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Italian Pages 416 [434] Year 1984
CARLO FERDINANDO RUsso
ARISTOFANE AUTORE DI TEATRO
NUOVI
SAGGI
Carlo
Ferdinando
Russo
ARISTOFANE AUTORE DI TEATRO
Sansoni Editore
Nuova edizione ampliata e aggiornata
Copyright ©
1984 by G. C. Sansoni
Editore Nuova S.p.A., Firenze
alla mia
(esordio
omerico
con
Ecamede
Nestore
bei riccioli d'oltreoceano
e Ecamede,
richiamato e siglato sulla coppa di Pitecusa)
DI
ARISTOFANE
IN
ARISTOFANE
Presentazione
In questi anni Aristofane autore di teatro ha seguitato ad avere molti corteggiatori, e anche io ho continuato a mordere i nervi delle sue commedie: provando e. riprovando, nel maggio del 1968 presentai Le « Vespe » spaginate e un modulo di tetrametri 18 x 2, ed ecco che alle vespe vengono aperte molte finestre,
dalla
« Pauly
Wissowa »
all’Aristophanes
und
die
alte
Ko-
modie (Gelzer, 1970; Newiger, 1975); e alla commedia spaginata adesso è restituito l’ordine arcaico presso un’opera di spicco (Mastromarco, 1983). Pur dopo i grandi scavi dell'Ottocento era cosi affiorato sul terreno
della commedia
un
fossile,
una
forma
costruttiva:
18 x 2
tetrametri, con un allarme fosforescente fuori metro al centro. E ora si intravedeva anche il manoscritto di un autore di teatro e qualche elemento del manoscritto fuori posto; Louis Havet e Alphonse Dain sorridevano. Sembrava venuto il momento di presentarsi di nuovo, naturalmente con qualche toilette. E così dal corpo del libro sono spariti alcuni nei; critiche ritocchi novità formano i Raccordi; è apparso un Indice per gli autori moderni; infine Le « Vespe » spaginate e un modulo di tetrametri 18 x 2 e Dietro le quinte della parola. Le quinte nascondono un identikit di Eschilo, e perfino di Omero: diventate sciame, le vespe avevano infatti condotto all'alveare massimo di Chio. L'alveare di un poeta nasce dall'alveare di un altro poeta, in antico come oggi: «se tu, lone, sapessi parlare per arte e per scienza di Omero, sapresti parlare a un tempo di tutti i poeti,
poiché la poietica é un tutto unico ». Platone é competente:
le
tre Grazie graffiate — Nuvole seconde incompiute Rane riformate
x
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
Vespe spaginate —, i prologhi di ferro, le parti mobili, monologodialogo e altre alternanze strizzano l’occhio al colosso acrobatico e didascalico. E il colosso è perfino uno strumento: « se in Omero cancelli le parti del poeta che stanno fra le parti dei personaggi, avrai una forma opposta: la forma della tragedia », così si dialoga in una scuola di strumenti critici situata nell'Atene di Platone, Repubblica 394 b. E Omero é un preautore di teatro: alfabeto-stilo, tavolettacalendario,
narrante-parlanti,
didascalie
incorporate
e
linea
per
inscenare i parlanti, quadro « Glauco-Diomede » impaginato in basso ma eseguito in alto, talami con Briseide e Penelope conclusi ma continuabili, autonomia del dramma Dolonia impaginato in appendice e da Pisistrato trasferito stabilmente in alto. La Dolonia veniva cantata soltanto quando la storia oltrepassava il talamo Briseide-Achille per giungere al traguardo ultimo e doloso; è solo un avanspettacolo con un Dolone dalle antenne preveggenti, i protagonisti in maschera; l'autore é il compagno amanuense sposo
a una
figlia del
colosso,
suo
continuatore
dernier
cri,
di
nome Arctino. E per immettere nel circuito la postrema Dolonia il pioniere di gran teatro programma un silenziamento del primo e del terzo canto. Il programmar di Omero: ma prima di Aristotele la poetica si manifesta esplicita negli strumenti delle Rane: « Con le Rane lo storico dispone dei dati più completi intorno alla tragedia [...] la poetica è una posta troppo grande perché sia permesso di ignorare ormai le regole del giuoco », concludeva nel 1961 Frangois Lasserre per la patavina Storia delle Rane (un ristretto di queste rane fu presentato a Oxford nel 1966). Ma nel pur onorevole laboratorio di « Poetica » Bauformen der griechischen Tragödie (München 1971), le cantatrici sono state silenziate: ıl prof. Jens appare con undici periti settori, ognuno ritaglia una sezione di tragedia e mai scruta un corpo intero, e mai una mappa colorata alla maniera del geniale dottor Zieliáski, che andava — venticinquenne — dai Persiani alle Rane. Nel correggere un'analisi di gioventù, Eduard Fraenkel ha inciso per un attimo il suo mirabile coltello drammaturgico nella
DI
ARISTOFANE
IN
ARISTOFANE
XI
carne degli attori: Plutone, che pure nelle Rane è il padrone di casa, ha una particina molto insignificante, perché per Plutone era disponibile solo un dilettante, il « quarto attore » (Beobachtungen zu Aristophanes, Roma 1962). Le minime e rare prestazioni del « quarto attore » erano ormai popolari, tanto che Kenneth J. Dover ha aggiunto una nota simpatica al termine del suo
commento
alle Nuvole
del
1968:
«p.
LXxIX,
On
the
work
required of the fourth actor. In the light of passages pointed out to me by Mr. J.C.B. Lowe I have some misgivings on what I have said, but have not yet come stre Nuvole
sono
davvero
tali:
to a conclusion ». Ma
campate
in aria,
non
le no-
furono
mai
recitate (nella lista romana ossirinchita 2659 del '68 figurano come separate Nuvole seconde): i due Ragionamenti, per esempio, richiederebbero in tali Nuvole un quarto e un quinto attore! « The scene as a whole, then, appears to call for five actors, and the fourth and fifth actors would have parts wholly in excess of
what is given to such actors elsewhere in extant Aristophanes »: cosi il trattato di Arthur Pickard-Cambridge, The Dramatic Festivals of Athens (Oxford 1968?), invitante ad Aristofane autore di teatro, pp. 155-171. In seguito Dover si è avvicinato alla compagnia dei tre attori, ma non discostandosi troppo da quella voce occasionale che egli chiama « quarto attore » (Aristophanic Comedy, London 1972, un volume ferratissimo; per lo scontroso
tirocinio
di Dover
con
le Nuvole,
indico
« Classical
Review », 1961, p. 39). Christopher Lowe, dottore con Fraenkel, aveva pubblicato a Londra nel 1962 un complemento al rinnovatore Dialogue antique. Structure et présentation di Jean Andrieu 1954: in principio regnava la nuda segnaletica diacritica d’autore, sigle e liste dei personaggi sono grecule. Nudo anche di istruzioni esterne ma ricco di didascalie
incorporate,
di esecuzione, come già turghi: pregne e nude. «Con
l’avvento
delle
le tavolette edizioni
hanno segnato un cambiamento vita
il testo
intellettuale », concludeva
a
era autarchico
del
pioniere
stampa,
di disposizioni in profondo
le
e in attesa
dei
dramma-
sigle
nominali
psicologiche nella
Jean
Andrieu;
oltre
che dal disarmante Gutenberg, l'antichista sembra incantato dall'Archetipo bizantino: « quella bestia del maestro di scuola bizan-
XII
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
tino — esclamava un celebre professore di drammaturgia, — ma io ho trovato un maestro nuovo, una fonte nuova-vecchia: il testo del poeta» (August Schlegel, riedito con cura da Edgar Lohner nel 1966). Eduard Fraenkel consigliava di variare l'esemplare durante il lavoro, per vincere la morsa del piombo; Eugenio Montale, intorno alla presentazione grafica e tipografica: « Non spingo il mio rilievo fino a pretendere che sia necessario leggere la Divina Commedia in uno dei superstiti codici noti solo agli specialisti» («Il Corriere della sera», 30-1-1971). Preistoria del testo, grandi sagome metriche compositive, modo di produzione antico non ricevono visite frequenti. Indenne e omogeneo, Omero è ben già tattile, con tavolette-stilo-porpora e duplice programma di spettacolo; ma anche nei sofisticati autori di teatro la poetica programmata, ora visibile in nuce, può riemergere. Grazie agli olandesi, alcuni materiali hanno in questi annj illuminato la scansione profonda e lo stile di recitazione della Pace prologante; e poi la Pace, prima della parabasi, regala una sagoma compositiva allo stato puro costruita con trimetri 36x2; in vetrina vedi la divisibilità per tre, la geometria aurea,
un
fuori
metro
mediano,
confini
metrici
o
scenici,
e
un
centinaio di versi prima, nel campo dei trimetri si era stagliato un picco di tetrametri come quei diciotto nelle Troiane 444 per Cassandra. Un tesoro del Mediceo: nell'4gamennone dopo la linea diciottesima dell'amebeo è conservato nel solo Mediceo il
fuori metro:
&&
avvia la prima battuta altruistica della solista
Cassandra, ed è un punto geometrico che concorre a sollevare quel microcosmo di Eschilo sfiorato in Dietro le quinte della parola. Nei capitoli finali gli alveari si fanno le visite, e Aristofane autore di teatro saluta con un ὦ ὦ Aristofane autore di teatro ringiovanito. Ja Belfagoriana,
1984
AVVERTENZA
Le pagine iniziali « I due teatri di Aristofane » ripresentano, con qualche differenza, l'argomento di una Nota apparsa nei Rendiconti
dei Lincei del gennaio-febbraio
1956. Le considerazioni
negative di
allora sul luogo del secondo teatro di Atene, nel frattempo sono state probabilmente superate dall'altrui saggio dei monumenti (ne dà notizia la pagina 7). Come il primo, anche gli altri capitoli propongono innanzi tutto un riconoscimento delle proprietà teatrali dell'opera superstite di Aristofane,
commedia
per
commedia.
Piü
di
una
volta
é
capitato
che
questo specifico commento abbia condotto a riconoscere o a schiarire la storia artistico-testuale di alcune commedie o di loro parti: una commedia aristofanea, destinata come fu a un'interpretazione scenica per un'occasione agonale, é appunto intrinsecamente regolata anche da una civiltà scenico-agonale. La problematica cronologica e agonale del tirocinio di Aristofane doveva più di una volta essere considerata in relazione alla società teatrale ateniese del tempo: e perció anche a quel tirocinio ho dedicato un capitolo. L'ultimo capitolo offre un rapido sommario di parte della materia. Con quali riserve io abbia seguito la corrente edizione delle commedie di Aristofane, avverte alla fine la Nota bibliografica inserita nel capitolo sugli « Acarnesi ». In quel capitolo già i « Cenni sulle sigle e sui testi di teatro», a carattere praticamente introduttivo, manifestano alcune riserve di tecnica editoriale: se si tratti o no sempre di riserve puramente formali, vedrà chi voglia leggere, per esempio, « Un regime recitativo delle Nuvole e la prassi aristofanea degli attori» e « Nuvole non recitate e Nuvole recitate ».
XIV
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
I punti che più mi preoccupavano del lavoro li ho discussi con l'amico Fausto Codino, ed egli mi ha ancora giovato durante la revisione tipografica.
[1962]
Concludevo così a Forio d'Ischia, quando in officina a Pitecusa degustavo con Giorgio Buchner la coppa di Nestore.
Oggi libro
con
a Bari,
non
Francesco
meno De
meridiana,
Martino,
ho
Onofrio
ridefinito Vox,
il
e con
Giuseppe Mastromarco. Un saluto a Firenze per Alberto Busignani editore di cultura e per Sebastiano Timpanaro fin dal principio vicino ad Aristofane autore di teatro.
I DUE TEATRI DI ARISTOFANE
I concorsi drammatici si svolgevano ad Atene in occasione di due distinte feste dionisiache : le Lenee in inverno e le Dionisie
cittadine a primavera.
La festa dionisiaca cittadina, di più re-
cente istituzione, si affermò come la più importante già nel VI secolo, e le relative gare drammatiche furono presto riconosciute dallo
Stato : prima
le tragiche,
poi le comiche.
Lo
Stato
attico
prese ad allestire concorsi tragici dionisiaci verso la fine del VI secolo,
e concorsi
comici
dionisiaci dall'anno
486 ; soltanto
verso
il
445-442 ebbero dignità e organizzazione ufficiale agoni comici lenaici e dall'anno 432 circa agoni tragici lenaici. Gli agoni dionisiaci cittadini, propri della tragedia, erano rigorosi e più ufficiali : stranieri e meteci vi restavano esclusi dalla coregia
e dai cori,
mentre
stranieri
e alleati,
anche
per via della
cattiva stagione, non erano fra il pubblico lenaico. Da una parte uno spettacolo ellenico preceduto e seguito in teatro da solennissime
cerimonie
civili,
dall’altra
uno
spettacolo
riservato
ai
soli
Ateniesi e senza particolari formalità. Quello regolato dall’arconte eponimo,
questo
dall’arconte
re.
Il dio della cerimonia dionisiaca cittadina aveva il tempio ai margini
della città, e nello stesso precinto era attivo fin dal VI se-
colo, sul pendio meridionale dell’Acropoli, il teatro di Dioniso eleutéreo. L’altra festa veniva celebrata nel Lenéo, un ampio recinto con un tempio o un santuario di Dioniso leneo, situato nella zona dell'Agora vicino al sacello dell'eroe Calamite. In tale recinto, finoggi non rintracciato, « si tenevano gli agoni drammatici
degli Ateniesi prima che il teatro gli spettatori venivano impiantati Tutti i moderni interpretano quel recinto si svolsero un tempo
fosse costruito » (Esichio), e per di volta in volta banchi di legno 1. queste notizie nel senso che in gare drammatiche lenaiche,
4
CARLO
ma che esse passarono
FERDINANDO
RUSSO
nel teatro degli agoni dionisiaci sull'Acro-
poli, allorché una sistemazione, definitiva o meno, di quest'ultimo indusse ad abbandonare il teatro improvvisato nella zona dellAgora. Sul quando sia avvenuto questo passaggio si discusse molto piü di cinquanta anni fa, e oggi si é affermata una data: il Leneo,
si dice, fu abbandonato
all’inizio
della
seconda
metà
del V secolo in conseguenza del riassetto pericleo del teatro di Dioniso. E al Wilamowitz e al Dórpfeld, che avevano proposto per il trasferimento la fine del IV secolo — quando Licurgo costruì
ovvero
risistemó
radicalmente
il teatro
di
Dioniso —,
si
obietta che non si vede perché quello non debba essere stato anche il teatro degli agoni lenaici. L'obiezione, ripetuta di recente da Arthur Pickard-Cambridge, puó parere tanto piü sensata, in quanto le gare lenaiche cominciarono ad essere ufficiali, si é visto, proprio a metà del V secolo. Così è diventato pacifico che le commedie aristofanee di agone lenaico — le superstiti sono dell'ultimo quarto del V secolo — vennero rappresentate nel teatro di Dioniso. Per Sofocle e Euripide, il problema del secondo teatro non é neanche sorto, perché tragedie esplicitamente lenaiche non si posseggono : e si è sospettato che Sofocle e Euripide abbiano di rado preso parte ad agoni ove la tragedia era in sottordine *. In questo stagno gettó da Padova
una
dell'unico teatro aristofaneo un archeologo bomba
nell'anno
1947:
Carlo Anti nei ca-
pitoli VII e VIII dei suoi Teatri greci arcaici da Minosse a Pericle comunicó non solo un'identificazione del Leneo, ma anche delle prove sull'uso di esso come teatro al tempo di Aristofane. Carlo Anti,
interpretando
rilievi
dello
scavo
Dörpfeld,
identificava
il
Leneo in un recinto trapezoidale situato di fronte al santuario di Dioniso nelle Paludi nella zona dell’Agora (zona dell’Agora « nel senso più lato », avverte l’Anti) : circa duemila i posti a sedere offerti dalle tribune lignee, più o meno parallele agli edifici usati per la scena, che sarebbero state collocate su gradoni tagliati nella rocciosa collina della Pnice, alla quale si addossava il recinto.
L'ubicazione e, quel che più importa, la pratica aristofanea del Lenea, esponeva l’archeologo nel suo VIII capitolo, è confermata, anzi è provata, dal testo delle commedie : in quelle lenaiche,
I DUE
TEATRI
DI
ARISTOFANE
5
Acarnesi Cavalieri Vespe Rane (l'Anti vi aggiunge la Lisistrata, commedia di agone ignoto), «il luogo supposto dal poeta per l'azione comicà coincideva con il luogo dove questa azione veniva realizzata scenicamente » (cioé zona dell'Agora e dintorni), mentre le commedie
del
solenne
teatro
di
Dioniso,
Nuvole
Pace
Uccelli,
sono «supposte e svolte in un ambiente del tutto astratto ». In base a tale criterio Carlo Anti riteneva lenaiche le tre restanti commedie di agone ignoto. Queste notevolissime proposte sono state negli ultimi anni accettate
dagli
archeologi
senza
discutere
(Bieber,
Fensterbusch,
von Gerkan, ecc.) ovvero respinte senza discutere : «it is difficult to treat much of this chapter — il cap. VIII dell'Anti — seriously, and there are many points of detail upon which it is easy to find
a reply », così il Pickard-Cambridge. Noi, che alcuni anni fa ne accogliemmo la sostanza occupandoci degli Acarnesi, ora le vogliamo discutere ?. Le fondamenta archeologiche dell'identificazione sono senz'altro molto fragili : quel recinto nel quale si dovrebbe riconoscere il Leneo non fu dal Dérpfeld esplorato né
completamente
né in profondità, e i tre sommari e non accurati rilievi che egli ne dette fra il 1895 e il 1905 sono per giunta fra di loro discordanti. E Carlo Anti, conscio della mobile e discorde datazione delle opere in muratura relative al recinto offertagli dal Dórpfeld e costretto quindi a congetturare su strutture e su date, confortava le proprie deduzioni sull’epoca archeologica dell'abbandono del Leneo con la seguente induzione. « Non vi è dubbio — scriveva — che gran parte delle commedie
di Aristofane furono rap-
presentate di sicuro nel Leneo : al principio del IV secolo av. Cr. questo era dunque ancora in uso regolare ». Mancano
pertanto,
come
si vede,
delle
effettive
prove
monu-
mentali sull'uso o meno di quel recinto al tempo di Aristofane. E chi sa se anche lo scavo radicale auspicato dall’Anti potrebbe distinguere con sicurezza il periodo di attività del supposto Leneo e appurare quando il recinto fu invaso da costruzioni che ne impedirono l’impiego come teatro. Inoltre i calcoli dell’Anti fanno
ascendere a 2.000 i posti a sedere: «non molti», egli avverte. Ma 2.000 posti sono pochissimi. Se il teatro dionisiaco dell’epoca di Licurgo viene concordemente
ritenuto capace di 14-17.000 po-
6
CARLO
sti a sedere,
il Leneo,
pur
FERDINANDO
assenti
RUSSO
alleati
e stranieri,
deve
aver
dato ricetto a ben piü di 2.000 spettatori. Nella precarietà dell’identificazione archeologica, che lascia anche altrove insoddisfatti (il recinto dell’Anti non è zona sacra,
ma
sarebbe un mercato
di vino, e offrirebbe un'orchestra di soli
undici metri di profondità, e rettangolare, nonostante che le lenaiche Rane 193 e forse anche 441 sembrino alludere a uno spiazzo circolare), rimangono le prove filologiche che l'archeologo ha creduto di ricavare dal testo aristofaneo. E proprio da documenti del genere puó venire una risposta decisiva, se non a favore di una determinata identificazione, a favore almeno del teatro aristo-
faneo nella zona dell'Agora. Ma il criterio topografico, cosi com'é formulato da Carlo Anti, non é soddisfacente: non risulta che le commedie
dionisiache siano «trasferite in
ambiente del tutto immaginario » e tantomeno che «in tutte manchi qualsiasi accenno a provenienza o a partenza per qualche luogo specifico della città o dell'Attica ». Infatti Nuvole Pace Uccelli,
sebbene
meno
realisticamente
di
certe
commedie
lenaiche,
sono supposte in Atene ovvero prendono le mosse da questa città o vi si riferiscono, e tutt’e tre le commedie contengono precise menzioni topografiche di movimento ateniesi o attiche: le Nuvole invocate da Socrate annunciano ai versi 300 e 301 di muoversi verso Atene, e l'ambientazione ateniese si ricava ancora dai versi 5-7, 43, 179, 207, 213, 215, 386, 408, 432, 918, 926-927, 988, 10021008, 1055, 1429, 1449; la Pace si svolge sì «fra cielo e terra», ma quella terra è Atene. Trigeo, del demo attico di Atmonia, partendo in volo, afferma al verso 165 di vedere il Pireo, e tutta la commedia è ricca di riferimenti a luoghi e costumi di Atene, e alla fine tutti partono per la campagna, quella attica. E gli Uccelli ? Questi « sono trasferiti poi del tutto nel puro regno della fantasia ». D'accordo, ma nella commedia si proviene da Atene e vi si torna (1027 sg.), e da Atene hanno preso le mosse i due protagonisti, e da Atene arriva nell’aerea città il mercante di decreti e via dicendo ; la scena
della
Lisistrata,
una
commedia
che
Carlo
Anti
ri-
tiene senz'altro lenaica, è l'Acropoli coi Propilei : proprio la zona, se si vuol seguire un criterio topografico, del teatro di Dioniso sull'Acropoli,
e non
quella
del
Leneo.
I DUE
TEATRI
Di
ARISTOFANE
7
Il ritrovamento archeologico e filologico del teatro lenaico ari-
stofaneo annunciato da Carlo Anti non par sostenufo da prove effettive o almeno sufficientemente fondate. L’indizio topografico, . anche se fosse di regola coerente, non sarebbe per sé solo in grado di provare
una così delicata
affermazione.
Armin von Gerkan, in seguito alle precedenti considerazioni negative già espresse nella mia Nota lincea del gennaio-febbraio 1956, mi comunicò che un successivo vaglio personale dei presunti ruderi lenaici gli impediva di seguitare
a condividere
l'identificazione
proposta
da
Carlo
Anti.
Curt
Fensterbusch, già prima del cortese ragguagiio del von Gerkan, mi aveva fatto analoga comunicazione. Durante un viaggio ad Atene nell’estate del 1956, gli archeologi americani dell'Agora mi dichiaravano che la pura e semplice analisi in superficie permette con sicurezza di escludere che quelli sian ruderi di un recinto-teatro,
La validità o meno del Leneo come teatro al tempo di Aristofane può essere sperimentata per una diversa via: quella delle proprietà teatrali dei drammi lenaici rispetto alle proprietà teatrali dei drammi dionisiaci. Disponiamo per questo di quattro commedie
lenaiche
degli anni
425-405
e di tre dionisiache
degli
anni 423-414. Un esame delle proprietà teatrali consente subito due osser-
vazioni : I. le tre commedie dionisiache sfruttano sempre il congegno della μηχανή, di una specie di gru che permetteva ai personaggi di stare sospesi in aria e di ‘ volare’ : Socrate appare all'improvviso per aria, Trigeo spicca il volo e si raccomanda al macchinista al momento dell’atterraggio in cielo, Iris passa a volo sulla città degli uccelli (Nuvole 218-238, Pace 80-179, Uccelli 1188-1261 e già 1173, 1176, 1184; il macchinista appare anche nel frammento 188 del Dedalo aristofaneo di agone ignoto). La macchina del volo, che Euripide sfrutta a piacimento dall’anno del Bellerofonte, tragedia anteriore al 425, « richiede grande stabilità e non può essere
quindi improvvisata di volta in volta, anzi deve essere impiantata in un edificio stabile, tanto più che il personaggio volante deve rimanere nascosto in uno spazio chiuso prima e dopo il volo » 4; 2. in tre delle quattro commedie lenaiche l’attore che sta per entrare nell’azione scenica dell’orchestra viene espressamente
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CARLO
FERDINANDO
RUSSO
invitato a «salire», a superare cioè un certo dislivello : &ufate Acarnesi 732, ἀνάβαινε δεῦρο Cavalieri 149 e Vespe 1341.
Questo dionisiaco,
materiale dislivello lenaico è ignorato dall’Aristofane mentre
l'Aristofane
lenaico
non
usa
la macchina
del
volo che negli stessi anni il poeta dionisiaco amava sfruttare anche
con intenti di parodia euripidea. Due fenomeni del genere potrebbero spiegarsi bene con due distinti teatri : da una parte quello stabile
di Dioniso
che
proprio
in quell’epoca
aveva
ricevuto
necessarie strutture teatrali, dall’altra un teatro di fortuna.
le
E po-
trebbe essere di nuovo significativo che solamente nelle commedie
dionisiache si menzionino concretamente il corridoio pubblico laterale che conduceva
in teatro, gli spogliatoi usati dal Coro e
il
settore dei sedili riservato ai buleuti (εἴσοδος Nuvole 326 e Uccelli 296, σκηναί
Pace
731,
βουλευτικόν
Uccelli
794 e, indirettamente,
Pace 872;
da tener presente anche che in Nuvole 292 e Uccelli
1743-1752
intervengono
Je cosiddette
macchine
del
tuono
e del
fulmine). Altri fenomeni legittimano la distinzione di due differenti teatri : 3. lo scenario delle commedie lenaiche è di una estrema
semplicità, anche in una commedia così poco quotidiana come le Rane.
Una,
c'è talvolta
due
o al massimo
qualcosa
tre casette.
di esotico o almeno
Nella
scena
qualcosa
dionisiaca
di più:
nella
Pace, oltre alle case di Trigeo in terra e di Zeus in cielo, vi è una
grande grotta con macigni, negli aerei Uccelli vi sono il bosco e la roccia dell'Upupa e arbusti e pietre all’ingresso dell’orchestra.
— Le commedie dionisiache dispongono di scene e scenari piuttosto eccentrici, mentre nelle commedie lenaiche appaiono soltanto le caselle borghesi. Gli elementi boscosi e rocciosi e la grotta sono tipici della scena tragica e satiresca del teatro di Dioniso; 4. nelle commedie dionisiache — dal testo così sobrio di descrizioni sceniche — le succedentisi stazioni sceniche danno l’impressione di essere concretamente presenti dal principio alla fine per mezzo di strutture e scenari e lo spiazzo orchestrale non assume valori scenici se non complementari a quelli della facciata, mentre gli insistenti e precisanti avvertimenti lenaici inducono a supporre che taluni luoghi scenici siano via via ımprovvisati o semplicemente evocati a parole (insigni le Rane 181-182,
273, 278, 432-436), tanto più che nelle commedie lenaiche ai già
1 DUE
TEATRI
Di ARISTOFANB
9
altrove distratti spettatori Ja facciata scenica e lo spiazzo orchestrale si ripresentano talvolta con nuovi valori: la casa di Di: ceopoli negli Acarnesi è prima in campagna e poi in città e l'orchestra rappresenta al principio la Pnice e quindi la campagna attica e poi l'Agora, l’orchestra dei Cavalieri è l'Agora e poi la Pnice, la casa delle Rane, a quanto sembra, ha come inquilino Eracle e poi Plutone e l'orchestra é via via palude, bolgia di tenebre e fango per parricidi e spergiuri, dimora di mostri infernali. — Da una parte una scena già pluriforme e in solida progressione, cioè un vario complesso scenico tutto preformato e una arte scenica che si può appoggiare comodamente a sufficienti e caratterizzate strutture e decorazioni e che considera l’orchestra come zona di collegamento, dall’altra una scena uniforme e uno spiazzo orchestrale fluttuante e cangiante, cioè una scena di base (la casa borghese)
e anche uno spiazzo orchestrale dalle molte estemporanee
o illusionistiche risorse, tipiche di un teatro improvvisato che rimedia con espedienti alle scarse e monotone strutture di fortuna.
Da una parte solidità perpetua dei vari luoghi drammatici, dall'altra frequente momeniancità 5. il protagonista del teatro dal principio tagonista si ritira negli blico corridoio
scenica dei vari luoghi drammatici ; delle commedie dionisiache sta nell’ambito alla fine : quando non è di scena, il proedifici scenici e non si vale mai del pub-
laterale,
ché
questo
conduce
fuori
del teatro.
Gli
altri personaggi dionisiaci, una volta usciti dal corridoio, non rientrano più in teatro. 1 personaggi delle commedie dionisiache sono governati dall’unità teatrale del luogo drammatico. Quanto sia rigoroso il divieto
direttamente città
degli
dionisiaco
di azioni extrasceniche,
lo mostrano
Uccelli 1271-1307 : a un certo momento
uccelli,
ove
si svolge
tutta
l’azione,
un
in-
appare nella araldo
di
ri-
torno da una terrestre missione extrascenica. Orbene, la partenza dell’araldo
dal teatro
non
è stata
mai
vista dagli spettatori,
ché
egli venne spedito sulla terra da un personaggio scomparso per sempre dietro le quinte con incarichi di ripercussione drammatica (cfr. Uccelli 844 sg.). Dell'apparente missione extrascenica di un personaggio molto secondario in Pace 261-280 parleremo a suo tempo.
Al contrario il protagonista lenaico agisce in teatro e fuori del
teatro:
egli esce per il corridoio laterale, ritorna in teatro
IO
CARLO
PBRDINANDO
RUSSO
per il corridoio, e riferisce l'azione che avrebbe svolto nel frattempo
in qualche
luogo
extrateatrale.
Cosi pure
gli altri perso-
naggi. Le sortite avvengono di regola durante le parabasi (negli Acarnesi una sortita si ha anche nel corso del prologo). 7 perso-
naggi delle commedie
lenaiche
dilatano
extrateatralmente l’azione
drammatica. Soltanto le Rane, che si svolgono per massima parte negli inferi, non hanno azioni extrasceniche. Questi due distinti comportamenti si spiegano molto bene con
due distinti e differenti teatri: da una parte un teatro stabile situato ai margini della città che regola fra le sue mura il regime drammatico
dei personaggi,
e con un rigore sconosciuto alla tra-
gedia contemporanea (in questa soltanto i protagonisti delle più recenti tragedie di Sofocle si astengono da azioni extrasceniche) ; dall’altra un teatro improvvisato in mezzo alla città, nella quale tende sempre ad espandersi l’azione drammatica dei personaggi (si noti, fra l'altro, che in Acarnesi e Vespe il tipico banchetto comico si svolge in città, mentre in Pace e Uccelli si svolge nell'ambito del teatro) ; 6. l’ambiente drammatico delle commedie dionisiache è genericamente Atene (Nuvole, buona parte della Pace) ovvero il cielo (parte della Pace) e il mondo degli uccelli (Uccelli) ; l’ambiente drammatico e quello extrascenico di valore drammatico delle commedie lenaiche è l’Agora e luoghi come la Pnice, il Buleuterio, il santuario
di Dioniso
nelle Paludi
(ove si dovrebbe
re-
care il protagonista degli Acarnesi in relazione alla festa dei Boccali). Le Vespe, situate piuttosto genericamente in Atene, ricevono un elemento del solito ambiente attraverso l’azione extrascenica del protagonista, il quale ritornando dal banchetto può aver incontrato la mercantessa di pane nell’Agora commerciale (cfr. Vespe 1389-1391). Anche le Rane, che pur si svolgono per massima parte nel mondo infernale, sono indirettamente e allusivamente ambientate nella stessa zona: mentre l’Ade viene immaginato come un quartiere popolaresco di Atene, dietro la scena si sentono
a un certo momento gli stessi canti della processione che nel mese di Boedromione passava attraverso l’Agora per recarsi ad Eleusi, e il coretto delle Rane è quello del santuario di Dioniso nelle Paludi situato in una depressione fra l'Areopago e la Pnice (cfr. Rane 112-115, 318-320, 211-219).
I DUE
TBATRI
DI ARISTOFANE
II
Le quattro restanti commedie aristofanee sono di agone ignoto.
La moderna critica storica ha catalogato le Donne a parlamento come lenaiche,
anno 392 o 39I, come
quasi certamente
lenaico
il Pluto, anno 388, mentre discordante è la classifica della Lisistrata, anno 4II, e delle Tesmoforianti che sono presumibilmente
del 411 (per altri del 410). Secondo il criterio topografico di Carlo Anti quest’ultima commedia sarebbe di agone lenaico. Ma le Tesmoforianti non possono che essere state rappresentate in un teatro fornito di macchina del volo. Una scena mette in parodia il Perseo dell’Andromeda euripidea apparso in volo su Pegaso «l’anno prima in questo stesso luogo» (πέρυσιν tv τῷδε ταὐτῷ χωρίῳ, Tesmoforianti 1060; χωρίον per l'orchestra
‚dionisiaca anche in Pace 972). E taluni interpreti ritengono che anche il tragico Perseo di Aristofane, che appare e scompare all'improvviso, si sia valso del meccanismo euripideo (cfr. Tesmoforianti 1014, 1098 sgg., 1115 sg.). La classifica dionisiaca è comunque confermata dalla scena alquanto * tragica ' e consistente
e dal regime drammatico tempio
dei personaggi:
'Tesmoforio, un
altare
la scena presenta il
con tavolette votive e al-
cune tende, e il protagonista non esce mai dal teatro, anzi rimane
sulla scena, assieme a un altro personaggio, perfino durante la parabasi. Ánche il molto mobile personaggio di Euripide é regolato nelle Tesmoforianti dalla legge dell'unità del luogo drammatico, pur con un trucco : Euripide abbandona il Parente al verso
279 dopo aver promesso di accorrere di nuovo con tutti i mezzi in caso di disgrazia ; e infatti interverrà come Euripide-Menelao,
Euripide-Perseo, e come Euripide vero e proprio in 1160-1175 per camuffarsi
subito
da vecchia
mezzana.
Se egli, come
sembra,
è
uscito la prima volta dal corridoio, nulla di strano, perché poi riappare sotto le vesti di altri personaggi ; e nulla di strano quando ritorna per qualche momento come Euripide, ché ormai egli si trova nell’ambito del teatro dopo i precedenti travestimenti. Il personaggio, pur così libero nei movimenti, non ha mai compiuto un'azione extrateatrale (nonostante Tesmoforianti 1172 sg.). La Lisistrata : la Lisistrata è una commedia dionisiaca. La protagonista non esce mai dal teatro, nessun personaggio compie azioni
extrateatrali,
il festino
ha
luogo
in teatro,
la scena
rap-
presenta con notevole consistenza l'Acropoli coi Propilei e pae-
12
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
saggio rupestre. Se le Tesmoforianti, come congetturano, sono del 411, Aristofane avrebbe presentato due commedie alla stessa festa, come fece almeno nel 422 con il Proagone e le Vespe. Tanto Lisistrata che Tesmoforianti sono ambientate nella zona del teatro di Dioniso : da una parte i Propilei dell’Acropoli — e dall'alto dell’edificio scenico par che si veda il tempio di Demetra
ai piedi dello stesso versante meridionale dell’Acropoli (cfr. Lisistrata 835) —, dall'altra il tempio Tesmoforio 5. Donne a parlamento e Pluto saranno invece commedie lenaiche. Ambedue presentano le solite casette, le quali nelle Donne vengono via via assegnate a nuovi inquilini; in ambedue le comme-
die tutti i personaggi escono e rientrano in teatro con la più grande libertà, e nelle Donne a parlamento perfino il Coro compie un’azione extrascenica ; ambedue,
genericamente situate in Atene,
hanno azioni extrasceniche nella Pnice e nell'Agora (Donne a parlamento), nel tempio di Asclepio — non quello dell'Acropoli, ma quello del Pireo prossimo al mare — e nell'Agora (Pluto 656,
787) ; le Donne a parlamento
infine presentano un festino extra-
teatrale.
Nelle Donne a parlamento,
quando -l’attore sta per
uscire
dal teatro, è implicito di nuovo il tipico dislivello lenaico : infatti
ἐν ὅσῳ
καταβαίνεις
del verso
1152,
«intanto
che tu scendi,
per
uscire », si viene ad affiancare ai ricordati ἄμβατε di Acarnesi 732
e ἀνάβαινε δεῦρο di Cavalieri 149 e Vespe 1341. Su questo fenomeno conviene ora chiarire che gli inviti di Acarnesi e più ancora
di Cavalieri e Vespe implicano senza dubbio
un dislivello fra lo
spiazzo orchestrale e il suo accesso o un suo accesso: ἀνάβαινε δεῦρο vuol dire «sali e resta nel luogo ove sono io », e in Cavalieri 169 il successivo ἐπανάβηϑι κἀπὶ τοὐλεὸν τοδί, « monta anche su questo sgabello », rivolto allo stesso personaggio ormai nell’orchestra, indica che egli ha già superato un’ascesa e che ora ne deve superare un’altra di diverso genere e di temporanea durata, e così in Vespe 1378 il successivo οὐχ el δεῦρο σύ, «non vuoi venire qui (e darmi la mano)? », rivolto allo stesso personaggio, mostra che questi è ormai al livello degli altri attori (cfr. già 1371 e 1376), dopo aver superato l'ascesa attaccandosi alla speciale corda offertagli da Filocleone (cfr. 1342 sg.). Ma nelle
stesse
Vespe
1514 l'áràp καταβατέον γ᾽ ἐπ᾽ αὐτούς, esclamato
da
1 DUB
TEATRI
DI
ARISTOFANE
I3
Filocleone prima del suo movimento verso il centro dell'orchestra — ove il Coro fa largo a lui e agli sfidati ballerini ritirandosi verso
la facciata scenica (cfr. 1516 sg.) —, non significherà «eppure mi tocca scendere giù da loro », ma con tono di superiorità « eppure mi tocca scendere in lizza contro di loro », senza implicare quindi un declivio dalla facciata scenica verso l’orchestra. E quest’uso particolare di καταβαίνειν è bene attestato. Parrebbe quindi che l’orchestra lenaica fosse inclinata per natura in un determinato settore, o che tutta quanta si presentasse
come una terrazza naturale degradante lateralmente, sulla quale attori e coreuti si venivano a trovare su una specie di grande pedana naturale davanti agli spettatori. L'espressione delle Donne a parlamento, tv ὅσῳ e il presente καταβαίνεις, indica ap‘ punto che l'operazione di abbandonare l'orchestra degradante non era istantanea, e altrettanto mostrano gli inviti di Acarnesı Cavaliers Vespe, che stimolano personaggi timidi o ritrosi, non ancora entrati in teatro come in Cavaliers 146 o appena appena entrativi, a farsi avanti nell’orchestra, a decidersi di superare quel lieve piano inclinato. Sia quel che sia, questi tre o quattro passi aristofanei non potranno seguitare ad essere invocati a favore di un palcoscenico o di una pedana per gli attori nei teatri greci del periodo classico e in particolare in quello ateniese di Dioniso, né dovranno pungere come una spina il cuore di quegli archeologi che giustamente pensano a un unico livello drammatico. I nostri passi, provenendo
da commedie
lenaiche,
del singolo improvvisato
si riferiscono
alla conformazione
‘teatro ’ lenaico *.
Per concludere : la drammaturgia dionisiaca dispone della poderosa macchina del volo, la lenaica no ; la drammaturgia lenaica fa talvolta esplicita menzione di un dislivello fra l’ingresso e l’orchestra, quella dionisiaca mai ; tutti i personaggi lenaici compiono azioni extrateatrali attraverso il corridoio laterale, i protagonisti
dionisiaci stanno in teatro dal principio alla fine e gli altri personaggi escono dal corridoio laterale ma per non far più ritorno in teatro ; le commedie
zona
dell’Agora,
lenaiche sono ambientate
la zona
del
Leneo,
in genere nella
le commedie
dionisiache,
14
CARLO
quando sono
non
sono
ambientate
FERDINANDO
situate vagamente realisticamente
RUSSO
in Atene
nella zona
ovvero
dell'Acropoli,
in cielo, la zona
del teatro di Dioniso ; il paesaggio della scena dionisiaca é eccentrico e imponente, la scena lenaica é quotidiana e umile, e quella
è tutta solidamente formata fin dal principio, quest'altra, alquanto sommaria
e fluida,
è spesso estemporanea
o ipotetica e tende
a
dare sostanziali e distinti valori scenici anche all'orchestra. Diversi meccanismi e terreni teatrali, duplice regime drammatico dei personaggi, due ambienti, due paesaggi scenici, due arti sceniche : questa duplice e concatenata serie di proprietà e
di regole così materiali non può che far capo a due teatri di struttura e natura diverse. Da una parte il teatro di Dioniso sull'Acropoli, dall'altra un teatro di fortuna, l'improvvisato teatro nel Leneo dell'Agora attestatoci dagli antichi. Per questo furono concepiti Acarnesi Cavalieri Vespe Rane Donne a parlamento Pluto, per
quello Nuvole Pace Uccelli Lisistrata Tesmoforianti. Mentre ai due teatri rispondevano due drammaturgie, ossia differenti proprietà sceniche dei drammi, e soltanto l’augusto e progredito teatro sull’Acropoli suggeriva e permetteva visioni, scene e ambienti eccezionali e solenni — Coro di Nuvole, cielo e grotta della Pace, mondo degli uccelli, tempio Tesmoforio, Acropoli e Propilei —,
i due
teatri,
l'uno
della
commedia, il diverso pubblico, lì ellenico, sto clamore lenaita, e la diversa festa — ufficiale quella, e dai commediografi più libera e casalinga questa —, dovevan come
tragedia
l'altro
della
qui ateniese e dal fausontuosa, ambiziosa e ambita; modesta, più regolare l’accento po-
litico e civile del commediografo e impegnare e stimolare in varia
maniera la sua vena inventiva : i moltó spregiudicati drammi lenaici affrontano tutti liberamente dagli Acarnesi alle Rane (le due ultime e tarde commedie lenaiche sono piuttosto bonarie) uomini e problemi politici d’interesse cittadino. Invece i drammi dionisiaci, quando sono politici, hanno un raggio più ampio, si battono tanto per Atene che per Sparta e le altre città elleniche
(Pace, Lisistrata), tendono alla fiaba metapolitica di valore supernazionale (Uccelli) ovvero s'impegnano nella polemica culturale e letteraria (Nuvole, Tesmoforianti), una polemica letteraria che occupa anche la seconda parte delle Rane, ma che non costituisce la ragione ultima di quella molto politica commedia. Se si pensa
I DUE
che
i commediografi
teatrale,
di chiedere
dionisiaco
ovvero
ad
TEATRI
di Atene
DI
ARISTOFANE
avevano
l'ammissione ambedue,
15
facoltà,
all'agone
appare
in una
lenaico
più che
stagione
o all’agone
naturale
che
un
drammaturgo di intensa produzione come Aristofane — quaranta commedie in un quarantennio circa d’attività — abbia in genere progettato l’una e l’altra materia comica per l’uno o l’altro agone,
per l’uno o l’altro pubblico. Le undici commedie superstiti contengono appunto dei segni distintivi abbastanza costanti e significativi (anche se, com'é naturale, queste varianti ‘ ideologiche ' fra commedie lenaiche e commedie dionisiache non sono così nettamente rilevabili come le loro distinte proprietà sceniche), e fra le commedie superstiti vi sono le Nuvole seconde, una commedia cioè destinata allo stesso agone, quello dionisiaco, al quale qualche anno prima avevano concorso le Nuvole (cfr. Nuvole seconde 523 sg.). Sarà un caso, ma un poeta piuttosto ‘ apolitico ' come Cratete,
tre
volte
vittorioso
alle
Dionisie,
alle
Lenee
non
vinse
mai. (o non vi partecipò), mentre un poeta aggressivo come Teleclide, tre volte vittorioso alle Dionisie, riportò agli agoni lenaici ben cinque primati. Un archeologo tedesco, trattando una quarantina d’anni fa delle proprietà sceniche dei drammi greci, affermò, a premessa delle sue rapide analisi aristofanee, che è vano tentare di cogliere una differenza di carattere scenico fra commedie
lenaiche e com-
medie dionisiache, e invocava a sostegno l’unità scenica drammi che Shakespeare compose per teatri radicalmente Il richiamo a Shakespeare è interessante : ma proprio risultati sicuri della più moderna critica shakespeariana stinzione
scenica,
e anche
stilistico-ideologica,
dei drammi
di quei diversi. uno dei è la diconce-
piti ora per un teatro e ora per un altro e ora per un altro ancora, ora per un pubblico ora per un altro 7. E per Aristofane si può aggiungere che il sentimento ambizioso e l'impulso
allusivo
dello scrittore
di commedie
per la festa, il
teatro e il pubblico della tragedia sembra anche inciso, a cominciare dalla Pace, nel carattere dei drammi e dei loro protagonisti : Trigeo, Pistetero, Lisistrata, il Parente hanno sempre più l’impronta, in un immobile e eccezionale paesaggio scenico e in un
ambiente pugno
un
solenne, di tragici eroi nobili o patetici, e tengono dramma
che,
per quanto
può,
è abbastanza
in
concate-
16
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
nato e monumentale, perché fa blocco quasi tutto intorno alle loro sempre presenti persone. La commedia dell'antica festa lenea e dell’improvvisato
teatro
nella
zona
dell'Agora,
scheggiata
dalle
sortite centrifughe dei principali personaggi e attraversata da scenette quali fuochi artificiali, si affida più volentieri a tradizionali coppie di gagliardi e brillanti antagonisti e di scurrili macchiette e, in un paesaggio e in un ambiente quotidiano, tende a esprimere il dramma cittadino con un elevato e mordente spettacolo di gusto piü spiccatamente episodico.
Rito, teatro, pubblico
e dramma
lenaico.
Rito, teatro,
pub-
blico e dramma dionisiaco. Due differenti situazioni sociali, mondane e tecniche, e due adeguate tendenze espressive, ora più ora meno
accentuate.
La nuova e grande arte comica, che il commediografo degli Ateniesi e dei Greci del V e IV secolo si gloria di avere innalzato
quale una torre (Pace 749), stava forse anche nella lezione di virtü drammaturgica affermata dalle commedie concepite per il teatro nel quale si ergeva la torre dell'arte tragica di Eschilo (Rane 1004). Una lezione di virtù drammaturgica valida anche per i tragediografi contemporanei, soprattutto per Euripide. Lo vedremo a suo tempo.
Documentazione
della voce
Λήναιον
nel V e IV secolo
a ri-
prova del Afvatov come teatro del V e IV secolo. Nei lenaici Acarnesi dell'anno 425 Aristofane rievoca con stile
‘ extradrammatico ' un incidente giudiziario causatogli da una sua commedia
dionisiaca
dell’anno
prima,
e
rileva:
« questa
volta Cleone non mi andrà calunniando che io sparlo della città alla presenza di stranieri. Perché siamo solo noi, οὑπὶ Anvalw τ᾽ ἀγών, e stranieri non ve ne son presenti: tributi non ne sono arrivati, e neppure gli alleati dalle città. Ma siamo solo noi oggi,
il fior' fiore della farina...
sono
amici
quelli che
mi ascol-
tano ... » (Acarnesi 502-507, 513). ‘O ἐπὶ Ληναίῳ ἀγών ha nel contesto, che è tutto espressivamente localizzante e solido e pronunciato dall’ ‘attore-poeta’ e non dal ‘personaggio’, un preciso valore : siamo solo noi Ateniesi, siamo nel Leneo e non nel teatro di Dioniso, stranieri e alleati non ve ne sono. In érì Anvaiw e simili la preposizione ἐπί con il dativo di un tempio,
I DUB
TEATRI
DI
ARISTOFANE
17
di un recinto sacro o oracolare contrassegna notoriamente un’azione
diretta e immediata che si attua in quei luoghi sacri nettamente delimitati. Già solo la sintassi di è ἐπὶ Ληναίῳ ἀγών, «il concorso nel Leneo », mostra
che
il Afvatov
era
un
luogo
sacro
adibito
a
teatro. Nello stesso passo degli Acarnesi il verso 510 reca Ποσειδῶν, οὑπὶ Ταινάρῳ ϑεός, « Posidone, il dio venerato nel santuario Tenaro », e lì egli era effettivamente onorato dagli Spartani, e l'aristofaneo frammento
Παλλαδίῳ
585 ammonisce
un omicida volontario ἐπὶ
δώσεις δίκην, «sarai condannato nel recinto Palladio »,
là dove si giudicavano tali crimini, e così via (in un testo epigrafico del V secolo, le Dirae Teiorum, si ha ἐπὶ Δυνάμει καϑηu£vo τὠγῶνος ᾿Ανϑεστηρίοισιν, « quando alle feste Antesterie la riunione ha luogo nel recinto di Dynamis »). Ma i negatori del Leneo aristofaneo osservano che ὁ ἐπὶ Ληναίῳ ἀγών può ben seguitare ad essere nell'anno 425 la qualifica del:
l’agone lenaico che si svolgerebbe ormai da una diecina d'anni e più nel teatro di Dioniso sull'Acropoli. Insomma un'espressione priva
di valore
localizzante,
una
formula.
Chi così obietta non si rende conto che la ‘formula * sarebbe molto equivoca dato che il recinto lenaico era ancora attivo almeno come santuario nel V-IV secolo (cfr. la legge di Evegoro poco sotto ricordata), e ignora comunque un frammento del Riso di Sannirione — il quale scrive verso l’anno 400 — ove il tra-
gediografo Meleto è chiamato «il cadavere
del Leneo»
(Mé-
λητον τὸν ἀπὸ Ληναίου vexpóv), quello stesso Meleto che nel frammento 149 del Geritade aristofaneo — commedia degli ultimi anni del V secolo — era sceso all'Ade assieme a altri poeti dall'aspetto moribondo.
Sannirione,
alluda
o no al « moribondo » Meleto
del
Geritade (se sì, allora il Geritade è di agone lenaico), menziona Meleto come personaggio-cadavere di teatro lenaico: ché ἀπὸ
Ayvatov,
in relazione
a un
drammaturgo,
non
può
che
allu-
dere a una presenza di quel drammaturgo nel recinto-teatro lenaico. E ancora : in Protagora 3274 si riferisce che Ferecrate nell'anno 420 «rappresentò una commedia nel Leneo», ἐδίδαξεν ἐπὶ Ληναίῳ. Se non a Platone, certo alla sua fonte il Leneo era ancora famigliare come teatro. Una legge ateniese di Evegoro, riferita da Demostene Midia ro e che sarà della prima metà del IV secolo, elenca tutte le feste e gli agoni dionisiaci in successione temporale
18
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
e con le relative indicazioni topografiche : ἣ πομπὴ... ἐν Ie pate... καὶ ἡ ἐπὶ Amvalo πομπὴ xal οἱ τραγῳδοὶ xal ol κωμῳδοί, xai τοῖς ἐν ἄστει Διονυσίοις κτλ., cioé feste e agoni dionisiaci nella zona del Pireo in dicembre, feste e agoni nel Leneo di gennaio-febbraio, feste e agoni cittadini di marzo-aprile. Infine rendiconti ufficiali degli anni 334-333 nisie
nel
Pireo,
Διονύσια
τὰ ἐμ
e 333-332
Πειραιεῖ,
menzionano
e le Dionisie
le Dio-
nel Leneo,
Διονύσια τὰ ἐπὶ Ληναίῳ (I. G. II? 1496, 70; 74, 105). E, fatto molto singolare, simili rendiconti ufficiali dell'anno 329-328 parlano di ἐπιλήναια Διονύσια (I. G. II® 1672, 182; cfr. 106), e anche Aristotele nella Costituzione degli Ateniesi 57, che è forse dello stesso anno, parla della festa e dell’agone lenaico come di Διονύσια
τὰ ἐπιλήναια. Fa ora la sua comparsa dizione
ἐπιλήναιος,
si afferma
la
Διονύσια finora mai attestata per le Lenee, e l'espressione
localizzante mergerà
l'attributo
ἐπὶ Ληναίῳ
se non
sembra
scomparsa,
in tardi trattati eruditi.
gio ufficiale e letterario proprio
e in realtà non
Scomparsa
rie-
dal linguag-
nell'epoca del radicale riassetto
del teatro di Dioniso che Licurgo compi attorno all'anno 330.
La molto singolare coincidenza fa sospettare che il Leneo sia stato abbandonato,
almeno
come
teatro,
all’epoca
di Licurgo: in
quella stessa epoca, verso il 320, il ricostruito teatro’ di Dioniso tende a soppiantare anche la Pnice come luogo di riunione popolare *.
NOTE ! Le fonti antiche: Esichio alla voce ἐπὶ Ληναίῳ ἀγών: ἔστιν ἐν τῷ ἄστει Λήναιον περίβολον ἔχον μέγαν xal ἐν αὐτῷ Ληναίου Διονύσου ἱερόν, ἐν ᾧ ἐπεπελοῦντο οἱ ἀγῶνες ᾿Αϑηναίων πρὶν τὸ ϑέατρον οἰκοδομνηϑῆναι, Fozio alle voci Anvatov: περίβολος μέγας ᾿Αϑήνησιν ἐν ᾧ οἰκοδομηϑῆναι ὀνομάζοντες ἐπὶ Ληναίῳ.
Ixpıa
τὰ ἐν τῇ ἀγορᾷ
σχευασϑῆναι
dp’ div ἐθεῶντο τοὺς
τὸ ἐν Διονύσου
dotta della madre
τοὺς ἀγῶνας ἦγον πρὸ τοῦ ἔστιν δὲ ἐν αὐτῷ καὶ ἱερὸν
Διονυσιακοὺς
ϑέατρον, Demostene
de
di Eschine) ἐν tà κλεισίῳ
Cor.
ἀγῶνας 129
τὸ ϑέατρον Διονύσου,e
πρὶν
ἢ κατα-
(della cattiva
τῷ πρὸς τῷ καλαμίτη
fpc
con-
e gli
scoli relativi: a) τὸ δὲ ἱερὸν αὐτοῦ (sc. τοῦ καλαμίτου ἥρωος) ἐστι πρὸς τῷ Ληναίῳ,
b) xAtotov. τὸ οἴκημα τὸ μεγάλας ἔχον ϑύρας ἐν τῇ ἀγορᾷ. Tutto il materiale relativo alle Lenee e al Leneo si trova raccolto in A. PICKARD-CAMBRIDGE, The Dramatic Festivals of Athens, Oxford 1953, pp. 22-40 (alcune testimonianze
omesse dal Pickard-Cambridge, come per esempio il frammento del Riso di Sannirione, saranno ricordate e usate alla fine di questo capitolo). ? Per Sofocle, Euripide e gli agoni lenaici ved. il primo paragrafo sulle Tesmoforianti (già un cenno alla fine del paragrafo 2c sugli Acarnesi). Le ipotesi del Wilamowitz e del Dórpfeld furono espresse in « Hermes » XXI (1886) p. 622 (= KI. Schriften, I p. 172) e in « Athen. Mittheil. » XX (1895) p. 183 e p. 369, e la obiezione del Pickard-Cambridge a p. 38, 1 dell'opera citata. 8 Le recensioni di M. Bieber, C. Fensterbusch e A. von Gerkan sono apparse in « Am. J. Phil.» LXIX (1948) pp. 449-451, « Gnomon » XXI (1949) pp. 299-304, « Deutsche Lit. Zeit. » LX X (1949) pp. 163-167, mentre il Pickard-
Cambridge si pronunció sfavorevolmente in « Class. Rev. » LXII (1948) p. 127. Il nostro lavoro sugli Acarnesi uscì a Bari nel 1953 presso l'Adriatica Editrice (Traduzione, saggio critico, analisi, note testuali). + Così
H.
BULLE,
Unters.
an
den
griech.
Theatern,
München
1928,
p.
215.
Alcuni interpreti mettono in dubbio che Socrate si valga della macchina del volo : ved. in proposito il paragrafo sesto sulle Nuvole. * Per la congetturabile ubicazione del Tesmoforio nella zona dell'Acropoli, ved. O. BRONEER, The Thesmophorion in Athens, « Hesperia » 11 (1942) pp. 250275. Chi colloca il Tesmoforio nella zona della Pnice, si basa solo su Tesmoforianti 658, ove περιϑρέξαι τὴν mixva πᾶσαν non significa altro che percorrere tutta la « Pnice », «la cosiddetta Pnice », «l'immaginaria Pnice », dato che è in corso un'assemblea parodiante esplicitamente l'assemblea popolare della Pnice (cfr. Tesm. 301, 373-380, ecc.). Da Tesmoforianti 577-578 non si può ricavare che
il
Tesmoforio
fosse
vicinissimo
all'Agora.
I
banchi
di
legno,
txpta,
del
20
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
verso 395 son quelli del teatro di Dioniso, ove i sedili non erano ancora di pietra : ved. da ultimo PICKARD-CAMBRIDGE, The Theatre of Dionysus in Athens, Oxford 1946, p. 13. Infine è improprio, per catalogare la commedia come lenaica, invocare la stagione invernale espressa in Tesmoforianti 67: l’azione delle Tesmoforianti è esplicitamente immaginata nel mese di Pianopsione, ottobre-novembre, nei giorni appunto della festa donde prende il titolo la com-
media.
6 Una lancia a favore della pedana (di legno, e quindi provvisoria) è stata di nuovo spezzata da L. RoussEL, Mélanges Picard, II pp. 892-895 = «e Rev. arch. » XXXI-XXXII (1948). Ved. invece l'ammonimento Theatron, nella Pauly-Wissowa dell'anno 1934, c. 1392.
di C. FENSTERBUSCH, Sulla conformazione
dell'orchestra dionisiaca si sofferma il paragrafo nono degli Acarnesi. Per il Leneo, Carlo Anti si è domandato come fossero disposti gli spettatori: su file rettilinee di banchi a gradinata, egli pensa. Per la disposizione rettilinea l'Anti si fonda su Cavalieri 163 στίχας... λαῶν (un passo, in verità, non molto valido, perché di linguaggio epico e alto), mentre la disposizione a gradinata dipende
dalla supposta identificazione del Leneo
a ridosso della Pnice. L'orchestra le-
naica, se era sufficientemente rialzata, poteva consentire a rigore almeno una parziale disposizione a platea dei sedili provvisori. Da Donne a parlamento 497 si ricava che nel Leneo v'era un muretto che delimitava il corridoio laterale, meridionale, un muretto che poteva essere improvvisato in legno in occasione della rappresentazione : ved. già E. BODENSTEINER in Suppl. XIX, 1893, p. 710 dei « Jahrbb. cl. Phil. », il quale naturalmente lo riferiva al teatro di Dioniso ; l'ANTI, p. 242 sg., pensa a un muretto stabile. ? Una svolta in questa direzione è stata segnata nella critica shakespeariana dalle note Prefaces to Shakespeare di H. GRANVILLE-BARKER, London 1927-1947, in cinque volumi. La p. Xiv del primo volume reca : «from Bur-
bage's first theatre to the Globe,
then to Blackfriars,
not to mention
excur-
sions to Court and into the great halls, change of audiences and their behaviour, of their taste, development of the art of acting, change of the stage itself and its resources
were
all involved
in
the
progress,
and
are
all,
we
may
be
sure,
reflected to some degree in the plays themselves. We guess at the conditions of each sort of stage and theatre, but there is often the teasing question to
which of them had a play, as we have it now, been adapted. And of the ‘private' theatre, most in vogue for the ten years preceding the printing of the First Folio, so far we know least. The dating of texts and their ascription to the usages of a particular theatre may often be a searchlight upon their stagecraft. Here is much work for the new scholarship ». Un critico del testo shakespeariano come J. DOvER WILSON, a proposito dell'opera del Granville-Barker, scriveva : «it is one of the most important literary discoveries of our age that
Shakespeare wrote,
not to be read,
but to be acted ; that his plays
are not
books, but, as it were, libretti for stage performance. It is amazing that so obvious a fact should so late have come to recognition... » (ho citato, indirettamente, dal terzo volume del Granville-Barker p. 331). L'archeologo tedesco che invocava impropriamente Shakespeare è A. FRICKENHAUS, Die aligriechische Bühne, Strassburg 1917, p. 5 e p. 71. La diversa vena politica delle commedie lenaiche fu già rilevata dal laureando LEO, Quaestiones Aristophaneae, Bonn 1873, p. 31. Sul pubblico lenaico cfr. particolarmente Acarnesi 504-508, 632, 971, Cavalieri 547, 811, 974 sg., 1408, ecc. (le Rane si rivolgono, com'é natu-
rale, a un pubblico strettamente
ateniese).
In commedie
dionisiache
gli spet-
tatori sono « Ateniesi e alleati», «tutti gli Elleni » (Nuvole 609, Pace 292). In Pace 46 & apostrofato uno spettatore ionico ; cfr. anche Pace 46 con Pace 150,
I DUE
TEATRI
e così via (la Lisistrata si rivolge, il maggior pregio attribuito dai
DI
ARISTOFANE
2I
com'è naturale, a un pubblico ellenico). Per commediografi agli agoni dionisiaci ved. il
paragrafo terzo della Cronologia di un tirocinio ; il quarto paragrafo capitolo si sofferma sulle cronache teatrali dionisiache e lenaiche. 8 Ved. Polluce
E.
IV
MEYER,
121,
Pnyx,
l'unica
fonte
nella
Pauly-Wissowa
antica
a denominare
dell'anno il ‘ teatro’
1951, del
di quel c.
1118.
Leneo
come
ϑέατρον Anvalxév, distingue i due teatri ateniesi allorché inizia a trattare dell’edificio teatrale: ἐπεὶ δὲ καὶ τὸ ϑέατρον οὐ μικρὸν μέρος ἐστὶ τῶν μουσικῶν,
αὐτὸ μὲν ἂν εἴποις ϑέατρον xal Διονυσιακὸν ϑέατρον xal Ληναϊκόν, καὶ τὸ πλῆϑος ϑεατάς. ᾿Αριστοφάνης δὲ συνϑεάτριαν elprxev, ὥστ᾽οὐ ϑεατὴν μόνον εἴποις ἂν ἀλλὰ καὶ ϑεάτριαν, κατὰ δὲ Πλάτωνα καὶ ϑεατροχρατίαν. τοὺς δ᾽ ἀναβασμοὺς καὶ βάϑρα xxi ἕδρας καὶ ἐδώλια, καὶ ἐδωλιάζειν τὸ συγκαϑίζειν κτλ. La denominazione
ufficiale o letteraria delle Lenee è via via: Λήναια (Acar-
nesi 1154 sg.), ὁ ἐπὶ Ληναίῳ ἀγών e simili (Acarnesi, Platone e decreto di Evegoro citati), νύσια (liste
Διονύσια τὰ ἐπὶ Anvalo (liste citate del 334-332), ἐπιλήναια Atodel 329-328, Aristotele), Λήναια (Ippoloco dell'anno 310 circa
presso Ateneo I.G.
XIV
1098
130d, e
Argomenti
1098a
da
alessandrini di alcune commedie aristofanee e
Roma
di
probabile
derivazione
alessandrina,
Dio-
doro Siculo XV 74, Plutarco presso gli scoli a Esiodo Ofera 504, /.G. II? 2130 dell'anno 192-193 τὸν ἀγῶνα τῶν Anvalov, Polluce VII 90, ecc.). Ciò insegna, contrariamente a quanto in genere si afferma, che anche la denominazione ἐν ἄστει Διονύσια rimase sempre topograficamente appropriata, contrapposta
com'era
ai più
antichi
Διονύσια
κατ᾽
ἀγρούς.
Infatti
le altrettanto
cittadine
Lenee vengono soltanto più tardi qualificate talvolta come Διονύσια. Da notare che una parte della tradizione dell'Argomento delle Rane reca ἐδιδάχϑη,.. ἐπὶ Ληναίῳ (e non εἰς Λήναια), e che gli scoli a Eschine II 15 recano ἐνίκα δὶς
ἐπὶ Anvalw
{così giustamente
corresse il Madvig
il ληναίων
dei mss.)
Da
no-
tare infine che i rendiconti ufficiali di /.G. II? 1496 attestano implicitamente alla frammentaria linea 146 la dizione ἐπὶ Ληναίῳ anche per l'anno 331-330, e certo la stessa dizione era attestata anche per il lacunoso anno 332-331.
CRONOLOGIA
DI
UN
TIROCINIO
1. Pilastri e indizi cronologici. — Aristofane in Cavalieri 542-543
ama definire come periodo di tirocinio la propria attività anteriore al concorso lenaico dell’anno 424, il concorso che vide il suo esordio ufficiale coi Cavalieri. Sul significato di tale tirocinio, durante il quale Aristofane non rappresentò personalmente le proprie commedie, si ferma brevemente il sesto paragrafo del presente capitolo. A parte la commedia lenaica superstite dell’anno 425, cioè gli Acarnesi rappresentati vittoriosamente dal didascalo Callistrato,
la cronologia del tirocinio aristofaneo poggia su due pilastri :
a) «da quando il Virtuoso e l’Invertito ricevettero qui stesso grandissimi elogi..., e io dovetti esporli, ché ero ancora una ra-
gazza e non mi era consentito di partorire, ma un’altra giovinetta
li prese e li adottò... », così Aristofane in Nuvole 528-531 sul proprio esordio non ufficiale. Gli scoliasti di Nuvole 529 danno il titolo della commedia «del Virtuoso e dell'Invertito », Δαιταλῆς, cioè Banchettanti, e informano
che
Aristofane
ottenne
il sècondo
posto in graduatoria. L'Anonimo de comoedia II tramanda che Aristofane esordì con il didascalo Callistrato, arconte Diotimo: cioè anno 427. L'agone è ignoto;
b) «so bene quel che io stesso patii per via di Cleone a causa
della commedia dello scorso anno », così i versi 377 e 378 dei lenaici Acarnesi dell’anno 425. Da Acarnesi 503-505 si ricava direttamente che «la commedia dello scorso anno » non fu rappre-
sentata
alle Lenee. Lo scoliaste di Acarnesi 378 dà il titolo, Ba-
βυλώνιοι, e la Suda informa che i Babilonesi furono rappresentati
da Callistrato e conferma la data del 426. La graduatoria è ignota : l'opinione corrente che i Babilonesi abbiano ottenuto il primo premio, viene esaminata al quinto paragrafo del presente capitolo.
26
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
Concludendo : anno 427 esordio non ufficiale coi Banchettanti, didascalo Callistrato, secondo posto in graduatoria, agone ignoto; Dionisie 426 Babilonesi, didascalo Callistrato, graduatoria ignota ; Lenee 425
Acarnesi,
didascalo
Callistrato, primo
posto in graduatoria;
Lenee 424 esordio ufficiale coi Cavalieri, primo posto in graduatoria. Alcuni indizi hanno indotto i moderni cronologi della commedia attica ad ammettere la presenza di Aristofane a altri agoni degli anni 426-425. In teoria, oltre all'agone lenaico del 426 e a quello dionisiaco del 425, sarebbe disponibile anche l'agone dionisiaco del 427, nel caso che i Banchettanti risultassero lenaici: l'agone
lenaico,
come
si sa, cadeva
nel VII
mese
attico e prece-
deva quello dionisiaco che cadeva nel IX mese. Questi gli indizi : a)
Sco»:
« Antimaco,
così Acarnesi
b) prima
altri poeti
corego
alle Lenee,
mi
congedó
senza
rinfre-
1155;
dell'esordio
ufficiale «il poeta...
aiutó in segreto
(ἑτέροισι montate)... penetrò dentro ventri altrui
ἀλλοτρίας γαστέρας) »: così i versi
1018 e 1020 delle
(εἰς
Vespe, una
commedia dell'anno 422 allestita da Filonide. Lo scoliaste di Vespe 1018 reca : « ... ché alcuni drammi li rappresentava attraverso Filonide e Callistrato ; infatti il primo
dramma
che Aristofane
rap-
presentó personalmente furono i Cavalieri ». Le Vitae Aristophanis 2 recano : «i primi drammi Aristofane li rappresentava attraverso Callistrato e F.lonide... ma in seguito concorse anche di persona ». Su un’altra testimonianza erudita relativa apparentemente al periodo del tirocinio, ci fermiamo all’inizio del paragrafo sesto.
Il passo didascalo
delle
non
prescindendo
Vespe
Callistrato, dalle
implica
almeno
una
quarta
commedia,
negli anni del tirocinio : infatti, anche
Vitae e dallo scoliaste, i plurali dei versi
1018
e 1020 debbono essere dei plurali effettivi e non dei plurali generici. In ogni
caso,
già il solo concorso
senza
rinfresco
ricordato
in Acarnesi 1155 implica una presenza aristofanea alle Lenee del 426,
alle
Lenee
che
videro
la prima
delle
tre
vittorie
lenaiche
di Eupoli (di ciò al quarto paragrafo). Infatti il passo degli Acarnesi, commedia dell'anno 425, non può alludere a un corego del lontano 427, e in particolare al corego dei fortunati Banchettanti. 2. Il concorso
senza rinfresco
e il * cuoio"
del « Centauro».
—
Sul concorso senza rinfresco non grave sarebbe un’eventuale obie-
CRONOLOGIA
Di
UN
TIROCINIO
27
zione del genere: perché una lamentela nei riguardi del corego lenaico del 426 non fu espressa dai dionisiaci Babilonesi rappresentati due mesi dopo da Callistrato ? Non grave, perché a questo Antimaco il Coro acarnese dedica tutto lo stasimo satirico 11501173, e pertanto i Babilonesi avranno magari solo inserito un accenno ad Ántimaco, seppure avranno fatto a tempo. Né sarebbe grave obiettare che i lenaici Acarnesi del 425 parlano dei dionisiaci Babilonesi come
« della commedia
dello scorso anno », e che
pertanto nel 426 Aristofane partecipó solo alle Dionisie. Il poeta, che certo non scrive per dei cronologi, rinvia li all'ultima commedia, alla commedia che tanto scandalizzó Cleone !. Una presenza di Aristofane alle Lenee del 426 è pertanto più che verosimile. Della molto presumibile commedia lenaica del 426 si è creduto anche di poter stabilire il titolo: Drammi ovvero 11 Centauro ; e nei trattati di letteratura greca si registra come fatto interessante questa diversione mitologica di Aristofane. Perché proprio il Centauro? Perché le Vespe dell'anno 422, in un passo che contrappone volgari macchiette comiche a personaggi storici di recenti commedie aristofanee (Vespe 58-60 i due schiavi con le noci, Fracle : Vespe 61-63 Euripide, Cleone), recano al verso 60: «noi non disponiamo di un Eracle frodato del suo pranzo ». Lo scoliaste commenta : «£v τοῖς πρὸ τούτου δεδιδαγμένοις δράμασιν si fa un gran parlare della voracità di Eracle. / Per far ridere, rappresentano Eracle invitato a un pranzo e imprecante per la lentezza del servizio ». La prima parte di questo scolio, fino al segno divisorio, è diventata il frammento 289 Kock dei Drammi ovvero il Centauro, perché appunto si è interpretato δράμασιν come Apd-. Ma,
a parte che
tutto
lo scolio
Apa- maiuscolo rende un poco oscuro πρὸ τούτου,
si riferisce
a drammi
di altri poeti
anteriori
alle Vespe, in pratica prearistofanei (cfr. Pace 741-743). L'altra pezza d’appoggio dei cronologi del Centauro è il frammento 292. Questo frammento consiste in una parola : βύρσαν, « cuoio ». Questa paroletta è riferita da Esichio. Esichio, a stare alle edizioni dei frammenti aristofanei, commenta : « così Aristofane chiamò
scherzosamente nei Drammi cuoiaio tira le cuoia
la πόλιν ᾿Αϑηναίων ». Siccome Cleone
nell’ottobre 422, il frammento
viene
ritenuto
valido per datare il Centauro entro l’anno 422. Certo frammenti
28
CARLO
PERDINANDO
RUSSO
βύρσα o simili, cioè termini tipici dei Cavalieri anticleoniani dell'anno 424, molti sarebbero tentati di attribuirli a commedie del 427-422. In tal modo anche un ipotetico frammentario Pluto secondo balzerebbe immediatamente dall’anno 388 agli anni 427422, perché Pluto 167 reca βυρσοδεψεῖ. mentarie
Rane,
che
addirittura
Così anche ipotetiche fram-
nominano
versi 569 e 577, non avrebbero
vitalmente
Cleone
ai
più diritto di essere datate nel-
l'anno 405. Se poi si vanno a vedere le edizioni a stampa e anche
il foglio gor del Marciano greco 622 di Esichio, si vede che la tradizione non reca ᾿Αϑηναίων, che potrebbe far pensare indirettamente e vagamente a Cleone, ma ϑεῶν. E l'ultimo editore di Esichio non degna nemmeno di menzione le congetture ᾿Αϑηνῶν e ᾿Αϑηναίων : in compenso il novissimo editore dei frammenti aristofanei si limita pigramente a ricordare che la lettura ᾿Αϑηναίων è frutto di una... il. misterioso
decifrazione
compendio
paleografica, e non svela ai lettori
del Marciano, che non
è altro che
il com-
pendio usuale di ϑεῶν. Pertanto l’elefante di battaglia dei cronologi del Centauro, cioè
il ‘cuoio '-città degli ‘ Ateniesi’, potrebbe barrire anche nel IV secolo, prima del solo Pluto secondo. E poi Esichio non cita dai Drammi ovvero il Centauro, ma dai Drammi. E i Drammi, a quanto sembra, sono una commedia distinta dai Drammi ovvero il Centauro. E della dozzina di frammenti o frammentini tramandati come del Centauro, neanche uno contiene un indizio cronologico 3. Della commedia
lenaica del 426 si può dire solo che essa ebbe
Antimaco per corego. Né si può dire che il didascalo fu Filonide, perché per Filonide sono anche disponibili, se non le Dionisie 427, le Dionisie 425.
Tuttavia
parlar di Filonide,
negli anni
del tiro-
cinio, non è prudente : le Vitae Aristophanis e lo scoliaste di Vespe 1018 fanno sì anche il suo nome per quel periodo, ma può essere che lo deducano dal frequente uso che Aristofane fece di Filonide
dal 422
in poi.
I due
distinti
scoliasti
di Nuvole
531,
per esempio,
asseriscono che i Banchettanti del 427 furono affidati
a «Filonide
e Callistrato » (anche
correggendo
il καί in 9, reste-
rebbe chiaro che gli scoliasti congetturavano). Per questo periodo del tirocinio si può parlare solo, sulla scorta di Vespe 1018 e 1020, di almeno un altro ' poeta '-didascalo diverso da Callistrato. Quest'altro didascalo, come si diceva, se non curò la commedia le-
CRONOLOGIA
DI
UN
TIROCINIO
29
naica del 426, poté curare una commedia alle Dionisie del 425. Sul passo delle Vespe torneremo brevemente più oltre al paragrafo sesto. Una presenza di Aristofane alle Dionisie del 425, ‘anche se non ci è attestata, non è infatti esclusa da Acarnesi 299-302 : lì il poeta preannuncia sì come prossimi gli anticleoniani Cavalieri, ma quel singolare e improvviso preannuncio viene dato dalla scena nel gennaio-febbraio 425, quando la stesura di una eventuale commedia
per l'imminente
agone
di marzo-aprile
è già un
fatto compiuto, e quando il poeta ormai sta pensando alle successive competizioni. E poi al poeta premeva di annunciare la dura lezione riservata a Cleone, perché gli Acarnesi — e nemmeno un’eventuale imminente commedia, e ciò lo si deduce da Vespe I029-I031 — non rispondevano nella maniera dovuta a chi lo aveva denunciato e perseguitato dopo la rappresentazione dei Babilonesi alle precedenti Dionisie del 426. Al paragrafo sesto tentiamo alcune considerazioni sul perché Aristofane attese a presentarsi ufficialmente proprio coi Cavalieri ; alla fine del paragrafo quinto altre considerazioni sulle Dionisie del 425.
3. «Da quando il Virtuoso e l’Invertito... ». — Dei Banchettanti, si vide, l'agone è ignoto. La parabasi delle Nuvole seconde rievoca la commedia dell’esordio segreto in un tale contesto : Spettatori,
vi dichiarerò
liberamente
il vero,
che mi ha allevato. E possa io vincere e essere è vero che ritenendo voi spettatori intelligenti, mie commedie, a voi per primi ritenni giusto ἠξίωσ᾽ ἀναγεῦσ᾽ ὑμᾶς, v. 523) la commedia Eppure dovevo battere in ritirata sconfitto da
in nome
di quel
Dioniso
giudicato buon poeta, come e questa la più acuta delle di farla gustare (πρώτους che mi costò tanto lavoro. dei buffoni, e non lo meri-
tavo. Proprio questo rimprovero a persone assennate come voi, per le quali tanto daffare io mi ero dato. Ma, malgrado tutto, mai io di proposito tra-
dirò quelli di voi che sono intelligenti. Ché da quando ἐνθάδε
il Virtuoso
e l'Invertito ricevettero grandissimi elogi da persone che è già un piacere intrattenere (οἷς ἡδὺ xal λέγειν, v. 528), e io dovetti esporli — ero ancora una ragazza e non mi era consentito di partorire —, ma un'altra giovinetta
li prese e li adottó, e voi li allevaste generosamente e li educaste : da allora io ho
lantica
una
fidata
Elettra,
garanzia
questa
della
commedia
altrettanto assennati: essa saprà ciocca di capelli del fratello.
vostra
comprensione.
é venuta bene
E
così
ora,
quale
a vedere se trova spettatori
riconoscere,
appena
la
veda,
la
30
CARLO
Le
Nuvole,
com'è
FERDINANDO
noto,
furono
RUSSO
sconfitte
agli
agoni
dionisiaci
del 423, e questa parabasi delle Nuvole seconde fu scritta per ripresentare polemicamente la commedia negli anni successivi. Come il poeta, quando nell’estate del 424 chiese all’arconte il Coro per le Nuvole,si decise per gli agoni dionisiaci che cadevano due mesi
dopo quelli lenaici, così anche per le Nuvole seconde si decise per gli stessi agoni ; il poeta appunto si rivolge ora agli spettatori ai quali per primi aveva offerto le Nuvole : «per primi», perché non le aveva destinate, nell’estate del 424, agli spettatori dei
più prossimi agoni lenaici. La coincidenza degli agoni delle Nuvole e delle Nuvole seconde, Aristofane la fa passare con complimentosa malizia come una preferenza per gli spettatori dionisiaci, e non già per il più rigoroso
e solenne agone dionisiaco. E « persone che è già un piacere intrattenere » è un complimento che implica, in linea generale, il piacere e l’onore di aver perlomeno ottenuta l’ammissione al-
l'agone, piacere e onore tanto più grande nel caso dell'agone dionisiaco.
Il pregio
maggiore
che i commediografi
attribuivano
agli
agoni dionisiaci, regolati dallo Stato già mezzo secolo prima di quelli lenaici, é riflesso anche da iscrizioni greche ritrovate in una grande biblioteca di Roma. In queste iscrizioni = 7. G. XIV 1097 e 1098, relative a poeti del V e IV secolo, vengono prima menzionati tutti i primati dionisiaci e poi tutti quelli lenaici, quindi tutti i secondi posti dionisiaci e poi i secondi posti lenaici, eccetera eccetera. Anche
se la data di una graduatoria lenaica è più antica di quella corrispondente dionisiaca, la dionisiaca ha la precedenza. Il complimento
«persone
che
é già un
piacere
intrattenere »
cade quando si parla dei Banchettanti. La coincidenza degli agoni delle due Nuvole viene fatta ora passare anche come una fiduciosa preferenza per gli spettatori che accolsero con grandissimi elogi
«il Virtuoso e l’Invertito ». Questa parabasi delle Nuvole seconde, stesa negli anni 419-418, invoca appunto i Banchettanti dell'anno 427 e non commedie vittoriose come Acarnesi Cavalieri eccetera, perché i Banchettanti, come
mostrano
anche i più significativi dei frammenti,
dovevano
esporre una problematica simile a quella delle due Nuvole : « ora dunque, quale l’antica Elettra, questa commedia [le Nuvole seconde] è venuta a vedere se trova spettatori altrettanto assennati :
CRONOLOGIA
essa
saprà
bene
riconoscere,
DI
UN
appena
TIROCINIO
la veda,
31
la ciocca
di capelli
del fratello [il pubblico favorevole dei Banchettanti] ». I Banchetlanti, insomma, non sono invocati pateticamente perché comme-
dia dell'esordio, ma perché Aristofane con malizia vuol far passare la coincidenza degli agoni come un segno di stima per gli spettatori di quegli agoni. Anche nel caso dell'esordio, egli potrebbe dire, non mi presentai alle Lenee di gennaio-febbraio, ma aspettai le Dionisie di
marzo-aprile. Aspettai la primavera, potrebbe dire: «in tutte le stagioni si hanno
in Atene processioni, sacrifici, festini e, quando
giunge la primavera, é la festa di Bromio, l'eccitazione di cori risonanti, la musa fremente dei flauti ». Così le Nuvole 310-313, parlando delle Dionisie primaverili. «Da quando il Virtuoso e l'Invertito ricevettero ἐνθάδε grandissimi elogi da persone che è già un piacere intrattenere » : interpreti non sospetti, come noi, di partigianeria per due distinti teatri aristofanei spiegano ἐνθάδε «im Dionysostheater », «on this spot », respingendo la tautologica, anzi impropria, interpretazione di ἐνθάδε
come
«in
Atene».
Il teatro
di
Dioniso,
cioè
il teatro
dei soli drammi di agone dionisiaco : « qui stesso », nel teatro delle
Nuvole di agone dionisiaco. I lenaici Acarnesi 140 con ἐνδαδὶ ἠγωνίζετο, a proposito di un cattivo poeta tragico, alluderanno
invece
al Leneo, nel quale la tragedia fu ammessa con l’anno 432. In Nuvole 955, e in molti altri luoghi, ἐνθάδε esprime il luogo del-
l’azione drammatica, tori,
in
Nuvole
869
in Rane
783 la zona riservata agli spetta-
la facciata
scenica,
e così
via.
᾿Ενϑάδε,
nel
corso di una parabasi, non può che significare « qui, qui in teatro ». Durante la parabasi, e specie durante una parabasi personalistica (questa delle Nuvole è la più personalistica di tutte), non si è che in teatro. Quando ἐνθάδε, fuori della parabasi, significa chiaramente
«in
mai ateniese
Atene », l’ambiente
(Pace 611 e 671,
scenico
della
commedia
non
è
Uccelli 1455 e 1458).
Vale la pena di rilevare che tutti gli interpreti strapazzano o alterano il πρώτους di Nuvole 523, dimenticando che gli agoni
dionisiaci erano posteriori a quelli lenaici ; pure strapazzato o alterato viene
οἷς ἡδὺ κτλ.
del verso
528,
ché
non
si tien conto che
per chi componeva drammi non per la libreria ma solo per il teatro l'ammissione a un agone era già una bella soddisfazione ®.
32
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
4. Una supremazia infranta ovvero i nuovi poeti degli anni 428426. — La salda opinione corrente che i Babilonesi riportarono il primo premio alle Dionisie del 426 poggia sulla cosiddetta « Lista dei vincitori » di agoni comici dionisiaci. Questa Lista dionisiaca e anche quella lenaica richiedono una verifica, tanto piü che un nuovo frammento dei cosiddetti « Fasti », pubblicato nel-
l'anno
1943, ha permesso di stabilire che Ermippo —
commediografo
che nella Lista dionisiaca precede
proprio il
il mutilo
nome
API — riportó una vittoria dionisiaca, certo la prima, nell'anno 435, e ha indirettamente confermato che Ferecrate, che precede Ermippo nella Lista, vinse la prima volta nell'anno 437. Apparentemente, quindi, una grave delusione per quei cronologi che, attribuendo ad ᾿Αρι[στοφάνης una vittoria nel 426, si erano preoc-
cupati di abbassare le prime vittorie di Ferecrate e di Ermippo al 431 e al 430-427 *. Queste Liste marmoree = 7. G. II 2325 sono in pratica gli architravi iscritti di un monumento agonotetico eretto molto probabilmente nell'anno 278, un monumento che all'interno mostrava
le cosiddette « Didascalie » — 7. G. II* 2319-2323. Le frammentarie Liste, ritrovate
in genere
sulle pendici
meridionali
dell'Acro-
poli ateniese, elencano su distinte colonne i poeti (tragici e comici) e gli attori vincitori secondo l'anno della prima vittoria (ma non danno alcuna indicazione cronologica) e segnano accanto al nome la somma delle loro vittorie. Alcuni nomi e cifre non sono superstiti, e talvolta sono conservate soltanto le cifre o soltanto i nomi (naturalmente, per i calcoli che seguono, si parte dal presupposto che gli agoni drammatici si siano svolti regolarmente ogni anno, e che ogni volta sia stato assegnato il primo premio). Nel corso dei ventotto anni 486-459 — nell'anno 458 cade l'unica vittoria di Eufronio, attestata dai « Fasti » — I. G. II? 2318
col. i1 — la Lista dionisiaca elencava nove poeti. Pertanto questi nove
poeti
durante
la loro carriera
riportarono
almeno ventotto
primati: la Lista ne attribuisce undici a Magnete e quattro a quattro poeti. Pertanto agli altri quattro poeti, dei quali non sono conservati né i nomi né le vittorie (ma il primo é certamente Chionide
vincitore
primati..Ma
nel 486),
se i primati
toccano
di questi
quattro +
quattro poeti
almeno
nove
superarono le
CRONOLOGIA
DI
UN
TIROCINIO
33
tredici unità, allora vittorie di alcuni dei nove poeti del periodo 486459
si riverserebbero
negli anni
esempio, che si afferma
457
e
seguenti:
Magnete,
per
la prima volta nel 480 e un'altra volta nel
472, potrebbe aver riportato qualcuna delle altre nove vittorie anche dopo il 458. La Lista cosi prosegue (noi ce ne valiamo alla buona, e integriamo l’anno della prima vittoria, quando esso è sicuro ;
per i tre nomi perduti diciamo Poeta A, Poeta B, Poeta C): Eufronio una vittoria, Ecfantide quattro, Cratino sei, Diopite due, Cratete tre, Callia due, Teleclide tre, Poeta A una vittoria,
Poeta
B, Poeta
C,
Ferecrate,
Er-
mippo. Ermippo é seguito da un mutilo API, da Eupoli, da Cantaro (vincitore nell'anno 422: cfr. 1. G. II? 2318 col. V), da Frinico, da Amipsia
(la sua nota vittoria dell'anno 414 sarà forse la
prima), da Platone, da un mutilo ®IA, da Lici, da Leucone. Dopo Leucone, ultimo poeta della seconda colonna, vi sono due righi non incisi. La terza colonna elenca Nicofonte, Teopompo, Cefisodoro
e un poeta
...I[, e quindi
è lacunosa.
La
quarta
colonna
è
tutta lacunosa. Cefisodoro, secondo Lisia XXI 4, riportó una vittoria
nell'anno
402,
e gli interpreti
pensano
che
questa
del 402
nota
vittoria
sia stata la sua prima vittoria. Nei trentasei di Cratino,
anni 458-423
sicuramente
—
nel 423 cade
l'ultima —
la Lista
la
menziona
otto
poeti
con ventidue vittorie e ne elencava altri sei con almeno sei successi. Se vittorie dei poeti del periodo 486-459 non cadono
dopo l'anno 458, i sei poeti anteriori a Cantaro, ai quali noi abbiamo
concesso
una
vittoria,
debbono
aver
riportato
entro
il
424 un minimo di altri otto primati. Diciamo un minimo perché potrebbe essere che un paio di vittorie dei colleghi che li precedono
cadano
anche
dopo
il 422
o meglio
dopo
il 421,
poiché
il
primato del 421 è noto che spetta a Eupoli. Orbene, se accettiamo l'ormai corrente integrazione ° Api[otoφάνης con vittoria nel 426 e l'altrettanto corrente attribuzione a Eupoli della prima vittoria nel 424, allora gli otto primati vanno assegnati ai Poeti B e C affermatisi verso il 443-440 e a Ferecrate e a Ermippo affermatisi nel 437-435 (il Poeta C è quasi certa-
mente Lisippo che vinse verso il 440: cfr. 7. G. XIV 1097). Cioè nel giro di diciotto-sedici anni quattro commediografi avrebbero riportato quattro + almeno otto vittorie, e solo nel 426 la serie
34
CARLO
di successi
di una
mezza
FERDINANDO
dozzina
RUSSO
di vecchi
poeti
sarebbe
stata
interrotta da un nuovo poeta (che aveva esordito nel 427) e, nellanno 424, da un altro poeta che aveva esordito diciassettenne nel 429 (l'anno dell'esordio é dato dall'Anonimo de comoedia 10, di solito preciso per gli esordi : l'esordio di Ferecrate, per esempio, è stato confermato indirettamente dal nuovo frammento dei Fasti). È verosimile questo quadro? Certo che Ferecrate e Ermippo,
poeti reputatissimi, abbiano conseguito un buon numero di vittorie, non dovrebbe stupire : Ermippo scrisse ben quaranta commedie, e nei concorsi lenaici riportò quattro vittorie, Ferecrate
due : nella loro intera carriera lenaica, beninteso. Magari può fare impressione
la serie ininterrotta
di primati
conseguiti
negli anni
443-427 da una ristretta cerchia di poeti. Osserviamo
la cronaca
dei primati
nel contemporaneo
agone
lenaico. L’agone è inaugurato nel 445-442 da una vittoria di Senofilo, e Senofilo non riporta altri successi. Segue Teleclide con cinque vittorie, Aristomene con due, Cratino con tre, Ferecrate con due, Ermippo con quattro, Frinico con due (prima vittoria nel 428 ; esordio nel 429, secondo l’Anonimo
tilo (fratello di Ermippo)
de comoedia
10), Mir-
con una, Eupoli con tre (prima vittoria
anno 426). Quindi la Lista é lacunosa per gli ultimi sei righi della prima colonna (subito dopo Eupoli seguiva certamente Aristofane vittorioso nel 425 ; dall'anno della vittoria aristofanea e dall'anno dell'esordio di Frinico si deducono gli anni dei primati di Frinico
Mirtilo Eupoli e l'epoca approssimativa dell'unico primato del capostipite Senofilo). La seconda colonna menziona Polioco con una vittoria
(verso l'anno 411 circa), Metagene
e Teopompo
con
due vittorie, Polizelo con quattro, Nicofonte, Apollofane con una, Amipsia,
Nicocare,
Senofonte
eccetera.
Nei diciassette-quattordici anni 445/442-429 solo sei poeti, con
una carriera di diciassette vittorie, dominano l'agone lenaico, e nel 428 si afferma un poeta nuovo che aveva esordito nel 429, seguito
da
Mirtilo
nel
427,
da
Eupoli
nel 426,
e da
Aristofane
(di certo piuttosto giovane) nel 425 e nel 424 e poi nel 422 (nel 422 con il Proagone sotto il nome di Filonide). Sul concorso lenaico del 423 non si ha alcuna notizia. La chiara cronaca lenaica rende verosimile la cronaca dei primati
congetturata
per le Dionisie.
La
supremazia
dei poeti vec-
CRONOLOGIA
chi e maturi,
solo nel come
tanto
alle Dionisie
giro degli
Frinico,
gli agoni
DI
anni
Aristofane
UN
che
428-426, e
TIROCINIO
lenaici consentissero
alle Lenee,
e da
Eupoli.
35
poeti
Fino
viene
interrotta
appena
esordienti
allora,
dal 445-442
una
nonostante
che
competizione
piü
ampia e pacata di poeti — cinque alle Dionisie e cinque alle Lenee —, nessun poeta nuovo era riuscito a ottenere un primato, ché i primati dionisiaci e lenaici erano andati alternativamente fra il 442-440 circa e il 428-426 a una mezza dozzina di vecchi o maturi
maestri
—
con una
media
di sei-quattro
vittorie a te-
sta —, fra i quali Cratino, Teleclide, Ferecrate e Ermippo. Ma dopo il 424 vittorie lenaiche dei vecchi sono rarissime e sono ammissibili
solo se si colloca l'unico primato
del capostipite
Se-
nofilo nell'anno 442, e non già nel 445 : ché solo in tal caso tre vittorie, e solo tre, potrebbero toccare ai vecchi negli anni 423 (nessuna documentazione), 421 e seguenti (nessuna documentazione).
Ferecrate,
attivo
fin verso
il 414,
è presente
alle Lenee
del 420, e certo non vinse (cfr. Platone Protagora 327d ; Ermippo, uno dei principali poeti degli anni passati insieme a Ferecrate, Aristofane
lo tratta
dall'alto
in basso
nella
parabasi
degli
anni
419-418 delle Nuvole). Altrettanto sarà accaduto alle Dionisie, e non solo per via della riduzione dei poeti da cinque a tre, in vigore tanto per le Lenee che per le Dionisie almeno dall’anno 425 (cfr. Argomento I Acarnesi, e ved. più oltre al paragrafo settimo). Il fenomeno
può indicare che i giudici e il pubblico
riconob-
bero quasi subito la qualità di poeti nuovi come Frinico, Aristofane e Eupoli. E il pubblico stabile ateniese, si noti, in quegli anni si era sensibilmente alterato, a causa della massa di contadini che la guerra peloponnesiaca aveva cacciato col 430 dalle campagne nella città. Poeti esordienti, e alcuni di certo molto giovani, si affermano subito in questo periodo, davanti a questo pubblico, nell'epoca che vede in gara non più dieci ma sei poeti ;
e i vecchi o maturi maestri a poco a poco declinano. Il poeta API[ della Lista dionisiaca può ben essere Aristofane,
menti
e non,
il nome
per esempio,
di Aristofane
Aristomene,
si lascerebbe
anche
dunque
perché
integrare
solo
altri-
dopo
quello del poeta che segue Cefisodoro : cioè verso gli anni 400-395,
se non più tardi. E ciò non pare verosimile.
36
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
5. « I Babilonesi » o della superstizione dei moderni. — Nel periodo 426-422 le uniche vittorie dionisiache sicure sono quelle di
Cratino e di Cantaro,
anni 423 e 422.
Pertanto
la vittoria di
Eupoli deve essere caduta nel 425 o nel 424, la vittoria di Aristofane nel 426 o nel 425. Per ambedue i poeti non ci é attestata
una partecipazione alle Dionisie 425. Per Aristofane, come vedemmo al paragrafo secondo, niente esclude una sua commedia dionisiaca del 425 (si tenga presente che per le quaranta commedie aristofanee solo in una quindicina di casi ci é conservata una
testimonianza di avvenuta messa in gara), e così pure per Eupoli. Che Eupoli fosse presente agli agoni dionisiaci del 424, e fosse vittorioso,
é stato
dedotto
da
alcuni
degli scoliasti di Vespe 1025 e Pace Eppure Eupoli deve aver pur vinto, 425 e 424. Anzi egli potrebbe avere 424, e Aristofane tanto nel 426 che fane non vinse nel 426, allora Eupoli
moderni
di
sulle
illazioni
763. Illazioni non probanti. almeno una volta, negli anni vinto tanto nel 425 che nel nel 425. Insomma se Aristopuó aver vinto solo nel 424.
Sulla sorte del concorso del 426, noi abbiamo un appropriato mezzo a disposizione : i lenaici Acarnesı del 425, rappresentati
dieci mesi dopo dell’esito
i Babilonesi.
dei Babilonesi,
Prima
bisogna
di usare gli Acarnesi ai fini
fare una
premessa : se i dioni-
siaci Babilonesi furono vittoriosi, quella vittoria venne a rompere clamorosamente una serie di vittorie dionisiache da parte di poeti vecchi, ché con i Babilonesi si sarebbe avuta la prima affermazione dionisiaca di un poeta nuovo dopo l’anno 435, di un poeta di certo piuttosto giovane e con esordio nel 427. I primi anapesti della parabasi degli Acarnesi recano : «da quando il nostro poeta è a capo di cori comici, non si è mai rivolto agli spettatori per dire quanto è bravo». Negli Acarnesı tutti gli anapesti della parabasi sono dedicati a fatti personali, e a fatti personali sono anche dedicati i trimetri giambici 377-382 e 502-503, e lo stasimo satirico contro il corego lenaico Antimaco. Gli Acarnesi, anzi, sono la commedia più ricca di personalismi al di fuori della parabasi, e di personalismi espressi dal protagonista
della commedia in prima persona. A parte lo stasimo contro Antimaco,
i personalismi
Vediamoli, personalismi,
sono in relazione diretta con i Babilonesi.
in tutto il contesto
(in corsivo l’inizio e la fine dei
a parte quelli della parabasi) :
CRONOLOGIA
DI UN TIROCINIO
37
diró a favore degli Spartani ció che mi piace. Eppure ho un grande timore, ché conosco i gusti dei nostri campagnoli : so che provano un grandissimo piacere se un qualche impostore elogia loro e la città, a ragione o a torto che sia; e intanto non si rendono conto che si fa mercato di loro. E degli anziani poi conosco l'animo, non aspirano ad altro che a mordere col voto. So bene quel che io stesso patii per via di Cleone a causa della commedia dello scorso anno. Trascinatomi dentro la Bule, mi calunniava e vomitava menzogne, un vero Cicloboro, un diluvio: e ci mancó poco che perissi travolto dai suoi melmosi garbugli. Permettete ordunque, prima che parli, di abbigliarmi nella foggia più compassionevole.
Così i trimetri 369-384, mentre i trimetri 497-507 recano : non voletemene male, signori spettatori, se io povero pitocco me ne vengo poi a parlare davanti agli Ateniesi intorno alla città, in una tragi... commedia.
Ché
dure ma giuste.
anche
la tragicommedia
è il giusto,
e io dirò parole
E questa volta Cleone non mi calunnierà che io sparlo della
città alla presenza di stranieri. Leneo, e stranieri non ve ne son
arrivati,
sa cosa
e neppure
Perché siamo solo noi, il concorso è nel presenti : tributi, come sapete, non ne sono
gli alleati dalle città.
Ma
siamo
solo
noi oggi...
Gli anapesti 628-664 della parabasi recano: da quando il nostro poeta è a capo di cori comici, non si è mai rivolto agli spettatori per dire quanto è bravo. Ma calunniato dai suoi nemici, davanti agli Ateniesi pronti a decidere, di sbeffeggiare la nostra città e d'insultare il popolo, ora è obbligato a difendersi davanti agli Ateniesi pronti a ricredersi. Il poeta asserisce di avervi reso molti servizi : per merito suo avete smesso di farvi troppo ingannare da discorsi esotici, di prender gusto alle adulazioni e di essere dei gonzi. Un tempo per adularvi gli ambasciatori delle città vi chiamavano per prima cosa «redimiti di viole », e subito; per via di quel «redimiti», vi mettevate tutti in punta di natiche. Se poi qualcuno, per sollecitarvi, chiamava Atene « luccicante », otteneva tutto a causa di quel «luccicante », gratificandovi di un lustro... da sardelle. Con queste azioni egli vi ha reso molti servizi, anche col mostrarvi a quale democrazia sottostanno i popoli delle città alleate. Ecco perché ora quelli delle città che vi debbono portare i tributi, verranno desiderosi di vedere l’ottimo poeta che si è arrischiato di parlare agli Ateniesi il linguaggio della giustizia. Già tanto lontana si è sparsa la gloria del suo coraggio, che anche il Re, sondando gli inviati dei Lacedemoni, domandò loro dapprima quale dei due popoi fosse più forte sul mare, e poi a quale dei due riservasse il poeta le sue male parole; perché, osservava, presso di quello gli uomini son diventati molto migliori, e quel po-
polo, con un tal consigliere, vincerà di sicuro la guerra. cedemoni
vi invitano
alla pace
e reclamano
Egina!
Ecco perché i La-
Dell'isola
non
gliene
38
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
preme nulla, ma vogliono così portarvi via il poeta. Ma voi guardatevi bene a non separarvene mai: ché lui difenderà nelle commedie la causa della giustizia ! Egli assicura che vi insegnerà molte belle cose, sì che siate felici, e senza adularvi, senza promettere paghe, senza marachelle, senza
furberie, senza incensi, ma solo insegnandovi le cose più belle. . Intrighi ora Cleone, tutto contro di me trami: il bene e la giustizia con me saranno alleati! E mai io sarò colto ad agire come lui verso la città,
da codardo e da arcifinocchio!
Forse il verso 5 degli Acarnesi rinvia allo spettacolo dei Babilonesi : « quale fu quella gioia degna di estasi? Ah, ricordo: in petto il cuor mi giol quando vidi Cleone risputare fuori i cinque talenti. Come gongolai, e come voglio bene ai Cavalieri per questa impresa : degna essa è di Grecia ! »: al verso 15 si parla di spettacoli di « quest'anno », e sembra pertanto che quelli precedenti siano dello scorso anno.
In ogni modo
quel
che interessa
è che
nella parabasi e negli altri squarci estremamente personalistici in relazione con la commedia
dello scorso anno,
mai il poeta coglie
l'occasione per opporre alle calunnie di Cleone un verdetto trionfale dei giudici dei Babilonesi ovvero il sicuro favore di quel pubblico. Anzi il poeta si sente in dovere di spiegare il significato costruttivo della sua commedia,
perché non sembra che sia stato
ben capito. Egli non si lagna degli spettatori, come farà nelle Vespe dopo lo scacco delle Nuvole, ma nemmeno li esalta, e nemmeno cade un'espressione del tipo di quella delle Nuvole in relazione ai Banchettanti, secondi in graduatoria : « da quando il Virtuoso
e l'Invertito
ricevettero
qui
grandissimi
elogi».
Si tenga
sempre presente che questa dei Babilonesi sarebbe la prima vittoria di Aristofane,
e in un ambiente
vittoriosi dall'anno
435.
che non vedeva
poeti nuovi
Strano, stranissimo il riserbo di Aristofane : del fresco e cla-. moroso
successo
presso
gli Ateniesi
non
fa parola,
ma
si vanta
fantasiosamente della fama presso il Re di Persia e gli Spartani. Strano, stranissimo il comportamento del pubblico e dei giudici : poco prima
il pubblico
avrebbe
Babilonesi e i giudici avrebbero
espresso il suo entusiasmo
deciso la vittoria,
per i
e poco dopo
Aristofane veniva con successo «calunniato dai nemici davanti agli
Ateniesi pronti a decidere », tanto che il buleuta Cleone in seguito lo «trascinò dentro la Bule ».
CRONOLOGIA
DI
UN
TIROCINIO
39
Almeno per il IV secolo consta che un giorno dopo gli agoni dionisiaci si svolgeva in teatro una assemblea popolare che discuteva la condotta dell'agone da parte dell'arconte e le eventuali offese cadute nel corso della festa, tali che
potessero
portare
alla
denuncia, davanti a quell'assemblea, del reo di oltraggio pubblico (cfr. Demostene Midia 8-10). Se l'assemblea approvava quella denuncia, proseguiva nelle sedi adatte un procedimento giudiziario. Nel caso dei Babilonesi, se si concede una tale prassi già per il V secolo, l'assemblea nel teatro di Dioniso ammise che la de-
nuncia di Cleone era giustificata, e Cleone portò l’incriminato davanti alla Bule, ma la Bule lasciò andare l’incriminato. «Questa volta — dice il protagonista dei lenaici Acarnesi — Cleone non mi calunnierà che io sparlo della città alla presenza di stranieri. Perché siamo solo noi, il concorso è nel Leneo, e stranieri non ve ne son presenti : tributi, come sapete, non ne sono arrivati, e neppure gli alleati dalle città... ». E il corifeo della parabasi dice : « Ateniesi, il poeta vi ha mostrato a quale democrazia sottostanno i popoli delle città alleate. Per questo ora quelli delle città che vi debbono portare i tributi verranno desiderosi di vedere [in teatro, cioè] l'ottimo poeta che si è arrischiato di parlare agli Ateniesi il linguaggio della giustizia [nei Babilonesi, in particolare] ». Sia qua o no implicito quasi un appuntamento in teatro con gli alleati per le Dionisie del 425, certo è che il linguaggio degli Acarnesi non depone a favore di un trionfo dei Babilonesi. Anzi il linguaggio degli Acarnesi esclude un trionfo. La prima vittoria dionisiaca di Aristofane non può essere caduta che nel 425, due mesi dopo la vittoria lenaica con gli Acarnesi
che superarono Cratino e Eupoli. Dopo quei due trionfi, nell'estate 425 il poeta si decise a chiedere personalmente all’arconte almeno
un Coro per il 424, per i Cavalieri. Il secondo trionfo, quello dionisiaco, poté essere particolarmente stimolante, ché cadde, ripetiamo,
in un
ambiente
che
non
vedeva
successi
di poeti
nuovi
dall’anno 435 in poi. Alle Lenee la supremazia dei poeti vecchi era stata infranta nel 428 da Frinico, nel 427 da Mirtilo, nel 426 da Eupoli. Frinico vince la prima volta alle Dionisie dopo il 421, Aristofane già nel 425, Eupoli, dunque, nel 424: tutt'e tre vin-
cono prima alle Lenee, e poi alle Dionisie. Il primato dionisiaco
40
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
del 426 andó quindi ancora a un poeta vecchio. Due commedie aristofanee nel 425 sono del tutto normali : due commedie nel 426, due nel 422, e certamente due nel 424 e nel 423. E di ciò più oltre.
Per Aristofane non si é mai pensato alle Dionisie del 425, non tanto perché
ma
perché,
una sua presenza a quel concorso non ci è attestata,
quando
dopo
un'annosa
polemica
si è avuta
la cer-
tezza che anche per il V secolo, e non solo per il IV, il nome del
poeta e non quello del didascalo veniva iscritto nelle cosiddette Liste dei vincitori, si é guardato automaticamente alla Lista come a un calendario vittorioso dei Babilonesi curati da Callistrato, e
non si é pensato ad altro. E nella attribuzione deve aver pure influito la solita tendenza a ridurre l'intervallo tra la coppia Ferecrate-Ermippo e Aristofane, e anche, perché no, il compiacimento di premiare al più presto possibile il tirone Aristofane e di
constatare che gli Ateniesi onorarono liberalmente il poeta-paladino degli alleati 5. Agli antichi eruditi
per i Banchettanti, silenzio
che
il secondo
posto in graduatoria
e della commedia dionisiaca del 426 risultava il
titolo e, alla Suda,
Un
risultava
anche
il didascalo.
naturalmente
non
Babilonesi.
Certo
un silenzio strano.
Aristofane,
la più recente commedia,
Sulla graduatoria,
implica
una
silenzio.
non-vittoria
Nell’antologia
imperiale
dei
di
il Pluto, dovette essere an-
che scelta perché risultava essere l’ultima che Aristofane mise personalmente in gara (cfr. Argomento III 4 del Pluto). La più antica commedia della raccolta, gli Acarnesi, non sarà stata scelta
perché risultava essere la prima commedia vittoriosa in senso assoluto, e i Cavalieri perché la prima vittoriosa sotto nome di Aristofane ? Queste ultime sono delle ipotesi naturalmente, e dispiace farne, tanto più che gli Acarnesi potrebbero essere stati scelti per la triade Aristofane Cratino Eupoli. Ma la vittoria dei Babilonesi ‘è meno che un'ipotesi. È una superstizione. E le nostre conside-
razioni certamente non la scalfiranno, ché la tentazione di piegare un documento neutro a favore dei pochi fatti attestatici è tanto forte da far perdere la prospettiva dei molti fatti non attestatici. Una vittoria un anno prima o un anno dopo è certo un'inezia. Ma è meglio correr dietro a tali inezie che fidarsi di coloro che sentono fragore di applausi liberali nel teatro dei Babilonesi e
fragranza
di cuoio cleoniano
nel Centauro,
e che guardano
alla
CRONOLOGIA
Lista dionisiaca come
DI
UN
TIROCINIO
41
a un esatto calendario di vittoriosi Babilo-
nesi : quella Lista che cronologi e ‘storici’ della letteratura non si curano di analizzare, ché essi sdegnano le fatiche ' ancillari ’. Proprio quelle Liste che sono gli strumenti essenziali per inquadrare storicamente gli esordi dei nuovi e il declino dei vecchi commediografi di Atene. Sia quel che sia, una più fondata cronologia del tirocinio di Aristofane negli anni 427-425 può essere la seguente (mettiamo fra parentesi angolari le nuove risultanze e deduzioni, fra parentesi quadrate la dottrina corrente) : I. 427: esordio non ufficiale coi Banchettanti a cura di Callistrato ; secondo in graduatoria e primato di un poeta prearistofaneo ; 2. Lenee 426 : una commedia [Centauro] a cura di un didascalo [Filonide]; prima vittoria di Eupoli dopo l'esordio del 429 e terza vittoria lenaica di un poeta nuovo dopo le affermazioni di Frinico nel 428 (esordio nel 429) e di Mirtilo nel 427; 3. Dionisie 426 : Babilonesi a cura di Callistrato, [vittoriosi] ; ; 4. Lenee 425: Acarnesi a cura di Callistrato, vittoria su Cratino
e Eupoli;
«prima
5.
«Dionisie
425:
una
vittoria
della
commedia
carriera
vittoriosa
aristofanea>;
a cura
di un
didascalo ; seconda vittoria della carriera aristofanea e prima affermazione dionisiaca di un poeta nuovo dopo l'anno 435, seguita
nel 424 dalla prima vittoria dionisiaca di Eupoli>. Almeno una delle due commedie delle Lenee 426 e Dionisie 425 viene affidata a un didascalo diverso da Callistrato. Nell'estate del 425 Aristofane chiede personalmente quello dei Cavalieri.
all'arconte almeno
un Coro,
6. I navarchi del 427-425 e il navarca del 424. — Banchettanti,
Babilonesi e Acarnesi furono pertanto affidati al didascalo Callistrato, e a un didascalo
diverso
da Callistrato almeno
una
delle
altre due presumibili commedie degli anni 426-425. Dopo i Cavalieri cadrebbero quindi trentaquattro commedie. Notizie di teatro ne abbiamo
relative a sole undici:
Dionisie 423 Nuvole dida-
scalo Aristofane (di ciò a suo tempo), Lenee 422 Vesfe didascalo Filonide,
Lenee 422 Proagone con Filonide come
autore ufficiale e
42
CARLO
didascalo,
Dionisie 421
fiarao didascalo
FERDINANDO
RUSSO
Pace didascalo Aristofane,
Filonide,
Dionisie 414
Lenee
414 Am-
Uccelli e Dionisie 411 Li-
sistrata didascalo Callistrato, Lenee 405 Rane didascalo Filonide, anno 388 Pluto didascalo Aristofane. Dopo il Pluto Aristofane affidò al figlio Araros Cocalo e Eolosicone secondo. L'Anonimo de comoedia 11, dando notizia che Aristofane esordì, arconte
nimo
Diotimo,
non
con
lo dà),
Callistrato
prosegue:
τὰς
(il titolo della commedia
μὲν γὰρ
πολιτικὰς
l’Ano-
τούτῳ
φασὶν
αὐτὸν διδόναι, τὰ δὲ κατ᾽ Εὐριπίδου καὶ Σωκράτους Φιλωνίδῃ. διὰ δὲ τούτων νομισϑεὶς ἀγαϑὸς ποιητής, τοῦ λοιποῦ ἐπιγραφόμενος ἐνίκα. ἔπειτα τῷ υἱῷ ἐδίδου τὰ δράματα, ὄντα τὸν ἀριϑμὸν ud’, ὧν νόϑα δ΄. Con i dati e con i materiali a nostra disposizione,
la voce
riferita dall'Anonimo,
se allude solo al periodo
del tiro-
cinio, viene infirmata dagli Acarnesi, commedia « contro Euripide » affidata a Callistrato; se allude a tutta la carriera aristofanea, le
Vespe affidate a Filonide non sono né contro Euripide né contro Socrate. Che forse la fonte si riferisca solo a quelle commedie che Aristofane
poté
cedere
ai
didascali
come
fece
con
il Proagone,
commedia che allo scoliaste di Vespe 61 risultava avere Euripide fra i suoi personaggi? Le Tesmoforianti — « anche questo dramma è di uno di quelli composti contro Euripide » (così quell’Argomento I sg.) —, per le quali non abbiamo notizie di teatro, furono quindi cedute a Filonide? Sono tutte ipotesi, e pericolose. E poi, a parte il fatto che l’Anonimo sembra riferirsi solo al periodo
del
tirocinio,
Aristofane
al figlio
non
cedé
le ultime
com-
medie, ma gliele affidò come didascalo, a quanto pare (Argomento
III 5-7 del Pluto, e vedi più oltre alla fine del paragrafo). somma,
i mezzi
In-
a nostra disposizione sono troppo scarsi per po-
tere rettamente interpretare la voce riferita dall'Anonimo. La voce, appunto ; ché l’Anonimo non pare riferisca un fatto che a lui, o alla sua fonte, risulti controllabile : se si esamina tutto il trat-
tatello, si vede che i vari φασίν dell'Anonimo distinguono la qualità ipotetica di talune notizie. E l’articolo aristofaneo dell’Anonimo è, in complesso, piuttosto sommario e compendioso : si noti, per esempio, ὄντα κτλ. che riassume tutta l’attività del commediografo, e si noti anche che Callistrato, senza che si dia il titolo della com-
media dell’esordio, viene subito definito come didascalo « politico » con un ellittico γάρ, e si noti anche la frettolosa inesattezza di
CRONOLOGIA
DI
UN
TIROCINIO
43
τοῦ λοιποῦ — ἔπειτα κτλ. E poi la tradizione del testo, conservato dal codice Estense e dall'Aldina, non é molto buona. Un'altra
fonte,
cioè
il codice
Veneto
474
e l'Aldina,
reca:
ὑποχριταὶ ᾿Αριστοφάνους Καλλίστρατος xal Φιλωνίδης, δι’ ὧν ἐδίδασκε τὰ δράματα ἑαυτοῦ: διὰ μὲν Φιλωνίδου τὰ δημοτικά, διὰ δὲ Καλλιστράτου τὰ ἰδιωτικά. Tutto l'inverso dell'Anonimo, ma senza la precisazione che per « privati » bisogna intendere i drammi con-
tro Euripide e Socrate. Anche trasponendo i nomi di Filonide e di Callistrato,
quelle
incongruenze
che
sopra
accennavamo
non
scompaiono del tutto. E in questa fonte, che si riferisce senz'altro a tutta la carriera aristofanea,
quel che colpisce
é di veder defi-
niti i due didascali come «attori ». Il secondo scoliaste di Nuvole 531 asserisce che l'esordio non ufficiale fu curato
da « Callistrato
e Filonide, i quali in seguito divennero attori di Aristofane ». Peggio che andar di notte. Ma la distinzione fra drammi « pubblici-politici» e drammi «privati» deve avere una radice, una radice di tipo scolastico. Cioè i quaranta drammi aristofanei possono essere stati cosi distinti, empiricamente,
per usi di scuola ; e i « privati » erano forse
i drammi a tendenza maggiormente letteraria e culturale. La maggior parte di questi ultimi risultava ai più antichi eruditi allestita da Filonide, la maggior parte dei « pubblici-politici » da Callistrato. Ma per l'Anonimo de comoedia, e già forse per la sua fonte, la distinzione tramandata non era più soddisfacentemente verificabile con le poche notizie di teatro superstiti. Strano, in ogni caso, che la distinzione sia, almeno apparentemente, riferita solo al periodo del tirocinio. Ma, ripetiamo, l'articolo aristofaneo dell'Anonimo sembra frutto di un compendio. Se noi moderni,
coi mezzi
a nostra
disposizione,
volessimo
di-
stinguere i due didascali, non potremmo dire altro che a Filonide risultano assegnati solo drammi lenaici, a Callistrato, eccetto gli Acarnesi, solo drammi dionisiaci : per esempio, nell'anno 414 l'Anfiarao fu allestito da Filonide alle Lenee, mentre Callistrato preparava la rappresentazione dei dionisiaci Uccelli. Ma sarebbe una distinzione dai piedi d'argilla. Concludendo : dopo i Cavalieri, Filonide fu didascalo tre volte e una volta ' autore ', Callistrato didascalo due volte, Araros due
volte, Aristofane tre volte. Nessuna notizia per le altre ventitré
44
commedie,
CARLO
FERDINANDO
delle quali almeno
una,
RUSSO
le Nuvole
seconde,
non fu rap-
presentata ; ma non é improbabile che Aristofane si sia valso di Callistrato e di Filonide (e magari di altri) pià volte di quanto a
noi risulta: «in seguito Aristophanis).
concorse
anche
di persona»
(Vitae
Più di un commediografo contemporaneo diceva «esser nato Aristofane il quarto del mese»: «infatti — commenta lo scoliaste di
Platone Apologia 19c — passò la vita faticando per altri... anche Eracle nacque il quarto del mese ». Quei commediografi si riferivano, sembra,
al periodo del tirocinio aristofaneo, ché le Vitae li
ricordano dopo aver detto: «i primi drammi Aristofane li rappresentava attraverso Callistrato e Filonide ». In ogni caso Aristofane stesso, dopo lo scacco delle Nuvole nel 423, raffigura mali-
ziosamente nelle successive Vespe 1017-1018 quel periodo come uno durante il quale fu molto benefico con gli spettatori, non mostrandosi peró, « ma aiutando in segreto altri poeti ». Certo la piü gran
parte degli spettatori, a parte quei « molti che meravigliati andavano a trovare il poeta per domandargli perché non chiedesse da tempo un Coro a proprio nome » (Cavalieri 512 sg.), ignorava
che il poeta degli anni 427-425 fosse Aristofane. Ché era il didascalo, se il poeta non era anche didascalo, che veniva invitato nominalmente dall'araldo a «introdurre il Coro» in teatro, quell'araldo che alla fine proclamava il nome del poeta-didascalo vincitore, quel poeta-didascalo che l'arconte coronava lì in teatro. « Desiderando presentare agli spettatori il figlio Araros, attraverso di lui Aristofane mise in gara le due commedie dopo il Pluto» 5.
Naturalmente dopo i Cavalieri il ricorso ai didascali non avrà pregiudicato la notorietà mondana di Aristofane. Callistrato e Filonide avranno a poco a poco significato Aristofane, ammesso che quei due didascali non abbiano lavorato costantemente anche per altri poeti. Callistrato, del quale Aristofane si valse proprio all’inizio della carriera ‘segreta’, a noi non risulta che fosse poeta comico : 0 appunto
non lo era, ovvero, se lo era stato,
seguito essersi soprattutto specializzato come
didascalo.
doveva
in
Che Ari-
stofane in quel particolare passo delle Vespe lo chiami « poeta » è più che naturale. Anche Filonide non avrà avuto una grande attività : la Suda, che informa che «egli era prima pittore », gli attri-
CRONOLOGIA
DI
UN
TIROCINIO
45
buisce tre commedie. Sul tredicesimo rigo della seconda colonna della Lista dei poeti comici vincitori alle Dionisie, figura un mutilo ®IA. Alcuni integrano Fil[onide, altri Fil[illio : se Filonide,
non bisogna dimenticare che Aristofane potrebbe avergli ceduto una propria commedia, come fece con il Proagone. Quel primato dionisiaco sembra che cada non prima dell’anno 413. Che Aristofane si sia rivolto spesso a didascali,
viglia in un poeta da una produzione così non sappiamo come si regolassero i suoi che Eupoli affidò a un didascalo l’Autolico zione dei coreuti e degli attori richiedeva
non fa mera-
intensa e vasta. E poi rivali: sappiamo solo del 420. Già la istrugran tempo e energia.
O aveva Aristofane inattitudine per tutta l’attività collegata alla
rappresentazione?
Alcuni interpreti lo han dedotto da Cavaliers
515-516 νομίζων χωμῳδοδιδασχαλίαν εἶναι χαλεπώτατον ἔργον ἁπάντων. Ma
li Aristofane vuol dire che
zione comica, tutti : anche
l'arte
il lavoro del commediografo, διδάσκαλος,
in senso tecnico,
comica,
la crea-
è il più difficile fra
è l'autore di opere tea-
trali. Per l’uso aristofaneo ved. Acarness 628, Cavalieri 507, Pace 734-737.738.829, Uccelli 912.1403, Tesmoforianti 30.88, Tesm. se-
conde fr. 334, Pluto 797, e cfr. Arpocrazione I p. 96, 4-9. In Donne à parlamento 809 χοροδιδάσκαλος è l'istruttore del coro (per ἔργον cfr. almeno Nuvole 524). Quello che noi chiamiamo « didascalo », Platone Zone 536a lo chiamava ὑποδιδάσκαλος, e Fozio, sotto quella voce, reca : ὁ τῷ χορῷ καταλέγων. διδάσκαλος γὰρ αὐτὸς è ποιητής, ὡς ᾿Αριστοφάνης. Ma il ποιητής Aristofane «per la prima volta cominciò a dıddaxerıv» con i Cavalieri (Vespe 1029). Piuttosto nella parabasi dei Cavalieri 542-544 è interessante la terza ragione che Aristofane porta per giustificare il suo prudente tirocinio triennale (prima ragione : l'arte comica è difficile ; seconda ragione: il pubblico è difficile e volubile) : « prima di prendere il timone, bisogna fare innanzi tutto il rematore ; poi stare a prua e osservare
i venti;
quindi
pilotare per conto pro-
prio». Il passo è interessante, ché anche in Nwvole 530 «ero ancora
una
ragazza
(παρϑένος)
e non
mi
era consentito
(οὐκ ἐξῆν)
di partorire » — detto per la prima commedia del 427 che « un'altra giovinetta (παῖς ἑτέρα) prese e adottó» —, è da vedersi in pratica la terza ragione dei Cavalieri : ero ancora un rematore, e non mi era consentito di pilotare, di essere navarca.
Cioè l'imma-
46
CARLO FERDINANDO RUSSO
gine delle Nuvole non consente speculazioni sull’età di Aristofane, o meglio su un’età minima
necessaria per partecipare ai concorsi
drammatici. E così «quanto alla meraviglia di molti fra di voi . che venivano a trovare il poeta per domandargli perché non chiedesse da tempo (πάλαι!) un Coro a proprio nome» di Cavalieri 512-513, non è che il πάλαι implichi un «da quando il poeta ha raggiunto l'età legale », ma magari implicherà « da quando ormai le sue commedie vanno bene ». . L'indugio ancora dopo i Babilonest e dopo il consecutivo incidente con Cleone (e ancora dopo gli Acarnesi, se si ammette una commedia alle Dionisie 425: ma, comunque, per questa commedia, come per gli Acarnesi che risultarono poi vittoriosi, il Coro
andava già richiesto nell’estate del 426), sarà forse dovuto anche al calcolo di volersi presentare ufficialmente con l’autorevole Coro dei cavalieri contro l’uomo più potente di Atene. Il corifeo dei Cavalieri 507-511 dirà : «se qualcuno dei vecchi poeti comici [ma non è che qui alluda ai didascali del tirocinio] avesse voluto costringere noi cavalieri a rivolgerci al pubblico nella parabasi, non lo avrebbe ottenuto facilmente. Ma questa volta il poeta ne è degno, perché odia le stesse persone che noi, e perché osa dire il giusto, e generosamente marcia contro Tifone e Uragano [cioè Cleone] ». E sulla scena degli Acarnesi 299-302, nel gennaio-febbraio 425, il corifeo aveva all’improvviso esclamato : «ti odio ancor più di Cleone, al quale farò la pelle per farne suole ai cavalieri! ». In Vespe 1029 e 1031 e in Pace 754 Aristofane ama insistere sul fatto che la propria carriera ufficiale comincia con
l'attacco a Cleone *. In ogni caso, il passo dei Cavalieri « quanto alla meraviglia di molti fra di voi spettatori che venivano a trovare il poeta ec-
cetera », indica che la carriera ‘ segreta’ non era un segreto per tutti: almeno dopo i Babilonesi e il consecutivo incidente con Cleone il nome di Aristofane sarà in qualche modo venuto fuori. E la parabasi
degli Acarnesi,
pubblicati in teatro da Callistrato,
non è che difenda e lodi, quando difende e loda il διδάσκαλος e l' ἄριστος ποιητής ' egineta ', quel Callistrato che dieci mesi prima aveva
pubblicato
in teatro
i Babilonesi
calunniati
non perfettamente compresi dagli spettatori. ignari
fra
gli spettatori
degli
Acarnesi
—
da
Cleone e
Poco male se i più spettatori
imitati
da
:
CRONOLOGIA
DI
UN
TIROCINIO
47
interpreti oggidiani — avranno attribuito la vicenda con Cleone tutta al didascalo che aveva introdotto il Coro in teatro, e poco male se si saranno aspettati l'anno dopo Callistrato come autore dei Cavalieri preannunciati dagli Acarnesi. Il poeta ‘segreto’ degli Acarnesi, scrivendo la prima parabasi personalistica della pro-
pria carriera (cfr. Acarnesi 628 sg.), certo non si nascose al punto di esprimersi in relazione solo alla persona di Callistrato, pertanto egineta eccetera, di esprimersi cioé con lo spirito di un ufficiale
dell'Anagrafe. Nel difendere e lodare il διδάσκαλος e 1’ ἄριστος ποιητής, lo scrittore difendeva e lodava il διδάσκαλος (cioè il ποιητῆς)
dei Babilonesi e delle precedenti
commedie
(«da
quando
il
nostro διδάσκαλος è a capo di cori comici », Acarnesi 628), l' ' Egineta '. Egineta sul serio solo per ufficiali dell'Anagrafe. Ateniesi — dice il corifeo acarnese —, non accettate le offerte di pace di Sparta ; gli Spartani vogliono la pace solamente per prendersi il poeta,
l’isola di Egina, perché
hanno
o meglio
saputo
dal Re
vogliono
rubarvi
di Persia
che
con l’isola chi ha dalla
sua parte quel poeta, vincerà la guerra.... Si pensi: Aristofane era sicuramente ateniese, del demo cidateneo ; ad Egina c’era magari il podere di Filippo, padre del poeta ; gli Spartani non richiedevano la cessione di Egina, ma soltanto autonomia per l’isola occupata da Atene e assegnata a suoi cleruchi. Nel semiserio ammonimento di non fare la pace e di non consegnare Egina allo Spartano, non ci sarà la sorridente preoccupazione di perdere il podere nell’isola ? Dopo i Babilonesi Cleone avrà forse trascinato nella Bule il solo Callistrato, e non anche Aristofane, ché Cleone era indignato che la città e il popolo fosse stato offeso alla presenza di stranieri, in teatro (cfr. il 503 degli Acarnesi). Ma naturalmente gli Acar-
nesi rispondono a nome dello scrittore dei Babilonesi : anzi pro-
prio la parabasi personalistica e la menzione in primo
piano il
poeta,
almeno
di Egina
mettono
per quelli che sanno
che il.
poeta è Aristofane. Nell’ambito di questo non ancora antiquato problema, conviene richiamarsi anche alle Vespe, seppure questa sia una commedia
del periodo ufficiale della carriera aristofanea. Dopo l'insuccesso delle
Nuvole
alle
Dionisie
423,
didascalo
Aristofane,
il poeta
è
48
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
presente l'anno dopo alle Lenee, con due commedie,
il Proagone
e le Vespe. Il Proagone, evidentemente per eludere una norma che consentiva una sola commedia per autore (su ció piü oltre,
al paragrafo settimo), Aristofane lo cedé a Filonide didascalo delle coagonali
Vespe,
e pertanto
Filonide
passò
come
autore
a tutti
gli effetti del Proagone. Già l'espediente in sé mostra che la proprietà artistica e la responsabilità pubblica di una commedia affidata a un didascalo — in questo caso le Vespe — rimanevano interamente all'autore. Le Vespe 1016-1042, 1043-1059 e 1284-1291
ne sono una riprova interna : lì il corifeo parla della carriera artistica del ποιητῆς prima e dopo i Cavalieri e dell'insuccesso delle Nuvole, e il Coro, a nome di Aristofane e in prima persona, parla della vicenda con Cleone, una vicenda originata dai Babilonesi.
Tutti fatti personalissimi e molto scottanti, che evidentemente il coagonale Proagone ceduto a Filonide non aveva toccato. Nota bene : il Coro di Acarnesi 299-302 parla in prima persona
come il Coro di Vespe 1284-1291, Acarnesi
in terza
persona
come
il corifeo della quello
di
Cavalieri
parabasi degli Vespe
Pace,
e passa alla prima persona in Acarnesi 659-664 e in Pace 754-774. Il corifeo della molto personalistica parabasi delle Nuvole parla sempre in prima persona. Per commedie affidate a un didascalo non
c’è
quindi
una
prassi
espressiva
distinta,
neanche
per
gli
Acarnesi del tirone Aristofane : il Coro e il corifeo parlano sempre, in prima o in terza persona, a nome del poeta *. Per Araros didascalo del padre Aristofane c'é di nuovo una controversia. L'Argomento III del nostro Pluto reca : «il Pluto
è l'ultima commedia che Aristofane mise in gara sotto proprio nome [cfr. scolio Pluto 173]. Desiderando presentare agli spettatori il figlio Araros
(cfr.
Vita Aristophanis
10], attraverso
di lui
Aristofane rappresentò le due restanti commedie, Cocalo e Eolosicone ». I Fasti dionisiaci per l'anno 387 segnano una vittoria di ]JPOC. Tutti gli interpreti son d'accordo che si tratti di Ara]ros, tanto più che c’è lacuna per sole tre lettere. La Suda per Araros
reca : διδάξας τὸ πρῶτον ὀλυμπιάδι pa, cioè esordì negli anni 375372. Se il testo della Suda è sano e se la data è giusta, allora la vittoria dionisiaca del 387 spetta a Aristofane, didascalo Araros. La commedia sarebbe il Cocalo (a rigore, se il Pluto del 388 è di
agone lenaico, il Cocalo potrebbe
essere già stato rappresentato
CRONOLOGIA
DI
UN
TIROCINIO
49
elle Dionisie 388). Alcuni interpreti trovano strano che il figlio, il quale mise ancora in gara per il padre solo l’Eolosicone, abbia aspettato più di dieci anni per esordire con proprie commedie ; e perciò rifiutano la Suda e attribuiscono il primato dionisiaco del 387 a una commedia di Araros. Vale a dire egli avrebbe esordito, e vinto, non nella olimpiade ror, ma nella 98, anni 387-384. I frammenti dei Fasti, i quali furono incisi in Átene dall'anno 346 in poi, e il materiale di confronto non permettono
di stabilire
se in essi veniva iscritto il didascalo ovvero il poeta. La questione pertanto resta aperta. A rigore si deve ammettere
anche l'ipotesi che Cocalo e Eolosicone siano coagonali, e che di una delle due commedie, quella vincitrice, Araros sia figurato come
autore, dell’altra didascalo.
7. La rantennio die : se la genuini è problema
carriera di Aristofane in cifre. — Aristofane, in un quacirca di attività, avrebbe composto quaranta commecifra è giusta, un sicuro accertamento di quaranta titoli praticamente impossibile. In relazione indiretta a questo ci limitiamo a osservare che l’omissione delle commedie
prime nell’Indice Ambrosiano
è solo apparente : la sigla seconda
esprimeva o era capace di esprimere duplici commedie. Significativo appunto che non manchino mai le commedie seconde. La Pace è lì elencata come Pace pura e semplice, e non è probabile che una Pace seconda sia mai esistita. Delle quaranta commedie aristofanee, cinque furono composte nel triennio del tirocinio (superstiti gli Acarnesı), quattro, e molto probabilmente
altre tre, nel quadriennio
424-421
(superstiti
Ca-
valieri Vespe Pace). Sui quattro + quattro agoni di questo quadriennio, Aristofane, come vedremo,
sembra assente al dionisiaco
del 422 e al lenaico del 421, mentre all'agone lenaico del 422 aveva partecipato con due commedie. Del restante trentacinquennio circa possiamo seguire l’attività di poco più di una diecina di anni (superstiti sette commedie, quelle in corsivo) : anni (423-)418 Nuvole seconde, Lenee 414 Anfiarao, Dionisie 414 Uccelli, anno 411 Lisistrata, anni 411-410 Tesmoforianti, anno 408 Pluto, Lenee 405 Rane, anni 392-391 Donne a parlamento, anno 388 Pluto secondo. Posteriori a questa commedia sono il Cocalo e l’Eolosicone secondo. Pertanto ai trentatré + trentatré agoni degli anni 420-388 Aristofane sarebbe stato presente con venticinque commedie, ché almeno le Nuvole seconde «non furono per una qualche ragione
50
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
rappresentate » (così quell'Argomento VII 4 e altre fonti): un ritmo di produzione piü pacato di quello del settennio 427-421 (dodici commedie). Le graduatorie tramandate dagli Argomenti di Acarnesi Cava-
lieri Nuvole Vespe Pace Uccelli Rane mostrano sempre tre poeti con una commedia a testa. Naturalmente la prassi seguita da Aristofane alle Lenee del 422 non sarà un caso isolato (ved. il paragrafo primo del nostro capitolo sulla Lisistrata). Le notizie di teatro relative al Pluto secondo mostrano che cinque poeti erano in gara nell'anno 388. Cinque poeti, prima degli Acarnesi, ci sono attestati l'ultima volta verso gli anni 430-426, ché una testimonianza epigrafica implica un quarto posto in graduatoria per un poeta comico dopo l'anno 431, un poeta che si era classificato quarto nell'anno 431 : cfr. 1. G. XIV 1097, linee 6 e 5. È proba-
bile che all’epoca dell’esordio di Aristofane nel 427, i poeti, per ragione di economia bellica, fossero già ridotti a tre. Le Donne a parlamento,
sfornite
di
notizie
di
teatro,
manifestano
ai
versi
1158-1159 la preoccupazione di essere state sorteggiate come prima commedia da rappresentarsi. Si era già nel 392-391 tornati ai
cinque poeti?
Chi sa.
Oltre che per le Donne a parlamento, messe in gara nel 392-391, anche per le Tesmoforianti non si ‘sono conservate le relative notizie di teatro. Il testo delle Tesmoforianti è un testo reci-
tabile. Se il testo delle non recitate Nuvole seconde recitabile, Nuvole.
si
domanda
il
paragrafo
terzo
del
sia un testo capitolo
sulle
Le vittoriose Rane, secondo Dicearco, furono replicate. Di ciò e della normale ripresa di vecchie commedie dopo la seconda metà
del
IV
secolo
parliamo
sulle Rane. Il totale dei primati
al
aristofanei
primo
paragrafo
del
capitolo
non ci è attestato
(Eupoli,
autore di poco più di quattordici commedie, riportò sette primati,
a stare alla Suda; due suoi primati lenaici caddero dopo il 424, due dionisiaci dopo il 421): sappiamo con sicurezza di una vittoria dionisiaca nel periodo del tirocinio e di vittorie lenaiche
nel 425, 424, 422, 405. Il primato dionisiaco dell’anno 387 è, come si vide, di problematica attribuzione. Un monumento sincoregico rinvenuto
ad
Eleusi= 7. G.
II?
090 attesta implicitamente una vittoria di Aristofane e di Sofocle, didascali gli autori. È molto verosimile che tale monumento si riferisca ad agoni drammatici in Eleusi: il demotico dei
due sincoregi non è menzionato e pertanto essi saranno apparte-
CRONOLOGIA
DI
UN
TIROCINIO
51
nuti al demo nel quale è stato ritrovato il monumento, e iscrizioni posteriori menzionano due loro nipoti, ambedue di Eleusi (I. G. II? 1186 e 1571 ; in 1. G. II? 1193 è ricordato il figlio del nipote del primo dei due sincoregi). D'altra parte agoni tragici e comici in Eleusi erano usuali (/. G. II? 1186, 1187, 1189, 1192, 1193, 1235; Z. G. II? 3100), e superstiti iscrizioni demotiche co-
regiche sono del tipo della nostra (cfr. per es. I. G. II? 3094-3097, 3099, 3108). La commedia aristofanea può essere una di quelle già rappresentate in Atene (ovvero una da rappresentarsi in Atene, ovvero una rappresentata solo in Eleusi). Il Sofocle vincitore può essere tanto Sofocle padre (poco prima della morte) che Sofocle figlio : i caratteri
del
graffito
possono
l’anno 406. Sofocle figlio esordì in non implica che la sua vittoria in necessariamente posteriore al 396. niese, può aver già concorso fuori Sottoscala
PP.
47-54.
cronologico. — MARTA SORDI,
sostiene
che
i nostri
ben
essere
posteriori
al-
Atene nell'anno 396. Ma ciò Eleusi, se è sua, debba essere Egli, prima dell’esordio atedi Atene 9. « Athenaeum»
Acarnesi
sono
stati
XXXIII
(1955)
rielaborati
dopo
l'autunno del 424 e presentati alle Dionisie 422 o a un concorso non ufficiale degli anni 423-422 ovvero solo pubblicati. Nulla di strano, avverte la Sordi, che Aristofane non abbia corretto i dati che riportavano la composizione degli Acarnesi agli anni 426-425 (la Sordi indica i versi 266 e
890), perché anche nelle rielaborate Nuvole il già morto Cleone figura una volta come vivente. Quel che è certo, rabasi è stata rimaneggiata e che il più volte — cinque volte — eventi Fra i cinque eventi, prendiamo il
assicura la Sordi, è che la vecchia parestante testo degli Acarnesi riflette posteriori all'anno 425. primo e l'ultimo. Il primo è l'amba-
sceria
l'ultimo
persiana di Acarnesi
61-125,
la cannuccia
incendiaria
del
Beota di Acarnesi 920-924. Orbene, osserva la Sordi: la prima e unica ambasceria alla Persia di questo periodo è dell'autunno 425 (Tucidide IV 50), e di un tubo incendiario i Beoti si valsero nell'autunno 424 (Tucidide IV 100). Pertanto quelle due scene aristofanee sono posteriori al 425. La
deduzione
è di quelle che ti mettono
con le spalle
al muro.
Solo c’è da
domandarsi : sui fatti, e i tubi, di Atene e di Grecia è la Sordi altrettanto al corrente di quanto era Aristofane? Quei non tipici eventi che alla Sordi, Tucidide alla mano, risultano posteriori all'anno 425, non si saranno verificati in forme analoghe già prima del 425? Aristofane non era certo ‚um profeta,
come
protesta
la Sordi,
ma
certo lavgrava
chino piü ricca di quella in nostro possesso
su una
(e lavorava
cronaca
anche,
un
po-
arrischia-
moci
pure a dirlo, con un briciolo di creatività comica). E poi, se é possibile provare che Aristofane non era un profeta, é altrettanto possibile provare che egli era un tale cialtrone da non rimuovere
dagli Acarnesi * secondi? non solo i riferimenti al sesto anno di guerra contenuti
nei
versi
266
e 89o,
ma
molte
altre
e forti
incongruenze
cronolo-
CARLO
52
giche?
Qualche
esempio:
PERDINANDO
RUSSO
i) gli Acarnesi
preannunciano
i Cavalieri
del-
l'anno 424, ii) gli Acarnesi parlano dei Babilonesi dell'anno 426 come « della
commedia
dello scorso anno»,
iii) nella parabasi ‘rimaneggiata’
(a causa
del verso 628 I) Aristofane dice che è la prima volta che parla al pubblico di se stesso (ma, se questa parabasi è del 423-422, non aveva già almeno
nei Cavalieri parlato di sé?),
iv) nella ‘ rimaneggiata’
parabasi da quale
altra calurinia cleoniana si difende Aristofane, se non da quella relativa ai Babilonesi?, v) non si difende forse lì Aristofane dall'attacco di Cleone, così come Diceopoli poco prima ai versi 502-503? Invidiamo
alla
Sordi
la conoscenza
del
quarto
libro
di Tucidide ; ma
degli Acarnesi essa ne conosce solo un quinto. Né la tradizione delle Nuvole seconde — una commedia che la Sordi dimostra di conoscere attraverso i manuali e la prefazione della più corrente edizione di Aristofane — le ha insegnato qualcosa. Perché gli Acarnesi sono forniti di notizie di teatro relative alle Lenee del 425? Perché non ci resta nemmeno un frammento
di Acarnesi ' primi’
? Perché tutta la tradizione diretta e indiretta degli
Acarnesi sordi (la quarantunesima commedia aristofanea, dunque...) conosce solo Acarnesi puri e semplici? Allora, la Sordi dirà, si tratta di Acarπερὶ del 425 con varianti d'autore del 424-422. Ma analoghi fenomeni di aggiornamento editoriale sono additabili nelle altre dieci commedie? Per rispondere bisognerebbe leggersele. O si tratterà di Acarnesi del 425 ritoccati per una rappresentazione fuori d'Atene? Ma «l’agone è nel Leneo ν, i signori spettatori sono « Ateniesi ». L'agone è appunto nel Leneo. E perché allora questa passione della Marta Sordi per le Dionisie, sulle quali essa torna a insistere nella chiusa del suo compitino cronosofico ?
NOTE ! Per rinvii non pedanteschi ad agoni precedenti cfr. Vespe 1037-1044, un passo che è discusso nel secondo paragrafo sulle Nuvole. W. SCHMID, Gesch. d. griech. Lit., München 1946, IV p. 179 e p. 181 è uno di quegli interpreti
che definisce lenaici i Banchetianti
di su Acarnesi
1155;
così pure,
implicita»
mente, J. M. EDMONDS, The Fragments of Attic Comedy, Leiden 1957, I Ῥ. 628. * La datazione del Centauro alle Lenee del 426 si deve al laureando WILA-
MOWITZ, Observationes criticae ad comoediam Graecam,
Berolini 1870, pp. 11-13;
ma egli nel ıgıı la ritrattó (ved. Kl. Schriften, I p. 290). Tuttavia il più recente comocronologo (P. GEISSLER, Chronologie d. altatt. Komödie, Berlin 1925, P. 33 e p. 82) assegna il Centauro alle Lenee del 426, didascalo Filonide, di sullo scolio a Vespe 60 già strapazzato dal Wilamowitz e di sul frammento 292. Sul frammento 292 il Geissler scrive: «a causa della menzione di Cleone, il Centauro è sicuramente anteriore al 427 ». Il citato EDMONDS, p. 649, assegna il Centauro alle Dionisie 425, ma rifiuta il frammento 289, come già R. CANTARELLA,
invoca
Aristofane,
il frammento
stofanea
Δρᾶμαίτα)
Le
Commedie,
292,
perché
Milano
inclina
stimolata dal Μέγα
1949,
I
a pensare
Δρᾶμα
Il
Cantarella
a un'unica
p.
commedia
di Ione
157.
di Chio,
morto
non
ari-
entro
l'anno 422, stimolata cioè da una tragedia dal titolo molto stravagante. In ogni caso, la datazione di questo Dramma non è possibile : lo stesso Cantarella par che pensi anche all'anno 403. Si compiacciono della diversione mito-
logica del tirone Aristofane Lit.,
Bern
1957,
p. 404,
ScHMID, IV p. 184
per.citare
8 Interpreta bene ol; ἡδὺ κτλ.
e A. LESKY,
Gesch.
d. griech.
solo i trattati maggiori.
A. WILLEMS,
Aristophane,
Paris-Bruxelles
1919, I p. 393. «Im Dionysostheater 1, e «on this spot» per ἐνθάδε figurano nei commenti alle Nuvole di W. S. TEUFFEL - O. KAEHLER, Leipzig 1887? e di W.J. M. STARKIE, London 1911; ma ved. già le Nuvole di G. HERMANN, Lipsia 1830, p. XXVI. Sui drammi greci come opere da teatro e non come
opere da tavolino si sofferma il paragrafo 2c degli Acarnesi.
4 Da ultimo il già citato GEISSLER, p. 5 e p. 11, e già, fra gli altri, H. ÖLLA-
CHER, Z. Chronol. d. altatt. Kom., p. 110, in « Wien. Studien » X XXVIII (1916) pp. 81-157. Il nuovo frammento dei Fasti è stato pubblicato e commentato
da E. Capps in « Hesperia» XII (1943) pp. 1-11. 5 Qualche dubbio in GEISSLER, p. 5: «i Babilonesi premio;
medie conservateci». CHER, p.
ricevettero
il
primo
ma il poeta non si pronuncia su questo successo, perlomeno nelle com101
E dove
sg., riconosceva
doveva
pronunciarsi?
che la parabasi
Nel Pluto?
degli Acarnesi
Anche
implica
ÖLLA-
solo una
54
CARLO
buona
affermazione
Il WiLAMOWITZ,
dei
FERDINANDO
Babilonesi.
Lysistrate,
Berlin
RUSSO
Ciononostante si decideva 1927,
p.
41,
rinvia
per
al Geissler
la vittoria.
e scrive : « bi-
sogna ora riconoscere che i Babilonesi furono vittoriosi: la testimonianza della Lista infatti è decisoria, schlägt durch». L'EDMONDS, che apre la sua edizione comica del 1957 con il motto «I will go back to the Country of the Young», è tanto candidamente retrogrado che ignora il nuovo frammento dei Fasti pubblicato negli Stati Uniti nel 1943 (e certo di dominio pubblico anche nella sua dedicataria Cambridge University Library) e seguita a collocare le prime vittorie di Ferecrate e di Ermippo nel 433 e nel 429. In questa lussuosa edizione provoca qualche sgomento anche la tavola cronologica finale. Non meno ministra di sgomento è l'altrettanto novissima trago-comocronologia di F. STOESSL in « Enciclopedia dello spettacolo», Roma 1957, IV cc. 726-733. Eccone un florilegio, ma solo per i primi e gli ultimi anni della carriera del solo Aristofane, con in parentesi le * pezze d'appoggio’ stoessliane : Banchettanti lenaici (scolio Nuvole 529 [evidentemente citato per i! secondo posto in graduatoria ; ma qual è allora la documentazione sull'agone
' lenaico'
della
commedia?
I non
citati
Acarnesi
1155?
Ma.1),
Ba-
bilonesi vincitori (Liste dei vincitori) Dionisie 422 Nuvole seconde (Argomento Nuvole), Dionisie 420 Pace seconda (Arg. Pace), Dionisie 4or Aristofane vincitore (Dittenberger, Sy//.3 1083). L'articolo dello Stoess! fa parte della voce
Feste dionisiache,
voce aperta e chiusa da colonne
altrettanto mostruose
sulle
Dionisie e Lenee e sulle Antesterie. Il tutto concluso da una selvaggia Bibliografia a cura della Redazione. E' tanto forte la superstizione nella vittoria dei Babilonesi. che gli interpreti che ritengono senz'altro lenaici i Banrhettanti, come
da
ultimo
lo
Stoessl,
non
si sono
nemmeno
domandati
se
Aristofane
non
abbia già primeggiato alle successive Dionisie del 427. * Così l'Argomento III del Piuto. Per le tre operazioni relative al didascalo o al poeta-didascalo, cfr. rispettivamente : a) Acarnesi 11 (un passo sul quale avremo occasione di tornare), b) Vita Sophoclis 14 e Aristide Rhet. 1e2, €) Aristide cit., Plutarco M. 785b, Alcifrone Ep. IV 18, 16, Ateneo 241f, eccetera. Acarnesi 1224 possono alludere alla terza operazione. Da Platone, Leggi 817d, risulta che i drammaturghi, per ottenere il Coro, sottoponevano all'arconte un testo delle loro opere. Evidentemente era il didascalo, se il poeta non era anche didascalo, a curare anche questa operazione, la quale doveva avvenire molto per tempo: ché l'arconte eponimo, entrando in carica all'inizio dell'anno attico, subito sceglieva i coregi (Aristotele, Resp. Ath. 56). ? Cfr. anche Nuvole 549. In relazione al periodo del tirocinio, bisogna anche considerare che in un'epoca dove la concorrenza si era fatta più serrata (sei poeti e non dieci), un commediografo esordiente avrà a maggiore ragione preferito affidare la propria opera a un didascalo già apprezzato : la Suda χορὸν
δίδωμι
e lo scoliaste della Repubblica
platonica
383c rilevano che «non
tutti
i poeti tragici e comici ottenevano un Coro, ma solo quelli εὐδοκιμοῦντες xai δοκιμασϑέντες ἄξιοι». Un indizio questo, se si vuole, a sfavore di Babilonesi
vittoriosi. 1952
gale ».
p.
È M. PoHLENZ,
113 Sulla
n. 36, data
che di
Aristophanes' Ritter,
interpreta
nascita
di
πάλαι
« Nachr. Ak. Wiss. Góttingen»
«anche
Aristofane,
come
dopo è
aver
noto,
raggiunto non
l'età le-
si possono
che
fare delle ipotesi: la via meno imprudente è quella di attenersi alla Suda (lo scolio a Rane 501 ruo essere un'interpretazione di Nuvole 530). W. HELBIG. Quaestiones scericae, Diss. Bonn 1861, p. 23, deduce da Cavalieri 542-543 che il tirone Aristofane fu coreuta e poi corifeo, e da Pace 761-762 che fu attore in qualche sua commedia. 8 Sul significato del rapporto fra Aristofane e i suoi didascali, specie nel
CRONOLOGIA
DI UN
TIROCINIO
55
periodo del tirocinio, il problema é rimasto sempre aperto, nonostante il rigoroso articolo di K. ZACHER, Διὰ Καλλιστράτου, in « Philologus» XLIX (1890) PP. 313-337. Per Egina e Aristofane ci si fonda, come è noto, sulla prima spiegazione congetturale dello scolio a Acarnesi 654, una spiegazione alla quale sembra che si riallacci lo storico locale Teogene, fr. 2 Jacoby IIIB (con relativo commento, Leiden 1955, p. 8). Cleruchi ateniesi in Egina sono attestati
con l’anno 431, e perciò i moderni preferiscono pensare al padre di Aristofane, Filippo.
Per la vaga richiesta degli Spartani
139.
primo paragrafo delle
dà
Nel lo
sscoliaste
di
Pluto
relativa ad Egina,
cfr. Tucidide
I
Vespe si esamina la definizione che di Filonide
179.
3 Bene giudica l'iscrizione sincoregica eleusina H. HOFFMANN, Die Chronologie d. att. Tragódie, Hamburg 1951, pp. 49-52 (la Dissertazione, di prim'ordine, ἐξ inedita). A. KORTE, « Gnomon » XI (1935) p. 635, riferisce, come altri interpreti, l'iscrizione a agoni ateniesi (dell'anno 401); ma sulla sincoregia in
Atene
ved. il nostro capitolo sulle Rane.
Come in 7. G. II* 2321 si possa vedere
addirittura una vittoria di Aristofane, io non mentazioni di CANTARELLA, I p. 163 sg.
vedo : vedi in proposito le argo-
GLI
ACARNESI
I. «Il concorso ha luogo nel Leneo ». La prima vittoria. — Del Leneo quale distinto teatro delle commedie lenaiche parla il capitolo 7 due teatri di Aristofane, e lì.da ultimo si ricorda proprio un passo che polemicamente rileva non esservi stranieri fra il pubblico degli Acarnesi, ma solo Ateniesi, e che «il concorso ha luogo nel Leneo ». L’Argomento I 37-40 reca : (τὸ δρᾶμα) ἐδιδάχϑη ἐπὶ Εῤϑύνου ἄρχοντος ἐν Ληναίοις διὰ Καλλιστράτου “ xai πρῶτος ἦν - δεύτερος Κρατῖνος Χειμαζομένοις, οἵ οὐ σῴζονται | τρίτος Εὔπολις Νουμηνίαις. La vittoria
degli Acarnesi
sembra
fane, a inizio del terzo anno
la prima
riportata
da Aristo-
della sua carriera : ché il primato
dionisiaco attestato dalle Liste dei vincitori, se sono giuste le con-
siderazioni del paragrafo quinto del precedente capitolo, non dovette cadere nell’anno 426, ma nel 425, due mesi dopo il primato con gli Acarnesi. 2. Aristofane e Diceopoli. — Didascalo degli Acarnes: fu Callistrato. Oggi non incontra quasi più alcun credito la supposizione che ogni riferimento soggettivo degli Acarnesı riguardi la persona del didascalo della commedia e non già quella del suo effettivo ma non ufficiale autore. Incontra invece oggi qualche attenzione la nuova
e radicalmente
opposta
supposizione
che
Aristofane
in
persona abbia interpretato la parte del protagonista Diceopoli, Δικαιόπολις. È sembrato indicativo non solo che il protagonista parli con Babilonesi
grande e
degli
naturalezza Acarnesi,
in prima ma
che
persona
quale
autore
dei
δικαιόπολις
sia
l'epiteto
in
Pindaro P. 8,31 proprio di quell’isola Egina dove, secondo il corifeo acarnese,
avrebbe
stanza
il poeta.
Il nome
Δικαιόπολις cioè,
accanto al suo primario significato, intenderebbe suggerire 1’ ἡ Egineta ', Aristofane,
Aristofane
oggi primo
attore della commedia
!.
60
CARLO
Ma perché mai, e con
FERDINANDO
RUSSO
quali speciali e distinguibili effetti, sotto
la maschera di Diceopoli — e sia pure dell' ' Egineta ' —, sotto la maschera del Δίκαιος περὶ τὴν πόλιν (ved. il paragrafo succes-
sivo), deve esserci stato necessariamente
Aristofane?
Le uscite
cosiddette extradrammatiche di un personaggio che s'identifica con il poeta, non é che siano plausibili solo perché pronunziate
dalla voce
del poeta-attore.
Se il poeta,
poi, deve
difendersi
e
polemizzare, ogni personaggio ruba il mestiere al corifeo della pa-
rabasi e diventa esplicito portavoce del drammaturgo : cosi lo schiavo prologante delle Vespe 55-66 dopo lo scacco delle Nwvole, così il polemico portavoce del noto frammento 471. Gli attori aristofanei recitano sia come personaggi verosimili — all’inizio degli Acarnesi il protagonista si presenta agli spettatori come ex-spettatore teatrale —, sia come attori puri e semplici — quasi tutte
le volte
che
si rivolgono
esplicitamente
al pubblico
sono
attori —, sia anche come ‘ poeti '. Come la commedia incorpora e drammatizza anche elementi extrascenici e extradrammatici (ne parleremo
al paragrafo
quarto),
così l’attore-personaggio
con
la
più grande naturalezza passa a parlare anche come attore-poeta, reminiscenza forse del tempo quando il poeta era anche attore: e qualche
volta
l’attore distinguerà
questi
‘strappi’
con
un
di-
verso stile recitativo. Nelle Vespe 648-649 il corifeo invita Schifacleone a pronunziare un discorso contro la malattia dei tribunali, e quel personaggio risponde : « è un’impresa difficile, che richiede comici
una forte intelligenza, più di quanto ne abbiano i poeti (τρυγῳδοί), quella di guarire una malattia cronica conge-
nita alla città. Tuttavia... ». Qui negli Acarnesi le uscite ' extradrammatiche
di Diceopoli
sono particolarmente sensibili e personalistiche, perché dettate dall'esigenza di commentare una concezione drammatica e scenica: l'esigenza di apertamente significare agli spettatori che il
vecchio contadino oggi perseguitato e processato sulla scena dagli Acarnesi allude all'Aristofane calunniato e perseguitato ieri da Cleone a causa dei Babilonesi. Perché quel personaggio, per qual-
che tempo allusivo e per un po' anche identico ad Aristofane, non portà
di
certo
la
maschera
fisionomica
di
Aristofane,
e il suo
nome, se allude davvero all' ' Egineta ', puó essere apprezzato soltanto dagli ascoltatori più informati : quel nome Δικαιόπολις, che
GLI
ACARNESI
61
noi già leggiamo in testa al prologo degli Acarnesı e anzi già nella lista dei personaggi, gli ascoltatori lo sentono per la prima volta al verso 406, dopo il principale scarto ' extradrammatico ' ; e di Egina si parla solo nella parabasi, laddove per la prima volta nella sua carriera Aristofane parla di se stesso agli spettatori, spintovi appunto dal bisogno di difendersi dalle calunnie di Cleone. Un incidente quello tanto grave, che il Coro acarnese, senza attendere la parabasi, si fa subito portavoce anticleoniano del poeta (299-302 : lo stesso stile della stretta parabatica 659-664). Aristofane anche corifeo? Si diceva poco sopra che certi strappi personalistici dovevano
essere contraddistinti da un diverso stile recitativo. Se si osservano i trimetri 377-382 si nota subito uno stacco da quelli precedenti : mentre 370-376 sono senza soluzioni, i trimetri in questione, a parte il 382, ne hanno, e il 380 e il 382 sono cesura, Il 383 e il 384 sono di nuovo insoluti ®.
privi di
2b. Identità dei personaggi in Aristofane. — Per il protagonista degli Acarnesi è più utile piuttosto domandarsi perché il suo nome
cada così tardi e cada proprio lì. Quel nome è estremamente parlante. Per portare acqua al proprio mulino, il critico che fa di Aristofane il primo attore degli Acarnesi osserva che gli aggettivi in -πολις non sono applicati a persone, ma a contrade, a Stati. Tuttavia proprio in Pindaro Ol. 2, 8 ὀρθόπολις è attributo di Terone
«che
ben
regge
lo Stato»,
e φιλόπολις
si considera
implici-
tamente in Pluto 901 il personaggio siglato nei manoscritti come Δίκαιος, e così via. E
Δικαιόπολις,
meglio che il « Cittadino
Giu-
sto », vorrà più espressivamente significare il Δίκαιος περὶ τὴν πόλιν, il Giusto verso la città, quegli che rende giusta la città, l’uomo modello per tutta la città (cfr. 971). Come Aristofane, nei Babilomesi, «arrischió di parlare agli Ateniesi il linguaggio della giustizia » e sempre «difenderà nelle commedie la causa della giustizia », e «la giustizia sarà mia alleata e mai io sarò còlto ad agire come Cleone verso la città, da codardo e da arcifinocchio » —
così il corifeo acarnese in 645,
655, 661-664 —,
così Diceopoli
è oggi sulla scena il personaggio che dice e che conosce « il giusto » (317, 500 sg., 562; cfr. Cavalieri $10 che può alludere anche a Diceopoli), mentre l'usuale programma della. commedia è quello
62
CARLO
FERDINANDO
di dire «cose utili », χρηστά. Per caso?
RUSSO
Il suo nome
parlante
cade
al 406.
O non sarà perché quel personaggio, in scena dall'inizio della commedia, si è poco prima identificato con l'autore dei Babilonesi, appunto nei versi 377-382, con il poeta accusato di « sbeffeggiare
nelle commedie accusato
da
la città e d'insultare il popolo » (Acarnesi
Cleone
di
ἀδικία
εἰς τοὺς
πολίτας
come
631),
informa
lo
scolio al verso 378, di essere cioé tutto fuorché giusto verso la città? E non sarà inoltre perché poco dopo Diceopoli, chiesti gli stracci di Telefo a Euripide, é protagonista di una tragicommedia della giustizia,
e non,
come
nei Babilonesi,
contro imprecisati individui di Atene
« contro
la città », ma
(cfr. il passo 496-518)?
Il
suo nome programmatico, ormai noto al pubblico, potrebbe quindi anche voler compensare il raggio della polemica. E sarà anche un caso che Diceopoli non risponda nulla al Servitore euripideo che
gli chiede «chi sei ? » (395), e invece aspetti ancora qualche minuto per invocare ad altissima voce Euripide con un Δικαιόπολις καλῶ σ᾽ ὁ Χολλήδης ἐγώ Proprio Euripide, il poeta di Telefo « giusto » e il poeta-padre di eroi ywàol. La prassi aristofanea nella presentazione dei nomi parlanti o resi parlanti sembra escludere una casualità. Tali nomi o cadono
con
un
certo
ritardo
e seguitano
coerentemente
a ' parlare ' in
quella direzione e talvolta si arricchiscono anche di nuove allusioni, ovvero, se cadono non troppo tardi o subito, ‘ parlano’ prima apparentemente in un modo e poi in un altro più profon-
damente
significante.
E il nome
parlante più o meno
ritardato
non è di norma, a partire da quello del protagonista degli Acarnesi, un nome storico, mentre l’apparente sdoppiamento della personalità nominale viene eseguito di norma con nomi storicamente consumati. Per Agoracrito dei Cavalieri c’è l'uno e l’altro giuoco, il giuoco vale a dire di Nuvole (Fidippide) Vespe Uccelli Pace Donne a parlamento da una parte, e dall’altra il giuoco di Cavalieri (Paflagone) Nuvole (Strepsiade) e Lisistrata. Ai protagonisti degli Uccelli vengono dati due nomi solo al 644-645 ; nelle Vespe 133-134 i nomi dei non ancora attivi protagonisti cadono alla conclusione di una vera e propria rappresentazione scenica indiretta di loro gesta, e cadono con effetto, dopo
una lunga preparazione : la clausola del 133, Φιλοκλέων,
veniva di
GLI ACARNESI
63
certo bene scandita e distinta (cfr. 77), ché il Servitore soggiungeva, dopo uno sguardo al pubblico divertito: « proprio così, per Zeus» (134a) Ma il Servitore prologante della Pace non farà il nome del suo padrone Trigeo : costui, in scena dall’ 82, si decide a dichiarare il proprio nome al 190, su richiesta del portinaio
celeste : né uomo
«sono ' Vendemmiatore ', vignaiuolo di qualità, né spione di mal affare ». Al termine della commedia egli ‘ ven-
demmia ' sì, ma una bella fanciulla che si chiama Fruttidora
1339-1340). fabbricato vallerizzo.
Il nome
Φειδ-ιππίδης
cade
in Nuvole
(Pace
67, anzi viene
dopo che il giovane era stato caratterizzato come caQuando quel nome cade per le ultime due volte, al
1143 e al 1229, è il primo elemento del composto che ' parla’: il padre s'illude che il figlio ex-cavallerizzo e ora sofista sia il suo * salvadanaio '. E Fidippide, già chiomato e ben impomatato come un cavallerizzo, ora esce dal pensatoio con la chioma lunga e sporca dei sofisti ὑπὸ τῆς φειδωλίας (cfr. Nuvole 835). Anche il nome della protagonista delle Donne a parlamento non viene bruciato anzi tempo : il nome cade al 124, e si potrebbe quasi dire che per un fato nominale Prassagora scompare precocemente dalla scena, ché poi è l’Agora il luogo extrascenico che Prassagora deve stabilmente governare (cfr. 711-716). La prassi del nome parlante
ritardato é osservabile, in miniatura, anche per i personaggi che hanno solo una particina : il Bifolco degli Acarnesi, per esempio, si nomina
al 1023
mente : «ho
dopo
una
diecina
di versi, implorando
perso gli occhi a piangere
sui bovi;
ma
tragica-
se cura tu
hai di Δερκέτης Φυλάσιος [anche il demotico sembra parlante], di pace, presto, ungimi gli occhi ». Forse quel personaggio così poco « Occhiuto » portava una maschera particolare. Il nome Paflagone invece cade subito al 2 (il personaggio apparirà al 235), e dovrebbe essere quello puro e semplice di uno Schiavo, di uno schiavo di origine straniera ; ma il nome non paflagoneggia, e « bulica » solo al 919. Naturalmente la voce bulicante dell’attore doveva aver fatto già capire il perché di quel nome apparentemente storico : a chi non lo avesse capito il poeta lo spiega,
e ci si diverte. Il protagonista delle Nuvole
è anonimo
fino al 134, nonostante tutte le confidenze che egli finora ha fatto agli spettatori. Quando cade, il nome Strepsiade provoca una risata : ché chi porta quel home storico altisonante nobile pinda-
64
CARLO
rico, un nome
FERDINANDO
RUSSO
che genera una soluzione nel severo verso, é solo un
contadino che ha parlato finora di debiti e dell'infelice matrimonio con una nobildonna. Ma poi il nome viene spiegato al 1455 come « Eversore della giustizia », e il significato era già chiaro dal 434 in poi. Fra le commedie superstiti, per la sola Lisistrata gli spettatori sono già a conoscenza, attraverso il titolo, del nome della presumibile protagonista (diverso il caso del personificato Pluto nel Piwto): e così quel nome cade senza indugi al verso 6, ma
gli spettatori non lo interpreteranno subito come « Scioglieserciti », tanto più che il molto diffuso nome storico Lisistrato era fra l’altro il nome di un personaggio ateniese spesso ricordato da Aristofane, un personaggio famosissimo per vizi, gracilità fisica e viltà. Per ora quindi la protagonista, fornita di un nome tipicamente maschile, potrebbe essere una femmina che si distingue per eccezionale energia maschile e prestanza atletica (il suo nome cade in combinazione con un χαῖρ᾽, ὦ KAeovixn, probabilmente allusivo al famoso filatletico ὦ καλλίνικε χαῖρε : cfr. Cavalieri 1254) : e non c'era naturalmente bisogno che essa portasse una maschera più o
meno somigliante a quel Lisistrato. Ma al secondo e più profondo significato si allude, e proprio con un richiamo a Lisistrato, al culmine dell’azione in 1105 (ma vedi già 554); e il richiamo a Lisistrato è malizioso in quanto è espresso da un Lacone, e i Laconi eran dei famosissimi pederasti. Il Salumaio dei Cavalseri solo
al 1257
si chiamerà
Agoracrito, dato che si è dimostrato un
ignobile piazzaiolo. Agoracrito è nome storico di un personaggio del tempo, e naturalmente di valore positivo. Il nostro Agoracrito, quando il suo nome viene ripetuto dopo la seconda parabasi, è diventato un galantuomo, il migliore agoreta di Atene (cfr. 1335, 1373). Per i nomi non parlanti di protagonisti o di personaggi di rilievo, la prassi di presentazione è diversa. Un nome storico cade subito, a parte quello di Clistene che cade una cinquantina di versi più tardi (ma cfr. Tesmoforianti 574): Euripide, Socrate, Ierocle, Metone, Cinesia poeta, Agatone, Eschilo, Lamaco. Lamaco dal nome anche « battagliero », e perciò molto risuonante sulla
scena degli Acarnesi e pure della Pace, personaggio, ma dove, fra l’altro, un nisce alla fine comie Figlio di Lamaco di 473). L’immediata denominazione
ove egli non appare come fanciullo bellicoso si defi(1290, cfr. 1293 e il giuoco dei personaggi storici non
GLI
ACARNESI
65
sarà sempre casuale, ché qualche volta, come in Tesmoforianti 4, vorrà aiutare gli spettatori a subito individuare l'approssimativa maschera fisionomica, perché appunto gli spettatori non si vengano a trovare, diciamo cosi, nella situazione del Parente di Euri-
pide che non aveva mai visto in vita sua il poeta Agatone, e che quindi non era in grado di riconoscerne la maschera (cfr. Tesmoforianti 30-34, 97 sg.; l'inverso in Cavalieri 230-234).
Anche nomi comuni cadono subito : ma lo « schiavo » e
il « pa-
drone » del secondo verso del Pluto restano anonimi fino al 624 e al 336 (ma Cremilo potrebbe essere nome parlante) ; nelle Tesmo-
forianti, quegli che ne sarà il protagonista con il subito individuato Euripide, lo si qualifica come Parente di Euripide al 74, e la anonimia qualifica
è intenzionale (cfr. 584 e 861) ; e anche la ritardata
è certo
calcolata,
così come
è calcolato
l’espressivo
ri-
lievo alla sua maschera di « vecchio » dato al verso 63 dopo i versi 59-62. Tra la trentina di personaggi individuata come lui con un certo o con grande ritardo, spiccano pertanto Diceopoli, Agoracrito, Strepsiade, Trigeo, Pistetero e Evelpide, Prassagora, Carione e Cremilo. I restanti personaggi aristofanei non anonimi, una quarantina, sono denominati una diecina di versi prima o
dopo la loro entrata. I personaggi
anonimi
identificabili Eracle,
Eaco
sono
una
ottantina : fra
e Plutone
nelle Rane,
di
essi
sono
i servitori Nicia
e Demostene nei Cavalieri. Ma il caso di questi due specialissimi servitori è diverso : col loro nome storico non potrebbero naturalmente
venir
chiamati,
data
la concezione
della
commedia,
e
non si dà loro nemmeno un nomignolo : essi porteranno una maschera più o meno fisionomica, chiarita agli spettatori da un dialogo che pullula di allusioni alle loro persone. Il collega Paflagone
non ha maschera
fisionomica. Tutti
gli altri personaggi che sono
anonimi, lo saranno per ragioni stilistiche : quasi sempre perché non vale la pena di dare un nome a persone fugaci o insignificanti o categoriali (fra queste anche una serie di « donne » o « vecchie » nelle commedie ' femministiche ’), o perché è meglio non farne il nome : forse il primo Ambasciatore degli Acarnesi rimane anonimo perché tutta quell’ambasceria della Persia è su un piano
irreale. Nelle Donne a parlamento e nel Pluto certuni rimangono nell'anonimato
per chiare
ragioni
allegorico-gnomiche.
66
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
2c. Cenni sulle sigle e sui testi di teatro. — L'anonimia di certi personaggi, la ritardata identità di molti, l'intreccio di alcuni dia-
loghi senza apostrofi nominali e cosi via, sono naturalmente fenomeni legati alla rappresentazione, cosi come gli insufficienti o chiaramente mancanti avvertimenti scenici: costumi, maschere, mimica, decoro scenico mettevano subito a suo agio lo spettatore.
Jean Andrieu, dopo una indagine paleografico-filologica su tutti i testi dialogici dell'antichità, di recente ha bene e tecnicamente ribadito che il testo di un dramma classico è intrinsecamente destinato
allo
spettatore,
e ha
aggiunto
che
il drammaturgo
non
pensava mai anche al lettore contemporaneo : e perché non aveva inserito nel corpo del dialogo molti elementi per il lettore indispensabili,
e perché,
del tutto indifferente
al destino libresco del
suo dramma, non li doveva avere esternamente integrati nella copia per la libreria: in quel testo sarà figurata soltanto la distinzione diacritica delle battute, e mai una sigla nominale dei
personaggi né una nota scenica ?. Senza
dubbio
Aristofane,
per
fare
un
sol nome,
non
scriveva
pensando anche a lettori, ma nel pubblicare o nel lasciare pubblicare un presumibile testo del genere non é che mostrasse indifferenza nei riguardi della sorgente biblioteca contemporanea : alla quale, prima o poi, fu fornito anche il testo delle non recitate Nuvole
seconde.
L’esatta
distinzione
delle
battute,
l'espressività
stilistica e scenica del dialogo, la verosimigliante naturalezza nell'apparizione dei personaggi, e infine la pratica con l'arte scenica contemporanea, mettevano la non larga e specializzata cerchia di
lettori contemporanei
(in pratica, letterati e artisti) in grado di
decifrare quel nudo testo, inteso come economica
trascrizione di
una dizione scenica. Quei lettori non erano afflitti dal problema dell’identità di certi personaggi o del loro aspetto, neanche per commedie come le Donne a parlamento e il Pluto dove inespressività del dialogo e diversa prassi nell'apparizione dei personaggi possono far talvolta smarrire, ma solo un lettore di epoche successive (senza considerare che lo smarrimento puó essere provocato da corruzione o perdita di segni diacritici e da guasti ben più gravi). Lo stesso Jean Andrieu sa bene, ché ne fa sempre avvertiti,
fratore,
essere
e sa
il
bene
lettore
che
antico
proprio
un
lettore
la successiva
attivo,
un
introduzione
deci-
delle
GLI
sigle segnó un mutamento intellettuale. E
poi
il testo
ACARNESI
67
di disposizioni
aristofaneo,
come
psicologiche
fu concepito
nella vita
e finché
restò
vivamente parlante e musicalmente e figurativamente evocativo, era e restò un testo non siglando, anche perché non sempre e esplicitamente siglabile dato il gran numero di personaggi ano-
nimi e di personaggi intenzionalmente a lungo anonimi. Platone, che scriveva
solo
per dei lettori,
non
siglò di sicuro
i suoi
per-
sonaggi, nemmeno quelli dei dialoghi drammatici : nelle Leggi anzi costruì il dialogo in modo tale che il lettore gradualmente arri-
vasse a scoprire e scenario e esatta identità degli interlocutori. Le nostre edizioni che si precipitano a siglare subito nominalmente
i personaggi platonici e a preannunciare lo scenario non sono amiche né di Platone né della verità. Come lo spettatore « non deve
subito udire tutto quello che fra poco vedrà con i suoi occhi » (Tesmoforianti 5 sg.), così pure il lettore antico veniva lasciato ingenuo. E anche il testo platonico non si presterebbe sempre a essere siglato, ché il tipo di alcuni personaggi non è nettamente definibile, e a distinguere i personaggi omonimi provvede lo stile, Anzi per i testi greci dialogici è lo stile proprio di quel genere letterario, e per quel genere letterario via via sempre più perfezionato, che rende superflue le sigle, o meglio che non spinse lo scrittore a inventare un sistema di sigle nominali. Si diceva che il testo per la libreria era inteso come trascrizione di una dizione scenica. Una trascrizione apparentemente
‘ fedele ', e non aggiornata per la libreria : il testo pubblicato delle Donne
inseriti
a parlamento
registra anche
all’ultimo momento
prima
i versi
1154-1162
che furono
della rappresentazione
e che
ormai erano stati superati dal verdetto dei giudici teatrali : versi che
disturbano
dei
lettori,
l’azione scenica,
anzi
erano
versi
nel caso che la commedia duatoria
delle Donne
non
ma
che non
destinati
sono
sgradevoli
a diventare
più
per
maliziosi
non fosse stata bene accolta (la graè conservata).
In una parte della tra-
dizione bizantina delle Nuvole seconde è ancora presente un ΧΟΡΟΣ o un XOPOT
dopo
il verso
888, che
significava
un
canto
corale
non pubblicato o meglio non più scritto, ma necessario sulla scena come intermezzo temporale per gli attori : le Nuvole seconde, come è noto, non furono recitate, ma anche per dei semplici lettori
68
CARLO
quel ΧΟΡΟΣ
FERDINANDO
RUSSO
o quel ΧΟΡΟΥ͂ erano opportuni ; e quei lettori non si
trovavano imbarazzati davanti a un'apparente sigla nel testo di una commedia dai regolari canti corali. Quei lettori e quelli di alcuni secoli successivi non erano indotti a interpretare XOPOZ o XOPOY come sigle, e pertanto disturbanti (e nemmeno nel testo delle Donne a parlamento e del Pluto, sul quale ci fermeremo a
suo tempo, dove quelle indicazioni non erano seguite da canti corali) : ché il testo che essi avevano a disposizione era tutto non
siglato : anche
quello
corale,
verosimilmente.
Se un drammaturgo fu spinto mai a inventarsi un sistema di sigle durante il suo lavoro, dovette pensare magari a un sistema di sigle algebriche per gli attori. Ché di attori sapeva di potere disporre solo di pochi, e non tutti di uguale bravura o categoria. Per l’autore e per il didascalo la valutazione artistica e il calcolo delle parti era di primaria importanza, e anche agli attori
interessava avere sott'occhio un manoscritto che indicasse rapidamente
i loro progressivi interventi quali
non siglate, o altrimenti siglate, andavano
© maschere ’ : le parti al Coro.
Queste
molto
presumibili sigle algebriche, a carattere categoriale e di valore funzionale, non parve necessario introdurle anche nell’economica edizione per la libreria, ché esse eran legate alla sola rappresentazione scenica. Il papiro 1176 della Società Italiana, papiro anteriore all'anno 60 dell'era volgare, attesta tali sigle per la commedia nuova (e tali sigle, sembra, figurano già nel papiro Hibeh 180 degli anni 270-240), e non è improbabile che esso prosegua una tecnica di più antichi esemplari scenici — esemplari destinati a scomparire —,
sarà
una
tecnica
che,
come
è noto,
in campo
latino
invece tipica delle edizioni per la libreria del IV secolo *. Tali sigle algebriche si addicevano molto bene agli attorimaschere dei commediografi : anche a quelli di Aristofane si sarebbero addette molto bene. Non solo Aristofane ha di regola un corpo di personaggi maggiore che la tragedia, ma ha una grande folla di personaggi-tipo, e pochi personaggi storici e mitici. Una sigla algebrica per il primo, secondo, terzo attore, e l'indicazione della maschera era ció che occorreva nell'esemplare per il teatro. E.anche gli spettatori, per i principali personaggi non storici o mitici della commedia, dovevano rimanere più durevolmente impressionati dalla maschera e dal tipo. e dalla voce che non dal
GLI
nome invece stesso altri, tifone
ACARNESI
69
proprio che apprendevano quasi sempre con ritardo, mentre avran saputo quali erano gli attori ingaggiati. Aristofane ama rievocare al pubblico i personaggi, creati da lui o da attraverso descrizioni tipologiche ovvero immaginose : « Il e l'uragano », «Il canne-aguzze », «I brividi e le febbri »,
«Il virtuoso
e l’invertito »,
«una vecchia
ubriaca, che
Frinico ha
inventato per primo », «il Paflagone conciapelli » (Cavalieri 51r, Vespe 1031 e 1038, Nuvole 529, 555, 581). E se anche per la commedia, come per la tragedia, sarà esistito un proagone pochi giorni prima della rappresentazione, in quell’occasione i nomi non storici e non mitici dei personaggi non saranno stati comunicati al pubblico, ché più dei nomi interessavano magari descrizioni immediate del tipo sopra riferito. É al proagone attestato per la
tragedia
(e, a rigore, solo per le tragedie di agone
dionisiaco),
gli attori si presentavano senza maschere. Eran gli attori che incuriosivano, il primo, il secondo, il terzo attore. Quegli attori che il drammaturgo doveva aver siglato algebricamente nel suo manoscritto e nel manoscritto per il teatro ®. Invece le pressoché sistematiche sigle nominali nei manoscritti bizantini (a parte quelle saltuarie in papiri dei secoli III e seguenti) sono l’espressione di una civiltà editoriale dalla consapevole missione libresca e di una civiltà che aveva una vita teatrale radicalmente diversa. I primi alessandrini non dovevano, in genere, aver già sentito il bisogno di interpretare i segni diacritici, e magari avranno tentato di integrare o correggere quelli che nel frattempo si erano perduti o corrotti, e al massimo avranno redatto una lista dei personaggi: i testi di teatro erano per gli alessandrini
ancora
di ricercare
le notizie
nimo,
sull’eventuale
discretamente
Di
segni
di Aristotele
didascalo
stabilirne la colometria,
vitali, e essi si preoccuparono
e sulla
sull’agone,
sull’arconte
graduatoria
dei poeti,
epoe di
e così via *.
diacritici gli esemplari
giunti
a Bisanzio
talvolta essere sforniti o mal forniti : a ciò, o anche a
dovevano ciò, si deb-
bono mancate o false divisioni del dialogo nei loro manoscritti. Moltissimi segni diacritici, soprattutto per inabilità di interpretazione scenica, furono tradotti con sigle false, e molti furono onorevolmente lasciati muti. Talune sigle sono troppo sapienti : Cefisofonte
negli Acarnesi,
Nicia e Demostene
nei Cavalieri,
Mnesi-
79
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
loco nelle Tesmoforianti, ma alcune sono acutissime come quelle per Cavalieri 234 e Uccelli 267 (fuorché il codice di Ravenna).
Gli scolî trascritti dai bizantini in margine alle proprie edizioni sono spesso in discordia con le sigle da loro preferite, e spesso hanno ragione gli scoliasti. Ma interpretazioni scenotecniche e sceniche di questi scolî, non riflettono se non raramente trale
e arte
scenica
dell’Atene
del
V
e IV
secolo,
civiltà tea-
ma
piuttosto
quella di teatri e spettacoli contemporanei allo scoliaste : per es. i macchinosi enciclemi, le gabbie da galli battaglieri per i due Ragionamenti,
e certa
nomenclatura
come
πάροδος
per
εἴσοδος,
παραχορήγημα, e così via. Aspetto di antichità non hanno neanche le sette annotazioni sceniche interlineari di alcuni manoscritti bizantini : le passeremo in rassegna a suo tempo, come via via
passeremo in rassegna i principali scolî scenotecnici e scenici. Nelle nostre edizioni critiche le liste e le sigle, beninteso, sono tollerabili e poco male se non vengono espresse in latino o se non figurano fra parentesi angolari: l’essenziale è che i lettori non siano indotti a pensare che le sigle ' giuste ' rappresentino almeno un restauro congetturale delle sigle che Aristofane omise di apporre nella copia per la libreria, ma che premise in quella copia in una lista iniziale dei personaggi (questa è l’opinione di Victor
Coulon, I p. XXXI).
Piuttosto accanto alle nostre liste un con-
trassegno dovrebbe sempre indicare a quale degli attori a disposizione poteva essere affidato il personaggio elencato, e questo contrassegno andrebbe magari ripetuto accanto alle sigle allorché il dialogo si fa in qualche modo complesso o delicato. Tali contrassegni, ben più delle sigle nominali, ricorderebbero ai lettori, con qualche vantaggio per la critica testuale e drammaturgica, qual è l’economia, la prassi e la qualità degli attori in Aristofane : in Cavalieri 234 e 1254, Nuvole 886-892 e 1102-1112 e così via, tali contrassegni avrebbero reso più prudenti e più responsabili gli interpreti. E fu certo la interpretazione della tragedia
greca
come
opera
‘letteraria’,
teatro regolata, come vedremo,
degli
attori,
che
dettò
e non
già
come
opera
da una sintassi artistico-economica
la successiva
teoria
estetica
di
strutture
drammatiche a tre personaggi e non di più. Ma alcune sigle sono senz'altro illegittime : le sigle, personaggi
dal
nome
parlante
di
volutamente
ritardato.
dico,
Nessuno
dei si
GLI
ACARNESI
71
azzarda ad anticipare al verso 150 la sigla Agoracrito per il pro-
tagonista dei Cavalieri (ma poi, per fedeltà al meccanico siglatore bizantino, quasi tutti lo seguitano a siglare come Salumaio anche dopo il verso 1257) ovvero a siglare come Figlio di Lamaco un Fanciullo della Pace, cosi le sigle Diceopoli Strepsiade Fidippide Trigeo eccetera è comodo sì anticiparle queste, ma l'apparato in tali casi deve segnalare il verso donde si é ricavata la precoce antiartistica sigla. E una tale segnalazione dovrebbe essere concessa anche a personaggi come Prometeo negli Uccelli, Povertà e Pluto nel Pluto, che nascondono inizialmente la propria identità agli altri (e agli spettatori). Di nuovo una conferma che il testo aristofaneo non è tecnicamente siglando. Una sigla nominale prematura,
per fare un esempio
di diverso genere,
divisioni del dialogo : per aver siglato, Servitore
delle
Vespe come
Sosia,
ha indotto
fin dal primo
certe nostre edizioni,
a false
verso,
un
e già al- .
cuni esemplari prebizantini, dividono amebeicamente i versi 74-85,
dato che al 78, nel corpo di una battuta, viene apostrofato Sosia. Ma questo Sosia è uno spettatore immaginario, come mostra il vivace contesto. Che anche il Servitore si chiami Sosia risulta solo dal verso 136. Nei codici neanche l’ombra di un segno diacritico. E Sosia, poi, non era ancora, in quell'epoca, nome esclusivamente e tipicamente servile. Ancora un esempio : alcuni editori moderni, gli oxoniensi per esempio, seguono il codice di Ravenna siglante con XOP. i canti di Tesmoforianti 104 sgg., e pertanto aggiungono nella lista dei personaggi un « Coro di Agatone », e questo Coro di Agatone è interpretato dal più recente, e anch'esso oxoniense, trattato sugli agoni drammatici come un coro supplementare. Ma quello, come già notarono gli scoliasti, non è né un coro né un coretto, ma è Agatone che prova, cantando solo solo, le proprie composizioni melodiche ancora imperfette. E anche mettere nel testo, come fa il Coulon, un ὡς Χορός fra pudiche
parentesi tonde, é improprio. Basta identificarti allora attraverso il tuo
Euripide in Tesmoforianti
il testo, canto?»
il metro: «devo fa il Parente di
144-145 ad Agatone che non si vuole
qualificare ?. La dichiarazione della precocità di alcune sigle nominali sarebbe certo, nelle nostre edizioni, un’espressione di rigore piutto-
sto formale ; un rigore più sostanziale esprimerebbero
invece le
72
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
sigle graduate per i personaggi-attori, e così pure uno svelto apparato — ma piü vario e significante di quello teubneriano per Menandro — di essenziali proprietà teatrali intrinseche-estrinseche che integrano-regolano il testo tramandatoci. A interpreti che tengono attivamente presenti tali proprietà, capita infatti di restaurare o confermare il testo in maniera appropriata, ovvero di illuminare solidamente le trame espressive di una concezione arti-
stica che fu integrata-regolata da quelle proprietà. Per esempio, per stare ad Aristofane e ai piü recenti contributi, chi si rende conto come il pio Nicia pronunci solennemente
il sacro βρέτας a clausola di Cavalieri 32, non metterà poi in bocca del maliziosamente stupito Demostene un βρέτας ; = aggiunte, | |= parti traslocate, () = soppressioni superstiti, [] = soppressioni, Ι. dposizione originaria delle parti traslocate: 1-70
(1257-1260)
[471-855] 86-786a
1261-1364 [ ]
(786b-795)
1365-1410
| 895-1098 |
| 895-1098 |
1099-1251
[1411-1533]
796-894
(1252-1256)
Già la sola tabella diacritica mostra che la riforma fu eseguita con mezzi economici, tanto é vero che le riforme attive consistono
solo in un centocinquanta versi : cioè 71-85, 786b-795, 1257-1260, 1411-1533, e di questi solo una trentina sono destinati al personale coreutico. Fra le riforme passive colpisce, per la sua estrema
economicità,
la traslocazione
della grossa scena
895-1098:
una
316
CARLO
PERDINANDO
RUSSO
traslocazione operata, per giunta, senza il minimo ritocco armonistico. E ritocchi armonistici non vennero eseguiti neppure altrove : neanche in relazione alla scena soppressa fra 1364 e 1365,
ché di essa rimase non solo il preannuncio 799-801 ma anche una sensibile eco in 1366-1372. La riforma delle Rane, evidentemente, fu regolata dall’urgenza. Le Rane Aristofane le fece rappresentare al concorso lenaico del 405, cioè alla fine di gennaio o ai primi di febbraio. All’inizio dell'estate 406 il nuovo arconte era entrato in carica con il consueto compito, fra gli altri, di curare sollecitamente l’organizzazione dei concorsi drammatici di gennaio-febbraio e di marzoaprile (cfr. Aristotele Costituzione degli Ateniesi 56). Sofocle, come si sa, morì sotto Callia, arconte appunto dall'inizio dell’estate 406 alla fine della primavera 405 ; e il testo più o meno definitivo delle commedie o il loro canovaccio sarà stato accettato dall’arconte (cfr. Platone Leggi 817d) nell'autunno, o anche all’inizio dell'inverno. Il testo più o meno definitivo o un canovaccio: in verità la preferenza di Aristofane per le Lenee e non per le più
tarde Dionisie di marzo-aprile, può implicare che le Rame erano ormai a buon punto (la Pace, 421,. mostra di essere stata del 422), e che la necessità di presentata. Sia quel che sia, quando
non
poterono
rappresentata nel marzo-aprile del progettata non prima dell'ottobre una loro riforma non si era ancora i ‚ quella necessitä si presentö,
essere riformate
che con
una
certa
le Rane
urgenza.
Ma
spettatori e giudici, anche perché erano al corrente che Sofocle era venuto da poco a mancare, non dovettero essere per nulla
disturbati dall'urgente essenzialità di quella riforma. Anzi con quella tempestiva e significativa riforma, Aristofane salvó la sua commedia.
E la salvò cosi bene, da confondere i lettori moderni.
2. La replica delle « Rane ». Le « Rane» e la pubblicazione dei drammi. — Le Rane furono messe in scena da Filonide alle Lenee del 405, e superarono le commedie coagonali di Frinico e di Platone (cfr. Argomento I 36-38). E anche Frinico dovette aggiornare la propria commedia, che s'intitolava alle Muse: «beato Sofocle, mori dopo lunga vita, uomo felice e savio, compose molte e belle tragedie, ebbe una bella morte e un male non lo conobbe
LE RANE
317
mai ». E l'elogio funebre di questo frammento implica che Sofocle non figurava fra i personaggi delle Muse. E non solo le Rane ottennero il primo premio, ma ebbero, a quanto risultava all’aristotelico Dicearco, l'eccezionale onore di una replica. Quando, Dicearco non dice: ma evidentemente la
replica dovette essere curata, già solo per ragioni tecniche economiche amministrative, dagli stessi attori e coreuti, dallo stesso corego e dallo stesso didascalo della prima rappresentazione ; e sarà avvenuta nell'ambiente agonistico maggiormente propenso ad accogliere l'eccezionale replica di una commedia, e di una commedia lenaica in particolare : e questo non poté essere l'ambiente rigoroso e complesso delle primaverili Dionisie, ove per giunta
la commedia
era in sottordine
(e non si dimentichi che per gli
spettacoli delle Dionisie del 405, come risultava ad Aristotele presso lo scoliaste di Rane 404, si dovette ricorrere alle finanze di d ue coreghi). Insomma, a parte l'eloquenza del silenzio di Dicearco, le lenaiche Rane furono ripetute nell'ambito della medesima amministrazione delle Lenee del 405, davanti al medesimo pubblico, da-
vanti ai medesimi giudici. E il nuovo spettacolo sarà stato praticamente identico a quello giudicato degno di vittoria e di replica ?. Che le Rane siano state pubblicate con i non recitandi versi 1252-1256, può indicare che il loro testo non venne minimamente riconsiderato dopo la rappresentazione. A proposito : alcuni moderni lettori analitici, come già alcuni filologi alessandrini, operano delle espunzioni nel tratto 1437-1466 delle Rane. Ma stabilirà men peggio il testo, chi tenga presente il fine e il modo con i quali vennero redatti i versi 1411-1533: in quel nuovo finale, da una parte Aristofane fu tenuto a presentare anche Euripide quale poeta eventualmente utile agli Ateniesi, e a farlo di conseguenza parlare piuttosto seriamente ; dall'altra parte Aristofane vergò le carte dell'improvvisato finale in maniera certamente piuttosto grezza e avventurosa, sicché esse
poterono
essere suscettibili di venir in seguito
mal pubblicate.
L'essenziale, per Aristofane, era di aver condotto bene in porto, cioè in teatro,
la sua
commedia.
La pubblicazione libraria delle commedie ebbe sì luogo prima
o poi,
ma
non è
detto che sia stata predisposta
o sorvegliata
318
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
dall'autore. Aristofane, per esempio, quando rinunciò verso l'anno 418 al progetto di presentare in teatro le Nuvole seconde, in tutti gli anni seguenti lasció incompiuto il testo di quella commedia ; e quando nell'anno 392 condusse in porto le Donne a parlamento, non si preoccupò poi di eliminarne i versi 1154-1162
che aveva improvvisato poco prima dello spettacolo, e che ormai erano stati superati dal verdetto dei giudici teatrali (e quei versi, come vedremo, sembra che siano stati pubblicati in un punto
che non si addiceva loro). Sembrerebbe dunque che la pubblicazione libraria delle commedie sia avvenuta su esemplari che non erano stati più riveduti dall'autore dopo il concorso o dopo la rinuncia al concorso : su esemplari, insomma,
che non erano stati
tecnicamente predisposti dall'autore per una trascrizione libraria. Naturalmente molti specialisti, per ragioni di lavoro, si procu-
ravano versioni scritte delle opere di teatro, e c'era perfino chi si copiava un brano del pessimo tragediografo Morsimo (Rane 151):
Aristofane, dell’Elena
per esempio,
si sarà procurato
e dell’Andromeda
per
parodiarle
subito un esemplare puntualmente
nelle
Tesmoforianti dell'anno dopo, e il Dioniso delle Rane 52 racconta che a bordo
della nave
egli si leggeva
l'Andromeda.
Ma
che
le
esigenze del drammaturgo e del pubblico determinassero una larga e influente circolazione libraria dei drammi nell'Atene del V secolo e che gli spettatori delle Rane avessero fra le mani le opere di Eschilo e di Euripide e che il successo librario delle Nuvole seconde rispetto alle Nuvole si spieghi solo nel caso che le abbia pubblicate Aristofane in persona, tutte queste sono affermazioni del Wilamowitz : il quale, in questa occasione, confondeva il V se-
colo avanti Cristo con il XIX secolo dopo Cristo. Va bene che di un dramma si aveva una sola rappresentazione in Atene,
presenti
e va bene che non tutti gli interessati potevano
a quello
spettacolo.
Ma
repliche
non
ufficiali
essere
di certi
drammi saranno state usuali, in Atene e fuori di Atene : « Socrate
andava
di rado nei teatri,
ma
quando
Euripide
nuove tragedie, ci andava », riferisce Eliano
competeva
con
(Varia storia II 13).
È invece inverosimile che in un'Atene dalla vita teatrale annualmente intensissima e sempre esigente di novità, un drammaturgo
contasse sulla sorgente libreria contemporanea per fare più puntualmente apprezzare al grande pubblico la sua opera già rappre-
LE
RANE
319
sentata e già giudicata : un'opera, per giunta, che era stata concepita per un'occasione e per un giudizio agonale, e per essere integrata da un'interpretazione scenica. Dopo l'insuccesso delle Nuvole, Aristofane non ripiega sulla libreria ma la via del teatro con le Nuvole seconde.
tenta di nuovo
La circolazione scritta dei drammi era così insignificante nel V secolo, che quando un drammaturgo moriva, moriva praticamente anche la sua opera : solo l’opera di Eschilo non muore, per-
ché per quella lo Stato ateniese decreta ufficiali rappresentazioni postume *.
3. Sull'economia bipartita delle « Rane » e su alcune conseguenze artistiche della loro riforma. — Le Rane, commedia di normale estensione e con normale parabasi mediana, negli ultimi settecento
versi sono regolate da tre medesimi personaggi e alla fine da un quarto minore (Eschilo, Euripide, Dioniso ; Plutone), e non hanno mai una diversione scenica : neanche nella prima parte degli Uccelli e neppure
in una commedia
massicce e costanti dimensioni
come
i Cavalieri si hanno
tali
recitative e una tale immobilità
scenica. Delle Rane è anche singolare che tre di quei quattro per-
sonaggi siano personaggi nuovi, e che due di essi — Eschilo e Euripide — siano personaggi protagonistici rispetto a Dioniso, il quale, travestito ora da Eracle ora da schiavo, era stato il pro-
tagonista della commedia fino alla parabasi. Dal prologo alla parabasi
‘ Dioniso’
.
era stato costantemente
affiancato da un personaggio molto attivo — il suo schiavo Santia —, e via via erano entrati nell'azione più di una mezza dozzina di personaggi molto vari, per non dire del coretto delle Rane e del
coro degli Iniziati (integrato temporaneamente da personale extracoreutico). L'arte scenica dal prologo alla parabasi si era distinta per mobilità e vivacissima varietà e per illusionistica estemporaneità,
lievità.
e le strutture
Nella
prima
recitative
si erano
parte
avventuroso
un
distinte
per
e vario
scioltezza
viaggio
e
da
Atene fin entro la casa di Plutone per opera di ‘ Dioniso ' e Santia (1-673) : radice di questo viaggio è una mania di ‘ Dioniso’ per
il morto Euripide e per le sue frasette spericolate
(cfr. 52-106).
Nella
artistica
seconda
parte
una
molto
complessa
gara
fra
Fschilo ed Euripide per il trono tragico infernale, giudice il non
320
CARLO FERDINANDO RUSSO
più ambiguo Dioniso (814-1410 ; per il finale 1411-1533, ove appare anche Plutone, ved. il primo paragrafo) : una gara artistica preannunciata dopo la parabasi per mezzo di un dialogo fra Eaco
e Santia, cioè i due Servitori di Plutone e di Dioniso (738-813). Radice di questa gara artistica è la mania dei malandrini dell'Ade per Euripide e per i suoi sofismi (cfr. 771-786a). Dopo la parabasi i due Servitori, che nel resto della commedia non sono più attivi,
ragguagliano sull'esito retroscenico dell'ultima scena prima della parabasi (738-744 — 628-673). Le due parti delle Rane sono dunque regolate da una differentissima materia,
da un’antinomica arte scenica e recitativa, e
da un duplice corpo di personaggi (eccetto Dioniso, il quale tuttavia nella prima parte nasconde quasi sempre la propria identità). La seconda parte è introdotta da un ‘prologo’ che all'inizio ha carattere di raccordo (ed un raccordo o meglio un preludio èl’elevatissima parabasi, e del Coro cfr. già i versi 354-358), e che è opportunamente curato da due personaggi già attivi subito prima della parabasi : anzi l'uno, Santia, era stato il protagonista complementare di tutta la prima parte della commedia, l'altro, Eaco, era stato il personaggio infernale più rilevante dalla fine della parodo alla parabasi 5. La spregiudicatezza con la quale Aristofane giustappose e abilmente raccordò due organismi artistici così diversi e praticamente autonomi, può essere un indizio del problema drammaturgico che
gli dovette porre la rappresentazione di un confronto fra Eschilo ed Euripide
nell'Ade
alla presenza di un giudice:
un confronto,
come ammettono implicitamente anche Rane 1109-1118, in sé e per sé molto ambizioso e arduo da un punto di vista teatrale. Nella impossibilità, dunque, di sceneggiare e di drammatizzare questo dibattito e giudizio artistico, Aristofane sembra
che abbia
voluto
compensare in anticipo gli spettatori con un grande spettacolo, mosso e vario. Uno spettacolo che sceneggia a lungo un viaggio : e la sceneggiatura di un viaggio è un'impresa quanto mai rilevante in un'opera di teatro (ne parleremo al quarto paragrafo). Il prolungamento del viaggio per l'Ade viene già avviato nel prologo : Dioniso-Eracle, che voleva raggiungere l'Ade per la via
più breve (118, cfr. anche 127-128), sceglie invece una via lunga (136). Non
solo;
ma
quando
finalmente
i due
viandanti
battono
LH RANE
321
alla porta di Plutone (460, cfr. già 431-436), allora fanno di tutto per non farsi riconoscere. Sicché i due, ben diversi dai due solleciti viandanti del prologo degli Uccelli, prendono contatto con Plutone molto tardi, e neanche di propria volontà. « Avrei voluto che tu ci avessi pensato prima [a portarmi da Plutone perché
egli riconoscesse che io sono un dio], avanti di darmi le botte » (672-673) : con questa maliziosa battuta dell'ambiguo Dioniso si chiude appunto
la prima parte della commedia.
E verso la fine
del prologo metaparabatico, dedicato fin dal verso 757 al ragguaglio sulla clamorosa contesa fra Eschilo ed Euripide, Santia domanda a Eaco all'805: «e chi mai giudicherà tale contesa? ».
Eaco:
«questa era la cosa difficile, dato che Eschilo ed Euripide
trovavano che c'era carestia d'intenditori: e perché Eschilo con gli Ateniesi non andava d'accordo, e perché gli altri li considerava incapaci di discernere il genio dei poeti. E cosi si rivolsero al tuo padrone, poiché egli é esperto dell'arte. Ma rientriamo in casa, perché quando i padroni fanno sul serio, a noi toccano le botte ». « Questa era la cosa difficile », qui stava il problema da quando
era scoppiata la contesa dopo la morte di Euripide (cfr. 771-780) : trovare un giudice
nell'Ade,
e un giudice gradito anche al
difficile Eschilo. Ma sul nome di Dioniso finalmente
Eschilo si è
trovato
che
d'accordo.
Tali
coscienziose
considerazioni,
cadono
proprio alla fine del prologo metaparabatico e che vengono accettate da Santia senza nulla eccepire, intendono significare agli spettatori la necessarietà del nuovo e serio ruolodi quel personaggio fino a poco fa spensierato e instabile, e che per giunta era disceso nell'Ade per Euripide. Insomma l'avventura nell'Ade della prima parte della commedia riceve quasi una giustificazione funzionale, . perché la presenza nell'Ade di quel forestiero — che finalmente
si è fatto riconoscere come Dioniso nel corso della parabasi
(cfr.
738-742) — risulta ora provvidenziale per distinguere chi sia migliore poeta fra Eschilo ed Euripide: i quali fra breve faranno la loro prima apparizione in scena impersonati dagli attori fino a
poco fa impegnati nei ruoli di Santia e di Faco. I. instaurazione di un autentico Dioniso quale equanime giudice di arte tragica (egli ora indosserà di certo un nuovo costume), mostra che la motivazione proeuripidea del viaggio nell'Ade data nel corso dei versi 52-106 del prologo, era una motivazione ade-
322
CARLO PERDINANDO RUSSO
guata al provvisorio protagonista della prima parte della commedia. Una motivazione, si noti, sulla quale durante il viaggio e l'avventura nell'Ade non si insiste da parte di Dioniso (a parte il richiamo allusivo del 311 — 100; interessante il 359 del Coro, che potrebbe alludere anche ad Euripide : cfr. 1085 e 1521). Una motivazione,
d'altra parte, che era in verità
maliziosa nei confronti
di Euripide : tanto è vero che le frasettine euripidee per le quali ‘ Dioniso’ andava pazzo e per le quali diceva di affrontare il viaggio nell'Ade, egli le deformava di continuo, cioè le criticava (cfr. 96-103, 105). E se alcuni spettatori non capivano che ‘ Dioniso' criticava amabilmente il suo Euripide nel momento che diceva di ammirarlo, c'era stato Eracle ad avvertirli al verso 104: «ma non sono altro che buffonate, e la pensi così anche tu ». Piuttosto il protagonista si era compromesso seriamente per
Euripide nei versi 71-85, cioè nei nuovi versi delle Rane mate : lì non
solo,
parlando
come
coscienzioso
patrono
rifordi
arte
drammatica, egli aveva giudicato Euripide quale « poeta bravo », ma si era lasciato anche attribuire il fermo proposito di un'ana-
basi dall'Ade con Euripide — e non già con Sofocle (di Eschilo non si parla!) — nell'interesse del teatro tragico di Atene. E se molti lettori,
a cominciare
in pratica
dal bizantino
Thomas
Ma-
gistros («invece di riportare su Euripide, Dioniso chiede che venga istituita una gara fra Eschilo ed Euripide »: cosi l'Argomento III 6-7, p. 274 Dübner), hanno avvertito un'incongruenza fra il Dioniso che nel prologo si compromette per Euripide e che si propone di risuscitarlo nell'Atene deserta di buoni poeti e il Dio-
niso che poi accetta di fare il giudice di Eschilo e di Euripide per il trono tragico infernale, ció é dovuto proprio al peso e al rilievo che hanno i nuovi e molto impegnativi trimetri 71-85: i quali sono tali che mettono in ombra il lieve e malizioso contesto circostante, e sono tali che anche rendono un po' meno plausibile — almeno per dei lettori — la lunga e spensierata avventura nell'Ade dalla fine della parodo in poi (460-673). E dei lettori dovrebbero essere anche colpiti dal fatto che il Dioniso cosi seriamente proeuripideo dei trimetri 71-85 del prologo, verso il termine del primo confronto artistico fra i due poeti approvi e appoggi vigorosamente l'aspra requisitoria antieu-
ripidea di Eschilo (cfr. 1065-1098). E per giunta quel Dioniso ora
LE
RANE
323
così antieuripideo, nel corso delle tre successive e particolaristiche gare di 1119-1410 si mostra in complesso comicamente imparziale ovvero
si atteggia
a bonario
protettore
di Euripide
(come
già in 830-891), e non esprime mai un giudizio. Ma questa disarmonia non si aveva nelle Rane originarie : e non solo perché in esse i trimetri 71-85 erano assenti, ma perché quella condanna artistico-politica di Euripide cadeva molto tardi, verso la fine della commedia : il dibattito epirrematico 895-1098, come si è visto al primo paragrafo, seguiva infatti a breve distanza le non risolutive gare di 1119-1410. L'anticipazione del dibattito epirrematico provocó altri inconvenienti. Nei dibattiti epirrematici aristofanei colui che prende per primo la parola, come fa Euripide al 907, sarà quegli che esce sconfitto dal dibattito.
grado
In pratica,
di prevedere sempre
quindi,
gli spettatori sono in
l'esito di un dibattito epirrematico.
Poco male. Ma nel caso delle Rane, ove i due rivali appaiono in scena all’830, non è bene che gli spettatori prevedano già una
sconfitta
di Euripide
nel dibattito generale
sull’arte tragica,
e
che comunque Euripide venga praticamente liquidato nel tratto 1065-1098. Questa previsione e questa precoce constatazione tolgono infatti interesse drammatico alle gare di 1119-1410, per giunta già preannunciate in 862a e in 797. Va bene che nei Cavalieri al dibattito epirrematico 756-940 perso dal Paflagone seguono
due confronti minori: ma nei Cavalieri questi due confronti vengono via via implorati dallo sconfitto Paflagone, e si conchiudono sempre con una sua sconfitta ; e poi la catastrofe dell'ignobile Paflagone per opera di un rivale più ignobile è implacabilmente regolata da un oracolo, un oracolo noto agli spettatori fin dal
prologo battito
(e non si dimentichi che nei Cavalieri al risolutivo diepirrematico
si giunge
dopo
cfr. Cavalieri 303-456 e 475-690). il decisivo dibattito epirrematico, risolutive, risulta precoce già solo drammatico (e qua tralasciamo di
due
scontri
non
risolutivi :
Insomma nelle Rane riformate seguito com'è da tre gare non da un punto di vista puramente indicare tutti i singoli e tecnici
punti che mostrano che i versi 895-1098 presuppongono i versi 10991410, e che questi dipendono strettamente dal contesto 860-894).
Per non dire della sua precocità ideologica, e quindi della tardività ideologica delle scene 1099-1410. E l'anormalità ideologica
324
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
nonché drammatica di questa progressione era stata avvertita perlomeno da Max Pohlenz : egli nel 1920 si diceva insoddisfatto di una gara. artistica che da argomenti generali passava ad argomenti
particolari,
e che
non
si concludeva
con
una
discussione
sull’influsso etico delle tragedie, perché una tale discussione era atta a determinare la sconfitta di Euripide. E questa era proprio la progressione delle Rane originarie, cioè quella preannunciata dallo stesso Euripide in 862-864: τἄπη + 1099-1247, τὰ μέλη + 1248-1364, «à νεῦρα χτλ. + 895-1098 (fra 1364 e 1411 le due scenette con la misurazione e la pesa dei versi, preannunciate da
Faco in 797-801). E questa originaria progressione — due vagli su aspetti formali, senza un giudizio da parte di Dioniso ; due verifiche tecnicistiche, con acritici responsi meccanici dei quali uno favorevole a Euripide e uno a Eschilo; un ampio vaglio su aspetti artistico-etico-politici, con un giudizio finale di Dioniso contrario a Euripide (895-1098) — è più atta a far cogliere la posizione di Aristofane nei riguardi della poetica tragica. Il terzo punto
del programma
proposto
da Euripide
merita
una particolare illustrazione. Nel corso dei versi 911-979 Euripide morde il meccanismo
(911-9242) e l'aspetto espressivo e tematico-
etico delle tragedie di Eschilo (924b-938, e cfr. poi 961b-963) ; quindi, dopo un rilievo sulla preliminare cura dimagrante e raffinatrice alla quale egli dovette sottoporre la Tragedia lasciatagli da Eschilo (939-944), illustra il meccanismo (945-947, ma cfr. anche 948-950) e l'aspetto espressivo e tematico-etico delle proprie tra-
gedie (948-979).
Euripide ha osservato dunque il proprio preannuncio di parlare dell'altrui e della propria πόησις (907-908), e in particolare
ha osservato il programma di 862b-864 : δάχνειν... τὰ νεῦρα τῆς Τραγῳδίας καὶ νὴ Ala τὸν Πηλέα γε καὶ τὸν Αἴολον καὶ τὸν Μελέαγρον κἄτι μάλα τὸν Τήλεφον, di mordere «i fili della Tragedia » e anche (καὶ... ye), perdio, la materia, la tematica e l'etica tragica : quella materia che Eschilo gli aveva rinfacciata in 842, 846, 849-850, e che sarà l'unico cavallo di battaglia di Eschilo in 1008-1088. Eschilo infatti, al quale stanno
a cuore le φύσεις ποητῶν
(810),
si disinteresserà completamente dei «fili della Tragedia » e avrà qualche osservazione formale solo in 1060-1064.
LE
RANE
325
Τὰ νεῦρα τῆς Τραγῳδίας sono i fili che muovono la Tragedia, che la fanno
funzionare : Eschilo,
secondo
la critica di Euripide,
non sa muovere i personaggi, ché li tiene a lungo in scena seduti e muti e quando si decide a farli parlare, li fa parlare in maniera incomprensibile (911-927), mentre Furipide i suoi personaggi li
sa far funzionare, sicché i suoi drammi sono bene impiantati (945-950). Eschilo insomma non sa tirare i fili della Tragedia, e perciò i suoi personaggi non sono che degli immobili manichini (cfr. 911-913) e le fondamenta dei suoi drammi sono inconsistenti, sconnesse (cfr. 923, 945) : Eschilo appunto è ἀξύστατος, « sconnesso »,
come diceva il sofistico Fidippide in Nuvole 1367. In Platone,
Leggi 644e, si allude
a marionette
tirate da νεῦρα
ἢ σμήρινϑοι, da nervi o da fila, come diranno i Latini. ᾿Αγάλματα νευρόσπαστα già in Erodoto II 48, oi νευροσπάσται in Aristotele Mondo 6. Τὰ νεῦρα τῆς Τραγῳδίας e simili dovevano dunque essere espressioni correnti nell'ambiente teatrale.
Ma
l’appropriata
interpretazione dei νεῦρα è sfuggita ai moderni, non solo a causa dell'anticipazione che nelle Rane riformate subi il dibattito epirrematico, ma anche perché gli interpreti non hanno riconosciuto nei due trimetri 863-864 la seconda parte del terzo punto del programma agonistico : cioè la materia, l'aspetto tematico-etico della tragedia. E quello era il punto che determinava l'aspra requisitoria antieuripidea di Eschilo, e la condanna artistico-politica di Euri-
pide da parte di Eschilo e di Dioniso ®. Nonostante la grande anticipazione subita dal dibattito epirrematico, nelle Rane riformate i versi 1491-1499 riecheggiano nettamente la sostanza della requisitoria artistico-etico-politica di Eschilo. Quella requisitoria non cessò pertanto, fondamentale e decisoria
com'era,
d'influenzare
perlomeno
un
luogo
della
nuova
chiusa ; anzi l'antistrofe 1491-1499, nel menzionare «gli aspetti fondamentali dell'arte tragica », s'industrió di offrire un qualche
serio fondamento all'immotivato esito antieuripideo della gara politica nella chiusa delle Rane riformate
(cfr. 1468-1478).
4. Il viaggio e il paesaggio delle « Rane ». La riforma scenica della commedia. — Nel corso del prologo e della delle Rane si svolge un lungo viaggio in un paesaggio via via nuovo: Dioniso e Santia percorrono il tragitto Atene —
e l'arte parodo sempre casa di
326
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
Eracle — palude — bolgia di tenebra e fango — terra di mostri — pianura fiorita, e infine giungono dinanzi alla casa di Plutone (1-459). La progressiva sceneggiatura di un viaggio e di un paesaggio, quale quella delle Rane, é un caso unico nel superstite dramma antico. In Aristofane uno spettacolo viatorio con mutamento di ambiente scenico si ha solo nella Pace, ma non si puó dire che li si abbia una graduale sceneggiatura : infatti Trigeo, a metà del prologo, si trasferisce velocemente dalla terra al cielo con un artifizio meccanico-paratragico (il racconto del ritorno ‘ a piedi’ sulla terra, Pace 819-841, potrebbe essere invece la cellul: di una sceneggiatura comica di un viaggio terra-cielo). Negli Uccelli vi è all'inizio un
breve
e intenso
spettacolo
viatorio,
ma
si
tratta di un movimento che avviene in un paesaggio precostituito ; e parimenti precostituito e il paesaggio nel quale avvengono le marce
corali
d'ingresso
in Acarnesi,
Lisistrata
e Donne
a parla-
mento. Piuttosto è nella parodo delle Vespe che si ha una qualche sceneggiatura di una marcia in un parziale paesaggio estempo-
raneo —
il terreno fangoso
dell'orchestra per giungere
alla già
nota casa di Filocleone —, sebbene l'esempio più insigne di un Coro che afferma un paesaggio estemporaneo è di nuovo una singolarità delle Rane. L'unicità del caso delle Rane in tutto il superstite dramma antico — dai drammi frammentari, compreso il Gerilade aristofaneo, non si può ricavare nulla — sarà naturalmente casuale ; ma va da sé che uno spettacolo viatorio ha una sua propria dimensione artistica e che pertanto, specie in un'opera di teatro antico, il drammaturgo é tenuto a escogitare di continuo situazioni e immagini capaci di significare e di evocare con intensità il movimento e il paesaggio, e capaci anche di far inavvertitamente progredire, ma sempre in maniera appropriata, quel particolarissimo e difficile spettacolo. Insomma la prolungata sceneggiatura di un viaggio e di un paesaggio é un'impresa ambiziosa, e un drammaturgo l'avrà affrontata solo nel caso di un'esigenza pre-
cisa nell'economia generale del suo dramma. vide all'inizio del paragrafo precedente, La prima stazione dei due viandanti l'ultima la casa di Plutone nell'Ade, e . case ha per paesaggio una palude, una
E questo, come
si
é proprio il caso delle Rane. é dunque la casa di Eracle, il lungo tragitto fra le due bolgia di tenebra e fango,
LE
RANE
327
una terra di mostri, una prateria fiorita. Mentre la facciata scenica rappresenta stabilmente una casa — è presumibile infatti che la medesima casa sia attribuita a Eracle e poi a Plutone —, il mu-
tevole paesaggio intermedio è illusorio, e viene affermato e evocato nell'orchestra da linguaggio didascalico e da un'intensissima azione drammatica. Ai fenomeni più meravigliosi di questa azione drammatica gli spettatori vengono preparati dalle predizioni di
Eracle sulle avventure del viaggio e sul paesaggio (137-163 + 179459), e a queste predizioni spesso si richiamano i due viandanti come
per
appoggiare l’instaurazione
estemporanea
dello spetta-
colo (182, 275, 279, 319). L'unico fenomeno non predetto da Eracle è il concerto delle rane, e questo lo preannuncia Caronte (205-207).
La casa di Eracle viene raggiunta nel tratto iniziale 1-34, durante un dialogo che trae spunto dall'asino sul quale cavalca il
servitore. Giunti di fronte alla porta di Eracle, « prima meta del viaggio » (cfr. 36-37), il padrone
ordina
allo schiavo di scendere
dall'asino, e in seguito dell'asino non si parla più : evidentemente lanimale viene portato via da inservienti teatrali. Anche negli Uccelli il breve spettacolo viatorio iniziale è regolato dalla trovata dei due uccelletti-bussola, i quali volano via non appena i due
emigrati hanno raggiunto la loro meta (Uccelli 1-91). Nelle Rane, i due viandanti agiscono al principio più come teatranti che come personaggi drammatici, ma sempre con battute pertinenti a uno
spettacolo viatorio in commedie altrui (1-18). Fra i tre commediografi presi di mira risuona per primo il nome di Frinico, il quale era in gara alle medesime Lenee con le Muse. Il personaggio
che
viene
apostrofato
al primo
« padrone », dichiara al 22 di essere Dioniso.
verso
come
L'esplicita dichiara-
zione è necessaria, perché il personaggio non è riconoscibile come
Dioniso : egli ha sì tratti dionisiaci come i coturni e la crocota, ma sulla crocota indossa una pelle di leone, e ha una clava (46-47). Egli
insomma,
come
dirà lui stesso in seguito,
impersona
Eracle
(cfr. 108-109), perché basta la clava e la pelle leonina per sembrare Eracle (cfr. 495-503, 58r, 589-593), nonostante i coturni (cfr. 556-557). Nella seconda parte della commedia il non più ambiguo personaggio indosserà naturalmente un costume adatto
per. Dioniso
quale
dio del teatro.
eracleo, ‚dal quale traggono
Si noti che il travestimento
origine le avventure
dalla fine della
328
CARLO
FBRDINANDO
RUSSO
parodo alla parabasi, non ha alcuna rilevanza nei precedenti incontri con il Morto, con Caronte e con gli Iniziati (un'allusione a Dioniso-Eracle in 298). Agli Iniziati Dioniso-Eracle si presenta neutralmente come un «forestiero » (433), così come si mantierie neutro quando le rane ricordano i loro canti in onore di Dioniso e quando gli Iniziati invocano Iacco. Poco dopo la sosta presso la casa di Eracle — la sua casa sarà da pensarsi in Atene o nei pressi, ché il testo non implica mai una sua ubicazione eccentrica (cfr., per es., 127-129) —, appaiono in scena un Morto e dei necrofori diretti all'Ade (170-177). Questa breve scena vuol plasticamente suggerire che siamo già in ambiente preinfernale. Infatti Dioniso comanda : « andiamo in cerca della barca» (preannunciata da Eracle), e a quelle parole estremamente didascaliche ‘risponde’ una battuta che è tipica di un nocchiero (180b); poi si ha una pausa, e quindi stupore dida-
scalico di Santia : «che cos'è questo? », e Dioniso : « questo? è la palude, ia palude di cui parlava [Eracle], e vedo una barca », Santia : «sl, per Posidone, e questo qui è proprio Caronte » (I8I183). Dal corridoio dunque è apparsa nell'orchestra-palude la barca
con Caronte. Una barca sulla scena comica non è una novità. Cratino anzi negli Odissei aveva presentato sulla scena una nave, e molto capace, perché su di essa giungono al paese del Ciclope Odisseo e
i suoi compagni (i compagni formano il Coro). La nave di Cratino sarà stata di certo fornita di ruote, e di ruote sarà fornita anche la barca di Caronte (come i lettucci di Euripide e di Agatone in Acarnesi
e Tesmoforianti).
Sulla
barca
monta
soltanto
Dioniso,
perché Santia viene invitato da Caronte «a far di corsa il giro intorno alla palude » e ad attendere il padrone presso la stazione (193-195). Santia cioè, mentre Caronte si dilunga a istruire Dioniso sulla remigazione (197-207), fa di corsa il giro dell'orchestra, e aspetta
il padrone
presumibilmente
presso
il muro
dell'altro
corridoio (cfr. 194-195). Allontanato così il Servitore, tocca a Dioniso il ruolo di protagonista della remigazione
e al contempo
di
antagonista e di interlocutore delle rane. Anche Caronte rimane estraneo a questo intermezzo, al quale le rane danno inizio rievocando proprio i loro canti in onore di Dioniso nel santuario ateniese
delle
Paludi
(211-219).
LE RANE
329
L’allusivo concerto di queste rane ‘dionisiache’ è un'insigne invenzione per evocare e sonorizzare l'inesistente palude infernale,
e per farne attuare inavvertitamente la traversata.
« Udirai dei
canti bellissimi... di rane-cigni, meravigliosi », avverte
Caronte
in
205-207. Le rane dunque, come risulta anche da tutto il contesto seguente,
restano
invisibili,
non
sono
altro
che voce
e suono.
I loro canti, che hanno inizio dopo il ‘ comando ' del 208, proverranno da dietro la scena, come
da dietro la scena proviene in se-
guito il canto degli Iniziati (316-317, 324-336) : canti corali retroscenici si hanno pure nelle Nuvole, e negli Uccelli la serenata e la monodia di Upupa sono retrosceniche. In verità nelle Rane c'è anche
un
dialogo
fra le
invisibili
voci
e Dioniso,
ed
è un
fenomeno questo che ricorreva già nelle Vespe 144-173 e nelle Tesmoforianti 1056-1097. Il canto delle rane sarà di certo curato dal Coro della commedia, cioè dai futuri Iniziati
(Μύσται) ; e se ciò è vero, non parrà
strano che il titolo della commedia sia legato alla prima
mani-
festazione del Coro, tanto più che queste rane sono ' dionisiache '
e che una manifestazione corale nel corso di un prologo è un evento singolare. L'unica altra possibile alternativa per il titolo sarebbe stata quella di Μύσται, titolo attestato per una commedia di Frinico : e se questa commedia del coetaneo e del rivale di Aristofane
è davvero, come comunemente si ritiene, dell’anno 407, allora si può ancor meglio capire la ragione dell'eccentrico titolo aristofaneo per la propria commedia del 405. Titolo che riprendeva quello
di una commedia del remoto Magnete
(scolio Cavalieri 519), nella
quale tuttavia le rane formavano di certo il Coro (cfr. Cavalieri 525).
Dopo la traversata la barca e Caronte scompaiono, e Dioniso invoca subito il suo Santia, e gli pone una domanda ad uso degli
spettatori : « cosa c'è da queste parti? ». « Tenebra e fango ». « Allora hai visto qui da qualche parte i parricidi e gli spergiuri di cui ci parlava? ». « E tu ποῦ». «Certo, per Posidone, e li vedo anche adesso ». In queste ultime battute lo scanzonato riferimento
al pubblico del teatro mostra quanto sia illusorio il valore scenico che era stato or ora attribuito verbalmente all’orchestra. Per passare a un nuovo valore scenico — luogo dei mostri — v'è la so-
lita tecnica didascalica. Dioniso : « Senti, che facciamo? ». Santia : «la miglior cosa è che avanziamo,
perché questo è il luogo dove
330
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
sono i mostri terribili, a quanto diceva quello » (277-280; rispetto alle predizioni di Eracle, il luogo dei mostri viene dopo la bolgia di tenebra e fango). E di mostri ne viene ‘ creato ' uno, l'Empusa, attraverso le asserzioni dello scanzonato Santia e i terrori di Dioniso, il quale non osa neanche guardare il mostro ‘visto’ da Santia. E anche qui vi é di nuovo un'inclusione degli spettatori nel giuoco drammatico, perché Dioniso, per salvarsi, corre verso il sacerdote seduto nella proedria (297). Verso la fine del prologo comincia ad accadere quello che Eracle aveva predetto in 154-162: soffio di auli, fragranza di torce, canti degli Iniziati (312-320). Eracle aveva predetto un paesaggio di mirteti e ora i canti degli Iniziati affermano e riaffermano nell'orchestra « una pianura fiorita » (326, 352 « palustre », 373-374, cfr. poi 441, 449 « piena di rose »). Ancor più che per la palude e il coretto delle rane, qua vi è una vera e propria trasposizione nel teatro di un ambiente e di una cerimonia terrestre (con un proprio periodo temporale al di fuori del tempo drammatico della commedia : cfr. 342, 371, 387 e 446 con ἀρτίως del 433).
Gli Iniziati
«cantano l'Iacco come fanno lungo l'Agora » (320), e
con gli Iniziati vi è una schiera di fanciulle e di donne (cfr. 157), le quali a un certo momento vengono condotte via nel luogo ove si fa la veglia in onore di Demetra, mentre gli Iniziati rimangono nel recinto sacro alla dea (440-446). Una cerimonia terrestre viene dunque trasferita nell'Ade, e al tempo stesso viene proseguita anche fuori del recinto teatrale 7. Dioniso e Santia al 431 chiedono agli Iniziati : « potreste dirci dove abita qui Plutone? », e il Coro, quasi sorridendo per la superfluità della domanda (cfr. Pluto 962) : «non devi andare lontano, né chiedermelo di nuovo. Sappi che sei giunto proprio alla sua porta». Domanda e risposta sono di nuovo eminentemente didascaliche : Dioniso sapeva già da Eracle che gli Iniziati « abitavano presso la porta di Plutone » (163), e gli Iniziati in quel momento erano davanti alla facciata scenica (lo si desume dalla risposta e da 440-443). Ma le due battute vogliono attribuire un nuovo valore alla facciata scenica : la casa non è più quella di Eracle, ma è quella di Plutone. Dioniso ordina allo schiavo di riprendere i bagagli (437 ; i bagagli saranno stati deposti nel momento in cui i due si sono appartati al 315), e mentre il Coro pro-
LB
RANE
331
cede dalla facciata scenica nell'orchestra, i due si avvicinano alla porta.
Dal momento
che Dioniso batte al 460 alla porta di Plutone,
l'azione ha di frequente come punto di riferimento la casa (503, 514, 520, 669, 757, 799, 812, 847, 871, 1304,
1479), e l'orchestra
é zona neutra, e il Coro perde il carattere di Coro di Iniziati nella
pianura fiorita (le torce del Coro riemergono al 1525). Dalla casa, che simboleggia tutto quanto l'Ade (come la casa dei Cavalieri simboleggiava Atene), appaiono via via il Servitore di Persefone al 502, l'Ostessa e Platana al 549, Eaco con i suoi tre poliziotti al 605 (Eaco era stato già attivo in 464-478, ma da dietro la porta : cfr. 492-493). Subito dopo la parabasi appaiono dalla casa Eaco e Santia
e quindi,
della seconda
assieme
con
Dioniso,
i due
parte, Euripide ed Eschilo.
nuovi
Plutone,
personaggi
terzo
nuovo
personaggio della seconda parte, appare nel finale, e in maniera
piuttosto brusca : e sulla grezza arte scenica del finale delle Rane riformate ci soffermammo al primo paragrafo. Ai quattro personaggi della seconda parte
viene logo
data
un'attuale
738-813,
e
una
vitalità retroscenica tale vitalità viene
della
nel corso
li data
anche
commedia
del
pro-
a Sofocle
(cfr. in specie 791-794). Ma Sofocle non apparirà mai sulla scena, nemmeno allorché l'attore che interpreta Euripide sarà libero dal
verso 1482 in poi: e proprio al 1515, assente Euripide, il congedantesi Eschilo raccomanda a Plutone di affidare il proprio trono a Sofocie. La perpetua latitanza del pur vitalmente retroscenico Sofocle è singolare, tanto più che i personaggi menzionati come vitalmente retroscenici (o extrascenici) nel corso dei prologhi aristofanei non mancano prima o poi di apparire di fronte agli spettatori, e hanno parti di grandissimo o grande rilievo o perlomeno
una particina come il Plutone-quarto attore delle Rane menzionato in Rane 784 (cfr. anche 812; di Persefone, menzionata al 671, nel secondo prologo non si parla). E sui preannunci aristofanei nel corso dei prologhi, vedi « Nuvole » non recitate e « Nuvole » recitate nel capitolo sulle Nuvole : lì si rileva che il Cherefonte delle Nuvole seconde non appare di fronte agli spettatori, perché
le Nuvole seconde non furono né rifinite né recitate. Analogamente l'anormale latitanza di Sofocle nelle Rane è dovuta all'urgente riforma subita dal testo della commedia
(la non apparizione
del-
332
CARLO
l'anonimo figlio di Cremilo
FERDINANDO
RUSSO
è comicamente
giustificata da Pluto
251-252). L'urgenza della riforma delle Rane provocò nella loro arte scenica un’altra anormalità, ma questa piuttosto lieve. La pesa della poesia su una bilancia era una volta preceduta, come già da soli rivelano i versi 1371-1372, da un'altrettanto prodigiosa verifica meccanica dell’arte tragica. Di questa verifica rimase il preannuncio : « (la poesia verrà pesata su una bilancia)... e por-
teranno fuori regoli e cubiti per parole ecc. ecc.» (799-801).
Un
preannuncio impegnativo, e che disturba di non vedere osservato: chi dà il preannuncio é un personaggio dell'ambiente infernale (e non già un estraneo), un personaggio serio e responsa: bile, che non si permette mai degli scherzi sulla grave vertenza. fra
Eschilo
ed Euripide,
e che
non raccoglie
le spiritosaggini
Santia sulla pesa della poesia e sugli strumenti
di
di misurazione.
E questo preannuncio é particolarmente impegnativo, in quanto ha luogo nel corso di un prologo, e di un prologo molto essenziale.
E oggetti retroscenici vivamente preannunciati nei prologhi fanno sempre la loro comparsa : basti ricordare il prologo della Pace, ove si dà concretezza
retroscenica proprio a uno strumento
rea-
listico-surrealistico : l'indigeno Ermes ragguaglia il forestiero Trigeo sul « mortaio per le città » di Polemo, e Polemo in seguito porterà sulla scena quel mortaio e invierà Tumulto ad Atene e a Sparta in cerca di un pestello (Pace 228-231, 238-288). Nelle Vespe 937-939
vengono invitati a presentarsi come testimoni a favore del cane Labete cinque distinti arnesi di cucina e altri imprecisati. Orbene di questi arnesi almeno uno, la grattugia del formaggio, viene in seguito interrogato (962-966) : e si tratta del testimone più importante, perché il cane è accusato di aver mangiato una forma di formaggio. Qui nelle Rane neanche uno dei cinque strumenti di misurazione fa la sua comparsa.
5. Il personale scenico. — Le Rane sono l'unica commedia d'Aristofane a far pressoché costante e equivalente uso dei primi tre attori, e a impiegare un medesimo attore per due consecutivi
ruoli di grande rilevanza. Questo attore, che é di certo il primo, interpreta fino al prologo metaparabatico il protagonista complementare della prima parte — Santia —, e in seguito agisce come
LE
RANE
333
Eschilo. La parte di Eschilo è quella più difficile della commedia, poi viene quella di Euripide, mentre piuttosto facile é l'ampia parte puó
dell'unico personaggio ben
essere
interpretato
perpetuo,
Dioniso.
dal
attore;
terzo
Dunque altro
Dioniso
che
non
si
voglia pensare che Dioniso, cosi diverso nelle due parti della commedia, sia interpretato nella prima parte dal secondo attore, e
che pertanto il terzo attore si dedichi nella prima parte ai personaggi minori.
Se si trascura questa ipotesi, i tredici personaggi della commedia si possono così distribuire:
primo
attore,
con trecentosettanta versi circa dei quali
sessantacinque lirici : Santia 1-664 e 739-808 (quasi centocinquanta
duecentoventicinque secondo
versi, dei quali cinquantanove
attore,
con
trecentonovantacinque
dei quali venti lirici nel tratto 830-1476: 38-164,
Caronte
464-478,
Servitore
180-270,
lirici) ;
Daduco
di Persefone
444-447,
503-518,
Eracle Faco
Ostessa
versi circa
(ma anonimo) (ma
anonimo)
549-578,
Eaco
(ma anonimo) 605-671 e 738-813 (questi sei personaggi hanno una dizione complessiva di duecentotto versi) Euripide 830-1476 (in
tutto centottantasei versi, dei quali .venti lirici); terzo attore, con trecentonovanta versi circa dei quali trentasei lirici nel tratto 3-673: Dioniso travestito 3-673 (due centoventi versi circa), Dioniso 832-1481 (centosettanta versi circa); attore dilettante, con ventotto versi: il Morto 173-
177 (tre trimetri), Platana 551-565 (tre trimetri), Plutone (ma anonimo) 1414-1480 e 1500-1527 (quattro trimetri + diciotto dimetri anapestici). Per il Morto sarebbe disponibile il secondo attore, per Plutone di 1500-1527 il secondo e anche il terzo
attore
(Dioniso infatti rimane muto in tutto il tratto finale 1500-1533). ‘Fra i personaggi muti un grande rilievo hanno le Fanciulle e le Donne menzionate al 445, le quali son certo delle
ballerine
che integrano temporaneamente il personale coreutico. Una premessa per l'apparizione di questo gruppo femminile, al quale si allude al 409-413 e forse già al 338, si ha al verso 157. Notevole rilievo
ha
anche
una
nella scena 1305-1364
Suonatrice
di nacchere-Musa
di Euripide
(il duale del 1364 è rivolto ad Eschilo e a
lei, e non già a Eschilo e a Euripide : cfr. 1307) : questa femmina,
334
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
la quale ballerà anche, ha un paio di piedi sgraziati, che consentono le ambigue battute di 1323-1324. Comparse. I Necrofori (cfr. 170, 174), Ditila, Sceblia e Pàrdoca poliziotti di Eaco (608), Servi di Plutone. A proposito dei personaggi parlanti, noi abbiamo attribuito al Daduco, e non già al corifeo, i versi 444-447 (al Daduco, apostrofato dal Coro in 351-353, altri attribuiscono un maggior numero di versi). Per il molto presumibile Eaco di 738-813, ved. il terzo paragrafo. La nostra somma della dizione dei singoli personaggi implica, qua e là, una divisione del dialogo lievemente diversa da quella adottata da Victor Coulon.
NOTE 1 Nella
nostra
Storia
delle
Rane
di
Aristofane
(Padova,
Antenore,
1961)
cinque capitoli sono via via dedicati all’analisi dei versi 786-796, 69-117, 797-813 e 1364-1373,
895-1128,
1251-1260.
Per ipotesi analitiche sulle Rane, al suo commento
del
1896
ved.
(e già nella sua
T.
νὰν
LEEUWEN
Dissertazione
nella
prefazione
aristofanea del
1876),
il WILAMOWITZ alle pp. 2-3 della prefazione al commento del Herakles (1889, ma ved. poi « Hermes » LXIV, 1929, pp. 470-476 = KI. Schriften, IV pp. 488494), B. B. ROGERS, The Frogs, London 1902, pp. XVI-XVIII, ED. FRAENKEL in «Sokrates» XLII (1916), pp. 134-142 (su questa pregevole esplorazione analitica
ved.
M.
POHLENZ
in « Nachr.
Gött.
Ges. » 1920,
p.
145,
I), K.
KUNST,
Studien 2. griech. u. ròm. Kom., Wien-Leipzig 1919, p. 53, 1, H. DREXLER in « Jahresb. Schles. Ges.» C (1927) pp. 122-175, e da ultimo T. GELZER, Der epirrhem. Agon bei Ar., München 1960, pp. 26-31. Per posizioni antianalitiche, ved. C. O. ZURETTI in « Atti Acc. Scienze Torino» XXXIII (1898) pp. 10581066, A. RUPPEL, Konzeption u. Ausarbeitung der Arist. Kom., Diss. Giessen, Darmstadt 1913, pp. 40-47, W. KRANz in « Hermes» LII (1917) pp. 584-591, F. RICHTER, Die Flrósche u. der Typ der arist. Kom., Diss. Frankfurt am Main, Düren 1930, pp. 1-28, H. ERBSE in « Gnomon » XXVIII (1956) p. 273, e da ultimo B. MARZULLO alla p. X della sua traduzione delle Rane, Torino 1961, e in « Rend. Lincei» XVI (1961) pp. 394-395 e p. 401. L'interprete che
di recente ha ammonito gart 1960,
* Ved.
sui rischi
dell'analisi è O. SEEL,
Aristophanes,
Stutt-
pp. 47-48.
H.
HOFFMANN,
Chronol.
der att.
Trag.
cit.,
1951,
pp.
3 Per le notizie di teatro sulle Rane, cfr. Argomento I 36-40 trascurabili varianti dell'Ambrosiano e dell'Aldina ai righi 36-37,
48-49. (per le non ved. p. 21,
8 e p. 192). I righi 39-40 recano: οὕτω δὲ ἐθαυμάσϑη τὸ δρᾶμα διὰ τὴν ἐν αὐτῷ παράβασιν ὥστε καὶ ἀνεδιδάχϑη, ὥς φησι Δικαίαρχος = fr. 84 in F. WEHRLI, Dikaiarchos, Basel 1944. Il Wehrli annota: «... la nuova rappresentazione risultava dai documenti,
il resto è un caratteristico
arbitrario ricamo
di Dicearco ».
E così sarà di certo, perché è inverosimile che una parabasi potesse determinare la replica di tutta una commedia.
intorno alla PP. 5-8. P.
sincoregia
delle
Sulla congettura
Rane,
ved.
E.
dello scoliaste di Rane
CaPPs,
« Hesperia»
4 Cfr. gli scolî a Acarnesi 10 e a Rane 868, e cîr. Rane 73). La nota concezione modernistica del WILAMOWITZ
XII
404
(1943)
868-869 (e ved. già risale al 1889 (e si
può leggere inalterata nella Einleitung in die griech. Trag., Berlin 19213, pp. 121128; per il successo librario delle Nuvole seconde, ved. l'opera citata alla nota quinta del nostro capitolo sulle Nuvole), ed è generalmente accettata : ma ved. W.
B.
SEDGWICK,
«Classica
et
Med.
* IX
(1947)
pp.
1-9,
e
E.
G.
TURNER,
336
CARLO FERDINANDO RUSSO
Athenian Books in the fifth and fourth centuries B. C., London 1957, pp. 16-23. Per quanto riguarda il finale delle Rane, un'analisi dei versi 1433-1467 ha portato H. DÖRRIE, « Hermes» LXXXIV (1956) pp. 296-319, alla conclusione
che i versi 1451-1462 sono tramandati fuori posto, e per colpa di un puro accidente meccanico avvenuto in epoca prealessandrina (ved. in particolare le PP. 318-319 del Dórrie, e ved. poi anche D. MaCcDOWELL, «Class. Quart.» LIII, 1959, p. 266). Anche un fenomeno come quello indicato alla nota quarta
del nostro capitolo sulle Vespe (ma ved. anche la nota prima del capitolo sulla Lisistrata), si spiega bene con una fortuita e fortunosa fase di passaggio dalla versione teatrale alla versione libraria. 5 È certamente
sonaggio
che
l'Eaco
i pià recenti
di 464-478
interpreti
e poi di 605-673
e editori
delle
(605
Rane
— 464-478)
siglano
il per-
invece
nei
versi 738-813 come « Servitore » : cfr. già solo 738-744 con 628-673, e in particolare il 738 con il 640, e il 746 e 1'812 con il 670 (e ved. p. 102). Ved. in proposito il già citato e inedito S. Hess, Studien z. Prolog ecc., 1953, pp. 40-55: è più
utile
appunto,
come
fa il Hess,
soffermarsi
ad
analizzare
il raccordo
fra
le due parti delle Rane che non, come ha fatto di nuovo recentemente C. P. SEGAL in « Harv. St. in class. Phil.» LXV (1961) pp. 207-242, andare in cerca
dell'unità delle Rane nella celebrazione dei vari aspetti del culto di Dioniso. Si noti magari che il motivo dell'indagine per distinguere due personalità (Eschilo e Euripide) si ha già subito prima della parabasi per distinguere Dioniso e Santia : a una Χρίσις segue un'altra χρίσις.
* Mail sopra ricordato M. POHLENZ si avvicinò nel 1920 alla giusta interpretazione dei νεῦρα : «i tendini della tragedia possono essere soltanto ciò che regola la coesione delle parti e che determina un insieme organico... ; il progresso, preannunciato all'862, dagli ἔπη e μέλη alla composizione generale (τὰ νεῦρα)
sarebbe stato ottimo, e una discussione sull'influsso etico delle tragedie avrebbe potuto determinare alla fine la sconfitta di Euripide. In verità Aristofane poi non si comporta così, e la tecnica compositiva viene esaminata solo in 911 sgg. e 945 sgg. ». Il WILAMOWITZ, « Hermes » LXIV (1929) p. 476 (= KI. Schriften, IV p. 494) interpretava i νεῦρα come « Mythos und o κονομία ». Interpretare,
come
molti fanno,
tà νεῦρα come apposizione
di τἄπη
e τὰ μέλη, è improprio
già
solo stilisticamente. 1 Un fenomeno del genere potrebbe far sospettare che la cerimonia delle lenaiche Rane abbia una qualche relazione anche con le Lenee e con l'am-
biente del recinto-teatro lenaico dell'Agora. altri motivi, pensava con troppa fiducia M.
Esclusivamente alle Lenee, per TIERNEY in « Proceedings Irish
Ac.» XLII (1935) pp. 199-218. G. T. W. HooKER, « Journ of Hell. St.» LXXX (1960) pp. 116-117, ha pensato ai Misteri di Agrai alla fine di febbraio (ved. già E. GERHARD, « Philologus » XIII, 1858, pp. 210-212). L'opinione comune
è che la parodo delle Rane alluda soltanto alla grande processione autunnale per Eleusi. Un altro fenomeno che farebbe sospettare una relazione degli Iniziati con
il recinto
lenaico,
è che
essi appaiono
non già dal corridoio (ved. p. 106).
nell'orchestra
dalla
facciata
e
LE DONNE
A PARLAMENTO
x. Le « Donne a parlamento » e il sorteggio del programma.
—
« Ai giudici voglio dare un piccolo suggerimento : chi è serio mi
dia il premio ricordando la mia serietà, chi ride di gusto mi dia il premio perché ha riso : è chiaro dunque che io invito più o meno
tutti quanti a darmi il premio. E che non mi sia di pregiudizio alcuno il sorteggio, perché mi assegnò la priorità. Ricordando invece ogni cosa, non dovete venir meno al giuramento, ma giudicare i Cori con equità, sempre : non comportatevi come le cattive etere, le quali sempre hanno ricordo soltanto degli ultimi venuti » : così la corifea delle Donne
a parlamento,
verso la fine della com-
media (1154-1162). Le Donne a parlamento furono dunque sorteggiate come prima commedia da rappresentarsi. L'esito del concorso è ignoto, perché per le Donne a parlamento non sono pervenute notizie didascaliche (l'anno di rappresentazione è sicuramente il 392).
«Quando ma è prove, rebbe corso
avvenisse il sorteggio delle commedie non sappiamo,
chiaro che il poeta, mentre lavorava ed eseguiva non poteva di già sapere in quale ordine la sua stata rappresentata. Il sorteggio aveva luogo di delle ultime prove, sicché i versi 1154-1162 delle
parlamento sono un'aggiunta
dell’ultimo momento.
le prime opera sacerto nel Donne a
Questi versi,
che il corifeo dovette imparare in tutta fretta, spezzano lo stretto
legame
del contesto
1151-1153 — 1163-1166 ». In effetti i versi
1154-1162 offendono tanto'fortemente l’unità e il ritmo dell'azione
scenica, che non é ingiusto sospettare che essi furono invece destinati a essere recitati dopo il verso 1150 o dopo il verso 1148 !. Pur cosi legati all'effimera contingenza del sorteggio del pro-
gramma, il testo
anche i versi I154-1162 vennero in seguito pubblicati : delle
commedie,
come
sulle Rane, non veniva dunque la rappresentazione.
già si disse
nel secondo
minimamente
paragrafo
riconsiderato dopo
340
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
2. Declino drammaturgico e azione strutturale delle « Donne a parlamento ». — Le Donne a parlamento dell'anno 392 si distinguono sensibilmente dalle commedie superstiti precedenti di Aristofane : in proposito basterebbe forse solo rilevare che dei 1183 versi delle Donne a parlamento, novecento sono trimetri giambici e centoquaranta o poco più sono versi lirici, e che di questi versi lirici solo una sessantina è cantata dal Coro. Lo stacco artistico
rispetto alle precedenti commedie
è solidamente constatabile in
particolare dal verso 729 in poi: dopo il verso 729, proprio quando potrebbe cadere la parabasi corale, da lì il Coro, che pur è per buona parte responsabile del titolo e del soggetto
della commedia,
limita
pressoché
costante-
mente la propria già esigua partecipazione drammatica a due intermezzi di danza (sulla presumibile assenza di un simultaneo canto corale parleremo più oltre) ; dopo il verso 729 il canto lirico è tipico degli attori, ché il Coro ha solo i quattro versi lirici finali, mentre un'ottantina di versi lirici è a cura dei tre attori (nelle parti dei nuovi personaggi delia Vecchia prima, della Giovinetta, del Giovanotto e dell'Ancella) ; dopo il verso 729 il personaggio più importante della prima parte — Prassagora — si allontana per sempre dall’azione scenica (e non per urgenti ragioni di economia degli attori); degli altri personaggi della prima parte ne riappare uno nella scena 730-876 e un
altro
nella chiusa
della commedia;
fra il verso 729 e il verso IIII l'uso della facciata scenica è piuttosto singolare, e nel tratto 877-1111 si può senz'altro
constatare che essa viene
attribuita a personaggi
nuovi ed epi-
sodici. Questi fenomeni potrebbero indurre a far definire le Donne a
parlamento come una commedia
divisa in due atti formalmente
distinti; e fenomeni come la devitalizzazione del Coro — con conseguente rilievo, anche lirico, degli attori —, la precoce scom-
parsa della protagonista — con conseguente episodico rilievo della individualità di altri personaggi —, la dittatura dei conversevoli trimetri giambici, già possono anche far intendere che le Donne
a parlamento
sono una commedia
dalle moderate
complicazioni
drammatiche e fantastiche, e dalla materia piuttosto scorrevole e conversevole, una commedia che tende a elaborare scene pres-
LE DONNE A PARLAMENTO
341
soché autonome (il che costringe a un'apparizione un po' marionettistica di certi personaggi: cfr. 746, 1049, 1065). E per cogliere lo stacco etico-politico delle Donne a parlamento rispetto a precedenti commedie, basterebbe notare, a parte la già significativa devitalizzazione del Coro, che le donne succedono agli uomini nel governo dello Stato grazie ἃ un camuffamento maschile nell'Assemblea popolare, un camuffamento del quale gli uomini rimarranno sempre ignari. E un intrigo fondato tutto sui frutti di un inganno mai scoperto, é di nuovo una singolare ca-
ratteristica artistica delle Donne a parlamento : una caratteristica la quale implica una valutazione satirica e rassegnata della società ateniese, e anche una concezione comica piuttosto astratta, priva di un reale intento pratico (così sarà anche nel Pluto). Nelle Donne
a parlamento infatti si ha più che altro un esperimento satirico di una teoria sociale, come nelle Tesmoforianti si aveva un esperimento satirico dell’arte euripidea. E la teoria sociale esperimentata
dalle Donne
a parlamento
doveva
essere un fatto nuovo
per il
teatro di Atene (cfr. 578-580, 583-585). L'ampio e ottimo prologo, versi 1-284, è a cura di Prassagora e di altre donne radunatesi poco prima dell’alba presso la casa di Prassagora e della sua Vicina per eseguire una minuziosa prova
generale prima di recarsi all'Assemblea (116-117, cfr. 160-162). Ii prologo è seguito da un intervento del Coro, il quale era già presente sulla scena del prologo, e anche il Coro è diretto all'Assemblea (285-310). A parte il singolare trattamento del Coro — sul quale torneremo a parlare —, tutto il numerosissimo personale d'apertura si raduna dunque sulla scena e agisce in vista di una meta extrascenica. L'ampia scena giambica successiva, versi 311-477, ha per pro-
tagonisti i mariti di Prassagora e della Vicina e un cittadino reduce dall' Assemblea, e seguita ad avere per sfondo le case di Pras-
sagora e della Vicina. Il prologo era stato aperto da un monologo (di Prassagora) e dopo il prologo si era avuto un intervento coreutico (un esodio), questa scena giambica viene aperta da un monologo (del marito di Prassagora) e dopo di essa si ha un intervento coreutico (una parodo, 478-503). Insomma questa scena è drammaturgicamente parallela alla precedente, è una specie di
' secondo prologo ' a cura degli uomini : un secondo prologo che,
34?
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
fra l'altro, drammatizza ed esemplifica la polemica contro gli uomini agitata dalle donne nel prologo *. Nel corso di questo 'secondo prologo' Cremete fornisce un ragguaglio di quanto é accaduto nell'Assemblea popolare. Da un punto di vista drammatico ed etico è notevole che Cremete non informi subito il suo interlocutore
Blepiro,
cioè il marito
di Pras-
sagora, che l'Assemblea ha deciso poco fa di affidare il governo dello Stato alle donne : la relazione sull'Assemblea inizia al 376, e il ragguaglio sulla clamorosa decisione profemministica si ha solo, placidamente, al 455-457. La placida e prolissa conversazione, come si vede, é quella che piace al drammaturgo delle Donne a parlamento : e in questo caso, come nel corso di tutto il
‘secondo prologo ', per rilevare l'indifferenza degli uomini verso la cosa pubblica. L'indifferenza degli uomini rende tutto facile e scorrevole per Prassagora, anche l'esposizione del rivoluzionario programma di governo che avviene nell'agone epirrematico 571-709. Di solito si osserva che il programma rivoluzionario di Prassagora é un'improvvisa novità nella commedia, ché le donne del prologo si proponevano soltanto di impadronirsi del potere e si atteggiavano per giunta a conservatrici. Ma chi così osserva, non pone mente che il programma delle donne non poteva essere rivelato nel corso del prologo, perché lì le donne fanno finta di essere uomini (significativi, in proposito, 229-232), e questi ' uomini ', per far ottenere
il potere alle donne, tengono naturalmente a presentare le donne come delle innocue conservatrici. L'agone epirrematico procede scorrevolmente come un'orazione (e non è bipartito come nelle precedenti commedie), e nasce sotto lincitamento della corifea alla «rapidità grata agli spettatori » (581-582) e sotto l'ingiunzione di Prassagora a Blepiro e Cremete « niente obiezioni e niente interruzioni finché ecc. » (588). Esposto il programma, Prassagora abbandona il luogo dell’azione scenica per recarsi all'Agora, e non ricomparirà più in scena: di lei, in seguito, si sentirà parlare indirettamente all’835 e all’870 (e anche nell'esodio). Si noti che Prassagora, la quale era stata eletta «stratega » dalle donne del prologo (246-247, cfr. poi 517) e non già anche dall'Assemblea, ha parlato di fronte a Blepiro e Cremete quasi
LE DONNE
A PARLAMENTO
343
come condottiera dello Stato, e anzi alla fine ha dichiarato ai due
uomini di essere stata eletta a reggere lo Stato (714-715), e Blepiro ha qualificato poi la moglie come «stratega » (727). Questa è un'incongruenza inevitabile (o meglio è una ' scorciatoia ' drammatica), ma che è attenuata dall’investitura politica che Prassagora riceve in 571-582 dalle donne del Coro di fronte ai due uomini (Blepiro, d'altra parte, era già pronto in 563-564 a considerare la moglie come regolatrice del nuovo Stato). Cosi pure é stata giudicata un'incongruenza quella delle nuove leggi già note a tutti quanti (cfr. 759, 762-763, 766, 767, 854, 944 ecc.) : ma evidentemente la promulgazione di tali leggi è stata extrascenica, -
ed è avvenuta
dopo che Prassagora si è recata all'Agora
(per
questo essa si preoccupa subito di procurarsi un’aralda dalla forte voce, 713). Nel corso della sua esposizione programmatica, Prassagora
aveva insistito particolarmente su tre punti:
deposito e comu-
nione dei beni (590-610), regolamento della vita sessuale (611-650,
693-709),
mense
di abbandonare
gratuite per tutti la scena
ella
aveva
(599-652,
675-690).
esclusivamente
E prima
ricordato
il
deposito dei beni (712), le mense gratuite (715-717), e la vita sessuale (718-724). Orbene nei versi 730-111I1 della seconda parte della commedia, due elaborate scene drammatizzano giocosamente due dei tre punti salienti del programma comunistico : il deposito dei beni (730-833/853-876), la vita sessuale (877-1111). L'altro punto del programma comunistico — le mense gratuite per tutti — ha una realizzazione extrascenica, la quale viene evocata rapidamente nell'esodio (1112-1183). Prassagora aveva preannunciato come eminentemente extrascenico questo particolare evento (715-716, cfr. 675-686), e in seguito un Araldo aveva portato la notizia che le mense erano apparecchiate e che tutti i cittadinivi erano attesi da Prassagora (834-852). Dopo la scena 877-1111 — la quale presuppone un banchetto (cfr. 877, 948 e 988 con 691-709) — l'Ancella di una «padrona
beatissima » (cioè Prassagora, cfr. 1112-1113 con 558-559), esaltata dal vino, appare sulla scena in (Blepiro), e sollecita al banchetto con lui, gli spettatori e i giudici Coro: da bere e da mangiare ce
cerca del il padrone benevoli, n'é ancora
padrone ritardatario e le ragazze che sono e infine le donne del (1139-1140). E tutto
344
CARLO PERDINANDO RUSSO
quanto il personale scenico —
il Coro
(cfr. 1164-1168)
—
l'Ancella, il padrone, le ragazze e
si mette a danzare agli ordini della
Ancella ed esce dal teatro. Le
extrasceniche
mense
comunistiche,
evocate
ora
di fronte
agli spettatori con il pretesto del padrone ritardatario, danno luogo dunque a un esodio di tipo tradizionale, con un'allusione augurale anche alla festa in onore del Coro vittorioso (1182). L'intensità e la schietta festevolezza
di questo esodio è indicata,
fra l'altro, dalla presenza delle ragazze che sono assieme con Blepiro : queste saranno senza dubbio delle etere-ballerine, chiamate a collaborare all'elaborato spettacolo danzante finale.
Da più di un secolo gli interpreti disputano se sulla scena vi siano appunto queste ragazze, cioé altre donne distinte da quelle del Coro. Evidentemente non si é posta sufficiente attenzione al testo greco: «la tua sposa mi ha ordinato di condurre via te e τασδὶ μετὰ σοῦ τὰς pelpaxac + (1138), cioè « queste ragazze che sono insieme con te» via te e, insieme
(cfr. Pluto 843), e non già «condurre
con te, queste
ragazze » *.
3. Il trattamento del Coro. Personaggi e attori. — Il titolo 'Ex-
κλησιάζουσαι, come già Θεσμοφοριάζουσαι, abbraccia tanto il Coro quanto «le donne a parlamento » impersonate dagli attori : e non sarà un caso che in queste due commedie l'apparizione del Coro
presenti delle singolarità. Se nelle Tesmoforsanti, al termine del prologo,
si aveva
un'apparizione
simultanea
e silenziosa dei co-
reuti-donne tesmoforianti e degli attori-donne tesmoforianti, e il Coro cantava dopo un intervento in prosa della corifea e solo più tardi si avevano movimenti e canti simili a quelli di una parodo
(Tesmoforianti 655-688), nelle Donne a parlamento anche la stessa genesi del Coro è quanto mai singolare. I futuri coreuti, nelle Donne a parlamento, appaiono a gruppi già all'inizio del prologo (cfr. 41-53, e forse già 30-31) e rimangono muti
come
fossero
delle comparse
(cfr., per es., 72), mentre la
recitazione del prologo è curata da attori-donne. Verso il termine del prologo le mute donne ricevono da Prassagora l'ordine di camuffarsi da uomini e di cantare poi alla maniera dei contadini
(268-279), e gli attori-donne, già camuffati da uomini
(cfr. 118-
127), escono per recarsi all'Assemblea (279-282). Allontanatisi gli
LE
DONNE
A PARLAMENTO
345
attori al 284, le donne mute si camuffano — cioè si organizzano finalmente come Coro, e per ordine di un attore —, sfilano nel-
lorchestra cantando come contadini
(289-310, cfr. 299 ; 285-288
sono della corifea), e escono al 310 dirette all'Assemblea. In teatro
il Coro rientra al 478, e ora si ha una specie di parodo
(478-503).
I coreuti sono ancora mascherati da uomini, mentre Prassagora ele sue amiche,
camuffamento
quando entrano verso il 500, riappaiono senza il
maschile
(cfr. 499-510,
514).
Il futuro Coro é dunque presente sulla scena del prologo (per ragioni d'intrigo), si organizza come Coro al termine del prologo su ordine di un attore, canta una
questa
eccezionale
azione
extrascenica
marcia
di uscita, e dopo
al seguito
degli
attori,
riappare cantando una marcia d'entrata. E da questo punto in poi il Coro, già così poco autonomo, perde via via rilievo : Pras-
sagora si ripromette sì di chiedere consigli al Coro (cfr. 517-518), ma in realtà
essa
non
si rivolgerà
mai
al Coro,
e Blepiro,
così
polemico verso la moglie Prassagora, non si accorge che lì sulla scena vi sono altre ventiquattro donne. Insomma il Coro, che pur introduce con un'ode il dibattito epirrematico (571-580, e poi 581-582), sta scivolando fuori del dramma, e quando Prassagora scomparirà per sempre il Coro non la rappresenterà in alcun modo.
A parte i due interventi corali significati dai XOPOY fra 729-730 e 876-877, si hanno in tutto due trimetri giambici a cura della corifea (1127, 1134), e quattro versi lirici finali a cura del Coro (1180-1183). Poco prima della rappresentazione Aristofane improvvisò per la corifea i versi 1154-1162. Il Coro
delle Donne
a parlamento,
come
si è detto, è un Coro
che viene invitato a cantare (277), e che canta (289-310, e poi 477-503). Ma dopo l'ode 571-580 il Coro non canta se non i quattro . versetti
finali della commedia,
e a cantare
sono
soltanto
gli at-
tori: e quando il primo di questi attori canta, premette che «il canto, anche se puó annoiare gli spettatori, ha tuttavia qualcosa di piacevole e di comico » (888-889). C'é insomma un'abdicazione totale da parte del Coro, la quale fa sospettare che i XOPOY fra 729-730 e 876-877 non esprimano altro. che intermezzi di danza
e di musica. D'altra parte non è verosimile che chi curò per primo la pub-
blicazione abbia omesso dei canti già recitati in teatro, anche nel
346
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
caso che quei canti fossero al di fuori dell'azione drammatica. Non sono forse tanti altri canti corali aristofanei fuori dell'azione drammatica? E ancor più inverosimile è l'ipotesi che l'autore abbia giudicato effimeri, e perciò non degni di pubblicazione,
questi
canti
corali. Il fatto è che
il Coro
delle Donne
a far-
lamento da un certo punto in poi non ha nulla né da cantare né da dire, a parte i quattro versetti formulari finali. E di ciò ri-
parleremo con il Pluto. Secondo l'odierna distinzione del dialogo delle Donne a parlamento, i personaggi della commedia sono quindici. Questi personaggi possono essere così suddivisi fra gli attori: primo attore, con una dizione di circa cinquecentocinque versi dei quali più di una ventina lirici nel tratto 938-975 : Prassagora
1-284,
notto
938-ıııı
504-724,
Uomo
che non
(il Giovanotto
deposita
sembra
746-876,
che si chiami
Giova-
Epigene:
cfr. 931, 934, 951);
secondo attore, con una dizione di circa trecentoventicinque versi dei quali una trentina lirici nei tratti 893-945 e 1163-1178: Donna prima 30-282 (ma ved. piü oltre), Vicino di Blepiro 327-356 (per questo personaggio sarebbe disponibile anche il primo attore), Cremete 372-477, 564-729 (compresi i versi 631-
634), 730-871 (anonimo nei tratti 564-729 e 730-871), Vecchia prima 877-1044, Vecchia seconda 1049-1095, Ancella 1112-1178; terzo
versi dei
attore,
quali
con una dizione di pià di duecentosessanta
piü di trenta lirici nel tratto 900-959:
seconda-Vicina di Prassagora 35-265, Blepiro 311-477, Araldo (ovvero Aralda) 834-852, Giovinetta 884-1042,
terza 1065-1097, Blepiro A un
attore
chia seconda
(ma anonimo)
dilettante
di 1049-1095
Donna 519-728, Vecchia
1129-1179.
si puó pensare per la Vec-
(undici trimetri)
se i tempi
peri
cambiamenti di costume fra 1044 e 1048 e 1107 e IIII appaiono
troppo ristretti. Nel corso del prologo, la Donna terza di 54-56 sarà impersonata da un attore dilettante. Ma in proposito si deve dire che per il prologo, il quale vede già eccezionalmente in scena
tutto il personale coreutico, le odierne sigle nominali non convincono pienamente : innanzi tutto alcune battute, come già quella
LE DONNE A PARLAMENTO
347
di 30-31, sembrano tipiche di una corifea, e poi a Prassagora non si addicono molto bene i versi 41-45 (a causa di 44-45). Inoltre l'impiego di un attore dilettante per la sola battuta 54-56 non par verosimile : a me sembra che la cosiddetta Donna terza di 54-56, per il rilievo che essa assume con quel suo intervento (parallelo a quello della cosiddetta Donna seconda in 37-39), sia
degna
di essere in seguito
una
delle costanti
interlocutrici
di
Prassagora. Insomma io penserei a un prologo suddiviso fra Pras-
sagora, la Vicina di casa
(secondo o terzo attore), la Donna
di
54-56 (terzo o secondo attore), e con qualche intervento della corifea a partire da 30-31 (la corifea, di conseguenza, interviene di nuovo già fra 40 e 54). La futura corifea, naturalmente, non può per ora che esprimersi in trimetri giambici ‘. Ballerine
si hanno
del paragrafo secondo.
(891). Comparse:
Come
nel
finale,
come
si accennò
al solito è presente
un
alla
fine
aulista
i due servi di Cremete, che si chiamano Si-
cone e Parmenone (867, 868, cfr. già 833 e anche 730-745); almeno due donne con Prassagora reduce dall'Assemblea (cfr. 503), le quali potrebbero essere le sue due interlocutrici del prologo, impersonate ora da comparse.
a
4. Rotazione di inquilini nella facciata scenica. — Le Donne parlamento offrono un sicuro esempio di quella progressiva at-
tribuzione della facciata scenica a nuovi inquilini, che si poteva ammettere solo come ipotesi nei lenaici Acarnesi (casa di Euripide — casa di Lamaco) e nelle lenaiche Rane (casa di Eracle + casa di Plutone). Nelle Donne a parlamento infatti i cinque personaggi-
inquilini non occupano evidentemente cinque distinte case. Inquilini della facciata scenica risultano con sicurezza essere:
la
«Vicina»
di
Prassagora
cina (327-356, cfr. 35-40); Blepiro,
marito
di Prassagora
(33-36),
e
(311-477,
il
marito cfr.
della
510-520),
Viapo-
strofato come « vicino » dal marito della Vicina di Prassagora (327), e Prassagora
(cfr. 489-492 e 510-513);
il Cittadino ossequiente (730-745, cfr. 754, 833); la Vecchia prima (877-1037); la Giovinetta
(884-1055,
cfr. 1080).
348
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
La rotazione degli inquilini avviene con gli intermezzi corali del 729 e dell'876 (il Cittadino ossequiente di 730-745 è di certo il Cremete di 372-477 e anche di 564-729, sicché potrebbe essere che egli diventi inquilino della facciata già alla fine del ‘ prologo secondo ' e non dopo il 729). Contemporaneità di distinti inquilini si ha con Prassagora-Blepiro e i loro Vicini di casa e con la Vecchia e la Giovinetta. La facciata scenica non rappresenta dunque più di due case. Esistenza e pratica di due distinte case è im-
plicita in tutta la simmetricamente polemica scena con la Vecchia e la Giovinetta, ché i trimetri 976-977 non implicano un'unica porta : li la vecchia fa solo finta che il Giovanotto abbia battuto alla sua porta anziché a quella della Giovinetta. Alla casa della Vecchia, che scompare al 1037, sembra che si appoggi in seguito la recitazione della Vecchia seconda (cfr. 1062) e poi quella della Vecchia terza (cfr. 1093). La Giovinetta scompare al 1055, ma al 1080 si accenna plasticamente alla casa di lei. A
proposito
della
scena
con
la Vecchia
e la
Giovinetta,
dal
testo risulta che la Giovinetta recita all'inizio a un livello superiore alla propria porta di casa : il Giovanotto
infatti la prega
di
«scender giù ad aprirgli la porta» (962-963). E una simmetrica recitazione da parte della Vecchia é deducibile dalle parole con cui la Giovinetta subito apostrofa la Vecchia : «questa volta ti sei sporta per prima » (884 παραχύψασα προὔφϑης). Alla Vecchia la Giovane rimprovera ancora di παραχύπτειν come una gattina (924), di διακύπτειν (929), cioè di sporgersi fuori da un'apertura. Nelle Tesmoforianti 797 si parla di donne impudiche che si sporgono dalla finestra (ἐκ ϑυρίδος παρακύπτειν e poi al 799 παρακύπτειν), nella Pace 982 e 985 di donne che fanno capolino attraverso la porta mezza chiusa. Qui nelle Donne a parlamento è evidente che le due rivali recitano per buona parte alla
finestra”.
Alla finestra, molto probabilmente, recitava già il Vicino di Blepiro in 327-356. Nel finale della commedia la facciata scenica ha valore neutro.
NOTE
Un
l'La sistemazione migliore, a rigore, sarebbe stata fra il rir: e il 1112. altro luogo appropriato per l'inserzione sarebbe stato dopo il 1143 (cfr.
1142), ma ció avrebbe richiesto una qualche riforma del contesto successivo. Un po’ sbrigativo dunque il WILAMOWITZ (Lysistrate cit., 1927, p. 218), quando
afferma che per i versi 1154-1162 «non si poté ormai più trovare una sistemazione migliore». Le parole citate nel testo fra virgolette sono di C. ROBERT, « Hermes» LXVII (1922) pp. 346-347 (ma che i versi 1154-1162 fossero dell'ultimo momento, era stato già rilevato dal WiLAMOWITZ in «Sitzb. Berl. Ak.» 1903, p. 454). Per il 392 (e non già magari anche il 391) come anno di rappresentazione
delle Donne
a parlamento,
cfr. Filocoro, fr. 148 (— scolio Donne
193) e fr. 149 Jacoby III (con relativo
commento,
Leiden
a parlamento
1954, I pp. 514 e 519,
II p. 416). Per l'agone, ved. le pp. 12-13 del capitolo I due teatri di Aristofane. * Le caratteristiche di prologo-scena esemplificatoria dei versi 311-477 sono state rilevate dall'inedito K. D. KocH, Wesen u. Struktur des kom. Themas bei Ar. cit., 1953, pp. 85-87. Per P. Mazon, Essai ecc., cit., 1904, pp. 151-153, il prologo arriva fino al verso 477.
3 Nelle μείραχες vide per primo delle ballerine 1. W. WEITE, The Verse of Greek Comedy, London 1912, pp. 147-149 (ma ved. già la nota di F. H. BorHE al verso 1149, Lipsia 1845?), seguito da ED. FRAENKEL, Dramaturgical Problems ecc., cit. 1936, pp. 269-270. Per il Fraenkel l'anonimo Marito del finale è Cremete. Per quanto riguarda Blepiro, la sua battuta di 725-728 non implica una sua definitiva scomparsa dall'azione scenica. Sui presunti intenti satirici dell'esodio delle Donne a parlamento, ved. K. 7. DOVER, «Lustrum » II (1957) pp. 101-102.
* Ved. già C. BEER, Über die Zahl ecc., cit., 1844, pp. 103-106, e F. KAEHLER,
De
Ar.
J. van LXVII
Eccl. tempore
et
choro
quaestiones.
epicriticae,
Ienae
1889,
pp.
41-50.
LEEUWEN, Eccl, Lugduni Batavorum 1905, e C. ROBERT, « Hermes » (1922) p. 334, attribuiscono i trimetri 54-56 alla Donna prima.
5 Per ED. PRAENKEL, Dramaturgical Problems ecc., cit., 1936, pp. 262-265, le due rivali recitano sul tetto, perché ἔστηκα dell'879 implicherebbe che la Vecchia è visibile dalla testa ai piedi, in posizione eretta. Ma ἔστηχα, come insegnano Uccelli 206, 1308 e Lisistrata 424, può significar qui « me ne sto inattiva » (se poi ἔστηκα è strettamente qualificato da ἀργός dell'880, cfr. Pace 256). Il Fraenkel è seguito dal PICKARD-CAMBRIDGE, The Theatre of Dionysus cit., 1946, p- 67, ma non da A. M. DALE, « Journ. of Hell. St. » LXXVII (1957) p. 208, né da S. SREBRNY, Studia scaenica cit., 1960, p. 119. La Dale, basandosi su Donne a parlamento 976-977, ritiene che le due rivali abitino in una medesima
casa dall'unica porta e che pertanto tutte le Donne a parlamento si valgano di una sola porta e di una sola casa. La Dale, come già si disse, è fermamente convinta che il teatro aristofaneo disponga di una sola porta.
PLUTO
I. L'ultimo concorso. — «Il Pluto fu rappresentato sotto l'arconte Antipatro [cioè nel 388], e antagonisti di Aristofane furono Nicocare coi Laconi, Aristomene con Admeto,
Nicofonte con
Adone, Alceo con Pasifae. Rappresentata per ultima questa commedia sotto proprio nome (cfr. anche scolio Pluto 173], e volendo raccomandare'agli spettatori il figlio Araros con dei drammi, per mezzo di lui mise in gara i due restanti, Cocalo e Eolosicone » : così l'Argomento III, nel quale la considerazione sul desiderio di Aristofane di raccomandare agli spettatori il figlio esprime cer-
tamente
soltanto
l'opinione
di
chi
disponeva
delle notizie di
teatro relative alle due commedie posteriori al Pluto
gari notava che quelle due commedie e in proposito
ved.
più
(e che ma-
ebbero un buon successo;
oltre). Anzi
niente vieterebbe
di pen-
sare che Aristofane sia morto dopo il Pluto e che il figlio abbia condotto in porto due commedie lasciate dal padre, tanto più che secondo la Suda Araros esordì (con proprie commedie) solo nel 375-372. Una delle due commedie aristofanee par certo che sia stata rappresentata da Araros alle Dionisie del 387, perché i Fasti di quell’anno registrano una vittoria di Araros : e di ciò si parlò alla fine del sesto paragrafo di Cronologia di un tirocinio. L'Argomento sopra riferito, come si può dedurre dal completo
(e non alfabetico) elenco degli autori con i titoli delle commedie, avrà dato in origine un'esplicita graduatoria: primo, secondo, terzo, quarto, quinto. In seguito, per evidenti ambizioni espositive,
la graduatoria vera e propria fu omessa (ma con ciò non vogliamo dire
che
il vincitore
dell’Argomento
stofaneo). lagone,
sembri
Anche come
fu
la
Aristofane,
stimolata
notizia
si diceva
da
sebbene
un
sull'agone
nel capitolo
tutta l'impostazione
conclusivo
non
7 due
è teatri
successo
conservata:
ari-
se
di Aristofane,
è lenaico, allora il Cocalo può essere stato rappresentato già alle Dionisie del 388. Per i cinque poeti in gara si parló al settimo
354
CARLO FERDINANDO RUSSO
paragrafo di Cronologia di un tirocinio, e ne riparleremo più oltre alla fine del terzo paragrafo. Il nostro Pluto dell'anno 388 è, come è noto, un Pluto secondo,
ché Aristofane aveva rappresentato un Pluto sotto l'arconte Diocle nell’anno -408 (scolî Pluto 173 e 179). Anche il posteriore Eolosicone è una commedia «seconda»: in due delle tre sue ultime commedie Aristofane riprenderebbe dunque perlomeno tematica e maschere di antecedenti drammi ; e di ciò più oltre, alla fine del secondo paragrafo. Qua si può rilevare che nel Pluto un personaggio,
Pluto,
ha
una
battuta
caratteristica
dell'Aristofane
dei
vecchi tempi, di quando egli polemizzava sull'arte comica : « ... così inoltre eviteremo le volgarità, perché non si addice al poeta comico gettare fichi secchi e confetti agli spettatori, e costringerli così a ridere » (796-799). « Al poeta comico » : ad Aristofane cioè. Pluto, come già Diceopoli negli Acarnesi e lo schiavo prologante delle Vespe, è qui il portavoce diretto del drammaturgo, nel quarantesimo
anno
della
sua
carriera
teatrale.
2. I due protagonisti che si alternano e l'economia artistica del « Pluto ». — Il Pluto, ambiente
come
le
Vespe,
ha
per
unico
e perpetuo
scenico una casa borghese in Atene ; e del Pluto, come
delle Vespe, è caratteristica la coesistenza perpetua di due protagonisti, ambedue appartenenti a quell'unico ambiente scenico. I due protagonisti delle Vespe sono personaggi discordi e fra di loro
antagonistici,
mentre
Cremilo
e Carione
—
il padrone e
il
servo del Pluto — sono personaggi concordi e complementari: tanto concordi e complementari che i due, dopo il prologo, non
recitano
mai
contemporaneamente,
e anzi
si alternano
con
precisa regolarità. Quando Cremilo è inattivo recita Carione (253321, 627-770, 802-958, 1097-1170), quando è inattivo Carione re-
cita Cremilo (322-626, 771-801, 959-1096, 1171-1207). E le singole
scene con Carione e con Cremilo — nel corso delle quali Carione ha parti di circa duecentocinquantacinque versi, Cremilo di circa duecento — sono caratterizzate sempre dall’apparizione di nuovo personale scenico, di norma
episodico : in 253-321
Carione
agisce
con il corifeo e con i coreuti, in 322-626 Cremilo agisce con gli episodici Blessidemo e Povertà, in 627-770 Carione agisce con la Moglie di Cremilo, in 771-801 si ha una breve scena con Pluto
PLUTO
risanato
355
(nuova maschera ecc.)-Cremilo-Moglie di Cremilo, in 802-
958 Carione, dopo un messaggio al Coro, agisce con gli episodici
personaggi dell'Uomo giusto e del Sicofante, in 959-1096 Cremilo agisce con la Vecchia e l'episodico Giovinetto, in 1097-1170 Carione agisce con l'episodico Ermes, e infine un Sacerdote di Zeus e dà avvio all'esodio.
Cremilo
agisce
con
Un regime recitativo del genere porta appunto ma anifestazioni sceniche distinte e tendenzialmente episodiche, ma regolate sempre da uno dei due protagonisti perpetui; nelle Donne a parlamento invece la protagonista Prassagora scompariva a metà della commedia, e in seguito apparivano nuovi ed episodici personaggi,
ben caratterizzati.
A quanto
sembra,
nelle Donne
a parlamento
e nel Pluto, già la sola devitalizzazione del Coro — cioè la ridu-
zione dell'ambito drammatico e dell'impegno politico della commedia — pone nuovi problemi nell’elaborazione dei protagonisti e dei personaggi : problemi che nel Pluto portano alla concezione
di due protagonisti perpetui che si alternano. E che si alternano con funzioni e caratteristiche tanto distinte, che sarebbe improprio — a parte altre considerazioni — pensare che il drammaturgo abbia concepito, dopo il prologo, le parti di Carione e di Cremilo per affidarle a turno a un medesimo attore. Se Aristofane, dunque, con i due protagonisti complementari e alternantisi sulla scena in compagnia di nuovi personaggi di norma episodici, avrà inteso rendere più mossa e più varia la sua commedia, una tale mobilità e una tale varietà implicano, come si è accennato, una tendenza all’episodio, alla scena in sé e per
sé,
all’indugio,
al frammento
drammatico:
insomma
una
com-
media costruita con la preoccupazione stilistica dell'alternanza di due primi personaggi, è naturale che non abbia molto di mira uno
sviluppo
organico
della materia
e una
costante
progressione
dell’azione strutturale. In verità le scene regolate da Carione sono sempre abbastanza pertinenti con il filo principale della commedia, mentre quelle successivamente regolate da Cremilo non sempre sono altrettanto pertinenti. È già significativo, per esempio, che subito dopo il prologo Carione e poi Cremilo indugino a rivelare, l'uno ai contadini
e l'altro
a Blessidemo,
l'avvento
di
Pluto: ma
l'indugio
di Cremilo, a differenza di quello di Carione, porta a un dialogo
356
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
che è al di fuori dell'effettiva situazione drammatica, sebbene sia. un dialogo molto interessante per la caratterizzazione di Blessidemo (cfr. 343-390). Chiarite le cose, ecco che interviene Povertà : ora è lei che indugia, come aveva fatto Pluto nel prologo, a rivelare la propria identità (415-435, cfr. 56-78). Il dibattito che segue fra Cremilo e Povertà, nel corso del quale Povertà svolge pensieri molto acuti (sebbene, come è noto, non pertinenti con le enunciazioni precedenti), rimane estraneo al contesto drammatico : non tanto perché un personaggio rilevante come Povertà
appare e scompare come una marionetta, ma perché perfino alcune battute conclusive dei contendenti fanno intendere che il dibattito non ha un gran peso nell'azione drammatica. Al confuso Cremilo, messo alle strette da Povertà, non resta altro che gridare : « non mi convincerai,
improvvisamente
neanche
se mi convincerai»
ora arrendevole
(600), e l'acuta,
Povertà : «ma
voi un
ma
giorno
m’ richiamerete qui». E Cremilo : «quel giorno ritornerai, ora crepa!» (608-610).
ma
Qui termina la prima parte della commedia, e termina con un'azione extrascenica che si protrae per tutta una notte: Cremilo, Blessidemo e Carione conducono Pluto al tempio di Asclepio. Una volta qui sarebbe caduta la parabasi, mentre ora qui si ha un'attività del Coro designata da un XOPOY (sul quale al terzo paragrafo). Dopo questo intermezzo, è di scena Carione : tocca a lui la relazione sulla guarigione di Pluto nel tempio di Asclepio, ché Carione è l’unico che è rimasto sveglio durante quella notte miracolosa (cfr. 669-672, 739-740). L'amplissima relazione — il messaggio si estende dal 653 al 759 — è uno dei pezzi migliori del teatro aristofaneo : la personalità del malizioso Carione, a contatto con un'ascoltatrice come la superstiziosa Moglie di Cremilo, assume il massimo rilievo. Nel Pluto, quando interviene Carione, il drammaturgo è sempre
in vena, sicché Carione in ognuna delle sue manifestazioni sceniche ha un rilievo ben più vivo di quello che non abbia, successivamente, il suo giudizioso e modesto padrone: insomma a scene
regolate con brio e con energia da Carione seguono scene di minor brio e vigore con Cremilo, e queste scene, come si diceva, sono talvolta meno legate al filo principale della commedia. Lo abbiamo già visto per la scena con Blessidemo e con Povertà, e altrettanto
PLUTO
si nota,
nella parte dimostrativa
357
della commedia,
per la scena
Vecchia-Cremilo-Giovinetto di 959-1096 (ma quello della Vecchia è in personaggio originalissimo). E invece briose, pungenti e pertinenti sono le due scene dimostrative regolate da Carione in 823958 e 1097-1170.
E in questa parte dimostrativa,
la scena tematicamente
ed
eticamente più significativa è quella di 823-958 fra Carione, l'Uomo . giusto e il Sicofante. La rilevanza etica e l'energia spirituale di Carione sono, in questa scena, così notevoli, che una parte degli scoliasti e dei siglatori fa regolare invece tutto l'episodio dal padrone Cremilo.
Senza dubbio Carione ha in questa scena una mansione spiritualmente piuttosto singolare per uno schiavo. Ma questa appunto
è una delle caratteristiche del Pluto : la promozione a personaggio autonomo
del Servo,
o meglio lo sdoppiamento
eroe comico — un uomo
del tradizionale
«libero » — in due personaggi con ca-
ratteristiche complementari. Nelle Rane dell'anno 405 si potrebbe scorgere un avvio in questo senso: nell'Ade agiscono fianco a fianco un pavido Dioniso-Eracle e un coraggioso e lucido Santia, e Dioniso-Eracle passa ogni tanto la propria maschera e le pro-
prie prerogative al suo servitore Santia. Ma nel Pluto, commedia di ambiente borghese, la costante rilevanza drammaturgica e spirituale del Servo può essere un sintomo di una nuova concezione comico-etica, nella quale la tipica figura dell'energico eroe comico si sfalda, e trova un nuovo equilibrio. Un equilibrio che l'energica Prassagora delle Donne a parlamento non aveva, ché essa a metà commedia scompariva del tutto dall'azione scenica, e solo indi-
rettamente si faceva risentire alla fine inviando in teatro una sua
Ancella perché tirasse i fili di tutto l'esodio. E il Pluto, rispetto alle Donne
a parlamento,
ha trovato un qualche equilibrio anche
nel trattamento del Coro : e ne parleremo al paragrafo successivo. Nel Pluto dell'anno 408 il Servo non avrà avuto il ruolo di
perpetuo
protagonista
autonomo
e complementare
che ha
Ca-
rione nel nostro Pluto secondo. Tuttavia in questa bonaria commedia dell'anno 388 vi sono situazioni e maschere che risentono di commedie più antiche : l'ambiente contadino, la polemica contro Zeus, la mordente parodia di un ditirambo del coetaneo Filosseno, il vigore sofistico ed euripideo delle argomentazioni di Povertà, la
358
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
sfilata dimostrativa dei vari tipi (in particolare il Sicofante, Ermes, il Sacerdote di Zeus), Reminiscenze del Pluto !? Nelle due commedie successive invece, secondo i benevoli critici antichi, Aristofane batteva una nuova strada: «nel Cocalo
fu il primo che mostró anche la maniera della commedia nuova... presentando una seduzione, un riconoscimento e tutte le altre
caratteristiche tipiche di Menandro»
(Vita Aristophanis x e ro),
« nell' Eolosicone [secondo] c'è il carattere della commedia di mezzo »
(Platonio 7). Ma un altro critico, che evidentemente non disponeva delle due ultime commedie, alcune caratteristiche « nuove » le trovava già nel nostro Pluto (cfr. p. XVIb 27-30 Dübner = p. 37, 23-25 Cantarella).
3. Corifeo e ' coreuti ' nel « Pluto ». Personaggi e attori. — Y due protagonisti perpetui guenza, come si é In ogni modo il Coro Donne a parlamento, rire
nel
luogo
che si alternano possono essere una conseaccennato, della devitalizzazione del Coro. del Pluto, ancor più modesto di quello delle è un Coro costantemente passivo. Per appa-
dell'azione
scenica,
il Coro
del
Pluto
—
formato
da contadini compagni di lavoro di Cremilo (223) — viene prelevato da Carione (222-226), e entra in teatro guidato e incitato da Carione. Carione incita il Coro in tetrametri giambici (253-256), il corifeo risponde in tetrametri giambici, e il dialogo prosegue con questo metro (257-287). Il corifeo esclama : « voglio danzare per la gioia » (288-289), e Carione conduce via via la danza e il canto (290-315). Carione dà quindi l'ordine di cessare la danza e il canto satirico, e invita i coreuti «a volgersi a un'altra manifestazione » (ἐπ᾽ ἄλλ᾽ εἶδος τρέπεσϑε), mentre egli entrerà in casa
(316-321). Dopo questo invito, nel codice Veneto si ha un XOPOY, al quale tien dietro un breve dialogo fra Cremilo e il corifeo (322-331). Dopo i trimetri 328-331 il corifeo ha un'attività più esigua ma costante (487-488 tetrametri anapestici, 631-632 e 637/639-640
due trimetri giambici e tre trimetri docmiaci, 962-963 trimetri giambici, 1208-1209 due tetrametri anapestici di chiusura), e abbastanza costante è l’attenzione che viene prestata al Coro o al
corifeo dai personaggi: a parte 627-630, 802-822, 959-961 e II7I rivolti al Coro, cfr. gli accenni indiretti al Coro e al corifeo in 341
e 641. Ciò non avveniva, come si ricorderà, nelle Donne a parla-
PLUTO
359
mento, ove del Coro ci si ricorda di nuovo soltanto nel finale. Nel
Pluto, dunque, c'é più coerenza nel trattamento del Coro : il Coro vi è più modesto, ma ha trovato un nuovo equilibrio. I recenti interpreti concordano nell'attribuire al solo corifeo e ndn già a tutto il Coro i melici giambi 296-301 e 309-315, che
rispondono ai giambi di Carione 291-295 e 302-308 : al canto del solo Carione si addice appunto una risposta da parte del solo co-
rifeo. Ed è di nuovo il solo corifeo a intervenire esultante con dei docmî, quando apprende da Carione della guarigione di Pluto
(637, 639-640). Ma in questo momento che il
Coro
di esultanza è singolare
non intoni un canto, e che non vi sia un canto co-
rale quando Pluto risanato rientra in teatro dopo il 770. L’esortazione di Carione al 761
«danzate e saltate e ballate in circolo »
(ὀρχεῖσϑε xal σχιρτᾶτε καὶ yopevete), potrebbe far aspettare anche un canto, sebbene Carione non esorti addirittura il Coro a salutare il dio o a cantare o a danzare in onore del dio, come fanno
Trigeo
in Pace 581, l’Araldo nuziale
in Uccelli 1719 e l'Amba-
sciatore ateniese in Lisistrata 1277. .
Nei manoscritti del Pluto, fra il verso 770 e il verso 771, c'è un
KOMMATION
XOPOY.
Che sia questo KOMMATION
XOPOY,
come ritengono molti interpreti, a significare un canto del Coro? Noi non lo crediamo, per i motivi già detti nel capitolo sulle Donne a parlamento. Tanto più che il Coro del Pluto è significativamente
muto — a differenza di quello delle Donne a parlamento — in occasione del dibattito epirrematico : soltanto il corifeo si fa vivo con i due tetrametri anapestici 487-488. Questo del Pluto è l’unico dibattito epirrematico aristofaneo che non sia introdotto dal tradizionale canto del Coro: un fatto questo che dovrebbe far riflettere. È ammissibile che il Coro rinunci a introdurre liricamente
il dibattito epirrematico, e che canti invece fra 770 e 771 (e altrove, cioè almeno fra 321-322, 626-627 e 801-802)? E non è significativo che il Coro venga introdotto eccezionalmente in teatro da un attore, e che il corifeo dialoghi con quel-
l'attore,
e non già magari anche con i coreuti? E perché questi
XOPOY ricorrono soltanto quando non ci sono personaggi in scena, perché insomma si evitano le premesse per una comunicazione lirica del Coro con gli attori? Non è economicamente e teatralmente verosimile stipendiare e istruire un corpo di cantanti,
360
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
e rinunciare poi alle loro prestazioni allorché gli attori sono in scena. Che il Coro del Pluto non canti par di nuovo chiaro nell'esodio : qui il corifeo promette un canto di tutto il Coro (12081209), ma il canto avrà luogo fuori del teatro, nel corso della processione verso l'Acropoli (sebbene questo avvenisse anche nel finale delle Rane : cfr. Rane 1528). Insomma il Pluto non par che disponga dei tradizionali coreuti, ma di coreuti che si limitano a danzare quando la scena è deserta di personaggi (ma fra 1170 e 1171 nessuna fonte attesta un intermezzo del genere). Chi canta è il solo corifeo, il quale ha in pratica soltanto
una
manifestazione
canora
e per nulla straordinaria,
la
parodia del ditirambo di Filosseno. Naturalmente il Pluto dispone di un aulista.
Questa sui coreuti è un'ipotesi, e neanche nuova : ma è un'ipotesi che si appoggia ad argomenti interni, alla particolare economia '
artistica e recitativa del Pluto (e sarebbe perciò improprio invocare la definizione
χορεία come
generale
che
Platone,
Leggi
654b,
dà
della
un insieme di danza e di canto). Ed è un'ipotesi
che riguarda magari il solo Pluto e le quattro commedie coagonali dell'anno 388 (tre di queste desumono, come il Pluto, il titolo da un personaggio) ?. Nel 388 i poeti in gara erano appunto cinque, mentre ai concorsi che vanno dagli Acarnesi del 425 alle Rane del 405 partecipavano solo tre poeti (per le Donne a parlamento del 392 non abbiamo notizie di teatro) : insomma era stato ripristinato il normale regola-
mento
dionisiaco-lenaico
(cfr.
Aristotele
Costituzione
niesi 56, e ved. già p. 50). In questa occasione,
degli Ate-
mentre
da una
parte si ammisero più poeti ai concorsi, vi può essere stata una riforma
coreutica.
Una
riforma,
beninteso,
che
terpretato una situazione
artistica : le Donne
392, infatti,
ancora
tanti,
ma
Se con e 1096, i tre attori necessario, sufficiente
disponevano
non
se ne
avvalevano
doveva
aver in-
a parlamento del
sì di ventiquattro
coreuti-can-
compiutamente.
gli scoli bizantini si pone un XOPOY dopo Pluto 958 dodici personaggi della commedia impegnano soltanto (dopo il 1170 un intermezzo di danza non è strettamente almeno per l'economia degli attori, perché l'attore ha tempo per cambiare la maschera fra 1168 e 1172):
PLUTO
primo
attore
361
(ovvero secondo attore), con una dizione
di quasi quattrocentonovantacinque versi dei quali una ventina lirici nel tratto 290-321 : Carione 1-228, 253-321, Povertà 415-609, Carione 627-770, Pluto risanato 771-799, Carione 802-958, Vecchia 959-1094, Carione 1097-1170, Vecchia 1197-1203;
secondo
attore
di quasi quattrocentoventi
787, Uomo Cremilo
(ovvero primo attore), con una dizione versi:
Cremilo
22-252,
322-626,
giusto 823-954, Cremilo 965-1096, Ermes
782-
1099-1168,
1172-1207 ;
terzo
attore,
con una dizione di circa duecentocinquanta
versi: Pluto cieco 58-251, Blessidemo 335-623, Moglie di Cremilo 641-769, 788-801, Sicofante 850-950, Giovinetto 1042-1093, Sa-
cerdote
di Zeus
1171-1196.
A cura di comparse: Bambino con l'Uomo giusto (823, 843), Testimonio del Sicofante (933), Schiavi di Cremilo (1194, 1196). Una comparsa impersona il muto Pluto quando viene
portato fuori di casa al 626 e al 1196. Per Pluto, suddiviso fra il terzo e il primo attore (unico caso aristofaneo della suddivisione
di un personaggio
fra due attori),
ci soffermammo al terzo paragrafo del capitolo sulle Nuvole.
NOTE 1 O. CATAUDELLA, La poesia di Aristofane, Bari 1934, p. 200, si domanda se nel Pluto secondo non vi sia « una senile ripresa di maniera » di vecchi motivi e Bioblemi. Ved. anche, in proposito, 1. GEFFCKEN, Griech. Literaturgesch., Heidelberg 1926, I p. 257. 3 Per la tradizione dei ΧΟΡΟΥ͂ del Pluto l'edizione di Victor Coulon è molto difettosa. In realtà il codice Veneto tramanda XOPOY sul margine sinistro dei versi 321, 627 e 802, e tramanda
KOMMATION
XOPOY
fra il 769 e il 770;
il
codice Ravennate tramanda KOMMATION XOPOY fra il 770 e il 771, e ha un XOPOY di seconda mano fra 1'801 e 1'802 ; scolt e manoscritti bizantini recano XOPOY al 252-253, 626-627, 770-771 (KOMMATION XOPOY), 801-802, 958-959, 1096-1097 : una precisa descrizione del materiale è in E. W. HANDLEY, «Class. Quart.» XLVII (1953) pp. 55-61, e altro materiale bizantino è stato
indicato e discusso da W. J. W. KosTER,
Autour d'un manuscrit
d' Ar. écrit par
Démétrius Triclinius, Groningen 1957, pp. 116-135. Per KOMMATION XOPOY ved. K. HOLZINGER, Plutos cit., 1940, pp. 236-237. Per altre ipotesi sull’interpretazione dei ΧΟΡΟΥ͂, ved. A. KÖRTE in « Hermes » XLIII (1908) pp. 39-41, e poi nella voce Komódie della Pauly-Wissowa (anno 1921, c. 1259; ma il
primo
a pensare
a ΧΟΡΟΥ͂
=
canti
non
pubblicati
fu
F.
RITTER,
De
Ar.
Pluto, Bonn 1828, p. 18), e K. J. MAIDMENT in « Class. Quart.» XXIX (1935) pp. 1-24. La nostra ipotesi fu già avanzata, fra gli altri, da D. COMPARETTI
nella prefazione
alla traduzione
del Pluto
di A.
Franchetti,
Città
di Castello
1900 (= Poesia e pensiero del mondo antico, Napoli 1944, pp. 134 e 142), e da P. MAZON, Essai ecc., cit., 1904, pp. 155-156. Ved. anche di W. BEARE, « Class. Quart.» XLIX (1955) pp. 49-52. Nelle non rifinite e non recitate Nuvole se-
conde il XOPOZ suo
tempo,
un
o XOPOY canto
corale
in margine al verso 889 esprime, come si disse a progettato
e poi
non
scritto.
ELEMENTI
DI UNA
CARRIERA
TEATRALE
«Da
quando
il Virtuoso
e l'Invertito
ricevettero
in questo
teatro grandissimi elogi da persone che é già un piacere intrattenere, e io dovetti esporli — ero ancora una ragazza e non mi era consentito di partorire —, ma un'altra giovinetta li prese e li adottò... » : l'esordio ' segreto ' di Aristofane, che questi versi delle Nuvole seconde rievocano negli anni 419-418, era avvenuto nel
427, e la commedia
del Virtuoso e dell'Invertito,
i Banchettanti,
si era classificata seconda, e in teatro l'aveva condotta il didascalo Callistrato. Il teatro dei Banchettanti fu quello di Dioniso, il teatro cioè dei soli drammi di agone dionisiaco (fra i quali le Nuvole) : l'esordio dunque avvenne alle Dionisie. In quel tempo esordiva in Atene una nuova generazione di commediografi, e il loro esordio segnò nel giro degli anni 428-424 il rapido declino dei poeti che nell'ultimo decennio avevano dominato i concorsi delle Dionisie e delle Lenee. Frinico esordisce nel 429 e vince il concorso lenaico del 428, Eupoli esordisce diciassettenne nel 429 e vince il concorso lenaico del 426 e quello dionisiaco del 424, Aristofane esordisce, anche lui giovanissimo, nel 427 e s'impone con gli Acarnesi alle Lenee del 425 e con una commedia ignota alle Dionisie del 425 e ancora alle Lenee del
424 con i Cavalieri. Fino allora nessun poeta nuovo era riuscito ad infrangere
la supremazia dei vecchi e maturi maestri, fra i quali
Cratino, Teleclide, Ferecrate ed Ermippo. E questi maestri, dopo il 424, riemergono molto di rado : il grande Cratino, che Aristofane aveva superato con gli Acarnesi e con i Cavalieri, s'impone con la
Bottiglia sul Conno di Amipsia e sulle Nuvole di Aristofane alle Dionisie del 423 ; ma in seguito, come mostra un'analisi delle Liste marmoree dei poeti vincitori, i superstiti fra i vecchi e maturi mae-
stri (Cratino muore poco dopo il 423) vincono al massimo un paio di volte; e con ragione Aristofane nei Cavalieri si contrappone, dopo le due consecutive vittorie del 425, ai vecchi poeti una volta fortunati.
368
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
In quegli anni il pubblico stabile ateniese si era notevolmente alterato, a causa della massa di contadini che la guerra peloponnesiaca aveva cacciato col 430 dalle campagne nella città. Poeti esordienti, e alcuni molto giovani come Eupoli e Aristofane, si affermano subito in questo periodo, davanti a questo pubblico, nell'epoca che — almeno dal 425 — ammetteva ai concorsi comici non più cinque ma solo tre poeti. Aristofane, che fu il primo ad infrangere nella primavera del 425 la supremazia dei vecchi maestri nell'ambiente dei pià antichi
concorsi delle Dionisie (i dionisiaci Babilonesi del 426, a quanto si desume
dai consecutivi
Acarnesi,
non
erano
stati vittoriosi),
qualche mese dopo si decise a chiedere di persona all’arconte un Coro per i lenaici Cavalieri del 424. La carriera ‘segreta’ era durata dunque tre anni, cinque commedie aristofanee avevano partecipato a cinque concorsi e in teatro erano state pilotate da Callistrato (Banchettanti, Babilonesi, Acarnesi) e da un altro didascalo (due titoli sono ignoti) ; ma a un certo momento « molti andavano a trovare il poeta — come dirà il corifeo nei Cavalieri — per domandargli meravigliati perché non chiedesse da tempo un Coro a proprio nome ». L'indugio — che Aristofane nei Cavalieri spiega con tre ragioni : l'arte comica è la più difficile fra tutte ; il pubblico è difficile e volubile ; bisogna prima remare, poi osservare i venti, e infine pilotare per conto proprio —, dipese di certo, almeno dopo il noto incidente politico che i Babilonesi provocarono nel 426 con Cleone, dal calcolo di volersi presentare ufficialmente con un Coro politicissimo come quello degli autorevoli Cavalieri. Questo calcolo s'intravvede già negli Acarnesi del 425, quando il corifeo, a nome del poeta, esclama e preannuncia : «ti odio ancor più di
Cleone, al quale farò la pelle per farne suole ai Cavalieri ! ». E il corifeo dei Cavalieri dirà : «se qualcuno dei vecchi poeti comici avesse voluto costringere noi Cavalieri a rivolgerci al pubblico nella parabasi, non l’avrebbe ottenuto facilmente. Ma questa volta
il poeta ne è degno, perché odia le stesse persone che noi, e perché osa dire il giusto, e generosamente marcia contro Tifone e Ura-
gano ». E, nelle Vespe del gennaio-febbraio 422 Aristofane ricorda agli spettatori che la sua carriera ufficiale era cominciata con il violento attacco al mostruoso Cleone : « quando il poeta cominciò
ELEMENTI
per la prima
volta
con uomini comuni,
DI UNA
CARRIBRA
a rappresentare ma
con una
TEATRALE
commedie,
collera degna
369
non
se la prese
di Eracle
attaccó
i potentissimi, e subito fin dal principio si scontró audacemente
proprio con.il Canne-aguzze : dai suoi occhi lampeggiavano tremendi fulgori di Cinna puttana, e cento teste di adulatori esecra-
bili gli leccavano in giro la testa, e aveva la voce di un torrente che semina strage, e fetore di foca, e coglioni immondi di Lamia, e culo di cammello ». Il Mostro
muore
nell'ottobre del 422, e Aristofane
nella Pace
del marzo-aprile successivo riprende dalle Vesfe quei versi, i quali costituiscono ormai una monumentale epigrafe d'addio in una commedia che é tutta un addio a Cleone, e nella quale i coreuticontadini si definiscono « senza la grinta dura come per l'innanzi ». Aristofane intuisce che con la morte di Cleone e con la pace alle porte fra Atene e Sparta — la pace fu firmata pochi giorni dopo la Pace — si chiude un capitolo della propria carriera, e nella pa-
rabasi della Pace traccia anche un euforico consuntivo dei propri meriti artistici: tanto più che fra i concorrenti c'era Eupoli con gli aggressivi e satirici Adulatori, mentre Aristofane aveva messo insieme dopo l'autunno, sotto l'incalzare della pace, una commedia
«senza la grinta dura come per l'innanzi». Il primo premio andò a Eupoli,
e Aristofane fu secondo.
La scelta delle Lenee per un esordio con una commedia
poli-
ticissima e casalinga come i Cavalieri è naturale. «Questa volta Cleone — aveva detto il protagonista nei lenaici Acarnesi dopo l'incidente con i dionisiaci Babilonesi — non mi calunnierà che io sparlo della città alla presenza di stranieri. Perché siamo solo
noi, il concorso é nel Leneo, e stranieri non ve ne son presenti : tributi, come sapete, non ne sono arrivati, e neppure gli alleati delle città. Ma siamo solo noi oggi, il fior fiore della farina ». In quest'ambiente confidenziale delle Lenee il corifeo dei Cavalier: chiederà nella parabasi agli spettatori che applaudano «con propizio clamor lenaita, sicché il poeta se ne vada gioioso per l'evento sperato » ; e potrebbe essere che, alla fine, lo spettacolo dei Cavaleri sia stato integrato da una preorganizzata manifestazione a favore di Aristofane neo-didascalo. « Oggi come non mai, o dea, bisogna che tu assicuri in ogni modo ai nostri la vittoria », aveva
insistito il corifeo dei Cavalieri.
370
CARLO
Come
FERDINANDO
RUSSO
gli Acarnesi, anche i Cavalieri sottintendono l'altro am-
biente agonistico, quello del teatro di Dioniso, ove in primavera vengono rappresentate le commedie di agone dionisiaco e ove le tragedie costituiscono la parte principale del programma. Gli agoni delle Dionisie erano più antichi e più rigorosi, e fra il pubblico sedevano anche quegli stranieri e alleati che lo spettacolo lenaico degli Acarnesi e dei Cavalieri presuppone assenti : « dolcissima sarà la luce del giorno per voi presenti e per quelli che verranno,
se
Cleone
muore », cantano
i Cavalieri.
Quando
nella
dionisiaca Pace del 421 Aristofane ripete quel gruppo di versi delle lenaiche Vespe del 422, soggiunge : «... sempre io tenevo testa al Mostro, combattendo per voi e per le isole ». « E per le isole » soggiunge, appunto perché fra il pubblico sono questa volta gli alleati delle isole, e non i soli Ateniesi. Il Coro delle dionisiache Nuvole saluta «gli Ateniesi e gli alleati » ; e il corifeo contrappone l’ambiente delle Nuvole all’altro : «la più acuta delle mie commedie [le Nuvole], ritenni giusto di farla gustare a voi per primi »: a voi spettatori delle Dionisie, e non già agli spettatori delle Lenee, con le quali si apriva
la stagione
teatrale.
« In tutte le stagioni
— cantano le Nuvole — si hanno in Atene processioni, sacrifici, festini, e quando giunge la primavera è la festa di Bromio, l’eccitazione
di cori risonanti,
la musa
fremente
degli auli ». Le
Dio-
nisie di primavera sono la festa per eccellenza, e anche una commedia così aerea come gli Uccelli, rappresentata alle Dionisie del 414, riflette l'ambiente di quella festa. Aristofane, che mostra esplicitamente di distinguere il diverso ambiente politico-civile delle Lenee e delle Dionisie, alle Lenee
destina
commedie
i Cavalieri,
le
spregiudicate e casalinghe come
Vespe,
alle Dionisie
commedie
gli Acarnesi,
più ambiziose
come
le Nuvole, la Pace, gli Uccelli. Queste sei commedie egli le rappresenta nel giro di un dodicennio, e perciò la diversa vena politicoartistica del commediografo lenaico rispetto al commediografo dionisiaco non sarà casuale. Friedrich Leo e Theodor Bergk non mancarono di notare questo divario. E le sei commedie degli anni 425-414 mostrano — perlomeno a chi le legga come opere di teatro e non come opere da tavolino — tutta una serie di distinte proprietà sceniche : ed è naturale che sia così, ché le une erano destinate a un teatro, le altre a un altro ;
BLEMENTI
DI
UNA
CARRIERA
TEATRALE
371
e i due teatri erano di tipo radicalmente diverso. Per le lenaiche «il concorso è nel Leneo» — lo dice il protagonista degli Acar"esi!
—,
cioè in un recinto che si trovava
nella zona
dell'Agora
e nel quale veniva di volta in volta improvvisato il teatro ; per le dionisiache
il concorso
è nel solenne
teatro
di Dioniso,
sul
pendio meridionale dell'Acropoli. E distinte proprietà sceniche, ora da Leneo ora da teatro di
Dioniso, si ritrovano in commedie successive, per le quali non è tramandato se furono destinate alle Lenee o alle Dionisie : cioè la Lisistrata e le Tesmoforianti, ambedue del 411, mostrano di essere state concepite per il teatro di Dioniso, mentre le Donne a parlamento del 392 e il Pluto del 388 hanno nette caratteristiche le-
naiche.
Le
lenaiche
politicissime
(anzi
commedia
una
Rane
fonte
del 405
antica
più
sono
tramandate
precisamente
dice
come
che
«la
fu rappresentata nel Leneo »), e la loro arte scenica
è tipica del Leneo.
Acarnesi, Cavalieri, Vespe, Rane, Donne a parlamento, Pluto ; Nuvole, Pace, Uccelli, Lisistrata, Tesmoforianti : in tutto quindi restano undici commedie delle quaranta che Aristofane scrisse in circa un quarantennio. E in questo quarantennio, a causa del-
lintensa produzione e perché aveva facoltà di chiedere l'ammissione all'agone lenaico o al dionisiaco ovvero ad ambedue, egli avrà di regola progettato l'una e l'altra materia comica per l'uno e l'altro ambiente.
Una condotta pià che normale per un autore
di teatro che scriveva
soltanto per degli spettatori e per una
precisa occasione agonale, anche se, naturalmente, le varianti stilistico-ideologiche fra commedie lenaiche e commedie dionisiache non sono né saranno sempre state così nette come le loro distinte
proprietà sceniche. Ma è già significativo che per le Nuvole seconde Aristofane abbia avuto di mira il medesimo ambiente delle Dionisie
alle quali
sfortunate l'abbia
qualche
Nuvole,
destinata
e che
anno
una
alle Dionisie,
prima
aveva
commedia mentre
anno ne destinò un'altra. Nelle Tesmoforianti, commedia
con
concorso
come
alle Lenee
proprietà
gli
con
le
Uccelli egli
del medesimo
sceniche
dioni-
siache, un personaggio dichiara : «sono Eco... : proprio quella che. lo
scorso
anno
in
questo
medesimo
luogo.
collaboravo
anch'io
nella gara per Euripide [come personaggio dell’Andromeda] ». «Il
372
CARLO
medesimo
FERDINANDO
RUSSO
luogo » non può che essere il teatro di Dioniso,
anche
perché Euripide gareggiò, sembra, solo in quel teatro. Là, dall'inizio del V secolo, tre tragediografi erano presenti con quattro drammi ciascuno, mentre agli agoni tragici del Leneo, istituiti verso l’anno
432, competevano due tragediografi, e solo con due tragedie ciascunp.
Sofocle fu alle Lenee
sei volte, perché sei delle sue venti-
quattro vittorie non furono dionisiache ; ma Euripide alle Lenee forse non ci fu mai, come si può desumere drammi
ufficiali e dei suoi
concorsi
dal numero
(ventidue
dei suoi
concorsi, ottanta-
quattro drammi e una trilogia postuma). Euripide, già così poco fortunato alle Dionisie, avrà evitato un ambiente dominato da comme-
diografi a lui ostili. E poi egli avrà tecnicamente preferito il teatro di Dioniso, perché solo il teatro di Dioniso disponeva della macchina del volo, tanto necessaria e congeniale a molte sue tragedie: fra le quali l'Andromeda, parodiata dalle Tesmoforianti «nel medesimo teatro ». Quando Aristofane gareggia in quel teatro, il teatro per eccellenza, sembra quasi che voglia dare una lezione di virtù drammaturgica ai suoi colleghi tragediografi : mentre le commedie dell'improvvisato teatro lenaico sono, fra l'altro, caratteristiche perché
i protagonisti e gli altri personaggi agiscono anche 'fuori del teatro ' (a parte che nelle Rane, situate nell'Ade), nelle commedie dionisiache il protagonista sta nell'ambito del teatro dal principio alla fine, e gli altri personaggi, se escono dal corridoio, non rientrano più in teatro. Questa unità teatrale del luogo drammatico,
che dipenderà da un teatro stabile situato ai margini della città, è sconosciuta ad Euripide (per non dire di Eschilo), e Sofocle la pratica soltanto nelle sue tragedie più recenti (ma solo per i protagonisti). Un tale rigore da parte di Aristofane, e di Sofocle, deve essere
naturalmente
contemporanea
frutto
di
un
dibattito
drammaturgico
nell'Atene
(Sofocle, come si sa, scrisse un trattato sul Coro,
e fu autore di varie riforme d'arte scenica e recitativa). Sofocle e Aristofane attestano anche una notevole verosimiglianza nell'apparizione dei personaggi e nel trattamento del tempo drammatico (Aristofane, fra l'altro, cerca sempre di attenuare il grande intervallo che la parabasi originava) ; e certe speculazioni tipicamente drammaturgiche di Aristofane sono pià volte esplicite nelle sue
BLEMENTI
Di
UNA
CARRIBRA
TBATRALE
373
commedie, dagli Acarnesi alle Donne a parlamento. Una delle più insigni si ha nelle Rane,
quando
Euripide
critica quelli che egli
chiama «i fili della Tragedia » : Eschilo, secondo la critica di Euripide (e di Aristofane), non sa muovere i personaggi, perché li ‘tiene troppo a lungo in scena seduti e muti, e lascia che il Coro detti legge con i suoi canti: per questo le fondamenta dei drammi di Fschilo sono sconnesse. Ed Eschilo non reagisce. Aristofane invece i fili della Commedia li sa tirare bene, e non è quel drammaturgo anarchico e casuale che il dilettantismo e la pigrizia di molti interpreti ci hanno raffigurato. Quando i di una
sua
commedia
non
rispondono
fili
ai comandi, ciò è dovuto
a gravi vicende teatrali : se Cherefonte e Sofocle non compaiono mai sulla scena delle Nuvole e delle Rane, pur dopo che alle loro persone è stata data una forte vitalità retroscenica, il fatto è che le nostre Nuvole sono quelle Nuvole seconde che ai filologi di Alessandria non risultavano essere state mai recitate ; e anzi l’analisi mostra che le Nuvole seconde non sono recitabili. Le Rane furono sì recitate, ma l’analisi mostra che la morte di Sofocle costrinse Aristofane a riformare con urgenza la commedia ormai pronta
per la rappresentazione. Il duttile e digressivo giuoco comico di Aristofane può farsi sì giuoco dell'analisi, ma non dell'analisi che si adegui alle solide proprietà di un testo concepito per un'interpretazione scenica e per una precisa scadenza
agonale.
L'analisi mostra appunto
che
tutte le deviazioni logiche e artistico-strutturali delle Rane dipendono da una recentissima e gravissima novità della cronaca teatrale-civile di Atene, e per le Nuvole seconde mostra che il fa-
moso dibattito dei due Ragionamenti non è regolabile secondo la rigorosa prassi dei tre attori vigente nel teatro ateniese, ché quel dibattito e il testo circostante hanno bisogno di cinque attori di primo piano. Il dibattito dei Ragionamenti è insomma un’innovazione, e imperfetta, delle Nuvole seconde rispetto alle Nuvole: e queste avevano Cherefonte fra i loro personaggi. E sarà stato il piano di rimettere in gara una commedia non molto dissimile da quella già recitata e male accolta, a tagliare alle Nuvole seconde la via del teatro (i frammenti delle Tesmoforianti seconde attestano invece un profondo sconvolgimento di sostanza e di regime recitativo, fin dal prologo, rispetto alle Tesmoforianti).
_
374
CARLO
PERDINANDO
RUSSO
Dopo lo scacco delle Nuvole alle Dionisie del 423, Aristofane si presentò alle Lenee dell'anno successivo con due commedie, il Proagone e le Vespe, e fu assente dalle Dionisie (e anche dalle Lenee del 421). Ma la legge non gli permette di figurare come autore di due commedie, e cede il Proagone al suo didascalo Filonide. Egli preferisce ripresentarsi al pubblico con le Vespe, cioè con una commedia politico-civile come i fortunati Cavalieri, e caratterizzata,
ancor
piü
dei
Cavalieri,
dalla
concentrazione
del
maggior peso recitativo su due soli personaggi antagonistici, chiari ed elementari. E in un preambolo le Vespe amano presentarsi come commedia misurata e accessibile, e sembra anche che abbiano un guizzo polemico nei confronti del coagonale Proagone, commedia letteraria e antieuripidea. L'esperienza delle Nuvole re-
gola tutto il calcolo della materia e della struttura delle Vespe ; e per la loro chiusa, come già per la parodo ravvivata dalla presenza di un fanciullo-cantante, Aristofane escogita una novità: «ma via, se vi piace, conduceteci fuori mentre danzate: ché questo
nessuno l’ha mai fatto finora nel congedare un Coro danzante di commedia ». Ma tutta la chiusa, a cura di tre ballerini-nani figli di Carcino, non dovette essere bene accolta se l'anno dopo Aristofane protesta
nella Pace:
« ma,
o Musa,
se Carcino
viene
a sup-
plicarti di danzare insieme coi suoi figli, non dargli retta, non andare in loro compagnia... ». La Pace dunque, che è delle Dionisie del 421, segue direttamente alle Vespe, alla commedia degli aspri dicasti : «tu non troverai più in me un dicasta aspro e intratta-
bile », dice l'idilliaco Coro della Pace. Le Vespe riuscirono seconde (per colpa dei figli di Carcino?), e il Proagone ceduto a Filonide ebbe il primo premio. Almeno un'altra volta Aristofane cedé una commedia coagonale a un suo didascalo.: la Lisistrata e le Tesmoforianti,
del 411,
mostrano
infatti di essere state
ambedue
ambedue
destinate
alle
Dionisie. Ambedue sono commedie femministiche, ma una a carattere politico-civile e panellenico, l’altra a carattere letterario e con un intrigo d’ambito privatissimo : tanto privato che gli attori-protagonisti lasciano intatto l'ambiente nel quale agiscono —
caso
unico
in Aristofane
—,
occupati
come
sono
da problemi
scevri di ripercussione pubblica ; e il divario fra le due commedie
è fortissimo anche sul piano coreutico e recitativo : la Lisistrata,
ELEMENTI
DI
UNA
CARRIERA
TEATRALE
375
per esempio, ha ben due marce corali d’ingresso, mentre le Tesmo-
forianti non ne hanno neppure una. Aristofane, anche questa volta, figurò come autore della commedia più politica, la Lisi«strata. Delle Tesmoforianti il soggetto e l'oggetto, l'orditore e la vit-
tima artistica è Furipide : Euripide uomo di teatro al servizio di Euripide uomo privato. Euripide aveva riportato un notevole successo alle Dionisie del 412 — un suo successo era quasi una novità per i coetanei di Aristofane
—,
e le Tesmoforianti ne fu-
rono stimolate, quando la politicissima e panellenica Lisistrata doveva essere stata già progettata. Tanto panellenica la Lisistrata, che per il suo finale lirico in dialetto laconico Aristofane eliminò addirittura la protagonista Lisistrata dal novero dei personaggi parlanti e impiegò il primo attore nel nuovo e difficile ruolo del Cantante spartano. Da un punto di vista tecnico questo fenomeno, come già quello progettato nelle Nuvole seconde per la definiti va instaurazione dei nuovi personaggi dei due Ragionamenti e come un altro che si avrà nel Pluto, mostra che per ruoli episodici
importanti il drammaturgo non poteva che ricorrere a uno dei primi tre attori : Aristofane dispone sì anche di un quarto attore, ma costui è modestissimo e ha mansioni nettamente distinte da quelle dei primi tre, e non recita se non in trimetri giambici. La
successiva teoria estetica di strutture recitative con tre personaggi e non di più fu ricavata dalla tragedia, ma poteva con discrete
ragioni ricavarsi anche dalla commedia aristofanea. Naturalmente fu ricavata dalla tragedia interpretata come opera letteraria, e non già come opera di teatro soggetta a un presumibile regolamento
statale degli attori : un regolamento, beninteso, che aveva sancito ufficialmente una sintassi artistico-recitativa elaborata via via dai drammaturghi,
Le Rane del 405 danno un'insigne misura delle risorse drammatiche di Aristofane, come già gli Uccelli. La coerenza drammatica
degli Uccelli, allestiti alle Dionisie del 414 con una ricchezza di mezzi fuori del normale, è rilevante : l’illusione scenica è stabilita
fin dal principiò anche con l'inclusione nel paesaggio drammatico di un tipico elemento neutrale come i corridoi, la coppia di apertura è composta da personaggi non funzionali (e anche perciò
tutta la commedia è più articolata), il Coro è fatto di elementi
376
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
sempre aderenti alla loro maschera (perfino durante la parabasi), il paesaggio drammatico ha una verosimile dilatazione retroscenica perché la facciata degli Uccelli è ‘ aperta ' (è un bosco), i tre attori
sono impiegati quasi costantemente, la commedia sostituzione
la tendenza lirica di tutta
è già indicata al termine del prologo dall'evidente retroscenica
del terzo
attore
con
un
cantante,
e la
costante vena creativa è suggellata dall'apparizione, sulla scena dell'esodio, di una dea esclusivamente
aristofanea.
Delle Rane non è insigne la coerenza drammatica, ma è insigne
la progressiva sceneggiatura di un viaggio e di un paesaggio nel corso di quasi tutta la prima parte della commedia: con questo spettacolo viatorio, che solo le Rane attestano nel superstite dramma antico, Aristofane intese di certo compensare la necessaria immobilità scenica della seconda parte, dedicata al grande confronto artistico-politico fra Fschilo ed Euripide. A causa della riforma che le Rane subirono poco prima della rappresentazione, il lettore analitico nota delle incongruenze nella progressione logica e nell'arte scenica della seconda parte: specie nel finale, tutto im-
provvisato come esso fu per riportare Eschilo in Atene in conseguenza della morte di Sofocle. Con quella tempestiva e significativa riforma Aristofane però salvò la propria commedia — la quale vinse il premio e fu per giunta replicata —, e la salvò così bene da confondere i lettori moderni: perlomeno Max Pohlenz
notò nel 1920,
stimolato
da osservazioni
analitiche
di Eduard
Fraenkel, che la progressione del duello artistico fra Eschilo e Euripide non era normale ; e oggi si può riconoscerne l'originaria progressione, e constatare come essa sia più atta a far cogliere
la posizione di Aristofane nei riguardi della poetica tragica. Tredici anni dopo le bipartite Rane, le Donne a parlamento sono davvero divise in due atti formalmente distinti. La devitalizzazione
del Coro,
che sarà completa
nel Pluto dell'anno
388,
pone nuovi problemi nell’elaborazione dei personaggi e delle scene ; e la devitalizzazione del Coro, cioè la riduzione dell'ambito drammatico e dell'impegno politico della commedia, porta a intrighi
comici privi di un reale intento pratico. Nelle Donne a parlamento lintrigo è per giunta tutto fondato sui frutti di un inganno mai scoperto. Nel Pluto si avrà lo sdoppiamento del tradizionale eroe
comico — un uomo «libero » — in due personaggi con caratteri-
ELEMENTI
DI
UNA
CARRIERA
TEATRALE
377
stiche complementari, e che si alternano sulla scena : il padrone giudizioso e il servo scanzonato. Mentre nelle Donne a parlamento la protagonista Prassagora scompariva a metà commedia, il Pluto riesce ad avere un perpetuo ruolo protagonistico, ma suddiviso alternativamente fra due personaggi. E un qualche equilibrio
il Pluto trova anche nel trattamento del Coro : chi canta è il solo corifeo e gli altri coreuti non sono che dei ballerini, ma l’azione
scenica presta sempre una qualche attenzione a questo fantasma di Coro. L'anno del Pluto, il 388,
i commediografi
ammessi
al concorso
furono cinque, e non più tre. La riforma del programma può essere che abbia portato anche a una riforma coreutica, e i prodromi
se ne potrebbero scorgere nelle Donne a parlamento del 392. Anche
le due
ultime
commedie
di Aristofane,
pur
scritte
in
un'epoca nella quale la lettura e il commercio librario stavano diventando
influenti,
spettatore.
Anzi il testo delle
delle Nuvole
sono
intrinsecamente
Donne
seconde e delle Rane,
concepite
a parlamento,
mostra
solo per lo
come
quello
di non essere stato ri-
considerato dall'autore dopo la rappresentazione (dopo la rinuncia alla rappresentazione, nel caso delle Nuvole seconde) : questi testi mostrano cioè che la pubblicazione delle commedie deve essere avvenuta su esemplari che non erano stati predisposti
dall’autore
per
una pubblicazione libraria.
La concezione
che il Wilamowitz ebbe fin negli ultimi anni della sua vita dei drammaturghi di Atene anche quali editori delle proprie opere per le esigenze del pubblico, è una concezione che ha tuttora molta fortuna : ma anche altri fenomeni nella tradizione testuale delle opere di teatro greco sconsigliano di condividere una tale modernistica concezione bibliocratica, e inducono a ritenere che
il passaggio dalla versione teatrale alla versione libraria sia stato in genere piuttosto fortunoso.
E UN
LE « VESPE» SPAGINATE MODULO DI TETRAMETRI
18 X 2
I. «Due corali come fanno a scambiarsi di posto? »: la paralisi del bibliocrate. — Il traduttore delle Vespe per i « Penguin Books»
del
1964,
David
Barrett,
annota:
«I
have
followed
Zielinski and other editors in reversing the respective positions of this chorus (lines 1450-1473) and the ‘second parabasis’ (lines 1265-1291)». L'edizione delle Vespe a cura di Victor Coulon: «1265-1291 et 1450-1473 inter se commut. MüllerStrübing, Textor, Zielinski ». Nel 1909 un interprete belga: « Il est de la dernière evidence que l’ordre des deux morceaux a été interverti» (Alphonse Willems, Aristophane, Paris-Bruxelles
1919,
I, p.
509,
n.
1).
Nei manoscritti bizantini i versi 1265-1291 il posto
che
spetta
ai
versi
1450-1473,
occupano, infatti,
e questi
occupano
un
posto che si addice molto bene ai versi 1265-1291. Uno scambio fra due unità testuali non contigue è unico nella tradizione delle opere di teatro greco. Dall’ Accademia prussiana, Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff ammoniva nel 1911: « wie sollen denn zwei Chorpartien in der Überlieferung vertauscht sein? Was berechtigt zu solcher kritischen Manipulation? Das ist
das Charakteristische: gung.
Diese
durch
Gróssenwahn
man
Umstellung
fragt gar nicht nach ihrer Berechtiist
ein
Survival
tollgewordenen
aus
Methode,
den
Zeiten
die immer
der
andere
Leute dafür verantwortlich machte, wenn sie etwas nicht verstand ».
« Ma
due corali come
fanno a scambiarsi
della tradizione? » chiedeva « forsennati
vano
dunque
sdegnato
megalomani » che ne avevano
lo scambio.
Un
parso al Wilamowitz
fenomeno
come
di posto nel corso
il Wilamowitz
proposto
quello
delle
ai
e ne adotta-
Vespe
sarà
urtare contro la sua concezione dei drammi
382
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
ateniesi anche come libri pubblicati e annotati dagli autori dopo la rappresentazione per le esigenze del « publicum » dei lettori e degli stessi drammaturghi (ne parlai per le Rane). Il Wilamowitz, nonostante i suoi propositi realistico-storicistici, si era finta questa bibliocrazia da più di un ventennio nel paragrafo Die tragödie ein buch, e da essa si lasciò ancora avvincere
in Hellenistische
Dichtung
del
1924
(I, p. 98,
con
la n. 4).
E una tale modernistica bibliocrazia seguita a governare molti influenti manualisti di teatro greco (per es. Thomas B. L. Webster,
Greek
Theatre
Production,
London
1956,
pp.
x1 e xit:
«the
Greek playwright could not be certain of more than a single production, and therefore he always wrote for a reading public as well as his audience », « already in the fifth century the tragic poet at any rate could count on a reading public », Albin Lesky, Die tragische Dichtung der Hellenen, Göttingen 1964), p. 54, e Geschichte der griech. Literatur, Bern-München 1971), p. 16. Hegel aveva invece visto bene nelle terze Vorlesungen über die Aesthetik,
trattando
della
lettura
e della
recitazione
delle
opere
drammatiche: «ja meiner Meinung nach sollte eigentlich kein Schauspiel gedruckt werden, sondern, ohngefàhr wie bei den Alten [Hegel qui teorizzava, evidentemente, opinioni di classicisti contemporanei: manoscritto per il teatro, circolazione insignificante] als Manuscript dem Bühnenrepertoir anheimfallen, und nur eine hóchst unbedeutende Cirkulation erhalten ». Mentre a Berlino si compativano « gli irresponsabili manipolatori
» dei
due
corali
delle
Vespe,
nello
stesso
1911,
a Parigi,
Louis Havet nella sezione VIII (Les fautes princeps), capitolo XLIV (Éditeurs posthumes), del suo Manuel de critique verbale appliquée aux textes latins, scriveva: «Il n'y a pas de raison pour que les exemplaires de theätre aient eu la forme du
uolumen » ($ 1104 A), e rinviava al $ 55: pas
ignoré
les codices,
mais
ils jouaient
«L'antiquité n'avait
le róle de nos
cahiers
manuscrits, carnets, etc.; cf. 1104 A ». E Alphonse Dain, nel figurarsi la costituzione del manoscritto d'autore come «une opé-
ration
multiforme», diceva
nel febbraio
1944
all'École
Normale
Superieure: «Quoi qu'il en soit, la confection de l'original a toujours été une entreprise moins simple qu'on ne le croit. Com-
LE « VESPE » SPAGINATE
E UN MODULO
DI TETRAMETRI
18 X 2
383
ment Hérodote ou Xénophon, comment Stace ou Lucain ont-ils confectionné leur original? C'est que nous n'entrevoyons que fort mal. On peut dire que l'original de Thucydide était fait de la suite des rouleaux au bas desquels il avait apposé sa signature; mais qu'en était-il pour les autres auteurs? Que de problémes de composition d'une ceuvre ancienne trouveraient peut-étre leur solution si nous étions mieux renseignés sur ces faits! Qu'on re-
tienne en tout cas que, dés le point de départ, l'histoire du texte est liée aux conditions matérielles qui constituent ce que nous appellerions aujourd'hui ‘la mise en page’ de l'ouvrage » (Les manuscrits, Paris 1949, p. 93; 1975 ^. p. 105). A un Louis Havet e ad un Alphonse Dain, consci che una tradizione testuale ha anche una preistoria, quell'incontro con le Vespe non avrebbe procurato la paralisi che procuró al Wilamowitz, che pur ebbe di mira per tutta la vita il manoscritto dell'autore: « Es soll seine Hand von den Texten lassen, wer es nicht versteht, den Weg von der erhaltenen Handschrift bis auf die des Verfassers zurückzuverfolgen » (Geschichte der Philologie, 1927, p. 76). Lo scambio di posto dei due corali poté benissimo avvenire perché « il n'y a pas de raison pour que les exemplaires de théatre aient eu la forme du wuolumen ». E lo scambio sarà avvenuto quando gli elementi manoscritti delle Vespe, preparati e organizzati per la varia economia e istruzione scenica, furono copiati su un rotolo di papiro (in epoca e anche in cerchia aristofanea, naturalmente). E le Vespe mostrano nelle ultime sei centinaia e più di versi un'economia artistica nettamente distinta (in tondo i versi degli attori, in corsivo quelli del coro; K = due trimetri giambici del corifeo): 891-1008 1009-1121 1122-1264 1450-1473
1292-1449
+ K
1265-1291
1474-1515
1516-
1537. Dialoghi da una parte e parti per il solo coro dall'altra. Lo scambio dunque si spiega molto bene: «in ambedue i casi si tratta infatti di pezzi scritti per il solo coro — e degli unici due pezzi corali fra la parabasi e l’esodio —, e da inserirsi in ambedue i casi fra due battute dei primi due attori
384
CARLO FERDINANDO
che lasciano in scena» !.
la
scena
e una
RUSSO
battuta
del
terzo
attore
che
entra
2. Attori, corcuti, fanciulli: un altro incidente in casa Aristo-
fane.
—
tardo
Il disagio
dei
versi
provocato
290-316
nella
fu
parodo
avvertito
l'Ottocento da Wilhelm Nesemann, van Leeuwen; ma la drammaturgia
nella
delle
Vespe
seconda
dal
ri-
metà
del-
da Emil Brentano e da Jan della parodo é divenuta dav-
vero riconoscibile quando il polacco Stephen Srebrny locato i versi 290-316 fra i versi 265 e 266°.
ha
ricol-
Un'analisi può far progredire il riconoscimento dell'armonia verbale, logica e scenica di 230-247/248-265— 290-316, 266-289—317-333. Qui basta tener presente: 290: il Corifeo comanda al Fanciullo portalanterne di procedere; 291-316: marciando (299), il Fanciullo e il Corifeo dia-
logano
in metri
lirici
(in 248-265
avevano
dialogato
in tetra-
metri);
266-272:
il Corifeo
indica
229), e invita 1 compagni
la casa
di Filocleone
(cf.
214-
del Coro a fermarsi per attrarre fuori
Filocleone con una melodia;
273-289:
canto del Coro per Filo-
cleone, invocato direttamente in 286-289; 317-333: Filocleone (primo. attore, inattivo
dopo
il trime-
tro 197) con una monodia risponde al corale che si veniva go-: dendo dall'inizio (cf. 317-318). Dunque
i versi
266-289
(Corifeo -- Coro)
occupano
nei ma-
noscritti bizantini il posto che spetta ai versi 290-316, e i versi 290-316
versi copiata
(Corifeo + Fanciullo)
266-289. prima
zione avvenne della
tradizione
Insomma di
quella
tutta
occupano
il posto
che
un’unità
scenica
fu
successiva,
e questa
spetta
una
anticipata
ai
volta trascri-
in un esemplare in grado di determinare il corso testuale,
diretta
e
indiretta,
superstite
o
rico-
struibile. Un tale esemplare sarà stato quel primo esemplare su rotolo delle Vespe, del quale al paragrafo uno. Avvenuta la trascrizione su rotolo, il testo continuo (e la sua presentazione ormai non
scenica), infatti, avrebbe molto difficilmente indotto a copiare in anticipo un gruppo di linee: a) alquanto distante, b) piutto-
LE
sto
esteso,
« VESPE » SPAGINATE
c)
coincidente
E UN
MODULO
DI TETRAMETRI
con
meravigliosa
18 X 2
esattezza
385
con
tutta
un'unità scenica. E i due gruppi di linee, pur se adiacenti, erano
disuguali
per estensione,
e diacriticamente
erano
inequivocabili :
uno era caratterizzato dalla presenza di almeno dodici paragraphoi, l'altro dall'assenza di paragraphoi ovvero dalla presenza di una sola paragraphos, davanti al tetrametro 266 (come nel
codice di Ravenna) ἢ Se lo scambio
delle due
unità contigue
avvenne
al momento
della prima trascrizione su rotolo, decisiva poté essere l'attrazione che sui sette tetrametri giambitifallici 266-272 esercitarono i diciotto tetrametri giambici 230-247 e ancor piü i successivi diciotto tetrametri giambitifallici 248-265. / tal caso, il XXXVI tetrametro (= verso 265) era stato l'ultimo dell'unità poi trascritta su rotolo, e un'altra unità aveva contenuto tutta la scena fra il fanciullo e il corifeo (= versi 290-316), e un'altra
i sette
tetrametri+ il canto
corale
(= versi
266-272 + 273-
289). In ogni caso, l'unità sulla quale furono scritti all'origine i tetrametri d'apertura (= versi 230-247, Ovvero 230-265), era
di certo un’unità autonoma:
ché i ‘precedenti’
versi
1-229
in-
teressavano solo l'istruzione dei tre attori; e poi i tetrametri avrebbero inaugurato l'attività e l'istruzione coreutica e para-
coreutica auletica.
(fanciullo portalanterne),
e probabilmente
anche
quella
3. Una forma costruttiva dominata dal ritmo. — Konrad Zacher, recensendo nel 1886 Die Gliederung der altattischen Komoedie di Thadeusz Zielifiski, scriveva per le Vespe (riferiamo in italiano): «1 versi 266-272 si staccano fortemente dai precedenti (Zielifiski stesso a p. 269 trova che il passaggio dalle considerazioni sul clima alla meraviglia per la non apparizione di Filocleone, è « molto brusco ») e sembrano piuttosto un'introdu-
zione
al canto;
invece
i versi
248-265
costituiscono
un
tutto
coerente. Se sia un caso [non spaziato nell'originale] che questo pezzo conta tanti tetrametri quanti quello precedente (versi
230-247), cioè diciotto, voglio lasciarlo indeciso » (« Wochenschrift f. klass. Philologie » 50, c. 1573; per i 18 e 18 in sim-
386
CARLO FERDINANDO RUSSO
metria cf. già Rudolph Westphal, Prolegomena zu Aeschylus Tra-
gódien, Leipzig 1869, p. 34). Non è un caso, si può dire oggi. Anzi oggi è agevole cogliere l’antitesi metrica e stilistica dei diciotto+diciotto tetrametri: i primi diciotto sono giambici, gli altri giambitifallici; nei primi il corifeo si rivolge ai coreuti, negli altri dialoga con un fanciullo. Il fanciullo comincia 1] dialogo (248), il corifeo lo chiude (258-265), l'uno e l'altro hanno tre interventi, ma il fanciullo ha sei tetrametri e il corifeo dodici. E poi tra i 18 e 18 l’antitesi è segnalata anche da un fuori metro; il fanciullo si fa notare
con
un
à,
e
da
Eschilo
ad
Aristofane
tali
esclamazioni
sono spesso in posizione programmata. Anche le altre parodoi, ove il corifeo al suo primo apparire con il coro in teatro dialoga con un attore, si aprono con tren-
tasei
tetrametri. L’anno dopo le Vespe, il 421, Aristofane re-
dige per la Pace un'apertura dialogica di parodo con trentasei tetrametri, trocaici, a cura del corifeo e del primo attore (301336). Dopo più di un trentennio, nel Pluto dell'anno 388, la parodo dialogica è ancora di trentasei tetrametri, giambici, recitati dal primo attore e dal corifeo (253-289), seguiti da un canto amebeo fra il primo attore, che ha condotto in teatro e ancora conduce la marcia del coro, e il corifeo (290-295= 296-301, 302-308= 309-315). Anche nelle Vespe messe in gara alle Lenee del 422, i trentasei tetrametri furono seguiti da un canto amebeo fra il fanciullo, che aveva da poco condotto in teatro e
ancora conduceva la marcia del coro, e il corifeo (291-302= 303-316; dopo il canto amebeo, in Vespe 266 e in Pluto 318 entra nel giuoco la facciata scenica). Nell’unica altra parodo dialogica, quella dei Cavalieri dell'anno 424. i tetrametri trocaici d'apertura sono trentasette (247-283), con un dialogo di ben quattro voci. Nelle altre commedie, dopo il prologo, il coro recita e canta solitario ( Acarnesi, Lisistrata, Donne a parlamento), ovvero
canta
negli
Uccelli
Rane,
quando
rifeo
dietro
e
la
scena
(Nuvole,
Tesmoforianti, inizia
davvero
sfila la
Rane);
altrimenti,
silenziosamente.
parodo
verso
come
Ma
l’orchestra,
nelle il
co-
recita diciotto tetrametri anapestici (354-371). Nella Pace il modulo dei trentasei tetrametri ha una cornicetta simmetrica di due tetrametri del primo attore, i tetrametri
LE
« VESPE » SPAGINATE
E
UN
MODULO
DI
TETRAMETRI
18
X
2
387
299-300 € 337-338; e l'egregio metricista Eliodoro distingueva criticamente i due tetrametri 299-300 — «detti ancora dal vecchio » — dai «parimenti trocaici trentasei tetrametri di quando arriva il coro »; e dopo questo complesso dialogico di trentasei linee Eliodoro distingueva i due tetrametri trocaici 337-338 e li qualificava come « preludio » al successivo « canto»
in dimetri Un
sol
del primo
Eliodoro
fascio
di
non
tutti
derni ‘analisti’. Un
lio Cavalieri
attore
(scoli Pace
faceva
qui,
i versi
e
uguali,
solo esempio:
247-283
White),
in
299-336 tante
come
White).
altre
usano
occasioni,
i più
dei
a differenza di Eliodoro
e di Aristofane,
i moderni
un
mo(sco-
in-
cludono nella parodo dei Cavalieri anche i tetrametri 242-246. Eliodoro sapeva riconoscere le proprietà della redazione e della destinazione di un testo di teatro. 4. Accanto alla parabasi e all'agone epirrematico. — lisi del modulo
tetrametrico
dà, in sintesi, le seguenti
Un’ana-
risultanze:
a) in Vespe, Pace, e Pluto il modulo è simmetricamente epirrematico (tetrametri 18 x 2): per le Vespe, nelle quali la struttura 18x 2 è anche metrica, si è detto all'inizio del paragrafo terzo; nella Pace la prima unità è regolata dal motivo del grido proibito, la seconda dal motivo della danza proibita (cfr. solo il XVIII e il XIX tetrametro del modulo); nella prima unità il corifeo e l'attore hanno tre interventi per uno (dodici tetrametri contro sei), nella seconda sette per uno (undici contro sette); nelle due unità del Pluto l'uguale numero degli interventi e dei tetrametri del corifeo e dell'attore è simmetricamente antitetico (prima unità: attore quattro interventi e undici tetrametri, corifeo venti e undici
tre e sette; seconda unità: corifeo cinque intertetrametri, attore quattro e sette); nel modulo di
trentasette tetrametri dei Cavalieri sembra distinguibile una prima unità di 8.3.8 linee e una seconda di 3.4.1.1.1.2.2.2.2. (corsivi gli interventi del corifeo); nella prima il corifeo ha due interventi
e
l'attore
uno,
nella
seconda
il corifeo
tre
e
i tre
attori sei; e nella seconda unità il rapporto numerico di undici linee a sette é quello della seconda unità della Pace e della prima
388
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
e della seconda unità del Pluto; infine ventitré linee come il corifeo della Pace. monologico, è di diciotto tetrametri.
N.B.:
in Pace
553-570
coreutica è di tetrametri si profila
nettamente,
b) la seconda
un modulo
trocaici
ché erompe
unità
del modulo
diciotto dai
il corifeo ha in tutto Nelle Rane il modulo,
dialogico
per 'parodo '
(9 x2).
e si staglia e
trimetri;
trocaico
della Pace
è l’unica
scena tetrametrica (dialogica) in Aristofane con esplicita interpretazione orchestica del coro e del corifeo. L'epirrematicità simmetrica del modulo favorisce un'interpretazione cinetica (se
non
anche
orchestica)
in
Pace
in
due
tempi,
come
di certo
553-561/562-570
(nel
Pluto
nelle
sono
Vespe
e
simmetrici
gli interventi del corifeo, in corsivo: 4.4.3.1.3.2.1/2.2.2.2.4. 2.1.1.2). L'interpretazione vocale è curata dal corifeo e dal primo attore (Pace, Pluto), dal corifeo e da più di un attore (Cava-
lieri, Pace 553-570), dal solo corifeo (prima unità delle Vespe, Rane), dal corifeo e da personale paracoreutico (seconda unità delle Vespe);
c) in Cavalieri e Pace il modulo è aperto da otto tetrametri del corifeo divisi in due unità uguali (Cavalieri 247-250. 251254, Pace 301-304. 305-308), in Pluto da quattro+quattro tetrametri dell'attore e del corifeo. . N.B.: alcune parodoi del coro solitario si aprono con unità
di quattro tetrametri: Acarnesi 204-207, Lisistrata 254-255+-319320
(semicoro+semicoro),
anche Tesmoforianti 655-662 rodo:
Tesmoforianti
Donne
a
Parlamento
285-288;
cf.
(4 x 2), che hanno carattere di pa-
660-662->Cavalieri
242,
Vespe
246,
Pace
299-300, Pluto 255-256. Cf. inoltre Donne a Parlamento 489-492 e 500-503. Anche in Nuvole 263-266, subito dopo il prologo, si ha un'unità di quattro tetrametri (dell’attore); d) in tre commedie il modulo è ad anello, e viene aperto e saldato dallo specifico motivo agonistico: Cavalieri 247-250> 278-283, Pace 303-304 — 336 e 553-555 — 569-570, Pluto 262263 + 284-289; anularità verbale in Vespe 230 > 246 e Rane 354
> 370;
LE
e) in verbali:
« VESPE » SPAGINATE
Pace basta
e Pluto mettere
E UN
MODULO
il modulo a confronto
DI TETRAMETRI
presenta
18 X 2
fortissime
il XXXV
389
identità
tetrametro
(Pace
335, Pluto 288), e il I tetrametro del corifeo (Pace 301, Pluto 257; cf. anche Vespe 230). In Vespe 250-258, Pace 301-331 e Pluto mica,
261-282
nei
corifeo
Cavalieri
lo
e attore
scontro
hanno
é violento,
una
schermaglia
il corifeo
pole-
delle
Rane
è polemico; f) in Cavalieri 242-246 e Pace 299-300 l'attore, nell'includere estemporaneamente
il coro nell'azione scenica, instaura quello che
sarà il metro del modulo; in Pluto 253-256 l'attore, nel guidare la marcia d’entrata del coro, apre e instaura il modulo; in Vespe l'attore instaura il nuovo metro della seconda unità del modulo; in Vespe e Pluto lattore instaura, dopo il modulo, un canto amebeo con il corifeo.
Tetrametri mero
trocaici
canonico
giambici
(36,
18),
giambitifallici
epirrematicità
anapestici
simmetrica
in nu(18 ΧΩ,
9X2), simmetricità o euritmia cinetica ovvero orchestica del coro, interpretazione vocale del corifeo e del primo attore, anularità
verbale,
azione
drammatica
e agonismo
dialogico
in mi-
niatura, stereotipia verbale e gestuale perfino in medesime linee del modulo, attore che include il coro nello spettacolo, che instaura il metro
coda
del
amebea
modulo
lirica
o della
con
del modulo ora rilevato Aristofane *.
[1968-1984]
sua
seconda
il corifeo:
un
elemento
queste
unità,
che
intona
caratteristiche
una
fanno
nobile della commedia
di
NOTE 1 Così già nel capitolo sulle Vespe, p. 207, n. 4. THADEUSZ ZIELINSKI, Die Gliederung der altattischen Komoedie, Leipzig 1885, p. 203, si limitò a osservare che i due corali delle Vespe s'erano scambiati di posto «durch ein Versehen». A un incidente «nel corso della tradizione» hanno pensato esplicitamente JAN van LEEUWEN, Vespae, Leiden 19092, p. 196 (cf. già i Prolegomena ad Aristopbanem del 1908, p. 311) e WILHELM SCHMID, Geschichte der griech. Literatur,
München 1946, IV,p. 278, n. 7. In breve: per un'osservazione di Stanger (1870) sulla grande tardività di Vespe 1450-1473, Müller-Strübing (1873) intul la permutabilità dei due corali. L'inversione fu proposta, indipendentemente, da Textor e Zieliriski nel 1885 e da Couat nel 1898. La grande tardività del ‘ secondo ' corale fu di nuovo
notata da Brentano
(1871)
e da Hoekstra
(1878).
Pubblicarono
i due corali nell'ordine originario Starkie (1897), Leeuwen (1909), Willems (1909). Avversato
da
Wilamowitz
(1911),
lo scambio
piacque
di
nuovo
a Kunst
(1919),
Schmid (1946), Weinreich (1952), Russo (già nel 1962), Barrett (1964), Gelzer (1971), Mastromarco (1983). 2 In «Eos» L (1959-1960), fasc. 1, pp. 43-45, indipendentemente da WILHELM F. E. NESEMANN, De episodiis Aristopbaneis, Berolini 1862, p. 18, n. 8, da EMIL W. H. BRENTANO, Untersuchungen über das griech. Drama, Frankfurt a. M.,
1871, p. 178 e da JAN van LEEUWEN
nella prima (e solo nella prima) edizione
commentata delle Vespe, Leiden 1893, pp. XXIII-XXIV e 36; io vi accennai già sopra a p. 197. Approvazioni recenti: da Mastromarco (1983), Newiger (1972), Gelzer
(1971),
a Perusino
(Franca
mella commedia greca, Roma del commentatore MacDowell
3 Foglio Wire
146°. Di quella
e EARNEST
PERUSINO,
1968, p. (1971).
35,
paragraphos
Cary, Collations
n.
Il tetrametro
giambico
2),
attenzione
hanno
e molta
notizia
of the Manuscripts
solo
JOHN
catalettico
da
parte
WILLIAMS
of Aristophanes!
Vespae,
« Harvard Studies » XXX (1919), p. 8 (a parte, da ultimo, il commentatore oxoniense MacDowell). In Vespe 230-272 il Ravennate (R) e il Veneto (V) hanno sigle
davanti al 230, e paragraphoi davanti al 23:R, 242R, 248R, 249R, 250 RV, 251 R, 254 RV, 266 R. Dopo Gottfried Hermann (1843) alcuni attribuiscono i versi
266-272 ad una distinta voce coreutica. in
4 Le «Vespe» spaginate e un modulo di tetrametri 18x2 apparvero nel 1968 « Belfagor »; da allora il modulo di marcia ha camminato con l'energia dei
18 tetrametri di Pace
553; al termine dell'articolo belfagoriano indicai la sagoma
in
Pace 657,
trimetri
Teocrito;
36x2
di
nella versione
preparata
con
nel
fuori
1971
metro
mediano,
e uscita nel
e il terzo
1975
idillio
a Darmstadt
di
in
392
CARLO
Aristopbanes
und
titolo
Wespen»
«Die
FERDINANDO
die alte Komödie
a cura
‘im Umbruch’ und
RUSSO
di Hans-JoacHim
ein
traduzione di Frank Regen, indicai il prologo mennone, Iliade A 1-487 (nel 1973, in vista
Modul
von
NEWIGER,
18x2
con
il
Tetrametern,
della Pace, il commo dell'Agadi tutta l'Iliade, premisi a un
articoletto τρὶς BE βαλούσης τῆσδέ μοι φρυχτωρίας). Per la Pace vedi più ol tre nei
Raccordi,
per
Eschilo
e Omero
il capitolo
successivo.
DIETRO
LE QUINTE
DELLA
PAROLA
Qui si metteranno in moto le diavolerie: la poesia sarà pesata su una bilancia..— Cosa, peseranno la
tragedia come un agnello? — e tireranno fuori canoni e cubiti per versi, e forme rettangolari... — Per farci mattoni? — e diametri e cunei. Euripide dice che vuol vagliare le tragedie verso per verso. — Ma Eschilo deve essere furioso! — Certo è che lo guardò come un toro, a testa bassa. — Ma chi sarà mai il giudice? — Questo era il problema: tutt'e due trovavano che c'era scarsessa di intenditori. (dalla poetica delle « Rane »)
1. Un preautore di teatro. I principi della composizione. — Anche di Omero parleró!, per motivi spero accettabili: «Se tu sapessi parlare ad un tempo di così il Socrate rapsodo Ione. quando parlano
per arte e per scienza di Omero, sapresti parlare tutti i poeti, poiché la poietica é un tutto unico »: platonico nel dialogo che prende il nome dal Ione è quel rapsodo che si mette a sonnecchiare di altri poeti, ma la lingua gli si scioglie appena
sente il nome Omero (532c). Che Omero sia un preautore .di teatro è del resto pacifico, a iniziare da Platone e da quei manoscritti su papiro che lo presentano come un'opera a più voci. Platone: «di tutti questi bei poeti tragici, il primo didascalo e il pioniere fu Omero»
(Repubblica, 1. X, 595c). Nel libro terzo Socrate aveva spiegato le differenze fra i tre generi di composizione poetica: il mimetico, il narrativo e quello misto che è insieme narrativo e mimetico. Qual è il pregio della
lezione?
Socrate,
come
farebbe
un
critico
della
scuola
di
Praga, distingue materialmente gli elementi del laboratorio: il verso mimetico per gli interventi dei personaggi e il verso epico per
gli
poeta
interventi
che stanno
opposta:
la forma
del poeta
fra le parti della
narrante.
« Se
cancelli
dei personaggi,
avrai
le parti
del
una forma
tragedia » (394b).
Identikit di Omero: volto di narratore e volto di mimo. Nei drammaturghi troveremo, con varietà di metri, solismo e dialogo, e più generalmente il parlato e il cantato. Da vagli abbastanza
estesi, —
e senz'altro
più
l’insidioso testo drammaturgico —
estesi
per
Omero
che
non
per
risulta che la poietica omerica
396
CARLO FERDINANDO RUSSO
e drammaturgica adotta una unità di misura ossia un modulo e che segue il principio delle proporzioni ossia dei rapporti. L'unità di misura è il tre. Cosa vuol dire? Vuol dire che gli uni e gli altri materiali, gli uni e gli altri aspetti costruttivi sono modulari, ossia sono divisibili per quella unità modulare. Ma il modulare sarebbe un principio in sé e per sé inerte. La composizione vera e propria si attua secondo la dinamica dei rapporti e delle relazioni che regolano gli uni e gli altri materiali, gli uni e gli altri elementi e piani dell'opera. E questi rapporti sono quelli dell'antica teoria della composizione musicale
(e per
antica,
in un
caso,
s'intende
Babilonia).
Certo quando apriamo un Omero, nessuno ci avverte che un libro di Omero era canto, canto vero e proprio, musica; e
un canto forse danzabile da un coro, come sembrano gli Amori di Ares
e Aírodite
alla corte dei Feaci nell'Odissea.
2. Uno spicchio di Eschilo: le regole e la Musa. — Ma prendiamo un momento un'opera ufficiale di teatro, un'opera agonale, come agonali dovevano essere state l’Iliade e l'Odissea. L’Agamennone di Eschilo, rappresentato nell'Olimpiade 80, anno secondo,
primo
atto
della
trilogia
Orestiade.
La
scena
più
am-
mirata é quella fra Cassandra e il Coro, una scena ministra di terrore e grande compassione, come annotavano gli alessandrini. Osservazioni invece che ne facevano intravedere le radici tecniche, le ragioni formali-tematiche, vennero avanzate alla fine dell'Ottocento, da Henri Weil che era diventato ellenista dopo un tirocinio matematico, Études sur le drame antique, Paris 1897, pp. 270-271. Quando s'inizia l’incontro fra Cassandra e il Coro, Cassandra è presente da quasi trecento versi, ma è rimasta muta e ignorata: invano Agamennone l’ha indicata a Clitennestra. Entrata la coppia regale nel palazzo, Cassandra è l’unico attore
in scena,
ma
ignorata
e muta,
e nemmeno
con
la barbara
mano si esprimerà quando Clitennestra riappare imperiosa e la apostrofa per attirarla dentro la reggia-macello. Modularmente parlando, si ha una scena con Clitennestra di 36 versi; quindi l’incontro Cassandra-Coro di 108; e ancora una scena tra Cassandra e il corifeo di 135 versi; infine un
DIETRO
breve congedo sandra
LE
anapestico,
viene apostrofata
matica comprende
291
QUINTE
in
DELLA
PAROLA
r2 versi.
Dal
da Clitennestra,
versi scanditi
397
momento
che Cas-
tutta questa
figura te-
in momenti
modulari,
ma
di diversa estensione. La composizione, nell’adottare un modulo, si muove liberamente entro l’unità di misura: non trovate terzine,
sestine,
enneadi,
ecc. Questo
per
il modulo.
La dinamica
della
composizione è data dal rapporto, e i rapporti sono: armonico, geometrico, aritmetico. La coesistenza di rapporti concorrenti dà alla composizione quella flessibilità e varietà che il compositore sembra si negherebbe: le regole non imprigionano la Musa.
Naturalmente
l’utente non percepisce tutto:
anche dopo un con-
certo, solo il ricorso a un esemplare dello spartito può dare un'idea della struttura profonda. L'utente antichista, certo, dispone solo di esemplari di relativa autorità; purtuttavia in quegli esemplari è rimasta più che l'ombra del libretto d'autore, per-
ché le proprietà costruttive e le didascalie principi sono interne al testo, da Omero ai drammaturghi. insegnava qui in Toscana, esclamava:
Giorgio Pasquali, quando « Siamo più ricchi, siamo
più ricchi di quel che crediamo ». E più ricchi sono anche i modernisti; cinquanta anni fa un egregio critico di Shakespeare ha scritto: « È sorprendente che un fatto così ovvio sia stato riconosciuto solo ora, ossia che Shakespeare non scriveva per essere letto, ma per essere recitato, e che i suoi libri sono in
realtà dei libretti» gista-filologo
(J. Dover
Harley
Wilson
per le prefazioni
Granville-Barker;
la prefazione
del re-
all’Amleto
fu tradotta in Italia da Luigi Squarzina nel 1959). Incontro
scheletro.
di
Ma
Cassandra
con
l’enunciazione
Per questo incontro —
il Coro,
versi
numeri
non
di
108:
risulta
ne
sfioro
lo
armoniosa.
vertice della tragedia Agamennone
e ful-
cro di tutta la trilogia Orestiade — Eschilo prende due materiali: l'usuale trimetro giambico della recitazione e una serie di
metri sono
nettamente mescolati
via
nell'intero preparato
cantabili. via,
108
ma
Questi
due
secondo
figurino
dosi
ingredienti
eterogenei
rigorose:
dimodoché
72 versi lirici e 36 trimetri.
72 € 36 sono propriamente le sezioni aritmetica maggiore e minore di 108, ne sono cioè i 2/3 e 1/3. Ma semplificando, si può dire
398
CARLO FERDINANDO
che per ogni
trimetro
ci sono
due
RUSSO
versi
lirici. Cosi
nel canto
secondo dell’/liade, per ogni verso dei personaggi, ce ne sono due del poeta. In qualcuna delle edizioni moderne, per esempio
quella
di
Gilbert
Murray,
Oxford
1937,
1955)
i versi
lirici
sono felicemente 72, e non per esempio 7o come in altre (per es. Denys Page). Questo divario puó sembrare un'inezia: ma sarebbe un'inezia vedere due terzine di Dante su quattro linee? E il tema? Se si guardano edizioni e commenti vedrete qual
è la varietà di opinioni nel riconoscere le svolte del tema. I principi della composizione agevolano il riconoscimento; e come? Quella ricerca di proporzione fra i materiali adottati non era un'acrobazia gratuita, incurante del tema. Anzi. Il tema si va sagomando proprio in analogia alle dimensioni dei materiali. La relazione analogica è un principio della poetica matematica;
elementi e aspetti compositivi fondamentali adottano misure analogiche. sono
Per analogia appunto
36
e 72, come
i due momenti
le misure
dei materiali.
storici dell'amebeo Il tema
è scandito,
ripeto, in due momenti storici: il momento 36 nel quale Cassandra vede l’uccisione di Agamennone nella reggia, e il momento 72 per il destino di Cassandra‘e della stirpe di Priamo. E questo momento maggiore cade in due frazioni, una iniziale 28 e una finale 44. Il frazionamento tematico-musicale avviene secondo un rapporto musicale, quello geometrico.
Drammaturgia:
l’aspetto che da un punto di vista dramma-
turgico risolve a Eschilo anche problemi di regia — e che è ammirato dagli utenti — è naturalmente il visionario mo-
mento 36 con Cassandra che vede l'uccisione di Agamennone dentro la reggia. 12 trimetri,
globale.
d’oro:
Questo
cosmo
36
risulta privilegiato
per forma:
24 versi lirici, cioè offre il nucleo della composizione
Prendiamo
i preparativi
il compasso
dell’uccisione
o più
comodamente
impegnano
i primi
il numero
14 versi,
l'uccisione medesima gli altri 22. Il rapporto è appunto aureo. Parimenti nel momento storico maggiore, la prima fase era 28
e la seconda 44. Il
martello
dell'analogia
batte
ancora
infatti sono i versi che si presentano, per
il Coro,
in
insiemi
modulari,
due
volte.
Trentasei
ora per Cassandra
e dunque
settantadue
e ora in
in-
DIETRO
LE
QUINTE
DELLA
PAROLA
399
siemi non modulari. Dei 36 in insiemi modulari, Cassandra ne ha 12, e dunque il Coro 24. Solismo e dialogo. C'é dialogo in questa scena, che vede una Cassandra egocentrica, visionaria, a un certo punto in trance? Cassandra non puó essere propensa al dialogo, e tanto meno a
dare del tu. Due
sole sono le sue battute non solistiche, e sono
segnalate da particelle altruistiche; un fuori metro avvia la prima, dopo la linea XVIII; in seguito Cassandra è sempre solistica; anche per l'usignuolo viene provocata dal clarinetto-usignuolo
in teatro,
e non
dalle
voci
del
volte il dialogo, ma il dialogo rimane 36 versi, sei per la egocentrica.
Coro.
Il Coro
tenta
piü
l'aspetto minore: in tutto
Mi fermo lasciando in pace lo scheletro della prima fase tematica 28 e dell'ultima 44. Tutta questa scena con Cassandra, inutile dirlo, é solo uno spicchio, uno spicchio di un cosmo maggiore.
3. Nel grembo
della matematica
quotidiana.
—
Ma
per un
testo di teatro non si é in grado ora di parlare della sua intera costruzione, come si può, credo, fare per Omero e in particolare
per
l'liade.
Il testo
teatrale
è molto
sofisticato,
tuttavia
non
dovrebbe essere arduo intravedere i rapporti fra il materiale recitativo e il materiale per il canto, il giuoco proporzionale fra solismo e dialogo, le grandi scansioni proporzionali del tema. Omero sembra essere invece al termine della sua odissea, il volto del colosso forse comincia a uscire dall'ombra. Tramite didascalie registiche interne al testo, — didascalie che stanno
naturalmente in grembo alla matematica — si può anche riconoscere quali sono i canti che debbono essere silenziati per un agone ciclico e quale è il canto invece che deve entrare in circuito per quella occasione, e con quale messaggio programmatico e teatrale. E perché l'ammirata scena fra Glauco e Diomede nel libro sesto è mobile, e quale messaggio programmatico e teatrale
ha tale mobilità. Cos'è avvenuto per Omero? È avvenuto che sono riemersi i principi pilota: principi matematici, quanto mai elementari
e cristallini.
400
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
E alla guisa di un autore di teatro, Omero programma il silenziamento del primo e del terzo canto, e dà il primato al canto secondo tramite lo Zeus dell'ambiguo proemio. Nel contempo la Dolonia,
redatta
da
Arctino
e
confinata
nelle
ultime
tavolette,
viene
immessa nel circuito che giunge ora alla notte del dolo, e vi giunge grazie al continuatore Arctino, il poeta dell'avanspettacolo con la spia e i Troiani uccisi nel sonno. Per questa manovra Omero anticipa e mima l'altalena della Dolonia, ossia obbliga il quadro GlaucoDiomede a figurare fuori tema nel libro sesto e gli dà la carica per andare
in coda
al libro quarto,
nella
sede
tematica
e canora;
lo
scolio nel libro sesto avverte: «questo quadro viene da alcuni trasferito altrove », ma i moderni umanisti diffidano di un giuoco scien-
tifico in un'opera letteraria. Eppure anche gli scoli per la Dolonia « fuori e dentro » e per l'Odissea conclusa-continuata riconducono a un programma
scientifico, insomma
matematico.
E gli umanisti si perdono anche quello che gli antichi non si perdevano: dietro quei guerrieri e dietro questa e quella battuta innocente, in luoghi deputati Omero sussurra notizie utili a sé medesimo; e per questo unfair play un Eraclito voleva frustarlo e cacciarlo dalle
gare, come ha ben visto Giorgio Colli. E dal grembo della matematica partono le indiscrezioni sulla Dolonta scritta dal compagno —
in due
st lavora meglio! —, e sui principi dell'arte nel laboratorio: ogni grandezza è divisibile per tre... il costruttore maneggia grandezze che stanno in rapporto, secondo scienza (K 224, O 187 e 410). E nell'Iliade scorre un rigoroso calendario degli avvenimenti, in 51 giorni: 17 narrati,
17 X 2 in ombra; e
trenta giorni,
la μῆνις di Achille... Ecco il ritmo modulare,
un
μήν,
« mese », per
i rapporti nella scan-
sione quotidiana.
Naturale e dinamico patrimonio per un antico poeta-musico e per i suoi utenti questa pur elementare matematica poietica procura un qualche disagio ai piü dei moderni. Giosué Carducci nel discorso sull'opera di Dante attestava che le proprietà matematiche della Divina Commedia non erano intese dai suoi contemporanei; ma il poeta Carducci le intendeva e indicava quale armonica esecuzione formale avesse prodotto il fren dell'arte. Ernst
Robert
Curtius,
nel
1948,
raccomandava
ai dantisti
occu-
pati nel commento antiquario e nel godimento apparentemente estetico di fare attenzione ai principi costruttivi della Commedia: proprio
tali
analisi,
diceva
discretamente,
consentono
di
guar-
DIETRO
LE
QUINTE
DELLA
PAROLA
401
dare un po’ dentro la testa di Dante: «il numero non € un'impalcatura esteriore, ma è simbolo dell'ordine cosmico ». Il disagio dei moderni: discenderà dalla scissione della cultura
in campi
separati
e minorati,
mentre
scissa non
era
la cul-
tura greca. Sentite di nuovo Platone, terra terra: « prendiamo quella scienza che abbraccia tutte le discipline in unità. — Qua-
le? —
Questa,
ad esempio,
di cui ha bisogno
ogni
arte, ogni
indagine, ogni scienza, e che fra le prime deve essere appresa da chiunque. — Ma qual è? — Una cosa da nulla, e che consiste
nel
saper
distinguere
i
numeri:
l'uno,
il
due,
il
tre.
In una parola sola la scienza dei numeri e il calcolo: non è forse vero che ogni arte e ogni scienza sono costrette a farne uso?» (Platone, Repubblica, |. VII, 522bc). I greci non distinguevano le cosiddette belle arti e le cosiddette arti manuali; l’abi-
lità tecnica era tanto del carpentiere che dell’architetto che del costruttore di poesie. Per concludere intorno al disagio: romantico è l'ammonimento sull'antagonismo fra intelletto e intuizione, idealistico e neoidealistico è lo snobismo per i «numeri ». E sia pure; ma per il panico non ci sono tranquillanti: il panico che la Parola ha di venire spodestata dal Numero.
[1979-1984]
NOTE
! Parlavo a Firenze, Palazzo Medici Riccardi, 28 aprile '79, Ludovico Zorzi dietro le quinte, convegno I Greci: nostri contemporanei? Nella comunicazione ho inserito in corpo minore un passo per Omero. Letteratura in « Belfagor»: L'ambiguo grembo dell'Iliade (con uno specchietto del primo canto) XXXIII (1978),
pp.
253-265;
Fisionomia
di un
manoscritto
XXXIV (1979), pp. 653-656 [Die Gestalt kyklischen Iliad), Mélanges Delebecque, di Occidente: tavoletta per scrittoio e PP. 274-282, tavoletta per 51 esametri e
calcidese
Arctino,
composizione
calligrafia
e l’unfair play:
e alfabeto Seneca
arcaico
(e di un'lliade ciclica)
einer archaischen Handschrift (und einer Aix-en-Provence 1983, 343-347]; Aurora calendario con il mese, XXXIX (1984), i giorni iliadici 51, Omero e l'amanuense
di Calcide
anonimo
a Pitecusa
(Ischia).
Per
di Stato, ivi, 1982, pp. 533-553.
la
RACCORDI
I due
370-372:
teatri di Aristofane,
e inoltre
pp.
74,
129-130,
294,
il Leneo come teatro in epoca aristofanea non ha rice-
vuto molti applausi; certo io mi basai anche
su aspetti poco so-
lidi quali lo scenario, le stazioni sceniche e l'ambiente (pp. 8-10; per l’ambiente delle Rane: p. 336, nota 7). Ma spetta a me situare nel teatro di Dioniso dichiarazioni lenaiche come Spettatori, l'agone è nel Leneo, Scortatemi con propizio clamore lenaita (Aristofane, il clamore di Leneo ha casa nel Leneo), Meleto poeta-cadavere nel Leneo (Sannirione)? E che dire di Fensterbusch, Thea-
tron, Pauly-Wissowa 1934, c. 1392, che nel testo lenaico urtava contro un dislivello? « Jedenfalls sprechen die Dramen nicht für das Vorhandensein einer Bühne. Diejenigen Stellen, in denen Schauspieler über einen beschwerlichen Aufstieg zum Ort der Handlung klagen, dienen offenbar nur zur Charakterisierung der Lage des Ortes der Handlung. Die viel erörterten Aristopha-
nesstellen (Ach. 732; Equ.
148; Vesp. 1342.
Zur
Interpretation
vgl Fensterbusch Die Bühne des Aristophanes, Diss. Lpz. 1912) enstammen Dramen, die ἐπὶ Anvatp, also nicht im Diony-
sos-T. am Südostabhang der Burg, sondern im Lenäen-T. aufgeführt sind, und es muß angesichts der Tatsache, daß das T. im Eleuthereusbezirk seine Formung durch die ihrem Ursprung nach ganz anders geartete Komódie erhielt, als durchaus fraglich betrachtet werden, ob die Anlage des (unbekannten) Lenäen-T. der
des T. im Eleuthereusbezirk gleich war ». Fensterbusch, chi era mai costui? Era Die Bühne des Aristophanes, un rinomato archeologo, a nessun titolo oggi ricordato dal corrispondente inglese C. W. Dearden, The Stage of Aristophanes, London 1976 (ben spazzolato da Dover e Newiger,
404
CARLO
«Journal
of
Hellenic
« Gnomon » LV
FERDINANDO
RUSSO
Studies » XCVII
(1977)
pp.
177-178
e
(1983) pp. 197-201.
« The festival of the Lenaia was held each year in Gamelion (the month corresponding approximately to January). In early
times the plays at this festival were performed at the precinct of the Lenaion. Later the performances were transferred to the theatre of Dionysos,
beside the Akropolis.
It is not known
at what
date
this transfer took place. Some scholars believe that it was before the career of Aristophanes for
this,
Douglas p.
18
and
M.
the
question
MacDowell,
(spaziato
mio),
began, but there is no clear evidence remains
commento e in
nota:
alle
Vespe,
«For
recent
open»:
Oxford
cosi
1971,
discussions
see
W. B. Standford in Hermathena Ixxxix (1957) 65, C. F. Russo, Aristofane autore di teatro (1962) 1-21, Dram. Fest 39-40 ». Vedi anche l'altro commentatore oxoniense 1973, Robert Glenn Ussher, a p. 113 delle Donne a parlamento.
Nel 1968 è riemerso il divario amministrativo fra Dionisie e Lenee aristofanee grazie al papiro ossirinchita 2737 recante una testimonianza di Eratostene sul quarto alle Dionisie, Platone « venne
agoni
lenaici », dunque
comico Platone: riuscito respinto l’anno dopo agli
fu escluso dalle Dionisie
(Giuseppe
stromarco, « Rheinisches Museum» CXXI (1978) e « Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik »
pp.
29-35).
Parimenti
Aristofane,
Ma-
pp. 19-34. LI (1983)
sconfitto alle Dionisie con
le
Nuvole, gareggiò l'anno dopo solo alle Lenee; disponeva di due commedie, e una la cedette a Filonide (vedi le V espe, pp. 191-192).
Cronologia di un tirocinio, p. 26: «aiutando in segreto altri poeti» di Vespe 1018. «Il periodo “ segreto ” non andrà datato tra il 427 e il 425, quando Aristofane affidò al regista Callistrato la messa in scena delle sue prime commedie; indicherà invece un periodo precedente al 427, in cui il giovane poeta collaborò segretamente alla stesura di commedie di altri poeti », Ma-
stromarco 1983, p. 47, il quale nel '79 aveva riscoperto Friedrich Leo 1878, Thesaurus londinese v. ἐπιχουρῶν 1815-1828, e ancora altri (Stephen Halliwell è arrivato alle medesime conclusioni in
« Classical Quarterly » XXX un
prossimo
(1980)
« Helikon » tornerà
33-45, Franca Perusino
sulla
questione).
Le
in
metafore
RACCORDI
405
parabatiche dei Cavalieri andrebbero in porto cosi: rematore il poeta dà una mano alla stesura di commedie altrui; ufficiale di prua scrive sì commedie in proprio, ma «scruta i venti » e affida ad un capitano la didascalia ovvero la rappresentazione; capitano
come
per p.
si presenta quale autore e didascalo
a pieno titolo,
i Cavalieri. 31:
p. 32:
ἐνθάδε nella parabasi delle Nuvole a p. 255,
Helmut
Hoffmann,
Chronologie
der att.
1.
Tragódie
cit., 1951, p. 20, osserva che nell'anno 479 e di certo anche nel-
l'anno 478 è difficile che vi siano stati concorsi drammatici. Oltre che in Pickard-Cambridge 1968°, i documenti teatrali stanno in Hans Joachim Mette, Urkunden dramatischen Aufführungen in Griechenland, Berlin 1977. PP. 40 € 54 nota 5: Eduard Fraenkel mi ricordava che il Wilamowitz,
prima di essere influenzato da Paul Geissler, scriveva
nel 1919 a proposito dei Babilonesi: « wie tóricht an einen Sieg dieses Stückes zu glauben » (Platon, II p. 17). In seguito Geissler, 1969, p. XIII, ha registrato la parabasi per 1 Babilonesi non vittoriosi.
degli Acarnesi
additata
« Gli Acarnesi », Cenni sulle sigle e sui testi di teatro, pp. 6672, 122 nota 3, 149, 166, 188 nota5 : per l'ambiguo aspetto « pub-
blicazione-libreria » vedi pp. 317-319 e anche a p. 377. I nove versi delle Donne a parlamento: non furono certo pubblicati intenzionalmente! Sull’autografo vedi ora le « Vespe » spaginate. Nota bibliografica, pp. 74-77: l'osservazione di Piero Pucci su Rane 1323-1324 fu pubblicata in una memoria lincea, Roma
1961, p. 391
London
(vedi il commento
di T. G. Tucker
alle Rane,
1906).
Riprendo sveltamente gli autori delle pagine IX-XII, e integro
quando è necessario: 1962 Fraenkel: il capitolo Der Aufbau der Frósche [dicembre 1960] è stato esaminato insieme alla Storia delle Rane
da Heinrich Dörrie in « Rivista di filologia e d'istruzione classica» XCII (1964) pp. 84-85; Lowe, The Ms Evidence for Changes of Speaker in Aristophanes, Inst. of Classical Studies,
406
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
London, N. 9, pp. 27-42 (un contributo, con esempi, in « Hermes »
XCV (1967) pp. 53-71); 1968 Dover: i quattro commenti oxoniensi di questi anni, Pace Nuvole Vespe Donne a parlamento, sono vagliati da
Newiger in « Gnomon » LV Cambridge,
revisione
(1983) pp. 387-396; e
incremento
di
Pickard-
Thomas
Gould
D. M. Lewis; per le mie Vespe del 1968, vedi al 1975
e
(del '66
é una versione ristretta della patavina Storia delle Rane, « Greece and Rome» XIII pp. 1-13); 1970, 1971, 1972 Gelzer, Zristophanes der Komiker, cc. 1391-1570 del XII Supplemento Pauly-Wissowa; Jens e altri: si apre bene con il poeta-artigiano, il calcolo, i principi, ma l'artigiano di una tragedia intera poi non si vede; Dover, «for the reader
who
does not
know
Greek >;
1975 Aristophanes und die alte Komódie a cura di
Newi-
ger, Darmstadt (con Dover, The Skene of Aristophanes dai « Proceedings of the Cambridge Philological Society » 1966, Ussher, The Staging of Ecclesiazusae da « Hermes » 1969, e le " Wespen " ‘im Umbruch' di p. 391, n. 4);
1982, 1983 Scholia vetera et recentiora in Aristophanis Pacem,
edidit
Eliodoro
D.
Holwerda,
già in
stromarco,
« Mnemosyne» Commedie
di
Groningen;
1964
sul commentario
e 1967;
Aristofane,
Giuseppe
volume
primo
di
Madagli
Acarnesi alla Pace, testo e versione, con premessa e note, Torino;
P. 91: il Coro delle Rane non entra in contatto con i personaggi minori che appaiono fra prologo e parabasi. p. 113:
le Vespe
e le Rane
sono
aperte
dal primo
e dal
terzo attore. p. 116: per Lisistrata 980-1113, ved. pp. 269-276; il Coro della
Lisistrata
non
entra
in rapporto
con
l'Araldo
spartano.
pP. 122 nota 5 e 123 nota 13: sul proagone, vedi Stefan Srebrny, Studia scaenica cit., 1960, pp. 98-113; per il teatro tragico
Oliver Taplin, The Stagecraftof Aeschylus. The Dramatic Use of Exits and Entrances in Greek Tragedy, Oxford 1977 e Greek Tragedy in Action, Cambridge
1978.
RACCORDI
407
p. 152: per Plutone delle Rane bisogna forse considerare solo il tratto 1414-1481. pp. 160 e 168: l'Apologia platonica, a rigore, non si riferisce esplicitamente alle Nuvole a proposito di Socrate « che rende forte il ragionamento debole ». « Le
Vespe»,
pp.
198-204:
commento di MacDowell.
la casa-prigione
è illustrata nel
Secondo Giuseppe Mastromarco, Storia
di una commedia di Atene, Firenze 1974, le Vespe vennero aggiornate prima dello spettacolo come le Rane, e Lachete venne a figurare nei nuovi pezzi 240-247, 281-289, 826-847, 891-1008.
«La Pace» con ἰὴ Uf, pp. 215-216:
grazie all'olandese Hol-
werda, nel metricista Eliodoro il prologo ha recuperato vent'anni
fa un ἰὴ ἰή fra i trimetri 235 e 236: cosi la parte celeste è risultata scandita dall'urlo di Polemo
in due quadri
identici di 63
trimetri (173-298). Recuperato anche l'interrogativo τί φής dopo la linea XXV
del primo quadro, ecco che la linea XXV
dell'altro
strizza l'occhio! La ripartizione 25/38 è geometrica come in Tesmoforianti 1-63 (38 trimetri e 25 linee anapestiche; dopo i trimetri che seguono — e che sono di nuovo 38 — i versi ionici potrebbero essere 25). Altrettanto per il prologo terrestre: dopo le 81 linee che non lo hanno visto in scena, Trigeo appare sullo scarabeo e inaugura un nuovo metro; il prologo presenta ora un altro momento analogico, di 72/90 linee: la elasticità 72/90 € dovuta alle conclusive 18 linee anapestiche, un'arietta fra terra e cielo scandita 9 x 2 (il 163 è estraneo, ché uno scarabeo stertorario raffinato non ambisce a « tutti i cibi umani »). In Dietro le quinte della parola accennai al dialogo e monologo che si modellano su misure fondamentali della composizione; e così qui il dialogo si modella sulla dimensione terrestre 153 — ossia le linee dialogiche sono 153 —, il monologo sulla dimensione celeste 18+126; talora spicca l’unità di misura, cioè un in-
sieme coerente di linee dialogiche 3 x 12 come 114 — 149, ovvero 3 X 18 come in 180 — 233, e tre insiemi monologici 3 x 6 (20 — 31, 64 —81, 154 — 172). Le linee 96 — 101 sono dette in monologo, e perciò φράσον è φράζω.
408
CARLO
FERDINANDO
RUSSO
ὦ ὦ: in Pace 657-728 Trigeo ed Ermes danno forma via via a una sagoma di 72 trimetri, scandita a metà da un ὦ @, come naturalmente già notó Eliodoro. Per Otto Hense, Heliodoreische Untersuchungen, Leipzig 1870 (Friedrich Ritschl dedicatario), pp. 78-80, il dialogo nei primi trentasei trimetri tocca la politica attica, Cleone e Iperbolo, negli altri la vita artistica, Sofocle
e
Cratino;
con là vuv:
i due
trimetri
Pace adirata
XIV
danno
(13), vita politica
sempre
una
svolta
(23), vita artisti-
ca (13), Pace lieta (23); la sezione 23/13 è geometrica. Hense, PP. 75 € 87, soggiunge che Eliodoro con le sue analisi responsive risale a segni editoriali, alessandrini; e che il passo da Alessandria
agli autografi ateniesi è breve.
[1984]
INDICE Andrieu, J., XI, 66, I22 n. 3.4, I24 n.
DEGLI 73, 17,
AUTORI
102, 121 188 n. 5,
306 n. 6 Anti,
Bailey,
R., 229 C.,
59,
61,
121
305
n.
n.
n.
139,
1,
285
264,
269,
275,
280,
282,
229 n.
1,
334, 363 n. 2, 381
Croiset,
M.,
Crosby,
H.L.,
306
n.
5
256 n. 5
Curtius, E.R., 400
2, 370
Bothe, F.H., 349 n. 3 Brentano, E.W.H., 384, Broneer, O., 19 n. 5 Buchwald,
W.,
Bulle,
19 n. 4
124
n.
391
19
n. 1.2
16
Cantarella, R., 53 n. 2, 55 n. 9, 122
D. 3, 125 n. 19
Capps, E., 335 n. 3 Carducci, G., 400
Carriére, J., 256 n. 5 E., 391
I
285 n. 1, 302, 306 n. 7, 307 n. 9,
Blake, W.E., 256 n. 5 Bodensteiner, E., 20 n. 6, 125 n.
Cary,
n.
Couat, A., 391 n. I Coulon, V., 20 n. 5, 70, 71, 76, 77,
1
Bethe, E., 123 n. 12, 207 n. 5, 306 n. 7 Bieber, M., 5, 19 n. 3
H.,
229
Cope, E.M., 188 n. 9 Corneille, P., 124 n. 15
n. 4, 285 n. 4, 307 n. 9, 349 n. 4
Bentley, R., 269 Bergk, Th. 187
A.,
Comparetti, D., 363 n. 2
n. 3
Barrett, D., 381, 391 n. 1 Beare, W., 207 n. 5, 363 n. 2 Beazley, J.D., 285 n. 3 Beer, C., 75, 150, 187 n. 2,
298,
Cataudella, Q., 363 n. 1 Colli, G., 400 Colonna,
C., 4, 5, 6, 7, II, 20 n. 6
Arnoldt,
MODERNI
n. 3
Daele, H., 77, 285 n. 4 Dain, A., IX, 305 n. 1, 382, 383 Dale,
A.M.,
123
n.
12,
124
n.
18,
207 n. 5, 349 n. 5 Dearden, C.W., 403 Deichgräber, K., 306 n. 5 Desrousseaux, A.M., 72, 74, 256 ri. 6 Devrient,
H.,
230
n. 4
Diano, C., 307 n. 9 Dittenberger, W., 54 n. 5 Dörpfeld, W., 4, 5, 19 n. 2, 75, 207 n. 5 Dorrie, H., 336 n. 4, 406 Dover, K.J., XI, 187 n. 3, 285 n. 3,
349 N. 3, 403, 406
Dover Wilson, J., 20 n. 7, 397
410
INDICE
DEGLI
AUTORI
Hoffmann,
Drexler, H., 335 n. 1 Droysen, E., 125 n. 20, 264 Dübner, Fr., 125 n. 19, 358
R.T.,
124
n.
Hooker, G.T.W., 336 n. 7
16
Erbse, H., 124 n. 16, 187 n. 2, 335 n. I Fensterbusch, n.
6,
75,
C., 5, 7, 19 n. 3, 20 125
N.
19,
256 n. 6.7, 403 Flickinger, R.C., 187
229
n.
2,
n. 3
Fraenkel, E, X, XI, XII, 74, 188 n. 6, 255 n. 4, 256 n. 5, 335 n. 1,
349 n. 3.5, 376, 405
Franchetti, A., 363 n. 2 Frickenhaus, J., 15, 21 n. 7
A., 5, 7, 19 n. 3, 122 n. 9
Granville-Barker, H., 20 n. 7, 397 S., E.W.,
404 123
n.
11,
124
n.
16, 306 n. 4, 363 n. 2 Harsh, P.W., 122 n. 5 Havet, L., IX, 382, 383
Hegel,
G.W.F.,
Heidhues,
B.,
382 188
n.
4
Helbig, W., 54 n. 7 Hense, O., 408 Hermann, G., 53 n. 3, 391 n. 3 Hess, S., 76, 143 n. 3, 144 n. 8, 255 n. 2, 336 n. 5
Heym, C, 230 n. 4 Hoekstra, P.Ja., 391
n. 1
F., 305
W.,
X,
n. 2
406
Kaehler, F., 349 n. 4 Kaehler, H.G., 130, 143 n. 2 Kaehler, O., 31, 53 n. 3 Kaffenberger, H., 187 n. 3 Kenner, H., 123 n. 12, 229
Kleinknecht, H., Koch, K.D., 76, Körte, A., 55 n. Koster, W.J.W.,
307 349 9, 306
K.,
n. n. 76, n.
122
n. 2
9 2 363 n. 2 6, 363 n. 2 n.
8
Kraus,
W.,
188
n.
Krienkummorow,
9
G.,
123
n. 12
Kruse,
H.,
188
n. 10, 285
n. 4
Kunst,
K,
335
n. 1, 391
n. 1
Lasserre,
F.,
X
Lawler, L.B., 256 n. 5 Leeuwen, J., 269, 385 n. 1, 335 n. 1, 349 n. 4, 384, 391 n. 1.2 ‘Leo, F., zx n. 7, 82, 370, 404 Lesky, A., 143 n. 5, 382 Lever, K., 121 n. 1
Gould, Th., 406
Halliwell,
Jens,
Kranz, W., 335 n. 1
Gerhard, E., 336 n. 7
Handley,
Jacoby,
Kourouniotes,
Geffcken, J., 363 n. 1 Geissler, P., 53 n. 2.4.5, 405 Gelzer, Th., IX, 335 n. 1, 391 n. 1.2, 406 Gercke, A., 207 n. 5 Gerkan,
H., 55 n. 9, 305 n. 2.3,
335 N. 2, 405 Holwerda, D., XII, 188 n. 5, 406, 407 Holzinger, K., 76, 77, 122 n. 3.6.7, 143 n. 5, 363 n. 2
Edmonds, J.M., 53 n. 1.2, 54 n. 5 Ehrenberg, V., 229 n. 3 Elliott,
MODERNI
Lewis, D.M., 285 n. 3, 406 Lohner, E. XII Lowe, J.C.B., XI, 405 MacDowell, D., 336 n. 4, 391 n. 2.3, 404, 407 Maidment, K.J., 363 n. 2 Marzullo, B., 335 n. 1 Mastromarco,
G., IX,
406, 407
Mazon,
P., 76,
Mette,
A.,
n. 1, 404,
143 n. 4, 305
349 n. 2, 363 Meineke,
391
187
H.]., 405
n. 2 n. 1
n.
1,
INDICE
Meyer,
Ed.,
DEGLI
AUTORI
Rohde, E., 122 n. 5
21 n. 8, 122 n. 8
Minervini,
G., 285 n. 3
Roos, E., 76, 207 n. 3 Rostagni, A., 187 n. I Roussel, L., 20 n. 6
Montale, E., XII
Muhl, J., 255 n. 3
Müller, O., 306 n. 5 Müller-Strübing, H., 207
Ruppel, A., 335 n. 1 n. 4, 381,
391 n. I Murray,
2,
188
n.
7.8,
391
n.
2,
392
n. 4, 403, 406 E.
207
n.
n. I, 391 n. 1.4, n. I, 404, 406
Schlegel,
392
A., XII
Schlesinger, A.C., 187 n. 3, 229 n. 4 Schmid, W., 53 n. 1.2, 76, 143 n. 5,
5
Schroeder, O., 255 n. 4, 256 n. 6.7, 285 n. 1
O'Connor, J.B., 305 n. 1 Öllacher, H., 53 n. 4.5
Sedgwick, W.B., 335 n. 4
Page,
Seel, O., 335 n. 1 Segal, C, 336 n. 5
D.,
Seeger,
398
Pasquali, G., 397 XI,
4,
I9 n. 1.3, 20 n. 5, 75, 123 n. I2, n.
I4,
187
n.
3,
202,
207
n. 5, 229 n. 2.4, 255 n. 4, 256 n. 6, 285 n. 2, 349 n. 5, 404, 405, 406
Pohlenz, n.
5,
M., 54 n. 7, 74, 144
n.
7.8,
229
136,
143
I,
324,
n.
335 n. I, 336 n. 6, 376, 404, 405
Pucci, 405
P., 74, 121
Radermacher,
L.,
n. 2, 123
122
L.,
264
Shakespeare,
Perusino, F., 391 n. 2, 404 Pickard-Cambridge, A.W., I24
n. 4,
187 n. 1.3, 391 n. ı Schneider, K., 305 n. x
Nicole, J., 207 n. 1 Norden,
Russo, C.F., IX, XI, XIII, 5, 19 n. 5,
335 402
G., 121 n. 1, 398
Nesemann, W.F.E., 384, 391 n. 2 Newiger, H.J., IX, 143 n. 5, 187 n.
411
MODERNI
n. 13,
n. 7
Rea, J., 123 n. 11, 306 n. 4 Rees, K., 125 n. 19, 187 n. 2 Regen, F., 392 n. 4 Reisch, E., 75, 123 n. 12, 207 n. 5 Richter, F., 335 n. 1 Ritter, F., 363 n. 2 Robert, C., 255 n. 4, 256 n. 57, 349 n. 1.4
W.,
Sharpley,
H.,
229
Snell,
124
n.
B.,
15,
n.
20
n.
7, 397
2
16
Sordi, M., 5r, 52 Squarzina, L., 397 Srebrny,
S.,
207
n.
2,
229
n.
2,
285 n. 1, 307 n. 9, 349 n. 5, 406 Stählin, O., 76
Standford, W.B., 404 Stanger, J., 207 n. 4, 391 n. 1 Starkie, W.J.M., 31, 53 n. 3. 391 n. I Stoessl, F., $4 n. 5 Stow, H.L., 123 n. 1o
Süss, W., 143 n. 5, 285 n. 3 Taplin,
O., 406
Terzaghi, N., 255 n. 2 Teuffel, W.S.,
31, 53 n. 3
Textor, A., 381, 391 n. I Thompson,
H.A.,
122
Robert, F., 229 n. 2
n. 14 Tierney, M., 336 n. 7
Rogers, B.B., 76, 135, 144 n. 7, 207 n. 2, 229 n. 3, 255 n. 1.4, 335 n. I
Tucker, Turner,
T.G., 405 E.G., 122
n.
n. 4, 335
8,
124
n. 4
412
INDICE
DEGLI
AUTORI
MODERNI
Ussher,
R.G., 404, 406
n. 2, 54 n. 5, 76, 94, 148, 187 n. 1,
Vallois,
À.,
188 n. 4.5, 196, 202, 203, 204, 207 n. 2.4.5, 229 N. I, 255 n. 3, 264, 274, 275, 285 n. 1.4, 306 n. 5,
Webster, 21,
T.B.L.,
n.
2
123 n. 12, 125 n.
382
Wehrli, Weil,
229
F., 335 H.,
n. 3
396
Weinreich, O., 121 n. 1, 188 Weissinger, R.T., 124 n. 17 Westphal,
n. 6
307 n. 9, 318,
335
n.
381
n. 1.4, 336
n. 6, 349 n. I, 377, 381, 382, 383, 391 n. r, 405 Wilhelm, A., 305 n. 1 Willems, A., 53 n. 3, 255 n. 1, 256 5,
285
n. 4,
Guil., 229 n. 3
Zacher, K., 55 n. 8, 227, 385 Zielifiski, Th., X, 381, 385, 391 n. 1
Westphal, R., 386 White, J.W., 349 n. 3 Wieseler, F., 256 n. 5 Wilamowitz-Mollendorff,
Zorzi, U.,
4,
19
Zuretti,
L., 403
C.O.,
n. 1
335
n.
1
SOMMARIO ANALITICO DELLA MATERIA Dedica
.
oes.
e.
Presentazione DI ARISTOFANE Avvertenza I DUE
.
.
TEATRI
Note.
.
DI
>
2
5.
4
s.
Pag.
IN ARISTOFANE
.
.
.
.
V
.
.
2...
ARISTOFANE
. . .
CRONOLOGIA
s
.
44
.
DI UN TIROCINIO
. .
TIT
. 5.5...
νιν
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VII
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2 2 er
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I
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IQ 23
I. Pilastri e indizi cronologici. - 2. Il concorso senza rinfresco e il ‘cuoio’ del « Centauro +», — 3. «Da quando il
Virtuoso e l'Invertito... ». — 4. Una supremazia infranta ovvero i nuovi poeti degli anni 428-426. - 5. I« Babilonesi » o della superstizione dei moderni. - 6. I navarchi del 427-425 e il navarca del 424. -- 7. La carriera di Aristofane in cifre. -
Sottoscala cronologico.
Note.
4
.
GLI ACARNESI
.
.
4. 4
2
4
4
4
νιν
eor νιν νι νιν
2 . 0 nn
57
I. «Il concorso ha luogo nel Leneo ». La prima vittoria. - 2. Aristofane e Diceopoli. - 2b. Identità dei personaggi in Aristofane. — 2c. Cenni sulle sigle e sui testi di teatro.
— Nota bibliografica. - 3. «Gli Acarnesi »: Pnice, campagna attica, Atene. - 4. La parodo, la statua di Dioniso, gli spettatori. - 5. Diceopoli da Euripide : l' ' enciclema '. - 5b. Gli interni in Aristofane. Cenni su Aristofane e il
teatro
di Euripide.
-
lallusivo
epilogo
in
7. Tempo
drammatico
6. Dal
teatro
nistico di Aristofane. --
di
mercato una
gara
di
Diceopoli extrascenica.
53
al—
degli « Acarnesi » e metodo sincro8. La facciata scenica degli « Acar-
414
SOMMARIO
ANALITICO DELLA MATERIA
nesi*. — 9. Cenni su alcune proprietà dell'orchestra e della facciata scenica, del Coro e degli attori. -ὀ το. Distribuzione delle parti negli « Acarnesi » e cenni sulla prassi ari-
stofanea dei primi tre attori e delle comparse. — II. Nicarco : attore e poi non più. —
12. La porta disserrata e
le file
serrate.
Note I CAVALIERI
...... |.
ees
. . 4 4 4 4.4 44
pag.
121
eee κι κε κεν
127
I. « Scortate il poeta con propizio clamor lenaita ». — 2. Economia e prologo dei « Cavalieri». - 3. Cenni sugli agoni e sull'eodio dei « Cavalieri . — 4. La facciata-Atene e l'orchestra-Pnice ma non anche Agora. - 5. Personaggi, attori e coreuti. — 6. Il pauroso Nicia e l'impaurito Salumaio. Note
......
LE NUVOLE
ΝΕ
ΞΕ
s... c s.s 143
..: 2 2 2 Eee.
(2
145
I. « Nuvole » duplici, e sempre di agone dionisiaco. — 2. Aristofane didascalo delle « Nuvole ». — 3. Un regime recita-
tivo delle
« Nuvole » e la prassi aristofanea
degli attori.
— 3b. « Nuvole » non recitate e « Nuvole » recitate. — 4. Coesistenza perpetua di due ambienti. Cornice e materia scenica delle « Nuvole ». — 5. L'ambiente socratico. Pause e
progressi dell'azione strutturale. — 6. L’apparizione aerea di Socrate. - 7. Le ultime battute. Personaggi e attori. Note.
. 2
eee
νι νιν.
LE VESPE...
I. « Proagone » e « Vespe».
—
2. Prologo e parodo
186
189
delle
« Vespe ». - 3. Esodio e azione strutturale delle « Vespe ». — 4. La casa e la scena delle « Vespe». — 5. Personaggi e attori.
Note... ren
207
LA PACE...
209
I. La « Pace » dopo le è Vespe». —
come
per l'innanzi ». Economia
2. « Senza la grinta dura
e prologo. della « Pace».
SOMMARIO
ANALITICO DELLA MATERIA
415
— 3. La dimora celeste di Zeus e la grotta di Pace. — 4. Fruttidora, Festa e Pace. Le città greche. — 5. Personaggi e attori. Le parti infantili. - 6. Non « vinse l'attore Ermone ». Note GLI
......
UCCELLI
. ..
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..
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jag.
ren.
229 231
I. «Gli Uccelli » e le Dionisie. — 2. Prologo e azione strutturale degli « Uccelli ». - 3. La plaga di Upupa e la città degli uccelli. - 4. Upupa-Tereo e la parata dei ventotto uccelli. - 5. Il volo di Iris. - 6. Personaggi, attori, comparse. Nolte.
LISISTRATA
2
2
onen.
255
LL.
257
I. L'agone della «Lisistrata ». — 2. La duplice e coordinata trama di Lisistrata. - 3. Sui personaggi dell'esodio. - 4. Chi parla con l'Araldo spartano? — 5. Dalle case del prologo ai Propilei e alle rocce dell'Acropoli. - 6. Distribuzione delle parti. La turba dei disturbatori. Note...
2 2 2 220.
LE TESMOFORIANTI
en
285
. 2 2 2 2 . 4. Er
s
287
I. Euripide, le Lenee e il concorso dell’anno precedente. - 2. Euripide orditore e vittima delle « Tesmoforianti ». « Lisistrata » e « Tesmoforianti » coagonali. — 3. Scena e arte scenica delle « Tesmoforianti ». - 4. Distribuzione delle parti. Note. LL LE RANE
...
. . 4.
305
00
309
I. Breve ragguaglio sulla riforma delle « Rane». - 2. La replica delle « Rane ». Le « Rane» e la pubblicazione dei
drammi. —
3. Sull'economia bipartita delle
alcune conseguenze
« Rane » e su
artistiche della loro riforma.
viaggio e il paesaggio scenica della commedia.
delle « Rane». --ὀ
—
4. Il
La riforma e l'arte
5. Il personale scenico.
416
SOMMARIO
LE DONNE A PARLAMENTO I. Le « 2. « Donne sonaggi scenica.
ANALITICO DELLA MATERIA
. . . 5.444. νιν $ag.
Donne a parlamento » e il sorteggio del programma. Declino drammaturgico e azione strutturale delle a parlamento ». — 3. Il trattamento del Coro. Pere attori. - 4. Rotazione di inquilini nella facciata 349 351
I. L'ultimo concorso. - 2. I due protagonisti che si alternano e l'economia artistica del « Pluto». — 3. Corifeo e ' coreuti ' nel « Pluto ». Personaggi e attori.
ELEMENTI LE E
DI UNA
« VESPE» UN
MODULO
CARRIERA
TEATRALE
.
.........
SPAGINATE DI
TETRAMETRI
379
I18X2
1. € Due corali come fanno a scambiarsi di posto? » : la paralisi del bibliocrate.
— 2. Attori, coreuti, fanciulli:
un al-
tro incidente in casa Aristofane. — 3. Una forma costruttiva dominata dal ritmo. — 4. Accanto alla parabasi e all'agone epirrematico. Note DIETRO
.
391
LE QUINTE
DELLA
PAROLA
393
1. Un preautore di teatro. I principi della composizione. — 2. Uno spicchio di Eschilo: le regole e la Musa. — 3. Nel grembo della matematica quotidiana.
402
Note
403
RACCORDI [I due teari di Aristofane, Cronologia di un tirocinio, Cenni sulle sigle e sui testi di teatro, Nota bibliografica,
La « Pace» Indice
degli
con ἰὴ in, ecc.]
autori
moderni
.
409
Stampato nel mese di settembre 1984 dalla Fotocromo Emiliana - Bologna
per conto
di G.
C.
Sansoni
Editore,
Nuova
S.p.A.
- Firenze
NUOVI SAGGI
Della precedente edizione di questo Aristofane autore di teatro (largamente ampliato ora, con l'aggiunta di vari capitoli) furono ap-
prezzati anche i risvolti. Scrisse l'aristofaneo Kenneth J. Dover: «Recensore e editore non sempre descrivono un libro alla stessa ma-
niera, ma il risvolto del libro di Russo mi sembra giusto quando
dice: 'Le proprietà teatrali di Aristofane ricevono per la prima volta in questo libro un riconoscimento adeguato e filologicamente fondato'. L'argomento é molto ben concentrato e piacevolmente libe-
ro da vaghi entusiasmi; giudizi brevi e incisivi; Russo, è chiaro, visualizza con acume ogni momento in ogni commedia. In Inghilter-
ra non abbiamo nulla di simile a questo libro vivace e sorvegliato». Da Irigoin a Flaceliére, parlarono di charme, di libro alerte, original, excitant. Le proprietà teatrali hanno condotto nell'atelier, alla storia artisticotestuale delle Nuvole e delle Rane; in un capitolo nuovo si addita
ormai, per le Vespe spaginate, l'economia artistica del libretto autografo; in un altro si risale all'avanguardia dell VIII secolo, ad Ome-
ro pioniere di teatro. L'autore dirige la «rassegna di varia umanità» Belfagor (Firenze, Olschki); a Bari cura la «Letteratura greca», a Pitecusa collabora nel-
l'officina archeologica; alla Normale di Pisa e a Köln e-a con Pa-
squali e Jachmann. L. 20.000 (IVA inclusa)
5.077.170