«Sorgente di vita è la bocca del giusto». L'arte della metafora nel libro dei proverbi 8810410262, 9788810410264

Il libro dei Proverbi contiene una notevole ricchezza di immagini e metafore che solo negli ultimi anni ha richiamato l&

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«Sorgente di vita è la bocca del giusto». L'arte della metafora nel libro dei proverbi
 8810410262, 9788810410264

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Collana Studi biblici M. Pesce, Le due fasi della predicazione di Paolo Metodologia dell'Antico Testamento, a cura di H. Simian-Yofre F. Manns, La preghiera d'Israele al tempo di Gesù A. Rofé, La compo.'iizione del Pentateuco G. Cirignano - F. Montuschi, Marco. Un Vangelo di paura e di gioia P. Grelot, Il mistero del Cristo nei Salmi B. Costacurta, IllDccio spezzato G. lbba, La teologia di Qumran A. Wénin, Entrare nei Salmi B. Costacurta, Con la cetra e con la fionda X. Léon-Dufour, Agire secondo il Vangelo W. Binni - B.G. Boschi, Cristologia primitiva M. Remaud, Vangelo e tradizione rabbinica B.G. Boschi, Le origini della Chiesa A. Miranda, l sentimenti di Gesù X. Léon-Dufour, Il Pane della vita A. Wénin, Il Sabato nella Bibbia B. Costacurta, Lo scettro e la spada Y. Simoens, Il corpo sofferente: dall'uno all'altro Testamento L. Mazzinghi, Storia d'Israele dalle origini al periodo romano A. Pitta Paolo, la Scrittura e la Legge M. Grilli, L 'impotenza che salva L. Schiavo, Il Vangelo perduto e ritrovato R. Reggi, l «fratelli)) di Gesù S. Paganini, Qumran le rovine della luna P. Lombardini, Cuore di Dio, cuore dell'uomo M.L. Rigato. Discepole di Gesù V. Polidori, La Bibbia dei Testimoni di Geova M. L. Rigato, l genitori di Gesù A. Spreafico, La voce di Dio. Nuova edizione P. Lombardini, l profeti G. Benzi, La profezia dell'Emmanuele B. Standaert, Il vangelo secondo Marco W. Egger- P. Wick, Metodologia del Nuovo Testamento J. Dupont, Teologia della Chiesa negli Atti degli apostoli G. Lorusso, Chiesa, ministero e ministeri nell'esperienza di Paolo L. Gasparro, La parola, il gesto e il segno G. Pagano, I profeti tra storia e teologia S. Rotasperti, del saggio al quale Proverbi si indirizza. Il secondo capitolo prende in esame il corpo umano e le sue par­ ti. Proverbi non intende compiere una particolareggiata disamina anatomica del corpo, ma contempla alcune sue parti secondo una precisa categorizzazione: gli arti superiori e inferiori, l'interiorità, il viso. Dopo aver presentato le attestazioni dei termini e vocaboli inerenti il corpo e il numero della loro presenza nelle singole col­ lezioni, sono state selezionate cinque metafore: tre si riferiscono al viso (Pr 1 0, 1 1 ; 15,4; 30,17), una agli arti inferiori (Pr 25,19) e una al cuore (Pr 27 ,9). Il terzo capitolo è dedicato allo studio delle metafore del tessu­ to urbano. Nel libro dei Proverbi possiamo utilmente dividere spazi urbani e ampi territori geografici in una serie di categorie seman­ tiche: gli agglomerati urbani, che comprendono sia città che villag­ gi, le vie di comunicazione entro le quali si racchiudono grandi assi stradali o piccoli sentieri, i luoghi abitativi, particolari oggetti o co-

51 In quest'ultimo decennio la European Association of Biblical Studies· ha de­ dicato una serie di studi e monografie alla metafora nella Bibbia ebraica; cf. VAN

HECKE, Metaphor in the Hebrew Bible, 1-17.

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struzioni nell'ambito dell'urbanizzazione. La seconda parte del ca­ pitolo analizza cinque immagini. Delle cinque espressioni metafo­ riche selezionate, due sono connesse alla strada e al sentiero, due a dettagli urbani (fortezza, chiavistello, fossa, pozzo) e una alla strut­ tura abitativa. Le prime tre appartengono all'antica raccolta salo­ monica (Pr 10,29; 15,19; 18,19) , la quarta alle «parole dei saggi» (Pr 23,27) e l'ultima è inserita in un proverbio numerico all'interno di una «appendice» di aforismi ed epigrammi (Pr 30,26). Il quarto capitolo è dedicato al mondo della natura. Il libro dei Proverbi contempla un'enorme ricchezza di annotazioni, immagi­ ni e metafore desunte dall'osservazione di molteplici elementi che compongono il mondo della natura. Esse sono tratte da botanica, geologia, geomorfologia, idrografia, mineralogia e petrologia. A ciò si assommano i prodotti della terra trasformati dall'interven­ to dell'uomo e che riguardano essenzialmente l'uso alimentare. Le ci nque metafore selezionate sono così presentate: una metafora è parte di un 'istruzione paterna nella prima collezione e concerne i prodotti della terra (Pr 5,3); due metafore appartengono all'anti­ ca collezione di Salomone: la pietra preziosa (Pr 1 1 ,12) e la rugia­ da sull'erba (Pr 19,12) . Le ultime due metafore appartengono alla collezione di Ezechia: l'immagine del cardo (Pr 26,9) e dell'argento con scorie (Pr 26,23). Il quinto capitolo si concentra sul mondo degli animali. Il cam­ po lessicale raccoglie tutte le immagini zoologiche contenute in Proverbi. Esse sono suddivise secondo le seguenti categorie: gli in­ setti, i rettili e volatili, i mammiferi. Le cinque metafore tematizza­ no questioni sociali e tipologie umane. La prima metafora utilizza l 'immagine della gazzella e dell'uccello in trappola per indicare l'in­ ganno della fideiussione (Pr 6,5). Nell'antica collezione di Salomo­ ne il bue grasso è metafora del rischio insito nella frequentazione dei potenti (Pr 15,7), mentre la vipera e il serpente alludono alla pericolosità del vino (Pr 23,32). Infine, nella collezione di Ezechia il cane che vomita è metafora dello stupido (Pr 26,1 1 ) e la ferocia del leone e dell'orso evoca il dominatore violento. La conclusione generale si prefigge di valutare criticamente la consistenza letteraria del processo di analisi delle metafore, cercan­ do di cogliere gli elementi nuovi che le metafore portano alla co­ noscenza del testo biblico. Oltre ciò, si cercherà di comprendere la portata teologica delle metafore e in quale misura esse contribui­ scano alla comprensione del libro dei Proverbi e, non meno impor­ tante, al cammino sapienziale del lettore di ogni tempo. 33

5.

Metodologia di lavoro

Il metodo di ricerca ha comportato prima di tutto una esplora­ zione preliminare attorno al significato del termine «metafora», al fine di ottenere un quadro ermeneutico circa la sua funzione nella comprensione dei testi biblici. Il tipo di approccio al testo è sincronico.52 Tuttavia si è posta at­ tenzione alle diverse collezioni del libro rilevando, là dove possibi­ le, le differenze fra le raccolte.53 Per giungere alla selezione e analisi di una metafora, si è proceduto dapprima alla mappatura lessicale di quattro comuni campi semantici,54 secondo un criterio soggetti­ vo derivato dalla lettura continua di Proverbi e che evidenziasse una maggior quantità di attestazioni: il corpo, il tessuto urbano, la natura, il mondo animale. Per ogni area si sono posti in evidenza, a mo' di rassegna, i vocaboli e i termini connessi al campo in ogget­ to, riportando indistintamente le immagini e le metafore, e tenen­ do presente la suddivisione per collezioni o raccolte di cui Proverbi è composto. La tappa successiva è consistita nell'analizzare più dettagliata­ mente cinque metafore individuate all'interno di ogni campo se­ mantico. Anche in questo caso la selezione è stata soggettiva, te­ nendo presente il criterio di brillantezza, stupore, vividezza, ambi­ guità e oscurità di cui l'elocuzione è latrice. Il procedimento è stato dunque a spirale: da una quantità di informazioni e attestazioni si è giunti alla scelta di singole metafore. Per ognuna delle metafore si è intrapreso, poi, un procedimento similare che abbiamo denomi­ nato «processo metaforico>>: dapprima si è posta in luce la ragione per cui l'espressione appare al lettore come una metafora; a ciò ha fatto seguito la traduzione personale unitamente ad alcune annota­ zioni filologiche.55 La versione greca dei LXX ha rappresentato un 52 a. H. SIMIAN-YOFRE, «Ana-cronia e sincronia: ermeneutica e pragmatica», in (a cura di), Metodologia dell'Antico Testamento, Bologna 1 994, 171 - 1 95. 53 Cf. S. KIM, The Coherence of the Collections in the Book of Proverbs, Eu gene 2007, Xl-XVI; J. LuCHSINGER, Poetik der alttestamentlichen Spruchweisheit, Stuttgart 2010, 227-239. 54 Cf. J.-N. ALETII M. GILBERT - J.-L. SKA - S. DE VuLPILLIÈRES, Lessico ra­ gionato dell'esegesi biblica. Le parole, gli approcci, gli autori, Brescia 2006, 120; A. CR U SE, Meaning in Language. An lntroduction to Semantics and Pragmatics, Oxford '201 1 , 53-69; G. YuLE, The Study of Language, Cambridge 42010, 1 12-126. 55 Per il testo ebraico, abbiamo adottato l'edizione critica curata da J. DE WAARD, Proverbs, Stuttgart 2008. Tutte le citazioni della Bibbia ebraica al di fuori di Proverbi si riferiscono a K. ELLIGER - W. RUDOLPH (a cura di), Biblia hebraica stuttgartensia, Stuttgart 1967- 1977. In.

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raffronto rilevante nella comprensione, anche se Proverbi manca di un'edizione critica al riguardo.56 In dialogo con gli esegeti moder­ ni si è cercato di delimitare il testo e contestualizzare ogni metafo­ ra. Dopodiché, individuati gli elementi lessicali e sintagmatici che costituiscono l'elocuzione metaforica, si è proceduto all'analisi più dettagliata del testo, con una specifica attenzione alla letteratura biblica.

56 La versione greca utilizz a ta è l'edizione di Alfred Rahlfs revisionata da Ro­ hert Hanhart: A. RAHLFS R. HANHART, Septuaginta. Id est Vetus Testamentum 1-:raece iuxta LXX interpretes, Stuttgart 1 935 (Editio altera quam recognovit et emen­ davit Robert Hanhart, Stuttgart 2006). Pur mancando un'edizione critica completa di Proverbi, tuttavia si segnalano qui gli apporti di alcuni studiosi a cui ci siamo ri­ feriti: P. DE LAGARDE, Anmerkungen zur Griechischen Vbersetzung der Proverbien, Leipzig 1863; S.J. BAUMGARTNER, Étude critique sur l'état du texte du livre des Pro­ verbes d'après les principales traductions anciennes, Leipzig 1890; D . - M. D'HAMON­ VILLE, Les Proverbes, Paris 2000; H.-W. JONGLING - H. voN LIPS R. ScoRALICK, cc Paroimiai Proverbia/Sprichworter/Sprtlche Salomos», in M. KARRER - w. KRAUS (a cura di), Septuaginta Deutsch. Erliiuterungen und Kommentare zum griechischen Alten Testament II, Stuttgart 20 1 1 1 950-2000; N. FERNANDEZ MARCOS - M. V. SPOT­ TORNO DfAZ-CARO (a cura di), La Biblia Griega Septuaginta, III, Salamanca 201 3. Giacomo Mezzacasa offre uno studio critico sulle aggiunte greco-alessandrine con­ tenute in Proverbi: G. MEZZACASA, l/ libro dei Proverbi di Salomone. Studio critico .\·ulle aggiunte greco-alessandrine, Roma 1913. Riguardo allo status quaestionis della LXX di Proverbi cf. J. CooK, «Proverbs», in A. PIETERSMA - B.G. WRIGHT (a cura di), A New English Translation of the Septuagint and the Other Greek Translations Traditionally lncluded under That Title, NETS, Oxford 2007, 62 1 -647 Le forti divergenze sul modo di interpretare la traduzione greca di Proverbi, derivate anche dalla natura poetica del testo ebraico, hanno valutazioni diverse: cf. G. GERLEMAN, Studies in the Septuagint, III: Proverbs, Lund 1956, 1 1 -35; M. CIMOSA, Proverbi. Nuova versione, introduzione e commento, Milano 2007, 320-330. Secon­ do Johann Cook la Septuaginta di Proverbi è un documento ellenistico e uno scritto esegetico (exegetical writing) le cui scelte linguistiche sono spesso dettate da un pre­ ciso orientamento religioso; cf. J. CooK, The Septuagint of Proverbs. Jewish and/or 1/ellenistic Proverbs? Concerning the Hellenistic Colouring of LXX Proverbs, VT.S 69, Leiden 1 997, 12-30; J. CooK A. VAN DER Koou , Law, Prophets, and Wisdom. On the Provenance of Translators and Their Books in the Septuagint Version, Leuven 2012, 93-133. David-Marc D'Hamonville ritiene che la traduzione sia stata compiuta da un letterato greco attento alla ricerca poetica. La traduzione, molto libera, pre­ senta un testo in molte parti quasi autonomo rispetto al testo ebraico e tuttavia coe­ rente. Inoltre, più che ad altri testi biblici, la versione dei LXX appare essere corre­ lata ai grandi temi e valori che si ritrovano nel libro di Ben Sira, cf. D'HAMONVILLE, !�es Proverbes, 133- 1 34. Anche Michael V. Fox ritiene che la traduzione in greco sia libera e tuttavia reputa che tale scelta sia da interpretare secondo il criterio di «fles­ sibilità» rispetto al testo ebraico. Riguardo alla traduzione in greco di espressioni metaforiche ebraiche osserva come spesso esse abbiano subito una trasformazione allo scopo di renderle più chiare, logiche e trasparenti; cf. M V Fox, «A Profile of the Septuagint Proverbs», in N. CALDUCH-BENAGES (a cura di), Wisdom for Life. -

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Essays Offered to Honor prof Maurice Gilbert, SJ on the Occasion of his Eightieth Birthday, Berlin 20 14 1 1 . 16-17. ,

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L'ultima fase di interpretazione ha inteso «rielaborare» tutti gli elementi precedentemente esaminati nel processo metaforico. Il criterio metodologico che ha guidato questa tappa è stato il seguen­ te: la metafora è un'espressione brillante a volte intenzionalmente oscura ed enigmatica ed è un processo di pensiero che traspone e sovrappone aree lessicali e semantiche differenti; il compito dell'in­ terprete è decriptare il pensiero e svelare una nuova conoscenza.57 Non si è, dunque, applicata una specifica teoria della metafora, ma ci si è comunque avvalsi - caso per caso - delle riletture odierne del pensiero di Aristotele sul linguaggio della metafora, proponendoci di decifrare il campo o le idee concettuali che originano o spiegano meglio il dinamismo della elocuzione. Da ultimo, alla luce di tutto ciò, si è ridefinita l'interpretazione della metafora. 6.

Ulteriori sviluppi

Indubbiamente la presente ricerca presenta diversi limiti con­ nessi all'oggetto di studio e alla metodologia adottata. Prima di tutto, la scelta di analizzare le metafore selezionate lungo tutto il libro richiede una conoscenza e competenza specia­ listica delle problematiche, tensioni e prospettive delle collezioni e di singoli corpi letterari e ciò può aver generato delle inevitabili im­ precisioni e delle superficialità. Il secondo limite riguarda la metodologia di lavoro. Le metafo­ re sono state selezionate seguendo un criterio lessicale organizza­ to in una struttura di «campo semantico». Ciò è stato favorito dalla constatazione che tendenzialmente il libro dei Proverbi è costitui­ to da stichi o sentenze brevi. Tuttavia il parametro di selezione dei campi e delle stesse metafore è sbilanciato sulla soggettività del let57

Sono state inserite anche alcune riletture e reinterpretazioni compiute da Sira e dalla tradizione ebraica successiva e ciò ha ulteriormente arricchito l'in­ terpretazione della metafora. Per il testo ebraico di Ben Sira il riferimento è P.C. Ben

BEENTJES, The Book of Ben Sira in Hebrew. A Text Edition of Ali Extant Hebrew Manuscripts and a Synopsis of ali Parallel Hebrew Ben Sira Texts, Leiden 1997; Io., cc:Errata et Corrigenda», in R. EGGER-WENZEL (a cura di), Ben Sira 's God. Procee­ dings of the International Ben Sira Conference. Durham- Ushaw College 2001 , Ber­ lin-New York 2002, 375-377. Per il testo greco ci si è avvalsi di J. ZIEGLER, Sapientia lesu Filii SirQch, Gottingen 21980. Per quanto concerne la tradizione ebraica si sono consultate prevalentemente le seguenti opere: E. GINSBURG, Mishlei/Prov.erbs. A New Translation with a Commentary Anthologized from Talmudic, Midrashic, and Rabbinic Sources, Brooklyn 1998; A.J. RosENBERG (a cura di), Proverbs. A New En­ glish Translation. Translation of Texl, Rashi and Other Commentary, Brooklyn 1988.

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tore, con il rischio di non rispettare la coerenza interna delle colle­ zioni. Vi è poi un limite metodologico che riguarda il processo me­ taforico. La scelta di non seguire un particolare metodo ha come risvolto il rischio di procedere nell'analisi con una certa approssi­ mazione, sbilanciando l'interpretazione più sui risultati dell'esegesi che sull'apporto della linguistica moderna. Tuttavia la ricerca si apre a ulteriori sviluppi su questioni aper­ te: la ricerca di nuovi campi semantici, l'analisi di tutte le metafo­ re contenute in ogni singolo campo qui selezionato, lo studio delle diverse metafore nelle diverse collezioni o in piccoli corpi letterari, l'applicazione di specifiche teorie linguistiche alle metafore in Pro­ verbi, i rimandi intertestuali delle metafore, il rapporto tra le meta­ fore del testo masoretico di Proverbi e la versione greca dei LXX. L'interpretazione della metafora attiva il circolo ermeneuti­ co tra testo e lettore e «il processo di interpretazione metaforica è lungo e tortuoso».58 Nel caso della poesia biblica permane valida e sempre attuale la messa in guardia di Luis Alonso Schokel: «Sia il lettore come l'esegeta specializzato, devono essere estremamente attenti a non intorpidire la propria immaginazione quando leggono o studiano la poesia biblica. Quanto venne scritto con fantasia, deve essere recepito con fantasia)).59

58

Eco, Semiotica e filosofia del linguaggio, 198. 59 ALONSO ScHOKEL, Manuale di poetica ebraica, 130.

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Capitolo I PROVERB I, UN COMPONIMENTO POETICO

Le espressioni metaforiche prendono forma e assumono conte­ nuti nell'alveo composto dalla stretta interazione tra autore, conte­ sto e referenti o destinatari. Più intensa è la comprensione di corre­ lazione fra le parti del linguaggio, maggiore sarà il grado della intel­ ligibilità della metafora stessa. Non così altrettanto compiutamente si può evincere dalle metafore prodotte nella letteratura biblica. In­ fatti, al lettore moderno spesso sono precluse rilevanti informazio­ ni circa l'autore e i suoi destinatari. Per tale ragione, la ricostruzio­ ne del tessuto redazionale del testo, unitamente alla delineazione dell'ambiente storico e sociale che lo ha generato, rappresenta uno snodo irrinunciabile nella comprensione del linguaggio metaforico. l. D tessuto testuale della metafora

Nella sua forma finale, il libro dei Proverbi testimonia l'assor­ hi mento e la rielaborazione di tradizioni testuali variegate. Il testo scritto e la sua forma orale non hanno mai cessato di coesistere. 1.1.

Tra oralità e testualizzazione

Se ad Aristotele si attribuisce unanimemente il merito di aver configurato il linguaggio della metafora in una più sistematica trat­ tazione, è al mondo mesopotamico sumerico e accadico che possia­ mo ascrivere la «protostoria)) del linguaggio figurato. 1 Per le anti-

1 Cf. M. LEEZENBERG, Contexts of Metaphor, Amsterdam 2001 , 15-31. Secondo l'autore, la distinzione tra significato letterale e metaforico consisterebbe in realtà in una pluralità di usi del medesimo lemma nel contesto di una tradizione preva-

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che civiltà del Vicino Oriente, l'esprimere molteplici concetti con un vocabolario povero e attraverso relativamente pochi segni rap­ presentò al contempo una necessità e un limite imposto da una tra­ dizione orale che si stava avviando a una fase di testualizzazione del proprio patrimonio linguistico.2 Indubbiamente, anche per la tradi­ zione israelitica antica si è posta la questione del rapporto tra orali­ tà e scrittura. Il complesso dibattito si è aperto su più fronti, alla ri­ cerca di quello che Gianantonio Borgonovo definisce punto assiale (Achsenzeit) della formazione scritta dell'Israele biblico:3 la ricerca di connessioni tra oralità, aHabetizzazione e materiale letterario, il processo storico di formazione e stratificazione della letteratura bi­ blica fino alla fase di stabilizzazione e determinazione del canone, gli influssi culturali internazionali rispetto alla produzione lettera­ ria nell'Israele antico. La letteratura biblica è un intreccio letterario che racchiude un continuum tra contesto orale e testualizzazione .4 Il libro dei Proverbi a suo modo testimonia il passaggio da una fase primaziale di trasmissione orale della sapienza verso un pro­ cesso di decodificazione scritta a legittimazione delroralità stessa. In altre parole, la testualizzazione non sostituisce completamente l'oralità e quest'ultima non sempre è scalzata dal testo. Al contra­ rio, tra oralità e letteratura scritta permane una sorta di convivenza spiegabile alla luce di molteplici fattori. David M. Carr assegna un

lentemente orale e, per tale ragione, probabilmente più ricca di concetti metaforici rispetto al materiale testuale ed epigrafico ritrovato (3300 a.C.). Nella letteratura egizia un testo ricco di metafore è l'Insegnamento di Ani, datato attorno al 1300 a. C. Cf. A. RoccAT I , «Insegnamento di Ani,,, in lo., Sapienza egizia, Brescia 1994, 107-122; ANET. 420-421 . 2 La parola scritta venne a d assumere u n ruolo sempre più privilegiato per i suoi molteplici usi: commerciali, amministrativi, religiosi, e perfino di in trattenimen­ to. Cf. J.L. CRENSHAW, Education in Ancient lsrael. Across the Deadening Silence, New York 1 998, 29-49. Grottanelli condivide in parte la coesistenza di lingua e scrit­ tura e ritiene più sostenibile l'idea di una «Cultura della recitazione orale'> svilup­ patasi in particolare nell'antica Grecia: C. GROTTANELLI, «La scrittura nell'ambiente della Bibbia. Valori culturali e religiosi dello "scritto" nel contesto storico che ha generato l'Antico Testamento», in RSB (201 1)1, 1 1 -26. 3 Borgonovo mutua questo termine (Achsenzeit) da Jaspers con lo scopo di cogliere dinamiche storiche e culturali confluite nella «memoria fondatrice» delle Scritture; cf. G. BoRGONovo , «(Ri)scrittura delle tradizioni di Israele e memoria fondatrice», in RSB (2010)1-2, 55-102. 4

Cf. S. NIDITCH ,

Oral World and Written Word. Ancient Israelite Literature,

Louisville ( KY) 1996, 100-130. L'autrice documenta tale posizione commentando alcuni fra i testi più classici della Bibbia ebraica nei quali l'azione dello scrivere è strettamente collegata alla proclamazione o alla forma orale, affermando che nella forma scritta rimangono tracce della tradizione orale (Dt 6.4-9; 17,14-20; 2Re 23; Ger 51,60-64; Ne 8).

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peso rilevante al contesto sociale delle popolazioni antiche. Dal suo punto di vista, la bassa alfabetizzazione della maggior parte della popolazione israelitica antica obbligò al mantenimento della tradi­ zione orale rispetto alla norma scritta.5 Un secondo fattore è ascri­ vibile al peso religioso che ebbe il «potere numinoso della parola scritta» il quale, con il passare del tempo, assunse una determina­ zione elitaria e politica,6 un fenomeno che ha origini più remote rispetto a Israele.7 In questo processo di commistione tra oralità c scrittura, si deve aggiungere un ultimo elemento di matrice più p rettamente letteraria: l 'influenza culturale dentro e fuori la tra­ dizione israelitica antica. Il libro dei Proverbi è debitore, come ve­ dremo più sotto, di rilevanti influenze internazionali, in particolare egizie e mesopotamiche.8 Il materiale letterario riportato in Pro­ verbi risente di connessioni letterarie inglobate in un'area geogra­ fica molto estesa. Da questo punto di vista, si intuisce la ancora più complessa individuazione di parametri linguistici uniformemente accolti e condivisi da uno specifico ceppo culturale. Tale questione applicata allo studio della metafora biblica potrebbe ingenerare il travisamento della comprensione stessa del linguaggio metaforico.9 Ragione per cui non vanno negate o armonizzate le tensioni interne della trama testuale, nella sua letteralità. l .2.

La composizione letteraria di Proverbi

L'intreccio tra oralità e scrittura è talmente presente nel libro dei Proverbi che anche la sua redazione respira la dibattuta que5 D.M. CARR, Writing on the Tablet of the Heart. Origins of Scripture and Literature, Oxford 2005, 1 1 1 -173. Michael Fishbane osserva che gli antichi scribi

ricevettero la tradizione e la ritrasmisero non semplicemente copiando asetticamen­ te il materiale testuale tramandato, ma, attraverso un approfondito studio, appor­ tarono al testo correzioni e aggiunte lessicali e teologiche; cf. M. FISHBANE, Biblica! lnterpretation in Ancient lsrael, Oxford 1985, 78-83. 6 Cf. W.M. ScHNIEDEWIND, How the Bible Became a Book. The Textualiza­ tion of Ancient lsrael, Cambridge 2004, 24-34; G. GARBINI, Letteratura e politica nt'II'Israele antico, Brescia 2010, 107-126. 7 Cf. CARR, Writing on the Tablet of the Heart, 84-90. I ritrovamenti archeolo­ �ici nelle città di Ebla e Hattusa testimoniano sia l'esistenza di testi conservati in biblioteche sia l'interesse dei monarchi (come per esempio Assurbanipal) a pos­ sedere una collezione privata; cf. L. CASSON, Libraries in the Ancient World, New Haven 2001 , 1-16. 8 Cf. M.V. Fox, Proverbs 10-31. A New Translation with lntroduction and Commentary, New Haven-London 2009, 753-769. 9 Cf. CARR, Writing on the Tablet of the Heart, 3-14. L'autore sostiene che, con probabilità, circolavano modelli di istruzione standard tali per cui venivano mutuati facilmente in altri contesti culturali e con una certa uniformità di stile e pensiero.

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stione sulla paternità e i suoi destinatari.10 Segnale questo di una genesi pluriforme, tant'è che oggi si è recepito il libro dei Prover­ bi come un insieme di collezioni il cui percorso editoriale non può essere tracciato con certezza ma solo con una ragionevole proba­ bilità, giacché il materiale letterario è costituito da differenti tra­ dizioni sia orali che scritte e distribuito in un lasso di tempo rela­ tivamente lungo.11 Il libro è una «raccolta di raccolte» (Sammlung von Samm­ lungen )12 suddiviso in più unità, i cui primi formali indicatori del cambio di ripartizione sono rappresentati dagli autori a cui il testo rimanda in apertura ad ogni collezione.13 La prima collezione (1-9) è ritenuta la parte più recente. Si deve allo studioso André Robert, agli inizi del secolo scorso, l'aver individuato legami (attaches) let­ terari tra le varie parti all'interno della medesima sezione. 14 Roger 10 La paternità di Proverbi è attribuita a più di un autore. Il libro si apre con l'intitolatura al re Salomone ( 1 , 1 ) menzionato altrove in Pr 10,1 e Pr 25,1. Tuttavia Pr 22,17 e 24,23 fanno riferimento a parole di saggi di cui non si menziona la pa­ ternità. In Pr 25,1 sembrerebbe che la collezione sia stata composta dagli uomini di Ezechia ( 25, 1 ) . Anche Agur (30, 1 ) e Lemuel (3 1 , 1) offrono le loro sagge parole. Cf. T. LoNGMAN III, Proverbs, Grand Rapids 2006, 23-26. 1 1 Cf. R.N. WHYBRAY, The Composition of the Book of Proverbs, Sheffield 1 994, 6 1 . 1 2 M. SJEB0, Spriiche, Gottingen 2012, 17. 1 3 Fra gli studiosi vi è un generale consenso nel ritenere Proverbi un rag­ gruppamento di raccolte. Più difformi sono le cesure che gli autori pongono tra le raccolte e all'interno delle singole sezioni. Vi è una suddivisione che struttura Pro­ verbi in sette collezioni (Pr 1,1-9.1 8� 10,1-22,16; 22,17-24 ,22; 24 ,23 -34 ; 25 , 1-29,27 ; 30, 1 - 3 3 : 3 1 , 1 -3 1 ) : cf. B.K. WALTK E, The Book of Proverbs. Chapters 1-15, Grand Rapids-Cambridge 2004, 9-28; SJEB0, Spriiche, 17-21. Altri autori scompongono gli ultimi capitoli in strutturazioni più brevi (Pr 1 , 1-9 , 1 8 ; 1 0,1-22,16; 22 , 1 7-24 ,22; 24,23-34; 25,1-29,27; 30,1-14; 30,15-33; 31,1-9; 31,10-31): cf. R.J. CuFFORD, Proverbs. A Commentary, Louisville (KY) 1999, 1-3; M .V. Fox, Proverbs 1-9. A New Transla­ tion with lntroduction and Commentary, New York 2000, 4-5; M. CIMOSA , Proverbi. Nuova versione, introduzione e commento, Milano 2007, 28-33; C. R. YoDER, Prov­ erbs, Nashville 2009, XXI-XXVI. Arndt Meinhold suddivide Proverbi in tipologie letterarie in base alla loro estensione: tre raccolte lunghe (Hauptsammlung: Pr 1-9; 10, 1 -22,16; 25-29); quattro raccolte brevi (Kleine Sammlung: Pr 22,17-24,22; 24,2334; 30 , 1 - 1 4 ; 30.1 5-33): un insegnamento (Lehre: Pr 31 ,1-9) e una composizione poe­ tica (Gedicht: Pr 31 .10-31): cf. A. MEINHOLD, Die Spriiche, 1: Spriiche Kapite/ 1 -15 , Ztirich 1991 , 23-26. Diversamente, PlOger propone una struttura tripartita (Pr 1-9; 10,1-22,16; 25-29; i restanti capitoli sono valutati come appendici): cf. O. Pl.OOE R, Spriiche Salomos, Neukirchen-Vluyn 1984, XIV. Longman III, in una formulazione più radicale, presenta l'ipotesi di una suddivisione di Proverbi in due grandi parti (Pr 1 , 1 -9,1 8; 10,1-31,31): cf. LoNGMAN, Proverbs, 36-42. Seenam Kim rileva invece i rapporti lessicali tra le varie collezioni: cf. S. KIM, The Coherence of the Collections in the Book of Proverbs, Eugene 2007, 214-221. 14 Cf. A. RoBERT, «Les attaches littéraires bibliques des Prov. I-IX (première partie )», in RB 43(1934), 42-68; 1 72-204; 374- 384 ; Io., «Les attaches littéraires bibli­ ques de Proverbes, I-IX (deuxième partie)», RB 44(1935), 344-365; 502-525.

42

N. Whybray identifica in questo corpo letterario una serie di alter­ nanze tra istruzioni e discorsi, ma che tuttavia - come egli stesso ammette - non scioglie il problema di individuare nei dettagli la storia redazionale della collezione.15 In più, dobbiamo assommare la povertà di dati contestuali (ad esempio, l'individuazione univoca della categoria padre/figlio o l'identità certa della sapienza). La più antica ed estesa collezione (10,1-22,16) inizia con l'espli­ cito riferimento a Salomone ( 10,1), come già in apertura del libro (1,1 ) . Per tale ragione, Patrick W. Skehan sostiene l 'ipotesi di un unico autore a capo di tale composizione.16 In realtà, questa sezione è stata oggetto di un prolungato dibattito attorno alla sua struttura­ zione letteraria, la quale appare essere formata da una serie di mi­ nuscoli gruppi letterari a sé stanti.17 Vi sono tuttavia elementi poeti­ ci e retorici che si ripetono: parallelismi ( sinonimici, antitetici, sinte­ tici), paronomasie, assonanze, allitterazioni, coppie di parole (word pairs), giochi di parole (word play ) , schemi sonori (sound patterns) . Inoltre, non mancano enunciati tematici già presenti in Pr 1-9: pa­ dre e figlio, istruzioni, consigli regali. Tutto questo fa pensare a una lunga rielaborazione testuale le cui origini si radicano nella trasmis­ sione orale. 1 8 Da Pr 22,17 inizia un 'unità letteraria che dal punto di vista tematico fa appello ai detti dei saggi, parole che vengono ripre­ se e aggiunte in Pr 24,23, stabilendo una nuova cesura che termina al v. 34. Le Istruzioni di Amenemope e Abiqar19 rendono ragione delle influenze esterne nella tradizione sapienziale israelitica anti­ ca, qui riprese e ricontestualizzate in una nuova forma testuale.20 Le

15 Cf. 16 Cf.

WHYBRAY, The Composition of the Book of Proverbs, 1 1-61 . P. W. SKEHAN, Studies in /sraelite Poetry and Wisdom, Washington 1 971, 15-26. La somma delle consonanti ebraiche del nome «Salomone>> corrisponde a 375, il numero complessivo dei proverbi di questa sezione. In questa direzione. Gar­ bini considera posteriori alcuni proverbi e, pertanto, propone come chiave di lettura dell'intera collezione il numero 365: si tratterebbe di proverbi raccolti per ogni gior­ no dell'anno solare. Cf. GARBINI, Letteratura e politica nell'Israele antico, 127-132. 1 7 Cf. R.N. WHYBRAY, The Book of Proverbs, Cambridge 1972, 34-61 . 18 Cf. WHYBRAY, The Composition of the Book of Proverbs, 66-83. 19 Cf. A. RocCATI, «Insegnamento di Amenemope>>, in Io., Sapienza egizia, Brescia 1 994, 123-141 ; R. CoNTINI, «Il testo aramaico di Elefantina)), in Il saggio Ahiqar, a cura di R. CoNTINI - C. GROITANELLI, Brescia 2005, 1 13-139; ANET, 421425; 427-430. 20 Nili Shupak compara a livello formale e semantico alcuni tennini del lessico dei Proverbi ( istruzione, castigo, uomo collerico, ecc. ) con il vocabolario educativo egiziano offrendo ragioni credibili a sostegno delle numerose affinità fra i due ambienti culturali. Cf. N. SHUPAK, «The "Sitz im Leben" of the Book of Proverbs in the Light of a Comparison of Biblica} and Egyptian Wisdom Literature» , in RB

94(1987)1 , 98-119.

43

«trenta massime» (22,20)21 alludono alle Istruzioni di Amenemope e sono un indizio di una coerente trama letteraria.22 Invero, gli stret­ ti legami di contenuto e stile con la prima collezione di Proverbi ci informano sulla coesione di un patrimonio linguistico condiviso su larga scala. 23 Attribuita agli uomini di Ezechia, la collezione che comprende i capitoli 25-29 è opera di un singolo o di un gruppo di editori. È il tipo di composizione che permette tale deduzione . Infatti, comune­ mente si suddivide questa parte in due sottounità (25-26 e 27-29). La prima è caratterizzata da piccoli gruppi tematici e da un 'abbon­ dante proliferazione di metafore presenti nella prima parte dello stico, mentre la seconda procede per massime individuali con una preponderanza di distici antitetici.24 Gli ultimi capitoli (30,1-31,31) sono composti da variegate tipologie letterarie: detti di Agur (30,1 ), parole di Lemuel (31 ,1 ), proverbi numerici, aforismi ed epigrammi, un poema alla donna di valore {30,10-31 ). La versione greca dei LXX inserisce Pr 30,1-14 dopo 24,22 e l'unità Pr 30,15-31,9 segue Pr 24,34, Pr 30,15-33 è costituita da proverbi numerici.25 Vi sono al­ cune particolarità che meritano attenzione. Richard J. Clifford ri­ leva una serie di allusioni e di reminiscenze con testi biblici, postu­ lando così una possibile rilettura e riscrittura dei medesimi.26 Arndt Meinhold sottolinea il carattere teologico (Summarium) di Pr 30,1-

21 John A. Emerton confuta la posizione di Whybray secondo il quale il qere in Pr 22,20 non va interpretato con il numero trenta, esplicita allusione alle trenta stanze di Amenemope. Al contrario, l 'autore, seguendo Gre.Bmann e Humbert, so­ stiene l'ipotesi di una certa dipendenza dalle Istruzioni di Amenemope, non riuscen­ do tuttavia a identificare con precisione le trenta massime. Cf. J.A. EMERTON, «The Teaching of Amenemope and Proverbs XXII 17-XXIV 22; Further Refl.ections on a Long-standing Problem», in VT 51(2001 )4, 43 1 -465. 22 Cf. M.V. Fox, Proverbs 10-31 , 704-753; In., «From Amenemope to Prov­ erbs. Editoria} Art in Proverbs 22,17-23,1 1 », in ZA W 126(2014)1 , 76-91. L'autore riprende la posizione critica di Emerton riuscendo a precisare e identificare le trenta massime, facendo emergere un artistico lavoro editoriale. 2 3 Cf. A. NICCACCI, «Proverbi 22.17-23,11», in LASBF 29(1979), 42-72; Io., «Proverbi 23,12-25», in LASBF 47(1979), 33-56. 24 Cf. WHYBRAY, The Composition of the Book of Proverbs, 120-131; Fox,

Proverbs 10-31, 775-776. 25 Cf. WHYBRAY, The Book of Proverbs, 97-98. I proverbi numerici che cor­ rispondono al modello: x, x + l sono 4 ( 15b-16.18-19.21-23.29-31). Il problema concerne le origini e il rapporto di tali proverbi con il resto della sezione: si tratta di giochi di parole? Sono il risultato di osservazioni naturali e del comportamento umano? Possiedono una struttura educativa il cui scopo è la memorizzazione? Le questioni rimangono aperte. 26

44

Cf. CLIFFORD,

Proverbs, 258.

14.27 Essendovi presente una preghiera (30,1-9), l'unica preghiera di tutto il libro dei Proverbi, Michael V. Fox propone Pr 30,1-9 come un 'unità coesa, a cui fanno seguito aforismi ed epigrammi di va­ rio genere (30,10-31 ,33).28 Le parole di Lemuel (30,1-9) raccolgo­ no le istruzioni di una madre a suo figlio. Si tratta di un raro caso di insegnamento sapienziale materno che riflette probabilmente un background egiziano e forse babilonese, ma che è accolto senza re­ more nella tradizione israelitica antica.29 Il libro si conclude con il poema alla donna di valore (3 1,10-31). L'indagine sulla composizione del libro dei Proverbi si pone a più livelli di analisi: nella individuazione del legame tra oralità e testualizzazione, nella ricostruzione della storia redazionale di cia­ scuna collezione rispetto alle tradizioni letterarie a cui alludono e, a livello sincronico, nello studio della forma finale del libro. Le me­ tafore sono adeguatamente comprese alla luce di questi livelli di i n dagine, a partire dalla redazione finale del libro.

2. Contestualizzare metafore La storia redazionale del testo traccia una delimitazione lette­ raria decisiva per l'ermeneutica biblica.30 Ma il linguaggio metafo­ rico si avvale anche del contesto culturale e storico entro il quale si stabilisce la connessione tra autore, testo e destinatario. In questa prospettiva, si può parlare utilmente di contesti al plurale. 3 1 2. 1.

Contesto poetico e letterario

Secondo Robert Alter il libro dei Proverbi contiene una strut­ tura poetica più immediatamente visibile e riconoscibile rispetto ad altri componimenti biblici veterotestamentari. Eccettuata la pri­ ma, la maggior parte delle raccolte è costituita da singoli prover­ bi indipendenti, le cui caratteristiche sono l 'arguzia, la costruzione r1

Die Spriiche, 2: Spruche Kapite/ 16-31, Zfirich 1991, 494-501. Cf. Fox, Proverbs 10-31 , 849-860. 29 Cf. ivi, 883. 30 Cf. H. SIMIAN-YoFRE, «Diacronia: i metodi storico-critici», in Io., Meto­ dologia dell'Antico Testamento, Bologna 1995, 79-1 19; J.-N. ALEITI et al. , Lessico ragionato dell'esegesi biblica. Le parole, gli approcci, gli autori, Brescia 2006, 39-69. 31 Cf. J.M. MONSON, «Contextual Criticism as Framework for Biblica} Interpretation», in /srael. Ancient Kingdom or Late Invention?, a cura di D.l. BLOCK, Nashville 2008, 25-55. 28

a. A. MEINHOLD,

45

di parole (catch-word) o frasi a effetto (punch-phrase) il cui scopo è focalizzare e intensificare quanto espresso nel primo emistichio dell'espressione linguistica (solitamente diadica).32 Senza dubbio si incontrano molti proverbi costruiti secondo la tecnica del paralle­ lismo biblico, ma questo non è l 'unico procedimento letterario. Ad esempio, la prima raccolta, «sofisticata poesia» (sophisticated poe­ try), possiede una struttura unitaria caratterizzata dal genere del­ l'istruzione e una coerenza di temi i quali rivelano un coeso sistema metaforico. 33 La forma poetica riveste una duplice funzione: este­ tica e pragmatica. La funzione estetica è strategica per il messag­ gio che si vuole trasmettere. Da questo punto di vista, Luis Alon­ so Schokel e José Vflchez Lfndez hanno individuato e classificato una serie di tipi letterari: proverbi a enunciato semplice (sostan­ tivo + qualificativo + predicato), comparativi, o aventi come sog­ getto un predicato verbale, proverbi antitetici, numerici, acrostici, aforismi. Si tratta di una classificazione che non può essere accolta rigidamente poiché, a detta dei due studiosi, a livello diacronico in proverbi più complessi non è da escludere la manipolazione finale del redattore, il quale ha alterato il proverbio causando o un'espan­ sione o una contrazione o una variante (cf. Pr 6,9- 1 1 e 24,33).34 Nel­ la prospettiva pragmatica, l'interpretazione è fortemente determi­ nata e condizionata dal lettore e dalla sua attiva e creativa abilità nell'intuire i molteplici significati racchiusi nella poesia.35 A questo riguardo, Theodore Perry propone un paradigma quadri partito che tende a spiegare la struttura poetica di Proverbi applicando un ri­ goroso sistema logico. Si tratta, a volte, di un procedimento ecces­ sivamente meccanico, che non concede al lettore così tanta libertà interpretativa come è nelle sue intenzioni.36

32 33

Cf. R. ALTER, L 'arte della poesia biblica, Cinisello Balsamo 201 1 , 264. Cf. S. WEEKS, lnstruction and Jmagery in Proverbs 1-9, Oxford 2007, 33-66. Tuttavia anche nella prima raccolta si è approfondito il parallelismo; cf. M. SIGNO­ RETIO, Metafora e didattica in Proverbi 1-9, Assisi 2006, 121-189. 34 Cf. L. ALONSO ScHOKEL - J. VfLCHEZ LfNDEZ, l Proverbi, Roma 1988, 134-174. 35 Cf. R.B.Y. Scorr, «The Power of Form: A Study of Biblical Proverbs» , in R.B. ZucK (a cura di), Leaming from the Sages. Selected Studies on the Book of Proverbs, Grand Rapids 1995, 73-97. L'autore porta l'esempio di Pr 18,21 mostran­ do come la traduzione sia determinata più dalla comprensione del lettore e dal suo livello culturale e teologico che da un'attenta dimensione letteraria del testo e dal potere della sua forma. 36 Cf. T.A. PERRY Wisdom Literature and the Structure of Proverbs, Pe.nnsyl­ vania 1 993, 15-32. Il modello quadripartito si basa su questa esemplificazione: l) ciò che appare buono è buono ( + + ) ; 2) ciò che appare cattivo è cattivo (- -); 3 ) ciò che appare buono è cattivo (+ -); ciò che appare cattivo è buono (- +). A partire ,

46

Ancora più esplicitamente, il libro dei Proverbi contiene indi­ catori testuali che danno ragione del suo genere poetico. Pr 1,1 esordisce con il vocabolo '? W�,37 un etimo che fissa la titolatura all'intero libro e la cui precisazione linguistica si presenta anco­ ra oggi di difficile definizione, poiché di natura polivalente. In ge­ nere, '? !f� è associato all'idea di comparazione e similitudine che proviene da un detto popolare.38 Michael V. Fox e Robert Alter accostano a questo significato quello più estensivo del linguaggio metaforico: il proverbio è anche un tropo e la sua comprensione è inclusiva nel linguaggio simbolico, in forza del quale non può ridursi alla sola estensione letterale.39 Nei versetti successivi ( 1 ,27) Roland Meynet interpreta '?tp� come uno strumento letterario funzionale all'acquisizione di saggezza e intelligenza, come è ri­ chiamato dal contesto retorico immediatamente precedente.40 Si fa menzione anche di altre due tipologie letterarie che qui appaiono una sola volta e per le quali il significato rimane incerto. Il prover­ bio è un componimento poetico ed elegante, costituito da sarcasmi o epigrammi allusivi, oscuri, taglienti, beffardi (:1i"7 ?i), che insieme agli enigmi (:1T'D) non intende essere una barriera all'intelligibilità del lettore, ma uno strumento di illuminazione creato con un 'arte particolarmente raffinata. 4 1

da questa modulazione, spiega il rapporto tra i segmenti di proverbi e la formula

better than.

37 Il lemma ' W� ricorre in Pr 17 volte (1,1.6; 6,7; 10,1 ; 12,24; 16,32; 17,2; 19,10; 22,7; 23,1; 25,1; 26,7.9; 28,15; 29,2.1 2.26) e 6 con il significato di Pr 1,1 (1,1.6; 10,1; 25,1.7; 26,9). Cf. CIMOSA, Proverbi, 39. 38 Cf. BEYSE, «' tQ�», 69-73; F. CAROLE, «Proverb Performance in the Hebrew Bible», in The Poetica/ Books. a cura di DJ.A. CLINES, Sheffield 1997, 316-332. Oes­ tt!rley giudica inappropriato l'uso di questo termine nel solo senso di comparazione perché nel libro dei Proverbi non compaiono solo enunciati di similitudini. Il pro­ verbio, provenendo dalla tradizione orale, doveva essere nella sua origine in forma tendenzialmente semplice e corta, ma nel libro non sempre è così. Il termine 'W� probabilmente ha subìto un'evoluzione il cui senso è più ampio di come appare qui; cf. W.O.E. OESTERLEY. The Book of Proverbs, Westminster 1929, LXXIII-LXXVII. 39 Cf. ALTER, L 'arte della poesia biblica, 262; Fox, Proverbs 1-9, 54. 40 Cf. R. MEY N ET, «"Pour comprendre proverbe et énigme". Analyse rhétorique de Pr 1,1-7; 10,1-5; 26,1-12», in P. BovAn - R. MEYN ET (a cura di), Ouvrir /es Écri­ tures. Mélanges offerts à Paul Beauchamp à l'occasion de ses soixante-dix ans, Paris 1995, 97-1 18. 41 Cf. DCH, III, 204; W. McKANE, Proverbs. A New Approach, London 1970, 266-277; H. SIMIAN-YOFRE, «Parabole, sarcasmi ed enigmi: l'elogio del sarcasmo (Proverbi 1 ,6)», in G. BELLIA - A. PASSARO (a cura di), /l libro dei Proverbi, Casale Monferrato 1999, 135-145; C.H. Tov, A Criticai and Exegetical Commentary on the Book of Proverbs, Edinburgh 1904, 8-9; Fox, Proverbs 1 -9, 63-67; A.P. Ross, «Proverbs 1:1-19», in ZucK (a cura di), Learning from the Sages, 171-177.

47

Il libro dei Proverbi si presenta così come un ricco e variegato mondo di forme poetiche e la metafora rappresenta una sua bril­ lante testimone. 2.2.

Il contesto culturale e sociale

Nella storia della trasmissione del testo di Proverbi ( Oberlie­ ferungsgeschichte) si è posto l ' accento anche sul fatto che esso sia da valutare come un prodotto culturale.42 Con il termine «prodotto culturale» si intende riferirsi all'insieme degli elementi sociali e let­ terari che sono contestuali alla creazione letteraria, e inseriti in una dinamica storica la cui comprensione integra il dato testuale. Anche l'espressione metaforica per essere intesa nella sua funzione seman­ tica e pragmatica necessita del rimando a una serie di background i quali favoriscono e talvolta determinano la sua vita letteraria. Così, accanto al contesto immediato, cioè più propriamente aderente alla superficie testuale, le metafore bibliche si comprendono oltre se stesse, alla luce di rimandi esterni al testo. Limitatamente al libro dei Proverbi, la domanda posta circa la natura dei contesti che avrebbero favorito e prodotto il libro dei Proverbi trova risposta in una serie di articolazioni. Una prima si si­ tua a livello di composizione letteraria del libro. Sono noti gli influs­ si internazionali provenienti in particolare dalla cultura egizia. Dal 1923, anno della scoperta e pubblicazione delle Istruzioni di Amene­ mope gli studiosi hanno approfondito il legame tra Proverbi e la sa­ pienza egizia, ravvisandovi comunanze e allusioni attorno a modelli simili, didattici e educativi.43 Consigli etici per evitare, ad esempio, situazioni compromettenti sono rintracciabili anche fuori dall'anti­ co Egitto: nella letteratura ugaritica, sumerico-accadica, mesopota­ mica. Tra i testi più significativi sono da annoverare il testo aramai­ co Abiqar, le Istruzioni di Shurrupak e i Consigli di Sapienza.44 An­ che la cultura greca può aver influenzato la stesura del libro. Come è risaputo, il giudaismo postesilico ha guardato con interesse e favore

42 Cf. G. BELLIA, «Proverbi: una lettura storico-antropologica», in BELLIA - PASSAR.O ( a cura di) , Il libro dei Proverbi, 55-99; GIANTO, «Il fattore linguistico: l'ebraico "biblico" come lingua letteraria al servizio dell'identità storico-religiosa»,

21 1-222.

43 Cf. T. ScHNEIDER., «Scribes, Sages, and Seers in Ancient Egypb>, in L.G. PERDUE (a cura di ) , Scribes, Sages, and Seers. The Sage in the Eastern Mediterranean World, Gottingen 2008, 35-46; B. ALSTER, «Scribes, Sages and Seers in Ancient Mesopotamia», ivi, 47-63. 44 Cf. MEINHOLD, Die Spruche, Il, 26-37; CuFFoRD, Proverbs, 8-19.

48

alla cultura ellenista, la cui influenza è perdurata con una ininterrot­ ta continuità oltre la crisi maccabaica.45 Non si può certo affermare che Proverbi contenga una dipendenza diretta da forme letterarie greche, ma allusioni e legami con l'ambiente educativo della paideia non sono da escludere totalmente. Infatti, la tecnica dei proverbi, la retorica, l'uso della poesia e della memorizzazione erano strumenti adottati regolarmente nella formazione scolastica greca fin dal VI sec. a.C.46 Situazioni ibride di influenze elleniche furono presenti anche nel mondo egizio.47 Perciò, si può ragionevolmente suppor­ re che la ricchezza e varietà di forme letterarie presenti nel bacino mediterraneo abbiano influenzato pure la produzione letteraria del­ l'Israele antico e, quindi, la redazione di Proverbi.48 Una siffatta produzione culturale fa pensare a contesti sociali che contemplano situazioni parallele, nonostante le società si pre­ sentino marcatamente differenti e localizzate in aree geografiche non così vicine. Katharine J. De Il ha contribuito notevolmente a specificare l'humus sociale che potrebbe aver influito sulla nasci­ ta e sullo sviluppo del libro dei Proverbi. La studiosa mette a con­ fronto i possibili e diversi contesti sociali, mantenendo inalterata la suddivisione delle collezioni di cui il libro si compone.49 Così fa­ cendo, contribuisce a dare ragione della composita stratificazione letteraria di Proverbi. La prima collezione ( 1 ,1-9,18) si struttura attorno all'alternanza tra istruzioni e poemi. In questa sezione è contenuta una serie di referenze testuali che abilitano l 'interprete a intuire il contesto sociale. Fra le più note è la frequenza del bino­ mio padre-figlio,50 che rimanda certamente a un ambiente educati-

45 Cf. M. HENGEL, Giudaismo ed ellenismo. Studi su/ loro incontro, con parti­ colare riguardo per la Palestina fino alla metà del Il secolo a. C., Brescia 2001 , 228-

244. L'autore conferma questa tesi ancora più recentemente in Io. , «Judaism and Hellenism Revisited», in J.J. CoLLINS - G.E. STERLING (a cura di), Hel/enism in the Land oflsrael, Notre Dame 2001, 6-37. 46 Cf. R. DoRAN, «The High Cost of a Good Education», ivi, 94-11 5 . Massimo Gargiulo. ad esempio, ritiene che la prima Collezione contenga indizi linguistici e allusioni al genere letterario greco chiamato «protrettico»; cf. M. GARGIULO, «L'uso di modelli ellenistici in Proverbi I-IX», in RSO 74(2000) 1 , 9-23. 47 Cf. CARR, Writing on the Tablet ofthe Heart, 176-1 99. 48 Nell'ottica storiografica greca le prime testimonianze di interesse per la vita c i costumi degli ebrei appaiono nel IV sec. a.C., grazie agli scritti di natura etno­ grafica di Ecateo di Abdera; cf. G.L. PRATo, Identità e memoria nell'Israele antico. Storiografia e confronto culturale negli scritti biblici e giudaici, Brescia 2010, 266-284. 49 Cf. K.J. DELL, The Book of Proverbs in Social and Theological Context, Cambridge 2006, 181-200. 50 Ad esempio, il termine ,�� ricorre in Pr 1 ,8. 1 0 15; 2,1; 3,1 . 1 1 .21; 4,10.20; 5,1 .20; 6,1 .3.20; 7,1; 8,4.31. .

49

vo. La questione ruota attorno a tre tipologie di contesti educativi, nessuno dei quali decisivo: scolastico, di corte, e di formazione in famiglia da parte di scribi.5 1 La seconda collezione (10,1-22,16) ri­ vela una serie di influenze culturali esterne. Essa riflette legami con la prima collezione,52 ma si caratterizza per una pluralità di piccoli raggruppamenti tematici insieme a singoli proverbi, i quali fanno leva sull'impegno etico dell 'individuo. La natura frammentaria ri­ velerebbe una gestazione orale in un ambiente familiare e triba­ le.53 La terza collezione (22,17-24,22) include allusioni alle Istru­ zioni di Amenemope (22,17-23,11 ) e ad AJ:ziqar (23,3-14), e segnala una realtà formativa abbinata all'apparato regale e amministrativo. La quarta e quinta collezione (24,23-34; 25, 1-29,30), raccogliendo le parole dei saggi (24,13) e i proverbi di Salomone (25,1), fa pre­ supporre ugualmente un ambiente di corte. L'ultima sezione (30,131,31), composta da una serie di appendici, è definita dalla Dell «insondabile» dal punto di vista di reperimento del contesto socia­ le, a causa delle scarne informazioni e ricostruzioni dei personaggi citati, anche se traspare comunque un contesto sapienziale legato a un ambiente di corte.54 In conclusione, nel libro dei Proverbi sono inglobati una serie di contesti sociali: familiare, di corte, scolastico. Nessuno di que­ sti, presi singolarmente, è decisivo circa la ricostruzione precisa del contesto culturale che potrebbe aver generato e favorito la compo­ sizione di Proverbi. Tuttavia, essi possiedono un elemento comune: il setting educativo. Anche se permane un grado di incertezza sui destinatari e gli scopi reali di tale educazione rispetto all'interpre­ tazione delle metafore, i dati a disposizione ci paiono sufficiente­ mente congruenti per condividere una tale ambientazione culturale e sociale.

51 Cf. A. LEMAIRE, Le scuole e la formazione della Bibbia nell'Israele antico, Brescia 1 981, 35-57. Rimane aperta la questione della presenza e consistenza di un apparato scolastico nell'Israele antico. Contro la certezza di strutture scolastiche ipotizzata da Lemaire, Crenshaw sostiene una posizione più attenuata, suffragata dal fatto che finora il materiale archeologico non consente di affermare una pre­ senza di edifici pubblici scolastici in epoca preesilica; cf. CRENSHA w, Education in Ancient Israel, 85-1 13. 52 Cf. WHYBRAY, The Book of Proverbs, 62-85. 53 DELL, The Book of Proverbs in Social and Theological Context, 63-64. La frammentazione in piccoli temi rivela una coesa unità compositiva, volta a facilitare la memorizzazione nelle società antiche in cui predominava la trasmissione orale. 54 lvi, 83; C.B. ANSBERRY, Be Wise, My Son, and Make My Heart Glad. An Exploration ofthe Courtly Nature of the Book of Proverbs, Berlin 201 1, 1 84-190.

50

2.3.

La ricostruzione storiografica

La trasmissione di un condiviso patrimonio linguistico si svol­ ge nel contesto di parametri culturali e sociali di cui si cerca di ricostruire il contesto. Ma l'ermeneutica biblica opera in stretta connessione con l 'indagine storiografica, grazie alla quale prendo­ no luce molti dei fenomeni linguistici che a prima vista appaiono ambigui e oscuri. 55 Tale principio, per analogia, si applica al lin­ guaggio della metafora. Spesso, infatti, è la competenza culturale di un dato gruppo sociale che rende una metafora brillante e viva o, al contrario, un'espressione linguistica condannata all'oblio. Ed è at­ traverso l'indagine storica che si può in parte spiegare la fissazione testuale di una metafora in società e letterature differenti. Cultura, società e storia, dunque, rappresentano tre correlati contesti utili per la storia della redazione del testo ( Redaktionsgeschichte ). Volendo rintracciare indicatori storiografici in Proverbi, ci tro­ viamo di fronte a pochi indizi sui quali convergere. 56 Non sono pre­ senti riferimenti espliciti a eventi e si menzionano queste persone: il re Salomone (1 ,1; 10,1 ; 25, 1 ), gli uomini di Ezechia, re di Giuda (25,1 ), Agur (30,1) e Lemuel (31, 1 ). Per essi si pone il problema della ricostruzione storica come è, del resto, per buona parte del­ la letteratura biblica. 57 Per quanto riguarda Agur e Lemuel, non si è ancora in grado di assegnare loro alcuna precisa identificazione storica. Dal contesto letterario si deduce solo che si ha a che fare con un ambiente regale o un apparato amministrativo greco o egi­ zio, ma la ricerca permane oggi molto complessa e irrisolta.58 Il ri­ chiamo al re Salomone è altrettanto dibattuto. Due sono le princi­ pali questioni controverse: la storicità di Salomone e l'attribuzione della paternità del libro al figlio del re Davide. Robert B.Y. Scott sostiene che tanto l'indicazione della paternità a Salomone, come ss

Cf. PRATo, Identità e memoria nell'Israele antico, 13-26. Accanto alle esplicite menzioni di personaggi, il libro dei Proverbi offre indi­ catori linguistici che presentano aramaismi o sono la tori di una scrittura ebraica pre­ csilica. Tuttavia gli indizi filologici sono così pochi e incerti che la questione rimane spinosa e non decisiva, dal momento che è problematico separare usi linguistici tra prima e dopo l'esilio. Cf. Fox, Proverbs 10-31 , 504-506. 57 Cf. N.P. LEMCHE, The Old Testament between Theology and History. A Cri­ ticai Survey, Louisville 2008, 70-98; L.L. GRABBE, Ancient Israel. What do we know and how do we know it?, London-New York 2007, 219-225. 58 Cf. I.B. GorrLJEB, «The Words of the Exceedingly Wise: Proverbs 30-31», in K.L. YouNGER - W. W. HALLO - B.F. B Arro (a cura di), The Biblica[ Canon in Com­ parative Perspective, Lewiston 1991, 290. Secondo l'autore, il vocabolo «sapienza» in Pr 31,27 rimanda a un contesto greco o egizio, ma nulla di più. S6

51

la menzione degli uomini di Ezechia in 25,1 siano esempi di pseu­ doepigrafia di epoca postesilica e, pertanto, leggendari.59 Walter Brueggemann accetta lo sviluppo canonico del libro e le molte­ plici relazioni con la sapienza esterna all'Israele antico, optando a favore della sua paternità salomonica.60 La controversia sulla sto­ ricità del re Salomone trova luogo nell'attuale dibattito archeolo­ gico sulla monarchia unita nell'età del Ferro.61 In ogni caso, l'ipo­ tesi di una formazione pre-esilica del libro dei Proverbi è guardata con crescente convinzione. Lo sta a dimostrare anche il riferimen­ to agli uomini di Ezechia, re di Giuda (715-687). Secondo Pr 25,1 probabilmente a Gerusalemme si sarebbe trovato un ambiente fa­ vorevole, per la fase di testualizzazione di parte del libro, da parte di scribi o saggi di corte.62 Determinare il terminus a quo del libro dei Proverbi presenta ancora oggi una serie di incertezze, sulla base delle quali si possono avanzare ipotesi più o meno convincenti. Diversamente, il consenso degli studiosi attorno all'epoca di redazione finale di Proverbi trova

59

Cf. R.B .Y. Scorr, «Solomon and the Beginnings of Wisdom in Israel», in

M. NOTH - D.W. THOMAS (a cura di). Wisdom in Israel and the Ancient Near East,

Leiden 1 955, 262-279. 60 Cf. W. BRUEGGEMANN, Solomon. /srael's Ironie /con of Human Achievement, Columbia 2005, 1 84-1 94. 61 Mazar e Finkelstein concordano nel processo di revisione storica circa l'idea di una grande monarchia unita, entrambi sostenendo l'ipotesi di un più ridotto apparato statale, ma divergono sulla datazione. Finkelstein e Silberman sostengono inoltre che il contesto storico più verosimile per la produzione letteraria sia all'epo­ ca di Ezechia o, ancora più, durante il regno di suo figlio Manasse. Cf. A. MAZAR, «From 1200 to 850 B.C.E.: Remarks on Some Selected Archaeological Issues», in L.L. GRABBE (a cura di), Israel in Transition. From Late Bronze II to Iran Ila (c. 1250-850 B.C.E.), 1: The Archaeo/ogy, New York-London 2008, 86-120; l . FINKEL­ ITEIN - N.A. SrLBERMAN, David and Solomon. In Search of the Bible 's Sacred Kings tmd the Roots of Western Traditio, New York 2006, 151-177. 62 L'amministrazione di Ezechia è legata alla potenza assira. In seguito all'invasione di Sennacherib ( 701 ) la zona della Shefalah fu violentemente deva­ stata, tant'è che 1'85 % dei siti abitati nella zona fino all'VIII secolo non ebbero ripopolamento nel secolo successivo. Al contrario, i grandi centri urbani come Gerusalemme furono potenziati e ricostruiti. La politica assira favorì la ricostru­ zione di empori e centri di amministrazione governativa, con l 'evidente scopo di propaganda e di vassallaggio. Potremmo quindi supporre che il contesto storico della collezione a cui si riferisce il libro dei Proverbi a proposito di Ezechia sia da inquadrare con probabilità a Gerusalemme, in un ambiente regale teso, fra l'altro, a formare l'apparato amministrativo, in completo vassallaggio nei confronti di una potenza esterna. Tutto ciò collassò con l'esilio babilonese, causando un progres­ sivo declino socio-economico sia dei centri urbani che delle zone rurali. Cf. L.L. GRABBE, Good Kings and Bad Kings. The Kingdom ofJudah in the Seventh Century BCE, London 2005, 78-122.

52

una più ampia e riconosciuta assonanza.63 Ciò è riconducibile a una serie di connessioni storiche. L'avvento dell'egemonia persiana produsse uno sviluppo cre­ scente di scambi commerciali, un controllo amministrativo del ter­ ritorio e l'attenzione alle identità etniche. Si trattò di una serie di eventi favorevoli che permisero alla provincia della Giudea di de­ finirsi all'interno dell'impero persiano e di creare collegamenti con i giudei sparsi nella diaspora. 64 Pur con gradi diversi di assimilazio­ ne, il IV-III secolo fu un periodo di integrazione fra gruppi socia­ li ed etnici differenti.65 Un cambio significativo nella gestione del potere avvenne all'inizio del IV secolo con la crescita della dina­ stia tolemaica prima e seleucide poi, contestualmente al declino amministrativo ed economico dell'impero persiano. Fu durante il primo periodo lagide che i Tolomei si contraddistinsero n eli' essere fautori di un incredibile progresso e di un rinnovamento non solo politico, ma anche culturale ed economico. Per tale ragione, si può ragionevolmente ipotizzare che un simile contesto favorì la stesura di Proverbi, condizione che venne bruscamente capovolta e tron­ cata alla fine del III secolo con l'avvento del dominio seleucide di A ntioco III. La ricostruzione storiografica, dunque, permane oggi di difficile delimitazione. Tuttavia, la redazione finale di Proverbi si dovrebbe situare tra il IV e il III secolo a.C., prima dell'avvento di Antioco III. 3.

Svelare metafore

Esplorare il linguaggio metaforico in Proverbi è come entrare un bosco ricco di vegetazione e rivolgere l'attenzione alle tante sfumature letterarie nascoste in una pluralità di formulazioni. Una in

63 Il libro dei Proverbi non riporta e non conosce gli avvenimenti drammatici accaduti con Antioco IV a partire dall'anno 175 a.C. Ben Sira. vissuto in un'epoca anteriore alla rivolta maccabaica, sembra alludere al libro dei Proverbi quando tesse l'elogio di Salomone in Sir 47,1 7. Plausibilmente la redazione finale post quem non deve essere più tardiva del II sec. a.C. Cf. R.E. MuRPHY, Proverbs, Nashville 1 998, XX; CLIFFORD, Proverbs, 3-6; Fox, Proverbs 1-9, 55-58; Io. , Proverbs 10-31, 504-506; CIMOSA, Proverbi, 25-28; J.M.G. BARCLAY, Diaspora. / giudei nella diaspora mediter­ ranea da Alessandro a Traiano, Brescia 2004, 318-327. 64 Cf. M. LIVERANI, Oltre la Bibbia. Storia antica di Israele, Roma-Bari 2003, 132-166; L. L. GRABBE, History ofthe Jews and Judaism in the Second Tempie Period, London 2004, 132-1 66; L. CAGN I, «Elementi storico-culturali in Mesopotamia nei periodi persiano ed ellenistico», in RSB (1998)1-2, 25-58. 65 Cf. BARCLAY, Diaspora, 375-417.

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delle peculiarità letterarie del libro è la smisurata quantità di imma­ gini e metafore impiegate per esprimere diverse tipologie di per­ sone, consigli per una vita saggia o comportamenti da evitare. Ma Proverbi è anche un labirinto che diversi studiosi hanno percorso n eli 'intento di svelare la coerenza strutturale fra le varie parti di cui è composto il tessuto testuale. 3.1. Il labirinto di Proverbi

Fin dall 'epoca pionieristica degli studi sulla poetica biblica, al li­ bro dei Proverbi è stata riconosciuta la presenza di modelli e forme letterarie che la ricerca moderna ha confermato e sviluppato.66 Per lo più, le metafore in Proverbi sono analizzate secondo una duplice finalità: comprendere l'architettura generale del libro e afferrare il significato di immagini oscure agli occhi del lettore. Patrick W. Skehan fa della metafora della casa la chiave di let­ tura della struttura stessa della prima collezione di Proverbi. Secon­ do la sua interpretazione, le sette colonne della casa della sapienza di Pr 9,1 non sarebbero altro che un insieme di sette poemi che si snodano dal secondo al settimo capitolo.67 La prima colonna è co­ struita su 22 1inee corrispondenti alle lettere dell'alfabeto ebraico e le sei stanze di cui è composta la prima colonna possiedono in nuce allusioni e rimandi tematici che si ritroveranno in altre parti della collezione . Anche Victor A. Hurowitz riprende lo sviluppo della metafora proposto da Skehan. Partendo dall'analisi di Pr 31 , lo stu­ dioso considera le sette colonne una metafora per indicare le sette parti di cui è composto l'intero libro dei Proverbi. Entrambi gli au­ tori ancorano le loro posizioni ali 'impianto lessicale e retorico pre­ sente nella struttura testuale e la metafora è associata al sostegno della teoria secondo la quale il libro dei Proverbi è costruito attorno a una mappa architettonica.

66 Cf. J.M. THOMPSON, The Form and Function of Proverbs in Ancient lsrael, Paris 1974, 59-95. 67 Cf. P.W. SKEHAN, «The Seven Columns of Wisdom's House in Proverbs 1-9», in CBQ 9(1947). 9-14. Greenfield contesta tale interpretazione poiché, a suo dire, nel Vicino Oriente antico modelli architettonici ai quali la metafora di Pr 9,1 alluderebbe erano molto rari; diversamente, il testo fa riferimento a sette saggi che la letteratura mesopotamica conosce: J.C. GREENFIELD, «The Seven Pillars of Wis­ dom ( Prov. 9:1). A Mistranslation», in JQR 76(1 985), 1 3-20; V.A. Huaownz, «The Seventh Pillar - Reconsidering the Literary Structure and Unity of Proverbs 31», in ZA W 1 13(2001 ) , 209-218.

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Nella maggior parte dei casi, gli studi sul linguaggio metafori­ co in Proverbi si sono concentrati sull'analisi di capitoli o porzioni di essi. M. Beth Szlos prende in esame le metafore di Pr 31,10-3 1 . L'autrice analizza le immagini del corpo che s i applicano alla don­ na di valore (31 , 10) utilizzando l'approccio cognitivo della metafo­ ra concettuale. Applicando la teoria di Lakoff spiega da dove pro­ viene il significato di ogni termine e in quale modo si sviluppano e sono espresse le metafore, non solo all'interno della medesima collezione ma anche fra le collezioni (in particolare la prima). La linguistica moderna conserva tuttavia la forma di supporto all'in­ dagine filologica. 68 Un'indagine a più ampio raggio si trova nell'opera di Knut M. Heim. In verità, egli non intende trattare direttamente il tema del­ la metafora, ma propone ugualmente dei contenuti che ci paiono degni di attenzione nella comprensione del processo metaforico in Proverbi. La tesi di Heim si appoggia sulla definizione di «proverb performance context».69 Ogni proverbio è di per sé «morto» poi­ ché - teoricamente - rimane confinato entro il Sitz im Leben di una relazione linguistica lontana nel tempo e non più riproducibile. Se ricontestualizzati, i proverbi accedono a un nuovo evento co­ municativo, sprigionando una forza performativa che si realizza nel momento in cui il lettore permette al proverbio di far parte della sua comprensione linguistica. Il proverbio, prosegue Heim, possie­ de una funzione pragmatica, la quale si realizza se detentore di una serie di requisiti quali: bellezza estetica in un linguaggio chiaro, au­ mento dell'abilità del lettore nel collezionare proverbi e il cui scopo è influenzare altri destinatari (menta/ collection), capacità di rispo­ sta a specifiche domande intuite dal lettore, suggerimenti e consigli per la propria vita.70 Fra i soggetti tematici più approfonditi del libro dei Proverbi si annoverano la Sapienza e l 'immagine controversa della donna. Clau­ dia V. Camp vi ha dedicato un approfondito esame nella sua prima opera letteraria,71 ponendo a confronto la prima e l'ultima collezio-

68 Cf. M.B. SzLos, «Body Parts as Metaphor and the Value of a Cognitive Ap­ proach. A Study of the Female Figures in Proverbs via Metaphor», in P. V AN HECKE (a cura di), Metaphor in the Hebrew Bible, Leuven 2005, 185-195. 69 Cf. K.M. HEIM, Like Grapes of Gold Set in Silver. An lnterpretation of Pro­ verbial Clusters in Proverbs 10:1-22:16, Berlin 2001, 69-75. 7° Cf. ivi, 72. 71 Cf. C.V. CAMP, Wisdom and the Feminine in the Book of Proverbs, Sheffield

1985, 72-77.

55

ne. Le metafore femminili sono studiate riservando un ampio spa­ zio al contesto o, meglio, ai contesti culturali, letterari e storici che hanno elaborato la personificazione della donna-Sapienza come fi­ gura letteraria. Seguendo un approccio canonico, la studiosa recepi­ sce l'influsso della letteratura contemporanea sulla linguistica della ·metafora, ma di fatto ne tralascia l'applicazione preferendo porre l'accento sulla dimensione sociale e letteraria delle metafore stesse.72 Uno degli studi che, a nostro avviso, meritano particolare con­ siderazione per la nostra indagine è Animal ln1agery in the Book of Proverbs di Tova L. Forti. Finora si tratta dell'unica opera sulle metafore in Proverbi che abbracci l'intero libro. A livello metodo­ logico, la studiosa affronta la questione ermeneutica delle metafo­ re animali mediante alcune annotazioni zoologiche. Le metafore poi vengono studiate a tre livelli: filologico, letterario, concettuale. L'interpretazione procede a partire dall'analisi delle forme lettera­ rie (ammonizioni, detti comparativi e antitetici, proverbi numerici) nelle quali le metafore animali sono inserite, facendo risaltare la loro dimensione artistica e poetica. Solo in un secondo momento si colgono i risvolti sociali e le categorie comportamentali che le metafore al contempo svelano e nascondono.73 In questo caso, il funzionamento della metafora si evince dall'abilità di saper svolge­ re una scrupolosa analisi del tessuto letterario e dalla competenza enciclopedica che l'interprete possiede. 3.2.

Nel bosco delle metafore

«Un proverbio è come un gioiello e il libro dei Proverbi è come un cumulo di gioielli. Anzi, è un cumulo di diversi tipi di gioielli».74 Ogni singolo proverbio è una costruzione artistica incastonata in una sezione più ampia, anche se non sempre e necessariamente si presenta in tale forma. Questo criterio si applica per lo più alla col­ lezione più antica del libro, ma può essere adottato trasversalmente alle numerose immagini presenti nel libro. Il libro dei Proverbi riporta un'elevata quantità di metafore re­ lazionate al corpo e alle sue diverse parti: cuore, occhi, piedi, boc­ ca, lingua, mani. Il cuore rappresenta il lemma più frequentemente 72 Cf. ivi, 45-76. La metafora sapienziale ha una serie di significati che si appli­ cano in contesti diversi. Qui esplica la funzione performativa. 73 Cf. FORTI, Animai lmagery in the Book of Proverbs, 13-23. 74 Fox, Proverbs 10-31 , 481: «A proverb is like a jewel and the book of Proverbs is like a heap of jewels. Indeed, it is a heap of different kinds of jewels».

S6

usato.75 Esso non è mai interpretato in senso anatomico, ma impli­ ca sempre un rimando metaforico. Esso può fungere da sineddoche del la persona e della sua interiorità76 o indicare sia le persone sagge c giuste77 che le stolte, insensate, perverse, prive di senno.78 In esso si trovano sentimenti opposti: gioia, vita, benignità79 o amarezza, af­ flizione, durezza.80 Infine, è nel cuore dell'uomo che agisce l'azione divina: il saggio è invitato a confidare nel Signore perché è lui che dirige i passi e i progetti del cuore.81 Proverbi associa gesti e movi­ menti fisici dell'occhio ad altrettanti comportamenti dell'uomo. Ad esempio, chiudere gli occhi è segno di insensibilità verso i poveri (28,27), mentre fare l'occhiolino esprime l'intenzione malevola di tramare inganni (16,30). Se posti in relazione con il Signore, essi esprimono benevolenza o che tutto è sotto il controllo e dominio divino. 82 Il piede sicuro e non vacillante, o che cammina su una su­ perficie piana, allude al saggio che custodisce gli insegnamenti pa­ terni e materni (3,23; 4,26); il piede slogato e quello mutilato sim­ boleggiano rispettivamente l'uomo perfido e chi pone fiducia nello stolto (25,19; 26,6); i piedi che corrono e che si incamminano lungo una discesa hanno un senso negativo ed evocano il dirigersi verso il male e la morte ( 1 ,16; 5,5). L'immagine della bocca si riferisce a una variegata categoria di soggetti: la sapienza, il Signore, il giusto, il saggio, lo stolto, il malvagio, l'empio, il pigro, l'adultera� la donna di valore; la bocca del giusto è come una sorgente di vita (10,1 1 ) , ma spalancarla troppo è segno di rovina ( 13,3); una bocca vorace e che fagocita è segno di empietà (19,28); una bocca che vomita espri­ me la malvagità della persona (15,28); l'incapacità di portare il cibo dal piatto alla bocca è indice di pigrizia ( 1 9,24) ; una bocca piena di sabbia allude a chi compie azioni fraudolente (20,17); la bocca del­ la donna altrui invece è come una fossa profonda nella quale cade lo stolto (22,14). La lingua del giusto è come argento colato (10,20) c quella dei saggi ha effetti terapeutici ( 12,18); la lingua benevola ?s Il lemma 'J.7 ricorre in Proverbi 95 volte: Pr 2,2.10; 3,1 .3.5; 4,4.23; 5,12; 6.14.18.21.32; 7,3.7.10.25; 8,5; 9,4.16; 10,8.13.20-21; 1 1 ,12.20.29; 12,8.11 .20.23.25; 13,12; 14,10.13-14.30.33; 15,7.1 1. 13(2x).14-15.21 .28.30; 16,1.5.9.21 .23; 17,3.16.18.20.22; 18,2.12. 15; 19,3.8.21; 20,5.9; 21,1 .2.4; 22,11.15.17; 23,7.12.15.17.19.26.33.34; 24,2.12.17.30.32; 25,3.20; 26,23.25; 27,9.11. 19.23; 28,14.26; 30,19; 31,11. 76 Cf. Pr 2,2; 21,1; 22,15; 23,7.26; 25,3; 26,25. n Cf. Pr 3,1; 4,23; 10,8; 1 1 ,29; 15,28; 1 6,21 ; 23, 15; 31,11. 78 Cf. Pr 6,14.18.32; 7,7.10; 9,16; 10,13.20-21 ; 1 1 ,21; 12,8.23; 17,20; 24,30; 28,26. 79 Cf. Pr 14,30.33; 15,13-15; 17,22; 27,9.1 1 . 80 Cf. P r 13,12; 14,10. 13; 25,20; 28,14. et Cf. Pr 3,5; 16,5.9; 21 ,2. 82 Cf. Pr 3,4; 5,21; 15,3; 20,12; 22,12; 24,12; 29,13.

57

è

come un albero di vita (15,4), ma quella dei malvagi deve essere sradicata ( 10,31). La lingua ha mani nelle quali vi è potere di vita e di morte (18,21 ). Stendere le mani è richiamare l'attenzione di qualcuno (1 ,24); essere con le mani in mano o muovere lentamen­ te le mani indica il pigro e nullafacente (6,10; 10,4a; 19,24; 24,33; 26,15), mentre le mani operose significano abilità, sapienza, perso­ ne di valore (10,4b; 12,14) ; infine, le mani che versano sangue si ri­ feriscono alla violenza ( 6,17) e mettersi la mano alla bocca è segno di saggezza (30,32). Numerose sono pure le metafore che alludono al mondo anima­ le. Nella sua ricerca dottorale Tova L. Forti, ha paragonato la fauna a categorie sociali e comportamenti umani.83 Ad esempio, l'abilità del geco nello scalare pareti verticali ed entrare, così minuto, nei palazzi reali (30,28) è simbolo degli uomini sapienti i quali, malgra­ do la loro fragilità, riescono a raggiungere posti molto ambiti. Op­ pure, il comportamento feroce di un re è paragonato al ruggito di un leone (20,2), mentre un giovane leone è messo in rapporto con un saggio che confida in Dio. Le ali delle aquile alludono alla veloce scomparsa delle ricchezze (23,5) e rappresentano un severo monito contro l'accumulo indiscriminato e vorace.84 Un terzo complesso di metafore concerne l'ambito dello spa­ zio urbano. Sono coinvolte ampie aree esterne come, ad esempio, la città e villaggi, i campi di lavoro, le strade e i sentieri. In genere, esse svolgono una funzione etica o sono metafora di situazioni op­ poste da seguire o da evitare: la sapienza fa udire la sua voce nelle piazze o all'ingresso della città, ma se questa è senza mura il riman­ do metaforico allude all'uomo incapace di autocontrollarsi; le stra­ de e i sentieri conducono alla vita o alla morte, a seconda che siano percorsi dai giusti o dagli empi.85 Analogamente, Proverbi menzio-

83 114

Cf. FORTI,

Animal lmagery in the Book of Proverbs, 25-86.

Elevata e variegata è la quantità e tipologia di animali citati in Proverbi appartenenti a diverse specie (volatili, rettili, insetti, mammiferi): uccello (1i�::t): Pr 6,5 ; 7,23; 26,2; 27,8; aquila (1W�): Pr 23,5; 30.1 7.19; rondine (1i11): Pr 26,2; corvo (:l!.Y): Pr 30,17; serpente ('110�): Pr 23,32; 30,17; vipera ('�YQ::t) : Pr 23,32; sanguisuga (:1jç�'ll): Pr 30,15; formica ( ;,'?�� ) : Pr 6,6; 30,25; cavalletta (:'l�ltt): Pr 30,27; geco (J'I'Q�tp): Pr 30,28; gallo (1'T!!): Pr 30,31 ; gazzella ('��): Pr 6,5; maiale (1'TQ): Pr 1 1 ,22; bue e giovenco ('Ùl$ e 1itV): Pr 7,22; 14,4; 15,17; cervo (0�\]): Pr 7,22; orso (::i':J): Pr 17,12; 28,15; leone (1'�f e 'ìtç): Pr 1 9,12; 20,2; 22,13; 26,13; 30,30; 28,1.15; cavallo (c�c): Pr 21 ,3 1 ; 26,3; caprone (tV�,tl): Pr 30,3 1 ; asino (1ii'JQ): Pr 26,3; cane (:J'?�): Pr 26,1 1 ; gregge � armenti (11� e l N"x): Pr 27 ,23; agnello (tv��): Pr 27,26. . ss Per la metafora città e villaggi (1'lJ e rq;ç): Pr 1 ,21; 8,3; 9,3. 14; 1 1 ,11; 16,32; 21,22; 25,28. Diversi sono i vocaboli per indicare la strada o il sentiero: :1�'1:1� (Pr 1,15; 3,17; 7,25; 8,2.20; 12,28), Jhl (Pr 1 ,20; 5,16; 7,12; 18,16; 21,4; 22,13; 26,13; 28,5 ) ,

58

na uno spazio più delimitato e ristretto che è la casa, metafora del­ la dimora degli onesti e dei giusti. Essa assume una connotazione positiva, poiché è la sapienza stessa che la costruisce (9,1 ) ma al polo negativo essa rappresenta un richiamo a seduzione, malvagi­ tà e superbia. In Proverbi, inoltre, vengono menzionati altri luoghi con minor numero di ricorrenze come, ad esempio, il pozzo, la roc­ caforte, la fortezza, la sorgente d'acqua, la fossa.86 Vi si registra poi una diversificata sequenza di immagini che vertono sugli elementi naturali: l'albero e i suoi frutti a cui si asso­ cia la vita, il giusto, un bene realizzato, l'operosità e un linguaggio positivo.87 Molte sono le immagini legate al tema dell'acqua: se è una sorgente o fontana, essa dona vita, amore, saggezza; se fresca è portatrice di buone notizie, ma se essa straripa simboleggia il liti­ gio e la rissa fra le persone.88 Anche il fuoco è un elemento naturale richiamato dal libro e quasi sempre ha un significato negativo asso­ ciandolo a persone dominate da passione, dalla falsità, dalla deni­ grazione, dalla rissa.89 Il cielo rimanda all'idea di impenetrabilità e la terra al possesso dei giusti o al diniego per gli empi, ed entrambi sono riferiti a Dio e alla sapienza creatrice.90 Vi è poi una curiosa area tematica che attiene a una quantità di oggetti. Alcune metafore indicano la preziosità e il valore: il dia­ dema attorno al capo corrisponde all'insegnamento paterno ed è un dono della sapienza (1,9; 4,9); una parola al tempo giusto e una buona reputazione sono come o più dell'oro e dell'argento, i quali, tuttavia, sono beni inferiori alla sapienza.91 Vi si ritrovano poi og,

n1N (Pr 1,19; 2,8.13.15.19-20; 3,6; 4,14; 4,18; 5,6; 8,20; 9,1 5; 10,17; 12,28; 15,10.19.24; 17,23; 22,25). Il lemma più impiegato è ':111= solo nella prima collezione si contano 30 ricorrenze (Pr 1 ,15.31; 2,8.12-13.20; 3,6. 17.23.31 ; 4,1 1 . 14.1 9.26; 5,8.21; 6,6.23; 7,8. 19.25.27; 8,2.13.22.32� 9,6.15; 10,9.29). 86 Cf. pozzo (,�:;t): Pr 5,15; 23,27; roccaforte (:1�1j;!): Pr 10,15; 1 1,10; 18, 1 1 .19; 29,8; fortezza (Tl7): Pr 10,15; 14,26; 18.10-1 1.19.23; 21 , 14.22; 27,27; 30,25; 31 ,17.25; ac­ qua/canale d'acqua (1:��/0��-.,�7�): 8,24; 25,26/5,16; 21,1; fossa (;'!IJ�tll ): 22,14; 23,27. 87 Albero (Y�): Pr 3 , 1 8; 1 1 ,30; 13,12; 15,4; 26,20; 26,21 ; frutto ("!�): 1 ,3 1 ; 8,19; 1 1 ,30; 12, 14; 13,2; 18,20-21 ; 27,18; 3 1 ,16.31. Proverbi menziona una serie di prodotti della natura e i suoi derivati: pane {Or]']): Pr 4,17; 6,8.26; 9,5.17; 12,9. 1 1 ; 20, 13. 17; 22,9; 23,3.6; 25,21; 27,27; vino (1��): Pr 4.17; 9,2.5; 20,1; 21 ,17; 23,20.30-31 ; 31 ,4.6; latte (::l7JJ): Pr 27,27; 30,3; olio ( l�W): Pr 5,3; 21 ,7.20; 27,9.1 6; aceto (r�·n ): Pr 10,26; 25,20; miele (tll�l): Pr 16,24; 24, 13; 25,16.27; lana e lino (C"T:H{i!;n ,��): Pr 31,13; mirra (i?J): Pr 5,4; 7,17; 27,7; 31 ,6; aloè e cinnamomo (li?J�j;!l ;'l�j?): Pr 7,17; coralli (C"�,�!iJ): Pr 3,15; 8,1 1 ; 20, 15; 31 ,10. 88 Pr 5,18; 9,17; 10,1 1 ; 13, 14; 14,27; 16,22; 17,14; 18,4; 25,26; 27,19. 89 Pr 6,27; 16,27; 26,20.21; 30,16. 90 Pr 2,21 .22; 3,19; 8,23.26.27.29.31; 10,30; 1 1 ,31; 17,24; 23,5; 25,3; 30,4.19. 91 Pr 2,4; 3,14; 17,3; 20,15; 22,1 ; 25,11.12; 27,21. Il paragone con la sapienza è in Pr 8,10.19; 16,16. 59

getti connessi all'abbellimento estetico della persona: veste, man­ tello, ornamento, collana, anello, cintura, profumo:92 la veste che sta bruciando è un richiamo al figlio saggio a evitare la donna altrui; togliere la veste in un giorno di freddo è come cantare canzoni a un cuore affranto e tenere per sé un indumento è un segno di garanzia per un estraneo; nelle mani della donna di valore, le vesti sono sim­ bolo di cura, forza e decoro. Anello d'oro e collana preziosa sono le persone sagge che ammoniscono o, al contrario, rappresentano la donna bella ma priva d'intelligenza. Infine, la soave fragranza del profumo e dell'incenso richiama un cuore gioioso e il saggio consi­ glio di un amico. Da ultimo, una serie di metafore proviene da utensili od ogget­ ti di uso quotidiano o lavorativo: lampada, coperta, bilancia, sacco, forno, letto, vaso, mortaio, carboni e legna per braci.93 La lampa­ da accesa simboleggia o i precetti dei genitori (6,23) o lo spirito deli 'uomo (20,27) o la donna di valore che amministra saggiamente la sua casa (31,18); la lampada spenta, al contrario, indica il peccato e l'azione dei malvagi ( 13,9; 20,20; 21,4; 24,20); la coperta preziosa e soffice è un elemento di seduzione della donna altrui o un segno di attenzione se preparata dalla donna di valore; la bilancia è un og­ getto posto sempre in relazione al Signore quale strumento di giu­ stizia o di falsità: se essa è giusta appartiene a Signore, se è falsa è da lui aborrita; il vaso prezioso è associato alle labbra delle persone che esprimono cose intelligenti, ma anche al re giusto; il carbone e la legna sulle braci simboleggiano il calunniatore e l'attaccabrighe. Oltre a ciò, vi si nominano strumenti usati con la forza e la violenza: spada, mazza, bastone, coltelli, pietra per la fionda, freccia, rete per trappola:94 la spada è associata alle labbra seducenti della stranie­ ra o a un parlare pungente e superficiale; il bastone è un elemento dell'educazione e correzione (13,24; 22,15; 23,13- 14) o un richiamo per lo stolto (22,15; 10,13; 26,3); onorare uno stolto è come legare

92 Veste (1�;1): Pr 6,27; 20,16; 25,20; 27,13; (t0�:1'7}: Pr 27,26; 31,21.22.25; man­ tello (:-r']�tlJ): Pr 30,4; collana e70): Pr 25,12; anello (Cf�): Pr 1 1,22; 25,12; ornamento (:1:17): Pr 1 .9; cintura (,ilQ): Pr 31,24; profumo (nlUi?): Pr 27,9. 93 Lampada (,�): Pr 6,23; 13,9; 20,20.27; 21 ,4; 24,20; 31 ,18; coperta (1�1�): Pr 7,16; 3 1,22; bilancia (O��TN.?J ): Pr 1 1 ,1; 16,11; 20,23; sacco (0"�): Pr 1,14; 16,1 1; forno (,��): Pr 17,3; 27,2 1 ; letto (:1��): Pr 26,14; vaso ("7f): Pr 20,15; 25,4; mortaio (WJ.:I��): Pr 27,22; carboni e legna per braci: Pr 26,20-21 . 94 Spada (:110): Pr 5,4; 12,18; 30,14; mazza (Y"��): Pr 25,18; bastone .(U�tQ): Pr 10,13; 13,24; 22,8.15; 23,13-14; 26,3; 29,15; coltelli (ni;�li�); pietra nella fionda (:1R�1�il l�tt): 26,8; freccia (YIJ): Pr 7 ,23; 25,18; 26,18; rete per trappola (nWl): Pr

1,17; 29,5.

60

una pietra alla fionda; la freccia è sempre connessa a personaggi ne­ gativi: lo stolto, il falso, l'ingannatore (26,18); la rete per una trap­ pola è associata all'azione dei malvagi o all' uomo adulatore (29,5). 4.

Sguardo d'insieme

Secondo la linguistica contemporanea, la comprensione del lin­ guaggio metaforico si gioca nella correlazione tra autore, mondo testuale, referente e contesto. Nell'applicare questo paradigma al mondo letterario biblico si è reso necessario puntualizzare alcune osservazioni. Innanzitutto la posizione del testo: l'importanza at­ t ribuita al testo biblico è pressoché assoluta. Nel caso specifico del libro dei Proverbi, sia gli autori che i destinatari originari spesso sono oscuri o dubbi. Pertanto, volendo ricostruire le relazioni lin­ guistiche tra l'autore antico che ha prodotto metafore e l'uso che si è fatto di esse, ricorrere alla storia di trasmissione del testo ( Ober­ lieferungsgeschichte) e ricostruire la sua storia redazionale (Re­ daktionsgeschichte) è una tappa essenziale nell'interpretazione del­ le metafore bibliche. L'interpretazione metaforica presuppone l'interpretazione let­ terale. Là dove convergono dissonanze e distorsioni nella «lettera» del testo, prende avvio il processo metaforico, il cui scopo è intro­ durre una «innovazione semantica)), la quale allarga il significato letterale mediante la generazione di nuovi significati.95 La nostra prospettiva si è concentrata sul versante della metafora. Il libro dei Proverbi rivela la presenza di forme orali che permangono nel pro­ cesso di testualizzazione. Questo fenomeno allude a una non così chiara demarcazione fra oralità e scrittura. Per questo, le metafore bibliche subiscono una trasformazione che oltrepassa la relazione tra autore e referente originario. Da questo punto di vista, più ele­ menti esegetici si hanno per far interagire l'aspetto diacronico con quello sincronico delle collezioni di Proverbi, maggiore sarà la com­ prensione delle espressioni metaforiche. Ma, nell'interpretazione delle metafore bibliche, ciò che risulta maggiormente determinante è il loro riutilizzo in ambienti differenti. Ecco perché un peso non secondario assume lo studio del contesto o, meglio, dei contesti a cui le metafore rimandano o alludono. Ricostruire, per quanto pos-

95

Cf. P. R:IcoEUR, «Posizione e funzione della metafora nel linguaggio biblico>>, Dire Dio, Brescia 1 978, 76-86.

in P. R:ICOEUR - E. JONGEL (a cura di),

61

sibile, il background culturale, sociale e storico di un testo letterario aiuta la lettura e l'interpretazione della metafora e fa intuire il valo­ re letterario che ha permesso la sopravvivenza di alcune metafore rispetto ad altre. Lo studio delle metafore nel libro dei Proverbi risente del me­ desimo clima e interesse riservato al resto della letteratura biblica, come si è sommariamente presentato nel precedente capitolo. Pa­ trick W. Skehan e Vietar A. Hurowitz hanno proposta la metafora come chiave di lettura dell'intero libro, ma senza entrare nel merito delle metafore tout court. In alcune collezioni i testi sono stati riletti applicando la teoria lakoviana della metafora concettuale, come fa Heim. La maggior parte degli studi si è concentrata su singole im­ magini o versetti oscuri. Ad esempio, Claudia Camp ha indagato le metafore femminili in sezioni disgiunte in Proverbi. Tova Forti ha analizzato le metafore animali nell'insieme del libro privilegiando il tessuto letterario e poetico di Proverbi. Il contributo delle scienze zoologiche è di supporto all'interpretazione della metafora. Il libro dei Proverbi esprime una letteratura che può essere de­ finita poetica. Lo è in ragione della sua conformazione ad altri libri biblici similari, ma anche e plausibilmente in forza di modelli pecu­ liari di una tipica struttura poetica. Infatti, parti molto estese del­ le collezioni contengono proverbi costruiti sul parallelismo biblico o espressioni modulate secondo tecniche letterarie note al Vicino Oriente antico. L'uso delle immagini rappresenta un comune deno­ minatore funzionale a perseguire la persuasività del messaggio che si intende trasmettere. Infine, in Proverbi abbonda una grande quantità di immagini, molte delle quali possono essere raggruppate entro le seguenti aree tematiche: il mondo animale, il corpo, la natura, lo spazio urbano, gli oggetti e gli utensili. La loro natura didattica e pedagogica è messa in evidenza dalle frequenti allusioni a comportamenti socia­ li o a differenti categorie di persone, a insegnamenti da assumere, cosicché il saggio sia messo nella condizione di ottenere il favore divino e il successo nella vita (Pr 3,4). Non tutte le immagini sono necessariamente delle metafore, e l 'indole metaforica di alcune di esse rivela la funzione poetica di Proverbi e la sua forza educativa.

62

Capitolo II IL CORPO COME METAFORA

Proverbi contiene un elevato raggruppamento di detti e imma­ gini che utilizzano frequentemente le parti del corpo umano allo scopo di tratteggiare situazioni sociali o comportamenti personali da stigmatizzare o da perseguire. Nondimeno, l 'utilizzo del corpo come metafora cela allusioni e rimandi biblici spesso adombrati con una raffinata arte letteraria e di cui è possibile scoprire la ricchezza grazie anche ali 'impiego del processo metaforico. La ricca costellazione di immagini, desunte dal corpo e dalle sue parti, impone l'analisi di alcune metafore, basate sul criterio della rappresentanza ed esemplificazione. Pertanto, il presente capitolo è suddiviso in due parti: nella prima vengono delineate le ricorrenze lessicali del corpo e delle sue parti così come appaiono nelle diverse collezioni, a cui fa seguito una sommaria elencazione delle immagi­ ni contenute nelle diverse sezioni del libro; la seconda parte è dedi­ cata all'analisi dettagliata di alcune metafore, presentate in ordine di apparizione in Proverbi.

A . IL

CAMPO LESSICALE

La descrizione del corpo e delle sue parti in Proverbi non è mai finalizzata alla conoscenza fisica o medica. Il saggio utilizza meta­ fore corporali quasi esclusivamente in funzione didattica e per tale ragione non sono elencate nel libro tutte le parti anatomiche, ma solo quelle funzionali ali 'insegnamento sapienziale.1

1

Cf. S. KIM, The Coherence of the Collections in the Book of Proverbs, Eugene

2007, 8-14.

63

1.

Il corpo e le sue parti

Il libro dei Proverbi non intende compiere una particolareg­ giata disamina anatomica del corpo, ma ricorda alcune sue par­ ti secondo una precisa categorizzazione: gli arti superiori e in­ feriori (le mani, i piedi), gli organi interni (cuore e ossa) , il viso (la lingua, la bocca, le labbra, gli occhi, le pupille, le palpebre, l'orecchio).

1. 1.

Mani e piedi

Due sono i lemmi per indicare la mano e il suo palmo: 1: e ��­ La maggior frequenza è relativa all'etimo 1;. Esso ricorre 28 volte,2 a differenza di �� il cui uso raggiunge un totale di 9 attestazioni.3 Dal punto di vista statistico, è nella parte più antica del libro (10,122, 1 6) che si registra il più elevato numero di occorrenze del sostan­ tivo 1; con una frequenza pari a 12 volte:4 quattro positive ( 12,14.24; 13,1 1 ; 21 , 1 ), quattro negative ( 16,5; 17,16; 19,24; 21 ,25), due paral­ lelismi antitetici (10,4; 18,21 ) due espressioni idiomatiche (1 1 ,21 ; 16,5).5 Nella medesima raccolta le uniche tre referenze del termine �� possiedono una valenza negativa ( 10,4; 17,18; 22,26). Nella se­ zione successiva (22,17-24,22) appare una sola menzione di 1: in Pr 24,33 (la quale è ripetizione di 6,10). Anche il lemma �� ricorre qui solo una volta (22,26). Nella collezione di Ezechia (25,1-29,1 7) il vocabolo 1: è inserito fra tematiche varie, comparendo due volte nel medesimo capitolo con segno negativo e riferendosi allo stolto e al pigro (26,6.15), mentre non vi è alcuna attestazione del termine "\�. Il sostantivo femminile 1: è presente nel contesto di epigrammi e aforismi (30,28.32): in Pr 30,28 è associato a un'immagine anima­ le6 e poco oltre alla bocca (30,32). Anche nella prima collezione (1-9) si incontra un numero relativamente alto di ricorrenze del vo­ cabolo 1: e la sua traduzione a volte assume il significato di «mano», altre di «palmo della mano». Nella parte finale del libro entrambi ,

2 Pr 1 ,24; 3,27; 6,5.10.17; 7,20; 8,13; 10,4; 1 1,21; 12,14.24; 13,1 1 ; 14,1; 16,5; 17,16; 18,21; 19,24; 21,1.25; 24,33; 26,6.9.15; 30,28.32; 31 ,19-20.31. 3 Pr 6,1 .3; 10,4; 17,18; 22,26; 31,13.16.19-20. 4 Pr 10,4; 1 1 ,21 ; 12,2 1 .24; 13,1 1 ; 14,1; 16,5; 17,16; 18,21 ; 19,24; 21,1; 21 ,25. 5 Le espr essioni idiomatiche sono tradotte in italiano con l'avverbio «certamente». Letteralmente: «mano per mano» (1:7 1:). 6 Cf. T.L. FoRTI, Animal li1Ulgery in the Book of Proverbs, Leiden-Boston 2008, 1 16-117. ·

64

i vocaboli 1� e r'}� assumono una connotazione positiva nell'elogio della donna di valore. 7 L'immagine del piede (',�1.) ricorre in tutto il libro 15 volte.8 La maggior parte delle menzioni è situata ad apertura del libro, all'interno della prima collezione. Molto marginale è la frequen­ za nelle rimanenti sezioni: una sola volta {1 9,2) nella sezione di Pr l O, 1-22,1 6 e altre tre nella collezione di Ezechia. In tutte le attesta­ zioni il lemma '�1 è interpretato in prospettiva dinamica e assume valore positivo o negativo, a seconda del soggetto a cui si riferisce razione. Nella prima collezione c'è un forte contrasto tra il piede dei peccatori e il piede del figlio/discepolo (1 ,15-16) e in Pr 6,1 8 il piede è connesso all'abominio e all 'orrore. Diversi sono i soggetti a cui '�1 rimanda: al figlio/discepolo (1 ,15; 3,23; 4,26-27), ai pecca­ tori e malvagi (1,16; 6,18), alla donna altrui (5,5; 7,1 1 ), a Dio stesso (3,26). Nelle sezioni successive, il termine '�1 è contestualizzato in aforismi e proverbi ( 1 9,2; 25,17. 19; 26,6) . Oltre a '�1 in Proverbi compare il vocabolo «passo)) (1��), impiegato sia come sostantivo che come azione verbale:9 in un solo testo passo e piede appaiono congiuntamente (5,5). 1.2. Il cuore

Per quanto concerne la parte interna del corpo umano, il cuore

( J]) rappresenta il lemma con la più alta attestazione: esso ricor­ re 95 volte lungo tutto il libro. Nella prima raccolta il :::17, è ripetuto 19

volte sempre al singolare10 e compare un'espressione idiomatica che ricorre quattro volte (:::17, -,QQ). 11 A volte il vocabolo si presenta come soggetto di un impegno positivo da realizzare: il cuore è vin­ colato agli insegnamenti e precetti paterni e materni da custodire.12 In altri casi :l] è associato alle parti del corpo e alle loro abilità: collo (3,3; 6,21 ), dita (7 ,3 ) , intelligenza (2,2; 3,5). Il cuore è pure og­ �etto di azioni educative: è destinatario dell'ammonimento paterno

��: Pr 31 ,13.16.19-20; 1:: Pr 31 ,19-20.31 . Pr 1 ,15-16; 3,23.26; 4,26-27; 5,5; 6,13.18.28; 7,1 1 ; 19,2; 25,17.19; 26,6. 9 Pr 4,12; 5,5; 7,8; 16,9; 30,29. 1 0 Pr 2,2. 10; 3,1.3.5; 4,4.23; 5,12; 6,14.1 8.21 .32; 7,3.7.10.25; 8,5; 9,4.16. Una sola ' olta il suffisso è alla prima persona singolare ( 5,1 ) e così pure alla terza ( 6,14 ) ; ma Il termine lo si trova in più punti in stato costrutto, come ad esempio: Pr 6,32; 7,7.10; X.5; 9,4.16. 11 Pr 6,32; 7,7; 9,4.16. 12 Pr 3,1 ; 4,4; 6,21. 7

8

Cf.

65

contro la donna altrui, 13 in esso può entrare la sapienza ed essere custode dell'insegnamento paterno (2,10). In senso traslato, esso è un oggetto al quale appendere precetti ( 6,21) o una tavola sulla quale scrivere (3,3; 7,3). Ma può essere anche uno spazio ambiguo: il cuore disprezza la disciplina (5,12), rimugina cose perverse (6,14), ordisce trame (6,18), è segno di astuzia della donna (7,10), devia dalla retta via (7,25) . Nelle successive sezioni il cuore è menzionato altre 50 volte. Nella terza e quarta parte (22,1 7-24,34 ), dal punto di vista grammaticale è ripresa una costruzione sintattica tipica della prima collezione con il lemma :J� unito a suffissi pronominali.14 Il cuore spesso fa parte di una costruzione sintagmatica associato a valori e disvalori culturali o a tipologie comportamentali.15 Inoltre, è anche soggetto di emozioni tra loro contraddittorie: l'affanno, il rattristarsi, la gioia, la conoscenza. 16 In sei attestazioni il cuore è le­ gato a Dio17 e, più frequentemente, a parti del corpo umano: occhi, labbra, schiena, lingua, bocca, ossa, orecchio. 18 Nella collezione di Ezechia le menzioni del vocabolo cuore sono 10:19 è sineddoche che si riferisce alla persona del re (25,3), definisce il malvagio (25,20.25) e il «duro» (28, 1 4 ) , o richiama la gioia (27,9. 1 1 ). Nella sezione ul­ tima di Proverbi, il cuore è legato all'amore e alla donna di valore (30,19; 31 ,11). 1.3.

Bocca, labbra, lingua

Una terza categorizzazione del corpo riguarda il viso e, più spe­ cificatamente, gli organi deputati al nutrimento e alla comunicazio­ ne. Il vocabolo «bocca» (;,�) ricorre 51 volte. Nella prima collezione la sua frequenza è di 12 attestazioni2° e in soli due casi si riferisce a oggetti.21 Il sostantivo si trova costruito in cinque passi con la for-

13

14

Pr 6,21 .32; 7,3.7.10.25.

Cf. mio: Pr 24,32; tuo: Pr 22,17; 23,12.15.17.19.26.33; 24,17; suo : Pr 23,7; loro:

Pr 24,2.

15 Cf. Pr 10,8; 1 1 ,29; 16,21 .23: :J7 �C:;lQ� Pr 15,28: P,1� :J7 ; Pr 6,32; 7,7; 9,4; 10,13.21; 1 1 ,12; 12,1 1 ; 15,21 ; 17,18; 24,30: :J7 -1QQ; Pr 11 ,20: :J7-,Wi?�; Pr 15,7: c,"rQ� :17 ; Pr 10,20: c,�Wl :J7; 12,25; 18,12; 1 9,21 ; 20,5: W,�-:::17 ; Pr 16,9: Dltc :17 . 16 Pr 12,25; 14,10.13; 15,13.30. 17 Pr 1 1 ,20; 1 2,8; 16,5; 1 9,3.21; 21 ,1 . 18 Occhi (Pr 15,30a; 21 ,2.4), labbra (Pr 10,8.13a.21 ; 15,7; 16,21.23b; 17,16; 22,1 1 ) , schiena (Pr 10J3b), lingua (Pr 10,20; 16,1 ), bocca (Pr 12,8; 15,4 [lettura incerta].28; 16,23), ossa (Pr 14,30; 15,30b; 17,22), orecchio (Pr 18,15; 22,17; 23,12). 19 Pr 25,3.20; 26,23.25; 27,9. 1 1 .1 9.23; 28,14.26. 20 Pr 2,6; 4,5.24; 5,4.7; 6,2. 1 2; 7,24; 8,3.8.13.29. 21 Alla spada a doppio taglio (Pr 5,4) e alla porta di un villaggio (Pr 8,8).

66

mutazione «detti della bocca» ('' ;l -"1��) preceduti sempre da una preposizione prefissa.22 In tutte e cinque le ricorrenze il soggetto è il padre/maestro che invita ad ascoltare le parole dell'istruzione e non quelle personali (6,2). In due circostanze il soggetto è Dio stesso (2,6; 8,29). La bocca in quanto sineddoche di persona assu­ me valore negativo in Pr 5,4 e 6,12 perché collegata alla falsità, e in Pr 8,13 è associata alla perversità (l71) . Nella raccolta di Salomone le ricorrenze sono 32. Come è peculiare di questa sezione, anche l'immagine della bocca si trova inserita in una serie di parallelismi per lo più antitetici. Così, ad esempio, il lemma è associato a per­ sone deprecabili per la loro condotta: malvagi, stolti o pigri.23 Tut­ tavia, maggiori sono le attestazioni nelle quali la bocca ha valore positivo riferendosi al giusto, alla persona retta, all'uomo in gene­ re ( 1 8,4.20), al saggio ( 16,23) .24 Nella collezione di Ezechia vi sono ricorrenze per lo più con segno negativo e che rimandano al com­ portamento riprovevole dello stolto e del pigro;25 solo in un caso il lemma è positivo e si riferisce alla reputazione dell'uomo (27,12). Nella parte finale di Proverbi la bocca è impiegata nella dialettica di apertura e chiusura: in Pr 3 1,8-9 vi è l'invito ad aprire la bocca al muto e a compiere la giustizia e in Pr 30,32 vi è l'immagine di met­ tersi la mano alla bocca per chiuderla. Infine la bocca è riferita alla presenza femminile: la bocca dell'adultera in antinomia con la boc­ ca della donna di valore.26 Altrettanto numerosi sono i detti e le immagini che si riferisco­ no alle labbra (;,�tg), il cui termine è attestato 43 volte. In Pr 1-9 il vocabolo appare sei volte:27 nella maggior parte delle ricorrenze si trova inserito il vocabolo nelle istruzioni ed è associato al consiglio del padre/maestro a prestare particolare vigilanza; le labbra infatti possono generare perversità e malvagità ( 4,24; 8,7) o, al contrario, possono essere la porta che garantisce la custodia della conoscenza (5,2); ed è soprattutto nell'ambito della dialettica fra due donne che la bocca trova il suo contesto: così, ad esempio, il giovane deve evita­ re la bocca della donna straniera che stilla miele e seduzione (5,3) e

22

Pr 4,5; 5,7; 6,2(2x); 7 ,24. Pr 10,6. 14.21.31 .32; 1 1 ,9. 1 1 ; 12,6; 14,3; 15,2.1 4.28; 18,6.7; 19,24.28; 24,7. 24 Pr 10, 1 1 .3 1 ; 12,6. 14; 13,2; 1 5 ,23; 18,4.20. In un caso la bocca è associata al re (Pr 16,10) e al giovane (Pr 22,6) o al lavoratore (Pr 1 6,26). In quattro casi si parla di frutto della bocca (Pr 12,5. 14; 1 3,2; 18,20). 25 Pr 26,7.9. 1 5.28; 27,2. 26 Pr 30,20; 31,26. n Pr 4,24; 5,2-3; 7,21; 8,6-7. 23

67

ascoltare le labbra di donna Sapienza dalle quali proviene rettitudine (8,6). Quando le labbra sono associate ad altre parti del corpo, que­ ste sono la bocca (4,24) e il palato (5,3; 8,7). Nella seconda parte di Proverbi l'immagine delle labbra ricorre 35 volte.28 Il suo utilizzo me­ taforico copre un'ampia gamma di rimandi e significati contrapposti. Una serie di ricorrenze è relazionata allo stolto: le sue labbra vanno in rovina e fanno germogliare la superbia,29 sono distanti dalla co­ noscenza, procurano contenziosi, sono una trappola, sono perverse, bugiarde e occultano odio.30 Al contrario, le labbra del giusto nutro­ no le folle e spandono benevolenza31 e quelle del saggio diffondono conoscenza e aggiungono dottrina (niè7 ).32 Alle labbra sono associate azioni e immagini metaforiche: possono essere aperte e spalancate (13,3; 20, 19), dolci (16,21), infuocate (16,27), compresse (16,30), one­ ste (17,7a) Nella collezione di Ezechia le labbra trovano menzione solo in tre testi: sono ardenti come il fuoco, sono una maschera lusin­ ghiera, sono una forma di adulazione personale da cui il saggio deve ben guardarsi. 33 Infine, vi è il lemma v airrt,v 7tÀ1laGtlattat 7tVEUJ.laToç>> (chi la [lingua) custodisce, sarà riempito di spirito). n vocabolo 7tVeUJ.la è utilizzato solo in questo contesto; cf. SD, Il, 1975.

82

origine completamente differente dal tipo recepito nel testo maso­ retico.71 Pr 15,4 è un parallelismo antitetico costruito secondo lo schema AB//A'B'. La coppia AA' è composta dai termini 1iW"f K�l�//fl� t'J?Q (guaritrice lingua//perversa [lingua]), e la coppia BB' è composta da due distinti sintagmi C'�lJ fV.//lJ�1� 1�W (albero di vita//frattura ne]­ lo spirito). Le corrispondenze antitetiche sono a livello semantico e grammaticale. Nella prima coppia si ha la ripetizione della mede­ sima parte del corpo ma con significati opposti: in 4a il sostantivo è costruito con un lemma positivo e trova corrispondenza in un ter­ mine negativo con la variante di una preposizione unita al suffisso di terza persona singolare femminile. Entrambi i termini sono pro­ posizioni nominali.72 Nella coppia BB ' vi è l'immagine dell'albero la cui corrispondenza è un sostantivo segolato che indica qualcosa di spezzato. Vi è poi una corrispondenza tra C'�lJ e lJ�, perché entram­ bi hanno un riferimento alla vita e alla creazione. Il proverbio è parte della collezione di Salomone, inserito in un piccolo corpus letterario che pone a tema la parola e la comunica­ zione. Dal punto di vista formale, il capitolo 15 è caratterizzato da proverbi strutturati secondo una disposizione antitetica per lo più contrapponendo il giusto al malvagio.73 Roger N. Whybray annota il tono teologico del capitolo evidenziando come, su 33 proverbi, 9 abbiano un riferimento a Dio.74 Per quanto concerne la delimita­ zione della metafora le proposte sono molto eterogenee. Roger N. Whybray e Bruce K. Waltke pongono il v. 4 a chiusura di un'am­ pia sezione letteraria che inizia nel capitolo precedente, argomen­ tando come il tema della sezione sia la parola e, in particolare, la difesa della giustizia attraverso una «lingua gentile».75 Hans J. Her­ misson propone una più ristretta delimitazione evidenziando come il v. 4 sia la conclusione di un'unità che inizia in 15,1 . L'autore rile­ va come i vv. 1.2.4 siano proverbi imperniati attorno al tema della

71 Cf. BAUMGARTNER, Étude critique sur l'état du texte du livre des Proverbes d 'après [es principales traductions anciennes, 143- 144. 72 Cf. MEINHOLD, Die Sprii.che, I, 248. 73 Cf. O. PLOGER, Spruche Salomos, Neukirchen-Vluyn 1 984, 178-180. 74 Cf. WHYBRAY, The Composition of the Book of Proverbs, 103-106. Anche Hubbard mette in evidenza il valore della parola; cf. D.A. HUBBARD, Proverbs,

Dallas 1989, 214-231. 75 Cf. WHYBRAY, The Composition ofthe Book of Proverbs, 103; B.K. WALTKE, The Book of Proverbs. Chapters 1 -15, Grand Rapids-Cambridge 2004, 608-615. Tuttavia i due autori divergono nel punto iniziale della sezione. Secondo Whybray il corpus letterario inizia in 14,28 mentre per Waltke in 14,33.

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parola (Reden) e il v. 3 sia un proverbio teologico (Jahwespruch).16 Franz J. Delitzsch fa includere il proverbio tra i vv. l e 6 afferman­ do che si tratta di un breve brano letterario che mette a confronto parole di benedizione e parole malvagie.77 Richard J. Clifford e Roland E. Murphy restringono ulterior­ mente l'estensione del contesto del v. 4, facendolo divenire l'inizio di una piccola unità letteraria legata a ciò che segue (vv. 4-7) e il cui tema è il parlare.78 Anche Knut M. Heim concorda sull'unità tema­ tica costituita dal motivo del parlare, tuttavia asserisce che non vi è una precisa delimitazione definibile in termini tassonomici tra ciò che precede e quanto segue.79 In modo ancora più diverso, Andreas Scherer inserisce il v. 4 in un'ampia sezione, all'interno della quale vi sono accomunati tematiche educative ed espliciti riferimenti teo­ logici ( 1 5 ,2-32). Parimenti, si possono individuare alcune comuni caratteristiche di vocabolario e stile come, ad esempio, l'aggetti­ vo «buono» e il suo verbo corrispettivo (Ji�//J�': 2. 1 3.1 5-17.23), il lemma «gioia» (n�io: 1 3.20-21 ) , la strutturazione antitetica tra giusti e malvagi. Lo studioso annota la ripetizione al v. 2 e al v. 4 della parola-gancio liW7.80 La disposizione retorica inserisce la metafora in un passo che comprende tre brani concentrici ( 1 4,35-15,1 ; 1 5,2 e 15,3-4): al cen­ tro vi è 15,2 che tematizza il tema del parlare, riprendendo sia il v. l che il v. 4. In questo tipo di strutturazione il v. 4 descrive il com­ portamento dei giusti e dei malvagi e le conseguenze positive e ne­ gative del loro parlare.81 Infine, Oesterley, Fox e Miller rilevano il legame letterario e tematico con la tradizione letteraria egiziana la cui caratteristica è il saper usare la parola.82 In conclusione, pur condividendo l'affermazione di Knut M. Heim circa la delimitazione testuale, reputiamo che Pr 15,4 abbia

76 Cf. H .-J. HERMISSON, Studien zur israelitischen Spruchweisheit, Neukirch­ en-Vluyn 1968, 178; MEINHOLD, Die Spruche, l, 247; StEB0, Spruche, 209-219. 77 F.J. DELITZSCH, Das salomonische Spruchbuch, Leipzig 1 873 , 245. 78 Cf. R.J. CLJFFORD, Proverbs. A Commentary, Louisville (KY) 1 999, 150; R.E. MuRPHY, Proverbs, Nashville 1 998, 109-1 16. 79 Scrive R.E. Murphy: «There is no absolute delimitation from the preceding group, and numerous connections to the following material exisb> ( HEIM, Like Grapes of Gold Set in Silver, 192-1 93 ) . Cf. anche MuRPHY, «"Catchwords" in Prov­ erbs 10: 1 1 -22:13», 241-248. 80 Cf. ScHERER, Das weise Wort und seine Wirkung, 1 68- 169. 81 Cf. WITEK, Dio e i suoi figli, 160- 163. 82 Cf. W . O . E . OESTERLEY, The Book of Proverbs, Westminster 1929, 1 1 8; Fox, Proverbs 10-31, 587-590; J.W. MILLER, Proverbs, Scottdale 2004, 143-144.

84

come contesto letterario più prossimo i vv. 1-7, i quali sviluppano il tema del parlare e delle sue conseguenze. 2.2.

Analisi degli elementi metaforici La metafora è costruita su tre elementi: lingua guaritrice

(l iw? ��1�), l'albero di vita {O'�IJ f�) e lo spirito spezzato, frattura­ to (0�1� 1�tf).

La parola «lingua» (litZJ'f) ricorre nella Bibbia ebraica 1 17 volte. Essa può essere riferita sia agli animali (Es 1 1 ,7; Gdc 7,5; Sal 68,24; Gb 20,16; 40,25) che agli uomini. Se rapportata agli uomini la lingua rappresenta l'organo principale della parola, riferendosi alla capa­ cità linguistica della persona, al potere che ne deriva e ali 'uso che se ne fa, fino a esprimere le qualità di colui che pronuncia. In senso metaforico può riferirsi alla delimitazione di un 'area geografica, a un elemento naturale come il fuoco, o a un oggetto prezioso come, ad esempio, il lingotto d'oro (cf. Gs 7,21 .24; 15,25; Is 5,24; 1 1 ,15).83 La raccolta di Salomone contiene diverse espressioni metaforiche connesse all'immagine della lingua e che si riferiscono per lo più a quattro categorie di persone: giusti ( 10,20), saggi (12, 18; 15,2), bu­ giardi (1 2,9; 21 ,6), perversi (10,31 ; 17,20). Su di essa si sovrappon­ gono una serie di corrispondenze che permettono di costituire un significato traslato: l'argento colato (1 0,20), l'azione dell'estirpare (10,31), del guarire (12,1 8; 15,4), il battito delle ciglia (12,19), l'azio­ ne lavorativa e artigianale del produrre qualcosa (15,2), elementi della flora (15,4), il potere (18,21). Quando il lemma «lingua» si tro­ va all'inizio dell'emistichio come soggetto o è inserito in una frase nominale, di regola la qualificazione segue il nome {cf. 10,3 1 ; 15,2; 25,15; 26,28). Pr 15,4 è l'unico caso in cui la qualificazione precede il nome, probabilmente allo scopo di creare un'esatta corrispondenza nel parallelismo antitetico. Il testo connette la lingua con la parola «guarigione» (��1�). Essa ricorre in tutta la Bibbia ebraica 16 volte� e la maggior parte nel libro dei Proverbi.85 In Qohelet ��1� è il sog­ getto che rappresenta la risposta contro l'ira ed è tradotto nel senso

113 Cf. B. KEDAR-KOPFTEIN, «1itU7», in ThWA T, IV, 596-606; DCH, IV. 576-580; HALOT, II, 536-537; GESENIUS, III, 617; BDB, 546; EVEN-SHOSHAN, 61 1-612. 84

951.

Cf. EVEN-SHOSHAN, 713; DCH, V, 491-492; II, 637; GESENIUS, III, 743; BDB,

85 In ordine di ricorrenze: in Proverbi otto volte (4,22; 6,15; 12,18; 13,17; 14,30; 1 5,4; 1 6,24; 29,1); in Gerem ia quattro volte (8,15; 14,19 [2x]; 33,6); in 2Cr due volte (2 1 , 18; 36,16); in Qohelet e Malachia una volta (Qo 10,4; Ml 3,20).

85

di «calma». In Malachia è il sole con i suoi raggi che porta guarigio­ ne ai giusti (MI 3,20). Il libro delle Cronache mette in evidenza la dialettica guarigione e incurabilità sia in senso fisico (2Cr 21 ,18) sia in senso spirituale e, in questo caso, l'incurabilità si manifesta nel di­ sprezzo dei messaggeri del Signore (2Cr 36,16). In Geremia è il tem­ po della guarigione (;,�l� nv.7) che cede il passo al terrore a motivo del peccato di Giuda (Ger 8,15), ma pure è il Signore stesso che a Geremia prigioniero annuncia di guarire e sanare le piaghe di Giu­ da e d'Israele (Ger 33,6). In tutti questi testi, dunque, il lemma N�1� ha sì un senso fisiologico, ma spesso assume un valore teologico le­ gato alla relazione con Dio e all'azione che lui compie in base alla fedeltà e alla giustizia. In Proverbi non esiste possibilità di guarigio­ ne e di rimedio per il perverso e l 'iniquo e la sua inguaribilità con­ siste in un'improvvisa rovina (6,15). Nella collezione di Salomone le cinque ricorrenze del termine sono connesse rispettivamente alla lingua tout court (1 5,4), alla lingua dei saggi ( 12,18), a un messagge­ ro fedele (13, 17), al cuore stesso ( 14,30), alle parole gentili (1 6,24). L'esatto opposto di N��� è il termine �7Q che assume una polisemia di significati quali disonesto, deforme, corrotto, rovinato.86 In Pro­ verbi compare solo nella collezione di Salomone sia come sostanti­ vo che come forma verbale ( 1 1 ,3; 13,6; 19,3; 21,12; 22, 12). Vi è poi è il sintagma «albero di vita» (tJ"�lJ f�). L'immagine dell'albero è frequente nella Bibbia ebraica, per un totale di 329 ricorrenze.R7 L'albero, oltre al senso comunemente inteso, diviene uno strumento sacro per la costruzione dell 'arca e del tempio (Gen 6, 14; 2Re 12,13) o di oggetti di culto (Dt 28,36.64 ). Ad esso si asso­ ciano paura e distruzione (Zc 1 2,16; Lam 4,8; Is 7,2.1 0; 10,17- 19; Gb 19,10). Il sintagma «albero di vita» ricorre solo in Genesi nel rac­ conto della creazione ( Gen 2,9; 3,22.24 ) Il nesso del termine «albe­ ro» con «Vita» non è unico ed esclusivo della Scrittura e si tratta di un simbolismo presente anche nelle altre culture antiche e spesso è il re a essere paragonato a un albero. Nell'Insegnamento di Ame­ nemope l'uomo silenzioso è come un albero verdeggiante mentre il focoso è come albero che si secca.88 Nell'antico Egitto l'albero del­ la vita aveva un predominante ruolo religioso: correlato a diverse divinità, tra le quali Osiride, rappresentava il legame tra il cielo e .

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Cf. DCH, VI, 166; GESENIUS, IV, 891 ; EVEN-SHOSHAN, 810. Cf. EVEN-SHOSHAN, 906-908. 88 Cf. K. NIELSEN, >. Ha effetti narcotici e si calcolano più di 1 .200 tipologie botaniche appartenenti alla medesima famiglia. Cf. l. Low, Die Flora der Juden, Wien 1 924, 376-377; J. MAILLAT - S. MAIL­ LAT, Les plantes dans la Bible, Méolans-Revel 1 999. 39-40; S.S. MuNGUfA - J.T. RIPA, Las plantas en la Biblia, Bilbao 201 1 , 240-241; M. ZoHARY - N. FEINBRUN-DOTHAN, Flora Palaestina, Jerusalem 1978, 166. ,

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In Geremia vi incontriamo un'accezione negativa in un'accusa ri­ volta al popolo per aver dimenticato Dio, «inciampando» lungo la strada e continuando a camminare lungo una strada non appianata. Una diversa menzione è in Ger 18,15 dove si trova l'azione dell'am­ mucchiare il grano per incendiarlo. Nella letteratura sapienziale il verbo ricorre due volte in Giobbe, il quale si lamenta usando l 'im­ magine della strada spianata contro di lui (Gb 19,12). Infine, l'in­ vito ad appianare le strade è menzionato nell'inno che fa memoria delle tappe d'Israele, mediante una professione di fede (Sal 68,5) .76 In Proverbi vi è una menzione nella prima collezione (alla forma pilpel) e si riferisce alla Sapienza che i figli sono invitati ad abbrac­ ciare (4,8).77 Più complesso è comprendere esattamente a che cosa si faccia riferimento a livello topografico. Diverse sono le ipotesi: potrebbe identificarsi con lo spazio spianato che stava davanti alla porta delle città poste sull'altura alle quali si accedeva mediante una strada suburbana in salita; oppure, all'interno della città, indi­ cherebbe la strada che saliva verso il santuario e che terminava con un piccolo spiazzo rialzato; se invece è un termine militare, potreb­ be indicare il terrapieno e la rampa di assedio.78 2.3.

Interpretazione della metafora

Le immagini della strada e del sentiero sono costruite attorno a due polarità di pensiero contrapposte: linearità/impedimen t o, azio­ ne/inattività. Il concetto di linearità e quello di impedimento derivano dal campo semantico delle vie di comunicazione. Pr 15,19 usa due ter­ mini simili ma con connotazioni differenti. La strada (�11) espri­ me l'idea di un cammino lineare, agevole, che permette la facilità dell'attraversamento sia a persone che a mezzi. Tuttavia quella del pigro è paragonata a un ostacolo, mutuandone l'immagine dal mon­ do botanico. Poiché la strada non è fatta per porre ostacoli, ma esat­ tamente per il contrario, sono enfatizzate l'incongruenza radicale e l'insensatezza del percorso di vita intrapreso dal pigro. La metafora 76 Il v. 5 è un testo di difficile interpretazione; cf. G. RAVASI, Il libro dei Salmi, Bologna 1985. 377; F.-L. HossFELD E. ZENGER, Die Psalmen. Psalmen 51-100, Freiburg im Breisgau 2000 , 25 1 . 77 Cf. H.-J. FABRY, >, in VT 45(1995), 251 -269. -

141

di 19ab allude a una serie di risvolti etici e antropologici: le azioni della persona inconcludente, disimpegnata, che fa scelte malvagie, contengono un impedimento e un ostacolo paragonabile a qualco­ sa di nocivo e tossico e, dunque, pericolose per la vita. Insistendo sull �immagine della strada, si mette in evidenza come il pigro, di fatto, ponga un ostacolo anche ad ogni immistione esterna. Le due immagini contrapposte, dunque, non solo mettono in luce l'incon­ ciliabilità di due comportamenti individuali, ma anche i loro risvolti sociali, giacché si allude presumibilmente a vie di comunicazione che per loro natura sono percorse da una pluralità di persone. 79 Se leggiamo linea rm ente la metafora vi troviamo una particolari­ tà: sia il primo emistichio che il secondo iniziano con due accenti con­ giuntivi, ma sono invertiti : 19a inizia con l'accento muna}J,, mentre in 19c vi è un rovesciamento accentuale. Così l'intensità del proverbio ricade rispettivamente sui vocaboli della «Strada» e dei «giusti». Vi è poi il concetto contrapposto di azione e di inattività. Ciò che il proverbio stigmatiz za non è solo il non industriarsi nel lavoro o in altri comportamenti, quanto piuttosto il non considerare l 'im­ portanza di perseguire sentieri di benevolenza e onestà, così come fa la persona integra. Di fatto anche il pigro persegue un suo dina­ mismo di azione quando desidera percorrere sentieri lontani dalla vita e ammalianti di seduzione (9,15) o rifiuta le vie tracciate da Dio (3,6 ) . In que sta direzione si pone anche il duro e severo giudizio del Siracide, il quale paragona il pigro a una pietra insudiciata e a una palla di sterco oggetto di derisione e di disprezzo da parte di coloro che stanno intorno a lui (Sir 22,1 -2Gr). Contrapposta a ciò, vi è la vera attività, che è q uella del giusto, il quale ha parole di benedizio­ ne (1 1 , 1 1 ) e di bene volenz a (12,6). Anche l'interpretazione ebraica si muove su questa linea di pensiero. Ad esempio, Rashi afferma che il pigro anziché migliorare se stesso, fantastica sull'idea di bar­ ricata come un ostacolo situato davanti a sé (come in Pr 26,13) e in tal modo trova una scusa per non migliorare. La via del diritto in­ vece, al contrario, inizialmente è difficile, perché stretta e in salita, mentre alla fine diventa leggera.80

79 In Ben Sira si incontrano strade percorse da tipologie negative: quella dei peccatori è ben lastricata ma porta a un baratro infernale (Sir 21,10Gr}. In Sir 32,21Hb ( Mss B. E, F) si trova la menzione sia di strada che di sentiero, entrambi riferiti ai malvagi, ai quali bisogna togliere ogni tipo di confidenza. 80 Cf. GINSBURG, Mishlei 1-15, 276-277. Il rabbino Meir Leibush ben Yechiel Michal (Malbim} interpreta o;rn a livello metaforico affermando che si tratta della via della sapienza. Per il pigro è difficile attraversarla perché non soddisfa i suoi de-

142

Rispetto al contesto del capitolo, Pr 15,19 contiene un legame tematico più con ciò che segue che con quanto precede. Infatti nei versetti successivi sono riprese alcune tematiche della metafora: il camminare retto (v. 2 1 ) , le parole dette al tempo giusto e benevole (vv. 23 e 26) , la vita e la morte (v. 24) , i rapporti parentali e sociali (vv. 20.22.25.27). Le due metafore, dunque, racchiudono una sintesi di un insegnamento sviluppato subito dopo, ma alluso anche nelle sezioni precedenti. 3. Fortezza e chiavistello (Pr 18,19) Un fratello offeso [è] più di una fortezza e le liti [sono] come il chiavistello di un palazzo

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1 i �1� IJ"'}�:;l

19a 19b 19c 19d

Pr 18,19 è composto da due metafore. La prima è contenuta in 19ab dove la figura parentale del fratello è identificata con la for­ tezza. La seconda metafora in 19cd ha subìto una complessa emen­ dazione testuale con due interpretazioni molto diverse fra loro: «i litigi sono come il chiavistello di un palazzo» oppure «gli amici sono come il catenaccio di un castello». Una prima oscurità della me­ tafora risiede, dunque, nella stabilizzazione della corretta lettura di 19cd. Ma traspare anche una certa oscurità tra le due metafore: quale processo metaforico ha condotto lo sconosciuto autore a re­ lazionare 19ab e 1 9cd? 3.1. Il testo e la sua composizione A livello testuale, in Pr 18,19 sono presenti due criticità con­ cernenti l'interpretazione di due lessemi: l'emendazione del verbo l7Tf�� in 19a e il sostantivo plurale C'�li�� in 19c. Per quanto concerne il verbo in 19a si tratta di una forma che non si trova altrove in Proverbi,81 ragione per cui il dibattito ruota attorno alla ricerca e interpretazione della radice verbale in origi­ ne. Diversamente dal testo masoretico, dal Targum e dalla versione sideri, dal momento che egli non possiede pietà, giustizia e purità; il retto invece ha una visione di vita differente e le sue relazioni sociali lo conducono sempre in alto, giacché è mosso da sentimenti di servizio; cf. RosENBERG, Proverbs, 90. 81 Cf. LELIÈVRE - MAILLOT, Commentaire des Proverbes, I, 265; SD, II, 1 979.

143

di Aquila vi è una differente emendazione presente nella versione greca dei LXX, nella Vulgata di Girolamo e nella Siriaca. Il testo greco traduce l1W�� con il part. pres. pass. nom. sing. Po1190uf.1EVOç (), e la Vulgata di Girolamo rimane nella linea dello stesso significato del verbo greco ( «adiuvatur>> ) Gli studiosi suppongono che la radice verbale intesa dal traduttore greco sia stata proba­ bilmente l7tth, il cui significato nifal è appunto «aiutare>>. Ma, di­ versamente dalla traduzione greca, potrebbe trattarsi di un part. sing. masc. nifal dal verbo l7W!:l nel significato di «essere offeso». Crawford H. Toy afferma che si tratta di un testo difficile da rico­ struire, tanto più che, nelle ricorrenze della radice verbale, 3JW!:l di solito è seguito dalla preposizione � o ?�, e mai dalla preposizione 1� come, al contrario, è nel presente caso. Forse anche per tale ra­ gione, Toy propone di sostituire il comparativo 1� con la più logica preposizione � sulla scia di un precedente testo in 18,1 1 b, forte­ ' mente congiunto per stile e contenuto.82 Allo stato attuale, tuttavia, nessuna soluzione proposta è dirimente nello sciogliere ogni ragio­ nevole dubbio testuale, ed entrambe le soluzioni sono ugualmente sostenibili.83 Il secondo nodo critico è il vocabolo 0.,�!1i?� presente in 19c. Si tratta di un Qere/Kethib che viene letto dai masoreti con O.,J.,1�1 (anche se il significato sostanzialmente non muta) . Berend Gemser mantiene la lezione proposta dai masoreti poiché la lettura ripren­ de la medesima forma del versetto precedente (v. 18). Diversamen­ te, Michael V. Fox ritiene sia una forzatura seguire la lettura pro­ posta dai masoreti, la quale si basa sulla valutazione di un errore scribale. Al contrario, egli è dell'opinione che il vocabolo sia una tipica espressione del libro dei Proverbi e presente in numerosi e diversificati contesti (cf. 21 ,19; 23,29; 25,24; 26,21; 27,15).84 Una pro­ posta completamente differente è quella di Paul De Lagarde. Egli emenda il lemma facendolo derivare dalla radice C�, e interpreta .

82 Cf.

ToY,

A Criticai and Exegetical Commentary on the Book of Proverbs,

DELITZSCH, Das salomonische Spruchbuch, 299; 0 ESTE RLEY The Book of Proverbs, 1 50; PLOGER, Sprilche Salomos, 209; Fox, Proverbs 10-31 , 1019; DEB,

363-364;

370-37 1; 83

,

699.

Cf. HOTTP, III, 504-505; BGS, 320; CIMOSA, Proverbi, 136. Vi è un paral­ lelismo tra Pr 19,12a e Pr 20 ,2a ; cf. HEIM , Poetic Imagination in Proverbs, 455-460.

84 Cf. BA R U CQ , Le livre des Proverbes, 152; BAUMGARTNER, Étude critique sur l'état du texte du livre des Proverbes d'après les principales traductions anciennes, 171-172; MDLLER - KAUTZSCH, The Book of Proverbs, 1 7; GEMSER, Spriiche Salo­ mos, 75; McKANE, Proverbs, 5 18; B .K . WALTKE, The Book of Proverbs. Chapters 16-31, Grand Rapids-Cambridge 2005, 67; Fox, Proverbs 10-31, 1 01 9; PINTO, Proverbi, 1 80.

144

il vocabolo alla forma singolare {C1��) posponendolo al vocabolo «fortezza» in forma aggettivale {tl7): «fortezza che sta in alto».85 Il proverbio è costruito su un parallelismo semantico secondo la struttura AB//A'B'. La coppia AA' è formata dai termini di 19ac: fratello offeso//liti (l7tf�� n2$//i:l'�l1��) e vi è il comune campo seman­ tico dell'offesa data e ricevuta. Vi è poi la coppia parallela 1 9bd: più di una fortezza//come il chiavistello di un palazzo {t"31-T1�lir�// li�l � 0'1�:;> ) che ha in comune una struttura abitativa fortificata. Dal punto di vista della composizione, Roger N. Whybray so­ stiene che l'intero capitolo 18 sia da considerarsi come un insie­ me di coppie di versi o di stringati raggruppamenti. Dal v. 15 inizia un'istruzione giacché si fa riferimento all'acquisto dell'intelligenza e conoscenza (anche se l'autore non ha altri elementi per sostener­ lo). I vv 16-19 sono un piccolo gruppo omogeneo che ruota attor­ no al tema della disputa giudiziale in tribunale, Leitmotiv che poi si sviluppa nei vv. 20-21 ; la parte finale del capitolo, invece, raccoglie temi differenti concernenti la vita e le relazioni sociali (matrimonio, poveri, amicizia).86 Anche Knut M. Heim concorda nel ritenere i vv. 16-19 un gruppo unitario, ma la delimitazione che precede è sposta­ ta al v. 1 1 , inizio di una breve unità compositiva che termina al v. 15 (vv. 1 1 15 ) . Pr 18,16-19 è composto da quattro detti che hanno rimandi tematici (giustizia, atto processuale, tribunale) sia con ciò che precede che con le sezioni successive, ed è per tale ragione che andrebbe interpretato alla luce di una più ampia sezione compresa tra Pr 16,1 e 19,24 (e oltre). Tra il v. 19 e il v. 18 vi è poi uno stretto collegamento, individuabile in sezioni vicine: il lemma 1�1�, il tenni­ ne «fratello» (ntt) ripetuto (17,2; 18,9) e il lemma «prossimo» core­ ferenziale a «fratello» (9,24; 17,17-1 8; 18,17.24), i vocaboli ;,�li? e Tl1 ripetuti in Pr 18, 1 1 . La delimitazione successiva è legata a una sot­ tounità composta da una coppia (vv. 20-21 ) il cui tema è la parola, per terminare con una serie di proverbi sulle relazioni pare n tali e amicali. Heim conclude affermando che i vv. 16-19 sono centrali per comprendere tutta la grande sezione.87 Bruce Waltke inserisce il proverbio in una sezione meno ampia di quella proposta da Knut M. Heim, circoscrivendola al capitolo 18. Waltke mette in contrasto il parlare dello stolto con quello del .

-

85

Cf. DE LAGARDE, Anmerkungen zur Griechischen Obersetzung der Prover·

bien, 59. 86 87

Cf. WHYBRAY, The Composition of the Book of Proverbs, Cf. HEIM, Like Grapes of Go/d Set in Silver, 240-252.

1 12-1 1 3.

145

saggio (1 8,1-21). Suddivide il capitolo in due unità letterarie: la pa­ rola antisociale dello stolto e la difesa del giusto ( vv. 1-1 1 ) , un ver­ setto janus (v. 12) e un'unità che pone al centro il comportamento educato di una persona attraverso il suo parlare (vv. 13-21 ). All'in­ temo di questa seconda unità letteraria i vv. 16-18 rappresentano un 'istruzione ( Teaching) sulla giustizia e i suoi conflitti, delimitati dal contrasto tra l'incorreggibile insipienza dello stolto e l'insegna­ mento del saggio (vv. 13-15) a cui fa seguito il «potere>> della paro­ la (vv. 20-21). Il contesto di questa sezione è l'assise giudiziale, nel contesto di una disputa legale, il rfb: 88 i vv. 16-17 esprimono l'iter del procedimento giudiziario, i vv. 1 8-19 la risoluzione del conflitto con alcune limitazioni. Infatti, prosegue lo studioso, se il v. 16 si riferi­ sce alrottenimento di un beneficio favorevole, i vv. 18-19 mettono in luce il caso di un 'irrisolvibilità in sede giudiziaria. I due versetti sono strettamente uniti perché sono costruiti secondo uno schema chiastico: il termine «lite>> ripetuto in 18a e 19b; il tema delle liti in 1 8b e 19a. Il v. 19, pertanto, mette in luce la difficoltà nell'accettare la risoluzione di una disputa tra fratelli espressa al versetto prece­ dente.89 Più recentemente Vfctor Moria Asensio propone il v. 19 come una parte di tre sentenze che iniziano al v. 17. Tutto ruota attorno al tema del contenzioso. La prima sentenza mette in evidenza l'aspet­ to legale del contenzioso attraverso l 'importanza della prova testi­ moniate, la seconda sentenza è il riferimento alla sorte nel giudizio, la quale fa appello sia alla legge che alla capacità valutativa del giu­ dice nello scioglimento del contenzioso (ma può anche alludere a una sorta di omissione di imparzialità del giudice stesso), la terza sentenza fa riferimento alle dispute familiari che generano deterio­ ramenti irreparabili nei rapporti di sangue. Nei versi successivi se­ guono tematiche inerenti all'importanza della parola.90 Infine, vi è la struttura compositiva proposta da Magne Srebflt, secondo il quale il capitolo si apre con la menzione di persone ne­ gative (vv. 1 -3) e si chiude con tre categorie di persone positive (vv. 22-24). Segue una cornice letteraria e tematica composta dai vv. 4-8 e 20-21 le cui connessioni sono determinate da lessemi corpora­ li attorno al tema della parola: bocca, labbra e parlare. Tra queste 88 0. P. BovATI, Vie della giustizia secondo la Bibbia. Sistema giudiziario e procedure per la riconciliazione, Bologna 2014, 70. 89 Cf. WALTKE, The Book of Proverbs. Chapters 16-31, 81-85; Mc KA NE , Prov­ erbs, 520. 90 Cf. MoRLA AsENSIO, Proverbios, 142.

146

due cornici vi è una serie di brevi unità letterarie tra loro connesse all'interno di una sezione composta dai vv. 9-19; in particolare, i vv. 10- 1 1 sono connessi con i vv. 18-19 attraverso il lessema «fratello», «fortezza>>. Anche per Sreb0 i vv. 16-19 sono un piccolo corpo let­ terario e assumono un cambio di tonalità rispetto a ciò che precede poiché il loro tono è sociale e politico, ambientato nel campo giu­ ridico, in un clima processuale. La parola in questo contesto giudi­ ziario può essere considerata un «dono>> (l��) come in Pr 18,16 e diviene la chiave ermeneutica dei vv. 1 6-1 9.91 In conclusione, se a livello di critica testuale non si riesce a giun­ gere a un consenso unanime, la delimitazione del testo sembra più uniforme. Pr 18,19 è racchiuso in un corpo unitario che inizia al v. 16 e si sviluppa non oltre il v. 21. Il contesto più verosimile è quello giudiziario, e più specificatamente il contesto di un rib. 3.2. Analisi degli elementi metaforici Le metafore di Pr 1 8,19 sono costituite da questi elementi lessi­ cali e sintagmatici: il fratello offeso (37W;>� ntt), la fortezza ( r·y·.n �1ir� ) , le liti (0"�11��), il chiavistello di un palazzo (1i?.l 1� D" !� ) . Per quanto concerne il primo sintagma, il termine «fratello>> (ntt) appare in Proverbi nove volte.92 Non si ha una definizione unica e il suo campo semantico abbraccia non solo legami di sangue, ma si al­ larga al cerchio delle conoscenze amicali o lavorative. Nella prima collezione si incontra un'unica attestazione (6,19), menzionata all'in­ temo di un proverbio numerico il quale elenca sette abomini in «or­ rore» (.ni::J.llii-'1 ) al Signore: fra di essi, il provocare liti (tl"�1?t) fra fra­ telli rappresenta una delle azioni intollerabili al cospetto del Signore. La maggior parte delle attestazioni si riscontra nella grande raccolta salomonica. In Pr 17,2 i fratelli sono menzionati a proposito dell'ere­ dità. Qui si evidenzia il contrasto tra un servo intelligente e un figlio che compie azioni riprovevoli e svergognate, giungendo ad affermare che a quest'ultimo sarà tolta la possibilità di ereditare e, paradossal­ mente, sarà il servo saggio a essere insignito dell'onore di avere parte del patrimonio del suo padrone. Un caso analogo di misconoscimen­ to del fratello è in Pr 19,7: qui sono i fratelli del povero che se ne di­ stanziano disprezzandolo, come fanno gli amici. La seconda menzio-

91

Cf.

248-249.

StEB0,

Sprii.che, 237-241;

SCHERER,

Das weise Wort und seine Wirkung,

92 Pr 6,19; 17,2.17; 18,9.19.24; 19,7; 27,10(2x).

147

ne nel medesimo capitolo è al v. 17: i legami di sangue sono messi a confronto con le relazioni amicali, affermando che l'amico è nato per essere un fratello nelle avversità. Anche Pr 18,24 pone una stretta connessione tra amicizia e legami di sangue, partendo dalla consta­ tazione che vi sono amici che mandano in rovina e altri che amano più del fratello. Vi è poi la menzione di «fratello» in un contesto la­ vorativo ( 1 8.. 9). In questo caso, il senso è peggiorativo e la persona negligente è detta avere legami di sangue con la persona distruttiva e dissipatrice. L'ultima menzione di «fratello» è nella collezione di Ezechia, attestato due volte in Pr 27,10. In questo caso il fratello è posto in relazione al padre e all'amico. Rispetto al fratello, il testo in­ vita a non entrare in casa del fratello nel giorno della disgrazia, senza peraltro speci:ficarne i contenuti. Infine, vi è un paragone tra amicizia e fraternità, affermando che è meglio un amico vicino che un fratello lontano. La menzione di fratello «offeso» in Pr 18,19 non trova altri riscontri in Proverbi (unica analogia potrebbe esserci in 6,19). Il vocabolo «fratello» è congiunto al verbo «offendere» {l7tQ� ). In Proverbi incontriamo solo due forme: una al nifal nel presente testo e una forma q al yiqtol in Pr 28,21 nel senso di «trasgredire)), offende­ re . Il suo significato base sta a indicare una situazione delittuosa che contiene anche un risvolto giuridico. Un delitto tra fratelli potrebbe essere il furto, come nel caso del contenzioso tra Giacobbe e Labano a proposito del sequestro dei terafim (Gen 31 ,36), oppure il crimi­ ne del sequestro di persona, la vendita di un fratello come schiavo come si narra nella storia di Giuseppe (Gen 50,17). L'offesa indica l'aspetto di violazione di un diritto e può allargarsi anche ad alleanze internazionali, fino ad assumere un valore teologico. In questo caso, si tratta di un torto che si fa a una vittima e il torto subìto può costi­ tuire un casus belli (2Re 12,19; Am 1 ,3). In termini generali, dunque, l'offendere è rompere una relazione che si radica spesso in un con­ testo confidenziale e intimo. Nel concetto di offesa, più che l'idea di colpa e punizione, si vuole mettere in luce l'aspetto della trasgressio­ ne subita.93 Tuttavia il significato inteso in Proverbi sarebbe meno circoscritto a favore di una determinazione più generale, sapienzia­ le: si tratta di una ingiustizia, di un torto, di un delitto subito che genera una rottura nei rapporti di alleanza fraterna o più allargata.94 93 Cf. H. SEEBASS, «l7W�», in ThWA T, VI, 794-809; R. KNIERIM, «l7W�», in DTA T, II, 488-495; E.P. SANDERS, «Sin, Sinners», in ABD, VI, 32; E. BEAUCAMP, cPéché. Dans l'Ancien Testament: le vocabulaire hébrai'que», in DBS, VII, 444-448. 94 Cf. DEB, 698-699; DCH, VI, 792-793; HA LOT, III. 980-981 . Cf. Pr 1 0,12.19; 12,13; 17,9.19; 19,11; 28,13.24; 29,6.16.22. In particolare il rapporto con la contesa

148

Il fratello offeso è posto in relazione con una città fortificata. Il termine «cittadella» (;,;1i?) è attestato nella Bibbia ebraica 30 vol­ te, e indica un insediamento solitamente cinto di mura. La città può essere sostitutivo di un nome. Ad esempio, in alcune parti poetiche di Isaia (ls 1 ,21 .26) , ma anche in Esdra (Esd 4,10.12-13.15-16.19.2 1 ) designa l a città d i Gerusalemme e i suoi abitanti. Proverbi utilizza diversi termini per indicare la città (111.jç, ;,:li?, ,,�). Il vocabolo usa­ to in 19b probabilmente è un 'espressione dialettale che sostituisce il più comune ,.,�. Secondo M.J. Mulder il termine :-t;!i? ricorre so­ prattutto nel linguaggio poetico ed è interscambiabile con gli altri due termini, indicando il senso generico di «Città» o «cittadella». Tuttavia potrebbe anche essere compreso come una piazzaforte, cioè un insediamento militare munito di approvvigionamento, ma che ha una funzione strategica di controllo e difesa del territorio.95 In Proverbi ;,;li? ricorre cinque volte (10,15; 1 1 ,10; 18,1 1 . 1 9; 29,8) e in tre casi è unito all'aggettivo «forte» (r'l7) . Per due volte (10,15; 1 8, 1 1 ) la città fortificata è posta in relazione con il ricco, afferman­ do che il suo patrimonio e la sua fortuna sono paragonabili a una città ben fortificata, contrariamente alla situazione di indigenza del povero. Secondo Franz Zorell tutte le attestazioni indicano l 'idea di una città solida ( «Urbs fortis>>) e inespugnabile. Il concetto di cit­ tà nell'antico Vicino Oriente è strettamente connesso con l'idea di fortificazione e non c'era una divergenza costruttiva sia per le me­ tropoli come per i villaggi. Ogni insediamento con una struttura amministrativa possedeva una fortificazione a scopo difensivo, ma anche per esaltare il potere di chi governava, e quindi assumeva un valore simbolico. Le mura erano più spesse che alte e potevano es­ serci più bastioni e porte , oltre che una doppia protezione di mura rispetto al centro; ciò per resistere agli assalti o per sostenere un lungo assedio in caso di guerra.96 Nel nostro caso, dunque, potrebbe designare un particolare tipo e collocazione della città. e le liti è in 10,12; 17,16; 19,11. Nella Bibbia ebraica si registra 93 volte; cf. EvEN­ SnosHAN, 966-967. 95 Cf. Mu LDER, «:1:1i?», 178-1 80; DEB, 753; DCH, VII, 324-325; HA LOT, III, 1 142- 1 143; BDB , 900; H.J. D REY ER , «The Roots qr, 'r, gr and �/tr "Stone, Wall, City,

etc."», in I. H . EYBERS (a cura di), De Fructo oris sui. Essays in honour of Adrianus van Selms, Leiden 1971, 17-25; M.J. DAHOOD, «Hebrew-Ugaritic Lexicography IX», in Bib 52(1971), 350. 96 Cf. D .P. M I E L K E , «Fortifications and Fortification Strategies of M e ga- ci ti es in the Ancient Near East», in R. MATTHEWS - J. CuRTIS ( a cura di), Proceedings of the 'J'h lnternational Congress on the Archaeology ofthe Ancient Near East, I, Wiesbaden 201 2, l, 73-91; A.A. BuRKE, Walled up to Heaven. The Evolution of Midd/e Bronze Age Fortification Strategies in the Levant, Winona Lake 2008, 159-162; ZoRELL, 740.

149

In 1 9c vi è l'inizio della seconda metafora con il termine «lite» (1i1?i). Abbiamo già notato sopra che si tratta di un Qere/Kethib la cui derivazione può essere o dal sostantivo li1� o dal sostanti­ vo ì�r� (come in Pr 18 , 18), e il cui concetto sostanzialmente non cambia assumendo il valore di vertenza, processo, contesa, bega, litigio, rissa, disputa, discussione.97 Il lemma li1�, se si accetta la formulazione del Kethib, è attestato altre 12 volte in Proverbi, ol­ tre il presente testo.98 Si parla della lite in diversi contesti. Prima di tutto si mette in guardia da chi la provoca: l'uomo pieno di ira (15,18), la persona perversa e ingannevole (16,28) , la donna liti­ giosa (21 ,19; 25,24), l'attaccabrighe (22,10), l'arrogante (28,25), il collerico (29,22) . Vi sono alcune metafore che illuminano il senso della lite. L'inizio di un litigio è come l'acqua che straripa (17,14), la prosecuzione è come una goccia continua nel tempo di pioggia (27,1 5 ) o il mettere carboni e legna sul fuoco (26,21); la sua con­ clusione è come il fuoco che si spegne (26,20) ma che trova osta­ colo n eli 'uomo rissoso che invece tende ad attizzare con carboni e legna (26,21 ) Infine vi è un parallelismo tra litigio e ricchezza: non è la rissa che porta ricchezza, ma solo la confidenza in Dio (28,25) . Invece s e s i accoglie l a lezione Qere plurale dalla forma singolare 1�1i? emendata dai masoreti, il lemma è attestato nove volte, oltre il presente testo.99 Il significato sostanzialmente ha delle analogie con il precedente: chi rimugina cose perverse e suscita le liti è la persona dissennata e perversa ( 6,14 ), una donna litigiosa è un con­ tinuo stillicidio ed è salutare starne lontani ( 1 9,13; 21 ,9) e la fine di un contenzioso in un'assise giudiziaria spesso è stabilita dalla sorte (18,18). Infine vi è l'immagine del «chiavistello» (IJ'!�). Può essere considerato catenaccio, chiavistello, spranga, sbarra. Di solito il riferimento è alle porte della città il cui materiale poteva essere di bronzo (1Re 4,13) o di ferro (Is 45,2; Sal 107,1 6) Esse rappresen­ tano un sistema protettivo e di sicurezza contro possibili attacchi esterni.100 Una città tranquilla, tuttavia, è senza sbarre e porte (cf. Ez 38, 1 1 ; Ger 49,31). In Esodo è un termine tecnico designante la .

.

m 98

29,22.

99

in cui

Cf. DEB, 442; HALOT, Il, 548-549; DCH, V, 146-147; ZoRELL, 41 1 -412. Cf. Pr 15,18; 16,28; 17,14; 21 ,19; 22,10; 23,29; 25,24; 26,20.21; 27,15; 28,25; Cf. Pr 6,14; 18,18; 19,13; 21,9.19; 23,29; 25,24; 26,21; 27,15. Annotiamo i casi

vi è un'emendazione (Pr 6,14; 21,19; 23,29; 25,24; 26,21; 22,1 5). 100 Cf. Dt 3,5; 1Sam 23,7; 2Cr 8,5; 14,6; Ne 3,3.6.13.14. 1 5; sbarre di porte (Am

1,15).

150

trave orizzontale che congiungeva assi verticali (Es 26,26-29). Il chiavistello sulle porte di città fortificata è sineddoche per le inte­ re città. 10 1 Si tratta comunque di un chiavistello che appartiene al palazzo (1i�1tt). È un lemma che ricorre solo in Proverbi, ma nel­ la Bibbia ebraica ricorre 32 volte e fa riferimento a un edificio a più piani. Esso può essere identificato con il palazzo regale ( l Re 16,18; 2Re 15,25) o con gli edifici di una città (2Cr 36,19; Is 13,22 [emendato]; Am 1 ,4.7) ma anche con una roccaforte o con l'edi­ ficio adiacente a una torre di custodia di una città (Am 3,1 1 ; Sal 48,4.14; 122,7) . 1°2 Vi è tuttavia una differenza tra palazzi egiziani, siriani e mesopotamici e quelli dell'antico Israele. In questo secon­ do caso spesso, per il ruolo marginale rivestito da Israele, i palaz­ zi erano abitazioni con ruoli contemporaneamente sia residenziali che amministrativi.103 3.3.

Interpretazione della metafora

Le metafore del fratello offeso e del chiavistello sono costruite su quattro concetti: la difesa/aggressione e la sicurezza/insicurezza. L'immagine della città fortificata rimanda a due tipologie di in­ terpretazioni. La prima è quella difensiva. L'idea di città fortificata pone l'accento sull'aspetto di impermeabilità che l'edificio possiede rispetto a possibili attacchi esterni. Qui si dice che il fratello offeso è più di una città fortificata e, pertanto, diviene immagine di qualcosa che intende essere inattaccabile e recalcitrante contro ogni forma di contrattazione, a motivo di un'aggressione subita ingiustamente.104 Il secondo aspetto trasmesso dall'idea di città fortificata è quello della protezione. Una città fortificata, sia in tempo di guerra che di pace, veicola l'idea di compattezza, di protezione dei suoi abitanti e dello svolgimento delle ordinarie attività commerciali e non, favo­ rendone la vitalità e il prosieguo di normali relazioni. Al contrario, mediante il sintagma «fratello offeso», si vuole esprimere uno scar­ to rispetto a questa situazione. Detto altrimenti, la metafora inten101

Cf. J. GAMBERONI, «n1�». in ThWA T, l, 777-781 ; DEB, 130; DCH, II, 264; 157. 102 Cf. EvEN-SHoSHAN, 1 1 1 ; DEB, 15; DCH, I, 382-383; GESENIUS, I, 100-101; HALOT, l, 89. 103 Cf. W. G. DEVER, «Palace», in ABD, V, 56-58; C.H.J. DE GEus, Towns in Ancient Israel and in the Southern Levant, Leuven 2003, 78-86. 104 Cf. E. GINSBURG - Y. WEINBERGER, Mishlei/Proverbs. A New Translation

HALOT, I,

with a Commentary Anthologized from Talmudic, Midrashic, and Rabbinic Sources, 16-31, Brooklyn 2007, 358-359.

151

de dire che l'offesa scinde non solo le relazioni parentali create dai vincoli di sangue � ma anche una rete di relazioni più allargata e che comprende un legame di amicizia e solidarietà. Ciò che determina tale situazione è la violazione di diritti che, esemplificando, posso­ no essere quelli della vita e della proprietà terriera. Il diritto negato sottinteso nell'offesa, dunque, provoca insicurezza e ingiustizia, e rende vulnerabile la stessa convivenza e prosieguo delle relazioni. In più occasioni il libro del Siracide riprende tale concetto sottoli­ neando l'importanza del mantenimento delle buone relazioni tra fratelli e amici, insistendo a più riprese sull'aspetto del manteni­ mento della pace. In primo luogo vi è un invito esplicito a evitare di compiere azioni malvagie (Sir 7,1Hb [Ms A]) e a lottare per la giustizia (Sir 4,28Hb [Ms A]). Vi è il consiglio di mantenere saldi i rapporti con fratelli, amici e vicini, alieni da ogni interesse (Sir 7,18Hb [Ms A]) . Infine, è necessaria la concordia tra fratelli, amici e vicini poiché non solo si compiace l'anima, perché gradita al Si­ gnore (Sir 25,1 Gr). 1 05 In Proverbi vi è poi la seconda immagine del chiavistello di un palazzo o fortezza. Anche qui il binomio è costrui­ to sia attorno al binomio di sicurezza che di difesa, con una con­ notazione militare. Le dispute, le liti e le provocazioni causate da persone colleriche, attaccabrighe, perverse, portano alla creazione di un sistema difensivo di chiusura nei confronti di attacchi esterni, così come è espresso dall'idea di città fortificata; esse evidenziano l'inaccessibilità e la totale chiusura che le contese provocano.106 Vi è tuttavia una differenza tra le due immagini. Nel primo caso vi è l'aspetto positivo e negativo racchiuso nella metafora, nel secondo caso le liti sembrano essere unidirezionali, generando solo chiusu­ ra, inaccessibilità, assenza di comunicazione, mancanza di libertà e, quindi, ingiustizia. Si tratta di una valutazione molto severa sulla questione del litigio. 107 ' 105 Rispetto al tema dell amicizia, Jeremy Corley afferma che Ben Sira espande l'insegnamento contenuto in Proverbi (cf. Sir 6,5-17; 9, 10-16; 13,15-23; 19,13-17; 22, 19-26; 27,16-21; 37,1 -6) ribadendo la bontà dell'amicizia ma proponendo di usare cautela, sollecitando alla fedeltà verso i propri amici e connettendo le relazioni amicali al timore del Signore; cf. J. CoR L EY, Ben Sira's Teaching on Friendship, Providence 2001 , 213-218. 1 06 L'idea di inaccessibilità a un luogo è stata sviluppata anche da Rashi, a pro­ posito del culto: seguendo Dt 23,4 egli afferma che vi è preclusa ogni partecipazione a chi adotta un linguaggio violento e di maledizione come, ad esempio, gli ammoniti e i moabiti nei confronti d'Israele; cf. RosENBERG, Proverbs, 1 10-1 1 1 . 107 Lo stesso libro del Siracide riprende il tema della lite sviluppando l'imma­ gine del fuoco. Ben Sira mette severamente in guardia dal seminare discordia, che può degenerare nella violenza del sangue (Sir 28,8-12Gr). 152

Riletta nel contesto della composizione letteraria (vv. 16-19), la metafora condensa un insegnamento sugli amici, sui fratelli, sul­ la moglie. Letta in modo lineare, notiamo come la forza musicale degli accenti r;Jb.fa ' gagol e mer;J/g2 converga sul termine «fratello offeso», indicando così la chiave di lettura del verso e l'intensità del proverbio. Il saggio sa che la parola ha un potere (v. 21) e in ragione di ciò deve evitare di render la strumento di offesa, litigio, separa­ zione e violenza, soprattutto verso i propri «fratelli». Al contrario, la parola deve creare sicurezza, giustizia e vita. Se il saggio non se ne occupa, il risultato sarà distruttivo e privo di ogni prospettiva di relazione sociale. 4.

La fossa e il pozzo (Pr 23,27) Perché fossa profonda la prostituta e un pozzo stretto la straniera

:-�re�ll :-�n�w-"f.

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:-ti� ,��� :1�!��

27a 27b 27c 27d

Pr 23,27 è parte di un detto più articolato ed è composto da due espressioni metaforiche, l'una presente in 27ab e l'altra in 27cd. En­ trambe le metafore sono accomunate dalla figura femminile, in uno specifico contesto relazionale e sessuale. La prima metafora iden­ tifica la fossa profonda con la prostituta e la seconda il pozzo stret­ to con la straniera. Per il lettore moderno entrambe le espressioni non sono immediatamente comprensibili e richiedono un processo conoscitivo volto a comprendere la sovrapposizione tra prostituta e fossa in 27ab e tra la straniera e il pozzo stretto in 27cd. Inoltre, il senso di enigmaticità e oscurità traspare anche dalla relazione fra le due metafore: perché l'autore ha inteso associare la prostituta e la straniera a due immagini molto differenti fra loro? 4.1. Il testo e la sua composizione La più rilevante difficoltà testuale di Pr 23,27 si presenta nella versione greca dei LXX. In 27 a il sintagma :-lir�ll :-ro�tzi è tradotto con 1ti9oç tEtPTIJtévoç («Vaso perforato>>) e in 27b il termine ;-r�·r con àA.À.otptoç oÌKoç («casa altrui»). Crawford H. Toy afferma che in 27a il traduttore ha probabilmente ripreso un antico proverbio gre­ co, mentre l'emendazione di 27b forse è da attribuire alla lettura di 153

un lemma simile a quello che si trova in 22,1 4 (l1i,!).108 La lezione del testo masoretico invece è attestata da Peshitta, Targum, Vulga­ ta. 1 09 Pr 23,27 contiene un parallelismo sintetico, in cui 27ab trova ·una ripresa e un ampliamento in 27cd. Il parallelismo semantico è formato dalla coppia ABA'B': la coppia AA' (27ac) è costituita dai sintagmi «fossa profonda//pozzo stretto» (;,re�� ;"lfJ�t0//;'11� ,�� ) . mentre la coppia BB' in 27bd è composta dai termini «prostituta// straniera» (;,�iT//;'1=!��). 110 A livello redazionale, il testo è inserito nella terza collezione di Proverbi (22,17-24,22), dove è raggruppata una serie di detti, istru­ zioni, ammonimenti, indirizzati con tutta probabilità alla corte rega­ le e il cui obiettivo è offrire un paradigma di comportamento socio­ politico dettato dal timore del Signore e dalla moderazione.1 1 1 Nu­ merose sono le affinità tra la terza collezione e la sapienza egiziana. 1 12 108 Si tratterebbe di un proverbio (dç -ròv -rupru.J.tvov 1ti8ov àv-rì...Eiv) che indica assoluta insaziabilità, inconcludenza, e impossibilità di vivere senza storia e senza memoria. Il proverbio alluderebbe al mito greco delle sette figlie di Danao (le Danaidi) le quali furono costrette ad andare spose a principi egiziani, nonostante la loro contrarietà. Sei di loro nella prima notte nuziale uccisero i propri mariti. Come punizione, nell'Ade furono condannate a riempire senza sosta vasi perforati; cf. D'HAMONVILLE. Les Proverbes, 105-106; 291 -292; SD, II, 1 983; BGS, 329.

ToY, A Criticai and Exegetical Commentary on the Book of Proverbs. BAUMGARTNER, Étude critique sur l'état du texte du livre des Proverbes d 'après /es principales traductions anciennes, 208; DE LAGARDE, Anmerkungen zur Griechi­ schen Obersetzung der Proverbien, 75; BARUCQ, Le livre des Proverbes, 184; 0Es­ TERLEY. The Book of Proverbs, 87; GREENSTONE, Proverbs, 250; GEMSER, Spriiche Salomos, 87; MuRPHY, Proverbs, 176-177; C. MoRo, (n��) per indicare lo spazio di dimora degli animali. Ora si tratta di un termine inusuale e raro, unico nel libro dei Proverbi, giacché, sebbene il termine ricorra 38 volte, tut­ tavia mai è menzionata la casa in riferimento a un animale o colonia di animali. Solitamente la casa è riferita a persone che vi abitano (cf. 5,8; 7,6; 15,6.25; 21 ,12; 31 ,27), alla Sapienza (9,1; 14,1) o al clima familiare ivi contenuto o che non si trova ( 17,1 ; 21,9; 24,3). Nella tradizione del Vicino Oriente la casa ha un significato plu­ riforme raggruppando un vasto ambito semantico. Essa si riferisce prima di tutto allo spazio urbano e alla struttura abitativa che po­ teva comprendere anche la proprietà terriera e il luogo di sosten­ tamento economico e lavorativo. Inoltre, poteva designare il luogo di soggiorno sia esterno che interno. Ma oltre a questi significati la casa designava le famiglie e l'intera servitù, le generazioni o il clan di appartenenza (cf. Gen 15,2; Es 20,10; Gs 7,14), mettendo in evi­ denza la priorità delle relazioni parentali e di affinità. Vi era, infine, un ultimo significato: la casa designava la situazione patrimoniale e i beni che appartenevano a un nucleo familiare (cf. Geo 39,4; Es 20,17; Est 8, 1).155 5.3.

Interpretazione della metafora

La metafora è costruita attorno all'immagine dell'irace, ma il contesto tematico più prossimo si situa al v. 24, il quale introduce il proverbio numerico e pone il termine di paragone con una serie di animali: formiche, iraci, cavallette e geco sono identificati con i sa­ pienti fra i sapienti: C"��[J� C"��Q. La metafora del popolo numero­ so si relaziona all'idea di forza, mentre l 'immagine della casa rinvia

ls.-

Cf.

164-165.

E. HAAG, «l77Q», in ThWA T, V, 873-881; HALOT, Il, 758; DCH, VI,

155 Cf. H.A. HoFFNER, «.n��», in ThWA T, I, 629-638; J.S. HoLLADAY, «House, lsraelite», in ABD, III, 308-317; E. JENNI, «1'1��», in TDOT, l, 308-313; V. FRITZ, «Haus», in NBL, Il, 53-57; HALOT, l, 124-129; DCH, Il, 151-164.

169

al senso di protezione. Dunque, il processo metaforico è costruito su queste aree concettuali: forza/debolezza, protezione/insicurezza. La tradizione ebraica ha interpretato la metafora soffermandosi sul comportamento dell'ira ce: il modo di costruire le tane con fati­ ca e determinazione è un vivido richiamo per il pio ebreo a studia­ re con costanza la Torah anche se può apparire un percorso arido e duro, nella convinzione che passo dopo passo il successo sicura­ mente giungerà. La seconda interpretazione concerne l'osservazio­ ne sulla colonia di animali: il fatto di essere una specie che si mostra unita e ben organizzata, preservandosi da pericoli, sta a indicare la necessità di evitare persone dannose e lo stare lontano dall'influen­ za non giudaica.156 Ora tale interpretazione mette in luce due aspet­ ti fondanti di ciò che implica l'immagine, e cioè l'essere un popolo pauroso e la costruzione della tana, ma ciò è solo un aspetto della metafora. Il popolo d'Israele ha fatto spesso esperienza di debolezza e al contempo ha costituito un pericolo per altri . Ad esempio esso è sta­ to una minaccia per il faraone proprio in quanto popolo numeroso. Pertanto il processo di elaborazione si appoggia sull'idea opposta di forza e minaccia, vale a dire di impotenza. Il secondo elemento da considerare è l'idea di popolo contenuta in Proverbi, la quale ha sempre un rimando e un collegamento con l'autorità e la gestione della cosa pubblica. Inoltre, a livello di costruzione sintattica si è potuto notare come vi sia uno stretto legame con ciò che precede, cioè con l 'immagine di piccolezza e impotenza apparente delle for­ miche. Quindi, il saggio è veramente tale e superiore agli altri quan­ do trovandosi in situazioni di impotenza e minaccia, sa cogliere la saggezza degli iraci, cioè è in grado di offrire e ricevere forza dalla struttura sociale alla quale appartiene, attraverso un comportamen­ to coeso e dinamico. Nell ' insieme della composizione del capitolo, la metafora potrebbe essere intesa come una risposta alle parole di Agur e alla sua incapacità di affrontare le dure ed esacerbanti osti­ lità di persone nemiche (30,1 1 - 14). Oltre alla dimensione di popolo impotente, vi è un secondo aspetto legato a 26b: la casa sulla roccia. Abbiamo notato come la scelta del termine «casa» per indicare la dimora di un animale sia inusuale e senza alcun altro riferimento in Proverbi. Riferendosi solo a un gruppo umano essa indica sia la dimora, il benessere/ma­ lessere relazionale che si crea all'interno dei nuclei familiari, e sia 156

170

Cf. RosENBER.G, Proverbs, 195; GINSBUR.G - WEINBER.GER., Mishlei 16-31, 637.

il possesso. Nell'interpretazione ebraica i rabbini hanno messo in luce l'abilità e la fatica costruttiva degli iraci, ma la metafora pare soffermarsi sul fatto che la dimora sia sulle rocce, in alto. Vi è nella metafora un elemento incongruo. Infatti se è vero che la casa ha un rimando di sicurezza e protezione, i riferimenti biblici inerenti la roccia sono più ambigui. Se metaforizzata, la roccia indica il Si­ gnore e la protezione positiva, ma a livello non metaforico è luogo di nascondimento da un pericolo che mette a rischio l'incolumità della vita stessa. L'immagine intende dunque far riflettere sulla di­ mensione di protezione e sicurezza. Nel contesto più ampio della sezione a cui fa riferimento, vi è l'invito al monarca a compiere azioni protettive verso il popolo, soprattutto perché si possa per­ cepire la presenza di Dio come scudo sotto cui ci si può rifugiare (30,4).157 6. Sguardo d'insieme

Indubbiamente, il libro dei Proverbi utilizza immagini e metafo­ re urbane ed extraurbane in modo esteso e trasversale. Al riguardo, abbiamo rilevato nella rassegna lessicografica che le più numero­ se attestazioni riguardano i vocaboli «casa» {37x), «Strada» (27x) e «sentiero» (1 9x), quasi sempre in senso metaforico. Nella maggior parte delle referenze, la menzione di agglomera­ ti urbani, dei suoi dettagli architettonici, come pure il richiamo alle vie di comunicazione, sono elementi posti in relazione con un'elen­ cazione davvero pluriforme di persone e animali con un eviden­ te intendimento educativo: dalle categorie contrapposte di giusti e malvagi, saggi e stolti, figli e genitori, pigri e laboriosi, mogli e amanti, al mondo variegato degli animali quali l'aquila, l'irace, il geco, all'esaltazione di donna Sapienza contrapposta a donna Follia. Nell'analisi del processo metaforico ci siamo soffermati sullo studio di cinque espressioni letterarie. Le prime due hanno riguar­ dato l'ambito delle vie di comunicazione. In realtà, l'interpretazio­ ne metaforica non si è discostata dai rimandi allusivi che solitamen-

157 In modo simile, Ben Sira sviluppa questo messaggio rapportandolo alla pa­ rola e alla sapienza. Ad esempio ciò che non deve essere trattenuto nascondendolo è la parola (Sir 4,23Hb [Mss A, C]), e porre i figli presso la sapienza è un riparo sicuro (Sir 14,26Gr). In apertura di una serie di proverbi numerici, vi sono tre elementi di compiacimento: la concordia tra fratelli, l'amicizia tra i vicini, l'armonia tra l'uomo e la donna (Sir 25,1Gr).

171

te si attribuiscono alla strada e al sentiero. Tuttavia l'analisi ha fatto emergere alcuni paradossi. Ad esempio, in Pr 10,29 la strada, per antonomasia emblema di insicurezza, assurge a simbolo di sicurez­ za e protezione se è integra o percorsa da uomini integri. Anche nella seconda metafora di Pr 15,19 notiamo un paradosso: la strada di per sé lineare è un ostacolo se è del pigro, mentre il sentiero di per sé angusto e impervio è reso appianato se è quello delle perso­ ne rette. La terza e quarta metafora toccano più da vicino i rapporti fa­ miliari. Pr 18,19 è un giudizio severo e tagliente sui litigi tra fra­ telli e relazioni amicali. Essi portano alla distruzione dei rapporti, all'esclusione e alla violenza. Tutto ciò è racchiuso nella metafora della fortezza e del chiavistello, volendo mettere in evidenza il po­ tere devastante che la parola assume se non utilizzata saggiamente. Di altro tenore la metafora di Pr 23,27. In questo caso, la metafora è a supporto enfatico di un ammonimento paterno rivolto al figlio affinché segua l 'insegnamento ricevuto dalla tradizione familiare contro il potere seduttivo che la donna ha sul cuore e sugli occhi del figlio, e sebbene la sua condizione di vita sia riprovevole. Da ultimo, l'analisi si è soffermata su una fra le maggiori attesta­ zioni urbanistiche lessicali: la casa. In Pr 30,26 vi è un hapax legome­ non . La casa normalmente rimanda alle persone che in essa vi di­ morano. Qui la struttura abitativa è relazionata agli iraci e, dunque, a un contesto animale. La metafora è innestata su un proverbio nu­ merico, accanto all'elencazione di altri animali e il cui rimando fi­ nale riguarda, naturalmente, il saggio. La metafora dell'irace è un invito al saggio e al monarca a intraprendere azioni protettive nei confronti di coloro di cui hanno responsabilità, anche se si trovasse in situazione di debolezza e impotenza. Da ultimo, si è pure riscontrato come alcune questioni filologi­ che rimangano irrisolvibili e lascino il testo ambiguo. Ma l'indeter­ minatezza e l'enigmaticità possono essere ricondotte a una precisa intenzione dell'autore, lasciando così permanentemente aperto lo spazio della «sorpresa)) nell'interpretazione della metafora.

172

Capitolo IV IL MOND O DELLA NATURA

È a partire dalla percezione di sé, del proprio corpo e dell' am­ biente sociale nel quale vive che il saggio trasmette la sua esperien­ za in un cammino di fedeltà alla Torah. Un posto altrettanto rag­ guardevole è assegnato al mondo della natura e agli elementi che la compongono. Proverbi raccoglie un esteso ventaglio di informa­ zioni e osservazioni circa il creato, i fenomeni meteorologici a esso congiunti, i prodotti che ne derivano per la sussistenza e il benesse­ re dell'uomo. Si tratta di un mondo oggetto di investigazione mai fine a se stesso, ma sempre rapportato a un insegnamento didatti­ co e teologico. Vi troviamo elementi di continuità con le immagini e le metafore del corpo e dello spazio urbano ed extraurbano, ma molto più specificatamente l'arguzia consiste nell'evocare il mondo visivo, percettivo e tattile di colui che ode ciò che il saggio esprime mediante la metafora. Nella prima parte, dedicata alla rassegna sul campo lessicale , la descrizione si estende dai grandi elementi e fenomeni terrestri ai più minuscoli elementi come un granello di sabbia. L'analisi di cinque metafore, contenuta nella seconda parte, si propone di comprendere la sovrapposizione tra il mondo della natura e quel­ lo umano.

A. IL CAMPO LESSICALE

Il ricco campo lessicale contempla l'enumerazione di diverse ca­ tegorie semantiche che spesso includono un rimando metaforico; in molte attestazioni l 'immagine della natura funge da veicolo per identificare tipologie di persone e comportamenti umani.

173

L La terra e i suoi prodotti Il libro dei Proverbi contempla una considerevole ricchezza di e metafore desunte dall'osservazione di mol­ teplici elementi che compongono il mondo della natura. Esse sono tratte dalla botanica, dalla geologia, dalla geomorfologia, dall ' idro­ grafia, dalla mine r alogia e dalla petrologia . Inoltre, vi troviamo enu­ m erati i prodotti della terra trasformati dall'intervento dell'uomo e che rigu ardano essenzialmente l ' uso alimentare quotidiano. an notaz ioni, immagini

1.1.

Il mondo della botanica

Dal punto di vista botanico in Proverbi sono raccolte queste ti­ pologie: l ' albe ro con foglie e radici, le piante erbacee e aromatiche, i prodotti della terra e i loro derivati. L ' immagin e dell'albero (fV.) ricorre sei volte. 1 Nella maggior parte delle attestazioni l'albero è dotato di un valore metaforico. In quattro delle sei occorrenze è denominato «albero di vita» (i::::l''� JJ-fV.), allusione a Genesi e alla letteratur a sapienziale del Vicino Orien­ te. 2 La prima menzione si trova in Pr 1-9 e si riferisce alla Sapienza che il saggio è invitato ad afferrare stringendosi ad essa (3,18) . Le altre tre menzioni sono situate nell'antica collezione salomonica: l ' albero di vita è il fr utto del giusto (1 1,30), ma pure un deside­ rio soddisfatto del cuore rispetto a una lunga ed estenuante attesa ( 13,12); anche il buon uso della parola è simile a un albero di vita (15,4). Le ultime due attestazioni si trovano nella collezione di Eze­ chia. Qui vi è un paragone che si basa sull 'immagine dell'albero che brucia nel fuoco, per alludere alle liti che possono essere attizzate dall ' attaccabrighe o alle calunnie che sono spente dall'abilità che il saggio sa mettere in campo nel riportare la calma (26,20-21 ). Oltre l'albero, in Proverbi è presente l ' immagine della foglia (;-r7l/). Essa ricorre una sola volta nella raccolta di Salomone come metafora del giusto che « r i n verdisce», se non si lascia sedurre dalle proprie ric­ chezze, riponendo in esse una cieca confidenza ( 1 1 ,28). Da ultimo, due sono le citazioni concernenti la radice della pianta (W1}Zi), am­ bedue attestate nella raccolta salomonica. In entrambe le referenze

1

Pr 3,1 8; 1 1 ,30; 13,12; 15,4; 26,20-21.

. Tree of Life, Mythical Archetype. Revelations from the Sym­ bols of Ancient Troy, San Francisco 2009, 45-60; E.O. JAMES, The Tree of Life. An Archaelogical Study, Leiden 1966, 1-31. 2 Cf. G. HAYNES,

174

la radice è immagine del giusto in quanto persona solida ( 1 2,3) e generatrice di frutti (12, 12). Una seconda classificazione botanica raggruppa le piante erba­ cee e aromatiche. In un solo testo si fa menzione dell'erba (JTQ�!). Essa si trova in Pr 19,12 ali 'interno di una metafora che ha come oggetto il re: la sua ira è come il ruggito di un leone, ma il suo favo­ re come la rugiada sull'erba.3 In Pr 24,31 le ortiche (tvi�j() e i car­ di (C'�1.l} ), sono citati come il risultato della insensatezza e trasan­ datezza del pigro. Una brillante metafora riguarda la sola e unica attestazione del vocabolo «spina» (Oin): un proverbio sulla bocca dello stolto è come una spina conficcata nella mano dell ' ubriaco (26,9). Per quanto concerne le piante aromatiche unico è il riferi­ mento alla mirra (i�), aloè (C'7:J�} e cinnamomo (1i��k'), ritenuti un segno di seduzione (7, 17). In modo analogo, il gusto amaro della pianta dell'assenzio (;'1��7) è metafora delle labbra della donna se­ duttrice da cui il saggio deve preservarsi (5,4 ). Infine, due attesta­ zioni riguardano la pianta della vite (01�): in Pr 24,30 essa appar­ tiene al pigro e la sua trascuratezza rappresenta un duro monito per il saggio; a conclusione del libro, è la donna di valore che acquista un campo piantando con le sue mani una vigna, alludendo così alla sapiente intraprendenza della donna di valore (31 ,16). L'ultima categoria botanica riunisce i frutti della terra e i suoi de­ rivati: le mele, il miele, il pane, il vino, l'aceto, il burro e il latte. Nella parte iniziale della collezione di Ezechia troviamo presentata la me­ tafora delle mele d'oro {:l:J! 'IJ1ST:1) poste su un vassoio d'argento per alludere alla saggezza delle parole pronunciate in tempo opportuno (25,11 ) Tre, invece, sono le attestazioni del lemma «miele» (n�J). La prima menzione è contenuta in Pr 5,3 e si riferisce alle labbra della donna straniera (;-tl! 'lJ�TQ). Nella seconda attestazione il sog­ getto è la sapienza di cui ci si deve nutrire con gusto (24,13). Infine vi è l'immagine dello stomaco sazio che rifiuta e disprezza il miele (27,7). Senza nominare un prodotto specifico della terra, lungo il li­ bro incontriamo la generica attestazione di «frutto» (''! � ).4 La prima ricorrenza è un duro rimprovero che la Sapienza rivolge a quanti non ascoltano la sua voce e preferiscono cibarsi del frutto delle loro azioni {1,31). Nella medesima collezione, la Sapienza si autopresen.

3 In realtà, l'erba qui appare indirettamente in quanto riferita all'immagine della rugiada. 4 Dieci sono le sue attestazioni: Pr 1,31; 8,19; 11,30; 12,14; 13,2; 18,20-21; 27,18;

31,16.31.

175

ta come consigliera regale affermando che il suo frutto è migliore dell'oro, cioè esso porta ricchezza e gloria (8,18).5 Nella grande rac­ colta salomonica troviamo altre cinque menzioni: il frutto è connes­ so al giusto (1 1 ,30), alla bocca dell'uomo (12,4; 13,2; 18,20) e alla sua lingua (18,21). Anche le ultime tre menzioni nella parte conclusiva di Proverbi congiungono il frutto a diverse tipologie di persone, il cui scopo è certificarne la buona qualità: la persona che si prende cura del suo padrone (27,18) e la donna di valore (3 1 , 16.31). Vi è poi una serie di prodotti della terra derivati dalla lavora­ zione dell'uomo. In primo luogo vi è il lemma «pane)) (ZJ07) men­ zionato in quanto appartenente a categorie di persone e per la sua fragranza:6 il pane del malvagio (4,17; 23,6), della sapienza (9,5), della persona dagli occhi buoni (22,9), della donna saggia (31 , 14.27); può avere un buon gusto ma solo in apparenza se mangiato di na­ scosto (9 , 17) od ottenuto con frode (20, 17). Oltre il pane, vi trovia­ mo la menzione del vino (1;�), attestato 10 volte: il vino dei violenti (4,17 ) e quello preparato da donna Sapienza (9,2.5); in genere, è saggio stare lontano da esso (20,1 ; 21 ,17; 23,20.30-31 ; 3 1 ,4) e tutta­ via è bene offrirlo a chi ha il cuore amareggiato (3 1 ,6). Per quanto concerne l'aceto sono presenti solamente due attestazioni ed en­ trambe sono immagini con una forte valenza metaforica: l'aceto sui denti insieme al fumo sugli occhi allude al pigro rispetto a colui che lo invia in modo poco saggio (10,26) e il volere cantare canzoni a un cuore afflitto è come versare aceto su una piaga (25,20). Infine, vi è la menzione di due latticini (il burro e il latte): l'azione del pres­ sare il latte per produrre burro è una metafora che allude all'ira derivante da una contesa (30,33) e la menzione del latte di capra si trova inserita in un breve corpo letterario che invita alla cura del gregge (27).7). 1.2. Climatologia e meteorologia

Una seconda categorizzazione della natura concerne la descri­ zione di alcuni fenomeni climatici e meteorologici: i cieli, il vento, la nube, la neve, la pioggia, la rugiada, la tempesta.

5 Cf. M. GtLBERT, «Le discours

de la Sagesse en Proverbes 8», in lo., La Sagesse

de l'Ancien Testament, Leuven 1990, 208. 6 Il vocabolo co? ricorre 27 volte: Pr 4,17(2x); 6,8.26; 9,5(2x).17; 12,9.11;

20,13.17; 22,9; 23,1.3.6(2x); 25,21 ; 27,27(2x); 28,3.1 9.21; 30,8.22.25; 31,14.27. 176

·

Il vocabolo «cieli» (c���) è attestato sei volte.7 Nella prima col­ lezione è presente in due testi ed entrambi stabiliscono una relazio­ ne tra il Signore e la Sapienza: in Pr 3,19 il Signore ha fondato la terra con sapienza, i cieli invece sono stabiliti (Ui:!)) con intelligen­ za. Il secondo riferimento si trova nell'inno alla sapienza creatrice: in Pr 8,27 si fa menzione dei cieli che il Signore rende stabili con la sapienza. Due occorrenze associano i cieli al volteggiare maestoso dell'aquila: Pr 23,5 è una metafora che intende mettere in guardia il sapiente dal frequentare i banchetti con persone che esercitano un potere o un dominio. Invece in Pr 25,3 il saggio è messo in guar­ dia dal bramare ogni forma di possesso perché gli occhi sono come un'aquila che spicca il volo verso il cielo. Da ultimo, in Pr 30, 1 9 i cieli rappresentano la strada sulla quale «cammina» l'aquila, meta­ fora di impenetrabile inaccessibilità. Più complessa è l'identificazione del termine che si riferisce al vento (IJ�1). In Proverbi il termine l]�1 è attestato 20 volte.8 Le più frequenti ricorrenze si trovano nell'antica raccolta salomonica e nella collezione di Ezechia. Per lo più, il vocabolo è sineddoche della persona e del suo animo interiore. Ad esempio, lo spirito affi­ dabile (tr�,-v���) sa trattenere i segreti e le confidenze (1 1 ,13) e chi lo sa dominare è più valoroso di colui che conquista una città nel corso di un'azione bellicosa (16,32). Al contrario, lo spirito dell'uo­ mo è spezzato da una lingua falsa (15,4) e se è abbattuto (:12$:;?� IJ�,) inaridisce le ossa ( 17,22). Nella prima collezione, l'unica attestazio­ ne del lemma è posta in riferimento alla Sapienza: essa grida nelle piazze e alle porte della città invitando i passanti a seguirla e pro­ mettendo di effondere il suo spirito su di essi ( 1 ,23). I riferimenti all'azione del vento in quanto tale sono quattro. Nella raccolta salo­ monica, in Pr 1 1,29 vi è l'immagine di colui che «erediterà il vento>> (IJ�1-,IJ��) stante a indicare la persona che getta scompiglio nella propria casa. Nella raccolta di Ezechia, sono presenti altre due im­ magini: il vento senza pioggia, che allude alla persona che si vanta falsamente di avere fatto un dono (25,14), e la mano che «trattiene il vento», allusione alla moglie litigiosa (27,16) . E ancora, nei det­ ti di Agur troviamo la metafora del vento raccolto nel pugno della mano che indica l'insipienza dell'uomo e l'ignoranza della cono­ scenza del Santo (30,4).

7 Pr 3,19; 8,27; 23,5; 25,3; 30,4.19. 8 Pr 1 ,23; 1 1 ,13.29; 14,29; 15,4. 13; 27,16; 29,11 .23; 30,4.

16,2.18-19.32; 17,22.27; 18,14; 25,14.23.28;

177

Due sono le referenze che indicano l'uragano (;-r��O). In en­ trambe le attestazioni si tratta di immagini negative. In Pr 1 ,27 l'uragano allude alla calamità che investe lo stolto che trascura i consigli di donna Sapienza e in Pr 10,25 il riferimento è al malva­ gio, le cui rovinose azioni sono paragonabili alla fulminea dura­ ta di un uragano devastatore. Contigue al vocabolo «Uragano)), vi sono due referenze altrettanto peggiorative che si riferiscono alla tempesta o tormenta (;"JI$iTO): in Pr 1 ,27 la tormenta è un'immagine che allude al terrore e alla devastazione che colpisce quanti si fan­ no beffe della sapienza; in Pr 3,25 la tempesta/tormenta è un'im­ magine che ritrae il comportamento dei malvagi e da cui il figlio/ discepolo saggio è invitato a discostarsi senza temere alcuna con­ seguenza negativa. Con una connotazione negativa vi sono anche altri due elementi della natura: la pioggia (Z:nv�) e la nube (�"W�). Esse compaiono solo nella collezione di Ezechia: la pioggia, con­ giuntamente al vento, indica coloro che si impegnano a parole ma non nei fatti (25,14), mentre la sola attestazione del lemma cw� in Pr 25,23 è metafora del volto indignato. Proverbi riporta un secon­ do differente termine stante a indicare le nubi (jitJW), associato alla rugiada C? �) allo scopo di indicare la fonte da cui quest'ultima pro­ viene (3,20). Il lemma ' � si trova altre due volte: in Pr 8,28 è una delle opere compiute dal Signore con la sapienza creatrice e in Pr 19,12 è metafora del re. Pur apparendo un evento meteorologico inusuale in un con­ testo mediorientale, Proverbi in tre casi riporta il fenomeno della neve (l7W) e i suoi effetti. Nella collezione di Ezechia l'immagine della neve ha un valore metaforico con due significati opposti: il messaggero fedele è come il fresco della neve in tempo di calura (25,13) e lo stolto è come la neve nel periodo estivo (26,1 ). L'ulti­ ma menzione si trova a chiusura del libro e si riferisce alla donna di valore che non teme il sopraggiungere della neve poiché ha provve­ duto saggiamente a tutti (3 1 ,21). 1.3.

Idrografia e orografia

Una terza categorizzazione del mondo della natura attiene l'idrografia e la geomorfologia: acqua, fiumi, monti, colline, alture, campi, fosse, abissi. Per quanto concerne la descrizione delle acque terrestri sono pochi gli elementi naturali descritti in Proverbi: l'acqua con le sue

178

sorgenti e il fiume. Il lemma «acqua» (o:�) compare 14 volte.9 Nella prima collezione vi sono cinque occorrenze: due attestazioni sono espressioni metaforiche e tre sono riferite alla sapienza creatrice. In Pr 5,15-16 l'acqua, la sua sorgente ( 1� � �) 10 e i suoi ruscelli (o:?t-"�7�) sono un'allusione alla donna e per il saggio un invito alla fedeltà. Nell'inno alla sapienza creatrice, le acque sono un'opera creata da Dio alla presenza/col concorso della sapienza (8,24.29). Nel capito­ lo successivo l'immagine delle acque furtive, che solo in apparenza sono dolci, allude alla morte dell'inesperto che segue donna Follia (9 , 17). Nella raccolta di Salomone sono presenti quattro attesta­ zioni e tutte esprimono un rimando metaforico. In Pr 17,14 l'av­ viare un contenzioso è come dare la stura alle acque (c:� ,�i9); ma, in termini positivi, le parole di un uomo (18 ,4) e il consiglio del suo cuore (20,5) sono come acque profonde (O"iP�ll o:�). In Pr 21 ,1 vi è la metafora del cuore del re che nelle mani del Signore è come un corso d'acqua. Nella raccolta di Ezechia sono elencate al­ tre due metafore: una buona notizia è come acqua fresca (25 ,25) e il viso che si specchia nell'acqua rimanda allo specchiarsi del cuore dell 'uomo (27,19) . Le ultime due menzioni in Proverbi si trova­ no nelle parole di Agur, con la metafora delle acque racchiuse nel mantello ( 30,4) e l'insaziabilità divoratrice dell'acqua simile a quel­ la del fuoco (30,16). Vi è un secondo lemma che indica il deflusso naturale delle acque: il torrente ('IJJ). Esso compare solo due volte ed entrambe in senso metaforico: in Pr 18,4 la fonte della sapien­ za è un torrente straripante e in Pr 30,17 il torrente è un elemento metaforico posto in parallelo con la macabra immagine dell'occhio divorato dagli animali impuri. Un a serie di immagini ed espressioni si riferisce alla geomorfolo­ gia. In primo luogo vi è la ricorrenza del termine «monte» (,;:1). Essa si trova solo due volte e solo alla forma plurale. La prima menzione si trova nella prima collezione, in Pr 8,25, dove il monte è descritto come uno degli elementi della creazione in rapporto all'autoelogio che la Sapienza fa di se stessa. La seconda attestazione è situata nella raccolta di Ezechia dove vi è l'immagine della raccolta del foraggio sui monti nel tempo opportuno (27 ,25 ) . Una sola è la ricorrenza del lemma che si riferisce a «collina» (:1�:;1�), posta in associazione con

9 Pr 5,15-16; 8,24.29; 9,17; 17,14; 18,4; 20,5; 21,1; 25,21.25; 27,19; 30,4. 16. 10 In altri due testi si menziona la sorgente. In Pr 8,24 1�V� è descritta come posteriore alla Sapienza; in Pr 25,26 la torbidezza delle acque sorgive è metafora

dell'inqualificabile tentennamento del giusto dinanzi al malvagio.

179

«lllonti)> (8,25). Vi è poi un vocabolo che indica un luogo rialzato (ci,�). e si trova solo nella prima collezione: esso è il promontorio sopra il quale si pongono donna Sapienza (8,2), le sue ancelle (9,3) e donna Follia (9,14). Oltre alle alture, in Proverbi è descritto il luogo piano, il «campo» (:11W) ed esso, generalmente, non ha alcun senso metaforico, ma è posto in rapporto all'appartenenza a qualcuno:11 vi è il campo deJl'orfano (23,10), quello del pigro (24,30), della donna di valore che intende acquistarlo (31,16). Due sono le attestazioni che riguardano invece la fossa (niJtQ) ed entrambe si trovano nella collezione di Ezechia con una connotazione esclusivamente negati­ va, alludendo probabilmente allo scavo predisposto per la sepoltura: in Pr 25,26 la fossa è la metafora del giusto che tentenna davanti al malvagio e in Pr 26,27 la fossa diviene la tomba che la persona ini­ qua si scava da sola. A differenza della fossa e pur riferendosi alla profondità della terra, gli abissi (ci:-r�) non sono espressioni metafo­ riche e non hanno una connotazione negativa. Essi sono menzionati in quanto relazionati al Creatore e alla Sapienza.12 1. 4. Minerali e pietre Vi è infine un'ultima categorizzazione di elementi naturali che costituiscono la mineralogia e la petrologia: argento, oro, pietra, creta, sabbia, ferro. Il maggior numero di referenze concerne l'argento (�Q�).13 Nel­ la prima collezione il lemma è attestato cinque volte. In quanto mi­ nerale prezioso possiede un valore di comparazione con la Sapien­ za (2, 14; 3,14; 8,10) e può fungere da sinonimo di denaro (8,19). Nell'antica raccolta salomonica l'argento è un termine citato quat­ tro volte: l'argento scelto (1lJ:;l� �Q�) è metafora della lingua del giusto (1 0,20), ma l'intelligenza (:1�"�) e una buona reputazione (1tQl7� CW) sono certamente preferibili e migliori rispetto all'argen­ to ( 16,16; 22,1 ). Inoltre, vi troviamo l'immagine del crogiuolo per l'argento come termine di paragone dell'azione del Signore rispet­ to al cuore del saggio ( 17 ,3). Nella raccolta di Ezechia, vi sono al­ tre quattro menzioni di �Q�: vi è l'immagine delle scorie d'argento come metafora del malvagio (25,4; 26,23), quella del prezioso og-

11

Il lemma è attestato cinque volte: Pr 23,10; 24,27.30; 27,26; 31 ,16. Il termine Ci:-JI;l è attestato quattro volte e solo nella prima collezione: Pr 3,20; 8,24.27-28. 13 In Proverbi è attestato 13 volte: Pr 2,4; 3,14; 7,20; 8,10.19; 10,20; 16,16; 17,3; 22,1 ; 25,4. 1 1 ; 26,23; 27,21. 12

180

getto d'argento per alludere alle parole pronunciate al tempo giu­ sto (25,1 1 ) e - similmente a Pr 17,3 - l'immagine del crogiuolo ri­ spetto alla reputazione dell'uomo (27,21). Menzionato spesso insieme all'argento, ma con un valore supe­ riore, è l'oro, attestato in Proverbi con due termini distinti.14 Nella prima raccolta le uniche tre referenze al metallo prezioso sono sem­ pre congiunte all'argento come termine di paragone con la sapienza {3,14; 8,10. 19). Anche nella grande raccolta salomonica e nella rac­ colta di Ezechia ricorre l'associazione tra oro e argento. Ad esem­ pio, in Pr 17,3 e 27, 1 , oltre all'immagine del crogiolo per l'argento sopra menzionata, vi è l'immagine del forno per l'oro. Ma soprat­ tutto ):)! è utilizzato come un bene prezioso di ornamento: la pri­ ma ricorrenza nella raccolta salomonica è un'espressione metafori­ ca che identifica la donna bella ma senza tatto e senno (C:tl�) a un anello d'oro messo al grugno di un maiale (1 1 ,22); in Pr 17,3 il vero ornamento prezioso non è l'oro ma le parole sapienti; e, infine, una buona reputazione ha più valore di ogni ricchezza, oro compreso. La «pietra» (1��), pur non essendo un elemento della natura prezioso come l'oro e l'argento, appare in Proverbi 1 1 volte e quasi esclusivamente nelle raccolte di Salomone e di Ezechia.15 Vi tro­ viamo l'immagine delle pietre utilizzate nella misurazione della bi­ lancia e sempre riferite all'azione di giustizia compiute dal Signore ( 1 1 , 1 ; 16,1 1 ; 20, 10.23) e la metafora della pietra legata alla fionda che allude alla gloria imprudentemente accordata allo stolto (26,8). In altre occasioni si fa riferimento in modo sempre negativo alla sua pesantezza per esprimere la «pesantezza» dell'ira (27,3) o della stoltezza (26,27); un muro di pietre crollato invece è il segno dell'in­ dolenza del pigro (24,3 1), ma una pietra preziosa è un talismano per chi la possiede ( 17,8). Proverbi menziona altri minerali o elementi rocciosi, sebbene per alcuni di essi la menzione sia unica. Ad esempio, una sola volta appare il termine «creta» {W10) e appare come elemento metafori­ co che allude al cuore malvagio (26,23). Una sola volta (ma ripetu­ to due volte nel medesimo versetto) è pure attestato il ferro (? fl;l ) nell'atto di essere affilato, utilizzato come termine di paragone per il comportamento dell'uomo (27,17). Infine, una sola volta è atte14 I n Proverbi il lemma che indica «oro» è :J:Jt e ricorre sette volte ( 1 1 ,22; 17,3; 20,15; 22,1; 25,1 1 .12; 27,21). Ma vi è anche una forma più poetica e tardiva (f�10) attestata tre volte e solo nella collezione più recente del libro (3,14; 8, 10.19); cf. DEB, 297; DCH, III, 315; HALOT, I, 352. 1 5 Pr 1 1,1; 16,11; 17,8; 20,10(2x).23(2x); 24,31; 26,8.27; 27,3.

181

stato il lemma del grane11o della sabbia (f�O) ed è in Pr 20,17 dove si rinviene l'immagine della bocca piena di sabbia per indicare il pane procurato con falsità.

2. La natura,

l'uomo

e il suo mondo

Il mondo della natura fornisce una grande quantità di immagi­ ni e metafore le quali, peraltro, non possiedono tutte una frequen­ te attestazione. Invero, si è registrata l'esistenza di lemmi presenti solo in alcune raccolte e completamente assenti in altre. Rispetto al mondo botanico incontriamo l 'immagine dell'albero di vita ( 1 1 ,30; 15,4) e di quello che brucia (26,20-21). Se ci soffermia­ mo su alcuni suoi elementi, i giusti sono immaginati come le foglie di un albero { 1 1 ,28), o le sue radici (12,3). La metafora botanica dell'er­ ba irrorata dalla rugiada rimanda al favore e alla benevolenza del re (19,12). Vi sono alcune immagini che nascono dall'esperienza tattile a contatto con le piante - le spine conficcate nella mano che indicano lo stolto (26,29), il gusto amaro dell'assenzio (5,4), quello profumato della mirra, dell'aloè e del cinnamomo (7,17) - le quali nascondono un potere seduttivo e travolgente. La dolcezza del miele è metafo­ ra della donna adultera (5,3) ma lo è anche della sapienza (24, 1 3); l'asprezza dell'aceto versato sui denti (10,26) o su una ferita aperta (25,20) è la metafora di un comportamento che il saggio è invitato a non assumere. Infine, il lavoro di trasformazione del latte in burro diviene metafora del litigio che si trasforma in ira (27 ,27). Un aspetto particolarmente arguto degli autori delle metafore è la rivisitazione di alcuni fenomeni naturali e quotidiani legati ai cambiamenti climatici. Ad esempio, l'inusuale immagine dell'ere­ ditare il vento { 1 1 ,29) dipinge l'incapacità di una persona di ammi­ nistrare il patrimonio e la famiglia; la metafora del vento raccolto invano nel pugno della mano è un rimando all'illusione di tratte­ nere una moglie litigiosa (27,16) o all'insipienza di non possedere la conoscenza del Santo (30,4 ) Infine, si incontra l'immagine del vento senza pioggia che indica il millantatore (25, 14). I fenomeni dell'uragano e della tempesta divengono la rappresentazione dello stolto che non ascolta la sapienza (10,25) o di coloro che si fanno beffe di essa (1,27). La pioggia può essere immagine del volto indi­ gnato (25,23) e se si trasforma in neve allora vi sono immagini tra loro opposte: il fresco della neve in tempo di caldo può indicare sia il messaggero fedele (25,13) sia lo stolto (26,21 ) .

.

182

Se ci si sofferma sulle immagini geomorfologiche, in Proverbi si nota che l'acqua e le sue sorgenti sono metafora della donna e della sua sessualità (5,15-16). Se le acque sono profonde simboleggiano le parole del saggio ( 18,4) e l'immagine dello sturare un canale o un recipiente colmo di acqua rimanda all'inizio di una contesa (17 ,24). Le acque di un fiume o canale nelle quali ci si può specchiare rinvia­ no al viso rispetto al cuore, e quelle fresche sono metafora di buone notizie. Infine, nelle parole di Agur è presente la metafora dell'ac­ qua racchiusa nel mantello per indicare l'incapacità di possedere sapienza (30,4) ma, al contrario, un fiume straripante simboleggia la fonte della sapienza (30,17). Oltre all'acqua e ai suoi canali, stra­ namente non troviamo metafore inerenti monti e colline, ma solo una riguardante la fossa. Essa è metafora del giusto insicuro di sé e delle sue azioni (26,27). Da ultimo, la tipologia di immagini e metafore naturali che at­ tingono dalla mineralogia e la petrologia contengono molte allusio­ ni facendo riferimento alla preziosità dei minerali. Innanzitutto, il metallo più prezioso, l'oro, è simbolo della sapienza (3,14; 8,10.19). Un ornamento d'oro sono le parole sapienti e la buona reputazione che una persona raggiunge ( 17,3). Tuttavia un monile d'oro come, ad esempio, lo splendore di un anello ma messo al muso di un ma­ iale diviene ironicamente metafora di una donna bella ma rozza e senza tatto ( 1 1 ,22). Si menziona anche alla preziosità dell'argento: l'argento scelto è metafora della lingua del giusto ( 10,20; 25,1 1 ). Vi è, poi, il riferimento al Signore sia per l'argento che per l'oro: l'azione di prova che il Signore compie è paragonata al crogiolo per l'argento e al forno per l'oro ( 17,3). Un terzo minerale roccioso è la pietra. Di essa si ricava l'immagine della pietra inserita nella fionda per alludere all'onore attribuito allo stolto (26,8). La creta, invece, diventa immagine del cuore dell'uomo malvagio (26,23}. Infine, i granellini di sabbia che ingozzano la bocca dell'uomo sono una for­ midabile metafora del pane procurato senza lealtà, ma con frode e falsità. In Proverbi, dunque, traspare un'attenta e particolareggiata os­ servazione degli autori al mondo della natura e di quanto in essa è contenuto fin nei più minuti particolari. Tuttavia non vi è la de­ scrizione tout court della natura ma essa si trasforma da oggetto di osservazione a strumento di riflessione sapienziale e insegnamen­ to educativo, trasmesso attraverso l'arte raffinata della poesia. È quanto sarà analizzato, prendendo in esame cinque espressioni me­ taforiche. 183

B. IL

PROCESSO METAFORICO

Delle cinque metafore selezionate una appartiene alla prima collezione, due sono contenute nell'antica raccolta salomonica e due in quella di Ezechia. Pr 5,3 è una metafora che sovrappone due parti del corpo con due prodotti della terra; nella raccolta salomo­ nica Pr 1 1 , 12 raggruppa in similitudine un oggetto prezioso, un ani­ male impuro e la donna, mentre Pr 19,12 è una metafora composta da elementi del mondo botanico e quello animale sovrapposti alla figura del re. Anche nella collezione di Ezechia sono sfruttati ele­ menti similari provenienti dal mondo botanico e della petrologia: la spina (26,9) e l'argento con scorie (26,23), paragonati rispettiva­ mente ali 'ubriaco e al malvagio. l. D

miele, l'olio e l'estranea (Pr 5,3)

Perché favo di miele stillano le labbra dell'estranea e liscio più dell'olio il suo palato

;,� �·mr:t n Q� '�

;'l'Jl 'n�w

1QW� i'�Ol

fl �r:t

3a 3b 3c 3d

Pr 5,1 -23 è una lunga istruzione paterna appartenente alla prima collezione, contenente l'esortazione a seguire l'insegnamento pater­ no e a non accordare attenzione al potere seduttivo delle donne, al di fuori della propria moglie. In Pr 5,3 sono racchiuse due immagini che si riferiscono alla donna straniera le quali si pongono in contra­ sto con 5,1-2. Vi sono due metafore che sovrappongono due parti del corpo con due prodotti della terra: in 3ab vi è l'immagine delle labbra della donna estranea che stillano miele; in 3cd vi è la compa­ razione tra l'olio (3c) e il palato ( 3d ). La metafora contiene elementi di incongruità anche nella loro interrelazione: perché la coppia mie­ Ienabbra in 3ab è associata al binomio olio/palato in 3cd? 1. 1. Il testo

e la sua composizione

Nell'analisi filologica del testo, la questione principale è una di­ versa traduzione nella versione greca dei LXX. Nella versione gre­ ca, infatti, è contenuto il monito a non avvicinarsi a una donna iden­ tificata con la prostituta.16 16 La versione dei LXX ha questa traduzione: J.LlÌ 7tpOOEXE > (�7� t')�I/iJir}). Ciò che accomuna la coppia in 12ac è l'utilizzo di due immagini, l'una animale e l 'altra vegetale, mentre in 12bd vi è la descrizione di due azioni del re che si pongono a livello emozionale. Christine R. Yoder osserva che le due coppie non ne­ cessariamente sono da interpretare in modo antitetico. Esse possono avere una tonalità complementare e ciò dipende dal come si conside­ ra il waw, se avversativo o coordinante. Se coordinante, le due meta­ fore sono complementari e, dunque, il proverbio evidenzia il modo di reagire del re, il suo «come>> (12ac ) ; se, al contrario, è avversativo, il proverbio pone in contrasto l'ira del re (12b) e il suo favore (12d) . 82 Pr 19,12 appartiene alla categoria dei proverbi regali (Konigs­ priiche)83 ed è l 'unico proverbio cha fa esplicito riferimento al re in 77 Cf. DELITZSCH, Das salomonische Spruchbuch, 308. Così anche Gemser secondo il quale vi sono riferimenti ad Achikar; cf. GEMSE R , Sprilche Salomos, 71 ; 77; 1 12. 78 Cf. BosTROM, Paronomasi i den iildre hebreiska maschallitteraturen: med siirkild hiinsyn till Proverbia, 176. 79 Cf. RINGGREN - ZIMMERLI, Spriiche, 76-79. Secondo gli autori il capitolo sarebbe una raccolta di tematiche molto variegate e alcune antitetiche: saggi/stolti (vv. 20.25), povertà/ricchezza (vv. 4.7.22.27), vita di famiglia (vv. 1 7.21.25), falsità (vv. 5.9. 1 1), Dio (v. 21), pigrizia (vv. 15.24). Un'interpretazione molto differente è quella di Wilhelm Frankenberg, che reputa si tratti di un insegnamento rivolto ai giovani contro il rischio della collera; cf. W. FRANKENBERG, Die Spruche, Prediger und Hoheslied (Handkommentar zum Alten Testament 11.3 ) , Gottingen 1 898, 1 1 1 . 80 Arnold B. Ehrlich così traduce creando e mantenendo un parallelismo semantico: «Die tibie Laune des Konigs ist wie Reif, aber seine Huld wie Tau auf Pftanzen»; cf. EHRLICH, Randglossen, 1 10. 81 Cf. ToY, A Criticai and Exegetical Commentary on the Book of Proverbs,

372-373. 82

Cf. C. R. YoDER, Proverbs, Nashville 2009, 204. Cf. HERMISSON, Studien zur israelitischen Spruchweisheit, 71-72; PLooER, Spriiche Salomos, 219. 83

204

tutto il capitolo 19. Roger N. Whybray lo collega al versetto prece­ dente, affermando che soprattutto 12ab è un detto popolare che in­ tende affermare la potestà regale in quanto protezione e beneficio del popolo, senza avanzare una critica aperta al re e, quindi, il v. 1 1 rappresenta un paradosso creato appositamente per dare enfasi al v. 12.84 Ted Hildebrandt osserva come i vv. 13-14 costituiscano una coppia di proverbi (proverbial pair) volutamente costruita dai saggi come unità compositiva.85 Arndt Meinhold considera il v. 12 come la parte terminale di un'unità compositiva che inizia al v. 9 caratterizzato dalJ 'accento sulla dimensione pubblica, a differenza dei vv. 13-15 concentrati sulla dimensione familiare e privata, come si evince dalla presenza dei «donna>> e «padre». Il v. 15 tratta il tema della pigrizia ed è le­ gato al v. 16 dal lemma TV�� creando un forte legame strutturale con il v. 8.86 Duane A. Garrett osserva che, sebbene vi siano ripetizioni, inclusioni e versi inseriti in modo non organico, tuttavia si possono identificare proverbi inseriti in piccoli insiemi e unità ben struttu­ rati. In questo senso, vi è una connessione tra Pr 19,1 1-12 e 20,23, che Garrett ritiene essere degli indicatori strutturali (structural markers ), i quali considerati unitamente evidenziano una struttura chiastica (pazienza, ira del re, ira del re, pazienza).87 Knut M. Heim è dell'avviso che il v. 12 sia da inserire in un'unità più ampia delimi­ tata dai vv. 1 1-15. I vv. 1 1 -12 sono relazionati, come già suggeriva Meinhold, dal tema dell'ira. Seguendo T. Hildebrandt, i vv. 13-14 avrebbero connessioni tematiche interne (l'ira del re e la litigiosità della moglie), e vi è un'inclusione che lega il v. 1 1 con il v. 14 forma-

84 Cf. WHYBRAY, Proverbs, 279-280. Rispetto al carattere letterario del capitolo, Whybray osserva come la maggior parte dei proverbi in esso contenuti riguardi l'importanza della conoscenza e dell'istruzione circa il comportamento dei figli. Per quanto concerne la struttura compositiva vi sono molti detti individuali, che possono essere raggruppati in piccole unità (anche se non con certezza assoluta). Difficile individuare corpi letterari più estesi; cf. lo., The Composition of the Book of Proverbs, 1 13-1 14. 8.'� Cf. T. HILDEBRANDT, «Proverbial Pairs: Compositional Units in Proverbs 1029», in JBL 107(1988), 209. 86 Cf. A. MEINHOLD, Die Spriiche, 2: Spriiche Kapite/ 16-31, Ztirich 1991 , 315316. Andreas Scherer aggiunge altre osservazioni volte a evidenziare la stretta coe­ sione interna di Pr 19,10-12: il legame tra il v. 9 e il v. 10 dettato dalla negazione N7; assonanze fonetiche tra 1Jl7 (v. 9) e 1JN, (v. 10); tra il v. 10 e il v. 1 1 lo stesso suono f'}N; e il lemma dell'ira del re (v. 12) si aggancia semanticamente a quello del v. 1 1 ; infine l o stesso campo semantico si h a tra i l lemma O"'!W a l v . 1 0 e il lemma ':17� a l v. 12; cf. ScHERER, Das weise Wort und seine Wirkung, 272-274. 87 Cf. D.A. GARRETI, Proverbs, Ecclesiastes, Song of Songs, Nashville 1993,

167-173.

205

'�W. n v. ts poi affronta il tema della pigrizia e può funzionare da divisione strutturale rispetto a ciò che segue. 88 Inserito in un capitolo composto da argute e inaspettate con­ trapposizioni tematiche (ad esempio� il povero/falso , condotta in­ tegra/labbra bugiarde), L. Alonso Schokel e J. Vilchez Lfndez ri­ tengono Pr 19,12 chiaramente delimitato e distinto rispetto alla se­ zione seguente raggruppata attorno a un'unità letteraria composta dai vv. 13-27. Infatti, il v. 13 introduce il tema domestico dell'edu­ cazione filiale e tale tematica diviene unificante per una serie di testi che apparentemente sembrano incoerenti nella struttura com­ positiva del capitolo. m Anche per Bruce K. Waltke il v. 13 è l'inizio di una sezione dal tono sapienziale che riguarda la vita domestica (wisdom in the home), restringendo il campo fino al v. 15, ma allar­ gando la tematica educativa e pedagogica del figlio fino a Pr 20,1 1 . Egli reputa i l v . 12 l a parte finale d i una coerente unità temati­ ca ( vv. 9- 12) che denomina come >: Gen 40,6 e Dn 1 ,10. In Proverbi sono presenti altri termini simil i che indicano l'ira: il vocabolo ;"'�IJ (6,34; 15, 1 . 18; 16,14; 19, 1 9; 21 ,14; 22,24; 27,4; 29,22b); il più conosciuto E'ltt (15,1; 22,4; 27,4; 29,8.22a; 30,33); il lemma o�� ( 12,16; 17,25; 21,19; 27,3); il termine ;'l� (1 1 ,4.23; 14,35; 21,24; 22,8). a. H. RINGGREN, «��J», in ThWA T, IV, 627. ,

,

208

mettendolo in prigione a motivo del duro rimprovero di essere stolto per aver compiuto alleanza con Ben-Adàd, re di Aram (2Cr 1 6,10). Più avanti nel libro, l'ira di Ozia nasce dalla sua superbia e dall'oppo­ sizione dei sacerdoti a che il re offra incenso nel tempio al posto dei sacerdoti figli di Aronne consacrati per questo (2Cr 26, 19). In chiave psicologica, l'ira di chi governa può essere spiegata come la risposta a una frustrazione, alla paura di perdere autorità e controllo sulla re­ altà, all'ansia che il ruolo concentra sulla sua persona e all'irritazione per un mancato riconoscimento di potere.97 In Proverbi il termine «re» (�7�) compare 32 volte ed è soprat­ tutto nell'antica raccolta salomonica che si attesta il più alto nume­ ro di occorrenze seguito dalla collezione di Ezechia.98 Solo in tre oc­ casioni il re è associato a un nome: Salomone ( 1 ,1), Ezechia (25,1) e Lemuel (31 ,1). Oltre all'ira, il re manifesta altri sentimenti negativi: in Pr 20,2 è il terrore (;'1� " �) e in Pr 14,35 è la sua arroganza (;,1��) che è destinata soprattutto a chi ha un comportamento vergognoso. Tuttavia, il re detesta compiere il male (16,12) e siede in trono per esercitare la giustizia (16, 1 0; 20,8), allontanare i malvagi (20,26) e consolidare il suo potere (16,12; 25,5; 29,4. 14). Anche in Pr 19,12d è tratteggiato un atteggiamento positivo del re con il termine «favore» (liX).) . Il lemma liXl compare 56 volte nella Bibbia ebraica, di cui 14 in Proverbi, ma con una particolarità: un'attestazione si trova nella prima raccolta e le rimanenti menzio­ ni sono attestate esclusivamente nella parte più antica delle colle­ zioni.99 In Pr 1-9 è la Sapienza regale e creatrice che invita il figlio/ discepolo ad ascoltarla e seguirla come garanzia di una vita saggia: chi la trova, non solo trova la vita, ma incontra e ottiene il favore del Signore (8,35). Nella raccolta salomonica sono relativamente frequenti le menzioni della benevolenza o del favore divino: in Pr 1 1,1 vi è la metafora del peso giusto di una bilancia per alludere a ciò che soddisfa la compiacenza del Signore. Vi è poi una serie di tipologie gradite a Dio: le persone integre (C"�l;l) in Pr 1 1 ,20, quel-

"' Cf. B.E. BALOIAN, Anger in the Old Testament, New York 1992, 19-49. 98 In Proverbi, il lemma ':17� sia nella forma singolare che plurale appare in: 1,1;

8,15(2x); 14,28.35; 16,10.12-15; 19,12; 20,2.8.26.28; 21,1; 22,1 1.29; 24,21; 25,1 .2-3.5-6; 29,4.14; 30,22.27-28.31; 31,1 .3. 99 Pr 8,35; 10,32; 1 1,1.20.27; 12,2.22; 14,9.35; 15,8; 16,13.15; 18,22; 19,12. Il corri­ spettivo verbo :lil ricorre tre volte (3,12; 16,7; 23,26 [incerto]) . La versione dei LXX traduce il vocabolo li11 utilizzando diversi termini: 9tArt ";J �), il proverbio (�W� ).

primo elemento che appare nella costruzione della metafora lemma «spina» (trin), il quale è un hapax legomenon in Proverbi ed è stato tradotto dall a LXX con aKavea. Il vocabolo è attestato 10 volte nella Bibbia ebraica120 e indica una pianta spinosa in ge­ nere. Tuttavia, con probabilità si tratta di una pianta spinosa che è il

Il

di un poem a , valuta l'impostazione proposta da Van Leeuwen troppo intricata e complicata; cf. Fox, Proverbs 10-31, 776. 1 16 Cf. WALTKE, The Book of Proverbs. Chapters 16-31, 337-354. m 118

119

Cf. PERDUE, Proverbs, 223-226. Cf. MEINHOLD, Die Spruche, II, 438. Cf. K.G. HouG LUND, «The Fool and the Wise in Dialogue», in Io. et al. (a

cura di), The Listening Heart.

E.

Essays in Wisdom and the Psalms in Honor of Roland Murphy, O. Carm. , Sheffield 1987, 166.

120 2Re 1 4,9(2x); Is 34,13; Os 9,6; Pr 26,9; Gb 31 ,40; 40,26; Ct 2,2; 2Cr 25,1 8(2x). I testi dove la LXX traduce con atcavea sono: 2Re 14,9(2x); Is 34,13; Os 9,6; Ct 2,2. Cf. DEB, 246; EVEN-SHOSHAN, 350; HALOT, III, 170. Per indicare sia la spina che la pia nta spinosa/cardo la Bibbia ebraica utilizza anche il vocabolo yip (Gen 3,18; Es 22,5; Is 32,13; Ger 4,3; 12,13; Sal 1 18,12; Os 10,8); cf. DEB, 733.

216

può essere identificata nel cardo (Scolymus maculatus).121 Esso ap­ pare come un termine dispregiativo di fronte al cedro {2Re 14,19) e nella tradizione profetica allude a uno stato di devastazione o di abbandono associato ad altre piante simili (Os 9,6) . Solo in Isaia si ha un'espressione simile a Proverbi, utilizzando anche la medesima preposizione �: la spina cresce nei palazzi regali (Is 34,13). Inoltre, la spina è un termine di paragone negativo nel poema amoroso del Cantico dei Cantici: rispetto alle sue compagne, l'amata è come un giglio fra i cardi (Ct 2,2). Il secondo elemento della metafora è il tennine «ubriaco» (, i:;>tç). Il vocabolo è un hapax leg6menon in Proverbi, e il sostanti­ vo «alcool» (,�W) si trova solo tre volte in tutto il libro (20, 1; 3 1 4 6) Nelle tre ricorrenze l'alcool è sempre associato al vino (1:�). Si tratta sempre di qualcosa cui fare attenzione e il cui campo semantico fa riferimento all'alcool e ai suoi effetti: chi dipende dall 'alcool non può essere saggio (20,1 ). È anche per questo motivo che ai principi e ai re se ne sconsiglia l'uso in quanto bevanda sconveniente (30,4); tuttavia esso è una consolazione per chi non ha più alcuna prospet­ tiva e sta per morire (30,6). A dire il vero, nell'antico Israele il con­ sumo di alcool da parte di uomini e donne era considerato un'abi­ tudine che rientrava nella norma della vita quotidiana e lo stato di ebbrezza veniva accettato quale reazione giustificabile a una situa­ zione di sofferenza, come del resto si intravede in Pr 30,4. Tuttavia, Proverbi redarguisce anche di fronte a un uso eccessivo e smodato di esso giacché la perdita di saggezza e di controllo di sé impedisce l'espletamento delle proprie responsabilità e funzioni di governo. 122 Il lemma «ubriaco» (,i:;>f.P) è attestato nella Bibbia ebraica altre 12 volte ed è utilizzato con frequenza come tennine di paragone.123 La prima menzione è alla forma femminile ed è attribuita ad Anna il cui movimento delle labbra nella preghiera è falsamente ritenu­ to da Eli indice di ubriachezza (1Sam 1 ,13) Il primo uomo ubriaco menzionato nella Bibbia è N ab al, che ottiene salva la vita da parte ,

.

.

.

121 Cf. MEINHOLD, Die Sprii.che, II, 440. S i tratta di una pianta composta da molteplici spine lungo tutto lo stelo e con fiori gialli, che cresce in terra alluvionale e a basse altitudini, ma può trovarsi anche lungo le strade e in posti trascurati. Cf. M. ZoHARY - N. FEINBRUN-DOTHAN, Flora PalJJestina, Jerusalem 1978, 406-407; M. ZoHARY, Plants of the Bible, Cambridge 1 982 , 160; S.S. MuNGUfA - J.T. RIPA, Las plantas en la Biblia, Bilbao 201 1 , 227-230. 122 Cf. M. 0EMING, «,::ltU/,�W», in Th WA T, VIII, 1-6; HAUSMANN, Studien zum Menschenbild der iilteren Weisheit, 9-36 ; EvEN-SHOSHAN, 1 141; HA LOT, IV, 1489. 123 a. lSam 1 , 1 3 ; 25,36; l Re 16,9; 20,16; Is 19,14; 24,20; 28,1.3; Ger 23,9; 01 1 ,5; Sal 107,27; Gb 12,25; DEB, 855 .

217

del re Davide grazie all'intervento della moglie Abigàil. L'episo­ dio racconta la reazione silenziosa di Abigàil di ritorno dal collo­ quio con Davide alla vista del rude marito completamente ubriaco (1Sam 25 , 36 ) e l'impossibilità di entrare in una qualsivoglia forma di comunicazione. Vi sono poi uomini militari e di governo descrit­ ti come ubriachi: Eia, da poco re di Giuda, in una congiura è fatto ubriacare ed è ucciso dal suo ufficiale Zimrì ( 1 R e 16,9); Ben-Adad. re di Aram, è trovato ubriaco nella sua tenda ed è un motivo di vittoria per gli israeliti ( 1 Re 20,16). Nella tradizione profetica vi troviamo rimmagine dell'ubriaco che barcolla nel suo vomito (Is 19,14; 24,20) come termine di paragone per l'Egitto. Il profeta Ge­ remia si sente come un ubriaco inebetito di fronte al Signore e alla sua parola ( Ger 23,9) in opposizione ai falsi profeti. N ella tradizio­ ne sapienziale vi sono due attestazioni del termine: nel Sal 107,27 i 1 ·grido d i coloro che sono nell'angustia è paragonato all'ondeggiare e barcollare dell'ubriaco. Infine, anche in Giobbe vi è la menzione de Il 'ubriaco che barcolla, ma ciò è una conseguenza della potenza devastatrice della sapienza di Dio (Gb 12,25). La perdita di control­ lo fisico e psicologico, dunque, è un rischio mortale per sé e per gl i altri: a maggior ragione se si assumono ruoli pubblici. Vi è poi è il sintagma «bocca dello stolto» (C'7'Q� '�il) presente in 9d. Il lemma è attestato 70 volte nella Bibbia ebraica, di cui 49 in Proverbi, per una percentuale pari al 70% . Seenam Kim osserva come il vocabolo ''Q� sia il più frequentemente usato fra i suoi vari sinonimi, comparendo 30 volte nella raccolta di Salomone e 14 vol­ te nella collezione di Ezechia.124 In Pr 25-29 lo stolto è paragonato ad alcuni animali come il cavallo, l'asino (26,3), il cane che torna al suo vomito (26,11 ). Vi sono menzionate alcune immagini e metafo­ re impiegate per descrivere e identificare lo stolto: la gloria donata allo stolto è come neve d'estate e pioggia alla mietitura (26,1 ), asso­ ciata cioè a eventi o fuori stagione e inconsueti o a una sciagura. Vi sono poi giudizi pesanti sullo stolto: concedere gloria allo stolto è

124 Cf. S. KIM, The Coherence of the Collections, Eugene 2007, 65-67. In Pr 25-29 il lemma , ,Q:jl appare in 26,1 .3-12; 28,26; 29,1 1.20. Come si può notare, 1 1 delle 14 attestazioni sono nel capitolo 26 e ricorrono esclusivamente nell'unità letteraria di 26,1-12. Nili Shupak osserva che il significato di ,,Q:jl ha subito una trasformazione

ed evoluzione storica di cui fanno eco le tradizioni letterarie bibliche. Se Proverbi menziona ,,Q:jl più per il suo senso caratteriale e come ostacolo per altri, Qohelet lo pone più in rapporto alla sapienza e Ben Sira in rapporto alla tradizione cultuale religiosa. In quest'ultimo caso, ad esempio, ?,Q:jl è colui che non accoglie la Legge; cf. N. SHUPAK, Where Can Wisdom Be Found? The Sage's Language in the Bible and in Ancient Egyptian Literature, Freiburg Schweiz 1993, 201-204.

218

come inserire una pietra alla fionda (26,8); inviare uno stolto come messaggero è come tagliare i piedi (26,6) . Inoltre, anche colui che confida nel proprio cuore è uno stolto (28,26) e tuttavia è in una situazione più riprovevole colui che usa la parola in modo preci­ pitoso (29,20) . Il sintagma «bocca dello stolto» è attestato cinque volte in Proverbi.125 In diversi casi la bocca degli stolti è in antitesi con la «lingua» dei saggi e il cuore degli intelligenti che producono conoscenza: al contrario essa produce follia (1"17l�). Labbra e bocca degli stolti producono la rovina personale e sono un laccio per tutta la vita (18,7). Infine, in Pr 26,7.9 sono stigmatizzate le labbra dello stolto che pronunciano un proverbio e per esprimere ciò si utilizza­ no come metafora i piedi vacillanti di uno zoppo e di un ubriaco. In altri termini, il sostantivo "?"Q:P denota per lo più un atteggiamento negativo, identifica una persona stupida, goffa, indisciplinata, ar­ rogante e un giovane che non intende imparare e nei confronti del quale l'educazione è stata inutile e ogni sistema educativo un falli­ mento. Eppure ha un fascino così grande da essere l'anti-tipo del saggio.126 Nella bocca dello stupido vi è il «proverbio» ("?W�). In tutto il li­ bro vi sono cinque attestazioni del lemma e sono poste in un punto strategico della collezione . La prima menzione è in Pr 1 ,6 ad aper­ tura della prima collezione (ma anche da introduzione a tutto il li­ bro) e qui si menziona la comprensione di 'W� come uno dei motivi di composizione del libro. Vi è poi la seconda menzione all'inizio della seconda raccolta, titolando la raccolta come «i proverbi di Sa­ lomone» (10,1). Poi all'inizio della raccolta di Ezechia (25,1) spie­ gando come la collezione di proverbi sia opera regale. Le ultime due menzioni sono all'interno della collezione di Ezechia. Qui il si­ gnificato è intenzionalmente negativo e si fa menzione di proverbi pronunciati dalla bocca degli stupidi (26,7.9). 4.3.

Interpretazione della metafora

La metafora è costruita attorno all'area concettuale della cre­ scita e della sofferenza. L'immagine della spina che sale ha un uni­ co riferimento in Is 34,13 come segno di abbandono. Così anche in Pr 26,9 la crescita della pianta spinosa nella mano si riferisce a

125 Pr 15,2.14 (Qere); 18,7; 26,7.9. Cf. DCH, IV, 443-444; HALOT, II, 489. 126 Cf. J. ScHtlPPHAUS, h"Q�», in ThWA T, IV, 278-284; M. S�B0, «'"Q�», in

DTA T, l, 836-838.

219

un tipo di persona trasandata e che si trova in uno stato di deva­ stazione, giacché barcollando ha perso il controllo di se stessa e delle proprie azioni. Si tratta dunque della crescita di uno stato di abbandono in chi non possiede controllo di se stesso, delle proprie abilità e responsabilità e, in ultima analisi, privo di ogni forma di affidabilità. La metafora si riferisce alla persona stupida e al suo parlare il cui effetto negativo si ripercuote sia su colui che lo esprime che sull'uditore passivo. In altri termini, si intende dire che le parole di uno stupido non contengono mai alcun invito alla responsabilità personale e collettiva perché pronunciate da chi palesemente è in aperta contraddizione con quanto dice e per sua natura è irrespon­ sabile, inaffidabile e privo di qualsivoglia autorevolezza. Pr 26,9 è un severo giudizio contro chi abusa dell'utilizzo di parole dettate dalla stupidità e che fanno crescere l 'insensatezza. 127 Al contrario, Proverbi invita il saggio a non confidare sulle proprie forze (26J 2) e a impegnarsi con senso di responsabilità, specie se si possiede un incarico amministrativo (come farebbero presuppor­ re i vari rimandi interni al libro dei Proverbi che trattano il tema dell'abuso di alcool) . Dunque, mediante un'efficace immagine bo­ tanica, il saggio ode un severo monito a non immettersi sulla strada degli stupidi né tanto meno a pronunciare parole stupide che alte­ rano e sviano dalla sapienza e che sono un ostacolo alla crescita di autorevolezza e dignità. Oltre all'aspetto della crescita o della perdita di sapienza vi è un secondo aspetto connesso agli effetti a cui rimanda l'immagine del­ la spina nella mano. Una parte degli studiosi ha seguito questa linea di pensiero, soffermandosi soprattutto sull'effetto fisico prodotto da una spina o un ramo spinoso se conficcati nella mano. Rashi svi­ luppa l 'idea della sofferenza, affermando che la sofferenza che pro­ duce una spina conficcata nella mano di un uomo, per di più barcol­ lante, è una metafora della sofferenza che deriva da un proverbio pronunciato da uno stolto.128 Il proverbio porrebbe quindi l'accento sul fatto che non sono sicuramente piacevoli né la frequentazione di uno stupido, né tanto meno l'ascolto delle sue parole, così come non lo è la visione di una persona ubriaca, verso cui, tra l'altro, si esprimono sentimenti di compassione, disprezzo, sarcasmo o deri-

1 27 Cf. C. WESTERMANN, Roots of Wisdom. The Oldest Proverbs of Israel and Other Peoples, Louisville 1995, 48-49. 128 Cf. RosENBERG, Proverbs, 162.

220

sione. Ancor più, i detti sapienziali che crescono in bocca allo stupi­ do sono inascoltabili agli orecchi del saggio.129 Nell'unità di Pr 26,1-12 per due volte si fa riferimento alla gloria (1iJ�) dello stolto (26,1 .8). Ora essa è riservata alla sapienza (3,16; 8, 15), ai sapienti (3,35), alla donna di grazia ( 1 1 ,16), a chi persegue la giustizia (21 ,21) . Se l'irresponsabilità, l'incoscienza e la mancanza di autorevolezza sono alcune caratteristiche del parlare dello stu­ pido, si comprende come la metafora intenda convincere il saggio a perseguire una gloria diversa da quella tracciata dallo stupido. E ciò è possibile con un cammino sapienziale che aiuta a evitare la stoltezza e a penetrare in profondità il senso dei detti proverbiali.130

5. Argento, labbra e cuore (Pr 26,23) Argento con scorie spalmato su un coccio labbra brucianti e cuore malvagio

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'1Q�

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D'�i?7.1 C�1J� t{J l71-:J71

23a 23b 23c 23d

Pr 26,23 è costituito da una metafora formata da due immagini presenti in 23ab e 23cd. Nel primo emistichio (23ab) vi è l'immagi­ ne delle scorie d'argento che sono spalmate su un coccio di vaso, in 23cd vi è l'associazione delle labbra brucianti con il cuore malvagio. La metafora è composta da due aree semantiche che si sovrappon­ gono: quella di un elemento della natura utilizzato per produrre un oggetto e il corpo umano. La metafora contiene elementi di oscuri­ tà per il lettore moderno giacché non è facilmente comprensibile in che cosa consistano la sovrapposizione e il referente a cui si intende alludere. 5. 1. Il testo

e la sua composizione

A livello di critica testuale Pr 26,23 presenta due problemi fi­ lologici nella versione dei LXX e nella Vulgata di Girolamo. Per quanto concerne la versione greca, la questione è il rapporto tra 23ab e 23cd. Mario Cimosa è dell'opinione che Pr 26,23 sia com129 In Ben Sira il vino e le donne sono motivo di perdita del controllo del pro­ prio cuore e spirito (Sir 1 9,2Hb [Ms C]) e non si deve mai accettare un proverbio (xapaJ3oì..it ) che proviene dalla bocca di uno stolto (Sir 20,24Gr). 130 Cf. GINSBURG, Mishlei 1-15, 542.

221

posto da due distinti stichi senza una coerente connessione tra di loro, giacché potrebbero essere intesi in modo separato: il primo che corrisponde a 23a nel testo masoretico ( àpy\>ptov òtÒÒJ..Levov J.lE'tà li6ì..ou i001tEp oatpo.Kov �Yll 'téov) e il secondo a 23b che ha un legame lessicale più stringato con il versetto successivo a motivo della ripetizione del vocabolo delle labbra (xtiAll M:ìa Kapòio.v KaA.iutt tt À.u1tll pétv) .131 Vi è anche una questione filologica legata alla traduzione del vocabolo tl"k'7·1 . La versione greca ha l'aggettivo plurale AE;io. (> (C�:J� 1itb). La figura animale si trova solo altre due volte in Proverbi, oltre la presente menzione. La prima menzione è nella prima raccolta. In Pr 7,22 il giovane stolto che si lascia sedurre da una prostituta è pa­ ragonato a un bue che è condotto al macello, ignaro della sua sor­ te e per questo insipiente. Le altre due immagini si ritrovano nella collezione di Salomone. In Pr 14.4 il saggio e lo stolto sono messi in paragone con chi ha una greppia senza buoi e chi invece saggiamen­ te si serve della forza dei buoi per un raccolto abbondante. L'ultima attestazione è in Pr 15,17, con il sintagma «bue grasso».52 Il sostanti­ vo non si riferisce a un particolare tipo di bovino e indica un capo di bestiame usato presso i popoli antichi come animale utile per il la­ voro pesante e per la macellazione. Il mangiare animali grassi, poi, significa nutrirsi di qualcosa di prelibato e raffmato (cf. Am 6,4; Ez 39,18) e, in riferimento al bue grasso, sta a indicare la ricca tavola di una persona benestante.53

49 Nella versione greca dei LXX il vocabolo ;"JtQW è tradotto in due distinti modi: J.Licroç ( 1 0 1 2) e fx9pa ( 1 0 ,18 ; 15,17; 26,26). so Cf. G. WALLIS, «:l;:llt», in ThWA T, I, 115-121; DCH, l, 141-142; DEB, 15-16; GESENIUS, I, 19; HA LOT, I, 18. 51 Cf. E. LIPINSKI, «N�W», in ThWA T, VII, 831-832; DCH, VIII, 171-172; DEB, 823-824; GESENIUS, V, 1293; HALOT, III, 1 340. 52 La versione greca dei LXX non traduce in modo univoco il lemma ebraico ,ili: in Pr 7,22 e 14,4 il traduttore utilizza il termine f3oùç («bue, manzo»), mentre in Pr 15,17 il vocabolo è f.LÒOXoç («vitello»). Tuttavia il corrispondente ebraico per indicare vitello è ?�)!. 53 Il vocabolo è attestato nella Bibbia ebraica 79 volte e le maggiori ricorrenze sono nel libro dell'Esodo (24x), a cui seguono il Deuteronomio (12x) e il Levitico (lOx). Nei sapienziali è attestato 2 volte nei Salmi e 3 in Giobbe. Cf. H.-J. ZoBEL, «,itO», in ThWA T, VII, 1200-1 201; FoRTI, Animal lmagery in the Book of Proverbs, ,

75-77.

251

2.3. Interpretazione della metafora

La metafora di Pr 15,17 ha come contesto antropologico una scena conviviale. Essa contrappone due situazioni sociali e due stati emotivi: lo stato di ristrettezza contrapposto a quello di abbondan­ za e il sentimento dell'amore contrapposto a quello dell'odio. Per q uanto concerne il primo aspetto, l'immagine della razio­ ne quotidiana di cibo non è automaticamente sinonimo di povertà, ma allude a un alimento che, seppur povero, è ciò di cui nessuno si priva, poiché contiene l'essenziale per la propria e altrui sussisten­ za. Tuttavia, la metafora assume anche una connotazione inedita: la razione di cibo rimanda anche all'idea di libertà e dignità. Infatti si è potuto notare che nei testi biblici il dare cibo ai detenuti anche illustri conteneva in sé la concessione di una certa libertà e auto­ nomia personale (cf. 2Re 25,30; Ger 40,4; 52,34) . La metafora evi­ denzia una situazione al limite del paradosso: la razione essenziale e quotidiana di cibo, seppur povera e consumata anche in situazio­ ni di vita estreme, ha un valore incomparabile perché esprime la libertà e l'onorabilità personale. Oltre a questa connotazione valo­ riale, la metafora aggiunge uno stato emotivo: l'amore. Le poche attestazioni in Proverbi contestualizzano l'amore nel rapporto di coppia e nell'amicizia, evidenziando di essa la capacità di coprire o nascondere ogni manchevolezza. Dunque, per il cuore che teme il Signore ciò che è necessario è avere l'essenziale per vivere, ma so­ prattutto una dimensione di libertà e di dignità, unita a un contesto di amore protettivo e fiducioso. Di contro, vi è la metafora del bue grasso espressa in un conte­ sto di odio. In Proverbi la menzione del bue ha sempre una conno­ tazione negativa poiché, nonostante la sua potenza e capacità lavo­ rativa, esso è soggetto al potere di vita e di morte posseduto dall'uo­ mo. Così, il giovane che si lascia sedurre da una prostituta è parago­ nabile a un bue condotto al macello (Pr 7 ,22). In questo caso, il bue grasso è metafora del benestante e della sua ricca tavola. In questo caso la metafora gioca sul paradosso: la ricchezza può distruggere lo stato emotivo di una persona. 54 Infatti, si è visto come nelle ricor­ renze del termine «odio» nel libro dei Proverbi si utilizzi ugualmen­ te la capacità del coprire in analogia con il vocabolo «amore», ma ··

54 Anche nella tradizione ebraica medievale, la metafora è interpretata come monito a evitare la frequentazione di persone ricche che utilizzano un linguaggio duro e avvelenato. Meglio frequentare persone povere economicamente, ma ricche di felicità. cf. GINSBURG, Mishlei 1-15, 275-276. un

252

con una sostanziale differenza: anziché proteggere, l'odio nasconde ogni forma di malvagità e di dissimulazione: dalla falsità al rancore� alla violenza. Dunque, il saggio deve essere molto accorto nel con­ dividere la sorte di una persona benestante, perché può rimanere imprigionato in una spirale di violenza mortale. 55 Un'ultima annotazione riguarda la lettura lineare del testo. Nel primo emistichio si trovano una serie di accenti congiuntivi diversi­ ficati, ma è all'inizio del secondo emistichio sul termine «bue gras­ so» che è presente l'accento merak.a, il più forte accento congiunti­ vo, evidenziando e contrassegnando così un contrasto più intenso rispetto a ciò che precede. Il contesto letterario nel quale la metafora si trova a essere inse­ rita contiene fra le sue chiavi di lettura principali, il tema del cuore e il timore del Signore. Saggezza è, dunque, evitare ogni compro­ messo con ogni forma di odio e mantenere uno stato di autonomia e libertà, in quanto via preferenziale per temere il Signore. Lo stolto, al contrario, si lascia condizionare dallo status sociale senza inter­ rogarsi approfonditamente su ciò che il cuore realmente nascon­ de.56 E così non si rende conto che si priva della libertà e dell'onore personale. 3. Vino, serpente e vipera (Pr 23,32) Alla fine come un serpente ti morderà e come una vipera ti pungerà

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32a 32b 32c

In Pr 23,32 sono espresse due immagini provenienti dal mondo animale - il serpente (32b) e la vipera (32c) - entrambe relazionate al vino, che in questo contesto è da interpretare come una materia ss Timothy J. Sandoval annota che Pr 1 5,17 è un'«osservazione sociale» (social observation). In modo simile ad altri detti ( 16,19; 17,1 ) esso esprime una critica agli

abusi perpetrati da chi appartiene a una classe più agiata. Lo scopo di queste os­ servazioni sociali è abilitare il saggio alla formazione di una solida identità morale, formulando criteri etici di azione, cf. T.J. SANDOVAL, The Discourse of Wealth and Poverty in the Book of Proverbs, Leiden 2006, 188; 205-214. 56 La questione del rapporto tra le classi sociali più aristocratiche e quelle più povere è sviluppata più estesamente da Sir 13,2-23Hb (Ms A}. Nella frequentazione dei ricchi è chiesta molta cautela, perché l'associazione con costoro significa entra­ re in una spirale di ingiustizia, perdita di dignità e umiliazione personale; cf. B.C. GREGORY, Like an Everlasting Signet Ring. Generosity in the Book of Sirach, Berlin 2010, 62-72; 315-319.

253

pericolosa. Il vino è comparato a due azioni che i due rettili compio­ no come reazione difensiva o aggressiva nei confronti di una preda. La similitudine tra questo prodotto della natura e due rettili appar­ tenenti alla stessa classe zoologica è unica in Proverbi e inusuale al di fuori di esso. Fra gli elementi di oscurità sui quali gioca la meta­ fora ne emerge uno in particolare: l'associazione contemporanea di due animali appartenenti alla medesima classe zoologica e che agi­ scono compiendo apparentemente le medesime azioni. 3.1. Il testo e

la sua composizione

A livello di critica testuale e di analisi filologica si può osservare che il testo masoretico di Pr 23,32 non contiene questioni filologiche di rilievo. Il problema, piuttosto, compare nella versione greca dei LXX, perché il soggetto è il veleno (ò i6ç).57 Le questioni più dibattu­ te si pongono attorno a tre lemmi: il significato di ill"!Qtt in 32a, quel­ lo del verbo �w: in 32b e quello del verbo W!Q� in 32c. In 32a il termine in"ìQ� è interpretato dalla versione greca e dalla Vulgata di Girolamo come un accusativo avverbiale e, dun­ que, collegato a ciò che precede;5� ma può indicare il futuro che segue come conseguenza negativa: così ipotizza Michael V. Fox suggerendo un'analogia con Pr 5,4.59 Circa il verbo ";ttf: Antoine J. Baumgartner annota che il traduttore greco probabilmente ha inte­ so aggiungere il verbo ÈKt&iv&tat («si sdraia>>) allo scopo di spiegare meglio l'effetto che deriva dal termine 1t&xA:rl'Ycòç («attaccato» ) .60 In riferimento al verbo tV!�� in 32c, Ernst Bertheu afferma che si tratta di un forma verbale all'hifil attestata solo qui, ragione per cui non fax.aTov rocmsp intò O(f)Eç 6 iòç («alla fine come da un serpente attaccato si sdraia e come da una vipera si diffonde in lui il veleno»). Secon­ do David M. D'Hamonville, la versione greca ha ricalcato quanto è nella prima col­ lezione. In Pr 7,23 è presente lo stesso participio (1tE1tÀ11Yòx;), utilizzato come qui alla terza persona, con lo stesso significato e con la comparsa del tema della donna alt ru i; cf. D'HAMONVILLE, Les Proverbes, 292-293; BGS, 329. Gerhard Tauberschmidt ag­ giunge che il traduttore ha prodotto una versione più libera mediante la creazione di una similitudine costruita in modo parallelo, riproducendo così la simmetria del testo masoretico; cf. TAUBE.RSCHMIDT, Secondary Parallelism, 138. La Vulgata di Girolamo traduce: «sed in novissimo mordebit ut coluber et sicut regulus venena diffundet». ss Cf. HITZIG , Die Sprikhe Salomo 's, 242; DELITZSCH, Das salomonische Spruch­ buch, 378; ToY, A Criticai and Exegetical Commentary on the Book of Proverbs, 438-445; DCH, I, 201 . s 9 Cf. Fox, Proverbs 1-9, 197. 60 Cf. BAUMGA.RTNE.R, Étude critique sur l'état du texte du livre des Proverbes s7 La

versione greca traduce: TÒ

&

bctdv&Tat tcaì ID intò Kepaatou otaXEiTat aùtcp

d'après les principales traductions anciennes, 210-211. 254

vi è

dubbio nel ritenere che si tratti di una precisa scelta del poeta e che deriverebbe dal linguaggio comune.61 Franciscus Zorell fa deri­ vare il verbo da tY,5l, spiegando gli effetti medici come il «pungere>> dell'ubriaco che produce effetti simili all'avvelenamento: febbre, vomito, malessere grave. 62 Tuttavia, il significato in ebraico rimane incerto e può indicare sia «pungere» dalla radice lV1� sia «diffonde­ re», dalla radice tv1�.63 La LXX e la Vulgata di Girolamo inserisco­ no il sostantivo «veleno)) e ciò potrebbe essere causato da un errore di aplografia, leggendo WM, o Wi, (cf. Dt 32,33). Pr 23,32 è una similitudine composta da un parallelismo sinoni­ mico grammaticale e semantico con lo schema ABA�B'. La coppia AA' è costituita da una preposizione di comparazione (�) e un so­ stantivo: come un serpente/come una vipera (tYO��//"�llQ��); la cop­ pia BB' è costituita da due verbi {il primo al qal e il secondo all'hi­ fil): morde/punge (�tf;//tY!��). Dal punto di vista della struttura, M.E. Andrew reputa che l'unità letteraria di Pr 23,29-35 abbia una coerenza interna compo­ sta da molte espressioni letterarie: un indovinello (v. 29), una rispo­ sta (v. 30) , un'istruzione (vv. 31-34), un finale ironico con le parole stesse dell'ubriaco (v. 35).64 Anche Arndt Meinhold concorda nel ritenere Pr 23,29-35 una coesa unità letteraria affermando, tuttavia, che si tratta di un'espan­ sione dei vv. 19-21 e 26-28 (i quali fanno parte della sottounità di 23,12-35).65 Parimenti, Luis Alonso Schokel e José Vilchez Lfndez reputano che Pr 23,32 sia parte di un 'unità ben definita e che il bra­ no 23,29-35 sia uno dei migliori in tutto il libro dei Proverbi e persino superiore al testo parallelo in Ben Sira (Sir 3 1 ,25-31 ) e all'istruzione egiziana di Ani (4,7-10).66 Le ragioni sono determinate dalla fluidi­ tà poetica del testo: domande, risposte, esortazioni. La descrizione dell 'ubriaco poi è molto accurata poiché emergono la sua percezio­ ne visiva e tattile, gli effetti dell'alcool. Attraverso una sagace ironia

61

Cf. B E RTH E U , Die Spruche Salomo's, 87-90. Cf. ZoRELL, 175. 63 Cf. EHRLICH, Randglossen zur Hebriiischen Bibel, Textkritisches, Sprachliches und Sachliches. Psalmen, Spruche und Hiob, 138; OESTERLEY, The Book of Proverbs, 207-208; B. GEMSER, Spruche Salomos, Tiibingen 1 963, 261 ; PLOOER Spruche Salo­ mos, 264; S�EB0, Spruche, 296; DEB, 697. 64 Cf. M.E. ANDREW, «Variety of Expression in Proverbs XXIII 29-35», in VT 28(1978)1 , 102-103. 65 Cf. A. MEINHOLD, Die Spruche, 2: Spruche Kapite/ 16-31, Ztirich 1991 , 39662

,

398.

66

Cf. ANET, 420-421.

255

emerge il mondo interiore dell'ubriaco il cui nefasto risultato è para­ gonabile alla prostituta.67 Anche per Leo G. Perdue la struttura letteraria di Pr 22,1724,22 è ben definita e si tratterebbe della terza collezione di detti dei saggi. AU'interno di questa composizione, Perdue individua set­ te istruzioni. Pr 23,32 è inserito nella quinta e più lunga istruzione, i cui temi principali deriverebbero da un contesto regale e affronta­ no i seguenti temi: il disprezzo della madre, l'evitare la prostituzio­ ne, l'alcool e i suoi effetti, il rapporto con i malvagi e la salvezza dal pericolo. Pr 23,32, dunque, è inserito in un'istruzione ben delimi­ tata (23,29-35): rispetto a quanto precede vi è un cambio tematico (23�27-28) ; poiché si parla della prostituta seguono poi una proibi­ zione (24,1-2) .. detti (24,4-9) e domande retoriche di tono teologico (24,10-22).68 B ruce K. Waltke propone invece una suddivisione diversa. Egli reputa che la lunga sezione di Pr 22J 7-24�22 sia una collezione for­ mata da 30 detti dei saggi, introdotti da un prologo (22, 17-21 ) , se­ guiti da quattro sezioni (22,22-23,1 1 ; 23,12-24,2; 24,3-12; 24,13-22). Pr 23,32 si trova inserito nell'appendice alla seconda sezione che tematizza il figlio obbediente e corrisponde al diciannovesimo det­ to (23,29-35). La sezione tematica sul vino è giustapposta alla pre­ cedente che tratta della prostituta (23,26-28) . Le due sezioni sono accomunate dal tema della seduzione. Il vino, come la prostituta, è una trappola.69 Anche per Magne Sreb0 Pr 23,32 è parte di un carme sarcastico (Spottlied) sull'ubriaco, poema delimitato nei vv. 29-35. Sreb0 segue in parte Andrew proponendo questa strutturazione: al v. 29 è pre­ sente un indovinello a cui segue una risposta (v. 30) . Segue poi ai vv. 31-32 un'ammonizione (Warnung), che mostra gli effetti insani del vino mediante immagini metaforiche (vv. 33-35).70 In sintesi, unanime è il consenso nel ritenere Pr 23,32 parte di un'unità letteraria formata da 23,29-35 il cui tema è legato all'alcool

I Proverbi, 512. Proverbs, 21 1-213 . Le sette istruzioni sono: 22,17-23,1 1; 23,12-

67 Cf. ALONSO ScHOKEL - VfLCHEZ LiNDEZ, 68

Cf.

PERDUE,

18; 23,19-21; 23,22-25; 23,26-24,12; 24,13-20; 24,21-22. 69 Cf. B.K. WALTKE, The Book of Proverbs. Chapters 16-31, Grand Rapids-Cam­

bridge 2005, 262-267. Prima di lui, Roger N. Whybray aveva già proposto la suddi­ visione di 30 detti, ma con qualche diversità di suddivisione; cf. R.N. WHYBRA Y , The Book of Proverbs. A Survey of Modern Study, Leiden-New York 1 995, 126-141 . 7° Cf. SJEB0, Spriiche, 296-297. L'autore suddivide la sezione così: 22,17-23,1 1 (Zehn Worte der Weisen); 23,12-28 (Erziehung zur Weisheit); 23,29-35 (Ein Spottlied

auf den Trunkenbold); 24,1-22 (Eine kleine Sammlung weiser Worte).

256

e

ai suoi effetti nocivi. Il consenso riguarda anche la delimitazione ampia della sezione denominata «detti dei saggi» (22,17-24,22). Le divergenze riguardano la suddivisione interna nel numero di 30 detti. 3.2.

Analisi degli elementi metaforici

Gli elementi che costituiscono la metafora sono tre: il serpente che morde (�W: tll lj �), la vipera che punge (Wì�� .,�·3.7 Q'J;t), il vino (1:'�). Il «vino» (1:'�) è un elemento della metafora che tuttavia si trova al versetto precedente (v. 31) e che si collega con la metafora di Pr 23,32 perché vi è in 32a il pronome suffisso che ad esso si riferisce. Come si è già evidenziato sopra, l'unità letteraria di Pr 23,29-35 ruo­ ta attorno al tema del vino e dei suoi effetti nocivi, pericoloso so­ prattutto per colui che riveste compiti amministrativi o di governo. In linea generale, Proverbi tratta del vino come un elemento che è di inciampo nell'acquisto della saggezza e di un ruolo sociale. Delle dieci attestazioni in Proverbi, la maggior ricorrenza è relativa al ca­ pitolo 23.71 Esso compare per la prima volta in un 'istruzione paterna nella prima collezione. In Pr 4,14 il padre ammonisce severamente il figlio/discepolo a non percorrere i sentieri dei malvagi (C,3JW! n1N�) e la via dei violenti (C,3Jl �11il) poiché costoro si nutrono con il pane della malvagità e bevono il vino dei violenti (4,17).12 In Pr 20,1 il vino poi possiede una caratteristica umana ed è antonimo di colui che è saggio e giudizioso: esso è beffardo (f7.) e, per tale ragione, parago­ nabile alla persona stolta e arrogante.73 Sia nella collezione salomoni­ ca come nella sezione che raccoglie le parole dei saggi è sconsigliato l'uso smodato del vino perché ha una conseguenza nefasta non tanto a livello psichico ma soprattutto sociale: esso porta la persona a uno stato di indigenza, precludendo ogni forma di benessere e ricchezza (21,17; 23,30). In Pr 23,30-31 l'uso continuo e smodato del vino non è altro che indice di sofferenza e lamentela ingiustificata. Sconsigliato al re (31 ,4), è tollerata la sua somministrazione alla persona che vive uno stato di amarezza, perché in questo modo si dimentica della sof­ ferenza (31,6). Pr 23,31 fa un riferimento al vino che diventa rosso, in71 Pr 4,17; 9,2.5; 20,1 ; 21,17; 23,20.30-32; 31,4. Nella medesima collezione, in contrasto con il cibo dei malvagi e dei violenti, vi è donna Sapienza che invita il saggio al suo banchetto dove ha mescolato il suo vino (9,2.5 ) . Il vino veniva miscelato con aromi o spezie per renderlo più forte o migliorame il sapore; cf. W. DOMMERSHAUSEN, «l��», in ThWA T, III, 6 1 8. 73 Cf. DCH, IV, 544-545; DEB, 429; HALOT, II, 533. In Proverbi il vocabolo y; ricorre altre 13 volte e il giudizio è sempre duro e severo (cf. Pr 1,22; 3,34; 9,7-8; 13,1; 14,6; 15,12; 19,25.29; 21,11.24; 22,10; 24,9) . 72

257

dicando così un prodotto che deriva dall'uva nera, tipica produzione locale della zona palestinese. Ma vi è anche un ulteriore particolare. Fra le numerose qualità e quantità di vini prodotti nell'antico Israe­ le� il vino rosso era considerato migliore� più fragrante e raffinato.74 Nell'antichità il vino era elemento integrante del pasto quotidiano e in senso traslato divenne simbolo di gioia o di sventura. Gli effetti del suo abuso erano però considerati rovinosi, rendendo inabile la per­ sona a compiere attività a motivo della perdita dell'autocontrollo.75 Oltre il vino� non direttamente citato in Pr 23,32, il testo indica due rettili squamati. Il primo di essi è il serpente (WO�). In Proverbi esso è menzionato solo due volte. Oltre Pr 23,32 il serpente ricorre in un proverbio numerico che tratta il tema della strada (';J11). Fra le cose incomprensibili al saggio risulta la strada del serpente nella roccia (30,19) . Al di fuori di Proverbi, il serpente è attestato 30 volte e sta a indicare non una particolare specie di ofidi, ma in senso gene­ -rale il rettile squamato.76 Spesso l'immagine del serpente è utilizzata in senso metaforico o sono messe in evidenza alcune sue caratteristi­ che allo scopo di indicame la pericolosità. La prima e più conosciuta attestazione è nel libro della Genesi dove al serpente sono associate sempre caratteristiche negative: è il più astuto (C�1�)n tra gli animali {Gen 3,1), inganna (Gen 3,13), è maledetto dal Signore (Gen 3,14). Diverse sono le ricorrenze in cui si menziona il morso del serpente. Giacobbe, nella benedizione prima di morire, afferma di Dan che sarà un serpente sulla strada e una vipera che morde (Gen 49,17). L'effetto letale del morso del serpente è poi descritto nell'episodio in cui il Signore invia dei serpenti per mordere con il loro veleno mortifero il popolo d'Israele (Nm 21 ,6-7). Al contrario, un serpente di bronzo sull'asta è simbolo di vita (N m 21 �9) . Anche nella tradi­ zione profetica è presente l'immagine del serpente che morde. In Ger 8,17 si parla esplicitamente dell'invio di serpenti compiuto dal Signore contro Israele e i suoi atti abominevoli. Il profeta Amos si serve dell'immagine del serpente che morde in due occasioni: in Am 5,19, il giorno del Signore per coloro che lo attendono è come una 74 Cf. R. FRANKEL, Wine and Oil Production in Antiquity in /srael and Other Mediterranean Countries, Sheffield 1999, 200; L JAcos - W. JACOB, «Flora», in ABD, Il, 81 0; H. LESETRE, «Vin», in DB (V), V, 2434-2436. 75 Cf. DOMMERSHAUSEN, «1��», 615-620. 76 Cf. G. CANSDALE, Animals of Bible

Lamis, Exeter 1970, 202-210; R.S. HENDEL, «Serpent tUtJ�», in DDD, 744--747; DCH, V, 665-666; Ev EN SHOS HAN 755; HALOT, II, 690-691 . n Il termine cnv compare in Proverbi otto volte (Pr 12,16.23; 13,16; 14,8.15.18; 22,3; 27,1 2) e sta a indicare un atteggiamento positivo sapienziale. -

258

,

vipera che morde l'uomo che appoggia la sua mano sulla parete di casa; nella quinta visione (Am 9,3) il serpente sarà inviato dal Signo­ re a uccidere il resto d'Israele infedele e peccatore. Nella tradizione sapienziale si menziona spesso il serpente in senso metaforico. N el libro dei Salmi il veleno del serpente diventa la metafora dei mal­ vagi (Sal 58,5) e come serpenti sono i malvagi e i violenti che ogni giorno scatenano guerra contro l'innocente aguzzano la lingua come serpenti (Sal 140,4). Il morso letale del serpente è menzionato in Qohelet con l'immagine del serpente che si nasconde fra le mura (Qo 10,8) o che morde l'incantatore prima di essere incantato (Qo 10,1 1 ). Il serpente, dunque, associa a sé varie connotazioni che van­ no dalla pericolosità alla divinazione, alla protezione della vita.78 Il terzo elemento della metafora è la «vipera che punge>> (W!�� .,�·l7 Q�). Il vocabolo «vipera» ("�·l7 Q�) non si trova altrove in Pro­ verbi e in tutta la Bibbia ebraica compare solo tre volte nella tradizione profetica.79 La prima è in Is 11,8 dove la vipera è menzionata insieme alla ceraste cornuta {llJ�). Pur essendo entrambi animali molto vele­ nosi e mortiferi, nella visione messianica di Isaia sono ritenuti innocui ·e incapaci di procurare alcun pericolo per la vita delle persone. Is 59,5 è in parallelo con il ragno e le uova della vipera che sono metafora di azioni inique e peccaminose: romperle o schiacciarle richiama simbo­ li evocatori di sciagura e danno mortale. La terza e ultima menzione è situata in un oracolo di Geremia. Davanti all'abominio (;-t��i.n) del popolo d'Israele (Ger 8,12) che consiste nel rifiuto della conversione, la giusta punizione del Signore è l'invio di serpenti velenosi contro i 78 Cf. H.-J. FABRY, «WQ�», in ThWA T, V, 385-397; L.S. WILSON, The Serpent Symbol in the Ancient Near East. Nahash and Asherah: Death. Life, and Healing,

Lanham 2001, 65-88. Nelle culture del Vicino Oriente, si hanno molte testimonianze archeologiche e letterarie dell'uso cultuale del serpente. In particolare, gli incante­ simi (alcuni specifici erano indirizzati agli alti ufficiali e a uomini di corte) potevano derivare da un'attività terapeutica o di esorcismo contro gli effetti devastanti del morso velenoso dei serpenti; cf. BoROWSKI, «Animals in the Religions of Syria-Pale­ stina», 42 1 -422. 79 Si tratta di un animale molto velenoso che uccide la preda in pochi secondi, e rappresenta il rettile più temi bile fra i serpenti menzionati nella Bibbia ebraica. In Is 14,29 vi è l'immagine singolare della vipera (l7�i) che esce dalla radice del serpente (tUO�). La versione greca traduce il vocabolo l7�� con il termine àcrxiç («aspide>)) e in Ger 8,17 con 6cpetç 9ava'toUvtaç. L'animale a cui si fa riferimento non possiede un'esatta identificazione, ma con probabilità si tratta della Vipera Palestinae (o Da­ boia xanthina), una vipera lunga circa l m di colore grigio e giallo. Il suo habitat è sia nella campagna che in zone abitate, preferendo zone umide e ricche di vegetazione. Cf. H.B. TRISTRAM, The Natura/ History of the Bible, London 1867, 275-276; K.R.

Serpent Symbolism in the Old Testament. A Linguistic, Archaeological, and Literary Study, Haddonfield 1974, 2-4; WALTKE, The Book of Proverbs. Chapters 16-31, 265; FoRTI, Animal /magery in the Book of Proverbs, 36.

JOINES,

259

quali nessun tipo di incantesimo può controbattere, causando una con­ seguenza letale al popolo stesso , poiché non può avvalersi di alcuna possibilità di fuga o salvezza ( Ger 8,17). 3.3.

Interpretazione della metafora

Pr 23,32 paragona il vino a due immagini metaforiche prove­ nienti dalla medesima specie animale. Si tratta di una comparazio­ ne che ha lo scopo di mettere in evidenza gli effetti distruttivi che genera un prodotto della terra, di per sé utilizzato come bevanda quotidiana nell'alimentazione di numerose popolazioni antiche e che, se non controllato, può condurre all'annientamento psichico e sociale della persona. Le metafore della vipera che morde e del serpente che punge banno come comune caratteristica quella di essere rappresentate nel momento in cui i due rettili compiono un'azione aggressiva nei confronti della preda o come istintiva reazione difensiva davanti a una minaccia esterna. Entrambe le immagini esprimono il concetto di morte, ed è questa, probabilmente, una delle ragioni per cui i ret­ tili sono posti in stretta comparazione con il vino. Dal punto di vista poetico, se osserviamo la metafora nel suo svol­ gersi temporale notiamo come vi sia un crescendo di intensificazione ·che sarà ulteriormente specificato nei versetti successivi. In 32ab i due accenti congiuntivi sono in crescita tonale e di forza espressiva: dall'accento da/:lf (32a) si passa al più forte accento muna/:1 (32b ). Si­ milmente, 32c si apre con il segno me[eg stante a indicare un piccolo freno accentuale, preludio a una maggiore intensità determinata dal più forte accento congiuntivo mérak:Q. Quindi, il punto di maggior intensità e forza espressiva sta sul termine che designa la vipera. Re­ toricamente, l'effetto che ne deriva è il terrore mortale che evoca il solo pensiero della vipera, quasi più del serpente. L'orientamento generale di Proverbi è valutare in modo sospet­ to l'uso del vino. In diverse attestazioni esso è posto in relazione ai violenti, è fortemente sconsigliato a chi detiene ruoli di governo ed è concesso alla persona che attraversa uno stato psicofisico debili­ tato. Il giudizio negativo è dettato dalla considerazione che l'uso smodato del vino altera l'autonomia della persona e ciò rappresen­ ta una condizione di morte.80 Ora, l'accostare il vino a due anima-

e

80 Il potere distruttivo e disgregante del vino che segna il confine tra la vita la morte è presente anche nella tradizione ebraica medievale e successiva. Per i

260

li pericolosi e velenosi risponde retoricamente alla volontà di per­ suadere il lettore circa le pesanti insidie che fanno deviare il saggio verso la stoltezza. Non è difficile intuire come la messa in guardia dall'uso smodato del vino è tanto più necessaria perché esso con­ tiene qualcosa di mortifero che ha il sapore della malvagità, della maledizione, della punizione, della pericolosità sociale. Gli effetti mortali che ne derivano sono soprattutto da leggersi nell'ambito sociale, poiché la persona alterata dall'eccesso di vino di fatto è im­ bevuta di stoltezza, e quindi si allontana drasticamente dal percor­ so di vita che il banchetto della Sapienza predispone per il saggio. In altri termini, la metafora ha Io scopo di salvaguardare non solo e non tanto la salute fisica del saggio, ma anche e soprattutto la sua reputazione sociale. Un'analoga preoccupazione la si ritrova sviluppata in Ben Sira, il quale spiega le ragioni de Il 'uso moderato del vino a cui può por­ tare il suo uso smodato. In Sir 1 9,2Hb (Ms C) il vino è associato alle donne ed entrambi sono ritenuti ugualmente dannosi perché ren­ dono il cuore incauto, spericolato, smodato e irresponsabile (T n�), anche se entrambi sono meno pericolosi rispetto alla frequentazio­ ne delle prostitute. In una trattazione più estesa in Sir 3 1 ,24-31 Hb (Mss B , F) è detto che il vino è da accostare con molta cautela per­ ché manda in rovina molti, fa conoscere il cuore degli arroganti e arreca amarezza e tristezza (:JN:J ) La partecipazione a banchetti fa­ vorisce le relazioni sociali e l 'uso moderato del vino non deve mai alterare l'onore e la dignità del saggio.81 In conclusione, nel contesto di Pr 23,29-35 la similitudine del vino con il serpente che morde e la vipera che punge è una meta.

commentatori medievali, a partire da Rashi, il fissare gli occhi sul vino che rosseggia (v. 31) allude al desiderio e al potere seduttivo della persona che è incapace di di­ scernere tra il bene e la violenza. Il vino attrae con la sua seduzione come un giorno il serpente ha attratto Eva verso la morte (Gen 3,6). Dunque, ciò che il saggio deve evitare è degradarsi a un biasimevole comportamento autodistruttivo, irriso persino dai conoscenti più prossimi; cf. E. GINSBURG - Y. WEINBERGER, Mishlei/Proverbs. A

New Translation with a Commentary Anthologized from Talmudic, Midrashic, and Rabbinic Sources, 16-31, Brooklyn 2007, 484-485; A.J. RosENBERG, Proverbs. A New English Translation. Translation of Text, Rashi and Other Commentary, Brooklyn

1988, 1 45. 81 Cf. M. KEPPER, «Schame Dich . . . Dich bei m Essen mit Deinem Arm aufzusttit­ zen», in M. GEIGER - C.M. MAIER - U. ScHMIDT (a cura di), Essen und Trinken in der Bibel. Ein literarisches Festmahl fUr Rainer Kessler zum 65. Geburtstag, Giiter­ sloh 2009, 163-178; U. RAPP, «You Are How You Eat: How Eating and Drinking Behaviour ldentifies the Wise According to Jesus Ben Sirach», in N. MAcDoNALD L.S. REHMANN - K. EHRENSPERGER (a cura di), Decisive Meals. Table Politics in Biblica! Literature, London 2012, 42-61. -

261

fora che intende istruire il saggio su un proble ma specifico che è l ab u so dell'alcool. L'azione dissuasiva e preventiva della metafora ha come obiettivo la salvaguardia della salute, della dignit à della persona e della sua reputazione sociale, premessa essenziale per il saggio che intende sedersi alla tavola della Sapienza (Pr 9,5). '

4.

Cane, vomito, stolto (Pr 26,11)

Come un cane ritorna al suo vomito uno stolto ripete nella sua stupidità

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l la l lb l le lld

Pr 26,1 1 è un detto proverbia le che compara l'azione disgustosa del cane all'azione ripeti tiva di uno stolto. Ci sono indicatori gram­ maticali e lessicali che ci informano sul fatto che siamo in presenza di una metafora: l'immagine in 1 1ab è introdotta dalla p reposi zione comparativa �; il cane in l la è posto in relazione con lo stolto (l l c) e la simi l i t ud ine è creata sovrapponendo il mondo animale a una tipologia umana. Le due immagini (11ab e 1 1 cd) presentano una certa oscurità poiché non si comprende la relazione che si in t erpo­ ne tra il verbo :ntl? in 1 1 a e il verbo ;,�tV in 1 1c. Inoltre, è altrettanto carico di enigma il contenuto dell'associazione tra la ripugnante im­ magine del vomito in 1 1 b e la stupidità espressa in 1 1 d. 4. 1 .

Il testo e la sua composizione

A live llo di critic a testuale e di analisi fil o logica si può notare che il testo masoretico di Pr 26,1 1 non presenta alcuna difficoltà di lettura e composizione. È nella versione greca dei LXX che, invece, notiamo una libera interpre tazione del proverbio, con una glossa del testo e un inserzi one a espansi o ne.82 Dopo l lb il traduttore gre­ co ha aggiunto l espressione Kaì J.Ltcrrrròç; YÉVTttat. Vi è poi l'espres­ sione fanv aiax6Vll btétyouaa Ò.J.Hlptiav Kaì fcrnv aiaxl>Vll o6ça Kaì xaptç; che è identica a Sir 4,21Gr. '

'

82 La LXX traduce: O>am:p KUo>v otav txaen òtì -ròv tamoù fJ,lE'tov Kai !JtCJll-ròç ytvr,-rat oihroç èi�) la sua stupidità (13,16); se la corona dei saggi è la loro ricchezza, quella degli stupidi è la loro stoltezza (1 4�24). In Pr 17,12 incontriamo un'espressione sintagmatica analoga a Pr 26, 1 1 , giacché si ha la medesima costruzione grammaticale. Qui è detto che è meglio incontrare un'orsa a cui hanno sottratto i cuccioli che uno stolto nella sua stupidità (i.n71��) , esprimendo così una valuta­ zione ironica e iperbolica circa la stoltezza. Nella raccolta di Eze­ chia il binomio tra stupido e stoltezza è limitato all'unità di Pr 26,111. Oltre Pr 26,1 1 , nei vv. 3.5 il saggio è invitato a non rispondere allo stupido nella sua stoltezza o a rispondere in modo adeguato per arginare la sua stupidità (26,3-4). In Pr 14,8 vi è una metafora dove è detto che la follia degli stolti consiste nel percorrere vie di sbandamento, a differenza del saggio che studia attentamente il suo percorso. L'azione dello stolto in 1 1c è descritta con il verbo :1 �W· In Proverbi si trova altre tre volte e con significati differenti. Oltre a sapienza

(:"'��IJ), prudenza (C�1i), intelligenza (:"1��:::1� ); cf. H. CAZELLES, «'"1t$1117ì�»,

ThWA T, I, 148-151; BDB, 17; DCH, l, 153-154; DEB, 19; HALOT, l, 22. in

102

Le referenze testuali in cui vi è il binomio

14,8.24; 15,2.14; 17,12; 26,4-5.11.

EVEN-SHOSHAN,

25;

''Qill117l� sono: Pr 12,23; 13,6;

267

Pr 26,1 1 il participio qal si trova nella collezione di Salomone. In Pr 17�9 colui che ripete l'errore procura la divisione dagli amici. In Pr 24,21 vi è l'invito a non entrare in relazione con coloro che mutano atteggiamento. Infine in Pr 31 ,5 si ha una forma piel con il senso di cambiare. 103 4.3. Interpretazione della metafora Pr 26,1 1 è una similitudine che pone a comparazione un com­ portamento animale per esprimere una valutazione inerente le azioni di una persona stolta. La metafora può essere interpretata almeno a due diversi livelli: o sovrapponendo ogni singolo elemen­ to lessicale o paragonando l'insieme degli elementi metaforici. In entrambe le proposte il giudizio permane negativo. N el primo caso, il cane trova la sua corrispondenza nello stolto e il vomito ha il suo rispettivo riscontro nella stupidità. Nella maggior parte delle attestazioni bibliche, più che per le sue qualità di fedeltà e compagnia per l'uomo, il cane rimanda a qualcosa di spregevole, pericoloso e di riprovevole. Così anche lo stolto. Affermare che lo stolto è come un cane significa rimandare al pensiero del pericolo e del disprezzo. In più occasioni Proverbi mostra come lo stolto sia da considerarsi l'esatto opposto della persona saggia: esso è spre­ gevole per la sua noncuranza della sapienza ed è pericoloso perché distrugge ciò che la sapienza costruisce con i suoi ripetuti inviti a seguirla. La metafora contiene una seconda corrispondenza: il vomito e la stupidità. Non è difficile intuire qui come l'autore usufruisca di uno dei cinque sensi dell'uomo per far leva sulla reazione che il sag­ gio dovrebbe nutrire rispetto alle azioni dello stolto. L'immagine del vomito provoca in tutti una sensazione stomachevole, di disgu­ sto e di rigetto. Essa è qui enfatizzata dall'immagine rivoltante e schifosa del cane che ritorna a leccare il suo vomito. Non c'è dub­ bio che l'autore di Pr 26, 1 1 abbia usato una brillante e stupefacente immagine per evocare la ripugnanza insita nell'idea di stupidità. Se poi si vuole comprendere l'esatto contenuto della stupidità, le atte­ stazioni quasi esclusive in Proverbi sottolineano il fatto che la stupi103 Il verbo ;"'�W è di difficile interpretazione poiché possiede fondamentalmente radici con tre significati distinti: a) essere differente, cambiare; b) ripetere, insi­ stere; c) salire di rango, splendere. In Proverbi sono attestati tutti e tre i significati. a. T. KRONHOLM, «;"!�tg)), in Th WA T, VIII, 318-324; DCH, VIII, 491-492; DEB, 874-

tre

875; GESENIUS, VI, 139-1393; HALOT, IV, 1597-1600; ZoRELL, 868.

268

dità è l'imitazione grottesca di ogni azione e comportamento sugge­ riti dalla Sapienza. Lo stupido emula scimmiottando in modo goffo la Sapienza e proponendo esattamente l'esatto opposto. Il giudizio della metafora è chiaro: è un atteggiamento disgustoso, nauseante e ributtante. Tanto più è ripetuto. Se invece si paragonano le parti della metafora nel loro insieme (l l ab raffrontato a 1 1cd), ciò che accomuna il cane che ritorna al suo vomito e lo stolto che ripete la sua stoltezza è la dinamica di ri­ petizione di un'azione riprovevole, più che l'azione deplorevole in sé. Questa possibile seconda interpretazione non esprime un giu­ dizio di valore sui singoli elementi che compongono la metafora� ma più semplicemente afferma che ripetere parole e azioni stupide è un comportamento abituale degli stolti, che provano un piacere disgustoso. Al contrario, l'effetto sul saggio è quello di ribrezzo e ripugnanza.104 Pr 26,1 -12 è una ben delimitata unità letteraria ricca di immagi­ ni, metafore e similitudini e che tematizza lo stolto. In questo conte­ sto letterario Pr 26,1 1 stigmatizza aspramente l'illusione di chi riget­ ta la Sapienza: non seguirla significa trasformarsi in persone che ri­ petono disgustosamente per sé e per gli altri parole e azioni stupide. S.

Leone e orso, re e poveri (Pr 28,15) Leone ruggente e orso che bramisce un dominatore malvagio su un popolo indigente

o;:��-.,!� ::111 YW1 'W:-c i'i?.�tll

':rc31 'V-

·

15a 15b 15c 15d

Il testo presenta due immagini che si riferiscono al medesimo soggetto: un dominatore malvagio ( 15c) identificato con due mam­ miferi selvatici e feroci, il leone ruggente (15a) e l'orso che brami­ sce ( 15b) . Pr 28,15 è un'espressione metaforica dal momento che 15ab presenta immagini provenienti dal mondo animale, sovrappo­ ste all'immagine di un governatore disumano e crudele. Il compor-

1 04 Anche il Talmud (Yoma 87b) e la tradizione ebraica medievale e successiva evidenziano il dinamismo di ripetizione di un'azione vomitevole. La stupidità è identificata con il peccato che lo stolto ripete, al quale si abitua sebbene all'inizio lo rigetti con disgusto; cf. H. W. GuGGENHEIMER, The Jerusalem Talmud. Second Order: Mo'ed. Tractates Pesabim and Yoma, Gottingen 201 3, 624; GINSBURG - WEINBERGER,

Mishlei 16-31, 543.

269

tamento animale funge, pertanto, da paradigma dell'azione rovino­ sa di un pericoloso governatore. La metafora contiene almeno due elementi oscuri: la contemporanea associazione di due mammiferi con un'unica tipologia umana, e il giudizio molto duro e severo sul dominatore malvagio rispetto a un popolo povero ( 15d). 5. 1.

Il testo e la sua composizione

A livello di critica testuale e di analisi filologica va notato che anche per Pr 28, 15 i problemi più rilevanti si ascrivono alla sua tra­ duzione greca.105 La versione dei LXX presenta tre varianti. La pri­ ma concerne l'identificazione del secondo animale presente nel te­ sto masoretico (:i1). n vocabolo �-, è tradotto in greco con il termi­ ne ì..uKoç, cambiando completamente tipologia di animale: non più l'orso affamato ma il lupo. Paul De Lagarde osserva che la tradu­ zione greca deriva probabilmente dal termine ebraico ��T, e, tutta­ via, questa informazione non giustifica completamente la scelta del cambiamento del nome operata dal traduttore.106 Crawford H. Toy e Franz J. Delitzsch risolvono in parte la questione affermando che la traduzione greca potrebbe derivare dal vocabolo :::1 "1 o :1N1, una forma dialettale aramaica che indica ugualmente il termine «lupo» e che è più simile, pertanto, alla forma del testo masoretico.101 Il secondo problema concerne il participio qal pj?itO in 15b. Differentemente dal testo masoretico, la cui radice verbale deriva dall'azione dell'urlare ferocemente (jij?W), nella versione greca il traduttore ha utilizzato l'immagine del lupo assetato (ùnvrov). Ar­ nold Ehrlich ricorda il carattere vorace tipico dell'animale, mentre prima di lui Ferdinand Hitzig interpreta la sete nel significato di «sete di sangue>> che stimola l'avidità predatoria del lupo.108 Moshe Greenberg mostra come il complesso verbo ebraico ppw abbia un senso ad ampio raggio e in senso metonimico può riferirsi indistin-

105 La Versione greca traduce: ì.i,rov 1t&lV> nel senso anatomico. Per la loro specifica natura, similarità linguisti­ che sono maggiormente presenti nelle metafore zoologiche: nel­ le collezioni di Salomone e di Ezechia, la menzione alla ferocia dell'orso denota un atteggiamento negativo legato alla stoltezza e malvagità (cf. Pr 17,25� 28,15). Nel campo della natura, la men­ zione dell'argento occupa il primo posto in quanto a quantità di attestazioni, ma assume significati molto divergenti: nella prima collezione esso è posto a paragone con la Sapienza (cf. Pr 2,14; 3,14; 8,10). mentre nelle altre collezioni questo significato scompa­ re per assurgere a metafora del parlare del giusto (cf. Pr 10,20) o dell'azione del Signore (cf. Pr 16,16). Tuttavia, ciò che accomuna tutte le attestazioni è la connotazione di preziosità in esse contenu­ ta. La coerenza lessicale contiene una coerenza semantica e accade che sia limitata solo ad alcune collezioni. Ad esempio, il termine «Sentiero» (n1N) si trova esclusivamente nella raccolta più recente che apre il libro dei Proverbi e in quella più antica, e in entrambe le raccolte è sempre presente un rimando metaforico. Una forma

7 P. BEAUCHAMP, Pages exégétiques, Paris 2005, 247-248. 8 Cf. S. KIM, The Coherence of the Collections in the Book of Proverbs, Eugene 2007, 214-220. Anche più recentemente, in uno studio sui tre discorsi della Sapienza in Proverbi (Pr 1,20-33; 8,1-36; 9,1-6), Balint Karoly Zaban sostiene che le tre com­ posizioni sono costituite da una «Struttura poetica coesiva» (cohesive poetic struc­ ture; B K. ZABAN, The Pillar Function of the Speech of Wisdom. Proverbs 1:20-33, 8:1-36 and 9:1-6 in the Structural Framework ofProverbs 1-9, Berlin 2012, 344-345). .

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poetica particolare del lemma «oro» (f�,O) si trova in tre testi ed esclusivamente nella prima collezione (cf. Pr 3,14; 8,10. 1 9), eppu­ re il significato è simile a molti altri testi in cui il medesimo ogget­ to prezioso è menzionato in una forma lessicale differente e più comune «J:jf». Ma non sempre è così. Se, per esemplificare, ci si sofferma sulle metafore animali, le poche attestazioni che si riferi­ scono ai volatili sono limitate alla prima collezione e alla raccolta di Ezechia. Nella prima collezione osserviamo un'identica immagi­ ne ma con due distinti significati (cf. Pr 6,5; 7,23) e parimenti nella collezione di Ezechia due immagini simili con significati divergenti (cf. Pr 26,2; 27 ,8). Tutto ciò, dunque, mostra che in Proverbi il fe­ nomeno della metafora si fonda su un patrimonio lessicale coeso, ma che l'artista trasforma liberamente con il proprio stile creativo, aprendo così l'espressione metaforica a nuovi e inediti significati che il lettore è sollecitato a scoprire. Infine, nelle metafore qui analizzate si sono riscontrati hapax leg6menon sia all'interno del libro (cf. Pr 1 1 ,22; 26,9; 30,26) che nell'intera Bibbia ebraica (cf. Pr 26, 1 1 .23). Questo fatto rende an­ cora più complessa e limitante l'interpretazione delle metafore. Tuttavia, ogni singolo elemento è stato comparato con altri simi­ li all'interno del libro e nella Bibbia ebraica, facendo ricorso a un approccio intertestuale il quale, peraltro, non è una novità nello studio di Proverbi.9 Ne è risultato che le metafore esprimono echi, allusioni e parallelismi derivanti dalla Torah, dalla tradizione pro­ fetica e dagli Scritti.10 La tradizione biblica a volte è ripresa confer9 Già la dissertazione dottorale di Scott L. Harris aveva sostenuto che i primi nove capitoli di Proverbi «fanno ricorso» (draw upon) alla tradizione della Torah e dei Profeti (Genesi e Geremia); cf. S.L. HARRIS, Proverbs 1-9. A Study of lnner Biblica/ Interpretation, Atlanta 1995, l . Ma il fenomeno è presente anche in rappor­ to agli Scritti, specie il libro dei Salmi e Giobbe; cf. B. GossE. «Le ròle du livre des Proverbes dans la constitution du Psautier, en relation avec divers textes bibliques», in RB 1 14(2007), 403-415; S. BAKON, «Two Hymns to Wisdom: Proverbs 8 and Job 28», in JBQ 36(2008), 222-230. Angelo Passaro avanza alcuni rilievi critici rispetto a questo approccio quali, ad esempio, una carenza di documentazione e l'indebita trasposizione di «materiale tradizionale in un nuovo contesto»; cf. A. PASSARO, «Proverbi 1-9 e Genesi 37. A proposito di Inner Biblica/ Interpretation», in G. BEL­ LIA - A. PASSARO (a cura di), Libro dei Proverbi. Tradizione, redazione, teologia, Casale Monferrato 1999 , 1 3 1-134. 10 Rimane aperta la questione sulla genesi e natura del rapporto intertestua­ le; cf. C. EDENBURG, «Intertextuality, Literary Competence and the Question of Readership: Some Preliminary Observations», in JSO T 35(2010)2, 131 - 1 48. Ad esempio, Jean-Louis Ska rileva parallelismi tra Genesi e Proverbi, ma chiarisce subito l'equivoco di ritenere Genesi ispirato al libro dei Proverbi; J.-L. SKA, «Abra­ ham, maitre de sagesse selon l'idéal des Proverbes», in N. CALDUCH-BENAGES (a cura di), Wisdom for Life. Essays Offered to Honor prof. Maurice Gilbert, SJ on

287

mando la continuità di un insegn a mento religioso, altre invece è « riscritta » e reinterpretata., alla luce di un mutato contesto culturale e soc iale . 1 1 Ad esem pio , si avverte l'eco del decalogo nella metafora degli occhi strappati e divora ti da animali impuri (30,17), confer­ mando così la validità della tradizione deuteronomista; la metafora della sorgente d'acqua che nella tr adizion e profetica si riferisce solo al Signore (Ger 2,13), in Pr 10,1 1 è rile t ta attribuendola al giusto; Dio come fortezza (Is 17,10; Ger 16,19), in Proverbi lo è anche in relazione alle strade dell'integrità ( 10,29); l'anello d'oro che in Is 3,21 identifica le donne di Gerusalemme e la loro bellezza, riecheg­ gia in Pro verbi come simbolo di stupidità (1 1 ,22 ); se, infine, nel Sal 124,6-7 la metafora della rete del cacciatore è utilizzata per alludere al potere della morte che terrorizza un popolo intero, in Proverbi è riferita a situazioni molto different i: la seduzione della donna altrui (7,23), il m alva gio (2 ,27) . un'incauta azione fideiussoria (6,5). Le metafore in Proverbi sono dunque piccoli gioielli letterari cesellati con raffinate tecniche stilistiche utilizzate per trasformare le parole in persuasivi ed efficaci strumenti sapienziali. 2. La metafora e i suoi risvolti ermeneutici Il nostro studio si situa nell'orizzonte più ampio della teologia biblica.12 Pertanto, al fine di ottenere una corretta ermeneutica della

the Occasion of His Eightieth Birthday, Berlin 2014, 20. Cf. l. FISCHER, «Von der Vorgeschichte zur Nachgeschichte: Schriftauslegung in der Schrift-Intertextualitat­ Rezeption,>, in ZA W 125(2013)1 , 1 43-160; B.U. ScHIPPER, «Das Proverbienbuch und die Toratradition», in ZThK 108(201 1 )4, 381-404. Nella dissertazione abbia­ mo pure rilevato sommari cenni intertestuali con Ben Sira. Gli studiosi hanno evidenziato molteplici parallelismi tra Proverbi e il Siracide; cf. J. Co R LEY, «An lntertextual Study of Proverbs and Ben Sira», in J. CoRLEY - V. S K EM P (a cura di).

lntertextual Studies in Ben Sira and Tobit. Essays in honor of Alexander A. Di Lella, Washington 2005, 155-182. J 1 a. B. M. LEVINSON, L 'herméneutique de l'innovation: Canon et exégèse dans l'Israel biblique, Bruxelles 2005, 15-21; A.K. PETERSEN, «Rewritten Bible as a Borderline PheJ:!omenon-Genre, Textual Strategy, or Canonica} Anachronism», in A. HILHORST - E. PuEcH - E. TIGCHELAAR (a cura di), Flores Fiorentino: Dead Sea

Scrolls and Other Early Jewish Studies in Honour of Fiorentino Garcfa Martinez , Leiden 2007, 285-306; M.M. ZAHN, «Talking about Rewritten Texts: Some Reftec­

tions on Terminology», in H. voN WEISSENBERG - J. PAKKALA - M. MARTIILA (a cura di), Changes in Scripture. Rewriting and lnterpreting Authoritative Traditions in the Second Tempie Period, Berlin 201 1 , 109-1 12. 12 Segnaliamo che la problematica circa la definizione di «teologia biblica» e il suo approccio metolodogico è molto dibattuta, cf. J.M. MEAD, Biblica/ Theology. ls­ sues, Methods, and Themes, Louisville 2007, 61-120; R. RENDTORFF, «Old Testament

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metafora, si impone «una riflessione teorica circa la comprensione, la spiegazione e l'interpretazione)) delle elocuzioni metaforiche esa­ minate.13 A conclusione di questo lungo percorso ci pare di aver in­ dividuato almeno tre risvolti ermeneutici. Il primo è di natura teologica. Le metafore qui analizzate confer­ mano innanzi tutto l'osservazione che in modo evidente ed esplicito non vi sono presenti temi teologici tradizionali alla fede d'Israele, che si rinvengono, ad esempio, nella Torah e nei Profeti. Malgrado ciò, il riferimento alla tradizione dei padri non viene mai meno.14 In secondo luogo, nella nostra indagine non abbiamo incontrato meta­ fore che abbiano YHWH come elemento lessicale della costruzione della metafora, poiché le metafore hanno riguardato soprattutto le persone, i loro comportamenti o situazioni di vita di particolare pe­ ricolo. Tuttavia anche in questo caso la forza persuasiva delle meta­ fore nasconde uno spiccato orientamento religioso del saggio. 15 Il secondo aspetto è un risvolto epistemologico. Le metafore in Proverbi sono generate facendo convergere due mondi: l'esperien-

Theology, Tanakh TheoJogy, or Biblical Theology? Reflections in an Ecumenical Context», in Bib 73(1 992), 441-451; J. B AR R «Some Problems in the Search for a Pan-Biblical Theology», in P.D. HANSON - B. JANOWSKI (a cura di), Biblische Theolo­ ,

gie. Beitriige des Symposiums "Das Alte Testament und die Kultur der Moderne" anliisslich des 100. Geburtstags Gerhard von Rads (1901-1971), Heidelberg, 18.-21. Oktober 2001, Mtinster 2005, 31 -42; H. WEDER, «Biblische Theologie. Konturen und Anforderungen aus henneneutischer Perspektive», in JB Th 25(2010), 1940;

J.J. CoLLINS, «Biblical Theology between Apologetics and Criticism», in H. AssEL - S. BEYERLE - C. BorrRICH (a cura di), Beyond Biblica/ Theologies, Tilbingen 2012, 223-241; S. ScHORCH, «Which Bible, Whose Text? Biblica} Theologies in Light of the Textual History of Hebrew Bible», in H. AsSE L S. BEYERLE C. BòTIRICH (a cura di), Beyond Biblica/ Theologies, Ttibingen 2012, 359-374. 13 L. ALONSO ScHòKEL - J.M. BRAVO ARAG6N, Appunti di ermeneutica, Bolo­ -

-

1994, 16. 14 A questo proposito, tuttavia, va osservato che fra le varie collezioni vi sono differenze. Ad esempio, comparando la più recente collezione con la più antica, Jutta Krispenz riconosce in quella più recente la tendenza a concettualizzare temi teologici, mentre nella seconda la teologia è più implicita, perché si riferisce a situa­ zioni concrete di vita. Nella prima collezione non vi è alcun interesse rituale, mentre in quella salomonica vi è almeno un accenno (Pr 21 ,3). La differenza è, soprattutto, più qualitativa che quantitativa; cf. J. KRISPENZ, «Theological Profiles in Proverbs: Comparing Collections I (Prv 1-9) and II (Prv 10-22,16)», in H.M. NIEMANN - M. AUGUSTIN (a cura di), «My spirit at rest in the north country» (Zechariah 6.8). Col­ gna

lected Communications to the xxrh Congress of the lnternational Organization for the Study of the Old Testament, Helsinki 2010, Frank furt am Main 201 1 , 138. 15 L'immagine di Dio in Proverbi corrisponde alla fede tradizionale d'Israele in almeno tre titoli: il Signore in quanto creatore, protettore e giudice; cf. L. B osTROM , The God of the Sages. The Portrayal of God in the Book of Proverbs, Stockholm 1990, 239-243; A. LELIÈVRE, La Sagesse des Proverbes. Une leçon de tolérance, Ge­ nève 1993, 61-98; L. MAZZINGHI, Il libro dei Proverbi, Roma 2003, 105-107.

289

za di vita dell'inventore di metafore e un forte ancoraggio alla tra­ dizione biblica che riecheggia costantemente in esse. L'esperienza di vita si basa sull'osservazione acuta e spesso diretta del mondo ci rco s tan te , del comportamento delle persone e della loro cultura letteraria, degli animali, della natura e dei suoi fenomeni atmosfe­ rici, del tessuto urbano in cui ci si situa. 16 Le metafore non sono composte per mero gusto estetico, ma condensano una portata co­ noscitiva. 17 Esse evocano un insegnamento, ma non lo impongono; attivano un 'interlocuzione, ma non pretendono risposte; si pongo­ no come en igm a e provoc a zi o ne , ma stimolano il s aggio al loro scio­ glimento. Le metafore in Proverbi evocano al saggio la possibilità di generare costantemente nuove e inedite conoscenze, le quali non sono altro che un processo di interiorizzazione del cammino propo­ sto dalla Sapienza, «albero di vita)) (Pr 3,18). Il terzo risvolto è educativo. La metafora non «cade nella trap­ pola dell'identificazione» con un elemento specifico, ma attraver­ so la combinazione di elementi differenti, «le metafore entrano in dialogo l ' un a con l'altra».18 È dunque nella natura spec ifica del lin­ guaggio metaforico il non essere assertivo e apodittico, poiché ogni singola espressione metaforica, facendo emergere un aspetto, ine­ vitabilmente ne oscura un altro. Infatti, è ne lla loro specifica ca­ ratteristica interpellare chi ascolta con l a forza della persuasione, l'incanto dello stupore poetico, l'enigma dell'oscurità.19 Le meta-

16

Cf. M .V. Fox, «The Epistemology of the Book of Proverbs», in

126(2007)4, 670.

JBL

17 Michael V. Fox scrive: «The book of Proverbs is not only about doing; it is about knowing» (M. V. Fox, «Ideas of Wisdom in Proverbs 1-9», in JBL 1 16[1997]4. 6 13) . La conoscenza è. dunque, un principio epistemologico di Proverbi e deve essere intesa come una ricerca teologica della sapienza che si fonda sul «timore del Signore» (Pr 1,7). Inoltre, una tale conoscenza non è un'accumulazione di dati, ma un processo di interiorizzazione di ciò che si scopre e si riconosce attorno a se stessi, cf. R.P. O'Dowo, «A Choord of Three Strands: Epistemology in Job, Proverbs and Ecclesiastes», in M. HEALY - R. PARRY (a cura di), The Bible and Epistemology. Biblica[ Soundings on the Knowledge of God, Milton Keynes 2007, 65-75. 18 Cf. K. NIELSEN, «Metaphors and Biblical Theology», in P. VAN HECKE (a cura di), Metaphor in the Hebrew Bible, Leuven 2005, 264. La studiosa porta come esempio le metafore su Dio (padre, re, fuoco, leone): tutte le metafore evidenziano relazioni particolari ma non si identificano. Tuttavia è nella varietà espressiva e differente con cui si rappresenta Dio, in questo caso, che si giunge a una compren­ sione maggiore. 19 A livello didattico, l'utilizzo della metafora in Proverbi rappresenta una formidabile tecnica pedagogica per stimolare i destinatari alla ricerca attiva della sapienza. Così anche la presenza di ripetizioni e contraddizioni può essere spiegata come uno strumento letterario volto a rafforzare, chiarire, enfatizzare, ricapitolare il cammino educativo, cf. R.R. CLARK JR., «Schools, Scholars, and Students: The

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fore in Proverbi, dunque, non sono da appiattire su un'unica linea interpretativa e di pensiero, cosicché si possa trarre un unico ed esclusivo insegnamento etico. La natura didattica di Proverbi non si esaurisce in un'unica formulazione e le metafore hanno il potere di attrarre i loro destinatari e lettori in un gioco comunicativo che li pone davanti a una presa di posizione da assumere. Quindi, le me­ tafore dicono che l'enigma e l'incongruità non solo sono inelimina­ bili, ma costituiscono un sapiente linguaggio pedagogico. Quanto ai contenuti educativi che emergono dall'interpretazio­ ne delle metafore analizzate, possiamo evidenziare alcune peculia­ rità.20 In primo luogo vi è un grande valore attribuito alla parola e al linguaggio comunicativo. La parola è per il saggio uno strumento fondamentale per portare guarigione, vita, giustizia (cf. Pr 15,4). Ma contiene ambiguità: essa è seduttiva (cf. Pr 5,3), può genera­ re sofferenza se pronunciata inopportunamente da uno stolto (cf. Pr 26,9), può essere utilizzata in modo spregiudicato e violento (cf. Pr 19,2) . Un secondo aspetto descrive ancora più concretamente il cammino sapienziale. Innanzi tutto, il saggio deve cercare ad ogni costo di salvaguardare la propria reputazione (cf. Pr 26,23 ), per­ seguire la libertà e l'autonomia personale evitando ogni forma di adulazione e di odio (cf. Pr 15,17); se ha responsabilità di governo la sua azione deve essere improntata ad atteggiamenti di benevolenza e compassione, perché così agisce il Signore (cf. Pr 19,12). Nella vita di coppia, poi, la vera preziosità non risiede nel possedere una don­ na bella, ma nell'essere ancorati al Signore (cf. Pr 1 1 ,22). È segno di saggezza anche lo stare lontano da situazioni compromettenti che tolgono l'onore e la reputazione sociale, evitando sia la frequenta­ zione di donne estranee che l'abuso di alcool (cf. Pr 10,1 1 ) . Indub­ biamente la via privilegiata per perseguire la vita e il benessere è

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20 In Proverbi non dobbiamo attenderci un'elaborazione sistematica di peda­ gogia, così come le scienze educative oggi la intendono. Vi troviamo un abbozzo essenziale di elementi che intendono avviare un percorso di vita. L'educazione è co­ stituita dall'accoglienza della saggezza, dalla disciplina, dagli insegnamenti patemi, dall'adesione al Signore, cf. M. GILBERT, «A l'école de la sagesse: la pédagogie des sages dans l'ancien Israel», in Greg 85(2004)1 . 20-29; M.V. Fox, «Who Can Leam? A Dispute in Ancient Pedagogy», in R.E. MuRPHY - M.L. BARRÉ (a cura di), Wis­ dom, You are My Sister. Studies in Honor of Roland E. Murphy, O. Carm., on the Occasion of His Eightieth Birthday, Washington 1997, 62-77.

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quella di accogliere e di sottomettersi all'istruzione patema e agli insegnamenti del Signore (cf. Pr 6.5; 23,27). A nostro giudizio, dunque, gli sconosciuti autori delle metafore hanno selezionato ogni singola parola e immagine con attenzione minuziosa e cura particolare, utilizzando la tecnica dell'enigma e in­ congruità. La Sapienza interroga continuamente il lettore, aprendo un enigma su un altro nella consapevolezza che «a coloro che han­ no ricevuto la risposta resta ancora da percorrere, con la Sapienza, la via che la domanda ha dovuto attraversare».21 Al termine della nostra ricerca, è ancora alla tradizione giudaica che attingiamo la rilevanza delle metafore bibliche: Ci sono quattro tipi tra quelli che siedono davanti ai sapienti: la spugna. l'imbuto, il colatoio e il setaccio. La spugna assorbe tutto. L'imbuto da una parte si riempie, dall'altra si svuota. Il colatoio fa passare il vino e trattiene la feccia. Il setaccio fa passare la farina trattenendo la semola (Pirqé A vòt V,15).

L'indagine su alcune metafore in Proverbi ha inteso sedersi, a suo modo, davanti agli antichi saggi e setacciare alcuni detti della loro bocca.

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