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Italian Pages 963 [950] Year 2013
CARMINA MEDICALIA
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STUDI E TESTI ———————————— 476 ————————————
Renato Badalì
CARMINA MEDICALIA
C I T T À D E L VAT I C A N O B i b l i o t e c a A p o s t o l i c a V at i c a n a 2013
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La collana “Studi e testi” è curata dalla Commissione per l’editoria della Biblioteca Apostolica Vaticana: Giancarlo Alteri Marco Buonocore (Segretario) Timothy Janz Antonio Manfredi Claudia Montuschi Cesare Pasini Ambrogio M. Piazzoni (Presidente) Delio V. Proverbio Adalbert Roth Paolo Vian
Descrizione bibliografica in www.vaticanlibrary.va
Stampato con il contributo dell’associazione American Friends of the Vatican Library
—————— Proprietà letteraria riservata © Biblioteca Apostolica Vaticana, 2013 ISBN 978-88-210-0903-7
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per Brunilde dem glücklichern Manne glänze sein Stern R. Wagner, Die Walküre, 2269 s.
Medicina infirmum, mathematica tristem, theologia peccatorem facit Martin Luther, Tischreden 2028
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SOMMARIO
Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 Siglorum explicatio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 Carmina medicalia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21 Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 901 Indice dei capoversi latini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 923 Indice dei capoversi greci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 945 Indice dei capoversi francesi .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 946 Indice dei capoversi italiani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 947 Indice dei capoversi tedeschi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 947 Indice dei capoversi ebraici .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 947 Indice dei capoversi spagnoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 948 Indice dei capoversi olandesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 948 Indice dei manoscritti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 948 Indice degli esemplari a stampa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 948 Tavole . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 953
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PREFAZIONE Il remoto motivo occasionale di questa ricerca è costituito dalla rilettura di un passo de I promessi sposi (opera peraltro da me mai particolarmente amata), in cui Manzoni tratta delle opinioni dei cosiddetti “esperti” (categoria anche oggi pervicacemente attiva e pressoché inestirpabile) sulle possibili cause della peste: “Citavano cent’altri autori che hanno trattato dottrinalmente, o parlato incidentemente di veleni, di malìe, d’unti, di polveri: il Cesalpino, il Cardano, il Grevino, il Salio, il Pareo, lo Schenchio, lo Zachia....” (cap. 32). Mi chiedevo, infatti, chi fosse mai questo Schenchio: scoprii così — risalendo, dalla grottesca italianizzazione manzoniana, alla grafia originaria — che si trattava di Johannes Schenck von Grafenberg (1530-1598), uno dei medici più celebri e rinomati del suo tempo1. Esaminando il poderoso volume contenente gli Opera omnia di Schenck, rimasi colpito dalle fitte pagine che riportavano un grandissimo numero di composizioni poetiche in onore dell’autore. Nacque in me di conseguenza l’idea di studiare questa singolare consuetudine — che non faceva distinzione di generi, dal momento che era presente in qualsiasi tipo di opera, letteraria, storica, giuridica, scientifica — di accompagnare l’uscita di una nuova opera, facendo precedere (nella stragrande maggioranza dei casi; più raramente facendo seguire) il testo del lavoro da carmi in onore dell’autore e della sua opera, composti o da poeti di professione o, soprattutto, da colleghi, parenti, amici o semplici conoscenti2. Siamo perciò di fronte a una consuetudine che inizia per tempo (all’incirca nei primi decenni del Cinquecento) e si estende sino alla fine del Seicento, allorché comincia a declinare fino a scomparire con l’avvento del sec. XVIII3. 1 Vd.
infra n° 198. Degli altri autori ricordati da Manzoni, ho esaminato le opere di Gerolamo Cardano (m. 1576: vd. infra n° 59), Andrea Cesalpino (m. 1603: vd. infra n° 64), Jacques Grévin (m. 1570: vd. infra n° 113) e Pietro Salio Diverso (sec. XVI: vd. infra n° 195). 2 Si tratta di un aspetto su cui l’attenzione degli studiosi non si è soffermata adeguatamente. A questo proposito, di scarso aiuto per il nostro assunto risulta il peraltro benemerito J. Ijsewijn, Companion to neo-latin studies, Leuven I 1990; II 1998. 3 Sintomatiche, in alcune delle opere che ho preso in esame, talune osservazioni, che indicano un deciso mutamento del gusto. Si veda p.es. quanto affermato nel 1782 da Johann Nepomucenus Mederer (173-1808: vd. infra nella Siglorum explicatio), che ha curato l’edizione degli Annales Ingolstadiensis Academiae, nella Praefatio ad novam editionem horum Annalium (pars I ): “Textum Rotmarianum, qui quidem ad historiam huius Vniversitatis pertinere quacunque ratione videbatur, totum descripsi, omissis tantum acclamationibus poeticis, quae aliorum etiam iudicio, quod exquisiui, neque decoris quidquam, in hac musarum [si noti l’iniziale minuscola !] aetatis nostrae elegantia, neque vtilitatis ad posteros essent allatu-
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La novità di questa ricerca (che si limita a studiare opere di carattere medico e/o più latamente scientifico e naturalistico e che ha avuto per oggetto testi presenti nella Biblioteca Apostolica Vaticana) consiste essenzialmente nel fatto di pubblicare carmi apparsi, nella stragrande maggioranza dei casi, una tantum in occasione dell’uscita dell’opera in questione e riediti solo (ma non sempre) in occasione delle eventuali ristampe dell’opera stessa4. Alcuni di tali carmi, opera di poeti di professione, sono stati poi ripubblicati in sillogi poetiche successive (magari con varianti), di cui ho dato naturalmente notizia tutte le volte che sono riuscito nell’identificazione dell’autore (omettendo le varianti puramente grafiche). L’indagine concernente l’eventuale pubblicazione dei versi stessi in altra sede ha costituito uno degli aspetti più laboriosi della presente ricerca. Devo però concludere che — come già detto — la quasi totalità dei versi sono stati pubblicati solo in occasione dell’uscita dell’opera. Si tratta perciò di recuperare tutta una letteratura sommersa, che sarebbe, nella maggior parte dei casi, rimasta appannaggio dei soli lettori delle opere in questione. Né è detto che questa evenienza dovesse necessariamente verificarsi, dal momento che probabilmente molti dei lettori stessi avranno concentrato la loro attenzione sul testo dell’opera senza soffermarsi più di tanto sui carmi. Vengono perciò qui da un lato pubblicati carmi praticamente inediti (la cui esistenza rischia di scomparire con il trascorrere dei secoli) e dall’altro ripubblicati (nel caso di componimenti apparsi in sillogi poetiche) versi che soltanto in rari casi hanno avuto l’attenzione e la cura di editori moderni. La scelta delle opere è stata occasionale e non sistematica5. Ma, se questa ricerca dovesse avere un qualche successo, essa potrebbe estendersi, con un criterio più metodicamente articolato, fino a coprire tutte le opere di un determinato settore. Non sempre ho studiato la prima edizione dell’opera, anche se ho costantemente cercato, nei limiti del possibile, di indicare l’anno della prima uscita. L’identificazione degli autori dei carmi non è stata rae”. Si veda ancora, a proposito del De vocis auditusque organis historia anatomica di Giulio Cesare Casserio (vd. infra n° 62), quanto detto nel 1789 da Poggiali 2, 98: “Dopo il ritratto, ch’è vestito assai nobilmente, ed effigiato in atto di notomizzare una mano, leggonsi poesie latine, greche ed ebraiche in lode di lui [sc. di Casserio], delle quali non è necessario, che mi fermi qui a dar contezza”. È facile cogliere tale evoluzione anche nelle ristampe successive della medesima opera, dove talune composizioni poetiche scompaiono (vd. p.es. infra l’opera di Cesare Magati n° 155). 4 A questo proposito è opportuno ricordare che è possibile constatare — nelle edizioni successive di un’opera — la graduale riduzione, se non addirittura la scomparsa, dei carmi presenti nella prima apparizione del lavoro stesso. 5 Sono grato ad Ambrogio Piazzoni che mi fornì, all’inizio della ricerca, un elenco comprendente le opere mediche (e scientifiche) presenti nella BAV, pubblicate fino alle soglie del Settecento.
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PREFAZIONE
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sempre agevole: non poche volte essi risultano completamente sconosciuti. Attendo perciò fin da ora con gratitudine eventuali indicazioni che contribuiscano a colmare lacune e omissioni in tal senso. Devo confessare, con grande soddisfazione, che spesso tali versi di occasione non rappresentano solo stanche rimasticature o centoni di testi classici (come temevo allorché mi sono accinto a questa indagine): essi appaiono, invece, il più delle volte, componimenti pieni di affetto, di brio e di efficacia rappresentativa e raggiungono talora un’acme emotiva di singolare espressività. Devo però ammettere che la battaglia più sanguinosa è stata combattuta contro la sciatteria degli stampatori, che sovente — vuoi per ignoranza vuoi per neghittosa accidia — hanno fatto scempio del testo originale, soprattutto (ma non solo) dei carmi greci. Preziosi, a tale proposito, i non infrequenti Errata corrige, anch’essi, però, spesso non esenti da trasandatezza e lacunosità6. Là dove ho potuto, ho corretto il testo, integrando, espungendo o proponendo congetture, sì da far tornare metro e senso. In altri casi, dove la situazione risultava inevitabilmente compromessa, mi sono limitato a segnalarla. Per quanto attiene alla prosodia non ortodossa rispetto al modello classico e alle norme metriche eventualmente disattese, ne ho sempre indicato puntualmente le infrazioni, tentando di motivare il comportamento degli autori dei carmi o, nei casi più eclatanti, prendendo atto della loro negligenza e/o ignoranza7. 6 Della presenza di un gran numero di refusi si aveva già allora piena consapevolezza, allorché l’autore, scusandosi per evenienze siffatte, invita il lettore a correggerli di propria iniziativa. Eccone una serie di esempi: l’Errata corrige dell’opera di Alonso Carranza (vd. infra n° 60), è preceduto da queste parole: Errata. / Nec perspicacis correctoris cura nec nostra festinata perlectio vitare potuerunt subnotatos postea intentiore relectione errores, quorum aliqui magnae sunt fraudi vero contextui. Ideo hortamur lectores, ut uel ipsi, vel amanuenses eos corrigant et laesum prototypum ante omnia in primum et verum statum restituant. Alla fine de De historia medica mirabili di Marcello Donati (vd. infra n° 84) è detto: Ad lectorem. / Errata typothetarum siue incuria siue festinatione commissa aut omissa vt ipsemet inter legendum, pro candore tuo, restituas, amice rogamus. Nell’opera di Raymund Minderer (vd. infra n° 166), dopo il colofone finale, si legge: Errata typographica beneuolus lector facile emendabit. Un esempio molto significativo, infine, si trova alla conclusione dell’opera di Johann Neander (vd. infra n° 175): Indiculus [eufemismo litotico, se si tien conto del numero degli errori corretti !] erratorum. / Quod typographorum incuria fieri per absentiam solet, mi lector, heic etiam factum, mendae ut plures incurrerent; quas dum gravioribus negotiis distringimur, promptum nobis non fuit emendare:....Caetera, si quae a nobis minus observata, tibi forsan occurrent, eas ad tuam deferimus spongiam seu pumicem. ������������������������������������������������� Quis enim Lynceus adeo vel perspicax est, cui interdum aliquid non effugiat? Tuae ergo humanitatis erit, humanos istos, quos indice hoc collectim subiungimus, lapsus corrigere iisque comiter ignoscere. 7 Molto utile, sotto questo aspetto, il capitolo Classical versification in Ijsewijn, Companion to neo-latin studies, cit. 2, 423 ss.
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I carmi hanno l’estensione più variabile e vanno da quelli costituiti da un semplice distico a quelli che sono formati da centinaia di versi. La forma metrica più frequente è quella in distici elegiaci, seguita dalle composizioni esametriche. Sono anche presenti carmi in falecei, strofe saffiche, alcaiche, trimetri giambici puri e scazonti. Non mancano strofi oraziane, settenari trocaici e anche qualche ode di tipo pindarico. Ho sempre indicato tra [ ] il tipo di metro adoperato. Per quanto riguarda l’uso linguistico, ho sempre indicato il fatto che un termine non fosse attestato nel latino classico e/o medioevale: lo stesso dicasi per il greco. Di norma ho corretto tacitamente i refusi e gli errori palmari, mentre talvolta li ho indicati (prima di correggerli) per mostrare la consueta sciatteria degli stampatori. Ho sciolto tutte le abbreviazioni, talune evidenti, talaltre meno e, in tal caso, ho cercato di divinare nel modo che ho ritenuto più naturale e piano. Ho sempre, ovviamente, indicato (e discusso) i passi in cui manifeste anomalie metriche, morfologiche o sintattiche non fossero palesemente risolvibili. L’aspetto grafico è stato normalizzato (sia per quanto attiene alla grafia moderna, p.es. j per i, mentre riporto sempre l’alternanza v/u), sia per quanto riguarda le maiuscole. Esse compaiono, ovviamente, nei nomi propri e negli aggettivi, e tutte le volte che tale uso assume una particolare rilevanza, mentre è stata radicalmente eliminata la consuetudine — assolutamente fuorviante e ancor oggi incredibilmente dura a morire — di porre iniziale maiuscola all’inizio di ciascun verso. Inoltre adopero le lettere maiuscole per evidenziare anagrammi sia di parole singole che di intere frasi. Non indico l’accentazione delle vocali finali, come p.es. verò, potissimùm etc., mentre lascio l’accento circonflesso, adoperato per indicare la sillaba lunga (p.es. operâ, nummûm etc.). Ho anche riportato in carattere minuscolo (ad eccezione, ovviamente, dell’iniziale) i nomi scritti tutti in maiuscolo (a meno che, come già detto, non si tratti di anagrammi). Anche l’interpunzione è stata normalizzata e adattata a quelle che, a mio giudizio, appaiono le esigenze esegetiche del testo. Nell’indicazione delle date le cifre romane sono state inesorabilmente eliminate e sostituite dalle corrispondenti arabe: esse sono presenti esclusivamente in usi circoscritti come p.es. l’indicazione di secoli, regnanti, pontefici, tomi, pagine introduttive etc. Per i testi in greco, integro tacitamente spiriti, accenti e iota sottoscritti laddove essi mancano e li correggo laddove essi sono evidentemente errati, come p.es. accento grave in luogo di accento acuto e/o viceversa. Nella grafia ho forse peccato di soverchia indulgenza, ma ho preferito lasciare le oscillazioni, anche in casi ormai normalizzati dall’uso moderno, come p.es. sidus / sydus; hiems / hyems; ceterum / caeterum; caelum / coelum; maestus / moestus; Phoebus / Phaebus; felix / foelix; fecundus / foecundus; proelia / praelia; saecula / secula. Analogamente ho
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PREFAZIONE
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lasciato l’alternanza della lettera doppia e di quella semplice (come p.es. littera / litera; causa / caussa; squalidus / squallidus); e così anche quella di h che accompagna la lettera semplice (come p.es. carus / charus; pulcro / pulchro; sepulcrum / sepulchrum; letum / lethum), nonché le forme di accusativo plurale, come p.es. leueis, graueis in luogo di leues, graues. Inoltre ho lasciato l’indicazione della doppia i (in origine ji) nei composti di iacio. Ancora ho conservato l’alternanza tra forme assimilate e disassimilate (adfero / affero) nonché quella st/t, come p.s. exstinctus / extinctus; exstare / extare. Ho tolto il punto fermo dopo le date: p.es. 2. Dec. = 2 Dec. Comprendo tra parentesi tonde gli scioglimenti delle abbreviazioni, tra parentesi quadre ([ ]) le lettere che vanno espunte e tra quelle uncinate (< >) le lettere da integrare: ove non altrimenti esplicitato, tali interventi sul testo sono miei. Nelle indicazioni dei luoghi di nascita e di morte dei singoli autori ho per lo più italianizzato i nomi delle città. Alla fine di questo mio lungo ed estremamente faticoso — ma denso di soddisfazioni e di scoperte — opus extremum (almeno per quanto riguarda la mole), mi corre l’obbligo di esternare la mia riconoscenza anzitutto nei confronti del personale delle sale di studio della BAV, sempre alacre, cortese ed estremamente disponibile. Un ringraziamento particolare sento di dovere all’amico carissimo Marco Buonocore, scriptor Latinus ed epigrafista insigne, che mi ha guidato, con pazienza, altissimo magistero professionale e affetto, nei meandri fascinosi della biblioteca più importante al mondo, e che mi ha aiutato validamente nella revisione delle bozze. Ringrazio infine di cuore amici e colleghi, che, con generosa disponibilità, mi hanno soccorso nella lettura e nell’esegesi di carmi composti in lingue, i cui misteri mi sono — ahimè! — preclusi con sette sigilli: Barbara Piqué per i componimenti in francese, Gabriella Dionisi per quelli in spagnolo, Delio Vania Proverbio e Francesco Bianchi per quelli in ebraico, Adriaan van Heck per il carme in olandese di 175, 8. Renato Badalì
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SIGLORVM EXPLICATIO
Aa = Abraham Jacob van der Aa, Biographisch woordenboek der Nederlanden, bevattende levensbeschrijvingen van zoodanige personen, die zich op eenigerlei wijze in ons vaderland hebben vermaard gemaakt, voortgezet door K.J.R. van Harderwijk en dr. G.D.J. Schotel......., Haarlem [1852]-1878. ADB = Allgemeine deutsche Biographie auf Veranlassung und mit Unterstützung seiner Majestaet des Königs von Bayern, herausgegeben durch die historische Commission bei der königl. Akademie der Wissenschaften, München und Leipzig 1875-1912. AGL = Allgemeines Gelehrten-Lexicon, darinne die Gelehrten aller Staende sowohl Maenn- als weiblichen Geschlechts, welche vom Anfange der Welt bis auf ietzige Zeit gelebt, und sich der gelehrten Welt bekannt gemacht, nach ihrer Geburt, Leben, merckwuerdigen Geschichten, Absterben und Schrifften aus den glaubwuerdigsten Scribenten in alphabetischer Ordnung beschrieben werden..... heraus gegeben von Christian Gottlieb Joecher, ......., Leipzig .... 1750 [I e II tomo]; 1751 [III e IV tomo]. AGL2 = Fortsetzung und Ergaenzungen zu Christian Gottlieb Joechers allgemeinem Gelehrten-Lexicon, worin die Schriftsteller aller Staende nach ihren vornehmsten Lebensumstaenden und Schriften beschrieben werden von Johann Christoph Adelung, Leipzig I 1784; II 1787. AGL3 = Forsetzung und Ergaenzungen zu Christian Gottlieb Joechers allgemeinem Gelehrten-Lexicon, worin die Schriftsteller aller Staende nach ihren vornehmsten Lebensumstaenden und Schriften beschrieben werden angefangen von Johann Christoph Adelung und vom Buchstaben K fortgesetzt von Heinrich Wilhelm Rotermund.... III, Delmenhorst 1810 (= Hildesheim-Zürich-New York 1998); IV, Bremen 1813 (= Hildesheim-Zürich-New York 1961); V, Bremen 1816 (= Hildesheim-Zürich-New York 1998); VI, Bremen 1819 (= Hildesheim-Zürich-New York 1998); VII, mit einem Anhang enthaltend die für die 2. Ausgabe des 3. Bandes (K) bestimmten Verbesserungen und Zusätzte aus dem Handexemplar des Verfassers. Im Auftrage der Deutschen Gesellschaft in Leipzig heraugegeben von Otto Günther, Leipzig 1897 (= Hildesheim-Zürich-New York 2003). Aliquò-Taverriti = Luigi Aliquò Lenzi e Filippo Aliquò Taverriti, Gli scrittori calabresi. Dizionario bio-bibliografico, Reggio di Calabria 1955-19582. Allen = Opus epistolarum Des(iderii) Erasmi Roterodami denuo recognitum et auctum per P.S. Allen, ediderunt H.M. Allen et H.W. Garrod, Oxonii 1906-1957. Arnaldi-Smiraglia = Franciscus Arnaldi et Pascalis Smiraglia, Latinitatis Italicae medii aevi lexicon (saec. V ex.-saec. XI in.) ..., Firenze 20012.
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Bacchini = Amato Bacchini, La vita e le opere di Giovanni Maria Lancisi...., Roma 1920. BL = Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte aller Zeiten und Völker...., Berlin-Wien, zweite Auflage, I 1929; II 1930; III 1931; IV 1932; V 1934; Ergänzungsband. Nachträge zu den Bänden I-V, 1935. BNB = Biographie nationale publiée par l’Académie Royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique, Bruxelles 1866-1986. Brambilla = Storia delle scoperte fisico-medico-anatomico-chirurgiche fatte dagli uomini illustri italiani di Giovanni Alessandro Brambilla, Milano I 1780; II 1782. Brocchi = Collezione alfabetica di uomini e donne illustri della Toscana dagli scorsi secoli fino alla metà del XIX, compilata da Filippo Brocchi, Firenze 1852. Cardella = Memorie storiche de’ Cardinali della Santa Romana Chiesa scritte da Lorenzo Cardella....., Roma I, 1 1792; I, 2 1792; II 1793; III 1793; IV 1793; V 1793; VI 1793; VII 1793; VIII 1794; IX 1797. Cascioli = Gli uomini illustri o degni di memoria della città di Tivoli dalla sua origine ai nostri giorni per mons. Giuseppe Cascioli, “Studi e fonti per la storia della regione Tiburtina”, Tivoli 1927. Codignola = Enciclopedia biografica e bibliografica italiana....serie XXXVIII, Pedagogisti ed educatori, diretta da Ernesto Codignola, Milano 1939. Cosmacini = Giorgio Cosmacini, Le spade di Damocle. Paure e malattie nella storia, Roma-Bari 2006. Crusius-Rubenbauer = Friedrich Crusius, Römische Metrik. Eine Einführung, neu bearbeitet von Hans Rubenbauer, München 19637. DBF = Dictionnaire de biographie française sous la direction de J. Balteau, M. Bar���� roux, M. Prevost......., Paris 1933..... DBI = Dizionario biografico degli italiani. Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana 1960 ..... DBL = Dansk biografisk Lexikon, tillige omfattende norge for tidsrummet 1537-1814 udgivet af C.F. Bricka, Kjøbenhavn, 1890-1905. De literatura Faventinorum = [Giovanni Benedetto Mittarelli], De literatura Faventinorum sive De viris doctis et scriptoribus urbis Faventiae. Appendix ad accessiones historicas Faventinas, Venetiis 1775. De Renzi = Salvatore De Renzi, Storia della medicina italiana pel cav. Salvatore de Renzi, medico napolitano, Napoli I 1845; II 1845; III 1845; IV 1846; V 1848 (= Bologna 1988). Derossi = Scrittori piemontesi, savoiardi, nizzardi registrati nei catalogi del vescovo Francesco Agostino Della Chiesa e del monaco Andrea Rossotto. Nuova compilazione di Onorato Derossi, Torino 1790. Di Crollalanza = Dizionario storico-blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane estinte e fiorenti compilato dal commendatore G.B. di Crollalanza, Pisa 18861890 (= Bologna 1965).
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Dizionario dei Siciliani illustri = Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, Dizionario dei siciliani illustri, Palermo 1939. Dizionario storico = Dizionario storico portatile contenente quanto vi ha di più notabile nella storia sacra, profana, antica e moderna, per la cognizione degli scritti e delle azioni de’ grand’uomini e de’ personaggi illustri di tutt’i secoli e di tutte le nazioni. Trasportato dalla francese nell’italiana favella coll’aggiunte ed osservazioni del padre d. Antonmaria De Lugo.... I, in Napoli 1754..... DNB = Dictionary of national biography edited by Leslie Stephen and Sidney Lee, London and Oxford 1908-1996. Eckstein = Friedrich August Eckstein, Nomenclator philologorum, Leipzig 1871 (= Hildesheim 1966). EUI = Enciclopedia universal ilustrada europeo-americana, Barcelona 1907-1930; Apendice 1930-1933; Apendice 1934-2003 e Supplementi vari. Fantuzzi = Notizie degli scrittori bolognesi raccolte da Giovanni Fantuzzi, Bologna I 1781; II 1782; III 1783; IV 1784; V 1786; VI 1788; VII 1789; VIII 1790; IX 1794. Frati = Carlo Frati, Dizionario bio-bibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani dal sec. XIV al XIX, raccolto e pubblicato da Albano Sorbelli, Firenze 1933. L’opera di Frati è da integrare con Marino Parenti, Aggiunte al Dizionario biobibliografico dei bibliotecari e bibliofili italiani di C. Frati, Firenze 1952. Gallo = Annali della città di Messina .... dal giorno di sua fondazione sino a tempi presenti di Cajo Domenico Gallo, in Messina, I 1756; II 1758; III 1804. Gerini = Memorie storiche d’illustri scrittori e di uomini insigni dell’antica e moderna Lunigiana per l’abate Emanuelle [sic] Gerini da Fivizzano....in otto libri disposte, Massa I 1829; II 1831. Haller1 = Bibliotheca anatomica qua scripta ad anatomen et physiologiam facientia a rerum initiis recensentur auctore Alberto von Haller, tomus I ad annum 1700, Tiguri 1774; tomus II ab anno 1701 ad annum 1776, Tiguri 1777. Haller2 = Bibliotheca chirurgica qua scripta ad artem chirurgicam facientia a rerum initiis recensentur auctore Alberto von Haller, tomus I tempora ante annum 1700, Basileae 1774; tomus II ab anno 1700 ad nostra tempora, Basileae 1775. Haller3 = Bibliotheca medicinae practicae qua scripta ad partem medicinae practicam facientia a rerum initiis ad annum 1775 recensentur auctore Alberto von Haller, tomus I ad annum 1533, Bernae 1776; tomus II ab anno 1534 ad annum 1647, Basileae 1777; tomus III ab anno 1648 ad annum 1685, Bernae 1779. H-BLS = Historisch-biographisches Lexikon der Schweiz herausgegeben mit der Empfehlung der allgemeinen Geschichtsforschenden Gesellschaft der Schweiz unter der Leitung von Heinrich Türler, Marcel Godet, Victor Attinger.....Deutsche Ausgabe besorgt von H. Tribolet, Neuenburg I 1921; II 1924; III 1926; IV 1927; V 1929; VI 1931; VII 1934; Supplement 1934. Histoire = Histoire générale des cardinaux...., Paris 1647.
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CARMINA MEDICALIA
Hurtubise = Pierre Hurtubise O.M.I., Une famille-témoin: les Salviati, Città del Vaticano 1985, “Studi e testi” 309. IBI = Indice biografico italiano a cura di Tommaso Nappo, München 20023. Manitius = Max Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, München I 1911; II 1923; III 1931. Marzi = Historia ampliata di Tivoli scritta dal canonico Francesco Martii....con due libri de’ Vescovi e de’ Governatori di Tivoli scritti dall’illustrissimo abbate Michele Giustiniani..., in Roma 1665. Mazzetti = Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle Scienze di Bologna, compilato da Serafino Mazzetti...., Bologna 1847. Mazzuchelli = Gli scrittori d’Italia cioè Notizie storiche e critiche intorno alle vite e agli scritti dei letterati italiani del conte Giammaria Mazzuchelli bresciano, I (in due tomi con numerazione continua) in Brescia 1753; II (in quattro tomi con numerazione continua) 1753; III 1758; IV 1760; V 1762; VI 1763. L’opera di Mazzuchelli è da integrare con Giunte all’opera “Gli scrittori d’Italia” del conte Giammaria Mazzuchelli tratte dalla Biblioteca Alessandrina per cura del socio corrispondente Enrico Narducci, Roma 1884 (R. Accademia dei Lincei, anno 281, 1883-1884). Mederer = Annales Ingolstadiensis Academiae inchoarunt V. Rotmarus et I. Engerdus..., emendavit, auxit, continuavit et codicem diplomaticum adiecit I.N. Mederer: pars I ab anno 1472 ad annum 1572; pars II ab anno 1572 ad annum 1672; pars III ab anno 1672 ad annum 1772; pars IV seu Codex diplomaticus, Ingolstadii 1782. Messeri-Calzi = Antonio Messeri e Achille Calzi, Faenza nella storia e nell’arte, Faenza 1909. Michaud = Biographie universelle ancienne et moderne (fondata da Joseph-François e Gabriel-Louis Michaud). Nouvelle édition...., Paris [1854-1865]. Minieri Riccio1 = Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli compilate da Camillo Minieri Riccio, Napoli 1844. Minieri Riccio2 = Notizie biografiche e bibliografiche degli scrittori napoletani fioriti nel secolo XVII i cognomi dei quali cominciano con la lettera B per Camillo Minieri Riccio, Napoli 1877. Mongitore = Bibliotheca Sicula sive de scriptoribus Siculis, qui tum vetera, tum recentiora saecula illustrarunt, notitiae locupletissimae .... auctore Antonino Mongitore, Panormi I 1708; II 1714. Montanari = Antonio Montanari, Gli uomini illustri di Faenza, vol. I, parte II, Faenza 1883. Moroni = Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da s. Pietro sino ai giorni nostri compilato dal cav. Gaetani Moroni romano, in Venezia 1840-1861 e 6 volumi di indici, in Venezia 1878-1879.
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Mosca-Capone = De Salernitanae Ecclesiae episcopis et archiepiscopis Catalogus auctore Gaspare Musca.......nunc ab Arturo Capone....omnibus archiepiscopis auctus qui ab a. 1606 usque ad nostram aetatem Salernitanam Ecclesiam rexerunt vulgatus, Sublaci 1930. NBN = Nouvelle biographie nationale, Académie Royale des sciences, des lettres et des beaux-arts de Belgique, I 1988; II 1990; III 1994. NBW = Nationaal biografisch woordenboek, Brussel 1964-2002. Negri = Istoria degli scrittori fiorentini...opera postuma del p(adre) Giulio Negri ferrarese della Compagnia di Gesù, in Ferrara 1722. Nielsen1 = Lauritz Nielsen, Dansk bibliografi 1482-1550 med saerligt hensyn til dansk bogtrykkerkunsts historie af L.N...., København 1919. Nielsen2 = Lauritz Nielsen, Dansk bibliografi 1551-1600 med saerligt hensyn til dansk bogtrykkerkunsts historie af L.N......, København 1931-1933. NNBW = Nieuw Nederlandsch biografisch woordenboek onder redactie van P.C. Molhuysen en P.J. Blok......, Leiden I 1911; II 1912; III 1914; IV 1918; V 1921; VI 1924; VII 1927; VIII 1930; IX 1933; X 1937. Oldoini = Athenaeum Ligusticum seu Syllabus scriptorum Ligurum nec non Sarzanensium ac Cyrnensium Reipublicae Genuensis subditorum ab Augustino Oldoino Societatis Iesu collectus, Perusiae....1680. Orbis Latinus = Orbis Latinus. Lexikon lateinischer geographischer Namen des Mittelalters und der Neuzeit. Großausgabe bearbeitet und herausgegeben von Helmut Plechl....unter Mitarbeit von....Sophie-Charlotte Plechl, Braunschweig 1972. Otto = Die Sprichwörter und sprichwörtlichen Redensarten der Römer gesammelt und erklärt von A. Otto, Leipzig 1890 (= Hildesheim 1965). Panelli = Memorie degli uomini illustri e chiari in medicina del Piceno, o sia della Marca d’Ancona....del dottore Giovanni Panelli d’Acquaviva..., in Ascoli I 1757; II 1758. Pantanelli = Notizie storiche della Terra di Sermoneta raccolte da Pietro Pantanelli, edite da Leone Caetani, in Roma 1909. Pökel = Wilhelm Pökel, Philologisches Schriftsteller-Lexikon, Leipzig 1882 (= Darm stadt 1966). Poggiali = Cristoforo Poggiali, Memorie per la storia letteraria di Piacenza, Piacenza 1789. PSB = Polski Sáownik biograficzny, Kraków 1935........ Sommervogel = Bibliothèque de la Compagnie de Jésus....Nouvelle édition par Carlos Sommervogel S.J...., Bruxelles-Paris I 1890; II 1891; III 1892; IV 1893; V 1894; VI 1895; VII 1896; VIII 1898; IX 1900; X 1909; XI 1932; XII 1960. Soria = Memorie storico-critiche degli storici napolitani di Francescantonio Soria, in Napoli I 1781; II 1782.
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CARMINA MEDICALIA
Tiraboschi = Biblioteca modenese o Notizie della vita e delle opere degli scrittori natii degli Stati del Serenissimo Signor Duca di Modena raccolte e ordinate dal cavaliere abate Girolamo Tiraboschi...., in Modena I 1781; II 1782; III 1783; IV 1783; V 1784; VI 1786. Tosi = Renzo Tosi, Dizionario delle sentenze latine e greche. 10.000 citazioni dall’antichità al Rinascimento nell’originale e in traduzione con commento storico, letterario e filologico, Milano 1991. Vecchietti = Filippo Vecchietti, Biblioteca Picena o sia Notizie istoriche delle opere e degli scrittori piceni, Osimo I 1790; II 1791; III 1793; IV 1795; V 1796. Vedova = Biografia degli scrittori padovani di Giuseppe Vedova, Padova I 1832; II 1836. Walther1 = Carmina medii aevi posterioris Latina I/1: Initia carminum ac versuum medii aevi posterioris Latinorum. Alphabetisches Verzeichnis der Versanfänge mittellateinischer Dichtungen, unter Benutzung der Vorarbeiten Alfons Hilkas, bearbeitet von Hans Walther, Göttingen 19692. Walther2 = Carmina medii aevi posterioris Latina II/1-II/5: Proverbia sententiaeque Latinitatis medii aevi. Lateinische Sprichwörter und Sentenzen des Mittelalters in alphabetischer Anordnung, gesammelt und herausgegeben von Hans Walther, Göttingen II/1 1963; II/2 1964; II/3 1965; II/4 1966; II/5 1967. Carmina medii aevi posterioris Latina II/7-II/9: Proverbia sententiaeque Latinitatis medii ac recentioris aevi. Nova series. Lateinische Sprichwörter und Sentenzen des Mittelalters und der frühen Neuzeit in alphabetischer Anordnung. Neue Reihe. Aus dem Nachlaß von Hans Walther heraugegeben von Paul Gerhard Schmidt, Göttingen II/7 1982; II/8 1983; II/9 1986. Zappacosta = Guglielmo Zappacosta, Studi e ricerche sull’umanesimo italiano (Testi inediti del XV e XVI secolo), Minerva Italica (Bergamo, Milano, Firenze, Roma, Messina), dicembre 1972. Vi sono pubblicati: 1) Iacopo Ragona, Artificialis memoriae regulae; 2) Fr. Maturanzio e Cr. Sassi, Orationes de laudibus Perusiae; 3) Carmina varia (Maturanzio, Varano, Cantalicio, Zambeccari, Filosseno); 4) Pompeo Colonna, Apologiae mulierum libri II (p. 159 ss.).
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[1] AGRICOLA (BAUER) Georg, medico e metallurgista insigne (Glau chau 24/3/1494-Chemnitz 21/11/1555): cf. AGL 1 cc. 149 s.; BL 1, 47; ADB 1, 143 ss.; Eckstein 4; Pökel 2. Georgii Agricolae medici olim celeberrimi De peste libri tres, in quibus succin cta methodo et perspicua brevitate omnia ea, quae et sparsim et diffuse a medi corum antesignanis Graecis et Arabibus, potissimum vero Hippocrate, Galeno et Avicennâ, de pestis essentiâ, caussis, differentiis, signis, curatione ac exquisitis re mediorum generibus literis sunt consignata, traduntur, adiectis singulorum pestis generum exemplis et historiis iucundissimis, omnibus tam philosophiae quam me dicinae, imo vero sanitatis suae studiosis scitu et utiles et necessarii, denuo ador nati additis marginalibus summam rei, velut in tabula quadam, ob oculos po nentibus, operâ Leonhardi Bauschii1, phil(osophi) et med(ici) reip(ublicae) impe rialis Swinfurtensis pro temp(ore) medici ordinarii, Swinfurti ad Moenum, typis et impensis Casparis Kemlini, anno 1607 [prima ediz. Basilea 1554] [R.G. Medic. V.707 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [1, 1] Epigramma in librum Georgii Agricolae De peste, denuo editum a clarissimo viro, d(omi)n(o) Leonhardo Bauschio, doctore medico et physico Swinfurtensi [distici elegiaci] Stella Machaoniae, Bauschi, preciosa coronae, fautoresque inter fulgida stella meos, gentes dementes, Pandorae pyxide fusis, pallori et febri, sacrificâsse ferunt. 5 Mirum, si pestem, miscentem funera passim, noluerint istis annumerare diis. O mentes caecas! Quanto tu rectius atrae claudere Pandorae pyxidis ora doces! Et quia nunc varie serpit per rura, per urbes 10 falx, telum, mucro, pestis anhela, necis, tu medicum Agricolae scita ratione libellum vulgas, qui pestis pharmaca magna tenet. Laudabunt factum, quibus est mens sana: probabunt aegroti: grates mater Hygea2 feret. 1 Nessuna notizia su di lui in ADB, dove peraltro si parla (2, 182) di Johann Lorenz Bausch (nato proprio a Schweinfurt il 30/9/1605 e ivi morto il 17/11/1665). Su Lorenz vd. anche AGL 1 c. 869; BL 1, 390. 2 In latino è presente di norma Hygia o Hygea o Hygeia (e Hygieia ricalcato sul greco Ὑγίεια) talora con il gruppo ei lungo per sinizesi.
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CARMINA MEDICALIA
M(agister) Ioh(annes) Schröderus, Ecclesiae Swinfurtensis pastor3
[1, 2]
Aliud προσφώνημα LEONARDVS: LEO DVRANS ἐν ἀγραμματισμῷ
[distici elegiaci]
5
10
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20
25
Ista valere ferunt tria contra toxica pestis: Paeonia4 doctor cognitione gravis, mox, longe, tarde ut cedat, fugiat redeatque, qui velit hac subito non periisse lue. Cunctipotens Deus est, mare vastum et climata terrae, quo vertas oculos, cui spatiosa patent. Illius effugiet nullus, volet ocyor Euro, hûc eat atque illûc, ni velit ipse, manus. Solus ἀλεξίκακος Deus est, qui protegit alis in se fidentes, si velit ipse, suis, ne trucis in tenebris timeant contagia pestis, perniciem medio ne metuantque die. Crimina mox luge, longe fuge, reppete5 tarde: sed, peccator homo, quod valet antidotum? Porro Deus varie medicamina condidit: illa pro cerebro fungum qui gerit, extenuat. Hicque tuis, Leonarde, notisque modisque novatus, hic docet Agricolae cultior ecce liber! Non opus hoc operae est tenuis, quod gnaviter edis ingenii mira dexteritate tui. Sis Leo, sis durans, velut et Marpesia cautes sta contra morbos, vive, medere, vale: sta, dura, cura morbos, haud mente tremente, Bauschi! Nestoreos vive valeque dies. Arte Machaonia libros conscribe politos plures, aeternum et florida serta cape. QVIs praesente Deo nos tentet? neMo noCebIt (Rom. 8.v.31) vel:
3 Johann Schröder, teologo luterano, superintendens a Schweinfurt e pastor primarius a Norimberga (vicino Fulda 6/1/1572-Norimberga 23/6/1621): cf. AGL 4 cc. 354 s.; ADB 32, 516 s. 4 Il riferimento è qui all’erba peonia, dai benefici effetti salutari: le due forme aggettivali Paeonius, con la seconda sillaba breve (come in questo caso) e Paeonius con la medesima sillaba lunga (cf. gr. παιώνιος) risultano perciò equivalenti. 5 La forma si rende necessaria per allungare la prima sillaba.
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1, 1 – 2
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In Magno spes est VnICa nostra Deo (ψ 62.v.6)6 Faciebat anno Christi Ioh(annes) Kerfelt, Ecclesiae Swinfurtensis patriae archidiac(onus)
[1, 3]
Aliud [distici elegiaci] Quae caussae pestem faciant, quae signa sequantur aptaque sit tanto quae medicina malo, disseruêre satis multi, quos gloria coelo sacrat et in famae scripsit Apollo domo. Inter eos methodo praecellit et ore diserto, hoc thema qui solide disputat, Agricola. Est operae precium, tam saevum discere morbum: vix etenim febris tristior esse queat. Hei quoties plenas exhaurit civibus urbes? quam vastat lati iugera culta soli? Quin etiam coeli putet spirabilis aër et liquidae vitio corripiuntur aquae. Lector ades: lucem noster tibi Bauschius offert, Agricolae vitam nempe dat ille libro. De quo iudicium Phoebi si forte requiras, dicet: «Hic est pesti pestis acerba liber».
5
10
15
M(agister) David Wasius, scholae Swinfurtensis rector
[2] AGRICOLA (PEURLE) Johann (Ammonius), medico e umanista (Gunzenhausen 1490-6/3/1570): cf. AGL 1 c. 151; BL 1, 46 s.; Mederer 1, 322 s.; ADB 1, 148. Scholia copiosa in therapeuticam methodum, id est absolutissimam Claudii Galeni Pergameni curandi artem: qui liber hoc nomine magni habetur, quod con summationem totius medicinae complectatur, siue indicationes curatiuas siue theo rematum enarrationes respicias, authore Ioan(ne) Agricola, medicinae et Grae cae lin guae professore, cum praeliminari epistola Des(iderii) Erasmi Ro terodami, cum gratia et priuilegio imperiali [colofone finale Procudebat magna dili 6 I
due versi sono adattamenti di due passi della Sacra scrittura e, più precisamente, l’e sametro parafrasa un luogo paolino (Romani 8, 31 Si Deus pro nobis, quis contra nos?), mentre il pentametro si riferisce a Salmi (ψ = ps.) 62, 6 In Deo tantum quiesce, anima mea. Entrambi i versi, inoltre, indicano la data 1607 (MDCVII), che è quella di stampa del nostro volume.
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CARMINA MEDICALIA
gentia Philippus Vlhardus, Augustae Vindelicorum, anno a Christo nato 1534 mense Martio] [prima ediz. Augusta 1524] [R.G. Medic. V.1402]
L’opera si apre con una lettera di Erasmo a Giovanni Agricola (da Fri burgo i.B. 3/5/1533): cf. Allen 10, 213 ss. n° 2803. Alla lettera seguono questi versi: 2 [2, 1] D(ominus) Ioannes Alexander Brassicanus7, iureconsultus et poeta laureatus [distici elegiaci]
5
10
[2, 2]
Agricolae insignem dum uidit Apollo laborem, reddita nempe arti nomina quaeque suae, nunc ait: «O medici, cum uestram intelligo linguam, nunc primum precibus cogor adesse piis. Sic petat infaustis ter fausta oracula morbis: audio qui pura uoce rogare solent, porro ubi barbariem Stygii Plutonis alumnam miscet inexpertis crassa caterua modis». Phoebo equidem tota haec narratur fabula surdo: certum hic per Graecos quisque tenebit iter.
Bar[p]tolomaeus Amantius8, poeta laureatus [distici elegiaci]
5
10
Phyllirius quicquid Chiron, Epidaurius atque praesagus Paean nouit et Hippocrates omnia aperta tibi hoc fuerint autore Galeno, quo maior medicus nullus in Orbe fuit. Hoc duce, si quicquam rerum Natura latentum condidit, ex certo noueris ungue uigil; hoc duce, fas fuerit nigro deducere ab Orco extinctos homines, reddere deinde animas. Adde quod excelsum nomen famamque perennem ingentesque tibi concumulabis9 opes. Ne dubii hic codex quicquam abstrusique teneret,
7 Johann Alexander Brassicanus (Kohlburger), poeta laureatus (m. Vienna 27/11/1539): cf. AGL 1 c. 1342; ADB 3, 260; Eckstein 62; Pökel 31. 8 Iurisconsultus di Landsberg, fiorito intorno alla metà del sec. XVI: cf. AGL 1 c. 327. 9 Il participio passato di concumulo compare in Tertulliano, de virginibus velandis 7 e in Isidoro, etym. 19, 23, 8.
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2 – 2, 4
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Agricola ingenio prodidit ille suo, ut, quae Cimmeriis magis ante obscura tenebris, nunc medio eniteant lucidiora die.
[2, 3] Ad nobilissimum d(ominum) Leonardum de Eck10 etc. Wolphangus Anemoecius11 [distici elegiaci] Nobilis et priscae iactat primordia stirpis, quae gemino clausa est sutilis axe rosa12. Haec tibi magne genus magnis maioribus ortum Ecki, cum magno nomine laeta tulit. Ecce Dionaei plantas sic semina floris, ingenii uariis dotibus usque tui, vt rosa perpetuum iam nunc respiret odorem, quae prius est uno uisa perire die. Praeterea celebri iam nactus es arte uerendum Agricolam, aeternam qui refouebit aquam, qualis erat doctus Claria Nicander ab urbe, qui uitae et ruri semina uiua dedit.
5
10
[2, 4]
Marcus Tatius Alpinus13 [distici elegiaci] Miramur quibus extinctos Epidaurius herbis sit uitae solitus restituisse deus. Androgeona quibus Stygio reuocarit ab Orco, cui manus abstulerat Persephonaea14 comam, quaque Philocteten sanauerit arte Machaon, tardos praeceleres reddideritque pedes, aut uti Phyllirides Phoenicis lumina Chiron, caeca prius, lumen fecit habere suum. Omnia Phoebeo refert Hammonius ore,
5
10 Leonhard 11 Wolfgang
von Eck, iurisconsultus (m. München 17/3/1550): cf. AGL 1 c. 274. Windheim (Anemoecius) (sec. XVI): cf. AGL 1 c. 403; AGL2 1 c. 845; Eck
stein 11. 12 Forse con allusione a uno stemma nobiliare in cui una rosa appare circondata da una doppia voluta. 13 Iurisconsultus, fiorito intorno alla metà del sec. XVI: cf. AGL 1 c. 300; AGL2 1 c. 644. 14 L’aggettivo non risulta attestato in latino classico. Per queste guarigioni prodigiose cf. Properzio 2, 1, 59 ss.
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CARMINA MEDICALIA
dum sensus aperit, magne Galene, tuos, ut quiuis sanus sano cum corpore uiuat aegrotusque cito conualuisse queat.2, 4
10
[2, 5]
Simon Lemnius15 [distici elegiaci] Quae sit caussa mali, qui laeso corpore languor, quae lateat uenis tabida fixa lues, quaeque sit herba nocens, et quae medicina salutem adferat aegroto fessaque membra leuet, hic docet imbutus diuino numine, clarus ingenio Clarii maximus arte dei. Sed uelut Hippocrati quondam radiante Galenus illustrasse suum lumine fertur opus, sic nunc Agricola insignis, florente Thalia, praestitit inducta luce, Galene, tibi, ut liquidum tranans leuibus secet aera pennis quisquis ad haec foelix ardua tendit iter.
5
10
* Alla fine dell’opera, dopo l’Index scholiorum, compaiono i seguenti versi: [2, 6] Ad excellentissimum medicum Wolffgangum Oeffelinum, phisicum ducalem, Iohannes Pinicianus16 [falecei]
5
Si, Wolffgange, meos uidebis unquam paucos uersiculos, rudes Camoenas, mirari poteris: «Quis hic amicus? ignotus mihi contigit poeta?». Mirari cito desines, disertus nempe scribere Geryon17 monebat.
15 Simon Lemn (o Lemchen) (Empori(c)us, Mercatorius, Mercator), umanista, poeta lau reatus e feroce antiluterano (forse Santa Maria in Val Monastero, Grigioni 1511 ca.-Còira 24/11/1550): cf. AGL 2 c. 2359; ADB 18, 236 ss.; H-BLS 4, 652; Eckstein 328; Pökel 154. 16 Nessuna notizia su Oeffelinus. Per quanto riguarda Pinicianus, AGL 3 cc. 998 parla di Ferdinandus Nunnez (Pincianus), erudito (1471-1552): vd. anche Pökel 209. 17 Vd. anche infra v. 27. Forse il poeta vuole alludere ad Agricola come tergeminus, nel senso che egli è una cosa sola con Galeno e Oeffelinus.
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2, 4 – 3, 1
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Ille inquam medicus, grauis, peritus laudes saepe tuas mihi canebat: te multum medicis ualere succis, te quondam peragrasse amoena Tempe, valles Eumonias, ubi salubres nascuntur uarii coloris herbae, flores, semina, cortices, liquores, scriptorum fugiat nihil bonorum, quae exornant animum, Oeffelin[a]e, doctum: Rasis siue Auicenna Mesuasque antiquusque Serapion, Galenus, summum artis medicae caput Galenus, certe maximus, optimus Galenus, quem nunc Agricolae manus Ioannis ornauit scholiis nouis, politis. Totius medicinae aperta uia est, hac in parte libri et labor medendi illum ergo Agricolam tuum foueto, e cuius studio et labore magno in lucem modo prodiit Galenus, illum et Gerionem tuum foueto, cuius nunc opera exiit Galenus. Sume haec quae tenuis dedit Thalia nobis aequo animo et diu valeto.
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25
30
[3] ALAIMO (ALAYMO) Marco Antonio (Racalmuto 1590-Palermo 29/8/1662); cf. AGL 1 c. 187; AGL2 1 c. 375; Mazzuchelli 1, 1, 238 s.; BL 1, 56; DBI 1, 561 s. a cura di Roberto Zapperi. Marci Antonii Alaymi, philosophi et medici Siculi, Racalmutensis et ciuis Pa normitani, Consultatio pro ulceris Syriaci nunc vagantis curatione, … indice locu pletissimo capitum rerumque notabilium illustrata. Imprimat(ur): De la Riba, vi c(arius) gen(eralis). Imprimat(ur): De Blaschis p(ater), Panhormi, sumptibus Petri Orlandi, typis Alphonsi de Insula, 1632 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.1068]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [3, 1] Reuerendissimi patris d(omini) Cherubini Alaymi, abbatis et visita toris Cassinensis ac Prioris Metropolitanae Ecclesiae Montis Regalis [distici elegiaci] Gentis in exitium humanae Phlegethontis ab vndis coenosisque Erebi emersit echidna vadis.
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CARMINA MEDICALIA
Illa venenatos expumans ore cruores, aegrae primum infert vlcera parua gulae: at mox plaga tumens per fauces effera late grassatur, languens enecet vsque caput. Turba vetus medicum18 certam nec repperit herbam, triste Machaonia qua fuget arte malum. Poeonio Marcus componit pharmaca succo atque noua praesens19 guttura sanat ope. I, vome nunc acres, furiales, bellua, morbos: quae tibi vim tundant, pocula Marcus habet.
5
10
[3, 2] D(omini) Vincentii de Maria, auctoris familiarissimi, anagramma tismus 3, 1 MARCVS ANTONIVS ALAIMVS I, MORS AC SALVS IN MANV TVA [distici elegiaci] Mirabar tua iure olim miracula, nomen quae de te sparsum famaque concelebrant: dum namque aegrotos curas medica arte, videris ad vitalem auram tu reuocare animas. Mirabar certe, sed cesso, corde volutans, vertens atque tui nominis ipse notas. Nam polus id tibi cessit, dat qui nomen et omen20, quod reperire tuo in nomine cuique licet. Ecce TVA IN MANV erunt ait AC innisa manebunt MORS hominumque SALVS: i, deus alter eris.
5
10
[3, 3] Ioseph Casaga, artium ac medicinae doctoris, auctoris discipuli amantissimi [distici elegiaci] Qui cupis ant[h]iadum puerorum pellere morbos crassarique nequis vulnera Syriaca, hoc tibi dat Marcus, multum qui pollet in arte Poeonia, et nulli iure secundus eris. 18 Genitivo
plurale. da intendersi in funzione avverbiale. 20 Con riferimento all’anagramma del titolo e come si chiarisce subito dopo. Per l’espres sione proverbiale cf. Otto 245; Tosi 41 n° 98. 19 Sarà
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3, 1 – 4, 2
29
Diceris merito posthac, mi Marce, per Orbem morborum domitor Trinacriaeque salus.
5
[4] ALCAZAR (Alcaçar, Valcazar) Andrés, nativo di Guadalajara, medico della metà del sec. XVI: cf. AGL 1 c. 226; AGL2 1 c. 505; BL 1, 78; EUI 4, 260 s. Andreae Alcazaris, medici ac chirurgi Guadalaxarensis, in amplissima Salman ticensi Academia chirurgae Facultatis primi professoris, Chirurgiae libri sex, in quibus multa antiquorum et recentiorum subobscura loca, hactenus non declarata, interpretantur, Salmanticae, in aedibus Dominici a Portonariis, s(acrae) c(atholi cae) M(aiestatis) typographi, 1575 [è la prima ediz.] cum privilegio Regis. Esta tassado en marauedis el pliego [R.G. Medic. II.195]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [4, 1]
Toribii de Paramo ad lectorem [distici elegiaci] Dulcia lector amas: sunt haec dulcissima lectu. Vtile si mauis, vtile cernis opus. Quod si vtrunque voles, opus hoc vtroque refertum est, quo pasces animum quoque disertus eris. Alcazar noster sic miscuit vtile dulci21, temporis vt nostri iure vocetur honos.
5
[4, 2]
Eiusdem in invidum [distici elegiaci] Nil ego te metuo, quamuis mihi multa mineris, inuide: quid frustra fortia verba iacis? Saepe in neglectis reperitur gemma lapillis; saepe cadus vilis nobile nectar habet. Nil dignum inuidia meditor, sed fama susurrat nescio quid de me: quod facit22 inuideas? Aut hoc dissimula aut famam argue, quae mihi tantum arrogat, et de te nilve parumve refert.
5
21 Riecheggiamento 22 Il
oraziano (ars 343): cf. Tosi 87 n° 193. soggetto sembra essere fama: “potresti invidiare il fatto che fama susurrat quid de
me?”.
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CARMINA MEDICALIA
[4, 3]
Aliud [distico elegiaco] Non legis et carpis: qui non capis, inuide, carpis. Inuide, quid carpis? Fac meliora: legas.
[5] ALDROVANDI Ulisse (Bologna 11/9/1522–ivi 4/5/1605): cf. AGL 1 c. 240; AGL2 1 cc. 535 ss.; Mazzuchelli 1, 1, 403 ss.; Mazzetti 18 s. n° 79; BL 1, 81; DBI 2, 118 ss. a cura di Giuseppe Montalenti. Ulyssis Aldrovandi, patricii Bononiensis, Monstrorum historia cum paralipo menis historiae omnium animalium: Bartholomaeus Ambrosinus23, in patrio Bono n(iensi) Archigymnasio simpl(icium) med(icamentorum) professor ordinarius, Mu saei illustriss(imi) senatus Bonon(iensis) et horti publici praefectus, labore et stu dio uolumen composuit; Marcus Antonius Bernia in lucem edidit propriis sump tibus. Ad sereniss(imum) et invictum Ferdinandum II, magnum Hetruriae ducem24, cum indice copiosissimo, Bononiae, typis Nicolai Tebaldini 1642, Superiorum permissu [colofone finale Bononiae, typis Nicolai Tebaldini 1642, Superiorum per missu, impensis Marci Antonii Berniae] [è la prima ediz.] [Stamp. Chig. I.541]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [5, 1] Serenissimum et invictum Ferdinandum II, magnum Hetruriae du cem, in dedicatione Operis monstrorum Bartholomaeus Ambrosi nus hoc tetrasticho veneratur [distici elegiaci] Quid tibi monstrorvm monstrat genus omne dicatum? Monstrat, quod magnvs dvx fera monstra domat. Magnus Alexander furialia monstra subegit: quae Magnus potuit, magnus et ipse potes.
*
Segue la presentazione Bartholomaeus Ambrosinus benigno lectori s(a lutem), che si conclude con questi versi:
23 Vd.
infra n° 10. II de’ Medici, granduca di Toscana (1610-1670).
24 Ferdinando
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4, 3 – 6, 1
[5, 2]
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[distico elegiaco] Quod docet istud Opus monstrorum, perlege lector: inuenies passim, quae nouitate placent.
[6] ALESSANDRINI Giulio von Neustein, medico di Ferdinando I e Massimiliano II d’Asburgo (Trento 1506-Civezzano 25/8/1590): cf. AGL 1 c. 262; AGL2 1 cc. 575 ss.; Mazzuchelli 1, 1, 449 ss.; BL 1, 82. Iulii Alexandrini, Caesarei medici primarii, Salubrium sive De sanitate tuenda libri triginta tres, ad Maximilianum II25, invictiss(imum) Roman(orum) impe ratorem augustum, Coloniae Agrippinae, apud Geruinum Calenium et haeredes Quentelios, anno Domini 1575, cum gratia et priuilegio imperiali [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.145]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [6, 1] Εἰς τὰς τοῦ εὐδοξοτάτου ἰατροῦ τε καὶ φιλοσόφου Ἰουλίου Ἀλεξανδρινοῦ
περὶ τῶν ὑγιεινῶν βίβλους, Πέτρου Χορτοναίου26 [distici elegiaci]
Πρόσθεν Ἀλεξανδρινὸς Ἰούλιος εὖχος ἰατρῶν27, καὶ Παιηοσύνης ὄλβον ὑπερφιλέων, ὅσσα βίβλοις σποράδην ποθ’ ὁ Κώϊος, ἠδὲ Γαληνὸς γράψεν, ἐσαθροίζων28 εἰς ἓν ἐφηρμόσατο. Χ’ ὥστε σοφὸς πλάστης τεχνίτης τ’ ἔξοχος ἄλλων ἐκ γενεῆς, ἁπαλῶν ἀρξάμενος τ’ ὀνύχων ἔπλασεν αὐτοτελῆ, καὶ (ὅπερ θέμις) ἐσθλὸν ἰατρὸν εἴδεϊ τὴν ὕλην μοῦνος ὑποστορέσας, αὐτὸς ὅπως τέχνῃ πανυπείροχος, ἠδ’ ἅμα θαῤῥῶν ἄλκαρ ἐνὶ καιρῷ τοῖς χατέουσι φέρῃ. Καὶ γὰρ ἐπιχθόνιος λέγεται θεὸς ἐνθάδ’ ἰατρὸς εὐρώστοις εἶναι καὶ νοσέουσι πλέον,
5
10
25 Massimiliano
II d’Asburgo, imperatore (1527-1576). si tratta sicuramente di errore materiale per Πέτρου Κορτωναίου (Pietro da Corto na, Petrus Cortonaeus) (sec. XVI): cf. AGL 1 c. 2121. Un analogo scambio tra Κ e Χ lo si trova all’inizio di v. 5 (vd. infra), dove si deve perciò leggere Κ’ ὥστε. 27 Se il testo è giusto, sarà giocoforza scandire breve la prima sillaba della parola, di norma lunga. Per casi analoghi (con il termine sempre in clausola) cf. infra vv. 7; 11; 19, 9, 1; 79, 1, 9; 101, 16, 6; 161, 5, 3; 164, 12, 1. Vd. anche le note 742, 967, 1019, 1020, 1688. 28 Ἀθροίζω con ἐς (o εἰς) non risulta attestato. 26 Sic:
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πολλὰ δ’ ἑῷ προσθεὶς ἔτι κόσμια πλάσματι καλῷ τεῦξεν ἀρίζαλον πᾶσιν ἀριστονόοις. Ἀλλ’ ἄρα νῦν γλυκερῆς ὑγιείης δόγματα κείνῳ λείπει, ἅτε κλᾶρόν , γηοσόον29 τε γέρας. Οἷσιν ἀπημοσύνην διατηρεῖ αὐτὸς ἄνουσος (καδδύναμιν) πάντων μέχρι τέλους ἰδίην, καὶ τάχα που λείψει τὰ διδάγματα, πῶς κεν ἐλάσσῃ αὑτῷ ἐπερχομένην τὴν νόσον, ἠδ’ ἑτέροις, τ’ οὕνεκ’ ἀναγνοίη τάδε βιβλία πᾶς τις ἀκριβῶς παιδόθεν ἁγνοτέρων γευσάμενος λιβάδων, ἅσπερ Ἀριστοτέλης, Θεόφραστος, ὁμοῦ τε Γαληνὸς ἔβλυσεν, ἠδὲ Πλάτων, καὶ πάρος Ἰπποκράτης. Ἐξ αὐτῶν γὰρ ὄνειαρ ἀεί, καὶ τέρψιν ἄροιτο, καὶ ταῦθ’ ἱμείρων ἐσθλὸς ἰατρὸς ἔμεν. Ἴσως οὐ τέρψει τάδε πάντας, ὅσοιπερ ἀφύσσειν εἰώθασιν ὕδωρ πίδακος ἐκ θολεροῦ, (τόσσον ἔθος δύναται, φύσιν ὅττι γε, καὶ νόον ἐσθλὸν πολλάκι συγκατάγει πρὸς τὰ χερειότερα) τέρψει δ’ ἀγχινόους, τέρψει γλαφυρούς τε, σοφούς τε φαιδροτάτοις χαρίτων νάμασι λουσαμένους, (παυροτερούσπερ) ἐπεὶ μούνοις τούτοισιν ἀρέσκειν βούλετ’ ἀνὴρ νόσερος, Πιερίσιν τε φίλος. Οἶδα σαφῶς μὲν ἐγών, ὅτι μῶμοι πολλοὶ ἔσονται, πολλοὶ ἀπαίδευτοι, σύν τε ματαιοτέχναι30, οἳ διασυρέμεναι καλὸν πόνον ἀνδρὸς ἀρίστου πειρήσοντ’ ἀδίκως, πᾶσι τ’ ἀειδομένου, αὐτὰρ ἐτητυμίη θήσει μὶν ἄνασσα πρόφαντον, ὥσπερ ἐν ἀκροπόλει δαλὸν ἀειφλεγέα, οἵδ’ ἂν ἐλαττόμενοι φθονερὴν κατὰ πανθ’ ὑπ’ ἐκείνου τήξονται σφετέρην οὐτιδανοὶ κραδίην.6, 1
15
20
25
30
35
40
[7] ALFANI (ALFANO) Francesco, medico salernitano (sec. XVI): cf. AGL 1 cc. 293 s.; Mazzuchelli 1, 1, 469. Francisci Alphani, philosophi ac medici Academiae Salernitanae, Opus de peste, febre pestilentiali et febre maligna nec non de variolis et morbillis, quatenus nondum pestilentes sunt, Neapoli, apud Horatium Saluianum, 1577, cum privile gio regio [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.4101]
inesistente: si tratterà forse di γνήσιον divenuto γηοσόον per motivi metrici. greco è attestato ματαιοτεχνία. Comunque la metrica non torna nel secondo emisti chio del pentametro dal momento che c’è un cretico in seconda sede. Si potrebbe congettu rare qualcosa come p.es. ματαιολόγοι. 29 Termine 30 In
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6, 1 – 7, 1
33
All’inizio dell’opera compaiono, fra l’altro, i seguenti versi: [7, 1] Illustrissimo ac reverendissimo Marco Antonio Columnae Marsilio, archiepiscopo Salernitano regisque Philippi consiliario dignissimo, certissimus seruus Baptista Lupus de sancto Menna, almae eiusdem ciuitatis Academiae rector, s(alutem) d(icit) [distici elegiaci] Doctus Alexander31 magnum problema reliquit, digna peraurato carmine uerba forent: cur, duo cum fuerint diuerso more parentes, Hippocrates prudens, Thessalus atque rudis, Thessalus hic doctum soleat generare puellum, sit tamen alter iners natus ab Hippocrate? Concubitu Hippocrates soluit, quod mente uagetur, Thessalus ipse minus. Stirps male digna fuit: semine nanque uiri, c[o]epit quem fixa libido, Naturae uires cum ratione fluunt. Hinc mage cuncta sibi similem producere prolem, nos animata docet diuus Aristoteles. Nil secus id fuerat, claudunt quod scripta Galeni, quam bene praeceptor explicat arte meus. Formosus fieret turpi ut genitore puellus, inspecta uxori pulchra tabella fuit. Quid mirum est igitur, praesul dignissime? quid tum? Rem potius fieri sic ratione decet. Si huic operi excelso merito nunc dentur honores, sat quibus antiquis dignus Homerus erat; si hoc opere insigni calamorum desinat usus, deficiantque simul saepia, charta, manus; si huic operi egregio fas est sic dicere cunctis, non rapient cineres uentus et ignis edax. Tempus adest promptum nostrum nos ferre grabatum, singula uel tumulum sponte parare suum. Francisco Alphano gaudent nam scripta Galeni doctaque Aristotelis, mox grauis atque senis. Propera stella sibi est coeli speculantibus alta: virtutes callet, nomina simplicium, qui huic operi eximio pestem curare docenti
5
10
15
20
25
30
31 Forse
allusione ad Alessandro di Afrodisia. Tessalo era uno dei figli leggendari di Ippo crate. Al v. 38 il riferimento sembra essere ai celebri giuristi Bartolo da Sassoferrato (m. 1357) e Baldo degli Ubaldi (m. 1400).
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CARMINA MEDICALIA
carmina cum studuit scribere prima manu. Viuere corde tuo statuit se tempore toto, quod commune sibi nil dedit esse tuum. Tu contra excellis, uirtutum gloria summa nobilitate simul, nomine et ingenio. In te congaudent leges legumque latores, Bartolus et Baldus, mox canonumque decus. In te nullum animi uitium signasse licebit: sic Deus ille sibi tam bene complacuit. Te decus eximium gaudet, genus atque supremum, quod nequit ulterius tendere nobilitas. Hinc licet aurata dignus sit32 iure corona: sat tua pro meritis gratia blanda tamen.
35
40
[7, 2]7, 1
Philippi Rennantii, monachi Capuani [distici elegiaci] I pestis, propera et nostros nunc desere fines, in Stygias undas pessima conde caput. Nonne uides Alphanum in te quam strenue surgit? Tu nobis saeuis, saeuit et ille tibi. Eia, Alphane potens succis et Apollinis arte, vexatam morbo respice tu Italiam. Prome libellum! Quid stas? Quid concinnius ipso, doctrina, uerbis et grauitate pari?
5
[7, 3] Gasparis a Musca33, canonici Salernitani, carmen [distici elegiaci] Gratum opus hoc terris: nanque hoc prodire libello utilius quid nunc, peste furente, potest? Vnus homo nobis scribendo consulis et tu, Alphane, es tanti nunc medicina mali. Author magnus, opus magnum magnoque dicatum, ut maiores fiant author opusque simul. Est author medicus, medicus quoque praesul et ambo curant, hic animae, corporis ille luem. O, felix patria, his medicis decorata duobus, quae Alphano et tanto praesule digna fuit.
5
10 32 Sic:
sarà refuso per sis. Mosca, sacerdote (1553-1605): cf. AGL 3 c. 698; Mosca-Capone 7 ss.
33 Gasparo
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7, 1 – 8
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Perlege, lector, opus (quid stas?) atque omnia serua, si cupias pestis nunc remouere necem.
[7, 4]
Gabrielis Quarantae carmen [distici elegiaci] Illyriis olim uenientem nempe fugauit Hippocrates pestem, restitit et repulit. Alphani auxilio uicta est fera bellua: namque saeue34 serpentis contudit arte caput. Est ergo Italia pestem qui pellit et omnes incolumes reddit, non minor Hippocrate. Quae legis in paruo, nec magnis scripta, libello doctrina insigni prompsit et arte sua. Ferte uiro sacra et Coo, quae Graecia quondam detulit: est Coi dignus35 honore. Vale.
5
10
[7, 5] Io(hannis) Francisci Lombardi Neapolitani36 de domini Francisci Alphani libro contra pestem ad lect(orem) tetrastichon [distici elegiaci] Paulus, Alexander, Galenus, Cous, Aetius, quae contra pestis uulnera scripsit37 Arabs, haec docet Alphanus summa breuitate, Salerni Ἄλφα38 τὸ, νοῦς, κορυφή, gloria, splendor, honos.
[8] ALSARIO della CROCE Vincenzo (Alsarius Crucius, Alsarius a Cruce, Alsario de la Croix, Delacroix), medico di Gregorio XV (nato tra il 1570 e il 1576-morto dopo il 1631): cf. AGL 1 cc. 2227 s.; Mazzuchelli 1, 1, 521 ss.; BL 1, 102. De quaesitis per epistolam in arte medica centuriae quatuor, ubi varii casus, observationes, consilia, responsa, disputationes atque curationes non sine promis cua doctrina describuntur, Vincentio Alsario Crucio Genuense auctore, ad illustris 34 Sc.
la peste. Alfano. 36 Vd. infra n° 151. 37 I riferimenti dei vv. 1 s. sembrano alludere a Paolo di Egina, Alessandro di Afrodisia, Galeno, Ippocrate, Aezione di Amida e Avicenna. 38 Si noti il gioco di parole tra Ἄλφα e Alphanus. 35 Sc.
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CARMINA MEDICALIA
simum principem Ludovicum Ludovisium, s(anctae) R(omanae) E(cclesiae) cardi nalem camerarium et archiep(iscopum) Bononiensem39, Gregorii XV nepotem, d(ominum) s(uum), Superiorum permissu et privilegiis, Venetiis apud Iuntas 1622 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.34]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi:8 [8, 1] Ad Ludovicum Ludovisium, s(anctae) R(omanae) E(cclesiae) cardi nalem amplissimum [distici elegiaci]
5
10
15
20
25
Instandas cape, praeco, tubas gentemque reuela tuque Ludouisi stemma40 per astra vehas. Perge per aeternos nomen sibi41 sumere fastos: victorem coelo nam dabis ipse pedem. Astra fauent patruoque tuo dant sydera sceptrum, an tu cum patruo sydere sydus eris? Sydus ades, dat terra tuo sub lumine fructum; hoc superest: coeli sydus in orbe mices. Nil dubita: dabit arma polus, dabit omnia tellus; gratia sit ductrix42, fit bona vita via. Qui patruo submisit humum dominumque locauit, hic poterit titulis nectere plura tuis. Perge igitur meritis sapientum tollere facta: sic erit ad laudes area lata tuas. Ecce repentinos pronuntiat Orbis honores atque Ludouico cardine fundit opes. Fundit opes, simul addit opem, bene nauigat aluus: nauclerum vitae nunc habet illa suae. Hinc viuo laus viua tibi est viuetque sepulto: complebis meritis tempus vtrumque tuis. Cura duplex, est vna animae, est et corporis vna: illa est presbyteris, haec erit at medicis. Hos inter Crucius praestansque voluminis auctor nouit Phoebeas applicuisse manus. Quidquid enim commune malo parit herba vel vnda
39 Ludovico Ludovisi, cardinale (Bologna 27/10/1595-ivi 18/11/1632): cf. AGL 2 c. 2589; Cardella 6, 220 s.; DBI 66, 460 ss. a cura di Paolo Broggio e Sabina Brevaglieri. 40 Cf. infra v. 49. 41 Sc. stemmati. 42 Termine attestato nel latino medioevale.
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8 – 8, 2
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praestes43, in auxilium vir medicamen habet. Toxica quid pellat praebet, quid vulnera stringat edocet et nocuas dissipat arte febres. Clinicus est thalamis cathedrisque theoricus exstat: ingenio limat sic bona quaeque suo, quidquid Arateus prisco conscripserat Orbe atque Hippocrateis44 fama reducta modis. Quod cecinere duo Crucius sub pectore claudit vberiusque capit flumen ab ore liber. Testis adest [ut vid.] Venetus, testis Flaminia45 tota et cum principibus Roma superba viris. Hinc Crucium generose colas coeptisque faueto: nam, ne vincaris vulnere, Phoebus erit. Phoebus adest medicaque manu dat germina florum, seminibus iactis quos perit46 alma Ceres. Hic tibi multarum tribuet medicamina rerum et, ne laedaris, pharmaca sana dabit. Quod nequiit propriis quondam Podalirius herbis, hic sibi sub proprio pectore fixa tenet. Hic feret auxilium saeuus licet vrgeat hostis, dum redit ad veterem mens bene sana modum. Inuida quid garrit soboles? quid lingua minatur? Emergit virtus et bene nota placet. Stemma Ludouisii Crucium nunc tollit in altum, ne foret in tenebris mersa sophia viri. Cum Cruce Tartareos fas est depellere manes: par est cum Crucio pellere posse luem. Morbus adest, medicamen habet celerisque fugatur: nam nescit medicas de Cruce ferre manus.
30
35
40
45
50
[8, 2]
Patricius Rochus Hibernus Kinsaliensis
Ioannis Matthaei Caryophili47 [distici elegiaci] Cum sit crux morbus, cum morbos pharmaca pellant,
43 Da
praestes, praestitis. forse refuso per Hippocraticis. 45 Irregolarità prosodica, dal momento che la terzultima sillaba di Flaminia, normalmente breve, è qui scandita lunga. 46 Sic: evidente refuso per parit. 47 Ioh(annes) Matthaeus Cariophylus (Caryophilus), arcivescovo, nato a Candia e morto nel 1630 (o 1635), autore di opere teologiche e dottrinarie: cf. AGL 1 c. 1675. 44 Sic:
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CARMINA MEDICALIA
cur sit Crux morbos48 qui fugat arte cruces? Qui fugat et scribit qua sint ratione fugandae, Crux est, vt crucibus crux sit et ipse malis, morborumque cruces spernat Ludouisius heros, dum fouet ille Crucem, quae fugat arte cruces.8, 2
5
[8, 3]
Eiusdem [distici elegiaci]
Βίβλος ἀκεστορίης, σοφὸν ἴδμονος ἔργον ὑφάντου καὶ θνητοῖσι φίλον καὶ φίλον ἀθανάτοις. Καὶ γὰρ ἐφημερίοισι φερέσβια μυρία φαίνει καὶ ζῆν ἀθανάτοις εἴκελον οἶδε γράφειν. Λουδοβίσῃ ἥρωϊ Βικέντιος οἷον ἀνῆψε δῶρον, πᾶσι φίλον, πάντα χαριζόμενον.
5
[8, 4]
Idest [distici elegiaci] Est sapientis opus liber hic, quem conspicis, hospes, et superis gratum terrigenisque simul. Multa etenim vitae multis mortalibus infert commoda, di[i]s similes efficit inde viros. Hoc, Ludouise, tibi munus Vincentius offert, quo valeant homines, vt tuus extet honos.
5
Ita vertit Ioannes Baptista, auctoris filius
[9] ALTOMARE (ALTOMARI) Antonio Donato (Donatus ab Altomari), medico (Napoli 1520-dopo il 1562): cf. AGL 1 c. 313; AGL2 cc. 662 s.; Mazzuchelli 1, 1, 544 s.; BL 1, 105 s.; DBI 2, 568 s. a cura di Alberto Merola. Donati Antonii ab Altomari, medici atque philosophi Neapolitani, Omnia, quae hucusque in lucem prodierunt, opera, nunc primum in vnum collecta et ab eodem auctore diligentissime recognita et aucta, cum locis omnibus in margine additis: horum omnium elenchum sexta pagina commonstrabit; cum privilegio, Venetiis 1600, apud haeredes Melchioris Sessae [prima ediz. Lione 1565] [R.G. Medic. II.66] 48 Sic:
evidente refuso per morbus — a meno che non si voglia pensare alla forma arcaica del nominativo singolare maschile —, anche per creare un esatto pendant con il primo emisti chio del verso precedente.
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8, 2 – 9, 1
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A p. [6] compare l’elenco delle opere di Altomare contenute nel volume: Index librorum totius operis – De vtero gerentibus – De alteratione, concoctione, digestione, praeparatione ac purgatione – De sedimento in vrinis – Quod functiones principes, iuxta Galeni decreta, anima non in cerebri sinibus, sed in ipsius corpore exerceat – Quod naturalis spiritus in Galeni doctrina admittatur et non omnino sit abolendus, vt quibusdam visum est – Quod exquisita tertiana, ad eiusdem Hippocratis et Galeni sententiam, in genere acutorum morborum contineatur – De sanitatis latitudine – De medendis humani corporis malis: Ars medica – De medendis febribus – De pestilenti febre – De mannae differentiis ac viribus deque eas dignoscendi via et ratione – De vinaceorum facultate ac usu
Alla fine del De sanitatis latitudine compaiono i seguenti versi (p. 94): [9, 1] Ioannis Francisci Lomb(ardi) Neapolitani49 ᾨδὴ δίκωλος δίστροφος ad docilem lectorem [strofe archilochea seconda = esametro dattilico + hemiepes] Sectio venarum in grauidis, ne fiat aborsus, num bene conueniat, coctio morborum vt fiat succusque paretur, functio et vtrum animae princeps, in cerebri sinibus, vel corpore detur, spiritus an valeat admitti physicus febrisve tritaea50 in acuta sede libens sedeat, mox sit in vrinis sani et quid ὑπόστασις aegri, quomodo sese habeat corporis humani eucraseos51 πλάτος ἠδὲ πλατυσμός,
5
10
49 Vd.
infra n° 151. tratta, con ogni verosimiglianza, di un neologismo in luogo di tertianae (sc. febris) che non può stare nell’esametro; per triteus vd. Du Cange s.v. typus: “Typica febris. Glossae antiquae mss.: Typica febris est, quam quidam periodicam vocant, ……, vel triteus, vel tre teus etc. “. 51 Non esiste in latino: in greco compare εὐκρασία. 50 Si
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CARMINA MEDICALIA
disserit iste liber Altimari, longo viuet qui tempore, Roma dum caput Orbis erit. Diuinam iamiam expecta de febribus artem, lector, adhuc medicam. O opus excelsum, Iouis ira abolere, vetustas52, quod nequit ignis edax. O opus egregium, quod solum liuida Momi obstruere ora potest. O opus eximium, claudit quod scripta Galeni Hippocratisque senis. Addecet vt taceam: calamus nam deficit omnis, sepia, charta, manus. Expedit vt sileam, vitam ne Thessalus53 ira finiat ante diem. Praeclara interea haec capias quaesita libenter,9, 1 lector amice, precor.
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20
25
[9, 2] Ioan(nis) Francisci Neap(olitani) Lomb(ardi) dactilicon cum senario iambico ad lectorem [secondo epodo dattilico-giambico = esametro dattilico + trimetro giambico]
Ἰερός ἐστι βίβλος, κατέχει μυστήρι ἀριθμοῦ μεῦ ἀναγνώστ’ ὅθ’ ἑβδομαίου θαυμαστῶς, τὸν λάβε[ν] νῦν τερπνῇ λυκάβαντος Πάσχατος ὤρᾳ, ψυχῇ ἵν ῇ σοῦ ἡδονή, καὶ σώματι. Ἁσπασίως πυρετῶν μέθοδον μετ’ ἀκήματος ἀκμὴν σὺ προσδόκα καινοῦ ἔτους ἐν Πάσχατι. Ἦρι γὰρ ἐκτίσθη κόσμος, τά ζῷα γελῶσι, ποιεῖται αἷμα, πᾶν τότ’ εὐκραὲς πάγχυ. Ἄρ’, ἀναγνῶστα54, ποθεῖ σ’ εὔχεσθαι τῷ Θεῷ ἀντὶ πολυπόνου Ἀλτιμάρου τῆς ῤώσεως.
5
10
Finis
* 52 Mitica
l’ira di Giove, che si manifestava soprattutto attraverso la sua folgore: cf. p.es. Virgilio, Aen. 6, 580 ss. 53 Probabile riferimento ad Achille e alla sua ira funesta. 54 Per far tornare il metro è necessario postulare la brevità della terzultima sillaba della parola e ciò giustificherebbe anche la scansione di v. 2 (pur con un dattilo inciso in prima sede). Un caso analogo (sempre con ἀναγνώστης) a 164, 11,2.
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9, 1 – 9, 3
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All’inizio del De medendis humani corporis malis compaiono i seguenti versi (p. [102]): [9, 3] Ioannis Francisci Lomb(ardi) Neapolitani, art(ium) et med(icinae) doct(oris) Πρὸς ἀναγνώστην τὸν εὐφυῆ καὶ εὐπειθῆ τὸ Διγλωττασκληπιαδικὸν [sic] ἔθει τοῦ Αὐσονίου Γάλλου55 [asclepiadei minori]
5
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Si, lector, cruciat magna sitis tuas fauces, huius aquas nunc MARIS haurias ALTI, sume libens pocula dulcia, vincunt quae ambrosiam et νέκταρ Olympicon: morborum citius nam omne genus fugant, Galeni vt placita ac Hippocratis iubent. Hinc sit barbaries en procul et chorus, seruat qui fatui dogmata Θεσσάλου56: felix terque quater, cui superi dabunt gustare hos latices. ALTIMARVS meus praeceptor (procul o sis reuerentia) namque est Italiae gloria totius. Ἐνδείξεις πυρετῶν γράψει ὁ αὐτὸς ἂν, Γαληνὸν μετὰ μηδεὶς τάχα γράψεν ἅς,
γνείαν57 προθύμως λήψεται ὧν ἄνευ ὂς πάσχει πυρετοῦ ὠμὰ παθήματα. Δείξει τῆς Μαλέας λαμπροτέραν τ’ ὁδόν, ποῦ κρύπτουσι κέραν’58 οἱ ἔλαφοί ὀρῶν, εὐρεῖν ἅς τις ἀνὴρ οὐχὶ δυνήσεται Γαληνοῦ φανερῶς γραμμάς, ἐν οὐδαμῶς, σχῶν πασῶν ἀκριβῶς ἔργον ὄλον νόσον, ὀξείαι χρονικαὶ εἴτε μὲν ὦσιν αὖ. Τούτῳ δὸς χάριτάς ῥ’ ἀνδρί, φθύνου βέλη καὶ λείπων φθονεροῦ τραύματα Ζωΐλου.
* 55 Evidente allusione a Decimo Magno Ausonio e a suoi componimenti misti in latino e greco, come p.es. ep. 14. 56 Vd. supra 9, 1 v. 25. 57 Sic: si potrebbe pensare a qualcosa come γνώμην . 58 Sic: sarà refuso per κέρατ’.
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CARMINA MEDICALIA
Alla fine del De vinaceorum facultate et usu compaiono i seguenti versi (p. [646]): [9, 4] Dominicus Pizimentius Vibonensis59 in Donati Antonii Altimari epi stolam De vinaceis [distici elegiaci] Huc Iouis imperiis tulerat genus omne malorum Pandora, excelso culmine lapsa poli. Pellit at Altimarus morborum millia, mittens pharmaca muneribus nobiliora Iouis. Quam60 terris igne abrepto pater altus ademit: cernimus hunc dulcem ferre salutis opem. Per quem nunc primum meritas vinacea laudes et Bacchus tanti muneris author habet. Ergo vulgetur diuumque hominumque per aures Altimarum meritis exsuperasse Iouem.
5
10
[10] AMBROSINI Bartolomeo, medico e botanico (Bologna 1588-ivi 1657): cf. AGL 1 c. 334; AGL2 1 c. 700; Mazzuchelli 1, 2, 613 ss.; BL 1, 111. Panacea, ex herbis quae a Sanctis denominantur, concinnata: opus curiosis gra tum, medicis vero et pharmacopoeis perutile, cui accessit capsicorum cum suis iconibus breuis historia [vd. infra]; ad eminentissimum et reuerendissimum cardi nalem Spadam61, Bon(oniae) de latere legatum meritissimum, auctore Bartho lomeo Ambrosino, Archigymnasii Bononiensis botanico, Bononiae, apud haeredes Victorii Benatii, 1630, Superiorum permissu [è la prima ediz.] [Stamp. Barb. M.XI.5 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono, tra l’altro, i versi seguenti: [10, 1] Ad eminentissimum et reverendissimum card(inalem) Spadam de operis dedicatione Distichon 59 Dominicus
Pizimentus (sic) (seconda metà del sec. XVI): cf. AGL3 6 cc. 327 s. Pandoram. 61 Bernardino Spada, cardinale (Brisighella 21/4/1594-Roma 10/11/1661): cf. AGL 4 cc. 706 s.; Cardella 6, 253 ss.; A. Karsten, Kardinal Bernardino Spada: eine Karriere im barocken Rom, Göttingen 2001. 60 Sc.
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9, 4 – 10, 4
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[distico elegiaco] Est res sacra, tibi hunc sacrum sacrare libellum: nam sunt sacrato sacra sacranda viro.
Caroli Spadae
[10, 2] In Panaceam concinnatam ex plantis nomen habentibus a Sanctis tetrastichon [distici elegiaci] Hactenus humanas aeger confugit ad herbas, nunc a diuinis quaerere debet opem: si illae languentis conducunt saepe saluti, ex his auxilium cuique perenne venit. Francisci Chiletti, i(uris) u(triusque) d(octor)
[10, 3]
In eandem tetrastichon [distici elegiaci] Humanam qui sperat opem, sibi quaerat ab herbis, quas grauido nutrit terra benigna sinu. Diuinam qui quaerit opem, sibi speret ab istis, Diuorum quoniam nomen et omen habent. Pauli Maccii62
[10, 4] Ad eccellentiss(imum) d(ominum) Bartholomaeum Ambrosinum, vires herbarum a Diuis denominat(arum) manifestantem distichon [distico elegiaco] Quid mirum ambrosias in lucem te edere plantas? ambrosio humanum manat ab ore nihil.
Francisci Galletti63, rei herbariae studiosi
62 Paolo Maccio (Macchi, Mazza, Mazzi), erudito e storico (Bologna 1576-ivi 29/9/1638): cf. Tiraboschi 3, 103 s.; Fantuzzi 5, 375 ss.; Mazzetti 207 n° 2075. Al v. 4 si sottolinea l’as sonanza, poi ulteriormente ribadita, tra ambrosia e Ambrosinus. 63 Francesco Galletti, filosofo e medico, lettore di logica e medicina (1642-1644) a Bolo gna: cf. Mazzetti 136 n° 1335.
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CARMINA MEDICALIA
[10, 5] Ad perillust(rem) et excellentiss(imum) d(ominum) Bartholomaeum Ambrosinum, Academiae Bonon(iensis) botanicum eximium disti chon [distico elegiaco] Porrigis ambrosiam, medici dum pharmaca praebent: quis te mortalem crederet esse virum?10, 5 Caroli Spadae64
* Segue il saluto al lettore — Benevolo lectori Bartholomaeus Ambrosinus s(alutem) —, cui tengon dietro i seguenti versi: [10, 6] Ad lectorem de necessitate cognitionis plantarum tetrastichon [distici elegiaci] Plantarum formas sileant, qui noscere temnunt, illarum et vires scire sat esse putant: scire, quod aegroti sedet panacea dolorem, quid prodest, ni sit cognita planta tibi? Francisci Spadae65
[10, 7] Al molt’ illustre et eccellentissimo sig(nor) dottore Bartolomeo Ambrosini nell’impressione d’vn suo libro d’herbe denominate da i Santi Mentre che molte e variate foglie d’herbe, in cui pose alta virtù Natura, Ambrosini, del secolo ventura, d’vn dotto libro in vna pianta accoglie, 5
veggio ben’io, che con humane voglie riuolto ad eternar l’età ventura con prodigiosa e nobile fattura l’arbore della vita a noi raccoglie. 64 Vd.
supra 10, 1. tratta forse di Francesco Spada “dottor di leggi. Fu professore di Istituzioni civili negli anni 1636, e 1637-38” (Mazzetti 294 n° 2907). 65 Si
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10, 5 – 12
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E benche già nel non concesso Legno di gustato piacer pagasse il fio passato Adam’ d’obedienza il segno,
10
questo non si risparmi, hora che pio (virtù di raro, e peregrino ingegno) la salute a’ mortali ha reso Iddio.
Francesco Andreoli66
[11] Bartholomaei Ambrosini, Academiae Bonon(iensis) botanici et horti publici praefecti, De capsicorum varietate cum suis iconibus breuis historia, ad Eminen tiam reuerendiss(imam) amplissimi card(inalis) Spadae, Bonon(iae) de latere le gati vigilantissimi, Bononiae, typis haeredis Victorii Benatii, 1630, Superiorum permissu [è la prima ediz.] [Stamp. Barb. M.XI.5 (2)]
Nel verso della pagina del frontespizio compiono i seguenti versi: [11, 1] Auctor, alludens ad mordacem qualitatem capsicorum, admonet detractorem ne mordeat hoc opusculum [distici elegiaci] Zoile, in ignotum quisquis cum spicula torquet, in proprium cernet saepe retorta caput. Id tibi continget: quoniam si capsica mordes, haec morsu pollent acrior estque tuo.
[12] AMMANN Paul, botanico e fisiologo (Breslavia 31/8/1634-Lipsia 4/2/1691): cf. AGL 1 cc. 347 s.; BL 1, 115 s.; ADB 1, 402. D(omini) Pauli Ammanni Medicina critica sive decisoria, centuriâ casuum me dicinalium in Concilio Facult(atis) Lips(iensis) antehac resolutorum comprehensa et in physicorum, practicorum, studiosorum, chirurgorum aliorumque usum nota bilem primum collecta ac variis discursibus aucta, nunc ab innumeris sphalmatis vindicata et, exterorum in gratiam, Latinitati donata, opera d(omini) Christiani Francisci Paulini67, Academici Curiosi, Lipsiae, apud Ioh(annem) Heinichen, 1693 [prima ediz. Erfurt 1670] [R.G. Medic. IV.174]
66 Si tratta forse di Francesco Andreoli di Gubbio, giurista: cf. AGL2 1 c. 834; Mazzuchelli 1, 2, 720. 67 Franz Christian Paullini, erudito e poligrafo (Eisenach 25/2/1643-ivi 10/6/1712): cf. AGL 3 cc. 1317 ss.; BL 4, 532; ADB 25, 279 ss.
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CARMINA MEDICALIA
All’inizio dell’opera compare, tra l’altro, un carme con alcune note: [12, 1] In laborem et candorem optimi ac celeberrimi viri domini Chris tia ni Francisci Paullini, d(octoris) philos(ophiae) et utr(iusque) med(icinae) com(munis) p(rofessoris), Caes(arei) poët(ae) laurea t(i), illustrissimi carpophororum Collegii socii vigilantis, S(acri) R(omani) I(mperii) Acad(emiae) Nat(urae) Curiosor(um) Arionis68 et med(ici) iur(e) ord(inarii) Corbeiae ad Visurgim69 etc., criticae medicinae interpretis felicissimi, hoc amicae mentis mnemosynon antiquâ fide posuit D. A. F.70 [distici elegiaci] Et labor et candor coelo te laudibus aeqvant, dant et in obseqvium mitia fata tuum. Te labor et candor sapientem fecit, ad Albim cum caperes pugnae praemia magna tuae. Inter honoratos subsellia prima tenebas, vincendo socios Nestoris ore tuos. Te labor et candor sacrum fecere poëtam, cingendo frontem fronde virente tuam. Tres tibi sunt lingvae: nonne admirabile monstrum es (a)71? Te Latium et Graius, te qvoqve Teuto stupet. Te labor et candor fidum fecere medentem, qui dare scit docta pocula mista manu. Crura duo cui sunt ratio, experientia; binae cui sunt virtutes et studium atque fides. Te labor et candor vigilantem fecit amicum carpophorum (b). O qvantum est his placuisse viris! Ambulat illustres inter Paullinia fama: sidera sublimi vertice celsa ferit. Inscripsit palmis eius memorabile nomen Augustus (c)72, faciens otia qvanta viro! Et labor et candor meruit tibi iura Palati Caesarei: et qvid non mens tua docta meret! Et Maro es et qvoqve Maecenas. Candore, labore et potes et debes visqve iuvare bonos. Te labor Vranium (d) et candor fecere: qvid ultra
5
10
15
20
25 68 Vd.
infra v. 27. tratta con ogni probabilità della città di Corvey, in Vestfalia, presso il fiume Weser. 70 Sono evidentemente le iniziali dell’autore del carme. Potrebbe anche trattarsi di una sigla come p.es. d(onum) [o d(ono)] a(micus) f(idelis). 71 La lettera, come anche le successive, è nel testo e rimanda a note di commento. 72 Augusto di Sassonia-Weißenfels (1614-1680). 69 Si
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12, 1 – 12, 2
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sufficiat Iesum semper habere tuum? Te labor et rarus te candor Ariona fecit (e), cui placet et qvando et qvo pia fata volunt. Singula quid referam? verbo dixisse iuvabit: te labor et candor fecit in Orbe virum. Qvi dubitas, saltem praesens evolve volumen: obses candoris, praeco laboris erit. Invide, qvid latras? quid fel tibi turget? amabo: et labor et candor suntne venena tibi? O pereas! sed tu vivas, Paulline, beatus sis candore tuo sisque labore tuo!
30
35
(a) Plato l(ibro) IX de rep(ublica): hominem vocat admirabile monstrum: causam dat Bar tholin(us) lib(ro) I de luce anim(alium) c(apite) I [si tratta di Thomas Bartholin sr. [vd. infra n° 28] nell’opera De luce animalium libri III, admirandis historiis rationibusque novis referti, Lugduni Batavorum anno 1647]. (b) allusi ad illustriss(imam) Societ(atem) fructiferam, cuius socius noster Paullini est, cum agnomine der Wachsam. (c) Reverendiss(imus) et sereniss(imus) dux Saxon(um) Augustus etc., laudatissimae Socie tatis Praeses splendidissimus. (d) ita nominatur noster in inclyta florali Societate, quam vulgo dicunt den Blum-Orden. (e) est agnomen Paullini in illustri Acad(emia) Natur(ae) Curiosorum.
A questo carme tengon dietro, tra l’altro, i seguenti versi: [12, 2]
[distici elegiaci] Iudicio, vir clare, meo suffragia laudis omnigenae a docto doctior Orbe feres, dum medicos viridi casus ostendis in aevo teqve Machaonia sedulum in arte probas. Ipsa tuis coeptis adplaudit Fama tuumqve nomen ad aethereas devehit alma plagas, clara ubi Sennerti73 dudum sibi nomina sedem fixerunt: Virtus nempe latere neqvit. Vile latens Virtus: qvid enim submersa tenebris proderit? in patulo plus valet Orbe decus, qvod virtute tibi peperisti atque arte: recentem ingenii foetum gratulor huncce tibi.
5
10
Experientissim(o) d(omi)no, autori, fautori suo devenerando l(ibenter) m(erito)q(ue) scripsit Lipsiae Paulus Franciscus Romanus74 d(edicat) et p(erpetuo) p(onit) 73 Vd.
infra n° 202. Franciscus Romanus, giureconsulto (seconda metà del sec. XVII): cf. AGL 3 c.
74 Paulus
2203.
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CARMINA MEDICALIA
[12, 3]
[distici elegiaci] Decidit critice casus medicina per omnes, qvas novi, partes artis Apollineae: plaudit Apollo tibi, tibi nectit Fama perennem laudem, qvam Momus rodere dente neqvit; et, quamvis rodat, superat tamen omnia Virtus, qvae te cultorem servat ab interitu.
5
Ἐσχεδίασε Ioh(annes) Caspar Pfenning, phil(osophiae) et med(i cinae) d(octor), ut et apud Chilonienses in Cimbr(is) practicus
[13] ARANZI(O) (ARANTIVS) Giulio Cesare (Bologna 1530 ca.-ivi 7/4/1589): cf. AGL 1 c. 495; Mazzuchelli 1, 2, 932; Fantuzzi 1, 266 ss.; Maz zetti 28 n° 203; BL 1, 183 s.; DBI 3, 720 s. a cura di Felice Mondella. Iulii Caesaris Arantii Bononiensis, medicinae atque anatomes pub(lici) profes soris, De humano foetu liber tertio editus ac recognitus; eiusdem Anatomicarum observationum liber ac De tumoribus secundum locos affectos liber nunc primum editi; ad amplissimum cardinalem Henricum Caetanum75, Bononiae legatum a la tere; cum privilegio, Venetiis, apud Iacobum Brechtanum 1587 [prima ediz. del De humano foetu Roma 1564] [R.G. Medic. IV.772]
All‘inizio dell‘opera compaiono i seguenti versi: [13, 1]
Ioannis Baptistae Morelli76 carmen [distici elegiaci]
5
Iam liber auspiciis exi felicibus, exi iam liber: expectat te studiosa cohors. Scripta quis ignorat, quae notus Arantius Orbi edidit? haec uolitant usque per ora uirum. Nec minus ipse oculos doctus retienbis et aures et uiuens omni tempore notus eris. Hoc tua condicio melior, quod nobile prima Henrici nomen, pagina fronte gerit, Henrici Gaietani [sic], qui, sanguine claro
75 Enrico Caetani (Gaetani), cardinale (Sermoneta 6/8/1550-Roma 13/12/1599): cf. Car della 5, 228 ss.; DBI 16, 148 ss. a cura di Gaspare De Caro. 76 Giovan Battista Morelli (metà del sec. XVII): cf. AGL 3 c. 665.
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12, 3 – 13, 3
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ortus, ab antiquis stemmata ducit auis; cuius et alta domus titulis opibusque redundans pontifices habuit purpureosque patres. Sunt haec magna quidem, longe his maiora sed ille possidet et proprio nixus honore micat. Assidet huic semper Virtus mentemque animumque dirigit et recti conscia corda facit. Felsina testis erit, quo principe laeta quiescit et tuta exultans ocia pacis agit. Sed quid ago? speremne uiri comprendere tanti immensas laudes carmine posse breui? Non sedet haec humeris tam grandis sarcina nostris nec male pugnacem tanta theatra decent. At tu uade liber tanto sub uindice tutus, auctor et Henricum pectore et ore geret.
10
15
20
[13, 2] Ad Henricum Caetanum card(inalem), Bononiae legatum Iulius Signius77 [distici elegiaci] Corporis humani partes qui diuidit omnes morteque mortales uindicat arte noua, hoc tibi, cui Coelum virtus, Henrice, recludit immerito vita cedere, sacrat opus.
[13, 3 = 14, 1] P(auli) Melissi Schedii78 Franci, p(oetae) l(aureati), melos ad Laurentium Scholzium79 Silesium med(icum) Strophe Daedalas artificum manus cum veterum, tum recentum animosaque signa miramur admodum, siue coloribus illa picta, 5 siue ebore exacta affabre 77 Giulio
Segni: vd. anche infra 62, 6; 70, 3-4. Schede (Schedius; pseudonimo Melisso) (Melrichstedt 20/12/1539-Heidelberg 3/2/1602): cf. AGL 4 c. 230; ADB 21, 293 ss.; Eckstein 499; Pökel 241. Di lui ho visto, senza trovare traccia di questi versi, sia Melissi Melematum piorum libri VIII, Paraeneticon II, Parodiarum II, Psalmi aliquot, Francofurti ad Moenum 1595 sia Pauli Melissi Schedii Franci Germani Schediasmata cum Fidleri Fluminibus Germanis recognita denuo..., Hall in Sachse 1625: in quest’ultima opera è compresa praticamente tutta l’opera poetica di Schede. 79 Lorenz Scholz, allievo di Aranzi: vd. infra n° 199. 78 Paul
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CARMINA MEDICALIA
Indico lapideve Pario, vel aere Cyprio aliisve metallis, cui non notus Apelles ille Cous aut Parrhasius Ephesinus aut 10 Zeuxis? Pheidiam [sic] quis ignorat? quem Praxitelis Scopaeque solertior industria famaque latet? quem catus Lysippus Calamisque non obstupefacient, cui denique non arriserint 15 et Mentoris egregiae formae et elegantes 13, 3 Myos erronibus fibris acanthi? Antistrophe Certat antiqua, feracius ingeniorum bonorum, superare sagacis aeuum artis aemulum 20 tot monumenta supraque vires tendere neruos: nam quoque et peruicax hominis animulus80 transcendere polos geminos auet idque (haud raro) similis fingi deorum. 25 Est hoc quidem aliquid, vt arduum, mortalique praeditis captu sublimius extat, extat argutius Ioue simulacrum Opificis, maxime quem mireris, homuncio; quomodo 30 generetur, quomodo coelestem hauriat uiuax animam, tenera sub parentis aluo latitans menstruaque luce crescens. Epodos Naturae peritissimo occultiorumque plurimorum scito 35 age, mi Scholzi, fer acceptam Arantio singularem foetuum indaginem. Ill[a]e, caeci labyrinthum regni embryonis domicilium vigil 40 corruspatus81, aperuit hortuli interea claustra diutissimeque reconditas notitias in luce locauit. Bononienses hoc ter et quater beati 80 Usato 81 Paolo
solo da Plauto, cas. 144; Men. 361. Festo lo attesta presente in un verso attribuito a Plauto: vd. TheslL s.v.
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13, 3 – 13, 6
51
Machaones, hoc beatae puerperae! 45 Redeat felicitatis huius pars ad nostrates aliquantula: gratias Arantio sempiternas agent.
Senis Hetru[i]riae anno 1579
[13, 4] In Iul(ii) Caes(aris) Arantii, praeceptoris humaniss(imi), Obserua tiones anatomicas Galli Crapherii, nobilis Poloni, philosophiae ac medicinae doctoris, epigrammata [distici elegiaci]
5
[13, 5]
Prisca aetas medicos iactet, quos nouerat omnes: his ignota tamen multa fuere viris. Nam quae Naturae scrutator Arantius affert in medium, cunctos haec latuere prius. Sic non ex scriptis veterum quaerit sibi famam, sed, quae per multos texerat vmbra dies, abdita Naturae pandit secreta, labore cognita non paruo et sedulitate graui.
Eiusdem [distici elegiaci] Sic nullus nostri melius te nouit, Aranti, corporis historiam: quis tibi par igitur? Quid, te sublato, quis erit nam post modo tantus? Numina Paeoniae, dicite: «Nullus erit!».
[13, 6] Octauii Pratelii, art(ium) et med(icinae) doctoris, ad lectorem [distici elegiaci]
5
Qui, curis pressus uariis, sacra culmina Cynthi scandis, Apollinea clarus ut arte fias, si titubans, ceu fessus Atlas, sub pondere tanto ascensu in medio poscis anhelus opem, en nouus Alcides hanc doctus Arantius affert: eia age quae profert dulcia poma cape! Siste gradum, haec gusta, hic Cynthus diuus Apollo: hic te Paeoniis artibus erudiet.
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CARMINA MEDICALIA
[13, 7] Ascanii Persii82 ad Iulium Caesarem Arantium, medicum praestan tissimum [distici elegiaci]
Ἔργον ἀκεστορίης ἐφέπεις πᾶν ἔξοχα, Παιὼν ἀλκτὴρ ὢν, αὐδᾷ χειρί τε καὶ καλάμῳ. Πολλῶν ἰητὴρ ἰητρῶν φέρτερος ἄμων, ὄντεσσίν τε ἄκος, ἐσσομένοις τε φέρων, τέρμαθ’ ἑκὰς βιότοιο δὲ θῆκας, Ἀράντιε, πολλοῖς· σεῦ δ’ οὐ τέρμα φάτις γράμμασι τοῖς δὲ λάβοι.
5
[13, 8]
Eiusdem ad eundem [distico elegiaco]
Ἱπποκράτην ὄσδει τὸ νόημα, λόγος δέ γε Κέλσον· Κέλσος Ἀράντιος ἅμ’ ἐστι καὶ Ἱπποκράτης.
[13, 9] Eiusdem ad illustrissimum et reuerendiss(imum) Henricum Caeta num Cardinalem, Bononiae legatum a latere [distici elegiaci]
Ἕρμα Καητανῶν κυδράς, Ἐῤῥῖκε, γενέθλας, Φελσίνεης οἴηχ’ ὃς κατέχεις παλάμαις, Φελσίνεός σοι γράμματ’ Ἀράντιος ἃττ’ ἀνέθηκεν· πάνσοφε εὖ φρονέων πάνσοφα δῶρα δέκευ.
* * * [14] ������������������������������������������������������������������������������ Iul��������������������������������������������������������������������������� (�������������������������������������������������������������������������� ii������������������������������������������������������������������������ ) ���������������������������������������������������������������������� Caes������������������������������������������������������������������ (����������������������������������������������������������������� aris������������������������������������������������������������� ) ����������������������������������������������������������� Arantii���������������������������������������������������� ��������������������������������������������������� Bononiensis���������������������������������������� , �������������������������������������� philosophi���������������������������� ��������������������������� ac������������������������� ������������������������ medici������������������ ����������������� clarissimi������� , ����� medi cinae ac anatomes in celeberrimo Bononiensium Gymnasio professoris publici, De humano foetu libellus, a Laurentio Scholzio Silesio83, ����������������������������� eius������������������������� ������������������������ discipulo��������������� , ������������� in����������� ���������� lucem����� ���� edi tus, Basileae [colofone finale Basileae������������������������������������������������ , per������������������������������������������� ���������������������������������������������� ������������������������������������������ Sebastianum����������������������������� ���������������������������� Henricpetri����������������� , anno����������� ��������������� ���������� ab�������� ������� instau rata salute nostra per Christum 1579, mense Augusto] [R. I V.1991 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi:
82 Ascanio (Antonio) Persio (Matera 1554-Bologna 1/2/1610), erudito, filosofo e professo re di greco a Bologna: cf. Minieri Riccio1 266; Mazzetti 241. 83 Vd. infra n° 199.
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13, 7 – 15
[14, 1]
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identico a 13, 3
[14, 2] In librum Iul(ii) Caes(aris) Arantii de foetu humano, editum a Lau r(entio) Scholzio Silesio, v(iro) cl(arissimo) [distici elegiaci] Foetum hominis docto dum forma Arantius ore, ingenii foetum prodidit ipse sui. Prodidit: at nimium cupidis dum parturit84 ausis, in lucem mutilo corpore foetus iit. 5 Quid faceret? «Rursum exploratis concipit astris pronubaque huic forsan Iuno fauebit» ait. Nec penitus lusit timidum spes uana parentem: nobilior primo quippe secundus erat85. 10 Haustorum sed enim genitor memor ante laborum, quam pareret, satius credidit esse mori, assestricem86 operam dum tandem Scholzius offert et natum ad uitam cum genitore uocat. O felix genitor sobolesque beata, sed ista 15 illoque, o Scholzi, dextra beata magis! quippe tuo effectum est, dextra aurea, munere, ne, ceu primus abortus erat, posthumus iste foret87.
Matthaeus Wackher88 Constantinus d(edicat)
[15] ARLUNI (ARLUNO) (Arlunus) Giovanni Pietro, medico milanese del duca Francesco Sforza II (1495-1535): cf. AGL 1 c. 545; AGL2 1 c. 1089; Mazzuchelli 1, 2, 1100 s.; BL 1, 199; una fuggevole citazione in DBI 4, 217 (a cura di Nicola Raponi), nella voce dedicata al fratello Bernardino (Mi lano 1478-ivi 6/2/1535), anch’egli medico. Index operis Io(hannis) Petri Arluni, patricii Mediolanensis, De faciliori ali mento summula. 84 Sc.
la partoriente (come anche concipit di v. 5). senso che il padre del bambino, che può usufruire dell’opera di Aranzio e Scholz, è nobilior (dal momento che gli è assicurata la discendenza) di quello precedente, che non poteva giovarsi del loro aiuto. 86 Presente in Nonio e nella Vulgata: cf. TheslL s.v. 87 Nel senso che, grazie all’aiuto di Aranzio e Scholz, anche la madre sopravviverà. 88 Johann Matthäus Wacker von Wackenfels, statista (Costanza, marzo 1550-Vienna 7/9/1619): cf. AGL 4 c. 1763; ADB 40, 448 s. 85 Nel
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CARMINA MEDICALIA
– De faciliori alimento tripartitus commentarius – De potu balnearum commentarius – De lotii difficultate commentarius – De articulari morbo (quam passim podagram nuncupant) commentarius – De spirandi difficultate (quam Graeci aschma89 uocitant) commentarius – De seminis fluore (ut aiunt) inuoluntario, quae a Graecis gonorhea dicitur, commentarius – De febre quartana commentarius – De suffusione (quam cataractam appellitant) commentarius, cum annexo Prin cipis privilegio [colofone finale Gotardus Pontius Mediolanensis typis excusit, Vin centii Gauoti Saonensis impendio, Francisco Sfortia II Mediolani duce inuictissimo, a partu Virginis 1532 die ultimo Augusti] [R.G. Medic. II.306 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi:15 [15, 1] Benedicti Patellani, ducalis secretarii, epigramma in laudem operis [distici elegiaci] Quaecunque expressit chartis Arlunus in istis a nullis unquam scripta fuere uiris et, si forte audax aliquis perstrinxit et ausus est humeris tanti ferre laboris onus, imperfecta nimis nec uero consona sensu edidit, in uariis mancaque multa locis. Nec quisquam ipso uno felicius attigit artem seu medicam seu tu uerba Latina petas; et quae iamdudum nostris erat exul ab oris, Romane coepit nunc medicina loqui. Conspice quam docto et terso fluat ore, medendi dum docet infirmi corporis ille modum: sensa Machaonio promat quaeque eruta penu, ne tristem in morbum languida membra cadant. Quisquis Apollineo gaudet medicamine, libros hos legat et cupidus uerset utraque manu.
5
10
15
[16] ARNALDO da VILLANOVA, medico spagnolo (1240 ca.-1312 ca.): cf. AGL 1 c. 559; AGL2 1 cc. 1117 s.; BL 1, 203 ss.; EUI 6, 304 s. Arnaldi Villanovani, philosophi et medici summi, Opera omnia cum Nicolai
89 Sic:
refuso per asthma.
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15 – 17
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Taurelli90, medici et philosophi, in quosdam libros annotationibus, indice item copiosissimo, cum gratia et priuilegio Caes(areae) Maiest(atis), Basileae ex officina Pernea per Conradum Waldkirch, 1585 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.156]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [16, 1] Cl(aro) v(iro) d(omino) Ioachimo Baudisio91, apud Lignicenses Si lesios medico et physico, domino suo et patrono obseruando, s(alu tem) d(icit) Valentinus Thilo92 Ligius [distici elegiaci]
5
10
15
Ture Iovem, spicis Cererem Bacchumque racemis, cespite Pana, tholis Nerea, farre Larem, Chlorin flore, lyra Musas Veneremque columbis, lauro Phoebum, oleis Pallada, lacte Palem: sed tua conciliem quoquo mihi pectora dono, clara Machaonii fax, Ioachime, chori. Tura Iovem, spicae Cererem Bacchumque racemi, cespes Pana, tholi Nerea, farra Larem, flos Chlorin, citharae Musas Veneremque columbae, laurus Phoebum, oleae Pallada, mella Palem: te mihi concilient Arnaldi haec eruta tumbis scripta, Machaonii lux, Ioachime, chori. Nutat in ignoto velis ratis aequore: cursum tu rege, si ventis carbasa quassa vides. Viue, vale felix patriae in rata commoda, Christum adsere, Thilones dilige, vive, vale. Eventus93
[17] AUGENI(O) Orazio (Monte Santo (oggi Potenza Picena) 1527 ca.Padova 1603): cf. AGL 1 cc. 637 s.; AGL2 1 cc. 1242 s.; Mazzuchelli 1, 2, 1249 ss.; Brambilla 2, 2, 67 ss.; Panelli 2, 191 ss.; Vecchietti 1, 253 ss.; BL 1, 244 s.; DBI 4, 577 s. a cura di Loris Premuda. 90 Nicola Torelli (Nicolaus Taurellus, propriamente Oechslein), medico e filosofo (Möm pelgard 26/11/1547-Altdorf 28/9/1606, di peste): cf. AGL 4 cc. 1028 s.; BL 5, 521 s.; ADB 37, 467 ss. 91 Joachim Baudis, nato a Breslavia, medico del principe di Lignitz (prima parte del sec. XVI): cf. AGL 1 c. 860. 92 Vd. anche infra 115, 4. 93 Evidente formula augurale.
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CARMINA MEDICALIA
Il volume, indicato con la segnatura R.G. Medic. II.62 (1-2), contiene due lavori: 17 1 = Horatii Augenii e Monte Sancto, in Gymnasio Patavino medicinae theoreti cae professoris primi, De ratione curandi per sanguinis missionem libri decem, in quibus, extirpatis erroneis opinionibus passim hodie apud nouatores medicos vi gentibus, omnia ad hoc argumentum pertinentia secundum Galeni doctrinam ex planantur: hac editione quarta per ipsum auctorem ab infinitis propemodum erro ribus, quibus Taurinensis [1584: cf. DBI cit. 578] impressio scatebat, expurgati et multarum rerum additione locupletati, cum duplici indice copiosissimo; cum pri vilegiis, Venetiis, apud Damianum Zenarium 1597 [prima ediz. Venezia 1570]
Nel verso del frontespizio compaiono i seguenti versi: [17, 1 = 18, 1 = 19, 1] Michael Columbus94 in Horatii Augenii praeceptoris summopere observandi effigiem [vd. infra 17, 2] [esametri dattilici]
5
En magni pulchra ora senis faciemque decoram Augenii, reduces animas qui subtrahit Orco. En pulchre vt diui sacra hic effulget imago Hippocratis: nemo e cunctis mortalibus illum ore magis speciesque95 refert factisque animoque mens eadem, genius, mores cognataque virtus.
[17, 2 = 18, 2 = 19, 2] Sotto un ritratto di Augenio (con la scritta circolare Horat(ius) Augenius theol(ogus), philosop(hus) et medicus praestan tissimus) compaiono i seguenti versi: [esametri dattilici] Est haec certe hominis facies mortalis, at ipsum diuinum ingenium est famae imortalis et aeui. M(ichaelis) Columbi
94 Michele Colombo, nato a Centallo, poeta e medico (m. 1600), autore di una Anatome corporis humani, Venetiis 1589 e 1607: cf. BL 2, 82, dove si afferma che egli “schrieb zum Lobe des ihm befreundeten Orazio Augenio in latein(ischen) Versen”; Derossi 91. Vd. anche infra passim. 95 Sic: nell’ediz. del 1602 [vd. infra] compare la lezione giusta specieque.
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17 – 17, 6
[17, 3 = 18, 3 = 19, 3]
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Idem [esametri dattilici]
Quem picta hic cernis vultum faciemque tabella auferet atra dies et funere merget acerbo: at nomen, toto magnis iam plausibus Orbe exceptum, perdet numquam longaeua vetustas.
[17, 4] Rugerii Tritonii96 Vtinensis, illustrissimi ac reverendissimi cardi nalis Montis Regalis a secretis, ad Horatium Augenium medicum praestantissimum epigramma [distici elegiaci] Augere vt posset medicam Cyllenius artem, dicitur excelsum consuluisse Iouem; cui pater: «En illam iam dudum laudibus auget Piceni Augenius splendor honosque soli: en noster surgit, dicas, Epidaurius alter: doctrina, ingenio sic valet iste suo». Arrisit Maia natus moxque addidit: «Hic iam gloria sit medici, sit decus ipse chori».
5
[17, 5] Pamphili Carantiae, i(uris) u(triusque) d(octoris) clarissimi et in Gymnasio Taurinensi iuris pontificii professoris primarii, tetrasti cum ad Augenium [distici elegiaci] Arte quidem medica nos posse extrudere morbos Paeonii docuit pagina multa chori, posse sed amissam moribundis reddere vitam, unum diuini est hoc opus Augenii.
[17, 6]
Aliud eiusdem [distici elegiaci] Vltima laus non est artem callere medendi (humanae tamen hoc esse fatemur opis),
96 Ruggero
Tritonio, abate, nunzio (1543-1612): cf. Derossi 217.
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58
CARMINA MEDICALIA
dogmatibus sed enim ditare recentibus auctam non nisi coelesti conuenit ingenio. 17, 6
* * * [18] 2 = Horatii Augenii e Monte Sancto, in Schola Patavina medicinae theoreticae professoris primi, Disputationum de ratione curandi per sanguinis missionem ex Galeni sententia libri septem nunc primum editi, in quibus nouatorum medicorum nostri temporis dubitationibus respondetur atque omnia, alio in opere vel obscu rius ac breuius tradita vel praetermissa, diligentius dilucidiusque tractantur, cum duplici indice copiosissimo; cum privilegiis, Venetiis, apud Damianum Zenarium 1597 [prima ediz. Ginevra 1575]
Nel verso del frontespizio sono ristampati, identici, i seguenti versi: [18, 1]
identico a 17, 1
[18, 2]
identico a 17, 2
[18, 3]
identico a 17, 3 *
Tengon dietro i seguenti versi: [18, 4 = 21, 4] Ad eccellentissimum illustremque medicum d(ominum) Horatium Augenium, in Scola Patavina medicinae primum pro fessorem anagramma: HORATIVS AUGENIVS MEDICVS = IAM DOCTIS AVGES VNIVERSVM97
[distici elegiaci]
5
Num satis est, venerande senex, tua scripta per Orbem hactenus insueta nec sine laude legi? Iam doctis auges, Augeni docte, patentem Orbem, ast augeri non tua fama potest. Si Deus augeret mundum, tua fama volaret vltro: si plures conderet, aucta foret.
97 L’anagramma è incompleto, dal momento che nella seconda parte non compare la lettera h presente nella prima ed è presente una m che non compare nella prima.
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[18, 5 = 21, 5]
17, 6 – 18, 8
59
Aliud HORATIVS AVGENIVS = VNVS AEGROS VISITA98
[distici elegiaci] Vnus vt aegrotos apto medicamine curas, inter semideos connumerande viros, sic iuuat vnus eos vt visas: aspice quantum congruat officio mox anagramma tuo.
[18, 6]
Aliud HORATIVS AVGENIVS = HIS NOVA VIRTVS AGE
[distici elegiaci]
5
His quibus es doctis scriptis spectatus in Orbe tamquam sol splendens, his noua virtus age. His quibus et merito datus alta primus in vrbe Patauii locus est, his noua virtus age. His quibus empyria tandem venerabere in aula (hoc tua vult pietas), his noua virtus age. Michael Ruberius Auenionensis
[18, 7 = 21, 6]
Ad librum [distico elegiaco] I, liber, et doctus doctis voluendus adesto: i, liber, indoctis dummodo clausus eas.
[18, 8 = 21, 7]
Ad lectorem [distico elegiaco] Vis tibi cum fluida doctrinam iungere lingua? En liber iste recens hoc vt et illud habet.
* * * 98 L’anagramma è incompleto, dal momento che la lettera h della prima parte non com pare nella seconda, mentre in quest’ultima compare una s che non è presente nella prima.
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CARMINA MEDICALIA
L’opera, catalogata con la segnatura R.G. Medic. II.61 contiene i se guenti lavori: [19] 1 = Horatii Augenii a Monte Sancto, medici et philosophi praestantissimi, olim in Taurinensi, nunc vero in Patavina Academia medicinae ordinariae profes soris primarii, Epistolarum et consultationum medicinalium prioris tomi libri XII (opus quidem, ob doctrinae varietatem, maximarum difficultatum dilucidationem, difficilium morborum curationem, non modo medicis et philosophis, sed etiam omnibus bonarum artium studiosis apprime necessarium, hac editione quinta ab eodem authore recognitum, adauctum et emendatum), quibus accessere eiusdem authoris De hominis partu libri duo, nunc tertio editi; cum privilegiis, Venetiis, apud Damianum Zenarium 1602 [prima ediz. Torino 1579]
Nel verso del frontespizio sono ristampati identici i seguenti versi: [19, 1] identico a 17, 1 (con l’esatta lezione, al v. 5, specieque99) [19, 2] identico a 17, 2 [19, 3] identico a 17, 3 Tengon dietro i seguenti versi: [19, 4] Michaelis Columbi100 ad praeceptorem observandiss(imu)m Auge nium [esametri dattilici] Aeternum, Augeni, viuent dignissima cedro quae promis tineasque prius monumenta Galeni serpentes pascent carie consumpta voraci, haec tua quam pereant: namque os haec ipsa parentis effudit Phoebi tuaque instillauit in ora. Sed quid ego memorem? decet haud tam grandia paruo, o Musa, et tenui nimium deducere versu.
5
[19, 5 = 20, 1] Ad studiosum lectorem de opere Horatii Augenii medici pe ritissimi, Titus Prosper Martinengius101, monachus Casinensis 99 Vd.
supra 17, 1. supra 17, 1. 101 Tito Prospero Martinengo (Martinenghi), monaco benedettino a Montecassino (Bre 100 Vd.
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19 – 19, 6
61
[distici elegiaci]
5
10
15
[19, 6 = 20, 2]
Morborum causas siquis vel scire laborat, vel praesens ipsis ferre leuamen auet, huncce legat librum relegatque adtentius omnem atque huius compos nobilis artis erit. Quippe auctor sollers pulchre collegit in vnum in veterum scriptis vtile quidquid erat, quaecumque Hippocrates nobis monumenta reliquit corpora curandi fessaque membra virum et quae Phyllirides et Iamblicus atque Galenus, et quae Nicandri docta Camoena canit. Tum quae Pausanias docuit medicamina mitis, doctus Oreibasius Protagorasque pius multaque praeterea memoranda ac digna notatis addidit ingenio rite reperta suo. Vix numeranda ergo si vis statuisse trophaea morborum, his armis utere: victor eris.
De eodem [distici elegiaci]
5
10
15
Pro multis aliis medicum pollere peritum Maeonidae magni Musa diserta refert, quod, mors innumeros quos immatura domaret, seruet et a mortis limine restituat. Vnde Asclepiadas veteres dixere salubres, siue etiam Graio nomine ἀλεξικάκους ac veluti quaedam coelestia numina habebant, qui miseris possent ferre salutis opem. Ergo qui tradunt rationem vsumque medendi, sint itidem nobis tali in honore viri. Ac veluti patres proprios veneremur auosque, corpore ab humano qui mala dira fugant, insanisque animis morbos furiasque repellunt atque illos sanos reddere saepe solent. Augenius tali cum noster Horatius arte praestet, eum amplecti nos decet et colere.
scia-ivi 6/10/1594), autore di versi sacri: cf. AGL 3 cc. 223 s.; Eckstein 358.
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[19, 7 = 20, 3]
CARMINA MEDICALIA
Εἰς τὸν αὐτὸν [distici elegiaci]
5
10
Εἴ τις ἀνάβλησιν θανάτου κρυεροῖο δαῆναι, πάντα τ’ ἀπὸ χρωτὸς νοῦσον ἄκικιν ἐλᾶν, ἠδ’ ὑγίειαν ἄγειν ὀδυνήφατον ἄψεσιν ἀνδρῶν, τειρομένοις ποθεῇ κήδεσιν ἠδὲ δύαις, τῆς [δὲ] τέχνης ἀρχηγὸν Ὁράτιον ἀκροσόφοιο Αὐγένιον μετίῃ καὶ πόθου102 ἀντιάσει. Καὶ βίβλον κτίσαιτο103, κάμεν τὴν ἄκρος ἀκέστωρ παντοίης σοφίης ἄντεα104 δρεψάμενος, οἷα μέλισσα φιλεργὸς ἀριστοπόνοισι μερίμναις, λειμῶνας προτέρων πάντας ἐπερχόμενος, ὄσσα γὰρ ἐν πτηνοῖς μέγας αἰετὸς ἀγκυλοχείλης, τόσσον ἐν ἰητροῖς οὗτος ἀνὴρ προφέρει.
[19, 8] Ad Horatium Augenium Danielis Alsuorti Angli105 carmen [esametri dattilici]
5
10
15
Inter mortales est controuersia magna: arma togae an cedant, an cedat laurea linguae: maxima res quippe est, res summo dignaque honore tutari patriamque focosque, altaria et ipsa, vxores natosque hostis defende ab ense, rebus et aeternum gestis sibi quaerere nomen. Contra pax bello potior, toga temperat iras et fluctus sedat motos, moderamine ciues continet aequali, tribuens sua iura quibusuis. Lingua docet, suadet, celebrat laudesque perenni heroum calamo, sine quo moreretur in omne tempus bellator quiuis celeberrimus Orbe. Est immortalis calamus, pertransit in oras extremas terrae, vires non terminat eius aut locus aut tempus, praesentibus atque futuris vtilis, internae penetrans praecordia mentis. Hoc tuus, Augeni, liber hic demonstrat abunde ter praelo excusus, votis pr[a]ecibusque petitus,
102 Perché metrica e senso tornino è necessario mutare πόθου in πόθον (per di più ἀντιάσει richiede un accusativo). 103 Sic: la lezione giusta è κτήσαιτο: vd. infra 20, 3. 104 Sic: sarà, ovviamente, da correggere in ἄνθεα: vd. infra 20, 3. 105 Daniel Alsworth, vissuto a Roma nel 1595: cf. AGL 1 c. 303.
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19, 7 – 20, 1
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quod noua, quod iucunda, quid106 ardua commoda tractet ornate, docte, clare, subtiliter, apte, perpetuo qui te moriturum viuere coget. Desinat hinc calamo saeuus107 contendere cuspis, damna ferens mortemque nigram crudelibus armis.
20
[19, 9]
Ad lectorem Danielis Alsvorti carmen [esametri dattilici]
Τήνδε δέχεσθε βίβλον, μάλα πρόφρονι θυμῷ ἰατροί, ἣ συνέχει βραχέως καὶ ἐναργῶς πο[ο]υλὺ ὄνειαρ. Θᾶσαι ὣς εἰς τόνδ’ ἀνὰ σύμπας δέδρομε κόσμος, τῶ προτιθεὶς χαλεπὰ108 ξητήματα109 καλὰ ὅδ’ ἔμπης ῥεῖα λύει ἴκελος χ’ Ἱπποκράτεϊ ἠδὲ Γαλήνῳ. Τούνεκα ἀσπασίως ἀνὰ ταῦτα, ἰατρὲ, γίνωσκε· τερπνὰ γὰρ εὐρήσεις καὶ χρήσιμα πολλὰ ἐν αὐτοῖς.
5
* * * [20] 2 = ����������������������������������������������������������������������� Epistolarum������������������������������������������������������������ ����������������������������������������������������������� et��������������������������������������������������������� �������������������������������������������������������� consultationum������������������������������������������ ����������������������������������������� medicinalium����������������������������� ���������������������������� alterius�������������������� ������������������� tomi��������������� �������������� libri��������� �������� XII����� ���� auc tore Horatio Augenio, medicinae practicae olim in Scola Taurinensi, nunc vero in Patavina Academia medicinae ordinariae professore primario, in quo non solum maximae difficultates ad medicinam et philosophiam pertinentes dilucidantur, sed etiam������������������������������������������������������������������������ ����������������������������������������������������������������������� mor�������������������������������������������������������������������� bo����������������������������������������������������������������� ������������������������������������������������������������������� rum������������������������������������������������������������� ���������������������������������������������������������������� ������������������������������������������������������������ grauis������������������������������������������������������ si��������������������������������������������������� ����������������������������������������������������� morum��������������������������������������������� �������������������������������������������������� �������������������������������������������� fere���������������������������������������� ��������������������������������������� omnium��������������������������������� �������������������������������� curationes���������������������� ��������������������� absoluuntur���������� ; �������� cum����� ���� pri vilegiis, Venetiis, apud Damianum Zenarium 1602 [prima ediz. Torino 1579]
All’inizio dell’opera compaiono, fra l’altro, i seguenti versi: [20, 1] identico a 19, 5, con le seguenti varianti: titolo: Martinengius monachus] Martinenghius monacus; peritissimi] praestantissimi
v. 5:
pulchre collegit] scite congessit
v. 6:
in veterum scriptis] priscorum in scriptis
106 Sic:
sarà refuso per quod. è normalmente femminile: forse saeuus andrà corretto nell’avverbio saeue. 108 Perché la metrica torni, dal momento che l’ultima sillaba della terza parola deve essere lunga, o si pensa a un allungamento in arsi o, più verosimilmente, a qualcosa come 107 Cuspis
χαλεπῶς.
109 Sic:
sarà refuso per ζητήματα.
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[20, 2] identico a n. 19, 6, con la seguente variante:
v. 13: notatis] notatu
[20, 3] identico a 19, 7, con le seguenti varianti:
v. 3: ὀδυνήφατον] ὀδμυήφατον [errato]
v. 4: ποθέῃ] ποθὲν [errato]
v. 7: κτίσαιτο] κτήσαιτο [vd. supra]
v. 8: ἄντεα δρεψάμενος] ἄνθεα ἐψάμενος [vd. supra]
v. 12: ἀνὴρ προφέρει] ἄριστος ἔφυ.
[20, 4] Ad dominum Horatium Augenium Danielis Alsuorti110 Angli car men [distici elegiaci] Nobilis Augenius scripsit Hippocratis auctus quae terit assidua, nocte dieque, manu. Amplificat totam Medicinam gratus et auget responsis doctis consiliisque suis. Vt sol, attollens alte a tellure vapores, foecundam pluuiis denuo reddit humum; vt luna, accepto et reflexo lumine solis, illustrans terram, noctis opaca fugat, haud secus Augenius, lymphis Hippocratis haustis, en medicorum hortos irrigat, auget, alit. Eruit e tenebris multa obscurissima densis, ingenii illustrans eruta luce sui. Pellendi morbos normam augendique salutem instruit, ex paruo semine magna struens. Quod valet ingenio, quod mentis acumine pollet, quod falsa expugnat, dogmata vera docet, quod sese semper superat cognomine vero, maximo ab ingenio dicitur Augenius. Dum scribit, dum praestat opem mortalibus aegris, auget splendorem nominis atque decus. Semper laudis honos defuncto augebitur ingens: haud sese augendi terminus vllus erit.
5
10
15
20
110 Vd.
supra 19, 8.
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20, 2 – 20, 7
[20, 5]
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Eiusdem ad eundem [distici elegiaci]
Ὀρθῶς Αὐγένυος λαμπρῆς ἀπὸ ἠλίου αὐγῆς ἦ πυρὸς αὐθομένυ τοὔνομα κλουτὸν111 ἔχει. [Ἠΰτε] ἥελως φοτίξει112 ἀπείρονα γαῖαν, αὐγῇ αὐγάξει ὣς ὅ γε ἰατρικήν. Ἠΰτε πῦρ σκεδάα νυκτὶ ξόφον113 ἠερόεντα ὣς ὅ γε αὐγῆσιν ψεύδεα πολλὰ σκέδᾳ. Τοὔνεκα Αὐγένιος θάρσει φρεσὶ βιβλία γράψον114 αὐγὴ γὰρ κόσμον σὴ διὰ πάντα τρέχει.
5
[20, 6] Ad Horatium Augenium perillustrem medicum atque philosophum [distici elegiaci] Sexcenti cum nostra premant iam corpora morbi exitiumque ferat, quod fuit ante salus, te merito praesens, Augeni, suspicit aetas, qui mira tantis prospicis arte malis. Te pia posteritas maesto115, mihi crede, triumpho eruet atque tuum grata fouebit opus.
5
[20, 7]
Aliud de eodem [distici elegiaci] Artis dum medicae splendorem Augenius auget, vitae lux nostrae gratior ipsa micat; languentum purgat dum tetro sanguine venas, ingenii monstrat vimque decusque sui: corpora dum retinet mortis casura periclis, se celsa aeterni nomini arce locat.
5
111 Sic: 112 Sic:
5, 46.
il dittongo è stato introdotto per allungare la sillaba, che normalmente è breve. non è difficile congetturare ἠέλιος φωτίξει. Per l’integrazione cf. Odissea
sarà refuso per ζόφον. sarà refuso per γράψεν. 115 Sc. dal momento che i posteri ti venereranno dopo la tua morte. 113 Sic: 114 Sic:
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[20, 8]
Aliud [distici elegiaci] Sedibus a patriis Romanus Horatius hostes innumeros vnus consilio, ense fugat. Morborum solus116 hostes, saeua agmine117 pellit artubus e miseris, ingenio et calamo.
* * * [21] Horatii Augenii a Monte Sancto, medicinae ordinariae in Gymnasio Patavino professoris primi, Epistolarum medicinalium tomi tertii libri duodecim, in quibus non solum maximae difficultates ad medicinam et philosophiam pertinentes dilu cidantur, sed etiam Alexandri Massariae Vicentini118 additamentum apologeticum et disputatio[nem] secundum Hippocratis et Galeni doctrinam funditus euertun tur: nunc primum Venetiis in lucem editi, cum duplici rerum indice copiosissimo, Superiorum permissu et privilegiis, Venetiis, 1607 [prima ediz. Venezia 1592] apud haeredem Damiani Zenarii [R.G. Medic. II.61 (2)]
All’inizio dell’opera sono riportati i seguenti versi: [21, 1] Clementis Cyriaci119 tetrasticha meritis praestantissimi theologi, medici ac philosophi dom(ini) Horatii Augenii data I [distici elegiaci] In caput Augenii descendat floreus imber atque seni vitam proroget almus odor. Vel mage: diuinum Augenius quia spirat odorem, collapsos flores recreet aura senis.
116 Sc.
Augenius. refuso per agmina. 118 Vd. infra n° 160. Per quanto concerne i versi in ebraico di 21, 3 (vd. infra), ne trascrivo la traduzione di Francesco Bianchi: Uomo stimato (2Re 5,1) e amabile, / per guarire tutte le carni (Sof 1,17) affllitte/ degli scritti raccolse in rima: / per i medici è certo il salvatore. 119 Clemens Cyriacus (detto Manginus e Atlanticus Gallus), matematico e medico france se (m. 24/10/1642): cf. AGL 1 c. 2278. 117 Sic:
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[21, 2]
20, 8 – 21, 8
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B [falecei]
Θάλπουσιν Χάριτες θεαὶ καὶ ἀγκὰς τὰς τοῦ Αὐγενίου βίβλους ἔχουσιν ἦ νὴ τὰς χάριτας, θεαῖς περ αὐταῖς θαλπωρὴν παρέχει γέρων ἐκεῖνος.
[21, 3] [quattro ottonari a rima alternata: vd. supra nota 118]
ִאישׁ נְ שׂוּא ָפּנִ ים וְ חומד י־רע לְ ַמלֵּ ט ַ חוּמ ֵ ְכֹל ל הוֹסיף לְ ַצ ֵמּד ִ ִאגְּ רוֹת רוֹפ ִאים גַ ם הוּא ְמ ַמלֵּ ט ְ [21, 4]
identico a 18, 4
[21, 5]
identico a 18, 5
[21, 6]
identico a 18, 7
[21, 7]
identico a 18, 8
[21, 8] Ad illustrissimum et excellentissimum d(ominum) Horatium Au genium, archiatrum nostrae tempestatis, praeceptorem suum obse ruandissimum, Petrus Sarpellonus Avinionensis anagramma: HORATIVS AVGENIVS = IS VNVS VITA AEGRIS120
[distico elegiaco] Hic necat121, hic aegros morbosos detinet: ast is vnus vita aegris dicitur Augenius.
120 L’anagramma risulta incompleto, dal momento che nella seconda parte non compa iono le lettere h e o della prima. 121 Hic…hic: riferimento agli altri medici, che non riescono a far guarire i malati o addi rittura li portano alla morte.
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[21, 9]
Epigramma ad eundem [distici elegiaci] Augenii famam nomenque auxere parentes, auxit et illorum nomen et Augenius. Semper in augendo, si Horatius augeat, altum nomen ab augendo, sic erit Augenii.
[22] AUGENI(O) Sebastiano (detto Paparella), medico, cugino di Orazio (m. dopo il 1573): cf. AGL 3 c. 1233; Brambilla 2, 2, 69 s. (“Questo fu anche surnomato Paparella, non si sa per qual motivo”); Panelli 2, 223; Vecchiet ti 1, 258 ss. Sebastiani Paparellae a Monte Sancto libri duo de catarrho ad rationalium medicorum doctrinam editi, Camerini apud Antonium Gioiosum (colofone finale Camerini, apud Antonium Gioiosum anno Domini 1556: è la prima ediz.). Ho visto anche l’edizione di Pavia 1562 [Loreto IV.30]
Subito all’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [22, 1]
Ad lectorem [distici elegiaci]
5
10
Qui ratione cupis methodoue fugare catarrhum, accipe solerti dogmata scripta manu: nanque Sebastianus diuino munere pandit abdita Cimmeriis, quae latuere, locis. Exiguum quamuis sit opus, tamen omnia narrat, omnia rimatur non bene nota prius. Primus defluxus causas methodumque secundus dat liber, ut facili iam medeare uia. En cape: nanque nocet curam differre malorum: reddere et haec sanum lectio sola potest.
[23] AUSTRIUS Sebastien, medico alsaziano (Ruffach-Friburgo i.B. 1550): cf. AGL 1 c. 668; AGL2 1 c. 1284; BL 1, 249. De puerorum morbis et symptomatis tum dignoscendis, tum curandis liber, ex Graecorum, Latinorum et Arabum placitis excerptus a Sebastiano Austrio Rubea quensi, apud Argentuariorum Colmariam medico. Adiecti sunt Hippoc(ratis)
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21, 9 – 24, 1
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Aph(orismi) aliquot de nouiter natorum adfectibus; alii item Aphoristici sensus ex variis authoribus de eorundem bona valetudine tuenda, Lugduni, apud Gulie l(mum) Rouil(lium) sub scuto Veneto, 1549 [colofone finale Lugduni, excudebant Philibertus Roiletius et Bartholomaeus Fraenus] [prima ediz. Basilea 1540] [R.G. Medic. VI.116]
Nel verso del frontespizio compaiono i seguenti versi: [23, 1]
Ad lectorem [distici elegiaci] A primo vitae diuersos stamine morbos perpetimur, diris afficimurque malis. Donec in occasum redeat, qui vixit ab ortu, antea quam discat viuere, vita cadit. Sed iuuat artificem rerum monstrasse malorum pharmaca: tum medicas arte creasse scholas, in quibus edocti duros propellere casus, reddere vel saltem mitius, acre malum.
5
[24] BACCANELLO (BACCANELLI) (Bacc(h)anellus, Baccanelius) Giovanni Battista, medico (Reggio Calabria 1508 ca.-1571): cf. AGL 1 c. 684; Mazzuchelli 2, 1, 1; BL 1, 268. Ioannis Baccanelii, medici Regiensis, De consensu medicorum in curandis morbis libri quatuor; eiusdem De consensu medicorum in cognoscendis simplici bus liber, Venetiis in vico sanctae Mariae Formosae ad signum Spei, 1556 [prima ediz. Parigi 1554] [R.G. Medic. V.365]
Prima dell’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: Epigrama eiusdem authoris ad lectorem [distico elegiaco]
[24, 1]
Scripsimus innumeros medicorum in codice sensus. Lusimus: haec tibi sint seria dicta loco. Vale
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[25] BACCI Andrea, medico, naturalista e archiatra di Sisto V (S. Elpidio a mare 1524-Roma 24/10/1600): cf. AGL 1 c. 688; Mazzuchelli 2, 1, 12 ss.; BL 1, 270; DBI 5, 29 s. a cura di Mario Crespi. De venenis et antidotis Προλεγόμενα seu communia praecepta ad humanam vi tam tuendam saluberrima, in quibus diffinitiva methodus venenorum proponitur per genera ac differentias suas, partes et passiones, praeseruandi modum et com munia ad eorum curationem antidota complectens; De canis rabiosi morsu et eius curatione, Andrea Baccio Elpidiano, medico atque philosopho in almae Vrbis Gymnasio doctore, cum licentia Superiorum, Romae, apud Vincentium Accoltum, 1586 [è la prima ediz.], impensis Ioannis Martinelli [R.G. Medic. IV.1109]
Alla fine dell’opera compaiono i seguenti versi: [25, 1]
In veneficum [distici elegiaci] Improbe, quid quaeras saeua hinc patrare venena? non tibi, grata bonis haec damus antidota. Mille hominum credimus posse his sperare salutem, dum tua dilacerent impia corda canes: quam bene sunt tales soliti conficere poenis Persae, qui ad saxum te caput adliderent!
5
[26] BARDI Girolamo (Rapallo 7/3/1603-Roma, dopo il 1667): cf. Mazzu chelli 2, 1, 336 ss.; BL 1, 330; DBI 6, 303 ss. a cura di Francesco Cagnetti. Medicus politico catholicus seu medicinae sacrae tum cognoscendae, tum fa ciundae idea, Hieronymi Bardi Genuen(sis) philosophi, medici ac theologi, iam tum in Pisano Athenaeo Aristotelicae et Platonicae philosophiae professoris, indu stria delineata, additis supplicationibus pro infirmis, Genuae, typis Io(annis) Ma riae Farroni, anno 1643 [è la prima ediz.]. Superiorum permissu [R.G. Medic. V.1810]
All’inizio dell’opera compaiono, fra l’altro, i seguenti versi: [26, 1] D(omini) Io(hannis) Battistae [sic] Merelli122, oloris Rapalligenae Di sacra medicina 122 Giovanni
Battista Merello (Merellus), genovese (sec. XVII): cf. Oldoini 326 ss.
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5
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25 – 27
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compar al mondo idea, che fra’ tesori de la sua dottrina medico universal nel sen chiudea. E à l’universo cara fia ben tal gemma pretiosa, e rara, ch’esser merta stimata sour’ogn’altra ben ricca in or legata. Ne crederà chi crede a la mia penna, ch’Auerroe, o Auicenna, o Empedocle, od Hippocrate, o Galeno chiudesser mai sì ricche gemme in seno.
[26, 2] Ad m(emoriam) r(everendi) p(atris) Io(hannis) Baptistae Alberti123, Congr(egationis) Som(ascae) multiplici librorum editione conspi cui. Ad Hieronymum Bardum virum eruditissimum, pro suo libro, cui titulus est Medicus politicus catholicus Decastichon [distici elegiaci]
5
10
Pharmaca qui norit miscere salubribus herbis morboque implicitos Paeonis arte leuat, innumeris fertur super aethera laudibus isque demissus similis creditur axe Deo. Tu, qui mellifluos effundis ab ore liquores, queis reparet vires mens male sana suas, quonam exorneris titulo? qua laude? fatebor dicamque extemplo quae mihi Apollo iubet: «Est in vtroque labor par, non par gloria: maius te manet et sequitur, Barde diserte, decus».
[27] BARIGAZZI Iacopo (Iacopo Berengario, Iacomo da Carpi) (Carpi 1460 ca.-?): cf. AGL 1 c. 986; Mazzuchelli 2, 2, 917 ss.; BL 1, 471; DBI 6, 360 ss. a cura di Tiziano Ascari e Mario Crespi. Carpi Commentaria cum amplissimis additionibus super anatomia Mundini, vna cum textu eiusdem in pristinum et verum nitorem redacto [colofone finale (p. CCCCCXXVIIv) Hic finiunt commentaria cum digressionibus amplissimis una die compositis, altera uero sub impresso+ocudine positis [il segno + indica che in quel 123 Giovan Battista Alberti, chierico regolare della Congregazione somasca, predicatore, attivo verso la metà del sec. XVII: cf. AGL 1 c. 195; Oldoini 309; Mazzuchelli 1, 1, 305.
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punto la carta è scomparsa], auctore eximio artium et medicinae doctore domino magistro Iacobo Berengario Carpensi, chirurgiam ordinariam in almo Gymnasio Bononiensi docente, anno Virginei partus 1521; impressum Bononiae per Hierony mum de Benedictis pridie Nonas Martii 1521] [è la prima ediz.]. Nella parte sup. del frontespizio compare lo stemma dei Medici col triregno sopra e, ai lati, la dicitura Leo p(apa) X 27[R.G. Medic. IV.2011] Alla fine dell’opera (pp. CCCCCXXVIv-CCCCCXXVIIv) compaiono i seguenti versi:
[27, 1] Ludouicus Bucca Ferreus124 Bonon(iensis), artium et medicinae doctor, ad Carpum [distici elegiaci]
5
Quae modo discerptos miseris mortalibus artus tecum ope certabat restituisse pari [ut vid.], hic cessit Natura tibi: non aequa potestas illi erat in paruas membra secare notas. Ipsa quidem in penitis orditur cuncta latebris: at tuus haec eadem reddit aperta liber. Iure illam superas, subitae dum infirma saluti reddis et ex Orco mortua busta trahis.
[27, 2] Vergilius Hierardus, artium et medicinae doctor Bon(oniensis), Iacobo Carpo salutem [esametri dattilici]
5
10
Quaenam, Carpe, ingens pietas, quis te impluit ardor, grande senis Choi decus, et Podalyria proles, ut iam iam expirantem animam atque extrema loquentem Mundinum eripias l[o]eto ac pallentibus umbris? Me miserum, qualem uidi quantumque decoris antiqui exutum heroa et plura aspra gerentem vulnera, quae [ut vid.] studio intulerit pater ante fideli, internam125 dum forte hominis mollem ense recludens, spectaret Naturae opus et secreta latentis. Ille ergo es, bone Carpe, ille es, cui plurima cantent
124 Ludovico Boccadiferro, medico bolognese (Bologna 1482-ivi 3/5/1545): cf. AGL 1 c. 1443; Mazzuchelli 2, 3, 1372 ss.; Mazzetti 58 n° 510; DBI 11, 3 s. a cura di Antonio Rotondò. 125 Manca il sostantivo con cui internam dovrebbe concordare: si potrebbe congetturare partem in luogo di forte.
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27 – 27, 4
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Renigeni126 partes uota ac laudata iuuentus Galeni: nam ciuem illis, huic nempe magistrum seruasti, hic gemina unius tibi gloria facti.
[27, 3] Dominicus Fonteius, artium et medicinae doctor, ad lectorem [distici elegiaci] I, liber, in medicas acies: accincta triumphis laurea et e medica gloria substat ope. Per te nosse licet minimum quaecunque [ut vid.] figurat Natura humano corpore cuncta regens, 5 rupta queas127 conuulsa suis distinguere transtris128, procidit utque oculus, uulua, secunda129 sedet, et morbi quoscunque locos, tu praeuius offers Naturae cunctos clarius archetypos. Vise patrem patriae Medicem, quem serta sereno 10 vultu suspiciunt enthea Pontificum130, huius ut humanis animus praefulget habenis, Paeonios pariter transgrediere choros.
[27, 4] Io(hannes) Marius Quernus Bagnonen(sis) ac Regien(sis), artium et medicinae doctor131, candido lectori et d(omino) Gaspari Adoardo [distici elegiaci]
5
Quicquid Aristoteli rerum sapientia debet, inuentum Carpo debet Apollineum. Ille sophos priscis132 melior compleuit et auxit: compleuit medicum Carpus et auxit opus. Si bene pro meritis titulum concesseris, ille Naturae princeps, hic medicae artis erit.
126 Intendi: “i tuoi conterranei”, con allusione al luogo di nascita di Berengario, presso il fiume emiliano. 127 Queas dipende forse da licet di v. 3 (“è possibile che tu sia in grado; sei certamente in grado”). 128 Si tratta, con ogni verosimiglianza, del tavolo anatomico. 129 Il termine va forse inteso nel senso di secundae “la placenta”, divenuto singolare per motivi metrici. 130 Allusione a Leone X Medici: cf. supra il frontespizio, dove compare lo stemma del suddetto pontefice. 131 Mario Querno, medico di Bagnone (prima metà del sec. XVI): cf. Gerini 2, 206 s. 132 Sc. temporibus.
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CARMINA MEDICALIA
[27, 5]
Andreas Bonatius lectori [distico elegiaco] Quos Natura dedit, quos artus docta uetustas obscure scripsit, nobile signat opus.
[27, 6]
Idem [distici elegiaci] Spernebat Natura uiros atque horrida monstra multa dabat, formam perdideratque hominum: membrorum hinc medicos numerus, loca, flexus et ordo, congeries, ortus, uix latuere nouos. Nunc decus heroum Medices133 ingentia Carpi Naturae et medicis munera constituit.
5
[27, 7]
Idem [distici elegiaci]
Obstabant latebrae dictis, socordia patrum, membrorum ut series cognita nulla foret: en Medices Carpum tibi tradere docta iuuentus iussit opus, sacro numine perspicuum. 5 Corripit hinc ueterum mendas confusaque rerum nomina clara facit. Perlege: cuncta patent.
[28] BARTHOLIN Thomas sr.134 (Copenaghen 20/10/1616-Hegestedt 4/12/1680): cf. AGL 1 cc. 820 ss.; BL 1, 356 ss.; DBL 1, 564 ss.; Eckstein 28; Pökel 14. 133 Evidente
gioco di parole tra i Medici e la medicina. quanto riguarda i rapporti di parentela tra i diversi componenti della famiglia Bartholin, può essere utile il seguente prospetto (la fonte è DBL): – Bertel (1614-1690), figlio di Caspar sr., p. 550 s. – Caspar sr. (1585-1629), pp. 551 ss.; vd. anche infra 225 n° 4. – Caspar jr. (1655-1738), figlio di Thomas sr., pp. 557 ss. – Christoffer (1657-1714), figlio di Thomas sr., p. 560 – Hans (1665-1739), figlio di Thomas sr., pp. 560 ss. – Rasmus (1625-1698), figlio di Caspar sr., pp. 563 s. – Thomas sr. (1616-1680), figlio di Caspar sr., pp. 564 ss. – Thomas jr. (1659-1690), figlio di Thomas sr., pp. 573 ss. – Thomas (1690-1737), pp. 575 s. 134 Per
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27, 5 – 28, 1
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Th(omae) Bartholini De medicina Danorum domestica dissertationes X cum eiusdem vindiciis et additamentis, Hafniae, typis Matthiae Godicchenii, sumptibus Petri Haubold Acad(emiae) bibl(iopolae) anno 1666 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.171]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [28, 1] Incomparabili viro, d(omino) Thomae Bartholino, regio professori honorario, medicae Facultatis decano, Academiae p(ro) t(empore) rectori magnifico, Dissertationes de medicinâ Danorum indigenâ edenti, Wilhelmus Worm135, Olai f(ilius), in Acad(emia) Hafn(iensi) medicinae et phys(icae) prof(essor) reg(ius) [distici elegiaci] Quisquis es ô patriae contemnere munera svete et cui non possunt nata placere domi, huc animum mentemque refer et suspice gratus, prodiga qvas ultra Dania fundit opes. 5 Si gratis medicina datur, qvid spernis ine[m]pta136? qvid turbans censum trans mare carpis iter? qvid, stulte, Eoas libitum est invisere gentes et noster Boreas qvae tenet Indus habet? Et nunc Barthlinus nobis haec otia fecit137: 10 pendet ab arbitrio res pretiosa tuo. Qui morbi, tum quae rursus medicamina nobis nataque cum morbis sit medicina domi, qvas epulas longo super infert ordine mensis Danus, et, ut patriâ provocat arte gulam, 15 tum Cereris succos et qvas vel pauperis horti incola delicias mella reponit apis, omnia tam paucis narras, Barthline, pagellis, qvae mare, qvae terrae, flumina, prata ferunt et, cum dixisti qvae noster continet Orbis, 20 plura tamen magni pectoris orbe138 tenes.
* * * 135 Willum Worm (Copenaghen 11/9/1633-17/3/1704): cf. AGL 4 c.2075; BL 5, 995 s.; DBL 19, 200 ss. ����������������������������������������������������������������������������������� Egli era figlio di Ole Worm, erudito, medico e teologo danese (Aarhus 13/5/1588-Co penaghen 31/8/1654): cf. AGL 4 cc. 2074 s.; BL 5, 995 s.; DBL 19, 186 ss.; Eckstein 626; Pökel 308. 136 Sic: sarà refuso per inepte (sia che si tratti del vocativo che dell’avverbio). 137 Evidente riecheggiamento virgiliano (ecl. 1, 6). 138 Si noti il gioco di parole tra Orbis di v. 19 e orbe di v. 20.
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[29] Thomae Bartholini Historiarum anatomicarum rariorum centuria I et II, Hafniae 1654, typis Academicis Martzani, sumptibus Petri Hauboldt bibl(iopolae) [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.173]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [29, 1] Viro incomparabili Thomae Bartholino, med(icinae) doctori et p(rofessori) p(ublico), novum opus edenti [distici elegiaci] Excutiat Natura sinum: qvae denique restant, Barthline, auspiciis non patefacta tuis? Omne patet coelum, series patet abdita rerum omnis et arcanis symbola clausa notis. 5 Te duce nil terris fas est mortale recludi, nil pigro abstrusum delituisse situ. Te duce, qvicqvid obit, qvicqvid lethale per Orbem pullulat, ad vitae semina prima redit. Te Medicina ducem, sibi te facundia poscit: 10 illa sibi totum flagitat, ista sibi. Ingenio, rerum per amoena, per aspera ferris materiesque arti non placet una tuae: sive Machaoniae lassarunt vulnera vires, seu tenerum blando concinis ore melos, 15 seu pubescentum decus et nova gloria campi, a te Flora suas qvaerit et auget opes, seu relegens patriae passim miracula terrae condis inexhaustae nobile mentis opus, ille tuus, qvicqvid Natura recluserit, aut ars, 20 eruit, ingenio suppeditante, labor. Qua gradimur, monumenta tui fructumque laboris aspicimus: qvicqvid discimus omne tuum est. Sic borea poteris gelidaque habitare sub Arcto qvaqve patet mundum demeruisse tibi: 25 iamque adeo nullos nescit tua fama recessus, magna licet, meritis sic qvoqve fama minor. Illa per immensum vastis ambagibus Orbem cum socio pridem sole peregit iter, vtque alibi levis ire comes sublimibus ausis 30 et raro magnis parcere livor amet, te plausus, te deliciae, te vota bonorum, te favor et patriae publicus ambit amor. Salve, magne decor mundi, ter amabile sidus
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et nostro exortum grande sub axe iubar: per te prisca fides, per te felicia surgunt secula et auspiciis invaluere tuis. Musa tenet sceptrum, terras Astraea revisit, priscum barbaries nil nisi nomen habet; osculaque alternis Themis et Clementia libant et graditur socia cum Pietate Fides. Haec scriptis calamoque probas, haec exprimis ore visque tuis similes moribus esse libros. Dî tantum servate decus! domus inclyta crescat et gemat hoc raptum non nisi sera caput. Qvi nondum pictis prima lanugine malis paene puer scripsit qvae stupuere senes, qvi iuvenis, qui vir, cunctas percensuit artes, nescio qvid faciet: sit tamen oro senex.
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V(itus) Bering, reg(ius) historicus139
* * * [30] Thomae Bartholini Historiarum anatomicarum et medicarum rariorum cen turia V et VI. Accessit viri clarissimi Ioannis Rhodii140 mantissa anatomica, Ha fniae, typis Henrici Gödiani, reg(ii) et Acad(emici) typogr(aphi), sumptibus Petri Hauboldi bibl(iopolae) 1661 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.175 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [30, 1] Viro celeberrimo Thomae Bartholino, medicinae doctori et p(rofes sori) p(ublico), Facultatis decano, novum opus edenti [distici elegiaci] Qvicqvid mortalis fingit solertia curae vel Natura suo parturit alma sinu, exequitur paribus felix industria scriptis, quae pridem mundum demeruere sibi. Aonidum immortale decus, Barthline, sororum ingenio qvantum secula nostra beas! Per te Parrhasiis Helicon conscenditur oris, barbara nec posthac Graecia Delon habet.
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139 Vitus
Bering (1617-1675), poeta e storico: cf. AGL 1 cc. 998 s.; DBL 2, 120 ss. Rhode (Rhodius), medico ed erudito danese (Copenaghen 1587-Padova 24/2/1659): cf. AGL 3 cc. 2051 s.; BL 4, 786; DBL 14, 77 s.; Eckstein 469; Pökel 224. 140 Johannes
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Tu coelum et terras scrutaris et excutis undas; qvicqvid et est terras inter et inter aqvas imus et immensum per te transmittimus aequor, qua patet et laxis finibus Orbis abit. Sis felix nostri florentis adorea secli, spectatum terris coelicolisque caput. Gratia si superest gestis bene, si quis141 amoris, si fidei restat, si pietatis honor, iam mox venturis oriere nepotibus astrum nec metues, mundo non pereunte, mori.
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V (itus) Bering142
* * * [31] Thomae Bartholini De nivis usu medico observationes variae. Accessit d(omi ni) Erasmi Bartholini143 De figura nivis dissertatio cum operum authoris catalogo, Hafniae, typis Matthiae Godicchii, sumptibus Petri Haubold bibl(iopolae) 1661 [sembrerebbe la prima ediz.] [R.G. Medic. V.175 (3)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: 30, 1 [31, 1] Amplissimo et celeberrimo viro d(omino) Thomae Bartholino me dico, professori et decano, suum de nivibus tractatum edenti [distici elegiaci] Profer io, Barthline, nives. Haec denique restat materies scriptis non aliena tuis: non qvas astrictis iaculantur sidera campis, bruma pruinosis dum riget hirta comis, frivola et ad subitum nascentia pabula lethum ilicet ad primos interitura notos, sed niveas candoris opes, tua munera cordis et non fucati pectoris omne decus, hic ubi sinceri posuere cubilia amores, qvo Charis atque habitat Gratia trina loco. Ante tuas, Barthline, nives et lilia cordis nigrescit primae nobilitatis ebur. Nigrescit pleno radians argentea vultu Cynthia nec nivea lampade fulget Eos
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141 Sic:
sarà refuso per quid. supra 29, 1. 143 Rasmus Bartholin, medico, figlio di Caspar (Roskilde 13/8/1625- 4/11/1698): cf. supra nota 134. 142 Vd.
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ipseque sordescit vel lacteus humor et inter pennatas volucres non bene candet olor. Te nivei mores, te fraudibus invia semper integritas nullos nectere certa dolos, te candor simplex et amans constantia recti, te Charis et Pietas ambit et alma Fides, qvalis erat mundi facies, qvum candida virtus incoleret vitio non prohibente solum, qvum nondum infames foedassent crimina terras vosque atrae fraudes artificesque doli, sed puros discincta sinus porrectaque frontem regnaret socia cum Pietate Fides. Vive diu, vir summe, et, quod facis, instrue terras hinc castis vitae moribus, inde libris immersumque adeo sceleratis fraudibus Orbem si nequeas doctum reddere, redde pium.
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V(itus) Bering144
* Alla fine dell’opera compaiono i seguenti versi: [31, 2] De Thoma Bartholino Balthassar Bonifacius145, archidiaconus Tar visinus, lib(ri) VII Musar(um) n. 150 [distico elegiaco] Huius scripta viri quicunque recenset et annos, tot poterit libros, quot numerare dies.
* * * [32] Thomae Bartholini Cista medica Hafniensis, variis consiliis, curationibus, casibus rarioribus, vitis medicorum Hafniensium aliisque ad rem medicam, anato micam, botanicam et chymicam spectantibus referta. Accedit eiusdem Domus ana tomica brevissime descripta, Hafniae, typis Matthiae Godicchenii, impensis Petri Hauboldi bibl(iopolae) 1662 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.172 (1)]
144 Vd.
supra 29, 1. Bonifacio (Crema 5/1/1585-Capodistria 17/11/1659): cf. AGL 1 c. 1233; Mazzuchelli 2, 3, 1644 ss.; DBI 12, 192 s. a cura di Lovanio Rossi; Eckstein 55 s. Questi versi compaiono in Balthasaris Bonifacii Musarum pars prima, Venetiis 1646, VII, n° 150, p. 286. 145 Baldassarre
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All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [32, 1] Amplissimo et celeberrimo viro, Danorum regis professori honora rio, Thomae Bartholino [distici elegiaci] Sic stellas olim Phoebe, sic lumina Titan orbibus irradiant inferiora suis: tu medicae, Barthline, artis tot nomina laudas, complexus titulis id decus omne tuis, et numeras vivos, et quot vixere priores, ut genio monstres par nihil esse tuo.
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Vitus Bering146
* Si tratta di un’opera estremamente interessante in cui Bartholin par la dei suoi colleghi medici danesi e, tra l’altro, delle loro sepolture, delle iscrizioni sepolcrali e dei versi a loro dedicati. Riporto tutti i versi presenti nel lavoro. [32, 2] pp. 19-20 = loculus II: Prophylacticum consilium antipestilentiale ad cives Hafnienses scriptum a d(omino) Petro Capitaneo [vd. infra], medico regio et profess(ore) publ(ico), anno Christi 1553 (p. 12) Epitaphium. In sacello Rochii Hafniae in templo d(eiparae) Virginis. Natalium splendore, virtute et doctrina ornatissimi viri domini Petri Capitanei147, Zelandi Mittelburgensis medicinae doctoris eximii et archiatri in Dania, numerus anni mensis diei et horae obitus: [distici elegiaci] OCCVbVIt fatIs CapItaneVs, aLta MICaret IanI seXta VbI LVX horaqVe nona foret148. Non dispar medica Capitaneus arte Galeno 146 Vd.
supra 29, 1. Cape(i)teyn (Middelburg 1511 o 1513-6/1/1557): cf. AGL 1 c. 1644; BL 1, 822; DBL 3, 353. 148 Effettivamente dal calcolo delle cifre romane maiuscole si ricava l’anno 1557 e dal v. 2 la data precisa del giorno: 6 gennaio all’ora nona. 147 Pieter
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Petrus in hoc tumulo post sua fata cubat. Qvi qvantus fuerit scit Lovaniense Lycaeum et schola cui Paridis nomen inesse ferunt. Extulit hunc plenis formosa Valentia149 baccis doctorisque illum iussit habere decus. Urbs qvoqve Vernovio150 stupuit vicina docentem nec non aeqvoreis Hafnia cincta vadis. Saepius hic tristi morborum turbine regem exanimem vitae reddidit ille suae. Octo decemque fere cum coniuge vixit in annos, viderit ut similem vix pietate sibi. Ter tribus at tandem lustris sine labe peractis sistitur aethereo morte necante polo.
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Antonius Baldersleben, sang(uine) c(oniunctus), f(ecit)
[32, 3] pp. 70-73 = loculus VII: Vita d(omini) Iohannis Francisci [vd. infra], med(ici) p(rofessoris) p(ublici), ex programmate rectoris Academiae Hafniensis 6 Iul(ii) anni 1584 (p. 68) Epitaphium eiusdem in templo d(eiparae) Virginis. Ornatissimo viro doctrina, pietate, virtute atque prudentia, excellenti domino Iohanni Francisco Ripensi151, Facultatis medicae doctori eximio, poëtae atque musico summo, dulcissimo mari to, qui aetatis 52 anno Christi vero 1584 die 4 Iulii ex vita hac migravit. Uxor moe stissima, Laurentii filia, postqvam cum eo in sancto ac placido coniugio 23 annos vixisset et ipse in Academia hac annis 24 fideliter et cum auditorum fructu docuis set, ad posteritatis memoriam monumentum hoc fieri curavit. Doctissimo et humanissimo viro domino Iohanni Francisco Ripensi, medicinae Galenicae doctori, poëtae et musico eximio omnibusque bonis charo [distici elegiaci] Si mortale mihi doceat perferre Camoena[s], sique poëtarum vita perennis erit, arte Machaonia decuit qvi primus Apollo, si, Libitina, tuum ius inhibere licet, 149 La
città francese di Valence, dove Capiteyn si addottorò. trovo traccia di Vernovium, mentre esiste Vernonium (la seconda n, letta come u, potrebbe avere ingenerato la grafia Vernouium) e cioè Vernon, città francese a circa 25 km. a nord est di Évreux. Verosimilmente l’urbs....vicina potrebbe essere poprio Évreux. 151 Johann Francisci, medico e poeta (Ripen, Jütland 1532-Copenaghen 4/7/1584): cf. AGL 2 c. 705; BL 2, 594. 150 Non
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musica152 laetitiae genitus convictus amicus153 si sita Parcarum sistere fila qvea[n]t, quaeris in hoc tumulo cur condidit ossa Iohannes Franciscus? curque is concidit ante diem? Qvem Musae et Charites adeo coluere qvod inter praecipuos vates nomen habere darent et cui contribuit facundi cura Galeni conspicuum154 medica doctor ut arte foret, musica mentem hilarem facilis convictus amicos egregium mores attribuere decus. Ille severa tamen poterat nec flectere fata et multo lustris plus superesse decem. Scilicet est certi praefixus terminus aevi qvem superare neqvit: stat sua cuique dies. Nec mors saeva ulli parcet licet ipse Machaon arte siet155 medica carminibusqve Maro, Orphea seu cantu superet seu Thesea amore: est adeo claris mors inimica viris. Ergo nihil mirum est qvod fatis cessit iniqvis vir qvi perpetuo vivere dignus erat. Forsitan et mores hominum terrasque perosus optabat superis civis adesse diis. Nec frustratus in hoc Christo duce gaudet Olympo: hic sine fine qvies vita salusque datur. Obiit anno 1584 aetatis suae 52. Amicus post fata qvod vivo addixit Tycho Brahe156 f(ecit)
[32, 4] pp. 75-76 = ancora loculus VII: dopo l’elenco delle opere di Johann Francisci compaiono i seguenti versi: 32, 3 Quos amicos in peregrinatione sua habuerit d(ominus) Ioannes Francisci, ipse eleganti carmine expressit ad d(ominum) Iacobum Dalechampium157 152 Forse qui musica è un neutro plurale, inteso come accusativo di relazione: vd. anche infra v. 13. 153 Sc. Johann Francisci: cf. infra v. 13, in cui amicos andrà corretto in amicus. 154 Sic: sarà da intendersi con valore avverbiale oppure sarà refuso per conspicuus (sc. doctor). 155 Si noti la raffinatezza dell’arcaismo. 156 Tyge Brahe (Herregaarden Knudstrup 14/12/1546-Praga 14/10/1601): cf. AGL 1 cc. 1325 ss.; DBL 2, 606 ss. 157 Jacques Dalechamp (Bayeux o Caen 1513-Lione 1/3/1588), medico, botanico, erudito, editore di Plinio sr. e di Ateneo: cf. AGL 2 c. 8; BL 2, 170; DBF 9 c. 1518.
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[distici elegiaci]
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Hac, Iacobe, puto solum me parte beatum, magna Machaonii lausque decusque chori, quod mihi contigerit peregrinis semper in oris ignoto summis posse placere viris. Est nos syncero complexus amore Melanthon158, Leucoreo qvando viximus ante solo. Primus erat studii nostri qvoqve fautor Eberus159, Peucerusque160 meus, gloria prima scholae. Et nos facundo Wilichius161 ore docebat, Odera Marchiacos qva rigat amnis agros. Hinc Heydelbergam veniens peregrinus, amores percepi cupida mente, Secunde162, tuos. Fuchsius163 ingenio, clarus qvoqve Schegkius164 arte, ambo grande tuum, clara Tubinga, decus, protinus ingenuo nos excepêre favore atque voluntatis signa dedere mihi. Et Seccervitius165 qvo nos complexus amore est testantur digitis scripta notata suis. Qvid loqvar, ut studiis nostris, Gupille166, favebas, qua vaga Parisios Seqvana scindit agros? Et Durete167, meae mentis pars altera docte qviqve eqvitis clarum nomine nomen habes, nosti, Rondeletus168, non infimus inter amicos, praestiterit nobis qva bene facta fide: gloria Ῥονδελετός, doctorum prima virorum,
158 Philipp Melanchthon (propriamente Schwarzerd) (Bretten 16/2/1497-Wittenberg 19/4/1560): cf. AGL 3 cc. 388 ss.; ADB 21, 268 ss.; Eckstein 367; Pökel 172 s. 159 Paul Eber, teologo (Kitzingen 8/11/1593-dopo il 1642): cf: AGL 2 c. 260; ADB 5, 529 ss. 160 Kaspar Peucer, medico, matematico e astronomo (Bautzen 6/1/1525-Dessau 25/9/1602): cf. AGL 3 cc. 1475 s.; BL 4, 579; ADB 25, 552 ss. 161 Jodocus Willich (Wilcke, Wilke, Wild), professore di letteratura greca e medico (Resel 1501-Lebus 12/11/1552, di peste): cf. AGL 4 cc. 1996 s.; BL 5, 946; Eckstein 619; Pökel 303 s. 162 Si tratta con ogni verosimiglianza di Peter Lotichius Secundus: vd. infra 153, 1 tit. 163 Vd. infra n° 104. 164 Vd. infra n° 198. 165 Johann Seckerwitz, poeta (Breslau 1520 ca.-dopo il 1582): cf. AGL 4 c. 463; ADB 33, 524 s. 166 Vd. infra n° 87, 1, nota 865. 167 Louis Duret (Ludovicus Duretus), medico di Carlo IX ed Enrico III di Francia (Bâgela-Ville 1527-Parigi 22/1/1586): cf. AGL 2 cc. 251 ss.; BL 2, 350 s.; DBF 12 cc. 753 s. 168 Guillaume Rondelet (Rondeletus), medico francese (Montpellier 27/9/1507-ivi 30/7/1566): cf. AGL 3 cc. 2209 s.; BL 4, 871.
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qvosqve169 Machaonia nomen ab arte ferunt! Huius ego doleo me consvetudine cassum, noster in immensum cresceret atque dolor, tu nisi me doctis relevares sponte loqvelis, hic ubi cum Rhodano flumina iungit Arar. Qvid cum discedens istis qvoqve tristis ab oris ereptum mihi te flens, Iacobe, qverar. Spes erit antiqvos cernendi forsan amicos, quos alit in variis patria terra locis, Morsianus170 doctus clarusque Hemmingius171 ore ingens Daniaci gloria uterque soli. Qva licet hunc nostrum sedabunt parte dolorem, et reliqvi qvorum nomina Musa tacet: ast humanarum cum sit mutatio rerum talis, tu nostri sis memor atque vale.
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[32, 5] pp. 116-118 = loculus XII: Vita d(omini) Petri Severini [vd. infra], ex programmate rectoris Academiae Hafniensis (p. 114). 32, 4 D(eo) o(ptimo) m(aximo) a(men). Celebritatis splendore et immortali memoria viro longe dignissimo d(omino) Petro Severini172 Rip(ensi), phil(osopho) ac medi c(o), mira excell(entia) aliarumque scientiarum et virtutum praestantia omnib(us) ordinib(us) summe charo, duor(um) pot(entium) regum Dan(orum), patris et filii, archiatro, can(onico) Rosch(ildensi), qui in sacello postico cum lectiss(ima) co niuge et liberis sepulchro et epitaphio honoratur, tabellam hanc perpetui sui desi derii testem [distici elegiaci] Occidit heu! toties tua qvi victricibus armis, mors, celeri docuit cedere tela fugae. Invicto ast animo victus mortalia morti liqvit et aethereis haud peritura choris. Proelia sic victo victrices dura trophaeos173 et coelo atque solo constituere decus.
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169 Sic:
sarà refuso per quique. tratta forse di Joachim Morsius, teologo (3/1/1593-dopo il 1642): cf. AGL 3 cc. 690 s.; ADB 22, 327 ss. 171 Nicolaus Hemmings, teologo (22/5/1513-23/5/1600): cf. AGL 2 cc. 1484 s.; ADB 11, 724 s. 172 Peder Sørensen (Petrus Severinus) (1542-28/7/1602, di peste): cf. AGL 4 c. 540; BL 5, 350 s.; DBL 17, 60 ss. 173 Sic: sarà il caso di emendare in victricia dura trophaea: cf. p.es. Minucio Felice, Oct. 29, 7 tropaea vestra victricia etc. 170 Si
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Illic astrigenas174 inter victure cohortes perpetuum hic vivo nomine, Petre, clues: quae vita interiit fuit haec melioris origo grataque supremo est reddita praeda Deo.
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P(osuit) anno 1615 mens(e) Novembr(e)
[32, 6] pp. 118-120 = ancora loculus XII Clarissimo, praestantissimo viro Petro Severino Ripensi, ph(ilosopho) et med(i cinae) d(octori), ser(enissimorum) reg(um) Dan(orum) divi Friderici II et r(egis) Christiani IV archiatro, charo canonico Roschildensi, Vniversitatis Hafn(iensis) in iuvent(ute) professori et in senectute destinato, et honoratae matronae Drudae Thor Smede [p. 121: Thorschmeden] coniugi ac quinque liberis sepulturae com missis, qviete hic una fruentibus [distici elegiaci] Condita sub placido senserunt funera recto175 heu nimium immitis tetrica iura necis: perpetua dignum vitali sustulit aura (artis Apollineae gloria summa!) virum Pieridumque iubar, nulli hac aetate secundum, ut monumenta dabunt utque dedere fidem. Femineae virtutis honos, pietatis ocellus coniunx, fata seqvi dura coacta fuit. Aemula pars stirpis, qvoqve proles qvina, parentum spes magna occubuit, sorte subacta pari: qvid meritos luctus solabitur? inclyta coeli gaudia, qvae meritis sunt data, Christe, tuis. Exuvias etenim qvas hospita continet urna sacratas, vitae reddet aperta novae.
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[32, 7] pp. 137-141 = loculus XIII: Vita d(omini) Andreae Lymuici176, me d(icinae) prof(essoris), ex programmate rectoris Academiae Haf niensis, d(omini) Ioh(annis) Paul(ii) Resenii177.
174 Sic:
forse refuso per astrigeras. si tratterà di refuso per tecto. 176 Andreas Lymuicus (Lemvicus), medico danese (Lymwick 8/10/1538- Copenaghen 6/5/1603, anche se l’epigrafe indica il 3 maggio come data della morte): cf. AGL 2 c. 2623. 177 Hans Poulsen Resen, teologo (2/2/1561-Seeland 14/9/1638): cf. AGL 3 c. 2022; DBL 14, 2 ss. 175 Sic:
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Epitaphium in templo b(eatae) Virginis, extra chori partem borealem. Christus caro, gramen et omnis gloria hominis quasi flos graminis. D(eo) o(ptimo) m(axi mo). Reverendis et clarissimis viris, animorum candor(e), integritate pietatis, stu dio, doctrina, prudentia, modestia et multo rerum usu praestantibus, Iacobo Mat thiae Arhusiensi et Andreae Lymuico Cimbro, viam universae carnis ingressis, qvorum ille Latinam, Graecam et Hebraeam lingvam et s(anctissimam) theologiam publice in Academia huius oppidi fideliter et feliciter docuit, hic medicinae artem in hoc regno exercuit tandemque in regis Gymnasio annis fere 26 professus. Vterque doctor[e] laurea ornatus, sanctissimis moribus praeditus, de re literaria et studiis adolescentiae bene meritus, munus suum magna cum nominis et famae gloria sustinuit. Dorothea uxor viri amantissima et soror fratris cariss(imi) monu mentum hoc pro tempore multis cum lacrymis posuit, Andreae Lymuici, medici nae doctoris et professoris, qui excessit e vita anno salutis humanae 1603 die Maii 3 cum vixisset annos 67 Epitaphium 32, 7 [distici elegiaci] Paeonia celebris Lymuicus in arte magister Andreas, aegris cura salusque viris, qvi potuit varios aliorum tollere morbos, iatrica multos qvi bene iuvit ope, non potuit proprium medicus depellere morbum proditus insidiis, Parca maligna, tuis: occidit in viridi vitae satur ipse senecta et fractum curis mors violenta tulit. Cimbria natales huic patria praebuit ortus, ad maris occiduas subsilientis aqvas. Hic Christum tene[b]ris cognoscere coepit ab annis et Latio didicit parvulus ore loqvi. Ad nostras maior factus devenit Athenas, hic ubi stant Clariae regia tecta scholae, praebuit attentas ubi praeceptoribus aures, qvos coluit studio religione fide. Ingressus Latium178 Troiani Antenoris urbem qvaeqve natant mediis moenia vidit aquis. Felsina visa huic est urbs visaque Roma superba et qvicqvid tota claret in Italia. Doctoris titulum Phoebo Basilea monente contulit ad Rheni praetereuntis aqvas. Tractantem audivit multas schola publica messes Hippocratis libros Pergameique senis. Defunctum lugent pietas probitasque pudorque179
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25 178 Sic: 179 Si
sarà refuso per Latiam. noti la triplice allitterazione.
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et qvos saepe sua fovet amicus ope. Corporis exuviae tumulo conduntur et ossa: spiritus in Christi vivit agitque sinu. Amico incomparabili et collegae, ob animi 180, inte gritatem morum et singularis doctrinae elegantiam addictissimo, Nicolaus Theophilus181, amicus et collega, memoriae causa dolens faciebat
* * * [33] Thomae Bartholini Anatome ex omnium veterum recentiorumque observa tionibus, inprimis Institutionibus b(onae) m(emoriae) parentis Caspari Bartholi ni182, ad circulationem Harveianam et vasa lymphatica, quartum renovata, cum iconibus novis et indicibus, Lugduni Batavorum ex officinâ Hackiana 1673 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.2479] [Tav. I]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [33, 1] Thomae Bartholino d(omi)n(o) de Hagested, luculentum Anato miae opus edenti [distici elegiaci] Pone modum calamo: satis est, Barthline, laborum et via, qua possis surgere, nulla patet183. Fama tibi totum iam pridem colligit Orbem et seclum scriptis pignerat omne tuis. Vtere concessis a regibus utere donis, quaeque negasti aliis otia, redde tibi: sat scripsit, cui scripta Orbi, cui didita Famae computat aeternos bibliotheca dies.
5
Vitus Bering184
180 Vd.
supra il testo dell’epigrafe sepolcrale. Theophilus (1541-1601), giurista e diplomatico: cf. AGL 4 cc. 1122 s.; DBL
181 Nicolaus
17, 170 s. 182 Caspar Bartholin sr., padre di Thomas sr. (Malmø 12/2/1585-13/7/1629), medico e teologo: cf. DBL 1, 551 ss. Vd. anche supra nota 134 e infra 225 n° 4. 183 L’espressione va intesa nel senso che ormai Bartholin ha raggiunto l’apice della fama. 184 Vd. supra 29, 1.
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[33, 2]
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In effigiem Th(omae) Bartholini [distici elegiaci] Sic Bartholini, sic ora Machaonis exstant, Hafnia quo medico tota superba viro. Clarescat, vitam qui servat in hoste, Macedo: hic ex dissecti corpore civis ovat185.
[33, 3]
Io(hannes) L. Blasius186
Aliud eiusdem [distici elegiaci] Haec tibi Naturae produnt miranda pagellae, quae Thomas oculis viderat ipse suis. Vera putes, quae vera putat non credulus: illis si voluit Thomas credere, crede viro.
[33, 4] Incomparabili anatomico et archiatro regio, d(omi)n(o), d(omino) Th(omae) Bartholino, rectori Academiae Hafniensis magnifico et professori honorario, Anatomiam suam quartâ iam curâ auctam edenti [distici elegiaci]
5
Sic capit Oceanus nec reddere segnis easdem gurgite continuo fundit et haurit aquas. Sic indefessus Titan lustrator Olympi perpetuum aetherias itque reditque vias; sic rerum Natura parens non deficit ullam, qua beet humanum dote benigna genus. Tu tantos, Barthline, duces imitaris et Orbi sufficis aeternâ luce perenne decus,
185 L’espressione va intesa nel senso, che, mentre Alessandro Magno ha dato prova della sua generosità risparmiando la vita ai nemici, Bartholin celebra il suo trionfo aprendo il corpo dei suoi concittadini. 186 Joan Blaes (Blasius), giureconsulto (13/4/1639-dicembre 1672): cf. AGL 1 c. 1127; NNBW 2 cc. 176 s.; Aa 2, 1, 599 s. L. sta per Leonardszoon “figlio di Leonard”: infatti Joan era figlio di Leonard e fratello di Gerardus, medico e anatomista (1625-1692) per cui cf. NNBW 7 cc. 138 s.; Aa 2, 1, 598 s.
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quosque187 recepisti foecundo pectoris alveo non nisi cum grandi foenore reddis opes. Et citius sese Natura unaque relinquent gramina humum, Oceanum fluctus et astra polum, quam tua destitui mundum patietur hiantem mentis inexhaustae prodigiosa penus. At iustas, vir summe, tibi quis solvere grates et vel pro meritis verba referre potis? Post Donatoris miracula prima supremi atque creatricis munera dia manus, cui nulla in nostro non se pars corpore debet compagemque refert machina tota suam, huc ades ô quisquis propius te nôsse laboras et quidquid pectus subtus et intus alit. Turpe alio sub sole sitas percurrere terras, in patria degas si peregrinus humo. Quid iuvat extremas immensi invisere metas Orbis et haud proprium visere velle sinum? Collige regales sumtus, miracula mundi, piscinas, thermas, templa, theatra, vias et quae cinxerunt septem palatia montes, rostra, fora et ductos per loca mille lacus, quidquid et externis accitae latius oris artificum innumerae composuere manus. Cuncta diu quum contuleris, (concedite), moles, quas minima immensas vincit opella, feres: non ebore aut saxo variove expressa metallo, non cerae et digito debita forma levi, effigies sed coelesti quae pollice facta quaeque creatorem monstret imago Deum. Nil sibi Phryx, nihil inde Libys, nil Dalmata possit, nil queat inde Lacon dicere iure suum nec Polycleteos huc Phidiacosve labores, Lysippive vocem Praxitelisve decus. Nil unde Antipater Calamisve Acragasve priorve mentor habent laudis, nil trahit unde Myron, sive quis auctoris mirari discupit artes, materie seu quis nobile censet opus sensibus hîc longe lassatis, denique captum complecti discat nil potuisse suum. Attamen aetheria ut monstretur origine, summâ Barthlini hîc curâ fabrica tota patet.
10
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187 Sic:
sarà refuso per quasque (cf. opes di v. 10).
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Hoc reserante suos aperit Natura recessus, Naturae et reliquae totius instar, homo. Quidquid et arcanum fuit ignotumve priorum ingeniis, praesens explicat omne liber. Quin rivos sequor ipse meos et mille meatus, memet ut ex ipso noscere fonte queam. In cute quis lateam, doceant hae rite tabellae et, quas progenuit quaeque tabella, notae. Cedite Apelleo ductu formata deorum oraque mendaci reddita clara manu, quos Venus et Mavors, quos Ira, Metusque Dolorque, cernimus hîc amplos incoluêre Lares. At simul inspicimus, Pietas sociataque Virtus purgatas possent quas habitare casas. Ioh(annes) Hopnerus188
[33, 5] Venerando parenti Th(omae) Bartholino, Anatomen quartum reno vatam edenti 33, 4 [distici elegiaci]
5
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Ergo tot Hippocrates, tot nomina clara deorum cedite: nam Phoebum tempora nostra ferunt. Panditur aeternis facilis Natura libellis totaque per partes scribitur illa novas. Magne parens, tibi debentur ventura nepotum secula, quem proprio nomine Pallas amat. Te duce iam reserata videt sua viscera pectus et quicquid latuit, te praeeunte, patet. Lympha fluit lactisque novo decurrere rivi fonte sciunt: prostant his elementa libris. Vive per aeternos operum famaeque triumphos, ut iactent titulos secla futura tuos. Casparus Bartholinus189, Thom(ae) fil(ius)
188 Johan Hopner, letterato ed erudito (Copenaghen 6/3/1642-Brystyge 20/6/1675): cf. DBL 8, 70. 189 Caspar Bartholin jr. (1655-1738), figlio di Thomas sr.: cf. DBL 1, 557 ss. e supra nota 134. Al v. 8 congetturerei anteeunte in luogo di praeeunte.
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33, 4 – 34, 1
[33, 6]
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In effigiem parentis [distico elegiaco] Sic patris ora micant senium minitantia vultu, sed manet aeterni florida fama viri.
[33, 7]
Christoph(orus) Bartholinus190, Thom(ae) fil(ius)
Ad parentem [distico elegiaco] Dum totum renovas hominem reserasque recessus, ecce novum toto panditur Orbe decus.
Thomas Bartholinus iunior191
* * * [34] Thomae Bartholini Acta medica et philosophica Hafniensia anni 1673, figuris aeneis ornata: volumen II, Hafniae, sumptibus Petri Haubold, Acad(emiae) bibl(io polae), typis Georgii Gödiani, typ(ographi) reg(ii), 1675 [è la prima ediz.] [Stamp. Barb. M.VII.41]
All’inizio dell’opera compaiono i versi seguenti: [34, 1]
5
[distici elegiaci] Cernitur hoc facilis Naturae gratia libro, scribitur et medici, te duce, docta manus: sed tu, Phoebe parens, rerum compendia mente volvis et hic, qvicqvid parturit Orbis, habes. Nam superat Natura fidem, miracula secli crescunt et cunctis tu mihi maior eris. Quae sparsim boreas, qvae Dania cuncta labore
190 Christoffer Bartholin (1/12/1657-14/4/1714), figlio di Thomas sr.: cf. DBL 1, 560 e supra nota 134. 191 Thomas Bartholin jr. (1659-1690), figlio di Thomas sr.: cf. DBL 1, 573 ss. e supra nota 134.
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colligit, in gryphi192 pectora193 iuncta latent. Vt vigeat tanto fortunae foedere virtus, illam194 homines dicas, hanc195 peperisse deos. 34, 1
10
* * * [35] Thomae Bartholini Acta medica et philosophica Hafniensia ann(orum) 1674, 1675, 1676, figuris aeneis illustrata: volum(ina) III et IV, Hafniae, sumptibus Petri Haubold, Acad(emiae) bibl(iopolae), 1677 [è la prima ediz.] [Stamp. Barb. M.VII.42]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [35, 1] In Acta medica viri incomparabilis, d(omini) Thomae Bartholini, assessoris in supremo Tribunali, regii archiatri et profess(oris) ho norarii, avunculi aeternum suspiciendi [distici elegiaci]
5
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Paeonia aeterno graphio complecteris acta, at tua vix Orbis doctior acta capit. Hoc decus est, vir magne, tuum: nam scrinia qvicqvid doctorum asservant, tu cerebro unus habes. Qvis rigido te unqvam Lysippus duceret aere? in te, qvod magni pendimus, omne latet. Qvod neqvit Orbe capi, sed se pernicibus alis subvectat nomen, parva papyrus habet. Qvi famâ aeternâ glacialem concutis Arcton, qvaqve Europa suos explicat alta sinus, annales, Barthline, imples, ne forsitan orba chartula nominibus palleat ulla tuis.
P(osuit) Paulus Vindingius, Erasm(i) f(ilius)196
* * * 192 Il mitico animale è sicuramente da ricollegare ad Apollo (vd. v. 3): cf. p.es. Servio ad ecl. 8, 27 “grypes genus ferarum in Hyperboreis nascitur montibus, omni parte leones sunt, alis et facie aquilis similes, equis vehementer infestae, Apollini consecratae”. 193 Sic: ma è sicuramente refuso per pectore ed è stato determinato dalla vicinanza di iuncta. 194 Sc. fortunam. 195 Sc. virtutem. 196 Poul Vinding, erudito e consigliere di Stato (8/9/1658-27/3/1712), figlio di Rasmus Vinding (Vinding, Seeland 19/3/1615-Copenaghen 4/9/1684), anch’egli consigliere di Stato ed erudito: cf. AGL 4 c. 1633; DBL 19, 25 ss.; Michaud 43, 571 s.; Eckstein 592.
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[36] Thomae Bartholini Acta medica et philosophica Hafniensia ann(orum) 1677, 1678, 1679; accesserunt figurae aeneae: volum(en) V, Hafniae, sumptibus Petri Hauboldi, Acad(emiae) bibl(iopolae), 1680 [è la prima ediz.] [Stamp. Barb. M.VII.43]
Alla fine del volume, subito dopo la conclusione dell’opera (e della pa rola Finis) compaiono i seguenti versi: [36, 1] Nobilissimo ac celeberrimo d(omino) Thomae Bartholino, avun culo mellitissimo, Actis medicis et philosophicis rem medicam il lustranti [distici elegiaci] Mellifer innumeris exercitus incubat herbis et varias Florae depopulatur opes: omnia pervolitat, salices, thyma, lilia, calthas, narcissos, violas, pendula fila croci; ex varie mixtis mox qvinta essentia stillat et solitum stipat sedula nectar apis. Non dispar, si parva decet componere magnis, est, vir summe, tibi sedulitatis opus: qvicqvid enim callent artes vel pharmaca, lustras, qvicqvid et insoliti terra vel aeqvor habet, toxica, monstra, herbas, frutices, animalia, succos, insolitos casus, corpora secta, rogos, omnia componis circum undique et undique iungis ac celebri stipas mellea scripta libro. Explicat hic Natura suos fugitiva recessus, explicat hic totos Dania tota sinus. Aspicitur iunctim qvodcunque dat Indica Thetys, aspicitur tellus barbara qvicqvid alit. Nodosam ad podagram glomeratae vellera Moxae197 contulit Eöis proximus Indus aqvis; contulit et fibras ignoto nomine Nisi198 gens Chinae: «Haec mecum munera» dixit «habe»; et velut extinctos aliorum suscitat ignes lux tua, sic nostras ventilat illa faces. Ergo tibi et laceras fundunt mea scrinia chartas fluminaque ingenii qvantulacunque mei. Non ego debueram saltem tot numina Phoebi
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197 Mossidan 198 Neisse,
in Dordogna. nome di due affluenti dell’Oder.
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inter et heroum nomina tanta legi. Raucus Amyclaeo male succinit anser olori ad vada Maeandri dum sinuosa canit; nec bene Santonico199 miscetur purpura panno nec violis spinas implicuisse decet, sed si nostra tuis non exorabilis Actis inseris et iunctim sub tua praela trahis, incipias limâ passim mordacius uti vel vitia effusis spongia mergat aqvis. Sic qvos iungit amor, iunget liber, unaque laudis pars delata tibi pars erit una mihi; atque fatigatos ubi mors occludet ocellos et precibus flecti nescia dicet “obi”, Fama rogum effugiet nunqvam peritura nec Acta deficient, animâ deficiente, tibi.
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Olig(er) Iacobaeus200
[37] BAUDERON Brice, medico francese (Paray 1540 ca.-Mâcon 1625): cf. AGL 1 c. 858; BL 1, 380. 36, 1 Bricii Bauderoni, doctoris medici, Praxis in duos tractatus distincta: in priore agitur de febribus essentialibus tam simplicibus quam compositis, confusis, errati cis, malignis ac pestiferis et symptomaticis in genere et in specie curandis; in po steriore de symptomatis et morbis internis a capite ad pedes vsque, Lutetiae Pari siorum, sumptibus Nicolai Buon, viâ Iacobaeâ sub signis sancti Claudii et hominis siluestris, 1620 [è la prima ediz.] cum privilegio regis [R.G. Medic. III.664]
L’opera si apre con una praefatio (Bricius Bauderonus medicus φιλιάτρῳ εὖ χαίρειν) dell’autore (datum Matisconi) al lettore che si conclude con i versi seguenti: Πολλὰ μωμήσασθαι ῥαόν ἐστιν ἢ μιμήσασθαι
[37, 1]
i(dest) Multa cauillari facilius est, quam aemulari. [distico elegiaco] Candidus imperti meliora, vel vtere nostris201: carpere vel noli nostra, vel ede tua. 199 Saintes, 200 Holger
città francese. Jacobaeus, erudito (Aarhus 6/7/1650-18/6/1701): cf. AGL 2 c. 1820; DBL 8,
376 s. 201 Ripresa
e adattamento di Orazio, ep. 1, 6, 68.
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[37, 2] I(ohannes) Pelerinus, d(octor) m(edicinae), ad libri commenda tionem [distico elegiaco] Hic liber haud liber est, verum officina202 librorum: nam quod habent alii, num hic liber vnus habet?
* Nel verso della pagina che conclude la praefatio, compare, a piena pagi na, un ritratto ovale di Bauderon con un fiore in mano (sembra trattarsi di un papavero) e la scritta circolare: Vivit post funera virtus: aetatis suae 78. Sotto il ritratto compaiono i seguenti versi: [37, 3]
[distici elegiaci] Effigiem spectas: nihil est, de cortice lis est, altius vt sapias scripta legenda tibi. Ingenii dotes miraberis: en tibi vultum praebet icon, liber hic nobile mentis opus. I(ohannes) Pelerinus, d(octor) m(edicinae)
[37, 4]
Ode a l’autheur
5
L’ingratitude est vn peché que l’on reprochoit en Perside, pour vn crime plus rechecrhé203 que le furieux homicide a qui s’en trouuoit entaché.
10
L’homme qui vn autre défait, n’en peut pas l’engeance défaire: mais qui oublie le bien-faict fait comme mourir le bien-faire par l’exemple de son mesfaict. Crime d’autant plus scelerat
202 Irregolarità prosodica, dal momento che la terzultima sillaba del termine, di norma breve, è qui scandita lunga. Altra irregolarità a 37, 3, 4, dove la prima sillaba di icon, di nor ma lunga, viene scandita breve. 203 Sic: refuso per recherché.
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que la volonté le faict naistre: puisque celuy n’est point ingrat, qui voudroit bien ne le pas estre, si l’impuissance le combat.
20
Ie ne le seray donc iamais, si nostre volonté peut faire tout ce que peuuent les effects, qui manquent à vn volontaire pour recognoistre les biens-faicts.
25
Mais certes ie le seroy bien, si ma santé ne faisoit dire a mon luth Apollonien, et à ses Carites escrire que ie l’ay par vostre moyen.
30
Car comme vn double-triple feu bruloit mon sang en ses fontaines, ie fy mes prieres à Dieu, et il emprunta de vos peines la recompense de mon voeu.
35
I’ay rendu graces à celuy qui est l’vnique salutaire: il me reste encor auiourd’huy a payer vostre ministere: et ie vous paye comme luy.
40
Je vous paye comme feront les ans de la derniere race: qui de vostre oeuure heriteront sans en recognoistre la grace, que du los qu’ils luy donneront.
45
Et partant ils luy donneront, plus que luy mesme ne leur donne, car la santé qu’ils en auront sera moindre que la coronne dont ils l’immortalizeront.
André Gratier masconnois
[37, 5] Eiusdem Grati Graterii hendecastichon hendecasyllabum 37, 4 Ad authorem
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[falecei] Immortale nequit fouere numen humani generis ferale pectus, vsque dum ebriolis204 bibax labellis, lactens nectarei fluenta riui aeternas adeat beatitates. Est nobis ea lex statuta fatis, at, si non ea lex, dii inuidebunt terris esse deos a[u]t inuidendas non esse vlterius vices eorum, cum possis poculo quod hîc propinas iamiam finitimas necare mortes.
5
10
[37, 6] Sur les oevvres de monsieur Brice Bauderon stances Comme Glauque eut remply des troupes escaillées ses humides filets, flentra205 dans vn pré, dont les fleurs esmaillées combattoit206 ses souhaicts: si tost que ses poissons, pres de perdre leur estre furent sur ces gazons, ils reprindrent leur force et quitterent leur maistre pour reuoir leurs maisons: ce pescheur desireux de cognoistre la cause d’vn si rare secret, il creut qu’vne vertu dans ces herbes enclose produisoit cét effet: pour espreuue: il en mit dans ses levres humides, a l’instant il se vit reuestu par les dieux des campagnes liquides de leur diuin habit. Ainsi toy, qui as faict par ton art salutaire croire à tant de mortels, que si la mort n’estoit une loy necessaire qu’ils seroient immortels: apres auoir puisé la parfaicte doctrine des diuines leçons qu’Appollon, inuenteur de l’art de medecine,
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204 Usato
solo da Plauto, curc. 192; 294. sarà refuso per il entra. 206 Sic: forse refuso per combattoient. 205 Sic:
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dicte à ses nourriçons, tu te vins reposer dedans ceste contrée, où les Saoniques flots vont chantant iusqu’ an bords de la mer Erytrée la grandeur de ton los: deslors ceux que la mort abbatoit presqu’à terre ont esté tost refaicts; et les maux ne sçachans à qui faire la guerre sont d’eux-mesmes defaicts. Curieux de sçauoir d’où venoit l’nfluence de ce don gracieux, tu cognus que c’estoit plutost de ta science, que du bransle de cieux: et pour ne point doubter qui causoit ces miracles, tu a[i]s mis par escrit dans tes doctes cayers les celestes oracles qu’a rendu ton esprit, tout aussi tost ton ancre, esgal à ceste plante qui rendit Glauque dieu, ou bien à la boisson de la table tonante, t’eternise en ce lieu: et ton art qui souuent a sauué nostre vie des mortelles rigueurs, t’a monstré qu’il pouuoit t’affranchir de l’enuie des filandieres soeurs: ta plume est le burin qui graue ta memoire dans l’immortalité, et qui d’vn vol leger t’aquerra de la gloire par le monde habité: car bien que tes escrits dans les pays estranges l’iront tousiours fuyant; ce sont des orateurs qui taisent tes loüanges, et les vont meritant: ceux qui verront les biens que reçoit la patrie de ton oeuure immortel, sans qu’on les puisse dire attaints d’idolatrie te feront vn autel.
Iean Baptiste Verius masconnois
[38] BAUHIN Kaspar (Gaspard), medico e botanico svizzero (Basilea 17/1/1560–ivi 5/12/1624): cf. AGL 1 cc. 863 s.; BL 1, 382 s.; ADB 2, 151 s.; DBF 5 c. 927; H-BLS 2, 49. 37, 6
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Caspari Bauhini Basil(iensis), d(octoris) eiusdemq(ue) Acad(emiae) anatom(es) et botanic(es) professor(is) ordin(arii), De lapidis bezaar orient(alis) et occident(a lis), cervini item et Germanici ortu, natura, differentiis veroque vsu ex veterum et recentiorum placitis: liber hactenus non editus [si tratta perciò della prima edi zione], Basileae, apud Conr(adum) Waldkirch anno 1613 [R.G. Medic. V.104 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [38, 1] De lapide bezahar207, ad nobilem clarissimum virum dom(inum) Casparum Bauhinum, anatomicum, botanicum, med(icinae) pro fessorem Academ(iae) Basiliensis celeberrimum [distici elegiaci] Aut nihil aut aliquid bezahar: Bauhine, quid inquis? «Est nihil id» dices, et tamen est aliquid. Quod tanti pretii res sit, quae cuncta venena abstrusis superet viribus, id nihil est? 5 Si nihil: est aliquid sic ludi et ludere posse humanum in rebus tam nihili ingenium208. Vt nihil esse putem, suadent monumenta vetusta et variis varie dissona scripta viris. Hic hircum lapidis, capram facit ille parentem, 10 accepta hic ceruo praemia tanta refert. Deripit hic lapidem ex oculis, exenterat ille ventriculum, guttur dissecat ille cauum. Quod si ergo est aliquid, quid, Iupiter inuide, nobis? non etiam tales dasque creasque capras. 15 Sunt nobis virides montes et amoena vireta: sunt hederae et cytisi, sunt salicumque comae. Nec Machaoniades desunt ex asse periti inuestigantes quicquid hic Orbis habet, corpora quique secant hominum pecudumque ferarum 20 et monstrant vulsis carnibus ossa suis. Ergo age me, Bauhine, doce dubiumque resolue anne lapis bezahar sit nihil, anne aliquid. Ioan(nes) Fautschius, med(icinae) doct(or) et profess(or) Acad(emiae) Friburgensis Brisg(oiae) 207 Bezoar, belzaar, benzoar, belzuar etc.: si tratta di concrezioni presenti nell’apparato digerente dei ruminanti e considerati, dalla medicina orientale e medievale, efficaci come contravveleni. 208 “Ammettiamo che sia nulla: rappresenta pur sempre qualcosa il fatto che un ingegno umano — pur in cose tanto insignificanti — riesca a ingannare e a essere ingannato”.
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[38, 2] De pretiosissimo Indorum lapide bezaar et indefessa in eo pre uestigando industria excellentissimi viri d(omini), d(omini) Caspari Bauhini, etc. [distici elegiaci] Bezoar indomitos vitae cordisque tyrannos toxica vi nunquam deficiente domat. Vipera nil dentis, nil caudae scorpius ictu officit: effeta et nunc aconita iacent. Nunc rex, nunc hostis sua sumit fercula tutus illitaque in cassum Thrax sua tela ferit. Hasce dat Indus opes: sed opem parat inde salubrem Bauhini solers, fida, perita manus. Indica visceribus gemmam ferruminat imis dama, vbi detractas ruminat ora209 dapes. Ast iterum ingenio methodoque resoluit eandem210 Bauhinus, vires intimiusque probat: quas ferat Eous, quas procreet Hesperus, vtque vi varient, superent deficiantve, docet, vt subito vitae scatebras munimine firment, ne furtim accelerent subdola philtra necem. En horas etiam et pondus, moriture, modumque antidoti, cito te, quo tuearis, habe; et mecum ex animo, tanto pro munere rerum, opta, Bauhinus secla superstes agat: Bauhino, cuius resonat sat fama per Orbem, summe Deus, larga quaeque repende manu.
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Obseruantiae ergo p(osuit) Nicolaus Agerius211, philos(ophiae) et me d(icinae) doctor apud Argentinenses
[38, 3]
Aliud [la strofe è formata da un primo verso composto da cinque sillabe lunghe + adonio e da un dimetro giambico] Sunt plantae, credas, vitaque lethum, venena sunt, sunt pharmaca.
209 Sic:
sarà refuso per ore. da riferirsi a gemmam di v. 9. 211 Nicolaus Agerius, medico e botanico (Itenheim 1568-Strasburgo 26/6/1634): cf. AGL 1 c. 140; BL 1, 44; Michaud 1, 219. 210 Sarà
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En morsus cordis dedite Phoebo, vitare si solers velis, cognoscas solers αἴτια morbi, ognosce solers pharmaca, vt laedant pectus toxica tela, vt laedat anguis viscera, quae gignat ceruus ceruaque saxa, quae dama gignat marmora, incertus Phoebus fluctuat hicce, incertus est Asclepius: heic mens dormiscit, nescia rerum, heic clara turris Daedalo. Hic prolem damae, Bezoar esse putat, caprae hic, cerui putat. Hic scriptis laudat, culpat et alter, hic, bezoar, dicit, domat quae laedunt pectus dira aconita, hic bezoar virus vocat. Ceruini hic quaerit pondera saxi, incerta scribit pondera; ceruini saxi colligit alter notas labore plurimas. Hic vsum monstrat, sed negat alter, effecta dum verbis negat. Dum incertus Ponti caerula sulcas, haut Castor, haut Pollux tibi, haut Phoebus, Phoebe et lumina spargunt et vmbra Pontum contegit. Si magnus nullus, cymba per vndas si fluctuet, rauco not[h]o, Bauhinum Phoebum consule magnum: lucet sophis hic vnicus. Quod Phoebus coelis et soror alma, Bauhinus hoc medentibus; quod Pollux nautis, Castor et Vrsa, Bauhinus hoc medentibus; quod magnes nautis, hoc tibi solus Bauhinus est perinclutus: quid magnus mundus, parua figura mundana, quid sit, edocet. Bauhinum Phoebum consule magnum: quid Bezoar sit, edocet. His scriptis spargit munera Florae et mortis atrae spicula
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ostendit pubi, quam altus Apollo in rura mittit Phoebica212. Morborum vt cedant agmina, Nili in prole, scribit doctius. Triplam sic pestem, caelitus ortam, Bauhinus arte depulit213. Hunc Phoebum magnum, suspice, castra sequutus es qui Phoebica; huic Phoebo magno saecula Phoebus ex arcibus mittat poli; huic Phoebo magno, Phoebica proles et frutices214 acros dicet et ponat Phoebo saxa, colossos: sit sancta laurus Delphica. Hoc scripsit metron curta Thalia, Bauhine te summe colens: quod laetâ, doctor, suscipe fronte, per scripta Musas et doce.
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Obseruantiae et aeuiterni cultus arrham p(osuit) Ioan(nes) Henrichus Frölich, p(oeta) Caes(areus) et m(edicinae) d(octor) 38, 3
* * * [39] Institutiones anatomicae, corporis virilis et muliebris historiam exhibentes, Casparo Bauhino d(octore), anatomic(es) botanic(es) Acad(emiae) Basiliens(is) professore ordinar(io), auctore, Hippocrat(is), Aristot(elis), Galeni auctoritat(e) il lustratae et nouis inuentis plurimis hac editione quinta auctae, Basileae, typis Io hannis Schroeteri 1615 [prima ediz. Basilea 1592]. Ho controllato anche la se guente edizione: Caspari Bauhini, archiatri et professor(is) apud Basileenses or dinar(ii), Institutiones anatomicae, Hippoc(ratis), Arist(otelis), Galeni auctorita(te) illust ratate, hac editione quinta et postrema ab auctore emaculata et aucta, Fran cofurti apud Paulum Iacobi, impensis Io(hannis) Theodor(i) de Bry 1616 [R.G. Medic. V.835 (2)] [Stamp. Barb. M.VI.70]
All’inizio dell’opera, compare, tra le altre cose, una prefazione (datata Basileae, anno Saluatoris 1609 16 Kal. Iunii) Ad lectorem Asclepiadeum, la quale si conclude così: Tibi aeterne Deus sit laus in secula, qui me lactis 212 Non
attestato nel latino classico: vd. anche vv. 54 e 57. corrispondenza dei vv. 51 s. compare, nel mg. s., la seguente indicazione: 1582, 1594 et 1610. 214 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di frutices, normalmente breve, qui è scandita lunga. Si potrebbe anche congetturare dictitet in luogo di dicet: vd. ponat di v. 59. 213 In
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in morem fudisti et casei ritu coagulasti, qui me argillae modo fecisti, qui me tuis manibus elaborasti ac simul vndique fecisti, cute et carne induisti, ossibus et neruis compegisti, vita ac beneficiis affecisti idemque tua cura spiritum mihi seruas. Etenim [39, 1]
[epodo giambico = trimetro giambico + dimetro giambico] Massae recentis rudia adhuc primordia215 rudisque massae semina, ceu scripta haberes corporisque lineas, motum statumque noueras et membra nondum quum forent, quid adderent dies sciebas singuli, o Domine: tu me protinus susceperas aluo parentis editum. De te pependi spe, parentis pendulus infans adhuc ad vbera. Ab vsque partu tu Deus meus: tuus ex matris aluo me fauor est prosequutus, --------------------- [sic] [spazio]
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et os et humeros totiusque corporis 15 sit arte mira fabricam finxisti, acumen nullum vt humani ingeni ratiove possit assequi, qui me, parentis ventre conditum, cutis tenello amictu inuolueras: 20 compago mira corporis nostri tuae miraculum est solertiae, stupenda cuius aperta nec nostra assequi, sed nec negare mens potest. Nam nulla nostri tam minuta est corporis 25 pars, vt tuam scientiam fugiat, nec vlla claustra pectoris latens216 te conditorem pectoris217. Haec mente tacita cogitanti mihi stupor torporque sensus alligat. 30 Animus labascit, quum tuae miracula perpendo mecum dexterae. Citius inibo numerum, arenae in littore, 215 Ineludibile
il richiamo lucreziano. pars. 217 Sic: pectoris sembra una zeppa dal verso precedente. Congetturerei praestitit o protulit. 216 Sc.
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quot voluat aestus corpora, quamuis ocellis peruigil nunquam meis dulcem soporem indulsero. Reuolue mentis intimos sinus, Deus, latebrasque nostri pectoris.
* Dopo una citazione da Galeno e da Cicerone (Phil. 12, 5: Posteriores co gitationes sapientiores esse solent), seguono alcuni carmi: 39, 1 [39, 2] Ioannis Posthii218, electoris Palatini archiatri, in libros anatomicos et botanicos Caspari Bauhini, illustriss(imi) ducis Wirtembergici et Teccii etc. medici, etc. [primo epodo dattilico-giambico = esametro + dimetro giambico]
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Corporis humani partes vsumque libellis Bauhinus explicat suis plenius ac melius (liuor licet audiat illud) quam fecit vllus hactenus. Insuper historiam plantarum exanimat219 idem et tractat accuratius, quam multi ante ipsum fecêre priorib(us) annis: sic et labore maximo Paeoniam satagit ditare industrius artem. Hanc curre felix semitam, Bauhine: auctores inter celebraberis olim totum per Orbem principes.
Scriptum anno 1596
[39, 3] Iacobi Cargilli Scoti220, philosoph(i) et med(icinae) d(octoris), in excellentissimi Bauhini Synopsin anatomicam longe exactissimam, breuissimam, perspicuam 218 Johannes Posthius, anatomista e poeta (Germersheim 15/10/1537-Moßbach 24/7/1597, di peste): cf. AGL 3 c. 1728; BL 4, 663; ADB 26, 473 ss. I versi sono pubblicati (con il titolo De Casparo Bauhino med(ico) cl(aro)) in Iohannis Posthii Germersheimii Parergorum poeticorum pars prima .... eiusdem Posthii Parergorum pars altera, nunc recens edita cum adoptiuis, Heidelbergae ex typographeio Hieronymi Commelini, anno 1595, Silvarum liber II, p. 145. 219 Sic: refuso per examinat, come riportato esattamente nell’edizione dei Parerga citata a nota 218. 220 James Cargill (fiorito intorno al 1605): cf. DNB 3, 989.
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[distici elegiaci] Artis opus magnae comprendere plurima paucis interea et tenebris inuoluisse nihil, at maioris opus tractantem obscura reapse succincteque loqui perspicueque loqui: ite intertexti phalerato emblemate libri quique inopes rerum nil nisi verba datis. Si comes ista mihi fuerit Bauhina Synopsis, quam mihi firmauit saepe oculata fides, nil moror auratae verbosa volumina chartae, nil moror artifici pegmata sculpta manu.
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Scriptum anno 1579
[39, 4] In perfectissimam Anatomiae institutionem, quam excellentiss(i mus) et celeberrimus medicorum, d(ominus) Casparus Bauhinus, Acad(emiae) Basil(eensis) antecessor meritissimus, publico bono quartum edidit [distici elegiaci] Divorum, haut hominum est caelique aperire recessus, corporis humani dissoluisse struem. Te Musae attonitae et dius miratur Apollo intentuque221 tuis rarum anadema222 comis. Ille ego qui vestras veneror, Bauhine, Camoenas, non potui tantum non celebrasse animum. Te duce nunc homines sumus atque arcana deorum nouimus ingenii praesidio vsque tui.
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Obseruantiae igitur I(ohannes) Iacobus Grasserus223, sacri Palatii et Consistorii imperialis comes, eq(ues) ciuis Rom(anus)
* 221 Sic:
l’edizione del 1616 ha intentaque, peraltro errata metricamente. La lez. giusta sarà intentumque (sc. anadema: “la corona che copre le tue chiome”). La genesi dell’errore si ricostruisce agevolmente: nella lez. giusta intentumque, lo sbiadimento e la non lettura del compendio nasale orizzontale ha generato intentuque, che, non dando qui senso, è stato modificato nell’edizione successiva in intentaque, attribuito erroneamente ad anadema, che è stato con ogni probabilità inteso come plurale. 222 Presente in Lucrezio 4, 1129 e nel Digesto (34, 2, 26): Grial lo congettura in Isidoro, or. 19, 31, 1 in luogo del tràdito diadema. 223 Johann Jacob Grasser, predicatore, storico ed erudito (Basilea 21/2/1579-ivi 21/3/ 1627): cf. AGL 2 c. 1135; H-BLS 3, 638.
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Alla fine dell’opera compare una lunga ode: [39, 5] Ode extemporanea ad excellentiss(imum) virum, d(ominum) Casparum Bauhinum, doct(orem) medicum, anatomicum et bota ni cum peritissimum professoremque ordinarium in celeberrima Basiliensium Academia, a Paulo Lentulo224, d(e) Basilea discedente, scripta Kal(endis) Ianuar(iis) anno Domini 1592 [strofe asclepiadea quarta = gliconeo + asclepiadeo minore] Quem, dic, Melpomene, virum, quem sumis meritis tollere laudibus? quem, dic eia age, nunc cupis decantare tuo carmine, Pieri? an quem puluis Olympicus victrici pugilem clarat adorea, magnosque euehit ad deos225? Heroum anne magis proelia fortium bellacesque ducum manus gestis vel potius multiplicis caput hydrae, robur et inclytum Alcidae, Aeolia dicere barbito? An te, quas Babylonia iactat Memphis opes, pyramidum tenet celsarum stupor insolens? aut forsan manuum Parrhasii aut Scopae te miracula detinent? aut forte Ismarius nunc animo sedet vates226, dulcisono lyrae deducens strepitu robora, et inferi permulcens rabiem canis? Quid? forsan iuuenum dicere vis iocos nympharumque choros leueis, ductos cum satyris, carmine Lesbio? Quo te, Pieri, quo rapit mens tandem insolito feruida numine? Non haec, dicta aliis, virum sed cantare lubet, quem superi stupent: quo nascente, polo nouus
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224 Paulus
Lentulus, medico e storico svizzero (1564 ca-1613, di peste): cf. AGL 2 c. 2368; H-BLS 4, 654. 225 Evidente ripresa oraziana: cf. carm. 1, 1, 3 ss. 226 Allusione a Orfeo.
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fulsit sol, radios qui nitidissimos virtutum vndique disserit. Huc ergo, huc celeres tendite, tendite, quoscunque vrget amor, nouam terris progeniem visere Apollinis. Hic est, quem sonat vndique et succis celebrat Fama potentibus, et qui, ceu Epidaurius, monstratur digitis praetereuntium: quem certum auxilium suis aegroti miseris casibus expetunt. Hic ille est Hygiae227 sciens Bauhinus rutilo sydere clarior. Non sic Delos Apollinem, cum Xanthi et Lyciae flumina deserens, flaua conspicuus coma, festinat patriam visere candidam, applausu excipit obuio praesentemque deum cernere gestiens, circum turba ruit frequens, nec non thura adolent vndique pinguia; vt, vultu venerabilem, circumfusa cohors vndique ciuium Bauhinum stupet, editum terris, eximio munere coelitum; seu responsa petentibus reddens, edoceat pellere pharmacis febres corporibus graueis; siue ille ipse suas addere languidis aegris constituat manus, doctas Persephonen fallere pallidam, siue occulta iuuenculis, sublimi in solio, munera Cynthii artisque abdita dogmata pandat fatidici pectoris e penu; siue is, per iuga montium, Phoebaeam sobolem aut, prata per herbida deducens, frutices sacros atque herbas, medicis viribus inclytas, commonstret; simul explicans, vt sit quaeque potens tollere tristium morborum mala semina;
227 Irregolarità prosodica, dal momento che la penultima sillaba della parola, di norma lunga, qui è scandita breve. Il termine potrebbe essere sostituito con medicae (sc. artis).
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CARMINA MEDICALIA
siue is visceribus condita detegat, membrorum positus docens: hic sedes animae corporis arbitrae, hic arteria spiritus defert aethereos membra per omnia; illic irriguo fouet artus vena cibo, sanguine turgida; cunctas denique sedulus paruo subiiciens orbe228 reconditas lustrandas oculis opes, sic pubem medicis artibus instruit, vt mox quosque graues queat morbos artifici vincere dextra. Nec sic, Caspare, te putas sat fecisse, tuus ni quoque posteris existat labor vtilis. Hinc manant grauibus docta volumina tot sudata laboribus, queis nil vtilius, nil quoque clarius aetas prisca hominum tulit aut nunc nostra potest cernere doctius, quae229 nomen pariunt tibi victurum celebri laude perenniter, cum tot sint igitur tui Bauhine ingenii commoda, tu quibus humanum genus afficis. Cur non et meritis laudibus efferant te mortalia pectora? et clarum memorent lumen Apollinis? et quanquam Clario facem praelucere deo nil opus, attamen flagrantem studio tui, me nunc grato animo Pieris impulit, vrbis moenia regiae, inuite et latices Tespiadum sacros, iunctos, Rhene ferox, tuis linquentem atque etiam grata sodalium, moesto pectore, pectora, vt quales licuit, tempore tam breui, laudum primitias, lyra inculta atque rudi carmine luderem.
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228 Intendi: 229 Sc.
“ponendo sotto gli occhi (sc. degli studiosi) con una breve trattazione etc.”. volumina: cf. v. 88.
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Has vultu placido, precor, et fronte excipias, Caspar, amabili ac det Rex tibi coelitum, longaeui vt superes secula Nestoris. Finis
[40] BAUHIN Johann (Jean) jr., botanico svizzero, fratello di Kaspar (Basilea 12/2/1541-Mümpelgard 26/10/1613): cf. AGL 1 c. 865; BL 1, 382 (che lo fa nascere a Leida); H-BSL 2, 49; DBF 5 cc. 927 s. (queste due ul time bibliografie lo fanno morire il 26/7/1612); ADB 2, 149 ss. De thermis aquisque medicatis Europae praecipuis: opus succinctum atque uti liss(imum), quippe naturam usumque earum genuinum magna diligentia osten dens, quod admirabilis fontis Bollens(is) ducat(us) Wirtemberg(ensis), ab ill(ustri) princ(ipe) Friderico duce Wirt(embergensi) etc. inventi, historiâ exactissimâ illus tratur, conscriptum a Io(hanne) Bauhino, ill(ustri) e(t) c(laro) medico; adiectae sunt sub finem plurimarum rerum naturalium figurae nouae, Montisbelgardi, apud Iacobum Foilletum, impensis Ludouici König anno 1600 [prima ediz. Mon tisbelgardi 1598 [R.G. Medic. IV.2866]
Nell’opera compaiono i seguenti versi: [40, 1] Hostimentum Bollense ad illustratorem, cl(arum) d(ominum) Io hannem Bauhinum, ducis Wirtemb(ergensis) etc. archiatrum [distici elegiaci] Mutua praestatis victurae munera famae tuque, Bohine, Bolo Bolque, Bohine, tibi. Obscuri latices caenoque vluaque iacerent, vindicias lucis ni Medicina daret. Quid medico pendant? non hinc praeconia prima, et Celtae et Sueuo cognitus ante, petat. Fama secunda siet, si quis calicumve230 salubrem aut solii231 aut rigui senserit imbris opem. Viuite, Bollenses, et iugi flumine, cuius viuitis ingenio, perpetuate decus.
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Iacobus Cargillus Scotus232, d(octor) m(edicinae)
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vid.: refuso per calidumque? termine sembra indicare la vasca da bagno. 232 Vd. supra 39, 3. 231 Il
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CARMINA MEDICALIA
[40, 2] Encomium fontis Bollensis Wirtembergiaci, nuper detecti atque in vsum balnearum viris admiratione dignarum conuersi, descrip ti a clarissimo viro, d(omino) Ioh(anne) Bauhino, med(icinae) et philosophiae doct(ore) praestantissimo, archiatro Wirtembergensis ducis dignissimo, anno 1596 [distici elegiaci] Quod sua caelectis233 non omnibus omnia terris aequa distribuit commoda lance Pater, sed quod prae reliquis decorauit amoenius istam atque bonis illam pluribus auxit humum, vel Wirtembergense solum super aethera notum hoc varia rerum fertilitate probat, cuius in augusto tractu non scilicet vlla est portio frugiferis orba relicta bonis. Quin omnis turget multo mons munere frugum, has simul vbertim vallis vbique parit. Dant variis formis agri frumenta colonis, his quoque dat multum vinea multa meri. Pascua dant syluae, dant plurima lignaque syluae, multigenas largo foenore dantque feras. Prata ferunt dulces multa super arbore fructus largiter et brutis pabula grata ferunt. Suppeditant vndae diuerso e flumine pisces, pisces multiplici qui bonitate valent. Et prope nil quicquam est, rerum quibus indiget vsus, quod non e proprio det pia terra sinu. Vt namque illa metalla sina[e]m taceamque salinas, patria quas tellus diuite ventre gerit, prosiliant fontes illi, mortalibus aegris vtilis in variis qui234 medicina malis, qualis ab inuentu fons aureus ille ferarum viribus eximiis notus ad astra suis et quales acidi fontes, quibus alma facultas, viuida iucundi visque saporis inest. Qui veluti calido discordia viscera placant, languida sic alter frigore membra leuat; insuper et quales alii, quos carmine Musa iam memor officii commemorare nequit. Solus at ille adsit fons admirabilis vndae,
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30
233 Sic: 234 Sc.
refuso per caelestis. sunt.
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40, 2
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quem modo Bollensis terra beata tulit, scilicet hic, quo non magis est mirabilis alter, quos habet amplexu Teutona terra suo. Nam bene si spectes terram, miraberis ortum, si spectes vires suspiciesque magis, ortus habet varias formas variasque figuras, 40 in quibus haud fallax omen inesse potest. Fissilis hîc lapis est, silices gagatesque235, bitumen atque belemnites, sulphur et vnda salis, quem tamen eiusdem partus magis vna sub imis ac in diuersis sedibus aluus habet. 45 Sicque simul properans vnitis vndique membris felices geminos parturiendo parit, vt bene sint iuncta socii virtute laborum, rectius et peragant quid meditantur opus. Imprimis homini pergant vehementius aegro, 50 quam prius ars omnis fere negârat, opem. Acrius hinc alter remouendo obstacula sani, sanando verum, mitius alter agit et, sic innumeras pellunt de corpore labes, id quoque tam vegetum tam validumque parant. 55 Pegasus vt iures quod nostras fecerit vndas atque has quod Musae dîque deaeque colant, sed quid dico deas, quid Musas fingo, deasue, quique illum celerem Bellerophontis equum? Est alius Deus hîc, alia virtute potensque 60 atque suos aliter curat amatque Deus. Hic nam mente sagax modo non praesentia spectat, altius ast etiam quae latuêre videt; inque salutiferum clemens ea prouocat vsum et sinit his homines, quis caruêre, frui. 65 Wirtembergiacus quo non illustrior alter princeps, hoc magnus dux Fridericus agit: immortale decus sitiens nimis inclytus heros, aio, munificis hoc agit ille modis. Hoc nam dante venit Mullerus236 idoneus arti, 70 Pegasus et fontis detegit illud opus; hoc quoque dante venit multum venerabilis illa nomine non tantum Musa, sed arte magis: nempe viris medicis aliis praestantior vnus 35
235 Irregolarità prosodica, dal momento che la penultima sillaba di gagates, normalmente lunga, è qui scandita breve. 236 Si tratta con ogni evidenza dell’esperto chiamato dal duca Federico e che, novello Pegaso, organizzò e valorizzò la fonte.
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Bauhinus fontem sedulitate colit. Huius et eximias vires scrutatur et omnem vsum miranda dexteritate docet et facit vt, duce dante suo, noua balnea surgant, balnea tamque loco quamque venusta domo, quaeque situ possent Baias superare venustas 80 Luculli victu diuite quaeque domum: nam nihil est, hominum quod vitae postulet vsus, quod domus haec aegris non dare larga queat. Adde voluptates oculis gratasque palato, quas nouus ille hortus datque propinquus ager: 85 omnia quin tanta rerum vbertate refulgent, vt non haec magno principe digna neges. Omnia sunt etiam tanto artis ab ordine factae, vt magno medico praeside digna scias. Mirantur cur non prior has agnouerit aetas, 90 laudibus extulerit cur neque fontis aquas. Sed, quia nunc morbi grauiores corpora vexent, amplius vt multos tollere planta neget237, fit, fato veniente nouo, fons optimus ille in lucem digno principe dignus eat 95 atque suo Domino quasi nunciet ore salutem huncque salutiferum ciuibus esse velit, vt de fonte nouo nunc totus personat Orbis huncque boni aduentus ominis instar habet. O felix Princeps! ô fons ciuesque beati! 100 o bona conuentus hora diesque tui! Nae tua sic Virgo, Cornu Piscesque manebunt, sic Friderico decus, laus tua, crescet honos. Debita sicque tui fons admiratio fiet, sic spes aegrotis sicque leuamen eris. 105 Sic tua Teccensis ciuis cumulabitur ingens vtilitas, tua sic gloria crescet opum. Gloria crescet opum, tibi sic vis sana redibit sicque peregrinis gratior hospes eris. In commune bonum nam clementissimus heros 110 ille sui fontis nobilitauit aquam, vt si quando malum nostris medicabile thermis, aduena, te teneat, liber et ipse veni. Debilis has nostras238 tristisque profectus adoras, laetus et huius aquae sanus abibis ope. 75
237 Intendi: 238 Sc.
“sì che la pianta del piede, malata, impedisce a molti di alzarsi”. thermas: vd. nostris....thermis di v. 111.
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40, 2
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Sanus abhinc ibis, plus terque quaterque beatum239 hanc terram Domini summaque dona canes: et dices: «Procul hinc, quibus est iactantia sortis, in solis mineris240 inque metalliferis, nempe tenebrosis dirumque tuentibus illis 120 cum specubus vestris cedite dico procul». Solis in aspectu hîc tenuis stirps aurea profert et plantae graciles aurea poma ferunt. Sponte quoque ex terra veniunt meliora metallis, aere nec a fuluo quae redimenda cadunt. 125 Ergo Teccensi debetur gloria terrae atque celebrando gratia summa Duci. Hunc sua terra colat peregrinaque praedicet omnis, praedicet hocque suum Sueuia terra caput. Huic soluant grates pueri iuuenesque senesque, 130 hunc pia de factis posteritasque canat. Viuat in his terris, viuat post funera virtus, viuat in aeternum nobile stemma Ducis. Inclyta progenies, sit inclyta, viuat et vxor et stirpem faciant vsque virere suam. 135 Vos sed honorandae Musae, quîs cura virorum, in studiis operam qui posuêre suam: ansere posthabito strepero Momoque maligno, Bauhinus vestri sit pia cura chori, vt pius et nulli virtute nec arte secundus 140 vsque suis studiis vos reuerenter amat, qui graue quicquid habent artes superare laborat, tota physis rerum quidque latentis habet. Hoc velut illius doctissima scripta loquuntur idque nouus liber hic satque superque probat. 145 Ergo viro huic merito de laude parate coronam, quam date, si dederit, quem tulit, arte librum: scilicet insignem librum de stirpibus illum secula cui nullum nostra videre parem, tunc date, dicentes: «Viuat Bauhinus in Orbe, 150 post mortem medicûm viuat et ille decus». Languidiore mea Musa, quod denique restat: vt noua sint cunctis balnea fausta precor. 115
239 Sic:
Laurentius Homaemus med(icus), phys(icus) Vracensis
sarà refuso per beatus o per beatam (sc. hanc terram). nel latino medioevale.
240 Attestato
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CARMINA MEDICALIA
[40, 3]
Versus vatidici [sic] [esametri dattilici] Balnea Bauhinus Bollana beanda beabit: balnea Bauhinum Bollana beata beabunt241.
[40, 4]
Aliter paulo [esametri dattilici] Balnea Bauhinus Bollana benigna beauit: balnea Bauhinum Bollana benigna beârunt.
[40, 5] Magnifico domino Ioanni Bauhino, medicinae doctori excellen tiss(imo), illustriss(imi) princip(is) Wirtemberg(ensis) physico ordi nario et quam celeberrimo [esametri dattilici] Wirtembergiacae non infima gloria terrae Bauhinus medicus, collustrans pluribus artem doctis Paeoniam scriptis fontemque Bolensem, pellentem laeso tristes de corpore morbos. Gratia debetur Bauhino maxima, cuius dexteritas fontem praedictum nobilitauit. Sis foelix, sanus, longaeuus, maxime doctor, viuas et vigeas cum fratre mihique faueto.
5
[40, 6]
M(agister) Iohan(nes) Gifftheil
Idem in effigiem eiusdem [distici elegiaci] Gloria cum Coi viuat post funera magni, viuat Bauhini gloria magna viri. Dat242 Deus huic medico longaeua tempora vitae et sinat hunc omni commoditate frui.
241 Si
noti — come anche a 40, 4 — l’uso smaccato dell’allitterazione. sarà refuso per det (cf. v. 4 sinat).
242 Sic:
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40, 3 – 40, 7
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[40, 7] Epigramma in effigiem et descriptionem novi mirabilis et salu tiferi fontis, nobilis et clarissimi viri Ioannis Bauhini, medicinae doctoris et illustrissimi Wirtembergici ducis consiliarii et medici ce leberrimi, domini sui suspiciendi [esametri dattilici] Effigiem lector viuam dulcissime cernis Bauhini celebris magnaeque Machaonis artis doctoris: qui, quam latus patet Orbis ab austro solis ad occidui tenebras zephyrumque madentem, perfacile in coetu medico clarissimus vnus. Gallica namque suum decus hunc laudatque fouetque, hunc Itala et toto celeberrima Teutona coelo terra colit. Princeps hunc illustrissimus heros Wirtembergiacus, patuli qui solis vtramque innumeris replet sedem virtutibus amplam, censorem vsurpat cunctis in rebus agendis. Hic fontem eximium, messes per mille latentem Bollhemii (Filsus243 quâ praeterlabitur amnis) duxit in apricum solis, rimatus et omnes venas virtutesque omnes. Quos pellere morbos is valeat quantumque aegris conducere membris hoc docet in libro cunctos, queis morbida cura[e]244 corpora longaeuis vel conficiuntur ab annis. Ergo Deo primum, post, illustrissime Princeps, mox, Bauhine, tibi, medicorum gloria magna, grates, monstrato hoc mirando fonte, canantur. Faxit et Omnipotens, vt, quo fons ille saluti est multis, tanto sit gloria maior in Orbe nominis vsque tui, donec mortalia summi gaudia suscipiant sine fine emarcida245 coeli.
5
10
15
20
25
Fecit m(agister) Casparus Rottner, diuini verbi minister in Bottwara246 Wirtembergica
243 Si
tratta del fiume tedesco Vils.
244 Strumentale. 245 Non attestato in latino classico e medioevale. Forse se lo è inventato l’autore per poter utilizzare la sinalefe. Il significato del periodo dovrebbe essere: “fino a quando gli uomini (multi) non acquisiranno le gioie un tempo mortali e che ora hanno perduto le caratteristiche per l’appunto mortali (emarcida), divenendo celesti”. 246 Si tratta di un affluente di destra del fiume Murr nei pressi della città di Großbottwar (Baden-Württemberg).
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CARMINA MEDICALIA
[41] BEVERWIJK (BEVEROVICIUS) Johan van (Dordrecht 17/11/1594ivi 19/1/1647): cf. AGL 1 cc. 1059 s.; BL 1, 517; NNBW 1 cc. 327 ss.; Aa 2, 500 ss. D(octorum) virorum Epistolae et responsa, tum medica, tum philosophica, qui bus ob materiae affinitatem adducuntur Encomia medicinae nec non Pulveris sym pathetici compositio accuratissima, quorum seriem pagina versa post praefa tionem continet, Roterodami, excudebat Rudolphus a Nuyssel 1665 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.2230]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [41, 1]
[esametri dattilici] Te facimus, Medicina, deam caeloque locamus et nomen numenque tuum celebramus et artem.
* Segue subito dopo la dedica (datata Dordrechti 12 Kal(endas) Maias 1633): Clarissimo et incomparabili viro d(omino) Gerardo Iohanni Vossio [Heidelberg 1577-Amsterdam 26/3/1649: cf. AGL 4 cc. 1716 ss.; Aa 19, 408 ss.; ADB 40, 367 ss.; Eckstein 599 s., Pökel 291 s.], historiarum professori, Ioh(annes) Beverovicius s(alutem) d(icit). A essa tengon dietro i seguenti versi:
Τῷ αὐτῷ Βοοστιάδῃ, τῷ πάνυ
[41, 2]
[distici elegiaci]
Βοοστιάδη περίπυστε, τετιμένε πᾶσι θεοῖσι, πᾶσι βροτοῖς θείης θαῦμα δαημοσύνης. Δίχνυσ’247 εὐμενέως φίλ’ ὅ σοι τεὸς ἄργμα248 μαθητής, ἄρχοντι σοφίης θῦσεν ἀπαρχόμενος.
refuso per Δείκνυσ’. norma è attestato solo il plurale ἄργματα.
247 Sic: 248 Di
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[41, 3]
41 – 42
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[trimetri giambici]249 Musis amice, dis et omnibus, Vossi, mortalibusque seculi stupor nostri, sumas benignus, principi eruditorum quos fructuum offert principes Bevervicus.
[41, 4]
Ad lectorem ἑξάστιχον [distici elegiaci]
5
[41, 5]
Ἰητρὸν πολλῶν ἀντάξιον ἔμμεναι ἄλλων, ἤειδεν μέλει Μοῦσα Μελησιγενοῦς. Τιμῆσαι κέλεται θεὸς ἄμβροτος ἰητῆρα, αὐτὸς ὁ χάρμα βροτοῖς δοὺς μέγ’, ἀκεστορίην. Αἰτίη οὐ κρυπτή ἀλλ’, εἰ σοὶ φαίνεται εἶναι κρυπτὴ, οὶ φανερὴν, ξεῖνε, φανοῦσι λόγοι.
Idem Latine [distici elegiaci]
5
Pluribus est aliis medicus praestantior unus: ipsa Melesigenis carmine Musa canit. Quin et honorandum divino praecipit ore, ipse salutiferam qui dedit artis opem. In promptu caussa est: tibi si minus illa patebit, haec lege et in promptu iam tibi, lector, erit.
* * * [42] Ioh(annis) Beverovicii Exercitatio in Hippocratis aphorismum de calculo, ad n(obilem) v(irum) Claudium Salmasium250, equitem et cons(iliarium) regium. Ac cedunt eiusdem argumenti doctorum epistolae, Lugd(uni) Batavorum, ex officinâ Elseviriorum 1641 [prima ediz. Leida 1638] [R.G. Medic. VI.30]
L’opera è composta da una serie di lettere di Beverwijk a suoi colleghi con le rispettive risposte. A p. 144 inizia la sezione Ioh(annis) Beverovicii Spicilegium de calculo. Talora, in luogo delle lettere, compaiono dei versi. 249 È la traduzione latina di 41, 2, come 41, 5 è di 41, 4. A v. 4 proporrei — in luogo di principes — princeps . 250 Claude de Saumaise (Sémur 15/4/1588-Spa 3/9/1653): cf. Eckstein 494; Pökel 235.
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CARMINA MEDICALIA
Per la precisione: [42, 1] pp. 148-9 Amplissimi viri Gulielmi Stacmani251, ex ord(inibus) ge neralibus foederati Belgii, ad Ioh(annem) Beverovicium de calculo scribentem, epigramma [distici elegiaci] Quo mihi, spectantem faciens lapidescere turbam atque animare potis marmora, Praxiteles? Ingenium cesset, cesset iam dextera, dignos mendaci populo fingere docta deos. Saxea nativos vultus simulârit imago, nullus at in toto corpore sensus erat: seu Latii starent, seu facundissima Graiûm ora, magis trunco non potuêre loqui. Exprimere est aliquid muto de marmore vivos, sed nullam infirmis hoc opus addit opem. Exprimis e vivis tu saxa, Batave Machaon, sentiturque tuâ iam minus arte dolor. Cedat et hic penitus: sed, fato vindice, tortor alterius, causa est torminis ipse sibi. Quis mortale genus letho subducat Apollo? Intra se miseri semina mortis habent. Tu tamen egregie de nobis perge mereri daque dehinc vitâ vividiore frui. Tracta sit e magnis olim par gloria: maius tractanti affulget saxa minora decus. Eriget alma Salus ex his insigne tropaeum fautoremque suum Musa perenne canet.
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10
15
20
[42, 2] p. 150 Nobilissimi viri Constantini Hugenii252, equitis, domini de Zulichem, principi Aurasio a consiliis et secretis, ad eundem [distici elegiaci] Non patior, Beverovici, tua tormina, nullum 251 Willem
Staeckmans (Staakmans), uomo politico e mecenate (sec. XVII): cf. Aa 17,
939. 252 Constantijn
Huygens sr., uomo di stato, (Aia 4/9/1596-ivi 26 o 28/3/1687): cf. AGL 2 c. 1794; NNBW 1 cc. 1186 ss.; Aa 8, 2, 1505 ss. Questi versi compaiono (con il titolo In I(ohannis) Beverovici de calculo tractatum e con la variante, a v. 3, ista in luogo di ipsa) in Constantini Hugenii....Momenta desultoria. Poematum libri XI edente Casparo Barlaeo, Lugduni Batavo rum....1644, Epigrammatum liber IV, p. 139.
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5
10
42, 1 – 42, 3
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vesica, nullum renibus urget onus durius aegroto: totum stupor ipsa legentem fecit inaudita duritie lapidem. Exede quod, medice, intrîsti253 saxumque voluta quod facis, ut saxo, qui latet, extet homo; extet homo, qui te lapidem, facunde, docentem non lapis et, quo nunc non valet ore, canat. Quid fugis, aut palles? nempe illud flebile pensum Sisyphi, at hoc Batavi Deucalionis erit. Constanter254
[42, 3] p. 151
Ad eundem [distici elegiaci]
5
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15
Calcule, seu renum mediis innascere fibris seu quavis chari corporis aede lates, scriptori nunc parce tuo, nunc parce medenti: te, precium255 inventis mitiget ille suis. Sic aliquis media sanator peste superstat, unus et illaesam civibus addit opem, quique Deo sontes256 infestat lethifer urbes morbus, habet medicum cur beet ipse virum, cur cupiat minus esse nocens cinerique necique eximat. Aequali, calcule, disce modo, disce modo rabidos aequali tollere punctus et Beverovicio dedoluisse meo257. Sin minus, ipse novis te perget pellere curis moxque tui claro Marte subactor erit, molliet et cunctis durum mortalibus hostem salvificamque feret pluribus ipse manum. Sic uni nunquam poteris nocuisse nec ulli atque scies soli te riguisse tibi. Corn(elius) Boy(us), i(uris) c(onsul)tus258
253 Intrivisti: riecheggiamento di Terenzio, Phormio 318 tute hoc intristi, tibi omne exe dendum est. Cf. Otto, 175 s.; Tosi, 500 n° 1083. 254 Forse in riferimento al nome Constantijn. 255 Intendi: “te e le sofferenze che arrechi”. 256 Allusione alle città che si sono rese colpevoli nei confronti di Dio e sono perciò affette dal morbo. 257 Intendi: “impara, grazie al mio Beverwijk, a porre fine ai dolori che provochi”: cf. Ovidio, rem. 294 e, soprattutto, fast. 3, 480. 258 Cornelis Boey (Cornelius Boyus), poeta olandese (sec. XVII): cf. AGL 1 c. 1320; Aa 2,
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CARMINA MEDICALIA
[42, 4] pp. 214-5 Viro et amico summo, d(omino) Iohanni Beverovicio, ur bis Dordrechtanae senatori et medico primario, amissae fere vitae et sanitati restituto, gratulatur Corn(elius) Boyus, i(uris) c(onsul)tus [distici elegiaci]
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Vicisti, Medicina, tuo nec sola medenti, quin una Batavis consulis alma meis: atque hoc servato cuncti servamur in uno, cuius nostra diu vindice tuta salus. Flevisti, Dordrechta, suum cum Falciger259 ensem stringeret et diro dextra levata seni260 est in doctum directa caput, cum parcere Parcae ulterius summo non voluêre viro. Obstitit Omnipotens versisque in prospera fatis longa iubet famulas stamina nere suas. Nostrarum haec vis sacra precum: movêre Tonantem murmura, quae fracto corde poëta dedit in summum transmissa polum, quae Curia, quae plebs templaque continuis composuêre sonis. Grata Deo nunc turba sumus, sui thura merumque fundimus et sacris aestuat ara focis, inque parentantes quae iam diffluxerat undas vena, recollectis plena redundat aquis, in longos tibi fluxa dies; quos saepe canendos ut possim vates sumere, sume novos. Anno 1640
[42, 5] pp. 255-6 Viro summo et amico, d(omino) Iohanni Beverovicio, senatori medicoque Dordrechtano primario, cum magno Salmasio de calculi arenulis certanti [distici elegiaci]
5
Nescio quae, magnas turbant certamina mentes atque agitat doctos quaestio crebra viros: de misera coelum et terram miscetis arena, crescit et in moles calculus ille suas. Iam nego Pompeios, nego peccavisse Cethegos,
1, 754 ss. Vd. anche i versi immediatamente successivi. 259 Normalmente epiteto di Saturno, si riferirà qui alla Morte. 260 Diro....seni sembra essere un dativo d’agente.
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42, 4 – 43
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non mihi iam Gracchi, non Catilina reus: illi de toto moverunt proelia mundo; ipsa triumphantis portio Roma fuit. Dant vobis haec bella nihil, dum laudis utrique plus satis atque alio gloria parta modo est, si Batavo quisquam magnus, Salmasius illi, dum patriam tundent aequora, semper erit, et tua te, Beverovici, si credis amico, dum patriae stabunt oppida, fama vehet. Hoc gaudete pares pretio pacemque quietemque261 arripite et pronam pellite barbariem. Scribite in adversas, quibus est mens tanta, tenebras et populo lucem continuate meo. Sic sic vestra meae decorabunt tempora lauri et longum vobis esse poëta velim. Olim crassa suas dedit ignorantia rixas: nunc tantum doctos pax decet alma viros.
10
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Corn(elius) Boyus an(no) 1641
[43] BLONDEL Franz, medico esperto di acque termali (Liegi 1613-?): cf. AGL 1 c. 1137; ADB 2, 721: da non confondere con François Blondel (Parigi 1609 ca.-ivi 5/9/1682), di cui parla DBF 6 c. 699. Thermarum Aquisgranensium et Porcetanarum elucidatio et thaumaturgia sive Admirabilis earundem natura et admirabiliores sanationes, quas producunt in usi bus balneationis potationis, opera Francisci Blondel senioris, medici polyatri et primi huius thermo-potationis promotoris ac super-intendentis: editio tertia, sincerissima, prioribus auctior et emendatior, sumptibus authoris, Aquisgrani, ty pis Ioannis Henrici Clemens, urbis typographi iurati, 1688 [prima ediz. Aquisgrana 1671], cum privilegio Sacrae Caesareae Maiestatis [R.G. Medic. V.442]
Alla fine della dedicatio in prosa dell’autore (intitolata Dedicatio prae nobilibus, strenuis, ampliss(imis), clariss(imis), consultiss(imis) et pruden tissimis viris ac dominis, d(ominis) consulibus, pro-consulibus, officiali bus ac senatoribus Sedis regalis, liberae et imperialis Civitatis inclytaeque reipublicae Aquisgranensis, d(ominis) suis Maecenatibus observandissimis etc.) compaiono i seguenti versi (che fanno parte della dedicatio stessa):
261 Verso
ipermetro.
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CARMINA MEDICALIA
[43, 1]
[distici elegiaci] Dum iuga montis aper, dum flumen piscis habebit, anchora, fons aegris, hic sacra semper erit. Vt bibat, accurret (rumpantur ut ilia Codris) Germanus, Gallus, Belga, Britannus, Iber. Hinc Vrbs florescet, crescet Respublica262: quidquid ignis destruxit, mox reparabit aqua.
5
Hoc vovet, sic sentit praenobilium, strenuarum, ampliss(immarum), clariss(imarum), consultiss(imarum) et prudentissimarum Dominationum vestrarum observantissimus servus et concivis Franciscus Blondel, med(icinae) doctor
* Prima dell’inizio dell’opera compare, a piena pagina, un ritratto ovale dell’autore con la scritta circolare: Franciscus Blondel, medicinae doctor et thermopotationum harum institutor. Al ritratto tengon dietro i seguenti versi: [43, 2] Nobili et expertissimo viro domino, d(omino) Francisco Blondel, archiatro et aquarum mineralium Aquisgranensium vindici solertis simo etc. [distici elegiaci] Non satis ille sapit medicus, sed ab arte recedit, qui medicos fontes omnibus esse volet; nec minus a solidâ hunc dico ratione vagantem, ulli qui medicas esse negabit aquas: qui bene, consilio medici, thermalibus undis utitur, infirmis proficit usus aquae. Haec etenim toti sententia cognita mundo est, quod sanus medici nec medicae artis eges. Vsus servetur, tollatur abusus aquarum: usus si malus est, optima quaeque nocent. Vt bene vel fotu, vel cures corpora potu, optima Blondelii regula pandit iter.
5
10
Amicitiae ergo posuit Michael Born, pastor s(ancti) Petri Aquisgrani ac senior venerabilis iudicii synodalis assessor 262 Si
noti il costrutto chiastico con paranomasia negli elementi centrali.
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43, 1 – 43, 3
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Chronicon noVVs therMaLIs aqVae VsVs, VInDICatVs263
[43, 3] Monumentum debitae pietatis et observantiae d(ominorum) Engel berti et Guillielmi Blondel, med(icinae) d(octorum), erga d(omi num) Franciscum Blondel, patrem suum amantissimum [esametri dattilici]
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Inter magnificos Vrbis plaudentis honores fas est, obsequiis paribus concurrere natos ingenuumque simul patri persolvere amoris officium: a primo deducere nomina fonte, hinc iuvat et clarae seriem producere vitae. Ad Mosam Legiae264, lucem sub luminis auras primaevam trahis et primis nutriris in annis; at, cum tempus erat studiis intendere mentem aetasque ingenuis excreverat artibus apta, mitteris augustum studiorum laude Duacum265: hic tam felici studiorum castra Minervâ prosequeris mentemque sacrâ sub Pallade formas, ut post emensum, non multo tempore, cursum, clarus Apollinea celebreris Doctor in arte; utque sub apricum prodiret lucis imago doctrinae, Malmodurum266 Spadamque267 theatrum eligis, hic primae iaciens fundamina praxis. Multiplices ubi nempe scatent de corpore terrae circumquaque undae, medicatis usibus aptae, harum naturam, effectus tectumque requiris robur inexhausto studio magnoque labore: felices curas et proficientia cunctis consilia impendis, multos edoctus in usus. Inde etiam volitante tui rumore sagacis ingenii, Treviros accitus, Principis aulae prae multis medicus praefectus, praxe medendi ante annos animumque geris nomenque senile. Principe defuncto, Treviros aulamque relinquens,
263 Le lettere in evidenza indicano l’anno 1688, che è quello di pubblicazione dell’opera di Blondel: vd. anche infra 43, 4 e 8. 264 È la Mosa che bagna, fra l’altro, anche Liegi. 265 Douai. 266 Malmédy. 267 Spa.
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Imperii sedem, rivis thermalibus amplam tendis Aquisgranum: regalis in Vrbe Senatus mox populi medicum designat honore favente. Hic fuit antiquos assumere fortius ausus, undarum vires, secreta latentia toto ingenio studioque diu noctuque probare: hinc iterum felix, per tempora multa medendo balnea praescribis variis variasque per artes morbos expellis, longis famosus in oris. Sed sileo haec: toti forsan sunt cognita mundo. Res nova nec nostrum forsan memorata per aeuum! Est haec curarum praxisque corona tuarum, ingenii pars magna tui est et summa laborum gloria, quod, thermas pro fotu268 semper amatas artis ad examen revocans, simul ore bibendas praescribis rarâque fuges269 hac arte dolores. Hoc titulo se se devinctam grata fatetur Vrbs defertque tibi memori pro munere laudem. Hinc superintendens, Granensis Apollo probaris primusque inventor thermalis diceris huius potus, quem longo raroque labore repertum scriptis defendis librisque patentibus auges, finitimus270 pariter longisque manentibus oris commendas multâque probas ratione salubrem. Vive igitur longos, pater optime, sospes in annos, gloria natorum, nostrae lux inclita gentis. Applaudunt gnati, tibi saecula multa voventes, quos non degeneres patriae virtutis et artis arguet ulla dies: quin semper imago paternae praxis in amborum studiis scriptisque vigebit; utque novis quondam thesibus tua scripta probârunt e publicis cathedris doctorum munere clari, sic, post fata, tui defendent dogmata libri qua calamo, qua voce: tuae sic lumina praxis lucebunt sero post saecula longa nepoti.
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[43, 4] Nobili, clarissimo expertissimoque domino, d(omino) Francisco Blondel, seniori medicinae doctori Aquensi, thermopotationis effi cacissimae primo inventori ac super-intendenti etc. 43, 3 268 Fotu…/…bibendas:
cf. supra 43, 2 vel fotu, vel…potu. presenza del futuro, in luogo dell’atteso presente (vd. praescribis), è determinato da motivi prosodici. 270 Sic: forse refuso per finitimis. 269 La
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[esametri dattilici] Det novus Orbis opes, argenti aurique fodinas extollatque suas tellus Gangetica gemmas; subdola sed promunt irritamenta malorum non ita thermales undae: medicamine pollent nobilibusque scatent mineralibus atque metallis subveniuntque aegris et detrimenta resedant. Saepe exhausta carent auro penetralia terrae et quae proveniunt magno sunt parta labore: hic indeficiens ultro thesaurus aquarum prosilit in toto iam famosissimus Orbe. Sive ergo potare velis, seu balnea tentes, praefer Aquisgranum, thermali nobile fluxu: praevalet a varia morbis virtute mederi; et nunc ante alias felix urbs Grania, felix, quae post funestas clades, incendia post sex vastata, auspiciis thermae-potabilis undae restaurata magis cum foenore, crescis et auges divitias urbisque decus populique salutem. Te Christo peperit Carolus271 cognomine Magnus, Imperiique tronum statuit, sed turbine rerum transportata alio te Cesaris aula reliquit. Blondelius siquidem natura expertus et arte te relevat priscisque facit splendoribus aequam. Illius arte novâ par, Grania, Caesaris aulae, sublimata viges procerumque ducumque quotannis viseris accessu potus thermalis amore. Omnigenis certamque malis potando medelam accipiunt, usum experto praebente patrono, Angli, Germani, Batavi, Danique, Sueci, Hispani, Galli, Belgae populique remoti, sexus uterque, senes, iuvenes teneraeque puellae, (queis adversa valetudo) thermalibus undis omnibus expurgata malis sua membra remulcent ac benefactorum fontis praeconia pangunt. Nec puto ab Elisiâ primi si valle redirent artis Apollineae patres, Galenus, Apollo, Poeon et Hippocrates, Podalirius atque Machaon viribus herbarum tantum praestare valerent, ut modo praecellit thermae-potatio Aquensis. Ipse ego, tabifico languore diutius aeger, officio urinae, pedibus renumque dolore
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fractus, progressu, somno gustuque supinus, iamque profecturus talparum ad regna iacebam: non erat in medicis nec Apollinis arte levamen, sed bene restituit piscina probatica272 Aquensis munia Naturae: thermalis lympha diebus, Blondelii ductu, quindenis, pota fugavit omne malum celerique gradu sanissimus inde exultansque abii. Tantis dignissima donis non mirum, mea Calliope si dona rependat Blondeliique canat vitae per saecula laudes. Iure igitur quisquis languenti corpore tabes seu potare lubet, seu balnea sumere tuto, regula Blondelii hoc libro contenta docebit: ecce tibi methodum pandit, praescribit et usum ac pravos usus aperit, discrimina tollit. Perge bonis avibus, perge, expertissime doctor, qui meritis, natura, aetate, scientia et arte laureus es, taceant ventosae vocis Achates273 garrulitate cavillantes et more procaci: nullus enim poterit Momorum livor obesse elogiis, Francisce, tuis: per saecula tantum vivet opus, vives et posteritatis honore. Perge salutiferas scriptis defendere thermas teque genusque tuum speciali obstricta favore prosequitur dignasque tibi Respublica Aquensis attribuet lauros. Sua iam vestigia natos inclyta sectantes ambo, virtutis et artis haeredes patriae, parili collaudat honore. Porro progenies, stimulis animata paternis, Blondelii pergat longa propagine famam ducere, ventura ut274 postquam cognoverit aetas tantorum auctorem se conciliasse patronum magnificas referet tanto pro munere grates laudeque Blondelius celebrabitur immortali275. Chronicon VVLCanVs AqVIsgranVM perDIt, NeptVnVs reponIt. 43, 4
272 Irregolarità prosodica, dal momento che la terzultima sillaba della parola, normal mente breve, è qui scandita lunga. 273 Sic: si potrebbe ipotizzare Athenae, anche sulla base di un passo petroniano (sat. 2, 7): nuper ventosa istaec et enormis loquacitas Athenas ex Asia commigravit etc. 274 Intendi: “ come”. 275 Verso spondiaco.
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aliud ALtera MaII InCenDIo perIIt 1656, aqVa IVVante resVreXIt 32276. Gratitudinis applaususque hocce monumentum dicat consecratque Georgius Fillezius Condatensis, ecclesiae cathedralis Leod(icensis) p(resbiter) beneficiatus
[43, 5] Carmen affectuosum expertissimi domini, d(omini) Iacobi Rhat277, medicinae licentiati, medici Loimici et pharmacopaei Coloniensis stipendiarii, in praesentem librum [dimetri giambici] Libelle, belle floscule Blondelii clarissimi, prodi, sub almo numine tui Senatus incliti. Prodi, favore nobili regalis urbis excitus, te sanitatis arbitrum iam laetus Orbis expetit. Prodi calentes pandere Aquensium thermas cito, prodi, salutis anchoram ostende veram languidis. Blondelii doctissimos effunde partus: quâlibet infirmitate perditos278 ostende sanandi modum. Solve ergo pennas ocyus et lucis auras aspice, libelle, belle floscule
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riferimento è all‘incendio che nel 1656 devastò Aquisgrana: cf. ADB 2, 721: “Die 1656 durch einen allgemeinen Brand fast völlig vernichtete Stadt — nach der niedrigsten Angabe wurden 2600 Häuser ein Raub der Flammen — verdankt B. aüßerordentlich viel. Dieser machte es sich gewissenmaßen zur Lebensaufgabe, seine Kenntniße und seinen Einfluß dazu zu verwenden, der verarmten Stadt wieder aufzuhelfen”. Le cifre in evidenza del primo verso indicano il 1688, che è l‘anno di edizione della nostra opera; quelle del secondo (1656) l‘anno dell‘incendio della città; quelle del terzo (32) la cifra che, sommata a quella del verso precedente, risulta per l‘appunto 1688. 277 Johann Rath (Raht), medico tedesco (sec. XVII): cf. AGL 3 c. 1877. 278 Sic: forse refuso per perditis (cf. v. 12 languidis).
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Blondelii clarissimi. Felice tandem sidere, libelle, prodis: vultibus optatus hospes advenis et gratus occurris mihi. Honore digno te simul celebrat Orbis et, tuo authore dignum, plausibus inusitatis suscipit. Hinc perge longo dissitas, invise gentes cardine: iam cuncta mundi natio Blondelii cernat librum discatque thermas nobiles urbisque Aquensis balnea cunctis in Orbe fontibus virtutibus praecellere. Hac laude thermas Principum huc confluens flos praedicat, pro sanitatum munere grates supremo concinens. Quid ergo torpes, morbide, vitamque dudum languidam trahis? Salutis anchora en iam patescit: arripe. Exempla sunt quam plurima cuiusque fortis gentium, quas sanitati reddidit thermalium usus fontium.
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[43, 6] In thermales minerales Aquisgranenses clariss(imi) et expertiss(i mi) domini F(rancisci) Blondel hendechasyllabon 43, 5 [falecei] Te, Blondel[ii], medicas docente vires, Dario279 licet audiente, dicam: «Vincunt minerales280 tuae dearum et famâ meliore, quam parasti, 279 Probabilmente
sinonimo di “oltremodo ricco”: vd. aureis di v. 5. attestato in latino: sc. aquae, che vincono — grazie a te (cf. v. 4) — quelle in cui sono solite bagnarsi le dee (dearum sc. aquas), le quali perciò le abbandonano, preferendo a quelle solite (ancorché preziose: fontibus aureis) quelle minerali. Il soggetto di ponunt sem brerebbe quindi essere un sottinteso deae. 280 Non
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ponunt fontibus aureis pudorem».
[43, 7]
Aliud [distici elegiaci] Dum thermalis aquae vires sapienter adumbras, Blondel, Naturae munera tecta doces dumque salutiferos sub Aquensi climate fontes, quae vera alchymicos fit281 panacea doces.
[43, 8]
Votivo-Chronicon [distico elegiaco] VIVe DIV, LongIs, noVe DoCtor AqVensIs, In annIs, te DeVs aeterna In prosperItate beet282.
[44] BODER (BODERIUS) Thomas, medico di Rouen (metà del sec. XVI): cf. AGL 1 c. 1158. De ratione et vsu dierum criticorum opus recens natum, in quo mens tum ipsius Ptolemaei, tum aliorum astrologorum hac in parte dilucidatur, authore Thoma Boderio Rhotomagensis dioecesis. Cui accessit Hermes Trismegistus, De decubitu infirmorum, nunquam antea in lucem editus, Parisiis, apud Andream Wechelum, sub Pegaso, in vico Bellouaco, anno Salutis 1555 (colofone finale Parisiis, excude bat Andreas Wechelus, sub Pegaso, in vico Bellouaco, anno Salutis 1555) [è la prima ediz.] [Stamp. Pal. IV.479 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [44, 1] Ἰακώβου τοῦ Μουσίου εἰς Θωμᾶν τὸν Βοδέριον ἑξάστιχον [distici elegiaci]
Αἰθέρα Πληϊάδων ᾤοντο τοκῆα φορῆναι· εὖ γὰρ τὴν διδαχὴν ᾔδεον ἀστρονόμων. Καυκάσῳ αὖ ἐνδηχθέντα [ut vid.] Προμηθέα φράσταν [ut vid.] ἀοιδοὶ· 281 Sic:
probabile refuso per sit. qui le lettere evidenziate danno come risultato il 1688: vd. supra 43, 2.
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καλῶς οὐρανίους ᾔδεε χ’ ὧδε δόμους. Λῷστα σὺ ταῦτ’ εἰδὼς οὐ μοῦνον Ὅλυμπον ἐνεγκεῖν Ἄρην [δὲ] πιστεύῃ οὐρανοῦ283 ἐξιέναι. 44, 1
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[44, 2] Caroli Achaei in Thomam Boderium authorem epigramma [distici elegiaci] Ridetur neruum repetens citharoedus eundem nec mulcens variis carmina docta sonis: ridetur recinens longum cantata per aeuum carmina, quae potuit scire vel Iapetus. Te luces criticas longosque intacta per annos dantem, mirandum cana senecta facit.
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[45] BON(N)ET Théophile (Ginevra 5/3/1620-ivi 29/3/1689, di idrofobia): cf. AGL 1 c. 1227; BL 1, 619 s.; H-BLS 2, 301. Theophili Boneti, medicinae doctoris, Sepulchretum sive Anatomia practica ex cadaveribus morbo denatis, proponens historias et observationes omnium humani corporis affectuum ipsorumque causas reconditas revelans: quo nomine, tam pa thologiae genuinae, quam nosocomiae orthodoxae fundatrix, imo medicinae vete ris ac novae promptuarium dici meretur, cum indicibus necessariis: editio altera, quam novis commentariis et observationibus innumeris illustravit ac tertia ad mi nimum parte auctiorem fecit Iohannes Iacobus Mangetus284, medicinae doctor et serenissimi electoris Brandenburgici archiater, Lugduni, sumptibus Cramer et Perachon 1700 [prima ediz., non edita da Manget, Genevae, sumptibus Leonardi Chouët 1679] [R.G. Medic. I.54 (1-3)]
All’inizio del primo tomo, dei tre in cui si articola l’opera, compaiono i seguenti versi: [45, 1] Ad perillustrem virum dom(inum) Th(omam) Bonetum [distici elegiaci] Immensas grates fundet tibi quaelibet aetas, gloria Paeonii prima, Bonete, chori, quod fere inexhaustis artem conatibus ornas 283 Congetturerei Ἄρην πιστεύῃ οὐρανοῦ ἐξιέναι, mentre a v. 3 emenderei αὖ in ἂν.
284 Jean-Jacques Manget, medico svizzero (Ginevra 19/6/1652-ivi 15/8/1742): cf. AGL 3 c. 110 s.; BL 4, 56; H-BLS 5, 15.
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deque cadaveribus parta trophaea doces. In putribus sunt mella feris qui quaerere certant: in microcosmo aperis mille, Bonete, favos.
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Carolus Sponius, med(icus) Lugdun(ensis)285
[45, 2] Ad excellentiss(imum), clariss(imum) doctissimumque virum do m(inum), d(ominum) Theophilum Bonetum, med(icinae) doct(o rem), cum opus utilissimum περὶ τῇς τῶν πτωμάτων ἀνοίξεως in lu cem princeps ederet, τετράστιχον [distici elegiaci] Si, dum vivo, meum corpus reserare liceret, conspiceres animae pars tua quanta286 meae: pectora sed nisi cum post fata recludere mos sit, mortem ero ad usque meam, clare Bonete, tuus. Vincentius Minutoli, in Academia Genevensi politioris literaturae pro fessor287
[45, 3]
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Sur la même pensée madrigal Aprenés illustre Bonet, medecin consommé par l’art et par l’usage (car enfin je le dis tout net au sujet de ce bel ouvrage), que si comme les morts l’on ouvroit les vivants, vous pourriés dans mon cœur lire les sentiments d’une estime pour vous toute particuliere, mais puis que l’on attend288 qu’on ait fini son sort, ie les conserverai d’une telle maniere qu’on pourra les y voir encore aprés ma mort. Le même
285 Charles Spon (Lione 25/12/1609-ivi 21/12/1684), medico dei re di Francia a partire dal 1645: cf. AGL 4 c. 753; BL 5, 372; Michaud 40, 76 (dove si afferma «Il se plaisat aussi à com poser des épitaphes poétiques pour le tombeau des hommes célèbres que la mort enlevait»); H-BLS 6 479, dove si dice che Spon «verfasste medizinische Schriften und lateinische Verse». 286 Sc. esset o, forse meglio, sit. 287 Vincenzo Minutoli (1640-1710), professore di greco, storia ed eloquenza a Ginevra dal 1675: cf. H-BLS 5, 118. 288 La prima edizione reca la lezione mais que puis qu’on attend.
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[45, 4]
In laudem auctoris et anatomiae practicae [distici elegiaci] Dat bona Bonetus: mala cur tu, Mome, rependis? non tibi de luto cor meliore fuit. Theophili bonus omnis enim nomen studiumque laudatum sera posteritate cupit. Magnae molis opus praeclaro289 Herculis ausu is dedit, ancipiti Gordia vincla secans ferro, quae patrat tacitas Libitina per artes ut iugulet miseros, ut struat insidias: felix qui potuit mortis cognoscere causas. Hunc igitur librum volve, revolve, tenes. Te cruor absterret vel mors cantata, sed ecce: haec manet innocuo vulnere parta salus.
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Io(hannes) Conradus Peyer, medicus Schaffusa Helvetius290
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[distici elegiaci] Se bona diffundunt, arcto nec carcere claudi, dum prodesse volunt, se patiantur291 ea. Non mirum est igitur lucem, praeclare Bonete, affectare292 tuae nobile mentis opus. Hoc medici est, multis grat[i]am praestare salutem: hoc praestas cunctis ore manuque bonus. Hinc nomen clarum splendentibus inseris astris atque aeterna tibi praemia fama canet.
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Io(hannes) Georgius Mangoldt, d(octor) medicus Basileensis293
* * * [46] Labyrinthi medici extricati sive Methodus vitandorum errorum, qui in praxi
289 Sic:
sarà refuso, anche per motivi metrici, per praeclarius (sc. opus). Konrad Peyer, medico svizzero (Sciaffusa 26/12/1653-Basilea 29/2/1712): cf. AGL 3 cc. 1479 s.; BL 4, 579 s.; H-BLS 5, 412; ADB 25, 568. 291 Sic: evidente refuso per patiuntur, come peraltro attestato nella prima edizione. 292 La prima edizione reca la lezione aspectare. 293 Johann Georg Mangold (1648-1693), medico, professore di logica e retorica: cf. H-BLS 5, 15. 290 Johann
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occurrunt, monstrantibus Gulielmo Ballonio294 et Lud(ovico) Septalio295, operâ Theophili Boneti, serenissimi quondam principis Henrici Aureliani, Longavillae ducis etc., medici. Additus est eiusdem Septalii Tractatus de naevis; cum indicibus necessariis, Genevae, sumptibus Samuelis de Tournes, 1687 [prima ediz. Ginevra 1668, mentre la prima ediz. del De naevis è Milano 1606] [R.G. Medic. IV.112]
Prima dell’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [46, 1] Gulielmi de Montholon ad Ludovicum Septalium, patricium Me diolanensem, Aristotelis Stagiritae Problemata elucidantem [falecei] Prodite aurea scripta Stagiritae296 et vos Septalii aurei labores prodite, istius illa perpolita manu, illa istius arte cultiora. Nam, postquam aethera aquasque Ludouicus et locos penetrans remotiores, thesauros dedit eruditionum, nunc ipsos aditus petens deorum, supremae reserat pius sophiae297 arcana et sapiens sophi sagaxque prisci dogmata principisque lustrat sophi, qui modo per manus, per ora Gallorum ac298 Italûm frequens volabit. Sic iam Septalii arte Stagirites magis clarus erit magisque notus septem Septaliusque Stagiritae alas adiiciens, virum per ora magis clarus erit magisque notus, Insubrûmque caput prius fabrili famosum magis arte, Marte, coelo, primorum imperio ducum soloque pingui divitiisque nunc alumni
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294 Guillaume de Baillou (Ballonius) (Parigi 1538-ivi 1616): cf. AGL 1 cc. 717 s.; BL 1, 292
s.; DBF 4 cc. 1314 s. (che lo chiama anche de Baillon). 295 Ludovico Settala (Septalius) (Milano 27/2/1552-ivi 12/9/1633): cf. AGL 4 cc. 508 s.; BL 5, 239. 296 Il termine ha qui una singolare inversione prosodica, nel senso che le prime due sillabe, scandite qui con la successione lunga + breve, dovrebbero avere la successione inver sa: cf. anche i vv. 14 e 16. 297 La parola è scandita, forse per analogia col greco, con la penultima sillaba lunga. 298 Per motivi metrici ac andrà emendato in atque.
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felici ingenio sui superbum litteris celebres praeibit299 urbes.
[47] BOREL (BORELLUS) Pierre, medico francese (Castres 1620 ca.Parigi 1/11/1671, 1689 secondo AGL e BL): cf. AGL 1 c. 1251; BL 1, 632; DBF 6 c. 1096. 46, 1 Petri Borelli, medici regii Castrensis, Historiarum et observationum medico physicarum centuriae IV, quibus ipse qvidem subiunxit Isaaci Cattieri300, doctoris Monspeliensis et medici regii, Observationes medicinales raras secum commu nicatas Renatique Cartesii vitam a se perscriptam. Nunc autem aliunde, ob argu menti similitudinem, accedunt Ioh(annis) Rhodii301 Observationes, Arnoldi Boo tii302 de affectibus a veteribus omissis Tractatus et Petri Matthaei Rossii303 Con sultationes et Observationes selectae, Francofurti et Lipsiae apud Laur(entium) Sigism(undum) Cörnerum bibliopol(am) Lips(iensem) anno 1676 [prima ediz. Parigi 1657] [R.G. Medic. V.300 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [47, 1] In Observationum stupendarum ac inauditarum P(etri) Borelli cen turias [distico elegiaco] Cui iuveni tantam dedit experientia lucem, tale vt promat opus, quam dabit illa seni? Raimundus Gacheus, p(raepositus) Eccl(esiae) Carent(oniensis)304
[47, 2] Πρὸς τὰ φυσιολογικὰ καὶ ἰατρικὰ συγγράμματα τῆς εἰδήσεως τερατώ δους, ἀνδρὸς πολυμούσου καὶ ἰατρῶν τοῦ πάνυ κυρίου τοῦ Π(έτρου) Βορέλλου, Ἀνδρέου Κανδομέρκου τετράστιχον
299 Sic:
sarà refuso, anche per motivi metrici, per per ibit. Cattier (Cattierius) (sec. XVII): cf. AGL 1 c. 1776; BL 1, 856; DBF 7 c. 1430 [prima ediz. Castres 1653]. 301 Vd. supra 30 tit. [prima ediz. Padova 1657]. 302 Arnold de Boot (Arnoldus Bootius) (Gorinchem 1606-Parigi 1653): cf. AGL 1 c. 1245; NNBW 4 c. 211; Aa 2, 1, 893 s.; DNB 2, 745 s. [prima ediz. 1649]. 303 Pietro Matteo Rossi (sec. XVII): cf. Brambilla 2, 1, 13. 304 Raymond Gaches (Castres, inizio sec. XVII-Charenton, dicembre 1668), pastore a Charenton, della cui chiesa assunse la guida nel 1654 fino alla morte: cf. DBF 14 c. 1524. 300 Isaac
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[distici elegiaci]
Μουσικὰ πάντα μαθῶν, φύσεως θαυμαστὰ ματεύων, Βόρελλος Μούσαις ταῦτ’ ἀνέθηκε γραφῶν. Καὶ ὡς πᾶσιν ἄκους φυσικοῦ τερατῷδε ἔδειξεν, εἶδος οἷ ἔνδειξεν καὶ συνέταξεν ἕδος.
[47, 3] In prodigiosas physicae et medicae artis Observationes d(omini) Petri������������������������������������������������������������������ ����������������������������������������������������������������� Borelli���������������������������������������������������������� , non����������������������������������������������������� �������������������������������������������������������� ���������������������������������������������������� vulgaris�������������������������������������������� ������������������������������������������� ac����������������������������������������� ���������������������������������������� proletariae����������������������������� ���������������������������� eruditionis����������������� viri������������ ���������������� , sed������� ���������� ������ recon ditioris ac penitioris literaturae et apud Casseronenses doctrina ceu usu spectatissimi medici, Andreae Campdomerci, iudicis maioris Carmaniensis tetrastichon [distici elegiaci] Edidit has celebri Borellus Pallade chartas, unde qveant usu pharmaca mira legi et, veluti calamo cedris dignissima pingit, panget305 eis ceris nomen ubique memor. 47, 4
[47, 4] In domini P(etri) Borelli, medici regii, Observationes medicophy sicas [distici elegiaci] Valde observasti magni documenta draconis306, qvi vult, ut segnes otia morte luant; nam diuturna tuae promis monumenta sophiae: hinc fit, quod volitas docta per ora virûm. Perge, Borelle, tuis claris pallescere chartis: funereum superat garrula fama rogum.
5
Iacobus Conrart
[47, 5] Cette epigramme a esté enuoyée à l’imprimeur, comme il alloit faire la closture de ce liure, par monsieur Boné307, aduocat en la Chambre de l’Edict, seante à Castres, et substitut de monsieur le Procureur general en icelle 305 Probabile refuso per pandet, anche se, a sostegno di panget, potrebbe risultare l’effetto
allitterante con pingit di v. 3. 306 Probabile allusione alla Morte. 307 Jean Boné, avvocato francese (sec. XVII): cf. AGL2 1 cc. 2025 s.
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CARMINA MEDICALIA
A Monsieur Borel, medecin de Castres, epigramme
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Borel quoy que des doctes soeurs, pour moy les sources soient taries, i’implore encore leurs faueurs, en l’honneur de tes Centuries, ce bel ouurage nous fait part des plus hauts secrets de ton art, sans les cacher d’un soin auare: mais dans ce curieux écrit la merueille de ton esprit, est ce que ie voy de plus rare.
[47, 6] In prodigiosas Petri Borelli, medici regii, Observationes, qvarum causas exponit tetrastichon 47, 5 [distici elegiaci] Si nil mirari faciat nos esse beatos, Musa velut pulchre nos Venusina docet: tu nos, Naturae pandens effecta, beatos esse facis, mirum quos nihil esse doces.
[47, 7]
Ad eundem [distico elegiaco] Miranda exponit Naturae effecta Borellus: non mirum est, miro cum sit is ingenio. Addictissimus Io(hannes) Alegrius308, I.D.E.I.C.E.C.A.
[47, 8] In laudem eruditissimi viri P(etri) Borelli medici eiusque Observa tiones medicophysicas [distici elegiaci] Frendeat ira minax, exanguis livor et ignes309: durabit tuus hic, docte Borelle, liber. 308 Si tratta forse di Jean Alègre (m. 28/5/1680), avvocato, uno dei fondatori dell’Accademia di Castres nel 1648: cf. DBF 1 c. 1384. La sigla potrebbe essere sciolta in qualcosa come i(u ris) d(icundi) e(t) i(uris) c(ondendi) e(xpertus) C(astrensis) A(cademiae). 309 Sic: sarà forse refuso per ignis (cf. ira e livor).
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47, 5 – 47, 10
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Vtilis est etenim nimium mortalibus aegris, ut tenebris illum mors properata tegat. Es brevis et clarus nullaque ambage relicta admiranda refert pagina docta tua. Hic nudo vultu, velis Natura remotis se praebet curis ingeniosa tuis exanguesque doces torqventes corpora morbos pellendi methodum: nec via difficilis. Ergo diu possis doctos depromere libros, venturis prosis semper ut arte tua. Incipe Naturae portas reserare profundas Democritusque tuus prodeat in medium. Tandem ut sis notus cunctis fulcrumque laboris, Maecenas adsit, qui velit esse, tui.
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G.S.C.310
[47, 9] In doctissimas Petri Borelli medici Centurias medicophysicas [distici elegiaci] Centuriis falsis (rerum dum fata reqvirit) grandia tentavit dicere Nostradamus311. Ast veram video famam portendere posse, centurias doctas quas habet iste liber.
Ioh(annes) Laurentius Rubricampius, d(octor) medicus
[47, 10] In eiusdem Petri Borelli Observationes medicophysicas [distici elegiaci] Qvi patriae voluit primo celebrare libello laudes, nunc medicis utile condit opus. Non melior civis, medicus, non doctior alter, Borellus partes implet utrasque meus.
P. Galutus, s(acratis)s(imae) theologiae candidatus
310 Si
tratta forse di G(acheus) s(acerdos) C(arentoniensis): cf. supra 47, 1. testo ha dicere, nostra, damus: evidente riferimento al medico e astrologo Michel de Nostredame (1503-1566) e alle sue Centurie astrologiche. 311 Il
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[47, 11]
CARMINA MEDICALIA
Δ. Π(ετρῳ) Βωρέλλῳ αὐτοδιδάκτῳ χαίρειν [distici elegiaci]
Πάγκρυφα312 τῆς φύσεως κλύεις, Βώρελλε φιλητής· εὔφυος ἀνδρᾶσιν φάρμακα γεῖα313 φύεις. Θαύματα τῆς γαίας παράπαν μᾷς χαλεπὰ314 βάλλειν· ὄμματα τῶν τε θεῶν δοῦσι315 σέ, τῶν τ’ ἀνερῶν.
Κ.Δ.Β.Α. Βέλλακ, δοῦλος τοῦ Θεοῦ
[48] BOTTONI Albertino (Padova, prima metà del ’500–ivi 1/12/1596): cf. AGL 1 c. 1284; Mazzuchelli 2, 3, 1902 ss.; Vedova 1, 148 ss.; BL 1, 645; DBI 13, 485 s. a cura di Giuliano Gliozzi. Albertini Bottonni, nobilis Patavini, philosophi ac medici, praxin in Academia Patauina interpretantis, De vita conservanda, Patavii apud Iacobum Bozzam, 1582 (colofone finale Patavii, apud Iacobum Bozzam 1582) [è la prima ediz.: cf. DBI, 486; BL, 645; Vedova 1, 153) [R.G. Medic. IV.3893]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [48, 1] Ad eccellentiss(imum) Albertinum Bottonnum natio Germanorum medicorum, quae est Patavii [distici elegiaci] Inclyte, quid tantum, quo te veneramur, amorem, Albertine, potest conciliare tibi? An, quia te multa clarum virtute videmus, nascitur ex meritis gratia tanta tuis? Quippe amor officium sequitur conspectaque virtus pertrahit in laudes pectora nostra tuas.
5
312 Sic:
si tratta evidentemente di un rafforzativo, peraltro non attestato, dell’avverbio
κρύφα. Intenderei: “tu che conosci [la prima sillaba di κλύεις, normalmente breve, è qui allungata, come nelle forme κλῦθι e κλῦτε] tutti i misteri della natura”. 313 Sic: sarà forse refuso per χρεῖα.
314 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, normalmente breve, è qui scandita lunga per necessità metriche. Si potrebbe intendere: “tu brami ardente mente rivelare le meraviglie della terra, che certamente sono difficili da intendere (sc. da parte degli altri)”. 315 Sic: forse refuso (probabilmente determinato dalla somiglianza della lettera iniziale, scritta in maiuscolo) per λῶσι, da λάω “guardare, osservare”.
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47, 11 – 48, 2
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Pellere difficiles quo sit medicamine morbos cum doceas, tuus est publicus iste labor. Sed ne forte tuae desint priuata iuuentae, publica dum studii clausa theatra silent, te iuuat in medicis, pulchro certamine, rebus priuata iuuenes instituisse domo. Hic de proposito mos est discurrere casu, quae modo dicendi munia tute subis, et modo nostra sedens placida dum percipis aure, corrigis eloquio qualiacunque tuo. Magna quidem sunt haec, sed (ut est tua grata voluntas) non satis ingenio res facit ista tuo, ni quoque commonstres, vt, quae certissima longe esse doces, visu lumina nostra probent. Nos igitur comites infirma ad corpora tecum accipis, vt medicum conspiciamus opus. Quilibet hic morbus (modo sit tractabilis arte) cogitur auxiliis terga dedisse tuis. Hic iterum cupida iuuenum praesente corona sumis ab exemplo verba diserta dato et, ne quis videat, quod non intelligat ipse, tu bene sollicita sedulitate caues. Scilicet et mores et saeui semina morbi prodis et haec qua sint arte leuanda mones. Pro quibus aut meritas dicentia carmina laudes possumus officio condere digna tuo. Vnica, quam spectes, manet officiosa voluntas, caetera materiae pondere pressa iacent. Dii faciant possis (quid enim nisi vota supersunt?) viuere felices suauiter vsque dies. At tuus iste liber, claras modo natus in auras, duret et authorem laudet ubique suum.
[48, 2] In Albertini Bottonni, medicorum nostrae aetatis fortunatissimi, librum De conservanda vita, Poloni amoris et officii ergo [distici elegiaci]
5
Magna dabat totam Tyberis delubra per Vrbem, vssit et accensis thura merumque focis: cum subiit Latios opifex Epidaurus in agros et dedit officio prospera signa suo. At quae tanta tuis famam virtutibus addent,
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CARMINA MEDICALIA
non bene Pierys316 carmina iuncta modis? Qui bene decerptis Clarys de collibus herbis, celsus ubi gemino mons petit astra iugo, Paeoniam exerces medicans insigniter artem et prohibes Stygias rumpere fila deas ac opus emittis quo non praestantius ullum: languida mortifera corpora tabe leuet, quod tibi uenturos semper durabit in annos et sublime tuum nomen in astra feret, donec ab occasu roseum reuolutus in ortum Phoebus luciferis frena reponet equis.
10
15
[48, 3] 48, 2
Stanislai Niegossowski317
Liber ad lectorem [distici elegiaci] Fata manu uitamque gero, penitusque repertam Pegasus alato quam pede fecit, aquam. Quisquis es, hinc artes medicas floremque iuuentae, laedere quem posset nulla senecta, petas. Nobilis huc pleno Permessus profluit alueo et fundit Clariam plena canalis aquam. Multa manu medica superas referuntur in auras, unde fluit sacrae uena perennis aquae, sed tua, quae Latias mittis, Bottone, sub oras possunt Pierii numen habere dei.
5
10
Eiusdem
[48, 4]
[distici elegiaci] Cynthius aurata cithara praeclarus et arcu, idem etiam medica diuus in arte potens, te, nate o, cithara et iaculis atque arte decorum effecit medica Tethi[i]os undisonae. Sed curas, cithara latitans, solaris et arcus hastaue quid uerae nobilitatis habent?
5
316 Sic:
sarà grafia per Pieriis, come anche Clarys al verso successivo. (1560 o 1565-1588 o 1590): cf. PSB 22,
317 Stanisáaw Niegoszewski (Niegoszowski), poeta
763 ss.
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48, 2 – 49, 1
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Largiri aut seruare animam laus aemula diuis: eripere immani est res magis apta ferae. Ergo ista ante alios fulget qui primus in arte Maeonia, Albertus dignior Iliade est.
10
Haec eximio philosopho ac medico, domino Albertino Bottonno, amo ris perpetuaeque memoriae gratia, scribebat Iacobus Critonius Scotus318
[48, 5] In Albertini Bottonni, doctissimi viri, librum De conservanda vita Alexandri Carratti epigramma [distici elegiaci] Ducere qui tut[t]o uitam uictumque salubrem nosse et acerba diu fata cauere cupit, quisquis et in tenebris Medicinae occulta subire, cernere et illustres quae latuere uiros, haee319 monumenta legat Bottonni insignia chartis tradita, queis medicae consulit historiae. Haec tibi fontis erunt instar praecepta medendi; hic nitidas sitiens dulce potabis aquas; hic bene cultus ager fruges producet opimas: messe grauis redeas, si apis inde, domum.
5
10
* * * [49] Albertini Bottoni, nobilis Patavini philosophi ac medici, theoricam ordina riam in Academia Patauina interpretantis, De morbis muliebribus libri tres, ad Sistum quintum pontif(icem) sapientiss(imum) et max(imum): secunda editio [pri ma ediz. Padova 1585], cum privilegio, Venetiis apud Paulum Meietum, bibliopo lam Patauinum 1588 [R.G. Medic. IV.530]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [49, 1] Albertino Bottono, philosopho ac medico excellentissimo, hocce plurimorum eius meritorum suique grati animi, fortasse tenuius quam pro re, testimonium statui fecit medicorum Germanorum Collegium
318 James Crichton, soprannominato The admirable, celebre poeta (19/8/1560-Mantova 3/7/1582): cf. AGL 1 c. 2203; DNB 5, 87 ss. 319 Sic: evidente refuso per haec.
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CARMINA MEDICALIA
[distici elegiaci]
5
10
Ergo ades, expectate liber, pridem? Ergo iuuandi nos ea, Bottoni, mens tibi prompta manet? O sensus docti, o meditata fidelia! Vivat Italia et Graecus cedat Arabsque tibi, Euganei vivant medici, quos vesper et ortus miratur, morbi quos genus omne timet. Et tu, Bottoni, non ultima gloria gentis Asclepiadae320, vive vireque diu, ut fructus quoque saepe tuos Germania posthac sentiat et merito semper honore colat.
[50] BRANDOLINI Aurelio Lippo (Firenze 1454 ca.-Roma, ottobre 1497, di peste): cf. AGL 1 cc. 1335 s.; Mazzuchelli 2, 4, 2013 ss.; DBI 14, 26 ss. a cura di Antonio Rotondò. 49, 1 Lippi Brandolini De humanae vitae conditione et toleranda corporis aegritu dine ad Mathiam Coruinum, Hungariae et Bohemiae regem et Beatricem reginam, Dialogus. Adiecimus alterae huic editioni De exhilaratione animi in mortis angore Aymari Falconei Thautani321 Dialogum, opusculum sane aureum mira pietate un dique scatentem, Basileae 1543 (colofone finale In inclyta Rauracorum Basilea, apud Robertum Winter, mense Martio, anno a nato Christo 1543) [sembra la prima ediz.] [R.G. Medic. VI.231]
Nell’opera di Brandolini non compaiono versi, mentre alla fine dell’o pera di Aymaro è presente la seguente annotazione: [50, 1] Finit excellens et eruditione multiiuga scatens opusculum dialogi more contextum, cuius inscriptio est De exhilaratione animi, quem metus mortis angit atque contristat, authore praecellentissimo pa tre domino Aymaro Falconeo Thautano, bonarum literarum ut stu diosissimo, ita etiam callentissimo necnon summo heroicarum uir tutum sectatore, qui, communi prospiciens utilitati, rem scitu non iucundam modo, uerumetiam necessariam et se hoc est religioso (is enim laudabilis instituti beati patris Antonii obseruantissimus cultor est) et uiro plane Christiano dignam feliciter adgressus est et ad felicem exitum tandem iuuantibus superis perduxit. Hoc ita 320 Asclepiadae è inammissibile metricamente. Si potrebbe congetturare — si libet hario lari — qualcosa come Hippocratis medicae (sc. gentis). 321 Cf. AGL 4 c. 1087.
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49, 1 – 51
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que maxime commoditati haud dubie tibi futurum, candide lector, opusculum aere non perinde magno eme, emptum non oscitanter perlege ipsumque perlectum cum relegere non piguerit, e memoria ne effluat diligentissime cura: id quod si feceris, non dubito quin hanc sis de eo sententiam laturus: [esametri dattilici] Aeque pauperibus prodest locupletibus aeque: aeque neglectum pueris senibusque nocebit.
[50, 2] In commendationem harum lucubrationum, studiosis haud dubie perquam utilium, domini Aymari Falconei cum literarum fulgore, tum morum integritate imprimis conspicui hendecasyll(abi) [falecei] Vt sint qui nihil esse morte peius clament ac nimio tremant pauore, siquando sonet hoc in aure nomen “mors”, posthac tamen est ei322 futurum non immite, uelut prius, libellum hunc quum perlegerint: eo monetur quisquis, solliciti sit ut timoris expers. Aimarus est id assequutus vir doctissimus aureo libello, ut mens exhilaretur: hunc ueterno excusso, lege, Christiane lector, nec mortis nimio tremes pauore.
5
10
[51] BRIGHT Timothy (1551 ca.-1615), medico, “the inventor of modern shortland”: cf. AGL 1 c. 1382; BL 1, 699 (che lo fa morire nel 1616); DNB 2, 1245 ss. Hygieina [sic], id est De sanitate tuenda, medicinae pars prima, auctore Ti motheo Brighto Cantabrigiensi, medicinae doctore......... 1598, Francofurti, ex offi cina Paltheniana, sumtibus hered(um) Petri Fischeri et Ionae Rhodii [prima ediz. Francoforte 1588] [R.G. Medic. VI.97 (1)]
L’opera di Bright è costituita di due parti: alla pars prima dell’opera se 322 La
s finale di eis è caduta per aplografia determinata dal successivo futurum.
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CARMINA MEDICALIA
gue la pars altera che reca il seguente frontespizio Therapeutica, hoc est De sanitate restituenda, medicinae pars altera, auctore Timotheo Brighto Can tabrigiensi, medicinae doctore, omnibus cuiusuis Facultatis studiosis peru tilis ac prope necessaria, 1598, Francofurti, ex officina Paltheniana, sum tibus hered(um) Petri Fischeri et Ionae Rhodii 51 All’inizio di questa seconda sezione dell’opera compaiono i versi se guenti: [51, 1] In secundam medicinae partem d(omini) Timothei Brighti [distici elegiaci] Nuper adumbratos medicinae vidimus artis323, qualis Apellea pingitur arte Venus. At deerat pectus: pectus quoque, Brighte, dedisti cultaque concinnis est θεραπεία tuis. Adde pedes reliquis supremaque robora membris, principiis fines: et dea qualis erit?
5
[51, 2] Εἰς ὄνομα τὸ τοῦ εὐμεθοδικωτάτου324 ἰατροῦ τοῦ Τιμοθέου Βρίχτου, τοῦτ’ ἐστὶ λαμπρὸν δίστιχον [distico elegiaco]
Οὐ τόδε μαψιδίως λάχες ονομα· ἐστὶ γὰρ αὐτὸς λαμπρὸν ἐν ἰητροῖς φῶς μεθόδοιο φέρων325.
[52] CAGNATI Marsilio (Verona 1543-Roma 1612): cf. AGL 1 c. 1546; BL 1, 798; DBI 16, 301 ss. a cura di Giorgio Stabile; Eckstein 75; Pökel 38. Marsilii Cagnati Veronensis, doctoris medici et philosophi, Variarum observa tionum libri quatuor, quorum duo posteriores nunc primum accessere; eiusdem disputatio De ordine in cibis seruando, permissu Superiorum, Romae, apud Ber nardinum Donangelum 1587 (colofone finale Romae, excudebat Alexander Gar danus et Franciscus Coattinus socii, 1587) [prima ediz. Roma 1581] [R.G. Medic. V.567] 323 Sic:
sarà forse refuso per artus (sc. adumbratos) e un sottinteso artubus sembra con cordare con l’aggettivo concinnis di v. 4. 324 In greco sembra attestato soltanto il semplice μεθοδικός. 325 I due versi sono fondati sul gioco di parole Bright / bright / λαμπρόν.
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51 – 53, 1
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All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [52, 1]
Ad librum [distici elegiaci] Ne quaeras alium, nuper liber aucte gemellis: at ueterem dominum sit uoluisse satis. Musa nouo partu grata est, ut flore recenti et ueteri, ut uino, gratia maior hero326 est.
* * * [53] Marsilii Cagnati Veronensis, medici Romani et in Romana Schola professoris primarii, Opuscula varia, quorum index sequenti pagina continetur, Romae, ex typographia Aloysii Zannetti 1603, Superiorum permissu [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.256 (1)]
Il verso della pagina del frontespizio contiene l’elenco delle opere. Il primo opusculum è il De Tiberis inundatione medica disputatio [pri ma ediz. Roma 1599], immediatamente preceduto dai versi seguenti: [53, 1] Annibalis Sinibaldi Auximatis327 carmen ad Marsilium Cagnatum [esametri dattilici] O quem te memorem, Marsili maxime, vel quo carmine compellem meritis non impare tantis? Nostra quibus late cumulas venturaque secla, nunc calamo memoranda docens, nunc voce magistra, sidera seu numeras proprios distincta per orbes, seu quae fixa micant summi per concaua caeli quasque illis quondam dederit pater aetheris alti, scrutaris vires, obliquo lumine vel cum despiciunt terras, vel recto lumine lustrant. At, genus humanum miseratus, suscipis artes si quando medicas agitandas, cuncta sagaci expendens animo, Naturae claustra recludis nulli nota prius nigrique a faucibus Orci pene animas cogis languentum ad membra reuerti.
5
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326 Cf.
v. 2 dominum. un cenno, se si tratta di lui, in Moroni 49, 248.
327 Solo
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CARMINA MEDICALIA
Cui fari vt possit, quod sentit, gratius vmquam contigit? et cui nam mollissima reddere verbis dum328 aptis quaeuis, tibi quam, dulcissime rerum, fas fuit vtilius, seu cum sermone soluto disseris aut numeris variis cum carmina pangis? Fulgida lux Phoebo nigras ceu discutit vmbras et rebus reddit, quem nox fugat atra, colorem, sic oculis nubem obductam tua viuida virtus summouet a nostris immisso lumine veri. Sed licet ingenio praestes et pectore culto, non hebetes ideo mos est tibi temnere amicos, vel naso ignarum quemquam suspendere adunco329: immo aurem cunctis facilem praebere decorum reris. At330 arcanas Naturae accedere partes quos iuuat, ingenua erudiendos excipis arte et veri mira cupidos dulcedine comples. Salue, prima inter coeli data munera nobis optime Cagnate, et nomen quot ducet ad annos fama tuum, tot te incolumem pia numina seruent.
* Alla fine del De Romani aeris salubritate commentarius [prima ediz. Ro ma 1599] compaiono i seguenti versi: 53, 1 [53, 2]
Eiusdem auctoris carmen [esametri dattilici]
5
His ego tentabam vanos de mentibus, vltor mendacis famae, sensus vanumque timorem, vt sua Romano constaret gratia caelo, vellere, tu interea dum, Aldobrandine331 (Senatus grande decus sacri et Romanae gloria pubis), ter magni curas patrui minuisque labores atque studes primum enixe et contendis amatam (at
328 Sic: congetturerei dura (che si contrapporrebbe a mollissima di v. 16), sia perché dum non ha senso sia per far tornare il metro. 329 Evidente eco oraziana: cf. serm. 1, 6, 5: vd. Otto 238; Tosi 778 s. n° 1743. 330 At può creare qualche perplessità per il suo valore frequentemente avversativo: non sembra troppo azzardato considerarlo refuso in luogo di ad (cf. accedere). 331 Trattasi del cardinale Pietro Aldobrandini (Roma 31/3/1571-ivi 10/2/1621), elevato alla porpora dallo zio Clemente VIII, cui l’opera è dedicata: cf. AGL 1 c. 239; Cardella 6, 7 ss.; DBI 2, 107 ss. a cura di Elena Fasano Guarini.
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53, 1 – 54, 1
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criminibus foedam infandis!) lustrarier Vrbem, expertam nuper crudelia funera, nobis credita vix, queis Scylla ferox et saeuus agyrtes332, impius atque Typhon Rhesusque infamis habetur. Non Eriphyle vna ostendet iam vulnera nati, non semel inuisi fratres natique patresque dicentur posthac: nec sunt ea crimina caeli Romani, sed quisque volens sibi retia fingit queis capitur, sibi quisque dolos meditatur et arte saepe sua moritur. Diras auertite pestes, sancte pater Clemens, et tu, spes altera, Petre: dent sontes scelerum poenas, maneant sua dignos praemia (quod facitis): nam prisca et auita Quiritum pectoribus virtus vestro rediuiua virescet munere, quo iam et dicta magis, quam visa, redibunt tempora, Saturno (vt fama est) regnata, nec vlla praeclarum nomen reticebunt secula vestrum.
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* * * [54] Laurentii Cagnati, M(arsilii) f(ilii), Epitaphium, Romae, apud Aloysium Zan nettum 1602, Superiorum permissu (colofone finale Romae, apud Aloysium Zannet tum 1602, Superiorum permissu) [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.256 (3)]
Si tratta di una raccolta di componimenti poetici in onore di Lorenzo Cagnati (1578-1601), figlio di Marsilio, “l’unico figlio maschio [sc. di Mar silio]...... anch’egli laureatosi in filosofia e medicina — che morirà nell’ot tobre del 1601 per una lue troppo tardi rivelata al padre” (DBI cit., 302). Su di lui vd. G.B. Ferrari (Siena 1584 ca.-ivi 1655: cf. Sommervogel 3 cc. 676 ss.), In funere Marsilii Cagnati, medici praestantissimi, Laudatio Iohan nis Baptistae Ferrarii Senensis e Societate Iesu, habita in sede s. Mariae in Aquiro 5 Kal. Aug. 1612, Romae apud Iacobum Mascardum 1612. Nel frontespizio compare un ritratto ovale di Lorenzo con la dicitura intorno: Laurentius Cagnatus annum agens XXIII e, sotto, due versi: [54, 1]
[distico elegiaco] Parce, pater, lacrimis: in caelo viuitur atque
ovviamente, sul greco ἀγύρτης. Vd. anche infra 211, 1, 10; 211, 2, 14; 100; 230, 1, 44. La citazione di 54, 1, 2 (vd. infra) è ripresa da Ennio (Varia 17 Vahlen) e riportata da Cicerone, Tusc. 1, 34. 332 Esemplato,
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tecum iam volitans viuo per ora virum.
* L’opera è costituita da: 54, 1 1 = Una presentazione al lettore (Lectori s(alutem)) firmata Philander Colutius et socii: Filandro Coluzza fu un fedele discepolo di Marsilio (cf. DBI cit., 303): vd. infra 54, 13. Di Crollalanza 1, 344 parla della famiglia Colucci di Velletri, ma non cita nessun Filandro. 2 = L’orazione funebre per Lorenzo: In funere Laurentii Cagnati oratio habita in aede s(anctae) Mariae in Aquiro a Felice Marcellino [vd. an che infra 54, 6-7], Collegii Saluiati333 alumno, die 27 Octob(ris) anni Salutis 1601. 3 = I componimenti poetici per Lorenzo che qui di seguito riporto: [54, 2] Thomae Berti, Collegii Saluiati alumni, ad Marsilium Cagnatum medicum excellentissimum, de obitu filii consolatio [trimetri giambici]
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Quam multa vitae, Marsili, pericula tibi vnice dilectus et cordi sedens euasit ipso raptus aeui ab limine stratoque molli decubans Laurentius! Sunt quos acutus ensis aut plumbi globus demittit Orco missus atro sulphure, perit ille saxis ictus, ingenti labat alter ruina, est alteri exitium mare, est cui per alta tecta proserpens neget effugia Vulcanus. Quid inter gramina virus tegentium anguium dicam genus? quid dente felis aut rabidae rictu canis multos perisse, si pusilla aranea lethaliter mordere mortalem potest? Siti, fame, aestu, frigore, innumeris modis licet perire: quodque triste est maxime,
333 Notizie sul Collegio Salviati in Moroni 6, 42; 61, 11. Solo un accenno al Collegio stesso, “destiné aux orphelins de Santa Maria in Aquiro”, in Hurtubise 314. In queste opere non compaiono notizie sugli allievi del Collegio medesimo, autori dei carmi in onore di Lorenzo Cagnati.
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incogitantem saepe mors statim opprimit, vt vix salutis spes animae aut locus siet334. Ereptus hisce natus est tuus malis et expiatus caelicis remediis, iter parauit lactea ad Caelum via. Leni dolorem mente prudenti, pater, Patri supremo cede, qui longos, breues disponit annos, esse qui iuris sui quod viuimus quantumque viuimus, iubet. Tum qui peritus Atticam linguam tenes, Musae memento carmen Atticae et cane: ὃν οἰ θεοὶ φιλοῦσιν ἀποθνῄσκει νεός335.
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[54, 3] De florentissimo adolescente Laurentio Cagnato acerba morte extincto, eiusdem epigramma [distici elegiaci] Dum docta rite aegrotos Laurentius arte curat et a l[a]eti limine restituit, indignata suas incassum cedere vires, viribus hunc totis Mors violenta petit.
[54, 4] Ioannis Benamati336, Collegii Saluiati alumni, in obitum ornatis simi adolescentis Laurentii Cagnati epigramma [distici elegiaci] Cui citharam et dulces numeros et Paeonis artem non potuit vitam pulcher Apollo dare! Occidit extinctus primo Laurentius aeuo: extincto quid iam pulcher Apollo dabis? Da charo cineri lacrymas, da funebre carmen et dic: «Aeternum, dulcis alumne, vale».
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[54, 5] Eiusdem epigramma, quo Marsilius pater Laurentium filium ex tinctum alloquitur [distici elegiaci] 334 Si
noti la raffinatezza arcaica. il noto verso menandreo, ripreso da Plauto, bacch. 816 s.: cf. Tosi 665 n° 1473. 336 Solo un cenno, se si tratta di lui, in Moroni 64, 216. 335 È
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Raptus es, o primo Laurenti flore iuuentae, et patris est tecum spes quoque rapta simul. Non ego te potui seruare salubribus herbis nec medicae docta qualibet arte manus. Si nihil in Parcas opis his, at pectora saltem debuerat patrius flectere dura dolor.
[54, 6] Felicis Marcellini [vd. supra], Collegii Saluiati alumni, in obitum Laurentii Cagnati, Marsilii filii, medici excellentissimi, epigramma [distici elegiaci]
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[54, 7] 54, 5
Marsilii innumeros curari dum videt arte auellique sua Mors truculenta manu, illius in sobolem vertit crudelior iras, et «Mihi tu poenas», dixit iniqua, «dabis!». Nil amor et patriae iuueni valuere medelae: vnum pro cunctis Mors tulit atra caput.
Eiusdem de eodem epigramma [distici elegiaci]
5
Naturae vitam munus Cagnatus habebat, ingenium et mores finxerat ipse sibi. Quod Natura dedit, rapuit violentia Mortis: non tetigit, peperit, quae sibi vera bona337. Ingenium viuet, viuent in saecula mores, quos celebris fama cantus ad astra vehet.
[54, 8] Felicis Marionii, Collegii Saluiati alumni, de Laurentio Cagnato, praepropera morte extincto, epigramma [distici elegiaci] «Quid properata secas heu! nati fila iuuentae: nonne vides?» genito clamat in ore decus. «Virtutem aspexi moresque:» ait Atropos «illis moribus, ingenio, nonne erat ille senex?».
337 Intendi: “la Natura ha solo generato (sc. Lorenzo), non lo ha protetto e non ha fattto in tempo a sperimentare il bene che egli le avrebbe sicuramente arrecato”.
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[54, 9]
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Eiusdem de eodem epigramma [distici elegiaci] Improba quid medicis oblatras turba, salutem quod medica semper non ferat aeger ope? Ferrea si possent produci fata medendo, viueret archiatri Marsilii soboles. Non amor in natum, non sedula cura parentis doctaue Paeonia defuit arte manus. Ille tamen periit, ne quem Medicina perennem munere iactaret viuere posse suo.
5
[54, 10] Michaelis Vbaldini, Collegii Saluiati alumni, in Laurentii Cagnati, medicinae scientia florentissimi iuuenis, obitum epigramma [distici elegiaci] Cagnatum rapuit primo Mors flore iuuentae, Paeonia fieri dum studet arte potens. Nil illi Hippocrates, nil profuit ipse Galenus, quos penitus toto pectore condiderat; nil genitoris amor, quamuis foret alter Apollo, condiretque sua pharmaca mista manu. Perspectum338 nullis excludi fata medelis: nil prodest nato, Morte furente, pater.
5
[54, 11]
Eiusdem alterum [distici elegiaci] Quis prope Laurenti tumulum stat squallidus ore? Mercurius, iuueni qui dabat eloquium. Quae laniant crines et tundunt vbera palmis? carmina, quae Musae dulcia praebuerant. Quae sedet exanimis diuosque incusat et astra? indiderat Pallas pectore, quae sophiam. Quis querulos praebet tristesque in funere cantus? qui dederat doctam pulcher Apollo chelim. Quae capite obducto nigroque in tegmine lugent? cum gemina luget iuncta sorore Charis. Et quae non flebunt igitur pia lumina, si flent Mercurius, Musae, Pallas, Apollo, Charis?
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338 Sc.
est.
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[54, 12] Ascanii Lazari, Collegii Saluiati alumni, epigramma de Laurentio Cagnato, iuuene medicinae scientia florentissimo, immatura morte erepto [distici elegiaci] Inuentum, Medicina, tuum si pulcher Apollo, cur iuuenem spernis, pulcher Apollo, tuum? Occidit ille tua qui cinxit tempora lauro, Laurenti clarum nomen et vnde tulit. Ille salutares duce te iam nouerat herbas et medicam morbis ferre solebat opem. Carus erat Musis, quae te sub praeside dulces ducunt Aoniae laeta per arua choros. Cur immaturo pateris sic funere mergi, Nestoreos decuit quem superare dies? non licuit forsan crudeli obsistere fato? Fac saltem ingenii fama superstes eat.
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[54, 13]
Philandri Colutii339 Veliterni, medici [distico elegiaco] Mors tibi, Laurenti, iuueni dedit improba mortem, Phoebea vt mortem ne tua dextra fuget.
[54, 14] De obitu Laurentii Cagnati, iuuenis integerrimi doctissimique, ad excell(entissimum) virum, eius parentem, Marsilium Cag(natum) Bernardini Stephonii340 Soc(ietatis) Iesu ode [strofe alcaica] Legem quis autem nunc tibi dixerit, Cagnate, flendi? scilicet innocens terrore summo tecta circum vidimus attonuisse fulmen, 339 Vd.
supra tit. Stefonio S.I. (in Sabina 1560-Modena 1620): cf. AGL 4 cc. 829 s.; Som mervogel 7 cc. 1527 ss.; 9, 862. Il carme compare nella raccolta poetica di Stefonio: Posthu ma Bernardini Stephonii e Societate Iesu Carmina, quae ex quamplurimis non perierunt: editio prima, Romae, typis Ignatii de Lazzeris 1655, Superiorum permissu, pp. 314 ss. con il titolo In obitu Laurentii Cagnati ad Marsilium patrem e con l’unica variante degna di rilievo a v. 10 a] ab. 340 Bernardino
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nec, dum rubenti celsa Diespiter ambedit ardens culmina sulphure, aedes per imas lapsus hausit attonitum penetrale fulgor? Heu maeror ingens: occidit, occidit 10 a stirpe nomen gentis et vltimae stetere causae, ne ferire damna domum grauiora possint! Mercede sed qua vulnera iam, pater, humana disces illacrymabili 15 spectare vultu, quo futuri impauidum, miserande, luctu munis paternum pectus, vt altera nil tela possint laedere? sint licet quam multa caelo signa fulgent, 20 quot numero parit Hybla flores; Cauri quot aestus sollicitant truces, emoliuntur cum mare funditus; vertente quot frondes volucres flabra ferunt Aquilonis anno, 25 spes illa gentis, summa superstitis mensura voti, nominis vnicus haeres auiti, viua mentis effigies patriae, senectae serum leuamen, quo licet vnico 30 olim stetisses par superis pater, heu fletur extinctus repente et cinis est tuus ille Laurens! Quid culta puro pectore profuit virtus? et vsu nobilium artium 35 finxisse mores? quid iuuentam ingenuam temerasse nunquam? Et iam paternis laudibus aemulus vrgebat annos, corpora callidus ex imminenti iam sepulcro 40 Paeonio reuocare ritu. Sermone quicquid Socratico Plato, quicquid Lycaeo dissona Porticus Zenonis elimat, sagaci quicquid Aristoteles labore 45 exudat olim, norat et vberi linguae beatae nectare profluens edisserebat, parricida quale timet Catilina flumen. 5
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Quocumque vellet ducere daedalus aures sequaces, seu fide flectere Musaea mallet verba, siue voluere liberiore tractu. Nunc, quod dolorem mitiget asperum lenimen vnum est, quod lacrymas pias impendit orbo Roma patri et sobolem dolet orba raptam. Tu nempe natum flebilibus modis ploras ademptum, Roma gemit duos, binos in vno passa sensus, teque suum putat icta vulnus. Priuata luctu mitia publico si damna fiunt, grande tuis adest, Cagnate, solamen querelis: est aliquid lacrymasse Romam.
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[54, 15] In obitum Laurentii Cagnati, magnae spei iuuenis, oda ad d(omi num) Marsilium Cagnatum Franciscus Maria Factorius341, eiusdem Societ(atis), grati animi ergo 54, 14 [strofe asclepiadea quarta = gliconeo + asclepiadeo minore] Patris deliciae senis, labentis columen praecipuum domus, flos Laurentius integer hic somno premitur non iterabili. Illi perpetuo comes adstat collacrymans ingenuus pudor; illi candor amabilis virtutumque chorus flebilis assidet. Hunc coniuncta Sororibus vrget perpetuo flebilibus modis Pallas nec similem putat castris posse suis restitui virum. Ah quam dura necessitas tam cari capitis stamina dissipas! an non haec sapientia ex auro manibus neuerat aureis? Quis nunc se stabilem putet, si tantus cito Laurentius occidit?
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341 Non
ne trovo traccia in Sommervogel né altrove. Si tratta sicuramente di uno scam bio: la dicitura eiusdem Societ(atis) si deve riferire a Pietro Paolo Bombino: cf. infra 54, 17, dove, infatti, non compare l’indicazione di appartenenza dell’autore alla Società di Gesù.
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54, 14 – 54, 16
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[54, 16] Ioannis Horionis ode in obitum Laurentii Cagnati, Marsilii, v(iri) c(lari), f(ilii) [strofe alcaica] Cagnate, natum iam nimium diu defles ademptum. Cur animo inuides aegro medelam, suetus omnem demere corporibus dolorem? Non ista leges Paeoniae sinunt, non his medendi callidus artifex formare praeceptis Achillem semifero solet ore Chiron, prudens eandem fingere dexteram, telluris herbas carpere daedalae et barbyti plectro canorae saepe fides moderari eburno, hac342 menti vt aestus anxiferos343 prius curasque edaces eximeret suae, illis vt afflictos suorum erigeret Deus alter artus. Hunc hunc Achillem (credet amor tuus) vidi ipse tristes inferias tui ambire nati, haec, si recordor, flebiliore lyra canentem. O terra nutrix, foeta potentium herbarum, honoras velle, parens, comas succosque iam membris salubres ferre alia regione sperne. Hac parte nostin, quos cineres tegas? hac parte nostin, quas lachrymas bibas? Quod semen, hoc imberque reddet, vim sibi vindicat omnis herbae. Sunt ossa nati, sunt lachrymae patris. Nil triste viuo Roma timet patre, neu qua timeret, natus omnem hauserat ingenio parentem. Quod Nilus hortis pinguibus educat, quod laeta Marsi per iuga deligunt, quod Thessalae matres sequuntur, surget ab hoc genitum sepulchro. Hinc cerua dictamum icta leget fugax,
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342 Sc.
fide.
343 Presente
solo in Cicerone poeta: cf. de div. 1, 22; Tusc. 2, 21.
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veris sodales vim chelidoniae344, hinc Cypriae helxinem345 columbae, 40 origanum346 Palamedis ales. Hinc mater exspes auxilium feret, cui dulcis infans, deliciae domus, mortis sub ictu pallet atrae, iam iugulo recipitque ferrum. 45 Hinc virgo sponso restituet diem, cui cara flebat claudere lumina. Hinc languido vitam parenti praeproperus reparabit haeres. Vitam hinc reposcet Roma Quiritium, 50 quorum sepulta est hoc tumulo salus, quos arte Laurentis potenti luminis asseruisset auris. Non hic suam de[e]st fundere copiam matura Virtus, non Sapientia, 55 vt cerea in prauum iuuentus hinc animis medeatur aegris. Quem namque honesti non amor accipit? quem non ad artes impetus optimas incessit, vt Laurentis ora 60 in residem subiere mentem? Ille ipse, foedus sanguine Troico, crudelis, audax, immiserabilis, irae impotens, semper tepenti plena furit cui dextra ferro 65 iuro347. Meae si regna puertiae, non inuenustum semihominis pecus, sed anxiae mystes salutis Marsilius tenuisset olim, non me referret cum Telamonio 70 contendere armis Calliope parem, sed artium, Laurens, tuarum otia nobilia aemulantem.
344 Irregolarità prosodica, dal momento che la seconda e terza sillaba del termine, che normalmente costituiscono un trocheo, qui sono scandite come un giambo. 345 Frequente soprattutto in Plinio sr.: cf. in particolare, in nesso proprio con columbae, nat. hist. 8, 101. Palamedis ales di v. 40 è la gru. 346 Irregolarità prosodica, dal momento che le due sillabe iniziali della parola, che nor malmente costituiscono un giambo, vengono qui scandite come un trocheo. 347 Sic: refuso per uiro. Riferimento ad Aiace Telamonio (vd. anche infra v. 69), mentre v. 66 allude a Chirone, il saggio centauro, maestro di Achille.
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54, 16 – 54, 17
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[54, 17] 54, 16 Pauli Bombini348 in obitum Laurentii Cagnati [strofe saffica]
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Occidit telo Phaeton trisulco, ausus aeternos agitare currus patriosque ignes prope conflagranti didere349 mundo. Occidit flammis puer alter i[i]sdem, ausus infamis iuuenem nouercae artibus caesum male derelictae reddere luci. Perculit patrem tamen omnis vnum ira caelestum: Phaetontis ardor, ardor Asclepi immeritis parentem ignibus vssit. Ille et infernas adiit tenebras huic comes nato, comes illi ab vndis haustus incertis duplici rependit funere vitam. Marsili, hoc audis? tua nec recurrunt vulnera heu semper reditura, semper acrius fossura latus paterni vulnera cordis? Occidit natus patris ire certus laudibus par emeritumque longa luce longaeuum releuare solers artibus i[i]sdem. Occidit nulli minor, inuidendus plurimis, Orco prope destinatos callidus vitae reduces referre lucis in auras. Vnus hic patri Phaeton, sed insons, vnus Asclepi similis sed arte vsus haud vltra meritum, parenti vulnus vtrumque. Ipse sed Caelo fruitur beato fusus amplexu lacrymasque ridet, te sed aeterno medicanda luctu funera mersant.
348 Pietro Paolo Bombino S.I. (Cosenza 1575 ca.-1648): cf. AGL 1 c. 1212; Mazzuchelli 2, 3, 1511; Sommervogel 1 cc. 1682 ss.; 8 c. 1861; 12 c. 963. 349 “Pro diuidere” in Errata ut corrigenda alla fine del volume. Il riferimento di v. 6 s. è ovviamento a Fedra, matrigna di Ippolito.
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[54, 18]
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Liuii Donati Laurentius Cagnatus patri [strofe formata da due asclepiadei minori + due gliconei]
Quid me ceu tumulo chare gemis parens mandatum ac lacrimis lumina conficis? Num quis cultor Apollinis mortis nescius occidet? 5 Humano fragilis pondere tegminis exutus, patrios despicio lares inter gaudia syderum, indutus sapientia. Huc Virtus meritis conspicuum iubet 10 ascendisse virum viuida praemiis, cinctum stemmate gloriae, grato munere Palladis. Quam dulce est soboles inter amabiles caeli perpetuis viuere laudibus 15 ac dulce aetherea frui tanti pace silentii! Omnes malo canant, me esse superstitem, quam partam tumulo condere gloriam, qua mors dulce periculum est 20 et cunctis pretium est mori. Absint ergo graues funere Neniae, absint: non perii, ni periisse erit me virtute domestica insertum ordinibus deum.
[54, 19] Pauli Siciolantis350 in Laurentii Cagnati immaturum obitum epi cedium [esametri dattilici]
5
Quo valeam mulcere tuam solamine mentem et tristem maesto depellere corde dolorem, quo tua, Marsili, medicamine vulnera curem? vulnera, quae patri fatali vulnere natus extinctus dedit, hostili resecante Sororis pollice lethalis stamen vitale iuuentae. Mors vulnus commune fuit fixitque dolore
350 Trovo notizia di due Paolo Siciolante in Pantanelli: 1) P.S., arciprete della chiesa di s. Maria (pp. 480 e 602); 2) P.S. gesuita (p. 603), di cui però non vi è traccia in Sommervogel.
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ingenti simul illa meas inimica medullas: heu patris natique vicem miseratus acerbam in lacrymas abiturus eram, ni pectore clausus occlusisset iter lacrimis pressusue sub imo corde dolor totas valuisset promere vires! Vt primum durus percussit nuncius aures nati immatura Parcarum lege perempti, in lapidem mens obriguit nec munere vocis fungi nec licuit maestos effundere questus. Nunc dolor erumpit, mouet illaudabile plectrum ille mihi tristemque iubet cecinisse Sororem feralisque ciet lacrimabile tibia carmen. Vnde prius canere incipiam? mihi multa recursat extincti virtus iuuenis, dum mente voluto indolis eximiae specimen, quod in ore micabat ingenui memorabile pectoris argumentum351. Distrahor in varias laudes primordia quaerens: hinc rapit ingenium et doctae praestantia mentis; hinc trahit egregias animum coluisse per artes summus amor venisque imis accensa cupido; hinc iuuenile decus castaeque modestia frontis et vitae probitas, teneris maturior annis; hinc labor assiduus placidaeque negotia vitae, queis traducebat primum feliciter aeuum; hinc me forma decens vegetae roburque iuuentae, quam nunc longinquae spes est frustrata senectae: ille videbatur traducere longius annos posse suos, carae soboli iaculante parente multa sene in viridis primaeuo tempore floris. At nunc heu primum flos expirauit ad austrum, ceu vere in medio distinctum terra colore picta sinum vario gemmantes explicat herbas! Hic Paestana rubet peramoenae352 purpura frondis, hic ferrugineo violae velantur amictu, illic flauentem diffundit caltha nitorem, caeruleum micat hic sidus, flos enitet illic expositisque comis niueo se vestit honore, indulgente sibi gremio tellure benigno; at si nigranti caligine forte grauetur, purpura liuescit, languent violaria, caelo aemulus arescens ferruginei hyacinthi
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351 Esametro 352 Il
spondiaco. termine in latino classico sembra attestato solo in Tacito, ann. 4, 67.
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CARMINA MEDICALIA
emoritur splendor, candentia lilia pulchras arescunt demissa comas capitisque decorem, maeret ager laeto florum viduatus honore. At cum primaeuis iuuenescens floribus arbor induitur, seu sit boreae penetrabile frigus, frugibus aut inimicum imbrem, seu passa bipennes, mox poma excusso exuitur nascentia flore. O vbi spes illa ingenii expectata feracis et praecox animi virtus, quae pectore in imo insita claudebat variarum semina laudum? O vbi tot coniuncta bonis sapientia rerum, seu quas occultis abdit Natura latebris et sophiae tradunt (arcana volumina) chartae, seu quas ars docuit (praecepta medentia) praebens? Ille tenax recti et veri indagator honoris dissimilis longe sociis, sapientior omnes aequales inter peragebat grata laboris otia Palladii, segni torpere veterno impatiens luxuque annos consumere inertes. Romani flos ille fuit splendorque Lycaei, artibus ingenuis doctas imitantis Athenas, siue vbi facunda addidicit praecepta Latini eloquii sophiaeque bibit de fonte liquores, seu medicas artes, vbi, patre docente magistro edoctus, praeclara sui monumenta reliquit ingenii, quae nulla tegent fugientibus annis secla oblita, sed aeternum memoranda manebunt. Vidimus eximium iuuenem (lacrimabile dictu!) paucos ante dies, quam Mors properaret iniqua, Mercuriale sophis celebri certamen in aula spectante illustri coetu et plaudente gerentem. Tuque aderas, Marsili, et laetis pectora votis exilire353 tua et, nati oblectatus honore, multa animum tibi credentem sperare iubebas. Nunc obiit letho oppressus Laurentius ille, ille patris iucundus amor, dilecta voluptas, ille ferox laudum delusit vota parentis. O fallax iuuenilis honos florensque iuuenta, quae magnae in spem messis te mox erigit et mox fructibus ereptis mortalia pectora fallis354! Sed quis, Laurenti, lacrimas compescere possit,
353 Sic: exilire è inammissibile per motivi metrici: si potrebbe agevolmente congetturare exilare. 354 Forse refuso per fallit (cf. erigit).
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54, 19 – 54, 20
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cum te praereptum immaturo funere cernit et tecum bona cuncta videt tumulata sepulchro, quae tibi concessit vultu Natura benigno? Cui non saeua nimis, cui non videatur acerba mors tua, quis luctus consortia dura paterni et, questus socius patrii, non sentiat imis visceribus tristi latrantem corde dolorem? Nemo potest lacrimis discrimina promere, nemo lugendi cohibere modum: iacet omnibus ille flebilis, inuidit vitam cui perfida Parca. 54, 19
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[54, 20] Tarquinius Gallutius355 Marsilio Cagnato in obitu Laurentii filii [distici elegiaci] Non tibi debueram, dulcis pro munere vitae, reddere funereos voce gemente sonos, sed cantum et cytharae dulcem, Cagnate, susurrum et doctum Ismarias sistere carmen aquas. Tempora finissem, venas cum pelleret aestus, albus et inficeret lurida membra color et sitis arentes fauces siccaret anhela et macie tereret pestifer ora liquor. Tum primum inuestes tenuis mihi pingere malas coeperat et leues pluma notare genas. At cum flore tamen, placido cum vere iuuentae debueram vitae rumpere claustra meae, ni mihi Orontea sanares corpora merce, ni premeres docta Paeonis arte luem. Tunc ego quae sacras supplex affusus ad aras narraui pro te sedula vota Deo! et tibi purpureis optabam solibus annos et cursu semper candidiore dies florentesque lares inconcussosque penates et quae Caesaribus insinuantur opes. Praecipue nato clementia sidera iussi
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355 Tarquinio
Galluzzi S.I. (Montebuono, Sabina 1574-Roma 28/7/1649): cf. AGL 2 c. 843; Sommervogel 3 cc. 1141 ss.; Eckstein 179; Pökel 88; DBI 51, 773 s. a cura di Manuela Belardini. Il carme è ripubblicato in Tarquinii Gallutii Sabini e Societate Iesu Carminum libri tres, altera editione plurimum aucti, Romae apud Bartholomaeum Zannettum 1616, Superiorum permissu, pp. 368 ss., con il titolo Marsilio Cagnato, physico praestantissimo, in obitu Laurentii filii Elegia XXII [la cifra indica il posto che il componimento occupa nel II libro dei Carmina], con le seguenti varianti: v. 8 macie tereret] tereret macie; v. 21 clementia] felicia; v. 22 fila] saecla; v. 29 pellere] ducere; v. 52 crudo] duro; v. 61 desine flere parens, satis est] parce pater: satis est natum; v. 69 noctem] iuuat. Sono inoltre omessi i vv. 19 s.
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CARMINA MEDICALIA
ducere, Laurenti, candida fila tuo. Nec Deus auersa susceperat aure susurros, non biberat surda commodus aure preces: nanque tibi facili currebant omnia lapsu, cum censu docilis diuite natus erat. Illi cana fides, illi sapientia cordi, quaeque laborantes ars Patarea leuat: nouerat et calidas e corpore pellere pestes, nouerat et quicquid febris iniqua mouet; quid vehat autumnus, quid plumbeus afferat auster, quid parili noceat libra inimica die; quae male compositas iubeant decurrere venas sidera, quae iubeant signa sinistra neces. Mille quid adnumerem studiis leuioribus artes integrosque iocos ingenuosque sales et recti candorem animi moresque pudicos pectoraque officiis intemerata piis? Inuidit sors dura tibi liuentiaque astra tam bene compositum corripuere larem: sic, vbi veliuolis356 adnubilat357 aura carinis, mergitur in Siculo puppis onusta vado. Occidis infelix teneris Laurentius annis, occidis heu misero laurus adempta patri! Qualis Hyperboreo difflatur turbine cerrus, pinus et in siluis gloria prima cadit aut seges insano radicitus eruta nimbo sternitur aut nimio vinea plena noto, immiti sic morte iaces moestissima laurus, funere sic mergis teque tuamque domum. Vnde tibi ducam, iuuenis miserande, querelas? quod mihi tam crudo in funere carmen erit? Tu me Palladiam cogis deponere frondem plectraque laetificis exhilarata modis laurigeramque comam moesta damnare cupresso temporaque informi ferre inhonora situ incertasque fides digitis errantibus ictas et querulo segnem scindere dente chelym moerentemque patrem socio lenire dolore, ducere et in venas tela aliena meas. Desine flere, parens: satis est fleuisse parumper, te satis est lacrimis immaduisse piis.
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356 Si
noti il raffinato aggettivo di stampo enniano e lucreziano. solo da Stazio, silv. 5, 1, 149 (ma la lezione è incerta).
357 Usato
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54, 20 – 54, 22
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Hispida non semper resonant querceta procellis, aut zephyro fluctus aut aquilone gemunt, aut viduata comis ad flabra remurmurat ornus, aut sola Sarmatico stant adoperta gelu. Questus mitte graues et natum conde sepulcro: pectora fortunae358 non violanda geris. Nam quid Socraticis noctem impallescere chartis, quid iuuat astriferis inuigilare polis? Vitae summa breuis (crede): haec sapientia prima est: trudit praecipites mors inopina dies. Scilicet huc aetas omnisque relabitur ordo, scilicet haec omni semita trita pede est.
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[54, 21] Io(hannes) Hieronymus de Sopranis359 Marsilio Cagnato in obitu filii 54, 20 [distici elegiaci] Laus tua, Marsili, est fugitiuae tempora vitae sistere et extremum fallere saepe diem: mille animae ereptae per mille pericula leto, mille hoc testantur funera pulsa gradu. Vidit et, indignans Mors saeua, «Arte vnius» inquit, «sum paene imperio iam viduata meo»: dixit et, vlciscens tot rapta cadauera fato, in nati intorsit tela inimica caput. Ah! fera et immitis simulas cur parcere patri, hunc cogis vitae si superesse suae?
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[54, 22] Ludouici Aurelii360 de obitu Laurentii Cagnati: Marsilius pater loquitur [distici elegiaci] Impia quae te nam pietas, mors improba, adegit, vt faceres vitae me superesse meae? Parcere erat nato, cuperes si parcere patri: nempe meum ad nati est vulnera vulnus iter. Illa refert: «In te est mortis vitaeque potestas et neque parco mihi iam, nisi parco tibi».
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358 Sic:
forse da mutare in fortuna , a meno di non ritenere fortunae dativo d’agente. Girolamo Sopranis S.I. (Genova 1572-Viterbo 11/11/1629): cf. AGL 4 c. 682; Sommervogel 7 cc. 1387 s.; Eckstein 539. 360 Ludovico Aureli, giureconsulto (m. 1637): cf. AGL 1 c. 660. 359 Giovanni
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[54, 23]
CARMINA MEDICALIA
Eiusdem [distici elegiaci] Quae modo perpetuo viguere tenore iuuentae, depono aeternas nunc viduata comas. Quin etiam coeli nuper secura tonantis, exanimis iaceo stirpe reuulsa solo. Non erat aeternus frondis decor, indita nempe nec vis vlla sat est, mors vbi fulmen habet361.
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[54, 24]
Eiusdem [distici elegiaci] Quid mirum iurata fides si frangitur et mi antiquas violat fulmen amicitias? Non est vana fides: o Mors, Natura trisulci fors tibi tum dederat fulminis arbitrium?
[54, 25]
Eiusdem [falecei] Nuper Castalidum decus sororum, Pindi deliciae, decora laurus tollens alta caput sinuque captans tepentem patulo diem, voluptas Phoebi, multiplicem datura doctis (Mors vellet modo) frontibus corollam. Heu, quis illacrimet fatis362? reuulsis fibris ecce iacet solo: decore ex illo superest quid? Illa quo nam felix luxuries fugit iuuentae? Autumni vigor ille pallidique securus boreae? perenne robur cui tantum licuit libetve tantam363? Ah fors, ah lacrimae, memor dolor364 ah!
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361 Sembra
parlare una quercia o un albero simile. refuso per satis. 363 Sic: sarà refuso per tantum. 364 Si noti la scansione arcaica lunga dell’ultima sillaba, che, di norma, nel latino classico è breve. 362 Sic:
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[54, 26]
54, 23 – 54, 28
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Eiusdem [trimetri giambici] Quicumque marmor sistis ad Laurentii, concede supplex ad Deum preces. Nequis? da lacrimas: sunt lacrimis preces suae365.
[54, 27]
Alberti de Elce [trimetri giambici]
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[54, 28]
Profana busti pompa tumularis366 vacet et pulla buxi vestis et pullae comae: recede vates, carminis diri parens, recede: quisquis nescius fati venit procul esto, neve funus incestans manu non audientem pulset ingratus rogum cinerisque muti fata declamans, leuem oneret fauillam pondere ingrato madens: non illa sacra marmor hoc nostrum decent nescitque fata, fata qui luctu canit. Fixa astra noctu tremere in Oceano vides? sic ille terris cernitur, coelum tenet.
Hieronymi Piccolominei [distici elegiaci]
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Crudelis Lachesis, potuisti a stirpe recentes frondis Apollineae dissecuisse comas? Laurus erat Musis Laurenti: vidimus vmbra sub viridi doctos delituisse choros. Te sibi cingebant capiti decus, aurea circum tempora: vix laurus gratior vlla fuit. Scilicet, heu! maestas gestent iam fronte cupressus: has sibi delicias mors tulit ante diem.
365 Pressoché inevitabile il rinvio al virgiliano (Aen. 1, 462) sunt lacrimae rerum: vd. Tosi 738 n° 1651. 366 Non attestato nel latino classico e medioevale.
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[54, 29]
CARMINA MEDICALIA
Io(hannis) Antonii Caruccii [distici elegiaci] Dum parat humanis Laurens medicamina morbis et mites medica versat in arte manus, praebuit amissae gratissima munera lucis et paene extinctos suscitat ille viros. Non probat hoc superum rector, quod adesset in Orbe qui daret ablatum, quem negat ipse, diem: sic immaturae subiit fera vulnera mortis et scelus est vitam restituisse suis. Sic mendax vatum Phoebeae fabula proli concinit, iratum fata dedisse Iouem. Ah, Deus, amissam scelus est si reddere vitam, vitae, quod scelus est, eripuisse diem?
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[54, 30]
Henrici Valcheri ad Laurentium Cagnatum [distici elegiaci] Qui Iouis imperio, si vera est fama, profundo non respecturus rettulit Euridicen, chara licet coniux sit, si tamen optio detur, vxorem mallet postposuisse tibi illaque Tartareas erraret laeta per vmbras: tu aethereo viuus perfruerere polo. Quique suum Pollux alterna morte redemit germanum et Stygias itque reditque vias, ille quidem toto cupiet tibi cedere Olympo et propriam vitam morte referre tuam.
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[54, 31]
Siluii Risici367: pater filium alloquitur [distici elegiaci] Dum tumulum specto scriptumque in marmore nomen et ploro et possum dicere: «Nate, iaces», et vitam et celsum iuuenili in pectore robur et formae potuit mors abolere decus. Si morum doctaeque tuae monumenta Mineruae
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367 Silvio
Risico S.I. (Messina 1573-Salerno 24/9/1613): cf. Sommervogel 6 c. 1874.
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et famam ingenii tollere non potuit368, iam te, Laurenti, non continet vrna: superstes et laetus possum dicere: «Nate, viges».
[54, 32]
Eiusdem [distici elegiaci] Dum furit in niueos picea ferrugine vultus Mors dira inque oculos irruit atra tuos, extinxit misero patri duo lumina, vt aura inuisa sine te vescerer in tenebris. Scilicet, haec mortis letalia munera si sunt, impia Mors nostrum cui potiora dedit? anne mihi vitam inuisam cum dira reliquit, an potius charam cum tulit369 illa tuam370?
5
[54, 33]
Eiusdem [distici elegiaci] In tenebris si, nate, iaces, si saxea moles ossa tegit, cinerum si tumulo obrueris, num misero patri melior fortuna superstes? num tua mors vita tristior ergo mea est? En iaceo miser in tenebris et mole dolorum contegor et lacrimis obruor ipse meis.
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[54, 34]
Iulii Cesaris Rufi371 [distici elegiaci] Laurenti, generis spes et fortuna paterni, siccine primaeuo in tempore raptus obis?
368 Sc. 369 Sc.
Mors. abstulit. Il soggetto è, ovviamente, mors (anzi, forse meglio, Mors): cf. v. 7 dira
reliquit. 370 Sc. vitam. 371 Non so se possa trattarsi di Giulio Ruffo (m. 1609), ricordato in Aliquò-Taverriti 3, 169. A. v. 7 praeeuntem è inammissibile metricamente (a meno che non si voglia leggere prae[e]untem): si potrebbe anche emendare in anteeuntem (vd. un caso analogo supra a 33, 5, 8). A meno di non voler pensare a pereuntem, nel senso che la fama di Lorenzo stava incal zando quella del padre, che sembrava addirittura scomparire.
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[54, 35] 54, 34
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Nec vasto excurrisse animo rerum abdita quicquam profuit et certas caeli habuisse vices? Paeonias tamen a[e]d laudes artesque beatas formarat docti sedula cura patris; iamque patrem praeeuntem ausis et laude premebas, cum tua ab immiti stamina rupta manu. Inuidia, inuidia est, ne quisquam redderet Orbi Aldobrandinos, Martia corda, duces.
Eiusdem ad Marsilium [distici elegiaci]
5
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[54, 36]
Fleuisti: satis est. Lacrimas Laurentius astris vidit et in pulla pergere veste patrem; iustaque Naturae non excedentia metas, ipsa etiam caelo numina dextra probant. Nunc animo curas et tristia murmura lingua pelle age: Laurenti laurea parta tua est. Ille quidem raptus, ne puram crimine mentem foedarent Stygii monstra operata lacus. An generis spes rapta mouet? nati, aurea proles, aeterno crescens tempore nomen erit.
Ad eundem [distici elegiaci]
5
10
Flebilibus, Cagnate, modis vrgere sepulchra natorum pietas saepe paterna solet, si cui morigerum, si ad maxima munera natum, si solum ante diem mors inopina tulit. Tu siccis spectas oculis miserabile saxum, quo Mors Laurenti compulit ossa tui? An non ille tuo totus pendebat ab ore? an non aetatis spes fuit vna tuae? an non occubuit iuuenili in flore? Dolorem tu tamen in lacrimas fortiter ire vetas? Magnam, Marsili, gestas in pectore mentem, quam violare adeo sors inimica nequit. Laudent te, quorum conseruas corpora: maior es mihi, quod menti sic moderare tuae.
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54, 34 – 54, 39
[54, 37]
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Thomae Cantinae: ad patrem filius [distici elegiaci] Persimilis tradux fueram patris integra372 vitae, seu sophiam, et medicae quis videt artis opes: in patre florebam, fuit ille in traduce viuens pendula in alterius stamine vita duplex. Hinc quia viuebas in me, pater, occidis in me, in te ego vel raptus viuo superstes adhuc. Parce igitur vitae lacrimis hostilibus: annos vtque tuos nolis viuere, viue meos.
5
[54, 38]
Eiusdem ad Marsilium [distici elegiaci] Illa tuum, Cagnate, decus Paeonia laurus aeternas subita est morte recisa comas, illa ipso sub flore iacet: tibi salsa fluenta patrius e gemino fonte perennat amor. Quis patris damnet fletus? per pectora Phoebo et Romae calidae decidit imber aquae. Atque vtinam rediuiua foret vis fletibus: illa viuidior rupto surgeret e tumulo.
5
* ** Heu praeclara patris species, pars altera cordis, 10 heu columen generis spesque decusque cadit. Cor foret exstinctum patris, pars ni altera Christo viueret et magno pectore dius amor. Quin tu etiam viuas Christo? pars vtraque viuet. Viuis: stat373 melius, sola caduca cadunt.
[54, 39] Guilelmi Pachelini in obitum praestantissimi et ornatissimi Lau rentii Cagnati, magnae spei iuuenis, philosophiae et medicinae me ritis insignibus donati, epicedium [distici elegiaci] 372 Sic. 373 Sc.
In realtà tradux è maschile: qui è femminile perché è persimilis alla vita. pars utraque: altrimenti si può emendare in sta o in stas.
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CARMINA MEDICALIA
Ne resonent gemitus, hic ne lamenta: querelas non vis, Laurenti, funus habere tuum. Conferre haud poterant animi374 maiora, sed annis tu maiora: nihil sic tibi morte perit. Sic te flere nefas: lacrymae tamen ecce recurrunt: his non te, ast annos fas mihi flere tuos.
5
[54, 40] 54, 39 Aliud [distici elegiaci] Cur non Phillyrides, ignotis conscius herbis, nec Phoebi repulit filius arte malum? Non potuere: illis maior, Cagnate, volebas, nato ferre, Deus ni vetuisset, opem. Lugere hunc natum caueas, quem optavit Olympus, quemque suis superi subripuere choris375.
5
[54, 41]
Aliud [distici elegiaci] Accipe, Laurenti, virides tua praemia lauros, ex Charitum calathis lilia prompta feras. Deliro: ex viuis abiit Laurentius et Mors aut apium aut frondes vult, Cyparisse, tuas. Oebaliis cape serta tamen florentia gemmis, Laurenti, et flores queis Patareus ouat. Viuis, nec vitam Mors abstulit, hoc decus ingens: pressere hoc Mortis viuida facta scelus.
5
[54, 42]
Aliud [distici elegiaci] Mors errans iuuenem Latio quaerebat et Iris «Sit Romanus» ait «victima sacra meis: ingenio praestans hic sit, sit nobilis arte»: tunc te, Laurenti, vidit et abripuit. Mors nimium sollers Laurenti munera nouit: Mors fera, virtutem quae videt et perimit.
5
374 Da 375 Si
emendare probabilmente in anni: cf., nel medesimo verso, annis. noti l’allitterazione della sibilante.
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54, 39 – 54, 46
[54, 43]
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Distichon [distico elegiaco] Mors te, Laurenti, subito rapit: arte morantem te multis sensit fata licet iuuenem.
[54, 44]
Aliud [distici elegiaci] Stamina pergebat Lachesis deducere et annis optabat dudum tempora tuta tuis376, cum sic, Laurenti, Lachesim Clotho improba fatur: «Non vltra hoc terris fas remanere decus», et filum scidit: e viuis Laurentius exit, hoc vnum tristis, quod gemit inde parens.
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[54, 45]
Phaleucus [falecei] Praestantem, Sophie, perire alumnum, insignem pateris vehi sub vmbras artis, Cynthie, quam foues, magistrum? Hic errat Sophie, errat hic377 Apollo, cum tantum iuuenem sinunt obire: hic quanti pereant vtrique honores, Laurenti, satis indicauit aetas.
5
[54, 46]
Ἑλληνικὸν378 [distici elegiaci]
Μοῖρα χαμαὶ γενέων ἐχθρὴ Λαυρέντιον οὕτως ἁρπάζεις; οὕτως ἀνθοβιοῶτα379 νέον; ὃν μὲν Χρυσοκόμεω τέχναι καὶ Τριτογενείας κόσμησαν· κακίας πλῆρες ὅδ’ ἔργον ἔχεις. 376 Si
noti l’allitterazione della dentale sorda. noti la trasposizione chiastica con il precedente Hic errat. 378 Vd. infra la traduzione latina del carme: 54, 60a. 379 Sic: non attestato. 377 Si
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CARMINA MEDICALIA
Ἀλλ’ ἀρετὴ νέον οὐδὲ λίπει σευ νύκτ’ ἐρεβεννὴν ἐλθέμεν· ἦλθε νέος δώματ’ ἀειγενέων.
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[54, 47] 54, 46
Ἄλλον380 [distici elegiaci]
Ἄλγος ἔχει πατέρ’, ἄλγος ἔχει καὶ μητέρα· ποῖον ποιήσας θάνατον μοῖρα ματαιογενής381; Τέκνον ἔχεις φίλον, οὐ σοφίην, τέχνην τε νέοιο ἔλλιπες, ῇ πολλοὺς σωζέμεναι ἔθελεν.
[54, 48] Petri Vuorthingthoni382 de Laurentio Cagnato, Marsilii Cagnati filio, insigni medico philosopho [distici elegiaci] Vidit et humanis inuidit Iuppiter ausis: inuidia ista deum est, quod perit ante diem. Scilicet incassum sua mitti fulmina questus, «Ludor» ait «tandem: fulmina lusus erunt, ludat vt ille deum melioribus artibus artes et detexta vetet soluere fila deas? discat vt ire viam tandem vitabilis Orci et vix secretum fallere posse diem? Est mortalis adhuc: iam iam praescindite:» dixit «omnia cum scierit, nesciet ille mori».
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[54, 49]
De eodem ode [strofe asclepiadea quarta = asclepiadeo minore + gliconeo] Raptus iam Ganimedes Iouis alite383, quouis sydere pulchrior:
380 Vd.
infra la traduzione latina del carme: 54, 60b. attestato: il termine sembra poter significare “che genera cose inutili”. Nella traduzione latina del carme (vd. infra 54, 60b) il termine è reso con maligna. 382 Sommervogel (8 cc. 1218 s.) ricorda tre Worthington: Jean W. (1573-1652), Laurentius W. (m. 1637), Thomas W. (1550 ca.-1626), i primi due dei quali sono stati anche a Roma. 383 Per la cesura dopo la sesta sillaba, dove di norma essa si verifica, cf. Crusius-Ruben bauer 104 s. 381 Non
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[54, 50]
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mensae caelituum384 nec piger interest, et, cristalla ferens deum, delibata prius, pocula porrigit, illibata tamen Ioui. O iam digne polo, dignus Apolline, terrarum inuidia et decus, non fato raperis, sed melioribus descriptus tabulis deum es. Iam te mensa vocat caelica praesidem: prouidisse sibi deos, te rapto, melius credimus. Aureo pallens murice pallium pulchrum cinget onus. Pocula temperas diuorum ebria Massico: virga praecipies caelitibus dapes, sacri nectaris arbiter.
De eodem epigramma [distici elegiaci] Iuppiter imbuerat cognato sanguine telum: ecce refers telum, quod tulit ante nepos. Reddidit ille suis, poteras tu reddere vitam: quae par culpa fuit, par fuit inuidia.
[54, 51] Hieronymi Zacchaei: d(ominus) Marsilius alloquitur morientem filium [trimetri giambici]
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Quo, nate, pergis? siste, quo tendis? Patrem praeire fas est, subsequi natum decet. In te senectus nostra iam multo grauis aeuo, sororum cura, periturae domus salus recumbit: ah, ruinae subtrahis dorsum imminenti? Nate, voces excipe vocantis, obsecrantis ac flentis patris: semper patentes ac sequaces obstruis aures parenti? Fallor, an sequeris sonum meliora promittentis astrorum Patris?
384 Sic: la forma, in luogo del regolare caelitum, è evidentemente adoperata per far torna re il metro.
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[54, 52] Io(hannis) Antonii Benciuennii385 de obitu Laurentii Cagnati [distici elegiaci] Diuitias Natura suas certauit in vnum congerere et cunctas accipit vnus opes; ingenio variauit opus, perfecit et omne ars decus apposuit nec dona sacra386 canam: proh dolor, ah! Parcae ruperunt stamina vitae et patris et patriae spes cadit atque decus. Sed meliore solo fruitur Laurentius: ipsi, qui gemis, extincto tu caue ne inuideas.
5
[54, 53]
P(atris) Henrici Rodausensis epitaphium Anima Marmorea Sepulchralis [trimetri giambici scazonti] Est quod velim paucis: viator, insiste: funus tuum disce ex meo, meum cura lacrymis, prece atque audi nouissimum verbum. Vixi Quiris, Christigena sum datus letho lethargo et illaetabili domus fato. Parens vterque funus hoc dolens nato curauit: his curare oportuit natum. Marsilius pater, professione Vrbi, praxi editisque Orbi sat inclytus libris, medicus fuit, qui dum sui vnicum exemplar dextramque Phoebi corculumque finxisse censet, se iisse perditum videt, luget. O dolor vbi es? vbi lacrimae? Parens orbus pro spe domus ludibrium abstulit mortis? Heu occidi! Vixi solo, patri, Phoebo. Heu restat vt viuam polo, mihi, Christo. Affunde sacram387, bene precare. Abi. Dixi.
5
10
15
[54, 54]
Marsilii Cagnati ad Laurentium filium [distici elegiaci]
385 Giovanni
Antonio Bencivenni (o Bencivenga): cf. Minieri Riccio2 20. per far tornare il metro è necessario trasporre in sacra dona. 387 Sc. precem. 386 Sic:
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Quae vis tanta mali potuit te perdere, nate, vndeque te rapuit perniciosa lues? quam potuit vis nulla herbarum et nulla veneni ignisue et ferri sistere, nulla precum, 5 quas multas mecum mater dedit atque sorores et cuncti nostras qui doluere vices. Omnia non latuit sanari haud vulnera posse quodque semel cunctis mors obeunda rapax388. Ignotum illud adhuc est, mentem et perculit alte, 10 vis te quae potuit vincere tanta mali, quem nulli flexere ioci, conuiuia nulla, nec, iuuenum pestis, deliciosa Venus389; qui desideriis parcebas omnibus, vt te conciuem posset credere Sparta suum, 15 nec laudare queat magis Attica terra Periclem390 aut cui consciuit pota cicuta necem: nam tibi per laetos sophiae spaciarier391 hortos, Musarum et cultus maxima cura fuit. Nil tibi tam optatum, quam Academiae atque Lycaei 20 discere quos sensus pectora docta ferunt et Cous medicinae auctor quae scripta reliquit, vnde animi decus est, corporis vnde salus. Vnde orta est igitur (miserum me!) tanta veneni vis, quae te aeternas in tenebras rapuit? 25 Vt, quas vere rosas hortis sol firmat adultas permulcentque aurae, tollit iniqua manus, vitae fila tuae in primo sic flore iuuentae (quod rarum, heu, non est!) inuida Parca secat nec tanti studii optatos tantique laboris 30 permittit fructus carpere saeua tibi. Saeua etiam matri necnon et saeua parenti, queis, te sublato, suaue nihil reliquum est: namque senectutis spes et solatia nostrae erepta et mortis sola cupido manet. 35 Quam saepe agricola inspectat florentia rura, vineta hic, illic quae colit arua Ceres atque animo frugum montes atque horrea plena iam capit atque vndat iam sibi cella mero, cum subito exoritur turbo tristisque procella, 40 quae segetes sternit grataque poma quatit molto efficace: per il τόπος cf. Otto 228 s.; Tosi 289 n° 605. alla lue che portò Lorenzo alla morte. 390 Bisogna perciò che Periclem abbia la penultima lunga. 391 Si noti l’arcaismo. 388 Espressione 389 Allusione
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CARMINA MEDICALIA
nec pecori parcit nec dulces vitibus vuas 54, 54 intactas linquit strataque cuncta iacent, spes quoque tota cadit, misero spectante ruinam, cui fletus superest solus atroxque dolor. 45 O quae crudelis tempestas atque maligna iactauit te aegrum quam mihi visa ferox! Vt vegetas ardor, qui te consumpsit, amate, tam subito vires abstulit ille tibi? vnde tuos artus tanti oppressere dolores, 50 quorum nulla quies nocte dieque fuit? liuentes maculae vt foedarunt candida membra principio, morbi maxima signa grauis? qui et tetigit subito doctam, qua mente solebas aequales inter celsior ire tuos. 55 Quid dicam quanto fuerit claudenda labore, naribus effuso sanguine, vena diu? Quam varie certatum etiam, dum clausa aperire pertento et rursus claudere aperta paro atque relinquentem Naturam munera conor 60 sistere et incassum quaerimus artis opem! Nam tandem, nimium prouisus, corripit omnem sensum Lethaeus mortiferusque sopor, quo vita erepta est tibi, spes et gaudia nobis extincta et lacrymis vsque relicta domus. 65 O qui mi gladius misero praecordia fixit nocte extrema illa, quae tibi in Orbe fuit, cum assistebam animam emittenti oculosque tenebam392 ore tuo fixos luminibusque tuis, halitum vt extremum legerem fixusque maneret 70 vsque animo extremus spiritus ille tuus. Qui tunc exortus clamor gemitusque sororum, quae lacrymae, mater quam pia verba dedit, quae tigres mulcere feras, mulcere leaenas et cautes posset scindere Caucaseas! 75 «Siccine me linquis, fili, dulcissime rerum? siccine te mihi mors tam properata rapit? Haec spes nostra fuit? sic tu solabere nostram caniciem? nobis morte rependis opem? Cursum passa nouem totos fastidia menses, 80 te vt parerem miserae, luctus acerbe, mihi? Cur, cum te peperi, tot sum perpessa dolores, nate, meae vires, lumina amata mea? 392 Ci
son ben quattro sinalefi consecutive.
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Funebris tristisque meo quaerenda labore pompa fuit? tumulo tot mala sustinui? 85 His ego te toties vlnis complexa sinuque, admoui mammas, lacte fluente, meas, vt te morbus atrox iuuenem consumeret vtque spectatrix essem funeris ipsa tui? Nunc vbi sunt oculi placidi faciesque decora? 90 sunt vbi candentes purpureaeque genae? os vbi, quo matrem tam dulci voce vocabas verbaque iucundo sparsa lepore dabas? Omnia mors rapit: o mors importuna, triumpha victrix, arbitrio nos rege saeua tuo! 95 Cur ego adhuc viuo, cur hac compage soluta in tenebras non te frigida, nate, sequor? Il[l]icet, o superis placeat, cum pace quiescant nostra simul iunctis ossibus ossa tuis». Haec et plura dedit mater tristisque rigauit 100 imbre genas, vultus nec minus aegra tuos, non contenta satis amplecti atque oscula ferre: nam comes optabat funeris esse tui. Interea obtutu haerebam defixus in vno, sortem animo voluens fataque laeua mea, 105 quod iam me penitus defecit mascula proles quodque instaurandae393 spes mihi nulla manet. Ac Niobes casum repetens et membra moueri cernens posse mea et non minus ire pedes, fabula vere visa est: nam, si est tanta doloris 110 vis, cur non artus diriguere mei? Nec tamen oblitus fueram Cleobique Bithoni et illustris facti praemia morte data et te mortalem genitum noram moriturum et iuueni parci non magis atque seni. 115 Sed cui tam durum muniuit pectora ferrum aut cor tam solido et firmo adamante fuit, vt vultu sicco spectarit funera nati, tamque immaturas soluerit exequias: Medeam memorent licet insanumque Athamanta: 120 Tantalus et Progne sit mihi nota satis? Saepe furor nonnumquam et honoris dira cupido crudelem in natos compulit esse patrem: occultas sed quis lacrimas altumque dolorem clamque grauis facti poenituisse neget? 393 Sc.
prolis.
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CARMINA MEDICALIA
O si non caleat, si non sit splendidus ignis, erga etiam natos sit sine amore pater! Non Scedasum394 Aegeumue atque alios, quos prisca vetustas laudibus euexit, iam memorare libet, natorum eximio qui arsisse feruntur amore 130 quosque amor absumpsit, tradidit atque neci: sensus amandi expers certe est, si viuere posse credit natorum quis sine amore patrem. Sed tandem hoc vnum funus solatur acerbum, te insontem, nullis criminibusque grauem, 135 coelisteis [sic] adiisse domos sedesque beatas paceque ibi festa perpetuaque frui, quam nos magnopere optamus: sic vota secundet aspiretque Deus nec mea fata vetent, corpora vt amborum tumulo condantur eodem 140 excipiatque animas aetheria vna domus395. 125
[54, 55] Iusti Raphelengii396 ode gratulatoria in doctoratum Laurentii Cagnati 1600 [strofe asclepiadea quarta = gliconeo + asclepiadeo minore]
5
10
Profer, Musa, nouum melos et dicta modulos non solitos mihi: en prodit nitidum iubar et sol, iam radiis splendidioribus Romanum irradians solum, vernales hiemis tempore dat dies. Non frustra eueniunt noua nec brumae temere sol variat vices. Forsan mysta venit nouus, cui Phoebus citharam, vel pharetram, dare pro magnis meritis velit.
394 Skedasos: cf. PW II.5 (1927) cc. 465 ss., dove si rimanda alla battaglia di Leuttra; Stephanus s.v. “Σκέδασος, Scedasus, Boeotus cuius filiabus olim legati quidam Spartani vim intulisse ferebantur: Diod. 15, 54; Pausanias 9, 13, 5; Plut. Moralia p. 773”: cf. inoltre Seno fonte, Elleniche 6,4,7. 395 Ho pubblicato e commentato questo carme in Amicitiae templa serena. Studi in onore di Giuseppe Aricò a cura di Luigi Castagna e Chiara Riboldi, Milano 2008, I, pp. 37 ss. 396 Si tratta di Joost Raphelengien (van (de) Ravelenghien, van Ravelinghen, Raphelen gius), uno dei tre figli maschi di Frans (Launay 17/2/1539-Leida 20/7/1597), celebre orientali sta e genero di Christoph Plantin (1514-Anversa 1/7/1589: cf. AGL 3 c. 1618; BNB 17 cc. 740 ss.; Eckstein 650): cf. AGL 3 c. 1908; BNB 18 cc. 728 ss. (a Joost, dottore in medicina, si ac cenna a c. 734); Aa 16, 72; ADB 27, 281 ss.; Eckstein 651 (dove si ricorda fuggevolmente Joost).
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Sic est, non animum fallit opinio: Cagnati celebrem domum Phoebus cum reliquis vt decoret deis, terras ingreditur libens (aeuum non habuit Roma beatius, vt tantos pariter deos atque vno socios tempore viderit): Phoebum subsequitur soror; huic Pallas comes est; Pierides nouem Phoebo se associant duci nec quisquam superum sustinet vltimo aduentare loco. Venis Asclepi medicis nobilis artibus; iungit se comitem, iuuans nostras, prae reliquis, res Hygieia. O suauem, o lepidum diem! Quod397, Cagnate, patri nobilius queat euenisse bonum tuo? quid desideriis iungat adhuc suis? Nil, credo, superest magis. Cesset nunc veteris gloria Pelei nec se iactitet amplius, si quis praeterea vatibus agnitus, conuiuas habuit deos. Nato longe aliud, maxime Marsili, factum est, immo tibi, bonum, quod cunctis merito sit memorabile. Laurenti meritis fauens, lauri serta gerens Cynthius aduenit e caeli superis locis, iuncto Pieridum ter triplici choro. Quis tantum sileat decus? quis cernat tacito talia pectore? quis non inuideat tibi quod nato eueniat tale decus tuo? Sed nemo inuideat tamen, virtus cum inuidiam strenua vicerit; nec tantum immerito bonum illi contribuit Phoebus, at obtulit exactis studiis diu doctoris titulos ipse manu sua: tamquam is, qui spatiis celer
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397 Sic:
forse da emendare in quid (vd. v. 30 quid).
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emensis stadii vicit Olympia laetus praemia fert sua, Cagnatus titulos sic sibi debitos non dono, at merito, tulit. Ergo macte tua splendide laurea Laurenti, celebris patre! et tu macte simul, maxime Marsili, ac gnato celebris tuo! Quid posset simili nobilius pari aut Verona patrem creans aut natum generans Roma, precor, dare? Macte, inquam, et patria bono pergatis vegeti dotibus ingeni et vestris proauis modo adiunxisse nouum fine decus carens et vestris pariter vetus praeluxisse iubar nobile posteris. Effectum est merito tuo, Laurenti, vt superos Roma reuiderit fautores studiis tuis: a te nunc pariter pendet, vt omnibus sic pergas studiis, deos, praeclari ingenii munere, perpetim in terris retinens, sui effecisse poli non memores magis, vt sic Phoebus et omnia nobis cum maneant numina iugiter: ante omnes maneat face humano generi fausta Hygieia, vt terras fugiant cohors morborum et repetant infima Tartara. Sic tandem facies, vti semper Roma, suos laudibus efferens Cagnatos, petat vt diu hos seruare velint fata superstites. Finis
[54, 56] In obitum clarissimi iuuenis Laurentii Cagnati, philosophiae ac medicinae doctoris, Michaelis Fabii Leodii lacrymae 54, 55 [distici elegiaci] Plangite Pierides et castae Palladis artes, Phoebus et atrata maestus in aede gemat,
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ingeme funereas procul eiaculata querelas et matronales abiice, Roma, comas. Hei mihi nec caussas neque semina tanta doloris nec potis est maestos Musa referre sonos. Non ita littoreae borea quatiuntur arenae, fertur et in medio lassa carina freto, sicut abundanti labat impete quassa laborum pars animae melior, pars generosa meae. Occidit? o saeuae nimium crudelia Parcae numina vel supero fata tremenda Ioui! Occidit et vacuas Laurentius iuit in auras, vnica qui docti cura parentis erat. Occidit vna meae spes et solatia vitae vnaque laetitiae caussa segesque meae. Si mihi Nestoreae flueret facundia linguae aut Amphioniae plectra canora lyrae, siue forent liquidas equitantis Arionis vndas carmina vel citharae Threiciaeque fides, sperarem Eumenidum violentas soluere leges Minoisque truces sollicitare minas; nec mea turbarent Erebi vestigia formae, si desiderio spes mihi certa foret. Laurenti, seu nunc velox vaga flumina transis aut nunc te felix detinet Elysium, accipe vota, tibi quae funereo lamento398 fundimus ad manes ad cineresque tuos. Sic te sidereos locet inter Iuppiter orbes, arte vt Phoebaea praeside399 Phoebus eas. Sic te sublimis superum patris orta cerebro ornet, vt eloquio sit modo suada tuo sicque nouena tibi decernant serta sorores, conterat et sophiae laudis Apollo decus, vt famam nomenque tuum studiique decorem assiduo sonitu Castalis vnda canat. Sic quoque, purpureis raperis qui gratior annis, sit tibi perpetuo flore iuuenta comes. Nunc tibi odorata libamus munera lauro vltima profusis debita cum lacrymis.
5
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15
20
25
30
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398 Esametro 399 Sc.
spondiaco.
Iove.
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[54, 57]
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Eiusdem Laurentii epitaphium [distici elegiaci] Hic iaceo iuuenum decor, vna Palladis artes atque tuae hoc tumulo, Phoebe, teguntur opes. Heu neque forma nec ingenii pulcherrima virtus profuit aduersus fata cruenta mihi! Hoc vnum obtinui tamen, vt Laurentius ante qui fueram, mea post funera laurus eam et quicumque mihi placido aspirauerit ore, pro zephyro fiat dulcior aura meo. Laurus ego: vos o zephyri spirate secundi, vt meus assiduo tempore vernet honos.
5
10
[54, 58]
Ἄλλο400 [distici elegiaci]
Ἔνθα δὲ Καγνάτων ἱερὸν φάος, ἐνθάδε κεῖται Πάλλαδος ἢ401 Φοιβοῦ ζωοφόροιο τέκος. Τ’ οὔνομα δὲ ἡμεροεῖς402; Λαυρέντιος, ὃν μὲν Ἄδωνις κάλλεος ἠγαθέου οὐ κ’ ὑπερεῖχε ἕο, τόν ποτε [ut vid.] δ’ εὐφροσύνης πάσης, ἀρετῆς τε θεόσμης403 δαιδαλκ’404 αἱ Μοῦσαι σὺν χαριτέσσιν ὁμοῦ. Κλαύγετε Κασταλίδων ποταμοί καὶ γαῖα τε πάντες ἀστέρες ἢ405, κόσμου τέρματα πάντα, νέον. Κλαύγετε τὸν νεανίσκον, ὅτ’ ἂν τέθνηκ’ ἀνθρώπων406 ἔρνος καί ὑπερῶν407 χάρμα καὶ ὄμμα θεῶν.
5
10
400 Vd.
infra la traduzione latina del carme: 54, 60c. anche infra v. 8. 402 Sic: congetturerei — in luogo di δὲ ἡμεροεῖς — qualcosa come δή γε μ’ ἐρεῖς: vd. 54, 60c, v. 3 Vis nomen? 403 Sic: probabile corrispondente di θεουδοῦς, concordato con ἀρετῆς: “virtù pia”: cf. 54, 60c, v. 5 caelesti … virtute omnique lepore. 404 Sic: potrebbe essere refuso per δαίδαλον («plasmarono», da δαιδάλλω): cf. 54, 60c, v. 6 ornarant. 405 Vd. supra v. 2. 406 Verso spondiaco. 407 Sic: sarà svista per la forma contratta ὑπερῷν (= ὑπερῷων). 401 Vd.
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[54, 59]
54, 57 – 54, 59
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Ode anagrammatica LAVRENTIVS CAGNATVS VT LAVRVS INGENS ACTA
{ anagramma408
TVNC LAVREA SIGNATVS
[strofe alcaica]
5
10
15
20
25
30
Quondam insolenti sidera vertice nec vsitata tangere dextera dum saeua molitur gigantum progenies, cadit in ruinam, Stygemque et vndas irremeabiles experta, seris clara nepotibus exempla venturoque semper prodidit intemerata saeclo; pennaque scindens non homini data vanum per auras Icarus aera et nomen et submersa lapsus Icario dedit ora ponto. Quantum insueto foeta superbiae fastu intumescunt pectora! quam impetu mortalium ducta impotenti mens hominum sibi damna condit! Non talem auorum prodidit Herculem antiqua monstri dissociabilis fama interemptorem ac leonis exuuiis domiti potentem; nec sic ouantem Thesea nec suo late triumpho Tydea nobilem, virtute qui partum tulerunt perpetuo sibi nomen aeuo. Hos alta virtus corporis extulit deumque sacris auxit honoribus. O quam reposcit ampliorem vis animi generosa laudem! Qualis profundae luce potentior Apollo praestat noctis imagine, sic clara mens caliginosae corporeae dominatur vmbrae:
408 In realtà solo il secondo anagramma è perfetto, dal momento che nel primo (Vt laurus ingens acta) c’è una sola n (invece di due).
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caelo potitam Pallada creditum et casta Athenis thura deae data, 35 vbi sacrae mentis recluso claruit ingeniosa partu. Arte hac beatos Isin, Osirida Aegyptus aucto numine praedicat, sic Suada409, sic Phoebus nouemque 40 Pierides adiere Olympum. Nunc te his vocatum coetibus addimus, Laurenti, auitum Asclepiadum genus, te fama, te virtus deorum sedibus aethereis reponunt. 45 Cagnatus ille es, Marsilii patris diuinioris aemula viribus proles. Nec humanam superni progenerant sobolem parentes: scientiarum qui penetralia 50 viuus petisti, post tua funera TVNC LAVREA SIGNATVS amplis caelicolum ordinibus potiris nouoque adauges sidera sidere, inter coaeuos, lucida corpora, 55 fratres, procelloso secundum in sophiae freto et artis astrum. At tu, deorum gratus in otio, VT LAVRVS INGENS ACTA, perennium sparges odores et tuarum 60 dona feres segetemque laudum.
[54, 60a] Graeca Latine vtcumque reddita eodem, quo sunt ordine, im pressa 54, 59 I [traduzione latina del carme 46] [distici elegiaci] Parca inimica viris, a te Laurentius iste sic rapitur? vitae flos rapiturque recens, auricomae ornarant artes quem diuaque Pallas? Plenum opus hoc sceleris, criminis atque patras. Sed virtus vetuit iuuenem descendere in Orcum: duxit ad aeternas aetheriasque domos.
5
409 Vd.
infra nota 516.
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54, 59 – 55
[54, 60b]
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II [traduzione latina del carme 47] [distici elegiaci] Confectus moerore pater confectaque mater: interitum qualem Parca maligna facis? Natum aufers dulcem, sapere haud artem at reliquisti, qua multis fuerat iam tribuenda salus.
[54, 60c]
III [traduzione latina del carme 58] [distici elegiaci]
5
10
Cagnatum sacer hic splendor, hic conditur ille, quam coluit Pallas, sed mage Phoebus alit. Vis nomen? Laurentius est, forma nec Adonis diuina potuit quem superare sua. Caelesti quondam virtute omnique lepore ornarant Musae quem, simul ac Charites. Plangite Castalii fontes, tu terraque et astra omnia, flens mundi et terminus omnis eat. Plangite vos iuuenem, quo cum pereunte virorum ver perit et risus atque pupilla deum. Finis
* * *
[55] In funere Laurentii Cagnati, adolescentis Romani, philosophiae ac medicinae doctoris, Flebiles amicorum Camoenae, Romae, apud Aloysium Zannettum 1602, Superiorum permissu [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.256 (4)]
L’opera inizia con la seguente presentazione (datata Quarto Idus Oc tobris 1602): Io(hannes) Zarattinus Castellinius [vd. infra 55, 10] Marsilio Cagnato Veronensi, protomedico Romano, s(alutem) p(lurimam) d(icit). A tale presentazione tengon dietro i seguenti versi, che costituiscono l’intero libro: In funere Laurentii Cagnati, adolescentis Romani, philosophiae ac me dicinae doctoris, Flebiles amicorum Camoenae
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[55, 1]
CARMINA MEDICALIA
Bartholomaei Vecchii410, academici Senensis, δίστιχον [distico elegiaco]
Μῶσαι καὶ Χάριτες καὶ Ἀρεταί, ἴτε κλαύσατε ἄνδρα, ἄνδρα φίλον Μώσαις καὶ χάρις411 ἠδ’ ἀρεταῖς. Τοῦ αὐτοῦ ἐπίγραμμα
[55, 2]
[distici elegiaci]
Ὅσγ’ ἐπὶ τὸ πλέον ἰκτρείης412 ἵκετο τέχνης Μούσης413 ἄνδρα φίλον Μοῖρη ἀφεῖλε κακή. Τίς κείνῳ δεινὴν οὕτως ἐμβάλλετο νοῦσον, τέχνην ὥστε κενὴν εἰδότι μοῦνον ἔμεν; Σφάλλεται· οὐκ ἐδάμη νούσῳ, νούσων βασιλεύων, ἄσμενος ἀλλὰ βίον οὐρανὸν ἦλθε λιπών.
5
Latina versio ad verbum reddita
[55, 1a]
Distichon Musae et Gratiae et Virtutes agite, lugete virum, virum amicum Musis et Gratiis et Virtutibus.
[55, 2a]
Eiusdem epigramma Qui ad summum medicinae peruenit artis, Musis virum amicum Parca rapuit inuida. Quis illi tam grauem intulit morbum, ars vt inutilis artifici solum sit? Falleris: non domitus est morbo, qui in morbos habuit imperium, libens sed vita ad caelum iuit relicta.
5
410 Bartolommeo
Vecchj: cf. Brocchi 209 s. traduzione latina del distico (vd. infra 55, 1a; 55, 3) dovrebbe esserci, nell’origi nale greco, un dativo, e cioè χάρισ(σ)ι, peraltro inammissibile metricamente. 412 Ut vid.: sarà probabile refuso per ἰατρείης (meglio ἰητρείης) concordato con τέχνης. 413 Se si vuole rispettare la traduzione latina di 55, 1a, v. 2 (virum amicum Musis) e di 55, 4, v. 2 (dilectum Musis), sarà opportuno emendare in Μούσαις (vd. anche 55, 1, v. 2 Μώσαις). 411 Dalla
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[55, 3]
55, 1 – 55, 5
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Versio metricis numeris absoluta Distichon iambicum [trimetri giambici] Lugete Virtutes, Camoenae, Gratiae, Musis amicum Gratiis, Virtutibus.
[55, 4]
Epigramma [distici elegiaci]
5
Artis qui medicae ad summum peruenit honorem, dilectum Musis, inuida Parca tulit. Quis ne illi morbos tam saeuos intulit, ars vt artifici solum surda negaret opem? Falleris: haud morbi domitor compressus ab illo est: sponte polum vita deficiente petit.
[55, 5] Iulii Capilupi414 Cento ex Vergilio, in funere Laurentii Cagnati [esametri dattilici]
5
Ae. 6 Egregium forma iuuenem, Tritonia Pallas Aen. 5 quem docuit, multaque insignem reddidit arte; Ae. 6 abstulit atra dies, et funere mersit acerbo: E. 3 quem si caelicolae voluissent ducere vitam; Ae. 2 Ae. 3 Itala se quantis attollet gloria rebus Ae. 4 E. 1 namque suas artes sua munera laetus Apollo, Ae. 12 Ae. 12 scire potestates herbarum, vsumque medendi,
414 Giulio Capilupi (m. Roma dopo il 1544): cf. AGL 1 c. 1642; DBI 18, 535 s. a cura di Tiziano Ascari. Ho visto Capiluporum carmina, Romae.......1590, contenente opere poetiche di Ippolito, Lelio, Camillo, Alfonso e Giulio Capilupi, in gran parte centoni virgiliani. Il no stro carme non compare, dal momento che Lorenzo Cagnati non era ancora morto. La no stra composizione potrebbe essere stata pubblicata solo in occasione della morte di Lorenzo, dal momento che non mi risultano altre sillogi capilupiane edite: si veda quanto detto in DBI, cit., p. 535: “Nel 1590 il C. promosse a Roma la stampa dei Capiluporum carmina che conten gono le poesie latine di Ippolito, Camillo, Lelio, e Alfonso Capilupi (già in gran parte pubbli cate in due precedenti edizioni: Anversa 1574 e Mantova 1585) con aggiunte le poesie del C.: una trentina di componimenti quasi tutti in distici elegiaci (soltanto tre o quattro sono in metri oraziani) e ben 32 centoni virgiliani......In seguito il C. pubblicò altri centoni: In diem coronationis Gregorii XIV (Roma 1591), Ad Philippum regem Hispaniae Europae prosopopoea (Mantova 1591), De illustrissima Castellorum familia (Roma 1596). Parecchi dei centoni del C. furono ristampati in varie pubblicazioni ai primi del Seicento”.
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Ae. 1 et mulcere dedit cithara, fidibusque canoris, Ae. 6 G. 4 contusosque animos, mentes, stupefactaque corda: Ae. 5 E. 1 hinc felix potuit rerum cognoscere causas G. 2 Ae. 1 vnde hominum genus, et pecudes, vnde imber, et ignes E. 6 semina terrarumque animaeque, marisque fuissent, G. 2 vnde tremor terrae, et vibratus ab aethere fulgor, Ae. 8 G. 2 defectus solis varios, cursusque docebat Ae. 3 G. 1 terrarum veterum voluens monumenta virorum, Ae. 3 Ae. 1 necnon et vario populos sermone replebat, Ae. 4 Ae. 5 tum plausu, fremituque virum, studiisque fauentum Ae. 12 conspectu in medio procerum, iuuenumque senumque Ae. 9 Ae. 5 inuitans, qui forte velint contendere contra. Ae. 5 Ae. 11 multaque praeterea Laurentis dicere facta, E. 8 G. 1 possum multa tibi: iuuenum tentare laborem Ae. 5 Ae. 10 haud licitum est; non lingua valet, non corpore notae Ae. 12 sufficiunt vires, curis ingentibus aeger, Ae. 1 Ae. 4 hem quid agam, morbo grauis, aut iam segnior annis G. 3 E. 10 Pierides vos haec facietis digna cothurno E. 8 Ae. 11 ordine cuncta suo, non omnia possumus omnes E. 8 Ae. 10 Parcae fila legunt, breue, et irreparabile tempus Ae. 10 omnibus est vitae, sed famam extendere factis Ae. 6 hoc opus hic labor est, quo non praestantius vllum Ae. 12 G. 2 at dum prima nouis adolescit frondibus aetas Ae. 12 disce puer virtutem, atque haec exempla secutus G. 4 G. 3 praecipuum iam inde a teneris impende laborem, Ae. 1 multa tibi dabit, et magna inter praemia ducet. Ae. 12 G. 3 optima quaeque dies miseris mortalibus aeui prima fugit ventis, et fulminis ocyor alis Aen. 5 Ae. 1 perge modo, nec te vllius violentia vincat: Ae. 11 Ae. 4 eia age rumpe moras, fugit irreparabile tempus G. 3 G. 3 non secus ac cursu rapido de montibus altis Ae. 12 Ae. 2 praecipitant spumosi amnes, et in aequora currunt Ae. 12
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Ecco ora l’esatta indicazione dei luoghi virgiliani utilizzati da Capilupi nel nostro centone: 55, 5 [55, 5] Iulii Capilupi Cento ex Vergilio, in funere Laurentii Cagnati [esametri dattilici] Egregium forma iuuenem [Aen. 6,861] /Tritonia Pallas quem docuit, multaque insignem reddidit arte [Aen. 5, 704 s.] / abstulit atra dies et funere mersit acerbo [Aen. 6, 429] / quem [ecl. 3, 22] / si caelicolae voluissent ducere vitam [Aen. 2, 641] /
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5 Itala [Aen. 3,185415] / se quantis attollet gloria rebus [Aen. 4, 49] /
namque [ecl. 1, 31] / suas artes sua munera laetus Apollo [Aen. 12, 393] / scire potestates herbarum vsumque medendi [Aen. 12, 396] / et mulcere dedit [Aen. 1, 66] / cithara fidibusque canoris [Aen. 6, 120] / contusosque animos [georg. 4, 240] / mentes stupefactaque corda [Aen. 5, 643]/ 10 hinc [ecl. 1416] felix potuit rerum cognoscere causas [georg. 2, 490417] / vnde hominum genus et pecudes, vnde imber et ignes [Aen. 1, 743] / semina terrarumque animaeque marisque fuissent [ecl. 6, 32] vnde tremor terrae [georg. 2, 479418] / et vibratus ab aethere fulgor [Aen. 8, 524] / defectus solis varios [georg. 2, 478] / cursusque docebat [Aen. 3, 717] / 15 terrarum [georg. 1, 26] / veterum voluens monumenta virorum [Aen. 3, 102] / necnon et vario [Aen. 1, 748] / populos sermone replebat [Aen. 4, 189] / tum plausu fremituque virum studiisque fauentum [Aen. 5, 148] / conspectu in medio procerum [Aen. 12, 213] / iuuenumque senumque [Aen. 9, 309] / inuitans, qui forte velint [Aen. 5, 486419] / contendere contra [Aen. 5, 370] / 20 multaque praeterea Laurentis [Aen. 11, 78] / dicere facta [ecl. 8, 8] / possum multa tibi [georg. 1, 176] / iuuenum tentare laborem [Aen. 5, 499] / haud licitum est [Aen. 10, 106] / non lingua valet, non corpore notae sufficiunt vires [Aen. 12, 911] / curis ingentibus aeger [Aen. 1,208420]/ hem quid agam [Aen. 4, 283421] / morbo grauis, aut iam segnior annis [georg. 3, 95] / 25 Pierides vos haec facietis [ecl. 10, 72] / digna cothurno [ecl. 8, 10] / ordine cuncta suo [Aen. 241] / non omnia possumus omnes [ecl. 8, 63] / Parcae fila legunt [Aen. 10, 815] / breue et irreparabile tempus omnibus est vitae, sed famam extendere factis [Aen. 10, 467 s.] / hoc opus hic labor est [Aen. 6, 129] / quo non praestantius vllum [Aen. 12, 245] / 30 at dum prima nouis adolescit frondibus aetas [georg. 2, 362422] / disce puer virtutem [Aen. 12, 435] / atque haec exempla secutus [georg. 4, 219423] / praecipuum iam inde a teneris impende laborem [georg. 3, 74] / multa tibi [Aen. 1, 334] / dabit et magna inter praemia ducet [Aen. 12, 437] / optima quaeque dies miseris mortalibus aeui 415 Da
notare come in Aen. 4, 49 compaia, all’inizio di verso, Punica. trattarsi di uno dei seguenti casi in cui hinc compare, nelle Ecloghe, all’ini zio di verso: 1, 53, 56; 4, 37; 6, 41; 9, 59. 417 Che, a rigor di termini, suona felix qui potuit etc. 418 Il testo virgiliano ha terris. 419 Il testo virgiliano ha invitat. 420 Il testo virgiliano ha curisque. 421 Il testo virgiliano ha agat. 422 Il testo virgiliano ha ac. 423 Il testo virgiliano ha secuti. 416 Potrebbe
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CARMINA MEDICALIA
35 prima fugit [georg. 3, 67 s.] / ventis et fulminis ocyor alis [Aen. 5, 319] /
perge modo [Aen. 1, 389424] / nec te vllius violentia vincat [Aen. 11, 354] / eia age rumpe moras [Aen. 4, 569] / fugit irreparabile tempus [georg. 3, 284] / non secus ac [georg. 3, 346] / cursu rapido de montibus altis [Aen. 12, 523425] / praecipitant [Aen. 2426]/ spumosi amnes et in aequora currunt [Aen. 12, 524].
[55, 6] 55, 5
Iosephi Castalionis427 epigramma [distici elegiaci] Cagnatus viridi tenuit Laurentius aeuo quidquid Aristoteles scripsit et Hyppocrates. Vrbe dolente idem iuuenilibus occidit annis: extincta est medicae splendida lampas opis. Roma licet nunc iure suo sua damna queratur amissumque decus lugeat orba domus. Haud tamen elatum quis funere sanus acerbo dicat et ante annos occubuisse putet: nam magnis paruos qui pensat laudibus annos, is superat Pylii saecula longa senis.
5
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[55, 7]
Caroli de Serva [distici elegiaci] Qui poteras aegris fugientem sistere vitam, occidis et tumulo, corpus inane, iaces. In terras virtute tua remeare liceret mortalesque tibi cernere fas iterum. Non opus est vita: viuis felicior astris succedisque alter Virbius Hippolyto.
5
424 Ma
potrebbe anche trattarsi di Aen. 1, 401. testo virgiliano ha decursu. 426 L’unico punto del II libro dell’Eneide in cui ricorre il verbo è il v. 9, dove però è al singolare (nox umida / caelo praecipitat), mentre gli altri punti del poema in cui il verso inizia con praecipitant sono 4, 251; 10, 804 e 11, 3. 427 Giuseppe Castiglione, giureconsulto e poeta (m. 1614 o 1616): cf. AGL 1 cc. 1750 s.; Eckstein 84. 425 Il
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[55, 8]
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Gasparis Murtolae428 monodia [dimetri giambici]
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O quam futuri nescia est aegra mens mortalium! Viuebat iste, florida aetate pubens, quem modo extinctum acerbo funere pallere vbique cernimus. Vt languet, vt spectabilis illa, heu, iuuentae alacritas aufugit ex ore: heu miser! Non alter hoc amantior in Vrbe visus adstitit, non alter hoc decentior, non alter elegantior. Hic, quicquid olim Graecia doctis parauit artibus, sciebat, hic, quid vertice elatus alto montium sequutus est Prometheus; hic orbium caelestium motus sonoros, hic vagos solis recursus, hic iubar lunae et fugaces temporum vices, opem mortalibus ferebat ille dextera. Noscebat ille Apollinis artes, quibus cadentibus medela cunctis adfuit. Noscebat ille gramina, noscebat ille cynnama Sabaea, quidue cortice stillare spectat flebili429 diues colonus Indiae et quicquid Hybla sidere distincta florum gemmeo
428 Gaspare Murtola (m. Roma 1624): cf. AGL 3 c. 767. Questi versi non compaiono nell’opera poetica di Murtola Gasparis Murtola....Elegantissimae Naeniae sive Nutriciarum libri XX nuper in hac quinta impressione aucti et divisi in sequentes titulos....pariter Epigram matum dispersorum liber unus...., Maceratae, apud Petrum Saluionum, 1622. 429 Sic: qui flebilis indicherà in fatto che la corteccia gronda umore; se no si tratterà di probabile refuso per flexilis.
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nascente vere detegit. Iam prorogare stamina vitae valebat labilis, iam prorogare candidos soles valebat et dies: illi tamen sol et dies defecit, heu, nec amplius nunc prorogare stamina nec prorogare candidos soles valet mortalibus. Heu, heu miser, sic occidis? sic, heu, peris florentibus Laurens sub annis? flumina quis lacrumarum non dabit? quis, heu, quis imo pectore non extrahet suspiria? et dicet ore flebili: «O quam futuri nescia est aegra mens mortalium!»
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[55, 9] 55, 8
Latini Doni430 ad feretrum naenia [falecei] Laurenti, ah! lachrymis quis abstinere queat te feretro videns iacentem? et iam iam gremio silentis vrnae fouendum? o miser! Haecne frontis illa maiestas, animi serenioris index? hine oculi, quibus solebas ridens annuere ac seueriorum431 mentes surripere? hoc fluens labellum doctae Palladis Attico liquore? Heu, quem te aspicio! Silent labella tam pulchra eloquio, tenebricosae noctis lumina nexibus premuntur et supercilii nitor verendi nigranti obtegitur sepultus vmbra. Quo fallax abiit decor, venustas? quo risus, Charites, sales, lepores? Heu, saeua haec rapuit manus furentis
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430 Latino
Doni, poeta italiano (inizio del sec. XVII): cf. AGL 2 cc. 187 s. catulliana, come p.es anche ai vv. 11,16, 29 s., 31, 34, 35.
431 Reminiscenza
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lethi et perpetuis dedit tenebris! Tu, qui, cum placide domum redires, laetae matris eras decus, voluptas, heu, triste egrediens domo cadauer nunc eris lachrymae et dolor querenti! Olim persimili patrem ferebas vultu atque alloquio disertiori: nunc palles tacitus nequitue sese amisso pater inuenire nato. En vix ingenuas virens iuuenta primaeuo tibi flore vestiebat genas, cum, veluti recens aratro tactus flos, moribunda colla flectis. Risere, heu, tibi candidi ac nitentes dies, sed nimium breuis refulsit splendor: Luciferi faces micantis vmbris noctifer Hesperus fugauit. Quicquid Romuleis olet libellis, quicquid Cecropiae labor senectae cellis condidit aureis sciebas; sciebas penetralibus reclusis Naturae innumeras opes latentes rerum seminibus, iubar coruscum Phoebi et egelidae vagos sororis ignes; quis vigor orbium fugaces cursus agglomeret, quis imminentes coelorum aethereas domos lapillis pingat sydereis. Ita haec sciebas, vt te syderea domo putarem exortum: hinc fruticum genus salubre et messes Arabum et feracis Indi callebas, rabidos quibus valeres morbos pellere, faucibus sub ipsis, ipso e limine mortis euocare pallentes animas, breues senectae soles protrahere. At, miselle, quae iam adiuuere alios medentis artes, nil aegro tibi profuere, dum ver aeui laetum ageres. Sed inter istas quis falli lachrymas neget dolentem432 posse? Ah me miserum: fefellit ille pallor! Quisnam igitur, quis abstinere
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432 Sc.
me: cf. me miserum di v. 58.
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fluens laetitia queat nec imis carpens gaudia gestiat medullis, te coelum e feretro videns petentem et iam iam placido sinu deorum susceptum atque epulis sacris cubantem? O felix nimium, o beate Laurens! Haec frons, hi rutili plagas Olympi debebant radiis sereniores reddidisse oculi ac piis precantum votis annuere: haec silentis ora sparsa flumine nectaris decebat et coetu aligerum et locutione misceri, hinc tacito simul sopore visus lumina condere. Extulisti433, quo iam nec tenebrae queant nec vmbrae attigisse434 nigrantibus latebris. Non fallax abiit decor, venustas; non saeua eripuit sales, lepores mors, sed dulcis amor perennioris vitae reddidit illa clariora. Iam si matris eras, domum redires cum laetus, placidum decus, voluptas, molli compede corporis solutus nunc eris tibi gaudium migranti. Quin coelum remeans patrem et gementes nos non linquis amans, licet tueri cum nato superos patrem petentem et vultu patris inuenire natum. Si prima raperis virens iuuenta, et coelum rapis: albicans in horto sic flos virgineo secatur vngue, vt inter nitidas miscet435 corollas. Vixisti satis, haud breuis putanda vita est, quam sequitur vigens virorum laus: iam Vesper eras niger, micanti nunc es Lucifero magis decorus. Nunc tu sydereis velut libellis hians aetheris orbibus reclusas coelorum eximias opes Deique insculptam Artificis manum potentis laeto lumine perlegens reuoluis.
433 Sc.
te: “ti sei recato.” te. 435 Inammissibile metricamente, potrebbe essere emendato in qualcosa come p.es. uiret. 434 Sc.
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Iam stellas pedibus premens vtrumque polum atque aethereas domos reuisis, dum rerum instabiles vices fluentum temnis tu stabilis manens ab astris. Hinc, quae sit miseris salus, malorum ipse expers, speculo vides nitenti et vires lapidum atque opes iuuantum herbarum nec eges, vbi indecentes morborum exilio greges fugantur nec sese properam breui senectae Mors addit comitem, at beatiori aeuo perfrueris. Medentis artes hae sunt, quae tibi profuere, dum ver aeternum hinc peragis. Vale ac fluentes has matris lachrymas graues, acerbas leui absterge manu, satis superque luctum. Et tu, pater, intimis latentem ne iam visceribus premas dolorem aut desiderio simul liquescens tabescas: genuisse te sciebas mortalem. Ante diem puer, senectam qui coepit sapere, et mori necesse saepe est ante diem senem sagaci mente ac consilio. Quod ortus ex te virtutis fuerit memor paternae, laetare! Ad tumulum senes, puelli, omnes confluimus, mori putantes tunc, cum desinimus mori. Vicissim qui bona elicere ex malis scit, ille est, Marsili, et sapiens mihi ac beatus.
[55, 10] Io(hannis) Zarattini Castellinii436 Inferiae ad Laurentium Cagna tum vita functum 55, 9 [distici elegiaci] Accipe quas moesto inferias tibi corde paramus: accipe postremum munus amicitiae, exiguum munus, sed quid? maiora nequimus donare extinctis munera carminibus. 436 Giovanni
Zaratino Castellini, epigrafista ed erudito (Roma 1570-Faenza 1641): cf. AGL 1 cc. 1744 s.; DBI 21, 755 s. a cura di Marco Palma; solo ricordato fuggevolmente in Moroni 22, 291.
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Alta sepulcra ruunt ac septizonia vasta: Augustae molis diruta saxa docent437. Fulcit Musa virum. Semper ceu Dephica laurus, Laurenti, vigeat nomen honorque tuus. Aeternam ac Dominus requiem tibi donet ab alto: luceat in caelo lux tibi perpetua.
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[55, 11] 55, 10
Eiusdem ad eundem [distici elegiaci] Nobile sumpsisti, Laurenti, ex arbore nomen, quam sibi Apollo sacram lauriger attribuit. Immo videbaris nobis velut alter Apollo et forma et reliquis muneribus similis. Gaudebat crebro docta formosus Apollo plectra sonare manu, tetra fugare mala. Tu pariter dextra sensus persaepe solebas nunc sanare malos nuncue sonare melos.
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[55, 12]
Eiusdem chorus amicorum ad mortem [distici elegiaci] Impia, crudelis, Cagnatum in flore iuuentae cur nobis aufers: dic, rea Persephone? Hic nostros animos sophia mulcebat amoena, seruabat physica corpora nostra malis. Et tu tam doctum iuuenem cur saeua tulisti? credideras forsan te rapuisse senem?
5
[55, 13]
Respondet mors [distici elegiaci] Quod primo aetatis Cagnatum in flore peremi, iccirco infertis turpia probra mihi? Hunc rapui iuuenem, qui me oppugnante volebat longaeuam semper tradere vitam aliis: infestos nobis sic sic extinguere praestat, sic ratio imperii postulat ipsa mei.
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437 Nei
vv. 5 s. sembra alludersi all’attività di epigrafista dell’autore.
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Tam porro hic iuuenis medica pollebat in arte, vt, si vixisset, ius mihi surriperet.
[55, 14] Eiusdem ad Marsilium Cagnatum, Vrbis archiatrum, Laurentii patrem [distici elegiaci] Natus erat tuus excellens Asclepius alter, vt tu nunc alter Phoebus in arte pater. Phoebus id inuidit. Soror hinc Proserpina gnatum vulnere letali perculit atra tuum. Nanque illi ostendit frater se ferre peraegre438 te nato similem filium habere suo.
5
Finis
[56] CAMERARIUS (KAMMERMEISTER) Johann Rudolf (sec. XVII): cf. AGL 1 c. 1595; BL 1, 808; a lui si accenna nella voce dedicata al figlio Elias Rudolf (1641-1695) in ADB 3, 719. Sylloges memorabilium medicinae et mirabilium Naturae arcanorum centuriae XX, studio et labore Ioannis Rudolphi Camerarii, phil(osophiae) et medic(inae) doctoris, in imperiali Reitlinga medici ordinarii: editio altera emendata et quatuor centuriis postumis aucta......., Tubingae, sumptibus Ioh(annis) Georg(ii) Cottae, bibliopol(ae), typis Martini Rommeii, anno 1683 [prima ediz. Strasburgo 1624] [R.G. Medic. V.369 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: Metra in priori editione sparsim centuriis addita
[56, 1] Viro clarissimo, filio carissimo, d(omi)n(o), d(omino) Iohanni Ru dolpho Camerario, reipubl(icae) Reitlingensis medico ordinario Ad Centur(iarum) 4 prior(is editionis) [distici elegiaci] Vtile cum dulci, factis vox consona, recti conscia mens, punctum temporis omne ferunt. Hîc rectum dulci sociatur et utile, verum acta probant variis conglomerata modis. 438 Non
attestato nel latino classico e medioevale.
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[56, 2] 56, 1
CARMINA MEDICALIA
Ergo Theonino rodat cur digna laboris praemia dente, nihil livor habebit iners.
Ad Centur(iarum) 5 [distico elegiaco] Macte ista virtute, vir inclute: sic tua sistet te bona fama solo, te pia fama polo.
[56, 3]
Ad Centur(iarum) 11 [distici elegiaci]
5
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[56, 4]
Quem Camerariadum dicam te? filius an sis magnus Alexandri, num pater ipse latet? At neque tu latuisse potes, pater ipse nec; ausim dicere: in aequali est natus et ipse pater. Hic pius aeternâ reserarat laude coruscam Phoebea praxi nocte dieque domum, tu calamo reseras arcana sacraria: quidnî aequâ lance sies natus et ipse pater? O Camerariadum decus! O vere aurea clavis, quae sic ad medicas atria pandit opes.
identico a 57, 1
[56, 5] Henrici Hermanni, reipublic(ae) Reitlingensis advocati et syndici, epigramma [distici elegiaci]
5
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Morborum domitor, Camerari, Asclepia proles, quem labor immemorem non sinit esse sui, seu tibi per coeli convexa meare lubido est, seu medicas aegris adplicuisse manus, seu quicquid doctis gratum acceptumque palatis mirandum omnigena promis ab historiâ, omne meres punctum nec iam praeconia poscunt, laus sua queis propria est et stabilita fides. Macte hoc proposito! hoc medicorum spernere vulgus (si medicos fas est dicere) ne dubita! Vna quibus curae est curatio, protenus omnem
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e ventre atque extis pellere congeriem, adfecta et sincera simul discrimine nullo, cumque intestinis eiicere ipsam animam. O mihi laudandi postica per ora magistri! O ore et linguâ dignum opus artificum! Naturae quicunque sagax mysteria versat, caussarum callet qui penetrare sinus, qui cito, qui tuto et iucunde commodat aegro, hic medicus vitae est atque necis medicus.
15
20
[56, 6]
[distici elegiaci] Naturae arcanam cameram scrutando recludens dum sic lectorem dogmata mira doces, iure annon Doctor Camerarius appellaris?439 nonne tuo mire nomine digna facis?
Michael Beringer440, u(triusque) i(uris) d(octor), linguae Hebraicae professor emeritus Tubingae
[56, 7]
Ad Centur(iarum) 4 prior(is editionis) [distici elegiaci] Te, Rodolfe, sinus Natura admisit in omnes et dedit ingenii pandere clave tui quicquid in arcana mirum et memorabile capsâ illa adeo rerum daedala Mater habet. Et miremur adhuc, physicae Camerarius aulae si famae aeterno diceris elogio?
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[56, 8]
Ad Centur(iarum) 11 [distici elegiaci] Mira Dei manus est, quae nobile totius Orbis ex nihilo quondam daedala struxit opus. Et memoranda Dei manus est, quae plurima rerum Naturae arcanis abdidit in latebris,
439 Esametro
spondiaco. Beringer, giurista e professore di ebraico a Tubinga (Ulbach 20/9/156615/9/1625): cf. AGL 1 c. 999. 440 Michael
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quarum nos ruditas441 inscitiaque alta teneret, si nostra haec clausas mater haberet opes. Hinc mystas habet illa suos, industria quorum ardet in abstrusos se penetrare sinus et clave ingenii reserare, Ens entium in uno descripsit mundi quae memoranda libro. Illorum, Rudolphe, loco te principe pon442 quem vocat indigetem dia Minerva suum. Nam divina manus quod condidit, eruit omne hoc tua mira manus et memoranda manus.
5
10
[56, 9] 56, 8
Ad Zoilum [distico elegiaco] Aut limos averte oculos aut comprime linguam aut par aut melius, Zoile, profer opus.
[56, 10]
Ad Centur(iarum) 12 [distico elegiaco] Quae stultus carpit, sapiens probat. Elige, Mome: huius an illius nomen habere velis?
Iohannes Martinus Rauscher443, Academiae Tubingensis p(rae)p(osi tus)
[56, 11] In Centurias omnes med(ici) exc(ellentissimi) Ioannis Rudolphi Camerarii etc. epigramma [distici elegiaci] Istos si medici sequerentur ubique libellos, nî vespillo fame444, vix moreretur homo.
441 Presente
solo in Apuleio, florida 20. sillaba del verso non si legge, ma la congettura è facile. 443 Johann Martin Rauscher, erudito, storico, studioso di grammatica, eloquenza, retori ca a Tubinga (Horb, Württemberg 5/11/1592-Tubinga 30/3/1655): cf. ADB 27, 448 s. 444 Sic: sarà forse refuso per famem (= “se il becchino non tenesse dietro alla fame, che lo costringe a lavorare e a seppellire i morti”). 442 L’ultima
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F(ecit) 16 Martii 1629 m(agister) Frid(ericus) Herm(ann) Flayder(us)445 p(raeses)
[56, 12]
5
[distici elegiaci] Nunc oculis tandem usurpo: quae nulla silere debet anus, semper publica fama loqui. Haut errem, crasso qui vivo sub aere, dixim: «Hic, qui Mizaldi446 filum imitetur, erit. Excepto hoc: hic verius, ille licentius, hic et sepositis nugis aptius, ille minus». Iohan(nes) Sebastian(us) Wielandus447, poëta Matthia-Caesareus
* * * [57] Sylloges memorabilium medicinae et mirabilium Naturae arcanorum Centu ria XIII, XIV, XV, XVI, studio et labore Ioh(annis) Rudolphi Camerarii, medicinae doctoris p(iae) m(emoriae), inclutae reipublicae Reitlingensis medici ordinarii, Ar gentinae, sumptibus Eberhardi Zetzneri bibl(iopolae), 1652 [è la prima ediz. Le Centuriae da I a XII apparvero a Strasburgo a partire dal 1624] [R.G. Medic. VI.58]
Alla fine della centuria XIII (p. 88) compaiono i seguenti versi, identici a 56, 4: [57, 1] Viro clarissimo, filio carissimo, d(omi)n(o), d(omino) Joan-Rudol pho Camerario, ad continuatos labores Mirabilium, applausus pa terno affectu sic effusus: 445 Friedrich Hermann Flayder (1596-1640), drammaturgo e poeta: cf. AGL 2 c. 634; ADB 7, 106 s. 446 Il riferimento sembra essere ad Antoine Mizauld (Antonius Mizaldus) (Montluc 1510 ca.-Parigi 1578), medico, matematico, astronomo e astrologo, meteorologo, botanico: ab bandonò la medicina per dedicarsi completamente all’astrologia e alla compilazione di efe meridi: cf. AGL 3 cc. 560 s. (“practicirte zu Paris so glücklich, daß man ihn nur den franzö sischen Aesculapium nennte”); Michaud 28, 427 s. Una delle sue opere più famose è Harmo nia coelestium corporum et humanorum, undecim astronomice et medice....elaborata et de monstrata, Lutetiae 1555. Probabilmente il Mizaldi filum sarà “il filo conduttore, la struttura” della sua visione del mondo fondata sulla lettura degli astri da parte di chi vive nell’atmosfera terrena (crasso...sub aere). Bisogna perciò fidarsi delle stelle, ma non totalmente, perché è necessario metter da parte le sciocchezze (sepositis nugis). Chi perciò seguirà la prospettiva di Mizauld, senza però ignorare la Natura, avrà una visione della realtà più veritiera. 447 Johann Sebastian Wieland, poeta (Klein-Gartach (Heilbronn) 9/5/1590-m. dopo il 9/10/1635): cf. ADB 22, 395 ss.
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[distici elegiaci] Herculeos nae! tu, per mystica sacra, labores felici exantlas nocte dieque manu. Posthuma fama tibi hinc monimenta aeterna ministrat: quae venit ex merito gloria, vera venit. A Ioanne Plachetio, med(icinae) d(octore) eiusdemque in illustri Academia Tubingensi professore ordinario, 12 Iul(ii) 1630
* All’inizio della centuria XV — subito dopo l’indice degli argomenti (Me morabilium medicinae et mirabilium Naturae arcanorum, quae in hac XV Centuria continentur) e subito prima dell’inizio della centuria stessa, com paiono i seguenti versi in onore della figlioletta scomparsa di Camerario (p. 195 s.): [57, 2] In insperatum obitum Sarulae, d(omi)n(i) Ioan(nnis) Rudolphi Camerarii, med(icinae) d(octoris) et physici Reitlingensium, filiolae desideratissimae, natae a(nno) 1625 d(ie) Lunae 24 Oct(obris) hora 2 matut(ina), denatae anno 1630 d(ie) Mercur(ii) 6 Octobr(is) h(ora) dimidia prima p(ost) m(eridiem) 57, 1 [distici elegiaci]
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Sarula, tam cito tu, mea Sarula, tam cito lethi antra subis? causae pondus an omen habes? Mens praesaga mali, num te, coelestia, anhelam, matura iussit quaerere regna fuga? Quae mala sunt, non sunt peiora: veremur in horas et tremit ad planctus cor animusque novos: omnibus his erepta malis, mea Sarula, tuto [ut vid.] in Domini exultas laeta, beata sinu; inter at horrendos mundi, hac in luce, fragores, quid, nisi nos vmbrae, quid, nisi saxa, sumus? Hic stupet, ille artus tremit, anxius alter oberrat, quâ salvet sese, qua ratione suos. Nil opis in dextra mortali: proxima spes est mortis in auxilio, quando ita velle Dei est. Felix ergo, nimis felix, mea Sarula, Christi rapta manu, Domino vive valeque tuo; tuque pater materque Dei benedicite nomen: abstulit hoc saltem, quod dedit ante, Deus.
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Quisque suum repetit, quod fas est: desine luctu, desine murmuribus, qui cupis esse pius.
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Paterno affectu condoluit Iohannes Plachetius448, medic(inae) d(octor) et prof(essor) publicus Tubingae
[58] CARCANO LEONE Giovanni Battista (Milano 1536-Pavia 1606): cf. AGL 1 c. 1666; BL 1, 828; DBI 19, 750 ss. a cura di Augusto De Ferrari Ioan(nis) Baptistae Carcani Leonis, medici Mediolanensis, anatomen in floren tiss(imo) Ticinensi Gymnasio publice profitentis, De vulneribus capitis liber ab solutissimus, triplici sermone contentus, cum licentia Superiorum, Mediolani, ex officina Petri Tini 1583 (colofone finale (p. 145v) Mediolani, apud Pacificum Pon tium, impensis d(omini) Petri Tini 1583) [DBI cit. indica come anno della prima ediz. il 1584] [R.G. Medic. IV.548]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [58, 1] Honorati de Honoratis ad Ioan(nem) Baptistam Carcanum Leo nem, anatomicum aetatis nostrae excellentissimum, hexastichon [distici elegiaci]
5
[58, 2]
Est tibi, dum loqueris, linguae facundia tanta, cuncti ut suspiciant, Carcane, teque colant. Omnes mirantur promptas, dum pallida cultro corpora tu resecas, inspicis atque, manus. Iuncta manus linguae promptae sic prompta uicissim, vt nulli cedas, Carcane, in arte tua.
Eiusdem ad lectorem de Carcano Leone octostichon [distici elegiaci]
5
Si tibi iudicium fuerit, quo praeditus autor, haec sua laudabis tuque peritus eris. Nam docti relegens et fortis scripta Leonis, grata animo inuenies dogmata, quisquis eris. Hic, placidus placidis, uexatus dente remordet nec timet infestos laedere quosque sibi.
448 Jan Plachetský (Iohannes Plachet(ius)), (1575-1635), medico boemo e professore di anatomia a Tubinga.
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Hunc agnum uideas mitem fortemque Leonem, namque malis rugiens, subditus ipse bonis.
[58, 3] Ad Ioan(nem) Baptistam Carcanum Leonem, chirurgum aetatis nostrae excellentissimum, Bernardini Venusti octostichon 58, 2 [distici elegiaci] Cum de re medica loqueris, Baptista dis[s]erte, Carcane, Thymbraeus cedit Apollo pater, sed tibi non satis est doctrinam pandere verbis, det vitam infirmis ni tua dextra manus. Sic est iuncta tuae varii experientia morbi doctrinae, vt neutri cedere neutra velit: ad vitam ut reuoces, quae faucibus haeserat Orci, nanque tibi auxilium haec449 semper et illa450 tulit.
5
[58, 4]
De olore siue cycno, qui est Carcani insigne, carmen [distici elegiaci] Albus olor recinens dulces ut promere cantus, Carcanus est solitus dulcia verba loqui: vt cycnus cunctas superat candore uolucres, sic Leo dulciloquus candida uerba refert.
[59] CARDANO Gerolamo (Pavia 24/9/1501-Roma 20 o 21/9/1576): cf. AGL 1 cc. 1668 s.; BL 1, 829; DBI 19, 758 ss. a cura di Giuliano Gliozzi; A. Grafton, Il Signore del tempo. I mondi e le opere di un astrologo del Ri nascimento, trad. it., Roma-Bari 2002. Hieronymi Cardani Mediolanensis, philosophi ac medici celeberrimi, Opera omnia tam hactenus excusa, hîc tamen aucta et emendata, quam nunquam alias visa ac primum ex auctoris ipsius autographis eruta curâ Caroli Sponii451, doctoris medici Collegio med(icorum) Lugdunaeorum aggregati: tomus primus quo conti nentur philologica, logica, moralia: elenchus vniuersalis operum ad calcem vitae autoris habetur, Lugduni, sumptibus Ioannis Antonii Huguetan et Marci Antonii Ravaud 1663 [è la prima ediz.] cum privilegio regis [Stamp. Chig. I.499 (1)] 449 Sc.
doctrina. experientia. 451 Vd. supra 45, 1. 450 Sc.
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58, 2 – 59, 3
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All’inizio del volume, compare, tra l’altro, una sezione intitolata: Testi monia praecipua de Cardano, a Gabriele Naudaeo [vd. infra 89, 26] collecta, dove sono raccolte diverse testimonianze di vari autori su Cardano. Ripor to quelle in cui compaiono versi: [59, 1] Hippocrates lectori commentariorum Hieron(ymi) Cardani in aphorismos [distici elegiaci] Graiorum culpa euersus cum sim ante meorum, Insuber ex obitu me mihi restituit: quem, pro tot meritis, dii faxint, vt vice versa alterius gentis restituat pietas.
[59, 2] Cardanus de seipso sub initium libri I Contradicentium m(erito)452 [distici elegiaci] Cum medici, patria, affines, fortuna, parentes me inuisum odissent, non potuere tamen extremos iussu Fati superare labores: sic viuam semper maior et inuidia.
[59, 3]
Idem sub effigie sua in libris de subtilitate et alibi453 [distici elegiaci] Non me terra teget, caelo sed raptus in alto illustris viuam docta per ora virum. Quidquid venturis spectabit Phoebus ab annis, Cardanos noscet, nomen et vsque meum.
452 Non trovo questi versi (come gli altri: vd. infra) nel luogo indicato. Evidentemente essi saranno stati eliminati negli Opera omnia (forse per motivi di spazio). A questo proposito — nel De libris propriis, dove compaiono i versi incerti auctoris per cui vd. infra n° 7 — subito prima di riportare i versi stessi, Cardano dice (p. 114): “Quapropter infinita in laudem meam conscripta sunt, tum carmine, tum soluta oratione: quorum magna pars excidit ob iniuriam: multa etiam apud me manent, e quibus vnum subiicere decreui, incerti autoris (ita tempus omnino interpellat): forsan qui fecit, suos foetus agnoscere volet: ego, vtcumque sit, pro exemplo addam: nam reliqua, quae in laudem meam in aliis libris impressa sunt, me ne sciente, dum libri apud typographum cuduntur, praeter Maioragii carmina [n°° 5 e 6], ab ipsis autoribus adiecta sunt. Haec vero ita se habent”. 453 I versi non sono negli Opera omnia: vd. 59, 2.
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[59, 4] Sub eiusdem effigie in Iconibus Io(annis) Sambuci454: qui versus referuntur etiam a Ioan(ne) Croeselio in Elogiis lib(ro) 2455 [distici elegiaci] Spiritus hunc proprius versat, praecordia raris dotibus extollit, sidera clara mouet. Nescio quid dicam, mirabor: nil latet istum: quam legisse putes scribere plura solet.
[59, 5]
Marc(us) Antonius Maioragius456 sub Cardani persona. Extat sub finem lib(ri) 2 Contradicentium [esametri dattilici] Exacta immensi iam sunt monumenta laboris, quae numquam fulmen, non saeua incendia, durum non poterit ferrum, non longum absumere tempus. Iam tenebris adoperta caput, quae corpus in ipsum tantum bella gerit, veniat mors improba nobis: mens tamen illa mei melior pars astra subibit, clarius et nostrum viuet per saecula nomen omnia, quaque patet Latiae praestantia linguae, me leget assidue doctorum turba virorum.
5
454 Johannes
Samboky (Sambucus), filologo, storico e medico (Tyrnau 25/6/1531-Vienna 13/6/1584): cf. AGL 4 c. 90; BL 5, 1; ADB 30, 307 s.; Eckstein 492; Pökel 236. Questi versi, infatti, compaiono in Icones veterum aliquot ac recentium medicorum philosophorumque ele giolis suis editae, opera I(oannis) Sambuci, Antverpiae, ex officina Christophori Plantini, 1574, sotto il ritratto di Cardano al n° 53. L’opera di Sambucus è stata ristampata anastati camente: Icones.....I(oannis) Sambuci, nagedrukt in fac-simile volgens de uitgave van Plantin van 1574 met eene inleiding door (reproduit en fac-simile d’après l’édition de Plantin de 1574 avec une préface par) Max Rooses, Antwerpen, de nederlandsche boekhandel 1901 (Uitgaven der Antwerpsche bibliophilen nr. 21). 455 Questi versi, infatti, si ritrovano identici in Elogia in duas divisa partes, quarum prior iam inde a Constantino illo Magno, imperatorum, regum, ducum aliorumque insignium he roum, superioribus et nostro seculo virtute bellica maxime illustrium, encomia complectitur, posterior eos collaudat, qui eruditionis laude et publicatis literarum monumentis vel olim claruerunt vel etiamnum clarescunt, autore m(agistro) Ioanne Croeselio Vilseccensi [Johann Croeselius di Vilseck (Baviera), bibliotecario a Ingolstadt (sec. XVI): cf. AGL2 2 c. 543], Aca demiae Ingolstadiensis bibliothecario, cum gratia et privilegio Ceas(areae) Maiest(atis), Ingol stadii, ex officina Davidis Sartorii, anno 1584, 457 s. 456 Marcantonio Maioragio (propriamente Anton Maria Conti) (Maioragio 26/10/1514Milano 4/4/1555): cf. AGL 3 cc. 59 s.; DBI 28, 359 ss. a cura di Roberto Ricciardi; Eckstein 352; Pökel 165. Questi versi non compaiono negli Opera omnia: vd. supra 59, 2.
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59, 4 – 59, 7
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[59, 6] Marci Ant(onii) Maioragii rhetoris hendecasyllabum ad Hieron(y mum) Cardanum, med(icum) Mediolanensem. Extat sub initium lib(ri) I Contradicentium m(erito)457 [falecei] Cardane, omnibus e meis amicis doctrina, ingenio, sagacitate princeps; quem medicae repertor artis humano generi fauens Apollo impellit per iter nec vsitatum, iam trita a reliquis via relicta, aegrosque edocet atque destitutos conseruare homines leui labore. Cur illa aurea tam diu premuntur458, quae scripsisti opera in tuis tabellis? Cur non efficis imperitiores459, vt tandem ingenio tuo fruantur? Cur non coelitus attributa dona vulgas, vt, quibus haud data est facultas aegris confugere ad tuos Penates, e scriptis habeant tuis salutem? Nam fama ante fores stat vsque clamans testaturque deos sibi annuentes460 immortale decus tibi futurum, aegrorum si hominum misertus, edas quam primum monumenta iam peracta.
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[59, 7] Incerti ad Hieron(ymum) Cardanum: refertur ab eodem Cardano in opere de libris propriis, edito Basileae 1562461 et a Io(anne) Bapt(ista) Siluatico462 in Elogio Cardani [falecei] Aemulos Epidaurii inter omnes, sat, Cardane, caput, sat extulisti. 457 Questi
versi non compaiono negli Opera omnia: vd. supra 59, 2. “sono tenute nascoste”. 459 Sc. homines. 460 Intendi: “consentono che la fama decreti etc.”. 461 Questi versi si trovano (con il titolo Ad Hieronymum Cardanum incerti autoris) nel de libris propriis, che appare nel medesimo primo tomo degli Opera omnia di Cardano (vd. anche supra nota 452), p. 114. Non ho potuto vedere l’ediz. di Basilea del 1562. 462 Giovambattista Selvatico (Silvaticus), medico (Milano 1550-Pavia 1621): cf. AGL 4 cc. 959 s.; BL 5, 272 s. 458 Intendi:
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Europae populi satis fatentur cunctos fastigio tuo relictos: artis diuitias thoris ab altis pandentem obstupuit corona quondam, magnos ingenii studique fructus paginae variae ferunt per Orbem, quas docti manibus fouent vbique delectant, sapiunt, tenent aluntque, doctrina procul abdita legentes. Te reges Aquilonii vocarunt, vt mortem fugerent sibi propinquam, qui per te reduces, Charonta fallunt, expectat463 Stygiis dum eos arenis. Quot ciues patriae tuis medelis, quos flebat mulier, tamen reducti!464 Haec, Cardane, satis superque monstrant, astra te digito ferire solum, despectantem alios humi relictos. Nunc tantis preme copiis habenas, ora contrahe fontium tuorum, quo riui tenues fluant in Orbem, fundis dum proprias opes abunde. Palam apparuit esse ter pusillas doctrinas hominum, medendi in arte, complexu et vario scientiarum, qui palmas hodie putant mereri: illi non sine sentiunt dolore graui, non nisi parua se tenere, toto nec secus Orbe iudicari.
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[59, 8] Io(hannes) Matthaeus Toscanus465, in Peplo Italiae lib(ro) 4 59, 7 [distici elegiaci] Cardanine manus plures curauerit aegros 463 Sc.
Charon. sunt, a meno che non si voglia congetturare reduxti. 465 Giovanni Matteo Toscano (m. 1567 ca.). Il carme è pubblicato in Peplus Italiae, Io(hannis) M(atthaei) Toscani opus, in quo illustres viri grammatici, oratores, historici, poëtae, mathematici, philosophi, medici, iurisconsulti (quotquot trecentis abhinc annis tota Italia floruerunt) eorumque patriae, professiones et litterarum monumenta tum carmine tum soluta oratione recensentur. Ad Antonium Eberardum Sansuplicianum episcopum et comitem Cardu censem, Lutetiae, ex officina Federici Morelli, typographi regii, in vico Iacobaeo, ad insigne Fontis 1578, p. 104: i versi recano l’intitolazione Hieronymus Cardanus 174. 464 Sc.
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est dubium, an plures scripserit vna libros. Quisquis enim voluit tot scripta volumina dextra, hunc calamum numquam deposuisse putat; hunc, qui pallenti reduces tot nouit ab Orco, incubuisse aegris nocte dieque putat. Felix qui semper venturo profuit aeuo, aetati at nunquam defuit ipse suae.
[59, 9] Gaspar Cunradus466 in Prosographiae melicae millenario primo [distico elegiaco] Me varii rerum doctore leguntur agones467: Naturae hinc dici Daedalus an mereor? N(atus sum) 24 Sept(embris) a(nno) 1501, o(bii) 21 Sept(embris) a(n no) 1576 aet(ate) 75468
[59, 10] Carmen Thomae Venatorii469 in laudem Cardani. Extat in libris de subtilitate, editis Lugduni 1550 apud Rouillium 8470 [distici elegiaci] Ebibit hic sophiae fontes et flumina Musis et Phoebo et doctis non inamoena viris. Hinc medicos miscet succos et corpora regum illi creduntur summaque cura, fides471. 466 Kaspar Cunradi, medico e poeta laureatus (Breslavia 9/10/1571-ivi 15/11/1633, di pe ste): cf. AGL 1 c. 2252; BL 2, 156; ADB 4, 643 s.: vd. anche infra 89, 3. Questi versi sono pub blicati in Casparis Cunradi Sil(esii), phil(osophiae) et med(icinae) d(octoris), Prosopographiae melicae millenarius I, in quo virorum doctrina et virtute clarissimorum vita ac fama singulis distichis vtcunque delineatur, cum elencho nominum eorum in calce adiecto, Francofurti, typis Antonii Hummii, impensis Martini Gnisen et Dauidis Molleri, bibliopol(arum) Vratisla uiens(ium) 1615, p. 26 con il titolo Hieron(ymus) Cardanus Mediolanensis, medicus Bono niensis. 467 Intendi: “la mia dottrina guida diverse indagini sulla natura della realtà”: collegherei rerum ad agones. 468 Le date sono quelle concernenti Cardano. 469 Thomas Venatorius, predicatore e teologo (Norimberga 1490 ca.-ivi 4/2/ 1551): cf. AGL 4 c. 1511; ADB 38, 599 s.; Eckstein 587. 470 I versi (che non sono compresi negli Opera omnia: vd. supra 59, 2) compaiono all’ini zio dell’edizione del de subtilitate libri XXI, Norimbergae 1550. 471 Sc. illi sunt: summaque cura e fides sono evidentemente apposizione di corpora....cre duntur. Il v. 5 — come anche il v. 2 di 59, 13 — si riferisce ad Archimede.
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CARMINA MEDICALIA
Deinde Syracusii sunt nota mathemata ciuis, caetera sunt terris cognita et aucta polis.
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[59, 11] Carmen Laur(entii) Durnhoferi472 in laudem eiusdem. Ibidem473 [distici elegiaci] Non, Cardane, tuam poterunt extinguere laudem ignes flammiferi, fluctisonae474 nec aquae, ingens atque potens in toto personat Orbe, imo quae celsum venit ad vsque polum, dum res occultas, quadam caligine tectas, et varias, aperis difficilesque doces; dumque tua humanos sanat medicina dolores tuque Dei curas vulnera cordis ope; dum stellas monstras et picti sidera caeli atque artes, Orbis quas speciosus habet; dumque omnes disciplinas producis in vsum, qui facit egregios artificesque bonos.
5
10
[59, 12] Annibalis Crucaei475 ad lectorem Arithmeticae Cardani [distici elegiaci] Multiplices numerorum vsus, discrimina, parteis, quaeque voluminibus mille legenda tenes, exiguo, facili, docto, digesta libello, hic tibi Cardani sedula cura dabit. Perlege mox: isti tantum debere libello te dices, quantum mille voluminibus.
5
[59, 13] In astronomicum opus Hieron(ymi) Cardani de supplemento Almanach, carmen Ioachimi Hetteri Leuco-Petraei. Extat in vltima editione anni 1547476 59, 10 472 Lorenz
Dürnhofer (Norimberga 29/1/1532-ivi 18/7/1594), filosofo e predicatore: cf. AGL2 2 c. 778; ADB 5, 487 s. 473 I versi, che non sono riportati negli Opera omnia (vd. supra 59, 2), compaiono all’inizio del de subtilitate libri XXI, Norimbergae 1550 con le seguenti varianti: v. 1 poterint; v. 10 spaciosus. 474 In latino classico attestato soltanto in Seneca, Herc. Oet. 836 e Silio, Pun. 12, 355. 475 Luigi Annibale Della Croce (Cruceius, Crucius), erudito e poeta (Milano 1476-1577, di peste a 101 anni): cf. AGL 1 c. 2225. 476 I versi non compaiono negli Opera omnia: vd. supra 59, 2. Non ho potuto vedere l’ediz.
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59, 10 – 60, 1
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[distici elegiaci] Dicitur in tenui finxisse volantia vitro astra Syracosii machina docta senis. Fertur et errantis radiantia cornua lunae deduxisse suis sedibus Endymion. Ingenio sic magnus Atlas et fortis Orion nomina iam Famae non morientis habent. Te quoque sera manet venturi gloria secli, Cardane, ingenio nobilis, arte potens, qui, tanquam astrifero superûm sis lapsus Olympo, tempora, signa, orbes, sydera, fata doces et rerum varias ostendis in aethere causas multaque praeterea, quae latuere prius. Haec vere est animis moderatis digna voluptas, inclyta cognati quaerere iura poli.
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[60] CAR(R)ANZA Alonso, giureconsulto spagnolo (sec. XVII): cf. AGL 1 c. 1696; EUI 11, 699; Michaud 6, 653. Tractatus nouus et accuratissimus De partu naturali et legitimo Alphonsi a Car ranza, iurisconsulti Hispani, ubi controuersiae iuridicae, philologicae, philoso phicae, medicae discutiuntur, ad fori vsum et praxim, de partus conceptione, for matione, de foetu in vtero, de postumis, de conditione partus, expositione, sup positione, ventre exsecto, tempore partus vario (vbi et de anni computatione pro lixe agitur), abortiuo, monstruoso, numeroso partu, superfoetatione, generatione, succubis. Item eiusdem Alphonsi a Carranza Diatriba, super prima temporum doctrina, aduersus Dionysium Petauium477, vbi agitur de anno Hebraeorum, Ae gyptiorum, Graecorum, Romanorum, cum triplici indice, vno auctorum, alio argu mentorum in antecessione et tertio rerum et verborum in recessu, anno 1629, cum privilegio, Madridii, auctoris impensis, ex typograhia Francisci Martinez [ma colo fone finale Madridii, ab officina Francisci Martinez anno 1628, forse per un errore meccanico: è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.60]
All’inizio dell’opera compaiono, fra l’altro, i seguenti versi: [60, 1] Ad Alfonsum Carranzam, i(uris) c(onsultum) Hispanum, virum in comparabilem, iurisprudentiae insignem adsertorem, huius dispu
del 1547. 477 Denis Petau S. I. (Orléans 21/8/1583-Parigi 11/12/1652), teologo ed erudito: cf. AGL 3 cc. 1418 s.; Michaud 32, 571 ss.; Sommervogel 6 cc. 588 ss.; Eckstein 432; Pökel 205.
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tationis auctorem, magistri Blasii Lopii Mirandensis478, humanioris litteraturae Salmanticae in Academia primarii, epigramma 60, 1 [distici elegiaci] Artis in exiguo magni laus maxima, si quis spectandum doctis orbe dat Orbis opus479: haec, Alfonse, tamen minus admiratur in uno, qui te cumque videt, plura dedisse libro. Hic arguta micant prisci Demosthenis arma et quae fulmineo Tullius ore quatit; hic flores legisse iuvat, surgunt qui semper in hortis sive tuis Colophon, Mantua sive tuis; hic et Aristoteles et cetera turba sophorum arguit et medicae quilibet auctor opis. Praecipuum sed iure locum sibi vendicat alma consultorum acies, cuius in arce clues. Ille, Parethonias quondam celebratus ad oras, (laus accessit aquis, quo duce, Niliacis) audierit quamvis merito, ter maximus Hermes, maiori cedat terque quaterque tibi.
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[60, 2]
Aliud eiusdem et ad eundem disertissimum virum [distici elegiaci] Ingenii proles liber est, quo more sacerdos incolumi natos integritate creat. Haec480, quicunque pater natos impune creabit exemplo, sapiens Heliodore481, tuo. Quos Natura dedit pueros, haec dogmata servant, quosque maritali lege tuetur honos. Sint aliis alii sine lege aut lege creati: natus qui ex lege est, hunc scio legitimum.
5
478 Blasius
Lopez (Lopius), docente di grammatica a Salamanca: cf. AGL3 3 c. 2126. “È grandisssimo merito di un grande (ma magni potrebbe essere anche inteso come genitivo di stima) e utilizzando pochi mezzi (artis è partitivo dipendente da in exiguo), se qualcuno riesce a dare ai dotti del mondo un’opera ragguardevole”. 480 Non so se haec possa intendersi come un femminile singolare (sc. proles est) o non piuttosto come un neutro plurale (sc. sunt). 481 Forse riferimento a un celebre medico greco (seconda metà del I sec. d.C.), ricordato da Giovenale (6, 373). 479 Intenderei:
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60, 1 – 60, 5
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[60, 3] Alfonsi Carranzae, viri clarissimi, i(uris) c(onsulti) Hispani nobi lissimi, philosophi sapientissimi et non secus de Graecis ac Latinis litteris optime meriti, eloquentia et humanis disciplinis eximii, disputationem Paulus Vincentius Sors, i(uris) c(onsultus) et in pri more orbis Salmanticensi Academia proprimarius eloquentiae, sic octastico decantavit [distici elegiaci]
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[60, 4]
Quas unquam poterit grates, Carranza diserte, nostra pares meritis lingua referre tuis? quasve tibi laudes quosve deferemus482 honores, vt tuus exposcit praegravis iste labor? Quippe iuventuti sic tu prodesse laboras, vt iugiter studiis nocte dieque vaces. Ergo tibi pro tot tantisque laboribus ipsi tot grates agimus, quot polus astra tenet.
Idem ad lectorem de eodem [distico elegiaco] Ne labor assiduus te, lector, terreat, ecce vtilitas fallit taedia longa viae.
[60, 5] Magistri Alfonsi Sanctii483, in inclyta Complutensi Academia Grae cae Hebraicaeque ling(uae) primus publicus professor, in Alfonsi Carranzae, i(uris) c(onsulti) Hispani, iurisprudentia et omnigena litteratura praestantis(simi), disputationem octasticon [distici elegiaci]
5
Si expectas partum, peperit Fortuna gemellos: dicitur alter honos, utilis alter erit: vtile quodque et honos una gestentur in alvo. Desine mirari: grandia corde gerit484. Succubuit tanto mater Fortuna marito,
482 Per far tornare il metro sarà opportuno congetturare qualcosa come p.es. quosve tribuemus honores: in tal caso deferemus ha tutta l’aria di una glossa penetrata nel testo. 483 Alonso Sanchez (Alphonsus Sanctius), grecista e orientalista, docente ad Alcalà: cf. AGL 4 c. 103. 484 Sc. Fortuna.
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CARMINA MEDICALIA
parturit: en gemina prole beatus eris. Vtilitas Patriae cedit, tibi cedit honori: sic gignens semper, gignere perge pater.
[60, 6] Magister Didacus Gonz(alez) Correa485, Hebraicae Graecaeque lin g(uae) primarius Salmanticensi Academia professor, auctoris in Graecarum litterarum didascalia seu praeceptione quondam ibidem συμμαθητὴς et consocius, ob eiusdem disputationem sic congratula tur sibi486 et subinde studiosis quibusque 60, 5 Ἀλφόνσο487 τῷ Καῤῥάνζα, νομικῷ νόμων ἀληθῶς ἐπιγήμονι488 καὶ ἐξηγητῇ χαίρειν λέγω Δί(δαχος) Γον(ζάλεζ) Κοῤῥ(έα) [sembrano versi di tipo anapestico]
Εἶδον σὲ πάλαι, Ἄλφονσε Καῤῤάνζα, Μουσῶν ἐραστήν, σοφίας τε πάσης, ἐκ τῆς ἀπαλῆς παιδὸς ἡλικίας ἄχρι καὶ νῦν προκοπτόντα λίαν, ὅτε γενόμενος ἀνὴρ ἤδη ἀκμαῖος. Πολλοὺς τεινυτοὺς489 νικᾷς ἐπιστήμῃ τῶν ἀλλοδαπῶν καὶ ἐπιχωρίων, τοῖς κεδνοτάτοις πάντοθεν ἴσος· ὁρθῆς τὸ βιβλίον δεῖγμα γονείας ἅπασιν ἔστω σαφῶς φιλομούσοις τῆς σῆς ἐν τοῖς μάλιστα πολυπαιδ[ε]ίας, μᾶλλον δὲ ἐν νόμοις Θεοῦ καὶ ἀνθρώπων. Γηθόσυνος τοίνυν τῷ σῷ καλῷ χαίρω καὶ κέλομαι σπέρχειν ἔτι προσωτέρω ἐς κλέος πατρίδος (ἡ σὲ γεραίρει) σὸν τὲ καὶ Καῤῥάνζης φίλων τε πάντων. Εὖ πράττε καὶ χαίρε, φίλτατ Ἀθήνῃ490.
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485 Didacus
Gonzalez Correa (sec. XVII): cf. EUI 15, 867; Eckstein 101. più corretto ei (sc. Carranza). 487 Sic: evidente refuso per Ἀλφόνσῳ. 488 Sic: sarà refuso per ἐπιστήμονι. 489 Sic: sarà refuso per τοίνυν τούς. 490 Ut vid.: sarà refuso per Ἄλφονσε. 486 Sarebbe
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Aliud eiusdem Φιλομούσοις τε καὶ φιλονόμοις [distici elegiaci]
Ὅστις Ἀθηναίης δώρων ἔρασαι ἀμαράντων, τῷ νομίμου βίβλῳ δίζεο ταῦτα τόκου· πάντ’ ἐνὶ γὰρ τούτῳ πραπίσ’ εἰδυίης ἀποφαίνει Καῤῥάνζας ἔννους παῖς Ἑλικωνιάδων. Βραχέσι τούτοις ἀσπάζομαι σὲ ῥηματίοις, εἰ καὶ ἀμούσοις, τῆς παλαιᾶς, Ἄλφονσε, φιλίας σημεῖον, ἐξ οὗ νέος ἔφηβος Ἑλληνίδος γλώσσης ἔρον εἴρας· ἔῤῥωσο.
[60, 8] Don Petrus Carranza Mudarra, auctoris primogenitus, rector per petuus ecclesiae divi Petri Arcobricae civitatis, vulgo Arcos de la Frontera (qui, cum iam in iure esset candidatus et bonarum litte rarum insignis adsertor Graecisque et Latinis a patre praemaxime edoctus, in media et quidem maxima tanti ingenii et studiorum spe ab iisdem confrictus491, in����������������������������������������� ������������������������������������������� priore���������������������������������� ���������������������������������������� iuventutis����������������������� ��������������������������������� flore����������������� ���������������������� paulo����������� ���������������� ante������ ���������� exac ����� tam�������������������������������������������������������������� huius�������������������������������������������������������� ������������������������������������������������������������� libri�������������������������������������������������� ������������������������������������������������������� excusionem��������������������������������������� ������������������������������������������������� obcubuit������������������������������ �������������������������������������� ), ��������������������������� sic������������������������ procreationem���������� ����������������������� et������� ��������� educa ������ tionem suam et progenitoris simul ab intellectu492 lib[e]rum eiusque publicam���������������������������������������������������������� editionem������������������������������������������������ ��������������������������������������������������������� , ���������������������������������������������� quam������������������������������������������ ei��������������������������������������� ����������������������������������������� fata���������������������������������� �������������������������������������� videre��������������������������� ��������������������������������� denegarunt���������������� �������������������������� , �������������� grato��������� constan �������� tique carmine praecantaverat [distici elegiaci]
Νηπιάχοις τότε νηπιάχως σὲ νοήμασι, πάππαν τίεσκον, ὅτε νοῦς ἔμπεδος οὐκ ἔτι μοί πάντ’ ἀκριβῶς ἐσίδειν, κεδνοῖς ὅσα δὲ πατέρεσσιν ἦρα φέρειν υἷας πάντοθεν ἐκτενέας. Αὐτὰρ ἐπειδὴ ἥβης ἤδη λάγχανον ἀκμῆς, οἷδα καλῶς ὄφλων σοί, πάτηρ493, οὐκ ὀλίγα. Πολλὰ δὲ πολλὸν τίμια, ταῦτα δὲ δοιὰ μάλιστα· γεννητὴς ὅτι ἦς, ἠδὲ διδάσκαλος εἶ· ὥστε πάτηρ δὶς μοὶ494 ἐγένου, ὃ τρισόλβιον οἵω, ἔνθ ἐμοῦ τε γονῆς, τῆς τη495 διδασκαλίας.
5
10 491 Sic:
sarà refuso per confractus (“logorato dagli studia”). “per averlo ben compreso”. 493 Sic: evidente refuso per πάτερ (vd. anche infra v. 30). 494 Per evitare lo iato, si può proporre l’inversione μοὶ δὶς . 495 Sic: sarà refuso per τε, dal momento che qui serve una sillaba breve: si veda inoltre il precedente τε. 492 Intendi:
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CARMINA MEDICALIA
Ἀλλὰ μὲν ἀνθρώποισι φύσις φίλα τέκνα δέδωκε, ἀλλὰ δ’ ἐρὰς496 γ’ ἶσον δῶκε διδασκαλία. Τοῖς δὲ τέκεσσιν ὅμως γονέας σοφίας περὶ σπαρνοὺς τύχη συγχωρεῖ ὥστ’ ἄμυδις προμολεῖν. Ἀλλ’ ἀμφοῖν ὑπόεικε πάτηρ μοὶ πάρ’ σέο τυχεῖν, ἔνθα τε γεννᾶσθαι, ἔνθα τε κᾳκμαθεεῖν. Τοῦτο δ αἰώνων ἄμα πάντων ἀστραβὲς εἶναι ἥθελες ἐν λογίαις σῶν βιβλίων σελίσι. Τῷ δ’ ἐνὶ μᾶλλον ἐφ’ ᾧ νόμιμον πάμπρως497 ἀναφαίνεις τὸν τόκον ἀνθρώποις πάντεσιν ὠφελέα. Τοῦτο γὲ πάντες ἀγάζονται δεδαηκότες ἄκρως κᾄλλοι πειδένας498 οἱ ἐφιμειρόμενοι. Ὦ σοφία499, πόλεας νικᾷς νομοΐστορας ἄλλους ἡμετέρους τὲ σόφους, κᾳλλοφύλους500 ἴδριας. Χώραν θ’ ἡμετέραν, ἔνθος501 τ’ ἐρικυδὲς Ιβήρων, κλεινῶς εἰδυίης σοῦ φαρύνεις502 πραπίσι. Ὥσθ’ οἱ ἄλλοθεν οὐ σοφίας περὶ γαυριόωνται, ἥδε503 σοὺ ζῶντος, κἂν χθονὶ δερκομένου. Τοῖα τε σπουδακότος504 καί ἐς μενεόντα τὸ μέλλον. Χαίροις οὖν σὺ, πάτηρ505, βιβλία πολλὰ γράφων.
15
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[61] CARVIN Jean, di Montauban, medico e predicatore riformato, allie vo di Jacques Dubois (sec. XVI): cf. AGL 1 c. 1710; DBF 7 c. 1287. Ioannis Carvini, med(ici) Montisalba(nensis), De sanguine dialogi VII, omnibus medicinam cum honore et aegrorum vsu facturis lectu pernecessarii, Hanoviae, typis Wechelianis, apud Claudium Marnium et haeredes Ioan(nis) Aubrii, 1605 [prima ediz. Lione 1562] [R.G. Medic. V.860]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: 60, 8
sarà forse refuso per ἔρων (acc. sing. masch.). attestato: ha tutta l’aria di stare, per motivi metrici e con valore avverbiale, per παμπρώτως o πάμπρωτον. 498 Sic: forse refuso per πεισθῆναι. 499 Sic: sarà refuso per σοφίη. 500 Sic: sarà refuso per qualcosa come καλλιφύτους. 501 Sic: evidente refuso per ἔθνος. 502 Sic: sarà refuso per γαρύεις (γηρύεις). 503 Sic: sarà refuso per ἤδη. 504 Non attestato. 505 Sic: sarà refuso per πάτερ (vd. anche supra v. 6). 496 Sic:
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[61, 1]
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Ioan(nes) Caruinus medicus candido lectori s(alutem) [distici elegiaci]
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Aequora vasta nouis quur iam sulcare carinis primus tentarim, candide lector, habe. Grata stili nouitas, communis gratior vsus compulit insuetae pandere vela rati, quae mihi per scopulos, Syrtes saeuamque Caribdim, artis Apollineae dogmata tuta vehat, vnde nonas Phoebi cultor mittendi sanguinis omnes506 accipiat caussas et bene doctus agat Naturaeque ducis vestigia certa sequutus, occurrat morbis quos cruor iste parit. Hic siquidem nimium postquam sua vasa tetendit, ni ventiletur507, putris obesse solet affectusque graues vitae discrimine certo gignit, prudenter ni cito missus erit. Nam calor obsessus nimioque cruore grauatus promptius obruitur morsque inopina venit. Est modus interea mensuraque iusta tenenda, ne vulgus clamet te necis esse reum. Sunt etiam morbi vitiato sanguine nati, sectio queis venae certa medela fuit. Sunt qui reiiciunt et pharmaca debita poscunt multum discordes consimilesque parum. Idem etiam affectus, mutato tempore, vtrumque et venam sectam et pharmaca iusta petit. Ergo, dum variis morborum agitata procellis corpora tractabis, carbasa nostra pete: nam neque naufragium tempestatesque malignas, ventos aut scopulos vllave monstra timent, sed plenis velis te per maria omnia cautum portus optatos et loca tuta vehent. Ac quibus in morbis sanguis mittendus et vnde, quoque modo, quando, qua regione simul, pluraque praeterea medico spectanda docebunt, haec tibi picta nouo carbasa nostra stylo.
506 Risulta un piede in più. Per far tornare il verso, si potrebbe sostituire — si libet hario lari — nonas con nouas e Phoebi cultor con medicus (in tal caso Phoebi cultor avrebbe tutta l’aria di una glossa, poi penetrata nel testo). Anche nella prima ediz. dell’opera si ripresenta la medesima situazione. 507 Irregolarità prosodica, dal momento che la seconda sillaba del verbo, normalmente breve, è qui scandita lunga.
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CARMINA MEDICALIA
Viue precor foelix: melius si forte quid adsit, candidus imperti, lector amice: vale.
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[62] CASSERI(0) Giulio Cesare, allievo di Fabrizio d’Acquapendente e Girolamo Mercuriali (Piacenza 1552 ca.-Padova 8/3/1616): cf. AGL 1 c. 1731; BL 1, 849 s.; Poggiali 2, 91 ss. (dove è contenuto il capitolo Giulio Casserio e dove si parla, tra l’altro, anche dell’opera che ci accingiamo a esaminare: vd. infra); DBI 21, 453 ss., a cura di Augusto De Ferrari. 61, 1 Iulii Casserii Placentini, philosophi atque medici Patavii utranque medicinam exercentis, De vocis auditusque organis Historia anatomica, singulari fide, metho do ac industria concinnata, tractatibus duobus explicata ac variis iconibus aere excusis illustrata. Intus quod foris vides [queste ultime parole si riferiscono con ogni evidenza alle illustrazioni di scheletri sia umani che di animali che circondano, in un ovale, tutta la pagina del frontespizio]. Nel retto dell’ultima pagina dell’opera compare, al centro pagina, il colofone finale Ferrariae 1600, excudebat Victorius Baldinus typographus cameralis, Superiorum permissu, sumptibus Vnitorum, Pata vii. Un analogo colofone compare alla fine del Tractatus primus, ma con la data del 1601 Ferrariae, excudebat Victorius Baldinus typographus cameralis, Superiorum permissu 1601 [è la prima ediz.]. Per Poggiali 2, 96 s. l’anno di pubblicazione del l’opera è il 1601, come risulta dal colofone del primo trattato, mentre la data del 1600 del colofone finale “non è numero espresso dallo stampatore con caratteri mobili, ma è inciso in mezzo ad un ornato di legno, espressamente lavorato per tal effetto in esso anno 1600, in cui s’incominciò forse, ma certo non potè compirsi la stampa dell’opera”. [Stamp. Barb. M.X.56] [Tav. II]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [62, 1] Ad effigiem serenissimi Placentiae ac Parmae ducis Raynuti Far nesii508 epigramma l(ibenter) c(uravit), p(osuit) d(edicavitque) m(e rito) a(uspicatoque) 61, 1 508 Si tratta di Ranuccio I Farnese (m. 1646), duca di Parma e Piacenza, figlio di Alessan dro (m. 1577: vd. infra 62, 2, v. 6), cui l’opera è dedicata e di cui compare un ritratto, a piena pagina, circondato splendidamente da armi, fasci, strumenti musicali etc. e con la scritta ovale Ranutius Farnesius, Placentiae, Parmae dux IIII, S(anctae) R(omanae) E(cclesiae) vexil larius perpetuus. Sotto il ritratto è vergata la soscrizioneVigeant artes: pariat nivea placidae pacis lilia tellus: Farnesia Parma arceat hostes: stellae faveant pateatque polus. Per quanto concerne i versi in ebraico di 62, 15, Francesco Bianchi che ne offre di seguito una traduzione, rimarca che le lettere iniziali di ciascuno dei 14 versi formano l’acrostico ywly’ pysyntynw che nasconde il nome del medico e Giulio (Cesare) Casseri noto anche sotto il nome latinizzato Giulio Piasentino. Un dì furono creati la terra e pure i cieli (Gen 1,1). / Nel cuore delle proprie creature pose il grande potere / di investigare con ogni saggezza [Ecclesiaste 1,13] come una luce che si spande. / Un monumento e un nome (Is 56, 5) per il Signor medico: in uno il duplice. / Perfino l’intelletto in lui è simile a un torrente. / Le nubi si sono diradate, la sua luce rifulge nella città. / Si arma
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61, 1 – 62, 4
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[distici elegiaci] Augustam509 cernis, quam tu mirare carentem sensibus: haec diuos vicit imago duos Gradiuumque patrem Phoebumque in proelia traxit: ille suum numerat, dicit Apollo suum. Talia si eduntur, muta hac ab imagine quisnam fari vnquam poterit, qualia viua daret?
5
[62, 2]
Aliud ad eundem ducem [esametri dattilici] Frontem o oculos! Oculis ceu fonte gemello bacchantur poti castae virtutis amores: fronte velut campo grauitas tentoria fixit. O sacrum os, quo tamquam adyto responsa profatur, magnanimi Ducis incrementum Augustaque proles patris Alexandri Raynvtivs! Omnia quiuis miretur: nam horum quidquam haud imitabitur vllus.
5
* [62, 3] Poco dopo segue, a piena pagina, il ritratto di Casserio con la scrit ta ovale Iulius Casserius Placentinus, philosophus, medicus, anato micus, natus annos 39 e, sotto il ritratto, il verso Rimatur manus apta manum: mens, erue mentem [il verso si riferisce al fatto che il ritratto raffigura Casserio mentre, con due strumenti chirurgici, sta sezionando una mano]. A sinistra, nel verso della pagina precedente, compaiono i seguenti versi: [62, 4] Ad stemma excellentiss(imi) viri d(omini) Iulii Casserii Placentini, philosophi, medici et anatomici pereximii, Iacobi Nouelli Castro francensis510 di coraggio in ogni calamità che si verifichi. / Le sofferenze fa cessare, irrobustisce le ginocchia. / Va in cerca di chi ha ascoltato e il discorso ha nascosto. / Miele finissimo stillano le sue labbra. / La sua bontà in Padova (è) un balsamo, invero un rimedio. / Tiene in grande considerazione chi mette alla prova le sue parole, / chi porta un ornamento d’oro (2 Sam 1,2), d’onice e diaspro (Es 28,2) / e dall’alto della sua superiorità sia il preferito fra i suoi fratelli (Deut 33,24). 509 Sc. imaginem. 510 Iacobus Novellus (de Novello), giureconsulto di Castelfranco Veneto (sec. XVI): cf. AGL 3 c. 990.
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CARMINA MEDICALIA
[distici elegiaci]
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[62, 5] 62, 4
Nuncia fida Iovis caelo demissa sereno Casseriae exorna[n]t stemmata clara domus; serpentes, ceruos vincit vincitque dracones ales grata Deo: fulua corona tegit. Iulius huic similis (mirum!) Casserius extat, cuius scripta volant, ales vt ista volat511. Nomen Iuleum spargit vaga fama per vrbes Orbis: rite medens alter Apollo micat. Istius est aquilae veluti renouata iuuentus spectantis solem: sic noua semper erit. Huic solers oculorum acies est, mentis acumen, Daedalea et virtus ingeniumque sagax, extat cuius opus dignum quacunque corona, qualibet et laude, ut viuat in Orbe diu.
Ad eundem Gulielmus Veruuilth Belga [distici elegiaci]
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Alituum immortale decus, di[i]s aemulus ales, ipse sibi genitor, ipse sibi soboles dum bustum ac partum parat: obstetricibus herbis vndique congestis, extruit arte rogum sollicitans Phoebi radios, vt, funere facto, membra morituri512 sint rediuiua patris. Non aliter lutii513 phoenix Casserius Orbis, Farnesii exoptat solis habere focum; Farnesii, cui luce Deus, cui Belliger armis fauit et eloquio Pallas amica suo; Farnesii, quem diua Clio, quem Cynthius alte nascentem sacro lumine vidit ouans. Eia age: sollicitant vitam voxque auditusque514, quos miro ingenio pagina docta refert. Inspira viuacem auram: tunc illa loquetur, audiet hic, laudes dicet vterque tuas.
511 Sopra il ritratto di Casserio, infatti, campeggia al centro il suo stemma nobiliare raf figurante un’aquila con corona. Niente in Crollalanza. 512 Irregolarità prosodica dal momento che la seconda sillaba di morituri è in realtà bre ve, a meno che non si voglia pensare alla forma morior, moriri. 513 Refuso per lutei (sc. Orbis) (“mondo di fango”). 514 Verso spondiaco.
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62, 4 – 62, 7
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[62, 6] Ad eundem Iulius Signius515, i(uris) u(triusque) d(octor) [distici elegiaci] Exprimis humanae diuinitus organa vocis, pandis et auditus, Cassare docte, vias. Vna voce canunt omnes te voce canendum Pieria et vatis gutture Threicii.
* Seguono tre pagine (da b2r a b3r) con versi latini, greci ed ebraici: – pag. b2r: In exquisitissimi eruditissimiq(ue) primarii operis encomium duplex auctoris anagramma IVLIVS CASSERIVS SILES CARVS VIVIS? IS CLARVS ES VIVIS
[62, 7]
[distici elegiaci] Cum liber iste foras dubius prodiret, an atrae effugeret linguae dira venena virum, ecce repente timens, in limine restitat ipso, summissus retro vertit et ipse pedem. Suada516 «Liber peramate veni, mi» dixit «ocelle, in lucem audacter: me duce tutus eris. Siccine, CARE, SILES VIVIS? acroamate digna viuida sic numquam vox peritura silet? Est CLARVS VIVIS auctor, clarissima et eius vox est, quam Archilocus, liuor et ipse probat. Quidquid erit lepidi, docti, magis atque venusti cernetur studio deperiisse suo. Et medici et meliti517 vario certamine multos amplexus nec non oscula cara dabunt. Non oberit Momus nec mimus, Zoilus aut qui dente Theonino rodat et inuideat: inuidus exerta lingua tabescet edetque
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515 Vd.
supra 13, 2. dea della persuasione: cf. Ennio ann. 308 Vahlen. 517 Sic: sarà refuso per melici: cf. infra 62, 8 vv., 2, 5 e 21. 516 La
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vipereum virus, viscera corque suum». Sic mellita Dea hortatur Charitumque corolla comprobat, arridens iurat et ipsa Venus. «Quid metus vllus adest?» subiungit diuus Apollo «nempe mea effictum est hoc opus arte, manu».
20
Dans saecula diuus
[62, 8] Ad doctiss(imum) virum Iulium Casserium Placentinum, medicum et anatomicum, De voce et auditu facunde et erudite scribentem, foeliciter et auspicato edentem, applausus518 Erycius Puteanus519, apud Mediolanen(enses) eloquentiae professor regius 62, 7 [falecei] Casseri medica potens in arte, Casseri melica potens in arte, quantum vtraque fuit potens in arte ipse, quem medici suum parentem et suum melici vocant parentem, in aures tibi dico, in osque dico, palam, ipso in meditullio Lycaei, palam, ipso in meditullio theatri: «Vnus tu Pater oris avrivmqve per aures volitas et ora vulgi. Namque tu simul oris avrivmqve clusos hactenus et tenebricosos anfractus reseras sacrumque limen honoris reseras tibi tuisque. Sic audire iuuat iuuatque fari quam sumptu, studio, eruditione, et tibi bene consulas, tuisque quam sumptu, studio, elocutione, et saeclo bene consulas tibique, Casseri medica potens in arte Casseri melica potens in arte».
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518 Sc.
facit, oppure si può emendare applausus in applausit. van Put (Eerrik de Putte) (Erycius Puteanus) (Venlo 4/11/1574-Lovanio 17/9/1646), storico, filologo e poligrafo: cf. AGL 3 cc. 1814 ss.; BNB 18 cc. 329 ss.; Eckstein 449; Pökel 216. Questi versi compaiono in Erycii Puteani Musarum ferculum. Carmina eius selecta, Lovanii, typis Henrici Hastenii 1622, p. 35 con il titolo In Iulii Casserii De vocis audi tusque organis librum. 519 Hendrik
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62, 7 – 62, 10
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[62, 9] Ad eundem Hieronymi Carandini Mutinensis520, c(anonici) r(egu laris) L(ateranensis), epigramma [distici elegiaci] Humanos sensus homines haud nosse videbat, qui magnum Iuli nomen et omen habet. Tunc ait: «O iuuenes, opus aere perennius edam, quo facile hos sensus noscere quisque queat» cunctaque tum vocis, tum auditus dogmata nobis scripsit et haec mira continet arte liber. Illius hinc omnes resonant modo laude, per aures fertur is et volitat docta per ora virum. Quod si sufficerent linguae cecinisse loquendo, vertice siderei tangeret astra poli. Hunc ego mente colam, nequeo quem dicere versu: nam quem lingua silet, mens siluisse nequit.
5
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– pagina b2v: [62, 10] Ad eundem Prosperi de Gambaris cognomine Franciosini [distici elegiaci] Plurima, quae docuit Danaos Podalirius, heros Phyllirides, medicae quam tulit artis opem, transtulit Euganeos sua munera laetus Apollo ad colles, summis et dedit illa viris. Emicat, hos inter, ceu Lucifer ore sereno Casserius, cui se subiicit ipsa Salus. Tu potes (vt dicam) manes reuocare sepultos arte, manu morbos pellere quosque tua, vt iam Antenorea quisquis respirat in vrbe languida membra tuo numine sana putet. Scire potestates herbarum Phoebus alumnum te docuit, medicae qui fuit auctor opis. Ergo Placentini totum vulgata per Orbem Fama aures complet, complet et ora virum. Vox ipsa, auditus, summis quae laudibus ornas, par referunt: hic te percipit, illa canit.
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520 Girolamo
Carandini di Modena, canonico lateranense (1581-1641): cf. Tiraboschi 1,
398 s.
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CARMINA MEDICALIA
[62, 11] Ad eundem Martinus Sandellius Pat(avinus521), i(uris) u(triusque) d(octor) [distici elegiaci]
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[62, 12]
Iuli, dum loqueris, sitientibus auribus astat quilibet et docto pendet ab ore silens; at, dum Naturae reputas arcana magistrae atque siles, nullus fundit ab ore sonos. Ergo loquare diu: vel si te audire loquentem delectat, te vnum Fama loquatur anus.
Eiusdem [distici elegiaci] Vox tua tam clare resonat, doctissime Iuli, audiat vt longe quisque remotus agit. Si quis adest, cuius Batauas522 non mulceat aures, hunc vere surdum reddidit Inuidia.
[62, 13] Ad eundem Gulielmi Huysmanni Belgae Antuerpiensis523 epi gramma [distici elegiaci]
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Quis tibi pro docto persoluet digna labore praemia, quem vigilans nocte dieque subis? Non opis humanae, Casseri, plura mereris, quam nostra haec poterunt pendere saecla tibi. Posteritas te grata canet serique nepotes: addetur fastis nomen opusque tuum. Namque tibi doctas patefecit Cynthius aures, Pierides linguae plectra diserta mouent, dum prisco eloquio quae vis occulta loquelae quaeque sit auditus cum ratione doces:
521 Martino Sandelli, giureconsulto e abate patavino (morto di peste nel 1631): cf. Vedo va 2, 209 ss. 522 Batavus ha qui la penultima breve, come p.es. in Lucano 1, 431. Sull’espressione au rem habere Batavam, indicante rozzezza e ignoranza, cf. Marziale 6, 82, 5 s.; Otto 54; Tosi 192 n° 417. 523 Guillaume Huysman(s), nato intorno alla metà del sec. XVI a Lier (Lierre), nei pressi di Anversa, e morto in Italia nel 1613: cf. BNB 9 cc. 759 ss.; Eckstein 265.
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62, 11 – 62, 14
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internos aperis ductus reserasque meatus, per quos officium praestet vterque suum. Hinc tibi partus honos, hinc constans gloria surgit, gloria non vllo quae moritura die. Quare age grata nouo gratare, Placentia, alumno cum libro, cuius fama superstes erit.
[62, 14] Ad eundem Henrici ab Heer524 Belgae, Tungrii, philosophiae ac medicinae doctoris, Oda Horatiana [strofe alcaica] Apollo Iuli, Iuli an Apollinis? an hunc, an huius maxime te canam? Namque hoc Apollinem525 volumen prodit Apollineumue natum. 5 Ten’ os et aures non homini datis pinxisse pennis? non homini dato notasse visu? sane Apollo es mustus Apollineusue pullus. Fama est Prometheum pollice daedalo, 10 cum vile vita caenum animauerat ignemque fraude non maligna terrigenis dederat fruendum, sensisse Momi spicula, quod lutum cogens in artus corporeos, latus 15 aut vmbilicum non dedisset perspicuis patulum fenestris. Qui si putasset saecula Iulium seris daturum nostra nepotibus, qui non latus, non vmbilicum, 20 non hominis modo priua membra, omnes sed artus (et penitis latent videnda nulli si qua recessibus, posset tuenda lippienti vel lolium dare victitanti), 25 quid dicat illi quid faciat pater irrisionum, quem neque Iuppiter 524 Henri van Heer (Tongres 1570-Liegi 1636 ca.), medico famoso: cf. AGL 2 c. 1432; BNB 8, cc. 832 ss. 525 Irregolarità prosodica, dal momento che la quinta sillaba dell’enneasillabo alcaico in latino viene scandita sempre lunga, contrariamente all’uso greco, dove appare la doppia so luzione. Un caso analogo a v. 31.
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vi nec Venus forma nec armis Mars valuit rabidum quiere? Non clamet vnus Iulius (est meo 30 intactus ori): sic aliis dedit Casserus os videndum, vt vni clauserit os rabiemque Momo. Cassere, mactum te hoc animo, hac manu: sperare quiduis et iubeo et volo; 35 nam, cum furentis os Caninum exieris rabiemque Momi, faecunda quamuis saecula criminum calumniarum germina suscitent, tot quot, calente Syrio astro, 40 obstreperae526 cicalant cicadae, te nemo, te non ipsa Calumnia lacesset, vnus Iulius, vnicus calumnia Momoque maior Asclepio rutilabit axe 45 riualis omnis nescius, ipsemet Apollo terras si repetat, nouo Apollini se doctiori cum titulo tibi cedat artem totamque Daphnen. Macte animo, manu 50 hac macte, Iuli, praecipe, praecipe aeternitatem nesciamque liuidulis527 paruisse famam.
[62, 15] [versi con acrostico Giulio Piacentino: vd. supra nota 508] 62, 14
יום נבראו ארץ ונם שמים ובלב יצוריו שת נדול ממשלח לתור כבל חכמה כאור נאצלת יד שם לשר רופא בחוד כפלים וער חברנה בו כפלני מים פרשו ענן אורו כעיר נצהלת יאזור לכל מכה אשר נופלת יאמץ ברכים ַ צידים יבטל ידרוש בהו ששמע ודבור הפה נופת דבשה טופנה שפתותיו טובו בפארובא צרי נם מרפא
5
10
526 Hapax 527 Il
in Apuleio, florida 13, 2. termine compare solo in Giovenale 11, 110 e in Anth. Lat. 893, 91.
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62, 14 – 63
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ירום בכבוד רב בחן אמרותיו נושא ערי זהב ושהם ישפה ויהי רצוי אחיו ברום מעלותיו [62, 16]
[distici elegiaci]
Ζωίλε , αἰὲν ἐπ’ ἀλλοτρίοισι πόνοις ἀγανακτῶν, ὃς μέμψας τ’ ἄλλων ἀγλαὰ δῶρα χαρεῖς. Ὄμμασι λεῦσσε τεοῖς ἀχθησομένοις πᾶν528 Ἰούλου ἔργον λαμπροτάτου τοῦτο γε Θεσπέσιον. Καὶ φθονέειν παύου μετέπειτα μέν, ἠδέ κε δόξεις ἐν φρεσὶ ταῖς σῆσιν μηδὲν ὄμοιον ἔχειν. Ὄργανα τῆς ἀκοῆς καὶ [ut vid.] τῆς πολυδαίδαλα γλώττης, συνταχθέντα βίβλῳ κάλλιον οὖτις ἔδω529.
5
Ioan(nes) Hildebrandus Alemanus530
[62, 17]
Ascanius Persius531 [distici elegiaci]
Κάσσαρε, ἀνδρομέης ἀνατέμνων ὄργαν’ ὀπωπῆς, πρός σε μόνον πάντων ὄμματ’ ἐφελκύσαο. Κάσσαρε, ἀνδρομέης ἀνατέμνων ὄργαν’ ἀκουῆς, πᾶσιν ἐν ἀντομέων532, πᾶσιν ἄριστ’ [ut vid.] ἀκούεις533.
[63] CASTELLANUS (Duchâtel Pierre; van der Casteele Pieter), profes sore di greco e medico (Gerstberg 7/3/1585-Lovanio 23/2/1632): cf. AGL 1 c. 1743; BL 1, 851; BNB 26 cc. 249 ss.; Eckstein 83 s.; Pökel 43. Vitae illustrium medicorum, qui toto Orbe ad haec vsque tempora floruerunt, authore Petro Castellano, in Academiâ Lovaniensi Graecarum literarum professo 528 Ut
vid.: con valore avverbiale. “nessuno (riferito all’invidioso di v. 1) conosca (ἔδω = ἴδω, congiuntivo di εἶδον) gli organi dell’udito e della lingua molto raffinata (πολυδαίδαλα in luogo di πολυδαιδάλου per far tornare il metro) messi in maniera così bella nel tuo libro”. 530 Johann Hildebrand (Hiltbrand), medico di Ingolstadt, nato all’inizio del sec. XVII: cf. AGL 2 c. 1601. 531 Cf. supra 13, 7. 532 Sic: sta, per evidenti motivi metrici, per ἀνατέμνων. 533 Inammisibile metricamente: si potrebbe congetturare, per far tornare il metro, ἀκεεῖς in luogo di ἀκούεις. 529 Intendi:
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re, Antverpiae, apud Guilielmum a Tongris, sub signo Gryphi, 1617 [è la prima ediz.] 63 [R.G. Medic. V.345 (1)]
Alla fine dell’opera (p. [256]) compaiono i seguenti versi, che sembrano dell’autore, in onore di Francisco Paz (vd. infra), cui è dedicata l’epistola dedicatoria con cui si apre il volume: [63, 1] Operis conclusio ad excellentissimum virum Franciscum Paz534 [esametri dattilici] Tu mihi principium, tu finis, maxime Pazi, Pazi, Asclepiadum decus immortale virorum, quem primum aëreas teneris vagitibus auras rumpentem blando conspexit lumine Phoebus excepitque sinu propriasque fideliter artes, queis celeres in fata manus et stamina fuso deproperata leui ac saeuas remorêre Sorores, edocuit, Belgis placidus; queis vita salusque Principis incolumis lex est suprema salutis. Tu nostrae Phoebus patriae, sol aureus aeui tu nostri, quem spectat Iber, quem Belga tuetur: nam quoties languet Princeps, dignissimus annos viuere Nestoreos, atri caligine luctus circumfusa suos obducit Belgica vultus. Verum Paeonio teneros reuocatus in artus si vigor auxilio rediit, fugiente serescunt535 lumina tristitie: medica sic arte reductus Dianam Hippolytus specie laetauit amicâ.
5
10
15
Questi versi sono pubblicati in Petri Castellani, in Academia Lovaniensi Graecarum literarum professoris, Vitae veterum et illustrium medicorum, qui toto Orbe usque ad saeculum XIII floruerunt, lavoro che compare alle cc. 853-904 del Thesaurus Graecarum antiquitatum contextus et designa tus ab Iacobo Gronovio, Volumen decimum, uberem ingeniorum copiam et varias exercitiorum amoenitates recensens......, Venetiis, typis Io(annis) Baptistae Pasquali, 1735, Superiorum permissu.
534 Francisco
de Paz, medico del re di Spagna (m. 1640): cf. AGL3 5 c. 1764. latino classico il verbo, nel significato di “asciugarsi”, sembra essere attestato sol tanto in Lucrezio 1, 306. 535 In
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[64] CESALPINO Andrea, medico e botanico (Arezzo 1524 o 1525-Roma 15/3/1603): cf. AGL 1 cc. 1539 s.; BL 1, 866 ss.; DBI 24, 122 ss. a cura di Augusto De Ferrari. Κάτοπτρον siue Speculum artis medicae Hippocraticum, spectandos, digno scendos curandosque exhibens vniuersos, tum vniuersales tum particulares, totius corporis humani morbos: in quo multa visuntur, quae, a praeclarissimis quibusque medicis intacta, prorsus relicta erant arcana, auctore Andrea Caesalpino, medico Romano, antea quidem Romae excusum, nunc vere castigatius editum, Franco forti, typis Matthiae Beckeri, impensis Lazari Zetzneri bibliop(olae), anno 1605 [prima ediz. Roma 1601] [R.G. Medic. V.361]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [64, 1]
[distici elegiaci] annibal indomitas superauit ferreus Alpes, fecit et accessos536, inuia saxa, locos. Post caesas, quibus537 ars medica ante exhorruit, Alpes, Caesalpine, an non annibal alter eris? Idem Bruxius538
[65] CHAMPIER Symphorien (Symphorianus Campegius), medico (Saint-Symphorien-sur-Coise 1472 ca.-Lione 1540 ca.): cf. AGL 1 cc. 1606 s.; BL 1, 879 s.; DBF 8 c. 325; M.P. Allut, Étude biographique et bibliogra phique sur Symphorien Champier...., Lyon 1859, in particolare pp. 167 ss. n° XII. Rosa Gallica aggregatoris Lugdunensis domini Symphoriani Champerii, omni bus sanitatem affectantibus vtilis et necessaria, quae in se continet praecepta, auc toritates atque sententias memoratu dignas, ex Hippocratis, Galeni, Erasistrati, Asclepiadis, Diascoridis, Rasis, Haliabatis, Isaac, Auicennae multorumque aliorum clarorum virorum libris in vnum collectas, quae ad medicam artem rectamque vi uendi formam plurimum conducunt; vna cum sua pretiosa margarita De medici atque aegri officio, venundatur ab Iodoco Badio [vd. infra] (colofone finale (f. CXXXVIr) Emissum hoc opus iterum ex officina Ascensiana anno Domini 1518 ad Calendas Nouembres) [prima ediz. Nancy 1512] [R.G. Medic. V.1401] 536 Sic:
significherà “accessibili”. il gioco di parole che fa derivare il nome dell’autore da caesas….Alpes (con il ricordo di Annibale). 538 Adam Bruglius (Bruxius), medico slesiano (prima metà del sec. XVII): cf. AGL2 1 c. 2320. 537 Evidente
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CARMINA MEDICALIA
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [65, 1]
Ascensius539 lectori s(alutem) [distici elegiaci] Quae fragrat haec digitis Rosa Gallica lecta disertis, longe est Paestanis anteferenda iugis. Vix paradisiacis talem decerpseris aruis, quae ferat in morbos quoslibet antidotum. Hanc legat ante cibum quisquis vult sanus haberi postque cibum qui sit iugiter incolumis. At qui ferre cupit miseris releuamina540 lapsis, margaris est illi consocianda rosae.
5
* * * [66] Practica noua in medicina aggregatoris Lugdunensis domini Simphoriani Champerii de omnibus morborum generibus ex traditionibus Grecorum, Latino rum, Arabum, Penorum ac recentium autorum aurei libri quinque. Item eiusdem aggregatoris Liber vnus de omnibus febrium generibus (colofone finale (f. CLIIr) Impressum Lugduni per honestum virum Iohannem Marion. anno Domini 1517 die 19 Martii) [è la prima ediz.] Cf. Allut, op. cit., 198 s. n° XXIV [R.G. Medic. V.194]
All’inizio dell’opera (ff. IIr-IIv) compaiono i seguenti versi: [66, 1] In laudem aggregatoris Lugdunen(sis), operis vtilissimi collecti a Simphoriano Champerio, illustrissimi Antonii ducis Lothoringie ac Barri541 primario medico, Philesii Vogesigene542 [distici elegiaci] Diuersi infestant mortalia corpora morbi: 539 Iodocus Badius Ascensius (Josse Bade van Assche) (Assche, Bruxelles 1462-Parigi 1534 o 1535), erudito e stampatore: cf. AGL 1 c. 703; Eckstein 22; Pökel 10 s.; BNB 1 cc. 610 ss., dove si dice che a lui, oltre alle opere sicuramente sue, sono attribuiti tra l’altro anche Epigrammata plura lib. I e subito dopo (c. 612) si afferma: «Nous croyons cependant que ces derniers écrits appartiennent aux préfaces, commentaires et épîtres dédicatoires dont Badius enrichit les nombreuses publications sorties de ses presses [infatti quest’opera di Champier è edita da Badius], .......Sa prose comme ses vers se distinguent par un goût épuré, une con naissance approfondie des classiques et une grande élévation de pensée». 540 In latino classico il termine è attestato unicamente in Prisciano, perieg. 440. 541 Bar-le-Duc. 542 O di Voisey o della zona dei Vosgi.
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hinc eadem variis sunt medicanda modis. Mille mali species medicamina mille requirunt nec prosunt vno pharmaca facta modo. Vnde extant variis tot scripta volumina linguis, artis Apollinee quae documenta tenent, q(uo)d543 prompto nequeat numero comprendere quisq(ue) innumerabilium nomina sola virum. Scripsit enim Latiae gens Attica mixta cateruae et Peni ac Arabes, denique turba recens: olim terrigenis celo turbare Tonantem aggressis Ossam Pelius ipse tulit. Portentosa quidem moles se attollere in altum ac admiranda est surgere visa strues. Sed labor omnis erat (si vera est fabula) cassus, tanti conatus proque fuere nihil. Nam iuga mille licet superaddita montibus essent, celica non tetigit vertice regna strues. Crediderim facile sua vota implesse gygantes, sciuissent tantos si superesse libros. Ad quos voluendos hominis non sufficit aetas, aetas vel Pylio non minus ampla sene, acer Alexandri vt Bucephalus ac Apulei terga asinus solo codice pressa trahant. Et quia tam immensam labor est euoluere siluam, nequeat in prompto quisquis habere libros. Hinc studiosorum collegit captus amore nobile Champerius Simphorianus opus, Champerius Gallo passim celebratus in Orbe, cuius et externis laus bene nota plagis, nocturnae faciens dispendia multa lucernae nec modico euoluens mille labore libros. Et quibus egregiam comportans esse epitomen544, descripsit triplici queque notanda modo sensa Latinorum et Grecorum prima videntur: Penorum ac Arabum hinc vltima turba recens. Ipse gregatorem545 Lugdunensem vocitauit indendum patria nomen ab vrbe trahens. Sese etenim tanto Lugdunum iactat alumno, urbs vetus antiqua nobilitate nitens, quem clarus princeps Lothoringae Antonius ore
5
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543 Ut
vid.: “dal momento che”. prosodica, dal momento che la parola è qui scandita con la penultima sillaba lunga, mentre essa è normalmente breve. 545 Termine non attestato nel latino classico e medioevale. 544 Irregolarità
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CARMINA MEDICALIA
asciuit medicum constituitque suum, ut mens in sano maneat sibi corpore sana postque iuuentutem laeta senecta bonam. Champerio meritas debet persoluere grates omnis Phebei docta caterua chori et crebris summum precibus pulsare Tonantem: Nestores illi det546 superare dies, augeat vt studiis vastum melioribus Orbem: haec etenim in votis est pia cura suis.
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50
Vale
[67] CHIOCCO Andrea (Verona 1562-ivi 3/4/1624): cf. BL 2, 16; DBI 25, 11 s. a cura di Carlo Colombero. 66, 1 Quaestionum philosophicarum et medicarum libri tres, excellentiss(imorum) atque sapien(tissimorum) philos(ophorum) et med(icorum) Veronensium Collegio dicati, auctore Andrea Chiocco, philosopho ac medico Veronensi, Veronae, apud Hieronymum discipulum, 1593 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.689]
Al’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: Titi Prosperi Martinengii547, monachi Casinatis, viri vndequaque doc tissimi et Graecarum litterarum cognitione celeberrimi, de opere ipso epi grammata [67, 1]
[distici elegiaci]
Ἀνδρείου μελέτημα τόδ’ ἔπλετ’ ἀκέστορος ἄκρου φιλοσόφου548 τ’ ἀγαθοῦ· ἀμφότερον γὰρ ἔφυ. Οἷα τε φιλόσοφος ψυχῶν μακὰ549 πήματ’ ἀπείργει, ὡς δ’ Ἀσκληπιάδης κηρὰς ἐλᾷ μελέων.
[67, 2]
Ἄλλο εἰς τὸν αυτὸν [distici elegiaci]
546 Sc.
Tonans. supra 19, 5. 548 La prima sillaba della parola, di regola breve, viene qui allungata per esigenze proso diche (come anche a v. 3), come avviene talora anche in latino: vd. infra nota 2147. 549 Sic: sarà refuso per κακά. 547 Cf.
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66, 1 – 68
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Ἀνδρείας ὁ Χίοκκος ἀκεστορίης ὑποφήτης, πολλὰ μὲν Ἰπποκράτους, πολλὰ δ’ Ἀριστοτέλους συγγραφέων, τ’ ἄλλων ζητήματα λῦσε παλαίων τῇδ’ ἱερῇ βίβλῳ καὶ τάδ’ ἔθηκε σαφῆ. Ὡς ὁπότ’ ἀνθέλλει550 Φαέθον551 φαιδρωπὸς ἂν αἶαν γυητὸς552, ἀϊστοῦται τὸ σκότος ἠερόεν. Τοίγαρ πᾶς λόγιος τῷδ’ ἀνέρι πολλὸν ὀφείλει [ut vid.] πουλυμαθεῖ, γρίφους [ut vid.] ὅστις ἔφρασσε τόσους.
5
[68]
CHIRURGIA
Chirurgia. De chirurgia scriptores optimi quique veteres et recentiores, plerique in Germania antehac non editi, nunc primum in unum coniuncti volumen: singuli, qui hoc volumine continentur authores, cum suis scriptis sequente mox pagina enumerantur����������������������������������������������������������������������� , cum������������������������������������������������������������������ ��������������������������������������������������������������������� gratia����������������������������������������������������������� ����������������������������������������������������������������� et�������������������������������������������������������� ���������������������������������������������������������� priuilegio��������������������������������������������� ������������������������������������������������������� s������������������������������������������� �������������������������������������������� (������������������������������������������ acrae������������������������������������� ) ����������������������������������� Caesareae�������������������������� Maiestatis��������������� ������������������������� et������������ �������������� regis������ ����������� Roma ����� norum, Tiguri, per Andream Gessnerum et Iacobum Gessnerum fratres, mense Martio anno Salutis humanae 1555 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.53]
Nel verso del frontespizio sono elencate (come specificato nel titolo dell’opera) i lavori contenuti nel volume: Chirurgia — Iohannis Tagaultii553 Ambiani Vimaci, Parisiensis, medici excellentissimi, De chirurgica institutione libri quinque, quibus totum Guidonis Cauliaci554 chirurgicum volumen continetur, sed multo copiosius et pro barbaro obscuroque iam Latinum elegans expeditum [prima ediz. Parigi 1543] — Iacobi Hollerii555 Stempani, medici Parisiensis praestantissimi, De materia chirurgica liber [prima ediz. Parigi 1544] — Mariani Sancti Barolitani556 Itali, artium et medicinae doctoris et chirurgi nostro tempore in Italia celeberrimi,
sarà refuso per ἀντέλλει. sarà refuso per Φαέθων. 552 Sic: sarà forse refuso per γλῆνος. 553 Jean Tagau(l)t, medico (Vimeux-Parigi 28/4/1546): cf. AGL 4 cc. 984 s.; BL 5, 507; Michaud 40, 569. 554 Guy de C(h)aul(i)ac (morto prima del 1370), medico di Clemente VI e Urbano V: cf. AGL 1 c. 1784; BL 1, 894 s.; DBF 8 c. 845. La sua Chirurgia magna fu edita per la prima volta nel 1499. 555 Vd. infra n° 127. 556 Mariano Santo (Marianus Sanctus Barolitanus) (Barletta 1488-1577): cf. AGL 4 c. 112; BL 4, 81 s. 550 Sic: 551 Sic:
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CARMINA MEDICALIA
— Compendium chirurgiae [prima ediz. Roma 1516] — Tractatus de capitis laesionibus a chirurgo curandis — Libellus de calculo renum et vesicae eiusque causis, signis et curatione [prima ediz. Venezia 1534]
— Libellus aureus De lapide vesicae per incisionem extrahendo [prima ediz. Roma 1522] — Libellus de modo examinandi medicos chirurgicos — Angeli Bolognini557, professoris in Academia Bononiensi, — De cura vlcerum exteriorum libri II [prima ediz. Venezia 1506] — Liber de vnguentis, quae communis chirurgorum vsus in solutae continuitatis medela recepit [prima ediz. Bologna 1514] — Michaelis Angeli Blondi Itali558, — Liber de partibus ictu sectis citissime sanandis et medicamento aquae nuper inuento — De origine morbi Gallici deque ligni Indici ancipiti proprietate, aduersus plu rimorum opinionem [prima ediz. delle due opere pubblicate insieme Vene zia 1542] — Bartolomaei Maggii559 Bononiensis, chirurgi peritissimi, De vulnerum sclo petorum et bombardarum curatione tractatus [prima ediz. Bologna 1552] — Alfonsi Ferrii560 Neapolitani, medici nostro saeculo clarissimi, — De sclopetorum siue archibusorum vulneribus libri III [prima ediz. Roma 1552] — Corollarium de sclopeti ac similium tormentorum puluere [prima ediz. Roma 1552] — De caruncula siue callo, quae ceruici uesicae innascuntur, opusculum chirur gis omnibus imprimis vtile [prima ediz. Roma 1552] 68 557 Angelo Bolognini (n. Pieve di Sacco, secc. XV-XVI): cf. AGL 1 c. 1208; Mazzuchelli 2, 3, 1493 s.; Mazzetti 61; Vedova 1, 121 s., BL 1, 615; DBI 11, 331 s. a cura di Giorgio Stabile. 558 Michelangelo Biondo (Venezia 25/9/1500-ivi dopo il 1565): cf. AGL 1 c. 1139; Mazzu chelli 2, 2, 1250 ss.; BL 1, 546; DBI 10, 560 ss. a cura di Giorgio Stabile. 559 Bartolomeo Maggi (Bologna, agosto 1516-ivi 26/3 o 7/4/1552): cf. AGL 3 c. 34; BL 4, 29 s. 560 Alfonso Ferri (Ferro) (Ferrius, Ferrus) (Napoli inizio sec. XVI-1595): cf. AGL 2 c. 586; BL 2, 509; DBI 47, 111 ss. a cura di Antonella Pagano.
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68 – 68, 1
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— Io(hannis) Langii561 Lembergii, illustriss(imorum) principum Palatinorum Rheni etc. medici doctissimi, Themata chirurgica XI [è la prima ediz.] — Cl(audii) Galeni De fasciis liber, Vido Vidio562 Florentino interprete [prima ediz. Parigi 1544] — Oribasii, De laqueis liber ex Heracle, eodem interprete [prima ediz. Parigi 1544] — Eiusdem ex Heliodoro, De machinamentis liber, eodem interprete [prima ediz. Parigi 1544] — Iacobi Dondi563, Patauini medici praeclari, quem Aggregatorem cognomi nant, Enumeratio remediorum simplicium et compositorum ad affectus fere omnes, qui a chirurgo curantur [ed. princeps Strasburgo 1470 ca., poi Venezia 1481] — Examen leprosorum authoris innominati [è la prima ediz.] — Conradi Gesneri564, Obseruationes de medicinae chirurgicae praestantia et an tiquitate — Eiusdem, Enumeratio alphabetica virorum illustrium, qui rem chirurgicam vel scriptis vel artis usu excoluerunt
All’inizio del volume compaiono i seguenti versi: [68, 1] Petri Cruselii medici in operis huius commendationem hendeca syllabum [falecei] Ars chirurga diu malis magistris, Lanfranco565, Albucasi566, Guidone567, Bruno568,
561 Johannes
Lange: vd. infra n° 138. Guidi (Vidus Vidius), medico di Francesco I di Francia (Firenze 10/2/1509-Pisa 26/5/1569): cf. AGL 4 c. 1587; BL 2, 902; DBI 61, 252 ss. a cura di Cesare Preti. 563 Iacopo Dondi dall’Orologio, medico, alchimista e astrologo (1293 ca.-Padova 29/4 o 26/5/1359): cf. AGL 2 c. 185; BL 2, 294; DBI 41, 104 ss. a cura di Tiziana Pesenti. Il riferimen to è alla sua famosa opera Aggregator medicamentorum. 564 Konrad von Ges(s)ner, medico, naturalista, filologo (Zurigo 26/3/1516-ivi 13/12/1565, di peste): cf. AGL 2 cc. 968 ss.; BL 2, 731 ss.; ADB 9, 107 ss.; H-BLS 3, 498 s.; Eckstein 190 s.; Pökel 93. 565 Lanfranco de Mediolano, medico milanese (fine sec. XIII): cf. AGL 2 c. 2243; BL 3, 663. Ma potrebbe anche trattarsi di Lanfranco da Pavia (m. 24/5/1089): cf. BL 3, 663. 566 Abû l-Qâ’sim az-Zahrâwí, medico arabo (m. dopo il 1010): cf. AGL 1 c. 222; BL 1, 172 s. 567 Guy de Chauliac: vd. supra nota 554. 568 Bruno di Longobucco (sec. XIII): cf. BL 1, 738 s. 562 Guido
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CARMINA MEDICALIA
Rolando569, Rogero570 Vigonioque571, indignam male passa seruitutem caecis delituit gemens tenebris, olim iam medicas duas sorores emersisse uidens: gradu citato ad claros studiis uiros et usu illustres medico Lutetianos572 tendit, suppetias petens opemque. Cunctantur reliqui: Tagaultus unus, afflictae573 lachrymas dolens uicemque et sordes habitumque non herilem, ornatu decorat nouo, reducens densis e tenebris, ut aemulari germanas merito queat sorores. Sic putres Arabum lacus repurgat. Nam quod Cous habet senex, quod ipse huc spectans tot habet libris Galenus, hîc totum poteris uidere, lector, descriptum methodo breui. Proinde, summo (iudice me) est honore dignus vindex Paeoniae Tagaultus artis: quo Chirurgia tam bono magistro et doctore tibi expolita prodit.
* All’inizio del Compendium chirurgiae di Mariano Santo Barolitano compaiono (f. 148v) i seguenti versi: 68, 1 [68, 2]
Aurelius Serenus Monopolitanus574 [distici elegiaci] Apulia ô foelix, Barolum cui praesidet ingens, Cannarum oppidulo nobilitata quidem; at nunc nobilior, doctum quia duxit alumnum
569 Rolando da Parma, detto de’ Capezzuti (prima metà del sec. XIII): cf. AGL 3 c. 2189; BL 4, 860. 570 Rogerus di Salerno (prima metà del sec. XII): cf. AGL 3 c. 2181; BL 4, 852 s. 571 Giovanni da Vigo (m. dopo il 1517): cf. AGL 4 c. 1604; BL 5, 758. 572 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola è normalmente lunga. 573 Sc. artis chirurgicae. 574 Aurelio Sereno di Monopoli: cf. Minieri Riccio1 326 s.; Soria 2, 668.
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68, 1 – 68, 4
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hunc, qui chirurgis edidit ipse librum, qui uult, inuigilans magni praecepta Galeni, aegrotis tantum praecipere ille cupit. Sed dicas ferro medicari uulnera: plus est, ut non iussa satis sit dare, sed facere.
5
[68, 3]
Ioannis Mariae Tholentinatis carmen ad lectorem [falecei]
5
10
ac
20
[68, 4]
Non Martis furias, dolos, rapinas, fulmen sulfureo minans boatu, caedes, exuuias, ducum nec enses, non hîc Nerea turbidumque pontum, Syrtes, fulgura, turbines, procellas, aut fabri575 uetitos uiris uolatus, non risus Veneris, sales amantum, nec fictos geminos deos amorum, nec quicquid simulant sacri poëtae: sed Phoebi documen576, malis medelas, curas ulceribus satis salubres, fractis ossibus omnibusque neruis necnon uulneribus modum medendi 15 cruris, pectoris, aurium, cerebri herbas, oleum, sacros liquores, flores, balsama, pulueres potentes et quicquid docuit prius uetustos diuus Phoebigena: euocat dum Auerno conuictus prece Virbium Dianae, hîc scribit Marianus urbe577 notus.
Eiusdem distichon [distico elegiaco] Plectra canant alii Phoebi currusque, sagittas: iussa salutifera at tu, Mariane, dei.
* 575 Allusione
al volo di Icaro? è attestato solo in Lucrezio 6, 392, mentre docimen compare in Terenziano Mauro, de metris 1932 (GLK 6, 383). 577 Sic: sarà refuso per Orbe. 576 Documen
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CARMINA MEDICALIA
Alla fine del medesimo Compendium chirurgiae compaiono alcuni versi (pp. 170v): [68, 5]
Io(annis) Al(exandri) Vopisci distichon [distico elegiaco] Hic ossa, hic caput, hic reparantur uulnera: credas obuersum Marti munus Apollineum.
[68, 6]
Abstemius Firmamus578 ad librum [distici elegiaci]
5
10
Ire quid expectas in lucem, docte libelle? ad tua quot clamant limina nonne uides? Dicere quae solitum dubitas ignobile uulgus? et celeris cursus crimina ferre times? Dum placeas doctis (multosque uocabis ab Orco) ac doceas multos, nil tibi uulgus obest. Non celer est cursus, quando mora damna minatur; non iter est subitum, quum nocitura quies: aspicias quotiens primum curabile uulnus dilatum subitam contribuisse necem? Quare frange moram, sanis aegrisque salutem affer et ad multos tardius ire caue.
* All’inizio del trattato De capitis laesionibus (sempre di Mariano Santo Barolitano) compaiono alcuni versi (pp. 170v-171r): [68, 7] In tractatum de capitis laesionibus Franciscus Palmerius Sabinus ad librum [distici elegiaci] Quid dubitas culte in uulgus prodire libelle 578 Sic: refuso per Firmanus: vd. infra 68, 8. Lorenzo Bevilacqua (Laurentius Abstemius), bibliotecario del duca di Urbino (Macerata Feltria 1435/1440-dopo il 1505): cf. AGL 1 c. 42; Mazzuchelli 1, 2, 1181 s.; DBI 4, 460 s. a cura di Claudio Mutini; Frati 1; Parenti 11; Vecchiet ti 1, 233 ss.
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68, 5 – 68, 9
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tutaque iam tumido credere uela freto? Auspiciis Marii totum decurre per Orbem: tam celeri cunctis uindice tutus eris. Hic est cui dederant579 (reliquis quod fata negarunt) omnia nosse animo cunctaque posse manu. Author, materies, uindex, te coget amari: en propera in uulgus tendere, culte liber.
5
[68, 8]
Abstemius Firmanus580 [distici elegiaci] I, liber, in populum: si quis te lumine cernat liuidus aduerso, dic: «Meliora leges!». Cum, liber, in populo fueris dictisque malignus non parcat, dicas: «Non meliora facis!». Cum, liber, e populo abscedes laribusque receptus deficiet subito quicquid obesse potest, carus eris cunctis, aliis multumque salubris blandiciasque ferent, qui maledicta dabant. Nam mala dum corpus morbi contagia laedent, protinus obstabis auxiliumque feres.
5
10
* All’inizio del libellus De calculo renum et vesicae (sempre di Mariano Santo Barolitano) compaiono alcuni versi (p. 176v): [68, 9]
Marcellus Palingenius581 Stellatus ad lectorem [distici elegiaci] Paeonio tu quisquis eges medicamine et optas vesicae et renum calculus exiliat, ecce liber, liber ecce tibi, qui proderit, et te (haud mora!) laetitiae restituet solitae. Non opus est Delphos Epidauriaue arua requiras, ut, quo torqueris, decutias lapidem. Appulus hoc Marianus aget, qui condidit istum
5
579 Sc.
fata. supra 68, 6. 581 Pietro Antonio Manzoli (Marcello Palingeni Stellati o M. Palingenio Stellato), medico e poeta (m. 1543 ca.): cf. AGL 3 c. 1194. 580 Vd.
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10
15
[68, 10] 68, 9
CARMINA MEDICALIA
quem spectas librum, consulat ut miseris. Nempe bonus, nempe est haud paruo dignus honore, qui studet ut miseris afferat auxilium. Non solum nobis, aliis quoque nascimur: illum fama canet, multis commoda qui tribuet. Ergo hic iure liber uitam laudemque meretur, cuius tanta palam cernitur utilitas; quam prudens lector mercare et perlege: habebis ingentes paruo diuitias pretio.
Ad lectorem [distici elegiaci] Pagina quid sapiat breuis haec si forte requiris, versibus en geminis, lector amice, damus: vesicam renesque grauis cui calculus intra est, ne pereat, nostrae sentiet artis opem.
* All’inizio del De partibus ictu sectis.... di Michelangelo Biondo compa iono i seguenti versi: [68, 11] Michael Angelus Blondus, De partibus ictu sectis citissime sa nandis et medicamento aquae nuper inuento. Idem, in plurimorum opinionem, De origine morbi Gallici deque ligni Indici ancipiti pro prietate Michael Angelus Blondus ad Painum [distici elegiaci]
5
10
Si me damnaret prudens censura uirorum, carperet aut studium lingua perita meum, vel si Pieridum quisquam morderet alumnus, laederet aut Musam, docte Paine, meam, non ego mirarer nec me breuis ira moueret, ne quererer nasum rhinocerontis habens; sed quia me quidam lacerat, cui frigida Tempe uix patuit Pindo dum fluit amne celer, et uix Cecropiae conspexit tecta Mineruae, labraque Parnassi uix sua lauit aquis, cogor in inuitam subito prorumpere mentem, inter olorinas dum strepit anser aues.
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68, 9 – 69, 2
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[69] CLAUDINI Giulio Cesare (Bologna 1550 o 1553-ivi 2/2/1618): cf. AGL 1 cc. 1940 s.; Mazzetti 96 nr. 877; BL 2, 43; DBI 26, 157 s. a cura di Concetta Bianca. Iulii Cesaris Claudini, medici et philosophi Bononiensis ac in patrio Gymnasio olim professoris ordinarii, De ingressu ad infirmos libri duo, in quibus medici om nis, ex tempore medicinam facturi, munus, siue per se curet, siue cum aliis de curando consultet, accuratissime, tanquam in tabula, delineatum continetur, cum appendice de remediis generosioribus et quaestione philosophico-medica de sede principum facultatum. Quibus adiectus est coronidis loco de catarrho necnon de crisibus et diebus criticis eiusdem auctoris Tractatus, Venetiis, apud Bertanos 1663, Superiorum permissu et privilegiis [prima ediz. Bologna 1612] [R.G. Medic. IV.395]
Dopo la conclusione del De sede facultatum principum compaiono (p. 226) i seguenti versi: [69, 1]
In quaestionem de sede facultatum principum
[secondo epodo dattilico-giambico = esametro dattilico + trimetro giambico]
5
Certare incertam multos rem vidimus istam, quo principes sedeant facultates loco. Hinc Arabes, illinc omnes intendere Gra[ti]i, in rem suam vertentes litem quilibet. Claudinus scripto litem dissoluit in isto, ut, contra si quis sentiat, nil sentiat. Nam scripta hoc tanto superantur caetera, quanto alias facultates exuperant principes. Facieb(at) Quirinus Cnoglervs582 Austrius, phil(osophus) et medicus
[69, 2]
Aliud [distico elegiaco] Quam princeps animae virtus sibi vendicet aulam corpore, Claudini perlege (pandit) opus. Galeacius Zaualius
582 Quirinus Cnogler (Cnoglerus, Knoglerus), teologo cattolico di Vilnius (sec. XVII): cf. AGL 1 cc. 1977 s.
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CARMINA MEDICALIA
[70] CODRONCHI Giovan Battista (Imola 27/8/1547-ivi 21/2/1628): cf. BL 2, 62 s.; DBI 26, 604 s. a cura di Carlo Colombero. Baptistae Codronchi, philosophi ac medici Imolensis, De rabie, hydrophobia communiter dicta, libri duo; De sale absynthii libellus; De iis, qui aqua immergun tur, opusculum et De elleboro commentarius, Francofurti, typis Matthiae Beckeri, impensis haeredum Nicolai Bassaei, 1610 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.23]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [70, 1]
Hendecasyllabum Pauli Matii583 [falecei] Dum ver purpureas rosas calorque maturas segetes, grauis rubentes vuas, frigidus et niues rigentes annus perpetuo dabit recurrens, semper proferet elegantiores felix Imola, qui colant Camoenas Musarumque choros et antra Phoebi. Codrunchum dedit haec, scientiarum, ante omnes medicae584 decus supremum, cuius sint lepidi, noui libelli vel cedro bene olente collinendi, seruandi tenera vel in cupressu, vt praesens manibusque eos futura aetas conterat vsque et vsque viuant.
5
10
[70, 2]
Ioannis Dominici Lappii carmen [distici elegiaci] Baptista, et medicus, natusque lauare leuare, quod mala cuncta lauat, quod mala cuncta leuat, numne cani lotor debet, dicine leuator? namque lauare potest, namque leuare potest. Si lotor tantum, poterit cessare leuare; sique leuator erit, rite lauare volet? Absit, vt alterutrum dimittat: vtrumque necesse, si lauat atque leuat, (quid dubi?) vtrumque siet.
5
583 Vd. 584 Sc.
supra 10, 3. artis.
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Ecce ipsum et lauat atque leuat Gymnasius585, almae gloria Flamminiae586, gloria et Ausoniae, dum splendore notas Momi lauat, ore leuatque quas vel nunc luctas liuida turba parat. Iam non lotor erit recte recteque leuator, si vna lotus erit sique leuatus erit? Nostratem ô celsum montes vel gentibus vltra excusum pulchris non sine laude typis: purpureum587 Alcidem fulturum protinus Orbem rursum, qui nobis rursus Alexicacos! Imola clara, illum celebra; hunc venerare decenter; suspice, Roma, illum: subiice te huicque lubens.
[70, 3] Ad Baptistam Codronchum, medicum et philosophum praestan tissimum [distici elegiaci] Gymnasius meritis heros et murice clarus te fouet: hinc melius non licet expetere. Inclyte Codronchi, externus tua cudit et Orbis scripta typis: melius nec licet expetere.
[70, 4]
De Imola urbe clarissima [distici elegiaci] Quae praeclara tulit consultos iuris, alumnos Palladis vrbs miros, Martis et Aonidum, Baptistam celebret Codronchum, numinis instar, qui morbis homines vindicat innumeris. Iulius Signius588
[71] Collectanea de diuturna graviditate: seriem tractatum versa pagina exhibet, Amstelodami, apud Petrum van den Berge, in fossa de Heeregracht, sub signo Montis Parnassi, anno 1662 [R.G. Medic. VI.37 (1)] 585 Domenico Ginnasi(o) (Castel Bolognese 1550-Roma 12/3/1639), creato cardinale (vd. infra 70, 3, 1 Gymnasius....murice clarus) da Clemente VIII nel 1604: cf. AGL 2 cc. 1293 ss.; Cardella 6, 88 ss.; DBI 55, 23 ss. a cura di Giampiero Brunelli; P. Grandi, Il cardinale Dome nico Ginnasi, Faenza 1997. 586 Sc. la Romagna. 587 Intendi: “splendente”. 588 Vd. supra 13, 2.
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Delle diverse opere contenute nel tomo, cito soltanto la prima, che è l’unica a essere preceduta da versi (pp. 7-10). Essa suona: Portentosum lithopaedion, sive embryum petrefactum urbis Senonensis, adiecta levi et succincta exercitatione eaque Academica de huius indurationis causis na turalibus, a Ioan(ne) Albosio Haeduo589, apud Senonas medico, cui accessit Simonis Provancherii590, medici Senonensis, de eadem re opinio, Amstela edami, apud Petrum van den Berge, 1622 [prima ediz. Sens 1582]. Per la problematica trattata si veda il titolo riportato a p. 11: Enarratio τοῦ λιθοπαιδίου, sive embryi cuiusdam longa temporis mora in matris utero in saxeam duritiem concreti, quod ex gestantis cadavere extractum est, in vetu sto Gallorum Senonum oppido 16 Maii anno 1582. L’opera, come ho detto, è preceduta dai versi seguenti: [71, 1 = 115, 6] In iconem lithopaedii ἑξάστιχον Ioan(nnis) Albosii [distici elegiaci] Finxit Deucalion, saxis post terga repulsis, ex duro nostrum marmore molle genus. Qui sit ut infantis, mutata sorte, tenellum nunc corpus saxis proxima membra gerat? Flectebat priscos divina potentia mores: nullo hodie flectas saxea colla iugo.
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[71, 2] Iocus puerilis Petri Albosii591 impubis ad patrem observantissimum Ioan(nem) Albosium de eius lithopaedio [distici elegiaci] Quae nova progenies ista est? Irane deorum nata mihi soror est gnataque nata tibi? Non agnosco tuos in duro marmore vultus: namque pium, tenerum molleque pectus habes. Degener huicque animus nulla pietate parentem respicit aut fratri est blandior illa suo.
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589 Jean
d’Aillebou(s)t (Albosius), di Autun, medico a Sens (sec. XVI): cf. AGL 1 c. 220; BL 1, 53; DBF 1 c. 934. 590 Siméon de Provanchères, medico (Langres 1540 ca.-Parigi, luglio 1617): cf. AGL 3 c. 1793; BL 4, 681; Michaud 34, 423. 591 L’autore del carme è Pietro, figlio di Giovanni e che ha lo stesso nome del nonno, Pierre d’Aillebou(s)t (Autun, fine del sec. XV-1531): cf. DBF 1 c. 936.
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Attamen arte tua, quae virgo sepulta iaceret, vivit et est h[a]eres nominis usque tui. Isti ergo invideo sortem, nisi saxea moles et cedat fratri, cedat et illa patri.
[71, 3] De lithopaedio Senonensi, in Zoilum sui partus Caesarei calumnia torem, Franciscus Roussetus592 medicus ad Ioan(nem) Albosium, medicum amicissimum [distici elegiaci]
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Haec lapidosa caro (cum tempestiva sub auras vitales primam vellet inire viam, insonti fertur spirans Lucina noverca praeclusisse viae parturientis iter): sic frustra eluctans, diviso ventre parentis, matre tamen poterat sospite salva trahi. Terruit exempli novitas suspecta recluso sic utero matrem vivere posse negans. Ergo ibidem lustris prope sex coniuncta coegit matrem, facta diu saxea massa, mori. Cur potius, quaeso, gestati tempore tanto accipit haec foetus saxea forma fidem? Quam nova Caesareo monstrans Chirurgia partu, sospite qui foetu vivere foeta queat! Vtilis haec multis venit ars, at inutilis iste aspectus593 solo594 nos novitate movet. Vt pateant oculis subiecta fidelibus ambo, saepius haec illis visa fuere tamen. Et dubitamus adhuc manifestis credere, quamvis non fuerint priscis scripta voluminibus. Nempe Dei bonitas largo mage fonte ministrat, Naturae tacitas prodiga semper opes. I nunc atque omni dic omnia, Zoile, seclo aut uni potius nota fuisse viro.
[71, 4] Ad puellam in utero materno lapidefactam Simeonis Provan cherii595 medici epigramma 592 François Rousset, (1535 ca.-dopo il 1603), medico esperto di parti cesarei: cf. AGL 3 cc. 2261 s.; BL 4, 899; Michaud 36, 638. 593 Intendi: “apparenza”. 594 Sic: forse refuso per solum. 595 Vd. supra tit.
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[distici elegiaci] Cuius non esset suppressa memoria morte quaerenti, aeternae596 surgit origo duplex: per magnae virtutis opus via prima docetur, ingens per vitium proxima deinde patet. Has597 ego, nec plures, ineunti lumina vitae credebam geminas constituisse Deum. Nunc admitto novam, qua tu mea filia vivis, vitae expers: vivis nec tibi vita fuit.
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[71, 5] 71, 4
Aliud eiusdem [distici elegiaci] Per genus et sexum vivas, mea filia, quantum est hominis: nunquid vita perennis erit? Nam de plebe tuum genus est, es foemina sexu: his vivas, brevis est vita futura tibi. Pro mortis damno reddit te fama perennem: mortis quam vitae sors igitur melior.
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[72] COLMENERO de LEDESMA Antonio (Écija, fine del sec. XVI-?): cf. AGL 2 c. 2333; EUI 14, 99. Chocolata India: opusculum de qualitate et naturâ chocolatae, authore Antonio Colmenero de Ledesma, med(icinae) fac(ultatis) professore in Ecisana urbe, His panico antehac idiomate editum598, nunc vero, curante Marco Aurelio Severino Tarsensi599, phil(osopho) medico et in Gymnasio Neapolitano regio anatomes et chirurgiae prof(essore) p(rimario), in Latinum translatum, Norimbergae, typis Wolfgangi Enderi, anno 1644 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. VI.98 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: Ad tractatum de Inda chocolata, quem munere cl(ari) v(iri) Marci Au relii Severini publici iuris facit IOANNES GEORGIVS VOLCAMERVS600. 596 Sc. memoriae: l’eternità infatti si realizza o attraverso la virtù o attraverso il vizio: ora si realizza anche attraverso il parto lapideo. 597 Sc. memorias. 598 Tratado de la naturaleza y calidad del chocolate, 1631. 599 Vd. infra n° 203. 600 Johann Georg Vol(c)kamer, medico e scienziato (Norimberga 9/6/1616-ivi 17/5/1693):
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71, 4 – 73
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Anagramma: RES NOVAS MANV VELOCI OGGERIS. [72, 1]
Phaleucium [falecei] Per ventos celeres patere Nereo Orbem novimus: en cubile Phoebi tentat cymba volubilis (stupendum!) quasi solis in aemulationem; nec quosdam haud habitabiles recessus lignum sollicitat, sed universum transcendit facinus novasque merces confert Africa et usta sole tellus. VOLCAMERE, bonâ favente Hygeîâ, hinc nobis quoque tu MANV NOVAS RES VELOCI OGGERIS. Vrget Aesculapi[i] gens et natio multa pharmacorum, ut sumptu, studio, eruditione sic seclo bene consulas futuro, sic nobis bene consulas tibique!
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Iucundissimae amicitiae testandae studio adornabat Georg-Philippus Harsdörfferus601
[73] CORTESI Giovanni Battista (Bologna 1553 o 1554-1633 o 1634, in mare verso Reggio Calabria): cf. AGL 1 cc. 2119 s.; BL 2, 117; Fantuzzi 3, 209 ss.; 9, 87 s.; Mazzetti 100 n° 918; DBI 29, 763 ss. a cura di Augusto De Ferrari. In universam chirurgiam Absoluta institutio, in qua tumorum omnium praeter naturam, ulcerum, vulnerum fracturarumque ossium ac eorundem luxationum exacta cognitio facilisque curatio habetur, Io(annis) Baptistae Cortesii Bononien sis, nobilis Messanensis, comitis Palatini, practicae medicinae professorum in Messanensi Gymnasio longe principis, ad illustriss(imum) et excellentiss(imum) dominum, d(ominum) Ferdinandum Afan de Ribera, marchionem Tariffae etc., Messanae, apud haeredes Petri Breae 1633 [è la prima ediz.], Superiorum permis su [R.G. Medic. IV.63]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: cf. BL 5, 796; ADB 40, 225 s. 601 Georg Philipp Harsdör(f)fer (Norimberga 1/11/1607-1658): cf. ADB 10, 644 ss.
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[73, 1] Auspicium turris gentilitiae d(omini) marchionis Tariffae, mecoe natis inclyti602 [distici elegiaci]
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Fluctibus aequoreis puppis dum voluor et, atris nox velans tenebris aethera, fallit iter; insani borea nigro dum vortice feruens mercibus ingenii perstrepit vnda minis: en procul e Turri rutilans fax extulit ignes, securos signans, Principis ora, sinus; extulit en flammas, mores imitata vetustos: nam tulerat ratibus pristina Turris opem. Bartholomaeus Gomez, medicus illustrissimi et excellentissimi d(o mini), d(omini) Ferdinandi Afan de Ribera, ducis de Alcalà, proregis regni Neapolitani ac Siciliae locumtenentis, p(osuit)
[73, 2] In auctoris laudem eiusdem Bartholomaei Gomez, philosophiae et medicinae doctoris, hexastichon [distici elegiaci]
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Vidit vt infelix Hyacinthia funera Apollo, sensit et heu! propria deseri ab arte miser, protinus extabuit: mox et ventura nepotum fata canens, tales prodit ab ore sonos: «O vtinam nostro saperet Cortesius aeuo: seruasset puerum doctior ille meum!».
[73, 3] Antonini Saccani603, philosophi Messanensis, dodecastichon [distici elegiaci] Dum chirurga typis, Cortesi, dogmata mandas, Phoebea cunctos arte in vtraque praeis 602 Di Crollalanza (1, 9), a proposito della famiglia Afan de Rivera di Napoli, dice che es sa, di origine spagnola, “fu portata nel Napoletano nel 1559 da don Pera Afan de Rivera vice re e capitano generale del regno di Napoli”; lo stemma è “d’oro, a tre fascie di verde”; 2, 444: “Ribera di Napoli. Duchi di Alcalà, marchesi di Tarifa, conti d’Ornos, originari di Spagna, ànno fruito della nobiltà messinese nel XVI secolo. Arma: d’oro, a tre fascie di verde”. 603 Antonino Saccano (o Saccani). Di Crollalanza (3, 462) ricorda la famiglia Saccano di Messina, ma non il nostro personaggio. A v. 2 praeis, inammissibile metricamente, potrebbe essere emandato in domas (cf. v. 1, sempre in sede finale, mandas).
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dumque opus excelsum, longo confectus ab aeuo, condis et aetati consulis ipse tuae, te praesens, ventura simul mirabitur aetas vnanimesque tuum nomen ad astra ferent: tu splendor Zanclae diceris et vrbis et Orbis, diceris phoenix tempus in omne noua. Nam consumpta suis phoenix (si creditur) annis, vt reparet vitam, construit illa rogum: sic tu, docte senex, fessus labentibus annis, en reparas aeuum, dum struis istud opus.
[73, 4] Eiusdem Antonini Saccani, philosophi Messanensis, tetrastichon [distici elegiaci] Fortunate senex et fortunatior aetas, quae tua, te viuo, dogmata docta legit. Felsina te natum iactet, Messana morantem: gloria sic merito pluribus vnus eris.
[73, 5]
Del signor Benedetto Salvago604 Oh quanto il Ciel’ à te sempre Cortese605 versa i tesori del diuin sapere! Onde qual sceso da l’etheree sfere le vite allunghi e à Morte fai contese.
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Doue il tuo grande ingegno i vanni stese, altri di sormontar non pensi, ò spere: che se volessi, far potresti intere (anco i morti auuiuando) à Morte offese. Già Bologna si può da Battro à Tile hor gloriar per l’alta tua dottrina e per lo tuo sublime, eccelso stile. E se in Legge il Barbatio606 à lei Messina
604 Benedetto Salvago, giureconsulto e giudice messinese, cavaliere di Malta (m. dopo il 1666): cf. AGL 4 c. 82; Gallo 3, 316; 434. 605 Si noti il gioco di parole tra l’aggettivo e il cognome del nostro autore: vd. anche infra 73, 6, 12; 73, 8, 12; 73, 9, 7; 74, 7; 74, 8, 11 s.; 74, 14, 10. 606 Andrea Barbazza (Barbatia) (Andreas de Bartholomaeo, Andreas Siculus), di Messi na, giurista, insegnante a Bologna e Ferrara intorno al 1460 (m. 28/7/1479): cf. AGL 1 c. 771; Mazzetti 38 n° 304. Per Battro e Tile di v. 9 cf. p.es. Petrarca, Canzoniere 146, 10.
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CARMINA MEDICALIA
vn tempo diè, con bel cambio gentile un semideo le dà di Medicina.
[73, 6] 73, 5
Del signor Francesco Maria Arena607 Salutifere carte e di Natura saggie maestre, interpreti faconde, miracolo del mondo, arma sicura di Morte incontro à le saette immonde, voi riuerente honoro, à cui la cura il Cielo diè de le cagion seconde; si che non mai frà dubbi incerta e oscura la risposta del Fato à voi s’asconde.
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Opre diuine siete e non conuiene ch’in vostro honor lingua mortal si snodi, ne che cantin di voi Muse terrene;
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ma se Cortese Apollo in dotti modi fra le noue di Pindo alme Sirene medico vi dettò, cantor vi lodi.
[73, 7]
Dello stesso Non di lingua mordace teme l’empie ferute chi in altrui prò sagace sà à le piaghe recar vera salute: che se Teti la bella con accorto consiglio il generoso Achille immerso hauesse in sì pregiati inchiostri, di vita onde fatali sprezzati hauria gl’insidiosi strali.
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[73, 8]
Del signor Vincenzo La Legname Versar lagrime e sangue al mondo infante e impouerir di lor bellezze i prati, col fiero dente e col velen de’ fiati, e spirar l’alma fea serpe gigante. De’ lumi il Re da la magion stellante,
5 607 Francesco
Maria Arena (m. 1668): cf. AGL2 1 c. 1039; Mazzuchelli 1, 2, 990.
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vibrando poscia in lui strali infiammati, richiamò al ben perduto, a’ dì beati, spento il mostro crudel, la gente errante. Or che risorti altri pitoni immensi, distrugger tentan pur l’human legnaggio, e à la Morte addoppiar l’arme letali,
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nouo Apollo Cortese608 à te conuiensi ristorar col tuo stil sourano e saggio gli egri viuenti, saettando i mali.
[73, 9]
Gli stampatori all’opera Voi de l’eternità figli più degni, caratteri immortali, gite del mondo à ristorare i mali. Voi carte vie più belle, che l’eteree fiammelle su ’l mamertino cielo risplendete Cortesi609, e sieno i vostri aspetti a noi di vita luminosi oggetti.
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* * * [74] Ioannis Baptistae Cortesii, medici ac philosophi almi Collegii Bononiensis, comitis Palatini, in patrio olim Gymnasio medicinae et anatomes professoris, nunc in Messanensi Academia praxim ordinariam e prima sede interpretantis, Miscella neorum medicinalium decades denae, in quibus pulcherrima ac utilissima quaeque ad anatomen, chirurgiam et totius fere medicinae theoriam et praxim spectantia sparsim quidem, sed iucundissimo ordine, continentur..., Messanae, ex typogra phia Petri Breae 1625, sumptibus Raynaldi Reinae [colofone finale Messanae 1625, ex officina Petri Breae, illustrissimi Senatus typographi, Superiorum permissu] [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.40]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [74, 1] Ad excellentissimum sui temporis philosophum ac medicum Io(an nem) Baptistam Cortesium poema de opere edendo Academici Vertumni610 608 Vd.
supra 73, 5, 1. supra 73, 5, 1. 610 Non so chi sia: si tratta con ogni verosimiglianza di un collega di Cortesi nell’ateneo messinese: cf. i vv. 389 ss. 609 Vd.
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[esametri dattilici] Ille ego611, quem, quondam Phoebo sat digna locutum, 74, 1 ad iuga Parnassi doctae duxere Camenae, sed spreto retuli damnatum crimen honore, tempora quod nollem viridi circumdare lauro, tunc maiora parans animo, post longa laborum taedia (nam metuo saecli commenta futuri) rursus Hyant[ha]eos aueo cognoscere campos, creber ad Athlantis sed dum fero lumina sedes, qua pateat ponto sacras ad Phocidis oras certum iter, ecce nouis optata leuamina curis: vndiuomi612 delphines eunt redeuntque, morantur ante oculos, velut inuitent terga ardua promunt; ipse prior, quondam cytharaedo vector onustus, se iactat: credo huic: vehimur terraeque recedunt, per varios tandem saltus Crissaea613 tenemus littora. Quod superest, perago tellure pedester: non Helicona peto recta, sed culmen Hyantum scandere amor, iam Castaliis et fontibus ora proluo dum pronus vetitumque enare prophanis flumen amo, nec plura moror securus aquarum. En tibi sacrati de vertice montis Apollo increpitat: nosco vocemque modumque minantis, cernuus et refero quid amem, quae causa viarum desertasque vices et debita iura reposco. Ille sed offensae veteris memor, acrior infit: «I nunc, sydereos radio cognosce meatus, perfide, circumeat qui mundum Phoebifer614 axis, astra quid in terris possint, queis legibus Orbem fundarint rerum domini, quae iura sacerdos Romanus dicat, sophiae praecepta latentes quas doceant rerum causas: procul esto prophano liminibus nostris animum temerate labore, quin si prisca luas!». Haesi, mox talia fatus: «Phoebe pater, cohibe commotos pectore fluctus, non ego te tempsi, nec perfidus altera mansi castra: sciunt Nymphae, quas casto carmine lusi,
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eco dell’inizio serviano dell’Eneide. sarà forse refuso per undivagi. 613 Sic: sarà Chrysaea (“i lidi d’oro; le isole d’oro”, con allusione a isole orientali: vd. p.es. Isidoro, et. 14, 3, 5). 614 Non attestato in latino classico e medioevale. 612 Sic:
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nouit mortales inter pulcherrima, nomen quae Mactilde615 tulit, caelo seruata, meabant quando verecundis radiantia sidera flammis; tu quoque plaudebas: memorent tibi caetera Musae, ni male mi cupiant, qui matrem numinis almam descripsi Cererisque deum parua orbita magnum carmine quae teneat sacro616, quibus ante figuris monstrarint tanti vates mysteria facti». Haec cecini et cecinisse iuuat: si criminis istud est caput, haud renuo: sed quam fuat aequus Apollo! Quod si (namque fatebor enim) mihi sacra Minerua culta fuit vetiti pandens mysteria coeli naturamque Dei, qui gressum affectet Olympo lapsus homo, stabilis comitet quae vita caducam. «Omnia, Phoebe, tuis sunt ancillata lyceis, his sine promeritos non donat laurus honores nec colitur Phoebus sine sacra rite Minerua, an vero interea curam propendit in vnam nescia mens sisti? quin vidimus ardua rerum, canitiem fastis inclusam consule mundi, nugas annorum, quas ampullarius index Bellonae Ianique vices elementaque prodit. Quin etiam occultas herbarum noscere vires et docte varios in pharmaca condere flores, mi studium regale fuit: quam saepe Clearchus inuidit; quoties risisti, Phoebe, querentem, optabat quando mentem mutarier, oti nobilis ardentem fructus aut viribus herbas nudari propriis, spinis aut figier vncis florilegos digitos: sed tu meliora volebas quod natum didicisse tuum, quid Chiron Achillem sponte remittentes animos ad dulce sonantem, vertebas cytharam modulosque errare per omnes argutos digitos et labra diserta docebas». Risit ad haec Phoebus: «Superest tractare Gradiuum post» ait «aut varium cupidis incessere votis Mercurium; stat honos ferroque auroque maligno caetera quid mundo? sed qui te spiritus vrget? Fare age, muta diu quid rursum Musa lacessit? An, quia praesentis tangunt fastidia curae, in noua fert animus? sed habent sua funera vates,
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615 Non
so a quale personaggio storico si alluda qui. poco chiaro: sembra che ci si riferisca a un carme, forse composto dall’autore
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stesso.
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qui tetricis primum studiis posuere iuuentam: serius huc lapsi pauci, quos mitis Apollo et viridi perpes laudauit carmine vena, ascensum primas tenuere Heliconis ad arces; celsus Pieridum patuit post tempore617 vertex, Pegasea vectis618 ala. At si tanta cupido rursus amare deas, Phoebo rursumque placere, accipe quae peragenda prius dein crimine liber: optatam referes primum ex Helicone coronam, hinc iuga Parnassi, quamuis non visa Cithaeron619, fas petere et lauro baccas aptare perennes. Nuncius ergo ibis claram Mauortis ad vrbem, Ennosigaeus vbi monstris in vincla petitis pacatum seruat marmor, sed clarior ipsam620 fama super coelos vexit, cum celsa superbo vallarent portum palatia ducta theatro, sola quibus cedant veteris miracula mundi: talem sorte sibi petit vrbs regina coronam. Tu quoque praecipuam si ferra fata dediscent621 partem opere in tanto, princeps Philiberte, teneres. Hac manet vrbe nouus Podalirius, inclyta mundo Felsina quem dono diuum produxit in auras, arte deum qui ferret opem mortalibus aegris, Zancla sed hunc ciuem multos sortita per annos, ardet in aeternum votis seruare secundis: noscere namque docet saeuos et pellere morbos et quo quisque modo vita victuque fruatur, si cupiat longos attingere Nestoris annos. Vir coelo dignus, quo non praestantior alter corporibus sectis caecas tentare latebras aut viuis mutilas inhonesto vulnere nares ducere et enerues reuocare ad munera partes. Quin etiam iratas saepe in certamina Parcas arte ciet, male texta nouis et stamina filis ordiri rursum cogit, frigentia Letho cum reuocat, vitam pulsosque in membra calores. Et iam praecipitem qui possit ludere mortem
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evidente refuso per tempora. forse riferito a un sottinteso Pieridibus (vd. Pieridum di v. 82). 619 Passo poco chiaro nel senso e nella sintassi. 620 Sc. urbem: cf. supra v. 89. 621 Sic: evidente refuso, anche per motivi metrici, per dedissent. Il princeps Philibertus di v. 97 è forse Philibert de Chalon-Arlay, principe di Orange (18/3/1502-3/8/1530), nominato da Carlo V governatore e capitano generale del regno di Napoli. 618 Sic:
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cautus homo, longos vitamque morarier annos si placeat superis (fixis qui legibus obstet?), longaeuum perfecit opus, non credita priscis munera, quae seri possintque stupere nepotes. Ipsi etiam diui, quibus olim cultus Apollo, inuideant, arcet sed crimina dius Olympus. Nec mirum: ante alios mihi nam lectissimus omnes ipse fuit natoque parem sortitus amorem, aequalem tulit arte locum: scit caetera Chiron. O si promissos extendat Iupiter annos, multa viro praestabit honos, sed maior Olympo gloria certa manet. Cernis qua sede locandus, (panditur exemplo vasti porta aurea coeli: plurima dispicio attonitus subsellia circum gemmea, distinctis sed quae discrimina diuis seruabant, queis cura fuit mortalibus artem condere et optatas nunquam fallentibus ausis ferre manus medio miserosque arcessere letho) cernis» ait «quam digna viris dat praemia virtus? Illa alias inter quae sedes eminet, almi est Iouis, hic, terras vexat cum pestifer annus, solus adest votis causas discitque malorum. Olli cura datur si sit coelestis origo, nos terrena manet, tali discrimine regnum cum Ioue Phoebus habet: cui proxima deinde supremo stat sedes positu, Phoebi est, hunc Chiron auitus praeceptor diuum sequitur, quem pone sedile imberbis nati, laeuam contraque Machaon alterno cum fratre situ tenet, obuiat Isis (quantus f[a]eminae honos!) dextrum latus occupat herus huicque senex Cous vultu sese obiicit, vna Pergameoque haeret, quem contra sola beato quae sessore vacat sedes: ne quaere cui ostrum intactum seruat non mortalesque amarant[h]os. Illa tuum spectat, fuerit cum tempus, alumnum Zancla nec alter erit cui florea dona merenti marmoraque instituas: quantos hic claudet honores! Sed dum cruda virum seruat (nam plurimus ori Cous inest membrisque pater) viridisque senectus, scilicet ingentes mortalibus edere census et poterit verso nomen submittere coelo extra anni622 nostrasque vias, iam caetera longo forse da emendare in annos.
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millenis cernis, quam sedibus ordine turba623. Hi sunt qui digne Phoebum coluere, sacratos atque hominum studiis quondam liquere labores, omnes praestantes, plures e regibus orti et reges ipsi (tales ea saecla ferebant alma viros regnisque stetit par cultus et arti) nunc vitam laeti dilecta per omnia ducunt et se scisse magis gaudent quam sceptra tulisse. Sed tibi plura nefas coelo monstrarier alto: nunc quae visa tene, reliqua et mandata capesse persoluenda viro, serum ne tardet in annum optatos toties aere exsignare labores, nunc opus, hoc tempus mundo prodesse ruenti morborumque vias docte monstrare latentes ignauo generi causasque afferre salutis. Eheu! quam multi gelidas mittuntur ad vmbras, fata quibus vitam non praecipitata dedissent: id quoque lanificae causantur saepe Sorores, et Libitina parens, quae tot sine funera causa? Surgunt indocti passim volitantque per vrbes et Phoebum tractant, Vulcaniis aptior armis noxia gens miseris et dignior ille putatur, qui plures letho quam vitae tradidit aegros. O pudor, o hebetis tabes temeraria gentis!». Quam bene qui dixit medicus malus: “Vrna perennis!” Si fugiat Paeon, morborum in sidera causae vertuntur, misere vapulatque incognita falsis sortibus Vrania, ignaro fallente magistro. Fors si vera cadant Ioue commiserente caducis, prodigiale putant semel haud se vana locutos, ignauamque cient, patula vt micet aure, cateruam. Et quoties nostras questum venire624 sub aulas Luna, Venus Maiaque satus, cum falcigero625 Mars, et qui sydereos radio scripsere meatus stellarum, nunc caelicolae: quin Iupiter ipse mecum versabat varias miserando querelas: «Quid facimus, genus infandum, quam crimine coelum verberat, astrologi quam foedant nomen inanes? Sed nos crebra mouent miserorum funera, nullis quae morbi noxis, cura grassantur inerti certaque venturae formido mortis in aegris,
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623 Sc.
sit.
624 Infinito 625 Sc.
storico, come anche ai vv. 221 (errare) e 246 (amare). sene: Saturno.
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saepta.
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queis foret vna salus habitos celare dolores. Et quoties pater ipse deum vibrare trisulcum contendit fulmen dextramque armare sagittis fortius vt ruere[n]t vultum caperatus Apollo? Ipse etiam furias Erebi quin mitteret Orcus vix tulit; obstiterunt sacri cum Paeone patres consiliis agitare rati: mens omnibus vna haec fuit, inuento Mauortis in vrbe magistro dicere iussa deum, meditatas proferat Orbi doctus opes Phoebique rudes sacra imbuat arte. Et ni perspicui doctissima copia scripti erudiat, plectenda cohors ignaua flagellis, remigio interdum, vel si clementius actum esse velint reges, operis addicta locorum obtineant victum, Musis indigna propago, praemia tuta alios spectent. Sententia talis coelo scripta manet, superest sperare deinceps, si te cura premit, fructus Astraea secundos, nec tot Phoebiuocos626 Erebo damnarier, vt vix sit locus, excipiant alios vbi crimina sontes. Respice: nam liceat Ditis quoque regna tueri». dixit et ambrosiis sparsit caua tempora guttis. Dirigui primum, tenero mox lumina somno clausa sopor gelidos sensimque errare per artus, denique mens sensu cessit feriata627 ligato. Extemplo fauces patuere immanis Auerni, tecta horrenda trucis quem flectit nemo tyranni: inferor et propius flammis ardentia stagna sulphureis specto poenasque et crimina disco. Non mihi fas centum linguis expendere, manes quid quantumque ferant, hoc sed palmare malorum casso fine pati, ratis est demersa Charontis quae Stygias tranabat aquas clausumque refusis est iter Elisium limosi Acherontis arenis. Nullus amor lucis nisi quantum cernere poenas cuique suas dolor est poenarumque arma tueri. Plus mihi sed vidisse datum. Stat plenus ahenis innumeris gurges vastissimus, ignibus ima candescunt saeuis, flammas pix efferat atras, perpetuam fundus viscosus suggerit escam. Huc quibus inculto mortales vana medendi forse refuso per Phoebigenas. far tornare il metro, si potrebbe congetturare qualcosa come p.es. satiata o
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Phoebo cura fuit, coniecti vase coquuntur quisque suo versatque tridens asueta magistri628 numquam sat coctos et fusis imbuit vndis sulphureus feruor, rictu coguntur aperto ingestas pilulas glutire et pharmaca tristes et quas quisque dedit sontes languentibus offas. Mitius vrgentur, qui vexauere diaetis aut queis consultum clysteres amare medendo. Sed quibus omnigenos ventosa cucurbita morbos tollere visa, cauis vitamque excindere venis, hos suctu numquam satiata cruentat hirudo lanceolaeque vices repetitas fuscina supplet. Vidi alios, non indoctos, sed plura nefande ausos, in medio flammarum voluier aestu, manibus infestis circum, quos aethere cassos maternis pepulere aluis animasque sequaces aut prohibere suis aut trudere sedibus ausi629: augent supplicium sanctis afficta magistris crimina nec germana patri sua psaltria Coo. Poena eadem plectit steriles qui inducere ventres aut qui pro licito fluxu seruare salutem inuito soliti630 Phoebo: proh! copia tanti quanta mali mundo; sed longe immanior Orci pars fundo gurges, quos continet et quibus vrget suppliciis, quondam non inferiora secutos! Auri sacra fames, sed crimen iussit iniquum tollere de medio reges natisque superbis inuisos patres, tacitis certataque multum fratrum iura odiis ambitaque saepe dolosis culmina sacra modis, caeco decernere viro illicitaeque viam Veneri recludere: dictu difficile est. Sed dum stupeo, dum nomina signo scripturus saeclis, fugere omnia visa repente corporeosque iterum repetit stupefacta recessus mens Phoebumque ciet: «Non haec» ait ille «tuarum est pars curarum, quae celat Iupiter: vlli scire nefas homini, donec suprema dierum proferat in lucem scelerisque coarguat ausos. Sint modo visa satis, possis quae pandere, caro
628 Intendi: “il tridente del maestro [anche se il termine si attribuisce di norma a Nettu no, non sarei alieno dal pensare a Satana] avvezzo a rigirare etc.”: asueta sembra qui adoperato avverbialmente. 629 Sic: forse refuso per ausos. 630 Sc. sunt.
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et narrare seni monitumque lacessere iussis, doctum opus acceleret memoresque merendo nepotes praestet et aeternum mittat per secula nomen, ne dubitet Phoebo carum caput. Inclytus olli pandet iter laudum, magno sistetque theatro Zanclaeum ordo Patrum, Regni prima vrbe Senatus, hic dabit excelsae stellata insignia famae inscriptum nomen, Phoebo digneque loquentis luce sua signabit opus: quanto ecce serenat iam splendore Patrum meditatum nomen et auras conciliat doctas (cerno!) residesque mouebunt illi animos, sacrum Phoebi in melioris amorem, cerno quanta salus aegris affulgeat, Orco funus quam rarum, nostris quae copia regnis. Vni tanta vrbi debetur gloria, tantam reddet et ipsa seni docto reddentque clientes dicturi, cedant Siculi miracula regni prisca nouis, maior subeatque extrema trigoni altera quindenis caelo fax addita stellis, altera sic clarae fuerint insignia Zanclae sidereis illata plagis nec Martia posthac stella animos acuet mage quam radiantia coelis lumina ditatis, aspectus nescia sontis. Aspice Sicaniis quae quondam symbola Grai[i] ingeniis tribuere, sacro signata trigono. Sideribus fulget distinctum schema quaternis trina pares radios, quartum splendore minores proiicit: haud temere , sed mixtis viribus omnes aequant virtutem et centro figuntur in vno. Quid nisi quadruplici radiantem lumine signant doctrinam studiumque viri cui prouida Pallas eloquium, sophiam medicam et quas prima minores aetas fert artes, cornu praediuite fudit, omnia sed Phoebum merito referuntur ad unum, hoc praeit631 ille sibi nec habet qui pone sequatur, scilicet huic primum coelestes signa locarunt, post tibi Zancla nutrix tanti faecunda magistri, denique Sicaniis quos postera redderet aetas maiores quam prima tulit, si culta stetissent praedocti monumenta senis. Scit coetera Phoebus». Haec ubi dicta dedit, paucis dein coetera subdit: «Eia age, non satis est uerbis mandata referre, può ovviare all’anomalia metrica trasponendo praeit hoc.
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sed credenda notis operique addenda cluenti, vt Phoebi testatus amor maneantque labores laudati, in seros monumenta dicata nepotes, sic tandem nostris dabitur considere regnis, Castalias potare vndas lauroque potiri.» dixit et extemplo sacro se monte recepit. Nec mora: digredior longo flexuque viarum ad mare, delphinum, suetas inscendo quadrigas, tandem Sicanias mons igneus obiicit oras adlaborque Pharo (mora nulla) a moenibus altis Zanclae conspicior regisque vrbisque verenda arboribus celsis panduntur signa: stat omnis Zancla intenta suis quis sedibus incidat hospes. Vt subeo portum, rauco per inane beatu632, faucibus igniuomis tormenta frementia plaudunt laetitiae signum, crebris tremit ictibus aether: qualis nimbiferus633 flammis cum quassa trisulcis Iupiter intorquet terris, retonantia late fulmina, praecipitant euri, micat ignibus aer implicitus, propere et crepitans ruit horrida grando, ignea sic grauido frendens furit aere procella crebraque fulmineo repetita tonitrua bombo oppositos feriunt colles animantque recusso aëre subiectas abrupta volumina valles. Contra fluctisono bene docta caterua rotatu delphinum excipiunt plausus caudisque ruentes marmoricos634 quatiunt pulsus: salit aethere pontus turbinibusque plagas fumantes miscet aquosis. Eripitur visu portus iactataque coelo imbre procella redit, longo fusosque theatro obruit: acclamant laeti, mox fine secuto excensum [sic] praebent Neptunia signa, salutant iam pridem noti ciues paucisque morantur quaerentem635 valeat qui Felsinus: ille docendo tum forte vrgebat solitas horarius artes. Ingredior: strepitu iuuenum fit plausus et alte cerno sedere virum, qualem cupiisset Athenis Graecia docta suis et Pergamus ipsa videre. Iungimus optati dextras: tum multa petenti aduentus pando causas, dicentis ab ore
632 Sic:
sarà refuso per meatu. latino classico è attestato unicamente nimbifer. 634 Sic: sarà refuso per marmoreos. 635 Sic: sarà refuso per quaerentes. 633 In
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inde omnes pendere, auida prior ipse capessit aure senex, tenuit denas sermo integer horas, vt finis fandi. Mora nulla nec altera cura: pronus adorati suscepit numina Phoebi. I nunc immensum liber, i, doctissime, in Orbem. Sed primo auspicio celsum venerare Senatum, Zanclaeos Patres magnos venerare patronos, hinc lucem venare tuam, venare perenni secula tuta mora, qualem tulit vrbis auitae et feret vltra aetas, Mars proelia donec amabit natalesque faces coelo monstrabit Orion, donec fortunae comes ibit gratia regum, sed mage Virgo parens dilectam proteget vrbem et scripto testatus amor pia corda beabit. Eia age, magne liber, celsi cape nominis auras extensas longis ventura per omina seclis illae636 qua Titan reuolutum circuit Orbem teque tuumque ferent tutum per secula honorem. Perge bonis auibus: nam fortunata trigono signa viam inuenient, gemino cui proximus annum cornu Aries pandit gratum: quin panditur Orbi en sacer optatus longum mortalibus annus Vrbano637 reserante polum genesinque sacrabit sors (reor) ista tuam, multos sacrabis et ipse, docta per ora virum longeque audentior ibis. Te sapiens Latium colet et Germania solers, Gallia acuta leget, celebrabit Iberia docta et quaecunque sacris tellus viget apta Lyceis discet inextinctum cathedris et lampada tradet. Haec cecini caro dum forte liberet amico, tertia post quintam mihi constellatio nomen dat quoque cognomen decima et post sexta tricenam638.
* A una praefatio dell’autore tengon dietro i versi seguenti: [74, 2] In laudem Miscellaneorum comitis Io(annis) Baptistae Cortesii, primarii medicinae professoris emeriti in alma Academia Messa 636 Sic:
sarà refuso per illac. tratta di papa Urbano VIII Barberini. 638 Non riesco a comprendere il calcolo: l’ottava costellazione è lo Scorpione, la decima il Capricorno. L’espressione criptica, peraltro, non meraviglia in un carme che presenta non poche difficoltà esegetiche. 637 Si
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nensi, epigramma doctoris d(omini) Iacobi Calatro, primarii sacrae theologiae lectoris in eadem Academia 74, 2 [distici elegiaci]
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Dum vagus in vastis Hebraeus oberrat arenis, esca vbi nulla fami est, lympha vbi nulla siti, dant superi ambrosiam, dant saxa immania nectar, inque vna ecce omnes delituere dapes. Tu quoque manna voces haec Miscellanea, lector: hoc quaecunque optas dogmata reddet opus. Communes coeli foetus terraeque parentis expressit numeris penna animata suis; aequorei proceres639 demum et quae continet omnis ars medica, hic multo lumine scripta nitent. Posthabeat reliquos640 igitur, te perlegat vnum, Cortesi, omnigenas qui sibi quaerit opes.
[74, 3] In celeberrimum sui temporis med(icum) ac phil(osophum) d(omi num) Io(annem) Baptistam Cortesium Bononiensem Lidii Lapidis [distici elegiaci]
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[74, 4]
Cui Cous vultu, Plato pectore, Nestor in ore, tres animas, vnum corpus habere putes? Si tribus his vnum sapiat641 super omnia Phoebum, vnam nonne animam, corpora trina velis? Qui nescit quam sis, Cortesi, trinus et vnus, triplex hoc, studio perpete, voluat opus. Trinus et vnus erit Plato, Phoebus, Nestor, Olympus ni tibi mortalem non velit esse parem.
Εἰς τὸν αὐτὸν Φαέθων Λακτισθείς642 [distici elegiaci]
639 Intendi: “i prodotti più ragguardevoli dell’acqua” (insieme a quelli del cielo e delle terra, ricordati a v. 7). 640 Sic: o concorda con proceres di v. 9 o bisogna emendare in reliquas (sc. opes). 641 Sc. Cortesius. 642 “Fetonte calpestato” sc. dai cavalli del padre, secondo il ben noto mito. La gloria di Cortesi sarà invece imperitura, trascorrerà per tutto il mondo e ascenderà fino al cielo: vd. infra 74, 5. 3 s.
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Φοῖβος ἀκεστορίην στέρνοις ἐνεμάζατο643 σοῖο, Παλλὰς ὁμῶς σοφίαν, πάντα γε δῶρα Χάρις· τοῦ δ’ ἕνεκεν φίιος644 εἶ θνητοῖς, φίλος εἶ μακάρεσσι, δόξαν ἐλὼν πολλὴν τέχνῃ, ὁμῶς γε τύχῃ. Θνητοῖσιν δ’ εἰ τοῖοι ἐπήρκεον ἱητήρες645, οὐκ ἂν ἐπορθμεύθῃ νεκροβαρὴς ἄκατος.
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[74, 4a]
Sensus [in prosa] Phoebus artem medicam pectori infudit tuo, Pallas simul sapientiam, omnia vero dona Gratia: ideo amicus es mortalibus, amicus immortalibus, multam rapiens gloriam arte simulque fortuna. Mortalibus si tales contingerent medici, non traiiceret mortuorum bacula ratis.
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[74, 5]
Τοῦ αὐτοῦ εἰς τὸν βίβλον [distici elegiaci]
Βίβλ’ ὦ Κορτεσίου θεῖος πόνος ἰσογαληνοῦ, ἐσθλὴν σοῖο τύχη ὡρονομεῖ γένεσιν. Ζάνκλη646 σοὶ πάτρη[ς], κόσμου κλίματ’ ἀλλὰ παρήσης ἀμφοτέρου, κεῖθεν δ’ οὔρανον εἰσανέβης.
[74, 5a]
Interpretatio [in prosa] Liber Cortesii diuinus labor, aequalis Galeni, optimam genesim te sortiri fecit fortuna. Zancla tibi patria est, sed in mundi climata transibis vtriusque, inde coelum etiam ascendes.
[74, 6] Franciscus Maria Sanctiglia647, v(triusque) i(uris) d(octor) Mes sanensis, in authoris laudem sarà refuso per ἐνεμάσατο, da νέμω “distribuire, assegnare”. evidente refuso per φίλος: vd. infatti nel medesimo verso φίλος e la traduzione latina (74, 4a, v. 3) amicus. 645 Verso spondiaco. 646 Sic: evidente refuso per Ζάγκλη. 647 Si tratta, con ogni verosimiglianza, di Francesco Maria Santiglia, giureconsulto, mor to nel 1638: cf. Gallo, 3, 261, 272, 288, 291. 643 Sic: 644 Sic:
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[distici elegiaci] Alter, Zancla, nouus, iam nunc tibi surgit Apollo, qui medica natos instruit arte tuos quaeque docet, consumpta volent648, ne pharmaca ab aeuo neu iuuenum ingenio tot monumenta cadant: ipse comes gratusque tibi Cortesius isthaec inuenta en mandat pharmaca scripta typis.
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[74, 7] 74, 6
[distico elegiaco] Rara fides vulgo inuersum cognomen: i nomen mutus vatis habet suscipiens medium649.
[74, 8]
[distici elegiaci] Egregium atque recens opus hoc pretiosius omni dici opere antiquo debet idemque nouo: nam quaecunque suis veteres clausere libellis dextraque posteritas, hic liber vnus habet. Immo cunctorum placitis superaddit amoenam anatomen650, in qua Vesalium superat; vi chirurgiae supereminet omnia longe, quotquot sudarunt pectora, re simili. Diuinum redolere virum: dum pharmaca tractat apta reformandis naribus, ipse feres. Hinc merito humano scriptor cognomine fertur, humano humanos cum det ab ore sonos651. Te praesens aetas et postera ludet in aeuum, semper erunt tecum laus tua, nomen, honos.
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[74, 9] In librum d(omini) Io(annis) Baptistae Cortesii Franciscus Castel li652, medicus ac philosophus 648 Sc.
nati.
649 Intendi:
“per la gente costituisce una garanzia unica il cognome interpretato in ma niera particolare (inuersum: Cortesi inteso come ‘cortese’: vd. supra 73, 5, 1); l’iniziale i muta (nel senso di i semivocale (Iohannes): mutus è qui refuso per mutum, sc. i) è caratteristica del nome dell’autore (vatis: sc. Iohannis)”: medium va inteso qui nel senso di “equivoco, ambi guo”. 650 La prima sillaba della parola viene qui computata lunga (come spesso avviene) per evitare il tribrachi. 651 Solito gioco di parole su Cortesius ‘cortese’: cf. anche supra 73, 5, 1. 652 Francesco Castelli, medico e giudice (morto dopo il 1671): cf. Gallo, 3, 410; 443.
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I, liber, et tuto, superatis montibus altis, altius, alta super sydera, tolle gradum. Tutus abi: tutum est in laudes ire deorum audenti et sacras cingere honore comas. Tecum ibunt comites Podalirius atque Machaon Mercuriusque breui tramite ducet iter. Bis quinas decadas, medica Cortesius arte quas tulerat (diuum munera), fronte feres. Intus habes Arabum procerum Danaumque decora tot monumenta, locis quaeque reposta suis, dissensus pariter doctorum mile solutos et quae sit merito pars retinenda magis insuper ambages exantlatosque labores, abstrusi et quicquid torserat ingenia. Annuit Hippocrates, subscribit in arte Galenus, curret in auxilium primus Apollo tuum, nutantem cuius sobolem reperisse iuuabit: astabit votis Pallas amica tuis. Hocce deae, vario consertae flore coronae diuinique instar muneris, offer opus. Illa, operum iudex, opus hoc praeque omnibus vnum suscipiens tales reddet ab ore sonos: «Iampridem hunc cumulum medicinae optauimus arti, quo non plus vltra: iam satis vnus erit». Teque suo imponet capiti Tritonia: et vni auctori aeternum nomen et omen eris.
[74, 10] Ad Io(annem) Baptistam Cortesium, Bononiensem medicum ac philosophum celeberrimum, comitem Palatinum, operis authorem, Vincentii Risicò653, medici ac philosophi, epigramma [distici elegiaci]
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Tu654, qui nominibus cum sis generosus et arte clarus Apollinea, nobilitate simul, cuius inest animo patrii splendoris imago, qua prior in Latio non fuit vlla foro, Zancla videre cupit studiorum gesta tuorum,
653 Vincenzo Risicò, medico messinese (m. Messina 1647): cf. AGL 3 c. 2111 (che lo chia ma Risica). 654 Si tratta con ogni probabilità di un nominativus pendens.
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cum tibi par nullum Graecia numen habet. Diuinum ingenium tanto Natura peregit docta viro et vires contulit illa suas: denique terra tuo gaudet cognomine et inquit: «Debetur meritis gloria multa suis655!».
[74, 11] Ioannis Matthaei Baldi, medici ac philosophi Messanensis, in auc torem decastichon 74, 10 [distici elegiaci] Sceptra deum tractans iuuenis celebratur Apollo, quod medicae primas inuenit artis opes. Hic alter docet atque hic Miscellanea confert: sunt Cortesi etiam carmina danda seni. Is rapuit iuuenes prima florente iuuenta eximiosque senes, hic rapit et iuuenes. Miscuit ille deis primus medicamina vitae: miscendo haec, vitam, dona dat arte senex. Dicite nunc medici: «Aut iuuenis descendit ab alto aut docet in terris pharmaca diua senex».
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[74, 12]
Eiusdem [distico elegiaco] Cantet Arabs Graiusque suos: Cortesius, artem miscens, illustrat splendidiore schola.
[74, 13] Andreae Trimarchi656, doctoris, medici ac philosophi collegiati, ad rei medicae studiosos epigramma [distici elegiaci] Tu quicunque cupis lethales vincere morbos amplaque viuendo praemia ferre simul, ne dubius frustra quam multa volumina quaeras, has decadas doctas, haec monumenta legas, quae dedit in totum noster Cortesius Orbem, nocte velut fulgens lucida stella mari.
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655 Sic:
sarà refuso per tuis. Trimarchi, medico messinese (1580-1660): cf. AGL 4 c. 1319; Gallo 3, 313.
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Foelix ingenio, qui tali pondere laetus exiuit, clarum et nomen in Orbe tulit!
[74, 14]
Aliud eiusdem ad eosdem [distici elegiaci]
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[74, 15]
Iamdudum exoptas artem si scire medendi, hoc opus egregium nocte dieque legas. Quicquid enim auctorum docuere volumina sparsim, Cortesi decades absque labore docent: in657 proprias morborum omnes cognoscere causas erroresque graues pellere ab arte docet. Increpat indoctos nulla ratione medentes et rectam in studiis indicat ipse viam. Non ergo immerito tales est nactus honores: a cunctis etenim dicitur esse Comes.
Aliud eiusdem ad authorem [distici elegiaci] Morbis nequaquam melius te quisque medetur, Cortesi, melius nec quoque quisque docet: ad te igitur veniat quicunque aut doctus haberi aut fieri sanus cum ratione velit.
[74, 16] In Io(annis) Baptistae Cortesii Miscellanea Antoninus Finoc chio658, philosophus et medicus [distici elegiaci] Est liber hic mixtus neque enim desedat659 in vno660: argumenta terit plurima ad artis opus. Mixta placent mixtis, neque habent immixta teporem661: 657 Sic: sarà forse refuso per et, a meno di pensare a una cattiva divisione di parole per improprias (che in questo caso dovrebbe significare “che sfuggono agli altri”). 658 Di Crollalanza 1, 411 parla della famiglia Finocchio di Messina, ma non ne cita nean che un rappresentante. 659 Sic: sarà refuso per desidat, anche se forse si richiederebbe un indicativo presente, desidit (cf. v. 2 terit). 660 Sc. argumento: vd. v. 2. 661 Qui nel senso di “freddezza di stile”: cf. dialogus de oratoribus 21, 6.
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alma parens variis se decorare solet. Nec cuncti miscere sciunt: Cortesius vnus id norit, cuius mixtio dulce sapit. Qui miscere igitur desiderat vtile dulci, hunc habeat manibus nocte dieque librum.
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[74, 17] In eiusdem de re medica Decadas idem Antoninus Finocchio [distici elegiaci] Illustres decadas Patauinus Liuius olim de rebus scripsit, condita Roma, tuis. De rebus medicis senior quoque clarus in arte Cortesius decadas edidit ecce nouas: primus in historia censetur Liuius, arte in medica scriptor vix habet iste parem.
5
[74, 18] 74, 16 Placidi Sessa662, doctoris physici, epigramma [distici elegiaci] Mars (semper video) nobis producere Martem sicque sibi partus Pallas edit simile. Sed nunc (me663 superi optent) monstra sub aethera surgunt: nam Pallas Martem reddidit ex vtero. Hoc opere arma sonant ex hac Bononia664 telis, at Messana ex hac asserit esse suum. Sed frustra: nam, si materna opus hostia tangat, Zancla vero665 famam iam sibi falce metit.
5
[74, 19] Iosephi Arcara, Mamertini philosophi ac medici, ad Io(annem) Baptistam Cortesium praeceptorem [distici elegiaci] Haec mentis monumenta tuae constructa diurni 662 Placido
Sessa, medico messinese: cf. AGL 4 c. 535; Gallo 3, 326. salvum esse. 664 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, normalmente breve, è qui scandita lunga. 665 Irregolarità prosodica, dal momento che all’inizio del pentametro compare un creti co: al posto di vero bisogna congetturare una parola giambica, qualcosa come p.es. tamen. A v. 7 proporrei hospita in luogo di hostia. 663 Sc.
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luminis ac noctis iure silentis ope, venantes666, quisquis releget, mirabitur hortos Phoebeaque feret consita cuncta manu. Spicula quippe virent, querulis lethalia morbis, musica et absentis praescia laurus adest: dicet Apollineum donum tua scripta reuoluens et tu quadruplici munere Phoebus eris.
5
[74, 20] Bartholomeus Gomes667, philosophus ac medicus Messanensis, in xiphiae venationem [distici elegiaci] Vrbs olim, Pelusiacis quae lambitur vndis, insignes medica protulit arte viros. Nec mirum haud omnem morbum tractare, sed vnum vni langorem munus habere dedit. Tu vario praebes Epidauria pharmaca morbo, quin ferre haec plagis dextera nouit ope. Cur sese huc errans intrudit xiphia? namque hic saucius ille graui vulnere quaerit opem.
5
[74, 21]
Idem ad auctorem, alterum Esculapium [distici elegiaci] Gloria perspicuas superis di[i]s misceat artes secernasque668 viros vertice sideribus: te canet aeternum celebres tua charta per vrbes teque etiam heroum pinget imaginibus. Te superesse tuis longo (viden?) artibus aeuo: excantata tuus pocula seruat onyx.
5
[74, 22] In Miscellanea medicinalia doctissimi ac excellentissimi Io(an nis) Baptistae Cortesii, Bononiensis medici ac philosophi, comitis Palatini praeceptorisque amantissimi, Onuphrii Curserii, philoso phiae ac medicinae doctoris, epigrammata [distici elegiaci] Quae docet Hippocrates, Podalirius atque Galenus, 666 Sic:
sarà necessario congetturare qualcosa come p.es. halantes (sc. floribus). supra 73, 1. 668 Sic: refuso per secernatque. 667 Vd.
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CARMINA MEDICALIA
Chiron Phillyrides Aonidumque pater, omnia suauiloqui conserta volumine in vno Cortesi, lector, munere mista vides. Has animo gemmas, hos inbibe mente liquores et refoue presso, si sapis, vsque sinu: viuere Nestoreos morbis fugitantibus annos Parcarumque potes sic inhibere colos. Pallida sic gressu, vitae haec monumenta pauescens, nunquam aderit foribus Mors proparante669 tuis. 74, 22
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[74, 23]
Eiusdem ad eundem artis anatomes scientissimum [distici elegiaci] Spicula dum tractat ferroque armatus in ictum frigida Ioannes bustaque functa secat. Ne trepida, lector: Cortesia vulnera, amoris vulnera sunt, dulcis promicat vnde salus. Scrutatur manes laniatque cadauera cuspis effera, vt in viuos mitior esse queat.
5
[74, 24]
Eiusdem ad eundem artis chirurgicae peritissimum [strofe saffica] Martio ardescens furialis aestu tela dum vibrat placidus furensque vulnus infigit releuatque fixum vulnus Achilles, arte, Cortesi, meliore fretus, solus in plagas furis670, vt benigni vulneris facto veniant ab ictu vita salusque.
5
[74, 25]
Eiusdem anagramma: IOANES671 BAPTISTA CORTESIVS: A TE CORPORIBVS SANITAS EST
669 Sic:
refuso per properante (sc. gressu). prosodica, dal momento che la sillaba finale della parola, normalmente lunga, è qui scandita breve. 671 Sic, in modo che possa tornare esattamente l’anagramma. 670 Irregolarità
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74, 22 – 75
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[versi costituiti da un hemiepes + una dipodia trocaica] Effert gemmiferos India amnes, mittit flammiuomum 672 Lidia aurum, dant lucem nitido sydera ore, flores dant roseis gratiam agris: at gemmis, radiis, flore et auro longe nobilior gratiorque, Cortesi, Aoniae gloria artis, A TE CORPORIBVS SANITAS EST.
5
[74, 26] Benedicti Salvagi673 de opere eiusque auctore τετράστιχον [distici elegiaci] En medicae nouus artis honor clarumque medentum lumen et humanae causa salutis opus. Quis tantum perfecit opus? vel is auctor Apollo est, vel certe satus est sanguine Apollineo.
[74, 27] De opere Io(annis) Baptistae Cortesii, illustrissimi nostrae aetatis medici, Ambrosii Bavestrelli674, eius discipuli, δίστιχον [distico elegiaco] Graecia nunc veterum675 sileat tot scripta medentum: praesens pro cunctis Zancla loquatur opus.
* * * [75] Comitis Io(annis) Baptistae Cortesii, in patrio olim Bononiensi Archigymnasio medicinae et anatomes professoris eximii, nunc in florentissima Messanensi Aca demia triginta sex abhinc annis praxim e prima sede scientissime interpretantis, Practicae medicinae pars prima, in qua externi et interni capitis affectus illustri methodo explicantur, cum duplici indice, capitum et rerum notabilium, Messanae, typis haeredum Petri Breae, 1635 [è la prima ediz.], Superiorum permissu [R.G. Medic. II.8 (1)] 672 Attestato
nel latino tardo. supra 73, 5. 674 Ambrogio Bavastrelli (così Di Crollalanza 1, 104, che però non cita il nostro personag gio). 675 La parola, originariamente saltata, è stata aggiunta nel mg.s. con un asterisco. 673 Vd.
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CARMINA MEDICALIA
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [75, 1]
Epigramma Federici Prosimi676 ad auctorem [distici elegiaci] Fertur in Eois ales celeberrima terris surgere, funereis desuper orta rogis; vnica in Orbe trahit longeuae stamina vitae: tempora phoenices nulla tulere duas. Non secus ipse docens mira haec praecepta medendi, haud fallor, phoenix diceris esse recens et rediuiua rogis Galeni exorta coruscas, artis Apollineae solus in Orbe pater. O Phoenix foelix677 igitur iam lectula ponas, vnde cadens casu e speris678 astra tuo.
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[75, 2] Bini tractatus, alter febrium, morborum particularium alter, binae stellae [distici elegiaci] Insere, Zancla, caput stellis et vertice Olympum tange: tibi terris sydera bina micant. Hactenus e caelo tantum te inspexit Orion, at tria dum fulgent sydera, qualis eris? Andreas Trimarchius679, philosophiae et medicinae ac almi Collegii Messanensis ordinarius doctor, patriam prae laetitia est alloquutus
[75, 3] Haec Didacus Caprí680, i(uris) v(triusque) consultus Messanensis, in operis laudem d(at), d(edicat) [distici elegiaci] Tradat Hippocrates aboleri volumina flammis 676 AGL
3 c. 1790 ricorda Iohannes Dominicus Prosimus, di Messina, medico, giurista e professore di metafisica nella sua città (m. 1651): vd. anche infra 77, 2-3. 677 Sic: notare l’omoteleuto assonante. 678 Sic: sarà refuso per expetis. 679 Vd. supra 74, 13. 680 Di Crollalanza (I, p. 229) ricorda la famiglia Caprì di Messina, ma non ne cita neanche un rappresentante.
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75, 1 – 75, 4
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omniaque in Stygio dogmata obire lacu: explicat en medicam Praxim speculator et artem magnus et ingenio melior Hippocrate. Quae tibi scripta patent, lector studiose, reuoluas: inuenies studiis plurima digna tuis. Cedere saepe febres, deliria cedere cogit hoc opus et praebet, quam petit aeger, opem. Non sinit, vt quisquam vitalia claustra resoluat: traducit laetos N[a]estoreosque dies. Haud Naturae opus hoc, diuinum credere fas est: certe opus excelsum, quod veneretur, habes.75, 3
5
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[75, 4] Ad praeclarissimum comitem Io(annem) Baptistam Cortesium Paulus Russus, philosophiae et medicinae doctor [distici elegiaci] I, liber, ingenui quo te Cortesia proles inuitat generis, docta corona, pacem: i, quo Germanis celebrata volumina signis norunt te, patriae haud degener artis opus. I, bene nate seni: longos testaberis annos canitiemque, ferax ingeniumque patris, cui toties seruatae aliis stipendia vitae dat laeto annorum munere grata salus, quem sibi vita hominum seruat, cui viuere vitae humani generis sic studuisse fuit, vt post fata iuuent homines oracula functi681 doctaque languores scripta relecta fugent. Non ingrata ferent vitale hoc saecula munus, libris condigno foenore restituent682. Et tibi, prae reliquis, capitalia damna febresque et fixus683 morbos, qui muliebris habes, immortale ferent nomen nec tempora duro aeternum poterunt rodere dente decus. Sic viuo mundi dat viuere vita superstes auctori et functo non potuisse mori.
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681 Intendi:
“i lavori di lui dopo morto”. munus. 683 Sic: sarà refuso per sexus (sc. muliebris). 682 Sc.
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CARMINA MEDICALIA
[75, 5] Bartholomaei Gomez684, medici et philosophi Messanensis, ad au thorem hexastichon [distici elegiaci] «Quae latitant mirata tuis penetralia chartis,» hic nobis deinceps regia Pallas ait «praeficit hisce satum685 diuis, qui polleat ense, loro et spumanti comprimat altus equo: has686 pete siue toga sint aut armis meliores; Pallados hoc sanctum numen vbique cole».
5
[75, 6]
Aliud [distici elegiaci] Mortales fixo consistunt cardine sortes, vitrea si Graecis clepsydra manet aquis. Humor humus si factus, ages surgente fauilla, vt rediuiuus humo mitius humor eat. Nestoris hinc Orbi nascentur saecla perenne[s], hic vbi Cortesio clepsydra nutrit aquas.
5
[75, 7] Iosephi Bartuccii687, medici et philosophi, ad clarissimum Io(an nem) Baptistam Cortesium, comitem Palatinum, mecoenatem prae ceptoremque suum beneficentissimum [distici elegiaci] Dimicat, an scribit688, Cortesi? munera Martis sunt haec? an socia Pallade surgit opus? Occidit en morbus: tenuit mors ipsa sepulchrum, quae didicit tanto sub duce posse mori. Ite procul lachrymae, sileat iam funera Zancla: nam cuncta hoc vnum funera funus habet.
5
684 Vd.
supra 73, 1. sarà refuso per satus. 686 Sic: sarà refuso per haec. 687 Si tratta forse di Giuseppe Bertucci: cf. AGL2 2, c. 1787; Mazzuchelli 2, 2, 1073. 688 Sic: sarà refuso per Dimicas, an scribis. 685 Sic:
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[75, 8]
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Eiusdem [distici elegiaci] Si Diti rapuit iuuenes Epidaurius herbis et mira coelo reddidit arte senex, Graecia ne iactet: vidit Messana ruentes in tumulos docta te rapuisse manu. Ille sed infelix superum dum concitat iras, fulmineo aetherei vindicis igne cadit689. At tibi, Cortesi, multos dat Iuppiter annos et te mortalem vix sinet esse virum.
5
[75, 9] Matthaeus Cuzzetta, philosophiae et medicinae doctor, ad autho rem [distici elegiaci] Dum tua, Cortesi, numerosa volumina tracto, doctiloqua archiatro dona sacrata Deo haec ego690: transigere annosum scis artibus aeuum, ast non e tumulo surgere posse doces. Hoc quoque praestares, ni te sua fata moneret Apius691 ad Stygias fulmine adactus aquas.
5
[75, 10] Antoni Saccano692, philosophi Messanensis, in laudem autho ris epigramma [distici elegiaci] Nascere, docte liber, medicorum lumen et artis, faustis auspiciis, nascere, docte liber. Tu dabis auctori nomen vitamque perennem et dabis excelsos inter habere viros. Per te saeuities Stygiae vitabitur vndae et dabitur cunctis viuere posse diu. Hic tuus ortus erit solis iucundior ortu: ille fugat tenebras, tu fera tela necis.
5
689 Riferimento
a Esculapio (Epidaurius) che fu, secondo la tradizione, incenerito da
Zeus. 690 Sc.
puto. si tratta forse di un’abbreviazione per Asclepius (vd. supra 75, 8, 5 s.). 692 Vd. supra 73, 3. 691 Sic:
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[75, 11] Iosephi Angelicae693, auctoris ex filia nepotis, decastichon [distici elegiaci] Fertur Orionem fluctus domuisse furentes et Zanclam insanis surripuisse malis: te scio, docte parens, saeuam domuisse cohortem morborum et morti surripuisse viros. Illius imperiis decurrit lympha: Sorores discunt imperiis ducere fila tuis. Ille dedit merces: longam tu viuere vitam; tu crudas febres comprimis, ille feras. Ille nitet Zanclae ridenti lumine sidus: tu nunc maiori lumine sidus eris.
5
10
* * * [76] Comitis Io(annis) Baptistae Cortesii.........Practicae medicinae pars secunda, in qua interni partium nutritioni famulantium affectus illustri methodo explican tur........[è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.8 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [76, 1] Galeno et Cortesio, medicinae Facultatis geminis principibus, plau dit Vincentius Risicò694, philosophus et medicus ***** Nunc capit regnum duos
***** [esametri dattilici]
5
Naturae portenta: duos praegrandis Olympus non patitur soles, comites hymenaeus amores non fert riuales, velox nec forte Melampus Maenalium venatus aprum durusque feroxque participes abigit nudato dente molossos; albam Clitumnus videat si errare iuuencam, cornibus ardentes tauri fera proelia miscent
693 Di Crollalanza (1, 45) ricorda la famiglia Angelica di Messina, ma non il nostro perso naggio. 694 Vd. supra 74, 10.
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vulneribusque cauis vndantia stagna cruentant; et Caesar Pompeium odio et Pompeius habebat illum, cum genero socer impius acre duellat et consanguineis aquilae ferale maniplis intentant bellum, busto discorde probarunt Thebae fraternas acies et prima gemelli sanguine tinxerunt Romae cunabula fratres, moenia cede fera, quando maduere feroces695. Naturae portenta: duos Medicina parentes nunc patitur reges, diuiso coelitus Orbis imperio, et gemini reges sacra sceptra tenebunt: vnum fatidico genitum patre sidere Phoebo Pergama docta dedit, cui nomen grande Galenus, alter, Felsinea genitus tellure, parente credas coelesti, nomen Cortesius Orbi, sidere delapsus meliori Bononius heros. Heroes ambo, vitae qui sceptra tenetis duratura simul, nullum moritura per aeuum. Viuite foelices, nouit quos vita magistros, quos Libitina fugit pauitans in Tartara velox, Naturae portenta: duos capit vnicus Orbis. Diuisum imperium cum Phoebo semper habebunt: sic volo (di[i] faueant!) supplex, sic numina adoro.
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15
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30
[76, 2] Ad excellentissimum comitem Io(annem) Baptistam Cortesium, praeceptorem meum vnice obseruandum, Antoninus Brancatius696, Collegii medicorum ac philosophorum Messanensium prior [distici elegiaci] Quae letho tumulata iacent decora alta parentum contegit iniusto foenore acerba cinis. O age Cortesi, medico consperge liquore, quo nouus erumpat flosculus e tumulo, aureolis post haec referens tua stemmata ramis, «Mors,» vbi Cortesius dicet, «abito viam!».
5
[76, 3] Placidi Randazzii, medici et philosophi, in authoris laudem hexa stichon 695 Riecheggiamento 696 Antonino
lucaneo (1, 97 ss.), come anche ai v. 11 s. (1, 1 ss.). Brancacci, medico messinese (prima metà del sec. XVII): cf. Mazzuchelli 2,
4, 1982.
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[distici elegiaci] Inclyte Cortesi, totius gloria secli, qui potes arte tua vincere fata poli, doctius in terris nil te, nil dignius vnquam697: aequant se merito nomen opusque tuum. Quid notat hoc nomen Cortesius? Audi698: cor te semideum dicit et esse sonat.
5
[76, 4] 76, 3 Eiusdem [distici elegiaci] Foelix Cortesi, viue699, cui fauit Apollo, esset Apollinea ne quis in arte prior. Foelix Cortesi, cui pastoralis Apollo pastoreum, vt serues, donat ouile tibi, quilibet vt veniat notus feritate Lycaon, ille tuas frustra dente lacesset oues.
5
[76, 5] Bartholomaei Gomez700, philosophiae et medicinae doctoris, hexa stichon [distici elegiaci] Cortesio701 Libitina videns medicamine lethi vndique mortales faucibus eripere, quaeritat ipsa suis iam iam noua pharmaca plagis. Lethali at contra vulnere puncta iacet: ingemit infoelix «Vicisti subdolus» inquit «quodque aliis vitae, fit mihi causa necis».
5
[76, 6] Onuphrii Corserii702, iatrophysici Zanclaei, ad excellentissimum Io(annem) Baptistam Cortesium, comitem Palatinum praecepto remque amatissimum, epigramma 697 Sc.
est.
698 Manca
un piede: si potrebbe congetturare, prima di Cortesius, qualcosa come clarum o pulchrum, o, ancor meglio, omen (aplografia). 699 Per far tornare la metrica, o bisogna postulare un allungamento in arsi o, meglio, si potrebbe ipotizzare qualcosa come viue etc. 700 Vd. supra 73, 1. 701 Sic: forse refuso per Cortesium. 702 Vd. supra 74, 22.
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[distici elegiaci] Socratis humanum rimans Sapientia corpus obstupet: at mancum a pectore censet opus. Optat nimirum vitream circum vbera rimam, qua spectet, quae sint intima corda virum. Fallitur: Artificis supremi opus vndique constat cordaque, quae possint noscier arte, dedit703. Vera tuae sunt, Cortesi, specularia chartae, queis oblata oculis viscera nostra patent.
5
[76, 7] Didacus Caprí704, utriusque iuris consultus, in authoris laudem [distici elegiaci] Inualidos artus vt Apollo salubribus herbis, dulcibus et modulis tristia corda leuat, sic fers corporibus mentique salutifer aegrae optatam, veluti Cynthius alter, opem. Nimirum: nam docta tenes praecepta sophorum et placidos blando concinis ore modos. Quae veterum tractant complura volumina, claudis arte noua atque nouo lumine pandit705 opus. Tu reparas, quod gestit edax absumere tempus: vix animi possem scribere dona tui. Arte tua prior es, nulli splendore secundus: virtuti eximiae stant monumenta tuae. Quippe tibi multum debemus, dogmate cum sit ferrea nostra aetas aurea facta tuo. Iam sileat quicumque suos spectandus honores: non latet haec meritis gloria digna tuis. Nulla tuae aspergent tenebras706 obliuia famae, inducent nullas707 inuida secla tuae708. Hic signa, hic arcus posuit victoria: claram alarum cum alto remige fama tubam709. Non Lethaea tuum nomen, non obruit vnda famam, quam virtus haec tibi clara dedit.
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703 Sc.
Artifex supremus. supra 75, 3. 705 Sic: da correggere verosimilmente in pandis (cf. vv. 7 claudis e 9 reparas). 706 Sic: da correggere con ogni verosimiglianza in tenebris. 707 Sc. tenebras. 708 Sc. famae. 709 Sc. intonuit. 704 Vd.
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CARMINA MEDICALIA
Quid tibi tradetur pro tali munere honoris? detur posse notis viuere perpetuis. Ergo diu viues et viues clarus in Orbe, quo viuat nomen tempus in omne tuum.
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[76, 8] Antonini Saccano710, philosophi Messanensis, in laudem authoris epigramma 76, 7 [distici elegiaci] Surgunt in nostris veterum miracula seclis, Cortesi (laus et gloria sola tua est), qui nouus e tenebris reuocas Epidaurius vmbras in lucem et nigras non sinis ire domos, tam caute [curas]711 docteque doces incendia febris et morbos, vt sit, te duce, certa salus. Mors igitur merito qu[a]eritur Minosque seuerus: nam vacuas vires sentit vterque suas. Tu tamen et mortem et Ditis nigra limina temnis: nam tibi dat vitam fama polusque domum.
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[76, 9] Antonini Butani, philosophi Messanensis, in laudem authoris [distici elegiaci] Cedat Apollo nouis iam iam prodeuntibus Orbi luminibus, cedant aethera clara solo712. En nouus hic oritur Giges tectamque reuelans gemmam, collustrat sidera, signa, feras. O plus quam Giges lumen Cortesius Orbis, quid tantis addam laudibus ipse tuis? Occasum tua fama pati vulgata per Orbem non poterit: viuet te pereunte micans. Per Siculos iam laeta volat cunctosque per Indos atque per Euboicos currit alata sinus. Splendentes, tua scripta, faces, primaeua fuere, ast haec sideribus lucidiora micant. Sed quid, si humanus? Phoebi properate iugales aurati currus: aurea sceptra decent!
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710 Vd.
supra 73, 3. parola — evidentemente da espungere per motivi metrici — ha tutta l’aria di una glossa penetrata nel testo. 712 Intendi: “la terra, in cui si trova Cortesi”. 711 La
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[76, 10] D(omini) Petri Pauli Pisani713, in Messanensi Vniversitate medi cinae practicae et anatomes ordinarii professoris, epigramma [distici elegiaci] Fertur inornatis quondam Libitina capillis flesse, Galenaeos inuidiata libros. Fertur et indomito nuper laxasse dolori fraenos et lachrymis exhibuisse sinus, cum tua, Cortesi, citius diuina volumina aspiceret morbos tollere tabificos. Rursus Apollineo triplicas cum numine libros, illi continuo frigore membra rigent vitaque cum gemitu fugit indignata sub vmbras714: paean, Cortesi clara trophaea manent!
5
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[76, 11] D(ominus) Iacobus Fermundus Corogna715, Collegii medicorum Messanensis doctor ordinarius, Melitae insularumque obiacentium protomedicus atque a cubiculo medicus eminentissimi ac reue rendissimi domini f(ratris) Antonii De Paula, sac(rae) rel(igionis) Hierosolymitanae magni magistri ac inuictissimi principis, etc. [esametri dattilici] Axe sub australi Melitensi fessus in vmbra membra papauereo dederam lassata sopori, cum citius fusca volucer deus adfuit vmbra (augur Phoebus erat caelo delapsus ab alto), excutit et somnos languentes iussit abire: «Quid dormis,» inquit «vigilant cum numina grandes famosi in laudes Cortesi[i], mundus ad astra quem totus gaudet doctis extollere pennis? Perge age, pande tuas festiuus ad aethera laudes». Talibus hinc famam compellat diuus Apollo: «Eia age clarorum moderatrix fama virorum, praepetibus pennis aude te credere caelo. Grandior ecce tibi famulantum turba aquilonum,
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713 Pietro
Paolo Pisano, medico messinese: cf. AGL 3 c. 1591; Gallo 3, 418 s. ovviamente, l’ultimo verso dell’Eneide. Da notare come, ossimoricamente, per indicare che Libitina muore, è la vita di Libitina ad allontanarsi definitivamente, di fronte alle scoperte di Cortesi. 715 Di Crollalanza (1, 323) ricorda la famiglia Corogna di Messina, ma non ne cita alcun componente. 714 Cf.,
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rege Cynosura currum716 glacialis et, euros praeuolitans717, animare tubas et sidera cantu festina rep[p]lere sacro: tibi Zancla ministrat materiem grandesque tibi Cortesius heros laudes, depulsis grassantibus vndique morbis. Eia age, Sicelidum ripas Zanclaeque theatra linque retro, liquidum trana, maria omnia circum clari viuaces Cortesi[i] concine laudes: saeuus Afer, Medi pugnaces, Sarmata flauus audiat egregium Cortesi[i] nomen: adusque extremos caeli tractus gelidosque Britannos excurrat718 raucasque tubas citharasque bicornes delasset: faueant diui»: sic Phoebus Apollo.
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* * * [77] Comitis Io(annis) Baptistae Cortesii.............. Practicae medicinae pars tertia, in qua interni partium generationi famulantium affectus febriumque tractatio il lustri methodo explicantur........... [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.8 (3)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: 76, 11 [77, 1] Alloquitur librum Andreas Trimarchius719, philosophiae et medici nae ac almi Collegii Messanensis ordinarius doctor [distici elegiaci] I, liber, i, magnum haud timeas errare per Orbem: peruigili lima namque politus abis. Culmina summa petas viridanti tempora lauro exornans et sic laetus adire potes. Tu insinuas720 species perbelle moresque motusque morborum et causas tu quoque signa doces. Omnia noscuntur per te symptomata morbi, paruusne an magnus sit, grauis autque leuis. Ipsorum euentum tu aperis, tempusque modumque
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716 Probabile
refuso per currus: si tratta, ovviamente, dell’Orsa minore. Irregolarità pro sodica, dal momento che la terzultima sillaba di Cynosura, di norma breve, è qui scandita lunga. 717 Non attestato in latino classico e medioevale. 718 Sc. nomen. 719 Vd. supra 74, 13. 720 Intendi: “rendi note”.
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curare et omnes tu ratione doces. Per te lethales pelluntur e corpore morbi et statim in membris surgit amissa salus. Insuper ostendis, quo pacto rite cibandi sint aegrotantes, viuere vt hi valeant. Sectio venarum, vt veniat celebranda per aeuum, monstras et succum pellere e corde malum. Nil mirum talis tali si ex arbore fructus sis: nam es, Cortesi, ingenio genitus721. Insignes vrbes per te certamine pugnant, te Messana cupit, Felsina teque petit. Inuidia maior velocibus aethera pennis perpetuo feries: i liber atque uale.
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[77, 2] Ad clarissimum comitem Io(annem) Baptistam Cortesium, prae ceptorem meum vnice obseruandum, Federicus Prosimi722, Collegii medicorum ac philosophorum Messanensium doctor ordinarius [distici elegiaci] Emicet in toto Phoebeis artibus Orbe teque tuum nomen desuper astra sonet; faucibus extinctos rapias Cortesius Orci: sunt haec ingenio facta minora tuo. Aeternam at calamo tentes, post funera, vitam: dat calamos, calamo mors tibi victa tuo.
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[77, 3]
Eiusdem [distici elegiaci] Lancea, Cortesi, tenuit quam fortis Achilles, hostibus vna suis hostis opisque fuit: illustri, quo bella geris, concedat honores sed calamo, calamum non habet iste723 parem. Hic veterum caedit724 laudes, hic vulnera sanat, immortale (necat, quae peritura) fouet.
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721 Si
noti lo iato tra i due cola del pentametro: cf. Crusius-Rubenbauer 58. supra 75, 1. 723 Sc. Cortesius. 724 Intendi: “supera in maniera schiacciante”. 722 Vd.
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[77, 4] Didacus Caprí725, i(uris) v(triusque) consultus Messanensis, in au thoris laudem [distici elegiaci] Menti vbi se praebet tua terris inclyta fama, fama quidem meritis est minor ipsa tuis: per te iterum redeunt iam ferrea tempora; per te perpetua vitae fas modo luce frui. En formidatae contemnere robora mortis instruis atque aegris accelerare pedes. Tene deum fatear? pro ali ab aethere missum censeri merito te tua scripta iubent? Quis iam non credat superum te veste potitum? En colo, te veneror viribus, ore, animo.
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[77, 5] Bartholomaei Gomez726, medici et philosophi Messanensis, ad auc torem hexastichon [distici elegiaci] Quid lacrymis Parcae crudelia lumina spargunt? Torpere ad vitae stamina cultra vident, quae modo praesenti languent medicamine tincta dedala Cortesi[i], quod tulit arte manus727. Concordes alio victum mox quaerite Parcae: iam licet aeternas viuere Olympiades.
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[77, 6] Iosephi Bertuccii728, medici et philosophi, ad clarissimum Io(an nem) Baptistam Cortesium, comitem Palatinum, moecenatem pra eceptoremque suum beneficentissimum [distici elegiaci] Phoebus adest, totum spirant praecordia Phoebum et, si quid scribit dextera, Phoebus adest. Dic mihi, Phoebe potens, «Quo te, quo munere traxit 725 Vd.
supra 75, 3. supra 73, 1. 727 Intendi: «quae daedala (“per quanto perfetti, sopraffini, i.e. micidiali”) cultra modo languent tincta praesenti medicamine (sc. di Cortesi), quod (sc. medicamen) manus (Cortesii) tulit arte (“con la propria tecnica”)». 728 Vd. supra 75, 7. 726 Vd.
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Cortesi scriptis numen adesse suis?729». Sic ego, sed Phoebus: «Quae te sententia fallit? illius (an nescis?) me quoque lingua docet».
[77, 7] Antonini Saccano730, philosophi Messanensis, in laudem authoris epigramma [distici elegiaci]
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Vt tua peruenit diuas ad Apollinis aures, Cortesi, praxis nunc data docta typis, obstupuit subito pretiosa volumina cernens et fertur tales ore dedisse sonos: «Nunc sileant artis medicae magnalia priscae et sileant Coi dogmata docta senis: en superat cunctos Cortesius: optima gaude Felsina, tu pariter Martia Zancla tume».
[77, 8] Iosephi Angelicae731, auctoris ex filia nepotis, decastichon [distici elegiaci]
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Ergone crudeles frustra mens suscitat iras et frustra in venas irruit atra manus? Quid valuit, miseri, communis viscera matris scindere et aeratas inde referre neces?732 Morbus abit pallorque fugit vulnusque saluti cedit: mors vitae saepe mirata733 moras, dum tu[a], Cortesi, pertentas vulnera ferro et medicam lenis dextera fundit opem. I nunc et diuum iacta, Messenia734, ciuem: iam Messana tuo numine maius735 habet.
729 Sarebbe stato più corretto eius, peraltro inammissibile metricamente. A meno che non si voglia pensare a un refuso in luogo di tuum (sc. numen). 730 Vd. supra 73, 3. 731 Vd. supra 75, 11. 732 I primi quattro versi si riferiscono evidentemente alla situazione umana prima di Cortesi, quando — allorché si interveniva sul corpo malato — non c’erano speranze di guari gione. Communis...matris di v. 3 si riferisce a come si nasceva e si moriva tutti. Da v. 5 in poi si descrive la salvezza arrecata da Cortesi. 733 Sc. est. 734 Secondo la tradizione, alcuni cittadini della Messenia fondarono Messina. 735 Sc. numen.
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[78] COSTEO (COSTA) (COSTAEUS) Giovanni (Lodi 1528-Bologna 1603): cf. AGL 1 c. 2135; BL 2, 122 s.; DBI 30, 403 ss. a cura di Augusto De Ferrari. Disquisitionum physiologicarum Ioannis Costaei Laudensis in primam primi canonis Auic(ennae) sect(ionem) libri sex...., Bononiae, apud Ioannem Rossium 1589, cum priuilegio et permissu Superiorum [colofone finale Bononiae, apud Ioannem Rossium 1589] [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.4872]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [78, 1] Humanissimo viro, domino Ioanni Costaeo Laudensi, ex illustri b(us) dominis Altesani superioris et Casalis Burgoni Pedemontium, nunc in Bonon(iensi) Vniversitate praxeos supraordinario professo ri, patrono suo, Valerandus Pomerius Antuerpiensis [esametri dattilici]
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Vt plantas inter reliquas praelustris odore costus Arabs late preciosas fundit in auram largus opes, sic clara tui, Costaee, per Orbem munera diffusa ingenii sapientiae odores diuinos efflant, quos miratura sit omnis posteritas interque viros hoc tempore claros decretura tibi excelsas non inuida sedes. Vel tu ore immensae Naturae abstrusa recludas vel libeat mentis sensus insculpere cartis vel si etiam arte hominum sit vita salusque tuenda, aurea foecundo de pectore flumina fundis inclusasque auro gemmas ditesque lapillos proponis medicaque manu vitam vsque reponis. Scilicet est adeo tibi nota et trita facultas materiae medicae, nihil vt penetralibus imis aut summis medicum teneat vel terra vel aequor, quod tu non noris. Conscripta volumina viuunt, queis plantarum omnem naturam tu ordine miro atque nouo exquiris, Theophrasti offusa tenebris plurima collustrans, queis, et medicamina docti expendens Mesuae, referas736 praecepta medendi. Quid vero? an sileam quoties defensa vetustas
736 Il congiuntivo in luogo dell’atteso indicativo (vd. 19 exquiris) è determinato da cause metriche.
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sit tibi? quid debeat Cous Coique Galenus vindex, quid Stagyraque737 ortus? quos criminis ausa ambitio insimulare, graues mentita querelas quum fuerit, tu, cui studium vnum atque vnica veri semper cura fuit, patrum decreta priorum non spernenda putas, tot seclis ante recepta. Quare, quae sacris dudum obsignata tabellis clarus Arabs, idem et princeps medicusque reliquit, non modo tu ipse aliâs arti non dissona verae principiisque regi solidis et robore firmo monstrasti, sed enim magnoque nouoque labore nunc auro et gemmis mire fulgentibus aucta profers clara tui ingenii monimenta per omne duratura aeuum et laudem paritura perennem. Viue igitur, Costaee, tuis et Apollinis artem auge opibus. Largire tuos felicibus ortos auspiciis fructus, costi738 fragrantis odore consimiles maneatque tuum per secula nomen.
[79] CURIO Johannes, medico (m. 1561): cf. AGL 1 c. 2259; ADB 4, 647, nella voce dedicata a Jakob Curio, medico (1497-1572: cf. AGL 1 c. 2259; BL 2, 157), con il quale non va confuso (come fa p.es. Haller3 2, 75) per l’appunto Johannes Curio. Conservandae bonae valetudinis praecepta longe saluberrima, regi Angliae quondam a doctoribus scholae Salernitanae versibus conscripta, nunc demum non integritati solum atque nitori suo restituta, sed rhytmis quoque Germanicis il lustrata, cum luculenta et succincta Arnoldi Villanouani739, medici ac philosophi praestantissimi, in singula capita exegesi, per Ioannem Curionem Berckensem740, celeberrimae Erphordianae reip(ublicae) medicum physicum, ita nunc denuo, mu tatis et recisis nonnullis ac innumeris ferme sublatis mendis, recognita et repur gata, vt nouum opus iure videri possit. Accesserunt et alia quaedam lectu non indi gna........., cum gratia et privilegio imperiali novo, Franc(ofurti), apud haeredes Christiani Egenolphi 1573 [prima ediz. Francoforte 1559, che ho visto: è identica alla nostra, ma non riporta i versi greci di 79, 1: vd. infra] [R.G. Medic. V.921 (1)]
737 Irregolarità prosodica, dal momento che la penultima sillaba di Stagyra, normalmen te lumga, è qui scandita breve. A v. 30 il clarus Arabs è il medico arabo-siro Yûüannâ ibn Mâsawaih (m. 857), conosciuto anche con il nome di Mesue il vecchio: vd. supra v. 21. 738 Si noti il gioco di parole tra Costaee di v. 37 e costi (l’erba aromatica). 739 Vd. supra n° 16. 740 Probabile allusione all’origine di Curio, che era nato a Rheinberg: vd. anche infra l’a cronimo di 79, 1 e la dedica di 79, 3.
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All’inizio dell’opera compaiono, tra l’altro, i versi seguenti: [79, 1] M(agistri) Suffridi Petri Leouardiensis741 Frisii ἀκροστιχὶς [esametri dattilici]
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Ἰπποκράτης τιμίων742 αἰεὶ μέγα κῦδος ἰατρῶν, Ὠκυπόδην τὸν Φοῖβον ἰδὼν Ἑλικῶνος ἐν ορει Ἀκροτάτῳ, πρώην γλυκεροῖς προσεφώνεε μύθοις· «Νημερτές τί νύ, Φοῖβε, στρέφεις τόδε βιβλίον οὔτω Νωλεμέως, ἢ ῥᾶ συνετῶν νέον ἔργον ἀοιδῶν Ἡὲ καὶ ἡμετέρης εὐρῶν καλὰ γράμματα τέχνης Σὺν Μούσησιν ἔχεις;». Τόνδ’ αὔθις ἀμείβετο Φοῖβος· «Κάλλιστον ναὶ 743 τέκνον, κάλλιστον ὁράσεις, Ὑμνῳδῶν τε καὶ ἱατρῶν κοινωφελὲς ᾆσμα Ῥᾳστώνη τὸ πάρος περ ἔην νούσοισιν ἀτέγκτοις Ἱφθίμους κατέχειν ἀνδράς, κατέχειν τε γυναῖκας. Ὡλυγίαισι [sic] βίβλοις ὅτε φάρμακα χρηστὰ κέκρυπτο, Νῦν δ’ ὅδος εἰς ὑγίειαν ἄγει μάλα σύντομος ἤδε Βλυζομένη γλυκεραῖσι καλοῦ βουλεύματος αὔραις. Ἐμφανεῗ τις ἄριστα πέλει βιότοιο διαίτη, Ῥωμαλέη τις κρᾶσις ἔφυ, τις ἐνάντιος αὐτῇ Καὶ ῥυθμὸς πῶς ἐν μέλεσιν κάλλος τε γένοιτο Ἡμερίοις τι τὸ λυσιτελές τι τὸ ἔμπεδον αὔτη Νυκτερινοῖσι χρόνοις, τι ἑκάσταις χρήσιμον ὥραις. Οἷα τε χειμῶνι κρυιρῷ744 τινα δ’ εἴαρι μᾶλλον Σύμφερά 745, ἤε θέρει, ἤδ’ ὑγροτέρῳ φθινοπώρῳ Ἱμερόεσσα Κύπρις τινα τάξιν σύμμετρον ἰάχει746 Ἄξια τίς πόσιος, τίς Βρώμιος747 ἄξια πλάστιγξ, Τίς δέ τε μηλιχίοισιν748 ὅρος κράτιστος ὀνείροις. Ῥυπώσης τε φλεβὸς πόθεν αἵματος ἔξοδος ἔσται Οὐλομένου, χυμούς τε κακοὺς πῶς παυστέον ἄλλους Σηπεδόσιν, κρυεραῖς τε νόσοις, ἤδ’ ἕλκεσι λυγροῖς,
741 Suffridus Petrus (Petri, Peeters), storico (Leeuwarden 15/6/1527-Colonia 23/1/1597): cf. AGL 3 cc. 1443 s.; ADB 25, 539 s.; NNBW 5 cc. 498 s.; Eckstein 435. 742 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, normalmente lunga, è qui scandita breve. Un caso analogo a v. 56. La prima sillaba di ἰατρῶν, di norma lunga, qui è scandita breve: cf. infra v. 33 e nota 750. 743 Si potrebbe integrare anche . 744 Sic: sarà refuso per κρυερῷ: cf. infra v. 27 κρυεραῖς. 745 Sic: sarà equivalente a συμφέροντα = “ciò che giova alle quattro stagioni dell’anno”. 746 Sic: evidente refuso per ἵσχει. 747 Sic: starà per βρώσιμος, come anche πόσιος andrà forse emendato in πόσιμος. 748 Sic: sarà refuso per μειλιχίοισιν.
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ἔξοχον ἀντίδοτον κομιεῖ πάντεσσι βρότοισι νηπενθὲς καὶ μῶλυ φέρει, καὶ ἀκήρατον ἄλλως νέκταρ ἔχει φύσεως κράτερον σύνταγμα βροτείης. Ἰλαδόν ἐστιν ἑλεῖν ὅσα βούλεαι, ἰλαδὸν ὥδε ταργαίρει749 λαμπρῶς καλὰ πάντα, καὶ ὅσα Πέλασγοι γραψάμενοι βιβλίοις ἑοῖς κατέλειπον ἰατροὶ750 ὠφελιμῶς, ὅσα Ῥωμαῖοι μιμηταὶ ἀγαίων, ὅσσα συναμφοτέρων Αράβες προφέρουσι μαθηταί, πανταχόθεν [ut vid.] μέθοδον συνετῶς εἰς τήνδε τέτακται φαεδρότατον πανάκεια βρότοις τὸν φωσφόρον οὗτον ἥψεν, ὑμῖν [ut vid.] τοῦτον σκοπέειν πάντεσσι κελεύω, τουτονὶ παιήων εἶδεν εἰσκλήπιος751 εἶδεν ὠρνύμενον, εἶδεν Ποδαλείριος, ἤδε Μαχάων. Μοὶ δέ τε καὶ Μούσαις ἔφερον μοι πλεῖστον ἀρέσκει οὐδέτι Μῶμος ἔχει συκοφαντεῖν τυτθὸν ἐν αὐτῷ ὑμετέρῳ γοῦν Πιερίδες θεράποντι παλαιῷ. Σπουδαίῳ τε σαφῶς βιβλίον τεχνήμον τοῦδε, οὖρον ἔφεσθαι τύχης πολὺ φέρτερον ἢ τὸ πάρος περ. Τἆλλα δὲ σὺν χάρισι στέφανον πολυανθέα δ[ι]οῦσαι, ῥᾷστα βιοῦν δότε, μηδεμίαις τήρεσθαι752 ἀνάγκαις. Ὄλβια δ’ αὖ τροφίμῳ σφετέρῳ παμπλεῖστα πορίσαι. Φέρτατα δὴ βιότοιο καλοῦ τρεπτήρια753 σπουδῇ, ὠρύνετ’754 ἀνδρὶ καλῷ, τοῦ κᾴμοι πλεῖστα μελήσει σοὶ δὲ μὲν, Ἱπποκράτες, τέκνον φίλον ὥδε κελεύω, ὑμετέρῳ παραδόντα χορῷ τὸν [ut vid.] βίβλον, ἁπάντας νουθετέειν, ὡς ἐκ [ut vid.] φύσεως κρατέραις ἐν ἀνάγκαις ἐκ ταύτης κάμνουσι βρότοις ὑγιεινὰ λαβῶσι». Ταῦτ’ εἰπὼν ἐν χερσὶ τίθει, ὅδ’ ἐδέξατο Κῶος ἀρχιατρός, τιμίῳ τε λαβὼν μάλα τέρπε τε δώρῳ. Σύμπασάν τε βίβλου755 ἀνέγκω παμπρόφρονι [sic] θύμῳ756· εἶτα δὲ καὶ σφετέροις γνῶναι παρέδοκεν ἑταίροις.
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Si noti l’acronimo, nei primi 27 versi, Ἰωάννης Κυρίων Βερκῆνος ἰατρός. 749 Sic:
sarà refuso per γαργαίρει.
750 Sic: l’anomalia metrica può essere risolta trasponendo κατέλειπον ἑοῖς e facendo risul
tare un esametro spondiaco. 751 Sic: starà per Ἀσκλήπιος. 752 Sic: starà per τηρεῖσθαι. 753 Sic: starà per θρεπτήρια. 754 Sic: sarà refuso per ὥρνυτο . 755 Sic: sarà refuso per βίβλον. 756 Verso tormentato da ogni punto di vista. Proporrei, si libet hariolari, qualcosa come Σύμπασάν τε βίβλον ἀνεγκω σώφρονι θύμῳ.
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[79, 2] M(agister) Marcus Frytschius Laubanus757 candido lectori s(alu tem) [distici elegiaci]
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Quisquis es et medicam non plane respuis artem, hunc studiose librum (sic quia dignus) ama, qui nouus egrediens, vitio purgatus ab omni, liberius Clarias gestit adire domos. Curio, fatidici decus insuperabile Phoebi, edidit hoc plenum frugis et artis opus. Vlnis ipsum igitur complectere vtrisque, iuuentus, ac bene de merito dic bona vota viro! Nam quibus instructus sine morbis membra tueri possit homo, liber hic dogmata certa tenet. Magnanimo Anglorum regi quae dedita quondam, iam renouata tibi Teutonis ora uides758. Tuque cohors iuuenum, teneris quae protinus annis sedula das operam verba Latina loqui, incolumem, moneo, si gestis ducere vitam membrorumque cupis prosperitate frui, Curio mane tibi, tibi759 Curio nocte legatur: non imitabilis est absque labore labor. Exiguum certe, quo pagina venditur, aes est: quae disces magnae commodidatis erunt. Nam docet, affectus qua sint ratione regendi (omnis ab excessu semina morbus habet), vini epulique modum praescribit, Cypridis vsum temperat et quae sint sana lauacra monet. Cum corpus nimio repletum sanguine turget, incisis venis euacuare iubet. Vesperi ait somnum capiendum: nanque diurno tempore qui dormit, multa pericla ciet: inscius in febrim dilabitur atque catarrhum colligit et toto corpore languet iners. Hîc quoque certa leges anni discrimina: nanque diuersos radios ardor et algor habent. Non eadem veri, messi autumnoque hyemique conueniunt: tribui vult sibi quodque suum.
757 Marcus Frytsch, nato a Lauban, umanista alla corte di Ferdinando I (metà del sec. XVI): cf. AGL 2 c. 790. 758 Vd. supra il titolo dell’opera. 759 Si noti come il primo tibi abbia scansione giambica, mentre il secondo sia computato come un pirrichio.
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Quid sibi quodque760 velit, quid quaelibet exigat aetas, Curio monstrabit, si tibi lectus erit. Si sapis ergo, moras tollens, studiosa iuuentus, hunc tibi emes (paruo venditur aere) librum: insuper autori, grato pro pignore, fata optabis Pylio non citiora sene. Sic tibi non de[e]runt, qui scripta salubria condant, materia ingeniis conueniente suis: hisce vale atque bono feliciter vtere seclo: Castalium ad fontem iam via trita patet. Tempora quae forsan subito ventura sequentur, non ita foecundae conditionis erunt: si sapis ergo, tibi haec761 quos porrigit, arripe crines: an bona uel mala sint secla futura latet.
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[79, 3] Eidem m(agister) Henricus Spinaeus Berckensis s(alutem) [distici elegiaci] Quod male curarent homines languentia membra, viderat ex alto pulcher Apollo loco. Territus exclamat: «Quae morbis quaeritis aegri pharmaca mortales? quae medicina datur? Tenditis in mortem tali ratione medendi, corruit et labens non reparatur opus762. Restitui in melius si vultis corpora laesa viuendique frui commodiore via, huic operi uigiles oculos imponite claro, voluite tam doctum tempus in omne librum: discitis hinc certas medicandi saucia leges, integra quoue modo sit retinenda salus praestitit hoc763 artis medicae tibi Curio doctor, Curio, Apollinei gloria magna chori. Extendi vitam qui longum vultis in aeuum, ‘Curio, Tithoni’ dicite ‘viue dies’!».
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760 Sic:
forse refuso per quisque. conditio. 762 Sc. l’aiuto fornito dalla medicina. 763 Sc. opus, auxilium. 761 Sc.
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Ode m(agistri) Ludovici Helmboldi Mulhusini764 [strofe saffica]
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Nulla vis virtusque manet perennis rebus his, quae viribus extruuntur corporis: quae mens operatur, omni tempore durant. Nunc ager vel sylua vel est rubetum, quod fuit quondam Phrygii aula regis, arx fit e contra modo Carolea765, quod seges olim. Firma sunt fidumque sibi tuentur nomen et famam, documenta, quorum autor est Phoebus, sine honore nunquam commemorandus. Vtilis res est medicina, totum sustinet mundum: nisi salua nanque membra sint, praeceps domui uniuersae turbo minatur. Claret idcirco o Podalyriana fama, nec laus Hippocratis remittit, aemulus fertur uolucrum per alta astra Galenus. Hos duces, hos signiferos secutus Curio excellit simul et referri inter heroas medicos profunda mente meretur. Mentis hic index liber est, amomum plantat, extirpat tribulos, venena enecat, morbos fugat atque sanos protegit artus. Sanitas curae suasit766 cuiuis, huic viam monstrans igitur tuendae, gratiis omnem comitatus ibit Curio in Orbem.
[80] DE BALNEIS. Omnia quae extant apud Graecos, Latinos et Arabas, tam medicos quam quoscunque caeterarum artium probatos scriptores, qui vel integris 764 Ludwig Helmbold, “Schuhmann und Dichter” (Mühlausen 12 o 13 o 21/1/1532-ivi 7 o 8/4/1598): cf. AGL 2 cc. 1469 s.; ADB 11, 701 s. 765 “La rocca di Carlo”: l’allusione è con ogni probabilità all’imperatore Carlo V. 766 Non frequente la scansione spondaica in questa sede del verso, dove si dovrebbe ave re normalmente quella anapestica: cf. Crusius-Rubenbauer 106.
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libris vel quoquo alio modo hanc materiam tractauerunt: nuper hinc inde accurate conquisita et excerpta atque in vnum tandem hoc volumen redacta, in quo aqua rum ac thermarum omnium, quae in toto fere Orbe terrarum sunt, metallorum item et reliquorum mineralium naturae vires atque vsus exquisitissime explican tur, indicibus quatuor appositis, quorum primus auctores omnes, qui in hoc volu mine habentur, secundus balneorum nomina, tertius capita cuiuscunque libri, quartus mirabiles curationes in his libris contentas, quae vi ac beneficio balneo rum factae fuerunt, complectitur: opus nostra hac aetate, in qua tam frequens est thermarum vsus, medicis quidem necessarium, caeteris vero omnibus tum sum mopere vtile tum etiam periucundum, cum priuilegio summi Pontificis Senatusque Veneti, Venetiis, apud Iuntas 1553 (colofone finale Venetiis, apud haeredes Lucaean tonii Iuntae 1553) [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.88]
Il volume contiene opere riguardanti le terme, e, inframmezzati, anche brani poetici di (nell’ordine) Alcadinus Siculus (sec. XIII) (De balneis Pute olanis: cf. AGL 1 c. 224), Lucrezio (dal libro VI), Ovidio (dal libro XV delle Metamorfosi), Pontano (ex libro suo Meteororum. De fontibus et flumini bus), Camerarius767 (De eisdem thermis plumbariis hendecasyllabi phaletii Ioachimi Camerarii). Il volume si conclude con l’opera seguente Ioannis Antoniii Sicci768 Cre mensis De balneis compendium ex Hippocrate et Galeno Alla fine dell’opera compaiono i versi seguenti: [80, 1]
Iulii Amalthei769 epigramma [distici elegiaci] Vos, quos languor edax, quos opprimit arida tabes, quorum funestas mors cubat ante fores, mergite vos undis, latices haurite salubres, exuite his diram fontibus illuuiem. Excipiet vos alma Salus rorantibus vlnis: illa colit riuos, illa tuetur aquas, quas ita Paeonia Siccus virtute reclusit, vt pede Castalias Bellerophontis equus.
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767 Vd.
infra 83, 2. Antonio Secco (Siccus), medico (metà del sec. XVI): cf. AGL 4 c. 567. 769 Giulio Amalteo (Iulius Amaltheus), di Pordenone (sec. XVI): cf. Mazzuchelli 1, 1, 572, dove si legge: “...noi non sappiamo esserci di lui alle stampe, che un epigramma in lode di Gio. Antonio Secco, che si legge nella Raccolta di diverse opere De balneis stampata dai Giun ti nel 1553 in foglio”: si tratta, come si vede, della nostra opera. 768 Giovanni
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CARMINA MEDICALIA
[81] DE VEGE Pierre (Petrus de Vege), di Grenoble, medico (sec. XVII): cf. AGL 4 c. 1494. Pax methodicorum cum spagyricis, a nob(ili) Petro de Vege, sereniss(imi) ducis Sabaudiae medico, cum epilepsiae, podagrae, hydrop(isiae) et leprae curatione. Accessit Conr(adi) Gesneri770 Thesaurus euonymi de remediis secretis nunc in lu cem editus diligentia Casp(aris) Wolffii771, adiectis ingeniosis fornacum figuris, Lugduni, apud Bartholomaeum Vincentium 1620, cum priuilegiis [prima ediz. Lione 1619] [R.G. Medic. VI.140 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [81, 1]
De utriusque medicinae spagiricae veritate [esametri dattilici: ma vd. infra] In tenebris essem voluit ingratus amico, sed Deus ex tenebris vnguem pietate reuulsit. Extinctos septem (mirum!) quod cerno planetas, spiritus immensi vitae splendore beari, semina leguntur, spernuntur corpora vana, spiritus intus alit totaque infusa per artus mens agitat molem, quam si tu carpere nescis, esto procul, noli contingere sacra Dianae balnea nec coitum Martis cum coniuge speres: impliciti laqueis captus vterque sumus772. Mercurius binos cum sole resoluit et vnit, ignis lentus agit, non fortis, Hippocrate teste. Ecce breui multis quicquid cecinere poetae.
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De Vege
[81, 2] In pacem d(omini), d(omini) doctoris Petri de Vege Claudius Iauninus, professor Hebraeus [esametri dattilici] Turba fuit quondam multorum causa malorum, quos motos fluctus componit pace Vegaeus, 770 Vd.
supra 68 tit. Wolf (Zurigo 1525 o 1532-ivi 1601): cf. BL 5, 979; ADB 43, 777; H-BLS 7, 584; Michaud 45, 13 s. 772 Il verso è un pentametro. 771 Kaspar
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nectare at773 ambrosia de solis fonte fluenti. Illum felicem Basilica774 chymica dicit, non modo felicem sed terque quaterque beatum: Hermetis tanquam hunc complectere, Gallia, prolem.
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[82] DIETERICH (DIETERICUS) Helvicus (Kistorf 24/6/1601-Amburgo 13/12/1655): cf. AGL 2 c. 210; BL 2, 266; Michaud 11, 45 s. Responsa medica de probatione, facultate et usu acidularum ac fontium Schwalbaci susurrantium a celeberrimis aliquot medicis ad Helvicum Dietericum, v(alentem) med(icum) doctorem, archiatrum Darmstadinum, scripta iussuque il lustrissimi Hessorum principis etc. edita, Francofurti, apud Matthaeum Merian anno 1631 [sembra proprio la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.1925 (3)]
Alla fine dei 13 responsa medica tengon dietro i seguenti versi, raccolti sotto il titolo: Carmina ad authorem, clariss(imum) d(omi)n(um), d(omi num) Dietericum et Helvicum (pp. 78-92): [82, 1] Philippus Weber775, phil(osophiae) et med(icinae) d(octor), medi cus Saraepont(anus), clariss(imo) et experientiss(imo) d(omi)n(o), autori s(uo) p(atrono) p(osuit) [distici elegiaci] Thesaurum quondam scripsit Theodorus aquarum et plures scriptis nobilitavit aquas: ille Tabernaemontanus Theodorus776 in Orbe perpetui famam nominis inde tulit. Huius dum, Theodore, legis vestigia prudens, exornans medicum sedulitate chorum et describis aquas acido de fonte fluentes, Macro-Schwalbaci nomine digna facis: munera namque Dei scrutaris munere dignus, humanisque lubens usibus apta facis;
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10 773 Sic:
sarà forse refuso per et, determinato dalla vicinanza di ambrosia. prosodica, dal momento che le prime due sillabe della parola, di regola brevi, sono qui scandite lunghe. L’allusione è all’opera Basilica chymica (Francoforte 1609) di Oswald Croll (ca. 1563-1609). 775 Philipp Weber, medico a Oppenheim (prima metà del sec. XVII): cf. AGL 4 c. 1838. 776 Jakob Theodor Tabernaemontanus, celebre botanico e studioso di acque minerali (Bergrabern tra il 1520 e il 1530-Heidelberg, settembre 1590): cf. AGL 4 cc. 1100 s.; BL 5, 502 s.; ADB 37, 714 s. 774 Irregolarità
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et facis ut fontes peregrinus visitet hospes et lymphas acidas sedulitate bibat atque lavet corpus, morbos pellatque malignos ac a morborum pondere membra levet. Tu cito, tu tuto, tu monstras tollere morbos iucunde: summo dignus honore labor! Perge tuis medicos ornare laboribus hortos, ut flores aeger quilibet inde legat. Sic tua perpetuo vivet post funera virtus, sic tua non poterit vivida fama mori!
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[82, 2] 82, 1
Ad benevolum lectorem, idem [distici elegiaci] Huc ades, in sano sanas qui corpore vires exoptas, acidas et bibe fontis aquas. Huc ades, in sana777 sanas qui corpore venas quaeris, aquae corpus balnea facta lavent. Nam purgat stomachi Schwalbachica lympha liquores sudoresque movet corporis illa tibi. Pluribus et renum varias excernit arenas: vrinas fluidae commovet instar aquae; et magnos stomachi iecorisque refrigerat aestus, ne corpus febris laedat anhela tuum. Abdomen curat durum sanatque lienem, dum reserat venas evocat778 atque malum; vel, morbum si corpus alit, tua membra lavato: pluribus hinc morbis grata medela datur. Huc curras, forsan, si te vertigo fatigat, vel capiti pungens fert mala multa dolor, sique genas humerosque tuos defluxio vexat si mentem bilis turbat et atra tuam. Incubus aut quando praecordia pondere laedit vel spasmus nervos quando dolore ferit; ophthalmia779 tuos oculos si laedit et auris tinnit, ut auditus sit gravis vsque tuus; si laterum dolor, et prodit si sanguine sputum aut tibi si cordis palpitat aura tui;
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777 Sic:
sarà refuso per sano (cf. v. 1). educit, expellit. 779 Il termine è esemplato sul corrispondente greco ὀφθαλμία e scandito perciò con la penultima sillaba lunga. 778 Sc.
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82, 1 – 82, 3
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si stomachum bilis dolor aut singultus adurit vel quando premitur debilitate gravi; si iecur obstruitur vel debilitate gravatur, si magnâ premitur debilitate lien; regius et morbus tingit si corporis artus aut si morbosi tormina ventris alis; calculus et sitiens artus si corporis hydrops distendit, tardo si fluit unda modo; atque cibis iuste si non excreta respondent aut ani pungens obstruit ora malum; menstrua si desunt, matrix si debilis atque si premit articulos dira podagra tuos; aut si contractura manusque pedesque fatigat aut corpus vexant ulcera foeda tuum, etc., huc curras acidumque bibas de fonte liquorem atque lavent corpus balnea facta tuum. Sic sanas capies in sano corpore vires, vt rursum possis sanus abire domum. Atque Deo laetus toto dic pectore grates, aegros qui sanum corpus habere facit et doctos tollas Theodori laude labores, qui te de morbis membra levare docent.
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[82, 3]
Aliud [esametri dattilici] Nostra chymia780, meis doctor dilecte medullis, est invisa quidem quam pluribus: inde feruntur scommata contra illam quam plurima. Sed cacoëthes hic hominum nescit quae commoda quantaque surgunt ex illa? Hippocratis gnati experiuntur idipsum, haec781 acidas undas explorat et illius artes internas pandit fontis, qui pullulat omni momento, signat naturam atque illius usum, venis extrudit quem tantis. Caetera nolo persequier, laudes multas agnate mereris dilecte, ô nimium cordis dilecte medullis, quod consignasti haec libroque legenda dedisti: inde tibi laudes meritae nomenque manebunt, surget honos, illis quando superaddere plura
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780 Evidentemente 781 Sc.
esemplato sul greco χυμεία.
chymia.
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tentabis, facili qua polles nempe Minervâ. Theiologum782 patrem sic filius aemulus aequas783: servet utrumque Deus nobiscum: agnate, valeto.
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[82, 4] 82, 3
Petrus Vietor784, med(icus) archiater Wormat(iensis)
Ad Deum opt(imum) max(imum) [distici elegiaci] «Ῥᾴδια πάντα Θεῷ τελέσαι καὶ ἀνήνυτον οὐδέν»· οὕτως ἀείσει785 πάντοτε πνεῦμα ἐμοῦ.
Θαυμάσιαν σὺ δίδως γὰρ τῷ κρουνώματι ῥώμην ἰᾶσθαι διψᾶν πᾶσι καλῶς τε πο[ι]εῖν. Ὤ! διασώξεσθαι786, πόντου γαίης τε τύραννε, τὸν κρουνὸν χώρει εἰς τό ἔπειτα ἔτι787.
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[82, 5]
Ad inclytum Hassiae principem Georgium etc. Nature, Monseigneur, en sa course ordinaire, ne procrue788 point la cause à ses effects contraire. Je trouue que du feu en provient la chaleur, je cognoit que la peine engendre la douleur, je voy ce grand cieul selon son influence transformer icy bas toute humaine naissance, j’appercoy que ce monde, que les cieulx, que les temps, les moys et les soisons, les jours, les heures, les ans, le feu, la terre et l’air, les subiects de Neptune sont regis du soleil et du cours de la lune, je sçay asseurément que la mer à son flux, e [sic] que les corps celestes engendrent son reflux: aussi la pierre d’aymant par un secret cachè
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per motivi metrici ed esemplato sul corrispettivo greco θειολόγος. senso che Dieterich è figlio di Ippocrate “che dice cose divine” (theiologum). 784 Sic: vd. infra 82, 11, 1 cit. 785 Il futuro epico di ᾄδω è qui inammisibile per motivi metrici. Sarà perciò opportuno ricorrere alla forma dorica e congetturare qualcosa come p.es. οὕτως ᾀσεῖ. 786 Sic: sarà refuso per διασώζεσθαι. 787 « ‘Per Dio è facile compiere ogni cosa e non c’è nulla di impossibile’: così il mio spirito canterà in ogni tempo. Infatti tu hai dato una forza meravigliosa alla sorgente, e cioè di concedere a tutti di aver sete di guarire. Oh! Signore del mare e della terra, concedi che la fonte salvi in saecula saeculorum!». 788 Ut vid.: ma potrebbe essere o procure o procrée. 782 Sic
783 Nel
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tire au septentrion le fer qu’elle à touchè [sic]; les ruisseaux d’Aganipe et aussy d’Hypocrene, les claires eaües d’Helicon, de Pactol la fontaine, n’ont de l’omnipotent que graces singulieres: mais celles de voz climatz les recoiuent par meilleurs. Les curieux rechercheurs des secretz de Nature se viennent esgayer à son coulant murmure, pour en sonder la force, la source, l’evenement, puis estonnès concluent tous unaimément que Dieu, le cieulx, les astres, luy causent son origine, puis s’escoule dans vos terres, et là dans leur poictrine. Tire de voz mineraulx, et la force et vertu dont graces et louanges, apres Dieu, vous est deu, quy par ce sainct moyen aux corps alterez des humains affoiblis, les forces restaurez: aussy de voz ancestres imitès les vestiges effect et rejetton de leur tres-sacrée ti[e]ge estant exemple à tous de rare pietè, religieux, bon, deuot, plein d’affabilitè, c’est pourquoy le Seigneur miraculeusement vous pr[a]eoccupe du bien qui est sans changement, serez comblè de gloire, d’honneur et de laurier et les eaües christallines du hault ciel empirè refraicehiront789 vostre ame à toute eternitè c’est de quoy je prie Dieu, voir, supplie instamment d’aggrandir voz grandeurs en tous lieux, en tous temps.
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[82, 6]
Ad fontes macro-Schwalbacenses Viue fontane! fontane pur felici! che sete segno del diuino amore per dar conforto al deboletto cuore, sì de i nemici com’anco de gl’amici. A che il Gange, il Pactolo, il Tago fiumi, chi [sic] come miracoli diuini si van largando con modi cosi fini, corron pe ’l mondo con borboglio si vago?
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A che? del oro apportan solamente, (se ben per questo si regga l’uniuerso); mà voi cacciate le morbose saette:
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789 Sic:
refuso per refraicheiront. Dopo il v. 35 deve essere caduto un verso.
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però, la santà quant’è più eccellente del oro, tanto voi sete al inuerso, ò care acque! ò acque benedette!
[82, 7] Ad cl(arum) d(omi)n(um), d(ominum) Helvicum Dietericum etc. [distici elegiaci] Dona Dei signat Theodori nomen: id ipsum tu geris et pandis splendida dona Dei. Nam quid sunt acidae nisi munera Numinis? et quid bullantes fontes sunt nisi δῶρα Θεοῦ? O igitur felix Theodorus nomine reque, haec qui tam scite dona probata refers!
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[82, 8] 82, 6
Ad aegros
[Il testo è scritto in caratteri gotici, mentre le parole in corsivo sono stampate in caratteri latini]
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Wohlan die ihr sendt schwach, thut euch ohn schwer bequemen und was ich referir, fleissig von mir vernehmen: viel Ding seynd in der Welt die auch fuer sich seynd gut, aber welche man sich offt sehr verwundern thut. Der sieben Wunderwerck will ich jetzundt geschweigen und hier nur etzlicher Wasser Kraeffte anzeigen: Sicilien hat ein Fluß von solcher starcken Krafft, daß er erstickte Thier gleich samb wird lebend macht. Berosus der Hügel drey Bronnen hatt die toedten gantz ohne Schmertzen den der sich darzu thut noethen. Bey Neaples ein Hoel all Thier ersticken kan, die man drein wirfft und wird genandt Grotta del Can. Wirfft man denn solch hernach in nechsten Teich darneben (doch daß gescheh alß baldt) so thun sie wiedrumb leben. Lyncestis ist ein Fluß macht truncken [sic] wieder Wein, ein Bronn bey Clitor abr [sic] dessn [sic] Eckel fuehret ein. Ein boeotischer See zur Liebes Brunst thut zwingen, der Bronn Cupidinis helt ab von solchen Dingen, in Pyrrhea ein Wassr [sic] die Schwaengerung thut wehrn, Nilus der Fluß viel Kindr [sic] auff einmahl macht gebaehrn. Bey Ceco eine Bach subtiln [sic] Verstand thut machen dargegn der dummen Leuth zu Ceâ muß man lachen. In eim [sic] judischen See nichts vntergeht was lebt
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in Indien ein Weyr macht daß nichts oben schwebt. Ein Insul [sic] auß dem Meer drey Vorgebirg außstrecket da ein brennender Berg die Leuth manchmal auffwecket mit Rauch vnd Fewersflam: Aetna wird er genandt, doch Montgibel sein Nahm ist jetzundt mehr bekandt, da gibts manch Wunderding durch Wasser vnd dergleichen, die mit vnserm Verstandt nit leicht sind zu erreichen: aber betracht die Krafft, so wirst mit mir gestehn daß die Schwalbacher Bronn diesn allen thun vorgehn. Betracht mit allem Fleiß was sey gesundes Leben fuer ein herrlich Geschenck das Gott der Herr thut geben: was frewt dich Gelt vnd Gut? was frewt huebsch Kind vnd Weib, groß Hauß vnd Hoff, wann du nit hast gesunden Leib? Was hilfft dich doch daß du zu grossen Ehrn erhaben koennen sie auch, wie groß sie seyn, dich Krancken laben? Was ist fuer Obrigkeit die ihr Ampt recht verricht wann sie vbl [sic] sich befindt vnd hat die Gsundheit [sic] nicht? Welch Underthan kan thun, was ihm sonst thut obligen, wenn er sein Handlung vnd Gewerb muß lassen ligen, daß abr [sic] beruehrtes Wasser zu Langen Schwalbach frey wieder viel Schwachheiten nutzlich zu brauchen sey. Ja daß es hab curirt manch gefaehrlichen Schaden und biß daher gleichsamb [sic] gethan hab Wunderthaten bezeugt manch vornehmer Reichs Fuerst, Graff vnd Freyherr, manch Edelman vnd Buergr [sic], Bawer vnd andre mehr. Viel frembde auch deßgleichn, die mit schwerlichen Plagen behafft gewesen seyndt, wissn wohl darvon [sic] zu sagen. Es heilt die fallend Sucht, den Schlag, alte Catarrrhn [sic] vnd diedurch lang Hauptweh fast worden seynd zu Narrn, hirnwuetigkeit, der Schwindel, Melancholi [sic] deßgleichen die Schlaffsucht, Aberwitz vnd schwer Gehoer muß weichen das Zitteren, den Krampff, den Alp vnd lauffendt Gicht, allerley contractur, Laehmung vnd bloed Gesicht, das bluten auß der Naaß [sic], auch Zahnweh thuts nit leiden ubler Geruch des Wundts, des Halß vnd Weh der Seiten die Braeun, der Lungen Schleim, Keichen vnd Brust geschwaer, der Husten vnd was sonst die Brust beschweret mehr. Hertzbochen vnd Ohnmacht, Abnehmen vnd Erbrechen Gluchsen, ohnleidlichr [sic] Durst, Magen, Schmertzen vnd Stechen, boese Daewung [sic], Geschwulst, seltzamer appetit der Sod, muessen all fort, sie wolln oder wolln nit. Das Grimmen vnd Darmgicht, Durchlauff, er sey entsprungen worvon er woll, wann er nur nit kompt [sic] von der Lungen, wie auch all Wuerm gezuecht muß sich hinweg vexirn,
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drumb welcher hat den Wurm kan sich hielan curirn. Der Leberhart Verstopffung, Entzuendung, Sucht vnd Schmerzen des Miltzes gleicher weiß, die Wassersucht ohn schertzen, die Gelbsucht, der Scorbut, sampt ihren Spieß geselln werden vertrieben gantz durch solch heylsame Quelln. Wer ein Stein hat im Leib, in Nieren oder Blasen demselben dieser Tranck nutzt vber alle masen wer schwerlich harnt oder nicht halten kan den Harn, der mag zum Sawerbrunn alß bald nach Schwalbach fahrn. Hat er den Saamen Fluß, odr will ihm nit mehr gehn sein Luften wie er soll, der mag sich da vmbsehn, er wird Materi [sic] finden die vielleicht vor ihn sey, er halt die Stundt, Morgends nach sechs, Abendts nach drey. Das Podagra, huefftweh, Zipperlein vnd Frantzosen aussatz, Fieber, die all keinem fuerwar liebkosen der Guelden Ader Schmertz, mancherley Bruech vnd Grindt durch dieses Wasser offt vnd viel geheylet sindt. So viel von Maennern; nun kommen wir auff die Weiber, welche mehrentheils han gebraechlichere Leiber, denselben thun viel Guts die Brunnen zu Schwalbach, daß sie die Kranck hinkommen, gesund wegzihn darnach. Es werden da geheylt viel der Beermutter Schmertzen, wann sie auff steigt vnd dringt vber sich nach dem Hertzen, wie auch derselbigen Geschwulst vnd Apostem, Auffblaehung, Abweichen, vnd was mehr gleichet dem. Wann ihr monatlich Blum verstopffet vnd verhalten, wann sie vnmaessig fleust [sic] bey jungen oder alten, wann sie anfaengt zu schwaern, odr ihnen macht Verdruß die Erstickung der Muttr [sic], wie auch der weisse Fluß: so helffen diese Wassr [sic] nach allem Lust vnd Sinne wann man sie ordentlich trinckt vnd badet darinne. Zu der Unfruchtbarkeit seynd sie auch offt probirt wiewol allein das Wassr solches nit operirt. Ob sie nun aber schon gdachte [sic] Schwachheiten heylen mustu790 doch nit alß baldt, ohne Rath darzu eylen, sondern dem Medicum deßwegen consulirn darmit er, was von noethen, zuvor moeg ordinirn. Sonsten da du vermeinst Nutzen davon zu haben, bringstu [sic] du dich muthwillig selbst in mercklichen Schaden, dieses sey dir zur Lehr, merck es zuvor mit Fleiß, darmit du nit hernach mit Schaden werdest weiß. Darneben sag auch stets ewig Lob, Preiß vnd Ehre
790 L’ultima
lettera sembra essere o u o n. Forse era originariamente mustun (= muß
tun).
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mit danckbahrem Gemueth dem der da ist ein Herre uber Himmel vnd Erd, vber die Sonn vnd Mon [sic], uber all Element, herrschend im hoechsten Thron. Der durch sein Guetigkeit den Wassern gibt gedeyen, daß sie vns arme Menschn [sic] von Kranckheiten befreyen, welcher Kranckheiten wir mit vnsern Suenden schwer und boesen Leben wohl haben verdienet mehr. Fuer den Landes Fuersten auch bitt Gott: er woll ihm geben, alln [sic] fuerstlichen Wohlstandt, Gesundheit, langes Leben, darmit wir ferner noch vnter seim gnaedign Schutz der Bruenlein vns gebrauchen moegen zu vnserm Nutz. Mit deim Almosen auch bedenck darbey die Armen, damit Gott desto mehr sich deiner moeg erbarmen, ruff ihn inbruenstig an fuer dein mit Bronnen Gaest und vmb die Seeligkeit, als welche ist das best. Plus que moins
Ludwig von Hoernigk791
[82, 9] 82, 8 Aliud [esametri dattilici]
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Vsque adeo regnat bonitas in climate mundi divini Patris, medicas ut fontibus indat artes, satque superque acidâ stillantibus undâ. Vix ullos morbos mortali in corpore cernes, quos liquor hic acidus medicatus non fuget usque. Haec mihi testis erit, celebris quae prodit in auras pagina, plena boni medici, plenissima frugis: namque docet, morbos tollit quos lympha susurrans haec, seu corpus aquâ mergis seu gutture sumis. Quare, nos meritas ex toto pectore grates dicimus aeternae Triadi, quae curat abunde nos tantâ bonitate suâ, dum vescimur aurâ. Magna quoque Helvico debetur gratia nostro, qui facit hoc, donum quo possis noscere sacrum.
Fridericus Flacht Wormat(iensis), med(icinae) doct(or)
791 Ludwig von Hörnigk, giureconsulto e medico (Darmstadt o Lipsia 1600-Mainz 2/8/1667): cf. AGL 2 c. 1646; ADB 13, 157; BL 3, 251 s. che lo dice autore di “Schwalbacher Sauer-und Prodelbrunner-Beschreibung (Frankfurt 1632) mit einem Anhange deutscher, griechischer, italienischer und französischer Gedichte”.
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Aliud [falecei] Magnum est eximio labore tectas indagare vias profunditatum Naturae. Ingenio favente dio multi intra dubios meant meatus terrae, sulphureas docent latebras, abstrusas metiuntur atque vires: exponunt in aquis alumen esse mentem. Farier hoc sat est molestum ignaris: referunt deinde plumbi dulces esse reconditos favores suavis, quin cupreos notant recessus et plures alias aquae salubris vires, omnipotens Deus paravit quas coelo supero manu potente. Belle, (me792 Deus!) haec et illa et ista, sunt praeclara Dei rescire dona! Donat multiiugo Deus labore, donat dulcifluo Deus favore, donat mellifluo Deus sapore: queîs cordi pietas fidesque firma stat, dat cognitionis huius arcem. O Ditrice, mei medulla cordis compatrisque mei medulla Patris doctor, docta cluens momenta rerum, abstrusa haec animo doces celebri. Te Schwalbacia laudibus Camoena dignis evehet et tibi sonabunt grates guttae acidae suavitate mirâ fonsque feret tuos honores, iucundissimus ille pullulando per terras, fruier doces quod illis syncere ingenuam ad salubritatem. Sanus vive, mei medulla cordis, sanus vive, Patris medela cordis annos Nestoreos! Iova793 fortes ausus firmet ab axe praepotenter. Tu librum legito favore, lector, multo: concipies modos venustos
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792 Sic:
sarà refuso per mi. è rafforzata da Iehovae di v. 41.
793 L’integrazione
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queîs succurrere viribus perustis passis794. Interea pie valeto et te gratia sublevet Iehovae: hoc optant tenues mei phaleuci.
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M(agister) Ludovicus Seltzerus795, Giessâ Hessus, pastor evang(elicus) Wormatiensis, affiniter l(ibens) m(erito)que apposuit
[82, 11] Excellentissimo viro, domino Helvico Dieterico, medico supra laudem, s(alutem) [falecei] Quur med796, ex Vietoris797 eruditi arte Poeoniaque Hyantiaque, poscis admonitu, ut tuum libellum doctê, Iuppiter! et laboriosê conscriptum, Diterice, cor parentis798, vna condecorem brevi phalaeco? Vel te iudice, quaeso, sanus essem, si quid in medica velim palaestra ferre iudicii? Satis laborem, scitum, Iuppiter! equenucleatum799 commendant Vietoris eruditi, iuxta et Wegelii atque caeterorum, quos penes Medicina, gratulationes800, et, si quid superest mihi cerebri, tantas, non sine maxumo decore, hic fons perpetuum parabit801, quantas, non sine maxumo labore,
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794 Sic:
refuso per possis. Seltzer, teologo (Giessen 29/7/1581-ivi 26/10/1642): cf. ADB 33, 692. 796 Si noti la forma arcaica di med, in luogo di me, per evitare l’eventuale iato. Peraltro il tono enfatico dell’attacco viene ulteriormente ribadito dalla forma quur in luogo del più normale cur. 797 Vd. supra 82, 3. Non credo che possa trattarsi di Theodor Vietor, filologo (Lich 1560-Marburgo 4/6/1645): cf. AGL 4 cc. 1590 s.; Eckstein 591. 798 Allusione a Ippocrate: vd. supra 82, 3, 5. 799 Sic: per salvare il metro e il senso proporrei qualcosa come p.es. scitum atque enucle atum acu : cf. Cicerone, pro Scauro 20, 4; Otto 4; Tosi 79 n° 175. Iuppiter potrebbe essere stato inzeppato dal v. 4. 800 La metrica non torna: si potrebbe congetturare — in luogo di gratulationes — gratula tur (sc. Medicina). 801 Manca un piede. Si potrebbe congetturare (sc. laudes: vd. v. 18) parabit. 795 Ludwig
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laudes, mi Diterice, contulisti. Johan-Conrad(us) Mollenfeld, iur(is) utr(iusque) lic(entiatus)
[82, 12] Aliud a m(agistro) Georgio Hunneshagen802, pastore Neunkir chensi, p(ositum) l(ibenter) 82, 11 HELVICVS DIETERICVS per anagr(amma) VI DEI ET CVRIS LVCES
[distici elegiaci] VI donisque DEI ET medicis, clarissime, CVRIS vir LVCES: testis plurimus aeger erit, passim dum proceres et subdita turba fatentur se bene consiliis convaluisse tuis. Nunc etiam vires acidi monstrare laboras fontis, Schwalbaci qui rigat arva soli. Si tam fausta tuam decorat medicina iuventam, quantum te medicum sera senecta dabit? Es iuvenis floresque tamen, Dietrice: futuro in senio quantus flos erit iste tuus? Archiater, coelo miscet qui pharmaca, faxit: sis vegeto iuvenis corpore sisque senex.
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[82, 13] Elegia in fontana doctoris Helvici Theodorici, medici excellentis simi, scripta a m(agistro) Ludovico Hirsch, pastore Reinheimensi [distici elegiaci] Nubifer, ad Rhenum fluvium, qui, rex803 fluviorum, mons iacet, excelsi nomen adeptus habet. Abiete, ramosa quercu fagoque superbit: hoc vix in tractu cernis honore parem. Ascendit donec caput inter nubila condat ceu delectetur vertice ferre polum. Vocibus alituum resonant hic lustra ferarum, aurea quando novi tempora veris eunt. Hic habet umbraclum, cum portat salsa viator pocula, cui laedunt scrupea saxa pedes. Hic venator agit pavidos in retia cervos, setigeros longa cuspide figit apros instigansque canes armillatosque804 molossos,
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802 Georg
Hunneshagen: cf. AGL2 2 c. 2195. in qui rex etc. e, al v. 2, in iacet, etc. 804 Armillatus riferito ai molossi (“cani col collare”) in latino classico è usato solo da 803 Emenderei
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et lupus et vulpes prenditur atque lepus. Haec speciosa quidem facies est montis ad extra805: virtus visceribus condita maior inest. Abdita saxosis latet unda inclusa cavernis, quae superat vanas divitis Orbis opes. Haec ad radicem montis promanat utramque: cocta suis venis robur adepta scatet. Est declive latus, quod versus littora Moeni vergit, ubi e terris fervida fumat aqua. Aestuat ut clausis rapidus fornacibus ignis, hic tot morbosis structa lavacra vides. Thermas pratenses dicunt: hîc languida membra curantur, fiunt hic pia vota Deo. Concipiunt steriles thalami sua pignora nuptae, hisce salutiferis quando lavantur aquis. Incrustata cutis scabie, bene lota glabrescit806, loti his loripedes fulcra valere iubent. Abdita Naturae qui quaeris, viscera montis ingenio lustres et tua visa refer atque latus, gelidam quod versus prospicit Arcton: pharmaca sunt aegris, quas ibi fundit, aquae. Fons scatet in pratis, superans acredine cunctos: miraclum (dico) Cunctipotentis erit! Admirabundus807 iuxta haec ego flumina sedi, hic tacite votum nuncupo corde Deo. Fons genuit rivum, leni qui flumine currit: offert officium civibus ante fores. O vos felices omnes hoc rure colonos: vos hac donavit prosperitate Deus! Non opus hic medicâ quo quis curetur ab arte: vos curat simplex vestra salubris aqua. Quando piger stomachus sumptas male digerit escas, fonte bibens tardas808 despicit iste dapes. Vidimus hic homines per florida currere prata fessaque gramineo membra cubare solo. Saepeque conveniunt velut ad convivia amici, longum seiuncti tempore, fronte, loco: alter in alterius propinat pocla salutem, non secus ac biberet, dulcia dona, merum.
Properzio 4, 8, 24. 805 Ad extra può voler dire soltanto “esteriormente”. 806 Glabresco è usato solo da Columella 2, 19, 2. 807 Il termine non sembra attestato nel latino classico e medioevale. 808 Intendi: “che richiedono una lunga digestione”.
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Ex toto tractu veniunt longis et ab oris, implentur situlae, saxea vasa, vitra. Confluit hic hominum genus hoc, ex cannabe vili contortum valido corpore tegmen habet. Hos inter, nequam in Domini blasphemus honorem, carro venales scurra rotabat aquas; di[i]que deaeque omnes perdant, tu perdita pestis: est haec pro tantis gratia danda bonis? mox cum discipulis dixissem: «Fulmen ab alto decidat, ut poenam furcifer iste ferat!». Sed Domini bonitas ceu sol radiat super omnes, sive fuere boni sive fuere mali. Sunt alii fontes bullantes, incola dicit: a bullis nomen convenienter habent. Effundunt, raro pariunt quas, funditus undas totque statim reddunt urna quot haurit aquas. Longis in cupis calefacta lavacra parantur, quae rabiem sistunt, dira podagra, tuam. Qui renes vel qui vesicam calculus angit, pellitur his tepidis, pessimus hostis, aquis. Morbi sunt plures, eadem quos supprimit unda: a medico, ut poterit, discere quisquis avet. Persuasus medico Diterico, fontibus utor: aegri lenimen corporis inde tuli. Principis archiater, doctor praeclare, scatebrae iussus virtutem quaeris et arte probas, et docto scripto commendas: illud amabit, aetas quae praesens quaeque sequetur, opus. Esto sis iuvenis: longis sapientia barbis non habitat, sedem pectore Pallas habet. Te matura senem fecit prudentia, quamvis edoctas signet vix tibi barba genas. Iova tibi donet longaevi temporis usum: ornabis Spartam cum gravitate tua[m]. Sic vegetus, valeas et donis amplior esto: utatur studiis aeger in Orbe tuis. Debilitata diu tot morbis nostra Camoena, affixum carmen fonte levata canit: annua quando novi rediit revolutio coeli, ad fontem rediens tum meliora canet.
[82, 14] In laudem Dei in primis et fontium Longoschwalbacensium, cum ibi uterer fonte et balneo 82, 13
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[distici elegiaci] Aeterni Patris bonitas haec flumina fecit, quam mecum celebra, qui petis aeger opem. Ex hominis lapsu veniunt tot languida membra, tot morbi, ut poenam crimina nostra ferant. Sed Deus has scatebras imo fundamine terrae extrudit, tanti ut sint medicina mali. Sic Deus infligit rabiosaque vulnera sanat, sic lucet medio verbere Patris amor! O fons, ô scatebrae, sit vobis vena perennis: laudes quis vestras enumerare potest? Civibus et scatebris multam precor ipse salutem: Iova iuva809: vigeant810, stent maneantque diu. Haec metra qui cecinit, veniens huc, debile corpus attulit, in patriam spe melioris811 abit.
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22 Iunii anno 1630 scriptum812
[82, 15] Ad d(ominum) Dietericum, medicum, cum uterer ipsius consilio, apud Acidulas [distici elegiaci] Si me sanabis, summo faciente Iehovâ, erumpam in laudes, fons generose, tuas atque tibi dicam votivo pectore grates et celebrem medicum te mea Musa canet. F(aciebat) Ludovicus Hirsch813 Finis
* Alla fine del volume compaiono (pp. 117-119) i seguenti versi: [82, 16] In fontium acidorum historiam v(iri) cl(ari) d(omini) Helvici Dieterici, archiatri Darmbstadini [sic] 809 Intendi:
“o Dio, aiutaci!”: si noti la paronomasia. scatebrae. 811 Sc. corporis. 812 L’autore del carme sembra essere sempre Ludwig Hirsch: vd. 82, 13. 813 Vd. supra 82, 13. 810 Sc.
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[distici elegiaci] Qui medici sancte iurant in verba Galeni, cuncta Theophrasto prodita vana putant, utque rudi vulgo placeant, medicamina damnant omnia, quae chymicae composuêre manus. «Vitriolum,» clamant «ferrum, sal, sulphur, alumen, nomina sunt ipso pene tremenda sono». Haec sumenda suis chymicus languentibus offert, sanguine vipereo perniciosa magis: ergo relegentur, quorum medicamina fiunt de sale, de ferro, sulphure, vitriolo. Sic illi, quibus haud salis est in pectore mica et quos Hermetis mystica sacra latent, attamen hi morbis affectos agmine magno ad fontes acidos currere saepe iubent, vnde remigrantes, pulsis e corpore morbis, ostendunt medicis membra refecta suis. Quod non efficerent succis nec olentibus herbis, sed Deus has vires fontibus esse dedit, qui sale, vitriolo, qui Marte et sulphure pleni Schwalbaci vitreis conspiciuntur aquis. Quare, si gelidis est tanta potentia lymphis, quid valeat chymicâ factus ab arte liquor? I nunc, turba tuo tantum subiecta Galeno, et chymici post haec sperne laboris opus: i nunc et factas dic esse venena medelas de sale, de ferro, sulphure, vitriolo.
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Amico suo intimo p(osuit) Francofurti ad Moenum Iohannes Ludovicus Gans814, d(octor) med(icinae)
[82, 17] Ad clarissimum et excellentissimum virum, d(ominum), d(omi num) Helvicum Dietericum, archiatrum Darmstadinum 82, 16 [distici elegiaci] Arte metallifluas815 dum tentas undique venas, unde Bethesdaici816 fontis origo salit, mox Orbem tua fama replet: sed gloria maior Schwalbaco, Baiis Puteolisque venit. 814 Vd.
infra n° 105. attestato in latino classico e medioevale. 816 Allusione alla miracolosa piscina di Bethsaida: cf. il vangelo di Govanni, 5, 2 ss. 815 Non
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Officii ergo f(aciebat) I(ohannes) C(aspar) Fausius817, m(edici nae) d(octor)
[83] DIOSCORIDE (I sec. d.C.) Εὐπόριστα Ped(anii) Dioscoridis Anazarbei ad Andromachum, hoc est De cura tionibus morborum per medicamenta paratu facilia libri II, nunc primum et Grae ce editi et partim a Ioanne Moibano818, medico Augustano, partim uero, post huius mortem, a Conrado Gesnero819 in linguam Latinam conuersi, adiectis ab utroque interprete symphoniis Galeni aliorumque Graecorum medicorum, cum gratia et priuilegio Caesareo ad annos octo, cum indice, Argentorati, excudebat Iosias Rihe lius anno 1565 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.1427]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [83, 1] Achillis P(irmini) Gasseri L(indaviensis)820 epigramma [distici elegiaci] Huncce Dioscoridem Graecum Ianus Moibanus donauit Latio primus et explicuit, in quo, cum quaedam minus explorata fuissent, adiecit lumen perspicuasque notas. Ast ubi syncero euulgat medicisque legenda haec proponit studio, mors inopina rapit: mors inopina rapit plorantem coniugis, eheu, praecipitans fatum et scribere plura uetat. Quare age, ne posthac tibi doctos inuida Parca sicce uiros perdat, pulcher Apollo caue. Pulcher Apollo, caue Gesnerum, talia qui nunc ex uoto complet, lumine destitui821, vt tandem libro hoc physicus, chirurgicus item, languentes uarios arte iuuare queant.
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* 817 Johann
Caspar Fausius, medico di Heidelberg (m. 1/4/1671): cf. AGL 2 c. 530. Moibanus (Breslavia 27/2/1527-Augusta 9/5/1562): cf. AGL 3 c. 583; BL 4,
818 Johannes
229. 819 Vd.
supra 68 tit. Pirmin Gasser (Gassärus), medico, scienziato, storico e astrologo (Lindau 3/11/1505-Augusta 4/12/1577): cf. AGL 2 cc. 875 s.; BL 2, 693; ADB 8, 396 s. 821 Sembra una beffa del destino: Konrad Gesner morirà infatti il 13 dicembre 1565, poco dopo l’uscita del libro. 820 Achilles
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Alla fine dell’opera di Dioscoride compaiono i seguenti versi: [83, 2] Ἰωάννῃ Μοιβάνῳ ἰατροδιδασκάλῳ, ἀνδρὶ ἐλλογίμῳ ἀρετῇ καὶ σοφίῃ φιλομούσῳ διαπρέποντι ἐν τοῖς πρώτοις, ἀποθανόντι ἐν τῇ Βινδελικῶν Σεβαστῇ, τῇ θ´ Σκιῤῥοφοριῶνος ἰσταμένου, ἔτει ἀπὸ Χριστογονίας α´ φ´ ξ´ β´ [1562] [distici elegiaci]
Νῦν ἄρα τις ζωῆς βροτέης αἰῶνι πίθοιτο πουλυχρόνων ἐτέων ἐλπίδι βοσκόμενος, ἀλκὶ τ’ ἀγαλλόμενος γυιωφελέως822 νεότητος, ἀρτιμελεῖ εὐγιοῦς823 σώματος ἠνορέῃ. Τῆς τ’ ἀρετῆς ἀσκῶν ἐπιτηδεύσεις περιφήμου καὶ μεγαλωνύμῳ824 γαυριόων σοφίῃ, καὶ τὰ παρόντα βλέπων· ἀπὸ σοῦ Μοΐβανε θανόντος ἀπρούττου825 γοερῇς826 συντυχίῃσι Μόρου. Οὐλικίης827 ἔτι θαλλούσης εὔρωστος ἐν ἀκμῇ ὅστ’ οἴχου μέσ[σ]ατον καββιότοιο δρόμον, ἔν τε λόγοις ὀλίγων καὶ Μούσαις δεύτερον ἄλλων, τῆς δ’ ἀρετῆς πολλῶν ἀγλαίῃ πρότερον, καὶ πιστὸς Φοίβου θεράπων, ἐτέροις θ’ ὑγιείης μακροβίου τέχνῃ πρόξενος εὐπαλάμῳ. Αἲ αἴ, καὶ σύγε πρόσθ’ ἀλόχου τητώμενος ἐσθλῆς πένθει καὶ νούσῳ κάτθανες ὀλλύμενος, ἄθλιον ἀτλήτοις ὀδύνῃσι πεπαρμένος ἦτορ καὶ λαβροῖς δακρύων ῥεύμασι τηκόμενος καὶ γὰρ ὅταν τεκνωσαμένη τὰ λεχώϊα μαίη σκεύασεν, ὡς τέταρτον μητέρι γινομένῃ828, δὴ τότε τὸν πύματον δρόμον ἤνυσεν ἥδε βίοιο καὶ σύναμ’ ὠδίνων ἐκπεφυγυῖα πόνους. Καὶ σὺ δὲ τὴν γαμετὴν κλαίων σὺν παίδι ἐπέπαυσο ζῶν, θ’ ἅμα σύλλεκτρου μοῦνος [ut vid.] ἐν ἀμμορίῃ.
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composto da γυῖον e un postulabile ὠφελής. sembra derivare da un ipotetico εὐγυιὴς (in luogo dell’attestato εὔγυιος). 824 Irregolarità prosodica, dal momento che la penultima sillaba della parola, di norma breve, è qui scandita lunga. 825 Sic: sarà refuso per ἀπροόπτου (contratto in ἀπρούπτου) “non previsto, improvviso” (sc. Μόρου). 826 Sic: starà per γοεραῖς (sc. συντυχίῃσι). 827 Sic: starà per Οὐ ἡλικίης. 828 Intendi: “mentre lei, mamma, aveva il travaglio, non dimenticò gli altri figli, divenuta madre per la quarta volta”. 822 Sic,
823 L’aggettivo
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Ἀλλ’ ἐντεῦθεν ὑμᾶς ἔβλαψ’ ἀποδημίη οὐδὲν ἐκ τόδ’ ὁμῶς ζωῆς τῆς δὲ λαχόντι τέλος, νυνί γε σὺν Χριστῷ ψυχῶν σφετέραν829 διαγουσῶν, αἰὲν ἐν ἀῤῥήκτου συζυγίαις ἀγάπης. Οἱ δὲ φίλοι, θρήνων τό τε συγγενές830, ὡς ἐπέοικε, ἐκτίνουσιν ὑμῖν πρᾶγος ὀφειλόμενον. Πάντες ὀδύρονται δὲ τὸ τῆς σῆς χρηστομαθείης σβεσθὲν ἀμᾶ ζωῆς φωτί, διδασκαλικόν· Σωσικράτους831 τέχνης τ’ ἀνθρωποφύλακτον832 ὄνησιν ἄστυ τε καὶ χώρη γειτνιόωσα ποθεῖ. Αἰάζω, σὺν ἐγὼ τοῖονδ’ ὀλέσας ἐφ’ ἑταῖρον, Ναϊάδων παρ’ ὕδωρ ἐνθάδ’ Ἐλιστριάδων833. Ἀλλὰ σύ, καὶ γὰρ πότμον ἀνεπλήσω σέο, χαῖρε, κλήρου μοῖραν ἔχων ὄλβιος αἰθερίου. Χαῖρ’, ἀγαπηθητέντος834 ἐὼν Χριστοῖο πάρεδρος, οὐκέθ’ ἁμαρτωλῷ σαρκὶ πιεζόμενος. Χαῖρ’, ἡμεῖς δ’ ἡμῶν πειρησόμεθ’ εὖ δ’ ὅσα λοιπὰ ἤμαθ’ ὁμιοτρόποις ἐλπίσι συντελέειν.
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Ἀπὸ Ἰωαχείμου τοῦ Καμεραριάδου835, γραφὸν ἐν τῇ Λειψιακῇ Ἀκαδημίᾳ, ἔτει τῆς Χριστογονίας χελιοστῷ πεντακοσιοστῷ ἑξηκοστῷ καὶ δευτέρῳ, περὶ τὴν τῶν ʽΥάδων ἀκρόνυχον ἐπιτολήν.
[83, 3]
Idem a studioso quodam iuvene836 Latine redditum [distici elegiaci] I nunc et reputa, quam spe lacteris837 inani, si tibi perpetuos polliceare dies, viribus et uegetae frustra laetere iuuentae, dum tua cum ualido corpore forma nitet. Quid iuuat incumbas studiis et rebus honestis,
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starà per σφετέρων: cf. 83, 3, 27 vestrae....animae. “e gli amici, uniti in un comune lamento etc.”. 831 Sosicrate è forse il medico ricordato in PW 2, 5 c. 1166. 832 Non attestato in greco classico. 833 Si tratta del fiume Elba (Alstra). 834 Starà — per motivi metrici — per ἀγαπηθέντος. 835 Joachim Kammermeister sr. (Camerarius) (Bamberg 12/4/1500-Lipsia 17/4/1574): cf. AGL 1 c. 1596; ADB 3, 720 ss.; Eckstein 77; Pökel 39 s. Vd. anche 80 tit.; 199, 3, 16 cit. 836 Si tratta, con ogni verosimiglianza, del figlio di Camerarius, Joachim jr., medico e botanico (Norimberga 6/11/1534-ivi 11/10/1598): cf. AGL 1 cc. 1594 s.; BL 1, 808; solo un fugace accenno in ADB 3, 724. 837 Sic: refuso per laeteris (cf. infra v. 3), o anche per iacteris. 829 Sic:
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CARMINA MEDICALIA
sis σοφός, ingenio clarus, et arte ualens, praeter spem raptat cum te, Moibane, maligna, (proh dolor!) e patriae Parca repente sinu? Sis licet in cursu uitae florente caducae, 10 Atropos hunc medium dissecat atra tamen. Doctrina paucis praestante secundus, at inter multos uirtutis lumine primus eras, Musaeum sidus Phoebique minister, ἄδιψα propinans aegris pharmaca corporibus. 15 Eheu, priuatus cara modo coniuge, luctu obrutus et morbis interis ipse simul. Nec mirum, moerore tuum quia pectus amicum et lachrymis liquidae diffluit instar aquae. Namque laboraret tenera cum prole beatum 20 reddere te quarta, mater amanda, uice, perfecto cursu, uitae partusque dolores uitans, extremum clausit in Orbe diem. Hunc igitur casum deflens cum prole dolendum uxorem sequeris uiduus ipse piam838. 25 Sed nullo affecit uox haec migratio damno communi quoniam fine peracta839 fuit: nam uestrae cum Christo animae nunc pace fruuntur, uerus et aeterna in secula durat amor. Ast omnis luget lachrymasque profundit, ut aequum840, 30 iustaque sic uobis fidus amicus agit. Ingenium dolet extinctum cum corpore doctum quisquis amat Phoebum Castalidesque deas. Vrbs tua Paeoniam et uicinia tota requirit artem, quae multis profuit ante bonis. 35 Quin egomet, tanto cum sim priuatus amico, hic ad Elistriades moereo semper aquas. At tu, sollicita uita defuncte, ualeto, aetherea fati sorte beate tui. Cum Christo accumbens superisque nec amplius ullo 40 peccato aut carni subditus inde uale. Nos uero tempus uitae peragemus eadem spe freti reliquum: dulcis amice, uale.
[83, 4] Io(hanni) Moibano Vratislaviensi, doctori medico, astrologo, poe tae, uiro optimo, Graece Latineque doctissimo 83, 3 838 L’anomalia
metrica si può sanare trasponendo ipse piam uiduus. migratio. 840 Sc. est. 839 Sc.
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[distici elegiaci] Sic neque Musarum cultus nec Apollinis artes nec labor ingenuus fata maligna mouent? si moueant, non te, Moibane, uirentibus annis, in medio stadii, mors rapuisset atrox. Te neque Romani neque Grai[i] carminis usus, te non Vraniae, non Hygiea iuuat? Te non quae cunctas sapientia continet artes, eripit a leto, culta subinde tibi? Vana Dioscoridis reparandi cura facessit: herba tuum potuit pellere nulla malum. Scilicet Orphe[i]o traiectus pectora luctu, coniugis insequeris praegredientis iter Eurydicemque tuam repetis, sed portitor Orci te simul Elysia ualle manere iubet. Ergo manes fidae consortis amore potitus nec placet obscurum quod relegatur iter. Et foelix iam sorte tua mortalia spernis, possessor uitae floridiorum opum. Et tamen in terris uolitat tua fama superstes filiolique manent, mentis imago tuae, pectoris; atque utinam noua quae monimenta parabas, quae grauis Vrani[a]e, quae panacea probent, edita te uiuo superent! Sed Gesner amicus841 non sinet haec turpi scripta perire situ: ille manus medicas sollers adhibere paratus has, Moibane, tibi conferet inferias. Te Cameraria Musa nitentibus inseret astris: manibus illa tuis aurea serta parat.
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Hieronymus Vuolffius842 Oetingens [segue una lettera pressoché illeggibile seguita da un punto: f(ecit) o s(cripsit)]
[84] DONATI Marcello (Mantova 1538-ivi 8/6/1602): cf. AGL 2 c. 183; BL 2, 291; DBI 41, 49 ss. a cura di Sonia Pellizzer; Eckstein 124; Pökel 63. Marcelli Donati, sereniss(imo) Mantuae et Montisferrati principi quondam a consiliis, De historia medica mirabili libri sex, iam primum in Germania editi, ab innumeris rerum et verborum erratis liberati, notis illustrati et integro recentiorum 841 Vd.
supra nota 821.
842 Hieronymus Wolf, filologo e storico (Oettingen im Ries 13/8/1516-Augusta 8/10/1580):
cf. AGL 4 cc. 2048 s.; ADB 43, 755 ss.; Eckstein 623 s.; Pökel 306.
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CARMINA MEDICALIA
obseruationum libro septimo completi, operâ et studio Gregorii Horstii843, d(oc toris) philos(ophiae) et med(icinae): opus varia lectione refertum, medicis non so lum vtile, sed et caeteris bonarum artium studiosis pergratum futurum, cum indice capitum itemque rerum et verborum recens adiecto et plusquam instructissimo, Francofurti ad Moenum, impensis Iohan(nis) Iacobi Porsii, typis Erasmi Kempferi anno 1613 [è la prima ediz. in sette libri; prima ediz. in sei libri Mantova 1586] 84 [R.G. Medic. V.1389]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [84, 1] Epigramma in historiam medicam mirabilem Io(hannis) Baptistae Tornielli, medici serenissimi Gulielmi Mantuae et Montisferrati du cis [distici elegiaci] Artis Apollineae campos et amoena vireta dum peragrat cultor, gesta canens medica, Pierides roseo contexunt flore corollas Ocneadisque844 ornant tempora cana viri. Sedulus accedas lector: penetralia pandit Marcellus, reserat Clio845 rogata fores. Haec te dona manent, quaestus facilisque voluptas et quae Letheas gloria temnit aquas.
5
[84, 2]
Eiusdem hexastichon [distici elegiaci] Arte noua miranda canit Marcellus: adesto auribus arrectis dogmata cuncta notans: en tibi quam facili Naturae arcana retexit ordine, quam vera comprobat historia! Ergo alacris grauibus, quas seruat mente repostas, ereptum curis perlege, lector, opus846.
5
843 Vd.
infra n° 124. era il mitico fondatore di Mantova. L’aggettivo non risulta attestato. 845 L’ultima sillaba di Clio, normalmente lunga, è qui, per motivi metrici, scandita breve. 846 Intendi: “leggi accuratamente e con entusiasmo l’opera sottratta alle pesanti cure che essa potrebbe darti se venisse conservata nel profondo della mente (sc. e non divulgata, come fanno Donati e Horst)”. 844 Ocno
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84 – 84, 4
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[84, 3] In Marcellum Donatum de historia medica , mirabili operâ et studio v(iri) cl(ari) Gregorii Horstii, d(octoris) medici professoris et illustriss(imi) Hassiae principis Ludouici archiatri, repurgatum nouoque rariorum obseruationum auctario exornatum [distici elegiaci]
5
Qui noua scire cupis miracula Cunctipotentis, Naturae ex camerâ quae dare saepe solet, has lege, quas nostris peregrino e climate Musis Horstius historias protulit arte nouâ: nam Marcellinis antiquis, foenore multo, haud pridem gestas addidit ipse nouas, cumque Deum φύσεως fueris miratus, eidem auctorique operis dic bona uerba noui. Iohann(es) Vietor847 d(ominus), aulae Hassiacae Darmstatinae ecclesiastes, fac(iebat) Erphordiae 3 d(ie) Martii
[84, 4]
Ἑπτάστιχον [distici elegiaci]
5
10
Mirandum non est, Marcellus quando sequaces admiratores sic trahat ille suos: mirus mirandae miracula mira848 recludit Naturae; huius medicis gratia grata venit. Horstius admiscet noua non ingrata palato adiiciendo suas non sine fruge notas: quin etiam, Italici peperit quae improuida cura, σφάλματα καλκογράφου diluit artis ope. Quaeritur: ultra magis nunc fama triumphet ouetque huius an illius, quos reor esse pares? Itala dat lucem, curam Germanidos849 ora: his sine lucem atqui luce carere scias850. Ergo Marcello debetur, vt Horstio eidem, laus sua: pro meritis gratiam vterque meret.
847 Johannes Vietor, teologo e pastore (Alsfeld 1/8/1574-Darmstadt 20/1/1628): cf. AGL 4 c. 1590; ADB 39, 687 s. 848 Si noti la marcata allitterazione. 849 Non attestato in latino classico e medioevale. 850 Intendi: “orbene, sappi che senza costoro (sc. Donati e Horst), la luce, pur essendo tale, può esser priva della luce”.
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[84, 5]
CARMINA MEDICALIA
MARCELLVS DONATVS HORSTIANVS NON MALVS HISTOR LVCE SAT DVRAS851 [distico elegiaco] NON MALVS ô HISTOR DVRAS, Marcelle, per aeuum: Horstius ast per te SAT (puto) LVCE cluet.
Georg(ii) Fabri852 d(octoris) medici Castri Fridberg(ensis) ordi narii, VnDeCIMo febrVarII
[85] DONI Giovanni Battista (Firenze 1594-ivi 1/12/1647): cf. AGL 2 c. 187; DBI 41, 167 ss. a cura di Gianfranco Formichetti; Eckstein 124; Pökel 64. Io(hannis) Baptistae Donii, patricii Florentini, De restituenda salubritate agri Romani: opus posthumum, Vrbano octavo pont(ifici) max(imo) iampridem ab autore inscriptum, nunc vero ab eius filiis dicatum eminentiss(imis) et reverendis s(imis) S(anctae) R(omanae) E(cclesiae) cardinalibus et illustrissimo excellentis simoque Praenestes principi, Ereti duci etc. Barberinis853, Florentiae, ex typogra phia sub signo Stellae, 1667, Superiorum permissu [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.4013]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [85, 1]
Autor ad librum
[secondo epodo dattilico-giambico = esametro dattilico + trimetro giambico] I, liber, et, summo terrarum iudice fretus, cui te dicasti, quem cupisti vindicem, obtrectatorum, quos aula saginat et odit, 851 L’espressione è anagramma del titolo e si chiarisce con la lettura del distico. Il termi ne histor (attestato in latino nel composto polyhistor) è evidentemente esemplato sul greco ἵστωρ. 852 Georg Faber, medico (prima metà del sec. XVII): cf. AGL 2 c. 462; BL 2, 457. Le lette re in maiuscolo evidenziano l’anno 1613, che è la data di pubblicazione della nostra opera. 853 Si tratta di alcuni cardinali della famiglia Barberini (come si evince dalla dedica del l’autore): per la precisione Antonio sr. (Firenze 1569-Roma 11/9/1646: cf. Cardella 6, 243 ss.), Antonio jr. (Roma 5/8/1607-Nemi 3/8/1671: cf. Cardella 6, 278 ss.), Francesco sr. (Firenze 23/9/1597-Roma 10/12/1679: cf. Cardella 6, 238 ss.). Nella dedica è compreso anche Carlo, fratello di Urbano VIII e duca di Monterotondo (Firenze 28/5/1562-Bologna 26/2/1630: cf. Cardella 7, 100 s.).
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84, 5 – 86
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contemnere aude tela felle lurida. Tela quidem hoc tutus fortasse vmbone repelles, quae virulenta natio euomit palam, si probus es: rabidis sed fies dentibus esca, queis illa clam, dum lambit ore, lamberat.
5
[85, 2]
Encomium operis [distici elegiaci] Consulis Vrbi, Orbi854 foliis aequande Sibyllae aeternaque liber viuere digne cedro: Romae ager impleri qua possit Donius arte, nullae non artes cui patuere, monet. Vrbanum monet: hinc855 librum emetire: Magistrum Romanae cathedrae consiliique docet856. Est ingens libri sapientia, cuius ab vsu vel summi possunt discere Pontifices.
5
Vincentius Glarea, Soc(ietatis) Iesu sacerdos857
[86] DUBOIS (du BOIS) Jacques (Iacobus SYLVIUS) (Amiens 1478Parigi 13/1/1555): cf. AGL 4 cc. 965 ss.; BL 2, 315 s.; DBF 11 c. 94; Michaud 11, 346 s. In Hippocratis et Galeni physiologiae partem anatomicam Isagoge, a Iacobo Syluio, rei medicae apud Parrhisios interprete regio, conscripta et in libros tres distributa, denuo per Alexandrum Arnaudum858 diligentissime castigata, Parisiis, apud Aegidium Gorbinum, sub insigne Spei, prope Collegium Cameracense, 1560 [prima ediz. Parigi 1555] [R.G. Medic. V.1421 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi:
854 Si
noti l’accostamento fonico dei due termini, che generano una marcata paronoma
sia. 855 Piuttosto che pensare a un più banale hunc, hinc potrebbe essere la lezione giusta: “Se il libro riesce anche ad ammaestrare il sommo pontefice Urbano VIII, allora esaminalo attentamente”. 856 Sc. liber. 857 Vincenzo Glaria, gesuita (Tivoli-Firenze 20/8/1684): cf. Sommervogel 3 c. 1498; Ca scioli 379, in cui si riportano i vv. 7-8 del nostro componimento. Altri versi suoi in Marzi [26 s.]. Glaria è ricordato come maestro di Francesco Baldovini in Mazzuchelli 2, 1, 157. 858 Cf. AGL2 1 c. 1101.
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[86, 1 = 89, 31] Henrico II, Galliarum regi augustissimo, regnare859 feli citer, Iacobus Syluius medicus [falecei] Regum gloria summa Gallicorum, Henrice, omnibus absolute punctis et virtutibus omnibus beate, Gallos religione Christiana, Gallos iustitia seueriore, Gallos pace beas diu cupita. Musarum domus omnium sacrata, hîc per magnificum patrem patrono diuinos tibi iam refert honores. In te est numinis indoles auiti, per cunctas venerata nationes. Quod iam Gallia cantat vniuersa, quod iam finitimi pauent tyranni, quod iam Carolus imperator860 horret, regnis Italiaeque Theutonumque inuisam omnibus ob tyrannidem, abs te pulsus861, maxime io Deus triumphe, successus reliquos tibi secundet postque heroica gesta gloriosum in ciclos862 reditum remunerarit terrarum dominus Deusque rerum.
5
10
15
20
* Alla fine dell’opera, proprio dopo la parola Finis (p. 76v), compaiono i seguenti versi: [86, 2 = 89, 10] Iacobi Syluii medici epitaphium per I(ohannem) Vaeu raeum Hed.863 [esametri dattilici] 859 Sic:
refuso per regnante. allusione a Carlo V, che, nel 1555, data della prima edizione della nostra opera, era ancora in vita. 861 Dio è colpito e ammirato per le gesta di Enrico II. 862 Sic: è refuso per coelos, che è la lezione giusta presente in 89, 31. 863 Probabilmente da sciogliere in Hed(uum), a meno di pensare a un refuso per me d(icum). 860 Evidente
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86, 1 – 87, 1
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Syluius Hippocratis vindex ille, ille Galeni, imo artis vindex medicae medicusque, docenti cui rerum fuit et verborum copia, qualem vix reliquo quisquam medicorum ex ordine iactet; quem certa methodo medicis de rebus agentem assidue in ludo totius principe terrae mille acri assidue spectabant lumina visu; quo dum augeretur doctorum regius ordo, vix dicas laudis plus rex, an Syluius ipse carpserit ex sylua totum exoriente per Orbem, ex sylua medica, qualis non extitit ante; denique qui duro atque agresti robore natus creuit et ante alios excultus floruit omnes atque idem nulla vitae defloruit hora et nihilo secius fructum tulit omnibus horis: ille, inquam, ille nouus medicorum hîc dormit Homerus.
5
10
15
[86, 3 = 89, 11]
De eodem e Graeco theosebia[e]864 [esametri dattilici]
Ars medica haud dubie tria funera vidit acerba: Hippocratis primum planxit nece, deinde Galeni, nunc in eo tumulo gemebunda, vbi Syluius, haeret ac pudor est cerni et tanto superesse magistro.
* * * [87] Iacobi Syluii, medicae rei apud Parrhisios interpretis regii, Commentarius in Claudii Galeni de ossibus ad tyrones libellum, erroribus quamplurimis tam Graecis quam Latinis ab eodem purgatum, Parisiis, apud Aegidium Gorbinum, sub insigne Spei, prope Collegium Cameracense, 1561 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.1421 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [87, 1 = 89, 1] Ἰακώβου Γουπύλου865 ἰατροῦ εἰς τὸν σοφώτατον καὶ ἐξοχώτατον ἰατρὸν Ἰάκωβον Σύλβιον, τὸν αὑτοῦ καθηγητήν
sul greco θεοσέβεια. Goupyl (Iacobus Gouphylus) (ca. 1525-1564): cf. AGL 2 c. 1073; BL 2, 812; DBF 16 c. 767; Eckstein 204; Pökel 99. 864 Esemplato 865 Jacques
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[distici elegiaci]
Θῆρας ἀλεξίκακος τερατώδεις ἔκτανε ῥίμφα τοίς866 τε θεοστυγέας ὄβριμος Ἡρακλέης, τῶ καὶ ὁ μυριόμοχθος ἐς οὐρανοῦ867 ἄντυγας ἧλθεν, αἶνον ἔχων ἐπὶ γῆς εἵνεκεν ἠνορέης. Αὐτὰρ ἀκεστορίης ἱερὸς γόνος ὤλεσεν ἀλκὶ Σύλβιος Ἠπιόνης868 πάντας ἐλεγχομένους ζωογόνον φύσιν ἠδ’ αὐτῆς μυστήρια πάντα· τοίνυν ἐπαινετέος μᾶλλον Ἀλεξικάκου869.
5
* * * [88] De�������������������������������������������������������������������������� febribus����������������������������������������������������������������� ������������������������������������������������������������������������� commentarius���������������������������������������������������� ���������������������������������������������������������������� ex������������������������������������������������� ��������������������������������������������������� libris������������������������������������������ ������������������������������������������������ aliquot���������������������������������� ����������������������������������������� Hippocratis���������������������� ��������������������������������� et������������������� ��������������������� Galeni������������ ������������������ , parte����� ���������� plu ���� rima�������������������������������������������������������������������������������� ������������������������������������������������������������������������������� selectus����������������������������������������������������������������������� ���������������������������������������������������������������������� a��������������������������������������������������������������������� �������������������������������������������������������������������� Iacobo�������������������������������������������������������������� ������������������������������������������������������������� Syluio������������������������������������������������������� , rei�������������������������������������������������� ����������������������������������������������������� ������������������������������������������������� medicae������������������������������������������ ����������������������������������������� apud������������������������������������� ������������������������������������ Parrhisios�������������������������� ������������������������� in����������������������� ter������������������� ���������������������� prete������������� ������������������ ������������ regio������� , Pari ����� siis, apud Aegidium Gorbinum, sub insigne Spei, prope Collegium Cameracense, 1561 [sembrerebbe la prima ediz.] [R.G. Medic. V.1421 (5)]
Nel verso del frontespizio compaiono i seguenti versi: 87, 1 [88, 1 = 89, 34] Carolo Lotharingo cardinali870 Iacobus Syluius s(alutem) [distici elegiaci] Regia progenies Lotharingae amplissima gentis ex atauis Siculae regibus orta domus: nascenti871 Pandωra [sic] dedit bona cuncta καὶ αὐτὸ
αἰγὸς Ἀμαλθείας πᾶν κέρας ἐξέχεεν·
nascenti radio Titan affulsit amico, ingenii et viuos contulit igniculos et Musae faciles et Ma[r]ia Atlantide natus Mercurius sacra concinuêre lyra. Tam bene dotato natura et munere diuûm
5
sarà refuso per τούς. superare la difficoltà metrica rappresentata dal cretico οὐρανοῦ, si potrebbe pen sare a οὐράνια, anche se la lez. οὐρανοῦ sembra riconfermata dalla traduzione latina del carme: cf. infra 89, 2, 3 aetheris. 868 Sc. ἀλκί. Epione, moglie di Esculapio, ricordata, fra l’altro, in Pausania 2, 27, 5; 29, 1, “cuius filiae Ὑγεία, Ἰασώ, Ἀσκώ, Πανάκεια a medicando et sanando denominatae” (TheslG s.v.). 869 Sc. Ercole. 870 Si tratta del cardinale Carlo di Lorena (Joinville 17/2/1524-Avignone 25/12/1574): cf. Histoire 4, 163 ss.; Cardella 4, 284 ss. 871 Sc. Carolo. 866 Sic: 867 Per
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additus872 humana cultus ab arte fuit, disciplina grauis, sophiae pars omnis, vtrunque ius et adorandi pagina sacra Dei. Cunctarum cumulo rerum et virtute, Gradiuis Francisco, Henrico regibus vsque places. Henrico regum summo tu fidus Achates: tu bonus es consus873, tu manus ac oculus. Tu nostras Musis auges patronus Athenas, Musarum et mystis ocia digna facis. Ergo agite, ô socii, meritis pro talibus, hymnos: psallite; odoratis spargite aromatibus. Vos quoque, quos noster labor hic quandoque iuuabit, siue febrim fugitis, siue febrim abiicitis, his pro muneribus summa incrementa rogate Gallorum summo pontificum domino.
10
15
20
Vale
* * * [89] Iacobi Syluii Ambiani, medici et professoris regii Parisiensis, Opera medica iam demum in sex partes digesta, castigata et indicibus necessariis instructa. Adiuncta est eiusdem vita et icon, opera et studio Renati Moraei874, doctoris medi ci Parisiensis: quae in toto opere continentur pagina post praefationem demonstra bit, Genevae, sumptibus Iacobi Chouët, anno 1630 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.150]
All’inizio dell’opera compare, tra l’altro, l’Elenchus virorum praeclaris simorum, qui de Iacobo Syluio honorifice locuti sunt, nel quale sono ripor tati i seguenti versi (tra [ ] riporto quel che è annotato in margine della nostra edizione in rapporto a ciascun carme): [89, 1]
identico a 87, 1 [Iacob(us) Goupylus]
872 Sc.
Carolus. refuso per consul, come compare correttamente in 89, 34. 874 René Moreau (Renatus Moraeus), celebre medico (Montreuil-Bellay 1587-Parigi 17/10/1656): cf. AGL 3 cc. 659 s.; BL 4, 258 s.; Michaud 29, 252. 873 Sic:
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[89, 2] Iacobi Goupyli875 medici ad sapientissimum et eminentissimum medicum Iacobum Syluium praeceptorem suum876 [distici elegiaci] Alcides virtute potens et corpore fortis ipsis excîdit monstra tremenda diis. Inde fuit summos translatus ad aetheris axes in terrisque illi gloria summa fuit. At medicae vindex artis sophiaeque magister Sylvius ignaros perdidit omnigenas abdita Naturae spernentes: ergo triumpho quam fuit Alcides dignior esse potest.
5
[Imitatio ex Graeco, αὐτοσχεδιαστική]
[89, 3] Iacobus Syluius Ambianus Gallus, medicus et professor Parisiensis [distico elegiaco] Regius interpres Coumque catumque Galenum explicuit magno Sylvius ingenio. [Caspar Cunradus877 ex Prosopographiae melicae milenario primo878]
[89, 4]
Ad Sylvium [distico elegiaco] Civilem mentem civili in pectore, Sylvi, (quid quaeso a sylvis? nil nisi nomen) habes. [Io(hannes) Vulteius879 Epigr(ammaton) lib(ro) 1880]
875 Vd.
supra 87, 1. la traduzione latina di 87, 1. 877 Vd. supra 59, 9. 878 Il distico compare nell’opera di Cunradi, Prosopographiae melicae, millenarius I..... [vd. supra 59, 9, nota 466], 179. 879 Jean Voulté, poeta (Reims inizio sec. XVI-30/12/1542): cf. Michaud 44, 141. 880 Il distico compare in Ioannis Vulteii Remensis Epigrammatum libri IIII, eiusdem Xe nia, Lugduni, sub scuto Basiliensi apud Michaelem Parmanterium 1537, 20. 876 È
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89, 2 – 89, 7
[89, 5]
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Ad Iacobum Sylvium [distici elegiaci] Nulla alia est ratio cur te mea carmina laudent, quam quod te dignum carmina laude putant. Non aliud video quo te tua Gallia cantet, quam quod rem medicam, docte Iacobe, doces. Haec881 si non placeat tibi nec satis esse videtur, ipse aliam, Sylvi, tu tibi finge: placet!
5
[Idem ibidem882]
[89, 6] Guillelmo Copo883 et Iacobo Sylvio, medicis celeberrimis [epodo giambico = trimetro giambico + dimetro giambico] Cum vos amem tanquam me, vos oculis feram et vos me amate mutuo: firmemus amicitiam arctioreque in dies884 ferruminemus glutino. [Nicol(aus) Borbonius885 Nugarum lib(ro) 6886]
[89, 7]
[esametri dattilici] Tuque unum887 ante alios, Sylvi doctissime, quando voce licet raucâ triquetra auditoria mulces et schola tota tuo veluti dependet ab ore888. [Francis(cus) Bossuetus889 lib(ro) 12 de arte medendi]
881 Sc.
ratio. componimento compare nell’opera citata supra a 89, 4, nota 880, p. 69. 883 Guillaume Cop (Wilhelm Kopp) (Basilea 1450 ca.-2/12/1532): cf. AGL 1 c. 2083; BL 2, 102; DBF 9 c. 555; Eckstein 99. 884 Il verso presenta un anapesto inciso nel secondo piede. 885 Nicolas Bourbon (1503 ca.-1550 ca.): cf. AGL 1 c. 1299; DBF 6 c. 1413. 886 I versi non compaiono nell’edizione delle Nugae di Nicolas Bourbon, Basileae 1533 e neanche nei suoi Poematia exposita..., Parisiis 1630. 887 Usato avverbialmente. 888 La presenza di tuque e il fatto che la frase rimanga in sospeso fa pensare che altri versi dovevano precedere. 889 François Bossuet, medico francese, operò a Lione alla metà del sec. XVI: cf. AGL 1 c. 1275. Il riferimento è ai De arte medendi libri XII, Lione 1557. 882 Il
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[89, 8]
CARMINA MEDICALIA
[distici elegiaci] Poeona890 conspicuos multos qui vincere possint Phoebaeaque potens nomen ab arte ferant, hos superat tamen vicinus Cynthius ignes Sylvius, aetatis gloria certa suae. Argivo solita est gaudere Machaone quondam Helladis in Phrygias ora profecta domos. Thessala Phyllirio tellus Chirone tumebat, cum patriis legeret891 pharmaca nata iugis. Doctus Francigenas extollit Sylvius oras, iure suâ tantum Gallia prole tumet.
5
10
[Eustatius a Knobelsdorf Prutenus892 in sua Lutetia]
[89, 9]
[distici elegiaci] Barbariem purgat893, revocat meliora docendo, audit decrepitum concio multa senem894. Pharmaca correxit: nimi[r]um tribuisse Galeno dum studet, errores detegit usque suos. [Ioa(nnes) Sambucus895 in Iconibus896]
[89, 10]
identico a 86, 2
[89, 11]
identico a 86, 3 * * *
L’opera di Sylvius è preceduta da Ludovici Arrivabeni Mantuani897 Syl 890 Sic:
probabile refuso per l’esclamazione paean! Chiron. 892 Eustachius von Knobelsdorf (Heilsberg 1519-Breslavia 1571): cf. AGL 2 c. 2124. 893 Sc. Sylvius. 894 Sc. Galenum: cf. i versi immediatamente successivi. 895 Vd. supra 59, 4. 896 I versi compaiono, infatti, sotto il ritratto di Sylvius, in Icones veterum aliquot ac re centium medicorum etc.: vd. supra 59, 4. 897 Ludovico Arrivabene (1530 ca.-dopo il 1597): cf. AGL2 1 cc. 1141 s.; Mazzuchelli 1, 2, 1138 s. n° V; DBI 4, 329 ss. a cura di Simona Carando. 891 Sc.
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vius ocreatus (pp. [35-41]: vd. infra DBI) a cui tien dietro (pp. [41-46]) Claudii Burgensis Apologia in L(udovicum) Arrivabenum pro d(omino) Ia cobo Sylvio optimo iure ocreato. Adiecta sunt aliquot virorum doctorum epigrammata. L’Apologia è preceduta da alcuni carmi: riporto soltanto quelli che si riferiscono specificamente a Sylvius come medico: [89, 12]
Ad dominum Sylvium [falecei]
5
Tu per secla ferêre praedicatus, tu per ora virûm celebris author decurres merito et magis magisque commendaberis ac dies sereni ................................................898 sanis corporibus: tuis triumphis ornasti patriam, suis trophaeis ornabit memor atque grata semper ipsa te dominum sui triumphi.
[89, 13]
Aubetrei Rugemontii
Epitaphium Sylvii [distici elegiaci] Lutetia899 Europae caput expurgebat900 in arces, cum coeli coepit Sylvius arce frui. Quid? vis me paucis rerum perstringere summam? non tulit huic medicos Graecia docta pares.
Io(hannis) Macri San(amorani)901
898 Ritengo che a questo punto ci sia una lacuna, che si potrebbe colmare, si libet hario lari, così: fulgebunt: homines se habent per Orbem (o in Orbe). Il verso potrebbe essere caduto per la somiglianza tra le iniziali di sanis e di fulgebunt. 899 Irregolarità prosodica, dal momento che normalmente la seconda sillaba di Lutetia, qui scandita come breve, è lunga. 900 Sic: evidente refuso per exsurgebat. 901 Si tratta forse di Iohannes Macer, giureconsulto del sec. XVI: cf. AGL 3 c. 11.
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CARMINA MEDICALIA
[89, 14]
De Sylvio [falecei] Quandiu fluet in fluenta flava902 Sequanae vitreo suo liquore Aurena903, Hetropoli biceps ab ortu, tandiu celebrabitur libellis suis Syluius omnibus peritis.
5
[89, 15]
I(ohannis) Lebonis904, Hetropolitae medici
Epitaphia d(omini) Sylvii [distici elegiaci] Archetypo medicum Iani praenuntiat idus905 quarto, Persephone tempora nigra, solum. Anglia pontificum repetebat sacra neglecta, cum patiebatur Syluius interitum. Aestate Henrico cesserunt Caesaris arma906, mox medicum rapuit frigore bruma sequens. Supra mille annos quingentos atque tridenos907, sub decimo octauo Sylvius alter obit. Ingrediebatur Titan radiantis Aquari partem, cum Sylvi septima fila scidit. Hydrochoon gelidae908 intrabat sol, quando parabat ad Sylvi manes Sylvius hospes iter.
5
10
902 Si
noti la marcata allitterazione. sarà forse refuso per Matrona, la Marna, per l’appunto affluente della Senna. 904 Jean Lebon, di Autreville (Probus Heteropolitanus), medico (sec. XVI): AGL 1 c. 1213; BL 3, 707; Michaud 23, 475 s. 905 Sylvius morì il 13 gennaio 1555. L’espressione archetypo medicum (gen. pl.)....quarto si riferirà al fatto che Sylvius era la quarta celebrità medica dopo Ippocrate, Galeno e Avicen na (vd. anche v. 16). 906 I vv. 3 s. alludono al fatto che Maria Tudor, ascesa al trono inglese nel 1553, tentò di restaurare la religione cattolica, dopo lo scisma anglicano. Il v. 4 ricorda che nel 1554 Enrico II di Francia invase i Paesi Bassi, sconfiggendo l’esercito di Carlo V (Caesaris arma) e occu pando alcune città della valle della Mosa. 907 La forma, peraltro non attestata, si rende necessaria, in luogo di ter denos, inammis sibile metricamente. I vv. 7 s. indicano che nel 1548 venne a morte François Dubois, fratello maggiore di Sylvius e professore di eloquenza e retorica a Parigi (cf. Michaud 11, 346; Eck stein 557; Pökel 258), mentre, sette anni dopo (1555: v. 10 septima fila) fu la volta di Sylvius, il quale venne accolto nell’altra vita dal fratello (v. 12). 908 Sic: sarà refuso per Hydrochoo gelido. 903 Sic:
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89, 14 – 89, 17
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Luce sacra Basili909 moritur defletus in urbe Sylvius: ah talem secula nulla ferent! Complutae Octobri vitis vindemia lecta est, anno Sylvi mortis et Hippocratis.
15
Eiusdem
[89, 16]
[distico elegiaco] Qui Christo semper vixit submissius, illum credibile est mortis nulla pericla sequi.
[89, 17]
I(ohannis) Renaldi Divionensis
De Sylvio ode [asclepiadei minori] Amphion lapides cantibus et lyra sylvas atque feras, quo libitum fuit, dimovit lepidus, quod minimum mihi aut ni[hil esse videtur, nisi somnio910, vel doctis aliis qui penitus magis nituntur veterum scripta perennia sensu pervigili nosse (ne garriant), vere si modo quid Sylvius egerit exploretis ad unguem facile omnibus Europa e plagulis, urbibus et locis, huius huc dociles occasione911, tum confectos senio, tum iuvenes lubens912 advenisse, cito fiet apertius. Dicendi veneres, gratia vel lepos omnes traxerat hos Palladi913 deditos. Coelebs ut satis illis faceret suam vitam vixit apud se generosior,
5
10
15
909 S.
Basilio si festeggia il 2 gennaio. noti che la cesura non cade dopo la sesta sillaba (come anche ai vv. 9, 16, 21 e 25), sull’esempio di Orazio, carm. 2, 12, 25 e 4, 8, 17. 911 Irregolarità prosodica, dal momento che la seconda sillaba della parola, di norma lunga, è qui scandita breve. 912 Usato avverbialmente. 913 Irregolarità prosodica, dal momento che la sillaba finale della parola, di norma lunga, è qui scandita breve. 910 Si
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CARMINA MEDICALIA
suetis absque thoris et genialibus. Huic quid commemoro tardior ipsius virtutes, celebris cum sit ab artibus doctis: quae fuit incognita Sylvio ex his? Pierios ille reliquerat vates, quotquot erant, rapidos914 sui secli rhetores et mathesis915 aucupes longe a se. Sedeamus super alteris, cum praestet reliquis quoslibet ac velut pinus percutiat vertice sydera. Artis pars medicae pharmaca916, que prius de[e]rat, sollicito est ex animo addita. Obscuro Hippocrati Clodius917 attulit lucem, utrique simul Sylvius: ergo par illis floreat et secla per omnia vivat, qui sibi iam non habeat parem.
20
25
30
[89, 18] 89, 17
I(ohannis) Miletii918 Sanamorani [distico elegiaco]
Invidia posses disrumpi, Zoile, flocci ante tuae maniae quam faceremus opus.
[89, 19]
I(ohannis) Molini[s]919 Haedui
Γεράρδου Ἰμβέρτου Κονδομιέως εἰς Ἰάκωβον Σύλβιον [distico elegiaco]
Σύλβιος ἐσβέσθη πολλῶν ἀντάξιος ἄλλων· οὐ χρὴ θαυμάζειν· Ἰπποκράτης ἔθανε.
914 Sic:
sarà refuso per rabidos. prosodica, dal momento che la parola ha di norma, nelle prime due silla be, scansione giambica. È pur vero che la penultima sillaba talora si può abbreviare, ma l’a nomalia rimane nella sillaba iniziale, che, normalmente breve, viene qui scandita lunga. Al tra irregolarità prosodica è in rhetores, dove l’ultima sillaba, di norma lunga, è qui scandita breve. 916 Accusativo di relazione. 917 Evidente allusione a Claudio Galeno. 918 Vd. supra 89, 13 (Miletii può essere refuso per Macri). 919 Sembra trattarsi di Jean Desmoulins (Iohannes Molinaeus), medico e botanico (Am bert 1530-Lione 1622): cf. AGL 3 c. 591; BL 2, 241; DBF 10, 1478; Michaud 10, 543 s. 915 Irregolarità
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89, 17 – 89, 22
[89, 20]
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Eiusdem Imberti in eundem Sylvium [distico elegiaco] Gallia te tanti faciet, doctissime Sylvi, Hippocratem quanti Graecia prisca facit.
Τοῦ αὐτοῦ εἰς φιλιαζοῦντας
[89, 21]
[distici elegiaci]
Πώμαλα δεῖ κλαίειν, σπουδαῖοι, Σύλβιον αἰέν, Σύλβιον, ὃν φθίμενον νήγρετος ὕπνος ἔχει. Κωφὸς τὸ920 θάνατος, θάνατόν τε πεφυγμένος οὔτις, οὐ κακὸς οὐ δ’ ἐσθλός, πλούσιος οὐδὲ πένης. Λήγετε γοῦν θρήνου, μᾶλλον δ’ εὐφραίνετε τὸν νῦν Γούπυλον921 οὕνεκα νῦν ἕξετε δαιμόνιον.
5
[89, 22]
Ad Gallos poëtas et medicos [strofi formate da quattro gliconei e un ferecrateo: cf. Catullo 61] Iam vos alloquor, Aoni[i] Galli et Ausonii simul poëtae atque poetriae regna Gallica, qui bene libereque habitatis. Vobiscum medici (ut licet) iamiam expostulo, Sylvius quos hîc erudiit Lycii922 arte, accepta referre huic fas est omnia vestra. Semper omnibus impium visum est, ô immemores, nimis non persolvet923 gratiam debitam quibus est opus. Verbis quid minus est? nil. Idcirco valeant sibi poëtae, medici atque alii
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15
si potrebbe pensare a qualcosa come p.es. Κωφὸς ὁ γοῦν θάνατος etc. supra 87, 1. 922 Verso ipermetro, come anche il v. 17. 923 Sic: refuso per persolvere: lo richiedono il metro e il senso. 920 Sic: 921 Vd.
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CARMINA MEDICALIA
ingrati, immemores boni accepti: haud caret attamen laude Sylvius ulla.
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[89, 23] 89, 22
I(ohannis) Macri924 San(amorani)
I(ohannis) Cepiani925 Aunionensis [distico elegiaco] Dum graviora tibi meditor, ne hos despice lusus: exibunt posthac seria digna tui.
* Segue una pagina con i seguenti versi: [89, 24] In celeberrimi viri Iacobi Sylvii opera a doctissimo v(iro) R(enato) Morello restituta et illustrata [distici elegiaci] Hippolyti in morem dudum discerptus habetur Sylvius, ingenio nobilis et genio, cuius erant passim nullo discrimine membra: hîc caput, hîc manus, hîc iacuere pedes. Corpore sic lacero, spectata industria magni doctoris mediâ nocte latebat iners. Et, quod erat gravius, fuci vespaeque lacertos ossaque carpebant mordicus eius opes. Pulvere sordebat multo foedatus et exul: membraque qui legeret tot bona, rarus erat. Non tulit hanc cladem divinae conscius artis, clarus consilio, clarus et eloquio Morellus, cuius provecta peritia floret, aegros ex Orci faucibus eripiens: vndique reliquias collegit et ordine certo conflavitque unum ex corpore multiplici; namque, in Apollineae valido medicamine prolis spem ponens, vulnus sustulit atque notam atque ortum vitae et prima incunabula chartis
5
10
15
924 Vd.
supra 89, 13 e 17. Cepianus, storico ed erudito (metà del sec. XVI): cf. AGL2 2 c. 217.
925 Iohannes
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89, 22 – 89, 26
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et memori meritum prodidit ore decus. Si quod rarum habuit schola Gallica et Itala munus, munus, inexhausto flumine, Apollo tuum sive secanda forent spectante cadavera coetu sive notanda oculis viscera, corda, caput, ad nostrum est quicquid melius revocavit et usum acceptumque illi iure suo retulit. Quid? medico in ludo quantâ arte fideliter omnes, quantâ informarit sedulitate suos! Non siluit collega sagax locuplete Camoenâ, sed tulit ad celsum laude et honore polum. I nunc, tolle animos et tecum finge triumphos: gaude sorte tuâ qui redivivus ades. Artubus unitis merito iam Virbius audis: bis medico, Sylvi, reddita vita tibi est.
20
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30
Dionysius Guerinus, doctor med(icinae), p(osuit)
[89, 25]
Ad clarissimum Morellum pro restituto Sylvio [distici elegiaci] Credidit Asclepî simul et se Palladis arte Sylvius invictas fallere posse deas. Nec spes vana fuit: quot enim deduxit ab Orco quotque sibi vitas clarus in Orbe parit! Quod tamen aeternum iam sit victurus, ab arte hoc pendet munus, docte Morelle, tua.
5
Guido Patin926 collega
[89, 26] Eruditissimo viro d(omino) Renato Moreau, illustrium medico rum Parisiensium vitas laboriose iuxta ac eleganter scribenti, τετρά
στιχον
[distici elegiaci] Illustres medicâ proavos dum pingis in arte gestaque tot procerum nobiliora doces, si tibi par meritis reddatur gratia, vitae tot tibi debentur, quot tua penna dabit. 926 Guy Patin, medico e scrittore (Hodenc-en-Bray, Oise 31/8/160-Parigi 30/3/1672): cf. AGL 3 cc. 1299 s.; BL 4, 525; Michaud 32, 251 s.
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CARMINA MEDICALIA
Gab(riel) Naudaeus927 p(osuit) philiatros
* Subito dopo compare (p. 50v), a piena pagina e di profilo, il ritratto ovale di Sylvius, con la scritta circolare: Iacobus Sylvius Ambianus medi cus et professor regius Parisiensis. Sotto il ritratto, ma sempre dentro l’ova le, compare la scritta: natus an(no) 1478, denatus an(no) 1555 ineunte, mentre, sotto il ritratto, ma al di fuori dell’ovale, ci sono questi versi: [89, 27] 89, 26
Ad pictorem [distico elegiaco] Exprime narrantem facundâ voce Galenum tractantemque manu corpora: pictus erit.
Ren(atus) Moreau fecit
* Alla fine della seconda parte (delle sei in cui si articola il volume), com paiono i seguenti versi: [89, 28]
Gerardi Maynardi928 ad authorem carmen elegiacum [distici elegiaci] Quis modo non credat, summa demissum ab arce929, ingenium a superis iamque manasse tuum?
927 Gabriel
Naudé (Naudaeus), bibliotecario di Richelieu, Mazzarino e Cristina di Svezia (Parigi 2/2/1600-Abbeville 29/7/1653): cf. AGL 3 cc. 831 ss.; BL 4, 328; Michaud 30, 239 ss.; Eckstein 397; Pökel 188. Questi versi sono pubblicati in Epigrammata in virorum literatorum imagines, quas illustrissimus eques Cassianus a Puteo sua in bibliotheca dedicauit, cum ap pendicula variorum carminum, Romae, excudebat Ludouicus Grignanus 1641. La Diuerso rum carminum appendicula (opera di Naudé, come si evince dall’epistola dedicatoria iniziale: Illustrissimo comiti Federico Vbaldino Gabriel Naudaeus s(alutem) p(lurimam) d(icit)...., Ro mae 1641) si apre proprio con i nostri versi che recano il titolo Ad Renatum Moraeum cum Vitas medicorum Parisiensium scriberet e che presentano due varianti: v. 2 doces] refers; v. 3 par] pro. Gli epigrammata di Naudé sono stati ristampati di recente (purtroppo senza la Diuersorum carminum appendicula): Epigrammi per i ritratti della biblioteca di Cassiano dal Pozzo, Gabriel Naudé, a cura di E. Canone e G. Ernst, trad. di G. Lucchesini, Pisa-Roma 2009. 928 Si tratta forse di Gérard de Maynard, giureconsulto: cf. AGL 3 c. 332. 929 Se si lascia così, è necessario postulare iato tra demissum e arce.
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89, 26 – 89, 29
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Palladium semper tecum gessisse Minervae quis neget? aut quis tam ferreus esse queat? Hoc vel hic unus poterit monstrare libellus, in cuius exiguo corpore multa latent. Hic immortalem te docte, Filhole930, reddit, adserit et superis te facit esse parem. Non moritur quicunque sui monumenta reliquit ingenii et laudem posteritatis habet. Hic tibi obstrinxit nostros931 futurosque nepotes, qui Phoebi inventum discere namque velint. Hic speculum cunctis proponit iuuenibus932 atque ingenii faciem monstrat liber piam. Vt breviter, vivas longaevi Nestoris annos tacturus sancto regna superna pede.
5
10
15
[89, 29]
Eiusdem ad authorem carmen Sapphicum [strofe saffica] Suave riserunt roseae sorores ore, duxerunt lepidis choreas saltibus. Tanquam proprium recepit carmen Apollo. Insidens Pytho dea pulchra labris addidit scriptis veneres et omnem cornibus iunxit niveis leporem faunus agrestis. Inde praesentes tua facta vultu laudibus mixtis capient sereno gratius vero, capient sequentum postera turba.
5
10
930 Potrebbe
trattarsi di Gilbert Filhol (fine del sec. XVI), “ein geistlicher un lateinischer Dichter” (AGL2 2 c. 1098). Si potrebbe ipotizzare φίλτατε (“tu che con la tua dottrina (docte va, ovviamente, inteso come avverbio) sei amicissimo del genere umano”). 931 Per far tornare la metrica si può trasporre nostros obstrinxit. 932 È ovvio che iuuenibus è metricamente inammissibile: si potrebbe pensare p.es. a qualcosa come inuehit. Si veda, a tale proposito, l’incipit degli Argumenta metrici al Bellum civile lucaneo riportati nell’Anthologia Latina (Riese I, 2, n° 806, pp. 278 ss.; Baehrens V, n° CVII, pp. 413 s.): Proponit primus liber, inuehit, inuocat atque / causas exponit cursus prope rantis ad urbem / Caesaris etc. Per quanto riguarda la struttura del pentametro di v. 14, si potrebbe emendare in qualcosa come p.es. exponit faciem ingenii egregiam.
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[89, 30]
CARMINA MEDICALIA
Ad Zoilum [distico elegiaco] Zoile, si quicquam vel adhuc sapis, exue mentem invidia, quae te non sinit esse tuum.
* Alle pp. 882-883 compaiono le composizioni poetiche di Sylvius con il titolo Carmina Iacobi Sylvii quae reperiri potuerunt. Dai vari repertori non risulta pubblicata nessuna opera contenente le composizioni poeti che di Sylvius, che probabilmente erano sparse nelle varie opere sue o di colleghi: d’altronde siamo nel 1630 e Sylvius muore nel 1555. Se circa un secolo dopo la sua morte, si parla di carmina quae reperiri potuerunt, non è anomalo pensare che essi fossero per l’appunto sparsi e non pubblicati sistematicamente. [89, 31]
identico a 86, 1
[89, 32] Hippocratis Galenique manibus Iacobus Sylvius hoc erigebat tro phaeum [falecei] Quos933 Elysiae Dei coronae summi, absistite mentibus moveri, quod vos polluit ore abominando vaesanus nimium calumniator. En vestro addite transfugam triumpho vinctum, hoc en pietas dicat trophaeum vobis nostra hilari manu βραβεῖον: istud sumite, sedibus beatis iam iam ludite perfruaminique, Phoebi laus, hominum salus perennis.
5
10
[89, 33]
Ad medicos παραίνεσις [falecei]
933 Sic:
per far tornare metro e senso si potrebbe congetturare qualcosa come Qui estis.
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[89, 34]
89, 30 – 89, 36
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Phoebeae proceres domus sacrati vos Asclepiadae pii nepotes frontem exporgite gaudioque pleni, summo plaudite gratulaminique Phoebaeae ducibus scholae verendis et divo Hippocrati et pio Galeno. Omnino in sua iura restitutis hos hymnis celebrate floribusque lectis spargite, coetui deorum summa reddite gloria beatos. Hos ne quis violet, dehinc cavete, Phoebi aut numina dira sentietis.
identico a 88, 1
[89, 35] Petro Castellano934, Matisconensi episcopo et primario Henrici, Galliarum regis, eleemosynario, Iacobus Sylvius medicus s(alutem) p(lurimam) d(icit) [falecei]
5
10
Virtutum decus omnium novemque Musarum pater et patens asylum, has nos primitias tibi dicamus scriptorum quibus impios Gigantas Naturae obstreperos935 gradu superbo deturbamus et in suo Galenum, Naturae columen, statu tenemus, si tantum aegide nos tua tegamur. Hos si fronte hilari legas labores, mox ad maxima Sylvium incitaris. Vale literarum decus maximumque praesidium
[89, 36] Iacobi Sylvii Ambianatis tetrasticon ad Symphorianum Campe gium936 in Symphoniam suam de vinis 934 Pierre du Chastel (Petrus Castellanus), orientalista e vescovo di Tulle, Maçon e Orléans (inizio del sec. XVI-Parigi 3/2/1552): cf. AGL 1 c.1743; DBF 11 cc. 1174 s. e da non confondere con Petrus Castellanus (vd. supra n° 63). 935 Presente solo in Apuleio, florida 13. 936 Vd. supra n ° 65.
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CARMINA MEDICALIA
[distici elegiaci] Affectus, natura, modus, substantia, tempus, noxia vina facit, commoda vina facit. Cuncta haec Campegi symphonia docta diremit: quisquis amas tuto vina bibisse, legas.
[90] DU LAURENS André (Andreas Laurentius), medico di Enrico IV (Tarascon 9/12/1558-Parigi 6/8/1609): cf. AGL 2 c. 2310; BL 3, 693; DBF 12, c. 67. 89, 36 Andreae Laurentii, regis Galliarum consiliarii et medici ordinarii eiusdemque in Monspel(iensi) Academia professoris, Historia anatomica, humani corporis partes singulas vberrime enodans novisque controversiis et obseruationibus illus trata: omnia ab infinitis mendis, quae typographi incuria irrepserant in priorem editionem, hac postrema, summo studio ac diligenti repurgata et suis natalibus restituta , quibus nunc accessit index geminus, prior capitum, controuersia rum, exercitationum et quaestionum accuratissimus, posterior vero rerum et ver borum notatu digniorum locupletissimus, Lugduni, sumpt(ibus) Iacobi Cardon et Petri Cauellat., 1623 [prima ediz. Erfurt 1595]. Ho visto anche le edizioni della Historia anatomica Parisiis 1600 e Lugduni 1650, nonché gli Opera omnia di Du Laurens, Francofurti 1627-1628 [R.G. Medic. IV.2635]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [90, 1] Ad Andream Laurentem collegam, de edita ab ipso Μικροκοσμογρα φίᾳ carmen [distici elegiaci]
5
Vt pullos nido paucos excludat ab ouis chrysaëtos937, volucrum regia sceptra tenens, nonnullum e paucis tamen exturbare sueuit exaëton, cuius senserit esse genus. At solis qui contra mera splendentia luce sustinet expansis cernere luminibus, gnesion938 hic, aquilae demum germana propago vnica solliciti cura parentis erit:
937 Forse il termine andrebbe scritto in greco (ancorché con irregolarità prosodica, dal momento che la seconda sillaba, di norma lunga, è qui scandita breve): casi analoghi ai vv. 4 (exaëton) e 7 (gnesion), mentre Soteris di v. 15 è attestato in latino. 938 Sic: sarà refuso per gnesios.
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89, 36 – 90, 2
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haec Iouis aethereas inter se condere nubes gestit auis, gestit solis adire vias, mox summo validum suspendit in aëre corpus atque leues contra nititur vna notos. Haud secus et vatum, qui dant sua nomina Phoebo, e paucis paucos gaudet amare Deus: quin si quis claras Sotêris Apollinis artes culpa infelicis deterat ingenii, famam huius (cum sit medicus de nomine tantum) iratis tradet ludibrium zephyris. Non ita te, Laurens, tam paruo amplexus amore est939, e cuius lauro nomen et omen habes: fecit vt imbueret calamumque atque ora loquentis nectaris innumera parte suada sui; ille tibi medicos peragrare licentius hortos pomaque, philosophis sacra, legenda dedit; fecit et vt sophiae flammas (mirabile dictu) corporis exsecti de silice excuteres. Et tu sic parui pandis miracula mundi, conditor vt mundi iam videare noui. Sic sculpet laurus doctae tibi frontis honorem: laurus Apollinei stemma fauoris erit. Nec vero fragili sic pangis nomina cippo, a summi cum sit fulmine tuta Iouis.
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Ianus de la Riviere, regis medicus primarius940
[90, 2] Francisci Rosseti941, regis medici, ad dominum Laurentium pro re cente sua Anatome εὐχαριστικὸν [esametri dattilici] Non opus est laudent tua tot tantique medentes scripta minusque loco quicunque minore sedemus: namque ferunt secum propriae praeconia[e] laudis. Sed quisnam mundi (quas tot scrutare) minoris diuitias, vires, vsum ornatumque professus dicere laudator falsus, non fallat hiantum attentas aures vulgique subire cachinnos
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939 Sc.
Apollo, come si ricava dall’alloro citato al v. 20. tratta, con ogni verosimiglianza, di Rocco Le Bailly (Baillif) de la Rivière, anch’egli medico di Enrico IV (m. 5/11/1605): cf. AGL 3 c. 2124; BL 1, 293. 941 Vd. supra 71, 3. 940 Si
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non metuat, nisi cui nihil est in fronte pudoris et populo ridente audet praeferre lucernam aestiuo soli caecusque praeire videnti? Inde volunt quia te laudare (haud vltima laus est), quamuis sat celebrem scriptorum iure tuorum iis, quibus in libris, sua nomina scripta videri (quos paris aeternum victuros) ambitiosae igniculo famae prurit secreta cupido? Subticuisse tamen dantis benefacta putatur ingrati esse animi non excusabile probrum illi, qui dignas debe[n]t tibi soluere grates, supprimit idque ideo meritis quia gratia desit, exhaustos abs te queat vt pensare labores. Attamen est aliquid memorem fidumque dicare erga illos animum, bene qui fecere priores. Sed «Quid agant» dices «sexcenti» (turba tuorum miratrix operum tibi dedita) «siue medendo officium faciant» (quo nunc sum ordine) «siue voce manuque rudes doceant quot partibus intus et quam diuersis homo sit constructus et extra». Inter quos vnum quae te vigilantia nuper fecerat, illa loco te tandem principe sistit. Laudibus ergo tuis certatim insistere pergant: materies nostris non est ea viribus aequa. Hoc mihi nunc satis est (tenues quia plura nequimus), si quascunque decet, possumque offerre merenti grates accipias. Id donum Iuppiter ipse auro pluris habet gemmisque et thure Sabaeo, qui benefactori multum debere fatetur ingenue, fieri maioris debitor aeris in benefactores spe non fallace meretur. I[i]s, caput exsoluens vteri, pro foenere quicquid possidet ac vitam, te sic poscente, rependit. Ergo velut donis homines maioribus auget illos coelicolûm solio pater almus ab alto, qui didicêre illi grates persoluere grati: sic tu, gemma scholae Pelii carissima montis (cuius ego medicum suxi lac matris alumnus), fac labor vt tuus hic tam faustus crescat in horas; faustior optabit (res est non parua) vicissim crescentum numerus tibi felix omen ab astris, robore corporeo vt valeas et acumine mentis, Nestoris vltra annos famaque superstite viuas et cunctos superans abs te superêre merendo 90, 2
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ac, de te referens victor victore triumphum, natiuas gestes circum tua tempora lauros, qualis honorati caput olim regia texit, cuius eras ex matre nepos dignissimus illo, inuida quem Pelio maiestas regia monti surripuit, raptum luxit schola tota: sed illi venisti successor; at es, velut ille, dolenti surreptus: sed te, si Rex indulserit, optat. Praesentem rursus, querula quod voce precatus, huic ego charus eram auditor, quo tempore prima illic baccifera decerpsit e fronde corollam, iunior illius celebrator laudis in aula, quae doctore nouo aulaque superba scholarum942 omnibus ex aequo festina943 luce patebat. Tunc honor is primi gestante insignia pili inter bacciferos anni currentis auito solemnique scholae decreto ac more manebat. Inde sibi comitem me saepe vocabat eunti, cum sibi dilectis944 magnos medicarier aegros. En agor. At veniam pietas manesque magistri sponte dabunt, reuirescit amor, sic partus eundo eius honoris ego venio ceu debitor alter officii accepti tibi, promptus quando reposces temporis vsuras aliquot persoluere, si res aequa voluntati pateretur et eius egeres exactor durus, tibi quod Natura negauit contento gratae memorisque nomismate mentis. Macte ergo virtute, tibi iam multa Galenus, Coüs et Hippocrates sese debere fatentur. Sed quid non alii faciant, si talia tanti? Quorum ego si numeri pars esse haud vltima possem, aemulus illorum iuueni tibi subdere dextram optarem, quamuis senior iam venerit aetas: cruda tamen, quando discendi offertur auaro grande operae pretium dignumque senilibus annis. Ast altercandum deliramenta peroso, multa licet canis incommoda congerat aetas. Macte, inquam, virtute, heros Phoeb[a]ee: sequetur aemula posteritas, quidquid tua scripta docebunt discendum rudibus reminiscendumque peritis:
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metrica non torna. Si potrebbe congetturare qualcosa come p.es. aulaque superba. 943 Sic: forse da emendare in festiua. 944 Forse da emendare in dilectos.
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omnia namque soles sensu et ratione probare, inuictis rerum doctrinarumque ministris. Anceps Naturae meliorue vel artis habendus sis mystes, quod nec forsan diuinet Apollo. Cesso, ne videar blandiri, dum tibi de te quid nos praeterea, memores tamen ante bonorum, speremus versu praesenti scribo rogatus. Sed quid calcar equo currenti subdo nec illi auctor sum potius ne sudans ilia ducat? Est aliquo prodire tenus: sat prata biberunt nostra, tui fluido quae libri fonte rigantur.
F(ranciscus) Rossetus
[90, 3] Richardi Laurentii945, medici regii, in invidum detractorem iambici senarii [trimetri giambici] Quid digna cedri aeternitate, Palladis venerabilique reponenda in sacrario946, audes, calumniator impudentior Pattaecione947 futiliorque Zoilo, fraterna falso postulare plagii948 monimenta? siccine, clancularie949, famam aucuparis flagitiosis artibus, dum literatorum labores arduos magnaeque molis dentibus lacessere pergis virulentis950 liuidisque morsibus: num Christianos eruditosque et pios suffusa tetro lingua toxico decet? Sed quid procaces, amabo, moramur onagros951,
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945 Si
tratta di Richard Dulaurens, fratello di André (cf. i vv. 5 e 14). verso presenta un anapesto inciso nel terzo piede. 947 Sic: sarà forse collegato etimologicamente con psittacus? 948 La prima sillaba della parola (forse refuso per plagio), qui scandita come lunga, è normalmente breve. Forse ha influito la falsa derivazione da plaga “percossa”: si potrebbe pensare a un procedimento voluto: “il plagio, che merita le percosse”. 949 Il verso non torna metricamente: si potrebbe congetturare qualcosa come clancularie. 950 Irregolarita prosodica, dal momento che la prima sillaba di virulentis, di norma lun ga, viene qui scandita breve, anche per evitare il cretico. 951 Il verso non torna da un punto metrico: si potrebbe congetturare, si libet hariolari, qualcosa come: Sed quid procaces hos moramur onagros. 946 Il
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mi frater? Haud frangunt amicos, mouit952 leues: immota cautes, fert procellas aequoris obstatque quamlibet furibundis fluctibus, quin quo pede coepisti, hoc operosum confice iter, vt manet aeterna, quae te gloria, comes virtutis, constantem excipiat breui.
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R(ichardus) Laurentius
[90, 4] In praeclarum d(omi)n(um) Andreae Laurentii, medici regii, opus anatomicum, Raymundi Massaci953, Collegii Facultatis medicae apud Aurelios decani, προ[σ]τρεπτικὸν [esametri dattilici] Nonne satis fuerat, Laurenti maxime, palmam praeripuisse viris, quos secti gloria quondam corporis humani factique industria summa ad summum extulerat rutiloque aequarat Olympo? Tot virides hederae et circum tua tempora lauri954 num modo sufficiunt, tua quas tibi nomina donant, quales, quosue paras victrici Marte triumphos editione ista, quam vere credo secundam955? Ah quotiens iacta in vulgus problemata legi, exagitata tuis rationibus undique pressum huc illuc animum quibus ambiguumque ferebas956! Sic nobis per te varie insanire licebat nec poterant certa insani consistere meta, errantes donec duxisses tramite recto historiaeque basi vestigia figere firma monstrasses, veroque tuis contraria telis exarmans, tuta tandem statione locasses. Non aliter curuae super aequora vasta feruntur in dubium naues, quando boreasque notusque incursant velis vndasque ad sydera tollunt, et mox detrudunt in hiantia Tartara nautas, Hesperiis dum nunc, dum nunc iactantur Eois
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952 Sic:
il verso ha una sillaba in più: si potrebbe congetturare et in luogo di mouit. Massac, medico francese (sec. XVI): cf. AGL 3 c. 264. 954 Laurens vien fatto derivare da laurus. 955 Dal momento che la prima edizione è del 1595 (vd. supra), ma qui secundam potrebbe avere anche il senso di “favorevole, prospera”. 956 Sic: da emendare forse in ferebam: cf. v. 9 legi. 953 Raymund
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fluctibus euersis similes et transtra perosis, donec caeruleus Triton cum voce sonanti et tempestatem fluctusque coërcuit omnes Neptunusque pater secura ad littora duxit. Pascere tum sese mentem rationibus istis, amplecti historiam, suaues vterique medullas, quae sibi perpetuo similes sub cortice viuunt armato spinis dumisque horrentibus hirto rupibus incluso, cum, latis vndique fossis, peruia sed per te fiunt loca, promis et illinc innumeros fructus, Laurenti, et munera diuûm occupata diu obscurisque immersa tenebris, queis nos foelices reddis nostrique scientes, barbarie expulsa turpique errore subacto, turbatosque lacus doctrinae in flumina pura conuertis, late totum fluxura per Orbem, chara Iouis soboles medias elapsus in auras, qualis erat Perseus pedibus talaria gestans et virgam nitidis manibus tegimenque capillis atque harpen lateri, vicit cum monstra Medusa957, Gorgona surripuit montemque Atlanta petiuit et tulit Hesperidum domito aurea mala dracone. Fudit Castaliam exorti tunc vngula monstri, Parnasso in biiugo, visae et gaudere Camoenae. Praebuit en talem tanti te cura laboris, Laurenti, superas et te volitare per auras Hippocrates vidit, [ci]lumen, lumenque medentum (Elysio in medio nam norunt omnia manes) et «Quis tantus» ait «nostris ex ossibus auctor, qui structuram hominum mentisque arcana recludit?». Illo958, euectus equis coelum tranantibus altum, tam purum lumen medicis qui fundit Eoo occiduum ad pelagus, nunc aeternumque triumphet. Et «Quis tantus» ait «scriptor» pater ipse Galenus, «qui me, qui medicam sublimis vendicat artem morsibus a rabidis et dogmata nostra tuetur? Nate, meae vires, mea, nate, potentia, vince: pasce oculos dictis: res est non parua tabellis. Pasce animos dictis, rest est haec maxima, nate. Floruit vt quondam medicorum Graecia coetu, Gallia nunc claret: per te res ipsa probatur.
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lez. giusta Medusae è presente nelle edizioni 1600 e 1627-1628. la lezione giusta Ille è presente nelle edizioni 1600 e 1627-1628.
958 Sic:
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Suscipe, nate, vices: terras sic fata volutant».
[90, 5] Monspeliensis Academia in meritissimi alumni victuram gloriam hos versus aeternitati vouet [esametri dattilici] Tantae molis opus, natum foelicibus astris, ibit in immensos aeui venientis honores et decus auctoris nomenque aequabit Olympo, Henrici auspiciis tutum et victricibus armis. Huic medico medicum stillaui ex vbere nectar purpureumque insigne dedi, certamine partum testante inuidia et multum plaudentibus astris. Mox Graiûm euoluens Arabumque oracula, nostrum nomen in aeternos promit foeliciter annos Monspelium, vt seri possint meminisse nepotes. Ergo vmbrae occiduae longique obliuia secli, hinc diras cohibete manus mirandaque in aeuum extremum aeternis viuant Laurentia chartis.
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[90, 6]
Eidem tetrastichon [distici elegiaci] Dum mire humanos pingit Laurentius artus, pingit in humano corpore cuncta simul. Sed, dum hominum vultus diuinos pingit et ora, huc vsque impictum959 pingit et ille Deum.
[90, 7] 90, 4
Ad eundem distichon [distico elegiaco] Qui viuis hominum depinxit membra figuris, aeternvm viuis viuet imaginibus.
Haec obseruandissimo praeceptori, in sempiternam amicitiae et beneficiorum gratiam, posuit Ioannes Auberius960 Molinensis, me dicinae doctor 959 Il senso è che le tavole anatomiche di du Laurens riescono a evidenziare la traccia di Dio, come nessuno era riuscito a fare sino ad ora. 960 Johannes Aubery (1599-dopo il 29/4/1622): cf. AGL 1 c. 619; AGL2 1 c. 1213; DBF 4 cc. 106 s.
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[90, 8] Εἰς τὸ τοῦ Ἀνδρέα Λαυρεντίου δεύτερον σύνταγμα ἀνατομικὸν τετρά
στιχον
[distici elegiaci]
Κύπριδ’ ὃς εἶδε πάρος γράφθαι961 γ’ ἐνταῦθα τελείην, ἥς [sic] ῥα μόνης κεφαλῆς ξωγράφος962 ἧχε πάλαι, ὑστερέειν λέξει μὲν963 Κύπριδα Κύπριδος αὐτός, εἰδῶς τῇ νεαρῇ νῦν κρονίην964 ὑπέχειν.
Φράγκισκος ὁ Πεῤῥέλλος965
[90, 9] In eiusdem operis anatomici commendationem eiusdem Perrelli medici epigramma [distici elegiaci] Res eadem, haud eadem nunc extat, quae fuit ante: vnam, non vnam forma nouata facit. Vt formam informem foetus, cum saepe relambit vrsa, quod est, et non, prodit et amplificat. Sic sua dum recoquit, fecit cui laurea nomen, edit opus maius, quam prius extiterat. Dissecat in partes totum sectumque reformat, non sic, vt Colchis Aesona restituit: vitae etenim dedit hunc quondam Medea priori, cui quam mox rursus grata iuuenta perit. Ast nihil his scriptis quisquam queat addere quidquam aut demere: nunc summam namque coronin habent. Ergo, dum studio stabunt exculta frequenti, florida Laurenti et fama perennis erit.
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[90, 10] De A(ndreae) Laurentii libro anatomico Carolus Achardus, soro ris filius [esametri dattilici] Struxerit humanos quam miris artibus artus sarà adattamento, per motivi metrici, per γραφθῆναι. evidente refuso per ζωγράφος. 963 Sic: l’edizione del 1600 ha μῶν. 964 Sic: sarà refuso per χρονίην. 965 François Perel (Per(r)ellus), medico francese (fine sec. XVI): cf. AGL 3 c. 1382. 961 Sic:
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alma parens Natura, quotis stet machina nostri corporis adnixa adfirmataque partibus; ipsae quam bene compactae fuerint, quoque ordine, partes; sanguineis sparsum tubulis quot corpus abundet luxurietque thoris; queisque intus viribus actum cor solitos peragat nullo cogente labores: haec ea doctrinae cupidus si noscere forsan, in te vel cupias si contemplarier ipso quaecunque in toto voluuntur corpora mundo, haec tibi sufficiant, quae, dum dictasset Apollo, Paeonia longe pollens Laurentius arte per medios scripsit, defert quos aula, labores.
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[90, 11] Εἰς τὰς ἀνατομικὰς βίβλους Ἀνδρέα Λαυρεντίου, τοῦ ἑτέρου ἀρχιάτρου
καὶ ἐν πάσῃ παιδείᾳ διαφέροντος
[distici elegiaci]
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Ἔργα Θεοῦ, σοφίην τ’ ἐξαυδᾷ καὶ μέγα κῦδος ἡ συνετὴ συνετοῦ Δάφνιδος ἤδε βίβλος. Πᾶσιν ὅγ’ ἐξέπτυξε βροτῶν φύσιν, ἄνδιχα τέμνων τῇ πινυτῇ παλάμῃ πᾶν μέλος ἠδὲ μέρος· ὀστέα, σάρκας, ἴνας, μυελόν, τὸ παρέγχυμα, νεῦρα, ἔγκατα, ἐγκέφαλον, ἄγγεα σπερμόδοχα. Τὴν δ’ ἀναλεξάμενός τις, τὸν μικρόν θ’ ἅμα κόσμον τόν τε μέγαν γνοίῃ, τόν τ’ ἐπὶ πᾶσι Θεόν. Ὦ πηγὴ σοφίας, ὦ τεῦχος ἀριπρεπές· ὄντως ἦν ἄρα τοῦτο σοφὸν «γνῶθι σεαυτὸν» ἔπος. Is(aac) Casaubonus966
[90, 12]
In eundem Ἀναγραμματισμὸς [distico elegiaco]
Εἰ νούσους φεύγεις, Λαυρέντιον ΙΑΤΡΟΝ967 ΑΝΔΡΑ 966 Isaac Casaubon (Ginevra 8/2/1559-Londra 1/7/1614): cf. AGL 1 cc. 1717 s.; DBF 7 cc. 1299 ss.; Michaud 7, 104 ss.; Eckstein 82 s.; Pökel 42: cf. Mark Pattison, Isaac Casaubon 1559 — 1614....Genève 19702, da cui (soprattutto dalla Chronological list of works by Isaac Casau bon, pp. 475 ss.) si evince che egli non ha mai pubblicato versi suoi. 967 Perché la metrica torni, o si considera breve la penultima sillaba della parola (di nor
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ΛΕΥΣΣΕ· φέρει στρεφθὲν τοὔνομα μαντιπόλον968.
Ν.Π.
[90, 13] 90, 12 Latine [distico elegiaco] Esse cupis sanus, Laurenti respice nomen: quod, versum si sit, fatidicum quid habet.
* * * [91] De mirabili strumas sanandi vi, solis Galliae regibus christianissimis diuini tus concessa, liber unus et De strumarum natura, differentiis, causis, curatione, quae fit arte et industria medica, liber alter authore Andrea Laurentio, regis consi liario et medico primario, 1609 Parisiis, apud Marcum Orry [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.2178]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [91, 1] In eruditissimum atque elegantissimum d(omini), d(omini) An dr(eae) Laurentii, regis consiliarii ac archiatri digniss(imi) meritis simique, Opusculum de strumis [distici elegiaci]
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Regibus et nostris asserta est gloria tandem, sanandi θεόθεν grandius arte malum. Pace tua at dicam, Laurenti maxime: totus, pro strumis, gemmas explicat iste liber. Nec tanti pretii gemmae ab Oriente leguntur, quam raro hîc raras promis ab ingenio. Nempe φύσιν doctus medicas res cultus orator quisque hilaris gemmas colliget inde sibi. Ioan(nes) de Lorme969, reginae christianiss(imae) archiater
ma lunga) o si considera il gruppo iniziale ἰα come monosillabo lungo: in quest’ultimo caso l’esametro risulterebbe spondiaco. 968 Intendi: “il nome anagrammato (Ἀνδρέας Λαυρέντιος = ἰατρὸν ἄνδρα λεῦσσε) reca la profezia (di guarigione)”: vd. anche infra (90, 13) la traduzione latina del carme. 969 Jean Delorme, medico del duca Carlo III e, poi, di Enrico IV, al posto di du Laurens (Moulins 1547 ca.-ivi 14/1/1637): cf. AGL 2 c. 1534; DBF 10 cc. 886 s.
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[91, 2] De clariss(imo) et eruditiss(imo) viro Andrea Laurentio, christia nissimi regis archiatro, carmen [distici elegiaci] Qui fuit antiquis medicae deus artis Apollo, nunc alio Gallis nomine notus adest: scilicet ille sui lumen Laurentius aeui, cui nomen Phoebo970 laurus amica dedit, arte Machaoniâ quô non praestantior alter, cuius et e labris dulcia mella fluunt, quanta refert! quam mira refert dignissima cedro veraque, queis tollit Gallia ad astra caput! Entheus ille Iouis pandit miracula Galli971, cuius strumosis fit medicina manus: coelitus illa quidem soli miracula Regi indita Gallorum, qui cluit Orbis amor. Sic homo vere homini Deus est: Rex Gallicus, inter terrarum Reges, magnus ἀλεξίκακος.
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G(uilielmus) du Peyrat972, christianissimi regis eleemosynarius
[91, 3] Ad clariss(imum) virum d(ominum), d(ominum) Andream Lau rentium, Acad(emiae) Monspeliensis cancellarium et regis christia nissimi consiliarium et prot[h]omedicum [esametri dattilici] Henrici hoc opus est solius tangere strumas et nodosa manu salutari soluere colla. Laurentii hoc opus est solius dicere causas effectus tanti. Sic est diuinus vterque: nam Rex mira facit, mira Laurentius arte haec docet et tali fit dignus Nestor Achille. Per te, Laurenti, foelices innouet annos Henrico innumeros Ianus. Viuat valeatque chara Deo soboles, magnum Iouis incrementum973, teque, puer, genitor videat virtutis auitae
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970 Du
Laurens è il nuovo Apollo. re di Francia, l’unico in grado di guarire gli scrofolosi. 972 Guillaume Dupeyrat, consigliere ed elemosiniere di Enrico IV e di Luigi XIII di Fran cia (1563 ca.-dopo il 19/2/1644): cf. AGL 3 c. 1479; DBF 12 c. 351. 973 Virgilio, ecl. 4, 49. 971 Il
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haeredem et populis dicentem iura subactis.
Hab(el) Brunerius974, med(icinae) doctor
[92] ELSHOLTZ Johannes Sigismund, chimico e medico (Francoforte sull’Oder 26/8/1623-Berlino 28/2/1688): cf. AGL 2 c. 331; BL 2, 404 s.; ADB 6, 66. 91, 3 Ioannis Sigismundi Elsholtii Anthropometria. Accessit Doctrina naevorum...., Patavii, typis Matthaei Cadorini, Superiorum permissu, 1654 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.1785]
Alla fine dell’opera compaiono i seguenti versi: [92, 1] V(iro) cl(aro) d(omino) Ioan(ni) Sigismundo Elsholtio Marchico, phil(osophiae) atq(ue) med(icinae) d(octori), Anthropometriam vul ganti [distici elegiaci]
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Ne dubites homini fuerit quam certa venustas, cui varium artificis norma peregit opus. Praxitelis Phidiaeque peritia nota colossis975, hoc parvo mira traditur arte libro. Marmora deficiant seris progressibus aevi: aeternum chartis durat in Orbe decus. Erasm[i]us Bartholinus976, incl(itae) nat(ionis) Germ(anicae) theol(ogus), phil(osophus) ac medic(us), Patauii consiliarius
[92, 2]
[distici elegiaci] Quae Capitolinus, coelo protentus, Apollo, quae Pompeianus977 signa, Lysippe, refert? Artis et immensae produnt978 miracula molis,
974 Si tratta forse di Abel Brunier, medico stimato da Enrico IV (Urès 22/12/157314/7/1665): cf. DBF 7 c. 556. 975 Ablativo: “grazie alle loro opere colossali”. 976 Vd. supra n° 31 tit. 977 Forse allusione alla statua lisippea di Ermete, rinvenuta a Ercolano. 978 Sc. le opere d’arte appena ricordate.
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cui Natura parem979 sollicitata negat. Lindius extollat Rhodiae fragmenta columnae, quam tremulus terrae strauit hiatus humi. At ratio partis fuerit quaecunque, magistrum aequa probat: modulo nil sine forma valet. Romanis veterum statuis proportio constet: regula Germani980 certior arte patet.
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Ioannes Rhodius981 [trimetri giambici scazonti]
Audacior dimetiente nos totos Elsholtio non alter extat hoc nostro nec ullus alter extitit nec extabit: quorsum vide nunc sis redacta, Natura, devicta serva, legibus, stylo, normae obtemperare iussa te reformantis! Nullos deinde procreare Cyclopas, nullos licet Titanas. En Gygantaea absurda gens est et fuganda de mundo et dedecet prorsus propago Pygmaea. Novi mariti, vos habere mensuram proli creandae convenit bonam et iustam. Videte, ne prolixius caput surgat, ne nasus extet, ne tumescat abdomen, ne claudicet pes curtus aut quod ad ventrem appenditur desit minusve sit rectum. Vires Apelles hic suas recognoscet Zeuxesque discet saxeique Pollucis et Castoris magister ille Romani nunc rectius praestantiam sciet scalpri et rex Tyri scitus faber puellarum. Sic illigatus anguium pater spiris cum filiis probabit omnibus famam miraculi; parem probabit Alcides Farnesianus et tuebitur tauro annexa saevos virgo Graeca per fratres. Miser Prometheu, cur ligatus ad rupem cor praebuisti vulturi renaturum,
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molem. di Elsholtz. 981 Vd. supra n°30 tit. 980 Sc.
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vix a pio Cyllenio resolvendus? Tu scilicet formaveras luti glebas et igneas ex solis orbe surreptas animas dedisti. Culpa quae fuit tanta? Nos pandimus secreta tota Naturae et magna, parva, summa et ima monstramus, depingimus, celamus et damus leges, proportionum distributa momenta, veras amusses, regulas Polycleti et igne de coelestibus focis rapto animamus opera nostra. Marmorum spirant vitam figurae, gens velit loqui picta. Humana sic ars afflat orta de coelo. Elsholtius transfundit ille, qui nescit Iovis mereri vel timere vindictam, qui ius habet divina dona vulgandi, Deo favente, comprobante Natura. Dirae volucres, hinc abite. Se noster tuetur ipse, par honore, par forma Cyllenio, sed maior arduis armis harpeque calamo cedat et stylo virga. Et, ne quid undequaque desit, en vates Apollo res dat abditas revelare: sunt signa per quae novit intimos mores et lineis sortes adumbrat et punctis. Sat est, amice, cedimus. Nimis magna nos opprimunt et sinciput minus nostrum ex arte ductum est Mercuriique non frontem ullus character faustus aut manum findit nec pes beatis exaratus est sulcis. O abstine normam precamur a nobis et quaere quos examines magis rectos, mensor severe, mensor apte, qui Phoebum dimetiaris et novem simul Musas.
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In re seria lusi, amicitiae, memoriae et honoris caussa, Patavii 1654, Mich(ael) Kirstenius982
[92, 4] 92, 3
[distici elegiaci] Scripsisti naevos sine naevis, optime amice,
982 Michael Kirsten, medico, matematico e poeta (Bernau 25/1/ 1620-Amburgo 2/3/1678): cf. AGL 2 cc. 2105 s.; AGL3 3 cc. 419 s.; BL 3, 533; ADB 16, 33 s.
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structuramque hominis mensus es egregie. Durerum hoc superas illoque Melampoda vincis983: rara haec vixque ullo tempore nota satis. Pro meritis Sors divitias promittit, honores patria et aeternas Fama sonora tubas.
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L(ibenter) m(erito)q(ue) Christianus Menzelius984
[93] [ESPAGNET Jean d’, avvocato, consigliere di Stato e filosofo erme tico (1564-dopo il 1637): cf. AGL 2 c. 401; DBF 12 c. 1491; Michaud 13, 49 s. Enchiridion physicae restitutae, in quo verus Naturae concentus exponitur plu rimîque antiquae philosophiae errores per canones et certas demonstrationes di lucide aperiuntur. Tractatus alter, inscriptus Arcanum hermeticae philosophiae opus, in quo occulta Naturae et artis circa Lapidis philosophorum materiam et operandi modum canonice et ordinate fiunt manifesta: utrumque opus eiusdem authoris anonymi. SPES MEA EST IN AGNO [vd. infra]. Quarta editio emendata et aucta, Rothomagi, apud Ioannem Berthelin bibliopolam, in areâ Palatii [ut vid.], 1647 [prima ediz. delle due opere Parigi 1623] [R.G. Medic. VI.156]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [93, 1]
In physicam restitutam epigramma [distici elegiaci]
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En physicae iubar exoriens, quam sorte sinistrâ barbaries Stygiis merserat atra vadis. Sic formae et dotis physicae sibi damna rependi aspicit985, vt plures speret habere procos. O stupor! ô miro quem non percellit amore, non Venus e patrio gratior orta mari! Nec se restitui putat his haec aurea986 scriptis,
983 Elsholtz è più importante di Melampo (il mitico medico e indovino) per quanto ri guarda l’opera sui nei, mentre — per quanto concerne l’Anthropometria — supera nien temeno che Albrecht Dürer (1471-1528), il celeberrimo pittore, qui ricordato evidentemente per i suoi studi di anatomia e di misurazione antropometrica, come i Vier Bücher von menschlicher Proportion e Unterweysung und Messung mit dem Zirkel und Richsteydt. 984 Christian Mentzel, medico e naturalista (Fürstenwalde 15/6/1622-Berlino 17 o 27/1/1701): cf. AGL 3 cc. 441 s.; ADB 21, 374. 985 Sc. physica. 986 Si tratta sempre della physica: l’aggettivo è evidentemente in riferimento a Venus di v.
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sed nasci e cerebro parturiente Iouis. Gaius
* A p. 199 inizia l’Arcanum hermeticae philosophiae opus etc. [vd. supra], opus eiusdem authoris anonymi. PENES NOS VNDA TAGI987. Quarta edi tio emendata et aucta, Rothomagi 1647. Nel verso della pagina del frontespizio (p. 200) compaiono i seguenti versi: [93, 2] 93, 1
Authori anonymo philosopho vere adepto [distici elegiaci]
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Quae prius obscuro docuêre Hermetis alumni sermone, hîc passim luce corusca nitent. Scilicet aethereos aperis non inuidus author fontes, quo certo tempore luna bibit. Hinc sale Naturae praegnas premit illa maritum et vegetum extorquet semen ad vsque necem. Dirâ morte viri mulier perit: ambo nigrescunt: sed lauat et vitam caelica reddit aqua: nobilior tandem exsurgit genitoribus infans, auctu quem grandi sorbta venena iuuant. Haec pandis, doctor sine nomine, magna sophorum gloria, quos inter notus vbique viges. Cliens deuotissimus i(uris) c(onsultus) Chymierastes988
[94] EVERAERTS Gilles (Aegidius Everard) (sec. XVI): cf. AGL 1 cc. 428 s.; BL 2, 450; BNB 6 cc. 744 s.; Aa 5, 244; Michaud 13, 223. 6. 987 A proposito di questo anagramma (e di quello esposto nel titolo dell’opera: vd. supra) cf. Michaud cit., 49: «il [sc. d’Espagnet] y mit, suivant le coutume de ses confrères, deux de vises où l’on retrouve son nom, savoir: Spes mea in Agno est et Penes nos unda Tagi; et, ce que personne encore n’a remarqué, si l’on retranche de chacune les lettres appartenant à Espa gnet, on formera, des lettres superflues, cet autre axiome hermétique qui renferme un des plus grands mystères de l’art: Deus Omnia in nos, et l’on aura pour reliquat l’initiale du phi losophe». 988 Questo nome, come peraltro anche il Gaius di 93, 1, hanno tutta l’aria di essere pseu donimi o sigle di personaggi segreti.
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De herba panacea, quam alii tabacum, alii petum aut Nicotianam vocant, breuis commentariolus, quo admirandae ac prorsus diuinae huius Peruanae stirpis facul tates et vsus explicantur, ab Aegidio Euerarto Antuerpiano philiatro in ordinem redactus........, Antuerpiae, apud Ioannem Bellerum, 1587 [prima ediz. Anversa 1583] [R.G. Medic. VI.238]
Nel verso della pagina del frontespizio compare l’elenco dei lavori che compongono il volumetto: Contenta — De herba panacea, quam alii tabacum, alii petum vel Nicotianam vocant, breuis commentariolus — Compendiosa narratio de vsu et praxi radicis mechoacan, ex Hispania noua Indiae occidentalis nuper allatae — Gerardi Bergensis989 medici de pestis praeseruatione libellus ad s(enatum) p(opulum)q(ue) Antuerpiensem [prima ediz. Anversa 1565] — Galeni Pergameni libellus de theriaca ad Pisonem, interprete et commentatore Ioan(ne) Iuuene990, medico Iprensi — Eiusdem de antidotis libri II ab Andrea Lacuna991 in compendium redacti [prima ediz., ut vid., Basilea 1551] — Ioannis Iuuenis opusculum de medicamentis Bezoardicis, quorum vsus a peste praeseruat
All’opera n. 1, che reca il titolo De tabaco herba, quam alii petum, alii Nicotianam vocant, historia, sono preposti (p. 3) i seguenti versi: [94, 1 = 175, 2] Castoris Durantis992, medici ciuisque Romani, in taba cum herbam, ex Lusitania ab illust(ri) card(inali) s(anctae) Crucis993 Romam asportatam, epigramma [esametri dattilici] Nomine quae Sanctae Crucis herba vocatur, ocellis subuenit et sanat plagas et vulnera iungit, 989 Gerard van (den) Berg(h)en (Gerhardus Bergensis), medico fiammingo (m. Anversa 13 o 15/9/1583): cf. AGL 2 cc. 942 s.; BL 1, 478; BNB 2 cc. 182 s. 990 Jean de Jonghe, medico fiammingo (n. Ypres inizio sec. XVI): cf. AGL 2 c. 2042; BNB 5 c. 210. 991 Andrés Laguna (Lacuna), medico spagnolo (Segovia tra il 1494 e il 1499-Madrid 1560): cf. AGL 2 cc. 2201 s.; BL 3, 650 s.; EUI 29, 306 s.; Michaud 22, 540; Eckstein 313. 992 Castore Durante (Gualdo Tadino 1529-Viterbo 1590): cf. AGL 2 c. 250; BL 2, 350; DBI 42, 105 ss. a cura di Tiziana Pesenti. 993 Prospero Santacroce Publicola, diplomatico pontificio, cardinale (Roma 12/3/1514ivi 2/10/1589): cf. Cardella 5, 63 ss.
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discutit et strumas, cancrum cancrosaque sanat vlcera et ambustis prodest scabiemque repellit; discutit et morbum cui cessit ab impete nomen; calfacit et siccat, stringit mundatque resoluitque994 et dentum et ventris mulcet capitisque dolores. Subuenit antiquae tussi stomachoque rigenti, renibus et spleni confert vteroque; venena dira sagittarum domat, ictibus omnibus atris haec eadem prodest, gingiuis proficit atque conciliat somnum, nuda ossaque carne reuestit; thoracis vitiis prodest, pulmonis itemque, quae duo sic praestat non vlla potentior herba. Hanc Sanctacrucius Prosper, cum nuncius esset sedis Apostolicae Lusitanas missus in oras, huc asportauit Romanae ad commoda gentis, vt proaui Sanctae lignum Crucis ante tulere, omnis Christiadum quo nunc respublica gaudet et Sanctae Crucis illustris domus ista vocatur, corporis atque animae nostrae studiosa salutis995.
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I medesimi versi compaiono anche nella Tabacologia di Johann Nean der (vd. infra 175, 2) con le seguenti varianti: titolo = asportatam] adporta tum; v. 4 = vlcera] viscera; v. 15 = Santacrucius] Sanctae Crucis (inammis sibile metricamente); v. 15 = cum] quam; v. 17 = asportauit] adportauit. * [94, 2] All’opera n. 2, che reca il titolo Compendiosa narratio seu tractatus de vsu radicis mechoacan, sono preposti (p. 57) i seguenti versi: Castoris Durantis, medici et ciuis Romani, in mechoacan epigramma [esametri dattilici] 994 Verso
ipermetro. versi sono pubblicati (p. 227 s., con il titolo Herba S. Croce) nell’ Herbario novo di Castore Durante, pubblicato per la prima volta a Roma nel 1585 (DBI cit., p. 106). Io ho visto la seguente edizione: Herbario novo di Castore Durante medico, et cittadino romano, con figure che rappresentano le viue piante, che nascono in tutta Europa et nell’Indie orientali, et occidentali, con versi latini, che comprendono le facoltà de i semplici medicamenti, con discor si, che dimostrano i nomi, le spetie, la forma, il loco, il tempo, le qualità et le virtù mirabili dell’herbe, insieme col peso et ordine da usarle, scoprendosi rari secreti et singolari rimedii da sanar le più difficili infirmità del corpo humano; con due tauole copiosissime, l’vna delle herbe et l’altra delle infirmità et di tutto quello che nell’opera si contiene, con licentia et privilegii, in Venetia, appresso li Sessa, 1602. 995 Questi
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Mechoacan confert stomacho, iecori atque lieni, tergit et obstructa istorum, tum roborat atque expurgat placide pituitam et denique bilem vtranque et morbos a regis nomine dictos, asthmaticos[que] iuuat et confert renibus atque his Gallica dira lues, quo vexat longaue febris; stranguriae996 confert, coli capitisque dolores mitigat antiquos, mulcet curatque podagram, articulosque iuuat cunctos, dum discutit omnes duritias stomachi, iecoris pariterque lienis, sanguinem et emundat, vtero tum subuenit, affert auxilium cerebro et neruis pestique resistit, hydropicorum vndas nullo purgatque labore quaque die, tum quaque potest pariformiter997 hora et, licet euacuet purgans, corroborat ipsum corpus, non lassat, reliqua vt medicamina, et ista quandocunque voles sistes purgamina, vini si assumas albi modicum: mirabile dictu!
Questi versi sono pubblicati nell’ediz. dell’Herbario novo (vd. supra) a p. 277 s. con le seguenti varianti: 1 = mechoacan] mecciocan; 18 = modi cum] modicam. * [94, 3] All’inizio dell’opera n. 4 (Cl(audii) Galeni Pergameni Libellus de the riaca ad Pisonem, interprete et commentatore Ioanne Iuuene medico) compaiono i seguenti versi: 94, 1 Ad lectorem, quod emenda sit theriaca, non ab agyrta et circumforaneo, sed a probo et fido pharmacopoeo [distici elegiaci] Lethiferum virus dirae contagia pestis, iu-ve998 tuam metuis toxica mixta necem? Forte venenatis vesci te contigit herbis, quas vel alit Colchis Thessalicumue solum, 996 Irregolarità prosodica, dal momento che la seconda sillaba del termine, normalmente lunga (στραγγουρία), viene qui scandita come breve. 997 Non attestato in latino classico. In latino medievale è presente con il significato di “pariter, similiter”: vd. Du Cange s.v. 998 Sic: sarà refuso per inve.
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vipera si tetro petiit te noxia morsu, hisque malis certam vis tibi demus opem? Andromachi cole theriacam peregreque domique semper habe: vitae consulet illa tuae. At fugias illam, quam vendit agyrta nefandus, omnia qui rauca compita voce replet. Non haec theriacam sapiunt medicamina, Circa sed sapiunt succos siue Medea tuos. Non nisi theriacam prudens mercabere ab illis, quos artem docuit flauus Apollo suam: talis te poterit Stygiae subducere lintri, cor si quando tuum dira venena premunt, illa sed indoctos qua prostat sumpta, rapacis Cocyti furuos coges adire lacus.
[95] FABER Johann Matthias, medico del duca di Württemberg (Augu sta-21/9/1702): cf. AGL 2 c. 469; BL 2, 457; Michaud 13, 256. 94, 3 Strychnomania explicans strychni manici antiquorum vel solani furiosi recen tiorum historiae monumentum, indolis nocumentum, antidoti documen tum; quam, occasione stragis, quâ crebritate, quâ celeritate, quâ gravitate mirabiliter noxiferae ac miserabiliter neciferae, in ducali Würtemberg(ensi) sede, quae est Neostadii ad Cocharum, obortae, anno 1667 prid(ie) Kal(endas) Septembris, me moriae, cautelae, medelae gr(atia) publico bono dedicat Iohannes Matth(ias) Fa ber, August(anus) m(edicinae) d(octor), sereniss(imae) suae Celsit(udinis) ibid(em) a consil(iis) med(icus) atque nunc imperialis Heilbronnae poliat(er) primar(ius), Augustae Vindelicorum, sumptibus Theophili Goebelii bibliopolae, typis Ioannis Schönigkii 1677 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.1877 (3)]
All’inizio dell’opera compare una praefatio con dedica dell’autore (datata Heilbronnae 1676 Kal(endis) Decembris): Viro nobilissimo Caro lo Patino, Guidonis, med(ici) quond(am) regii Paris(iis), f(ilio), medico experientiss(imo), profess(ori) practico Patavino excellentissimo, Ioh(annes) Matth(ias) Faber d(octor) s(alutem) p(lurimam) d(icit). Si tratta di Charles Patin (Parigi 23/2/1633-Padova 10/10/1693; 2/10/1694 secondo Eckstein e Pökel: vd. infra), figlio di Guy (vd. supra 89, 25): cf. AGL 3 cc. 1298 s.; BL 4, 525; Michaud 32, 252 ss.; Eckstein 426; Pökel 202. In questa praefatio compaiono anche alcuni versi che Faber ricorda di aver già dedicato a Patin, incisi su un medaglione: Recordaris opinor, cum concatenata, non Principum tantum Imperii, sed et augustissimi nostri Leopoldi, cervice tua pendentia et splendentia, vidi, ut paginis tuis inscripsi.
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[distici elegiaci] «Carole, noster eris: tua te mihi virtus et ortus spondet» ait soboli Gallia laeta suae. «Esto: mihi studium servo ingeniumque: lacertos tu cape»: Romulides dixit et abripuit. Tu contendentûm, Caesar, discrimina solve, protinus imperio cedat uterque tuo in-que-catenato [sic] dic (torvus ut Italus obstet, Gallus et invideat): «Carole, noster eris».
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* Successivamente sono riportati i seguenti versi: [95, 2] In sapientissimam Strychnomaniam excellentissimi Ioh(annis) Matthaei Fabri, celeberrimi medici [esametri dattilici] Est πολυθρύλλητον Flacci olim: «Quod medicorum promittunt medici, tractant fabrilia fabri999». Es medicus simulesque Faber: fabricare medendo atque medere fabrili opera, ceu Daedalus alter, promittis, servas, hominum fabricasque salutem. Testem se sistit sapiens insania fabri. Vidit Alexicacus [sic] Fabri stupuitque laborem: «Fortunae suae» ait «Faber est faber». Omnia paucis: ecce Faber: faber est fortunae hominumque salutis!
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Georgius Francus1000, d(octor) prof(essor) electoralis
[96] FABRICI d’ACQUAPENDENTE Girolamo (Acquapendente 1533 ca-Padova 21/5/1619): cf. AGL 2 c. 483; DBI 43, 768 ss. a cura di Maria Muccillo. Funus perillustris et excellentissimi viri, d(omini) Hieronymi Fabricii ab Aqua pendente, medicinae doctoris, equitis d(ivi) Marci et in celeberrimo Gymnasio 999 Orazio,
ep. 2, 1, 115 s. Franck von Franckenau (Georgius Francus), medico (Naumburg 3/5/1643-Co penaghen 16/6/1704): cf. AGL 2 cc. 721 s.; BL 2, 595; DBL 5, 274 ss.; ADB 7, 219; Eckstein 166. 1000 Georg
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Patauino anatomiae et chirurgiae professoris supraordinarii, die 23 Maii, anno epoches Christianae 1619, in augusto templo sancti Francisci, acerbo omnium luctu, celebratum a Ioanne Thuilio Mariaemontano [vd. infra], ph(ilosophiae) et med(icinae) d(octore), Patavii, typis Petri Pauli Tozzii, 1619. Alla fine del libello compare la soscrizione Superiorum permissu. 96 [R.G. Scienze IV.1593 (8)]
L’opera, insieme ai primi quattro carmi (vd. infra), è riportata anche in Witte: vd. infra 225 n° 3. All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [96, 1 = 225, 6]
Epigramma [distici elegiaci]
Martia Fabricio iactat se nomine Roma, Pendula Fabricium tu quoque gignis Aqua: nobile Fabricio genus, inclita Roma, dedisti, Pendentem hic contra nobilitauit Aquam.
[96, 2 = 225, 7]
Epitaphium [distico elegiaco]
Hospes, tolle gradum: namque ossa senilia calcas, quae pede nullius promeruere premi.
[96, 3 = 225, 8]
Aliud [distico elegiaco]
Hic celebris requiescit Aquaependentis alumnus. Sat dixi: reliquum viuida fama canit.
L(ibens) m(eritoque) p(osuit) Ioannes Thuilius1001
[96, 4 = 225, 9] In obitum perillustris et excellentiss(imi) viri, d(omini) Hieronymi Fabricii ab Aquapendente, equitis d(ivi) Marci, in cele berrima Academia Patauina professoris supraordinarii, epigram 1001 Johann Thuille (Thuilius) (Marienberg 1590-Padova 1630 di peste), studiò medicina, ma insegnò oratoria e poesia a Friburgo i.B. e belle arti a Padova: cf. AGL 4 c. 1181; BL 5, 579.
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ma αὐτοσχεδιαστικὸν I(ohannis) P(etri) Lotichii1002 Hanonici1003, p(oetae) Caes(arei) [distici elegiaci] Ecquid terra nouo sibi vult effossa sepulcro, Medoaci1004 glaucas edita propter aquas? Ille decus Pataui medicaeque superbia turbae, Fabricius, canos clausit in orbe suos, iamque dedit solitis, quae sunt mortalia, bustis pondera, laude vagas sed peragrante plagas. Vix alius docta tractauit vulnera dextra rectius aut facili depulit arte malum. Humanos melius vix alter nouerat artus: pace loquor Celsi, pace, Galene, tua. Testantur multis contexta volumina chartis scriptaque pro medico non inhonora foro. Quae, licet in tenuem corpus transiuerit umbram, authorem rapida morte perire vetant. Exemplum, iuuenes quod laudibus incitet orsus, emeriti possunt suppeditare senes.
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Aliud [distici elegiaci] Fabricius moritur nusquam non cognitus Orbi: nobile Pendentis nectar inaret1005 Aquae. Quo fato? rigida mortis non autumo falce, semper vt extimuit debilis ista virum. Reddidit ipse lubens animam longo obsitus aeuo, iamque fatur vita iamque quietis auens. Quam bene Phoenicis quoque funere funus adumbrat, qui medici Phoenix agminis ante fuit! Restituenda breui defessus vt exuit ossa, viuit adhuc anima, nomine, gente, libris.
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Summi erga defunctum cultus e(xemplum) pangebat et plangebat Theodoricus Rescignerus Neopyrgius Pal(atinus) 1002 Johann
Peter Lotz (Lotichius): vd. infra n° 153. potrebbe essere refuso (Lotichius era nativo di Nauheim) per Nanonici? 1004 Sic: propriamente Meduaci (da Meduacus = il fiume Brenta). 1005 L’esistenza di inareo, -ere (della seconda coniugazione) è attestata da Carisio 475, 29 Barwick. 1003 Sic:
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Allegoria [distici elegiaci] Diues cum cithara sub aqua pendebat1006 Arion et dubius, vento quo veheretur, erat. Mox sese salsis delphinus protulit vndis, quo mage vel pulcher vel mage nemo celer. Supposuit tergum gazisque lyraque grauato cantori: estque nouus factus Arion eques. Enatat ad portum, grauis est nec sarcina visa: saluus Arion adest et lyra tacta sonat.
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[97] FERNEL Jean-François, medico di Enrico II di Francia e di Caterina de’ Medici (Montdidier, Amiens 1497-Fontainebleau 26/4/1558): cf. AGL 2 cc. 567 s.; BL 2, 505; DBF 13 cc. 1048 s. Iohannis Fernelii Ambiani, Galliarum archiatri, Vniversa medicina, primûm studio et diligentiâ Gulielmi Plantii1007 Cenomani elimata, postea notis, observatio nibus et remediis secretis Iohann(is)1008 et Othonis Heurnii1009 Vltraiect(inorum) et aliorum praestantissimorum medicorum scholiis illustrata, cum casibus et obser vationibus rarioribus, ex diario practico Othonis Heurnii, in Academia Leydensi primarii med(ici) practicae, anatomiae et chirurgiae professoris, annotatis; nunc demum operâ Theophili Boneti1010, serenissimi quondam principis Henrici Aure liani, Longavillae ducis etc. medici, auctorata......duplici cum indice, altero capi tum, altero rerum et verborum locupletissimo, Coloniae Allobrogum, apud Samue lem de Tournes 1679 [la prima ediz. sembrerebbe del 1554] [R.G. Medic. I.2]
[97, 1] Nel verso del foglio precedente il frontespizio compare, a piena pagina, il ritratto ovale di Fernel, con la dicitura circolare Ioannes Fernelius Ambianus, regis Galliarum archiatrorum comes e, sotto, i versi seguenti: [settenari trocaici] Ferneli[i] schema ecce magni, Tulliano qui stilo 1006 Evidente
gioco di parole incentrato su Acquapendente. Plancy (Plancius, Plantius) (m. Le Mans 1610 ca.): cf. AGL 3 c. 1618; BL
1007 Guillaume
4, 623. 1008 Vd.
infra n° 119. infra n° 119 tit. 1010 Vd. supra n° 45. 1009 Vd.
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abdita illustravit artis Aesculapi[c]ae orgia. Car(olus) Sponius1011, d(octor) m(edicinae) Lugdun(ensis)
* All’inizio dell’opera, tra le altre cose, compare la vita di Fernel opera di Plancy con il titolo Iohannis Fernelii vita, scriptore G(ulielmo) Plantio Ce nomano, d(octore) medico. Alla fine della Vita compaiono i seguenti versi: [97, 2] Simon Poncetius1012 Melodunensis, doctor medicus, ad lectorem [distici elegiaci] Iactet Arabs Graiusque suos: Fernelius artem lampade perlustrat splendidiore tibi. Abdita nam radians in apricum singula profert, et, quicquid solidum pulchrior usus habet, Phoebus erat. Sed, mox quum Gallis imminet atro turbine seditio (proh dolor!) eripitur.
5
[97, 3] Ἁνδρ(έα) τοῦ Ῥιβαυδηλίου Πίκτωνος εἰς τὸ τοῦ μακαρίτου Φερνελίου
θεσπέσιον σύγγραμμα ὑπὸ Πλαγκίου ἀκριβωθὲν [distici elegiaci]
Οὐκ ἥττω κατὰ τὴν μέθοδον, πλῆθος καὶ ὄνησιν βίβλων Φερνέλιον1013 σκεπτέο Ἰπποκράτους, κ’ οὐχ ἧπτον θεραπείησι ζῶντ’ εὔστοχον, οὐδὲ οὔνομα σχόνθ’ ἧπτον γνώριμον ἐν θανάτῳ. Ἠΰτε δ’ Ἰποκράτης, Γαλεηνοῦ χωρὶς ἀμαυρός, Κλαγκίου1014 ὡς χωρίς, βιβλία Φερνελίου.
5
[97, 4] Renati Gervasii, in primo Galliae senatu causarum patroni, de Ioanne Fernelio medico [distici elegiaci]
1011 Vd.
supra 45, 1. Poncet, di Melun (sec. XVI), medico a Parigi: cf. AGL3 6 c. 591. 1013 Sic: probabile refuso per Φερνελίου: vd. anche infra v. 6. 1014 Sic: refuso per Πλαγκίου. 1012 Simon
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CARMINA MEDICALIA
Hippocratem Natura parens mortalibus olim edidit, ipsa suum quo retineret opus. Hoc duce longa fuit, magna ratione medendi, vita hominum: tandem Ferneliumque dedit. Quo medico doctore volat tua, Gallia, gentes fama per ignotas: omnibus ille salus. Iam vero ipse Deus, longos ut carperet annos, Fernelium et terris, quem dederat, rapuit. Antiquitas1015 illum Naturae laudibus i[i]sdem, nostra celebrabunt secula Fernelium.
5
10
[97, 5] 97, 4
Εἰς Ἱωάν(νην) Φερνέλιον ἐπιτάφιον [distici elegiaci]
Τῇ χθονὶ Φερνέλιον πόλος ὤπασεν, ἡ δέ μιν αὖθις Παλλάδι καὶ Παλλὰς δῶκε τῇ1016 Οὐρανίῃ. Οὐρανίη πόρεν αὖ Φοίβῳ, μερόπεσσι δὲ Φοῖβος, κρινοφόρῳ1017 στήσας ἀρχίατρον βασιλεῖ τόνδ’ ἀρ’ ὑπηρεσιήσιν· ὅ, τοὺς δὲ γραφῆσιν ὀνήσας, αἰνοντ’ ἠδ’ ἄφενον κτήσατ’ ἀπειρέσιον. Καὶ παύσας τὰ μετὰ ὧδε, νοὸν δ’ ἀπὸ σώματος ἕλξας, Ζεὺς [ut vid.] ἀπέδω τόγε μὲν τῇ χθονί, τόνδε πόλῳ.
5
Φρ(άγκισκος) Θόριος B(elgiolensis)1018
[97, 6]
In Io(annem) Fernelium [distico elegiaco] Naturam melius, morbos, medicamina, causas nemo tuo docuit, Gallia, Fernelio.
[97, 7]
In eundem [distico elegiaco]
1015 Sc.
celebrabit illum (sc. Hippocratem). per far tornare la metrica si potrebbe congetturare τέ in luogo di τῇ. 1017 Non attestato in greco antico: “coronato di gigli”; si alluderà al simbolo, che, a par tire dalla dinastia dei Capetingi, caratterizzerà l’arma dei re di Francia. 1018 Franciscus Thorius, matematico, medico e poeta (Bailleul, seconda metà del sec. XVI): cf. AGL 4 c. 1172. 1016 Sic:
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97, 4 – 98
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Iusserat iatricae1019 mysteria Delius artis scribere: Fernelius scripsit et occubuit.
[97, 8]
In eundem [distico elegiaco] Hippocrates moriens arcanum credidit artis Fernelio: huic fama par fit et ingenio. Esayas Fabius
[97, 9]
Εἰς τὸν ἰατρικώτατον Φερνέλιον [distico elegiaco]
Ἰπποκράτης ἰατρῶν1020 πρῶτος, μετὰ τόνδε Γαλήνος, τοῖς δ’ ἐπὶ Φερνέλιος τ’ ἄξια, πάντα φέρει.
[97, 10]
Ἰάνου Ἀντωνίου τοῦ Σαρακηνοῦ1021
In Io(annem) Fernelium medicum [esametri dattilici] Amplis grande sophos buccis et nomina mille turba supercilio sublato turgida iactet: mî satis hoc, toto medicus quod comprobor Orbe.
Anto(nius) Fayus1022
[98] FIERA Giovanni Battista (Mantova 1465-ivi 1538): cf. AGL 2 c. 605; BL 2, 518; DBI 47, 415 s. a cura di Angela Asor Rosa. Coena Baptistae Fierae De herbarum virtutibus et ea medicae artis parte, quae 1019 Vd.
supra nota 27. In questo caso la seconda sillaba del termine va scandita breve. far tornare la metrica è necessario scandire monosillabo lungo il gruppo ἰα, di norma spondiaco; altrimenti bisognerà considerare come un pirrichio le prime due sillabe, che normalmente hanno scansione spondiaca. 1021 Si tratta probabilmente di Jean Antoine Sarasin, medico francese (m. 1602): cf. AGL 4 c. 142: Eckstein 494; Pökel 237. 1022 Antoine de la Faye, teologo francese (m. Augusta 1616): cf. AGL 2 c. 537. 1020 Per
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CARMINA MEDICALIA
in victus ratione consistit; Columella de cultu hortorum; De generibus morborum, ex imprecatoria satyra Petri Montani1023, Argentorati, apud Christianum Aegenol phum s.d. [prima ediz. Roma 1490] 98 [R.G. Scienze VI.5 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i versi seguenti: [98, 1] Geminae foeturae Baptistae Mantuani Fiera medici a Pomponio Laeto1024 commendatio [distici elegiaci]
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10
15
[98, 2]
Quaeris delitias et pinguis fercula mensae? Persida uel Medi regis adito lares. Mille dabit, si mille petis tibi pagina luxus, inuentis cedit nec Caracalla tuis, aut quod nocturnis ponebat regia diuis, Haelius aut quales dispare sorte dedit. Ista linunt gracilique placent malesana palato et doctae carpunt praedia magna gulae. Si cupis oblongae traducere tempora uitae, accipe quas promit Mantua sola dapes. Mantua dat numeros (uideas monimenta Maronis): consulit humano non minus illa pedi1025. Semina disponit gemino Baptista nouali: frugifero struitur coena diserta cibo. Contulit o quantum praediues Mintius urbi, prorogat hic animam, prorogat ille lyram.
Ad librum [distici elegiaci] Sidonios habitus atque aurea pallia foelix indue, uirgineo tincte rubore liber. Ad dominum properas: quanta est tibi gloria? Cultu diuite amat tanti numinis ara coli.
1023 Pieter van den Bergh (Petrus Montanus) (s’ Heerenberg 1468-Alkmaar 1507): cf. AGL 3 c. 628; NNBW 3 cc. 878 s.; Aa 12, 2, 1012. 1024 Pomponio Leto (Diano, Lucania 1428 ca.-Roma 9/6/1498): cf. Eckstein 332; Pökel 155. 1025 C’è forse un’allusione a qualcosa che abbia a che fare con la cura della gotta.
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98 – 98, 4
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[98, 3] Ampliss(imo) domino suo, d(omino) Raphaëli Reario1026 s(ancti) Georgii, cardinali digniss(imo), Baptistae Fierae Mantuani Coena [falecei] Si cui delitias iocosque nostros fas sit sepositis dicare curis, saeui dum fugiant Leonis ignes, qualescumque habeas uelim Raphaël. Tu solus medicos meos labores nutris, tu miserae rati secundo aspiras pelago furente portu, duro tempore nec sinis perire: unus Iuppiter unicusque Apollo es nobis, seria sint tua et iocosa.
5
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[98, 4]
Ad librum ne exeat liuore et perfidia medicorum [falecei] Liuoris rabidos, liber, notasti latratus medice1027 malasque mentes turbae et perfidiam aemulantis artis. Vulgi credulitas inanioris iam deprensa tibi est et ociosi rumoris solidae et sacrae inuidentis virtuti assidui grauesque morsus, festinate: nimis tamen tabernas odisti patrias laresque nostros audentique paras iter uolatu. Audere hoc nocuum1028 est: liber, morare, dum Musis nimium, miselle, credis, maiestate sacri chori superbus. Quod Phoebi auspiciis, ope et medela pascamur nimium putas (sed amplum est): ieiunus poteris subinde nosse. Contentus medico et satur quiesce nostro nomine. Quid lacer famescens1029
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1026 Raffaele
Riario, cardinale (Savona 3/5/1460 o 1461-Napoli 9/7/1521): cf. Cardella 3,
210 ss. 1027 Sic:
forse refuso per medici. Ovidio. hal. 130; Scribonio 114. 1029 Attestato nel latino medioevale. 1028 Cf.
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CARMINA MEDICALIA
neglectusque feret miser poëta? Certe nomen habet, sed ignis, ara huic nec uictima nec dapes poëtae et totis querulus sitit diebus: diuinae hoc meritum est honosque menti ingrata, impia secula et prophana?1030 Viuamus medici, liber, morare, quod uersus coëant tui et medelae, quod Phoebum medicus sacerque uates auctorem celebrent piumque patrem. Iunctis laudibus educata turba: non nouit rabidus furor malignae plebis, pessimus improbusque liuor, cultis pernicies malumque uirus et mors ingeniis. Liber, morare. Obdurat (monitus precesque nostrae nil prosunt), celer exit hinc, in aequo delumbique pede, exeat secundis ausis, Aonidum fauente coetu. Sit laus summa tibi, superne Phoebe: mordebit tenuem meum libellum rumor perfidus, hic tamen superstes viuet. Posteritas, meis medelis arridens, medico tuoque uati optabit reduces dies negatos. Infoelix morere et perito, Liuor.
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25
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35
40
[99] FONTEYN Nicolaas (Nicolaus Fontanus), medico olandese (m. dopo il 1644): cf. AGL 2 c. 668; BL 2, 564 s.; NNBW 1 c. 876; Michaud 14, 356. 98, 4 Nicolai Fontani Observationum rariorum analecta, Amstelodami, sumptibus Henrici Laurentii bibliopolae, 1641 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.432]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [99, 1]
Encomion artis medicae [distici elegiaci] Laus sua iustitiae est, medicinae laus sua maior:
1030 Postulerei
la caduta di uno o più versi tra il v. 23 e il successivo.
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98, 4 – 99, 2
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iuris opes, animam haec corporaque aegra reget1031. Causidicûm vulgus sectatur pinguia iura, lucriparas1032 lites munera Ditis amat. Divitiae valeant: iniuria nascitur illis, istis lis, caedes horrida, mortis opus. Cara quies medicis, medicis soteria cura, est amor herbarum, queis Hygieia1033 viget. Caelitus ô utinam Deus haec sua munera mittat, vt iucunda salus, lis ut amara siet. Tunc et iustitiam stiparet gloria sacram et magni fieret magnus Apollo piis.
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[99, 2] Ad nobilissimum ac celeberrimum virum, d(omi)u(m) Nicolaum Fontanum, medicum apud Amstelredamenses eximium, Analecta medica publicantem [distici elegiaci] Huc omnes, Fontane, tui moliminis ausus tendunt, ut medicae floreat artis honos; ut, quae te solers docet experientia, mundo cognita, corruptis si[n]t medicina locis. Ingeniosa quidem condit Natura, stupendo ordine, terrigenae membra venusta domus: at varios casus et dira tot agmina, natis obvia corporibus, quis numerare queat? Debilitas humana, malis obnoxia tantis, artificem medici quaerit ubique manum. Innumeris veniat licet ars exercita curis, attamen insolitis turbida, saepe stupet. In medio cuivis stat palma, Machaonis artem qui studet ingenio nobilitare suo. Id meditans proavûmque premens vestigia, multo persequeris studio nobile laudis iter. Sedula sicut apis, per Hymetti florida Tempe, dulcisono succos colligit ore novos, ex quibus humanum captum superante deorum munere, nectareos construit arte favos, sic ope divinae mentis, per prisca vagaris scripta patrum et praxi rite probata notas.
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1031 Sic:
si tratta forse di un refuso per regit. o si tratta di una neoformazione o è refuso per lucripetas. 1033 Vd. supra 1, 1, 14, nota 2. 1032 Sic:
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CARMINA MEDICALIA
Quaeque aliis prodesse putas, non abdita condis invidus, at vulgas ordine structa bono. Edita quae dudum, vigiles, Fontane, labores, et, quae producis nunc, analecta, probant. Hactenus artifices alios miramur: in uno fonte1034 tot egregias nunc reperimus opes.
25
Honestis studiis adplaudit ex animo Ioannes Christenius, i(uris) u(triusque) d(octor) et professor1035
[99, 3] Carmen in Analecta nobilissimi ac praestantissimi viri, d(omini) Nicolai Fontani, medici Amstelredamensis expertissimi 99, 2 [distici elegiaci] His curae sua lucra, aliis sua foeda libido: venari iuvat hos, velificari alios. Dum sua quemque trahunt studia, ô clarissime Paeon, tu Phoebo vigilas Aonidumque gregi. Intima rimaris sophiae penetralia curis pluribus, ut medicis commoda plura feras. Id fœtus, Fontane, tui, tot opuscula monstrant, quae tandem serae posteritatis opes Phoeb[o]eique chori gratissima dona cluebunt, queis studii medici gloria maior erit. Gloria maior erit, quam nulla morabitur aetas, nulla retardabunt tempora nec minuent: pyramides regum, δαιδάλματα magna potentum, sic Mausolaei fabrica magna rogi, sic ducis Emathii Pharos sic fana Dianae decantata Orbi, tempore lapsa, iacent. Quod pariunt bona scripta decus quodque inclyta virtus, a fati dirâ conditione vacat. Corpus erit mortis, mortem tua scripta fugabunt: sic, Fontane, tibi vita perennis erit.
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Cecinit Iohannes Hylander, m(edicinae) d(octor)
[99, 4]
Sur les oeuvres de monsjeur de la Fontane Claire source de la lumiere,
1034 Evidente
gioco di parole tra fonte e Fontanus: vd. anche infra 99, 5. Christenius, giurista (Crempen, Holstein 1599-Amsterdam 1672): cf. AGL 1 c. 1890; NNBW 5 c. 111; Aa 3, 353 ss. 1035 Joannes
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qui dans la celeste carrire, nous trace par ton double cours, suivant l’arrest fatal des sainctes destinées, les siecles, les saisons, les mois et les années, comme aussi les nuicts et les jours. Bel astre, luis sur ceste page, donne le jour à mon ouvrage, guide ma main et mon pinceau pour tracer dans mes vers l’imagie [sic] et la peinture d’un des plus beaux objects qui soyent en la nature, qu’esclaire icy ton flambeau.
Celuy pour qui je te reclame, est digne des rais de ta flame, 15 et de tes plus beaux vers encor. Ses ayeulx, son sçavoir, sa race et son merite, les escrits qu’il a faits et ceux la qu’il medite meritent bien ta lire d’or. Si chacun aime son semblable, 20 il ne peut que t’estre agreable, suivant ton estude et tes soins. Combien de fois à il chanté au doux murmure de l’Amstel, ses beaux vers et les feux qu’il endure, loin du tumulte et des tesmoins? 25 Vous le sçavez bien beaux ombrages, sablons et echos des rivages, qui tant de fois l’avés ouy, et redit les accents de ses dernieres plaintes aux roches d’alentour, qui en furent atteintes. 30 L’avez vous bien ouy? ouy.
35
40
Combien de fois par les montaignes, dans les forests et les campaignes, l’a t’on veu faire amas de fleurs et de plantes sans nombre, aux beaux rais de la lune, pour delivrer nos corps d’une fievre importune et de mille et mille langueurs? Combien de fois dans son estude, loin du bruit de la multitude, a il pris la plume en la main, pour arrester le cours des tristes tragedies, que joue icy la mort, par tant de maladies, dont elle esteint le genre humain.
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CARMINA MEDICALIA
Vous en tesmoignez belles veilles, qui produisés tant de merveilles, 45 tant de beaux et doctes escrits, que l’univers cherit, que redoute la Parque et l’avare nocher de l’infernale barque, qui passe là bas les esprits. 50 Si l’aigle en monstrant sa puissance dit de qui il rient1036 sa naissance et le germe qui l’a produit, qui ne recognoistra en son ame, et la face, qu’il ne peut estre issu que d’une illustre race et d’une tige qui reluit? 55
Tout d’autant d’ancestres qu’il nombre, sont autant de noms qui font ombre a Hippocrate et Galien, et la Hollande encor leur rend ce tesmoignage, que quoy qu’à Esculape on rende plus d’hommage, 60 il ne fit jamais tant de bien. Le suc de leurs puissantes herbes rebouschant les armes superbes et les traits fatals de la mort, chacun creut que du ciel le sainct don des miracles revenoit sur la terre et que, par leurs obstacles, ils avoyent vaincu son effort.
65
Lors qu’Atropos, pleine d’envie, trancha le beau fil de leur vie et leur fit sentir le cizeau, dont leur art, plus qu’humain, avoit tant sauvé d’hommes et fait encor un coup revoir l’air ou nous sommes et tourner la bas leur fuzeau.
70
Cruelles sœurs, coupés leurs trames, separés leurs corps de leurs ames, 75 leur vertu ne craint point les eaux du Stix et d’Acheron. Versez sur eux vos haines, employez tous vos soins à tarir les Fontains, nous en conservons les ruisseaux.
G(isbert) de Courcelles1037
1036 Sic:
sarà refuso per vient. tratta, con ogni verosimiglianza, di Gisbert Couvin de Courcelles, studioso di filo sofia, di teologia e poeta (Couvin 1607 ca.–Liegi 1648): cf. BNB 4 cc. 452 s. 1037 Si
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[99, 5] Nicolao Fontano, doctori medico, beanti genus humanum scriptis eruditissimis [distico elegiaco] Non es fons sine aquis: fluvios vomis, omnia inundas, Aegyptum ut Nilus. Magnus es: obstupeo! B. N.
[99, 6]
5
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Lecteurs, qui prenez la licence de jecter l’œil sur ces escrits, enfans d’un des plus beaux esprits, que le sort envie à la France, prenez garde que leurs accens et leurs objects troublent vos sens: puis advouez, qu’en ces rencontres le plus beau et plus merveilleux, est qu’ils n’ont rien de monstrueux, quoy qu’ils ne parlent que de monstres.
[100] Syntagma medicum de morbis mulierum in libros IV distinctum a Nicolao Fontano Amstelo-Batavo....., Venetiis 1663, apud Turrinum [prima ediz. Amster dam 1644] [R.G. Medic. VI.205]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [100, 1] Sapphicum applausorium et congratulatorium in decessum et profectionem nobilissimi, doctissimi et celeberrimi viri d(omini), d(omini) Nicolai Fontani Hollandi, patritii Amstelrodamensis, me dici, quondam hic dum versaretur, orphanocomi et inspectoris Col legii medici practicique laudatissimi, iam vero serenissimi principis elect(oris) Coloniensis Ferdinandi, ducis vtriusque Bauariae, ecc. archiatri dignissimi, decantatum 99, 4 [strofe saffica]
5
Fons salutaris pueris repertus ex tuis scriptis fuit, orphanorum Amstelos inter tibi singularis tradita cura. Annus octauus cadit atque denus Amstele, queis tu medicare turbae
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multa scribendo, faciendo multa, clarus vbique. 100, 1 Interim Gallos celebratur inter fama doctrina ac Italos sagaces: rumor increscit: tua scripta praestant hanc tibi laudem. Ergo te quondam, quoque Ferdinandus, Austriae lumen, decus Imperantum, te sibi legit medicum aulicisque annumerauit. Hunc rapit fatum superisque iunxit, alter accedens tibi Ferdinandus dux Etruscorum, sibi destinauit1038 gymnasioque. Nil boni solum est, sed ad altiora te sata Fortuna vehens benigna, Belgicas inter remoratur oras, dans meliora. Tertius tandem tibi Ferdinandus, stirpe prognatus Bauarum decora, praesul electorque vrbium1039 sacratus euocat ad se1040. Ecce quam fatum variet vicemque voluat humanam: a pueris ad aulam scandis illustrem Bauarumque magno principe amaris. Sit tibi faustum, tibi destinata est coelitus merces: Deus auspicatum principi reddat Bauaro tuisque semper amicis. Ab Iano Hylandro1041, m(edicae) d(octore) art(is) magistro
[100, 2] Nobilissimo ac excellentiss(imo) viro domino Nicolao Fontano, medicinae d(octori), d(omino) experientiss(imo) necnon serenis 1038 Sc. te, ricavabile da tibi di v. 18. Sata di v. 22 (determinato dalla vicinanza di Fortu na), andrà corretto in satum. 1039 L’esito della sinalefe è qui lungo, mentre dovrebbe essere breve. 1040 I tre Ferdinandi ricordati nel carme sembrerebbero essere, nell’ordine, Ferdinando II d’Asburgo, imperatore (1578-1637), Ferdinando II de’ Medici, granduca di Toscana (16101670) (vd. anche supra 5 tit.) e Ferdinando di Baviera, arcivescovo e principe elettore di Co lonia (1577-1650). 1041 Vd. supra 99, 3.
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simi elector(is) Coloniensis archyatro designato, De morbis mulie rum commentarium edenti [trimetri giambici] Mulier, voluptas et salus mortalium, quae foeta partu sustinet terras suo, per quam coloni bobus exercent agros et ipsa tellus vberes fructus refert, iacebat aegra, maximis affultibus1042 morbi laborans, destituta viribus: calcare lethi iam videbatur1043. Herbas medentes aestuanti quae1044 daret vrgensque virus pelleret, nemo fuit. At tu, misertus f[a]eminini incommodi, Fontan[a]e, promis ex opimo pectoris p[o]enu medelas et iacentem subleuas. Quantum mereris hoc labore praemium! Te posterorum praedicabit natio, te nos fatemur f[a]eminam vitam tibi debere, debes ipse cui vitam prius.
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Testandae amicitiae, a multis annis optima fide cultae, scribebat Dauentriae Iohan(nes) Christenius1045, i(uris) c(onsultus), Kal(en dis) Ianuarii an(ni) 1644
[100, 3] A maiorum genere, a seipso virtute, doctrina, arte Machaonica et variarum linguarum cognitione nobiliss(imo) viro, d(omino) Nico lao Fontano Amstelodamensium, hactenus Hippocrati celeberrimo, nunc vero illustrissimi et sereniss(imi) electoris Coloniensis medico cubiculario, morborum muliebrium curationem publicanti [distici elegiaci] Iuvisti pueros et mente et corpore quondam: f[a]emineumque iuuas iam, Nicolae1046, genus. Vos igitur dignas, mulierque puerque, vicissim 1042 Sic:
evidente refuso per assultibus. un piede: si potrebbe congetturare videbatur . 1044 Sic: sarà refuso per qui (cf. nemo di v. 9). 1045 Vd. supra 99, 2. 1046 Sic. Per far tornare il metro ed evitare il cretico nel secondo emistichio del penta metro, si potrebbe congetturare qualcosa come p.es. Nicol[a]e iam genus. 1043 Manca
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CARMINA MEDICALIA
Fontano grates persoluisse decet. Accinuit Gisbertus ab Isendron1047, in illustri Dauentriensium Gymnasio philosophiae professor
[100, 4] 100, 3 IV Ad eundem [distici elegiaci]
5
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Hunc tibi, quas pestes varia contage, profatum, mollior aegroto corpore sexus alat, dum quos1048 poenarum discrimina mille recenset, subtilem et doctum quis neget esse librum? Doctrina potior laus est pietate probari, quod praesens1049 medica cuncta repressit ope: unum hominem laudi est seruasse: hinc citrea quercus, Alcestim Herculeus adseruisse labos. Quid non tu, Fontane, meres, pars altera quod nunc humani generis munere tuta tuo est?
[100, 5]
Ioan(nes) Fredericus Gronouius1050
V [distici elegiaci] Conquirant alii sibi plurima fercula ventris: at mentem exsatiat gloria sola tuam. Gloria vera pios mansit, manet atque manebit: permaneat fonti gloria vera pio.
Applaudens succinebat Martinus Crocoeus
1047 Gijsbrecht van Isendoorn, studioso di filosofia e medico (Edam 3/12/1601-Harder wijk 30/4/1657): cf. AGL 2 c. 1995; NNBW 1 cc. 1194 s.; Aa 9, 36 ss.; ADB 14, 630. 1048 Sic: forse refuso per quae (sc. discrimina). 1049 Sc. doctrina. 1050 Johann Friedrich Gronovius, filologo celeberrimo (Amburgo 5/9/1611-Leida 20/12/ 1671): cf. AGL 2 cc. 1194 s.; NNBW 1 cc. 989 ss.; Aa 7, 445; Eckstein 212; Pökel 101; ADB 9, 721 ss., dove compare un’interessante notazione: “Ein Verzeichniß seiner Schriften lieferte G. selbst in einem 1670 an den Italiener Angelicus Aprosius greschriebenen Briefe mit fol genden (abgekürzten) Titeln.....21 Poemata varia per occasiones emissas, nondum tamen iun ctim in unum volumen coniecta”.
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100, 3 – 101, 1
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[101] FOREEST Pieter van (Petrus Forestus), celebre medico olandese (Alkmaar 1522-ivi 10/3/1597): cf. AGL 2 c. 675; BL 2, 568; NNBW 1 cc. 884 ss.; Aa 6, 168 ss. Domini Petri Foresti Alcmariani, medicinae doctoris experientissimi, inclytae reipub(licae) Delphensis medico-physici ordinarii, Observationum et curationum medicinalium ac chirurgicarum opera omnia quatuor tomis digesta, in quibus omnium et singularum affectionum corporis humani causae, signa, prognoses et curationes graphice depinguntur, quibus accesserunt eiusdem authoris Libri III de incerto ac fallaci vrinarum iudicio aduersus vromantas et vroscopos, cum univer sali titulorum, observationum, morborum, secretorum singularium ac rerum me morabilium indice locupletissimo, Rothomagi, sumpt(ibus) Ioan(nis) et Davidis Berthelin fratr(um) 1653, 2 voll. (il primo volume contiene i primi due tomi, il se condo gli altri due) [prima ediz. Francoforte 1623] [R.G. Medic. I.1]
All’inizio del primo volume compaiono i seguenti versi: Epigrammata ad clariss(imum) virum d(ominum) Petrum Forestum med(icum)
[101, 1]
5
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15
[distici elegiaci] Qui caput infestent morbi, rationis et artem, quanta lues membris inde futura, doces, quae sit et ad sedem mentis medicina parata, ne pariter corpus ingeniumque cadant: corporis oblaesi generalis cura, laboris principium fuerat iustaque causa tui. Ad partes medicina suas iam ducit et ipsos languores capitis te reparare iubet. Inde gradu facto, vitam nisi fata negabunt, ut valeant nobis corporis ima, dabis. A sene iam discent iuuenes cerebrique medelam, debile curandum qua sit et arte caput: quique caput populi referunt, meminisse monentur se curatores ciuibus esse datos. Tu sanum caput in membris, illi ordine praestent, ut rebus populi constet et alma salus atque animis. Sic te, sic illos vera sequetur gloria, quaeque datur vita beata fide. Fratri suo chariss(imo) N(anning) F(oreest) A(lcmarianus)1051
1051 Nanning van Foreest, giurista e storico, fratello di Pieter (Alkmaar 1519-’s Gravenha ge 1592): cf. NNBW 1 cc. 881 s.; Aa 6, 167 s.
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CARMINA MEDICALIA
[101, 2]
Aliud [esametri dattilici] Si quibus externos acie vicisse tyrannos contigit, hos, niueis quondam fama inclyta bigis abripiens, rutilo tandem donarit Olympo, quae vel melliflui praeturgida nectaris haustu lingua canet nostro praeconia digna Foresto? qui toties coeco latitantes merserit ignes, corpore et inuito innumeros extorserit Orco: nam (mihi praeteritos liceat tetigisse labores) postea febriles furias quam protinus armis exutas dedit ille fugae pestemque veneno exuit ac vanos pepulit procul vromantes1052. Haud equidem, fixis postes1053 ab Apollinis armis, destitit ac placida defessus sede resedit: sed tantas quaesita animo victoria vires addidit, vt reliquis vel clausis corporis vlla parte malis paret excidium: quin tela capessens dum loquor, haec summa celebri deturbat ab arce, post reliquum (modo fata sinant) ruiturus in agmen. Ergo Deus, cui summa necis vitaeque potestas, de tardo positi tempus pede transigat aeui, quo coeptum bene vergat opus, quo pristina crescat gloria, qua[e] toto praefulgeat illius Orbe nomen ab exequiis ac sicca deinde peremptus morte, tui tandem fiat, Pater, incola regni.
5
10
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[101, 3]
Balduinus Hamaeus Brug(ensis)
Aliud [falecei] Foreste, aureolus tuus libellus, cuius nos tenuit diu cupido, nunc nostros animos rapit stupore. Quid mirum? aureolus tuus libellus in multum rapuit deos stuporem: dixissem inuidiam, nisi inuidere
5
1052 Non 1053 Sic:
attestato nel latino classico e medioevale. Verso spondiaco. forse refuso per positis.
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101, 2 – 101, 5
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qui possent superi suo Foresto? Nunquam Apollo librum politiorem vidit aureolo libello et Phoebi soror Aescvlapiusqve dum vident stupuere et addidere, quod si non superat deos Forestus, saltem aequat genium deis Forestus.
[101, 4]
Ad eundem [distici elegiaci] Et dios foetus in dias luminis oras1054 parturis ingenii, die Foreste, tui. Dius dia facit (mirum nihil): anne quis vnquam dius non dios proferat ore sonos?
[101, 5]
Augerius Clutius T(heodori) f(ilius)1055
Aliud [distici elegiaci]
5
10
Sunt quibus est studio coelestia corpora nosse, ingenii captus saepe quod ipse negat. Omnis at hoc spectat studiosi cura Foresti, ut sibi sint hominum corpora nota probe. Hinc methodo facili docet hac doctaque cauenda, sint quoque curandae, qua ratione, febres. Quod bene, quo dextre certo faciatque scienter, turpiter ignauum non sinit ire diem. Scrinia compilat coryphaeon arte medendi et nihil occultum sustinet esse sibi: tantus amor primum varios cognoscere morbos, auxilio summi tollere deinde Dei! Ios(ephus) Lang(ius)1056
1054 Evidente eco lucreziana (1, 22), che torna anche infra a 101, 8, 3. Si noti la marcata allitterazione determinata dall’uso dell’aggettivo dius. 1055 Outgers Cluyt (Augerius Clutius) (secc. XVI-XVII), medico e botanico olandese, di rettore dell’orto botanico di Leida fondato dal padre Théodore Cluyt: cf. AGL 1 c. 1973; Aa 3, 508 s.; Michaud 8, 491. 1056 Joseph Lang (Langius), filologo e paremiografo (Kaisersberg 1570 ca.-Friburgo i.B. maggio 1630): cf. AGL 2 c. 2256; AGL3 3 cc. 1232 ss.; ADB 17, 602 ss.; Eckstein 315; Pökel 150.
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[101, 6]
CARMINA MEDICALIA
Aliud Ad Adamum Forestum1057 med(icum) [distici elegiaci]
5
10
Protulit in lucem vigilans vt cura Foresti artis et ingenii clara trophaea sui et, velut euicto stabuli squal[l]ore, retexit Poeonias aeui nobilioris opes, ars ne longa, breuis ne vita sit artis ab vsu, praestitit hic magno vix minor Hippocrate. Pars opere e tanto nostros ne desit in vsus, pro genio1058 ingenue promis, Adame, tuo, vtque malis norint1059 muliebribus arte mederi solertem incautis praefacis1060 ire ducem. Hac petitur, quae stat benefactis gloria: macte ingenio patrui, macte Foreste tuo. Petrus Hogerb(eetus) med(icus)1061
[101, 7]
Aliud ad eundem [strofe alcaica]
5
10
Iactabat olim natus Apolline templum perenni marmore nobile, videbat exstructasque ad aras thura suas redolere fumo, castum quod herbis Hippolytum sacris, nouerca mendax quem dederat neci, extorset1062 Orco spiritumque in laceros reuocasset artus. At tu patrimae Virginis artibus, Forestiorum floscule nobilis
1057 Adaam van Foreest (Embden 1570-Alkmaar 1640), figlio di Dirk 2 (m. Alkmaar 16/8/1596: cf. NNBW 1 c. 878), fratello di Pieter: cf. NNBW 1 c. 876. 1058 Sic: sarà refuso per pro ingenio: cf. p.es. Plauto, trin. 303; Sallustio, bellum Iugur thinum 49, 4; Livio, 9, 3, 1. 1059 Sc. i lettori della tua opera. 1060 Sic: escluderei un refuso per praeficis; penserei piuttosto a praecinis o a praecipis. 1061 Pieter Hogerbeets (Hoorn 2/3/1542-ivi 12/9/1599), medico e poeta: cf. AGL 2 c. 1667; NNBW 9 c. 384; Aa 8, 2, 957 s. 1062 Sic: refuso per extorsit.
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101, 6 – 101, 8
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Adame, dum dicta magni scripta voluminibus Foresti componis atque in luminis aureas depromis oras, dum patrui cies manes, videbunt rariores1063 regna feri tenebrosa Ditis: namque ille auari nauigium senis doctis morari nos docet artibus praedamque cogit iam relictae protinus exposuisse ripae. Quid ergo diu[in]um pro meritis tuis, Adame, ponet posteritas tibi, pro laude quâ vincis deorum templaque marmoreosque vultus? Sed nil superbo Pyramidum situ, rubiginoso nil chalybe est opus: sibi ipsa sat ponit perennes pyramidas statuasque virtus.
15
20
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[101, 8]
Philippus Pynacket
Aliud Ad Petrum Forestum, virum clariss(imum) [esametri dattilici] Ingenio et famâ nunquam moriture Foreste, Phoebaei cui sacra patent penetralia luci, nascenti et dias venienti in luminis oras, cui Charites blandum risere atque auspice Phoebo perfudere caput totum Permesside lymphâ, Maeonio versu dignissime, cuius ab ortu solis ad occasum toto circumsonat Orbe fama, superuolitans et clarum sidera nomen: quae genio ingenioque tuo sat digna trophaea constituent seri post vltima fata nepotes? Millia multa hominum diro dum surripis Orco et natis pariter vitae nascentibus almam addis opem, scriptis complens illustribus Orbem, ingenii victura tui monumenta propagans, et nunc et prodesse studens mortalibus olim,
5
10
15
1063 Sc.
manes.
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CARMINA MEDICALIA
vnde tibi aeternos merito moliris honores, tu tristes vitae laqueos, tu pellere morbos arte doces aegris innoxia pharmaca miscens. Absistunt trepidae mortes inuitaque Clotho fila trahit Lachesisque dolet sua pensa reuolui. O hominum vitae et communi nate saluti! Fortunate senex, tu Delphicus alter Apollo iure clues: senio affecto1064 mage namque virescit ingenium, vir magne, tuum velut vnus et idem vsque repubescit senio confectus Apollo. Perge, Foreste, pares magis ac magis edere foetus nec strepitus Momi nec dirae spicula linguae te moueant: Musae applaudunt, tibi plaudit Apollo certatimque tuum tollunt ad sydera nomen. Sic tua clarescant seclis monumenta futuris, vltra et pyramidas annosaque Mausolaea duret honos nomenque tuum non vlla vetustas obruat haec tanti monumenta aeterna laboris.
20
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[101, 9] 101, 8
Gualterus Verdoesius med(icus)
Aliud eiusdem [falecei] Belgarum decus et sacrate Phoebi mysta, alter Batauis tuis Galenus, rara tincte1065 animum eruditione, princeps Paeoniae, Foreste, gentis: quid tantum tibi plaudit Aesculapî Musarumque chorus, fauente triga1066? Num rursus grauida gerens in aluo foetus ingenii tui beatos, vena nectare turgida recludes1067? Fallor: parturis et fauente Phoebo rursum enixuriens1068 recens in auras edis ter nitidos tuos labores,
5
10
1064 Sic:
sarà refuso (determinato dalla vicinanza di senio) per affectum (sc. ingenium): vd. v. 25 senio confectus. Il v. 31 è un esametro spondiaco. 1065 Sic: sarà refuso per cincte. 1066 La triade sarà costituita da Esculapio, le Muse e Apollo. 1067 Intendi: “li svelerai, essi che erano celati nella tua vena, che perciò squarcerai”: cf. Verg. Aen. 1, 358. 1068 Sic: proporrei qualcosa come eniteris (cf. 10 parturis e 12 edis) .
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[101, 10]
101, 8 – 101, 11
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optatos ἰατροῖς1069 tuos labores Horarum et Charitum fluente1070 lotos. Sic quondam e cerebro suo Mineruam exclusisse Iouem ferunt poetae. Macte his, macte laboribus, Foreste, dignis ingenio vel Aesculapî. Quos non liuor iners edaxque rerum tempus conteret, o sacrate Phoebi mysta, alter Batauis tuis Galenus.
Aliud eiusdem [distici elegiaci]
5
10
[101, 11]
Dum toties fugientem animam diro eripis Orco, subtrahis et Stygio millia multa deo: imo artem ingenio ditas scriptisque, Foreste, vt tantum agnoscant posthuma secla decus. Styx, Phlegethon dirusque in te coniurat Auernus extinctumque cupit liuida turba senem. At Deus et Natura suum tutata Forestum viuere Nestoreo tempore ab arte volunt. Quo ruitis stipata cohors Stygiaeque phalanges? Frustra eritis: non hic Marte, sed arte premet. Marte etenim quicquid struitis, superabit ab arte1071: perdere is et Furias Eumenidasque potis. Concedunt fera fata viro: quid fortius illo, quem Natura suum, fecit ipse Deus1072?
Aliud eiusdem [distici elegiaci] Progenies Phoebi nymphaque Coronide nate, et Bataui sol, ô magne Foreste, soli,1073
1069 Vd. supra nota 1020. Perché la metrica torni è necessario scandire il gruppo inziale come un pirrichio. 1070 Sic: sarà refuso per fluenta, acc. di relazione. 1071 Si noti il ripetuto gioco di parole fondato sull’assonanaza di Marte e arte. 1072 Sc. concedit: “il feroce destino è costretto a fargli spazio: ma solo Dio può permettere tutto ciò che è più forte di quell’uomo (illo (sc. viro), s’intende Foresto), che la Natura ha fatto suo”. 1073 Gioco di parole tra sol (sole) e soli (suolo).
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CARMINA MEDICALIA
tinxit Apollinea Phoebus quem largius vnda, quam Stygio Aeaciden mersit in amne Thetis: sic ergo prodesse Orbi scriptisque manuque pergis inexstincto nobilis ingenio? effoetoque licet senio (mirabile dictu) ista tuus fundit dona beatus eger1074? Sic certe: assiduum testantur scripta laborem, scripta vel a Clario numina digna legi, quae, vir magne, iterum totum diffundis in Orbem, ingenii certe germina rara tui. Macte nouis opibus, viuent tua scripta, Foreste: inuidiae aut aeui haec nulla ruina premet!
5
10
[101, 12] 101, 11 Aliud [distici elegiaci] Post parte ex omni mala profligata, Foreste, dum stomachum cunctis asseris1075 a vitiis, exciuit stomachum Stygiae tua cura cohorti, quae fieri mortis iura minora dolet: sed nihil offensae1076 nocuit tot gentibus ira, quas tuus illaesas praestitit ante labor.
5
[101, 13]
I(oannes) Dousa1077 f(ilius)
Aliud [distici elegiaci] Si digni quondam Podalirius atque Machaon Maeonio vati1078, qui canerentur, erant, vulneribus gnari Minyeia centaure[i]a
1074 Sic:
refuso per ager. “dichiari libero, affranchi”. 1076 Sc. mortis. 1077 Johan van der Does jr. (Noordwijk 16/1/1571–‘s Gravenlage 26/12/1596: cf. AGL 2 c. 206; NNBW 4 cc. 429 ss.; Aa 4, 219 ss.; Eckstein 125; Pökel 64), figlio di Johan van der Does sr. (Janus Dousa) (Noordwijk 5/12/1545–‘s Gravenlage 8/10/1609: cf. AGL 2 cc. 205 s.; NNBW 6 cc. 425 ss.; Aa 4, 214 ss.; Eckstein 125; Pökel 64), entrambi illustri poeti. I versi sono pub blicati in Iani Dousae filii Poemata olim a patre collecta, nunc ab amicis edita, Lugduni Batav(orum) apud Andream Cloucquium 1607, p. 211 n° XV, nella sezione Iani Dousae f(ilii) Epigrammata iuvenilia e recano il titolo In Petri Foresti librum de morbis stomachi. 1078 Omero. 1075 Intendi:
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indere et adducta vellere tela manu, qua noster non est dignandus laude Forestus, qui curat medica saucia corda manu? Tela cutem laedunt faciuntque opis indiga doctae vulnera: mens iaculis inuiolata manet. At febres quid sunt aliud, quam vulnera cordis, quae facili non sunt arte leuabilia? Quippe necant hominem, faciunt quoque saepe furorem, ipsa morte magis perniciale malum. Haec mala qui metuit, veneretur iure Forestum, qui vitare monet quique leuare docet.
5
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[101, 14]
Ἄλλο [distico elegiaco]
Ὅς πυρετόν τ’ ὠθεῖν, πυρετοῦ τε ἐέλδετ’ ὀπαδούς, εὑρήσει πάντων ἐνθάδ’ ἀκεστορίην. P.T.
[101, 15]
Aliud In Amstelrodamum horreum [esametri dattilici] Aureus, ut perhibent, quondam a Ioue perpluit imber magnificis turgentem opibus Rhodon: horrea Roma Sicaniam esse[s] Ceres victuro munere cessit1079. Torsit et huc oculos facilis Deus ipse benignos et me mactam opibus iussit florereque rebus laetis: at circumdor aquis pigraque palude obsita roboreoque solo stant culmina nixa, depactis alte trabibus, surgentia coelo alternansque statis vicibus maris aestus aperti moenia subcingit, qua parte exotica puppes veliferae inuectant onera exportantque frequenti mercatu, Hesperias qua se dimittit in vndas barbaraque Eous pandit qua littora Titan.
5
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1079 Intendi: “Cerere (l’abbondanza delle messi) diede alla Sicilia la possibilità di divenire
il granaio per Roma per fornire una funzione che avrebbe assicurato la vita (victuro è da vivo)”.
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Expedio, quos nostra tamen non arca1080 vertit, legiferae cumulos Cereris, genitalia dona: Gargara prouentu tanto non farris abundant. Inferior fuerit, vel Momo iudice, mecum contendat locuplete penu si Trinacris ora aequalesque ferax non Africa stipat aceruos. Horreum et agnoscit me non male Belgica1081 felix. Omnigenas vt opes, sic vitae alimenta ministro, recte vt quis saturae similem me dixerit aluo, robore defectos succum quae dedit in artus. Eximiae hinc adeo Caesar me ferre coronam virtutis decus ac munus spectabile iussit: materiem at linquo scribendi vatibus amplam.
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20
25
Adrianus Iunius1082 Hornanus, medicus
[101, 16] 101, 15 Aliud [trimetri giambici] Noris vt1083 hospes, ossa quanti marmore sub hoc reposta sint viri, sic accipe: sunt illa Petri, e gente quam [ut vid.] Forestia Coeli benignior, bono mortalium, magni bearat aura mente Hippocratis. Haec1084 artis vsu fontibusque iatricae Orbi retectis, ceu perenni lumine, iam maior annis septuagenario, nil mente fractus, hos vt artus exuit: desiderat lugetque ciuem patria, aether recepit, quo fide tetenderat, fama relicta posteris industriae. Nunc hospes i, quo fata te vocant tua, sua gratulatus optimo Forestio.
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Praeceptori et amico vet(eri) Petrus Hogerb(eetus)1085 med(icus) moerens b(ene) m(erenti) p(osuit) 1080 Sic:
proporrei dubitativamente arcera. ora. 1082 Adriaan de Jonghe (Adrianus Iunius) (Hoorn 1/7/1511–Middelburg 16/6/1575), cele bre medico e poeta: cf. AGL 2 cc. 2023 s.; BL 3, 471; NNBW 7 cc. 692 ss.; Aa 9, 235 ss.; Eck stein 275 s.; Pökel 135. 1083 Sic: sarà opportuno trasporre Vt noris. 1084 Sic: sarà forse refuso per huius (sc. artis): in tal caso è da scandirsi monosillabo. 1085 Vd. supra 101, 6. 1081 Sc.
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101, 15 – 101, 17
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Aliud Carmen parodicum a Propertio [distici elegiaci] Moenia facundo si debent Graia Galeno, si debet Celso maxima Roma suo, debet et immensum1086 Batauum bona fama Foresto, illius aeternum nobilis a calamo. Qui nunc egregias medicandi suscitat artes, nataque Latoi munera numinibus. Cedite Romani scriptores, cedite Grai[i]: nescio quid maius nascitur Hippocrate1087. Tu canis aegroti subter praecordia flammas, phthisin et attritis hydropa1088 visceribus, utque mali possint corrumpere corpora succi, haustus et infectis spiritus aeribus. Felix, qui tristes herbis medicare1089 dolores, his licet in vanum saepe sua ira manet. Felix ille, tuis qui tentat legibus, aeger, crudelis morbi carpere nequitias: quamuis ille malo lassus superante recumbat, curatur facili non minus auxilio. Tu reuocas Coae veteris praecepta senectae, quaeque iuuet radix, quaeque sit herba nocens. Tale teris docto medicamen pollice, quale Cynthius ipse suis temperet articulis. Te sequitur Latiae dulcis facundia linguae, seu iuuet hanc scripto seu fluere eloquio Attica nec desit, vt tu omni a parte valeres e medica tristem tollere barbariem. Quod facis et facto astringis tibi secula cuncta, ne possint laudes vlla1090 tacere tuas.
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1086 Da
intendersi, insieme a aeternum di v. 4, in senso avverbiale. di Properzio 2, 34, 65 s. (con la sostituzione di Hippocrate all’originario
1087 Imitazione
Iliade). 1088 A
rigore (data la derivazione dal greco) il termine dovrebbe avere la penultima silla ba lunga. 1089 Sc. potest. 1090 Sc. saecula.
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[101, 18]
CARMINA MEDICALIA
Aliud Duo vltimi versus annum obitus denotant [esametri dattilici] Heu! nimium patriae fatis ereptus iniquis, occubuit, medica celeberrimus arte, Forestus: insignis pietate senex, quem Phoebus et omnes a Phoebo Musae sacris fouere sub antris vnguibus a teneris et, donec vita manebat, certandi inter se studio sua dona tulerunt, queis tantum semper, genium comitante labore, claruit ante alios, quantum inter caetera Phoebe sydera fraternis per coelum lucida flammis. Tum grauitate valens, qualem sese ore ferebat, inter tot tantosque viros, quos aula petentes vidit, et ipse suis toties ad posse reduxit artibus, attracto dum Mors nigra cornua neruo lunat, in aduersos vibrans sua spicula vultus, quae mox auertit vacuasque retorsit in auras. O Libitina, fera monstrum crudelius hydra! Quantum erat vt sineres, alios contenta tudisse, hoc saltem superesse caput, quo vindice tutos vidimus, admotis fere queis sua praebuit alis pharmaca, diuersa quaerens ratione salutem. Nec sumus ingrati (tibi nos debere fatemur), quod datus es nobis et adhuc iuuenile vagantem inuida ad algentes non retro traxeris1091 vmbras. Nunc morbi, reuocate animos moestumque timorem mittite: non equidem vobis infestior alter Hippocrates Batauus nascetur origine quisquam. Ecce iacet tumulo, quem formidare soletis, et vaga quem dederat cursum fortuna peregit aegrorum luctu factoque hic fine quieuit. Sed taMen ingenII post saeCVLa Longa VIgore VIVet et eVeCtVs CapVt Inter nVbILa Condet1092.
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I(oannes) Rietvviick Alcmar(iensis), iuris candidat(us)
1091 Sc.
inuida Libitina. lettere maiuscole degli ultimi due versi indicano l’anno 1597, che è, per l’appunto, quello della morte di van Foreest. 1092 Le
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101, 18 – 102, 2
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[102] FRACASTORO Girolamo (Verona 1476/1478–Incaffi, Verona 6/8/ 1553): cf. AGL 2 cc. 696 s.; BL 2, 589; Eckstein 165; Pökel 81; DBI 49, 543 ss. a cura di Enrico Peruzzi. Hieronymi Fracastorii Veronensis Opera omnia, in unum proxime post illius mortem collecta, quorum nomina sequens pagina plenius indicat....., cum illustris s(imi) senatus Veneti decreto, Venetiis, apud Iuntas 1555 [è la prima ediz.] [R.G. Scienze IV.1993]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [102, 1]
Adami Fumani1093 Veronensis [trimetri giambici] Longe vir vnus omnium doctissimus, Verona per quem, non Marones Mantuae1094 nec nostra priscis inuident iam saecula, virtute summam consecutus gloriam, iam grandis aeuo hic conditur Frastorius. Ad tristem acerbae mortis eius nuntium vicina fleuit ora, flerunt vltimae gentes: perisse musicorum candidum florem, optimarum et lumen artium omnium.
5
* Di seguito compaiono i seguenti versi: [102, 2] Ludovici Nogarolae comitis1095 ad Paulum Rhamnusium Vene tum1096 1093 Adamo Fumani (Fumano)poeta (Verona, inizio sec. XVI-1587): cf. AGL 2 cc. 807 s.; Michaud 15, 288 s. Questo carme è pubblicato in Hieronymi Fracastorii Veronensis, Adami Fumani canonici Veronensis et Nicolai Archii comitis Carminum editio II mirum in modum locupletior, ornatior et in II tomos distributa………, Patavii 1739, excudebat Iosephus Comi nus, Superiorum permissu et cum privilegio excellentiss(imi) senatus Veneti ad annos X, vol. II, p. 134 come n° IX della raccolta che ha per titolo Adami Fumani Canonici Veronensis Carmina, quibus in hac editione insignis accessio facta est; il carme ha per titolo In funere Hieronymi Fracastorii. 1094 L’epicedio per Fracastoro riceve una sua impronta caratteristica dall’accostamento con Virgilio. 1095 Ludovico Nogarola (m. 1559): cf. AGL 3 c. 967. 1096 Paolo Ramusio (m. 1599): cf. AGL 3 cc. 1896 s.
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[distici elegiaci] Frastori monumenta hoc tu dum, Paule, libello colligis, e caecis eripiens tenebris, scilicet vt vates medicaque excelluit arte percurritque domos aetherias animo, ingenteis Verona refert tibi nunc mea grates cum Baldo Benacoque suo atque Athesi1097. Qui tanto assurgent plausu, quantum ipsa labore fama sui ciuis se efferet aucta tuo.
5
Questo carme è pubblicato in Hieronymi Fracastorii, Adami Fumani et Nicolai Archii carminum editio II, cit., vol. I, p. 190 nella raccolta che ha per titolo Illustrium aliquot poetarum carmina ad Fracastorium et de Fra castorio (pp. 181 ss.). [103] FROMMANN Johann Christian (Coburgo 1640 ca.-?): cf. AGL 2 c. 784; BL 2, 634. 102, 2 Tractatus singularis De haemorrhoidibus problematum theoreticorum et prac ticorum centuria absoluta, autore Iohanne Christiano Frommanno, d(octore) medico provinciali Coburg(ensi) et prof(essore) publ(ico), Norimbergae, sumtibus Wolfgangi Mauritii Endteri et Ioh(annis) Andreae Endteri haeredum, anno 1677 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. VI.89]
Alla fine dell’opera compaiono i seguenti versi: Ad tractatûs huius autorem laudatissimum IOANNES CHRISTIANVS FROMMAN
ἀνάγρ(αμμα) ANNON IN CHRISTO FIRMVS MANEAS? Aliud IOANNES CHRISTIANVS FROMMANNVS
ἀνάγρ(αμμα) MANV TV CHIRON ES INFIRMOS SANANS 1097 La
metrica del pentametro risulta alquanto anomala, dal momento che la cesura pentemimera, che dovrebbe separare rigidamente i due cola del verso, cade a metà della pa rola Benacoque.
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[103, 1]
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[distici elegiaci] ANNON IN CHRISTO MANEAS ob publica FIRMVS commoda, perpetuâ quae bonitate iuvas, optime vir? calamus quod clamat, charta loquetur semper, ut ora tuam sentiat omnis opem. In Christo firmus maneas. Hoc auspice recte, quod tibi succedant omnia, tute vides. INFIRMOS SANANS TV CHIRON alter ES, herbis et scriptis, facili hic in utrumque MANV.
5
Amicâ et officiosâ manu Noribergae f(idelis) Ioh(annes) Gabriel Majer Helv(etius) p(onendum) l(ibenter) c(uravit)
[104] FUCHS Leonhard (Memdingen 17/1/1501-Tubinga 10/5/1566), medico e botanico: cf. AGL 2 cc. 791 s.; BL 2, 637 ss.; ADB 8, 169 s. D(omi)n(i) Leon(ardi) Fuchsii, medici illuminati, scholae Tubingensis profes soris publici nec non principum Wirtenbergensium protophysici, Operum didacti corum pars I et II, continens I: Institutiones medecinae siue Methodum ad Hip pocratis, Galeni aliorumque veterum scripta recte intelligenda; II: Libros de hu mani corporis fabrica; III: Medicamentorum omnium, praeparandi, componendi miscendique rationem ac modum legitimum et e natiuis fontibus petitum; IV: Om nium morborum a capite ad calcem vsque medelam; V: Paradoxorum medecinae synopsin, ab auctore ipso paulo ante mortem eius, resectis mendis et erroribus perniciosis, recognitae, auctae et locupletatae luculentissimisque annotationibus illustratae, cum medicis tum pharmacopoeis longe vtilissimae et summe neces sariae, indice rerum et verborum satis locuplete donatae: prodeunt e Col legio Paltheniano, quod est in nobili Francofurto, 1604 [prima ediz. Francoforte 1566] [R.G. Medic. II.100]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [104, 1]
Vincentius Obsopoeus1098 lectori εὖ πράττειν [distici elegiaci] Sint licet haec variis feruentia tempora turbis plenaque luctificis sint licet illa malis,
1098 Vincentius
Opsopäus (Obsopoeus) (m. 1540 ca.), erudito, editore di testi greci e au tore di versi satirici: cf. AGL 3 c. 1011; ADB 24, 408; Michaud 31, 303; Eckstein 410; Pökel 194.
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vt, quoquo vertas tua lumina, tristis Erinnys saeuiat et secum fata timenda trahat. 104, 1 Hinc belli rabies saeuis circumsonat armis, miscens immiti funera crebra manu; hinc miseranda lues agros populatur et vrbes; hinc subitae mortes, hinc malesuada fames. Praeterea sancta discordia pectora lege atque tot haeretici dogmata praua gregis et turbae atrocis sacramentaria bella adde, remersorum1099 foeda lauacra quoque, vt taceam infames, turpissima monstra, sophistas, nulla quibus pestis noxior esse potest. Non tamen haec, quamuis feralia, tempora prorsus in totum cuncta commoditate carent: sunt haec ingeniis, sunt haec foelicia Musis et studiis florent nobilitata bonis. Vt plane veterum vincant haec tempora seclum artibus egregiis eximiisque viris, mittam doctrinae lumen mirabile sacrae, illustrans sancta pectora coeca fide: purius hoc nullo quam nostro tempore visum est, obscurum crassis nubibus ante fuit. Inclyta iam triplici loquitur Germania lingua, floret io miris Attica Musa modis. Ipsos iam fontes legum iurisque peritus scrutatur, cessat barbara glossa legi. Hoc etiam medici meliore sydere nati exemplo veterum iam monumenta terunt. Incipit esse minor vetulis Auicenna lacunis, Hippocrates summa dignior arce sedet, huius et interpres Graio sermone Galenus atque illi quotquot Cecropis ora tulit. Horum etiam cultor non segnis Fuchsius ille, qui tibi de tanto protulit ista penu, magnum Poeoniae thesaurum protulit artis exculta mentis sedulitate suae. Hunc tu viperea caueas percellere lingua neue Theonino rodere dente velis. Alterius si quem stimulis vaga gloria pungit, moliri potius dexteriora stude. Talem te in campum, si qua est vis vlla, vocamus haecque sit ingenio strata palaestra tuo.
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1099 Da
remergo, presente in latino, ma non attestato al participio.
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104, 1 – 104, 2
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At si non audes dubio te credere campo, quid iuuat inuidiam prodere, Liuor iners? Ergo tuae si quid censurae assumere tentas, ne temere crepidam praeteriisse velis1100. Si non exspueris talem de pectore morbum, tum quod agis semper, perdite Liuor, age.
Τέλος
[104, 2] Carmen in laudem Leonhardi Fuchsii, scriptum a Iacobo Oe thoeo1101 Northusano [distici elegiaci]
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Omnia quae mundi vasto conclusa theatro corpora, Naturae vis generosa fouet. Certa sui debent ortus primordia caussis, quis sine nil nasci nilque vigere potest. Has bene cui nouisse datum est, is, munere diuum felix, aethereae semina mentis habet, dignus et est memori qui laude vehatur ab aeuo praemiaque a sera posteritate ferat. Ergo quis aethereum dubitet tibi inesse vigorem, Fuchsi, Poeoniae gloria magna scholae? Quis non deberi tibi famae praemia dicat, perpetuo tituli laude manente tui? Dogmata dum magni demonstra[n]s clara Galeni, morborum caussas seminaque ipsa doces ostendisque artis ratio quae certa medendi corporaque aegrorum quo releuanda modo. Scilicet haec quondam de te testata vetustas virtuti tribuet praemia digna tuae. At tu, Paeoniae equeris qui castra cohortis, mollia tam docto fata precare viro, vt, reliquos vitae traducens molliter annos, amplificet medicas, vt bene coepit, opes. Sic tibi suppeditet Croesus Epidaurius herbas, sic tua sit Phoebo dextra medela duce.
1100 Per sanare la difficoltà metrica derivante dal fatto che temere dovrebbe essere scan dito come un tribrachi, si potrebbe invocare un allungamento in arsi o l’inversione crepidam temere . Per il celebre proverbio vd. Otto 97 s.; Tosi 257 n° 543. 1101 Iacobus Oethaeus, medico (sec. XVI): cf. AGL 3 c. 1036.
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CARMINA MEDICALIA
[104, 3]
Ad lectorem [distici elegiaci] Abstulerant Arabes ducibus vexilla Pelasgis et veterum e regno Poeona depulerant: Fuchsius ast Arabum e castris vexilla redemit et veterum in regnum Poeona restituit.
[105] GANS (Gansius) Johann Ludwig, medico (sec. XVI): cf. AGL 2 c. 855. Ioan(nis) Ludovici Gansii d(omini), medici Francofurtensis, Corallorum histo ria, qua mirabilis eorum ortus, locus natalis, varia genera, praeparationes chymi cae quamplurimae viresque eximiae proponuntur, Francofurti, sumptibus Lucae Iennisii, anno 1630 [è la prima ediz.] [Stamp. Barb. M.I.38 (3)]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [105, 1]
In malevolum [distico elegiaco] Crine ruber librum fertur mihi carpere; quis sit nescio: si sciero, vae tibi, crine ruber!1102
* All’inizio dell’opera compaiono i versi seguenti: [105, 2] In coralliorum et unionum historiam cl(ari) v(iri) d(omini) Io h(annis) Ludovici Gansii, medici et poëtae incluti [distici elegiaci] Littore Erythraeo baccam, quae intermicat algas nunc gemmam, pelago quae modo vimen erat, Gansiades, gemino seductus Apolline, vulgo dum promis tenebris eloquioque polis atque ea Phoebeis et Hygeiae munera templis
5 1102 Il
distico, soprattutto nell’attacco iniziale, riprende Marziale 12, 54, 1.
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104, 3 – 105, 3
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infers et vires ingeniumque doces, adfuit ipsa tibi auxilio Natura et Hygeia et Venus Oceanusque et, puto, trina Charis, inspirare tuis certantes numina chartis, quisque sua, invidiam et saecula quîs superent. Limine et haec primo, procul esto profane, libelli: edicit (sacer est!) Phoebus Apollo tuus.
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Mente et corpore iuxta aeger amicus amico negare tamen nequivi. Suffridus Sixtinus, i(uris)c(onsul)tus Amsterdamensis1103
[105, 3] Ad virum cl(arum), d(omi)n(um) Ioannem Ludovicum Gantz, me dicinae doctorem, Tractatum de coralliis edentem [trimetri giambici] Sic est quidem: nil scribitur, nil dicitur, scriptum prius dictumque quod non sit prius. Cur ergo, Ludovice, de coralliis1104 in publicum misso libello disseris? An est futurus hic labor frustraneus1105? Absit: quod olim est omnibus laudi datum, quotcunque literariam ausi sunt suis rem promovere serio laboribus, idem tibi auso, quaeso, quî non sit quoque laudi? laboris non nisi laus praemium est1106. Audacter ergo literariae rei prodesse scriptis perge posthac pluribus. Pro publicatis quid meres coralliis? Famae corollâ sempiternae dignus es.
5
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1103 Suffridus
Sixtinus, giurista e poeta (m. 1648 o 1649): cf. NNBW 1 c. 1474; Aa 17,
1073. 1104 Il
termine sarà ripreso alla fine del carme (v. 13), in un gioco omofonico con il sus seguente corolla di v. 14. 1105 Non attestato in latino classico. In quello medioevale esiste come doppione di fusta neus (“di fustagno”) (cf. Du Cange s.v.), mentre qui deriva evidentemente da frustra. 1106 Sic: a meno di leggere nisi con scansione giambica, la difficoltà metrica può essere appianata leggendo est praemium.
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[105, 4]
CARMINA MEDICALIA
Ad eundem cento Virgilianus1107 [esametri dattilici]
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Quid struis aut quâ spe, / rebus servate secundis fundamenta locas? / moliris laude laborem? Extulit ardentem / tantarum gloria rerum irritatque virum? / tua si mihi certa voluntas, mens immota manet, / rebus iam rite paratis, perficere est animus: / factum fortuna sequatur. Perge modo, / invidiâ rumpantur ut ilia Codro. Autor ego audendi / tantarum in munere laudum. Perge modo / inceptumque una decurre laborem. Perge, decet: / sunt hîc etiam sua praemia laudi diis equidem auspicibus / nec te labor ipse gravabit. Ne dubita: / feret haec aliquam tibi fama salutem nec te poeniteat: / olim meminisse iuvabit. Nam quid dissimulo? / semper celebrabere donis. In freta dum fluvii current, / dum piscis amabit fontesque fluviosque, / polus dum sidera pascet Dumque thymo pascentur apes, / sol duplicat umbras, Semper honos nomenque tuum laudesque manebunt. Georgius Schile1108
[105, 5] In cl(ari) v(iri) Ioh(oannis) Ludovici Gansii de corallis librum [distici elegiaci]
5
Quae patria, unde genus, nitido vis quanta corallo et quae sit pulchri gratia, Iane, doces. Ipsa suas arct[a]e dotes Natura papyro occulit, ipsa tibi tam graue dictat opus. Vilius hinc aurum est, hinc gemmae rarior usus et lapides mavult pulcra puella tuos.
1107 Fornisco il dettaglio delle citazioni da Virgilio, di cui l’autore del centone ha indicato solo genericamente l’opera e il libro (ove non indico l’opera virgiliana, s’intende che si tratta dell’Eneide): v. 1 = 4, 271 + 1, 207; v. 2 = 4, 266 + 4, 273; v. 3 = 10, 262 + 4, 232 e 272; v. 4 = 10, 644 + 4, 125; v. 5 = 4, 449 + 4, 555; v. 6 = 4, 639 + 4, 109; v. 7 = 1, 389 e 401 + ecl. 7, 26; v. 8 = 12, 159 + 8, 273; v. 9 = 1, 389 e 401 + georg. 2, 39; v. 10 = 12, 153 + 1, 461; v. 11 = 4, 45 + 2, 708 (il testo virgiliano ha nec me labor iste gravabit); v. 12 = 3, 316 + 1, 463; v. 13 = ecl. 2, 34 + 1, 203; v. 14 = 4, 368 + 8, 76; v. 15 = 1, 607 + ecl. 5, 76; v. 16 = 12, 181 + 1, 608; v. 17 = ecl. 5, 77 + ecl. 2, 67; v. 18 = 1, 609 identico a ecl. 5, 78. 1108 Si tratta probabilmente di Johann Georg Schiele (sec. XVII): cf. AGL 4 c.263.
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Illius hunc labis mater1109 dedit alma colorem, provocat hoc unum basia nostra decus. Quare quicquid erit gemmarum aurique nitentis, his tuus includi debet, amice, liber.
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Francofurti ad Moenum praescripsi in transitu Martinus Opi tius1110
[106] GEMMA Cornelis, medico e matematico (Lovanio 28/2/153512/10/1579, di peste): cf. AGL 2 c. 914; BL 2, 711; Aa 6, 95 s.; Fernand van Ortroy, Bio-bibliographie de Gemma Frisius1111, fondateur de l’école belge de géographie, de son fils Corneille et de ses neveux les Arsenius par Fernand van Ortroy....., in Academie royale de Belgique, Classe des lettres et des sciences morales et politiques, Mémoires,.... deuxième série, tome XI, fascicule II, Bruxelles 1920, pp. 1 ss., soprattutto pp. 117 ss. e 367 ss. De Naturae divinis characterismis seu raris et admirandis spectaculis, causis, indiciis, proprietatibus rerum in partibus singulis Vniuersi libri II, auctore d(omino) Corn(elio) Gemma Louaniensi, regio medicinae professore....., Antuer piae, ex officina Christophori Plantini, architypographi regii, 1575 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.822]
Per la seconda parte dell’opera compresa nel medesimo tomo del l’opera vd. infra. La nostra edizione è descritta dettagliatamente in van Ortroy 386 ss. All’inizio del primo tomo compaiono i seguenti versi: [106, 1] Operis dedicatio, quae et argumentum paucis in se complectitur, ex psalmo Dauidico 8 victori ad githith [cf. van Ortroy 387] Domine Dominus noster, quam admirabile nomen tuum in vniuersa terra! [ps. 8, 2 e 10] 1109 Sc.
Natura. Opitz (Bunzlau am Bober, Slesia 23/12/159-Danzica 20/8/1639, di peste): cf. AGL 3 cc. 1081 ss.; ADB 24, 370 ss. Non trovo traccia di questi versi nell’opera poetica di Opitz Mart(ini) Opitii Opera poetica, das ist geistliche vnd weltliche Poemata vom autore selbst zum letzten vbersehen [sic] vnd verbessert, Amsterdam, bey Iohan Iansson [ut vid., perché sopra il nome dell’editore è stato apposto, molto infelicemente, un timbro] 1646. 1111 Rainer Gemma, matematico, astronomo, cartografo, padre di Cornelis, (Dokkum 8/12/1508-Lovanio 26/5/1555): cf. BL 2, 711; Aa 6, 93 ss.; BNB suppl. 44 cc. 526 ss., dove si accenna fugacemente (p. 541) anche a Cornelis. 1110 Martin
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Aeterno opt(imo) max(imo) [esametri dattilici]
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Magne parens, o qui superûm coenacula solus aethereamque domum et nostri moderaris habenas: quanta tui virtus, laus, admiratio sancti nominis, in terrae extremos diffusa recessus, et mentes hominum subit ac circumsonat aures! Non capit hanc tellus, non vasti regia ponti: quin vaga peruolitans defixaque sydera caelo, maiestate sua templi iuga crystallini1112 impleat atque animos summo vix sistat Olympo. Hanc adeo infantes vel matris ab vbere rapti concelebrant nutuque tuo super astra propagant, vt videant caeci, quibus alto pectore fixa horrendam impietas trahit ipsa mole ruinam. Quo feror? Ex imis Naturae partibus, omnes per medias superasque, tuae vestigia dextrae conspicor: vt Lunae currus Titaniaque astra et caeli innumeris intextos orbibus orbeis firmatosque super solidi fundamina centri. At quis tantus amor? quae tam veneranda potestas, quam, nostri memor, his membris habitare caducis iusseris ac toti vt Solem illucescere mundo? Scilicet angelicae lux, splendor, gloria turbae humani generis speciem non passibus amplis exuperat: sedes sed enim vel proxima cessit, omnia transcendens manuum monumenta tuarum. Illa (viden’?) pedibus (qua Sol vtrinque recurrens respicit), vt stupeant, hominum substrata, sed imis cordibus aeternae insculpant1113 signacula legis. Nam pecudum volucrumque genus vitaeque natantum, quae mare, quae tellus fundit1114 campique liquentis aetheris, haec homini discunt parere magistro. Hic rerum dominus per te sceptrisque potitur ingrediturque solo et caput vltra sydera profert. Huic informe chaos1115, discors concordia molis,
1112 Esametro spondiaco con una forzatura, dal momento che la penultima sillaba di crystallinus è normalmente breve. 1113 Sc. homines. 1114 Evidente eco lucreziana, ribadita dal raffinato aurai di v. 35. 1115 In corrispondenza dei vv. 34-36 compare, nel mg. s., la seguente annotazione: Gra dus: ascensus, descensus et circuitus animorum.
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spiritus et pernix aurai simplicis ignis, huic animae et crasso separatae a corpore mentes assistunt alacres, nota vt regione viarum lustratum varie raptim in tua templa reducant. O Deus, ô generis vis et sapientia nostri, quam tuus ille decor toto mirabilis Orbe! Quam species veneranda et sancti gloria Verbi aeternoque manens a saeclo in saecula nomen!1116 Benedicite Domino omnia opera eius in omni loco dominationis eius, benedic anima mea Domino [ps. 102, 1 e 103, 1] 106, 1
[106, 2] Ad Cornelium Gemmam Benedicti Ariae Montani1117 epigramma [cf. van Ortroy 387 e 399] [distici elegiaci]
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Maturo vt studio ductus nitet aureus Orbis, artificis doctae quem poliere manus, quem rerum variis et versicoloribus ambit caelatus formis perpetuusque decor, hunc inclusa tamen magis ornat splendida gemma, multiplici et laudans accumulat pretio. Tunc iuuenes culti hunc cupiunt cupiuntque puellae, hunc censura omnis iudiciosa1118 probat. Ille placet doctis, rerumque vsusque peritis regibus expetitur principibusque viris: sic varii, sic mirandi spectacula mundi digna oculis hominum, sed mage digna animis, quae supera1119, et mediae quae continet ambitus aethrae, quaeque abdit caeco daedala terra sinu: ipsa placent coniuncta sua spectataque mole, ipsa placent variis partibus et numeris.
1116 Per quanto riguarda i versi composti da Gemma cf. Ostroy 141: “En terminant, il nous faut signaler que Corneille Gemma se complaisait à faire des vers. Mais les poésies dont il a émaillé ses écrits, ne sont pas d’un poète, et ne constituent pas un titre de gloire”. 1117 Benito Arias Montano, poligrafo spagnolo (Fregenal de la Sierra, Estremadura 1527Siviglia 1598): cf. AGL 1 cc. 529 s.; EUI 6, 177 s. Nello studio di B. Rekers, Benito Arias Mon tano (1527- 1598), London-Leiden 1972, questi versi non compaiono tra i lavori editi di Mon tano, così come non compaiono nella raccolta poetica di Montano Hymni et saecula, Antverpiae, ex officina Plantiniana....1593. Sui rapporti di Montano con Cornelio Gemma cf. van Ortroy 128 ss. 1118 L’aggettivo non risulta attestato in latino classico né in quello medioevale. 1119 Sc. aethra.
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Sed nunc grata magis meliusque ornata placebunt nominis accessu, Gemma, operisque tui. Ambiguum mihi fit, niteat num partibus Orbis pluribus, anne tuum dotibus ingenium.
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[106, 3] In m(agistrum) Cornelium Gemmam, medicinae doctorem ex pertissimum, Petri Bacherii1120, s(acrae) theol(ogiae) professoris, carmen [cf. van Ortroy 387 e 400] 106, 2 [secondo epodo dattilico-giambico = esametro dattilico + dimetro giambico] Cum premeret Belgas rerum foedissima egestas, Bellonae egestas filia, en collucentes vario discrimine gemmas Gemma auspicato protulit: en quot sardonyches, sapphiri quotque pyropi libro tenentur vnico. Ditior hoc lecto fies studiose libello amice et eruditior. Lucidus hîc ordo rerum, lectissima verba, hîc est supellex aurea: hîc mihi (si qua fides) facundia summa videtur certare cum scientia. Pectoris ergo tui iam iam caua pala paretur, vt inseratur gemmula. Sed tibi quas grates soluemus, Gemma, benignis sudoribus tuis pares? Pegaseo faciles tua scripta liquore Camoena imbuta fortunent diu, donec fama, volans liquidum super aëra, Gemmam aeternitati consecret.
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[106, 4]
In eundem eiusdem [cf. van Ortroy 387 e 400] [falecei] Gemmae dum mihi comparo libellum multa fruge refertum et elegantem, rerum Momus iniquus aestimator cum frontem caperasset, inquiebat:
1120 Peter
de Backere (Bacherius), poeta e predicatore domenicano, professore di teolo gia a Lovanio (Gand 1516 o 1517-12 o 20/2/1601): cf. AGL 1 cc. 684 s.; BNB 4 cc. 741 ss.; NNBW 1 cc. 210 s.; Aa 2, 1, 8 s.
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«Res est prodigiosa, res pudenda, argentum numerare pro papyro». Respondi fatuo aequus aestimator: «Non est prodigiosa nec pudenda: obryzum superat papyrus aurum et quas gurgite de profundo arenas aut promit Tagus aut sinu beato Pactolus radians. Quid? hic libellus gemmarum vario nitet colore». Ergo perdius hunc, amice lector, et pernox manibus tere et reuolue: gemmas erue quae latent recessu in libri interiore. Fac smaragdos grato qui placeant virore, deinde auro chrysolithos litos, berillos sapphirumque legas. Latet topazon, chalcedonque adamasque sub papyro. At si quis roget vnde tanta vis sit gemmarum, breuiter tribusque verbis responsum hoc habeat: «Nihil nouum esse gemmas, si pariat seratque Gemma»1121.
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[106, 5] In Momum et Zoilum eiusdem [cf. van Ortroy 387 e 400] [distici elegiaci] Zoilus et Momus balatrones diraque pestis ingeniis, certae nomina nequitiae, gaudent praeclaris dentes inf[l]igere scriptis: tuta est a morsu pagina nulla satis. Nil opus est rabido morsu, nil dentibus istis: sunt magis Hyblaeis oscula danda fauis: cum solidum reddat virtus adamantina librum, infringas dentem, liuide Mome, caue. Ite canes alio, non haec mysteria vobis1122 gemmaque nec vobis spargitur: ite sues, ite sues, nam gemma decet regesque ducesque: sit vobis olidi plena lacuna luti. Gemma bibat gemma, Tyrio se vestiat ostro:
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1121 Si
noti il gioco di parole tra gemmas e Gemma: vd. anche infra 106, 5, 13. riferimento a questo verso nel mg.s. compare: Matth. cap. 7: il riferimento, più specificamente, sarà al vangelo di Matteo, 7, 6 Nolite dare sanctum canibus neque mittatis margaritas vestras ante porcos etc. 1122 In
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posthac caelesti sit satur ambrosia. Zoilus et Momus, carpendi paene gemelli artibus, hi sitiant esuriantque diu: cingantur Gemmae viridi sacra tempora lauro, obstreperos1123 ornet lappa inhonora viros.
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* Il secondo tomo, legato col primo, reca l’intestazione Cornelii Gemmae Lovaniensis, regii medicinae professoris, De Naturae divinis characterismis seu raris et admirandis spectaculis in Vniuerso, tomus secundus...., Antuer piae, ex officina Christophori Plantini, architypographi regii, 1575. 106, 5 Alla fine dell’opera tengon dietro i seguenti versi: [106, 6] D(omino) doctori C(ornelio) Gemmae, medicinae apud Lova nienses regio ac ordinario professori, Victor Ghiselinus1124 in eius diuini ingenii monumentum [cf. van Ortroy 390 e 400] [falecei] Divine aetheris ignei pyrope, quouis sydere clarior per Orbem, qui fugas radiis tuis tenebras, instar phosphori agens diem serenum humanisque oculis noua arte totum pandis aethera et, ignium latenteis aspectus reserans, Tonantis iram fortunaeque vices ducumque fata praesagis: ea luminis tui vis, sancta, inquam, aura, suauis aura, quam te nouisse et propius videre gestit1125: tam audacter cupideque Giselinus hoc offert tibi conditum arte nulla, nullo Apolline carmen, aestimator tui maximus ingeni[i], liceret si tandem, positurus aedem et aras: tam tuum colit ille amatque numen.
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1123 Attestato
soltanto in Apuleio, florida 13. Ghyselinck (Gislain, Giselin) (Giselinus), medico e umanista (Zandvoorde, Ostenda 23/3/1543-Berg-Saint-Winoc 1591): cf. AGL 2 c. 1008; BNB 7 cc. 787 ss.; Eckstein 195; Pökel 95. 1125 Se la parola è giusta, il soggetto sarà Giselinus. 1124 Victor
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At templum tibi magnus est Olympus, terra haec ara, nec ipse consecrari tibi vt victima grata iam recusat.
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[107] GÖCKEL (Goclenius) Rudolph jr., medico e matematico (Witten berg 22/8/1572-Marburgo 2/3/1621): cf. AGL 2 c. 1031; BL 2, 779. De vita proroganda, hoc est animi corporisque vigore conseruando salubriter que producendo, Tractatus omnibus, cuiuscunque etiam conditionis, ordinis et status, domi militiaeque, terrâ marique, vltro citroque euntibus, lectu vtilis ac vere proficuus........, autor ex grauissimis, cum antiquis tum recentioribus, historicis, philosophis et medicis, Rodolphus Goclenius, med(icinae) d(octor), Moguntiae, typis Ioannis Albini, impensis Conradi Meullil, anno 1608 [è la prima ediz.] [Stamp. Pal. V.519]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [107, 1] In opus physico-medic(um) Rod(ulphi) Goclenii, medic(inae) doc tor(is), Raphaelis Eglini1126 Iconii Tigurini, s(ancti)s(si mae) theo logiae doctoris et professoris ordinarii in inclyta Academia Marpurgensi, carmen [distici elegiaci] Laurea debetur duplici tibi nomine, Phoebe, quod tua testudo est, quod medicina tua est. Herbarum inde tibi diuina potentia seruit, inde genus vatum surgit et ordo tibi: scilicet hinc ex te, nymphaque Coronide nato, delubrum veluti constituere deo. Fallor an ambigua est Graiorum fabula? nostris debetur potius temporibusque fides? Ecce parens vatum Goclenius ille Rodolphus, ecce Rodolphus item filius ille patris: sunt et Apollo mihi, nymphaque Coronide nati, queis delubra magis constituenda reor. Nulla chelys tam docta fuit, nulla arsque medendi, quale opus est medicum, docte Rodolphe, tuum,
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1126 Raphael
Egli(n) (Eglinus), teologo riformato (Frauenfeld o nei pressi di Zurigo 28/12/1559-Marburgo 20/8/1622): cf. AGL c. 290; Michaud 12, 305 s.; ADB 5, 678 s.; H-BLS 2, 790. L’appellativo Iconius è la traduzione latina dell’originario cognome Götze.
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quale parentis1127 opus, quo conciliauit amice dissimiles inter se similesque sophos. Dicite Pierides lauro hic, an dignior ille? et lauro hic dignus, dignus et ille fuit. Non bene conueniunt discrimina dissona vocum nec nisi concordi pectine grata lyra est. Sic, nisi conueniant sapientum linguaque mensque, gratia quanta fuit, gratia tanta perit. Talis inest patri sapientia visque docendi, per quem iam coeunt, quae coitura neges, qualis inest gnato prudentia visque medendi, per quem sanantur, quae moritura putes. Et quia non tantum laudatur acumine Pallas, quantum laudata est vtilitate dea, vnde oleae inuentrix celebratur dia Minerua, vsibus humanis commoda multa ferens. Goclenius sic est sophus hoc celebratior, ex se hoc quod opus nostris vsibus ille dedit, Nestoreos vitae vsuram qui extendat ad annos, differat atque tuum1128 curua senecta pedem. Qua non ars melior, qua non magis indiga vita est, quae meritae laudis non magis vlla ferax. Suauius hanc tractas iucundaque pôcla propinas et medicina tuo grata fit eloquio. Qualis, quae rutilo circundata fulgurat auro, gemma nitens reficit lumina grata magis, sic tibi Romanae facundia cognita linguae nobilitat tua quod Musa peregit opus. Salue, ô Phoebe mihi: salue, ô Epidauria proles: tu Phoebus, Phoebi filius esque nepos.
[107, 2] Aliud ad virum clariss(imum) Rod(olphum) Goclenium, med(ici nae) d(octorem), compatrem cariss(imum) 107, 1 [distici elegiaci] Vt nihil in vita vitali gratius aurâ nec generi humano dulcius esse potest, sic nihil in vita maiori laude vehendum, 1127 Rudoplh Goclenius sr., padre del nostro autore, filosofo (contea di Waldeck 1/3/154 Marburgo 8/6/1628): cf. AGL 2 c. 1031; ADB 9, 308 ss.; Eckstein 198; Pökel 96. 1128 Forse refuso per suum: “e la vecchiaia, che fa camminare storti, ritardi (grazie al l’opera di Goclenius) il modo di camminare che essa stessa produce”.
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quam quod viuendi prorogat arte diem: cum tuus hoc praestet liber hic, doctissime doctor insignis, nil hoc doctius orbis habet. Nec minor est virtus, quam quaerere, parta tueri, vt Sulmonensis verba rotunda sonant1129. Dat natura animam, post ars conseruat eandem: esse itidem hoc magnum quis neget artis opus? Ast aliquis quaerat, liber hoc promittere quînam ausit et in titulo quid tumor iste velit? Huic ego: quis stupor est? authoris perspice mentem cernesque absurdi rebus inesse nihil. Finem qui statuit, medium quoque destinat idem, quo venit ad metam res mediante suam. Stat sua cuique dies et inevitabile fatum, ordinat vt, vitae fons et origo, Deus. Prima tamen rerum non tollit causa secundas, sed iubet has cursum quanque1130 tenere suum. Sic sunt certa quidem decretae stamina vitae, vltra quae nullum vivere fata sinunt. Ne tamen haec citra subsistat tempora vita, vita haec deficiens arte iuuanda venit. Hoc titulus sibi vult: hoc est producere vitam, quam si, Mome, placet carpere, carpe nihil. Ad te sed redeo, Phoebeae qui decus ingens artis et Aonii gloria summa chori1131. Hic tuus, ecce, liber, vitae qui regula1132 quique ingenio summo scriptus et eloquio: hic, inquam, viuat summoque habeatur honore, tu quoque Nelidae secula viue senis. Viue diu scriptisque bonis bene perge mereri, nominis vnde tui fama perennis erit.
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Ioh(annes) Nouiomag(us)1133, rector s(eminarii) Bud(apestinensis)
1129 Cf.
Ovidio, ars am. 2, 13. sarà refuso per l’avverbio quaque o per quemque (sc. cursum). 1131 Sc. es. 1132 Sc. est. 1133 Potrebbe alludersi a Gerhard Gobanus Geldenhauer (detto Noviomagus), teologo riformato (Marburgo 1537-Neckarelz 4/3/1614): cf. ADB 24, 47. Non credo invece che possa trattarsi di Johann Neomagus (Noviomagus), di Goldern, scienziato a Rostock e fiorito intor no al 1537, di cui parla AGL 3 c. 858. 1130 Sic:
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[108] GORRIS (Gorraeus) Jean de sr. (Parigi 1505-ivi 1577): cf. AGL 2 c. 1079; BL 2, 804; DBF 16 cc. 631 s.; Eckstein 203; Pökel 98. Ioannis Gorraei, medici Parisiensis, Opera: Definitionum medicarum libri XXIIII, a Ioanne Gorraeo filio1134, Ludovici XIII, Francorum et Navarrorum regis, medico ordinario, locupletati et accessione magna adaucti: accessio significatur his ad margines notulis « » [sic]; Nicandri Theriaca et Alexipharmaca cum interpre tatione et scholiis eiusdem I(oannis) Gorraei Parisiensis; Hippocratis libelli de ge nitura, de natura pueri, iusiurandum, de arte, de prisca medicina, de medico, eo dem I(oanne) Gorraeo interprete cum annotationibus et adiectis vnicuique libello breuibus scholiis; Formulae remediorum, quibus vulgo medici utuntur, authore Petro Gorraeo Bituricensi1135, Parisiis, apud Societatem minimam, [colofone finale Parisiis, apud Iosephum Cottereau, Sebastianum Chappelet, Abrahamum Pacard, Iacobum Quesnel, Dionisium Moreau et Samuelem Thiboust, in ambulacro Palatii, via Iacobaea] 1622, cum priuilegio regis [prima ediz. Parigi 1564] [R.G. Medic. I.27]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [108, 1] Σίμων Βαλδίχιος ἰατρὸς εἰς τὸν τοῦ ἰατρῶν λαμπρότατον Γοῤῥαῖον [distici elegiaci]
Ὅσσ’ ἔμαθεν Γοῤῥαῖος ἐν Ἰπποκράτους λαβυρίνθοις καὶ τοῦ Γαληνοῦ1136 ἀχλυοέντα πάρος, οὐ γῇ κρύψας ἔσχε μόνος ταῦτ’, ἀντιπελαργεῖν ἀλλὰ νέος δαπανῶν τοὺς προγόνους ἐθέλει. Anagramma
Ἰωάννης Γοραῖος1137 Ἴασιν γῇ ὅσαν ὄρω1138
Medelam terrae quantam fero et
Γαίης νόσον αἴρω Terrae morbum tollo 1134 Jean
de Gorris jr. II, nipote del nostro autore e medico di Luigi XIII (m. Parigi 22/6/1662): cf. AGL 2 c. 1079; BL 2, 804; DBF 16 c. 632. 1135 Pierre de Gorris, padre di Jean sr., medico, nato a Bourges: cf. AGL 2 c. 1079; BL 2, 804. 1136 Per la prosodia del termine vd. anche infra 112, 3, 13 nota 1173. 1137 Il nome ha una ῥ di meno per far tornare esattamente l’anagramma. 1138 Sc. ὄρνυμι = excito.
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Author loquitur [esametri dattilici]
Τεσσαρακοντούτης ΙΑΣΙΝ ΓΗ ΟΣΣΑΝ ΟΡΩ ζῶν ὧδε γραφῇ ταύτῃ, νεκρὸς ΓΑΙΗΣ ΝΟΣΟΝ ΑΙΡΩ πνεῦμα θεῷ ποιοῦντι, τὸ σῶμα καὶ ὄλβιον ἄλκαρ δόξα, τιμή, κράτος ἀθάνατον τ’ ἄμφω ἀποδοῦναι. Christ(ianus) Gorraeus
[109] GOURMELEN Étienne (Quimper 1530-Melun 12/8/1593): cf. AGL 2 c. 1103; BL 2, 813; DBF 16 c. 807. Stephani����������������������������������������������������������������������� ���������������������������������������������������������������������� Gourmeleni������������������������������������������������������������ ����������������������������������������������������������� Curiosolitae����������������������������������������������� , Parisiensis���������������������������������� ��������������������������������������������� ��������������������������������� medici��������������������������� , chirurgicae�������������� ������������������������� ������������� artis�������� ������� et����� ���� Hip pocratis et aliorum veterum medicorum decretis ad rationis normam redacti libri III, ad clarissimum virum Marcum Mironem1139, Henrici III, Galliarum et Poloniae regis Christianissimi, archiatrum, Parisiis, apud Aegidium Gillium, via s(ancti) Ioannis Lateranensis, sub trium coronarum signo, 1580 [prima ediz. Parigi 1566], cum priuilegio regis [R.G. Medic. V.499]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [109, 1] In Steph(ani) Gourmelei chirurgiam ad clariss(imum) virum Marcum Mironem, Henrici III regis archiatrum [falecei] Qualis stirps fuit aut Apollinaris aut Asclepiadûm vetus medendo Graiorum celebrata gens per vrbes, talis clara Mironidum propago, antiquo Gabriele1140 quae Mirone descendens ab auo, reliquit illum Franciscum1141 similem suo parenti; Franciscus genitor reliquit vt te Marcum1142, nunc veterum decus Mironum: ars in quo patris ars auique viuit,
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1139 Marc
Miron sr., medico di Enrico III: cf. BL 4, 220. Miron (m. 1490) capostipite della famiglia di medici Miron. 1141 François, figlio di Gabriel, si addottorò nel 1514 e fu medico di Enrico II e Carlo IX. 1142 Marc jr., figlio di François. 1140 Gabriel
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ars quae nescio quo dicata fato solis regibus ob fidelitatem aeui perpetuo tenore seruit. Quod si dîs honor est habendus et qui alto sanguine de deûm creantur reges: an medicis piis ministris regum non e[s]t habendus ob salubres nunc artes honor est piusque cultus? chirurgae tibi sicut hic et artis sacrat Gormeleus libros, vt ipsas Asclepi vel Apollinis sub aras.
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Io(hannes) Auratus poëta regius1143
Εἰς Στέφανον Γορμελέον
[109, 2] 109, 1
[distici elegiaci]
Πᾶν καλὸν ἔργον ἀεὶ τοῦ πρόσθ’ [ut vid.] εὑρόντος ἐτύχθη. Εὕρεσις ἀλφησταῖς χάρματα πολλὰ τέκεν. Εἰ δὲ τὶς ἀργαλέας κρυφίας τ’ ἀνέῳξε νοήσεις, ὀρθώσας μέθοδον, δεύτερον εὖρε κλέος. Ὡς1144 Παιονίης εὑρήματα πολλὰ διορθῶν, Γορμελέος μεγάλην δόξαν ἐφερμόσατο.
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Ν(ικόλαος) Γυλώνιος1145
1143 Jean
Dorat (Iohannes Auratus), letterato e poeta di corte di Carlo IX di Francia (Li moges 1508 ca.-Parigi 1/11/1588): cf. AGL 1 cc. 657 s.; DBF 11 cc. 556 s.; Eckstein 124; Pökel 9. Non trovo traccia di questi versi nell’opera poetica di Dorat Ioannis Aurati Lemovicis poe tae et interpretis regii Poëmatia,.................Lutetiae Parisior(um) 1586: si tratta di numerosis sime composizioni poetiche, alcune delle quali indirizzate a conoscenti e medici: il fatto che questi versi non ci siano, è prova della pubblicazione una tantum dei versi stessi. I versi non si trovano neanche nelle seguenti opere: Oeuvres poetiques de Iean Dorat......par Ch. MertyLaveaux, Paris.....1875 e Jean Dorat, Les odes latines, Texte présenté, établi, traduit, annoté par Geneviève Demerson, Faculté des Lettres et Sciences humaines de l’Université de ClermontFerrand, n.s. fasc. 5, 1979. D’altronde cf. DBF cit.: «Dorat a composé un grand nombre de poèmes, la plupart en latin, quelques-uns en français, qui ont été publiés à part. Il les a réunis dans une ouvrage intitulé Joannis Aurati etc. 1586 [vd. supra]. C’est un recueil de pièces va riées, épigrammes, odes, épithalames, églogues etc. D’autres poèmes, restés manuscrits, sont aujourd’hui conservés à la Bibliothèque nationale». 1144 Il primo piede è incompleto: si potrebbe integrare qualcosa come Ὥς o come Ὡς . 1145 Nicolas Goulu (Gulonius), letterato e poeta, genero di Dorat (dintorni di Chartres 1530 ca.-Parigi 1601): cf. AGL 2 cc. 1102 s.; DBF 16 c. 749; Eckstein 204; Michaud 17, 242, dove si afferma che «Goulu fut en son temps un poëte banal, comme son beau-père Dorat, et que l’on ferait un juste volume des vers grecs dont il avait orné les livres de ses amis».
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In Steph(ani) Gourmelei artem chirurgicam [distici elegiaci]
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Cheiron Phillyrides, Podalirius atque Machaon, Paeon et Phoebo natus et Hippocrates, sex proceres artis primique fuere magistri, quae medicas1146 aegris fert operosa manus. His si principibus doctumque piumque reponas Gourmeleum, numerus iam tibi plenus erit. Exciderant animis quaecumque inuenta priorum: huius ope et docta sunt rediuiua manu. Obsita quae fuerant fumo et caligine caeca aut male nec proprio tradita quaeque loco, omnia Gourmeleus recto bonus ordine tradens, lampade siderea lucidiora facit. Illos vt diuos coluit studiosa vetustas: postera laudabunt saecula Gourmeleum.
N(icolaus) Gulonius
[110] GRADIBUS Iohannes de (Giovanni Matteo Ferrari(o) da Grado; de Ferrariis de Grado; ex Ferrariis de Gradibus; Ferrarius de Gradu; Ferrari d’Agrate), medico della duchessa Bianca Maria Visconti (Milano, fine del sec. XIV-Pavia 30/12/1472): cf. AGL 2 c. 573; BL 2, 507 e 817; DBI 46, 672 ss. a cura di Maria Muccillo. Practica Ioan(nis) Matthei de Gradi. Praxis in nonum Almansoris, omnibus me dicine studiosis apprime necessaria, profundissimi artium et medicine doctoris, domini Ioannis Matthei de Gradi Mediolanensis, quae a vertice ad plantam pedis vniuscuiusque particularis egritudinis signa, causas et curas absolutissime discu tit, nouissime, post omnes impressiones vbique terrarum excus[s]as, collatis multis exemplaribus, affatim recognita cunctisque mendis et erroribus expurgata, additis in margine quampluribus vtilissimis appostillis [sic] nec non reformato insigni re pertorio, quod omnia notabilia, distinctiones et queque digna cognitu optime de monstrat; adiuncto insuper denuo singularissimo Tractatu de febribus domini Antonii de Gradi Mediolanensis1147, totam febrium materiam ad vnguem complec tente, quem in aliis Matthei de Gradi practicis hactenus impressis non reperies [colofone finale (f. CCCCLXXXVIIv) Finit hic vniuersum opus tam physicum quam practicum profundissimi artium et medicine doctoris, domini Ioannis Matthei de Gradi Mediolanensis in nonum Almansoris, quod a vertice ad plantam pedis omnes 1146 Sc. curas, altrimenti sarà opportuno correggere medicas in medicinam: “e questa è l’operosa schiera che reca cure e conforto ai malati”. 1147 Antonius de Gradibus, medico contemporaneo del nostro autore: cf. BL 2, 817.
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CARMINA MEDICALIA
particulares egritudines exactissime discutit nec non insigne opusculum de febribus domini Antonii de Gradi Mediolanensis, totam febrium materiam affatim complec tens, quod in aliis Matthei de Gradi practicis hactenus impressis non reperies, Lugdu ni, impressa industria Ioannis Moylin al(ia)s de Cambray, anno Domini 1527 die 27 April[l]is] [prima ediz. Milano 1472] 110 [R.G. Medic. III.75]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [110, 1] Iacobus Philippus de pellibus nigris Torianus, artium et medicine doctor, moralem philosophiam Patauii publice profitens, in laudem excellentissimi domini Hieronymi Salii Fauentini1148 [distici elegiaci] Paeonios quicunque cupis gustare liquores, visere Apollineum Socraticumque gregem, hunc eme, quem, veteri expulsa caligine, solers ad proprium Salii cura reduxit iter. Corpora Matthaeus mutilatis trunca gerebat partibus et doctum quemque latebat opus. Ecce nitet solidus, veluti cognoscere promptum est vndique sic cunctis posse placere puto. Dicite nunc medici: «Viuat Matthaeus in aeuum atque Fauentini tempus in omne labor!”.
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[110, 2] Hexastichon in laudem viri vndecumque doctissimi domini Mi chaelis de Capella Neruii1149, in arte medica doctoris eximii, qui hoc opus acurate recognouit [distici elegiaci] Mendosum quod erat, si quaeris habere volumen tersum, hoc prae reliquis, candide lector, eme. Illa etenim fuerant que deprauata, videbis castigata et in hoc addita multa libro. Multum igitur medici debent tibi, docte Michael, quo duce cultius est quam fuit istud opus.
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[111] GRATAROLI (GRATAROLO) Guglielmo (Bergamo 16/5/1516Basilea 16/4/1568, di tifo petecchiale): cf. AGL 2 cc. 1137 s.; BL 2, 834; DBI 58, 731 ss., a cura di Alessandro Pastore. 1148 Si
tratta forse di Girolamo Sali, filosofo e medico (m. 1536): cf. Messeri-Calzi 601. de Capella, medico (prima metà del sec. XVI): cf. AGL 1 c. 1637.
1149 Michael
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Clariss(imi) philosophi et medici Petri de Abano1150 De venenis eorumque re mediis; item Consilium de praeservatione a venenis d(omini) Guilielmi Gratoroli [sic: ma vd. infra]; item generosi Hermanni a Nuenare1151 comitis Περὶ τοῦ ἱδροπυ ρετοῦ, id est sudatoria febri; item Curatio sudoris Anglici in Germania experta; item Ioachimi Schilleri1152 De peste Britanica commentariolus aureus: omnia opera d(omini) Guilielmi Gratoroli ex manu scriptis exemplaribus collata, aucta atque illustrata [senza data, ma essa si ricava dall’Epistola nuncupatoria che apre l’opera di Schiller e da quella analoga dell’opera di Alexander Benedictus1153 (De pestilenti febre liber unus): Basileae pridie Calend(as) Iunii anno Salutis nostrae 1531] [R.G. Scienze III.16]
All’inizio dell’opera di Pietro da Abano (pp. 8r-8v) compaiono i seguen ti versi: [111, 1]
Reinhardus Adamarius lectori s(alutem) [distici elegiaci]
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Vt neque fictilibus neque, cum uetus ardet in auro Setinum lato1154, mista uenena bibas, nobilis haec medici praesentia pharmaca Petri arripe: sic oberunt nulla aconita tibi. Non fungi, scoriae, tithymalli, strychna, cerussae, scorpio, cantharides, bufo, rubeta, draco, nec scytale, prester, seps, hydra, chelydrus, ophites, damma1155 tibi facient morsibus ulla suis. Ponti[fi]ca ter uicti celebras medicamina regis1156: omnibus attolles haec potiora modis1157.
*
1150 Pietro d’Abano (Petrus de Appono, Petrus Aponensis) (Abano 1250-Treviso 1315): cf. AGL 3 c. 1453; BL 1, 1 s. 1151 Hermann von Neuenaar (Neunar, De nova Aquila), medico e umanista (1492-1530): cf. AGL 3 c. 875; BL 4, 348. 1152 Joachim Schiller, medico tedesco (prima metà del sec. XVI): cf. AGL 4 c. 267. 1153 Alessandro Benedetti (Alexander Benedictus) (Legnago 1450 ca-Venezia 31/10/1512): cf. AGL 1 c. 958; Mazzuchelli 2, 2, 811 s.; DBI 8, 244 ss. a cura di Mario Crespi. 1154 Intendi: “i nappi d’oro recati”, a meno di emendare in lato (“i nappi d’oro (appa rentemente) felici”). 1155 Sic: refuso per damna. 1156 Allusione a Mitridate. 1157 Intendi: “potrai portare alle tue labbra i veleni di tutti i tipi, che non potranno però nuocerti, dal momento che sarebbero più blandi di quelli che assumeva Mitridate”.
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All’inizio dell’opera di Hermann a Nuenare (pp. 64v-65r) compaiono i seguenti versi: [111, 2]
De sudatoria febri Petrus Pherntophius lectori [distici elegiaci] Sunt animae morbi, sunt corporis illius: omnes languores Christus sensit et ipse tulit. Huius1158 et ipse potest solidam firmare salutem, et, si nil dubites, unus utrunque potest. At male surdastri nequicquam multa docemur, quorum quam minimum pectora nostra tenent. O quoties ad se reuocatque trahitque Creator: nostra creaturis dedita corda iacent. O quoties clare semet Deus exerit Orbi: nos homines hominum caeca caligo iuuat. Vt breuiter dicam: coelestia numina nobis nil sunt quam nugae, fabula, uerba, iocus: inde fames nobis, pestes, Mars denique fontem hinc etiam inclemens ἱδροπυρεττὸς1159 habet. Saeuum, horrendum, atrox, genus immedicabile morbi, nostrae perfidiae debitum et ecce datum, tempore quod modico cogat (miserabile uisu) exudare animam de statione sua. Vno nanque die, quantouis robore preestes, si modo sudabis, liquida uita fluet. Sed, pater omnipotens, precibus qui flectere1160 nostris usque φιλάνθρωπος iure uocandus eris, qui tibi conceptas meritis pro talibus iras deferuere tua pro pietate sinis, atque hunc Mercurium, dein hunc Aesclapion Orbi tandem donaris: Gratia aperta tua est. Qui morbi causas, morbo qui deinde medelas reppererint, pleni numine, Christe, tuo1161. Munere pro tanto dignas persoluere grates non opis est nostrae: Gratia aperta tua est. Ergo hoc iam lector gaudens utare libello: fructus et usus inest plurimus estque tuus.
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1158 Sc.
corporis. per far tornare la metrica. 1160 Sc. te. 1161 Sc. sunt. 1159 Sic,
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[112] GREMBS Franz Oswald, medico a Salisburgo nella seconda metà del sec. XVII: cf. BL 2, 847. Arbor integra et ruinosa hominis, id est Tractatus medicus theorico-practicus in tres libros divisus, in quo sana et morbosa hominis natura, ex archeis seu spiri tibus in natis tanquam suis radicibus proveniens, dilucide demonstratur ac simul de rerum principiis seu elementis, meteoris, lapidibus, mineralibus, vegetabilibus, animalibus, de vsu et defectibus partium humani corporis, de animâ, de febribus, peste, venenis, vitâ longâ et breui et tandem de remediis Paracelsicis, iuxta consen sum et dissensum Hippocratis, Galeni et Helmontii1162 cum exegesi remediorum Galenicorum et chymicorum historiarumque medicarum breviter et accurate dis seritur, authore Francisco Oswaldo Grembs, medicinae doctore, illustrissimi et reuerendissimi principis Guidobaldi, archiep(scopi) Salisburg(ensis), consiliario et medico ibidem ordinario, cum privileg(io) sac(rae) Caes(areae) Maiest(atis), Fran cofurti, typis Iohannis Georgii Spoerlin, sumptibus Wilhelmi Serlini 1657 [sembra la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.483]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [112, 1]
Ad lectorem [trimetri giambici] Quos arte de medica Galenus edidit, quos de scientia libros Helmontius, hoc, lector, in compendio simul accipe. Non similis adeo purpura Tyria Tyriae est, aut rosae rosa, liliumue lilio. Ibi rarioribus leges medium malis: hîc vnde veniant, quoue decedant modo, vsusque nondum cognitos, nostri quibus partes fruuntur corporis. Quod caeteri omnes fere vocare Naturam solent, id principalem Helmontius ait spiritum: archeus ille est spiritus. Vocabulo Graeco τὸ ἐνορμὸν1163 dixit Hippocrates, hic est animae satelles gerere singularia fermenta solitus: hisce fermentis potens vbique transmutationes efficit.
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1162 Vd.
infra n° 118. da emendare in τὸ ἐνορμῶν: vd. τὰ ἐνορμῶντα (sc. πνεύματα) in Ippocrate citato da Galeno (CMG 7, 596 s. Kühn) e ἢ ἐνορμῶντα in Palladio, Scholia in Hippocratem et Gale num 2, 200 Dietz. Nelle Ἐπιδημίαι ippocratee (6, 8, 7 = Littré 5, 346) ἢ ἐνορμῶντα presenta la variante ἢ ὁρμῶντα. 1163 Sic:
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Igitur vides Naturam in archeo sitam. Archeus autem vt integram custodiat naturam, oportet moriger1164 sit ac paris iustique fermenti comes. Iterum bona Natura quoque vastatur archeo malo, cum scilicet lasciuus et furiosus est fermenta[que] exotica. Ergo fermentum quid est? Galenus intemperiem id in morbis vocat, diuum aliquid Hippocrates, quod in morbis latet. Sunt igitur haec principia morborum, velut[i] tribuli, atque spinae quae latent, pungunt tamen morbi. Perinde solus archeus faber spinosa doctrina parit Helmonti[i] rosas1165, quarum suaues quando odores hauseris, amice lector, hisce laedaris, caue.
* Seguono dediche e lodi in prosa rivolte da amici e colleghi all’autore: tra esse compaiono i seguenti versi: 112, 1 [112, 2]
Ad authorem, fratrem germanum dilectissimum [distici elegiaci]
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Fert bene Pythagoras medicinam desuper esse: corpus enim menti conciliare solet. Hoc docet et monstrat praesens in fronte volumen, mitibus archeis cum revirescit homo. Quis medicos igitur caelestes perneget esse, corpora si curant sicque tenent animas? Artibus his quoque te, mi frater, Apollo lacessit, Orbi ut Apollineus sit liber iste labor1166. Nec cassus1167, cum sudes pro sic impiger Orbe, maxima cui merces Orbis et ipse patet. Zoilus at latet hîc aeger, velut anguis in herbâ, qui sibi, non aliis (crede!) venena parat:
1164 In latino è normalmente attestato morigerus: si potrebbe perciò ipotizzare proprio moriger. 1165 Sic: per evitare il dattilo inciso nel terzo piede, si potrebbe trasporre spinosa doctrina Helmonti[i] parit rosas. 1166 Si noti l’omofonia tra liber e labor. 1167 Sc. labor.
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oppositis nam cum medici contraria curent, non tamen hoc recipit Zoilus antidotum. Hic miser ergo perit sic inter mitia. Recte: illum nam archeus iam furibundus habet.
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Ferdinandus Grembs, s(ancti)s(simae) theologiae doctor et Ecclesiae Cathedralis Frisingensis canonicus1168
[112, 3]
Ad authorem libri [distici elegiaci] Heu quantum damni a vetitâ malus arbore fructus humanis animis corporibusque dedit! quae1169, prius interitûs omnisque expertia labis, naturam Authoris nacta fuere sui1170. Scilicet in vetitum natura ab origine nisa humana, est culpâ damnicata suâ atque, animae vitiis, obnoxia corpora morbis facta a felici sic cecidere statu. Arbor vt inversa hinc et proxima facta ruinae, arbore ab hac merito sit tibi dictus homo1171, quam1172 tu per medicae Helmontis nec non Paracelsi Galenique1173 artis dogmata restituis. Sic praeclare, ut, si nunc viveret ipsa virorum haec trias, haud melius restituisse queat.
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Petrus a Magier, philosophiae et medicinae doctor, comes Palatinus Caesareus et illustriss(imorum) d(ominorum) statuum Austriae physicus
[112, 4]
Ad Zoilum [falecei] Quidquid, Zoile, lucidas in auras
1168 Si
tratterà, come risulta dall’intitolazione del carme, del fratello dell’autore. corpora. 1170 Sc. Dei. 1171 Sc. Grembs. 1172 Sc. arborem. 1173 La sillaba iniziale di Galenus dovrebbe, secondo il corrispondente greco, risultare breve. In latino è però talora scandita lunga, talora con la grafia Gallenus: vd. p.es. supra nota 1136 e infra 117, 1, 1; 118, 2, 1; 3, 5. 1169 Sc.
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exit, lividus obruis tenebris. Hic noster liber est nouus duabus causis, ingenio typoque: dente nunquid ringeris inuido maligne? Primum Helmontius huic libro laborem autor focit1174: ego dedi secundum. Ergo si vitium putas inesse, illud non mihi, vt assecla, sed ipsi autori precor omne1175 die1176 in aurem: et abi, Zoile, Tartari sub vmbras.
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[113] GRÉVIN Jacques, medico, poeta e drammaturgo (Clermont-enBeauvais 1538 o 1541-Torino 1570): cf. AGL 2 cc. 1176 s.; BL 3, 849; DBF 16 c. 1200. Iacobi Grevini Claromontani Bellovaci, Parisiensis medici et philosophi prae stantissimi, De venenis libri duo, Gallice primum ab eo scripti et a multis hactenus Latini desiderati et nunc tandem [sembrerebbe perciò trattarsi della prima edi zione] opera et labore Hieremiae Martii1177, Augustanae reipublicae medici, in Latinum sermonem, summa fide et diligentia, in rei medicae studiosorum vtilita tem atque commodum conuersi, quibus adiunctus est praeterea eiusdem auctoris De antimonio tractatus, eodem interprete, vna cum rerum memorabilium, praeci pue ad operis calcem, indice, Antuerpiae, ex officina Christophori Plantini 1571, cum gratia et priuilegio ad decennium [Stamp. Pal. IV.479 (3)]
Nel frontespizio dell’opera compare una nota manoscritta di possesso: Dono di Hieremiae Martii, Gallici nosocomici medici apud Augsburgum / est Achill(is) P(irmini) Gasseri [vd. supra 83, 1] 2 Septembre mense anno d(omi)ni 1571 Augsburgi. Nel verso dell’ultima pagina, non numerata, della praefatio sono ripor tati due carmi: [113, 1] 112, 4
Lector Hieremiae Martio [distici elegiaci] Non satis esse mali misero nunc credis in Orbe,
1174 Sic:
evidente refuso per fecit. vitium. 1176 Sic: evidente refuso per dic. 1177 Jeremias Martius (Augusta-ivi 1585): cf. AGL 3 c. 243. 1175 Sc.
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Martis alumne, nisi dira venena feras? Desine: messis adest scelerum, quae Gargara vincat. Desine: lethifero semine turget humus. 5 Nonne vides tuus vt male saeuiat vndique Mauors? tristis vt exultet nonne Megaera vides? Atra fames potis est Plutonia regna replere: tot morbi possunt extenuare domos. Ergo salutiferas potius, bone, consere stirpes, 10 quae pellant morbos impediantque necem.
[113, 2]
Martius lectori [distici elegiaci] Non ideo flammas caelesti sede Prometheus attulit, humanas saeuus vt vrat opes; non ideo gladios (quisquis fuit ille) parauit, vt mortale genus mors violenta necet; non ideo Natura veneni semina fecit, vt foret exitii munere causa suo: sed, quia flamma nocet, succurrunt flumina tectis; ne penetrent gladii, tegmina pectus habet. Ne dirum virus specie te fallat amica, neue suas vires liuida noxa gerat, haec tibi scripta fero, miserae solatia vitae, quae procul insidias et mala quaeque fugent. Hoc igitur debes nobis pro munere grates, si tibi salua domus tutaque vita placet.
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H. W.1178 f(ecit)
[114] GRUBE Hermann (Lubecca 10/10/1637-Hadersleben febbraio 1698): cf. AGL 2 c. 1209; BL 2, 870. Hermanni Grube Lubecensis, med(icinae) et phil(osophiae) doctoris, De ictu tarantulae et vi musices in eius curatione coniecturae physico-medicae, Franco furti, ex bibliopolio Hafniensi Danielis Paulli, regii librarii, anno 1679 [prima ediz. Francoforte 1669] [R.G. Medic. V.987 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi:
1178 Si
tratta forse di Hieronymus Wolf: cf. supra 83, 4.
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[114, 1] Viro nobilissimo, clarissimo ac experientissimo, d(omi)n(o) Her manno Gruben, medic(inae) d(octori) celeberrimo, fautori ac ami co suo magno, cum elegantissimum de musices virtute medicinali scriptum ederet [distici elegiaci] Non ita Thessalicus, quem dira tarantula, succus, lecta nec Aeaeis sic nocet herba iugis. Illius hinc ictus nullâ sanabilis herbâ creditur et medicae deficit artis opus. Quam bene Paeoniâ de posteritate mereris, magne vir, et medici gloria magni chori! Scilicet adversum morsus ictusve phalangi, perdocte, quae sit certa medela, doces. Repperit hanc hominum solers industria, quando Appulus argutum pectine pellit ebur1179. Est, reor, haec eadem collecta reponere Musis, ingenii magnum dexterioris opus. Hinc tua scripta manent magnae praeconia Famae, magnus et in medica musicus arte clues, sive modo dictam Phoebus sibi vendicat artem seu terat auratae fila canora lyrae.
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Honoris et amoris ergo scribeb(at) Samuel Franck, Lubec(ensis) Scholae cantor
[115] Gynaeciorum sive De mulierum affectibus commentarii Graecorum, Lati norum, barbarorum, iam olim et nunc recens editorum, in tres tomos digesti et necessariis passim imaginibus illustrati cum indicibus, Basileae, per Conradum Waldkirch, ex officina Pernea 1586-1588 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.522 (1-2)]
Il secondo tomo è così intitolato: Tomus II Gynaeciorum physicus et chi rurgicus, continens, inter caetera, Hieron(ymi) Mercurialis1180, antecessoris Patauini elegantissimi, Muliebrium libros IV; Franc(isci) item Rousseti1181 Ὑστεροτομοτοκίαν1182 e Gallico conuersam Caspari Bauhini Basil(iensis)1183, medicinae doctoris, opera...... 1179 Il
verso sembra riecheggiare Virgilio, Aen. 6, 647 pectine pulsat eburno. infra n° 162. 1181 Vd. supra 71, 3. 1182 Sic: corrisponde evidentemente a quello che oggi viene definito con il termine ‘iste rectomia’. 1183 Vd. supra n° 38. 1180 Vd.
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114, 1 – 115, 1
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Prima dell’opera di Mercuriale compaiono i seguenti versi: [115, 1] Ad clarissimum excellentissimumque virum d(ominum) Casparum Bauhinum, medicinae doctorem, Hermanni Haghii Cliuensis, medi cinae doctoris, carmen, scriptum die VII Februa(rii), cum ab ipso anatomia publica administraretur, anno 1586 [distici elegiaci] Maxima nobilibus debentur praemia factis: quis, nisi mentis inops, ista negare potest? Hinc magnos, quibus aucta fuit respubl(ica) quondam, suspicimus, propter facta decora, duces; hinc quoque miramur doctos quoscunque per Orbem, eximie cultos qui peperere libros. Ergo etiam meritas laudes, Bauhine, capesses et famae posthac nobilioris eris. Qui medicam ornasti pulchre velut hactenus artem per praxin quantum, quae tibi magna, licet, dum medicos ducis iuuenes ad culmina montis, arte situm pulchra quem sibi Phoebus habet et varias ipsis monstratis vsibus herbas ostendis, fida dexteritate sagax, ostendens etiam quae sunt stectanda1184 stupendo in μικροκόσμῳ, sectus vt ante fuit. Sic nunc, doctorum vulgandis denique libris, rem mire medicam nobilitate studes: pro quibus officiis meritas, Bauhine Machâon, nos agimus grates, corde fauente tibi. Nos quotquot colimus diuini culmina montis, qui sacer est Phoebo Pieriisque diis, et tibi Nestorios votis solennibus annos optamus posthac candidiore fide. Nam, quo concessum traduces longius aeuum, hoc maiora quidem commoda ferre potes. Macte noua salue fama, Bauhine Machaon, perpetuo salue perpetuoque uale. Perge etiam nobis absoluere relliqua scripta, in manibus vidi qualia saepe tuis, vt sunt Mutensis descriptio daedala montis, florum myriades anatomesque liber1185.
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1184 Sic:
refuso per spectanda. di v. 32 compare un asterisco. Nei vv. 31 s. si allude alle opere di Bauhin di
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CARMINA MEDICALIA
Sic fiet victura dehinc vt gloria surgat vtque feras summa nobile laude decus. Caetera fata terunt, vorat ignis, diluit vnda, sors rapit, in mundo qualiacunque vides: at quam scripta viris pariunt celeberrima famam, illa immortali laude perennis erit.
[115, 2] Arnaldi Freitagii medici1186 in nouam Gynaeciorum editionem he xastichon 115, 1 [esametri dattilici]
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Vos, quae foemineum consuestis perdere sexam1187, fluxus edax, saeui menses, φίμωσις et arcta, et quos foeminei tegit instita splendida morbi, cedite victori, saeuos conuertite vultus: impia castra iubet dissoluere Marte feroce[s] arte Machaonia vindex turbae muliebris.
[115, 3] Epigramma in cl(ari) v(iri) d(omini) Hieronymi Mercurialis, me dici Patav(ini) nobiliss(imi), librum de morb(is) mulieb(ribus) et de d(omini) Caspari Bauhini Basiliensis, medici excellent(issimi), noui operis de partu Caesareo versione [distici elegiaci]
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Non est, invidiae caußâ culpetur ab ullo, vsque quod huc1188 author nobile preßit opus. Nam par ingenio quam sit quamque inclyta virtus illius, est nimium, quem latet, iste rudis. Quid si, quod doctis aliis placuisset abunde, authori partus displicuisset opus? Scilicet haec magnis, haec est natura peritis, iudicio alterius stentque cadantque suo. Sic vis ingenii, sic virtus crescit habendo: hae sunt augmenti caussa cibusque sui.
carattere botanico (florum myriades) e anatomiche (anatomes...liber): rimane oscuro il riferi mento allla “raffinata” descrizione Mutensis...montis. Per la prima sillaba lunga di anatomes, di norma breve, vd. supra nota 650. 1186 Arnold Freytag (Freitag), medico di Anversa, dal 1589 professore di medicina a Hel stadt (m. 1614): cf. AGL 2 c. 741; Aa 6, 225. 1187 Sic: refuso per sexum. 1188 Sic: sarà refuso per hoc.
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Nobile pressit adhuc ars insatiata, iuventae gratia Apollineae quod movet alter, opus. Quid fons, ni rivos sit qui deducat ad arva? Hos quî deduces non tibi fonte dato? Foemina si qua gerit bene, vel bene parturit aut si parturit infantes arte vel arte fovet: e binis utrum praestet fecisse laborem, saepius enixas sit penes, arbitrium. Quaere multa, suo dare vel quaesita nepoti: utrum sit grauius, iudicet alter, opus. Iudice me, forsan favor hîc, labor emicat illic grandior: el[l]ogio certat uterque suo. Inuenisse igitur, mala quo muliebria pellas arte modum, magno dignus honore labor. Participasse modum, mala quo muliebria pellas, inventum, magno dignus amore favor: dignus amore favor, sed dignius illud honore, ore novum Latio quod dedit autor, opus: nam de Caesareo quod paucis optima partu vix aliique data dexteritate docet. Caesaris an medici sit dignior autor honore, ambigo: iudicium dicat Apollo suum. Tu sed Apollineo proles sata sanguine, libros, cum multa prosint vtilitate, cole. Gloria praeteriti sunt praemia magna laboris: magnum venturi1189 gloria calcar habet.
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Sigism(undus) Snizerus Vlmensis
* A p. 485 inizia la Sectio secunda chirurgica continens Albucasis Ara bis de morbis muliebribus capita et Franc(isci) Rousseti, d(octoris) medici, Ὑστεροτομοτοκίαν Gallicam, Caspari Bauhini Basil(iensis), medicinae docto ris, opera Latinitate donatam. Le due opere sono precedute dai seguenti versi: [115, 4] Casparo Bauhino, medico et anatomico, fingebat Valentinus Thilo Ligius1190 in lecto aeger [distici elegiaci] 1189 Sc. 1190 Vd.
laboris. supra 16, 1.
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Qvo, Bauhine, rapit tua te insatiata lubido, omnia dum lustras luce Machaoniâ? Eruis herbarum miras e montibus artes et vario ornatas instruis ore loqvi. Opponis rapidae Lachesi tua pharmaca, multos dum revocas luci, qvos mala dira premunt. Corpora cassa secas et fibras digeris, artus monstras et mirâ singula lege doces. Qvid loquar? et foetus e viva matre recisos dicis in aëriis vivere posse plagis. Mirum hoc: testaris tamen et hunc pumice tersum erudis Avsonio cultius ire librum. Vive, Machaonias acri studio impiger artes excole et his sertis altera serta feres.
5
10
* A p. 563 s. compare un’epistola (datata 20/12/1585) di Jean d’Aille bou(s)t1191 a Caspar Bauhin (Casparo Bauhino doctori medico, Ioannes Al bosius medicus Gallus s(alutem)), cui seguono questi versi:
[115, 5]
Ad Franciscum Roussetum Ioan(nes) Albosius [distici elegiaci] Qui vicit Poenos, cuique Africa subdita, dictus a caesa Caesar parturiente fuit. At quae viuentem felix reclusit ab aluo foetum, eadem matrem sustulit aegra dies. Quanto hac Lucina es maior, Roussete: supersunt ingenio foetus foetaque caesa tuo.
5
* Subito dopo segue (p. 565): Lectori s(alutem). Subiiciendum erat huic tractatui portentosum lithopaedion siue embryon petrefactum vrbis Seno nensis: cum vero illud in commentariis Cordaei integrum habeatur, huc effi giem illius quae in Cordaeo [vd. infra] omissa est, reiecimus, ne quid a nobis temere desiderare posses. Vale. A questa nota tengon dietro i versi seguenti già riportati precedentemente: 115, 4
1191 Vd.
supra 71 tit.
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[115, 6]
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identico a 71, 1 *
All’inizio del III tomo (contenente il commentario, in sette libri, di Maurizio Cordaeus a Ippocrate), compaiono i versi seguenti: [115, 7]
Ἑξάστιχον in Mauricii Cordaei1192 commentarios [distici elegiaci]
Ἑβδομάδι ζώης τ’ ὀλέθρου τε τὰ ἔργα διεῖπεν ἀρχιατρὸς νούσων ἡ φύσις ἀργαλέων. Τῆς1193 θεράπων σύνταγμα γυναικείων περὶ νούσων Κορδαῖος τεύχει ἀγλαὸν ἑβδομάδι κ’ Ἱπποκράτους Κώου δέλτον, τὸ παρός περ ἀμαυρήν, ποιεῖ νῦν λαμπρὴν πρῶτος ἐπισταμένως.
5
Ἰωάννης Ὁψοποῖος1194 φιλίατρος
[116] HARDER Johann Jacob, medico e naturalista (Basilea 17/9/165628/4/1711): cf. AGL 2 cc. 1358 s.; BL 3, 56; H-BLS 4, 75; ADB 10, 591 s. Ioh(annis) Iacobi Harderi, philos(ophiae) et medic(inae) doct(oris), anato m(iae) et botan(ices) prof(essoris), sereniss(imi) princ(ipis) Badens(is) med(ici)....., Apiarum������������������������������������������������������������������������ ����������������������������������������������������������������������� observationibus�������������������������������������������������������� ������������������������������������������������������� medicis������������������������������������������������ ����������������������������������������������� centum����������������������������������������� ���������������������������������������� ac�������������������������������������� ������������������������������������� physicis����������������������������� ���������������������������� experimentis���������������� ��������������� plu������������ ri�������� ���������� mis���� ������� ��� re fertum����������������������������������������������������������������������������� ���������������������������������������������������������������������������� et�������������������������������������������������������������������������� ������������������������������������������������������������������������� scholiis����������������������������������������������������������������� ���������������������������������������������������������������� atque����������������������������������������������������������� ���������������������������������������������������������� iconibus�������������������������������������������������� ������������������������������������������������� pulcherrimis������������������������������������� ������������������������������������ illustratum������������������������� ������������������������ cum��������������������� ...... in������������ �������������� dice������� ����������� ������ autho rum ac rerum locupletissimo, Basileae, impensis Iohann(is) Philippi Richteri, typis Iacobi Bertschii, an(no) 1687 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.3702]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [116, 1]
Ad excellentissimum auctorem δεκάστιχον [distici elegiaci]
1192 Maurice de la Corde (Maurus Cordatus, Cordaeus), nato a Reims (sec. XVI): cf. AGL 1 c. 2090; BL 2, 106. 1193 Sc. φύσεως. 1194 Johann Obsopaeus (Opsopaeus), medico e botanico (Bretten 25/7/1556-Heidelberg 4/6/1596): cf. AGL 3 c. 1086; ADB 24, 47; Eckstein 410; Pökel 194.
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Non te uno virtus non una et fortis imago, non una illustris, non micat unus honor: doctor, prostates1195, Paeon sectorque celebris atque Antenorei gloria magna chori. Principis hinc celsi medicum decus hincque potentûm, quos, capreâ et rivo divite, fama levat; quodque istis cumulus, magno spectata parenti haec cuncta et nati gloria vita patris. Cur non iure igitur votum hoc cum plausibus addam? omnes mella tibi, spicula nemo ferat!
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Ioh(annis) Iac(obi) Hofmanni1196, histor(ici), p(rofessoris) p(ublici)
[117] HARVEY William (Folkestone 1578-Londra 1657): cf. AGL 2 cc. 1390 s.; BL 3, 77 s.; DNB 9, 94 ss. 116, 1 Guilielmi Harveii, doct(oris) et profess(oris) regii, Exercitationes anatomicae, De motu cordis et sanguinis circulatione, cum duplici indice capitum et rerum. Accessit Dissertatio de corde doct(oris) Iacobi de Back1197, vrbis Roterodami medi ci ordinarii, Roterodami, ex officinâ Arnoldi Leers 1654 [prima ediz. Francoforte 1628] [R.G. Medic. VI.71]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [117, 1]
In Guilielmum Harveium Zachrias Sylvius1198 [distici elegiaci] Vivat Aristoteles, vivat Galenus et ingens Hippocrates, quorum fama perennis erit. Vivat et Harveius: tam sanctas nempe tulerunt illi1199 artes, quas nunc Anglus hic ecce colit.
attestato in latino classico, è evidentemente ricavato dal greco προστάτης, dove, però, la penultima vocale (e perciò, in questo caso, la penultima sillaba in latino) risulta breve. 1196 Johann Jacob Hof(f)mann, storico e teologo (Basilea 11/9/1635-ivi 10/5/1706): cf. AGL 2 c. 1659; ADB 12, 630; Eckstein 254 s. 1197 Jacobus de Back (Rotterdam 1594 ca.-1658): cf. AGL 1 c. 693; BL 1, 273 s.; NNBW 1 cc. 207 s. La data della prima edizione dell’opera di De Back è Rotterdam 1648. 1198 Zacharias Sylvius, medico a Rotterdam (metà del sec. XVII): cf. AGL 4 c. 969. 1199 Sc. Aristotele, Galeno e Ippocrate. 1195 Non
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[118] HELMONT Jan Baptiste van (Bruxelles 1577-Vilvoorde, Bruxelles 30/12/1644): cf. AGL 2 cc. 1472 ss.; BL 3, 152 ss.; ADB 11, 703 ss.; BNB 8 cc. 902 ss.; Aa 8, 498 ss. Ioannis Baptistae van Helmont, toparchae in Merode, Royenborch, Oorschot, Pellines etc., Opera omnia, additis his de novo tractatibus aliquot posthumis eius dem authoris, maxime curiosis pariter ac perutilissimis, antehac non in lucem edi tis, vna cum indicibus rerum ac verborum vt locupletissimis, ita et accuratissimis, Francofurti, sumptibus Iohannis Iusti Erythropili, typis Iohannis Philippi Andreae 1682 [è la prima ediz.].
Segue, legata col medesimo volume (e pubblicata nel medesimo anno dal medesimo editore), un’altra opera di van Helmont: Ioannis Baptistae van Helmont, toparchae in Merode, Royenborch, Oorschot, Pellines etc., Opuscula medica inaudita: I De lithiasi, II De febribus, III De humo ribus Galeni, IV De peste: editio omnium accuratissima adornata pariter indice rerum ac verborum copiosissimo [prima ediz. Amsterdam 1644] [R.G. Medic. IV.331]
All’inizio del primo volume compare, tra l’altro, un Vaticinium de au thore, poemate expressum. Si tratta di una lunga composizione in distici, suddivisa in 16 argumenta, che sono così elencati e preposti ai versi stessi: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.
Medicina ante Hippocratem nuda apparuit et vagabunda. Dictum Hippocratis invitans eam ad urbes. Admirata respondet Hippocrati. Laus Hippocrati debita. Hippocrates, medentum primus, qualiter coluerit medicinam. Galenus ornatum linguae dedit, non aluit nec proinde illa crevit. Idem Arabes fecere. Sequaces utriusque huius sectae idem fecere hactenus. Paracelsus titulum monarchae arcanorum et principis medendi ambivit infeliciter. Medicina cultum paganicum spernit. Optat speculum, ut reflexo lumine clarior evadat. Liber authoris posteris pro speculo inserviet. Medicina sui et authoris destinationes explicat per vatem. Laudat medicina authoris studia. Vates explicat laborum optatos fructus. Censura medicinae de libro authoris.
Seguono subito dopo i versi: nel margine esterno sono riportati i nu meri degli argumenta e, quando compaiono, i titoli degli argumenta stessi:
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[distici elegiaci] Forte Latogigenae1200 moestissima filia prolis Medicina 1 percurrit rigidis hospita cura feris et, votis inimica suis, tum, fata volutans, arguit immites, numina saeva, deos. Arguit et, nimia turbatis sensibus ira, errat et erroris causa doloris erat. Sic duplex clades: miserum nam vindice fratrem Aesculapium flamma iracundi scit periisse Iovis; ferrea ternarum dum fregit iura sororum, dicitur aethereis hic periisse focis. Provenit hinc dubiis incertus passibus error, provenit hinc moestis lacryma multa genis. Errantem vidit, mox visam Cous amavit; Hippocratis1201 2 nempe placet niveis aemula forma rosis: alloquitur: «Dryades, reor, heic, mea nympha, puellae sunt et cornigeri turba petulca dii. Hos tua nam campos sacrat praesentia, sacrat quae decet Argolicam forma superba deam. Quid te montanas delectat visere valles? quid iuga saxosis assimilata iugis? Nonne placent altis urbana palatia tectis? nonne placent clari civica turba viri? nonne placet tenerae magis apta habitatio vitae? et magis eximia conditione frui? Vilescant humiles, pubes indocta, coloni, vilescant parvae rustica tecta casae». Obstupuit vultum maiestatemque loquentis 3 et gestum magni nympha decora viri. Omnis purpureo mox lacryma cessit ab ore et sonuit moesto nulla querela sono. Siderea in viridem dimisit lumina terram, edidit et laesis1202 gaudia certa notis. Dicta sibi exiguo meditata est verba momento, reddidit et Coo talia dicta seni: «Haec tua verba placent, unus mortalibus es tu, quem cupio: oblatum muneris instar erit. Tecum habito: per te pellam pestesque luesque, 4
1200 Sic: evidente refuso per Latonigenae, anche se la prima sillaba della parola, di norma lunga, è qui scandita breve. 1201 Sc. verba, come si evince anche dal titolo, sopra riportato, della sezione del carme: 2. Dictum Hippocratis etc. 1202 Sic: sarà refuso per laetis.
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quin morbus, dum te viderit, aeger erit. Lucidus Eois qua surgit Cynthius undis occiduoque suos gurgite mergit equos, altius in quovis scandet tua gloria regno, quin lambent laudes sidera summa tuae. Vnum posteritas te clamatura magistrum nec fomes, quo laus crescere possit, erit. Te vivax patulum celebrabit fama per Orbem, rumpent fatales dum tua fata deae». Cous, agens meritas tanto pro munere grates, 5 largitur nudae talia dona deae. Intacta niveam circumdat sindone nympham, quae superat cana lilia sparsa nive: nil simile auricomus vidit, seu surgat Apollo seu lavet occiduo fervida plaustra mari. Comta diu tali mansit Medicina decore: illam primaevi sic coluere patres. Donec surrexit post secula quinque Galenus, 6 totus in ornatum, nec dedit ore cibos: nempe dedit Tyrio saturatas murice vestes, quas ornat multis fimbria torta modis; distinguunt nitidae fulgentia cingula bullae, virgineum ditant carbasa pulchra caput. Venit Avicennas Panchaeae gloria gentis, 7 fertur et ornandis consenuisse togis. Innumero plures numero venere suorum, 8 nil nisi qui tunicas excoluere datas. Maximus Helveticis tandem Paracelsus ab oris 9 ostentans, dixit se genus esse deae. Illa tamen nitidas, pretiosa monilia, gemmas 10 contemnit: «Divas nil iuvat istud,» ait «ornamenta nihil veterem spirantia fastum et magis opprobrio, quod magis artis erit. Quorsum mille togae? mille ostentacula1203 luxus? non decet hic vanus numina nostra labor. Quaesisse innumeros sola ornamenta per annos, vah! pudeat nugis invigilasse reis. Atque utinam liceat, quam sim formosa videre, 11 nec non iudicio pulchrior esse meo! nostraque iudicibus spectetur forma deabus atque probent omnes numina nostra viri! Sed fors, nympha, timent1204, faciem si conspicis: omnes
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1203 TheslL 1204 Sc.
s.v.: “...vox ficta fortasse sec. sustentaculum....Not. Tir. 12, 22 [Schmitz]”. omnes...viri.
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temnas ac formae vivere solae voles. Si non vidisses propriam, Narcisse, figuram, non foret inspectae mors tibi crimen aquae. Mortalis fuit ille, dei sum filia, diva, quae cupio facio; is, quae voluere deae. Quis mihi dat speculum? speculum peto: clarior illo reddar et ex toto corpore naevus erit. Quis mihi dat speculum? Iustos, dea, desine luctus: nam parat en istud quod reget ora vitrum. Ioannes Baptista dabit, cui nomine ab Helmont, quem Bruxella suo nutrit amoena sinu. Vase vel abscedens si spiritus introit in vas, hunc genium iuro, maxime Coe, tuum. Isto imitatam speculo mirabere formam, cui morbus, cui mors, cui male1205 Parca subest. Non rapiet solitum damnosa senecta decorem, ruga nec antiqua fronte senilis erit nec labyrinthaeo post impediere reflexu: nam patet ex omni tramite recta via». Nympha inquit vati. Statuit moderator Olympi: insolitis mundus vapulet orbe malis, vt possit, medicae1206 quam magna inscitia plebis, novisse humanum, turba misella, genus. Scilicet electos voluit clarescere contra morborum numerum barbariemque novam. Et contra: voluit, propria rude sponte fatiscat vulgus, multorum trux homicida virûm. Haerens quisque sui trita inter verba magistri, quod medicae tactus sit, putat artis apex. Dum per circuitus vadunt1207 et sensa parentum, in nova restaurant centuriasque novas. Inde nec a Coo sunt ausi pergere gressum: amplius haud artem quaerere posse putant. Sed quid aget mortale genus, iam lege medendi assuetum propria cunctaque pelle pati? Fixa premens veterum semper vestigia patrum, occidit heu! proprio credula turba dolo. Deposita urbanae nondum praetexta saluti, nec fuerat patrio bulla sacrata foro, dum nostros iuvenis thalamos exposceret author, percurrens veterum devia tesqua patrum.
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1205 Sic:
evidente refuso per mala. artis. 1207 Sc. quisque di v. 107. 1206 Sc.
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Scilicet is superos sibi conciliarat amicos, qui fudere alto plurima vota Deo, nudaque supplicibus videat quo corpora verbis, viderat ut Cous, per sua vota senex. Per multos variis transegit sumtibus annos, improbus afflixit sedula membra labor, clarus luciferas seu vexit Apollo quadrigas, seu micuit rutilo Cynthia clara polo abstrusi famulae noscens penetralia cordis secreta alchimiae, non latuisse mei. Illius ingentem per plurima dona favorem perque humili fusas quaesiit ore preces, vt tandem nostrum sibi conciliaret amorem et coleret grati sacra marita tori. Effudit moestos insomni pectore questus ac maduit tristes imbre tepente genas. Noluit aetherei summus moderator Olympi, mitteret ut surdis irrita vota notis haecque refer vates: «Sponde et maiora sequentur: quisque morbus erit, pondere et unus erit. Destinor authori pretium dotale laboris, vt iungar thalamo foemina digna viro binaque sacrato sociabit1208 corpora vinclo. Tu refer humano nuncia tanta gregi. Tristia nullius reperis contagia morbi, tradita quin tanto sitque medela viro. Morborum fugiet pestis regina, podagra, calculus, ascites ac macilenta phthisis et quaecunque audax reclusit foemina, postquam inscia in humanum sumserat arma genus. Nunc igitur speculi mea sit censura, libello ut coniugii signo1209, sic paranympha toro, et notat1210 Ausonium veterum, notat etque Pelasgon et notat Ebraeum Daedalicosque sinus1211».
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Pandora 16
Sic lusit fausto poemate D.S. d’A. suo avunculo1212
* 1208 Se
è esatto, il soggetto sarà thalamus, ricavabile dal v. 142. forse refuso per signum. 1210 Sc. censura. 1211 Nel mg. s., a proposito di quest’ultimo distico, è scritto: Latinum. ER. / Graecum. RO. / Hebraeum. RES.: la parola ERRORES indica perciò la falsità del paganesimo e della religio ne ebraica: solo il Cristianesimo non sbaglia. 1212 Si tratta perciò del figlio della sorella di van Helmont. 1209 Sic:
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Per quanto concerne il secondo volume (legato con il primo: vd. supra), nel verso della pagina del frontespizio compare la seguente composizione: [118, 2 = 225, 19] In nobilis et praeclariss(imi) d(omini) I(oannis) B(ap tistae) Helmontii opera contra Galenistas carmen nobilis et am pliss(imi) domini Iani Walhornii D(eckher)1213, Maiestatis suae con siliarii [distici elegiaci] Claude scholas, Galene, tuas: satis occisorum est; ohe iam satis est: plena sepulchra sonant! Namque cruor clysterque tibi sunt pharmaca, saepe das nihil: in critico spes tibi sola die. Interea in tactu venae linguaeque perustae totus et urinâ stercoribusque stupes. Non aegrum iuvat hoc: illi medicina paranda. Nil opus est morbi testibus, at medico. Attamen exspectas pretium post funera magnum: sic canis aegrotum spectat amatque pecus. Vnus Apollineâ potis est Helmontius arte, quos alter1214 morti liquerat, eripere!
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10
* Dei quattro trattatelli che compongono il secondo volume, a noi inte ressa il terzo, il cui titolo completo suona: Scholarum humoristarum pas siva deceptio atque ignorantia, quam si deinceps defenderint, pertinaci ma litia tegent atque eandem Deus indignatus deteget, iam imminente aetate, in Orbis Christiani utilitatem et pertinacium confusionem. Alla fine di questo trattatello compaiono i seguenti versi: [118, 3] In argumentum libri sic lusit poeta contra humoristas Christiani sanguinis sitibundos [distici elegiaci] Quid multis fidis medicis, dux optime? multum est 1213 Jean Deckher de Walhorn, storico e filosofo (Fauquemont 20/6/1583-Saint-Josse-tenNoode 16/12/1646): cf. AGL 2 cc. 61 s.; BNB 4 c. 870. 1214 Sc. Galenus.
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si fidas uni: coetera turba nocet. Nonne vides toto vacuari corpore venas? Hic secat, hic urit; crescit ab arte malum: quisque aliquid gypsi Galleni consulit: omnes oppugnant unum corpus et arte necant. Induperatorem1215 medicorum turba peremit: an medicos medicam credis habere manum? Sanguine Belga fuit princeps, medicatur Ibero turba modo: Belgas non iuvat iste modus. Pauca dabo tumulo: «Iacet hic dux optimus, in quem nil potuit Mars, dum corpore sanguis erat. Quod Mars non potuit, medici potuere secando: sic Mavors ipso fit minor Hippocrate».
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[119] HEURNE (HORNE) Jan van (Iohannes Heurnius) (Utrecht 25/1 o 4/2 /1543-Leida 11/8/1601): cf. AGL 2 cc. 1578 ss.; BL 3, 205; NNBW 4 cc. 745 s.; Aa 8, 1, 733 ss.; Eckstein 246. I(ohannis) Heurnii Vltraiectini Institutiones medicinae: editio altera, priore emendatior, operâ auctoris filii Othonis Heurnii1216, Lugduni Batavorum, ex offi cina Ioannis Maire, anno 1627 [prima ediz. Leida 1592] [Loreto VI.25 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [119, 1] In Institutiones medicas clarissimi doctissimique viri d(omini) Ioannis Heurnii, medicinae professoris celeberrimi in inclyta Vni uersitate Lugd(uni) in Batauis [distico elegiaco]
Εὕρνιε, ταῦτ’ ἴμεναι1217 σὰ λέγεις καὶ πάντες ὁμοίως· μείζονα τῶν βροτέων, πῶς κεν ἔῃσι τεά; Franc(isci) Nansii1218
1215 Si
noti il raffinato arcaismo. van Heurne, figlio di Jan (Utrecht 8/9/1577-Leida 24/7/1652): cf. AGL 2 c. 1580; BL 3, 205 s.; NNBW 4 cc. 747 s.; Aa 8, 1, 738 s. 1217 Sic: la prima ediz. del 1592 ha la lezione giusta ἔμεναι. 1218 Frans Nans (Franciscus Nansius), filogo ed erudito (Ijrenberge 1520 ca.-Dordrecht 1595 o 6/10/1599): cf. AGL 3 c. 812; NNBW 7 cc. 904 ss.; BNB 15 cc. 425 ss.; Aa 13, 65 ss.; Eckstein 396; Pökel 326. 1216 Otto
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CARMINA MEDICALIA
[119, 2] In Ioannis Heurnii, d(octoris) m(edici), Institut(iones) medicinae, uniuersam����������������������������������������������������� corporis�������������������������������������������� ���������������������������������������������������� humani������������������������������������� ������������������������������������������� constitutionem���������������������� ������������������������������������ absolutis������������ ��������������������� sime������� ����������� decla ������ rantes [distici elegiaci]
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Mundum Naturamque omnem cui noscere curae est, Naturae genium verset Aristotelem: atqui hominem mundum fas est dixisse minorem, nullum hoc Naturae clarius exstat opus. Cumque mare et terras homo ad vnguem et sidera nôrit, turpe est naturam nî sciat ipse suam. Dedecus hoc a se qui vult auertere, is Heurni[i], quae modo dat medicis, aurea scripta legat: discet enim plene, quae, si esset forte superstes, ipsum non pudeat discere Aristotelem.
Bon(aventura) Vulcanius1219
[119, 3] Ad doctissimum medicinae d(octorem) et professorem d(omi num) Ioannem Heurnium, de suarum Institutionum libris carmen F(rancisci) Duyck de Iode1220 [distici elegiaci]
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Nil admirari, prope res est vna, beatos quae faciat: cecinit sic Venusina chelys1221. Id negat antistes vatum idemque auctor Apollo, dum captus scriptis, Heurnie magne, tuis. Haec admirari, prope res, ait, vna, beatum efficiet late quae genus omne hominum. Ergo iam sileant lyricorum principis ora diaque vox terrarum omnia peruolitet.
1219 ����������������������������������������������������������������������������������� Bonaventura de Smet (Smidt) (Vulcanius), filologo ed erudito (Bruges 30/6/1538-Lei da 9/10/1614): cf. AGL 4 cc. 1756 s.; NNBW 10 cc. 1143 ss.; Aa 19, 485 ss.; Eckstein 600; Pökel 293; BNB 5 cc. 753 ss., ove, fra l’altro, si dice «Ses travaux d’érudition ne l’empêchèrent pas de cultiver avec succès la poésie latine, témoin ses traductions en vers des hymnes et des épigrammes de Callimaque, des idylles de Moschis et de Bion, ainsi que plusieurs autres pièces de vers qui ont été imprimées [ma dove, dal momento che nell’elenco delle opere di Vulcanius non risultano versi?]. Elles font regretter qu’il n’ait pas tenu sa promesse de pu blier un recueil de ses poésies latines». 1220 Si tratta forse di Frans Duyck, giureconsulto, nato a Leida e ivi sepolto il 10/6/1628: cf. NNBW 3 c. 315. 1221 Il riferimento è a Orazio, ep. 1, 6, 1 s.
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Aliud familiare [distici elegiaci] Tota tuis studiis Iuno fauet, optime Iane1222, et dum multiplici te tua prole beat et dum praeclaros oris geniique labores ornat auis pluma versicolore, dea.
[119, 5] In Institutiones c(lari) v(iri) d(omini), d(omini) Ioannis Heurnii, professoris excellentissimi [distici elegiaci] Quae quondam ex ipsis Phoebi Suadaeque medullis1223 Naturaeque hausit Heurnius e gremio, quaeque auditorum plena excipiente corona dictauit, Clarii vel calamo apta dei, nunc eadem dîas dat cernere luminis oras scripta mage aethereis lucida luminibus. Natura ipsa suum plusquam admirata decorem, extollit tanti nomen ad astra viri. Cui linguam Pitho, mentem imbuit augur Apollo, quem Charitum triga et turba nouena colunt. Ergo agedum panac[a]ea cohors, haec munera grata mente cape atque imis sensibus imbibito. Omnia sunt cedro dignissima, nil nisi tersum, [h]orarum et lotum fontibus inuenies. Hippocratis genium spirantem aduertis vbique: fallor, an est Batavis hic novus Hippocrates?
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Aliud eiusdem [distici elegiaci] Sol, toti fundens radios et lumina mundo, dicitur humani delicium generis. Tu, modo cum totum spargas haec lumina in Orbem, o Heurni, medici flos et ocelle chori,
1222 Si
noti l’omofonia tra Iuno e Iane. supra nota 516.
1223 Vd.
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iudice vel Phoebo, Batauo sol aureus Orbi dicêre et medici delicium generis.
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Gualterus Verdoesius med(icus)1224
[119, 7] Εἰς ἄνδρα λογιώτατον, ἐξηγητήν τε τῆς ἰατρικῆς ἐν Λουγδούνῳ Βα ταούων εὖ δοκιμώτατον, τὸν Ἰωάννην Εὕρνιον [distici elegiaci]
Ἐλλὰς ἐφ’ Ἱπποκράτει πρόπαλαι σεμνύνετο χώρη καὶ τοῦ Περγαμόθεν γήθεε πᾶσα κλέει· καὶ μετέπειτα[ι] Ῥάσκην1225, Ἀβικεννᾶν, ἠδὲ καὶ ἄλλους οὐ τάχ’ ἀποβλήτους βάρβαρος ἔσχεν Ἄραβς. Φερνελίῳ1226 πρώην καὶ Κελτὶς ἀγάλλετο πάτρη, ὃς φέρεν οἱ κύδους ἥλιον ἠδὲ βίου. Αὐσονίη [νῦν] Ἑρμείωνα1227 περικλυτὸν αἶα γεραίρει καὶ πέρι δὴ πέλεται κεῖνον ἀγαζομένη. Εἶεν, ἀτὰρ Βαταβὶς κείνης μὴ γαῖα μεγῄραις· χείρονας οὐ γὰρ ἔχεις γαιέμεν1228 οἷσιν ἔχεις καὶ πάντων χρέος οὐδὲν ὅπως μνησώμεθ’ ἀνώγει, μηδὲ τὸ καὶ [ut vid.] σμικροῦ θεσμὸς ἔασσε μέλους. Ἀλλὰ τὸν οὐ Φοίβοιο φερέσβιον ἥσσονα τέχνην Εὕρνιον οὐ σιγῶν ἦντις ἄτερ κεν ἄγους, τοῦδε σὺ θαρσαλέη Βαταβὶς χάριν ἀνδρὸς ἄρουρα σεμνύνου (πάρα γὰρ) τῆς ἐτέρῃσιν ὁμῶς. Ὄστις ὁμοῦ ῥητήρ τ’ ἀγαθὸς πρηκτήρ τε γ’ ἀμύμων ἔξοχά τοι ζαθέης ἐστὶν ἀκεστορίης. Ἤδ’ ἱερῆς τῷ [ut vid.] πάντα δαήμεναι ὄργια τέχνης Φοῖβος ἔδω, σπάνιον κάρτα βροτοῖσι γέρας. Τῶ σέ κεν αὐτὸς ἅλις μακαριζέμεν οὐχὶ δυναίμην, ὄλβιον ὦ Βατάβων τοῦ τροφίμοιο πέδον. Ἄφθιτον ἴσθι δέ σοι νῦν, Εὕρνιε, κῦδος ἀφύξας· τοῦ τοῖον Βατάβοις εὖχος ὄρεξε νόος. 119, 6
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supra 101, 8. per far tornare il metro sarà opportuno trasporre Ῥάσκην μετέπειτα[ι]. Il nome sembra riferirsi (data anche la vicinanza di Avicenna) ad Abû Bakr Muüammad Zakariyyâ’ ar-Râzí, altro celebre medico e filosofo arabo (secc. IX-X). 1226 Vd. supra n° 97. 1227 Sic: si tratta, con ogni verosimiglianza, di Girolamo Mercuriale (vd. infra n° 162), il cui cognome è adombrato nel termine greco, collegato con Ἑρμῆς. L’espunzione di νῦν (pro babile dittografia, determinata dalla parte finale della parola precedente) appare la soluzione più economica per sanare l’aspetto metrico del verso, che altrimenti avrebbe un piede in più. 1228 Sic: sarà forse da ricollegare a γαῖα (usato avverbialmente con ε in luogo di η per motivi metrici): “nella tua terra” o qualcosa di simile. 1225 Sic:
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[119, 8] Τῆς ἰατρικῆς τοῦ αὐτοῦ πραγματείας πέρι, πρὸς ἀναγνώστην [distici elegiaci]
Μῶν χαλεπάς περ ἐπιπλῶσαι Κώοιο μενοινᾷς, ξεῖνε φίλ’, ἰατρῶν Σύρτιας ἠγεμόνος; μῶν τε μέγ’ ἠδυεποῦς πρήσσειν ποτὲ λαῖτμα Γαλήνου σεῖο σὺν ἀσκηθεῖ νηῒ νόοιο θέλεις; Ἀλλὰ σύ μευ πρὶν ἄκουσον, ἐμῷ τ’ ἐπιπείθεο μύθῳ· τῷ γὰρ ἐὰν πεισθῇς, κήροθεν εὐφράνεαι· νῆα τεὴν οἴηκί γ’ ἐπάρτυε πρόσθεν ἀρίστῳ, σπεῦδε τίν εἰν ὄψει καὶ Κυνοσουρὰν ἔχειν. Ταῦτα δὲ ῥηϊδίως οὐ τηλόθεν ἐστὶ πορίζειν· σοὶ τὸν1229 ἐπεὶ καὶ τὴν1230 Εὕρνιος ἔνθα διδοῖ. Τοὔνεκ’ ἀρ’ Εὑρνιάδην μή πως ἀθέριζε, Γαλήνου τὴν ἅλα καὶ περόων1231 Σύρτιας Ἰπποκράτους.
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Γουλίελμος Ἑσπέλιος Νεσιώτης1232
[120] Historia foetus Mussi Pontani1233 ��������������������������������������� extra���������������������������������� ��������������������������������� uterum��������������������������� �������������������������� in������������������������ ����������������������� abdomine��������������� �������������� reperti������� ������ et���� ��� la pidescentis������������������������������������������������������������������ cum�������������������������������������������������������������� ����������������������������������������������������������������� adiectis����������������������������������������������������� ������������������������������������������������������������� variorum�������������������������������������������� ���������������������������������������������������� excellentissimorum������������������������� ������������������������������������������� virorum����������������� ������������������������ commentis������� ���������������� , Fran ����� cofurti, sumptibus Ioannis Petri Zubrodt, anno 1659 [sembra la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.301] Si tratta di una numerosa serie di contributi di vari medici su presunti parti innaturali. Riporto, a mo’ di esempio, il titolo di uno di essi: Prodigium unum et multiplex, visum et incredibile, foetum humanum extra loca conceptum, triginta annos gestatum, lapideum et viventem Natura rerum ludit, Orbis terrarum obstupes cit, Muscipontana exhibet civitas, Aquae-Sextiae diluunt rationesque eius et mecha nicam foelici reserat stylo d(ominus) Honoratus Maria Lautier1234, doctor medicinae apud Aquenses purpuratus.
Nell’opera sono contenuti, fra l’altro, i versi seguenti: [120, 1] Ein Staedtlein Binnickheim nant 1229 Sc. 1230 Sc.
οἴηκα (cf. v. 7). νῆα (cf. v. 7).
1231 Sic:
evidente adattamento, per motivi metrici, di περαιῶν.
1232 Gulielmus Hesperius (Ἑσπέλιος è certamente refuso per Ἑσπέριος): vd. AGL 3 c. 1890. 1233 Pont-à-Mousson.
1234 Honoratus Maria Lautier, medico francese nato ad Aix e vissuto alla metà del sec. XVII: cf. AGL 2 c. 2322.
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ligt in dem Wirtenberger Landt, am Zabergäu fruchtbar durchauß, welches ist ein adelich Gan-Erbhauß und des Ertz-Stifts Mäyntz Engenthumb gut Wein nächst [ut vid.] darbey umbamd umb. In diesem Städlein offenbahr als man funfzehen hundert Jahr gezehlet hat und drey darneben da waren noch in diesem Leben diß fromme Ehleut wolgethan Adam Strotzmann genandt der Mann, Barbara Schnotzerin das Weib. Die trug von ihrem Mann in ihrem Leib fuenftzigdrey Kinder nach und nach, gantz wunderbarlich das geschach [sic]. Zu 35.mahl sag ich eben hat sie die Kinder an die Welt gegeben achtzehenmahl alweg [sic] ein Kind, zu fünfmal alweg zwey ich find, zu viermahl alweg drey zu sagen, auff einmal hat sie 6. getragen. Da sie fünff Monat gangen war derselben [ut vid.] sie die drey gebahr. Als sie damit im Kindbet lag, eben biss an den neundten Tag hat sie gebohren eins darzu, ferner ich warlich Meldung thu, nach diesem als eylff Wochen war, sie abermal deren eins gebahr das sechste trug sie noch zehen Wochen da ist es auch [ut vid.] herfür [ut vid.] gebrochen. Zum letzten ich mit Warheit schreib ward wieder schwanger dieses Weib. Trug sieben Kinder auff einmahl: damit erfült die ihre Zahl. In zwantzig Wochen unverlohren hat sie derselben drey gebohren. Deren als sie aussem Kinderei gieng, man wieder eins von ihr empfieng nach vierdhalb [sic] Wochen noch ein Paar; das letzte da es vorhanden war macht es der Mutter angst und bang: einer ein und drey zwerg Finger lang. Desselbig war der Kopff so groß 120, 1
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welches die gute Frau sehr verdroß dass in Mann den erspannen funf [sic] drey Tag sie in Kindes Noethen stund kein Menschen sie mehr sah noch fand biß sie Gott solcher Noth entband: diß war das drey und funffzigst eben und war wie ich bericht darneben dreyssig und acht der Knäbelein darzu funffzehen Töchterlein. Die waren all gleich gantz und recht, fertig männlich und weiblich Geschlecht. Zur h(eiligen) Tauff seynd kommen all, biß an neunzehen die der Fall des schnellen Tods hat übereylt. Bald sie waren an die Welt gezielt, doch ist ihr keins in aller Summen aber neun Jahr seines alters kommen [ut vid.]. Solch Ehleut lebten im Ehstand beisammen ihn zertrenter Hand gar nahent in die fünfftzig Jahr gering ihr zeitlich Nahrung war. Das Weib ihren Abschied auß der Welt genommen hat als man gezelt 1503. Jahr. Der Mann danoch im Leben war; beschloß doch bald hernach sein Leben. Gott woll ihn frölich Urstend [sic] geben. Diß ist fürwahr kein lehr Gedicht. Sondern ein gewiß wahrhafftig Geschicht, wie solches vor hundert Jahren frist, in der Pfarrkirch gemahlet ist. Deßgleichen von Eltern auffgeschrieben auch auff dem Rathaus gemalt verblieben. Darum man U[u]rkunth geben kan ob iemand wolte zweiffeln dran in Massen Käyser Ferdinand Vorzeiten auch ward zu gesandt. Ein schrifftlich Urkunth auff Begehren deßgleich in Bohem etlich Herren, dern ein Theil hieltens für ein Gespött und thören drüber groß Gewert schickten ein Botten in der Eyl alhier gen Binnickhen viel Meil. Dem ward ertheilt ein Urkunt bald
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daß sichs [sic] in Warheit also halt. Gott ist als man auch sonst sicht [ut vid.] zwar in seinen Wercken wunderbahr vermuthlich ist daß gewesen sey Superfoetatio darbey.
A questi versi segue la traduzione latina: [120, 2] Rythmos hos a versificatore quodam antiquo modo, simplici stylo et tenui vena versificatos, Latine reddidit clariss(imus) Seipius [sic] seq(uente) carmine [distici elegiaci] Wrtenbergiaci ducis in regione perampla urbs iacet (hanc Biniken Suevica lingua vocat), ad Zabergoici tractus confinia vergens, clara Ganerborum nobilitate virum, quum1235 ditione tenet Romani maximus Orbis praesul, si nomen Caesareum excipias: nempe Moguntinus sacer archiepiscopus illam praesidet, ut propriam. Quae facilis pecori est: annua nam saturae complent hic horrea[e] messes, terra unci semper vomeris est patiens, vitae ferax multa1236 cerealia munera promens, annua cultori mellea musta suo. Hic locus est, e quo factum memorabile pandam, quale nec antipodes nec novum1237 Orbis habent. Currebant mille et quingenti, cum tribus, anni, quando erat in vivis par sociale sequens Adamus Strotzmann, fato cui contigit uxor Barbara, Chnozerii filia chara patri[s]; quorum coniugium multiplice prole beavit praeter naturam Conditor omnipotens: quinquaginta et tres gestavit corpore natos, quos mater fotos edidit alma viro. Haec quinquagenis Lucinae experto1238 dolores et quinis (referens obstupeo) vicibus: octodecim vicibus producta est singula proles,
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sarà refuso per quam. il metro torni, è sufficiente invertire multa ferax. 1237 Sic: evidente refuso per novus. 1238 Sic: refuso per experta (sc. est). 1236 Perché
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et per quinque vices quinque dedit geminos. Est enixa quater ternos (mirabile dictu), sex simul et gravidae sarcina matris erant. Mensibus exactis quinque haec, quos venter alebat, tres tulit in medium, tres uterus tenuit nonaque lux summos spargebat lumine montes: orta dies, horum surculus unus adest. Post octo hebdomadas perarato e ventre micabat quintus; at interea sexus opaca tulit. Qui decima hebdomada in dias quoque prodiit auras; gignere vult mulier: concipit ergo iterum, augebat felix numerum septemplice partu. Viginti hebdomadis tres peperisse iuvat. Inde puerperio cum vix egressa fuisset, obstetrix alium porrigit ex utero. Post tres et mediam hebdomadem par ilia rumpit matris: id in gremio lactat abunde suo. Vltima de septem multorum causa dolorum, progenies matri vere onerosa fuit: vlnam et transversos digitos tres longa fuisse creditur, ut spithama nemo caput caperes1239. In partu stetit illa dies tres anxia prolis venturae in lucem: «Quid fit1240? Iova videt!». Audito gemitu, rediere in pristina vires atque vigor membris undique gratus adest. Aerumnas gravidae manus Omnipotentis abegit, viveret ut moestis1241 mater opima suis. Cum neque mens posset neque pes defungier ullo officio, mulier redditur ecce sibi. Tertia namque ipsi et iam quinquagesima proles nascitur: en Venerem! en delicias Veneris! Octo et triginta sub luminis edidit auras natos foeta parens: hic amor, hoc studium! Auxilio illa Dei non cassa in vota vocato foemina parturiens parturiebat ovans. Incorrupta decem peperit, cum quinque puellis f[a]eminei decoris, gloria multa viro: sexus uterque suis constabat corpore membris
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1239 Sic:
sarà refuso per caperet. ogni probabilità, l’eccessiva disinvoltura nel tradurre il testo tedesco ha fatto dimenticare al poeta la ferrea consuetudine di non introdurre alcuno spondeo nel secondo emistichio del pentametro. 1241 Forse con allusione ai bambini nati morti. Altrimenti si potrebbe emendare in mul tis. 1240 Con
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integer et mancum nil reperire siet. Deme novem atque decem, quos mors properata peremit, baptismi reliquos abluit unda sacri. Nonum nulla tamen proles super[e]aret ut annum, spem senii, licuit cernere coniugibus. Quinquaginta hoc par fiolum1242 fere duxit ad annos vitam1243, queis tenuis victus, amictus erat. Intima tam subito compleri viscera partu, vel quoque maiori, quis potuisse putet? Morte fera prIor VXor abest terrenaqVe Cessit: ConIVncte VIXIt ConnVbio stabILI1244. Haud mora: non longo post tempore, fata maritus clausit et in terra molliter ossa cubant, donec summa dies perituro illuxerit Orbi atque pios manes sidera ad alta vocet. Historia haec vera est, sed, ne reputetur anilis fabula, in aede sacra picta tabella iubet. Exhibet ipsa tibi documentum Curia clarum, quod pinxit pictor Parrhasia arte potens. Missum est Fernando monumentum tale legendum in scriptis, quod non fictitium1245 esse putes. Praga potens etiam didicit memorabile factum, sermo ubi de facto, sponsio multa fuit. Nuncius ergo, ruens per tot mille oppida, in urbem mandato procerum, vere ea facta refert. Res miranda satis, nova, rara et mira relatu! In factis Deus est mirus et omnipotens. Haec mulier fatasse1246 super plerisque videtur Natura mystis, haud secus ac lepores.
[121] HOFMANN Kaspar (Gotha 9/11/1572-Altdorf 3/11/1648): cf. AGL 2 c. 1652; BL 3, 266; ADB 12, 635; Eckstein 254; Pökel 124. 120, 2 1242 Il verso così come è non torna né come metrica nè come significato: si potrebbe proporre qualcosa come p.es. quinquaginta hoc filiolum (gen. pl.) par duxit ad annos. 1243 Sic: forse da emendare in vitae. 1244 La data risultante dalle iniziali maiuscole è 1401, mentre la data della morte, come risulta dal testo tedesco, è 1503. Bisognerà perciò integrare altre lettere maiuscole, come p.es. CessIt / ConIVnCte....ConnvbIo. 1245 Irregolarità prosodica, dal momento che la seconda sillaba della parola, di norma lunga, è qui scandita breve. 1246 Sic: sarà refuso per foetasse (anche se foeto normalmente non ha il perfetto), come risulta anche dal testo tedesco: superfoetatio (v. 94). Gli ultimi versi sembrano alludere alla potenza di Dio manifestantesi nell’evento delle gravidanze multiple e all’accenno a uno degli animali più prolifici, la lepre.
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Casp(ari) Hofmanni, medicinae d(octoris) et professoris, De usu lienis secun dum Aristotelem liber singularis, excudebant haeredes Valent(ini) am Ende, im pensis Iohannis Börneri sen(ioris) et Eliae Rehefeldii, anno 1615 (colofone finale Lipsiae, excudebant haeredes Valentini am Ende, impensis Iohan(nis) Börneri sen(ioris) et Eliae Rehefeld, anno 1615) [secondo Haller1 1, 328 la prima ediz. è Al tdorf 1613] [R. I V.1991 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [121, 1]
In tractatum de usu lienis [distici elegiaci] Sanguineum nectar splen quomodo viscere promat et iecori ex aequo foedere praestet opem, isthaec Naturae ingenioso codice matris Hofmannus prodit sacra, recludit opes et, quae Pergamei doctoris flumine manant, quaeque Stagiritae pressius ore, canit. Dignum autore opus et cedri quoque cortice dignum, ingenio si quod stat sine morte decus! Sic quisquis Sophiam et Meditrinam iungit et ornat, vivat, io, et volitet docta per ora virûm.
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Caspar Dornavius1247
[121, 2]
[falecei] Quae substantia, quis lienis usus eiusdem quoque quis situs, figura, Hofmannus docet 1248 meus libello docto (Iuppiter!) et laborioso. Id, quod strictim alii, ille copiose et clare exsequitur tenebricosa1249. Verborum nitor, arguendi acumen et multae seges eruditionis raris singula contigêre libris: verborum nitor, arguendi acumen et multae seges eruditionis Hofmanni aureolo eminent libello
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1247 Caspar
Dornau (Dornavius), medico e filologo (Ziegenrück 11/10/1577-28/9/1632): AGL 2 c. 194; BL 2, 297 s.; ADB 5, 351 s. 1248 Facile congettura: vd. infra v. 13 hoc. 1249 Sic: refuso per tenebricosum.
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uno hoc omnia. Lector erudite, perlegas deciesque viciesque: huius haud satur unquam eris libelli.
[121, 3] 121, 2
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Thomas Seglettus1250 [distici elegiaci]
De sophies palmâ longo iam tempore certant dîus Aristocles, dîus Aristoteles: ille suos linguae condicit nectare libros, at veri hic saturat nos magis ambrosiâ. Mella Platonis amat tractans de splene Galenus, at verum Hofmanno sedit Aristotelis. Iudice me, cede et victum te fare, Galene, eloquium ut vero cedit et umbra rei.
Michaël Virdungus1251
[121, 4] V(iro) cl(aro) d(omino) Caspari Hofmanno, professori medico excellentiss(imo), amico optimo [distici elegiaci]
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Χαλκὸν τὸν σελαγεῦντα καὶ ἀστράπτοντα σίδηρον, τεῖρε χρόνος θνητῶν πάντα καὶ ἔργα χερῶν, ἀλλὰ σὸν οὐ καθελεῖ πᾶς αἰών, φίλτατε Κάσπαρ, ἐκ νοερῶν καμάτων κῦδος ἀνερχόμενον. Οὐ γὰρ ἀναγνώστης χαλκέντερος, ἦε Κλεάνθης, σεῦ κρείσσων διδαχῇ τ’ ἀκαμάτῳ τε πόνῳ· τῶν πάλαι ἰητρῶν σελίδας καὶ μνήμαθ’ ἑλίττεις, χρηστὰ φιλιάτροις βιβλία ἔκ τε δίδως. Σοὶ δ’ ἐπὶ τοῖσδ’ ἀγαθοῖς περίεστιν ἐπαινετὸν ἄλλο, εὐμοίρου ψυχῆς κάλλος ἀκηράσιον. Εὐμενὲς ἦτορ ἔχεις καὶ μείλιχον ἠδὲ θεουδές· ἔστι θεοφραδέος σύζυγα ταῦτα νόου.
Ἰωαν(νης) ὁ Σιγλίκιος1252
* * * 1250 Si tratta forse di Thomas Seghet (facile scambio di h con l) (sec. XVII): cf. AGL 4 c. 476. Il carme è chiaramente di imitazione catulliana. 1251 Michael Virdung, poeta e drammaturgo (Kitzingen 5/6/1575-Altdorf 28/10/1637): cf. AGL 4 c. 1640; ADB 40, 10 s.; Eckstein 593; Pökel 289. 1252 Johannes Siglitz (Siglicius), medico (Halle 1576-Leipzig 1620): cf. AGL 4 c. 577.
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[122] Casp(ari) Hofmanni Variarum lectionum lib(ri) VI, in quibus loca multa Dioscoridis������������������������������������������������������������������������� , Athenaei��������������������������������������������������������������� ����������������������������������������������������������������������� , Plinii������������������������������������������������������� ������������������������������������������������������������� , Hippocratis������������������������������������������ ����������������������������������������������������� , Aristotelis����������������������������� ���������������������������������������� , Galeni��������������������� ��������������������������� , alio ������������������� rum����������� ���������� qu�������� â ������ illus trantur, quâ explicantur, cum indice locupletissimo, 1619, Lipsiae, impensis Eliae Rehefeldii et Iohan(nis) Grosii [colofone finale Lipsiae�������������������������� , Laurentius�������������� ������������������������ Kober�������� ������������� excude ������� bat, impensis Eliae Rehefeldii et Iohannis Grosii, anno 1619] [è la prima ediz.] [R.G. Medic. VI.220]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [122, 1]
In Varias has lectiones [epodo giambico = trimetro giambico + dimetro giambico] Magistra sedulitatis invictae cluet, cum minima avicularum siet, apis, magistra industriae haud vulgariae, docere mortaleis potens, pernicibus circumvolans Hymet[h]ia Hyblaeaque alis per iuga, nectarea odoriferis legens ex floribus munera, eadem alveariis1253 pulcrâ reponit arte, in usus quae suos insumit horti post herus. Nihil secus fecisse multis crederis, Hofmanne, ab annis, quam bonos libâsse scriptores, Athenas Atticas visisse, Coi scrinia excussisse, Anazarbaei, Aristotelis libros et Plinii volumina callere ad unguem. Et hoc videmus, caeteros medicos, philosophos, rhetores, vates et historicos, sed et leges sacras qui enucleârunt, Biblia qui sacrosancta lucubrationibus illustriora fecerant, te sedulo evolvisse nocturnâ manu, manu diurnâ serio. Ex hisce deflorata cumulo das satis locuplete, calathis ut ferant plenis, ut inde plurima hauriant, tua queis scripta cordi sederit nocteis dieisque terere: quod vostro bono
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1253 Si
noti il dattilo inciso nel primo piede del verso.
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facitote, lectores boni. Georg(ius) Remus1254, i(uris) c(onsultus), l(ibens) m(erito)que faciebat
[122, 2] In Var(ias) lect(iones) clar(issi)mi viri Casp(ari) Hofmanni, phil(o sophi) et med(ici) Altorfini 122, 1 [trimetri giambici]
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Hofmanne pollens et potens arte medica idemque pollens et potens arte melica1255, quantum fuit pollens utraque arte et potens, ipsi suum medici patrem quem nominant, ipsi suum melici patrem quem nominant, quod iste testatum facit de te liber variâque lectione nobis porrigit varie legendum acumen ingenii tui, nisi quod legi hic quoque nostra vis cate parûm: tamen quod est res dixi et hac de re velim hoc pressius dixisse. Livor audiat: Hofmanus est apis Attica, ista mella sunt: sapiunt cui non, is sapit Boeotice1256. Halae f(aciebat) Georgius Nöslerus1257 d(octor)
[122, 3] In Varias lectiones praestantissimi et cl(ari) viri, Casparis Hof manni, med(icinae) d(octoris) publici, amici ac vicini sui honorandi [distici elegiaci]
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Parca apis in prato florum genus omne pererrat, materiam liquidi mellis ut inde legat. Sic et Aristoteles1258 volitans per amoena vireta, perque Theophrasti perque Dioscoridis, Hofmannus varios libaverat ordine flores:
1254 Georg Remus, giureconsulto, storico e filologo (Augusta 1562-Norimberga 1625): cf. AGL 3 cc. 2008 s.; Eckstein 464; Pökel 222. 1255 Si notino i due dattili incisi nel quinto piede dei primi due versi. 1256 Il verso non torna: si potrebbe pensare a qualcosa come p.es. si sapiunt (sc. mella Attica) cui non etc. 1257 Georg Noessler, medico, si addottorò a Padova e fu decano e rettore ad Altdorf (Cöln an der Spree 10/5/1591-Altdorf 9/7/1650): cf. AGL 3 c. 982; BL 4, 379. 1258 Sic: evidente refuso per Aristotelis.
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ex illis nunc mel conficit aërium. Nec sibi seponit tantum, sed pluribus edit: quippe occultati gratia nulla boni est. Tu, lector cordate, iuvant quem pabula mentis quique Machaonia quaeris ab arte decus, mellitas has delicias accede librumque Hofmanni cupida volve, revolve manu auctorique, dapes tam lautas qui tibi praebet, mollia Nelidae secla precare ducis.
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M(agister) Georgius Mauricius1259 in Academia Norica f(aciebat)
[123] HOLTZE(I)M Pieter (Petrus Holtzemius), medico (Deventer 20/4/1570-20/4/1651): cf. AGL 2 c. 1631; BL 3, 285 s.; Aa 8, 2, 1020 s. Prognosis vitae et mortis, longitudinis et brevitatis, resolutionis et permutatio nis morbi, duobus libris distincta, in quibus, quae ab Hippocrate et Galeno confuse et sine methodo ad hanc doctrinam allata sunt, commodo ordine traduntur, prius quidem versu rithmico [sic], dein ad singulos versus succincta, aperta et docta exegesi comprehensa, medicis et naturalis scientiae amatoribus apprime vtilis, auctore Petro Holtzemio Dauentriense, medic(inae) doct(ore), Coloniae, apud Ge rardum Greuenbruch, anno 1605 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.2198]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [123, 1] In clarissimi et expertissimi d(omini) Petri Holtzemii Daven triensis, philosophiae et medicinae doctoris, vberrimos de longi tudine et breuitate vitae libros, Vrbani Orbach, Agrippinatis Gym nasii Laurentiani professoris, carmen ad lectorem [distici elegiaci]
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Accipe Maeonium redolentia carmina fontem, accipe per numeros consona metra suos: arte graues versus, res magnas, verba loquuntur, Pergamei, quae sunt dona sacrata dei. Quae quondam Hippocrates in multa volumina scripsit ordine confuso, luce carente sua aut quae Galenus1260 studio veneranda notauit,
1259 Georg Mauritius jr. (Wittenberg 20/5/1570-Altdorf 18/12/1631), professore di orato ria e poesia ad Altdorf dal 1623: cf. AGL 3 c. 307; ADB 20, 709 s. 1260 Vd. supra 112, 3, 12, nota 1173.
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his congesta libris ordine cuncta vide. Hi1261 tibi quod letale malum, quis morbus acutus, quis lenis, cui spes danda salutis erit, tempora quae bona sint, mala quae, quaeue optima, certe praedicent, mors, an spes tua vita siet; quid dolor internus, quidue exterioris imago mortalis signet, te docet iste liber. Ergo legas Petri ter medica1262 scripta libelli, arte, sono, sensu. Zoile, carpe tua, vt tibi mordaci consuetum est, Zoile, lingua: si vitium est, certe, Zoile, tu vitium es.
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[123, 2] 123, 1 Aliud [distici elegiaci] Non languor, sed amor morbi cognoscere metam, aegras conturbat transadigitque fibras. Si mors: vna salus nullam sperare salutem; Sin vita: hoc pellent arte malum medica. Ergo dum noua sunt aeger1263 mala semina morbi, terminum vt explores, hunc lege, volue librum. Hunc magis ante alios (reuerentia sancta cateruae Paeoniae!) accersi: consule rite virum artis Apollineae doctorem, cui Latium omne semper honoratum dat meruisse decus. Qui diuturna potis, breuiataque tempora vitae praemonuisse, sequens quid ferat hora, sciet: fata aegri ventura videt, vel stamina vitae Parcarum manibus dissoluenda1264 negat. Anne propheta? propheta potest mage dicier1265 esse, quam cum pseudologis quisque propheta Dei. Mens quorundam etenim dictorum ignara suorum nec semper fari aut cuncta licebat eis. Parcarum praenosse manus fatumque quod vltra est, hic semper potis, vt res ratioque probant,
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1261 Sc.
libri. sanare l’anomalia metrica costituita dal tribrachi di medica, si potrebbe emenda re in medici ter. 1263 Sic: sarà refuso per aegro. 1264 Per eliminare l’anomalia costituita dalla presenta di uno spondeo nel secondo emi stichio del pentametro, si potrebbe sostituire dissoluenda con depereunda. 1265 Notare i due arcaismi accostati. 1262 Per
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vt docet istud opus diae prognostica mentis, publica quae populi mittere in ora parat1266. In queis vitales dotes viresque dolentis docta mente agitans expedit arte sua[e]; hicque poëta, sophos1267, medicus, tenet, instruit, auget aurem, animum, corpus, carmine et arte, opera. Rumpe moras, Holtzem, poscenti excudere formis calcographo ingenii da monumenta tui: non pigeat pudeatque libros in luminis auras edere1268, permittis quos latitare domi. Nec mora: fama tui populorum exibit in ora et fies, quam olim, notior Hesperiis. Ardet docta cohors Vbiûm versare per annos, quod te fama nouem composuisse canit: non poteris vnus tot longum obsistere votis: pande sinus: portum deserat vncta ratis.
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M(agister) Conradus Balchems Agripp(inensis)
[123, 3]
Aliud [distici elegiaci] Carpit vt omnis apis dulcem de flore saporem, discerptum fauum condit vt arte suum: sic apis ex variis succos Holtzemius hausit ac in opus mirâ condidit arte suum. Sed quid apis succo? rosidum mel1269 nascitur inde: sic vitae mel habet quisquis ad hoc ierit.
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M(agister) Hermannus Merrhem, Gymnas(ii) Laur(entiani) pro fessor
1266 Sc.
Holtzem.
1267 Si noti l’uso della desinenza arcaica del nominativo singolare, nobilitante l’elenco dei
titoli di Holtzem. 1268 Evidente la tournoure lucreziana. 1269 Per sanare l’anomalia metrica, è necessario emendare in qualcosa come p.es. succo? dulce et mel nascitur inde. Rosidum avrebbe così tutta l’aria di una glossa determinata dalla vicinanza di mel. Irregolarità prosodica a v. 2, dove la prima sillaba di favum, di norma breve, viene qui scandita lunga.
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[123, 4]
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In Zoilum [distici elegiaci] Quod laudant omnes, contemnis, Zoile, solus: sed te contemnunt, qui mea scripta probant. Qui mea scripta probant, non verba ligata pererrant: Zoile, tu solus verba ligata notas. M(agister) Iod(ocus) Gummersbach, Gymnas(ii) Laur(entiani) professor
[124] HORST Gregor sr. (Torgau 5/11/1578-Ulma 9/8/1636): cf. AGL 2 c. 1716; BL 3, 304. Gregorii Horstii senioris τοῦ μακαρίτου Operum medicorum tomus primus, qui continet Institutiones medicas et reliqua scripta theorica huc spectantia, cum tri plici indice disputationum, scil(icet) quaestionum ac rerum verborumque magis notabilium, curâ Gregorii Horstii iunioris1270, phil(osophiae) et med(icinae) d(oc toris), phys(ices) profess(oris) publ(ici) et medici Vlmensis ordinarii, Goudae, sumptibus Gulielmi van der Hoeve, anno 1661 [prima ediz. Norimberga 1660] [R.G. Medic. III.274 (1)] [Tav. III]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [124, 1] Viro clarissimo et experientissimo domino Gregorio Horstio, d(omino), reipubl(icae) Vlmensis archiatro et ibidem Collegii me dici directori [distici elegiaci] Alcidae quondam celebravit fama laborem, extinxit clava dum fera monstra sua. Desine nugarum miratrix1271 publica: tantum in bis sex monstris constitit ille labor. Horstius ille meus, cui nata Coronide proles1272 effusas medicae contulit artis opes, omnia in humano stabulantia corpore monstra morborum doctis sustulit antidotis:
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1270 Gregor
Horst jr., il figlio più giovane di Gregor (Ulma 20/12/1626-ivi 31/5/1661): cf. AGL 2 c. 1717; Michaud 20, 4. 1271 Sic: forse da emendare in mirari. 1272 In relazione a questo verso compare nel mg. d. la nota Aesculapius.
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et dubitemus adhuc aeterna dicere laude maiorem Herculeis laudibus Horstiaden? Matthaeus Muller1273, d(octor) profess(or) in Academ(ia) Tubin gensi
[124, 2]
Aliud [distici elegiaci]
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Asclepi iactent Podalirius atque Machaon sanguine se natos: nomen et inde crepent? Horstius ingenio meruit iam filius esse tertius et gallum insignia habere patris1274. Gregorio gallum vigilax industria debet cumque libro labor hic cumque labore liber. Gregorii, Vlma, vales et Ditrici1275 artibus! Ille corporibus vigilat, ditat at iste animas. M(agister) Ioh(annes) Saubertus1276, eccles(iae) Norimberg(en sis) ad d(omum) Mariae pastor
* * * 1273 Potrebbe trattarsi di Matthäus Müller, poeta laureato e professore di filosofia (El sterberg 17/2/1587- ivi 5/10/1655): cf. AGL 3 c. 108. 1274 In corrispondenza di questo verso compare nel mg.d. la notazione: “Zwing. Theat. p. 1232”. Si tratta di un evidente riferimento a Theodor Zwinger sr. (Basilea 2/8/1533-ivi 10/3/1588): cf. AGL 4 cc. 2246 s.; BL 5, 1056; H-BLS 7, 778; Pökel 313. L’opera (e il passo) cui si accenna nella nota è Theatrum humanae vitae Theodori Zwingeri Bas(iliensis) tertiatione nouem voluminibus locupletatum, interpolatum, renovatum, Iacobi Zwingeri fil(ii) recognitio ne plurium imprimis recentiorum exemplorum, auctario titulorum et indicum certitudine am pliatum....., Basileae, per Sebastianvm Henricpetri, IV, 1604. Per l’appunto a p. 1232, nella sezione intitolata Medici artifices in genere, si parla del gallo: “Observatio et experientia Me dicinam primum constituit: secuta postmodum ratio eandem confirmauit et ad artem rede git. Opus est itaque diligentia in operando et prudentia in deliberando. Horum vtrumque veteres symbolice expresserunt, quando gallum, vigilantissimum animal, et serpentem astu tissimum Aesculapio sacrum finxerunt etc.”. 1275 Probabile allusione a Johan Daniel Dieterich, che, il 20 settembre 1636, pronunciò l’orazione funebre per Horst (cf. infra 225 n° 5). 1276 Johannes Saubert sr., teologo e predicatore luterano (Altdorf 26/12/1592- Norimber ga 2/11/1646): cf. AGL 4 cc. 163 s.; ADB 30, 413 ss., in cui si accenna a suoi versi, in latino e in tedesco. Ho visto le due opere seguenti, nei cui dettagliati elenchi dei lavori di Saubert ri sultano versi sacri o di carattere storico, ma non di circostanza come i nostri: G.G. Zeltner, Vitae theologorum Altorphinorum....descriptae a G.G.Z., Norimbergae et Altorphii 1722; G.A. Will, Nürnbergisches Gelehrten-Lexicon....verfasset von G.A.W., III, Nürnberg und Altdorf 1757, pp. 459 ss.
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CARMINA MEDICALIA
[125] Gregorii Horstii senioris τοῦ μακαρίτου Operum medicorum tomus secun
dus, in quo Observationes et epistolae medicinales, quartâ hac editione in ordinem redactae et auctae, curâ Io(hannis) Danielis Horstii1277, phil(osophiae) et med(ici nae) d(octoris), in Academia Gissena pro fes so ris primarii et archiatri HassoDarmstatini, Goudae, sumptibus Gulielmi van der Hoeve, anno 1661 [prime edizio ni: Observationum medicinalium singularium libri quattuor priores, Ulma 1628; Observationum medicinalium.... libri posteriores, Norimberga 1637] [R.G. Medic. III.274 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [125, 1] Epigrammata in Observationes medicinales Gregor(ii) Horstii, d(omini) reipubl(icae) Vlmensis archiatri et ibidem Collegii medici directoris [esametri dattilici]
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Artis Apollineae mysta ô clarissime et Vlmae Hippocrates, Horsti, late dominantis ad Istrum, quando minus recte sciteque vigentibus annis, dumque virent genua, utimur et peccamus in horas, non solum elixis assa et conchylia turdis miscemus; carnes cum piscibus usque vorantes, ventriculos oneramus, Iacchi albi atque rubelli potu distenti pergraecamurque profundas in nocteis, vim Naturae inferimus violentam, quîs1278 sanos, validos, florentes laedimus artus, membrifragam1279 et podagram nobis inducimus ultro: verum etiam inter nos violantur sabbatha sancta, peierat impunis populus, simulacra coluntur pauperibusque eleemosynae, sua iura, negantur, dum caedes, dormit lex ah! Cornelia1280, fiunt, moechatur vulgum, dum tu lex Iulia stertis et fraudes versutiloquae1281 palmaria habentur: caetera quî referam, passim quae prava geruntur?
1277 Johann Daniel Horst, primogenito di Gregor sr. (Giessen 14/10/1616-Francoforte 27/1/1685): cf. AGL 2 cc. 1717 s.; BL 2, 304 s. 1278 Intendi: “e con tutti questi eccessi etc.” 1279 Non attestato in latino classico e medioevale. 1280 Si accenna qui, con ogni evidenza, alla lex Cornelia de sicariis et veneficiis (81 a.C.), sull’omicidio e, al v. 16, alla lex Iulia de adulteriis coercendis (18 a. C.), sull’adulterio. 1281 L’aggettivo sembra attestato solo in Ex incertis poetis Ribbeck 114: cf. Cic. de or. 3, 154.
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Pallentes ideo morbos saevosque dolores (quos, mihi si centum linguae sint oraque centum1282, enumerem nunquam, liquido neque dixero causas) immittit iustum Numen, fandi atque nefandi quod memor est semper, miseris mortalibus aegris. Hinc merito luimus miserandae crimina culpae: prosternunt porro morbi vel corpora tota affiguntque homines lectis, vel viscera torrent, vel caput adfligunt aut pectus, vel latus arcte pungunt, inducunt manibus pedibusque tremorem. Hos equidem humani capitales corporis hosteis Horstius hoc opere aeterno bis pellere doctis praeceptis docet ac praescribit pharmaca fida. Nam Pater omnipotens, moderator ac arbiter aevi, primo a principio vastum cum conderet Orbem, radices, herbas, flores produxit in auras, omnia quîs impugnemus mala sontica recto vsu, quem longis firmavit Iatrica1283 ab olim temporibus, divina scientia, quae medicorum est. O admirandam bonitatem Numinis, aethra quod sublime sedet donatque haec munera tanta: pharmaca, radices, flores succosque salubres! Dat medicos doctos, gnaros gnavosque mederi, quos inter supraque alios super eminet auctor hic, observator curarum pervigil; hasque, nempe bono generis nostri, producit in auras. Semper honos nomenque tuum laudesque manebunt, o Horsti, et cunctis saeclis Medicina vigebit. Fama loquetur anus famam et tua facta perenne.
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Georg(ius) Remus1284, i(uris) c(onsul)tus, consiliar(ius) Noricus et Acad(emiae) Altorfinae cancellarius
[125, 2]
Aliud [distici elegiaci] Scribimus indocti et docti, medicamina passim et qui non didicit, porrigit helleborum. Sic nempe incauto dominatur opinio mundo
1282 Evidente
ripresa virgiliana da georg. 2, 42 e da Aen. 6, 625. ars (coniato sul greco), anche se il termine non è attestato nel latino classico. 1284 Vd. supra 122, 1. 1283 Sc.
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et speciem veri subdolus error habet. Sed fama est fallax, fortuna est lubrica: solâ perpetua et constans gloria ab arte venit. Paeoniis longe celeberrime laudibus, Horsti, hac1285 macte: hanc scriptis perge merere tuis. Sic quando vanos premet alta oblivio libros, te celebrem medicum posthuma fama feret.
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Daniel Sennertus1286, phil(osophiae) et med(icinae) d(octor), Facultatisque medicae prof(essor) et senior Wittebergae
* * * [126] Gregorii Horstii senioris τοῦ μακαρίτου Operum medicorum tomus tertius,
continens Centuriam problematum θεραπευτικῶν et alios tractatus, quorum seriem sequentes exhibent paginae, cum triplici indice quaest ionum scil(icet) et capitum, authorum ac rerum verborumque magis notabilium locupletissimo, curâ Gregorii Horstii iunioris1287, phil(osophiae) et med(icinae) d(octoris), phys(ices) profes s(oris) publ(ici) et medici Vlmensis ordinarii, Amstelodami, sumptibus Pieter La Burgh, anno 1661 [prime edizioni: Centuria problematum medicorum, Wittenberg 1610; Centuria problematum medicorum. Accedit consultationum et epistolarum medicinalium liber tertius, Ulma 1636] [R.G. Medic. III.274 (3)]
Tra le diverse opere comprese nel volume, compare (pp. 279 ss.) il seguente lavoro: Herbarium Horstianum seu De selectis plantis et radicibus libri duo, olim me dicinae candidatis in Academia Iulia anno 1587 a celeberr(imo) medico d(omi) n(o), d(omino) Iacobo Horstio1288, p(iae) m(emoriae), propositi, in compendium redacti pluribusque simplicibus enumeratis ac declaratis aucti suisque auditoribus ante multos annos in Academiâ communicati per Gregorium Horstium, d(esigna tum) p(ro) t(empore) reipublicae Vlmensis archiatrum. Accessit praedicti d(omi) n(i), d(omini) Iacobi Horstii Opusculum de vite vinifera [pp. 332 ss.]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [126, 1, p. 281] Ad Gregorium Horstium d(octorem) edentem Herbarium Horstianum 125, 2
1285 Sc.
arte, come anche il successivo hanc (sc.artem). infra n° 202. 1287 Vd. supra 124 tit. 1288 Jakob Horst, zio di Gregor sr. (1/5/1537-Helmstedt 21/5/1600): cf. AGL 2 c. 1717; BL 3, 303 s. 1286 Vd.
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[distici elegiaci]
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Non tibi Aristotelis sapientia, non tibi Coi, Socratis, Euclidis Pergameique senis sufficit: hinc Phoebus, Musae mirantur et ipsae iamque alio metuunt abs Helicone sibi. Quae Syrus, Indus, Arabs, Latium, quae Graecia, Teuton quaeque Dioscorides possidet, unus habes. Nil Argenterii1289 stimulus quondam medicorum obtinet: his dubiis conciliator ades. Tu scis, quod caecis clausum est penetrale tenebris Naturae: haec placidos pandit amica sinus. Quid mirum est ergo quod te Germania solem aestimet, ut lucem qui ferat in tenebris dogmatico Hermetico? mens enthea vivida μνήμη es nec sal nec sulphur Mercuriusve latent. Credo quod Hippocrates genium tibi credidit artis, Horsti, cui famâ, cui par es ingenio: non tibi quas tanto solvat pro munere grates Romanus, quamvis maximus, Orbis habet. Philippus Persius a Lanstorf1290, med(icinae) d(octor), comes Pal(atinus) Caesar(eus) etc.
[126, 2, p. 281] D(omi)n(o) Gregorio Horstio, archiatro Vlmensi celeber rimo meritissimoque, Samuel Clossaeus1291, phil(osophiae) et me d(icinae) doctor apud Mediomatrices [distici elegiaci]
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Horsti, deliciae secli, patriae decus, Vlmae publica laus, artis lumen Apollineae, post varios fluctus, post tot monumenta laborum, quos in Poeonio passus es Oceano, clarior emergis tandem scopulisque relictis Naturae, morbi, praxeos, historiae, littora subductis gaudes attingere velis hortensique placet basia ferre solo. Sic patruo monstrate viam, sic stemmate, quando
1289 Giovanni Argenterio, medico (Castelnuovo d’Asti 1513-Torino 13/5/1572): cf. AGL 1 cc. 523 s.; Mazzuchelli 1, 2, 1038 s.; BL 1, 192 s.; DBI 4, 114 ss. a cura di Felice Mondella. 1290 Philipp Persius, medico tedesco (Ellrich 1569-Ortenburg 1644): cf. AGL 3 c. 1407. 1291 Si tratta forse di Samuel Closius di Breslavia, poeta laureatus (m. Magdeburg 1678): cf. AGL2 2 cc. 376 s.
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antiquum Horstiadum nomen uterque gerit, dignus uterque polo: patruus, quem tanta cupido impulit et medicae laudis honestus amor, ut si quid rarum procul, hinc mirabile si quid colligat ignotis navita marginibus, protinus in tabulas id consignarier omne iusserit inque unam surgere Botanicam; sed magis illustris, me iudice, fama nepotis, qui tantum extremo pollice tersit opus1292. Nam quae mille locis passim confusa iacebant, agmina plantarum, contulit in methodum, quaeque domi, quae nata vadis, quae fusa per agros et quae multiiugo vertice luxuriant, iunxit sicque duplex operâ morientibus unâ reddita vita libro, reddita vita patri est. Dic mihi iam quis sit genitor tam fertilis horti? nostraque num simili flore triumphet humus? Nec tantum flores, lactucam aut sectile porrum, turbit1293 et helleborum continet iste liber, Naturae sed pandit opes, armaria, vires atque recalcatus Maurus Arabsque subest. Parce igitur, lector: liber hic non amplius Horsti est hortus, sed Eden1294, sed Paradisus erit.
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[126, 3, p. 282] 126, 2
Ad eundem [falecei]
Non vernant zephyri tot elegantûm florum germina vividas ad auras, quot flores capit hic novus libellus; non mordent teneros repente vere tot cacumina graminum umbilicos pratorum nemorumque montiumque; nec tam multiplici arbores lepore tot gemmas oculosque puncturillant1295, quot gemmas agit Horstii libellus;
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1292 Allusione
a Johann Daniel Horst, che ha curato l’opera dello zio: cf. supra 125 tit. medicinale: cf. arabo e persiano turbidh. 1294 In realtà la prima sillaba di Eden dovrebbe essere lunga. 1295 Non attestato nel latino classico e medievale. Irregolarità prosodica, dal momento che la terzultima sillaba della parola, di norma lunga, viene qui scandita breve. 1293 Erba
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nec iasmina1296, rosae, vel iris Afra narcissusve tot atque tam suaves sicco sub Cane spiritus anhelant, quot sunt ambrosiae Horstio libello; nec tantum decus est honosque tantus lauri, barbaricae thyae, lilacis1297 aut Belgae tulipantis [sic] aut fritillae molyve hemerocallidosve1298, regum quae iam nobilibus seruntur hortis, quantus splendor inest huic opellae et quantus nitor huius est libelli. Ergo quos calamo politiore flores, gramina, gemmeos lepores et dulcem ambrosiam rosas olentes et laurus tulipamque seminasti, tume t ex proprio seca vireto atque ex his tibi fabrica corollas.
[126, 4, p. 282] In Herbarium Horstianum, opera excellentiss(imi) καὶ τοῦ μάλα περίφρονος τητῆρος1299 d(omi)n(i) Gregor(ii) Horstii etc. recen tatum [distici elegiaci]
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Quod vitalis agit zephyrus, cum vere reverso purpureo tristes germine vestis1300 agros, Horstius hoc1301 patrui scriptis cultissimus affert, quae donat vitae semisepulta face. Fallor, an (et prisci Aeol[e]iâ coluêre) revenit Pallas ad Horstiacos diva Anemotis1302 agros? Patrono suspiciendo extillabat ocius m(agister) I(ohannes) B(aptista) Hehenstreit1303, p(raeses) n(obilis) p(rae)p(ositus) Gymnas(ii) Vlmens(is)
1296 Non attestato in latino classico, deriva chiaramente dal corrispondente greco, dando luogo, nel latino tardo, alla forma neutra iasminum. 1297 Non attestato in latino: deriva evidentemente da lilium, la cui prima sillaba è però normalmente lunga. 1298 In latino è attestato hemerocalles. 1299 Sic: refuso per ἰητῆρος. 1300 Sic: sarà refuso per vestit. 1301 Sic: forse refuso per haec. 1302 Si tratta di Ἀθηνᾶ Ἀνεμῶτις (“che tacita i venti”): cf. Pausania 4, 35, 8. 1303 Sic: sarà un refuso per indicare Johannes Baptista Hebenstreit, poeta di corte, pro fessore di storia e poesia, rettore del Gymnasium di Ulma (m. 1638): cf. AGL 2 c. 1420.
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[126, 5, p. 282] In aureos libellos De plantis et radicibus selectis et De vite viniferâ d(omini) Iacobi Horstii, a clarissimo viro d(omino) Gregorio Horstio Vlmensium archiatro, compatre suo honorando, in lucem datos [distici elegiaci] Audeat arcanas Naturae inquirere sortes, qui studium herbarum mente calente fovet. Heic sunt illecebrae, sunt heic bona commoda Vestae et sunt lautitiis semina pura suis. Terra suas aperit (quanta heic opulentia!) gazas: heic habet omne sophos1304, quod sapienter amet. Horstius illa, olim statuit quem Pallas ad Elmum1305, ingenio exclusit1306 dona probata suo. E quibus heic plantas radicumque aurea cernis surcula, Vesta, tuis non male promta bonis. Adde et viniferae nectar spirabile vitis: Iupiter in coelis vix ita dulce bibit. Ista olim Helmstati tibi, gens studiosa, Iacobus proposuit doctis Horstius articulis. Nunc eadem quasvis Musarum spargit in aulas Horstius Vlmani doctus Apollo chori. Quis non haec pulchris ferat edita munera dextris, o quam Daedaleae sacra reperta manus? Reddite vos grates illi super aethera lato, huic vivo, in terris cui superesse datur. At tu felici da talia pluria dextrâ: sic seclum aetati donet Hygeia tuae!
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Marpurgi faciebat m(agister) Conradus Bachmannus1307 Mil sungensis Hassus, poëtices professor
[127] HOULLIER Jacques (Iacobus Hollerius) (Étampes-m. gennaio 1562): cf. AGL 2 c. 1735; BL 3, 310; DBF 17 c. 1347. Magni Hippocratis Coaca praesagia: opus plane divinum et verae medicinae tanquam thesaurus, cum interpretatione et commentariis Iacobi Hollerii Stem
1304 Si
noti la raffinatezza del nominativo singolare in -os; vd. anche supra 123, 2, 25. sarà forse refuso per Vlmam. 1306 Intendi: “isolò, mise da parte”. 1307 Konrad Bachmann, professore a Giessen (inizio del sec. XVII): cf. AGL 1 c. 690. 1305 Sic:
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pani, medici celeberrimi, nunc primum Desiderii Iacotii Vandoperani1308 medici opera in lucem editis. Eiusdem Desiderii Iacotii Vandoperani Commentariorum ad idem opus libri tredecim, tribus sectionibus distincti, in quibus symptomatum omnium, quae in aegris apparent, causae, vires et significationes demonstrantur.... Index rerum ad calcem operis foecundissimus, Lugduni, apud Gulielmum Ro villium 1576, cum priuilegio Caes(areae) Maiest(atis) et christiani(ssimi) Gallia rum regis [è la prima ediz.] [R.G. Medic. I.106]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [127, 1] In commentaria a Desid(erio) Iacotio edita in Hippoc(ratis) Coa cas praenotiones, Ioannis Faucherii1309, doctoris medici, carmen [distici elegiaci] Praedita quae magno docta exemplaria fructu, luce quid haec prohibet, quid vetat Orbe frui? Aeternum Hippocratis claret doctrina per aeuum: interpres specimen grande dat ingenii. Ille docet morbos vt qui praenoscere possit, quoque modo casus stent veniantque noui: hic vero Coï recto explicat ordine mentem, haec quasi sit soli debita cura sibi, artis et expertus multa inuenisse videtur abdita, percelebres quae latuêre viros. Ergo quis immerito non vtrum praeferat horum vtri, cum ferme par sit vtrique decus?
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[127, 2] In Desid(erii) Iacotii Vandoperani, summi philosophi et medici, libros Commentariorum elegantissimos et eruditissimos in Coaca Hippocratis magni praesagia, Imberti Bertrandi carmen [distici elegiaci] Artis Paeoniae fertur coelestis origo: censetur supera munus ab arce datum. Hoc ipsum Moses nobis testatur aperte necnon eximia vir pietate Syrach, cum plantis vires concessas omnibus esse diuinae nutu mentis vterque ferat,
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1308 Didier 1309 Jean
Jacot, medico francese (seconda metà del sec. XVI): cf. AGL 2 c. 1827. Fauch(i)er, medico e poeta (m. prima del 1591): cf. DBF 13 c. 672; Michaud 13,
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laesa quibus possint curari corpora, quaeue in validum morbo fracta redire statum. Sulmonensis idem testatur saepe poeta, cui medicas habuit primus Apollo manus. Huius item natus, superas qui traxit ad auras restituitque suis Androgeona focis ac gemini, medica praestantes arte, nepotes, quos ideo vates caecus ad astra refert. Ars tamen in varias cum sit diffusa medendi partes, prae reliquis euehit vna caput. Nimirum, quae abstrusa docet praesagia, quorum arte nitens medicus, Iuppiter alter erit, quem penes est tantum certa ratione, futura longe, quam veniant significare, prius. Hanc autem partem mira breuitate styloque complexa est Coi gloria prima soli. Signorum causae: nam quae cernuntur in aegris ac vires possunt plenius inde peti. Vnde etiam quaeuis symptomata serpere furtim consueuêre, notent haec quid et illa simul. Verum quis dicet tetra caligine plenum Hippocratem, idcirco non bene posse capi. Quod certe fateor, sophiae medicaeque bilinguis huic adiunxisset ni sua censa pater. Is Desiderius grassante Iacotius Orbem fama per totum Vandoperanus adest. Qui quoque Cimmeriis penitus demersa tenebris in lucem reuocat, mox subitura diem: pro tantis ergo meritis ornandus honore, laudibus et summis afficiendus erit. Sic vobis maiora quidem dignabitur idem ferre sub incudem tum grauiora lubens, ars laudis quoniam quaeuis iactetur alumna atque suum virtus quaerat vbique decus.
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[127, 3] 127, 2
Αὐτοῦ πρὸς αὐτὸν [distici elegiaci]
Κῶος ὁ Ἱπποκράτης ἱητρὸς γέγραφε πολλὰ τῆς1310 γὲ πάλαι μερόποις χριστά τε, δαιδαλέα.
1310 Sic:
forse refuso per τοῖς da concordare con il successivo μερόποις.
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127, 2 – 127, 5
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Μᾶλλον δ’ ἰατρίδι1311 πᾶσαν τὴν σῶμα δέδρεπται εἰς ἓν πάντων πρῶτος· ὅ ἐστι μέγα. Τῶν δοκέει αὐτὸς θαυμαστός, ἐμοὶ δὲ προφάντων οὕνεκα καί Διῒ τῷ ἀμφὶ τεθησόμενος. Ταῦτα πολύγλωσσος δαί, ὅτι1312 σκοτομηνία σφόδρα, πέντε δεδήλωκε γραμματίοις μὲν ἀνὴρ, οἷς τὴν λαμπηδῶνα προσῆχε, φαός τε τοσοῦτον, ἡλίου ὣς αὐτοῦ λαμπρότερ’ ὦσιν ἐάν· οὗτος Ὑακότιος λέγετ’, ἄλλοις σὺν παραβληθείς, ἔν τε φαύσει τ’ ἀκέσει ὢν κορυφαῖος ἔτι1313.
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[127, 4] In Hippocratis Prognostica, doctissimis d(omini) Iacotii Commen tariis explicata, Dionysius Christianus [distici elegiaci] Vt morbum iugules, morbi praenoscere causam est opus atque grauis tempora quaeque mali: sic medicus (sic augur erat Pataraeus Apollo) vtque sit ars foelix se praeeunte docet. Numinis Hippocrates Clarii pia facta secutus, dat praenoscendi singula rite viam. Ast vsum multos tenebrae eripuere per annos huncque infoelicem longa caligo dedit. Sed tu, Iacoti, velut haec prognostica vates aetherea reddis splendidiora die. Ergo tibi nomen venturos perstet in annos, ingenio cuius scire futura licet.
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[127, 5] In Desiderii Iacotii Vandoperani, summi philosophi et medici, ornatissimos libros Commentariorum in Coaca Hippocratis magni praesagia, Laurentii Varaderii Arelatensis carmen [distici elegiaci] A multis medicae iurisprudentia quondam arti praeposita est, culmen honoris habens, termine non risulta attestato in greco classico: si potrebbe ipotizzare ἰατρικὴν con scansione dattilica: vd. supra nota 967. 1312 Sic: la difficoltà metrica potrebbe essere appianata invertendo l’ordine delle due pa role: ὅτι δαί. 1313 Il verso non torna prosodicamente, dal momento che inizia con un cretico. Si po trebbe ovviare invertendo i due dativi: ἔν τ’ ἀκέσει, φαύσει τ’. 1311 Il
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haec animum nostrum quia curet, corpus at illa. Sentio sed contra, iam nec opinor idem: lumen Apollineum anteferendum scilicet esse Astraeae, cunctis quae sua suppeditat. Nam leges tantum curant externa, minacis Fortunae quae sunt subiicienda rotis. Corporeas vires verum Medicina tuetur necnon collapsas has reparare cupit. Sed praestare bonis illis num cernimus ipsi corpus, quod mentem suspicit auspicio1314? Quam magno afficiendus honore Iacotius ergo, laudibus et quantis condecorandus erit! Qui sic ornauit medici praesagia summi obscura Hippocratis, sed tamen vtilia, atque suis doctis scriptis decorauit, vt ista perspiciat facile quilibet artis inops, apparetque magis mihi collaudandus ob illud, imo tollendus lucida ad astra simul, quod medici minime videatur nomine dignus ventura in morbis non reserare potens, quod peius naso quoque suspendatur adunco1315 a rudium magna denique parte virûm. Trade typis ergo quamprimum, docte Iacoti, ornatos fœtus frugiferosque tuos, his ipsis quo freta queat studiosa iuuentus laetius ad medicos accelerare sinus.
[127, 6] Ode a monsieur Iacot, docteur en médecine, sur ses Prognostiques des Coaces, par Françoys le Fort Angeuin 127, 5
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Mon Iacot: la saincte memoire s’anime pour orner ta gloire, par les vers de ceux rechantés qu’on n’a veu esclaues d’enuie ou aux delices de la vie ou par ignorance enchantés. Tu entendras les voix certaines a guinder tes vertus hautaines au luisant repaire des dieux
1314 Intendi: “vediamo forse che il corpo gode di buona salute grazie a quei beni, per il fatto che esso si augura con la mente che tutto vada per il meglio?”. 1315 Cf. supra nota 329. A v. 18 si noti l’allungamento di compenso della sillaba finale di facile davanti a cesura.
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127, 5 – 127, 6
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manier les engins des Muses, eternisant par telles ruses l’obiect immortel de tes yeux.
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Obiect qui n’est pris de la terre ny de ce que Thetis enserre au moite ventre de ses eaux, ny parmi les richesses rares, que les Calaïques auares tirent des riuages nouueaux.
15
Mais ce sont les lieux où president les deités et où resident les saintes bandes de vertu, la médecine et les sciences, dequoy les sages presciences t’ont parfaictement reuestu.
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Iacot, ma chanteresse lire n’a pas le caquet pour bien dire de tes labeurs les beaux tresors, auec lesquelz ton art deffie ton ennemy qui fortifie contre toy ses foibles efforts,
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inuitant les bouches muettes et les lires de noz poetes, a luy dresser nouuelle guerre, luy qui s’attaquant à la Muse, sera faict d’vn œil de Meduse l’vn des plus durs os de la terre.
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Car, Iacot, tes vertus sont telles qu’elles regneront immortelles par les plumes des bien-disans. Tes Prognostiques (beaux ouuraiges) ne s’estonneront des oraiges, qu’ameinent la suitte des ans.
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Le lac des oublieuses vndes1316, glouton des ames vagabondes et du bruit orphelin des vers n’abolira pas la doctrine que te donna la médecine lors qu’entras en cet vniuers.
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1316 Sic:
forse refuso per ondes.
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Cet art qui te fera reuiure trop mieux qu’vn colosse de cuiure, euure1317 d’vn forgeron boiteux: ce tien labeur que tu presentes aux hommes, ne craint les tormentes ni l’aiguillon de l’enuieux.
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Le metail quelque peu durable est portant au feu variable et l’artifice est obscurcy: or le marbre vieillist: et ore la flamme l’atteint et deuore, le labeur et la pierre aussi.
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Mais ton labeur de ce n’a crainte, puis qu’il est par la trouppe sainte transporté sur l’autel des cieux, viura tant que l’Aube aura cure de renuoyer la nuict obscure bien loin du soleil radieux. 127, 6
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Quoy qu’il aduienne
[127, 7] 127, 6 Domino Iacotio, doctori medico clarissimo, Claudius Iazu Senonensis [distici elegiaci] Hippocrates coeca Medicinam nocte sepultam mille libris voluit ferre per astra caput, promeruitque palmam post hunc sed penna Galeni, qualis in Eoo lucida gemma mari. Iacoti medicos inter celeberrime claros, qua Rhodanus celeri profluit amne loco, te docuit medicas artes, sua munera, Phoebus atque hominum in morbos noscere posse dedit. Quem non languentem morbo veterique veterno dexter Apollinea protinus arte leuas? Quis melius vires herbarum et nomina nouit pubescatque magis quo panacea loco? Pulchra facis, maiora tamen Prognostica lustrans, quae Cous medica scripserat arte senex. Adiunxit gemmae flauum tua penna superstes
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15 1317 Sic:
refuso per ueure.
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127, 6 – 127, 8
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aurum, quo rursus nascitur illa1318 tuis1319. Sicque duplex Arelas de te duo munera sumpsit pharmaca: prima capit, scripta deinde colit.
[127, 8] Domino Iacotio medico Francisci Rosselleti1320 Vesulani carmen [falecei] Hic foelix nimium quaterque terque, qui, doctis manibus sacraque penna, exposcit superas adire vias1321 aeternumque nemus vagum Sororum vatis Phoebigenae polo micantis, vt tu, Hollerianae columna laudis, Iacoti, medicae decus parentis. Tu qui nunc per iter inusitatum, quot Graeci assiduo prius labore tentarunt monimenta quotque vias tentarunt Arabes manu feraci, mille nunc recinis, beate, chartis doctis omnibus et laboriosis, qualescunque1322 quidem ora per virorum plus vno maneant perenne seclo. Hic fulget medici perennis honos1323: hic fulgor medicae decus parentis, quae Graias viguit prius per vrbes, Coo mellifluum1324 docente sene. At nostris vigeat beata campis foecunda modo pumice expol[l]ita1325, Iacoti, egregium decus Sororum: iam te posteritas ruens manebit.
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1318 Sc.
Medicina. scriptis. 1320 François Ro(u)sselet, medico di Vesul (seconda metà del sec. XVI): cf. AGL 3 c. 2261. 1321 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di vias è di norma breve: vd. anche infra v. 10. Qui si potrebbe ovviare trasponendo vias adire. 1322 Sc. chartae. 1323 Irregolarità metrica, dal momento che la prima sillaba di honos è di norma breve. Anche qui si potrebbe emendare trasponendo honos perennis: vd., al verso successivo, decus parentis. 1324 Adoperato con valore avverbiale. 1325 Sc. medica parens. Evidente richiamo catulliano (1, 2). 1319 Sc.
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[127, 9]
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Sonet par le mesme Vn1326 desirant l’honneur de tes braues escris comme (à la verité) on leur doit toute chose, gloire, los (assauoir) l’amour qu’on voit enclose dans le souef repos d’vn iacinte pourpris. T’escoutant resonner, te fera le seul pris, le premier norrison de l’Hippocrate prose: l’autre comme enuieux, enuieux qui propose de n’estimer que soy, bauera mille ris. Mais le pauure abusé ne sauroit il comprendre, que trop facilement on s’attaque à reprendre: mais suyure d’vn tel chef le labeur glorieux, presque impossible il est. Sus donc qu’on voye la grace, qu’il tiendra poursuyuant de tels escris la trace, affin de se loger, comme toy dans tes cieux.
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Sic voluere fata
* A p. 425 inizia una nuova sezione dell’opera: Hippocratis Magni Coa corum praesagiorum sectio secunda, cum Iacobi Hollerii Stempani, medici Parisiensis, interpretatione et commentariis; Desiderii Iacotii Vandoperani medici in eandem sectionem commentariorum libri septem, in quibus om nium signorum, quae in morbis particularibus a capite ad pedes apparent, causae, vires et significationes explicantur. A p. 426 compaiono i versi seguenti: [127, 10] De Hollerio et Iacotio med(icis) c(larissimis) Francisci Le Fort Andini1327 [distici elegiaci] Abstulit Holerium nuper fera Parca: poetae, fundite non parca1328 plurima dona manu. Aeternum ne va[l]e miserabilis insonat Echo, signat et aeternis funera funeribus! 1326 Sic:
probabile refuso per En. supra 127, 6. 1328 Si noti il gioco di parole (ribadito dall’allitterazione con plurima) tra Parca e parca. 1327 Vd.
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Fallor et ipsa mihi falso iactatur imago: viuit et id cupiunt qui monumenta legunt. Nam si morte carens vacuas volat altus in auras spiritus et Samii sint rata dicta senis, crediderim Holerium rursus potuisse renasci atque in Iacotio viuere posse putem ex animoque animum nasci, de nomine nomen: scripta animum, nomen namque anagramma sonat. Scripta dedere viam scriptis et nomina nomen: Olerius sic iam datque deditque vias. DESIDERIVS IACOTIVS
anagramma: OLERIVS SIC DEDIT VIAS1329
* * * [128] Iacobi Hollerii Stempani, doctoris medici Parisisensis, Omnia opera prac tica, doctissimis eiusdem scholiis et observationibus, deinde, Ludovici Dureti1330, regii medicinae professoris, in eundem enarrationibus, annotationibus et Antonii Valetii1331, doctoris medici Parisiensis, exercitationibus luculentis illustrata, cum scholiis doctissimis et singularibus observationibus d(omini) Ioannis Hautin, doc toris medici Parisiensis eximii. Accessit etiam, ad calcem libri, Therapeia puerpe rarum Ioannis le Bon1332, cum indice rerum et verborum locupletissimo. Quid in hac omnium postrema editione praestitum sit, proxima post capitulorum indicem pagina docebit, Parisiis, apud Ioannem d’Houry, ad insigne d(omini) Ioannis, sub extremô Pontis-novi, prope supremum Coenobium r(eve)r(endorum) p(atrum) Augustiniensium, 1674, cum privilegio et approbatione Facultatis Parisiensis [pri ma ediz. Parigi 1612] [R.G. Medic. I.99]
All’inizio dell’opera ci sono, tra l’altro, due pagine che recano il titolo Sequuntur aliquot elogia ex operibus magnorum virorum desumpta, in lau dem Iacobi Hollerii et Ludouici Dureti, medicorum celeberrimorum in Aca demia Parisiensi. Di queste testimonianze, nella maggior parte dei casi in prosa, riporto le uniche due in poesia:
1329 L’anagramma non è completo, dal momento che, in Desiderius Iacotius, manca la lettera L di Olerius. 1330 Vd. supra 32, 4, 21, nota 167. 1331 Antoine Valet, medico francese (fine del sec. XVI): cf. AGL 4 cc. 1419 s. 1332 Vd. supra 89, 14, nota 904.
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[128, 1] Ex libro II epigrammatum Stephani Paschasii1333 iurisconsulti [distici elegiaci] Prisca quod Hippocrati venerando debuit aetas, Dureto cur non debeat Hippocrates? Ille suâ morbos immanes arte fugauit: hic a morte suum vindicat Hippocratem.
[128, 2] In Ludovici Dureti, celeberrimi medici Parisiensis, annotationes et enarrationes Hollerianae praxi additas R(enatus) Charterius1334, Parisiensis medicus [distici elegiaci]
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Este procul morbi: surgit perdocta tenebris pagina Dureti, qua datur vna salus. Praecipites certâ morbos Hollerius arte ante dedit: iam nunc morbida fata cadunt. Morbida fata cadunt Dureti numine, quod fur, quod tenuit nostris Parca odiosa bonis1335. Numen adest doctis doctum infirmisque salubre Dureti est numen, numen et Hippocratis.
[129] JESSEN (Jessenius, Jessinsky) Johann von, medico di Rodolfo II e di Mattia d’Asburgo (Breslavia 27/12/1566-Praga 21/6/1621): cf. AGL 2 cc. 1870 s.; BL 3, 431. Friedel Pick, Joh(annes) Jessenius de Magna Jessen, Artz und Rektor in Witten berg und Prag, hingerichtet am 21. Juni 1621. Ein Lebensbild aus der Zeit des dreissig jährigen Krieges von prof. dr. F. P., Prag, mit 12 Figuren, 7 Tafeln und einer Beilage, 1926, Leipzig, Verlag von Johann Ambrosius Barth (Studien zur Geschichte der Medizin herausgegeben von Karl Sudhoff und Henry E. Sigerist in Leipzig. Heft 15) [R.G. Scienze III.26 (15)] 1333 Étienne Pasquier (Stephanus Paschasius), avvocato, storico e poeta (Parigi 7/6/1529ivi 31/8/1615): cf. AGL 3 c. 1286; Michaud 32, 219 ss. I nostri versi sono pubblicati in Stephani Pascasii iurisconsulti Parisiensis ac in supremo Galliarum Senatu patroni Epigrammatum libri VI,....1582, libro IV [e non II come indicato nel titolo] n° 115, p. 79v. 1334 René Chartier (Vendôme o Montoire 1572-Parigi 29/10/1654): cf. AGL 1 c. 1849; BL 1, 890; DBF 8 cc. 673 s.; Michaud 7, 688; Pökel 45. 1335 Intendi: “il destino di morte, che provocava malattie, è sconfitto grazie alla potenza di Duret, potenza che l’odiosa Parca (che tentava di sottrarre agli uomini l’opera dello stesso Duret) cercava di bloccare per contrastare l’esito favorevole delle malattie”.
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128, 1 – 129, 3
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Nel lavoro di Pick compaiono i seguenti versi: [129, 1, p. 71] = È riprodotta un’incisione in legno raffigurante Jessen (e tratta “aus Prager Anatomie”) con i versi seguenti: In imaginem nobiliss(imi) et clariss(imi) viri Iohan Iesseni a Iessen [distici elegiaci] Hoc decus, haec forma est Iesseni, digna beato, quod iam nulla manus pinxerit, ingenio: nam capit ingenuas omnes feliciter artes, sub medica quamvis arte latere velit.
Iacob(us) Typotius1336
[129, 2] tavola 3 = La tavola raffigura una simbologia della vita umana e rappresenta scene di morte umana e animale con la didascalia Via omnis carnis. Sopra l’illustrazione compare la dicitura Iacobo Typotio, viro doctissimo, sacr(ae) Caes(areae) Maiest(atis) historio grapho, ex amicitiae debito, monumenti loco posuit. Sotto l’illustra zione compaiono i seguenti versi di Jessen [forse in contraccambio di quelli di Typotius: vd. supra n. 1]: [esametri dattilici] Est currenda semel lethi via et omnibus una, caetera sed terras subeant cum totaque bruta: mens hominis sursum deserto corpore tendit.
D(ominus) Iohan(nes) Iessenius a Iessen
I versi descrivono l’illustrazione, dove compaiono, a destra, un agoniz zante confortato da un sacerdote e l’anima che si distacca dal corpo e vola verso il cielo e, in basso, animali morti e in putrefazione. [129, 3] Al lavoro di Pick è aggiunto un supplemento (la Beilage di cui si parla nel frontespizio: vd. supra), costituito dalla ristampa anasta tica di un opuscolo, scritto in tedesco (con grafia gotica) che reca il seguente frontespizio (tradotto anche in ceco e in tedesco): 1336 Jacques Typoets (Typotius), giurista, storico e poligrafo (Bruges 1540-Praga 1601): cf. AGL 4 c. 1375; BNB 25 cc. 871 ss.
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Ad Regni Boemiae simulque coniunctarum, foederatarum provinciarum, mar chionatus Moraviae, ducatus Silesiae et marchionatus Lusaciae, inclitos Ordines, De restauranda antiquissima Pragensi Academia, rectoris Iessenii, suo et collegarum nomine, Exhortatio congregatis Pragae, mense Augusto anni 1619 exhibita
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [129, 4]
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[129, 5]
[distici elegiaci] Triste gemit, longo languens Academia1337 morbo, vertice qua caelos inclita Praga ferit. Ecquis erit, miseram et sua fata vicesque dolentem qui levet? afflictam qui iuvet, ecquis erit? Accurrit (video) multis praestantior unus Carolei Rector praesidiumque chori, gratia cui nomen, cognomen fraxinus1338, artes ipse suas Phoebus nomina fama1339 dedit. O bene Iessenio mediante Lycea virescant! Hoc medicante diu salva sit illa domus! Arceat haec diros, aut frangat, fraxinus angues et celsum fama tollat ad astra caput! Si mens percipitur nostri, si clamor, Athlantis, perstabit casum saepe minata domus. Si comites dux noster habet, per Palladis hortos victorem ponent agmina nostra pedem. Si bene certabunt praeeundo sequendoque plures, barbaries (potero dicere) tristis ubi est?
Aliud [distici elegiaci] Fraxinus in Clario viret, atque virebit, in horto, qua Carolina caput tollit ad astra domus:
1337 Perché la metrica torni, è necessario che la penultima sillaba di Academia, di norma lunga, risulti breve. 1338 Accanto alla forma moderna ceca jasan (“frassino”), si ricordano una forma dialetta le jasen e, soprattutto, una arcaica jesen, che rende oltremodo evidente il senso del nostro verso (vd. anche infra 129, 5, 4 ss.). Devo il chiarimento all’amico e collega Raffaele Calda relli. 1339 Lascia perplessi il nominativo singolara fama: si potrebbe pensare, più semplice mente, a qualcosa come p.es. tanta, multa, clara. A v. 17 si noti l’abbreviazione della sillaba finale dei due gerundi.
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129, 4 – 130, 1
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ut pariter vireant Carolini tecta Lycei, ecquid apud Musas fraxinus illa facit? Nil vale[a]t hic arbor, sed qui cognomen ab illa arbore, Paeonia clarus in arte, trahit: Iessenium, dico, Musa plaudente, Iohannem, auxilium nostri consiliumque chori. Aspice quae moveat scripto moneatque diserto ipse; tibi dices: «Quam bene multa monet! Quam bene multa movet! sanctis [ut vid.] conatibus addes quae movet: ô moveat promoveatque!»: sat est. M(agister) Iohan(nes) Campanus Vod(nanianus)1340
[130] INGRASSIA Giovanni Filippo (Regalbuto 1510-Palermo 6/11/1580): cf. AGL 2 c. 1887; BL 3, 374; DBI 62, 396 ss., a cura di Cesare Preti; Michaud 20, 337; Dizionario dei Siciliani illustri 269 s. Ioan(nis) Philippi Ingrassiae Siculi Rachalbutensis, medici et philosophi cele berrimi, in almo Neapolitano Gymnasio publici olim ac ordinarii professoris nec non in Siciliae regno regii summique archiatri, In Galeni librum de ossibus doctis sima et expectatissima commentaria nunc primum sedulo in lucem edita et apte Naturam imitantibus iconibus insignita, quibus appositus est Graecus Galeni con textvs una cum noua et fideli eiusdem Ingrassiae in Latinum versione, Superiorum permissu, Panormi, ex typograhia Io(annis) Baptistae Maringhi, 1603 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.83]
Nel verso della pagina del frontespizio c’è il ritratto ovale di Ingrassia con la scritta circolare Philippi Ingrassiae medici ac philosophi effigies. So pra il ritratto compare la scritta Matthaeus Donia1341 Panormita philoso phus et medicus in authoris effigiem, mentre sotto il ritratto sono riportati i versi seguenti: [130, 1]
[distici elegiaci] Est hic dotatus veneranda fronte Philippus, Sicanus archiater, Sicanus Hippocrates. Effigies animum pandit, mihi credito verum: ex hac perfectum non nisi pende virum.
1340 Iohannes Campanus Vodnanianus (Vodnany, Boemia), celebre poeta vissuto ai tem pi di Rodolfo II: cf. AGL 1 cc. 1604 s. 1341 Matteo Donia, medico palermitano, erudito e poeta (sec. XVI): cf. DBI 41, 174 s. a cura di Maria Muccillo; Dizionario dei Siciliani illustri 196.
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CARMINA MEDICALIA
A f. 5r compaiono tre distici con il titolo: Eiusdem [sc. Matteo Donia, che ha anche scritto, subito prima dei versi stessi, una presentazione Mat thaeus Donia Panormita, philosophus et medicus lectori] in operis et autho ris laudem, ad tyrones hexasticon: [130, 2]
[distici elegiaci] Corporis ossa basis veluti sunt firma caduci: sic opus hoc artem fulcit Apollineam. Quot, quibus et quare connexa sit ossibus et qua nostra caro serie, discere nunquid aues? Ingrassia docet praestans: accede libenter, accede, o tyro, quo bene doctus eas.
5
[131] JOEL Franz (Franciscus) (Szöllös (Solochium) 1/9/1508-Greifswald 20/10/1579): cf. AGL 2 c. 1900; BL 3, 435 s.; ADB 14, 112 ss. Operum medicorum Francisci Ioelis tomus primus, in quo universae medicinae compendium, succinctis quaestionibus et tabulis comprehensum et in Academia Gryphiswaldensi ante complures annos publice traditum, utilitatis publicae causa in lucem editus a Matthaeo Bachmeistero1342, phil(osophiae) ac medicinae doctore ac reipubl(icae) Lunaeburgensis physico, cum censura et praefatione amplissimae Facultatis medicae in Academia Rostochiensi, Hamburgi, typis Henr(ici) Carstens, anno 1616 [è la prima ediz.] [Stamp. Barb. M.XII.142]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [131, 1] In Opera medica d(omi)n(i) Francisci Ioelis, professoris ac physici Gryphiswaldensis celeberrimi [esametri dattilici] Si magnam laudem medicorum vita meretur, qui multos morti vicinos restituerunt, quanto maiori dignos censebis honore, 1342 Matthaeus Bacmeister (Rostock 28/9/1580-Lüneburg 7/1/1626), medico tedesco: cf. AGL 1 cc. 696 s.; BL 1, 274; Michaud 2, 575, dove, fra l’altro, si dice: «Il avait publié aussi les quatre premiers volumes des oeuvres posthumes de médecine de François Joël». Non trovo notizia di Bacmeister in ADB (cit., 113) se non per una fugace citazione come editore dei primi quattro tomi dell’opera di Joel (Amburgo 1616-1622), di cui il nostro è per l’appunto il primo tomo.
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130, 2 – 131, 2
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qui nostrae scribunt hanc artem posteritati. Nam labor illorum paucis bene profuit olim: horum gaudebunt post haec tot secula libris. Tu quicunque leges haec quae tibi scripsit Ioël1343, eius cum studio atque fide miraberis artem. Non satis esse putat factum, si cum quibus una vivit, ab illorum depellat corpore morbos, sed, quae longaevi cognovit temporis usu, scribit, ut haec possint prodesse nepotibus olim.
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10
Matthias Flacius iunior1344, m(edicinae) d(octor) et prof(essor) Rostoch(iensis)
[131, 2] Memoriae d(omi)n(i) Francisci Ioelis, medici praestantissimi [distici elegiaci] Hic situs est Pomeranorum Podalyrius ille maximus ingenio, maximus arte Ioel, qui, medicam tradens tractansque fideliter artem, faucibus eripuit corpora multa necis; qui medicinam omnem laceram paulo ante vagamque complexus certis est quasi fasciculis, quos utinam tandem toti communicet Orbi filius egregii posthuma imago patris1345, qui vere, bonus ipse, bonos constanter amavit, ceu commune sua de bonitate bonum;
5
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1343 Ioel
ha qui scansione trocaica, mentre altrove (vd. p.es. infra 131, 2 vv. 2 e 17) ha scansione giambica e/o pirrichia. 1344 Mathias Flacius (Francowitz) (Braunschweig 12/9/1547-Rostock 27/4/1593): cf. AGL 2 cc. 628 ss.; BL 2, 532 s. Di lui si parla fuggevolmente in Michaud 14, 691: “Mathias Flacius Francowitz, médecin, fils du prédént [vd. subito qui sotto], né à Brunswick vers le milieu du 16 siècle”. Egli era infatti uno dei 18 figli (avuti in due matrimoni) di Mathias Flach Fran cowitz (Mathias Flacius Illyricus sr.) (3/3/1521-Francoforte 11/3/1575), il più autorevole e rigido rappresentante della Chiesa riformata dopo la morte di Lutero: cf. ADB 7, 88 ss.; Mi chaud 14, 690 s. Cf. anche Ante Bilokapic, Attività letteraria di Mattia Flacio Illirico (15201575), Roma 1981 (Pontificium Athenaeum Antonianum. Facultas theologica – Sectio dogma tica. Theses ad lauream n. 267). 1345 Sui tre Franz Joel, tutti medici, cf. AGL loc. cit.; BL 3, 435 s. Si allude qui a Franz Joel II (1564-1601), anch’egli medico, nato dal matrimonio di Katharina Temel, seconda moglie di Franz Joel, la quale — dopo la morte di quest’ultimo — aveva sposato Lucas Taccius. Da Franz Joel II nascerà Franz Joel III (1595-1631), anch’egli medico: cf. ADB cit., 113 s., da cui apprendiamo che — mentre i tomi 1-4 degli Opera omnia di Franz Joel, come già ricordato sopra, furono pubblicati da Matthaeus Bacmeister negli anni 1616-1622 — i tomi 5-6 venne ro alla luce (Rostock 1629) per le cure, per l’appunto, di Franz Joel III. Vd. anche infra 131, 3.
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CARMINA MEDICALIA
qui nulli nocuit, cuivis prodesse paratus, conspicuus meritis canitieque fuit; qui, dum nemo audet tenebrarum offendere regem, detexit fraudes, turriger Ote1346, tuas, quas ille, haud doctis dum vult defendere dictis sed vi, sed spurcis et sine fronte sonis, mox coelum Ioel ingreditur: sed stellio avarus exsul in Vtopiam, non rediturus, abit.
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Nathan Chytraeus1347 bene merito f(ecit)
[131, 3]
131, 2
Ad Franciscum Ioelem filium, ut patris scripta edat [strofe alcaica]
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Francisce, qui nunc, Orbem Amarhusidos1348 evectus ultra atque ambrosiâ satur, mortale nil ultra moraris, quicquid id est, tenuesque curas ac donec aurae mansit amabilis vitalis haustus, vidimus immori te scriptitandis, te legendis sole novo occiduoque libris nunquam remissum: quis iuvenum calens virentis aevi sanguine, debili aequare te quamvis senectâ continuo potuit labore? Testis laborum Gryphiadum schola atque oppidani sive Galenica morbos fugavisti arte, eandem seu docuisti agilem iuventam; testis quoque auri (heu!) subdolus artifex Tornheuser1349, ictu qui cecidit tuae doctrinae, ut olim frustra Achillis Troilus effugiens furorem
1346 Il mitico gigante, che fu ucciso da Apollo, mentre tentava, con il fratello Efialte, di dare la scalata al cielo. 1347 Nathanael Chytraeus (Kochhafe) (Menzingen 15/3/1543-Brema 25/2/1598), filologo ed editore di testi classici: cf. AGL 1 c. 1907; ADB 4, 256; Michaud 8, 269 s.; Eckstein 91; Pökel 46. 1348 Sic: più che ad Amaryntidis (sc. Dianae: cf. Livio 35, 38), penserei a una parola rical cata sul greco come p.es. Ἀμαραντίνων, come se dicesse «il mondo degli immortali». Per un caso analogo vd. infra nota 2676. 1349 Si tratta evidentemente di un alchimista (auri....subdolus artifex).
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131, 2 – 131, 4
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congressus impar: sic fugiat, precor, infamis, exul, quisquis agit parem fallax agitare1350. Principum auro artibus insidians dolosis testis (require plura quid attinet) codex vel unus, scilicet hic, tria quem secla pressum diligenti diceris expoliisse limâ. Includis illi (ceu tabulae brevi Orbem triformem) cuncta Machaonis praecepta complexu rotundo, consilii Medicina quicquid habet salubris sive per abdita it physicorum, seu docet ut genus noscatur aegritudinis1351, seu antidota et reperit medelas. Francisce, tanti degener haud patris fili superstes, quid genio magis debes paterno, quâm perenni asserere haec monumenta luci, oblivioso ne pereant situ non ante apertis eruta scriniis (exoptat illud omnis almi Hippocratis studiosa pubes), hoc institutum perfice: sic tuas nunquam medelas destituar1352 salus; sic floreas firmo Senatus Sundiaci1353 et populi favore.
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Martinus Braschius1354, professor Acad(emiae) Rostoch(iensis)
[131, 4] In Opera medica beatae laudataeque memoriae viri praecellen tissimi, d(omi)n(i) Francisci Ioelis, medicinae in illustri Gryphis waldensium Academia professoris benemeriti, nunquam antehac edita, iam vero studio et labore viri cl(ari) d(omi)n(i) Matthaei Bac 1350 Inammissibile
metricamente (e probabilmente nato dal precedente agit) è refuso, forse in luogo di amicum. 1351 La quinta sillaba del verso dovrebbe essere di norma lunga in latino (cf. CrusiusRubenbauer 109). Qui è breve (vd. anche infra v. 43), forse sul modello del greco. 1352 Sic: sarà refuso per destituat. 1353 L’aggettivo (così modificato, per motivi metrici, rispetto all’originario Sundici) si ri ferisce alla città di Rostock: cf. Orbis Latinus 1, 211. 1354 Martin Brasch (Grubenhagen 1565-Rostock aprile 1601), filosofo e storico: cf. AGL 1 cc. 1340 s.
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CARMINA MEDICALIA
meisteri, medici apud Rostochienses celeberrimi, revisa et publici iuris facta, ἐπίγραμμα 131, 4 [distici elegiaci] Itala terra suas1355, quot habet virtute celebres, commendat claros ingenioque viros; Gallus et Hispanus laudum praeconia dicunt, ingenuâ si quos arte valere vident: Musarum in primis sobolem Phoebique nepotes mirifice extollunt et super astra vehunt. Num, Germana tibi tellus (patria incluta), tales desunt, elogio quos celebrare queas? Non hercle: ipsa tuos quoque habes, cultissima Phoebo[s], qui, vel Hygεῖα1356, tibi lausque decusque sient; nec quos prisca dedit tantum aetas nec regio una, sed quaevis profert ingeniosa modo, edita ut hoc passim medicorum scripta diserta et monumenta satis cottidiana probant. Vt reliquos taceam, clarus Franciscus Ioel, magna Ἀκληπιαδῶν gloria, testis erit, qui medicam in celebri docuit cum laude Lycεῖο [sic] artem, cui nomen Gryphia sylva dedit: plurima ubi in praxi et rarissima quaeque notavit, sedulus inque unum rettulit auctor opus. Bacmeistere, cui medica est respublica curae, id iam prodi[t] studio et dexteritate tuâ, quod1357 nulli, paucis vel tantum innotuit ante, quod quasi in occulto delituitque loco: classibus hoc apte distinctum atque ordine certo prodit, lectori ut commoda multa ferat. Hinc tua te aeternum laus, Bacmeistere, manebit: scilicet ad publicum promptus es officium.
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Amico suo καὶ συναγωνιστῇ in exteris antehac Academiis cognitiss(imo) ac familiariss(imo) e Sedino Pomeranorum mittebat, ipsis Idibus Octobris anno τῆς Χριστογονίας 1615, Andr(eas) Hiltebrandt1358, med(icinae) d(octor)
1355 Sic:
sarà refuso per suos (sc. viros). vd. supra 1, 1, 14, nota 2. 1357 Sc. studium. 1358 Andreas Hildebrand, medico di Stettino (m. 1637): cf. AGL 2 c. 1598. 1356 Sic:
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[131, 5] Ad clarissimum et praestantissimum virum, d(omi)n(um) Mat thaeum Bacmeisterum, artis medicae doctorem, affinem et amicum meum honorandum, soceri mei magni Opera medica edere paran tem [trimetri giambici] Quod e tenebris vindicatos excitas soceri mei magni labores, gratiam habeo equidem, affinis tibi charissime1359, Deumque precor, ut publico hoc1360 esse usui sinat labores atque porro, qui latent, sive operâ item tuâ seu homonymi ipsius, grata nepotis, avum1361 decente, industria, in luce apertam provehat limatulos1362. Sic â nepotum, tu beate prosocer, cunis tuorum iam cinis refloreas1363.
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FRANCISCVS IOEL
ἀναγραμματίζεσθαι SIC A CVNIS FLORE M(agister) Andreas Helvigius1364, p(rofessor) l(inguae) C(haldai cae) et p(rae)p(ositus) in Acad(emia) Rostoch(iensi)
[132] JO(H)NSTON(E) John (Samter (Szamotuly) 3/9/1603-Liegnitz 8/6/1675): cf. AGL 2 cc. 1962 s.; BL 3, 453; DNB 10, 968 s. Iohannis Ionstoni Thaumatographia naturalis, in decem classes distincta, in quibus admiranda coeli, elementorum, meteororum, fossilium, plantarum, avium, quadrupedum, exanguium, piscium, hominis: editio secunda priore auctior, Ams telodami, apud Ioannem Ianssonium anno 1633 [prima ediz. Amsterdam 1630] [Stamp. Chig. VI.399]
Alla fine dell’opera (p. 496 ss.) tengon dietro i versi seguenti: 1359 Sic:
forse refuso per charissimi. forse refuso per hos. 1361 Si noti la presenza dell’anapesto strappato nel terzo piede. 1362 Hapax: cf. Cicerone, ad fam. 7, 33, 2. 1363 Si noti l’assonanza, al contempo fonica e semantica, tra cunis e cinis. 1364 Andreas Helwig (Helwich) (Friedland 1572-19/11/1643), teologo e orientalista: cf. AGL 2 c. 1477; ADB 11, 715. 1360 Sic:
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CARMINA MEDICALIA
[132, 1] Ad nobilem et clarissimum virum Iohannem Ionstonum de suis philosophicis scriptis [trimetri giambici]
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Fontes venustos et sapores musteos, aquas perennes, limpidas, pellucidas, aevo salubres seculisque commodas1365, scaturiebat1366 virgo priscis patribus, Sophiam vetusto quam vocarunt nomine. Haec illa virgo; proma-conda1367 temporum, pudica, pulcra, casta, dives artium, magistra veritatis, ordinis parens, humanitatis una formatrix rudis et architecta literati seminis, analphabeto invisa semper agmini. Regina, regni compos esset dum sui, audivit, inquinata nullis sordibus, libidinosis nota necdum adulteris, ut inter ignes aetheris sol splenduit, suisque lucem contulit cultoribus. Polita Virtus hinc, Fides et Veritas, doctrina simplex ac supellex sobria. Hac claruere magna quondam numina, divinus orbis ille doctor1368 totius, insigne gentis Atticae miraculum et qui magistrum pene praecessit suum, ortus Stagira maximus Princeps sophum, cui comparari nemo tum mortalium potis eruditione, vel si quos adhuc aetas beati temporis vetus tulit. Successit aevum degener prioribus, qua1369 virgo tandem prostituta adulteris, distorta, deformata, vulsis artubus
1365 Si noti, nei primi versi, l’uso marcato dell’allitterazione, sottolineato dalla frequente presenza della sibilante. 1366 Qui scaturio sembra adoperato in senso causativo (“faceva scaturire”), forse rappor tabile all’uso di scateo con l’acc., come p.es. in Plauto, Persa 177. 1367 Ricavato da condus: per l’accostamento dei tue termini cf. Plauto, pseud. 608: vd. anche infra 224, 1, 31, nota 2584. 1368 Sic: forse refuso per ductor. 1369 Sic: forse refuso per quo (sc. aevo).
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deruncinata1370, limpidis pro fontibus ulvis lutosis cespitisque uligine, coeno, lacunis, putidis paludibus et salsitatis ac amurcae fecibus1371 scatet. Scatebris hauriunt istis meras apinas1372, inertes inficetiae strophas, insanientis insipientiae logos tricasque fuci, falsitatis fabricas. Hinc tota mendax, lena turpis et lupa infamis audit, audit offa sordium. Eius misertus, Ionstone ô aevi iubar, ocelle dexter eruditi seculi, nunc expolis, industrius ceu artifex, incude ab ipso1373, litterariae rei facemque praefers, virgini suum decus Sophiae reponis, eieratis sordibus. Patrocinaris veritatis sic viae et sic salubrem sedulos sapientiam stillas in usus, ne quid hic puertiam moretur ultra vi sagace [sic] praecaves. Nunc haurientur veritatis schemata, exempla rerum, plana virtutum sacra, lepidi lepores, gratiae gratae, chorus lubentiarum, amorum amoena factio, faventiaeque et elegantiae typus ductore te. Quin eloquar, quid sentiam: me iudice uno et eruditis omnibus, mala fatente idem vel invidentia, fers omne punctum laudis et palmam meres. Sic tute philosophantium longe gregem post terga linquis, bos quibus linguam obsidet, quos scripturire1374 scabra detinet sitis. O macte tantis, macte ô ingens bonis! et dum licet prodesse perge seculo, satura iuventae vota, quo maturitas sequatur uber mox adulto corpore: sic, sic perennem promerebis gratiam, sic te sequetur gloria et nomen tenax.
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1370 Presente
solo in Plauto, capt. 641; mil. 1142. una sillaba. Si potrebbe sostituire ac con atque. 1372 Presente solo in Marziale 14, 1, 7 e 1, 113, 2. 1373 Sic: refuso per ipsa. 1374 Presente solo in Sidonio, ep. 7, 18, 1; 8, 11, 8. 1371 Manca
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Amoris et benevolentiae test(imonii) ergo scribebat Lugd(uni) Batavor(um) Venceslaus Clemens1375, a Lybaeo-monte
[133] JORDAN Hieronymus, medico di Braunschweig (sec. XVII): cf. AGL 2 c. 1966. 132, 1 Hieronymi Iordani Brunsvicensis, medicinae d(octoris) et physici Göttingensis, De eo quod divinum aut supernaturale est in morbis humani corporis eiusque cu ratione liber......, Francofurti ad Moenum, impensis Ioan(nis) Godofredi Schön wetteri, 1651 [sembra la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.1368 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [133, 1] Clarissimo et excellentissimo viro domino Hieronymo Iordano, med(icinae) doctori eximio, pulcherrimum de eo, quod divinum est in morbis, singulari dexteritate et diligentia concinnatum librum publicanti [distici elegiaci]
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Inclytus, a teneris cuius stimulaverit annis mentem, doctrinae nobilioris amor, semper is implicitum solidis fovet ossibus ignem, desertor coepti nescius esse sui. Nec mora nec requies quantoque impensius aetas creverit, hoc pulchrum fortius urget opus. Ille tuus pueri, memori quem saepe revolvo pectore, conatus laudis amore calens aetatis fructum iam tum spondebat adultae, Iordane, et facti docta reperta viri. Quae de venturis ne spes nos falleret annis, ingenii praestat vis operosa tui. Est aliquid, vulgi seiunctum a sordibus, inter cultores, primo Palladis esse loco; plus, post exhaustos studiorum mille labores, conspicuum lauru tollere posse caput,
1375 Clemens Venceslaus Zabracenus [di Zebrák], poeta boemo (1589-1640?): cf. AGL 1 c. 1954; AGL2 2 cc. 363 s.; J. Starnawski e J. Ijsewijn, Clemens Venceslaus Zabracenus a Lybaeo Monte Lechiados libri IV...., “Humanistica Lovaniensia” 21 (1972) 281 ss. L’espressio ne a Lybaeo monte sembra essere la trascrizione latina del titolo nobiliare ceco — concessogli nel 1630 (cf. Stranawski-Ijsewijn, cit., p. 282) — Z libé hory (“del caro, amabile monte”, come mi precisa l’amico e collega Raffaele Caldarelli).
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concessusque1376 ampli toto applaudente Senatu, doctoris verum promeruisse decus. Sed tamen hoc ipso, nisi me sententia fallit, plus est, et primo res numeranda loco, quae cumulo partum locupletat honoris honorem et simul ad vitae commoda monstrat iter: cum docti simul et titulo doctoris adaucti publica res operam poscit opemque viri, tu, Iordane, quidem praeclaris nomen adeptus, artibus, exculti dulce decusque geris doctoris titulum meritaeque insignia laudis aptavit capiti Iulia docta tuo. Accedit Gottinga parens, quae denique dignum sedis honoratae praebet amica locum. Et tamen ille tuus procedere longius audet impetus, indocilis ferre quietis onus: ignea vis animi supero contermina coelo, in solitâ constans mobilitate suâ, dedignata moras ignavaeque otia vitae, praeclare semper, quod meditetur, habet et, multis prodesse parans, non cessat ab omni, qua licet, humanum, parte, beare genus. Haec tibi quam solidam felix industria laudem, Iordane, et quantum sit paritura decus! A magno fas est memorari carmine digno vate: minor curis est mea Musa tuis. Me satis est rapidum tendentis ad ardua cursum, quâ possum, non quâ debeo, voce sequi et tam solertis mirantem exorsa laboris, hoc elegos tandem claudere fine meos. Si Deus est homini quisquis, quocunque salutem consilio novit ferre vel arte, modo, qui videt, in morbis quae sint divina docetque, hactenus ignotum pandere gnarus iter et simul a miseris diram depellit et aufert corporibus pestem, hunc quis neget esse Deum?
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Henricus Vagetius1377 l(ibens) m(erito)q(ue) f(aciebat)
1376 Sic:
sarà refuso per concessumque (sc. est). Vaget, professore di logica e metafisica ad Amburgo (Amburgo 25/12/1587ivi 4/6/1659): cf. AGL 4 c. 1383; Eckstein 581. 1377 Heinrich
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Ad eundem περὶ τοῦ θείου commentantem [falecei] Doctoris titulos graves mereri magnum est: at titulos celebritate nominis cumulare reque verâ docendis aliis graves tueri doctoris titulos, putare fas est multo illustrius eminentiusque. Quanam ergo memorabo te Camoenâ, o Iordane, bonis amare Musis? o Iordane, viris amate summis, quînam te celebrabo? quâ Camoenâ? Tu doctos titulos inusitatâ auges materiâ celebritatis, quam quondam leviter pater medentûm Cous attigit: at potens diserto ore et ingenio potens Galenus sicco praeteriit pede, ut Latini Graecorumque alii eruditiorum. Nam nemo veterum, recentiorum, nemo rem poterat docere tantam abstrusasque adeo explicare vires, quae quandoque viros satis peritos fallunt [i]isque negotium facessunt. Te, Iordane, tuumque acumen illud divini ingenii manebat ista gloria ingeniis negata priscis. Te felicibus occupare scriptis hanc decebat; et occupasse laetor scriptis, quîs variasque quaestiones tractas et quibus abditos recludis sensus. His meritis merere laudes, quae nostris nequeunt inusitatae includi numeris phaleuciorum. Grata posteritas tibi rependat gratiam meritam tuumque vivax nomen fama ferat per universum Orbem, dum polus astricas1378 in orbem consuetum referet faces, et aegris donec subveniet fides medentûm.
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1378 Attestato
solo da Varrone (Menipp. 206; 269) e da Giulio Valerio (1, 2, 8).
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Testandi affectus ergo scribebat m(agister) Iulius Hardovicus Reichius, paedagogiarcha [sic] Göttingensis
[134] JOUBERT Laurent (Valence 16/12/1529-Lambers 21/10/1582): cf. BL 3, 458; DBF 18, cc. 821 s. Laurentii Iouberti Valent(ini), Delphin(atus) Galliae et Navarrae regum medici, Academiae Monspeliensis regii professoris, cancellarii et iudicis, Isagoge thera peutices methodi; eiusdem De affectibus pilorum et cutis, praesertim capitis, et de cephalalgia tractatus vnus; De affectibus internis partium thoracis tractatus alter, Lugduni, apud Antonium de Harsy 1577 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.224]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [134, 1, p. 14] Ad d(ominum) I(oannem) Guichardum1379, doctorem medi cum in Academia Monspeliensi praestantissimum, G.A. Tricassini epigramma [distici elegiaci]
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Verba mihi desunt, eadem tam saepe petenti, iamque meas taedet fine carere preces. Nostrum quid cupiat nosti, doctissime, carmen, quidue petam quenquam vix latuisse reor. Festina, quaeso, salubris monimenta laboris proferre et causas certaque signa νόσων. Doctis, crede mihi, cunctis ea scripta placebunt, Iouberti toties iam vigilata manu. Illa simulque1380 suo pia Gallia nostra fouebit et tollet laudes Graecus ad astra tuas: ingenii foetus celebris qui spargere tentes, agnoscent1381 studii pignora certa tui.
1379 Il medico che ha curato l’edizione dell’opera di Joubert, come si evince da due sue dediche poste all’inizio dell’opera: 1 = [datata Monspelii ex Musaeolo nostro prid(ie) Nonas Septembris 1576] Prudentiss(imo) atque doctiss(imo) d(omino), d(omino) Michaeli Maupeou, regis consiliario illiusque aerarii et fisci in Gallia Narbonensi praefecto (generalem financiarum vocant) fidissimo et vigilantissimo, Io(annes) Guichardus, in Schola Monspeliensi doctor et professor medicus, ὑγιαίνειν; 2 = [datata Datum Monspelii prid(ie) Nonas Septembris 1576] Clarissimo et eruditissimo viro d(ominum) i(llustrem) Antonio Saraceno [vd. supra 97,9] me dico solertissimo, Ioannes Guichardus, in Schola Monspeliensi doctor et professor medicus, s(alutem) p(lurimam) d(icit). 1380 Sic: sarà forse refuso per sinuque, con cui concorda suo. 1381 Sc. Gallia e Graecus.
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[134, 2, p. 15 s.] Domino suo colendissimo domino Iouberto, professori in Academia Monspeliensi regio eiusque cancellario meritissimo, Franciscus Quoësius Thalloriensis [distici elegiaci]
Νοῦσος, sanguinei stipatus more tyranni, praecipites cunctis iniicit vsque manus. Fama repente volat lenibus1382 subuecta quadrigis, impius en toto miles in Orbe furit. Strata iacent latos exanguia mille per agros funera carniuoris dilanianda feris. Dira lues tutas violenter rumpit in arces, cogit et imperiis cuncta parere suis. Quantas latiuago compressit marmore classes, cum daret aequoreis tristia iura vadis! Complentur late nimia formidine terrae, stelligerâ quicquid sub regione latet. Grassatur rabies furiosi saeua leonis; vicimus: horrisonis infremit ille modis. Vicimus, intonsi geminarunt murmura montes: auditur toto grandis in Orbe fragor. Soluuntur trepido mortalia corda pauore: omnia solliciti plena fuere metus. Ioubertus, reliquos inter praestantior omnes, surgit et intrepide primus ad arma ruit. Callidius laetos Cereris summouit honores, lurida mollifluis1383 pharmaca fudit aquis. Dat capiti galeam nitidumque incingitur ensem, arduus et ferro pectora firma tegit. Dextra tenet validam praeduri roboris hastam, a laeua clypei forte pependit onus. Prosternit rigidum magna virtute tyrannum: caetera Tartareas turba petiuit aquas, non secus ac, radiis vastum complentibus Orbem, nubila discussit luce oriente iubar. Viuite mortales, laetos agitate triumphos: ad Stygios abiit morbida turma lacus.
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[135] KIRCHER Athanasius (Geisa, Fulda 2/5/1601-Roma 27/11/1680): 1382 Sic:
evidente refuso per leuibus. solo in Servio, de centum metris (GLK 4, 462, 11) e Draconzio (Rom. 7, 11).
1383 Attestato
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cf. AGL 2 cc. 2095 s.; BL 3, 528 s.; Sommervogel 4 cc. 1046 ss.; 9 c. 548; Eckstein 289; Pökel 139. Athanasii Kircheri e Soc(ietate) Iesu Mundus subterraneus, in XII libros diges tus, quo divinum subterrestris mundi opificium, mira ergasteriorum Naturae in eo distributio, verbo παντάμορφον Protei regnum, universae denique Naturae maies tas et divitiae summa rerum varietate exponuntur, abditorum effectuum causae acri indagine inquisitae demonstrantur, cognitae per artis et Naturae coniugium ad humanae vitae necessarium usum vario experimentorum apparatu necnon novo modo et ratione applicantur. Ad Alexandrum VII pont(ificem) opt(imum) max(i mum). Editio tertia, ad fidem scripti exemplaris recognita et prioribus emendatior, tum ab auctore Româ submissis variis observationibus novisque figuris auctior. Tomus I, Amstelodami, apud Ioannem Ianssonium a Waesberge et filios, anno 1678, cum privilegiis [la prima ediz. è Amsterdam 1665; la seconda Amsterdam 1668] [Cicognara VII.2056]
La Praefatio in mundum subterraneum si apre con alcuni versi: [135, 1] Caput I. De occasione huius operis et authoris itineribus [distici elegiaci]
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Organum agit mundus denis vocale registris: rerum in eo quot sunt entia, tot metra sunt. Est Deus harmostes1384, in quo sapientia Patris quae bene disposuit, Πνεύματος unit amor. Hic amor harmonia est, hoc Mundus amore ligatur. Ὄργανον hunc Mundum, Numinis esse negas?
Il primo tomo contiene i libri 1-7 dell‘opera. Il secondo (legato con il primo) i libri 8-12. Il frontespizio del secondo tomo suona Athanasii Kircheri e Soc(ietate) Iesu Mundi subterranei tomus secundus, in V libros digestus, quibus mundi subterranei fructus exponuntur et quidquid tandem rerum, insolitum et portentosum in foecundo Naturae utero continetur, ante oculos ponitur curiosi lectoris, Amstelodami, ex officina IanssonioWaesbergiana, anno 1678. Nel frontespizio stesso c’è un’illustrazione a piena pagina con perso naggi simbolici e altro, tra cui si riconosce Mercurio, con il caduceo, i calzari e il cappello dotati di ali. Sotto l’illustrazione compaiono due versi greci con la traduzione latina: 1384 Non attestato in latino classico, è evidente calco di ἁρμοστής. Vd. anche infra 135, 2b, 1 genarcha / γενάρχης.
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Orpheus [esametri dattilici]
[135, 2a]
Ὅς ναεις κατὰ πάντα μέρη κόσμοιο γενάρχα, ὅς δαπανᾶς μεν ἅπαντα καὶ αὔξεις ἔμπαλιν αὐτούς.
[135, 2b]
Omnes qui partes habitas mundique genarcha, absumis qui cuncta eadem, qui rursus adauges.
[136] LA FRAMBOISIÈRE (FRAMBESARIUS) Nicolas Abraham de, medico di Luigi XIII: cf. AGL 2 c. 700; BL 2, 592; Michaud 4, 604. N(icolai) Abrahami Frambesarii Veromandui, medici regii, primarii in Acade mia Remensi professoris, Scholae medicae, multo quam antehac ampliores ac lo cupletiores, in quibus de medicinae theoria et praxi acriter disputatur, ad candida torum examen pro laurea impetranda subeundum: editio sexta, praecedentibus emendatior dimidioque auctior partim nouâ quaestionum variarum passim inser tarum accessione, partim examine quadruplici: Primo super anatomica adminis tratione, ad physiologiae calcem addito; Secundo super actionibus, excrementis et habitu corporis, ad morbi diagnosin et prognosin accurate perpendendis, in quibus semeiotice, vltima pathologiae pars, versatur; Tertio super medicamentorum prae parandorum methodo duplici, analytica et synthetica, sub therapeuticae finem; Quarto super symptomaton febres comitantium curatione, ad pyrotologiae coroni dem, Parisiis, apud Ioannem Iost, viâ Iacobeâ, sub signo Spiritus sancti, 1636, cum privilegio regis [prima ediz. Parigi 1631] [R.G. Medic. V.1086]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [136, 1, p. 10] In Scholas medicas d(omini) Frambesarii, medici regii,
ἑξάστιχον
[distici elegiaci] Sat, Frambesari, patriis celebratus in oris, et laribus nostris sat reor esse datum: quin pateris latum volitet tua fama per Orbem tutaque sit scriptis vita salusque tuis. Quid dubitas iuuisse homines? sic itur ad astra, sic merito aeternus iure paratur honos.
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Guido Patinus1385 Bellouacus, doctor medicus Parisiensis 1385 Vd.
supra 89, 25.
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[136, 2, pp. 11 s.] Domino N(icolao) Ab(rahamo) Frambesario, christia nissimi regis consiliario et medico militiaeque Gallicae archiatro, charissimo patri suo, Francisci Frambesarii1386 eucharisticon [esametri dattilici] Daedaleis Cecrops erupit Theseus antris, dum regit et relegit certo vestigia filo; a maris irati furiis excussus in vndas delphini tergum subiens emersit Arion: me labyrintheis implexum flexibus ecquis diriget? Indomitas trananti examinis vndas quo duce securum dabitur contingere portum? En mihi, quae semper, quae primis artibus olim praeluxit fax, ecce micat facilique docendi discendique modo solertique ordine nobis pandit iter: chari vestigia certa parentis agnosco, agnosco, pater ô charissime, felix ingenium geniumque tuum methodumque sagacem, qua ductrice fretum nauis mea freta1387 per omne curret et iatricae cunctos penetrabo recessus artis, vt in tuto considam littore tandem. Vos etiam, quibus assiduo quaesita labore praemia virtutis debentur, nocte dieque qui Coï monumenta senis, qui scripta Galeni versastis, studii maturos carpere fructus et medicae optantes ornari insignibus artis (macti animis!) subeunda licet discrimina pugnae: en clypeos vobis, en Frambesarius arma porrigit, his, vigili quamuis seruata dracone, aurea doctrinae referetis vellera vosque laurea certa manet, spolium virtutis opimum. Qua patri referam grates? quo tota iuuentus Paeonia haec animo mecum benefacta rependet? Musa, hîc siste: decent seruata silentia natum: nil meritis credas aequari posse parentis.
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* Alla fine dell’opera compare (p. 705) il 1386 Del
figlio di Nicolas Abraham, François, non trovo notizia. noti il gioco di parole tra fretum sostantivo e freta aggettivo, oltretutto con diffe renza quantitativa della prima sillaba. 1387 Si
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Decretum medicae Facultatis a Decano pronuntiatum: Perdocte Baccalauree, tuis sagacissimis responsis satisfecisti nobis. Ego, me dicae Facultatis authoritate fretus, impetratâ medendi licentiâ, coronam tuis me ritis dignam tibi dabo.
Tengon dietro (pp. 706 s.) i seguenti versi: [136, 3] In clarissimi viri d(omini) N(icolai) Ab(rahami) Frambesarii Opera medica, cum Gallico tum Latino idiomate denuo edita, hexastichon [distici elegiaci] Gallis Hippocrates, quod Frambesarius audit, hoc1388 habet ex illo quô iuuat auxilio: dum tamen ille suâ, ast hic linguâ pollet vtraque. Hôc certe maior creditur Hippocrate: scilicet ille suis tantum sua scripserat olim, hic scribitque suis, scribit et hic aliis.
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Guido Patinus Bellouacus, doctor medicus Parisiensis1389
[136, 4] Eucharistica haec anagrammata d(omino) Frambesario, celeber rimo doctori ac professori regioque medico, Georgius Baugnonius Virduneus medicus D(OMINVS) NICOLAVS ABRAHAMVS FRAMBESARIVS NOBIS SACRA FIAS MVSARVM LAVREA1390 [distico elegiaco] Abdita Musarum penetrat labor improbus: illum expetis, vt fias laurea sacra mihi.
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AN LABOR HIC, SIT FAMA AVREA SVRSVM?1391 [distico elegiaco]
1388 Sc.
auxilium. supra 89, 25. 1390 L’anagramma non è perfetto dal momento che avanzano due lettere, h e b. 1391 Anche qui l’anagramma non è perfetto dal momento che avanza la lettera b e com pare t in luogo di s. 1389 Vd.
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Inuigilasse iuuat Musis: labor aureus esse dicitur, an manet hunc aurea fama polis?
[137] LANCISI Giovanni Maria (Roma 26/10/1654-ivi 21/1/1720): cf. AGL 2 cc. 2235 s.; BL 2, 659 s.; DBI 63, 360 ss. a cura di Cesare Preti; Bacchini. Io(annis) Mariae Lancisii, archiatri pontificii et intimi cubicularii, Opera quae hactenus prodierunt omnia, dissertationibus nonnullis adhuc dum ineditis locu pletata et ab ipso auctore recognita atque emendata, collegit ac in ordinem digessit Petrus Assaltus1392, in Romano Archilyceo botanices professor, Genevae, sumpti bus Philiberti Perachon 1718, cum privilegio sacrae Caesareae Maiestatis [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.2496]
All’inizio del De noxiis paludum effluviis (il cui titolo completo suo na Io(hannis) Mariae Lancisii, ab intimo cubiculo et archiatro sanctissi mi Patris Clementis XI p(ontificis) m(aximi), De noxiis paludum effluviis eorumque remediis libri duo, Coloniae Allobrogum, sumptibus Cramer et Perachon 1718 [prima ediz. Roma 1717]) compaiono i versi seguenti: [137, 1, pp. VI-VIII] Carmen d(omini) Antonii Cocchii1393, medicinae doc toris, in opus illustrissimi Lancisii De noxiis paludum effluviis [esametri dattilici] Pande, opus egregium, latebras et nocte fugata rumpe moras, ut luce tuâ velamina tandem Naturae retegas: tibi nam promittit Apollo aeternam annorum seriem: tibi destinat Orbis 1392 Pietro Assalti, medico e botanico (Fermo 1685 ca.-?): cf. AGL2 1 c. 1173; Mazzuchel li 1, 2, 1168; BL 1, 228. 1393 Antonio Celestino Cocchi, medico (Fumone 18/7/1685-Roma 24/11/1747: cf. AGL 1 c. 1983; BL 2, 60; DBI 26, 461 ss. a cura di Domenico Silvestri), da non confondere con Antonio Cocchi, anch’egli medico (Benevento 3/8/1695-Firenze 1/1/1758: cf. AGL2 2 cc. 385 s.; BL 2, 60; DBI 26, 451 ss. a cura di Ugo Baldini; Eckstein 95). Su quest’ultimo vd. F. Zurlini, Antonio Cocchi, medico, bibliotecario e bibliografo del secolo XVIII (Parte prima), in Culture del testo e del documento. Le discipline del libro nelle biblioteche e negli archivi 3, 8 (2002) 99 ss., dove si afferma che egli si definiva “mugellano” per distinguersi da un omonimo contemporaneo, chiarendo (p. 101 nota 4) che “si tratta di Antonio Cocchi Celestino...., medico, lettore dei Semplici presso l’Archiginnasio romano, poi di anatomia, chirurgia e medicina teorica fino alla morte. Fu in contatto con il Lancisi, che lo propose come consulente dell’intero Stato pon tificio per l’esame delle cause di impaludamento e l’eventuale bonifica nei territori infestati dalla malaria [il corsivo è mio]”. Il testo del carme è stato raffrontato (e lo stesso vale anche per 137, 2) con quello dell’edizione delle opere lancisiane apparsa a Venezia nel 1739.
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ire per ora virûm laudumque insigne trophaeum. Quae latuere diu pateant genioque rebelli vt mutent elementa1394 fidem patriumque tenorem, coniurata neci praesens melioribus aetas audiat1395 auspiciis. Grata est, cum murmure rauco huc illuc iactata fugit torrentis ad instar atque per angustas rupes irascitur unda: Naiades excussi laticis tormenta queruntur, qu[a]estibus alliciunt, invitant Morphea planctu. Ast, ubi limosis coepit residere lacunis et cursu motuque carens argenteus humor, destituunt proprias humentia numina sedes. Exul ab Oceano captivaque marmore lympha, iam velut in solio ripas oblita priores, maiestate fluit: caeso caudata1396 iuvenco dolia cum praeceps subiit, stridente per Vrbem evehitur plaustro atque imbrem mentita serenum temperat aestatem; non solâ Tybridis undâ conspicimus, Gradive, tuos gestire nepotes. Flumina cum cessant, mediis elapsus ab austris, tunc errat tumidus septeno gurgite1397 Nilus et fundit blandas hyemes: hinc subdita Cancro regna levamen habent, Thetidis sed turpe cadaver stagna tacentis aquae1398 foecundant aethera tabo, effluviis nocitura magis, quam lympha Iugurthae1399. Sacra Iovis soboles (nempe ad commercia coeli natus homo, ceu piscis aquis) sic transigit aevum aëre libratum: totum quae circuit Orbem pars vitae melior generoso pondere nitri, mobile demittit secreta in pectora robur. Est veluti flumen nativo murice tinctum venarum rapidis perlabens fluctibus alveos. Artubus hinc vigor est: alternos cordis ad ictus itque reditque vias et passim viscera succos 137, 1
1394 I nuovi elementi acquisiti grazie all’opera di Lancisi fanno mutare le credenze del passato e la nuova età è in grado di opporsi alla morte. 1395 Sic: forse refuso per audeat. 1396 Sic: il termine non è attestato in latino classico. Si tratta forse di una particolare copertura degli orci con pelli di giovenco che avevano la forma di coda o di ceppo (caudex). 1397 Cf. Lucano 8, 445; vd. anche supra v. 23 Gradive (Lucano 1, 660). 1398 Evidentissima ripresa lucanea, anche per l’incipit dell’esametro: cf. Lucano 5, 443 (con la variante iacentis). 1399 Cf. Plutarco, Vita di Mario, 12.
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quaeque suos cribrant. Cerebri falcata1400 potestas exprimit in nervos laticem, quo remige nostri iussa animi tranant, cui non mortalis origo. Hic veluti Rector, summâ quâ despicit arce subiectam molem, tenuit quoque nobile rerum imperium, sua cum repetit praetoria gressu, tum vigiles umbrae, veteris vestigia sensus, ordine se produnt: spirantia mollius aera1401 non aliter servat regalis principis aula. Cum minor est radius solis, corrupta mephitis subsidet et labem, concretis frigore lymphis, exhalare nequit: torpent in semine morbi. At, cum findit agros urenti lampade Titan, Sirius aut flammas latrat, fermenta paludum excitat et stagnis admixta metallica: quidquid aut genus amphibium vel turbida lina relinquunt, quidquid segne iacet, tunc acre volatile reddunt inque auras tollunt rabiosi tempora signi. Aëre quae veniunt, minimas tu finge cohortes instructas gladiis, pharetratas concipe turmas, quae nos insidiis teneant vitaeque minentur: sanguinis et lymphae rumpunt dum foedera, regnant et pede tunc tardo vitalis volvitur humor. Hinc subito languent vires saevique dolores sinciput infestant; aegri sitientis omittunt arida labra dapes; ingestas reiicit offas convulsus stomachus; nigrâ caligine fervet lingua animi interpres febrisque insania vexat: balbutit fatuas invitus scurra loquelas et stupet attonitus Stygioque papavere mersus stertit et a Siculis securae cantibus aures tinnitum referunt: aurito1402 pollice dextram si tremulam tangas, chordis vix assonat echo, torva supercilio facies et lumine moesto sponte cadunt lacrymae, simul et pro sem[m]ate1403 morbi effulgent maculae, quae mox livore notantur. Perniciosa lues multas grassata per vrbes
1400 Il cerebrum procede, nella conoscenza della realtà, come un carro falcato, che travol ge e distrugge tutte le errate credenze del passato. 1401 Evidente ripresa virgiliana (Aen. 6, 847). 1402 Il pollice è così attento a ogni sfumatura musicale, qundo accorda la lira, che sembra avere orecchie. 1403 Sic: verrà da sema gr. σῆμα (nel senso di symptoma), anche se non ne trovo traccia nel latino classico né in quello medioevale.
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et furit et, quamvis gelidos imitata rigores, acrior igne tamen violenta in funera cives implacata rapit. Caeco saevire tumultu nec cessaret adhuc, si non tua lancea felix, lancea morborum domitrix, qua vindice nobis redditus est Clemens1404, fatali vulnere tandem sterneret Eumenidem, Romanae gloria gentis, inclyte Phoebi heros, cuius sub iure togâque crescunt, quos novit proprios Natura ministros, divinoque seni1405 tantum nec Graecia debet, quantum Roma tibi: te dictatore triumphat Coa iterum virtus melioraque saecula ducit.
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[137, 2, pp. IX-XIII] Εἰς τὸ παρὸν σύνταγμα τοῦ σοφοτάτου Λαγκισίου Περὶ λιμναίων ἁτμῶν στίχοι τοῦ Ἀνδρέου τοῦ Λάμα1406 [esametri dattilici]
Εἴ ποτε Μουσάων θεοείκελος ἱεροφάντης, ὃς Κάδμοιο πόλιν κατελάμψατο καλλιθέμεθλον, εἶπεν ἄριστον ὕδωρ, οὐ θαῦμά γε πρῶτον ἀείδειν τοῦτο πολυφροσύναισι κεκασμένον ἔξοχα πάντων· οὐδὲν ἐπεὶ καθαροῦ τοῦ νάματός ἐστιν ἄμεινον, ὁππόταν ἀέναόν τε διαδραμῇ, ἠδ’ ἀθόλωτον οὔρεος ἐν βήσσαισιν ἐπὶ1407 χαλίκεσσι φαεινοῖς, πάντοσέ τ’ ἀργυρίῳ ἐναλίγκιον, ὡς μερόπεσσιν ἀργαλέην μὲν δίψαν ἀποσβέσαι, ἄσχετον ἠδὲ καῦμα καταψύχειν καὶ τὸ σθένος αὖθις ὀρίνειν. Ἡνίκα δὴ φλογερὰν θεριναῖς ἐπὶ ἄντυγα κάμψῃ ἠέλιός γε τροπαῖς καὶ πυρπολεῖ1408 αἶθος ἅπαντα, λυσιμελεῖ τε κόπῳ· δ’ ὀλιγοδρανέουσι δαμέντες ὅσσοι ναιετάουσιν ἕδος βαρύποτμον ἀρούρης. Τηνίκα παμβασίλειαν ἴδοις πόλιν ἑπτακόλωνον
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15 1404 Papa
Clemente XI, di cui Lancisi era archiatra. (cf. infra v. 87), cui è pari Lancisi. 1406 Si tratterà di Bernardo Andrea Lama (m. Vienna 1760), abate napoletano, nominato professore di greco all’Università di Torino nel 1717, poi professore di eloquenza latina: cf. DBI 63, 103 ss. a cura di Andrea Merlotti; Codignola 261. 1407 Allungamento in arsi della sillaba finale di ἐπὶ (a meno che non si voglia emendare in ἐπὶ): vd. anche infra v. 84. 1408 Per risolvere l’anomalia metrica si potrebbe ipotizzare πυρπόλεε. Un caso analogo a v. 164, dove ἀναῤῥοφεῖ andrà emendato in ἀναῤῥόφεε. 1405 Ippocrate
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πάντοθεν ἀρδομένην ἱεραῖς προχοαῖσι κλεεννοῦ Θύμβριδος. Εἰς ἀγορὰν καὶ δὴ μέγα θάμβος ὁρῶντι, ἧχι κλέους περὶ μαρνάμενοι ἀρχῆθεν ἀγῶνας ἐννάεται γ’ ἐπιθένθ’, ἑνὸς ἐκ κρουνοῖο ῥεόντων τέσσαρας ὑδροχόους ποταμῶν ἀπὸ ἀργυροδινῶν ἀρχομένοιο θέρους βαθυκύμονα πόντον ἰάλλειν, ὡς πόλεως μεσσηγὺς ἐφιγμένον οἶδμα θαλάσσης καὶ μόνον ἀλθαίνειν μαλὰ παντρόφον οὖθαρ ἀρούρης, εὖτε διαινομένη ζαθέοις ὑπὸ ῥεύμασιν ἀνθεῖ καρπὸν ἀπειρέσιον παντῇ μερόπεσσι φέρουσα. Κείνου δ’ αὖτ’ ἀπάνευθε πανώλεθρος αὐχμὸς ἐφήκει· δένδρεα γὰρ ποίας τε καὶ ἔρνεα καὶ βιότοιο κρουνὸν ἀεινάοντα, πυροὺς Δημήτερος ἁγνῆς ῥιζόθεν αὐαίνει καὶ ἀπόλλυσι δηιοώσας. Ὥς τε μόρον πάντεσσι καὶ αἴσιμον ἧμαρ ἱκάνειν ἀλλ’ ὁπόταν θνητοῖσι μὲν ἄφθονον αὐτὸ πάρεστι, εὐπορίαν βιοτῆς εὐδαιμονίαν τε παρεῖναι. Αὐτὰρ ὅταν μὲν ὕδωρ βαθυκόλπῳ γ’ ἔνδοθι λίμνῃ ἠκαλὸν, ἀστεμβὲς1409 καταπύθεται, οὐδὲ διαῤῥεῖ, τῆμος ἐπισμυγερὸν, πόλλῳ τ’ ὀλοώτερον ἄλλων γίνεται, ἀργαλέας τε νόσους καὶ πότμον ἐφήσει, θαυμάσιον δ’ ὅσον ἔνθα παχύνεται ἧκα σεσηπός. Ἐν δὲ βαθεῖ πάμπολλα τρέφει κακὰ θηρία κόλπῳ καὶ διερὸν καὶ λαῖτμα, πεφυκότα ἔνδοθεν ὠῶν ποικίλῳ ἐν σύρφακι καὶ ἄλλοθεν εἰσπιπτόντων1410. Τῶν δ’ ἄρα μιγνυμένων καταθαλπομένων τε παρ’ ὄχθας, ἠελίου περιτελλόμεναι τηλαυγέος ὧραι κρύβδα νεοττεύουσιν ὑφ’ ὕδασι πῆμα βροτοῖσι λεπταλέων γένος ἑλμίνθων, νήριθμον ἱδέσθαι, ἡνίκα δὲ στυγεροῖσιν ἐπέχραεν ἀκτίνεσσιν ἥλιος, ἀστράπτει Προκύων δ’ ἐπὶ τέρμασιν ὥρας, καύματί τ’ αὐλῶνας καὶ βένθος ἔθαλψε1411. Καρπαλίμοις πτερύγεσσιν ἐπ’ οὐρανὸν ἀρθὲν ἱκάνει σμῆνος ἀπειρέσιον καὶ τοὺς πέλας ἀμφιποτᾶται ἠερόεντι ζόφῳ κεκαλυμμένον οὐδὲ θεητόν. Τήλοσ’ ἐπειγόμενον καὶ πολλ’ ἁνεμώδεσι δίναις ἀτμοῖσιν παχέεσσι μεμιγμένον, ἠδὲ συναρθὲν, οὓς1412 σέλας αἰγλήεντος ἐπ’ οὐρανὸν ἀστέρος ἧκε.
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sarà refuso per ἀστεμφές. A v. 28 emenderei ἀε[ι]νάοντα. spondiaco, come anche i vv. 45 e 167. 1411 Esametro incompleto, come anche i vv. 96 e 165. La situazione si ripete anche nell’e dizione 1739. 1412 Sic: forse refuso per οὐ: il sigma finale sarà stato determinato da quello iniziale di σέλας. 1409 Sic:
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Εἰ δ’ ἀμενηνὰ βροτοῦ εἰς σώματα δῦσεν ἀϋτμὴ λύματος ἰλυόεντος, ἅτ’ ἐξ ἐρέβευσφιν ὀροῦσα, πήματα λυγρὰ φέρει, πυρετῶν βαρυαλγέα μοῖραν. Πρῶτα γὰρ ὠκυπόρου ῥόον αἵματος εὖτε παλάσσει ἀτμίσιν οὐλομέναις, τούτου γ’ αἰψηρὰ κέλευθα φραξαμένη περινοστῆσαι παλίνορσον ἐέργει κᾷτα παροξύνει στρυφνοῖσιν ἁλέσσι ταράττων βυσσόθεν ὀρνυμένοις καὶ τὴν πάρος ἰσομέρειαν εὐκρασίαν τε πάνυ στυφελίζεται, οὐδέ τις ἔνδον ἐστιν ἰσοῤῥοπία1413, τῇ γοῦν βίος ἤραρεν ἡμῖν καί νυ κυκᾷ μὲν ἄπαντα μεθ’ αἵματος ἠρέμα πρῶτον ἐν τανάαις ἴνεστι1414 φορούμενα. Νῦν δὲ μιγέντα ἐσσυμένως βράζουσ’, ὥς περ πυρὸς αἰθομένοιο, λεπταλέοι δ’ ἔλμινθες ἂν ἔντερα καὶ μυχὸν εὐρὺν νηδύος αὐξόμενοι, ὅτε μὲν σφέας ἔνδον ὄρωρεν ὀξυβελοῦς πυρετοῖο μένος καὶ νύξεν ἀκωκή, ἀμφιπεριστρωφῶνται ἀολλέες ἀχνύμενοί τε κ’, ἤνπερ ἐλυσσώθησαν ἅπαξ ὀδύναισι βαρείαις, παντόσε τὰς χολάδας κατέδουσιν ἀπαυστὶ δακόντες· ἔνθα διωλύγιον κακὸν ἔσσεται ἄλγος ἀτειρὲς, Γαῖα κατατρύχει δμηθέντ’ ὀλεσήνορι νούσῳ. Πνῖγος ἐπιβρίσαν δ’ ἄθλιον δέμας ἐξαλαπάζει1415, ἔνθεν ἄχη μὲν ἄτεγκτα καρήατος, ἔνθεν ἄνοια, ἠ δὲ παραφροσύνη καὶ μόρσιμον ἔχθος ἐδωδῆς. Ἄσβεστος δ’ ἄμα δίψα καὶ ἄπλετος αἱματόεντι οὔτε ῥόος ποταμῷ ῥεθέων περί ἐστιν ἄε[ι]ρκτος, ἄλλά νυ πορφύρει1416 πεπεδημένος, ἠδ’ ἀποκλύζει φθειρόμενος καὶ κῆρα φέρει πύματον κακὸν· οὐδὲν τῆς δε γὰρ ἂν ταραχῆς φθισίμβροτον ἄλκος ἀμύνοι. Πολλὰ δ’ ἀμαυροβίων θνητῶν πανάποτμα κάρηνα αἴδος1417 ἀχλυόεντα ἐπὶ δόμον ἄμμιγα βάλλει, ὡς γὰρ ὀπωρινῆς σθένος ὄμβριμον αἴ κεν ἀέλλης εἶθαρ ἐπισκήψειε συνηρεφέσιν νεμέεσσι ῥηϊδίως πάνυ φύλλα χέει θραυσθέντα χαμᾶζε, εἴθ’ ὁπόταν Δηοῦς1418 βαθὺ λήϊον ὁξέϊ χαλκῷ πάντοθεν ἀμητῆρες ἀποῤῥίπτουσι τεμόντες,
1413 Dal momento che la sillaba finale della parola deve essere lunga, o si postula un al lungamento in arsi o, meglio, si può optare per la forma ἰσοῤῥοπίη. Casi analoghi ai vv. 149 (ἀμηχανία / ἀμηχανίη) e 177 (ἀϊδία / ἀϊδίη). 1414 Sic: sarà refuso per ἴνεσσι (in luogo, per motivi metrici, di ἴνεσι). 1415 Perché la metrica torni si può effettuare la trasposizione δέμας ἄθλιον. 1416 Sic: forse refuso per πορφυρεῷ (sc. κύματι). 1417 Sic: sarà refuso per αἰδώς. 1418 Genitivo di Δηώ, altra denominazione di Demetra.
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νήριθμοι στάχυες γ’ ἐπὶ ὕδατι1419 ἐγκατάκεινται. Τὼς μερόπων κεφαλὰς τότ’ ἀποδρέπει1420 αἴσιμον ἧμαρ οὐδέ τι μῆχος ἄρ’ ἐστ’ ἄχος εὑρέμεν, οὐδέ τις ἑξῆς παῦλα κακῶν ἔσται, πρὶν χείματος ὁκρυόεντος ῥίγεϊ καὶ ποταμοὺς καὶ θ’ ὕδατα πάντα παγῆναι. Δάκρυα δ’ οὗτος ἅπαξ ἀπομόρξεται, οὗτος ὀδυρμοὺς παύσει καιρὸς ἄποιχομένοιο κακοῖο· τοῦτον ἀοσσητῆρα μόνον θέμις ἐστι δοκεύειν. Πικρὸν ἐπεὶ κρύος ὥσπερ ἀλυκτοπέδῃσιν ἅπαντα ἰσχανάᾳ, ἔνοσίν τε πολυφθόρον οὐλομενάων ἀργαλέην τε βίην κατερύκεται εὐθὺς ἀϋτμῶν· χειμερινὸς δ’ ἀφίησιν ἀπόπροθεν ἤλιος αὐγὴν κάρτα μινυνθαδίην καὶ ἀνάλκιδα, οὐδέτι θέρσει1421. Πρόσθε δ’ ἐφιεμένῳ κακὸν οὐκ ἀλαπαδνὸν ἀλεξεῖν αὐτίκα μὲν τ’ ἐναγῆ καὶ τάφρους ὑδατοέσσας, εἴ τινες ἀμφὶ πόληος ἐπικλύζωσιν ἀπ’ ὀχθῶν, βυσσόθεν ἐκ δαπέδοιο πανώφελές ἐστιν ἀφύσσειν, ὁππότε μὲν τάρφειν1422 ἐνδέξεται. Οὐ γὰρ ὀπίσσω ἔνθεν ἐπειγομένη εἰς οὐρανὸν εὐρὺν ἀϋτμὴ πυθομένων ὑδέων μιανεῖ γ’ ἄμπνευμα βρότειον· τώς γέ νυ Ῥωμαϊκῆς βασιλεὺς πανυπέρτατος ἄκρας νηλέος ἐκ θανάτοιο συχνὰς ἐσάωσε πόληας, εὖτε διωλύγιος λιμνῶν ἀπὸ πυθομενάων λοιμὸς ἐπισκήψας φόνον ἰλαδὸν ἔρδεν ἀπηνῆ. Δηρὸν ἐπισμύχων ἢ κάμμορα γαῖα τ’ ἔρυσκεν τηνίκα μὲν πανάριστος ἄναξ, ἱερεύς τε μέγιστος ἄφθονα πάντα νέμων ἐπαλέξεε τειρομένοισι. Χ’, ὡς θέμις ἦν, παλάμην ἰήκοπον1423 ἀντιφέρεσθαι σπεῦδε κακοῖς, πλοῦτόν τε βαρὺν καὶ δῆμον ἔχευσε, ὥς ποτε χρυσόῤῥους Τάγος. Οὔλιον ἧμαρ ἀλάλκειν ἱέμενος δ’ εὐχῇσι μέγαν θεὸν ὑψιμέδοντα ἱλάσκει καὶ παῦλαν ὀϊζύος ὅττι ταχίστην δίζηται. Σαπρὸν ὕδος ἄφαρ καὶ φυκιοέσσαν ἰκμάδα μυδαλέων ἐκ λιμνῶν πάμπαν ἀφύσσειν καὶ ῥόον ἐμβάλλειν κέλεται· τάδε πάντες ἔρεξαν.
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far tornare la metrica, sarà opportuno qualche aggiustamento, come p.es. ν����� ήριθ
μοι στάχυες ἐπὶ ὕδατι ἐγκατάκεινται. 1420 L’ediz. 1739 ha ἀποτρέπει, ma ἀποδρέπει ha tutta l’aria di una lectio difficilior. 1421 Intenderei
i vv. 101 s. come una sorta di contrapposizione con i versi precedenti esaltanti la potenza di Lancisi: “Lancisi opera possentemente in favore dell’umanità, mentre il sole invernale non riscalda, dal momento che invia sulla terra raggi deboli e inefficaci”. 1422 Sic: forse refuso per ταρβεῖν. 1423 Sic: si potrebbe emendare in qualcosa come p.es. καὶ ἐπίσκοπον. Anche al verso suc cessivo sarà opportuno mutare σπεῦδε in σπεῦσε.
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Καὶ σύ γε θεσπεσίοιο διήδοχε πᾶσιν ἀγητὲ Ἱπποκράτους προάγων ταύτην ὁδὸν ἠγεμόνευες, ἠέρος ἧ λύμην πολυπήμονα θάσσον ἀμύνοις, ἀδμήτους τε νόσους. Καὶ γὰρ βασιλήιδα Ῥώμην, ἠνεμόεν τ’ Ἔρβανον1424, ὅγ’ Αὐσονίην ὄφ’ ἱέντες1425 Ὀρβιετὸν καλέουσιν, ὁμώνυμον ἠδὲ Πίσαυρον νάματι, δυστήνους τε Φερεντίνοιο πολίτας καὶ βαλανεῖον ἔτι βασιλήϊον ἀνδροβόροιο ἐξ Ἁΐδαο πυλῶν γε δεδόρκαμεν αἶψα ῥυθῆναι. Λαμπρότερόν τε φάος σκεδάσαν γνόφον ἐξανέτειλε, φαίδιμον Ἀλβάνου φῶς ἀστέρος, οὕποτε λαῖτμα δυσόμενον, καθαρᾷ λαμπὸν φλογί ἄγχι μάλιστα, μηδ’ ἀνακῶν φωστῆρα νεοσσόον1426 οὐδὲ θυελλῶν σωζομένους ναύτας ψευσταὶ κλείωσιν ἀοιδοί. Οὗτος, ἀπ’ Ἀλβανῶν ὀρέων τιν ἐφημμένος ἀστήρ, πανδαμάτειρα πόλις, τεῒν ὄλβια πάντα δίδωσι αἰὲν ἀποστίλβων, θείᾳ τ’ ἰότητι φυλάσσων. Ἄλλ’, ὅτε λιμναίοις ἐν ἀπείροσιν ὕδατα κόλποις πύθεται εὐρυτέρως τετανυσμένα, οὐδέτι μῆχος αὐσταλέας θέμεναι βαθυπύθμενάς ἐστι φάραγγας, εἰ μηδεὶς σμαραγεῖ ποταμὸς πέλας, οὐδὲ θάλασσα, πᾶσαν ὅποι κατάγειν λίμναν ὀχετοῖσι δύναιντο, εἰδέ τι ῥεῦμα πέλας, θινές δ’ ἀλὸς ἀτρυγέτοιο, ὁππόταν αἰπύτεροι τοῦ πυθμένος εἰσιν ἑλώδους. Πᾶσα γ’ ἀμηχανία περιγίνεται, οὐδέ τις ἐλπὶς ἐλδομένῳ τείνειν τόδε πω τετελεσμένον ἔρξειν. Αὑτόματον γὰρ ὕδωρ ἐπὶ βένθεα ἀεί καταῤῥεῖ καὶ τόκα1427 μὲν ξυλόχους τε καὶ ὕλας εἰνοσιφύλλους, πάντοσε τῶν πολέων κατεναντίον ἐστι φυτεύειν, ἀτμίδας ὀρνυμένας ἵνα ταρφέα φύλλα δέχωνται. Ῥηϊδίως δ’ ὅτε καῦμ’ ἐπί οὐρανὸν αὐτὰς ἀέρσει, μεσσόθι κλειομένας κατερητύσουσι διαῤῥεῖν καὶ πέραν ἐς πόλεας γ’ ὀλεσίμβροτον ἰὸν ἐλάσσαι ὡς ἄρα γε προβλῆτες ἐπ’ ἠϊονέσσι βαθείαις κρημνοὶ ὀκριόεντες, ἐπεὶ γ’ ὁρόθυνεν ἀέλλαν ἡ1428 Νότος ἢ ζαμενὴς Βορέας Ζέφυρος τε δυσαής, ἀντίον ἰσχανόωσι πελώριον οἶδμα θαλάσσης 137, 2
1424 Si
tratta della città di Herbanum, ricordata da Plinio, nat. hist. 3, 52. sarà forse da emendare in ἀφιέντες. 1426 Sic: sarà forse da emendare in νέος σόον. 1427 Sic: starà, per motivi metrici, per τέτοκε. A v. 158 sarà opportuno emendare γε in γοῦν. 1428 I nomi dei venti qui riportati sono maschili: l’articolo femminile si impone evidente mente per motivazioni metriche. 1425 Sic:
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ἶφι κυλινδομένης ποτιδεγμένοι ἄσχετον ὁρμήν. Ἤλιθα σμερδαλέος δ’ αὐτοὺς ῤόθος ἀμφαραβίζει, κ’ ἀχνύμενος ῥοιζηδὸν ἀναῤῥοφεῖ ἄσπετον ἀφρόν. Ὡ δὲ προβαλλομένη γ’ ἐριούνιος ὕλη ἀτμὸν ἐρυκακέουσα βιοφθόρον, οὕνεκα λόχμας Πωμετίας ἑλέων κατεναντίον ἑστηκυίας καββάλλειν ἐθέλοντας ἐρητύσασκες ἁπάντων κηδόμενος βιότοιο, πολυθρύλλητε Μαχάον, καί γε μάλ’ ἀτρεκέως, πανυπερτάτου ἀρχιερῆος. Ταῦτα δὲ σὺ πυκινῇσι καὶ ἀκαμάτῃσι μερίμναις δηρὸν ἐρευνήσας ἀνάγεις εἰς Φῶτα· προείλου τοῖς νυνὶ μερόπεσσι καὶ ἐσσομένοις μέγ’ ὄνειαρ, ὄφρα, μάλ’ ὀτρηροὶ κακὸν εἰδότες ὦσιν ἀλεύειν, μηδέτι μέμψωνται πολυπήμονος ἤλιθα μοίρης. Σοὶ δ’ ἄρα τοιούτων γέρας ἄφθιτον ἔσσεθ’ εὐεργέων1429, ἀϊδία τε χάρις καὶ κῦδος ἀθέσφατον αἰεί.
[138] LANGE (LANGIUS) Johannes (Löwenberg 1485-Heidelberg 21/6/ 1565): cf. AGL 2 c. 2252; BL 3, 664; ADB 17, 637 s.; Michaud 23, 166. Medicum de re publica symposium, autore Iohanne Langio Lembergio 1554 [sembra la prima ediz. [Stamp. Pal. V.515 (5)]
Nel frontespizio, tra il titolo e la data (1554: vd. supra) compaiono i seguenti versi: [138, 1] Decastichon autoris elegiacum Symposii argumentum continens [distici elegiaci]
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Impostor medicus, sycophanta1430 et uerpus Apella exulet e nostro perfidus oppidulo, qui pro nepenthes blandae dant pharmaca Circes, expertes penitus artis, Apollo, tuae, neue tot aegrotos ad saeui Tartara Ditis letiferus1431 uectet per Phlegetonta Charon. Lege sacra praetor sancti Verbique sacerdos
1429 Sic: sarà refuso — anche a causa di insormontabili motivi metrici — per ἐνεργῶν, qui sostantivato. 1430 La prima sillaba del termine, normalmente lunga, è qui scandita breve. 1431 Sic: evidente refuso per letiferum (sc. Phlegetonta), a meno che non si voglia riferirlo a Caronte, anche se la forma del nominativo singolare maschile è di norma letifer.
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Christicolas medica fraude necare uetent: archiatros iusta foueat mercede peritos, municipes saluos si uolet esse suos.
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Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [138, 2] Choriambicum asclepiadeum in Iudaeos medicos authore Iohanne Langio 138, 1 [asclepiadei minori] Artis Paeoniae nescius inclytae, verpus Christicolas enecat impius, orbat lactigenas1432 prole puerperas, foecundas steriles antidotis facit et Iudae soboles, aeris hirudo edax, vult nostri esse cruoris rutili satur1433. Haec, praetor, pateris, nil ueritus Deum, dum te δωροφάγον diuitiis beat? Sed te perfidiae supplicium manet, quod tu Tartareis carceribus lues. Hoc Euangelii dogma feret nefas? Quin Verbi gladium stringat in impios, qui perdunt gelida Christicolas nece, qui Christum opprobriis afficiunt pium, aeterna genitum stirpe negant Deum: dicunt Christiparae scandala Virgini. Ah, si te miseret plebis aegrae1434, Deus, perdas sulphureo fulmine perfidos Iudaeos, populi sicarios1435 tui: uotis deprecor haec, alme Deus, meis!
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Amen Vlpianus iurisconsultus his uerbis decuriones alloquitur: Certi de probitate morum et artis peritia, medicos eligatis, quibus uos uestrosque liberos in aegritudine corporum committatis1436. 1432 Non
attestato nel latino classico e medioevale. la cesura di questo verso vd. supra 89, 17, 4, nota 910. 1434 La quartultima sillaba del verso deve essere breve: che si debba leggere egrae? (ma in ogni caso la prima sillaba dovrebbe conservare la lunghezza originaria del dittongo). 1435 Irregolarità prosodica, dal momento che la seconda sillaba della parola, di norma lunga, è qui scandita breve. 1436 Dig. 50, 9, 1: “De decretis ab ordine faciendis. Ulpianus libro tertio opinionum. Medi corum intra numerum praefinitum constituendorum arbitrium non praesidi provinciae 1433 Per
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138, 1 – 139, 1
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Nel mg. s. compaiono delle note al carme: 1) In corrispondenza di vv. 1 ss.: Nefanda Iudaeorum flagicia; 2) In corrispondenza di v. 8: Hesiodus iudices uocat δωροφάγους [Hes., Ἔργα 221], id est munerum deuoratores. * * * [139] Ioann(is) Langii Lembergii, quinque Palatinorum Electorum archiatri, Epistolarum medicinalium volumen tripartitum, denuo recognitum et dimidia sui parte auctum: opus varia ac rara cum eruditione tum rerum scitu dignissimarum explicatione refertum, vt eius lectio non solum medicinae, sed omnis etiam natura lis historiae studiosis plurimum sit emolumenti allatura, cum indice rerum et ver borum copiosissimo, Hanoviae, typis Wechelianis, apud Claudium Marnium et haeredes Ioann(is) Aubrii, 1605 [prima ediz. Basilea 1554; prima ediz. denuo reco gnitum Francoforte 1589] [R.G. Medic. V.877]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [139, 1] Cl(aro) v(iro) d(omino) Georgio Wirthio1437, medico excellentis simo [distici elegiaci]
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Quantum promeruit laudis, qui lucis in oras edidit hoc, magni nominis auctor, opus, semideum fauor heroum, celeberrime Wirthi, debetur meritis gratia tanta tuis: auspice quo, dulces iterum producta sub auras, ingeniosa vident haec monumenta diem. Magnus honor rerum certas inquirere causas Naturaeque latens nosse potentis opus: maior honos, eadem toti mysteria mundo prodere, ne tenebris haec tegat vlla dies. M(agister) Martinus Praetorius Suidnicensis Silesius1438
* commissum est, sed ordini et possessoribus cuiusque civitatis, ut certi de probitate morum et peritia artis eligant ipsi, quibus se liberosque suos in aegritudine corporum committant”. 1437 Georg Wirth, medico e biblista, commensale di Lutero e medico di Carlo V e Ferdi nando I d’Asburgo (Lauben in Lausitz 1524-Lipsia 8/9/1613): cf. AGL 4 c. 2021, dove, fra l’altro, si dice: “Es sind auch durch seine Bemühung Ioh(annis) Langii Epistolae medicinales aus dem hinterlassenen Manuscript weit vermehrter zum Vorschein gekommen”. 1438 Martin Praetorius, di Schweidnitz in Slesia, medico e poeta (m. 1615): cf. AGL 3 c. 1750.
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Subito dopo la praefatio compaiono i seguenti versi: [139, 2] In effigiem Ioannis Langii, aulae Palat(inae) Elect(orum) archiatri [secondo epodo dattilico-giambico = esametro + trimetro giambico] Hac facie spectandus eras, clarissime Langi, quum tibi supremum dicerem, iuuenis, vale. Nunc canus tua busta, pater, cineresque saluto, post lustra quinque redditus Nicro meo officioque tuo sublimi fungor in aula, vtinam pari cum dignitate et gloria. Fama tuas resonat laudes, tua scripta leguntur audisque vates pariter et medicus bonus.
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Iohan(nes) Posthius1439, m(edicinae) d(octor), f(aciebat) Heidel bergae, anno domini 1588
Nella pagina successiva (a destra), speculare a quella in cui sono ripor tati i versi di Posthius (a sinistra) compare, a piena pagina, il ritratto di Lang con la scritta superiore Effigies cl(ari) v(iri) d(omini) Ioannis Langii Lembergii medici, archiatri Palatini Electoralis; sotto compaiono i seguenti versi: [139, 3]
[distico elegiaco] Archiatrum facit Heidelberga: sophum facit ante Lipsia, sed medicum Felsina docta bonum1440.
N(icolaus) R(eusnerus)1441
1439 Vd.
supra 39, 2. Questi versi sono pubblicati nei Parerga di Posthius, Silvarum liber II, p. 89 della pars altera: vd. supra nota 218. 1440 Lang studiò a Bologna con Berengario da Carpi. 1441 Nikolaus Reusner, giureconsulto e poligrafo (Löwenberg 2/2/1545-Jena 12/4/1602): cf. AGL 3 cc. 2033 s.; ADB 28, 299 ss.; Pökel 223. I versi si ritrovano in Icones sive Imagines virorum literis illustrium, quorum fide et doctrina religionis et bonarum literarum studia, no strâ patrumque memoriâ, in Germaniâ praesertim, in integrum sunt restituta, additis eorun dem elogiis diversorum auctorum; ex secunda recognitione Nicolai Reusneri, i(uris) c(onsulti), curante Bernhardo Iobino, privilegio Caesareo, Argentorati 1590, n° 275. A proposito dei versi che accompagnano le immagini, in ADB cit. si dice: “Reusner lieferte zu den Bildnissen bio graphische Disticha und andere Verse, welche jedoch großentheils nicht von ihm herrühren, sondern aus anderen Dichtern mit Namensangabe zusammengestellt sind”.
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[140] LANZONI Giuseppe (Ferrara 26/10/1663-ivi 1/2/1730): cf. AGL 2 cc. 2273 s.; BL 3, 676 s.; Eckstein 319; Pökel 151. Iosephi Lanzoni Ferrariensis Opera omnia, medico-physica et philologica, in tres tomos distributa
A noi interessa solo il primo tomo, dove compaiono versi. Eccone il titolo: Iosephi Lanzoni Ferrariensis, philosophiae ac medicinae doctoris, in patria Vniversitate lectoris primarii, S(acri) R(omani) I(mperii) Academiae Caesareo-Leo poldino-Carolinae Naturae Curiosorum socii etc., Opera omnia, medico-physica et philologica, cum edita hactenus, tum inedita. Accedit Vita auctoris Hieronymo Baruffaldo, ph(hilosophiae) d(octore), Ferrariensi scriptore [vd. infra 140, 4]; cum indicibus rerum cuique volumini necessariis, tomus primus, Lausannae, sumptibus Marci — Michaelis Bousquet et socior(um), 1738 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.11 (1-3)]
Il tomo contiene diverse opere di Lanzoni. I versi compaiono nelle ope re seguenti: 1 = Iosephi Lanzoni, ........... Curiosorum socii etc., Zoologia parva, sive Tractatus de animalibus iuxta Schroderi, Hoffmanni, Ettmulleri aliorumque recentiorum mentem concinnatus, Lausannae......
Prima dell’inizio dell’opera compaiono (p. 368) i seguenti versi: [140, 1] Dionysii Andreae Sancassani1442, med(icinae) pract(icae) prof(es soris) Gazoli ad Olium, pro singulari modestia eruditissimi autho ris, qui Parvam zoologiam se exarasse discendi ergo amicissime communicavit, tetrasticon [distici elegiaci] Ambiget haec tua qui volvet monumenta, Machaon, an doceas discens, discas an ipse docens. Discere multa cupis, dum scribis plurima: disce te docuisse modo, quod didicisse iuvet.
[140, 2]
Exasticon [distici elegiaci] Ostentent alii Libycos domuisse leones:
1442 Dionigi Andrea Sancassani (Scandiano 7/4/1659-Spoleto 11/5/1738): cf. AGL 4 cc. 102 s.; BL 5, 4.
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belua quid prodest robore fracta ferox? Quae ad medicam faciunt animalia suggeris artem, pharmaca de brutis belle paranda docens, ex te ut, Ioseph, mortalis cum foenore vitae exanimes discat1443 mox cicurare1444 feras.
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[140, 3] 140, 2 Disticon [distico elegiaco] Auspice te ferri saeclum Ferraria vincat, aurea cui prostat Lanzea1445 mente tua. 2 = Iosephi Lanzoni, ...... Curiosorum socii etc., Exercitatio medico-physica-ana tomica de saliva humana eiusque natura, usu, proprietatibus etc., Lausannae .......
Prima dell’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi (pp. 489 s.): [140, 4] Hieronymi Baruffaldi1446, ph(ilosophiae) d(octoris) Ferrariensis in undequaque clarissimi viri et amici candidissimi Iosephi Lanzoni, med(ici) Ferrariensis, in patr(io) Lyc(eo) lectoris, opus De saliva hu mana phaleuc(ia) [falecei]
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Quid, Lanzone, tot editis libellis, quos non Occidui invident Eois, quos nec postera peierabit aetas huic nostro decus attulisse saeclo, quid, Lanzone, novum voves Minervae Phaebeae artis opus bonae salivae? Non sat Paeonia quot arte claros regali Padus educavit undae chartis vivere? non sat Orbe nosci
1443 Sic: sarà refuso per discant (sc. homines). Irregolarità prosodica a v. 4, dove l’ultima sillaba di belle, di norma lunga, è qui scandita breve. A meno di non voler intendere, ma non credo, come vocativo. 1444 Adoperato soltanto da Pacuvio (in Varrone, de l.L. 7, 91) e, come sembra, da Nigidio Figulo (in Prisciano, GLK 2, 385, 15): vd. TheslL s.v. 1445 C’è forse un gioco di parole tra un sottinteso lancea e Lanzea (“la lancia di Lanzoni”). 1446 Girolamo Baruffaldi (Ferrara 17/7/ 1675-Cento, 31/3/ 1755): cf. AGL2 1 cc. 1477 ss.; Mazzuchelli 2, 1, 483 ss.; DBI 7, 6 ss. a cura di Raffaele Amaturo; Eckstein 29.
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condiri queat arte qua cadaver1447? non sat citria, non satis corollas aeternam ingeniis olere Famam? Sunt haec (crede mihi) satis superque, ut doctum queat usque ad astra nomen, vel visu invidiae probante, tolli. At perge et nova semper eruditis mentis prome penu diu reposta, quo, si plus nequeat, nitere nomen, saltem nomine res tuo nitescant. Ipsa (dic rogo) quid fuit saliva olim sordidiusque viliusque? Quid nunc nobilius salubriusque? Canebam in meo Museo Ferrariae Kal(endis) Febr(uariis) 1702
Subito dopo la conclusione del De saliva humana compaiono i seguenti versi dello stesso Lanzoni (p. 559): [140, 5]
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[esametri dattilici] Iamque opus exegi: prorae nunc carbasa nostrae tollere, nunc placido fas est requiescere portu. Sed tu, magne Pater, nutu qui regna gubernas cuncta tuo magnisque vales dare iura monarchis, aspice, quam moveat diros Europa tumultus. Vulnera quae patitur lugens nunc Itala tellus, fac peto discordes coeant dextramque fidemque Christicolae iungant omnesque in barbara ferrum corpora transadigant infidaque pectora frangant1448.
[141] L’É(S)CLUSE Charles de (Carolus Clusius), celebre botanico (Arras 19/2/1526–Leida 4/4/1609): cf. AGL 1 cc. 1972 s.; BL 2, 434 s.; BNB 5 cc. 383 ss.; NNBW 9 cc. 150 ss.; Aa 3, 498 ss.; ADB 4, 349 s. Caroli Clusii Atrebatis, aulae Caesareae quondam familiaris, Exoticorum libri decem, quibus animalium, plantarum, aromatum aliorumque peregrinorum fruc 1447 Riferimento all’opera di Lanzoni Tractatus de balsamatione cadaverum, in quo, non tantum de pollinctura apud veteres, sed etiam de variis balsamandi cadavera modis apud recen tes, multa curiosa breviter exponuntur, Lausannae…. 1738. 1448 Il De saliva humana è terminato il 20/12/1701. L’autore allude, con ogni verosimi glianza, agli eventi provocati dalla guerra di successione spagnola.
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CARMINA MEDICALIA
tuum historiae describuntur. Item Petri Bellonii1449 Observationes, eodem Carolo Clusio interprete: series totius operis post praefationem indicabitur, ex officinâ Plantinianâ Raphelengii [Lugduni Batavorum] 1605 [è la prima ediz.] 141 [Stamp. Barb. M.X.20]
All’inizio dell’opera compaiono i versi seguenti: [141, 1]
Ad Clusii nomen lusus [distico elegiaco] Omnia Naturae dum, Clusi, arcana recludis, Clusius haud vltra sis, sed *1450 aperta, mihi. Iusti Lipsii1451
[141, 2] Viro fama et meritis eximio Carolo Clusio Atrebatensi [esametri dattilici] Quis furor ignotos adigit penetrare recessus1452 perque immensa maris spatia haud sine crimine gentes indagare nouas belloque agitare quietas? Regnandi rabies et opum furiata cupido, quae trucibus stimulant mortalia pectora curis, nil intentatum sceleris liquere nefandi. Num satius patrios foret insedisse penates natalique solo placidam fouisse quietem, quam genus humanum foedis vexare ruinis? Quod si terrarum longos inuisere tractus gestit amor, quando aetherio de semine creta stare loco mens nostra nequit motuque valescit acrior et rapidos orbes imitatur Olympi, possumus exemplo multum experientis Vlixei diuersos lustrare locos atque extera regna, scilicet ut varios hominum cognoscere mores
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1449 Vd.
infra n ° 142. è nel testo e rimanda a una nota nel mg.s. che suona: quo nomine Apollo priscis dictus, ab aperiendo. Ovviamente il gioco di parole si incentra su Clusius che, mentre schiude la conoscenza degli arcana, non è più “chiuso”, poiché li rende aperta. 1451 Joost Lips (Iustus Lipsius) (Overyssche 18/10/1547-Lovanio 23/3/1606): cf. AGL 3 cc. 2464 ss.; BNB 12 cc. 239 ss.; NNBW 3 cc. 775 ss.; Aa 11, 507 ss.; Eckstein 337 s.; Pökel 158. 1452 Evidente il tono lucaneo, che pervade peraltro l’intero carme. 1450 L’asterisco
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cura sit aut rerum Naturae euoluere causas. Hinc, sensim occulto veluti viget arbor ab aeuo, nascitur illa hominum vitae prudentia rectrix, munere quo nullum caelestia numina maius contulerunt terris. Prudentia temperat vrbes consiliisque regit populos, vt corpore regnat spiritus et supero quos semine traximus haustus. Hac fine, ô medicae decus et lux inclyta gentis, orbe sitas alio peragrasti sedulus oras, ne quid inexpertum tua cura relinqueret vsquam, vnde venire queat non illaudata voluptas mentibus ingenuis aut aegris dulce leuamen corporibus. Felix operum, qui dulcia miscens vtilibus punctum omne refers1453, dum diuite censu fecundas depromis opes telluris amicae, quas effundit humi cultu domefacta1454 benigno, non quas interiore sinu secreta recondit, vt vitiis hominum crudelia subtrahat arma. Sed quis auaritiam lateat specus? horrida nautae per freta praecipitant animas in aperta pericla, ne desint miseris alimenta perennia morbis. Nec satis hoc: terrae rimatur operta profanum Iapeti genus et manes descendit ad imos viuens atque videns, vt suppetat vnde perire noctes atque dies lento cruciamine possit. At tibi magnanimum potior sententia pectus imbuit ac mentem generoso arrexit amore, scrutari ingenio Naturae arcana potentis: aeternas leges adscriptaque foedera rebus, herbarum genus omne et quae Natura creatis1455 arboribus, varios habitus geniosque locorum diuisasque satis patrias (non omnia tellus omnis alit), fruticum formas viresque medendo scire cupido fuit, dubiae nec fidere famae, sed lustrare oculis nec parcere sumptibus vllis. Te duce multiplices volucrum cognoscere vultus insolitasque datur facies atque ora ferarum cernere, sed nullo discrimine. Monstra natantum multa tuus spectanda labos proponit: at omnis terror abest, miseris nec formidanda minantur naufragia infames scopuli atque immania cete.
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1453 Solito
adattamento oraziano (ars 343): vd. supra nota 21. in Petronio 99, 3 e in Bucolica Einsidliensia 2, 30. 1455 Sic: forse refuso per creavit. 1454 Attestato
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Nulli hîc Sirenum cantus nec honore carentum ossibus albet humus nec (lamentabile visu!) desolata suis lugent cultoribus arua: securus secura licet legat aequora lector. Has inter curas transacta est optima vitae pars tibi, dum pulcro vernabat flore iuuentas. Nunc quoque par animus, quanquam inuidiosa senectus corporis infregit vires minuitque vigorem, perstat idemque viget studium seruatque tenorem laudata ambitio saeclis prodesse futuris annorumque fugam victrici sistere charta. Macte senex animi: decet in statione graduque fungi morte ducem: tali fugit alite terras viuida vis animi et caelum petit ignea virtus.
Dominicus Baudius Insulanus1456
[141, 3] Daniel Heinsius1457 in nobilissimi et c(lari) v(iri) Caroli Clusii Atrebatis Exoticorum libros sex 141, 2 [esametri dattilici]
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Naturae ludentis opus suspensaque mundi inter anhelantes diuerso e carcere ventos machina; quam stellis ardentibus aureus ambit Iupiter et vastum Nereus molitur in Orbem, cui tantum de te licuit? quisve incola terrae has primum produxit opes? quae caerula puppis et solis radios et iam non vltima Thules littora vel nuper positas egressa columnas, ditibus his primum patriam mactauit opimis? Scilicet in priscas series occultaque rerum
1456 Dominique le Bauldier (Dominicus Baudius) (Lilla 8/4/1561-Leida 22/8/1613): cf. AGL 1 c. 860; BNB 1 cc. 792 ss.; NNBW 6 cc. 81 s.; Aa 2, 1, 183 ss.; DBF 5 cc. 846 s.; Michaud 3, 279 s.; ADB 2, 137 s. Il carme è pubblicato nell’opera poetica di Baudius Dominici Baudi Poemata: nova editio et prioribus auctior, Amstelodami, apud Ioannem Ianssonium 1640, pp.418 ss., con l’inserimento, dopo il v. 6, dei tre versi seguenti: Ne longinqua petam tantorum exempla malorum, / testis Iber, cuius nullo se limite claudi / sustinet ambitio vastaeque super bia mentis. 1457 Daniel Heinsius (Gent 9/6/1580 o 9/5/1581-Leida 25/2/1655): cf. AGL 2 cc. 1455 s.; NNBW 2 cc. 554 ss.; Aa 8, 1, 419 ss.; ADB 11, 653 ss.; Eckstein 235 s.; Pökel 114. Di questo carme non trovo traccia – contrariamente a quanto avviene per un carme funebre in onore di Clusius (vd. infra 143, 7) – nell’opera poetica di Daniel Heinsius Danielis Heinsii Poematum editio nova, longe auctior editore Nicolao Heinsio, Danielis filio, Amstelodami, ex officina Io annis Ianßonii anno 1649.
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saecula, vel notum nec adhuc mortalibus aeuum voluimur, aut solis pudor est nescire Batauis, quicquid mundus habet, vel quicquid filia Nerei ventorum dominis, alienis seruat in oris. At Natura parens, immensi conscia mundi, sidereos inter tractus atque aethera magnum, Carole, te vastum quondam circumtulit Orbem, euectum ingenti curru a 1458, quem bellua Gandae traxit, b 1459 et immanis Matutae e littore serpens, centum orbes centumque vndosa volumina torquens arduus et lentam tarde demissus in aluum. Astabant toruae facies, incognita cete Oceano patrique c 1460 et quo [et] nomine dicam ignauum pecus d 1461 et visu deformia phocae corpora e 1462 vel tandem populis sic cognitus histrix? Hic fulgentis opes Orientis et vltima Seri dona recognoscis populi Famaeque superbis postibus affigis, spectanda nepotibus olim, exuuias terrae ingentis monumentaque mundi diuitis et longum fama diffundis in aeuum. Accurrunt rapidae puppes victorque Batauus aequoris ingentes Neptuno immittit habenas, stans alta in puppi, Boreaeque audacibus alis imperat et longas a tergo diuidit vndas herbasque plantasque a 1463 et quae se tollit harundo, aemula malorum spatiis aut arboris altae, transcribitque tibi nec se cognoscit in illis. Aequora viderunt alios emergere b 1464 coruos, c 1465 et Iunonis auem d 1466 stellasque in littore nauta horruit e 1467 et quercum mediis inuenit in vndis. Salue magne pater, quem non rationis inertem pallidus obscuro Phlegeton damnabit in antro
1458 Sic (come anche nei casi successivi: vd. infra): nel mg. compare la corrispondente spiegazione, in questo caso Animal ita dictum. 1459 b Serpens Indicus octo pedum Romanorum. 1460 c Ignauus [sic!] animal, alias Agilis. 1461 d Manati [sic], phocae genus. 1462 e Histrix piscis. 1463 a (l’esponente ricomincia da a perché è cambiata pagina): Harundo Indica, XXVI [sic]. 1464 b Coruus marinus. 1465 c Pauo marinus. 1466 d Stella marina. 1467 e Quercus marina.
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infamisque Acheron ignauaque ianua lethi: sed sublimis honos et solui nescia virtus, per varias populorum oras et moenia raptum, indigetem magno tandem donabit Olympo. Miratur rerum facies, stupet obuia turba Europaeque Asiaeque et dignos addit honores: qualis ab aurorae populis et diuitis Hermi, Indorum spoliis et capto squallidus1468 auro, Liber ouans, curru ardentem conscendit Olympum antiquasque deûm sedes; Berecynthia mater astitit et centum summisit ad oscula turres, frondoso occurrens gremio; dextramque tetendit Iupiter et vastum tonitru perterruit Orbem. Scilicet, et quis me, superi, dum pectora sanguis pulsat adhuc ardorque ingens atque indolis altae conscia mens, nullo curarum obsessa tumultu, Tabropanes1469 inter saltus aut littus Iauae1470 sistat et occultos Naturae admittat in ausus? Non ego securus metuam quodcunque pericli est, ingentem Batauo de littore soluere puppim votaque Neptuno faciam magnoque parenti, nimbosasque hiemes inter ventosque furentes, plurima lustrato referam tibi munera mundo: pars operis nonnulla tui. Sic Orphea quondam turbidus in coetu sociorum aspexit Iason, carminis intentum numeris aut vela legentem.
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[141, 4] Ad nobilem et indefessi laboris virum, d(omi)n(um) Carolum Clusium Atrebatem 141, 3 [strofe asclepiadea terza = due asclepiadei minori + ferecrateo + gliconeo]
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Quid, Clusi, emeritae militiae senex et spectate satis, castra iterum petis? Aptas quid manui arma, quae olim desita oportuit? Quid pergis calamum porro lacessere? Vires quid studiis extenuas tuas?
1468 Se si mantiene, squalidus sarà da intendersi in senso limitativo: “squallido, nono stante le ricchezze accumulate”; altrimenti si dovrà emendare in qualcosa di simile a splen didus. 1469 Sic: refuso per Taprobanes, l’isola di Ceylon. 1470 L’isola di Giava.
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Scribendo satis es iam partâ clarus adoreâ. Nullum sol patuli despicit angulum Orbis, seu nitidum qua caput exerit, seu qua condit in undas, qui famam fugiat tuam. Fessa aetas requiem iam tua postulat et cani tumulum quaerere suggerunt nec te praeterit vlla ductâ lux sine lineâ. Sic, sic lusciniae carmine blandulo1471 noctes sollicitant atque dies: suo sic fato properanti cygni dulciter accinunt. Nempe, hoc, Clusi, agis1472, ut, cum fragili manus vitae dura tuae iniecerit Atropos (haec lex omnibus vna), viuat pars potior tui. At vos, quos studium Florae et Apollinis exercet, quibus hoc cusum opus est, simul et nunc, dicite: «Multo viuat tempore Clusius!». Ioh(annes) ab Hoghelande1473
* A p. 145 ha inizio il VII libro degli Exotica con la seguente intitolazione: Caroli Clusii Atrebatis Exoticorum liber septimus sive Aromatum et simpli cium aliquot medicamentorum apud Indos nascentium historia, primum quidem Lusitanica lingua διαλογικῶς conscripta, a d(omino) Garçia ab Hor to1474, proregis Indiae medico, deinde Latino sermone in epitomen contracta et iconibus ad vivum expressis locupletioribusque annotatiunculis illustrata a Carolo Clusio Atrebate: quinta editio, castigatior et multis locis auctior.
1471 Presente solo in Adriano (SHA, Sparziano, Vita Hadriani 25, 9) e in carm. epigr. 1504 B 17 Buecheler. 1472 In riferimento ai vv. 21 s., nel mg. d. compare la glossa Agere pro lucrifacere, ne quis impingat. 1473 Si tratta verosimilmente di Johan van Ho(i)genlande (Hegelande, Hoeghelande), giurista ed erudito (1515 ca.-Utrecht 9/12/1578): cf. NNBW 2 c. 596. 1474 Garcia da Orta (da Horta, ab Horto, de la Huerta), medico e botanico portoghese (sec. XVI, m. a Gôa): cf. AGL 3 c. 1109; BL 4, 445 s.; EUI 40, 696; Michaud 20, 24.
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CARMINA MEDICALIA
Nel verso della pagina del frontespizio e subito prima dell’inizio del l’opera, compaiono la presentazione Benevolo lectori Carolus Clusius s(a lutem) e i seguenti versi: [141, 5]
Ioannes Posthius1475 Germ(anus) medic(us) [distici elegiaci] Gratia magna tibi debetur, Garçia, nec non gratia debetur, Carole, magna tibi: tu quoniam nobis Latio sermone dedisti, ille suis patrio quae dedit ante sono. Vestra simul vivent igitur praeconia, donec India fertilibus pharmaca mittet agris.
5
* A p. 295 comincia il decimo libro degli Exotica con il seguente titolo: Caroli Clusii Atrebatis Exoticorum liber decimus sive Simplicium medica mentorum ex novo Orbe delatorum, quorum in medicina usus est, historia, Hispanico sermone tribus libris descripta a d(omino) Nicolao Monardo1476, Hispalensi medico, Latio deinde donata et in unum volumen contracta, in super locupletibus scholiis iconibusque affabre depictis illustrata a Carolo Clusio Atrebate: quarta editio auctior et castigatior ex postremâ auctoris re cognitione. Alla fine di quest’opera (p. 355) compaiono i versi seguenti: [141, 6a]
Tulipae [distico elegiaco] Multiplici vincit florum genus omne colore huc usque a Geticis tulipa missa iugis.
1475 Vd. supra 39, 2. Questi versi sono pubblicati nei Parerga di Posthius (I, p. 124 s.) con il titolo In Aromatum historiam a Carolo Clusio descriptam. I Parerga contengono altri versi in onore di Clusius: I, 113; 233; II, 116. 1476 Nicolás Monardes, medico spagnolo (Siviglia 1512-1588): cf. AGL 3 cc. 609 s.; BL 4, 236 s.; EUI 36, 23 s.
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[141, 6b]
141, 5 – 141, 6e
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Flos solis [falecei]
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[141, 6c]
Flores flos supero, quod unus omnes amplitudine et elegantia, alto nec non stipite quodque solis almi semper suspicio sequorque lumen dignum a sole mihi dedere nomen, qui Machaönia sedent cathedra. Sed quae vis mihi, quaeve sit potestas, haud notum satis est adhuc iisdem. In laetis tamen interim viretis seror, lumina ut otiosa pascam.
Cassia [esametri dattilici]
5
[141, 6d]
Nec fuit Hippocrati nec cassia nota Galeno, ad medicum sed primus Arabs hanc attulit usum: est ea nobilibus1477 medicina aptissima, ventrem leniter evacuans, calidaeque inducta podagrae, mitigat immites, repetita subinde, dolores.
Manna [distico elegiaco] Manna tibi impuram subducet leniter alvum, conveniens puero conveniensque seni.
[141, 6e]
Myrobalani [strofe archilochea seconda = esametro dattilico + hemiepes] Quae Graecis fuerit glans unguentaria, monstrant scripta Dioscoridis, sed, verum nobis cupiens imponere nomen, Indica pruna vocet:
1477 Sic: sarà refuso per mobilibus: “de morbo, qui vinci potest” (Arnaldi-Smiraglia 330 s.v. mobilis).
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CARMINA MEDICALIA
solvimus adstrictam fluidamque adstringimus alvum ad medici arbitrium. 141, 6e
5
[141, 6f]
Tamarindi [esametri dattilici] Et modice siccat modiceque refrigerat horum pulpa refertque acidum gustanti grata saporem et valet ardentes purgando evincere febres.
[141, 6g]
Lapis bezoar1478 [esametri dattilici] Tristibus haud tantum est lapis iste medela venenis, verum et pestiferas depellit corpore febres.
[141, 6h]
Tacamahaca [sic]
[primo epodo dattilico-giambico = esametro dattilico + dimetro giambico] Indomitam lenit si tacamahaca podagram et omne corporis pathos, illam ego praetulerim, quas venditat India gemmis Arabumque gazis omnibus. Num quis divitiis validos non praeferat artus tristique sensu liberos?
5
[141, 6i]
Balsamum [dimetri giambici] Hoc fertur ex Hispania nova: novum ecce balsamum, Aegyptio haud minus potens. Odore nam suavissimo nares caputque recreat morbisque prodest frigidis, infirma firmans viscera. Idem dolores corporis
5
1478 Vd.
supra 38, 1, nota 207.
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141, 6e – 142, 1
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totius illitum levat, unguento et omni fortius cruenta sanat vulnera: miram ô Dei potentiam!
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[141, 61]
Tabacum [distico elegiaco] Nulla salutifero se comparet herba tabaco: viribus hoc omnes exsuperat reliquas. Ioannes Posthius1479 Germershemius, m(edicinae) d(octor), f(ecit)
* * * [142] Legata nel medesimo tomo è l’opera di Bellonius (vd. titolo del n° 141) intitolata Petri Bellonii Cenomani1480 plurimarum singularium et mem orabilium rerum in Graecia, Asia, Aegypto, Iudaea, Arabia aliisque exteris pro vinciis ab ipso conspectarum Observationes tribus libris expressae: Carolus Clusius Atrebas e Gallicis Latinas faciebat et denuo recensebat. Altera editio, longe castigatior et quibusdam scholiis illustrata, ex officina Plantiniana Raphelengii 1605 [prima ediz. ���������������������������� Anversa 1559]. La prima edi zione dell’opera originale fu pubblicata in francese: Les observations de plusieurs singularitez et choses mémorables, trouvées en Grèc, Asie, Judée, Egypte, Arabie et autres pays étranges, rédigées en trois livres, Paris 1555. All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [142, 1] De Petri Bellonii Observationum libris, a Carolo Clusio donatis Latio , carmen [distici elegiaci] Bellonius varias Orbis lustraverat oras 1479 Vd. supra 39, 2. Il distico compare anche a 175, 3 (vd. infra). Questi versi sono pub blicati nei Parerga di Posthius (I, p.p. 242 s.) con la seguente successione: Flos solis, Tacama haca, Tulipae, Lapis bezar [sic], Manna, Mirobalani (con la variante a v. 3 qui vult in luogo di cupiens), Tamarindi, Cassia, Balsamum, Tabacum. 1480 Pierre Belon (Petrus Bellonius Cenomanus), medico, naturalista e viaggiatore (Soul tière, Maine 1517-Parigi 1564 o 1565): cf. AGL 1 cc. 939 s.; BL 1, 450; DBF 5 cc. 1382 s.; Mi chaud 3, 601 s.
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CARMINA MEDICALIA
regnaque vix ipsis cognita nominibus: viderat undosi septemgemina ostia Nili, viderat altarum culmina pyramidum nullaque non illi visa insula sparsa per aequor sive per Aegaeum sive per Ionium. Viderat haec et digna notâ quaecumque tulisset fors, promtis navus scripserat in tabulis, quae, simul ad patriam ut rediit, persolvere votum pro reditu cupidus, cuncta dedit patriae. At patriae tantum et patrio sermone suumque sic fetum angustis cluserat ipse locis. Tu, Clusi, melius docti monimenta recludis Bellonii, faciens ore loqui Latio, quo iam perpetuum, nullâ peritura senectâ, durabunt scriptis aemula Romuleis: durabunt factusque tuo merito immortalis1481, plus tibi iam debet quam sibi Bellonius.
5
10
15
F(aciebat) f(eliciter) F(ranciscus) Raphelengius1482
* * * [143] L’ultima opera che chiude il tomo è la seguente: Caroli Clusii Atrebatis Curae posteriores seu plurimarum non ante cognitarum aut descriptarum stirpium peregrinorumque aliquot animalium Novae descriptiones, quibus et omnia ipsius opera aliaque ab eo versa augentur aut illustrantur. Accessit seorsim Everardi Vorstii1483, medicinae professoris clarissimi, de eiusdem Caroli Clusii vita et obitu Oratio aliorumque de eiusdem Epicedia, ex offici na Plantiniana Raphelengii 1611 [è la prima ediz.]. Infatti, alla fine dell’ope ra di Clusius, compare la sezione Everardi Vorstii, medicinae professoris, Oratio funebris in obitum v(iri) n(obilis) et cl(ari) Caroli Clusii Atrebatis. Accesserunt variorum Epicedia, in officina Plantiniana Raphelengii 1611. L’orazione funebre inc.: Everardi Vorstii, medicinae professoris et magnifici Acad(emiae) rectoris, Oratio funebris in obitum v(iri) n(obilis) et cl(ari) Caroli Clusii; expl.: Habita fuit haec Oratio in Academiâ post ductum funus, die 7 April(is) anno 1609. Vd. anche infra 225, 1-3. 142, 1 1481 Esametro
spondiaco. supra 54, 55, nota 396. 1483 Aelius Everardus Voorst (Vorstius), medico e botanico, soggiornò a lungo in Italia (Padova, Bologna, Ferrara) (Roermond 26/7/1565-Leida 22/10/1624): cf. AGL 4 c. 1711; BL 5, 801 s.; NNBW 4 cc. 1411 s.; Aa 19, 371 ss.; Eckstein 598. 1482 Vd.
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142, 1 – 143, 2
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L’opera si conclude con gli epicedia per la morte di Clusius: Epicedia in obitum clarissimi viri Caroli Clusii
[143, 1]
I [esametri dattilici] Eridanum, Rhodanum Rhenumque Istrumque Tagumque viserat et, montes passim syluasque pererrans, quicquid in Europa herbarum fruticumque latebat Clusiadae virtus studio collegerat acri. Ille etiam quicquid tellus vel America, vel quae India surgentem ad solem vergensve cadentem inuisum Europae et nostris produxerat oris (quae variis alii scripserunt singula linguis) donarat Latio felicis munere pennae, eximiis fulgens per totum laudibus Orbem. At nunc, e terris in caelica templa receptus, aspectu propiore Dei se Clusius explet, mirificas nutu qui vires indidit herbis.
5
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[143, 2]
II [distici elegiaci] Multum hodie cuiquam si res herbaria debet, debet, Matthiole1484 et docte Lacuna1485, tibi. Par tribus hoc ipso debetur nomine Belgis gloria, non vllo deperitura die: Clusiadae, Dodonaeo1486 doctoque Lobello1487, certis perpetuum viuere nominibus. Matthioli Veneti, Salamantica scripta Lacunae aeternae ornauit laudis honore, typis: at Dodonaei et Clusi[i] scriptisque Lobelli Plantini summum praela dedere decus.
5
10 1484 Pietro
Andrea Mattioli: vd. infra n° 161. Laguna (Lacuna): vd. supra 94 tit. 1486 Rembert Dodoens (Rembertus Dodonaeus), medico e botanico olandese (Malines 29/6/1517-Leida 10/3/1585): cf. AGL 2 cc. 160 s.; BL 2, 281 s.; Aa 4, 202 ss.; Michaud 11, 135 ss. 1487 Matthias de l’Obel (de Lobel) (Lobelius, Lobellus), medico e botanico (Lilla 1538–Hi ghgate, Londra 3/3/1616): AGL 2 c. 2481; BL 3, 812; BNB 5 cc. 452 ss.; NNBW 5 c. 321; Aa 11, 529 s. 1485 Andrés
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CARMINA MEDICALIA
Cesserunt fatis omnes: te Parca, Lobelle, laudi quâ frueris diu superesse sinat.
Bon(aventura) Vulcanius1488
[143, 3] Eiusdem Bon(aventurae) Vulcanii in clariss(imi) viri Everardi Vorstii Orationem funebrem in obitum Caroli Clusii epigramma [distici elegiaci]
Κλουσιάδου φίλον ᾧ βίον ἐστι καὶ ἤθεα γνῶναι, ὃς βοτανῶν τε φυτῶν τ’ ᾔδεε πάντα γένη, τὴν δ’ ἀναγνοὺς βίβλον, ἣν μάλα πρόφρων οἱ ἀνέθηκεν1489 Βατταβικοῦ Λυκείου1490 δέξιος ἡνίοχος, « Ὄλβιος οὗτος,» ἐρεῖ «βίος ῷ τοῖος βεβίωται, Βώρστιος ῷ τε νέον δῶκε θανόντι βίον».
5
[143, 4] 143, 2
Idem Latine [distici elegiaci] Clusiadae studia et mores qui nosse laboras, herba cui nota et planta prope omnis erat, perlege quas Bataui rector doctorque Lycei illi sacrauit Vorstius inferias: «Felicem» dices, «talis cui vita peracta est, cuique viro a tali vita secunda datur».
5
[143, 5]
Τοῦ σοφωτάτου ἀνδρὸς Καρόλου Κλουσίου ἐπιτάφιον [distici elegiaci]
Ποικίλα μὲν δεδάηκας ἀλεξητήρια νούσων, 1488 Vd.
supra 119, 2. perché la metrica torni, si potrebbe eliminare l’articolo iniziale e trasporre βί βλον ἀναγνοὺς etc. 1490 Sic: perché la metrica torni, la penultima sillaba del primo emistichio deve essere breve. Si potrebbe pensare a Λυκ[ε]ίου, postulando uno scambio tra “Liceo” e “Licio” come appellativo di Apollo, anche se la traduzione latina (143, 4, 3) interpreta inequivocabilmente nel primo senso. 1489 Sic:
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143, 2 – 143, 7
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Κλούσιε, παντοίαις σύνθετα φαρμακίαις. Οὔτε σε φυταλιαὶ γυιαλθέες, οὔτε σε θάμνοι, οὐκ ἔλαθον ῥίζαι, καρποφόρον τε γένος. Ἀφνειῇ τάτε πάντα τεῇ δημώσαο δέλτῳ φῦλά τε καὶ χώρην πᾶσαν ἐπερχομένῃ. Οὐ σὺ δὲ μοῖραν ἄλυξας ἑῇ πολυΐδριϊ τέχνῃ· τρέψε1491 δὲ κῆρ1492 ὀλοὴ χεῖρας ἀλεξικάκους. Οὐ μὲν ὅλος κε θάνοις· κρέσσον μέρος αἰθέρι κύρσει, γῆ δὲ περισσεύσει σὸν κλέος ἀθάνατον.
[143, 6]
Doctissimi viri Caroli Clusii epitaphium1493
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[distici elegiaci] Nota tibi fuerant, Clusi, pellentia morbos pharmaca diuersis consociata modis. Sed neque radices nec te latuere salubres herbae, non frutices fructiferumque genus; omnia quae quondam vulgâras diuite charta, quae modo per gentes, per loca quaeque meat. At tibi mors nullâ fuit euitabilis arte, sed medicas vicit tetrica Parca manus. Haud totus moriere tamen: pars maxima caelo viuet et in terris fama superstes erit.
5
10
Federicus Iamotius1494 medicus
[143, 7] In reliquias cl(ari) viri Caroli Clusii, τοῦ μακαρίτου, post eius obi tum editas et orationem funebrem a cl(aro) viro Aelio Everardo Vorstio de eodem habitam [trimetri giambici scazonti] Florae sacerdos, candidatus herbarum, quascunque Phoebus spectat aut alit tellus, non nostra tantum, sed remota sed cuncta, sarà da emendare in τρέψε: cf. 143, 6, 8 vicit. evidente refuso per Κήρ: cf. 143, 6, 8 Parca. 1493 Si tratta della traduzione latina del carme precedente. 1494 Potrebbe trattarsi di Frédéric Jamot, medico e poeta (156-1599 ca.: cf. AGL 2 cc. 1833 s.; BNB 10 cc. 95 ss., dove si afferma, a proposito della data di morte: “On croit qu’il mourut un peu avant l’an 1600”), a patto, ovviamente, di spostare la data della sua morte dopo quella di Clusius, avvenuta nel 1609. 1491 Sic: 1492 Sic:
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CARMINA MEDICALIA
quam Pontus ambit, aut Olympus inuoluit, ereptus Orbi Clusius, tamen totum spargit per Orbem non minus suos floreis. Illum diserta voce Vorstius nuper, florum peritus et peritus herbarum, vitae perenni consecrauit et famae, victurus ipse non minus celebrato1495. Musae, corollam nectite hoc et hoc dignam, non in bicorni colle, qua secat nubes Parnassus ingens seque cum polo iungit: quos praeferatis Clusius dabit flores.
Daniel Heinsius1496 ex tempore scribebat
[143, 8] Epitaphium diuini senis Caroli Clusii, viri clarissimi et rei herba riae principi: scazon 143, 7 [trimetri giambici scazonti]
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Hospes, sepulchrum quisquis aspicis nostrum, hîc aeuiternum crede ver in hâc vrnâ croco rubente flosculisque spirare. Ego ille saxo condor hoc, inexpletâ qui mente dudum sciscitabar, in campis quae procreatrix vis inerret et magnum hoc corpus animet; quae libido pertentet terram, serenâ nocte quum leui coelum humore rorat, aut Fauonius laetas florum papillas purpurantium sufflat. Non studia vulgi me nec asperae curae tenuêre, non me mane togula sudatrix per inquietas diuitum fores egit: sed, dum fere omnes diligenter hîc errant, ego, inter herbas fusus, e domo Ditis siccis capillis innocentiam prisci ruris reduxi. Sic mihi dies grati
1495 Se la congettura è giusta, il termine sembra attestato solo in Marziale 8, 78, 3 e nello pseudo Agostino, serm. 172, 2. 1496 Vd. supra 141, 3. Questi versi compaiono nell’opera poetica di Daniel Heinsius (vd. supra 141, 3, nota 1457), p. 366, nel gruppo di poesie intitolato Dan(ielis) Heinsii Epigram mata et alia poematia, inter quae et iuvenilia nonnulla ex tempore conscripta, con il titolo In reliquias Caroli Clusii post eius obitum editas et orationem funebrem ab Aelio Everardo Vorstio de eodem habitam e con le seguenti varianti: v. 3 cuncta] quaevis; v. 12 colle] monte; v. 13 iungit] miscet.
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fulsêre, sic plus octies decem messes et tres peregi, quum nec interim tussis malusve languor, nec grauedo me putris quassauit, oculos vsque dum meos tandem dies supremus visque saeuior fati grauiore somno pressit et semel longam dormire noctem iussit, heu nimis longam! Lex ista vitae est fixa: quam licet dudum fugisse iam viderer, haut tamen fugi. Feramus, hospes, haec acerba: debentur maiora morti corpora. Illa, quam stare suâ putamus mole, iam labat terra nutatque. Nata quae fuêre non mirum est perire: perit hoc, ecce, quod fuit semper. Scripsi Petrus Cunaeus1497
[143, 9] Memoriae nobilis ac praestantissimi viri Caroli Clusii [trimetri giambici scazonti]
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Quamquam citatus pennipesque1498 festines, hospes, resiste (suadeo!), recusantem vel ista praesens pompa te retardârit, quâ denecales feriae celebrantur. Cernis cupressos et choragium luctûs hominesque tristes mortualibus sumptis madidisque ocellis. Cernis in sepulchreto, hîc quâ Lyc[a]eum personat Batauorum, ipsas Athenas prouocans Erec[h]th[a]eas, manes ciere lachrymisque perfusum pullâque veste crinibusque dimissis taxoque opertum Vorstium parentare; non fulminato cuipiam e bidentali scurraeve (ne nos sic putes ineptire): inuersa fax haec haeque imagines pictae et signa lecto quae feruntur Orcino meliora spondent: nempe funus illustre Musisque amicum et innocentiae exemplum. Cui ille planctus pectorum et lacertorum?
1497 Pieter van der Kun (Petrus Cunaeus), filologo e semitista (Vlissingen 1586-Leida 2 o 3/12/1638): cf. AGL 1 cc. 2248 s.; NNBW 1 cc. 658 ss.; Aa 3, 914 ss.; Eckstein 108; Pökel 55. 1498 Adoperato soltanto da Catullo 58b, 3.
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Ille, ille magnus Clusius, pater Florae geniusque florum stirpiumque nutritor, post explicata exotici Orbis et nostri diuersa ditis dona rara Naturae, isto quiescit conditorio. Dixi. At, ô viator, paucula heu nimis dixi: plura ipse dicet funerisque laudator. Addamus illud nos tamen: virum talem fuisse, qualem secla vix ferent vlla. Nulli secundus in scientiâ herbarum placuit Rudolpho1499 principique non vni. Quod si patritum non haberet hic nomen vulgoque passim Clusium salutarent, datura a1500 laurus (namque et arbores nomen dedisse memini sessilesque b lactucas): a flore posses nominare vel Florum. Vtrumque certe conuenit, viro laurus condigna merces, dignus1501 estque florere aeternum et ora per volare doctorum. Non ille caudex aut inutilis truncus1502, non imminuti fungus est cerebelli1503, stolo frutexve, at arborum admodum felix, bis terque felix, ingenîque diuini, industriae acris, diligentiae rarae, dum peruagatur rura Pannonum quondam plagasque lustrat, tramitesque inaccessos caecasque valles non veretur intrare; Britanniasque Hispaniasque percurrens, incognitorum nos docet genus florum plantasque et herbas prodit ante neglectas. Haec cura tantum Clusio fuit cordi, fugiens docere iura pro tribunali, quae, iuuenis almae consecratus Astraeae,
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1499 Evidentemente
Rodolfo II d’Asburgo (1552-1612). nomen. (a) La lettera in esponente è nel testo (come anche quella successiva) e rimanda in mg. con l’esplicazione: Vide Plinium lib. 15 cap. vlt. [15, 138] et lib. 17 cap. I [17, 7]. (b) Nempe Lactucini, Valeriae gentis cognomen. Vide eundem Plin. lib. 19 cap. 4 [in realtà 19, 59]. Apud Diod. Sicul. est Μάρκος Οὐαλέριος Λακτούκας, lib. 11. [in Diodoro compare (11, 60, 1; 85, 1) Marco Valerio Publicola]. 1501 Sc. vir. 1502 In corrispondenza di questi versi e dei seguenti compare un’annotazione in mg.: Caudex, truncus, fungus, stolo, frutex, accipi solent pro homine rustico, inepto ac stupido. 1503 Per sanare l’anomalia metrica determinata dalla terzultima sillaba della parola — che, normalmente breve, verrebbe qui scandita lunga — si potrebbe ipotizzare qualcosa come p.es. non imminuti cerebelli est fungus (cf. Plauto, bacch. 1088). 1500 Sc.
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ex Vlpiano didicit et Modestino. Non ille auarus cuipiam dolos struxit, (haud nôrat vllis inuidere thesauris), non foenore vsus tristium Kalendarum. Non praepotentum sportulas salutator captauit vdus aestuansque pallensque et aera centum, congiarium lassi anteambulonis1504, iussit ille plorare ipsosque reges et greges togatorum. Non impudicis visus est adhaerere, submoenianas nec secutus vxores1505 caelebs, sed instar caelitis fuit caelebs. Reliquas procacis insolentias secli perosus, aurae plausuumque contemptor, securus inter flosculos oberrabat, ab inquieti questibus procul vulgi, questu volucrum per vireta contentus. Hinc pax sepulto: scaeua nec quiescentem strix vlla turbat nec cadauer allatrant canes Iberi Schoppiusve1506 vespillo.
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Innocentissimae animae ac merentissimis manibus Petrus Scriverius1507 m(oestissimus) p(osuit)
[143, 10] 143, 9 Epitaphium [distico elegiaco] Sparge, precor, flores supra mea busta, viator: debentur flores totaque prata mihi.
1504 Il
passo riecheggia Marziale 10, 74, 1 ss. questo passo risente di Marziale, soprattutto 3, 82, 2 e 12, 32, 22. 1506 Kaspar Schoppe (Caspar Scioppius) (Neumarkt 27/5/1576-Padova 19/11/1649): cf. AGL 4 cc. 421 ss.; ADB 33, 479; Eckstein 516 s.; Pökel 254. 1507 Pieter Schryver, erudito e filologo (Petrus Scriverius) (Haarlem 12/1/1576-Leida 30/4/1660): cf. AGL 4 cc. 446 s.; Eckstein 520; Pökel 254 s.; Michaud 38, 592 s., dove si dice che di sue poesie parlano P. Peerlkamp, Vitae Belgarum qui Latina carmina scripserunt, Bru xelles 1822, pp. 365 ss. e J. Joignez-H. Hoeufft, Parnassus latino-belgicus, Amsterdam 1819, p. 114 «où ce savant dit qu’il s’abstient, pour l’honneur de Scriverius, de publier un assez grand nombre de ses poésies inédites qui sont en sa possession». Non trovo traccia di questi versi nell’opera di Scriverius Petri Scriverii v(iri) cl(ari) Opera anecdota, philologica et poëtica ex schedis auctoris mms. eruit et edi curavit Arn(oldus) Henr(icus) Westerhovius, Traiecti ad Rhenum, apud Hermannum Besseling 1737, soprattutto nella sezione Petri Scriverii Iambo rum SCAZONTΩN [sic] alle pp. 351-364. 1505 Anche
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[143, 11] Pro postumo botanicae supellectilis foetu clarissimi viri d(omini) Caroli Clusii Atrebatis [distici elegiaci]
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Surge, pater florum, si quis tibi sensus in vrnâ, qua te Lugdunum continet atque fouet, magne senex Clusi, qui maior Apolline quouis ingenio es coeptis addito summa tuis. Nam nisi prima tui pars est exacta laboris, quam decorat lauro plebsque sophusque suo, orbibus ex motis1508 toto nostro Orbe Batauus materiae Oceanum suggerit Indipeta1509, quos1510 ego, ni charum patris caput effera Morta1511 fortior omni herbâ contumulasset humo, nil torrens terrere1512 ignis, nil tristia Ponti flustra et Hyperboreae vis violenta niuis, plurima lustrato retulissem munera mundo indeclinati (maxuma pars!) operis. Claue etenim nemus hoc Naturae, vt aperta, recludis, vt moto pateat cardine porta satis. Te duce subsident (mundi miracula!) montes tesquaque, quae et nullâ sunt adeunda viâ. Saltibus et sese quaecunque recessibus abdant telluris censu diuite deliciae, concedis nostris etiam reperirier1513 hortis Pannoniam atque Indos, Spanica regna simul. Lugduni locus est superans vel Adonidis: iste monstrat opes, Pannon, Inde et Ibere, tuas. Hunc meus, Hippocratis flos Vesaliique1514 medulla, Pavius1515 arctauit dispositâ serie, magnificum cimelium opum, admirabilis arte
1508 Sc. i viaggi compiuti da Clusius. Si noti il gioco di parole tra orbis (“giro, viaggio”) e Orbis (“mondo”). 1509 Sc. Batauus. 1510 Sc. orbes. 1511 Una delle Parche. 1512 Sc. possint. 1513 Si noti la raffinatezza dell’arcaismo. 1514 Vd. infra n° 214. 1515 Pieter Paaw (Pa(a)uw) (Pavius) (Amsterdam 2/8/1564-Leida 1/8/1617), medico, ana tomista e botanico, per il quale Vorstius (che fu suo successore a Leida nell’insegnamento della botanica) scrisse una Oratio honori et memoriae Petri Paawi dicata (Leida 1617): cf. AGL 3 cc. 1161 s.; BL 4, 535 s.; NNBW 4 cc. 1051 ss.; Aa 15, 132 ss.
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nostrâ, et qui Clusii cludere dignus opus. Dispeream, Hippocrates! si quisquam dignior alter tangere Phoebaeo tanta vireta pede. Verum ignosce, senex, multo quod membra labore lassa satis, placidum nactaque morte locum ad solitos reuocem ingratus demensque labores: nam mea mens peccat turbida morte tuâ. Mens redit! ô requiesce, senex, tibi gratia honosque debita perpetuae surget ab ore tubae. Surgere te, Clusi, nec opus: nam parte superstes es potiore tui: Pavius euigilat. Deciduum sequitur florem submissus eâdem stirpe, quod haud certas commonet esse vices. Caesaribus charus vernanti flore iuuentae et fructu senii gestiit ipsa schola. Abs ipso senio sumpsit tua gloria vires, gloria quae nullâ est interitura die. Fatalis lustris eadem labentibus Orbi atque operi, manes viuite Clusiaci.
Χρονογραφικόν
[143, 12]
[distici elegiaci] BIs qVInqVe oCtonos, qVatVorqVe peregerat annos CLVsIVs. Vt MensIs LabItVr, ad sVperos pertaesVs terras penetraVIt CLVsIVs hortos, LVX VbI perpetVo Vere trahenda potens1516.
Augerius, T(heodori) f(ilius), Clutius1517
[143, 13] Viro nominatissimo Carolo Clusio, aeui nostri principi botanico [esametri dattilici] Vltima mystacio1518 ex medico quaerenda, beate, 1516 La somma complessiva delle lettere in carattere maiuscolo è 1608 e si avvicina molto all’anno della morte di Clusius (1609). 1517 Vd. supra 101, 4. A Cluyt Clusius aveva donato molte erbe e piante riportate dai suoi viaggi. 1518 Sic: probabilmente da ricollegare a myrtaceus attestato come variante di myrteus in Celso 7, 17, 1 (cf. TheslL s.v. myrteus 8, c. 1748 r. 61). Più difficile mi sembra un collegamen to con mystes. Du Cange: “Mystace incedere, graviter, composite ambulare”.
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gloria, defunctorum anima aeternissime Clusi, ni fatum1519 aeternamque piorum carmina vatum tot collaudassent vitam caeloque locassent. Quîs cum triste apium, geminam1520 abrotanumque thymumque, omnigenisque1521 herbae struices maeroris alumnas floresque vmbellasque, comas frondesque corymbosque1522 et pullas capital fugiens Dea praefica1523 laurus infer lauriuoris1524 plenâ cum adspergine pompis. Plini vmbrae heu! diui maiores, enthea diui Suada Theophrasti atque Anazarb[e]a alta Pedacî1525 diua Dioscoridis! quos nunc exosa beati1526 pars melior tradux floret caelestibus hortis. Florâ nate, pater florum herbarumque, cui ipsa squallentis steriles enixo in luminis auras tellus floridulis praegnantem1527 enitier aruis atque aperire oculos, queîs tot mortalibus annos cluserat ingenuos fructus florumve profundas1528 auragias1529: iam te heu! delato ad conscia terrae templa, vnde adsurgunt florum prolimina,1530 gazas inuidere suas superis; radicibus ipsâ tellure occlusus1531 caecas protrudere vitas
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1519 Nel
testo compare un asterisco che rimanda a una nota in mg.: Ita Tullius Famam nominat Epist. ad Attic. [Cicerone, ep. ad Att. 9, 12, 1]. 1520 Sic: forse refuso per geminum. 1521 Sic: da emendare o nel genitivo sing. omnigenae (sc. herbae) o nell’avverbio omnige nus. 1522 Verso ipermetro. 1523 Probabile allusione a Libitina. 1524 Non attestato in latino classico e medioevale: probabile refuso per lauricomis. 1525 Sic: da emendare in Pedani, prenome di Dioscoride, che era originario di Anazarba, in Cilicia. 1526 Sc. Clusii. 1527 Sic: sarà opportuno emendare in praegnans (sc. tellus). Praegnantem sarà stato deter minato dall’inizio dell’immediatamente successivo enitier (sc. dat). Floridulus è hapax in Ca tullo 61, 193. 1528 Nel testo compare, all’inizio del verso, un asterisco che rimanda a una nota in mg.: Beati nominis veriloquium, quod ante hunc iam natum innumeras suas Tellus opes, herbas, frutices, suffrutices floresque penitus concluserat, quo et oculorum etymon spectare, videri po test, ab occulendo enim denominati. 1529 Sic: emenderei in aurigas, intendendo il termine nel senso di “guida”, come l’elemen to che è alla base della crescita dei fiori e delle piante. 1530 Nel testo compare un obelo che rimanda a una nota in mg.: Liceat veniâ Persarum ἀπὸ τῆς γῆς καὶ σάειν [ut vid. l’ultima parola] ad sensum hunc pro Graecis traduci. 1531 Sc. Clusius. Continua il gioco di parole incentrato su Clusius, che, ad onta del nome, “schiude” alla conoscenza umana quel che la Natura aveva sino ad ora celato (v. 18 cluserat). Vd. anche supra nota 1450.
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inuitumque animare lutum et variare colorum tot vultus speciesque anthelasque1532 admirandas! Imo ipse in varios flores mutarier, ipsus1533 flos florum Floraeque et qui huic operantur alumni flores indictasque herbas1534, exotica caelo nostro ignota Orbi, Batauae et miracula genti ingentique Orbi, propriis qui floribus Orbis iam facit indigeti, totus quem floridus Orbis terrarumque dii fratres nymphaeque sorores, herbarum florumque animam geniumque Iouemque Naturaeque suum mysten fratremque magistrum lacteolo indigetem per caelos tramite1535 ducunt. L(ugens) m(oerens)q(ue) coronidem adposui H(enricus) Del manhorstius1536, aere τοῦ μακαρίτου Clusii non comico, at botanico obaeratus 143, 13
[143, 14] Ianus Rutgersius1537 Euerardo Vorstio v(iro) c(laro) [distici elegiaci]
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Sic tibi concedat medicanti Pergamus arte nec certet dextrae dextera Coa tuae; sic coëant queiscumque sacras admoueris herbas vulnera nec dubiam sentiat aeger opem saeuaque crudelis cessent contagia morbi et fugiant succis victa venena tuis, vt mihi se, non ante oculis tam grata legenda[m], obtulit aeternâ charta notata manu, crudeles obitus quae rapti moeret amici et iacit ad viduos tristia verba rogos,
1532 Sic: da emendare in antherasque, medicine composte da varie erbe per curare le feri te: cf. p.es. Plinio, nat. hist. 24, 69. Verso spondiaco. 1533 Spicca la forma arcaica, che costituisce una variatio rispetto al precedente ipse. Si noti anche l’insistente anafora allitterante incentrata su flos (e suoi derivati) e floridus ai vv. 26-32. 1534 Intendi: “erbe il cui nome non era mai stato detto prima di ora”. 1535 La Via Lattea. 1536 Hendrik van Delmanhorst (Delmenhorst, Dulmenhosrst), medico a Leida e poeta (m. dopo il 1631): cf. NNBW 4 cc. 498 s.; Aa 4, 114 s. 1537 Janus Rutgers (Rutgersius), giurista, erudito, avvocato, diplomatico e filologo classi co (Dordrecht 28/8/1589–Aia 26/10/1625): cf. AGL 3 c. 2326; Aa 16, 576 s.; Michaud 37, 139; Eckstein 488; Pökel 233 s.; ADB 30, 42 ss., dove, fra l’altro, si afferma: “Zahlreiche kleinere Arbeiten, auch Gedichte, sind von seinen Freunden, namentlich D. Heinsius, gelegentlich in deren Schriften veroeffentlich worden”.
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[143, 15]
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qualia sub densâ ramorum concinit vmbrâ dum gemit absumptum Daulia mater Ityn, qualia cantabat Geticis in rupibus Orpheus, Eurydices questus altera fata suae. Haec quoque venturi discant te vate nepotes: exequias aeuum posteritatis eat. Quid renuis frustra? non est tua pagina, Vorsti, quae lacrymas serae posteritatis habet. 143, 14
Eiusdem de Clusii obitu [distici elegiaci]
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[143, 16]
Viderat astrorum motus causasque notarat, quae faciant nasci sidera quaeque mori. Emensus stellas et totum Clusius Orbem, in gemino quantum cardine Phoebus obit. «Iam didici coelum, quid adhuc nisi terra relicta est? Hinc quoque, sed maior, fama petetur» ait. Nec mora, telluris sacras accingitur herbas et gremio quicquid omniparente fouet. Iam penetrat Gangen, videt hunc iam Medus Hydaspes et qui septeno gurgite, Nile, fluis. Omnia quaerebat: quaerenti defuit Orbis, vlterius nec quo progrederetur erat. Nunc iacet hic. Tellus varias superaddidit herbas et tumulo lacrimis humida serta dedit: qui coluit flores et sacrae semina matris, credibile est illum sic voluisse tegi.
Aliud in tumulum Clusii [distici elegiaci]
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Quod iacet hoc tumulo si vis nouisse, viator, exuuias Clusî continet iste locus confectas senio, fractas morbisque malisque summaque vix quarum strinxerat ossa cutis. Sed tamen ingenium, sed mens diuinior huius heu male formati corporis hospes erat. Non querimur raptum: quidquid mors inuida dempsit, ingenio nobis reddidit ille suo.
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[143, 17]
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Aliud [distici elegiaci] Cum Clusî corpus tumulo Natura locaret, quem moerens manibus fecerat ipsa suis, ingemuit tollensque manus ad sidera: «Terrae hoc peperi, coelum caetera» dixit «habet».
[143, 18]
Aliud [distici elegiaci] Qui videt hos flores tumuli de vertice nasci, haec cineri tellus vltima dona dedit. O bene, quod tumulo claudatur Clusius isto: qui coluit flores, floribus ille iacet!
[143, 19]
Aliud, ad Caroli Clusii manes [distici elegiaci] Divini manes et tanti nominis vmbra et Clusî quicquid non tegit vrna mei, accipite exiguum mansuri pignus amoris, dum liceat nobis condere maius opus. Accipite et, quamuis paruum, ne spernite munus: haec pietas semper digna fauore fuit.
5
Finis
Per altri versi in memoria di Clusius vd. infra 225, 1-3.
[144] LEMNIUS Levinus (Livinus of Lieven, Lievens Lemmens) (Zierikzee 20/5/1505-ivi 1/7/1568): cf. AGL 2 c. 2359; BL 3, 736; NNBW 8 cc. 1208 ss.; Aa 11, 315 ss. De miraculis occultis Naturae libri IIII; item De vita cum animi et corporis in columitate recte instituenda liber vnus, illi quidem iam postremum emendati et aliquot capitibus aucti, hic vero nunquam antehac editus, auctore Levino Lemnio, medico Zirizaeo, Francofurti, typis Ioannis Saurii, impensis Iacobi Fischeri 1611 [prima ediz. Anversa 1564] [R.G. Medic. VI.137 (1)]
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All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [144, 1] Paschasii Oenii1538 Heicrucini in operis commendationem carmen [distici elegiaci]
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Si te delectat multo pulcerrima nympha Natura, aeterni fida ministra Dei, aut plusquam varius rerum calor, optime lector, ornatus, series, forma vel ordo iuuet; si censes operae pretium cognoscere, quicquid tellus, Oceani tractus et astra ferunt, et cupis ingenue multa et praeclara doceri, id quod Natura lex pietasque monet: huc ades, hos memori libros fac mente recondas: prepositi exiguo tempore victor eris. Scilicet eloquio cumulatus et arte medendi Lemnius ostendet, quidlibet vnde petas. Abdita Naturae pandit miracula, vires, caussas, quae multos texerat vmbra dies. Tum solidis [ut vid.] adeo rationibus omnia fulcit, vt carpi, Momo iudice, posse neges. Ingenii miro [ut vid.] felicis acumine quid non disserit argute perspicueque docet? Candidus et tersus leni fluit agmine sermo, multus vbique nitor, multus vbique lepos. Nec medicis solis (ne forte quis inscius erret) hic operam et studium dedicat ille suum: plurima ciuili praecepta salubria vitae fingendisque probe moribus apta leges. Auribus instillans animoque τὸ γνῶθι σεαυτόν, hoc aget, vt studeas notior esse tibi. Ignauas hominum vetat obturescere mentes praeteritisve bonis deteriora sequi. Quin obiter studiis melioribus imbuit omnes, qua se cognoscant, qua ratione Deum. Sed frustra celebrem male natis versibus illum, cuius fama volet docta per ora virum. Instar multorum Gesnerus1539 Apolline dignus mystes, sat locuples hic mihi testis erit:
1538 Si tratta, con ogni verosimiglianza, di Paschasius Oenius (Oemius), rettore a Zie rikzee (sec. XVI): cf. Aa 14, 42. Vd. anche infra 145, 1. 1539 Vd. supra 68 tit.
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qui citra inuidiam presso vir candidus aqua expensum trutina [ut vid.] pollice laudat opus. Vt taceam geminos Etrusca voce loquentes, quam cupide Ausonidum turba diserta legam1540. Lucis enim vsura caruere, sed hactenus extra septa domus reliqui corripuere pedem. Restat vt Hispanus1541, Celtas linguaque Britannos repraesentantes, Belgica verba sonent: quos aeque gratos doctis si senserit auctor, adiiciet totidem coepta iuuante Deo.
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* * * [145] Similitudinum ac parabolarum, quae in Bibliis ex herbis atque arboribus desumuntur, dilucida explicatio: in qua narratione singula loca explanantur, qui bus prophetae, obseruata stirpium natura, conciones suas illustrant diuinaque ora cula fulciunt, auctore Levino Lemnio. Seorsum accesserunt De gemmis aliquot, iis praesertim quarum d(ivus) Ioannes apostolus in sua Apocalypsi meminit; de aliis quoque, quarum vsus hoc aeui apud omnes percrebuit, libri II, auctore Francisco Rueo1542, d(omino) medico Insulano; item Levini Lemnii De astrologia liber I, anno 1608, Francofurti, apud Nicolaum Hoffmannum, impensis Ionae Rhodii [prima ediz. Anversa 1568] [R.G. Medic. VI.137 (3)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [145, 1] Paschasii Oenii Heicrucini1543 in auctoris et operis commendatio nem carmen [distici elegiaci] Venturo quotquot medicus clarissimus aeuo sacrauit, genium constat habere libros. Hic tamen inprimis docti suffragia coetus promeritus, nullo fine superstes erit. Res magnas, res difficileis, res denique sacras eruit eximium, candide lector, opus. Autor enim siluas inter reptando salubres, coelestis sophiae largiter hausit aquas. Quando vel arboribus vel humi serpentibus herbis
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1540 Sic:
forse refuso per legat. forse refuso per Hispanos. 1542 François de La Rue (Rueus) (1520 ca.-1585): cf. AGL 3 c. 2297. 1543 Vd. supra 144, 1. 1541 Sic:
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accessit prisco tempore tantus honos? Ecquis crediderit sacri tot mystica verbi, clausa sub extremo cortice sensa tegi? Si non assiduo diuinae Pallados vsu Lemnius occultas explicuisset opes, nullos1544 inuoluet posthac labyrinthicus error flexibus ambiguis multiplicique via, seu per odorato vestitos gramine colles seu per frondosum te iuuat ire nemus: non secus ac Theseus, Ariadnes fila sequutus, quo te cunque feres, hoc duce tutus eris. Si iucunda igitur, si quaeris idonea vitae, hanc propera in siluam ferre subinde gradum. Fatidicae stirpes, pleno quasi copia cornu, pascendis animis pabula laeta dabunt.
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* Alla fine del De gemmis (vd. supra) compaiono (p. 255) i seguenti versi: [145, 2] Alardus Rueus1545, etiamnum puer, patris obseruantissimi libel lum lectori commendat hoc elegiaco 145, 1 [distici elegiaci] Qui legis inuisi conuiuia cruda Thyestae discerptumque vagis cruribus Hippolytum Oedipodemque oculis captum strictamque [ut vid.] venenis Medeam, regum bellaque ficta legis; qui legis Harpyias, Centauros, Gorgonas, Hydram, quid nisi monstra, precor, prodigiosa vides? Talia quae cruciant animum male sana facessant, quaeque virum sapiant perlege scripta patris: hic vim gemmarum tractat, quae cognita longe illarum vincit commoditate decus.
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[145, 3]
Eiusdem ad patrem integerrimum epigramma [distici elegiaci] Ecce, pater, volitant totum tua scripta per Orbem,
1544 Sic: 1545 Si
sarà refuso per multos. tratta evidentemente del figlio di François.
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docta per aeternos scripta legenda dies. Nempe tuo exemplo me nostrum nomen in auras spargere vis: tutum nunc mihi pandis iter.
* All’inizio del De astrologia (vd. supra) compaiono i seguenti versi (p. 260): [145, 4] Paschasii Oenii1546, apud Zirizaeos archididascali, in operis com mendationem epigramma cum primis eruditum [distici elegiaci] Ecquid ab incepto properas desistere cursu? et retrahis, veluti tactus ab angue pedem? An tua, vix lecto titulo, censura libelli tam temere autorem damnat agitve reum? Dente Bionaeo diuina mathemata rodi aut caelo aequari somnia vana putas? Falleris haud dubie: nec enim conuellit honestas artes nec fumos vendit amore lucri. Altius hunc1547 purum subuexit in aethera Phoebus, quam qui sic laeuo tramite serpat humi, nil minus ac verbis alienis diuidat aures, ingerat vt loculis mille talenta suis. Nulla futurarum sunt hic praesagia rerum nec quae caelesti condita mente latent. Longe aliud medico scribendi praebuit ansam iustaque suscepti causa laboris erat. Sunt quibus astrologi vel sidera vertice tangunt et quicquid fingunt numinis instar habent; sunt qui praecipites vel ad infima Tartara mittunt astrologisque ferunt vanius esse nihil. Iudicium morbo superante videlicet illos atque hos transuersos, quo lubet, error agit. Lemnius, imbutus meliore Pallade, neutris assensus medium (non sine mente) probat. Astrologos sequitur sacras duntaxat ad aras, quas si conscelerent, deserit astrologos.
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1546 Vd. 1547 Sc.
supra 144, 1. libellum. Libellus è infatti soggetto di conuellit e di vendit dei vv. 7 s.
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CARMINA MEDICALIA
Quid veri falsique habeant, velut indice monstrat, quatenus et physicis rebus habenda fides. Proinde fac expendas ad amussim cuncta, priusquam, lector, Aristarchi munus obire pares.
[146] LE PAULMIER (PALMARIUS) de GRENTEMESNIL Julien, me dico di Enrico III di Francia (Coutances 1520-Caen 5/12/1588): cf. AGL 3 c. 1204; BL 4, 532 s. 145, 4 Iul(ii) Palmarii Constantini, medici Parisiensis, De morbis contagiosis libri sep tem, ad amplissimum Senatum Parisiensem, Parisiis, apud Dionysium Du-Val, sub Pegaso, in vico Bellouaco, 1578, cum priuilegio regis [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.273]
L’ultima sezione dell’opera è costituita dai De febre pestilenti libri duo, che sono preceduti da una Epistola introduttiva e dai seguenti versi (p. 288): [146, 1]
Ad d(ominum) Palmarium medicum [distici elegiaci]
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Dum tua, Palmari, tranquillas vela per vndas proueheret famae mitior aura tuae, ecce tibi surgens gladio metuendus Orion intonat et toto fulminat ense polo. Inde soluta quies conuulsaque foedera rerum, cum pelago coelum bella tumente gerit. Quid tibi tunc animi feruens cum turbine Pontus irrupit lacerae peruia texta ratis? I, licet, ah pauidus!, fragili te proripis alno, gurges at ipse tuas hausit auarus opes. Illa tamen fuerant dubiae ludibria sortis et vix diuitias inter habenda tuas. Verius hic tuus est, quem naufragus eripis vndis, artis et ingenii rarus honore liber. Indignante, liber, Borea pelagoque superstes, perpetuae viuet posteritatis amor et tibi, cui vitam per tanta pericula debet, morte vel in media, ne moriare dabit. Ioan(nes) Ruxelius Braeteuilaeus Cadomensis
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145, 4 – 147, 1
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[147] LESSIUS (LEYS) Leonardus S.I., teologo e studioso di medicina (Brecht 1 o 8/10/1554-Lovanio 15/1/1623): cf. AGL 2 cc. 2396 s.; BL 3, 772 s.; BNB 12 cc. 79 ss.; Aa 11, 361 s.; Sommervogel 4 cc. 1726 ss. ������������ (in partico lare, per l’Hygiasticon, cf. cc. 1737 ss.; 9 cc. 588 s.) Hygiasticon seu Vera ratio valetudinis bonae et vitae vna cum sensuum, iudicii et memoriae integritate ad extremam senectutem conseruandae, auctore Leonardo Lessio, Societatis Iesu theologo. Subiungitur Tractatus Ludovici Cornari Vene ti1548, eodem pertinens, ex Italico in Latinum sermonem ab ipso Lessio translatus: editio tertia atque ab vltima auctoris manu, Antuerpiae, ex officina Plantiniana, apud Balthasarem Moretum et viduam Ioannis Moreti et Io(annem) Meursium, 1623 (colofone finale Antuerpiae, ex officina Plantiniana Balthasaris Moreti, 1623) [prima ediz. Anversa 1614] [R.G. Medic. V.1164]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [147, 1, p. 16] In r(eueren)di admodum Patris Leonardi Lessii Tractatum de sobrietate [falecei] Vitam quod faciat beatiorem affectusque animae quietiores victus parcior et sine arte mensa, isto Lessius astruit libello tam viuis rationibus modisque, parum vt sobrius integraeve mentis credi debeat et gulae minister, quisquis negligit hunc modum fugandi morborum genus omne et impotentis compescendi animae vagos furores. Annon siluicolae prioris aeui, hoc victu tenui leuique, sani degerunt placidissimam senectam? Quin et Lessius ipse per tot annos afflictus grauiter, nihil parumve, sic viuendo1549, molestiora sentit accidentia nec remittit vmquam ad commune bonum impiger labores: tantum cura potest et ars diaetae.
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Franciscus Sassenus, med(icinae) doctor
1548 Ludovico
Cornaro (Venezia 1484 ca.-Padova 26/4/1566): cf. AGL 1 c. 2102. metrica, dal momento che la quarta sillaba del verso dovrebbe essere breve. Si potrebbe congetturare viuendoque in luogo di sic viuendo. 1549 Irregolarità
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[147, 2, pp. 17 s.] Ad r(everendum) p(atrem) Leonardum Lessium de suo hoc libro [trimetri giambici] Centum Decembres senibus indulsit Deus vixisse multis, rara quae nunc gratia est1550. Sed copioso tot senum e numero tamen, vix numerus est, mihi crede Lessi, tantulus, quantus fuisse fertur in Nili ostiis, centum nitentes qui sine nebulis dies, centum per annos integros, aspexerit. Qua caussa? sicne solem et aestiuum frequens aquae volantis horror obnubit diem? Non illa, Lessi, caussa tam grandis mali est, sed venter extra sobriae vitae orbitam effusus, appetentiâ immodici cibi, plerumque solem mentibus suum eripit, rationis ipsum crapulâ obtundens iubar. O misera vitae tam bonae dispendia! Vt praestat ad laudandam amussim viuere, quam pauculis doctisque, Lessi, chartulis ex arte scriptis explicas Machaonis. Tum nempe veram pura mens lucem adspicit et, absque faece, limpido fruitur die et, seu quietam se libris velit abdere seu magna caeli permeare moenia et se beatis applicare mentibus, nullo tenetur illigata compede. O grata longi temporis compendia! Sic viuere dies mauelim1551 centum aut minus, quam lustra centum tota alia vel amplius.
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Hermannus Hugo1552 Soc(ietatis) Iesu
[148] LIDDEL Duncan (Aberdeen 1561-ivi 17/12/1623): cf. AGL 2 c. 2424; BL 3, 777 s.; DNB 11, 1100 s. Ars medica, succincte et perspicue explicata, authore Duncano Liddelio Scoto, 1550 Si
tratta di un breve elogio della sobrietà. noti la raffinatezza dell’arcaismo. 1552 Herman Hugo S.I. (Bruxelles 9/5/1588-Rheinberg 12/9/1629): cf. AGL 2 cc. 1763 s.; Sommervogel 4 cc. 512 ss.; 9 cc. 500 s.; Aa 8, 2, 1412 ss. 1551 Si
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147, 2 – 148, 1
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cum gratia et privilegio s(acrae) Caes(areae) Maiest(atis), Hamburgi, ex bibliopolio Frobeniano anno 1608 [prima ediz. Amburgo 1607] [Stamp. Barb. M.VI.72]
All’inizio dell’opera compaiono, con il titolo Carmina, i seguenti versi: [148, 1] Ad Duncanum Liddelium Scotum, philosophum et medicum exi mium, collegam in Academia Iulia [esametri dattilici] Quid, Duncane, tibi Germania nostra rependet pro tantis meritis, quibus a te grata beatam gestit et obstrictam tibi dehinc se spondet in aevum, in precio antiqui donec sapientia secli, donec erit medico curati gratia morbi? Vos ego nunc testor, populares, quotquot inante1553 ad Viadri ripas Varnique ad amoena roseta, iamque haec sicca Elmi per tempea1554 pluribus annis Musaeis avide de fontibus ora rigastis: dicite, quis melius novit, quis rectius illo vos docuit, magni eximium quaecumque Platonis prodidit ingenium aut reperit mens nata Stagiris iudicioque probata acri atque examine iusto, mandavit cartis aevo noscenda futuro? Quae nunc post tot secla manent integra vigentque et puros animos mellito nectare pascunt, Naturam rerum qui perscrutantur et artes vivendi recte ac sese populosque regendi, quaeque, ultra haec, utraque via deducit euntes, promta suis ad quaeque operis, doctrina ministra, vt tamen haec ipsi et paucis communia credam. Num quis in excelso caelestes doctius arces permeat et fallace via minus ambulat, una cumque astris et sideribus, quaecumque superne immensos complent multiplice lumine tractus? Quisnam alius tam certa dedit compendia princeps, continuo, qua tutus eas, monstrantia ductu, tramite tam vario quo rario incidat error? Quotquot idem gelidis itiner1555 calcatis ab ursis,
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1553 Tardo
e medioevale. sarà refuso per tempora, a meno che non si voglia pensare a un aggettivo Tem peus (da Tempe), peraltro non attestato. 1555 Notare il prezioso arcaismo. 1554 Sic:
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hoc duce, quis vestrum est, quin gaudeat ire, vel optet huius pone sequi docili vestigia planta, si liceat, dea si tantum sibi faverit Anti[i]? Praetereo terraeque plagas latique profundi intervalla, lacus, amnes montesque nivosos vallesque et loca plana et deserta et bene culta, vrbibus aut vicis habitata, ubicumque per Orbem. Nil horum nescit: quasi viderit, omnia novit: res itidem passim, quovis et tempore, gestas bellaque pacatasque quietae Palladis artes, sedem aliam ex alia, quaeque ut sibi quaesierit gens, imperia in populos quem crerint quaeque per orsum inque novos qua sint successus lapsa ruinâ. His animos, iuvenes, vobis formare Britannus mirifice studuit: meliores undique facti, ingentes raro grates resonate magistro! Factus ad egregia1556 studia ingenuosque labores, Paeoniam, magnis quoque cultam regibus artem, pervigili cura longo iam tempore tractat. Ingenio tanto atque accincto talibus armis ludus erat, Coi senis exquisita reperta, artificisque immensa volumina noscere Mysi, quaeque alii, post hos, seu Grai[i], sive Latini, sive Arabes, sive hos aevo inferiore secuti, mente cata adiecere humanae gentis in usus. Nec grave sollerti, verum secernere falso, demereque indicio vulgaribus optima certo. Iulia gavisa est illo doctore frequentes omnibus e terris oriundos cernere alumnos; vosque viri virtus opibus ditavit abunde, quas promsit sibi commissis ab Apollinis arcis, facunda dictans decreta salubria lingua, quas vos usu ipso varias didatis1557 in oras, corpora firma quibus maneant, sanentur et aegra. Ipse graves fausto pellit conamine pestes, membra salutiferis recreans languentia succis: servatur vita his, illis minus esse molesta incipit, eiecto, qui torsit viscera morbo. Expertus dico. Mihi tenta1558 hypochondria saepe vltra lustra duo crudeli a tormine sedat.
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1556 Sic:
sarà refuso per egregius. sarà refuso per ditatis. 1558 Sic: sarà refuso per tanta, a meno che non si voglia pensare a un participio da tendo o da teneo. 1557 Sic:
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148, 1 – 148, 2
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Hactenus adsuetus multis afferre salutem, omnibus hinc toto sparsis mortalibus Orbe consulere instituit. Phoebei oracula sacri Naturae e latebris, recta ratione magistra eruta, cunctatus multum et vix tandem ab amicis victus consiliis, in commoda publica profert. Vade liber, nec te dextro prodire volatu opto. Tuo genio propriaque instructa1559 fruere fortuna, gratus pariter iuvenique senique, innumeris manibus doctae tractabere genti. Te vero, Duncane, aeternum Iulia amabit, aeternasque tibi decernit praemia laudes, doctrina sapiente suae quod pectora pubis perfundis penitus: vitâ sine labe quod acta, exemplo monituque easdem deducis in artes, promtus ad officium, nulli gravis, omnibus aequus, quem non fallit honos, non auri lamina flectit, immotus veri custos et fraudibus hostis et quod, publicitus quae prosunt, prima recenses, omnia solius modulo metitus honesti.
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Theodorus Adamius, iudicii provincialis in principatu Brunovi censi adsessor et Pandectarum iuris civilis in Academia Iulia inter pres, etc.1560 148, 1
[148, 2] Summo viro Duncano Liddelio Scoto, philosopho et medico [distici elegiaci] Ingenio geniis par, mente excelsior astris atque animo, quem nec totum etiam Orbis habet, omnia dum penetras, nec te explent omnia, ut unus quae summis fuerant singula possideas, nec tibi Aristotelis sapientia, nec tibi Coï, Socratis, Euclidis Pergameique senis sufficit et parvum est tibi, quod dat Graecia, quicquid cum Phariis, Syriis, Indus, Arabs, Latium, ipsam crescendo Naturam vincere tentas, Duncane, et maior te ipso etiam esse cupis. Quaere tibi atque alium procul hinc proficiscere in Orbem:
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1559 Sembrerebbe
un accusativo di relazione. Adami (Adamius), giurista e professore di retorica ad Helmstedt (sec. XVII): cf. AGL2 1 cc. 199 s. 1560 Theodor
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CARMINA MEDICALIA
arctius hoc tantis hospitium est opibus. Cornelius Martinus1561, Antwerpius, professor publicus in inclutâ Iuliâ, posui amico totos tres et viginti annos cognitissimo, familiarissimo, probatissimo
[148, 3] Ad clarissimum virum, d(omi)n(um), d(ominum) Duncanum Lid delium Scotum, medicum eximium, amicum observ(antissimum) et carissimum 148, 2 [esametri dattilici]
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Motus atque polos et sidera nosse, quid illa, si non impediat quae prima est causa, operentur in nobis ipsis, terrâ et regionibus infra sepositis, cur deficiat sol, luna laboret, quid prosint numeri, radius quem praebeat usum, iucundum est fructumque suum, sua commoda secum fert nec ea unius generis, πρὸς τἄλφιτα quamquam, aut nihil aut minimum faciat, regesque deceret1562, cum tamen Alphonsos hodie vix vivere credam. Tu1563 quantum hîc posses, Duncane, ubi Marchia fines Sauromatûm spectat, civis tuus inde reversus iamdudum in patriam Cragius1564 laudare solebat, audiit alta Bratislaï qua moenia surgunt vir gravis ac sapiens Duditius1565, Vranopyrgi Brahiades1566 Danaûm non ultima gloria gentis, ad Varni ripam et Balthen Brucaeus1567, ad Helmum Iulia, complures quae te mirata per annos suspicit, et de qua bene te meruisse nec ipsa Bascanie [sic] livore virens odiumque negabit. At quid in arte scias medica, quod regia Ditis hospitibus per te careat, docilique iuventae vt monstres morbi causas, praesagia mortis, quaenam spes aegris, quae sint tibi signa salutis, vidimus ipsi oculis his expertique loquuntur,
1561 Cornelis Martini, professore di filosofia e teologo luterano (Anversa 1567-Helmstedt 17/12/1621): cf. AGL 3 c. 227; BNB 13 cc. 900 s.; Aa 12, 1, 325. 1562 Sc. nosse. 1563 Sic: forse refuso per te. 1564 John Craig, medico (m. 1620): cf. DNB 4, 1372 s. 1565 Si tratta forse di Dudith von Horekovicz (1533-Breslavia 1589): cf. BL 2, 327. 1566 Cf. 32, 3. Per Danaûm vd. anche infra 190, 17, 3, nota 2081. 1567 Henri Brucaeus (Henricus Brucoeus), medico (Alost 1531-Rostock 1593): BL 1, 727; BNB 3 c. 105.
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quos operâ superesse tuâ dolet Aeacus; imo Iuliados nostrae quid praestes pulpita dicunt, et prae mille aliis liber hic, liber aureus, in quo scribundo nulli veterum cessisse videris. Queîs dapibus similes alias deprome tuoque ex locuplete penu cupidis satiarier expers invidiae nec avare apponas. Sic tibi laudes ac nomen paries dignasque merebere grates, quas solvent, quibus usui eris. Nihil amplius addo: sed volumus tamen, ut sola quae te cunque manebunt, simus in his, quorum tibi sit meminisse voluptas. Non tuus e nostro labetur pectore candor: non aliae1568 quibus excellis virtutibus, artus dum vis dia reget, vescemur et aetheris aurâ.
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Rudolphus Diepholdius1569, Graecae linguae professor Finis
* * * [149] Duncani Liddeli Scoti, medici clarissimi, Operum omnium iatro-Galenico rum, ex intimis artis medicae adytis et penetralibus erutorum, tomus vnicus, nunc recens ab infinitis, quibus ex typographi incuria scatebat, erroribus ac mendis re purgatus defaecatusque, a tractatuum et capitum ἀταξίᾳ probe vendicatus, nota tiunculis aliquot in margine auctus et illustratus atque adeo iuxta mentem authoris splendori suo restitutus, operâ et studio Ludovici Serrani1570 d(omini), medici Lu gdunensis......., Lugduni, sumptibus Antonii Chard, sub signo s(ancti) Spiritus 1624 cum permissu Superiorum [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.820]
L’opera si apre con una praefatio di Ludovicus Serranus (Ludovicus Ser ranus, Neomagensis Delphinas et d(ominus) medicus Lugdunensis, lectori philiatro s(alutem)) che così si conclude: «Vale et hoc Duncani monimen tum perpetuum in tuam memoriam reconde: [esametri dattilici]
[149, 1]
Gente Caledonius Duncanus et arte Pelasgus diuini Hippocratis mysteria clausa recludit».
1568 Sic:
forse refuso per aliter. Diephold, grecista (fiorito all’inizio del sec. XVII): cf. AGL 2 c. 117. 1570 Ludovicus Serranus, nato a Lione, medico (fiorito nella prima metà del sec. XVII): cf. AGL 4 c. 526. 1569 Rudolf
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CARMINA MEDICALIA
[150] van der LINDEN Jan Antonides (Enkhuizen 13/1/1609-Leida 5/3/1664): cf. AGL 3 cc. 2450; BL 3, 790 s.; NNBW 7 cc. 770 s.; Aa 11, 471 ss.; Michaud 24, 551. Ioh(annis) Antonidae van der Linden, doct(oris) et professoris medicinae practicae primi in Acad(emia), quae Lugduni Batavorum, De scriptis medicis libri duo: editio tertia et tertia auctior, Amstelredami, apud Ioannem Blaeu, 1662 [prima ediz. Amsterdam 1637] [R.G. Medic. IV.420]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [150, 1] V(iro) cl(aro) d(omino) Ioh(anni) Antonidae van der Linden, col legae coniunctissimo, Catalogum scriptorum medicorum tertium edenti [distici elegiaci]
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Qui memorat cedro dignos laudatque labores, queis insudavit turba Machaonidum, non te, grex studiose, gravat, sed putria pellit ocia et ad cursum suscitat ingenium. Sed Coeli munus memorat, mortalibus aegris impensum varia fertilitate bonum, quod dedit et populis, quibus est audire negatum magni animos sanans Numinis alloquium, quo velut in tenebris morti morbisque medenti tacta levi radio mens inhiaret opi. At, postquam Coelo lapsus caput exseruit sol, qui morbos succis indomitos radiis amovet et Stygia tergit caligine mentem et carnis tollens quae mala carne tulit, tum vero ingentem sese ars diffudit in Orbem et magnis apicem gressibus expetiit. Quod nisi vexisset feralis Bestia noctem et peteret morbos effera luxuries, iampridem summo victrix ars sancta niteret culmine, quae miseris indoluisse docet. Gratulabundus fudit I(ohannes) Cocceius1571
1571 Johannes Coccejus, teologo e biblista (Brema 1603-5/12/1669): cf. AGL 1 cc. 1982 s.; ADB 4, 376 ss.; Aa 3, 518 ss.
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[151] LOMBARDI Giovanni Francesco, di Napoli, teologo, medico e stu dioso di acque termali (metà del sec. XVI): cf. AGL 2 cc. 2509 s.; Minieri Riccio1 181 s.; Mosca-Capone 13; De Renzi 3, 489 ss. Σύνοψις eorum, quae de balneis aliisque miraculis Puteolanis scripta sunt, auc tore Ioan(ne) Francisco Lombardo Neapolitano,....: opus ab auctore denuo reco gnitum et locupletatum, Venetiis 1566, impensis Anelli Sanuiti, venundantur Nea poli apud Antonium Baccolum, ad insigne Aquilae [prima ediz. Napoli 1559] [R.G. Medic. IV.715]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [151, 1] Francisci Balisterii1572, Siculi Zanclaei, asclepiadaeum [asclepiadei minori]
Ψυκάν [sic], σῶμα τὸ καὶ τημελετεῖν θέλων ἐνθεῦθεν [sic] παρέοντ’ ἄκεα ζητέῃ. Τὸν μοῦν θερμανεῖ ἄρ’ συννοέων τέλος τῶν θερμῶν φύσιν; ἧς σώματος ἴασιν εὐρήσει προθύμως. Ἔργον ἔνεστι γὰρ θαυμαστὸν μέν, ὅπερ διῶ κόλος εὐφυὴς Λομβάρδου, σοφίης παιδ[ι]ὸς ἑκατέρης, Γᾶς τις γοῦν βιβλίον τουτ’ ἐπιλαβέτω.
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Non poche le irregolarità prosodiche e grafiche del carme: a v. 2, la prima sillaba di ἄκεα, normalmente breve, è scandita lunga; a v. 6 διῶ (qualunque cosa significhi: vd. infra) deve essere considerato monosillabi co; a v. 7 la terzultima sillaba di ἑκατέρης, normalmente breve, è scandita lunga; la stessa cosa avviene a v. 8 per quanto riguarda ἐπιλαβέτω. A v. 4 non costituisce difficoltà, almeno nell’asclepiadeo greco, la fine impura del verso, dal momento che la penultima sillaba di ἴασιν è di norma lunga. Inoltre congetturerei, a v. 3, Τοίνυν, in luogo di Τὸν μοῦν; a v. 6 δὶς καλὸς, in luogo di διῶ κόλος, e, a v. 8, Πᾶς (o, meglio, πᾶς) in luogo di Γᾶς. [151, 2] Ioan(nis) Baptistae Lombardi, Siculi medici, octastichon [distici elegiaci] Vt medici nequeant, velut est de more medentum, 1572 Si
tratta forse di Francesco Balistreri, poeta di Messina (sec. XVI): cf. Mazzuchelli 2,
1, 173.
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Naturae postahc vendere, vt ante, bona, hunc emat (et minimo precio!) relegatque libellum istum terque, quater, nec semel (ex animo seposito liuore procul, linguaque veneno suffusa, inuidiae quicquid et ora rigat) commoda Naturae, genium dotesque, medullas, tempore nec longo, noscere quisquis amat.
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[151, 3] Ioan(nes) Baptista Arcucius1573, philos(ophus) et theol(ogus) Neapol(itanus) 151, 2 [epodo giambico = trimetro giambico + dimetro giambico] Ornabat olim tua virenti Delius, Francisce, mirto tempora: nam te puellae lauerant Libethrides1574 liquore fontis Pegasi. At nunc opis repertor idem laurea ornabit hoc tuum caput. Dum, quae latebant temporis caligine micantiori lumine, profers in auras candicantis aetheris1575 haec tam venusta balnea, quae membra quaeque corpus omne languidum suapte confirmant ope; quae iam Salerni non pauebunt amplius timore pulso pectora, nec quicquid Orbem territat, nec omnia Iouis trisulca fulmina. Nunc ergo odorum vitra ex vrna caput Pontanus efferet meus. Cantauit ille balneas inter suas plectro decorus aureo.
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[151, 4] Ioan(nis) Hieronymi Cordi, medici Neapol(itani), tetrastichon [distici elegiaci] Baiarum thermas celebres per secula, lector, 1573 Giovanni
Battista Arcucci (Arcucius), poeta (sec. XVI): cf. AGL1 c. 511; Minieri Ric 37; De Renzi 4, 428; DBI 4, 12 s. a cura di Mario Quattrucci. 1574 Cf. Virgilio, ecl. 7, 21. 1575 Suggestiva la successione cromatica degli eventi descritti.
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atque Dicarchaei balnea sume sinus. Quae tibi summa mei Francisci cura dat, istis vtere et elatum pone supercilium.
[151, 5]
Donati Viridis Rosae Montellani tetrastichon [distici elegiaci] Si loca Cumarum, si balnea prisca Dicarchi Lucrinique cupis noscere forte lacus, Francisci hunc hilari, lector, lege fronte libellum, quem nunc ex Orci faucibus eripuit.
[151, 6] P(atris) Antonii Cephalaei1576 Nuscani ἐνδεκασύλλαβον [falecei] Thermarum cupias, amice lector, vires noscere forte si Dicarchi, Baianique sinus aquas tepentes, fere incredibilem dabant salutem quae aegrotis, posito furore Momi, Francisci scholia haec legas diserti.
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[152] LORENZ (LAURENTIUS) Georg Friedrich (11/3/1594-Lubecca 1673): cf. BL 3, 694; DBL 10, 136 s. Georgii-Friderici Laurentii Exercitationes in nonnullos minus absolute veros Hippocratis aphorismos eorumque rationes conscriptae: editio secunda, Ham burgi, sumptibus Iohannis Naumanni, anno 1653 [prima ediz. Amburgo 1647] [R.G. Medic. V.227]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi, preceduti da una lunga intitolazione: Ad virum excellentissimum multiiugae eruditionis, laude clarissimum, d(omi) n(um) Georgium-Fridericum Laurentium Lusatum, medicinae doctorem in cele berrimis Germaniae emporiis Gedani et Lipsiae quondam, iam vero Hamburgi practicum, experientissimum amicum et concivem suum, universam, a primis ar tis incunabulis repetitam et ad hanc usque nostram aetatem continuatam, medi cam historiam, secundum classes causarum morbificarum antecedentium in praxi 1576 Antonio
Cefalo, di Nusco, medico (sec. XVI): cf. Minieri Riccio1 92.
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CARMINA MEDICALIA
medica maxime attendendarum dispositam, magno longeque utilissimo labore adornantem; editioni vero eiusdem Exercitationes in quosdam Hippocratis apho rismos, dubitationi, ob contrarias observationes, obnoxios praemittentem
[152, 1]
[distici elegiaci] Mente repurgatâ, Bacon Verulamius, ausu magnum opus Organicum nobiliore dedit, instaurans artem Naturae, indagine mira experimentali1577 constituensque novam, historiis bene suffultam, testantibus ipsis sensibus, ut pateant, quae latuere diu, ventorum exemplo ostendens, vitaeque necisque historiis, causas, eruere atque modum. Talia dum meditor, sector vestigia, mentes magnatum1578 exoptans, obsequio faciles: semita monstrata ut placeat, certisque repertis abdita Naturae sic reseranda petant, votaque subiciens: similis sit cura medentum, ingenium atque labos, ire per historias. Ecce salutatus monstrat Laurentius uno1579, quae clausa innumeris, clara voluminibus observata, Galene, tua: hinc artisque parentis Graecia quod docuit; docta quod Arabia, Europaeorum quaecunque industria nota reddidit, inventa et, sedulitate patrum, nostraque, concedens ulli vix, addidit aetas, omnia concinno hic ordine disposita. Causarum ad numerum, quas quaerere cura fatigat, invenisse iuvat sollicitos medicos, eventu annexo morbi, ut praedicere verum vatum instar liceat, casibus in dubiis. Cum desudantem tantâ sub mole laborum spectarem et dictis Hippocratis brevibus limam adiungentem: stimulare celeusmate amico immersum Musis huncce virum libuit. Non cesses igitur, patriae lux aurea gentis, Laurenti, pensum continuare tuum. Nec te praecipitis turbent obstacula clivi,
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1577 Non
attestato in latino classico e in quello medioevale. Oltre tutto, sembra esserci un cretico iniziale. 1578 Tardo e medioevale. 1579 Sc. volumine (vd. v. 16 voluminibus)
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non laedant fessos aspera saxa pedes, sed iuga magnanimo superans excelsa labore, victor perge altam gloria adire viam. Sic novus Hippocrates toto celebraberis Orbe aeternâque tuum voce canetur opus. Saepius antiquos exedit tempus honores et quod habent Pariis marmora caesa iugis: ast tua te virtus, tua terris didita fama evehet, extremum non aditura diem. Iacobus Ianus1580, med(icinae) doct(or), sereniss(imi) Dan(iae) et Norw(egiae) reg(is) et elect(oris) principis medicus ordinarius
[152, 2] In Exercitationes aphorismorum quorundam Hippocratis simplici ratione firmatorum, a viro clariss(imo), excell(entissimo) d(omino), d(omino) Georgio-Friderico Laurentio, Hamburgen sium medico insigni, sub incudem revocatorum, elegia simplex [distici elegiaci]
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Vix, quod sensa negant, tua mens intelliget unquam recte, si credis me tibi vera loqui. Sic Stagirita putat, spagirûm1581 quoque Musa fatetur verum, caecuties? ecce prehende facem. Dic aliquid, sensu sine, quod ratione capessas primâ: sed, rogo, dic, ut mereare fidem. Philosophum quaeres? is mox tibi cognita dicet prima, sed ex sensu, non ratione tuâ. Quid medico credes, hic si ratione metiri cuncta volet, iussis sensibus ire procul? Noctua, mox mediis haec solibus omnia cernens, se mediâ credet nocte videre nihil? Audit, vix impar ratio, queis gramina crescant, et statuit decimo pollice stare polum? Devia sic ratio fit, si sine sensibus erret, sed credet caecae vix oculata manus. Fervida saepe tuis instat rationibus aestas, ô medice, et morbi frigida durat hyems. Proh! quot aphorismos1582, quot Celsi dogmata noster
1580 Jacobus Jan (Ianus), di Laubau, medico della vedova di Cristiano II e di Cristiano IV di Danimarca (m. dopo il 1658): cf. AGL 2 c. 1835. 1581 Termine umanistico. 1582 Irregolarità prosodica, dal momento che in realtà la sillaba -pho- dovrebbe essere breve.
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aegrotis didicit dinumerare chorus? Hippocrates dixit? Stupeas bona verba magistri! et quem non tela haec fulmine iacta movent? Icti ter sapiunt iurantque in verba magistri: quin tribuit telis tactus Apollo fidem? Rectius it primo nullum: tu coetera spectes et, semel icte, cave, ne feriare caput. Ante quater decies revolutos sidere soles emenso haud poterit clinicus ire foras? Plorat vel ridet doctrinae clinicus umbras, si nunquam aut citius sentiat aeger opem. Garrula grandiloquo sic haeret lingua nocetque aegroti ad lectum plura tacenda loqui. Hîc aliquid tacuisse iuvat, nocet esse locutum, dum medicam spectat clinica turba manum. Experiare prius, ratio num congrua linguae sit manuique simul: tum mihi rhetor eris. Philosophi multi mansissent, si tacuissent, nec nôssent aegris re sine verba loqui. In Coi cathedrâ sat doctus habebere, solum sed sapere hoc morbi vix reverenter habent. Qui miri narras? Speciem sapientia monstrat: qui si lingua parem nescit habere manum? Nempe brevis ratio, longa experientia, fulcra sunt medicae nunquam disseparanda domus. Quid vexas aegros causae discrimine, longa quos gravat ars, brevior sed medicina iuvat? Nam ratio rationis eget rationeque dicta saepius in praxi nil rationis habent. Ergo valet ratio, quando experientia firmam conciliat dictis indubitata fidem. Si tu mille scias digitis ostendere causas, tuque experte habeas inde, Ruperte1583, nihil. Cum ratione tuâ, noster Laurentius ungues dum tibi praecîdat, disce manere domi: sed natura viam ratioque exercita pontem hic ubi monstrarunt, egrediêre foras. Helvicus Dietericus1584, d(omini) ser(enissimi) reg(is) et princ(ipis) el(ectoris) Dan(iae) p(ro) t(empore) med(icus), scrib(ebat) Hamb(urgi) a(nte) id(us) Febr(uarias) 1646
1583 Potrebbe trattarsi di Christoph Adam Rupertus, storico (Altdorf 29/12/161227/2/1647): cf. AGL 3 c. 2315; Eckstein 488. 1584 Vd. supra n° 82.
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[152, 3] In effigiem authoris [per un ritratto di Lorenz vd. infra] [distici elegiaci]
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Personam potuit praesentem sculpere sculptor, eius at ingenium sculpere non potuit. Exhibet hoc scriptum praesens: scriptum Hippocrataeum, monstrans quid Cous dixerit Hippocrates. Non quis, sed quid quis, quam vere dicat in omni arte resciscendum non negat Hippocrates. M.J.G.P.C.
[152, 4] Ad excellentissimum et amplissimum virum d(omi)n(um) Geor gium Fridericum Laurentium, philosophiae et medicinae docto rem clarissimum, meditationes et labores suos in Aphorismos Hip pocratis publicantem 152, 2 [distici elegiaci]
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Saepius a vero veteres malus abstulit error et tenuit mentes nescius arte regi; nec mirum, quemvis Suffenum dicere possum nostraque plus aequo pectora noctis habent. Hinc maculae existunt, quas aut incuria fudit, aut natura hominum cavit in arte parum. Posteritas videt hoc solerti indagine tuque, docte vir, hoc scripto rite probare cupis. Enucleas libros magni dum Hippocratis, illum et veri cancellos transiliisse doces. Gratulor idcirco quod lecta labore diurno et nocturno cunctis reddere nota cupis. Perge ita, ceu pergis, medicam rimarier artem et critico incertas ungue notare vias. Ausis ipse tuis adsit supremus Iovah1585, ut maneas medici gloria magna chori. Iohannes Haberland1586, sch(olae) Witt(enbergensis) r(ector)
1585 Sic: per eliminare l’evenuale esametro spondiaco, si potrebbe proporre qualcosa co me p.es. Ausis ipse tuis supremus adesse [sc. possit o velit] Iova: vd. anche infra 152,5, 7. 1586 ��������������������������������������������������������������������������������� Johannes Haberland, erudito e rettore a Wittenberg (Braunschweig 1/2/1593-Witten berg 18/2/1665): cf. AGL 2 cc. 1299 s.
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[152, 5]
[esametri dattilici] Mappa velut celebri genio contexta Minervae, quo spacio Pontus claudatur, et aequora et orbis, quis vel ab Eois terrae stet terminus oris occiduove mari, nostris depingit ocellis. Vt breve quantumvis signum, quam vasta Colossi sit moles vultusque decor vel gloria frontis, sic calamus, vir dîe, tuus dotesque Iehovae, et xenia eximiae, quam incultus adoro, Minervae, ingeniumque tuum figit floresque Thaliae auspiciis lectos atque ipso praeside Phoebo. Aetherii fons summe boni, moderator Olympi, augeto auctori metas et culmina vitae.
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Sic vovebat Henr(icus) Lohm, s(ancti)s(imae) th(eologiae) stu d(iosus)
[152, 6]
Idem ad eundem [esametri dattilici] Innumeris hominum quamvis mortale beârit muneribus medicina genus, Chironia quamvis dextera vulneribus tulerit morbisque medelam atque Philoctetae sanârit crura Machaon, innumeri tamen errârunt, quos doctus Apollo ipse suas artes docuit: famosus Iäpis1587, scire potestates herbarum usumque medendi qui voluit, celebresque agitare haud degener artes, erravit, Phrygii neque vulnera tetra tyranni lenivit, siquidem Cretaea caulis ab Ida, purpureo qui flore comat succusque salubris herbae ignotus erat, Cypriae panac[a]ea venustae. Pellaei iuvenis1588 medici, cum saeva monarchae guttura gustassent aconita omnesque per artus saeviret trepidos virus praecordiaque ipsa flagrarent Stygio servorum accensa veneno, errârunt; nec equi1589 nudantes pectora, regem ferventi nôrunt includere languentem alvo.
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1587 Cf.
Virgilio, Aen. 12, 391 s. Magno: cf. p.es. Plutarco, Vita di Alessandro 76 s. 1589 Sic: probabile refuso per neque qui. Il v. 18 risulta spondiaco. 1588 Alessandro
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Errârunt alii veterum, nec Apollinis artes edocti, variis mactârunt cladibus Orbem cumque hominum vires se restaurare cadentûm censerent, Stygias homines misêre sub undas. Sic praeceps dubiis subnixa erroribus Orbem ambitio infecit, nullique experta medela continuo totum cursu vulgata per Orbem, pectora pervasit, morbis adhibenda nefastis. Posteritas vanis persuasa erroribus, acri tradita maiorum nisu pervolvit iisque confidit returque immota oracula Phoebi: dogmata, quantumvis nullâ ratione probata, arripit, authorum famâ vivace, sinistro vulgi iudicio et rudibus contenta susurris. Quae patribus placuere, placent, obscura nitore vix quisquam irradiat tenebrosaque lumine lustrat: arridet brevitas, et cum brevitate caligo, et qui mortales ad Tartara pertrahit error. Eheu! quot medici, veterum brevitate receptâ seducti, trepido veniunt in bivia1590 gressu! Quid, quod Tarsensis1591 sententia dîa vacillat, omnia sincerâ quae iussit mente probare, sive ea sint veterum, seu sint praescripta recentum? nam quod flagitium, quaeve est ignavia, stultae mancipium sectae stupidaeque libidinis esse? Quis furor1592, immenso temere1593 se credere ponto corticeque ignoto rapido se mergere fluctu? Nemo, satis firmis fretus rationibus, omnes evolvit rerum causas clausosque recessus. Nemo vel herbarum vel florum noscere vires radicumve petens, quid et experientia et usus traderet, agnovit. Nemo tot millia Parcis tradita curavit, Stygiis rapturus ab undis, quos reliquos Natura dedit superesse Deusque. Errarunt igitur medici, neque simplice naevo contenti, rabidas homines misêre sub undas. Errores autem veterum, si ferre medelam languori cupimus, nobis documenta ministrent
1590 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, di norma bre ve, viene qui scandita lunga. 1591 Evidente il riferimento alle epistole paoline: Rom. 7, 23; Thess. 1, 5, 21; Philip. 1, 10. 1592 Evidente eco lucanea (1, 1). 1593 Per evitare un eventuale tribrachi, si potrebbe pensare o a un allungaento di com penso o, meglio, ipotizzare temere .
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et moneant calidâ niti ratione, nec atrae mortales vitio nostro demittere morti. Hoc tua, Laurenti, docuit Phoebeia virtus, et, qua lascivos medicorum indagine fucos abstergis, ratio quid et experientia possit demonstras, renuens iurare in verba magistri. Huc perge, ingenii celebres impendere dotes, pellere languores morbosque fugare trementes: sidera sic summo pulsabis vertice coeli et tua se cunctas diffundet Fama per oras. Vivito Nestoreis, fautor vivacior annis, vivito nec longi capiant te taedia secli.
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Nel verso dell’ultima pagina che contiene i versi appena trascritti, com pare, a piena pagina, in una cornice ovale, il ritratto di Laurentius, con la scritta circolare Georgius Friedricus Laurentius d(octor) aetatis 53 anno 1647: vd. supra 152, 3. 152, 6 [153] LOTICHIUS (LOTZ) Johann Peter, medico e filologo (Nauheim 8/3/1598-Francoforte aprile 1669): cf. AGL 2 c. 2540; AGL3 3 cc. 2166 ss.; BL 3, 845; ADB 19, 268 s.; Eckstein 343; Pökel 161. Io(annis) Petri Lotichii Consiliorum et observationum medicinalium libri VI, in quibus plerorumque corporis humani affectuum curationes, praesertim remedia euporista, ab ipsomet autore partim inventa, partim ab aliis ante experta et mu tuata, luculenter et historice, tanquam in diario, proponuntur, Vlmae Suevorum, impensis Ioannis Gerlini bibliopolae, typis exscripsit Balthasar Kuehnel, rei publ(icae) ibid(em) typogr(aphus), anno 1644 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.1333]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [153, 1] De Petro Lotichio secundo1594 et Io(anne) Petro Lotichio, medicis ac poëtis [distici elegiaci] Petro Lotichio sic favit Apollo, choragus 1594 Petrus
Lotichius Secundus, medico e poeta (Niederzell 2/11/1528-Heidelberg 7/11/ 1560), probabilmente nonno di Johann Peter: cf. AGL 2 c. 2541; ADB 19, 270 s.; Eckstein 343; Pökel 161. Fu detto Secundus per distinguerlo dallo zio Petrus Lotichius, predicatore rifor mato (gennaio 1502-23/6/1567): cf. ADB 19, 269 s. Per i rapporti tra i vari componenti della famiglia vd. infra 153, 5.
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vt medica et melica primus in arte micet; sed magis in melica: nec enim Germania vatem laudat adhuc, illi qui prior esse queat. Tu quoque, Lotichii sanguis de sanguine, promptum te medica et melica, Iane Petre, arte probas; sed magis in medica: quoniam sic fiet, ut artes dein Phoebi exhibeat Lotichiana domus. Ianus Gruterus1595 f(ecit) Heydelbergae anno 1620
[153, 2]
De eodem Lotichiorum pari [distici elegiaci] Primus, quos tulerat quondam Germania, vates Lotichius sola voce secundus1596 erat. Alter Lotichius, post hunc, Germania, vates et merito nunc, et voce, secundus1597 erit.
Daniel Heinsius1598 Lugduni Batavor(um) 1635
[153, 3a] Ad eundem Io(annem) Petrum Lotichium, medicum, philologum et poëtam [distici elegiaci] Te tantum medicum, tantum, Ian-Petre, poëtam miretur, qui vult: res mihi mira minus: namque simul magnum medicum magnumque poëtam praestare, ut rarum, Lotichium tamen est.
1595 Jan Gruter (Gruytère, Janus Gruterus), celebre filologo classico ed epigrafista (An versa 3/12/1560-Bierhelderhof, Heidelberg 20/9/1627): cf. AGL 2 cc. 1218 ss.; ADB 10, 68 ss.; BNB 8 cc. 365 ss.; Aa 7, 506 ss.; Eckstein 215; Pökel 104. Da questi repertori e soprattutto dal dettagliatissimo elenco delle sue opere in BNB cit., non risulta che egli abbia pubblicato versi suoi dopo il 1614. Non trovo traccia di questi versi in Delitiae poetarum Belgicorum, huius superiorisque aevi illustrium, .....collectore Ranutio Ghero [anagramma di Jan Grute rus], Francofurti, typis Nicolai Hoffmanni, sumptibus Iacobi Fischeri, anno 1614, 4 volumi, soprattutto nel secondo volume dove sono riportati i versi dello stesso Gruterus con il titolo Iani Gruteri Varia (pp. 681-880). 1596 Petrus Lotichius Secundus: vd. supra 153, 1 tit. 1597 Johann Peter Lotichius (vd. supra 153 tit.): qui secundus vale “favorevole, propizio”. 1598 Cf. supra 141, 3. Non trovo traccia di questi versi nell’opera poetica di Heinsius: vd. supra nota 1457.
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[distici elegiaci] Munera Lotichiae sua genti Phoebus Apollo omnia largitur, qua medica[m] et melica[m]: hinc tua quid mirum tam pharmaca, carmina quam, si Phoebaeum redolent ingenium et genium? Io(annes) Georg(ius) Styrtzel1599, reip(ublicae) Rotenburg(ensis) ad Tubarim consul, f(aciebat) 1642
[153, 4]
Ad eundem [settenari trocaici]
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Doctor artis, quae Physi ministra, Palladi soror, curam habet salutis humanae, imperatrix Caesarum; cuius ipse, quando prodis, omne nunc mysterium, tot[o] medens morbis medentum tollis ignorantiam, quo malo nec est cum1600 audit pestilentius malum: iure Phoebo maior hinc es, maior Aesculapio. Ioan(nes) Sebastianus Blosius1601 Tubingensis, d(ominus) po liat(er) et prof(essor) publ(icus) Vlm(ensis)
[153, 5] Ad eundem de quadriga Lotichiorum celeberrimorum1602 [distici elegiaci]
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Latoides quum forte trium congesta videret Lotichidum studio carmina docta tuo, plausit et applausit, fatus: «Placet haecce virum mi triga, quibus claret Lotichiana domus: namque (fatebor enim) tot vix tulit altera vates stirps, quot vestra potest enumerare bonos.
1599 Johann Georg Styrzel, filologo e poeta (Augusta 12/4/1591-Rothenburg 17/4/1668): cf. AGL 4 c. 918. 1600 Cum è cancellato e sostituito, a penna, con nec. Il libro non reca nessun’ altra traccia di annotazioni, se non un’antica collocazione nel verso della copertina d’inizio: C 70 [ut vid.] XXIII. 1601 Sebastian Bloß, medico (Munsingen 4/11/1559-Sulz am Neckar 4/3/1627): cf. AGL 1 c. 1139; BL 1, 575. 1602 La quadriga è costituita da Peter I (1502-1567) (vv. 7 s.), dal figlio di suo fratello Jo hann, e cioè suo nipote Peter II (1528-1560) (v. 9), da Christian, fratello di Peter II (vv. 15 s.) e infine da Johannes Peter (1598-1669), nipote di Peter II (vv. 19 ss.), cui è dedicato il carme.
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Primus in his abbas Petrus, respublica Christi cui multum debet Pieridumque chorus. Successit primo cognominis ille Secundus, alter, qui Paeon quique Tibullus erat, cuius adhuc Italus, Germanus, Gallus, Iberus, (et quis non populus?) plectra canora stupent. Scilicet Almannos inter tenet ille poëtas, me, (facile !) primum, testificante, locum. Tertius hunc Christi dictus de nomine Ianus, eximius vates theologusque1603 fuit: nempe tuus venerandus avus fraterque Secundi, qui sat erat tituli notus honore sui. His, Ian Petre, tribus vel par vel maior haberis, quem schola cum primis Rinteliana1604 colit; qui, velut haud ulli concesseris arte medendi, sic (facile !) palmam nec tua Musa dabit. Ergo, quum numeret stirps Lotichiana poetae1605 quattuor insignes praecipuosque viros, nae miranda magis, magis et celebranda, quadriga Lotichidum, iungas si tua metra, foret. Atque ita vera probes, vulgo quae dicta feruntur, non a stirpe procul pendula poma cadunt et generosa patrum virtus cum semina transit1606 in natos, et quae talia plura docent». His ita Lotichidum tibi suadet Apollo quadrigam edere: si dederis, commoda mille dabis teque tuumque genus, cumulabis laude perenni, hoc tantum Phoebo conciliante decus. M(agister) Christophorus Wernerus, Graec(ae) ling(uae) et poës(is) prof(essor) in Acad(emia) Rintelana, anno 1629
[153, 6a] Ad eundem Io(annem) Petrum Lotichium, super editione Obser vationum suarum medicinalium, προσφώνησις gratulatoria [primo epodo dattilico-giambico = esametro dattilico + dimetro giambico. Per far tornare gli esametri è necessario eliminare (senza che il senso ne risenta) da cias 1603 La prima sillaba della parola, normalmente breve, è qui scandita lunga per evitare il tribrachi: un caso analogo a 225, 16, 5. 1604 La città di Rinteln nei pressi del Weser (Rint(h)elium ad Visurgim). 1605 Sic: evidente refuso per poetas. 1606 Sic: per manenere la lezione, bisognerebbe attribuire a transeo il valore (peraltro non attestato) di “far passare”. Sarà perciò opportuno emendare in semine.
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cun verso una parola (che peraltro risulta avere tutta l’aria di una glossa) e per la precisione: v. 1 modoque; v. 3 sibique; v. 5 loquaxque; v. 7 Lotichus; v. 9 munera; v. 11 novena; v. 13 bonusque; v. 15 ignibus; v. 17 et omine. A v. 10 è presente, tra le due ultime parole, un anapesto inciso] «Ergo, quae mundum sine fine modoque, molesta flagellas1607, Bellona trux et ferrea nobis Lotichium eripuit castrisque sibique deinceps (hei!) vendicavit perpetim?». moestus Apollo refert. Sed Fama loquaxque disertaque reddit nil huius illa mentiens: «Redditus est demum Aoniis ex Marte furente Lotichus [sic] castrisque sacris militat iamque adeo instituit vestras sua mittere munera ad aras medices1608 probata volumina» dixit et applosit Musarum turba novena sororum sacro recentique annuit. Quod vetus isque cliens doctusque bonusque bono omine mactat, audere iussit iugiter, iugiter aeternis arisque atque ignibus, usque coruscis, nec uspiam fax explicet. Quin et nos igitur gratemur nomine et omine fausto: sparsa per Orbem gloria.
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[153, 6b] 153, 6a
[falecei]
Ergo prodi, amor et liber diserte! prodi tempore perpolite longo! prodi scripte liber gravi Minerva, arte multiplici expolite! prodi diu culte manu laboriosa! Et nunc presse liber novenum in annum, sed post proficuo1609 labore multis! Prodi libere1610 et alma prode dona autoris tui amabilis, verendi! Est Machaoniae caterva turbae, quae te exspectat, amat coletque multum; est Machaonias amans caterva artes, quae propriis studetque privis
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1607 Sic:
forse refuso per flagellat. attestato: sembra ricavato da un’ ipotizzabile μεδική (sc. τέχνη). 1609 Tardo e medioevale. 1610 Si noti il continuo scambio tra liber “libro” e liber “libero”, con il conseguente mu tamento della quantità della prima sillaba. 1608 Non
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usibus: cupide illa te prehendet, amplexabitur osculabiturque nocturnaque simul manu et diurnâ volvet et teret improbo labore. Expertas, liber, explicabis artes, prodes pharmaca pluribus probata, prodes pharmaca centies probata; et meo inveniam usui parata et tuo invenies parata, lector, usui: invenient alii1611 perinde. Prodi ergo, liber, ociusque prodi! Sic prodesque tuas fidelis artes, prodes atque charismata et decentes stuporis tui abinde abunde1612 laudes. Sic et Lotichius peritus inter spectatos medicos videbiturque et, ceu fax nitida, inter hos micabit. Ingens gloria eum manebit ex hoc, ingens gratia eum fovebit ex hoc, ingens laus et honor, per omne seclum!
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Henricus Oraeus1613, Assenheimensis, f(ecit) 1637
[154] LYSER Michael, anatomista (Lipsia 1626-Nykjöbing 20/12/1659): cf. AGL 2 c. 2630; BL 3, 872 s.; DBL 10, 537 s.; ADB 19, 740 s. Michaelis Lyseri Culter anatomicus, hoc est Methodus brevis, facilis ac per spicua artificiose et compendiose humana incidendi cadavera, cum nonnullorum instrumentorum iconibus. Accessit tertiae huic editioni Caspari Bartholini1614, Th(omae) f(ilii), Administrationum anatomicarum specimen, 1679, Francofurti, ex officina Haffniensi Petri Hauboldi, regiae Acad(emiae) bibliopolae [prima ediz. Copenaghen 1653] [Stamp. Barb. M.VI.17]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [154, 1] Viro clarissimo d(omi)n(o) m(agistro) Michaeli Lysero, medicinae candidato, artem anatomice corpora secandi edenti 1611 Se
il testo è giusto, sarà giocoforza ipotizzare ali[i]: cf. p.es. Lucrezio 6, 1227. la scansione breve dell’ultima sillaba di abunde, di norma breve, vd. Prisciano GLK 2, 67, 20. 1613 Heinrich Oraeus, teologo, storico ed erudito (Assenheim 4/5/1584-Hanau 19/7/1646): cf. ADB 24, 408 s. 1614 Caspar Bartholin jr.: vd. supra nota 134. 1612 Per
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[distici elegiaci] Mire compactos resecas dum corporis artus, singula disiungens dexteritate novâ, Lysere, ingenii praebes documenta politi ac nostra applaudunt docta theatra tibi. Olaus Worm1615, d(octor) medic(us), profess(or) regius
[154, 2] In Cultrum anatomicum clarissimi viri d(omi)n(i) m(agistri) Mi chaelis Lyseri epigramma 154, 1 [distici elegiaci] Abdita dum reseras mulc[t]ati viscera trunci et clausi fibrae pectoris arte patent, ingenii produnt patulos praecordia sensus sicque ex visceribus condita fama venit.
Αὐτοσχεδιαστὶ f(ecit) Thomas Bartholinus1616 d(octor)
[155] MAGATI Cesare (Liberato da Scandiano) (Scandiano 14/7/1579Bologna 9/9/1647): cf. AGL 3 cc. 29 s.; BL 4, 27 s.; DBI 67, 313 ss. a cura di Anna Rita Capoccia; Capparoni, 1, 78 ss. Caesaris Magati Scandianensis, in almo Ferrariensi Gymnasio publici medici nae professoris, De rara medicatione vvlnervm, seu De vulneribus raro tractandis libri dvo, in quibus nova traditur methodus, qua foelicissime ac citius quam alio quouis modo sanantur vulnera: quaecunque praeterea ad veram et perfectam eo rum curationem attinent, diligenter excutiuntur permultaque explicantur Galeni et Hippocratis loca eo spectantia (haec autem duplici quaestione: I Vtrum melius sit vulnera quotidie soluere ac procurare, an pluribus interiectis diebus; II Vtrum tu rundarum et penicillorum vsus in curatione vulnerum sit necessarius: novum argu mentum est, a nullo hactenus attentatum, sed pulcherrimum et vulnera tractanti bus maxime fructuosum), cum triplici indice capitum, quaestionum et rerum om nium memorabilium, Superiorum permissu et priuilegiis, Venetiis 1616, apud Ambrosium et Bartholomaeum Dei fratres [è la prima ediz.] [Stamp. Barb. M.IX.31]
All’inizio del primo volume (legato con il secondo), compaiono, fra l’al tro, i seguenti versi: 1615 Vd.
supra 28, 1. Bartholin sr.: vd. supra nota 134.
1616 Thomas
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154, 1 – 155, 3
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[155, 1] De nova Caesaris Magati, philosophiae ac medicinae doctoris eximii, curandorum vulnerum methodo, illustriss(imi) d(omini) Ioannis Bonaroti Regiensis1617 epigramma [distici elegiaci] Saepe videbatur plagis Medicina negari inflictis etiam Paeonis artis ope; saepe querebatur susceptum corpore tristes ad Stygias homines ducere vulnus aquas. Hinc hominum Phoebus sortem miseratus iniquam, ne plus iam possit vulneris arte malum, ecce nouam mandat methodum procudier, ecce procudit Caesar, mittit: Apollo probat. Dentibus hanc rabidis quamuis iam rodere tentes, nil poteris, Phoebo cuncta probante, Theon: Caesaris et nomen toto memoratur in Orbe et Caesar summus dicitur esse μάγος1618.
5
10
[155, 2]
Eiusdem ad auctorem [distici elegiaci] Mortales olim, Caesar, mortalia tantum, dum vitam degunt, mens mihi, posse, fuit; omnia sed postquam methodum lethalia promis vulnera sananda , docte Magate, novam, numen inesse viris fateor diuinitus aura tributum ac tales cogor inire sonos: «Terricolae1619 possunt coelestia: namque Magatus diuina methodum texuit arte novam».
5
[155, 3] Ad Caesarem Magatum, philosophum ac medium excellentis simum, d(omini) Alexandri Vrbani Ferrariensis [distici elegiaci] Caesar es et medicus: monstras calamoque manuque 1617 Giovanni
Buonarroti: cf. Tiraboschi 1, 348: “Buonarotta [sic] Giovanni Reggiano fu poeta latino di qualche merito, e di cui leggonsi sovente nelle raccolte de’ poeti del suo tem po, ed in fronte di varie opere, fra le quali in quella De rara medicatione vulnerum di Cesare Magati, diverse composizioni poetiche”. 1618 Gioco di parole tra Magati e μάγος. 1619 Presente in Apuleio (de deo Socratis 6) e Lucilio (484 Marx, con var. terricula).
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CARMINA MEDICALIA
te merito tantis nomine et arte frui. Scribe, medere: nites, Caesar, scribensque medensque Hippocrates praxi, Tullius ore nouus.
[155, 4] 155, 3
Eiusdem in Zoilum [distico elegiaco] Zoile, crede mihi, procul es, quod caetera curat, non tua praeclarum vulnera curat opus.
[155, 5] Ad eundem Magatum d(omini) Reginaldi Cerlini Scandianensis [distici elegiaci] Vulneribus tactos grauiter dum morte leuasti, Caesar, de Stygiis eripiendo locis, aerius1620 inuidit Pluto Furiisque subactos immisit, vomerent qui maledicta tibi: inuidia maior verum tu negligis omnes, mira docens, quanam tu ratione geras. Sicque doces, medicae quisque vt doctissimus artis dignetur libris inuigilare tuis. Quin veteres medici, quorum monumenta reuoluis, si possint grates reddere reddiderint. Recte quod sensus germanos elicis inde, luci restituens, abdita quae fuerant, et tibi quaesitae laudis tollantur honores? Non ita, sed virtus praemia digna ferat.
5
10
[155, 6]
Eiusdem ad eundem [distici elegiaci] Composito per te, Caesar doctissime, libro nil noceat Momus, nil Libitina furens: dente Theonino quamuis desaeuiat ille, haec autem tumulis cuncta tegendo nigris, attamen illaesus non sentiet vltima fata: Caesaris aeternum non morietur opus.
5
1620 Sic:
evidente refuso per acrius.
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155, 3 – 155, 9
[155, 7]
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Eiusdem ad Scandianum authoris patriam [distici elegiaci] Patria, scandendi proprio quae nomine gaudes, nunc scandes rutili celsa per astra poli1621: solis vtramque domum vises, velut altera Roma, Caesare praestanti nobilitata tuo.
[155, 8]
Eiusdem in Zoilum [distico elegiaco] Zoilus accedat nemo: sin ipse recedet, aeterno victus1622 turpiter opprobrio.
[155, 9]
Eiusdem ad lectorem [distici elegiaci] Carmine cur tenui librum1623 laudare laborem? Vendibili vino nil opus est hedera. Perlege mi, lector: quando perlegeris autem, «Hic nulla» dices «laude libellus eget».
* Il secondo volume (legato con il primo) reca l’intitolazione Caesaris Magati Scandianensis, in almo Ferrariensi Gymnasio publici medicinae professoris, De rara medicatione vvlnerum seu De vulneribus raro tractandis liber secundus, in quo nova traditur methodus ad vulnera particularia totius corporis cito, tute et iucunde persananda, cui iuncta est Appendix de vulneribus tormento bellico inflictis [L’appendix, contenuta alle pp. 114-121, reca in realtà il titolo Appendix de vulneribus sclopo inflictis Caesaris Magati], cum triplici indice capitum, quaestio num et rerum omnium memorabilium, Superiorum permissu et priuilegiis, Venetiis 1616, apud Ambrosium et Bartholomaeum Dei fratres.
1621 Evidente
gioco di parole tra Scandiano e il verbo scandere. erit. 1623 Se si accetta questa lezione si intenderà “il libro, che è costata una bella fatica”; al trimenti si dovrà emendare in libri. Si noti l’allitterazione, fondata sulla ripetizione iniziale della liquida. 1622 Sc.
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All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [155, 10] Anagramma in virum excellentissimum, d(ominum) Caesarem Magatum Scandianensem, philosophum et medicum lautum et ra rum: CAESAR MAGATVS SCANDIANENSIS DOCTOR. NASCITVR ARS MAGE DOCTA SANANDI C(A)ESOS. [distici elegiaci] Laudum, Castalides, priscorum claudite rivos patrum, queis medica ars nomen habere dedit. Abscedat Chiron, fidus cum fratre Machaon, et si quos istis barbarus addit Arabs. Non vltra saturas obtundant laudibus aures ventosis prolis sêcla vetusta suae. NASCITVR hoc nostro SANANDI tempore CAESOS ARS MAGE DOCTA, abavûm quâ caruêre patres. Ars nova, tuta, brevis, facilis, iucunda, cruentis quae cito vulneribus commoda mille ferat. Quis tradit methodum? Nomen fatale Magati hoc dictat: praesens hoc anagramma probat. Macte Magate, tibi aetates obstringe futuras: magnum namque opus est, ferre salutis opem. Macte Magate ergo, claris insistito coeptis: nascere, cresce, vige, magne Magate, magis1624.
5
10
15
[155, 11]
Ad vulneratos [distici elegiaci] Dum raro solvit medicus tua vulnera, sumit vim calor inde novam nec dolor vllus adest. Tu contra solvas medicorum saepe crumenae1625, vt non vitali priva calore gemat1626. Raro vulneribus beat ille salute solutis te: tu solvendo saepe, bea medicum. Nam qui opus impendit tibi opemque operamque fidelem, cur non vis et opes lambat vt iste labor?
5
noti la marcata allitterazione che caratterizza la σφραγὶς finale. sarà refuso per crumenam (cf. v. 4 gemat). 1626 Sc. crumena. 1624 Si
1625 Sic:
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155, 10 – 156, 1
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Lusit Ioan(nes) Thuilius Mariaemontanus1627, ph(ilosophiae) et m(edicinae) d(octor)
[156] MARCHETTI(S) Pietro de, anatomista e chirurgo (Padova 1589-ivi 16/4/ 1673): cf. AGL 3 c. 146; BL 4, 72. Petri de Marchettis, philosophi ac medici Patauini, equitis d(ivi) Marci et in patrio Gymnasio chirurgiae olim, nunc vero anatomes professoris, Observationum medico-chirurgicarum rariorum sylloge. Accesserunt aliquot obseruationes aucto ris posthumae, Patavii, 1675, typis Iacobi de Cadorinis, Superiorum permissu [pri ma ediz. Padova 1664] [R.G. Medic. V.282] [Tav. IV]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [156, 1]
Ode [strofe alcaica] Hostis minanti subripuit virum, qui1628 concidentem fulmins1629, ciuica olli decorabat corona vrbs meritam generosa frontem. Decreta magnum est irreuocabilis miscere fati pollice ferreo vitamque tollentes Sorores intrepida prohibere dextra.
5
At iam recisum iungere caelica virtute stamen, maius; adoream huic fulua gemmis aggrauatam Gangeticis1630 paret vnda ripis.
10
Desaeuientis spiritus aeneus1631 aestus vagantes pectoris excitet, tremant tumultus proeliorum
15
1627 Vd.
supra nota 1001. probabile refuso per cui (cf. v. 3 olli). 1629 Sic: refuso per fulmine. 1630 Gangeticus ha, di norma, la terzultima sillaba lunga (cf. p.es. Ovidio, met. 6, 636; Marziale 8, 26, 1), anche se è possibile trovare l’ultima sillaba di Ganges breve, come in Pru denzio, contra Symm. 2, 607. 1631 Sic: dal momento che l’agg. a(h)eneus in poesia è sempre quadrisillabo (vd, anche infra v. 46), si tratterà di un refuso, probabilmente in luogo di acrius. 1628 Sic:
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et dubii fera castra Martis: Mors victa cedet, dum medicam manum Marchettus aegris porriget, igneam vitam qui inaccesso Tonanti eripuit meliore fato.
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Iactet cruenta funera cuspide ferocientis dextera militis, tormenta nimbo fulminanti vulnificos iaculentur ignes: nulli timendum, dum Podalirius noster peritis artibus inseret vitam, recisos sine1632 iunget, seu rigidos animabit artus.
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Phoebo probatos nouimus aureae [ut vid.] mentis labores hac methodo: freios1633 nunquam profundi coget Orci vulnus atrum properare sedes.
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Abeste diui, terricolae valent arcana coeli pandere: texuit, vestris vagans in viretis mente, sibi diadema vitae
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Marchettus et per regia compita formam prioris carpsit originis, secretiores et cupiuit luminibus penetrare partes:
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hinc mira virtus ora, fauentibus creuit docendi prosperitas diis, hinc fluxit in nos, dum notatis docta patent monumenta chartis. Quae non peribunt, fixa sed atriis diuum manebunt, quae nec aheneus dissoluet imber nec seuerum exitium meditatus ignis.
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Tibi flagrantes interea fores laxantur, almae lucis honoribus, te, Petre, suspirat, fluenti turba micans religare serto.
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1632 Sic:
evidente refuso per siue. ut vid.: sarà necessario emendare in qualcosa come freti concordante con pro fundi di v. 31. 1633 Sic
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156, 1 – 157, 1
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Conscende coelum, dum tibi numine fauent amico sydera: iam dii fulsere laeuum, iam serenum non dubia tenuere flamma.
55
M(agister) Ant(onius) Franchinus1634, phil(osophiae) et med(icinae) d(octor)
[157] MARQUARD (MARQUART) SCHLEGEL Paul (Amburgo 23/8/1605ivi 21/2/1653): cf. AGL 4 c. 276; BL 5, 81; ADB 31, 391 s. 156, 1 Pauli Marquarti Slegelii, med(ici) Hamburgensis, De sanguinis motu commen tatio, in qua praecipue in Ioh(annis) Riolani1635 v(iri) c(lari) sententiam inquiritur, ad clariss(imos) viros, d(ominum), d(ominum) Christoph(orum) Schelhamme rum1636, anatom(es), chirurgiae et botanic(es) p(rofessorem) p(rimarium) in illus tri Salana, et d(ominum), d(ominum) Gilianum Gartzium, medicum Hamburgen sem, anatomicos exercitatissimos, Hamburgi, typis Iacobi Rebenlini, sumptu Zach(ariae) Hertelii, bibliop(olae) Hamb(urgensis), a(nno) C(hristi) 1650 [sembra essere la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.1368 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [157, 1] Claris(simo) excellentissimoque medico et anatomico, d(omino), d(omino) Paulo Marquarto Slegelio, De sanguinis motu scribenti [esametri dattilici]
5
Slegeli, sustolle caput: nova tradit Apollo serta tibi laurisque virens innexa renidet quercus et Harveo1637 communis adorea laudes congeminat, plaudente choro per florida Pindi culmina Pieridum, quae doctis praemia sacrant frontibus et digno mittunt in saecula cantu. Felices animae, quas magnas inclyta virtus res tentare iubet verique aperire latentis
1634 Potrebbe trattarsi di Antonio Francini il giovane, poeta, (sec. XVII) di cui parla Negri 60, anche se non si specifica il fatto che fosse medico. 1635 Jean Riolan jr., medico di Enrico IV e Luigi XIII di Francia (Parigi 20/2/1580-ivi 19/2/1657): cf. AGL 3 c. 2106; BL 4, 822 s.; Michaud 36, 46 s. 1636 Christoph Schelhammer (Amburgo 15/4/1620-Weimar 21/1/1652): cf. AGL 4 c. 240; BL 5, 62; solo un accenno nella voce dedicata al figlio Günther Christoph Schelhammer, anch’egli medico (1649-1716), in ADB 30, 755 s. 1637 Vd. supra n° 117.
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arcanas sedes! Phoebeis corpora cultris docta manus reserat. Non abdita viscera clausae 157, 1 defendunt latebrae: penetralia pectoris imi panditis et sacri labyrinthus in arce cerebri et ventris cortina patet. Quae vincula nectant ossa, quibus celeres motus tendantur habenis et flexus membrorum agiles, monstratis apertis artubus. Haut oculos eludit vena sagaces, haut fibrilla1638 fugit: non cernit acutius ales regius aut lynces aequali lumine praestant: haec manus, haec visus dat cognoscenda tuenti. At mens ducta polo, divino semine creta, conscia Naturae, secretis omnia librat sensibus atque alte penetrat, quo nulla videntis ire potest acies. Haec indistincta retexit, haec iungit divulsa: ingens aperitur origo et sese rerum produnt ex ordine causae. Felices animae, sua qui1639 sacraria noscunt structuramque domus! Qualis credatur habendus incola, qui stulte nescit, quibus utitur, aedes; quae thalami, quae sint discrimina nota culinae; Musaeis itidem quantum coenacula distent! O rerum ignari! Qui rex bona publica curet, tot species hominum moderetur legibus aequis, ignorans terraeque situs moresque locorum et queis claudantur regionum finibus orae et cives, quoscunque regat. Sunt mentibus aulae corpora: regnantur partes animaeque gubernant, felices, si recta iubent. Sapientia prima se didicisse satis, sua cognovisse secunda est. Adspicite ô homines, miracula quanta geratis, in vobis conclusa ipsis: compendia Mundi estis et innumeras aequatis imagine formas! Quid perlustramus magnis ingentia curis et summo stellas studio luctamur ad altas, immemores nostri? Qui naevi lumina solis commaculent, quantos attollat Cynthia montes, qui Iovis observent gressus, cur falciger1640 heros ambulet ansatus quique adspectantis ocellos aetheris eludant ignes fulgore minuto, captandi vitris, magnae est comprendere laudis,
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1638 Non
attestato in latino classico e medioevale. sarà refuso per quae. 1640 Attestato soltanto in Silio Italico (17, 417) e in Ausonio (385, 36). 1639 Sic:
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maioris nosmet, si non oracula fallunt. Insolitis placet ire viis penitusque remotas audemus tentare plagas, qua subdita Titan exurit, fundens directo e vertice flammas, qua loca perpetuo contraria frigore torpent currimus. Audaces pervadunt aequora naves terrarumque sinus omnes pelagique reressus1641. Oceanus stupet ipse pater, circumvaga Tethys improbat indignans, qua vastas incitat undas, una omne hoc obitum metiri posse carina1642. Immanes ausus et dignam Pallade pinum, quae prima hoc perfecit opus mundique secuta circuitum solisque ausa est aequare meatus! Viderit ante omnes felix nova regna Columbus1643 et magni servent Americi1644 nomina: princeps, princeps divisi rupit coeuntia mundi claustra Magellanes1645 aliudque intravit in aequor. Non puppis pars ulla prior per coerula Nerei decurrit maria: huic rerum victoria cessit, debita navigiis, quae totum transiit Orbem, navis, inaudito fortunatissima cursu. Invidit Fors ipsa viro reducemque paternae noluit Europae, sed gloria laude perenni sublatum, pro nave, vehit: monumenta laboris immensi et ratis emeritae servantur Iberis. Neptuni pignus, quod clara Britannia partu prosperiore dedit, Dracus1646 perrupit easdem successu meliore vias: favere secanti aequora Nereides, submisit ubique secundos ventorum flatus laxatis Aeolus antris. Emisit mundum visuras Anglia puppes, linquitur Europae pars ultima, littora cedunt barbariae dictasque canum de nomine terras1647 praeterunt: laeva longo iacet Africa tractu, dextra Brasilia est. Alium properatur ad axem et zonam mundi scindunt: fert cursus in austrum
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evidente refuso per recessus. si dà a metiri valore passivo o bisogna emendare in unam....carinam. Inoltre, omne hoc andrà emendato in omnem hunc. 1643 Cristoforo Colombo. 1644 Amerigo Vespucci. 1645 Ferdinando Magellano. 1646 Sir Francis Drake. 1647 Evidente riferimento alle isole Canarie: cf. p.es. Plinio, nat. hist. 6, 205. 1642 O
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occiduumque latus: freta mox faucesque malignas invadunt, flammis illinc loca clara relucent, Patagonum hinc cautes consurgunt. Inde quietum incipiunt sulcare salum versusque triones adscendunt iterum: Chilensia regna relinquunt a tergo (divesque Peru sinuatur ad ortum post iter) et terras lustrant dominante Philippo1648 devictas pluresque alias, quas India vastis spargit aquis. Rursus fuscos via ducit ad Afros, spe clarus superatur apex dextrique sinistra mutantur, patraeque ratis se sospes ovanti reddit et emensi finitur circulus Orbis. Quid miramur adhuc victi miracula Ponti Oceanique vices et certo tempore motus? Queis spumante aestu nunc littora pulsa fatigat nunc refugit fluctusque resorbet vasta vorago? Congruimus mundo, motus Natura figurat in nobis: fertur certa ratione reditque in sese sanguis tenditque iterare recursus. Absolvit primus repetitum sanguinis Orbem aequali florens cum Draco laude Britanus, vel potius maiore: habuit vestigia nautae praegressi Dracus, nullius signa sequendo corporis Harveus gyro complectitur undas. En cor, rex vitae, cui vis innata movendi perpetua est, recipit dextro1649 sine fine, receptos sanguinis emittit latices e fonte sinistro et crassis valide venis impellit: ab ictu hae1650 saliunt, cruor in partes dispergitur omnes et porro venas alias illasque quietas ingreditur properatque iterum se infundere cordi, infusus pariter remeat, mora non tenet ulla, nulla quies semperque venit semperque recedit itque redique viam toties: per viscera tali perque artus cursu, per summa, per infima fertur: sanguinis emensus revoluti circulus hic est. O felix tanto, felix Harvee, reperto et fati bonitate tui! Quid saecla rependant successura tibi? quot grates ordo medentûm authori solvat? Tanta stupet arte Galenus Hippocratesque silet: sibi cognita nostra fuisse
1648 Filippo
II. fonte: cf. v. 112. 1650 Sc. venae. 1649 Sc.
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1651 Vd. 1652 Sic:
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mallet Aristoteles. Cunctas ingentia laudes excedunt inventa. Meo si pectore centum insideant Musae et centum sint ora loquenti, inferiora tamen divino munere fundam. Vix habuit res mira fidem, vix credere multi doctorum e numero potuerunt sensibus ipsis aut tantum reperisse hominem: nunc vincitur error paullatim mentesque subit reverentia veri. Accedit causae consors Riolanus1651 et ingens affert momentum, Phoebi Riolanus amicus (cui faciles Pallas cultros ritusque secandi felices dedit) hinc partis ex arte tropaeis eminet ante alios et vertice pulsat Olympum. Nec te, Slegeli, nec te, doctissime, praestas indignum virtute tua dextramque peritam arguis ingeniumque valens cultumque modesti pectoris et veri pulchre confundis amorem. Sanguinei motus sollers scrutator acuta mente capis, quicquid sensus fugit: omnia cedunt indaganti animo. Testatur scita papyrus, quae te regnatrix monstrante Lutetia quondam audiit et clari sedes augusta Patavi Romaque Parthenopeque vigens aliaeque beatae doctorum hospitiis urbes [Iena] melyta1652 Iena, talia praesertim mirata est saepe docentem. Certate, illustres animae, virtutis amore: palma sita in medio est. Antro demerso profundo vera latent alte: totum perquirite fundum, eruite et claro deprensa exponite soli. Mens acuit mentem. Chalybis ferientis ab ictu igne silex saliente micat: micat aurea veri, si premitur, species, decorato pulchrior ore Luciferi candentis. Amant certamina Musae, docta tamen, tranquilla tamen: non qualia passim faex iacit ambubaiarum crudoque tumultu excitat in triviis credo nasumque minacem rhinocerontis habens foenique in fronte maniplum. Non hoc congreditur, non certat more virorum nobile par. Nullos flammant generosa furores pectora. Doctrinae studiis miscetur honestas et vero succumbit honos. Sic arce virentis
supra nota 1635. sarà necessario congetturare qualcosa come p.es. mystica.
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Parnassi in summa, posito contendere fastu Calliope Cleioque solent doctaeve sorores forte aliae, quae sit chordas pulsare sonantes, quae melior cantare: sedet pro iudice Phoebus celsior, attendunt ad carmina grata Camoenae aeriaeque favent rupes. In fine coronas expedit et frontem cingit Cyrrhaeus utrique: hic etiam lis docta agitur, praefectus Apollo praesidet et meritis amborum praemia iustus dispensat: quernas assumit laurea frondes et tua perpetuis iussu, Riolane, Minervae, et tua, Slegeli, scribuntur nomina cedris. Sanguinis a vobis agitatur circulus. Haec est rex magnis digna ingeniis: haec omina secum portat et aequales signant praesagia sortes. Sanguine nutrimur, consistit sanguine vita: discurrunt motu nunquam cessante cruores: fine caret, quidquid totum se flectit in orbem. Vos assertores, vos sanguinis ista manebunt haut aliter: vivetis enim post funera vitam constantem praesente magis. Vivetis et alter victuris dabitur sanguis, quem fama refundet, (sit fas his uti verbis): fama inscia mortis aeterno motu vestros diffundet honores, qua coelum, qua terra patet totusque reflexi circuitus mundi vos circumducet ab ortu solis ad occasus et ab his repetetur Eoae meta plagae: quales servant quoque sidera cursus et ductos in se sol qui decircinat1653 annos praecipue. Talem praefert Natura figuram et talis perfecta decet. Decreta Senatus fecit Apollineus, Cyllenius aere notavit: «Ne porro dubitate: rotat se sangvis in orbem: authorum similes imitatur gloria motus».
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L(ibens) m(erito)q(ue) d(icavit) c(onsecravit)q(ue) Michael Kirstenius Silesius1654
[158] MASINI Nicolò, medico cesenate (fine sec. XVI): AGL 3 c. 259. Nicolai Masinii Caesenatis, philosophi et medici, De gelidi potus abusu libri tres, assentientibus Superioribus, Caesenae 1587, apud Bartholomaeum Rauerium 1653 Attestato 1654 Vd.
solo in Manilio 1, 296; 3, 326. supra 92, 3.
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157, 1 – 158, 3
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[colofone finale De Superiorum licentia, Caesenae anno 1587, Bartholomaeus Raue rius excudendum curabat] [sembra proprio la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.393]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [158, 1] Laurentii Frizolii1655 in Nicolai Masinii librum gelidum inmodice potum damnantis [distici elegiaci] Frigidulo1656 contenta sitim depellere potu Natura et glaciem respuit atque niues. Id medicae perhibet cultor Masinius artis, omnia non dubia qui ratione docet. Credere doctiloquo par est, ne dira per aestum cum tristi incautus frigora morte bibas.
5
[158, 2]
Eiusdem de vino nive refrigerato [distici elegiaci] Quid Bromium ignigenam1657 lymphis gelidoque rigori infensum niuibus mergitis aut glacie? Ah scelus, intonsum floris iuuenilis alumnum omnis et auctorem perdere laetitiae! Iam nihil intersit, damnandus frigore Bacchus incolat Hesperiam, torpeat an Rhodope.
5
[158, 3]
Camilli Antentii1658 Caesenatis [distici elegiaci] Ille ego, qui curas hominum de pectore quondam1659 eiicere et mentes exhilarare queo, frigidior glacie et niuibus post factus iniqua lege, homini mortem noxius accelero.
1655 Lorenzo 1656 Presente
Frizolio (Frizzoli) (sec. XVI): cf. AGL2 2 c. 1267. nella Ciris (251; 348), Catullo (64, 131) e Marco Aurelio (in Frontone, van
den Hout 31, 5). 1657 Usato soltanto da Ovidio, met. 4, 12 e riferito, per l’appunto, a Bacco. 1658 Sarà refuso per Autetii: vd. infra 195, 6. 1659 Evidente l’eco virgiliana dell’attacco (serviano) dell’Eneide.
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CARMINA MEDICALIA
Id sentit medica praestans Masinius arte, consulit et tantis protinus ille malis: nam liber gelidis niuibus gelidoque rigore nunc ego laetitiae sum (velut ante) dator.
5
[158, 4] 158, 3 Eiusdem [distici elegiaci] Masine, rerum causas qui noscis1660 et aegros sanas atque Orci comprimis ingluuiem, quos artis medicae fontes modo pandis ab ipso vel Phoebo manant vel tibi Phoebigena: si non, hic igitur Baccho fluit vnde salubris, torpenti niuibus lethiferoque gelu?
5
[159] MASSA Niccolò (m. Venezia 1569): AGL 3 c. 264; BL 4, 111 s. Nicolai Massae Epistolarum medicinalium tomus alter, nunc primum in lucem editus, in quo methodus curandi uniuersalis et ad profliganda uaria morborum genera consultationes saluberrimae continentur. Multae item Hippocratis, Galeni, Avicennae aliorumque insignium medicorum obscurae enodantur sententiae: liber physicis, chirurgis aliisque medicinae studiosis maxime utilis ac necessarius, cum gratia et priuilegio, Venetiis, ex officina Stellae Iordani Zilleti, 1558 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.248]
Subito all’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [159, 1]
Bernardini Feliciani1661 carmen [epodo giambico = trimetro giambico + dimetro giambico] Quincumque curare artibus medicis graues morbos et aestus febrium sedare concupiscis, unum iam legas Massam: hic enim breuissime exponit omnia, Cous olim quae senes aut Pergamenus in suis scripsere libris multaque insuper addidit.
5
1660 Eco
di Virgilio, georg. 2, 458 s. trattarsi di Giovanni Bernardino Feliciano (Feliciani) (Venezia 1490 ca.dopo il 1552): cf. AGL 2 c. 549; BL 2, 497; Eckstein 155. 1661 Potrebbe
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158, 3 – 160
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Ceu riuus a magno fluens fonte1662, saliens laeta hac et illac pascua irrigat, ut inde uberrimos fructus colit quicunque rura proxima percipiat. Haud inueneris hic uerba selecta nimis aut ornata, sed trita [et], usitata singula ac, quas agit, res grauiter exprimentia, paruo ut labore reperias, nulloue potius, quicquid indagare in hoc decreueris genere. Ergo age1663 studiose lector: omnibus missis, in hunc incumbe toto pectore.
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[159, 2]
Io(annis) Francisci Perandae epi(scopi) [distici elegiaci] Quid tandem superest operum mortalibus ausis? quidue hominum superis aemula mens cupiat? Haud equidem miror vetitumue Promethea coelo inuiaue humano Tartara pressa pede, quando etiam praestat, quod diuum est, Massa repertis, dum fera Paeoniis uincere fata docet.
5
[160] MASSARIA Alessandro (Vicenza 1510 ca.-Padova 17/10/1598): cf. AGL 3 c. 265; BL 4, 112. Practica medica seu Praelectiones Academicae, continentes methodum ac ra tionem cognoscendi et curandi plerosque omnes totius humani corporis morbos, ad natiuam ac genuinam diuini Hippocratis et scientissimi Galeni mentem vere optimeque institutam, in antiquissimo et celeberrimo Patauino Gymnasio habitae a nobiliss(imo) atque clarissimo viro d(omi)n(o) Alexandro Massaria Vicentino, medicinae Patauii professore primario, nunc primum, quanto fieri potuit studio, politissime adornatae certisque libris ac capitibus distinctae, publico medicinae studiosorum commodo foras dantur abs Ioanne Baumanno1664, m(edicinae) d(octore) Francof(urtensi), cum gratia et priuilegio s(acrae) Caes(areae) Mai(estatis) speciali ad decennium, Francoforti, sumptibus Nicolai Bassaei, typis Melchioris 1662 Dattilo
inciso in prima sede, come anche in terza sede di v. 13. noti l’effetto allitterante determinato dalla ripetizione della velare sonora, antici pato da indagare del v. precedente. 1664 Si tratta forse di Johann Nicolaus Baumann, medico dell’inizio del sec. XVII: cf. AGL 1 c. 868. 1663 Si
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CARMINA MEDICALIA
Hartmanni, anno 1601 [colofone finale Francoforti, apud Melchiorem Hartman num, sumptibus Nicolai Bassaei bibliopolae, anno 1601] [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.1709]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: 160 [160, 1] Ad Fabium Pacium1665, Alexandri Massariae ex coniuge nepotem, philosophum ac medicum Vicentinum longe praestantissimum [falecei] Paci, Phoebigenum decus sophorum, Paci, Asclepiadum iubar medentûm, quot vel curriculum vetustioris secli vel peperit recentioris. En tibi lacrymas recens obortas, en tibi querulos madente planctus ore, proh dolor, ô dolor profusos. En tristem tibi naeniam, doloris en tibi monimenta, quae iuuentus Germana, officii memor, magistri deplorans obitum celebrioris, celebri tibi dedicat magistro; atque si tibi, Massaria, quondam carior propriis fuit medullis, ista ne tibi sordeant, precatur. Sic te laude superstitem perenni erepto deus aemulum magistro tantis sufficiat parem ruinis, Paci, Phoebigenum decus sophorum, Paci, Asclepiadum iubar medentûm, quot vel curriculum vetustioris secli vel peperit recentioris.
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[160, 2] Ecloga, quâ, sub Thyrsidis et Amyntae pastorum nomine, inclyta Germanorum philosophiae ac medicinae studiosorum natio peril lustrem excellentissimumque Alexandrum Massariam, Cosmi pas toris nomine designatum, praeceptorem de se optime meritum, Patauii defunctum lamentabatur [esametri dattilici] 1665 Fabio
Pacio (Pacius) (Vicenza 1547-ivi 11/10/1614): cf. AGL 3 c. 1169 s.; BL 4, 471.
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160 – 160, 2
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Th.
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Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu. Non hos suprema quondam mihi voce Menalcam indignos adeo memini promittere casus, quando suas dextra iamiam moriente cicutas complexus cupiensque meo suspendere collo, dixerat: «Has nostri cape pignus amoris, iisdem, praeterquam teneros, nil cantaturus, amores». Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu; fistula, non lacrymis olim, sed amoribus, apta: olim, cum celebres inter pulcherrima nymphas hac te donauit Corydon; quem perpete cantu nil praeter resonare suos optauit amores: olim etiam, cum tu moriens: «Te habet illa secundum, nil nisi amatrices» dixti «modulabere nymphas». Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu. Iam silet omnis ager, mutis trepidantia pratis mussant armenta, obstupuit custode remoto ipse lupus, gelidum veritus sorbere cruorem: non tamen indignas sileat mea lingua querelas. Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu. Iam nemus omne dolet, tacitis errantia syluis et moestae fugiunt agrestia numina nymphae et moestas fugiunt agrestia numina nymphas: at non sic querulos fugiant mea guttura planctus. Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu. Nunc quoque se nostris moerentem obtutibus Aegle subduxit nec, quae toto mihi carior Orbe est, moerentem solitis reuocauero cantibus Aeglen. Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu. Et mihi se nimiis deformem luctibus Auge flebilis occultat nec, si mihi se offerat Auge, deformem intuear, luctu miserabilis, Augen. Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu. Ergo decus nemorum et quicquid nemoralia curant numina, Cosme, tuis poteras excedere septis pastor et orbatos custode relinquere tauros? Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu. Siccine, longaeui quondam cura vnica Panos, monticolaeque caput turbae, tua pascua, sicne et purum laticem et vocalia deseris antra? . Heu mihi, quis posthac canae sub tempora brumae infenso pecudes arcebit frigore? quisue aestiuo gelidas sub sole remittet in vmbras?
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CARMINA MEDICALIA
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1666 Sc.
Am. Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu. Me miserum, graciles quonam ductore capellae Euganei posthac gaudebunt fronde salicti, ne qua sibi nocuum detondeat inscia caulem? Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu. Nemo te melius pascentes montibus haedos lanigerumque gregem potuit, vel quicquid vbique est sanarum pecudum, morbis prohibere futuris. Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu. Nemo te melius pecori pecorisque magistris, si qua per Euganeos repsit contagio saltus, amissum potuit succis renouare vigorem. Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu. Te praesente olim virides secura per herbas bucula, securaeque ibant per gramina nymphae atque aliquis tacito pastorum exercitus igne concinna lepidum fundebat arundine carmen. Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu. Te mediis absente pecus laceratur in herbis capripedumque fugant trepidantes agmina nymphae: unde frequens pastor teneros iam deflet amores, iam direpta sibi miserandus ouilia plorat. Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu. Tempus erat, cum iam late sitientibus agris Sirius ardenti completam sidere messem vreret, vt solitas, rapido secretus ab aestu, compulsis tecum gregibus tranquillior vmbras captares: at te captarunt, proh dolor, vmbrae! Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu. Tempus adest, nimio coeli feruore remisso, quo te desertis reducem spectare solebant1666 collibus, ornantem syluas et prata rigantem, mulcentemque greges diuino carmine: sed tu iam fugis, ô Cosme, et fugiunt ea commoda tecum. Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu, Nostra tuis simul acceperunt pascua curis esse odio, tecum miserae dumeta capellae oderunt et oues Cytisos et gramina tauri et fastiditas aries fugit aridas vndas. Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu. Postea, quam nostris tua se subduxit imago vultibus, ah tecum Venetis Nereides vndis, 160, 2
omnes.
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pastores gregibus se subduxêre, Napeae floribus et Dryades syluis et Naiades amne. Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu. Te fouet alma quies, placidos sortita recessus, te nemus Elysium, Cosme, optatissime Cosme, immemorem nostri, pacatis sedibus, infert. Nos contra memoresque tui memoresque malorum, quae nobis tua fata creant, crudelia fata, inuitam lacrymis vitam nutrimus acerbis. Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu. Te dat[a] fertilibus cerealia semina sulcis pampineas inter frondes, te consita ripis populus et riguis interlabentia pratis flumina (nam labor ille tuus) domitumque per agros infelix lolium memori nunc consecrat aeuo: ast ego perpetuum memores tibi consecro luctus. Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu. Vos ô tortilibus nymphae pia busta corymbis cingite, pallentes violas et lilia ferte sanguineis intexta rosis selectaque tristem mala super tumulum puris iactate canistris. Saxum ego, si possim, lacrymis velut imbre cauatum signabo et binos insculpam margine versus: «Nobilis hic situs est, pastorum gloria, Cosmus, vnius heu misero, cunctorum in funere, funus». Difflue luctisono mecum, mea fistula, cantu. Vos ô Euganeis pastores collibus alti, quam vos conficiant lacrymae prius, ossa parentis o nostri, ô vestri prius ossa, pia ossa, parentis verbena lauruque immortalique amarantho donate et mistis suspendite serta corollis. Hoc ego funestum donabo carmine cippum: «Cosmus ego, extremas hinc vsque celebris ad Alpes, hic iaceo: praeclara iacent hic omnia mecum». Supprime funereos mecum, mea tibia, versus: supprime, dum vocem extremus mihi spiritus ipsam supprimit ac fessum tenues detrudit ad vmbras. Vos tamen ad deserta mei momenta doloris, murmure subrauco referetis pascua venti. Desine luctisonos mecum, mea fistula, cantus: desine, confectam lacrymis dum desino vitam. At tu, quae syluis nunc sola atque unica restas ingeminasque meos planctus, resonabilis Echo, nostra iube reduces ediscere carmina Nymphas.
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Inclytae nationis Germanicae philosophiae ac medicinae candi datorum vnanimi decreto, Iohannes Mûnsterus1667 Heilbronnensis, Palatinus, p(hilosophiae) ac m(edicinae) doctor, etc., p(oeta) l(au reatus) Caes(areus), faciebat Patauii anno 98
[160, 3]
Epigramma de Massaria iamiam sepeliendo [distici elegiaci] Quaeris: Alexander Magni cognomine visus dignior an Macedo, an qui tumulandus adest? Magnus vterque heros: sed, vter sit maior, abunde comprobat indicio res manifesta suo. Nam quid opus verbis? Hominum ceu millia multa reddidit hic vitae, sic dedit ille neci. Morte igitur quantum vitalis dignior aura est, tantum est et Graeco dignior hic Italus.
5
[160, 4]
Monodia ad Massariae sandapilam effusa [distici elegiaci]
Heu mihi: quid querar? aut quid non querar? Heu mihi, queîs queîs olim lacrymis, non lacrymisue querar? [nunc, Si querar extinctum, incassum querar. Haud querar: esto: at desiderii quis modus inde mei? 5 An lacrymis querar? ah nimis id vulgare: sine illis an querar? ah largo quî sine fonte querar? Si nunc, deficiam subito. Sin1668 conquerar olim, non super in questus vox erit apta meos. Te, venerande senex, igitur, te, care magister, 10 (o dux, ô studii norma suprema mei!) ereptum querar: at terrestri mole soluta cognato reducem non querar esse polo. Te lacrymis querar, ex oculis dum lacryma stillet: te gemitu, lacryma deficiente, querar. 15 Te nunc luctisono terris querar ore superstes: post mea fata olim te leuis vmbra querar. Sic lacrymis, sic non lacrymis; sic morte peremtum, sic viuum; olim, nunc; non querar atque querar. 1667 Johann 1668 Nel
Münster (Heilbronn 1571-Giessen 25/9/1606): cf. AGL 3 cc. 749 s.; BL 4, 294. medesimo verso dell’edizione dell’opera di Massaria (Tarvisii 1607) compare, la
variante si.
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[160, 5]
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Massariae tumulus [distici elegiaci] Hoc anima Hippocratis tumulo geniusque Galeni, hoc magni recubat splendor Aristotelis. Heu mihi, Poeonia praestantes arte magistros, quos tibi, quos posthac polliceare sophos? Doctrina, ingenium, facundia, lux, maiestas1669, ordo, nitor, breuitas, copia, Suada1670, lepos: singula, quae multis sors denegat, omnia in vno Massaria vno vna succubuere loco. Quid prohibet, quin nunc et Thessalus ora Galeno et Lycus Hippocrati et Xuthus Aristoteli conterat insultans? victriciaque arma rudentûm1671 turba nouatorum (sors miseranda!) crepet?
5
10
Idem qui supra1672
[161] MATTIOLI (MATTHIOLUS) Pietro Andrea (Pierandrea), medico e botanico celeberrimo (Siena 23/3/1500-Trento 1577, di peste): cf. AGL 3 c. 2972; BL 4, 119; Eckstein 362. Petri Andreae Matthioli, medici Caesarei et Ferdinandi archiducis Austriae, Ope r a quae extant omnia: hoc est, Commentarii in VI libros Pedacii Dioscoridis Anazar bei de medica materia, adiectis in margine variis Graeci textus lectionibus, ex anti quissimis codicibus desumptis, qui Dioscoridis deprauatam lectionem restituunt, nunc a Casparo Bauhino1673, d(octore) botanico et anatomico Basiliensi ordinario, post diuersarum editionum collationem infinitis locis aucti, synonymiis quoque plantarum et notis illustrati, adiectis plantarum iconibus supra priores editiones plus quam trecentis (quarum quamplurimae nunc primum describuntur), ad viuum delineatis. De ratione distillandi aquas ex omnibus plantis et quomodo genuini odores in ipsis aquis conseruari possint. Item Apologia in Amatum Lusitanum1674, cum censura in eiusdem Enarrationes. Epistolarum medicinalium libri quinque. Dialogus de morbo Gallico. Cum locupletissimis indicibus, tum ad rem herbariam, tum medicamentariam pertinentibus, cum gratia et priuilegio Caes(areae) Maie st(atis) speciali ad decennium, 1598, officina Nicolai Bassaei (non è indicato il 1669 Verso
spondiaco. capacità di convincere”: vd. supra nota 516. 1671 Intendi: “degli incerti”: cf. p.es. Cicerone, Tusc. 5, 40. 1672 Vd. supra 160, 2. 1673 Vd. supra n° 38. 1674 Amatus Lusitanus (propriamente Juan Rodriguez de Castello Branco) (Castel Bran co 1511-dopo il 1561): cf. AGL2 1 cc. 691 s.; BL 1, 110. 1670 “La
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luogo di stampa, ma è sicuramente Francoforte: vd. infra) [prima ediz. italiana Ve nezia 1544; prima ediz. latina Venezia 1554] [Stamp. Pal. I.170] [Tav. V]
Il tomo contiene, ciascuna con una sua propra numerazione, due se zioni: 1) i Commentarii e il De ratione distillandi aquas; 2) le altre tre opere di Mattioli. Questa seconda sezione reca il titolo Petri Andreae Matthioli Senensis, serenissimi principis Ferdinandi archiducis Austriae etc. medici, Apologia adversus Amathum Lusitanum, cum censura in eiusdem Enarra tiones, et Epistolarum medicinalium libri V, item Dialogus de morbo Galli co, cum gratia et priuilegio Caes(areae) Maiest(atis) speciali ad decennium, Francofurti, ex officina typographica Nicolai Bassaei, 1598.161 All’inizio dell’opera compare, sul verso di una pagina, il ritratto di Ca spar Bauhinus (con la scritta circolare Casparus Bauhinus Basilius d(octor) medicus, anatomicus et botanicus, profess(or) ord(inarius), aetatis 38 anno 1598) e, nel recto della medesima pagina, due componimenti poetici: [161, 1] In effigiem cl(ari) d(octoris) Caspari Bauhini Basiliensis, practici foelicis, anatomici solertis, botanici indefessi, praeceptoris obser uandi [distici elegiaci] Pinge mihi, vitam cui debet Virbius1675, vmbra factus, Crateuam1676 Pergameumque decus. Geryoni1677 huic inspira animam, quae triplice non sit inferior. Quod si non potis1678 vlla graphis, non coelum scalprumue vllum, quanam arte Bohinum1679 tergeminum tandem pingere posse putas?
5
[161, 2] Idem in Pet(ri) Andreae Matthioli Botanica a Casparo Bauhino emaculata et aucta [distici elegiaci] Iampridem fasces melior sceptrumque superbum Hetruscae Florae Belgica Flora tulit 1675 Asclepio,
che ridiede vita a Ippolito, identificato poi con Virbio. tratta del medico Cratevas, vissuto ai tempi di Mitridate VI Eupatore e ricordato da Plinio, nat. hist. 20, 63 (e passim) e da Dioscoride 1, 29. 1677 Riferimento al mitico gigante con tre teste e tre busti. 1678 Sc. est. Non è usato potest per motivi metrici. 1679 Sic, in luogo di Bauhinum, per ovvi motivi metrici. 1676 Si
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damnatumque caput tenebris misisset ad Orcum, ni cautum1680, libri nescio quo genio. O factum bene, quod bigas agitante triumpho spes superest vitae quantulacunque breuis! Supremam moribundae1681 animam legit acrior vltrix Heluetica et Tuscam restituit solio. Fallor ego aut, spoliis vtriusque erectior olim, intexet propriam perpete fronde comam.
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Iacobus Cargillus Scotus1682, philosoph(iae) et medicinae doctor
* Prima dell’inizio dei Commentarii compaiono i seguenti carmi: [161, 3] Τῷ ἐξοχοτάτῳ ἰατρῷ τε καὶ φιλοσόφῳ Πέτρῳ Ἀνδρέᾳ Ματθιόλῳ Πέτρος
Κορτωναῖος1683
[distici elegiaci] «Οὐδένα τῶν μερόπων γεννᾶσθαι μούνῳ ἑαυτῷ, ἐνθάδε καὶ ζώειν, ἀλλ’ ἅμα καὶ πατρίδι, τοῖσι φίλοις, κεδνοῖς τε γονεῦσι, πόλει χρέος οἷσι θρέπτρα, χάριν τε φέρειν υἷας» ἔλεξε Πλάτων.
Δόγμα δὲ νοῦν τε γεραιὲ τελεῖς σύ γε Ματθίολ’ ἔργοις, ὥσπερ ἂν εἰ κείνου κλᾶρον ἄπαντα λάχες· εὔτε τοκήεσσι, πάτρῃ τ’ ἐρικυδέϊ κόσμον ἀιὲν ἄγειν σπεύδεις, ἀμφαγαπᾷστε φίλους, ὤπασεν ὅττι πόνος σέο καλὸς ἅπασιν, ἀνοίγων τὸν βαθὺν οὐρανΐης κόλπον ἀκεστορΐης, ὅττι Διοσκορίδης διὰ σοῦ πάλι φαιδρὸς ἰδέσθαι καὶ προτέρην πάντως ἀχλὺν ἀπωσάμενος, (κἄν γε διαῤῥαγῶσι μιμεῖσθαι1684 ὅσοι τεὰ καλὰ οὔποτε, μιμεῖσθαι δ’ οἴδασιν ἔργα μόνον) εὐμενίην δὲ τεὴν μαρτύρομαι αὐτός, ἐκείνης πολλάκις εἰληφὼς πεῖραν ἐτυμόλαλον1685.
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1680 Sc.
esset. Florae. 1682 Vd. supra 39, 3. 1683 Vd. supra 6, 1. 1684 La prima sillaba della parola deve qui essere scandita breve, mentre è normalmente lunga, come avviene peraltro a v. 14. 1685 Sic: si potrebbe congetturare qualcosa come ἐτήτυμον οὖν. 1681 Sc.
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[161, 4]
CARMINA MEDICALIA
Μαρτυρέουσι καὶ οἱ φιλαληθέες ἄνδρες ἔασι, γευσάμενοι φιλίης σεῖο ποθεινοτάτης. Τοὔνεκα τεθνήξῃ οὐ πώποτε, τόσσον ὀνήσας, Ματθίολε , θνατοὺς, θειοσεβής τε τόσον. Οἶδεν ἅλις γὰρ ἅπας σ’ εὐπειθέα Χριστῷ ὑπάρχειν, τῇ τ’ ἐκκλησίῃ κείνου ὑπηρέτιδι. Ἔστι χρεὼ δέ μ’ ἀεί σοι φίλτατε πλεῖστον ὀφείλειν ἄμμι χαριζομένῳ πολλὰ καὶ αὐτομάτως. Πῶς γὰρ ἴσην ποτ’ ἔχοιμι χάριν σοὶ ἀνταποδοῦναι, οὗπερ ἐλαττοῦμαι πάντα, κρατῶν δὲ πόθον;
Martini Cutheni1686 Pragensis [distici elegiaci]
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Cedant Hesperidum, cedant et Adonidis horti, hactenus, et quotquot barbara Memphis habet: unicus hic cunctis multo est praestantior hortis, quem pia Matthioli cura laborque dedit. Illic non cuiuis transcendere septa licebat: omnibus hic aditus et loca cuncta patent. Illorum vanas abiit decor omnis in auras: huius at aeternum gratia viua manet. Tot plantis herbisque suum reddendo nitorem, autor Naturae contulit artis opus. Huic igitur merito debes, Hetruria, quantum ipsa Dioscoridi Graecia docta suo.
* Nel verso del frontespizio dell’Apologia adversum (sic nel frontespizio medesimo) Amathum Lusitanum, cum censura in eiusdem enarrationes compaiono i seguenti versi: 161, 3 [161, 5]
Εἰς τὴν Πέτρου Ματθιόλου ἀπολογίαν Ματθαῖος Κολλῖνος1687 Βοίημος [distici elegiaci]
Ἔργα Διοσκορίδου βοτανῶν πέρι καὶ περὶ δένδρων 1686 Martinus Cuthenus, di Cuthna (Boemia), poeta e storico, intimo di Rodolfo II (secc. XVI/XVII): cf. AGL2 2 c. 593. 1687 Matthaeus Collinus, professore di lingua greca a Praga (m. 1566): cf. AGL2 2 c. 419.
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σὺν πολλαῖς μελέταις ἔξεσε Ματθίολος. Οὗ πόνον εὐκλέες τε καὶ εὐφρονέοντες ἰητροὶ1688 φαντὶ κλέους ἔμεναι1689 ἄξιον ἀθανάτου. Εἷς τὶς ἀνὴρ, ἀχάριστον ἔχων ὄνομ’ οὔδ’ ὅ γ’ Ἄματος, ἀλλ’ ἀμαθὴς, τούτου χρήσιμα ἔργα ψέγει. Τῷ γ’ ὑπερηφανίας τοίης χάριν ἀντιβολήσας, τῇδε βίβλῳ τὸ γέρας δῶκεν ὀ Ματθίολος.
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[162] MERCURIALE (MERCURIALI) Girolamo (Forlì 30/9/1530-ivi 13/11/1606): cf. AGL 3 cc. 458 s.; BL 4, 171 s.; Eckstein 370; Pökel 174. Hieronymi Mercurialis Foroliviensis, in Patauino Gymnasio medicinam practi cam in suprema cathedra, deinde Bononiae ac denique Pisis in supraordinario loco multis annis cum celebritate et auditorum vtilitate profitentis, Opuscula aurea et selectiora, in quibus praeter alia, quae ad praxim in re medica exercendam et ad vberiorem eruditionem comparandam plurimum conferunt, grauissimae quoque theoriae difficultates passim enodantur quaeque scitu dignissima sunt, ceu apho rismi in margine summa sedulitate notantur. Accedit Nouum consilium de ratione discendi medicinam aliasque disciplinas hactenus editum....., Venetiis, apud Iun tas et Baba 1644, de licentia Superiorum et privilegio [è la prima ediz. degli Opera omnia] [R.G. Medic. II.98]
Nella pagina che precede il frontespizio appena trascritto compare l’in dice delle opere: Hieronymi Mercurialis Foroliviensis Opuscula aurea et selectiora vno compre hensa volumine, videlicet De arte gymnastica libri sex [prima ediz. Libri VI de re gymnastica veterum, Venezia 1569; De arte gymnastica libri VI, Venezia 1573]; De morbis mulierum libri quatuor [prima ediz. Basilea 1582]; De morbis puerorum libri tres [prima ediz. Venezia 1583]; Variarum lectionum libri sex [prima ediz. Venezia 1571]; Alexandri Tralliani epistola de lumbricis; De pestilentia lectiones; De maculis pestiferis; De hydrophobia et De venenis ac morbis venenosis [prima ediz. Venezia 1584].
All’inizio del volume compaiono i versi seguenti: [162, 1]
In librum De arte gymnastica tetrastichon [distici elegiaci] Gymnade feruet opus, feriis tabescit et inde
1688 Vd. 1689 Sic,
supra nota 27. per far tornare il metro.
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CARMINA MEDICALIA
tabida marcescunt membra quiete graui. Qui cupit apta sequi exercendi commoda et usus, huc petat et subeat Mercurialis opus.
[162, 2] 162, 1
In libris De mulierum morbis [distici elegiaci] En tibi foeminei solertia praebia sexus, quae omnigenis redimunt praeripiuntque malis. Tutus ades lector: Phaebi cortina petentem fallere te possit, non queat auctor idem.
[162, 3]
In libris De morbis puerorum [distici elegiaci] Quae mala diuexant pueros puerasque tenellas, accinit et curat Mercurialis olor. Qui vult muliebrem1690 tutamque probare salutem, ne obturet cycni cantibus auriculas.
[162, 4]
In libris Variarum lectionum [distici elegiaci] Qui audet omnigena ditari Palladis arte, sectetur pernox aurea scripta senis: hic varia et scita et methodo comprensa decenti plurima peruigili parta labore nitent.
[162, 5]
In libris De venenis [distici elegiaci] Toxica, quae Colchis profert, innoxia nae sint, si tibi sint cordi dogmata certa senis. Ite procul, quos liuor edax, quos tabida mortis exercet rabies: arcet Alexicacos.
* 1690 Per rimediare all’insanabile aporia metrica, si potrebbe ipotizzare multorum in luo go di muliebrem, che potrebbe essere stato influenzato dal carme precedente 162, 2.
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Il titolo dell’ultima opera contenuta nel tomo suona Hieronymi Mercu rialis De venenis et morbis venenosis: tractatus locupletissimi variaque doc trina referti, non solum medicis, verumetiam philosophis magnopere vtiles. Nel verso del frontespizio compaiono i seguenti versi: [162, 6] Votivum Francisci Hunniadini1691 Transil(vani) in editionem ope ris [esametri dattilici]
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Parve liber, gelidos mundi visure triones, illa tot heroum genitrix, tot honoribus aucta aula petenda tibi est Scythiaeque superba trophaeis. Hic vbi bella ducum cupido perlegeris ore, edomitum Tanaim et fractae Maeotidos arcus, diuitiis confise tuis, audacter adito diuini penetrale ducis, prosternere supplex atque vnctum venerare Dei genibusque volutus debita magnanimo defiges oscula regi. Ille licet numquam curarum pondere liber, te tamen aspecto discussa nube parumper liberior, paulumque suus1692, te, fronte serena excipiet magni diuina oracula vatis. Magna decent magnos: tu nempe potentibus herbis nigra venena fugas vitamque in secula differs, ille venenatos ferro et face conficit hostes. Macte bonis animi, rex inuictissime, rerum certa salus, atauis soboles non degener Hunnis! Quo nascente fluunt anni meliore metallo, quo nascente redit viuus calor vrbibus aegris, quo nascente audent canae procedere leges. Inuenies virtute viam: tua numina Ganges et septem gemini formident hostia Nili. Tu vero lux Arctoae clarissima gentis, o iuuenis tibi quid tanta dabit indole dignum posteritas? quali[s] pensabit munera lucro?
1691 Franciscus Hunyadi (sec. XVI) si addottorò in medicina a Padova e fu medico di Stefano e Sigismondo Bathory: cf. AGL 2 cc. 2198 s., dove si dice che egli scrisse, tra l’altro, anche versi per l’uscita di due opere di Mercuriale, il De morbis puerorum e, per l’appunto, il De venenis. 1692 Intendi: “tornato alquanto padrone di se stesso, non più oberato dalle curae: cf. v. 10”.
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CARMINA MEDICALIA
Vltra pyramidas annosaque Mausolaea1693 duret honos nec te premat inuida nube vetustas.
[162, 7] 162, 6
Tetrastichon anonymi [distici elegiaci] Qvisquis inoffensos per secula ducere cursus optat et horrendae damna cauere luis, huc petat et memori figat paragelmata1694 menti, queis praestat miram Mercurialis opem.
[163] MINADOI Aurelio, medico di Rovigo (sec XVI): cf. BL 4, 214. Aurelii Minadoi Rhodigini, medici Veneti, Tractatus de virulentia venerea, in quo omnium aliorum hac de re sententiae considerantur, mali natura explicatur, caussae et differentiae aliaque cum dogmatica curatione proponuntur......., cum privilegio, Venetiis, apud Robertum Meiettum, 1596 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.307]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [163, 1] In opus excellentissimi Aurelii Minadoi De lue venerea, carmen Ioannis Thomae Minadoi fratris1695 [distici elegiaci] Iam fera fata tuum testantia, Syphile, crimen ingeminant, seris multa nouata malis; nec iuuat albentem magnae tractare iuuencam Iunoni aut Terrae munera nigra dare: nam periit prorsus, periit uis illa leuandi pessima flagitio damna reperta tuo. Nec nostris nunc apta satis mortalibus extat copia praesidii, quae prius apta fuit. Singula miscentur: quaeque olim dicta tulisse commoda, nunc obsunt; nec iuuat artis opus
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10 1693 Esametro
spondiaco. latino di παραγγέλματα con una velare sola per evitare l’allungamento della sil laba precedente. 1695 Giovanni Tommaso Minadoi (1545-1615 o 1618), nato anch’egli a Rovigo, fratello di Aurelio: cf. AGL 3 cc. 542 s.; BL 4, 214. 1694 Calco
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atque tuo miseri vitio plectuntur amantes et geminus saeuit nunc in amore furor; osculaque et laedunt et laedunt praemia dulcis congressus: sic nunc nil in amore boni, quin viridisque cohors iuuenum viridesque puellae pallescunt morbo, morbida et alma Venus. Connubio nobis sociatas foedere lecti immeritas tangunt semina iuncta viri, qui, si solicitus prolem producere certet, nondum natorum funeris auctor erit. Foelix ergo aetas, tantum quae praebet alumnum, sospite quo noster laetius vret amor. Fortunate auctor, vni cui fata dedere tam bene nosse malum, tam bene nosse bonum, quo Charites redeuntque, redit spectata voluptas quoque Venus tutum gestit habere torum quoque Hymenaeus ouans, laetosque ligare iugales certans, coniugii praemia laeta feret. Mille tibi referet grates formosa iuuentus, mille dabunt Cypri regna beata deae.
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[164] MINDERER Raymund (m. 13/5/1621), medico dell’imperatore Mattia d’Asburgo e del duca Massimiliano di Baviera: cf. AGL 3 c. 543; BL 4, 215. De pestilentia liber vnus, veterum et neotericorum obseruatione constans, auc tore Raymundo Minderero, medicinae doctore et reip(ublicae) Augustanae phy sico, curae secundae, [colofone finale dell’Appendix (vd. infra): Augustae Vindelico rum, apud Andream Aperger, anno 1619] [prima ediz. Augusta 1608] [R.G. Medic. V.888 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [164, 1] In librum De pestilentia nobilis et clarissimi viri domini Raymun di Mindereri, medicinae doctoris et reip(ublicae) Augustanae physi ci, distichon [distico elegiaco] Grassatur Pestis seu technis1696 subdola vires exerit; hâc fugias: en tibi praesidium. 1696 Inesistente in latino (e in greco): è usato per evitare l’attestato techna, che non avreb be fatto tornare il metro.
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CARMINA MEDICALIA
Iulius Schiller1697, i(uris) v(triusque) d(octor) et reip(ublicae) August(anae) aduocatus
* [164, 2] 164, 1
Aliud eiusdem [distico elegiaco] Vrbs multum debet tibi, Curti1698: at plura Remundo Orbis: se, quae sunt pestibus, hic obicit.
* Alla fine dell’opera, subito dopo la conclusione del trattato, compaiono i seguenti versi: [164, 3]
In librum de peste et eiusdem auctorem, etc. [falecei] Augusta Vindelicorum
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Quae sit bellua viperina, Pestis quantis mortibus, ingemente mundo, grassatrix tumulos suos fatiget; quantis faucibus hauriat peremptos, hunc, qui nosse volunt, legant libellum, quem nostrae dedit Vrbi Apollo noster, ereptosue neci rogent Quirites. Cunctis dicere quo queant futuris, quae sit bellua putrefacta Pestis, quantis stragibus impiet sepulchra, quantis luctibus Orbem et vrbem inundet, quam constet truculenta fronte, fracto vultu lurida, sibilante gaudens circum tempora sepe liuidorum serpentûm; horribili respersa tabo, discingens sanie ebriam lacernam;
1697 Si tratta forse di Julius Schiller, astronomo (Augusta, fine del sec. XVI-ivi 1627): cf. ADB 31, 249 s. 1698 Forse allusione (a meno che non si tratti di un medico) a Gaio Curzio (ricordato da Livio 7, 6) che, nel 362 a.C., si sprofondò nella voragine per salvare Roma.
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infrendens rabie et furore calcans omnes vndique et vndecunque vbique ac impune manu rotans cupressum. Frustra thuricremis rogata flammis, frustra doniuoris1699 beanda gazis, frustra denique culta, spreta frustra. Doctor Minderer, hanc tamen furentem, praeceptis medicis, labore, curâ, contemptis proprii mali perîclis, laeto numine, Colchico duello, Alcides veluti, repressit, hydram. Vrbis moenia luctuosa tumbis, ciues attonitosque marcidosque seruauit, recreauit, excitauit, verbis pharmaca pharmacisque verba miscens egregiâ saporis arte: testis sit liber iste, testis Orbis. Quare promeritum caput, coronis quernâ gramineâque laureâque donandum osculor atque ad astra tollo. Frustra Liuor edax vorare serta, frustra arrodere praeparat caninus Mysorum vltimus, adcu[m]bans columnam iuxta, sordidus ore, Maeuianam. Tandem et dicere iam queunt Quirites, quantâ, sit quale1700 facta, clade, Pestis, quantis, ô vtinam diu! ruinis Cocyti soboles gemat sepulta, quantâ laetitiâ inde gaudeamus, quantis Minderer augeat triumphis.
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Obseruantiae et honoris ergo panxit m(agister) Ioannes Drexel, parochus in Ginderckingen et decanus
[164, 4] In librum de peste doctissimi et clarissimi viri d(omini) Raymundi Mindereri, medici Augustani, carmen Philippi Menzelii1701, p(iae) m(emoriae), medicinae doctoris et in celeberrima Ingolstadiensium Academia quondam professoris ordinarii 1699 Non
attestato: sarà da emendare in diuitibus o diuitiis. metricamente: sarà da emendare in male. 1701 Philipp Menzel (Sandsee 15/10/1546-Ingolstadt 7/4/1613), professore di eloquenza a Ingolstadt, fu allievo di Aranzio a Padova e di Aldrovandi a Bologna, dove si addottorò in medicina: cf. AGL 3 c. 415; BL 4, 167. 1700 Inammissibile
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[esametri dattilici] Vapulat et meritas dat acerbo funere poenas, heu! miserum mortale genus, malesana propago infelicis Adae, prima vel ab vsque iuuenta ad canos, vitium semper procliuis in omne. Ipse pater (morti reserata haec quando fenestra est in mundum) veniae quanquam largissimus, idem attamen et iusta vindex accenditur ira suppliciisque premens sontes delicta coërcet! Nimboso pendens sic visus in aëre quondam nuntius atque vltor diuinae penniger irae, ense ferox stricto gentem Israelitida magnam, ob regis malefacta sui, demittere letho. Quam poenam ante fami1702 tulit et septennibus armis ille, Deo votum non aspernante, potitus. De genere hoc, durans hodie (ni fallor) et illa est, aut coeli vitio aut contage aut sponte suborta, dira lues flammam putri perfusa veneno intus alens, maculosa cutim bullataque inustis tuberibus: quae saeua die dans funera mille, sternit humi intactae florentia robora pubis nec tenerae aetati senibus nec parcit anhelis diluuioque agros populans euastat et vrbes. Quae tanto medicina malo sit, dicere mussant Poeonii et, vix dum sat constituêre, magistri: luctificae indomita est adeo violentia noxae. Heus, age, quem placuit superis, Mindrere, tot inter seruare incolumem, mortes et tristia fata versantem et medica miscentem pocula dextra, Augustam quondam quum pestifer annus haberet, Augustam, terrae florem Germanidos: ac tum Vindelicus multo lacrymis Lycus1703 auctior iret: explorata tenes vsu quaecunque magistro candidus ede. Salus (scio) nam tibi publica cordi est neu terra cessator iners absconde talentum, si quod habes, strophioue velis mandare ligatum: nam neque seruatis hominum tot millibus, vna frugiferens donandus erit labor ille corona.
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1702 Se
si mantiene, sarà da intendere come un genitivo: altrimenti sarà da emendare in
famem. 1703 Si tratta forse di un medico. Un Lycus Neapolitanus è ricordato da Plinio, nat. hist. 20, 220.
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Aliud ad eundem [esametri dattilici] Si medico dignum satagis contexere sertum, ne vario pauitans delires tramite, fauces incassum dubias tentes penetrare viarum, longius haec absint, moneo. Fer lumina circum: est prope quem subeas spatiosi verticis hortum1704; frigus iners iacet, en vernat noua solibus aestas, innocui grato spirant vbi murmure venti. Hinc age, thura legas et odoro balsama succo: triste nefas pestisque fugant haec fata retrorsum. Inspice, volue libellum, impensam funeris arte mox circumcides: pollinctae vestis honorem despicies, lucri neu quid fortasse relinquas. Aere Venus Libitina suum conquirere censum gaudet et argenti funesto pondere complet fanum: luctifici numis dum spicula lethi designat, Remunde, tuo quîs parcimus ausu. Amplius haud tragicos opus est sufferre labores, sidere cum fausto monstres, contagia membro transitione nocere suâ, laedatur vt omne, transitione perire tuâ, releuetur vt omne. Macte Machaon, cursum vrge, tu rebus agendis vtilis: hinc patrii tibi candor et ardor honoris. Viue bonis, parili conscribas commoda nisu. Laus tua sexcentos minimum fac gliscat in annos.
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Ioannes Bayerus1705, Rhainanus, iureconsultus
[164, 6] Epigramma ad clarissimum virum d(ominum) Raymundum Min dererum, med(icinae) doctorem de peste scribentem [distici elegiaci] Expertes scribunt aliqui rationis et vsus; vsu qui pollent, sunt rationum inopes; spreto vsu multi solis rationibus haerent, occultant vsum cum ratione alii. Primorum mentes inscitia caeca fatigat,
5 1704 Sic:
probabile refuso per hortus. Bayer, nato a Rain (Baviera), giurista, avvocato e studioso di astronomia (m. 1660): cf. AGL 1 c. 713; ADB 2, 188. 1705 Johann
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CARMINA MEDICALIA
est aliis fallax mancaque cognitio. Postremi inuidiâ turgent: tu, Minderer, omnes vincis, vt arte alios sic pietate alios. Namque, quod est abs te, rne1706 vsuque repertum, ad pestem spectans, id fcis [ut vid.] omne palam; nec quidquam retices, arcanum sit licet illud: artis id eximiae est hoc pietatis opus. Hippocrates talis, talis fuit ipse Galenus, heroas iactat quos Medicina suos. Perge igitur nec te hinc abducat deuius error: posteritas nomen sic colet alma tuum.
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Edmundus Hollyngus1707 Anglus, p(iae) m(emoriae), med(ici nae) doctor eiusdemque in celeberrima Ingolstadiensi Academia quandam [sic: refuso per quondam] professor ordinarius, subiunxit
[164, 7] 164, 6
Aliud ad eundem [distici elegiaci]
Perdere tabificae postquam contagia pestis Illyricos vidit Cous ad vsque sinus, neu patriae fines neu dulcia carperet arua triste malum, doctâ praecauet ille manu. 5 Dum furit in populos vrbesque et compita passim Augustaeque lues moenia sacra subit, Raymundus properat medicâ succurrere dextrâ staminaque inuisae vi retinere deae. Nec ciues seruasse sat est patriamque per artes 10 Poeonias, diram vel pepulisse necem. Quin etiam in lucem, multo congesta labore, candidus impertit pharmaca mille libro, queîs impendentem venturo auertere seclo pestiferam liceat queîsque fugare luem. 15 Perge modo: Hippocratis te laus et fama manebit aeternumque manet gloria: perge modo! Albertus Menzelius1708, Philippi f(ilius), med(icinae) d(octor) et professor Ingolstadiensis 1706 Le
lettere riportate tra < > non si leggono a causa di un foro nella carta. Holling, preside della Facoltà medica di Ingolstadt (York 1554-Ingolstadt 26/3/1612): cf. AGL 2 c. 1676; BL 3, 277; DNB 9, 1066. 1708 Albert Menzel, medico, figlio di Philipp e suo successore nell’insegnamento a Ingol stadt nel 1606: cf. BL 4, 167. 1707 Edmund
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[164, 8] Heptastichon r(everendi) p(atris) Gregorii1709, p(iae) m(emoriae), coenobii s(anctorum) Vldarici et Afrae prioris quondam vigilantis simi, in Remundi Mindereri physici Augustani librum de peste, etc. [distici elegiaci] Minderer en medicâ mortales arte leuauit morbis, vt plane te docet iste liber. Aureus iste liber, tersus sermone Latino, ex quo praesentem postulat aeger opem. Optima nam tradit nobis praecepta medendi, quo fugienda modo sit miseranda lues. Morborum artifici meritas hinc dicite grates, nostrâ qui pestem pellit ab vrbe malam. Dicite: «io paean!»: modo languidus omnis abesto; dicite: «Nunc morbus pestifer omnis abest». Desine doctoris scriptum impugnare Remundi, liuor edax verbis inuidiose malis: namque viri famam non reddes, stulte, minorem, rumpantur quamuis ilia crassa tibi.
5
10
[164, 9]
Aliud [distici elegiaci] Lapsa leuas manibus monitis, volitantia pellis spicula, vipereo quae lita felle ruunt: quin, quâ pestiferae falcis queat arte retundi trux acies calamo secla futura doces. Quonam fine? scio, viuas; vel mortuus vt sit1710, vis, per te mortis tela minus feriant.
5
Iulius Schiller Augustanus1711, v(triusque) i(uris) d(octor)
[164, 10]
In libri auctorem [distici elegiaci] Te dedit Augusta vitae, Raymunde, patronum, te dedit infirmis auxiliumque Deus:
1709 Pressoché
impossibile identificare con precisione il r(everendus) p(ater) Gregorius. forse da emendare in sis. 1711 Vd. supra 164, 1. 1710 Sic:
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nuper vt officio vigil est1712 expertus, adesses, horrida dum faceret moenia nostra lues: perdius et pernox variis direptus ab aegris, hoc quoque iam munis secla futura libro. Te bene iuratum vitae, Raymunde, dedisti: o se iuratam det quoque vita tibi!
5
Ioannes ab Esch, ecclesiar(um) Colleg(ii) s(anctorum) Mauritii et Petri canonicus Augustae
[164, 11] 164, 10
Ἡ βίβλος πρὸς τὸν ἀναγνώστην [distici elegiaci]
Πῶς ἀποδιδράσεις ἀπό μου διὰ τοὔνομα λοιμοῦ τῇ χειρῶν τε φυγῇ καί , ἀναγνῶστα1713, ποδῶν; τοὔνομα μὴ βλάπτει, λοιμὸν δὲ διδάσκω ἀπείργειν προστιθέμεν τε φίλαν πλείονα ζωὰν ἔτη. Καί με γραφὼν ὅ πρῶτος ἀνὴρ τοιοῦτος ἄν ἐστιν, οὔτι νόσους φεύγων, φευγόμενος δὲ νόσοις.
5
[164, 12]
[distici elegiaci]
Εἰ διὰ τὴν χρείαν τιμώμενός ἐστιν ἰητήρ1714, ὥσπερ ἔφη σοφός, ἢ γράμματα δῖα λέγει, Ῥαίμουνδος Μίνδρερ τιμῆς ἔσετ’ ἅξιος ἀκράς, ὅς λοιμὸν χρείᾳ τῇ μεγάλῃ ἀκέει. R(everendus) p(ater) Carolus Stengelius1715 Augustanus
[164, 13] Carmen hexametrum laudi et honori medicorum d(at) d(edi cat)1716 [esametri dattilici] Carpite Poeonias, nostri quibus esse patroni consortes licuit: Phoebi quoque vos genus, ite, 1712 Sic:
emenderei in (es expertus!). la prosodia della parola vd. supra 9, 2, nota 54. Il v. 3 è un esametro spondiaco. 1714 Vd. supra nota 27. 1715 Karl Stengel, benedettino, storico (Augusta 29/1/1581-ivi 27/1/1663): cf. AGL 4 c. 809; ADB 36, 49. 1716 Evidentemente l’anonimo autore. 1713 Per
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Poeonias panaces, panchresta, parate leuandis artubus et sanis componite vulnera membris et seu quae1717 frigunt seu quae frigere perurgent, nauiter affecto deducite corpore febres. Vos ego semideos quid compellare verebor? Assererem quin esse deos, si, nescia veri, numinis in lucem me secula prisca tulissent. Artis enim sese quo mira potentia vestrae non penetrat? vestro quodnam tempusue locusue subtrahitur iuri, saga pax vbi ponit? Ab armis miles abit, belli princeps sine milite cessat; sedat et orantes ferri repetitio linguas clamosisque modum dant arma crepantia rostris. Vestra sed assiduus sibi temporis vnguina cursus vendicat et nullis labor est alienus ab horis atque loco nullo. Spectem si sidera, toto iam nunc ingenio medio vos aethere ferri conspicor ac ipsis animo concurrere stellis: inde modum dandae producendaeque salutis scilicet est multae vobis dum dicere curae. At probus et nullo maculatus crimine vitam forte vir et cuius reuerentia plurima diuis sacrato de corde venit pariterque per Orbem grandis it vtilitas, lecto cum sternitur aeger, municipemque suas diuûm citat agmen ad aulas. Ille tamen terras vt adhuc quoque fructibus ornet pluribus, instatis, medici, casumque morari quaeritis et mundo charam defendere vitam id vobis labor est. O vos ego tam pia dicam, regnis cum superis certamina sumere quantum? Ast ipsi vos imo Deo summoque senatu esse iuuat mixtos. Non vos docet ille medelas? non herbis effecta Dei clementia donat? Num vestrae quenquam, dextro nisi numine, dextrae in vires veteres et pristina robora reddunt? Numine vestra manus grauis est et numine plena, plena bono summo summique ministra Tonantis. Lumine Tartareum peragrem si porro profundum inque feram coelo memet1718 contraria, ternas, certum quae texant mortalibus omnibus aeuum, lanificas illic perhibent habitare Sorores;
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1717 Sc.
corpora (vd. v. 6 corpore). forse refuso per mentem.
1718 Sic:
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quaeque per illarum monitus edocta cupressum praefigat portis et ducat funera, mortem et mortis prodromos numeri sine limite morbos, et mala qui demum sontes post acta sequantur tergaque dilacerent nullo cum fine dolores. Nuncius at Lethi subeat, si viscera cuius vos hinc exigitis. Iamiam si pollice Parcae rumpere fila velint, potior vis vestra tribuni munere functa vetat pluresque remittit in annos Mors quoque, tristatas1719 si iam pulsauerit aedes saeuaque de toto iam spicula destinet arcu. Vestra malum prohibet manus interiecta deamque funeris auertit vacuam, per Tartara poenis denique dispositis iamiam sceleratior vllus ingruit et furuis super impendere caminis se gemit: abripitis, moestam Phlegetontis ad algam serior vt vel eat, vel se quoque liberet omnem. Sin animo Cereris considero viscera terras, has ipsi colitis, cultu decoratis et omnes omnibus officiis vestro sociatis amori. Et quid in humanis magis est prastabile vita? quid pretii similis? vitae seruire tuendae dum vobis amor est, vitae fulcimina nostrae vos redamare decet, vitae tutamina nostrae. Vos domini rerum, vobis est omnibus vsus, vobis sceptriferi sua flectere sceptra dynastae, vos murex audire solet sacraeque tiarae. Quid memorem? vestris sunt deuinctissima curis, omnia, quae terris genitrix Natura locauit: quae pariunt, vobis praestant medicamina syluae, quidquid inest ruri, quidquid iuga saxea portant, quidquid et hortus alit, quasquas dat pampinus vuas, quidquid et eliciunt campi viridaria florum, omnia diuendunt se pro medicamine vobis. Et, si mellificis celebris tam gloria detur virginibus, de flore bonos exugere succos plusque salutares conuertere mellis in vsus condere quae vobis praeconia digna Camoenae sufficient, studium dum non duntaxat habetis, optima, quae passim legitis, meliora per artem, sed summis etiam quaeuis vberrima noxis ad protelandas habilissima reddere noxas.
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1719 Attestato
solo nel latino medioevale: vd. Du Cange s.v.
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Et quid Naturam, quid tot pernoscere rerum ingenium? Sapiens vos audiat ipse Salomon obstupeatque sibi tam cognitione propinquos. Est an de nihilo medicandi Poeonis artem quod sophiae veteres ductam voluêre sororem? An quoque de nihilo Podalirius atque Machaon amborumque parens Epidaurius, huius Apollo numinis affecti populis sunt nomine priscis? Vanaque si monear chartis amittere nostris, quae sacra, nec sancto subiungimus absona vero, ipse patris summi nostros auferre dolores filius in nostras non lapsus ab aethere terras? Insuper vt terras habuit, non ille solebat corporibus multas aegris detergere tabes? Cuius vos operae medicos dum nosco sequentes, si minus esse deos, tamen esse probauero dios. Charitas non agit perperam
* Segue l’Appendix: [165] Raymundi Mindereri, medicinae doctoris, sereniss(imi) Bavar(iae) duc(is) consil(iarii) et medici ac reip(ublicae) Augustanae Vind(elicorum) physici iurati, in librum De pestilentia Appendix, febrium pestilentium, causonidum, maculosarum, petechialium, epidemicarum, puncticularium, pulicarium, Hungaricarum et in vniuersum omnium earum, quae mali moris sunt, cognitionem, causas curatio nemque perfunctoriam comprehendens, in quo variolarum et morbillorum vene natum et funestum praelium vnâ cum praesidiis describitur [colofone finale (vd. anche supra) Augustae Vindelicorum, apud Andream Aperger, anno 1619] [prima ediz. verosimilmente Augusta 1608] [R.G. Medic. V.888 (2)]
Nel verso della pagina finale (che, nel retto, si conclude con il colofone) dell’opera compaiono i seguenti versi: [165, 1] 164, 13 Epigramma [distici elegiaci] Raymundus, doctor mirandus in arte medendi est, Minderer: amplificat pharmaca, non minuit. Quicquid inest terris, plantis gemmisque, metallis, diues is ore, stylo, promit et ingenio,
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arti restituit methodum puramque medendi, impurum igne probans, ignis ope et separans, morbos astrales curat medicamine tuto iucundeque cito corde venena fugat, visceribus, Marocostinis1720, remouetque dolores, vitrioli pesti subuenit auxilio. Raymundus cunctis morbis ex arte medetur: chymica1721, quod miscet pharmaca, prae reliquis. Ergo, Teutonicus Hermes, Raymundus ametur a doctis merito displiceatque pigris. Lugentem, mox vt videam impressam Medicinam1722, calcographos vrge: fautor amande, vale.
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Ioannes Hornungus1723 Rotenburgotuberanus, phil(osophiae) et medicinae doctor, apud Heidenheimicos Würtembergicos physicus ordinarius
* * * [166] Raimundi Mindereri, medicinae doctoris ac reip(ublicae) Augustanae phy sici, Aloedarium Marocostinum1724, Augustae Vindelicorum, anno 1616 [colofone finale Augustae Vindelicorum, apud Christoph(orum) Mangium, anno 1616] [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.978 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: 165, 1 [166, 1] Ad clarissimum d(ominum) Raymundum Minderer, m(edicinae) d(octorem), de repub(lica) Asclepiadarum passim praeclare meri tum, amicus [strofe saffica] O decus Phoebi vrbis et Orbis ingens, germen ô rarum Hippocratis fidelis1725, 1720 Vd.
infra n° 166 tit. ars. 1722 La Medicina piange, perché non sono state ancora pubblicate le opere di Minderer. 1723 Johann Hornung (sec. XVII): cf. AGL 2 c. 1714. 1724 Si tratta di ingredienti medicamentosi — in forma di pillole — costituiti da una me scolanza di erbe, come spiega lo stesso Minderer nella praefatio della sua opera e come si evince chiaramente dall’incipit dela lavoro stesso: Caput primum Aloedarii Macrocostini seu pilularum ex maro [Plinio, nat. hist. 12, 111], costo [ibid. 41] et aloe [ibid. 27, 14] confectarum descriptionem genuinam continens. 1725 Intendi: “sicuro, degno di fiducia”. 1721 Sc.
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quis tuas, doctor, celebrare laudes carmine posset? Obstupent sensus, fugit omne robur, lingua mutescit, calamus laborat, cum tuos partus medicos potenter1726 dicere tento.
5
Inficit pestis miseros vbi uis, enecat ciues gelido ueneno, obuios sparsim legit: at voracem supprimis arte.
10
Iamque succurris patriis ab oris incolis, extrîs1727 panaceâ: alexipharmaco passim valido cachectis, omine fausto.
15
Cedat hîc tetrum genus inuidorum, Zoili, cesset rabies nefanda, Minderer noster siquidem sub omni grandine crescat.
20
Nec magis linguas temere strepentûm vana per somnum simulacra, quam vel iam vigil, si fors1728 eadem recurrant, somnia curat1729. Macte, suge Asclepiados liquores; dogmatis prisci documenta pande: dona virtutis specimenque laudis auctor habebis.
25
Interim vultu placido Camoenam, Minderer, nostrae columen salutis, quam tibi plectro cecini retuso, carpe poetae1730.
30
R.F.P. Prior S.C. Werdaeae1731
1726 Intendi:
“secondo le mie forze”: cf. Orazio, ars 40. per ovvi motivi metrici. 1728 Sc. forte. 1729 Sc. Minderer. 1730 Intendi: “nel frattempo, o Minderer, goditi tranquilli gli elogi poetici, che io ho can tato e ricantato per te con il plettro, fino a smussarlo”. 1731 Si libet hariolari, si potrebbe sciogliere in R(everendus) F(ratrum) P(eregrinorum) Prior s(cribendum) c(uravit). La località sembra essere quella di Wörth. 1727 Sic,
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[166, 2] Ad clarissimum virum d(ominum) Raymundum Minderer, med(i cinae) doctorem, etc. [strofe saffica] Quis tuas laudes sterili Camoenâ, magne vir, tentet dare? te Machaon ipse doctores numerauit inter vrbis et Orbis. Dum tot ac tanti rutilant aperto in foro libri medici, parente te sati, ostendit Medicina, quis sis, quantus Apollo.
5
Quando crudeli miseros in omnes morte bacchatur truculenta Pestis, tum vident Parcae medicis triumphes quantus in armis.
10
Ebriam doctis pharetram sagittis quando suspendis, trepidat per vrbem turba morborum, veluti tenebrae solis ad ignes.
15
Mome, quid gannis? mala Fama, dentes quid nouos aptas? ferat aeuiterna1732 penna, quem1733 rodis: tibi rumpat atrox viscera liuor!
20
Viuat hoc nostrum decus vsque et vsque, Minderer viuat. Tibi sit napellus1734 atque quam nutris, teneas perennem, Zoile, pestem. Perge virtutis medicae liquores spargere ac pulchris recreare libris pectora: ornabit tua laurus olim tempora victrix.
25
Si minus de te mea, lassa plectro, Musa cantauit, patiaris audax, illa dum mutet cytharam atque de te
30
1732 Si
noti la raffinatezza dell’arcaismo. da emendare in quam (sc. pennam). 1734 “Napellus: napi species ‘Si quis susceperit napellum ad pondus unius grani’ “(Du Cange); “napus:...poculum” (Arnaldi-Smiraglia): si tratterebbe perciò di un poculum con il quale bere la medicina che vince la peste. 1733 Sic:
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tympana pulset.
M(agister) Ioannes Drexel1735, parochus in Ginderckingen
[166, 3] Ad dominum Raymundum Minderer, medicinae doctorem, rei pub(licae) Augustanae physicum, etc. [distici elegiaci] Vulgata et vetus est multis contentio sitne miles vel doctor nobilitate prior. Exanimare pilis1736 studet is: foeliciter iste passim viuaces dat pilulis homines. Oedipus an Dauus1737 litem determinet istam: spondeo, primus honor cedet, amice, tibi.
5
Iulius Schiller1738, i(uris) u(triusque) doctor ac reip(ubicae) August(anae) aduocatus
* Dopo la fine dell’opera seguono osservazioni e comunicazioni, in for ma epistolare, di colleghi e amici su Minderer e la sua opera. Queste cen surae sono precedute dai versi seguenti (pp. 210-212): Nobilium quorundam et clarissimorum virorum, in arte medica praeclare versatorum ac passim in Orbe laudatissimâ famâ notorum, de Aloëdario hoc Maro costino censurae ac testimonia, iudicio simul et vsu perspecta
[166, 4] In nouam ex Maro-Costinis pilulis medicinam viri nobilis, cla rissimi solertiaque et vsu medicinae celebratissimi, d(omini) Ray mun di Mindereri, medic(inae) doct(oris) et physici reipub(licae) Augustanae meritissimi [distici elegiaci] Quem pridem Pestis-pestem1739 metuêre Sorores, 1735 Vd.
supra 164, 3. prosodica, dal momento che la prima sillaba di pilum è di norma lunga. Si potrebbe congetturare Exanimare armis, anche se, così facendo, si perde il gioco di parole tra pilis (i giavellotti del soldato) e pilulis (le pillole di M.). 1737 Cf. Terenzio, Andria 190; Otto 252; Tosi 152 n° 329. 1738 Vd. supra 164, 1. 1739 Sic: Minderer è “la peste della peste”. 1736 Irregolarità
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quae nent, quae vitae stamina ducta secant, ille parat Mortae1740 plenam per pharmaca mortem morborumque vno vim iugat auxilio: Raymundus, Phoebi soboles, cui Vinda1741 Licusque non magis atque Ister, quâ sua Rhenus item flumina protendit, pariet dignissima vitâ nomina et aeternum ad post oritura decus. Ergo tacere satis fuerat: tamen vsque rogando vrget iudicii pondera nostra: ferat1742: «Non augusta nisi Augustâ mittuntur ab vrbe scripta virûm, propius quos locat aethra deum».
5
10
Dauid Verbezius Carno-Lubeanus1743, phil(osophiae) et medic(inae) doct(or) ac reipub(licae) Vlmensis physicus
[166, 5] Iacobi Berkmilleri, med(icinae) doctoris et illust(rium) ac gene rosor(um) d(ominorum) Fuggerorum polyatri fidelissimi, in Maro costinas Raymundi Mindereri, collegae humanissimi, pilulas car men 166, 4 [distici elegiaci] Proles Aesclapi[i] noua fert medicamina genti, dum fel demonstrat mellis habere locum. Optant in medica iuuenesque senesque caterua, artem complecti nunc breuiore via, te duce, cum morbi furias ac1744 omne venenum hac sola massa vincere non dubitas.
5
[166, 6] In commendationem pilularum Marocostinarum serenissimi vtri usque Bauariae principis nec non reipub(licae) Augustanae clarissi mi ac peritissimi domini, Raymundi Mindereri, medici [distici elegiaci] Quas Medicina dabit tibi pro medicamine tanto laudes, vir magnâ Paeonis arte potens? Magna decent magnum te dignaque praemia dignum 1740 Una
delle tre Parche. fiume della Germania, come anche il Lech (Licus) e il Danubio (Ister). 1742 Sc. iudicium. 1743 David Verbez (Laibach 1577-Spira 1644): AGL 4 c. 1520; BL 5, 727. 1744 Sic: non è difficile emendare in atque. 1741 Wertach,
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factaque consequitur grandia grandis honos. Profligas febres segetemque putredinis aufers: quo1745 sumpto, refoues Nestoris inde dies. Praesentes sanas morbos arcesque futuros, infectum corpus nec sinis esse lue. Hoc duce propellis volitantia tela veneni quaeque etenim vera est haec panac[a]ea luis. Caetera quid memorem? euadet res clarior vsu, vnde potest quiuis nosse salutis iter. Vt doctrina tibi rerumque scientia summa, sic medicâ hinc summum carpis in arte decus. Perge manu medicâ, foelicius omnia cedent: munia sint vitae, munera mortis erunt.
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Narcissus Wagner Augustanus, med(icinae) d(octor) et reip(ublicae) Thonawerdanae physicus
* Seguono alcune epistole di amici e colleghi all’autore, in lode sua e della sua opera. Terminate le epistole e prima dell’Index in Aloedarium Marocostinum, il volume si conclude con i versi seguenti: [166, 7]
Anonymi et amici ad aloedarii huius authorem [distici elegiaci] Omne tulit punctum qui miscuit utile dulci1746: caelestis medicus quod facit, hocce facis. Dum Marocostinis arces a corpore morbos, quis, Raymunde, homini te neget esse deum?
[166, 8]
Ad Zoilum, eiusdem [distico elegiaco] Cur Marocostinum tibi, Zoile, displicet istud? Dicam: plus aloes quam tibi mellis inest.
* * * 1745 Sc. 1746 Vd.
medicamine: cf. v. 1. supra nota 21.
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[167] Threnodia medica seu Planctus Medicinae lugentis, auctore Raymundo Minderero, medicinae doctore, serenissimi Bauariae ducis consiliario et medico nec non reipublicae Augustanae physico iurato, anno Domini 1619 [colofone finale (p. 597) Augustae Vindelicorum, excudebat Andreas Aperger vltimo Decemb(ris) 1619] [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.819]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [167, 1] Consolatio poëtica ad lugentem Medicinam nobilis et magnifi ci domini Raymundi Mindereri, medicinae doctoris, sereniss(imi) Bauariae ducis consiliarii et medici nec non reipub(licae) Augu st(a nae) Vindel(icorum) physici ibidemque officinarum phar ma ceuticarum visitatoris iurati, etc., cuius opera, Deo fauente, semel ac iterum, poëta non fuit relatus in Libitinae censum [esametri dattilici]
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Fama meas nuper lassato incenderat aures rumore, aegrotam Medicinam viuere, morbos difficiles catulire, sed et mala pharmaca discis, in quae ructarit Mors ebria, qualia forsan decoxit sacris Hecates anus infida furnis sesquisenexque Charon, Stygiis regnator in ollis, sturnatim1747, horribilem, veluti adsedisse senatum. Exsculptos oculos Phoebo, surdescere portas aurium et amplo lethargo dormire sepultam Ch[r]ironiam1748 sobolem, gemui: saxescere corda iurassem medicis, reginae1749, sera, dolenti. Rumpo moras, visam moneo, consolor et audax consilio vatis, instillo haec auribus aegrae: «Quid, Medicina, tuos in tantum perdis ocellos; quae gemmant grandes oculorum in limine guttae? Buxeus attonitam faciem quis pallor inaurat? Quidue tibi questus sufflaminat interfectos1750 aut prope iam natos rursum concarcerat1751 antro
1747 Sic: potrebbe trattarsi di un avverbio proveniente da sturma, termine così glossato da Du Cange: “Sturma, sturmum; sturmus. Seditio, leve praelium, impetus, conclamatio ad arma”; vd. anche Arnaldi-Smiraglia: “sturmum:...consurrectio”. Si potrebbe perciò ragione volmente congetturare qualcosa come sturmatim. 1748 Sic: le prime tre sillabe della parola dovrebbero però essere lunghe: cf. gr. Χειρωνεῖος. 1749 Sc. la Medicina. 1750 Esametro spondiaco: vd. anche v. 37. 1751 Non attestato né in latino classico né in quello medioevale.
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167 – 167, 1
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pulmoneo, vt solum suspiria crebra vapores? Quaenam membra vorat macies ieiuna? maritat ossibus in toto frustra se corpore pellis? Visa animum et macras vires animasse, dolores dissimulasse, thoro suffulta resedit; et (actum est!) centuplicat, nisi sit super alter in Orbe Machaon: actum est de nobis, medicis de mercibus actum est. Hoc recipe aspicias conscriptum pro cute nostrâ: “Si vis sanari, de morbo, nescio, quali, accipias herbam qualem, sed nescio, vel quam, ponas nescio quo, sanabere nescio quando!”: Boeotûm crasso iurabis in aere natum. Quin me dementat cantamiue1752 Thessala et vrget raptitias1753 sperare deas, fore stamine Parcas, his Zoroastaeis ita segmentata1754 susurris: ‘Hem mala tontiri1755, mala toxica loxica liri, aedepol aedulpes, mala raphanus, aphanus, vlpes’. Sanare hisne queas confracti crura Melampi? Inde etiam hydrinis saturatas excrementis, tormenti genus, obbas contemplare; cerastis lucripeta1756 has rapuit gazas floresque Prometheo; Cadm[a]eam hanc siluam ferro demessuit omnem Persephone, attonitum Rhadamanthum et Thesea iuxta iuxta Centaurosque truces triplicemque Chimaeram Scyllasque Sphyngesque inter, clamore frementes. Atropos hancque1757 lacu Stygio, baubante Molosso Cerbereo, lauit, rabidâ adspumante Megaerâ. Quid moror has Erebi pestes omnes, hec[c]atomben! Quas1758 vel praetimeat Med[a]ea venefica vel quas despiciens lampas Phoebaea resorbeat ignes dixerat1759 (haud miror subiungo) depluere imbres ex oculis orbamque tuam te flere salutem: sanior haud vnquam morborum adolesceret aetas,
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1752 Sic:
refuso per cantamine. attestato né in latino classico né in quello medioevale: ben si adatta però all’at tività precipua delle Parche. 1754 Sc. verba. 1755 Parola incomprensibile, come le altre che seguono, ben adatta a una formula magica e che deve creare, a questo scopo, anche delle rime. La prosodia non è proprio ineccepibile: cf. raphanus di v. 35, che ha normalmente la prima sillaba breve. 1756 Forse riferito al medico. 1757 Evidentemente da riferirsi a siluam di v. 40. 1758 Sc. pestes. 1759 Sic: emenderei in dixeram «Haud miror» subiungo depluere imbres. 1753 Non
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CARMINA MEDICALIA
has inter lamas1760, quam si, moenita, doleres, gratior haud vnquam fumaret victima letho, quam si, quae seruas mortales, cruda perires: nunc vero extirpa curarum e pectore vepres, tristitiae fornax non tantas excoquat vndas et Maeandratam1761 rugis excorrige1762 frontem. Ne dubita: aspiciet te mitis Hygaea: memento meque vide (scis Ipha1763), mali, quibus aeger agebar saepius ac triplici taxo quassatus et vmbris proximus, vt propior, non proximus, esse potessem1764. Attamen eripuit doctor me Minderer vrnae numine propitio: vir quantus tantus, vt Orbe compleat erectis toties de morte trophaeis: quaque dies infans, iuuenis, vir quaque senex est, primorum, canitur, medicorum, carmine, princeps, tibia nec raucit1765, Momus licet ilia rumpat. Affirmant libri, patrius quos suspicit Ister, quos Tagus Hesperius veneratur, Tybris adorat, denique quos Orbi Neptunus vexit Eoo; acclamant arces, vrbes et moenia et aulae Caesaris atque ducum, magnûmque palatia regûm, quique genus referunt retro ad Saturnia regna aut qui fumosas possunt ostendere ceras (ipsa etiam nudis vestita domuncula culmis ac tandem ducens pecudes ad prata Menalcas), morborum Furias, Orci ructantes in auras monstra, metu repetisse Stygem metuisse repertam1766, qua data porta, moras cito praecipitasse fugatas, hoc medico veniente; colum instaurasse, coactam saepe iterum Lachesin, Libitinam flesse, sepulchra frustra effossa, arcus lunatos, mortis in ictus cassos, truncatas etiam iacuisse sagittas. Macte, igitur, Medicina, animo, hoc doctore valebis. Aspice, quam libro hoc medicatas fulminet ollas, quanta vi densas subito deruncinet vmbras, inter et hostiles campos spatietur et arma, Alcides veluti Pygmaeos inter inermes
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1760 Forse
refuso per lamias: cf. supra i vv. 41 ss. non attestato, anche se risulta molto efficace. 1762 Sic: evidente refuso per exporrige. 1763 Sic: forse refuso per ipsa. 1764 Bello il dotto arcaismo dovuto al metro. 1765 Attestato solo in Lucilio, secondo Prisciano GLK 2, 539, 1; 542, 27 s. 1766 Sc. portam: cf. v. 79. 1761 Aggettivo
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167, 1 – 167, 2
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quam forti figmenta manu dispulueret1767, Orcum quamque superstitio repetat pernicibus alis. Haud aliter, quam si praegnanti ex corticis aluo spumet apes quercus, pastor cum forte molestas applicuit fumo flammas et castra perussit cerea: diffugiunt illae strepitantibus alis eripiuntque diem, farto glomeramine, terris. Insuper, ante fores custos iam stabit Apollo, Aesclapiusque1768 senex: ille vt vultu omnituente fraude supertexta mendaces dissuat artes, iste, vt nodoso, petulantia monstra, fauore, si rursum medica cupiant stabulare sub arte, grande supercilium quatientia1769, sponte salutet. Cerne canem Comitem1770, generoso pectore dudum spirantem iustas latratu et morsibus iras, qui nec gemmatis vnquam placabitur offis, quo minus in fictos clementior irruat astus. Haec tu crede, potes cliuum sperare salutis et solum hanc tanto mercedem redde labori, scilicet, vt qui te lugentem luxerat, isto, fac alio in libro gaudentem, gaudeat Auctor».
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M(agister) Ioannes Drexel1771, parochus in Ginderckingen ac Westendorffensis Capituli decanus
[167, 2] 167, 1
Προσφώνησις ad Medicinam lugentem [distici elegiaci] Siccine demisso vultu, Medicina, lugebis1772?
1767 Adoperato
solo da Nevio ap. Non. 95, 28 (Com. fragm. 57 Ribbeck). la seconda sillaba (lunga) del termine è scandita qui come breve. 1769 Sc. monstra. 1770 Alluderà, con ogni verosimiglianza, al cane che compare nello stemma degli Oettin gen. All’inizio dell’opera, infatti, è presente, tra l’altro, una epistola dedicatoria dell’autore indirizzata ai conti di Oettingen: Illustribus ac generosis dominis, domino Ernesto et Ioanni Alberto, comitibus de Oettingen, dominis in Wallerstein etc., dominis meis clementissimis, hu millima submissione colendis. L’Epistola reca la seguente soscrizione: Scribebam haec eo ipse die eiusdem s(anctae) Catharinae, qui incidit in 25 Nouemb(ris) anni 1619, illust(rium) ac gener(osarum) Dominat(ionum) vestrar(um) humillimus cliens Raymundus Mindererus, me dicinae doctor, sereniss(imi) Bauar(iae) duc(is) consil(iarius) et medicus nec non reip(ublicae) Aug(ustanae) Vindel(icorum) physicus iuratus. 1771 Vd. supra 164, 3. 1772 Irregolarità prosodica dal momento che la prima sillaba della parola, di norma lun ga, è qui considerata breve; medesima irregolarità a luges di v. 6. 1768 Ma
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CARMINA MEDICALIA
siccine vis ruptis exululare comis? Quae sic cura tuam mentem diuexat et angit? quae tanti quaeso causa doloris adest? Histrio, rasor, anus, monachus, Iudaeus et augur, et male quod tractet te sycophanta, luges? Eia age, curarum liberes1773 te pondere, non est quod timeas: iam qui te tueatur habes. Gloria scriptori magna ex volumine paruo: maior at ex libro hoc gloria parta tibi est.
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Ferdinandus Sagittarius Oenipontanus, philosophiae et medicinae doct(or) ac sereniss(imi) Maximiliani Bauariae ducis consiliarius et medicus
[167, 3] 167, 2
Ad Medicinam lugentem [distico elegiaco] Quid luges? Raymundus adest tibi: tunc, Medicina, luge, vbi patronum liqueris ipsa tuum.
Iulius Schiller1774 August(anus) Vind(elicorum), u(triusque) i(uris) d(octor) et patriae aduocatus
[167, 4] In Raymundi Mindereri, med(icinae) doct(toris) celeberrimi, Threnodiam medicam carmen [distici elegiaci]
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Est, Raymunde, tibi diuina scientia mundae artis et ingenii flumen ab ore fluit. Spurcities mundi, quas artes assuit Arti1775, Oedipus1776 has munda dissuis arte nouus. Raymundi ingenium, os, pectus, sunt omnia munda: a mundo merito nomen et omen habes1777.
1773 Irregolarità prosodica dal momento che la prima sillaba della parola, di norma lun ga, è qui considerata breve. 1774 Vd. supra 164, 1. 1775 Sc. medicae. Il soggetto di assuit è mundus, ricavabile da mundi. 1776 Intendi: “tu, novello Edipo”, forse con allusione alla vittoria riportata da Edipo sulla Sfinge. 1777 Il carme appare incentrato sul gioco di parole tra Raymundus e mundus, inteso ora come sostantivo ora come aggettivo.
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167, 2 – 167, 8
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Vrbanus Schlegel, med(icinae) doctor
[167, 5] Aliud in eiusdem Raymundi Mindereri Threnodiam medicam [distici elegiaci] Moesta diu luxit1778 miseram Medicina ruinam atque oculo sortem fleuit vtroque grauem, demissus coelo dum luxit Phoebus ab alto, imminuens luctus, Minderer, arte tuos. Quam bene sis, luctum dum tollis, Minderer idem mundi artem minuens Marte vel arte doces.
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[167, 6]
Aliud [distico elegiaco] Deridet mundi risum bonus arte Remundus: sic ars, quod vulgus luditur arte, probat1779.
[167, 7]
Aliud [distico elegiaco] Vt non suffecit ploranti lumen vtrumque, ridenti sic non splen satis vnus erit.
[167, 8]
Aliud [distico elegiaco] Heraclitus eras, at nunc Democritus: ecquis bifrontem factum te neget esse deum? Amoris et obseruantiae ergo collegae suo honorando accinuit Vrbanus Schlegel, med(icinae) doctor
1778 Gioco
di parole tra luxit (da lugeo) di v. 1 e luxit (da luceo) di v. 3. i giochi di parole fondati sulle contrapposizioni tra mundi e Remundus e tra deridet e risum. 1779 Notare
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[167, 9]
CARMINA MEDICALIA
Aliud in Medicinam lugentem [falecei]
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Heu luge, Medicina moesta, luge! luge, inquam, Medicina moesta, luge! Vultus exue iam sereniores, vultus indue iam seueriores. Heu luge, Medicina moesta, luge! Heu non es Medicina quod fuisti: iacet fama, tui iacent honores, iacet Pergameus senexque Cous et tuus, Medicina, Phoebus ipse. Quiuis Hippocrates cupit videri, quiuis pharmaca congregare, quiuis miscere et medicaminum liquores, nati sunt veluti in tuam ruinam: ex te turpis anus petit triumphum nec non corcula delicatiora, ineptissima turba ludionum, ciniflo, paras[c]itus ac1780 arator. Raymundus columen decusque Phoebi, tuae deliciae tuique amores, tuus Minderer optimus patronus audiuit lachrymas molestiasque, singultus, gemitus, tuos dolores. Misertus, calamo tenebriones tollit et iubet exulare victos. Ergo iam pariare collubescit1781 vices1782: iam Medicina laeta ride, vultus exue iam seueriores, vultus indue iam sereniores. Vivit fama tuusque honor resurgit, viuit Pergameus senexque Cous: viue ergo Medicina, viue, viue. Sic, Raymunde, perennis vsque et vsque viues: nunc Medicina viue, viue, ride, ride iterumque tertiumque. Ioannes Georgius Haan, medicinae candidatus
1780 Irregolarità metrica sanabile sostituendo atque ad ac. Si potrebbe anche congettura re, dopo parasitus, fenerator. 1781 Conlibiscit (var. collubescit) appare soltanto nelle Note tironiane, 22, 2 Schmitz. 1782 Intendi: “ormai è motivo di soddisfazione rendere tutti uguali alla luce delle tue sco perte”.
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167, 9 – 167, 11
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* Nel verso dell’ultima pagina dell’opera — prima dell’Index rerum et ver borum, quae in hac Threnodia medica continentur — compaiono i seguenti versi: [167, 10] Διαλογισμὸς Christophori Piginemii ad Medicinam lugentem [distici elegiaci]
α Cur, ô dia sedes, tanto confecta dolore? β Me lacerat foedis vnguibus atra lues. α Sume animum, virgo, laetamque exporrige frontem: laeto etenim Phoebus lumine te aspiciet!
β Quis feret auxilium? α Raymundus Minderer adstat,
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ingenio et calamo ferre paratus opem.
β Nunc laeta ingredior, tali duce et auspice Phoebo: Harpyae fugient, horrida monstra Stygis.
* Alle pp. 195 s. dell’opera di Minderer, nel capitolo dedicato a Philippus Theophrastus1783, compaiono i versi seguenti: [167, 11] Iuuat hîc dicere, omnia probate, quod bonum est, tenete. Proin de non inepte Germanus quidam rythmicus, nouis semper stu diis incumbendum et inuentis inuenta insuper addenda indicans, sic cecinit: Kein Mensch hat je in diser Welt, seine Sachen so weißlich bestellt, daß nicht die Zeit, das Alter auch, die Gwonheit [sic] vnd der lang Gebrauch hetten was as newes Zugericht vnd dich der Sachen besser Bericht. Erfahrung offt verwerffen thut, was man sonst lobt vnd helt fuer gut, vnd offt was man hat abgethan, nimbt [sic] die Erfahrung widerumb ahn.
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1783 Si
tratta di Paracelso (m. 24/9/1541): cf. AGL 3 cc. 1245 ss.; BL 4, 497.
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CARMINA MEDICALIA
[167, 12] Quos quidem versus, vtpote merito considerandos ac perpen dendos, reuerendus ac eximie doctus vir p(ater) Mattheus Rade rus1784, Soc(ietatis) Iesu presbyter, suo hoc labore dignos esse cen suit, quos proinde in Latinam linguam conuersos his metris sic con cinne reddidit: [esametri dattilici] Soli non errant superi, mortalia nunquam censurâ decreta carent, quae longior aetas arguit, indocilis tandem vel corrigit vsus et meliora docet quae non vidêre priores. Optima quae primûm Medicina reperta probauit: doctior haec eadem, bona post experta negauit; et bona quae primum Medicina reperta negauit, doctior haec eadem, bona post experta probauit.
5
[168] MOCK (MOCKIUS) Jacob, medico di Friburgo i.B. (secc. XVIXVII): cf. AGL 3 c. 563. De causis concretionis et dissolutionis rerum quarundam, tam extra quam intra corpus humanum: tractatio historica, philosophica et medica, secundum veterum ac recentiorum placita descripta et in tres partes distributa, conatu et industria Iac(obi) Mockii, medicinae professoris ordinarii apud Friburgum Brisg(oiae), Fri burgi Brisgoiae, excudebat Martinus Böcklerus, anno 1596 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.280]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [168, 1] Sebastianus Mayro1785, med(icinae) d(octor), de utilitate operis [distici elegiaci]
5
Magne Stagyrita, tecum sentimus et undae aeribus mutant corpora nostra magis: contactu imbutae vario nec semine raro conspersae, haud una nos ratione movent; continuo afficiunt usu, potuque ciboque, et sanare queunt et generare luem.
1784 Matthaeus Rader S.I. (Innichen 1561-Monaco 22/12/1634): cf. Sommervogel 6 cc. 1371 ss. (dove, nell’elenco delle sue opere, non si fa menzione di questi versi, soprattutto al n° 29 intitolato Des pièces de vers dans differentes ouvrages); Eckstein 452; Pökel 217. 1785 Sebastian Meyer di Landsberg, medico a Friburgo i.B. (sec. XVII): cf. AGL 3 c. 500.
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167, 12 – 168, 3
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Ergo quid utilius, laticum quam noscere vires? haud ulla est sophiae pars mage frugifera: edidit en nobis, bone lector, Mockius ipsam1786, Friburgi medicae lumen honosque scholae.
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[168, 2] In cl(arissimi) atque experientiss(imi) v(iri) d(omi)n(i), d(omini) Iacobi Mockii, medici et medicinarum in archiducali Academia Friburgen(si) professoris celeberrimi, opus de aquarum affectioni bus epigramma [distico elegiaco] Cephas atque Thales statuunt primordia aquae vim: post hos Cephas Mockius atque Thales. D(ivus) Petrus epist(ula) 2 cap(ite) 3. Latet enim eos hoc volen tes, quod caeli erant iam olim et terra de aqua et per aquam con sistens Dei verbo [in realtà il testo petrino ha (2, 3, 5) prius in luogo di iam olim] Ioan(nes) Iac(obus) Beurerus1787, in archiducali Academia Friburgen(si) Bris go(iae) Graecarum literarum et historiae professor, d(omi)n(o) et compatri meri tissimo, amico singulari hoc elogium libens volens habuit
[168, 3] Carmen ad excellentissimum d(omi)n(um) Iacobum Mockium, doctorem medicum, praeceptorem suum candidissimum [primo epodo dattilico-giambico = esametro dattilico + dimetro giambico] Miratur Natura suum novisse ministrum, quod1788 ipsa vix cognoverat. Quid generet lapides et quid dissolvat eosdem novisse magnae mentis est. Hoc nunc edocuit, causas rimatus amussim, linguâ disertâ Mockius, o igitur paucis1789 quae cognita dogmata, digna succis inungi cedrinis!
5
M(agister) Ioannes Fautschius1790, med(icinae) stud(iosus) 1786 Sc.
sophiam. Jakob Beurer sr., professore di lingua e letteratura greca a Friburgo i.B. (fine del sec. XVI): cf. AGL 1 c. 1062. 1788 Sic: forse refuso per quem. 1789 Sc. verbis. 1790 Vd. supra 38, 1. 1787 Johann
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CARMINA MEDICALIA
[168, 4] Ad experientem medicum et subacto (ut orator loquitur) inge nio [vd. infra 168, 5, 2] virum d(omi)n(um), d(ominum) Iacobum Mockium, pro eo quod multiplicem lapidis in humano corpore ge nerationem eiusque curationem ex intimâ philosophiâ depromptam explicat
I [distico elegiaco] In nobis tam multa docens lapidescere, Mocki, dic: «Nullum ut prosim, movero non lapidem».
[168, 5]
II [distico elegiaco] Cuius morbificos lapides mollescere curâ cerno, subacto illum suspicor ingenio1791.
[168, 6]
III [distico elegiaco] Ne lapis insideas1792 lapidi Sapientia confert, Mocki: ex hac Suadae fluxa medulla1793 venit. Atlanticus Gallus1794
[169] MORONI (Moronus) Mattia, protofisico nel Monferrato e medico di Luigi XII di Francia (1597-1650): cf. AGL 3 c. 688. Directorium medico-practicum sive Indices duo praeternaturalium affectuum, cum distinctorum tum implicatorum, de quibus peculiares extant grauissimorum virorum consultationes, epistolae, responsiones, obseruationes, historiae, etc., me dicis, praesertim tyronibus, quae consimilibus in casibus imitentur, exempla prae monstrantes, a Matthia Morono, in Montisferrati Statu protophysico ducali et 1791 Cf.
Cicerone, de or. 2, 131. sarà refuso per insideat. 1793 Vd. supra nota 516. 1794 Vd. supra 21, 1, nota 119. 1792 Sic:
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christianissimi regis medico ac consiliario inter studendum obiter confecti, Lugdu ni, sumptibus Ioannis Antonii Huguetan et Marci Antonii Ravaud, via Mercatoria, sub signo Sphaerae, 1650, cum permissu Superiorum [prima ediz. Lione 1647] [R.G. Medic. V.207]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [169, 1] Per l’Opra del signor protomedico Matthia Morone, dedicata al signor di Covunges1795 Sonetto di Vincenzo Balena1796 Moron, che sol per liberar dal male gl’huomini infermi e sostenerli in vita, mostri à ciascun la tua virtù inaudita, per cui reso tu sei anco immortale, questa grand’opra al fisico hormai vale, come vale al nochier la calamita, poiche il sicuro porto ella gl’addita, oue ha rimedio il graue corpo e frale. Ad alcuno giamai non paia strano ch’vn libro che à guarir dà la maniera dedicato tù l’habbia à vn Capitano: che già si vidde infra la Greca schiera sol vibrata tal hor da inuitta mano e ferir e sanar hasta guerriera.
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[169, 2] Achrosticon Ioannis Musnier, medici Lotharingii celeberrimi, ad auctorem [ciascuna delle cinque parole di cui è costituito ciascun verso inizia con la medesima lettera ed è in colonna con la parola corrispondente degli altri versi] [esametri dattilici] Maeonides Musae, magnum memorat[a]e magistrum Aeternisque alacres animate accentibus aures: Torpebant triti tineis tectique tenebris Thesauri tristemque trahens, tellure tacente, Horrorem Hippocrates Hygeaque, honoribus hausta,
5 1795 Al
quale l’opera di Moroni è dedicata. Balena, letterato (sec. XVII): cf. Derossi 161; Mazzuchelli 2, 1, 165.
1796 Vincenzo
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CARMINA MEDICALIA
Italicos inter iuuenes inculta iacebat. Ast Apopompaeas1797 aucturus alacriter artes, Succurrit, Schencki1798 studium Scholtzique1799 secutus Moronus, magno mentis molimine, morbis Obuiat omnimodis Orcique occursibus obstat; Raraque restituens reseransque recondita rerum, Occultas ostendit opes oraculaque offert Nosologisque1800 nouum nutrit nauatque nitorem. Vnice virtutum vindex veterumque virorum Splendor, seruatam studiis sortire salutem!
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[169, 3] 169, 2 Operis auctori, dum edit partum, pereunti1801 Epitaphium [distici elegiaci] Aduerte huc oculos monitusque recede, viator: phoenicem haec medicum, sed minor vrna capit indice1802: quae perimant hominem, dum digerit, illum, omnes quae perimit, Mors truculenta rapit. Expertus nempe est vltricia fata seuerae, astus dum varios prodere Mortis amat. Concita vesano exarsit Mors saeua furore, tanquam detectis illacrymata dolis1803. Ast vt in occiduo marcescat puluere phoenix, non illum Mortis pallida sceptra premunt: surgit at Eoas semper rediuiuus in auras (Mortis id est), vita iam meliore fruens. Inclyta sic illis quos vexit ad aethera virtus, sic sua Morono gloria parta viget. Viue pares cinerum luces, sectare labores: vitam si sapies, vt moriare, trahes.
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Franciscus Bernardinus Gerardus Casalensis, philosophiae et medicinae doctor, gratae posteritatis memoriae posuit 1797 Sic:
congetturerei qualcosa come Ast age Apollineas. infra n° 198. 1799 Vd. infra n° 199. 1800 Non attestato né in latino classico né in quello medioevale. 1801 Quindi nel 1650: partum andrà inteso nel senso di opus suum. 1802 Intendi: “un’urna più modesta di quella che sarebbe stata necessaria per uno scopri tore (indice) come lui”. 1803 La Morte si adira, dal momento che, scoperti i suoi inganni, essa non suscita più paura negli uomini. 1798 Vd.
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169, 2 – 169, 5
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[169, 4] Praeclaris laboribus excellentissimi domini Matthiae Moroni, consiliarii et medici regii etc., officium grati animi et epigramma [distici elegiaci] «Vidi ego1804: Phoebeum munus proiecerat; et si fas est flere deos, flebat Atlantiades1805. Et fato vis maior erit? sunt irrita virgae iussa soporiferae. Iussa timenda refert Moronus medica ecce nouus Podalyrius arte: quos iubeam morier, iam docet ipse moras; et quod nullus adhuc, vno indicat omnia libro, ars quibus et minimo sollicitata viget». Audiit Arcitenens1806: seu nubila pelleret, aegri leniit his fratris pectora moesta sonis: «Ne oderis ipse virum, medicis licet artibus1807 obstet: te colit eloquio splendidiore deum».
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Ioannes Castellus1808 a Caresana, Seminarii Casalensis rector
[169, 5]
Ad eundem operis auctorem [distici elegiaci] Phoebe, tuum rabidus numen tua telaque liuor ridet, inextinctum quem iubet esse parens. Illa fuere quidem vasto metuenda draconi, sed rabiem haud Stygiam sternere tela valent. Hinc medica qui ambage ducem dat certior index, illum habet Odrysii fortior ara dei1809: liuorem, cum Marte suo, Convungius heros1810, Morone1811 (haud Μῶρος), inuidiamque premet.
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Euasius Maria Belingerius, nepos obsequentissimus 1804 Sembra
parlare Apollo.
1805 Mercurio. 1806 Diana,
sorella di Apollo. si oppone alle arti mediche tradizionali. 1808 Si tratta forse di Giovanni Castelli, di cui appare una menzione nel 1660: cf. IBI s.v. 1809 Marte: cf. p.es. Stat. Theb. 5, 173 e i versi immediatamente successivi. 1810 Vd. supra 169, 1, nota 1795. 1811 Si noti il gioco di parole incentrato sul nome del celebre medico, che non è certo uno stolto (μῶρος). Ineludibile il riferimento — sulla scia di esempi classici tra i quali spicca Sve tonio, Nero 33 — l’incipit dell’erasmiano Moriae encomium, dedicato a Tommaso Moro. 1807 Moroni
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CARMINA MEDICALIA
[169, 6] In laudem Directorii medico-practici excellentissimi viri, d(omini) Matthiae Moroni [settenari trocaici] Aegritudinum peragrans Daedaleos tramites ac probe videns earum complicatas indoles, id tibi sumpti laboris texeres vt hoc opus mente solerti, Morone, quo minus Machaones fallerentur iuniores practicis in casibus. Quo quidem cepto minorem non mereris gratiam, quam meretur sidus Vrsae nauticos cursus regens quodque propter munus istud tam pium nunquam occidit. Sic licet, Morone, nuper te occidisse fama sit: vivis ac perenne cum dîs ducis aevum maximis, praemium nactus laboris omnium dulcissimum.
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Gratae memoriae ergo ponebat C.S.L.
[170] MORTON Richard sr. (Bewdley, Worcestershire, battezzato il 30/7/1637-Londra 30/8/1698): cf. AGL 3 c. 692; BL 4, 270; DNB 13, 1054. Richardi Morton, m(edicinae) d(octoris) et reg(ii) Collegii med(icorum) Lond(iniensis) soc(ii) atque censoris, Opera medica, quibus additi fuere tractatus sequentes: I Gualt(erii) Harris1812, De morbis acutis infantum [prima ediz. 1689]; II Gul(ielmi) Cole1813, Novae hypotheseos, ad explicanda febrium intermittentium symptomat(a) et typos excogitatae, hypotyposis etc.; III Eiusd(em) De secretione animali; IV Mart(ini) Lister1814, De morbis chronicis [prima ediz. 1694]; V Eius dem, De variolis [è la prima ediz.]; VI Thomae Sydenham1815, Processus integri in morbis fere omnibus curandis, cum tract(atu) de phthisi nunquam antehac edito, cum elenchis rerum et indicibus necessariis, Genevae, sumptibus Cramer et Pera chon 1696 [è la prima ediz. degli Opera omnia di Morton], cum gratia et privilegio s(acrae) Cesareae Maiestatis [R.G. Medic. IV.2023]
Delle diverse opere contenute nel volume, tratto solo di quelle in cui compaiono versi. [1] Richardi Morton, med(icinae) doct(oris), reg(ii) Coll(egii) med(icorum) Lond(iniensis) soc(ii) et cens(oris), Pyretologia sive Tractatus de morbis acutis uni 1812 Walter
Harris (Gloucester 1651-1725): cf. BL 3, 64 s. Cole, celebre medico (1635-Londra 12/6/1716): cf. BL 2, 71; DNB 4, 733 s. 1814 Martin Lister (Radcliffe 1638-2/11/1711 o 1712): cf. AGL 2 c. 2470; BL 3, 803; DNB 11, 1229 s.; Eckstein 338; Pökel 158. 1815 Vd. infra n° 210. 1813 William
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169, 6 – 170, 1
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versalibus variis historiis illustrata, Genevae, sumptibus Cramer et Perachon 1696
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [170, 1] Ad clarissimum sagacissimumque virum dominum Richardum Mortonum, m(edicinae) d(octorem), Coll(egii) med(icorum) Lon d(iniensis) socium et ex censoribus unum, in Πυρετολογίαν suam accuratissimam [distici elegiaci] Morborum iam saeva cohors invaserat Orbem inque acie prima Febris anhela stetit. Insanas dederat strages: plaudebat Avernus, dum caderet Stygio victima grata1816 deo. Ingemit his visis Mortonus et, impiger hosti occurrens, undas ignibus opposuit, nempe Apollineas herbas et pharmaca Phoebi, Niliacos succos Perruviaeque librum. Terga dedit Febris victa occultamque parabat instaurare aciem remque agere insidiis. Nec tamen hîc latuit Mortonum1817: providus arma corripit et galeâ se clypeoque tegit. Interea scriptis morborum tactica1818 pandit telaque, queis Febris bella movere solet seu mage continuos gestit1819 iacularier ignes, seu malit facibus frigora mixta suis, seu larvata lues artus proserpat in omnes extaque, quae variis scit cruciare modis: quoque veneno urbes populetur lurida Pestis detegit et virus narrat et antidotos. Macte tuis scriptis. Vos, Parcae, parcite vitae: parcite dum scribit, perdite cum renuit. Ille tamen Fati bene gnarus scribat in aevum et morbos pandat iam chronicus chronicos1820.
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1816 Evidente
apposizione di Orbis, ricavabile da v. 1. il testo è sano, va inteso:”ma a questo punto (tutto ciò) non sfuggì a Morton”, a meno che non si voglia emendare in Mortonus: “né tuttavia Morton, in questa circostanza, rimase nascosto”. 1818 Tacticus, qui aggettivizzato al neutro, è adoperato, come sostantivo maschile, solo da Vegezio (3, praef. 2). 1819 Il presente indicativo — in luogo del congiuntivo (cf. 16 malit e 17 proserpat) — è qui adoperato per motivi metrici. 1820 Gioco di parole: Morton è chronicus (a rigor di termini sc. liber), cioè il conoscitore, lo storico e il ‘cronista’ dei mali, che sono invece ‘cronici’. 1817 Se
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CARMINA MEDICALIA
Ita vovet Iohannes Bateman, m(edicinae) d(octor), Mert(onen sis) soc(ius), collega et consors
[170, 2] Viro cl(arissimo) domino doctori Morton, in eius Puretologian [esametri dattilici] Dum circumvolitans medicinae culta, prioris, sicut apes, libas, aevi, monumenta, legisque in proprios usus quae praesens protulit aetas, qui relegunt tua scripta, negotia caetera credunt intermissa tibi: qui tanta negotia cernunt seminecesque tuos, quos arte reducis ab Orco, mirantur tibi quae scribendi suppetat hora. Armato tenues qui res scrutantur ocello, ancipites quaerunt, quo mens tua, numine plena, ignorata diu promit1821 miracula rerum: agnoscit vanae chymicus mendacia flammae nec totam ulterius medicinam quaerit in igne. India, quae gemmas dederat fulvumque metallum, luxuriae fomenta et mortis semina foeta, in morbos mortemque eadem tulit utile lignum, quod paene incassum nostras transmisit in oras: nam tractata manu indocta sordesceret arbor, ni vires dandique modos et tempora certa librares trutina: quaerenti talia turbae non incerta tui reddunt responsa labores: nam Daphnem olim non1822 sic dilexit Apollo, ut tua te speciosa magis nunc diligit arbor. Ante rogum veri liceat modo visere fontem sique fidem hypothesis1823 non omnis imagine falsâ ludat, vera tua est1824; decorat quam lucidus ordo, artis quam praecepta regunt ususque magister quamque nec aetatis dens invidus atteret unquam, sed stabilit series fugientum longa dierum. Iam phthisis elapso grassata est parcius anno, victa tuis armis et praesens temperat annus
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1821 Sic:
forse meglio promat. evitare lo iato tra la seconda e la terza parola, è opportuno trasporre in non olim. 1823 La prima sillaba di hypothesis, normalmente breve, è stata verosimilmente allungata per evitare il tribrachi. 1824 Sc. hypothesis. 1822 Per
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170, 1 – 170, 3
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febriles aestus: quid non foecunda datura est annorum series? Nunc en strumaeque lepraeque atque maligna cohors, quam sidus mittit iniquum, vertere terga parant. Sic, cum Gulielmus1825 Hibernos primâ acie fudit, venturi conscia fati turba, intacta retro cessit, non oppida lapsos1826 non Galli tenuêre animosve dedêre paludes. *1827 Det veniam Coi venerabili umbra magistri, dum sic arte novâ producas stamina vitae, dum facias artem succinctam et signa tuorum pressa pedum calcantem haud experientia fallat.
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Tho(mas) Sutton, m(edicinae) b(accalaureus) e C(orpore) C(hristi) C(ollegio) Oxon(iensi)
* [2] Richardi Morton, med(icinae) doct(oris) et reg(ii) Coll(egii) med(icorum) Lond(inisensis) soc(ii), Pyretologia sive Tractatus de febribus inflammatoriis uni versalibus variis historiis illustrata, Genevae, sumptibus Cramer et Perachon 1696
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [170, 3] Ad amicum literatissimum ingeniosissimumque R(ichardum) M(ortonum), m(edicinae) d(octorem), utriusque Pyretologiae au thorem 170, 1 [trimetri giambici scazonti]
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Mortone, dubiam doctus insequi febrim, quacunque vultus obtegit suos larvâ, quum tabe vires gradibus atterit lentis vicibusve membra ardore vel gelu invadit, (mensesque Iani et Iulii simul iungens Madagascaraeque clima cum ultimâ Thule, opprobrium usque huc pharmaceutices audit); coccove purpurave epidermidem pingit vel purulentis ora pustulis foedat
1825 Guglielmo III d’Orange, re d’Inghilterra (1650-1702), che lottò contro la Francia e sconfisse gli irlandesi a Limerick (1691). 1826 Forse da emendare in lapsi (sc. Galli). 1827 In corrispondenza dell’asterisco, che è nel testo, compare, a piè di pagina, la nota: Ὁ βίος βραχύς, ἡ δὲ τέχνη μακρή, etc. Hippocrat(is) Aphorism(orum) prim(us).
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carbunculisve pestis egerit virus; dum multiformem Protea (efferum monstrum variabilemque in quodlibet genus monstri) tu multiformi pharmaco potens pellis: miramur omnes uberem ingenî venam medicusque Pergamenus aut Coüs, nobis elapsa post multa ad superos redux saec[u]la, Epidauriove divus anguis ex fano aut anguiformis genitor ipsus Asclepî videris, Anglos inter ut cluas arte Machaonasque quosvis exteros vincas. Columbe, mundi incogniti revelator, aurifodinis meritus es minus laudis, quam patriam amici corticis recludendo. At noster a te proximus revelator Mortonus audit, nobilis doses1828 libri qui primus omnium ad uncias, drachmas, grana, reduxit docuitque1829 methodos ministrandi. Nonne ergo par est (dicite o sati Phoebo) ne desit [inclyto] alexipharmaco nomen; habeatve dubium (quod prope est idem ac nullum), cum scandalo vocetur et gravi probo (male nam omne Loyoliticum1830 sonat mundo) noxia putetur arbor, non salutaris, Mortonianus dicier ut velit cortex? Hasce exoleti si leves senis nugas, Mortone, sumas fronte, quâ soles, aequâ, illis amicos inter et locum doctos dignere quemvis dare libri tui in fronte. Vnum hoc vicissim te ultimo in loco posco: lectori veniam ut carmini impetres tardo, scazonte iambos reptitante1831 dum frango, podagricus author ipse cum siem scazon.
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S(imo) Ford1832, s(ancti)s(simae) th(eologiae) profess(or)
1828 Sic:
sarà refuso per dotes. inciso in terza sede. 1830 Evidente riferimento al fondatore della Compagnia di Gesù (vd. anche infra 170, 4). 1831 Termine non attestato nel latino classico e medioevale. 1832 Si tratta verosimilmente di Simon Ford, teologo (East Ogwell, Devonshire 1619 ca.Old Swinford, Worcerstershire 7/4/1699): cf. DNB 7, 422 s. 1829 Dattilo
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170, 3 – 170, 4
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[170, 4] Ad eundem, de pulvere, ut vulgo vocatur, Iesuitico1833 [trimetri giambici scazonti]
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Planos sophisticosque circulatores, 170, 3 male Iesuitas, omine et malo nomen suum dedisse pulveri salutari, quem praebuit contusus patribus cortex, quereris modeste medicus; at fremit mundus, satis impudenter, more quo solent, factum. Subit interim ingens dedecus innocens cortex, titulo quod isto publice datur venum. Ignatianos quippe ut impios, vulgus maleficiorumque architectonas, horret magicaeque credit fascinôve deberi, si Loyolae quid utile efficit proles, illis venena et toxica imputans ultro; scloposque bombardasque aeneaque tormenta, sicasque gladiosque et nociva quaecunque fauxi1834 cruenti vel Ravillaci tractant; et si quid unquam vulnera aut neces infert, Ignatianum nullus invidet dici, istumve titulum ad ultima ut gerat saecla, pyrioque1835 pulvere nuper esse grassatos meminêre quivis ad hominum et urbium1836 stragem regumque caedes atque parlamentorum1837. Proinde sapiant atque propaginem1838 patres animo haud gravato iam suam recognoscant, consentiente (quod liquet) palam mundo. Et abdicatis salutaribus1839 rebus (quas rarus isti sobrius imputat genti), dehinc quibusvis Iesuiticum donent
1833 Si allude alla “corteccia di china, l’amara ‘scorza da masticare’ detta quina-quina, appartenuta alla farmacopea antifebbrile indigena delle popolazioni amerindie della Nueva Grenada (Perù). Di là l’avevano importata e commercializzata in Europa i padri missionari della Compagnia di Gesù....” (Cosmacini 142). 1834 Sic: probabile refuso per faucis, forse con allusione ai tormenti e alle torture cui era no sottoposti i condannati a morte prima del supplizio: a tale interpretazione spinge anche il ricordo di François Ravaillac, il regicida di Enrico IV (1610). 1835 Termine attestato nel latino medioevale: vd. Du Cange s.v. 1836 Per far tornare il metro si può spostare quivis dopo urbium. 1837 Non attestato nel latino classico e medioevale. 1838 Anapesto inciso in quarta sede. 1839 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di salutaribus viene qui scandita lunga.
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pulveribus illud exitialibus nomen. S(imo) Ford, s(ancti)s(simae) th(eologiae) profess(or)
[170, 5] Clarissimo viro d(omino) Ricardo Morton, m(edicinae) d(octori), amico suo plurimum honorando 170, 4 [esametri dattilici] Innumeris obiecta malis et mille cadendi prona modis humana fuit gens undique telis cincta necis dirisque suas aequare querelas aerumnis conata1840. Manus Natura benignas protinus expandens, dedit arma exprompta cavernis et gremio prognata suo medicamina, ut, horum1841 viribus evictis morbis, sua fata repellant mortales adeantque gradu testudinis umbras1842. Tunc sibi quisque fuit primo medicaster1843 et omnes tentabant herbis, ut bruta animalia, crudis, instinctu monstrante, suos pacare dolores. Postea consilia accedunt rationis et artis additur auxilium: sed iam medicina nocivis obsessa est tenebris et, cum sua pocula caecus miscebat medicus, sunt saepe illapsa venena. Ars tamen increvit medicisque oracula magnus edidit Hippocrates, cuius reverentia patris tanta suos tenuit vel tanta ignavia natos: divini ut placuit iurare in verba magistri et supra Herculeas, qua fixerat ille, columnas progressa est Medicina parum, per secula longa vix incrementum sensit. Sed cura salutis humanae movit caelos et talia tandem dixere1844: «Hippocrates sis tu, Mortone, secundus, aegris adfer opem, fatales falle sorores, res lima medicas, Orbi nova dogmata tradas et vera et praxis1845 certam methodumque politam. Mec1846 tibi commissos cessas urgere labores:
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1840 Sc.
est. medicaminum. 1842 Intendi: “rimangano in vita a lungo”. 1843 Non attestato nel latino classico e medioevale. 1844 Sc. caeli. 1845 Sic: da emendare in praxim o, meglio, in praxin: vd. infra v. 44. 1846 Refuso per Nec. 1841 Sc.
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170, 4 – 170, 6
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nam tua sarcophagus damnat medicamina tristis expectatque diu latrante cadavera ventre, dum rapis1847 aegrotos et eorum funera tardas, dum tabem extirpas, quae corporis ulcere foedo partes pneumaticas rodit, durosque tumores pulmonum solvendo, novo spirare vigore cogis et ex imo thorace reciprocus aer ludit ut in sanis. Dum siccae incendia febris antidotis satagis fidis extinguere et aura arte tuâ spirata ignitos ventilat aegros dumque salutiferâ superas tota agmina dextrâ morborum, plaudunt omnes, Natura triumphat; cumque angusta nimis visa est provincia tanto ingenio, Anglorum solum vigilare saluti, humani generis medicus, vir magne, remotis audis ipse plagis, exerces praxin ubique, dum tua languentem spargis praecepta per Orbem».
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Clopton Havers1848, m(edicinae) d(octor) e Coll(egio) med(icorum) Lond(iniensi)
[170, 6] Ad clarissimum foelicissimumque practicum, d(ominum) d(oc torem) Morton, in suas diatribas de febribus inflammatoriis et col liquativis carmen gratulatorium [distici elegiaci] Post phthisin exutam spoliis lentoque veneno, quo valet, et molles spargit ubique neces, post exarmatas febres flammisque carentes, laurea quot fronti debita serta tuae? Arma iterum sumis, potuit quasi facta rebellis instaurare acies febris anhela novas: instaurat: nobis ignes meditatur et undas: torreat an solvat corpora, fervet opus. Quascunque insidias quaerat vitae insidiatrix, tu premis: indicio prodita flamma tuo est. Eruis e caecis trepidum penetralibus hostem atque novas latebras non habet, unde petat; regia si quatiat solidae Capitolia mentis, fulmine ut icta uno machina tota ruat.
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1847 Intendi: 1848 Clopton
“sottrai i malati alla morte”. Havers, medico e anatomista (1650 o 1660-Londra aprile 1702): cf. BL 3, 93
s.; DNB 9, 182 s.
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Dum tremuli ad nervos famuli sua pensa relinquunt, pulsus et excubiis lucidus ordo suis, acta licet rabie non sic incendia pergunt, stantia te medicum tecta probare solent; totaque te medicum sentit nervosa propago, 20 quippe nec hîc virus posse nocere sinis. Nam tibi fibrarum patuit levis incola, ocellos perstrinxit radiis nobilis aura tuos: clara1849 tibi affulget, quâ nec divinior unquam caelitus allapsa est irradiare diem. 25 Cernis ut hinc celerem traiecto fomite flammam, languida purpurei massa liquoris alit; concitus utque latex remeantia flumina spectans, sollicitum attonitus sistit et urget iter atque irae impatiens solvit rupto obice ripas 30 et rapido solitas praeterit orbe vias: hoc facit, ut monstras, alieno percitus oestro rivus et ex alio fonte venena bibit. Accensas fert inde faces laxoque cruoris orbe venenatas spargit ubique notas. 35 Haud impune licet grassetur flamma, vetustos ut mirum in cineres ni ruat usta domus: viso hoc Mortonus subiectos increpat ignes extinctoque nitent tecta superbo foco. Quid memorem vestras, vexata cuticula, flammas? 40 quidve cutim, numen, diva puella, tuum? Expedit hic sordes scelerataque stigmata delet atque novas veneres exhibet alma cutis: morborum pigmenta abeunt vultusque renidet purior et speculo laevior ipse suo. 45 Externas iactare faces si lassa recuset febris, ut ipsa domûs interiora petat corporis inque adytis Vestales suscitet ignes, usque vigil vigiles destruit ille focos. Mille modis teneris miscere aconita medullis 50 si sciat, hic novit pellere mille modis. Febris sin flammas alieno nomine celet, extruat atque alios improba facta rogos, tu non obsessae Stator munimina vitae deseris aut liquidâ morte perire sinis. 55 Fluxam animam hîc revocas, ne sic retinacula rerum solvat et in medias tota liquescat aquas. 15
1849 Sc.
aura.
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170, 6 – 170, 7
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Nota nimis, posthac larvata incedere Febris cesset et invisam dissimulare luem. Laeta tuis armis victrix Natura triumphat, 60 ultro hostes tali vindice freta petit. Nota queror. Quidam tua rodere scripta solebant et tamen ignavum pascitur inde pecus: dum rodunt scribuntque eadem medicumque fatentur te satis, authorem te satis esse negant. 65 Ecce canes Domini, vestigia certa legentes, nempe tuam calcant, te praeeunte1850, viam. Te sequar, ut fas est, nostrûm pecorisque magistrum: nam superat medicum pagina, facta virum1851. Ioh(annes) Losher, d(octor) m(edicinae) Oxon(iensis)
[170, 7] Clarissimo spectatissimoque viro d(omino) Ricardo Morton, m(e dicinae) d(octori) 170, 6 [strofe alcaica] O qui, medentum gloria nobilis, Mortone, divis protegis artibus vitas Britannorum labentes, fila studens religare Clothûs, invîdit Orbis te satis Angliae: nunc, solis instar, pluribus utile sydus, tuis longe remotos vis populos recreare libris. Non vana iactas dogmata, quae pigro distans ab aegris feceris otio; non lecta scribis, quaeve inani credulus audieris rumore1852; sed illa tradis, quae labor improbus visuque frequens experientia, rimata Naturam sagaci te spatio docuêre vitae. Quibus favebunt millia testium,
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1850 Sic:
per far tornare il metro si potrebbe emendare in anteeunte. superant, nel senso che l’opera valida scritta dal medico gli sopravvive, così come le azioni virtuose rimangono anche dopo la scomparsa di chi le ha compiute. 1852 Irregolarità metrica, dal momento che la prima sillaba della parola è qui scandita come breve. Altre irregolarità metriche ai vv. 14 (frequens con la prima sillaba lunga), 22 (variolis con la prima sillaba lunga per evitare il tribrachi: vd. anche v. 44), 26 (spurias con la prima sillaba lunga), 32 (Sydenham con l’ultima sillaba lunga), 38 (Lusitani con la seconda sillaba breve). Forse sarà opportuno emendare audieris in audierit. 1851 Sc.
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quos tabe turpi depositos prope morboque languentes maligno liminibus revocas ab Orci. Natum nefandis territus unicum per te reducit variolis parens et ludit externos, avorum1853 nomen opesque suis relinquens. Seu dira tentat solvere coniugem uxore Febris, mox tua spurias compescit ars flammas locumque innocuo dat amoris igni. Plaudant Britanni teque superstite iam nullus illum lugeat amplius qui *1854 sanguinis motum retexit, [aut] Sydenham1855 Willisiumque1856 magnum. Oblita belli Gallia te canat, cui benignum Peruviae librum Talborus1857 ostendit, sed omnes non potuit numerare vires, oventque Belgae, sordida1858 faucium, et Lusitani1859 pectoris ulcera febremque Germani1860 rosatam, praeside te, facile domantes. Nec Orbe nostro fama stabit tua, Mortone: ad Orbem perveniet novum et incolis reddet quietem variolas merito perosis. 170, 7
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Iacobus Augustus Blondel1861 Parisinus, m(edicinae) d(octor)
1853 Intendi:
“e si fa beffe degli estranei (a cui avrebbe dovuto lasciare tutte le sostanze degli avi, se il suo unico figlio non fosse sopravvissuto grazie alle cure di Morton)”. 1854 L’asterisco è nel testo e rimanda alla nota Harvaeus (cf. supra n° 117). 1855 Vd. infra n° 210. 1856 Vd. infra n° 223. 1857 Sir Robert Talbot-Tabor (1642/3-dopo il 1679): cf. BL 5, 58 s. 1858 C’è un rinvio alla seguente nota: “Est quaedam febris maligna in Belgio endemia cum inflammatione et exulceratione linguae, palati et faucium: eam vocant die breun [ut vid.]”. 1859 C’è un rinvio alla seguente nota: “Phthisis Lusitanis est familiaris. Vid. Fernel. [vd. supra n° 97] lib. 2 de abditis rerum causis”. 1860 C’è un rinvio alla seguente nota: “Erysipelas vocatur a Germanis rosa et est morbus illis familiarissimus. Vid. Sennert. [vd. infra n° 202] de febrib(us) l. 2 c. 16”. 1861 James August Blondel, medico. Nato a Parigi, si formò a Leida e, soprattutto, a Lon dra, dove morì il 4/10/1734: cf. DNB 2, 694.
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[170, 8] Clarissimo viro d(omino) Ric(ardo) Morton, m(edicinae) d(oc tori), patri suo omni filiali reverentia colendo, in librum suum De febribus inflammatoriis universalibus [esametri dattilici]
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Somnia bicipitis1862 Parnassi mente reposta non mihi sunt: sacro longe impetuosior oestro hinc vocat in patrem patroni reverentia nati1863; in patrem, quo, si qua fides, Epidaurius ipse in serpente deus, non praestat plura canenda: ecce colus plenas, vobis, queis iura severi staminis, en Parcae tristi sub pectore curas versant, Mortono duros1864 renovante dolores. Gratum opus Angligenis, quod saecula nulla tacebunt, laudibus ac dignis celebrabunt scripta per Orbem postgeniti sitientque avidi transmittere honores. Docte parens, ego nunc arrectis auribus asto meque tua ut magni stimulant exempla patroni! Tu potis: artes ades, quoque fas mihi dicere vellem, ut sequerer tanti vestigia pressa parentis, dum te digneris placidus praebere docentem. Me si fata volunt miseris succurrere doctum, laetus in auspiciis, ego dulcia furta fatebor: auspice te, quis non callere1865 Machaonis artes? R(ichardus) Morton1866 m(erito) s(olvit)
*
1862 Irregolarità metrica, dal momento che la prima sillaba della parola viene qui scandi ta come lunga, anche per evitare il tribrachi. Evidente la ripresa dell’inizio dei choliambi di Persio. 1863 Il verso non torna metricamente: si potrebbe ipotizzare una successione come p.es. patrem nati reverentia (con ia considerata come un’unica sillaba per sinizesi) patroni. 1864 Sc. per le Parche. 1865 Sc. potest. 1866 Richard Morton jr., unico figlio di R. Morton, anch’egli medico (1669-Greenwich 1/2/1730): cf. DNB 13, 1055, dove si legge: “Some verses of his appear among several eulogies by Clopton Havers..... [vd. supra 170, 5] and others on his father, prefixed to the first edition of the second volume of the Πυρετολογία (London, 1696)”: si tratta, con ogni verosimiglianza, dei nostri versi.
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[3] Gulielmi Cole, m(edicinae) d(octoris), Novae hypotheseos, ad explicanda febrium intermittentium symptomata et typos excogitatae, hypotyposis una cum aetiologia remediorum et speciatim de curatione per corticem Peruvianum. Acces sit dissertatiuncula de intestinorum motu peristaltico, Genevae, sumptibus Cramer et Perachon 1696
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [170, 9] Ad clarissimum humanissimumque virum, medicum exercitatis simum, philosophum gravissimum, dominum doctorem Cole, in novam sua de febre Hypothesin ingeniosissimam [esametri dattilici] Iupiter
Apollo Iupiter
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Eumenidum princeps, flammis armata malignis, anguibus et saevis rutilos innexa capillos, febris anhela, necis caedisque Orcique ministra, debacchata diu et late grassata per Orbem, prostravit moestis populos male suada ruinis, haurit vitales succos et faucibus atris (heu tristes epulas!) horrentes pascitur artus. Fluminibus totis sua proluit ora cruoris igniflua et revomit geminatas ebria flammas, horrendo squallore et foedo pondere ventrem gestat distentum nec dum satiata recedit. Quodque malum exauget quodque illachrymabile regnum tantae pestis alit: non ullus, Phoebe, tuorum illius obscurum valet explorare cubile aut certamen init, tanto par viribus hosti: aemula at illa Iovis, nigra caligine tecta, ignotis humana ferit praecordia telis. Liventes librat flammas atque inficit auras labe venenata et, nulli pervisa tuorum, densis elisos iaculatur nubibus ignes. Labitur in venas vulnus, dolor ossibus ardet perque imas errant incendia lenta medullas. Tanti operis molisque fuit mihi condere gentem humanam, ut tali repetita strage periret? En, age, si qua meae prolis te, si qua tuorum cura, ô Phoebe, tenet, si quid tua pocula possunt
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nec iactas artem mendacem et numen inane, desere sacratum collem mollemque catervam Pieridum et, posita pharetra citharaque sonora, terrarum populos propera fulcire ruentes: hoc opus ingeni est coeloque et Apolline dignum. Apollo
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Dictis mota tuis, hominum pater atque deorum, in genus humanum pietas praecordia flecti, porriget et certum miseris haec dextra levamen. Mobiliore luto atque animis coelestibus apto, aetheris excocti quod dat purissima vena, cribris divinis purgato et luce meisque diluto radiis, hominis praecordia fingam intentique operi multum sudabimus, alti ictibus et vasti resonabit regia Coeli. Arte laboratum multa coeleste metallum atque indefessis opus haud vulgare lacertis nostris excusum languens mirabitur Orbis. Sic tandem prodit Collaeus, amabile nomen aegris, qui sana mente ingenioque beatus divino totoque afflatus numine Phoebi, imbelles reddet sanos medicosque docebit grassantis Febris rabidum cohibere furorem sedes obscuras, queis delituisse solebat. Invictum quondam monstrum reserabit, opaca claustraque nervorum pandet caecaeque medullae, quas coluit Febris tot retro secla, patebunt. Dicet, ut in celsa sedet ambitiosa cerebri arce, luem poenasque graves meditata necemque, fingit ubi pestes et miscet lecta venena armaque fatorum, tormenta infanda, crucesque fabricat innumeras atque ignea tela reponit, pabula ubi tristis nondum matura doloris, semina morborumque et moris stamina condit. Inde venenatos ignes nunc torquet in artus luridaque in gelidas iaculatur spicula venas. Continuo immanis carpit calor omnia, circum flagrantes latices fundunt praecordia et usta Aetneus subito per viscera depluit imber: pectora nunc lento carpit maculosa veneno atque moras nectit pigroque dolore trucidat. Nunc alterna iuvant et, dum lasciva quietem datque rapatque, aestum accendens sedansque vicissim, diviso imperio dominantur vita dolorque.
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Indorum crescit plagis1867 felicibus arbor, auro, quod vendunt, pretiosior: inde sagittas, inde salutiferos Collaeus fabricat arcus, fretus et his armis (argutos cuius ocellos vix mens ipsa fugit, fugit at mens sola), pererrat anfractus curvos atque ardua cliva cerebri et loca fibrarum nullis accessa, meatus intrat et angustos, monstrum figitque latebris nervorum stabulans (errandi nescia dextra!), nunc alios arcus gestat diversaque tela, vincendi certus, fugientem torquet in hostem. Morbo cuique suam Collaeus porriget herbam nostra[m]que arte potens et viribus, Herculis instar, innumeras pestes et monstra horrenda domabat. Iupiter
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Tantum conde virum nec menti parcius auras admisce aethereas illasque infunde recentes atque illibatam lucem radiosque probatos: ingentem inspira virtutem, numinis et sis prodigus effusi, laudes ut carmine vatum egregiae dicantur opusque feratur ad astra, consummatum Phoebi atque admirabile donum. Sit faustus felixque tuus Collaeus, amandus omnibus, attingat placidam doctamque senectam: ut valeant reliqui mortales, ille valebit. Richardus Blackmore1868, m(edicinae) d(octor), regii Colleg(ii) med(icorum) Lond(iniensis) socius
[170, 10] Ad virum doctissimum, experientissimum et amicissimum, d(o minum) doctorem Cole 170, 9 [esametri dattilici] Tecta diu ignora1869 febrilis flamma favilla ignotosque focos habitans, haec Vesta triformis1870 1867 Irregolarità metrica, dal momento che la prima sillaba di plaga “regione”, qui scan dita come lunga, è normalmente breve. 1868 Sir Richard Blackmore, medico e scrittore in prosa e in versi (inglesi) (Corsham, Wiltshire-Boxted, Essex 9/10/1729): cf. BL 1, 558; DNB 2, 591 ss. 1869 Sic: refuso per ignota (cf. v. 2 ignotosque). 1870 A rigore triformis è Diana, ma in questo passo il termine (nel suo significato di ipo stasi infernale) è riferito a Vesta, poiché qui si parla di fuoco, ma non di fuoco sano e saluta
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invigilat nostris custos malefida ruinis: tu referas1871 secreta deae monstrasque recessus queis struit insidias, in quos victrice recedit, post pugnam rediens, turma stipata dolorum. Insultu1872 labefactus homo, velut ariete quassus, non tulit ulterius: sudore, algore, calore exhaustus, somno se victum dedidit ultro: non morte ac vera succumbit imagine mortis. Illa quies rerum, sed vinctum prodidit hosti et reficit vires renovanda ad praelia morbi: «Dum motus humorum atque haec certamina tanta, pulveris exigui iactu, compastu1873 quiescunt». Hactenus hinc medicos pariter lassavit et aegros muta Sibylla, tacet frustra consultus Apollo atque Asclepiadum series longissima vatum. Nam referunt, Colaee, tibi tot numina munus, cuius mente tripos1874, cui fixa in pectore Delos teque iubent nodosi aenigmata solvere veri. Ipse fidem absolvis, quanquam hâc sudavit arenâ quondam Ionesius1875, Britonum spes una salutis et medicis senior clarus Mortonus in armis. Tu doctus varios olim secernere succos gnarus et irriguos per nervos ducere rivos promisitque alios devicta apoplexia campos. Sic ortu rerum Faber Ingens materiäi palantes atomos cogit spargitque coactas ad leges, Colaee, tuas artemque secutus humanos proprio formavit vortice caelos. Exiguos monstras primus quos flamma meatus intrat1876, ab introitu tuque obice corticis arces1877. Sic olim sapiens, regio dum peste laborat et vapor infernus certo inficit aëra letho,
re, bensì di un fuoco negativo, dal momento che apporta la febbre: ecco perché Vesta è inaf fidabile. Ai vv. 5 s., proporrei (dopo aver chiarito victrice sc. Vesta) di trasporre stipata turma dolorum. 1871 Sic: è probabile refuso per reseras: vd. il successivo monstrasque. 1872 Attestato soprattutto in latino medioevale; dubitativamente in latino classico: cf. TheslL s.v. 1873 Non attestato in latino classico né in quello medioevale. 1874 Sic: evidente refuso per tripus. 1875 John Jones, medico (1645-1709): cf. BL 3, 449; DNB 1, 1014 s. 1876 Sic: forse meglio intret. A v. 24, per quanto riguarda doctus, intendi es. 1877 Intendi: “e tu tieni lontano, tramite una adeguata protezione della pelle, le vie attra verso cui entra la febbre”.
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ille specum inveniens per quem petit aethera monstrum obstruit et proprio iussit requiescere Averno: laeta Salus sequitur foelixque oblivio morbi. Sis vatum princeps, sis certus Apollinis haeres: sit Phoebi, mihi, vel Iovis arbore gratior Inda. Dum leni lambit nervorum flumine ripas succus, dum Tyrios cordis rotat antlia1878 fluctus, numen opusque tuum per totum circulet orbem1879: perpetuo venae sinuato tramite gyro te refluum accipiant prorsumque arteria pulset.
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Stephanus Welsted, med(icus) Lond(iniensis)
* [4] D(omini) Thomae Sydenham, m(edicinae) d(octoris) ac practici quondam Londinensis celeberrimi, Processus integri in morbis fere omnibus curandis, qui bus accessit Graphica symptomatum delineatio una cum quam plurimis observatu dignis: editio novissima plurib(us) articulis aucta nec non De phthisi tractatulo nunquam ante hac edito, Genevae, sumptibus Cramer et Perachon 1696
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: 170, 10 [170, 11 = 210, 2] Amico suo integerrimo, m(edicinae) d(octori), expertis simo domino s(alutem) m(aximam)1880 [strofe alcaica] Solum sequaces praetulimus diu Coum medentes; compar habebitur, qui clariorem te, minori reddidit hoc, Medicina, libro. Non hic1881 tumenti mole superbiens blattis futurus praeda opulentior, sensu sed arcta ditiori conciliant sibi verba pondus. Frustra molesto vasta volumine lustres Galeni scripta; minutulae
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1878 La
pompa della circolazione sanguigna. circolo sanguigno. 1880 La sigla si potrebbe anche sciogliere in s(olvit) m(erito). 1881 Sc. liber est. 1879 Il
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acumen huic maius tabellae: se stupet hic Medicina totam1882! Hic1883 non remoto sordidus angulo sensim fatiscet: sedula strenue manus quotannis spe perenni deteret, auctior ut resurgat. Applaude votis, turba medentium: non febris illum, morbus atrocior haud afflet vllus, commodis qui immoritur satagendo vestris1884.
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Sic vovet Christophorus Crelle, m(edicinae) d(octor)
[171] MUNTING Abraham, medico e botanico (Groningen 19/6/162631/1/1683): cf. AGL 3c. 758; BL 4, 302; NNBW 6 c. 1043; Aa 12, 2, 1158 ss. De vera antiquorum herba Britannica eiusdemque efficacia contra stoma caccen seu scelotyrben (Frisiis et Batavis de scheurbuyck) autore Abrahamo Mun tingio Groninga-Frisio, medicinae doctore atque in patria Groningae et Omlandiae Academia botanices professore, Amstelodami, apud Hieronymum Sweerts 1681 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.1877 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [171, 1] Nobilissimi et amplissimi viri Isaaci de Schepper1885, Octo-Pago rum in Frisiâ Greetmanni dignissimi secretarii, Elegia in herbam Britannicam recens erutam novaque luce donatam a clarissimo, doctissimo cultissimoque viro, d(omin)o Abrahamo Muntingh, med(icinae) doct(ore) et in Academia Groningae et Omlandiae bo tanices professore celebratissimo [distici elegiaci] Nonne times (ne quis dubitet!) te, Phoebe, coruscum nosse relegata spargere nocte diem, inventum Medicina tuum dum militat1886 umbris 1882 Intendi: “la Medicina si stupisce del fatto che in queste minutulae tabellae (hic) essa vi sia contenuta per intero”. 1883 Sc. liber. 1884 Il carme è ripubblicato in 210, 2 con la variante, al v. 5, tumoris in luogo di tumenti. 1885 Isaäk de Schepper, giureconsulto (m. 9/5/1688): cf. Aa 17, 307. 1886 Sic: forse refuso per uilitat (vd. Forcellini s.v.).
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et tenebris magna ex parte sepulta iacet? Ecce bis octo rotas spatiosis saecula gyris et sobolem latet, ah! herba Britanna tuam! Illa decus fruticum, caelo data planta sereno nataque sexcentis una medela malis. Phoebe, quid incertas admittis in atria plantas, prostat et ambiguae postibus herba notae, dum, quae tercentum virtute potentior herbis, fixa patet nullis herba Britanna tholis? Anne frutex Indus duntaxat Arabsve tumebit doctaque per Coas currere planta manus atque huic, quod Frisiis1887 nasci contingit in oris, conditio cedet nobilitasque minor? Quid iuvat unde domo, si certam haec herba salutem, si genti, ante alias quae tibi culta, tulit quaeque Palatinas tibi condere gestiit arces et pia millenis thura cremare focis? Illa gravi vexata siti, vexata pruinis atque inconsuetis attenuata malis, spirat anhelanti dominantem pectore pestem praesentisque minas exhibet ore necis, cum simul haec Latiis monstrata Britannica castris optatam miseris approbat herba fidem, pellit et ex unis grassantem impune medullis spe citius, praesens auxiliata, luem. Quos tamen oblatam fructus (precor!) illa salutem1888, sertaque ab incolumi quernea cive tulit! Ah scelus indignum: fructus oblivia, quodque exitium Latio depulit, ipsa subit! Infami dum mensa luto putrique sub alga vilis, iners per tot saecula lapsa latet; et latuisset adhuc, tua ni, dulcissime rerum, hanc e Lethaeis cura levaret aquis illuvieque repurgatam limoque situque, iret1889 in antiquum restituisse decus. Sic tibi, Tros Anchisiade, tibi fraude novercae caste nimis durum nate reperte patrem: haud prius emeritam reddunt pia numina lucem, dedecus indignae quam subiistis aquae. At tu, qui media revocas a morte sepultos
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1887 La
prima sillaba di Frisiis, normalmente lunga, viene qui scandita breve: casi analo ghi a 171, 2, 16 e 225, 26, 21. 1888 Oblatam....salutem è apposizione di quos...fructus. 1889 Sc. tua...cura.
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et famae gaudes inseruisse tuae, perge, velut pergis, decus extendendo, subinde foetibus ingenii luxuriare novis. Sic tibi, sic laetis crescat feliciter hortis, in tua quae longum tempora laurus eat.
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[171, 2] In emendatas ingenii curas Abrahami Muntingh, viri claris simi, explicantis exacte herbam Britannicam maiorum panaceam itemque aloës aliquot species ante non cognitas 171, 1 [distici elegiaci] Et nos hoc etiam limis debemus amicis, hoc arvis, hortis hoc, Abrahame, tuis: hoc hortis, in queis habitat Venus alma simulque submittit curis semina mille tuis. Quod iam, quae proavis olim monumenta latebant et multum doctos implicuere viros, percipiant omnes errorum ambage remota, sic ut quod tardet nil superesse queat. Testis, Roma, tuis quondam panacea medendis, ureret in castris cum stomacace tuos1890, herba suo per te descripta Britannica cultu, quâ vix tam salubris planta vel ulla fuit, herba per aetates multas non nota parentum, per non tentatas herba reperta vias. Hanc, Abrahame, suis natalibus asseris et cur non trito hoc Frisiis1891 nomine dicta fuit et quâ luxurie foliorum incedat et atro ut placeat cultu, ceu viduata, doces et quas succus opes habeat viresque medendi et quid collectus flos quoque rite iuvet. His alöes addis species non ante notatas, transmissas Indo litore ruris opes. Magnum opus ex hortis tales decerpere plantas, laudem unde a serâ posteritate feras. Non ea cum sol est nimio macrescit ab aestu aut hyemes metuit bruma maligna tuas. Hos etiam ex hortis fructus Epicurus habebat, traderet ille senex cum sua scita suis areolas inter veri pater ille iuventam,
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1890 Sic: 1891 Vd.
forse da correggere in tuis (sc. castris). supra 171, 1, 15, nota 1887.
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formabat patriae spem, pater ille, suae. Hac in parte senem sequeris non immemor et quas hinc habuit laudes et simul ipse feres.
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Ioh(annes) Mensinga1892, eloquent(iae) professor
[171, 3] Excellentissimo clarissimoque viro, d(omino) Abrahamo Muntin gio, m(edicinae) d(octori) et p(rofessori) b(otanices), herbam Bri tannicam e tot caecorum et errantium saeculorum caligine in lucem Orbis et veritatis felicissime protrahenti 171, 2 [esametri dattilici] Primitias Phoebo sacras artisque potentis grande rudimentum Podalirius ore tumenti prosequitur, plenusque deo praecordia: florum herbarumque ferens ver et miracula, cunctis numen inest foliis calathosque ad Apollinis aras effundens, delubra novis clangoribus implet. Mox Phoebi populo cunctis solennia templis vitattisque globis mystarum festa per oras nuntiat; extemplo proprias Epidaurius1893 aedes, Ocyröenque1894, piam fortunae artisque magistram, deserit et plenâ se maiestate videndum exhibet huic festo, Chironque opiferque Machaon, ignotas curâ secum notasque vehentes delicias nemorum et terrestrem floribus aethram fulgentem radiis rarosque ad pharmaca bulbos; herbarum quicquid cultis innascitur hortis sive iugis Arabum vel circum littora Ponti Creta tui, quicquid vel Troiae crescit in arvis aut Amphrysiacis virtute superbit arenis, suspendunt sacro cultu laquearibus altis. Ast lapathi species, aras et templa coronans insigni formâ, rapit ora manusque stupentum suspensasque tholis herbas haec una triumphat et iusto cunctas meritorum pondere vincit. Interea Phoebus, rutilanti crine decorus, constitit ante oculos authoris amansque clientis
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1892 Johannes
Mensinga, professore di eloquenza a Groningen (Groningen 1635-ivi 3/3/ 1698): cf. NNBW 10 c. 614; Aa 12, 1, 610 s. 1893 Esculapio. 1894 Figlia di Chirone: dotata di virtù profetiche, eccelse nell’arte medica.
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talia verba dedit, laudes effusus in omnes: «Muntingi[i], iam cerno: meum tua pagina plectrum percutit et noctes studiis affixa diesque artis Apollineae mens mentibus altior, aethrae incola docta1895, sono crispantibus aëra chordis nominis aeterno praetudere1896 mandat honori. Per te spes aegri, dudum inclinata resurgens, se levat et chartas votis suspirat anhelis. Quae mala dimanant ex putrescentibus undis et nitri virus nocuumque vehente bitumen flumine, sanabis medicamine et omine fausto dissolvens strictos languore salutifer artus. Cui ventura parem, cui saecla fluentia gignent? Ausa iuuent animos, sis semper prosper in ausis! Spondeo: semper eris di[i]s tu clarissime cordi»: dixit et in tenues properans evanuit auras. O signanda dies! quâ post tot saecula tandem dispulit errorum noctes umbrasque removit sol meus: herbarum regina Britannica mundo prostat in exemplum: quae tanta potentia Caelo floribus aut herbis concessa salubribus extat! Extitit! Extabit! Medico insuperabilis usu est. Tu toties quaesita Britannica, tecta Britannis atque ignota Padi Ligerisque Tagique Lyceis1897, a Belgâ detecta meo es! Muntingius Orbi exhibet et spissam fugat alta industria nubem. Felix, curarum cui sunt Parnassia menti dona triumphantum1898 plexaeque ab Apolline laurus in decus aeternum! vastosque accinctus in ausus stat vigor ingenii, nullis conatibus impar, spe maior, crebro successu illustrior herbae. Illius auxilio morborum examina captant, corporibus depulsa, fugam, febrilibus omnis ardor abest turmis, exercitus atra malorum supplementa trahens, loca deserit, ipsa recedit vis truculenta, pedum flagrans tortura, podagrae, quae tormenta parit vix fanda, nefanda tyrannis. Muntingi, inventâ splendes ceu Perside gazâ:
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1895 Sc.
mens. sarà refuso per praeludere. 1897 Intendi: “ignota alle scuole, e cioè agli studiosi italici, francesi e spagnoli”. 1898 Intendi: “la cui preoccupazione prevalente è quella di studiare e diffondere i doni apollinei, che hanno vinto e aiutano l’umanità”: vd. anche infra 70 ss. 1896 Sic:
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Persarum praestat detecta Britannica1899 gazis. Nunquid, Phoebei selecta medulla cerebri1900, visus es arte palam? fulges ut fulserat olim qui succis regem validis curaverat Orci, fortior Herculeis, et fortior Hercule, telis. Munere divorum felicia tempora nobis advenere, quibus genuinus Apollinis infans1901 tanto opere et tanto dextrae molimine sortis, accensam caeco lucem communicat Orbi. Aude animis! aude calamo! subscribe vocantis Te nunquam cessura gradu constantia linquat! Sic tua Pellaeis plures victoria palmas et famae in variis numerabit munera terris: ensis Alexandri quot millia messuit1902 Orco, plura fatebuntur tibi se debere salutem optatamque diu sine morbis vivere vitam.
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I(ohannes) Aloysius Buchorst
[171, 4] A Monsieur Munting, docteur et professeur, en l’Academie de Groninge et Omlande, de la medicine et botanique, sur son livre de l’herbe britannique 171, 3 O medicin divin, prince des iardiniers que Febus te couronne avec ses cerds1903 lauriers, qui monstrés le premier par ta sage practique, quel soit l’echantillon de l’herbe britannique, par tant de siecles de tous scavants ignoré. Pour ce labeur ton nom sera tousiours doré.
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Theod(orus) Vchteman
[171, 5] Viro praeclarissimo, d(omino) Abrahamo Muntingio, med(icinae) doct(ori) et in almâ Groningae et Omlandiae Academiâ botanices professori eximio, cum Britannicam herbam, per tot saecula spre tam, iam vero a se de novo inventam, Orbi communicasset
1899 Sc.
herba.
1900 L’espressione
è apposizione di Muntig. è il vero figlio di Apollo, nel senso che — lungi dall’essere incapace di espri mersi (infans) — ha rivelato al mondo il senso reale della medicina. 1902 Si noti il raro perfetto messui. 1903 Sic: forse refuso per verds (verts). 1901 Munting
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[distici elegiaci]
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Ecce laborantem rutili sub climate solis artem Idieriis1904 invigilare choris. Ecce procul veri speciem limante Minervâ, Hippocratis quantus fertur honore gradus. Alma Themis sacrata diis, per Apollinis artes vestigat quid non officiosa manus? Officiosa manus1905, quicquid Phaëtontis Eoi praetereunt, tacite condecorare potes. Quicquid habet tellus, quicquid Capitolia firmant, hoc bene Pieridum nobile tentat opus. In pelagi medio, Thetidis quod clauditur undis, molitur Pallas sedulitate suâ. Quicquid et abscondit Phoebus sub nubibus atris, hoc pandit studiis ingeniosus amor. Visceribus terrae nihil est tam rite sepultum, quod non discutiat pervigil arte Themis. Omnia quid memorem? tangit Muntingius herbam, Naturae monstrans grande latentis opus. Hoc sua mens aperit, quicquid lux aurea promit, quo magis occultum splendeat Orbe decus. Namque salutiferâ vi surgens herba secreta Aoniâ firmat nobilitate virum; quae petiit latebras varias volat illa per oras, quaeque locos fraudi texerat, arte nitet. Inclyta Muntingî Parnassia lumina produnt, Daedala perplexum terra quod ipsa tulit. Non audita cano: praeterquam publica vota, huius testantur mox monumenta libri. Nec fallunt me fata: potens Heliconis arenâ Muntingî specimen publica Flora dedit. Nuncia fama fuit: tandem vestigia prisca repperit herbarum dexteritate suâ Palladiae decus hoc, Muntingh, rediviva parentis gloria, Gruniaco1906 grande decusque solo. Hic paribus patris passus virtutibus aequat,
1904 Sic: sarà refuso per Idaeis (per i chori Idaei cf. Vergilio, Aen. 9, 112; Properzio, 3, 17, 36): per far tornare la metrica, che risulterebbe carente di una sillaba nel primo emistichio, sarà opportuno congetturare qualcosa come p.es. artem Idaeis. 1905 L’espressione è qui un vocativo (contrariamente a quanto avviene al v. precedente). 1906 Il termine è qui utilizzato in riferimento a Groninga, patria di Munting, ma vi ravvi so anche un riferimento omofonico a Gryneus, riferito ad Apollo (un caso analogo è rappre sentato da Grunia a v. 48).
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de medicâ medicûm pondera gente ferens. Vir pius evolvit sophiâ mysteria doctâ germinis, evolvit mystica dextra malis1907: scilicet in nostris germen venerabile terris Muntingî invenit cura, labor, studium. Grande latentis opus Naturae pandit in herbâ Muntingh, Frisiaci gloria tuta soli. Siccine Castalidum comitantur docta sororum agmina Groningae lumina tanta viri? Siccine splendescit virtus? sic itur ad astra, sic gaudet celsum Pallas habere locum. Miremur: Latium1908 sophos1909 omnis (mira relatu!) cantat, inauditum Grunia germen amat. Te vocat Europae pars tertia, te vocat ora ardentis Libyae Graiugenûmque domus. Dic igitur quali signatum nomine curris, ignotum toties scandis ab axe poli. Nam pudor est duris si nomina succuba fatis, non pudor, ast maius velle silere nefas. Quae tua sit virtus, prodis1910 quo stemmate, narra, maiori ut possis laude vigere foras. Florida terra sinus dum blandos spargit in auram, expediam dictis nomina magna meis. Nuncuper ut merito, Brittanica nuncuper herba, Caesaribus quondam nomina diva fui, cui Groninga quidem primos devovit honores, nomina cui quondam Frisia clara dedit, quam petiit Caesar vel votis Claudius almis dignatus qui me splendidiore loco. Nec tamen immerito: monstravit Frisia natis sanguine de Latis, queis medicina fui. Tum me duxerunt Romam, Capitolia pressi inque suo pretio corporis usus eram. Ast, ubi sanguineus destruxit moenia Romae, tradidit accensae me quoque Nero pyrae. Postea viva quidem, rutilos quo Cynthius orbes lustravit, sed tum gloria nulla fui.
1907 L’origine e la natura della malattia sono state purificate, grazie a Munting, dalle loro caratteristiche maligne. 1908 Sc. germen: idem ai vv. 51 (signatum) e 52 (ignotum). 1909 Si noti la raffinatezza dell’uso della desinenza -os del nominativo singolare maschile: per un caso analogo cf. infra 174, 1, 16 e 24. 1910 L’uso dell’indicativo è una scelta obbligata, dal momento che il corrispondente con giuntivo sarebbe stato inammissibile per motivi metrici.
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Gloria nulla fui Batavis occulta tenebris atque parum auspiciis utilis ipsa meis. Tandem Thespiadum scindens Muntingius undas post Spartam ingenii repperit arte suâ. Plaudite Pierides, felix Paeantius heros protulit hic, medici gloria vestra chori. Gloria vestra chori tandem post mille labores Muntingh obscuro germine victor ovat. Et iam lectori pulchras ostendo figuras, quas varias veras Musa diserta probat. Non ultra teneo, percurrite singula visu: acta probant hominem, iam liber acta probat. Quis titulos, vir macte, tuos graviore cothurno pro meritis igitur commemorare potest, dum tua Suada1911 dedit Parnassia munera mundo, vulneris auxilium dum tua Suada dedit, queis patriae meritis virtutem extendere factis principibusque viris sponte placere vales? Auspiciis faveant caelestia numina porro, semper ut immensis floreat herba bonis, semper ut huic magno faveat fortuna labori et dignum mundo posthuma fama ferat. Herba licet nunquam fatalia stamina firmet, firma tamen semper stamina laudis erunt. Quae tibi, vir praestans, Brittannica contulit herba, te vivum semper saecula laude canent. Vade igitur medicâ, voveo, celeberrime famâ, vade liber faustus quo vocat aura: vale. W. Wiardi Dammonensis1912 stud(iosus)
[172] MUSA (BRASAVOLA) Antonio (Ferrara 16/1/1500-ivi 6/7/1555): cf. AGL 1 cc. 1338 s.; Mazzuchelli 2, 4, 2023 ss.; BL 1, 680; DBI 14, 51 s. a cura di Giuliano Gliozzi. 171, 3 Antonii Musae Brasavoli, medici Ferrariensis, Examen omnium catapotiorum uel pilularum, quarum apud pharmacopolas usus est......; Conradi Gesneri1913, me dici Tigurini, enumeratio medicamentorum purgantium, vomitoriorum et aluum bonam facientium, ordine alphabeti: omnia nunc primum et nata et excusa, Lugdu 1911 Vd.
supra nota 516.
1912 ����������������������������������������������������������������������������� “Dammona, Damum: Appingendam (Den Dam) wstl. Delfzijl, Pr. Groningen, Nieder
lande” (Orbis Latinus 1, 625). 1913 Vd. supra 68 tit.
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ni, sub scuto Coloniensi 1546 (colofone finale Lugduni, excudebant Ioannes et Fran ciscus Frellonii fratres 1546) [prima ediz. Venezia 1543] [Stamp. Pal. VI.132 (2)]
Alla fine dell’opera compaiono i seguenti versi: [172, 1] Francisci Bovii Ferrariensis1914 ad lectorem epigramma [distici elegiaci] Moribus et virtute prius Centaurus Achillem, mox etiam medicis artibus, instituit. Sic tibi dat Musae Brasauli, lector, vtrunque exiguus chartis, magnus at arte liber. Nam docet, affectus qua sit ratione regendus, ne qua cupido animum, neu grauis ira premat. Tum globulos medicos examinat ore vorandos, qui sint, quas vires, pondera quanta ferant.
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* * * [173] Antonii Musa Brasauoli Ferrariensis, Examen omnium syruporum, quo rum publicus vsus est: omnia ab authore recognita, cum indice, Lugduni, apud Antonium Vincentium 1546 (colofone finale Lugduni, excudebant Ioannes et Fran ciscus Frellonii fratres 1546) [prima ediz. Lione 1540] [Stamp. Pal. VI.132 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [173, 1] In examen omnium syruporum eximii philosophi et medici Antonii Musae Brasauoli, Francisce Bouii Ferrariensis1915 epigramma [distici elegiaci]
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Qui prius exacte medicamina quaeque recenset simplicia ac vires, sint quibus illa, docet, Musa syruporum totam hic Antonius artem explicat et priscos aequat honore viros. Hanc1916 sacra Atestinae1917 virgo noua gloria gentis
1914 Si tratta del poeta Francesco Bernardino Bovio (Ferrara, seconda metà del sec. XV1543 ca.): cf. Mazzuchelli 2, 3, 1922 s.; DBI 13, 550 a cura di Gianni Ballistreri. 1915 Vd. supra 172, 1. 1916 Sc. artem (cf. v. 3). 1917 Probabile allusione a Eleonora d’Este (1537-1581), figlia di Ercole II, duca di Ferra ra, Modena e Reggio, e di Renata di Francia.
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luminibus placidis Elleonora legit. Doctior hinc medicus, mage pharmacopola peritus hinc componendi pharmaca, abire potest. Hinc necis humanae, medicinae inscitia turpis, causa aberit: vitam lux patefacta feret. Haud necis humanae causa inuidiosa feretur: iam Medicina, quod est, ipsa salubris erit. Arte sine ingenium caecum est, ars ipsa, remoto officio, manca est, hoc sine pene nihil. Non sat Aristotelis magnique arcana Platonis nosse, licet viuo singula fonte petas: Socratico hic sophiam voluit deducere ritu coelitus atque hominum consuluisse bonis.
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* * * [174] Antonii Musae Brasavoli, medici Ferrariensis, in libros de ratione victus in morbis acutis Hippocratis et Galeni Commentaria et annotationes..., Venetiis, apud Hieronymum Scotum 1546 (colofone finale Venetiis apud Hieronymum Sco tum 1546) [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.67]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [174, 1] Francisci Bovii Ferrariensis1918 carmen encomiasticon ad lectorem [distici elegiaci] Hactenus Hippocrates latuit pariterque Galenus nec fuerat nobis notus vterque satis, sed, cum cuncta vices habeant, post nubila Phoebus succedat, maneat sors quoque nulla diu: en tibi mirando nunc Musa Antonius ausu abdita quaeque prius lucida sensa facit. Nanque modum in morbis viuendi exponit acutis, quo nullum Coi grandius extat opus. Laudatam vsque adeo ptisanam, nullique recentum attactam, primus conficit atque docet. Hinc licet inuictas Naturae noscere vires esseque non secus has atque fuere prius. Haec est ad fruges tantum ingeniosa creandas atque viros, quantum secula prisca canunt.
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1918 Vd.
supra 172, 1.
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Vnde dolor veniat morbi comes, explicat inde Naturae interpres optimus atque sophos1919. Ipse etiam, poscente loco, tibi munera Bacchi ample et distincte, qualia, quanta refert. Dulcia quo prosint dat sub pleuritide vina: quo noceant rursus tempore scire potes. Iam maiora fide, quae te didicisse iuuabit, comperies, studio si incubuisse velis. Hinc praeclara tibi sumes documenta, fidelis quae tibi dat medicus, dat tibi quaeque sophos. Hinc etiam capies ad singula membra medelas et pariter toto corpore sanus eris. Si tibi forte satis non sint medicamina cordi, utpote quem sanum non medicina iuuet, at physica e sophia zetemata plurima prompta aspicias, grata quae nouitate placent. Haec quoque si renuas, linguam at studiosus utranque perlege: non insunt barbara verba libro. Denique selectum, varium, amplum, candide lector, proderit ac pariter (crede!) iuuabit opus.
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Finis
[175] NEANDER Johann (Brema 1596-1630 ca.): cf. AGL 3 c. 840; BL 4, 332. 174, 1 Tabacologia, hoc est tabaci seu Nicotianae descriptio medico-chirurgico-phar maceutica vel eius praeparatio et usus in omnibus ferme corporis humani incom modis, per Iohannem Neandrum Bremanum, philosophum et medicum, Lugduni Batavorum, ex officina Isaaci Elzeviri, iurati Academiae typographi, anno 1626 [prima ediz. Leida 1622] [R.G. Medic. IV.140]
Nel verso della pagina precedente a quella con cui inizia l’Epistola de dicatoria (vd. infra), compare un ritratto ovale con l’effigie dell’autore e con la scritta circolare Iohannes Neander Bremensis, philosophus et medi cus aetatis an(no) 26, Christi 1622. Sotto il ritratto compaiono i seguenti versi: [175, 1]
[distici elegiaci] Qui nitet hîc Phoebo iuvenis formosior ipso,
1919 Vd.
anche infra v. 24: cf. supra 171, 5, 47, nota 1909.
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non minor herbarum est, non minor arte lyrae. Hunc tenuit Sophie1920, Clariae tenuere sorores, sed fuit Hippocratis maxima cura sui. En nunc fumifici surgit cantata tabaci gloria: virtutes quas habet herba, legis. Quid gaudes, philocapne1921? tuo non ista palato serviet, affectis sed panacea locis1922.
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P.S.1923
* All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [175, 2]
identico a 94, 1
[175, 3]
Ioannis Posthii1924 distichon [distico elegiaco] Nulla salutifero se comparet herba tabaco: viribus hoc omnes exsuperat reliquas.
* Subito dopo segue il Syllabus auctorum et librorum, qui citantur et qui bus in hac Tabacologia autor utitur. Dopo il Syllabus compaiono i seguenti versi: [175, 4] In Tabacologiam c(lari) v(iri), d(omini) I(ohannis) Neandri [distici elegiaci] Nunc faveant, fumum modo qui risere tabaci, et queis res nihili fistula visa fuit: haec etenim, fumi quae morbos discutit usu, autoris famam tollet in astra sui. sulla forma ionica Σοφίη. neologismo adattato alla bisogna. 1922 Sono le parti del corpo umano che trarrebbero vantaggio dal fumo. 1923 Come sciogliere? forse p(osuit) s(ibi)? 1924 Vd. supra 39, 2. 1920 Rifatto
1921 Evidente
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De solidis alii fumosa volumina condant, de fumo solidum condidit autor opus.
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[175, 5] 175, 4
Aliter [distici elegiaci] Vix uni cunctis poterat medicarier herbis hactenus aegroto tota cohors medica: nunc una cunctis poterit medicarier herba, protinus aegrotis qui tua scripta leget. Macte igitur magni conatus, docte Neander: solus, quod multi non potuere, facis.
5
Iustus Ravelengis, m(edicus)1925
* Alla fine dell’opera di Neander compaiono i seguenti versi: [175, 6, pp. 204-206]
Threnodia Nicotianae [esametri dattilici]
Illa ego, Francorum regalibus insita septis, Reginae1926 dicta herba diu, vergentibus horis autumni flos notus odore frondis honore adliciens animos, foliorum larga meorum, illorum succo saevos medicata dolores vulneris et varios, tantum non integra, morbos, heus misera, heu, trador crudis innoxia flammis, atque hostes oblecto meos! proh fata! quid hoc est, quod non morte mea morior nec mî mea mater tellus hosce oculos claudit, sed flamma perurens me totam absumit! Solo nunc tota tabaci nomine, Reginae nomen, nomenque Nicoti aut sanae et sanctae (iam sacra et debita flammis) amisi, misera, heu, tantum quae servor, ut urar! Ergo igitur, quoniam ingratus me dona maligne spernis, homo, nunc, iure bono tua gaudia damnans,
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1925 Vd.
supra 54, 55. a Caterina de’ Medici (1519-1589), regina di Francia e moglie di Enrico II, cui Jean de Villemain Nicot, ambasciatore di Francia in Portogallo, fece conoscere la nuova erba. 1926 Riferimento
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postquam uris quod amas et amatae in funere plantae exultas, cinerum adsiduis te addico favillis, quamdiu terrarum dabitur solisque potiri. Ortus enim est aliquis nostris ex ossibus vltor1927 Petuni1928 genius, qui, quam diu possidet arcem humanae mentis, tam diu1929 rationis egena seria seponens, nil magni cogitat unquam; sed nostris adfixa1930 rogis, fuligine taetra aëra conspurcans exhalat opaca mephitim: quae non de nostro producta cadavere tantum, sed de nescio queis fucis et fraude recenti, efficit, ut proprii pereat mihi gratia odoris; gratia sed maneat modo subcisiva1931, carere, qua nequeunt, quicunque favum fuliginis huius gustarunt: nam sic cum sanis fascinat aegros, vt morbo gaudere suo videantur et optent vsque frui fumo, praetextu sive cat[h]arri sive alio adfectu, quum mens non sana laboret et mihi det poenas: nam fumus gloria prima et desiderium, sed mî lacrimabile funus. Hîc te prae reliquis, Wingandecauva1932, ministris teque taba[s]co1933 ream facio: tum quisquis in Orbe occiduo super es, qui nostram subvehis herbam, vt pascas fumo fatuos te devovet idem iste meus genius, tibi ne super ulla quietis hora siet, sed Francus, Iber, Britto atque Batavus, dum lucrosa tibi fingunt commercia, tandem servili tua colla iugo submittere quaerant, et merito: nam vos fumosae tegmine mercis sic dementastis populos, cur Martia corda nunc fumos solum spirent. Tum munere vestro omnis in hoc saecli nostri consistit honestas: flant cineres, ut multa spuant fumosaque ructent. Vos Asiae, Europae gentesque Libystidos orae, crudelitate1934 levi quia sacrae illuditis herbae
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1927 Evidente
richiamo virgiliano (Aen. 4, 625). di tabacco del genere Petunia, vicino alla Nicotiana. 1929 Se si vuol conservare il testo tràdito, è necessario scandire diu (come anche a v. 19), con -iu sillaba lunga per sinizesi: cf. TheslL 5, 7 c. 1557, 72. Vd. anche infra 175, 7, 15. 1930 Sc. herba. 1931 Sic: refuso per subsiciva. Ambedue le forme sono però inammisibili metricamente. 1932 Riferimento agli Irochesi della riserva Caughnawaga? 1933 Forse da emendare in tabaci. 1934 Sic: evidente refuso per credulitate. 1928 Tipo
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et nidore meo gaudetis, solvite poenas has mihi, quod nunquam cessabunt tristia bella et quod nullus amor populos nec foedera iungent; sed vos tam dudum sequar atris ignibus absens, quam dudum inter vos plus nostri pulveris haustus et cineris, herbae quam succus honoris habebit. Barbaries terris succedet, pristina virtus exsilio se sponte suo mulctabit amaro nec vos ante suo dignabitur illa revisu1935 quam bona mens, nostros tandem miserata labores, humano generi gratissima diva redibit. Tunc mea stirps cultis secure crescet in hortis et me non ignis, sed fati finiet hora: tunc hominis, demum mucos cineresque perosi, non sentina magis putrisque cloaca, cerebrum, nec fumi, velut ante fuit, domus atque caminus, sed rationis erit sedes: in seque reversus ceu postliminio tractabit seria mundus.
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[175, 7, pp. 207-208] Erudito viro d(omino) Iohanni Neandro Germano, philosopho atque medico non e multis, ingenuam tabaci virtutem usumque docte edisserenti et enucleanti 175, 6 [esametri dattilici] Quis novus hic Batavis exsurgens sedibus hospes, quis vir odoriferis Batavum suffitibus1936 Orbem imbuit, immensum incensurus odoribus Orbem? Tunc1937 Neander is es, qui nunc toto Orbe mephitim voluere odoriferam caelumque involuere sumas, Europae populis ipsisque stupentibus Indis, qui sibi iure volunt stirpis plantaria sacrae deberi? Facinus pulchrum, me iudice, plantae Gangeticae indigenas Indos omnesque docere terrarum indigenas virtutem usumque potentis stirpis et aureolas dotes in luminis oras1938 ferre! opus invidiae expositum! non Inda nec ipsa Serica gens potuit! septem subiecta trioni
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1935 Non
attestato in latino classico e medioevale. soltanto in Plinio, nat. hist. 20, 164 e 187; 21, 116; 32, 134: vd. anche infra
1936 Presente
v. 40. 1937 Sic:
evidente refuso per Tune. eco lucreziana (1, 22).
1938 Evidente
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gens nunquam ausa nefas! quae insanum stirpis odoro halitui indulget, quae gens quam diu1939 halitus erret ore, hunc nare legit. Tibi scriptori herba merenti sancta datur, frustra Nemausensi1940 illa parenti; nec “regina” tuo de nomine postera dicent secula et incassum peregrinis vocibus: illa, voce nova lustris labentibus illa Neandri herba per omnigenas mundi vulgabitur oras. Et merito: gens Inda quidem sacra semina terris seraque committunt, rigat et gens Mexica, verum Germano incrementa trahit cultore Neandro ingenua et nova, docta Orbique ignota priori. Vnde honor et laudes et laeto gloria vultu rara, Neandre, tuos ultra Garamantes et Indos te vectura, novum fassuros stirpis alumnum cultoremque patremque tuum, cui plurima tellus laurea serta parat, cui gens perplurima plantae haud timet indulgere, herbae virtute retectâ Germanâ virtute tua, quâ haud sanior herba Hesperiis iam nota Eoaeque agnita genti. Macte istac virtute, cui gens Indica plantae fumiuomae1941 fasces ultro cum gente Batava iam deferre ardet, cui gens praedoctior1942 Orbis accinit: en meritos iam nunc gratantur honores Africa gens Asiaeque ingens Europaque et omnis, delicias sensura tuas tellure marique abs te docta. Sed heus! suffitu plurium ocellos praestrinxisse putas, stomachum et mouisse? Triumpha hoc virtutis opus! solet a virtute dolere invidiae vis victa! istâc tu macte triumpha!
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Honoris ergo scripsi H(enricus) Delmanhorstius1943 m(edicus)
*
1939 Perché
la metrica torni, è necessario scandire diu monosillabo lungo per sinizesi: cf. supra 175, 6, 22, nota 1929. 1940 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, di norma bre ve, è qui scandita lunga. L’allusione è a Jean de Villemain Nicot (1530-1600), il diffusore della conoscenza del tabacco in Francia, che era per l’appunto di Nîmes: vd. supra nota 1926. 1941 Non attestato in latino classico e medioevale. 1942 Forse refuso per perdoctior. Intendi: “messa perfettamente sull’avviso” dai tuoi inse gnamenti. 1943 Vd. supra 143, 13.
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CARMINA MEDICALIA
Alla fine del volume compaiono i seguenti versi olandesi: [175, 8]
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Tabacks lof en lastering aen d. Ioannes Neander Alcina soomen vint by Ariost beschreven, heeft Ganeloen van Mentz een wonder kruyt gegeven, (t’ Welck Moses eersten hadt; en Mahmet inden mondt ghedurich hiel, so lang hy hem by ’tvolck bevondt) waer mede hy hert en sin van syn aenhoorders roofde, so dat men, wat hy seyd‘, hem vastelijck gheloofde. Neander, ghy hebt sulck een kruydt, dat is ghewis; oft ick seg dat taback van sulcker krachten is: ghemerck dat die taback eerst brocht in dese landen der menschen herssens haest ghestelt heeft na syn handen: hy heeft daer met ghemaeckt dat t‘meeste volck gelooft dat die taback veracht, van sinnen is berooft: ia een die den taback betoont al heel te haten, mach syn‘ouw kennis meest wel schouwen en verlaten. Het Hollandsch sinlijck volck acht niet meer vuyl of quaet te spouwen van taback, waer dattet sit off staet. Het eyndt van alle doen, het flot van alle spreecken, is nu by groot en kleyn, een pijp taback t‘ontsteecken: een diese stommeling een ander overgeeft, en roockt als Caens deed, die achtmen eerst beleeft. Hoe dit kruydt eertijts hiet, kanick niet wel geweten, ten sy dat t‘ Catanance, off Dwing-kruydt was gheheten: mits dattet noodich schijnt, en doet de menschen dwang, en dat ment nooder derft dan lecker spijs oft dranck. Het selve schijnt my oock nu tot syn lof te dwingen al wortet wel misbruyckt, als veel meer goede dingen. Ick sprac laest mael een wort, doch niet tot tabacks schant, dit kruydt is al te goet, t‘is jammer dat ment brant; terstont dwong my taback dat ick hem moest gebruycken; mits dat ick, waer ick ging, tabacks roock quam te ruycken. Ist geen Dwing-kruydt, dat ons so seer aen sich ghewent, dat die‘t een wijl‘ ont beert, denct dat hy is geschent? Het kort de rijcke hunt tijt, doet d‘arme hun werc versuymen laet geen gelt in de bors, laet op de borst geen fluymen: het laet de wijse als geck, de gecke wijs van schijn; de nuchter droncken, en nuchter die droncken zijn: het kan de moede lee‘n wel sonder spijs verstercken, so wonder is dit kruydt, en strijdende in syn wercken. Den Mahmetaen stelt ooc syn opium aen een kant, en neemt dit Dwingend-kruydt oock vlytich in de hant.
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175, 8
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Wou de pest maer een poos uyt die ghewesten blijven, sy souden dat wellicht den taback toe gaen schrijven. Doch niet heel sonder reen, hy suyvert so de locht, dat voor den tabacks roock vliedt al het vuyl gedrocht. Vreest niet dat u voortaen eenighen stanck sal krincken, nu stael en mesthoop niet dan nae taback en stincken: om dat taback vertraecht den scherpen geylen geest, ghelooftmen dat taback de Pocken oock gheneest. Den kloecken Indiaen sal Betle laten varen, denck ick, alleen genoegt met dese tabacks blaren: tant-kruyd, worm en luyspoer, en al triakel-kruyt, die vluchten al ghelijck voor den taback t‘lant uyt. Men siet nu inden croeg veel min wijn oft bier schincken dan eertyts: men sit daer meest om taback te drincken, soo sober maeckt dit kruydt de menschen overal, dat nu in roock alleen is alle hun welgeval: taback maeckt nu een nieuw gheslacht van algemisten, dat vry al wat meer weet dan d‘ouw asch-blasers wisten: sy blaesden hun goet wech, met een kroes oft gelas; dees houdent by den roock, alst al brocht is tot asch. Niet alleen d’apoteeck sal voortaen niet meer doghen (want tabacks roock verdempt nu alle d’ander droghen; men bruyckt taback allom, om worden weer ghesont, t’Sy dat ons siecte quelt, t’sy dat men is ghewont) maer taback maeckt onnut der medicijne scholen: de jeught hoeft maer u boeck, taback, en heete kolen. Taback dwong u wel eerst tot schryven: maer die macht dwinght uwen leser oock dat hy u boeck soo acht; t‘Is u gheleertheyt niet alleen, die dat kan maken; maer danct dit dwingend-kruyt dat niemant u derft laken. Demosthenes, en selfs Cicero soet bespraeckt, en hebbent met hun kunst niet half so wel ghemaeckt, sy preecten mennichmael vergeefs al voor den doven: maer wat ghy segt oft schrijft, t‘volck moet u wel geloven. Kost ick taback also ghebruycken, ick souw oock, nu ghy lof en gheloof hebt door des tabacks roock, met dit kruydt in den mont allom mijn gading halen, en dan met roock, in stee van bare gelt, betalen.
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Ioost van Ravelingen1944
1944 Vd.
supra 54, 55.
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[176] NIFO Agostino (forse Sessa 1469 o 1470-forse Salerno 1539 o 1546): AGL 3 cc. 956 s.; Eckstein 403; Pökel 191. Magni Augustini Niphi, medici philosophi Suessani, De verissimis temporum signis commentariolus....., Venetiis, apud Hieronymum Scotum 1540 [sembrereb be la prima edizione: l’opera si conclude con queste parole (p. 136): Haec pauca de fertilitate atque penuria dicta sufficiant et de toto libro hactenus finitur Niphani die Augusti 8 1526] [Stamp. Barb. M.I.16 (1)]
L’opera è preceduta da una breve prefazione del card. Pompeo Colon na1945, che inc. Pompeus cardinalis Columna, s(anctae) R(omanae) e(ccle siae) vicecancel(larius), Augustino Nipho s(alutem) d(icit); expl. Vale et sequens epigramma in honorem ipsius Mariae conceptum, quam in meis poematibus metri causa Deliam nomino, suscipe [176, 1]
[distici elegiaci] Delia Cecropiae ingenio praelata Mineruae, Delia tam claro digna puella patre, Delia ridenti charites diffundit ab ore, Delia syrenum uoce imitata choros, Delia cui raro superatur Elisa1946 pudore, Delia, tam sancto sola in amore fides. Graiae et Romanae merito tibi, Delia, c[a]edunt ore, patre, ingenio, uoce, pudore, fide.
5
* * * [177] Aug(ustini) Niphi, med(ici) philosophi Suessani, De ratione medendi libri quatuor [soscrizione fianle In Cellulano rure nostro 16 Cal(endis) Aug(ustis) sub anno humanae salutis 1528 finis], Neapoli, apud Matthiam Cancerem, anno Domi ni 1551 [prima ediz. Bologna 1528] [R.G. Medic. V.2279]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i versi seguenti: 1945 (Roma 12/5/1479-Napoli 28/6/1532): cf. Zappacosta 159 ss. n. 1; Cardella 4, 23 ss.; DBI 27, 407 ss. a cura di Franca Petrucci, dove, tra l’altro, si dice: “Della sua opera di poeta si conosce un solo epigramma pubblicato un secolo dopo la sua morte in Il Forastiero (Napo li 1634, pp. 446-55) da Giulio Cesare Capaccio, che scrisse anche una vita di lui, rimasta inedita (Vitae nonnullorum Neapoli proregum, in Bibl. Apost. Vat., Urb. lat. 971, ff. 35r-44v)”. 1946 Didone.
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[177, 1]
176 – 177, 1
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Ioannes Andreas Ritius Salentinus lectori [distici elegiaci]
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Scripserat haec Niphus, sophiae lux, alter Apollo ipse inter medicos, alter et Hippocrates. Vltima non operi fuerat manus addita, quando mors inopina senem surripuit uegetum. Victa situ, tenebris latuissent abdita semper scripta forent tanti spretaque in Orbe uiri, ni decus Hesperiae Consaluus1947, clarus in armis, amouisset atras luce sua tenebras. Alter sol merito est: radiis nam ut Phoebus Olympum illustrat, terram hic sic opere atque manu. Huius ope ac cura uigili sunt reddita luci: o quantum huic debet nunc studiosa cohors! Vt possint correcta legi et sine labe uideri, Curtius1948 his mendas abstulit omnigenas. Alter Aristarchus patriique assecla magistri multa emendauit multaque restituit. Authoris mentem bene norat Curtius acrem: discipulus fuerat nanque diu afiduus1949. Hos magnos Sinuessa uiros genuisse uetusta gaudeat: ambobus nanque erit haec celebris. Hunc lege, si cupies morbos curare, libellum, lector, multiplices, quam facili methodo1950. Plura tibi hoc tandem praestabunt scripta pusillo [ut vid.] quam quae sunt magnis clausa uolumini[ni]bus.
* A una breve presentazione (che sembra dello stesso Nifo) dal titolo: Aug(ustini) Niphi med(ici) de ratione medendi ad Curtium Sessa alumnum nostrum, seguono tre distici:
1947 Consalvo Ferrando (secc. XV-XVI): cf: AGL 1 c. 569; Dizionario storico 1, 372, ove si dice: “Consalvo Fernandez di Cordua, detto il gran Capitano, duca di Terranuova, Princ(ipe) di Venosa e gr(an) Conestabile del Regno di Napoli....S’impadronì del regno di Napoli per Ferdinando V re d’Aragona e riportò molte vittorie su i Francesi. M(orì) poi in Granata ai 2 decembre 1512, di 72 anni....” 1948 Curzio Sessa, allievo di Nifo: vd. infra. 1949 Sic: evidente refuso per assiduus. 1950 Intendi: “se desidererai curare morbi piu gravi, di quanto potresti fare con un meto do più andante e perciò inefficace”.
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[177, 2] Ad divum Consalvum C(urtius) Laelius Sessa Suessanus [distici elegiaci] Qui rerum causas, coelum, qui sydera Nipho qui norat, cursus, sydereasque moras, effectus uarios astrorum, pandere tandem visum est arte, dedit quicquid Apollo uiris1951. Muneris hoc igitur tibi dat1952, pater optime princeps, corporis, ut ualeas uiribus ac animi.
5
[178] NON(N)IUS Ludovicus (Luis NUÑEZ), medico, naturalista e poeta (m. dopo il 1645): cf. BL 4, 392; BNB 15 cc. 822 s.; Eckstein 408. Ludovici Nonni(i), medici Antvuerpiensis, Diaeteticon sive De re cibaria libri IV: secunda editio et auctior, Antverpiae, ex officina Petri Belleri 1645 [prima ediz. Anversa 1627] [R.G. Medic. IV.2694]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [178, 1] In clarissimi viri Ludovici Nonnii, medici Antuerpiani, Diaete ticon sive De re cibaria libri IV epigramma ad lectorem [distici elegiaci]
5
Quos tellus pelagusque cibos, quos suggerit aër, Nonnius his tibi dat, lector amice, libris. Non tamen hic gustus elementa per omnia quaerit, delicias auidae nec parat ipse gulae, fercula sed Graio condit Latioque sapore, Persarum cedant queis Siculaeque dapes. Hoc agit, vt constet mens sana in corpore sano, et colat vsque tuos, mitis Hygeia, lares.
C(asparus) Gevartius1953 pos(uit)
1951 Intendi: “sembrò opportuno a Nifo, che conosceva etc., svelare con l’arte tutto quel che Apollo aveva concesso ai mortali”. 1952 Sc. Niphus. 1953 Jean Gaspard Gevaerts, filologo, storico e poeta (Janus Casperius Gevartius) (Anver sa 6/8/1593-ivi 23/3/1666, colpito da un fulmine): cf. BNB 7 cc. 694 ss.; Eckstein 191; Pökel 94.
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177, 2 – 179, 1
[178, 2]
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Ad lectorem epigramma [distici elegiaci] Vt sanus viuas, medice1954 docet iste libellus viuere: nec miserum est viuere sic medice. Non stomacho mouet hic medicamen taedia: pandit quâ capitur tute, quilibet arte cibus. Doctior haec, lector, schola, quam fuit ista Salerni, sana monendo iuuat, rara ferendo placet. Dices: «Qui bene sic vetera et noua et utile dulci miscuit hîc, punctum Nonnius omne tulit1955».
5
Io(hannes) van Buyten m(erito) l(ibens)
[179] NONUS, medico greco del sec. X: cf. AGL 3 cc. 973 s. Noni, medici clarissimi, De omnium particularium morborum curatione, sic ut febres quoque et tumores praeter naturam complectatur, liber, nunc primum in lucem editus et summa diligentia conuersus per Hieremiam Martium1956, medi cum physicum Augustanum, Argentorati, excudebat Iosias Rihelius, 1568 cum gra tia et privilegio Cesareo ad annos octo [sembra la prima ediz.] [R.G. Medic. V.336]
Nel frontespizio compaioni i versi seguenti: [179, 1]
Oetingensis1957 ad lectorem [distici elegiaci] Ingenio pollens et linguis quinque disertus, Teutonica, Galla, Graia, Itala et Latia, Martius et, mutis usus [ut vid.] uiuisque magistris principibus, medica qui celebrantur ope, hunc tibi dat Nonum, Novium1958 quem forte uocabis,
5 1954 L’avverbio
medice non è attestato in latino classico e medioevale. Si tratta con ogni probabilità di refuso per modice, da concordare, ovviamente, con viuere: vd. anche medice a v. 2. 1955 Vd. supra nota 21. 1956 Vd. supra 113 tit. 1957 L’aggettivo può riferirsi alle città di Ottingen (Hannover), Altötting (Baviera) e Ot ting bei Leogang (Salisburgo). 1958 Si conia un nuovo nome, che somiglia a Nonus, ma che congloba in sé l’idea della novità (cf. anche 6 noui e 7 nova).
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et quaeres nunquid proferat ille noui. At tu non nova, sed bona quaerito, prouide lector: tempora Naturam uertere nulla queant.
* All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [179, 2] Achillis P(irmini) Gasseri1959 L(indaviensis) epigramma in No num medicum, quem ex reipublicae Augstburgensis bibliotheca Hieremias Martius1960, medicinae doctor Gallicanique nosocomaei apud eandem ordinarius physicus, nunc primum in lucem Graece edebat ac Latinum faciebat 179, 1 [distici elegiaci] Riphaeae gentes dent mardros atque zobellos1961, aurum atque argentum Carpathus atque Tagus, lucidulas1962 gemmas, uel aromata dulcia mittant Indus, Arabs et Afer uel noua terra [ut vid.] Peru. Ipse Paracelsus stibium uel chemica fallax arte sua exhibeat pharmaca dira quoque. Nil tamen ad Nonum medicum, quem Martius hîc dat, hae merces uel opes, candide lector, erunt, si modo quis sanam, sine morbis, uiuere uitam gestit et incolumes optat habere dies. Ergo thesauros cunctos superat liber ille: nemo etenim est diues, ni bene et is ualeat.
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[179, 3]
Interpres ad Zoilum [distici elegiaci] Inuide, quid cessas doctorum carpere scripta? quis poterit morsus, Mome, cauere tuos? Conuiciis quamuis laceres et dira mineris, non tamen incepti poenituisse potest. Nil tibi quod rectum est sapit et nihil ipse laboras:
5 1959 Vd.
supra 83, 1. supra 113 tit. 1961 Sembrerebbe trattarsi di vesti di pelle: cf. Du Cange s. vv. mardara, mardores, man drinus, zabel. 1962 Non attestato in latino classico e medioevale. 1960 Vd.
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179, 1 – 179, 4
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audax ingenio cuncta metire tuo. Sed, quod nunc praesens aetas contemnit et odit, posteritas forsan grata probabit opus. Hieremias Martius1963 f(aciebat) 28 Iulii 1567
* Dopo un’Epistola dedicatoria compaiono i seguenti versi: [179, 4]
Lectori benevolo s(alutem) [distici elegiaci] Scire uices rerum dubiasque exquirere causas et procul a uulgo condita mente sequi, immensus labor est, sed et haec iucunda uoluptas, utilitas passim nec leuis inde uenit. Sed ueluti toto nihil est praestantius Orbe, quam cultum variis pectus habere modis, sic qui multiplices renuit perferre labores, praemia nec serae posteritatis amat, sed pretiosa terit sub inerti tempora luxu subiectamque sibi nil nisi curat humum, ille inopi semper turpis latitabit in umbra ex humilique nequit tollere plebe caput. Praemia quis meruit tranquilla per otia laudis? desidiam castris odit Apollo suis. Quem virtutis amor stimulat, non uana uoluptas quaeque solent studiis esse aliena bonis, is demum uiuet famamque aequabit Olympo, cum feret optatam mors properata necem. Quis, precor, ignorat cum paupertate Cleanthem? praemia non magno digna labore tulit? nocte pruinosa uictum dum comparat, inter illustres meruit nomen habere uiros. Non recubat leuibus diuina scientia plumis nec resides animos ad sua dona uocat: ferre famem, tolerare sitim, contemnere somnos disce, uolens magni nomen habere uiri. Non tamen hoc sat erit, multum impendisse laboris nocturna doctis sedulitate libris,
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1963 Vd.
supra 113 tit.
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ni uideant seri quondam uixisse nepotes exemplum ingenuae nobilitatis auum. Hanc1964 tibi non gemmae nec pondera diuitis auri nec proaui tantum nec dat habere genus; namque ea uirtutis tantum ornamenta putantur: est aliquod maius nobilitatis opus. Illustris proprio virtus quaesita labore, haec in se causam nobilitatis habet: ergo ut miretur ueri monumenta laboris virtutisque habeat signa sequenda tuae, posteritas, quae sit facundia sentiat oris atque fac ingenii flumina culta fluant. A reliquis neglecta animo quaerantur acuto: possis tu sera posteritate legi: namque ea meta uiae, requies ac certa laborum, cum sublime tulit nomen ad astra decus. Non tibi cum brutis animam posuisse uidentur, quorum post uitam iudice facta carent. Ingenii Musae totum monumenta per Orbem, ornantes meritis laudibus illa, ferunt Famaque, qui uarias animum excoluere per artes, non sinit obscuris delituisse locis, Gloria sed, Musis et Phoebo digna, dolentis solatur dulci pectora saepe sono. Calliopaea suos1965 post secula mille renasci efficit, interitu Musa diserta caret. Tityrus argutae calamos sub tegmine fagi1966 inflans, perpetuo carmine notus erit. Signa Medusaei1967 dum praepetis astra tenebunt, nota erit in uersu, Naso, Corinna tuo; viuet et extremo numerosus Horatius aeuo, Pindaricam uaria dum ferit arte lyram, dum pater Hippocrates et maximus arte Galenus, quas habeant uires succus et herba, docent. Ira nequit superûm monumenta abolere nec ignes, astra sed ingenii demeruere bonis. Nec minus ille utrûm clarus uolitabit in ore, qui cupit hîc studiis consuluisse tuis. Martius aeterno conuertit honore uolumen, Graecia nunc Latio conspicienda sono.
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1964 Sc.
nobilitatem. “i suoi seguaci”. 1966 Riferimento a Virgilio, così come anche a Ovidio (v. 58) e a Orazio (vv. 59 s.). 1967 Allusione a Pegaso. 1965 Intendi:
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179, 4 – 180, 1
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Quas tibi quas Nonus grates, si fata tulissent, diceret, has aetas postera iure tibi. Ergo, Machaönias animum qui uertis ad artes, Nonum multiplici uolue, reuolue manu. Membra tibi morbis si sunt infecta, doceris, inde grauem tollat quae medicina luem. Ac tibi ne multo sit perscrutanda labore Graecia, nunc Latio Martius ore dedit, quem virtus humili potuit secernere uulgo, extulit et uariis lingua diserta modis. Qui tibi si prodest, lector generose, laborem authoris tantum consule quaeso boni.
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Ioan(nes) Zelius Troianus Francus
[180] O’ GLACAN Neil (Neal) (Nellanus Glacanus) (Donegall 1629 ca.Bologna 1655 ca.): cf. AGL 2 c. 1011; BL 2, 768; DNB 14, 927; Mazzetti 157 n° 1602. Nellani Glacani Tirconalliensis Hiberni, regis christianissimi consiliarii et in alma Vniuersitate Tolosana quondam professoris medici nec non in celeberrima Bononiensi Academia, studiorum matre, primarii ac eminentis professoris, Cursus medicus libris XIII propositus et in tres tomos divisus, quorum primus continet physiologiam et curiosa non minus quam vtilia medicinae prolegomena, alter pa thologiam seu morbos morborumque causas et symptomata, tertius denique se meiotica agitque de signis, crisibus, pulsibus et vrinis: opus medicis, anatomicis, chirurgicis ac tyronibus apprime utile ac proficuum, cui, ne operis moles lectorem terreat, vnicuique tomo copiosus apponitur index. Superiorum permissu ac priuile gio Bononiae 1655, sumptibus Sebast(iani) Combi et Ioan(nis) Lanou [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.2485 (1-2)]
All’inizio del primo volume compaiono i seguenti versi: 179, 4 [180, 1] Illustrissimo et excellentissimo viro, Nellano Glacan Hiberno, professori eminenti in antiquissima Vniversitate Bononiensi Del sig(nor) conte Gioseppe Theodoli da Forlì
5
O tu, che leggi, inuan qui cerchi espresso del Dio guerriero il bellico furore: quì non si apprende come resti vn cuore da l’arme hostil miseramente oppresso. Sù dotti fogli, à note d’oro impresso, vedrai d’Apollo il più sublime honore,
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se per virtù di medico splendore nume si rende vgual solo à se stesso. Gloria del gran Glacano, il di cui vanto n’addita il calle, onde con volo altero si poggia à l’Etra, al sommo Sole à canto. Stringer la penna contro ’l tempo arciero, cangiar di morte in dolce riso il pianto, quest’è d’alto valore essempio vero.
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* Il secondo volume, contenente la Semeiotica, si apre con i seguenti versi: 180, 1 [180, 2] In tertium tomum Cursus medici excellentissimi et clarissimi viri Nellani ô Glacan, Bononiae medicinae doctoris eminentis(simi) Versus hexameter Hygeia ad medicinae studiosos [esametri dattilici] O iuuenes, si forte sequi mea castra parati1968, si curam vobis pulchrumque sacrare laborem est animus nostraeque subest reuerentia Famae atque adeo vos, nostra viri qui munia passim ducitis et panaces sacras defenditis arces; qui miseris passim populis passimque dolenti fertis opem mundo solique potentibus herbis Parcarum contra leges decretaque diuum imperia in longum vitale extenditis aeuum, huc faciles aures facilemque aduertite mentem. Vos natam extorrem profugam deflete Salutem, exilio tristi moestisque erroribus actam: hanc puero quondam mundo caeloque recenti f[a]elices inter platanos viridesque cupressos formosam genui, quae spes mortalibus aegris certa foret placidisque aeuum decurreret annis. Sic ego, sed pariter natae pariterque parenti Mors dira inuidit bellumque inimica parauit. Tum subito maciem, tum februm1969 mille cohortes
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1968 Sc.
estis. scansione spondaica di februm ben si inserisce nell’esametro, al contrario della forma febrium: vd. anche infra v. 49. 1969 La
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et mille eduxit, pallentia monstra, dolores. Tum primum vigili venerunt taedia lecto, tum primum ingrati soles exosaque vitae gaudia. Nullus amor positis accumbere mensis nec blandae Cereris nec dulcis cura Lyaei. Mox violenta fames, mox aspera venit egestas, tormenti genus horrendum: nil dirius infra, quod nudos stimulet manes hominumque labores multiplicet pellatu[a]e pigros in crimina sontes; mox saeua ingluuies totas conuiuia noctes edocuit vetitasque dapes et dulcia blandi inuenit nocumenta meri lethumque parauit. Nunc eo, a!, Venus1970, nunc vis ignota malorum insurgit miserosque vltro depascitur artus: non virides anni crudele extinguere virus, non solidae possint vires robustaque membra. Intus saeua lues, lentum per viscera tabum insinuans, ipsis sedet hospita dira medullis. Quid iam aegro superest homini, si tanta sub ipsis abdita deliciis mala? si nouus ingruat vsque morborum labor et passim neglecta medendi sedulitas passimque viri, rarissima turba, qui, freti succis, freti felicibus herbis, restituant aegros et tristia fata morentur? Hoc Glacan, nostra Glacan celeberrimus arte, Glacan, Felsinei nomen memorabile Rheni, hoc vidit, labique meum indignatus honorem, securam largitur opem fidumque leuamen. Hic ille extorrem reuocat sub fida Salutem hospitia, hic saeuas acies februmque maniplos notosque ignotosque omnes dat vincere morbos. Nec plura a nobis exquirite. Gallia cuncta hunc solum mirata virum legit, hunc colit vnum. Sic Belgae, longinquus Iber, sic accola Rheni, magnis muneribus, magno pellexit honore Ausonia absentem: miro nunc Felsina plausu audit Pergamei reserantem arcana magistri. Patria clara viro vetus olim Vltonia1971 regnum. Petri Adriani van Broecke, Lucae in Sem(inario) eloquentiae professoris
1970 Sic: per far tornare il metro, si dovrà congetturare qualcosa come p.es. Nunc demum, a!, Venus etc. 1971 Ulster.
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CARMINA MEDICALIA
[181] PANAROLI Domenico, anatomico e botanico (1587-Roma 1657): cf. AGL 3 c. 1218; BL 4, 487. Iatrologismorum seu medicinalium observationum pentecostae quinque, utili bus praeceptis, singularibus medelis, reconditis speculationibus, portentosis casi bus refertae, quibus diversa eaque curiosa (prout aduersa pagina indicabit) in calce adduntur opuscula: opus certe, non tantum physicis dogmatibus redundans, sed multiplici eruditione iucundum, philosophiae ac medicinae amantissimis apprime vtile ac necessarium, Dominici Panaroli, Romani philosophi et medici, in alma Vrbis Archilyceo medicinae professoris, Romae, apud Franciscum Monetam 1652, Superiorum permissu [colofone finale Romae, apud Franciscum Monetam 1652, Superiorum permissu] [è la prima ediz.] [R.G. Medic. IV.158] [Tav. VI]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [181, 1] Ad excellentissimum Dominicum Panarolum auctorem Philippi de Rubeis Florentini ode [strofe saffica] Fama iam viuet tua semper aeuo, en Panaroli, nec, auara Lethes, ingeni curas operosiores obruet Orco. Aleae plenus labor eruditae indoles rerum sibi foederatas et [ut vid.] reluctantes animi fugacis prodere sensus. Te pharetrati iaculis Geloni, te leget Medus, tibi sistra Memphis, aera Curetes, Corybantes arma, enthea plaudent. Nomen arguto resonabit auro Hermus aut gemma scopulosus Indus aut arenosus rutilante limo finget Hydaspes. Audiet nomen celebresque laudes surda gens Nilum prope confragosum, gloria plausus nisi surdiores obstruat aures.
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[181, 2] In laudem eximii anatomici et botanici Dominici Panaroli Ro mani carmen Iacobi Lipsii1972 Flandri ex ciuitate Gandauensi 1972 Si
tratta forse di Iacobus Lippens (Gand 1620 ca-dopo il 1651): cf. BNB 12 cc. 237 s.;
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[distici elegiaci]
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Phoebei soboles genii, quae corpora l[a]etho eripis et Lachesis protrahis vsque colum, pace tua, quamuis nec certior arte medendi nec fuerit Coi suada pudenda1973 senis, semita Apollineae non est tamen inuia metae: iuit et hanc1974 mentis repperit alter ope. Nec minus est campi, quo se ferat aemulus ardor, Dominici, ingenio qui domat arma necis occultasque vias Naturae obseruat euntis per laceram viui corporis illuuiem: corpus morbosum hospitium carcerque doloris, mortis lar, custos vulneris, olla luis, Augiae stabulum, foetorum lurida sedes, squal[l]or, faex, cribrum pulueris, vmbra, nihil. Ex tamen est medicis doctrinae schema suumque ex tetra sanie mel sibi quisque legit. Credibile est et te suxisse e corpore mella, quae succo implerunt vberiore librum, mella, quibus gaudent physici, quos tingit Eous et quos occidui syderis vmbra tegit. Si te legisset Podalirius atque Melampus quique Machaonia nomen ab arte tulit, ereptos aegros Libitinae nosceret et te Palladis e cerebro diceret esse satum. Herba potens ad opem nulla est telluris in aluo aut Florae in venis Hesperidumque fibris, cuius te virtus lateat speciesque colorum: nam magnae matris viscera nota tibi. Nonne Charon qu[a]eritur corrumpi in littore cymbam nec vehere extinctos, vt solet ante, rogos? Nam quid Pandorae superest in pixide morbi, quod non auxilio fertiliore leues? Fallor an accrescet decoris tibi maior imago? Sic est: ingenium mens generosa fouet.
[181, 3] Io(hannis) Baptistae Pacini Pistoriensis, medici et philosophi, in laudem Dominici Panaroli, peritissimi Obseruationum medicina lium auctoris, exastichon Aa 11, 504 s. 1973 Forse allusione all’opera ippocratea Sulle malattie delle donne. 1974 Sc. metam: il soggetto è ovviamente Panaroli.
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CARMINA MEDICALIA
[distici elegiaci] Condita, quae gremio Naturae arcana fuere, obseruans, medicae prodidit artis honos. Phoebeas aegros docuit Podalirius artes: aequalem, haec praestans dogmata, praestat1975 opem. Ille inuenta patrum, sudore hic parta reliquit: gloria, cui maior, lector, habenda, doce.
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[182] PAPIN Nicolas, medico a Blois e Alençon (m. dopo il 1653): cf. AGL 3 c. 1239; BL 4, 496. 181, 3 Nicolai Papinii Blaesensis, m(edicinae) d(octoris), De puluere sympathico dis sertatio, Lutetiae, apud Simeonem Piget, viâ Iacobaeâ, ad insigne Fontis, 1647 [prima ediz. Parigi 1644] [R.G. Medic. V.1992]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [182, 1]
Ad authorem e Cretico bello reducem [distici elegiaci] Puluere de bello conspersus membra decoro tu redis: heroës sic rediisse ferunt. Qualis Olympiaco victrix de puluere palma, talis palma tibi puluere parta tuo. Ioannes Abey, consiliarius inclit(ae) nat(ionis) Angl(icae)
[182, 2]
Ad eundem [distici elegiaci] Quantula vitrioli coelestes portio vires exserit arcano puluerulenta modo; quam bene de stellis nomen traxere metalla: his simul influxus credimus esse suos. Hos1976 tu dum spectas oculata mente, Papini, astrologum terrae dicimus esse nouum.
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1975 Sc.
Panaroli.
1976 Sc. influxus. Per quanto conerne il titolo di 182, 1, si allude, con ogni probabilità, alla
guerra ta l’impero ottomano e Venezia (con i suoi alleati) dal 1645 al 1669.
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Sub pede zodiacum solem reliquosque planetas, quos motus habeat quilibet ipse vides et, bene si memini fatum ioculare Thaletis, taliter astrologus tutior esse potes. Spes est scire breui, quâ magnes allicit arte ferrum, cur tantus, tam violentus amor. Amplius haud miror quicquid Natura recondit: non quod miremur, te nisi mundus habet. Ipse doces iustam medicinam, quomodo ferrum, idem quod tulerit vulnera, ferret opem. Prodeat in medium puluis, non pagina tali vel critici maculas puluere sparsa timet. Sed tuus aethereas volitabit puluis ad auras: Letheae nunquam deprimet imber aquae. Tu suprema rogi quantumuis fata subibis, non tamen vlla tui pulueris vrna capax.
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Thom(as) Croydenus Anglus
[182, 3]
Ad eundem [distici elegiaci]
Iam sua Iudaei sileant opobalsama, plantas non Arabum iactet terra beata suas nec procul extremos currat mercator ad Indos, empturus larga tam pretiosa manu: 5 en vobis puluis, qualis, cum Syrius1977 ardet, ex rapido curru surgit Apollo tuo. Haec virtute noua distantia vulnera sanat et, licet innumeris passibus absit, adest. Nec, quod sympathicas nostro cum corpore vires 10 puluis habet, mirum: puluis et umbra sumus1978. Pulueris ille valet mirandas dicere laudes, qui mage mirandas possit, amice, tuas. Richardus Harris1979 Anglus
1977 Sic:
evidente refuso per Sirius. Walther2 n° 22889; Tosi 243 n° 512. 1979 Non so se possa trattarsi di Richard Harris, teologo (m. dopo il 1612): cf. AGL2 2 c. 1808; DNB 9, 22. 1978 Cf.
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[183] PESTE Il volume schedato R.G. Medic. V.1438 contiene, legati insieme, diversi opuscoli dedicati alla peste e alla sua cura. Prendo in considerazione solo quelli che contengono versi: [2] = KATZSCHIUS Johannes (sec. XVI), medico di Halle. De gubernanda sanitate secundum sex res non naturales, ex Hippocratis et Ga leni libris placita quedam desumpta, per d(ominum) Ioannem Katzschium Hallen sem, iam recens edita, Francoforti, apud haeredes Chr(istianum) Egen(olphum) (colofone finale (p. 40v) Francoforti, apud haeredes Christiani Egenolphi, anno 1557) [prima ediz. Lipsia 1549]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [183, 1] Epigramma doctissimi uiri domini magistri Hieronymi Osii1980 [distici elegiaci]
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Praesidium humanae sunt artes utile uitae: hoc rerum dubius languor asylon habet. Quo1981 sine tempestatum exercita mole laborat et uexata gemit publica clade salus atque togata quies uiolata tyrannidis ausu, exutum patriae luget honore decus. Barbaries magnum imperio tunc occupat Orbem et regnum populat uiribus omne feris. Tunc calcata iacet Pietas cum Iure sub armis Iustitiaeque decor debile robur habet. Tunc furor arma mouet, dominatu fulta proteruo, visque aliena mali sceptra timore gerit et feritas animos patiente Cyclopi[c]a fato, caedis in aduersum raptat amore scelus, mentibus insidunt cum caeca obliuia legum atque redit studiis gratia nulla piis, Pieriae coetus cum deditus exulat arti, ingenii precium uileque cultor habet; ceu neruos rerum Deus edidit usibus artes, ordo quibus laeto duret in Orbe statu
1980 Hieronymus Osius, poeta, nato a Schlotheim (vissuto intorno al 1558): cf. AGL 3 c. 1124, dove però non si parla di versi suoi di circostanza. 1981 Sc. praesidio.
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corporaque innumeris cum sint obnoxia morbis, quae labor admissa labe caduca facit. Ne subitis morti succumbat uita periclis, pharmaca munificus prodidit arte Deus, quam fauor humanae diuinus amore salutis edocet, ingenio qui ualuere uiros, morborum ut trepidos ualeant sanare dolores, artifici causas et remouere manu. Katzschius hac expers uir nomen ab arte sepulcri et dignum meruit nobilitate decus, laurea doctoris cui tempora laeta coronat, quam nascens titulo plurimus ambit honos. Edidit hic uitae regimen de sospitis usu et bene uiuendi de ratione librum. Qui, quo1982 cuique salus maiori propria curae est, auspicio debet carior esse suo, concinno siquidem praecepta uolumine uitae tradat, alenda quibus sana diaeta fuit. Ergo , qui doctos hoc donat munere coetus: gratia eat tali digna labore uiro, cui, quo plura queat cura illius edere, uotis, aspirante Deo, fata secunda precor.
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[5] = Adversus pestilentem locis compluribus exicialiter oggrassantem1983 cepha lean, eiusdem accidentarios casus, Tabella curatiua, properatim exarata, per d(o minum) Ioannem Kuefnerum1984, Trochorêum Halensem, in conuallibus Oeni1985 physicum, cum gratia et priuilegio (colofone finale Ingolstadii in officina Alexandri Weissenhorn) [prima ediz. Ingolstadt 1543]
Nel frontespizio compaiono, di seguito, questi versi: [183, 2]
Iohannes Agricola Ammonius1986 lectori [distici elegiaci] Nosse uelis epidemion unde oritur cephalalgos1987,
1982 Intendi:
“proprio perché”. solo nei glossari: vd. Forcellini s.v.. Il TheslL non lo riporta. 1984 Johann Kuefner (Trochoreus), medico di Rotenburg am Inn (sec. XVI): cf. AGL 2 cc. 2176 s.; AGL3 7 c. 931; BL 3, 625 s. 1985 Sic: sarà refuso per Rheni. 1986 Vd. supra n° 2. 1987 Non attestato in latino classico e medioevale ed esemplato, come anche il preceden 1983 Attestato
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CARMINA MEDICALIA
quod passim nostro saeuit in Orbe ferox? Si quoque tam atrocem capitis sanare dolorem mens auet immodicumque exuperare malum, Kufnerum legito et tanto pro munere grates dic et Apollineo nomine plura dabit.
* Subito dopo, nel verso della pagina del frontespizio, compaiono i se guenti versi: 183, 2 [183, 3] Adolphus Occo iunior1988 Augustanus ad humanum lectorem [distici elegiaci]
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Inuadunt artus morborum examina nostros, grassatur uehemens membra per ima malum. Subiectum est tempus quod uiuimus omne dolori et secum morbos tempora quaeque ferunt. Attamen affectus cunctos medicina leuabit: quare age nunc tacitis utere consiliis. Instanti morbo, grauibus succurre periclis: sic uitam redimes, lector amice, tuam. Heu nimium multis sero medicina paratur et tandem docta plus ualet arte malum! Principiis obsta1989 nec pharmaca differ in horas sitque malis subito cura petita tuis. Docta Machaonias tibi dextera porrigit artes et praesens morbis subiicit auxilium. Hoc facit insigni doctor venerandus honore, Kuefnerus, patriae fama suprema suae. Alit exercitatio ingenium
* Alla fine dell’opera tengon dietro, senza soluzione di continuità, i se guenti versi:
te epidemion, sul greco. 1988 Adolph Occo III, figlio di Adolph Occo II, medico e numismatico (Augusta 17/10/1524ivi 28/9/1604 o 28/10/1606): cf. AGL 3 cc. 1013 s.; BL 4, 403; ADB 24, 127; Eckstein 410. 1989 Ovidio, rem. am. 91: cf. Tosi 375 s. n° 87.
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183, 2 – 183, 5
[183, 4]
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Candido lectori Sebastianus Solidus [distici elegiaci] Qui cupit infandi naturam noscere morbi et rapidi caussas doctus habere mali, quo1990 passim Furiis mortalis in Orbe subactus Cyclopes capiti retur inesse suo, adcipe1991 praetumidum qua uites arte dolorem, qua uigor et cerebro pristinus ipse redit. Scilicet haec magno mittit tibi magna labore munera, spes Halae lausque uel una suae, doctor Apollinea Kufnerus in arte medendi, hac1992 differre putans stamina saeua deis. Quod nuper miseri dum nesciuere leuamen, currere1993 nascenti nec potuere malo, heu quot corda thoro tunc fixa fuere furenti, spicula crudelis pertimuêre necis; heu quot transmissi calidas Phlegetontis ad undas Ditis in aeternum squallida regna vident! Ergo, legens tu sollicitae data commoda uitae, dic: «Viuat Pylios autor ut1994 ipse dies!».
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[183, 5] Ad nobilem et magnanimum virum Georgium Fuegerum, regium consiliarium, carmen Vitalis Gmelichii Salisburgensis [distici elegiaci] Ad tua, Mecoenas, ut limina nota ferantur, digna quidem non sunt carmina nostra satis, praecipue cum sint nullo properata labore nec sapiant ungues iuditiumque graue; vel quia te curis seruas maioribus aptum, cum tot1995 sustineas solus et ampla domi, vt breue uix tempus rarô statiumque1996 supersit otia Musarum dulcia posse sequi; vel quia Castalios mihi degustare liquores
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1990 Sc.
malo. base di questo imperativo, si dovrebbe poter correggere cupit di v. 1 in cupis. 1992 Sc. arte. 1993 Sc. occurrere “opporsi”. 1994 Sc. utinam. 1995 Sc. curas. 1996 Sic: sarà refuso per statioque. 1991 Sulla
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non datur aut sic me flauus Apollo beat, 183, 5 vt liceat facili manantia carmina uena scribere tam doctis inspicienda uiris. Sed tua me uirtus spatiosum nota per Orbem atque animus rerum cognitione uigens, haec tibi, ne nostri, iusserunt, immemor esses, mittere sollicita qualiacunque manu. Ergo age placato, pro consuetudine, uultu suscipias studium, uir memorande, meum. Si mihi florentes producet Iuppiter annos, quod certe fiet, si mea uota ualent, ingenii uires magno molimine tendam vnicaque haec nostri meta laboris erit, vt tua perpetuo dignissima fama triumpho conspicui tangat sydera celsa poli. Ipse ego, si dederint Musae, pia numina, uires, in laudes surgam nocte dieque tuas. Primus eris nostro qui concelebrabere uersu, inter et egregios ordine primus eris, si modo tu studium non aspernabere paruum aut si sufficiet nostra Thalia tibi: dignus enim largo, mihi crede, uideris honore, cum te iam diuis insinuare queas. Si nunc Maeonides1997 superas remearet ad auras, cultor et Aeneae uiueret ipse Maro, non hic Troiani quamuis fera bella gerentis pingeret herois fortia gesta modis; nec Laryssaei caneret Smyrnaeus Achillis saepius inuicta diruta tecta manu: hos tua nobilitas, rerum prudentia sollers materia sinerent uberiore frui. Te satis ornando consumet uictus uterque, quicquid et ingenii quicquid et artis habet: vatibus his certe, quos secula prisca uidebant, carminis excelsi maxima causa fores. Nam quid ego memorem? quo singula prosequar inque [ut vid.] ordine Naturae dona beata tuae? Stemmata maiorum claramque ab origine stirpem praetereo: cunctis res ea nota bonis. Nec tu parte cupis nimium laudarier illa, quae tibi concessa est de patris orta domo; quam nisi possessor sacrato iure teneres,
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1997 Omero:
vd. anche infra v. 37 Smyrmaeus (sc. vates).
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egregium citius plura parasset opus1998. Virtutes animi potius spectemus et artes, nominis inde tibi pars quotacunque uenit. Diuitiis alii cupiunt clarescere multis: qua pereant causa[m] seruet in arca domi1999. Sola tibi uirtus placet inter caetera quaeque: hanc sequeris uitae consiliique ducem. Aurea te uirtus geminis amplectitur ulnis: tu quoque uirtutem pectoris orbe geris et studiis animum coluisti semper honestis, iuncta ut prosperitas cum pietate foret. Si iuuat ingenuas pectus coluisse per artes, ut iuuat, hoc foelix nomine solus eris. Haec tibi diuitias et amicos, lumina uitae, et genus et formam, cuncta dedere simul. Inuictum retines sub tristi tempore regem unus in ardenti semper amore tui, utque tot efficias commissa negocia pulchre, ne tuus admittat forte pudenda labor. Non semel insomnes uigilando ducere noctes cogeris et iusta saepe quiete cares: sedula sic acuit studiosam industria mentem, sic quoque Naturae semina prima foues. Saepe solet minimis alius diffidere rebus, ut queat officio rite praeesse2000 suo. At cum sollicitant te plurima, sufficis vnus: fortiter aggrederis conficienda semel. Non igitur miror si rex ueneratur amatque sinceram cuius sentit ubique fidem. Esse tibi certae foelicia dona salutis et te propitium rebus habere deum, longa hoc posteritas omni testabitur aeuo, olim magnanimi cum leget acta uiri. Quod si nulla forent celebris praeconia famae, unde queat nomen noscere quisque bonum, vel tua progenies, fessae solatia vitae, exprimerent tantum non sine laude decus, hîc etenim natos, qui sunt melioribus annis producti, uiuo cernimus ore tuos;
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senso che bisognerebbe parlarne più a lungo con uno scritto più illustre del mio. per far tornare meglio il senso si potrebbe congetturare qualcosa come p.es. se ruat [in] arca domi, o anche seruet [in] arca domi. In ogni caso in ha tutta l’aria di una glossa penetrata nel testo. 2000 Sic: si potrebbe emendare in rite adesse (o rite subesse). 1999 Sic:
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quos mihi formandos effingendosque dedisti inque meam tradis semper, ut ante, fidem. Hi sunt inditio qui te propiore parentem describunt, oculis subiiciuntque suum, te referunt (nihil hîc nisi summa modestia lucet), te referunt animis et probitate patrem: quae tua sit pietas, quae sit prudentia, iusti quantus amor, certe hîc quisque uidere potest. Singula quid referam? satis est perstringere paucis, crescat ad immensum ne mihi carmen onus, quin nec tanta meae concessa est gratia linguae, ut possit laudes commemorare tuas. Hinc dabis et ueniam nostris, mitissime, Musis, si minus haec plenis exposuere sonis; iamque nihil superest, nisi, quod facis usque, rogemus, ut studium serues, uir generose, pium utque uelis Musas oculis opibusque tueri: nam sunt imbelles, turba relicta, deae. Hoc te facturum pietas tua magna fidesque promittunt, virtus et tua clara docet. Viue, uale, patriae decus et spes summa tuorum, ut Pylii superes secula longa senis. Ipse Deus, terrae, maris astrorumque creator, prosperet auspiciis omnia coepta suis. Viue, uale tenuesque meas ne sperne Camoenas: quod non perfeci, sit uoluisse satis.
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[183, 6] Ad candidum lectorem Valentini Butzlii Vangiani carmen [distici elegiaci] Conqueritur mundus miseris mala mille querelis, infectus morbis pestiferisque gemit totius infestos languores corporis esse et capiti, tantos quos retulisse nolo. Mens hos aegra graueis, ullo nec tempore uisos, expers auxilii, cogitur usque pati et quibus ingenium, ratio uiresque ualentes corpore deficiunt, languida membra cadunt. His qui correpti fuerint, ratione carentes ob rabiem, dira morte perire solent, his nec (ut est aliis) morbis medicina parata, sed subito infectos corripit umbra2001 uiros.
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mors.
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Consternata animo, multo constricta dolore plebs fletu, lachrymis, per loca cuncta ruit. At nusquam inueniet capitis medicamina saeuo languori, multis saepe petita modis, maxima ni uideat docti medicamina libri istis de morbis, qui bona certa tenet. Nobilis, egregius, medica doctissimus arte Kuefnerus libro hoc commoda multa docet. De capitis morbis, causa et medicamine certo hic autor narrat, quae latuere prius. Te modo ne pigeat crebro uoluisse labores Kuefneri eximios, dogmata sacra, pia.
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Ἁρπάζει τὰ πάντα θάνατος
[6] = De praeseruatione a pestilentia et ipsius cura opusculum non minus vtile quam necessarium, in regia Vrbe Cracouiensi Florianus Vngherius impressit [colo fone finale Excusum Cracouiae per Florianum Vngherium anno Domini 1534] [pri ma ediz. Vienna 1510]
Nel frontespizio compaiono i seguenti versi: [183, 7]
Ad lectorem [distici elegiaci]
5
Arcula si Persae seruabat diuitis illud quod ferrum, flammas, funera, tractat opus, quo nam quaeso modo decet hunc seruare libellum, humani generis quo sita summa salus? Nempe docet rapide superare pericula pestis, qua nulla immenso noxior Orbe lues2002.
[8] = Regimen de novo et prius Germaniae inaudito morbo, quem passim Angli cum sudorem, alii gurgeationem appellant, Io(hannis) Be(nedicti)2003, artium et 2002 Intendi: “se l’arcula (forse nel senso di sarcofago) del ricco persiano era solita con servare quel che la sua attività aveva prodotto (soprattutto risultati negativi: ferrum etc.), come potrei io definire questo libellus, che — insegnando a vincere la peste — contiene inve ce la salvezza per il mondo intero?” 2003 Jan Benedykt (Johannes Benedictus) Solfa (Trzebiel 1483-Cracovia 30/3/1564): cf. AGL 1 c. 959 (nella voce dedicata a un omonimo con cui non va confuso il nostro erudito); BL 1, 455 s; PSB 4, 278. Cf. Waldemar Kozuszek, Jan Benedykt Solfa, lekarz polskiego odrodze
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CARMINA MEDICALIA
medicinae doctoris, physici regii, praeseruatiuum et curatiuum huius et cuiusuis epidimiae utilissimum (colofone finale Excus[s]um Cracouiae per Hieronymum Vietorem [Wietor] anno 1530) [è la prima ediz.]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [183, 8]
Lectori candido [falecei] Sudor caeruleis prius Britannis notus, sed, modo pestilentialis, Germanas, furit, aestuat, per oras, quo nil tristius est atrociusque, quo nil saeuius est rapatiusque, quo nil foedius est uelociusque, nil praesentius aut malo hoc repertum. Sed, si triste magis potest quid esse, non tam stren[n]uiter tamen nocere nec te tam subito potest necare, si crebro exiguum hunc leges libellum euitesque nouum hoc genus ueneni, nostrum hunc si tibi compares libellum, qui nullos m[a]etuit, amice, ronchos, nullos rhin[n]oceroticos furores aut turbam nimium proteruientem, perstans iudicio peritiorum.
5
10
15
* Alla fine dell’opera compaiono i seguenti versi: [183, 9]
Laurentius Parmeno [distici elegiaci] Febri sudanti, Ianues2004, qui putrida uitae arte Machaonia corpora restituis, cedat Apollineis heros tibi clarus in herbis
nia, Wrocáaw 1966 (Prace Wrocáawskiego towarzystwa naukowego – Travaux de la Société des sciences et des lettres de Wrocáaw, Seria B. nr. 144, con Summary alle pp. 106 — 110): del Regimen etc. si parla alle pp. 51-54 e il Regimen stesso è ripubblicato anastaticamente alle pp. 65-87. 2004 Sic: probabile refuso per Ianes, vocativo per Io(h)annes.
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183, 8 – 183, 11
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claraque Thessalitis2005 foemina graminibus illaque priscorum cedant cur nomina dicam: non facile inuenient tempora nostra parem. Hinc tibi det Christi genitrix superare procellas Orbis et in portu pace per[h]enne frui.
5
[9] = De visionibus et revelationibus naturalibus et diuinis libellus elegans et com pendiosus, nunc primum editus per clariss(imum) et doctiss(imum) d(ominum) Ioannem Benedictum, regium doctorem, cano nicum Vratisla uien sem et Cra couiensem....., 1550 (colofone finale Moguntiae apud s(anctum) Victorem excudebat Franciscus Behem typographus, anno 1550) [è la prima ediz.]
L’opera si apre con i versi seguenti: [183, 10]
Ioannes Langus2006 Ioanni Benedicto [distici elegiaci] Si quis adhuc homini diuinam numinis auram et mentem coelo non putat esse datam, mentem Parcarum fatali lege solutam, aetherei quae sit conscia consilii, ista legens, credat, paucis oracula chartis, supra hominem2007 quae sunt [a]edita, Iane2008, tibi, aut neget esse Deum, cui sint mortalia curae: insuper obscaenus nil Epicurus habet2009.
5
[183, 11]
Ad Ioannem Benedictum [distici elegiaci] Quae sit uis animi demonstrant uisa diurna et nocturna, quibus certa futura patent. Hoc opus immortale Dei dum, Iane, reuoluis, immortale tui das opus ingenii. D. S. A.
2005 Sic:
refuso per Thessalicis. supra n° 138. 2007 Intendi: “al di sopra di ogni capacità umana”. 2008 Dovrebbe essere Ianes (come a 183, 9, 1), ma, per ovvi motivi metrici, l’ultima sillaba deve risultare breve: un caso analogo a 183, 11, 3. 2009 Usato assolutamente: “non ha voce in capitolo”. 2006 Vd.
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CARMINA MEDICALIA
[183, 12] Ioannes Benedictus, artium et medicinae doctor, in inuidum [falecei] Rumparis licet octies per artus et linguam nimium superbientem feruentemque aconitico2010 liquore. Nil moror, putidos grauesque ronchos, nil sannas sine fine prurientes, nil quod diuitiis tumes auitis, archanosue patrum tenes recessus. Insanis: opus est tibi ueratro2011, et num flauis saciaberis cicutis, donec tu aut animum quietiorem, vel sensus habeas salubriores? Quod ni desieris molestus esse, rumpetur tibi guttur hoc malignum.
5
10
[10] = Editio venerabilis d(omini) Mathie de Miechow2012, artium et medicinae doctoris eximii, canonici Cracouien(sis) etc., Pro conseruanda hominum sanitate familiarissimo collecta stil[b]o (colofone finale Impressum Cracouiae per Mathiam Scharffenberg, anno 1535) [è la prima ediz.]
Nel frontespizio iniziale compaiono i seguenti versi: [183, 13] Iosephi Czimmermani Cracouiensis2013, anno suae aetatis deci moquinto, immatura [a]editio, in immortalem candorem illius ma gni medici doctoris Mathiae de Miechow 2010 Non
attestato in latino classico e medioevale. prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola è normalmen
2011 Irregolarità
te lunga. 2012 Maciej z Miechowa (Mathias de Myechow, Mathias Miechovius) detto Miechowita, medico e storico (Miechow 1457-Cracovia 1523): cf. AGL 3 cc. 294 s.; BL 4, 206 s.; PSB 19, 28 ss.. Ho visto sul nostro autore le opere seguenti: 1) Maciej z Miechowa 1457-1523 historyk, geograf, lekarz organizator nauki, Wrocáaw-Warszawa 1960 (Polska Akademia Nauk. Komitet historii nauki. Monografie z dziejów nauki i techniki XV) [è una raccolta di saggi di vari au tori su Mathias. Si parla della nostra opera nel saggio di T. Bilikiewicz, Maciej z Miechowa na tle medycyny odrodzenia, pp. 167 ss., in particolare 191 s.]; 2) Leszek Hajdukiewicz, Biblioteka Macieja z Miechowa, Wrocáaw 1960 (Polska Akademia Nauk…….XVI) [si accenna al nostro trattato alle pagine 52 e 72]. 2013 Józef Zimmermann (Tectander) (m. 1543): cf. AGL 4 c. 1037; BL 5, 528: a lui accen nano fugacemente Bilikiewicz (vd. supra) alle pp. 44 e 270 e Hajdukiewicz, Biblioteka etc., cit., alle pp. 34, 52 e 73.
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183, 12 – 184
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[distici elegiaci] Vos ego qui sapitis, medicis qui fiditis (omnes quos fluere in morbos efflereque2014 leue est), hunc, moneo, doctum et frugalem sumite librum: carius hic2015 ni[hi]l sit, ni[hi]l fuerit melius. Scilicet ille bonus de Miechow, ille Machaon noster, habet solus consilia Hippocratis.
5
* Subito dopo segue una praefatio al lettore cui tengon dietro — senza soluzione di continuità — i seguenti versi: [183, 14]
Ad lectorem octostichon [distici elegiaci] Artis Apollineae summis est iste libellus lectus, quem uocites nomine δραγμάτιον2016 quod, tanquam passim, pratis ridentibus, agmen melliparae2017 gentis, dulcia mella parat. Sic nimis ex amplo medicorum colligit aruo lilia, uir genio magnus et arte potens: ergo ualetudoque Galeni et Nestoris aetas, τῶν χεῖρας2018 δὲ θεῶν, si tibi, summe, placent.
5
M.P.F.
[184] QUARANTA (CARANTA) Giacomo, medico di Cuneo (sec. XVII): cf. Derossi, 52; 171; 201; solo rapidi accenni in De Renzi 4, 182 e passim. Il volume, segnato con R.G. Medic. IV.953, contiene (con numerazione continua) tre opere di Quaranta (tutte, come sembra, in prima edizione): 1 = Iacobi Carantae Cuneatis, doctoris philosophi et medici, Decadum medico 2014 Sic:
per tentar di ristabilire metro e senso, sarà opportuno emendare in qualcosa come p.es. efflere atque leue est. 2015 Sic: sarà refuso per hoc. 2016 Non attestato in greco classico: sembrerebbe un diminutivo di δράγμα “piccola pri mizia”. 2017 Non attestato in latino classico e medioevale. 2018 Sic: probabile refuso per χεῖρες.
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CARMINA MEDICALIA
physicarum liber primus: De natura auri arte facti et num sit pharmacum cordiale, rerum varietate nec passim obuiorum, obiter vel omnino praetermissorum, expli catione, philosophis et medicis gratum et necessarium opus...., Sauiliani, apud Christophorum Strabellam 1623, Superiorum permissu; 2 = Iacobi Carantae Cuneatis, doctoris philosophi et medici, Decadum medico physicarum liber secundus: De morsu canis rabidi: opus a nullo adhuc pro digni tate explicatum philosophis, medicis et Naturae paulo secretiora rimantibus om nino gratum et necessarium....., Sauiliani, apud Christophorum Strabellam 1623, Superiorum permissu; 3 = Iacobi Carantae Cuneatis, doctoris philosophi et medici, Liber unicus de natura visionis, in quo demonstrat visionem fieri extramissione et difficillimorum morborum oculos afficientium facillimam tradit cognitionem et curationem: phi losophis nouitate gratum et iucundum, medicis vero ad praxim necessarium peni tus, opus....., Sauiliani, apud Christophorum Strabellam 1623, Superiorum per missu.
All’inizio del n. 1 compaiono i seguenti versi: [184, 1] Di Stefano Calandro2019, dottor di filosofia et medicina, all’autore Saggio scrittor, in cui natura et arte mirabil sì, per arte di natura, s’accoglie, che tra l’arte e la natura inuidia pende di natura e d’arte. De la natura la mirabil arte e de l’arte sì arguto la natura spieghi, ch’hor par ch’à l’arte la natura la facci ed hor a la natura l’arte. Talche [sic] qual vinca, ò l’arte ò la natura, o vinta resti, ò la natura ò l’arte, sol sà chi l’arte intende, e la natura. Tù, Caranta, che di natura e d’arte padre e ministro se’ trà arte e natura tregua poni con tua natura et arte.
5
10
[184, 2] Sonetto del signor Claudio Massimiliano Varrone2020, dottor di leggi, al lettore Si come trà metalli è primo l’oro, così, lettor, è questo trà scrittori, 2019 Cf. 2020 Cf.
Derossi 104; 170. Derossi 218.
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184, 1 – 184, 4
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ch’ hor dà del suo saper saggio à dottori, da quello cominciando il suo lauoro. 5 Al grido, è stil dell’opra alto e sonoro, s’alza l’Inuidia è tenta i primi honori, qual rabbioso can morder d’errori, ma a questo poi l’autor dona ristoro. Esce ’l libro tessuto à diece, a diece 10 capi, è questioni, oue si tratta l’arte di cose natural metter ad vso di medicina, e con gran studio fece l’autor l’ordine e l’opra, e ten da parte, accettal’, accio [sic] ’l fin non resti chiuso.
[184, 3] Bernardini Bolleri2021, civis Cuneatis, de viribus auri chemici a Iacobo Caranta explicatis epigramma [distici elegiaci] Vera labore pio, medici, quaesistis alexipharmaca cardiacis: num reperistis ea? Nil miseris aurum solitum potabile prodest: prodesse i[i]s chimicum, docte Caranta, probas. Auctor adest miri medicaminis alter Apollo: hic nouitatis opes indicat inter aquas: inter aquas patrios habuit nascendo penates, inter aquas medicas transtulit ipse lares. Communes vires medicarum vt nouit aquarum, sic propriis idem viribus auxit eas. His chimicus lymphis praescriptum temperet aurum: vnica cardiacos haec medicina iuuat. Hic sophiae lapidem formari posse probatur: o medici, hinc aegris tuta medela datur.
5
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[184, 4] Aurelii Maximiliani Varronis, i(uris) v(triusque) d(octoris), ad auctorem, ad op
idum ex quo fuit oriundus epigramma [distici elegiaci] Dum nobis praestas quicquid medicabile, claras, docte Caranta, tuas efficis inter aquas. Sed dum quousque doces, quae pellant pharmaca morbos, 2021 Vd.
anche infra 184, 6-7.
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CARMINA MEDICALIA
vita, tuum vt munus, sit diuturna facis: qui magis (est verum fas dixisse) haud fuit alter, labra Hippocrenes merserit inter aquas.
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[184, 5] Honorati Viani, i(uris) v(triusque) d(octoris), in librum de morsu canis rabidi Iacobi Carantae carmen 184, 4 [falecei] Dum tu, docte, tuis refers libellis insanam rabiem trucesque vultus et vitanda canis furentis ora, humana stupet, heu, vis2022, o Caranta, qui dulci eloquio graues recessus depromens animo, medendo sanas tam crudam saniem. O ter, hi, quaterque foelices Cunei, suauiari queis2023 oculis viri diserti aspectus, nitido loquentis ore. Nec falso cecinit catus poeta, cum forma ingenium simul tributum: sed nunc, lurida quid vis haec futura? exesosque fame et cruore dentes contundat: pereunt ferae venena, tanto, digna sui, viro docente.
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15
[184, 6]
Bernardini Bolleri2024, civis Cuneatis, anagramma IACOBVS CARANTA COVS AB ARA CANIT [distici elegiaci] Ad rabidi catuli morsum vos mille medelis, o docti medici, quaeritis artis opem. Per medias tenebras morsos inuisitis aegros: dicite, num vestrum sanat alysson eos?
2022 Irregolarità
prosodica, dal momento che vis (normalmente lunga) è qui scandita come breve. La medesima evenienza si verifica per vis di v. 13, ove si potrebbe ovviare all’in conveniente trasponendo vis quid. 2023 Per sanare l’anomalia metrica si potrebbe congetturare qualcosa come p.es. queis oculis etc. 2024 Vd. supra 184, 3.
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184, 4 – 184, 8
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Cernitis hydrophobos vano periisse timore: vnde salus esset cur fugiuntur aquae? Ecce nouus Cous, nouus huc accurrit Apollo, qui hydrophobos omnes liberat arte noua. Inuentum Medicina sacra desumit ab arce: enthea ab aede sacra voce Caranta canit. Qui formidat aquas adsit: nam COVS AB ARA, et CANIT et medicos pharmaca sacra docet: hydrophobos cogens vanum pepulisse timorem, artis opes augens, fit nouus artis honos.
5
10
[184, 7] Eiusdem auctoris idem anagramma in alium sensum [distici elegiaci] Docte Caranta, nouus Cous mortalibus aram instruis: hinc morbis certa medela venit. Fatidico medico est morborum cognita causa: paucis quaesitis cuncta futura vides. Decubitus2025 horas solitus spectare, salutis ac obitus certum ponere schema soles et subito et lento potis es succurrere morbo: ad vitam reuocas, quos Libitina vocat. Praecipitate moras, medici: est occasio praeceps: currite, vos morbi vis peracuta trahit. Diuersa est Coi ratio: nam COVS AB ARA et CANIT et tripodis praestat in aede vicem: vt canit ex ara Hippocrates quid conferat aegris, sic paucos animi gratia adire solet.
5
10
[184, 8] Stephani Calandri2026, philosophiae et medicinae doctoris, in opus d(omini) Iacobi Carantae ad lectorem [asclepiadei minori] Qui solers studio niteris abdita Naturae assiduo noscere munera, qui tendis medicum solicite libris priscum firma diu quaerere dogmata, qui vitae cupis omni numero fida2027
5 2025 Tardo
e medioevale. supra 184, 1. 2027 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di fida, normalmente lun ga, è qui scandita breve. Per la cesura dei vv. 5-10 vd. supra 89, 17, 4, nota 910. 2026 Vd.
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CARMINA MEDICALIA
stipatae sanitate2028 incolumis leues annos tradere laetus senio; studens quisquis peruigil optas tibi firmius astrum cardine, puro aere perennius, almum vertice Phoebi superis sacro mire conditum opus seruarier2029: legas: quod Caranta parit germen Apollinis.
10
[185] QUERCETANUS (Joseph du CHESNE), medico di Enrico IV di Francia (1544 o 1546-Parigi 20/8/1609): cf. AGL 3 c. 1832; BL 2, 7 s.; DBF 11 cc. 1239 s. (dove si dice, fra l’altro, «Quant à ses vers — et ils sont nom breux — on peut les qualifier d’affligeants»). 184, 8 Iosephi Quercetani medici Sclopetarius sive de curandis vulneribus, quae sclo petorum et similium tormentorum ictibus acciderunt, liber. Eiusdem Antidota rium spagiricum aduersus eosdem ictus, Lugduni, apud Ioannem Lertotium 1576 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.1819]
Nel verso del frontespizio compaiono i seguenti versi: [185, 1]
Author ad suos libellos [distici elegiaci] Si vos forte videns caperata fronte, libelli, si quis vos carpat, non meliora ferens, haec vos ne moueant: odiis patet ille bonorum, virtutis comitem prodit et inudiam. Virtutis comes inuidia
Subito dopo sono riportati i versi seguenti: [185, 2] Ode de l’autheur, touchant les miseres de la France a messire Iaq. de la Fin, cheualier de l’ordre du Roy et Gentil-homme de la Chambre de sa Majesté, seigneur de la Fin la Nocle, Pluuiers, etc.
2028 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di sanitate, normalmente lunga, è qui scandita breve. 2029 Irregolarità prosodica (non infrequenti in questo pur breve carme), dal momento che la seconda sillaba di seruarier, normalmente lunga, è qui scandita breve.
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O cent et cent fois detestable, o cent et cent fois plus miserable, o cent fois plus confite en douleur de l’homme la race chetiue, qui foisonne en plus de malheur que toute autre chose qui viue. O cent fois encor’ malheureuse ceste poure masse fangeuse, qui auance ores son trespas gehennant en la guerre sa vie: et pour mourir ne comprend pas, qu’il ne faut qu’vne maladie. De iour en iour la Parque dure trame nostre fil, qui peu dure: maugré nous et cillant nos yeux, mesme auant le temps nous menace, que dans le lac obliuieux elle abbaissera nostre audace. Toutefois or’on voit la terre ne couuer rien plus qu’une guerre, auec cent mille horribles morts, et autant de dures batailles, qui sortent auiourd’huy dehors du creux de nos propres entrailles. On voit desia la troupe noire, qui fait dedans la Meuse boire ses cheuaux, et mille soldarts auec la picque et la cuirasse et l’harquebus de toutes parts faire trembler la populace. Tout ce grand orage s’assemble contre la France, qui en tremble, et qui s’est cherché ce malheur, permettant à toutes ses villes de couuer à tort la rancueur de toutes les guerres ciuiles. Elle est desia toute estonnée veoir marcher la foudre entonnée, dedans l’homicide metal, qu’un moyne ennemy de nos vics2030 fondit au brasier infernal, aydé de toutes les Furies.
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2030 Sic:
sarà refuso per vies.
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Desia les murailles chancellent, les cieux et l’air en estincellent. 185, 2 Et on voit ouurir les tombeaux, pour clorre mille testes mortes, que desia ces foudres nouueaux menacent en cent mille sortes. Voila, mon de La Fin, en somme le miserable estat de l’homme. Et voila comme le Françoys sa mort soy mesme se machine, s’armant soy mesme d’un harnois, duquel soy mesme il se ruine. Le lion beste si tres fiere n’abat luy mesme sa taniere, l’ours ne se paist pas de la chair de l’ourse, encor’qu’elle soit morte, et ne vient sa griffe approcher contre les bestes de sa sorte. Mais nostre France plus cruelle ores soy mesme se bourrelle et s’ouure l’vn et l’autre flanc, afin de se venir repaistre, et se baigner dedans le sang de ceux mesme, qu’elle a fait naistre. O poure France! quelle gloire as tu d’vne telle victoire? N’acquerrois tu pas plus d’honneur, si de guerroyer tu bouillonnes, monstrer la force de ton cœur contre tant d’estranges couronnes? Ne vois tu pas bien, qu’elles dressent leur gloire des maux qui t’abbaissent? Va doncques de tes ennemis, o France, d’vne ame eschauffée, triumpher dedans les pays et fais y marcher ton armée. Autrefois estant toute vnie tu as fait trembler l’Italie, et fait sonner ton tabourin: et dans l’Espaigne et dans la Flandre et dessus les riues du Rhin tu l’as fait encores entendre. France va plus auant encore, France va butiner le More
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et semer ton lis blanchissant dedans le milieu de la Grece et monstre qu’il n’y a Croissant que ta force et vertu n’abbaisse. Pour vne si saincte querelle tu rendras ta gloire immortelle et rapporteras sur ton front toutes les victoires grauées, que tes braues enfans auront tant heureusement acheuées. Non, non, il ne faut pas qu’ils craignent, soit que les fleches les attaignent, ou bien que par vn coup donné leurs os et leur chair soit meurtrie, de quelque plomb empoisonné, qu’ils perdent le los ny la vie. En si beaux lieu son sang respandre n’est rien plus qu’immortel se rendre. Et quand la mort les assaudroit, par quelque playe fort extréme, je leur appren comme il faudroit bien tost se guairir de soy-mesme. Mais au contraire, poure France, le coup que ta propre main lance contre toy-mesme, est si mortel, que rien n’y seruira a mon liure: ains, faut qu’vn Alcide immortel d’vn si grand meschef te deliure. Alcide tira Pyrithée hors des enfers et son Thesée, maugré le portier infernal: et contraignit remettre en vie jadis contre le sort fatal a Pluton la morte Euriuie2031. Encor’ ce mesme fils d’Alcmene deliura et mit hors de peine, tant estoit grande sa valeur, jadis Hesione de Troye, liée contre vn rochier dur pour estre d’vne ourque la proye. Ainsi toy, qui es oppressée et pour la proye delaissée sarà adoperato in luogo di Eurydice, per far tornare la rima.
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d’vn monstre hydeux par tant de foys d’vne guerre ciuile, ô France, voicy cest Hercule françois, qui vient chercher ta deliurance. Cest celuy qui de toy dechasse tout horreur auecques sa masse bien loing, et de son puissant bras te soustient estant esbranlée, ainsi qu’ Hercule et qu’vn Athlas soustenoit la voulte estoilée. Chante donc la gloire immortelle, o France, auec ma chanterelle de ce grand Hercule françoys, de ce françoys l’honneur des princes, de cest Hercule de Valoys cherchant la paix de tes prouinces. Et toy, mon La Fin, qui l’honores, et sur tous princes le decores, ayde moy chanter ses vertus auec ta langue si faconde. Je sçay bien aussi que tu veux, qu’on le louë par tout le monde.
[185, 3]
Et florida pungunt
Au seigneur de Morencé et de Lyserable HVICTAIN. [sic]
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Tu as auec tes doctes vers, o mon du Chesne que i’ honore, publié par tout l’vniuers les grandes beautez de ta flore. Ce tien labeur plus proffitable, et tes diuers escrits feront que plusieurs gens t’estimeront, en plusieurs choses admirable. I.D.L.
[185, 4] Sonnet au seigneur de Morencé et de Lyserable, medecin et phi losophe excellent Le moine soit maudit, qui eut ceste industrie de percer vn canon pour sçauoir quels efforts
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185, 2 – 185, 6
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le salpetre feroit, en vomissant dehors vn boulet tout en feu poussé[e] de grand’ furie. Car cent mille depuis ont accourci leur vie, lors que sur vne breche et courageux et forts, ils chassoyent l’ennemy en prodiguant leurs corps aux boulets qui pleuuoyent aussi menu que pluye. Du Chesne soit benit, quand voyant les blessez en grand nombre, auec cris, pour estre mal pansez, perdre, quelle pitié! du[e] beau iour la lumiere nous donne le moyen, par lequel on pourra toute playe guairir que la bale fera, et les hommes remettre en leur santé premiere.
5
10
[185, 5]
Pierre Enoc2032
Virtus Phoenici similis
Sonnet au seigneur de Morence [sic] et de Lyserable L’enfer et tous malheurs, huchez par Tisiphone, contre le genre humain voulurent s’assembler, tout execrable exces vint ce moyne endiabler, quand la poudre il trouua qui contre le ciel tonne. Siecles plus que peruers n’est-ce assez q(ue) Bellone sous tant de fers meurtriers vienne tout accabler, sans que la terre encor’pour nos morts redoubler, vne foudre seconde et plus grieue nous donne? Or le ciel fait piteux de voir tant de trepas, ce nouueau Esculape a enuoyé çà bas du Chesne, l’ornement et secours de nostre áge. Qui s’opposant aux maux q(ue) ce malheureux fit, monstre qu’il est donné pour le commun proffit, comme l’autre nasquit du monde le dommage.
5
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Buttet2033
[185, 6] Sonnet a monsieur du Chesne, baron et seigneur de Morencé et Lyserable Ie serois trop ingrat à la posterité, a ceux de nostre temps, à ta memoire saincte, 2032 Pierre
Enoch (sec. XVI): cf. DBF 12 c. 1316. de Buttet, poeta (Chambéry 1529 o 1530-Ginevra 10/8/1586): cf. AGL 1 c. 1519; DBF 7 c. 737. 2033 Marc-Claude
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CARMINA MEDICALIA
a Dieu qui t’a doué d’une vertu non faincte, si mes vers ne chantoyent le los qu’as merité. Nourrisson des neuf sœurs, tu as precipité le superbe ignorant et donné telle atteincte a son chef orguilleux, qu’il a senty la poincte de tes sacrez escrits dignes d’eternité. Encor’tu n’es content d’auoir fait ce grand bien, par ton liure premier à tant de gens de bien, leur monstrant de fuir, ce qui plus les affole. Veuque par cest escrit qui ne pourra perir, tu leur donnes moyen d’eux-mesmes se guairir, des coups que l’on reçoit d’harquebuze ou pistole.
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F. Marchant P., valet de Chambre du roy
[185, 7] In eximii d(octoris) medici, d(omini) Iosephi Quercetani Sclope tarium 185, 6 [esametri dattilici] In prauas, spretâ, cum labes, numinis irâ, se mortale genus laxis immersit habenis, armipotens, scelerum vindex, iustissimus vnus, igniuomas rutilo nubes fabricatus Oympo, torsit in indomitas ardentia fulmina terras. At magis exarsit sceleris vesana libido, inuisum coelo et terris, e faucibus Orci, verticis obrasi2034 monstrum dum excîtur, opacis: Orbis dira lues nostrique infamia saecli. Hoc noua nanque nouo cuduntur fulmina fabro et Stygia erumpunt Stygio documenta magistro, qualia, Auernalis pandens mysteria templi, torua Hecate dederat, monstroso inclusa cucullo, lurida cum pariter permixto sulphura nitro Tisiphone adiunxit flammasque operasque ministras. Flammiferae hinc tetro torquentur fulmine glandes glandiferaeque fremunt horrendo murmure flammae, ut reboent campi montesque et magnus Olympus. Mox rapidum latas infert se virus in oras, quod quatit (heu furiale malum!) tot fortia bello corpora, tot tetro raptim vlcere pascitur artus, crescente vt culpâ crescat quoque numinis ira,
5
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15
20
2034 Sic:
sarà refuso per abrasi.
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185, 6 – 185, 8
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verum qui vindex nomen munusque parentis idem habet atque hominum casus moderatur acerbos. Mutua nam postquam iurasse in funera Celtas, acrius et rigidos funesta utrinque parare arma videt ferrumque atrox glandesque micantes igne venenato, per mutua viscera tortas, attamen, humanae facilisque bonusque misertus sortis, opem pressis tandem mortalibus affert aptaque depromit reseratis pharmaca thecis, non audita aut visa prius: quae tradidit vni, Quercetane, tibi, vt morbosque luesque leuares, quas ferro flammisque, parens foecunda malorum, Orbe parit toto duri saeuitia2035 Martis. Sic, tibi glandifera a quercu, certo omine nomen nascenti vt cessit, diris quoque glandibus istis, sulphureo tinxit quas Tartarus ipse veneno, sydere felici cessit tibi munus, vt obstes atque alias hinc mille lues, passim vlcere saeuo grassantes tu mille modis, tu mille medelis, alter ἀλεξίκακος tollas, alterve Machaon.
25
30
35
40
Cl. Tex(tor)2036 m(erito)
* Nel verso della pagina che precede l’inizio dell’Antidotarium compare: Iosepho Quercetano, medico excellenti et optime de patria merito merentique. Segue una corona di quercia (con ghiande) con la scritta centrale Ob civeis serva tos. Sotto compaiono i seguenti versi:
[185, 8]
[distico elegiaco] Ob conseruatos insigni hoc munere ciueis, Quercetane, tibi querna corona datur.
Franc(iscus) Hotomanvs2037 ivrisc(onsultus) posvi
* 2035 Irregolarità metrica, dal momento che la seconda sillaba della parola, normalmente breve, qui è scandita lunga. 2036 Vd. infra 185, 9; 11. 2037 François Hotman, eminente giurista (Parigi 23/8/1524-Basilea 12/2/1590): cf. AGL 2 cc. 1731 ss.; DBF 17 cc. 1309 s.; Eckstein 259; Pökel 126.
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CARMINA MEDICALIA
Tra la fine dell’opera e l’Index rerum insigniorum, quae in hoc libro con tinentur compaiono i seguenti componimenti poetici: [185, 9] In Iosephi Quercetani, baronis Morencaei et praestantissimi me dici, Sclopetarium ἀλεξιφαρμακείαν [esametri dattilici] Si tot terra malis, quibus abstinuere priores, fertilis est hodie, quae mens humana, malorum fabrica, sulphureis nuper corrasit ab antris, quid mirum, pariter priscis si multa negata commoda, fertilior terrae nunc suggerit aluus, ceu bona iuncta malis et morbis saepe medelas prouida cura Dei scaturigine2038 ducit eâdem? Ergo, qui tenebris vsus hos2039 eruat atris si quem largitur Deus, hunc laudemus, amemus et quae haud vsque capit liuor, non illico carpat.
5
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I. Textor2040 m(erito) v(ota) d(edit)
[185, 10] Sonnet sur le traitte [sic] des arcubusades du seigneur de Morencé et de Lyserable, medecin et philosophe excellent Mars ialoux dés long temps pour la forte vaillance des gendarmes françois, qui estoyent la terreur des autres nations, plein d’amere rancueur, delibera en fin d’en prendre la vengèance. La Discorde il hucha, qui par sa diligence les rendit mi partis: et lors tant fut leur cueur saisi de son venin, que sans voir leur malheur, ils se sont par quinze ans poursuiuis à outrance. Si que d’vn plomb meurtrier mille et mille soldars sont morts dessus le champ, recherchans les hasars et autant, n’ayans eu l’apareil conuenable. Et ainsi peu à peu las! la France eut esté a la fin sans enfants, si Dieu n’eut suscité du Chesne, qui se rend en son liure admirable.
5
10
Pierre Enoc2041 Virtus phoenici similis 2038 Per
la quantità della terzultima sillaba della parola cf. Forcellini s.v. scaturio. gli uomini di oggi, che vengono liberati dalle tenebre infernali e dai morbi. 2040 Vd., con ogni verosimiglianza, supra 185, 7. 2041 Vd. supra 185, 4. 2039 Sc.
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185, 9 – 186, 1
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[185, 11] Ad lectorem, quod quernea corona a clariss(imo) iuris(consulto) Fr(ancisco) Hotom(ano)2042 optimo iure authori sit posita [distici elegiaci] Fortes, fulmineis perituros glandibus istis, praesenti auxilio vis releuare viros? Tot tibi quas Chiron, tot quas Epidaurius herbas monstrant, ne tanto quaere labore procul nec Pergameni insignes Coïve medelas: arboris vnius sat tibi fructus erit. Fertilis hoc fructu est, pretiosas, glandibus illis, quercus quae glandes obiicit ipsa suas: quae tot frugiferas2043 inter fert nobilis arbor et domino et patriae munera tanta suae. Quo nunc, Naturae et patriae cui iura coronam decernunt quernam, Zoile, iure negas?
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Cl(audius) Tex(tor)2044 m(erito)
* * * [186] Ios(ephi) Qvercetani, doctoris medicique regii, Diaeteticon polyhistoricon: opus vtique varium, magnae utilitatis ac delectationis, quod multa historica, philo sophica et medica, tam conseruandae sanitati, quam variis curandis morbis neces saria contineat, apud Petrum Chouët (senza luogo di stampa) 1626 [prima ediz. Lipsia 1601] [R.G. Medic. V.1150]
All’inizio dell’opera compaiono alcuni versi (pp. 5 s.): [186, 1] In Diaeteticon polyhistoricon Ios(ephi) Quercetani, cons(iliarii) et medici regii celeberrimi, Iohann(es) Pressius φιλίατρος Ad lectorem [distici elegiaci] Quisquis longaeuam validoque in corpore vitam constantem sana ducere mente cupis, huc iter intende et celeres huc dirige gressus: 2042 Vd.
supra 185, 8. glandes. 2044 Vd. supra 185, 7. 2043 Sc.
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CARMINA MEDICALIA
huc fer, et in vanum non gradiere, pedem. Quid iuuat immensos Croesi glomerasse thesauros et tamen ad tumidos ingemuisse pedes? quid genere et vana prodest turgescere fama aegrumque obscuro delituisse thoro? Mens sana in sano quaerenda est corpore primum, succedent votis caetera cuncta tuis: hoc docet illustri praesens ratione libellus, tempora cui similem pristina nulla dabant. Rumpere, liuor edax, nihil hîc quod rodere possis: nam clypeus morsus non timet iste tuos.
Εἰς τὸ αὐτὸ
[186, 2] 186, 1
[distico elegiaco]
Μαυρικίῳ τάδε Λανδγραβίῳ2045 ἀρεταῖσι βρύοντι δῶκε διαιτάων μυρα Κουερκέτανος.
[186, 3]
De eodem [esametri dattilici] Landgravii Hassiae2046 herois laus duret in aeuum sitque tua huic Pilii aetas, Quercetane, diaeta.
[186, 4]
Fed(ericus) Morelli, prof(essor) reg(ius)2047
Ad invidum [distici elegiaci] Invide, quid bruto pinguem vomis ore saliuam
2045 Si accenna qui a Maurizio, langravio di Assia-Kassel (157-1632), cui l’opera di Quer cetanus è dedicata. Se ne veda la dedica iniziale: Magno Mauricio Landgravio Hassiae, comi ti in Catzenelenbogen, Diets, Ziegenhain, Nidda etc., principi illustrissimo et munificentisimo, de re literaria semper bene merito merentique Maecenati ac domino suo clementissimo, Diaete ticon hoc polyhistoricon, in submissi ac devoti animi testimonium, debitae gratitudinis symbo lum, perpetuae observantiae monimentum, dicat, offert, consecrat Ios(ephus) Quercetanus, cons(iliariu)s et med(icus) regius. 2046 Perché il metro torni, è necessario considerare la penultima sillaba della parola lun ga. 2047 Si tratta forse di Frédéric Morel, ellenista insigne, filologo e poeta (1558–27/6/1630): cf. AGL 3 cc. 662 s.; Eckstein 649; Pökel 180.
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186, 1 – 187, 1
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perque meas turpis voluere2048, porce, rosas? Desine: quid prodest fatuam sic prodere mentem? Tu meliora doce: non potes? ergo tace!
* * * [187] Ios(ephi) Qvercetani, cons(iliarii) et medici regii, Liber De priscorum philo sophorum verae medicinae materia, praeparationis modo atque in curandis mor bis praestantia; Deque simplicium et rerum signaturis tum externis, tum internis, seu specificis, a priscis et hermeticis philosophis multa cura singularique industria comparatis atque introductis, duo Tractatus. His accesserunt eiusdem Ios(ephi) Quercetani De dogmaticorum medicorum legitima et restituta medicamentorum praeparatione Libri duo itemque Selecta quaedam consilia medica, clarissimis medicis Europaeis dicata, S(ancti) Gervasii, apud haeredes Eustathii Vignon 1603 [sembrerebbe la prima ediz.] [R.G. Medic. V.284]
All’inizio, dopo la Praefatio e l’Epistola dedicatoria e prima che cominci l’opera, compare un carme: [187, 1] In Ios(ephi) Quercetani, medici regii celeberrimi, opus vere au reum, summa eruditione, industria et fide ex luce Naturae elabora tum, Ioannes Sarracenus2049, medicus, votiuum hoc vt debuit, fidelis amicitiae pignus consecrauit [distici elegiaci] Quae pridem Natura suo viduata nitore est, laruatu[s]2050 foede commaculata genas longaque natiuum posuit per secula lumen, pseudosophistarum dissimulata dolis: en Quercetanus tenebroso educit ab Orco, arte potens, proprium restituitque iubar. Ipsas quin animas etiam (mirabile visu!) euocat et digitis atterit astra suis, scilicet vt posito, rerum mysteria, fuco indubia exhibeat, conspicienda fide. Hanc igitur sectare viam, sophe[i]: nescia2051 falsi, Naturae haec coecos explicat vna sinus.
5
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Io(annes) Sarrac(enus)
2048 Sc.
volveris “ti rotoli”. supra 97, 9. 2050 Cf. TheslL s.v. 2051 Sc. via. 2049 Vd.
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CARMINA MEDICALIA
[188] RAMAZZINI Bernardino (Carpi 5/11/1633-Padova 5/11/1714): cf. AGL 3 c. 1885; BL 4, 716. De morbis artificum Bernardini Ramazzini, in Patavino Gymnasio practicae medicinae professoris primarii, Diatriba: editio novissima. Accesserunt item non nullae aliae additiones postliminio dispositae nec non Adalberti Pazzini in Archi gymnasio Romano professoris opusculum de vita scriptisque eiusdem auctoris Italico sermone redactum, Romae 1953 ex typographia Caroli Columbi. L’opera ripropone l’edizione dell’opera di Ramazzini edita a Padova nel 1713 per i tipi di Giovanbattista Conzatti. La prima edizione di quest’opera apparve a Modena nel 1700 per i tipi di Anto nio Capponi, mentre la seconda fu edita a Utrecht nel 1703 per i tipi di Guglielmo van de Water. Frontespizio della prima edizione del 1700 (riportato nell’ed. Pazzini 327) De morbis artificum diatriba Bernardini Ramazzini, in Patavino Archi-Lyceo practicae medicinae ordinariae publici professoris et Naturae curiosorum colle gae,......, Mutinae 1700, typis Antonii Capponi, impressoris episcopalis, Supriorum consensu. Frontespizio della seconda edizione del 1703 (riportato in Pazzini 339) Bern(ardini) Ramazzini, in Patav(ino) Archi-Lycaeo prof(essoris) publ(ici), De mor bis artificum diatriba....., editio secunda, Ultraiecti, apud Guilielmum van de Water, Academiae typographum, 1703 [R.G. Medic. IV.5156]
Nelle edizioni del 1700 e del 1703 compaiono alcuni versi (riportati nell’edizione Pazzini 331): [188, 1]
Auctor ad librum [falecei]
5
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Pruris, mi liber, (heu nimis!) flagrasque prodire, at monitus prius paternos ausculta: brevibus docebo dictis quam sortem tibi fata destinarint. Quod spondes aliquid novi eruditis, accurrent cito curiosiores: at, postquam legerint duas pagellas2052, forsan te abiicient ad officinas et vicos, ubi venditur popello vel lucanica vel garum aut quid unctum. Verum ne doleas, satis frequens id pandectis etiam voluminosis, quae haud raro fieri solent cuculli
2052 Sic: irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, di norma lunga, qui risulta breve. A meno che non si voglia congetturare papyros in luogo di pagellas.
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188 – 189, 1
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scombris vel piperi aut gravi cumino. Scito te genitum nigris tabernis, non cultis domibus potentiorum aut aulis nitidis, ubi archiatri dictant iura coquis sedentque nunquam. Ergo, crede mihi, minus dolebis quam libri titulis superbiores, si, qui te legerint, statim remittent ad natalitias tuas tabernas.
15
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[189] RANTZAU (von RANZOW, Rantzovius) Henrik, uomo di stato da nese, bibliofilo, storico, astrologo, studioso di medicina e di scienze natu rali (Steinburg, presso Itzeloe, Holstein 11/3/1526-Breitenburg, notte di Capodanno del 1598): cf. AGL 3 cc. 1902 s.; DBL 13, 437 ss.; ADB 27, 278 s.; Michaud 35, 174 s. Henrici Rantzovii De conservanda valetudine liber, in privatum liberorum suo rum vsum ab ipso conscriptus ac editus a Dethleuo Siluio Holsato2053, in quo de diaeta, itinere, annis climactericis et antidotis praestantissimis breuia et utilia praecepta continentur: quinta editio auctior et emendatior. Seorsim accessit Gui lielmi Grataroli Bergomatis2054, medici praestantissimi, De literatorum et eorum, qui magistratum gerunt, conseruanda valetudine Liber, Francofurti, typis Nicolai Hofmanni, sumtibus Ionae Rhodii 1604 [prima ediz. Anversa 1580] [R.G. Medic. VI.146]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [189, 1] In Henric(um) Rantzovium, equitem Holsatum etc., epigramma
ἐγκωμιαστικὸν
[distici elegiaci] Quis non Alciden nouit, qui nescit Achillem, nomina non vlla non memoranda die? Et tamen hic medicam fecit feliciter artem, sanus vt Aemonia cuspide Mysus2055 ait: ille polum ceruice tulit, cum sidera fessus Amphitryoniadae ferre dedisset Atlas. Quid loquar amborum geminata laude celebrem
5
2053 Dethlev
Sylvius (sec. XVI): cf. AGL 3 c. 964. supra n° 111. 2055 Allusione a Tèlefo, ferito dalla lancia di Achille. 2054 Vd.
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CARMINA MEDICALIA
illustri Henricum stemmate Rantzouium?189, 1 quem iuuat immenso spatiantem viuere coelo et stellas oculis dinumerare suis quique Machaonia caput extulit inclytus arte, Naturae scrutans omniparentis opes. Macte noua virtute, heros: sic additus astris coelifer est, semper viuit et Aeacides. Gregorius Bersmanus, professor Acad(emiae) Lips(iensis) pub licus2056
[189, 2]
Eiusdem Rantzouii encomium [distici elegiaci] Sunt tibi cum regum, tum publica commoda curae nec tamen Aonidum munera grata minus: regibus ac patriae pariter Musisque placere, quod facis, humanum vincit id ingenium.
[189, 3]
Aliud [distico elegiaco] Fidite, Pierides: vobis Rantzouius heros inter opes, lituos inter et arma litat.
[189, 4]
Aliud de familia Rantzouiana [distici elegiaci] Hactenus ambiguo lis haec sub iudice pendet, artibus aut armis lausne ferenda prior: Rantzouia Pallas litem hanc in gente diremit: has illis, illa his posse carere negat.
2056 Gregor Bersman(n), filologo e poeta (Annaberg 10 /3/1538-Zerbst 5/10/1611): cf. AGL 1 cc. 1031 s.; ADB 2, 507 s.; Eckstein 44; Pökel 22. Questo carme è pubblicato in Poëma tum Gregorii Bersmani Annaebergensis, in partes duas tributorum, pars prior continens libros duodecim: editio secunda aliquot notis auctior, 1591 Lipsiae, cum privilegio, p.168 con le se guenti varianti: v. 4 sanus vt Aemonia] huius quod sanus; v. 11 extulit inclytus] inclutus extu lit; v. 14 semper] terris.
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189, 1 – 189, 5
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[189, 5] Ad lectorem benignum Christophorus Killinghausen Hamburgen sis [distici elegiaci] Mente nihil nobis praestantius optimus auctor indidit, in summa quae tenet arce locum. Haec res euoluit dubias penitusque latentes eruit et lucem cogit habere suam. Quae sint euentura uidet, praesentia tractat, tempore quae lapso praeteriere, tenet. Quin etiam terras humilemque relinquere mundum et coeli superas audet adire plagas scrutarique Deum, cuius de semine nata particulam mentis se putat esse sacrae. Vt Deus ille vnum triplici sit nomine numen, disiungi nulla quod ratione queat; ut res de nihilo quondam produxerit omnes et miris seruet contineatque modis vtque repurgatos celso dignetur Olympo, quos sua culpa Stygis fecerat esse reos: talia diuino meditatur acumine, quaeque praeterea longum cuncta referre foret. At, nisi sit corpus bene sanum, cuius in arce clauditur, officium non satis ipsa facit. Hinc quasi de specula semper circumspicit alta nec capiat vel agat quicquid obesse potest et, si quid vitii caussa quacumque subortum est, hoc amoliri qualibet arte studet. Hinc etiam corpus cura maiore tueri cernimus, ingenio qui meliore valent: nam2057, quoniam multis obnoxia casibus atque saepe leui ex caussa vita caduca data est. Quam decet, vt numen coeleste colatur honore, ducere, dum repetat, qui dedit, ipse Deus: nos quoque sollicita fas est defendere cura nec temere mortis praecipitare viam. Haec animo voluens, vir factis clarus et ortu, Rantzouius, praesens hoc sibi scripsit opus. Non satis est visum praelustre relinquere nomen, quod certent meritis amplificare suis aut terris opibusque suos extollere natos,
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2057 Intendi:
“ciò avviene etc.”.
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CARMINA MEDICALIA
attribuit larga quos bonitate Deus: sed quoque succincto voluit praescribere libro, incolumem vitam qua ratione parent. Nam magis accendunt animisque tenacius haerent, quae pater aut senior iussa relinquit auus. Hunc in priuatum quamuis congesserat vsum, non tamen, ut fiat publicus, ipse vetat: namque bonis2058, quacunque potest, prodesse laborat, omnibus et praestat commoda multa lubens. Ergo illi seros, quos virtus rara meretur, et faustos optes, lector amice, dies atque hoc sincero doctoque fruare labore, vt vigili cura sanior esse queas.
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* * * [190] Henrici Ranzovii editio duorum librorum Macri De virtutibus herbarum, De quibusdam animalium partibus ac terrae speciebus itemque medicamentis totius corporis humani, iam recenter ex bibliotheca sua Bredenbergensi depromtorum, quorum prior antehac non tam emendate extitit, posterior vero antea typis nun quam fuit expressus aut in lucem editus. Accessit incerti autoris Speculum medi corum, rudi ac inculto quidem stylo conscriptum, sed propter res tamen ex eadem bibliotheca in lucem editum. Titulos capitum et elenchum omnium fere, quae in hoc Macri volumine continentur, in huius operis et cuiusque libri principio inue nies, 1590 Lipsiae [colofone finale Lipsiae, imprimebant haeredes Ioannis Stein manni, anno 1590] [sembra proprio la prima edizione] [R.G. Medic. V.2181]
L’opera attribuita a Emilio Macro (età augustea) è in realtà del medico Odo von Meung (sec. XI): cf. Manitius 2, 539 ss. Subito all’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [190, 1] 189, 5
Ad lectorem [distici elegiaci] Si cupis herbarum certas cognoscere vires, haec lege quae scripsit carmina docta Macer. Eruit haec latebris Ranzouio sanguine natus Henricus, serae posteritatis amans,
2058 Nella quinta edizione dell’opera di Rantzau (Francoforte 1596), compare bonus in luogo di bonis.
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189, 5 – 190, 3
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sumptibus et propriis describi iussit et edi in lucem, tenebris quae latuere diu.
5
[190, 2]
In Macrum Ranzouii etc. Ioannes Politus etc.2059 [distici elegiaci] Cymbrica2060, quid Latium aut veteres miraris Athenas, cum tua sit nulla gloria forte minor? Mutant cuncta vices, sed et omnibus obuia terris Naturae ex parili tramite dona fluunt. Quis boreae credat solem inseruire polumque, vt coleret2061 Pallas posthabuisse Pharum? Cernis vt Arctoi celebris sua lumina tractus porrigat vtque suum spargat in Orbe iubar? Inclyte Ranzoui, doctrina insignis et armis, qui Daniae2062 rutilans sidus in arce sedes, non ego te priscis postponam vatibus, olim quos Maecenatis tempore Roma tulit. Tu, Themidis Phoebique decus, tua gloria summa iungere Romanis pallia Graeca togis. Sic veterum profer2063 tenebris monumenta virorum nosque iuues scriptis nec minus ipse tuis. Sic tua perpetuo, quamuis mors caetera tollat, nobilis ingenii fama perennis erit.
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Col(oniae) Agrip(pinensis) 1589
* Alla fine dell’opera di Macro compaiono i seguenti versi: [190, 3]
De statu mundi2064 [distici elegiaci]
2059 Ioh(annes) Politus, iurisconsultus, storico e poeta, nato a Liegi, vissuto alla fine del sec. XVI: cf. AGL 3, c. 1664. 2060 Sc. terra. 2061 Il costrutto colo + infinito non sembra documentato nel latino classico. 2062 Daniae può concordare sia con sidus che con arce. 2063 Sc. in lucem a tenebris. 2064 Questi versi, dello stesso Rantzau, compaiono nella seguente opera Epigrammatum historicus liber, continens encomia heroum, imperatorum et ducum, superioribus et nostro
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Praelia crudescunt, gerit omnis natio bellum: omnia terribili regna fragore crepant. Factio distractos in mutua vulnera ciues armat et alterna clade dat exitio. Vsuris exhausta iacent patrimonia regum vnciaque in foenus nulla sat esse potest. Non modus in victu, non est in veste decorum: corpora luxuries, luxus inanit opes. Quisque sui sese supra genus ordinis effert contentusque suo denegat esse gradu. Nemo laborantis, nemo miserescit egeni: omnis in humano corde refrixit amor. Integritas, sincera fides candorque recessit: melle fluunt linguae, pectora felle tument. Foedera, contractus, commertia, pacta forumque mille sophismatibus peruia2065, mille dolis. A centro dimota suo dispectaque tellus intremit, horrendis concutiturque modis. Aestuat insolitis agitatum fluctibus aequor: eluuiem moles nulla coërcet aquae. Degenerant partes mutati enormiter anni: mensibus aestiuis frigida torpet hyems2066. Tempore non alio defecit crebrius vnquam luna peregrino lumine solque suo nec prius ignoti toties arsere cometae2067, ventorum grauior nec fuit ante furor. Annona in precio est vix aere parabilis vllo, vnde fames multis saeuit acerba locis. In populos spargunt dirae contagia febres nec mortis specie vna nec vna via est. Denique ceu longo labefacta puerpera nixu anxia, sem[i]animis plena dolore gemit, sic defessa malis Natura fatiscit et optat exuuias oneris deposuisse sui. O immense Gigas, qui sustentantia mundum
seculo virtute bellica maxime illustrium, quos in arce sua Bredenberga depingi et versibus par tim a seipso compositis, partim hinc inde collectis ornari curauit Henricus Ranzovius...., An tuerpiae, ex officina Christophori Plantini, architypographi regii, 1581 [colofone finale Ant werpiae, excudebat Christophorus Plantinus, architypographus regius, anno 1581]. Il De statu mundi compare alle pp. 162 s. con le seguenti varianti: 17 dispectaque] disiectaque; 37 reuul se] reuulsa. 2065 Sc. sunt. 2066 Questi versi sembrano preludere a frequenti fenomeni odierni. 2067 Probabile eco lucanea (1, 526 ss.).
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190, 3 – 190, 4
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fulcimenta tenes onnipotente manu, o lapis absque manu de monte reuulse superno: rumpe moras, cursum corripe, Christe, veni. Destrue succidui reliquum quodcunque colossi est, exordire tuum protinus imperium, in quo certa quies stat definita laborum, fixus vbi nostri terminus exilii est.
* Subito dopo questi versi inizia lo Speculum medicorum incerti autoris, ex bibliotheca Bredenbergensi iam recenter depromptum, alla fine del quale compaiono i seguenti versi: 190, 3 [190, 4] Ad libros bibliothecae suae versiculi Henrici Ranzouii ad imita tionem Flaminii2068 [falecei]
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Saluete aureoli mei libelli, meae delitiae, mei lepores: quam vos saepe oculis iuuat videre et tritos manibus tenere nostris, tot vos eximii, tot eruditi, prisci lumina seculi et recentis! Confecere viri suasque vobis ausi credere lucubrationes et sperare decus perenne scriptis. Neque haec irrita spes fefellit illos: vestro praesidio per vniuersum aeuo perpetuo leguntur Orbem doctorumque volant per ora clari. Vos estis requies honesta mentis, iucunda ingeniis bonis voluptas, rebus perfugium minus secundis, in laetis decus et nitor refulgens. Vos, aetate puer virente, magno sum complexus amore: nunc vir autem multo prosequor impotentiore et, quam fata diu sinent amare, vobis immoriar, mei libelli,
2068 Si tratta con ogni probabilità di Marco Antonio Flamini(o) (Vittorio Veneto 1498Roma 17/2/1550): cf. AGL 2 c. 631; DBI 48, 282 ss. a cura di Alessandro Pastore.
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CARMINA MEDICALIA
ac cum rege lubens fatebor illo Alphonso2069 egregio esse cariores vestras diuitias mihi, benigna quam sors, quas mihi contulit caducas.
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[190, 5]
Henricus Ranzouius in monumentum paternum [distici elegiaci] Accipe, chare pater, quae munera filius offert sintque, precor, cineri munera grata tuo. Tu mihi das lucem vitae, do mortis honores: heu heu quam dispar gratia nostra tuae est!
[190, 6] 190, 4
H(enricus) R(anzouius) de seipso [distici elegiaci]
5
[190, 7]
Viuo, post moriar; sic fert diuina voluntas: haec quae vult, eadem me quoque velle decet. Vita mihi melior continget: temporis huius vita, quam vixi, vita operosa fuit. Quam spero vitam, Christi mihi sanguine parta est: hac dabitur laeta pace Deoque frui2070.
Aliud [distici elegiaci] Sat mihi, sat laudi, charis vixi sat amicis: mors mihi sperati muneris instar erit. Ergo, fama, vale, spes et fortuna valete: tu quoque rex clemens, patria, stemma vale.
[190, 8]
Vel sic [distico elegiaco]
2069 Potrebbe trattarsi di Alfonso X il Saggio, re di Castiglia e di Leon (1221-1284), auto re, fra l’altro, di opere letterarie e poetiche. 2070 Questi versi compaiono (come anche 190, 7) in Delitiae poetarum Germanorum huius superiorisque aevi illustrium pars V, collectore A.F.G.G., Francofurti, excudebat Nico laus Hoffmannus, sumptibus Iacobi Fischeri, 1612, p. 546.
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190, 4 – 190, 9
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Patria, fama, domus, spes, rex, fortuna valete: sat mihi, sat vixi, Cimbria clara, tibi.
* Subito dopo compaiono i seguenti versi, preceduti da una introduzione che trascrivo integralmente: Votum Henrici Ranzouii ad imitationem Xenophontis O immense Deus, da mihi meisque integram sanitatem, in agendo industriam, in efficiendo celeritatem, in dicendo authoritatem, laborem in negotiis, fortitudi nem in periculis, contra hostes mitem victoriam, in consultando piam prudentiam et a maioribus gratiae constantiam, facultates honestas, senectutem iustam, in reli giosis maiorum monumentis requiem et in extremo aduentus tui iudicio gloriosam resurrectionem et beatam immortalitatem.
Questo passo in prosa compare (con il medesimo titolo) nell’Epigram matum historicus liber, cit., (vd. supra 190, 3), p. 135 con le seguenti va rianti: 3-4 contra hostes mitem victoriam, in consultando piam pruden tiam] in consultando piam prudentiam, contra hostes mitem victoriam; 4 a maioribus] in maioribus; 6 et beatam] ac beatam. [190, 9]
Idem versibus redditum [distici elegiaci] Da, qui cuncta potes, Deus alme, mihique meisque sanas in sano corpore mentis opes. Da simul vt rebus cunctis industrius adsim et proprie faciam, quae facienda mihi. Da valeam linguâ toto molimine vitae impositique feram grande laboris onus. In duris animum fortem concede periclis hostesque intrepide vincere Marte tuo. In consultando prudentiam ab aethere mitte constantemque ducum gratiam ad vsque rogum. Patria, feuda2071 measque domos et, dante2072, paratas da: proprio censu sumptus honestus alat. Et tandem me, post placidam iustamque senectam, aeterna in requie tumba paterna tegat,
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10
2071 Attestato 2072 Sc.
solo nel latino medioevale: vd. Du Cange s.v.
te.
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CARMINA MEDICALIA
donec me superas rursum reuocabis in auras et dabis in nitido regna beata polo.
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[190, 10] 190, 9
Henrici Ranzouii symbolon. Dies mortis aeternae vitae natalis est [distico elegiaco]
Mors, quae corporeae est huius destructio massae, ianua ea est vitae principiumque nouae.
[190, 11]
Alio modo [distico elegiaco] Transitus e viuis vitae coelestis origo est: qui Christo didicit viuere, viuit homo.
[190, 12]
Alio modo [distico elegiaco] Lux ea mortalis quae ducitur vltima vitae, rursum natalis ducitur esse nouae.
[190, 13] Collatio pyramidis Ranzouianae Segebergensis et Romanorum [distici elegiaci] Pyramides quondam varias Roma inclyta struxit sumtibus eximiis, sumtib(us) innumeris. Pyramidem struxit similem Ranzouius heros sumtibus innumeris, sumtibus eximiis. Illa2073 viro claro aut fortes qui vicerat hostes: hic regi forti, rex Friderice2074, tibi; illa situ bello bellas longeque micantes: hic splendore grauem cumque decore parem; illa, quae erant Latiae tanquam miracula terrae: hic, quae miraclo non minus esse potest, cum non ex lapide aut ligno nec structa metallo
5
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2073 Sc.
Roma. II, re di Danimarca e di Norvegia (1534-1588).
2074 Federico
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190, 9 – 190, 15
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et tamen ex omni parte sit artis opus. Cedite, pyramides Romanae, cedite priscae: nam claret parili Ranzouiana2075 modo.
[190, 14]
In pyramidem eandem Segebergensem [distico elegiaco] Non haec vel viuo vel cocto fabrica constat saxo nec ligno: facta sit vnde rogo?
Segue, a piena pagina, il disegno di una piramide, suddivisa orizzon talmente in cinque settori (che indico con le prime cinque iniziali maiu scole dell’alfabeto), occupati dalla spiegazione del disegno: trascrivo qui di seguito la spiegazione stessa: PYRAMIS [A] Haec2076 lector te tria chare docet2077. [B] Principio quod sumptibus immen sis stet constructa tam bene ornateque vicarii etc. Dein- [C] de quod haec eadem secundi sit Friderici consecrata manibus,
[190, 15]
[pentametro dattilico] Danica qui gessit sceptra potente manu. [esametri dattilici]
[D]
5
Denique sublato in coelum quod culmine signet2078, calceque qua facta est, pura, sine crimine pura[m], quilibet vt viuat2079 vitam, mortalia linquat et crebro solum suspiret, anhelet, Olympum. Haec vbi cognosti, ex animo bona multa precare Ranzouio domino et, quo te via ducit euntem, perge statim et felix longissima tempora viue.
[E]
H(enricus) 1588 R(anzouius)
2075 Sc.
pyramis. pyramis. 2077 Pyramis...docet: si tratta di un pentametro. 2078 Sc. pyramis. 2079 Evidente allusione a Federico II. 2076 Sc.
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[190, 16] In obeliscum Ranzouianum, formam eius referentem, quem, olim a d(omino) Augusto iuxta mausolaeum Romae erectum, Sixtus V p(ontifex) m(aximus) ad basilicam s(anctae) Mariae Maioris in Exquilinum nunc transtulit [distici elegiaci] Quid Latii mirare obeliscos, chare viator? desine: Ranzouius condidit arte parem2080. Ah quid dico parem? non est, sed pulchrior ipsis, Italia alma, tuis, Roma superba, tuis. Quae struis idolo tantum mera vana profano: hic vni ac trino, quod struit omne, Deo. Tu statuas ciui statuis persaepe celebri: hic patribus patriae principibusque viris, qui, regum claro clarorum sanguine nati, factis[que] aeternum promeruêre decus. O valeant Latii: Latiales vincit hic vnus arte, decore, iugo, laude, nitore, situ.
5
10
[190, 17]
Ad ortum consp(icit) hoc epig(ramma) [distici elegiaci] Hoc opus extruxi Henricus Ranzouius, omne numinis in laudem, Conditor alme, tui et Danaûm2081 quondam Friderici regis honorem totiusque mei seminis atque domus.
[190, 18]
Ad occasum [distici elegiaci] Pro meritis, Friderice, tuis, rex optime, rursum haec monimenta tibi dedico, sacro, struo. O vtinam maior mihi praestare liceret: hoc certe stares aureus ipse loco.
2080 Sc.
obeliscum. gioco di parole tra i Danai (sc. Troiani, come sinonimo di Romani) e i Danesi (Dani), governati da Federico. Un caso analogo a 148, 3, 15, nota 1566. 2081 Probabile
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190, 16 – 190, 23
[190, 19]
Ad meridiem
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[distici elegiaci] Quem regi et vobis obeliscum consecro, nati, ad virtutis iter nobile, calcar erit certumque indicium quaerendas aethere sedes et nihil in terris certius esse nece.
[190, 20]
Ad septentrionem [distici elegiaci] His visis, lectis, placide discede, viator, cunctaque structori fausta precare meo. Perpetuo infelix et detestabilis esto, si sacrum in minimis2082 hoc violabis opus.
[190, 21]
Aliud eiusdem H(enrici) R(anzouii) symbolon. Ita se comparent in vita, vt vinci et mori nesciant. [distico elegiaco] Si mortalis homo fugitiuum transigat aeuum, vt nequeat vinci, ast vincere, neue mori.
[190, 22]
Alio modo [distico elegiaco] Sic homines (aequum est) traducant tempora vitae, vt vinci nequeant, vt nequeantque mori.
[190, 23]
Ad Fridericum II regem Daniae H(enricus) R(anzouius) [distici elegiaci] Si pensare animas sinerent crudelia fata et posset redimi morte aliena salus, quantulacunque meae debentur tempora vitae,
2082 Intendi:
“anche nelle cose più piccole”.
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CARMINA MEDICALIA
pensassem pro te, rex Friderice, libens. At nunc quod possum, lacrymis tua funera plangam et vitam in terris vt moriturus agam.
5
[190, 24] 190, 23
In Henricum Ranzouium [distici elegiaci]
Ranzouiae cui non est cognita gloria gentis? Henrici cui non gloria Ranzouii? qui genus antiquum variis virtutibus ornat, vates et medicus, miles et astrologus. Finis
[191] R(H)UM(M)EL Johann Pharamund, medico (sec. XVII): cf. AGL 3 c. 2057; BL 4, 924. Avicula Hermetis catholica. De mercurio, sulphure et sale philosophorum in vno subiecto. Das ist kurzer, doch klarer Bericht von den dreyen Anfängen aller Dingen, Krafft welcher epilepsia, calculus, podagra vnd in einer Summa alle langwirige ein gewurtzelte, schwere fixe Kranckheiten wie sie auch Namen mögen haben (vermit telst göttlicher Gnaden) fundamentaliter curirt vnd auß dem Grund hinweg genom men werden durch ein einige Medicin, authore Salomone Raphehele, in mundo R(umme)] [Lo schedario vaticano indica dubitativamente Francofurti e 1635, men tre AGL pone il 1662 e BL il 1648] [Loreto VI.25 (3)]
Tutte le parole tedesche sono scritte in caratteri gotici, quelle corsive sono scritte in carattere latino tondo. L‘opera inizia con i seguenti versi: [191, 1, pp. 3 s.]
5
De nomine mercurii philosophici
Visitir das Centrum der Erden, darauß all Ding geboren werden, in Sphera wirst finden den solst mit eygnem ♀ binden, treib auß dem Globo einen Dunst, so hast den Schlüssel zu der Kunst, fahr fort, biß auch das Blut mitgeht, das ist ein Ding welchs Fewr besteht,
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190, 23 – 191, 2
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kompt nur auß eim [sic], vnd ist ein Ding, flüchtig vnd fix zusammen bind, so hastu hie das grosse Fewer, Quecksilber rein ein Schatz gantz thewer, darinn auch alles ist verborgen, warumb die Chymiatri sorgen. Schwefel vn(d) Saltz, Wasser vnd Erd, Lufft vnd Fewer, wirst hie auch gwehrt [sic], drumb such allein Mercurium, hat 7. Buchstabn [sic] in einer Summ, drey Silben vnd 3. Vocal, eylff [ut vid.] hundert vnd eins an der Zahl, vorn 50. hundert vnd 51. zu letzt, im Mittel darinn ist tausend gesetzt, auch da 4. Consonanten seyn, das ist sein rechter Nam [sic] allein.
10
15
20
* Alla fine del Tractatus primus De mercurio compaiono i seguenti versi: [191, 2, pp. 22 s.] Aenigma de mercurio philosophorum [con acrostico Initium sapientiae pietas]
5
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15
I ch bin Quecksilber zart vnd rein, N icht thewr auch vberall gemein, I hr viel vmb Saltz vnnd Schweffel sorgen, T rags alls [sic] in meinem Leib verborge(n) I edermann sucht in hohen Dingen, V nd thut sein Zeit vmbsonst zu bringen, M ich aber niemand brauchen will, S olchs [sic] macht, weil sich der Künstler viel, A n meiner schlechte(n) Form vnd Stallt [sic] P rächtiglich ärgern manigfallt. I edoch da ich durch weise Hand, E inmal erschnappt werd, vnd erkand [sic], N immer sie mich von Handen lassen, T hun mich sehr lieben auff der Strassen, I n meinem rauhen groben Rock, A etherisch Gold in einem Stock, P lumbum, Luna vnd Venus, I upiter, Mars, Mercurius, E rd, Wasser, Lufft, Wind vn(d) Fewer,
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CARMINA MEDICALIA
T rag ich in meinem Sack so thewer, A lle Ding in dieser Welt, S ich meiner Frewen, wie offt gemelt.
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Huc pertinet fig(ura) 1 lit. A.2083
* Alla fine del Tractatus secundus De sulphure, compaiono i seguenti ver si: [191, 3, pp. 28 s.] Aenigma de sulphure philosophorum [con acrostico Orando et laborando fio] O Sulphur, König allr [sic] Metalln [sic], R ein vnd schön vnter andern alln, A n dir das meist gelegen ist, N ach dem Quecksilbr [sic] sonst ihm gebrist, D aß er nicht bständig [sic] werden kan, O hn dich ist er ein arme Mann, E ins muß ich doch hie zeigen an, T rag Sorg, man möchts sonst schlecht verstahn L iederlich ohn Vernunfft vnd fleiß, A uff gmeine [sic] sophistische Weiß, B lind hin, vnd ohn alle gefehr, O b gmeiner [sic] Schweffl hier tauglich wer, R ichtig geb ich dir guten Bricht, A lle Metall hie taugen nicht, N icht Kräute noch Animalia, D örffn [sic] auch nicht Mineralia, O b schon die Weise solche Namen, F iegierlich [sic] geben allesamen, I st doch kein Schweffel nutz zur Frist, O hn den, der im Quecksilber ist.
5
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15
20
Huc pertinet fig(ura) 2 lit. B. [vd. supra] 191, 2
* Alla fine del Tractatus tertius De sale compaiono i seguenti versi:
2083 Ma
nell’opera non v’è traccia di queste tavole.
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191, 2 – 192
[191, 4, pp. 40 ss.]
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Aenigma de sale philosophorum
[con acrostico Iohannes Spheramund v(otum) s(olvit) Rhumell v(otum) s(olvit) m(erito)] I ch bin auff Erden weit vnd breit, O hn mich nichts wächst zu aller Zeit, H ab auch in mir die höchst Artzney, A ber kein Böser siht [sic] mich frey, N ur weise Leut die finden mich, N ach Gottes Willen miltiglich [sic], E s ist in mir das Saltz gantz rein, S uchs anderst nit, ichs trewlich meyn, S onst wirst verzehren Zeit vnd Gelt, P ley [sic], Gold vnd Silbr [sic] wird offt gemelt, H abs alls in mir Glaubs vestiglich, E in gifftiger Drach gantz heßlich, R itterlich must mit mir vmbgehen, A nderst mag ich im Fewr nit stehen, M ein Wasser vnd Fewer thut alls allein, V nd macht auß mir ein klaren Stein, N ur scheyd das grob vom reinen Recht, D ann sonsten bleibst ein armer Knecht, V nd kere [sic] mir das Haupt zum Schwantz, S o hastu diese Artzney gantz, R ubin roht ein Schatz so thewer, H itzig durchtringet [sic] wie ein Fewer, V ertreibt all Kranckheit wunderlich, M acht alt Leut new, jung vnd frölich, E rhält sie gsund [sic] im höchsten Grad, L ustig vnd rein durch Gottes Gnad, I edoch da ich werd recht bereyt, V on aller Irdigkeit befreyt, S onst bin ich Gifft vnd bleib auch Gifft, M it dem auch nichts wird außgericht.
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Huc pertinet figura 3. l. C. [vd. supra]
[192] RUYSCH Frederik, botanico, naturalista, medico celeberrimo (Aia 23 o 28/3/1638-Amsterdam 22/2/1731): cf. AGL 3 cc. 2329 s.; BL 4, 934 s.; NNBW 3 cc. 1108 s.; Aa 16, 579 ss. Le opere di Ruysch sono contenute in quattro volumi [R.G. Medic. III.273 (1-4)]: mi limiterò a quelli che contengono versi.
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CARMINA MEDICALIA
I, 1. Il frontespizio del primo volume suona Frederici Ruyschii, anatomes et bo tanices professoris, Academiae Caesareae Curiosorum collegae nec non regiae Socie tatis Anglic(ae) et Paris(inae) membri, Thesaurus magnus et regius, qui est decimus Thesaurorum anatomicorum, in quo praecipuae corporis humani partes, ceu in statu vivo, nitidissim[a]e praeparatae, reservantur cum figuris aeneis, Amstelodami, apud Ianssonio-Waesbergios 1729 [prima ediz. Amsterdam 1715].
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [192, 1] Viro celeberrimo Frederico Ruysch, med(icinae) doct(oris), anato miae et botanices professori experientissimo ac membro Caesareae Academiae Naturae Curiosorum, cum sua ille mihi cimeliarchia, omnibus interioris et reconditae Naturae ostentis instructissima, in quibus declarandis summum viri ingenium et dexteritas singularis iuxta elucent, qua est humanitate, aperuisset comiter, ex itinere do mum reversus et voti damnatus, hoc grati memorisque animi testi monium persolvit l(ibens) m(erito)q(ue) ipsis Idibus Sept(embribus) a(nni) 1714 [distici elegiaci] Artis Apollineae decus et par gloria clarae urbi, quam placidis Amstela lambit aquis, quo tua commemorem, Ruyschi, miracula dextrae carmine, quae nuper cor rapuere meum, dulcia carpentem dum me procul otia Musis, excipit in laetos terra Batava sinus? Vix animi compos relego vestigia rerum, quas tua tunc oculis obtulit arca2084 meis. Scilicet admissus cultor tua tecta tueri, tecta Machaoniis conspicienda bonis, obstupui longeque sacer2085 comitatur euntem2086 hortor2087 et humana maior imago ferit nec mihi, quae suadent mysteria tanta sileri, si valeam, arcanas prodere fas sit opes. Cum tamen humanus trahat immortalia corda vocis honor trepido verbaque fusa sono, verba, deûm augustos caste venerantia vultus, quos licet infra omnis vis cadat eloquii,
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2084 Intendi:
“le tue opere preziosissime”. concordare con la lez., probabilmente giusta, horror (in luogo di hortor) di v. 12. 2086 Sc. me. 2087 Sic: probabile refuso per horror (vd. supra nota 2085). 2085 Da
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quid prohibet, reserata mihi Paeonia templa atque decus magni concelebrasse viri, qui, clara insistens, amplo fulgore sacerdos, atria, Phoebigenae sacra vicesque subit? Sancte senex, cui vasta patet Natura minoris mundi et Daedaleis flexibus apta strues2088, abdita qui longe rerum primordia lustrans, visa prius nulli, detegis arte sagax2089! Tu quae sit caecis monstras Natura cavernis; te duce, Phoeb[a]eus qua chorus omnis eat: qui veneranda simul sermonibus ora recludis et venit ad partes praesul Apollo tuas. Protinus en gemini penetras spectacula mundi et Proteus rerum quae nova cunque canis. Vnde Prometheae, ductus tot mille, figurae2090: quae sua vis cunctis officiique modus; quaeve laboranti deceat succurrere parti et medica tuto damna levare manu. Quo me, Musa, rapis? cerno2091 penetralia Ruyschi mystica, principibus iam celebrata viris. Vnde aliquis, turba in media fere, numine plenus adstitit et tales protulit ore sonos: «Chironomos iactet vicina Britannia dextros, Herophilosque citet Gallia tersa suos neve repertores sileat, quos laurea Phoebi aequavit stellis, Itala terra duces. Invidit2092 terris aliis, clementius astrum Battaviae2093 tantum nomen habere viri. Ruyschius, in medica bonus et mirabilis arte, unus multorum gloria et instar erit. Vnus, cui ratio cum docto spirat amice usu nec fallax semita trita placet; quem, nunc incano redimitum tempora serto, posteritas laetis frondibus usque colet»: talibus ille modis. Applausit Musa precando
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2088 Sic:
sarà refuso per struis. sembra apparire qui come Epicuro per Lucrezio (cf. rerum primordia). 2090 Intendi: “innumerevoli, rivoluzionarie rappresentazioni descritte con molteplici tratti”. 2091 Probabile eco lucanea (1, 678 ss.). 2092 Il verbo sembra qui adoperato impersonalmente: “fu motivo di invidia per altre terre il fatto che etc.”. 2093 Il raddoppiamento della dentale sorda allunga la sillaba iniziale, che normalmente è breve. 2089 Ruysch
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nostra, pium meritis os resoluta viri. Solamen miseris praesens, quem2094, par decus arti, integritas Clarium comprobat esse genus. Vive diu nomenque tuum celebretur in Orbe, quo venit Batavi dedita fama soli.
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I(ohannes) C(hristianus) Schroderus2095 I, 2. Frederici Ruyschii ..... Curae posteriores seu Thesaurus anatomicus omnium praecedentium maximus, cum figuris aeneis, Amstelodami, apud Ianssonio-Waes bergios 1738 [prima ediz. Amsterdam 1724]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: 191, 2 [192, 2] Ad virum celeberrimum Fredericum Ruyschium, med(icinae) doct(orem), anat(omes) et botan(ices) professorem, Acad(emiae) Caes(areae) Cur(iosorum) collegam, reg(iae) Soc(ietatis) Angl(icae) membrum, cum anno aet(atis) 87 Curas posteriores ederet: [distici elegiaci] Siccine praestantes auget nova cura labores, posterior quamvis tempore, mole prior nominibusque2096 tibi, Ruyschi clarissime, multis devincis doctos nunc, velut ante, viros? Laetare, abstrusos quisquis penetrare recessus largaque Naturae munera nosse cupis: pandit, in occultis fuerant quae tecta latebris, et reserat clausas Ruyschius arte2097 fores. I nunc, pyramidum iactes portenta: labores exsuperat tenuis pagina, Memphi, tuos. Quisquis eris, merito qui tot praeclara stupebis, quae locuples oculis offeret arca tuis, quisquis eris, venerare Deum, miracula dives qui tot in exiguo corpore summa creat et gratare seni, qui tot miracula magni Numinis auxilio conspicienda dedit. Felix, muneribus qui sic ditaverit Orbem
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2094 Sc.
Ruyschium.
2095 Potrebbe trattarsi di Johann Christian Schroeter, giurista (Jena 28/1/1659-14/6/1731):
cf. AGL 4 cc. 360 ss.; ADB 32, 569. 2096 Intendi: “titoli, meriti”. 2097 Sc. arcte.
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et servet nomen post sua fata suum! Gratulor annosam, Ruyschi venerande, senectam, gratulor exactos, non sine laude, dies et, quanquam diris debebis cedere fatis, magne vir, innumeros vivere digne dies, pro meritis, medicum tibi quîs obstrinxeris Orbem, vives, quantumvis mortuus, usque tamen!
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Joannes Oosterdyk Schacht2098
* [193] Il frontespizio del secondo volume suona Frederici Ruyschii .... Opera omnia anatomico-medico-chirurgica, huc usque edita, quorum elenchus pa gina sequenti exhibetur, cum figuris aeneis, Amstelodami, apud IanssonioWaesbergios 1737 [è la prima ediz.] II, 2. Frederici Ruyschii, doctoris medici, Dilucidatio valvularum in vasis lym phaticis et lacteis, cum figuris aeneis; accesserunt quaedam observationes anatomi cae rariores, Amstelodami, apud Ianssonio-Waesbergios 1727 [prima ediz. Aia 1665]
All’inizio dell’opera compaiono i versi seguenti: II, 2, a: [193, 1] Ad virum clarissimum arteque secandi et condiendi cadavera instructissimum, d(omi)n(um), d(ominum) Fredericum Ruysch, valvulas vasorum lymphaticorum et lacteorum aeneis figuris adum bratas aliaque quaedam nova inventa Orbi erudito exhibentem [distici elegiaci]
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Dum magis illustras magno, vir clare, labore valvas, queis lymphae et lactea vasa scatent sanguineumque novum toti vas detegis Orbi, plurima vix ullis ante notata notas, vasa chyli lymphaeque quidem satis hactenus ipsa cognita sunt, valvas nec latuisse scio. Nemo tamen mage te docet has2099, vir docte, diserte,
2098 Joannes Oosterdijk Schacht, medico (Leida 26/10/1704-Utrecht 18/8/1792): cf. BL 4, 432; Aa 14, 150 s. 2099 Sc. valvas.
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clarius ac oculos hae2100 feriere tuos. Quid, quod nunc primum quoque, te praeeunte, videre valvas, quas praebent lactea vasa, licet vasque novum, cui magna dat ortum arteria, pulmo acceptum succum sanguineumque refert, vindice te patefit? Tu cuncta haec primus et edis aerato, fama perpetuante, typo. Hinc magna in minimis magnam sapientia laudem solerti curae dat studioque tuo. Felix usque tuum rimari! Pectora docta hoc opus extollent, quae tua scripta legent. Scilicet haud parvus labor est, tractare minuta corporis, arcanas enucleare vias. Macte vir: ulterius priscis ignota magistris inquire et culto pectore profer opes ingenii reliquas, ceu dignas luce, nec ultra qui tibi detexit sors peramica, preme. Sic mox per totum celebraberis inclytus Orbem teque artemque tuam fama loquetur anus.
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Haec, festinante et invita Minerva, congratulationis et amicitiae singularis publice testandae causa pos(uit) Lugd(duni) Bat(avorum) Hubertus Kohn Lubecensis, med(icinae) doctor
II, 2, b: 193, 1 [193, 2] In egregium virum d(omi)n(um), d(ominum) Fredericum Ruysch, valvulas in vasis lymphaticis iamprimum illuminate demonstrantem [distici elegiaci] Quis lymphae ductus primus monstraverit Orbi, in dubio est2101, quaestio quippe gravis. Haffnia Barthlinum2102, Rudbeckum2103 Suecia iactat, Scotigenam praefert Anglia Iolivium2104. Distribuatur honos, ne quis fraudetur honore: divisum imperium cum Iove Caesar habet. Ruyschius ingenuus prodit: bene vasa revolvens
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2100 Sc.
valvae. sanare l’incompletezza del metro, è necessario postulare qualcosa come est (cf. v. 13). 2102 Probabile allusione a Thomas Bartholin sr.: vd. supra n° 28. 2103 Olof Rudbeck sr., archeologo e scienziato svedese (Västerås gennaio 1630-Uppsala 12/9/1702): cf. AGL 4 cc. 2283 s.; BL 3, 909 s. 2104 Probabile allusione a George Joyliffe, medico inglese (1621-Londra 11/11/1658): cf. AGL 2 c. 1953; DNB 10, 1109. 2101 Per
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valvas conspicuas reddidit atque libens eruit insignes novitates, rite relambit2105, Poeonium dignas2106 condecorare chorum. Sistas certamen, Bilsi2107, placidissime pergas praemia Palladio propria ferre viro. Certo, nemo potest haec tristi cernere vultu, cuius non nimius pectora livor habet. Anceps cum fuerit, vincat si moribus artes artibus an mores, par ab utrisque decus. A.M.D.S.
II, 2, c: [193, 3] In praeclarum virum d(omi)n(um), d(ominum) Fredericum Ruysch, arteriam hactenus incognitam in pulmonibus nuper reve lantem [distici elegiaci]
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Pulmoni nunquam veteres tria vasa negarunt, cunctis nota satis. Ruyschius, arte valens, nobile vas profert quartum, quo fertur ad ambos pulmones sanguis nobilior riguus. Bronchale appellare placet: mirabile dictu tot Phoebi vates, tot latuisse senes! Inventi fama est sua nec non iustius ulli, pro merito merces, splendida laurus erit. C.R.M.O.
II, 2, d: [193, 4]
Ad lectorem lepidum [distico elegiaco] Pasce oculos vivis (res est non parva!) figuris. Pasce animum dictis: sic satiatus eris. D.O.M.B.
* 2105 Sic: l’unico esempio attestato del verbo è in Sedulio carm. 4, 428 nam vomitum qui cumque suum canis ore relambit. Non saprei cosa proporre: revolvit, retangit? 2106 Sc. novitates. 2107 Lodewijk de Bils, medico olandese (Amsterdam 1624-1670 o 1671): cf. AGL 1 c. 1093; BL 1, 543; NNBW 4 cc. 150 s.; Aa 2, 1, 555 s.
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Il quarto volume contiene altre opere di Ruysch:
IV, 4, 1: Frederici Ruyschii, anatomiae et botanices professoris nec non Academiae Caesareae Naturae Curiosorum collegae, Thesaurus animalium primus, cum figuris aeneis, Amstelodami, apud Ianssonio-Waesbergios 1744 [prima ediz. Amsterdam 1710] Prima dell’inizio dell’opera compare un lungo carme in esametri: [194, 1] Lamb(ertus) Bidloo2108 in celeberrimi viri Frederici Ruyschii, ana tomiae et botanices professoris nec non Academiae Curiosorum col legae, etc. etc., Gazophylacium universale [esametri dattilici] Qui microcosmi reserans penetralia dudum, Ruyschius, et, felix externa et summa pererrans, intima detexit medicosque reduxit in usus. Democriti quod non atomi aut commenta Renati2109 vorticibus praestant, nunc thesaurarius audit gazarum innumerûm, queis larga opulentia Croesi cedit, Atapalipae2110, divi Salomonis et aurum et lapis aurifaber2111 proiectâ est vilior ulvâ: illi quippe domi quantus cumulatur acervus rarorum omnigenûm nostro coeloque soloque! Congestum hic videas dispostumque ordine iusto, charus Phoebo Eös et roscidus Hesperus, auster torridus et boreas gelidis quae suppetit oris: nullum etenim terrae spatium, sub sidere quonam aut zonâ, haud utilis2112 moles nunquamque beata fructibus aut homini nullum adportata tributum. Caucasus et Rhodope praeruptusque Haemus et Alpes,
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2108 Lambert
Bidloo, farmacista e poeta olandese (Amsterdam 30/8/1633 o 1638-ivi 11/6 o 7/1724): cf. AGL2 1 c. 1840; NNBW 4 cc. 146 s.; Aa 2, 1, 521 s. Il carme è una celebrazione della strabiliante collezione di reperti anatomici e naturalistici, che Ruysch aveva raccolto nel corso della sua vita. 2109 Forse allusione a Cartesio. 2110 Probabile allusione a una regione ricchissima. 2111 Non attestato in latino classico e medioevale: si tratta con ogni probabilità della pietra filosofale. 2112 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di utilis, normalmente lun ga, è scandita breve: si potrebbe ovviare trasponendo utilis haud, anche se molto numerose, in questo lungo carme, sono le irregolarità prosodiche, che indicherò tutte le volte (vd. infra).
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horrendo aeternis nivibus sub vertice tecti, Aethna et Vesuvius2113, fluida inter sulphura, flammas et cineres tophosque scabros, vegetantia servant germina viviparumque2114 excludunt largiter ova. Hic2115, velut e Phariis gens omnis subdita Cancro detegitur speculis, late terraque marique, cui volupe et licitum est, toto circumspicit Orbe, quae fovet in gremio dives Berecynthia, seu quae suscitat immensus profundo2116 e gurgite abyssi Oceanus, placidis rapidisque in fluctibus amnes quae gignunt, liquida2117 et volitat super aëra quidquid, pulchrum in exiguo spatio Natura recondit, ut microcosmon statuas hic iure secundum. Quis balaenarum tam immania corpora tantis condiat expensis? nam vix tot balsama Memphis sudaret, lachrymae Nabatheo in cortice dudum deficerent, quem monstra iuvat spectare, recedat. Numinis atque artis miracula maxima fulgent in minimis, si, quos rugientem horrire2118 leonem, tigridis aut ursi truculentorum ora cruenta delectent, caveant ne sit damnosa cupido: nam tuto et penitus raro cicurare2119 licebit, quin dens carnivorus2120 lacerandoque unguis aduncus prosiliant, quum dura fames furiaeve salaces reddunt indomitos verbis flagrisque magistri. Securis animis hic pusio pascit ocellos decrepitusque senex mollisque pavore puella2121: dipsas nec coluber nec buso2122, vipera et aspis, formoso licet adspectu maculisque striisque, auro atque argento fulvisque coloribus extent,
2113 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di Vesuvius, normalmente breve, è qui scandita lunga. 2114 Hapax in latino classico: Apuleio, apol. 38. 2115 Sc. Ruysch. 2116 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di profundo, normalmente breve, è qui scandita lunga: vd. anche infra v. 361. 2117 Sic: forse refuso per liquidum (sc. aëra). 2118 Sic: evidente refuso per horrere. 2119 Il verbo è presente in Pacuvio apud Varr. de l.L. 7, 91: vd. anche Prisciano GLK 2, 386, 1. 2120 Il termine è presente in Plinio, nat. hist. 9, 78; 10, 199 e in Tertulliano, de carnis re surrectione (CSEL 47, 70, 24). 2121 Gli esseri più deboli e indifesi sono rassicurati da Ruysch, nel suo incredibile museo. 2122 Sic: refuso per bufo.
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decipient nullum incautum aut formidine lethi terrebunt, quanquam, sublatis undique cristis et linguis bifidis terribilique2123 oris hiatu, prosiliant oculique micent; alisque dracones 194, 1 expansis, curvae et virulentus acumine caudae scorpius immineant, salamandra est orba veneno, Indica (quam grandis!) non fundit aranea telum mortiferum aut diram Peruana2124 lacerta salivam. En, tibi marmoreo tam pulchram vellere ranam atque Arabum inscriptam formis, sub sidere natam australi, anguillam! meliusque haec signa relata[m] quam flos, exsurgens Hyacinthi e sanguine, nomen exprimat Aiacis2125. Volitantes cernere pisces vulgatum: at feles, quibus est ab vespere tristis Minëides2126 titulus, nigris venarier alis, quis credat, nisi non venatrix ipsa doceret? quisnam2127 animal dorso foetus excludere; quisnam iam natos catulos glires in viscera matris ire, redire, oculis fidus nisi testis adesset. Humanam prolem Veneri libasse secundo2128 sexubus ambobus plura experimenta negabunt: hocce frequens brutis clare genitalia produnt. Angues bicipites2129 Calabrorum habitare vireta mentitum Caium2130 nostri dixere per aeva, quos tamen hic spectes, geminis cervicibus apte distinctos, capitum iustâ constante figurâ. Exquisita illinc trahat sua quemque voluptas. En, conchae, cochleae, conchylia, buccina, ab oris Indorum utrorumque aut quae Chinensium arenis seu in Erythrëi splendescunt littore ponti et vada barbarico tradunt Getulica Mauro;
2123 Irregolarità prosodica, dal momento che qui terribili è scandito con la terzultima sillaba lunga. 2124 Originaria del Perù. 2125 Cf. Ovidio, met. 10, 214 ss. 2126 Sic: dovrebbe trattarsi di Arianna, figlia di Minosse, anche se in latino è attestata la forma Minoidis. In ogni caso la metrica non torna, dal momento che l’esametro inizia con una successione di due sillabe lunghe e una breve (a meno di non voler congetturare il nomi nativo Minois). Non riesco inoltre a trovare un rapporto tra Arianna e i gatti. 2127 Sc. credat. 2128 Sic: forse refuso per secunde. 2129 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di bicipites, normalmente breve, è qui scandita come lunga. 2130 Qui adoperato come indicante persona indeterminata.
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vel quae Tyrrhenum, Siculum Aegeumque procellis eructat pelagus scopulisque haesere Britannis. Ecce, immaturus fulgens in viscere matris unio! quam nitidis distincta corallia ramis, aequore et in salso cum fructu et semine stirpes! Cui nihil in censu Thetyos pretiosa supellex horreat, exhalent tetram exta humana mephitin, ecce, Semirameos2131 noster quos Daedalus hortos condidit exiguis in rupibus! ecce, corollas sertaque tam vario concinnoque ordine plexus2132, sicuti hamadryades formoso tempora Adoni dicitur innexas, remanente vigore colorum floribus annosis laete et viridantibus herbis. Miserit huc liceat Ganges et Nilus, Hydaspes aut Araris: Batavis2133 omnis fert omnia tellus. His super irreptant quaecunque animalcula scissis volvuntur membris; summos habitantia montes praeruptos scopulos rigidoque cacumine rupes, valles umbrosas, spumâ et stagnante paludes; quae, metamorphosi miranda, e vermibus orta2134, in volucrum formas abeunt et, repere nuper terricolae assueti, pinnis nunc aëra vibrant. At redit in patrum mutata propago figuras: calcat humum, donec, positis exinde vicissim exuviis, suppressum animal e carcere2135 amictu splendidiore volat, quam maiestate superba Assyriae reges solium ascendisse refertur2136. Ô non scrutandum, ô nullâ effabile linguâ prodigium, haud ullis imitanda potentia dextris! Ille Opifex unus, seu quis praestantior alter archetypis, qui tot, tam spreta animalcula solus pollice divino fingens, super omne ferarum et pecudum (quam grande!) decus, rutilante colorum fulgore ad varie radiantia lumina, pinxit! Imo adeo: ut gemmis queiscunque, nec ulla metallis
2131 Sic:
la forma normalmente attestata in latino è Semiramios. refuso per plexas (cf. v. 90 innexas). 2133 Per la quantità breve della penultima sillaba cf. infra 118, 305, 446, 468, 593, 672, mentre la penultima è normalmente lunga al v. 560 (vd. anche vv. 160 e 210). 2134 Si tratta della teoria della generazione a putri. 2135 Quello che un tempo era un animale costretto a strisciare, ora, libero dal vecchio carcere, si erge a volo. 2136 Molto bella la suggestiva climax ascendente costituita dai vv. 103-105. 2132 Sic:
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2137 Insecta
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gloria splendoris, quâ non insecta2137, nitescunt! Adspice mordellas2138 alis crepitante susurro auras sulcantes, strepitu muscasque canoras, cantharides toto rutilantes corpore Iberas et Batavûm pueris oblectamenta volatu, innocuos scarabaeos, [et] pastas rore cicadas, bruchum inter segetes, agiles per prata locustas: nonne virent similes beryllo, anchite2139, smaragdo? Vidimus, ut vero pedibus fulgere amethysto canthariden, dorso sapphirum induta micantem. Fulgore anthracino et flammas imitante pyropo vel carnem sardo2140, seu suave rubente hyacintho haec oculos onychen simulantes illa volutat casside rhinoceros caput obvelatus ahenâ: aurea squamatim2141 lorica in pectore nigri bucerati2142. Alpino2143 clauduntur crura vaginis auratis, cocco saturos quot America mittit. At scarabaeorum genus innumerabile quisnam explice, at calamo, quas2144 non pinxisset Apelles, Nestorëis artem complesset bis licet annis. Denique sunt quaedam tanto haud splendore corusca, externâ et facie nobis sordere videntur: ut tineae et blattae, pulices culicesque molesti, putidus et cimex et centipedes scolopendrae, quae stolide male suada cohors ausuque nefando imperfecta vocat; sed et his tu propius2145 adsta, gens inimica Deo: cerne abiectissima rerum, cerne metallorum faeces, calces et adustas, tubera et boletos, bryon et quaecunque putatis
(sc. animalia) è adoperato esclusivamente da Plinio, nat. hist. 11, 1; 5; 9 e
passim. 2138 Sic: il termine non è attestato nel latino classico e medioevale: si tratta evidentemen te di uccelli. 2139 Sic: il termine non è attestato. Proporrei onychite sulla base di Plinio, nat. hist. 34, 103 (cf. anche infra v. 126 onychen). Ci si sarebbe dovuti attendere il dativo onychiti, che sa rebbe però risultato ametrico. 2140 Il termine sembra un adattamento di sardius “pietra preziosa”. 2141 L’avverbio compare solo in Plinio, nat. hist. 16, 49. 2142 Il termine non è attestato nel latino classico e medioevale. 2143 Si tratta forse del bue delle Alpi? 2144 Sic: sarà forse refuso per quos (sc. scarabaeos). 2145 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di propius, normalmente breve, è qui scandita lunga.
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Naturam damno arboribus satisque2146 creasse: quisquilias [quin] imo fracidas atque inde renatos cum fungis vermes: et in his fateare necessum est humanorum operum vel praestantissima tantum inferiora, adamas quantum sterilissimâ arenâ nobilior, quantum caeno pretiosius aurum. Dicite, philosophi2147, quisnam ordo particularum, lumine quo in tenebris Solis radiante navarchis, cornea per pelagus caput est laterna locustae, pensilis et lychnis per noctem lampyris altam? Iudaeos satiasse famem vix creditur ulli acridibus2148 magnique illas Pythonis ad instar, iugera tot segetum, pom[a]eria, pascua, silvas depopulasse olim, Nasonica fabula multis2149: en, tamen hic hostes ingenti ex agmine captos. Tradimus Hesperiis et Eöis gentibus aurum, argentum et gemmas et aromata, dummodo diram non feret hanc pestem benedicta Batavica tellus. Papae2150! quanta acies, quot millia papilionum! qui, genere et formâ varii, discrimine quanto, quisque suae stirpis speciem faciemque reservat, qualiter humano vixdum de stemmate fratres: caudae, alae, furcae scutumque, antemna, proboscis, cornua, sunt eadem, quin eodem tincta colore. Dilutum intensus2151 non obruit, ille vicissim cedit: purpurei de sanguine Adonidis orti vel spirante animâ Narcissi seu Hyacinthi, vulnere2152 [aut]2153 Plutonis flores, fulgens amaranthus, nullum inter sese disturbant ordine lumen; et rosa cum violis tam dulce rubentibus, alba
2146 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di satisque, normalmente breve, è qui scandita lunga. 2147 In poesia la prima sillaba della parola, normalmente breve, viene allungata per evi tare il tribrachi. Vd. anche infra 650 philosophastros e supra nota 548. 2148 Il termine (derivato da ἀκρίς, ἀκρίδος = tipo di locusta) non sembra attestato in lati no. 2149 Sc. verbis narrat. Forse il riferimento ovidiano è a fast. 1, 673 ss. 2150 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di papae, con cui inizia l’esametro, normalmente breve, è qui scandita come lunga. 2151 Sc. color. 2152 Sc. morte. 2153 L’espunzione di aut si rende necessaria per far tornare la metrica del verso: aut po trebbe essere spostato alla fine del v. 169.
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lilia virgineum, nigra per vaccinia, am[m]itunt2154 nil decoris. Calthae, crocus et chrysanthemis2155, iris et cyanus, quidquid campus producit apricus floridum, in excultis ubicunque aut nascitur hortis, succis quam nitidis exornant papilionum tegmina, quam varie depicti versicolores! Belliden2156 ut videas perpulchram seu anemonem, illius en, chlamydem limbis vittisque nitentem auratis! Tunicam succingit fimbriâ2157 et alter argento: hoc2158 alis guttatim haerere phalaenae2159 dixeris et princeps nullâ sub veste superbit, quin tegetem affirmes veteri centone resartam. Omnigenis2160 formae vestis, lustrate tabernam sive theatralem trabeam pallamve dolentis expetis aut cycladen, stolam2161 sagulamve2162 togamve. Gallia, vestitus cui dictatura videtur perpetua, ambiguum mutando Protëa vincens, forsitan hinc artis fabricam normasque resumpsit: artibus his magicis Europa ut simia gestit. Da veniam pueris. Servi pro stigmate limbis fiant erucae, diffusis. Illa puellis desidiâ et luxu: fiant insecta, Chimaerae. Rugosam at Clytiam2163, confectam aetate Sibyllam (sollicitura procos iuvenes ut anicula2164 Thaïs) reticulo ornato vittis viridique corallâ2165 et chlamyde et strophio succinctam videris albo. Ride, Versalico2166 turrito si caliendro
2154 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di amittunt, normalmente lunga, è qui scandita breve. 2155 Nel latino classico sono attestate le forme chrysanthemum (o chrysanthemon), chry santhus e chrysanthes. 2156 Adoperato da Plinio, nat. hist. 26, 26. 2157 Sc. unus. 2158 Ablativo causale. 2159 Non presente nel latino classico e medioevale. 2160 Sc. modis. 2161 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di stolam, normalmente breve, è qui scandita lunga. 2162 Nel latino classico è attestato sagulum “mantello militare”. 2163 Sarà Clytien, una delle figlie di Oceano, mutate nella pianta eliotropio: cf. Ovidio, met. 4, 206; 234, 256 ss. 2164 La terzultima sillaba di anicula, normalmente breve, è qui scandita lunga per evitare il proceleusmatico. 2165 Sic: sarà refuso per corollâ. 2166 Nella tirata contro lo scimmiottare la moda francese, si allude qui alle parrucche,
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calviciem aut cirris texit: miserere, Catull[a]e: lustra misella decem numerans vult puppa videri; nubere ne impediat lex Puppia2167 dura iuvenco, ride. Forma viros neglecta decebit, at ecce, ut, ille Chremes vincit mimos edentulus omneis! Quam bene conveniens tibi paenula cercopitheci, stulte Midas! ô quam bellulus2168 is Menedemus! Ille, comâ canum fulvâ abscondente capillum, synthesin indutus, digito crepitante choraules, annos decrepitos praesumpsit fallere amicae. Desine tam mulier Gallo indulgere Batave2169. Exomiden primam sartore Lutetia regis (scilicet) instructam dedit huic soli ardalioni et Thraso plumatus magis hac quam fortibus armis, conspicuus, reliquos naso subsannat adunco. Dave, ecquid pudeat latum succingere clavum nec nisi Sequanico pictus textore placebat, ut quasi patricium te sponsum Galla salutet. Cistifer2170, hinc annos vix tres profectus ad Indos Irus, tam tenui mercede et tam cito Croesus! Quid domini.....lapidi forte haec narrabimus. Esto: desipiant. Haereat2171 nunquam sanabile amictum mutandi assiduo cacoëthes, dummodo nobis insanos inter non insanire licebit, ellebori quos vix curabunt iugera mille. Haec lymphata lues non cedit Gallica, quamvis tentet Atlantiades2172 validis argenteus alis. Haec polypis et Afris nostratum. Papiliones, coelitus instructo et stabili gaudete decore. Sed quenquam obstupeat, nos nudos nascier, illos, viscere in materno latitantes, veste superba induperatorem2173 summum cinxisse; quod ipsam crysalidem aurato in cunis velamine volvit,
adoperate soprattutto a Versailles: cf. supra vv. 191 ss. 2167 Sic: il riferimento è alla lex Papia Poppaea (8 d.C.), che diseredava l’erede celibe o senza figli. Papia è stato modificato in Puppia, per creare un gioco di parole con puppa di v. 201. 2168 Adoperato soltanto da Plauto (cas. 848; mil. 989; Poen. 347). 2169 Sic: sarà refuso per Batava (sc. mulier). 2170 Adoperato solo da Marziale (5, 17, 4, dove però è attestata anche la variante cistibe ro). 2171 Sic: si potrebbe ipotizzare Mereat. 2172 Mercurio. 2173 Notare la raffinatezza del termine arcaico presente in Ennio, Lucrezio, Giovenale.
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ut primogenitam natorum ad sceptra paterna. Desine mirari aut verbo temerare profano Numinis arbitrium. In promptu est causa: Monarcha Omnipotens, bruta haec penitus peritura sigillis augustorum operum maiestatisque verendae exornans, vitam vix uni destinat anno. Menstrua non desunt nec et hebdomadalia: musca aurorae exortu nata et sub sole supremo foemina iuncta mari foecundaque vespere mater. Lucifer extinctam rediens cum patre tuetur: at te immortali divinorumque capace mente beat, tuto ut dominari in cetera posses fatisque exactis mundo meliore fruaris. Hactenus ad nostrum producta animalcula votum ite: sepulchrales caveas repetire domosque: ite una vespae, non irritare crabrones2174, bombylidis2175, grilli, ricini saevique tabani quid mihi vobiscum est! Cerebrum mentemque Camoenis obfuscat nostris volitans tam densa caterva, haud aliter quam si fumosus inesset Iâcchus. Diffugere nubes: gravidae temulentia mentis2176, nectare tam vario, placidâ discussa quiete. Occiduo2177, Titane, animas haurire recentes quid vetat herbarum? quin nos venerabilis horti custos eximii portis invitat apertis. Pergamus tuto: nam te, castissima virgo, hic nulla obscaeni terrebunt spectra Priapi. At, procul hinc! quaenam portenta haec! sub Iove clauso Hesperidum auratis malis nemus et Cinyraei floriferum pueri saltum tum suave virentem2178, quae nunquam pluviis, ferace2179 aut rore madescunt. Nullus humi fluvius fibras sublactat2180 arentes,
2174 Irregolarità
prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, normalmente lunga, è qui scandita breve. In luogo di irritare sarà opportuno congetturare irritate. 2175 Termine adoperato da Plinio, nat. hist. 11, 76. Si tratta forse di refuso per bombyli des. 2176 Sc. est. Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di nubes, normal mente lunga, è qui scandita breve: vd. anche infra v. 419. Si può cogliere qui l’eco oraziana di carm. 4, 7, 1. 2177 Sc. sole. 2178 Sc. videmus. 2179 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di ferace, normalmente breve, è qui scandita lunga. Si potrebbe ovviare all’inconveniente spostando ferace dopo rore. 2180 Verbo non attestato nel latino classico e medioevale. Il verso presenta un’irregolarità
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Nilus et exspatians pingui non nutrit aristas glebâ, nec laetis radiis arridet Apollo Cynthiave, ereptum sibi deflens Endymïona, nocturnis lachrymis plantis non stillat anhelis, nec mulcent tepido zephyri spiramine flores. Sidera secreti non mittunt munera amoris. An nova progenies caelo2181 vel Colchide missa carmine Medeae? quid enim non carmina possunt? Nil minus, ô absit peramoena haec silvula nulli sagae, sed Ruyschi referenda est gloria dextrae! Cui, quanquam Aeaeo caelo deducere lunam cantu ridiculum, privare aut vitibus uvas, grande nefas magicâ tam tristi accingier arte, ille tamen valuit, quod nunquam Colchica, vates Pelignus2182 liceat primam reparasse iuventam finxerit Aesoni2183: nullo tamen illa veneno, diris Thessaliae, Ponti seu Phasidis herbis, quantum intonuerit2184, quotiesque recoxerit. Aevis eripere atque atavum sero proferre nepoti Ruyschius2185: hoc spectant annosa cadavera patrum, nati natorum, sed non horrenda rigore membrorum aut faciem velata bitumine nigro, pyramidi ut quondam credebat corpora Memphis: flexibiles videas artus tenerosque lacertos, dormire exanimes hic dixeris ore decoro: viscera quin etiam ventris, cor, pulmo, cerebrum mollia, ut et densa durâque2186 sub osse medullae. Ac, nisi congenitum scires cessisse calorem, vivere revera iures post funera corpus. Talia qui potis est, condire animantia norit lubrica, nesciret vacua et vegetantia succis! Ad nova Thesauri viridis praeconia Musae, quam comis2187 hic custos! nec quisquam in limine latrat
prosodica, dal momento che la prima sillaba di arentes, normalmente lunga, è qui scandita breve. 2181 Evidente reminiscenza virgiliana (ecl. 4, 7). 2182 Sc. Ovidio: il riferimento a Esone è in met. 7, 162 ss. 2183 Irregolarità prosodica, dal momento che la penultima sillaba di Aesoni, normalmen te breve, è qui scandita lunga. 2184 La seconda sillaba di intonuerit, normalmente breve, è qui scandita lunga per evitare il tribrachi. 2185 Sc. dat. 2186 Sic: forse refuso per densae duraeque (sc. medullae). 2187 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di comis, normalmente
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Cerberus. Huc hortos versus, per pascua et arva illuc: in silvam, vepretes2188 dumetaque ducit haec via. Terrarum quidquid complectitur Orbis visitur: ut regum prisci sapientior aevi, hyssopo ab tenero pervasit ad culmina cedri edoctus Libani, tamen hic addiscere mille haud dubie posset: neque nim tulit illius aetas aut humus, in Batavûm terris, septemque trionum, quae, mediis nivibus laeto ridentia flore, ut propria exsurgunt sibi credita munera caeli; nec magis Orbe novo quae, tot post secula, vidit subiecta australi magnus Vesputius2189 astro. Vah! iterum atque iterum, quaenam haec opulentia quot quot et genere aut patriâ geminis distantia mundi cardinibus, longo quantum huc transvecta labore! En, nemus Aemonium, laeta et Theumes[s]ia Tempe, floribus Hybla, thymo fragrans Actaeus Hymettus, iudicio et Paridis fatali insignior Ida! Hic ver perpetuum nec et aestas torrida adurit, autumnus variâ statione haud noxius uvis, bruma nec in flores, segetes aut gramina saevit. Spectatum extremos quid opus curratur ad Indos, dum sese hic offert dives Malabaricus hortus? In classes distincta suas quaecunque legentur, arborum et herbarum doctis discrimina signis. Eho2190! iam satis est: nova ne vertigo recrescat, quondam insectorum veluti stipante catervâ qualiter hesterno venas inflante Falerno2191 Silenus titubat, rediens ad pocula mane. Vos igitur silvae, viridaria grata, valete. Nos, mea Calliope, platani Cretensis in umbra, quam nunquam infestat ferali carmine bubo, sistamus......Testa haec quidnam cariosa meretur: «Tollas? ô» inquit «non noti nulla cupido inveterata siet Iapeto2192 magis et Chaös ipso:
lunga, è qui scandita breve. 2188 Il termine non sembra attestato in latino classico (e in quello medioevale), dove c’è vepres, -is e vepretum. Inoltre, perché l’esametro torni, la penultima di vepretes dovrebbe es sere scandita breve: vd. anche infra v. 513. 2189 Amerigo Vespucci. 2190 Eho è di norma parola pirrichia: sarà opportuno emendare in eheu. 2191 Eco virgiliana (ecl. 6, 14 s.). 2192 Normalmente la i iniziale della parola è lunga: qui evidentemente è considerata se mivocale.
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displicet antiquae tibi dum veritatis2193 imago! Ales equus, Perseus, cirri Phorcynidis, Atlas in montem versus, puerilis fabula dudum: si metamorphosis vestigia vera placebunt, huc ades: in lapides, priscâ remanente figurâ, invenies cochleas quascunque, corallia, echinos, cancros et pagros2194, strombites2195, ostrea, quidquid testaceum in ponto nutritur. Piscibus, ecce, nec squamae, pinnae nec et integra viscera desunt. Arboreos truncos, frutices, cum frondibus ipsis et flore indubia specie cognoveris. ‘Vnde?’ quaeritur: his saxis, quibus evelluntur, an illis sit natale solum? vel ut in matrice recepta sic crescant mutata simul, vegetantia vivo ut semine? seu potius, quod iam fruticantia glebâ circumfusa manent, genuinis ut modo fundis eiecit pelagus, quum, densis imbribus auctum, exspatians finis2196 et montes desuper omneis, fluctibus undarum validis, velut ariete crebro, praecipiti implerit per strata cacumina lapsu valles, oppressis queiscunque latentibus illic, sulphureo quae halitu2197, fluido nitrique vapore electo, in lapides veros abiisse videntur? Petroefacta2198 polis geminis, quam dissita zonis, climate, zodiaci quantum statione remota. Hic2199 spectare licet. Simili circumdata glebâ concretâ, scopulis hisce incumbentibus altis, ostrea, millenis stadiis ab littore mille, in mediis silvis profundisque2200 eruta cryptis: indicis2201 aeterni decreto totius Orbis diluvio extincti quisnam haec monumenta negabit? Ergone inexhaustum nunquam satiabitur oestrum2202
2193 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di veritatis, normalmente lunga, è qui scandita breve. 2194 Presente in Plinio, nat. hist. 9, 57; 32, 113. 2195 Non attestato nel latino classico e medioevale. 2196 Si noti l’accusativo plurale in -is, che fa da pendant con il successivo omneis. 2197 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di halitu, normalmente lunga, è qui scandita breve. 2198 Sic: non attestato in latino classico e medioevale. 2199 Forse da emendare in huc. 2200 Vd. supra nota 2116. 2201 Sic: emenderei in Iudicis. 2202 È qui adoperato oestrum neutro, attestato dai glossari: vd. TheslL ad l.
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thesauros aliis cumulandi! Matris avulsa magnae visceribus genitivisque abdita venis, aes, aurum, argentum, stannum et quaecunque metalla cernite et affines mineras2203, cristalla, salina, sulphurea et calces et quae, ful[l]iginis instar, concreta e furnis sursum centralibus2204 halant, torenti haud solum zonâ, sed quatuor oris nata, sub ustrinâ et tali conflata, recocta Mulciberi in Liparâ seu Lemno. Ride barathrum fumos eructans, flammas, Phlegethonta et Avernum. Nos intestinum, cum fomite et ignibus aptâ materie, asserimus spatium quod dissecat Orbem solstitiis geminis; cursu quo tendit Apollo zodiacum annali, nocturna diurnaque adaequans signa horis, monstrat solis lunaeque labores ambobusque polis nixus magneticus2205 axis transversim penetrat praestatque immobile punctum telluris mariumque globo. Sol infimus hic est, qui, velut aethereus, valide candentibus illinc traiiciens radiis, exclusas aëre massas coelesti internis venas aperire coëgit spiritibus, qui, dum luctante bitumine flammas concipiunt, silices, ima et suprema metalla fundunt, horrisono reboante fragore per antra cum terrae et pelagi tremebundis motibus, usque perrupti montes, silvas2206 undasque in apricum prosiliant, sparsis longe lateque favillis. Frigore sulphureus vapor ut sub nube coactus tandem, contortis in acumen ignibus ardens, cuspide fulmineâ per aër[e]a vincula vibrat, conflatum aes, cusum et chalibem cautesque resolvens: solis enim radios non huc penetrare docebunt: flammigero in nivibus densis Arctoa camino secla et in Aegeis sublati fluctibus ignes. Diviso imperio Vulcanus centricus2207 urit cum Phaebo, huic subsunt vegeta et viventia, at illi regna fodinarum lapidosaque viscera terrae. Quaeras, unde illis, quae tot per secula flagrant, esca voraginibus? primo monstraveris, unde
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nel latino medioevale come equivalente di fodina: vd. Du Cange ad l. in Plinio, nat. hist. 2, 86. 2205 Presente in Claudiano, carm. min. 29, 26. 2206 Sic: sarà refuso per silvae undaeque. 2207 Non attestato nel latino classico e medioevale. 2204 Presente
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sole a[b] principio rerum noctesque diesque conspicue ardenti, quem, tot torrentia tela fundentem, vacuâ spectavit nemo pharetrâ, tollitur in coelum reparandus fomes amissum?». Dixerat. Interea medius sese abdidit undis Titan, nos celeri transgressi limina passu: en, nova vicinâ redeunt spectacula nocte, quae revocare gradus aciemque intendere cogunt. Quam formosarum volucrum cingente coronâ porticus haec splendet! postremum forte “Valete” dicturae Hesperiâ aviculae2208 vigilatis in umbrâ. Quid petimus? silet omnis avis pecudesque quiescunt et pavida et pugnax dudum fugitiva ferarum turba per anfractus latebrosa cubilia quaerit. Occidit omne iubar terrarum in margine solis. Ortygia, in nubibus2209 venatu lassa recumbens Pindum2210 Calliope[n] me suadet adire penates. Amphitheatralis totâ me nocte volucrum circulus insomnem somni2211 per gaudia duxit Aurorae rediturae. Eia2212! properemus, ut udis gutturulis2213 hilares primi modulaminis hymnos, dîs sacros, nostrae excipiant quoque sanctius aures. Nulla loquax, patuli largo quanquam oris hiatu: omnes vos igitur tacitis venistis Amyclis2214! Forma negat. Libycis geminorum psittaci ab oris Indorum grandes et vos, Pygmoeïa2215 proles, χαῖρε dulce tuum strictis num faucibus haesit? ô picae, Ganges seu vos Brasilia misit, garrula lingua tacet, quâ quondam vincere cantu, ausis magnanimis, Musas potuisse fefellit!
2208 La prima sillaba di aviculae, normalmente breve, è qui scandita lunga per evitare il tribrachi. 2209 Vd. supra nota 2176. 2210 Sic: sarà forse refuso per Pindi, da ricollegare a in nubibus del v. precedente. 2211 Si noti la raffinatezza dell’ossimoro. 2212 Sarà opportuno emendare, per motivi metrici, in Eheu! 2213 Non attestato nel latino classico e medioevale. 2214 Sul fatto che la città laconica di Amyclae venisse definita “silenziosa” cf. Forcellini, onom. s.v.: “Hoc oppidum....tacendo periisse narratur...; nempe, temere saepius nunciato hostium adventu, ne civitas inani terrore quateretur, lege prohibitum est, quo minus quis unquam id vulgaret sicque accidit, ut aliquando ab hostibus ex improviso captum civesque ad unum omnes interfecti sint....Hinc taciturnitas Amyclarum in proverbium transiit”: vd. anche Otto 24. 2215 Sic: la forma classica è Pygmaeus: la forma adottata nel testo è stata adottata per motivi metrici.
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Vos nostras cerasos populatae et pisa ribesque2216, solvite tandem aliquid. Subito si humana cerebro vox molli excideri[n]t, vagitum edocta tenelli proiecti Alcidis pueri matrisque ululatum, salvatrix2217 amborum: haedis agnisque balatu2218 aemula, captivis mox omnis dempta loquela! Nullane buccineo clangore Argiva salutet? Forsitan hic glandes desunt absurdaque pastu deliciae vobis atque hinc malacia2219 resurgit, quâ si corripitur praegnans muliercula, vestrum nomen et omen habet. Ô tu2220, gratissima semper dîs hominique merops, volucris Trinacria seu Cres, ô salve, in Batavis sanctae pietatis imago, quâ, vix dum pennis ausi se credere ventis, in nidis pulli dant pabula laeta parenti. Quid ni zinzisulas2221? tuus ut terraque marique (in caelo septem moestissima2222 Pl[e]iadas inter dum patre extincto lachrymarum defluis imbre) hic amor emineat, qualem ciconia2223 nunquam glottorat2224, annosae referens solamina matri. Qui latus huic claudit rostro pedibusque palumbus, turtus, si gemeret, cineres et pluma referret, nunc ut acu pictus: taedas viduusne secundas obtulit? ô nunquam, sed dives America pennis cinxit tam variis. Hic castus amore prioris luget in aeternum, viridi non fronde quiescit, fonte nec e nitido potat, consortis amicae ne faciem vidisse putet, maerore tacebit. Clamose, ut tacitus non pasci possis, adesto:
2216 Ribes è forma medioevale (neutro), che Linneo utilizzerà per la definizione di ribes rubrum. 2217 Presente in Prospero d’Aquitania, carmen de ingratis 456. 2218 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di balatu, normalmente lunga, è qui scandita breve. Si potrebbe ovviare all’inconveniente trasponendo balatu dopo haedis: in tal caso l’esamentro risulterebbe spondiaco. 2219 La penultima sillaba di malacia — qui definita absurda...pastu “l’inappetenza, che impedisce di mangiare” —, normalmente breve, è qui scandita lunga per evitare il tribrachi. 2220 Per far tornare la metrica, bisogna postulare o l’allungamento in arsi dell’ultima sil laba di habet o la trasposizione Tu o. 2221 In Anth. Lat. 733, 8 Riese-Baehrens compare zinzilat (sc. merulae....cantus). Vd. For cellini s.v. 2222 Sc. merops. 2223 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di ciconia, normalmente breve, è qui scandita lunga. 2224 Attestato in Anth. Lat. 733, 7 Riese; 762, 29 Baehrens.
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tune siles, nostrae magis omnibus aemule linguae? cuius «Ave, Caesar victor» tot millia nummûm constitit, an penitus facundia, corve, facessit? Quis victum exhibeat, nisi tu mereare loquendo? Auguriis hic nullus honos. Nec castra leones tu Batavos inter, velut olim signa, sequeris Ausonidum, comes ipse aquilis. Relegaberis, unde venisti infamis scelerata ad busta crucesque. Omne nimis vitium. Te delatore coronis praegnans transfixa est et tu nigredine poenas proditionis habes: melius nunc moriger2225 esto. Fare aliquid saltem. Quare hic crocitare2226 vereris? Forte et Hyperboreus pennas tibi reddat Apollo albas, quum niveos montes Aquilonis oberras. Qualiter hic Progne, Philomela atque ipsa coronis, et lepus et lupus2227, vulpes ursusque videntur. Asteria, an quatiens tibi lingula, casta coturnix, stringitur! incesti Iovis hic te fulmina terrent! Hic (si dîs placeat) magnus, divinus adulter sat faciles ubicunque videt potiturque cupitis. Quid mirum? in terris queis sanguis regius omni foedâ labe caret, thalamum violasse iugalem, grande nefas populo, severa2228 et morte piandum, principibus licitum: quid ni quoque furta deorum? Quid, lascive ales, Veneris passercule plaustro auriga, haud pipas, clamosam sin tibi forte abstulerit vocem nimium repetita libido? Tu quoque suavitonum2229 cantum Philomela relinquis. Nullus te sequitur Tereus minitante bipenne. It[h]ys2230, It[h]ys stridens, upupae sub tegmine plumae, Daulidis omne nemus, latebras et lustra vagando,
2225 La
forma attestata nel latino classico è morigerus: vd. supra nota 1164. prosodica, dal momento che la prima sillaba di crocitare, normalmente lunga, è qui scandita breve. 2227 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima silaba di lupus, normalmente bre ve, è qui scandita lunga. Si potrebbe ovviare congetturando atque lupus. 2228 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, normalmente breve, è qui scandita lunga. 2229 Non attestato: forse refuso per suavisonum. 2230 Irregolarità metrica, dal momento che la sillaba iniziale di Itys, normalmente breve (come peraltro avviene nel successivo Itys e anche a v. 495), è qui scandita lunga: con ogni evidenza l’alternanza prosodica della prima sillaba è decisamente voluta nell’accostamento anaforico dei due termini che si susseguono. 2226 Irregolarità
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pervolat et trepidus propriâ2231 quem dente voravit, quaerit It[h]yn miserum inventumque ad Phasidis undas non novit, nimium pretiosa veste latentem, qualiter imbriferam Saturnia amiciit2232 Irin, deciduos oculos Argi texente Minervâ. Tuque adeo horrendum, crudelis mater, hirundo Celtica, quis vetuit tristes stridere querelas? Trux nimis, ô vindex stupri truculenta sororis, Progne, Bistonides2233 haec tecta subire tyrannus! Ille fugax montes et silvas nocte pererrat, quo sua fata iubent nec te cognoverit usquam, pectoris in plumis liceat laniena parentis nota, minutalis pueri de carne cruenti. Mansit enim Geticis luctus tua pallula in auris, albente et strophio Scythicus te vestiit Arctos, vere novo toties nostrum modulata per hortum. Quin pergas, ciris? patris vindicta haliaeti, puniceum quod amor te tollere, Scylla, capillum cogerit2234, hinc longum nec et hospita tecta subibit. Proh, quantum obstringunt vepetres2235 nos Daulidis inter has naticidas2236! Miserandae sortis Aëdon, hic Itylum, insano per te livore peremptum, quaeris? seu dulces escas per acuta et amara carduus apponens gemitus in pectore claudit? At simul insontes fraterna in caede sorores Zethiadas miror, tanto clamore molestas olim, ut et Samios, sua pinguia prata, laresque linquere compulerint, mutas. Sint Iasyges2237 ipsae, illarum ad rhombum facient quid iurgia civis! Quid bella.... tandem tragici tradenda theatri scaena haec Melpomeni moestae. Nos fronte serenâ, Calliope, et cantu volucres adeamus: et ecce,
2231 Sic:
refuso per proprio. sanare l’anomalia metrica l’unica soluzione è congetturare, in luogo del raro perfetto amicii (vd. Thes.lL. s.v.), la forma amixit. In tal caso l’esametro risulta spondiaco. 2233 Sic: forse refuso per Bistonidum . 2234 Per questa forma di perfetto cf. TheslL s.v. cogo. 2235 Sic: evidente refuso per vepretes, anche se, in latino classico, sono attestate le forme vepres e veper, -is: vd. anche supra nota 2188. 2236 Nei glossari è attestato naticidium. C’è comunque una irregolarità prosodica, dal momento che la seconda sillaba di naticidas, che dovrebbe essere breve, qui è scandita lunga. Per i vv. 514 ss. vd. Seneca, Ag. 670 ss. 2237 Sic: forse refuso per Iasides, la cui prima sillaba, anche ammettendo la consonantiz zazione della I iniziale, qui scandita lunga, dovrebbe essere breve. 2232 Per
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psittaculus2238 nostras, sed et hic taciturnus ut omnes seu coniuratus. Quid, phoenicure2239, moraris, humanum perdocte melos, cantare deorum hymnos? aurati titulum mereare perennem, soli quo nostri te dignavere penates. Quid capite averso stas, phoenicoptere, nobis? nemo tibi linguam secturus Apicius hic est. Quare humi inventrix serrae tornique rotaeque? Daedaleo livore semel de Palladis arce proiectam nos te, Perd[r]ix2240, non poscimus ultra nec coquus hic angelus2241 qui te consumere gaudet: spectatum venimus plumis quia pulchrior Indis. «Ast hic onocratelos2242» inquit mea Musa «tacendo non nocet. Arcadi[c]ae volucrem quis voce rudentem audiat, huc quamvis lunari ex orbe venissit2243? Ille bipes asinus tamen hic consistere dignus: humanâ ut bipedes porcos sub pelle latentes stringat inexpleti per iusta opprobria2244 ventris». Strenue bellator, Cancri furiosior aestu, certo victor ades, fulget tua crista rubore coccineo et crispae volitant in pectore iubae2245. Arrigitur pennis pictis tua cauda superba, ut Romanus eques, cingens sua tempora lauro, vexilla atque aquilas in coelum efferre solebat. Inter iö paean, io2246 paean, vicimus; at te num raucedo vetat laetum cantare triumphum? Quorsum ingens strepitus, quo, te vigilante, ferorum Gallorum insidiae Tarpeïa ab arce repulsae, anser, seu nimiâ farctus pinguedine torpes! publico ut e censu prompsissit2247 pabula aruspex
2238 Non
attestato nel latino classico e medioevale. in Plinio, nat. hist. 10, 86. 2240 Perdice, personaggio mitologico trasformato in pernice da Minerva: cf. Ovidio, met. 8, 236 ss. 2241 Sic: per far tornare la metrica si deve trasporre angelus hic. 2242 Sic: in latino è attestata la forma onocrotalus. 2243 Starà per venisset: vd. anche infra v. 555. 2244 La terzultima sillaba di opprobria è normalmente breve: qui si può invocare il nesso muta + liquida, anche per evitare il tribrachi. 2245 Irregolarità prosodica, dal momento che la sillaba iniziale di iubae, normalmente breve, qui è scandita lunga. 2246 Io è qui scandito monosillabo, mentre il primo io è regolarmente scandito come giambo. 2247 Vd. supra v. 540 e nota 2243. 2239 Presente
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aut lacte et mulso nutrisset Cotta gulosus. Credimus excubias nullis, quâ gente, molossis; pervigiles servant Capitolia nostra leones et Brenni et Senonum furiae fraudesque hodiernae destructae domitaeque iacent virtute Batavâ. Auro nos, anser, tibi nulla idola paramus; annua Romulidûm festa aut holocausta libantur2248; lecticâ extensum non defert pompa feretro2249 nec canis innocuus funesta ex arbore pendet. Haec nos ridemus puerilia, sacra, profana. At te, pro meritis, iusto celebramus honore, postquam Pergamei carissima vellera capri et Nili abstulerunt2250 linaria scruta papyrum; fraxinus et tilia et fagus nec populus alba, cerâ tesserulis oblitis2251 illius usus; aere, auro, argento nec plumbo lamina servit; pro graphio et acubus nobis tua penna stiloque; haec, studiis facilis, fulcit tua pluma grabatum, mollibus in stratis lassata ut membra quiescant. Te veniente die, te decedente canemus2252. Indice Pontificis socio2253 simulante galero phoeniceo, coccothraustes2254 trabeâque superbis, ut modulos Gangis Philomelae efferre recusus2255! Quis novus ille hospes tumidus rutilante coronâ, qui caput augustum medius vix exerit? unde? Dic puer. Ille refert, volucrum dominator Olympi australis. Recte: quaecunque potentia reges extulit indomitos, suppressis legibus, ornant accipitrem: sublime genus, praestantia formae, gloria pugnarum, saevi truculentia rostri, alae terribiles caedendo unguesque rapaces, attamen ut pulcher, quam maiestate decorus! Credibile est, inquit mea Musa, hunc Iuppiter olim
2248 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di libantur, normalmente lunga, qui è scandita breve. 2249 Sic: forse refuso per feretrum. 2250 Qui la penultima sillaba di abstulerunt è scandita breve, alla maniera arcaica: ma sono incline a credere a un errore di prosodia, che in questo carme certo non mancano. 2251 Ho l’impressione che qui oblitis venga da oblino e non da obliviscor, ma in tal caso non saprei proprio come giustificare il cretico. A v. 572 emenderei et in atque. 2252 Evidente eco virgiliana (ecl. 2, 67). 2253 Sic: sarà refuso per socium. 2254 Sic: thrauston (pianta resinosa) è presente in Plinio, nat. hist. 12, 107. 2255 Sic: sarà refuso per recuses.
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talem vidisset, puerum rapturus inermem Idalium: miser hic aquilae formidine nigrae nunquam plorasset, miscendus pocula divis. Denique vos omnes longinquis advenae ab oris, quarum vox Batavas nunquam pervenit ad aures, anguicomo clypeo, dirae aut per pocula Circes, omnimodo expansis sed non crepitantibus alis, immotae hic statis veluti simulachra theatri! Aetheris Eöi splendens rex maxime et omnes subditi, ob eximiam formamque decusque colorum, quem2256 paradisiacum nostri dixere; profanae Ternatae2257 idolum, falco qui in culmine pullos cinnameo excludis rapidos; tu mitior ales, mersa mari, Alcyone, super ipsum et tendere nidos assueta et quotquot cristallina claustra recondunt, dicite......sed iamiam repetit sua lumina visus, ut modo velatus per nigra crepuscula noctis, aurorâ redeunte. Idem, qui lubrica edacis temporis eripuit cariei et faucibus, idem Ruyschius hic volucrum demortua corpora sistit ut viva, haud aliter, quam si catalepticus actus artubus in rigidis dextre proferre videtur. At tu vix aequans digitum, tu pumula2258, pulchra australis regina chori volitantis, et omni lumine versicolor vario, auro atque aere corusca, antipodum quae pasta favo post funera vivis, forsitan excideres oblita, ingloria nostris carminibus! Textor, si quisquam stamine Arachni2259 aemulus, hanc pingas et eris mihi Pallade maior. Macte animo, virtute, novis tua byssina fila inficias succis, cocco nec murice parcas Sidoneo; Albionum2260 crocus et sit vilior algâ; sit Muhamediacae2261 prasinum venerabile stirpi. Attica caeruleum mittat pretiosius auro, illud et argentum, radiis solaribus auctum, Mulciber extendat; Lachesis subtilia volvat
2256 Sc.
regem. sarà refuso per Lernaeae (allusione all’idra). 2258 Attestato in Plinio, nat. hist. 14, 37. 2259 Sic: sarà refuso per Arachnes. 2260 Per la scansione breve della penultima sillaba della parola, normalmente lunga, cf. Forcellini s.v. 2261 Non trovo attestato il termine (“maomettano”) nel latino medioevale. 2257 Sic:
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in fila; hinc panoplos2262 texendo strenuus adsis perfectamque operam, pro gummi, lumine claro phosphorus oblineat: tum, te ipso iudice certans in cunctis victum pleno testaberis ore et, si aciem sataget2263 dextris armare specillis, tela tibi nuper tenuissima tamque venusta, scabritie et stipulis canabinum2264 dixeris apte peniculum textum turbatis ordine tricis. At cave2265 ne fraudes Prygionum2266 adiunxeris arti, ipsam dum volucrem stamina2267 inter byssina texunt: cedo fac potius, proprio et iugulaberis ense. Sic etenim in throno2268 regina Ourissia2269 fulgens emicat, Arctophylax velut inter sidera coeli: imo adeo ut rutilans anthrax aurumque politum, hanc iuxta, ad solis radiantia lumina, splendens hoc iubar in nebulae suffusum adspexeris umbrâ. Formosa ô soboles (multo maiora canemus)2270, immotis membris licet aeternumque tacendo, vos tamen immensae muto celebrabitis ore maiestatis opus, non ullâ imitabile dextrâ; nec casu ambiguo, sed certis legibus orta divini Artificis iussu primordia rerum2271, ordine perpetuo et sancti moderamine sceptri pergere2272, et insculptus vestris adamante character pectoribus clarus, nullo et delebilis aevo, «Est Deus in nobis.» Graculos tu philosophastros2273, Cecropii et nostri duros secli Theodoros plus validis vibras, Ourissia mortua, telis,
non attestato, anche se è evidente calco del greco πάνοπλος. sarà refuso per satages. 2264 Da cabana: in latino sono attestati gli aggettivi canabensis e canabarius. 2265 Irregolarità prosodica, dal momento che la sillaba finale del verbo, di norma lunga, è qui scandita breve. 2266 Sic: evidente refuso per Phrygiorum. 2267 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di stamina, normalmente lunga, è scandita breve. Si può ovviare all’inconveniente trasponendo inter stamina. 2268 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba del termine, normamente breve, è qui scandita come lunga. Si potrebbe ipotizzare solio in luogo di throno. 2269 Sic (vd. anche infra v. 652): sarà forse refuso per Orithyia. 2270 Evidente reminiscenza virgiliana: cf. ecl. 4, 1. 2271 Evidente reminiscenza lucreziana. 2272 Sic: forse refuso per pergite. 2273 Vd. supra nota 2147. Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba di graculos, di norma lunga, è qui scandita breve. 2262 Termine 2263 Sic:
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quam quae magnificâ finxit sub imagine veri ingenium fallax hominum vel mille probabunt argumenta, vagis dubiisque immersa tenebris, quidve cathedrales2274 praesumunt gymnosophistae per labyrintheos stolide comprendere gyros, quem2275 terrarum Orbis, Coeli convexa nec omne haerens temporibus spatium numerisque locisque non capiunt: solus perfecte qui sibi notus. Haec divis: Priamo nostro quin demus honores! Qui tot myriades animantum et fertilis alvi terrarum fructus, congestos undique, in aeva condiit et nostris oculorum haud deneget omnes2276 lectis deliciis: sed quis, quis talia fando ut vera accipiet, grandaevo haec cuncta ferente? Nulla illi unquam nil agendo elabitur hora; seu Asclepiadis leges artemque, periclis vulnera et externos vitiati corporis artus, tyrones curare docet cauteque citoque; herbarum aut varias formas viresque resolvit, ut Macer2277 in Batavis; Lucinae absente favore matri reddit opem, proli lucemque negatam; seu perscrutatur non siccâ morte peremptos; corporis humani index cui fabrica tecta ne insontem damnet vel solvat crimine caedis forte reum: medici quis sedula munia nescit? ipsaque quin etiam quae supputat otia, multis magnae molis opus, cui vix e millibus unus sufficit, ut praestet rebus mentemque manusque. Ergo tot studiis lassum tot adire labores unum posse virum peregrinus si neget hospes, eio2278! adsit visusque fidem, super omne quod aures excipiunt, constare dabit. Quisnam aestimet aequo (si rarum carum est) hanc gazam dixeris, euge! Tu solvendo impar, propria ut possessio cedat, sorte tuâ gaude, quâ perlustrare licebit plurima, quam septem veteris miracula mundi, , aestu visendi, attonitos2279 traxere per undas, montes et silvas et mille pericula vitae.
2274 Presente
in Ausonio, rhop. 32. divinum Artificem: cf. supra v. 646. 2276 Sc. fructus. 2277 Emilio Macro. 2278 Sic: eio non esiste; proporrei eheu (vd. anche supra vv. 323 e 423). 2279 Sc. homines. 2275 Sc.
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IV, 4, 7: Fr(ederici) Ruyschii, anatomiae et botanices professoris, Thesaurus anatomicus sextus, cum figuris aeneis, Amstelodami, apud IanssonioWaesbergios 1744 [non sono in grado di accertare con precisione l’anno della prima edizione che va, in 10 volumi, dal 1701 al 1715 (secondo NNBW) o 1716 (secondo BL)]194 Nel prodromus di quest’opera Ruysch afferma: Eô tempore inveneram methodum, quâ corpora humana post mortem oculis obiiciuntur, tamquam in vitam revocata essent, sicuti omnes testantur, qui illa quotidie in aedibus videndi causa conveniunt, quos inter quoque fuit e Societate Iesu reverendissimus dominus G(ervasius) Papin2280, ex India orientali tunc tem poris redux, qui cadavera illa sic a me praeparata condecorabat variis versiculis, inter quos sequens quoque erat:
[194, 2]
[distico elegiaco] Mortuus, arte tua, Ruyschi, vivit, docet, infans elinguis loquitur: mors timet ipsa sibi.
IV, 4, 9: ..... Thesaurus anatomicus octavus...., Amstelaedami.... 1727 [non sono in grado di accertare esattamente la data della prima edizione] Nel verso del frontespizio di quest’opera compaiono i versi seguenti: [194, 3] Celeberrimo viro Frederico Ruyschio, quum Thesaurum anato micum ederet [distici elegiaci] Pyramidum moles et regum funera Memphis iactet in innumeros arte parata dies: tu facis, o Ruyschi, ne sit minor Amstela Nilo aut Ptolemaeas Belga requirat opes. Ars tua laesuro non tantum subtrahit aevo corpora et hac una se pietate probat, verum aliis artus hominum venasque latentes indicat et caecum prima recludit iter. Mille modis prodes. Sed inutilis accola Nili servat arenoso corpora furva solo: corpora, quae durum retinent immota rigorem, tu facis in iustos flectere membra modos.
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2280 Gervais
Papin S.I. (Mans 12/9/1656-3/1/1712): cf. Sommervogel 6 cc. 185 s.
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Pyramides (damnum credam leve) destruat aetas, ingenii maneant dum monumenta tui. Hadrianus Relandus2281
IV, 4, 10: .... Thesaurus anatomicus nonus, in quo varia, circa corpus hu manum notatu digna, occurrunt...., Amstelodami, 1744 [non sono in grado di stabilire con esattezza la data della prima edizione] All’inizio compaiono i versi seguenti: IV, 4, 10, a: [194, 4] In virum longe celeberrimum Fredericum Ruyschium [distici elegiaci] Sit minor2282 virtus, quam quaerere, parta tueri: ars tua, magne virûm, praestat utrumque simul. Immortale tuae nomen virtutis et artis ILLIVs DoCtae faMa sVperstes erIt2283.
IV, 4, 10, b: [194, 5]
In Thesauros Ruyschianos [distici elegiaci] Corporis humani fabricae quicunque stupendae usurpare oculis interiora cupit, Thesauros adeat, Ruyschi[i] quos ingeniumque dexteritasque, manus non imitanda struunt.
Henr(icus) Christianus Krugerus Lunenburgensis
[195] SALIO DIVERSO (DIVERSI) Pietro, medico di Faenza (sec. XVI): cf. AGL 2 cc. 155 s.; BL 2, 279. Petri Salii Diversi, medici ac philosophi Faventini, De febre pestilenti tractatus 2281 Adriaan Re(e)land (Hadrianus Relandus), erudito e semitista (Rijp 17/7/1676-Utrecht 5/2/1718): cf. AGL 3 cc. 2002 ss.; NNBW 9 cc. 851 s.; Aa 16, 145 ss.; Eckstein 458; Pökel 222. 2282 Dal momento che minor è inammissibile metricamente, si tratterà (anche per il sen so) di refuso per maior. 2283 Le iniziali maiuscole sembrano indicare l’anno 1713.
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et curationes quorundam particularium morborum, quorum tractatio ab ordi nariis practicis non habetur, atque annotationes in artem medicam, de medendis humani corporis malis, a Donato Antonio ab Altomari2284 Neapolitano conditam, cum gemino indice, uno capitum, altero rerum: editio tertia, praecedentibus multo tersior, Hardevici, ex officinâ Societatis typographicae, 1656 [prima ediz. Bologna 1584] 195 [R.G. Medic. V.2187]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [195, 1] Ad Petrum Salium Diversum, lib(ri) authorem, Origenis Sale chii2285, i(uris) v(triusque) d(octoris) Faventini, carmen [distici elegiaci] Huius, Petre Sali Diverse, voluminis ergo, audi a nominibus carmina ducta tuis. Es Petra, iam gemmas inter numeranda priores, Petra basis patriae, firma columna domus, Sal, putris medicina mali, condire paratum, non nisi principibus coelitibusque dapes. Incorrupta tuo stat munere gloria nostri temporis et solido plus adamante viget: namque aliud nullum divertitur Orbe volumen perque pari medicas laude et honore manus nec tot habet coelum stellas, non aequora pisces, quot diversâ aegris arte l[a]evamen erit. Patri2286 Sali Diverse, Petrae non more deorsum ire, salire datum, sed super astra, tibi. Nescit at aequali tecum se tollere saltu divertitque silens fessa Camoena pedem.
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[195, 2] In eundem Gregorii Zucculi, philosophi Faventini2287 [distici elegiaci] Quas homo subrepti poenas luet amplius ignis, Iapeti nato decipiente deos, frustra tuli maciem terris febriumque cohortem:
2284 Vd.
supra n° 9. Salichius [sic] jr. (m. 1592): cf. De literatura Faventinorum 157. 2286 Sic: sarà refuso per Petre: cf. v. 1. 2287 Gregorio Zuccolo jr.: cf. Montanari 66 s.; De literatura Faventinorum 190. 2285 Origenes
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irati veni2288 nuncia frustra Iovis. En morbos, qui etiam poterant saevire latentes, quam facili doceat, curet et arte Petrus: «Talia Pandorâ dicente,» exclamat Apollo «munere non haec sunt praemia digna meo. Author ego medicinae atque hic authoris alumnus, vt Paeon quondam, Cous et ipse senex».
[195, 3]
In eundem Iulii Caesaris Savioni Faventini
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[distici elegiaci] Nullius ars hominis, Natura iuncta, levabat corpora pestiferâ febre coacta mori, cum Pater Omnipotens coelo te misit ab alto, febribus his medicas, Petre, adhibere manus. Scis medicas adhibere manus his febribus unus: certet, qui hac tecum laude, nec alter erit2289. Haec igitur, tanti quae dant medicamina morbi, sunt cuivis medico scripta ferenda sinu: unde salus aliis, melior tibi vita paratur, cuius semper erunt gloria, fama, decus.
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[195, 4] Peregrini Caponis, philosophi ac med(ici) Bononien(sis), de au thore [distici elegiaci] Pharmaca si miscet pestis, firmissima petra est: si numerat causas, nomina, signa, salit. Doctorum longo volvens examine libros, evertit verus2290 dogmata falsa virûm: en, Petrum, Salium, Diversum, munera iungunt2291: est petra, evertit, magnus et arte salit.
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2288 Parla,
evidentemente, la febris pestilens, oggetto del trattato di Pietro. “si confronti pure con te chi potrebbe condividere i tuoi meriti: ma di certo non ci sarà nessuno”. 2290 Sc. vir. 2291 Forse refuso per iungit (sc. verus vir). 2289 Intendi:
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[195, 5] In eundem Alex(andri) Gottarellii, art(ium) et med(icinae) doct(o ris) ex Cast(ro) Bonon(iensi) [distici elegiaci] Morborum occultas vires febresque malignas detegit hoc libro Petrus et addit opem: unde hic, Italici decus admirabile soli, aequavit Graecos, superat et Latios.
[195, 6]
Camilli Autetii2292 Caesenatis ad eundem [distici elegiaci] Es, Petre, petra, Sali, de quâ salit unda salubris, corpora pestiferis febribus unde carent: qui[cunque] igitur cupiunt lethales pellere morbos, ad fontem properent hunc salientis aquae.
[196] SANTORI(O) Santorio (Sanctorius Sanctorius) (Capodistria 29/3/1561-Venezia 22/2/1636): cf. AGL 4 cc. 136 s.; BL 5, 21; Michaud 37, 616 s. Sanctorii Sanctorii Iustinopolitani, in Patavino Gymnasio medicinae theoricam ordinariam primo loco profitentis, Commentaria in artem medicinalem Gale ni......., cum licentia Superiorum et privilegiis, Venetiis 1612, apud Iacobum Anto nium Somaschum [è la prima ediz.] [R.G. Medic. II.3]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [196, 1]
Alexandri Bruti2293 epigramma in laudem authoris [distici elegiaci] Rex superum culpa primorum pressa parentem2294 aspiciens hominum languida membra malis, instituit medicam morbis quae subleuet artem corpora, reddatur qua sua cuique salus.
2292 Vd.
supra 158, 3. Bruti (sec. XVII), medico, filosofo, poeta: cf. Mazzuchelli 2, 4, 2247. 2294 Sic: refuso per parentum. 2293 Alessandro
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Hanc caeca inuoluit nocte inuidiosa vetustas, plurima quae properans obliuione2295 regit2296. Sanctorius, Phoebi claro de semine natus, hinc tenebras simili lumine quasque fugat. En, sacrae proprios arti nunc reddit honores, Poeonia scribens haec monumenta manu. Stamina iam ducent hominum longissima Parcae: iam cernet laetos aegra senecta dies.
[196, 2] Scipionis Gramontii2297 in eruditum doctoris Sanctorii opus ogdo astichon [distici elegiaci]
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[196, 3]
Istria te genuit, sed non venit inde propago: namque Forum Iuli[i] gaudet habere genus. Ingenii mirabar opes doctamque Mineruam et non sublestae nobile mentis opus, ut magnum paruae lumen discluseris arti, Poeonia reserans scrupea tesqua manu. Sed patriam aspiciens mirari desino, quippe, parua solo, Ausoniis nil nisi grande tulit2298.
Τοῦ αὐτοῦ εἰς τὸν αὐτὸν [distici elegiaci]
5
Ἐν μικρᾷ τέχνᾳ μέγα ὄργμα2299 χαράξε Γαληνὸς καὶ πολλὴν ὀλίγαις ἰδμοσύνην σελίσι. Ἄλλα γε κεῖτο, νέοις ὄργνον σκοτιόν τε νεκρόν τε· ὦ, μέγα Σαγκτόριος φῶς τε βίον τε φορέ. Σαγκτόριον μείζω ἄρ’ εἴπω ἠδὲ Γαληνόν, ὃς κείνου καμάτους ῥέξε φαεινοτέρους.
* * * 2295 Irregolarità prosodica, dal momento che la seconda sillaba della parola, normalmen te lunga, è scandita breve. 2296 Sic: refuso per tegit. 2297 Scipio de Gram(m)ont, scrittore e segretario di Luigi XIII: cf. AGL 2 c. 1122; DBF 16 c. 934. 2298 Sc. opus tuum. 2299 Ὄργμα sta, per ovvi motivi metrici, per ὄρυγμα, così come ὄργνον (per ὄργανον) a v. 3.
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CARMINA MEDICALIA
[197] Ars Sanctorii Sanctorii Iustinopolitani, in Patavino Gymnasio medicinae theoricam ordinariam primo loco profitentis, De statica medicina, aphorismorum sectionibus��������������������������������������������������������������������� septem�������������������������������������������������������������� �������������������������������������������������������������������� comprehensa�������������������������������������������������� ������������������������������������������������������������� . Accessit���������������������������������������� ������������������������������������������������ Statico�������������������������������� ��������������������������������������� mastix������������������������� ������������������������������� sive�������������������� ������������������������ eiusdem������������ ������������������� artis������ ����������� demo ����� litio Hippolyti Obicii2300, medici et philosophi Ferrariensis [per il titolo di questa accessio vd. infra], sumptibus Zachariae Schüreri et Matthiae Goetzen bibliopolae, Lipsiae, excudebat Gregor(ius) Ritzsch[prima ediz. Venezia 1614] [R.G. Medic. VI.140 (1)]
La data dell’opera non compare, ma un terminus si può fissare dalla dedica con cui si apre l’opera: Illustrissimo et excellentissimo Gymnasii Pa tavini moderatori Nicolao Contareno [Nicolò Contarini, Venezia 26/9/1553ivi 1/4/1631: cf. DBI 28, 247 ss. a cura di Gaetano Cozzi], senatori amplis simo, Sanctorius Sanctorius e datata: Dat(um) Venet(iis) Cal(endis) No vemb(ribus) anno salutis 1614. Alla dedica segue la praefatio ad lectorem, cui tengon dietro i seguenti versi: [197, 1] In laudem Sanctorianae artis carmen Octavii Menini2301 [falecei]
5
10
Legi hunc aureolum tuum libellum, Sanctori, insolitae repertor artis. Lecto hoc aureolo tuo libello, dixi protinus: «Hic vel ipse Phoebus est certe sobolesve magna Phoebi, ipsam qui Lachesim potis morari, ipsam qui potis est fugare mortem». At tu, patria nostra, Caesar ipse cui nomen dedit inclytum, superbi2302, tali pignore laeta2303, tali alumno, falso quem sibi vindicabat Ister.
[197, 2] Dominici de Bonis, medici et philosophi Veneti, tetrastichon in laudem novae artis Sanctorianae [distici elegiaci] 2300 Hyppolitus Obicius, nato a Ferrara, visse alla fine del sec. XVI: cf. AGL 3 cc. 1008 s.; BL 4, 402. 2301 Ottavio Menini (Meninus), giuriconsulto e balivo a Ceneda (m. 1617): cf. AGL 3 c. 435. 2302 Sic: sarà refuso per superbus (sc. Caesar) o per superba (sc. tu). 2303 Sc. esto.
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197 – 198
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Est ars Sanctorii, qua2304 mensurare recessus Naturae monstrat, qua fugienda docet. Hanc adeas, lector: dubiae producere vitae stamina si exoptas, statica2305 scripta legas.
[197, 3]
Ad detrectatores carmen anonymi cuiusdam [distici elegiaci] Quo mage florentem conaris pondere palmam deprimere, obnitens hoc mage tollit onus. Quo mage Sanctorii tentas convellere famam, hoc magis ingenio crescit et arte cluet.
* Dopo il De statica medicina compare l’accessio (vd. supra) con il suo frontespizio: Statico mastix sive Staticae medicinae demolitio, autore Hip polyto Obicio, equite aurato, medico et philosopho Ferrariensi, olim in pa trio Gymnasio medicinae lectore, nunc civitatis Belluni medico primario. All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [197, 4]
Cuidam anonymo anonymi antitetrastichon [distici elegiaci] Quam non intus alit virtus, arescit et alto vertice rescindi pondere palma potest: sic Statici adversas fama evanescit in auras: quae non arte viget, non viget ingenio.
[198] SCHENCK von GRAFENBERG Johannes, medico celeberrimo (Grafenberg 21/6/1530-Friburgo i.B. 12/11/1598): cf. AGL 4 cc. 250 s.; BL 5, 64; ADB 31, 58. Ioannis Schenckii a Grafenberg, medici apud Friburgo-Brisgoios quondam flo rentissimi, Observationum medicarum rariorum libri VII, in quibus nova, abdita, 2304 Sic: se si lascia qua (come anche al v. 2) si intende che il soggetto di monstrat e di docet è Santorio: altrimenti bisogna correggere in quae (sc. ars). 2305 Sic: per far tornare la metrica propongo la trasposizione scripta legas statica, dal momento che la prima sillaba di statica è normalmente breve (vd. anche infra 197, 4, 3).
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CARMINA MEDICALIA
admirabilia monstrosaque exempla circa anatomen, aegritudinum causas, signa, eventus, curationes, a veteribus recentioribusque siue medicis siue aliis quibusque fide dignissimis scriptoribus monumentis consignata, partim hactenus publicatis, partim etiam ἀνεκδότοις non paucis, per communes locos artificiose digesta propo nuntur: opus, vt indefesso labore partum, ita inexhaustae vtilitatis ac voluptatis, omnibus scientiae naturalis ac medicinae cultoribus feracissimum a Ioanne Geor gio Schenkio [sic: compare spesso l’oscillazione Schenck/Schenk], fil(io)2306, Hage noënsis reipubl(icae) comitisque Hanoënsis medico, tertium accuratissime illus tratum, modo vero ab innumeris praecedentium editionum mendis d(omini) Car(oli) Sponii2307, med(ici) Lugdun(ensis), operâ vendicatum, Lugduni, sumpti bus Ioannis-Antonii Huguetan, viâ Mercatoriâ, ad insigne Sphaerae, 1643, cum privilegio regis christianissimi [prima ediz. in sette volumi, Basilea e Friburgo 1584-1597]. Ho esaminato anche l’edizione del 1609 edita a Francoforte [Stamp. Barb. M.IX.51; Tav. VII] e ne ho riportato le varianti rispetto a quella che ho esa minato (vd. infra). Ho visto anche l’edizione del 1665 edita a Francoforte, che è pressoché identica a quella del 1643 [R.G. Medic. I.75]
Ecco il dettaglio dei sette libri in cui si articola l’opera di Schenck: Liber I de capite Liber II de partibus vitalibus thorace contentis Liber III de partibus naturalibus nutritioni seruientibus et imo ventre conclusis Liber IV de genitalibus partibus utriusque sexûs Liber V de partibus externis Liber VI de febribus, morbis epidemicis, pestilentibus et contagiosis Liber VII de venenis
Nel verso della pagina che precede il frontespizio (nel retto compare il titolo Ioannis Schenckii a Grafenberg Observationes medicae rariores) c’è un bel ritratto ovale di Schenck (con pelliccia, copricapo e guanti) con la dicitura intorno: Ioannes Schenckius a Grafenberg medicus senior anno aetatis 45. Sotto il ritratto compaiono i seguenti versi: 198 [198, 1]
[settenari trocaici] Nulla, pol!, tacebit aetas nominis famam tui, docte Schencki, Pergameo plene mysta numine, publicam ceruice quod rem fulcias iatricam,
2306 Johann Georg Schenck, figlio di Johannes, medico (Grafenberg, seconda metà del sec. XVI-Hagenau 1620): cf. AGL 4 c. 251; BL 5, 64; ADB 31, 51. 2307 Vd. supra 45, 1.
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198 – 198, 3
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dum tot artis hinc et inde congeris magnalia.
Car(olus) Sponius2308 d(iis) m(anibus) i(nferis)
* All’inizio dell’opera, compare, tra l’altro, una pagina di epitafi sepolcra li: riporto soltanto quelli in cui sono presenti versi. [198, 2a]
[distici elegiaci]
Γηοβόρους2309 νούσους ἰήσατο Σχέγκιος ἴδρις· ῇ δὴ ἄκος ἰητρῶν θῆκεν ἀμηχανίῃ.
[198, 2b]
Pestiferos morbos sanavit Schenkius ingens: arti Asclepiadum sic tulit auctor opem. S(it) t(ibi) t(erra) l(evis)
* Nelle pagine c1v-c5r sono contenute molte composizioni poetiche (lati ne e greche) e precisamente: A) pp. c1v-c4r = Epigrammi che precedono i 7 libri dell’opera e qui raccolti; B) pp. c4v-c5r = Altri Epigrammata in onore di Schenck. [A] Epigrammata illustrium virorum, ad opus hoc Schenckianum per sin gulos libros conscripta Liber primus
[198, 3] Iacobi Moccii2310, medicinae in archigymnasio Friburgensi profes soris, ad Ioannem Schenckium, ex choro suo illustrium medicorum, carmen 2308 Vd.
supra 45, 1.
2309 Sic: sarà opportuno congetturare (in rapporto al corrispondente pestiferos di 198, 2b,
1) — più che termini come p.es. Αἱμοβόρους, Ἀγαλέους o Λοιμοφόρους — qualcosa che abbia una maggiore verosimiglianza paleografica, come p.es. Λαοβόρους. 2310 Vd. supra n° 168.
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CARMINA MEDICALIA
[distici elegiaci] Quis te praetereat tacitum, clarissime Schencki, Paeoniam2311 tantâ qui cumulâris ope? Ingenii primos en foetus, lector: at illa 198, 3 viua dabit plures bibliotheca libros.
[198, 4] Ἱακώβου τοῦ Σωτῆρος2312, ἰατροῦ τε καὶ φιλοσόφου, ὁρβέος2313 φυσικοῦ,
εἰς Ἱωάννην τὸν κρατῆν2314 πολυπειρότατον ἰατρὸν σχεδιασμάτιον [dimetri giambici catalettici]
Σὺ νῦν λέγῃ ὁ Κράτης φερωνύμῳ2315 πατρός τε πάππων τε σῶν ἐπικλής2316. Ἀλλ’ εἴτα δὴ ἀπ’ ἔργων σοῦ νηρίτων λελέξῃ, σύμπασιν Ἰπποκράτης, τοῖς στοιχείοις τοσαύτοις, ὅσοις γέρων ὁ Κῶος, λέξου διδόντος ἵππου ἐπωνύμῳ γονῆος τεοῦ ῥοπὴν μεγίστην, τοῦ πᾶσι σὴν φανῆναι τὴν ἀξίαν φερίστην τέχνης ἀπ’ αὐξανούσης ἰατρικῆς πέλουσαν.
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[198, 5] 198, 3
In eundem eiusdem τετράστιχον [distici elegiaci] Hippocrates quin sit medicorum primus habendus non dubium: quis sit proximus, ambigitur. Te pars esse volunt, Schenki, pars esse Galenum: ipse ais: «Esto senex, hunc iuuenisque sequar».
2311 Sc.
artem. so se possa trattarsi di Iacobus Salvator de la Solana (Solanius), filosofo, teolo go e matematico spagnolo (sec. XVI): cf. AGL 4 c. 661, dove però non si accenna al fatto che fosse anche medico. 2313 Sic: sarà refuso per Ὀρφέως. 2314 Sic: sarà forse κράτην: vd. infra Κράτης di v. 1. 2315 Sic: sarà da emendare in φερωνύμω. 2316 Sic: sarà forse da emendare in ἐπίκλην. 2312 Non
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198, 3 – 198, 9
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[198, 6] Ioannes Brunnerus2317 Dockenburgensis, Graecarum literarum et sanctae linguae professor ord(inarius) in archigymnasio apud Friburgum Brisgoie, ad authorem [distici elegiaci] Magne vir et cunctis decus immortale Camoenis, Schenki, Maecenas praesidiumque meum2318: sic hominum aeternas verasque merebere laudes, naturas homini dum canis ipse suas. Tu tantum ingenio superas studioque priores, quantum Naturam se superâsse doces. Omnia te, vir, saecla canent totumque per Orbem artis Paeoniae nobile numen eris.
5
[198, 7]
Aliud eiusdem ad librum [distico elegiaco] Mira canis, mirande liber: mirabitur Orbis nobilibusque viris gaudia mira feres.
[198, 8] Ioannes Iacobus Beurerus2319, Graecarum literarum, poëseos et historiarum in archigymnasio Frib(urgensi) professor, Caes(areae) Maiest(atis) historicus et interpres Graecus, ad v(irum) cl(arum) d(ominum), d(ominum) Ioan(nem) Schenckium medicum [distici elegiaci]
Σχέγκιε, ἰητρῶν κλέος ἄφθιτον οὐρανόμηκες καὶ στυγερῶν νούσων πῆμα περιπλομένων, πολλὰ διορθώσας σύ σφάλματα, πολλὰ δοκεύσας θαύματα, καὶ γλυκερὸν ἤγαγες αὐτὰ φάος. Τῷ νῦν τρίλλιστος περιθρυλλεῖται σέο φήμη· οὗτος ἀκεστορίην Σκέγκιος ἠκέσατο.
5
[198, 9]
Aliud eiusdem [distici elegiaci]
2317 Johann
Brunner, erudito, grecista e semitista (fine sec. XVI): AGL2 1 c. 2340. eco oraziana (carm. 1, 1, 1 s.). 2319 Vd. supra 168, 2. 2318 Evidente
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CARMINA MEDICALIA
Immortale decus, medicorum gloria, Schencki, inuisi morbi pestis et acre malum. Arte in Paeonia sapienter mira notâsti, quorum nunc gratum et nobile prodit opus. Ergo hac optata passim celebrabere fama: artem curauit Schenckius et medicum.
5
[198, 10] 198, 9
Aliud eiusdem [distici elegiaci]
Hactenus in multis causarum inscitia morbis artes traduxit (heu misere!) medicas: Schenckius ad reliquas addit miracula causas, artem perficiens, artis et artifices.
[198, 11]
Ad lectorem
De Obseruationibus medicinalibus d(omini) doctoris Ioan(nis) Schenckii epi gramma Ioachimi Rosalechii, a Nouotreptouio Pomeraniae [falecei] Admirabilibus frequenter atque horrendum facientibus stuporem, humanum vitiis malisque corpus ex ortu misere scatet sinistro. Vel si prosperior fauebat ortus, tunc aetate graues senex, per artûs, aut pulchrâ iuuenis puerve molli signis sub cute sordidis2320 onusque et miracula dantibus grauatus, quin et corporis intimus latensque crebros angulus accipit dolores et quid non solitum dolensque carni, inuitus dubieque, gestat intus. Quod premens semel egerensque tandem, contemplantia cum stupore magno in se lumina detinet videntûm. Et sic omnia saepe tam molestae sunt obnoxia membra passioni:
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10
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2320 Sc.
malis.
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sic in parte sui vel hac, vel illa, maiores cruciantur et minores. Sic vitam miseram potenter angunt sub tristi cruce duriora fata. O, quam vos superi beant amantque, qui saluo pede statis et valetis, nec tactu manuum leui gementes laesae per loca carnis ambulatis et qui vos positu modoque recto formatos geritis valente gressu! Sed quid tristius his in Orbe viuit, qui nunquam similes paresve raro laetis aspiciunt dies diebus, quorum ponderibus malisque corpus insuetis premitur peritque sensim? Haec nostrae mala carnis et dolores descripsit sapienter ediditque laus charissima, Schenckius, virorum, Phoebeae decus atque doctor artis, morborum medicina languidorum. Non sic Hippocrates acutus olim subtilisque Galenus haec dedisset, quid? non ipse dedisset haec Apollo. Ergo cum, studiose lector, istos per libros oculi tui recurrent, miras historias grauesque morbos, antiquos simul et simul recentes, a multis quoque liberationem morbis inuenies et annotabis. Et mox incipies libenter esse ad praeconia Schenckii paratus: qui, post experientiam sagacem, post multos studii sui labores, post fructûs alios tibi paratos, his prodesse tibi scientiaeque inseruire tuae libris volebat.
[198, 12] Ad Schenckium medicum Ioannes Brectius Sandeodatensis, Lotharingus [distici elegiaci] Ingenio poteras superas volitare per arces, inuida turba ad humum te nisi deprimeret.
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CARMINA MEDICALIA
Magnanimo fortique viro est audacter eundum contra: virtutis nam comes inuidia est. Liber secundus
[198, 13] In Observationes medicas excellentissimi d(omini) Ioannis Schencki a Grafenberg etc. 198, 12 [esametri dattilici] Omniparens vis illa Dei, Natura creatrix, quanquam operum mirâ nos maiestate suorum attonitos passim tenet ac suspendit hiantes, non tamen illa oculis, quanta est, occurrere nostris dignatur neque de facie manifesta videri, sed, caput augustum summa vltra nubila condens, a tergo ex longis vix cernitur interuallis2321. Hinc rerum tacitas conantem euoluere causas oppositae prohibent nebulae ratioque laborat deficiens ancepsque sui subsistit et haeret, solis vt ad clarum caligans noctua lumen. Pauca ex innumeris ideo, quae corpore mundi toto fusa suis Natura recessibus abdit, est homini nouisse datum neque pauca profecto illa eadem, nî longa dies rerumque magistra inuentrix aliquam ferat experientia lucem. Testis erit, dominae quae per vestigia tantae ingreditur, lustrans terras, maria, aëra, coelum, morborum domitrix Medicina parensque salutis. Namque sagax animi quamuis indagine multâ insistatque aditusque omnes ratione pererret, successu tamen illa carens, pede debilis vno claudicat, argutae nisi quae rationis acumen repperit, euentis eadem firmentur et vsu. Talibus auspiciis equidem sata, talibus olim creuit et hoc aeui Phoebaea scientia crescit, ausa etiam (si fata manent tam mitia terras) forte vel ad summum mox aspirare vigorem: nam quacumque sui spectetur parte, videbis hanc mage florentem, mage succo et sanguine plenam, quam mundo rudiore fuit. Sollertia tanti est
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2321 Verso
spondiaco.
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198, 12 – 198, 13
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publica et artificum seris pater vsus ab annis proueniens: adeo exemplis cumulata priorum postera quaeque dies a praecedente docetur. En admirandum2322, magni mundi instar habentem, corporis humani fabricam: quibus vndique picta quotve resecta modis, tenuem clarescit ad vnguem illa hodie, veterum nulli tam cognita auorum! Quid rerum syluam medicarum insignibus auctam inuentis, nostri quid dona recentia sêcli et defaecatas operosi afflatibus ignis nascentûm validasque rudi sine corpore vires enumerem? quid morborum noua monstra nouasque et caussas et signa loquar curamque medendi? Haec equidem sparsim medicorum interlita chartis, sed late disiecta sibique haerentia nusquam, tum nec prompta satis, nec cuius2323 obuia lectu, hac latuêre tenus; neque non fors deînde laterent, in commune malum defraudandamque salutem multorum sine te2324, Phoebo gratissime Schencki, Schencki, militiae dux nobilis Hippocrateae. Magnum opus hoc, sed enim longi ingratique laboris, optatum a multis, tentatum a nemine, tandem ausus es: audenti2325 Musae et medicator Apollo porrexêre manum et fauerunt pollice vtroque. At tibi quas grates meritas, quid soluet honorum, Aesclapi venerande nepos, pro talibus ausis, candida posteritas Coi senis? vnde rependet hunc animum, hos tantâ susceptos mole labores? Nae tu morbi2326 fugam, vastum mare, Paeonis artem heu longam nimium angustis tam finibus aeui, non paulo breuiore uiâ das deînde sequendam, in lucem mediumque ferens aliena tuoque Marte notata tibi, noua et antiqua, optima quaeque. Quod si proposita est seruanti laurea ciuem vnum aliquem, quae digna satis tibi laurus obumbret
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2322 Sic:
l’ediz. 1609 ha admirandam, lezione forse preferibile. l’ediz. 1609 ha la lezione giusta cuiuis. 2324 L’ediz. 1609 ha sineres in luogo di sine te. 2325 Sc. tibi. 2326 Considerata l’insormontabile difficoltà prosodica rappresentata dalla sillaba finale di morbi, non si potrebbe ipotizzare — sull’esempio di morbifer e morbificus — un aggettivo morbifugam (da concordare ovviamente con artem), peraltro non attestato nel latino classico e medioevale? Il verso risulterebbe perciò Nae tu morbifugam (vastum mare!) Paeonis artem etc. 2323 Sic:
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CARMINA MEDICALIA
tempora, seruanti tam millia multa per Orbem, consultis sacrae monitisque salubribus artis? Macte animo, macte ingenio felixque laborum, quos colet et praesens aetas et laude perenni rite coronatos coelo ventura sacrabit.
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Philippus Menzelius2327, med(icinae) d(octor) et professor Ingol stadiensis f(ecit)
[198, 14] In Observationes medicas Ioannis Schenckii, viri clariss(imi), epigramma Ian(ii) Posthii2328, m(edicinae) d(octoris) 198, 13 [distici elegiaci] A capite exorsus varios describere morbos, Schenckius insignem texuit historiam plurimaque admiranda refert exempla, legenti iucunda, aegrotis vtilia ac medicis: qui se multa viro debere fatentur et optant longaeui superet Nestoris ille dies, possit ad optatum reliqua vt perducere finem, nominis aeternumque inde referre decus.
5
[198, 15] Ioannes Iacobus Beurerus2329, Graecarum literarum et historiae in archiducali Gymnasio Friburgensi professor publicus Ad clariss(imum) v(irum) d(ominum) Io(annem) Schenckium medicum [distici elegiaci] Hippocratem fama est, medicam dum quaereret artem, argutis primum cuncta notasse oculis; tunc quidquid sensu verum perceperat acri, scripsisse exiguis protinus in tabulis. Quae post in multis suspensa anathemata fanis, authorem diuis aequiparasse ferunt. Non tu artem quaeris, Schencki: mysteria quaeris artis, adhuc medicos quae latuêre viros; et nunc ipse tuas doctas suspende tabellas nec dubita quin sis iam nouus Hippocrates.
5
10 2327 Vd.
supra 164, 4. supra 39, 2. 2329 Vd. supra 168, 2. 2328 Vd.
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198, 13 – 198, 17
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[198, 16] Sebastianus Mayro2330 Landsperganus, Boius, medicinae candi datus [distici elegiaci] Quae post Argiuos Arabasque notamine longo deprensa est medicae portio magna rei, historicis septem, digestis ordine, libris, doctrinâ praestans Schenckius exposuit. Doctorum Herculeo tot voluit2331 scripta labore, quot rutilo coelo lumina clara micant missaque sunt etiam variis a partibus Orbis in medica summis arte notata viris. Augmentatorem medicinae agnoscite diae, vrbes et populi magnanimique duces, quique artis refugit2332 spatiosâ parte carere, hoc sibi festinans aere parabit opus.
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Libri tertii sectio prior
[198, 17] Ad Ioan(nem) Schenckium a Grafenberg, virum clariss(imum), medicum absolutum, Martinus Holtzapfel2333, m(edicinae) d(octor) [falecei] Artis iam stabilita sunt medendi fundamenta satisque firma constant nec longis opus est docere libris praecepta et veterum explicare sensa: solus perpetuusque restat vsus, qui exemplis locupletet augeatque, ad summum quoad ipsa ducta culmen, omni floreat2334 absoluta puncto. Isthuc non aliâ viâ venitur, quam si Poeonis2335 optimi coloni
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2330 Vd.
supra 168, 1. volvo. 2332 Refugio + infinito, abbastanza raro, si trova p.es. in Seneca, Ag. 417. 2333 Ammettendo un refuso nel nome, potrebbe trattarsi di Jacob Holtzapfel di cui è menzione in AGL 2 c. 1681. 2334 Sc. ars medica. 2335 Sic: probabile refuso per Poeones. 2331 Da
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CARMINA MEDICALIA
sumant hunc sibi sedulo2336 laborem, vt, quae, dum medicam sequuntur artem, observant noua, rara, digna scitu, promant, in mediam afferantque lucem. Nam, quae artis methodum ratasque leges observatio prima fabricauit incrementaque dans amoeniora, in tantum vegetauit vsque florem: imponens eadem manum supremam summo perficiet gradu locatam. Observatio sola notionem Naturae dabit absolutiorem: occultas reserabit vna causas mirandasque docebit vna curas; haec morbos resecabit vna multos et vitas reparabit vna plureis. Ergo macte tuo labore, Schencki, immenso, eximio, optimo labore: quo famam tibi comparas perennem, donans ipse tibi tuaeque proli nomen, posteritas quod inuidebit nulla, et quod celebrabit omnis aetas; et donans medicae rosas palaestrae, quas dum sedulus ambulas per hortos authorum veterum recentiumque dumque vsum medicae artis ipse tractas, felici calamo et fauente Phoebo collectas2337 calatho recondis vno: donator meritoque nunc vocaris, 198, 17 Schencki, Poeoniae decus coronae.
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[198, 18] Ad Ioannem Schenckium, medicum clarissimum, Iacobi Suto ris, reuerendiss(imi) Passauiensis episcopi medici, epigramma [distici elegiaci] Poeoniae2338 miro canones molimine, Schencki, dum stabiles firmas, dum quatis instabiles, magnis dum summam locupletas auctibus artem et facis obscuram luce nitere magis, 2336 L’ediz.
1609 ha la trasposizione, metricamente inammissibile, sedulo sibi. rosas: vd. v. 33. 2338 Sc. artis. 2337 Sc.
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te melius nemo medicâ de gente meretur nec meruit: solum dempseris Hippocratem.
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[198, 19] Ad cl(arum) v(irum) d(omi)n(um) Ioannem Schenckium medi cum [esametri dattilici] Quid non longa dies, labor et mutabilis aeui multorum solers industria perficit atque retulit in melius? vel castigauit ad vnguem exactum? Fuerit senis haec sapientia Coi post diuos, Schencki, quod primus rite notârit prima rudimenta et quod duxerit ille colores artis Apollineae primas2339; nec adorea laudis parua manet reliquos longo certe ordine patres vel qui iacta probe et multo collecta labore semina et exiguos medicinae nobilis hortos gnauiter et docte sensim excoluere per artem, vel qui sensa viri nimium retrusa, potenter subnixi ingeniis, in apertum cuncta tulêre. Quis te nunc tacitum, quis, docte Galene, relinquat? quo se post Coum magno medicina parente iactat opesque suas in te vnum contulit omnes? Longius atqui hominum progressa industria, tandem inuentis veterum, quaedam superaddere, quaedam illibata prius dias in luminis auras2340 edere nil verita est nec famae cessit auitae. Si tamen haec vllo fuerint certamina seclo, ingenii quae luxuries atque aemula virtus accendit, nostro haec et maxima saepe fuerunt tempore iamque alios alio decurrere campo vidimus, ad palmae recta contendere honores, qui tractant medicas traduntque fideliter artes. Acriter hoc iniêre viri certamen et inde ingentes referunt titulos et nomina clara. Materies laudis tamen est diuersa iuuatque hunc veterum doctos iterum illustrare labores. Hic disiecta artis miseri ceu frustula Pentheî aut dispersa velut praegrandis membra Colossi iungere et effigiem meditatur condere veram.
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2339 Primas,
primatis. reminiscenza lucreziana (1, 22).
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Ast alii humanum corpus de vertice ad imos excussere pedes: Momo acrius omnia censent; sunt quos plantarum miranda potentia ducit, sunt qui rimantur penitus quoque viscera terrae. Afflictis alii sed opem, sed pharmaca quaerunt membris et medicas adhibent ad vulnera palmas2341. Omnia praeclare: quis enim negat? et tamen omnia sunt vulgata. Tibi longe, clarissime Schencki, multo alias partes Hygiene2342 credidit alma: ex adytis artis, tibi quae mysteria pandit, rebus vt afflictis quando ars et pharmaca fallunt et iam depositi planguntur ab omnibus aegri, ipse nouus mystes haec tanta oracula promas exemplisque fidem facias et singula firmes, quaecunque in paruo nôsti miracula mundo. Vt quisquis medicas post haec tractauerit arteis, acrius in causas animum mentemque sagacem intendat, miserum neve haec incognita fallant. Haec non diua tibi: nec tu tibi commoda soli propria duxisti, sed opus tam nobile, cunctis vtile, qui dias venerantur Apollinis artes, candidus in medium profers, nihil ingeniique et nil artis egens, numero perfectius omni. Sic Iova2343 cunctipotens faciles ante omnia canos, quod reliquum placide longum sit degere vitae, tum quae prima tuis sunt, vir clarissime, votis, concedat: Musae celebrem super aethera famam dum superas, tollant nec post pia fata remittant.
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Ioan(nes) Ioacobus Beurer(us)2344, in archiducali Academia Fri burgensi Brisgo(iae) Graecarum literarum et historiarum professor Libri tertii sectio posterior
[198, 20] Sebastianus Mayro Landspergius2345, med(icinae) doct(or), to tius Asclepiadeae gentis nomine 198, 19 2341 Cf.
Virgilio, georg. 3, 455 s. dum medicas adhibere manus ad volnera pastor / abnegat. A v. 40 sarà giocoforza computare -ia di omnia finale sillaba unica per sinizesi. 2342 Evidente calco del greco ὑγιεινὴ (sc.τέχνη). 2343 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, di norma lun ga, è qui scandita breve. 2344 Vd. supra 168, 2. 2345 Vd. supra 168, 1.
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[distici elegiaci] Inclyte, tu2346 septem scripsisse volumina, Schencki, diceris semper, dum feret astra polus: his2347 visas nunquam structuras corporis ante et legimus morbos interitusque nouos. Morborum legimus non vnquam exordia nota, occultas legimus patribus antidotos euentusque nouos, non obuia signa vetustis, et miranda canis, monstra stupenda refers. Talia, quae tecum penetrârunt mente sagaci dispersim toto Paeoni Orbe viri, contrahis et corpus dextre componis in vnum, primus et ante omnes perficis istud opus. Quis memoret tantâ victos in mole labores? In medica nullus te fugit arte liber. Vix dedit in lucem quisquam monumenta: paratis mercaris2348 nummis, protinus atque teris. Nos tibi Phoebicolae2349 nimium debere fatemur, pro meritis, sumptu proque labore graui. Auxisti methodum, non vili parte, medendi, dum noua cum priscis ardua crebra iugas. Nulla dies vnquam monumenta haec eximet aeuo: aeternabuntur gloria opusque tuum.
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Eiusdem lemma Obseruationum omnium [distico elegiaco] Haec noua: cum causis morbos, medicamina, formas Schenckius euentus signaque in arte locat. Liber quartus
2346 Tu]
quae nell’ediz. 1609. voluminibus. 2348 Sc. tu, lector. 2349 Non attestato nel latino classico. 2347 Sc.
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Atlantici Galli Pegasus2350 ad doctissimi huius Schenckiani operis lectores [esametri dattilici] Vt nocturna quies reddat quae vota diurni voluerunt2351 sensus (experto credite!) dicam. Morborum facies, herbarum nomina mille perdidicit, summam euasit sapientiae ad arcem, mortales veniens curas extendit in aeuum, promeruit gratos per daedala scripta nepotes, contraxit distracta, reclusit clausa, retexit tecta, noua et rara et mira et monstrosa medenti exhibuit sectae, Brisgauum Schenckius axem sortitus, quo se toti communicet Orbi. Huic nonnulla viro poscenti carmina, crebris ingenii lita luminibus donare volebam nec respondebat conatus: idonea de[ê]rant verba rei; haud de[e]rat verbis res ipsa perinde: quaerebam, instabam vrgebamque dieque peribam continuo miser. Oppressit nox denique: somno declinaui oculos: ad partes spectra venire coeperunt mentemque etiam turbare quietam. Ales equus, Graiûm celebratus Pegasus ore, propter strata mei est visus consistere lecti. Acceptum refero quod sit consistere visus, docte Maro, tibi: Pegaseas tu dirigis alas. Aeneam2352 maior nam te quis nuncius ornat? Inuenta est via (quaerenda est, ne dixeris vltrâ) quâ te tollis humo (non, quâ te tollere possis) iamque virum volitas (potes haud volitare) per ora. Argutum commendat equus caput: iste vigebat arguto capite atque omnino epigrammatis artem signabat, cuius peperit Verona Catullum artificem, Romam tellus ac misit Ibera scriptorem. Neruis contenta atque ardua ceruix plectra pati dignabatur lyricisque poëtis insertum atque adeo ferientem sidera Flaccum. Quae duplex agitur per lumbos spina Tibullo sessori parebat amatorique Corinnae et cui de nihilo consueuit maxima nasci
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2350 Vd.
supra 21, 1, nota 119. volvo. 2352 L’ediz. 1609 ha la variante Aenean. 2351 Da
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historia. Ad veram, qui nos adhibes, rationem, cor sapiens laudis thyrso percusse Lucreti, luxuriare toris animosum pectus honesto laetabaris equo. Breuem amabat Persius aluum tota minus Marsi vt memoretur Amazonis2353, vnus quam Persî liber effecit largitor acuti ingenii venter. Iuuenalem adiungere cogor Pegaseâ saturatum aluo grauiterque rogantem semper ego auditor tantum? Calcaria nulla ardebat: Senecae est iussu glomerareque iussus. Non aliter diuûm regina sororque Tonantis incedit: Plautus sed enim, propiora pedestri sermoni meditans lectosque2354 Terentius Afer in lignis pedibus faciens in sole, represso incessûs fastu, captabant “plaudite” simplex prosubigi terram pedibus plaudique iubebant. In densos humeris Musas producere coetûs, inferni et raptoris equos sub luminis auras edere quidam ausus, numero claudi abnegat apto: Gorgonei comebatur iuba densa caballi huic agili dextra. Caudam mulcebat, agresti iucundos calamo ducens Calpurnius annos et socium a Nemesi claroque vocabat Olympo. Deluso tot imaginibus spumantia frena mandari, tradi, credi mihi, maximo amore, maiore ac studio properabam. Heu liber habenis frenorumque exors medium aëra et aethera summum tranârat paribusque alis superauerat ales! Spectra fugam dederant, tristis mansi, artubus aegris defluxit somnus, breuis atque ignauia vitae. Quando autem vatum pleno bona copia cornu me ditare inopem verborum debuit atque ditauit nihilo magis: exantlâsse legendo Herculeos quoniam videor sine fruge labores, constitui excusum spiranti molliter aere Pegasum ei libro, vobis quem Schenckius offert quartum, lectores, praeponere (siuerit auctor): emptores libri bella inuitabit imago. Ridetis. Valeant aeris ludibria sculpti: carmina praefigam minime mala. Rursus apertum soluimini in risum, male nec censetis, inepta
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2353 Cf.
Ovidio, met. 15, 552; ars 2, 743; 3, 1; her. 4, 2; 20, 119; ep. 3, 1, 95. 1609 ha la variante lectisque, sempre da lectus “letto (per dormire)”. Il riferi meto specifico è a Terenzio, ad. 585, sulla cui base in lignis di v. 50 va emendato in ilignis. 2354 L’ediz.
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praefigam; mala praefigam, censetis inepte: sum minime malus. Expressit studiosa voluntas carmina ab indocto. Noscatur Schenckius ex se, non ex me noscatur. Erant praeconia scripto Schenckii; adhuc clamet liuor, facienda: refellam. Vendibili scripto frustra praeconia fiunt.
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GANNIENS MVLCES ME, CLEMENS MAGINVS per ana gramma2355
[198, 23] Τοῦ αυτοῦ πρὸς τὸν πολυΐστορα καὶ πολύπειρον Σχέγκιον [distici elegiaci]
Τὰς βίβλους τὰς σεῖο κριτῶν ἐν γούνασι κεῖσθαι λαμπρὸν ἀκεστορίης, Σχέγκιε, ἴστι2356 φάος καὶ πῶς οὐ δέδιας φοβερῆς ψήφοιο κέραυνον, ἐνθέμενος ψυχὴν πτώματι Ἱππόλυτε2357; ἔξαρνος δ’ ἔσαι2358 ὅτι Ἱππόλυτον σύ ποτ’ ἔγνως. Σκιδιάμεν2359 ἰητρῶν πεῖραι, ὁ Ἱππόλυτος.
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τέτλαθι δὴ κραδίη2360 Liber quintus
[198, 24] In eruditissimi atque experientissimi viri d(omini) Ioannis Schenckii a Grafenberg Obseruationes medicas tetrastichon Fri derici Martini2361, utriusque iuris doctoris et apud Friburgum Bris goiae ordinarii Canonum professoris [esametri dattilici] Hippocrates queritur longam artem, sed breue tempus, iudicium facile haud, anceps simul experimentum: Schenckius ast artem paruam, longam bene vitam, iudicium facile et tutum facit experimentum. 2355 Vd.
supra 21, 1 (a rigore, l’anagramma è parziale, dal momento che manca una e). sarà refuso per ἴσθι. 2357 Sic: l’ediz. del 1609 ha la lezione giusta Ἰππολύτεο, a patto, ovviamente, di considera re la desinenza in -εο monosillabica (= -ου). 2358 Sic: si potrebbe congetturare ἔξαρνος δ’ ἔσαί ὅτι Ἱππόλυτον σύ ποτ’ ἔγνως. 2359 Sic: l’ediz. del 1609 riporta la lez. Σκίδναμεν: congetturerei qualcosa come p.es. Ἐκδῦναι ἰητρῶν πεῖρᾳ ὁ Ἱππόλυτος. 2360 È il celebre incipit di Odissea 20, 18. 2361 Friedrich Martini, giurista (m. Friburgo i.B. 1630): cf. AGL 3 c. 228; ADB 20, 508 s. 2356 Sic:
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[198, 25] Ad eundem dominum sibi summe obseruandum ode m(agistri) Bernardi Mesmilleri, poëseos pro tempore professoris in archiduca li Academia Friburg(ensi) et i(uris) v(triusque) cand(idati) [primo epodo dattilico-giambico = esametro dattilico + dimetro giambico] Qvisquis Apollineae studiosus es artis et artem desideras qui practicam2362, huc age: plantarum vires vsumque medendi Schencki[i] docent volumina. Non plures alii super îsdem plurima rebus scripsêre tantâ industriâ. Scripserunt: sed sunt confuse tradita quaeque sic implicata ambagibus, vt sit opus fidis Ariadnae ductibus, illis exire tricis qui velit. Longe aliâ ratione super famâ aethera notus, sua Schenckius tractat, docet. Abdita Naturae scrutatur iura sagacis, noua, rara, monstrosa explicat; rarâ rara fide, mirâ noua sedulitate, omnia modo admirabili, arte Dioscorides quod Grai[i]s quodque Machaon, Podalirius vel quod fuit: hoc, quâ terra patet vasto circumsona ponto, est Schenckius modo omnibus. Nî terram terrae peteret Mors, stamina Parcae nunquam secarent Schenckio: tanta viri pietas, virtus, ars tanta medendi Parcis resisterent feris.
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Liber sextus
[198, 26] In Observationes medicas v(iri) cl(ari) d(omini) Ioannis Schenckii a Grafenberg, medici experientissimi [distici elegiaci] Dvm morbos varios obseruas atque medelas assimilas morbis cum ratione bona, tot medicis summis per tempora longa probatas, et priscis aptas sic noua, prisca nouis. 2362 Il
termine sembra usato solo da Fulgenzio, myth. 2, 1.
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Quis bene de genere humano neget vsque mereri te, Schenki, medici lumen honosque chori? Fida magistra manus medicae, experientia: nempe haec artem pariter fecit et artificem, exemplo varios iter huic monstrante2363 per vsus: artem vsus, vsum sed iuuat ipsa manus. Tu, quodcunque sagax tentando repperit vsus, sedulus hoc vno colligis omne libro. Gratia magna tuo debetur lausque labori, Schencki: perpetuum te manet inde decus.
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Nicolaus Reusnerus2364, v(triusque) i(uris) d(octor)
[198, 27] Libri Observationum clarissimi et excellentissimi d(omini), d(o mini) Ioannis Schenckii a Grafenberg ad lectorem 198, 26 [esametri dattilici] Cur dederit nobis clarum observatio nomen, si quaeris, lector vitae studiose salubris: nonne obseruantur, nulli vel cognita paucis mole, vsu, specie praestantia quaeque notantur? Talia nostra leges, noua, rara, insignia cuncta, delecta ex omni numero, composta labore ingenti: his crescit Phoebaea scientia et inde observatorum ferimus per secula nomen: semper enim hoc nomen semperque haec scripta manebunt!
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Sebastianus Mayro2365, Lanspergius, Boius, medicinae d(octor), scribebat
[198, 28] In Observationes eiusdem cl(ari) v(iri) d(omini), d(omini) Ioan (nis) Schenkii medici [distici elegiaci] Nullius est artis tam firma scientia doctae, quin habeat gryphos ardua difficiles. Grammatici laus est, quaedam nescire fateri,
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experientia. supra 139, 3. 2365 Vd. supra 168, 1. 2364 Vd.
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iudicio exacto, Quintiliane, tuo2366. Instituit lites, verbosa negotia rhetor et coniecturâ dirigit artis opus. Effodit humanas sed demonstratio mentes: heu mihi, quam frustra saepe petita fuit! At cubus2367 et cyclo quadrata figura rotundo dura mathematicis quaestio saepe venit. In physicis quid non potius miramur? at inde quis causas possit reddere nullus erit. Sunt etiam medicis problemata2368 dira: podagra, quartana et pestis tumque elephantiasis: hos quia tu nodos similesque resoluere tentas, et medici cedunt et Medicina tibi.
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Ioan(nes) Iac(obus) Beurerus2369, Graecarum liter(arum) et hist(oriae) in archiduc(ali) Acad(emia) Friburg(ensi) Brisg(oiorum) professor
[198, 29] Ioachimi Rosalechii2370, poeseos in Academia Friburgensi profes soris, ad d(omi)n(um) Ioan(nem) Schenckium, De obseruationibus medicinalibus, epigramma [distici elegiaci] Schencki, morborum laesaeque medela salutis, in cuius quaeuis est medicina manu, quae tibi fama deest, tua laus vt sidera nondum tangat et ad stellas hinc properanter eat? Nulla deest, sed habet plenas tua gloria laudes: de quibus haec iussus nuncia dico tibi. Cuncta tuae mittunt famae simul astra salutem: quâ, quod ament ipsam teque salute probant teque volunt autore nouam sibi iungere lucem: illa tuum posthac lux noua nomen erit. Mitte tuas sursum, cingendas sidere, laudes sublimesque nouis sedibus esse sine. Posthac astrologus dubitantia lumina figet
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2366 Quintiliano,
inst. or. 1, 8, 21 ex quo mihi inter vitutes grammatici habebitur aliqua
nescire. 2367 L’ediz.
del 1609 ha la forma arcaica (e raffinata) cubos. prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, normalmente breve, è qui scandita lunga: (gr. πρόβλημα: ma si può invocare la norma della muta + liquida). 2369 Vd. supra 168, 2. 2370 Vd. supra 198, 11. 2368 Irregolarità
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CARMINA MEDICALIA
in stellam, quam non viderit ante, nouam cumque leget tandem, quae sunt inscripta, videbit astrorum partem nomen habere tuum. Hoc tua magna tibi dedit ars et dextera felix, quae morbos facili pellere sueuit ope. Quos vt tu sanas, ita nunc describis et illos iamque fere totus perlegit Orbis eos.
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Liber septimvs et vltimvs
[198, 30] Ad claris(simum) excellentissimumque v(irum) d(omi)n(um), d(ominum) Ioan(nem) Schenckium a Grafenberg, med(icum) καὶ Ἀσκληπιάδην πολλῶν ἀντάξιον ἄλλων, ἔπος 198, 29 [esametri dattilici] Amphitryoniades, monstrorum maximus ille victor, qui totum late subiecerat Orbem, is licet extremis defunctus rite periclis, non tamen ille prius Iunonis leniit iram, quam tetras Erebi domitor penetraret ad vmbras atque ipsum Ditis custodem e faucibus Orci Cerberon extraheret, vinclis premeretque tremendis: sic, Schencki, longe, longe, clarissime Schencki, corporei mundi latebras imosque recessus, artus, articulos, venas fibrasque per omnes rimatus, species morborum mille notâsti, portenta et pestes diras, miracula, causas, omnia quae medicos aeui latuere prioris. Et iam tempus erat, tabulâ de tollere doctam et cohibere manum, teneras cum vellicat aures sancta Hygeia tuas: «Superest tibi Cerberus ille vitae principium, qui cor vorat ocius omne lethifer et miseros subito demittit ad Orcum: Cerbereas offas dicetis rite venena: hunc» ait «in dias age, protrahe luminis auras2371 atque veneficii vires validasque resolue antidotos, celeris medicamina plurima fati». Nec plura: at noster monitûs superauit et, arte ingenioque valens, Asclepi[i] maxima proles, septeno numero, septeno denique libro saeua venena refert et Circes pocula scribit,
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reminiscenza lucreziana (1, 22).
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lurida terribiles2372 miscent quae aconita nouercae, qualia Timochares2373, medicorum dedecus, ausus Ausoniis offerre viris. Sic stamina vitae exigui cupiens abrumpere fraude veneni, Pellaeus iuuenis, cui non satis vnicus Orbis, extinctus iacet (heu!) guttis Nonacridis2374 atris. Haec sibi praescripsit septeni pagina libri nec docet, vt noceas, causasque viasque salutis monstrat habetque penu iam diuite cuncta reposta. Aedes ergo velut tandem fastigia summa perfectas ornant reliquis magis omnibus aurea. Sic liber hic est dignus apex: est mira Coronis2375 magni operis, quod nulla potest abolere vetustas, inuidiâ maius: sed et aere perennius2376 atque cedro charta nitet. Venerando fausta precemur grati Asclepiadae longaeui Nestoris annos.
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Ioannes Iacobus Beurerus2377, in archiducali Academia Fribur gensi Brisgo(iae) Graecarum literarum et historiae professor, φιλία τρος, domino et amico singulari bene meritoque lubens merito, etc. anno 1597 mense Aug(usto)2378
[198, 31] Τοῦ αὐτοῦ εἰς τὸν ἔβδομον τόμον, τὸν περὶ δηλητηρίων, ἐπιίγραμμα [distici elegiaci]
Σχέγκιι, ἀλεξικάκων ὑπωφῆτα2379 φέριστε ἐφετμῶν, Ἡρακλῆς νούσων μῶν σύ ἐφύσθα νέος; Οὐ μὴν· ἰοβόλων δ’ ὃς δηλητήρια θηλοῖς2380, ἀνθ’ Ἡρακλῆος Ζηνὸς ἔχῃς ὄνομα.
2372 Sic:
evidente refuso per terribilis (sc. novercae). di Pirro: cf. Gellio, 3, 8; Valerio Massimo 6, 5, 1; Floro 1, 18. 2374 Presso il monte Nonacri, in Arcadia, sgorgava una fonte, denominata Stige, che uc cideva chi vi si abbeverava: cf. Plinio, nat. hist. 2, 231. 2375 Madre di Esculapio: cf. Ov., met. 2, 542. 2376 Evidente eco oraziana (carm. 3, 30, 1). 2377 Vd. supra 168, 2. 2378 La datazione della dedica sembra confermare che si tratta di versi scritti e pubblica ti in occasione dell’uscita dell’opera. 2379 Sic: evidente refuso per ὑποφῆτα. 2380 Sic: sarà refuso per δηλοῖς (cf. 198, 32, 3 reseras). 2373 Medico
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CARMINA MEDICALIA
[198, 32]
Eodem interprete [distici elegiaci] Interpres, Schencki, medicinae summe salubris, morborum Alcides an nouus ipse cluis? Non: sed qui reseras et tollis toxica saeua, tu non Alcidae, sed Iouis omen habes.
[198, 33]
Beureri f(ilio)2381 reddente [distici elegiaci] Schencke2382, potestates herbarum edocte medendo, alter es in morbis tu Amphitryoniades? Non: quia vitam animamque cies adimisque veneno, tu, pro Tyrinthii nomine, Ζηνὸς habes
In librum septimum, qui est de venenis, cl(arissimi) experientissimique v(iri) d(omi)n(i), d(omini) Ioan(nis) Schenckhii, med(ici) celeberrimi et ob paternam amicitiam mihi omni officio colendiss(imi) senis venerandi
[198, 34] M(agistri) Ioannis Iacobi Beureri iunioris2383 et l(inguae) L(ati nae) studiosi epigramma [distici elegiaci] Trux cadat ichneumon, Lybicae et crocodilus arenae, incassum rabido mox hiet ore canis atque, Macedonium quod edit ferrum chalybemque, anguis et hippomanis virus et aspis atrox vipereaeque animae, quas Colchis et ardua Memphis et Lybia et tetro flamine Pontus alit. Cuncta vacent: nam Paeonicâ2384 clarissimus arte Schenckius hoc libro cunta venena fugat: adfixa vt venis, animos ne in vulnere ponant morsibus illaesis, scorpio dire, fremas. Ille Machaoniae2385 veteres informat ocellos:
5
10
2381 Si
tratterà del figlio di Beurer, autore anche del carme immediatamente successivo. vocativo in -e è, ovviamente, determinato da motivazioni metriche. 2383 Si tratta del figlio di Johann Jacob Beurer: vd. supra 198, 33. 2384 L’ediz. 1609 ha, più esattamente, Paeonia. 2385 Sc. artis: “egli plasma e dà nuova vita agli occhi della vecchia medicina, che, legati 2382 Il
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198, 32 – 198, 37
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ille dat Asclepi[i] tot noua scripta choro. Dum noua nimirum conditque volumina prisca, hunc noua, cum lauru palmaque cana decet.
[B]
Epigrammata
In agalma2386 Ioannis Schenckii a Grafenberg, medici, epigrammata
[198, 35] In effigiem Schenckii a Grafenberg, medici celeberrimi, disti chon Iacobi Pascharii, Lotharingi medici [distico elegiaco] Corporis effigiem pictor, sed mentis acumen docta tuae, Schencki, scripta referre valent. Thomae Freigii i(uris) c(onsultus)2387 [distici elegiaci]
[198, 36a]
Σύγγραφος Ἰπποκράτους μορφὴν ἅμα, ὴ δὲ Γαληνοῦ ἀρξάμενος γράψαι, Σχέγκιον ἐγράφετο
[198, 36b]
Hippocratis faciem pictor, simul atque Galeni pingere cum vellet, Schenckion exhibuit.
[198, 37]
Ioan(nis) Sigismundi Hornstenii [distico elegiaco] Artis Apollineae docuit quaecumque vetustas cuncta dedêre vni numina: Schenckius est.
come sono ai vecchi schemi, non sanno più vedere”. 2386 Si tratta evidentemente dei carmi scritti a commento del ritratto di Schenck che si trova all’inizio dell’opera: vd. supra. 2387 Johann Thomas Freige (Freigius), giurista (Friburgo i.B. 1543-Basilea, 16/1/1583, di peste): cf. AGL 2 cc. 737 s.; ADB 7, 341 ss.; Eckstein 169; Pökel 83.
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[198, 38]
CARMINA MEDICALIA
Aliud eiusdem hexametrum [esametri dattilici] Ecce: Dioscorides, Podalirius atque Machaon, diuus et ipse pater, medicinae inuentor, Apollo et Cous2388 Hippocrates, Epidaurius atque Galenus et quisquis medica sic vsque inclaruit arte, omnes ingenii faciem hanc habuêre: proinde (crede!) latent omnes hac hac sub corporis vmbra.
5
[198, 39]
Aliud [distici elegiaci] «Εἰκὼν fiat,» ait «medici»: sic nuper Apollo: consensêre dii: en Schenckius archiater. Schenckius artis opus, quo non foelicius alter, exercet: medicis gloria summa viris. Viuit Germanus: Italos tamen atque Britannos, Hispanos, Gallos, Schenckius ipse docet.
5
[198, 40]
Lombardi Kabelii i(uris) c(onsulti)2389 [distici elegiaci]
Ἐλλογίμου ἐθέλῃς ἰητροῦ εἰκόνα δέρκειν, τὴν παιηονίῃ χειρὶ χάραξε γραφεὺς. Εἰδ’ ἐθέλεις τοῦ Ἰπποκράτους, νοὸν ἠδὲ Γαληνοῦ, δεῦρ’ ἄγε καὶ βίβλον μάνθανε τὴν δὲ λαβών.
[198, 41]
Τοῦ αὐτοῦ ὁ αὐτός [distici elegiaci]
Τοὺς δωρησαμένους αἴ κεν μέροπες φιλέουσι, Σχέγκιος οὖν πάντων φίλτατός ἐστι βροτῶν. Σχέγκιος ἐστιν ἐπωνυμίῃ· μαλὰ πολλὰ καὶ αὐτός πάντοθεν ἀνθρώπους2390 ἀγλαὰ δῶρα φέρει2391. 2388 Sic:
l’anomalia metrica si può sanare trasponendo Cous et. ne trovo notizia: nell’ediz. 1609 il nome è, forse giustamente, Leonhardi. 2390 Sic: sarà refuso per ἀνθρώποις. 2391 Schenckius è tale perchè elargisce agli uomini doni splendidi: evidente gioco di pa 2389 Non
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[198, 42]
198, 38 – 198, 45
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Καὶ γὰρ ὅ εὖ εἰδιὸς2392 νηπενθέα φάρμακ’, ἀμύνει τήν τε νόσον στυγερὴν τὸν βίοτον τε δίδοι.
Nicolai Naeuii [distico elegiaco] Corporis externas partes vt pingit Apelles, sic polit internas Schenckius, arte potens.
[198, 43]
Aliud [distici elegiaci]
5
[198, 44]
Primus honor merito diuis tribuendus Olympi, altera laus medicis est tribuenda viris: hi curant animum diuini dogmate verbi, illi depellunt corporis arte malum. Schenckius herbipotens2393 aegrotis vulnera sanat: obtinet hinc igitur nomen habere dei.
Aliud [distico elegiaco] Pulchra quidem veniens e pulchro corpore imago: pulchrior at virtus, clara trophaea parans.
[198, 45]
Aliud [distico elegiaco] Schenckius es dictus nec enim Natura recusat: donantis2394 medicam sentit amicus opem.
role, incentrato sul nome Schenck, che appare collegato con il verbo schencken e con il so stantivo Geschenck. Vd. anche infra 198, 45. 2392 Sic: sarà forse refuso per εἰδώς. 2393 Presente in Boezio, de cons. phil. 4, 3, 9. 2394 Evidente gioco di parole sul nome Schenck, collegato con schencken e Geschenck: vd. anche supra 198, 41 nota 2391.
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[198, 46]
CARMINA MEDICALIA
Aliud [distico elegiaco] Ingenium chartâ si quis depingere posset, Schenckius egregium ferret ab arte decus.
[198, 47]
Petri Syluii2395 [distici elegiaci] Corporis effigiem manus impressoria solam auctoris tibi dat, caetera non potuit. At quod non potuit pressor, foelicius author emissis libris praestitit ipse sibi.
[198, 48]
Christophori Walwitzii i(uris) c(onsulti) [distico elegiaco] Effigie hac viua medicus depingitur ille Schenckius, illustrem quem Medicina facit.
[198, 49]
I(ohannis) Henr(ici) Bohemi i(uris) c(onsulti) [distico elegiaco] Effigiem praesens demonstrat charta laboris ingeniique decus scripta diserta notant.
[198, 50]
Aliud [distico elegiaco] Corporis effigiem praesens designat imago: ingenii ac mentis quis mihi pictor erit?
2395 Non
so se l’autore possa essere identificato con uno dei due Petrus Sylvius di cui parla AGL 4 c. 968: 1) P.S. rettore a Brugge (vd. anche Eckstein 558); 2) P.S., gesuita (m. Mainz 1571 o 1592), ma di cui non trovo traccia in Sommervogel.
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[198, 51]
198, 46 – 198, 53
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Aliud [distico elegiaco] Corpus depinxit pictor: tu mentis acumen pinxisti scriptis: pictor vterque valet.
[198, 52]
Aliud [distico elegiaco] Pingere si libeat, sat erit quod pingere possis, si bene vis tanti pingere gesta viri.
[198, 53] Memoria Ioannis Schenckii medici, patris suauissimi, a Ioanne Andrea Schenckio filio, medico, repetita [distici elegiaci]
5
10
15
Gloria virtutis, Musis studioque parata, serpit humi nunquam, celsa trophaea petit, euolat in patulum pinnis quatientibus Orbem, ceu mare, ceu terras, ceu loca cuncta subit; nunc huc, nunc illuc fertur fulgore corusco, augustum titulum nouit habere suum, non humiles intrat postes, praegrandia tecta, atria conscendens regia sceptra tenet; nec moritur, fas huic per saecula viuere centum: gloria virtutis non peritura manet. Haec sequitur cineres, Schencki, carissime pater2396, alma tuos, haec haec viuere datque tibi. Poeoniam pulsans cytharam recolensque Machaona2397, depuleras morbi corporis omne malum. Te praesente dolens foelicia pharmaca sumpsit, te medico sanus languidus aeger erat. Quidquid in humano reperisti corpore verum, quidquid et ad medicam forte referret opem,
2396 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba del termine, normalmente breve, è qui scandita lunga: vd. anche infra 33 e 26 paternum. 2397 Esametro non proprio ortodosso, dal momento che presenta, alla fine, una sillaba in più, a meno di non voler considerare monosillabico per sinizesi — ma la cosa mi lascia ab bastanza perplesso — il gruppo ao di Machaona. Si potrebbe anche pensare a Machaon[a]: “Tu, novello Macaone, passando in rassegna tutto il sapere medico etc.”.
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CARMINA MEDICALIA
id docto postris2398 tentabas texere filo, iatrica quo magis ars splendida facta foret. Hos inter medios succumbis morte labores: artus terra tenet, fama superstes adest. Phoebe, rotam decies voluisti2399 in aethere, patris2400 pallida cum gelidus linqueret ossa pauor nec, dum fama silet nec, dum monumenta silebunt, sunt qui paternum nomen ubique legant. Te proprii foetus plaudunt, te viuere monstrant, dum prae doctrina pulpita docta premunt. Edideras septem simili de sanguine fratres praecelerem fati temporis ante diem: his hi temporibus non infima praemia laudis oris in variis promeruere tibi. Nunc redeunt iterum, referunt tibi, pater, honores et reuocant Schencki[i] nomen et ingenium. Hinc tua te remanet foelicis gloria fati, quae te per totum2401 non sinit esse neci. Quam foelix mors haec, quae viuere ferre perempto gestit et aeternum donat habere diem!
20
25
30
35
Ioannes Andreas Schenckius filius, iunior, medicinae doctor, memoriae paternae retinentissimus
[199] SCHOLZ von ROSENAU Lorenz, medico e naturalista (Breslavia 20/9/1552-ivi 22/4/1599): cf. AGL 4 c. 326; BL 5, 127; ADB 32, 229 s. Consiliorum medicinalium conscriptorum a praestantiss(imis) atque exercita tiss(imis) nostrorum temporum medicis Liber singularis: opus, cum ad grauissi morum affectuum curationem, tum ob doctrinae varietatem, omnibus medicinam exercentibus summe necessarium ac maxime fructuosum, adiuncto indice rerum omnium memorabilium copiosissimo, nunc primum studio et opera Laurentii Scholzii a Rosenaw, med(ici) Vratisl(aviensis), hoc modo in lucem editus, Hano viae, typis Wechelianis apud haeredes Ioannis Aubrii, 1610, cum priuilegio Cae sa(reae) Maiest(atis) ad annos decem [prima ediz. Francoforte 1598] [R.G. Medic. I.74 (1)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: 198, 53
2398 La
forma contratta, per posteris, è ovviamente determinata da motivi metrici. volvo. 2400 Siamo perciò nel 1608. 2401 Sc. tempus (o anche Orbem). 2399 Da
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198, 53 – 199, 2
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[199, 1] Ad Laurentium Scholzium a Rosenaw, med(icum) Vratisl(avien sem) [distici elegiaci]
5
10
Ingenio magnus, doctrina consilioque iudicii mirus dexteritate Crato2402, Poeoniaeque artis felici nobilis vsu Caesaribus merito cultus honore tribus2403, dotibus his memori clarus celebrabitur aeuo, si modo quid gratae posteritatis erit, quod tanti viri, Scholzi, fragmenta latebris eruis atque tuis tradita rite typis. Transmittis sero quoque cognoscenda nepoti, te dignum ac docta posteritate facis. Quantum praestiterit deserto fidus amico et quibus afflictum iuuerit officiis, inuicti oppresso quam Caesaris ille fauorem auxerit, haec mecum saecla futura canent. Casparus Peucerus2404 d(octor), illustriss(imi) ducis Electoris Palatini et principum Anhaltinorum archiater et consiliarius, etc.
[199, 2]
Aliud ad lectores Cratonianorum consiliorum [distici elegiaci]
5
Robur inest scriptis, quae dia Minerua Cratonis2405 contulit in medium: credite, robur inest. Credite, Poeonia vos qui sudatis in arte quosque iuuat sancti discere verba senis. Quot sunt verba viri, tot sunt oracula, quae dat Scholzius, et mundo nobile sacrat opus, Scholzius, aeterno2406 tribuit cui laurus honores,
2402 Johannes von Krafftheim (Crato), umanista e celeberrimo medico tedesco (Breslavia 20 o 22/11/1519-19/10/1585), con cui Scholz fu in stretto rapporto: cf. AGL 1 cc. 2178; BL 2, 138 s.; ADB 4, 567 ss. 2403 I tre imperatori della casa d’Asburgo, di cui Crato fu archiatra, sono Ferdinando I, Massimiliano II e Rodolfo II: vd. anche infra, 200, 1, 3. 2404 Vd. supra 32, 4, 8. 2405 Vd. supra 199, 1, 2. Si noti l’accostamento etimologico (fondato sul concetto di for za) tra robur e Crato: vd. anche infra 200, 1, 1 s. 2406 Pur potendosi trattare dell’avverbio, proporrei di emendare in aeterno (sc. hono res): cf. v. 14 aeternum....decus.
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CARMINA MEDICALIA
hortus et Elysiis2407 nomina clara dedit. Scholzi: pro meritis quae praemia digna reponat, si qua manet mundo viuida posteritas, vin’ dicam? Elysiis vt tu das nomina campis, si vehet Elysium te super astra solum, perge, decus medicum, medicis seruire! Coronam laurus et aeternum dei2408 tibi Flora decus.
10
Franciscus Hildesheim2409 doctor, illustriss(imi) Electoris Bran deburgici medicus, etc.
[199, 3] 199, 2 Aliud [esametri dattilici] Dum recolo Musam ac monumenta fidelia, Scholzi, quae tuus in lucem, promens abstrusa, benigne candidus impertit dudum labor, vtilis Orbi, ante alios, tum venturo quoque frugifer aeuo, absentem inuisumque licet, te pectore toto ardeo et amplector, communi nomine certus Poenidum2410 via si qua foret, si copia nobis, his tibi pro meritis iustas persoluere grates. Hoc homini est hominem (nisi me sententia fallit) esse deum, cumulare bonis et publica longe commoda priuatis ante omnia ponere lucris arboribusque satis seclo prodesse futuro. Hac iuere via, genuit quos Teutona tellus, magni Asclepiade, fidi inuictique laborum, Gesnerusque2411 et Anancastes2412: hac pergit eadem Schenckius2413 et Camerariades Ioachimus2414, vterque
5
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2407 Sc.
campis: vd. infra v. 11. sarà refuso per det. 2409 Franz Hildesheim, medico, storico e poeta (Küstrin 12/10/1551-Berlino 1614): cf. AGL 2 cc. 1603 s.; ADB 12, 410 s. 2410 Sic: proporrei paean, dum via etc. 2411 Vd. supra 68 tit. 2412 L’appellativo potrebbe riferirsi — con evidente gioco di parole tra ἀναγκάζω e zwin gen — a Theodor Zwinger sr. (vd. 124, 2, 4 nota 1274) o a suo figlio Jacob (vd. infra n° 230). 2413 Vd. supra n° 198. 2414 Si tratterà, con ogni verosimiglianza, di Joachim Kammermeister (Camerarius) sr.: vd. supra 83, 2, nota 835. 2408 Sic:
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ingeniorum Itala terrai2415 Mercuriales2416, Bucephalos2417, Ceccas, Aldrovandos et Aranti[i]2418 non illustre minus, quam viui, a funere nomen dignaque te dudum meditantem plurima Phoebo, ingeniose faber nasorum, Tagliacoti2419. Nec venit in partem tantae non Gallia laudis, Fernelio2420 inprimis, Hippocraticoque Dureto2421, Rondeleto2422, Hollerio2423, Cordaeo2424 animaque Galeni, te, Sylvi2425, et calamo, Iuberti2426, et voce superba. Adde illos gentis magnos heroas Iberae, Vallesium2427 Veigamque2428 Vegamque2429 Menamque24302431 et Mercati2432 obitos longa super arte labores: [Peredamque2431 quos, Scholzi, quantosque viros? Laudabile certe ac facinus palmare facis, qui, tanta secutus exempla, in medium recte tum consulis ipse, tum consulta aliorum ac scita salubria ponis.
20
25
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2415 Si
noti la raffinatezza della desinenza arcaica. supra n° 162. 2417 Non so a chi il termine (e la stessa cosa vale per il successivo Ceccas) si riferisca. Inoltre non riesco a comprendere le desinenze: se si tratta di accusativi plurali, non so come funziona la sintassi, se si tratta di nominativi singolari, non torna la desinenza -os di Aldro vandos, che dovrebbe essere breve, ma qui è scandita come lunga. Per Ulisse Aldrovandi vd. supra n° 5. 2418 Vd. supra n° 13. 2419 Gaspare Tagliacozzi (Tagliacozzo, Tagliacozza), medico italiano e primo esperto di rinoplastica (Bologna 1546-ivi 7/11/1599): cf. AGL 4 cc. 985 s.; BL 5, 507; Mazzetti 297 n° 2941. 2420 Vd. supra n° 97. 2421 Vd. supra 32, 4, 21, nota 167. 2422 Vd. supra 32, 4, 23, nota 168. 2423 Vd. supra n° 127. 2424 Vd. supra 115, 7 dedica. 2425 Vd. supra n° 86. 2426 Vd. supra n° 134. 2427 Francisco Valles (Franciscus Val(l)esius), medico spagnolo (Cavarrubias 1524-1592): cf. AGL 4 c. 1417; BL 5, 697 s.; EUI 66, 1102 s. 2428 Tomás Rodrigues da Veiga, medico portoghese (m. 1573 ca.): cf. AGL 4 cc. 1493 s.; BL 5, 715; EUI 67, 559. 2429 Cristóbal de la Vega, medico spagnolo (Alcalà 1510-1593): cf. AGL 4 cc. 1489 s.; BL 5, 715; EUI 67, 467 s. 2430 Fernando Mena, medico spagnolo (seconda metà del sec. XVI): cf. AGL 3 c. 408; BL 4, 160; EUI 34, 548. 2431 Pedro Pablo Pereda, medico spagnolo (sec. XVI): cf. AGL 3 c. 1378; BL 4, 553; EUI 43, 586. Verso ipermetro. 2432 Pedro Mercado (Petrus Mercatus), medico spagnolo (Granada 1514-Roma 1585): cf. AGL 3 c. 450; BL 4, 169; EUI 34, 800. 2416 Vd.
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CARMINA MEDICALIA
Per te Caesareus vivuit Crato2433, redditus Orbi post cineres: viuunt alii, solertia quorum, ausa modis augere nouis inuenta piorum, hoc aeui enituit, medica spectabilis arte. Illa adeo dignanda quidem maiore corona, quo magis errorum surgentibus vndique monstris pugnauit, Medicinae ipsam inuadentibus arcem antiquae et summi laudatae voce Tonantis ac docuit sapiendum aliquid, quod prodeat vltra carbones cineresque et olentes sulphura furnos. Ast sacrae constabit honos suus integer arti (sat scio nec metus est), dum, Scholzi, teque tuique assimiles pia fata dabunt, Germania dumque cum sene Munzigero2434, per Boiae fertilis vrbes, Mermannos2435 Fabrosque2436 feret charissima nobis pectora et illa duplex Rhenani gloria Phoebi, dilectus socio, modulanti dulce Melisso2437, Posthius2438 his auris, hac solis luce fruetur. Perge dehinc igitur magnis non degener orsis (namque tibi florens integraque sanguinis aetas ingenium viuax acuit; stant robore nerui; mi vero in tenui tenues sunt corpore vires et, capiti furtim obrepens, caua tempora signat nuncia canicies senii mortisque propinquae): hanc insiste viam, pede quae tibi trita secundo est hactenus, et patriae et crescenti consule famae; quod te Asclepiadum per sacra salubria et ipsum Hippocratis genium, Scholzi dilecte, precamur!
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Philippus Menzelius2439, philos(ophiae) et medic(inae) doctor ac in inclyta Academia Ingolstadiana professor, etc.
* * * 2433 Vd.
supra 199, 1, 2, nota 2402. Muntzinger, medico svizzero (Basilea 1522-dopo il 1565): cf. AGL 3 c. 759. 2435 Thomas Mermann, medico tedesco (Colonia 1547 o 1549-26/12/1622): cf. AGL 3 c. 467; BL 4, 176. 2436 Non pochi i medici tedeschi di cognome Faber: Georg (sec. XVII): vd. supra 84, 5; Johann I (Norimberga 1566-Basilea 7/2/1619): cf. BL 2, 457; Johann II (1570-Roma 1640): cf. AGL 3 c. 468. A non tener conto di Johannes Faber, medico, scienziato e accademico linceo (Bamberg 1574-Roma 1629): vd. S. Brevaglieri, Libri e circolazione della cultura medicoscientifica nella Roma del Seicento. La biblioteca di Johannes Faber, MEFRIM 102, 2, 425 ss. 2437 Vd. supra 13, 3. 2438 Vd. supra 39, 2. 2439 Vd. supra 164, 4. 2434 Heinrich
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[200] Epistolarum philosophicarum medicinalium ac chymicarum, a summis nostrae aetatis philosophis ac medicis exaratarum, volumen: opus, cum ob reme diorum saluberrimorum copiam, tum ob variam doctrinam ac varii generis diffici lium et obscurarum quaestionum explicationem, non solum medicis, verumetiam philosophis, admodum vtile ac necessarium, addito elencho rerum omnium notatu dignissimarum refertissimo, nunc primum, labore ac industria Laurentii Scholzii a Rosenaw, medicinae doctoris, isto modo foras datum, Hanoviae, typis Wechelia nis apud haeredes Ioannis Aubrii, 1610, cum priuilegio Caes(areae) Maiest(atis) ad annos decem [prima ediz. Francoforte 1598] [R.G. Medic. I.74 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [200, 1] Ad Laurentium Scholzium a Rosenaw, med(icum) Vratisl(avien sem) [distici elegiaci]
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Robur habet nomen, multis medicamina pollent viribus, in scriptis quae lego, Crato2440, tuis Caesaribusque tribus tua munia grata fuerunt et tot nobilibus complacuere viris. Omina nominibus non ergo subesse negabit, nomina cum factis qui[a] tua contulerit2441. Bartholomaeus Hubnerus2442, phil(osophus) et med(icinae) d(octor) ac in inclyta Erphordiensi Academia professor ordinarius, etc.
[200, 2] 199, 3 Aliud [strofe asclepiadea quarta = gliconeo + asclepiadeo minore] Te sublimem alii ferant, Scholzi, grandiloqui carminis alite: quod dudum es meritus, graui 2440 Vd. supra 199, 3, 33. Qui Scholz è assimilato a Crato, uno dei massimi rappresentan ti della medicina (in Germania e in Europa), la cui fama peraltro, nel carme immediatamen te successivo, sarà oscurata da quella dello stesso Scholz (200, 2, 29 ss.). Irregolarità proso dica, dal momento che in Crato (modellato sul greco κράτος e perciò con la prima sillaba breve: vd. nota 2441) la prima sillaba risulta lunga, così come avviene anche a 200, 2, 12. 2441 Evidente l’accostamento di Crato con il greco κράτος (cf. anche i vv. 1-2): vd. supra nota 2405. 2442 Bartholomaeus Hübner, medico, matematico e poeta (fine sec. XVI): cf. AGL 2 c. 1747.
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sudore, inuidiae cedere nescius. Ast me promere iuuerit Musarum ex adytis, quid tibi nominis nuper calculus omnium doctorum indiderit: Lucifer ipsus2443 es? Cratonem occubuum2444 nouis clarasti radiis: liuidus infremat osor luce tamen tua. Tam Crato enituit solis vt aemulus clara, sit2445, face phosphori, qua in caelo is rutilat, splendida vbi apparat mundum lampade visere; Breslorum haud aliter sol iubar extulit, Orbi, te duce, redditus, quem cursu insequitur luna vicario. Aeternum Patriae decus, insignis medica arte Monavius2446, extinctum at media, heu, die vitae: quod vario mentis acumine lucentem aspicimus, tuo debemus genio, quo velut Hesperus praefulges, radians vnam2447 lunae. Quid memorem caetera sidera, quae, dum clarius emicant, totum id muneris et luminis est tui? Felicem, ô, ter et amplius, tanto nomine quem Asclepiadae beant2448! Macte hoc, vt magis in dies splendentem2449 videant ortus et occidens.
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Elias Kuntschius Sil(esius), philos(ophiae) et med(icinae) doctor
[200, 3] 200, 2 Aliud [distici elegiaci] 2443 Si
noti l’uso di ipsus per evitare la sinalefe (o la necessità dello iato) di ipse es. sarà refuso per occubitum. 2445 Forse da emendare in sic. 2446 Sic: refuso per Moravius (sc. Moravus): Crato, come peraltro anche Scholz, era di Breslavia. 2447 Sic: sarà refuso per viam. 2448 Vd. supra 89, 17, 4, nota 910. 2449 Sc. te. 2444 Sic:
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200, 2 – 201, 1
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Hippocrates positas divum per templa tabellas, morborum testes et releuantis2450, descripsit primus solersque redegit in artem, Pergameum2451 quam post protulit ingenium. Scholziades, Coi felix imitator, et ipse colligit omnigenum scripta probata virum, quos Natura parens herbis vsuque medendi eximios inter fecit habere locum. Nam sane, Scholzi, ni sic tua cura fuisset, qua[e] vitae et famae consulis alterius, nomina multorum iam putris aranea haberet scriptaque perpetuo perderet vmbra situ. Sed tamen et soli tibi tam praeclara reperta quod non seruasti, laudis id ampla seges: omne bonum, quanto est maius, communius esse tanto etiam multis poscit et addit opem. Quid mihi thesauri, quos terris atra vetustas, vsibus humanis insidiosa, pr[a]emit? quid monumenta virum doctorum actique labores, obscuro cohibet quos grauis vmbra situ? quosue triparca2452 manus priuatos seruat in vsus, qualiter Hesperidum poma reposta draco? Non gemmam inuentam malefidis obruit vmbris vir bonus: Aonidum semper aperta foris.
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Tobias Scultetus Hermund., l(ibenter) c(anens) et p(onens), l(ibens) Vratisl(aviae) f(ecit)
[201] SENGUERD Arnold, docente di fisica e metafisica (Amsterdam 1610- ivi 8/3/1667 o 1668): cf. AGL 4 c. 504; BL 5, 229; Aa 17, 613 s. Arnoldi Senguerdii Osteologia corporis humani, Amstelaedami, apud Ioannem Ianssonium, anno 1662 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. VI.37 (3)]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [201, 1] Diffusae eruditionis viro, d(omino) Arnoldo Senguerdio, philoso phiae doctori et professori Amstelodamensi primario, bibliothecae publicae praefecto scholarumque trivialium curatori, etc., maece 2450 Sic:
proporrei, per salvare metrica e senso, (morborum testes et releuauit eos). a Galeno. 2452 Hapax in Plauto, Persa 266. 2451 Allusione
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nati suo, multis nominibus suspiciendo, corporis humani Osteolo giam typis exponenti [distici elegiaci]
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Deformi Thersite2453 licet deformior erres aut facies Venerem vincat amata deam aut quisquis nostro qui sese in littore vidit, quum mare placatis undique stabat aquis, huc ades, heic hominis nunquam data fallit imago, hic vultus prostat vera tabella tui. Non opus, ut metuas alio tu iudice Daphnin: hic tibimet iudex nunc datur esse tui. Si qualis, si quantus homo sis nosse requiras, ne quaeras aliud conditionis epos. Esse aliquid te forte putas? hîc cernis id ipsum quod sis, quod fueris, quod modo totus eris: hoc tibi Senguerdî demonstrat pagina docti, qui nos rite docet vivere, rite mori. Haec nunc humano tantum non exhibet Orbi, sed dedit illa manus officiosa diu. Per titulosque thesesque decem (quoque verba tenebam, et respondentum pars ego magna fui) Amstelicae dedit haec praeses libranda iuventae et fecit medicâ pulpita voce loqui: maiori sic Orbis homo qui parvus in Orbe per tales potuit tum patuisse theses. Exposuit doctor tum quidquid nos sumus omne, vindicat et quidquid trux Libitina sibi. Naturam quid, homo, iactas patriosque penates quid numerat fastus saecula longa tuus? Vivimus incolumes. Direptâ pelle quid, eheu! (quid sumus!) occluso lumine sordet homo. Nil morti mentis veneranda taberna resistit, nil facit ad minimum fabrica nostra decus. Cerne extra solum quid sis, non intus et exta: pomparum fiet Ilias illa minor. Sufficere humanae speculum Senguerdius illud (et recte) vitae credidit esse tuae. Ecce tibi sceleton, quod tu dum conspicis arcte, ipse typum sceleti conspicis usque tui. Disce vel hinc quisquis, seu nobile stemma genusve,
2453 Per far tornare il metro, l’ultima sillaba della parola, che dovrebbe essere lunga, è qui scandita breve secondo le schema della terza declinazione.
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201, 1 – 202
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sed formam clamas seu malesanus opes, omnia corruere et retro sublapsa referri et fatale malum semper adesse mori. Haec omnes nos scena manet mortisque figura sit diversa licet, mors tamen una tibi est. Nosce alios, verum potius tu γνῶθι σεαυτὸν dumque tibi constat vita, memento mori.
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meditando
[201, 2] 201, 1
Declinatio hominis et sceleti szazon2454 [trimetri giambici scazonti]
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Homo hominis homini, hominem Homo, homine
qui, superbos patrios lares iactans, vices viresque sanus indagat, fragilitatis typo, nihil posse tribuere noscet optime firmi. sis potius ergo memor tui: namque occidente fastus occidit totus.
Sceletum2455 Sceleti sceleto sceletum Sceletum, sceleto
repente sisteris veternosum. figuram (quam dat umbra pulvisque) dicatus exprimes salutarem, prius quam homo szazonte declinet. ne declinare tu facis vitam? hinc parum distant viva2456 mortuo membra.
Hominem atque sceletum vita morsque declinat meditando I(ohannes) L. Blasius, iurisconsultus2457
[202] SENNERT Daniel (Breslavia 25/11/1572–Wittenberg 21/7/1637, di peste): cf. AGL 4 cc. 506 s.; BL 5, 230; ADB 34, 34 s. Danielis Sennerti Vratislaviensis, doctoris et medicinae professoris in Acade mia Wittebergensi, Operum in sex tomos divisorum tomus primus, quo continen 2454 Sic:
refuso per scazon. latino (e in greco) il termine è di norma maschile: qui evidentemente è fatto deri vare da σκελετόν (sc. σῶμα), cadaver. 2456 L’insormontabile difficoltà metrica può essere risolta proponendo vivo mortua. 2457 Vd. supra 33, 2, nota 186. 2455 In
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tur Epitome scientiae naturalis; Hypomnemata physica; Methodus discendi medi cinam; De consensu et dissensu chymicorum cum Galenicis; De origine animarum in brutis. Editio novissima, caeteris omnibus tum correctior, tum auctior tomo vno: quantum vero reliquis locupletior sit, patet ex monito bibliopolarum post epis tolam nuncupatoriam, Lugduni, sumptibus Ioannis Antonii Huguetan, 1676, cum privilegiis s(acrae) Caes(areae) Maiest(atis) et regis christianissimi [prima ediz. Venezia 1641] [R.G. Medic. I.65 (1-3)]
[202, 1] Nel verso della pagina che precede il frontespizio è presente, a piena pagina, un bel ritratto ovale di Sennert con la scritta circolare Daniel Sennertus, med(icinae) d(octor); sotto il ritratto compaiono i versi seguenti: 202 [settenari trocaici] Vin Meditrinae medullam nôsse? Sennertum vide: ora sic tulit, parem qui vix habet laude ingenî. Car(olus) Sponius2458, d(octor) m(edicinae)
All’inizio dell’opera, tra l’altro, compaiono Iudicia [sc. su Sennert] viro rum aliquot clarissimorum. Riporto quelli in versi: [202, 2]
[distici elegiaci] Si quis Aristotelem vellet, si cernere vellet et Coum medicum Pergameumque senem, huic ego Aristotelem, sed huic ostendere possem et Coum medicum Pergameumque senem. Nec vero Elysias censerem accederet2459 vmbras, vsurpare oculis Hellados hos oculos. Leucoria2460 hic iret, sed et ad te, Coe secunde, alter Aristoteles, reddite Pergamee, etc.2461
5
Ianus Schlegelius2462 p(osuit) l(ibenter)
2458 Vd.
supra 45, 1. sarà refuso per accedere . 2460 Sarà adattamento, per motivi metrici, di Leucocoria, antica denominazione della città di Wittenberg (cf. Orbis Latinus s.v.): vd. anche infra 202, 7, 6; 202, 9, 89. 2461 Sic: il carme continua? 2462 Non so se si possa trattare di Johann Andreas Schlegel (seconda metà del sec. XVII): cf. AGL 4 c. 276; BL 5, 81. 2459 Sic:
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[202, 3]
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202 – 202, 4
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[distici elegiaci] Itala Montanum2463 dat tellus datque Ficinum2464, dat Pendentis Aquae flumina2465 datque Salam2466; teque Antenorei studii, Sylvatice2467, lumen, cuius vt Hippocratis singula verba colo. Gesnerum2468 studiosa dedit Germania, gnarum artis Sennertum, te quoque, magne Crato2469. Gallia Fernelium2470, Riolanos2471 atque Duretum2472, Vessalium2473 et doctum Belgia Spigelium2474. In carmine in honorem d(omini) Adriani Spigelii, primarii in Patavino studio anatomiae et chirurgiae professoris, scripto et Patavii impresso2475, Ioan(nes) Broscius2476, ordinarius in studio Cracoviensi mathematicus
[202, 4]
5
[esametri dattilici] Adde huc divinae tibi cognita dogmata ad vnguem chymiae, duce Sennerto: quo gravior alter corticibus nucleum fractis evellere, purum solvere ab impuro succisque intendere vires molis in exiguae centrum faciesque coactas et sic iucunde, tuto, cito tollere morbos, nemo scholis nunc est et famâ notior Orbi.
2463 Giovanni Battista de Monte (Montanus), celebre medico (Verona 1489-Terrazzo 1551): cf. AGL 3 cc. 627 s.; BL 4, 248 s. 2464 Marsilio Ficino, celebre umanista (Firenze 19/10/1433-Careggi 1/10/1499): cf. AGL 2 cc. 599 s.; BL 2, 514; Eckstein 157; Pökel 78; DBI 47, 378 ss. a cura di Cesare Vasoli. 2465 Vd. supra n° 96. 2466 Si potrebbe qui alludere o ad Angelo Sala, chimico e medico (Vicenza 1576-1637: cf. AGL 4 c. 41; BL 4, 954) o, forse meglio, a Gian Domenico Sala, medico (Padova 1579 -1/3/1644: cf. AGL 4 c. 41; BL 4, 953 s.). 2467 Benedetto Sylvaticus, medico (Padova 1575-ivi 1658): cf. AGL 4 c. 959. 2468 Vd. supra n° 68 tit. 2469 Vd. supra 199, 1, 2, nota 2402. 2470 Vd. supra n° 97. 2471 ��������������������������������������������������������������������������������������� Jean Riolan sr. (1539-1606): ����������������������������������������������������������������������� cf. AGL 3 cc. 2105 s.; BL 4, 822. Per Jean Riolan jr., fi glio del precedente, vd. supra 157 tit, nota 1635. 2472 Vd. supra 32, 4, 21, nota 167. 2473 Vd. infra n° 214. 2474 Vd. infra n° 207. 2475 Non riesco a trovarne traccia. 2476 Jan Brózek (Broscius) (1585-1652): cf. PSB 3, 1 ss.
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In carm(ine) gratulat(orio) Ioan(nis) Georg(ii) Pelshofer2477, 1625, Philip(pus) Mollerus2478, med(icinae) licent(iatus) et p(rofes sor) p(ublicus) mathem(atices) in Acad(emia) Lips(siensi)
[202, 5] 202, 4
[distico elegiaco] Fernelium2479 Gallus iactat, sed Belga Forestum2480. Credite: Sennertum Saxo superbus habet.
[202, 6]
Aliud [distici elegiaci]
5
Sennertus nisi vixisset, Medicina perisset languida, de cuius vita habet haec animam. Quae, si pro merito autori det praemia vitam, cornicis2481 valeat quâ superare dies, tunc erit ipsa sibi nutricla reciproca, quôque aetatis seclo, ne vitietur anus. Daniel Cramerus2482, d(octor) theolog(iae), Stetin(ensis) Pom(e ranus)
[202, 7]
5
[distici elegiaci] Fernelius2483 Gallos: te, Witembergia, clarat Fuchsius2484 et Batavis Heurnius2485 arte cluet Poeoniâ, cuius solide fundamina libris saepe laborarunt constituisse suis. Praestitit ast vnus Sennertus: hic hercle iuventae
2477 Johann Georg Pelshofer (Pelzhofer), medico tedesco (1599-Wittenberg 11/7/1637): cf. AGL 3 c. 1363. 2478 Philipp Müller, studioso di medicina e di scienze naturali, professore di matematica a Lipsia (Herzberg 11/2/1585-26/3/1659): cf. AGL 3 cc. 740 s.; ADB 22, 668. 2479 Vd. supra n° 97. 2480 Vd. supra n° 101. 2481 Era tradizione che la cornacchia avesse vita lunga: cf. Otto 93. 2482 Daniel Cramer, teologo luterano, storico e autore di versi sacri (Reetz 20/1/1568-Stet tino 5/10/1637): cf. AGL 1 cc. 2166 ss.; ADB 4, 546 s. 2483 Vd. supra n° 97. 2484 Vd. supra n° 104. 2485 Vd. supra n° 119.
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202, 4 – 202, 8
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Leucoreae2486 medicum consolidavit opus. Hic illustravit solerter et ordine, quidquid ipse Galenus habet, quicquid et Hippocrates, nomen vt aeternum digne mereatur; at ecce! vox ferit auriculam: «Est viuus is Hippocrates». Galli igitur, Wittembergi Batavique celebrent quique suos: alium det Wit[t]eberga sonum. Mî pro Fernelio, pro Fuchsio et Heurnio amatur Sennertus solus, solus Apollo mihi est.
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W.S.D.
* Il terzo volume dell’opera contiene, tra l’altro, l’Epitome librorum de febribus, che inc. (pp. 323 s.): Excellentissimo viro, d(omino) Carolo Spo nio2487, doct(ori) med(icinae) Monspeliensi, Collegio medicorum Lugdunen sium in Galliis aggregato, Philippus Iacobus Sachs a Lewenheimb, d(octor) med(icus) Vratislauiensis et Collegii Naturae Curiosorum collega2488; expl.: Interim vt recens natis acclamabant veteres “Hodie nate salue”, boni omi nis causâ, patere quaeso vt gratulatoriis versiculis instantem hunc partum amice consalutem tuamque benignam opem in ipso promouendo implorem atque celebrem [202, 8]
Carmen προσφωνητικὸν [distici elegiaci] Sennertum et Doeringiaden2489, fidissima quondam pectora, amor, studia ac patria nexuerant. Tam rari vero arcta paris Mors foedera soluit; Sors quoque tentabat perdere mentis opes: mentis opes foetusue, ab iis perarata vocamus de medicis rebus vomere epistolico. Haec scripta, ô Sponi, tenebris te vindice surgunt sicque nouo manes foedere conueniunt,
5
2486 Vd.
supra 202, 2, 7. supra 45, 1. 2488 Philipp Jakob Sachs von Löwenheim (Breslavia 26/8/1627–ivi 7/1/1672): cf. AGL 4 c. 16; BL 4, 943; ADB 30, 142 s. 2489 Michael Döring, medico tedesco (Breslavia-ivi 1644), genero di Sennert, con cui in trattenne un epistolario circa un’epidemia di scarlattina che imperversò nel 1627: cf. AGL 2 c. 165; BL 2, 285; ADB 5, 350. 2487 Vd.
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quod neque Mors poterit neque Sors neque frangere Mauors, quem Germano hodie Turca Scythesque mouent. Saluete, heroës rediuiui, sidere fausto vosque perenni aeuo fama loquatur anus! At tu, Breslenses reuocans a funere ciues, haec a Breslensi suscipe vota viro: dent tibi Castalides, rogo, praemia digna sorores, eximiâ, Sponi, pro pietate tua. Quin faxint, vt perpetuum ver incubet vrnae, quando «vale» iubari dixeris aetherio!
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Datum Vratislav(iae) Silesiorum Kal(endis) Martii anni 1664
* Il medesimo trattato sulle febbri così si conclude (pp. 501 s.): [202, 9] 202, 8
Conclusio
Atque haec, lector beneuole, sunt quae de febribus iam dicere potui: voluissem plura et meliora et forsan potuissem, si otium illud, quo nonnulli abundant, mihi quoque concessum fuisset: verum haec pleraque, inter morbos epidemios superiorum annorum et crebras aegrotantium interpellationes animo hinc inde distracto, conscripta fuerunt. Pro quibus ipsis tamen, Deo ter opt(imo) max(imo), omnium bonorum authori, gratiae immensae debentur ideoque hymnum, quem, sub initium anni 1614 febris quartanae, quâ laboraueram, et pestilentiae grassantis periculis libe ratus atque ereptus, Deo seruatori cecini, hîc subiungere et quasi votiuam tabulam suspendere volui, imo debui. [esametri dattilici]
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Ergo iterum desueta diu iamque obsita longum spisso plectra situ in numeros animare canoros inclyta facta iubent bonitasque immensa Iehouae. Eia age mens, cor, lingua et corpore quicquid in hoc est, exerere2490 et, quascunque potes, nunc collige vires totumque in laudes te magni effunde Iehouae. Mens eia exerere et meritas patrique Deoque clementi grates persolue atque omnia in vnum sis conferre memor laudum ornamenta Iehouam. Ille quidem iustus Deus est, abnormia plectens
2490 Sic: proporrei, come anche a v. 7, exere[re] et. A non voler congetturare exequere: vd. v. 5 collige, v. 6 effunde, v. 8 persolue.
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facta hominum: at, facilis veniae et placabilis idem, non memores durus2491 producit longius iras, sed leuat oppressos vltro gemitusque precantum audit nec blandi affectum Patris exuit vnquam: nam scit, quam nostrae fragilis sit fabrica massae. Ecce, etenim, vrentis me vis longinqua tenebat morbi: languebam, ceu flos, cui feruidus auster abstulit afflatu succum gratumque decorem: iam mihi mors atra ante oculos tenebraeque sepulchri versari! Tum clamaui: «Ne, quaeso, dierum nunc abrumpe mihi numerum, pater optime, parce!». Audiit orantem et mea mi peccata remisit; audiit orantem et morti tenebrisque sepulchri me bonus eripuit, cordi membrisque vigorem reddidit antiquum et curas tristemque dolorem laetitia luctumque hilari mutauit ouatu. Post cum praesentem intentarent omnia mortem, vt tenebras mortis vitarem et mille pericla, me baculo rexit pastor bonus: ille, sinistra et dextrâ strages inter morientium et inter pestiferi occulte volitantia tela veneni, liberum ab interitu seruauit meque sub alis, ceu pullos gallina, manu omnipotente tueri et tutum in mediis voluit praestare periclis. Summa: Deus bonus est et, quam promittere larga spes vnquam potuit, largitur plura benigne: ergo tot toties liber, Deus alme, periclis, ergo tot toties auctus, pater optime, donis. Quid faciam? quo te iam gratus munere donem? nil habeo, Deus: omne tuum est, quod pontus et aether, quod tellus habet; hoc vnum mihi restat egeno, vt grates tibi persoluam: quare accipe grates, verum quas valeo, non quas tibi debeo grates! Magnus es, ô Deus, atque tuum mirabile nomen! Magnus es et, nullis prensandus sensibus, omne immensum humani ingenii excedis acumen: principium sine principio, te nulla coërcet meta nec vllius te claudit terminus aeui, nil tibi cras, vel heri: sunt cuncta hodie, omnia sunt nunc. Omnia scis et cuncta potes; tu totus vbique cuncta reples; praesens sustentas omnia; praesens cuncta regis; cunctis tua dat praesentia vitam;
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2491 Con
valore concessivo: “per quanto dovrebbe essere implacabile”.
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omnia habes; nullius eges; mutabile nil est in te. Cuncta agitas nec te tamen omnia agentem exercet labor: est requies, sunt otia semper laeta tibi, in te vno requies tua: sufficis vnus ipse tibi; melius nil te; nil omnia prae te; omnia sunt a te; per te sunt omnia et in te! Magnus es, ô Deus, et totus mirabilis idem! Verum cuncta tuae superat facta inclytae dextrae erga mortales miseros clementia amorque atque super cunctos bonitas tua maxima coelos eminet immensum. Lapsis peccata remittis, erigis oppressos mediaque in morte iacentes seruas et mortis ereptos2492 [in]pristina reddis. Sed, quo2493 plura cano, restant mihi plura canenda. Deficiunt vires, dextrae benefacta benignae non obtusa capit mens haec: mea lingua, meum cor non laudes aequare tuas, non facta referre (o vere miranda!) potest, lingua haesitat et mens tot donis cumulata stupet, tanto aucta fauore. Ergo cum desint vires, tibi prompta voluntas et grato placeant hae fusae e pectore grates. Sed, pater, et porro antiquo me amplectere amore auxiliumque a te sperantem rebus in arctis non speratâ ope destitue spes credula ne me in te confundat fidentem. In corpore sano da sanam mentem, vt laeto te pectore semper laudare ac recte, mihi quae expedienda dedisti, officiis fungi et tua iussa capessere possim. Pestiferi depelle procul contagia morbi et tandem depone graues, vt mitis es, iras. Vndique sit nobis salua haec Sarepta2494 nec ignem nec pestem nec bella famemve, aut quicquid alumnis nempe tuis Satanae minitantur visque dolusque, ploret: in excubiis coeli felicis alumni stent vigiles. Saluus sit, defensoribus istis, cum patria patriae pater et schola floreat annis Leucorea2495 innumeris, serorum ad secla nepotum, vt commissa sibi diuina oracula, linguas
2492 Forse da emendare in ereptis, dal momento che il successivo in deve essere espunto per motivi metrici. 2493 Sic: forse da emendare in quo: “nella misura in cui”. 2494 Città fenicia, dove il profeta Elia guariva i malati e resuscitava i morti: cf. Re 3, 17, 8-24; Luca 4, 26. 2495 Vd. supra 202, 2, 7.
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atque artes, dia famae monimenta, propaget. Sic cor, sic linguam, sic corpore quicquid in hoc est, in laudes animabo tuas. Te luce canam, te nocte canam, penitae fibrae te pectoris, et quod in me est cunque, tuam bonitatem almumque fauorem perpetuo celebrabunt et tua facta sonabunt, inclyta facta, tuaeque feram miranda potentis gesta manus, vivens dum spiritus hos reget artus: quin natis narrabo meis illa omnia natique2496 vt natis porro narrent memoranda iubebo. Verum quid promitto, Deus? promittere quicquam me quando intueor, mea cum promissa recordor, ausim ego? quin potius sic tendo ad sidera palmas. Qui mentem expromptam, Deus, et qui velle dedisti, da quoque posse2497: etenim sine te mea nulla potestas; idem2498 fac rectis adsit constantia factis. Dux operum semper tua sit sapientia; ab alto illam mitte throno coeli: scintillula lucis diuinae ignigenis radiis emissa, pigrantem fomitem in ingenii mentem hanc accendat, amore vsque vt inexstincto verique calescat et aequi. Vi vitae, quod restat, iter, perque auia perque obscuras mundi tenebras et nubila caeca, praelucente facem te recto tramite pergam! Sic erit, vt quondam felici sede receptus, cum Cherubim, Seraphim et coelestis ciuibus aulae omnibus, aeterno celebrem tua numina cantu et «sanctus, sanctus, sanctus, ter maxime terque optime» non cessante canam per secula ouatu!
[203] SEVERINO Marco Aurelio, medico e anatomista (Tarsia 2/11/ 1580-Napoli 15 o 16/7/1656, di peste): cf. AGL 4 cc. 539 s.; BL 5, 242 s. Marci Aurelii Severini, Thurii Tarsiensis, philosophi ac medici, anatomiae et chirurgiae regio in Lyceo Neapoli professoris primarii, Vipera Pythia id est de vipe rae natura, veneno, medicina, demonstrationes et experimenta noua, Patavii, typis Pauli Frambotti bibliop(olae), 1651, Superiorum permissu [prima ediz. Padova 1643] 202, 9 [R.G. Medic. IV.763]
2496 Verso
ipermetro. me. 2498 Adoperato avverbialmente: “e parimenti”. 2497 Sc.
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All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [203, 1]
Ad auctorem clarissimum [distici elegiaci] Vipera, quae siluas coluit vaga, regna Dianae, nunc Heliconiadum gramina carpit humo et, quae venantem Latoida2499 terruit atra, ad medicas Marci ludit amica manus. Mira fides: scripta haec dum dat, sua philtra Severus, mortiferam colubri dedidicere luem!
5
[203, 2]
Hieronymus Bombinus, Soc(ietatis) Iesu2500
Ad Phoebum De antidoto ex vipera [strofe asclepiadea quarta = gliconeo + asclepiadeo minore]
Sic flauos tibi ventilet crines aura leui ludicra flamine et colli vaga per niues lasciuâ volitet caesaries fugâ. 5 Intonsa nitidus coma collis diue potens, Phoebe, biuerticis, huc praesens ades et chelyn vocemque ambrosiis consocia modis. Vincendum tibi mellei 10 virus vipereum nectare carminis: artem namque Machaonis tu calles, medicis usibus arbiter. Dic qua pharmaca vi potest inflicto coluber condere vulneri 15 et qua lege, venenifer olim, saeuitiam nunc posuit suam. Vires, quas rapuit ferox, iam mista moriens restituit dape. Ibat per nemorum iuga, 20 attollens humeris colla tumentibus, linguis tergeminis minax, nuper dum liquidam vipera semitam coeli lambit; et horridas 2499 Diana, 2500 Si
figlia di Latona. tratta, con ogni verosimiglianza, di Pietro Paolo Bombino: vd. supra 54, 17, nota
348.
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in spiras sinuat flexa plicatilem2501 caudam, siluigenûm2502 metus pastorum; tacito quam pede presserat auceps callidus et suis captiuam subito condidit arculis victor: tum chalybes truces 30 in cotes acuit sanguineam ad necem. Dein caudae capita infimae coniungens digito, certius expedit vulnus scissaque protinus abscedunt mediis ultima partibus. 35 Ast illa inter aquas diu caudam trunca simul truncaque verticem, pellis nudaque tegmine, luctata en Lachesis increpitans moram. Tum, ne quid superet, faces 40 coxerunt vitium coctaque pharmacum miscet vipera vulneri: quid non ingenii consiliis licet? 25
P(etrus) Sacconus2503
[203, 3]
[trimetri giambici] Quodnam veneno postulatis Pythium alexipharmacum? Severus2504 illico de vipera promptum dat ac peritia longa petitum, quo tuetur intimis ergastulis Natura quicquid abdidit. Venena sic pellunt venena protinus vili paratu graminis recondita, vt bezaar2505 frustra petatis obsidem salutis, huic Aurelius domesticis dum pharmacis doctoque consulit stilo.
5
10
Fortunius Licetus2506
2501 Presente
in Plinio, nat. hist. 5, 59; 10, 86. latino classico è attestato solo silviger. 2503 Si tratta forse di Pietro Paolo Saccone, autore di un carme pubblicato nel 1601: cf. Aliquò-Taverriti 3, 174. 2504 L’appellativo Severus — in luogo di Severinus — è ovviamente determinato da motivi metrici. 2505 Sic: vd. supra 38, 1, nota 207. 2506 Fortunio Liceti (Liceto), medico ed erudito (Rapallo 3/10/1577-Padova 17/5/1657): cf. AGL 2 cc. 2420 s.; Eckstein 334; Pökel 156; DBI 65, 69 ss. a cura di Giuseppe Ongaro. 2502 Nel
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[203, 4]
[esametri dattilici] Viue diu, generose senex, sanctissime mysta Palladis, Hesperiae decus indelebile magnae. Viue diu: nam, dum viuis, non pauca subinde ad diam veniunt selecta volumina lucem, queis referas Naturae adyta et, procul ire tenebris iussis, Cecropii illustras confinia mundi Socraticosque doces iuuenes potare fluenta[m] Pergameae sophiae, totum quae sospitat Orbem. Viue diu: nam, te viuo, morbique febresque, quicquid et humanos vexando detinet artus, aufugit et trepidum petit atri lumina2507 Pluti. Viue diu, iudex procul a liuore remotus, nomen amicorum contra conuitia vulgi vsque tuens et Momorum maledicta refellens, tanto animi affectu, tanta pietate refulgens, vt qui te nouit, Marce, o doctissime Marce, protinus acclamet repetendo verba diserta: «Viue diu, generose senex, sanctissime mysta Palladis, Hesperiae decus indelebile magnae!».
5
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[203, 5]
Paganinus Gaudentius2508 [distici elegiaci]
Vipereos quid, Marce, sinus latebrasque volutas? nonne times anguis tabe fluente latus? An facies formosa poli Thetidisque profundae non fuerat chartis apta serenda tuis? Fallimur: haec ultro discunt mitescere, quando mite nitet coelum, mitis et unda silet. Mitis ut in tectis posthac eat anguis, ab aureo debuit eloquio mitior ire tuo.
5
[203, 6]
Ad eundem [distici elegiaci] Mercurio par cuncta deo spectabilis erras
2507 Sic:
refuso per limina. Gaudenzi, erudito e storico (Poschiavo, Grigioni 9/6/1595-Pisa 3/1/1649): cf. AGL 2 cc. 882 ss.; Eckstein 182; Pökel 89; DBI 52, 676 ss. a cura di Giampiero Brunelli. 2508 Paganino
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atque refers censu diuite mille notas: siue lyram tractat, Martem seu carcere soluit, euolat aligero seu per inane gradu. Pegaseam tu, docte, lyram, tu nablia pulsas, saucia pannoso e carcere membra rapis. Italiam vaga facta tuum iam Fama per omnem nomen agit, pennas dum citat acta [ut vid.] leues. Defuerant angues, gestat quos pacifer Hermes, vipera Mercurium te decet ista suum.
5
10
Ioannes Bapt(ista) Clericius
[203, 7]
[distici elegiaci] Vipera, Parthenopes dudum concepta lacunis, collibus Euganeis Pythia, Phoebe, redit. Munus habes medico dignum, nec vilius auro Aureli claro nomine vernat opus. Quae vis bestiolae, qua2509 venis toxica pellat dira, Severini culta pagella docet. Discite, Phoebigenae, paruo producere vitam: discite quam tuto noxia saepe iuuent.
5
Ioannes Rhodius2510
[203, 8] Al sig(nor) d(ottore) Marc’Aurelio Severino, scrittore absolutissi mo della vipera Pithia Questa, che miri ingiuriosa a morte, lacero il sen, cadauero di vita, se fu tosco atrocissimo di vita, fia già sferza inuittissima di morte. O qual’arte o qual’opra in grembo a morte spirar per mano vltrice aura di vita et con armi di morte ordir la vita et con spegner di vita, ancider morte. Versi adunque Megera, apri Pandora stuolo di mali, insidioso et fosco, ch’opposti a tanto horror affidi ancora. Sorga de Libii campi il più spietato angue che spiri horrendo et mortal tosco:
5
10
2509 Sc. 2510 Vd.
vi. supra 30 tit.
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che questo ancor potrai iungere el fato.
Mutio Camponeschi med(ico), fis(ico) di Ciuità Regale
[203, 9] 203, 8 Tu, che primier vai nel peonio choro, de chiari gesti tuoi ben puoi pregiarte: tra noi d’eccelsa sapientia et d’arte celebre esempio et del bel dir sonoro. Già spinto a Lete, nel vital restoro rendi l’huom fral, fatto immortale in parte, nuouo Esculapio, che le membra sparte aggiungi et serbi col salubre alloro. Deue a te più che al di Cò vecchio il mondo, buon Severin, ch’a miseri mortali spieghi di fiera rea velen secondo2511. Ve’ là su in Ciel la tua Pithia gentile giunta al suo pari: hor chi l’ha preste l’ali, pensier, forma, ordimento, ingegno et stile.
5
10
Del medesimo
* * * [204] Marci Aurelii Severini Crathigenae Tharsiensis, in regia schola Neapolitana anatomes et chirurgiae professoris singularis, De efficaci medicina libri III, qua Herculea quasi manu, ferri ignisque viribus armata, cuncta, sive externa sive inter na, tetriora et contumaciora mala colliduntur, proteruntur, extinguuntur, adiuvan tibus aeque pragmatias2512 experimento, methodi fulcimento, auctoritatis comple mento: opus antehac in arte desideratum, nunc rursum in lucem datum, Francofur ti ad Moenum, sumptibus Ioan(nis) Ludovici Dufour Genevensis, typis Balthas(aris) Christophori Wustii iun(ioris), anno 1682 [prima ediz. Francoforte 1613] [R.G. Medic. I.19] [Tav. VIII]
Nel verso del frontespizio sono riportati i seguenti versi: [204, 1] Hieronymus a Montibus, marchio Conclanensium illustrissimus, de Marco Aurelio Severino, tempestatis suae Chirone, ad Partheno pen alumnam suam 2511 Sic:
sarà refuso per fecondo. Il di Co’ vecchio di v. 9 è, ovviamente, Ippocrate. non attestato nel latino classico e medioevale e ricalcato sul greco πραγμα
2512 Termine
τείας.
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[distici elegiaci] Aurea subvexo2513 micuit, quae lingua palato Attica Beroo munus habere dedit; iamque Severino quid non ponatur imago, aurea cui niteat Parthenopeaea manus? Munere quanquam uno quid utrosque ornaveris aeque praestititis2514 verbis, praestat at iste manu.
5
Hieronymi Iovini, u(triusque) i(uris) d(octoris) ingeniosissimi, anagramma purum MARCVS AVRELIVS SEVERINVS EN MIRVS RE IVVAS, LVES CVRAS
Aliud VERVS ET IN CVRA MIRVS VALES2515
Dopo una linea orizzontale segue: [204, 2]
[esametri dattilici] Ignoti nova forma viri venerandaque cultu: sic oculos, sic ille manus, sic ore ferebat, omnia Mercurio similis vocemque coloremque2516 argutumque supercilium: qui spiritus illi, qui vultus vocisque sonus, qui gressus eunti, eloquar, an sileam? Nec vox nec verba sequuntur, si vero tristi languebunt corpora morbo: cum furit atque artus depascitur arida febris, huc tandem concede: haec ara tuebitur omnes. Ac, dum prima lues udo sublapsa veneno pertentat sensus atque ossibus implicat ignem, iamque aderit Phoebo ante alios dilectus Iapis Poeonium in morem senior succinctus amictu, ausus et afflictis melius confidere rebus: infectum eluitur scelus aut exuritur igni. Est vapor et toto descendit corpore pestis
5
10
15
2513 Sic:
forse refuso per subnexo. proverei a emendare in atque / praestiteris. 2515 L’anagramma non è perfetto, dal momento che una t ha preso il posto di una origi naria s. 2516 Verso ipermetro. 2514 Sic:
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angustaeque ferunt fauces aditusque maligni suppliciter tristes et tunsae pectora palmis concurrunt, haeret pede pes densusque viri vir: ille regit dictis animos et pectora mulcet. Succedunt matres ac templum thure vaporant: thura calent arae sertisque recentibus halant.
20
Ad suae gentis viros studiosos e Virgilio centonem Ioh(annes) Georgius Volckamerus2517 Norimb(ergensis), med(icinae) d(octor), de cl(ari) viri specie sibi primum cognitâ venerabundus sic alludebat
I versi virgiliani dai quali il centone è composto sono i seguenti (quan do manca l’indicazione dell’opera virgiliana, si tratta dell’Eneide. Tra pa rentesi indico prima la lezione originale e subito dopo l’eventuale variante del centone): v. 1 = 3, 591 (miserandaque] venerandaque); v. 2 = 3, 490 (ora] ore); v. 3 = 4, 558; v. 4a = buc. 8, 34 (hirsutumque] argutumque); vv. 4b-5 = 5, 648 s.; v. 6a = 3, 39; v. 6b = 12, 912 (aut] nec); v. 7 = georg. 4, 252 (vita tu lit] si vero); v. 8 = georg. 3, 458; v. 9 = 2, 523; vv. 10-11 = 7, 354 s.; v. 12 = 12, 391 (aderat] aderit); v. 13 = 12, 401 (Paeonium] Poeonium); v. 14 = 1, 452; v. 15 = 6, 742; v. 16 = 5, 683; v. 17 = 11, 525; v. 18 = 1, 481; v. 19 = 10, 361 (viri] viro); v. 20 = 1, 153; v. 21 = 11, 481 (et] ac); 22 = 1, 417 (ture] thura). Dopo una linea orizzontale segue: Aliud
[204, 3]
Vedi il buon Marco d’ogni lode degno bien2518 di filosofia la lingua e ’l petto: posto ha chirurgia l’ultimo segno.
[204, 4] 204, 2
[distici elegiaci] Aureli, mihi chare senex, quas Itala laudes lingua tibi tribuit! ressonet2519 has Latium: Marcus adest sophiae sic linguâ ut pectore dives, auspice quo Cheiron ultima signa tenet. Venerando seni seros dies apprecatus, posuit Ioannes Guiliel
2517 Vd.
supra 72 tit. sarà refuso per pien. 2519 Sic per ovvi motivi metrici. 2518 Sic:
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204, 2 – 206
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mus Hochstatt, phil(osophiae) et med(icinae) doctor, poliater Moeno-Francofurtanus
* * * [205] Therapeuta Neapolitanus seu “Veni mecum”, consultor curandarum fe brium et internorum omnium morborum, inclusa pedanchone effectu pestilente ac pueros praefocante; cum commentario cl(ari) Thomae Bartholini2520, regis Dano rum archiatri. Quae summa sunt, terminus et cardo factitandae necessariae medi cinae, eruta de scriptis Marci Aurelii Severini [a]edidit Gregorius Villanus Atripal densis, utriusque medicinae doctor, clariss(imi) viri auditor et obseruator, Neapoli, typis Roberti Molli 1653, sumptibus Ioannis Alberti Tarini [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.96]
Prima dell’inizio dell’opera compare un ritratto ovale di Severino con la scritta circolare Marcus Aurelius Severinus e, sotto, i seguenti versi: [205, 1]
[distici elegiaci] Ora quidem est ausus Marci describere pictor: vis tamen ingenii, lingua manusque silent. Lingua manusque silent et mens intacta, sed isthaec prodita multis eiis2521 stant reseranda libris.
Gulielmus Ernestus Schefferus2522 Francofordiensis gratabundus p(osuit)
[206] SPACH Israel, medico tedesco (Strasburgo 1560-ivi 1610): cf. AGL 4 c. 706; BL 5, 351 s. Nomenclator scriptorum medicorum, hoc est Elenchus eorum, qui artem medi cam suis scriptis illustrarunt, secundum locos communes ipsius medicinae, cum duplici indice et rerum et authorum, conscriptus ab Israele Spachio Argentinensi, doctore et professore medico, Francofurti, ex officina typographica Martini Le chleri, impensis Nicolai Bassaei, anno 1591 [colofone finale Francofurti, excudebat Martinus Lechlerus, impensis Nicolai Bassaei, 1591] [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.222 (2)] 2520 Vd.
supra n° 28. sarà refuso per eius. 2522 Wilhelm Ernst Scheffer, medico tedesco, attivo a Francoforte (Büdingen 14/3/1590Francoforte 21/3/1664): cf. AGL 4 c. 234; BL 5, 57 s.; ADB 30, 683. 2521 Sic:
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All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [206, 1] In Nomenclatorem medic(orum) clariss(imi) viri d(omini) Israelis Spachii, medic(inae) doctoris [primo epodo dattilico-giambico = esametro dattilico + dimetro giambico] Auspiciis studioque tuo, doctiss(ime) Spachi, prodire cernens inclytam ordine tam pulchro medicorum bibliothecam, confusa quae iacuit prius, «Phoebe pater,» dixi «quae praemia digna clienti feres laboris aurei?». «Nominis aeterni per me» respondet «habebit ter nobilissimum decus». Praeterea iuuenes, medicorum castra sequentes, quosque vnquam opus iuuabit hoc, aeternas illi dicent hoc nomine grates ferentque ad astra Spachium. Et bene: nam medicis medicos tanta arte libellos qui omnes dat vnus omnibus, huic omnes etiam medici medicosque colentes grates bene vni omnes ferunt.
5
10
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M(agister) Iosephus Langius2523 Caesaremontanus, III curiae schol(ae) Argent(oratensis) moderator
[206, 2] De bibliotheca medica clarissimi viri d(omini) doctoris Spachii epigramma ad lectorem [distici elegiaci] Barbarus (vt fama est) Cyllenia numina placans mercator, tumidis lintea pandit aquis, flecteret vt cursus, mercis cui pondera curae, iret et ignaris duxque comesque viae; instrueret, quo sub coelo, quibus Orbis in oris, tunc glomeret bombyx annua fusa pede; nectar arundineum scateat, natet vnio conchis, filaque quae tellus vendat inempta croci; polleat2524 aut eboris cultu aut exuberet ostro,
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2523 Vd. 2524 Sc.
supra 101, 5. tellus.
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quo vel odoriferum fragret aroma solo. Haecce doceret, iter liceat quo tuta per altum rite secundaret, tendere vela fretum, quasque procul longis via diuidit inuia terris terras, nauigio tangere signa daret. Vt lucrum ferret, petiit lucrumque ferentis, thure nouo faciles incaluêre foci. Lucrum moris erat: stimulus nunc irritus absit, Mercurio cedant secla vetusta suo dissimuletque ducem mercator: tutior aetas en longe praesens praeside, merce, via. Namque salutiferae, miseris succurrere rebus, qua fas, vnquam quod prodiit artis opus, quodque vel antiquitas rapuit latuitve remotis finibus, hîc facili tangere puppe licet. Spachius arte praeit2525: dubiae vestigia callis flectit Apollinei fama decusque chori. Hic designat, vbi vasto se emergat hiatu fons Phoebi, de se flumina quaeque vomat; detur vbi humanae serie penetralia mentis visere, quam miris singula texta modis; consita detur vbi variis scrutarier arua floribus et succos nectere dote pari; detur vbi caeco squalentia noscere morbo corpora; detur vbi sede fugare luem; detur vbi impositam seniori auertere nautae praedam, frustrari speque Charonta truci. Haec aperit nec opus sit aperta per inuia forte sectari: plano tramite currit opus. Vnanimi pendent inter se cuncta tenore2526: pars totum, partem pars sequiturque suam. Haec euolue, cupis medicas qui quaerere merces: Phoebeis pandunt apta thymeta2527 fauis. Hoc praeeunte moras rumpe et foelicib(us) insta coeptis: ingenti pondere lucra feres. Lucra ferens meritis authorem laudibus, vt fas, prosequere: his ne sit gratia pigra bonis.
2525 Sic: si potrebbe emendare in qualcosa come Praecedit Spachius: dubiae etc. (con arte determinato da praecedit e poi penetrato nel testo). In tal caso la prima sillaba di Spachius dovrebbe essere scandita come breve, mentre normalmente viene considerata lunga (vd. 206, 1, 1 e 12). Così a v. 43 proporrei [Hoc] praecedente (sc. Spachio), a meno di non voler leggere Hoc prae[e]unte etc. 2526 Sc. uno. 2527 Non attestato nel latino classico e medioevale.
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CARMINA MEDICALIA
Nestoreas opta messes veneratus2528: vt est vir comis, sic promet diuite parta penu; sic vigili demum sparget monumenta labore disposita et medicas accumulabit opes.
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Debitae obseruantiae ergo f(ecit) m(agister) Nicolaus Agerius Argentinensis2529
[207] SPIEGE(E)L Adriaan van den (Adrianus Spigelius) (Bruxelles 1578- Padova 7/4/1625): cf. AGL 4 cc. 735 s.; BL 5, 364; BNB 23 cc. 330 ss.; Aa 17, 906. 206, 2 Adriani Spigelii Bruxellensis, equitis d(ivi) Marci et in Gym(nasio) Pat(avino) anat(omicae) et chirurgiae professoris primarii, De formato foetu liber singularis, aeneis figuris exornatus; Epistolae duae anatomicae; Tractatus de arthritide: opera posthuma, studio Liberalis Cremae2530 Tarvisini, philosophiae et medicinae docto ris, edita, Francofurti, impensis et caelo Matthaei Meriani bibliopolae et chalcogra phi, typis Casparis Rötelii, anno 1631 [prima ediz. Padova 1626] [Stamp. Barb. M.XII.57]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [207, 1] Carmen in opus celeberrimum De formato foetu perillustris et ex cellentissimi viri d(omini) Adriani Spigelii, quod ponebat Andreas Locatel(li) Goritiens(is) ex Foroiulio2531, phil(osophiae) et me d(i cinae) doct(or), praeceptori et promotori suo [esametri dattilici] Occiduo dum Phoebus equis se gurgite tingit littoris ambrosiam Nerei pascentibus herbam, arcanae mox stella ruit praenuntia matris Hesperus obtensaeque cadunt de montibus vmbrae: astrigeram indutus chlamydem tunc flagrat Olympus humanasque micant rapientia sydera mentes. At postquam solis meliori lumine lampas aequorea se tollit aqua, prouecta corusca chrysolitho radiante rota, rutilante pyropo, protinus, vmbrarum caeca ferrugine pulsa, et montes et prata nouos dant picta colores,
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2528 Intendi:
“dopo avergli reso il dovuto omaggio”. supra 38, 2. 2530 Liberale Crema, di Treviso, medico (prima metà del sec. XVII): cf. AGL 1 c. 2188. 2531 Non ne trovo traccia. 2529 Vd.
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pallida, sed pulchrum deponunt astra decorem, scilicet obfuscat luces lux magna minores, sic, sua de foetu dum spargit scripta per Orbem Spigelus, sacrae quem nutriuere Camoenae, pellit ab anatome2532 dubiae vestigia noctis et simul obscurat veteres splendore parentes, ceu Titan rebus lucem foeliciter addens: namque senum mentes (dictis ignosce, Galene!) increpat et viuis audax rationibus infert: ergo, non tribuit duplex arteria vitam a matre infantis, sed dat puer ipse secundis. Primus hic, exploso mundandi sanguinis vsu, asseruit solum carnosam nectere molem matrici foetum, varias distinguere venas et, ne rumpantur, pulpa fulcire tenella. Hic primo expertus (spernens lenientia2533) lacte praecipit innocue natos purgare pusillos. Hic consistentes inter tenerosque perite nullius exemplo posuit discrimina, vt illis tutius auxilium praestet. Sunt denique cuncta, quae niueus retulit, niueis signanda lapillis. Hic igitur studiosa aetas, animosa iuuentus, huc ades electamque viri miraberis artem. Naturae nouisse cupis miracla; calenteis nominis igniculi tangunt animumque fatigat gloria? Spigeli solers peruolue volumen: pagina docta tibi pulchris miracla figuris conspicienda dabit verboque expressa venusto et velut ex templo, plena speciosus honoris optatos dextra profundet Liber honores nec, nisi corda gerunt suadentia pectora falsi, anatomes post hac clare, mihi credite, quisquam inter fulgebit sublimia sydera, Phoebi huius inauratos qui subterfugerit ignes.
Epigramma [distici elegiaci] Nunc voret inuidiae moestus praecordia liuor et grauidum pectus felle madente fluat;
2532 La prima sillaba della parola, normalmente breve, è qui scandita lunga per evitare il tribrachi: un caso analogo a v. 43. 2533 Sic: per evitare l’anomalia metrica, si potrebbe emendare in laniantia.
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CARMINA MEDICALIA
filaque lanificae detondant falce sorores; Eumenides rabie turgida corda gerant. Perpetuum visura diem monumenta dedisti, Spigeli: inde tuum stat sine morte decus: nempe nouo foetu aeternos homo germinat annos et tua, per foetum, fama perennis erit.
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[207, 3] 207, 2
In mortem eiusdem [falecei] Desertum medica manu Spigelum, languentem grauibus malis gementem, spirantem ad superos virum fauores Parcarum metuit cohors timenda; non ausa est, digiti memor potentis, iam labens Lachesis secare stamen: at, serui Omnipotens sui misertus, e terris rapiens polo dicauit, vt, qui sat minimo refulsit Orbi, inter sydereas plagas locatus, nunc magno niteat micans theatro.
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Praeceptori meritissimo discipulus moestissimus idem qui s(upra)
* * * [208] Adriani Spigelii Bruxellensis, equitis d(ivi) Marci, olim in Patauino Gymna sio anatomicae et chirurgiae profess(oris) primarii, De humani corporis fabrica libri decem, tabulis 98 aeri incisis elegantissimis nec antehac visis exornati, sereni ssimo Ioanni Cornelio Venetiarum duci dicati: opus posthumum Daniel Bucretius2534 Vratislaviensis, philos(ophiae) et medic(inae) d(octor), Francofurti, impensis et caelo Matthaei Meriani, bibliopolae et chalcographi, anno 1632 [prima ediz. Venezia 1627] [R. I IV.1165 (2)]
All’inizio dell’opera compaiono i versi seguenti: [208, 1] In Anatomen d(omini), d(omini) Adriani Spigelii, anatomici Pa tauini, a Daniele Bucretio Vratislaviensi in lucem editam 2534 Daniel Rindfleisch (Bucretius), medico (Breslavia-m. 10/9/1631): cf. AGL 1 c. 1455; BL 4, 817.
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207, 2 – 208, 2
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[distici elegiaci] Spigelio in magno quicquid rex Adria fleuit atque Antenorei nympha superba Padi, quae saepe obstupuit Naturae arcana docentem et si qua antiquus nesciit Hippocrates, nunc redit a tumulo et totum se spargit in Orbem, quae res vnius hactenus vrbis erat. Quas tibi soluemus gens Phaebo dedita grates? quae tibi nam reddet praemia posteritas, Bucreti? Si regis opus donare salutem, exstinctis vitam reddere paene Dei est.
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Daniel Sennertus d(octor), Facult(atis) medic(ae) in Acad(emia) Leucorea profess(or) et senior2535
[208, 2]
[esametri dattilici] Felix sorte tua et tot claris diues alumnis, Patavium2536, Euganeis praestructum collibus olim, qua Brenta Hadriaco properat se iungere ponto! Quid memorem Themidos2537 praefulgida lumina priscae? quid sophies studium? quid totum denique dicam disciplinae2538 Orbem, diductum ambagibus amplis? Si medicos libeat narrare et Apollinis artes, Ilias immenso sese inferet altera textu. Te cano, Spigeli, Germano sanguine cretum, quem tanta ornauit2539 cura tantoque labore, Fabricio vt possit, quo sese Aqua-pendula2540 iactat, eripere e manibus parti ornamenta decoris. Mira loquor forsan, sed non ea dissona vero: nam, quae Fabricius vulgavit voce styloque, lustris bis senis operi intentissimus vni Herculeoque instans pernox et perdius ausu, illa dedit nobis, vno comprensa pugillo,
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2535 Vd.
supra n° 202. prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, normalmente breve, è qui scandita lunga. 2537 In latino la forma attesta è Themidis, ma qui c’è un calco del greco Θέμιδος. Themis era una figlia del Po (vd. Forcellini onom. s.v.). 2538 Sc. medicae. 2539 Sc. sanguis. 2540 Evidente allusione a Girolamo Fabrici d’Acquapendente, maestro di Spiegel: vd. su pra n° 96. 2536 Irregolarità
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CARMINA MEDICALIA
Spigelius, pulcro confisus acumine mentis iudicioque acri et longa experientia in arte. At tibi, Bucreti, qui, dispensante Iehova, ante annos, animumque geris dextramque virilem, quid mercedis erit2541? Vt, post tua funera, dignus Fabricio, viuas aeternum, Spigelioque.
[208, 3]
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Casp(arus) Hofman2542, d(octor) et prof(essor) publ(icus)
[secondo epodo dattilico-giambico = esametro dattilico + trimetro giambico] Bucreti, iuuenum doctissime, gloria gentis nostrae inter ipsos Italos, vbi te tenent 208, 2 Euganei montes atque vrbs Antenoris ingens sed non capit laudes nisi2543 coelum tuas. Quid dicam, quid non de te praefiscine2544 dicam? Vrget simul lentaque rerum copia. Nunc mihi Pythagoras cunctanti vellicat aurem suamque tantum non probat sententiam: «En tibi» ait «monstrum vitio sine, quale renasci corpore alieno2545 animaque desultoria, omne genus, memini quondam docuisse, animantum: autoritatem namque nullus defugio2546. Quod si hominem esse parum est, quem Bucretium esse fateris, agnosce saltem spiritum Spigelii atque animi mentem iuunenili in pectore canam: agnosce Bucretium alterum Spigelium. Nec refert, paulo ante simul si vixit vterque: namque anima non ibi est, vbi animat, sed vbi amat. Atque ita Bucretium, sese, dilexit, vt ipsum, Spigelius animaeque compotem suae. Quo post defuncto Spigelio, Virbius ille est, quem nunc Spigelii animat simul anima atque amat». Haec Samius: quae si male me recitasse putabunt,
2541 Se si lascia così, bisogna ammettere l’allungamento in arsi dell’ultima sillaba di erit, a meno di ipotizzare Vel in luogo di Vt. 2542 Vd. supra n° 121. 2543 Se si lascia il testo come è, bisogna ammettere la scansione giambica di nisi. 2544 La sillaba finale della parola, normalmente lunga, è qui scandita breve per evitare il cretico. 2545 Si noti il dattilo inciso nel primo piede del verso. 2546 Per tentare di appianare l’insormontabile difficoltà metrica, si potrebbe proporre qualcosa come p.es. autoritatem defugio nam[que] nullus.
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nil deprecor: mea esse dicant posteri. Georgius Noeslerus2547, d(octor) et p(rofessor) p(ublicus), ill(u strissimi) principis Palatini et reipub(ublicae) Norimberg(ensis) medicus
[208, 4]
[distici elegiaci] Dote licet propria speculum splendescere constet, gemmarum rutilo sed magis orbe placet: sic licet ingenii speculo Spigelius oras irradians, proprio luminis ore iuuet, huic conserta tamen Bucardia2548 gemma, decorem Bucreti socia commodat arte magis. Mome, quid expositum tibi claustrum pectoris optas2549? hoc speculo specimen viscera cuncta dabunt. Quin parili geminata patet sub munere virtus et speculo humano fulget imago Dei.
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[208, 5]
Ad clarissimum dominum Bucretium [distici elegiaci] Mortis agone tibi sua scripta Spigelius2550 offert, Bucreti: meritis credita vita tuis. Solue vices fati: clausum nam corde reliquit, ceu speculo, speculum pectoris ille sui. Ludouicus Iungerman2551, med(icinae) d(octor) et professor botanicus in Vniuersitate Altorphina, p(osuit)
[208, 6]
[distici elegiaci] Spigelius nusquam est: imo est, victurus vbique, vixque capax tanti nominis Orbis erit! Fletibus innumeris quid eum defletis, amici? Dissecuit, docuit, scripsit et interiit.
2547 Vd.
supra 122, 2. Buchara? In ogni caso l’aggettivo crea un’assonanza con Bucreti. 2549 Intendi: “perché desideri celare il tuo odio, che è così evidente?” 2550 Qui Spigel(i)us, contrariamente a quanto avviene negli altri casi (ma vd. supra 207, 3, 1), è scandito con la prima sillaba breve. 2551 Ludwig Jungermann, medico e botanico (Lipsia 4/7/1572-Altdorf 8/6/1653): cf. AGL 2 cc. 2021 s.; ADB 14, 711. 2548 Di
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Viuit enim celebris, mutato nomine de se Spigelius, docti nomine Bucretii. Sebastianus Chaignaeus Picto-Gallus Collongiensis, ph(iloso phiae) et med(icinae) d(octor)
* * * [209] Adriani Spigelii Bruxellensis, equitis d(ivi) Marci, olim in Patavino Gymna sio anatomiae et chirurgiae professoris primarii, Opera quae extant omnia, ex re censione Ioh(annis) Antonidae van der Linden2552, med(icinae) doct(oris) et profes soris in Academia Franekerana, Amsterdami, apud Iohannem Blaev 1645 [è la prima ediz.] 208, 6 [R.G. Medic. S.63] [Tav. IX]
L’opera è composta da due tomi, nel primo dei quali, dopo la prefazio ne Ad lectorem di van der Linden, segue una pagina nel cui retto compare: [209, 1] In Anatomiam clarissimi viri Adriani Spigelii, Patavini professoris [distici elegiaci]
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Horrida mortalis spectacula cernite scenae frustaque, queis misere dilaceratur homo: Vita Salusque istis habitant in partibus et qua vita hominum, sese mors quoque parte locat. Adspice, qui temet nescis, ferale cadaver nexaque centenis ossibus ossa stupe. Illa tuae sunt fulcra domus, tabulata trabesque, haec sunt ingenii stamina dura tui. Exuviae tantaeque rigent velamina molis et, quae cuncta tegit molliter ossa, cutis. Carnea compages sequitur motusque magister musculus et facili pondera lege movet. Currunt innumeris venarum flumina rivis et membris praebent pabula laeta suis. Viscera visceribus famulantur et ordine pulchro officium varia quodlibet arte facit2553. Summa tenet Ratio, tunicis secura cerebri et, quia sideribus proxima, sola sapit. Palpitat aeterno cor implacabile motu et media prudens se regione locat.
2552 Antonius Antonides van der Linden (Enkhuizen 13/1/1570-Amsterdam 1633): cf. AGL 2 cc. 2449 s.; BL 3, 790 s.; NNBW 7 cc. 770 s.; Aa 11, 470 s. 2553 Sc. corpus oppure Spiegel “che spiega”.
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Est, quae bile tumet, statio, quae nutrit amores, est, ubi ren salsas eiaculatur aquas. Fecundos matrona sinus ostendit et illa humani generis capsula prima patet, quae reges Priamosque habuit Brutosque ducesque et quos fullo suos dixerit esse lares. Singula miramur, stomachi iecorisque labores, et distincta suis viscera mille locis. Haec supplex2554 Natura, vide, fabrumque potentem suspice et artifices2555 hic venerare manus. Pingite, pictores, tabulas et pascite vestris, deliciis domini, lumina imaginibus. Hae mundum sanant tabulae, diversa Creator (vera loquor, gentes) Spigeliusque facit: totum hominem Deus hos ipsos compegit in artus; totum hominem nostro destruit ille bono et tantum dissolvit opus. Ne spernite: quavis in tabula cerni se cupit ipse Deus. Has2556 ubi scaeva, dolens, laevis conspexit ocellis, credidit Impietas se Ratione regi.
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C(asparus) Barlaeus2557
* Nel verso della medesima pagina compare un bel ritratto di Spigelius con intorno l’iscrizione Adrianus Spigelius Bruxellensis, eques d(ivi) Marci, in Gymnasio Patavino anatomiae et chirurgiae professor primarius aetat(is) 46. Sotto il ritratto sono riportati i seguenti versi: [209, 2]
[distici elegiaci] Quem terris Bruxella dedit Patavîque Lycaeum obstupuit grandi Palladis ore loqui,
2554 Sic: forse refuso per supple[x]: “e tu, Natura, completa la conoscenza dell’universo (sc. grazie all’opera di Spiegel)”: vd. anche gli imperativi che seguono: vide; suspice; venerare. 2555 Sc. Artificis. 2556 Sc. tabulas. 2557 Kaspar (Gaspard) van Baerle (Casparus Barlaeus), storico e poeta (Anversa 12/2/ 1584-Amsterdam 14/1/1648): cf. AGL 1 cc. 790 s.; BNB 1 cc. 621 ss.; NNBW 2 cc. 67 ss.; Aa 2, 1, 28 ss.; Michaud 2, 604 s.; Eckstein 26; Pökel 13. Questi versi sono pubblicati in Casparis Barlaei Antverpiani Poematum pars II, Elegiarum et Miscellaneorum carminum, Amsteloda mi, apud Ioannem Blaev 1546, pp. 153 s.
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talis erat Veneto radians Spigelius auro, talis erat, vivum quem volet ipsa Salus. Exuviis late nostris clarescit et extis, materies famae fulgida sectus homo est. Hunc Italis Belgae dedimus: novus iste Machaon luxit in Ausonio fax peregrina solo. Non querimur, patres Veneti; nunc redditis illum: inter scripta sibi frusta superstes agit. Emeruere duces servato cive triumphum: hic in dissecto cive disertus ovat.
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C(asparus) Barlaeus2558
[210] SYDENHAM Thomas, medico celeberrimo (Windford-Eagle 10/9/ 1624-Londra 29/12/1689): cf. AGL 4 c. 955; BL 5, 490 ss.; DNB 19, 246 ss. Thomae Sydenham, medic(inae) doct(oris) ac practici Londinensis celeberrimi, Opera omnia medica: editio novissima omni alia auctior, Patavii 1700, typis Semi narii, apud Ioannem Manfrè, Superiorum permissu ac privilegio [prima ediz. Ams terdam 1683] [R.G. Medic. V.2311]
All’inizio dell’opera Thomae Sydenham, med(icinae) doct(oris), Obser vationes medicae circa morborum acutorum historiam et curationem, com pare, fra l’altro, un carme in distici (pp. 29-31): [210, 1] 209, 2
Authori in tractatum eius de febribus [distici elegiaci] Febriles aestus victumque ardoribus Orbem flevit, non tantis par Medicina malis: nam post mille artes, medicae tentamina curae, ardet adhuc febris nec velit arte regi. Praeda sumus flammis: solum speramus ab igne, ut restet paucus, quem capit urna, cinis. Dum quaerit medicus febris causamque modumque, flammarum et tenebras et sine luce faces, quas tractat, patitur flammas et febre calescens
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2558 Vd.
supra 209, 1. Anche questi versi sono pubblicati (con il titolo In effigiem Adriani Spigelii medici et anatomici apud Patavinos celeberrimi) nell’opera poetica di Barlaeus cit., p. 528.
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209, 2 – 210, 1
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corrip[u]it2559 ipse suis victima rapta focis. Qui tardos potuit morbos artusque trementes sistere, febrili se videt igne rapi. Sic faber exesos fulsit tibicine muros, dum trahit antiquas lenta ruina domos. Sed, si flamma vorax miseras incenderit aedes, unica flagrantes tunc sepelire salus. Fit fuga, tectonicas2560 nemo tunc invocat artes, cum perit artificis non minus usta domus. Se tandem Sydenham febrisque scholaeque furori opponens, morbi quaerit et artis opem. Non temere incusat tectae putredinis ignes nec fictus, febres qui fovet, humor erit. Non bilem ille movet, nulla hic pituita2561: salutis quae spes, si fallax ardeat intus aqua? Nec doctas magno rixas ostentat hiatu, queis ipsis maior febribus ardor inest: innocuas placide corpus iubet urere flammas et iusto rapidos temperat igne focos. Quid febrim extinguat, varius quid postulat2562 usus, solari aegrotos, qua potes arte, docet. Hactenus ipsa suum timuit Natura calorem, dum saepe incerto, quo calet, igne perit: dum reparat tacitos male provida sanguinis ignes, praelusit busto: fit calor iste rogus. Iam secura suas foveant praecordia flammas: quem Natura negat, dat Medicina modum. Nec solum faciles compescit sanguinis aestus, dum dubia est inter spemque metumque salus, sed fatale malum domuit, quodque astra malignum credimus iratam vel genuisse Stygem. Extorsit Lachesi cultros pestisque venenum abstulit et tantos non sinit esse metus. Quis tandem arte nova domitam mitescere pestem credat et antiquas ponere posse minas? Post tot mille neces cumulataque funera busto, victa iacet parvo vulnere dira lues.
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2559 Sc.
flammas. termine è presente in Ausonio, Mosella 299. 2561 La parola ha scansione trisillabica, come p.es. in Orazio, serm. 2, 2, 76; ep. 1, 1, 108 e Persio 2, 57. 2562 Forse da emendare in postulet (vd. il precedente extinguat). Al v. 30 sarà il caso di emendare in doces. 2560 Il
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Aetheriae quanquam spargant2563 contagia flammae, quicquid inest istis ignibus, ignis erit. Delapsae coelo flammae licet acrius urant, has gelida extingui non nisi morte putas? Tu meliora paras, victrix Medicina, tuusque pestis, quae superat cuncta, triumphus erit. Vive liber, victis febrilibus ignibus: unus, te simul et mundum qui manet, ignis erit.
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I(ohannes) Lock2564 a(mico) m(erenti), ex Aede Christi Oxon(iensi)
[210, 2] All’inizio di un’altra opera (Thomae Syndenham, m(edicinae) d(oc toris), Integri processus in morbis fere omnibus curandis, quibus accessit graphica symptomatum delineatio una cum quamplurimis observatu di gnis: editio novissima pluribus articulis aucta nec non De phthisi tractatu lus nunquam antehac editus) compare, fra l’altro, un carme in strofe alcai ca (p. 653), identico a 170, 11, con il medesimo titolo e con la variante, a v. 5, tumoris, in luogo di tumenti. 210, 1 [211] TALPA Peter (m. 1600 ca.): cf. AGL 4 c. 993; BL 5, 510; Aa 18, 13 s. Empiricus sive Indoctus medicus: dialogus brevis et elegans, in quo, indocta empiricorum praxi cum vera medendi methodo collata, tanquam in tabella illorum errores et latrocinia spectanda proponuntur, Petro Talpa Stellincweruio Phrysio 2563 Sc.
ignes (vd. ignibus e ignis di v. 48). tratta del celebre filosofo John Locke (1632-1704), che si dedicò anche a studi di medicina, pur senza addottorarsi: cf. AGL 2 cc. 2487 s.; DNB 12, 27 ss., dove, tra l’altro, si afferma (p. 31): “He [sc. Locke] attended some of his friends as a physician. He made transcriptions of some of Sydenham’s notes (published as ‘Anecdota Sydenhaniana’ by dr. Greenhill in 1845...)”; p. 251: “Locke was a still more intimate friend. He wrote Latin verses prefixed to the second edition (1668) of the ‘Methodus curandi’ and is mentioned in the dedication of the ‘Observationes medicae’ (1676) [sono i nostri versi] with high praise and as approving of Sydenham’s methods”. La dedication (riportata nella Epistola dedicatoria delle Observationes medicae della nostra edizione) è indirizzata Amicissimo viro domino Iohanni Maplehoft, m(edicinae) d(octori) [= John Maplehoft (1631-1721): cf. DNB 12 (1909) 998 ss.] in Collegio Greshamensi apud Londinienses professori nec non Societatis Regiae ibidem socio e, a proposito di Locke, si dice: “Nosti praeterea, quam huic meae methodo suffragantem habeam, qui eam intimius per omnia perspexerat, utrique nostrum coniunctissimum domi num Iohannem Lock; quo quidem viro, sive ingenio iudicioque acri et subacto, sive etiam antiquis, hoc est, optimis moribus, vix superiorem quendam inter eos, qui nunc sunt, ho mines, repertum iri confido, paucissimos certe pares”. Ho visto gli Opera omnia di Locke (The works of John Locke in four volumes, London 17687), dove non si parla affatto di versi pubblicati dal filosofo. I nostri versi sembrano perciò essere stati editi solo in occasione dell’uscita del volume dell’amico Sydenham. 2564 Si
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medico auctore. Item Exilium empiricorum, breui elegia satyrico sale condita, descriptum eodem auctore, Antuerpiae, ex officina Gulielmi Siluii, typographi re gii, anno 1563, cum gratia et priuilegio [sembra la prima ediz.] [Stamp. Pal. V.515 (4)]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [211, 1]
Decastichon auctoris ad candidum lectorem [distici elegiaci] Quam2565 quondam Phoebus celebrauit carminis auctor, filius eiusdem, nobilis ille Cous; quam summi reges, clari sophiaeque magistri, artem tractarunt, excoluere simul: prô dolor! haec verpis iam conspurcata nefandis conspicitur, vitae non sine peste graui. Amplius haud tolerate, viri, iugulare latrones vos, vestros natos, cum generoque nurus. Te rogo, quicunque es regnandi munere diues: exulet imperio vilis agyrta2566 tuo.
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* Alla fine dell’opera compaiono i seguenti versi: [211, 2] Exilium empiricorum, breui elegia satyrico sale condita, descrip tum, Petro Talpa Stellincweruio Phrysio medico auctore [distici elegiaci] Inter Cyclades2567 numerosas insula parua est Gyarus, rebus nomine clara simul, turbida quam claudunt Ionica littora, verus esset vt exilii suppliciique locus2568. 2565 Sc. artem (cf. v. 4). Irregolarità prosodica a v. 2, dove la prima sillaba di Cous, di norma lunga, è qui computata breve. 2566 Non attestato in latino classico e medioevale: ricalcato sul greco ἀγύρτης (“miserabi le mendicante”): vd. anche supra 53, 2, 10, nota 332 e infra 211, 2, 14 e 100. 2567 Irregolarità prosodica, dal momento che la penultima sillaba della parola, normal mente breve, è qui scandita lunga. Per ovviare all’inconveniente si potrebbe congetturare qualcosa come Inter Cycladas numerosas insula parua: etc. 2568 L’isola era luogo di deportazione per gli avversari politici.
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Inter colliculos rigidos latet area tristis, in quam propulsus ter miser exul abit: exilii rex est furiis stipatus acerbis 211, 2 Phorcys, torminibus corpora lassa premens. Non sinit intactum quemquam, fame nunc lacerante, nunc vrgente siti, viscera lassa ferit et, sibimet sociam Nemesim iungens truculentam, conturbat mentem, dissipat omne robur. Hu[i]c ruit alyptes2569, Parcis ducentibus illum, huc trahitur celeri vilis agyrta2570 pede. Tartareum nautam mittit rex Pluto Charontem, ex Stygia turba subsidioque dato, transuehat vt verpum fatis damnantibus illum, ad Gyaras foedas exiliique locum. Imprudens nimium nec non vesanus agyrta, qui tibi supplicium conciliaris atrox, artis Apollineae cur tu mysteria sacra tractasti, illoto tu pede tumque manu? haud patet indoctis, ast doctis ianua Phoebi, verpos Plutonis tetra cloaca manet. Nunc lue promeritam poenam, nunc corporis exta vulturibus trucibus dilaceranda dato, nunc, vbi splendentes torques, holoserica vestis, atque auro rutilo dactilotheca2571 grauis, nunc, vbi bulla latet multis roborata sigillis, qua populum stultum fallere rite soles instructum variis phaleris. Cur comprimis arcte linguam, quae tanti caussa silentii erit? Protinus en speciem mutasti, forma recessit: horridus es totus, squallidus ecce iaces. In te iurarunt hominesque diique superni, nec minus inferni, pernitiemque struunt. Pro torqui serpens pendet ceruice virescens, spicula protrudens in tua corda fera. Crabro caput cingit, pedibus ferus vngue reuellit, vespa tegit faciem, cuspide pungit eam. Annulus haud digitos, ast dirus scorpius ornat,
2569 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba del termine, normalmente breve, è qui scandita lunga. Per la presenza della figura del massaggiatore (determinata con ogni probabilità da un memorabile luogo giovenaliano: 6, 419 ss., in particolare 422 s.) e il conseguente contrappasso, vd. infra vv. 53 ss. 2570 Vd. supra 211, 1, 10. 2571 Il termine esatto è dactyliotheca, ma nel nostro carme manca una sillaba per evitare il tribrachi.
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articulos morsu dilaniante premens. Et, quam Lernei vestem (prô!) tabe veneni Centaurus tinxit, subdolus ille procus, ac Deianirae2572 velut irritamen amoris donauit, quaerens Herculis exitium, caussa Lychae misero fuit (heu!) quae mortis amarae, scilicet Eubonis2573 obrueretur aquis. Haec tua membra tegit, vesane empirice, nuda haecque mephitis olet naribus apta tuis. Conueniunt vestes humeris, hoc virus echidnae tinctae, dedecorant quod tua membra nimis. Primo qui fragrans oleum redolere solebas, nunc foetore reples obuia quaeque loca et, licet exoptes mortem flammisque necari, mors fugit optantem2574: viuere, stulte, iubet. Perpetuis2575 vitae maesto discrimine temet torqueri vanum fata tremenda volunt: nam, quamuis superes, tamen hoc fatearis oportet exagitent manes te grauiore malo. Toxica iam temet torquent et viscera rodunt, queis aegros homines tot iugulare soles. Hactenus incautum vario numismate vulgus emungens, gulae2576 vina Falerna dabas: nunc bibe Tartareo putridos Acheronte liquores, iam bibe sulphureo de Phlegetonte merum. O iustum exilium, iustissima poena malorum, quam parili damno tu male facta luis! Tempore iam longo tenet admiratio mentem ardua, quo pacto tot mala ferre queas. Nullum Pluto sibi seruauit, tormina cuncta ad te transmisit, quo tua corda petant. Cerberus ille triceps latratu territat aures, vt strepitu vano tu fora lata reples, et te dente petit2577, quiuisti carpere sicut scommate praeclaros eximiosque viros. Poenam (credo) tuis humeris nunc indidit omnem rex Erebi, nullo commiserente tui.
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sanare l’irregolarità metrica si potrebbe proporre (ma con iato) Deianirae ac. sarà refuso per Euboicis. 2574 Sc. te. 2575 Sic: forse refuso per perpetuae. 2576 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, normalmente breve, è qui scandita lunga. Si potrebbe sostituire ori a gulae. 2577 Notare l’allitterazione con la dentale sorda come anche al v. 85. 2573 Sic:
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Sisyphus en saxo grandi liberatus2578, ad altum ferre iugum montis quod miser ante solet, Ixionque rotam currentem voluere cessat; immanis Tityus vulture tutus abit; Tantalus, extractus Stygiis iam fluctibus, omnes exuit aerumnas deposuitque sitim. Ixion, Tityus, tu Tantalus es sitibundus: Sisyphus es latro, Cerberus ille canis. Tormenta haec peperere simul fraus, error, auara mens, occidendi coeca libido tibi. Nunc erepta tibi sunt perdita iura nocendi: omnibus ast tibimet iure nocere licet. Clauderis exilio, nunquam rediturus eodem, cingeris en muris horrisonoque mari. Phorcys terribilis circum sua monstra marina tendit, quae seruant exulis hospitium. Praesto Scylla vorax, saeua comitata Charybdi, quae Siculum proprium deseruere vadum. Auolat ecce meus Genius, me scribere plura cum vetet: hic finis carminis esto mei. Exul viue diu tristis peccataque dignis ablue suppliciis: vilis agyrta, fuge.
Τέλος
[212] TULP Nicolaas, medico celeberrimo (Amsterdam 11/10/1593- Aia 12 o 15/9/ 1674): cf. AGL 4 cc. 1353.; BL 5, 657 s.; NNBW 3 cc. 1250 s.; Aa 18, 242 ss. Nicolai Tulpii, Amstelodamensis exconsulis, Observationes medicae: editio sexta, prioribus emendatior et auctior, cum oratione funebri clar(issimi) Ludovici Wolzogeni2579, tum duabus elegiis celeb(errimi) Petri Francii2580, in decessum illus tris et amplissimi auctoris, Lugduni Batavorum, apud Georgium Wishoff, 1739 [prima ediz. dell’opera di Tulp, Amsterdam 1641; liber quartus auctior, ibid. 1652] [R.G. Medic. V.1900]
All’inizio dell’opera compare, nella pagina di destra, il ritratto ovale di Tulp con la scritta circolare Nicolaus Tulpius aetat(is) 81 anno 1674. Sotto 2578 La
parola è inammissibile metricamente: si potrebbe sostituire liberatus con dimis
sus. 2579 Lodewijk Wolzogen, erudito e teologo riformato (Amersfoort 1633-Amsterdam 13/11/1690): cf. AGL 4 cc. 2066 s.; NNBW 10 cc. 1235 s.: Aa 20, 415 ss. 2580 Pieter de Fransz (Petrus Francius), professore di oratoria e filologo (Amsterdam 19/8/1645-ivi 19/8/1704): cf. AGL 2 cc. 711 s.; Aa 6, 182 ss.; Eckstein 168; Pökel 81 s.
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il ritratto c’è la soscrizione Hic ille utrinque sospitator Tulpius inserviendo sanitati et patriae. L. Visscher sculp(sit). Nella pagina di sinistra alcuni ver si illustrano il ritratto di Tulp: [212, 1] In effigiem amplissimi consulis Nicolai Tulpii, argenteo numi smate expressam [distici elegiaci] Amstelidum consul, mediae lux Tulpius artis, ter duodenorum gloria prima patrum. Alba licet superet, crinis candore, ligustra, ore nives, animo candidiore viget. Felici effigie dum vultus pectora monstrat, quid sit et exterius, quid sit et intus, habet.
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I(ohannes) Six2581
A p. 51 compare un altro carme di Six: [212, 2]
Epitaphium [distici elegiaci] Egregius pariter pietate vel arte vel annis, Amstelidum consul Tulpius hic tegitur. Nec tegitur: nam clara viri monumenta supersunt nec, toties vitam qui dedit, omnis obit. I(ohannes) Six
* 2581 Dovrebbe
trattarsi di Johan Six II, figlio di Johan Six I (14/1/1618-28/5/1700: cf. Aa 17, 703 ss.), genero di N. Tulp: cf. le note apposte dall’editore all’Oratio funebris [che segue i versi di Six] in decessum illustris et amplissimi viri Nicolai Tulpii consulis, dum viveret Amste lodamensis Athenaei curatoris, habita Amstelodami in choro Templi novi, cum dedicaretur a(nno) D(omini) 11 Kal. Novemb. 1674: “Margareta de Vlaming ab Outshoorn nupsit huic, de quo heic sermo est, amplissimo viro Nicolao Tulpio, med(icinae) doctori, consuli et senatori Amstelodamensi: ex cuius filia Margareta Tulp, nupta amplissimo viro Ioanni Six, domino in Wimmenum et Vromade, consuli et senatori Amstelodamensi, prognatus est vir itidem am plissimus Ioannes Six, i(uris) c(onsultus), dominus in Hillegan et Vromade, consul et senator Amstelodamensis, adhuc superstes: cuius filiolus, Ioannes Six iunior [Amsterdam 16691750: cf. Aa 17, 706], nuper 1 Aprilis 1737, solemniter iecit primum fundamenti lapidem magnifici hospitii dicam an palatii Amstelodamensis, quod Hagae comitis etiamnum hodie aedificatur” (p. 28 in nota).
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Alle pp. 45-50 compaiono due elegie dedicate a Tulpius: Accedunt Petri Francii eiusdem argumenti Elegiae duae2582 Tulpianis Manibus
[212, 3]
[distici elegiaci]
I Haec quoque lamentis lamenta prioribus adde, Belgica, nec semel hunc sat lacrymasse virum est: in fletus decet ire novos: diffunde dolorem perpetuaeque oculis effluat imber aquae. Occidit (heu!) columen Musarum, nobile gentis ille decus medicae Tulpius, ille suae. Flet coniux, flent orbati sua damna minores turbaque compositum plurima luget avum et qui, virtutis patriae successor et haeres, dividitur toto, patris ab ore, mari; obstitit extremis medium complexibus aequor votaque spemque avidi diripuere noti: non licuit, Theodore2583, tibi, dare summa parenti oscula, non miserum dicere voce ‘vale’. Ecce praeit2584 pro te funebre Tholingius agmen, cognato cineri debita iusta ferens. Ille Machaoniis, ut sanguine, proximus herbis, dum potuit, medica fata moratus ope est
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2582 Ho
visto Petri Francii Posthuma quibus accedunt illustrium eruditorum ad eundem Epistolae, Amstelaedami ex officina Wetsteniana 1706, dove non compaiono le due elegie dedicate alla morte di Tulpius. Nell’avvertenza dell’editore dei Posthuma (Lectori benevolo Henricus Wetstenius s(alutem)), a proposito dei versi pubblicati, si afferma: “Cum, post obi tum P(etri) Francii v(iri) c(lari), eiusdem amici schedas eius excuterent, reperta atque selecta sunt ea, quae maxime lucem mereri iudicabant, quaeque hoc libello excusa vides. Primum locum tenent Orationes tres....His succedunt Carmina quae pepigit egregia, ut solebat, post editionem ultimam suorum poëmatum ante hos octo annos a nobis adornatam neque istis, si quid recte iudicamus, inferiora”. E ancora: “Plurimas per omne vitae suae tempus in lu cem emisit [sc. Francius] orationes, tum et plurima poëmatia, quorum partem selectiorem cum postea iunctim publici iuris fecerit, nos operosa atque inutili eorundem recensione ab stinebimus, illa tantum eius opuscula enarraturi, quae iusta volumina constituunt, quorum fere omnia nostris typis fuerunt evulgata praeter primam editionem poëmatum et posterio rum orationum. En tibi indicem: Poëmata in 12° 1672; Poëmata eadem in 8° 1697......[seguo no le altre opere in prosa di Francius]. His accedunt haec Posthuma, quibus tu, lector bene vole, fruere conatibusque nostris in colendis et ornandis bonis litteris fave ac vale». 2583 Figlio di Nicolaas, come anche, con ogni verosomiglianza, anche Tholingius di v. 15. 2584 Sic: si potrebbe emendare in Praecedit pro te etc. Un un caso analogo a 206, 2, 25.
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sollicitaque manu fugientes clausit ocellos, ne pietate minor, quam fuit arte, foret. Nec minus et casu turbatur Sixius2585 isto, turbatus nullis quamlibet ante malis, Sixius, Aonidum laus inclyta, sive Batavo seu dignum Latio pectine pangit opus; carminibus mentem reficit fallitque dolorem crudaque Pegasea vulnera sanat aqua; carminibus longum tumulo testatur amorem, signat et aeternis marmora sacra notis. Quaeque domus, consanguineo moerore redundans, manibus inferias officiumque facit. Sed, quanquam resonant privatae luctibus aedes, privati luctus non tamen ille laris: afflixit cunctos mala per communia cives, publicus et plorat publica damna dolor. Amstelius moeret populus moeretque senatus nec locus in tota fletibus urbe vacat. Mille gemunt aegri medicum, suspirat Apollo et visa est lacrymas ipsa dedisse Salus. Praeside fraudatae sumunt lugubria Musae et tanti vultus funeris instar habet. Squalescit Phoebea domus taciturna dolentque ceu tutelarem limina clausa deum. Adgemuere patres viduataque consule magno extinctum queritur curia moesta senem. Prosequitur pompam versis amplissimus ordo fascibus et multo signat honore viam. Et, qui vix alio tantum Amstela surgit alumno, insignem ripa plangit utraque virum: quaque fluit, largo campos rigat undique fletu et crescit lacrymis, amnis ut amne, suis. Ergone sic moreris, Tulpi? Nunc forma senilis atque honor ille tui plurimus oris, ubi est? Nunc ubi, de pulchro quae corpore pulchrior exit et gemino virtus concomitata bono est? Prisca fides veterisque aevi, sine crimine, mores ingenitusque tibi cum probitate pudor nudaque simplicitas, fuco circumlita nullo, tecum uno in tumulo contumulata iacent. Nec tamen obscuras inglorius ibis ad umbras aut tacitas laudes esse querere tuas:
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2585 Vd.
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eripiet letho te mens tua: cognitus olim ingenii vives per monumenta tui. Te referent cives linguisque animisque tuorum diceris tota publicus urbe parens. Nos quoque, si quid id est, tua per praeconia grati ibimus et mutus non erit iste dolor. Tristia congerimus collatum in marmora donum: quod dare cunque tibi possumus, omne damus. Wolzogius sacri surgit decus ordinis ingens, armat et in titulos ora diserta tuos. Funeris officium non desertura supremum en venit in partes et mea Musa suas: quae, tibi si vivo quondam fortasse placebat, extremum moriens hanc quoque munus habe.
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Ex persona defuncti2586 [distici elegiaci]
II Parce meos lacrymis onerare, Batavia, manes, quisquis et ad tumulum flesque gemisque meum. Flere decet iuvenes, quos primo in flore iuventae occupat ante diem mortis acerba dies. Terrarum et vitae saturo2587 quod vivere possem defuit: haud ultra vita, quod optet, habet. Dum vixi, corpus validum patiensque laborum incolumique fuit pignore laeta domus. Paeonias colui non infeliciter artes, debet et ingenio se Medicina meo. Nec vixi sine honore: meo pede curia trita est parsque senatorum Tulpius una fui. Ipsa suos ultroque mihi quater Amstela fasces obtulit et magnae credidit urbis onus neve occlusa foret patriis mea gloria muris: inclyta virtutis testis et Haga2588 meae est. Haec ingesta mihi: sed, honore potentior omni, pax animi votis una petita meis. Haec fasces, haec regna domi maiora parabat:
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2586 È
Tulp che parla. mihi. 2588 Ineludibile, a questo proposito, il ricordo della rembrandtiana Lezione di anatomia del dottor Tulp, conservata proprio nel Mauritshuis dell’Aia. 2587 Sc.
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perpetuus placido sub lare consul eram. Non illic studiis, non ambitione trahebar, curarum oblitus omnium et ipse mei. Sic ego transegi, Natura quod addidit annis: sic mihi dulce fuit vivere, dulce mori. O ter inoffenso felix qui tramite vitae supremum clausi composuique diem! Amisit iam plaga locum: me iure beatum nominet ac Croeso praeferat ipse Solon: quod neque divitiae Lydo, distincta neque auro purpura, mors animo praestitit omne meo, mors huius finis vitae, melioris origo, plus mihi dat solio, Croese superbe, tuo. Non ego Cecropium suprema voce vocavi, arsurus structis in mea fata rogis: tranquillus placidusque, senilia lumina condens, implevi vitae tempora summa meae. Longa mihi vires senio tenuaverat aetas; obductum nullo corpore corpus erat; lenta cutim macies contraxerat, ora rigebant et cinis in vivis umbraque paene fui. Sponte mea lapso mors est mihi muneris instar: vivere cum nequeas, munus obire diem est. Fortunate dies, qui me tellure caduca tollis et optatos das habitare locos. Iamdudum mea sidereas speraverat arces gaudebatque Deo mens propiore frui. More suo spernebat opes, spernebat honores et, quae sollicitum somnia vulgus amat, contemptumque lubens mundum cupidusque reliqui: hic etenim mundus quid, quod amemus, habet? Mille per aerumnas adeo producitur aevum: nunc miseros morbi, nunc fera bella premunt. Nupera quid repetam Batavis data vulnera rebus, cum durum fuerat vivere, suave mori? Vt patriam vidi, «Faveas, pater optime,» dixi, «et des alterutras pondus habere preces. Hostibus innocuam belloque evertere gentem si placet et sedit, mors mihi sola placet; sin punire iuvat potius, non fulmine totam perdere, sim, salva gente, superstes ego. O mea tam lentis procedat passibus aetas, ut videam Batavo reddita iura solo! Tum, genitor, quocunque vocas sequar ordine laetus:
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est mihi nam, patria sospite, vita mori». Audit et extremam donat succedere partem: hoc quoque fortunis addidit ille meis. Quid votis, ego velle, Deus dare, maius habebat? munere nil isto plenius esse potest. Lumina viderunt pacem mea cumque Britannis tertia [ut vid.] concilio2589 foedera facta meo. Coelesti nunc pace fruor, Mars exulat unde impius et nullum mors habitura locum. Explicitâ bello patriâ, patria altera coelo est: illius dicor civis, ut huius eram. Hîc amor, hîc fixas posuit concordia sedes: haec aeterna quies templa salusque colunt. His ego commutem terrestria? Cedite, terrae et quicquid vani lubricus Orbis habet. Vivere si detur, renuam: iuvenescere nolim et, quam confeci, rursus inire viam. Quis citet admissos retro de carcere currus extrema spatium circüeunte rota? Quis vento exponat dubiam pelagoque carinam, quam suus in tutum fluctus et aura tulit? Iam metam tenuere meae palmamque quadrigae: quem petiit, portum iam mea puppis habet. Et vixi et felix obii. Defuncta labore otia agit coelo mens mea, corpus humo. Ergo flere virum vitaque et morte beatum desinite: invidia est, non amor, ille dolor.
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[213] VALVERDE de (H)AMUSCO Juan (Iohannes Valverdus), medico spagnolo (sec. XVI): cf. AGL 4 cc. 1437 s.; EUI 66, 867. 212, 4 Ioannis Valverdi Muscensis De animi et corporis sanitate tuenda libellus, ......, Venetiis, Dominicus Lilius excudebat 1553 [prima ediz. Parigi 1552] [R.G. Medic. V.1358]
Nel verso del frontespizio compaiono i seguenti versi: [213, 1]
[distici elegiaci] Haec uiridis uallis dat Ianus, cultor et haeres,
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sarà refuso per consilio.
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prima suo uero2590 mitia poma Ioui, vero, quum uerae teneat uirtutis amicum numen et a summa quum pietate iuuet: vnde rogat, solito foecundam2591 spargat ut imbri atque ara[e] ex ipsa nobiliora feret2592.
Lectori [esametri dattilici] Ne mea dona tibi, studio disposta fideli, intellecta prius quam sint, contempta relinquas.
[214] VESALIO Andrea (André Vésale, Andreas Vesalius), celebre ana tomista (Bruxelles 31/12/1514-Zante ottobre 1564): cf. AGL 4 cc. 1553 s.; BL 5, 737 s.; BNB 26, cc. 699 ss. Paraphrasis in nonum librum Rhazae, medici Arabis clariss(imi), ad regem Al mansorem, de affectuum singularum corporis partium curatione, Andrea Wesalio, Bruxellensi autore; rerum ac verborum in hoc opere memorabilium diligentissimus index, Lugduni, apud Ioan(nem) Tornaesium et Guglielmum Gazeium, 1551 [prime edizioni Lovanio, febbraio 1537; Basilea, marzo 1537] [R.G. Medic. VI.144 (2)]
Alla fine dell’opera, nel verso dell’ultima pagina, compaiono i seguenti versi: [214, 1]
Iodocus Velsius Hagiensis2593 [distici elegiaci]
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Nostros docta iuuant, placuerunt barbara quondam: hoc Arabum dictat puluerulenta2594 cohors, inter quos topici Rhazes medicaminis autor emicat, excellens vtilitate sua, sed, male quod versus, patria cum gente legatur,
2590 Sic (vd. anche vero di v. 3): si potrebbe proporre anche vere [ablativo di ver] . In ogni caso non è certo casuale — nell’ambito di tre versi susseguenti — la successione uero.... vero....uerae, oltre tutto in allitterazione con uiridis uallis e uirtutis. 2591 Sc. terram. 2592 Sc. Ianus. 2593 Joost Welsens (Velsius), nato all’Aia, medico e botanico (sec. XVI): cf. AGL 4 cc. 1505 s.; BL 5, 895 s. 2594 Non attestato né in latino classico né in quello medioevale.
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displicet2595: at posthac gratior extiterit. Quod tibi, Wesali, merito tribuisse queamus, laus te certa manet: tu modo perge: sequor2596.
[215] VITTORI (VETTORI) Lionello, medico di Faenza (m. 1520): cf. AGL 4 c. 1583; BL 5, 743. 214, 1 Practica medicinalis Leonelli Faventini de Victoriis, cum scholiis Ioannis Ku fneri2597; De aegritudinibus infantium, eodem authore tractatus; item, Appendix ad eundem per Georgium Kufnerum iuniorem2598, Lugduni, apud Ioannem Frello nium, sub scuto Coloniensi, 1554 [prima ediz. Ingolstadt 1545] [R.G. Medic. VI.227]
Nel verso della pagina del frontespizio compaiono i seguenti versi: [215, 1]
Ioannes Pedioneus2599 [distici elegiaci] Quisquis Apollineas animo complecteris artes, huc oculos referas nocte dieque tuos: hoc ita non magno praecepta volumine disces, quae pater Hippocrates quaeque Galenus habet. Nulla est humanos sanandi cura dolores, iste aliquam cuius non ferat author opem. Conditus in tenebris longaque in nocte sepultus, primus Alexandri2600 scribitur ille manu. O tibi quas fraudes, Germania, quanta tulisset damna, diu tantum si latuisset opus! Ipse suos tandem miseratus Apollo ministros, ad nos ex Italo transtulit ista solo. Nunc age, Roma, tuos iterum fer ad astra Galenos: finge tuos nostris, si potes, esse pares. Nec licet hunc solum multos sperare leones, qui similes nostris progredientur agris.
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2595 Intendi:
“ma, dal momento che è stato tradotto male, si legge con difficoltà”. forse, meglio, sequar. 2597 Vd. supra 183 n° 5. 2598 Sarà presumibilmente il figlio di Iohannes: vd. infra 215, 2, 6. 2599 Johann Pedioneus, poeta cesareo, professore di poesia e retorica a Ingolstadt (sec. XVI): cf. AGL3 5 cc. 1781 s. 2600 Più che ad Alessandro Filalete, penserei ad Alessandro di Tralle. 2596 Sic:
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Temporibus nullis cedemus in arte medendi, Ausonios aetas si feret ista duos. At tibi me, tales nimium laudando Galenos, vendere ne falsa hac ambitione putes, ipse licet videas, licet ipse volumina tractes, assiduus propria nocte dieque manu: omne genus medica curabis ab arte dolorum: fas tamen hoc solos credere posse deos.
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In riferimento al De aegritudinibus infantium tractatus eodem authore e all’Appendix ad eundem, per Georgium Kufnerum iuniorem, compaiono, sempre nel frontespizio, i versi seguenti: [215, 2]
Ad candidum lectorem Sebastianus Solidus2601 [distici elegiaci] Si varias morbi causas speciesque malorum quaeris et his notis pharmaca ferre malis, praecipue tenerae prosint quo tempore pubi (mollis vt est aetas, sic quoque malle cupit), ergo legas Kufner, quos dat tibi laude libellos hic iunior, patris non tamen arte minor. Si tales in vere potest producere fructus, quantus in autumno commoda quanta dabit?
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* Alla fine dell’Appendix di Küfner — il cui titolo completo suona De ea dem tractatione appendicula, haud minus frugifera, per Georgium Kufne rum — compaiono i seguenti versi: [215, 3] In celeberrimum actum, quo et humanitate et eruditione singulari ornatissimus iuuenis, Georgius Kufnerus, insignia doctoratus rece pit, congratulatio Ioannis Lorichii Hadamarii2602 [distici elegiaci] Si bene magnifica cepit cum laude coronam, 2601 Vd.
supra 183, 4. Hadamar Lorich, autore di enigmi e di poesia religiosa (m. luglio 1569): cf. AGL 2 cc. 2532 s. 2602 Johann
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si pretio nomen clarius ille tulit, quisquis in El[a]eo meruisset puluere palmam, seu lucta aut curru, seu pede victor erat, halticus2603 et pyctes, dromeus2604, gladiator, aliptes, praemia virtutis promeruere suae. Ornabant alii [ut vid.] flauos Iouis arbore crines, nonnullis merces splendida laurus erat; victores apio redimibat Achaia diues, in Nemeis pinus gloria summa fuit. Quis positas statuas, auri quis pondera multa, nesciat egregiis dona fuisse viris? Iure igitur decus hoc tribuit tibi caesia Pallas et caput insigni vincit honore tuum. Iustius haec veniunt tibi praemia, docte Georgi, quam cinxit fortis tempora clara Milo: tam iuste nullus titulum sortitur athleta, tam nulli pugili gloria digna venit. Pancratii2605 dextris et solo corpore certant: hoc quis opus tandem vilius esse neget? Omnes Musarum tu culto pectore dotes hausisti, quoniam munera dia tenes: haec grauior longe, magis est ornanda palaestra, viribus ingenii quae superare solet. Vicisti omnigenos infracta mente labores nec piguit curae taedia multa pati: otia, blanditias, Venerem, mala pocula, luxum, vnus es e paucis, qui fugienda putet. In dubio positum est, an vincas moribus artes, artibus an mores (par ab vtrisque decus). Doctrinas, vno quae coniunguntur in Orbe, prima tibi puero discere cura fuit. Hinc nosti Latios recte proferre lepores, barbarie expulsa verba diserta loqui. Tum valide tua dicta probas conuincere doctos, turbam, quae technis vtitur atque strophis. Cuncta etiam lepidis potes illustrare figuris: flexanimae Pythus dulcia verba tenes. Haec vbi sunt studio fundamina iacta fideli, conatu aspiras ad grauiora cito. 215, 3 Intima sacratae sophiae penetralia lustras,
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2603 Sic:
refuso per salticus. in latino, è ovviamente modellato sul greco δρομεύς. 2605 Sic: forse da emendare in pancratio (in tal caso certant è da riferirsi a un sottinteso pugiles e athletae: cf. infra v. 74). 2604 Inesistente
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cuius pars morum facta decôra docet. Altera Naturae inquiris mysteria vafrae: artificem e factis comprobat illa Deum. Talia complexus primis documenta sub annis, culmina mox celeri tendis ad alta gradu. Verus et humani generis seruator, Apollo, nil medica melius praestitit arte deus. Illa tuo placuit diuina scientia cordi: hanc tibi perpetua sedulitate paras. Omnia Pergamidae voluis praecepta Galeni, Hippocratis Coi dogmata sana teris. Morborum magno cognoscis acumine causas, vt cunctis addas pharmaca docta malis: herbarum succos, certa et medicamina nosti, quo magna infirmos dexteritate bees. Sed magis hoc mirum primo sub flore iuuentae, te res complecti tum potui[e]sse graueis, cum tibi vix tenera niteant lanugine malae lustraque sint nondum quinque peracta tibi. O quales fructus producet serior aetas! o (superi vitam dent modo) quantus eris! Ornabis patriam, cunctos ornabis amicos, quorum te cultum fecit vtrunque2606 satis. Hinc tibi purpurei decus hoc insigne galeri defert Pierii turba sacrata chori. Applaudit studiosa cohors, assurgit eunti: o quantum laudis dat tibi laeta dies! Prouenient charis et gaudia quanta propinquis! quanta in laetitia viuet vterque parens! Quod sene de Rhodio2607 veterum monumenta recensent anne tibi mirum quod videatur habet? Tres pater hic habuit praestanti robore natos, pancratio hic clarus, sed pugil ille fuit. Tertius in lucta consueuit vincere, lustra cum sua Pisaeo sunt celebrata Ioui, totaque spectauit solennes Graecia ludos, pignora et huc genitor chara secutus erat. Tempore tres iuuenes victores vidit eodem, vna qui laurum promeruere die. Qui patris in gremio meritas posuere coronas, brachia circundant, oscula blanda ferunt;
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“il fatto di aver reso onore sia alla patria che agli amici”. di Rodi. Il fatto è narrato da Gellio 3, 15, 3.
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laetaturque simul populus, tum floribus ornant: festiuis caelum plausibus vsque strepit. Tanta in laetitia tantoque in honore sedentis inclusere animam gaudia summa senis. At tu, clara parens, iuuenis laetare beati nomine, tum multos (et bene) viue dies. Suscipite hunc proceres, clarissima lumina regni, quos habet augustus rex in honore viros. Plaudite nunc vestro (sic poscit tempus) amico: dignus erit tali nemo fauore magis. Zotthius hoc faciet, cunctos clarissimus inter, Nestora qui suasu vincit vbique suo et Mornauuerae nitidissima gloria gentis, omni qui regnum sedulitate iuuat; Haidenreichigena de stirpe insignis Erasmus, omni virtutum munere cultus homo iustitiaeque sciens et consultissimus aequi Hippius2608, eloquii non minus arte valens: per quorum floret virtutem curia regis, cuius sustentat sceptra beata Deus. Posthabitis propriis qui regia commoda tractant, praecipua cura praecipuaque fide, non alios vellet prudens optare Darius, dum munerat sumptis Punica mala cibis. Sunt in consiliis regi, quod Zopyrus2609 illi, vnum qui coluit pro Babylone virum, nec consultores alios quaesisset Atrides, vnum dum peteret negligeretque decem. Illi gaudebunt tantis successibus omnes fortunamque volent amplificare tuam. Sit licet ampla satis, per eos tua gloria crescet et, Kufnere, tuus non morietur honos. Tu quoque gaudebis multum, clarissime doctor, Agricola2610 ô medicae maxima fama scholae. Te studio atque opera sic instruxisse fideli discipulum, de te praedicat ipse libens.
2608 In un’edizione dell’opera di Vittori (Lione 1546), trovo in margine, in corrispondenza dei nostri versi, le seguenti delucidazioni: Dominus Io(hannes) Zotthius, sereniss(imo) regi a consiliis. Dominus Ambrosius Mornauuerus. Dominus Erasmus Haidenrich. Georgius Hip pius, vtriusq(ue) iuris doctor. 2609 Nobile persiano, che aiutò Dario I nella conquista di Babilonia: cf. Giustino 1, 10, 15 ss. 2610 Evidente allusione a Johann Agricola (Peurle) (vd. supra n°. 2): cf. infra 215, 4, 63.
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Phillyrides2611 puerum sic informauit Achillem atque Machaoniae tradidit artis opem. Mox et Amynterides2612, iuueni praefectus eidem, monstrauit factis iungere dicta bonis. Tu quoque res pulchras docuisti et verba: voluptas nunc erit ex illo grata labore tibi. Denique nemo potest haec tristi cernere vultu, cuius non nimius pectora liuor habet. Nunc precor vt (sine quo nihil est fas fidere nobis) cuncta Deus clemens coepta secundet. Amen.
[215, 4] Ornatissimo iuueni, Georgio Kufnero Rotamontano, in medica professione doctoratus insignia recipienti, carmen congra tu la to rium Sebastiani Solidi Rhaeti2613 [distici elegiaci] Tempus erat Tartessiacis quo mersus in vndis Titan et stabant astra serena polo fessaque iam passim cunctis animalia terris mulcebat serpens molliter alta quies: non auis aut pecudes optata silentia turbant iamque ager et saeui iam maris vnda silet; interea, leni perfusum membra sopore, curarum domitor, me quoque somnus habet. Templa sacri videor me lucida scandere Phoebi, siue fuit fictae seu simulacra rei. Mons illic, biiugo contingens vertice caelum, opposita festus parte Cyteron erat: nam licuit certis illud dignoscere signis: fiebant solito Bacchica sacra modo. Dispicio tacitus quid et amplius ipse viderem: huius tam fuerat magna cupido rei. Pingere quae cerno2614 Natura venustus ipsa tam nequit: intuitu mens stupet ipsa suo: en Phoebus, solio residens venerandus amoeno, argutum solito pectine tangit ebur. Ausculto sitiens artis dulcedinis huius: mens prona in rebus, ceu solet esse nouis.
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centauro Chirone, che fu maestro di Achille. sta per Amyntorides, Fenice, figlio di Amintore e precettore di Achille. 2613 Vd. supra 183, 4. 2614 Probabile refuso per conor. 2612 Sic:
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Amota dextra plectrum iam sistit Apollo, mox et Apollineas iussit adesse deas. Concurrunt omnes suspensisque ora Camoenis, protinus ex alto sic ait ille loco: «Magna Iouis soboles, vos ô mea2615 gloria Musae, qui vestri dicor duxque paterque chori: nostrum opus est (scitis) lepidos effundere cantus et superis doctos adsimilare viros; nostrum opus est vatum praecingere tempora lauro, laetus vt exornet pampinus vsque comas, venerit et quisquis nostras bibiturus ad vndas, perpetuum viuens sentiat ille decus. Quare agite, ô Gratiae2616, charos tueamur alumnos sitque illis nostro numine tuta salus, laudibus at digni multo maioribus illi, qui duplici studio munera nostra colunt. Quem cupio iuuenem citharae, vt decoretis, amitum2617, hic fuit et medici sedula cura cadi2618. Inuentum (scitis) nostrum medicina putatur: hinc nostri cupidis praemia ferre decet. Ite, igitur, dulces iuuenem obseruate puellae et partim nostro ferte labore decus». Plura dei cupiens ego carpere verba loquentis, sed vigor externis sensibus ipse redit. Nox depulsa polo, coniunx Tithonia surgit et religat roseis tempora flaua comis: clara dies, homines opera ad consueta reducens, hortatur lepido membra leuare thoro. Sic, postquam pulso melior mens reddita somno est, quae vidi, vacua somnia monte2619 puto, et tamen infictis2620 animum iuuat esse moratum: quae vidit, repetit mens simulacra, prius. En iuuenis turba veheris stipante, Georgi, it tecum effusus ex Helicone chorus. Ad sacra te doctae conducunt templa Mineruae, Pieriis iunctus, qua fluit Ister aquis,
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mei (cf. qui del v. successivo): mea è richiesto da evidenti motivi metrici. metricamente, ha tutta l’aria di essere una glossa della probabile le zione giusta Charites (che, oltre tutto, costituirebbe una paronomasia allitterante con l’im mediatamente successivo charos). 2617 Sic: refuso per amicum. 2618 Intendi: “serbatoio prezioso della scienza medica”: vd. anche infra v. 66. 2619 Sic: evidente refuso per mente. 2620 “Non fictis” (Forcellini s.v.): vd. anche TheslL s.v. 2616 Inammissibile
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qua vere gemini Parnassi[i] culmina surgunt2621 Cecropiique patent pulpita docta gregis. Hic capis in studiis perpessae praemia curae, hic ornant teneras turba nouena comas. Ammonius2622 (vere medicorum Iuppiter Ammon), hic offert medicae laurea signa rei. Qui quantum reliquos Phoebea vincit in arte, Phillyridem mistis aequat et ipse cadis, tantum plus vere credas accedere laudis, a tanto veniat quod tibi tantus honos. Gratulor idcirco susceptae nomina famae, grator tam laetum te tetigisse diem. Pergas Paeoniis nunc tradere pharmaca succis, perge salutifera pocula ferre manu. Faxit caelestis medicinae inuentor Apollo talia succedant prospera coepta tibi. Tu nunc, ô Misomus[a]e2623, vomas2624 non esse poetis numen nec Phoebum sensa futura loqui.
[215, 5] De Musarum praemiis doctori Georgio Kufnero Rotembergensi apud florentissimum Ingolstadium, secundo die Augusti collatis, carmen Valentini Butzlii Vuangiani2625 215, 4 [distici elegiaci]
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Carmina finxerunt (nam fingunt multa poetae) innumeras sedes nec loca certa deûm. Ardua Pimplaei sacrare cacumina montis pars voluit Musis, pars Helicona dedit: verticibus celsum bifidis qui tendit Olympum, Parnasum Musis pars facit esse domum. At pars Aoniae fontes dixere Camoenis placatas sedes, tuta vel esse loca; confert tecta domus Musis sacrata Cytheron, Pieriae sedem dant nemorosa iuga. Sanguine progenuit caesa ceruice Medusa, gaudia Pieriis, Bellerophontis equum, Pegasei vt fodiat gelidum pedis vngula fontem,
2621 In corrispondenza del v. 59, nell’ediz. lionese del 1546 (vd. supra nota 2608), compa re la delucidazione: Ingolstadii duo Collegia. 2622 Vd. supra 215, 3, 116 e nota 2610. 2623 “Colui che odia le Muse”, evidente neoformazione. 2624 Intendi: “va’ pure dicendo a sproposito etc.” 2625 Vd. supra 183, 6.
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in quo Castalides candida membra lauent; in quo consideat lauro redimitus Apollo, Pegasidum voluat sceptra regenda manu; in quo Pierides possint celebrare choreas, his dum concinat doctus Apollo lyra. 215, 5 Tot loca finxerunt Musis nec certa poetae, astrigeri quot sunt lumina clara poli. At, si dicendi vestra de sede, Camoenae, ingenium, calamus linguaque docta foret et, si mellifluis condiret carmina verbis Euterpe et caneret Cinthius illa deus, carmine narrarem montes fluiosque sonoros, acceptas sedes et loca grata breui. Adsitis lepidae dulci (rogo) carmine Musae, vt loca carminibus dicere vestra queam. Tercentum semel atque semel cum mille solebant annos Christicolae connumerare pii, lustra semel ter terque semel iunxisse volebat huic numero summi chara caterua Dei, Caesaris et quum conuentus fratrisque caterua vrbe Ratispona relligiosa foret2626, tunc, qui grammaticos inter non vltima laude ingenii potuit commeruisse loca, Susenbrotus2627 erat, capiens sua gaudia vitae, inuida nec filum fata tulere suum, artibus ingenuis mentes puerique2628 doceret2629, moribus et regeret pectora nuda bonis, inter quos primos tibi non postremus habebar, Susenbrote parens, spes studiique mea. Dogmate cum tandem coluisses pectora nostra, Pierides videam mittis vt ipse deas. Sic, tua iussa sequens, loca quam sinuosa pererro, Castalides quaero tesqua per hirta deas.
2626 Gli accenni storici contenuti in questi versi sembrano riferirsi al momento in cui a Ratisbona, nel 1542, penetrò ufficialmente la Riforma, mentre i versi 29 ss. sembrano indi care il 1613, l’anno in cui la città tornò al cattolicesimo. Il v. 33 allude quasi certamente a Carlo V d’Asburgo. Forse in Caesaris....conuentus è da vedere un accenno alle diete imperiali che si tenevano proprio a Ratisbona, mentre frater sembra essere Ferdinando d’Asburgo, fratello minore di Carlo, il quale, pur contrastando fermamente i luterani, si adoperò per una politica di riconciliazione, che sarebbe sfociata nella pace di Augusta (1555). 2627 Si tratta forse di Johannes Susenbrotus, erudito tedesco, studioso di grammatica e retorica (m. 1543): cf. AGL 4 c. 946. Negli anni della diffusione della Riforma rimase sempre fedele al cattolicesimo. 2628 Sic: forse refuso per puerosque. 2629 Sc. ut.
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Quo me cumque fero video placidissima nusquam Musis, barbarie sed loca plena graui. Tandem contingens celebris confinia rura Vlmae, quam rapidis aluit Ister aquis2630, hinc mea Danubii noti toto Orbe fluentis vnda vehit valido languida membra gradu. Norica cum tandem vidissem moenia, ripis Anglipolim2631 resonis Istridis vnda fluit. Hîc dum mansissem (nam nox obscura tenebat terras), iam somno lumina fessa iacent: omnia, quae semper vigilanti mente reuolui, (accidit vt somno) somnia nostra ferunt. Aonides2632 aderant, florentia serta capillis cingentes flauis, pulchra decora, suis. Hae facies oculis, pomosae in corde papillae, ornabant Musas, blandidulaeque2633 genae. Dependet albo pretiosa monilia collo, candida purpurea corpora veste rigent. His arguta sonant suaui psalteria chorda, cantica concinit dulcis amica chelis. Mellifluas voces tantas de gutture promunt, vt superent Lygiam Leucasiamque2634 sono. In medio citharoedus adest Tegaeus Apollo, carmine Thespiadum qui regit vsque chorum. Concentus facilem somnum dissoluerat iste: obstupui, vocem lingua referre nequit. Ordine stant circum dextra laeuaque Camoenae, coniiciunt risu lumina nota leui. Ora tenent tacitae, iam dulcia plectra silebant. Delphicus accedens protulit ista deus: «Excute corde metus, non Musas, spectra timebis, quas placuit rigido quaerere monte tibi. Hîc retineto pedes per montes, saxa, per ignes, defessos: hîc est saepe petita salus, etsi sint aliis (tamen hîc gratissima sedes), quae capiant Musae gaudia multa, locis. Hoc facit Anglipolis, populus, loca, flumina, reges, relligio, pietas, docta caterua virûm. Vrbs antiqua facit, iam multos firma per annos,
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per far tornare il metro, è necessario trasporre Ister aquis aluit. tratta, con ogni verosimiglianza, di Ingolstadt. 2632 Le Muse. 2633 Non attestato in latino classico e medioevale: vd. anche infra v. 134. 2634 Sic: sarà da leggere (sempre in riferimento ad Apollo) Lyciam Leucadiamque. 2631 Si
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quae potuit longa consenuisse die. Danubius rapidis toti notissimus Orbi alluit hanc vndis, moenia tuta facit. Circumfusa ruunt spatiosi iugera campi, obstant nec syluae, mons nec anhelus2635 adest. Incola fortis amat fortunam Martis et audet hosti belligero conseruisse manus. Boica cum tellus bello vicina periret, ausa est Anglipolis Martis obisse mala. Hîc quoque (vt est toto consistens maxima regno Boiorum) pietas relligioque, fides; et populo tanto celebris stat gloria regni, vita ducis populo relligiosa patet. Principibus claro ter magnus stemmate natus, Guillhelmus2636 plebem hanc relligione regit. Emporium statuit Musis, quo praemia largo Anglipoli cornu docta corona ferat. Digna volunt Musae hîc studii cognoscere fructus praemia Palladiis propria ferre viris. Munera depromunt doctis suauissima cornu, hîc studiis aequa praemia lance ferunt. Hîc est vera domus, Musis gratissima sedes, hîc poteris doctas excoluisse2637 deas». Delphicus ista deus dixit: tunc omnis imago in vmbras visa est euanuisse leues. Interea cum mente mea sic voluo sopores, tunc Aurora suos rubra colorat equos. Eripior lecto, studiosam quaero cateruam, colligo Maeoniis munera multa diis. Sic, vbi praeteriit triplex mihi fertilis annus, Kufnerum Musae condecorare suum, huius vt ornata tituli medica arte celebres, (certarunt Musae) conspicui esse queant; munera confuso confundunt ordine cuncta, Kufnerus meus est. Ora nouena ferunt: vna comas comit2638, pictas facit vna coronas, tertia fert flores puniceasque rosas; allusione a fenomeni vulcanici.
2636 Si tratta probabilmente di Guglielmo IV di Wittelsbach, duca di Baviera (1493-1550):
avverso ai luterani, ma al contempo antiasburgico, sostenne la Controriforma e affidò ai ge suiti l’università di Ingolstadt. 2637 Perfetto con valore aoristico. 2638 Si noti la paronomasia allitterante, fondata anche sulla diversa scansione prosodica della prima sillaba, breve quella di comas, lunga quella di comit.
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vt semper blandis spirarent floribus arae, de calathis violas spargere quarta solet; annulus exornat, superans speciosa metalla, articulos manuum, quem sibi quinta dabat; arte laboratas vestes dat sexta sororum: dependent humeris ostra corusca suis; aurata lumbos zona nunc septima cingit; octaua et capiti iam diadema dabat doctoremque nouum deducit nona dearum. Ad virides hortos talia verba facit: «Carpemus, sociae vos o, dulcissima poma, carmine laetemur blandidulisque iocis. Tu, cithara, citharoede, veni fidibusque sonoris: doctori carmen pandito dulce nouo. Sed saltum primus citharoedi ad plectra Georgi ducito, me pressit cum tua iuncta manus. Ordine deducat sic saltus quaeque sororum accrescatque leui blanda chorea pede». Exhilarant animos, cognoscunt gaudia, cunctis concentum, risum, frons sibi laeta tulit. At, cum Solis equi properant se tingere vasto Oceano, quaeuis oscula Musa dedit et longum dixisse ‘vale’ dextramque premere2639 optat et exoptat multa beata viro: «Quae tibi Rex caeli, terrae, conferre, Georgi, dignetur, vitam dirigat atque tuam!».
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[216] WECKER Johann Jacob (Basilea 1528-Colmar 1586): cf. AGL 4 c. 1839; BL 5, 873; ADB 41, 372. Practica medicinae generalis, a Io(hanne) Iacobo Weckero, poliatro Colmarien se, septem libris explicata, Superiorum permissu, Venetiis 1608, apud Franciscum Bolzettam [prima ediz. Basilea 1585] [Stamp. Barb. N.VI.145]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [216, 1] In methodum vniuersalem perueniendi ad praxin d(omini), d(o mini) Io(annis) Weckeri, d(omini) agnati sui obseruandissimi, εὐχα ριστικόν τε καὶ παραινετικὸν ἔπος Ionatahae Meieri Basiliensis2640 2639 Sic:
sarà necessario congetturare qualcosa come prehensam. Meyer zum Hirzen, di Basilea: cf. H-BLS 5, 98.
2640 Jonathas
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[distici elegiaci]
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Hunc librum, praeclare, tibi, Weckere, remitto excusum praelo, te cupiente, meo et te nunc docti toto venerantur in Orbe, pro medicis donis auxiliisque tuis. Haec generalis enim medicinae praxis habetur, ingenti quae non utilitate caret. Nos etiam te nunc merito ueneramur honore proque tuo studio proque fauore tuo, hoc quod opus doctum nostro commiserit2641 aeri, illustrentque typos quod tua scripta meos nec cessas post hanc praxin foetusque priores pergis et egregium nunc meditari opus, vtque vigil legit haec cupido modo pectore lector, qui fruitur toteis teque tuisque libris: sic plures admiratur speratque futuros teque petit libros pollicitante nouos. Pergas sic nobis specialem absoluere praxin factaque pollicitis adde petita tuis; atque illam potius praelis suppone tuorum, vt videat lucem per mea praela diu: perge tuis medicas ornare laboribus artes, vtque fatis2642, praelis perge fauere meis. Sic duce te crescunt cupidi bona publica mundi, commendat nomen sic tua fama meum; sic alacri uigilique fide, sic tempore laeto te consanguineum magnificabo meum; sic ego, sic omnis medicis imbutus ephebus artibus aeterno tempore gratus erit et uomen2643 sine fine tuum super astra seretur2644, rem medicam tali quod ratione iuuas. 216, 1
[216, 2] Ad nobilem et praelustrem virum d(ominum) Io(annem) Iacobum Weckerum, Caesarii Palatii comitem et medicum Colmariensis2645, elegia Ioach(imi) Rosalechii2646 a Novotreptouio Pomeranorum 2641 Sic: refuso per commiseris: vd. cessas, pergis e meditari di v. 11 s. A v. 14 — in luo go di toteis — sarà opportuno emendare in toties. 2642 Sic: evidente refuso per facis. 2643 Sic: banale refuso per nomen. 2644 Sic: refuso per feretur. 2645 Sic: refuso per Colmariensem. 2646 Vd. supra 198, 11.
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[distici elegiaci]
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Maxime summorum victor Weckere dolorum, quo medicante fugit morbus et aegra lues, quem magnis titulis decorant regesque solaeque quemque Palatinum Caesaris aula uocat, vt tua perpetuo te fama superstite crescens [ut vid.], plus sensim ueteri lumine lucis habet! Sic studiosorum iuuenumque scientia crescens [ut vid.], fit magis ex libris ingeniosa tuis vtque senex nomenque tuum miratur et artes sic colit et laudat teque tuosque libros et, tua cum fructu perdocta volumina uersans, plurima quae nusquam uiderat ante, uidet. Nunc quoque, post multos alios summosque labores, promis ab ingenio practica scripta tuo, quae mala sanandi monstrant feliciter artem et ducunt medicas instituuntque manus. Vtque feruntur apes in mellea pascua florum, sic hac2647 lectores in tua scripta ruunt et, ueluti dulces succos in floribus ipsis quaerit et inuentos sedula carpit apis, sic quoque te lector relegens hunc auspice librum, carpit de studiis commoda multa tuis. Quam bene diuinus sua munera contulit in te Caesar, ut ingenii sint monumenta tui! Sic decorat nostri domini clementia doctos, sic noster sapiens rex sapienter agit. Tunc artes et tunc veneranda scientia floret, tunc fiunt celebres magnificaeque scholae, cum reges placidique duces proceresque benigni artibus et studiis ingeniisque fauent. Dignus es illorum summo, Weckere, fauore[s]: debetur meritis gratia tanta tuis. Tu, medicinarum grauis et possessor, et herbas et uires harum, certus in arte, doces. Tu quoque nunc certam subtili pectore praxin edis et haec multum dexteritatis habet. Cum tua te pareret genitrix feliciter et cum aspiceres primum, luce fauente, diem, tunc in te magnum clementer et utile donum humano generi praebuit ipse Deus;
2647 Si può lasciare hac avverbio senza dover necessariamente emendare in hac (sc. scripta).
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tunc promsit opem morbis aegrumque salutem: nunc quae promisit, te medicante, facit. Perge tuas magnis meritus2648 extendere laudes, perge tuum posthac multiplicare decus. Si modo laus fieri poterit tua maior et id si, quod summum nunc est, altius esse potest, viue diu pergatque fauens te sospite Parca nere tibi fusis stamina longa suis. Sis felix, huius decus admirabile terrae, vir merito claris annumerande viris. Per te perque tuam sint prospera pharmaca dextram: pareat arbitrio quaelibet herba tuo atque tuis absint malefida pericula tectis et desint domui gaudia nulla tuae; cumque satur mundi sueris2649 dandusque sepulchro, contingat tumulo pax requiesque tuo egrediensque tuo sursum de funere, coetu ductus ab angelico, spiritus astra petat. Plura tuo posthac de nomine carmina scribam: nam cupio tanto charior esse uiro. Haec nunc sufficiant et, si placet, accipe finem vtque pie claudam tam pia vota: uale.
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[216, 3] 216, 2
Eiusdem ad Medicnae candidatos
[epodo elegiambico = trimetro giambico + elegiambo] Grex iunior lectorque candidissime2650 Hippocratisque cohors et huic Galeni proximi, quae sedulis et impigris laboribus quaeris habesque modum morbis medendi languidis, post cognitas herbasque resque plurimas, quas Medicina[e] sole[n]t aptare uestris usibus, nihil absque praxi (quod fateris) proficis — nil Medicina iuuat, quae praxin ipsam non tenet —, hanc2651 ecce nunc Weckerus optatissimus edit ingenii fœtus nouos gignit sui. Hanc maximo nunc accipis cum gaudio
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2648 Sic:
sarà refuso per meritis. refuso per fueris. 2650 Evidente gioco di parole tra candidissime (sc. lector) e i candidatos del titolo del com ponimento. 2651 Sc. praxin. 2649 Sic:
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assiduoque legis hanc plurimis cum fructibus. Hac te regis2652 manumque prosperat tuam, denique te medicis parem facit clarissimis. Sic noster, omnis fons scientiae, Deus vnius arte uiri prodesse terris omnibus potest et unus sic Deo uir auspice commoda tanta potest praebere mundo maxime; sed plura mox uir hic dabit: uiuat modo, uiuat ut ergo diu, patrem precare coelitum.
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* * * [217] Antidotarium generale et speciale, ex opt(imis) authorum tam veterum quam recentiorum scriptis fideliter et methodice a Ioan(ne) Iacobo Weckero Basi liense congestum et dispositum, nunc vero supra priores editiones omnes multis nouis et optimis formulis, maxime vero extractis, auctum, adiectis indicibus locu pletissimis, Basileae, per Conr(adum) Waldkirch, sumptibus Episcopianorum 1601 [prima ediz. Basilea 1586] [Stamp. Barb. M.VIII.86]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [217, 1]
Ad lectorem [falecei] Quid non prompta suo manus labore vel virtute sua domat voluntas? quid non ingenii vigore tandem mens aut assiduo facessit vsu? Si spectes animum, benigne lector, Vueckeri pietas, amor fidesque, vt cursus medicae iuuetur artis, spectantur vario polita cultu. Sin mens ipsa suum velit decorem et, quascunque fouet, referre dotes, Vueckerum medicos videbis inter effulgere graues et eruditos. Doctas ingenio manus et vsu, virtuti famulas et obsequentes, si spectare libet, reguntur arte et nullo fugiunt manus labores. Cum sit mentis honos manusque merces
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2652 Emenderei
in Hac (sc. praxis) te regit.
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et virtutis amor, videntur esse Vueckero, stabili probata iure, laus, merces et amor remuneranda.
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Nic(olaus) Taurellus, m(edicinae) d(octor)2653
[218] WEPFER Johann Jacob (Sciaffusa 23/12/1620–28/1/1695): cf. AGL 4 c. 1892; BL 5, 903; ADB 41, 740 s.; H-BLS 7, 483. 217, 1 Cicutae aquaticae historia et noxae: commentatio illustrata a Ioh(anne) Iacobo Wepfero, med(icinae) doct(ore) Scaphusiano, Basileae, apud Ioh(annem) Rodol phum König, imprimebat Ioh(annes) Rodolphus Genathius a(nno) D(omini) 1679 [è la prima ediz.] 217, 1 [R.G. Medic. IV.2101]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [218, 1] Ad celeberrimum authorem, fautorem et patronum colendissi mum [distici elegiaci] Hippocratem miror, veneror quoque scripta Galeni: fama, labor, laudes hinc utriusque placent. Nec tamen hi soli mea sunt hâc luce voluptas, quin magis admiror quae nova mundus habet. Willisium2654 taceo; sileo quoque scripta recentûm: Wepferum stupeo mente manuque sophum. Hic cultro et manibus celebris, velut ipse Machaon, et, si fata velint, cras Cous alter erit2655. Scripta viri modo volve sagax, hanc volve Cicutam, lector, et a nobis non alienus eris. Pandit virtutes, noxas et commoda plantae, huius et in partes scindere rite docet. Toxica ne noceant, monstrat, quo vita perennet: liber ut a morbis hic cluat2656 ipse, precor.
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Ioh(annis) Iacobi Harderi2657, med(icinae) doctor(is) et philo s(ophiae), prof(essoris) Bas(iliensis) 2653 Vd.
supra 16 tit. infra n° 223. 2655 Per far tornare il metro o si considera Cous monosillabico o bisognerà congetturare qualcosa come p.es. [cras] Cous alter erit. 2656 Cf. Plinio, nat. hist. 15, 119 cluere enim antiqui purgare dicebant. 2657 Vd. supra n° 116. 2654 Vd.
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[218, 2] Viro celebratissimo Ioanni Iacobo Wepfero, archiatro, τῷ πάνυ, Cicuta aquatica [distici elegiaci] Quid mirum est, homini quod diae lumina vitae disturbo? lymphas turbat et ipse meas correptamque2658 adeo male cautus dente lacessit. Contra ego nam insurgo, ut Cerberus atque draco tigride stipatus, nervos fibrasque revello: nempe, ne inulta cadam, tot Deus arma dedit. Vro, caloris inops, mansa2659 et gelo, frigoris exsors: Sphinx ego, Wepfero vindice digna satis.
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Cicuta nec arguta, obnoxia sane ut innoxia2660. Lucet(iae) [sic] Parisior(um) ad d(iem) 3 Ianuar(ium) a(nno) 17792661 Ioan(nis) Cunradi Peyeri2662, med(icus) Schaffhusa Helvet(iorum)
* * * [219] Ioh(annis) Iacobi Wepferi, medicinae doctoris, Observationes anatomicae ex cadaveribus eorum, quos sustulit apoplexia, cum exercitatione de eius loco af fecto. Novae editioni accedit Auctuarium historiarum et observationum similium, cum scholiis, Amstelaedami, apud I(ohannem)-Henricum Wetstenium, 1681 [pri ma ediz. Sciaffusa 1658] [R.G. Medic. V.657]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [219, 1]
In laudem ac honorem cl(ari) domini authoris [distici elegiaci] Compar tentat opus magnus Wepferus in arte luminibus, medici lumen et ipse chori:
2658 Sc.
me.
2659 “Masticata”,
da mando, mandere. ha un tono proverbiale, ma nulla di simile risulta in Walther. Qualche accostamento p.es. in Nemesiano, ecl. 3, 13 iussit et arguta iuuenes certare cicuta. 2661 Sic: sarà errore materiale per 1679, che è l’anno di pubblicazione dell’opera (vd. su pra). 2662 Vd. supra 45, 4. 2660 L’espressione
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nam cultrum et calamum medicos convertit in usus, nactus et haec famae est organa2663 digna suae. Amica mente et manu Ioh(annis) Conradi Brotbequii2664, philo sophiae et medicinae doctoris eiusdemque et physicae professoris publici in illustri Academia Tubingensi
[220] WERNER Johannes (secc. XVI-XVII): cf. BL 5, 906; ADB 42, 58. Therapeutica, hoc est sanitatis restituendae ratio artificiosa, libris duobus pro posita et commentariis illustrata a Ioanne Wernero Hannoverano, phil(osophiae) et med(icinae) doctore, reuerendissimi Capituli reipub(licae) Halber sta dien sis medico: opus plane nouum ac singulare, philiatris vtile cumprimis et necessarium, quo late diffusa medendi ars, mirâ et (quod mirum) perspicua breuitate explicatur methodoque elegantissima accurate compraehensa et descripta, ob oculos ponitur, cum indice librorum, capitum et rerum vberrimo, 1596, cum priuilegio Caes(areae) Maiest(atis) special(i) ad decennium, Francofurti, excudebat Ioannes Saurius, im pensis Petri Kopffii [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.946]
All’inizio dell’opera compare, tra l’altro, la praefatio dell’autore al let tore intitolata Lectori beneuolo s(alutem) e firmata Ioann(es) Werner(us) d(octor). Alla praefatio tengon dietro, senza soluzione di continuità, i versi seguenti: 219, 1 [220, 1]
Eidem lectori [distici elegiaci] Crus Medicina Dei est, vbi crux2665 effoeminat artus visceraque exanimi languida tabe iacent. Lux Medicina hominum est, illustrans arte tenebras, dux velut errantem colligit Orbe gregem. Vox Triados ducit mediantis flaminis vsu2666 ipsam animam, corpus sed Medicina beat. Vox sacra sit digitus, sit crus Medicina potentis, quo mentem et corpus fulcit in Orbe, Dei. Mens palat tenebris: Medicina est viribus orba, aeterni ni sit do[c]tibus aucta Dei.
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10 2663 Sc.
cultrum et calamum.
2664 Ioannes Conradus Brotbequius, medico a Tubinga intorno al 1676: cf. AGL 1 c. 1401. 2665 Si
noti il gioco di parole omofonico tra crus e crux. “attraverso il soffio dello Spirito santo”.
2666 Intendi:
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Nil maius Verbo: post Verbum dia reposta est mortali generi lux, Medicina, Dei. Hippocrates tibi numen erat geniusque, Galene: victuri spirant numina tanta libri. Qualis sol mundo, sic aegris lux vtriusque est, scripta dolis, nugis, scripta relicta2667 vacant. Cedant alta almae luci volitantia coeno somnia: principibus lux data dia viris. Per vos se reddit, per vos stetit ardua virtus: digna tamen reliquis area laudis erit. Nec praesens sine laude fuit, sine lumine, seclum: temporibus certis stant bona dona Dei. Nil coeptum ductumque simul fuit artis ad vnguem: principio ac medio clausula danda fuit. Praesentis laudes secli quis iure silebit? et formam et normam non sine laude dedit. At sine lege tamen, nimium laxante Minerua: namque aliena suis sunt referenda locis. Hîc trepido tituboque: tamen mens prompta resurgit et coeptum ad finem ducere tentat opus. Conscia mens parui sibi roboris: at sibi robur a dictis2668 fusum dictitat esse viris. Dictitat esse virûm hîc genium: sua sed modo formam et methodum et linguam, iure iubente, putat. At putat, at fallit, me iudice: falsaque in vno est: Naturae methodus, non tua, sparsa libro est. Est ita: Naturae methodus fuit vnica, formis vt Natura nouis vix variata fuit. Nil sub sole noui: tantum mens vna iuuandi gentem illam, medicis quae spaciatur agris. Sic specto commune bonum: laudem mihi nullam imputo sicque puto posse placere bonis. Nec mihi libertas, qvae nullo venditur avro, aurae putidulae semina iure dabit. Si minus haec medicis contingat, serua paratur ars medica et corpus suspicis absque anima. Crementum studiis rapis accessumque retundis: libertas mentis candidioris erit. Si quid deflectit, mox vna litura reflectet solaque Achilleo more2669 piacla teret.
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50 2667 Intendi:
“superstiti”. forse refuso per doctis. 2669 Probabile allusione alla velocità dell’eroe omerico: cf. p.es. Marziale 2, 14, 4: vd. Otto 2668 Sic:
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Nam quid perfectum est? placeat modo, quod mediocre est: sin minus, arte tua tu meliora feras. Ingenium mala saepe mouent, mala saepe mouebant ingenium, mala ni2670 nec bona semper erunt. Mome, quid insultas? non is, qui nascitur ordo, iure tibi pecori cessit: abito, pecus. Candidior forma est: niger at tu, Mome, caueto, Mome, nigros hircos: ad tua mulctra trahe.
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[220, 2] 220, 1
Ioan(nes) Werner d(octor)
Epigramma ad eundem [distici elegiaci] Non modo coelesti fomento cordibus vsu est, sed Deus et certa corpora seruat ope quique tenent caussas morborum artemque medendi, parte aliqua praestant munia more Dei. Hoc genere officii[s], Wernere, quod omnibus vsu est, nomen apud memores numinis instar habes. Nam quasi Naturae consultus in intima transis viscera: quoque modo sint releuanda, mones. Quid vitii ob lapsum nostra haec caro fecerit, hauris et fragili agnoscis de vice quid sit homo; quo magis est nobis praestanda modestia semper, si, quod homo cinis est vmbraque, norit homo; quam sua sub freno rationis vota teneret, credere si posset se genus esse luti. Sed tamen extendi vita spacia ordine iusto vult Deus, vt prosit functio nostra bonis vtque animo melius capiamus semina lucis ac opere in nostro simus imago Dei: tunc creat ex terra fomenta salubria morbis, quique ea pro morbis applicuisse sciat2671. Hac quia notitia rerumque es praeditus vsu, diuinas praestas arte fideque vices, artis et hanc partem, quae, docta lege vigorem restituens, tristi corpora tabe leuat.
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2670 Sic:
forse refuso per sic. il medico, che apprende l’arte direttamente da Dio (vd. i versi immediatamente successivi), a patto che sappia usare (qui....sciat) i fomenta etc. 2671 Sc.
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Exprimis in forma gracilis2672, Wernere, tabellae atque vagum exiguo limite claudis opus; ac, vt apis vario cogens e flore liquorem, ex cumulo artificum sana reperta legis. Cum pro communi tua cura salute laboret, est tibi communi voce precanda salus.
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T.2673 ex animo Iohan(nes) Maior d(octor)2674
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Epigramma aliud [distici elegiaci] Vos, medici, quibus est hoc praeter grande domi nil nomen, opinio quos non sinit esse rudes, ne tot vestra tegat tellus errata, Charontis ne toties vestro cymba onerata grege Letheis mergatur aquis, Libit[h]ina Vacuna2675 ne toties cultus deneget atra suos, tandem illam rectam rationem artemque medendi discite, quam veterum tot monumenta docent. Ecce viam vobis Wernerus monstrat, Apollo cui medicandi artem tradidit ipse suam: huius aperta viri vestigia (nam sine doctâ non methodô graditur) ne dubitate sequi. Nec graditur, ducibus nisi praecedentibus illis, non nisi quos paucis praeficit ipse Deus. Scilicet ingenio quantam solertia acuto doctrinam indiderit, testis hic ipse liber: si qua superstes idem gratante fatebitur ore posteritas, fructus carpet et inde suos. Inscribet sacrum Werneri aramantide2676 cerâ
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2672 L’opera
di Werner è sobria ed essenziale (vd. il titolo in cui si parla di perspicua bre vitate), ma efficace ed è vagum, che qui intenderei come un lavoro che tocca parecchi aspet ti e problematiche. 2673 Testis, tibi, tuus. 2674 Potrebbe trattarsi o di Johann Major (Mayer, Maier), teologo evangelico, umanista e autore di poesia satiriche (Joachimsthal 1533-Zerbst 18/3/1600): cf. AGL 3 c. 56 (che lo fa nascere nel 1517); ADB 20, 111; Eckstein 352; Pökel 165; o di Johannes Major, teologo (Rei chstadt 26/12/1564-Jena 4/1/1654): cf. AGL 3 cc. 56 s.; ADB cit., 111 s. 2675 Non si capisce l’accostamento di Libitina a Vacuna, a meno che non si voglia conget turare Libitina venusta (dal momento che Libitina fu intesa anche come ipostasi di Venere). 2676 Sic: leggerei amarantide, non attestato in latino, e coniato, con ogni evidenza, sul greco ἀμαρανθίς, nel significato di “immarcescibile, eterno” (ἀμαράντινος). Vd. anche supra nota 1348.
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nomen, Apollinei ceu diadema chori: fundamenta iuuat tantum iecisse per artem ordineque inceptam continuasse viam. Salomon Frencelius2677 a Fridenthal, Iuliae, profess(or) eth(ices), amico cariss(imo) lubens hoc iudicium relinquebat
[221] WIER (WE(I)YER, WIERUS) Johann (Grave, Brabante 1515Tecklenburg 24/2/1588): cf. AGL 4 cc. 1952 s.; BL 5, 916 s.; ADB 43, 266 ss.; NNBW 10 cc. 1190 s.; Aa 20, 186 ss.; Michaud 4, 596 s.; M. Valente, Johann Wier. Agli ������������������������������������������������������������������������� albori della critica razionale dell’occulto e del demoniaco nell’Eu ropa del Cinquecento, Firenze 2003. 220, 3 Ioannis Wieri, illustrissimi ducis Iuliae, Cliviae, etc. quondam archiatri, Opera omnia, quorum contenta versa pagina exhibet: editio nova et hactenus desiderata; accedunt indices rerum et verborum copiosissimi, Amstelodami, apud Petrum van den Berge, sub signo Montis Parnassi, anno 1659 [è la prima ediz. degli Opera omnia: per il dettaglio delle prime edizioni delle singole opere vd. infra] [R.G. Medic. IV.322]
Nel verso della pagina del frontespizio compare l’elenco delle opere di Wier: Elenchus operum Ioannis Wieri I
De praestigiis daemonum et incantationibus ac veneficiis libri sex, ab auctore sexies aucti et recogniti, iusta exemplar Basiliense 1583 [prima ediz. Basilea 1563; vd. anche infra n° 222] II Liber apologeticus et pseudomonarchia daemonum [prima ediz. 1577] III De lamiis liber et de commentitiis ieiuniis [prima ediz. Basilea 1577] IV De irae morbo, eiusdem curatione philosophica, medica et theologica liber [prima ediz. Basilea 1577] V Observationes medicae rariores, quibus accedit Liber secundus, nunc demum ex Germanico idiomate in Latinum translatus [prima ediz. Basilea 1567]
All’inizio dell’opera compare la dedica dello stampatore (datata Amste lodami 4 Idus Decemb(res) 1659, magnificarum Dominationum vestrarum humillimus cliens Petrus van den Berge) a numerose autorità olandesi, fra cui Nicolaas Tulp2678. Nel verso della pagina con cui si conclude la dedica stessa compare, a piena pagina, un ritratto rettangolare di Wier con la soscrizione Ioannes Wierus anno aetatis 60, Salutis 1576. 2677 Salomon Frencel, nato a Friedenthal (m. 18/6/1605), poeta laureato e professore di etica a Helmstedt: cf. AGL 2 c. 742. 2678 Vd. supra n° 212.
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Sotto il ritratto stesso ci sono due componimenti in greco: [221, 1] Εἰς Ἰωάννην τὸν Βιῆρον ἰατρὸν Γ(εράρδου) Φαλκεπυργείου2679 [distici elegiaci]
Ἦρα βίου ὁ Βιῆρος ἔφυ μέγας ἦρα γὰρ αὐτὸς ἰητὴρ νοσεροῖς κ’ ἀρτεμέεσσι φέρει, φάρμακα δοὺς νοσεροῖς βιοτήσ[ε]ια τῆς ὑγιείης, ἤπια θυμοφθόρου2680 φάρμακα πᾶσι χόλου.
[221, 2]
Εἰς τὸν αὐτὸν [distici elegiaci]
Σώματος ἀνδρομέου οὐ μὲν μόνον, ὥσπερ οἱ ἄλλοι, ἀλλὰ σὺ καὶ ψυχῆς οἶδας ἀκεστορίην· τοὔνεκα καὶ τελέθεις τόσσον προφερέστερος ἄλλων, ὄσσον τῆς ψυχῆς σῶμ’ ἀμενηνότερον.
* Dopo la Vita Ioannis Wieri (senza indicazione dell’autore) e alcuni giu dizi su di lui compaiono i seguenti versi: [221, 3 = 222, 2] Ioannis Ewich2681, doctor medicinae [distici elegiaci] Daemonis exortum, studium viresque dolosque qui velut in media luce videre cupis; qui quae carminibus sit vis et quanta nocendi, si desint sacris philtra parata modis; qui misere variis homines cruciatibus actos nosse cupis quaque hos arte levare queas;
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2679 Potrebbe
trattarsi di Gerhard Fal(c)kenburg (Gerardus Falcoburgius), studioso di diritto, erudito, filologo, editore delle Dionisiache di Nonno (Nimega 1535 ca.-Steinfurt 8/9/1578, per le conseguenze di una caduta da cavallo): cf. AGL 2 cc. 507 s.; ADB 6, 555; Aa 6, 36; Michaud 13, 342; Pökel 77. 2680 Sic: per far tornare il metro bisognerà congetturare qualcosa come p.es. θυμοβόρου (cf. p.es. Iliade 20, 253). 2681 Johann von Ewich (Cleve 1525-Brema 7/2/1588): cf. AGL 2 cc. 451 s.; BL 2, 452; Va lente 87 nota 43 e passim.
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CARMINA MEDICALIA
tandem quae poena infandae legitima2682 sectae, insonti ut parcas, constituenda siet, hunc lege, quem Ianus Wierus condidit arte, iudicio et magna sedulitate, librum. Vive, opus eximium meritumque attolle trophaeum: victa est Circeae turba prophana scholae; vive etiam aeternos, author, foeliciter annos: non erit ingenii fama sepulta tui.
[221, 4 = 222, 3] Ioannes Brachelius2683 l(ibens) l(aetus) licentiatus ad lec torem 221, 3 [esametri dattilici]
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Cum Deus immensi spaciosa volumina coeli conderet et medio suspenderet aethere terras ornaretque polum stellis atque aethera nimbis, ille sibi pariter famulos, divina creavit corpora, qui tenues ferrent sua iussa per auras quique procul curis agerent terrestribus aevum2684. Horum de numero genitor iustissimus unum, sic meritum, Stygias coelo detrusit ad undas2685: illic, et manicis et dura compede vinctus, ad scelerum poenas sedet aeterumque sedebit, tristia commissae persolvens crimina culpae. Quas tamen interea fraudes quasque improbus artes nocte dieque struat miseris, quae retia tendat, quidve potis, si forte tibi cognoscere curae est, hoc lege, lector, opus, docti monumenta Wieri: hinc optata feres, hinc te tua vota docebis. Insuper et magicis quae sit fiducia rebus attribuenda, modo crudelia pharmaca desint; quave veneficiis presso medicaberis arte; quamve satis dignam pendent sub iudice poenam sagarum furiale genus, miro ordine narrat. Sed tibi cur tantos, memorande Wiere, labores sumpseris, haud equidem sat adhuc discernere possum.
2682 Irregolarità prosodica, dal momento che la terzultima sillaba della parola, normal mente breve, è qui scandita lunga. Si potrebbe emendare legitima in iustissima: cf, p.es. infra 221, 4, 7. 2683 Di lui non trovo traccia nelle diverse biografie (un fugace accenno in Valente 80; 83). 2684 Si tratta degli esseri angelici. 2685 Accenno al diavolo.
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221, 3 – 221, 6
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«Publica me» dicis «moverunt commoda»: sed quis publica nunc curat praeclaraque pectora vulgo suspicit et meritos rebus persolvit honores? Tu tamen hoc fessam nimium solabere mentem, quod tua non ullo moritura est tempore fama.
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[221, 5]
Eiusdem Εἰς τὰ τοῦ Βιήρου περὶ μαγείας ὀκτάστιχον [esametri dattilici]
Δαίμονα τὸν στυγερὸν τὸν ἀτάσθαλα μηχανάοντα, τοῦ σθένος ἠδὲ βίην μεγάλην καὶ ἐπίκλοπον ἦθος, στρίγγα τε νυκτερινὰν καὶ ψεύδεα πολλὰ γοήτων, οὐ μόνον ἐκ τούτων ἐδάης, πεφιλημένε, βίβλων, ἀλλὰ καὶ ὡς μέλλεις τὸ γοητικὸν ἄλγος ἀλάλκειν ἀνέρι, τὸν φίλτροις γραῦς φαρμακόεσσα δάμασσεν. Τίς δὲ τελευταῖον τίσις ἔσσεται; ὦ διὰ πολλὸν ἔλλαχον2686 εὖχος ἐνὶ ξυμπᾶσι βροτοῖσι Βιῆρος.
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[221, 6 = 222, 4] ����������������������������������������������������� In��������������������������������������������������� �������������������������������������������������� Ioan���������������������������������������������� (��������������������������������������������� nem������������������������������������������ ) ���������������������������������������� Wierum���������������������������������� , �������������������������������� illustrissimi������������������� ������������������ Clivorum���������� ��������� ducis���� ��� ar chiatrum, e Car(oli) Utenhovii f(ilii) Allusionum lib(ro) I2687 [distici elegiaci] Ille via tota totoque errare videtur erro vagus coelo, docte Wiere, mihi, qui, Paracelsistae latitans sub nomine sectae, nomen ab errando credidit esse tibi, ni quod aberrantes recto de tramite, rectam (ceu Paracelsistas) cogis inire viam: nam neque cognomen tibi devius indidit error, quem neque transversum devius error agit. Non via Tartarei quae fert Acherontis ad undas latior: angustum dat tibi nomen iter. Fit via vi, quae nos supera ad convexa polorum ducit et acclivi surgit in astra via.
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2686 Sic:
forse refuso per ἔλλαχεν.
2687 Charles Utenhove (Gand maggio 1536–Colonia 31/8/1600): cf. AGL 4 c. 1753; BNB 25
cc. 983 ss.; Eckstein 581. Questi versi sono presenti (con il titolo Iohann(es) Wierus, illustris si(imi) Cliuorum ducis archiatrus) in Caroli Vtenhouii f(ilii) patricii Gandauensis, Xenia seu ad illustrium aliquot Europae hominum nomina Allusionum...... liber primus…, che si trova alla fine dell’opera poetica di George Buchanan [1/2/1506-28/9/1582: cf. Eckstein 69; Pökel 34], Basileae Rauracorum, 1564 pp. 104 s. Su di lui cf. Valente 79; 83.
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CARMINA MEDICALIA
Tu modo qua ducit vitae via, perge, beatae vique tibi coelo sterne, Wiere, viam. Sic fueris Latia vitaeque viaeque cupido, Argolicaque βίου voce Wierus ἔγως2688.
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Οὐθέν, ἄτερ Μουσέων καὶ Χαρίτων, ὁ βίος
* * * [222] Ioannis Wieri De praestigiis daemonum et incantationibus ac ueneficiis li bri sex, aucti et recogniti: accessit rerum et uerborum copiosus index, cum Caes(a reae) Maiest(atis) gratia et priuilegio, Basileae, ex officina Oporiniana, 1568 [prima ediz. Basilea 1563: vd. supra n° 221] [R.G. Filos. IV.551]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [222, 1] 221, 6
Author ad lectorem [distici elegiaci]
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Omnigenas uafri praepono daemonis artes, quid potis est et quae iure negata sient; quid magus infamis monstratur sagaque mente turbata, hinc merito quaeque uenefica erit. Ordine succedunt uariis cruciatibus acti astu daemonii nec renuente Deo, hi quibus auxiliis licitae sanarier artis rite queant, sine ui carminis, inde uides. Post, quae poena magis statuenda est, quae lamiisue, quaeue ueneficiis, ultima classis habet.
[222, 2]
identico a 221, 3
[222, 3]
identico a 221, 4
[222, 4] identico a 221, 6, con la soscrizione Basileae 1568, Car(olus) Vten hovius f(ilius) Gandauus. 2688 Sic: evidente refuso per ἔρως, come riconfermato dai medesimi versi riportati sia nelle poesie di Utenhove sia nell’ediz. del de praestigiis damonum (vd. infra 222, 4). Si noti, nel carme, il continuo gioco di parole, omofonico e di significato, tra Wier, il ted. irren, via, vita, βίος ed ἔρως.
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221, 6 – 223, 1
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[223] WILLIS Thomas (Great Bedwin, Wiltshire 27/1/1621-Londra 11/11/ 1675): cf. BL 5, 947; DNB 21, 496 s. Thomae Willis, medicinae doctoris, naturalis philosoph(iae) profes(soris) Oxo niensis nec non inclyti medicorum Collegii Londinensis et Societatis regiae socii, Opera omnia, ex nupera editione gravissimis undequaque atque ad publicam per niciem erroribus scatente, tamquam ab excidio, summo labore eximioque studio vindicata atque ad pristinam puritatem integritatemque restituta, .... Tomus prior [il secondo volume è legato insieme al primo con una sua propria numerazione: Thomae Willis operum medico-physicorum tomus secundus continens I De anima brutorum Exercitationes duas, II Pharmaceuticae rationalis partes duas], Venetiis apud Ioannem Malachinum, sub signo d(ivi) Ignatii, impensis Iulii de Maphaeis, 1720, cum Superiorum licentia ac privilegio [prima ediz. Ginevra e Lione 1676] [R.G. Medic. I.79]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [223, 1] Autori in illius Diatribas medico-philosophicas carmen gratula torium [esametri dattilici] Abstrusas rerum causas, quo semine litem, quo pacem Natura paret, quis corpora motus vrgeat, indomitos undis quid misceat ignes, qui nexus elementa ligent, foelicior aetas conspexit tandem cunctisque ignota priorum abdita laxantur vasti penetralia mundi. Progenies coeli, terrae defossa metalla visceribus, quamvis Phoebo ostentata parenti, indiga lucis erant; radios obscura premebat vmbra et lucenti splendor quaesitus in auro est. Lumina praestrinxit ferrum ignotumque latebat e damnis notum nimis; et simul agmina fudit ingeniumque una victor superaverat ensis. Sic olim curas vanaeque indaginis artes elusit Natura parens, sic limine iussit sistere et extremo defigere cortice lumen. At nobis tentare adyta atque invisere rerum ultima concessit mundique arcana tueri: nec nota est magis ipsa sibi, quis montibus altis regnet amor, quae flamma leves in marmora succos excoquit, unde novi tellus connixa metalli2689, coeca rudimenta et duri primordia fœtus
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2689 Sic:
si potrebbe proporre qualcosa come p.es. novi tellus connexa metalli.
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CARMINA MEDICALIA
foecundo fovet amplexu, cur vere tepenti pandit opes terra et nativo fulgurat ostro; qui zephyri molles praegnanti semina Vestae inspirent: nebularum arcu coelique relictis sedibus, in nostris Iris quae gestiat undis; cur fluviis immersa Ceres commixtaque nymphis intumeat; quae bella movet, quas concitat iras fervidus inque cadis celebraverit orgia Bacchus; Sicaniae quis desertis fornacibus Aetnae Vulcanus molles per corpora suscitat ignes. Quin etiam humanos agitet quis spiritus artus; unde hinc purpureus venas, hinc lacteus imber irrigat; in fontes quae causa recidere2690 iussit sanguinis assiduo remeantia flumina motu. Qui coeci in venis ignes, quae viscere flamma deliteat febremque ciet; quid misceat aestu frigora, diversae coeant quo foedere zonae; quae2691 pestem Stygio Furiarum emittit hiatu grassarique iubet ventosque armare veneno; quis sit fatidicus renes qui perluit humor, qualis odor matulae, quem nec fastidit olim, balsama cui victae pelvis spiravit Idumes. Cuncta patent: nec cui furtivos impius ignes intulit, artifici melius sua cognita proles, artis circuimus mundum indignataque Gades transiit extremos2692 veteremque scientia Thulen. F[h]oelix, qui potuit rerum cognoscere causas2693, Naturae Phoeboque sacer! cui Delphica laurus amplecti frontem radiataque tempora gestit. Flammae illi parcent, quem sacris artibus Hermes imbuit, et doctus tenebris qui vindicat ignes. Illum nulla dies rapiet, qui lumina Phoebi donavit radiis lucisque fugaverat umbras. Non illum afflato pestis violare veneno audeat aut tacita febris torrere favilla, 223, 1 qui morbis vitam et letho donaverit aevum. Philip
us Fell2694, med(icinae) stud(iosus) Oxon(iensis)
2690 Qui è sicuramente recido, da cado, ma è scandito come recidere da caedo. Si potrebbe ipotizzare revertere o recurrere. 2691 Sc. zona. 2692 Sc. fines oppure da emendare in extremas (sc. Gades). 2693 Evidente eco virgiliana (georg. 2, 490). 2694 Si tratta, con ogni verosimiglianza, di Philip Fell, di cui parla AGL 2 c. 553: “Artium
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223, 1 – 224, 1
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[224] WIRDIG Sebastian (Torgau 1613-Rostock 17/4/1687): cf. AGL 4 c. 2019 s.; BL 5, 967. Sebastiani Wirdig, med(icinae) d(octoris) et p(rofessoris) p(ublici), Nova me dicina spirituum: curiosa scientia et doctrina, unanimiter hucusque neglecta et a nemine merito exculta, medicis tamen et physicis utilissima, in quâ primo spiri tuum naturalis constitutio, vita, sanitas, temperamenta, ingenia, calidum innatum, phantasiae vires, ideae, astrorum influentiae, μετεμψύχωσις, rerum magnetis[si]mi, sympathiae et antipathiae — qualitates hactenus occultae, sensibus tamen mani festae — aliaque caeteroquin abstrusa et paradoxa, dehinc spirituum praeternatu ralis seu morbosa dispositio, causae, curationes per naturam, per diaetam, per ar cana maiora, palingenesiam, magnetis[si]mum seu sympatheismum, transplan tationes, amuleta, ingenue et dilucide demonstrantur. Ad ������������������������� regiam Societatem Lon dinensem, Hamburgi, sumptibus Gothofredi Schulzen, 1673 [è la prima ediz.] [R.G. Medic. V.1130]
All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [224, 1] Morhofi2695 carmen in viri nobilissimi et experientissimi, Sebastiani Wirdigi, med(icinae) d(octoris) et prof(essoris) in Acad(emia) Ro stoch(iensi) celeberrimi, collegae quondam amicissimi, Novam spi rituum medicinam, illustri Societati regiae apud Anglos inscriptam [trimetri giambici]
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Non liberos quae duxit olim spiritus doctrina rerum et ars medendi lubrica inter tot atrae stulta bilis somnia, tot qualitatum disputatas naevias scholasticas febres et hei! meros logos, logos logorum quotque nascuntur logis, logos ab illis redditos suis logis, tot tinnula hei!2696 opinionum cymbala, tot regularum dogmatumque tot fabros, tot verbi fumi nugivendulos2697,
magister und des Collegii omnium animarum zu Oxford Socius”. 2695 Daniel Georg Morhof, storico della letteratura, filologo e poeta (Wismar 6/2/1639- in viaggio per Lubecca 30/6/1691): cf. AGL 3 cc. 671 ss.; Michaud 29, 316 s.; ADB 22, 236 ss., dove si afferma: “Der Ruf und die Bewunderung seiner Schriften war über das ganze gelehr te Europa verbreitet”; Eckstein 383; Pökel 181. 2696 Si noti la martellante ripetizione di logos: ben sei volte nell’ambito di tre versi succes sivi (5-7). 2697 Nugivendis, secondo la testimonianza di Nonio, è attestato in Plauto, aul. 525 (con variante nugigerulis). La metrica zoppica vistosamente, dal momento che manca un piede. Si potrebbe congetturare verborum tot, tot fumi nugivendulos.
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CARMINA MEDICALIA
vaporum alumnos et tot humorum coquos, actos in Orbem tot rotis Ixiones interque tot voluta saxa Sisyphos; illa, illa2698, cui praeclusus olim vinculis per colla iactis pene spiritus fuit, novos resumit, arbitro te, spiritus, qui, transmarinos aemulatus Hercules, rerum parentis excitatos vindices, propinquiores corporum causas notas docesque docto, docte Wirdigi, libro: qua plurimus se spiritus rotet viâ, magnus cerebri, magnus hospes sanguinis artusque segnes nervulosque vellices. Doces, ut ille saepe cognatis potens armetur astris atque mistus aetheri radio curuli siderum vectas bibat mergatque vires corporum recessibus, quae pingat ille mentibus phantasmata; ut stringat arcto corda amoris fascino verus Cupido, vera fingens2699 vulnera; affectuumque promicondus2700 omnium morumque temperator atque sensuum, foecundus ut sit ille morborum parens, cum perduelles hinc et illinc mutuis sensim Quirites provocantur praeliis venaeque lenis ustulantur ignibus; quo putris adflet spiritus contagio viciniores; queis feratur motibus in res remotas quasque mirus exerat Vertumnus artes imputatas saepius infamibus Ditis maligni fraudibus: haec eruditis disseris tu paginis, qui quicquid errorum est, vaporum, nubium diffles vel uno dissipesque spiritu. Conspirat ecce! tot tibi suffragiis Natura rerum, cuius augustissimus coeptis senatus, ut puto, plaudet tuis, qui gloriosum regis auspiciis sui 224, 1 sophies tribunal inter Anglos erigit. Nî fallor ipsa nunc tibi se mancipat
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doctrina rerum et ars etc. di v. 2. potrebbe ipotizzare fi[n]gens. 2700 Sic: vd. supra 132, 1, 6, nota 1367. A v. 52 emenderei ac in atque. 2699 Si
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Hygeia totam statque legibus tuis; cui spiritus dum reddis ac istos sibi, omnem ipse vectigalem habebis spiritum istique iungent spiritus sese tuis, ut integros haurire semper, vividos, agiles, perennes nec remissus viribus tot inter exspirare spiritus queas. Deproperat inter plurima negotia Daniel Georg Morhofius, u(triusque) i(uris) d(octor) et in illustri Kiloniensi Acad(emia) pro f(essor)
[225] WITTE(N) Henning, professore di filosofia, storia ed eloquenza (Riga 26/2/1634–22/1/1696): cf. AGL 4 c. 2030; ADB 43, 592 s. Memoriae medicorum nostri seculi clarissimorum renovatae Decas prima, curante m(agistro) Henningo Witten, Francofurti, apud Martinum Hallervord, ty pis Ioannis Andreae, anno 1676 [con ogni verosimiglianza si tratta della prima ediz.]. Nel medesimo volume è rilegata la Decas secunda, col medesimo frontespi zio della prima decade (a parte, ovviamente, la dicitura Decas secunda, che inizia a p. 139) e con numerazione continua [R.G. Medic. V.422]
Elenco qui di seguito i medici ricordati da Witte, limitatamente a quelli a cui sono dedicati carmi. 1 = Carolus Clusius: vd. supra n° 141, dove sono già pubblicati i carmi nn. 4 (= 13 dell’opera di Clusius), 5 (= 22) e 6 (= 23). In Witte compaiono tre carmi, non compresi nell’opera di Clusius, forse perché sono opera di Iacobus Clusius (di cui però non trovo notizia da nessuna parte), probabilmente figlio di Carlo, che — al momento della pubblicazione degli Epicedia e cioè nel 1611 — era ancora troppo giovane. Eccone la trascrizione:
[225, 1, p. 15] In obitum summi botanici Caroli Clusi epigramma [esametri dattilici]
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Hoc sibi cum nullos superesse videret in Orbe Clusius ignotos flores plantamve latentem, «Quid moror in terris?» dixit «quid inertia duco tempora, Naturae et nostris inimica Camoenis? Praestat ut Elysios nova quaesiturus in hortos gramina contendam ac late per amoena vireta secessusque vagans illic nova balsama mille, mille novos avido carpam mihi pollice flores, aeternum facies quorum spirabit odorem».
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CARMINA MEDICALIA
Vix ea finierat, tenues ubi vectus in auras, Elysium petiit celeris nemus alitis instar Clusius et mediis se protinus abdidit herbis.
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[225, 2, p. 15] 225, 1 Aliud [distico elegiaco] Non potuit plures hîc quaerere Clusius herbas: ergo novas campis quaerit in Elysiis.
[225, 3, p. 15]
Epitaphion [distico elegiaco] Omnia Naturae qui munera pectore clusit, Clusius2701, herbifero clauditur hoc tumulo.
Iacobus Clusius, med(icinae) doctor
* 2 = A p. 18 inizia l’Oratio funebris in obitum cl(ari) v(iri) d(omini) Ernesti So neri2702, philos(ophiae) ac medic(inae) d(octoris) et in Acad(emia) Norimberg(ensi) Altorfina profess(oris) laudatiss(imi), recitata 15 Cal(endas) Iun(ias) anno 1613 a Georgio Richtero Norimb(ergensi)2703
All’Oratio funebris tengon dietro i seguenti versi: [225, 4, p. 36 s.] P(iae) m(emoriae)2704 viri cl(ari) et excellentissimi, d(omi ni) Ernesti Soneri, medici et philosophi celeberrimi [distici elegiaci] Vt dictum est vere: Parcas rapere optima quaeque et cladem immeritam praecipitare bonis, dum vitam extendit sic pondus inutile terrae, dum augificant2705 numeros deteriora suos. 2701 Si
noti il gioco di parole tra clusit e Clusius. Soner (Sonerus) (Norimberga-Altdorf 12/9/1612): cf. AGL 4 cc. 675 s.; ADB 34,
2702 Ernst
622 s. 2703 Georg
Richter, giurista e “Procancellarius der Akademie zu Altorf” (Norimberga 4/5/1592-Altdorf 9/12/1651): cf. AGL 3 c. 2086. 2704 O anche p(iis) M(anibus). 2705 Presente in Ennio, sc. 103 Vahlen.
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En cecidit noster melioribus integer annis Sonerus, Parcis praeda iacetque feris. Ecce iacet, cassus vitai2706 lumine, praeses ille Machaonii Pieriique chori. Scherbiadae2707 ingenium, Taurelli2708 occumbit acumen, quin et Aristotelis mens genuina perit, Paeoniae squallent artes, Sophia[e] adflet alumno, amisso hos2709 torpet muta Suada2710 viro. Publica desertae testantur damna cathedrae et Schola tam clari luminis orba gemit. Me miserum, quanto mihi vulnere corda fatiscunt, quam fissum tanto funere pectus hiat! dum recolo virideis annos primamque iuventam, dum vetus intueor mente sodalitium; quando, quos2711 dixi, dependebamus ab ore doctorum, studio incensus2712 uterque pari; quando viros iterum sociavit cura senatus Noriaci, charae provida cura scholae, vt percepta ab iis et nobis tradita recte rursum alii, a nobis tradita, perciperent. O horas dulceis, ô dulcia tempora, quam sunt de subito in vacuos omnia lapsa notos! O hominum incertas spes, ô casusque vicesque, vna vide ut sepelit gaudia nostra dies: nondum dena tibi, nisi fallor, Olympias acta est, stamina cum Parcae dissecuere tibi. Sed virtus tua, iudicium, doctrina senilis persuasit Parcis te (reor) esse senem aut, cum mente deus fieres, terramque lutumque hoc calcares animi saepe vigore tui. Indignata sui contemtum ferre negavit terra, ultrâ et coelum iussit adire tuum, nec superi renuere dii: iam spiritus, astris iunctus, in haec vertit inferiora oculos despectatque hominum liber casusque vicesque cumque pio in coelis agmine laetus ovat.
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noti il prezioso arcaismo. Scherb, medico svizzero (Bischofszell 1555-Altdorf 11/7/1605): cf. AGL 4 c. 254; BL 5, 65; H-BLS 6, 161. 2708 Vd. supra 16 tit. 2709 Sic: forse refuso per hoc (sc. viro). 2710 Vd. supra nota 516. 2711 Sc. i personaggi ricordati a v. 9. 2712 Si noti la singolare sinalefe tra i due cola del pentametro. 2707 Philipp
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Illustris salveto anima aeternumque valeto: abdita iam rerum momina mente vides. Nunc caussas propius divina in luce tueris, quas nox in tenebris temporis ista tenet. Salve, inquam, et, Sonere, vale veterisque sodalis, si qua manet coelis, esto memor, pietas. Me interea internus desertum luctus habebit et desiderium flebile, crede, tui. Collegae coniunctissimo et multis nominibus optime de me merito contra votum f(ecit) Michael Piccartus2713 Fr(ancus), prof(essor) et p(ro) t(empore) rector Acad(emiae) Norimb(ergensis)
[225, 5, p. 37] 225, 4
In eiusdem tumulum [falecei]
5
10
15
Quod claudi tumulo potest, viator, ad coeli patrios profectus orbes, vir exsangue cadaver heic reliquit, qui vitae fuit aureum probatae exemplar modo, lima veritatis, humanae scopus eruditionis, Aesculapius unus et Stagirae iam spes altera, gemma Gratiarum, amor maximus omnium bonorum nec idem scopulus minor malorum. Sensistine, quis ille sit? vel est et Sonerum tibi farier necesse? scire quem poteras notis ab illis, ut scis nomine iam notas ab isto. Nunc tu manibus optime precare, si nulli male vivus ille fecit: id iubet pietas nec est decorum barbam vellere mortuo leoni2714.
Martinus Ruarus Holsat(iensis)2715
*
2713 Michael Piccart (Pickhard), filosofo, filologo e storico (Norimberga 20/9/1574-Altdorf 2/7/1620): cf. AGL 3 c. 1544; ADB 26, 95; Eckstein 436; Pökel 208. 2714 Espressione ripresa da Marziale (10, 90, 10): vd. Otto 53; Tosi 481 n° 1038. 2715 Martin Ruar, teologo sociniano (Krempe, Holstein 1588-Danzica 1657): cf. AGL 3 cc. 2274 ss.; Michaud 37, 1.
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225, 4 – 225, 10
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3 = Alle pp. 38-46 compare l’elogio funebre di Girolamo Fabrizio di Acqua pendente, cui seguono quattro carmi e l’elenco degli scritti di Fabrizio. L’orazione e i carmi sono identici a quelli già descritti supra al n ° 96.
[225, 6]
identico a 96, 1
[225, 7]
identico a 96, 2
[225, 8]
identico a 96, 3
[225, 9]
identico a 96, 4 *
4 = A p. 48 inc. Cursus et equites Israelis, hoc est Vita et mors d(omi)n(i), d(omini) Caspari Bartolini2716, insignis philologi, celebris philosophi, medici scriptis et praxi notissimi, theologi magni, Academiae Hafniensis iterato rectoris magnifici, viri ad exemplum usque probi et pii, publicâ oratione celebrata in Academia regia Hafniensi 25 Iulii anno 1629, a Casparo Erasmo Brochmand2717, s(acrati)s(simae) theol(ogiae) doctore et professore ordinario, Acad(emiae) Hafn(iensis) p(ro) t(empore) rectore
Alla fine dell’oratio compaiono i seguenti versi: [225, 10, p. 63 s.] Exsequiis rectoris regiae Hafniensis Academiae magni fici, viri reverendi, clarissimi longoque rerum usu exercitatissimi, d(omi)n(i) Caspari Bartolini, s(acrati)s(simae) theologiae, medi cinae et philosophiae doctoris excellentissimi, amici, collegae, fra tris et affinis sui desideratissimi [distici elegiaci] O decus! o columen! o mens suprema Lycaei Hafniaci! o nostri delicium generis! Siccine iam linquis comitem gratumque sodalem quique animi quondam pars quotacunque tui? Rauraca2718 nos iunxit, fovit nos Danica tellus, fratres effecit Finckia2719 casta Venus.
5
2716 Caspar
sr.: vd. supra 33 tit. Rasmussen Brochmand, teologo danese (Kiøge 5/8/1585-19/4/1652): cf. AGL 1 c. 1391 ss.; DBL 3, 73. 2718 Augusta Rauricorum, l’odierna città svizzera di Augst. 2719 Anna Finck, moglie di Bartolinus e figlia di Thomas Finck(e), medico e matema 2717 Jesper
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Artis Apollineae, iuncti tractavimus ambo per varios casus, mystica sacra, diu: Italus est testis, Germanus, Gallus et acris Britannus, fortis Belgaque, saevus Iber. Per mare, per terras, per tot discrimina rerum inter nos crevit intemeratus amor, quem nec livor edax nec mentis sustulit unquam dissidium. Ad tumulos integer usque tuos, heu mihi dum raptum moestus iam defleo, donum divinum, ac lacrymis funera saeva fleo uxoris, patris, gnatae, dulcisque sororis, ecce tuas etiam cogor ad inferias! Heu dolor! heu luctus! tantorum nonne malorum finis? quo tandem, Mors inopina, ruis? Siste gradum aut Mortis saevae dominator Iesu per mortem, mortis spicula tolle, tuam! Inter funera et lacrymas plangebat Olaus Worm, d(octor) med(i cinae), prof(essor) p(ublicus)2720
[225, 11, p. 64] 225, 10 Epitaphium [distici elegiaci]
5
10
Marmorei titulum tumuli lecture viator, da lachrymas: ni des, tu quoque marmor eris. Ista perennantis superant monumenta laboris: hic amor, hic dolor est Portua2721 cara tuus. Sed bene si vixit, situs hac sub mole sepulcri est, nomen at aeternum fama superstes agit. Sic manet ille quidem nec mortuus esse feretur, qui, post prima, nihil fata secunda timet. O nimium felix, qui sic abit: haud pote quisquam suavius extingui nobiliusque tegi!
[225, 12, p. 64] Distichon annum, mensem, diem et tempus obitus subin dicans2722 tico (Flensburg 6/1/1561-Copenaghen 24/4/1656: cf. AGL 2 cc. 614 s.; BL 2, 520; DBL 5, 150 ss.; ADB 7, 13 s.). Da notare che anche l’autore del carme, Olaus Worm, era genero di Finck. 2720 Vd. supra 28, 1, nota 135. 2721 Sarà una figlia, forse la prediletta fra le sei che Bartholin ebbe, oltre a un maschio. 2722 Il distico indica per l’appunto la data (13 luglio 1629) della morte di Caspar Bartho lin sr.
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[distico elegiaco] Ter DeCIes erat aCta DIes VIoLentIs IVLI: heI, nesCIt VItae parCere ParCa tVae! Io(nathas) Meierus2723
* 5 = A p. 67 inc. Oratio funebris, quâ Gregorio Horstio2724, archiatro Vlmensi, pa rentavit Iohan-Daniel Dieterich2725, doctor medicus Vlmae, in Auditorio maiori 11 Calend(is) Octobris anno Christi 1636
Alla fine (p. [72]) compaiono i seguenti versi: [225, 13] In effigiem Gregorii Horstii Torgensis, philos(ophiae) et medi c(inae) d(octoris), archiatri Hassiaci et reipubl(icae) Vlmensis phy sici primarii [distici elegiaci] Horstius hîc frontis, quantum pote, monstrat honorem, Orbe modo gestis cognitus atque libris. Nil ferme superest quod perdas, patria. Sed vos, manes, divorum suspicitote manus2726! Moestiter-habens poneb(at) deb(itor) m(agister) I(ohannes) B(aptista) Hebenstreit2727, p(oeta) et p(rofessor) p(ublicus)
* 6 = A p. 73 inc. Vita excellentissimi experientissimique viri, d(omi)n(i) Davidis Herlicii2728, philos(ophiae) et medic(inae) doctoris, astronomi, historici, poëtae cele berrimi et practici, dum vixit, felicissimi — qui, cum de republica literaria praeclare meritus adeoque immortalem nominis celebritatem consecutus esset, tandem, senio confectus, post multas easque arduas calamitates perpessas, Stargardiae die 15 Au g(usti) a(nno) Christi 1636 ex hac vita pie ac placide decessit — descripta in episto 2723 Vd.
supra 216, 1. supra n° 124. 2725 Vd. supra 124, 2, 7, nota 1275. 2726 Si noti il gioco di parole, prosodicamente antifrastico, tra manes e manus, collocati, con effetto allitterante, all’inizio e alla fine del verso. 2727 Iohannes Baptista Hebenstreit: vd. supra 126, 4, nota 1303. 2728 David Herlitz (Herlicius), medico, matematico, poeta (Zeitz 28/12/1557-Stargard 15/8/1636): cf. AGL 2 cc. 1533 s.; BL 3, 183; ADB 12, 118. 2724 Vd.
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CARMINA MEDICALIA
la quadam a Laurentio Eichstadio2729, med(icinae) doct(ore) et Stetin(ensi) physico ordin(ario)
Alla fine della Vita compaiono i seguenti versi: [225, 14, p. 86]
Epicedia [distici elegiaci]
Mortuus Herlicius2730: proh! aspera fata, perennem vitam pro merito vita manere nequit? Mirum: qui sanô medicamine saepe moratus mortem, nunc maestâ morte peremptus obit! Syderis indicio rerum praedicere fata doctus, iam fatis succubuit propriis. Ambiguum lucro num damno haec fata putentur: iudico maesta aliis, commoda in Herlicium. Post patriae cineres durum2731 superesse: benignis damnatum fatis corpus it in cineres. Artis habet precium scrutarier astra peritus, perpetuam vitam nunc super astra colens. Hic2732 animae domus est: post ultima fata sub astris cum seclo et cyclo fama perennis erit.
5
10
David Mevius2733, i(uris) u(triusque) d(octor) et in Acad(emia) Gryphisw(aldiensi) prof(essor) ord(inarius)
[225, 15]
** ** **2734 [distici elegiaci] Heu iacet Hippocrates polyhistor Virgiliusque, Herlicius, vetus [ut vid.] et qui Ptolomaeus erat! Vranies, sophies, Hygieae, Palladis artis atlas, lux, praeses, gloria magna iacet.
2729 Lorenz
Eichstaedt (Eichstadius) (Stettino 1596-Danzica 1660): cf. AGL 2 c. 295; BL
2, 390. 2730 Sc.
est. est. 2732 Locativo: “in cielo”. 2733 David Mevius, giurista insigne (Greifswald 6/12/1609-ivi 14/8/1670): cf. AGL 3 c. 488; ADB 21, 544 ss. 2734 Gli asterischi sono nel testo. 2731 Sc.
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Ingenii dotes, prognostica, carmina, libros Italus et Gallus, Sarmata, Teuto tenent: hunc quivis merito celebrat, commendat, honestat nomine, carminibus elogiisque bonis. Verum ego quae nequeo iam scribere, posthuma fama dicet ad Eoos, dicet ad Hesperios.
5
10
[225, 16]
Laurentius Eichstadius d.2735
Epitaphium [distici elegiaci] Tu, qui vatidicâ2736 praecedis mente, parumper siste gradum et quid sit vaticinare mihi. Inclytus uranometra2737 peritusque arte Macaon, historicus, vates philosophusque bonus, theologus2738 pius et rhetor facundus opaco in tumulo hoc (dolor heu!) post sua fata iacent. Septem2739 haec claudit humus, verum unâ mente: quis ergo septemplex ille est? noster is Herlicius.
5
Elias Schachtius
* 7 = A p. 88 inc. Oratio panegyrica, memoriae viri incomparabilis Danielis Sen nerti2740, medici, dicata ac dicta, d(ie) 25 Iulii a(nni) 1637 in Academia Wittember gensi, ab Augusto Buchnero2741
Alla fine dell’Oratio compaiono i seguenti versi: [225, 17, p. 110] In effigiem viri summi Danielis Sennerti [distico elegiaco] 2735 Donat
o dedicat. evidente refuso per fatidica. 2737 Non attestato in latino classico e medioevale ed esemplificato sul greco οὐρανομέτρης. 2738 Vd. supra 153, 5, 16, nota 1603. 2739 Si allude ovviamente alle sette attività di Herlicius: cf. i vv. 3-5. 2740 Vd. supra n° 202. 2741 August Buchner (Dresda 2/11/1591-Wittenberg 12/2/1661), poeta e filologo classico: cf. ADB 3, 485 ss.; Eckstein 69; Pökel 35. 2736 Sic:
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CARMINA MEDICALIA
Curando, dubitem, an fuerit Podalirius aegris Hippocratesne docens: egit2742 utrumque simul.
[225, 18, p. 110] 225, 17 sive [trimetri giambici] Vmbra redire possent Aesculapii et si Galenus inferos relinqueret, Sennertus hospes esset primus omnium2743.
* 8 = A p. 125 inc. Vita Ioannis Baptistae van Helmont2744, Bruxellensis, philosophi per ignem, toparchae in Royenborgh, Pellines, etc., descripta partim a se, partim a filio eius, Francisco Mercurio van Helmont2745, philosopho (ut se vocat) per unum, in quo omnia, eremita peregrinante
[225, 19] Alla fine della Vita compaiono (p. 131) sei distici identici a 118, 2. * 9 = A p. 132 inc. Programma in funere nobilis, excellentissimi et experientissimi viri, d(omi)n(i) Caspari Hofmanni2746, medicinae doct(oris) et prof(essoris) publici ac in sua Facult(ate) senioris meritiss(imi) etc. Rector Vniversitatis Althorph(inae) Geor gius König2747, s(acrati)s(simae) theol(ogiae) doctor et p(rofessor) p(ublicus) etc., ci vibus Academicis s(alutem) d(icit)
Alla fine del Programma compare (p. 137) il seguente distico: [225, 20] In effigiem celeberrimi medici Casparis Hofmanni [distico elegiaco] 2742 Sc. 2743 Il
Sennertus. breve componimento appare non privo di una sua incisiva efficacia reppresenta
tiva. 2744 Vd.
supra n° 118. Mercure van Helmont, figlio di Jean, medico (Vilvoorde 1614 ca.-Cölln an der Spree 1699): cf. AGL 2 cc. 1471 s.; BL 3, 154; BNB 8 cc. 921 ss.; Aa 8, 495 ss. 2746 Vd. supra n° 121. 2747 Georg König, teologo luterano (Amberg 2/2/1590-Altdorf 10/9/1654): cf. AGL 2 cc. 2136 s.; ADB 16, 507 s. 2745 François
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Hortorum vitas qui in floribus excolit, Hofman dicitur et medici quid magis ornat opus?
* 10 = A p. 157 inc. Programma in funere viri nobilissimi, excellentissimi atque experientissimi d(omi)n(i) Ludovici Iungermanni2748, medicinae doctoris et professo ris botanici, per Europam celeberrimi p(rofessoris) p(ublici), a rectore Vniversitatis Altdorfinae, m(agistro) Abdia Trew2749, math(ematicen) et phys(icen) prof(itente)
Alla fine del Programma compaiono i seguenti versi: [225, 21, p. 161 s.] Ludovicus Iüngermannus κατ’ ἀνάγκην. NVNC AD VVLNVS IESV MIGRO [= anagramma di LVDOVICVS IVNGER MANNVS] Pergit defunctus [esametri dattilici] Horto Academiae flos hic fere defuit unus, unum profecto summe tristabar abesse, cui Iesu nostri tristis dat passio nomen. Tandem aliquis dono datur: at necdum granadilla2750 est, Indica quâ tellus sub sole ruente superbit. Hanc magis et magis exoptans: «Non advolat» aio «per ventos florum regina: erit ergo migrandum. Pes, fac officium!». Negat hic, nisi scipio servet. Hunc etiam arripio: sed adhuc iter induperitur2751. Labor, computreo2752, nec tantum est ense recidi putrida grandaevo: paulatim cuncta trahuntur. Ergo mihi, granadilla, vale, violaeque valete vosque omnes hortûm gemmae, mea summa voluptas! Non iam lychnidibus recreor flammisve rosarum, non mihi porro placet prati nativa smaragdus teque nivem, nimium est, quam nauseo lilii odorem! Mente MIGRO, dum pes moritur: quin et granadillam
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2748 Vd.
supra 208, 5. Trew, matematico e astronomo (Ansbach 29/7/1597-Altdorf 12/4/1669): cf. AGL 4 cc 1309 s.; ADB 38, 591 ss. 2750 Si tratta di una specie di passiflora. 2751 Sic: refuso per indupeditur: si noti l’arcaismo. 2752 In latino è attestato, accanto a computresco, il semplice putreo. 2749 Abdias
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CARMINA MEDICALIA
nullus NVNC curo, sed AD ipsum VVLNVS IESV perfugio, in iam dum defuncti pectus adactum. Salve porta patens, rubicunda, profunda salutis! Salve, mite latus! Latet in te vivus amoris fons: mihi ne misero praecludere, sancta medela! ah! in te sine me, sanctissima fossa, recondi! M(agister) Lucas Frid(ericus) Reinhart2753, Eccles(iae) mi n(ister) et s(acrati)s(simae) theol(ogiae) prof(essor) p(ublicus)
[225, 22, p. 162] Tumulus d(omi)n(i) Ludovici Iungermanni, medici, poë tae et botanici clarissimi 225, 21 [distici elegiaci]
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Hôc Ludovicus agrô placide post fata quiescit, vir bonus et priscae simplicitatis amans, Iungermanniadum celebri de stirpe creatus, quâ Clarias fundit clarus Elister2754 aquas. Excepit dias prognatum lucis in auras et blando fovit culta Minerva sinu; utque suas Musae possent ostendere vires, certatim dotes huic tribuêre suas. Phoebus at ipse sacrâ frontem Permessidos undâ lavit et auriculas tersit amica Charis. Hinc bonus evasit medicus dulcisque poeta, cui non producent quaelibet arva parem atque peregrinis halantes floribus hortos instruxit, longum quos memorare foret. Cor nive candidius fuit, ut nec dissona menti labra nec a ficto tincta colore fides. Caetera praetereo, quae mox intexere peplo ipsa Minerva suâ non dubitabit acu. Sic tibi terra levis: tua molliter ossa quiescant, Iungermanne, animô nunquam abiture meô.
M(agister) Iacobus Tydaeus2755, pr(ofessor) p(ublicus)
* 2753 Lukas Friedrich Reinhard, teologo luterano (Norimberga 7/2/1623- Altdorf 25/5/1688): cf. AGL 3 cc. 1992 s.; ADB 28, 66. 2754 Fiume tedesco: cf. Orbis Latinus s.v.: “Schwarze Elster, fl. in Deutschland, Mü: Elbe bei Elster östl. Wittenberg (Pr. Sachsen)”. 2755 Jacob Tydaeus, storico (Memel 24/3/1628-Fischhausen 27/9/1700): cf. AGL 4 c. 1374.
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11 = A p. 163 inc. Oratio in excessum viri summi Olai Wormii2756, medic(inae) doctoris et in regia Academia Hafniensi professoris celeberrimi, dicta Hafniae 15 Decemb(ris) an(ni) 1654, in Auditorio maiori, a Thoma Bartholino2757
Alla fine compaiono i seguenti versi (p. 188): [225, 23]
In effigiem excellentissimi doctoris Olai Wormii [distici elegiaci] Exernam, Wormi, tibi sculpsit imaginis umbram, sed mentem glyptes2758 sculpere non potuit. «Nec decuit» cur non quaeris? Dicam: «Quia doctâ tu melius glypte hanc exprimis ipse manu». Haec docet et medicum te philosophumque vocari: hâc primus Danos tempora prisca2759 doces.
5
Magister Ioh(annes) Erasmi2760, phys(ices) pr(ofessor) p(ubli cus)
* 12 = A p. 193 inc. Oratio in obitum meritissimi viri, Henrici Fuiren2761, medic(inae) doctoris et in regia Acad(emia) Hafniensi professoris publ(ici), dicta Hafniae 7 Cal(endas) Iun(ias) an(ni) 1659 a Thoma Bartholino2762
Alla fine compaiono i seguenti versi: [225, 24, p. 207] De d(omino) Fuirenio in Vrbis obsidione defuncto2763 [distici elegiaci]
2756 Vd.
supra 28, 1, nota 135. Bartholin sr.: vd. supra 28. 2758 Non attestato nel latino classico e medioevale ed esemplificato sul greco γλύπτης. 2759 Intendi: “sai interpretare a dovere, trasmettendoli ai danesi, gli insegnamenti degli antichi”. 2760 Potrebbe trattarsi di Janus Erasmi, medico danese (m. 1663): cf. AGL2 2 c. 907. 2761 Henrik Fuiren (Copenhagen 28/5/1614-1/8/1659): cf. AGL 2 c. 800; BL 2, 645; DBL 5, 488 ss. 2762 Thomas Bartholin sr.: vd. supra n° 28 e infra 225, 25. 2763 Probabile allusione alla prima guerra del Nord del 1659, in cui Copenaghen venne assediata dagli svedesi. Durante tale evento Fuiren morì: cf. i vv. 5 ss. Vd. anche infra 225, 25 tit. 2757 Thomas
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CARMINA MEDICALIA
Dum patriae obsessos cingunt infensa penates signa, per insolitas exitiosa vias, non potuit clausos urbis perferre recessus, assuetus coelo liberiore frui. Mutat mente domos urbisque et pectoris orbem deserit, auxilio Numinis alta petens. Sic licet hostiles includant moenia turmae, claudere nulla animos vis inimica potest.
5
[225, 25, p. 207 s.] De eodem circa anni initium denato [distici elegiaci] Iratus vitiis perituro infensior aevo, fastidit nostros connumerare dies: anni principium nobis fecêre Calendae, olli, cui spirant secula, finis erant. Th(omas) Bartholinus, d(octor)
* 13 = A p. 243 inc. Iohannis Coccei2764, s(acrae) theol(ogiae) d(octoris) et profes soris, Oratio in v(iri) c(lari) Iohannis Antonidae van der Linden2765, medicinae prac ticae prof(essoris) primi, funere, dicta 11 Martii a(nno) 1664
Subito dopo compaiono i seguenti versi: 225, 24 [225, 26, p. 261 s.] In tristissimum obitum incomparabilis viri, d(omini) Iohannis Antonidae van der Linden, in illustri Batav(orum) Acad(e mia) medic(inae) Facultatis professoris primarii [distici elegiaci] Leida suum nomen iam dudum aequavit Olympo, sub geminoque sibi sole trophaea videt, sexcentis plus clara viris, quos atra cupressus, proh dolor! atque Erebi flebilis unda tenet. Has dederat laudes non una ex Pallade laurus: haec propria Phoebi laurus in aede fuit, cuius tot populi vitam duxere sub umbra
5
2764 Vd. 2765 Vd.
supra 150, 1. supra n° 150.
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Hippocratesque suum iactat et ipse genus. Leida2766 tuum nomen, par immortalibus astris, nunc iterum in cineres cernimus ire suos, ipsos magnates et summa papavera quando falce manuque sua Mors truculenta metit, et, post Vorstiadem2767, centum caput artibus illud, nunc heroa novum Tartara adire facit. Lindanum et fato Batavis subducit2768 iniquo vultque simul cunctas hic periisse deas. Quis furor2769, ô superi! Cognatis parcite, quaeso, numinibus, semper nec Iovis ira premat. Coccei[i] vox sacra decet2770, quam vulnere multo saucia Pieridum facta sit inde domus, cui tunc a Frisiis2771, ut prima pene iuventa, chara fuit tanti fama stupenda viri. Si tibi nec satis est lacrymarum, ô Leyda, dolorem hunc, inter Druidas, Sequanaque ipse dolet Patinusque2772: illic pater et natusque cruentis haec lacrymis cupient busta rigare suis. Hoc agite aeternas Lindani manibus aras, illius et centum ponite thura focis.
10
15
20
25
[225, 27, p. 262 s.]
Reinerus Neuhusius2773
Τὸ τίμιον τῆς ψυχῆς [distici elegiaci]
Splendida quem falsi capiunt tectoria mundi, quem fovet ingratis aura maligna bonis, huc ades, hic animum sancto compone recessu mentis et erectus sidera disce tua. 2766 Leida....cernimus:
“noi di Leida...vediamo”. supra 143 tit. 2768 Sc. Mors. 2769 Evidente eco lucanea (1, 8). 2770 Sic: sarà refuso per docet. 2771 Vd. supra 171, 1, 15, nota 1887. 2772 Riferimento a Guy Patin (Patinus) (vd. supra 89, 25) e a suo figlio Charles (vd. supra 95, 1 dedica). 2773 Reinerus Neuhaus (Neuhusius) (Leeuwarden 1608-Alkmaar 1662: cf. AGL 3 c. 879; NNBW 2 cc. 984 ss.; Aa 13, 163 ss.; Eckstein 400; Pökel 190), cultore di lingua latina, figlio di Edo (21/10/1581-marzo 1638), studioso di retorica (cf. ADB 23, 509 s.; Aa 13, 162 s.; Eckstein 400), di cui Reinerus ha curato più di una pubblicazione. 2767 Vd.
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Ceu tremulo radios splendescere flumine cernis sole repercussos, icta renidet aqua, sic in mente bona coelestis origine flamma vibrat et a summo lumine lumen habet. Hoc animae precium sublimis imagine lucis haec tibi de sacro pagina fonte refert. Inspice: cognosces, quo sensu nostra gemenda funera, qui lachrymis debeat esse modus. Terra suum repetit supremo pulveris haustu, debita sed coelo mens super astra volat. Qualis et hanc vitam Lindanus morte resignans explevit numerum, quem sua fata dabant, in cuius niveum se multa scientia rerum abdiderat pectus! Multa decora viro: fas animi, pietas, vitae sanctissima custos, virtus, ad superas dux animosa domos. Haec sunt illustri signant quae limite coelum, haec secat aetherias linea recta vias. Ergo viri tanti mors est toleranda modeste: est potius verbis concelebranda piis. Hoc placide tumulo Lindani membra qviescunt, ingens qvi medica gessit in arte decus. Eximi[a]e functi ne laedas, improbe, manes: sic tibi composito sit qvoqve terra levis.
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B(urchardus) Cnippingius2774
* 14 = A p. 271 inc. Ad honorificam funerationem viri nobilissimi, excellentissimi, amplissimi atque experientissimi domini, d(omi)n(i) Danielis Beckheri2775, medici nae doctoris eiusdemque professoris p(ublici) celeberrimi, serenissimi Electoris Bran denburgici archiatri atque consiliarii, Academiae nostrae inter hos dies rectoris ma gnifici, cives suos invitat prorector atque Senatus Academiae Regiomontanae
Alla fine della funeratio (p. 278) compare il seguente distico: 225, 27 [225, 28, p. 178] In effigiem excellentissimi medici Danielis Beckheri
2774 Burchard Cnipping (Cnippingius), erudito e filologo (sec. XVII): cf. AGL2 2 cc. 380 s.; Aa 3, 510 s.; Eckstein 95; Pökel 48. 2775 Daniel Beck(h)er jr. (Königsberg 5/1/1627-ivi 6/1/1670): cf. AGL 1 c. 901; BL 1, 415 s.; un fugace accenno in ADB 2, 236 s.
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225, 27 – 225, 30
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[distico elegiaco] Beckherum ecce tibi, lector[e], quem clara2776 disertum produxit Gedanum Prussidos Hippocratem.
* 15 = A p. 279 inc. Programma in funere viri nobilissimi, experientissimi atque excellentissimi d(omi)n(i) Iohannis Theodori Schenckii2777, medicinae doctoris et in alma Academia Salana professoris longe meritissimi et celeberrimi p(rofessoris) p(ub lici), a rectore Academiae Ienensis, Friderico Bechmanno2778, s(acrati) s(simae) theol(ogiae) d(octore) et p(rofessore) p(ublico)
Alla fine del Programma compaiono i seguenti versi (con il titolo Epi cedia): [225, 29, p. 284]
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[distici elegiaci]
Schencki, tantus eras et tot clarissima dudum (sol medici coetus!) munera mentis2779 erant, ut te non possent terrarum longius orae ferre, sed aetheriae te petiere domus. Mente volutasti, vovisti saepius illas2780, illas aeternum nunc habitare licet. Guernerus Rolfincius2781, phil(osophiae) et med(icinae) d(oc tor), practicae ac chimiae p(rofessor) p(ublicus), Academiae senior
[225, 30, p. 284 s.]
[esametri dattilici]
Artis grande decus medicae, quem tota Salana2782 Parnassique chorus, Musarum templa, theatra 2776 Concordato ad sensum, per ovvi motivi metrici, con Gedanum (Danzica), in luogo dell’atteso clarum. 2777 Johannes Theodor Schenck (Jena 15/8/1619-ivi 21/12/1671): cf. BL 5, 64 s.; ADB 31, 51 s. 2778 Si tratta, con ogni verosimiglianza, di Friedemann Bechmann (Elleben, Turingia 26/7/1628-Jena 9/3/1703), teologo: cf. AGL 1 c. 891; ADB 2, 205. 2779 Sc. tuae. 2780 Sc. domus. 2781 Werner Rolfinck (Amburgo 15/11/1599-ivi 6/5/1673), chirurgo, anatomico, botanico, chimico: cf. AGL 3 cc. 2191 s.; BL 4, 861 s.; ADB 29, 74. 2782 Jena, “Athenae ad Salam”: cf. Orbis Latinus 2, 139.
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usque stupent, terrae peregrinae quem venerantur, Hippocrati tanquam celso non inferiorem, qui medicis manibus tristis2783 depellere morbos calluit ac hominum cura producere fatum; cuius Paeoniis herbis validaque medela ipsius mortis furor est elusus et aegris recta valetudo, regno regalior omni, reddita; quem pietas, virtus, doctrina saluti servarunt nostrae: hunc, eheu!, mors impia tollit, accepti damni iam nunc ultura dolorem. Abstulit illa quidem languentem corporis umbram, inclyta fama tamen nunquam moritura manebit, vindice dum feros2784 calamo descendet in annos felici, medicos pangendo et Apolline doctos (ultores aderunt alieno in corpore2785) libros.
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Nicolaus Michael Himmel, d(octor)
[226] ZACUTO Abraham (ZACUTUS Lusitanus) (Lisbona 1575 (ma vd. infra)-Amsterdam 1/1/1642): cf. AGL 4 c. 2136; BL 5, 1021 s.; Aa 21, 30 s. Zacuti Lusitani, medici et philosophi praestantissimi, Operum tomus primus [per il secondo tomo vd. infra], in quo De medicorum principum historia libri sex, ubi medicinales omnes historiae de morbis internis, quae passim apud principes medicos occurrunt, concinno ordine disponuntur, paraphrasi et commentariis il lustrantur necnon quaestionibus, dubiis et obseruationibus exquisitissimis ex ornantur: editio postrema a mendis purgatissima, Lugduni, sumptibus IoannisAntonii Huguetan et Guillielmi Barbier, 1667 [prima ediz. Lione ��������������������� 1642], cum pri vilegio regis christianissimi 225, 30 [R.G. Medic. I.41 (1)]
Per quanto attiene alla data precisa di nascita di Zacuto, nel verso della pagina precedente il frontespizio compare, a piena pagina, il suo ritratto ovale con la scritta circolare Zacutus Lusitanus doctor medicus aetatis suae 66 anno 1642: sembrerebbe perciò che l’anno di nascita sia il 1576 e non il 1575, come detto da BL e riconfermato dalla Zacuti Lusitani, medici ac philosophi praestantissimi vita ac elogium, authore d(omino) Ludovico Lemosio2786, Olysipponensi, aulae regiae medico ordinario, che si trova al l’inizio del volume. 2783 Si
noti l’accusativo plurale in -is. evidente refuso per seros. 2785 Intendi: “i tuoi eredi e successori, che lotteranno contro i tuoi detrattori, saranno altre persone, ma pur sempre portatori del tuo messaggio”. 2786 Luiz de Lemos (Ludovicus Lemosius), medico portoghese, fiorito intorno al 1580: cf. AGL 2 c. 2360; BL 3, 737; EUI 29, 1564. 2784 Sic:
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Sotto il ritratto compaiono i seguenti versi: [226, 1]
[settenari trocaici] En Zacutum, Lusitanae fulgidum sidus plagae, principem chori medentûm, saecli miraculum! Car(olus) Sponius2787, d(octor) m(edicinae)
All’inizio dell’opera compaiono, tra l’altro, la dedica a Luigi XIII, la To tius operis praefatio dell’autore, una raccolta di epistole di colleghi medici a Zacuto stesso (Epistolae clarorum virorum), la sua vita (vd. supra). Tra le diverse epistole, ne compare una (datata Hamburgi anno 1637 mensis Martii die 17) che reca il titolo Zacuto Lusitano, medico celeberrimo, artis medicae Atlanti fortissimo, principum medicorum historias affabre expla nanti, doctor Vega, medicus Hamburgensis. Nel corso dell’epistola stessa si legge, a proposito dell’entusiasmo dell’autore durante la lettura dell’opera di Zacuto: «Pressus aër latissime seipsum diffundit; ignis vi magna clusus, qua data porta ruit, proruit et aqua ruptis aggeribus: sic mihi, natura ta citurnissimo et alias laudum parcissimo, euenit vt vix contineri possim, quin, grandi et insolita admiratione instigatus et quasi poëtico furore per citus, in rempublicam medicam carmina moduler: [226, 2]
[distici elegiaci] Miratus2788? mirare magis: Zacutus acutus paucis in chartis dogmata rara refert. Magna illi ingenii vis est, sapientia mira: aeternum medica nomen in arte feret».
* Dopo la vita di Zacuto, compare una lunga serie di composizioni poe tiche in suo onore: [226, 3] Ad celeberrimum praestantissimumque dominum, d(ominum) Zacutum Lusitanum, medicum expertissimum, fautorem et ami cum suum summe honorandum 2787 Vd. 2788 Sc.
supra 45, 1. es.
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[distici elegiaci] In laudes, Zacute, tuas mea Musa vocatur, applausum meritis addere prompta tuis, hactenus huic vni studio qui2789 totus inhaeres, te duce, quo stabili stet Medicina loco. Non modo felici pellis medicamine morbos, a praesente manu cum petit aeger opem, sed quoque (maiorem quae cura meretur honorem) diuitis ingenii promis et edis opes. Non velut hoc aeuo multos temerarius ardor vrget, vt artis opus prodeat ante diem: quae nondum didicere, docent et, ab arte remoti, splendida parturiunt stultitiamque terunt. At bene Zacutus, studio vigilante tot annis, hausta libris, vsu docta subacta docet. Hinc hominum manibus tot scripta probata teruntur compositi mira sedulitate libri. Non secus ac variis pomis et floribus hortus lumina, lectorem sic tua scripta tenent; et, velut hortorum, spectanti, copia praebet quod legat, aut isthaec aut magis illa probet: sic, Zacute, iuuas lectorem quemlibet et, dum, quod legit, aduertit, non nisi lecta legit. Et licet immensum volitet tua fama per Orbem, nititur vlterius mens generosa tamen: tum demum statuens requiem finemque labori, cum sibi, quod promat, nihil superesse videt. Hoc animo praesens profers in luminis auras egregium studii dexterioris opus. Multiplices formas, quas hepate, corde, liene, exhibet et quidquid sustinet intus homo, digerit iste liber. Rerum stupet ipsa creatrix et cupit esse suum, quod videt artis opus. Perge rogo, factis ornans praestantibus artem, et cupidas adeant fac tua scripta manus: sic noua consiliis, noua sic tibi gloria libris 226, 3 crescet et alta tuum nomen ad astra feret.
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Exiguum magnae obseruantiae et singularis affectus testimo nium l(ibens) m(erito)q(ue) scribebat Iohannes Christenius2790, 2789 Potrebbe
anche andare, anche se non sarei del tutto alieno dal congetturare cui (sc.
studio). 2790 Vd.
supra 99, 2.
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i(uris) c(onsultus), Amstelod(ami) 22 Ianuarii 1636
[226, 4] Ad clarissimum virum d(ominum), dominum Zacutum Lusitanum, medicinae doctorem expertissimum [esametri dattilici] Qui volet intuitu raros cognoscere in vno2791 morborum casus, quos mille volumina tales vix dederint, multo quamuis perlecta labore, Zacuti legat historias, qui quidquid in arte Paeoniâ inuenias vsquam, quo faucibus Orci erepti innumeri, largo offert omnia cornu2792. Thaumata2793 quin etiam, siue admiranda resoluat, non alibi dabitur tot mentem vbi dogmata pascant.
5
Rumoldus Rombout, reipub(licae) Sylueducensis medicus2794
[226, 5] D(omino) doctori Zacuto Lusitano, medicinae phoenici, doctor Rosales2795 Hamburgensis, medicus, philosophus et mathematicus Clio in auctoris gloriam carmina haec aeternitati deuouet [esametri dattilici] Exponam dubium, ô Musae, quo quaeritur, vtrum doctus et expertus, doctrina atque arte valebit res aperire nouas, vtrum experientia doctum et mens artificem faciat rerûmque profunda mysteria ex his, et Naturae arcana, duobus
5 2791 Sc.
volumine: vd. v. 2 volumina. senso di grande abbondanza. 2793 Non attestato in latino classico e medioevale ed esemplato sul greco θαύματα: vd. anche infra 227, 15, 16. 2794 Si tratta, con ogni verosimiglianza, di Rombout Rombouts, medico olandese (m. ‘s Hertogenbosch prima del 10/2/1644): cf. NNBW 3 c. 1092. 2795 Si tratta verosimilmente di Jacob Hebraeus Rosales (alias Immanuel Bocarro Fran ces y Rosales), medico, matematico, astrologo e poeta (Lisbona 1588 o 1593-Firenze o Livor no 1662 o 1668), che esercitò anche ad Amburgo, dove fu nominato, nel luglio 1647, comes Palatinus dall’imperatore Ferdinando III: cf. NNBW 7 cc. 1066 s.; AGL 3 c. 2219, dove si parla dei versi composti da lui in onore di Zacuto e cioè del Poculum poeticum (vd. infra 226. 21). Fornisce un elenco delle sue opere M. Kayserling, “The jewish Encyclopaedia”, New York and London 1905, vol. 10, p. 470, in cui sono ricordati il Poculum poeticum e altri versi, che non sono però quelli che ci interessano. 2792 Nel
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fontibus exirent quondam, quaeque alma vocantur principia in sophia, contra quae haud vlla ciere argumenta datur: nomen, quod robora dictis confirmant, cuncti concordi pace sequuntur. Ast e[r]go, quae nunquam iuraui in docta magistri verba, negatiuam potius defendere partem verius esse reor: medicinam condere sacram nec sophiam potuit, quamuis praediuite mente, humanum ingenium, multa experientia rerum. Sed cuncta a Domino reuelata et tradita primo Adamo ac priscis genitoribus, vnde docendo vnusquisque suum natum, peruenit ad illos, qui primum scriptis medicinam tradere visi. Sic omne antiquum; nihil aetas inuenit vlla atque nihil sub sole nouum: hoc res ordine coepit. Principio Omnipotens hominem sine crimine fecit, perfectum in scibili2796 et rerum penetralia doctum; postquam autem pomo labem contraxit2797 acerbam, subiacet, heu! morbi causae et langoribus atris. Ast Deus, humanam sortem miseratus iniquam, donum insigne homini infundit traditque medendi arte minsterium, quo cum producere vitam contra causarum morborumque agmina possit. Haec docet Adamus natos natique nepotes ore tenus sophiamque omnem, voluentibus annis, hac serie ad primos certum est venisse parentes. Sic Chaldaea sapit, sic quondam Aegyptia tellus floruit imperio doctrinae ac denique puram agnoscunt Persae magiam2798 et sapientia Graecis sat doctis steterat: nam cuncti a flumine doctas hauserunt vndas primisque docentibus illos antiquis patribus, quibus ipsa scientia nata est. Hoc fuit antiquum natale et origo sciendi, hinc medicina fluit, dicta ars, quae antiqua resarcit, non noua quae condit, cum nil sub sole nouetur. Inuenit medicina nouum nullum: omnia quondam tradiderant prisci, sed dens consumpserat aeui fortassis multa atque ideo medicina labascit, et sophia in peius: nam tempore perdita rerum
2796 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, di norma lun ga, viene qui scandita breve. 2797 Sc. homo. 2798 Irregolarità prosodica, dal momento che la penultima sillaba di magiam, normal mente lunga, qui è scandita come breve, a meno di non congetturare magiam (sc. artem).
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cognitio est longeque sumus (quod cernis) ab ipsa, quam quondam Hippocrates sciuit tenuitque Halenus2799. Sed, quae firma satis fuit haec sententia menti, vnus, qui medicam scribendo restituit rem2800, Zacutus dubium fecit: namque ecce nitorem doctus et expertus medicinae reddit ouantem: mille inuenta nouat nouiterque en perfecit2801 artem, ingenioque suo Naturae arcana recessae illustrare valet: quae hucusque obscura[s] latebant, sic nudat, quod pene oculis ea cernere possis. Ergo viri menti concessa scientia rerum, quin alibi adueniat2802. Dubium sed soluitur omne, si dicas propria Zacutos este2803 scientes natura, an mirum si tali e stirpe creatus Zacutus tanta exponat doceatque vicissim. Plura referre potest: nam plura e semine tanto spiritus intus habet doctaque e mente manebunt, queis medicina noua auxiliis ditescere possit.
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[226, 6] Clio suauissimo plectro sic iterum cecinit, in Zacuti laudes pro rumpens 226, 5 [distici elegiaci] Dicite “io paean” et “io” bis dicite “paean”: victa a Zacuto morbida causa iacet. In morborum aciem doctissima mouerat arma, curat praeceptis hisque triumphat ouans. Ergo, Pierides, Zacutum extollite coelo, Phoebaeae sophiae tollite et artis herum: illum immortali, ne atro feriatur ab aeuo, carmine et astrifero concelebrate choro. Viuat in aeternum: sophiae nam maximus Atlas, Zacutus, medici sustinet astra poli.
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[226, 7] D(omino) doctori Zacuto Lusitano, medico percelebri et viro non minus illustri quam docto 2799 Sic:
evidente refuso per Galenus. eco degli Annales enniani (Vahlen 370). 2801 Sic: evidente refuso per perficit. 2802 Intendi: “in modo tale che non riesca a manifestarsi in modalità diverse (sc. da quel le fissate da Zacuto)”. 2803 Sic: evidente refuso per esse. 2800 Evidente
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[strofe alcaica] Quem nemo prudens viuere sentit2804, non ille vixit. Si neque publicis nec vtilis suisque rebus2805, an bene dicitur: «ille viuit»? 5 Num qui latebris gaudet in abditis, vitam hucce2806 credant ducere posteri? Est vera vita, quam coronat mystica fronte virente laurus. Si docta virtus, nescia funeris, 10 ignara mortis, sidera vertice fulgente tangit, solui2807 ad astra fertque viros metuente penna, erit Zacutus nominis inclyti quantusque splendor quantaque gloria! 15 In principum commenta scripsit historias medicamque praxin. Qui gnarus artis, magna volumina et pulchra praestat, dignus honoribus est: namque summos et molestos 20 gloria consequitur labores. Ergo beato lumine fulgidus splendet Zacutus, vir sapiens, bonus. Hunc iste admiratur algens, hunc Italus calidusque Hallus2808. 25 ………………………………………2809 seu perspicacis mentis acumina, seu gratiam et styli leporem: omnibus est adamandus auctor.
In gratitudinis et obseruantiae pignus, scribebat doctor Cornelius Lovius m(edicus)
2804 Potrebbe
anche essere sentit. prosodica, dal momento che la quinta sillaba del verso, di norma lunga, è qui scandita breve: si potrebbe ovviare trasponendo rebus suisque. Il fatto però che la cosa si ripete ai vv. 7 e 27 fa pensare che si tratti di un comportamento normale dell’autore, che scandisce breve la quinta sillaba, possibilità consentita nell’enneasillabo alcaico greco. Per un caso analogo vd. supra nota 1351. 2806 Sic: sarà refuso per hunce. 2807 Sic: forse refuso per solum. 2808 Sic: evidente refuso per Gallus. 2809 Manca proprio il verso: il v. 26 segue il v. 24 senza alcuna interruzione. 2805 Irregolarità
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[226, 8] Carmen Hispano idiomate conscriptum, in laudem d(omini) Zacuti Lusitani, Lusitanorum medicorum gloriae celebris 226, 7 Hippocrates despues que desta amarga i fragil vida conoscio los danos, con sutil pluma en sus postreros annos, dixo la vida es breue, el arte es larga. Diuino aliuio ala pezada carga, del mal que augmentan medicos enganos, procura quien con medios tam estranos, abreuia el arte que la vida alarga. Isi dolor terrib[i]le ja la tiene, con ancia mortal de sauziado, quien para socorelle2810 sera parte? Zacuto in sine a vos solo conuiene, pues au eis que Hippocras mas alcançado, como es larga la vida, i breue el arte.
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Amicus amico
[226, 9] In laudem d(omini) Zacuti Lusitani, medicinae Atlantis fortissimi [distici elegiaci] Zacutus2811 doctor, coelesti nomine dignus2812, qui medicorum nunc dicitur esse decus, inter Lusiadas clara de stirpe creatus, qui sibi congessit tot medicae artis opes. Ipse Zacutus enim, Musarum dulcis alumnus, splendet et in tenebris lucet, vt ipsa dies. Explosit2813 docto affirmantes reproba libro, quare eius cingant florida serta caput. Res medica en vernat maioraque robora sumit, vtpote mire opera iam recreata tua. Ne dubita: liber2814 hic, totus quem suspicit Orbis, viuet in aeternum, liber ab interitu.
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2810 Sic:
refuso per socorrerle. quanto concerne la prosodia, la prima sillaba di Zacutus oscilla, a seconda delle necessità, tra una scansione lunga e una breve: vd. passim. 2812 Sc. est. 2813 Sc. Zacutus: “Zacuto ha respinto, con la sua dotta opera, coloro che affermavano cose false”. 2814 Gioco di parole tra liber (“libro”, con la prima sillaba breve) di v. 11 e liber (“libero”, con la prima sillaba lunga) di v. 12: per un caso analogo vd. supra nota 1610. 2811 Per
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Antonius Correa Lusitanus2815, superordinarius in Curia Ro mana aduocatus, olim in celeberrima Bononiensi Academia iuris Caesarei professor
[226, 10] 226, 9 In Zoïlum inuidumque obtrectatorem [distici elegiaci] Inuide, cur acuis dentes et rodere tentas quidquid Apollineo, Mome, fauore nitet? Cuius id instinctu molire, an suasit Erinnys aut alia ex Furiis, quae te agitare solet? Desine, Mome: tuis superest nil dentibus: hic est immunis vitio, prorsus amomus2816 hic est. Hippocratem potius clarumque Machaona carpas, quam tu Zacutum strinxeris archiatrum: eius namque labor non consumetur ab aeuo, te inuito viuet, viuet et artis honos.
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Amoris ergo posuit Nicolaus Fontanus med(icus)2817
[226, 11] Aliud Iacobi Gomesii a Costa, d(octoris) a Costa medici, Rotho magensis clarissimi, filii, in laudem auctoris epigramma [distici elegiaci] Facunda eloquii dum fundis flumina, gentes aurea pellectis mentibus vnda rapit; dum medicos dignis praestantes laudibus ornas, ad famam duro marmore non opus est: nam tua scripta viros altis sublimius astris, per mare, per terras, non peritura ferunt. Quicquid agas, ceu dum Galeni abstrusa resoluis, nomine Zacutus, tu mihi acutus eris.
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2815 Non
so se possa trattarsi diTommaso Correa, portoghese (nato a Coimbra nel 1536), che, come ricorda Mazzetti (100 n° 915), dopo essere stato lettore a Palermo e a Roma, fu “professore eminente di Umanità” dal 1586 a Bologna, dove morì il 28/1/1595: vd. anche AGL 1 c. 2115; DBI 29, 419 ss. a cura di Francesca Romana De Angelis. 2816 Per la forma maschile del più usuale amomum (o amomon) cf. TheslL 1 c. 1967, 7. 2817 Vd. supra n° 99.
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[226, 12] Aliud Hieronimi Ferdinandi Lusitani, iuris Caesarei doctoris pe ritissimi2818 [distici elegiaci]
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Quas gremio celauit opes Natura latenti, has tibi dispensat littera diues opes. Physica sensa patent foelici praedita partu: quae tenebris latitant dogmata, lector, habes. Ingenium viuax, rerum facundia mira: vinxit Apollineos docta Minerua viros. En iterum terris, mira medicaminis arte, corpora restituens languida, Phoebus adest. Ardua soluuntur veterum argumenta virorum: haec tibi si comes est sarcina, diues eris.
[226, 13] Dauid de Haro2819, philosophiae in celeberrima Leidensi Acade mia studiosus, in Operis laudem [distici elegiaci]
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Tantae molis opus, quod tentas, docte Zacute, miratur Pallas Pieridumque chorus: quid tibi carmen ego, quid versus scribere coner? vix Maro, vix Naso carmina digna canant. Quid celebrare iuuat, quod laudat propria virtus, quod nemo doctus rodere dente potest? Historias veteri medicorum promis ab aeuo: primus ne pereant nomina tanta caues. Huc igitur geminos, huc flectas, lector, ocellos: mentis enim fructus carpere falce potes. Vos igitur Musas2820 et numina celsa Mineruae, cultori vestro praemia ferte, precor.
2818 Hieronymus Fernandez (Girolamo Fernandez; Ferdinandus) de Otero, giureconsul to spagnolo, professore di diritto canonico a Bologna e di diritto civile a Napoli: cf. AGL 3 c. 1134; Mazzetti 124 s. n° 1197. Di lui sembra parlare anche EUI 23, 801, che però lo chiama Alfonso. 2819 Cf. NNBW 6, c. 712. 2820 Sic: se corretto, sarà da intendere come una sorta di accusativo esclamativo. Si po trebbe anche congetturare qualcosa come Vos igitur, Musarum et numina celsa Minervae.
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CARMINA MEDICALIA
[226, 14] In principes principum medicorum Historias, elegantissime con cinnatas et luculentissimis scholiis illustratas, a perillustri et excel lentissimo viro Zacuto Lusitano, medico celeberrimo [distici elegiaci]
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Ὡς ἵδεν ἱστορίας Μῶμος μεγάλοιο Ζακούτου2821, καὶ χόλια2822 σκλιοῖς2823 ὄμμασιν ἱστοριῶν, σφάλματα μωμεύειν διξήμενος2824, εἰ τιν ἐφεύροι, «Οὐδὲν μωμεύειν ἐνθάδε» Μῶμος ἔφη. « Ὅσσα γὰρ ἱητῆρες ὁμοῦ νέοι ἡδὲ παλαιοὶ καλλ’ ἐδιδάξαντό , καλλίον οὖτος ἔχει καὶ πάλιν ὅσσ’ ἤμαρτον ὁμοῦ νέοι ἡδὲ παλαιοὶ πάντα μάλ’ ἤλεγξεν σφάλματ’ ἐπισταμένως». Ταῦτα μὲν οἰμώξας, ὄτ’ ἀμωμήτοιο δέδορκε πρώτας Ζακούτου ἱστορίων σελίδας, ἐμφερέας δ’ ἄλλας ἔτι [ut vid.] λεύσσῃ , «Οὐκ ἔτι βίβλοις λεύσσομεν ἀλλὰ βρόχῳ Μῶμον ἀναψάμενος2825». Ἐσχεδίασε Ioh(annes) Beverovicius, senator ac medicus Dor drechtanus2826
[226, 15]
Idem Latine [distici elegiaci]
5
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Vidisti historias vt magni, Mome, Zacuti, lustrasti obliquis luminibusque notas, errorem quaerens perstringere, si quis inesset, dicebas: «Nihil hîc carpere Momus habet». Nam quaecunque vnquam medici veteresque nouique monstrarunt nobis, hic meliora dedit; quidquid peccarunt medici veteresque nouique, detexit nobis cunctaque plana dedit atque haec cum lacrymis vbi docti, Mome, Zacuti, vidisti, tantum principium historiae:
2821 Qui Ζακούτου ha la prima sillaba breve, mentre a v. 10 essa risulta lunga. L’oscilla zione torna anche nei versi latini: vd. supra nota 2811. 2822 Sic: emenderei in καὶ χόλια (vd. infra 226, 15, 2 notas) σκλιοῖς etc. 2823 Cf. infra 226, 15, 2 obliquis luminibus. 2824 Sic: refuso per διζήμενος: cf. infra 226, 15, 3 quaerens. 2825 Sarà refuso per ἀναψάμενον. 2826 Vd. supra n° 41.
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226, 14 – 226, 17
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integram2827 quod si conspexeris, «Haud mihi libri, sed laqueus» dices «ecce paratus adest». Iac(obus) Roverius i(uris) c(onsultus) vertebat
[226, 16] Carmen, Hispano sermone conscriptum, in laudem Zacuti Lusitani, medici et philosophi praeclari Enfermo el hombre del primo peccado exprimenta su mal, muriendo muere, alia piedad, que su flagueza infiere, el bien le ofrece de su antiguo estado. Mirando ariba alcansa el mismo grado, que ya perdiara2828, el alma quando quiere, y el cuerpo, perque2829 el dan’ e se modere, mira en plantas secreto reseruado. Estas virtudes dos enti contemplo, sabio Zacuto, al nombre merecidas, con que adquieres desde cy [sic] premio infinito. El camino ensenando de dos vidas, la eterna con diuino y santo exemplo, la humana, con la lengua, y con lo escrito, y pues en lo finito con tu saber lo radical dilatas, son alsumo obrador tus obras gratas.
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In obseruantiae et amoris gratiam scribebat amicissimus et per doctus Ioannes Pintus Delgado2830
[226, 17] In laudem perillustris et excellentissimi viri d(omini), d(omini) Zacuti Lusitani, philosophi et medici doctissimi [distici elegiaci] Non ego Castaliis immersi fontibus ora nec mihi Parnassus somnia laeta dedit. Ludicra res, tantum verbis tenus esse poëtam: seria, rimari quidquid in Orbe latet. 2827 Sc.
historiam. refuso per perdiera. 2829 Sic: refuso per porque. 2830 Juan Pinto-Delgado, poeta spagnolo (m. 1590): cf. EUI 44, 1095 s.; Michaud 33, 385 s. 2828 Sic:
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CARMINA MEDICALIA
Ludicra res, muti iurare in verba magistri: seria, Naturae facta stupenda sequi. Omnibus vna sat est genitrix2831 foecunda fluentis ordinis et rerum, quas capit ipsa sinu: omnia Naturam qui dixerit, et tamen vnam, mente reuelata rem faciemque tenet; nam vi multiplici, variis induta figuris, vnica producit, quae vagus Orbis habet. Mirum saepe scholas vario certasse tumultu, si se vnam cunctis scit variare modis? Hinc plures quoque in Orbe deos finxere poëtae: nam res vna omnes, spiritus vnus alit, sed variis formis cunctos prorumpit in actus scenarumque strophis sufficit vna dea. Hancce deam ingenio, Zacute, sequutus acuto, eiusdem latebras detegis arte noua. Quod sapit Hippocrates, quicquid Galenus ab ipso, hac duce per libros digeris arte tuos. Sic et Apollineae stabilis fundamina gentis et mortis docta tempora voce trahis. Sic medicis puras fundis de fontibus vndas, qui de Naturae fonte bibêre prius. Tu, sectatorum vestigia cuncta sequutus, ne quis ab occulta falleret arte sapor, praesenti memoras instructus imagine vocum, quicquid Apollineus scripsit in arte chorus. Sic pergas soboles Epidauri numine digna: te sic ita colet non minus atque Tagus.
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Amicissimus Belga2832, poëta laureatus, amico suo Zacuto Lusitano, medico incomparabili
[226, 18] Doctor Gallindus, medicus Hispalensis, in laudem Zacuti Lusita ni, medicorum primarii 226, 17 [distici elegiaci] Dulce sapit, grauida quod pendet in arbore, pomum et mel fructus apis, nonnisi dulce, sapit. Vna2833 (quis ignorat?) pectus dulcedine complet, 2831 Sc.
Natura. tratta probabilmente di Johan van Beverwijck: vd. supra n° 41. 2833 Sic: sarà refuso per Vua (vd. infra v. 10). 2832 Si
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plurima lac purum dulciter ora rigat: quilibet exoptat dulci gaudere sapore, quilibet et dulci membra fouere mero. Dulcia non mihi sunt haec: quod Zacutus adornat, Historiae Medicae dulce volumen amo. Hoc mihi dulce sapit: nam longe dulcius exit pomo, melle, vua, lacte, sapore, mero.
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[226, 19] In laudem et aeternam famam Zacuti Lusitani, Andreas Roderi cus Caldeira medicus, apud Lusitanos Setobricae praxin exercens [distici elegiaci] Cymbala dulce sonant digito percussa volanti, testudo dulces reddit et icta sonos; fistula dulciloquas fundit per iugera voces et spargit placidum chorda canora melos; ipse tubae clangor dulcis se ad sidera tollit et vocat ad nutus Martia castra suos. Zacuti dictus2834 merito iam musica cedant cymbala, testudo, fistula, chorda, tubae.
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[226, 20] Camillus Richardus Vltraiectinus, in laudem acutissimi Zacuti, Medicas principum Historias scientissime interpretantis [distici elegiaci] Mors Zacuti cernens venerandam dira senectam, «Tantum Orbis sternam» dixit iniqua «decus». Ast Deus omnipotens caelo sic fatus ab alto: «Quid certas, demens? quo te agit iste furor? cur fera tela paras, arcum falcemque recuruam, crudelis? Tamen haec non metuenda viro: nam licet aeterna claudantur lumina nocte et tristes rumpant stamina pulla deae, his tamen Historiis, medici quas corde recondunt, viuet nec vitae terminus vllus erit».
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[226, 21] Doctoris Iacob(i) Rosalis, Hamburgensis2835, medici Hebraei, poculum poëticum in Zacutinas laudes 2834 Sic: 2835 Vd.
sarà refuso per dictis. supra 226, 5, nota 2795.
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CARMINA MEDICALIA
[componimento in tecnopegnio raffigurante per l’appunto un poculum]
Accipe, mi Zacute, tui tibi poculum poëtae, quo tibi in aeternum Clio sat grata propinat, = esametro te vocat sacrae ambrosiae labraque fige grata nec timeas illo pocula saeua necis: = pentametro nam, cum sis supero numine conditus, = asclepiadeo minore integer vitae sophiaeque plenus, hoc donaris optimo munera tantae praemia mentis. Hic est ille magister, qui, nihil inuidens sibi, ô Clio, sed cuncta docens, illustrat omnes ingenii focos: quare iam dapibus mensa poëticis = asclepiadeo minore a Pelopis nato2836 libera, mortis iners, = pentametro sternitur tanto domino, nectare sempiterno vescatur, nostroque caput madefacta liquore, = esametro membra ferat, siquidem aeternis aeterna meretur = esametro Zacutus meritis, Elyseis ruribus imperet, vate me. Nam magna queunt haec quoque habere vates. Ast, cum efficacem condidit scientiam Zacutus et scriptis fulgeat aureis, laurea donetur Apollinari, exempla fert profundo pectore: saepe discas menteque serua 226, 21 condeque praxi. His firmantur artes: beatus ergo qui vsibus firmus suis exercet populos, vsque Quiritibus. = asclepiadeo minore Huius iussa viri et cura salutis Olympi2837; tuncque ad aethereos latices nectareosque Olympi accedat conuiua, bibat, nec vina nocebunt = esametro (nam sunt ingenii) et Zacutum tollat ad astra. = esametro
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* * * [227] Zacuti Lusitani, medici et philosophi praestantissimi, Operum tomus secun dus, in quo Praxis historiarum, ubi morborum omnium internorum curatio ad 2836 Allusione 2837 Sc.
a Tieste e ad Atreo.
sunto.
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principum medicorum mentem explicatur, grauiora dubia ventilantur ac resoluun tur, practicae denique obseruationes permultae suis locis insperguntur. Praemit titur introitus medici ad praxin necnon pharmacopoea elegantissima. Accessit Praxis medica admiranda, ab ipsomet auctore non parum de nouo locupletata, in qua exempla rara, mirabilia, monstrosa circa abditas morborum causas, signa, euentus atque curationes proponuntur: editio postrema, a mendis purgatissima, Lugduni, sumptibus Ioannis-Antonii Huguetan et Guillielmi Barbier, 1667 [prima ediz. Lione 1642, ma vd. infra a proposito della Praxis medica admiranda], cum privilegio regis christianissimi [R.G. Medic. I.41 (2)]
All’inizio dell’opera, tra le altre cose, sono riportate Clariss(imorum) virorum epistolae ad Zacutum Lusitanum de sua historiarum Praxi. Subito dopo compaiono i seguenti versi: Varia illustrium virorum in Zacuti libros de Praxi historiarum epigram mata [227, 1]
In Opera medica viri clarissimi Zacuti Lusitani [distici elegiaci]
5
Vidit vt Hippocrates Zacuti scripta diserta, miratus dixit: «Sunt ea digna cedro: vsque adeo explicuit neruose cuncta nec eius deuiat a veri tramite recta manus. Nunc ego, quae quondam scripsi, mutabo libenter, ‘Ars breuis’ et dicam ‘vitaque longa’ satis. O! vtinam Phoebo legat haec sacrata iuuentus nec dubito: hinc semper doctior omnis erit!». Iacobus Fabricius2838, sereniss(imi) Daniae, Norwegiae, etc. re gis personae medicus et Collegii medici, in antiquâ Rostochiensium Vniversitate, senior ac professor ordinar(ius)
[227, 2]
Aliud eiusdem [esametri dattilici] Tota tui, Zacute, libris Germania gaudet applauduntque omnes tantis progressibus vltro, optantes similes sine fine videre labores. Non, Zacute, viâ tu nobiliore subibis
2838 Jacob Fabricius, medico di Cristiano IV e Federico III di Danimarca (Rostock 28/8/1576 o 1577-Copenaghen 14 o 16/8/1652): cf. AGL 2 c. 485; BL 2, 465; DBL 5, 20.
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CARMINA MEDICALIA
astra poli viuesque diu post fata superstes.
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I. F. D.2839
[227, 3] Andreas Camillus Roterodamensis in laudem clarissimi Zacuti Lusitani 227, 2 Epigramma [distici elegiaci] Mutâ viuam Helenam tunc reddit imagine Zeuxis, cum variâ varium colligit arte decus: quale opus effingit merito, cum nobile quicquid contineat mundus, nobile lumen erit.
[227, 4]
ZACVTVS LVSITANVS RESONAT PER ORBEM anagramma EST VNVM BELZAAR2840, ORE TVTANS PRISCOS V(IROS) anagrammatismus [distici elegiaci] Calluit Hippocrates artem docuitque medendi, lucibus inde micans Orbe, Galene, tuis; caetera Graiorum series Arabumque deinde, miris qui medicam2841 percoluere modis. Attamen est aliquis stulte hosce necare veneno (proh dolor!) atque ausus dedecorare viros: Zacutus, TVTANS PRISCOS, EST BELZAAR VNVM prolatus verbis ORE meloque: vale.
5
Benedictus Maghettus ab Asitio2842
2839 Idem
fidei documentum, oppure Iacobus factum dedicavit, o Iacobus fidem dedit. una forma di bezoar (o belzuar: vd. supra 38, 1, nota 207): Zacuto è l’unico anti doto valido per opporsi a chi vuole avvelenare l’insegnamento degli antichi maestri. 2841 Sc. artem. 2842 Benedetto Maghetti (sec. XVII): cf. Di Crollalanza 2, 47: “Maghetti di Assisi.... Bene detto protomedico in Ancona ed in Fuligno, assai versato in matematica, su cui scrisse e stampò un’apologia in Ancona nel 1640....”. 2840 Sarà
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[227, 5]
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Liber ad lectorem [distico elegiaco] Aurea secla cupis, sed iam sunt lapsa: quid imo adsunt? si illa cupis, me lege et illa dabo. Ioannes Ionstonus2843, medicus et inclytae Academiae Franco furtensis professor ordin(arius)
[227, 6] In librum septimum Historiarum clarissimi et celeberrimi viri Zacuti Lusitani, reipublicae Hebraicae et medicae decoris et orna menti vnici [distici elegiaci] Historias medicas postquam Zacutus acute scripsit, eas in sex distribuitque libros, ecce nouum quod pandit opus capitisque medelas morborum mirâ dexteritate docet. Septima iam proles paritur, gaudete: putatur septimus Hippocrati filius esse sacer. I, liber, audacter, tibi fausta precamur eunti: nascenti magnus iam tibi surgit honos. Perge, parens, ornare libros foetusque sequentes fac videam2844 lucem: sunt tibi honorifici. Viuis in aeternum, per eos ter maximus, et iam principibus medicis annumerandus ades.
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Iacobus de Lalovel, m(edicinae) d(octor) Rothomagensis
[227, 7] Ad clarissimum virum, d(ominum) doctorem Zacutum Lusita num, Batauorum archiatrum celeberrimum, octauum de medico rum principum Historia librum edentem [strofe alcaica] Quid tam diu nos, haemochares2845, tuis hoc saeculo armis exagitas? tuum dimitte telum, Euphratem et vltra accelerent militum cateruae. 2843 Vd.
supra n° 132. sarà refuso per videant (sc. foetus…sequentes). 2845 Esemplato sul greco αἱμοχαρής = αἱματοχαρής. 2844 Sic:
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CARMINA MEDICALIA
Gaudebit armis exulibus tuis ridens Apollo, tunc Charitum soror lustrabit hortos Delphicosque arma dabis2846 populis corymbos. Zacute veni, Castalidum decus, primus reportans munera Apollinis; accede: vestro nunc Apollo subiiciat capiti corollas. En qualis humor te rapit? ingeni; quaenam tua est vis? tradere posteris: tam rara vestrae disciplinae scripta viris memoranda doctis. Quidnam labori contribuet catus vestro chorus nunc Aonidum? decus toto, chely dulcique auenâ, Clio2847 tuum celebrabit Orbe. Iosias Florietus, apud Mediomaticos2848 m(edicinae) d(octor)
[227, 8] 227, 7 In effigiem clarissimi d(omini) Zacuti Lusitani [distici elegiaci] Hoc caput, hic oculus, veneranda haec frontis imago demonstrant magni maxima signa viri. Sic, cernens vultum Zacuti et scripta, reclamo: nunc Epidaurini2849 est mens rediuiua dei. Idem Iosias Florietus, med(icinae) doctor
[227, 9] In praxin Historiarum acutissimi ac praestantissimi viri Zacuti Lusitani, medicorum coriphaei [distici elegiaci] Artis Apollineae decus immortale, Zacute, vnus verba, tuam poscit et alter opem; 2846 Sic: forse refuso per dabit (cf. gaudebit di v. 5 e lustrabit di v. 7), a meno che non lo si voglia concordare con Zacute veni di v. 9. 2847 Irregolarità prosodica, dal momento che la sillaba finale di Clio, normalmente lunga, qui è scandita breve. 2848 Metz. 2849 Non attestato in latino classico e medioevale, a meno che non si voglia emendare in Epidaure[n]i est.
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poscit opem, morti ac Orco qui proximus haeret: tu facilem praebes, cum mala cuncta leuas; et, liceat semper medicus non subleuet aegrum, quod doctâ interdum plus queat arte malum, tu tamen, inualidum si quid, sanabile reddis et superas artis dexteritate tuae. Nec modo depositos donas vitalibus auris, at simul et scriptis saecula cuncta doces. Vt quondam Hippocrates, longam qui dixerat artem quique hominis vitam dixerat esse breuem, nunc contra, longam nobis promittere vitam possit et hanc artem dixerit esse breuem.
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Ioannes Isacius Pontanus2850, in illustri Gelrorum Academia primarius medicinae professor et serenissimi regis Daniae et ducatus Gel [sic] historiographus
* Verso la fine del tomo, all’inizio della Zacuti Lusitani Praxis medica admiranda [prima ediz. Amsterdam 1634], compaiono, tra le altre cose, i seguenti versi: [227, 10] In librum medicum summi et eximii viri Zacuti Lusitani, medici celeberrimi [distici elegiaci] Credimus: haud solos Hispania sufficit hostes nec Batauûm terris semper iniqua nocet: quae toties gladios, nunc ecce Machaona mittit atque aliqua nobis consuluisse cupit. Scilicet Hesperii veniens Zacutus ab oris, ad leges Lachesin cogit adesse suas et, formidati protendens tempora fati, in populos aliquid cum Ioue iuris habet. Quin iam nascentes abeunt in secula libri scriptaque, posteritas quae studiosa leget. Seu generosa nouos stringit censura magistros seu Coüm recoquit pagina docta senem, illic tota suos aperit Medicina recessus
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2850 Johann
Isaak Pontanus (Iohannes Isacius) (nei dintorni di Helsingør 21/1/1571-Har derwijck 6 o 7/10/1639), storico, geografo ed editore di testi classici: cf. AGL 3 cc. 1690 s.; ADB 26, 413 s.; NNBW 1 cc. 1417 ss.; Aa 15, 403 ss.; Eckstein 441; Pökel 213.
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CARMINA MEDICALIA
praesidiisque nouis nititur alma salus. Belga, tibi faciles aude promittere soles: manat ab aduerso iam tibi vita Tago. C(asparus) Barlaeus2851
[227, 11] D(omini) Nicolai Fontani2852, Ioannis filii, sapphicum, in laudem expertissimi, clarissimi doctissimique viri, d(omini) Zacuti Lusitani, medicorum coryphaei 227, 10 [strofe saffica]
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Multa Zacutus monimenta laude digna conscripsit, memoranda cunctis posteris sed, quod modo scriptitauit, vsque triumphat. Ingeni[i] vires cerebrique succum viuidum expressit medicando fortem: par erit nunquam similemque nulla secula prodent. Alme tu Paeon, simul Aesculapi magne, qui diuis medicamen adfers, este vos huius memores alumni auxiliantes. Nai[a]des vos nunc Batauae precamur: este Zacuto placidae, coronas floreas huius capiti parantes vsque virentes. Hic enim Phoebi celebrauit artes nec laborandi modus vllus huic est: vos laboranti medico leuamen addite gratum.
[227, 12] Invitatio ad Praxin medicam admirandam clarissimi et experien tissimi viri, d(omini) Zacuti Lusitani, medici veracis atque fidelis [trimetri giambici scazonti] Zacutus iste, quem benigne tu lector ides, profecto est magnus inter auctores, 2851 Vd. supra 209, 1. Questi versi compaiono (con il titolo In libros medicos Zacuti Hispa ni e con l’eccezione del penultimo distico) nell’opera poetica di Baerle (vd. supra 209, 1, nota 2557), p. 445. 2852 Vd. supra n° 99.
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seu tu prioris siue respicis nostri secli medentes; et scientia magnus et arte viuidisque viribus mentis, experientiam dedere quae summam2853. Haec scripta volue: iudicabis hoc mecum. Nam dictio ipsa docta, florida, arguta, quid sensa? promit rara, mira, monstrosa exempla morborum, videre quae praxis, occasionem diligens, medicique manu dedit solerte tempus et dextra. Vis sanitatem corporisque constanter seruare robur? vis squalentibus tuto visceribus mederier, salutare auxilium citumque languidis ferre2854? Docebit vnumquodque. Melius vt possint, hac censione pura reddit Zacutus magisque splendida ingeni[i] sui luce tibi dat: aude tangere atque lustrare. Ego fallor aut ad ipsa templa te ducet Apollinis domosque Hygeae sacratas secretiore tramite et via recta, vbi si artis Hippocraticae2855 verus et sine labe cultus. Vnde fas, quicquid2856 aut ratio, rerum magister aut vsus obesse vel prodesse morbis monstrauit, auferre et omnibus, quod tu voles, aegris remedium communicare. Quid dico? ingredere: dictis plura scio reperturum.
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Ioannis Antonides van der Linden2857 medici
[227, 13] In laudem d(omini) Zacuti Lusitani, medici acutissimi [distici elegiaci] Zacute, dum multis medicinam porrigis aegris, te medicum aegrorum praedicat omnis homo: 2853 Per
far tornare la metrica si potrebbe congetturare qualcosa come p.es. summam experientiam dedere quae totam. 2854 Per superare l’anomalia metrica si potrebbe congetturare mederier visceribus sa lutare / auxilium languidis citumque conferre. 2855 Per la terzultima sillaba lunga dell’aggettivo cf. Prudenzio, perist. 10, 498. 2856 Per regolarizzare la metrica si potrebbe proporre sine atque labe etc. 2857 Vd. supra n° 150.
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CARMINA MEDICALIA
at simul appellet iam te medicum medicorum, dum medicam medicis artibus addis opem. Simon Brenius2858
[227, 14] 227, 13
Ad libri authorem [distici elegiaci]
Ni fuerit de gente Midae, liuore tumescit monstrifero et clauam prouocat Herculeam, qui tua, monstrorum domitor, monimenta, Zacute, lustrat et Herculeis splendidiora negat. C(arolus) Sponius, d(octor) m(edicinae), Lugd(unensis)2859
[227, 15] In laudem excellentissimi d(omini) Zacuti Lusitani, medici ac philosophi incomparabilis [esametri dattilici]
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Techna nitet Phoebea viris limata peritis: dixeris ad summum iam peruenisse nitorem, de[e]sse nihil, superesse nihil iuraueris vsque; atqui lenta dies2860 docet vlteriora priorque ignorat, quae posterior bene dispicit aetas nostraque rima[n]tur priscis incognita saeclis. Sic placitum superis exponere cuncta labori inuentisque nouis artes cumulare vetustas et vigiles generare viros auidosque sciendi, quos inter cluet eximius medicando Zacutus, qui, genio pollens memori solerteque multum, nullum non mouit lapidem, quo saecula nostra excitet ad studium illustretque Machaonis artem et medicis prodesse queat, quo norma medendi iusta magis facilisque malo sit libera mendo. Plura stupenda refert2861 Naturae thaumata2862 passim
2858 Potrebbe trattarsi, ammettendo un refuso nel nome, di Daniel Breen (Brenius), teo logo protestante (1594-1664): cf. AGL 1 cc. 1362 s.; Aa 2, 2, 1271 ss. 2859 Vd. supra 45, 1. 2860 Intendi: “ogni giorno che passa.” 2861 Sc. Zacutus. 2862 Vd. supra 226, 4, 7, nota 2793.
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oblectatque nouis rarisque euentibus aures: dignus hic ergo legit, dignus2863 studiosa iuuentus, quem2864 colat assidue, quem tollat ad aethera Phoebus, Aoni praesul montis, quem Musa, solutum nexibus a fati duris, in saecula seruet.
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Ioh(annes) Hylandros2865, m(edicinae) d(octor), artium magister
* L’Observatio ultima (dal titolo Medici imperitia quidam interfectus), che conclude il terzo e ultimo libro della De praxi medica admiranda, termina con queste parole, con cui si conclude l’intero tomo: Quare, dum haec contemplor, animi angore disrumpor: [227, 16]
[distici elegiaci] Nunc vellem facunda2866 forem: dolor artibus obstat ingeniumque meis substitit omne malis. Non mihi respondent veteres in carmina vires: plectra dolore tacent, muta dolore lyra est.
[228] ZAPATA Giovanni Battista (Roma 1520 ca.-dopo il 1586): cf. BL 5, 1025 s.; Brambilla 2, 2, 73 ss. Ioh(annis) Baptistae Zapatae, medici Romani experientissimi, Mirabilia sive Secreta medico-chirurgica, denuo inventa, ad sanandos omnes humani corporis affectus, ex Italico idiomate2867 nunc primum in Latinum versa et annotationibus foecundissimis ad genium seculi ita adcommodatis illustrata, ut, praeter multas observationes et experimenta curiosa, totam fere atque novam physicam, ex constantissimo ignis principio stabilitam, constituant, per Davidem Spleissium2868, 2863 Si noti la variatio nell’uso di dignus, prima con l’infinito e poi con il pronome relativo. 2864 Sc.
Zacutum. supra 99, 3. 2866 Sta parlando, con ogni verosimiglianza, l’Observatio ultima. 2867 I maravigliosi secreti di medicina e chirurgia, nuovamente ritrovati, per guarire ogni sorte d’infermità, raccolti dalla prattica dell’eccellente medico M. Gio(vanni) Battista Zapata, da Gioseppe Scientia chirurgo, suo discepolo, Roma, heredi di Antonio Blado, 1577. Per Giusep pe Scienza (Scientia) d’Arco cf. AGL 4 c. 420; BL 5, 1025 (che lo ricorda fuggevolmente come scolaro di Zapata). 2868 David Spleiss (Spleissius), medico a Sciaffusa (m. dopo il 1711): cf. AGL 4 c. 752; BL 2865 Vd.
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phil(osophiae) et m(edicinae) d(octorem) Scaphusian(um). Accessit operi index rerum absolutissimus, Vlmae, apud Georgium Wilhelmum Kühnen, anno 1696 [si tratta della prima ediz.] [R.G. Medic. V.15]
All’inizio dell’opera compaiono, a cura di Giuseppe Scientia, una serie di giudizi lusinghieri su Zapata: In authorem Elogia et commendationes clarissimorum virorum: excellentissimo liberalium artium ac medicinae doctori, d(omi)n(o) Iohanni Baptistae Zapatae, praeceptori suo fidelissimo, s(alutem) d(icit) Iosephus Scientia, primus Mirabilium editor [vd. supra]. Alla fine degli Elogia compaiono i seguenti versi: 228 [228, 1]
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[distici elegiaci] Luce canam te, nocte canam te, nulla carebit, o doctor celebris, laudibus hora tuis! Es patriae sydus, nulli virtute secundus: en librum, lector, conspice: cuncta vides! Egregium prodis scriptum, doctissime Spleissi, quo doctos scite commoda multa doces. O nimium felix Scaphusia terque beata, artibus excultum nacta virum eximiis! Perge modo scriptis nos condecorare frequenter: sic te posteritas post pia fata canet. In grati animi testimonium praeceptori suo fidelissimo paucula haec adposuit Ioh(annes) Conradus Rinck a Wildenberg, philoso phiae studiosus
[229] ZECCHI Giovanni (Zecchius) protomedico dello Stato della Chiesa, medico del conclave seguito alla morte di Sisto V e archiatra di Clemente VIII (Bologna 1533-Roma 2/12/1601): cf. AGL 4 c. 2162; BL 5, 1027 s.; Mazzetti 330 n° 3200 (che lo fa morire il 2/11/1601). Ioannis Zecchii Bononiensis, civis Romani, medicorum in Vrbis Gymnasio prioris ac per vniuersam ecclesiasticam ditionem archiatri, Liber primus Consulta tionum medicinalium, ad illustrissimum et amplissimum Ordinem reip(ublicae) Bononiensium, Andromachi Zecchii, eius filii, opera et studio in lucem editus, cum indicibus copiosissimis, cum privilegio, Romae, apud Gulielmum Facciottum, M D
5, 1026 (che lo ricorda come traduttore in latino dell’opera I maravigliosi secreti etc.: vd. su pra).
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IC [La cifra I sembra cassata con un tratto di penna: lo schedario vaticano, se guendo questa correzione, indica l’anno come 1600: in realtà è 1599, come indicato anche da BL cit. 1028 per la prima ediz. dell’opera], ad instantiam Ioannis Marti nelli, Superiorum permissu [R.G. Medic. IV.251]
All’inizio dell’opera, tra l’altro, compaiono i seguenti versi: [229, 1] Eiusdem [i versi sono infatti preceduti da una presentazione: Ioseph Ghislerius2869, philosophiae ac medicinae doctor, ad lectorem carmen] [trimetri giambici]
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Consultus aegrotantibus, quae Zecchius per litteras responsa quondam reddidit, relata nunc volumen in iustum tibi, amice lector, prodeunt. Si inspexeris, non illa dices discrepare Delphicis2870. Hic et petita de Galeni fontibus, haud obuiis cuicunque, multa noueris: non tanta natus traderet foelicius Coronide2871 aut Coronidis nepos2872 Cous2873.
[230] ZWINGER Jacob (Basilea 15/8/1569-13/5/1610, di peste), medico e professore di letteratura greca, figlio di Theodor Zwinger sr. (vd. supra 124, 2, nota 1274): cf. AGL 4 cc. 2243 s. (che lo fa morire l’11/9/1610); BL 5, 1057; H-BLS 7, 778. Iacobi Zvingeri, philosophi et medici Basil(iensis), Principiorum chymicorum examen ad generalem Hippocratis, Galeni caeterorumque Graecorum et Arabum consensum institutum, elegantibus nonnullorum remediorum praeparationibus exornatum, cum indice locupl(etissimo), Basileae, per Sebastianum Henricpetri [colofone finale Basileae per Sebastianum Henricpetri, anno 1606)] [si tratta della prima ediz.] [R.G. Medic. V.882]
2869 Giuseppe Ghisleri, protomedico dello Stato pontificio (Roma 1573-dopo il 1597): cf. AGL 2 c. 979. 2870 Sarà forse un caso, ma appare abbastanza significativo che tutti i versi del componi mento (a eccezione di due: vv. 2 e 3) terminino con la sibilante. 2871 Coronide ebbe, da Apollo, Esculapio. 2872 Podalirio o il fratello Macaone. L’aggettivo Cous ricorda, ovviamente, Ippocrate. 2873 L’insormontabile difficoltà metrica costituita dalla dalla lunghezza della prima silla ba di Cous può essere appianata trasponendo Cous nepos.
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All’inizio dell’opera compaiono i seguenti versi: [230, 1] In Iacobi Zvingeri, philos(ophi) et med(ici) Basil(iensis), Chymi corum principiorum examen [esametri dattilici] Magna vetustati debetur adorea laudis, gloriae et aethereâ mansurus in arce colossus: nostra tamen cascis palmaria plurima seclis aetas praeripuit, super et flammantia templi moenia2874 siderei Famae se ventilat alis. Audin’ fulmineo veluti fragor intonat ictu, cum flictim2875 eluctans piceo glans plumbea fumo obuia quaeque metit [ut vid.], non sic quatienda sagittis, non catapultarum terrore nec ariete duro? Haec miracla tamen prior ignorauerat aetas. Adspicis, vt Musae sua regia castra triumpho extendant? nulli numeranda volumina postquam calcographus docuit fuso exscribenda metallo, ne cera aut cortex Nilive papyrus ab oris impediat, quorum si forte laboribus obstent res angusta domi aut parcae dispendia vitae. Haec miracla tamen prior ignorauerat aetas. Lusitaniaci per caerula marmora nautae quot referant hodie dites sine limite campos? oppositoque vehunt natas sub sidere merces, cinnama cum stacte et pretiosae pondera lamnae; rimanturque soli genium2876 atque a fluctibus austri remigio gelidas qua traiiciatur ad Arctos. Haec miracla tamen prior ignorauerat aetas. Quid dicam? Meditrina audet, iam sindone pallae splendidior, priscum Asclepi[i] superare senatum: partibus vsque adeo tersa est venerandaque cultu. Sed mage sub coeli tabulata nitentia vultum erigit, impurâ postquam medicamina fece Promethei2877 igniculus soluens e[s]t inutile terrae pondus in exiguae compingit corpore molis
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2874 Evidente
eco lucreziana (1, 73). è attestato in Marziano Capella (4, 327) e Diomede (GLK 1, 407, 5). 2876 Intendi: “vanno alla ricerca della parte più risposta e intima della terra”. 2877 Irregolarità prosodica, dal momento che la prima sillaba della parola, di norma bre ve, viene qui scandita lunga. 2875 Afflictim
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quidquid inest succi medicamine quidque animaî2878, hunc licet Aegypti mystae mystaeque Pelasgi et Latii atque Arabes libârint nectaris haustum: his tamen enituit resipitque suauius2879 annis. Sed (fatum!) inuenias, quibus est pituita molesta, qui chymicas, sacra ipsius donaria Iouae, detestantur opes. Genus insanabile ternis Antyciris2880! Quasi non sophiae atque Machaonis almo gaudet amplexu chymie, illibata virago. Hanc2881 tua fucorum quia bombis docta Thalia vendicat et quâ sit, Zvingere, propagine diuûm indigitat quorsumque sacro se diuidat vsu, non implexa strophis nec agyrtae2882 aut Stentoris arte: tu quoque iam dignus victurae es cortice cedri, Zvingere, aut si quid victurae cortice cedri dignius est, Virtus nisi Famae auulserit alas vel pesso2883 obducto templum obturauit Honoris.
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Accinebat l(ibens) m(erito)q(ue) Heidelbergae Caspar Dor nauius2884 d(octor)
2878 Si
noti il raffinato arcaismo. nectar. 2880 Cf. Orazio, serm. 2, 3, 83; ars 300. 2881 Sc. chymien. 2882 Vd. supra nota 332. 2883 Sic: forse refuso per pressu: cf. Cicerone, de or. 3, 219. 2884 Vd. supra 121, 1. 2879 Sc.
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INDICE DEI NOMI Quando al nome segue una sola cifra, s’intende che si tratta degli autori, di cui sono state esaminate le opere; quando ne seguono due o più, si tratta degli autori dei vari carmi accompagnatori. La sigla tit. indica che quel singolo autore è ricordato nel titolo dell’opera esaminata; cit. che è stato ricordato in un carme; dedica che a lui è stato dedicato il carme.
Abey John (sec. XVII) = 182, 1 Abstemius vd. Bevilacqua Abû Bakr Muüammad Zakariyyâ’ arRâzí (secc. IX-X) = 119, 7, 3, nota 1225 Abû l-Qâ’sim az-Zahârawí (m. dopo il 1010) = 68, 1, 2 cit. Acquapendente d’ vd. Fabrici Adami Theodor (sec. XVII) = 148, 1 Afan de Ribera Ferdinando (sec. XVII) = 73 tit.; 73, 1 dedica Agerius Nicolaus (1568-1634) = 38, 2; 206, 2 Agricola (Bauer) Georg (1494-1555) = 1 Agricola (Peurle) Johann (Ammonius) (1490-1570) = 2; 183, 2; 215, 3, 116 cit.; 215, 4, 63 cit. Aillebou(s)t (Albosius) Jean d’ (sec. XVI) = 71 tit.; 71, 1 (= 115, 6); 71, 2 dedi ca; 115, 5-6 Aillebou(s)t (Albosius) Pierre jr. d’ (sec. XVI) = 71, 2 Aillebou(s)t (Albosius) Pierre sr. d’ (m. 1531) = 71, 2, nota 591 Alaimo (Alaymo) Cherubino (sec. XVII) = 3, 1 Alaimo (Alaymo) Marco Antonio (15901662) = 3 Alberti Giovanni Battista (sec. XVII) = 26, 3 Albosius vd. Aillebou(s)t d’ Albucasis vd. Abû l- Qâ’sim az-Zahârawí Alcadinus Siculus (sec. XIII) = 80 Alcazar (Alcaçar, Valcazar) Andrés (sec. XVI) = 4 Aldobrandini Pietro, cardinale (15721621) = 53, 2, 4 cit.
Aldrovandi Ulisse (1522-1605) = 5; 199, 3, 18 cit. Alègre Jean (m. 1680) = 47, 6-7 Alessandrini Giulio von Neunstein (1506 -1590) = 6 Alfani (Alfano) Francesco (sec. XVI) = 7 Alfonso X il Saggio (1221-1284) = 198, 4, 24 cit. Alpinus Marcus Tatius (sec. XVI) = 2, 4 Alsario della Croce Giovanni Battista (sec. XVII) = 8, 4 Alsario della Croce Vincenzo (m. dopo il 1631) = 8 Alsworth Daniel (sec. XVI) = 19, 8-9; 20, 4-5 Altomare (Altomari) Donato Antonio (m. dopo il 1562) = 9; 195 tit. Amalteo Giulio (sec. XVI) = 80, 1 Amantius Bartholomaeus (sec. XVI) = 2, 2 Amatus Lusitanus vd. Rodriguez de Castello Branco Ambrosini Bartolomeo (1588-1657) = 10-11; 5 tit.; 5, 1-2; 11, 1 Ambrosius Mornauuerus = 215, 3, 95 cit., nota 2608 Ammann Paul (1634-1691) = 12 Ammonius vd. Agricola Johann Andreas Camillus (sec. XVII) = 227, 3 Andreas Lymuicus (Lemvicus) (15381603) = 32, 7 tit. Andreoli Francesco (sec. XVII) = 10, 7 Anemoecius vd. Windheim Angelica Giuseppe (sec. XVII) = 75, 11; 77, 8 Antonio, duca di Lorena (sec. XVI) = 66, 1 cit.
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Antonius de Paula (sec. XVII) = 76, 11 tit. Appono de vd. d’Abano Aranzi(o) Giulio Cesare (1530 ca.-1589) = 13-14; 199, 3, 18 cit. Arcara Giuseppe (sec. XVII) = 74, 19 Arcucci Giovanni Battista (sec. XVI) = 151, 3 Arena Francesco Maria (m. 1668) = 73, 6-7 Argenterio Giovanni (1513-1572) = 126, 1, 7 cit. Arias Montano Benito (1527-1598) = 106, 2 Arluni (Arluno) Bernardino (14781535) = 15 tit. Arluni (Arluno) Giovanni Pietro (sec. XVI) = 15 Arnaldo da Villanova (1240 ca.-1312 ca.) = 16; 79 tit. Arnaud Alexandre (sec. XVI) = 86 tit. Arrivabene Ludovico (m. dopo il 1597) = 89, 11 tit. Ascensius vd. Bade van Assche Assalti Pietro (secc. XVII-XVIII) = 137 tit. Atlanticus Gallus vd. Clemens Cyriacus Aubery Jean (Ioannes Auberius) (m. dopo il 1622) = 90, 6-7 Aubetreus Rugemontius (sec. XVII) = 89, 12 Augeni(o) Orazio (1527 ca.-1603) = 1721 Augeni(o) Sebastiano (Paparella) (morto dopo il 1573) = 22 Auratus vd. Dorat Aureli Ludovico (m. 1637) = 54, 22-26 Austrius Sebastien (m. 1550)= 23 Autetius Camillus (sec. XVI) = 158, 3-4; 195, 6 Aymarus Falconeus (sec. XVI) = 50 tit. Baccanello (Baccanelli) Giovanni Battista (1508 ca.-1571) = 24; 24, 1 Bacci Andrea (1524-1600) = 25 Bachmann Konrad (sec. XVII) = 126, 5 Back Jacob de (m. 1658) = 117 tit.
Backere (Bacherius) Peter de (m. 1601) = 106, 3-5 Bacmeister Matthaeus (1580-1626) = 131 tit. Bade van Assche Josse (Iodocus Badius Ascensius) (m. 1534 o 1535) = 65, 1 Baerle (Barlaeus) Caspar van (15841648) = 209, 1-2; 227, 10 Baillif vd. Rivière Le Bailly Baillou (Ballonius) Guillaume de (15381616) = 46 tit. Balchems Conrad (sec. XVII) = 123, 2 Baldersleben Antonius (sec. XVI) = 32, 2 Baldo (Baldi) Giovanni Matteo (sec. XVII) = 74, 11-12 Balduinus Hamaeus (secc. XVI-XVII) = 101, 2 Balena Vincenzo (sec. XVII) = 169, 1 Balistreri Francesco (sec. XVI) = 151, 1 Ballonius vd. Baillou de Barbazza (Barbatia) Andrea (m. 1479) = 73, 5, 12 cit. Barberini Antonio jr., cardinale (16071671) = nota 853 Barberini Antonio sr., cardinale (15691646) = nota 853 Barberini Carlo (1562-1630) = nota 853 Barberini Francesco sr., cardinale (1597-1679) = nota 853 Bardi Girolamo (1603-dopo il 1667) = 26 Barigazzi Iacopo (Iacopo Berengario, Iacomo da Carpi) (sec. XV) = 27 Barlaeus vd. Baerle van Barolitanus vd. Santo Mariano Bartholin Caspar jr. (1655-1738) = 28 tit.; 33, 5; 154 tit. Bartholin Caspar sr. (1585-1629) = 28 tit.; 33 tit.; 225 n° 4 Bartholin Christoffer (1657-1714) = 28 tit.; 33, 6 Bartholin Rasmus (1625-1698) = 31 tit.; 92, 1 Bartholin Thomas (1690-1737) = 28 tit. Bartholin Thomas jr. (1659-1690) = 28 tit.; 33, 7 Bartholin Thomas sr. (1616-1680) = 28-
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INDICE DEI NOMI
36; 154 tit.; 154, 2; 161 tit.; 161 dedi ca; 193, 2, 3 cit.; 205 tit.; 225, 12 tit.; 225 n° 1 tit.; 225 n° 12 tit.; 225, 24-25 Bartucci (Bertucci) Giuseppe = 75, 7-8; 77, 6 Baruffaldi Girolamo (1675-1755) = 140, 4 Bateman John (sec. XVII) = 170, 1 Bauderon Brice (1540 ca.-1625) = 37 Baudis Joachim (sec. XVI) = 16, 1 dedi ca Baudius vd. Bauldier de Bauer vd. Agricola Georg Baugnon Georges (sec. XVII) = 136, 4-5 Bauhin Johann (Jean) jr. (1541-1613) = 40 Bauhin Kaspar (Gaspard) (1560-1624) = 38-39; 115 tit.; 115, 1 dedica; 154 tit.; 161 tit. Bauldier (Baudius) Dominique le (1561-1613) = 141, 2 Baumann Johann Nicolaus (sec. XVII) = 160 tit. Bausch Johann Lorenz (1605-1665) = 1 tit. Bausch Leonhard (secc. XVI-XVII) = 1 tit. Bavastrelli Ambrogio (sec. XVII) = 74, 27 Bayer Johann (m. 1660) = 164, 5 Bechmann Friedemann (1628-1703) = 225 n° 15 tit. Beck(h)er Daniel jr. (1627-1670) = 225 n° 14 Belingerius Evasius Maria (sec. XVII) = 169, 5 Bellak (sec. XVII) = 47, 11 Bellonius vd. Belon Belon (Bellonius) Pierre (1517-1564 o 1565) = 141 tit.; 142 tit. Benamati Giovanni (secc. XVI-XVII) = 54, 4-5 Bencivenni (Bencivenga) Giovanni Antonio (secc. XVI-XVII) = 54, 52 Benedetti Alessandro (Alexander Benedictus) (m. 1512) = 111 tit. Benedykt Jan (Iohannes Benedictus) (1483-1564) = 183 n° 8; 183 n° 9
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Berengario vd. Barigazzi Berg(h)en Gerard van (den) (m. 1583) = 94 tit. Bergh Pieter van den (Petrus Montanus) (1468-1507) = 98 tit. Bering Vitus (1617-1675) = 29, 1; 30, 1; 31, 1; 32, 1; 33, 1 Beringer Michael (1566-1625) = 56, 6 Berkmiller Jakob (sec. XVII) = 166, 5 Bersman(n) Gregor (1538-1611) = 189, 1-4 Berti Tommaso (secc. XVI-XVII) = 54, 2-3 Bertucci vd. Bartucci Beurer Johann Jakob jr. (sec. XVII) = 198, 33-34 Beurer Johann Jakob sr. (secc. XVIXVII) = 168, 2; 198, 8-10; 198, 15; 198, 19; 198, 28; 198, 30-32 Beverwijk (Beverovicius) Johan van (1594-1647) = 41; 41, 2-5; 42; 226, 14; 226, 17 Bevilacqua Lorenzo (Abstemius Firmanus) (m. dopo il 1505) = 68, 6; 68, 8 Bidloo Lambert (m. 1724) = 194, 1 Bils Lodewijk de (1624-1670 o 1671) = 193, 2, 11 cit. Biondo Michelangelo (m. dopo il 1565) = 68 tit.; 68, 11 Blackmore Richard (m. 1729) = 170, 9 Blaes (Blasius) Gerard (1625-1692) = 33, 2, nota 186 Blaes (Blasius) Joan (1639-1672) = 33, 2-3; 201, 1-2 Blaes (Blasius) Leonardus (sec. XVII) = 33, 2, nota 186 Blasius vd. Blaes Blondel Engelbert (sec. XVII) = 43, 3 Blondel François (m. 1682) = 43 tit. Blondel Franz (sec. XVII) = 43; 43, 1 Blondel Guillaume (sec. XVII) = 43, 3 Blondel James August (m. 1734) = 170, 7 Bloss (Blosius) Sebastian (1559-1627) = 153, 4 Bocarro vd. Rosales Boccadiferro Ludovico (1482-1545) = 27, 1
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Boder Thomas (sec. XVI) = 44 Boey (Boyus) Cornelis (sec. XVII) = 42, 3-5 Bolleri Bernardino (sec. XVII) = 184, 3; 184, 6-7 Bolognini Angelo (secc. XV-XVI) = 68 tit. Bombino Pietro Paolo (m. 1648) = 54, 17; 203, 1 Bonacci (Bonatius) Andrea (sec. XVI) = 27, 5-7 Boné Jean (sec. XVII) = 47, 5 Bonifacio Baldassarre (1585-1659) = 31, 2 Bonis Domenico de (sec. XVII) = 197, 2 Bon(n)et Théophile (1620-1689) = 4546 ; 97 tit. Boot Arnold de (1606-1653) = 47 tit. Borel Pierre (m. 1671 o 1689) = 47 Born Michel (sec. XVII) = 43, 2 Bossuet François (sec. XVI) = 89, 7 Bottoni Albertino (m. 1596) = 48-49 Bourbon Nicolas (m. 1550 ca.) = 89, 6 Bovio Francesco Bernardino (sec. XVI) = 172, 1; 173, 1; 174, 1 Boyus vd. Boey Brachelius Iohannes (sec. XVI) = 221, 4 (= 222, 3); 221, 5 Brahe Tyge (1546-1601) = 32, 3; 148, 3, 15 cit. Brancacci Antonino (sec. XVII) = 76, 2 Brandolini Aurelio, detto Lippo (m. 1497) = 50 Brasavola vd. Musa Brasch Martin (1565-1601) = 131, 3 Brassicanus vd. Kohlburger Brectius Iohannes (sec. XVI) = 198, 12 Breen (Brenius) Daniel (Simon) (sec. XVII) = 227, 13 Brenius vd. Breen Bright Timothy (m. 1615) = 51 Brochmand Jesper Rasmussen (15851652) = 225 n° 4 tit. Broecke Pieter Adriaan van (sec. XVII) = 180, 2 Broscius vd. Brózek Brotbequius Conrad (sec. XVII) = 219, 1
Brózek (Broscius) Jan (1585-1652) = 202, 3 Brucaeus (Brucoeus) Henri (15311593) = 148, 3, 16 cit. Bruglius (Bruxius) Adam (sec. XVII) = 64, 1 Brunier Abel (1573-1665) = 91, 3 Brunner Johann (fine sec. XVI) = 198, 6-7 Bruno di Longobucco (sec. XIII) = 68, 1, 2 cit. Bruti Alessandro (sec. XVII) = 196, 1 Bruxius vd. Bruglius Adam Buchanan George (1506-1582) = 221, 6, nota 2687 Buchner August (1591-1661) = 225 n° 7 tit. Buchorst Johannes Aloysius (sec. XVII) = 171, 3 Bucretius vd. Rindfleisch Buonarroti Giovanni (sec. XVII) = 155, 1-2 Butano Antonino (sec. XVII) = 76, 9 Buttet Marc-Claude de (m. 1586) = 185, 5 Butzlius Valentinus (sec. XVI) = 183, 6; 215, 5 Buyten Johannes van (sec. XVII) = 178, 2 Caetani Enrico, cardinale (1550-1599) = 13 tit.; 13, 2 dedica; 13, 9 dedica Cagnati Lorenzo (1578-1601) = 54 tit.; 55 tit. Cagnati Marsilio (1543-1612) = 52-53; 53, 2; 54, 54 Calandri (Calandro) Stefano (sec. XVII) = 184, 1; 184, 8 Calatrus Iacobus (sec. XVII) = 74, 2 Caldeira Andreas Rodrigues (sec. XVII) = 226, 19 Camerarius (Kammermeister) Elias Rudolf (1641-1695) = 56 tit. Camerarius (Kammermeister) Joachim jr. (1534-1598) = 83, 3 Camerarius (Kammermeister) Joachim sr. (1500-1574) = 80; 83, 2; 199, 3, 16 cit.
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INDICE DEI NOMI
Camerarius (Kammermeister) Johann Rudolf (sec. XVII) = 56- 57 Camillus Richardus (sec. XVII) = 226, 20 Campdomercus Andreas (sec. XVII) = 47, 2-3 Campegius vd. Champier Camponeschi Muzio (sec. XVII) = 203, 8-9 Cantina Tommaso (secc. XVI-XVII) = 54, 37-38 Cape(i)teyn Pieter (m. 1557) = 32, 2 tit. Capella Michele de (sec. XVI) = 110, 2 dedica Capezzuti Rolando de’ (da Parma) (sec. XIII) = 68, 1, 3 cit. Capilupi Giulio (m. dopo il 1544) = 55, 5 Capone Peregrino (sec. XVI) = 195, 4 Caprì Didacus (sec. XVII) = 75, 3; 76, 7; 77, 4 Carandini Girolamo (1581-1641) = 62, 9 Carant(i)a vd. Quaranta Carcano Leone Giovanni Battista (15361606) = 58 Cardano Gerolamo (1501-1576) = 59; 59, 2-3 Cargill James (sec. XVII) = 39, 3; 40, 1; 161, 2 Cariophylus (Caryophilus) Giovanni Matteo (sec. XVII) = 8, 2-3 Carlo di Lorena, cardinale (m. 1574) = 88, 1 (= 89, 34) dedica Carolus Achaeus (sec. XVI) = 44, 2 Carolus Achardus (sec. XVI) = 90, 10 Car(r)anza Alonso (sec. XVII) = 60 Carranza Mudarra Petrus (sec. XVII) = 60, 8 Carratti (Carracci) Alessandro (sec. XVI) = 48, 5 Carucci Giovanni Antonio (secc. XVIXVII) = 54, 29 Carvin Jean (sec. XVI) = 61 ; 61, 1 Casaga Giuseppe (sec. XVII) = 3, 3 Casaubon Isaac (1559-1614) = 90, 11 Casseri(o) Giulio Cesare (1552 ca.1616) = 62
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Castellanus Petrus (Chastel Pierre du) (m. 1552) = 89, 35 dedica Castellanus Petrus (Pierre Duchâtel; Pieter van der Casteele) (1585-1632) = 63; 63, 1 Castelli Francesco (m. dopo il 1671) = 74, 9 Castelli Giovanni (sec. XVII) = 169, 4 Castiglioni Giuseppe (m. 1614 o 1616) = 55, 6 Cattier Isaac (sec. XVII) = 47 tit. Cefalo Antonio (sec. XVI) = 151, 6 Cerlini Reginaldo (sec. XVII) = 155, 5-9 Cesalpino Andrea (1524 o 1525-1603) = 64 Chaignaeus Sebastianus (sec. XVII) = 208, 6 Champier (Campegius) Symphonier (m. 1540 ca.) = 65-66; 89, 36 dedica Chartier (Charterius) René (1572-1654) = 128, 2 Cha(s)tel du vd. Castellanus C(h)aul(i)ac Guy de (sec. XIV) = 68 tit.; 68, 1, 2 cit. Chesne du vd. Quercetanus Chiletti Francesco (sec. XVII) = 10, 2 Chiocco Andrea (1562-1624) = 67 Christenius Joannes (1599-1672) = 99, 2; 100, 2; 226, 3 Chymierastes (sec. XVII) = 93, 2 Chytraeus (Kochhafe) Nathanael (15431598) = 131, 2 Claudini Giulio Cesare (1550-1618) = 69 Claudius Burgensis (sec. XVI) = 89, 11 tit. Clemens Cyriacus (Manginus, Atlanti cus Gallus) (m. 1642) = 21, 1-2; 168, 4-6; 198, 22-23 Clemens Venceslaus (1589-1640 ca.) = 132, 1 Clerici Giovanni Battista (sec. XVII) = 203, 5-6 Closius (Clossaeus) Samuel (m. 1678) = 126, 2 Clusius vd. L’Éscluse Clutius vd. Cluyt
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Cluyt Outgers (Augerius Clutius) (secc. XVI-XVII) = 101, 4; 143,12 Cluyt Théodore (sec. XVI) = 101, 4 nota 1055; 143, 12, cit. Cnipping Burchard (sec. XVII) = 225, 27 Cnogler (Knogler) Quirinus (sec. XVII) = 69, 1 Coccejus Johannes (1603-1669) = 150, 1; 225 n° 13 tit. Cocchi Antonio (1695-1758) = 137, 1 Cocchi Antonio Celestino (1685-1747) = 137, 1, nota 1392 Codronchi Giovanni Battista (15471628) = 70 Cole William (1635-1716) = 170 tit. Collectanea de diuturna grauiditate, 1662 = 71 Collinus Matthaeus (m. 1566) = 161, 5 Colmenero de Ledesma Antonio (sec. XVII) = 72 Colombo Michele (m. 1600) = 17, 1-3 (= 18, 1-3; 19, 1-3); 19, 4 Colonna Marco Antonio Marsilio (sec. XVI) = 7, 1 dedica Colonna Pompeo, cardinale (14791532) = 176, 1 Colutius vd. Coluzza Coluzza (Colutius) Filandro (secc. XVIXVII) = 54 tit.; 54, 13 Conrart Iacobus (sec. XVII) = 47, 4 Consalvo vd. Cordova Contarini Nicolò (1553-1631) = 197 tit. Conti Anton Maria (Marcantonio Maioragio) (1514-1555) = 59, 5-6 Cop vd. Kopp Cordaeus vd. Corde Corde (Cordaeus) Maurice de la (sec. XVI) = 115, 7 dedica; 199, 3, 24 cit. Cordo (Cordi) Giovanni Girolamo (sec. XVI) = 151, 4 Cordova Consalvo Fernandez de (secc. XV-XVI) = 177, 1, 7 cit. Cornaro Ludovico (m. 1566) = 147 tit. Corogna Giacomo Fernando (sec. XVII) = 76, 11 Correa Didacus Gonzalez (sec. XVII) = 60, 6-7
Correa Tommaso (sec. XVI) = 226, 9 Corseri(o) Onofrio (sec. XVII) = 74, 2225; 76, 6 Cortesi Giovanni Battista (1553 o 15341633 o 1634) = 73-77 Cortona Pietro da (Petrus Cortonaeus) (sec. XVI) = 6, 1; 161, 3 Costeo (Costa) Giovanni (1528-1603) = 78 Courcelles Gisbert Couvin de (m. 1648) = 99, 4 Covunges Antoine de (sec. XVII) = 169, 1 dedica Craig John (m. 1620) = 148, 3, 12 cit. Cramer Daniel (1568-1637) = 202, 5-6 Crapherius Gallus (sec. XVI) = 13, 4-5 Crateva (sec. I a.C.) = 161, 1, 2 cit. Crato vd. Krafftheim von Crelle Cristopher (sec. XVII) = 170, 11 (= 210, 2) Crema Liberale (sec. XVII) = 207 tit. Crichton James (m. 1585 ca.) = 48, 4 Croce (Cruc(e)ius) Luigi Annibale della (1476-1577) = 59, 12 Crocoeus Martinus (sec. XVII) = 100, 5 Croeselius Johann (sec. XVI) = 59, 4 tit. Croll Oswald (1563 ca.-1609) = nota 774 Croyden Thomas (sec. XVII) = 182, 2 Cruc(e)ius vd. Croce della Cruselius Petrus (sec. XVI) = 68, 1 Cunaeus vd. Kun van der Cunradi Kaspar (1571-1633) = 59, 9; 89, 3 Curio Jakob (1497-1572) = 79 tit. Curio Johannes (m. 1561) = 79 Cuzzetta Matteo (sec. XVI) = 75, 9 Dalechamp Jacques (1513-1588) = 32, 4 dedica Decker de Walhorn Jean (1583-1646) = 118, 2 (= 225, 19) Delmanhorst Hendrik van (m. dopo il 1631) = 143, 13; 175, 7 Delorme (de Lorme) Jean (m. 1637) = 91, 1 Desmoulins (Molinaeus) Jean (15301622) = 89, 18 Diephold Rudolf (sec. XVII) = 148, 3
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INDICE DEI NOMI
Dieterich (Dietericus) Helvicus (16011655) = 82; 152, 2 Dieterich (Dietericus) Johann Daniel (sec. XVII) = 124, 2, 7 cit.; 225 n° 5 tit. Dietericus vd. Dieterich Dioscoride (sec. I) = 83 Dodoens (Dodonaeus) Rembert (15171585) = 143, 2, 5 cit. Dodonaeus vd. Dodoens Döring Michael (m. 1644) = 202, 8, 1 cit. Does (Dousa) Johan van der jr. (15711596) = 101, 12 Does (Dousa) Johan van der sr. (15451609) = 101, 12 nota 1077 Donati Marcello (1538-1602) = 84 Donato Livio (secc. XVI-XVII) = 54, 18 Dondi dall’Orologio Iacopo (m. 1359) = 68 tit. Doni Giovanni Battista (1594-1647) = 85; 85, 1 Doni Latino (sec. XVII) = 55, 9 Donia Matteo (sec. XVI) = 130, 1-2 Dorat (Auratus) Jean (m. 1588) = 109, 1 Dornau (Dornavius) Caspar (1577-1622) = 121, 1; 230, 1 Dousa vd. Does Drexel Johannes (sec. XVII) = 164, 3; 166, 2; 167, 1 Dubois (du Bois) Jacques (Iacobus Sylvius) (1478-1555) = 86-89; 86, 1 (= 89, 31); 88, 1 (= 89, 34); 89, 32-36; 199, 3, 25 cit. Dürer Albrecht (1478-1521) = 92, 4, 3 cit. Dürnhofer Lorenz (1532-1594) = 59, 11 Dupeyrat (du Peyrat) Guillaume (m. dopo il 1644) = 91, 2 Durante Castore (1529-1590) = 94, 1 (= 175, 2); 94, 2 Duret Louis (1527-1586) = 32, 4, 21 cit.; 128 tit.; 199, 3, 23 cit; 202, 3, 7 cit. Duyck de Iode Frans (sec. XVII) = 119, 3 Eck Leonhard von (m. 1550) = 2, 3 Egli(n) (Eglinus) Raphael (1559-1622) = 107, 1
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Eichstaedt Lorenz (1596-1660) = 226 n° 6 tit.; 225, 15 Elce Alberto de (secc. XVI-XVII) = 54, 27 Elshotz Johann Sigismund (1623-1688) = 92 Enoch Pierre (sec. XVI) = 185, 4; 185, 10 Enrico II, re di Francia (1519-1559) = 86, 1 (= 89, 31) dedica Erasmi Janus (m. 1663) = 225, 23 Erasmo da Rotterdam (1466 o 14691536) = 2 tit. Esch Johannes von (sec. XVII) = 164, 10 [Espagnet Jean d’ (secc. XVI-XVII) = 93] Everaerts Gilles (Aegidius Everard) (sec. XVI) = 94 Ewich Johann von (1525-1588) = 221, 3 (= 222, 2) Faber Georg (sec. XVII) = 84, 5; 199, 3, 47, nota 2436 Faber Johann I (1566-1619) = 199, 3, 47, nota 2436 Faber Johann II (m. 1640) = 199, 3, 47, nota 2436 Faber Johann Matthias (m. 1702) = 95 ; 95, 1; 199, 3, 47, nota 2436 Faber Johannes (1574-1629) = 199, 3, 47, nota 2436 Fabius Esayas (sec. XVI) = 97, 6- 8 Fabrici d’Acquapendente Girolamo (m. 1619) = 96; 202, 3, 2 cit.; 208, 2, 11 e 14 cit.; 225 n° 3 Fabricius Jacob (m. 1652) = 227, 1-2 Fal(c)kenburg Gerhard (m. 1578) = 221, 1 Farnese Alessandro (m. 1577) = 62, 1, nota 508; 62, 2, 6 cit. Farnese Ranuccio, duca di Parma e Piacenza (m. 1646) = 62, 1-2 dedica Fattori Francesco Maria (secc. XVIXVII) = 54, 15 Fauch(i)er Jean (m. prima del 1591) = 127, 1 Fausius Johann Caspar (m. 1671) = 82, 17
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Fautschius Johannes (sec. XVII) = 38, 1; 168, 3 Faye (Fayus) Antoine de la (m. 1616) = 97, 10 Federico II, re di Danimarca e Norvegia (1534-1588) = 190, 13, 6 cit.; 190, 14 dedica; 190, 23 dedica Feliciano (Feliciani) Giovanni Bernardino (m. dopo il 1552) = 159, 1 Fell Philip (sec. XVII) = 223, 1 Ferdinando II d’Asburgo, imperatore (1578-1637) = 100, 1, 13 cit. Ferdinando di Baviera, arcivescovo e principe elettore di Colonia (15771650) = 100, 1, 25 cit. Ferdinando II de’ Medici, granduca di Toscana (1610-1670) = 5 tit.; 100, 1, 18 cit. Fernandez de Otero Jerónimo (sec. XVII) = 226, 12 Fernel Jean François (1497-1558) = 97; 119, 7, 5 cit.; 199, 3, 23 cit.; 202, 3, 7 cit.; 202, 5, 1 cit.; 202, 7, 1 e 13 cit.; nota 1859 Ferrari(o) vd. de Gradibus Ferro (Ferri) Alfonso (m. 1595) = 68 tit. Ficino Marsilio (1433-1499) = 202, 3, 1 cit. Fiera Giovanni Battista (1465-1538) = 98; 98, 2-4 Filhol Gilbert (sec. XVI) = 89, 28, 7 cit. Filiberto di Chalon-Arlay (1502-1530) = 74, 1, 97 cit. Fillezius Georges (sec. XVI) = 43, 4 Fin Jacques de la (sec. XVII) = 185, 2 dedica Finck(e) Anna (secc. XVI-XVII) = 225, 10, 6 cit. Finck(e) Thomas (1561-1656) = 225, 10, nota 2719 Finocchio Antonino (sec. XVII) = 74, 16-17 Flacht Friedrich (sec. XVII) = 82, 9 Flacius vd. Francowitz Flamini(o) Marco Antonio (1498-1550) = 190, 4 tit. Flayder Friedrich Hermann (15961640) = 56, 11
Florietus Iosias (sec. XVII) = 227, 7-8 Fontana (Fonteius) Domenico (sec. XVI) = 27, 3 Fontanus vd. Fonteyn Fonteius vd. Fontana Fonteyn (Fontanus) Nicolaas (m. dopo il 1644) = 99-100; 226, 10; 227, 11 Ford Simon (m. 1699) = 170, 3-4 Foreest Adam van (1570-1640) = 101, 6 dedica Foreest Nanning van (1519-1592) = 101, 1 Foreest Pieter van (Petrus Forestus) (1522-1597) = 101; 202, 5, 1 cit. Forestus vd. Foreest Fort François le (sec. XVI) = 127, 6; 127, 10 Fracastoro Girolamo (1476 o 14781553) = 102 Francini Antonio (sec. XVII) = 156, 1 Franciosino vd. Gambaris de Francisci Johann (1532-1584) = 32, 3 tit.; 32, 4 Francius vd. Fransz de Franck Samuel (sec. XVII) = 114, 1 Franck von Franckenau Georg (Geor gius Francus) (1643-1704) = 95, 2 Francowitz (Flacius) Mathias jr. (15471593) = 131, 1, nota 1344 Francowitz (Flacius) Mathias sr. (15211575) = 131, 1, nota 1344 Francus vd. Franck von Franckenau Fransz (Francius) Peter de (1645-1704) = 212 tit.; 212, 3-4 Freige (Freigius) Thomas (1543-1583) = 198, 36a-36b Freigius vd. Freige Frencel Salomon (m. 1605) = 220, 3 Freytag (Freitag) Arnold (m. 1614) = 115, 2 Frizolio (Frizzoli) Lorenzo (sec. XVI) = 158, 1-2 Frölich Heinrich (sec. XVII) = 38, 3 Fromman Johann Christian (sec. XVII) = 103 Frytsch Marcus (sec. XVI) = 79, 2 Fuchs Leonhard (1501-1566) = 32, 4, 13 cit.; 104; 202, 7, 2 e 13 cit.
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INDICE DEI NOMI
Fugger Georg (sec. XVI) = 183, 5 dedica Fuiren Henrik (1614-1659) = 225 n° 12 Fumani (Fumano) Adriano (m. 1587) = 102, 1 Gaches (Gacheus) Raymond (m. 1668) = 47, 1; 47, 8 ( ?) Gaius (sec. XVII) = 93, 1 Galletti Francesco (sec. XVII) = 10, 4 Gallindus (sec. XVII) = 226, 18 Galluzzi (Gallutius) Tarquinio (15741649) = 54, 20 Galutus P. (sec. XVII) = 47, 10 Gambaris Prospero de, detto il Franciosino (secc. XVI-XVII) = 62, 10 Gans (Gansius) Johann Ludwig (sec. XVI) = 82, 16; 105 Gartzius Gilianus (sec. XVII) = 157 tit. Gasser Achilles Pirmin (1505-1577) = 83,1; 113 tit.; 179, 2 Gaudenzi Paganino (1595-1649) = 203, 4 Geldenhauer Gerhard Gobanus (Noviomagus) (1537-1614) = 107, 2 Gemma Cornelis (1535-1579) = 106; 106, 1 Gemma Rainer (1508-1555) = 106 tit. Gerardus Franciscus Bernardinus (sec. XVII) = 169, 3 Gerardus Imbertus (sec. XVII) = 89, 1921 Gervasius Renatus (sec. XVI) = 97, 4 Ges(s)ner Konrad von (1516-1565) = 68 tit.; 81 tit.; 83 tit.; 144, 1, 33 cit.; 172 tit.; 199, 3, 15 cit.; 202, 3, 5 cit. Gevaerts Jean Gaspard (1593-1666) = 178, 1 Ghisleri Giuseppe (sec. XVI) = 229, 1 Ghyselinck (Gislain, Giselin, Giselinus) (1543-1591) = 106, 6 Gifftheil Johannes (secc. XVI-XVII) = 40, 5-6 Ginnasi (Gymnasius) Domenico, cardi nale (1550-1639) = 70, 2, 9 cit.; 70, 3, 1 cit. Giovanni da Vigo (sec. XVI) = 68, 1, 3 cit.
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Giovanni Maria da Tolentino (sec. XVI) = 68, 3-4 Giselinus vd. Ghyselinck Glaria Vincenzo (m. 1684) = 85, 2 Gmelichius Vitalis (sec. XVI) = 183, 5 Göckel (Goclenius) Rudolph jr. (15721621) = 107 Göckel (Goclenius) Rudolph sr. (15471628) = 107, 1, 15 cit. Goclenius vd. Göckel Gomes da Costa Jaime (sec. XVII) = 226, 11 Gomez Bartholomaeus (sec. XVII) = 73, 1-2; 74, 20-21; 75, 5- 6; 76, 5; 77, 5 Gorraeus vd. Gorris Gorris (Gorraeus) Christian de (sec. XVI) = 108, 2 Gorris (Gorraeus) Jean de jr. (m. 1662) = 108 tit. Gorris (Gorraeus) Jean de sr. (15051577) = 108 Gorris (Gorraeus) Pierre de (secc. XVXVI) = 108 tit. Gottarelli Alessandro (sec. XVI) = 195, 5 Goulu (Gulonius) Nicolas (1530 ca.1601) = 109, 2-3 Goupyl (Gouphylus) Jacques (m. 1564) = 32, 4, 19 cit.; 87, 1 (= 89, 1); 89, 2; 89, 21, 6 cit. Gourmelen Étienne (1530-1593) = 109 Gradibus Antonius de (sec. XV) = 110 tit. Gradibus Iohannes de (Giovanni Matteo Ferrari(o) da Grado) (m. 1472) = 110 Gram(m)ont Scipio de (sec. XVII) = 196, 2-3 Grasser Johann Jacob (1579-1627) = 39, 4 Grataroli Guglielmo (1516-1568) = 111; 189 tit. Gratier André (sec. XVII) = 37, 4-5 Gregorius pater (sec. XVII) = 164, 8 Grembs Ferdinand (sec. XVII) = 112, 2 Grembs Franz Oswald (sec. XVII) = 112 Grévin Jacques (m. 1570) = 113
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Gronov (Gronovius) Johann Friedrich (1611-1671) = 100, 4 Grube Hermann (1637-1698) = 114 Gruter (Gruytère, Gruterus) Jan (15601627) = 153, 1 Guerinus Dionysius (sec. XVII) = 89, 24 Guglielmo IV di Wittelsbach, duca di Baviera (1493-1550) = 215, 5, 100 cit. Guichard Jean (sec. XVI) = 134, 1 de dica Guidi Guido (Vidus Vidius) (15091569) = 68 tit. Gulielmus Hesperius Insulanus (sec. XVI) = 119, 7-8 Gulonius vd. Goulu Gummersbach Jode (sec. XVII) = 123, 4 Gymnasius vd. Ginnasi Haan Johann Georg (sec. XVII) = 167, 9 Haberland Johannes (1593-1665) = 152, 4 Haidenrich Erasmus (1532-1589) = 215, 3, 97 cit., nota 2608 Haghius Hermann (sec. XVI) = 115, 1 Hamaeus Balduinus (sec. XVI) = 101, 2 Harder Johann Jacob (1656-1711) = 116; 218, 1 Haro David de (sec. XVII) = 226, 13 Harris Richard (m. dopo il 1612) = 181, 3 Harris Walter (1651-1725) = 170 tit. Harsdörf(f)er Georg Philipp (16071658) = 72, 1 Harvey William (1578-1657) = 117; 157, 1, 3 cit.; 170, 7, 31, nota 1854 Hautin Jean (sec. XVII) = 128 tit. Havers Clopton (m. 1702) = 170, 5 Hebenstreit Johannes Baptista (m. 1638) = 126, 4; 225, 13 Heer Henri van (1570-1636 ca.) = 62, 14 Heinsius Daniel (1580 o 1581-1655) = 141, 3; 143, 7; 153, 2 Helmbold Ludwig (1532-1598) = 79, 4 Helmont Françoise Mercure van (16181699) = 225 n° 8 tit. Helmont Jan Baptiste van (1577-1644) = 112 tit. e passim; 118; 225 n° 8
Helwig (Helwich) Andreas (1572-1643) = 131, 6 Hennings Nicolaus (1513-1600) = 32, 4, 35 cit. Henricus Rodausensis (secc. XVI-XVII) = 54, 53 Herlicius vd. Herlitz Herlitz (Herlicius) David (1557-1636) = 225 n° 6 Hermann Heinrich (sec. XVII) = 56, 5 Hetter Joachim (sec. XVI) = 59, 13 Heurne (Heurnius) Jan van (1543-1601) = 97 tit.; 119; 202, 7, 2 e 13 cit. Heurne (Heurnius) Otto van (15771652) = 97 tit.; 119 tit.; 202, 7, 2 cit. Hildebrand Andreas (m. 1637) = 131, 4 Hildebrand (Hiltbrand) Johann (sec. XVII) = 62, 16 Hildesheim Franz (1551-1614) = 199, 2 Himmel Nicolaus Michael (sec. XVII) = 225, 30 Hippe (Hippius) Georg (sec. XVI) = 215, 3, 100 cit., nota 2608 Hirsch Ludwig (sec. XVII) = 82, 13-15 Hochstatt Johann Wilhelm (sec. XVII) = 204, 4 Hörnigk Ludwig von (1600-1667) = 82, 8 Hofmann Kaspar (1572-1648) = 121122; 208, 2; 225 n° 9 Hof(f)mann Johann Jacob (1635-1706) = 116, 1 Hogerbeets (Hogerbeetus) Pieter (15421599) = 101, 6; 101, 16 Ho(i)gelande Johan van (m. 1578) = 141, 4 Holger (Oliger) Jacobaeus (1650-1701) = 36, 1 Hollerius vd. Houillier Holling Edmund (1554-1612) = 164, 6 Holtzapfel Martin (Jacob) (sec. XVI) = 198, 17 Holtze(i)m Pieter (1570-1651) = 123 Homaemus Laurentius (secc. XVIXVII) = 40, 2 Honoratis Honoratus de (sec. XVI) = 58, 1-2 Hopner Johan (1642-1675) = 33, 4
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INDICE DEI NOMI
Horekovicz Dudith von (1533-1589) = 148, 3, 14 cit. Horion vd. Orione Hornstenius Johannes Sigismund (sec. XVII) = 198, 37-39 Hornung Johann (sec. XVII) = 165, 1 Horst Daniel (1616-1685) = 125 tit. Horst Gregor jr. (1626-1661) = 124 tit.; 126 tit. Horst Gregor sr. (1578-1636) = 124-126; 84 tit.; 225 n° 5 Horst Jakob (1537-1600) = 126 tit. (H)orta Garçia ab (sec. XVI) = 141 tit. Hotman François (1524-1590) = 185, 8; 185, 11 dedica Houillier (Hollerius) Jacques (m. 1562) = 68 tit.; 127-128; 199, 3, 24 cit. Hübner Bartholomaeus (secc. XVIXVII) = 200, 1 Hugo Hermann (1588-1629) = 147, 2 Hunneshagen Georg (sec. XVII) = 82, 12 Hunyadi Stephanus (sec. XVI) = 162, 6 Huygens Constantijn (1596-1687) = 42, 2 Huysman(s) Guillaume (m. 1613) = 62, 13 Hylander Iohannes (sec. XVII) = 99, 3; 100, 1; 227, 15 Iacobus Musaeus (sec. XVI) = 44, 1 Iacobus Sutor (sec. XVI) = 198, 18 Iacotius vd. Jacot Iamotius vd. Jamot Iauninus Claudius (sec. XVII) = 81, 2 Iazu Claude (sec. XVI) = 127, 7 Imbertus Bertrandus (sec. XVI) = 127, 2-3 Ingrassia Giovanni Filippo (1510-1580) = 130 Iohannes Campanus (sec. XVII) = 129, 5 Iohannes Cepianus (sec. XVI) = 89, 23 Iohannes Henricus Bohemus (sec. XVI) = 198, 49-52 Iohannes Macer (sec. XVI) = 89, 13; 89, 17; 89, 22
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Iohannes Maria Tholentinas (sec XVI) = 68, 3-4 Iohannes Renaldus (sec. XVII) = 89, 16 Iohannes Stephanus (sec. XVII) = 162 tit. Iovinus Girolamo (sec. XVII) = 204, 1 Isacius vd. Pontanus Isendoorn Gijsbrecht van (1601-1657) = 100, 3 Iulius Hardovicus Reichius (sec. XVII) = 133, 2 Iunius vd. Jonghe Jacot Didier (Desiderius Iacotius) (sec. XVI) = 127 tit. Jamot (Iamotius) Frédéric (secc. XVIXVII) = 143, 6 Jan(us) Iacobus (m. dopo il 1658) = 152, 1 Jessen Johann von (1566-1621) = 129; 129, 2 Joel Franz (1508-1579) = 131 Joel Franz II (1564-1601) = 131, 2, nota 1345; 131, 3 dedica Joel Franz III (1595-1631) = 131, 2 nota 1345 Jo(h)nston(e) John (1603-1675) = 132; 227, 5 Jones John (1645-1709) = 170, 10, 22 cit. Jonghe Adriaen de (Adrianus Iunius) (1511-1575) = 101, 15 Jonghe Jean de (sec. XVI) = 94 tit. Jordan Hieronymus (sec. XVII) = 133 Joubert Laurent (1529-1582) = 134; 199, 3, 25 cit. Joycliffe George (1621-1658) = 193, 2, 4 cit. Jungermann Ludwig (1572-1653) = 208, 5; 225 n° 10 Kabelius Leonardus (sec. XVI) = 198, 40-41 Kammermeister vd. Camerarius Katzschius Johannes (sec. XVI) = 183 n° 2 Kerfelt Johannes (sec. XVI) = 1, 2
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Killinghausen Cristophorus (sec. XVI) = 189, 5 Kircher Athanasius (1601-1680) = 135 Kirsten Michael (1620-1678) = 92, 3; 157, 1 Knobelsdorf Eustachius von (15191571) = 89, 8 Knogler vd. Cnogler Kochhafe vd. Chytraeus König Georg (1590-1654) = 225 n° 9 tit. Kohlburger (Brassicanus) Johann Alexander (m. 1539) = 2, 1 Kohn Hubertus (sec. XVII) = 193, 1 Kopp (Cop) Wilhelm (m. 1532) = 89, 6 dedica Krafftheim (Crato) Johannes von (1519-1585) = 199, 1, 2 cit.; 199, 2, 1 cit.; 199, 3, 33 cit.; 200, 1, 2 cit.; 200, 2, 12 cit.; 202, 3, 6 cit. Kruger Heinrich Christian (sec. XVIII) = 194, 4-5 Küfner Georg jr. (sec. XVII) = 215 tit.; 215, 3-5 dedica Küfner Johann (Trochoreus) (sec. XVI) = 183 n° 5; 215 tit. Kun (Cunaeus) Pieter van der (15861638) = 143, 8 Kuntschius Elias (sec. XVI) = 200, 2 Lacuna vd. Laguna La Framboisière François de (sec. XVII) = 136, 2 La Framboisière Nicolas Abraham de (sec. XVII) = 136 Laguna (Lacuna) Andrés (m. 1560) = 94 tit.; 143, 2, 2 cit. La Legname Vincenzo (sec. XVII) = 73, 8 Lalovel Jacques (sec. XVII) = 227, 6 Lama Bernardo Andrea (m. 1760) = 137, 2 Lancisi Giovanni Maria (1654-1720) = 137 Lanfrancus de Mediolano (secc. XIIIXIV) = 68, 1, 2 cit. Lanfrancus de Papia (sec. XI) = 68, 1, 2 cit.
Lang (Langius) Joseph (m. 1630) = 101, 5; 206, 1 Lange (Langius) Johannes (1485-1565) = 68 tit.; 138-139; 138, 1-2; 183, 10 Lanzoni Giuseppe (1663-1730) = 140; 140, 5 Lapis Lidius (sec. XVII) = 74, 3 Lappius Giovanni Domenico (sec XVII) = 70, 2 Laurens André du (Andreas Laurentius) (1558-1609) = 90-91 Laurens Richard du (Richardus Laurentius) (sec. XVI) = 90, 3 Laurentius vd. Laurent du Laurentius vd. Lorenz Lautier Honoré Maria (sec. XVII) = 120 tit. Lazzari Ascanio (secc. XVI-XVII) = 54, 12 Lebon (Le Bon) (Probus Heteropolitanus) Jean (sec. XVI) = 89, 14-15; 128 tit. Lemmens vd. Lemnius Lemn (Lemchen) (Lemnius) (m. 1550) = 2, 5 Lemnius Levinus (Lemmens Lievens) (1505-1568) = 144-145 Lemos (Lemosius) Luiz de (secc. XVIXVII) = 226 tit. Lentulus Paulus (m. 1613) = 39, 5 L’É(s)cluse (Clusius) Charles de (15261609) = 141-143; 225 n° 1 L’É(s)cluse (Clusius) Jacques de (secc. XVI-XVII) = 225, 1-3 Lessius (Leys) Leonardus (1554-1623) = 147 Leto Pomponio (m. 1498) = 97, 1 Leys vd. Lessius Liceto (Liceti) Fortunio (1577-1657) = 203, 3 Liddel Duncan (1561-1623) = 148 Linden Antonius Antonides van der (1570-1633) = 209 tit. Linden Jan Antonides van der (16091664) = 150; 225 n° 13; 227, 12 Lippens (Lipsius) Iacobus (m. dopo il 1651) = 181, 2 Lippo vd. Brandolini
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INDICE DEI NOMI
Lipsius Iustus (Joost Lips) (1547-1606) = 141, 1 Lipsius vd. Lippens Lister Martin (1638-1711 o 1712) = 170 tit. Lobel (Lobellus) Matthias de (15381616) = 143, 2, 5 cit. Locatelli Andrea (sec. XVII) = 207, 1-3 Locke John (1632-1704) = 210, 1 Lohm Heinrich (sec. XVII) = 152, 5 Lombardi Giovanni Battista (sec. XVI) = 151, 2 Lombardi (Lombardus) Giovanni Fran cesco (sec. XVI) = 7, 5 tit.; 9, 1-3; 151; 151, 2 Lopez (Lopius) Blasius (sec. XVII) = 60, 1-2 Lopius vd. Lopez Lorenz (Laurentius) Georg Friedrich (1594-1673) = 152 Lorich Johann Hadamar (m. 1569) = 215, 3 Losher John (sec. XVII) = 170, 6 Lotichius (Lotz) Christian (sec. XVI) = 153, 5, 15 cit., nota 1602 Lotichius (Lotz) Johann Peter (15981669) = 96, 4; 153; 153, 5, 19 cit., nota 1602 Lotichius (Lotz) Petrus (1502-1567) = 153, 1, nota 1594; 153, 5, 7 cit., nota 1602 Lotichius (Lotz) Petrus Secundus (15281560) = 32, 4, 12 cit.; 153, 1 tit., nota 1594; 153, 2, 2 cit.; 153, 5,9 cit., nota 1602 Lotz vd. Lotichius Lovius Cornelius (sec. XVII) = 226, 7 Lucrezio = 80 Ludovicus Serranus (sec. XVII) = 149 tit. Ludovisi Ludovico, cardinale (15951632) = 8 tit.; 8, 1 tit. Lupo Battista (sec. XVI) = 7, 1 Lymuicus Andreas (1538-1603) = 32, 7 tit. Lyser Michael (1626-1659) = 154
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Maccio (Macchi, Mazza, Mazzi) Paolo (1576-1638) = 10, 3; 70, 1 Macer (sec. I) = 190 tit. Magati Cesare (1579-1647) = 155 Maggi Bartolomeo (m. 1552) = 68 tit. Maghetti Benedetto (sec. XVII) = 227, 4 Magier Petrus de (sec. XVII) = 112, 3 Maioragio vd. Conti Majer Johannes Gabriel (sec. XVII) = 103, 1 Major Johann (1533-1600) = 220, 2, nota 2674 Major Johannes (1564-1654) = 220, 2, nota 2674 Manget Jean-Jacques (1652-1742) = 45 tit. Manginus vd. Clemens Cyriacus Mangoldt Johann Georg (1648-1693) = 45, 5 Manzoli Pietro Antonio (Marcello Pa lingenio Stellato) (m. 1543 ca.) = 68, 9 Maplehoft John (1631-1721) = 210, 1, nota 2564 Marcellino Felice (secc. XVI-XVII) = 54 tit.; 54, 6-7 Marchant F. (sec. XVI) = 185, 6 Marchetti(s) Pietro (1589-1673) = 156 Maria Vincenzo de (sec. XVII) = 3, 2 Marianus Sanctus Barolitanus vd. San to Mariano Marionius Felice (sec. XVI-XVII) = 54, 8-9 Marquard (Marquart) Schlegel Paul (1605-1653) = 157 Martinengo (Martinenghi) Tito Prospe ro (m. 1594) = 19, 5-7 (= 20, 1-3); 67, 1-2 Martini Cornelis (1567-1621) = 148, 2 Martini Friedrich (m. 1630) = 198, 24 Martinus Cuthenus (secc. XVI-XVII) = 161, 4 Martius Hieremias (m. 1585) = 113 tit.; 113, 1 dedica; 113, 2 tit.; 179 tit.; 179, 2 tit.; 179, 3 Masini Niccolò (secc. XVI-XVII) = 158 Massa Niccolò (m. 1569) = 159 Massac Raymund (sec. XVI) = 90, 4
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CARMINA MEDICALIA
Massaria Alessandro (m. 1598) = 21 tit.; 160 Massimiliano II d’Asburgo, imperatore (1527-1576) = 6 tit. Matthiae Iacobus (1602-1660) = 32, 7 tit. Mattioli Pietro Andrea (Pierandrea) (1500-1577) = 143, 2, 2 cit.; 161 Maupeau Michel (sec. XVI) = 134, 1, nota 1379 Mauritius Georg jr. (1570-1631) = 122, 3 Maurizio, landgravio d’Assia-Kassel (1572-1632) = 186, 2, 1 cit. Maynard Gérard de (sec. XVII) = 89, 28-30 Mayrus vd. Meyer Sebastian Melampo = 92, 4, 3 cit. Melanchton (Schwarzerd) Philipp (1497-1560) = 32, 4, 5 cit. Melissus vd. Schede Mena Fernando (sec. XVI) = 199, 3, 27 cit. Menini Ottavio (m. 1617) = 197, 1 Mensinga Johannes (1635-1698) = 171, 2 Mentzel Christian (1622-1701) = 92, 4 Menzel Albert (sec. XVII) = 164, 7 Menzel Philipp (1546-1613) = 164, 4; 198, 13; 199, 3 Mercado (Mercatus) Pedro (1514-1585) = 199, 3, 28 cit. Mercatus vd. Mercado Mercuriale (Mercuriali) Girolamo (1530-1606) = 115 tit.; 119, 7, 7 cit., nota 1227; 162; 199, 3, 17 cit. Merello Giovanni Battista (sec. XVII) = 26, 1 Mermann Thomas (m. 1622) = 199, 3, 47 cit. Merrhem Hermann (sec. XVII) = 123, 3 Mesmiller Bernhard (sec. XVI) = 198, 25 Mesue sr. vd. Yûüannâ ibn Mâsawaih Meung Odo von (sec. XI) = 190 tit. Mevius David (1609-1670) = 225, 14 Meyer Jonathas (sec. XVI) = 216, 1; 225, 12
Meyer (Mayrus) Sebastian (sec. XVII) = 168, 1; 198, 16; 198, 20-21; 198, 27 Michael Fabius Leodius (secc. XVI-XVII) = 54, 56-59 Miechowa Maciej z (1457-1523) = 183 n° 10 Miletius Iohannes (sec. XVII) = 89, 17 Minadoi Aurelio (sec. XVI) = 163 Minadoi Giovanni Tommaso (m. 1615 o 1618) = 163, 1 Minderer Raymund (m. 1621) = 164167 Minutoli Vincenzo (1640-1710) = 45, 2-3 Miron François (sec. XVI) = 109, 1, 7 cit. Miron Gabriel (m. 1490) = 109, 1, 5 cit. Miron Marc jr. (sec. XVI) = 109, 1, 9 cit. Miron Marc sr. (sec. XVI) = 109 tit.; 109, 1 dedica Mizaldus vd. Mizauld Mizauld Antoine (Antonius Mizaldus) (m. 1578) = 56, 12, 4 cit. Mock Jacob (secc. XVI-XVII) = 168; 198, 3 Moibanus Johannes (1527-1562) = 83 tit.; 83, 2 dedica; 83, 4 dedica Molinaeus vd. Desmoulins Mollenfeld Johan Konrad (sec. XVII) = 82, 11 Monardes Nicolás (1512-1588) = 141 tit. Montanus vd. Bergh van den Monte (Montanus) Giovanni Battista de (1489-1551) = 202, 3, 1 cit. Montholon Guillaume de (sec. XVII) = 46, 1 Montibus Hieronymus a (sec. XVII) = 204, 1 Moraeus vd. Moreau Moreau (Moraeus, Morellus) René (1587-1656) = 89 tit.; 89, 24-25 tit.; 89, 27 Morel Frédéric (1558-1630) = 186, 2-3 Morelli Giovan Battista (sec. XVII) = 13, 1 Morhof Daniel Georg (1639-1691) = 224, 1
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INDICE DEI NOMI
Moroni Mattia (1597-1650) = 169 Morsius Joachim (1593 – dopo il 1642) = 32, 4, 35 cit. Morton Richrad jr. (1669-1730) = 170, 8 Morton Richard sr. (1637-1698) = 170 Mosca Gasparo (1553-1605) = 7, 3 Müller Matthaeus (1587-1655) = 124, 1 Müller Philipp (1585-1659) = 202, 4 Münster Johann (1571-1606) = 160, 2-5 Munting Abraham (1626-1683) = 171 Muntzinger Heinrich (sec. XVI) = 199, 3, 46 cit. Murtola Gaspare (m. 1624) = 55, 8 Musa (Brasavola) Antonio (1500-1555) = 172-174 Musnier Johannes (sec. XVII) = 169, 2 Nevius Nicolaus (sec. XVI) = 198, 42-46 Nans (Nansius) Frans (m. 1595 o 1599) = 119, 1 Naudaeus vd. Naudé Naudé (Naudaeus) Gabriel (1600-1653) = 59 tit.; 89, 26 Naugerio Andrea (1483-1529) = 102 tit. Neander Johann (1596-1630 ca.) = 175 Neomagus (Noviomagus) Johann (sec. XVI) = 107, 2, nota 1133 Neuenaar (Neunar, de nova Aquila) Hermann (1492-1530) = 111 tit. Neuhaus (Neuhusius) Edo (1581-1638) = 225, 26, nota 2773 Neuhaus (Neuhusius) Reiner (16081662) = 225, 26 Neuhusius vd. Neuhaus Nicot Jean de Villemain (1530-1600) = 175, 7, 17 cit. Niegoszewski Stanisáaw (1560 o 15651588 o 1590) = 48, 2-3 Nifo Agostino (1469 o 1470-1539 o 1546) = 176-177 Noessler Georg (1591-1650) = 122, 2; 208, 3 Nogarola Ludovico (m. 1559) = 102, 2 Noir le (de pellibus nigris) Jacques Philippe (sec. XVI) = 110, 1 Non(n)ius (Nuñez) Ludovicus (m. dopo il 1645) = 178 Nonus (sec. X) = 179
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Nostradamus (Michel de Nostradame) (1503-1566) = 47, 9, 1-2 cit. Novello (Novellus) Giacomo de (sec. XVI) = 62, 4 Noviomagus vd. Geldenhauer Noviomagus vd. Neomagus Nuñez vd. Non(n)ius Nunnez Ferdinandus (Pin(i)cianus) (1471-1552) = 2, 6 Obicius Hyppolitus (secc. XVI-XVII) = 197 tit. Obsopaeus vd. Opsopaeus Occo Adolph II (secc. XV-XVI) = 183, 3, nota 1988 Occo Adolph III (1524-1604 o 1606) = 183, 3 Oechslein vd. Torelli Oeffelinus Wolfgang (sec. XVI) = 2, 6 dedica Oenius (Oemius) Paschasius (sec. XVI) = 144, 1; 145, 1; 145, 4 Oethaeus Iacobus (sec. XVI) = 104, 2 Oetingensis (sec. XVI) = 179, 1 O’ Glacan Neil (m. 1655 ca.) = 180 Oliger vd. Holger Opitz Martin (1597-1639) = 105, 5 Opsopaeus (Obsopaeus) Johann (15561596) = 115, 7 Opsopaeus (Obsopaeus) Vincentius (m. 1540 ca.) = 104, 1 Oraeus Heinrich (1584-1646) = 153, 6a6b Orbach Vrbanus (secc. XVI-XVII) = 123, 1 Orione (Horion) Giovanni (secc. XVIXVII) = 54, 16 Orta vd. Horta Osius Hieronymus (sec. XVI) = 183, 1 Otero Hieronymus Fernandez de (sec. XVII) = 226, 12 Ovidio = 80 Paaw (Pa(a)uw, Pavius) Pieter (15641617) = 143, 11, 26 cit. Pachelino Guglielmo (secc. XVI-XVII) = 54, 39-47
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CARMINA MEDICALIA
Pacini Giovanni Battista (sec. XVII) = 181, 3 Pacio (Pacius) Fabio (1547-1614) = 160, 1 dedica Pacius vd. Pacio Painus (sec. XVI) = 68, 11 tit. Palingenio Stellato (Palingeni Stellati) Marcello vd. Manzoli Pietro Antonio Palmarius vd. Paulmier Palmerius Franciscus (sec. XVI) = 68, 7 Panaroli Domenico (m. 1657) = 18 Paparella vd. Augeni(o) Sebastiano Papin Gervais (1656-1712) = 194, 2 Papin Nicolas (m. dopo il 1653) = 182 Paracelso (Philipp Theofrast Bombast von Hohenheim) (1493-1541) = 167, 11 tit. Paramo Toribio de (sec. XVI) = 4, 1-3 Parmenio Lorenzo (sec. XVI) = 183, 9 Pascasius vd. Pasquier Pascharius Iacobus (secc. XVI-XVII) = 198, 35 Pasquier Étienne (Stephanus Pascasius) (1529-1615) = 128, 1 Patellani Benedetto (sec. XVI) = 15, 1 Patin Charles (1633-1693) = 95, 1 dedi ca; 225, 26, 25 cit. Patin Guy (1601-1672) = 89, 25; 95, 1 dedica; 136, 1; 136, 3; 225, 26, 25 cit. Patricius Rochus Hibernus (sec. XVII) = 8, 1 Paullini Franz Christian (1643-1712) = 12 tit.; 12, 1 dedica Paulmier (Palmarius) de Grentemesnil Julien le (1520-1588) = 146 Paulus Franciscus Romanus (sec. XVII) = 12, 2 Pavius vd. Paaw Paz Francisco de (m. 1640) = 63, 1 de dica Pedioneus Johann (sec. XVI) = 215, 1 Peeters vd. Petrus Suffridus Pellegrino Giovanni (sec. XVII) = 37, 2-3 pellibus nigris de vd. Noir le Pelshofer (Pelzhofer) Johann Georg (1599-1637) = 202, 4 dedica
Peranda Giovan Francesco (sec. XVI) = 159, 2 Pereda Pedro Pablo (sec. XVI) = 199, 3, 27 cit. Perel François (sec. XVI) = 90, 8-9 Persio Ascanio (Antonio) (1554-1610) = 13, 7-9; 62, 17 Persius Philipp (1569-1644) = 126, 1 Petau Denis (Dionysius Petavius) (15831652) = 60 tit. Petavius vd. Petau Petrus Pherntopius (sec. XVI) = 11, 2 Petrus (Petri, Peeters) Suffridus (15271597) = 79, 1 Peucer Kaspar (1525-1602) = 32, 4, 8 cit.; 199, 1 Peurle vd. Agricola Johann Peyer Johann Conrad (1653-1712) = 45, 4; 218, 2 Pfenning Johannes Caspar (sec. XVII) = 12, 3 Φαέθων Λακτισθεὶς (sec. XVII) = 74, 4-5 Philesius (sec. XVI) = 66, 1 Philippus Rennantius (sec. XVI) = 7, 2 Piccart (Pickhard) Michael (1574-1620) = 225, 4 Piccolomini Girolamo (secc. XVI-XVII) = 54, 28 Pickhard vd. Piccart Pietro d’Abano (Petrus de Appono) (1250-1315) = 111 tit. Piginemius Cristophorus (sec. XVII) = 167, 10 Pijnacket Philip (secc. XVI-XVII) = 101, 7 Pin(i)cianus vd. Nunnez Pinto-Delgado Juan (m. 1590) = 226, 16 Pisano Pietro Paolo (sec. XVII) = 76, 10 Pizimentius Domenico (sec. XVI) = 9, 4 Plachet(ius) vd. Plachetský Plachetský Jan (Johannes Plachet(ius)) (1575-1635) = 56, 4 (= 57, 1), nota 448; 57, 2 Plancius vd. Plancy Plancy (Plancius, Plantius) Guillaume (m. 1610 ca.) = 97 tit. Plantin Christoph (1514-1589) = 54, 55, nota 396
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INDICE DEI NOMI
Politus Iohannes (secc. XVI-XVII) = 190, 2 Poncet Simon (sec. XVI) = 97, 2 Pontano Giovanni Gioviano (14261503) = 80 Pontanus Johann Isaak (Isacius) (15711639) = 227, 9 Posthius Johannes (1537-1597) = 39, 2; 139, 2; 141, 5-6; 175, 3; 198, 14; 199, 3, 50 cit. Praetorius Martin (m. 1615) = 139, 1 Pratelius Octavius (sec. XVI) = 13, 6 Pressius Iohannes (secc. XVI-XVII) = 186, 1 Probus Heteropolitanus vd. Lebon Prosimus Federicus (sec. XVII) = 75, 1; 77, 2-3 Provanchères Siméon de (m. 1617) = 71; 71, 4-5 Put Hendrik (Erycius Puteanus) van (de Putte) (1574-1646)= 62, 8 Puteanus vd. Put van Quaranta Gabriele (sec. XVI) = 7, 4 Quaranta Giacomo (sec. XVII) = 184 Quaranta (Carantia) Panfilo (sec. XVI) = 17, 5-6 Quercetanus (Chesne Joseph du) (1544 o 1546-1609) = 185-187; 185, 1-2; 187, 1-2 Querno Giovanni Mario (sec. XVI) = 27, 4 Quoësius Franciscus (sec. XVI) = 134, 2 Rader Matthaeus (1561-1634) = 167, 11-12 Ramazzini Bernardino (1633-1714) = 188; 188, 1 Ramusio Paolo (m. 1599) = 102 dedica Randacci(o) (Randazzo) Placido (sec. XVII) = 76, 3-4 Rantzau (Rantzovius) Henrik (15261598) = 189-190; 190, 3-24 Rantzovius vd. Rantzau Raphelengien (Ravelenghien, Raphelengius) Frans (van) (1539-1597) = 54, 55, nota 396; 142, 1 Raphelengien (Ravelenghien, Raphe
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len gius) Joost (Iustus) (van) (sec. XVII) = 54, 55; 175, 4-5; 175, 8 Raphelengius vd. Raphelengien Rath (Raht) Johann (sec. XVII) = 43, 5 Rauscher Johann Martin (1592-1655) = 56, 7-10 Re(e)land Adriaan (1676-1718) = 194, 3 Reinhard Lukas Friedrich (1623-1688) = 225, 21 Reinhardus Adamarius (sec. XVI) = 111, 1 Remus Georg (1562-1625) = 122, 1; 125, 1 Rescigner Dietrich (Theodoricus Rescignerus) (sec. XVII) = 96, 5 Resen Hans Poulsen (1561-1638) = 32, 7 tit. Reusner Nicolaus (1545-1602) = 139, 3; 198, 26 Rhazes vd. Abû Bakr Muüammad Za kariyyâ’ ar-Râzí Rhode (Rhodius) Johannes (1587-1659) = 30 tit.; 47 tit.; 92, 2; 203, 7 Rhodius vd. Rhode R(h)um(m)el Pharamund Johann (sec. XVII) = 191 Riario Raffaello, cardinale (1460-1521) = 98, 3 dedica Ribaudelius Andreas (sec. XVI) = 97, 3 Ricci(o) Giovanni Andrea (sec. XVI) = 177, 1 Richter Georg (1592-1651) = 225 n° 2 Rietwijck Johan (secc. XVI-XVII) = 101, 18 Rinck Konrad (sec. XVII) = 228, 1 Rindfleisch (Bucretius) Daniel (m. 1631) = 208 tit. Ring von Wildenberg Johann Conrad (sec. XVII) = 228, 1 Riolan Jean jr. (1580-1657) = 157 tit.; 202, 3, 7 cit. Riolan Jean sr. (1539-1606) = 202, 3, 7 cit., nota 2471 Risico Silvio (1573-1613) = 54, 31-33 Risicò Vincenzo (m. 1647) = 74, 10; 76, 1 Rivière Le Bailly (Baillif) Rocco de la (m. 1605) = 90, 1
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Rodrigues da Veiga Tomás (sec. XVI) = 199, 3, 27 cit. Rodriguez de Castello Branco Juan (m. dopo il 1561) = 161 tit. Rogerus Salernitanus (sec. XII) = 68, 1, 3 cit. Rolando da Parma vd. Capezzuti de’ Rolfinck Werner (1599-1673) = 225, 29 Rombout Rumold (sec. XVII) = 226, 4 Rondelet Guillaume (1507-1566) = 32, 4, 23 e 25 cit.; 199, 3, 24 cit. Rosalechius Ioachimus (sec. XVI) = 198, 11; 198, 29; 216, 2-3 Rosales Jacob Hebraeus (Immanuel Bocarro Frances y Rosales) (m. 1662 o 1668) = 226, 5-6; 226, 21 Rossi Pietro Matteo (sec. XVII) = 47 tit. Rottner Caspar (secc. XVI-XVII) = 40, 7 R(o)usselet François (sec. XVI) = 127, 8-9 Rousset François (m. dopo il 1603) = 71, 3; 90, 2; 115 tit.; 115, 5 dedica Rowerius Iacobus (sec. XVII) = 226, 15 Ruar Martin (1588-1657) = 225, 5 Rubeis Filippo de (sec. XVII) = 181, 1 Ruberius Michael (sec. XVI) = 18, 4-6 Rubricampius Iohannes Laurentius (sec. XVII) = 47, 9 Rudbeck Olof sr. (1630-1702) = 193, 2, 3 cit. Rue (Rueus) Alardus de la (sec. XVI) = 145, 2-3 Rue (Rueus) François de la (m. 1585) = 145 tit. Ruffo (Rufus) Giulio Cesare (m. 1609) = 54, 34-36 Rufus vd. Ruffo Rupertus Christoph Adam (1612-1647) = 152, 2, 52 cit. Russo Paolo (sec. XVII) = 75, 4 Rutgers Janus (1589-1625) = 143, 14-19 Ruxelius Ioannes (sec. XVI) = 146, 1 Ruysch Frederik (1638-1731) = 192-194 Saccano (Saccani) Antonino (sec. XVII) = 73, 3-4; 75, 10; 76, 8; 77, 7 Saccone Pietro Paolo (sec. XVII) = 203, 2
Sachs von Löwenheim Philipp Jakob (1627-1672) = 202, 8 Sagittarius Ferdinandus (sec. XVII) = 167, 2 Sala Angelo (1576-1637) = 202, 3, 2 cit. Sala Gian Domenico (1579-1644) = 202, 3, 2 cit. Salechius Origenes (m. 1592) = 195, 1 Sali (Salius) Girolamo (m. 1536) = 110, 1 dedica Salio Diverso (Diversi) Pietro (sec. XVI) = 195 Salius vd. Sali Salmasio vd. Saumaise Salvago Benedetto (m. dopo il 1666) = 73, 5; 74, 26 Salviati, Collegio = 54 tit. e passim Samboky (Sambucus) Johannes (15311584) = 59, 4; 89, 9 Sambucus vd. Samboky Sancassani Dionigi Andrea (1659-1738) = 140, 1-3 Sanchez (Sanctius) Alonso (sec. XVII) = 60, 5 Sanctius vd. Sanchez Sandelli Martino (m. 1631) = 62, 11-12 Santacroce Prospero Publicola, cardinale (1513-1589) = 94, 1 dedica Santiglia Francesco Maria (m. 1638) = 74, 6-8 Santo Mariano (Marianus Sanctus Ba rolitanus) (1488-1577) = 68 tit. Santori(o) Santorio (1561-1636) = 196197 Saracenus vd. Sarasin Sarasin (Saracenus) Jean Antoine (m. 1602) = 97, 9; 134, 1, nota 1379; 187, 1 Sarpellonus Petrus (secc. XVI-XVII) = 21, 8-9 Sassenus Franciscus (sec. XVII) = 147, 1 Saubert Johannes sr. (1592-1646) = 124, 2 Saumaise (Salmasius) Claude de (15881653) = 42 tit.; 42, 5 tit. Savioni Giulio Cesare (sec. XVI) = 195, 3
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INDICE DEI NOMI
Schacht Elias (sec. XVII) = 225, 16 Schacht Johannes Oosterdijk (17041755) = 192, 2 Schede (Schedius) Paul (Melissus) (1539-1602) = 13, 3 (= 14, 1); 199, 3, 49 cit. Scheffer Wilhelm Ernst (1590-1664) = 205, 1 Schelhammer Cristoph (1620-1652) = 157 tit. Schelhammer Günther Cristoph (16491716) = nota 1636 Schenck von Grafenberg Johannes (1530-1598) = 32, 4, 13 cit.; 169, 2, 8 cit.; 198; 199, 3, 16 cit. Schenck von Grafenberg Johannes Andreas (secc. XVI-XVII) = 198, 53 Schenck von Grafenberg Johannes Georg (m. 1620) = 198 tit. Schenck von Grafenberg Johannes Theodor (1619-1671) = 225 n° 15 Schepper Isaäk de (m. 1688) = 171, 1 Scherb Philipp (1555-1605) = 225, 4, 9 cit. Schiele Johann Georg (sec. XVII) = 105, 4 Schiller Joachim (sec. XVI) = 111 tit. Schiller Julius (m. 1627) = 164, 1-2; 164, 9; 166, 3; 167, 3 Schlegel Janus (sec. XVII) = 202, 2 Schlegel Johann Andreas (sec. XVII) = 202, 2 Schlegel Paul vd. Marquard Schlegel Vrbanus (sec. XVII) = 167, 4-8 Scholz (Scholzius) von Rosenau Lorenz (1552-1599) = 13, 3 dedica; 14 tit.; 169, 2, 8 cit.; 199-200 Schoppe (Scioppius) Kaspar (15761649) = 143, 9, 73 cit. Schröder Johann (1572-1621) = 1, 1 Schroeter Johann Christian (16591731) = 192, 1 Schryver (Scriverius) Pieter (15761660) = 143, 9 Schwarzerd vd. Melanchton Scienza (Scientia) d‘Arco Giuseppe (sec. XVII) = 228 tit. Scioppius vd. Schoppe
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Scriverius vd. Schryver Scultetus Tobias (secc. XVI-XVII) = 200, 3 Seccervitius vd. Seckerwitz Secco (Siccus) Giovanni Antonio (sec. XVI) = 80 Seckerwitz (Seccervitius) Johann (sec. XVI) = 32, 4, 17 cit. Seghet Thomas (sec. XVII) = 121, 2 Segni (Signius) Giulio (sec. XVI) = 13, 2; 62, 6; 70, 3-4 Seipius (sec. XVII) = 120, 2 Seltzer Ludwig (1581-1642) = 82, 10 Selvatico (Silvaticus) Giovambattista (1550-1621) = 59, 7 tit. Senguerd Arnold (1610-1667 o 1668) = 201 Sennert Daniel (1572-1637) = 12, 2, 7 cit.; 125, 2; 202; 202, 9; 208, 1; 225 n° 7; nota 1860 Sereno Aurelio di Monopoli (sec. XVI) = 68, 2 Serva Carlo de (secc. XVI-XVII) = 55, 7 Sessa Curzio (sec. XVI) = 177, 1, 14 e 17 cit. Sessa Lelio (sec. XVI) = 177, 2 Sessa Placido (sec. XVII) = 74, 18 Settala (Septalius) Ludovico (15521633) = 46 tit. Severino Marco Aurelio (1580-1656) = 72 tit.; 203-205 Severinus vd. Sørensen Sforza Francesco II, duca di Milano (1495-1535) = 15 tit. Siccus vd. Secco Siciolante Paolo (secc. XVI-XVII) = 54, 19 Siglicius vd. Siglitz Siglitz (Siglicius) Johannes (1576-1620) = 121, 4 Signius vd. Segni Silvaticus vd. Selvatico Sinibaldi Annibale (secc. XVI-XVII) = 53, 1 Sisto V, papa (1520-1590) = 190, 16 tit. Six Johan I (1618-1700) = 212, 1, nota 2581; 212, 3, 21 cit.
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Six Johan II (1669-1750) = 212, 1, nota 2581 Smet (Smidt) Bonaventura (Vulcanius) (1538-1614) = 119, 2; 143, 2-4 Smidt vd. Smet Snizer Siegmund (sec. XVI) = 115, 3 Sørensen Peder (Petrus Severinus) (1542-1602) = 32, 5 dedica; 32, 6 de dica Solana (Solanius) Iacobus Salvator de la (sec. XVI) = 198, 4-5 Solfa Jan Benedykt (1483-1564) = 183 nn°° 8-9; 183, 12 Solidus Sebastianus (sec. XVI) = 183, 4; 215, 2; 215, 4 Soner Ernst (m. 1612) = 225 n° 2 Sopranis Giovanni Girolamo (15721629) = 54, 21 Sors Paulus Vincentius (sec. XVII) = 60, 3-4 Spach Israel (1560-1610) = 206 Spada Bernardino, cardinale (15941661) = 10 tit.; 11 tit. Spada Carlo (sec. XVII) = 10, 1; 10, 5 Spada Francesco (sec. XVII) = 10, 6 Spieg(h)el Adriaan van den (1578-1625) = 202, 3, 8 cit.; 207-209 Spinaeus Henricus (sec. XVI) = 79, 3 Spleiss David (m. dopo il 1711) = 228 tit. Spon Charles (1609-1684) = 45, 1; 59 tit.; 97, 1; 198 tit.; 198, 1; 202, 1; 202, 8 tit.; 202, 9 dedica; 226, 1; 227, 14 Stacmanus vd. Staeckmans Staeckmans (Staakmans) (Stacmanus) Willem (sec. XVII) = 42, 1 Stefonio Bernardino (1560-1620) = 54, 14 Stengel Karl (1581-1663) = 164, 11-12 Styrtzel Johann Georg (1591-1668) = 153, 3a-3b Suffridus Sixtinus (sec. XVII) = 105, 2 Susenbrotus Johannes (m. 1543) = 215, 5, 37 cit. Sutton Thomas (1585-1623) = 170, 2 Sydenham Thomas (1624-1689) = 170 tit.; 170, 7, 32 cit.; 210
Sylvaticus Benedictus (1575-1658) = 202, 3, 3 cit. Sylvius vd. Dubois Sylvius Dethlev (sec. XVI) = 189 tit. Sylvius Petrus (sec. XVI) = 198, 47 Sylvius Zacharias (sec. XVII) = 117, 1 Tabernaemontanus Jakob Theodor (m. 1590) = 82, 1 e 3 cit. Tagault Jean (m. 1546) = 68 tit. Tagliacozzi Gaspare (1546-1599) = 199, 3, 21 cit. Talbot-Tabor Robert (sec. XVII) = 170, 7, 35 cit. Talpa Pieter (m. 1600 ca.) = 211; 211, 1-2 Taurellus vd. Torelli Tectander vd. Zimmermann Teodoli Giuseppe (sec. XVII) = 180, 1 Textor Cl. (sec. XVI) = 185, 7; 185, 9; 185, 11 Theophilus Nicolaus (1541-1601) = 32, 7 Thilo Valentinus (sec. XVI) = 16, 1; 115, 4 Thorius Franciscus (sec. XVI) = 97, 5 Thuilius vd. Thuille Thuille (Thuilius) Johann (1590-1630) = 96 tit.; 96, 1-3; 155,10-11 Torelli (Taurellus, Oechslein) Nicola (1547-1606) = 16 tit.; 217, 1; 225, 4, 9 cit. Tornheuser (secc. XVI-XVII) = 131, 3, 18 cit. Torniello (Tornielli) Giovanni Battista (sec. XVI) = 84, 1-2 Toscano Giovanni Matteo (m. 1567 ca.) = 59, 8 Trew Abdias (1597-1669) = 225 n° 10 tit. Tricassini G.A. (sec. XVI) = 134, 1 Trimarchi Andrea (1580-1660) = 74, 1315; 75, 2; 77, 1 Tritonio Ruggero (1543-1612) = 17, 4 Trochoreus vd. Küfner Johann Tulp Nicolaas (1593-1674) = 212; 221 tit.
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INDICE DEI NOMI
Tulp Theodor (sec. XVII) = 212, 3, 13 cit. Tydaeus Jacob (1628-1700) = 225, 22 Typoets (Typotius) Jacques (1540-1601) = 129, 1 Typotius vd. Typoets Ubaldini Michele (secc. XVI-XVII) = 54, 10-11 Uchteman Theodorus (sec. XVII) = 171, 4 Urbani (Urbano) Alessandro (sec. XVII) = 155, 3-4 Urbano VIII, papa (1568-1644) = 74, 1, 382 cit.; 85, 2, 5 cit. Utenhove Charles (1536-1600) = 221, 6 (= 222, 5) Vaeuraeus Iohannes (sec. XVI) = 86, 2-3 (= 89, 10-11) Vaget Heinrich (1587-1659) = 133, 1 Valcherius Henricus (secc. XVI-XVII) = 54, 30 Valdichius Simon (sec. XVI) = 108, 1 Valerandus Pomerius (sec. XVI) = 78, 1 Valet Antoine (sec. XVI) = 128 tit. Valles (Val(l)esius) Francisco (15241592) = 199, 3, 27 cit. Valverde (Valverdus) de (H)amusco Juan (sec. XVI) = 213 Varaderius Laurentius (sec. XVI) = 127, 5 Varrone Aurelio Massimiliano (sec. XVII) = 184, 4 Varrone Claudio Massimiliano (sec. XVII) = 184, 2 Vecchi Bartolommeo (secc. XVI-XVII) = 55, 1-4 Vega (sec. XVII) = 226, 2 Vega Cristóbal de la (1510-1593) = 199, 3, 27 cit. Vege Pierre de (Petrus de Vege) (sec. XVII) = 81; 81, 1 Velsius vd. Welsens Venatorius Thomas (m. 1551) = 59, 10 Venustus Bernardinus (sec. XVI) = 58, 3 Verbez David (1577-1644) = 166, 4 Verdirosi Donato (sec. XVI) = 151, 5
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Verdoesius Gualterus (secc. XVI-XVII) = 101, 8-11; 119, 6 Vergilius Hierardus (sec. XVI) = 27, 2 Verius Jean Baptiste (sec. XVII) = 37, 6 Vertumnus, Academicus (sec. XVII) = 74, 1 Verwilth Gulielmus (secc. XVI-XVII) = 62, 5 Vesalio Andrea (André Vesale) (15141564) = 143, 11, 25 cit.; 202, 3, 8 cit.; 214 Vettori vd. Vittori Viani Onorato (sec. XVII) = 184, 5 Vidius vd. Guidi Vietor Johannes (1574-1628) = 84, 3 Vietor Peter (sec. XVII) = 82, 3; 82, 11, 1 cit. Vietor Theodor (1560-1645) = 82, 11, 1, nota 797 Villani Gregorio (sec. XVII) = 205 tit. Vinding Poul (1658-1712) = 35, 1 Vinding Rasmus (1615-1684) = 35, 1, nota 196 Virdung Michael (1575-1637) = 121, 3 Vittori (Vettori) Lionello (m. 1520) = 215 Vol(c)kamer Johann Georg (1616-1693) = 72 tit.; 204, 2 Voorst (Vorstius) Aelius Everardus (1565-1624) = 143 tit.; 225, 26, 13 cit. Vopisco Giovanni Alessandro (sec. XVI) = 68, 5 Vorstius vd. Voorst Vossius Johannes Gerardus (15771649) = 41, 2 dedica Voulté (Vulteius) Jean (m. 1542) = 89, 4-5 Vulcanius vd. Smet Vulteius vd. Voulté Wacker von Wackenfels Johann Matt����� häus (1550-1619) = 14, 2 Wagner Narcissus (sec. XVII) = 166, 6 Walhorn de vd. Decker Walwitzius Christophorus (sec. XVI) = 198, 48 Wasius David (sec. XVI) = 1, 3
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Weber Philipp (sec. XVII) = 82, 1-2 Wecker Johann Jacob (1528-1586) = 216-217 Welsens (Velsius) Joost (sec. XVI) = 214, 1 Welstedt Stephan (sec. XVII) = 170, 10 Wepfer Johann Jacob (1620-1695) = 218-219 Werner Christophorus (sec. XVII) = 153, 5 Werner Johannes (secc. XVI-XVII) = 220; 220, 1 Wiardus W. (sec. XVII) = 171, 5 Wieland Johann Sebastian (1590-dopo il 1635) = 56, 12 Wier Johann (1515-1588) = 221-222; 222, 1 Willich Iodocus (1501-1552) = 32, 4, 9 cit. Willis Thomas (1621-1675) = 170, 7, 32 cit.; 218, 1, 5 cit.; 223 Windheim (Anemoecius) Wolfgang (sec. XVI) = 2, 3 Wirdig Sebastian (1613-1687) = 224 Wirth Georg (1524-1613) = 139, 1 dedi ca Witte(n) Henning (1634-1696) = 225 Wolf Hieronymus (1516-1580) = 83, 4; 113, 1-2 Wolf Kaspar (m. 1601) = 81 tit. Wolzogen Lodewijk (1633-1690) = 212 tit.; 21 3, 69 cit. Worm Ole (1588-1654) = 28, 1 tit.; 154, 1; 225 n° 11; 225, 10; 225, 23 dedica Worm Willum (1633-1704) = 28, 1 Worthington John (1573-1652) = 54, 48, nota 382
Worthington Laurence (m. 1637) = 54, 48, nota 382 Worthington Peter (secc. XVI-XVII) = 54, 48-50 Worthington Thomas (m. 1626) = 54, 48, nota 382 Yûüannâ ibn Mâsawaih (Mesue sr.) (m. 857) = 78, 1, 21 e 30, nota 737 Zaccheo Girolamo (secc. XVI-XVII) = 54, 51 Zacuto Abraham (m. 1642) = 226-227; 227, 16 Zapata Giovanni Battista (m. dopo il 1586) = 228 Zaratino Castellini Giovanni (15701641) = 55 tit.; 55, 10-14 Zavagli(o) Galeazzo (sec. XVII) = 69, 2 Zecchi Andromaco (secc. XVI-XVII) = 229 tit. Zecchi Giovanni (1533-1601) = 229 Zelius Troianus Iohannes (sec. XVI) = 179, 4 Zimmermann Józef (Tectander) (m. 1543) = 183, 13 Zotthius Ioannes (sec. XV) = 215, 3, 93 cit., nota 2608 Zuccolo Gregorio jr. (sec. XVI) = 195, 2 Zwinger Jacob (1569-1610) = 124, 2, nota 1274; 199, 3, 15 cit.; 230 Zwinger Theodor sr. (1533-1588) = 124, 2, nota 1274; 199, 3, 15 cit.; 230 tit.
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI Abdita dum reseras mulc[t]ati viscera trunci = 154, 2 Abdita Musarum penetrat labor improbus: illum = 136, 4 Abstrusas rerum causas, quo semine litem = 223, 1 Abstulerant Arabes ducibus vexilla Pelasgis = 104, 3 Abstulit Holerium nuper fera Parca: poetae = 127, 10 A capite exorsus varios describere morbos = 198, 14 Accipe, chare pater, quae munera filius offert = 190, 5 Accipe, Laurenti, virides tua praemia lauros = 54, 41 Accipe Maeonium redolentia carmina fontem = 123, 1 Accipe quas moesto inferias tibi corde paramus = 55, 10 Adde huc divinae tibi cognita dogmata ad vnguem = 202, 4 Admirabilibus frequenter atque = 198, 11 Ad rabidi catuli morsum vos mille medelis = 184, 6 Ad tua, Mecoenas, ut limina nota ferantur = 183, 5 Aduerte huc oculos monitusque recede, viator = 169, 3 Aegritudinum peragrans Daedaleos tra mites = 169, 6 Aemulos Epidaurii inter omnes = 59, 7 Aeque pauperibus prodest locupletibus aeque = 50, 1 Aequora vasta nouis quur iam sulcare carinis = 61, 1 Aeterni Patris bonitas haec flumina fecit = 82, 14 Aeternum, Augeni, viuent dignissima cedro = 19, 4 Affectus, natura, modus, substantia, tempus = 89, 36 Agricolae insignem dum uidit Apollo laborem = 2, 1
Albus olor recinens dulces ut promere cantus = 58, 4 Alcidae quondam celebravit fama laborem = 124, 1 Alcides virtute potens et corpore fortis = 89, 2 Alituum immortale decus, di[i]s aemu lus ales = 62, 5 Alter, Zancla, nouus, iam nunc tibi surgit Apollo = 74, 6 Ambiget haec tua qui volvet monumen ta, Machaon = 140, 1 Amphion lapides cantibus et lyra = 89, 17 Amphitryoniades, monstrorum maxi mus ille = 198, 30 Amplis grande sophos buccis et nomina mille = 97, 10 Amstelidum consul, mediae lux Tul pius artis = 212, 1 A multis medicae iurisprudentia quon dam = 127, 5 An non in Christo maneas ob publica firmus = 103, 1 Apollo Iuli, Iuli an Apollinis = 62, 14 A primo vitae diuersos stamine morbos = 23, 1 Apulia o foelix, Barolum cui praesidet ingens = 68, 2 Archetypo medicum Iani praenuntiat idus = 89, 15 Archiatrum facit Heidelberga: sophum facit ante = 139, 3 Arcula si Persae seruabat diuitis illud = 183, 7 Ars chirurga, diu malis magistris = 68, 1 Ars medica haud dubie tria funera vidit acerba = 86, 3 (= 89, 11) Arte metallifluas dum tentas undique venas = 82, 17 Arte noua miranda canit Marcellus: ad esto = 84, 2 Arte quidem medica nos posse extrudere morbos = 17, 5
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Artis Apollineae campos et amoena vireta = 84, 1 Artis Apollineae decus et par gloria clarae = 192, 1 Artis Apollineae decus immortale, Zacute = 227, 9 Artis Apollineae docuit quaecumque ve tustas = 198, 37 Artis Apollineae mysta o clarissime et Vlmae = 125, 1 Artis Apollineae summis est iste libellus = 183, 14 Artis dum medicae splendorem Augenius auget = 20, 7 Artis grande decus medicae, quem tota Salana = 225, 30 Artis iam stabilita sunt medendi = 198, 17 Artis in exiguo magni laus maxima, si quis = 60, 1 Artis opus magnae comprendere plurima paucis = 39, 3 Artis Paeoniae fertur coelestis origo = 127, 2 Artis Paeoniae nescius inclytae = 138, 2 Artis qui medicae ad summum peruenit honorem = 55, 4 Asclepi iactent Podalirius atque Machaon = 124, 2 Audacior dimetiente nos totos = 92, 3 Audeat arcanas Naturae inquirere sortes = 126, 5 Augenii famam nomenque auxere pa rentes = 21, 9 Augere vt posset medicam Cyllenius ar tem = 17, 4 Augustam cernis, quam tu mirare ca rentem = 62, 1 Aurea secla cupis, sed iam sunt lapsa: quid imo = 227, 5 Aurea subvexo micuit, quae lingua pa lato = 204, 1 Aureli, mihi chare senex, quas Itala laudes = 204, 4 Aureus, ut perhibent, quondam a Ioue perpluit imber = 101, 15 Auspice te ferri saeclum Ferraria vincat = 140, 3
Auspiciis studioque tuo, doctiss(ime) Spachi = 206, 1 Aut limos averte oculos aut comprime linguam = 56, 9 Aut nihil aut aliquid bezahar: Bauhine, quid inquis = 38, 1 Axe sub australi Melitensi fessus in vmbra = 76, 11 Baiarum Thermas celebres per secula, lector = 151, 4 Balnea Bauhinus Bollana beanda beabit = 40, 3 Balnea Bauhinus Bollana benigna bea uit = 40, 4 Baptista, et medicus, natusque lauare leuare = 70, 2 Barbariem purgat, revocat meliora docendo = 89, 9 Barbarus (vt fama est) Cyllenia numina placas = 206, 2 Beckherum ecce tibi, lector[e], quem clara disertum = 225, 28 Belgarum decus et sacrate Phoebi = 101, 9 Bellonius varias Orbis lustraverat oras = 142, 1 Bezoar indomitos vitae cordisque tyrannos = 38, 2 Bis quinque octonos, quatuorque peregerat annos = 143, 12 Bucreti, iuuenum doctissime, gloria gentis = 208, 3 Caesar es et medicus: monstras calamoque manuque = 155, 3 Cagnate, natum iam nimium diu = 54, 16 Cagnatum rapuit primo Mors flore iuuentae = 54, 10 Cagnatum sacer hic splendor, hic conditur ille = 54, 60c Cagnatus viridi tenuit Laurentius aeuo = 55, 6 Calcule, seu renum mediis innascere fibris = 42, 3 Calluit Hippocrates artem docuitque medendi = 227, 4
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
Candidus imperti meliora, vel vtere nostris = 37, 1 Cantet Arabs Graiusque suos: Cortesius, artem = 74, 12 Cardane, omnibus e meis amicis = 59, 6 Cardanine manus plures curauerit aegros = 59, 8 Carmina finxerunt (nam fingunt multa poetae) = 215, 5 Carmine cur tenui librum laudare laborem = 155, 9 «Carole, noster eris: tua te mihi virtus et ortus = 95, 1 Carpit vt omnis apis dulcem de flore saporem = 123, 3 Carpite Poeonias, nostri quibus esse patroni = 164, 13 Casseri medica potens in arte = 62, 8 Cedat Apollo nouis iam iam pro deuntibus Orbi = 76, 9 Cedant Hesperidum, cedant et Adonidis horti = 161, 4 Centum Decembres senibus indulsit Deus = 147, 2 Centuriis falsis (rerum dum fata reqvirit) = 47, 9 Cephas atque Thales statuunt primordia aquae vim = 168, 2 Cernitur hoc facilis Naturae gratia libro = 34, 1 Certare incertam multos rem vidimus istam = 69, 1 Cheiron Phillyrides, Podalirius atque Machaon = 109, 3 Civilem mentem civili in pectore, Sylvi = 89, 4 Claude scholas, Galene, tuas: satis occisorum est = 118, 2 (= 225, 19) Clusiadae studia et mores qui nosse laboras = 143, 4 Compar tentat opus magnus Wepferus in arte = 219, 1 Composito per te, Caesar doctissime, libro = 155, 6 Condita, quae gremio Naturae arcana fuere = 181, 3 Condita sub placido senserunt funera recto = 32, 6
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Confectus moerore pater confectaque mater = 54, 60b Conqueritur mundus miseris mala mille querellis = 183, 6 Conquirant alii sibi plurima fercula ventris = 100, 5 Consulis Vrbi, Orbi foliis aequande Sibyllae = 85, 2 Consultus aegrotantibus, quae Zecchius = 229, 1 Corporis effigiem manus impressoria solam = 198, 47 Corporis effigiem pictor, sed mentis acumen = 198, 35 Corporis effigiem praesens designat imago = 198, 50 Corporis externas partes vt pingit Apelles = 198, 42 Corporis humani fabricae quicunque stupendae = 194, 5 Corporis humani partes qui diuidit omnes = 13, 2 Corporis humani partes vsumque libellis = 39, 2 Corporis ossa basis veluti sunt firma caduci = 130, 2 Corpus depinxit pictor: tu mentis acumen = 198, 51 Cortesio Libitina videns medicamine lethi = 76, 5 Credidit Asclepi simul et se Palladis arte = 89, 25 Credimus: haud solos Hispania sufficit hostes = 227, 10 Crine ruber librum fertur mihi carpere: quis sit = 105, 1 Crudelis Lachesis, potuisti a stirpe recentes = 54, 28 Crus Medicina Dei, vbi crux effoeminat artus = 220, 1 Cui citharam et dulces numeros et Paeonis artem = 54, 4 Cui Cous vultu, Plato pectore, Nestor in ore = 74, 3 Cui iuveni tantam dedit experientia lucem = 47, 1 Cuius morbificos lapides mollescere cura = 168, 5
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Cuius non esset suppressa memoria morte = 71, 4 Cum Clusi corpus tumulo Natura locaret = 143, 17 Cum de re medica loqueris, Baptista dis[s]erte = 58, 3 Cum Deus immensi spaciosa volumina coeli = 221, 4 (= 222, 3) Cum liber iste foras dubius prodiret, an atrae = 62, 7 Cum medici, patria, affines, fortuna, parentes = 59, 2 Cum premeret Belgas rerum foedissima egestas = 106, 3 Cum sit crux morbus, cum morbos pharmaca pellant = 8, 2 Cum vos amem tamquam me, vos oculis feram = 89, 6 Curando, dubitem, an fuerit Podalirius aegris = 225, 17 Cur dederit nobis clarum observatio nomen = 198, 27 Cur Marocostinum tibi, Zoile, displicet istud = 166, 8 Cur non Phillyrides, ignotis conscius herbis = 54, 40 Cur o dia sedes, tanto confecta dolore = 167, 10 Cymbala dulce sonant digito percussa volanti = 226, 19 Cymbrica, quid Latium aut veteres miraris Athenas = 190, 2 Cynthius aurata cithara praeclarus et arcu = 48, 4 Daedalas artificum manus = 13, 3 (= 14, 1) Daedaleis Cecrops erupit Theseus antris = 136, 2 Daemonis exortum, studium viresque dolosque = 221, 3 (= 222, 2) Dat bona Bonetus: mala cur tu, Mome, rependis = 45, 4 Decidit critice casus medicina per omnes = 12, 3 Deformi Thersite licet deformior erres = 201, 1
Delia Cecropiae ingenio praelata Mineruae = 176, 1 Denique sublato in coelum quod culmine signet = 190, 15 Deridet mundi risum bonus arte Remundus = 167, 6 Desertum medica manu Spigelum = 207, 3 De sophies palma longo iam tempore certant = 121, 3 Det novus Orbis opes, argenti aurique fodinas = 43, 4 Dicite “io paean” et “io” bis dicite “paean” = 226, 6 Dicitur in tenui finxisse volantia vitro = 59, 13 Dimicat, an scribit, Cortesi? munera Martis = 75, 7 Diuersi infestant mortalia corpora morbi = 66, 1 Diues cum cithara sub aqua pendebat Arion = 96, 6 Divinae aetheris ignei pyrope = 106, 6 Divini manes et tanti nominis vmbra = 143, 19 Diuitias Natura suas certauit in vnum = 54, 52 Divorum, haut hominum est caelique aperire recessus = 39, 4 Docte Caranta, nouus Cous mortalibus aram = 184, 7 Doctor artis, quae Physi ministra, Palladi soror = 153, 4 Doctoris titulos graves mereri = 133, 2 Doctus Alexander magnum problema reliquit = 7, 1 Dona Dei signat Theodori nomen: id ipsum = 82, 7 Dote licet propria speculum splen de scere constet = 208, 4 Ducere qui tu[t]to uitam uictumque salubrem = 48, 5 Dulce sapit, grauida quod pendet in arbore, pomum = 226, 18 Dulcia lector amas: sunt haec dulcissima lectu = 4, 1 Dum chirurga typis, Cortesi, dogmata mandas = 73, 3
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
Dum circumvolitans medicinae culta, prioris = 170, 2 Dum docta rite aegrotos Laurentius arte = 54, 3 Dum furit in niueos picea ferrugine vultus = 54, 32 Dum graviora tibi meditor, ne hos despice lusus = 89, 23 Dum iuga montis aper, dum flumen piscis habebit = 43, 1 Dum magis illustras magno, vir clare, labore = 193, 1 Dum mire humanos pingit Laurentius artus = 90, 6 Dvm morbos varios obseruas atque medelas = 198, 26 Dum nobis praestas quicquid medicabile, claras = 184, 4 Dum parat humanis Laurens medicamina morbis = 54, 29 Dum patriae obsessos cingunt infensa penates = 225, 24 Dum raro solvit medicus tua vulnera, sumit = 155, 11 Dum recolo Musam ac monumenta fidelia, Scholzi = 199, 3 Dum thermalis aquae vires sapienter adumbras = 43, 7 Dum toties fugientem animam diro eripis Orco = 101, 10 Dum totum renovas hominem reserasque recessus = 33, 7 Dum tua, Cortesi, numerosa volumina tracto = 75, 9 Dum tua, Palmari, tranquillas vela per vndas = 146, 1 Dum tu, docte, tuis refers libellis = 184, 5 Dum tumulum specto scriptumque in marmore nomen = 54, 31 Dum vagus in vastis Hebraeus oberrat arenis = 74, 2 Dum ver purpureas rosas calorque = 70, 1 Ebibit hic sophiae fontes et flumina Musis = 59, 10
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Ecce: Dioscorides, Podalirius atque Machaon = 198, 38 Ecce laborantem rutili sub climate solis = 171, 5 Ecce, pater, volitant totum tua scripta per Orbem = 145, 3 Ecquid ab incepto properas desistere cursu = 145, 4 Ecquid terra nouo sibi vult effossa sepulcro = 96, 4 (= 225, 9) Edidit has celebri Borellus Pallade chartas = 47, 3 Effert gemmiferos India amnes = 74, 25 Effigie hac viua medicus depingitur ille = 198, 48 Effigiem lector viuam dulcissime cernis = 40, 7 Effigiem praesens demonstrat charta laboris = 198, 49 Effigiem spectas: nihil est, de cortice lis est = 37, 3 Egregium atque recens opus hoc pretiosius omni = 74, 8 Egregium forma iuuenem, Tritonia Pallas = 55, 5 Egregius pariter pietate vel arte vel annis = 212, 2 «Εἰκὼν fiat,» ait «medici»: sic nuper Apollo = 198, 39 Emicet in toto Phoebeis artibus Orbe = 77, 2 En magni pulchra ora senis faciemque decoram = 17, 1 (= 18, 1; 19, 1) En medicae nouus artis honor clarum que medentum = 74, 26 En physicae iubar exoriens, quam sorte sinistra = 93, 1 En tibi foeminei solertia praebia sexus = 162, 2 En Zacutum, Lusitanae fulgidum sidus plagae = 226, 1 Ergo ades, expectate liber, pridem? Er go iuuandi = 49, 1 Ergo iterum desueta diu iamque obsita longum = 202, 9 Ergone crudeles frustra mens suscitat iras = 77, 8
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Ergo prodi, amor et liber diserte = 153, 6b «Ergo, quae mundum sine fine [modo que] molesta flagellas = 153, 6a Ergo tot Hippocrates, tot nomina clara deorum = 33, 5 Eridanum, Rhodanum Rhenumque Istrumque Tagumque = 143, 1 Es, Petre, petra, Sali, de qua salit unda salubris = 195, 6 Esse cupis sanus, Laurenti respice nomen = 90, 13 Est ars Sanctorii, qua mensurare recessus = 197, 2 Est currenda semel lethi via et omnibus una = 129, 2 Est haec certe hominis facies mortalis, at ipsum = 17, 2 (= 18, 2; 19, 2) Est hic dotatus veneranda fronte Philippus = 130, 1 Est liber hic mixtus neque enim desedat (sic) in vno = 74, 16 Est πολυθρύλλητον Flacci olim: « Quod medicorum = 95, 2 Est quod velim paucis: viator, insiste = 54, 53 Est, Raymunde, tibi diuina scientia mundae = 167, 4 Est res sacra, tibi hunc sacrum sacrare libellum = 10, 1 Est sapientis opus liber hic, quem conspicis, hospes = 8, 4 Est tibi, dum loqueris, linguae facundia tanta = 58, 1 Este procul morbi: surgit perdocta tenebris = 128, 2 Et dios fœtus in dias luminis oras = 101, 4 Et labor et candor coelo te laudibus aeqvant = 12, 1 Et modice siccat modiceque refrigerat horum = 141, 6e Et nos hoc etiam limis debemus amicis = 171, 2 Eumenidum princeps, flammis armata malignis = 170, 9 Exacta immensi iam sunt monumenta laboris = 59, 5
Excutiat Natura sinum: qvae denique restant = 29, 1 Expertes scribunt aliqui rationis et vsus = 164, 6 Exponam dubium, o Musae, quo quaeritur, vtrum = 226, 5 Exprime narrantem facunda voce Galenum = 89, 27 Exprimis humanae diuinitus organa vocis = 62, 6 Exernam, Wormi, tibi sculpsit imaginis umbram = 225, 23 Fabricius moritur nusquam non cognitus Orbi = 96, 5 Facunda eloquii dum fundis flumina, gentes = 226, 11 Fama iam viuet tua semper aeuo = 181, 1 Fama meas nuper lassato incenderat aures= 167, 1 Fata manu uitamque gero, penitusque repertam = 48, 3 Febri sudanti, Ianues (sic), qui putrida uitae = 183, 9 Febriles aestus victumque ardoribus Orbem = 210, 1 Felix Cortesi, viue , cui fauit Apollo = 76, 4 Felix sorte tua et tot claris diues alumnis = 208, 2 Ferneli[i] schema ecce magni, Tulliano qui stilo = 97, 1 Fernelius Gallos: te, Witembergia, clarat = 202, 7 Fernelium Gallus iactat, sed Belga Forestum = 202, 5 Fert bene Pythagoras medicinam desuper esse = 112, 2 Fertur in Eois ales celeberrima terris = 75, 1 Fertur inornatis quondam Libitina capillis = 76, 10 Fertur Orionem fluctus domuisse furentes = 75, 11 Fidite, Pierides: vobis Rantzouius heros = 189, 3
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
Finxit Deucalion, saxis post terga repulsis = 71, 1 (= 115, 6) Flebilibus, Cagnate, modis vrgere sepulchra = 54, 36 Fleuisti: satis est. Lacrimas Laurentius astris = 54, 35 Florae sacerdos, candidatus herbarum = 143, 7 Flores flos supero, quod unus omnes = 141, 6a Fluctibus aequoreis puppis dum voluor et, atris = 73, 1 Foetum hominis doctus dum forma Arantius ore = 14, 2 Fons salutaris pueris repertus = 100, 1 Fontes venustos et sapores musteos = 132, 1 Foreste, aureolus tuus libellus = 101, 3 Forte Latonigenae moestissima filia prolis = 118, 1 Fortes, fulmineis perituros glandibus istis = 185, 11 Fortunate senex et fortunatior aetas = 73, 4 Francisce, qui nunc, Orbem Amarhusi dos = 131, 3 Frastori monumenta hoc tu dum, Paule, libello = 102, 2 Fraxinus in Clario viret, atque virebit, in horto = 129, 5 Frendeat ira minax, exanguis livor et ignes = 47, 8 Frigidulo contenta sitim depellere potu = 158, 1 Frontem o oculos! Oculis ceu fonte gemello = 62, 2 Gallia te tanti faciet, doctissime Sylvi = 89, 20 Gallis Hippocrates, quod Frambesarius audit = 136, 3 Gemmae dum mihi comparo libellum = 106, 4 Gente Caledonius Duncanus et arte Pelasgus = 149, 1 Gentis in exitium humane Phlegethontis ab vndis = 3, 1
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Gloria cum Coi viuat post funera magni = 40, 6 Gloria perspicuas superis di[i]s misceat artes = 74, 21 Gloria virtutis, Musis studioque parata = 198, 53 Graecia nunc veterum sileat tot scripta medentum = 74, 27 Graiorum culpa euersus cum sim ante meorum = 59, 1 Grassatur Pestis seu technis subdola vires = 164, 1 Gratia magna tibi debetur, Garçia, nec non = 141, 5 Gratum opus hoc terris: nanque hoc prodire libello = 7, 3 Grex iunior lectorque candidissime = 216, 3 Gymnade feruet opus, feriis tabescit et inde = 162, 1 Gymnasius meritis heros et murice clarus = 70, 3 Hac facie spectandus eras, clarissime Langi = 139, 2 Hac, Iacobe, puto solum me parte beatum = 32, 4 Hactenus ambiguo lis haec sub iudice pendet = 189, 4 Hactenus Hippocrates latuit pariterque Galenus = 174, 1 Hactenus humanas aeger confugit ad herbas = 10, 2 Hactenus in multis causarum inscitia morbis = 198, 10 Haec lapidosa caro (cum tempestiva sub auras = 71, 3 Haec mentis monumenta tuae constructa diurni = 74, 19 Haec noua: cum causis morbos, medicamina, formas = 198, 21 Haec quoque lamentis lamenta prioribus adde = 212, 3 Haec tibi Naturae produnt miranda pagellae = 33, 3 Haec uiridis uallis dat Ianus, cultor et haeres = 213, 1
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CARMINA MEDICALIA
annibal indomitas superauit ferreus Alpes = 64, 1 Henrici hoc opus est solius tangere strumas = 91, 3 Heraclitus eras, at nunc Democritus: ecquis = 167, 8 Herculeos nae! tu, per mystica sacra, labores = 56, 4 (= 57, 1) Heu iacet Hippocrates polyhistor Virgiliusque = 225, 15 Heu luge, Medicina moesta, luge = 167, 9 Heu mihi: quid querar? aut quid non que rar? Heu mihi, queis nunc = 160, 4 Heu! nimium patriae fatis ereptus iniquis = 101, 18 Heu quantum damni a vetita malus arbore fructus = 112, 3 Hic celebris requiescit Aquaependentis alumnus = 96, 3 (= 225, 8) Hic foelix nimium quaterque terque = 127, 8 Hic iaceo iuuenum decor, vna Palladis artes = 54, 57 Hic liber haud liber est, verum officina librorum = 37, 2 Hic necat, hic aegros morbosos detinet: ast is = 21, 8 Hic ossa, hic caput, hic reparantur uulnera: credas = 68, 5 Hic situs est Pomeranorum Podalyrius ille = 131, 2 Hippocratem fama est, medicam dum quaereret artem = 198, 15 Hippocratem miror, veneror quoque scripta Galeni = 218, 1 Hippocratem Natura parens mortalibus olim = 97, 4 Hippocrates coeca Medicinam nocte sepultam = 127, 7 Hippocrates moriens arcanum credidit artis = 97, 8 Hippocrates positas divum per templa tabellas = 200, 3 Hippocrates queritur longam artem, sed breue tempus = 198, 24
Hippocrates quin sit medicorum primus habendus = 198, 5 Hippocratis faciem pictor, simul atque Galeni = 198, 36b Hippolyti in morem dudum discerptus habetur = 89, 24 His curae sua lucra, aliis sua foeda libido = 99, 3 His ego tentabam vanos de mentibus, vltor = 53, 2 His quibus est doctis scriptis spectatus in Orbe = 18, 6 Historias medicas postquam Zacutus acute = 227, 6 His visis, lectis, placide discede, viator = 190, 20 Hoc caput, hic oculus, veneranda haec frontis imago = 227, 8 Hoc decus, haec forma est Iesseni, digna beato = 129, 1 Hoc fertur ex Hispania = 141, 6h Hoc Ludovicus agro placide post fata quiescit = 225, 22 Hoc opus extruxi Henricus Ranzouius, omne = 190, 17 Hoc sibi cum nullos superesse videret in Orbe = 225, 1 Hofmanne pollens et potens arte medica = 122, 2 Homo qui, superbos patrios lares iactans = 201, 2 Horrida mortalis spectacula cernite scenae = 209, 1 Horsti, deliciae secli, patriae decus, Vlmae = 126, 2 Horstius hic frontis, quantum pote, monstrat honorem = 225, 13 Horto Academiae flos hic fere defuit unus = 225, 21 Hortorum vitas qui in floribus excolit, Hofman = 225, 20 Hos anima Hippocratis tumulo geniusque Galeni = 160, 5 Hospes, sepulchrum quisquis aspicis nostrum = 143, 8 Hospes, tolle gradum: namque ossa senilia calcas = 96, 2 (= 225, 7) Hostis minanti subripuit virum = 156, 1
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
Huc ades, in sano sanas qui corpore vires = 82, 2 Huc Iouis imperiis tulerat genus omne malorum = 9, 4 Huc omnes, Fontane, tui moliminis ausus = 99, 2 Huius, Petre Sali Diverse, voluminis ergo = 195, 1 Huius scripta viri quicunque recenset et annos = 31, 2 Humanam qui sperat opem, sibi quaerat ab herbis = 10, 3 Humanos sensus homines haud nosse videbat = 62, 9 Hunc librum, praeclare, tibi, Weckere, remitto = 216, 1 Hunc tibi, quas pestes varia contage, profatum = 100, 4 Huncce Dioscoridem Graecum Ianus Moibanus = 83, 1 Iactabat olim natus Apolline = 101, 7 Iactet Arabs Graiusque suos: Fernelius artem = 97, 2 Iamdudum exoptas artem si scire medendi = 74, 14 Iam fera fata tuum testantia, Syphile, crimen = 163, 1 Iam liber auspiciis exi felicibus, exi = 13, 1 Iampridem fasces melior sceptrumque superbum = 161, 2 Iamque opus exegi: prorae nunc carbasa nostrae = 140, 5 Iam sua Iudaei sileant opobalsama, plantas = 182, 3 Iam vos alloquor, Aoni[i] = 89, 22 Ignoti nova forma viri venerandaque cultu = 204, 2 I, liber, et doctus doctis voluendus adesto = 18, 7 (= 21, 6) I, liber, et, summo terrarum iudice fretus = 85, 1 I, liber, et tuto, superatis montibus altis = 74, 9 I, liber, i, magnum haud timeas errare per Orbem = 77, 1
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I, liber, ingenui, quo te Cortesia proles = 75, 4 I, liber, in medicas acies: accincta triumphis = 27, 3 I, liber, in populum: si quis te lumine cernat = 68, 8 Illa ego, Francorum regalibus insita septis = 175, 6 Illa tuum, Cagnate, decus Paeonia laurus = 54, 38 Ille ego, quem, quondam Phoebo sat digna locutum = 74, 1 Ille ego, qui curas hominum de pectore quondam = 158, 3 Ille via tota totoque errare videtur = 221, 6 (= 222, 4) Illustres decadas Patauinus Liuius olim = 74, 17 Illustres medica proavos dum pingis in arte = 89, 26 Illyriis olim uenientem nempe fugauit = 7, 4 Immensas grates fundet tibi quaelibet aetas = 45, 1 Immortale decus, medicorum gloria, Schencki = 198, 9 Immortale nequit fouere numen = 37, 5 Impia, crudelis, Cagnatum in flore iuuentae = 55, 12 Impia quae te nam pietas, mors improba, adegit = 54, 22 Impostor medicus, sycophanta et uerpus Apella = 138, 1 Improba quid medicis oblatras turba, salutem = 54, 9 Improbe, quid quaeras saeua hinc patrare venena = 25, 1 In caput Augenii descendat floreus imber = 21, 1 Inclyte Cortesi, totius gloria secli = 76, 3 Inclyte, quid tantum, quo te veneramur, amorem = 48, 1 Inclyte, tu septem scripsisse volumina, Schencki = 109, 20 Inclytus, a teneris cuius stimulaverit annis = 133, 1
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CARMINA MEDICALIA
Indomitam lenit si tacamahaca podagram = 141, 6g Ingenii proles liber est, quo more sacerdos = 60, 2 Ingenio et fama nunquam moriture Foreste = 101, 8 Ingenio geniis par, mente excelsior astris = 148, 2 Ingenio magnus, doctrina consilioque = 199, 1 Ingenio pollens et linguis quinque disertus = 179, 1 Ingenio poteras superas volitare per arces = 198, 12 Ingenium charta si quis depingere posset = 198, 46 In laudes, Zacute, tuas mea Musa vocatur = 226, 3 In nobis tam multa docens lapidescere, Mocki = 168, 4 Innumeris hominum quamvis mortale bearit = 152, 6 Innumeris obiecta malis et mille cadendi = 170, 5 In prauas, spreta, cum labes, numinis ira = 185, 7 Insere, Zancla, caput stellis et vertice Olympum = 75, 2 Instandas cape, praeco, tubas gentemque reuela = 8, 1 Instrepe funereo mecum, mea tibia, versu = 160, 2 In tenebris essem voluit ingratus amico = 81, 1 In tenebris si, nate, iaces, si saxea moles = 54, 33 Inter Cyclades numerosas insula parua = 211, 2 Inter magnificos Vrbis plaudentis honores = 43, 3 Inter mortales est controuersia magna = 19, 8 Interpres, Schencki, medicinae summe salubris = 198, 32 Inuadunt artus morborum examina nostros = 183, 3 Inualidos artus vt Apollo salubribus herbis = 76, 7
Inuentum, Medicina, tuum si pulcher Apollo = 54, 12 Inuide, cur acuis dentes et rodere tentas = 226, 10 Inuide, quid bruto pinguem vomis ore saliuam = 186, 4 Inuide, quid cessas doctorum carpere scripta = 179, 3 Invidia posses disrumpi, Zoile, flocci = 89, 18 Inuigilasse iuuat Musis: labor aureus esse = 136, 5 I nunc et reputa, quam spe laeteris inani = 83, 3 I pestis, propera et nostros nunc desere fines = 7, 2 Iratus vitiis perituro infensior aevo = 225, 25 Ire quid expectas in lucem, docte libelle = 68, 6 Ista valere ferunt tria contra toxica pestis = 1, 2 Istos si medici sequerentur ubique libellos = 56, 11 Istria te genuit, sed non venit inde propago = 196, 2 Itala Montanum dat tellus datque Ficinum = 202, 3 Itala terra suos, quot habet virtute celebres = 131, 4 Iudicio, vir clare, meo suffragia laudis = 12, 2 Iuli, dum loqueris, sitientibus auribus astat = 62, 11 Iuppiter imbuerat cognato sanguine telum = 54, 50 Iusserat iatricae mysteria Delius artis = 97, 7 Iuvisti pueros et mente et corpore quondam = 100, 3 Lancea, Cortesi, tenuit quam fortis Achilles = 77, 3 Landgravii Hassiae herois laus duret in aeuum = 186, 3 Lapsa leuas manibus monitis, volitantia pellis = 164, 9
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
Latoides quum forte trium congesta videret = 153, 5 Laudum, Castalides, priscorum clau dite rivos = 155, 10 Laurea debetur duplici tibi nomine, Phoebe = 107, 1 Laurenti, ah! lachrymis quis abstinere = 55, 9 Laurenti, generis spes et fortuna paterni = 54, 34 Laus sua iustitiae est, medicinae laus sua maior = 99,1 Laus tua, Marsili, est fugitiuae tempora vitae = 54, 21 Legem quis autem nunc tibi dixerit = 54, 14 Legi hunc aureolum tuum libellum = 197, 1 Leida suum nomen iam dudum aequavit Olympo = 225, 26 Lethiferum virus dirae contagia pestis = 94, 3 Libelle, belle floscule = 43, 5 Littore Erythraeo baccam, quae intermicat algas = 105, 2 Liuoris rabidos, liber, notasti = 98, 4 Longe vir vnus omnium doctissimus = 102, 1 Luce canam te, nocte canam te, nulla carebit = 228, 1 Lugete Virtutes, Camoenae, Gratiae = 55, 3 Lutetia Europae caput exsurgebat in arces = 89, 13 Lux ea mortalis quae ducitur vltima vitae = 190, 12 Macte ista virtute, vir inclute: sic tua sistet = 56, 2 Maeonides Musae, magnum memora t[a]e magistrum = 169, 2 Magistra sedulitatis invictae cluet = 122, 1 Magna dabat totam Tyberis delubra per Vrbem = 48, 2 Magna vetustati debetur adorea laudis = 230, 1
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Magne parens, o qui superum coenacula solus = 106, 1 Magne Stagyrita, tecum sentimus et undae = 168, 1 Magne vir et cunctis decus immortale Camoenis = 198, 6 Magnum est eximio labore tectas = 82, 10 Manna tibi impuram subducet leniter alvum = 141, 6c Mappa velut celebri genio contexta Minervae = 152, 5 Marmorei titulum tumuli lecture viator = 225, 11 Mars (semper video) nobis producere Martem = 74, 18 Marsilii innumeros curari dum videt arte = 54, 6 Martia Fabricio iactat se nomine Roma = 96, 1 (= 225, 6) Martio ardescens furialis aestu = 74, 24 Masine, rerum causas qui noscis et aegros = 158, 4 Massae recentis rudia adhuc primordia = 39, 1 Maturo vt studio ductus nitet aureus Orbis = 106, 2 Maxima nobilibus debentur praemia factis = 115, 1 Maxime summorum victor Weckere dolorum = 216, 2 Me varii rerum doctore leguntur agones = 59, 9 Mechoacan confert stomacho, iecori atque lieni = 94, 2 Mellifer innumeris exercitus incubat herbis = 36, 1 Mendosum quod erat, si quaeris habere volumen = 110, 2 Mente nihil nobis praestantius optimus auctor = 189, 5 Mente repurgata, Bacon Verulamius, ausu = 152, 1 Menti vbi se praebet tua terris inclyta fama = 77, 4 Mercurio par cuncta deo spectabilis erras = 203, 6
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CARMINA MEDICALIA
Minderer en medica mortales arte leuauit = 164, 8 Mirabar tua iure olim miracula, nomen = 3, 2 Mira canis, mirande liber: mirabitur Orbis = 198, 7 Mira Dei manus est, quae nobile totius Orbis = 56, 8 Miramur quibus extinctos Epidaurius herbis = 2, 4 Miranda exponit Naturae effecta Borellus = 47, 7 Mirandum non est, Marcellus quando sequaces = 84, 4 Miratur Natura suum novisse ministrum = 168, 3 Miratus? mirare magis: Zacutus acutus = 226, 2 Mire compactos resecas dum corporis artus = 154, 1 Moenia facundo si debent Graia Galeno = 101, 17 Moesta diu luxit miseram Medicina ruinam = 167, 5 Morbis nequaquam melius te quisque medetur = 74, 15 Morborum causas siquis vel scire laborat = 19, 5 (= 20, 1) Morborum domitor, Camerari, Asclepia proles = 56, 5 Morborum iam saeva cohors invaserat Orbem = 170, 1 Morborum occultas vires febresque ma lignas = 195, 5 Moribus et virtute prius Centaurus Achillem = 172, 1 Mors errans iuuenem Latio quaerebat et Iris = 54, 42 Mors, quae corporeae est huius destructio massae = 190, 10 Mors te, Laurenti, subito rapit: arte morantem = 54, 43 Mors tibi, Laurenti, iuueni dedit improba mortem = 54, 13 Mors Zacuti cernens venerandam dira senectam = 226, 20 Mortales fixo consistunt cardine sortes = 75, 6
Mortales olim, Caesar, mortalia tantum = 155, 2 Mortis agone tibi sua scripta Spigelius offert = 208, 5 Mortone, dubiam doctus insequi febrim = 170, 3 Mortuus, arte tua, Ruyschi, vivit, docet, infans = 194, 2 Mortuus Herlicius: proh! aspera fata, perennem = 225, 14 Motus atque polos et sidera nosse, quid illa = 148, 3 Mulier, voluptas et salus mortalium = 100, 2 Multa Zacutus monimenta laude = 227, 11 Multiplices numerorum vsus, discrimina, parteis = 59, 12 Multiplici vincit florum genus omne colore = 141, 6 Multum hodie cuiquam si res herbaria debet = 143, 2 Mundum Naturamque omnem cui noscere curae est = 119, 2 Munera Lotichiae sua genti Phoebus Apollo = 153, 3b Musis amice, dis et omnibus, Vossi = 41, 3 Muta viuam Helenam tunc reddit imagine Zeuxis = 227, 3 Mutua praestatis victurae munera famae = 40, 1 Nascere, docte liber, medicorum lumen et artis = 75, 10 Naturae arcanam cameram scrutando recludens = 56, 6 Naturae ludentis opus suspensaque mundi = 141, 3 Naturae portenta: duos praegrandis Olympus = 76, 1 Naturae vitam munus Cagnatus habebat = 54, 7 Naturam melius, morbos, medicamina, causas = 97, 6 Natus erat tuus excellens Asclepius alter = 55, 14
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
Ne dubites homini fuerit quam certa venustas = 92, 1 Nec fuit Hippocrati nec cassia nota Galeno = 141, 6b Ne labor assiduus te, lector, terreat, ecce = 60, 4 Ne lapis insideas lapidi Sapientia con fert = 168, 6 Ne mea dona tibi, studio disposta fideli = 213, 2 Ne quaeras alium, nuper liber aucte gemellis = 52, 1 Ne resonent gemitus, hic ne lamenta: querelas = 54, 39 Nescio quae, magnas turbant certamina mentes = 42, 5 Ni fuerit de gente Midae, liuore tumescit = 227, 14 Nil admirari, prope res est vna, beatos = 119, 3 Nil ego te metuo, quamuis mihi multa mineris = 4, 2 Nobile sumpsisti, Laurenti, ex arbore nomen = 55, 11 Nobilis Augenius scripsit Hippocratis auctus = 20, 4 Nobilis et priscae iactat primordia stirpis = 2, 3 Nomine quae Sanctae Crucis herba vocatur, ocellis = 94, 1 (= 175, 2) Non, Cardane, tuam poterunt extinguere laudem = 59, 11 Non ego Castaliis immersi fontibus ora = 226, 17 Non es fons sine aquis: fluvios vomis, omnia inundans = 99, 5 Non est, invidiae caussa culpetur ab ullo = 115, 3 Non haec vel viuo vel cocto fabrica constat = 190, 14 Non ideo flammas caelesti sede Prometheus = 113, 2 Non ita Thessalicus, quem dira tarantula, succus = 114, 1 Non languor, sed amor morbi cognoscere metam = 123, 2 Non legis et carpis: qui non capis, inuide, carpis = 4, 3
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Non liberos quae duxit olim spiritus = 224, 1 Non malus o histor duras, Marcelle, per aeuum = 84, 5 Non Martis furias, dolos, rapinas = 68, 3 Non me terra teget, caelo sed raptus in alto = 59, 3 Non modo coelesti fomento cordibus vsu est = 220, 2 Nonne satis fuerat, Laurenti maxime, palmam = 90, 4 Nonne times (ne quis dubitet!) te, Phoe be, coruscum = 171, 1 Non opus est laudent tua tot tantique medentes = 90, 2 Non patior, Beverovici, tua tormina, nullum = 42, 2 Non potuit plures hic quaerere Clusius herbas = 225, 2 Non satis esse mali misero nunc credis in Orbe = 113, 1 Non satis ille sapit medicus, sed ab arte recedit = 43, 2 Non te uno virtus non una et fortis imago = 116, 1 Non tibi Aristotelis sapientia, non tibi Coi = 126, 1 Non tibi debueram, dulcis pro munere vitae = 54, 20 Non vernant zephyri tot elegantum = 126, 3 Noris vt hospes, ossa quanti marmore = 101, 16 Nosse uelis epidemion unde oritur cephalalgos = 183, 2 Nostra chymia, meis doctor dilecte medullis = 82, 3 Nostros docta iuuant, placuerunt barbara quondam = 214, 1 Nota tibi fuerant, Clusi, pellentia morbo = 143, 6 Νοῦσος, sanguinei stipatus more tyranni = 134, 2 Nubifer, ad Rhenum fluvium, qui, rex fluviorum = 82, 13 Nulla alia est ratio cur te mea carmina laudent = 89, 5
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Nulla, pol!, tacebit aetas nominis famam tui = 198, 1 Nulla salutifero se comparet herba tabaco = 141, 6i (= 175, 3) Nulla vis virtusque manet perennis = 79, 4 Nullius ars hominis, Natura iuncta, levabat = 195, 3 Nullius est artis tam firma scientia doctae = 198, 28 Num satis est, venerande senex, tua scripta per Orbem = 18, 4 (= 21, 4) Nunc faveant, fumum modo qui risere tabaci = 175, 4 Nuncia fida Iovis caelo demissa sereno = 62, 4 Nunc oculis tandem usurpo: quae nulla silere = 56, 12 Nunc vellem facunda forem: dolor artibus obstat = 227, 16 Nunc voret inuidiae moestus praecordia liuor = 207, 2 Nuper adumbratos medicinae vidimus artis = 51, 1 Nuper Castalidum decus sororum = 54, 25 Ob conseruatos insigni hoc munere ciueis = 185, 8 Obstabant latebrae dictis, socordia patrum = 27, 7 Occidit heu! toties tua qvi victricibus armis = 32, 5 Occidit telo Phaeton trisulco = 54, 17 Occiduo dum Phoebus equis se gurgite tingit = 207, 1 Occubuit fatis Capitaneus, alta micaret = 32, 2 O decus! o columen! O mens suprema Lycaei = 225, 10 O decus Phoebi vrbis et Orbis ingens = 166, 1 O iuuenes, si forte sequi mea castra parati = 180, 2 Omnes qui partes habitas mundique genarcha = 135, 2b Omne tulit punctum qui miscuit utile dulci = 166, 7
Omnia Naturae dum, Clusi, arcana recludis = 141, 1 Omnia Naturae qui munera pectore clusit = 225, 3 Omnia quae mundi vasto conclusa theatro = 104, 2 Omnigenas uafri praepono daemonis artes = 222, 1 Omniparens vis illa Dei, Natura creatrix = 198, 13 O quam futuri nescia = 55, 8 O quem te memorem, Marsili maxime, vel quo = 53, 1 O qui, medentum gloria nobilis = 170, 7 Ora quidem est ausus Marci describere pictor = 205, 1 Organum agit mundus denis vocale registris = 135, 1 Ornabat olim tua virenti Delius = 151, 3 Ostentent alii Libycos domuisse leones = 140, 2 Paci, Phoebigenum decus sophorum = 160, 1 Paeonia aeterno graphio complecteris acta = 35, 1 Paeonia celebris Lymuicus in arte magister = 32, 7 Paeonio tu quisquis eges medicamine et optas = 68, 9 Paeonios quicunque cupis gustare liquores = 110, 1 Pagina quid sapiat breuis haec si forte requiris = 68, 10 Pande, opus egregium, latebras et nocte fugata = 137, 1 Parca apis in prato florum genus omne pererrat = 122, 3 Parca inimica viris, a te Laurentius iste = 54, 60a Parce meos lacrymis onerare, Batavia, manes = 212, 4 Parce, pater, lacrimis: in caelo viuitur atque = 54, 1 Parve liber, gelidos mundi visure trio nes = 162, 6 Pasce oculos vivis (res est non parva!) figuris = 193, 4
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
Patria, fama, domus, spes, rex, fortuna valete = 190, 8 Patria, scandendi proprio quae nomine gaudes = 155, 7 Patris deliciae senis = 54, 15 Paulus, Alexander, Galenus, Cous, Aetius = 7, 5 Perdere tabificae postquam contagia pestis = 164, 7 Per genus et sexum vivas, mea filia, quantum = 71, 5 Persimilis tradux fueram patris integra vitae = 54, 37 Personam potuit praesentem sculpere sculptor = 152, 3 Per ventos celeres patere Nereo = 72, 1 Pestiferos morbos sanavit Schenkius ingens = 198, 2b Petro Lotichio sic favit Apollo, choragus = 153, 1 Pharmaca qui norit miscere salubribus herbis = 26, 2 Pharmaca si miscet pestis, firmissima petra est = 195, 4 Phoebe, tuum rabidus numen tua telaque liuor = 169, 5 Phoebeae proceres domus sacrati = 89, 33 Phoebei soboles genii, quae corpora l[a]etho = 181, 2 Phoebus adest, totum spirant praecordia Phoebum = 77, 6 Phyllirius quicquid Chiron, Epidaurius atque = 2, 2 Pinge mihi, vitam cui debet Virbius, vmbra = 161, 1 Pingere si libeat, sat erit quod pingere possis = 198, 52 Plangite Pierides et castae Palladis artes = 54, 56 Planos sophisticosque circulatores = 170, 4 Plantarum formas sileant, qui noscere temnunt = 10, 6 Plectra canant alii Phoebi currusque, sagittas = 68, 4 Pluribus est aliis medicus praestantior unus = 41, 5
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Plurima, quae docuit Danaos Podalirius, heros = 62, 10 Poeona conspicuos multos qui vincere possint = 89, 8 Poeoniae miro canones molimine, Schencki = 198, 18 Pone modum calamo: satis est, Barthline, laborum = 33, 1 Porrigis ambrosiam, medici dum pharmaca praebent = 10, 5 Post parte ex omni mala profligata, Foreste = 101, 12 Post phthisin exutam spoliis lentoque veneno = 170, 6 Praedita quae magno docta exemplaria fructu = 127, 1 Praelia crudescunt, gerit omnis natio bellum = 190, 3 Praesidium humanae sunt artes utile uitae = 183, 1 Praestantem, Sophie, perire alumnum = 54, 45 Primitias Phoebo sacras artisque potentis = 171, 3 Primus honor merito diuis tribuendus Olympi = 198, 43 Primus, quos tulerat quondam Germania, vates = 153, 2 Prisca aetas medicos iactet, quos nouerat omnes = 13, 4 Prisca quod Hippocrati venerando debuit aetas = 128, 1 Prodite aurea scripta Stagiritae = 46, 1 Profana busti pompa tumularis vacet = 54, 27 Profer io, Barthline, nives. Haec denique restat = 31, 1 Profer, Musa, nouum melos = 54, 55 Progenies Phoebi nymphaque Coronide nate = 101, 11 Proles Aesclapi[i] noua fert medicamina genti = 166, 5 Pro meritis, Friderice, tuis, rex optime, rursum = 190, 18 Pro multis aliis medicum pollere peritum = 19, 6 (= 20, 2) Protulit in lucem vigilans vt cura Foresti = 101, 6
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Pruris, mi liber, (heu nimis!) flagrasque = 188, 1 Pulchra quidem veniens e pulchro corpore imago = 198, 44 Pulmoni nunquam veteres tria vasa negarunt = 193, 3 Puluere de bello conspersus membra decoro = 182, 1 Pyramides quondam varias Roma inclyta struxit = 190, 13 Pyramidum moles et regum funera Memphis = 194, 3 Quae Capitolinus, coelo protentus, Apollo = 92, 2 Quae caussae pestem faciant, quae signa sequantur = 1, 3 Quaecunque expressit chartis Arlunus in istis = 15, 1 Quae docet Hippocrates, Podalirius atque Galenus = 74, 22 Quae fragrat haec digitis Rosa Gallica lecta disertis = 65, 1 Quae Graecis fuerit glans unguentaria, monstrant = 141, 6d «Quae latitant mirata tuis penetralia chartis = 75, 5 Quae letho tumulata iacent decora alta parentum = 76, 2 Quae mala diuexant pueros puerasque tenellas = 162, 3 Quae modo discerptos miseris mortalibus artus = 27, 1 Quae modo perpetuo viguere tenore iuuentae = 54, 23 Quaenam, Carpe, ingens pietas, quis te impluit ardor = 27, 2 Quae nova progenies ista est ? Irane deorum = 71, 2 Quae patria, unde genus, nitido vis quanta corallo = 105, 5 Quae post Argiuos Arabasque notamine longo = 198, 16 Quae praeclara tulit consultos iuris, alumnos = 70, 4 Quae pridem Natura suo viduata nitore est = 187, 1
Quae prius obscuro docuere Hermetis alumni = 93, 2 Quae quondam ex ipsis Phoebi Suadaeque medullis = 119, 5 Quaeris: Alexander Magni cognomine visus = 160, 3 Quaeris delitias et pinguis fercula mensae = 98, 1 Quae sit bellua viperina, Pestis = 164, 3 Quae sit caussa mali, qui laeso corpore languor = 2, 5 Quae sit uis animi demonstrant uisa diurna = 183, 11 Quae stultus carpit, sapiens probat. Elige, Mome = 56, 10 Quae substantia, quis lienis usus = 121, 2 Quae vis tanta mali potuit te perdere, nate = 54, 54 Qualis stirps fuit aut Apollinaris = 109, 1 Quamdiu fluet in fluenta flava = 89, 14 Quam multa vitae, Marsili, pericula = 54, 2 Quam non intus alit virtus, arescit et alto = 197, 4 Quam princeps animae virtus sibi vendicet aulam = 69, 2 Quamquam citatus pennipesque festines = 143, 9 Quam quondam Phoebus celebrauit carminis auctor = 211, 1 Quantula vitrioli coelestes portio vires = 182, 2 Quantum promeruit laudis, qui lucis in oras = 139, 1 Quas gremio celauit opes Natura latenti = 226, 12 Quas homo subrepti poenas luet amplius ignis = 195, 2 Quas Medicina dabit tibi pro medicamine tanto = 166, 6 Quas unquam poterit grates, Carranza diserte = 60, 3 Quem Camerariadum dicam te? filius an sis = 56, 3 Quem, dic, Melpomene, virum = 39, 5
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
Quem nemo prudens viuere sentit = 226, 7 Quem picta hic cernis vultum faciem que tabella = 17, 3 (= 18, 3; 19, 3) Quem pridem Pestis-pestem metuere Sorores = 166,4 Quem regi et vobis obeliscum consecro, nati = 190, 19 Quem terris Bruxella dedit Patavique Lycaeum = 209, 2 Qui audet omnigena ditari Palladis arte = 162, 4 Qui caput infestent morbi, rationis et artem = 101, 1 Qui Christo semper vixit submissius, illum = 89, 16 Quicquid Aristoteli rerum sapientia debet = 27, 4 Qvicqvid mortalis fingit solertia curae = 30, 1 Quicumque curare artibus medicis graues = 159, 1 Quicumque marmor sistis ad Laurentii = 54, 26 Qui cupis ant[h]iadum puerorum pellere morbos = 3, 3 Qui cupit infandi naturam noscere morbi = 183, 4 Qui, curis pressus uariis, sacra culmina Cynthi = 13, 6 Quid Bromium ignigenam lymphis gelidoque rigori = 158, 2 Quid, Clusi, emeritae militiae senex = 141, 4 Quid digna cedri aeternitate, Palladis = 90, 3 Quid dubitas culte in uulgus prodire libelle = 68, 7 Quid, Duncane, tibi Germania nostra rependet = 148, 1 Quid lachrymis Parcae crudelia lumina spargunt = 77, 5 Quid, Lanzone, tot editis libellis = 140, 4 Quid Latii mirare obeliscos, chare viator = 190, 16 Quid luges? Raymundus adest tibi: tunc, Medicina = 167, 3
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Quid me ceu tumulo chare gemis parens = 54, 18 Quid mirum ambrosias in lucem te edere plantas = 10, 4 Quid mirum est, homini quod diae lumina vitae = 218, 2 Quid mirum iurata fides si frangitur et mi = 54, 24 Quid multis fidis medicis, dux optime? multum est = 118, 3 Quid non longa dies, labor et mutabilis aeui = 198, 19 Quid non prompta suo manus labore = 217, 1 «Quid properata secas heu! nati fila iuuentae = 54, 8 Quidquid, Zoile, lucidas in auras = 112, 4 Quid struis aut qua spe, rebus servate secundis = 105, 4 Quid tam diu nos, haemochares, tuis = 227, 7 Quid tandem superest operum mortalibus ausis = 159, 2 Quid tibi monstrorvm monstrat genus omne dicatum = 5, 1 Qui fuit antiquis medicae deus artis Apollo = 91, 2 Qui Iouis imperio, si vera est fama, profundo = 54, 30 Qui legis inuisi conuiuia cruda Thyestae = 145, 2 Qui medici sancte iurant in verba Galeni = 82, 16 Qui memorat cedro dignos laudatque labores = 150, 1 Qui microcosmi reserans penetralia dudum = 194, 1 Qui nitet hic Phoebo iuvenis formosior ipso = 175, 1 Qui noua scire cupis miracula Cunctipotentis = 84, 3 Qui patriae voluit primo celebrare libello = 47, 10 Qui poteras aegris fugientem sistere vitam = 55, 7 Qui prius exacte medicamina quaeque recenset = 173, 1
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Qui ratione cupis methodoue fugare catarrhum = 22, 1 Qui rerum causas, coelum, qui sydera Nipho = 177, 2 Quis furor ignotos adigit penetrare recessus = 141, 2 Quis lymphae ductus primus monstraverit Orbi = 193, 2 Quis modo non credat, summa demissum ab arce = 89, 28 Quis non Alciden nouit, qui nescit Achillem = 189, 1 Quis novus hic Batavis exsurgens sedibus hospes = 175, 7 Qui solers studio niteris abdita = 184, 8 Quis prope Laurenti tumulum stat squallidus ore = 54, 11 Qvisquis Apollineae studiosus es artis et artem = 198, 25 Quisquis Apollineas animo complecteris artes = 215, 1 Quisquis es et medicam non plane res puis artem = 79, 2 Quisquis es o patriae contemnere munera svete = 28, 1 Qvisquis inoffensos per secula ducere cursus = 162, 7 Quisquis longaeuam validoque in corpore vitam = 186, 1 Quis te praetereat tacitum, clarissime Schencki = 198, 3 Quis tibi pro docto persoluet digna labore = 62, 13 Quis tuas laudes sterili Camoena = 166, 2 Qui vicit Poenos, cuique Africa subdita, dictus = 115, 5 Qui videt hos flores tumuli de vertice nasci = 143, 18 Qui viuis hominum depinxit membra figuris = 90, 7 Qui volet intuitu raros cognoscere in vno = 226, 4 Quo, Bauhine, rapit tua te insatiata lubido = 115, 4 Quod claudi tumulo potest, viator = 225, 5
Quod docet istud Opus monstrorum, perlege lector = 5, 2 Quod e tenebris vindicatos excitas = 131, 5 Quod iacet hoc tumulo si vis nouisse, viator = 143, 16 Quod laudant omnes, contemnis, Zoile, solus = 123, 4 Quod male curarent homines languentia membra = 79, 3 Quodnam veneno postulatis Pythium = 203, 3 Quod primo aetatis Cagnatum in flore peremi = 55,13 Quod sua caelestis non omnibus omnia terris = 40, 2 Quod vitalis agit zephyrus, cum vere reverso = 126, 4 Quo mage florentem conaris pondere palmam = 197, 3 Quo mihi, spectantem faciens lapidescere turbam = 42, 1 Quo, nate, pergis? siste, quo tendis? Patrem = 54, 51 Quondam insolenti sidera vertice = 54, 59 Quos arte de medica Galenus edidit = 112, 1 Quos Elysiae Dei coronae = 89, 32 Quos Natura dedit, quos artus docta uetustas = 27, 5 Quos tellus pelagusque cibos, quos suggerit aer = 178, 1 Quo valeam mulcere tuam solamine mentem = 54, 19 Quur med, ex Vietoris eruditi = 82, 11 Ranzouiae cui non est cognita gloria gentis = 190, 24 Raptus es, o primo Laurenti flore iuuentae = 54, 5 Raptus iam Ganimedes Iouis alite = 54, 49 Rara fides vulgo inuersum cognomen: i nomen = 74, 7 Raymundus, doctor mirandus in arte medendi est = 165, 1
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
Regia progenies Lotharingae amplissima gentis = 88, 1 (= 89, 34) Regibus et nostris asserta est gloria tandem = 91, 1 Regius interpres Coumque catumque Galenum = 89, 3 Regum gloria summa Gallicorum = 86, 1 (= 89, 31) Res eadem, haud eadem nunc extat, quae fuit ante = 90, 9 Rex superum culpa primorum pressa parentum = 196, 1 Ridetur neruum repetens citharoedus eundem = 44, 2 Rimatur manus apta manum: mens, erue mentem = 62, 3 Riphaeae gentes dent mardros atque zobellos = 179, 2 Robur habet nomen, multis medicamina pollent = 200, 1 Robur inest scriptis, quae dia Minerua Cratonis = 199, 2 Rumpari licet octies per artus = 183, 12 Saepe videbatur plagis Medicina negari = 155, 1 Saepius a vero veteres malus abstulit error = 152, 4 Saluete aureoli mei libelli = 190, 4 Sanguineum nectar splen quomodo viscere promat = 121, 1 Sarula, tam cito tu, mea Sarula, tam cito lethi = 57, 2 Sat, Frambesari, patriis celebratus in oris = 136, 1 Sat mihi, sat laudi, charis vixi sat amicis = 190, 7 Sceptra deum tractans iuuenis celebratur Apollo = 74, 11 Schencke, potestates herbarum edocte medendo = 198, 33 Schencki, morborum laesaeque medela salutis = 198, 29 Schencki, tantus eras, et tot clarissima dudum = 225, 29 Schenckius es dictus nec enim Natura recusat = 198, 45
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Scire uices rerum dubiasque exquirere causas = 179, 4 Scribimus indocti et docti, medicamina passim = 125, 2 Scripserat haec Niphus, sophiae lux, alter Apollo = 177, 1 Scripsimus innumeros medicorum in codice sensus = 24, 1 Scripsisti naevos sine naevis, optime amice = 92, 4 Se bona diffundunt, arcto nec carcere claudi = 45, 5 Sectio venarum in grauidis, ne fiat aborsus = 9, 1 Sedibus a patriis Romanus Horatius hostes = 20, 8 Sennertum et Doeringiaden, fidissima quondam = 202, 8 Sennertus nisi vixisset, Medicina perisset = 202, 6 Sexcenti cum nostra premant iam corpora morbi = 20, 6 Si bene magnifica cepit cum laude coronam = 215, 3 Sic Bartholini, sic ora Machaonis exstant = 33, 2 Sic capit Oceanus nec reddere segnis easdem = 33, 4 Siccine demisso vultu, Medicina, lugebis = 167, 2 Siccine praestantes auget nova cura labores = 192, 2 Sic est quidem: nil scribitur, nil dicitur = 105, 3 Sic flauos tibi ventilet = 203, 2 Si mortalis homo fugitiuum transigat aeuum = 190, 21 Sic neque Musarum cultus nec Apollinis artes = 83, 4 Sic nullus nostri melius te nouit, Aranti = 13, 5 Sic patris ora micant senium minitantia vultu = 33, 6 Sic stellas olim Phoebe, sic lumina Titan = 32, 1 Sic tibi concedat medicanti Pergamus arte = 143, 14 Si cui delitias iocosque nostros = 98, 3
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Si cupis herbarum certas cognoscere vires = 190, 1 Si digni quondam Podalirius atque Machaon = 101, 13 Si Diti rapuit iuuenes Epidaurius herbis = 75, 8 Sidonios habitus atque aurea pallia foelix = 98, 2 Si, dum vivo, meum corpus reserare li ceret = 45, 2 Si expectas partum, peperit Fortuna gemellos = 60, 5 Si, lector, cruciat magna sitis tuas = 9, 3 Si loca Cumarum, si balnea prisca Dicarchi = 151, 5 Si magnam laudem medicorum vita meretur = 131, 1 Si me damnaret prudens censura uirorum = 68, 11 Si medico dignum satagis contexere sertum = 164, 5 Si me sanabis, summo faciente Iehova = 82, 15 Si mortale mihi doceat perferre Camoena[s] = 32, 3 Si nil mirari faciat nos esse beatos = 47, 6 Sint licet haec variis feruentia tempora turbis = 104, 1 Si pensare animas sinerent crudelia fata = 190, 23 Si quibus externos acie vicisse tyrannos = 101, 2 Si quis adhuc homini diuinam numinis auram = 183, 10 Si quis Aristotelem vellet, si cernere vellet = 202, 2 Si te delectat multo pulcerrima nympha = 144, 1 Si tibi iudicium fuerit, quo praeditus autor = 58, 2 Sit maior virtus, quam quaerere, parta tueri = 194, 4 Si tot terra malis, quibus abstinuere priores = 185, 9 Si varias morbi causas speciesque malorum = 215, 2
Si vos forte videns caperata fronte, libelli = 185, 1 Si, Wolffgange, meos uidebis unquam = 2, 6 Slegeli, sustolle caput: nova tradit Apollo = 157, 1 Socratis humanum rimans Sapientia corpus = 76, 6 Sol, toti fundens radios et lumina mundo = 119, 6 Soli non errant superi, mortalia nunquam = 167, 12 Solum sequaces praetulimus diu = 170, 11 (= 210, 2) Somnia bicipitis Parnassi mente reposta = 170, 8 Sparge, precor, flores supra mea busta, viator = 143, 10 Spernebat Natura uiros atque horrida monstra = 27, 6 Spicula dum tractat ferroque armatus in ictum = 74, 23 Spigelio in magno quicquid rex Adria fleuit = 208, 1 Spigelius nusquam est: imo est, victurus vbique = 208, 6 Spiritus hunc proprius versat, praecordia raris = 59, 4 Splendida quem falsi capiunt tectoria mundi = 225, 27 Stamina pergebat Lachesis deducere et annis = 54, 44 Stella Machaoniae, Bauschi, preciosa coronae = 1, 1 Struxerit humanos quam miris artibus artus = 90, 10 Suave riserunt roseae sorores = 89, 29 Sudor caeruleis prius Britannis = 183, 8 Sunt animae morbi, sunt corporis illius: omnes = 111, 2 Sunt plantae, credas, vitaque lethum = 38, 3 Sunt quibus est studio coelestia corpora nosse = 101, 5 Sunt tibi cum regum, tum publica commoda curae = 189, 2 Surge, pater florum, si quis tibi sensus in vrna = 143, 11
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INDICE DEI CAPOVERSI LATINI
Surgunt in nostris veterum miracula seclis = 76, 8 Syluius Hippocratis vindex ille, ille Galeni = 86, 2 (= 89, 10) Tantae molis opus, natum foelicibus astris = 90, 5 Tantae molis opus, quod tentas, docte Zacute = 226, 13 Te, Blondel[ii], medicas docente vires = 43, 6 Techna nitet Phoebea viris limata peritis = 227, 15 Tecta diu ignora febrilis flamma favilla = 170, 10 Te dedit Augusta vitae, Raymunde, patronum = 164, 10 Te facimus, Medicina, deam caeloque locamus = 41, 1 Tempus erat Tartessiacis quo mersus in vndis = 215, 4 Ter decies erat acta dies violentis Iuli = 225, 12 Te, Rodolfe, sinus Natura admisit in omnes = 56, 7 Te sublimem alii ferant = 200, 2 Te tantum medicum, tantum, IanPetre, poetam = 153, 3a Thermarum cupias, amice lector = 151, 6 Thesaurum quondam scripsit Theodorus aquarum = 82, 1 Tota tuis studiis Iuno fauet, optime Iane = 119, 4 Tota tui, Zacute, libris Germania gaudet = 227, 2 Toxica, quae Colchis profert, innoxia nae sint = 162, 5 Tradat Hippocrates aboleri volumina flammis = 75, 3 Transitus e viuis vitae coelestis origo est = 190, 11 Triste gemit, longo languens Academia morbo = 129, 4 Tristibus haud tantum est lapis iste medela venenis = 141, 6f Trux cadat ichneumon, Lybicae et crocodilus arenae = 198, 34
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Tu mihi principium, tu finis, maxime Pazi = 63, 1 Tu per secla ferere praedicatus = 89, 12 Tuque unum ante alios, Sylvi doctissime, quando = 89, 7 Tu quicunque cupis lethales vincere morbos = 74, 13 Tu, qui nominibus cum sis generosus et arte = 74, 10 Tu, qui vatidica praecedis mente, parumper = 225, 16 Turba fuit quondam multorum causa malorum = 81, 2 Ture Iovem, spicis Cererem Bacchum que racemis = 16, 1 Vltima laus non est artem callere medendi = 17, 6 Vltima mystacio ex medico quaerenda, beate = 143, 13 Vmbra redire possent Aesculapii = 225, 18 Vnus vt aegrotos apto medicamine cu ras = 18, 5 (= 21, 5) Vrbs multum debet tibi, Curti: at plura Remundo = 164, 2 Vrbs olim, Pelusiacis quae lambitur vndis = 74, 20 Vsque adeo regnat bonitas in climate mundi = 82, 9 Vt dictum est vere: Parcas rapere optima quaeque = 225, 4 Vtile cum dulci, factis vox consona, recti = 56, 1 Vt medici nequeant, velut est de more medentum = 151, 2 Vt morbum iugules, morbi praenoscere causam = 127, 4 Vt neque fictilibus neque, cum uetus ardet in auro = 111, 1 Vt nihil in vita vitali gratius aura = 107, 2 Vt nocturna quies reddat quae vota diurni = 198, 22 Vt non suffecit ploranti lumen vtrum que = 167, 7 Vt plantas inter reliquas praelustris odore = 78, 1
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CARMINA MEDICALIA
Vt pullos nido paucos excludat ab ouis = 90, 1 Vt sanus viuas, medice docet iste libellus = 178, 2 Vt sint qui nihil esse morte peius = 50, 2 Vt tua peruenit diuas ad Apollinis aures = 77, 7 Valde observasti magni documenta draconis = 47, 4 Vapulat et meritas dat acerbo funere poenas = 164, 4 Venturo quotquot medicus clarissimus aeuo = 145, 1 Vera labore pio, medici, quaesistis alexi- = 184, 3 Verba mihi desunt, eadem tam saepe petenti = 134, 1 Vicisti, Medicina, tuo nec sola medenti = 42, 4 Viderat astrorum motus causasque notarat = 143, 15 «Vidi ego: Phoebeum munus proiecerat; et si = 169, 4 Vidisti historias vt magni, Mome, Zacuti = 226, 15 Vidit et humanis inuidit Iuppiter ausis = 54, 48 Vidit vt Hippocrates Zacuti scripta diserta = 227, 1 Vidit vt infelix Hyacinthia funera Apollo = 73, 2 Vi donisque Dei et medicis, clarissime, curis = 82, 12 Vin Meditrinae medullam nosse? Sennertum vide = 202, 1 Vipera, quae siluas coluit vaga, regna Dianae = 203, 1 Viperas, Parthenopes dudum concepta lacunis = 203, 7 Vipereos quid, Marce, sinus latebrasque volutas = 203, 5 Virtutum decus omnium novemque = 89, 35 Vis tibi cum fluida doctrinam iungere lingua = 18, 8 (=21, 7) Vitam quod faciat beatiorem = 147, 1 Vivat Aristoteles, vivat Galenus et ingens = 117, 1
Viue diu, generose senex, sanctissime mysta = 203, 4 Vive diu, longis, nove doctor Aquensis, in annis = 43, 8 Viuo, post moriar; sic fert diuina voluntas = 190, 6 Vix, quod sensa negant, tua mens intelliget unquam = 152, 2 Vix uni cunctis poterat medicarier herbis = 175, 5 Vos ego qui sapitis, medicis qui fiditis (omnes = 183, 13 Vos, medici, quibus est hoc praeter grande domi nil = 220, 3 Vos, quae foemineum consuestis perdere sexum = 115, 2 Vos, quos languor edax, quos opprimit arida tabes = 80, 1 Vox tua tam clare resonat, doctissime Iuli = 62, 12 Vulgata et vetus est multis contentio sitne = 166, 3 Vulneribus tactos grauiter dum morte leuasti = 155, 5 Wirtembergiacae non infima gloria terrae = 40, 5 Wrtenbergiaci ducis in regione perampla = 120, 2 Zacute, dum multis medicinam porrigis aegris = 227, 13 Zacutus doctor, coelesti nomine dignus = 226, 9 Zacutus iste, quem benigne tu lector = 227, 12 Zoile, crede mihi, procul es, quod caetera curat = 155, 4 Zoile, in ignotum quisquis cum spicula torquet = 11, 1 Zoile, si quicquam vel adhuc sapis, exue mentem = 89, 30 Zoilus accedat nemo: sin ipse recedet = 155, 8 Zoilus et Momus balatrones diraque pestis = 106, 5
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INDICE DEI CAPOVERSI GRECI
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INDICE DEI CAPOVERSI GRECI Αἰθέρα Πληϊάδων ᾤοντο τοκῆα φορῆναι = 44, 1
Ἄλγος ἔχει πατέρ’, ἄλγος ἔχει καὶ μητέρα· ποῖον = 54, 47 Ἀνδρείας ὁ Χίοκκος ἀκεστορίης ὑποφήτης = 67, 2
Ἀνδρείου μελέτημα τόδ’ ἔπλετ’ ἀκέστορος ἄκρου = 67, 1 Βίβλος ἀκεστορίης, σοφὸν ἴδμονος ἔργον ὑφάντου = 8, 3 Βίβλ’ ὦ Κορτεσίου θεῖος πόνος ἰσογαληνοῦ = 74, 5
Βοοστιάδη περίπυστε, τετιμένε πᾶσι θεοῖσι = 41, 2
Γηοβόρους [sic] νούσους ἰήσατο Σχέγκιος ἴδρις = 198, 2a Δαίμονα τὸν στυγερὸν τὸν ἀτάσθαλα μηχανάοντα = 221, 5 Ἑβδομάδι ζώης τ’ ὀλέθρου τε τὰ ἔργα διεῖπεν = 115, 7 Εἰ διὰ τὴν χρείαν τιμώμενός ἐστιν ἰητήρ = 164, 12
Εἶδον σὲ πάλαι, Ἀλφόνσε Καῤῥάνζα = 60, 6
Εἰ νούσους φεύγεις, Λαυρέντιον ἰατρὸν ἄνδρα = 90, 12 Εἴ ποτε Μουσάων θεοείκελος ἱεροφάντης = 137, 2
Εἴ τις ἀνάβλησιν θανάτου κρυεροῖο δαῆναι = 19, 7 (= 20, 3)
Ἐλλὰς ἐφ’ Ἱπποκράτει πρόπαλαι σεμνύνετο χώρη = 119, 7 Ἐλλογίμου ἐθέλῃς ἰητροῦ εἰκόνα δέρκειν = 198, 40 Ἔνθα δὲ Καγνάτων ἱερὸν φάος, ἐνθάδε κεῖται = 54, 58 Ἐν μικρᾷ τέχνᾳ μέγα ὄργμα χαράξε Γαληνὸς = 196, 3 Ἔργα Διοσκορίδου βοτανῶν πέρι καὶ περὶ δένδρων = 161, 5 Ἔργα Θεοῦ, σοφίην τ’ ἐξαυδᾷ καὶ μέγα κῦδος = 90, 11
Ἔργον ἀκεστορίης ἐφέπεις πᾶν ἔξοχα, Παιὼν = 13, 7 Ἔρμα Καητανῶν κυδράς, Ἐῤῥῖκε, γενέθλας = 13, 9 Εὕρνιε, ταῦτ’ ἴμεναι σὰ λέγεις καὶ πάντες ὁμοίως = 119, 1 Ζωίλε , αἰὲν ἐπ’ ἀλλοτρίοισι πόνοις ἀγανακτῶν = 62, 16 Ἦρα βίου ὁ Βιῆρος ἔφυ μέγας ἦρα γὰρ αὐτὸς = 221, 1 Θάλπουσιν Χάριτες θεαὶ καὶ ἀγκὰς = 21, 2 Θῆρας ἀλεξίκακος τερατώδεις ἔκτανε ῥίμ φα = 87, 1 (= 89, 1) Ἱερός ἐστι βίβλος, κατέχει μυστήρι ἀρι θμοῦ = 9, 2 Ἰητρὸν πολλῶν ἀντάξιον ἔμμεναι ἄλλων = 41, 4
Ἱπποκράτην ὄσδει τὸ νόημα, λόγος δέ γε Κέλσον = 13, 8 Ἱπποηράτης ἰατρῶν πρῶτος, μετὰ τόνδε Γαληνὸς = 97, 9 Ἱπποκράτης τιμίων αἰεὶ μέγα κῦδος ἰατρῶν = 79, 1 Κάσσαρε, ἀνδρομέης ἀνατέμνων ὄργαν’ ὀπωπῆς = 62, 17 Κλουσιάδου φίλον ᾧ βίον ἐστι καὶ ἤθεα γνῶναι = 143, 3 Κύπριδ’ ὃς εἶτε πάρος γράφθαι γ’ ἐνταῦθα τελείην = 90, 8 Κῶος ὁ Ἱπποκράτης ἱητρὸς γέγραφε πολλὰ = 127, 3 Μαυρικίῳ τάδε Λανδγραβίῳ ἀρεταῖσι βρύοντι = 186, 2 Μοῖρα χαμαὶ γενέων ἐχθρὴ Λαυρέντιον οὕτως = 54, 46 Μουσικὰ πάντα μαθῶν, φύσεως θαυμαστὰ ματεύων = 47, 2 Μῶν χαλεπάς περ ἐπιπλῶσαι Κώοιο με νοινᾷς = 119, 8
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CARMINA MEDICALIA
Μῶσαι καὶ Χάριτες καἰ ’Αρεταί, ἴτε κλαύσατε ἄνδρα = 55, 1
«Ῥᾴδια πάντα Θεῷ τελέσαι καὶ ἀνήνυτον οὐδὲν» = 82, 4
Νηπιάχοις τότε νηπιάχως σὲ νοήμασι, πάππαν = 60, 8 Νῦν ἄρα τις ζωῆς βροτέης αἰῶνι πίθοιτο
Σύγγραφος Ἱπποκράτους μορφὴν ἅμα, ὴ δὲ Γαληνοῦ = 198, 36a Σὺ νῦν λέγῃ ὁ Κράτης = 198, 4 Σύλβιος ἐσβέσθη πολλῶν ἀντάξιος ἄλλων
= 83, 2
Ὀρθῶς Αὐγένυος λαμπρῆς ἀπὸ ἠλίου αὐγῆς = 20, 5 ῞Οσγ’ ἐπὶ τὸ πλέον ἰητρείης ἵκετο τέχνης = 55, 2
Ὅς ναεις κατὰ πάντα μέρη κόσμοιο γενάρχα = 135, 2a Ὅς πυρετόν τ’ ὠθεῖν, πυρετοῦ τε ἐέλ δετ’ ὀπάδους = 101, 14 Ὅσσ’ ἔμαθεν Γοῤῥαῖος ἐν Ἱπποκράτους λαβυρίνθοις = 108, 1 Ὅστις Ἀθηναίης δώρων ἔρασαι ἀμα ράντων = 60, 7 «Οὐδένα τῶν μερόπων γεννᾶσθαι μούνῳ ἑαυτῷ = 161, 3 Οὐκ ἥττω κατὰ τὴν μέθοδον, πλῆθος καὶ ὄνησιν = 97, 3 Οὐ τόδε μαψιδίως λάχες ονομα· ἐστὶ γὰρ αὐτὸς = 51, 2 Πάγκρυφα τῆς φύσεως κλύεις, Βώρελλε φιλητὴς = 47, 11 Πᾶν καλὸν ἔργον ἀεὶ τοῦ πρόσθ’ [ut vid.] εὑρόντος ἐτύχθη = 109, 2 Ποικίλα μὲν δεδάηκας ἀλεξητήρια νούσων = 143, 5 Πρόσθεν Ἀλεξανδρινὸς Ἰούλιος εὖχος ἰατρῶν = 6, 1 Πώμαλα δεῖ κλαίειν, σπουδαῖοι, Σύλβιον αἰὲν = 89, 21 Πῶς ἀποδιδράσεις ἀπό μου διὰ τοὔνομα λοιμοῦ = 164, 11
= 89, 19
Σχέγκιε, ἰητρῶν κλέος ἄφθιτον οὐρανό μηκες = 198, 8 Σχέγκιι, ἀλεξικάκων ὑποφῆτα φέριστε ἐφετμῶν = 198, 31 Σώματος ἀνδρομέου οὐ μὲν μόνον, ὥσπερ οἱ ἄλλοι = 221, 2 Τὰς βίβλους τὰς σεῖο κριτῶν ἐν γούνασι κεῖσθαι = 198, 23 Τεσσαρακοντούτης ΙΑΣΙΝ ΓΗ ΟΣΣΑΝ ΟΡΩ ζῶν = 108, 2 Τήνδε δέχεσθε βίβλον, μάλα πρόφονι θυ μῷ ἰατροὶ = 19, 9 Τῇ χθονὶ Φερνέλιον πόλος ὤπασεν, ἡ δέ μιν αὖθις = 97, 5 Τοὺς δωρησαμένους αἴ κεν μέροπες φι λέουσι = 198, 41 Φοῖβος ἀκεστορίην στέρνοις ἐνεμάζατο σοῖο = 74, 4 Χαλκὸν τὸν σελαγεῦντα καὶ ἀστράπτοντα σίδηρον = 121, 4 Ψυκάν [sic], σῶμα τὸ καὶ τημελετεῖν θέλων = 151, 1 Ὡς ἵδεν ἱστορίας Μῶμος μεγάλοιο Ζακούτου = 226, 14
INDICE DEI CAPOVERSI FRANCESI Aprenés illustre Bonnet = 45, 3 Borel quoy que des doctes sœurs = 47, 5 Claire source de la lumiere = 99, 4 Comme Glauque eut remply des troupes escaillées = 37, 6
Ie serois trop ingrat à la posterité = 185, 6 Lecteurs, qui prenez la licence = 99, 6 Le moine soit maudit, qui eut ceste industrie = 185, 4
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INDICE DEI CAPOVERSI EBRAICI
L’enfer et tous malheurs, huchez par Ti siphone = 185, 5 L’ingratitude est vn peché = 37, 4 Mars ialoux dés long temps pour la forte vaillance = 185, 10 Mon Iacot: la saincte memoire = 127, 6 Nature, Monseigneur, en sa course or dinaire = 82, 5
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O cent et cent fois detestable = 185, 2 O medicin divin, prince des iardiniers = 171, 4 Tu as auec tes doctes vers = 185, 3 Vn desirant l’honneur de tes braues escris = 127, 9
INDICE DEI CAPOVERSI ITALIANI Di sacra medicina = 26, 1 Mentre che molte e variate foglie = 10, 7 Moron, che sol per liberar dal male = 169, 1 Non di lingua mordace = 73, 7 Oh quanto il Ciel’ à te sempre Cortese = 73, 5 O tu, che leggi, inuan qui cerchi espresso = 180, 1 Questa, che miri ingiuriosa a morte = 203, 8 Saggio scrittor, in cui natura et arte = 184, 1
Salutifere carte e di Natura = 73, 6 Si come trà metalli è primo l’oro = 184, 2 Tu, che primier vai nel peonio choro = 203, 9 Vedi il buon Marco d’ogni lode degno = 204, 3 Versar lagrime e sangue al mondo infante = 73, 8 Viue fontane! fontane pur felici = 82, 6 Voi de l’eternità figli più degni = 73, 9
INDICE DEI CAPOVERSI TEDESCHI Ein Staedtlein Binnickheim nant = 120, 1 Ich bin auff Erden weit vnd breit = 191, 4 Ich bin Quelcksilber zart vnd rein = 191, 2
Kein Mensch hat je in dieser Welt = 167, 11 O Sulphur, König allr Metalln = 191, 3 Visitir das Centrum der Erden = 191, 1 Wohlan die ihr sendt schwach, thut euch ohn schwer bequemen = 82, 8
INDICE DEI CAPOVERSI EBRAICI
= ִאישׁ נְ שׂוּא ָפּנִ ים וְ חומד21, 3
= יום נבראו ארץ ונם שמים62, 15
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CARMINA MEDICALIA
INDICE DEI CAPOVERSI SPAGNOLI Enfermo el hombre del primo peccado = 226, 16
Hippocrates despues que desta amarga = 226, 8
INDICE DEI CAPOVERSI OLANDESI Alcina soomen vint by Ariost beschre ven = 175, 8
INDICE DEI MANOSCRITTI Urb. lat. 971
650 n. 1945
INDICE DEGLI ESEMPLARI A STAMPA Cicognara VII.2056 482-484 n. 135 Loreto IV.30 68 n. 22 Loreto VI.25 (1) 431-435 n. 119 Loreto VI.25 (3) 706-709 n. 191 R. I IV.1165 (2) 804-808 n. 208 R. I V.1991 (1) 52-53 n. 14 R. I V.1991 (2) 440-442 n. 121 R.G. Filos. IV.551 850 n. 222 R.G. Medic. I.1 377-388 n. 101 R.G. Medic. I.2 362-365 n. 97 R.G. Medic. I.19 796-799 n. 204, Tav. VIII R.G. Medic. I.27 406-407 n. 108 R.G. Medic. I.41 (1) 872-886 n. 226 R.G. Medic. I.41 (2) 886-895 n. 227 R.G. Medic. I.54 130-132 n. 45 R.G. Medic. I.65 (1-3) 783-791 n. 202 R.G. Medic. I.74 (1) 774-778 n. 199 R.G. Medic. I.74 (2) 779-781 n. 200
R.G. Medic. I.75 R.G. Medic. I.79 R.G. Medic. I.99 R.G. Medic. I.106 R.G. Medic. II.3 R.G. Medic. II.8 (1) R.G. Medic. II.8 (2) R.G. Medic. II.8 (3) R.G. Medic. II.34 R.G. Medic. II.40 R.G. Medic. II.53 R.G. Medic. II.60 R.G. Medic. II.61 (1-2) R.G. Medic. II.62 (1-2) R.G. Medic. II.66 R.G. Medic. II.67 R.G. Medic. II.83 R.G. Medic. II.88 R.G. Medic. II.98
745-774 n. 198 851-852 n. 223 465-466 n. 128 456-465 n. 127 742-743 n. 196 271-276 n. 75 276-282 n. 76 282-285 n. 77 35-38 n. 8 251-271 n. 74 233-240 n. 68 211-216 n. 60 60-68 nn. 19-21 55-59 n. 17-18 38-42 n. 9 641-642 n. 174 469-470 n. 130 292-293 n. 80 579-582 n. 162
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INDICE DEGLI ESEMPLARI A STAMPA
R.G. Medic. II.100 391-394 n. 104 R.G. Medic. II.145 31-32 n. 6 R.G. Medic. II.150 323-338 n. 89 R.G. Medic. II.156 54-55 n. 16 R.G. Medic. II.195 29-30 n. 4 R.G. Medic. II.306 (2) 53-54 n. 15 R.G. Medic. III.75 409-410 n. 110 R.G. Medic. III.271 (2) 450-452 n. 125 R.G. Medic. III.271 (3) 452-456 n. 126 R.G. Medic. III.273 (1-4) 709-739 nn. 192-194 R.G. Medic. III.274 (1) 448-449 n. 124, Tav. III R.G. Medic. III.664 94-98 n. 37 R.G. Medic. IV.11 (1-3) 499-501 n. 140 R.G. Medic. IV.63 247-251 n. 73 R.G. Medic. IV.104 (2) 98-102 n. 38 R.G. Medic. IV.112 132-134 n. 46 R.G. Medic. IV.140 642-649 n. 175 R.G. Medic. IV.158 660-662 n. 181, Tav. VI R.G. Medic. IV.174 45-48 n. 12 R.G. Medic. IV.194 230-232 n. 66 R.G. Medic. IV.248 568-569 n. 159 R.G. Medic. IV.251 896-897 n. 229 R.G. Medic. IV.256 (1) 145-147 n. 53 R.G. Medic. IV.256 (2) 147-185 n. 54 R.G. Medic. IV.256 (4) 185-197 n. 55 R.G. Medic. IV.273 530 n. 146 R.G. Medic. IV.301 435-440 n. 120 R.G. Medic. IV.307 582-583 n. 163 R.G. Medic. IV.322 846-850 n. 221 R.G. Medic. IV.331 425-431 n. 118 R.G. Medic. IV.393 566-568 n. 158 R.G. Medic. IV.395 241 n. 69 R.G. Medic. IV.420 538 n. 150 R.G. Medic. IV.483 413-416 n. 112 R.G. Medic. IV.522 (1-2) 418-423 n. 115 R.G. Medic. IV.530 141-142 n. 49 R.G. Medic. IV.548 203-204 n. 58 R.G. Medic. IV.689 232-233 n. 67 R.G. Medic. IV.715 539-541 n. 151 R.G. Medic. IV.763 791-796 n. 203 R.G. Medic. IV.772 48-52 n. 13 R.G. Medic. IV.820 537 n. 149 R.G. Medic. IV.953 675-680 n. 184
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R.G. Medic. IV.1068 27-28 n. 3 R.G. Medic. IV.1109 70 n. 25 R.G. Medic. IV.1333 548-553 n. 153 R.G. Medic. IV.1368 (1) 478-481 n. 133 R.G. Medic. IV.1368 (2) 561-566 n. 157 R.G. Medic. IV.1709 569-575 n. 160 R.G. Medic. IV.1877 (1) 631-639 n. 171 R.G. Medic. IV.1877 (3) 358-359 n. 95 R.G. Medic. IV.1925 (3) 295-311 n. 82 R.G. Medic. IV.2011 71-74 n. 27 R.G. Medic. IV.2023 614-631 n. 170 R.G. Medic. IV.2101 840-841 n. 218 R.G. Medic. IV.2479 87-91 n. 33, Tav. I R.G. Medic. IV.2485 (1-2) 657-659 n. 180 R.G. Medic. IV.2496 487-495 n. 137 R.G. Medic. IV.2635 338-348 n. 90 R.G. Medic. IV.2694 652-653 n. 178 R.G. Medic. IV.2866 109-115 n. 40 R.G. Medic. IV.3702 423-424 n. 116 R.G. Medic. IV.3893 138-141 n. 48 R.G. Medic. IV.4013 318-319 n. 85 R.G. Medic. IV.4101 32-35 n. 7 R.G. Medic. IV.4872 286-287 n. 78 R.G. Medic. IV.5156 692-693 n. 188 R.G. Medic. V.15 895-896 n. 228 R.G. Medic. V.23 242-243 n. 70 R.G. Medic. V.96 799 n. 205 R.G. Medic. V.171 74-75 n. 28 R.G. Medic. V.173 76-77 n. 29 R.G. Medic. V.175 (1) 77-78 n. 30 R.G. Medic. V.175 (2) 79-87 n. 32 R.G. Medic. V.175 (3) 78-79 n. 31 R.G. Medic. V.207 610-614 n. 169 R.G. Medic. V.222 (2) 799-802 n. 206 R.G. Medic. V.224 481-482 n. 134 R.G. Medic. V.227 541-548 n. 152 R.G. Medic. V.280 608-610 n. 168 R.G. Medic. V.282 559-561 n. 156, Tav. IV R.G. Medic. V.284 691 n. 187 R.G. Medic. V.300 134-138 n. 47 R.G. Medic. V.336 653-657 n. 179 R.G. Medic. V.345 (1) 227-230 n. 63 R.G. Medic. V.361 229 n. 64 R.G. Medic. V.365 69 n. 24 R.G. Medic. V.369 (1) 197-201 n. 56
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R.G. Medic. V.422 R.G. Medic. V.432 R.G. Medic. V.442 R.G. Medic. V.499 R.G. Medic. V.567 R.G. Medic. V.657 R.G. Medic. V.701 (1) R.G. Medic. V.819 R.G. Medic. V.822 R.G. Medic. V.835 (2) R.G. Medic. V.860 R.G. Medic. V.877 R.G. Medic. V.882 R.G. Medic. V.888 (1) R.G. Medic. V.888 (2) R.G. Medic. V.921 (1) R.G. Medic. V.946 R.G. Medic. V.978 (1) R.G. Medic. V.987 (1) R.G. Medic. V.1086 R.G. Medic. V.1130 R.G. Medic. V.1150 R.G. Medic. V.1164 R.G. Medic. V.1358 R.G. Medic. V.1389 R.G. Medic. V.1401 R.G. Medic. V.1402 R.G. Medic. V.1421 (1) R.G. Medic. V.1421 (2) R.G. Medic. V.1421 (5) R.G. Medic. V.1427 R.G. Medic. V.1438 R.G. Medic. V.1785 R.G. Medic. V.1810 R.G. Medic. V.1819 R.G. Medic. V.1900 R.G. Medic. V.1992 R.G. Medic. V.2178 R.G. Medic. V.2181 R.G. Medic. V.2187 R.G. Medic. V.2198 R.G. Medic. V.2230 R.G. Medic. V.2279 R.G. Medic. V.2311 R.G. Medic. VI.30 R.G. Medic. VI.37 (1) R.G. Medic. VI.37 (3)
CARMINA MEDICALIA
855-872 n. 225 368-373 n. 99 121-129 n. 43 407-409 n. 109 144-145 n. 52 841-842 n. 219 21-23 n. 1 600-608 n. 167 397-403 n. 106 102-109 n. 39 216-218 n. 61 497-498 n. 139 897-899 n. 230 583-593 n. 163 593-594 n. 165 287-292 n. 79 842-846 n. 220 594-599 n. 166 417-418 n. 114 484-487 n. 136 853-855 n. 224 689-691 n. 186 531-532 n. 147 822-823 n. 213 315-318 n. 84 229-230 n. 65 23-27 n. 2 319-321 n. 86 321-322 n. 87 322-323 n. 88 311-315 n. 83 664-675 n. 183 350-353 n. 92 70-71 n. 26 680-689 n. 185 816-822 n. 212 662-663 n. 182 348-350 n. 91 696-706 n. 190 739-742 n. 195 445-448 n. 123 116-117 n. 41 650-652 n. 177 810-812 n. 210 117-121 n. 42 243-246 n. 71 781-783 n. 201
R.G. Medic. VI.58 201-203 n. 57 R.G. Medic. VI.71 424 n. 117 R.G. Medic. VI.89 390-391 n. 103 R.G. Medic. VI.97 (1) 143-144 n. 51 R.G. Medic. VI.98 (1) 246-247 n. 72 R.G. Medic. VI.116 68-69 n. 23 R.G. Medic. VI.137 (1) 525-527 n. 144 R.G. Medic. VI.137 (3) 527-530 n. 145 R.G. Medic. VI.140 (1) 744-745 n. 197 R.G. Medic. VI.140 (2) 294-295 n. 81 R.G. Medic. VI.144 (2) 823-824 n. 214 R.G. Medic. VI.146 693-696 n. 189 R.G. Medic. VI.156 353-354 n. 93 R.G. Medic. VI.205 373-376 n. 100 R.G. Medic. VI.220 443-445 n. 122 R.G. Medic. VI.227 824-835 n. 215 R.G. Medic. VI.231 142-143 n. 50 R.G. Medic. VI.238 354-358 n. 94 R.G. Medic. S.63 808-810 n. 209, Tav. IX R.G. Scienze III.16 410-412 n. 111 R.G. Scienze III.26 (15) 466-469 n. 129 R.G. Scienze IV.1593 (8) 359-362 n. 96 R.G. Scienze IV.1993 389-390 n. 102 R.G. Scienze VI.5 (2) 365-368 n. 98 Stamp. Barb. M.I.16 (1) 650 n. 176 Stamp. Barb. M.I.38 (3) 394-397 n. 105 Stamp. Barb. M.VI.17 553-554 n. 154 Stamp. Barb. M.VI.70 102-109 n. 39 Stamp. Barb. M.VI.72 532-537 n. 148 Stamp. Barb. M.VII.41 91-92 n. 34 Stamp. Barb. M.VII.42 92 n. 35 Stamp. Barb. M.VII.43 93-94 n. 36 Stamp. Barb. M.VIII.86 839-840 n. 217 Stamp. Barb. M.IX.51 745-774 n. 198, Tav. VII Stamp. Barb. M.X.20 501-525 nn. 141-143 Stamp. Barb. M.X.56 218-227 n. 62, Tav. II Stamp. Barb. M.XI.5 (1) 42-45 n. 10 Stamp. Barb. M.XI.5 (2) 45 n. 11 Stamp. Barb. M.XI.31 554-559 n. 155 Stamp. Barb. M.XII.57 802-804 n. 207 Stamp. Barb. M.XII.142 470-475 n. 131 Stamp. Barb. N.VI.145 835-839 n. 216
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INDICE delle tavole
Stamp. Chig. I.399 475-478 n. 132 Stamp. Chig. I.499 (1) 204-211 n. 59 Stamp. Chig. I.541 30-31 n. 5 Stamp. Pal. I.170 575-579 n. 161, Tav. V Stamp. Pal. IV.479 (2) 129-130 n. 44
Stamp. Pal. IV.479 (3) Stamp. Pal. V.515 (4) Stamp. Pal. V.515 (5) Stamp. Pal. V.519 Stamp. Pal. VI.132 (1) Stamp. Pal. VI.132 (2)
416-417 n. 113 812-816 n. 211 495-497 n. 138 403-405 n. 107 640-641 n. 173 639-640 n. 172
INDICE DELLE TAVOLE Tav. I – R.G. Medic. IV.2479 [pp. 87-91 n. 33] Tav. II – Stamp. Barb. M.X.56 [pp. 218-227 n. 62] Tav. III – R.G. Medic. III.274 (1) [pp. 448-449 n. 124] Tav. IV – R.G. Medic. V.282 [pp. 559-561 n. 156] Tav. V – Stamp. Pal. I.170 [pp. 575-579 n. 161]
955 956 957 958
Tav. VI – R.G. Medic. IV.158 [pp. 660-662 n. 181] Tav. VII Stamp. Barb. M.IX.51 [pp. 745-774 n. 198] Tav. VIII – R.G. Medic. I.19 [pp. 796-799 n. 204] Tav. IX – R.G. Medic. S.63 [pp. 808-810 n. 209]
960 961 962 963
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