Pro e contro Fidel Castro

Castro, assieme al fratello Raúl, ad Ernesto Che Guevara ed a Camilo Cienfuegos, fu uno dei protagonisti della rivoluzio

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Pro e contro Fidel Castro

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PRO E CONTRO

CASTRO a cura di Alberto Baini

Di prossima pubblicazione:

TROTSKIJ

Sono già usciti

STAUN D KENNEDY D MAO D HITLER

CHURCHILL D GIOVANNI XXIII D FRANCO D MARX GANDHI D LENIN D ROOSEVELT D MUSSOLINI

BEN GURION D M. L. KING D DE GAULLE D HIROHITO

ARNOLDO MONDADORI EDITORE S.p.A. PRESIDENTE

Giorgio Mondadori VICB PRESIDENTE

Mario Formenton DIRETTORE

GENI!RALB

PERIODICI

Adolfo Senn VICB DIRETTORI GENERALI PERIODICI

Gianfranco Cantini, Nando Sampietro AMMINISTRATORE BDITORIALB Dm DOSSIER

Erman Chonchol

I DOSSIER MONDADORI DIRBTTORB

Enzo Orlandi REDAZIONE

Marisa Paltrinieri, Gianni Rizzoni Emilio Barbaglia, Maristella Bodino IMPAGINAZIONE

Bruno Acqualaana, Giovanni Melada ICONOGRAFIA VOLUMB CASTRO

Giovanni Melada

C Arnoldo Mondadorl Editore 1973 Pubbllcallone me n alle. re1latrata al Tribunale di Milano N. 301 del 3.9.71 Spedizione In abbonamento a tarllfa editoriale ridotta auturlzz. N. 15278/2 del 25.6.1971 Direzione P.'l'. Verona Direttore Raaponaablle: Bnzo Orlandl

CASTRO

MONDADORI

FIDEL CASTRO RUZ nacque il 13 agosto 1926 a Biran, nella provincia cubana di Oriente, in una grande fattoria di nome Manacas . Sua madre si chiamava Lina Ruz Gon­ zales; suo padre Angel Castro y Argiz era un immigrato spa­ gnolo che a Cuba era riuscito a fare fortuna. La sua fattoria - bestiame e canna da zucchero - era stimata all'incirca mezzo milione di dollari . Fidel Castro crebbe con tre sorelle, Angela, Enma, Juana, e due fratelli : Raul e Ramon . Fece i primi studi nelle scuole dei gesuiti a Santiago . « Carat­ tere entusiasta e teatrale », scrisse di lui, nelle note finali,

BALIZIANO COME FRANCISCO FRANCO « Suo padre, Angel Castro y Argiz, era un contadino immigrato dalla Spagna, e piu precisamente dalla Ga­ lizia. Sua madre, Lina Ruz Gonzales, era una creola cubana, nata nella provincia di Oriente. Ma anche la fa­ miglia di lei era originaria della Ga­ lizia, e dunque, almeno per quanto riguarda la discendenza, Fidel è gali­ ziano puro. Il che lo accomuna, per lo meno per stirpe e geografia, a un altro dittatore, Francisco Franco " (M. L. Matthews, Castro, Longanesi 1 971 ). « Il padre di Fidel lavorava ai primi del secolo come semplice brac­ ciante per la United Fruit ... ; un fisico eccezionale e una acuta intelligenza lo portarono avanti nel mondo, finché divenne egli stesso un ricco piantata­ re; quando è morto, ognuno dei suoi figli, Fidel compreso, ha ereditato una cospicua fortuna. Qualcuno che ha conosciuto la famiglia ricorda Fi­ de! bambino vivere la rude vita dei campi » (Matthews, La verità su Cu­ ba, Ed. di Comunità 1961).

Il "museo" castro " La fattoria dei Castro a Biran esi­ ste sempre. E a Fidel capita talvolta di trascorrervi una giornata in una atmosfera da museo familiare. Qui la foto di sua sorella Juana, la rinnega­ ta, non è scomparsa. Al muro, c'è un fotomontaggio dove lo si vede in com­ pagnia di suo fratello Raul, di Ca­ milo Cienfuegos e di " Che" Guevara: su ciascuno dei quattro personaggi è attaccato con uno spillo uno dei quat­ tro assi di un gioco di carte. Ovun­ que, a decine, statuette religiose so­ no sparse su·i tavoli e le credenze » ( Pierre e Renée Gosset, " Le Ore " '66).

- "O mi mandate a scuola o brucio la casa "

A quanto pare, " i rapporti tra Fidel e suo padre non furono mai molto buoni. Non furono certo rapporti di grande affetto, come invece quelli con la madre che restò sempre legata al figlio anche quando ne disapprovava l'operato... Ricordando la propria in­ fanzia, una volta Fidel raccontò di aver detto a suo padre, a sei, sette anni, di voler andare a scuola. Se­ condo Angel, della scuola non c'era poi un gran bisogno: né lui né sua s

uno dei precettori : « Potrà riuscire molto bene nella reci­ tazione » . Poiché al contrario di suo fratello Ramon, era un ragazzo molto portato allo studio, suo padre decise di farlo continuare. Per questo lo mandò all'Avana, nel liceo dei gesuiti di Belén, che era a quei tempi il piu pre­ stigioso dell'isola. Castro vi entrò a sedici anni, nel 1942, e vi lasciò il ricordo di un singolare e tempestoso carattere. Era di alta statura, pesava già ottanta chili e l'oratoria sembrava la vera, grande passione della sua vita. Quando usci dal collegio per entrare all'università, un altro padre

moglie ci erano andati mai. Cosi gli rispose di no. Al che Fide! ribatté che se non l'avessero mandato a scuola avrebbe dato fuoco alla casa. Eviden­ temente i suoi lo ritenevano capacis· simo di farlo, e acconsentirono ,. (H. Matthews, Castro, op. cit.).

HMio padre era ono sfruttatore" Teresa Casuso, una delle persone che furono molto vicine a Castro nei suoi primi anni di attività rivoluzionaria racconta che il giovane non parla­ va mai di suo padre. « C'era stata fra loro una vecchia e mai rimargi­ nata ferita,. (da Teresa Casuso, Cu­ ba and Castro, Random House, New York 196 1 }. Lee Lockwood, nel suo libro Castro's Cuba, Cuba's Fidel, Mac Millan 1967, racconta di una serata passata con Castro e con alcuni suoi intimi col­ laboratori: «Con un tono di voce cu­ riosamente distaccato, cominciò a parlare di suo padre. " Il vecchio" dis­ se " aveva posseduto una grande pian­ tagione di canna da zucchero. Era stato un latifondista, un ricco pro­ prietario che sfruttava i contadini. Non aveva mai pagato tasse né sulla terra né sul reddito. E poi, si era dato alla politica per denaro!" ». 6

FIDEL E LI MONTI&II « L'altra sera un avvocato di Cuba che era stato condiscepolo di Castro mi ha raccontato questa storia. " Fidel si era messo in testa di scalare una certa montagna; il professore mi chia· mò e mi disse: va da Fidel e dissua­ dilo da quella folle idea. Andai da Fidel, che aveva allora 16 anni, ma nel giro di mezz'ora fu lui a convin­ cere me a seguirlo nella spedizione. Viaggiammo cosi insieme sul treno, io, un altro amico e Fidel, per tre o q_uattro ore, e scendemmo alla sta­ ziOncina di un villaggio. Gli doman­ dammo: dov'è la montagna, Fide!? Egli disse: da questa parte, seguite­ mi. Camminammo e camminammo, per tutta la notte: ma al mattino non vedemmo nessuna montagna. Camminammo ancora per tutto il giorno: alla sera, ancora nessuna montagna. E dovevamo dormire. Do­ mandammo a Fidel: come facciamo a dormire qui nella giungla? Lui ri­ spose: abbiamo tutte queste tende, no? Armeggiammo intorno alle ten­ de: Fide! - domandammo ancora­ come si mettono su queste tende? Fidel si strinse nelle spalle e disse: e che ne so io delle tende? Cosi dor­ mimmo per terra, usando i teli come

gesuita si curvò su un registro e scrisse questo giudizio : « Ha saputo guadagnarsi l'ammirazione e l'affetto di tutti . Si consacrerà alla carriera della legge e non dubitiamo che saprà riempire di pagine brillanti il libro della sua vita. Fidel è fatto di buona stoffa. In lui non manca neppure l'artista » . Di altre notizie, la cronaca della sua prima gio­ vinezza è piuttosto avara . E quelle che ci sono giunte sono, molto spesso, fantasiose o falsate da odi politici . « Si adat­ tava a tutto, anche a pregare » , ricorda con meraviglia suo fratello Raul riandando ai tempi, per lui maledetti, degli

coperte. Al mattino non avevamo da mangiare e Fidel disse : be', penso che in qualche modo troveremo bene del cibo! Cosi mangiammo qualche frutto lungo la strada, ma la fame era molta. Camminammo ancora tut­ to il giorno e dormimmo come la notte precedente, ma, finalmente, tro­ vammo la montagna. Eravamo sfini­ ti: gli chiesi se aveva veramente l'in­ tenzione di scalarla. E, naturalmente, la scalammo. Non si può arrestare Fidel, non si può discutere con lui. Ma il buffo è che quando scendem­ mo, trovammo che c'era una facile strada che dalla ferrovia portava di· rettamente ai piedi della montagna" » (Sevareid, "The New York .Post " '61 ).

Le sue materie preferite

Spagnolo, storia, agricoltura Il vecchio Angel Castro manda Fi­ de! nel celebre collegio di Belén al­ l'Avana. I gesuiti che lo dirigono so­ no i migliori pedagoghi dell'isola. Essi non condividono, riguardo alla scien­ za, i pregiudizi dei parroci falangisti. Nel collegio di Belén, un superbo isti­ tuto che si innalza nella quinta stra­ da, funziona una piccola officina che trasforma la canna da zucchero in polvere, e i figli di papà latifondisti «

in ingegneri dello zucchero. Ma a Fi­ del Castro non interessano gli oriz­ zonti limitati e i vantaggi di una car­ riera tecnica: a Belén accumula voti brillanti, ma nelle sue materie prefe­ rite : spagnolo, storia, agricoltura» ( Robert Merle, Moncada, premier combat de F. Castro, Laffont 1965).

RAUL CASTRO PARLA DI FIDEL nAveva un carattere esplosivo" In una intervista rilasciata da Raul Castro, fratello di Fidel, allo scritto­ re francese Robert Merle, Raul disse : « Per me il collegio era un carcere: era la preghiera, la cravatta e il timo­ re di Dio... Ma quello che mi ammaz­ zava, soprattutto, era la preghiera... Si pregava dalla mattina alla sera. Fidel era diverso: lui dominava la situaiio­ ne, riusciva in tutto, negli sport, ne­ gli studi. E tutti i giorni si batteva: aveva un carattere molto esplosivo, sfidava i piu grandi, i piu forti e quando perdeva ricominciava all'in­ domani. Non abbandonava mai».

Fidel spiana la pistola Durante la permanenza nel collegio di Belén, « un giorno che perdette 7

studi a Santiago . « Aveva un carattere tempestoso e arro­ gante » , ricorda invece un suo compagno di scuola, adesso in esilio a Miami . « Fu sempre un ribelle » , conferma una delle sue sorelle : « Tentò perfino di trascinare gli operai di suo padre in uno sciopero violento » . Lo appassionavano i drammi storici, le tragedie classiche e la storia cubana. Stu­ diando quest'ultima, scopri che l'isola non aveva mai avuto un solo giorno di libertà. « Difetti ne aveva » , disse, dopo la fuga da Cuba, sua sorella Juana : « Ma questo è certo : ha sempre avuto un odio profondo per i tiranni » . •

una partita a pugni con un anziano piu robusto di lui, Fide! afferrò una pistola che aveva nascosto sotto la giacca, e la spianò, ma senza sparare. Intervenne l'istruttore che lo richia­ mò paternamente. Castro gli diede la pistola, facendogli notare ch'era sca­ rica. L'istruttore si commosse, gli dis­ se che, dopo tutto, non era poi tanto cattivo, dal momento che possedeva, si, una pistola, ma era inoffensiva. Ed allora Castro, un po' turbato a sua volta, prese un'altra pistola, che ave­ va nascosta sulla destra, e la conse­ gnò al Padre. Aveva sei colpi nel ca­ ricatore e uno in canna. "Non sono buono, Padre", disse, e si inginoc­ chiò. Il Padre lo benedisse, e in se­ gno di puni?:ione e memento gli ordi­ nò di scrivere un saggio sull'ateismo. Quel saggio era cosi efficacemente contrario all'ateismo, che l'intero col­ legio insegnante, dopo averlo letto, confermò il perdono e predisse al gio­ vinetto della buona borghesia cuba­ na un grande avvenire al servizio del­ la Chiesa» (L. Sorrentino, Che Gue­ vara è morto a Cuba?, Palazzi 1971 ).

re di lettere scrisse : "La voce dello studente Castro è di ottimo- timbro, le doti di attore non gli mancano", cosi coloro che mi giudicano un istrio­ ne hanno la loro brava pezza d'ap­ poggio» ( "Corriere d'Informazione ", aprile 1 961).

Una edutazione pieeolo-borghese Nonostante avessi letto in modo teo­ rico dell'imperialismo come fenome­ no, non lo avevo ancora capito molto bene. Non avevo capito del tutto la relazione esistente tra il fenomeno dell'imperialismo e la situazione di Cuba. :e probabile che allora fossi an­ cora molto influenzato dagli atteggia­ menti e dalle idee che un'educazione piccolo-borghese mi aveva dato. Del figlio di un proprietario terriero, edu­ cato in una scuola secondaria gesuita, non avevo niente di piu di un tempe­ ramento ribelle, di un'integrità e di un carattere severo che mi era stato inculcato dai gesuiti» (Fidel Castro a Lee Lockwood, op. cit.). «

"Dicono che sono un istrione" Nelle mie note caratteristiche di stu­ dente» raccontò Castro « un professo-

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Fidel Castro Ruz poco dopo la laurea

QUANDO CASTRO NACQUE, Cuba era indipendente da me­ no di trent'anni, dopo ben quattro secoli di dominio spa­ gnolo . L'isola era « scampata » all'ondata rivoluzionaria di Simon Bolivar - che fra il 18 10 e il 1830 aveva sottratto al dominio spagnolo l'America del Sud - ma non era sfug­ gita, sul finire del secolo, al crescente espansionismo degli USA, che in quell'isola alle porte di casa vedevano una na­ turale frontiera. Risultati inutili tutti i tentativi di acqui­ starla, gli Stati Uniti approfittarono di una ennesima fase della guerriglia anticoloniale per dichiarare guerra

1•·18. &li Slali Unni menano Dii occhi su Cuba « Il XIX secolo aveva visto la trasfor­ mazione di Cuba in una grande pian­ tagione di zucchero... Da molto tem­ po gli Stati Uniti portavano un inte­ resse particolare alle Antille. I loro investimenti nell'industria dello zuc­ chero avevano raggiunto un'importan­ za di prim'ordine e il commercio este­ ro di ·Cuba si svolgeva soprattutto con gli Stati Uniti. Verso la metà del secolo la flotta mercantile americana che accostava nei porti cubani era due volte piu numerosa della flotta spagnola che andava alle Antille. La questione di Cuba era stata portata alla ribalta la prima volta nel 1823 dal Segretario di Stato americano John Quincy Adams in una lettera indirizzata al ministro americano in Spagna ... Diverse volte (l'ultima nel 1869) il governo americano aveva pro­ posto a quello spagnolo di comperare Cuba ma senza successo. Nel 1858 il senatore Stephen A. Douglas esprime­ va a New Orleans il punto di vista americano: "t:. nostro destino posse­ dere Cuba, e sarebbe una follia discu­ tere la questione. Cuba appartiene per natura al continente americano"» (M. Tunon de Lara in "Esprit " 1961 ).

lO

1850-1900. Due rivoluzioni e una guerra In cinquant'anni, dal 1850 alla fine del secolo, due rivoluzioni e una guerra sconvolgono Cuba. La prima insurre­ zione contro il governo metropolita­ no spagnolo scoppia nel 1868. Cacciati gli spagnoli, viene J?roclamata la Re­ pubblica. Alla presidenza sale Carlo Manuel de Cespedes. Nel 1878, la Spa­ gna riconquista l'isola. Nel 1895, l'iso­ la è trascinata in una seconda ondata rivoluzionaria, quella suscitata da Jo­ sé Martf, fondatore del partito rivo­ luzionario cubano. Fra le innumerevo­ li vittime della repressione spagnola figura lo stesso Marti.

José Marti teme il "mostro" americano « .. Sapendo bene che la dominazione della Spagna rischia di essere sostitui­ ta da quella degli USA, José Marti sente il bisogno di precisare: "Ciò che noi cerchiamo di ottenere, non sono delle concessioni di pura forma e neanche la perpetuazione dell'anima coloniale nelle nostre vite, qualunque siano le novità dell'uniforme yankee con le quali le si ricopre: vogliamo .

alla Spagna e impadronirsi di Cuba (1898). Il casus belli fu la misteriosa esplosione a bordo della Maine, all'ancora nel porto dell'Avana. I giornali USA « batterono il tam­ buro di guerra » ; il grido « ricordatevi della Maine » echeggiò da un capo all'altro degli Stati Uniti, e il riluttante presidente McKinley fu costretto a dichiarare guerra alla Spagna. Rapidamente, con pochissimi morti e spese molto modeste, gli Stati Uniti ottennero quello che le sanguinose guerre di indipendenza non avevano saputo dare ai patrioti cubani . Una bandiera indipendente veniva issata su una

l'essenza stessa e la realtà di un pae­ se repubblicano che sia nostro ". José Marti, alla vigilia di essere ucciso, si rende conto lucidamente del destino del suo paese. Egli ha trascorso ne­ gli Stati Uniti alcuni anni di esilio, conosce la cupidigia con la quale cer­ ti americani considerano Cuba e, in una lettera che rimane il suo testa­ mento politico, lancia ai suoi com­ patrioti il celebre avvertimento : " Ho vissuto dentro il mostro e conosco le sue viscere; la mia fionda è quella di David" » ( Claude Julien, L'empire américain, Grasset 1968).

vocare l'intervento americano. L'll aprile, il presidente degli USA Mc­ Kinley sottopose il caso di Cuba al Congresso proponendo l'intervento ar­ mato, nonostante che da Madrid al­ l'ultimo momento si facesse sapere che il governo spagnolo era disposto ad accettare qualsiasi soluzione paci­ fica » ( Hubert Herring, Storia del­ l'America Latina, Rizzoli 1962).

GLI USA DICHIARANO GUERRA ALLA SPAGNA ln seguito all'attentato alla Maine nessun nordamericano dubitò che si trattasse di un'azione bellica delibera­ tamente attuata dagli spagnoli. Il na­ zionalismo nordamericano ebbe un soprassalto, e un'ondata d'isterismo percorse gli USA. Immediatamen­ te, la potente flotta americana al com­ pleto e 125.000 uomini furono mobili­ tati. Il 20 aprile, il presidente Mc­ Kinley ordinò alle truppe spagnole di lasciare Cuba entro il giorno 23. Il 22, prima che scadesse il termine del­ l'ultimatum, il governo degli Stati Uniti dichiarò il blocco dell'isola e mobilitò altri 1 25.000 uomini. Se mai qualcuno pensò di usare un palo tele­ grafico per abbacchiare una sola no­ ce, questo fecero in quei giorni gli

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1898- La tragedia della MAINE

Il 15 febbraio 1898 la corazzata sta­ tunitense Maine, all'ancora nel porto dell'Avana per proteggere i cittadini americani in caso di emergenza, sal­ tò in aria provocando la morte di 266 marinai americani. Un'inchiesta della marina americana diede la col­ pa a una bomba sottomarina senza però dichiararne la provenienza. Una inchiesta spagnola attribui l'incidente ad un'esplosione all'interno della na­ ve. Alcuni commentatori affermarono, ma senza prove, che i patrioti cubani avevano fatto saltare la nave per pro«

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nuova repubblica che, in realtà, era soltanto un protetto­ rato militare statunitense. Avveniva, in sostanza, quanto José Marti, poeta e patriota cubano, caduto nel 1 895 du­ rante l'ultima guerra di indipendenza, aveva lucidamente predetto : una potenza giovane e aggressiva prendeva il posto di un regno stanco e lontano; l'indipendenza di Cuba sarebbe stata solo formale e sempre minacciata. Per quat­ tro anni, l'isola fu retta da un'amministrazione militare americana : poi, sotto l'imperio dell'emendamento Platt ­ che dava agli Stati Uniti il diritto d'intervento negli affari

americani. Sempre il giorno 22 aprile, 28 navi, comprese le poderose e mo­ derne Iowa e Indiana e l'incrociatore New York, salparono da Key West, in Florida. Il 24 la Spagna dichiarò la guerra, però il 25, a Washington, il Congresso dichiarò che lo stato di �erra esisteva fin dal 21 aprile » (George Hills, Franco, el Hombre y su Naci6n, Libreria Editorial San Martin, Madrid 1968).

Fa la guerra del capitale e dei giornali Le forze che provocarono l'interven­ to americano furono molteplici. Alcu­ ne furono di natura economica: cit­ tadini americani avevano investito de­ naro nello zucchero, tratto profitti dal commercio con Cuba e volevano ot­ tenere di piu. A questo si aggiunge­ va un movente strategico: i politici di Washin�on avevano già deciso il taglio dell'Istmo di Panama e giudica­ vano fosse poco prudente lasciare al­ la Spagna il controllo dell'isola che domina il Mar dei Caraibi. La stampa americana gettava olio sul fuoco: il " New York " di Joseph Pulitzer e " The American " di William Randolph Hearst si buttarono sul ginepraio per incrementare le campagne di diffusio«

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ne dei rispettivi giornali. Inviati sen­ za scrupoli gareggiarono nell'inventa­ re atrocità spagnole » ( Hubert Her­ ring, opera citata).

La disfatta degli spagnoli

II governo spagnolo fece affluire truppe nell'isola fino a raggiungere, ai primi del 1898, una forza di 200.000 uomini e tentò in pari tempo di or­ ganizzare una lega di potenze europee per impedire l'intervento degli Stati Uniti... Allo scoppio delle ostilità, for­ ze americane dell'entità di un corpo d'armata, sbarcate presso Santiago ( Cuba), riportarono una ra ida serie di successi e presero sotto i loro tiro il porto. La flotta spagnola coman­ data dall'ammiraglio Cervera e costi­ tuita da quattro incrociatori corazza­ ti, usci dalla baia di Santiago, ma, in capo a poche ore, e senza che an­ dasse perduto un solo marinaio ame­ ricano, era ridotta a una fila di car­ casse spiaccicate lungo la costa ... Nes­ sun altro conflitto americano fruttò cosi rapidi vantaggi come la guerra ispano-americana. Le ostilità comin­ ciarono il t· maggio 1 898 e durarono solo dieci settimane. Non ci fu nes­ sun insuccesso » (A. Nevins, H. Steele Commager, Storia degli Stati Uniti, Einaudi Editore 1960).

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cubani - cominciò un periodo di lotte intestine e di ele­ zioni fraudolente, interrotte ogni tanto dall'arrivo delle can­ noniere USA e da sbarchi di marines . Dal tumulto delle lotte cubane usci, come era fatale, il primo uomo forte dell'isola, Gerardo Machado . Andò al potere nel 1 92 5 , esercitò la dit­ tatura per otto anni . Usci di scena nel 1 93 3 per far posto ­ dopo un breve interregno di C . Manuel Cespedes - a un oscuro sergente di nome Fulgencio Batista. Batista era un uomo di trentadue anni, venuto alle armi da una esistenza tribolata e dai mestieri piu umili . Tra i bassi gradi dell'eser-

GU americani persero in questa av· ve]J.tura 2446 uomini, in mag�ior par­ te vittime di malattie, perche 289 sol­ tanto furono uccisi in combattimento. Con poca fatica gli Stati Uniti raccol­ sero gli ultimi frutti dell'Impero spa­ gnolo: Cuba, Portorico, le Filippi­ ne » ( Claude Julien, opera citata).

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Nasce una nuova potenza coloniale La guerra ispano-americana si conclu­ se il 10 dicembre 1898 quando fu fir­ mato il trattato di pace. « Il trattato stabili il passaggio di Cuba agli Stati Uniti :p er un'occupazione preliminare all'indipendenza; la consegna di Por­ torico e Guam come indennità di guerra, e quella delle FilipP.ine in cambio della somma di 20 milioni di dollari. L'annessìone della vicina Por­ torico era una conseguenza logica del­ le ostilità, mentre quella della lonta­ na Guam poteva essere giustificata dal fatto di costituire una comoda ba­ se carbonifera nel Pacifico. Ma l'ac· quisto delle Filippine, delle quali, prì­ ma della guerra, McKinley non co­ nosceva nemmeno l'ubicazione, susci­ tò molte perplessità ... In rapporto al­ la storia precedente, la guerra valse soprattutto a sottolineare l'estromis-

sione definitiva della Spagna dall'emi­ sfero occidentale. Rispetto al futuro; però, indicò un nuovo importante orientamento nella politica america­ na. Per la prima volta, gli Stati Uniti diventavano una potenza coloniale nel Nuovo Mondo, e con l'annessione dei territorì spagnoli nel Pacifico, ag­ giuntisi alle Hawaii e a Tutuila, an­ che una potenza di primo piano nel­ l'Estremo Oriente » (A.M. Schlesinger Sr, Storia degli S tati Uniti, Garzanti Editore 1963).

Cuba diventa un

PROTEtTORATO USA

« Il trattato di pace di Parigi del 1898 e l'emendamento Platt del 1901 sono i segni sotto i quali nacque la· nostra nuova Repubblica. Nel trattato di Pa­ rigi gli accordi postbellici tra le due potenze portarono al ritiro della S:p a· gna e all'intervento degli Stati Umti. L'emendamento Platt sanci poi il di­ ritto degli Stati Uniti di intervenire a Cuba ogni volta che lo richiedessero i loro interessi. Nel maggio del 1902 la oppressione politico-militare degli Stati Uniti (cioè l'occupazione) ebbe formalmente fine, ma ne rimase il po­ tere monopolistico. Cuba diventò una colonia economica degli Stati Uniti e

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cito si era mosso con infinita scaltrezza, creandosi in breve un considerevole seguito . La sua rivolta - che fu chiamata "la rivolta dei sergenti" - rovesciò in una notte il governo di Cespedes . Con un tratto di penna, Batista destitui 500 ufficiali superiori e si autonominò colonnello . Il Dipartimen­ to di Stato americano lo giudicò un servitore ubbidiente . Per sette anni, governò nell'ombra : il 1 4 luglio 1 940 fu eletto presidente della Repubblica e avviò una dittatura che lui stesso defini « mite, dolce e soave ». Che stesse ac­ cumulando con le frodi, gli appalti e perfino con la lotteria

tale restò per mezzo secolo » ( Ernesto " Che " Guevara). In base alle clausole dell'emendamen­ to Platt ( Platt Amendment : dal nome del senatore Orville Hitchcock Platt del Connecticut), il governo cubano non era libero di stipulare trattati con nazioni straniere e di contrarre prestiti; prometteva di concedere « scali navali e per il rifornimento del carbone » agli Stati Uniti. La clau­ sola che faceva di Cuba un protetto­ rato degli Stati Uniti, era questa: « Cuba consente che gli Stati Uniti possano esercitare il diritto di inter­ venire per la conservazione dell'indi­ pendenza cubana, per il mantenimen­ to di un governo adeguato alla pro­ tezione della vita, della proprietà e della libertà individuali ». La richie­ sta di Washìngton che l'emendamen­ to fosse incluso nella costituzione cu­ bana fu contestata dall'Assemblea, ma tutti i tentativi di attenuarne le clau­ sole furono respinti. L'emendamento fu aggiunto alla Costituzione, appro­ vata nel giugno 1901.

"L 'odio per gli USA sarà la nostra religione " Il professor Robert F. Smith, del Te­ xas Lutheran College, racconta in The

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USA and Cuba, Twaine Publishers, che « .. un giornale dell'Avana appar­ ve una volta con un titolo di due ri­ ghe su otto colonne : " L'odio per i nordamericani sarà la religione dei cubanì ". La data del giornale non era del 1959 o del 1960. Era del giugno 1922; ed era una tipica reazione al lungo periodo di spietato controllo dell'economia cubana a vantaggio del­ le compagnie statunitensi e di un pic­ colo gruppo di corrotti affaristi e uo­ mini politici cubani ». .

Cuba dal 1900 al 1933

Machado ingrassa i pescecani dei Caraibi L a �uerra ispano-americana del 1898 toghe definitivamente Cuba dalla sfe­ ra coloniale spagnola per trasferirla sotto l'egida degli USA. Il 20 maggio 1902, dopo quattro anni di governo militare degli Stati Uniti, viene ema­ nata una costituzione formalmente li­ berale e viene eletto presidente di Cuba T. Estrada Palma, longa manus del governo nordamerìcano. Guerre e rivoluzioni hanno completamente ro­ vinato l'economia dell'Isola. Nel 1906, scoppia una rivolta che prende alla sprovvista il presidente Palma. Le sue dimissioni coincidono con una richie-

nazionale, una fortuna immensa, nessuno all'Avana lo igno­ rava. Ma questo, in un certo senso, faceva parte delle regole del gioco : e nell'inferno dei quarant'anni caotici dai quali Cuba veniva, quello del primo Batista poteva anche essere considerato un governo efficiente e accettabile. Quando nel 1 944 il mandato del "sergente di ferro" venne a scadere, Batista si ritirò in silenzio ( sembra, per un espli­ cito invito di Roosevelt), come un uomo rispettoso delle regole della democrazia. Aveva 44 anni . Il futuro lo desti­ nava a un drammatico confronto con Castro . •

sta di intervento armato americano. Una successione di rivolte, massacri, s�eculazioni segna il secondo decen­ mo del secolo. Al presidente Alfredo Zayas (che regge la carica dal 1921 al 1924) succede G. Machado Morales. (Notizie da I Propilei - Grande storia universale, vol. XX, Mondadori 1969.) Gerardo Machado, soprannominato dagli studenti cubani " il macellaio " per gli innumerevoli assassini politici, nato nel 1 862 e morto in esilio nel 1940, fu presidente di Cuba dal 1924 all' 1 1 agosto 1933, quando una insur­ rezione lo costrinse a fuggire. Uno dei metodi preferiti dalla sua polizia po­ litica era quello di gettare gli avver­ sari in pasto ai pescecani che infe­ stano il Mare dei Caraibi.

IRRIVI FULBEICIO IITISTI « Il governo Machado, per far fronte alle agitazioni studentesche dell'Ava­ na, e all'affermarsi del partito comu­ nista, fondato nel 1925 da Antonio Mella, nel 1928 sì trasformò in regime dittatoriale. Nel 1930, l'università, do­ ve si era organizzata la lotta armata clandestina, fu chiusa; nel 1931 fu re­ presso un tentativo di insurreziOne di notabili. Il t• agosto 1933 scoppiò una

rivolta violentissima, che dilagò in tutta l'isola; 1'11 a�osto l'esercito chie­ se ed ottenne le dimissioni di Macha­ do, e fu nominato presidente de Ce­ spedes. Gli operai degli zuccherifici proclamarono i soviet e costituirono una guardia armata; occuparono le stazioni ferroviarie e distribuirono terre ai contadini, riuscendo a para­ lizzare l'intera isola. Nel frattem­ po si erano sollevati anche i militari; il 4 settembre i sergenti dell'esercito, guidati da Fulgencio Batista, assalta­ rono i loro ufficiali asserragliati nel­ l'Hotel Nacional dell'Avana e ne ucci­ sero una metà. Il sergente Fulgencio Batista si mise alla testa dell'eserci­ to e procedette alla repressione della rivolta operaia. In quel mese rovente, intanto, de Cespedes era stato sosti­ tuito dal radicale Ramon Grau San Martin, che aveva l'appoggio di Ba­ tista. Il nuovo presidente annunciò un programma di riforme sociali che in gran parte realizzò con molta rapidità, ottenendo la smobilitazione degli operai dell'Avana. L'esercito poi provvide a reprimere l'agitazione de­ gli operai dello zucchero in tutto il resto dell'isola e ad arrestare e ad uccidere i dirigenti sindacali comuni­ sti nella stessa capitale » (Salvatore Villari, L'America Latina, oggi, in I Propil ei, op. cit.). 15

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AL RITIRO DI BATISTA, nel 1 944, Fidel Castro aveva di· ciotto anni e terminava i suoi studi dai gesuiti . Veniva da una provincia contadina e anche se probabilmente non ave­ va mai istigato i braccianti ad ammazzare « quel latifondi­ sta di suo padre », la differenza tra la vita miserabile delle campagne e quella lussuos� dei ricchi dell'Avana dovette colpirlo in un modo che non avrebbe mai piu dimenticato . Sulla Sierra Maestra, che domina la provincia di Oriente, i contadini morivano senza avere mangiato la carne una sola volta nella vita . Un proletariato miserabile, di stagionali di-

LE QUAnRO RAZZE DEL SERGENTE BATISTA Batista era nato con il secolo a Ba­ nes, Oriente, da una famiglia povera in cui le quattro razze del globo ave­ vano mescolato il loro sangue, ma alla stampa yankee egli parlava sol­ tanto del suo nonno cinese e mai del­ la sua ascendenza negra. A Washing­ ton, quando andava in visita dai suoi amici altolocati, aveva difficoltà nel trovare alloggio. All'Avana, quando era soltanto colonnello, la sua can­ didatura fu respinta dagli snob razzi­ sti dell'Habana Yacht club. Questi af­ fronti non gli resero meno graditi gli USA o la borghesia cubana. Quando divenne dittatore si limitò a fondare un suo proprio club e a nominarsi presidente » (Robert Merle, op. cit. ). «

Esercito e corruzione Batista governò come hanno sem­ pre governato i dittatori nell'America Latina, in virtu dell'esercito. Entro il 1934 tutti i principali ufficiali doveva­ no a lui la loro nomina, né fu loro permesso di dimenticarlo. Non trascu«

Fidel sulla Sierra Maestra

rò neanche i soldati semplici: aumen­ tò le paghe, costrui per loro delle ot­ time caserme, li forni di buone uni­ formi e di un rancio eccellente, creò parchi di ricreazione e stabili un fon­ do per le pensioni: i 300.000 . uomini dell'esercito, della marina e dell'avia­ zione divennero e continuarono ad es­ sere il suo principale sostegno. Ma il colonnello Batista non trascurò altri settori. Conoscendo fin troppo bene il vorace appetito della borghesia cuba­ na per gli impieghi pubblici, elargi i suoi favori a piene mani accordando e ritirando cariche in modo da raf­ forzare il suo potere sull'isola. Seppe anche manipolare abilmente le orga­ nizzazioni dei lavorator � e migliaia di operai trassero benencio dai mi­ glioramenti apportati dal dittatore ai di lavoro. For­ salari e alle condizioni · te dell'appoggio delle forze armate, dei funzionari statali e dei lavoratori organizzati, Batista poteva affrontare serenamente i mormorii di malconten­ to degli intellettuali » ( Herring, cit.).

LA ZAFRA

rlccheua e miseria di Cuba « È con la raccolta della canna da zucchero che si mette in moto tutta

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soccupati, si sfiniva nelle piantagioni di canne all'epoca del taglio, la cosiddetta zafra. Il lavoro durava quattro mesi, poi bisognava vivere tutto l'anno sui pochi risparmi : ed era la fame. Immensi latifondi, spesso incolti, si stendevano a perdita d'occhio, bruciati dal sole o ridotti a stentati pa­ scoli . La media della vita era sui trentadue anni e anemia, rachitismo, tubercolosi facevano strage. Piu di un quarto dei cubani era analfabeta. « La ricchezza dell'isola andava a pochi cubani e americani che avevano monopolizzato lo zuc­ chero. » Negli anni tra il 1 950 e il 1 954, il reddito medio di

l'economia dell'isola: le famiglie co­ minciano ad acquistare carne e riso per accumulare la tremenda energia che deve essere spesa sui campi. Si comprano abiti e scarpe, i viaggia. tori di commercio delle ditte che han­ no magazzini pieni di generi alimen­ tari e di vestiario affollano gli alber­ Jdli di seconda categoria dell'isola. La fuce, appare nelle campagne in quan­ to le famiglie tornano ad avere abba­ stanza denaro per comperare il pe­ trolio ... Durante una stagione norma­ le, tutto assume rapidamente un'aria di prosperità. Ma dopo un periodo da due a cinque mesi di occupazione stabile, l'atmosfera comincia a cam­ biare ... Le famiglie dei lavoratori del­ la canna da zucchero cominciano a ridurre le loro spese perché vedono avvicinarsi la stagione morta. Ogni lavoratore è disposto ad accettare un lavoro pagato di meno, sol che trovi da fare qualche cosa per guadagnare. I bottegai riducono le scorte negli scaffali e i viaggiatori di commercio si ritirano all'Avana. Gradualmente la prosperità della zafra scompare e le lampade a petrolio nei bohtos co­ minciano a spegnersi. La carne, il ri­ so col lardo e i fagioli, che sono stati la base della alimentazione nella za­ fra, compaiono ora sempre di meno, ogni settimana che passa. Il taglia18

tore di canna si guarda attorno in cerca di alimenti sostitutivi, e ricorre alle erbe, alla patata dolce, alla ma­ langa, alla yucca. Invece del caffè, comincia a bere succo di canna che estrae con una rozza pressa a mano sulla soglia della sua capanna. Gra­ dualmente, la po�olazione riduce la pro�ria alimentaZJ.one. Le masse che coltiVano poco o nulla per proprio conto, vanno mendicando o procuran­ dosi il cibo come meglio possono, o migrano altrove in cerca di lavoro, se possibile. Cominciano le piogge e con esse viene la malaria. E non vi è denaro per il medico o per le me­ dicine » (Foreign Policy Association, Problems of the New Cuba, New York 1935 ).

Rapporto aulla lame a Cuba Nel 1943 si tiene a Cuba il primo Con­ gresso Nazionale dell'alimentazione. Il rapporto resentato da uno dei congressisti, i dottor Fernando Mila­ nez, parla chiaro: carne, latte, uova, verdura, frutta non fanno parte della dieta del contadino cubano. All'epoca del raccolto della canna da zucchero, cioè durante le poche settimane ,du­ rante le quali il lavoro si svolge con

y

una persona a Cuba era di sei dollari la settimana. L'abita­ zione rurale piu comune non era una casa, ma una capanna, chiamata bohio : era fatta con il legno e le foglie della pal­ ma reale, l'interno era in terra battuta e senza tramezze . Nella zona del tabacco, a Pinar del Rio, dove le cose anda­ vano meglio che altrove, un bohio ospitava spesso dalle dieci alle dodici persone. Un quarto della popolazione di tutto il paese viveva all'Avana: non c'erano industrie né sindacati efficienti; il proletariato urbano si arrangiava con ogni sorta di mestieri rimediati o miserabili . Regno di gran-

continuità, i contadini si alimentano con carne secca e qualche frutto, ma durante il tiempo muerto, la stagio­ ne morta che copre buona parte del­ l'anno, il cibo del contadino consiste quasi esclusivamente in patate dolci e melassa. Eppure, come sottolinea Josué de Castro nel suo volume Geo­ grafia della fame (Leonardo da Vinci Ed. , Bari 1954) « se il contadino cu­ bano non mangia quasi mai frutta, sui mercati dell'Avana se ne trova in grande abbondanza: frutti tropicali dai colori e dalle forme piu varie, ciò che a prima vista dà l'impressione che la situazione alimentare sia ec­ cellente ... Lo spettacolo di questi frut­ ti appetitosì e succulenti ammucchiati sui mercati della capitale, costituisce un vero atto d'accusa delle cause del­ l'esistenza della fame in una regione cosi ben provvista dalla natura ».

La teoria "Eisenhower" « Molto si è scritto sulla rivoluzione cubana , sulle sue origini e sui suoi obiettivi. Jean Paul Sartre e C. Wright Mills, che visitarono Cuba nel 195960, ebbero a dichiarare che si tratta­ va di una rivolta contadina, causata dalle intollerabili condizioni di mise­ ria e di desolazione in cui languiva

un paese spaventosamente arretrato. In realtà, come avevano sottolineato osservatori piu scrupolosi come Theo­ dore Draper e Hugh Thomas, la si­ tuazione di Cuba non era tanto di­ sperata. Il paese rappresentava anzi la prova migliore della teoria di Eisen­ hower secondo cui, senza gli impac­ ci di un controllo dall'alto, gli in­ vestimenti privati avrebbero condot­ to l'America Latina sulla strada del­ la salvezza. Cuba occupava il quarto posto tra le nazioni dell'America Lati­ na per il reddito medio pro capite, il quinto per il volume della produ­ zione industriale, il primo per il nu­ mero di automobili e di apparecchi radio e :piu o meno il primo nei set­ tori dell'Istruzione elementare e supe­ riore, dei servizi sociali e dello svi­ luppo urbanistico. Sotto a queste sta­ tistiche consuntive si celavano tutta­ via drammatiche sperequazioni nella distribuzione della ricchezza naziona­ le, soprattutto tra città e campagna » (A.M. Schlesinger Jr., I mille giorni di J.F. Kennedy, Rizzoli 1966).

L'estrema indigenza degli operai cubani isola possiede come > ( dalla intervista rilasciata da Castro a " Play­ boy", 1 967). «

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SENZA GUEVARA, MA TRA VOCI fantastiche di una sua ricomparsa, si tennero all'Avana, tra il 1 966 e il 1 96 7 , due conferenze di grande importanza . La prima riuni i popoli dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina, e vide i movi­ menti rivoluzionari riunirsi dietro le posizioni cubane. L'al­ tra fu una conferenza di solidarietà latino-americana, e con­ fermò nella risoluzione finale che la lotta armata restava la sola via di riscatto : era una sconfessione dei partiti comu­ nisti di osservanza sovietica e il ritorno al vecchio detto di Castro secondo il quale « il dovere di ogni rivoluzionario è

La conferenza Tri-continentale

l CUBANI SOSTEN&ONO LI COESISTENZA PACIFICI?

« Nella politica internazionale genera­ le, la linea cubana a questa conferen­ za fornisce ( anche esplicitamente e non per la prima volta) un ambi­ guo avallo alla politica di " coesisten­ za pacifica". La precisazione " di prin­ cipiO ", che il criterio della coesisten­ za si applica ai rapporti tra stati e non tra classi, anche se fa rìferimen­ to a una distinzione corretta, è in­ sufficiente, e diviene tanto piu ambi­ gua se la si collega al significato con­ creto della Tri-continentale per i mo­ vimenti rivoluzionari dell'America La­ tina. Questo significato emerge anzi­ tutto da una semplice analisi dei mo­ vimenti che sono rappresentati a que­ sta conferenza e di quelli che non Io sono : sono presenti una serie di par­ titi comunisti contrari alla lotta ar­ mata o con posizioni comunque as­ sai di destra ( come quelli del Brasi-

Castro a colloquio con il senatore cileno Carlos Altamiro

le, Argentina, Bolivia, Ecuador, Co­ lombia, Pero, Cile ), e mancano rap­ presentanti di importanti movimenti rivoluzionari, come Yon Sosa per l 'MR 13 guatemalteco, il MOEC del­ la Colombia, il FIR del Pero, certe oq�anizzazioni boliviane ecc. Questi cnteri di rappresentanza corrispon­ dono a un sostanziale riconoscimento dei PC come rappresentanti legittimi (e talvolta esclusivi ) dei movimenti rivoluzionari dei vari paesi latino­ americani, e allo sviluppo di una se­ rie di polemiche contro altri movi­ menti rivoluzionari ( specie di deriva­ zione trotzkista) che - quali che po­ tessero essere i loro errori - aveva­ no comunque tentato di uscire dalla stasi e dai compromessi sviluppando tentativi di lotta armata » ( " Quaderni Piacentini ", 1967).

FI DEL CASTRO : "Il potere non si acquista pacificamente " Alla cerimonia di chiusura dell'Or­ ganizzazione Latino-americana di So­ lidarietà, all'Avana, l' l l agosto 1 967, Castro disse : « Chi vuole attendere che prima le idee trionfino tra le masse, e ottengano la maggioranza, per iniziare un'azione rivoluzionaria, 135

di fare la rivoluzione » . Il governo dell'Avana arrivava, in­ somma, alla consacrazione delle sue tesi, in un momento in cui il suo prestigio stava calando in tutto il continente . Già nel '65 un tentativo di impiantare la guerriglia nelle Ande peruviane era finito tragicamente. Altri movimenti armati, •altri "fuochi" , erano stati isolati, se non spenti, in Guatemala e in Venezuela. L'evoluzione autoritaria del re­ gime di Cuba nella sua corsa dall'umanesimo originario al marxismo empirico, aveva finito per sottrarre a Cuba le simpatie di molti giovani rivoluzionari . Il colpo piu grave

non diventerà mai un rivoluzionario ... Che nessuno si sogni di poter con­ quistare il potere pacificamente in nessuna nazione di questo continen­ te... ciò non significa che si debba prendere un fucile domani in ogni posto e cominciare a combattere. Ciò di cui stiamo parlando è il conflitto ideologico tra coloro che vogliono su­ scitare una rivoluzione e coloro che non la vogliono » .

Robert McNamara : "Evitiamo che si ripeta il colpo di Cuba" « ... Una rivoluzione ha trionfato a Cuba senza che un sottomarino so­ vietico abbia rifornito i barbudos di Fidel Castro, senza che una sola pi­ stola russa o cecoslovacca sia arri­ vata nelle boscaglie della Sierra Mae­ stra. Da allora, sotto la presidenza di John F. Kennedy, la strategia ame­ ricana si è trasformata per proteg­ gere il continente non da una aggres­ sione esterna ma da una sovversione interna. O piu esattamente, contro un solo tipo di sovversione interna: quella che potrebbe far passare un paese nell'altro campo. Ogni altra for­ ma di sovversione, a vantaggio delle forze conservatrici, è prudentemente 136

tollerata. Robert McNamara illustra questo nuovo orientamento dichiaran­ do davanti al Congresso nel 1967: " Il primo obiettivo in America Latina è di ariutare, dovunque sia necessario, lo sviluppo delle forze militari e pa­ ramilitari nazionali, capaci di forni­ re, insieme alla polizia e alle altre forze dell'ordine, la necessaria sicu­ rezza interna • » (Claude Julien, cit.).

Trasformare le Ande io ooa ooova Sierra Maestra! « L'inutile dichiarazione di guerra a tutti i regimi politici dell'Amerìca La­ tina, senza sfumature, e il ripetuto appello a trasformare le Ande in una nuova Sierra Maestra, non possono giustificarsi con un esame delle situa­ zioni reali dei diversi paesi del conti­ nente Sud. Essi si spiegano molto me­ glio con ragioni di politica estera e in­ terna cubana e corrispondono senza dubbio alla sorta di frenesia castrista del rompere con tutto i l passato e di crearsi un mondo a propria misura » ( Luis Mercier Vega, op. cit.).

TuHe speranze i nuti l i ! « Le speranze di ripetere l'esperienza cubana in altre situazioni, di esten-

arrivò alla fine del 1 96 7 : la morte del "Che" . Un mistero du­ rato quasi due anni si scioglieva tragicamente sulle Ande boliviane e su una tavola di cemento dell'ospedale di Val­ legrande, dove il corpo del "Che" giaceva disteso, gli occhi semichiusi, tra gli ufficiali che additavano per i fotografi i segni delle pallottole. La sera del 1 5 ottobre, dopo giornate di incertezza e di angoscia, Castro comparve alla televi­ sione cubana per annunciare che la notizia era vera e per ricostruire magistralmente, con un fascio di dispacci di agenzia, le ultime ore di Guevara. L'orazione funebre,

dere rapidamente la rivoluzione, por­ tando dal 1959 in poi a una serie di tentativi di guerriglia si sono per la maggior parte risolti in fallimenti ancor prima di aver raggiunto una certa consistenza; a San Domingo, in Ecuador, in Penl., in Argentina, si hanno questi esempi di una prima reazione, anche disordinata e improv­ visata dei rivoluzionari latino-ameri­ cani all'esempio cubano. Si trattava in maggioranza di gruppi di studenti e di intellettuali che, opponendosi al legalitarlsmo e all'opportunismo del­ le organizzazioni ufficiali della sini­ stra, identificavano nell'esempio cu­ bano la via dello scontro e della so­ luzione definitiva. Lo sbarco, i 12 uo­ mini in montagna, i tempi rapidi del­ la rivoluzione vittoriosa, erano tutti elementi di una realtà che, astratta dalle condizioni concrete nazionali e internazionali, poteva diventare un mito e portare (come avvenne) una serie di esperienze al fallimento » (" Quaderni Piac�ntini ", 1 967). I L P C DEL VENEZUELA

Fidel non è il papa della rivoluzione In un violento discorso pronunciato all'Avana il 13 marzo 1 967, Fidel Ca-

stro accusò di " ripugnante opportu­ nismo " la direzione del partito comu­ nista venezuelano, accusata di tradi­ re gli uomini della guerriglia, du­ ramente impegnati. Disse Castro : e « Chiunque può chiamarsi " aquila non avere una piuma sul dorso. Nel­ lo stesso modo, ci sono quelli che si dicono comunisti e non hanno nien­ te di comunista ». L'ufficio politico del PC venezuelano rispose accusan­ do Castro di avere commesso una azione ignobile e opportunista : « L'uo­ mo di cui si tollerano tutte le intem­ peranze verbali dovrebbe avere un po' piu di delicatezza quando parla del PC che lotta nel paese latino-ame­ ricano in cui l'intervento yankee è piu pesante... Rifiutiamo il ruolo di papa rivoluzionario che Fidel si at­ tribuisce ». •

Il PC d i Cuba : M EGLIO NON I NDAGARE « l': dal 1 96 1 che il PSP si è sciolto per fondersi nel nuovo partito, che in seguito, nell'ottobre 1 965, ha deci­ so di chiamarsi Partito comunista di Cuba e che unifica - sotto la dire­ zione di Castro - il filone castrista, quello comunista e quello del Diret­ torio rivoluzionario. Prima della fu-

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tenuta tre giorni dopo, alla veglia del "Che" in piazza deHa Rivoluzione, è uno dei pezzi piu straordinari dell'oratoria di Castro . La morte del "Che", disse Castro, è un colpo tre­ mendo per il movimento rivoluzionario : ma si sbagliano quelli che credono che la sua morte sia la sconfitta delle sue idee, delle sue concezioni tattiche, delle sue tesi di guer­ rigliero. Gli imperialisti avevano avuto soltanto un colpo di fortuna : e in quel colpo « era caduto un capo militare mille volte piu capace di loro » . Castro accusò di gravi respon­ sabilità nella tragedia i dirigenti filosovietici e filocinesi

12 ottobre 1967. Le dichiarazioni del­ sione, il PSP non ha ritenuto di for­ le autorità boliviane non hanno dissi­ nire una versione globale e plausi­ pato i dubbi sulla morte di Ernesto bile della sua vicenda. Manca dun­ Guevara. « Ho ora la prova assoluta que, e verosimilmente mancherà an­ che " Che " Guevara è morto » ha di­ cora per un pezzo, una versione uffi­ chiarato mwtedi a La Paz il generale ciale e scientificamente valida della Barrientos, presidente della Bolivia. storia dei comunisti cubani. " È trop. I giornalisti, di cui solamente tre po presto per scrivere questa storia " stranieri, che hanno potuto vedere il mi ha detto Carlos Rafael Rodriguez, cadavere esposto a Vallegrande, hanil piu integrato nel gruppo diri�ente attuale. " Troppi vecchi comunisti sof­ . no avuto reazioni di « stupore misto a incredulità ». Il generale Ovando, frono di cuore, rischierebbero l'infar­ comandante in capo dell'esercito bo­ to " ha scherzato Fidel » ( K.S. Karol, liviano, ha dichiarato : « Non c'è al­ La guerriglia al potere, op. cit.). cun dubbio. È proprio Guevara ». 17 ottobre. Conferma dall'Avana: « La morte di Guevara è disgraziatamente vera » dichiara Fidel Castro. « Il ca­ davere del guerrigliero chiamato Ra­ m6n non è quello di mio fratello » dichiara Roberto Guevara. 10 ottobre 1967. Il colonnello Joaquin 20 ottobre. Secondo un memorandum Benteno Amaya, dell'esercito bolivia­ presentato a La Paz daH'accusa, du­ no, convoca una conferenza stampa a rante l'inchiesta per la morte di Er­ Vallegrande per annunciare ufficial­ nesto Guevara, il " Che " stesso avreb· mente la morte del comandante Er­ be rifiutato di collaborare con i co­ nesto " Che " Guevara e mostrare ai munisti boliviani (da " Le Monde ", ot­ giornalisti il cadavere del guerrigliero. tobre 1962). Durante la stessa conferenza è esibi­ to il diario di campagna del " Che ", do­ cumento che il giorno prima era sta­ to fotografato dal capitano Félix Ra­ L'orazione funebre di Castro mos, uno degli agenti della CIA pre­ senti alla conferenza stampa (notizie « I nemici pretendono di trarre con­ da L. Sorrentino op. oit . ) . clusioni dalla sua morte. Ma il " Che "

IL COMANDANTE "CHE" &UEVARA E' MORTO!

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della Bolivia, dai quali non era venuto ai guerriglieri del "Che" il piu piccolo aiuto . V'è da dire, comunque, che l'ope­ razione progettata da Guevara av�va ben altre prospettive di tempo, e che si era mutata in guerriglia troppo prima del previsto . Non era un fuoco isolato che Guevara voleva, ma una operazione politica ampia, dalla quale sarebbe poi nata, in un secondo tempo, la lotta armata. Guevara era il primo' a sapere che mai piu si sarebbe ripetuta in America Latina l'avventura militare cubana. « Dopo Cuba » aveva detto Guevara « l'imperialismo non si farà piu sorprendere. » •

era un maestro della guerra! Il " Che " era un artista della guerriglia ! E Io ha dimostrato un'infinità di volte. So­ prattutto Io ha dimostrato in due straordinarie prodezze: una, quando percorse tutta l'isola alla testa di una colonna incalzata e contrastata da mi­ gliaia di soldati, attraversando un ter­ ritorio di assoluta pianura e a lui ignoto, e realizzando, con Camilo Cienfuegos, una formidabile impresa militare; e l'altra, nella fulminea cam­ pagna nella provincia di Las Villas, e in particolare nell'audace attacco alla città di Santa Clara, quando gui­ dando una colonna di appena tre­ cento uomini penetrò in una città di­ fesa dai carri armati, dall'artiglieria e da varie migliaia di soldati di fan­ teria. Sono queste le due imprese che Io consacrano un capo fuori del comune, un maestro, un artista del­ Ia guerra rivoluzionaria. E c'è chi, prendendo a partito la sua morte eroica e gloriosa, pretende di negare la verità o la validità delle sue con­ cezioni o delle sue idee sulla guerri­ glia! Potrà morire l'artista, soprattut­ to quand'è l'artista di un'arte cosi pericolosa come la lotta rivoluziona­ ria, ma quel che non morirà in nes­ sun modo è l'arte a cui egli ha con­ sacrato la sua vita e la sua intelli­ genza. Cosa c'è di strano che questo

artista muoia in un combattimento? » (Fidel Castro, Orazione funebre per Ernesto Che Guevara, Feltrinelli '67).

Le mani del "Che" a Cuba « C'è qualcos'altro che vorremmo che il popolo prendesse, diciamo, con una certa serenità. Si tratta di questo: oltre al diario, il dottor Arguedas ha lottato per far arrivare al nostro pae­ se la maschera mortuaria del " Che ", quella che gli è stata presa il giorno in cui è stato assassinato. E inoltre ha fatto arrivare al nostro paese le mani del " Che " ( applausi). Le mani del " Che " sono perfettamente conser­ vate. I tecnici cubani hanno fatto uno sforzo ;particolare. Si conoscono bene le tradiZioni del nostro paese. Noi i nostri morti li seppelliamo, è una tra­ dizione. Ogni popolo ha le sue tradi­ zioni... Ma ci domandavamo : che fare con le mani del " Che " ? ... Vorremmo chiedere al popolo che cosa pensa, che dobbiamo fare con le mani del " Che" (grida di "conservarle[ »), Conservar... le! ( applausi) ... Nel prossimo anniver­ sario della morte del " Che " inaugure- _ remo dunque la sede in cui starà la sua maschera e le sue mani e in cui il popolo potrà liberamente vederle » (F. Castro, Cuba dopo l'autocritica, Feltrinelli 1971 ) .

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NEL GENNAIO DEL 1 96 9 , a dieci anni di distanza dall'in­ gresso dei "barbudos" all'Avana, un primo bilancio storico della rivoluzione diventava possibile . Era intanto la prima rivoluzione che avesse resistito, in America Latina, contro la volontà degli Stati Uniti . « Alla fine degli anni 60 » scrive Tutino « il regime di Castro sopravviveva e si consolidava, nonostante una certa crisi economica, e poteva guardare con soddisfazione alle conseguenze positive che la sua "re­ sistenza dinamica" aveva provocato nel continente, dal Ca­ nada alla Terra del Fuoco . Il suo impatto aveva smosso

Bilancio di una rivoluziona « Il 2 gennaio 1969 Fidel tracciò, in presenza di una folla immensa, il bi­ lancio di dieci anni di rivoluzione. Parlò delle realizzazioni e delle diffi­ coltà del presente, degli sforzi e delle prospettive per l'avvenire; diversamen­ te dal solito, non rese omaggio alla memoria di colui che era stato il pri­ mo organizzatore dell'economia cuba­ na e il principale fautore della rivolu­ zione subcontinentale, Ernesto " Che" Guevara. E neppure fece cenno dei guerriglieri latino-americani. Conclu­ se invece ringraziando calorosamente il campo socialista, e in particolare l'Unione Sovietica, con qualche sfu­ matura di prudenza: "Giustizia vuole che riconosciamo come l'aiuto sovie­ tico sia stato decisivo per il nostro paese " , e " l'onestà ci obbliga a sotto­ lineare che l'aiuto sovietico è stato di valore fondamentale negli anni de­ cisivi ". Anche questi incisi piu tar.di scomparvero. Nel luglio 1969 una squa­ dra navale sovietica gettò le ancore per la prima volta dopo la rivolu-

Castro accolto dal presidente Bumedien ad Algeri

zione nelle acque del porto dell'Ava­ na e Fidel, circondato da una costel­ lazione di dirigenti ( fra cui Blas Ro­ ca riemerso dall'oblio), si recò sul­ l'incrociatore Grozny per esaltare la superiorità morale e le qualità rivo­ luzionarie dei marinai russi. La stam­ pa cubana nei giorni successivi non risparmiò le lodi al loro spirito in­ ternazionalistico, rivelato dal fatto che avevano contribuito alla zafra dei 10 milioni tagliando canna da zuc­ chero per mezza giornata. La prosa consacrata a tale hermoso gesto de solidaridad internacionalista evocava quella di " Hoy " nel 1 961 » ( K.S. Ka­ rol, op. cit.).

Cuba fu sottoposta a un ricatto i ncrociato « L'imperialismo trae anch'esso alcu­ ne importanti lezioni politiche dalla rivoluzione cubana. In primo luogo, esso intensifica e perfeziona la sua " vigilanza repressi va " : sia quella svol­ ta dalle oligarchie locali dei vari pae­ si, sia quella svolta dagli USA. Non intende piu lasciarsi cogliere alla sprovvista: d'ora innanzi qualsiasi fo­ colaio di lotta, per quanto insignifi­ cante possa sembrare, andrà indivi­ duato e schiacciato per tempo. In 141

secolari stabilità. Le sue provocazioni avevano costretto tutti, a destra e a sinistra, a "ingranare un'altra marcia" . Ogni altra iniziativa era stata rapidamente travolta dal rit­ mo nuovo impresso alle cose dalla rivoluzione cubana e dalla sua straordinaria vitalità. » Era caduta in quegli anni, nel modo piu miserevole, l'Alleanza per il Progresso esco­ gitata da Kennedy : l'idea di combattere la sovversione cu­ bana appoggiando governi democratici s'era fermata negli spaventi e nelle ossessioni che un mite socialdemocratico come Juan Bosch era bastato a evocare nella Repubblica

secondo luogo, esso sviluppa un'azio­ ne politica su molteplici piani per neutralizzare l'iniziativa rivoluziona­ ria internazionale di Cuba e impe­ dire che essa divenga una guida effi­ cace dei movimenti anti-imperialisti di tutto il continente. Questa azione comprende elementi diversi e - ta­ lora - contraddittori : a) tentativi di attacco militare diretto contro Cuba; b) blocco economico e accerchiamen­ to militare di Cuba; c) sviluppo del­ la politica di coesistenza con l'URSS con l'intento di usarla per una " neu­ tralizzazione " dei movimenti rivolu­ zionari. Il primo elemento fallisce clamorosamente, ma il secondo e il !erzo combinati insieme raggiungono m parte il loro effetto; la " crisi dei missili " del 1962 ne costituisce la ma­ nifestazione piu evidente: URSS e USA si accordano " sopra la testa" di CuJ?a. C�ba è sottoposta al ricat­ to mcrociato dell'accerchiamento mi­ litare americano e della " p rotezione " ( p oliticamente condizionante) sovie­ tlca » ( " Quaderni Piacentini " , 1967).

Cuba non è un modello di rivoluzione ... Paragonando la rivoluzione castrista alle altre rivoluzioni del nostro se142

colo, Cesare Milanesi (Principi gene­ rali della guerra rivoluzionaria, Fel­ trineUi 1 970)' scrive: « Farebbe ecce­ zione la rivoluzione cubana, che tut­ tavia non è ancora chiaramente clas­ sìficabile, trattandosi di un fenomeno ancora in corso. Ma è pur sempre possibile ravvisare in essa il seguen­ te schema : per prima la catabasi ( lotta contro Batista) e successiva­ mente l'anabasi ( conflitto con gli Sta­ ti Uniti d'America). Quindi è uno schema rovesciato rispetto al model­ lo originario della rivoluzione sovie­ tica. L'anabasi cubana ha avuto il suo culmine con la crisi dei missili (au­ tunno 1962), ma in questo stesso cul­ mine essa è stata fermata. Anzi da quel momento essa è diventata un episodio della guerra potenziale che è in corso tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Pertanto la rivoluzione cu­ bana resta condizionata direttamente dall'Unione Sovietica; in questa pro­ spettiva essa ha perduto la propria autonomia e quindi non può essere assunta come un modello originario. Ci si potrà pronunciare sulla rivolu­ zione cubana solo quando essa di­ venterà la rivoluzione di tutto un

Dominicana; in Brasile, un colpo di destra aveva travolto il demagogo Goulart non appena aveva osato parlare di "riforma agraria" ; il riformismo aveva mostrato anche nel Cile di Frei i suoi limiti e le sue illusioni. Erano cadute an­ che molte speranze sulla guerriglia e sulla possibilità di ripetere l'esperienza cubana. L'avvento di Johnson , dopo l'era di Kennedy, aveva segnato il ritorno a una linea poli­ tica dura. Ma alla fine di questi dieci anni, Cuba rimane: salutata al suo nascere da una simpatia universale, ha perso nel suo viaggio attraverso il marxismo n;10lti dei suoi ammi-

continente. Ernesto " Che " Guevara lo aveva capito ».

Cuba è un i nvesti mento di speranza e di umanità

e Castro non è un modello rivoluzionario

« Ci sono dei brevi versi di un giova­ ne poeta dell'Avana, Miguel Barnet, che intuiscono una relazione tra ca­ strismo e rivoluzione : " Tra te e me vi è un mucchio di contraddizioni l che si mettono in­ sieme l per fare di me l'esaltato l che si bagna la fronte l e ti edifica. " S i tra Cuba e l a rivoluzione v i è un mucchio di contraddizioni, ma sareb­ be un errore, specie per coloro che ben conoscono tutte le degradazioni spesso infami del potere stalinista, sottovalutare questo grande investi­ mento di umanità, di speranza e di passione che l'avventura di Castro ha rappresentato nella seconda metà del nostro secolo » (Garruccio, op. cit.).

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Lo storico K.S. Karol ( op. cit.) esami­ nando i piu recenti sviluppi del re­ gime castrista, constata che le scelte politiche di Fidel sono un tipico esem­ pio di Realpolitik. Castro ha capito, sostiene Karol, che a Cuba conviene restare nell'area d'influenza sovieti­ ca, anche se ciò comporta la rinun­ cia, da parte della rivoluzione cuba­ na, del suo ruolo di guida di tutte le rivoluzioni latino-americane. Anche se ciò comporta l'approvazione dell'in­ tervento sovietico in Cecoslovacchia. Cade quindi il sogno dell'internazio­ nalismo proletario e Castro si allinea al fianco dell'Unione Sovietica e ac­ cetta le regole della coesfstenza pa­ cifica dettate dagli interessi USA e URSS. Si allinea, anche se questo porta lui, Castro, a perdere il suo ruolo di . modello per i rivoluzionari dell'America Latina. Gli basta, con­ clude Karol, conservare al suo paese la protezione sovietica ed entrare quindi nel gioco di delicati equilibri internazionali guidato dalle grandi potenze.

Rivoluzionari o commedianti? « La faccenda dell'" allineamento " cu­ bano alla politica sovietica non si fer­ ma a Karol. Le sue idee, infatti, ven­ gono molto seguite da una certa par­ te della sinistra europea che non tro­ va, evidentemente, nessuna contrad­ dizione nel criticare i partiti comu­ nisti su basi marxiste-leniniste, ser­ vendosi degli scritti di " brillanti " 143

ratori e seguaci . Gli Stati Uniti continuano a considerarla l'incarnazione del Male, sebbene siano portati ad ammet­ tere che ormai non costituisce piu, nell'emisfero americano, un reale pericolo . L'Unione Sovietica deve sopportare le impennate, i bruschi salti di umore di Castro, il suo comu­ nismo empirico e magico . Ne ottiene l'approvazione dell'in­ tervento in Cecoslovacchia, ma non può mai prevedere, quando il "barbuto" parla, fin dove lo spingeranno l'orgo­ glio, lo spirito di indipendenza, l'idea che si può governare un paese "dicendo sempre la verità" . Ancora circondata da

giornalisti borghesi. Il beniamino di questa sinistra " è diventato da qual­ che tempo Douglas Bravo, il coman­ dante guerrigliero venezuelano che ha accusato Cuba di aver tradito l'in­ ternazionalismo proletario, sospen­ dendo il suo appoggio ai rivoluzio­ nari latinO-americani, in omaggio alla scelta " economica" condizionata dalla Unione Sovietica. La risposta di Fi­ del Castro è arrivata in forma allu­ siva, durante il discorso commemo­ rativo del centenario della nascita di Lenin : " Verrà il giorno in cui si ren­ derà necessario fare alcuni chiarimen­ ti... tra i rivoluzionari veri e i rivolu­ zionari falsi... al momento opportuno pubblicheremo la storia di alcuni di questi commedianti... intanto lasCia­ moli parlare " » (Cuba dopo l'autocri­ tica, Feltrinelli). •

Troppe promesse non mantenute La vita quotidiana è dura e dopo dieci anni molta gente è stanca. Ma c'è di piu. La leadership rivoluzio­ naria ha fatto troppe previsioni otti­ mistiche che sono andate fallite, trop­ pe promesse che non potevano essere mantenute. Che queste previsioni e promesse fossero fatte in buona fede

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e riflettessero una sottovalutazione degli ostacoli da superare piuttosto che l'intenzione di ingannare il po­ polo è certo un fatto importante, ma incide poco sulle loro conseguenze. La gente non solo sta stancandosi; essa tende anche a perdere la fede, la fiducia nella capacità della leadership di mantenere la parola data. I vin­ coli che legano le masse al loro go­ verno paternalistico cominciano a lo­ gorarsi » ( Huberman e Sweezy, Il so­ cialismo a Cuba, op. cit.).

Non è vero ! A Cuba è stato fatto molto Quasi tutti i discorsi fiume di Fidel Castro sono prevalentemente dedicati alla contabilità interna. Non soltanto alle voci passive, naturalmente. Il re­ gime, infatti, può spiegare che il de­ ficit commerciale è già servito a mi­ gliorare il tenore di vita dei cubani: i bilanci della sanità, della previden­ za sociale e dell'istruzione risultano triplicati rispetto a quelli piu alti re­ gistrati sotto il governo di Fulgencio Batista; i salari sono piuttosto bassi, specie se si misurano sul valore effet­ tivo della moneta cubana (7-8 pesos per un dollaro, mentre il cambio uf­ ficiale è di un peso per un dollaro),

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un blocco economico (che i paesi europei attenuano da alcuni anni) Cuba suscita esasperazione o entusiasmi . I suoi piu grandi successi, la rivoluzione li ha ottenuti nella educazione e nella salute pubblica: due risultati - ha scritto Marcel Niedergang - che basterebbero da soli a giustificare dieci anni di storia. Il peggio sta invece nella evoluzione autoritaria del regime e nel governo personale di un uomo che continua a condizionare, direttamente e a suo modo, tutto quanto avviene nell'isola. Attraverso que­ ste vicende, il solo punto fermo è difatti il potere personale

ma nessun cubano può effettivamen­ te dire di essere disoccupato; ci sono ancora nell'isola decine di migliaia di baracche, di abitazioni malsane, ma i programmi di edilizia popolare proseguono con un ritmo che trova pochissimi riscontri nell'America La­ tina » ( " Panorama " 1968).

L'AVANA è una reliquia in rov i na Dall'intervista a Castro del giornali­ sta americano Lee Lockwood: « D. - Lei ha parlato prima dell'Ava­ na prerivoluzionaria come di una cit­ tà soprasviluppata in un paese sotto­ sviluppato. Ma oggi si presenta alla maggior parte deì visitatori come una reliquia in rovina. Le sue strade, che sono in cattivo stato, sono pressoché prive di traffico, i suoi edifici sono cadenti, i suoi servizi pubblici sono inefficienti, la crisi degli alloggi è acu­ ta. Se Cuba non può mantenere la sua capitale, come ci si può aspettare che faccia fronte ai suoi obblighi fi­ nanziari internazionali? R. - Una città moderna ha molte spese: mantenere l'Avana al livello di prima avrebbe significato farlo a de­ trimento di suello che doveva essere compiuto ali interno del paese. Per

questa ragione l'Avana deve soppor­ tare questo processo di disuso, di de­ terioramento, affinché si possano pro­ curare sufficienti risorse. Naturalmen­ te, ogni cosa essenziale sarà curata all'Avana: servizi pubblici, trasporti, ac9.ua, fognature, strade, parchi, ospe­ dali, scuole, ecc. Ma la costruzione di nuovi edifici, come quei lussuo­ sissimi grattacieli che furono edifica­ ti prima della rivoluzione a scapito dell'interno del paese, è . stata per ora sospesa. D'altra parte dopo la legge urbanistica del 1960, tutti gli affitti sono stati ridotti e molta gente ora non paga per niente l'affitto ».

FIDEL CASTRO DI VICINO Vita privata d'un rivoluzionario « Non va mai a letto prima delle tre o delle quattro : vive volentieri di notte dilapidando una vitalità sor­ 1 prenaente. Ma è capace anche di dor­ mire venti ore di fila, di passare, te­ tro e malinconico, una intera gior­ nata davanti a un tavolo raccoglien­ do macchinalmente delle scartoffie o di sparire per otto giorni senza che nessuno sappia dove sia andato. Nel maggio scorso, lo ritrovarono in un campo militare dove, da otto giorni,

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di Castro. Gli uomini che gli stanno accanto - Raul, Dor­ ticos - « sono parte del Movimento piu che del potere » . L'isola vive delle intuizioni e degli errori di un capo che non ha casa né orari né archivi né scrivania, e che conti­ nua a vivere come un guerrigliero . Se è stanco, va sulla Sierra Maestra; se studia è a Varadero; a volte lo prende la nostalgia di Oriente, la sua terra natale, e allora lo ritro­ vano a Santiago, non lontano dalla caserma Moncada che assaltò quando aveva ventisette anni . Il suo vero stru­ mento di governo rimane la parola : delle due università

giocava a domino con Sergei Miko­ yan, il figlio del presidente dell'Unio­ ne Sovietica, e si allenava a tirare al bersaglio con le sue due armi fa­ vorite, una Mauser con cannocchiale di mira e una Makarov 9 mm auto­ matica. Che, sette anni dopo essere uscito dalla macchia, Fidel Castro continui a vivere un grande sogno generoso e giovanile, è evidente. Ma che, alla fine di sette anni, la rivo­ luzione cubana non abbia ancora messo il suo scenario da opera comi­ ca nei ripostigli e le sue divise negli spogliatoi, è anche il dramma di Cu­ ba. Giacché tutto, nell'isola, continua ad appartenere esclusivamente al do­ minio dell'immaginazione romantica del suo Lider Maximo. E lui conti­ nua a non sottostare ad alcuna rego­ la, ad alcuna convenzione, ad alcun lavoro regolare » ( Pierre e Renée Gos­ set, " Le Ore", 1 966).

J EAN PAUL SARTRE :

"D'accordo, L/sia parlava mollo meno " Quanto ai suoi interminabili discor­ si, io ne ho ascoltato piu di uno. :t:. vero che, se noi accettiamo la rego­ la dell'eloquenza greca, Castro parla troppo. Lisia parlava meno. Ma Ca«

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stro non ha la pretesa · di essere un grande oratore. I suoi discorsi sono didattici. A Cuba, la radio è il solo mezzo di contatto costante e comple­ to con tutto il popolo. Da quando vi sono delle cooperative, i contadini si danno convegno nella grande sala del " magazzino del popolo " per ascoltare la radio o guardare la televisione. Tutti quelli che ho incontrato mi so­ no sembrati degli uomini straordi­ nari. Importa poco che questa gente sapesse o non sapesse leggere. In tutte le rivoluzioni si crea una cul­ tura che nasce dalla stessa esperien­ za rivoluzionaria. Io ho trovato in tutti quelli con cui ho avuto occa­ sione di parlare, un'intelligenza e un senso della rivoluzione sorprendenti. Ma se voi avete un problema da spie­ gare a questa gente - un problema economico, per esempio - bisogna metterei del tempo. Castro spiega dall'inizio alla fine perché una rifor­ ma è stata decisa. All'inizio è lento, pesante. Poi si anima. Alla fine è " montato ", anche per le grida dei suoi ascoltatori che non mancano mai. A questo punto egli si esprime con una strana eloquenza, assai vio­ lenta, assai appass1onata anche. :t:. una cosa veramente bella » (Jean Paul Sartre, intervista pubblicata su " L'Ex­ press", 1 96 1 ) .

che ha frequentato, la sola che gli ha insegnato qualcosa ­ dice - è quella della strada, del contatto col popolo : al popolo rivolge quella che chiama "la palab ra orientadora" , la parola orientatrice, convinto che tutto può essere detto, spiegato, fatto accettare con le parole. È chiaro « che un sogno giovanile e generoso continua a vivere in lui » : ma la stessa avventura della sua vita, l'impresa incredibile che ne ha fatto il padrone di Cubq, lo condizionano - come uomo di governo - in modo determinante. Agli esperti della FAO che un giorno tentarono di fargli rilevare gli

Feltrinelli: "Mobili raffinati, attrezzi ginnici e galline" « Potrei tentare di descriverlo in par­ te soffermandomi sul modo come vi­ ve. Vive in un appartamentino di set­ tantacinque, ottanta metri quadrati, all'ultimo piano di una casa tutta pic­ coli appartamenti, una casa eguale a tante altre in un quartiere popolare dell'Avana. C'è un grande soggiorno, una camera da letto, un bagno. L'ar­ redamento è raffinato e sobrio. È il tipico appartamento dello scapolo americano. Una terrazza ospita tutta una serie di attrezzi per ginnastica. Su una delle bellissime poltrone gia­ ce, buttato là con noncuranza, il cin­ turone con appesa l'enorme pistola. Su un'altra terrazza si agitano tre �alline di razza pregiata che spesso mvadono il soggiorno » (Giangiacomo Feltrinelli : intervista rilasciata al­ l'" Europeo ", 1 964).

Decli na i l mito di Fidel ? « Il declino del mito di Fidel, il nu­ mero e l'importanza degli oppositori, le difficoltà economiche, il fallimento dei piani, hanno certamente il loro peso. Il regime deve affrontare pro­ ve molto dure, ma sarebbe ingenuo

credere che la sua crisi sia imminen­ te, e la sua sorte segnata. Come i russì degli anni Venti , anche i cubani soffrono, ma non intendono tornare indietro. Sarebbe pericoloso giudica­ re il futuro della loro rivoluzione sol­ tanto dagli insuccessi iniziali. Per quanto clamorosi, questi errori non bastano a decretare la fine dell'espe­ rimento comunista nell'America La­ tina. Intanto, Fidel ha perduto parte della sua popolarità, ma ha rafforzato il suo potere. Otto anni fa era il pa­ dre della patria rispettato da tutti, ma circondato da uno stuolo di col­ laboratori e di possibili successori. Og�i è un despota che nessuno può insidiare » ( " Corriere della Sera ", 1 8 gennaio 1 967).

Castro : "Niente adorazione, siamo in famiglia" « D. Il culto dell'eroe che i suoi concittadini nutrono per lei, nell'opi­ nione di molti estranei che hanno vi­ sto la calda accoglienza che riceve nelle immense adunate pubbliche, ha una intensità mistica quasi religiosa. Non crede che sia vero ? R. Entro certi limiti, forse prin­ cipalmente fra gli agricoltori, ma nei contatti personali non mi trattano co-

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inconvenienti di una direzione troppo centralizzata, rispose in modo orgoglioso che lui, con dodici compagni, aveva bat­ tuto un esercito di quarantacinquemila uomini e che poteva dunque risolvere problemi che a teste d'uovo europee sem­ bravano insormontabHi . Al professor Dumont che cercava di fargli capire "timidamente" quanto i problemi della guer­ riglia siano diversi da quelli dell'economia e come l'eroismo quotidiano sia piu difficile di quello delle battaglie, Castro rispose lanciando nei campi le brigate dei tagliatori di can­ ne come mandava i suoi barbuti al combattimento . •

si. Io visito molti luoghi; parlo mol­ tissimo con gli agricoltori; vado nel­ le loro case e mi trattano con gran­ de naturalezza, in modo amichevole e informale. Il che vuoi dire che questo misticismo in realtà non esiste nelle singole persone. Lungi da ogni forma di adorazione c'è un certo sen­ timento di familiarità » (daH'intervi­ sta di Lee Lockwood).

l tecnici? Non capiscono niente Ecco uno dei tratti pericolosi del suo carattere : i rapporti degli stra­ nieri, Fidel li serba troppo spesso soltanto per sé. Egli pensa di dover essere il principale intermediario tra la scienza straniera, il suo popolo e perfino i suoi tecnici. Certo, si impe­ gna duramente, ma troppo spesso, co­ me tutti gli accentratori, pretende di risolvere da solo tutti i problemi, sia di governo che tecnici. Quando, nella disputa alla vigilia della mia partenza, gli· rimproverai di avermi risposto da solo, lasciando da parte la sua équipe tecnica, mi rispose: " Questi ragazzetti sono appena usciti dall'Università, non ci capiscono nien­ te " . Cosa che era, del resto, ecces­ siva » ( René Dumont, intervista a " Planète ", luglio 1970). «

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Un solo scopo : CONSERVARE I L POTERE « Le dichiarazioni del leader cubano non aiutano a trovare la spiegazione del meccanismo dei cambi di linea e di obiettivi. Tra il programma " uma­ nista" degli inizi del Movimento, la " libertà con il pane e senza terrore " della presa del potere, e ìl marxismo­ leninismo degli anni seguenti, non v'è né continuità né progresso di ragio­ namento : ma piuttosto una scelta di consegne che favoriscono la lotta per H potere e la conquista del potere » (Luis Mercier Vega, op. cit.).

Se Castro morisse... Secondo il parere di Matthews, il Partito comunista cubano non sapreb­ be trovare in se stesso la forza di governare, se gli uomini della Sierra Maestra ( Castro, in testa) dovessero per una ragione o per l'altra scom­ parire.

Fidel Castro con il leader ungherese Kadar (giugno 1972)

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CON IL RIPIEGAMENTO DEI PRIMI ambiziosi piani indu­ striali, lo zucchero ha ripreso un ruolo predominante nel­ l 'economia cubana. Per la zafra, il taglio del 1 970, Castro aveva posto come obiettivo i dieci milioni di tonnellate: « La zafra dei dieci milioni - disse - è divenuta qualcosa di piu di uno scopo economico : è una faccenda d'onore della nostra rivoluzione » . L'obiettivo non fu raggiunto e Castro offri, nell'ammetterlo, le proprie dimissioni : « Noi leader della rivoluzione siamo costati troppo nel nostro apprendistato . Ora paghiamo per la nostra ignoranza.

1970 : il barometro politico segna : TEMPESTA SU CUBA Queste le drammatiche previsioni di Huberman e Sweezy (Il socialismo a Cuba, cit.) sul futuro di Cuba: " Fu­ rono fissati obiettivi sempre nuovi, e sempre irrealisticamente ambiziosi; furono fatte promesse che non pote­ vano essere mantenute, furono stimo­ late speranze fatalmente destinate ad andare deluse. Quanto a lungo può durare questa situazione prima che delusione e cinismo indeboliscano i vincoli che legano il popolo cubano al suo governo? Alcuni osservatori, den­ tro e fuori dell'isola, ritengono che siano già visibili alcuni segni di un totale deterioramento, e che il baro­ metro della politica cubana si avvii a segnare tempesta » . LE INVENZIONI DI KRUSCEV

Una macchina prodigiosa (peccato che non funzioni)

Nel giugno 1963 Castro aveva tenuto discorso durante il quale aveva lungamente descritto una prodigiosa macchina, progettata da Kruscev,

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per il taglio della canna da zucchero. Tutti i giornali annunciavano che, grazie all'URSS, Cuba sarebbe stata finalmente libera da un giogo seco­ lare. E, a vero dire, i sovietici fab­ bricarono la macchina e la spediro­ no a Cuba; non un prototipo ma un migliaio di esemplari, sicuri com'era­ no che avrebbe funzionato. Sfortuna­ tamente non fu cosi. A Cuba la can­ na è coltivata su terreni non perfetta­ mente pianeggianti, e per di piu ap­ partiene a una varietà che rispunta soltanto se è stata tagliata in un certo modo. La " macchina Kruscev � risultò troppo pesante, poco maneg­ gevole ai bisogni particolari di que­ sto tipo di taglio. Fece piu guasti che altro: " Dove passava, per un pezzo non rispuntava piu nulla ... • Oggi la geniale invenzione è oggetto di qual­ che amaro scherzo, e basta. Non sap­ piamo se le macchine siano state ri­ spedite nell'URSS o arrugginiscano in qualche magazzino; quel che è certo è che sui canneti non ci sono. La canna si taglia ancora a mano, col m.achete; solo la raccolta e il traspor­ to sono stati in gran parte mecca­ nizzati » (K.S. Karol, op. cit.). «

Siamo tutti ignoranti e io non faccio eccezione. Ma Cuba può cambiare il suo capo in questo medesimo istante, se lo desidera » . Poi venne la zafra del '7 1 , e Castro aboli tutte le feste, compreso il Natale : la sola festa sarebbe stata a luglio, quando il taglio della canna è finito e a Cuba si cele­ bra la nascita del castrismo. Ai 350 mila macheteros pro­ fessionisti, si aggiunsero 1 50 mila volontari e le simboliche brigate del Vietnam, del Messico e d'altri paesi . Castro lan­ ciò uno dei suoi slogan famosi (siempre se puede mas : sempre si può fare di piu), comparve nei campi tra i mache-

La "zatra" del dieci milioni Nel 1963 abbiamo avuto la zafra piu bassa della storia: 3 milioni 882 mila tonnellate. Nel 1964, 4 milioni 474 mi­ la. Dopo, nel 1965, c'è stata la piu alta di questo periodo : 6 milioni 156 mila; nel 1966, 4 milioni 537 mila. Inoltre la zafra cresceva e calava con la siccità. Nel 1967 è stata di 6 mi­ lioni 236 mila; nel 1 968, 5 milioni 164 mila; nel 1969 è scesa a 4 milioni 459 mila. Cosf nel 1968 si sarebbe do­ vuto produrre per circa 8 milioni e nel 1969 per 9 milioni. Tutto gradual­ mente. Già nel 1966, alla fine del 1966, che era stato un anno di zafra molto bassa, di 4 milioni 537 mila, si tenne una riunione di tutti gli agenti della agricoltura, dell'industria e del gover­ no, perché si affrontasse uno sforzo serio inteso a incrementare la produ­ zione agricola dello zucchero e a rea­ lizzare la zafra dei 10 milioni, in mo­ do da recuperare in quei due anni che ci rimanevano, l'incremento che avrebbe dovuto essere realizzato nel­ l'arco di sei anni » ( Fidel Castro, Cu­ ba dopo l'autocritica). «

Analisi di un fallimento In un chilometrico discorso, tenuto il 20 maggio 1970 alla radio e alla televisione cubana dal « Comandante Fidel Castro Ruz, Primo segretario del Partito comunista cubano e Pri­ mo ministro del Governo rivoluzio­ nario » (9.uesta è la definizione uffi. ciale di F1del)', Castro compi una mi­ nuziosa analisi del mancato raggiun­ gimento del raccolto previsto (i dieci milioni di tonnellate di zucchero). Scavando fino alla radice del proble­ ma, fece dapprima il punto della si­ tuazione agricola e industriale enun­ ciando le ragioni del fallimento. « Tre sono le cause del basso rendimento » disse; « investimenti inadeguati, im­ pianti industriali degli zuccherifici scarsamente efficienti, irrazionale uti­ lizzazione degli impianti stessi. » In sostanza, il mancato raggiungimento della quota fissata sarebbe da attri­ buirsi, secondo Castro, non tanto a una errata impostazione del piano agricolo di Cuba quanto all'inadegua­ ta industrializzazione dell'isola. I con­ tadini hanno lavorato in modo egre­ gio, la canna c'è, parrebbe conclude­ re Castro, ma l'industria zuccheriera non è in grado di ottenere il massi­ mo rendimento. 151

teros : ma l'obiettivo fu di nuovo mancato . Appassionato fin da ragazzo di problemi d'agricoltura, Castro ha spesso ignorato i consigli e i rapporti degli esperti che lui stesso aveva chiamato . Le critiche alle improvvisazioni e alle fan­ tasie della sua politica economica gli sono sempre spiaciute. Uscito da un fatto d'arme "impossibile", non è mai riuscito a dimenticarlo . Lavora duramente, di giorno e di notte, « e ha imparato molte cose : ma gli succede di sbagliarsi dice René Dumont - e allora i suoi errori vengono realiz­ zati » . Tra gli uomini che lo circondano, la sua fiducia va

Troppo arnevale Questo l'amaro commento di Castro ( in Cuba dopo l'autocritica, cit.) dopo il fallimento della zafra: « Le feste, soprattutto nella provincia di Orien· te, si sono protratte a lungo. Il car­ nevale è cominciato a Santiago per questo, scherzando, dicevo che quelli di Santiago sono festaioli ma quando è finito a Santiago è co­ minciato a Manzanillo, e quando è finito a Manzanillo è continuato a Bayamo, e quando è finito a Bayamo è continuato a Holguin, e quando è finito a Holguin è finito anche a Tu­ nas. Sapete quando c'è stato il car­ nevale a Tunas? A ottobre. Sono stati in festa quasi per tre mesi. Certo, non mi riferisco assolutamente a tut­ ti gli operai. Ma c'erano campi da dissodare, c'era da lavorare, da co­ struire, bisognava lavorare per il pia­ no del riso, per la canna, per un sac­ co di cose. In campagna c'è meno disciplina. In un'industria c'è sempre piu disciplina, ma quelli delle costru­ zioni, quelli che lavorano con le mac­ chine agricole, non hanno come l'ope­ raio un'abitudine, una tradizione di disciplina, sono meno regolati. E se un meccanico deve riparare qualcosa, se nei dintorni c'è una festa ... Voi lo sapete. Se sono in corso i lavori per 152

la canna o per il riso, e suonano la maracas dalle parti di Manzanillo, e poi le suonano ai quattro venti dalle parti di Bayamo... E poi il torrone si compra con lo zucchero, il vino si compra con lo zucchero, tutto co­ sta zucchero. Questa è la realtà ».

l ncostanti e svogliati i lavoratori cubani « Quattro ore effettive d i lavoro al giorno per ogni giornata lavorativa; ecco la media nazionale a Cuba. Il dato non è ufficiale, ma è apparso almeno una volta su " Granma", nel 1966. La verifica non è facile. Quel che è certo, è che l'assenteismo, la poca disciplina e il basso rendimen­ to della manodopera sono, per comu­ ne riconoscimento, il flagello dell'eco­ nomia cubana e non ci sono appelli né multe che riescano a elimmarli. Dicono all'Avana che se si riuscisse a far lavorare la gente otto ore al giorno la situazione del paese cam­ bierebbe subito. Ma perché è cosi difficile arrivarci? E come si conci­ liano le dichiarazioni dei dirigenti re­ lative al volontariato e all'entusiasmo popolare con le loro lamentele sullo scarso rendimento del lavoro? Fidel risponde : " Siamo un popolo capace

ancora a quelli della Sierra Maestra: in essi vede « una sorta di omniscienza per devozione alla causa », come avve­ niva nella Russia bolscevica ai tempi della rivoluzione. ( « Lei è un esperto di biblioteche ? » , chiese uno scrittore francese al direttore della Biblioteca Nazionale cubana. « No, sono un barbuto », rispose quello .) Le contraddizioni del suo carattere e del suo comportamento sono infinite : confluiscono in lui vecchie eredità spagnole, idee libertarie, passioni populiste. Al popolo chiede la costruzione del s o­ cialismo e insieme una coscienza anarchica. Si dice marxi-

di un grande entusiasmo e grande de­ terminazione nei momenti cruciali. Capace di dar la vita a ogni momen­ to, capace di qualsiasi eroismo. Ma un popolo cui manca ancora la virtu della costanza e del coraggio non nei momenti drammatici ma tutti i gior­ ni e ogni giorno. Manchiamo cioè di una certa persistenza e costanza nel­ l'eroismo ". La causa? Il sottosvilup­ po. Glielo ho sentito ripetere agli operai d'una cementeria vicino al­ l'Avana: " Gli inglesi e i tedeschi so­ no celebri per la loro puntualità e precisione; ma quando non erano an­ cora un paese sviluppato non erano certo piu puntuali d1 noi " » ( K.S. Ka­ rol, op. cit.).

Clllunnle ! Lar�orano con grande Impegno Incentivi morali e materiali sono stati utilizzati per il taglio della can­ na da zucchero insieme con un do­ saggio equilibrato di premi, piu che di scala salariale, e ·di mobilitazione dei volontari, sul piano politico. I vo­ lontari non sono una soluzione buo­ na, i dirigenti cubani l'hanno am­ messo apertamente : essi costano allo Stato e tagliano relativamente poco e male. Però la mobilitazione dei vo«

lontari consente di creare un clima di appoggio morale e di educazione civile, che ripaga di tutte le perdite. L'appoggio morale va ai buoni " ma­ cheteros", l'educazione civile è patri­ monio di tutto il popolo. Dieci gior­ ni al taglio della canna permettono anche di pensare piu profondamente ai retaggi del rapporto coloniale, al­ le conseguenze psicologiche di que­ sto rapporto, alla verità di certe defi­ nizioni come quella di Frantz Fanon sui " dannati della terra" . Si capisce su quali basi si sono aperti abissi che oggi vanno colmati senza cedere a paternalismi di cattivo gusto e com­ prendendo invece ribellioni che han­ no un sacro fondamento di autonomo riscatto. Nessuno può risarcire i " dan­ nati " : essi diventeranno liberi da sé o non lo saranno mai intieramente » ( " l'Unità ", maggio 1 967).

USA eterno nemico Proseguendo nel suo discorso del 20 maggio 1 970, il primo ministro cuba­ no non manca di sottolineare l'atteg­ giamento preso dagli Stati Uniti da­ vanti alla crisi di un settore cosi vi­ tale per l'economia cubana come quello zuccheriero. Agitando un fascio di comunicati d'agenzia, Fidel accu153

sta-leninista ed è insofferente di ogni teorizzazione siste­ matica. La predizione di Matthews sul "New York Times" - Cuba sarà una figlia spuria e sregolatissima di Mosca e Pechino - si è puntualmente avverata. Per Mao Tse-tung Castro ha avuto questa frecciata : « Quello cubano è un popolo cui non si può far credere che un uomo è un dio » . Per l'Unione Sovietica quest'altra: « Nel caso qualcuno si domandasse con quale cervello dobbiamo pensare, rispon­ deremo senza esitazioni che non abbiamo bisogno di pren­ dere il cervello in prestito da nessuno » , Decine di volte

sa gli Stati Uniti di lasciar circolare menzogne come questa, messa in gi­ ro dal corrispondente a Cuba della " Reuter" : « Per distrarre l'attenzione dei cubani dall'evidenza ormai inne­ gabile della mancata roduzione re­ cord di zucchero, Fide Castro ha d­ spolverato i vecchi sistemi da parec­ chi anni in disuso, scatenando il po­ polo cubano per le strade delle sue città al grido di "a morte gli aggres­ sori imperialisti " ». Castro si riferiva a una voce effettivamente circolante a Cuba in quei giorni, secondo la quale, approfittando della crisi eco­ nomica cubana, conseguente al rac­ colto inferiore al previsto, gli esuli cubani stavano preparando un nuo­ vo tentativo di sbarco. Lo stesso Ca­ stro respinge sdegnosamente l'accusa di aver creduto a quelle voci e di aver mobilitato il popolo cubano.

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Lo zucchero è tatto, per Caba « Lo zucchero continua a essere la principale fonte di sussistenza per Cuba, che resta un paese a monocol­ tura. Solo il cliente è cambiato: l'URSS non piu gli USA. Ma la dipen­ denza dall'estero e quindi la menoma­ zione dell'indipendenza nazionale e la deformazione, la carenza di amo154

geneità, dello sviluppo economico per­ sistono » ( Garruccio, op. cit.).

Nuovo raccolto nuovo fallimento Cuba, laboratorio di punta, esperi­ mento che si consUill a quasi ai con­ fini del Nord America, ha però deluso anche quest'anno. La famosa zafra (la raccolta di canna da zucchero), che precede il 26 luglio, l'anniver­ sario della nascita del castrismo, ha registrato un nuovo calo e la produ­ zione sarà assolutamente insufficiente sia �er il consu�o. interno .sia per copnre 1 contratti di esportazione. Le cifre diffuse ufficialmente dicono che il raccolto è stato di 5.924.335 ton­ nellate invece dei 7 milioni di ton­ nellate fissati dal " piano " di Castro. Si tratta di un altro duro colpo, dopo quello dell'anno scorso, che vide un raccolto di otto milioni e mezzo di tonnellate contro i dieci milioni fis­ sati dal " piano" ,. (A. Cavallari, da " Relazioni Internazionali " luglio '71 ). «



Svi l u ppiamo la democrazia socialista « La lezione tratta dal mancato suc­ cesso della zafra è quella che occor-

Fidel ha rivendicato a gran voce il diritto di Cuba alla rein­ terpretazione libera del pensiero marxista: la sua pre­ tesa di essere comunista contraddicendo i dogmi russi e cinesi è soltanto l'ultima singolare impresa di una vita già segnata due volte da un destino eccezionale: la vittoria a trent'anni contro un esercito di oltre 40 .000 uomini, e la sfida riuscita contro gli yankee. « Questa rivoluzione » disse una volta, « noi non l'abbiamo importata : è un pro­ dotto autentico del nostro paese. Nessuno ci disse come dovevamo· farla, ma l'abbiamo fatta. Nessuno ci dirà come

re una maggiore efficienza, e per at­ tenerla è necessaria una maggiore de­ mocrazia. Un concetto questo quasi ovvio, a livello teorico, che tuttavia la direzione rivoluzionaria cubana è riuscita a rendere ovvio a livello pra­ tico, di massa, mostrando coraggio­ samente i suoi limiti soggettivi e in­ vitando le masse a sopperirvi. Biso­ gna sviluppare la democrazia socia­ lista non perché è giusto cosi, ma per­ ché questa è l'unica soluzione possi­ bile per risolvere i problemi econo­ mici e sociali esistenti » ( Franco Pan­ tarellì, nella prefazione di Cuba dopo l'autocritica, cit.J.

politica non è una scienza, come la balena non è un pesce. La sua Cuba è quell'isola, in cui quasi tutti al mondo ormai hanno depositato un tributo: Spagna, Africa nera, Stati Uniti, Russia, Cina, confondendo raz­ ze, costumi diversi, risorse materiali e aiuti difformi, dottrine, matrici cul­ turali o suggestioni remote fra loro. E solo lui, Fide!, sembra persuaso di capire che cosa verrà fuori c:la tutto questo, che continua a reggersi e a far meraviglia » (A. Ronchey, " La Stampa ", 1968 ).

La politica non è una scienza

Ricerca empi rica di un nuovo sistema

Cuba evade, con Fide! Castro, da tutte le ipotesi convenzionali della logica politica, dalle leggi d'ogni eco­ nomia, dai fattoti condizionanti della geografia. t!. il risultato di complesse circostanze combinate .fra loro: con­ traddizioni fra Sud e Nord dell'Ame­ rica, competizioni mondiali che si neutralizzano, fobie astratte e adatta­ menti empirici, fabulazioni ideologi­ che e fortune pratiche. Fide! perso­ nifica la piu eloquente prova che la

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I sinuosi cammini della politica pro­ clamatà da Castro sembrano, in defi­ nitiva, seguire le tappe di una ricer­ ca empirica che tende a creare, sen­ za bussola dottrinaria, senza prece­ denti storici ai quali riferirsi, e met­ tendo perfino a profitto gli enormi problemi interni ed esteri che provo­ ca la messa a punto del sistema, un apparecchio di potere esteso all'in· sieme di una società » ( Luis Mercier Vega, op. cì t.). 155

dobbiamo portarla avanti . Abbiamo imparato a scrivere la nostra storia da soli . » Con lui, in un mondo che giudica « complesso e pericoloso », Cuba evade dalla logica, dalle leggi dell'economia, dal dato geografico delle novanta mi­ glia di distanza dagli Stati Uniti . Dove potranno arrivare, lui e la sua isola, è una previsione impossibile che finora nessuno ha tentato . « Ha un senso contagioso della mis­ sione e l'aspetto fisico del guerriero-eroe . . È uno dei grandi pseudo-messia del secolo » , ha scritto di lui Theo­ dore Draper. Sebbene abbia promesso una rivoluzione e ne .

Castro contro gl i u ltrarivoluzionari Oggi, come si sa, vi sono ultrarivo­ luzionari in teoria, ultrasinistri, veri superuomini se cosi vogliamo chia­ marli, capaci di schiacciare in un attimo a parole l'imperialismo; molti ultrarivoluzionari che non hanno una idea di quello che sono la realtà, i problemi e le difficoltà di una rivo­ luzione e che, spinti da questo senti­ mento alimentato dagli imperialisti, covano un odio feroce contro l'Unio­ ne Sovietica. t:. come se non voles­ sero perdonare all'Unione Sovietica di esistere, e questo da posizioni di si­ nistra. Vorrebbero una Unione Sovie­ tica modellata secondo le loro ridi­ cole astrazioni e idealizzazioni, senza tener conto che un paese è prima di tutto una realtà, una realtà che na­ sce da molte altre realtà » ( Fidel Ca­ stro, discorso per il centenario della nascìta di Lenin, 22 aprile 1970).

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Un violento assolutista

Nessun uomo. di Stato ha mai di­ sposto di un potere piu assoluto di quello di Fidel Castro. Egli decide su ogni cosa e fa le leggi senza esse-

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re tenuto a dare conto ad alcuno. Può, a piacer suo, mandare in galera chi gli pare, confiscare per un caeric­ cio, dare l'ordine che vuole, distnbui­ re come crede assegni della Banca Nazionale a tal punto che lo stesso Guevara, piu ortodosso e piu ragio­ niere, si metteva le mani nei capelli. In nessun paese si vedono abusi di tal fatta. I piu famosi despoti non hanno mai avuto tanto potere : temi­ bile, poi, nelle mani di un impulsivo e di un violento. Per lo meno i de­ spoti del passato non solevano par­ lare in nome della libertà e dell'uma­ nesimo ,. ( Yves Guilbert, op. ci t.).

Messia o pagliaccio ! Chi è esattamente questo Fidel Ca­ stro, che è stato di volta in volta de­ scritto come Fidel il Messia, Fidel il Comunista, Fidel il Pagliaccio e Fidel lo Scellerato, e che cosa vuole? Theo­ dore Draper ha abbozzato di lui un rapido e illuminante ritratto : " Fidel Castro, demagogo quanto idealista, avventuriero quanto rivoluzionario, anarchico quanto comunista, o qual­ siasi altra cosa si voglia, fu di colpo catapultato al potere senza avere un vero partito, un vero esercito o un vero programma " » ( Herring, op. cit.) «

abbia fatta un'altra, mantiene nella mutevolezza del com­ portamento e dell'ideologia, una profonda fedeltà alle cose in cui crede. El pueblo per lui non è una parola. A un gior­ nalista nordamericano che gli chiese come immaginasse la sua vecchiaia, rispose che non riusciva a immaginarla. Sfor­ zandosi, aggiunse che si sarebbe occupato di agricoltura e che avrebbe avuto il tempo di scrivere . Verso il 1 963 un edi­ tore italiano calcolò con spavento che le memorie di Fidel Castro, condotte come lui le progettava, sarebbero state un volume di quarantamila pagine. •

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E sempre stato il capo " Castro ha cambiato le sue idee prin­ cipali in conformità alle circostanze: dapprima è stato un " democratico" , poi u n " umanista ", u n " socialista ", ed marxista-lenini­ attualmente è un sta". Ha fondato e smantellato orga­ nizzazioni, ma ciò che non ha mai abbandonato è stata la sua " leader­ ship" personale e gli stratagemmi per imporla, i suoi mezzi ed il suo pu­ gno di seguaci, privi di ideologia ed educazione e senza un noto addestra­ mento professionale. Ma prima nella Sierra e poi nei posti di comando delle Forze Armate Rivoluzionarie (FAR) hanno applicato gli ordini co­ stantemente mutevoli del loro capo » (L. Garruccio, L'industrializzaztone tra nazionalismo e rivoluzione, cit.). •

Finirà assassinato ! Hugh Thomas della Reading Universi­ t� scrisse sul " New Statesman " nel­ l agosto 1966 : « Castro è insieme un uomo d'azione e una guida intellet­ tuale. Ma il fatto è che molti cuba­ ni credono che questo dirigente cosi particolare presto o tardi sarà pro­ babilmente assassinato. Una pohtica

di assassinio pare infatti essere l'uni­ ca concreta carta politica che l'am­ ministrazione Johnson ha neHa ma­ nica, quando si tratta di Cuba » .

Fidel Castro : "Ecco come sarò da vecchio " Nel 1967, un giornalista intervistò Fi­ de! Castro e gli chiese tra l'altro : « Si immagina come un anziano " uo­ mo di Stato in pensione? » « t:. mol­ to difficile per me immaginarmi co­ me un vecchio piu che come uno statista in ritiro : e questo a causa della privazione che sarebbe per me il non essere piu in grado di scalare montagne, di nuotare, di andare a pesca con la fiocina e di dedicarmi a tutti gli altri sport che amo. Ma c'è una cosa da cui mi sento molto attratto, che la vecchiaia non mi im­ pedirà: lo studio, la sperimentazione e il lavoro nell'agricoltura. Quando mi ritirerò potrò dedicare le mie ore lavorative a questo. Non penso che sarò stanco. Forse cadrò nell'abitu­ dine che viene a tutti noi di pensare che le generazioni piu giovani stan­ no sciupando o�i cosa. Questa è una mania caratteristica di tutti i vecchi, ma voglio provare a rimanere vigile contro di essa » ( " Playboy ", 1967). •

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cronolog ia 1926 13 agosto, nasce a Cuba, nel villaggio di Binin ( provincia di Orien­ te ) , Fidel Castro Ruz, dal proprietario terriero An­ gel Castro y Argiz e da sua moglie Una Ruz. 1933-41 frequenta a Santiago le scuole ele­ mentari e medie nel col­ legio dei gesuiti. 1942 si iscrive al liceo Belén dell'Avana. 1945 ottenuta la licen­ za liceale, Fidel si iscrive all'università dell'Avana. 1946 è eletto presiden­ te dell'Associazione degli studenti di diritto della università. 1947 - agosto - ottobre, partecipa alla fallita spe­ dizione per liberare la Re­ pubblica Dominicana dal­ la dittatura di Truj illo. Ottobre, Fidel aderisce al Partito del popolo cuba­ no ( detto Partito ortodos­ so ) . 1948 aprile, partecipa alla conferenza latino­ americana degli studenti a Bogota ( Colombia) do­ ve scoppia una sommos­ sa. Dopo il rientro a Cu­ ba, Fidel si sposa con Mirta Balart, studentessa di filosofia. L'anno dopo gli nasce il figlio Fidelito. 1949 - si ·laurea in le�ge. 1951 - agosto, suicidio di Eduardo Chibas. 1952 - 10 marzo, colpo di stato di Fulgencio Ba­ tista. Fidel Castro denun­ cia alla Corte Suprema l'usurpato re. 1953 26 luglio, Castro, al comando di un centi­ naio di giovani, tenta di impadronirsi della caser­ ma Moncada, a Santiago di Cuba. Il tentativo fal­ lisce. Catturato e proces­ sato, Fddel è condanna-

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15 anni di carcere. dalla prigione del­ l'Iso�a dei Pini Castro or­ ganizza un nuovo movi­ mento rivoluzionario de­ nominato « Movimento del 26 luglio ». 1955 maggio : Batista concede un'amnistia. Ca­ stro, liberato, torna all'A­ vana. 8 luglio, parte per il continente e si stabi­ lisce in Messico dove conosce H dentista argen­ tino Ernesto "Che" Gue­ vara. 1956 - Castro organiz­ za un gruppo di guerri­ glieri cubani antibatistia­ ni in Messico per tentare uno sbarco a Cuba. 25 novembre, lo yacht Gran­ ma, carico di 82 armati, salpa da Tuxpan, in Mes­ sico, aUa volta di Cuba. 5 dicembre, l'esercito re­ golare sorprende gli sbar­ cati a Alegria del Pio. 1825 dicembre, i castristi, ridotti a poco piu di una ventina di uomini, si riu­ niscono sui monti deHa Sierra Maestra. 1957 - 17 febbraio, inter­ vista di Fidel Castro a Herbert Matthews, corri­ spondente del "New York Times ". 30 luglio, sulla Sierra Maestra, Fidel crea la "seconda colonna ribel­ le " al comando di Erne­ sto " Che " Guevara. 1958 - 28 maggio, offen­ siva dell'esercito di Bati­ sta suUa Sierra Mae­ stra. 20 giugno, controf­ fensiva guerrigliera. 24 dicembre, i guerriglieri al comando di Guevara e Cienfuegos sono alle por­ te della città di Santa Clara. 31 dicembre, la guarnigione di Santa Cla­ ra si arrende. Batista fug­ ge a Santo Domingo. to

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1954

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1959 - 2 gennaio, i ri­ belli occupano Santiago, Castro pronuncia il suo primo discorso al paese. 8 gennaio, trionfale in­ gresso di Fidel all'Avana. 16 febbraio, Castro assu­ me la carica di primo mi­ nistro. 16 luglio, dimissio­ ni di Fidel che denuncia alla nazione il presiden­ te Urrutia. 26 luglio, Ca­ stro ritira le dimissioni. 1960 - 4 febbraio, visita di Mikoyan a Cuba. 6 ago­ sto, nazionalizzazione del­ le piu importanti società a partecipazione america­ na. 14 settembre, Fidel Castro va a New York per partecipare alla XV sessione delle Nazioni U­ nite. 19 ottobre, gli USA dichiarano l'embargo sul commercio cubano. 1961 ...:... 17 aprile, sbarco a Cuba di un corpo di spedizione anticastrista sulla Playa Giron, nella Baia dei Porci. 19 aprile, sconfitta e cattura de�li anticastristi. t• maggto, Fidel proclama Cuba "re­ pubbhca socialista". La Unione Sovietica gli asse­ gna il premio Lenin per la Pace. 3 luglio. Castro decide di costituire le ORI, organismo unitario nel quale dovranno con­ fluire il " Movimento 26 lu­ glio ", il comunista " Parti­ to socialista popolare " e il " Direttorio rivoluzio­ nario ". 2 dicembre, Ca­ stro proclama ufficialmen­ te di essere marxista-le­ ninista. 1962 8 marzo, costitu­ zione ufficiale delle ORI. 21-28 ottobre, scoppia · la cosiddetta "crisi dei Ca­ raibi" per la questione delle installazioni missili­ stiche sovietiche a Cuba. -

Kennedy decreta il bloc­ co e Kruscev ordina al­ le navi russe dirette al­ l'isola di tornare nei por­ ti di partenza. Cuba di­ crescente una mostra freddezza nei confronti dell'URSS. 2 novembre, visita di Anastas Mikoyan all'Avana. 1963 - 27 aprile - 3 giu­ gno, primo vtaggio di Fi­ del Castro nel.l 'URSS. 1964 - 1 3-23 gennaio, se­ condo viaggio di Castro nell'Unione Sovietica. 1965 - 14 febbraio, Fidel Castro diventa ministro dell'Agricoltura. 17 feb­ braio, firma di un accor­ do economico triennale fra Cuba e l'Unione So­ vietica. 15 marzo, " Che " Guevara rientra all'Avana da un viaggio di propa­ ganda in Africa. 20 apri­ le, Castro annuncia che Guevara ha lasciato i suoi incarichi nel governo cu­ bano ed è partito dall'iso­ la. 3 ottobre, Castro, da­ vanti al Comitato centra­ le del Partito comunista, dà lettura della lettera di addio di Guevara. 1966 - 2 gennaio, Castro critica aspramente la Ci­ na di Mao per il rifiuto di aumentare la fornitura di riso a Cuba. 3-15 gennaio, conferenza Tri-