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Italian Pages 335 [326] Year 1972
LUIGI CHIARINI
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Storia e problemi
BULZONI EDITORE
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ROMA
PREFAZIONE
Questo libro nasce dai corsi di lezioni tenute all'Università di Urbino fino all'anno accademico 1970-71. Prima, dal 1961 al 1966, insegnai all'Università di Pisa 1• Giacché più che di lezioni si trattava di seminari o conversazioni con i quali si sottoponevano agli allievi gran parte dei problemi del :6lm, desiderando che essi pensassero con la propria testa, così può darsi che questo carattere si risenta nel libro. Parlando di letteratura e film si sono toccati gran parte degli aspetti del cinema e in modo particolare quelli che riguardano la critica e la storia. Fare una storia del cinema, infatti, significa da una parte parlare dei film d'arte e dei loro autori, dall'altra di quell'industria che si basa sul prodotto cinematografico, un'industria che realizza, come si dice oggi, « prodotti di consumo», che possono essere - di qui l'attuale confusione - artistici o meno. Perciò una storia del cinema, a mio giudizio, non si può fare che problematica, dividendo la materia in modo che venga trattata diversamente secondo i singoli argomenti. Ogni argomento, poi, si rifarà a una bibliografia, indicherà cioè dei libri, dove il lettore più curioso potrà essere soddisfatto. Pertanto questa prefazione non è una prefazione nel termine consuetudinario della parola, ma una chiave per leggere 1 Nel nuovo libro di M. Verdone (diceva Cardarelli di uno scrittore che ne pubblicava uno di~tro l'altro: quello si scrive addosso) intitolato Sommario delle dottrine del film, Parma 1971, gli errori sono tanti che occorrerebbe un altro libro per rettificarli. Qui ci si vuol solo limitare a mettere in evidenza l'ambigui_tà della frase: « Assumendo nel 1970-71 alla Facoltà di Magistero della Università di Parma il Corso di Tecnica e Didattica del linguaggio cinematografico, per la prima volta insegnato nell'Università italiana... ». Infatti, il Verdone, che è stato vice-direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia, dovrebbe sapere assai bene che nel 1961, .iniziandosi a Pisa l'insegnamento universitario del cinema, vi tenni il primo corso proprio sul linguaggio del film in rapporto a quello delle altre arti. Barbaro è morto, ma io ancora no; tanti auguri per la futura carriera accademica del Verdone.
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il libro. Va, dunque, letta prima; a differenza di tante prefazioni che guadagnano a venir lette dopo. Il libro, oltre a essere diviso in capitoli con dimensioni molto diverse, ha pertanto un'impostazione problematica: di qui il suo titolo. Io credo che la cosa più urgente da farsi nell'ambito accademico, e non soltanto in questo, per il cinema, sia distinguere i film d'arte e i loro autori dagH altri, anche se pregevoli. Questa impostazione fa sorgere parecchi problemi. Il primo capitolo riguarda la tecnica non in senso artistico naturalmente e l'industria. Della tecnica si può fare una storia: dalle prime ricerche del movimento, alla resistenza dell'immagine sulla retina, alla sensibilità dell'emulsione in modo da permettere l'istantanea e conseguentemente il movimento dell'immagine cinematografi.ca. Si può passare dal colore al suono, alla stereofonia, al grande schermo ecc. In sostanza quello che è stato lo sviluppo della tecnica da un secolo a questa parte si può benissimo narrare storicamente. Un altro aspetto importante è lo sviluppo dell'industria. Il cinema non nacque come fatto industriale; i fratelli Lumière non credevano di aver inventato qualcosa che potesse avere un avvenire economico. Si cominciarono a fare dei piccoli film che si vendevano, e la gente correva a vederli come rarità eccezionali nei capannoni dei circhi equestri. Da questo inizio Queste parole fecero dire ai cattolici ringraziando Iddio e agli altri sono sempre ateo. « Ciò che c'è di più ammirevole nel fantastico, ha detto André Breton, - e Buiiuel ripete in un suo articolo - è che il fantastico non esiste, tutto è reale. » Ed è in questa ricerca della verità, che è la ricerca di ogni artista, che si trova il segreto dell'opera di Buiiuel, il quale afferma che un bicchiere può essere considerato come un bicchiere nel quale si beve, si porta in cucina, si lava, si può rompere; ma ognuno di noi vede nel bicchiere, cioè nell'oggetto, qualche cosa di diverso secondo il suo desiderio e secondo quello che lo stato d'animo gli fa vedere. « Io lotto per un cinema cosi perché solo cosi il cinema mi darà una visione integrale della realtà, accrescerà la mia conoscenza delle cose e degli esseri, mi aprirà il mondo meraviglioso dell'incognito, il mondo che io non trovo né nella stampa quotidiana né nella strada ... Tutto ciò che io ho detto non faccia credere che io sono per un cinema consacrato esclusivamente all'espressione del fantastico e del mistero, per un cinema che fuggendo o disprezzando la realtà quotidiana pretendesse gettarci nel mondo del sogno e dell'inconscio. Quantunque abbia indicato brevemente l'importanza capitale che dò al film che tratterà dei problemi fondamentali dell'uomo moderno, io non considero quest'ultimo isolatamente., come un caso particolare, ma nei suoi rapporti con gli altri uomini. Faccio mie le parole di chi definiva cosl la funzione del romanziere (intendete in questo caso quella del creatore di film) - il romanziere avrà onorabilmente compiuto il suo scopo quando, attraverso una pittura fedele delle relazioni sociali autentiche, avrà distrutto la rappresentazione convenzionale della natura di queste relazioni soffocato l'ottimismo del mondo borghese e obbligato il lettor~ a dubitare della perennità dell'ordine esistente, anche se non ci propone direttamente una conclusione, anche se non prende manife154
,stamente partito. - » Indubbiamente per Bufiuel lo schermo è una meravigliosa finestra aperta sulla poesia, ma che i produttori e i cineasti conformisti cercano di tenere chiusa, è un'arma magnifica e pericolosa se maneggiata da uno spirito libero. Bufiuel, per comprenderlo, deve essere seguito in queste avventure di artista. Collocarlo, come diceva De Sanctis, « nel tempo e nello spazio», significa non dimenticarsi della sua nascita spagnola, della sua amicizia con Garda Lorca, della sua esperienza surrealista. Quando recentemente è stata data in Italia La via lattea, film realizzato da Bufiuel, sempre giovane, a 70 anni, è stato detto giustamente che esso dimostrava la fatica di essere atei, di reggere per tutta la vita alla tentazione della fede. Alberto Moravia ha scritto che il viaggio a piedi dei due barboni, protagonisti del film, è il filo conduttore di una serie di episodi slegati e stravavanti, dove è chiaro che per Moravia scrittore la narrazione è la base del film seppure dica: « Il modo con il quale sono evocati via via figure ed eventi è forse la cosa più interessante del film; vogliamo dire che Luis Bufiuel non aveva mai raggiunto una così diabolica leggerezza e una così misteriosa magia nell'evitare le secche della logica e nel giovarsi, secondo la lezione del surrealismo, delle risorse del subconscio. » La verità è che la tematica di Bufiuel deriva dalla sete di verità: il suo ateismo è il dramma della religione così come le degenerazioni sessuali, il feticismo dello zio di Viridiana o del protagonista del Diario di una cameriera non sono che il dramma della vita sessuale; cosi come da L'age d'or a Tierra sin pan a I figli della violenza quello che risalta è il dramma della miseria nella società di oggi, giacché per Bufiuel l'ambiguità, o la cosiddetta ambiguità, non è altro che la drammaticità: il suo pessimismo l'impossibilità di risolvere il dramma. Egli tutto ciò ci offre, com'è proprio di ogni artista, con immagini pregnanti, che non sono affatto enigmatiche se si tiene presente lo stato d'animo da cui nascono. Immagini a volte preziose, a volte crude, sempre efficaci rispetto al tema cui assolvono. Questo è il nucleo drammatico delle sue opere se non si vuol cadere negli estremi così ben denunciati da Jean de Baroncelli su Le Monde del 17 marzo 1969: « Secondo la struttura utilizzata da La via lattea, il film apparirà agli uni come un pamphlet blasfemo contro i dogmi e i misteri della chiesa cattolica, mentre gli altri crederanno di scoprirvi la traccia di una rinascita della fede nel cuore di un vecchio empio dove la passione di Dio abita ancora. » De Baroncelli conclude che come al solito queste contraddittorie interpretazioni faranno sorridere l'autore, il cui ateismo totale, sereno, lucido e cento volte ripetuto è molto al di là della meschinità anti-religiosa. Certamente egli ha ra155
gione a dire che Bufiuel è un uomo semplice e .che i suoi film fanno scandalo perché lui stesso è scandaloso m quanto vede quello che gli altri non vedono. Dal Chien andalou e I:'age d'or,. egli non ha mai cessato di essere un veggente, ogni film _del quale è assolutamente l'espressione di un avanzamen:o poet1c