pri!SI!TIUi qua/eh� consiglitTtl d_iquesta indole, W . (B) nuessario sapn-dominare una e .rull'altro. (A) •J Vi stabz/irò l'uso d�lla lmgua Jmnci!St, a parl.zre dal Pimzontt, eh� è la provincf-a_più. viana alla Fmncia. Nulla � pzù. effi«zu, per z�trodurre i wstumzdz un popoWin un allropaese, cMzmJ>O; e, dove lui era prima arbitro d'Italia, e' vi misse uno compagno, a ciò che gli ambiziosi di quella provincia e mal contenti di lui avessino dove ricorre1 l e i 1 n o o . s r t cacciarne lui�2•

�� �i ���f f�� �� :�::: �: �� :::::f��� ���;� :��

12 È cosa veramente molto naturale e ordinaria desiderare di acquistare; e sempre quando gli uomini lo fanno che possono, saranno Jaudati, o non biasimati; ma quando non possono, e vogliono farlo in ogni modo, qui è lo errore e il biasimo�'. Se Francia adunque posseva con le forze sua assaltare Napoli, doveva farlo; se non poteva, non doveva dividerlo. E, se la divisione fece co' Viniziani, di Lombardia, meritò scusa per avere con quella messo el piè in Italia; questa merita biasimo, per non essere escusata da quella necessità�. Aveva dunque Luigi fatto questi cinque errori: spenti e' minori potenti55; accresciuto in Italia potenzia a uno poten­ te; messo in quella uno forestiere potentissimo; non venuto ad abitarvi, non vi messe colonie. 13 E' quali errori ancora, vivendo lui, ·possevano non lo offendere, se non avessi fatto el sesto: di tòrre lo stato a' Viniziani56; perché, quando e' non avessi fatto grande la Chiesa, né messo in Italia Spagna, era ben ragionevole e necessario abbassarli; ma, avendo preso quelli primi partiti, non doveva mai consentire alla ruina loro; perché, sendo quelli potenti, arebbono sempre tenuti gli altri discosto "' Farò anc � questo; ma la riparti:z.ione che farò non mi /oglrtrò. la suprtma:z.la t 1l mio buon Giuseppe non 1m' la dufrultrà. (c) sarà colui che io vi in.sedllm). (c) Vedendomi obbligato a rit1randa qutl ugrr.o il mio Giu.s�, non sono privo di timori sul sucu.�sou du g/1 duvrò dart. (c) '1 Non manchn-ò. nimtl l't!lm.o. 21 Unaparte!E pochissimofMr '!'e. 21 Hosaputocrt!armi ouaswnipJii.ghiotte,più dt!gJit!dimudelmioJecolo.

�;�1� ��a;p� :,:'?;:z� �{=,�� t�l'n' �u�:�C:·��:,;�:: �� r;:,�r��z���;:��:�S ;:n�): : ;: �a:!�� [� ; I l'aiuto �Itri. (o) Non pensa mai abbastanza a questa wrilii. (o) 20 17 21

JtJ

1

WTM



C,:;t!}: �eda di pou-rvmcmda solo. (c) 17 Lo.

11

56

semplici mercenarie, e molto inferiore alle proprie�1 • E basti lo esempio detto; perché el regno di Francia sarebbe insuperabile, se l'ordine di Carlo era accresciuto o perservato22• Ma la poca prudenza degli uomini comincia una cosa, che per sapere allora di buono, non si accorge del veleno che vi è sotto: come io dissi di sopra delle febbre etiche. 7 Pertanto, colui che in uno principato non conosce e' mali quando nascono, non è veramente savio; e questo è dato a pochi� . E, se si considerassi la prima cagione della ruina dello imperio romano, si troverrà essere suto solo cominciare a saldare e' Goti; perché da quello principio cominciorno a enervare le forze dello imperio romano2"; e tutta quella virtù che si levava da lui, si dava a loro. Concludo, adunque, che, sanza avere arme proprie , nes­ suno principato è securo�, anzi è tu no obligato alla fortuna, non avendo virtù che nelle avversità con fede lo difenda. E fu sempre opinione e sentenzia degli uomini savi " quod nihil sit taro infirmum am instabile quam fama potentiae non sua vi nixa E l'armi proprie san quelle che sono composte o di sudditi o di cittadini o di creati tuoi: tutte l 'altre sono o mercenarie o ausiliarie7�. E il modo a ordinare l'armi proprie sarà facile a trovare77 , si discorrerà gli ordini de' quattro sopra nominati da me, e se si vedrà come Filippo, padre di Alessandro Magno, e come molte republiche e principi si sono armati e ordinati: a' quali ordini io al tutto mi rimetto28• •.

se

·

a

� i: f.P::c�� ::,e, ;:;/��flt alJrt i.itìtmioni mWtari ancora migliori. (o) 0 � 1::�t:Jh':t�:�=ft::O�f �����do� �ncora bambino, lessi per la prima volta lo. Jtoria di questa dtcadl!TIUJ. (A) :u . f.L VOJlrt non Jono voslrt, mo. mit. (D) Non hanno realmmle ailrt, se anche è vero che qu ellt che hanno stanno dallo. loro parte. (o) 2' Nonjler loro, aimeno non cosìprtsto. (D) Va bene; ma è poss!bllejart ancora 77U!glio rijt!rtlldosi a 11UI (B) 016

ne

211

.

57

XIV. QUEll.O CHE S 'APPARTENGA A UNO PRINCIPE cmCA LA Mil.IZIA l Debbe adunque uno principe non avere altro obietto né altro pensiero, né prendere cosa alcuna per sua arte, fuora della guerra e ordini e disciplina di essa ; perché quella è sola arte che si espetta a chi comanda1; ed è di tanta virtù, che non solamente mantiene quelli che sono nati principi, ma molte volte fa gli uomini di privata fortuna salire a quel grado\ e per adverso si vede che e' principi, quando hanno pensato più alle delicatezze che alle armi, h a n n o perso lo stato loro3 • E la prima cagione che fa perdere quello, è negligere questa arte; e la cagione che te lo fa acquistare, è lo essere professo di questa arte.

ti

2 Francesco Sforza, per essere armato, di privato diventò duca di Milano•; e' figliuoli, per fuggire e' disagi delle arme, di duchi diventarono privati3• Perché in tra le altre cagioni che ti arreca di male lo essere disarmato, ti facontennendo6 : la quale è una di quelle infamie, dalle quali il principe si debbe guardare, come di sotto si dirà; perché da uno armato a uno disarmato non è proporzione alcuna; e non è ragionevole che chi è armato obedisca volontieri a chi è disarmato7 , e che il disarmato stia se curo i n tra tori armati8; perché, sendo nell'uno sdegno e nell'altro sospet­ to, non è possibile operino bene insieme9 • E però uno principe che della milizia non si i n tenda, oltre alle altre infelicità, come è detto, non può essere stimato da' sua soldati, né fidarsi di loro10•

servi

C

RmwGiulianonontmckilDimtorilr ba.ltauasaogbnfopmlirtnlf!KI!'Ùl (C) ., Il nn o Nigra fu Barras t il rnio Albino non fu clu Srryt.s. Non "ano Jurmrdabrli; ognuno di loro non saproa OIJI�ptramto suo t io vttkuo drt U loro 11U!lt differivano. Il pnm� voleva �tabr/u•t la monarchia, il

:ucondo of!n rr il trono all'tltttor-t diBronswrck. Ma iovoltvoun 'ailra rosa; t Stllimo, _al mio pcsro., n� aurt�Jatto 11U!gliodi 11U!. (c) .., lo '_1011 aiia/0 bisogno clu d� ritrrarr il 11110 NiJJfO, mi sarrbbt slalo poi jacrU ingannarr rl mio Albino. (c) 0 Ccsiftcr nominare Sì.tyès mro colkgo ntlla cmnmùsiont amsolart t ci ftci am11U!tttrr anclu Ro�-Ducos, il quait non pottva � che un wnlraptnJo a mia drspo.miont. (c) w Nrm "ano ne�sam �andi ma1IOVTI! per 5ba�awmni di Sieyès. lo ero pr�furbo di lur, riwm ad a� ntlla miaK'untadtl 22fnmaio, in . che 1111 'Tt11tkva pnma co11.'1ok t CUI w stn.so aggiwtai la cmtrluuo� rtkgava i dW! co�ghi a TaKIJIUn�i membri dtl Stn/JUI W avm:> già mandato in ptnsio�. (c) ., Nrm pctronno nmprovtrarmi d'� stalo in 11tSSUn modo in questa circastan.w.

(c)

79

vedrà quello temuto e reverito da ciascuno e dagli eserciti non odiato; e non si maraviglierà se lui, uomo nuovo, arà possuto tenere tanto imperio; perché la sua grandissima reputazione66 lo difese sempre da quello odio che' populi per le sue rapine avevano potuto concipere. Ma Antonino suo figliuolo fu ancora lui uomo che aveva parte eccellentissime e che lo facevano maraviglioso nel conspetto de' populi e grato a' soldati; perché era uomo militare, sopportantissimo d'ogni fatica, disprezzatore d'ogni cibo delicato e d'ogni altra mollizie: la qual cosa lo faceva amare da tutti gli esercìti�7, nondimanco, la sua ferocia e crudeltà fu tanta e sì inaudita, per avere, dopo infinite occisioni particolari morto gran parte del populo di Roma, e tutto quello di Alessandria, che diventò odiosissimo a tutto il mondo68 ; e cominciò ad essere temuto etiam da quelli ch'egli aveva intorno; in modo che fu ammazzato da uno centurione, in mezzo del suo esercito. 16 Dove è da notare che queste ·simili morti, le quali seguano per deliberazione di uno animo ostinato, sono da' principi inevitabili, perché ciascuno che non si curi dì morire lo può offendere; ma debbe bene el principe temer­ ne meno, perché le sono rarissime69• Debbe solo guardarsi di non fare grave iniuria ad alcuno di coloro de' quali si serve70 e che gli ha d'intorno al servizio del suo principato: come aveva fatto Antonino, il quale aveva morto conLume­ liosamente uno fratello di quel centurione, e lui ogni giorno minacciava; tamen lo teneva a guardia del corpo suo; il che era partito temerario e da ruinanri71 , come gli intervenne. 17 Ma vegnamo a Commodo12; al quale era facilità grande tenere lo imperio, per averlo iure hereditario, sen do figliuolo .., La mia nan può e.s� mar;gitm pa tulnso; e la sostnrò. (c)

_ ., Quandomplta nantmlamoqu.atomawpaconquutanilloroamort. 68

(c)

Pocoabik. (c) " Nan accadono ?Wi quando il flrincipt impqne ri.spttto con grande fmrram e inkli1grn=. � Quan� sono Sla/1 offesi, i assolulammteindùptruabikaccan/onarli, ITCI.Ijmrli, esiliarli, con o JnUa ontm. s ; "fo'7;a ga un islanle la mia alkrui07U ru di

(c)

: ���:0 �� J:;::; :t �� lui. (c)

80

(c)

di Marco; e solo li bastava seguire le vestigie del padre, e a' .soldati e a' populi arebbe satisfatto; ma, sendo d'animo crudele e bestiale, per potere usare la sua rapacità ne' popoli, si volse a intrattenere gli eserciti e farli licenziosi; dall'altra parte, non tenendo la sua dignità, discendendo spesso ne' teatri a combattere co' gladiatori, e faccenda altre cose vilissime e poco degne della maestà imperiale, diventò contennendo nel conspetto de' soldati. Ed essendo odiato daJI'una parte e disprezzato daJJ'altra, fu conspirato in lui, e morto7'.

18 Restad a narrare le qualità di Massimino. Costui fu uomo bellicosissimo; ed essendo gli eserciti infastiditi della mollizie d i Alessandro, del quale ho di .sopra discorso, morto lui, lo elessono allo imperio. Il quale non molto tempo possedé; perché dua cose lo feciono odioso e contennendo74 : l'una essere vilissimo7' per avere già guar­ dato le pecore in Tracia (la qual cosa era per tutto notissi­ ma, e gli faceva una grande dedignazione nel conspetto di qualunque); l'altra, perché, avendo nello ingresso del suo principato differito lo andare a Roma ed intrare nella possessi o ne della sedia imperiale, aveva dato di sé opinione di crudelissimo, avendo per li sua prefetti, in Roma e in qualunque luogo dello imperio, esercitato molte crudel­ tà76. Tal che, commosso tutto el mondo dallo sdegno per la viltà del suo sangue, e dallo odio per la paura della sua ferocia, si rebellò prima Alfrica, di poi el senato con tutto el popolo di Roma; e tutta Italia gli conspirò contro. A che si aggiunse el suo proprio esercito; quale, campeggiando Aquileia e trovando difficultà nella espugnazione, infastidito della crudeltà sua, e per vederli tanti inimici temendolo meno, lo ammazzòn. 1 9. Io non voglio ragionare né di Eliogabalo né di Macrino né di luliano, li quali, per essere al tutto contennendi, si spensono subito; ma verrò alla conclusione di questo di­ scorso. E dico, che li principi de' nostri tempi hanno meno

81

questa difffi cultà di satisfare estraordinariamente a' salda· ti78 ne' governi loro; perché, nonostante che si abbi ad avere a quelli qualche considerazione, tamen si resolve presto, per non avere alcuno di questi principi eserciti insieme che siena inveterati con li governi e amministrazione delle provincie79 , come erano gli eserciti dello imperio romano. E però, se allora era necessariosatisfure più a' soldati che a' populi, era perche' soldati potevano più che' populi; ora è più necessario a tutti e' principi, eccetto che al Turco e al Soldano, satisfare a' populi che a' soldati, perché e' populi possono più di quel\i80•

20 Di che io ne eccettuo el Turco, tenendo sempre quello intorno a sé dodicimila fanti e quindicimila cavalli, da' quali depende la securtà e la fortezza del suo regno81 ; ed è ne­ cessario che, posposto ogni altro respetto, quel signore se li mantengaamiciS'1• Similmente el regno del Soldano, sendo tutto in mano de' soldati, conviene che ancora lui, sanza respetto de' popoli, se li mantenga amici83• E avete a notare, che questo stato del Soldano è disforme da tutti gli altri principati, perché egli è simile a1 pontificato cristiano, il quale non si può chiamare n é principato ereditario, né principato nuovo114 , perché non e ' figliuoli del principe vecchio sono eredi e rimangono signori, m a colui che è eletto a quel grado da coloro che ne hanno autorità83• Ed essendo questo ordine antiquato, non si può chiamare principato nuovo, perché in quello non sono alcune. di quelle difficoltà che sono ne' nuovi; perché, sebbene el

In effe/li questo non mi mel/l! in imbara.zJ:O. (c) Tras[tri� $/JmO le guormgioni. (c) n �;,t?:n:.�Sfc'!::�� P��sfbi'i:j::�� fl:b����!���% �� :0� ora dall'aUro. (B) 11 La mia gu ardia rmperiale può, in caso di ruussilà, trasformarsi in un . wrpo d1 gwnmzz.eri. (c) Droofa� a/trellanto. (c) Rùpmoo no, t neussario avert unaforti! guardia cui conlartanck a ( hP�:n:;.=���:. ;:: :;{;f� �gli occhi di qualunque medw.lortpolrtico. (c) li �O::fZ!a:f:a�:' �no Wnporakdi Ro11UJ " ;J/:!} v [) � :a";:: d·I�71� v 11 n

.,

12 v

su



82

principe è nuovo, gli ordini di quello stato sono vecchi e ordinati a riceverlo, come se fussi loro signore ereditario86• Ma torniamo alla materia nostra. Dico, che qualunque considerrà el soprascritto discorso, vedrà o !"odio o il disprezzo essere suto cagione della ruina di quegli imperadori prenominati; e conoscerà ancora donde nac­ que che, parte di loro procedendo in uno modo e parte al contrario, in qualunque di quelli, uno di loro ebbe felice e gli altri infelice fine. Perché a Pertinace ed Alessandro, per essere principi nuovi, fu inutile e dannoso volere imitare Marco, che era nel principato iure hereditario87 ; e simil­ mente a Caracalla, Commodo e Massimino esserestata cosa perniziosa imitare Severo, per non avere avuta tanta virtù che bastassi a seguitare le vestigie sua. Pertanto, uno princi­ pe nuovo, in uno principato nuovo, non può imitare le azioni di Marco, né ancora è necessario seguitare quelle di Severo88; ma debbe pigliare da Severo quelle parti che per fondare el suo stato sono necessarie, e da Marco quelle che sono convenienti e gloriose a conse.vare uno stato che sia di già stabilito e fermo89• 21

XX. SE LE FORTFZZE E MOLTE ALTRE COSE, CHE OGNI GIORNO SI FANNO DA' PRINCIPI SONO lli1U O NO l Alcuni principi, per tenere securamente lo stato, hanno disarmato e' loro sudditi; alcuni altri hanno tenuto divise le terre subiette; alcuni hanno nutrito inimicizie contro a se medesimi; alcuni altri si sono volti a guadagnarsi quelli che gli erano suspetti nel principio del suo stato; alcuni hanno edificato fortezze; alcuni le hanno ruinate e destrutte1 • E, " Divmto.rlo così è la più �lla 50TU che possa risnvarr 16 ruota dtlla fortuna. (c) C'è qunlcosa di bu_07lo �n ognuno di qu�ti mOOtlli; _bisogna Japmi vagliaT'l!. So W gU snocch1 possonoalll!nl!JSI a unosoii:Jt1m1tarlo in lui/o t j=" tuuo. (c) " Chi sarà capaa di seguirr h mitr(c) ., nonfx=oancom rinunciarra wnridtmT'l!/6 c n

�;:��tL:[:!�( )

WPrrow XX 1 Unoslti.soprinrifHpuòmdnri crutrrlloafarr lullo qmsto ntl corsodtl JUO

regno, Stwndo il mcnntnto t h arCOJtanu. 83

(c)

benché di tutte queste cose non si possa dare determinata sentenza, se non si viene a' particulari di quelli srati dove si avessi a pigliare alcuna simile deliberazione, nondimanco, el modo largo che l a materia per se mede-

�fnf������J�

2 Non fu mai, adunque, che uno principe nuovo disarmas­ si e' sua sudditi; anzi, quando gli ha trovati disarmati sempre gli ha armati3 ; perché, armandosi, quelle arme diventano tua, diven �ano fedeli quelli che ti sono sospetti, e quelli che erano fedeli si mantengono, e d i sudditi si fanno tuoi partigiani. E, perché tutti e ' sudditi non si possono armare, quando si benefichino quelli che tu armi, con gli altri si può fare più a sicurtà4 : e quella diversità del procedere che conoscono in loro l i fa tua obllgati; quegli altri ti scusano, iudicando essere necessario quelli avere più merito che hanno più periculo e più obligo. Ma, quando tu l i disarmi, tu comincia offenderli; mosui che tu abbi in lorodiffidenzia, o per viltà o per poca fede� : e l'una e l 'altra di queste opi­ nioni concepe odio contro di te. E perché tu non puoi stare disarmato, conviene ti volti alla milizia mercenaria, la quale � di quella qualità che di sopra � deud; e , quando la fu.ssi buona, non può essere tanta, che ti defenda da' nimici potenti e da' sudditi sospetti7 •

2 Parla, t io mi ac�però delle �tnu J7:atid1�.

(c)

, Così ofMraron � � alnli promotrm della nvoluziont. Mu/Q.ndo i loro _ Stati Generali m Assemblea Ncu.ionale, d1Ven/aT071o signari della Francia t la prima trua W fturo fu armart' il popolo inlaa per lrasformmio in un tMTalo ·nazionale· a /.orofaVO"fnJole (perchiancora

:'Itl : ��ro:;:ro;�::d��o::;r::,1;��:!: ��;;� 1

i ntCMsano ,htgradualmmlt perdano la dmomma.uorn: ·�a.t1011ale�. Non �ono �devonot:Ut�? altro cheguarduurbaneo provmaali, lo esigt l'urduu t ll buon =t5o). • U grandi m.rnti deUa riwluz.iont franu.st in rrallà non wkvano annart" 'ht il�lo. l pochi nobili che lasciaTlml} entra l't' neUaguardia ruu.ionale non U spaV1!11lavano; sapevano bnu che n ?'l al!Tf!b� tardato a bullarli. .fuari t, tnundosi come unico favonio il popolo, qu�t·u�im� non pokva che sto.n dnUa W:O fJ!JTtt. (c) ' Come nuse�ranno a UMani da 1mp1ccio, data du paT«chM ali n a n u 0 ti ' Dutritoche a l cht Ci sono m Francia possana imptdirlo, d'ahra parte � ne andranno pmto. (D)

(c)

z;:�lo

�: ; � t;:{o)rtt 7 (o) , f:��S:.,� � d::: 84

3 Però, come io ho detto, uno principe nuovo, in uno principato nuovo, sempre vi ha ordinato le armi8; e di questi esempli ne sono piene le istorie. Ma quando uno principe acquista9 uno stato nuovo che, come membro, si aggiunga al suo vecchio, allora è necessa­ rio disarmare quello stato, eccetto quelli che nello acqui­ starlo sono suti tuoi partigiani; e quelli ancora, col tempo e con le occasioni, è necessario renderli molli ed effemina­ ti10, e ordinarsi in modo, che solo le armi di tutto el tuo stato siena in quelli tua soldati proprii che nello stato tuo antiquo vivano appresso di te11 . 4 Solevano gli antiqui nostri, e quelli che erano stimati savi, dire come era necessario tenere Pistoia con le parti e Pisa con le fortezze; e per questo nutrivano in qualche terra loro suddita le differenzie, per possederle più facilmente. Que­ sto, in quelli tempi che Italia era in uno certo modo bilanciata, doveva essere ben fatto; ma non credo che si possa dare oggi per precetto: perché io non credo che le divisioni facessino mai bene alcuno1� ; anzi è necessario, quando il nimico si accosta, che le città divise si perdino subito; perché sempre la parte più debole si aderirà alle forze esterne e l'altra non potrà reggere. 5 E' Viniziani, mossi, come io credo, dalle ragion soprascritte, nutrivano le sette guelfe e ghibelline nelle citt loro suddite; e, benché non li lasciassino mai venire sangue, tamen nutrivano fra loro questi dispareri, acciò che, occupati quelli cittadini in quelle lorodifferenzie, non al

o Ma u ;/::::a7!. %�l� a�n 'f:i�':o:::::::: . {':)faro. essi ' ::::/!anT::t; a 1; primo �� �!!ndim;f ;;:., ,};��t���:���del suvizio; che dopo il jtbòraio_ se nt sartbbmJ stancati. (B)

11

11

mJ cerro

Mtlltrt a guardw di un JxWe conqui!tato solo uggimmti th/Ja cui fedtltà sono sicuro. (B) Qru.1to ragionamnrto non drvt tsurt frrtso alla ltlltra, ptrcM ai tnnpi thl Machiavtlli, in caso di a/lacco a una allà, i suoi cilladini ptr difnuUrla diventavano .1oldati. Oggi onnai non sifa p1ù affidammto su i attadmi ptr � diftsa di una a/là assaltata,_ ma � l!t buorn� trupJN che si _.1ono posit m tsSa. Quindi uo, g/1 a•JllchJ fiormtmi, che sia gn�to manlmtre jw..1oni drpnqualu•Jque 11po nellt ci/là t nellt ��� ',ti;�j:J:!T�sn:';:fn'::�:Odt:J:(�� con lo scopo C0111l'

e

85

si unissino contro di loro1� . Il che, come si vide, non tornò loro poi a proposito; perché, sendo rotti a Vailà, subito una parte di quelle prese ardire, e tolsono loro tutto lo stato. Arguiscono pertanto, simili modi debolezza del principe1� : perché in uno principato gagliardo mai si permetteranno simili divisioni; perché le fanno solo profitto a tempo di pace, potendosi, mediante quelle, più facilmente maneg­ giare e' sudditi1� ; ma, venendo la guerra, mostra simile ordine la fallacia sua. 6 Sanza dubbio e' principi diventano grandi, quando supe­ rano ledifficultàe le opposizioni che sonofaue loro16 ; e però la fortuna, massime quando vuole fare grande un principe nuovo, il quale ha maggiore necessità di acquistare repu­ tazione che uno ereditario, li fa nascere de' nimici e li fa fare delle impreM! contro, acciò che quello abbi cagione di c l :�������·;i�������;�:;�������:�:��������·r?���� savio debbe, quando ne abbi la occasione, nutrirsi con astuzia qualche inimicizia, acciò che, oppresso quella, ne sèguiti maggiore sua grandeua18• 7 Hanno e' principi et praesertim quelli che sono nuovi, trovato più fede e più utilità in quegli uomini che nel p d t ti e ti ��;��: ��e �e�0��i��i�io50;��� c��f�de����� ������}� Petrucci, principe di Siena reggeva lo stato suo più con quelli che li furono sospetti che con li altri. Ma di questa n i � �f:�g��t�2������� ��:s����� �:���� ���i �t��� :e� principio di uno principato erano stati inimici, che sono di o

��r:!����'::pa�i�:::a�a;!':do1��:e:d�t���r::/t;�:.�

a!JandiSiatooquandoprtparom�toqualcMgraruiLprovwdunm­ to guuernatlvo.(c) Chi5!à,f� a volleq_ualcMprodmul t �f1lilà. (c) 1' In lnrifxJ d1 _gunTa t nell1ro. D1 tanto in lll nto tìranntggerò per calmlD i •padri tUUaf�·! Ftsch li prottggtrà td tsri lofamnno papa!(B) ' Tnurt snnprt sbalord1t� i popo'! a mt sotto�, dande !Dro amtimu oa:asìcmr ptrparla'l dti_ � tnonfi o delk mu nuTt grandwst gnrna� dalla � naturaltambiz.i071t': Fto non può dlt'ts.Serml utiillsìmo. (B)



��

10 Mi dui1roì a cìòsoprattul/o 7U'I mltl trattati di pau, indudnzdoSI!m� in tsri qua.lditdo.usola cheaUTtbbtpotu/o generart immtdmtamn�� 1l frnte5toptr una nuava guerTa. (c)

11 E anduuno lhifini 71tlla tumuUuosasucus.ri07lt'delk mie imprt.u.(c)

12 Con� sicuramenU che queste cou abbaglino con il fasto t che non sWno tollllmenU as.smti alcunt parvtnzt di pubblu:a utibtà. (c)

IJ L 'Utituziont lhi miti premi decmnali. (c) " Non .ri può invtnlartplù nit-n� in qut.sto campo. (c) " Ti capisco, t mi tlt'kgw:J ai tuoi consigli.

(c)

90

J È ancora stimato uno principe, quando egli è vero amico e vero inimico; cioè quando sanza alcuno respettosi scuopre in favore di alcuno contro ad un altro16• Il quale partito fia sempre più utile che stare neutrale11; perché, se dua potenti tuoi vicini vengono alle mani, o sono di qualità che, vincen­ do uno di quelli, abbi a temere del vincitore, o no18• In qualunque di questi dua casi, ti sarà sempre piU utile lo scoprirti e fare buona guerra19; perché, nel primo caso, se tu non ti scuopri, sarai sempre preda di chi vince10, con piacere satisfazione di colui che è stato vinto21 , e non hai ragione né cosa alcuna che ti defenda né che ti riceva. Perché chi vince, non vuole amici sospetti e che non lo aiutino nelle avversità; chi perde, non ti riceve, per non avere tu voluto con le arme in mano correre la fortunasua22• 4 Era passato in Grecia Antioco, messovi dagli Etoli per cacciarne e' Romani. Mandò Antioco oratori agli Achei, che erano amici de' Romani, a confortarli a stare di meuo; e da alrra parte e· Romani li persuadevano a pigliare le arme per loro. Venne questa materia a deliberarsi nel concilio degli Achei, dove il legato di Antioco li persuadeva a stare neutrali: a che il legato romano respose: Quod autem isti dicunt non interponendi vas bello, nihil magis alienum rebus vesrris est25 : sine gratia, sine dignitate, praemium victoris eritis 5 E sempre interverrà che colui che non è amico, ti ricer­ cherà della neutralità, e quello che ti è amico, ti richiederà che ti scuopra con le arme. E li principi mal resoluti, per fuggire e' presenti periculi, seguono el piU delle volte quella tu

e



•.

:: t�:=p�r:r/::z ':t!Zf::t:�::; i �!mi .t in�gno: (B)

11 Passi, ntm � �o alcuno in parttcolaTt; li kn'o divl.fijiJUJ a quandc n.:m

potrò numrli soli() di �- (B) Ncmfaccio aUro. (c) : ���: :::r :u���/:/::0/et'::��;idiwn ntro mù prrtU. (c) Bull1ll1 nfossume pc aUn ma per spedalmt11 k fJtr roÙJTO W non furemo mat abba5taru.a_ a.umnali ptrfaT/a.. (c) l� questo modofa'!'parlarti frn7!apt dt Gtrmanta, ntl17!01Tinl lo in cui Sl lralln"Ò. Mila mtaJallll)saspetlinonedt Russia,·farò maraartgli aUri 1'

u

rnm

v

srnza. (c)

91

>M,

via neutrale, e il più delle volte ruinanon . Ma, quando el principe si scuopre gagliardamente in favore d'una parte, se colui con chi tu ti aderisci vince, ancora che sia potente e che tu rimanga a sua discrezione, egli ha teco obligo, e vi è contratto l'amore; e gli uomini non sono mai sì disonesti, che con tanto esempio di ingratitudine ti opprimessino�; di poi le vittorie non sono mai sì stiette, che il vincitore non abbi ad avere qualche respetto, e massime alla giustizia26• Ma, se quello con il quale tu ti aderisci perde, tu se' ricevuto da lui; e mentre che può ti aiuta, e diventi compagno d'una fortuna che può resurgere27 • Nel secondo caso, quando quelli che combattono insieme sono di qualità che tu non abbia temere di quello che vince, tanto è maggiore prudenzia lo aderirsi; perché tu vai alla ruina di uno con lo aiuto di chi lo doverrebbe salvare, se fussi savio28 ; e vincendo, rimane a tuadiscrezione29; ed è impossibile, con lo aiuto tuo, che non vinca. 6 E qui è da notare, che uno principe debbe avvertire di non fare mai compagnia con uno più potente di sé per offendere alui, se non quando la necessità lo stringe, come di sopra si dice�; perché, vincendo, rimani suo prigione'1 : e li principi debbono fuggire, quanto possono, lo stare a discrezione di altri32• E' Viniziani si accompagnarono con Francia contro al duca di Milano, e potevano fuggire di non fare quella compagnia; di che ne resuhò la ruina loro". Ma, :H Si mostrarono tU!Jcli, t pn qutito sttiso motivo potnono comù:krarri o v di allor� va!roan � di pi� di qutlli di mUsso, cM non soW non sono JtnrUll.i M srm1l1 c01lSidaauoni, ma mmm.mo 14 pnua­ n� 1 /l nostro uwlo tUi lumi dilatò mrravigliommenU la sftra tU/k samujmlit!Cht. (c) lll Ognuno la ink'nlit a .suo modo. (c) n Va l;.nu per i principini. (c) u lA Ru.ma_ non lo wpi quandc abbandonò al/4 mit �mw.tt l'AlLftria; lo jlre'7ukrò m comukrazront quandc .si trauerà dr (l/Jerart contro la Rmsia. �u.stria e Prussia, ptr qua_nto siano inltrtisatt alla sua c��az1om, jmssuno /asci� rsi trasanart da nu contro di ILi. (c) � Cr arnvtranno afarsi trasanart. (c) JJD U ptmerò a questo punto. 11 �sse lo saranno. (c) n E mwsario cht tisenon la jmssano tvitart. (c) 11 Powro tsnnpiuwlo!

���J:;t����

(c)

(c)

92

quando non si può fuggirla (come intervenne a' Fiorentini, quando il papa e Spagna andarono con gli eserciti ad assaltare la Lombardia), allora si debba il principe aderire per le ragioni sopradette. Né creda mai alcuno stato potere sempre pigliare partiti securi5i , anzi pensi di avere a pren­ derli tutti dubii, perché si trova questo nell'ordine delle cose, che mai non si cerca fuggire uno inconveniente che non si incorra in uno altro��; ma la prudenzia consiste in sapere conoscere le qualità degli inconvenienti, e pigliare il meno tristo per buono. 7 Debbe ancora uno principe mostrarsi amatore delle virtù, dando recapito alli uomini virtuosi e onorare gli eccellenti in una arte"' . Appresso debbe animare li sua cittadini di potere quietamente esercitare gli esercizii loro, e nella mercanzia e nella agricultura, e in ogni altro eserci­ zio degli uomini; e che quello non tema di ornare le sua possessioni per timore che le gli siena tolte, e quell'altro di aprire uno traffico'7 per paura delle taglie; ma debbe pre­ parare premii a chi vuoi fare queste cose, e a qualunque pensa in qualunque modo ampllare la sua città o il suo stato'* . Debbe, oltre a questo, ne' tempi convenienti del­ l'anno, tenere occupati e' populi con le feste e spettaculi)!l. E, perché ogni città è divisa in arte o in tribù�0, debbe tenere conto di quelle università11 , raunarsi con loro qualche volta, dare di sé esempio di umanità e di munificenzia, tenendo sempre ferma nondimanco la maestà della dignità sua�', perché questo non vuole mai mancare in cosa alcuna�' .

11 VI!'

,. Sipuò contartsuUa propriafortuna. (B) nl!' sono sn:'pre �� pzu o dz piii. gravi da un lato I!' Mll 'allro. (B) "' Mo!tiplicaq 1 privzlelJI inv.mlali t'X ��o: (B) 17 I tnbut! non spav.mlf!no mai la cupzdzfJ!a mm:antzle. (�) 11 Si 'ITUJitzplzcaron o mm �a !'lo qmsti 111lUI quan �o Wjl!ci zo?(c) 19 '_ a

:p'�:u� :S::. �{e:;!;j:(:% :LaU:�'t:;�':'ft:::;::; ����:nf:�tPp:

(ç)

f(} E moiJopopolari!'. (B) ., J!a.sta artamrntl! mo5h"� rsi agii sfMitacoli tl!affali. (B) •z E nl!'ussario I!S.flm! 5obriz i� qutitl!' COli!. (B) 11 Pt:rquanta alll!1u.io1U ci .n ponga, tpUSIO non i mai urto.

93

(c)

XXII . DE' SECRETARI CH'E' PRINCIPI HANNO APPIU'SSO DI LORO l Non è di poca importanza a uno principe la elezione de' ministri; li quali sono buoni o no secondo la prudenza del principe' . E la primaconiettura che si fa del cervello di uno signore, è vedere gli uomini che lui ha d'intorno2; e quando e' sono sufficienti e fldeli' , si può sempre reputarlo savio, perché ha saputo conoscerli sufficienti e mantenerli fideW . Ma quando sieno altrimenti, sempre si può fare non buono iudizio di lui: perché el primo errore che fa, lo fa in questa elezione5• Non era alcuno che conoscessi messer Antonio da Venafro per ministro di Pandolfo Petrucci, principe di Siena, che non iudicasse Pandolfo essere valentissimo uomo, avendo quello per suo ministro6• 2 E r;rché sono di tre generazione cervelli: l'uno intende da sé , l'altrodiscerne auellochealtri intende8 , el terzo non intende né sé né altri ; quel primo è eccellentissimo, el secondo eccellente, el terzo inutile10; conveniva pertanto di necessità, che, se Pandolfo non era nel primo grado, che fussi nel secondo: perché, ogni volta che uno ha iudicio di conoscere el bene o il male che uno fa e dice'' , ancora che da sé non abbia invenzione, conosce le opere triste e le

Q,mm.o XXJI

n in o a�::!,�f:f?/n� r�:�!�r:/:���':fs;> am ccasiot:;1;:::prosato ' �� Cosa avr�b�o d.! m.!' u io avtJn �so pa �inistri co'0glim i o � r ' t:�=� �v:�t�� 1r:::; :r:Of!��'Jl ���= � /av!:'d:�o1!� ! ospzrava a sapjllanlarmi�(c) 1 St può lrovart prU Jaalmmu lullo dò in un sorgtllo scrtditato clu in uno la cui rtfmlaz.tf.JTUp ofuma un balsamo. (B) r : �:�!, �'[�,��t/C�':,��: � : :;,:�i ��L n wda guidart da aùn mlkn�tsulk. (o) ' Siwdano k lnro sulk tsigiudichi. (o) ' Mi o.fjniono di piti. a qmsto tipo. (B) 1 Non sbaglio in qutJW; snnprt rifott.nulo una estnma supmurità int�lklluah. (o) ' Sono thgli stup1di animali. MachiawUi ml suo tlenco ha dimrntia�to fl{J spinti scrupoWsi ostinati. (B) 1 quarti si pn-dono ertdn!do con sup_erbia difart la cosa miglilm!. (o) '' Almnt4 Gi�ha qmstasptcU di Usta. (c) �



COmi'

10



94

buone del ministro, e quelle esalta, e le altre corregge; e il ministro non può sperare di ingannarlo, e mantiensi buono. 3 Ma, come uno principe possa conoscere el ministro, ci è questo modo che non falla mai; quando tu vedi el ministro pensare più a sé che a te e che in tutte le azioni vi ricerca drento l'utile suo, questo tale così fatto mai fia buono ministro17, mai te ne potrai fidare: perché quello che ha lo stato di uno in mano, non debbe pensare mai a sé, ma al principe13, e non li ricordare mai cosa che non appartenga alui1t. E dall'altrocanto, el principe, permantenerlo buono, debba pensare al ministro, onorandolo, faccendolo ricco, obligandoselo, partecipando!i gli onori e carichi, acciò che vegga che non può stare sanza lui1', e che gli assai onori non li faccino desiderare più onori, le assai ricchezze non li faccino desiderare più ricchezze16, gli assai carichi li faccino temere le mutazioni. Quando dunque e' ministri, e li principi circa e' ministri, sono così fatti, possono confidare l'uno dell'altro17 , e quando altrimenti, sempre il fine fia dannoso o per l'uno o per l'altro18• XXIII . IN CHE MODO ADUlATORI

SI ABBINO A FUGGIRE U

I Non voglio lasciare indrieto uno capo importante e uno errore dal quale e' principi con difficultà si difendano, se non sono prudentissimi, o se non hanno buona elezione. E questi sono gli adulatori, de' quali le corti sono piene1 ; 11

a

art a suoi intertW i o tru:::.���:o��:r: .=7!:�(��tnJ �

��:� 11 f:::� Mai. E mo� stvtTO, ma M pensa pii! a si cM a � kJ rofnrò immtdialtr mentu "via, ma/�. (s) 1' Come sanno occuUan i luro inttn.Ssi dUtro a qudlo lUI mio ngno.' c) ( u l tTapc.istì! Hanno �mp�mto oggi a �dasi impcrrtantJ proprio m tutti i gowm1, anche i p1ù d!Spa�a/J l dwersi. (o) . .. '' Quando non sono, c� i muri, /!çrS.Oill chl hanno pçrSo ogn1. d1gn1ta; Tt.IIa fJIÙ � nt!l mw ngno d ltal1a. 11 Va bro1 jxT altri tnnpi o aUri luoghi chl non siano la Francia. 11 Chì aurebixcrldutochlproprio io l'avrei conjlmlllto7 Vi mllldilTÒ. (D)

(c)

1

CtPrrowXXIII

(c)

;:;ltn;:s::::j�;t;:;:t. �:��Ja�!��i}fi�(��lTÒckve slan 95

perché gli uomini si compiacciono tanto nelle cose loro proprie, e in modo vi si ingannano, che con difficultà si defendano da questa peste; e a volersene defendere si porta periculo di non diventare contennendo2 • Perché non ci è altro modo a guardarsi dalle adulazioni, non che gli uomini intendino che non ti offendino a dirti el vero�; ma, quando ciascuno può dirti el vero4 , ti manca la reverenzia. 2 Pertanto, uno principe prudente debbe tenere uno terzo modo, eleggendo nel suo stato uomini savi, e solo a quelli debbe dare libero arbitrio a parlargli la verità, e di quelle cose sole che lui domanda e non d'altro�. Ma debbe domandargli d'ogni cosa&, e le opinioni loro udire; e di poi deliberare da sé a suo modo1 ; e con questi consigli e con ciascuno di loro portarsi in modo che ognuno conosca che quanto più libera­ più li fia accetto: fuora di quelli, non mente si parlerà, volere udire alcuno, andare drieto alla cosa deliberata, ed essere ostinato nelle deliberazioni sua8• Chi faaltrimenti, o e' precipita per gli adulatori, o si muta spesso per la variazione de' pareri9: di che ne nasce la poca estimazione sua. 3 Io voglio a questo proposito addurre uno esempio m� demo. Pre' Luca, uomo di Massimiliano presente impera· dore, parlando di sua maestà, disse come e' non si consiglia­ con persona, e non faceva mai di alcuna cosa a suo modo10 : il che nasceva dal tenere contrario termine al se

tanto

va

2 & 11� mi lodtllsmJ con prmderaz.iont, il popolc mi crmsidnmbbt addinllura injmart a un uomc volgare. (c) Qnunzlo a que;ta cQ.Ia, ma vorranno dirmela. (B) 4 E già /an/mimo ptnntllerlo a due o a tre pers011e. (B) _ bocca st 11011 sono interrogati. (B) ' ermllirt a questi di apnrt ' E trappo. (a) 1 1

Nrm tralluciai di.Jarlo t lullo va f'" il mtglio. (c) w.

Sono r:mamentt (c) ' f�:Xfa��g;!:tJ: /:n�oz:��:Z�';;�a:;:� :: �r:n;!�i�;neas; i W trascmano gli adulatori. (o) :;::::che�� �=;;�r:;::: �es:o�:;�ffs�o�:tf� �1J:

1 IQ

w

"Pontifex maximlU", ma non avroa nemmeno un po ' dz inltlltgm:.a. Si aa:rmlnllÒ di dire che_ "se egli fosse state Dw t avesse avute due figli, il pri11W5ar�bbtslnU)Dio, ilucondcrediFrancia". Nimtt "se�permt, che s� rmmpottnlt in Europa; farò in modo che mio figliO, se mia figbo sisolclawvranztàdiliaSanta&cUunllamenltaquelUJ ::e';;�;,tp;!o�{'; 96

sopradetto. Perché lo imperadore è uomo secreto, non comunica li sua disegni con persona, non ne piglia parere; ma, come nel metterli ad effetto si cominciano a conoscere e scoprire, li cominciano ad essere contradetti da coloro che lui had'intorno11 ; e quello, come facile, se ne stoglie1�. Di qui nasce che quelle cose che fa uno giorno destrugge l'altro; e che non si intenda mai quello si voglia o disegni fare; e che non si può sopra le sua deliberazioni fondarsi1'. 4 Uno principe, pertanto, debbe consigliarsi sempre; ma quando lui vuole e non quando vuole altri11 ; anzi debbe torre animo a ciascuno di consigliarlo d'alcuna cosa, se non gnene domanda1� ; ma lui debbe bene essere largo domandatore, e di poi circa le cose domandate paziente auditore del vero; anzi, intendendo che alcuno per alcuno respetto non gnene dica, turbarsene16 • E perché molti esìstimano che alcuno principe, il quale dà di sé opinione di prudente, sia così tenuto non per sua natura, ma per li buoni consigli che lui ha d'intorno, sanza dubbio s'ingan­ nano17 . Perché questa è una regola generale che non fall2 mai: che uno principe, il quale non sia savio per se stesso non può essere consigliato bene, se già a sorte non s rimenessi in uno solo che al tutto lo governassi, che fusst uomo prudentissimo18 • In questo caso, patria bene essere, ma durerebbe poco perché quello governatore in breve tempo li torrebbe lo stato; ma, consigliandosi con più d'uno, uno principe che non sia savio19 , non arà mai e' consigli uniti, né saprà per se stesso unirli; de' consiglieri ciascuno penserà alla proprietà sua; lui non li saprà corregDisgraziato colui cht lo immagina.ut! (c) Tts/a dtbolt con una IN/la immaginaziont. (c) " Non sramo ualmrolt asuconda/1 cht quando !t pnsont, daUt quali l{oglwmo tsstrlo, sanno cht .11amo immulalnli. (_c) " Eprovato:non lidartbbo-ostnUJ avtrsondatopmnailmioumurttavtr indovinato la mia opiniont. (c) o a :: z�:�faU:�t; �f;�7tt���1!n::;i::d�t:�:;/J:� �(��onvi� rulla mra situaziont. (c) 1 1 L 'opiniontèdiffusa. SisachtpossodirtCOilU Luigi XI: "Il mio consiglio piii.sicuro è ntlla mia W/a�. (c) " Siat_t un Luigi XIII oggi, vtdrtle bm prtslo cht Annand farà COilU 19 ��c::::·n� ci si dnlt caricart dtl pe.so di uno setllro. (c) 11 1�

97

gere né conoscere'ro . E non si possono trovare altrimenti; perché gli uomini sempre ti riusciranno tristi, se da una necessità non sono fatti buoni21 • Però si conclude, che li buoni consigli, da qualunque venghino, conviene naschino dalla prudenzia del principe, e non la prudenzia del prin­ cipe da' buoni consigli22•

XXIV, PER QUAL CAGIONE U PRINCIPI DI ITAUA HANN O PERDliTO U STATI LOR01

l Le cose soprascritte, osservate prudentemente, fanno parere uno principe nuovo antico, e lo rendono subito più securo e più fermo nello stato, che se vi fussi antiquato drento2• Perché uno principe nuovo è molto p i ù osservato nelle sue azioni che uno ereditario; e , quando le sono conosciute virtuose, pigliano molto più gli u o m i n i e molto più gli oblìgano che il sangue antico� . Perché gli uomini sono molto più presi dalle cose presenti che dalle passate� ; e quando nelle presenti truovono il bene, vi si godono e non cercano altro; anzi piglieranno ogni difesa per lui�, quando non manchi nelle altre cose a sé medesimo6 • E così arà du­ plicata gloria: di avere dato principio a uno principato nuovo; e omatolo e corroOOratolo di buone legge, di buone arme e di buoni esemplì7, come quello ha duplicata vergogna, che, nato principe, lo ha per sua polificarsi cb a1.16mi voltato k spalk.

(D)

1 Non mi manca alcuna di qut!ilt: glmU. (c) ' Qzwto non mi nguorda. (o) 98

2 E, se si considerrà quelli signori che in Italia hanno perduto lo stato a' nostri tempi, come il re di Napoli, duca di Milano e altri, si troverrà in loro, prima, uno comune defetto quanto alle arme, per le cagioni che di sopra a lungo si sono discorse; di poi si vedrà alcuno di loro, o che arà avtlto inimici e' populi9 , o, arà avtlto el populo amico, non si sarà saputo assicurare de' grandi10 : perché, sanza questi difetti, non si perdono li stati che abbino tanto nervo, che passino tenere uno esercito alla campagna11 • Filippo Macedone, non il padre di Alessandro, ma quello che fu vinto da Tito Quinto, aveva non molto stato, respetto alla grandezza de' Romani e di Grecia che lo assaltò: nondi­ manco, per essere uomo militare e che sapeva intrattenere el populo e assicurarsi de' grandi1Y , sostenne più anni la guerra contro a quelli; e, alla fine perdé il dominio di qualche città, li rimase nondimanco el regno". 3 Pertanto, questi nostri principi che erano stati molti anni nel principato loro, per averlo di poi perso, non accusino la fortuna14, ma la ignavia loro: perché, non avendo mai ne' tempi quieti pensato che possono mmarsi (il che e comune defeno degli uomini, non fare conto nella bonaccia della tempesta1�), quando poi vennono i tempi avversi, pensarono a fuggirsi e non a defendersi16; e sperarono che e' populi, infastiditi dalla insolenzia de' vincitori, gli richiamassino17• Il quale partito, quando mancano gli altri, è buono: ma è bene male avere lasciati gli altri remedii per quello: perché se

se

(D) s ,;11 '(; ��;:;::':u':c;� ;��J;,;ft7�fe"ti�n��O:S;';/:t�}· Sì, ma st io pctlSSÌ dupcrn di loro. .. (D) 11 St la coaluwn.t si nmwva, mi porTÒ 7U!IIosttno modo, ma in pcsWont! miglion. (D) Ancht se io constnti.ssi alla cessioni!, Offll(IÌ già auvt11 u/a, dti patsi da lringt.ssi nri confiuifwat� sarri mnpnl'im� ' ::� J:i�:��c::\� 14 N 11 pc:ssono lamnztarri di non statifavoriti da lei. (D) 0 c u c �;;;�;; o �']:ajon��: i� =� 3;;::;o�lif:::i!1tt�!:e�O:::?:t:gmn mak st dtsu sfogo allapiù piccola inquittudint. [Quaulo a ."'!l anche u torn(ll51!1l) a vtdnm1, non crtdi!TI!bbtroancora mila po:ss!bllltà di un mio ntonzo. La loro uaturakdùposiu.omsipn.staptiftlla11U!11le ai miri stratagemmi narcotid. (D) Non auranno iù tempo per.Jarlo. (D) 11 Mi comporteropcome un pnudpt che i divtn/a/o moderato, saggio, umano. (D) 11

n

mnt

lt

99

non si vorrebbe mai cadere, per credere di trovare chi ti ricolga; il che, o non avviene, e, s'egli avviene, non è con tuasicurtà, per essere quelladifesasutavile e non dependere da te18. E quelle difese solamente sono buone, sono cene, sono durabili, che dependono da te proprio e dalla virtù tua19.

XXV, QUANTO POSSA lA FORTUNA NELLE COSE

UMANE E IN CHE MODO SE U ABBIA A RESISTERE

l È non mi è incognito come molti hanno avuto e hanno opinione, che le cose del mondo siena in modo governate dalla fortuna e da Dio, che gli uomini con la prudenzia loro non passino correggerle, anzi non vi abbino remedio alcu­ no1 ; per questo potrebbonQ iudicare che non fussi da insudare molto nelle cose, ma lasciarsi governare alla sorte. Questa opinione è stata più creduta ne' nostri tempi per la variazione grande delle cose che si sono viste e veggonsi ogni dì2, fuora di ogni umana coniettura. A che pensando io qualche volta, mi sono in qualche parte inclinaw nella opinione loro. 2 Noqdimanco, perché il nostro libero arbitrio non sia spento, fudico potere essere vero che la fortuna sia arbitra della metà delle azioni nostre, ma che etiam lei ne lasci governare l'altra metà, o presso, a noi3• E assomiglio quella a uno di questi fiumi rovinosi, che, quando s'adirano• , allagano e' piani, ruinano gli alberi e gli edifizii, lievono da questa parte terreno, pongono da quelraltra: ciascuno fugge loro dinanzi, ognuno cede allo impeto loro, sanza e

11

N_tovranno un 'aftra1 Èpos?bikcM �obbondtmino vttkndo il mio btl p1ono; d'altra po!U mi ass1cunmi allwanunlt. (D) " Non contai maiclusu quesu! E le Urrò! (o) Cvorrow XXV

� �tf!/}:::Z':':/�fù�:;::�: �) ingegnotintraprtndmuJsi uò ���� ' Egli le atlttlll vUU numt'TOSt t p1ù grandi di qutlie cM generai t

2

clu ancorapos.soprodurre?(o) Sont.'Agostmo non di meglio sul libero arlritn'o. dommato l'Eu a t la natura. (c) ( Quntafurtunaropla mia: proprio io. (c) 1

10

/JIU

sause

t

sono

100

n

mio ha

potervi in alcuna parte obstare. E, benché siena così fatti, non resta però che gli uomini, quando sono tempi quieti, non vi potessino fare prowedimenti e con ripari e argini�, in modo che, crescendo poi, o egli andrebbano per uno canale, o l'impeto loro non sarebbe né sì licenzioso né sì dannoso6•

J Similmente interviene della fortuna7 ; la quale dimostra la sua potenzia dove non è ordinata virtù a resisterle8; e quivi volta li sua impeti, dove lo sa che non sono fatti gli argini e li ripari a tenerla. E, se voi considerrete l'Italia, che è la sedia di queste variazioni e quella che ha dato loro il moto, vedrete essere una campagna sanza argini e sanza alcuno riparo: ché, s'ella fussi riparata da conveniente virtù9, come la Magna, la Spagna e la Francia, o questa piena non arebbe le variazioni grandi che ha10, o la non cisarebbevenuta11 _ E questo voglio basti avere detto quanto allo opporsi alla fortuna in universali1� .

fatte 4

Ma, restringendomi più a' particulari, dico come si vede oggi questo principe felicitare, e domani ruinare, sanza averli veduto mutare natura o qualità alcuna13: il che credo che nasça, prima dalle cagioni che si sono lungamente per lo adrieto discorse, cioè che quel principe che si appoggia tutto in su la fortuna, rovina, come quella varia1". Credo an­ cora che sia felice quello che riscontra el modo del procedere suo con le qualità de'·tempi, è similmente sia infelice quello che con il procedere suo si discordano e' tempi'�.

' La mia facilità fMr questa cosa non lasdò spcW.o olla mala.sOIU. (c) ' Non sono destinato a su.bne un '1dmtica sorU. (c) 1 Conu! sarebbe 1uella dei miei Mmid. (c) 1 Essa mi tTOVaa sempre di5posto a schiacciarla con il peso della mia. (c) fusa lo sarò. (A) Essa wdrà molle altrt. (A) 11 & tu ci potessi vedere oggi si i �in piani! (A) � st conos 12 Nonostante la tua disrrezw/Jt, ho � mdtwmato il tuo pensiero t �::Ct �r}J:l /isti!(B) '• E ntussario saperla seguire nelle roe variazioni aPP?ggiarsi_ mai inlerammteatssa, mmtrealloste.ssotnnposideuefingeredltsSt1'tSICil1V deisu.oifavori. (B) IJ La btneuolenza non fu mai /an/o in dimrcordo la {di Luigi XVIII] situazione. (D) t 10

nr

1ll'

IJ

stma con

101

.sua

5 Perché si vede gli uomini, nelle cose che li conducono al fine, quale ciascuno ha innanzi, cioè glorie e ricchezze, procedervi. variamente; l'uno con respetto, l'altro con im­ peto; l'uno perviolenzia, l'altrocon arte; l'uno per pazienzia, l'altro con il suo contrario: e ciascuno con questi diversi modi vi può pervenire16• Vedesi ancoradua respettivi, l'uno pervenire al suo disegno, l'altro no; e similmente dua egualmente felicitare con dua diversi studii, sendo l'uno respettivoe l'altro impetuoso: il che non nasce da altro, se non dalla qualità de' tempi, che si confonnano o no col procedere loro 1 7 • Di qui nasce quello ho detto, che dua, diversamente operando, sortiscono el medesimo effetto; e dua equalmente operando, l'uno si conduce al suo fme , e l'altro no. 6 Da questo ancora depende la variazione del bene; per­ ché, se uno che si governa con respetti e pazienzia, e' tempi e le cose girano in modo, che il governo suo sia buono, e' viene felicitando; ma se li tempi e le cose si m u tano, e' rovina, perché non muta modo di procedere. Né si truova uomo sì prudente, che si sappi accomodare a questo; sì perché non si può deviare da quello a che la natura lo inclina18, sì etiam perché, avendo sempre uno prosperato camminando per una via, non si può persuadere partirsi da quella19• E però l'uomo respettivo, quando egli è tempo di venire allo impeto, non lo sa fare20; donde rovina: ché se si mutassi di natura con li tempi e con le cose21 , non si mu­ terebbe fortuna.

7 Papa Iulio II procedé in ogni sua cosa impetuosamente2:1 ; e trovò tanto e' tempi e le cose conforme a quello suo modo

,. Qua.ndo non si agisu inopportunamnJfL, segu�ulo semprt la propria inclmazione nalura/e. (s) $l!7IUl pt:rdnt nulla delproprjo Ulgt:Jrt, i la cosa più dJfficilet: che pnl wge una g::a.u.de f� d'antmo. Tra poro tempo si vedrà l't:cul/nu.a e la fowillblò dfllla mta. (o) 1� E dtfficilt:, ma lo ottarò. (o) " /lsi5/t:111ll chi!piil.facilmrnteporta alla TIWÌna un Tttf!lantl!i rtgmm con bontà pt:rchi si era buoni prima dt rtgnare e le si e slali per anivare a rtgnart. (o) : �Pos;'!mr::::t��;!t;��:/r::J;��h��)i int:vitabile. (o) 22 Per mia grant:kfortuna, non ci sono più papi comi! que5l0, che buuò ntl T� le chiavi di .san Pietro, per servirri lh/la spada W. .san Paolo. (") 17 Essnt wpati di adal/arri alk neassità delle circrulanu,

1 02

di procedere, che sempre sortì felice fine. Considerate la prima impresa che fe' di Bologna, vivendo ancora messer Giovanni Bentivogli. E' Vìniziani non se ne contentavano; el re di Spagna quel medesimo; con Francia aveva ragionamenti

di tale impresa; e nondimanco, con la sua ferocia e impeto, si mosse personalmente a quella espedizionen. La quale mossa fece stare sospesi e fermi Spagna e Vinizianiu; quelli per pa­ ura, e quell'altro per il desiderio aveva di recuperare tutto el regno di Napoli; e dall'altrocantosi tirò drietoel re di Francia; perché, vedutolo quel re mosso, e desiderando farselo amico per abbassare e' Viniziani'6, iudicò non poterli negare le sua gente sanza iniuriarlo manifestamente.

8 Condusse adunque Iulio con la sua mossa impetuosa quello che mai altro pontefice, con tutta la umana prudenzia, arebbe condotto�ti ; perché, se egli aspettava di partirsi da Roma con le conclusione ferme e tutte le cose ordinate, come qualunque altro pontefice arebbe fatto27 , mai li riu­ sciva; perché el re di Francia arebbe avuto mille scuse, e gli altri messo m i l l e paure211 • Io voglio lasciare stare le altre sue azioni, che tutte sono state simili, e tutte l i sono successe bene; e la brevità della vita29 non gli ha lasciato sentire il contrario; perché, se fussino venuti tempi che fussi bisogna­ to procedere con respetti, ne seguiva la sua ruina; né mai arebbe deviato da quelli modi, a' quali natura lo inclinava30 • n

Ho uguito qu�ta tattica, non come lui puuna automa/iw propmsitr ne, ma /'." �a/colo e mnpre opportunamt"1! 1�. (C) &dopo 1/ mrontorno gli alleati fJt"nsano d1 npreruirrt" karm� convtTTà che io produca in loro lo susso effe/lo. (o) v /mmaginarealcv.ne cosesimlii rnptlloagli alleati, St'tondoil amo della loro politica. (o) 20 Sono nut"!Jsarie spessoalcv.neimprndrnu; ma convinuchesianorischi calcolati. (o) 11 Quanti 1l!, non solo saaTdoti, optrano con la slt".ua torpida e sciocca pruden.z.a. (o) '"' & non rtt"!JCO a e�JIIart" questo, consento chi! mi giudichino indegno di "gnare. (o) " TullaVIa è prodigioso pn-uguirt! pu 1ieci am� i c!'n sucusso lo stesso metodo. Mach1avelli avrt"bbe dovuto d11l! clu G1uUo Il satmJa dutra'" con Ira/lati di pau ltJ potn�UJ chevokva sorpnmderr. (B) .111 Quando si ollmgrmo buoni risu_ltn/1 lmrndo questa condo/la, l!d essa è conforme al nOllrocaratlt"fr, a 11110 fJare1l!SJ han11o motivi p111ttoJ/o buoni pn- conlilluart, aggiungmdolt, tullavia, un po• di ipomla moderazione dlp/Qmatica. (D) 14

1 03

9 Concludo, adunque, che, variando la fortuna, e stando gli uomini ne' loro modiosùnati, sono felici, mentre concordano insieme, e, come discordano, infelici. Io iudica bene questo: che sia meglio essere impet�IOSO che respettivo" ; perché la fortuna è donna: ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urt.arla. E si vede che la si lascia più vincere da questi, che da quelli che freddamente procedano; e però sempre,comedonna.èamicade' gìovani'2 , perché sono meno respettivi, più feroci, e con più audacia la comandano.

XXVI. ESORTAZIONE A PIGLIARE lA ITAUA E UBERARLA DALLE MANI DE' BA.RBARI1 l Considerato, adunque, tutte le cose di sopra discorse, e pensando meco medesimo se, al presente in Italia, correva· no tempi da onorare uno nuovo principe, e se ci era materia che déssi occasione a uno prudente e virtuoso di introdurvi forma che facessi onore a lui e bene alla università degli uomini di quella2; mi pare concorrino tante cose in benefizio di uno principe nuovo, che io non so qual mai tempo fussi più atto a questo'. E se, come io dissi, era necessario, volen­ do vedere la virtù di Moisé, che il populo d'Isdrael fussi stiavo in Egitto; e a conoscere la grandezza dello animo di Ciro, eh'e' Persi fussino appressati da' Medi, e la eccellenzia di Teseo, che gli Ateniesi fussino dispersi; così al presente, 11

11

1 2 1

Consi�m:tto btm: li! mt"ali! a�rnu chi! h_ofallo a questo frri!Posito su questo parlscolart. non mr pt!rmt!llono psù la purmmima aitm.wnt! M� l'hn provato /an/t Vf!ltt! 5: iofo.r.si meno giovani!, non conlt!m piii. sur suoi favori. Affrellsamoa: c't ronc01Tt!11Za �m non può non tkcidnri cht! in msofavort. (D)

(o)

Cv>rrow XXVT

u

ro�

Machsa!H!Ilt parlav� un 11/ico romano tt!11 a umprt di mira i franasi. Al contrano, 1 barban�chi! i nt!camno� chi!n;so cacci dall1talia. !J"c�to�, sonolt!castdiA �triat!di Spagna, 1lpapa,_ tu;'!uro. (A) Ma :ifico. psano, � tst!CUZ/Ont! mi "a rntmJa/a. Ccmmoando co11 f: �::;::::, ;:,�ft�;::;��� '):ft;_�:�b��.t!fo:���: :i::�o5:on�;:�mw ordmt!, a soststuirli rn J:;!:�f��:����f':J:':f::'��fia:.t!�� Il 7710fflt!1JIO attuale i, siro�amenlt!, moli� più fJr?Pùio, consibrato eh� il contraccdpo dt!/Ja nvolu:uomfranuu Italia ha g�à_ prcroowto una situariom th scompiglio a li!H!Iio pobtlCO t! un fP-alt!jmnt!Tito tùg{1 ammi. (A) cw.

111

104

volendo conoscere la virtù di uno spirito italiano, era necessario che la Italia si riducessi nel tenni ne che ella è di presente, e che la fussi più stiava che gli Ebrei, più serva ch'e' Persi, più dispersa che gli Ateniesi, sanza capo, sanza ordine, battuta, spogliata, lacera, corsa; ed avessi sopporta­ to d'ogni sorte ruina� . 2 E, benché fino a qui si sia mosrro qualche spiraculo in qualcuno, da potere iudicare che fussi ordinaw da Dio per sua redenzione5 , tamen si è visto da poi come, nel più alto corso delle azioni sue, è stato dalla fortuna reprobato. In modo che, rimasa come sanza vita, espetta qual possa essere quello che sani le sue ferite, e ponga fine a' sacchi di Lombardia, alle taglie del Reame e di Toscana, e la guarisca di quelle sue piaghe già per lungo tempo infiswlite6• Vedesi come la prega Dio che le mandi qualcuno, che la redima da queste crudeltà ed insolenzie barbare7• Vedesi ancora tutta pronta e disposta a seguire una bandiera, pur che ci sia uno che la pigli. 3 Né d si vede al presente in quale lei possa più sperare che nella il\usrre Casa Vostra8, quale con la sua fortuna e virtù, favorita da Dio e dalla Chiesa, della quale è ora principe, possa farsi capo di questa redenzione9• Il che non fia molto difficile, se vi recherete innanzi le azioni e vita de' sopranominati10 • E, benché quegli uomini siena rari e meravigliosi11 , nondimanco furono uomini1�, ed ebbe cia­ scuno di loro minore occasione che la presente; perché la impresa loro non fu più iusta di questa né più facile, né fu a loro Dio più amico che a voi. Qui è iustiziagrande: iustum enim est bellum quibus necessarium, et pia arma, ubi nulla nisi in armis spes est Qui è disposizione grandissima; né •

•.

• Mi!lln-la ntlkls/ti.sasilumiontperricondurklpoisolloununicosullro. (A) J Tanto quanto a me! No. (A) ' Eccomi qui. Tullauia ptrsaluarkl t ntu.ssarioprima, a mio vantaggio, ìntrodurrtftTTO tfuoco nelk sueftrite. (A) 1 Con qutsti s/tssi barbari tsaud11"Ò k tue preghint. (A) 1 Si, se io allora ne a'!ts51"fallo parte. (A) _ ' "Farsi capo� sì,fimrla no. Incapace d1fart1 pìil di quanto non abbia fallo. (A) ID Ma è 1U!u.ssario aum: una fona simik alla loro per imitarli brnt. (A) 11 l.orenz.o il Magmjico non era cosi. (A) 11 Cattivo ragionammlo: c'è uomo e uomo. (A) 1 05

può essere, dove è �rande disposizione, grande difficultà13, pur che quella pigh degli ordini di coloro che io ho proposti per mira. Oltre di questo, qui si veggano estraordinarii, sanza esempio, condotti da Dio: el mare si è aperto; una nube vi hascòrto el cammino; la pietra ha versato acqua; qui è piovuto la manna ogni cosa è concorsa nella vostra grandezza. El rimanente dovete fare vojl� . Dio non vuole fare ogni cosa, per non ci tòrre el libero arbitrio e parte di quella gloria che tocca a noi16• 4 E non è maraviglia se alcuno de' prenominati Italiani non ha possuto fare quello che si può sperare facci la illustre Casa Vostra; e se in tante revoluzioni di Italia e in tanti maneggi di guerra, e' pare sempre che in quella la virtù militare sia spenta. Questo nasce, che gli ordini antiqui di essa non erano buoni, e non ci è suto alcuno che abbi saputo trovare de' nuovi17 : e veruna cosa fa tanto onore a uno uomo che di nuovo surga, quanto fa le nuove legge e li nuovi ordini trovati da lui18• Queste cose, quando sono bene fon­ date e abbino in loro grandezza, lo fanno reverendo e mirabile19• E in Italia non manca materia da introdurvi ogni forma; qui è virtù grande nelle membra, quando la non mancassi ne' capF0• Specchiatevi ne' duelli e ne' congressi de' pochi, quanto gli Italiani siena superiori con le forze, con la destrezza, con lo ingegno21 ; ma, come si viene agli eserciti, non compariscono. E tutto procede dalla debolez­ za de' capi; perché quelli che sanno non sono obediti, e a ciascuno pare di sapere, non ci sendo infino a qui alcuno, che si sia saputo rilevare, e per virtù e per fortuna, che gli H ;

0 Ci sono alnmt vmra in qutSio; ciò clu io wdo più chiaramentt i l'tstm:w ardon di Machiavtlh ptr qutS/a manovra. (A) qtttStl miracoli si riptltrono ptr rru:, molto p1ù realmtnlt di quanto si njJtltronoptrLoTt11W de'Mtdici. (B) '' LofariJ. (B) 16 Si _ vtde clu Machiavtlli vokva avt;t In sua parte in questo; glitla n conosco, ptrchi mi i stato molto ulllt. (c) 1 1 Con i m1ri, �ià sperimentali gloriosammtt in Francia, t clu tSsi riuvtranno, Il trionfo � assu:urato. (B) ,. Lt mit Sf1llt sono di mia invmziont; tu/li i potmtati d 'Europa .risono inchinall alloro cDJpetto. (c) " '(ullaEuropa tributò loro que.�to dupliCi! omaggio. (c) "' E proprio Vtro. (A) 21 Anch 'io s011o Italiano! l miti rivali n011 sono duJranCI!SÌ. (A) 14

106

altri cedino22 • Di qui nasce che, in tanto tempo, in tante guerre fatte ne' passati venti anni, quando egli è Stato uno esercito tutto italiano� , sempre ha fatto mala pruova. Di che è testimone prima el Taro, di poi Alessandria, Capua, Genova, Vailà, Bologna, Mestri. 5 Volendo dunque la illustre Casa Vostra seguitare quegli eccellenti uomini che redimerno le provincie loro, è neces­ sario, innanzi a tutte le altre cose, come vero fondamento d'ogni impresa, prowedersi d'arme proprie; perché non si può avere né più fidi né più veri né migliori soldati. E, benché ciascuno di essi sia buono, tutti insieme diventeran­ no migliori, quando si vedranno comandare çlal loro prin­ cipe, e da quello onorare ed intratenere2" . E necessario, pertanto, prepararsi a queste arme, per potere con la virtù italica defendersi dagli esterni25• 6 E, benché la fanteria svizzera e spagnuola sia esistimata terribile, nondimanco i n ambedue è difetto, per il quale uno ordine terzo potrebbe non solamente opporsi loro, ma confidare di superarli26 • Perché li Spagnoli non possono sostenere e' cavalli, e Ii Svizzeri hanno ad avere paura de' fanti, quando li riscontrino nel combattere ostinati come loro. Donde si è vedmo e vedrassi per esperienzia, li Spagno­ li non potere sostenere una cavalleria franzese, e li Svizzeri essere rovinati da una fanteria spagnola27 • E, benché di questo ultimo non se n e sia visto intera esperienzia, tamen se ne è veduto un saggio nella giornata di Ravenna, quando le fanterie spagnole si affrontarono con le battaglie todesche, le quali servono el medesimo ordine che le svizzere; dove li Spagnoli, con l ' abilità del corpo e aiuti de' loro brocchieri, n

n u 21 Jo
m.o· n. PARADISO PERDUTO D.n.ouart- L'ARTE DEL SIIiNZJ.O



-

C..u tur- lA MORTA INNAMORATA C.opl'-TARAS BUL'BA o Ht>"'- NOTTI FIOREN'IlNE

f=-- FANTASMI DEL DOPO CENA. JO.ay,ti.M-� RUBÀYÀT

Xurlugruml- n. MIO PUNTO Dll'ISfA L.ondtm. - U. LEGGE DEllA VITA

Mtulu.avolb- n. DIAVOLO CHE PRESE MOGLIE :: � Machiar;