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Italian Pages [316] Year 2021
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19.5mm
‘The real originality lies in the comparison between funerary and sanctuary evidence and the insights this provides into South Italian Indigenous society at a time of profound change and cultural interaction.’ Dr Edward Herring, NUI Galway ‘The book makes an important contribution to the study of the relationship between Greek cities and indigenous societies in the region, a major topic of current international scholarship. Beyond those immediately interested in the Iron Age of southern Italy, the book would be of interest to researchers into the general relationship between Greek colonies and indigenous societies around the Mediterranean.’ Dr John Pearce, King’s College London
This book investigates the identity, strategies and history of the indigenous community at Garaguso in the archaic period, studying grave goods and votive deposits to understand local traditions, innovation and cultural contacts with the Greek world. The volume includes summaries of the chapters in English. Valentina Garaffa ha studiato archeologia classica a Palermo, Matera e Bonn. Ha partecipato a numerose campagne di scavo e progetti, nonché a conferenze internazionali. I suoi studi riguardano la cultura materiale, pratiche di culto, cultura funeraria e domestica, recezione dell’antico e costruzione dello spazio urbano nell’Italia antica.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Il centro indigeno di Garaguso tra tradizione e innovazione
Valentina Garaffa B A R I N T E R NAT I O NA L S E R I E S 3 0 2 6
2021 297mm HIGH
Gli scavi archeologici nel centro indigeno di Garaguso, nell’entroterra della Basilicata, hanno restituito una documentazione eccezionale di questa comunità nel corso del VI e V secolo a.C. Le aree sacre di Filera e delle Grotte delle Fontanelle avevano rivelato una forte componente greca nel sistema delle offerte votive. I corredi funerari della necropoli, invece, denotano un rituale funerario tipico del mondo “enotrio”. I defunti, deposti supini, erano accompagnati dalla tradizionale ceramica matt-painted, considerata uno dei maggiori “emblems of identity” di una comunità indigena. L’analisi comparativa della necropoli e dell’area sacra ha mostrato, pertanto, che manufatti tradizionali e quelli estranei alla comunità venivano selezionati a seconda del contesto. Questo libro indaga l’identità, le strategie e la storia di una comunità indigena in epoca arcaica tra tradizioni locali, innovazione e contatti culturali con il mondo greco.
BAR S3026 2021 GARAFFA Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
BAR INTERNATIONA L SE RIE S 3026
Valentina Garaffa studied Classics in Palermo, Matera and Bonn. She has participated in numerous excavation campaigns and projects, as well as international conferences. Her studies concern material culture, cult practices, funerary and domestic culture, reception of the ancient world and urbanism in ancient Italy.
Printed in England
210 x 297mm_BAR Graffa CPI 19.5mm ARTWORK.indd 2-3
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Il centro indigeno di Garaguso tra tradizione e innovazione
Valentina Garaffa B A R I N T E R NAT I O NA L S E R I E S 3 0 2 6
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Published in 2021 by BAR Publishing, Oxford BAR International Series 3026 Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. ISBN 978 1 4073 5724 9 paperback ISBN 978 1 4073 5725 6 e-format doi https://doi.org/10.30861/9781407357249 A catalogue record for this book is available from the British Library © Valentina Garaffa 2021 Cover image Garaguso. Corredo della tomba 2. Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata. The Author’s moral rights under the 1988 UK Copyright, Designs and Patents Act are hereby expressly asserted. All rights reserved. No part of this work may be copied, reproduced, stored, sold, distributed, scanned, saved in any form of digital format or transmitted in any form digitally, without the written permission of the Publisher. Links to third party websites are provided by BAR Publishing in good faith and for information only. BAR Publishing disclaims any responsibility for the materials contained in any third party website referenced in this work.
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Il funerario in Friuli e nelle regioni contermini tra l’età del ferro e l’età tardoantica (The Funerary in Friuli and surrounding Regions between Iron Age and Late Antiquity) Atti del Convegno Internazionale (Proceedings of the International Conference) San Vito al Tagliamento, 14 Febbraio 2013 Edited by Tiziana Cividini and Giovanni Tasca Oxford, BAR Publishing, 2016
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Ringraziamenti Questo libro è l’edizione della mia tesi di dottorato, discussa presso la Rheinischen Friedrich-Wilhelms-Universität di Bonn nel dicembre del 2016. In questa ricerca ho avuto il privilegio di avere come relatore il Prof. Martin Bentz, che voglio ringraziare, insieme al Prof. Massimo Osanna. La loro guida e il loro incoraggiamento mi hanno permesso una crescita e un avanzamento costanti. Per la realizzazione e la pubblicazione di questo lavoro sono in debito con numerose persone e istituzioni. Prima fra tutte la Fondazione Gerda Henkel Stiftung, che ha sostenuto con una borsa di studio il lavoro di tesi e grazie alla quale sono riuscita a visitare numerosi Musei e aree archeologiche di Calabria, Puglia e Basilicata; grazie alla Fondazione ho potuto predisporre per la stampa la documentazione grafica e fotografica (realizzata da me e dai disegnatori Maria Antonietta Carbone, Nicoletta Montemurro, Ida Riccardi, Armando Ruzzo e dal fotografo Mario Calia) digitalizzata da Donato Bruscella e Filippo Pisciotta, e ad inserire i sommari in inglese tradotti da Susan Virginia Wheeler. A loro va la mia gratitudine. Si ringraziano per le autorizzazioni ministeriali relative all’utilizzo per la pubblicazione della documentazione d’archivio dei contesti e dei reperti archeologici la Soprintendenza della Basilicata, l’allora Soprintendente Antonio De Siena e l’attuale, Francesco Canestrini, la direttrice Regionale dei Musei della Basilicata Marta Ragozzino e la funzionaria archeologa del Museo Archeologico Domenico Ridola di Matera, Marta Barbato. Per le mie ricerche presso la Soprintendenza di Potenza sono state preziose anche Mara Romaniello e Sabrina Mutino. Ho ricevuto utili informazioni sugli scavi di 40 anni fa dall’amico Attilio Tramonti, dalla dott.ssa Elena Lattanzi e dal dott. Antonio De Siena: a tutti loro vanno i miei più sentiti ringraziamenti. Alla allora direttrice, dott.ssa Annamaria Patrone e a tutto il personale, particolarmente Nicoletta Montemurro e Mario Calia, professionisti impareggiabili e generosi, va la mia profonda riconoscenza per aver agevolato in ogni modo anche questa ricerca e i lunghi mesi trascorsi nei magazzini del Museo Ridola di Matera. La mia gratitudine per la disponibilità e l’autorizzazione alla pubblicazione delle foto della dea in trono con tempietto va alla dr.ssa Maria Cristina Caricati, direttrice del Museo archeologico provinciale di Potenza, e al funzionario archeologo dr.ssa Anna Grazia Pistone. Per le autorizzazioni alla pubblicazione di immagini sono grata anche alla Prof.ssa Francesca Sogliani, direttrice della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Matera, e ad Antonino Vaccaro di Osanna Edizioni. Mi è gradito ricordare, per la collaborazione, anche il personale della sede espositiva di Tricarico. Ringrazio di cuore gli amici e colleghi che hanno messo a disposizione il loro tempo, le loro competenze, le loro bibliografie e i loro suggerimenti:
Massimo Barretta (che ha anche realizzato alcuni disegni), Silvia Martina Bertesago, Antonio Bruscella, Pino Canoso, Vincenzo Capozzoli, Gianclaudio Ferreri, Benjamin Geißler, Raphaelle Anne Kok (†), Lucia Lecce, Mariangela Martoccia, Marina Mendolia, Jan Marius Müller, Alessandro Quercia, Michele Scalici, Andreas Thomsen, Donatella Tolomeo, Mariasilvia Vullo e tutti i colleghi dell’Università di Rennes 2 e di Bonn. Ognuno di loro ha contribuito a migliorare significativamente questo studio; spetta a me, comunque, la responsabilità di ogni errore. Un ringraziamento particolare va ad Angelo Bottini, che ha commentato questo lavoro stimolando la mia riflessione su numerosi punti problematici, e ad Agnes Henning, amica e collega che conosce già il mio affetto. Per la sua disponibilità, la generosità e l’incoraggiamento sono particolarmente grata a Fabio Colivicchi. Questo studio nasce anche grazie a Linda Adorno, che so che avrò la gioia di avere sempre accanto. Infine, colgo l’occasione di esprimere la mia gratitudine all’editore BAR Publishing, per aver accolto nella prestigiosa International Series il mio lavoro e per avermi supportata pazientemente sotto ogni aspetto, e ai tre anonimi Referees per le loro preziose suggestioni, che non ho potuto seguire del tutto. Mi è stato possibile visionare solo una parte della letteratura apparsa dopo la discussione della dissertazione. Questo lavoro, nel tempo della sua elaborazione e della sua revisione, è stato sostenuto da tutta la mia famiglia, ma particolarmente da mia madre Rosalba, da mio padre Ruggero e da Manuel; Michael e Noah hanno costituito un indispensabile e adorabile rumore di fondo. Dedico questo libro a tutti loro e ad H.G. che mi ha insegnato la parola “eternità”. Quando non altrimenti specificato, foto e disegni del materiale sono pubblicati su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo – Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Basilicata.
iv
Contenuto Lista delle figure.............................................................................................................................................................. viii Lista delle grafici............................................................................................................................................................. xiii Lista delle tabelle............................................................................................................................................................. xiv Elenco delle abbreviazioni e dei simboli.........................................................................................................................xv Sommario......................................................................................................................................................................... xvi Abstract........................................................................................................................................................................... xvii 1. Introduzione....................................................................................................................................................................1 1.1. Il perché di questa ricerca..............................................................................................................................................1 1.2. Lo studio della necropoli di Garaguso...........................................................................................................................1 1.3. Approcci teorici e interpretativi.....................................................................................................................................2 1.4. Summary. Introduction..................................................................................................................................................3 2. Quadro geografico e cornice storico archeologica.......................................................................................................5 2.1. Quadro geografico..........................................................................................................................................................5 2.2. Tra le colonie greche. Metaponto e Taranto...................................................................................................................5 2.3. Gli Enotri e l’area enotria..............................................................................................................................................8 2.3.1. Gli Enotri e i loro insediamenti..............................................................................................................................8 2.3.2. Enotri e Greci.........................................................................................................................................................8 2.3.3. Enotri e mondo tirrenico........................................................................................................................................9 2.3.4. Le necropoli enotrie...............................................................................................................................................9 2.3.5. Le altre necropoli enotrie e Garaguso..................................................................................................................17 2.4. I centri vicino a Garaguso............................................................................................................................................19 2.5. Summary. Geographical introduction and historical framework.................................................................................20 3. Il contesto di garaguso..................................................................................................................................................23 3.1. Storia degli scavi e delle ricerche nella necropoli......................................................................................................23 3.1.1. Gli scavi di Morel................................................................................................................................................23 3.1.2. Gli scavi della Soprintendenza della Basilicata...................................................................................................24 3.2. Introduzione alla documentazione disponibile............................................................................................................25 3.3. Topografia della necropoli, struttura delle tombe e rituale funerario...........................................................................26 3.4. Summary. The archaeological context of Garaguso....................................................................................................27 4. Cultura materiale nella necropoli................................................................................................................................29 4.1. Classificazione dei materiali........................................................................................................................................29 4.2. Ceramica di produzione locale.....................................................................................................................................29 4.2.1. Ceramica matt-painted a decorazione geometrica della Western Lucania/enotria..............................................29 4.2.2. Ceramica matt-painted di altri comparti territoriali.............................................................................................58 4.2.3. Ceramica matt-painted d’imitazione greca..........................................................................................................62 4.2.4. Wheel-made Painted Pottery (Ceramica a bande)...............................................................................................64 4.2.5. Ceramica parzialmente verniciata........................................................................................................................68 4.2.6. Ceramica acroma..................................................................................................................................................69 4.2.7. Forme miniaturistiche..........................................................................................................................................78 4.3. Ceramica greca.............................................................................................................................................................78 4.4. Strumenti da filatura e tessitura e altri manufatti fittili non vascolari..........................................................................97 4.5. Coroplastica.................................................................................................................................................................98 4.6. Metalli..........................................................................................................................................................................98 4.6.1. Armi in ferro e bronzo..........................................................................................................................................98 4.6.2. Utensili...............................................................................................................................................................103 v
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 4.6.3. Oggetti di ornamento.........................................................................................................................................108 4.7. Organici: ambra e osso...............................................................................................................................................112 4.8. Varia...........................................................................................................................................................................113 4.9. Segni cruciformi incisi e dipinti e altri segni.............................................................................................................113 4.10. Un approccio funzionale: la capacità dei contenitori...............................................................................................113 4.11. Aspetti cronologici...................................................................................................................................................115 4.12. Summary. Material culture.......................................................................................................................................119 5. Garaguso: il mondo sociale........................................................................................................................................121 5.1. Il rituale funerario e il nucleo sociale........................................................................................................................121 5.1.1. Il tempo e lo spazio della necropoli...................................................................................................................122 5.1.2. Il nucleo sociale.................................................................................................................................................123 5.2. Economia, società e dono..........................................................................................................................................123 5.2.1. Il commercio greco e l’Italia meridionale. La ceramica....................................................................................124 5.2.2. La produzione attraverso la cultura materiale....................................................................................................126 5.2.3. Il dono. Gift-giving ed exchange.......................................................................................................................128 5.3. il ruolo delle donne nel mondo indigeno e a Garaguso.............................................................................................129 5.3.1. L’intermarriage...................................................................................................................................................129 5.3.2. La documentazione dalle necropoli della penisola. Solo maschile Vs femminile?...........................................130 5.3.3. Le differenze di genere a Garaguso....................................................................................................................131 5.3.4. Classi di età e fanciulli/subadulti a Garaguso....................................................................................................132 5.4. L’identità....................................................................................................................................................................133 5.4.1. L’identità della comunità di Garaguso...............................................................................................................135 5.5. Bere e banchettare nel mondo indigeno.....................................................................................................................135 5.5.1. Le comunità dell’Enotria...................................................................................................................................136 5.5.2. Sulla tomba........................................................................................................................................................137 5.6. Un unico filo conduttore: il prestigio.........................................................................................................................138 5.6.1. L’origine del prestigio........................................................................................................................................139 5.7. Summary. The social world of Garaguso...................................................................................................................140 6. Le aree sacre di Garaguso..........................................................................................................................................143 6.1. Contrada Filera...........................................................................................................................................................143 6.2. Località Grotte delle Fontanelle.................................................................................................................................145 6.3. Area sacra in contrada Ulivi del Duca.......................................................................................................................147 6.4. Pratiche cultuali a Garaguso......................................................................................................................................147 6.5. Summary. The sacred areas of Garaguso...................................................................................................................148 7. La comunità tra Norm e Wandel................................................................................................................................151 7.1. (Cultura) Materiale per il confronto...........................................................................................................................151 7.2. Considerazioni conclusive. Identità indigena tra tradizione e innovazione...............................................................155 7.2.1. Lo spazio del sacro.............................................................................................................................................156 7.2.2. Lo spazio della memoria....................................................................................................................................157 7.2.3. Tradizione e innovazione o “l’invenzione della tradizione”..............................................................................158 7.2.4. Quale comunità?................................................................................................................................................159 7.2.5. Le scelte ovvero le strategie. Per una sintesi......................................................................................................160 7.3. Summary. The community of Garaguso: between tradition and innovation.............................................................161 8. Catalogo delle sepolture.............................................................................................................................................163 8.1. Sepolcreto nei Giardini Pubblici. Gli scavi Morel.....................................................................................................163 8.2. Sepolcreto nei giardini pubblici e nella zona dell’Asilo Infantile. Gli scavi della Soprintendenza della Basilicata. Introduzione al catalogo....................................................................................................................................................163 8.2.1. Tomba 1..............................................................................................................................................................164 8.2.2. Tomba 2..............................................................................................................................................................166 8.2.3. Tomba 3..............................................................................................................................................................171 8.2.4. Tomba 6..............................................................................................................................................................173 8.2.5. Tomba 7..............................................................................................................................................................176 8.2.6. Tomba 10............................................................................................................................................................183 8.2.7. Tomba 11............................................................................................................................................................186 8.2.8. Tomba 12............................................................................................................................................................189
vi
Contenuto 8.2.9. Tomba 13............................................................................................................................................................192 8.2.10. Tomba 14..........................................................................................................................................................195 8.2.11. Tomba 15..........................................................................................................................................................198 8.2.12. Tomba 17..........................................................................................................................................................199 8.2.13. Tomba 18..........................................................................................................................................................201 8.2.14. Tomba 19..........................................................................................................................................................205 8.2.15. Tomba 25..........................................................................................................................................................208 8.2.16. Tomba 26..........................................................................................................................................................213 8.2.17. Tomba 27..........................................................................................................................................................219 8.2.18. Tomba 28..........................................................................................................................................................221 8.2.19. Tomba 29..........................................................................................................................................................226 8.2.20. Tomba 30..........................................................................................................................................................231 8.2.21. Tomba 31..........................................................................................................................................................234 8.2.22. Tomba 32..........................................................................................................................................................237 8.2.23. Tomba 33..........................................................................................................................................................239 8.2.24. Tomba 34..........................................................................................................................................................242 8.2.25. Tomba 35..........................................................................................................................................................245 8.2.26. Tomba 36..........................................................................................................................................................248 8.2.27. Tomba 37..........................................................................................................................................................253 8.2.28. Tomba 38..........................................................................................................................................................256 8.2.29. Tomba 40..........................................................................................................................................................258 8.2.30. Tomba 41..........................................................................................................................................................260 8.2.31. Tomba 44..........................................................................................................................................................263 8.2.32. Tomba N...........................................................................................................................................................264 8.2.33. “Tombe sconvolte”, “Fuori tomba” e tombe 8 e 16.........................................................................................267 9. Appendice. Tabella degli impasti...............................................................................................................................271 Bibliografia......................................................................................................................................................................273
vii
Lista delle figure Fig. 2.1. Carta dell’Italia meridionale con l’indicazione dei principali siti citati.................................................................6 Fig. 2.2. Valle del Salandrella. Panoramica da Sud..............................................................................................................6 Fig. 2.3. Rielaborazione della carta dell’Italia meridionale: in rosso approssimativamente l’area enotria, in verde quella nord-lucana, in blu quella bradanico-peuceta..................................................................................................7 Fig. 2.4. Chiaromonte, Sotto la Croce, tomba di fine VIII-inizi VII,..................................................................................14 Fig. 2.5. Chiaromonte, Sotto la Croce, ipotesi di ricostruzione del costume funerario......................................................15 Fig. 3.1. L’abitato di Garaguso. Veduta da Nord................................................................................................................24 Fig. 3.2. L’abitato di Garaguso e il Fosso dell’Orco dalla Tempa di San Nicola...............................................................24 Fig. 3.3. Stralcio della Carta tecnica regionale della zona Garaguso 1:5000 rielaborata con indicazione dei principali contesti................................................................................................................................................................25 Fig. 4.1. Ceramica matt-painted. Aspetti tecnologici.........................................................................................................31 Fig. 4.2. Ceramica matt-painted. Motivi decorativi degli orli............................................................................................33 Fig. 4.3. Ceramica matt-painted. Motivi decorativi delle anse...........................................................................................34 Fig. 4.4. Ceramica matt-painted. Motivi decorativi del corpo............................................................................................35 Fig. 4.5. Ceramica matt-painted. Motivi decorativi del corpo............................................................................................36 Fig. 4.6. Ceramica matt-painted. Motivi decorativi del corpo............................................................................................37 Fig. 4.7. Vasetto gemino d’impasto prosopomorfo e cantaroidi e brocche matt-painted con motivi acefali antropomorfi e zoomorfi.....................................................................................................................................................38 Fig. 4.8. Ceramica matt-painted. Piatti e ciotole................................................................................................................41 Fig. 4.9. Ceramica matt-painted. Scodelle..........................................................................................................................46 Fig. 4.10. Ceramica matt-painted. Calici e ollette biansate................................................................................................47 Fig. 4.11. Ceramica matt-painted. Vasi cantaroidi..............................................................................................................48 Fig. 4.12. Ceramica matt-painted. Vasi cantaroidi..............................................................................................................49 Fig. 4.13. Ceramica matt-painted. Vasi cantaroidi..............................................................................................................50 Fig. 4.14. Ceramica matt-painted. Vasi cantaroidi e anfora................................................................................................51 Fig. 4.15. Ceramica matt-painted. Brocche........................................................................................................................54 Fig. 4.16. Ceramica matt-painted. Pissidi e pisside su piede..............................................................................................56 Fig. 4.17. Ceramica matt-painted. Sostegni/Thymiateria. .................................................................................................57 Fig. 4.18. Ceramica matt-painted di altri comparti territoriali...........................................................................................59 Fig. 4.19. Ceramica matt-painted di altri comparti territoriali...........................................................................................60 Fig. 4.20. Ceramica matt-painted di altri comparti territoriali...........................................................................................61 Fig. 4.21. Ceramica matt-painted di imitazione greca........................................................................................................63 Fig. 4.22. Wheel-made Painted Pottery (WMPP)...............................................................................................................65 Fig. 4.23. Ceramica parzialmente verniciata......................................................................................................................68 Fig. 4.24. Ceramica acroma. Piatti, coppetta monoansata, mortai, ciotole, brocchetta e anforetta....................................70 Fig. 4.25. Ceramica acroma. Attingitoi...............................................................................................................................71 viii
Lista delle figure Fig. 4.26. Ceramica acroma. Olle.......................................................................................................................................72 Fig. 4.27. Ceramica da cucina e d’impasto.........................................................................................................................77 Fig. 4.28. Forme miniaturistiche.........................................................................................................................................79 Fig. 4.29. Ceramica greca. Lekanis, coppe, coppette e kylikes...........................................................................................80 Fig. 4.30. Ceramica greca. Lip-kotylai, Cup skyphoi e Ionische Becherschale, coppa su piede........................................86 Fig. 4.31. Ceramica greca...................................................................................................................................................87 Fig. 4.32. Ceramica greca. Coppe di tipo ionico B2...........................................................................................................89 Fig. 4.33. Ceramica greca. Coppe di tipo ionico B2...........................................................................................................90 Fig. 4.34. Ceramica greca. Oinochoai, olpai, lekyhtoi e pisside.........................................................................................93 Fig. 4.35. Strumenti da filatura e tessitura e altri manufatti fittili non vascolari................................................................96 Fig. 4.36. Armi in ferro: spade..........................................................................................................................................100 Fig. 4.37. Armi in ferro e bronzo......................................................................................................................................101 Fig. 4.38. Utensili e altri oggetti in ferro..........................................................................................................................104 Fig. 4.39. Utensili e altri oggetti in ferro e bronzo...........................................................................................................106 Fig. 4.40. Oggetti di ornamento e ambra..........................................................................................................................109 Fig. 4.41. Segni cruciformi incisi e dipinti e altri segni....................................................................................................114 Fig. 4.42. Capacità della ceramica matt-painted...............................................................................................................117 Fig. 4.43. Capacità della ceramica greca..........................................................................................................................117 Fig. 4.44. Capacità delle altre classi ceramiche................................................................................................................118 Fig. 5.1. Valle del Salandrella dalla Tempa San Nicola....................................................................................................126 Fig. 6.1. Garaguso. Statuetta di dea in trono con tempietto marmoreo da Filera.............................................................144 Fig. 6.2. Garaguso. Statuetta di dea in trono con tempietto marmoreo da Filera.............................................................144 Fig. 6.3. Garaguso; veduta da Nord-Ovest, a destra Tempa San Nicola...........................................................................145 Fig. 6.4. Garaguso; dal Fosso dell’Orco verso il Ponte del Diavolo................................................................................146 Fig. 8.1. Rilievo planimetrico della t. 1............................................................................................................................164 Fig. 8.2. Corredo della t. 1................................................................................................................................................167 Fig. 8.3. Corredo della t. 1................................................................................................................................................167 Fig. 8.4. Corredo della t. 1................................................................................................................................................168 Fig. 8.5. Corredo della t. 1................................................................................................................................................168 Fig. 8.6. Corredo della t. 1................................................................................................................................................169 Fig. 8.7. Rilievo planimetrico della t. 2............................................................................................................................169 Fig. 8.8. Corredo della t. 2................................................................................................................................................170 Fig. 8.9. Corredo della t. 3................................................................................................................................................172 Fig. 8.10. Corredo della t. 3..............................................................................................................................................173 Fig. 8.11. Rilievo planimetrico della t. 6..........................................................................................................................173 Fig. 8.12. Corredo della t. 6..............................................................................................................................................176 Fig. 8.13. Corredo della t. 6..............................................................................................................................................176 Fig. 8.14. Corredo della t. 6..............................................................................................................................................177 Fig. 8.15. Corredo della t. 6..............................................................................................................................................177 Fig. 8.16. Rilievo planimetrico della t. 7..........................................................................................................................178 ix
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Fig. 8.17. Corredo della t. 7..............................................................................................................................................182 Fig. 8.18. Corredo della t. 7..............................................................................................................................................182 Fig. 8.19. Corredo della t. 7..............................................................................................................................................183 Fig. 8.20. Corredo della t. 7..............................................................................................................................................183 Fig. 8.21. Corredo della t. 7..............................................................................................................................................184 Fig. 8.22. Corredo della t. 10............................................................................................................................................187 Fig. 8.23. Corredo della t. 10............................................................................................................................................187 Fig. 8.24. Corredo della t. 10............................................................................................................................................188 Fig. 8.25. Rilievo planimetrico della t. 11........................................................................................................................188 Fig. 8.26. Corredo della t. 11............................................................................................................................................189 Fig. 8.27. Rilievo planimetrico della t. 12........................................................................................................................190 Fig. 8.28. Corredo della t. 12............................................................................................................................................192 Fig. 8.29. Corredo della t. 12............................................................................................................................................193 Fig. 8.30. Corredo della t. 12............................................................................................................................................193 Fig. 8.31. Corredo della t. 12............................................................................................................................................194 Fig. 8.32. Corredo della t. 12............................................................................................................................................194 Fig. 8.33. Rilievo planimetrico della t. 13........................................................................................................................195 Fig. 8.34. Corredo della t. 13............................................................................................................................................196 Fig. 8.35. Corredo della t. 13............................................................................................................................................196 Fig. 8.36. Corredo della t. 13............................................................................................................................................197 Fig. 8.37. Rilievo planimetrico della t. 14........................................................................................................................197 Fig. 8.38. Corredo della t. 14............................................................................................................................................198 Fig. 8.39. Rilievo planimetrico della t. 15........................................................................................................................199 Fig. 8.40. Corredo della t. 15............................................................................................................................................200 Fig. 8.41. Corredo della t. 17............................................................................................................................................202 Fig. 8.42. Corredo della t. 17............................................................................................................................................202 Fig. 8.43. Corredo della t. 17............................................................................................................................................203 Fig. 8.44. Corredo della t. 18............................................................................................................................................205 Fig. 8.45. Corredo della t. 18............................................................................................................................................206 Fig. 8.46. Corredo della t. 18............................................................................................................................................206 Fig. 8.47. Corredo della t. 18............................................................................................................................................207 Fig. 8.48. Corredo della t. 18............................................................................................................................................207 Fig. 8.49. Corredo della t. 19............................................................................................................................................209 Fig. 8.50. Corredo della t. 19............................................................................................................................................209 Fig. 8.51. Corredo della t. 19............................................................................................................................................210 Fig. 8.52. Rilievo planimetrico della t. 25........................................................................................................................210 Fig. 8.53. Corredo della t. 25............................................................................................................................................213 Fig. 8.54. Corredo della t. 25............................................................................................................................................213 Fig. 8.55. Corredo della t. 25............................................................................................................................................214 Fig. 8.56. Corredo della t. 25............................................................................................................................................214 x
Lista delle figure Fig. 8.57. Corredo della t. 25............................................................................................................................................215 Fig. 8.58. Corredo della t. 25............................................................................................................................................215 Fig. 8.59. Corredo della t. 25............................................................................................................................................216 Fig. 8.60. Rilievo planimetrico della t. 26........................................................................................................................216 Fig. 8.61. Corredo della t. 26............................................................................................................................................218 Fig. 8.62. Corredo della t. 26............................................................................................................................................218 Fig. 8.63. Corredo della t. 26............................................................................................................................................219 Fig. 8.64. Corredo della t. 26............................................................................................................................................219 Fig. 8.65. Corredo della t. 26............................................................................................................................................220 Fig. 8.66. Rilievo planimetrico della t. 27........................................................................................................................220 Fig. 8.67. Corredo della t. 27............................................................................................................................................222 Fig. 8.68. Corredo della t. 27............................................................................................................................................222 Fig. 8.69. Corredo della t. 27............................................................................................................................................223 Fig. 8.70. Corredo della t. 28............................................................................................................................................225 Fig. 8.71. Corredo della t. 28............................................................................................................................................226 Fig. 8.72. Corredo della t. 28............................................................................................................................................226 Fig. 8.73. Corredo della t. 28............................................................................................................................................227 Fig. 8.74. Corredo della t. 28............................................................................................................................................227 Fig. 8.75. Corredo della t. 28............................................................................................................................................228 Fig. 8.76. Rilievo planimetrico della t. 29........................................................................................................................228 Fig. 8.77. Corredo della t. 29............................................................................................................................................230 Fig. 8.78. Corredo della t. 29............................................................................................................................................231 Fig. 8.79. Corredo della t. 29............................................................................................................................................231 Fig. 8.80. Corredo della t. 29............................................................................................................................................232 Fig. 8.81. Rilievo planimetrico della t. 30........................................................................................................................232 Fig. 8.82. Corredo della t. 30............................................................................................................................................233 Fig. 8.83. Rilievo planimetrico della t. 31........................................................................................................................234 Fig. 8.84. Corredo della t. 31............................................................................................................................................236 Fig. 8.85. Corredo della t. 31............................................................................................................................................236 Fig. 8.86. Corredo della t. 31............................................................................................................................................237 Fig. 8.87. Corredo della t. 31............................................................................................................................................237 Fig. 8.88. Rilievo planimetrico della t. 32........................................................................................................................238 Fig. 8.89. Corredo della t. 32............................................................................................................................................239 Fig. 8.90. Corredo della t. 32............................................................................................................................................239 Fig. 8.91. Corredo della t. 32............................................................................................................................................240 Fig. 8.92. Rilievo planimetrico della t. 33........................................................................................................................240 Fig. 8.93. Corredo della t. 33............................................................................................................................................242 Fig. 8.94. Corredo della t. 33............................................................................................................................................243 Fig. 8.95. Corredo della t. 33............................................................................................................................................243 Fig. 8.96. Rilievo planimetrico della t. 34........................................................................................................................244 xi
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Fig. 8.97. Corredo della t. 34............................................................................................................................................246 Fig. 8.98. Corredo della t. 34............................................................................................................................................246 Fig. 8.99. Corredo della t. 34............................................................................................................................................247 Fig. 8.100. Corredo della t. 35..........................................................................................................................................249 Fig. 8.101. Corredo della t. 35..........................................................................................................................................249 Fig. 8.102. Corredo della t. 35..........................................................................................................................................250 Fig. 8.103. Corredo della t. 35..........................................................................................................................................250 Fig. 8.104. Corredo della t. 35..........................................................................................................................................251 Fig. 8.105. Corredo della t. 36..........................................................................................................................................253 Fig. 8.106. Corredo della t. 36..........................................................................................................................................254 Fig. 8.107. Corredo della t. 36..........................................................................................................................................254 Fig. 8.108. Corredo della t. 36..........................................................................................................................................255 Fig. 8.109. Corredo della t. 36..........................................................................................................................................255 Fig. 8.110. Corredo della t. 37..........................................................................................................................................256 Fig. 8.111. Corredo della t. 37..........................................................................................................................................257 Fig. 8.112. Corredo della t. 38..........................................................................................................................................258 Fig. 8.113. Corredo della t. 38..........................................................................................................................................258 Fig. 8.114. Corredo della t. 40..........................................................................................................................................261 Fig. 8.115. Corredo della t. 40..........................................................................................................................................261 Fig. 8.116. Corredo della t. 40..........................................................................................................................................262 Fig. 8.117. Corredo della t. 41..........................................................................................................................................263 Fig. 8.118. Corredo della t. 41..........................................................................................................................................264 Fig. 8.119. Corredo della t. 41..........................................................................................................................................264 Fig. 8.120. Corredo della t. 44..........................................................................................................................................265 Fig. 8.121. Corredo della t. N...........................................................................................................................................266 Fig. 8.122. Corredo della t. N...........................................................................................................................................267 Fig. 8.123. “Tombe sconvolte”: NC 1094 e NC 1095......................................................................................................268 Fig. 8.124. “Tombe sconvolte”: NC 1094 e NC 1095......................................................................................................269 Fig. 8.125. Selezione di forme da “fuori tomba”..............................................................................................................269 Fig. 8.126. Corredo della t. 8............................................................................................................................................270 Fig. 8.127. Corredo della t. 16..........................................................................................................................................270
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Lista delle grafici Graf. 4.1. Distribuzione quantitativa dei reperti.................................................................................................................30 Graf. 4.2. Forme della ceramica matt-painted....................................................................................................................40 Graf. 4.3. Forme della WMPP............................................................................................................................................66 Graf. 4.4. Forme della ceramica acroma.............................................................................................................................73 Graf. 4.5. Forme della ceramica greca................................................................................................................................81 Graf. 4.6. Metalli. Armi e utensili.......................................................................................................................................99 Graf. 4.7. Oggetti di ornamento........................................................................................................................................111
xiii
Lista delle tabelle Tab. 4.1. Distribuzione delle forme della ceramica matt-painted.......................................................................................42 Tab. 4.2. Distribuzione della ceramica matt-painted di altri comparti territoriali..............................................................62 Tab. 4.3. Distribuzione della ceramica matt-painted di imitazione greca..........................................................................64 Tab. 4.4. Distribuzione della WMPP..................................................................................................................................66 Tab. 4.5. Distribuzione della ceramica parzialmente verniciata.........................................................................................69 Tab. 4.6. Distribuzione della ceramica acroma...................................................................................................................73 Tab. 4.7. Distribuzione delle forme miniaturistiche...........................................................................................................78 Tab. 4.8. Distribuzione delle forme della ceramica greca...................................................................................................81 Tab. 4.9. Strumenti da filatura e tessitura e altri manufatti fittili non vascolari..................................................................97 Tab. 4.10. Distribuzione armi e utensili............................................................................................................................102 Tab. 4.11. Distribuzione degli oggetti di ornamento.........................................................................................................110 Tab. 4.12. Segni cruciformi incisi e dipinti e altri segni...................................................................................................114 Tab. 4.13. Tabella delle capacità.......................................................................................................................................116 Tab. 4.14. Tabella cronologica..........................................................................................................................................118 Tab. 4.15. Tabella cronologica..........................................................................................................................................118 Tab. 4.16. Tabella cronologica..........................................................................................................................................119 Tab. 5.1. Indicatori di genere............................................................................................................................................124 Tab. 7.1. Confronto tra forme della ceramica greca a Grotte delle Fontanelle e nella necropoli.....................................152 Tab. 7.2. Confronto tra forme della ceramica locale a Grotte delle Fontanelle e nella necropoli....................................154 Tab. 7.3. Confronto tra le altre classi di materiali a Grotte delle Fontanelle e nella necropoli........................................155 Tab. 9.1. Impasti................................................................................................................................................................273
xiv
Elenco delle abbreviazioni e dei simboli Ø diametro ca. circa cap./capp. capitolo/i cds in corso di stampa cfr. confronta cm centimetri col. sup. colore superficie fa forma aperta fc forma chiusa fig./figg. figura/e fr./frr. frammento/i gr grammi graf. grafico h altezza imp. impasto largh. larghezza lungh. lunghezza
max massimo/a n/nn. numero/i NC numero catalogo NI numero inventario non id. non identificabile non ric. non ricostruibile p./pp. pagina/e sez. sezione sp. spessore ss. seguente/i t./tt. tomba/e tab./tabb. tabella/e tav./tavv. tavola/e vb vernice bruna vn vernice nera vr vernice rossa WMPP Wheel Made Painted Pottery
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Sommario Questo volume analizza un nucleo di tombe arcaiche della necropoli del centro enotrio di Garaguso e discute le scelte adottate dalla comunità che hanno determinato un uso diversificato della cultura materiale nel contesto necropolare rispetto a quello sacrale. Questa analisi rappresenta uno studio inedito per il mondo indigeno della Basilicata in età arcaica. Le necropoli sono un campo privilegiato di indagine perché le deposizioni sono uno dei rarissimi atti intenzionalmente consegnati ai posteri dall’antichità. Pertanto, lo studio di questa necropoli è stato condotto considerando il contesto storico e sociale e cercando di decodificare, attraverso la cultura materiale, le strategie di autorappresentazione che hanno presieduto alle scelte della comunità. I corredi delle tombe arcaiche di Garaguso, centro indigeno dell’entroterra della Basilicata, denotavano, stando alle relazioni preliminari, un rituale funerario tipico del mondo “enotrio”: i defunti inumati supini erano accompagnati dalla tradizionale matt-painted pottery, ceramica a decorazione geometrica prodotta localmente, considerata uno dei maggiori «emblems of identity» di una comunità. L’analisi delle aree sacre contemporanee, invece, aveva rivelato una forte componente greca nel regime delle offerte votive, composte essenzialmente da vasellame ceramico, ma anche da coroplastica e da monete incuse. La medesima comunità, quindi, nei due differenti contesti, quello della tradizione, cioè la necropoli, e quello nuovo per il mondo indigeno, cioè le aree sacre, selezionava e utilizzava oggetti diversi che hanno costituito da una parte il punto di partenza dell’edizione dei depositi votivi di Grotte delle Fontanelle, dall’altra quello del nucleo di tombe inedite che questo libro intende presentare. Nei 34 corredi esaminati, accanto al vasellame prodotto localmente e a quello importato dal mondo greco, erano deposte anche armi, strumenti di lavoro e utensili in bronzo e in ferro, così come oggetti di ornamento, tutti elementi che connotavano lo status del defunto. I corredi restituiscono pertanto, pur non essendone un riflesso diretto, un ritratto della comunità che le aree sacre non lasciavano emergere. Queste però, proprio grazie all’adozione di elementi non tradizionali, suggerivano altri dettagli e caratteristiche della comunità, nella fattispecie l’elaborazione di scelte e strategie messe in atto a Garaguso tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. Il lavoro ha, quindi, affrontato l’analisi comparata dei due contesti dal punto di vista della cultura materiale intesa come forte strumento comunicativo attraversi il quale le élites si autorappresentavano. L’analisi e il confronto hanno anche generato una cornice storicoarcheologica più precisa all’interno della quale abbozzare la storia della comunità in età arcaica. Dal nuovo quadro emerge la capacità di Garaguso di sfruttare i benefici delle relazioni con il mondo greco delle colonie sulla costa
ionica, non solo i vantaggi di ordine economico derivanti dalle relazioni commerciali, ma soprattutto quelli di natura ideologica. Si ritiene che l’introduzione di pratiche cultuali e oggetti greci sia stata opera di una élite che aveva favorito il contatto con le colonie. Questi contatti avrebbero permesso l’acquisizione e il mantenimento del potere grazie al prestigio ottenuto come intermediari. Si verifica così che a Garaguso la comunità mischi e fonda il linguaggio della tradizione della tomba a quello dell’innovazione dell’area sacra. Il catalogo presenta tutti i reperti raccolti nelle sepolture scavate dalla Soprintendenza dal 1975 al 1977 ed è strutturato in maniera tale da privilegiare i contesti, cioè le deposizioni e il corredo associato. Le tombe vengono presentate in base al numero progressivo assegnato loro dai primi catalogatori. Ogni scheda comprende il numero di catalogo, definizioni e descrizioni, tipologia, classe di impasto e/o colori, misure, numero di inventario, ed eventualmente osservazioni, datazione, bibliografia.
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Abstract This volume analyses a nucleus of Archaic tombs in the necropolis of the Oenotrian settlement of Garaguso and discusses the choices made by the community that led to a diversified use of material culture in the necropolis as compared to the sacred area. This type of analysis has never been applied to the indigenous world of Basilicata in the Archaic period. Necropoleis are a privileged field of investigation because depositions are one of the very rare acts intentionally handed down to posterity from antiquity. Therefore, the study of the necropolis has been conducted with careful attention to its historical and social contexts, using material culture in order to decode the strategies of self-representation that dictated the choices of the community. According to preliminary reports, the grave goods of the archaic tombs of Garaguso, an indigenous centre of the hinterland of Basilicata, denote a funerary ritual typical of the “oenotrian” world. The deceased, buried on their backs, were accompanied by the traditional matt-painted pottery (locally produced and geometrically decorated ceramics), that was considered one of the greatest “emblems of identity” of an indigenous community. The analysis of contemporary sacred areas, on the other hand, has revealed a strong Greek component in the system of votive offerings, composed essentially of pottery, but also of coroplastics and incuse coins. The same community, therefore, in two different contexts, that of tradition, i.e. the necropolis, and the new one for the indigenous world, i.e. the sacred areas, selected and used different objects that constituted, on the one hand, the starting point for the edition of the votive deposits of Grotte delle Fontanelle and, on the other, the nucleus of unpublished tombs that this book intends to present. In the 34 grave goods examined, there were both locally produced and imported from Greek colonies pottery, but there were also weapons, work tools and bronze and iron utensils, as well as objects of ornamentation, all of which were elements that marked the status of the deceased. The grave goods, therefore, give back a portrait of the community that does not emerge from the sacred areas that however, thanks to the adoption of non-traditional elements, suggest other details and characteristics of the community. In this case, for example, the development of choices and strategies implemented in Garaguso between the end of the sixth and the beginning of the fifth century BC, seems to be the result of contacts with the Greek world.
of the community of Garaguso in the archaic age. From this new picture emerges Garaguso’s ability to exploit all the benefits of the relations with the Greek colonies on Southern Italy, including the economic ones deriving from trade, but above all, those of an ideological nature. The community introduced new cult practices or new forms for a cult which was perhaps already established. The new practices would have required new instruments, in this case the Greek material culture, the knowledge and management of which would have brought prestige to the group that had introduced them and that knew how to use them in order to honour the gods with an increasingly articulated cult. The catalogue presents all the finds collected in the tombs excavated by the Soprintendenza from 1975 to 1977. It takes the contexts into particular account, that is, the single depositions and the associated grave goods. The tombs are presented according to the progressive number assigned to them by the first cataloguers. Each catalogue record includes catalogue number, definition and description of the fragment, type, ceramic paste and/or colors, measures, inventory number, observations, dating, and bibliography.
The work has, therefore, addressed the comparative analysis of the two contexts from the point of view of material culture, seen as a strong communicative tool the elites represented themselves with. The analysis and comparison has also generated a more precise historicalarchaeological framework in which outline the history xvii
1 Introduzione 1.1. Il perché di questa ricerca
nucleo di tombe di una necropoli dell’area enotria e un inedito confronto tra le aree necropolari e quelle sacre dell’area enotria. Il contesto eccezionale di Garaguso, inoltre, aspira a contribuire al dibattito sulle relazioni tra i Greci che fondarono colonie sulle costa e i centri indigeni dell’entroterra, sulle loro strategie di adattamento al contatto e soprattutto sulla loro identità.
Questo libro segue idealmente la pubblicazione sull’area sacra di Grotte delle Fontanelle di Garaguso edita con la dott.ssa Silvia Bertesago nel 20151. L’idea di questa ricerca nasce proprio nel corso del lavoro precedente, frequentando i magazzini del Museo Archeologico Domenico Ridola di Matera (oggi Museo Nazionale di Matera), e notando la distanza tra i manufatti vascolari rinvenuti nei due diversi contesti. Per l’area enotria non esisteva ancora un confronto tra le aree necropolari e quelle sacre, e Garaguso offriva un repertorio ricchissimo, nonostante lo stato lacunoso di una documentazione che andava comunque indagata, pubblicata e inserita nell’attuale dibattitto sulla relazione tra Greci e indigeni nell’Italia meridionale d’età arcaica. Infatti, Nonostante i numerosi ritrovamenti e le tracce evidenti di un’articolazione non convenzionale del centro antico di Garaguso e delle sue necropoli, non vi era stata sino ad ora un’indagine che superasse la fase di edizione preliminare della documentazione. L’archeologo francese Jean-Paul Morel, che ha avviato le indagini nel sito, ha spesso utilizzato il caso di Garaguso per dimostrare la complessità delle dinamiche tra Greci e indigeni in Italia meridionale in età arcaica, citando i corredi delle tombe e concentrando la propria attenzione sulla cultura materiale greca in contesto indigeno2. I suoi studi hanno costituito il punto di partenza di questo lavoro, che mira sia a restituire un’immagine del rituale funerario della comunità sia a proporre una interpretazione contestuale della sua cultura materiale all’interno di una cornice storica più amplia. L’edizione dei depositi votivi di Grotte delle Fontanelle ha inoltre consentito il confronto tra l’inedito contesto necropolare e quello sacro, un evento eccezionale nell’archeologia dei centri indigeni dell’Italia meridionale sia per l’estrema rarità della documentazione edita sia per la presenza di luoghi di culto in età arcaica. Oltre alla pubblicazione dei depositi “Autera” ed “Altieri” di Grotte delle Fontanelle, sono state anche pubblicate le indagini in un’altra area molto nota di Garaguso, la contrada Filera, luogo di rinvenimento del famoso tempietto marmoreo3. Le necropoli, invece, a parte brevi e dispersi accenni, erano pressoché sconosciute4. L’analisi che qui si presenta costituisce, dunque, la prima indagine dettagliata di un
1.2. Lo studio della necropoli di Garaguso Questa ricerca presenta un nucleo di tombe arcaiche della necropoli del centro enotrio di Garaguso e discute le scelte della comunità che hanno determinato l’uso diversificato della cultura materiale nel contesto necropolare rispetto a quello sacrale. Il capitolo 1 anticipa i temi e gli approcci teorici utilizzati. Il capitolo 2 fornisce un’introduzione geografica e storica all’area enotria; questa sezione ha lo scopo di inserire Garaguso all’interno di una cornice storico-archeologica e di mostrare le relazioni del centro antico con gli altri insediamenti indigeni e coloniali. Nel successivo capitolo 3 viene analizzata in dettaglio la necropoli di Garaguso, dalla storia degli scavi e delle ricerche fino alla ricostruzione del rituale funerario. La cultura materiale dei corredi delle tombe e l’analisi delle categorie di reperti vengono presentate nel capitolo 4. Lo studio della cultura materiale consente di chiarire gli aspetti cronologici delle singole sepolture; contestualmente si introduce anche un nuovo approccio funzionale che riguarda la capacità di alcuni contenitori fittili. Un approccio che come questo parta dalla cultura materiale non può limitarsi ai manufatti, alla loro descrizione e documentazione grafica o fotografica, ma coinvolge pienamente la storia e le idee. Nel capitolo 5 vengono pertanto affrontati attraverso la cultura materiale differenti aspetti della vita delle comunità indigene: economia, prestigio, produzione, stile e identità, gender e politica. I caratteri principali delle aree sacre di Garaguso, il termine di paragone della necropoli, sono esposti nel capitolo 6, mentre nel capitolo 7 si presenta il confronto tra la cultura materiale delle aree sacre e quella delle tombe unitamente alle osservazioni conclusive. Qui verranno mostrate le scelte della comunità, che sono verosimilmente il riflesso di eventi storici e culturali. Se l’archeologia registra solo gli esiti di processi di trasformazione non sempre leggibili in divenire, come i fenomeni di mobilità tra le popolazioni, anche per la comunità di Garaguso si ipotizzano simili dinamiche. Il volume si conclude con il catalogo delle singole sepolture, capitolo 8, e con l’appendice della tabella degli impasti ceramici.
Bertesago, Garaffa 2015. Morel 1974a; Idem 1984. 3 Moret 2014. 4 Per alcuni risultati preliminari della presente ricerca si veda Garaffa 2016b, 2018 e 2019. Qualche anno fa è stata avviato uno studio sulla produzione vascolare dell’area enotria che anticipava l’utilizzo di alcuni dati provenienti da Garaguso, Nava et alii 2009. 1 2
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Indipendentemente da un sistema religioso di difficile quando non impossibile ricostruzione, un fenomeno universale è probabilmente lo sgomento della comunità di fronte alla morte, da questa privata di un suo membro, indebolita ed esposta al miasma, alla contaminazione9. Per una piccola comunità l’evento di per sé luttuoso è aggravato dal rischio di diventare preda di aggressive mire espansionistiche di altri gruppi, particolarmente quando occupa una posizione geografica favorevole che gli consente di trarre sostentamento e ricchezza dal ruolo di intermediario tra comunità diverse. I riti funerari, le pratiche che la comunità adotta in seguito a questo fenomeno traumatico sarebbero allora un passaggio obbligato e uno strumento attraverso il quale la comunità riconosce se stessa nella perdita e si ricostruisce. Questa operazione non si verifica in maniera omogenea. Le pratiche variano da comunità a comunità, o spesso anche all’interno della stessa, sia in senso sincronico sia in senso diacronico: la pratica, cioè, può variare per classi di età o per ruolo sociale, oppure da una generazione all’altra, lungo archi di tempo più o meno brevi. Ogni comunità elabora soluzioni diverse in base a precise scelte religiose, culturali, ideologiche e politiche sviluppando un proprio “codice della morte”10. Il rituale funerario non riflette specularmente e passivamente la società, se non nella misura in cui riflette le strategie politiche e ideologiche della comunità, che devono però essere decifrate, poiché il rito possiede al suo interno aspetti simbolici11 e strategici, influenzati o generati del tutto da processi di produzione ideologica e da strategie di riproduzione e trasformazione dei rapporti di potere e forme di legittimazione, resistenza e rinegoziazione messe in atto dalle società. All’interno di tutti questi processi si colloca la cultura materiale, per la quale si rivendica un ruolo attivo e partecipatorio nei processi sopra citati12: la cultura materiale viene utilizzata per esprimere le relazioni sociali vigenti, e quindi legittimarle, oppure contraddirle e mascherarle. I significati degli oggetti non sono arbitrari, ma sono dati dal contesto, sono ‘resti frammentari di mondi abitati da esseri umani che comunicavano e agivano, che usavano queste condizioni materiali per strutturare e difendere certe tradizioni discorsive’ ed è ovvio che su queste dovesse esserci un implicito accordo nella comunità; l’archeologia, pertanto, può indagare il significato generale, cioè l’accordo sulla cultura materiale di una comunità13. Tra la società dei vivi e la comunità dei morti il rapporto sarebbe, dunque, metaforico, un artificio di composizione del “discorso sociale” realizzato in occasione della morte, dove il codice è arbitrario, ma significante14. La cultura materiale è il luogo all’interno del quale reperire gli elementi di questo linguaggio sociale: i manufatti compongono un discorso che è un messaggio da decifrare15. Lo studio di
A conclusione dei capitoli 1-7 si trovano dei riassunti in inglese. 1.3. Approcci teorici e interpretativi L’indagine di una necropoli è un’operazione affascinante e complessa. Se la ricchezza e spesso il buono stato di conservazione delle strutture e della cultura materiale sembrano in qualche modo favorirne lo studio, altri aspetti ne ostacolano l’interpretazione. L’operazione si complica quando una necropoli, scavata molti anni prima della ricerca, in questo caso quaranta, o nel corso di interventi di emergenza non dispone di una puntuale e adeguata documentazione. In questi casi, I dati a disposizione sono parziali e spesso non soddisfano i requisiti minimi di informazioni richieste o rimangono “muti” di fronte alle domande dell’attuale indagine, tanto più che spesso non esistono altre fonti, che siano letterarie o iconografiche, ad integrare il dato archeologico. Lo stesso dato archeologico, inoltre, è solo il residuo di pratiche, gesti e comportamenti che non hanno lasciato alcuna traccia, che non sono stati registrati archeologicamente e che non abbiamo altrimenti modo di ricostruire. Come è stato più volte ripetuto, le necropoli sono state per secoli un campo privilegiato di indagine, sia perché spesso costituivano l’unica documentazione disponibile sia per lo stato di conservazione dei reperti, normalmente molto buono, sia perché le deposizioni sono uno dei rarissimi atti intenzionalmente consegnati ai posteri dall’antichità5. Le tombe, quando non intaccate da interventi più recenti o depredate del tutto, costituiscono un osservatorio privilegiato d’indagine, un contesto chiuso per eccellenza che presenta il massimo grado di intenzionalità6. D’altronde l’importanza delle necropoli come fonte storica fu già rilevata dagli autori antichi per la messe di informazioni in esse contenute7. Nel corso degli anni sono stati elaborati numerosi approcci e metodologie nell’ambito dell’archeologia funeraria. Non è questa la sede per ripercorrere analiticamente le singole tappe dell’elaborazione degli strumenti teorici e metodologici d’indagine delle necropoli, che costituiscono una bibliografia sin troppo vasta. Ritengo tuttavia utile tratteggiare la cornice teorica all’interno della quale è stata realizzata questa indagine, evidenziando gli strumenti epistemologici che sono stati privilegiati. Il trattamento del corpo dopo la morte è una delle caratteristiche umane. Tale pratica è stata spesso messa in relazione a più o meno generiche credenze ultraterrene che in mancanza di fonti scritte possono rimanere del tutto oscure o venire fraintese; tali credenze religiose, tuttavia, non implicano sempre articolate concezioni dell’aldilà e viceversa la mancanza di una sepoltura non esclude una credenza nell’oltretomba8. La valorizzazione della ricchezza e della varietà delle credenze intorno alla morte sono trai maggiori contributi della riflessione moderna sull’archeologia funeraria.
Frisone 2008, 118 e nota 16. Sul miasma nella religione greca, Parker 1983. 10 Per l’espressione cfr. Frisone 2008, 112. 11 Hodder 1982. 12 Cuozzo 2000, 327. 13 Lucy 2000, 314-318, anche per la citazione di Barrett 1991, 6. 14 D’Agostino 1985, 51. 15 D’Agostino, Schnapp 1982, 18 e 20-21. 9
D’Agostino, Schnapp 1982, 17. Cuozzo 2000, 333. 7 Come dimostra la testimonianza tucididea sulle sepolture di Delo e di Salamina, Nenci 1994. 8 In alcuni casi l’abbandono di un cadavere, per esempio, è un modo di trattare lo stesso; su questi aspetti cfr. Ucko 1969, 264-265 e 270. 5 6
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Introduzione una necropoli porterà inevitabilmente a considerazioni sociologiche sulla “comunità dei vivi”, con osservazioni relative alle classi di età o di sesso, status, etc., ma non verrà comunque trascurato il sistema di rappresentazioni che costituisce la struttura della “comunità dei morti”16.
places Garaguso in its historical and archaeological contexts and illustrates the relationships of this ancient settlement with other indigenous and colonial centres. In chapter 3, the necropolis of Garaguso is analysed in detail, from the history of excavations and research to the reconstruction of the funerary ritual. The grave goods, including analysis of the finds by category, are presented in chapter 4. Chapter 5 addresses different aspects of the life of indigenous communities through material culture: economy, prestige, production, style and identity, gender, and politics. The main features of the sacred areas of Garaguso are presented in chapter 6, setting the stage for the comparison between the material culture of the sacred areas and that of the tombs in chapter 7, which ends with concluding observations. The final section of the volume presents a catalogue of the single burials and finds (chapter 8), followed by the appendix of ceramic pastes. A summary in English can be found at the end of the chapters 1-7.
Ritengo inoltre che lo studio di una necropoli abbia senso e acquisisca valore nel momento in cui la ricerca si proietta sul piano della ricostruzione storica. Nel contesto storico e sociale della necropoli ho quindi mirato a decodificare attraverso la cultura materiale le strategie di autorappresentazione che hanno presieduto alle scelte della comunità sia nell’area sacra sia in quella funeraria. In questa ricerca si è quindi scelto di seguire gli approcci teorici che risultavano più rilevanti per il contesto di Garaguso, come quelli dell’archeologia post-processuale. La ricerca ha ricevuto importanti suggestioni anche dai paradigmi post-coloniali, che sono stati testati nel contesto di non sempre immediata e scontata interpretazione di Garaguso17. Il contatto tra situazioni coloniali e locali ha determinato fenomeni d’ambiguità che devono essere indagati contestualmente e che evidenziano come la cultura materiale sia portatrice di significati e ambivalenze che travalicano la sua funzione quotidiana: gli oggetti e il valore loro attribuito sono infatti raramente neutrali e possono anzi trasformarsi in mezzi attraverso cui il potere opera18.
The investigation of a necropolis is a fascinating and complex undertaking. Necropoleis have been a privileged field of investigation for centuries because they often represent the only available material record with finds in a generally good state of conservation, and because depositions are one of the very rare acts intentionally handed down to posterity from antiquity. Ancient authors already acknowledged the importance of the necropolis as a historical source. Over the years, a long series of approaches and methodologies have been developed to address the field of funerary archaeology. For this research, we have also chosen to apply some theoretical and methodological approaches of post-processual archaeology, which we found to be more productive for the case of Garaguso. Today we know that every community adopts different solutions based on specific religious, cultural, ideological, and political choices, developing its own “code of death”. Material culture is where elements of this social language can be found; in other words, the artefacts form part of a discourse of complex messages to be deciphered. The study of a necropolis is worthwhile and acquires value when the research is undertaken on the level of historical reconstruction and placed in its historical and social contexts. The aim of the present study is thus to use material culture to decode the strategies of self-representation that determined the choices made by the community in both the sacred and funerary realms.
1.4. Summary. Introduction This volume presents a nucleus of Archaic tombs from the necropolis of the Oenotrian centre of Garaguso and analyses the choices made by the community that led to different uses of material culture in funerary and sacred contexts. It is designed to follow the volume on the sacred area of Grotte delle Fontanelle di Garaguso, published together with Dr. Silvia Bertesago in 2015. The first excavator of the site, the French archaeologist Jean-Paul Morel often used Garaguso as a case study to demonstrate the complex dynamics between Greeks and indigenous peoples in southern Italy during the Archaic period. Morel’s studies, which focused on the Greek material culture in an indigenous context with particular interest in local wares that imitated colonial prototypes, served as the point of departure for this work. The aim is both to reconstruct the funerary ritual of the community at Garaguso and to propose a contextual interpretation of its material culture. The analysis presented here constitutes the first complete investigation of a nucleus of tombs in an Oenotrian necropolis as well as the first comparison between the funerary and sacred areas at a site in the Oenotrian area. Following an overview of the themes and theoretical approaches central to the work in chapter 1, chapter 2 provides a geographical and historical introduction to the so-called Oenotrian area. This section D’Agostino 1985, 51-52. Per l’archeologia post-coloniale Van Dommelen 2000, 305-306; Malkin 2004. 18 Gosden 2009, 20. 16 17
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2 Quadro geografico e cornice storico archeologica 2.1. Quadro geografico
archeologici d’emergenza che hanno dato la possibilità di salvare testimonianze preziose, ma che non sono state seguite da indagini sistematiche. La fortuna di determinati insediamenti è stata probabilmente determinata dalla loro posizione, ritenuta favorevole perché vicina a naturali vie di passaggio e comunicazione, che sono state il teatro dei movimenti di persone, beni, idee tra luoghi diversi. Il contatto tra il versante tirrenico dell’Italia centromeridionale e quello adriatico e ionico si è verificato proprio grazie ad una fitta rete di itinerari montani, collinari e fluviali che ne costellavano il paesaggio. Già nell’VIII sec. a.C. e poi nel corso del VI queste strade vengono segnate archeologicamente dalla presenza di manufatti che indicano la rete di contatti che i popoli dell’Italia antica avevano intessuto. Particolare importanza nel caso di Garaguso rivestiva un itinerario meridionale che partendo dall’area etrusco-campana attraversava la valle del Sele per poi deviare ad Est verso il Potentino e infine a Sud verso le vallate del Bradano e Basento per raggiungere il territorio e la città di Metaponto6. Gli itinerari di collegamento con Taranto e l’area messapica sono stati meno valorizzati nella ricerca.
La Basilicata1 si presenta con almeno due distinti paesaggi che ne hanno condizionato diversamente il popolamento: la zona costiera, caratterizzata prevalentemente da pianure e dall’Avanfossa Bradanica, e l’entroterra, dove domina il paesaggio della Montagna Appenninica segnato da corsi d’acqua spesso affiancati da calanchi. I fiumi che attraversano l’area sfociano su un tratto di costa del Mar Ionio che da Sibari, situata presso la foce del fiume Crati, si estende fino a Metaponto, situata tra i fiumi Bradano e Basento. Garaguso si trova in una zona di transizione tra i due paesaggi, a circa 50 km dall’attuale linea di costa (fig. 2.1), e occupa un’altura a 492 m slm che domina la vallata fluviale del Salandrella che a valle prende il nome di Cavone (fig. 2.2)2. Questa valle assicurava contatti diretti con la costa ionica, mentre la valle del Basento, distante pochi chilometri, doveva costituire un tramite per le valli del Marmo-Platano e poi del Sele, e quindi il contatto con la costa tirrenica; le altre zone come la Val d’Agri erano raggiungibili attraverso passi e valichi montuosi, come Aliano tramite Stigliano, oppure Sala Consilina attraverso il passo Croce di Marsico Nuovo, lungo il corso del Camastra3. Nell’antichità la regione manifestava un’evidente molteplicità culturale con gruppi sociali caratterizzati da un insieme di tratti culturali; questi erano costituiti da specifici rituali funerari e dalla produzione e dall’utilizzo di ceramiche specializzate4. In base a questi elementi Garaguso appartiene all’area culturale enotria, ma occupa una posizione di confine che ha agevolato le relazioni con le altre componenti culturali che occupavano le aree vicine, situate tra la West Lucania e la Bradano Area. Se si osserva la pianta elaborata da Edward Herring, che qui si ritiene valida e a cui si farà riferimento, Garaguso occupa proprio una posizione di confine che ha agevolato le relazioni con le altre componenti culturali che occupavano le aree vicine (fig. 2.3)5. La ricostruzione di un quadro articolato del popolamento diacronico dell’area enotria, tuttavia, risulta difficile a causa dello stato della documentazione. Nel corso degli anni, infatti, si sono susseguiti interventi
Per posizione, dunque, Garaguso si qualifica come “paesaggio di contatto” ideale7, non solo tra indigeni e Greci, ma anche tra comunità indigene diverse. Un’altra definizione che ben si adatta alla situazione di Garaguso è quella adottata da Herring per gli altri centri che ne condividono le caratteristiche: border zone site8. 2.2. Tra le colonie greche. Metaponto e Taranto Di Metaponto e Taranto, a fronte di una bibliografia vastissima, qui si vuole solo tratteggiare la cornice storica sincronica ai contesti di Garaguso tra la seconda metà del VI e gli inizi del V sec. a.C.9 Nel periodo successivo alla conquista di Siris da parte achea, si verifica a Metaponto una fase di aumentato benessere che coinvolge la città e il territorio: s’intensifica lo sfruttamento della chora e parallelamente si instaurano rapporti con le popolazioni indigene dell’entroterra10; i rinvenimenti della necropoli di contrada Crucinia, e particolarmente quelli del Fondo Giacovelli, suggeriscono che, dopo la predominanza
1 Si userà il concetto di Basilicata funzionalmente a questo lavoro, con la consapevolezza che per i periodi che si trattano in questo libro il termine non ha alcun significato. Nel volume sui depositi Autera e Altieri di Grotte delle Fontanelle era stato già realizzato un inquadramento territoriale e storico di Garaguso, che verrà qui riassunto, cfr. Bertesago, Garaffa 2015, parte I.I. 2 Boenzi 2006, 11. 3 Tocco Sciarelli 1980, 453. 4 Per la complessa questione, qui semplificata, tra gli altri si rimanda ad Osanna in Carollo, Osanna 2009, 385-389, Yntema 2013, 37-44, e Bottini 2016. 5 Herring 1998, 220, fig. 175.
Gras 1987, 213. Burgers, Crielaard 2009. 8 Herring 1998, 216. 9 Sulle due colonie cfr. anche Yntema 2013, 101-115. Per un confronto tra i rituali funerari indigeni e quelli di Taranto e Metaponto cfr. Burkhardt 2013, 183-186. 10 Per la “colonizzazione della chora” cfr. Carter 2008. 6 7
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 2.1. Carta dell’Italia meridionale con l’indicazione dei principali siti citati. Su concessione dell’Archivio della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Matera – Università degli Studi della Basilicata.
di un unico gruppo, ghene diversi convivano in città11. Con la distruzione di Sibari da parte di Crotone nel 510 a.C. si assiste ad una ulteriore fase di accrescimento: Metaponto diventa punto di riferimento per la Siritide e la frammentata realtà indigena12. Nel problematico rapporto Metaponto-Garaguso giocano un ruolo significativo le testimonianze di ceramica a decorazione geometrica enotria rinvenute nel corso degli scavi effettuati lungo il lato Nord dell’Agorà: i frammenti ceramici facevano parte di uno strato di preparazione del battuto stradale ed erano mescolati ad altri elementi riferibili a resti di
Bottini, Vullo 2019. Per una ricostruzione quasi inversa, per cui alla naturale rivalità tra famiglie aristocratiche seguì la tirannide, alla cui caduta segue una trasformazione radicale del sistema della divisione della terra cfr. Giardino, De Siena 1999, particolarmente 354-357 e De Siena 2008. 12 Guzzo 2016, 372-381, con l’ipotesi che alcuni membri dei ghene sibariti abbiano trovato rifugio a Metaponto. 11
Fig. 2.2. Valle del Salandrella. Panoramica da Sud. Foto V. Garaffa.
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Quadro geografico e cornice storico archeologica
Fig. 2.3. Rielaborazione della carta dell’Italia meridionale: in rosso approssimativamente l’area enotria, in verde quella nordlucana, in blu quella bradanico-peuceta. Su concessione dell’Archivio della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Matera – Università degli Studi della Basilicata.
fornace13. Questi frammenti, interpretati da Maria Luisa Nava come afferenti ad una produzione per il mercato enotrio, meriterebbero un’indagine più approfondita e una edizione esaustiva delle loro caratteristiche principali e del contesto di rinvenimento. Non si può, inoltre, trascurare il fatto che i frammenti rinvenuti, datati alla prima metà del VI sec. a.C., rechino sia sul collo che sul corpo dei piccoli cantaroidi una sintassi decorativa con i motivi cosiddetti ad L contrapposte, che proprio a Garaguso non è attestata in alcun modo. Questa ceramica “enotria”, quindi, non proveniva da Garaguso o non era destinata a quella comunità.
L’ambito della cultura materiale rappresenta un trait d’union tra Metaponto e Taranto, l’altra colonia greca coinvolta nelle dinamiche storiche di Garaguso. In questo senso è significativa la pisside globulare con cerchi concentrici NC 41 da t. 1, la cui origine esatta è individuata ora nel mondo indigeno, ora a Metaponto, ora a Taranto. Il quadro complessivo della storia arcaica di Taranto è frammentario e poco noto14, a parte gli episodi di conflittualità con gli Iapigi documentati da testimonianze archeologiche e letterarie15 e la ricostruzione delle mire espansionistiche della colonia greca, spesso frustrate dalle concorrenti achee16. Moggi 2002, 68. Per un quadro storico d’insieme cfr. Guzzo 2016, 406-444. 15 Moggi 2002, 69-72, sia per le fonti letterarie che per quelle archeologiche. 16 La Torre 2011, 93-95. Sulla fondazione di Eraclea cfr. anche Moggi 2002, 77-78. 14
13 Nava 1999 [2000], 700, tav. LXXXVIII, 3. Per Bianco i cantaroidi sarebbero stati prodotti nel Ceramico dai Greci per gli enotri, con tecniche più sviluppate che consentivano una produzione più rapida e più economica, Bianco 2010.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Ed è in questo clima di cambiamenti, conflitti e movimenti, di interessi, scontri e contatti, che a Garaguso si verifica contemporaneamente l’emergere del sacro e lo sviluppo della necropoli.
Basilicata è appunto distinta in Enotri, e questi ultimi in Chones e Peuketiantes. Il territorio dell’Enotria confinava a Nord con l’area nord-lucana e ad Est con quella bradanicopeuceta (fig. 2.3) 22. Non diversamente dall’attualità i bacini fluviali erano strutturati con colture nelle pianure e sui pendii della collina, mentre i pascoli sfruttavano le alture, passi obbligati negli annuali spostamenti di transumanza23. Gli insediamenti erano generalmente collocati sulle colline, presentandosi come aggregati di nuclei residenziali sparsi e le necropoli occupavano le pendici delle alture o le colline ad esse vicine. Qui sono state rinvenute testimonianze che forniscono indicazioni, anche diacroniche, sulla composizione del nucleo sociale e sulle pratiche diffuse nelle comunità, dimostrando che i corredi riflettevano forme di distinzione sociale basate sia sul ruolo che sul rango24. Le organizzazioni sociali indigene erano probabilmente società tribali, chiefdom o chiefdom sviluppati, forse gruppi di parentela allargati in cui pochi individui detenevano il potere che probabilmente era ereditario ed era rinforzato da legami o alleanze a loro volta saldati da scambio di doni o da rituali condivisi25. Al di là delle suddivisioni tra i diversi popoli, i capi delle comunità si riconoscevano come uguali tra loro e condividevano lo stesso sistema simbolico di segni di potere e di prestigio26. A partire dall’VIII sec. a.C. si spezza quello che è stato considerato l’“egualitarismo” primitivo tipico dell’età del Ferro ed emergono compagini differenziate e articolate 27. La ceramica a decorazione geometrica, che si sviluppa a partire dall’XI sec. a.C., fino al IX non ha variazioni lungo tutta la penisola, ma dall’VIII si divide in stili regionali28. Le cause sono da rintracciarsi in dinamiche interne, ma non deve essere considerato estraneo al fenomeno l’arrivo dei Greci sulle coste dell’Italia meridionale.
2.3. Gli Enotri e l’area enotria La regione definibile “Enotria” è un’area geografica fittizia, probabilmente non percepita come unità dai suoi abitanti. Tuttavia il termine verrà utilizzato come riferimento ad una entità fisica che, benché artificiale, faccia riferimento ad un’area con specificità geografico-ecologiche all’interno della quale è possibile rintracciare comunità diverse accomunate da tratti culturali simili. Nelle fonti antiche con “Enotria” si intendeva il territorio dell’asse Metaponto-Posidonia, cioè dalla foce del Bradano a quella del Sele, compresa la Calabria17. Il territorio si estendeva quindi in senso Nord/Sud dalla Campania meridionale, cioè il Vallo di Diano, sino ai primi rilievi in prossimità della costa ionica; il suo limite occidentale era costituito dalle vallate fluviali dell’Agri e del Sinni ad Ovest, con alcuni centri sul Golfo di Policastro che si affacciano sul Mar Tirreno, mentre il limite orientale era costituito dal fiume Bradano; ad Est del Bradano era la Peucezia18. Nel testo ci si riferirà all’area enotria intendendone la parte ricadente nell’attuale Basilicata e particolarmente quella delle vallate fluviali dell’Agri e del Sinni, con la quale Garaguso mostra le maggiori affinità; questa zona è stata definita sia da Douwe Yntema che da Herring, in base alla produzione ceramica, West Lucania, ovvero Lucania Occidentale19. 2.3.1. Gli Enotri e i loro insediamenti Il mondo enotrio della prima età del Ferro è costituito da modesti abitati di capanne dislocati sulla sommità dei rilievi nell’area subcostiera, come Santa Maria d’Anglona e l’Incoronata, che controllano la fertile pianura alluvionale e sono posti in posizione strategica verso il mare da una parte e verso le basse vallate dell’Agri e del Sinni dall’altra20. Questi insediamenti erano abitati dai Chones, caratterizzati dal rituale inumatorio rannicchiato di influenza adriatica e da una strutturazione articolata della società21. All’interno delle vallate fluviali sorgevano altri centri che controllavano invece gli itinerari interni; queste comunità erano caratterizzate dal rituale inumatorio supino. In zone geografiche più o meno omogenee e circoscritte, quindi, è possibile rintracciare nuclei che condividono alcuni tratti culturali, come l’adozione di uno specifico rituale funerario; grazie ad indicatori di questo tipo la
2.3.2. Enotri e Greci La sopracitata “crisi” dell’VIII sec. a.C. deve essere stata determinata anche dalle prime presenze stabili dei Greci sulla costa ionica, che hanno provocato un processo di destrutturazione delle locali comunità costiere che si dissolvono in breve tempo all’avanzare della loro presenza e contemporaneamente hanno avviato, con le comunità dell’entroterra, l’apertura di nuovi flussi commerciali, più sviluppati di quelli precedenti anche perché proiettati verso il mondo etrusco-tirrenico29. I referenti dei Greci sono gruppi elitari che si distinguono all’interno della comunità ed esibiscono il loro ruolo di Bianco, Preite 2014, 407; sulla cultura nord-lucana numerosi contributi in Battiloro, Osanna 2011 e Osanna 2015 con bibliografia di riferimento; sull’area bradanico-peuceta cfr. De Juliis 1995 e Marchi 2010 con bibliografia di riferimento. 23 Tocco Sciarelli 1980, 440. 24 Bianco 2000c, 10. 25 Herring 2000, 53. 26 D’Agostino 1998; per il gift-giving come “patto di riconoscimento” tra gruppi di società tradizionali, Hénaff 2013, 18-21. Sul tema cfr. sez. 5.2.3. 27 Bottini 1999b, 89; Bianco, Preite 2014, 407. 28 Herring 2000, per il quale il fenomeno potrebbe spiegarsi come una reazione a fattori esterni. La matt-painted è stata utilizzata per la costruzione delle “culture archeologiche”, cfr. sez. 4.2.1. 29 Bianco 2000c, 11; Bianco, Preite 2014, 419. 22
17 Bianco 2000c, 9. Il limite meridionale degli insediamenti che hanno restituito ceramica matt-painted a decorazione geometrica attribuibile all’area enotria è Scalea con l’insediamento sulla collina di Petrosa, dove forse veniva lavorato il ferro, che vive dal VII sec. a.C. sino alla caduta di Sibari, Guzzo 2010, 443; sull’Enotria cfr. anche Bottini 2016. 18 Per cui si veda anche De Juliis 1995. 19 Yntema 1990a ed Herring 1998. 20 Bianco, Preite 2014, 407. 21 All’Incoronata, per esempio, dall’VIII sec. a.C. si assimilano modelli greci nel rituale come l’utilizzo delle anfore corinzie di tipo A per l’enchytrismos, Denti, Villette 2013.
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Quadro geografico e cornice storico archeologica intermediatori adottando nuovi costumi. Anche le fonti letterarie riportano alcune testimonianze dell’interesse dei Greci verso queste zone e i fenomeni di contatto, alcuni dei quali si fanno risalire già ai nostoi epici30. Degli Oinotroi parlano le fonti greche sin dal VI sec. a.C. con la testimonianza del logografo Ecateo di Mileto che registra la loro presenza elencandone le città en mesogeìai31. La menzione è certamente dovuta al forte interesse nella Grecia ionica per i legami tra Mileto e Sibari32. Tra le altre testimonianze pervenute, alcune delle quali controverse, una delle più note riguarda la menzione di Strabone dei quattro ethne e delle 25 poleis facenti parte dell’impero di Sibari: l’erudito accenna ad un sistema politico articolato, probabilmente sorto in seguito alla decadenza di Siris, che si fatica a ricostruire33. A questa testimonianza si lega la menzione aristotelica di basileis enotri, di cui ancora una volta non è possibile descrivere né caratteri, né raggio d’azione34; è ancora Aristotele che cita Italo, re degli Enotri, che avrebbe trasformato queste popolazioni da nomadi in agricoltori, dotandole di leggi e avviandole alla pratica dei sissizi, i pasti in comune35. Le fonti letterarie greche, dunque, registrano la situazione politica locale e testimoniano la collaborazione delle comunità indigene, guidate da referenti, con le poleis greche. L’interesse verso questa parte dell’Italia meridionale dimostrato dalle fonti letterarie è quindi conseguenza dei fenomeni di contatto tra Greci e indigeni, fenomeni che hanno attivato processi di sviluppo che ci sembra di poter rintracciare archeologicamente. L’incontro non è riconducibile ad un modello, ma ha seguito dinamiche diverse, stando a quanto ancora una volta riportano le fonti: Erodoto riporta persino un accordo tra i due protagonisti per la fondazione di Hyele (Elea, Velia)36. La lettura e l’interpretazione di altri elementi conducono, invece, a rapporti conflittuali. A questi alluderebbe il ciclo figurativo dell’Heraion al Sele, dove Eracle simboleggerebbe l’eroe civilizzatore che libera la terra dai Centauri e Sileni, figure metaforiche degli Enotri che occupavano la fertile Piana del Sele37; più esplicita la notizia di Strabone, forse in origine antiochea, di scontri tra Metapontini e Tarantini con Enotri dell’entroterra38.
mancati sporadici rinvenimenti speculari anche in area etrusca, spia di contatti non ancora indagati a fondo39, che in alcuni casi sono stati messi in relazione con l’interesse per l’acquisizione di manodopera servile tramite i gruppi elitari 40. Più che con gli Etruschi, però, che sono stati spesso invocati nella letteratura, sarebbe forse opportuno parlare di scambi e contatti con il mondo tirrenico in generale e con i centri della Campania meridionale in particolare, centri che almeno per prossimità geografica sembrano essere stati quelli più coinvolti. I manufatti rinvenuti nell’area enotria si limitano ad alcune classi di materiali come il bucchero41 o i bronzi, per lo più beni accessori che non si rinvengono quasi mai isolatamente, ma in combinazione tra di loro e sono stati associati ad esigenze ideologiche di autorappresentazione. Una delle ipotesi più accreditate è che i centri enotri delle vallate dell’Agri e del Sinni abbiano ospitato artigiani stabili e itineranti, soprattutto per quanto riguarda la lavorazione dell’ambra42, mentre sembra ancora irrisolta la questione della lavorazione dei metalli, tema spinoso soprattutto per l’individuazione di un artigianato indigeno43. I rapporti con l’area campana meridionale sarebbero inoltre confermati dall’iscrizione di Tortora44. 2.3.4. Le necropoli enotrie Le necropoli enotrie delle vallate fluviali dell’Agri, del Sauro45, del Sinni, del Sarmento e Palinuro condividono tra di loro molte caratteristiche. Di seguito una rassegna a cui segue un confronto. Val d’Agri Nella Val d’Agri sono note necropoli ad Alianello, Aliano, Armento, Roccanova e San Brancato di Sant’Arcangelo. Alianello Contr. Cazzaiola La documentazione di Alianello è una delle più ricche del mondo enotrio. Il centro moderno si trova su un’altura che domina la riva sinistra del fiume Agri, via naturale di comunicazione tra lo Ionio e il Tirreno attraverso il Vallo di Diano e l’alta valle del Basento. Tutto il territorio è caratterizzato da una serie di alture. Le più antiche tracce di popolamento si datano alla prima età del Ferro, ma la documentazione più consistente riguarda la necropoli dell’Orientalizzante scavata in Contrada Cazzaiola, un pianoro situato nei pressi del centro moderno46. La
2.3.3. Enotri e mondo tirrenico La presenza di oggetti di produzione etrusca nelle necropoli d’area enotria ha posto la questione della loro provenienza e delle modalità di contatto. Non sono Bianco 2000d, 13. FGrHist 1FF 64-71, riportato da Stefano di Bisanzio. Per una discussione sulle fonti cfr. Torelli 2001; Bianco 2000d. 32 Sui legami tra Grecia ionica ed enotria cfr. Ronconi 1993, 49-50; fondamentali riflessioni in Torelli 2001. 33 VI, I, 13. 34 Secondo un processo di “normalizzazione” nella prospettiva politicoistituzionale greca, Bottini 1999b, 93, dinamica confermata dalle iscrizioni dei donari tarantini a Delfi, per esempio. 35 Politica, VII, 9, 2. 36 Historiae, I, 167; il dossier archeologico relativo alla presenza indigena nel territorio acquistato dai Focei è comunque scarso, cfr. Greco, G. 2012, 1031-1032. 37 Masseria, Torelli 1999, 248. 38 VI, I, 15. 30
Si vedano le testimonianze in Bartoloni 1971; per i rinvenimenti di ceramica enotria subgeometrica anche nel santuario di Apollo e in quello nord di Pontecagnano, interpretata come offerta di individui di origine allogena residenti stabilmente nella comunità cfr. Bailo Modesti et alii 2005, 39. 40 Tagliente 1985, 170. 41 Per cui si veda ad esempio Tagliente 1983. 42 Montanaro 2015. 43 Bottini, Tagliente 1994, 492. Su importazioni greco-orientali e prodotti greco-coloniali cfr. Bottini 2020. 44 Lazzarini, Poccetti 1999. 45 Un progetto di dottorato analizza alcuni contesti funerari di questa vallata, Macrì 2009. 46 Bottini, Tagliente 1984, 111.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. associativi del mondo greco che prevedevano il consumo di carni arrostite e carni bollite55. Verso la fine del VI sec. a.C. si assiste ad un cambiamento notevole: le produzioni artigianali sembra risentano dell’influenza greca e tutte le forme ceramiche sono greche o d’imitazione; le poche forme indigene hanno caratteristiche derivate dagli artigiani greci, come l’uso del tornio veloce, l’argilla molto depurata e le vernici di ottima fattura.
scoperta della necropoli si data all’indomani del sisma del novembre del 1980, in seguito alla messa in opera di alcuni container47. I siti erano comunque conosciuti sin dagli anni ‘60 del secolo scorso, grazie alle ricognizioni volute da Dinu Adamesteanu48. Nelle tombe a fossa, fittamente distribuite, il sostrato indigeno gravitava verso l’area del Vallo di Diano sia per il rituale inumatorio supino, sia per il repertorio formale delle produzioni ceramiche49. Un primo resoconto, anteriore al 1984, ha parlato del rinvenimento di 300 sepolture a fossa terragna con scheletro supino. È stato possibile rilevare numerose sovrapposizioni, anche fino a 5 metri di profondità, che hanno fornito dati interessanti per la sequenza stratigrafica dell’utilizzo dell’area50. Le tombe sono generalmente orientate in senso Est/Ovest. È presente un rilievo complessivo dell’areale, all’interno del quale sembra di distinguere non solo alcune tombe a lastroni, ma anche dei depositi di oggetti forse votivi in relazione a pratiche cultuali. Nei corredi di VII sec. a.C. sono pochi i vasi di accompagnamento, come l’olla, vaso per derrate alimentari presente in sepolture maschili e femminili51 e alcune forme di tradizione protostorica come gli attingitoi, le ciotole, le brocche. Le sepolture maschili sono connotate dalle armi, per lo più la spada, mentre quelle femminili da parures ornamentali ricche e complesse, che denunciano una effettiva continuità con la tradizione di VIII sec. a.C.52. Emerge la varietà di apporti a questa cultura, dal Vallo di Diano al mondo japigio, ceramica protocorinzia (da Siris?) e oggetti etruschi. Non è solo dunque l’apporto greco che realizza l’identità di questi gruppi sociali, ma piuttosto la posizione strategica in relazione alle vie di penetrazione e comunicazione e agli altri gruppi indigeni nell’intermediazione53.
Nel corso degli anni 1985-1988 la ripresa dei lavori nell’area archeologica ha portato al recupero di ulteriori sepolture, oltre 750, databili tra gli inizi del VII e la metà del V sec. a.C.56. Si osservano caratteristiche già notate: il corredo si dispone intorno al defunto, in prevalenza alla testa e ai piedi. Come in tutti gli altri casi i corredi maschili sono caratterizzati dalla presenza di armi, quelli femminili dalle grandi parures ornamentali, la ricchezza delle quali si attenua nel corso del VI sec. a.C57. È forse possibile ravvisare in questo periodo un’articolazione dello spazio necropolare nel settore settentrionale con sepolture monumentali (?) delimitate da lastre litiche o da veri e propri recinti di lastre contenenti le deposizioni di interi gruppi familiari58. Nella prima metà del V sec. a.C. le forme vascolari che costituiscono il corredo sono soprattutto di produzione greco-coloniale. Non mancano particolarità, come la deposizione di alcuni busti di terracotta di divinità femminili nel corredo della tomba 433; dalle tombe di bambini 111, 213 e 612, invece, provengono statuette di divinità sedute in trono59. La necropoli sembra interrompersi bruscamente nel 470 a.C., in relazione ai mutamenti politici avvenuti nell’area ionica e in quella campana60.
Le sepolture databili al VI sec. a.C. si distinguono dalle tombe precedenti e gli inventari nei corredi raggiungono i 120 oggetti. I repertori sono ancora quelli del Vallo di Diano, mentre le forme greche rimandano al consumo del vino e la loro iterazione è considerato un indicatore di distinzione sociale. Tra le forme si annoverano stamnoi, coppe di tipo ionico, oinochoai, kothones; sono presenti anche importazioni dal mondo etrusco-campano. I caratteri delle sepolture femminili, molto accentuati nel VII secolo, tendono ad attenuarsi. Permangono le fibule che conservano un valore di distinzione sociale per la loro abbondanza, sino a 20 esemplari per tomba54. Alcune sepolture si distinguono per la presenza all’interno dei loro corredi di bacili e phialai bronzee associate a spiedi e alari, denotando, se non una adesione ad alcune pratiche, la diffusione degli strumenti di alcuni fondamentali momenti
Aliano Contrada S. Maria La Stella La contrada è localizzata 2 km ad Ovest della città, su un’altura ad 800 m slm. che domina la valle del Sauro, affluente dell’Agri. La comunicazione è diretta con il bacino idrografico dell’alto Basento, mentre rimane marginale con le direttrici degli altri importanti centri dell’Enotria meridionale. La necropoli, distribuita sui pendii, si riferisce ad un insediamento posto alla sommità di una vasta collina. Sono state individuate circa 56 sepolture del tipo a fossa semplice orientate in senso Est/Ovest con inumato in posizione supina. Il corredo funerario è posto ai piedi, dove è collocata l’olla, e lungo i lati della sepoltura. Spesso gli oggetti d’ornamento conservano la loro reale posizione, come le fibule, indicando quindi il loro utilizzo. Nel repertorio vascolare indigeno sono attestate olle e attingitoi, kantharoi, brocchette, ciotole mono e biansate e coppe su piede; sono presenti importazioni dalle colonie, più rare pare che ad Alianello, così come più rari sono i
47 Superficie di almeno 20000 mq, Bottini, Tagliente 1984, 111; alla scoperta seguirono esproprio dell’area, scavi sistematici e programmi di ricostruzione, Bianco 1990, 7. 48 Bottini, Tagliente 1984, 111. 49 Bianco 1990, 7. 50 Bottini, Tagliente 1984, 111. 51 Presente anche nelle sepolture campane più ricche, Bottini, Tagliente 1984, 113 e nota 5. 52 Bottini, Tagliente 1984, 113. 53 Morel 1983a; Tagliente 1983, nota 13, per i centri del Vallo di Diano che sarebbero stati intermediari con il mondo etrusco-campano. 54 Le fibule potrebbero venir attribuite ad abbigliamenti complessi.
Bottini, Tagliente 1984, 114. Bianco 1990, 9. 57 Bianco 1989-1990a, 586. 58 Bianco 1996, 133. 59 Foto delle tombe 213 e 111, dove si vedono le statuette di figure femminili sedute in trono, Bottini, Tagliente 1984, tav. IX e 115, fig. 6; Bianco 1990, 16. 60 Bianco 1989-1990a, 588. 55 56
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Quadro geografico e cornice storico archeologica vasi bronzei. Nelle tombe maschili persiste il costume di caratterizzare il defunto con spada e punta di lancia oppure coltello, talvolta con attrezzi di lavoro come l’accetta. Sono frequenti gli strumenti da banchetto e non mancano le fibule in bronzo o in ferro. Le sepolture femminili si distinguono per gli oggetti di ornamento personale come le fibule, soprattutto quelle con arco rivestito d’ambra, e le armille, mentre raramente nelle tombe appare la fuseruola. Nel VI sec. a.C. i vasi del servizio da mensa legati al consumo del vino ed al banchetto si diffondono anche nelle sepolture femminili61. Complessivamente le sepolture di S. Maria la Stella sembrano lievemente meno ricche di quelle di Cazzaiola.
da fibule di bronzo di vario tipo, tra cui quelle a navicella con apofisi laterali e staffa lunga o arco ingrossato, rinvenute allineate sul petto. Ai piedi del defunto è deposta la grande olla spesso contenente l’attingitoio e nei pressi è un boccaletto d’impasto67. La ceramica d’importazione è presente in buona parte dei corredi con almeno una coppa a filetti oppure una coppa di tipo ionico B1 o B2, e proprio la tipologia di queste coppe ha permesso di individuare tre fasi cronologiche principali68. La ceramica indigena presenta analogie con le produzioni di Garaguso69, di Sala Consilina e di Palinuro.
Armento
Localizzata invece a Sud/Ovest di Roccanova, e del tutto analoga a quella di Serre, questa necropoli è stata scavata da Juliette de La Genière in seguito a sequestri di materiale archeologico nella zona. I corredi delle tombe, che contenevano fino a 50 vasi, confermerebbero l’esistenza di una officina ceramica in ogni centro indigeno, qui caratterizzata da oinochoai realizzate con un’argilla sabbiosa tipica della zona, con una decorazione geometrica di evidente ispirazione greca70. Costituisce eccezione la necropoli di fine V-inizi IV sec. a. C.71.
Roccanova Contrada Marcellino-Tre confini
Come mostrano alcuni corredi di sepolture scoperte occasionalmente, si suppone che Armento rivestisse un ruolo significativo tra i centri enotri già dal VII sec. a.C. Il centro sorgeva a controllo degli assi fluviali, come ad Aliano e a Chiaromonte, con cui ha in comune il modello di organizzazione territoriale: una collina a ridosso di una via fluviale con le aree di necropoli ubicate nelle immediate pendici. Conformemente con la documentazione degli altri siti enotri, tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. si assiste ad un processo di trasformazione con conseguente contrarsi della necropoli, ma in questo caso l’abitato si sposta verso un’area in prossimità di un importante tratturo che collega la val d’Agri con la Lucania interna, area centro-settentrionale 62. I rinvenimenti di Armento d’età arcaica sono comunque poco noti, benché relativi a contesti eccezionali. Ci si riferisce in particolare alla scoperta di una tomba a camera con ricchissimo corredo metallico costituito da corazza, elmo corinzio, schinieri, spada e oinochoe bronzea di tipo rodio; della parte vascolare del corredo, che per circostanze di rinvenimento non è interamente ricostruibile, è stato pubblicato un unico frammento ceramico che sembra coerente con l’orizzonte stilistico della Lucania Occidentale63.
San Brancato di Sant’Arcangelo Alla destra della media valle dell’Agri si trova l’abitato di San Brancato, frazione moderna del Comune di Sant’Arcangelo, forse deputato nel corso dell’VIII sec. a.C. al controllo della viabilità e di un guado proprio sull’Agri in questo tratto72. Le ricerche sono state avviate congiuntamente all’attività edilizia resasi necessaria in seguito al terremoto dell’Irpinia e hanno consentito il recupero sia delle evidenze della facies lucana73, con abitato e necropoli, sia di quella enotria del primo Ferro relativa a due distinte aree cimiteriali. Nelle sepolture riferibili ad individui di sesso femminile e maschile e ad infanti, il defunto era inumato in posizione supina in una fossa terragna riempita con terra oppure ciottoli74. Il corredo, composto da poche forme vascolari e reperti metallici, è ridotto sia per azioni di disturbo antico o moderno che per la composizione sociale di questo nucleo, ben lontano dallo sfarzo e dalla ricchezza delle altre necropoli enotrie del primo Ferro75. Pare che la necropoli non abbia avuto continuità in età arcaica.
Roccanova Contrada Serre La Contrada Serre occupa un’altura a m 1150 slm. a Nord/ Est del centro moderno di Roccanova64, in posizione dominante la media valle dell’Agri65. Il pendio circostante l’altura delle Serre è occupato da una vasta necropoli indigena databile tra la seconda metà del VII e la prima metà del VI sec. a.C. Le circa 48 sepolture esplorate sono tutte a fossa, eccetto qualcuna con cassa di legno66, così come si verificava quasi certamente ad Alianello. Il cadavere è deposto supino e come consuetudine è circondato dal corredo ceramico; la veste del defunto era tenuta insieme
Tocco Sciarelli 1980, 444 e nota 17 per il boccaletto d’impasto. Tocco Sciarelli 1980, 444. 69 In realtà l’affinità è meno importante di quanto notato: sia le forme che la sintassi decorativa dei vasi non trovano confronti precisi a Garaguso, tranne nel caso del vaso 37120 della t. 12, cfr. Tocco 1971, 63, tav. XIX, definito kantharos. 70 De La Genière 1972, 252. 71 Adamesteanu 1968, 259-260. 72 Bianco 2014, p173. 73 Sulla fase lucana e particolarmente sulla necropoli cfr. Mandic, Vita 2014. 74 Bianco 2014, 175. 75 Bianco 2014, 194-200. 67 68
Bianco 1989-1990a, 588-590. Russo Tagliente 1995, 123 63 Località Fiumarella, Adamesteanu 1970-1971; Bottini 1993, 61-69 e particolarmente 68, n.15. 64 Per una bibliografia aggiornata al 1996 cfr. Colicelli 2001. 65 Ancora negli anni ‘80 del secolo scorso il passo era frequentato da pastori e greggi in transumanza, cfr. Tocco Sciarelli 1980, 443. 66 Tocco 1971, 57. 61 62
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. accompagnano il defunto evidenziano lo status e il rango degli individui all’interno della società. L’articolazione sociale deve aver caratterizzato questi nuclei sin dalle fasi più antiche e questo sarebbe evidente nel caso, per esempio, delle sepolture femminili con parures ornamentali. Nell’VIII sec. a.C. il corredo vascolare è costituito da una coppia di vasi deposta ai piedi, e cioè una grande olla matt-painted con decorazione a tenda e un vasetto attingitoio; talvolta è presente anche una ciotola monoansata. Le sepolture maschili sono caratterizzate da rasoio e lancia bronzea oppure dal pugnale in ferro a lama sinuosa con impugnatura bronzea, mentre le sepolture femminili hanno restituito parures che tra la fine dell’VIII e gli inizi del VII sec. a.C. cominciano ad arricchirsi e complicarsi, analogamente a quanto ricostruito per Alianello e Chiaromonte82. Anche qui tra la fine del VII e gli inizi del VI sec. a.C. le influenze dal mondo greco cominciano a incidere visibilmente, sia nell’importazione di oggetti, sia nell’imitazione o rielaborazione in ambito locale. Guardia Perticara si distingue rispetto agli altri centri di cultura enotria per alcune peculiarità come i famosi modellini fittili architettonici83, le olle dipinte con anse di tipo zoomorfo e antropomorfo, i kernoi e altri vasi ravvivati da sintassi esuberanti e applicazioni plastiche. Dall’inserimento all’interno del corredo di determinati manufatti si è dedotta l’adesione ad alcuni rituali tratti dalla sfera civile e religiosa aristocratica greca, come il banchetto e il simposio, e altre pratiche come l’unzione del cadavere, la purificazione dall’evento luttuoso e le offerte al mondo dell’oltretomba84. Tra le particolarità locali si segnala il rinvenimento di un cranio di cavallo accanto alla sepoltura 338 di VI sec. a.C., forse come segno di prestigio. Agli inizi del V sec. a.C. viene ripetuta la formula utilizzata per le altre necropoli enotrie e cioè che “il processo di ellenizzazione è compiuto”: il servizio vascolare è praticamente greco e dalla sua composizione si inferisce una adesione al culto di Demetra e una propensione nei confronti di Dioniso o di Herakles, le cui immagini ricorrono sui vasi di numerose sepolture; in questi fenomeni si è voluta leggere una forte influenza di Metaponto e della valle del Basento, soprattutto per la presenza di ceramica attica figurata che sembra essere stata selezionata da una specifica committenza85.
Valle dell’Agri-Sauro Il sito più importante nella Valle dell’Agri-Sauro è Guardia Perticara. L’abitato moderno sorge su un’altura dai versanti ripidi a m 700 slm nell’alto Sauro, affluente dell’Agri76. Il centro si trovava su antichi e fitti itinerari di collegamento tra la costa ionica e quella tirreno-campana e l’entroterra. La necropoli è collocabile nello stesso orizzonte cronologico delle sepolture di Alianello, cioè tra gli inizi del VII e la metà del V sec. a.C. 77. Sono state rinvenute anche rare sepolture di IV sec. a.C. riferibili ad un insediamento sparso o a fattorie, forse relative ad una riorganizzazione dello spazio lungo le vallate fluviali. Le tombe sono a fossa scavata nel terreno, generalmente delimitate e coperte da ciottoli o frammenti di lastre di conglomerato o arenaria; il defunto è deposto supino insieme al suo corredo alla destra, composto da cratere e olla acroma, oltre a ceramica a vernice nera e figurata. Si distinguono alcune sepolture in cui un defunto di sesso maschile tiene nella mano destra un grosso osso di prosciutto, mentre nelle sepolture femminili è stato rinvenuto il guscio di una o due uova78. Un piccolo santuario presso una sorgente in contrada Tempa San Nicola risulta, infine, attribuibile alla facies lucana79. Guardia Perticara Contrada San Vito La necropoli di contrada San Vito si trovava alla periferia del centro moderno, occupandone le pendici orientali. L’abitato antico doveva forse trovarsi sul pianoro soprastante80. Sono stati individuati e scavati due settori per una estensione complessiva di quasi m² 3000; come nel caso delle altre necropoli enotrie alcune sepolture erano note già agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, ma lo scavo sistematico è stato poi determinato dall’espansione edilizia per la costruzione di edifici civili. La necropoli è stata utilizzata ininterrottamente dall’inizio dell’VIII alla metà del V sec. a.C.81 e la realizzazione delle tombe più recenti ha spesso disturbato o compromesso del tutto quelle più antiche. Le tombe a fossa, scavate nel terreno, sono a volte delimitate o coperte da ciottoli o spezzoni di lastre di puddinga o arenaria locale; spesso formano un tumulo rettangolare o ovale che ricopre tutta la sepoltura, forse segnalata da una pietra verticale infissa all’estremità della fossa; a volte come elementi di copertura sono utilizzati frammenti di pithoi. In base alla loro posizione, pare che le sepolture fossero dislocate e organizzate su base parentelare, mentre i corredi che
A Guardia Perticara, dunque, si riflettono le medesime dinamiche storiche riconosciute per gli altri centri enotri: quando anche Sibari cade, gli interlocutori diventano i Metapontini, nonché gli Achei di Poseidonia e i Focei di Velia. Guardia vive sino al secondo quarto del V sec. a.C., e di questo periodo abbiano ancora tombe a fossa con fitta copertura di pietre, quasi un tumulo, all’interno delle quali continua a esser deposta la grande olla acroma, erede
76 Sul territorio e l’ambiente della Valle del Sauro cfr. Bianco 2011, 49; per la storia della ricerca Ibidem, 53-54. 77 Bianco 2000b, 23. 78 Michelini 1990, 215-216; su alcune necropoli di IV sec. a.C. anche Bianco 2000a, 22. Le analogie più significative per questa pratica legata al culto di Demetra e Kore sono con Tempa Cagliozzo di S. Martino d’Agri, cfr. Russo, Vicari Sottostanti 2009, 1-2. 79 Bianco 2000a, 22. 80 Forse, come a Chiaromonte, altri nuclei erano dislocati alle pendici della collina che ospita l’abitato moderno, Bianco 2000a, 19; Bianco 2000b, 23. 81 Bianco 2000b, 23; sulla necropoli cfr. anche Bianco 2011, 71-73 e 7779.
Bianco 2000b, 24-26. Su questi Bianco 2012. 84 Bianco 2000b, 27. Per la mia posizione su questo tema cfr. sez. 5.5 e Garaffa 2018. 85 Bianco 2000b, 28; per le credenze salvifiche con figure ispirate alla religiosità dionisiaca oppure altri contenuti, con la vittoria delle forze del bene su quelle del male, cfr. Nava 2000a, 40; per i vasi con le immagini di Herakles cfr. anche Russo 2000, 45; Bianco 2011, 29-30. 82 83
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Quadro geografico e cornice storico archeologica forse dell’olla con decorazione a tenda e significativo retaggio della tradizione86. Continua ad essere enfatizzato il cerimoniale simposiaco, come nel caso della tomba maschile 19287, ma si inseriscono nuovi temi come l’ideale civile della paideia, l’educazione politica conseguita attraverso la palestra e l’atletismo, ravvisabile nelle tombe con strigile e alabastron88. I corredi femminili sono simili, ma è deposta l’hydria al posto del cratere, poi le lekythoi, gli alabastra e nella mano destra di due defunte chiavi di tempio in ferro89. La ceramica di importazione attica allude al consumo del vino e al simposio, oppure riporta figure eroiche in cui forse adesso le aristocrazie indigene si identificano90.
una regolarità tale da far supporre l’esistenza di qualcosa che li delimitasse. Sono note altre tipologie di sepolture: defunto su letto di ciottoli; fossa ricoperta da pietre; scavo della fossa nella roccia con annessa costruzione di muretti di conglomerato. Come molte altre del comprensorio e secondo un costume tipico dell’area “enotria”, le sepolture di VI sec. a.C. sono caratterizzate da oggetti metallici: quelle maschili restituiscono armi in ferro, spesso punte di lancia e coltelli, più raramente spade e scuri. All’interno delle sepolture femminili, invece, sono state rinvenute parures e varie fibule, nonché altri oggetti di ornamento e fuseruole94. Il corredo vascolare era concentrato per lo più nella parte inferiore della fossa: olla e attingitoio stavano ai piedi del defunto che spesso alla mano destra teneva un kantharos.
Valle del Sinni Nella Valle del Sinni sono state rinvenute numerose tombe a Chiaromonte, dove sono distribuite in più necropoli, e a Latronico.
Chiaromonte Contrada Serrone Alla periferia dell’abitato, fortunosamente recuperata nel corso di circostanze non del tutto chiare, si rinvenne nel 197295 il corredo della famosa tomba 23 con lucerna bronzea con kouros, raffinato esempio di bronzistica arcaica di produzione etrusca96. Successive indagini nella località rivelarono una notevole densità di sepolture, che erano circa un centinaio e databili tra VIII e soprattutto VI, mentre non erano documentate sepolture di VII sec. a.C.97. Le tombe più antiche hanno un corredo poco sontuoso, in cui trovano posto sempre gli oggetti metallici, come rasoio e punta di lancia bronzea o oggetti ornamentali; le tombe di VI sec. a.C., invece, restituiscono la tradizionale ceramica indigena con repertorio del Vallo Di Diano e forme greche forse provenienti da Siris98.
Chiaromonte Nella media valle del Sinni, posizionato su un’altura alla sinistra del fiume, tra Noepoli e Latronico, è il centro di Chiaromonte, uno dei siti meglio conosciuti del comprensorio grazie alla parziale pubblicazione delle necropoli. La scoperta di queste non è stata determinata da un evento traumatico, ma ha piuttosto riguardato l’espansione edilizia del centro moderno all’inizio degli anni Settanta del secolo scorso. L’allargamento della città ha obbligato ad interventi sistematici d’ampio respiro che sono stati i primi a mostrare come la valle del Sinni, come quella dell’Agri, fosse da considerarsi importante direttrice di traffico tra Ionio e Tirreno91. Le tombe a fossa terragna con inumato supino, a nuclei, occupano i pendii dell’altura su cui sorge il centro. Delle tombe una piccola parte è costituita da quelle dell’età del Ferro, mentre le altre sono riferibili al VI sec. a.C. La mancata documentazione di VII sec. a.C. veniva spiegata come l’esito tardivo di spostamenti di gruppi indigeni a Chiaromonte in seguito all’assunzione di un ruolo dominante nelle relazioni e comunicazioni tra Ionio e Tirreno92; la scoperta del nucleo in Contrada Sotto la Croce ha invece colmato la lacuna documentaria (figg. 2.4-5)93.
Chiaromonte Contrada sotto la Croce Questo nucleo di tombe, localizzato sul lato orientale del centro moderno, fu individuato poco dopo la prima necropoli. Qui furono rinvenute le famose tombe 26 e 7299. Le 225 sepolture possono essere attribuite allo stesso orizzonte cronologico di Alianello, cioè gli inizi del VII e la metà del V sec. a.C.100. Pare che la necropoli fosse delimitata per un lato da un muro in ciottoli non posteriore alla metà del VI sec. a.C. Questo elemento denoterebbe un complesso sviluppo dell’emergere e dello strutturarsi del politico con l’organizzazione dello spazio interno della necropoli101. La necropoli poteva essere organizzata in quattro nuclei, con presenza di un’area libera quasi al centro, che nel IV sec. a.C. è attraversata da un muro che sembra si sostituisca ad un altro più antico, interpretabile
Le tombe sono fosse terragne di forma rettangolare, dalle dimensioni usualmente di 2,20 x 0,70 m con una profondità variabile da 0,50 a 1,80 m. Quelle con i corredi più ricchi sono più grandi. La presenza di una cassa lignea sarebbe indiziata da resti di materiale organico rintracciati al di sotto degli oggetti di corredo, che sono disposti con
Tagliente 1983, 7. Altrove si dice che furono scavi regolari; occasione della costruzione del carcere penale, località Serrone, NO del centro moderno, cfr. Russo Tagliente, Berlingò 1992, 237. 96 Bianco 1990, 7. 97 Una ogni 30 mq, Tagliente 1985, 161. 98 Da contrada Serrone proverrebbero anche un’urna cineraria ad impasto di tipo villanoviano e uno schiniere bronzeo del X sec. riutilizzato in un ornamento femminile di una tomba del VII sec. a.C., Bianco 2011, 7. 99 Tagliente 1983, 20-29. 100 Bianco 1990, 9; Russo Tagliente, Berlingò 1992, 233 e 240. 101 Bianco 1989-1990b, 599; Russo Tagliente, Berlingò 1992, 240. 94 95
Russo 2000, 41. Per questa tomba si veda anche Osanna et alii 2007. 88 Russo 2000, 43; Bianco 2011, 43-44. 89 Sulle chiavi di tempio Bertesago in Bertesago, Garaffa 2015, 311-312. 90 Russo 2000, 44. 91 Bianco 1990, 7; anche Russo Tagliente, Berlingò 1992, 237, l’occasione fu la costruzione del Campo Sportivo in quest’area collocata a NE del paese. 92 Tagliente 1983, 19. 93 Russo Tagliente, Berlingò 1992. 86 87
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 2.4. Chiaromonte, Sotto la Croce, tomba di fine VIII-inizi VII, in Bianco et alii 2020, fig. 19. Su concessione di Osanna Edizioni.
come spazio di rispetto tra i diversi lotti o forse zona per la celebrazione di pratiche funerarie comunitarie. A quest’ultima conclusione condurrebbero anche i pithoi, spesso in coppia lungo i lati brevi delle tombe102. I quattro nuclei, relativi a quattro gruppi parentelari, sarebbero organizzati con sepolture disposte a ventaglio intorno a sepolture maschili di guerrieri, mentre le tombe più povere sarebbero disposte marginalmente103. I corredi si allineano alle consuetudini enotrie: nella tomba 76 è deposto un personaggio maschile armato di spada posta di traverso sul petto104 con coltello e punta di lancia, morso equino e harpe, scure (come insegna di comando o sacrificio), scudo, elmo di tipo corinzio e schinieri in bronzo. Del corredo fanno parte anche manufatti che rimandano alla pratica del banchetto e al consumo delle carni arrostite, come l’oinochoe in bronzo di tipo rodio, un vaso a barile con manico decorato da protomi femminili di tipo subdedalico, un podaniptèr bronzeo, bacili ad orlo perlinato, phialai a sbalzo. Il defunto ha voluto farsi raffigurare come un cavaliere dell’aristocrazia greca nel
modello mediato dal mondo etrusco, in una strategia di rappresentazioni che vuole colpire sia il gruppo che si intende dominare o che già si domina, sia le aristocrazie straniere105. La tomba 110 restituisce un corredo simile, al quale si aggiunge un “vaso borraccia” decorato a sbalzo. Tra le sepolture femminili si distinguono, invece, la 96, la 102, la 182, la 205106. Proprio nella 96 era stato deposto un vaso tripode in bronzo con protomi femminili subdedaliche e lo strumentario del focolare, con spiedi e alari in ferro. Questi corredi così ricchi e sfarzosi da un lato esibiscono l’accumulazione di beni preziosi come i metalli, dall’altro sembrano testimoniare l’adesione della donna a rituali e momenti associativi che nella società greca attengono esclusivamente alla sfera maschile, ma che nell’ambito del mondo indigeno sono aperti ad altri segmenti del corpo sociale. Del corredo della tomba 96 facevano inoltre parte numerose fibule e una grande collana a più giri in vaghi d’ambra di dimensioni e forme diverse, terminante con una testina femminile di tipo subdedalico107. Questo non è l’unico oggetto di fattura orientale che si trova nelle tombe: sono state anche rinvenute una figurina in faïence della tomba 309, le collane in argento delle tombe 156 e 142, gli orecchini
102 Bianco 1990, 12. In Bianco 1989-1990b, 599, vengono citati alcuni pithoi forse destinati a un culto funerario, uno dei quali reca incisa una figura umana schematica nella tipica posizione dell’orante, ai piedi della t. 154; a pratiche funerarie condurrebbero inoltre i resti di almeno un focolare, Russo Tagliente, Berlingò 1992, 241. 103 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 241. 104 Come è documentato anche nel caso del defunto della t. 6 di Garaguso, sez. 8.2.4.
Bianco 1990, 12, fig. 8. Bianco 1990, 13-15, figg. 10-11, tomba 182, e 12, tomba 205. 107 In Bianco 1989-1990b, 97, l’ipotesi che questo oggetto rinvii all’ambiente tirrenico. 105 106
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Quadro geografico e cornice storico archeologica a.C. che sembra costituire una delle ultime attestazioni di individui d’alto rango nel mondo enotrio112. Tutte le necropoli di Chiaromonte hanno seguito lo stesso destino delle altre del comprensorio. Alla fine del VI sec. a.C., forse per il crollo di Sibari, ma forse anche per la decadenza dei centri tirrenici nel periodo di scontro tra Greci ed Etruschi (530-474 a.C.), lo sviluppo della necropoli si arresta; è stato proposto che, in concomitanza con questi eventi, gli abitanti dei centri indigeni si siano gradualmente spostati verso i centri costieri tirrenici113. Alla fine del VI sec. a.C. i corredi sono composti prevalentemente da ceramica coloniale a vernice nera, probabilmente di produzione metapontina, fenomeno riferibile ad un periodo di floridezza della colonia achea prima delle mire espansionistiche di Taranto114. Latronico. Contrada Colle dei Greci Il centro è localizzato nell’alta valle del Sinni, mentre la contrada Colle dei Greci si trova lungo la Strada Statale tra Latronico ed Episcopia, una zona costituita da vari pianori e nota per i rinvenimenti archeologici. Sul pianoro più alto, dove si colloca il cosiddetto Castello, è possibile avesse sede un centro fortificato come quello di Cersosimo; mentre sui pianori bassi, come in contrada Ischitelli, trovavano posto le necropoli, che per anni sono state preda di sistematico saccheggio. Da una di queste tombe depredate, attribuita al VI sec. a.C., provengono quattro bacili di bronzo ad orlo perlinato. Un intervento di scavo nella stessa località ha permesso il recupero di un ricco corredo di V sec. a.C. caratterizzato da un servizio per il consumo del vino insieme ad un cratere della cultura di Oliveto Citra (Campania). Questa tomba rappresenta un rarissimo esempio di documentazione di V secolo per l’area enotria, che come visto negli altri casi subisce notevoli crisi e contrazioni con la caduta di Siris prima e Sibari poi. Pare che i pianori sottostanti fossero, invece, occupati da una necropoli di IV-III115. Successive campagne hanno permesso l’individuazione, in località diverse, di 74 sepolture databili tra inizi VII e V sec. a.C.116. Le sepolture sono a fossa terragna con inumato in posizione supina. Il corredo vascolare è posto ai piedi del defunto, lungo il suo corpo, oppure nei pressi del capo. Le fibule conservano la loro posizione originaria, mentre le armi sono collocate ai piedi o al lato del defunto; il corredo vascolare, ridotto, occupa lo spazio ai piedi del defunto. Alcuni corredi restituiscono un numero considerevole di vasi, il cui repertorio vascolare si adegua a quello dell’area enotria, con alcune forme che sembrano derivate dal Vallo di Diano. Sono attestate anche le ricche parures ornamentali, fibule in bronzo, fibule in ferro con arco rivestito d’ambra,
Fig. 2.5. Chiaromonte, Sotto la Croce, ipotesi di ricostruzione del costume funerario, in Bianco et alii 2020, fig. 20. Su concessione di Osanna Edizioni.
in argento e la collana in oro della tomba 154108. La t. 75, infine, restituiva bracciali in osso109. Chiaromonte Contrada San Pasquale Qui sono stati rinvenuti piccoli nuclei di decine di sepolture più recenti localizzati su un pendio sottostante la Contrada Sotto la Croce110; un piccolo campione di 15 tombe è invece relativo alla prima età del Ferro111. Da questa contrada proviene una tomba isolata di V sec.
La sepoltura 227, Bianco 1996, 133. Russo Tagliente, Berlingò 1992, 402 sulla scia di Greco, E. 1990. 114 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 403: a questo periodo si attribuisce inoltre la tomba di un artigiano, mentre l’anfora della t. 6, che imita i prototipi massalioti, rafforzerebbe l’idea delle relazioni tra Focei tirrenici e il mondo enotrio. 115 Tagliente 1984 e Bianco 1987, 377. 116 Bianco 1990, 15; Quilici Gigli 2003, 68. 112 113
Bianco 1990, 14. Bianco 1989-1990b, 599; si confrontino gli esemplari di Garaguso, sez. 4.7. 110 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 237. 111 Tagliente 1983, 19, nota 7. 108 109
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. armille e pendagli a globi decrescenti d’avorio117. Sono stati inoltre rinvenuti manufatti interpretati come elementi mediati tra il mondo delle colonie greche e quello del mondo etrusco-campano, come bacili, phialai bronzee e un kantharos etrusco. I corredi maschili sono dotati di spada, lama e punta di lancia a connotare il defunto come un guerriero, mentre la presenza di vasi greci o etruschi enfatizza la supposta adesione al rituale del simposio e del banchetto di tipo “eroico”. Le sepolture femminili hanno oggetti di ornamento personale lontani dalle parures dell’età del Ferro118, ma comunque ricchi e variegati. Nella t. 20, invece, oltre a due bacili ad orlo perlinato, erano varie fibule, gioielli e altri oggetti, tra cui dei bottoni di bronzo sul bacino, forse a formare un grembiule come quello di Alianello119. Sono presenti corredi di pieno VI sec. a.C. con forme vascolari di tipo greco come le coppe Bloesch C. Desta interesse anche la t. 60: qui il corredo restituisce un elemento tradizionale come il vasetto ad impasto accanto ad elementi del tutto estranei al patrimonio locale come un cratere a colonnette a figure nere, al cui interno era una grattugia bronzea, e inoltre skyphoi, kylikes Bloesch C, un colino di bronzo con manico desinente con un cigno, uno strigile e un morso equino in ferro120. Nel 1989-90 hanno avuto luogo indagini che hanno portato al recupero di altre 11 sepolture, inquadrabili tra VI e V sec. a.C., sepolture in cui il defunto è sempre supino, con le braccia stese lungo i fianchi; non si ravvisa un orientamento costante121. Forse le tombe erano a fossa terragna, talvolta con tavole lignee, e in almeno due casi in cui il corredo è particolarmente ricco. Eccezionali per lo studio del rituale funerario sono le testimonianze del sito 795, che presenta nuclei addensati e sovrapposti di sepolture, a S/O dei quali è possibile osservare due gruppi. In cinque tombe del gruppo più occidentale sono presenti strutture di forma irregolare formate da pietre e frammenti di dolii, con resti di fauna e carboni; l’altro gruppo è caratterizzato da un recinto rettangolare costruito con grosse lastre poste di taglio; uno dei lati corti è interrotto da una grossa lastra disposta orizzontalmente, forse con funzione di segnacolo; all’interno del recinto era una sepoltura maschile posta non assialmente con ricco corredo vascolare, comprendente kantharoi, coppe ioniche, oinochoai, thymiateria, due lame di pugnale e tre punte di lancia; all’esterno del recinto era una tomba di bambino deposto con una conchiglia122.
aveva riguardato le valli dell’Agri e del Sinni, a cui erano seguiti gli scavi di Ulrich Heinz Rüdiger e Juliette de La Genière, scavi che avevano messo in luce una necropoli dell’età del Ferro e tombe di VI sec. a.C.123. Una delle zone di necropoli doveva trovarsi all’uscita Nord-orientale del paese, con tombe distrutte di VIII124, VII inoltrato e VI sec. a.C.125. In anni recenti l’espansione urbanistica del paese ha determinato un breve intervento di emergenza126. Noepoli Contrada Manche Pare che la contrada, che si trovava all’estremità Sudoccidentale del paese, fosse stata utilizzata come sepolcreto fino alla seconda metà del VI sec. a.C. La tipologia delle tombe è difficile da definire: quelle di età arcaica sono a cassa litica, altre a fossa terragna, altre delimitate da pietre mentre altre hanno un piano di deposizione in ciottoli; vi è poi il caso delle “tombe pithoi”. Le sepolture, monosome, sono di inumati supini e non presentano un orientamento uniforme127. Oltre alla scoperta di sepolture di IX-VIII sec. a.C. per lo più danneggiate, sono state rinvenute tombe di VII-VI sec. a.C. che si distinguono per la ricchezza del corredo, ove accanto ad abbondante vasellame ceramico, che dal VI sec. a.C. in poi comprende anche forme vascolari greche, erano deposti oggetti metallici, come bacili e phialai bronzei e oggetti di ornamento, come fibule e gioielli che associano l’uso del bronzo all’avorio, all’ambra o all’argento. Tale fenomeno viene ancora una volta messo in relazione a una consapevole e radicata stratificazione sociale128. A partire dalla seconda metà del VI sec. a.C. si coglie una cesura nella documentazione. Oltre la Basilicata: Palinuro A differenza degli altri centri inclusi nell’area cosiddetta enotria della Basilicata, il sito di Palinuro non si trova all’interno, bensì sulla costa, e ne segna in qualche modo il limite settentrionale, così come Scalea, sempre sulla costa, segna quello meridionale129. Palinuro è un sito famoso nella tradizione letteraria e nella bibliografia antiquaria, e ben nota è soprattutto la serie monetale a leggenda PALMOL che è stata attribuita al centro antico130. La vicenda di Palinuro è strettamente legata alla vicenda coloniale di Elea: la fine dell’abitato è stata, infatti, messa in relazione alla fondazione della città focea131. La necropoli, scavata prima da Pellegrino Claudio Sestieri e poi dall’Istituto Germanico di Roma negli anni Sessanta del secolo scorso, si trovava alle pendici nord-occidentali del monte che si stende tra l’attuale centro di Palinuro e la valle del fiume Lambro. Gli scavi hanno permesso di accertare
Valle del Sinni-Sarmento Nella valle del Sinni-Sarmento si trova il centro di Noepoli, nella cui area sono state rinvenute numerose tombe. Le prime ricerche sono state brevi e sporadiche, inserite all’interno di un progetto di indagine complessivo che
Bianco 1990, 7; Frisone 1993, 366. Adamesteanu 1971b, 56. 125 Queste tombe hanno restituito una punta di lancia analoga a quelle di Roccanova, De La Genière 1972, 248, nota 114. 126 Mancusi 2002, 228. 127 Mancusi 2002, 278-279. 128 Frisone 1993, 367. 129 Guzzo 1981. 130 Per una sintesi dei riferimenti e per la bibliografia si rimanda a Maffettone 1994. 131 Greco, E. 1975. 123 124
Bianco 1990, 15. Bianco 1989-1990c, 601. 119 Anche Quilici Gigli 2003, 68. 120 Bianco 1989-1990c, 602; Quilici Gigli 2003, 69-70; altro cratere nelle tombe 1 e 60, Bianco 1999, 11. 121 Quilici Gigli 2003, 64-65. 122 In questi settori le sepolture di bambini risultavano con scheletri semicombusti o con resti ossei chiaramente combusti in una fossetta scavata sul piano di deposizione del corredo, Quilici Gigli 2003, 67-68. 117 118
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Quadro geografico e cornice storico archeologica che la necropoli non solo si allungava lungo la strada che collegava il centro insediativo con l’entroterra, ma costituiva anche un proprio nucleo132. A Palinuro, così come a Garaguso133, sembra si sia verificata la compresenza di rituali funerari diversi, come incinerazioni e inumazioni. Queste ultime, in tombe a fossa, erano orientate in senso NordEst-SudOvest; alcune sepolture erano circondate da blocchi di calcare e di conglomerato che non sempre racchiudevano completamente il perimetro della fossa, così come non sono stati rinvenuti blocchi di copertura134. Le incinerazioni, invece, erano a pozzetto e a cassa di tegoloni coperta solo ad una estremità che recava tracce di combustione135. La presenza dei due riti funerari è stata messa in relazione con una epidemia di peste che avrebbe reso più igienico utilizzare il rito della cremazione136. I corredi delle tombe non si discostano da quelli analizzati nelle necropoli enotrie delle valli dell’Agri e del Sinni, con alcune peculiarità locali.
attraverso la pratica del dono139. Le tombe dell’area enotria sono generalmente monosome, a fossa, delle tipologie più varie con cassa litica, con copertura in lastre di scisto o ciottoli fluviali. In alcuni casi sono state identificate altre strutture come recinti che inglobano una o più sepolture e che si sovrappongono, oppure vie di percorrenza, come si vedrà anche a Garaguso140. Nella fossa il corpo del defunto è collocato in posizione supina e il corredo è deposto nelle zone della fossa rimaste libere, cioè ai lati del corpo, sopra la testa o in mezzo le gambe e consta generalmente di contenitori in ceramica oppure metallo, mentre gli oggetti personali, come ornamenti o armi, erano spesso indossati. Non si riconosce alcuna disposizione particolare in questi manufatti, tranne nei casi di oggetti particolari tenuti tra le mani del defunto141 o delle armi che qualche volta sono deposte sul petto come le spade, o lateralmente come le cuspidi142; una grande olla acroma è spesso collocata ai piedi. Non sono attestate chiaramente sepolture di bambini, se non in pochi casi143, mentre le tombe di subadulti contengono a volte oggetti afferenti alla sfera cultuale come le terrecotte figurate. I corredi delle tombe sono generalmente ricchi e le sepolture con corredo che in letteratura viene definito emergente sono un numero cospicuo, e questo forse indicherebbe, più che le singole figure principesche note per l’età del Ferro, la strutturazione politica verso forme aristocratico-elitarie del gruppo sociale. Si ritiene comunemente che tale sviluppo sia stato provocato dall’incontro con le realtà greca ed etrusca, che da un lato ha consentito lo sviluppo di nuove forme di benessere, sfruttando le direttrici commerciali che i centri enotri della Basilicata meridionale offrivano, dall’altro ha fornito modelli nuovi ai gruppi che si stavano cominciando a strutturare in forme inedite rispetto a quelle dell’età del Ferro144. All’inizio di questi processi, in pieno VII sec. a.C., comunque, nonostante alcune sepolture testimonino l’uso della deposizione di vasi o oggetti esotici, i comportamenti sono ancora legati alle tradizioni precedenti: le sepolture maschili restituiscono un’arma, per esempio la spada, in posizione enfatica, mantenendosi ancora in tutta la loro sobrietà; le sepolture femminili, al contrario, mostrano ricche e complesse parures ornamentali, che decoravano abiti di cui rimangono solo i materiali non deperibili (bronzo, ferro, pasta di vetro, ambra). La presenza di vesti tanto ricche e complesse potrebbe spiegarsi sia come forma di tesaurizzazione del metallo di ascendenza protostorica, sia come pratica cerimoniale tradizionale legata al momento del rituale funerario. Nel corso della seconda metà del VII sec. a.C. si diffondono beni “di lusso” come i bacini bronzei ad orlo perlinato. I grandi mutamenti nella sfera sociale si riflettono, per esempio, nel corredo della t. 9
2.3.5. Le altre necropoli enotrie e Garaguso Le comunità enotrie erano costituite da gruppi la cui esistenza si basava su attività primarie, quali agricoltura e pastorizia, e che a partire dall’Orientalizzante cominciarono a trarre benessere dal controllo delle vie carovaniere e ad acquisire nuovi spunti culturali137. Se nel rituale funerario gli uomini si caratterizzavano per una ostentata severa austerità, le donne enotrie non trascuravano di sfoggiare i propri apparati ornamentali migliori. Le complesse parures si sono conservate a volte intatte, mentre nulla purtroppo rimane dei tessuti che, similmente ai vasi, dovevano recare motivi e sintassi forse rintracciabili nel repertorio decorativo vascolare138. Il processo di articolazione e strutturazione di questi gruppi è stato messo in relazione alla presenza delle colonie greche sul versante ionico e a quella della realtà etrusco-campana sul versante tirrenico. Secondo il modello degli scambi successivi, infatti, questi due interlocutori per interagire tra di loro avrebbero avuto bisogno delle comunità indigene dell’entroterra, che occupavano centri strategici posti alla confluenza di vie di comunicazione, ideali per mediare traffici sulla lunga distanza. Queste comunità erano allora formate da società di tipo tradizionale organizzate su clan parentelari, con vertici di gruppi ben strutturati. Il contatto con le nuove realtà deve aver comportato l’introduzione, anche nei corredi funerari, di servizi articolati in cui si inserivano beni acquisiti da realtà esterne, probabilmente
Naumann, Neutsch 1960, 11. Per cui si veda sez. 3.1. 134 Naumann, Neutsch 1960, 12-16; allineate fitte e orientate in senso E-O, per motivi di adattamento al pendio, in Sestieri 1948, 339. 135 Sestieri 1948, 339; per la presenza di una tomba ad incinerazione in urna, t. X, degli scavi tedeschi cfr. Naumann, Neutsch 1960, 43-44. 136 Sestieri 1948. 137 Già Bottini, Tagliente 1984, 115. Bianco 1990, 8-9. L’inserimento di beni di prestigio importati dal mondo tirrenico, e in particolare da quello etrusco campano, e dal mondo ionico, adombra forse la diffusione di nuove ideologie. Tali fenomeni vengono interpretati come un progressivo e lento adeguamento delle strutture sociali indigene a forme sempre più ellenizzate; su questi temi anche Bianco 2011, 6. 138 Nava 2000a, 34-35; Bianco 2011, 41. 132 133
Nava 2000a, 33; Bianco 2011, 7. Ad Alianello e Latronico i recinti, mentre a Chiaromonte delimitazione di un muro in ciottoli; per questi aspetti si rimanda alle rispettive sezioni, per Garaguso al cap. 3. 141 Come nel caso di Guardia Perticara. 142 Anche questo fenomeno si verifica a Garaguso, cfr. t. 6 alla sez. 8.2.4. 143 Si confrontino le necropoli di Contrada San Vito, Guardia Perticara, Bianco 2011, 59, e di Noepoli. 144 Bianco 1990, 9-10; Bianco 2011, 41-42. 139 140
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Per tutto il VI sec. a.C. quindi gli oggetti greci, e forse con loro nuovi rituali, si diffondono nelle necropoli enotrie. Alcuni insediamenti della valle del Sinni come Chiaromonte e Latronico sembrano meno esposti a queste influenze e la diffusione dei materiali appare meno capillare. Filtrano qui tuttavia alcuni oggetti importati come la grattugia in bronzo, legata al consumo del vino, oppure gli strumenti sacrificali, come machairai, scudi, alari e spiedi; i legami con il mondo greco-orientale sono evidenti in alcune forme vascolari specifiche. Nel VI sec. a.C. le armi vengono enfatizzate di meno, mentre grande rilievo assume lo strumentario del fuoco legato alla manipolazione delle carni, e quello del banchetto; nel medesimo periodo si moltiplicano le forme connesse con il consumo del vino, il cui rituale prevede contenitori differenti per preparazione e mescita della bevanda149. Si assiste alla diffusione della pratica dell’unzione del cadavere, che sarebbe testimoniata dalle numerose lekythoi, alla diffusione dell’ambra come prova del grosso potere d’acquisto delle comunità enotrie e alla partecipazione delle donne ai banchetti150. Alla metà del VI sec. a.C. si interrompe l’usanza di deporre armi nelle tombe, in onore ad un presunto modello greco che privilegerebbe il consumo del vino come momento associativo elitario. Secondo Salvatore Bianco è in questo periodo che “I processi di acculturazione e ricezione dei modelli culturali ellenici nell’Enotria interna e nel centro di Chiaromonte possono dirsi conclusi”, grazie all’evidente massiccia adesione a forme greche e con l’affermarsi della religiosità dionisiaca151. Tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. i corredi funerari comprendono ormai quasi esclusivamente forme vascolari greche, legate al costume del simposio e forme destinate a contenere olii e unguenti152.
di Guardia Perticara che restituisce un morso di cavallo, denotando con ciò le prime trasformazioni nelle pratiche della guerra145. Le differenziazioni riscontrabili nei corredi delle necropoli vengono interpretate come il riflesso dell’articolazione sociale della comunità all’interno della quale emergono gruppi gentilizi che occupano i vertici delle gerarchie, che controllano sia le risorse economiche che i ruoli politici e che trasmettono il proprio potere. Le influenze elleniche e tirreniche si riflettono, quindi, nell’introduzione nel corredo funerario di oggetti, e quindi di comportamenti, che alludono al banchetto funebre, cioè a pratiche religiose o civili comunitarie tipiche del mondo greco146. A partire da un certo periodo i capi sono armati di spada, lancia e coltello; in alcuni casi come ad Alianello mancano elementi tipici delle armature difensive greche di tipo oplitico (elmi, schinieri) attestati invece ad Armento e Roccanova. La documentazione dello scorcio del VI sec. a.C. è ricca e variegata, probabilmente determinata da una nuova prosperità, un’ulteriore articolazione sociale e nuove organizzazioni dei gruppi tribali, che consentono incrementi demografici e nascita di nuovi centri. Questa grande ristrutturazione del mondo enotrio è stata messa in relazione con l’egemonia etrusca in Campania, alle cui élites i gruppi enotri si ispirano. Nelle tombe maschili di questo periodo si trovano ancora le armi, tra cui emergono elementi nuovi come le armature usate dagli opliti greci: elmi di tipo corinzio, corazze anatomiche e schinieri in bronzo, morsi equini e lame ricurve, come la harpe, tipiche di chi combatte a cavallo. Si diffonde quindi un modello equestre, come sembra evidente anche dal cosiddetto cavaliere di Grumentum, e dai fregi dei cavalieri, come quello di Serra di Vaglio o di Torre di Satriano. I gruppi dominanti sembrano rimandare costantemente a livello ideologico alle strutture sociopolitiche del mondo greco. Non manca il corredo vascolare composto da vasi di tipo indigeno e da vasi di tipo greco, spesso replicati più volte. I corredi femminili si modificano arricchendosi di vasi e di oggetti di ornamento, e perdendo quasi del tutto le parures complesse dell’Orientalizzante. I corredi, in genere, si arricchiscono inoltre di oggetti importati dall’area etrusca come i bacili, le phialai e le oinochoai bronzee; saltuariamente è presente il bucchero147. Ma sono i vasi greci a dominare il repertorio, al punto tale che vengono presto imitati. L’introduzione di nuovi modelli non si limita ai nuovi armamenti o alle nuove forme vascolari, ma coinvolge oggetti che alludono ad altre pratiche: è il caso degli alari e degli spiedi, delle machairai e delle scuri e dei grandi bacili in bronzo, protagonisti del banchetto delle carni arrostite, ennesima forma della socialità documentata anche dal consumo di bevande alcoliche come il vino. Questa documentazione non attesta, tuttavia, un’adesione a rituali che possono essere rimasti estranei alla comunità148.
Anticipo di un confronto Come si vedrà più avanti, non sono numerose le differenze tra la necropoli di Garaguso e quelle degli altri centri d’area enotria, eppure risultano determinanti nella storia e nella fisionomia del centro153. La più macroscopica è quella cronologica, poiché Garaguso per l’età del Ferro, ben attestata in alcune necropoli enotrie come Guardia Perticara, non restituisce che corredi privi di contesto documentati da alcuni reperti conservati al Museo archeologico provinciale di Potenza154. Le testimonianze archeologiche si concentrano, piuttosto, tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. E a differenza delle centinaia di tombe di Alianello, solo per fare un esempio, sono solo poche decine quelle di Garaguso. Se l’altura di Garaguso e i suoi dintorni non fossero stati così capillarmente battuti da ricercatori, sarebbe molto probabile attribuire tale vuoto Nava 2000a, 36-37. Nava 2000a, 38; sull’ambra anche Bianco 2011, 42. 151 Bianco 2020, 128. 152 Bianco 1990, 15. Tali presunti processi si completano in seguito alla decadenza di Siris e alla crisi del mondo etrusco-campano nel corso della seconda metà del VI sec. a.C., Tocco Sciarelli 1980, 459; Bianco 2011, 27-29 e 43-44. 153 Cfr. sez. 7.2. 154 Cfr. cap. 3. 149 150
Bianco 1990, 10; Bianco 2011, 27. Nava 2000a, 35; Bianco 2011, 26. 147 Bianco 1990, 11-12. 148 Bianco 1990, 13; Bianco 2011, 26. 145 146
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Quadro geografico e cornice storico archeologica documentario allo stato della ricerca che non ha ancora intercettato i nuclei più antichi di tombe. Ma i dati di cui si dispone orientano verso ricostruzioni di altro tipo, che vedono a Garaguso un popolamento tardivo rispetto agli altri centri, ma non per questo meno incisivo; la necropoli di Garaguso, insomma, sembra cominciare proprio nel momento in cui quelle degli altri centri enotri cominciano a perdere la propria identità.
ai centri tra Cavone e Basento, è il più settentrionale dopo l’Incoronata, Pisticci e Ferrandina. Dunque, Garaguso, pur non rientrando nella chora di Metaponto, appartiene comunque alla mesogaia direttamente legata alla costa ionica e alla colonia achea tramite le direttrici fluviali. Ci si chiede pertanto perché condivida tratti culturali di un’altra area e se si sia sempre distinto rispetto ai centri circostanti.
C’è anche una differenza fisica e topografica essenziale tra la necropoli di Garaguso e le altre necropoli enotrie che consiste nella posizione, nel paesaggio funerario, cioè, che è centrale ed eminente nel nostro sito, esattamente sull’altura; in tutti gli altri centri enotri le necropoli sono collocate sui pendii sottostanti le antiche acropoli155. A Garaguso non è stato possibile definire con precisione l’estensione dell’area occupata dalle sepolture, artificialmente costretta nel triangolo della Villa Comunale, né tantomeno ricostruire la struttura della necropoli, non avendo a disposizione un rilievo complessivo dello scavo. La Villa Comunale di Garaguso è comunque un areale dalla forma triangolare che occupa un punto centrale dell’altura che ospita l’abitato moderno. La necropoli, dunque, o almeno un nucleo di tombe, occupava uno dei punti più importanti dell’insediamento stesso e non esclusivamente i pendii o zone periferiche. Una spiegazione fondamentale è forse dovuta al fatto che a Garaguso i pendii più dolci erano occupati dalle aree sacre: Filera ad Ovest, nella sella con la Tempa San Nicola, e Grotte delle Fontanelle a Nord/Ovest; a Sud, invece, era ripido il salto verso la Salandrella. In una ideale “pianificazione” dello spazio, la comunità di Garaguso alla fine del VI sec. a.C. aveva scelto di consacrare le pendici settentrionali, costellate di cavità e grotte e bagnate in fondo dal Fosso dell’Orco, al culto e di lasciare parte dell’altura allo “spazio della memoria”: la necropoli. I corredi funerari che accompagnavano le tombe, come spesso ripetuto, sono invece simili a quelli degli altri insediamenti enotri, tuttavia ogni centro era caratterizzato da particolarità locali, come sintassi decorative, particolari forme vascolari e oggetti di armamento, che rendevano riconoscibile la comunità di appartenenza.
Del centro di Ferrandina, in provincia di Matera, esistono alcune notizie e sporadici rinvenimenti che permettono di ricostruire un quadro d’insieme, nonostante la continuità insediativa del centro moderno e il suo sviluppo urbano abbiano compromesso sia la conservazione del centro antico sia la possibilità di una ricostruzione dettagliata. Sono documentate fasi di occupazione di una comunità che dall’VIII si addensava in nuclei capannicoli sulla collinetta Croce del Calvario, con sporadiche sepolture di defunti rannicchiati in tombe a fossa o a tumulo157; le testimonianze raggiungono senza continuità almeno il IV sec. a.C., periodo in cui si data sia la frequentazione di un luogo di culto forse legato alle acque in località Caporre, sia altre sepolture con corredo con vasi a figure rosse e terrecotte figurate, fino al progressivo abbandono del santuario nel II sec. a.C.158. Il reperto più famoso di Ferrandina è l’elmo di bronzo corinzio di VII/VI sec. a.C.159. Pisticci ha avuto una sorte diversa nella storia degli studi e delle ricerche, probabilmente per il carattere eccezionale dei ritrovamenti già a partire dall’inizio del 1900, dai vasi a figure rosse protoitalioti del Pittore di Pisticci, sino alla scoperta del famoso ostrakon con verso osceno160, indizio dell’ipotizzata presenza di un phrourion greco, nella fattispecie metapontino161. Tra i rinvenimenti più antichi si annovera almeno una sepoltura di VIII sec. a.C., cui segue una fornace che avrebbe prodotto ceramica matt-painted a decorazione geometrica databile al VII sec. a.C. Sulla collina sono state inoltre rinvenute tracce di vita databili tra il VII ed il VI sec. a.C., nonché un pozzo contenente ceramica locale e ceramica greca162. Nel VI sec. a.C. tombe a fossa ospitano rannicchiati con corredo composto da ceramica matt-painted a decorazione geometrica peuceta (lower Bradano) e ceramica greca; quest’ultima diventa dominante a partire dalla fine del VI sec. a.C. con la diffusione dei vasi a figure rosse163.
2.4. I centri vicino a Garaguso Garaguso si colloca all’estremità nord-orientale dell’area cosiddetta enotria, in una zona “cuscinetto” tra quelle che sono state definite, in base agli stili ceramici, West Lucania a Ovest e Bradano Area ad Est156. In base ai tratti culturali della modalità di deposizione del cadavere e agli stili della ceramica geometrica, Garaguso, nonostante la posizione eccentrica, appartiene alle valli fluviali dell’Agri e del Sinni, nonché a quella del Sele e dei suoi affluenti. Con le necropoli degli insediamenti sorti in queste aree, infatti, il nucleo di tombe qui presentato è stato e sarà confrontato. Geograficamente, però, il centro di Garaguso è anche localizzato come estremo insediamento settentrionale sul Cavone-Salandrella, dopo Craco e San Mauro Forte; quanto 155 156
Da Craco, invece, provengono poche informazioni, grazie al rinvenimento di ornamenti bronzei da sepolture dell’età del Ferro poste ai piedi dell’abitato antico164. Per una sintesi dei rinvenimenti cfr. De Siena 1987. Su Caporre cfr. Bottini, Barra Bagnasco 1992, 388-389, dove viene osservata la quasi totale assenza di tratti che conducano all’ambiente metapontino, e Bottini, Barra Bagnasco 1994, 697. 159 Castoldi 2007, 255. 160 Lombardo 1987. 161 Osanna 1992, 83; contraria, invece, Lucia Lecce, Bottini, Lecce 2013, 54. 162 Osanna 1992, 83; Bottini, Lecce 2013, 51. 163 Bottini, Lecce 2013, 53-54; su Pisticci cfr. Bottini 2016. 164 Dizionario Archeologia Lucana (DAL), 20. 157 158
Sugli altri casi si veda anche Bianco, Preite 2014, 413. Cfr. sez. 2.1
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. coastal area and the hinterland. The rivers that cross the area run across a stretch of Ionian coastline that extends from Sibari, located near the mouth of the river Crati, to Metaponto, between the Bradano and Basento rivers. Garaguso is located in a liminal area between the two landscapes, about 50 km from the modern coastline. Garaguso sits at a height of 492 m above sea level and overlooks the Salandrella river valley that then becomes the Cavone downstream. This valley ensured direct contact with the Ionian coast, while the Basento valley served as a link to the Marmo-Platano valley and then to the Sele valley and the Tyrrhenian coast; other areas were reachable through passes and mountain crossings. In antiquity, the region was host to a clear multiplicity of cultures; each of these social groups was characterized by a set of cultural traits that can be reconstructed through studying the specific funerary rituals adopted and the production and use of specialized ceramics. On the basis of these elements, Garaguso belonged to the Oenotrian area, though it occupied a liminal position, which facilitated relations with other cultural constituents that occupied the nearby areas between West Lucania and the area of Bradano. The Oenotrian world of the early Iron Age consisted of settlements of huts located on the peaks of subcoastal reliefs, such as Santa Maria d’Anglona and Incoronata, which controlled the fertile alluvial plains and occupied a strategic position with the sea on one side and the low valleys of Agri and Sinni on the other. The necropoleis known from this area are those of Alianello, Aliano, Armento, Roccanova, Guardia Perticara, Chiaromonte, Latronico, and Noepoli. The necropoleis, which occupied the slopes of the highlands or nearby hills, preserve testimonies that provide diachronic indications regarding the composition of the social nucleus and the practices that were accepted by the community. The surviving evidence demonstrates that the grave goods reflected forms of social distinction based on both profession and status. The tombs were generally monosome, pit tombs of various types with lithic coffins, covered with slabs of shale or river pebbles. In the pit, the body of the deceased was placed in a supine position. Funerary objects were placed in the areas of the pit that remained unoccupied, i.e. on either side of the body, above the head, or in between the legs. They generally consisted of ceramic or metal containers, while personal objects, such as ornaments or weapons, were often worn by the deceased. The differences found in the funerary ensembles can be interpreted as reflections of the group’s social articulation: the emerging elite groups occupied the top of the hierarchies, controlling both the economic resources and political roles. Indigenous social organizations were probably tribal societies, chiefdoms, or developed chiefdoms, in which selected individuals wielded hereditary power that was reinforced by ties or alliances. From the 8th century BCE onwards, what was considered the primitive “egalitarianism” typical of the Iron Age broke down, and differentiated, articulated groups emerged. The pottery with geometric decoration that began to develop in the 11th century BCE was divided into regional styles from the 8th century BCE onwards. Internal dynamics must have been behind these developments, but
Come Garaguso, anche San Mauro Forte occupa un’altura in posizione dominante sul Salandrella, tuttavia la sua storia più antica è limitata a pochi rinvenimenti165, uno dei quali comunque molto noto e importante: la piramide fittile databile alla metà del VI sec. a.C. con dedica del kerameus Nikomakos166, rinvenuta in contrada Priato sulla sponda sinistra del Salandrella, nei pressi di un monastero medievale di cui esistono i ruderi167. La piramide, interpretata come ex-voto, attesterebbe l’orgogliosa coscienza dell’importanza dell’attività artigianale del ceramista, ma persiste ancora il dubbio sull’identità e sul ruolo del dedicante, forse un figulo metapontino itinerante; questi, occupato nella realizzazione della decorazione architettonica di dimore come quella attestata a Serra di Vaglio, avrebbe offerto la sua dedica ad Herakles, divinità che si legherebbe alla presenza ellenica in luoghi di integrazione culturale con realtà estranee168. Come a Garaguso, a San Mauro è nota una contrada Fontanelle, questa ai Temponi, dai cui scavi non controllati provengono ‘oggetti in bronzo foggiati a spirale’; ma rinvenimenti sporadici sono noti in tutto il territorio tra San Mauro e Garaguso, come in località Monte Boscone o alla Canalecchia; in questa zona si ipotizza inoltre l’esistenza di un centro fortificato non più rintracciabile, ma che si può immaginare analogo al centro fortificato di Croccia Cognato169. Forse incomparabili per stato della documentazione, Garaguso e gli altri centri tra Cavone e Basento sembrano non condividere praticamente alcun tratto culturale. L’unico centro con contesti paragonabili, quello di Pisticci, possiede tratti attribuiti alla cultura cosiddetta nord-lucana come la deposizione rannicchiata del cadavere, mentre la cultura materiale è quella peuceta-bradanica; la sola caratteristica condivisa è la strutturazione del centro per nuclei sparsi, del tutto diversa dai centri enotri dell’Agri e del Sinni dove le necropoli occupano aree diverse e distanti dall’abitato170. Garaguso, dunque, forse proprio per la sua distanza dalla costa e per la prossimità ad altri percorsi di comunicazione nell’entroterra, è dotato di una fisionomia ben riconoscibile che si delinea a partire dalla fine del VI sec. a.C. in concomitanza con eventi che hanno coinvolto i centri delle vallate fluviali dell’Agri e del Sinni. Questa e altre ipotesi emergeranno a più riprese nel corso del testo e particolarmente nelle conclusioni. 2.5. Summary. Geographical introduction and historical framework The region of Basilicata is characterized by two distinct landscapes that conditioned settlements differently: the Alcuni riferimenti in Tramonti 1983. Per una raccolta delle edizioni dell’epigrafe cfr. Giangiulio 1993, 2930, nota 1; per la bibliografia cfr. anche Cracolici 2003, 28. 167 Frisone 2010. 168 Giangiulio 1993, 39-46. 169 Tramonti 1983, 89-90. Su Croccia Cognato, Henning 2010-2011. 170 Il riferimento è agli abitati moderni, visto che di quelli antichi, coevi alle necropoli, non vi sarebbe traccia. Si suppone che questi si trovino al di sotto dei centri attuali. 165 166
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Quadro geografico e cornice storico archeologica the arrival of the Greeks on the coasts of southern Italy must not be considered extraneous to this phenomenon. They may have facilitated the process of deconstructing the coastal communities, while also starting new trade exchanges with the inland communities. Greek literary sources also record the local political situation, attesting to collaborations between the Greek poleis and the indigenous communities. The local intermediaries with the Greeks were part of elite groups that distinguished themselves within the community by adopting new customs, as can be seen from their grave goods. Despite similarities with other Oenotrian necropoleis, the settlement and necropolis of Garaguso developed their own recognizable physiognomy from the end of the 6th century BCE, which will be examined in detail over the course of this volume.
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3 Il contesto di garaguso 3.1. Storia degli scavi e delle ricerche nella necropoli
informazioni sulla cronologia della necropoli indagata da Di Cicco. Accanto a corredi databili al VI sec. a.C. e attribuiti alla tarda età del Ferro, infatti, sono state rinvenute sepolture più recenti con cinturoni italici e altri oggetti d’armamento inquadrabili nel IV sec. a.C. I corredi databili all’età del Ferro corrispondono al repertorio vascolare restituito dal campione che questo volume presenta, con ornati geometrici che si adattano alla morfologia del vaso e ne scandiscono le parti, utilizzando linee e fasce concentriche, decorazioni metopali, zig-zag, rombi e reticolato4. Sono attestati anche alcuni manufatti bronzei, di cui non sempre è indicata la provenienza, che appartengono ad un orizzonte cronologico simile5: pendagli zoomorfi6, fibule con arco serpeggiante7, cerchietti e armille. Tra i reperti si segnala il pendaglio a doppia spirale o occhiali8, un oggetto di antichissima tradizione comune in tutta l’Europa9. Le testimonianze più recenti, invece, sono esemplificate da due ganci di cinturone, uno a forma di coleottero e l’altro con decorazioni incise a elementi vegetali, e una lamina di cinturone con fori per cucirla al sottostante strato di cuoio10.
Le prime tombe di Garaguso furono individuate già agli inizi del 1900 nei giardini pubblici del paese moderno grazie a Vittorio Di Cicco, che scoprì ‘tutta una necropoli’ con rito funebre misto ad inumazione e cremazione (45 tombe)1. Le inumazioni erano realizzate in tombe a fossa con defunto supino e con corredo di vasi geometrici, ornamenti personali e in alcuni casi armi. Concetto Valente riporta che le cremazioni non erano separate geograficamente dalle fosse e si trovavano all’interno di ossuari collocati in pozzetti; erano prive di corredo, ma l’ossuario erano coperto da una ciotola capovolta che dallo studioso veniva considerata tipologicamente affine ai vasi geometrici restituiti dalle tombe a fossa, dal che si deduce una contemporaneità tra i due rituali. Di Cicco ritiene di aver riconosciuto anche ‘piazzette o ustrini’ che dovevano caratterizzare lo spazio della necropoli, che doveva quindi essere servito da vie di accesso acciottolate. Per quanto riguarda il corredo, questo restituiva normalmente almeno due vasi di produzione locale, di media grandezza, realizzati a mano con un impasto pesante e una tecnica pittorica non particolarmente apprezzata dal suo scopritore; accanto a questi vasi ‘male dipinti’ c’erano vasi importati, tra i quali alcuni definiti apuli2. I reperti rinvenuti da Di Cicco sono conservati al Museo archeologico provinciale di Potenza che custodisce anche altre testimonianze dal paese di Garaguso o dal suo territorio; purtroppo gli oggetti mancano spesso di qualsiasi riferimento ad un contesto specifico, rendendo questa documentazione poco utilizzabile. Nell’archivio del Museo, per esempio, sono conservate numerose schede che recano l’indicazione “Garaguso” e solo una decina con un numero di tomba, ma è stato impossibile rintracciare i reperti in questione all’interno dei magazzini. Sarebbe stato d’estrema importanza poter isolare le cremazioni rispetto alle inumazioni e verificare la loro effettiva contemporaneità. La testimonianza di Valente rimane allora inutilizzabile e non verificabile, soprattutto in considerazioni degli ustrina di IV sec. a.C. rinvenuti nello stesso sito da Jean-Paul Morel3. Si ritiene, tuttavia, utile fornire alcune indicazioni di quanto conservato nel Museo archeologico provinciale allo scopo di completare il quadro dei rinvenimenti del sito. Una parte dei reperti è stata pubblicata da Maria Sestieri Bertarelli per la guida dello stesso Museo, e da questa si ricavano alcune
3.1.1. Gli scavi di Morel Grazie all’iniziativa della Soprintendenza della Basilicata Garaguso riceve le prime indagini sistematiche, promosse negli anni 1969 e 1970 dall’allora Soprintendente della Basilicata e della Puglia Dinu Adamesteanu (figg. 3.12). Per un progetto di indagine “globale” che riguardasse Garaguso e il suo territorio venne richiesta la collaborazione dell’Ecole Française de Rome e di Jean-Paul Morel. Tra gli altri interventi di Morel, che indagò le aree sacre, si segnala lo scavo del “Giardino Moles” o “Villa Comunale” riconosciuto come la zona della necropoli menzionata da Sestieri Bertarelli (fig. 3.3). Le tombe non vennero scavate completamente per la presenza delle aiuole e delle recinzioni della Villa; nonostante i saggi stratigrafici Sestieri Bertarelli 1957, 30; sono pubblicati anche alcuni vasi, cfr. ibidem, 67-68. Tra questi si segnala una pisside con decorazione a cerchi concentrici sul corpo, un tipo di contenitore che verrà discusso nella sez. 4.3. 5 Una parte di questi è pubblicata in Sestieri Bertarelli 1957, 53. 6 Sono pubblicati un volatile e un cavallo, Sestieri Bertarelli 1957, 53; Lo Porto 1974, 117; è inedito invece un piccolo bovino bronzeo. 7 Confrontabili con reperti dell’Età del Ferro da sepolture del metapontino, Lo Porto 1969, 121-127. 8 Kilian 1970, tav. 269, n. 4, che riporta anche il disegno di una lamina convessa e di uno dei pendenti a ruota. Kilian confronta i reperti della necropoli meridionale di Sala Consilina, una necropoli ad incinerazione, con quelli di Garaguso. 9 Trova precisi confronti a Francavilla Marittima, cfr. Spectacle pendants, Papadopoulos 2003, 70-71. 10 Reperti bronzei da una tomba 32, Sestieri Bertarelli 1957, 23-24. 4
È Valente a riportare che De Cicco aveva scoperto nel “Giardino Moles” la necropoli, Valente 1941, 252. 2 Rellini 1916, 38-39. 3 Per i quali si veda sez. 8.1. 1
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 3.1. L’abitato di Garaguso. Veduta da Nord. Foto V. Garaffa.
Fig. 3.2. L’abitato di Garaguso e il Fosso dell’Orco dalla Tempa di San Nicola. Foto V. Garaffa.
ma nell’archivio del Museo Ridola di Matera sono conservati anche altri documenti inediti13.
realizzati da Morel fossero molto stretti, si rinvennero una dozzina di tombe a inumazione con inumati sia supini che rannicchiati11. I corredi funerari consistevano principalmente in ceramica locale di tradizione indigena, bicroma a decorazione geometrica insieme a materiali di produzione coloniale come le coppe di tipo ionico e le coppette monoansate a bande, e metalli, come armi o fibule. La parte della necropoli esplorata veniva datata intorno alla metà del VI sec. a.C.12. Le ricerche di Morel furono pubblicate preliminarmente in alcuni contributi che verranno citati diffusamente nel corso di questo volume, 11 12
3.1.2. Gli scavi della Soprintendenza della Basilicata Ulteriori lembi di necropoli furono scavati dalla Soprintendenza intorno agli anni ‘70 del secolo scorso nel corso di lavori per la costruzione di un Asilo Infantile, in una zona più a Sud dei Giardini Pubblici, verso la sponda sinistra del Cavone (fig. 3.3). Le tombe a fossa terragna con orientamento Nord-Sud, con o senza copertura,
Morel 1971a, 492-493; Morel 1974a, 380. Morel 1974a, 379-385.
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Cfr. sez. 8.1.
Il contesto di garaguso
Fig. 3.3. Stralcio della Carta tecnica regionale della zona Garaguso 1:5000 rielaborata con indicazione dei principali contesti. Realizzazione: Regione Basilicata – Centro cartografico dipartimentale. https://rsdi.regione.basilicata.it/dbgt-ctr/.
ospitavano insolitamente sepolture di rannicchiati14. Viene riportato nelle relazioni preliminari che nei corredi, che contavano sino a 70 vasi, dominava il vasellame indigeno insieme a coppe di tipo ionico ritenute d’importazione coloniale da Siris o Metaponto, e ceramica d’importazione figurata15. Altre tombe sono state segnalate sulla Tempa San Nicola16, in località Duca degli Ulivi e nella zona delle Scuole Elementari e dell’Asilo Infantile17. Ai bordi della strada comunale antica per Salandra è stata occasionalmente rinvenuta una grande tomba femminile, isolata ed eccezionale, interamente rivestita di tegoloni, con corredo di ceramica a figure rosse proto-italiota, oggetti di ornamento in bronzo, forse delle pinzette, ceramica a vernice nera tra cui si distingueva una Vicup e un minuscolo vasetto in alabastro; il corredo permette una datazione nel corso del V sec. a.C.18. Altre tombe sono documentate a Serra Frugghiosa, una località che non è stato possibile localizzare con certezza: Attilio Tramonti, nel corso di
un sopralluogo, riconobbe segni di scavi clandestini che avevano violato almeno sei sepolture del tipo rivestito a tegoloni in terracotta19. Nei Magazzini del Museo Ridola di Matera era inoltre conservato del materiale proveniente da uno scavo in località Duca degli Ulivi, datato al 1981, con frammenti rimescolati da Tombe 1, 2, 3, tra cui si distinguono frammenti di vasi a figure rosse, di coppe di tipo ionico B2, elementi fittili architettonici, nonché qualche terracotta figurata; del tutto assente la ceramica matt-painted a decorazione geometrica. 3.2. Introduzione alla documentazione disponibile Lo studio che qui si presenta si basa sull’analisi di 34 contesti tombali databili ad età arcaica scavati dalla Soprintendenza al di sotto dell’attuale Villa Comunale e del complesso Scuole Elementari/Asilo Infantile del paese di Garaguso. Si tratta di un piccolo campione a confronto delle centinaia di sepolture rinvenute ad Alianello, solo per fare un esempio. Un campione ridotto come questo può dipendere da due fattori, il primo dei quali è il mancato rinvenimento della restante necropoli, che dovrebbe trovarsi attualmente sotto il paese moderno; il secondo fattore da considerare è la probabile rappresentazione esclusiva di un unico segmento sociale, privilegiato al punto da poter disporre di una sepoltura formale20. Tuttava, proprio la sua limitatezza del campione ne consente lo studio analitico.
14 Adamesteanu 1977, 824; di una convivenza di inumati e rannicchiati si era già parlato, ma la testimonianza non ha trovato conferma. 15 Probabilmente l’intervento è anticipato in Adamesteanu 1975a, 258, ‘scavo della necropoli che guarda a meridione’, poi approfondito in Adamesteanu 1977, 824, dove non viene specificato il numero delle tombe esplorate. 16 Corredi con maschere fittili arcaiche, Sestieri Bertarelli 1958, 67. Che anche a Tempa San Nicola ci fosse, piuttosto, un’area sacra? Cfr. cap. 6. 17 Morel 1989, 549-550. 18 Lattanzi 1982, 280. All’interno dei magazzini del Museo Ridola di Matera è stata rinvenuta una cassetta, che riporta la dicitura “Garaguso, strada vecchia per Salandra, zona frana 9, tomba 1”, che potrebbe riferirsi a questa sepoltura; al suo interno erano registrati frammenti di una pelike, due kylikes (una delle quali Vicup), una pisside con coperchio, due lekythoi, uno specchio di bronzo, un oggetto in bronzo, due pinzette in bronzo, un oggetto di alabastro, frammenti di bronzo e ferro, frammenti ceramici e resti dello scheletro.
Dal Diario di Scavo di Attilio Tramonti, 15/02/1983. Per la rappresentatività di una necropoli si veda Morris 1987; Cuozzo 2003, 23-24.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. interro25. L’unica unità abitativa riconosciuta è stata individuata in contrada Sotto le Quote, verosimilmente a Nord della collina, poco sopra la Contrada di Grotte delle Fontanelle: in uno dei tre ambienti in asse della struttura a pianta tripartita, dotata di un’estensione di ca. 67mq, sarebbero stati rinvenuti numerosi vasi potori, tra cui forme greche databili alla fine del VI sec. a.C.26. Questi dati confermano l’immagine che è stata anticipata per Garaguso, di centro non strutturato con nuclei sparsi e senza una precisa pianificazione degli spazi, forse intervallati da nuclei di tombe.
Gli scavi sono stati realizzati tra il 1974 e il 1977 sotto la direzione della Soprintendenza della Basilicata guidata allora da Adamesteanu, spesso sostituito da Elena Lattanzi, in forma di intervento urgente di cui si occupò l’assistente Indice con collaboratori esterni. Nonostante gli sforzi della Soprintendenza non è stato rinvenuto il giornale di scavo, mentre sono disponibili i rilievi di 20 sepolture realizzati da Anna Luce Marino, purtroppo non sempre univocamente riferibili alla restante documentazione materiale21. Questa consta di tutti gli oggetti di corredo rinvenuti nelle 34 sepolture, la maggior parte dei quali in ottimo stato di conservazione oppure ben restaurati; fanno eccezione gli oggetti metallici. In rari casi sono conservati reperti osteologici, mentre sembra che gli altri scheletri non siano stati conservati22. Come confermato dalla Lattanzi, dopo lo scavo i corredi vennero dapprima portati a Metaponto, probabilmente nel magazzino “Casa Teresa”, e successivamente trasferiti nei magazzini del Museo Ridola di Matera. Delle sepolture messe in luce da Morel si dispone di parte della relazione preliminare, di alcune foto di scavo e di pochi materiali, mentre parte del corredo della cosiddetta tomba N è attualmente in mostra presso la sede espositiva di Tricarico.
Non emergono dati che consentano di ravvisare un’articolazione spaziale della necropoli, con agglomerati di sepolture o recinti. L’unica testimonianza a tal riguardo, quella di Di Cicco, parla di vie acciottolate che servivano lo spazio della necropoli27, mentre i pochi rilievi disponibili non sono in tal senso utilizzabili. Morel sostiene, inoltre, di aver rinvenuto un ‘deposito funerario’ isolato costituito da una coppa a vernice nera e una oinochoe con filetti rossi, trovato al di sopra di una tomba, che però non si è potuta scavare trovandosi al di sotto dei viali del Giardino comunale28; il deposito in questo caso avrebbe svolto la funzione di segnacolo29. Questo deposito, comunque, non è stato ritrovato. Anche il riconoscimento dell’orientamento delle tombe risulta problematico. Le tombe K3 e M di Morel sono orientate in senso EO, con la testa del defunto rivolta ad Est; la tomba N in senso NO/SE30. Per quanto riguarda il nucleo che si trova a Sud, verso l’Asilo comunale e verso la zona Ulivi del Duca, quindi nel pendio meridionale che guarda alla Salandrella, le relazioni riportano un orientamento costante e regolare N/S31. Nei rilievi di cui si dispone, invece, manca sempre l’indicazione dell’orientamento, a meno che non si supponga che le sepolture siano implicitamente orientate a Nord, dal che si confermerebbe la regolare disposizione N/S interrotta solo dalla presunta t. 15, tomba con copertura di lastroni orientata in senso NO/SE (fig. 8.39). Il corredo superstite di questa tomba, tuttavia, non spiega la differenza di orientamento, che potrebbe derivare da caratteristiche geologiche dal terreno.
3.3. Topografia della necropoli, struttura delle tombe e rituale funerario Dall’excursus appena presentato si ottiene un’immagine delle necropoli di Garaguso parziale e dispersiva. I rinvenimenti di tombe si concentrano nel cuore del paese moderno, al di sotto della Villa Comunale, con sporadiche attestazioni un poco più a Nord e un nucleo abbastanza consistente, di cui non si conosce la reale entità, più a Sud verso la valle del Salandrella/Cavone. Le sepolture si datano complessivamente nel corso dell’età arcaica, con un’unica testimonianza di pieno V secolo a.C., la tomba isolata sulla strada per Accettura, e un nucleo di IV sec. a.C., cioè alcune delle sepolture scavate da Morel23. La necropoli al di sotto della Villa Comunale è probabilmente coeva ai nuclei a meridione della stessa, quelli al di sotto della scuola elementare, dell’Asilo Infantile e della zona di Duca degli Ulivi. Poco ad Est di questa zona dominante il declivio del Salandrella è stata messa in luce un’area caratterizzata da pozzi24. La zona dedicata alle sepolture a nuclei sparsi era dunque mediamente estesa e verosimilmente contigua ad una delle aree sacre. Nessuno dei saggi realizzati in questa zona ha messo in luce strutture domestiche, capanne o tracce di un insediamento, se si esclude la ceramica d’impasto rinvenuta al di sotto di alcune tombe, pertinente ad un’occupazione precedente del sito dal carattere forse abitativo. Resti di abitato d’età arcaica sono piuttosto emersi nei pressi delle contrade Filera e San Nicola, sotto un potentissimo strato di
Le relazioni preliminari riportano che le tombe erano a fossa terragna, a pianta rettangolare, con o senza copertura. Il piano di deposizione doveva essere in terra battuta; la profondità non è mai ricostruibile. Sono conservati i rilievi di 20 sepolture, ma non sempre la corrispondenza tra il rilevo e il corredo restituito è univoca. In alcuni casi si dispone del rilievo, ma non del corredo32. Le tipologie Per la complessa stratigrafia si veda Hano et alii 1971, 425-427; Morel 1974a, 374-379. 26 Russo Tagliente 1992, 90 e 234. Dello scavo, effettuato da Tramonti, non sono state rinvenute né documentazione, né cassette di materiale archeologico. 27 Rellini 1916, 38-39. 28 Morel 1995, 420-421, nota 3 e fig. 4. 29 L’unica attestazione nota nel mondo enotrio, comunque, sarebbe quella di Latronico, cfr. sez. 2.3.4. 30 Cfr. anche Hano et alii 1971, 427. 31 Adamesteanu 1977, 824. 32 Tt. 1/Pozzo 1; t. 9, forse successiva al nucleo di sepolture arcaiche. 25
Tombe 1, 2, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 25, 26, 27, 29, 30, 31, 32, 33, 34. 22 Ad eccezione di un individuo privo di riferimenti. 23 Per queste testimonianze si rimanda alla sez. 8.1. 24 Bottini 1991, 557-558 e cfr. sez. 6.3. 21
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Il contesto di garaguso ricostruibili sono33 la tomba a fossa scavata nella terra, a volte circondata da pietre, tegole o lastre poste di taglio e infisse verticalmente nel terreno per tutto il suo perimetro34, talvolta ricoperte da strati di tegole35 oppure da lastroni accostati (conglomerato/arenaria? t. 9, priva di corredo; t. 15, fig. 8.39), e la tomba a tumulo o pozzo?, che consta di una struttura di forma circolare realizzata con blocchi di pietre di grandi e medie dimensioni (T. 1/ Pozzo 1, fig. 8.1). Quando il rilievo, e pertanto il disegno dello scheletro, è presente, il corpo del defunto è sempre inumato supino con le braccia distese lungo i fianchi, secondo un costume tipico della Fossakultur tirrenica, che distingue la necropoli di Garaguso da quella delle aree vicine accostandola, come è stato visto, alle comunità delle vallate fluviali dell’Agri e del Sinni e nel Vallo di Diano36. Nelle relazioni preliminari sia Morel che Adamesteanu hanno parlato di rannicchiati37, ma non è stato possibile verificare l’informazione, oppure non era conservato il corredo. Attraverso l’analisi dei corredi non emergono anomalie tali che permetterebbero l’attribuzione sicura della sepoltura ad individui di altri comparti culturali38. I rilievi restituiscono sepolture monosome e non sono ravvisabili casi di riutilizzo della fossa; solo la t. 15 sembra coprire una fossa più antica. In base alla dimensione delle fosse, dello scheletro dove conservato e alla presenza di particolari combinazioni di elementi del corredo, la tomba viene attribuita ad un defunto di una specifica classe di età. In questo caso, disponendo di dati frammentari e ambigui e pur tenendo conto di un ampio margine di incertezza, si è scelto di parlare di adulti e giovani o subadulti39. La maggior parte dei reperti ossei, infatti, non è stata conservata. Piccoli e frammentari elementi osteologici sono stati analizzati autopticamente e di questi si darà notizia nelle schede relative alle singole sepolture (tt. 16, 18, 25, 30, 34). Come anticipato, non è stata rinvenuta la documentazione degli incinerati scavati da Di Cicco, mentre due ustrina sono noti dagli scavi Morel40.
di deposizione del corredo, come si potrà osservare in alcuni rilievi, suggerisce la presenza di una cassa o di assi lignei di cui però non vi è altrimenti traccia (ad esempio t. 25, fig. 8.52)42. Alcune sepolture restituiscono una coppia di manufatti fittili, insoliti perché dotati di due coppie di fori passanti (fig. 4.35)43, e una sola tomba restituisce coroplastica, cioè la testa di una statuetta fittile arcaica (NC 196, t. 7, fig. 8.21). Occasionalmente sono presenti sia vasellame metallico che armi o utensili, in ferro per lo più o in bronzo. Le spade si trovavano sul bacino, come si vede dal rilievo della t. 6 (fig. 8.11), mentre le cuspidi di lancia erano collocate spesso lungo la spalla44. Il defunto indossava probabilmente delle vesti, come si evince dalla presenza di fibule con resti di tessuto. Le fibule, in bronzo o in ferro, sono presenti in numerose fogge45. Le defunte portavano degli ornamenti in ambra, secondo un costume tipico enotrio già a partire dall’VIII sec. a.C. In questo periodo sono scomparse le parures eccezionali sostituite da ornamenti più sobri. Le collane d’ambra hanno pendenti a goccia e vaghi cosiddetti “a ghianda”, mentre non si distinguono ambre intagliate, se non in un unico caso dubbio, in cui la decorazione sembra geometrica (NC 269, t. 11, fig. 8.26). L’ambra inoltre viene utilizzata, insieme all’osso, per ricoprire gli archi di alcune fibule. Di altri oggetti d’ornamento rimangono le armille bronzee e i bracciali ad estremità ofiomorfa e il bottoncino bronzeo a forma emisferica, così come i bracciali in avorio; anelli bronzei sottili compaiono in sepolture verosimilmente maschili, più spessi in quelle femminili46. 3.4. Summary. The archaeological context of Garaguso Already in the early 1900s, the first tombs of Garaguso were identified in the Giardino Pubblico of the modern town when Vittorio Di Cicco discovered “an entire necropolis” of 45 tombs of mixed funeral rites (burial and cremation). The burials were carried out in pit tombs with the deceased placed on his or her back surrounded by a set of geometric vases, ornaments, and, in some cases, weapons. Garaguso first underwent systematic investigations in 1969 and 1970, thanks to the initiative of the Soprintendenza of Basilicata and Dinu Adamesteanu, the Soprintendente of Basilicata and Puglia at that time. The École Française de Rome and Jean-Paul Morel created an international research project on Garaguso and its territory. The latter identified a dozen tombs in the Villa Comunale; however, they were not fully excavated due to the presence of flowerbeds and fences. The grave goods were mainly comprised of local pottery of indigenous tradition – bichrome with geometric decoration – but they also included materials of Greek production, such as Ionic cups, single-banded cups, weapons, and fibulae.
Il defunto era accompagnato da un corredo vascolare composto per lo più da vasi matt-painted prodotti localmente e vasi di produzione greca, tutti disposti intorno allo scheletro41. Da quanto si evince dai rilievi il corredo vascolare era generalmente deposto lungo i lati della fossa e in quelle aree non occupate dal corpo del defunto, a volte tra le sue gambe (ad esempio t. 12, fig. 8.27); in alcuni casi i vasi coprivano gli arti, ma non è chiaro se questo sia stato l’esito di fenomeni post-deposizionali. La regolarità Sembra manchino del tutto altri tipi di sepolture documentate in Italia meridionale in età arcaica, come il sarcofago litico, la tomba a cappuccina, la tomba a camera o a semicamera e la fossa con ripostiglio. 34 Tale tipologia si riscontra anche a Guardia Perticara, Bianco 2011, 21 e foto t. 31. 35 Hano et alii 1971, 427; a Chiaromonte sarebbero state ricoperte di pithoi, Bianco, Preite 2014, 412. 36 Tocco Sciarelli 1980, 441-442. 37 Adamesteanu 1977, 824. 38 Fa eccezione la t. 34, cfr. 8.2.24. 39 Per approfondimenti cfr. sez. 5.3.4. 40 Documentazione inedita conservata al Museo Ridola di Matera, cfr. sez. 8.1. 41 La disposizione “a collana” è comune anche alle altre necropoli enotrie come Chiaromonte, Tagliente 1983, 19. 33
Come ad Atena Lucana, Tardugno 2014, 240. Cfr. sez. 4.4. 44 Secondo un costume noto anche in altri comparti, come quello nordlucano di Baragiano, cfr. Bruscella 2009, 25, oppure Ruvo del Monte, Scalici 2009, 49. 45 Cfr. sez. 4.6.3. 46 Tutti i materiali saranno analizzati in seguito, cfr. cap. 4. 42 43
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. The explored area of the necropolis was dated to around the middle of the 6th century BCE. The present study is instead based on the analysis of 34 tomb contexts that can be dated to the Archaic period, which were excavated by the Soprintendenza underneath the Villa Comunale and the elementary school and nursery complex of the modern village of Garaguso. These emergency excavations were carried out between 1974 and 1977 under the direction of the Soprintendenza of Basilicata led by Adamesteanu. While the excavation journal could not be located, the outlines of 20 burials remain accessible, though they are not always univocally referable to the surviving material documentation for the objects that were found in burials. Most of the finds are in excellent condition; however, osteological findings are only present in rare cases. It is thus a small sample, but its limited size permits an indepth, analytical study. While the unearthed tombs are concentrated underneath the Villa Comunale in the heart of the modern town, the area dedicated to burials with scattered nuclei must have been relatively large and probably contiguous to one of the sacred areas. However, no data allow us to distinguish the exact spatial articulation of the necropolis. Determining the orientation of the tombs is also problematic, though it is likely that there was a constant and regular N/S orientation. Preliminary reports describe earthen pit tombs, rectangular in plan, both with and without covering. The depositions had to have been made in beaten earth, but there is no case in which the exact depth can be reconstructed. The surviving evidence preserves only monosome burials. In cases where, in addition to the outline of the tomb, the design of the skeleton is present, it is possible to reconstruct the burial of the deceased in a supine position and with the arms extended along the sides of the body, according to a custom typical of Tyrrhenian Fossakultur. Analysis of the funerary ensembles did not identify any anomalies that would allow the safe attribution of the burial to individuals from other cultural areas. Based on the size of the graves and skeletons (where preserved) and the presence of particular combinations of grave goods, the tombs can be attributed to a deceased of a specific age category. With such fragmentary and ambiguous data, we have chosen to discuss adults and young or sub-adults. Certain elements within the finds also allow preliminary distinction as regards gender in some cases. The deceased was often accompanied by a grave good composed mainly of mattpainted vases of probable local production and vases of Greek production, arranged around the skeleton. Weapons, tools, fictile artefacts, and ornaments completed the deposition. It must be acknowledged that the composition of a small sample like ours is intrinsically shaped by two factors: 1) the failure to find the rest of the necropolis that should be buried under the modern town, and 2) the likely representation of a single exclusive social sector that could afford formal burial.
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4 Cultura materiale nella necropoli 4.1. Classificazione dei materiali
Le singole categorie, con le loro suddivisioni, verranno trattate nelle sezioni seguenti costituite da un’introduzione al tema, dalla definizione delle forme, generalmente basata su criteri morfologici, dalla distribuzione nel contesto e da tipologie che anticipano sigle o numeri che saranno utilizzati all’interno delle singole voci di catalogo5. Quasi tutte le forme e i tipi più diffusi sono stati riprodotti graficamente e/o fotograficamente. Sui manufatti ceramici non è stato ancora possibile realizzare delle analisi archeometriche. Nel corso di questo studio si farà riferimento pertanto a lavori precedenti su manufatti d’analoga produzione e ad osservazioni a occhio nudo o realizzate tramite una lente mm 30x216.
I reperti provenienti dalle tombe sono stati suddivisi in base alla materia in cui erano realizzati. Sono pertanto presenti le categorie di Ceramica, Metalli e Organici. Per quanto riguarda la classificazione ceramica, operazione necessaria ad ordinare una molteplicità di dati in un sistema gestibile1, mancano nella letteratura scientifica, per l’area e il periodo in esame, parametri univoci e omogenei2. La ceramica è stata così suddivisa in classi, distinte per la provenienza da una stessa area di produzione indigena e greca (graf. 4.1)3. La ceramica di produzione locale è stata successivamente raggruppata secondo sistemi decorativi, a cui corrispondono anche differenze morfologiche: ceramica matt-painted a decorazione geometrica, Wheel Made Painted Pottery4, ceramica parzialmente verniciata e ceramica acroma. Nella ceramica greca i vasi a figure nere saranno trattati insieme alle altre forme a vernice nera. I Metalli sono stati suddivisi per funzione.
4.2. Ceramica di produzione locale Sono prodotte localmente la ceramica matt-painted, la cosiddetta wheel-made painted pottery, la ceramica parzialmente verniciata, quella acroma e da cucina, e varie forme miniaturistiche.
1. Ceramica a. Ceramica locale/di produzione indigena i. Ceramica matt-painted a decorazione geometrica ii. Wheel Made Painted Pottery, Ceramica a bande iii. Ceramica parzialmente verniciata iv. Ceramica acroma (da mensa, da dispensa, da cucina, ad impasto) b. Ceramica greca c. Strumenti da filatura/tessitura e altri manufatti fittili non vascolari d. Coroplastica 2. Metalli a. Armi b. Utensili c. Oggetti di ornamento 3. Organici a. Ambra b. Osso
4.2.1. Ceramica matt-painted a decorazione geometrica della Western Lucania/enotria I vasi a decorazione geometrica posti a corredo delle tombe di Garaguso si presentano come un insieme omogeneo di manufatti in buono stato di conservazione o comunque ricomponibili. Solo i vasi della t. 17 sono stati rinvenuti tutti in frammenti e non di tutte le forme è stato possibile procedere ad una ricostruzione integrale. La ceramica enotria ha una tradizione relativamente lunga che trova nelle ceramiche a tenda il proprio antenato7. Queste, diffuse dalla Campania del Vallo di Diano sino alla Basilicata, si collocano cronologicamente all’inizio di quel processo di differenziazione regionale delle ceramiche prodotte localmente, attribuibile al periodo medio-geometrico, che segue la fase di generale omogeneità nelle produzioni vascolari del periodo Protogeometrico e Geometrico8. Le forme deposte a corredo della necropoli di Garaguso sono più recenti e attribuibili alla fase finale della Lucania Occidentale, pertanto databili tra la seconda metà del VI e gli inizi del V sec. a.C., anche grazie all’associazione con ceramica greca. Si registrano poche eccezioni, come il
Cerchiai 2007. Una eccezione significativa, per le produzioni ceramiche in Puglia, è costituita dal sistema di gestione dei dati di scavo WOdOS, realizzato dal Laboratorio di Informatica per l’Archeologia dell’Università del Salento, Mastronuzzi 2013, 63, con bibliografia di riferimento. 3 Caggia, Melissano 1997, 100. Si enfatizza, per le domande di questa ricerca, l’aspetto contrastivo delle classi ceramiche di diversa produzione piuttosto che quello funzionale presente, per esempio, in Bats 1988 e Semeraro 2004. 4 Per la discussione sul nome della classe, già affrontata per il repertorio delle forme dell’area sacra di Grotte delle Fontanelle, si rimanda a Bertesago, Garaffa 2015 e alla sez. 4.2.4. 1 2
Il catalogo si trova nel cap. 8. Per gli impasti si rimanda all’Appendice II. 7 Da Garaguso provengono alcuni frammenti insieme a vasi d’impasto e a forme più recenti, Morel 1971a, tav. LXXXVIII, n. 3; Hano et alii 1971, fig. 7 e 8; alcuni frammenti anche dai depositi di Grotte delle Fontanelle, Bertesago, Garaffa 2015, paragrafi IV.1 e IV.2 e VI.1. La ceramica a tenda è stata prodotta dal 775 al 700 a.C., Yntema 1990a, 161-162. 8 Yntema 1990b, 244-247. 5 6
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Graf. 4.1. Distribuzione quantitativa dei reperti.
cantaroide NC 681 da t. 29, con decorazione zoomorfa: il vaso si distingue morfologicamente per il dettaglio delle anse meno sopraelevate rispetto agli altri cantaroidi e soprattutto presenta una decorazione monocroma con motivi geometrici astratti sul collo, che sarebbero attestati già nella seconda metà dell’VII sec. a.C.9. Per quanto riguarda la nomenclatura e la tipologia dei vasi si è scelto di realizzare una tipologia delle forme e dei motivi decorativi sulla base degli studi di Yntema e delle recenti proposte classificatorie di Maria Luisa Nava, Salvatore Bianco, Patrizia Macrì e Ada Preite sulle produzioni ceramiche del mondo enotrio in Basilicata nel territorio compreso tra la Valle del Basento e quella del Sinni, in attesa del repertorio complessivo della ceramica geometrica enotria, anticipato nel contributo preliminare di cui è stata data notizia nel 200910. Le forme, pertanto, saranno distribuite per tipi caratterizzati da caratteristiche costanti predominanti, articolati in due gradi di variabilità: varietà, per la presenza o l’assenza di attributi intermedi, e variante, per le modificazione di questi attributi11.
della stessa fornace. La foggiatura è avvenuta combinando tecniche diverse: la parte inferiore di alcune forme, infatti, veniva foggiata da un unico pezzo di argilla, mentre la parte superiore si formava applicando cordoncini; a queste operazioni seguiva la rifinitura tramite l’utilizzo di un tornio lento12. Alcune parti del vaso, come piedi o steli e le anse e il collo o la bocca, venivano lavorate a parte, poi assemblate e rifinite a stecca13. Altrettanto evidenti sono i segni di un reticolo, forse vegetale, sul quale sono state stese le anse di alcuni cantaroidi per essere lisciate almeno sulla parte a vista (NC 14, t. 1 e 218, t. 10, fig. 4.1). La maggior parte dei vasi ha un profilo lievemente asimmetrico, mentre alcuni lo sono in maniera più accentuata: è il caso del thymiaterion NC 153 da t. 7 che al pronunciato squilibrio associa una colorazione verdastra del corpo ceramico e della decorazione pittorica, esito, con buona probabilità, di cattiva cottura14. Decorazione Nel caso della ceramica geometrica di Sala Consilina o di Torre di Satriano la decorazione bicroma nelle tonalità del rosso e del bruno è ottenuta impiegando, su una base di ingobbio chiaro, la stessa argilla del corpo ceramico; a questa, diluita, vengono aggiunti pigmenti coloranti. La decorazione di colore rosso chiaro risulta caratterizzata da tenori elevati e variabili di ossidi di ferro; quella in rosso scuro da tenori di ferro più elevati; la colorazione in marrone-bruno, invece, è ottenuta da un’elevata percentuale di ossidi di ferro combinata con discrete concentrazioni di manganese15. Qui si assume
Foggiatura I vasi a decorazione matt-painted sono realizzati probabilmente con argille locali molto calcaree, con un impasto abbastanza depurato al cui interno si distinguono rari inclusi di piccole e medie dimensioni. La materia prima deve essere stata lavorata e ben decantata, come rivela l’osservazione autoptica dei reperti. Il corpo ceramico si presenta principalmente di due colori, un beige chiaro e un arancio, colori che spesso convivono sullo stesso vaso, come nell’olletta biansata NC 100 di t. 6 (fig. 4.1): le differenze nella colorazione dipendono, probabilmente, da diverse atmosfere di cottura all’interno
Per l’identificazione dei segni del tornio lento o veloce, a volte arbitraria, Fasanella Masci 2016, 104. 13 Naumann, Neutsch 1960, 139, per i vasi di Palinuro realizzati con la stessa tecnica; Fasanella Masci 2016, 103-104. 14 La frattura sul piede del cantaroide NC 216, t. 10 permette di osservare anche in questo caso un difetto nella produzione; ad una foggiatura o cottura difettosa viene anche attribuita la concavità presente sulla pancia della brocca NC 105 di t. 6. Difetti di foggiatura o cottura sono frequenti anche tra i manufatti delle altre classi, per le quali si vedano le relative sezioni sulla ceramica acroma, particolarmente l’olla acroma NC 503, t. 25, e per la ceramica greca la kylix B2 NC 336, t. 13. 15 Ercolani et alii 2005; Giammatteo, Di Leo 2018. 12
9 Nava et alii 2009, 271-272, fig. 18, AN6. Il corredo della t. 29 restituisce ancora almeno un altro vaso monocromo con decorazione zoomorfa, la brocchetta NC 683. 10 Il repertorio riguarderà, comunque, i tipi vascolari più rappresentativi dal IX all’VIII sec. a.C., Nava et alii 2009. 11 Nava et alii 2009, 255.
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Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.1. Ceramica matt-painted. Aspetti tecnologici.
che tali informazioni valgano anche per la ceramica a decorazione geometrica di Garaguso. L’eccezionale stato di conservazione dei manufatti ha inoltre permesso di osservare lo spessore delpigmento steso, spesso con una resa a rilievo come nel cantaroide NC 448 di t. 19 o nella brocchetta NC 1016 di t. 40. Il colore che si vede adesso, quindi, sarebbe l’alone opaco dello spesso strato di pigmento steso sulle superfici del vaso (fig. 4.1). In alcuni casi è possibile seguire la sequenza delle fasi decorative16.
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Cottura Quanto alla fase finale del processo di produzione, pare che la cottura sia avvenuta in fornaci dove era possibile un discreto controllo sia della temperatura sia dell’ossigenazione. Nonostante la capillarità delle ricerche non sono state riconosciute a Garaguso installazioni per la cottura dei vasi, se non labili tracce nel corso delle ricognizioni effettuate da Tramonti alla Tempa San Nicola17.
Cfr. il cantaroide NC 283, sez. 8.2.8
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Bertesago, Garaffa 2015, 339, nota 7.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. parte della ceramica a decorazione geometrica (fig. 4.2). Generalmente brocche e cantaroidi ospitano motivi radiali (motivo 9)22, cerchi concentrici (motivo 1), motivi campiti (motivi 2 e 8)23 oppure tacche (3)24; sono diffusi anche i motivi con serie di punti oppure ellissi (motivi 4-5)25 e tratti obliqui oppure alternati (motivi 6-7)26. Le forme che sperimentano maggiormente sono i calici, le piccole coppe su alto piede che alle monotone bande del corpo oppongono la varietà della bicromia degli orli, dove dominano schemi di raggi e triangoli diversamente combinati (motivi 10-13)27. Tra i motivi degli orli sono stati inseriti anche i motivi metopali delle scodelle, che in realtà ornano la parte superiore della vasca (motivo 14). I motivi decorativi delle anse si uniformano alla mancanza di regolarità, nonché alla varietà del repertorio decorativo (fig. 4.3) 28. Accanto alle linee più semplici (motivi 16-18), domina la serie di bande orizzontali che spesso viene animata da motivi accessori (motivo 15) oppure viene sostituita da motivi più complessi che nelle losanghe e nei triangoli (motivo 19) sembrano riprodurre geometricamente intrecci vegetali (motivo 20). La decorazione dell’ansa, comunque, non viene quasi mai trascurata e le scodelle monoansate ricevono, infatti, una decorazione distintiva pur nella sua ripetitività (motivo 21). I motivi del corpo risultano ancora più elaborati, spesso simili tra di loro e a volte di incerta identificazione (fig. 4.4-6). Il collo ospita generalmente una decorazione differente da quella del corpo: nel caso in cui il profilo sia continuo una banda interamente campita o delle linee più sottili marcano le due zone. Sul corpo, invece, si concentra la decorazione principale, particolarmente sulla parte superiore; la parte inferiore, spesso poco visibile perché schiacciata, rimane vuota oppure è occupata da motivi penduli (motivo 39)29 che accentuano l’impressione di schiacciamento. Normalmente sul corpo vengono dipinte prima delle linee guida all’interno delle quali inquadrare tutti gli altri motivi: queste si interrompono sempre in prossimità dell’ansa, nel caso delle brocche, o delle anse, nel caso dei cantaroidi. Questa operazione serve a fornire una simmetria minima a dei vasi che sono sempre abbastanza irregolari. Nonostante questi accorgimenti non è infrequente notare errori di “calcolo” ai quali si rimedia spesso in maniera grossolana. La vasca delle forme aperte è generalmente occupata da bande e motivi concentrici; di rado si trovano altri elementi all’esterno. La parte inferiore della vasca e il fondo dei vasi, che siano forme aperte o chiuse, non ospitano generalmente nessuna decorazione. Fanno
Schemi e motivi decorativi Gli apparati decorativi lasciano intuire uno sviluppo, che in questo caso muove da decorazioni articolate e curate sino a tratti di colore quasi impressionisti (“anfora” NC 748, t. 31). In genere sono i cantaroidi di dimensioni più grandi ad ospitare le sintassi più complesse che probabilmente traevano ispirazione da tessuti e a loro volta ispiravano la decorazione di elementi architettonici18. I motivi si ripetono sempre uguali sui vasi, ma la loro combinazione offre spesso effetti inediti. Generalmente i vasi di piccolo formato sono decorati con tratti asimmetrici e poco curati. Nella decorazione di alcuni cantaroidi pertinenti a corredi di tombe differenti è inoltre possibile ravvisare la stessa mano sulle stesse forme. È il caso degli insiemi: • • • • • •
NC 14, t. 1 e 218, t. 10. (fig. 4.1). NC 102, t. 6, NC 149-150, t. 7. (fig. 4.1). NC 285, t. 12 e 448, t. 19 (+NC 485, t. 25?). NC 536, t. 26 e 616, t. 28. NC 490, t. 25, 538, t. 26 e 622, t. 28. NC 678, t. 29 e 978, t. 37.
Che si tratti di specifiche produzione standardizzate a Garaguso, che presuppongono diversi livelli di organizzazione sociale19, è un’ipotesi ancora da verificare. I motivi Il progetto in corso di Nava et alii ha proposto anche una classificazione dei motivi utilizzati per la decorazione dei contenitori fittili, a cui non a cui non è stato possibile ancorarsi del tutto, ma che viene accettata nelle linee generali e integrata da una parte con la classificazione elaborata da Yntema, dall’altra con nuove proposte20. Anche per la decorazione si è quindi scelto di ricorrere ad una tipologia numerica, con i motivi dell’orlo, dell’ansa e del corpo. La tecnica decorativa della ceramica matt-painted a decorazione geometrica è principalmente pittorica; è attestato un unico motivo plastico. I vasi sono generalmente bicromi, una tecnica documentata sin dalla prima metà del VII sec. a.C.; sono assai rari i vasi monocromi, tradizionalmente attestati ancora nella seconda metà del VII sec. a.C.21, ma evidentemente utilizzati anche in seguito. Le parti del corpo del vaso interessate alla decorazione sono il labbro, il collo, il corpo/la vasca e le anse. Il labbro è generalmente decorato all’interno, sia nelle forme aperte che in quelle chiuse ed è sempre decorato con motivi geometrici semplici o più complessi, comuni a buona
Yntema 1990a, fig. 100, n. 19; Nava et alii 2009, 270, fig. 17. Nava et alii 2009, fig. 17, OR6 e OR2.3. 24 Yntema 1990a, fig. 129, n. 26; Nava et alii 2009, fig.17, OR1.1. 25 Yntema 1990a, fig. 6, n. 18; Nava et alii 2009, fig.17, OR4; per le ellissi Yntema 1990a, fig. 139, n. 31. 26 Yntema 1990a, fig. 6, n.16; Nava et alii 2009, fig.17, OR5; Yntema 1990a, fig. 48, n. 59 e fig. 80, n. 23; Nava et alii 2009, fig.17, LS; Yntema 1990a, fig. 173, n.19; Nava et alii 2009, fig. 17, OR2.1. 27 Yntema 1990a, fig. 17, n. 30-31 e fig. 48, n. 60. 28 I motivi delle anse non vengono considerati dello studio di Nava et alii 2009. 29 Yntema 1990a, fig. 111, n. 8; Nava et alii, fig. 20, BDI. 22 23
In linea generale, per il mondo greco, si veda Barber 1991, 365-372. Per lo sviluppo dei modelli di organizzazione sociale della produzione ceramica, Peacock 1982 e Costin 1991; critico sulla standardizzazione degli impasti Arnold, D.E. 2000. 20 Nava et alii 2009. I motivi decorativi sono divisi in quattro categorie: geometrico astratto (motivi vuoti, campiti, lineari orizzontali e verticali, obliqui, sinuosi, angolari zig-zag e sovrapposti, a tenda, metopali), zoomorfo stilizzato/figurato, fitomorfo stilizzato/figurato e antropomorfo stilizzato/figurato. 21 Nava et alii 2009, 268. 18 19
32
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.2. Ceramica matt-painted. Motivi decorativi degli orli.
eccezione una croce uncinata, cioè un motivo estraneo al repertorio (motivo 34), e i segni cruciformi dipinti, che occupano generalmente il fondo esterno del vaso.
più spesso corsivo e sommario. Probabilmente venivano usati differenti pennelli, ma soprattutto i disegni venivano realizzati da mani diverse i cui prodotti a volte sono rintracciabili all’interno di corredi diversi. I motivi utilizzati variano dal più semplice e lineare al più complesso e articolato ed è facile osservare come siano determinate forme, particolarmente i cantaroidi, quelle destinate alle rappresentazioni più esuberanti. Lo stile sembra quasi mutare nel corso del tempo e si accompagna spesso al cambiamento morfologico: su forme tradizionali dominano motivi tradizionali, realizzati con più o meno cura, ma sempre riconoscibili. Alcuni corredi, invece, che la presenza di vasi di produzione greca consente di inquadrare cronologicamente nell’ultimo periodo di questo nucleo di tombe, restituiscono forme vascolari
Un’analisi dei motivi decorativi presenti sulla ceramica matt-painted a decorazione geometrica di Garaguso è un’operazione che ci avvicina in qualche modo all’immaginario della comunità. Sulla superficie del vaso, sovente coperta da un ingobbio chiaro, si stendono i toni dell’arancio e del rosso in tutte le loro sfumature, accompagnati al marrone, al bruno e al nero. Questi colori, in realtà, sono solamente l’impronta, l’ombra dei colori che un tempo rivestivano le superfici a volte costituendo disegni a rilievo che solo in certi punti si sono conservati. Il tratto è sempre diverso, raramente sottile e calligrafico, 33
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.3. Ceramica matt-painted. Motivi decorativi delle anse.
(motivo 23)31, zig-zag (motivo 24)32, ganci e uncini (motivi 26-27)33, metope e losanghe (motivo 32), reticoli e scacchi (motivi 28 e 31)34, merlature semplici, contornate da graticci o interrotte come meandri (motivo 29)35, combinazioni di motivi semplici o campiti o intrecciati
di cui a stento si riconosce l’origine. Anche i motivi decorativi, oltre ad essere realizzati con poca cura, hanno perso evidentemente il senso del loro esistere e non hanno nulla in comune con i loro archetipi, come nei manufatti della t. 31. Le forme geometriche si compongono tra di loro accompagnando le diverse parti del vaso, con un caos solo apparente, al di sotto del quale domina una precisa disciplina di motivi deputati ad ogni singola parte del manufatto. I motivi sono principalmente motivi lineari (motivo 22), angolari (motivi 25, 3330 e 35), ondulati
Motivo già attestato nel medio geometrico, Yntema 1990a, 116, fig. 89, n. 13. 32 Nava et alii 2009, fig. 18, AN. 33 Motivi già attesti nella ceramica geometrica del Salento del VII sec. a.C., Yntema 1990a, 91, fig. 65, n. 28-29. 34 Yntema 1990a, fig. 111, n. 4 e 6. Motivo del tardo geometrico, cfr. Yntema 1990a, 127, fig. 100, n. 7; Nava et alii 2009, fig. 18, GR 3. 35 Motivo del tardo geometrico, Yntema 1990a, 127-128, fig. 100, n. 2 31
30 Nava et alii 2009, fig. 18, TAA. Forse si tratta di una semplificazione del motivo a tenda.
34
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.4. Ceramica matt-painted. Motivi decorativi del corpo.
(come il motivo 30)36. Gli stessi motivi, che facevano parte di un importante patrimonio decorativo derivato probabilmente da immagini astratte, occorrono anche nelle terrecotte architettoniche di altri centri indigeni come Serra di Vaglio37. In questo panorama dominato da spessi colori accesi, stesi con l’intento di rivestire il corpo del vaso per horror vacui, si inserisce sull’ansa di un cantaroide una figura umana, isolata, quasi smarrita e priva di una precisa collocazione tra l’esuberanza decorativa della decorazione geometrica (motivo 49): il motivo è dipinto a silhouette nera piena e trova confronti, benché non puntualissimi,
nell’askos daunio che rappresenta una figura con un telaio a mano con scena figurata da Ripacandida, datato alla fine del VI sec. a.C.38. Una figura umana si colloca in una posizione quasi accessoria nell’economia del vaso, esattamente al di sotto dell’ansa, anche nel cantaroide noto da Guardia Perticara con suonatore di lira (o meglio tessitore al telaio)39. Più spesso il corpo del vaso ospita delle figure che nonostante ogni ragionevole esitazione sembrano antropomorfe: in particolar modo il cosiddetto “orante”, un triangolo rovesciato campito a rete dalle cui estremità si dipartono motivi angolari, interpretabili come braccia dal momento che terminano con estremità-
36 Motivo già attestato nel medio geometrico, Yntema 1990a, 115, fig. 89, n. 8 37 Adamesteanu 1971c, tavv. XXV-XXVI; Orlandini 1972, 287-289.
38 39
35
Bottini 1986, 198, tav. XL. Bianco 2011, 46.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.5. Ceramica matt-painted. Motivi decorativi del corpo.
sull’ansa di un cantaroide (NC 891, t. 35, fig. 8.101)42; a Guardia Perticara, invece, il serpente è sul columen del modello fittile di cofanetto della tomba 122 e sembra alludere alla rinascita ciclica della vita e della natura43. Le figure zoomorfe dipinte raffigurano un piccolo rettile e forse alcuni insetti (NC 681 e 683, t. 29, motivi 42-43). Motivi d’antica tradizione, a volte stilizzati, più spesso solo intuibili, arricchiscono il corpo di alcuni recipienti, come l’uccello acquatico (motivo 40). L’uccello acquatico è un
mani in cui si distinguono chiaramente quattro o cinque dita (motivo 45)40; in queste figure è stata rintracciata la tendenza dell’artigianato italico ad animare e umanizzare i disegni geometrici41. Di interpretazione incerta, invece, sono le rappresentazioni di forme che sembrano sedute e di spalle, dove le convessità richiamano parti anatomiche, particolarmente del corpo femminile (motivo 46). Qualche volta la superficie del vaso ospita alcune figure zoomorfe, una delle quali è un motivo ofiomorfo plastico che si snoda
Il serpente è uno dei più noti simboli funerari dell’Egeo: può muoversi agilmente tra terra e mondo ctonio diventando protettore della tomba, Langdon 1993, 84; per un motivo simile nella ceramica peuceta cfr. Mayer 1914, tav. 22. 43 Bianco 2012, 214 e 217-220, fig. 3. 42
Motivo di metà e fine VI sec. a.C., cioè fasi finali della ceramica geometrica della Lucania occidentale, Yntema 1990a, 135-139, fig. 112c. Una delle numerose varianti in Yntema 1990a, fig. 112f. 41 Orlandini 1972, 282. 40
36
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.6. Ceramica matt-painted. Motivi decorativi del corpo.
motivo ricorrente delle produzioni fittili del geometrico italico, interpretato come simbolo di intermediazione tra cielo e terra44 ; le relazioni tra uccelli è aldilà sono comunque molto antiche45. Sia le figure cosiddette antropomorfe che quelle zoomorfe sono accomunate da una medesima caratteristica condivisa da altri reperti provenienti dalle necropoli enotrie: le figure sono tutte acefale e si interrompono proprio in prossimità del collo del vaso: il corpo dell’uomo o dell’animale corrisponde, cioè, al corpo del vaso (fig. 4.7)46. Questa analisi non riesce attualmente a
superare la fase descrittiva47. Lo stesso fenomeno si nota in almeno uno dei cofanetti fittili tipici di Guardia Perticara48, con la figura umana stante acefala in prossimità della parte inferiore del modellino: in questo caso, forse, il tetto, la copertura, avrebbe rappresentato il capo. Suppliscono idealmente a queste lacune i vasetti d’impasto, singoli, oppure gemini, che recano delle applicazioni plastiche che rimandano a dettagli del volto; in un unico caso conservato 2009, 273-275, fig. 19. 47 Sarebbe interessante indagare attraverso confronti etnografici queste simbolizzazioni nel corpo dei manufatti vascolari. In area etrusca si assiste analogamente all’antropomorfizzazione dell’urna, De Angelis et alii 2016. 48 Riportato in Bianco 2002, 67, da t. 435.
Bianco 2002, 68-69. Per la Mesopotamia e Israele, Berlejung 2001, 473-485, 490-494. 46 In alcune rappresentazioni, invece, nel corpo del vaso viene riprodotta la porzione estrema degli arti inferiori, motivo BDISAI.1, Nava et alii 44 45
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.7. Vasetto gemino d’impasto prosopomorfo e cantaroidi e brocche matt-painted con motivi acefali antropomorfi e zoomorfi.
che determinano sesso ed età51. Una rappresentazione di uno spettacolo forse quotidiano, forse solo evocato, ma certo di grande fascino52. Il paesaggio naturale, invece, normalmente non viene riprodotto; manca uno sfondo a queste figurazioni animate. Il gruppo delle tombe sconvolte documenta gli unici motivi fitomorfi presenti su una brocchetta, che rappresentano un quadro sproporzionato al cui interno sono fiori a più petali simili a margherite, un motivo forse ofiormorfo, un piccolo quadrupede dotato
è presente un’appendice fittile dipinta interpretabile come protome di un volatile (NC 229, t. 10, fig. 4.7)49. Come detto, alla decorazione ornitomorfa, ricorrente anche sul columen dei modelli fittili di Guardia Perticara, sono state attribuite forti valenze simboliche e salvifiche50. Nel panorama finora tratteggiato costituisce un caso eccezionale una Palinuro-Krug purtroppo proveniente da un gruppo di tombe sconvolte, dove è rappresentata una teoria di cervidi (NC 1094, fig. 8.123-124): gli animali in corsa si distinguono per il vello maculato e i palchi
Per un’analisi approfondita del vaso cfr. sez. 8.2.33. Gli unici dati ambientali disponibili sono le analisi condotte da Claudio Sorrentino sul materiale osteologico animale dell’area sacra di Grotte delle Fontanelle; da questi si ricava che il cervo era animale frequente e dominante nella fauna locale, Sorrentino in Bertesago, Garaffa 2015, 367. 51 52
49 La conformazione prosopomorfa di questi vasetti rimanda alle “case con gli occhi” nell’attuale paese di Aliano, che sono uno degli elementi urbanistici più curiosi del centro moderno. 50 Bianco 2012, 213-214 e 217-220, fig. 3.
38
Cultura materiale nella necropoli di lunghe orecchie e coda e infine forse due fiori di loto (NC 1095, fig. 8.123-124). Il motivo del fiore di loro non sarebbe isolato nel repertorio di Garaguso, anzi dalla stessa necropoli è impresso su un insolito, nel contesto della necropoli, peso da telaio troncopiramidale (senza NI, t. 8, fig. 8.126)53, mentre da Grotte delle Fontanelle proviene un vaso a figure nere di probabile produzione locale con l’unica iconografia nota consapevolmente connessa al culto54, ove una figura femminile si avvicina con un fiore in mano (un fiore di loto?) ad un altare ardente, di fronte al quale siede una figura su un trono con spalliera55. Anche l’unica rappresentazione con figure umane da un santuario greco coloniale, quello di San Biagio alla Venella, Metaponto, reca con sé un fiore di loto: si tratta del piede di un louterion dove è rappresentata una scena interpretabile come un matrimonio; le due figure umane sono separate da un gallo e la figura a destra, quella femminile, tiene nella mano sinistra uno scettro a fiore di loto56. I confronti addotti sembrano confermare l’identificazione del fiore con il fiore di loto, una pianta che doveva svolgere un ruolo importante in ambito rituale, come confermato dalle rappresentazioni con divinità. Il motivo doveva essere diffuso nel resto del mondo enotrio anche nella plastica, forse con analogo significato rituale, come documenta la coppa su piede con volatili che beccano granaglie e fiori di loto proveniente dalla tomba 509 di Guardia Perticara57. A rigore, anche le rosette originano da un motivo fitomorfo, ma vengono poi utilizzate come un riempitivo che ha perso il suo carattere naturalistico (motivo 36).
Funzione Gli aspetti funzionali della ceramica matt-painted sono legati alle sue caratteristiche tecnologiche, formali e decorative. La classe è realizzata con un impasto che la rende adatta più ad alcune funzioni che ad altre come l’esposizione al fuoco. La decorazione spesso accurata, recante motivi tradizionali di una regione, anzi di un centro rispetto ad un altro, rende i manufatti degli oggetti preziosi e delicati, portatori di simboli fortemente identitari62. Per queste caratteristiche la ceramica a decorazione geometrica è stata considerata una produzione destinata ad essere utilizzata nel contesto della tradizione e della rivendicazione dell’identità della comunità: la tomba63. Recenti ricerche in area nord-lucana hanno mostrato, invece, come la ceramica matt-painted a decorazione geometrica abbia costituito, insieme alla ceramica d’impasto, la suppellettile quotidiana di una grande capanna absidata64. Almeno fino alla metà del VI sec. a.C., dunque, alcune comunità locali producono e utilizzano ceramica a decorazione geometrica anche nell’ambito domestico, dove svolgeva forse una funzione di rappresentanza. Il gran numero degli esemplari rinvenuti nella residenza absidata di Torre di Satriano, legati quasi esclusivamente al consumo di liquidi, suggerisce un utilizzo limitato a particolari occasioni che prevedevano il coinvolgimento della comunità allargata, forse nell’ambito di pratiche comunitarie finalizzate a rafforzare la coesione del gruppo tramite l’utilizzo del vino65. La ceramica matt-painted non era, però, deputata esclusivamente al consumo dei liquidi o almeno non lo era già più nell’anaktoron di Torre di Satriano66, che ha restituito un’olletta matt-painted al cui interno si trovavano resti di leguminose carbonizzati da un incendio: fave, piselli, lenticchie67: il pasto quotidiano o un pasto rituale?
Mancano nel repertorio le narrazioni, che caratterizzano invece alcuni documenti che spesso sono stati accostati a quelli di Garaguso, come quelli della Daunia58, della Peucezia/mondo bradanico59, della Messapia60. Il linguaggio figurato è comunque noto nel mondo indigeno della Basilicata sin dai primi documenti, come la famosissima olla da Santa Maria d’Anglona con scena di lamentazione funebre. Se effettivamente fosse un portato della colonizzazione greca facente parte dell’articolato processo di acculturazione61, questo non avrebbe avuto molto seguito a Garaguso o in ogni caso non ci fu mai una reale assimilazione di questi modi espressivi di derivazione greca.
Forme e tipi Nella ceramica matt-painted a decorazione geometrica confluiranno tutte quelle forme che sono prodotte localmente (graf. 4.2), indipendentemente dall’origine del prototipo Occorrono sovente infatti delle forme di tradizione greca, ma realizzate come la ceramica con decorazione geometrica matt-painted; tra queste, già definite “d’imitazione”, è forse possibile far confluire il calice, la brocca ad orlo trilobato, la pisside, la pisside stamnoide, la lekane, l’aryballos, la coppa, il kalathos, lo skyphos/kotyle, il thymiaterion, il sostegno68. Il repertorio comprende inoltre chiare imitazioni di forme aperte
Sez. 8.2.33. Osanna et alii 2009b, 460. 55 Morel 1974a, 389; Torelli 1977, 59. Un parallelo significativo è fornito da Monte Papalucio di Oria, ove è stato rinvenuto un vaso con analoga figurazione di offerta a personaggio assiso, un’hydria messapica a figure nere con ampio apparato decorativo, datata alla seconda metà del VI sec. a.C., D’Andria 1990, 266, n. 99; Semeraro 2006, 172. Si confronti anche la pisside da Francavilla Marittima, databile alla fine dell’VIII sec. a.C., Granese 2008, 466-467, fig. 11. 56 Ugolini 1983, 468-470. 57 Bianco 2011, 60. 58 Consiglia et alii 2006. 59 Sono particolarmente diffuse le scene in cui sono presenti cavalieri e/o cavalli, Ciancio 2006; per l’olla con caccia al cervide da Gravina cfr. sez. 8.2.33. 60 In Messapia l’adozione di schemi ideologici di derivazione greca corrisponde all’adozione di modi espressivi corrispondenti, Gadaleta, Sisto 2006 e 132-134 e 143-144 e Montanaro 2010, 246-247, fig. 40 per il frammento con scena di offerta a divinità seduta di Monte Papalucio. 61 Tagliente 1997. 53 54
Per il tema si rimanda alla sez. 5.4. Yntema 1990a; Herring 1998. 64 Per la residenza absidata di Torre di Satriano si rimanda ad Osanna et alii 2009a e Bertesago, Bruscella 2018. 65 Bertesago in Bertesago, Bruscella 2009, 66-67. Si si discuterà più avanti del ruolo del vino e del simposio nelle comunità indigene dell’Italia meridionale e si vedrà come questo sia legato ad una particolare forma della ceramica a decorazione geometrica, il vaso cantaroide. 66 Per l’anaktoron si rimanda a Osanna, Capozzoli 2012. 67 Novellis 2012, 151-152. 68 Cfr. anche Yntema 1990a, 134-135; Nava et alii 2009, 277-287. 62 63
39
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Graf. 4.2. Forme della ceramica matt-painted.
greche, su cui si tornerà in seguito69. Per quanto riguarda lo spettro delle forme, i vasi deposti a corredo sono principalmente forme chiuse atte a contenere, trasportare o versare: brocche, rare brocche trilobate, olle, pissidi, ma soprattutto cantaroidi. Le forme aperte, invece, sono costituite principalmente da piccoli calici su piede; attestate quasi in ogni corredo sono le scodelle ad orlo rientrante o le ciotole, normalmente nel numero di poche unità. Delle forme più antiche, considerate dal recente studio di Nava et alii 2009 originali e non ibridi, sono attestate solo la brocca e la scodella ad orlo rientrante che perdurano nei contesti funerari sino al V sec. a.C.70. Subentra solo nel VII sec. a.C., invece, il cantaroide, capillarmente diffuso nei nostri corredi71. Forme come l’olla e l’attingitoio, spesso rinvenuto all’interno dell’olla72, sono realizzate in ceramica acroma, mentre il boccale e il vaso gemino rientrano nella ceramica d’impasto. Con “olla”, “anfora”, “tazza” e “ciotola” si fa qui riferimento a forme diverse da quelle rappresentate nello studio di Nava et alii73.
invece legata, come a Tortora, al sesso del defunto75. Per ogni forma vascolare, come anticipato, è stata realizzata una tipologia che vuole essere un tentativo di ordinare morfologicamente manufatti di tipi diversi che convivono spesso all’interno degli stessi corredi, almeno in età tardoarcaica. Per quanto sia possibile seguire uno sviluppo morfologico e cronologico delle differenti tipologie vascolari, queste comunque spesso convivono all’interno degli stessi corredi. Un esempio significativo è offerto dalla t. 25 dove, accanto alla brocchetta biconica NC 491 e a quella monocroma NC 492, tra i tipi più antichi di brocche, si trovava un cantaroide tipo Cancellara NC 493, considerato uno dei manufatti più recenti (fig. 8.54)76. Dei manufatti quando possibile verrà indicata la cronologia o almeno alcuni termini cronologici di utilizzo, e la funzione, benché non vi sia certezza che la loro funzione primaria, quella per cui vennero realizzati, sia stata rispettata nel contesto della tomba. Piatti
Le forme sono generalmente di dimensioni standardizzate, tuttavia in casi eccezionali è possibile notare una miniaturizzazione delle stesse oppure il fenomeno inverso. Nella t. 11, per esempio, ad un calice sovradimensionato si aggiungono sia forme di piccolo formato o miniaturistiche come brocche, un’olla, un’anforetta e un’altra forma non attestata in dimensioni funzionali sia lo stesso calice rimpicciolito, con la stessa sintassi decorativa, ma senza stelo74. La presenza di alcuni cantaroidi più grandi e dunque più capienti non sembra
Con il nome di piatti si indicano delle forme aperte di medie e grandi dimensioni dalla vasca generalmente larga e poco profonda e decorate a bande; in un caso il pigmento sembra alternato a bande di vernice, il che collocherebbe questo manufatto in una sorta di classe di passaggio tra la ceramica matt-painted e la WMPP (fig. 4.8 e tab. 4.1). La forma, inoltre, non è tipica del repertorio della ceramica matt-painted, né è particolarmente diffusa all’interno dei corredi. Tipi: 1. Vasca schiacciata a profilo concavo-convesso con labbro lievemente obliquo a bordo arrotondato, basso piede cilindrico; decorato a bande bicromi di diverso spessore. 2. Vasca a calotta con labbro lievemente obliquo con lieve depressione in prossimità della vasca; fondo
Per interpretazioni e letture cfr. sez. 4.2.3. 70 Dal medio-geometrico della Lucania Occidentale, Yntema 1990a, 113-114, fig. 87; Nava et alii 2009, 252-254. 71 Yntema 1990a, 134. 72 Nava et alii 2009, 258. 73 Mancano in questo repertorio, invece, tra le forme considerate in Nava et alii 2009, la pentola, l’hydria, l’askos, il poppatoio, la situla, il kyathos, il vassoio, la scodella su piede, il coperchio, il vaso barile, il modello architettonico, l’elemento d’arredo, l’elemento domestico, la riproduzione zoomorfa, il tintinnabulum. 74 Fanno parte del corredo anche una piccola brocchetta-attingitoio acroma e una piccola coppetta ionica tipo B2 (NC 263 e 265), cfr. sez. 8.2.7. 69
75 76
40
Tomay 2003, 134, nota 14. Cfr. sez. 4.2.2.
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.8. Ceramica matt-painted. Piatti e ciotole.
piano; decorato con raggi sul labbro e bande bicrome all’interno della vasca.
seconda metà del VII sec. a.C. a Chiaromonte, Garaguso, Alianello e Roccanova, insieme ad altri piatti derivati da tipi greco-orientali77. Uno dei dati più interessanti riguarda
Il tipo 2 è considerato, nella recente analisi sulla ceramica enotria, un piatto “di imitazione corinzia” che compare nella
77
41
Bianco in Nava et alii 2009, 285.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. l’esistenza di un piatto che imita proprio questo tipo nel corredo della t. 31, un contesto tardo all’interno del quale sono presenti altri manufatti che imitano i prototipi della ceramica matt-painted d’età arcaica. Ciotole Le ciotole sono dei manufatti di forma aperta caratterizzati da vasca emisferica o carenata più o meno profonda, privi di anse, ma dotate talvolta di tre piccole prese sull’orlo, una delle quali spesso forata (fig. 4.8 e tab. 4.1). L’orlo è Tab. 4.1. Distribuzione delle forme della ceramica mattpainted NC
Tipo
1
1
1
11
253
2
19
441
2
738
Imitazione del tipo 2
31
Ciotole Tomba e quantità
NC
Tipo
1
2
3
7
134
2
12 (2)
270
1
“
271
2.1
15
352
1
18 (3)
401, 400
1
“
402
2
19
442
2.1
25
471
1
27
577
1
28
605
1
29 (3)
665, 666
1
“
667
2
31 (4)
739
1
“
740
1.1
“
741
2
“
742
2.1
N (2)
1071, 1072
1
669
3
“
670
3.1
30 (2)
720, 719
2
34 (2)
845
1
“
846
2
35
883
1
36
918
1
37(2)
970
1
“
971
2
40
1007
2 Calici
Piatti Tomba
29 (2)
Scodelle
Tomba e quantità
NC
Tipo
1 (2)
5
1
“
6
4
6 (5)
95, 96
1.1
“
97
2
“
98
3
“
99
4
7 (4)
138, 137
1
“
139
2
“
140
4
10 (3)
212
1
“
213
2
“
214
4
11 (2)
254, 255
4
12 (9)
273-276
1
“
277
1?
“
278
3
“
281, 279, 280
4
13 (4)
318
1
“
319, 320, 321
3
14
342
4
17 (7)
359, 358, 357
1
“
360
2
“
362, 363, 361
3
18 (3)
403, 404?
1
“
405
3
19 (3)
445
1
“
446
2.1
“
447
2.2 1
Tomba e quantità
NC
Tipo
1 (2)
3, 4
1
25 (12)
6 (4)
91, 92, 93
1
474, 475, 477, 476, 478
“
94
3
“
479, 480
2
7 (2)
136, 135
1
10
211
1
12
272
1
13
317
1
19 (2)
444
2
“
443
4
25 (2)
473, 472
2
42
481, 482
2.1
“
484, 494, 483
4
27 (3)
578
1
“
580, 579
4
28 (6)
608, 607, 609
1
“
610, 609, 611
3
29 (5)
671
1
Cultura materiale nella necropoli Tab. 4.1 continuato Calici
“
54
4.1
3 (9)
68
1
Tomba e quantità
NC
Tipo
“
69
1.2
“
673, 672, 674, 675
4
“
70, 71, 72, 73
2
31 (4)
743
2
“
74
3
“
744, 746, 745
4
“
76, 75
4
33 (10)
808, 807
1
6 (4)
102, 101
4
“
810, 809, 806
2
“
103, 104
5
“
811
3
7 (8)
145, 143, 144
1
“
814, 812, 813, 815
4
“
146
1.2
34 (4)
847
1
“
147
2
“
848
3
“
149, 148, 150
4
“
850, 849
4
10 (5)
215
2
35 (3)
884, 885
1
“
216
3
“
886
4
“
219, 218, 217
4
36 (8)
920, 919, 921
1
12 (5)
284, 283
1
“
922
2
“
285
2.1
“
923
3
“
286
4
“
924, 926, 925
4
“
287
5
37 (6)
973, 972
1
13
321
2
“
974
1.1
14 (2)
343
1.1
“
976, 975, 977
4
“
344
2
40 (4)
1008, 1010, 1009
3
17 (4)
367, 366
2
“
1011
4
“
368, 369
4
41 (5)
1043, 1041, 1042
1
18 (2)
407
4
1045, 1044
4
“
408
5
N (1)
1073
1
19
448
2
25 (6)
485
2.1
Tomba
NC
Tipo
“
486
3
1
7
2
“
488, 487, 486
5
6
100
3
“
490
6
7
142
1
26 (6)
533, 534
1
12
282
1
“
535
1.2
17 (2)
364, 365
1
“
536
3
18
406
1
“
537, 538
5
27
582
1
27 (2)
583
1
28
612
1
“
584
4
29
676
3
28 (12)
613
1
30
721
2
“
614, 615
2
38
991
1
“
616
3
“
621, 620, 617, 618, 619
4
“
624, 623, 622
5
29 (6)
678, 677
1
“
679
2
Ollette biansate
Vasi cantaroidi Tomba
NC
Tipo
1 (13)
8, 9, 10
1
“
11
1.2
“
12, 13
2
“
14, 15, 16, 17
4
“
680
4
“
18, 19
5
“
“
20
7
682, 681
6.1, 6
2 (6)
49, 50
1.2
30 (3)
723, 722
2
“
53, 51, 52
4
“
724
4
43
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Tab. 4.1 continuato Vasi cantaroidi
“
409
2
19 (2)
450, 449
1
Tomba
NC
Tipo
25 (2)
491, 492
1
31
747
5
27 (4)
587, 586, 585
1
32 (2)
781, 780
2
“
588
4
33 (4)
816, 817, 818, 819
3
28 (5)
626, 625, 627
1
35 (9)
887, 891
2
“
628
4
“
888, 889, 892, 890
3
“
629
4.4
“
893
4
29 (2)
683
1
“
895, 894
5
“
684
2
36 (5)
927
2
30 (2)
725
1
“
928, 929, 930
4
“
726
4.1
“
931
5
31 (2)
749
1?
37 (3)
978, 979
1
“
750
2
“
980
6
33 (4)
820, 821
1
38 (6)
992
1
“
822
2
“
993
1.1
“
823
2.1
“
995, 994
2
34
851
4.2
“
996, 997
4
35
896
1.1
40 (3)
1012
1
36 (5)
932, 935, 934, 933
1
“
1013
2
“
936
4.1
“
1014
3
37
981
1
41 (4)
1046
1
38 (3)
998, 999
1
“
1047, 1048, 1049
3
“
1000
4.2
N (10)
1074
1.2
40 (3)
1016, 1015
1
“
1075, 1076
2
“
1017
1o2
“
1077, 1078
3
41 (2)
1050
1
“
1081, 1079, 1080
4
“
1051
“
1082
5
“
1083
8
Tomba
NC
Tipo
Tombe sconvolte
121737/1094
1.1
3
81
2
6
111
2
2 Pissidi
Brocche Tomba
NC
Tipo
7
152
1
1
21
3
17
373
1.3
2 (4)
58, 57, 56
1
19
451
2
“
59
2
29
687
1.1
3 (4)
79, 77, 80, 78
1
35
897-898
2 e coperchio
6 (6)
106, 105, 108, 109, 107
1
41
1052
1.2
“
110
3.1
7
151
4.3
Tomba
NC
Tipo
11 (2)
256
1
3
82
2
“
257
2
7
153
1
12 (2)
288
2
10
220
2.1
“
289
2.1
19
452
2?
13 (2)
322
1
28
630
1
323
3.1
35
899
2
15
353
1
N
1084
1
17 (2)
371, 372
1
18 (2)
410
1
Sostegni/Thymiateria
44
Cultura materiale nella necropoli decorato con cerchi concentrici che di rado occupano anche il fondo della vasca al cui interno può trovarsi una X. La forma è nota anche nella versione acroma. Nella necropoli non è possibile osservare uno sviluppo cronologico, né sembra che le ciotole siano esclusivo appannaggio di alcune categorie.
tutte le tombe82. Nelle altre sono attestati due individui di dimensioni superiori alla norma (NC 254, t. 11, 809, t. 33 e 1073, t. N) e uno apodo (NC 255, t. 11). Come per altre forme, sono presenti individui che per morfologia e sintassi decorativa sembrano rappresentare delle tappe di passaggio verso la WMPP (NC 138, t. 7), oppure una forma che ha subito l’influenza della ceramica di tradizione greca (NC 404, t. 18). Mostrano strette analogie con la ceramica italo-geometrica di Pontecagnano, a sua volta ispirata dalle produzioni etrusco-corinzie83.
Tipi: 1. Vasca profonda emisferica, orlo appena distinto a bordo appiattito con tre prese cilindriche o a sezione quadrata; fondo piano78. 1.1. Senza prese. 2. Vasca carenata e orlo lievemente estroflesso a bordo appiattito, con prese; fondo piano. 2.1. Senza prese. 3. Vasca emisferica e alto orlo articolato ed estroflesso; piede a disco79.
Tipi: 1. Vasca emisferica, orlo a tesa a bordo appiattito o inclinato verso l’interno, piede a tromba. 1.1. Variante con orlo a profilo continuo. 2. Vasca emisferica-cilindrica profonda, orlo a tesa a bordo appiattito o inclinato verso l’interno, piede a tromba. 2.1. Con piede troncoconico. 2.2. Con tre bugnette verticali. 3. Vasca emisferica, lievemente carenata, orlo a tesa a bordo appiattito inclinato verso l’esterno, piede a tromba. 4. Vasca cilindrico-carenata, talvolta arrotondata, orlo a tesa a bordo appiattito o inclinato verso l’interno, piede a tromba.
Scodelle Le scodelle sono vasi aperti di medie dimensioni, con vasca a calotta più o meno profonda, generalmente con orlo rientrante e con un’unica ansa a maniglia più o meno sormontante, atti a contenere e presentare (fig. 4.9 e tab. 4.1). La scodella con orlo rientrante deriva probabilmente dai prototipi d’impasto della prima età del Ferro80.
Sia il tipo 1 che il tipo 2 sono accostabili al tipo 1 della necropoli di Chiaromonte, diffuse a partire dall’inizio del V sec. a.C., mentre il tipo 4 corrisponde al tipo 284.
Tipi: 1. Corpo troncoconico con vasca a pareti arrotondate, orlo rientrante con orlo arrotondato oppure appuntito, piede a disco cavo. 2. Corpo con vasca emisferica, orlo rientrante con bordo arrotondato, piede a disco. 3. Corpo con vasca a profilo carenato, bordo appiattito o arrotondato, fondo piano. 3.1. Senza ansa. 4. Vasca emisferica con orlo a bordo appiattito non rientrante, ansa a nastro verticale, piede a disco.
Questi piccoli vasi erano forse deputati all’offerta di sostanze, forse primizie, alla tomba. Non recano tracce di combustione, ma si sono osservati molto spesso segni di corrosione di materiale ferroso sul labbro di alcuni individui, come se le armi in ferro vi fossero state deposte al di sopra. La forma è diffusa in tutte le necropoli enotrie, ma tuttavia non ha goduto sinora di grande attenzione85, probabilmente per le sue dimensioni e per la fattura spesso irregolare. Bisogna tuttavia osservare che la maggior parte degli esemplari presenta un’elaborata sintassi geometrica sul labbro, che indica un’attenzione particolare per questi vasetti, non concessa a forme più grandi.
I primi tre tipi si trovano anche a Chiaromonte, dove costituiscono uno degli elementi più caratterizzanti del corredo, e dove si può seguire lo sviluppo morfologico da forme più arrotondate a forme con la vasca troncoconica81. Calici
Ollette biansate
Questi piccoli manufatti sono una forma estremamente diffusa con almeno 113 individui (fig. 4.10 e tab. 4.1). Sono dotati di una vaschetta poco profonda e di uno stelo variamente articolato e pur mantenendo in alcuni casi una forte somiglianza nel profilo della vasca, differiscono l’uno dall’altro particolarmente nella conformazione del piede e nella decorazione dell’orlo. Non sono presenti in
Con ollette biansate vengono definite qui delle forme di medie dimensioni caratterizzate da corpo generalmente globulare, più o meno schiacciato, dall’orlo estroflesso e dalle anse a maniglia collocate a circa metà altezza della Non compaiono infatti nelle tt. 3, 8, 15, 16, 26, 30, 32, 36, 37, 38, 44 e N. 83 Cuozzo, D’Andrea 1991, 75-81, fig. 7. 84 Gli esemplari di Chiaromonte, inoltre, sono catalogati tra la ceramica a bande di tradizione greca, Russo Tagliente, Berlingò 1992, 261 e fig. 14. 85 Per Roccanova e Aliano S. Maria la Stella si veda Tocco Sciarelli 1981, tavv. XLV e L; per Chiaromonte, Tagliente 1985, fig. 40 e Russo Tagliente, Berlingò 1992, dove vengono definite “coppette su piede”, 260-261 e fig. 14. 82
78 Si confrontino le scodelle a calotta sferica, considerate di derivazione ellenica, Bianco in Nava et alii 2009, 284-285, fig. 21 AXXVIII R 1.1. 79 Si confrontino ciotole con fondo piano, considerate di derivazione ellenica, Bianco in Nava et alii 2009, 285, fig. 21 C XXIX J 2.1. 80 Infatti a Sala Consilina alcuni esemplari in impasto sono associati con esemplari in figulina, Tocco Sciarelli 1980, 446 e nota 35. 81 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 281-284, fig. 30.
45
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.9. Ceramica matt-painted. Scodelle.
Vasi cantaroidi o kantharoi
vasca (fig. 4.10 e tab. 4.1). Questi ultimi dettagli sembrano suggerire una funzione potoria del vaso. Le forme più antiche sono biconiche, con ascendenze villanoviane, cui seguono forme ovoidi, scarsamente attestate, e infine il tipo globulare, che avrà più fortuna86. Ogni tipo, come negli altri casi, svilupperà proprie varianti locali87.
Si è scelto di non mettere in discussione in questa sede il nome del vaso per quanto questo appaia discutibile, ma di utilizzare una delle sue varianti e cioè “vaso cantaroide”. Il nome kantharos si riferirebbe, infatti, ad una forma nota nel mondo greco, un vaso di forma aperta attestato dal VI al IV sec. a.C., caratterizzato da anse sormontanti che dall’orlo si congiungono con la parte più bassa della vasca88 (fig. 4.11-14 e tab. 4.1).
Tipi: 1. Corpo ovoidale, orlo estroflesso, ansa a maniglia, piede a disco cavo. 2. Corpo globulare schiacciato, orlo estroflesso, ansa a maniglia, piede a disco cavo. 3. Corpo ovoidale con collo cilindrico e orlo rientrante, orlo estroflesso, ansa a maniglia, piede a disco cavo.
86 87
A tale forma corrispondono precise caratteristiche morfologiche: negli esemplari della prima fase su una vasca profonda si impostano due anse sormontanti che dall’orlo indistinto oppure appena ingrossato ed estroflesso, a bordo arrotondato, raggiungono la parte più inferiore della vasca; il vaso si staglia su piede troncoconico, oppure ad anello. Nella fase più recente le forme derivano dai cup-syphoi e differiscono nelle anse che adesso sono impostate orizzontalmente nel punto mediano della vasca; non si tratta di un kantharos vero e proprio, ma da questa forma discenderà il kantharos di IV sec. a.C., Sparkes, Talcott 1970, 113-124, figg. 6-7 e 22, tavv. 27-29, 47 e 56. 88
Nava et alii 2009, 255, per la forma più canonica dell’olla. Come ad Aliano S. Maria la Stella, Tocco Sciarelli 1981, tav. L.
46
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.10. Ceramica matt-painted. Calici e ollette biansate.
L’archetipo del cantaroide diffuso nel repertorio vascolare delle culture indigene dell’Italia meridionale è stato rintracciato nella ceramica “devolliana” albanese e nella ceramica dipinta epirota, che ha raggiunto il versante adriatico dell’Italia meridionale tra il IX e l’VIII sec. a.C. e nel Salento è stato elaborato, diffondendosi poi in
varie aree89. Nel mondo enotrio la forma si trasmette con un leggero ritardo, forse tramite la mediazione peuceta, sviluppando tipi morfologicamente diversi90. Con vaso 89 90
47
Colivicchi 2004, 23-24. Colivicchi 2004, 51-52.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.11. Ceramica matt-painted. Vasi cantaroidi.
cantaroide si intende un vaso di forma chiusa91 dal corpo grossomodo globulare, ovoide, piriforme o lenticolare, a profilo continuo con l’orlo estroflesso o diagonale,
oppure con collo cilindrico o troncoconico, non sempre distinto in maniera netta dal corpo, e con bocca ovale. Il fondo è spesso indistinto e lievemente concavo, ma a volte il vaso è dotato di un piede a disco oppure troncoconico. Le anse a nastro, così come nell’archetipo greco, sono spesso schiacciate o sottili, a volte bifide,
91 Per il rapporto tra diametro dell’orlo e altezza all’orlo, rapporto che normalmente è inferiore ad uno.
48
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.12. Ceramica matt-painted. Vasi cantaroidi.
trifide o costituite da più cordoncini di argilla; queste si impostano sull’orlo, ma si arrestano normalmente sul punto di massima espansione del corpo o appena al di sotto. Le anse giocano un ruolo determinante nella forma, e dunque nella funzione, di questi manufatti. La maggior parte dei vasi cantaroidi, infatti, si caratterizza
per il dettaglio dell’orlo non circolare, bensì ovale schiacciato92, cioè quasi ad “8” e questo sarebbe l’esito, comunque voluto, dell’applicazione delle anse. Un orlo di “Bohnenförmige”, cioè a forma di fagiolo, viene definito a Palinuro, Naumann, Neutsch 1960, 137. 92
49
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.13. Ceramica matt-painted. Vasi cantaroidi.
gusti e dalle tradizioni locali93. Gli individui più grandi sono inoltre i manufatti che più di altre forme vascolari ospitano sintassi decorative articolate diventando in tal modo portatori di simboli identitari. Diventa pertanto
tal fatta sarebbe più adatto di un orlo circolare all’attività di versamento che si ipotizza per queste forme. I vasi cantaroidi sono gli oggetti qualitativamente più attestati nelle necropoli enotrie: tutte le necropoli producono gli stessi tipi, cambia l’apparato decorativo generato dai
93
50
Nava et alii 2009, 258.
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.14. Ceramica matt-painted. Vasi cantaroidi e anfora.
indispensabile un’indagine complessiva del manufatto, che tenga conto della sua morfologia sino ad approdare al riconoscimento della sua funzione. È difficile che la funzione, o le funzioni, per cui i vasi cantaroidi sono stati creati sia rimasta immutabile o sia stata trasmessa tout court all’interno della tomba94. Potrebbe anzi essersi trasformata nel passaggio da un contesto all’altro. Un ruolo importante gioca la dimensione dei contenitori, riconducibili grosso modo a tre formati: piccolo, con Ø cm 6/8 e altezza cm 9/10; medio, con Ø cm 11/12 e altezza cm 18; grande, con Ø cm 19 e altezza cm 27. Gli individui di modulo maggiore sarebbero una “novità” introdotta dalla metà del VI sec. a.C., definita in letteratura con un termine però ambiguo, perché utilizzato sia per la Palinuro-Krug che per una forma diversa, e cioè “cratere-
kantharos”95. Come anticipato, determinanti per la funzione sono, probabilmente, gli elementi caratteristici della forma e cioè le anse, che potevano servire a passare il vaso da mano a mano tra più commensali, come suggerito dall’iconografia sui manufatti greci e come è stato più volte proposto96. Questa modalità non tiene conto, però, della dimensione dei vasi: solo quelli di formato più piccolo, infatti, potevano venir presi comodamente per le anse. Quando si ha la possibilità di maneggiare questi contenitori appare evidente, piuttosto, che i contenitori di piccolo e medio formato venivano afferrati e tenuti per il collo, e forse la forma ovale della bocca è una conseguenza della foggiatura realizzata in base all’esigenza di manipolare in questo modo i vasi. I cantaroidi più grandi, quindi più capienti e pertanto più
94 È stato proposto che i vasi cantaroidi fossero stati realizzati solo per la tomba, Herring 1998.
95 96
51
Colivicchi 2004, 53 e nota 183. Colivicchi 2004, 24 e note di riferimento.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. con corpo sferico più o meno schiacciato su piede a disco e collo tronco-conico o cilindrico ben distinto. Come gli altri vasi, questi hanno una bocca ovale e le anse sono spesso bifide, trifide o costituite da più cordoncini d’argilla98. La denominazione della forma è stata criticata da Fabio Colivicchi per il semplice fatto che l’attestazione in un insediamento quale quello di Palinuro non gli attribuisce giocoforza la paternità99. Tuttavia questi vasi costituiscono un tipo morfologico ben definito e chiaramente distinto da analoghi manufatti, attestati anche a Garaguso100. Questi cantaroidi, oltre a condividere le medesime caratteristiche morfologiche, sono spesso caratterizzati da una comune sintassi decorativa e che trova confronti precisi, o addirittura “antenati”, a Sala Consilina. Qui, infatti, nel corso del periodo III.A, cioè nel corso dell’VIII sec. a.C., viene deposto nella necropoli una sorta di prototipo, un vaso cantaroide di questo tipo realizzato in impasto rossastro con decorazione incisa sulla spalla101. Nel periodo III.B si diffondono morfologie diverse, come i vasi piriformi102. Ma è nel periodo III.C che quello che è stato definito tipo I si sviluppa e accoglie sintassi decorative inedite; una delle più semplici, tuttavia particolarmente diffusa, reca motivi a rosette su collo e corpo, ma altri motivi, come le losanghe campite a reticolo, motivi a linee interrotte/zig-zag o fasci di linee che si intrecciano, saranno adottati anche dagli altri cantaroidi103. A Garaguso i vasi tipo Palinuro sono attestati soltanto all’interno di determinati contesti. Nella tomba 1 si trovano in associazione con la pisside decorata a cerchi concentrici, un vaso relativamente raro, la cui provenienza e la cui cronologia sono incerte. Nella tomba 2 e nella tomba 3, che condividono determinate caratteristiche, sono associati ad una band cup attica e alle coppe di tipo ionico B2104. La tomba 7 è la più ricca, probabilmente, tra il campione di Garaguso, e qui il cantaroide tipo Palinuro è associato ai numerosi contenitori e ad oggetti in bronzo, dalla grattugia agli ornamenti. Infine la tomba 26, con band cup, ma soprattutto con bacile bronzeo e ascia in ferro, restituisce un cantaroide tipo Palinuro. Come si evince dalla rapida rassegna, i contesti presentati si distinguono da tutti gli altri o per anteriorità, provata dall’associazione con vasi d’importazione datanti e dall’assenza di WMPP, o per ricchezza e prestigio. In assenza di analisi archeometriche è probabilmente un azzardo pensare che queste forme, più che realizzate in loco, siano da considerarsi importate dal Vallo di Diano, forse da Palinuro stessa, la cui necropoli ha già dimostrato numerose somiglianze con Garaguso. Lo stato della documentazione edita non consente un confronto preciso, ma l’assenza di queste forme dagli
pesanti, non potevano essere manipolati né per le anse né per il collo. Un vaso di forma chiusa, dunque, un contenitore polifunzionale, adatto a contenere, nel caso delle forme più grandi sino ad 8 litri (un contenitore che certamente non poteva venir afferrato per un’ansa e così passato ad eventuale commensale); a versare, nel caso delle forme di dimensioni medie, più di 2 litri; a bere, nel caso dei formati più piccoli che hanno una capacità che si aggira intorno ai 0,400 litri. Questi dati forse possono integrare le suggestioni avanzate da studi recenti, che hanno accostato la funzione dei cantaroidi con i crateri greci, attribuendo loro dunque una destinazione specifica al contenimento e al mescolamento di liquidi, come il vino o altre bevande psicoattive. Se infatti ciò può essere valido per i formati più grandi, non è invece applicabile per quelli più piccoli, probabilmente utilizzate come coppe. Nei corredi più recenti, attribuibili alla prima metà del V sec. a.C., il cantaroide perde quasi del tutto le sue caratteristiche e si trasforma gradualmente in una forma simile ad un’anfora, con il corpo slanciato oppure tozzo; anche la sintassi decorativa risente di quella che appare essere la mancanza di un modello di riferimento. Dei cantaroidi originari non rimane che qualche motivo diventato di maniera, alterato al punto da diventare irriconoscibile. A Garaguso, inoltre, non è attestato il “cratere-kantharos” che si diffonde in altre aree del mondo enotrio e che rappresenterebbe uno sviluppo morfologico della forma cantaroide che diventa più slanciata con un piede alto e sviluppato97. È piuttosto documentato nelle tt. 25 e 29 il kantharos cosiddetto di Cancellara, la cui cronologia non dovrebbe risalire oltre il V sec. a.C., ma che si trova sempre in associazione con forme rinvenute anche nei corredi più antichi. Tipi: Come nel caso delle brocche il profilo del vaso è spesso irregolare. I tipi sono distinti in base alla morfologia del corpo, globulare, ovoidale, piriforme e carenato, al cui interno sono attestate delle varianti che riguardano principalmente il collo e il labbro. 1. Corpo globulare con collo distinto cilindrico, orlo lievemente estroflesso oppure indistinto a bordo appiattito o arrotondato; ansa a nastro sormontante; fondo a disco appena cavo. 1.1. Collo troncoconico lievemente ingrossato. 1.2. “Palinuro-Krug”: corpo schiacciato e ansa con triplice o quadruplice costolatura. 1.2.1. Con anse lisce.
Naumann, Neutsch 1960, 135-137. Colivicchi 2004, 53, nota 182. 100 Dalla letteratura edita non risultano altri confronti; l’osservazione può quindi essere smentita in ogni momento dalle pubblicazioni future. 101 Dal corredo della Tomba A176, cfr. De la Genière 1968, 272, tav. 9, fig. 6. 102 De La Genière 1968, 274-276, tav. 10, fig. 1. 103 Si veda, a titolo esemplificativo, la tomba IV del Museo di Salerno, De la Genière 1968, 285-289, tavv. 14-15, dove la ceramica a decorazione geometrica è associata a coppe ioniche di tipo A2/B2 e B2. 104 Cfr. sez. 4.3. 98 99
Con il nome di Palinuro-Krug sono stati denominati alcuni vasi cantaroidi rinvenuti nel corso degli scavi tedeschi a Palinuro. I 36 esemplari, distinti in tre gruppi in base all’altezza all’orlo, hanno una forma abbastanza regolare,
97
Colivicchi 2004, 53-58.
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Cultura materiale nella necropoli altri centri enotri, come sembra a Guardia Perticara105, è un indizio importante di un rapporto privilegiato che deve essersi sviluppato tra Garaguso e quest’area intorno l’ultimo quarto del VI sec. a.C., quando cioè negli altri centri la ceramica a decorazione geometrica era stata sostituita dalle forme di tradizione greca106.
cioè le Palinuro-Krug, e 2. Sono inoltre attestate forme dal corpo globulare o biconico o ovoide con collo indistinto o rigonfio, accumunate quasi sempre dal dettaglio dell’orlo che non è più estroflesso111, come i tipi 4-7. Il dettaglio del labbro è estremamente significativo, perché, come già detto, queste forme più grandi non sono più adatte ad un consumo individuale e non svolgono più la loro funzione di vaso potorio che giustificava invece il labbro accentuatamente estroflesso. Questo potrebbe costituire un dettaglio cronologico importante che va calibrato in base alla documentazione di altre necropoli d’area enotria. In attesa di dati più affidabili, provenienti dalle stratigrafie consolidate delle altre necropoli, in seguito verranno proposte cronologie dei singoli corredi112, piuttosto che delle singole forme, che mostrino l’arco di utilizzo di una determinata tipologia.
2. Corpo globulare a profilo continuo con orlo lievemente estroflesso; ansa a nastro sormontante; fondo a disco appena cavo. 2.1. Con ansa bifida o trifida. 3. Corpo ovoidale a profilo continuo con orlo a bordo appiattito o lievemente estroflesso; ansa a nastro sormontante; fondo a disco. 4. Corpo piriforme a profilo continuo con orlo lievemente estroflesso oppure indistinto a bordo appiattito o arrotondato; ansa a nastro sormontante; fondo a disco appena cavo. 4.1. Con ansa bifida. 5. Corpo piriforme con profilo schiacciato nella parte inferiore e collo distinto, cilindrico o troncoconico, orlo a bordo appiattito o lievemente estroflesso; ansa a nastro sormontante; fondo a disco appena cavo. 6. Corpo carenato schiacciato nella parte inferiore, alto collo appena troncoconico e labbro quasi verticale a bordo arrotondato; anse a nastro sormontati con appliques circolari; fondo piano. 6.1. Con ansa trifida.
Anfora Non è possibile, infine, stabilire una diretta filiazione morfologica tra i cantaroidi e l’anfora unicum NC 748 di t. 31 (fig. 4.14). Il vaso ha corpo ovoide schiacciato con collo troncoconico, orlo ingrossato a bordo appiattito, piede a disco e due anse a nastro sormontanti. La forma atta a contenere, trasportare e versare sarebbe caratterizzata proprio dalle anse verticali impostate dalla parte inferiore della spalla all’orlo e dall’imboccatura stretta. In questo manufatto forma e decorazione, molto vistosa e quasi impressionista con motivi tremuli, confermano l’estraneità al panorama matt-painted sinora esaminato.
Sono inoltre attestati due individui che costituiscono degli unica: 7. NC 20, t. 1: corpo piriforme schiacciato a profilo continuo con collo quasi troncoconico; imboccatura larga ed orlo estroflesso; anse a nastro sormontanti; fondo a disco appena cavo107. 8. NC 1083, t. N: corpo globulare, slanciato, con collo distinto e orlo a bordo squadrato; anse, dalla luce non ampia come gli altri cantaroidi, a triplice costolatura. Forma di passaggio verso l’anfora?
Brocche La brocca è un vaso di forma chiusa per contenere, attingere e versare. È una delle forme più antiche nel repertorio della ceramica a decorazione geometrica e il suo sviluppo è analogo a quello dell’olla, pertanto si passa dal tipo biconico a quello ovoide, mentre i tipi globulare, carenato e piriforme si sviluppano solo nel VII sec. a.C.113. A Garaguso sono presenti quasi tutti i tipi con forme di piccole e medie dimensioni, forse sostituite per esigenze di maggior capienza dai cantaroidi o dalle normalmente più capienti brocche in WMPP (fig. 4.15 e tab. 4.1). La brocca è anche uno dei pochi vasi di ceramica geometrica realizzato in formato miniaturistico114. Nello spazio ridotto di queste forme i motivi decorativi sono semplici e ripetitivi: dalle croci con braccia poste in diagonale, ai motivi sospesi fino ai rarissimi motivi zoomorfi stilizzati (motivi 32-33). Alcuni tipi particolari di brocche, caratterizzati da collo stretto, orlo estroflesso e anse complesse, ospitano motivi più articolati e spesso queste caratteristiche morfologiche sono condivise da brocche provenienti da altri comparti territoriali indigeni (NC 110, t. 6; NC 289, t. 12; NC 323, t. 13)115. Nei corredi è
Come è stato già osservato, tutte le necropoli enotrie producono gli stessi tipi e la differenza risiede piuttosto nell’apparato decorativo108. I manufatti riportati da Yntema, per esempio, mostrano uno sviluppo del vaso che da forme schiacciate di piccolo e medio formato, con collo indistinto e labbro estroflesso del Tardo Geometrico, vanno trasformandosi in vasi piriformi o globulari del Subgeometrico di pieno VII sec. a.C.109, forme simili al tipo 3 di Garaguso. È solo nel corso del VI sec. a.C. che si sviluppa una forma di dimensioni più grandi, dal corpo globulare e dal collo distinto, con labbro appiattito “quasi inesistente”110, corrispondenti orientativamente ai tipi 1, 105 Ipotesi da verificare quando saranno pubblicati i dati integrali dei corredi delle altre necropoli enotrie. 106 Cfr. sez. 2.3. 107 Cfr. Nava et alii 2009, CXIII f 3.1, fig. 9. 108 Nava et alii 2009, 258. 109 Yntema 1990a, figg. 105-107; Colivicchi 2004, 52. 110 Colivicchi 2004, 53.
Yntema 1990a, figg. 115 e 122, con l’eccezione significativa dell’individuo da Roccanova, fig. 116. 112 Catalogo al cap. 8. 113 Nava et alii 2009, 258 e fig. 7. 114 Cfr. sez. 4.2.7. 115 Cfr. sez. 4.2.2. 111
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.15. Ceramica matt-painted. Brocche.
attestata inoltre la brocca con bocca trilobata, un’influenza dal repertorio vascolare di tradizione greca che in alcuni casi viene “naturalizzata” con l’apposizione del motivo dell’occhio apotropaico, o la sua stilizzazione, su uno dei
lobi (NC 151, t. 7; NC 628, t. 28; NC 726, t. 30)116; l’orlo
L’occhio apotropaico è estremamente diffuso in ambito enotrio, cfr. Guardia Perticara per esempio, Bianco 2012, t. 259, 225-232, n. 17 e Roccanova, Tocco 1971, 58, tav. XV. Per una discussione cfr. Bianco in Nava et alii 2009, 283. 116
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Cultura materiale nella necropoli comunque determina la morfologia del corpo. L’irregolarità nella foggiatura delle brocche ha complicato l’elaborazione della tipologia, che più che nelle altre forme è da ritenersi provvisoria e che si basa sulla morfologia del corpo, dal momento che l’orlo è sempre estroflesso e l’ansa a nastro, tranne rarissimi casi117, sempre sormontante.
Il coperchio, infine, ha una calotta emisferica schiacciata, con aletta verticale, mentre la presa è simile allo stelo di un piccolo calice. Tipi: 1. Corpo globulare, schiacciato sulla spalla dotata di due anse a maniglia, con breve collo verticale e orlo a bordo arrotondato, piede a disco cavo. 1.1. Con corpo schiacciato, con appendici laterali, e una sola ansa orizzontale. 1.2. Con due prese forate sulla spalla. 1.3. Privo di anse o prese. 2. Corpo ottagonale con breve collo verticale e orlo a bordo arrotondato, piede a disco cavo.
Tipi: 1. Corpo biconico, più o meno regolare, orlo estroflesso, ansa a nastro sormontante, piede a disco leggermente cavo118. 1.1. Con ansa bifida. 2. Corpo globulare lievemente schiacciato con collo distinto, orlo estroflesso, ansa a nastro sormontante, piede a disco. 2.1. Con ansa a treccia. 3. Corpo ovoidale schiacciato, con collo troncoconico distinto, fondo piano appena concavo. 3.1. Con ansa bifida. 4. Corpo ovoidale, risega o collarino su collo, orlo trilobato, ansa bifida e fondo piano concavo. 4.1. Con piede a disco. 4.2. Con piede troncoconico. 4.3. Con piede ad anello. 4.4. Con ansa trifida.
Pisside su piede Nella pisside con corpo globulare su piede NC 589 di t. 27, invece, morfologicamente simile ad un deinos per il colletto spesso, sono state viste ascendenze di tipo villanoviano-tirrenico, benché la forma trovi confronti anche in ambito corinzio e greco orientale (fig. 4.16)124. Sostegni/Thymiateria La forma di questi manufatti denuncia chiaramente i modelli greci da cui traggono ispirazione. Tuttavia sia la sintassi decorativa che la morfologia, compresa l’asimmetria insita, li rendono dei prodotti locali. Sono attestati principalmente due tipi che si distinguono per la presenza o l’assenza di un incavo nel fondo della vasca che sormonta lo stelo alto (fig. 4.17 e tab. 4.1). In un caso, in un reperto frammentario, lo stelo si configura come un alto tubo cavo (NC 452) 125. Non sono mai presenti, invece, le anse. Sono altresì attestati un esemplare dal comparto bradanico, definito fruttiera (NC 374), e il frammento NC 375, t. 17126.
Pissidi stamnoidi Con il nome di pissidi stamnoidi sono state catalogate alcune forme chiuse con corpo globulare o pentagonale che condividono l’imboccatura stretta dell’orlo (fig. 4.16 e tab. 4.1), che prevedeva probabilmente una chiusura con un coperchio (conservato soltanto nel caso NC 898, t. 35). I vasi si presentano con tipi anche molto differenti l’uno dall’altro, così come diversa era la loro capienza, che in alcuni casi è ridotta (NC 81, t. 3 e NC 373, t. 17). È possibile comunque che assolvessero la medesima funzione di contenitore per sostanze che dovevano essere coperte119. In ogni caso le pissidi occorrono sia in corredi maschili che femminili, a differenza di quelle di produzione verosimilmente coloniale di un altro contesto più tardo del mondo enotrio di V sec. a.C., dove caratterizzano sepolture femminili120. Forme simili, dotate di coperchio, sono attestate anche a Guardia Perticara121 e Roccanova122. Le pissidi stamnoidi richiamano modelli greci, particolarmente quelli diffusi in tutto l’ambito sirita dagli inizi del VI sec. a.C.123.
Tipi: 1. Vasca emisferica o cilindrica con orlo a bordo appiattito, fusto alto e pieno, con modanature, su piede a tromba127. 2. Vasca troncoconica poco profonda con breve orlo estroflesso, separata tramite strozzatura dalla vaschetta; alto piede a tromba. 2.1. Con una modanatura in corrispondenza della vaschetta e altre due nel fusto. La difficoltà principale nell’interpretazione di questi manufatti risiede non tanto nell’origine del modello, quanto nell’individuazione della funzione nel nuovo contesto. Se i tipi con vaschetta possiedono le caratteristiche morfologico-funzionali per la funzione di brucia-profumi, non si possono trascurare le analogie con altri oggetti che hanno svolto la funzione di sostegno per vasi, come quello dall’Incoronata che sostiene il deinos
117 Casi in cui l’altezza dell’ansa non supera l’orlo o lo supera di pochissimi centimetri: NC 107, t. 6; NC 627, t. 28; NC 823, t. 33; NC 896, t. 35. 118 Nava et alii 2009, CVII a 3.1, fig. 7. Si distingue il NC 749, t. 31, con corpo più schiacciato. Il manufatto condivide le medesime caratteristiche tipologiche e decorative con il cantaroide NC 747 dallo stesso contesto t. 31. 119 Isler-Kerény 1976, 35. 120 Russo, Vicari Sottostanti 2009, 5. 121 Bianco 2012, t. 259, 225-232, nn. 18-19, definita stamnos. 122 Fase III di Roccanova Serre, nella quale è definita olletta stamnoide, che si rifarebbe a modelli ionici, Tocco Sciarelli 1980, 451. 123 Bianco in Nava et alii 2009, 282-283.
Bianco in Nava et alii 2009, 284 e fig. 21. Cfr. anche Bianco in Nava et alii 2009, 286, fig. 22. 126 Cfr. sez. 4.2.2. Sui thymiateria cfr. Bianco in Nava et alii 2009, 286. 127 Analogo al tipo 2 della necropoli di Chiaromonte, Russo Tagliente, Berlingò 1992, 257-258, fig. 12, n. 387, da contesto di seconda metà VI sec. a.C., Ibidem, 379. 124 125
55
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.16. Ceramica matt-painted. Pissidi e pisside su piede.
con Bellerofonte128. Tuttavia la decorazione pittorica
all’interno delle vasche sembra escludere la pratica della combustione, come già osservato, e favorire piuttosto l’ipotesi che queste forme contenessero acqua o altri
128 Il sostegno aveva piede a tromba, rigonfiamento centrale e calice svasato e presentava una semplice decorazione geometrico-lineare, ma non si sa se la vasca fosse decorata anche all’interno; il vaso era alto cm 35,5, con Ø alla base di cm 28 e Ø della vasca di cm 20.5; il sostegno era certamente pertinente al dinos sia per le circostanze del rinvenimento
che per la perfetta corrispondenza di impasto, vernice e ingubbiatura, Orlandini 1988, 6-14, fig. 10.
56
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.17. Ceramica matt-painted. Sostegni/Thymiateria.
liquidi, fossero cioè dei piccoli louteria o perirrantheria129. L’esemplare cavo, invece, risponde alle caratteristiche di vaso per libagione, funzione proposta per contesti come Botromagno, dove occorre solamente in corredi di tombe
femminili che forse ospitavano specialiste nel rito130. A Guardia Perticara, in ambito enotrio, è definito vaso tubo e viene associato al cantaroide per offerte liquide alla terra nell’ambito di rituali ctoni, ricorrendo particolarmente
Cfr. le altre testimonianze in Zaccagnino 2001. Per Botromagno si veda Herring et alii 2000, 244-245. 130
129
Ugolini 1983, 455-456 e 467.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. in tombe femminili131, mentre a Chiaromonte e in altri contesti risulta pertinente a tombe di defunti di sesso maschile132. A Garaguso, invece, la forma non sembra esclusiva di un solo genere e si ritiene che fosse un vaso polifunzionale nello svolgimento dei riti funerari, per la purificazione o per l’offerta di sostanze liquide durante la cerimonia funebre.
nel piede articolato che slancia il vaso fino a renderlo una sorta di anforetta. I kantharoi di tipo Cancellara compaiono con maggiore frequenza in area nord-lucana e sono datati alla prima metà del V sec. a.C.138 quando gli insediamenti dell’Agri e del Sinni hanno già perso i loro caratteri originari e nelle tombe vengono deposti principalmente vasi di tradizione greca139. Sull’origine del manufatto il dato cronologico, in questo caso, è forse più determinante di quello stilistico: il motivo antropomorfo stilizzato, ormai diventato di maniera, potrebbe essersi trasmesso ad un centro estraneo all’area propriamente enotria, Cancellara appunto, ed essersi sviluppato indipendentemente dalla sua origine in un periodo successivo al VI sec. a.C. I kantharoi di Cancellara sono stati rinvenuti in contesti cronologicamente diversi, per esempio tra fine VI/inizi V e metà del V sec. a.C.140. La necropoli di Garaguso ha restituito tre esemplari di questa forma vascolare che, secondo Yntema, rappresenterebbe un elemento tradizionale residuale e resistente all’avanzata dell’influenza stilistica della cultura materiale greca141 (NC 493, t. 25; NC 685, t. 29 e NC 852, t. 34); in ogni caso il manufatto abbassa lievemente la cronologia dei corredi all’interno dei quali è stato rinvenuto. Rimanendo in area nord-lucana, poco più a NO di Cancellara è Oppido Lucano, centro a cui, nel panorama delle culture indigene, è stata attribuita una specifica produzione ceramica con uno stile caratteristico142. Di questo repertorio è nota solo una testimonianza, e cioè una “olletta/kantharos”, che si distingue dai manufatti noti ad Oppido solo per la presenza del piede troncoconico, mentre la sintassi e soprattutto il pigmento confermano la sua appartenenza all’orizzonte oppidano (NC 782, t. 32)143. Proseguendo verso Est e avvicinandoci all’area peuceta le testimonianze si intensificano. Dall’estremo limite orientale, e cioè dall’area salentina, dovrebbero provenire due brocche che non hanno trovato precisi confronti, ma che, in base al motivo interpretabile come una svastica sulla spalla, possono essere attribuite morfologicamente e stilisticamente alle fasi finali della ceramica geometrica salentina144 (NC 156, t. 7, NC 411, t. 18); purtroppo senza un chiaro contesto sono alcuni manufatti riportati da Mayer che si avvicinano molto a queste forme, soprattutto nella rigidità delle sottili anse a nastro145. Il versante bradanico offre testimonianze ancora più numerose: da Montescaglioso provengono due brocche con motivo a linguette, tongue patterns (NC 854, t. 34 e NI 1054, t. 41), un prodotto locale che imita le forme rodie e corinzie146, mentre dall’area bradanica in generale, dove sono molto diffuse, derivano alcune forme
4.2.2. Ceramica matt-painted di altri comparti territoriali Nella necropoli di Garaguso, così come nelle aree sacre, si è spesso enfatizzata la presenza di cultura materiale allogena, nella fattispecie greca. La presenza delle colonie greche Italia meridionale avrebbe avuto come conseguenza un forte condizionamento sulle popolazioni locali, a volte con l’occupazione di territori e insediamenti indigeni, a volte con la diffusione di beni e oggetti che veicolavano ideologie e culti. Questa tradizione è stata ridimensionata nel corso del tempo lasciando il campo a posizioni più sfumate o del tutto stravolte. Gli oggetti di produzione greca, del resto, non sono gli unici elementi “esotici” che si possono trovare all’interno di una necropoli indigena. Per rimanere in ambito enotrio, nelle valli dell’Agri e del Sinni sono noti oggetti di produzione etrusca133, mentre altri centri con orizzonti cronologici più antichi hanno restituito Ægyptiaca134. Nel caso di Alianello, per esempio, è stata enfatizzata l’estrema varietà di apporti riconoscibili all’interno della necropoli, dai manufatti vascolari o pendagli bronzei dal Vallo di Diano al vasellame bronzeo riconducibile al mondo etrusco135. Oltre al vasellame bronzeo, la necropoli di Garaguso restituisce contenitori tipici di centri indigeni di altri comparti territoriali molto vicini (fig. 4.18-20 e tab. 4.2). Il fenomeno in sé non è inusuale, ma andrebbe forse valorizzato e i risultati potrebbero essere mappati per ricostruire i circuiti di movimenti e scambi all’interno dei diversi comparti territoriali indigeni136. Tra i materiali di comparti vicini un caso interessante è costituito dai cosiddetti kantharoi di tipo Cancellara, che prendono il nome da un insediamento posto sulla Serra del Carpine a NO di Garaguso, in una zona che rientrerebbe nell’area cosiddetta nord-lucana. Questi manufatti sono stati spesso attribuiti ad una produzione enotria in considerazione dell’apparato decorativo che non sarebbe altro che uno sviluppo del motivo antropomorfo137; anche la forma sembra uno sviluppo del vaso cantaroide, Bianco 2012, per esempio t. 259, 225-232, n. 15. Russo Tagliente, Berlingò 1992, 258. 133 Tagliente 1983. 134 Amendolara per esempio, Costanzo, Dubois 2014. 135 Bottini, Tagliente 1984, 114. 136 Sugli scambi tra vari gruppi indigeni cfr. Yntema 2013, 153-154. Un lavoro simile, con particolare attenzione all’area nord-lucana, è stato realizzato da Michele Scalici dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna. 137 Lissi Caronna 1972; Fabbriccotti 1976; Russo Tagliente 1991; Scalici 2013a, 44. In realtà la stilizzazione del motivo precede di almeno un secolo i contesti di rinvenimento del manufatto secondo Yntema 1990a, 138 e fig. 112c.
Scalici 2013a, 44. Cfr. sez. 2.3.4. 140 Lissi Caronna 1972, individuo n. 2 da t. 6, 510, figg. 27-28 e individuo da contesto più recente, t. 16, 532, figg. 53 e 56, n. 8. 141 Yntema 1990a, 334-341 e particolarmente 337-339, fig. 321. 142 Lissi Caronna 1976; Oppido Wares per Yntema 1990a, 314-317 e fig. 312. 143 Lissi Caronna 1976, 188, n. 1 e fig. 1, n. 1; Lissi Caronna 1980, da t. 27. 144 Yntema 1990a, 99-108 e fig. 79, n. 2b; Idem, 76, fig. 50, n. 27, motivo di stile greco del tardo e del subgeometrico salentino. 145 Mayer 1914, tavv. 25-27. 146 Lo Porto 1973, 182 e note 266-267.
131
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Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.18. Ceramica matt-painted di altri comparti territoriali.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.19. Ceramica matt-painted di altri comparti territoriali.
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Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.20. Ceramica matt-painted di altri comparti territoriali.
61
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. oppure acroma appare estraneo a Garaguso.152. Il movimento di individui di altri centri potrebbe essere dimostrato da differenze nell’armamento, come nel caso delle punte di freccia bronzee153. La presenza di materiale allogeno sarebbe giustificata, quindi, da matrimoni con elementi di altre comunità, un fenomeno che poteva essere frequente nel mondo indigeno154. Nell’interpretare questi casi un aspetto da non sottovalutare riguarda le relazioni politico-economiche tra diverse comunità e le dinamiche di scambio e integrazione con individui di altri insediamenti155.
Tab. 4.2. Distribuzione della ceramica matt-painted di altri comparti territoriali Tomba
NC
Forma/Tipo
7
156
Brocca peuceta
“
155
Trozzella di Pisticci
13
325
Cantaroide bradanico
17
374
Vaso a fruttiera bradanico
“
375
Vaso a fruttiera bradanico
18
411
Brocca peuceta
25
493
Cantaroide tipo Cancellara
28
631
Cantaroide bradanico
“
632
Brocchetta bradanica
29
685
Cantaroide tipo Cancellara
32
782
Cantaroide di Oppido Lucano
34
853
Olla bradanica
“
854
Brocca tipo Montescaglioso
“
852
Cantaroide tipo Cancellara?
36
937
Brocchetta bradanica
40
1018
Brocca bradanica
41
1054
Brocca con orlo trilobato tipo Montescaglioso
4.2.3. Ceramica matt-painted d’imitazione greca All’interno di questa categoria sono confluiti quei reperti vascolari che per impasto appartengono alla locale classe ceramica matt-painted, mentre la morfologia o la decorazione mostrano influenze greche (fig. 4.21 e tab. 4.3). Come anticipato, alcune forme della ceramica geometrica prodotta nei vari comparti territoriali indigeni, come il cantaroide, derivano dalla ceramica greca, tuttavia il mondo indigeno le ha a tal punto interiorizzate ed elaborate da farne un suo tratto distintivo, soprattutto grazie all’apposizione di motivi decorativi specifici e identitari. Questo è il caso delle pissidi e dei thymiateria, che sono forme poco diffuse a Garaguso che recano principalmente motivi del repertorio geometrico enotrio. A volte il contenitore, come nel caso delle brocche, è un manufatto di universale funzionalità e non può ascriversi ad una specifica origine. Le imitazioni greche, invece, sembrano rivelare una diretta filiazione da modelli di tradizione greca, principalmente forme aperte come l’unica lekane156, i cinque kotyliskoi, le due kylikes, una che imita una coppa ionica, una che imita una coppa di tipo C, e una imitazione di Becherschale. Queste forme presentano generalmente semplici motivi lineari come bande più o meno larghe e assai di rado motivi ondulati157. Decisamente insolite sono infine due coppette monoansate a bande, che si potrebbero attribuire ad una produzione greca se nell’ansa di una e nella vasca dell’altra non comparissero motivi del repertorio locale con pigmento bruno (NC 157 e 158, t. 7).
come piccoli cantaroidi o brocchette con anse a nastro sopraelevate con motivi lineari ed ondulati, nonché la “fruttiera” (NC 325, t. 13, NC 631 e 632, t. 28, NC 937, t. 36 e NC 374, t. 17)147. Alla medesima area culturale viene attribuita una brocca che trova confronti stilistici a Timmari (NC 1018, t. 40)148, e un cosiddetto cratere o olla (NC 853, t. 34)149. Infine dal bacino del Basento, a SO di Garaguso, proviene un piccolo kantharos di un tipo comunissimo a Pisticci e considerato di produzione locale, nonostante la dichiarata provenienza del motivo reticolato da Sala Consilina (NC 155 da t. 7)150. La rassegna esposta analizza il fenomeno dello scambio tra centri vicini, che doveva essere frequente e reciproco. A Botromagno, Gravina di Puglia, per esempio, per i periodi III e IV è attestata la ceramica bradanica (lower and upper bradano), ma insieme a questa sono stati rinvenuti frammenti della ceramica della Lucania occidentale, ceramica dalla Daunia e dalla Peucezia, orientale e occidentale151. A Garaguso non si dispone di elementi, a causa dell’insufficienza della documentazione, per ipotizzare la presenza in loco e la sepoltura nella necropoli di individui di un’altra comunità. Solo il corredo della tomba 34 ha restituito un repertorio vascolare che in alcune forme della ceramica a decorazione geometrica
Il fenomeno della creazione e diffusione di queste forme nasce prima dell’età arcaica e origina dall’importazione nell’area enotria dell’artigianato ceramico prima del mondo egeo-miceneo e poi di quello cosiddetto protocoloniale158. I materiali importati, ritenuti di pregio, sottintendevano contatti e scambi, assurgendo al ruolo di Cfr. sez. 8.2.24; il corredo viene attribuito ad una sepoltura femminile per la presenza della fibula bronzea. 153 T. 32, cfr. sez. 8.2.22. 154 Bartoloni, Pitzalis 2011, per le donne considerate come beni e pertanto coinvolte negli scambi diplomatici che hanno animato la penisola italiana; Scalici 2013b, 757. 155 Per suggestioni cfr. sez. 5.2. 156 Il prototipo potrebbe essere la forma a vernice nera, già nota in ambito enotrio, per cui si confronti una tomba di Sala Consilina datata alla seconda metà del VI sec. a.C., Pontrandolfo 1982, fig. 4. 157 Di questo gruppo farebbe parte anche una patera, cfr. sez. 3.1. 158 Bianco in Nava et alii 2009, 277-280. 152
147 Yntema 1990a, 173-182 e figg. 163 e 165 per le fasi finali della ceramica geometrica del basso Bradano. Secondo De Juliis e Yntema, invece, la fruttiera NC 374 sarebbe un thymiaterion peuceta, Yntema 1990a, 180, fig. 165. 148 Togninelli 2004, 80-83, tomba 8, n. 6, attingitoio. 149 Yntema 1990a, 178-179, figg. 160 e 162. 150 Lo Porto 1973, nota 37; Bottini 1993, 147-148. 151 Small 1992, 7-11.
62
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.21. Ceramica matt-painted di imitazione greca.
63
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. cosiddetto veloce e decorati con motivi opachi lineari e ondulati e raramente motivi fitomorfi. Le forme, a differenza dell’impasto ceramico, non corrispondono al repertorio vascolare della ceramica acroma attestata a Garaguso, e solo in alcuni casi si sovrappongono al repertorio della tradizionale ceramica matt-painted a decorazione geometrica nota dai corredi tombali (fig. 4.22, graf. 4.3 e tab. 4.4). Nell’ambito degli studi sull’Italia meridionale questi manufatti verrebbero tradizionalmente catalogati come “ceramica a bande”, una classe ceramica che comprende però insiemi diversi a seconda dell’ambito di riferimento165. Di seguito viene presentata una breve rassegna delle attestazioni e delle scelte di nomenclatura e di classificazione qui operate.
Tab. 4.3. Distribuzione della ceramica matt-painted di imitazione greca Tomba
NC
Oggetto
1
22
Kotyliskos
2
60
Kotyliskos
6
112
Coppa ionica
7
157, 158
Coppette monoansate a bande
18
412-14
Kotyliskoi/skyphoi
29
686
Lekanis
37
982
Kalathos
“
1055
Kylix C?
N
1086
Coppa ionica
“
1085
Becherschale
Nelle apoikiai greche questo tipo di vasi è documentato grazie a numerosi rinvenimenti in contesti eterogenei, che vanno dai corredi funerari, ai depositi votivi e alle aree di abitato. I ritrovamenti in connessione con strutture e impianti produttivi rendono certa l’esistenza di una specifica produzione coloniale. A Metaponto nel quartiere ceramico sono stati portati alla luce frammenti di ceramica definita “a fasce”166, così come ceramica a bande proviene dalla fornace individuata nell’agro di Pisticci, in un’area che rientra cioè nella chora della colonia achea167. Documenti in altri contesti metapontini arricchiscono il panorama della classe, che comprende diverse forme vascolari aperte e chiuse a fronte di una decorazione molto essenziale; tra le forme aperte si annoverano bacini, piatti e lekanai e tra quelle chiuse olle, brocche, hydriai e pelikai, ispirate spesso ad altre produzioni come la vernice nera, la pasta grigia o la ceramica acroma. Fra i contesti meglio noti ci sono la necropoli di Pantanello, il cosiddetto kiln deposit (interpretato al momento come scarico di materiale proveniente dalla vicina fornace) individuato nella stessa località, le fattorie della chora metapontina, nei cui studi la classe viene definita “banded ware”168 e le aree sacre di contrada Favale169 e San Biagio alla Venella. Altri centri greci della costa ionica contribuiscono ad arricchire il dossier, soprattutto per quanto riguarda le fasi più tarde. A Herakleia la “ceramica a fasce” è una delle classi maggiormente documentate sia nel quartiere artigianale ipotizzato sulla collina del Castello sia nelle fornaci individuate sulla terrazza meridionale e si configura come una delle produzioni più caratteristiche della colonia tarantina, particolarmente diffusa fra IV e III e ancora in uso nel II e I sec. a.C.170. A Taranto invece, soprattutto dai corredi funerari di età ellenistica, vengono classificate con il termine di “ceramica a fasce” particolari
indicatori di prestigio e dotandosi, pertanto, di un valore sempre più elevato. La fase successiva all’importazione prevedeva così l’imitazione di modelli del repertorio ellenico, la cui rielaborazione diventerà in parte cifra stilistica delle produzioni vascolari enotrie. Mentre alcune forme mantengono la propria funzione primaria o ipotizzata, altre probabilmente vengono utilizzate per nuovi scopi all’interno del rituale funerario159. I vasi attestati a Garaguso non sono isolati, ma anzi noti anche nelle altre necropoli dell’area enotria: da Alianello, infatti, provengono un kotyliskos e una imitazione di una Becherschale, entrambi da un contesto di V sec. a.C.160; da Roccanova, invece, oltre ad un kotyliskos, era un altro kalathos161; a Guardia Perticara si trova invece quella che sembra un’altra imitazione di coppa ionica di tipo B2 da una tomba databile agli inizi del V sec. a.C.162. Nel kalathos di Garaguso è interessante notare come la decorazione riporti l’aspetto originario di un cesto intrecciato a forma tubulare svasato verso l’alto (NC 982); il manufatto serviva, stando alle rappresentazioni sui vasi greci, a contenere lana grezza o gli strumenti da tessitura; nella produzione magno-greca, invece, non sempre è legato al mondo femminile dell’economia domestica e le rappresentazioni sono principalmente funerarie163. Per le forme potorie, dove viene intenzionalmente evitato il patrimonio decorativo della ceramica mattpainted, l’intento imitativo è più evidente che nelle altre imitazione e solleva dubbi riguardo la trasmissione e l’assimilazione dell’uso di questi manufatti164. 4.2.4. Wheel-made Painted Pottery (Ceramica a bande) La Wheel-made Painted Pottery (WMPP) o ceramica a bande è costituita da vasi da mensa realizzati al tornio
Sulle diverse denominazione e sul significato anche Yntema 2013, 138-148. 166 D’Andria 1980, 121. 167 Lecce 2010-2011, 22-30. 168 Carter, Parmly Toxey 1998. 169 Liseno 2004, 91-96. 170 Significativo è non soltanto il numero di esemplari, ma anche la varietà e la peculiarità delle forme prodotte, tutte destinate prevalentemente alla preparazione e al consumo dei cibi e bevande sulla mensa. La forma più diffusa e tipicamente locale è un cratere-bacino o zuppiera, attestato in numerose varianti, a cui si affiancano piccole brocche e piatti, Giardino 1996, 35-43; Calvaruso 2013. 165
Bianco in Nava et alii 2009, 281. 160 T. 2, Adamesteanu 1971a, 52-53, 3 tav. XII. 161 Tocco Sciarelli 1981, rispettivamente tavv. XLVII e XLVI; per Bianco il kotyliskos si diffonderebbe agli inizi del VII sec. a.C., Bianco in Nava et alii 2009, 282. 162 T. 163, esposta alla Mostra “Guardia Perticara. Archeologia di un centro indigeno”. 163 Cassimatis 1990. 164 Forme simili anche a Roccanova Serre, Tocco Sciarelli 1981, tav. XLVII. Difficoltà d’interpretazione di manufatti simili anche per Owen 2006 e Tsetskhladze 2006. Per il simposio si cfr. sez. 5.5. 159
64
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.22. Wheel-made Painted Pottery (WMPP).
65
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Graf. 4.3. Forme della WMPP. Tab. 4.4. Distribuzione della WMPP Tomba
NC
Oggetto
1
1
Piatto?
7
159, 160
Brocche tipo 3
10
221
Miche
12
290
Brocca tipo 3
17
376
Coppa
18
415
Brocca tipo 2
19
454
Coppa
“
455
Brocca tipo 1
26
539
Coppa
“
540
Brocca tipo 2
“
541, 542
Brocca tipo 3
29
688
Coppa su piede
“
689
Pisside su piede
36
938
Brocca tipo 3
40
1019
Brocca tipo 1?
“
1020
Brocca tipo 2
“
1021
Brocca tipo 3
41
1056
Coppa
“
1057
Brocca tipo 2
Chiaromonte, frequentata tra il VI e il V sec. a.C. è inserita all’interno della ceramica di importazione e di tradizione greca, accostando così kylikes di tradizione ionica, prodotto realizzato nelle colonie, a thymiateria “enotri”, tipici della produzione locale172. A Cozzo Presepe nella “Wheelmade Painted Pottery”, classe di manufatti inquadrabile tra VI ed inizi IV sec. a.C., rientrano forme considerate di produzione locale e di ispirazione da prototipi greci, sia per l’utilizzo del tornio sia per i motivi decorativi; anche le coppette monoansate parzialmente verniciate o a bande, tuttavia, rientrano in questa classe, mentre quelle acrome nella Plain Ware173. Analoga situazione si presenta a Pomarico Vecchio con la “ceramica tornita Matt-Painted” proveniente da contesti d’età classica che perdurano sino al IV-III sec. a.C.174. Alla “Wheel-made Painted Ware” di Gravina (VI-II sec. a.C.) vengono riconosciute analogie, sia nella forma sia nella decorazione, con la ceramica a decorazione geometrica realizzata con il tornio cosiddetto veloce175. Infine a Monte Papalucio di Oria, importante santuario messapico che presenta strette analogie con i depositi di Garaguso176, nella “ceramica a fasce” di produzione locale confluiscono forme di imitazione di prototipi greci, come gli skyphoi a labbro177. Da questo excursus emerge come nella letteratura archeologica sui centri indigeni, all’interno di una stessa classe definita da termini sempre diversi, vengano inseriti manufatti di differente produzione e provenienza, accomunati dalla stessa sintassi decorativa: le bande. Questo metodo di classificazione, che comunque denuncia le difficoltà che spesso si incontrano nella definizione e nell’interpretazione della cultura materiale, non verrà adottato per i materiali ceramici da Garaguso. Nel corso della ricerca sulle aree sacre era stato già affrontato il problema del significato da attribuire a questi manufatti,
forme esclusive di questo periodo, decorate da bande rosso-brune, a volte arricchite da inserti di corone vegetali, nastri, oggetti o animali171. In riferimento alla produzione degli insediamenti indigeni, il termine tradizionale “ceramica a bande” è stato utilizzato con numerose varianti per indicare forme ceramiche in realtà eterogenee sia per tecnologia sia per tradizione, e provenienti da periodi e siti diversi. La “ceramica a bande” della necropoli enotria di
171 Fra queste peculiari sono i bacini profondi a vasca troncoconica e orlo a tesa, usati in tombe a incinerazione fra I sec. a.C. e prima età imperiale anche come contenitori delle ceneri, e le lagynoi, vasi per liquidi di probabile origine ellenistico-orientale, contraddistinti da un collo lungo e stretto ben distinto dal corpo globoso, diffusi a Taranto fra la prima metà del II sec. a.C. e la seconda metà del I sec. a.C., Colivicchi 2001, 40; Hempel 2001, 106-109.
Russo Tagliente, Berlingò 1992, 245. Du Plat Taylor et alii 1977, 331-337. 174 Barra Bagnasco 1997, 161-171. 175 Small 1992, 13-14. 176 Cfr. Bertesago, Garaffa 2015, 319-332. 177 Mastronuzzi 2013, 63-64 e 274-275. 172 173
66
Cultura materiale nella necropoli se cioè fossero da considerare analogamente ad altri prodotti importati come la ceramica greca, la coroplastica e le monete o se invece potessero rappresentare altro, nella fattispecie l’apporto locale al regime delle offerte. I vasi a bande sono stati infatti considerati, ad esempio da Yntema e da Herring, come lo sviluppo della tradizionale ceramica a decorazione geometrica, determinato dalla diffusione della tecnologia del tornio, sottolineando gli aspetti di innovazione rispetto alla locale ceramica mattpainted geometrica. È stato quindi supposto che nella locale produzione di ceramica geometrica nel corso del VI sec. a.C. e in diversi comparti territoriali siano stati introdotti elementi di origine greca dovuti alla crescente presenza ellenica; questi elementi, costituiti principalmente dall’uso del tornio cosiddetto veloce e da un nuovo repertorio morfologico dalla decorazione semplificata, avrebbero ridimensionato in maniera evidente la differenziazione regionale esistente fino a quell’epoca, nonostante poi si siano mantenute alcune forme tipiche della produzione precedente maggiormente legate ad alcuni comprensori, ad esempio l’olletta/ kantharos, la trozzella e la nestoris178. La ceramica a decorazione geometrica, di più lenta esecuzione, non sarebbe stata archiviata improvvisamente, ma destinata a contesti tradizionali, come la tomba179. In realtà nelle necropoli di Garaguso ceramica a decorazione geometrica e “ceramica a bande” convivono all’interno dei corredi, ognuna con un particolare repertorio morfologico e decorativo. Nel caso dei depositi di Garaguso, così come per altri centri indigeni, risulta centrale poter distinguere i vasi fabbricati in loco da quelli importati quando ci si interroga, ad esempio, sull’identità dei devoti che frequentavano l’area sacra o sulle scelte operate dalla comunità locale a seconda dei contesti. La comunità, infatti, depone nelle tombe vasi caratterizzanti l’identità comunitaria, la ceramica cosiddetta enotria, mentre nell’area sacra predilige, oltre a ceramica greca, la “ceramica a bande”, che è stata definita Wheelmade Painted Pottery. L’esistenza di molteplici centri di produzione rende indispensabile cercare di distinguere, mediante l’esame delle proprietà tecniche e tramite opportune analisi archeometriche, le produzioni greche di ceramica a bande, che confluiranno tra “la ceramica greca”, da quelle dei centri anellenici, che saranno inserite tra le classi di produzione locale. Indipendentemente da queste scelte classificatorie da affrontarsi ulteriormente in indagini future e più articolate, rimane aperta la questione della produzione di queste forme a Garaguso. Tali manufatti presentano il corpo ceramico di colore rosa arancio (M 7.5 YR 7/6) o beige chiaro (10YR 8/3), generalmente con rari inclusi di piccole dimensioni e porosità scarsa, cioè l’impasto che autopticamente è stato attribuito sia alla ceramica acroma sia alla ceramica matt-painted di Garaguso. Nei corredi sono attestate principalmente brocche e manufatti di difficile attribuzione: alcune sono vere e proprie forme di passaggio, sia dal punto di vista della 178 179
morfologia sia della decorazione, che mostrerebbero la derivazione di questa classe ceramica dalla ceramica geometrica; altre sono forme, come le coppe e le coppette monoansate decorate con bande opache che si avvicinano maggiormente a forme di tradizione greca, ma sono decorate con motivi opachi, ma con una precisione che raramente si trova su simili forme indigene180. La questione relativa alla produzione rimane quindi aperta in attesa sia di analisi archeometriche sia di edizioni di materiali simili da contesti confrontabili. Si può comunque osservare una certa regolarità nel deporre una brocca e una scodella o una coppa monoansata, come se questa associazione costituisse un set funzionale. Quanto alla forme vascolari, queste si inseriscono nel repertorio della ceramica a decorazione geometrica, all’interno della quale sono però incluse forme particolari che non hanno un corrispettivo preciso, come ad esempio la miche, nota inizialmente dalla zona di Elea e Palinuro e lì definita Doppelhenkelkannen, cioè brocca a due anse sormontanti; la parola miche deriverebbe invece dal greco con il significato di “fungo” (NC 221, t. 10)181. Quella che all’inizio veniva considerata una forma tipica dell’area focea e specificamente eleate182 si è rivelata, in seguito a ricerche mirate, un manufatto d’origine corinzia elaborato in officine d’area peloponnesiaca, la cui forma viene ricondotta ad un prototipo metallico greco che ha seguito la stessa sorte di mimetismo di analoghi manufatti 183. Il vaso è diffuso in area enotria: esemplari a Sala Consilina, Padula, Palinuro, Tortora San Brancato, Fratte, Castelluccio, Aliano, Guardia Perticara e Pisticci indicano contesti principalmente funerari e maschili dove si allude al consumo del vino, dal momento che la funzione primaria più plausibile del manufatto è quella di brocca-decanter184. Un altro unicum all’interno della necropoli è la pisside su piede (NC 689, t. 29). Di questo grande contenitore, lacunoso nella spalla e nell’orlo, si conserva l’attacco dell’ansa bifida con attaccatura orizzontale preceduta da una piccola bugna/aletta. Il vaso è confrontabile ancora una volta con un manufatto di area tirrenica, come la Große Pyxis mit hohem Fuß dalla tomba 8 della necropoli di Palinuro185, che ha però un profilo meno continuo e di cui non si distingue bene la decorazione, che nell’esemplare di Garaguso è significativa: alle bande di vernice bruna, che sottolineano determinate parti del vaso, si aggiunge una decorazione policroma concentrata sulla spalla, che prevede, forse all’interno di motivi curvilinei sospesi, cinque fasce verticali in bruno e in paonazzo a cui si aggiunge una palmetta monocroma sulla spalla. È evidente la commistione di elementi eterogenei. Il Per esempio NC 1056, t. 41. La forma era già nota dalle necropoli di Palinuro, Sestieri 1948, 344, fig. 15b e Naumann, Neutsch 1960, 123-126. Per una forma simile da Velia, Neutsch 1979, 153-156. 182 Sulla presenza ad Elea anche Greco, G. 2012, 1033-1038, con bibliografia di riferimento. 183 Del Villano 2014, 115-118. 184 Per attestazioni e funzioni Del Villano 2014, 119-122 e nota 24. 185 Neumann, Neutsch 1960, 31, n. 4. 180 181
Yntema 1990a, 333-345; Yntema 2001, 33-34. Herring 1998.
67
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.23. Ceramica parzialmente verniciata.
4.2.5. Ceramica parzialmente verniciata
vaso non ha antecedenti nella tradizione geometrica e altri aspetti tecnologici come la tornitura e la vernice rivelerebbero l’influenza, se non proprio la produzione, greca. La coppa su piede NC 688 di t. 29, infine, non ha trovato confronti precisi, ma solo attestazioni simili e comunque cronologicamente tarde come alcune coppe su piede rinvenute all’interno dei corredi di Torre di Satriano186, e una coppa con bordo introflesso e piede ad anello datata alla fine del V sec. a.C.187.
A rigore non una vera e propria sottoclasse, questo raggruppamento riunisce poche forme vascolari, come le coppette monoansate e le brocchette o vasetti biansati che non hanno una decorazione applicata a pennello, ma sono parzialmente verniciate, con esiti rosso-arancio, bruno o nero (fig. 4.23 e tab. 4.5). Coppette monoansate
Forme e tipi: • Coppa monoansata: vasca emisferica a profilo continuo con orlo arrotondato, ansa orizzontale in prossimità dell’orlo, fondo piano. • Coppa su piede: vasca emisferica a profilo continuo con orlo ingrossato, superiormente appiattito e introflesso, piede con stelo a tromba. • Brocca tipo 1: corpo globulare schiacciato, orlo estroflesso, ansa a nastro appena sormontante, fondo piano. • Brocca tipo 2: corpo ovoidale, orlo estroflesso, ansa a nastro sormontante, fondo a disco cavo. • Brocca tipo 3: corpo piriforme, orlo estroflesso, ansa a nastro sormontante, fondo a disco cavo. • Miche: brocca con corpo globulare schiacciato, piede a disco a profilo squadrato, due anse sormontanti, morfologicamente databile all’inizio del V sec. a.C.188. • Pisside su piede: corpo troncoconico-cilindrico su alto piede.
Morfologicamente identiche alle forme acrome, si distinguono da queste per essere parzialmente verniciate nella parte opposta all’ansa189. Risultano abbastanza diffuse nel contesto, assenti nelle tombe considerate più antiche, come le tt. 2, 3, 27. Brocchette o vasetti biansati La forma molto simile al cantaroide rende difficile la catalogazione di questi manufatti, mentre le dimensioni ne enfatizzano il probabile aspetto simbolico. Vengono catalogati diversamente a seconda dei contesti indigeni e risultano particolarmente amati nel mondo messapico190, ma meno attestati nel mondo enotrio191.
Nel medesimo insieme si considera una coppetta integralmente verniciata in rosso (NC 788, t. 32). 190 Sia in contesti tombali che cultuali, Colivicchi 2004, 48-51; Idem 2006, nota 14; Mastronuzzi 2013, 314-315, tav. 2. 191 L’osservazione si riferisce all’esposizione della Mostra “Guardia Perticara. Archeologia di un centro enotrio”. Del tipo 2 sono noti almeno un paio di esemplari da Sala Consilina cfr. De la Genière 1968, 335, tav. 49, n. 2 e tav. 46, n. 5. Per le attestazioni nel mondo nord-lucano, come nell’anaktoron di Torre di Satriano, Ferreri 2012, 68-69, fog.10b, definita olletta biansata; forse anche a Melfi-Pisciolo, Kok 2009, 73. 189
186 Colangelo 2009, tt. 9 e 60, 16-18, figg. 9 e 10, databili alla prima metà del V sec. a.C. 187 Fabbriccotti 1976, 343, n. 2. t. 5. 188 Del Villano 2014, fig. 2.
68
Cultura materiale nella necropoli Tab. 4.5. Distribuzione della ceramica parzialmente verniciata
4.2.6. Ceramica acroma
Tomba
NC
Forma e tipo
1 (2)
24, 23
Coppette
Sono acrome alcune forme da mensa e dispensa e la ceramica da cucina.
“
25
Brocchetta vr. Tipo 1
7 (3)
163, 161, 162
Coppette
“
164
Brocchetta vn. Tipo 2
10 (2)
223, 222
Coppette
“
224
Vasetto vr. Tipo 1
17
377
Vasetto vr. Tipo 1
18
418
Vasetto vr. Tipo 1
“
417
Brocchetta vr. Tipo 2
25 (2)
495, 496
Coppette
26 (4)
543, 544, 545, 546
Coppette
28
633
Vasetto vr. Tipo 1
“
634
Vasetto vn. Tipo 2
29 (9)
690, 691, 692, 693, 694, 657, 696, 697, 698
Coppette
“
699
Vasetto vb. Tipo 1
30
727
Coppetta
31 (3)
751, 752, 753
Coppette
754
Brocchetta vb. Tipo 1
32 (7)
783, 784, 785, 786, 787, 788, 789
Coppette
33 (3)
824, 825, 826
Coppette
34 (5)
855, 856, 857, 858, 859
Coppette
“
860
Brocchetta vn. Tipo 2
35
900
Vasetto vr. Tipo 1
36
939
Coppetta
“
940, 941
Brocchetta vr. Tipo 2
“
942
Vasetto vr. Tipo 1
40 (2)
1022, 1029
Coppette
“
1023
Vasetto vn. Tipo 1
4.2.6.1. Ceramica da mensa e dispensa In questa classe confluiscono forme vascolari realizzate con buona probabilità localmente, caratterizzate da un impasto con inclusi a granulometria fine e prive di decorazione pittorica. I vasi hanno normalmente il medesimo impasto della ceramica a decorazione geometrica192, con la quale condividono anche la foggiatura realizzata al tornio primitivo, come si vede dagli irregolarissimi segni che spesso ne animano le superficie. Sono attestate forme aperte e forme chiuse di piccole, medie e grandi dimensioni che servivano all’attività di preparazione, presentazione del cibo e stoccaggio di derrate (figg. 4.24-26, graf. 4.4 e tab. 4.6). Il repertorio è comunque ristretto per quanto riguarda le forme, alcune delle quali non trovano riscontro nelle altre classi ceramiche. Fanno eccezione le coppette monoansate, attestate con dimensioni e quindi capacità diversa sia nella ceramica geometrica sia in quella greca, e le ciotole e i calici, in questo caso la differenza riguarda la presenza o l’assenza del rivestimento matt-painted. Questa è una caratteristica costante delle sepolture del mondo indigeno arcaico: fin dalle fasi più antiche delle necropoli un grande contenitore per le derrate viene deposto ai piedi del defunto, probabile allusione alla conservazione e all’accumulo delle ricchezze e dunque alle capacità economiche del gruppo familiare193. In altri contesti si è ipotizzato che le olle servissero a contenere liquidi necessari, come l’acqua o il vino, allo svolgimento della cerimonia funebre194. In area enotria, come ad Alianello, è diffusa sin dal VII sec. a.C. nelle tombe maschili e femminili più ricche195. Nella t. 27 di Garaguso l’olla acroma viene sostituita dall’olla mattpainted (NC 589)196. I vasi acromi sono presenti nelle tombe spesso con un set che comprende la grande olla e almeno un individuo per forma, e cioè una brocchetta, un attingitoio e una ciotola o un mortaio. La presenza isolata di uno solo di questi elementi è rara ed è forse da attribuirsi allo stato di conservazione del corredo: è probabile che i vasi da mensa fossero collocati vicini, generalmente nei pressi dell’olla che normalmente occupava la parte inferiore della fossa, e che non si siano conservati nel caso di fosse sconvolte197.
I vasetti sono attestati nei formati piccolo e medio. La presenza di una o due anse, e quindi la definizione di brocchetta o vasetto biansato, non compromette il suo profilo standardizzato. Si distingue del tutto una piccola olpe (NC 456, t. 19). Tipi: 1. Forma piccola, con altezza intorno ai cm 3 e generalmente con corpo piriforme schiacciato nella parte inferiore, dotata di una o due anse a nastro sormontanti impostate sull’orlo estroflesso; fondo piano; 2. Forma media, con altezza intorno ai cm 9 e corpo piriforme, più slanciato del tipo 1.
Si veda, per esempio, la t. 1. Bottini 1989, 162-163, nota 1; Cinquantaquattro 2006-2007, 120. In area nord-lucana a Satriano, oppure in area irpina e campana, come ad Avella, Holloway 1970; Battiloro et alii 2008, 21-24; Colangelo 2009. 194 Fabbri et alii 2002, 38, note 27-28. 195 Bottini, Tagliente 1984, 113. 196 Cfr. 8.2.17. 197 Per esempio t. 2, 11, 14, 15 e 16. 192 193
Il vaso ricorre con un uno, due o al massimo tre esemplari nella metà delle tombe, senza una precisa distribuzione cronologica o legata all’età e al ruolo del defunto.
69
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.24. Ceramica acroma. Piatti, coppetta monoansata, mortai, ciotole, brocchetta e anforetta.
70
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.25. Ceramica acroma. Attingitoi.
71
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.26. Ceramica acroma. Olle.
72
Cultura materiale nella necropoli
Graf. 4.4. Forme della ceramica acroma. Tab. 4.6. Distribuzione della ceramica acroma Piatti
12
292
1
17
379
2
Tomba
NC
Tipo
18 (2)
419
1
25
497
1
“
420
3
29
700
2
19 (2)
458, 459
1
31
755
2
25
498
1
31 (2)
758, 759
1
Coppette monoansate Tomba
NC
34
864
4
1 (2)
26, 27
37
983
1
6 (2)
113, 114
7 (2)
165, 166
Tomba
NC
Tipo
28
635
18
421
1
29 (2)
701, 702
27
591
2
31 (2)
756, 757
34
865, 866
2
32
790
33
827
Tomba
NC
Tipo
34 (2)
861, 862
40
1024
1 (2)
30, 31
1
6
118
1
7 (2)
169, 170
1
11
263
1
12 (3)
295, 296
1
“
297
1.1
25 (3)
499, 500, 501
1
27 (2)
592, 593
2
30
728
1
32 (2)
792
1
“
793
2
36 (4)
947, 948, 949, 950
2
40 (3)
1025, 1026, 1027
1
Tomba
NC
Tipo
1 (2)
29, 30
1
6
117
1.1
12
293
2
Calici
Brocchette e anforetta
Mortai Tomba
NC
Tipo
6
120
1
7 (2)
167, 168
1
12
291
1
17
378
1.2
19
457
1
28
636
1.1
32
791
2
33
828
1
34
863
1
35
901
2
41
1058
2
Attingitoi
Ciotole Tomba
NC
Tipo
6
115
1
73
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Tab. 4.6 continuato Attingitoi
12 (3)
300, 301
Impasto. 2.1
“
302
Impasto. 3
Tomba
NC
Tipo
18
427
Cucina. 2
17
380
1
25 (3)
506
Impasto. 2
18 (2)
422
2
“
507
Impasto. 2.1
“
423
3
“
508
Impasto. 3
28 (4)
637, 638, 639, 640
3
28 (2)
643, 644
Impasto. 2
36 (4)
943, 944, 945
3
“
946
3.1
29
705
Cucina. Brocchetta
38
1001
3
“
704
Impasto. 2
31
762
Cucina. 2.1
34 (2)
867, 868
Impasto. 2.1
35
903
Impasto. 2
36
953
Impasto. 2.1
37
984
Impasto. 2.1
40 (3)
1030, 1031, 1032
Impasto. 2
41 (2)
1061
Impasto. 2.1
“
1062
Impasto. 3
Olle Tomba
NC
Tipo
1
32
3.1
6
119
2
7 (2)
172
3
“
173
3.1
10 (2)
225
1
“
226
3
12 (2)
298
1
“
299
1.2
13
330
1
18 (2)
425
3.2
“
426
3.3
19
460
2
25 (3)
503
1
“
502
3
“
504
3.5
28 (2)
641
3
“
642
3.4
29
703
3
30
729
1.1
31 (2)
760, 761
1
33
829
3
35
902
1
36 (2)
951, 952
3
40
1028
1.3
41 (2)
1059
2
“
1060
4
Piatti Il piatto è una forma aperta bassa e poco profonda dotata di un ampio piede o fondo (fig. 4.24 e tab. 4.6). Generalmente realizzato con impasto più depurato dei mortai, il piatto era forse deputato alla presentazione dei cibi. Tipi: 1. Vasca emisferica relativamente profonda, orlo modanato, fondo appena concavo. 2. Vasca emisferica bassa e larga, orlo pendulo, piede a disco cavo. Coppette monoansate Queste coppette rappresentano una versione acroma sia delle coppette parzialmente verniciate sia di quelle greche a bande (fig. 4.24 e tab. 4.6). Tipo: 1. Vasca emisferica poco profonda, ansa orizzontale; fondo piano appena concavo.
Ceramica da cucina e d’impasto Tomba
NC
Tipo
1 (2)
33
Impasto. 1
“
34
Impasto. 2
6
121
Cucina. 2
7 (2)
176
Cucina. 2 o 3. parte di vasetto?
“
174
Impasto. 2
“
175
Impasto. 2.1
10 (2)
227
Cucina. 1
“
228
Cucina. 3
“
229
Impasto. 3.1
Mortai Il mortaio è una forma aperta bassa, relativamente profonda e dotata di un ampio piede che ne assicura la stabilità (fig. 4.24 e tab. 4.6). I mortai sono realizzati con impasto ceramico ricco di correttivi e il loro fondo interno è generalmente caratterizzato dalla presenza di inclusi grigi o rossi a spigolo vivo che denunciano la funzione del vaso: il vaso, infatti, in combinazione con un pestello, era deputato a macinare sostanze che dovevano essere ridotte in polvere. I tipi si distinguono per la profondità della vasca e la forma del piede.
74
Cultura materiale nella necropoli Tipi: 1. Vasca emisferica con orlo ingrossato, a bordo arrotondato o appiattito, fondo piano. 1.1. Con alloggiamento per il coperchio. 1.2. Con orlo pendulo. 2. Vasca profonda, orlo ingrossato, a bordo arrotondato o appiattito, piede a disco cavo.
Attingitoi
Ciotole
Tipi: 1. Corpo cilindrico, orlo lievemente estroflesso, fondo a disco. 1.1. Con corpo cilindrico basso, tazza? 2. Corpo carenato. 3. Corpo concavo-convesso, fondo piano202. 3.1. Con corpo più basso e orlo ingrossato ed estroflesso.
L’attingitoio è un vaso importante nella tradizione della ceramica geometrica. Dei tipi più antichi è possibile seguire un certo sviluppo morfologico, ma nel VI sec. a.C. è principalmente una forma acroma (fig. 4.25 e tab. 4.6)200 che costituisce insieme all’olla una coppia funzionale201.
Per ciotole intendiamo forme poco capienti di medie dimensioni, con orlo a bordo appiattito e vasca relativamente profonda più o meno articolata, che consente la suddivisione in quattro tipi. Un solo individuo si distingue per la presenza di tre prese (fig. 4.24 e tab. 4.6). Tipi: 1. Vasca carenata, fondo piano. 2. Vasca a profilo quasi troncoconico, bordo appiattito con alloggiamento per coperchio. 3. Vasca emisferica profonda198. 4. Bassa vasca troncoconica con angoli stondati, tre prese.
È probabile che alcuni tipi, come il 2, si rifacciano a prototipi metallici rintracciabili nella conformazione delle anse203. Olle Con olla si intende un vaso di forma chiusa generalmente di grandi dimensioni e quindi di notevole capacità; il corpo è ovoidale oppure globulare e l’orlo è generalmente estroflesso (fig. 4.26 e tab. 4.6). La forma è realizzata anche in formati piccoli e medi e conseguente capacità; negli individui più piccoli ai vasi sono applicate appendici, probabilmente ornamentali; solo NC 425 era dotato di anse a maniglia sulla spalla. Sulla pancia dell’olla NC 641 di t. 28, inoltre, si trova un insolito motivo impresso a brevi tacche verticali, forse realizzato tramite una rotella, che ricopre tutta la circonferenza del vaso.
Calici I pochi esemplari acromi si rifanno alla tipologia elaborata per quelli a decorazione geometrica (tab. 4.6)199. Brocchette e anforetta Le brocchette sono forme chiuse piccole e poco capienti con orlo estroflesso, corpo più o meno articolato e ansa a nastro che si diparte dall’orlo per raggiungere la parte inferiore del corpo (fig. 4.24 e tab. 4.6). Si distinguono dagli attingitoi, che sono forme aperte, per la diversa conformazione del corpo e soprattutto per il diametro all’orlo, che nel caso degli attingitoi è ampio ed equivale spesso al punto di massima espansione del corpo. Entrambe le forme, però, condividono probabilmente la medesima funzione di attingere sostanze, verosimilmente dalla grande olla a cui spesso sono associate: è stato verificato empiricamente che entrambe possono passare attraverso l’imboccatura del grande contenitore. Una funzione simile è stata attribuita all’unica l’anforetta della necropoli (NC 424, t. 18).
Tipi: 1. Corpo ovoidale, orlo estroflesso, fondo a disco appena concavo. 1.1. Formato piccolo, collo concavo e tre appendici plastiche sulla spalla 1.2. Corpo schiacciato, orlo a tesa e tre anse a triplice costolatura che dal collo raggiungono il punto di massima espansione del corpo. 1.3. Con quattro bugnette strette e allungate204. 2. Corpo ovoidale schiacciato, collo troncoconico, fondo a disco concavo. 3. Corpo globulare, orlo estroflesso, fondo a disco. 3.1. Con quattro bugne sulla spalla. 3.2. Con quattro anse a maniglia sulla spalla. 3.3. Formato piccolo, corpo schiacciato e colletto ingrossato205.
Tipi: 1. Corpo da globulare ad ovoidale con orlo estroflesso, piede a disco cavo. 1.1. Con ansa bifida. 2. Corpo piriforme a profilo continuo con orlo indistinto o distinto a bordo arrotondato.
Nava et alii 2009, 258. Russo Tagliente, Berlingò 1992, 289. 202 Morfologicamente simile al tipo 1.1 di Chiaromonte, cfr. Russo Tagliente, Berlingò 1992, 289, fig. 34, n. 159. 203 Lo Porto 1969, fig. 35, 147, tomba 3 di San Leonardo di Pisticci; Tocco Sciarelli 1980, 448. 204 Corrisponde al tipo 2 della necropoli di Chiaromonte, cfr. Russo Tagliente, Berlingò 1992, 285-286, fig. 33. 205 La variante è di un tipo noto nelle tombe di Lavello, Martinelli 1988, 145-147, tipo 1.1. 200 201
198 Simile alla coppa di tipo 12 della necropoli di Chiaromonte, Russo Tagliente, Berlingò 1992, 289-290, fig. 35, n. 255. 199 Cfr. sez. 4.2.1.
75
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 2.1. Con orlo quasi verticale distinto dal corpo tramite una leggera depressione; tre bugnette anteriori e a volte altre due ai lati dell’ansa a nastro. 3. Vasetto gemino. 3.1. Con coppie di bugne anteriori e posteriori e protome animale dipinta (?) che sormonta il punto di attacco tra i due vasetti.
3.4. Corpo schiacciato, orlo quasi verticale e appendici sulla spalla. 3.5. Orlo quasi verticale e due prese forate sulla spalla206. 4. Corpo trapezoidale con quattro appendici/bugne sulla spalla, fondo indistinto. 4.2.6.2. Ceramica da cucina e d’impasto
La forma del boccaletto/attingitoio è nota anche da altri contesti necropolari. L’olletta/boccale è attestata nei corredi campani sin dall’Orientalizzante antico e perdura sino ad età tardo arcaica, come si vede a Cairano, dove il vaso ha generalmente un’insolita ansa orizzontale208. La forma sembra costituire un elemento fossilizzato, ma pregnante del rituale funerario209. Nella tomba a fossa 634 di Poseidonia è stata rinvenuta un’olletta d’impasto con quattro bugnette210, che trova un confronto preciso nell’olletta di impasto di Grotte delle Fontanelle dal terreno Altieri211; in questo caso si sottolineano ancora le strette relazioni tra l’area di Poseidonia e quella di Garaguso, già segnalate per i depositi votivi di Grotte delle Fontanelle212. Nell’area del Vallo di Diano la ceramica d’impasto si inserisce nel corredo funerario con un repertorio più ampio che comprende anche olle e scodelle213, come ad esempio a Torre di Satriano in area nord-lucana214. La presenza del boccaletto è tuttavia più frequente a Baragiano, sempre in area nord lucana215, o nel Melfese, come a Melfi216. La maggior parte dei boccaletti di Garaguso, così come la brocchetta, recavano segni di esposizione al fuoco sul fondo o sulla parte anteriore, quella opposta all’ansa. Altrettanto vistosi sono i segni sul boccaletto con ansa molto sormontante rinvenuto nella tomba 35 di Serra di Vaglio e databile alla fine del VII sec. a.C.217, oppure quelli dei boccaletti da Baragiano. Questi piccoli vasi, verosimilmente funzionali ad attingere e versare dei liquidi, forse da un grande contenitore, devono quindi aver svolto a Garaguso un’altra importante funzione nel rituale, che è tuttavia meglio documentata a Chiaromonte, Noepoli, Torre di Satriano e Baragiano218. I vasetti gemini, invece, non hanno ancora trovato confronti nelle altre necropoli contemporanee dell’area enotria e sembrano essere tipici di Garaguso. Per quanto sia attestata una forma simile, il Doppelgefäß della necropoli della prima età del ferro
Nella ceramica acroma da cucina e d’impasto sono stati inseriti quei vasi caratterizzati dall’aggiunta nell’impasto ceramico di determinati inclusi allo scopo di rendere il manufatto più resistente agli shock termici. Il repertorio è ridotto a pochissime forme, tra cui il boccaletto, una forma intermedia tra quelle aperte e quelle chiuse che funzionalmente si avvicina sia alle brocche sia ai bicchieri o agli attingitoi: il vaso, cui è applicata un’ansa a nastro, è attestato in tipi molto simili tra di loro, la cui variabilità è dettata dalla foggiatura a mano e amplificata dall’apparato decorativo plastico, fatto di bugnette o appendici (fig. 4.27 e tab. 4.6). Questo tipo di vaso eredita morfologie dell’età del Ferro, con una particolare attenzione al trattamento curato della superficie e all’impasto che presenta molti inclusi litici o calcitici; anche le bugne sono tipiche delle forme dell’impasto d’età protostorica e sembrano avere una mera funzione decorativa. In alcuni casi il manufatto è realizzato nella ceramica cosiddetta da fuoco caratterizzata da un corpo rossiccio, ruvido all’esterno, con inclusi prevalentemente di quarzo e calcio; oltre ai pochi boccaletti, con lo stesso impasto è realizzata un’unica brocchetta con corpo lenticolare a profilo continuo con il collo quasi troncoconico, orlo estroflesso, fondo indistinto concavo e ansa a nastro (NC 705, t. 29). Si suppone che la ceramica da fuoco abbia sostituito la ceramica d’impasto nel corso del VI sec. a.C. ereditandone la funzione, ma non le forme che soltanto all’inizio vengono imitate207, particolarmente nei contesti rituali. Ad impasto sono realizzati anche i vasetti gemini o vasetti a saliera, costituiti da due boccaletti più piccoli uniti tra di loro dotati di un’ansa per ciascun elemento del vaso gemino; la parte anteriore opposta all’ansa è generalmente decorata con bugnette o applicazioni plastiche che danno al manufatto l’aspetto di un volto. Tipi: 1. Spesso corpo cilindrico con orlo a bordo assottigliato e fondo piano; ansa costolata e tre bugnette in prossimità dell’orlo. 2. Corpo ovoidale con orlo appena estroflesso e fondo piano; ansa a nastro e tre bugnette in prossimità dell’orlo.
Olletta/boccale, Bailo Modesti 1980, 54-55. Nelle tombe di Arcioni a Poseidonia rappresenta, insieme ad altri elementi, il manifestarsi di una diversità che si integra perfettamente, Pontrandolfo 1988, 238, tav. XXXV. 210 Pontrandolfo 1996, 43-44. 211 Bertesago in Bertesago, Garaffa 2015, n. 615, 207, tav. XXI. 212 Bertesago, Garaffa 2015, 328. 213 Per Atena Lucana, Tardugno 2009, 60. 214 Colangelo 2009, t. 7, 16-18, fig. 10. 215 Come nella t. 56, databile ad età arcaica, e la t. 65, di fine VI sec. a.C., di Toppo S. Antonio, Bruscella 2009, 27, fig. 6 e 29-30, fig. 10. 216 Kok 2009, da t.12 databile tra fine VI e inizi V sec. a.C., 73, fig. 7. 217 Greco, G. 1991, 27-30, fig. 53. 218 A Satriano le analisi sui carporesti prelevati dal riempimento delle sepolture hanno permesso la scoperta di resti di farro combusti, traccia di probabili rituali funerari legati al vasellame ceramico adatto al contatto con il fuoco, Colangelo 2009, 14; a Baragiano una fossa con le pareti parzialmente annerite, riempita di frammenti di vasellame da fuoco, da confrontarsi con gli analoghi reperti di Noepoli e Chiaromonte, Bruscella 2009, 25 e note 18 e 19. 208 209
206 Corrisponde al tipo 1 della necropoli di Chiaromonte, cfr. Russo Tagliente, Berlingò 1992, 285-286, fig. 33. 207 Per una discussione si veda il contesto di Torre di Satriano: nel cosiddetto anaktoron si assiste al passaggio tra le due classi con alcuni manufatti che sembrano rappresentare delle tappe intermedie tra la ceramica di impasto e la ceramica da cucina, cfr. Garaffa, Vullo 2009; Ferreri 2012; Garaffa, Vullo 2018.
76
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.27. Ceramica da cucina e d’impasto.
77
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. di Sala Consilina219, ma i confronti più stringenti sono rappresentati dai kernoi fittili con figura antropomorfa della necropoli di Arcatelle di Tarquinia, dove lo schema iconografico viene ricondotto ad un individuo che porge i vasi delle derrate del defunto220. Qui è forse un volatile, un animale molto presente nel patrimonio figurativo enotrio, a svolgere la stessa funzione in relazione con l’aldilà221. A volte questi oggetti sono presenti spezzati nei corredi, forse intenzionalmente, ed è interessante notare che le parti mancanti non sono mai state ritrovate tra i reperti delle altre tombe. Rimane aperta la domanda se si trattava di una frammentazione rituale e se i frammenti non rinvenuto fossero conservati da chi era rimasto in vita. A Melfi-Pisciolo, invece, è attestata una forma doppia realizzata con due scodelle, altro oggetto unico che non trova confronti e il cui valore simbolico non è chiaro222.
Tab. 4.7. Distribuzione delle forme miniaturistiche Tomba
NC
Forma
6
122
Boccaletto
7 (2)
154, 171
Brocchette
11 (5)
259, 260
Brocchette
“
261
Pisside
“
258
Olletta biansata
“
262
Anfora
13
324
Brocchetta
19 (2)
453
Pisside
“
461
Boccaletto
25
505
Brocchetta
27
590
Brocchetta
34
869
Vasetto impasto
4.2.7. Forme miniaturistiche
41
1053
Brocchetta
In questa categoria sono stati inseriti quei manufatti accomunati dalla caratteristica di essere riproduzioni più o meno fedeli e in scala ridotta di una forma vascolare nota nelle sue dimensioni “normali” (fig. 4.28 e tab. 4.7)223. Questo fenomeno riguarda sia le brocchette che l’olletta biansata a decorazione geometrica, che riportano inoltre le medesime sintassi decorative dei prototipi oppure delle semplici bande. La tipologia delle due pissidi, invece, non trova una precisa corrispondenza, per il corpo globulare e la presenza delle due ansette impostate sulla spalla. Nel caso dei boccaletti la forma è a volte realizzata con un impasto più depurato224. L’unica forma non attestata nel repertorio vascolare di questo nucleo di tombe è l’anforetta con due anse a nastro che dall’orlo raggiungono la spalla; in questo caso la sintassi decorativa è tradizionale. Nel catalogo le forme miniaturistiche sono collocate dopo tutte le altre forme, in fondo alla propria classe di appartenenza.
relazione alle disponibilità economiche del dedicante, soprattutto quando si confrontavano parallelamente exvoto che esorbitavano invece dalle dimensioni normali227. Normalmente, nella necropoli di Garaguso il vaso che viene miniaturizzato è una perfetta riproduzione in piccolo di una forma di uso comune dotata di caratteristica morfologiche e decorative che la rendevano identica ai manufatti delle altre sepolture. Probabilmente la forma che veniva miniaturizzata giocava un ruolo importante nella definizione identitaria del gruppo: nelle deposizioni in tomba sembra, infatti, di poter escludere che i vasi piccoli fossero stati realizzati per scarse disponibilità economiche, tanto più che negli stessi corredi che sono presenti anche vasi di dimensioni normali. I vasetti, piuttosto, dovevano essere impiegati in rituali nei quali non doveva essere importante la dimensione del manufatto, quanto la sua semplice presenza e il suo significato simbolico228. Per questa e altre considerazioni non si condivide l’opinione che i vasi miniaturistici fossero non-funzionali229. I vasi miniaturistici dovevano quindi da una parte caratterizzare il rituale funerario, dall’altra, essendo presenti solo in alcuni corredi, marcare in qualche modo l’alterità degli individui deposti. La tabella della distribuzione e delle associazioni mostra che i vasi miniaturistici ricorrono in poche tombe maschili e femminili, che sono quasi tutte quelle attribuite a subadulti, tranne la 1 e la 30, e in tombe attribuite a subadulti come la 6, la 25 e 41; permane incertezza per la t. 34. I vasi miniaturistici non sono concentrati in un preciso periodo cronologico.
Il vaso miniaturistico assume significati diversi a seconda del contesto di riferimento, che sia domestico, sacrale o funerario225. Nel caso delle tombe le miniaturizzazioni sono state spesso considerati indicatrici della classe di età del defunto, subadulto/fanciullo, possibilmente combinando il dato con fattori come la dimensione della fossa, laddove disponibile, oppure altri elementi del corredo come statuette di terracotta226. Altrove la deposizione dei vasi miniaturistici è stata messa in Kilian 1970, 91 e 377, tav. 197, IV. Babbi et alii 2004, 354, fig. 2A 221 Cfr. sez. 4.2.1. 222 Kok 2009, t. 13II, 78 e fig. 5. 223 Si condivide la definizione di “normale” in Pilz 2011, 18: ‘The term “normal size” usually indicates whether an item’s dimensions are suitable for its functionality in everyday use’, consapevoli che: ‘[…] a definition of miniature objects based on their practical functionality is somewhat arbitrary ‘, per cui si veda Ibidem, 20; per una discussione sulle dimensioni cfr. anche Barfoed 2018, 112-115. 224 Un boccaletto d’impasto è attestato anche nella necropoli di Satriano, Holloway 1970, t. 1 di VI sec. a.C., 43-44, tav. 85. 225 Per le aree sacre o il contesto domestico Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 127; non tutti i contesti di rinvenimento possono essere comunque definiti cultuali, Horsnӕs 2001. 226 Per un esempio da Atene, Pilz 2011, 23. 219 220
4.3. Ceramica greca Per la ceramica greca, classe già provvista di inquadramento tipologico, sono stati utilizzati principalmente i repertori correnti nella letteratura archeologica: per la ceramica attica o coloniale si è fatto riferimento all’inquadramento Per la critica al modello “small pots, poor people”, Ekroth 2003 e Schattner, Zuchtriegel 2013. 228 Schattner, Zuchtriegel 2013, 261. 229 Come ripete spesso, invece, Gimatzidis 2011. 227
78
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.28. Forme miniaturistiche.
79
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.29. Ceramica greca. Lekanis, coppe, coppette e kylikes.
proposto per i materiali dell’Agorà di Atene230 e per quella attica a figure nere il Beazley Archive e i volumi del CVA (fig. 4.29-34, graf. 4.5 e tab. 4.8).
1. Ampia coppa biansata con vasca poco profonda e orlo a tesa lievemente inclinato verso l’interno, senza alloggiamento per il coperchio; le anse orizzontali, non a nastro, sono arricchite lateralmente da due apici/alette e risultano appena sopraelevate; piede troncoconico con base di appoggio risparmiata. Vernice nera all’esterno, con fascia risparmiata nella zona delle anse, e all’interno, con filetto rosso sovraddipinto.
Lekanides e altre forme aperte La lekanis, una coppa bassa su piede, è presente in due diverse tombe con due soli esemplari che differiscono lievemente nelle dimensioni (fig. 4.29 e tab. 4.8)231. La forma è simile all’esemplare da Monte Sannace232.
La forma sembra una variante coloniale dei prototipi greci, per la combinazione di caratteri differenti, come la vasca schiacciata e le anse ad anello delle kylikes; è verosimilmente databile tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. La lekanis, normalmente non dotata di un coperchio, era probabilmente deputata alla presentazione e al consumo del cibo.
Caggia, Melissano 1997, 102. Sulle lekanides in generale: Sparkes-Talcott 1970, 164-165; Lynch 2011, 141-142 e 148-149. 232 Ciancio et alii 1989, 123, tav. 219, 5; per il prototipo greco cfr. Sparkes, Talcott 1970, 164-165, tav. 40. 230 231
80
Cultura materiale nella necropoli
Graf. 4.5. Forme della ceramica greca. Tab. 4.8. Distribuzione delle forme della ceramica greca Lekanides e altre forme aperte Tomba
NI/NC
Forma
26
121924/547
Lekanis
35
131995/904
Lekanis
29
706
Piatto a labbro interrotto
41
1063
Ciotola su piede
NC
Tipo
1 (2)
35, 36
1
6 (2)
123, 124
1
7 (3)
178
1
“
178
1.3
“
179
1.4
10 (3)
230
1
“
231, 232
1.1
11
264
1
12 (2)
303
1.1
“
304
14
872
1.2
40 (4)
1033
1
“
1034, 1035
1.1
“
1036
2
41
1064
1.1
Tomba
NC
Forma
2
61
Band cup
26
550
Band cup
17
382
Coppe
Coppette monoansate a bande Tomba
“
Cassel Cup Kylikes C
Tomba
NC
Tipo
26
551
1
31
766
2
33
831
1 Lip-kotylai
Tomba
NI/NC
Tipo
7
190
miniaturistico
2
13
331
1.1
345
1
18
428
1
17
381
2
31
767
1
19 (2)
462, 463
1
40
1037
1
25 (5)
509, 510, 511, 512,
1
“
513
1.1
Tomba
NC
Cup skyphoi
26 (2)
548, 549
1
31
768
28 (2)
645, 646
1.1
31
769
29
707
1
34
873
31 (3)
763
1
“
764, 765
2
Tomba
NC
32
794
1.1
10
233
33
830
1.1
12
305
34 (3)
870, 871
1
28
647
Ionische Becherschale
81
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Tab. 4.8 continuato
“
523
5.1
“
524, 525, 526, 527
5.2
Tipo
26 (9)
552
1
Coppe di tipo ionico B2 Tomba
NC
1 (4)
37, 38
5
“
553, 554, 555, 556, 557 3
“
39, 40
5.2
“
558
2
62
2
“
559
4
3 (5)
83, 84
1.3
“
560
5.2
3.1
“
85, 86
1.4
27 (3)
594
1
“
87
2
“
595
1.1.
6 (3)
125, 126
5
“
596
5.1
“
127
5.2
28 (13)
648
3
7 (9)
180
1
“
649
1.6
“
181
1.5
“
650, 651, 652, 653
3
“
182
3.1
“
654, 655, 656
3.1
“
183
3.1
“
657
3.5
“
184, 185, 186
5
“
658, 659, 660
5.2
“
187, 188
5.1
29
708
5
10 (15)
234
1
31 (7)
770, 771
3
“
235, 236, 237, 238, 239 3
“
772, 773
3.4
“
240
3.1
“
774, 775
5
“
241
3.3
“
776
5.1
“
242
3.5
32 (6)
795, 796
3.4
“
243, 244, 245
4
“
797, 798
5
“
246, 247
4.1
“
799
5.1
“
248
4.2
“
800
5.2
11
265
3
33 (11)
832
3
12 (3)
396
4
“
833, 834
3.1
307
5
“
835
3.2
308
5.2
“
836, 837
3.6
13 (5)
332
3
“
838, 839, 840, 841
4
333, 334, 335, 336
5.1
“
842
5.1
14 (4)
346
3.2
34 (5)
874, 875, 876
3
“
347, 348, 349
4
“
877, 878
3.4
15
354
5.1
35 (7)
906
1
17 (13)
383, 384, 385, 386, 387, 3 388, 389, 390
“
907, 908, 909
3
“
391, 392
3.1
“
910
4
“
393
4
“
911
4.4
“
394
5
“
912
5
“
395
5.1
36 (8)
954, 955, 956, 957, 958, 3 959, 960, 961
18 (5)
429, 430, 431, 432
3
37
985
3
“
433
5.1
38 (4)
1002
1.2
19 (3)
464
3
“
1003, 1004, 1005
3
“
465, 466
3.3
40 (2)
1038
3
25 (14)
514
1
“
1039
4
“
515
1.5
41
1056
5
“
516, 517, 518
3
N (7)
1087, 1088, 1089
3
“
519
3.3
“
1090
3.3
“
520
4
“
1091
4
“
521
4.3
“
1092, 1093
5
“
522
5
82
Cultura materiale nella necropoli La ciotola su piede NC 1063, t. 41, condivide con il piatto la decorazione a bande.
Tab. 4.8 continuato Coppette su piede Tomba
NC
Tipo
7
189
2
27
597
1
35
905
1. Vasca emisferica profonda con orlo ingrossato e rientrante a bordo arrotondato; piede svasato; decorato all’interno e all’esterno di bande dei vari toni del rosso e dell’arancio in pigmento e vernice.
1 Oinochoai
Tomba
NC
Tipo
7
191
2
10
249
1
“
250
2
11
266
2
17
396
3
27
598
3
28
661
2
31
777
4
32
801
Questa ciotola trova confronti generici con un individuo rinvenuto nel piano di calpestio della casa più antica di Serra di Vaglio235 e con un esemplare da una tomba di Fratte236, mentre il prototipo greco è ravvisabile nei stemmed dish, contenitori di piccolo formato forse deputati, nella tradizione conviviale greca, a contenere aceto, olio o spezie237. Coppette monoansate a bande Sulla difficoltà di classificazione di questi manufatti dalla morfologia molto semplice si è già discusso nell’ambito del loro rinvenimento nell’area sacra di Fontanelle e non si tornerà pertanto su questi aspetti238. La coppetta è caratterizzata da vasca emisferica più o meno profonda con orlo arrotondato a profilo continuo con il corpo, fondo piano e un’unica ansa orizzontale. All’esterno si trova una banda verniciata più o meno stretta, mentre l’interno è interamente verniciato (fig. 4.29 e tab. 4.8). A fronte di una morfologia semplice come la sintassi decorativa, il manufatto nel contesto di Garaguso presenta alcune varianti.
1.1 Olpai
Tomba
NC
Tipo
7
192
1.1
10
251
2
27
599
2
41
1066
1 Lekythoi
Tomba
NC
Tipo
26
561
1
“
562
2
31
778
Tipi: 1. Forma con vasca profonda che determina una fascia più o meno larga all’esterno, mentre l’interno è tutto verniciato. 1.1. Tondo interno risparmiato. 1.2. Interno verniciato a bande. 1.3. Integralmente verniciata all’esterno, risparmiati la parte inferiore e il tondo interno. 1.4. Integralmente verniciata. 2. Forma con vasca più bassa e banda esterna più stretta.
3 Kothones
Tomba
NC
Tipo
7
193
1
17
397
1
28
662
2
Nei corredi sono inoltre attestate, spesso in unico esemplare, alcune forme di difficile definizione: alcuni caratteri ibridi ne suggeriscono una produzione coloniale, come il piatto a labbro interrotto NC 706, t. 29.
Mentre nell’area sacra di Grotte delle Fontanelle è pressoché esclusivo il tipo 2, nei corredi predomina la coppetta con vasca più profonda e banda più larga. Le ragioni di questa selezione non sono ravvisabili e non si sa pertanto se sia una questione funzionale, cronologica o addirittura la scelta di specifiche produzioni per i differenti contesti239. Ad Atena Lucana le coppette sono comunque caratteristiche dei corredi databili tra fine VI/inizio V sec. a.C.240.
1. Vasca emisferica schiacciata con orlo appena rientrante e labbro interrotto, basso piede cilindrico; decorato all’interno integralmente di rosso con bande concentriche. La forma è simile alla lekane a bande di Monte Papalucio di Oria ed è conosciuta in altri contesti coloniali e indigeni dell’Italia meridionale come Braida di Vaglio233 e Oppido Lucano234.
Greco 1991, 79, fig. 192. Con piede molto più slanciato, Donnarumma, Tomay in Greco, Pontrandolfo 1990, 207, fig. 338, n. 3. 237 Lynch 2011, 142-143. 238 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 86-89. Recentemente sulle small bowls/one handler nella chora di Metaponto Cavallo 2014, 236-242. 239 Per il confronto tra le singole forme delle singole classi nei due contesti si rimanda al cap. 7. 240 Tardugno 2014, 248. 235 236
233 Per Monte Papalucio cfr. Mastronuzzi 2013, 285, tav. 9; da Vaglio esemplare da tombe con piede diverso, Bottini, Setari 2003, t. 106, 65, n. 294. 234 Lissi Caronna 1972, 527, n. 3, figg. 49-50, da t. 15, datata tra la fine del VI e metà del V sec. a.C.
83
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. nudo e stante, rivolto a sinistra, che regge con la mano destra una lancia, mentre dal braccio scende una clamys. Lo stile è simile ad una band cup di provenienza ignota, conservata a München e datata al terzo quarto del VI sec. a.C., che riporta scene agonali,247; il fante trova confronti con una band cup con cavaliere tra spettatori conservata al Museo di Taranto, città in cui il tema doveva essere particolarmente apprezzato. La datazione di questa coppa oscilla tra il 550 e il 500 a.C.248. Del fregio con animali si dispone di confronti poco puntuali: una spalla di hydria proveniente dalla collezione Cahn di Basel, dove si vede un cinghiale incedente verso sinistra, che viene seguito dal leone249 e una piccola band cup a fondo bianco, dalla medesima collezione, con un cinghiale tra due leoni250.
Coppe I corredi restituiscono poche kylikes di produzione attica e skyphoi. Band cups Tra le coppe attiche si notano due Band cups, vasi potori diffusi in madrepatria e nei contesti anellenici dell’Italia meridionale. La coppa ha vasca emisferica a profilo continuo con un labbro lievemente estroflesso, esternamente concavo (figg. 4.29 e 4.31, tab 4.8). La vasca ampia e relativamente profonda si innesta sullo stelo alto del piede a tromba, mentre le anse sono a bastoncello orizzontali. La sintassi prevede una decorazione nella zona tra le anse, che in questi casi è sempre figurata, e al di sotto ancora una stretta fascia risparmiata, mentre l’interno, a parte il tondo del fondo, è interamente verniciato.
Cassel Cup La coppa di tipo Cassel è un unicum nel contesto di Garaguso (NC 382, t. 17). La coppa ha una vasca relativamente profonda, munita di due anse orizzontali, con un orlo appena estroflesso a labbro esternamente ingrossato e arrotondato; l’alto piede a tromba ha l’estremità appena rialzata (figg. 4.29 e 4.31, tab 4.8). La sintassi delle Cassel Cup è ornamentale di tipo vegetale e si ripete spesso su vasi diversi con varianti anche minime: generalmente sulla vasca si alternano quattro registri decorativi, costituiti, partendo dall’orlo, da una serie di linguette, un motivo a foglie d’edera stilizzate al di sopra e al di sotto di un ramo, un motivo con foglie lanceolate e infine raggi che si dipartono dallo stelo251. La vernice nera di buona qualità, nonché l’argilla, rimandano a fabbriche attiche. Le Cassel Cup, che cominciano a svilupparsi alla metà del VI sec. a.C., derivano morfologicamente dalle coppe di Siana252 e nella fase iniziale del loro sviluppo è frequente la presenza del colore rosso253. In Italia meridionale non è una forma particolarmente diffusa, ma si rinviene sovente tra i corredi delle tombe. In ambito nord-lucano sono noti i rinvenimenti da Braida di Vaglio254 e da Baragiano255; in area peuceta è nota una kylix dalla necropoli di Timmari256 molto simile all’esemplare di Garaguso, e una dall’acropoli di Monte Sannace257. È noto anche un individuo da una
La band cup NC 61 reca un fregio semplice di animali, con cigni e galline, che si ripete identico su entrambe le facce del vaso: i cigni con il collo a forma di S sono stanti con le ali aperte con segni incisi e linee sovraddipinte rosse e bianche che caratterizzano le singole penne; anche le galline caratterizzate dal petto rigonfio e dalla testa piccola sono stanti241. Grazie ai numerosi confronti si può attribuire la coppa al Pittore dei Gomiti in fuori242, datandola pertanto nella seconda metà del VI sec. a.C. Il vaso non è isolato, ma trova anzi un confronto stringente con analogo esemplare da Ruvo del Monte243. Interessanti confronti sono rappresentati anche da un esemplare conservato al Museo di Siracusa, datato tra il 550 e il 500 a.C.244, e da una sorta di cup-skyphos, un band-skyphos conservato ad Atene, che differisce dall’esemplare di Garaguso per la direzione degli animali, con i cigni incedenti verso sinistra e le galline verso destra245. Il motivo compare anche su una coppa dei Piccoli Maestri dalla necropoli di Palinuro246. La coppa NC 550, dalla vasca lievemente più schiacciata, non ha trovato finora né un confronto, né un’attribuzione sicura, ma solo sommarie affinità stilistiche e iconografiche. Il vaso, conservatosi in frammenti, reca su una faccia un fregio di animali, con un cinghiale tra due leoni in posizione aggressiva con le fauci spalancate, affiancati da palmette che si dipartono dalle anse a bastoncello; le figure sono arricchite da tratti paonazzi e da incisioni. L’altra faccia è occupata da almeno due figure: una maschile a cavallo che incede verso destra, verso un personaggio maschile
CVA München 11, 40-41, tav. 32, 1-4, con bibliografia di riferimento. D’Amicis et alii 1997, 172-173, NO.13.18 (A) e 217, t. 39, n. 8, contesti di seconda metà VI sec. a.C. con rimandi a CVA Taranto (Museo nazionale, II), 4, tav. 5, n. 2 249 Attribuita alla cerchia del pittore di Lysippide e databile al 520 a.C., Strocka 1992, 86, n. 90. 250 Strocka 1992, 105-106, n. 110. 251 Sono note anche altre varianti, per le quali Brijder 1993, 140-141. 252 Brijder 1993, 145. 253 CVA Gioia del Colle, 26 e Moore, Philippides 1986, 65, entrambi con bibliografia di riferimento. 254 Bottini, Setari 2003, t. 101 e 102, 16, fig. 6, n. 2 e 32, fig. 19, n. 62, rispettivamente da sepoltura monosoma in cassa lignea di individuo adulto maschile e di bambina di ca. 7 anni. 255 Russo, Di Giuseppe 2008, 73, fig. 78 e 515, n. 14, da t. 35 di Baragiano, sepoltura maschile riferibile ad un guerriero di altissimo rango, databile alla fine del VI sec. a.C.; la coppa si trovava, insieme ad un olletta kantharos subgeometrica di piccolo formato, all’interno di una delle due grandi olle acrome allineate sul margine settentrionale. 256 Da t. 55 di San Salvatore, cfr. Togninelli 2004, 95-96, n. 5, fig. 12 e 145, con corredo databile al 540-30 a.C. 257 CVA Gioia del Colle, 26, tav. 24, n. 2, datata al terzo quarto del VI sec. a.C., Ciancio et alii 1989, 119, tavv. 187,1 e 219, 3. 247 248
241 Il fregio zoomorfo, con animali generalmente in posizione stereotipata, possiede colori e dinamica che si adattano alla zona risparmiata della coppa, Siedentopf 1990. 242 O Pittore del Louvre E 705, per cui si veda Beazley 1956, 248-252; Beazley 1971, 69, 89, 112-113, 518; Carpenter 1989, 64-65. 243 Bottini 1981, t. 25, 259-261 e 285-288, n. 244, fig. 68, contesto databile nel terzo quarto del VI sec. a.C. 244 Beazley 1956, 250, n. 34. 245 CVA Atene (Museo Nazionale, 4), 22, tav. 11, 3-4; si confrontino, inoltre, la band-cup della collezione Louvre CA 3083, Beazley 1956, 251, n. 40 e CVA München 11, 20-21, tav. 11, 1-5 con bibliografia di riferimento. 246 Neutsch in Naumann, Neutsch 1960, 81-83, figg. 51-54.
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Cultura materiale nella necropoli tomba sconvolta di Taranto, in contrada Vaccarella258. Infine un frammento isolato proviene dal santuario del Timpone della Motta a Francavilla Marittima, insieme ad altri oggetti che recavano tracce di combustione259.
La forma, inizialmente attestata a Metaponto e Taranto, è presente a Policoro263 e diffusa in altri contesti anellenici dell’entroterra di Metaponto, come Pisticci264. La coppa qui a Garaguso ricorre pressoché esclusivamente in corredi con armi, tranne nel caso della t. 31, ma il campione ridotto non può ritenersi significativo, tanto più che l’esemplare miniaturistico, fortemente simbolico, accompagnava la defunta della ricchissima t. 7. L’usanza di deporre in tombe skyphoi a labbro miniaturizzati ha trovato confronti anche a Taranto265.
Kylikes di tipo C Le coppe nei corredi sono delle riproduzioni coloniali di una delle kylikes a vernice nera più diffusa nel mondo greco. La coppa si caratterizza per il labbro concavo, la vasca bassa e le anse sormontanti; il piede all’esterno è a spesso anello rigonfio, all’interno troncoconico (fig. 4.29 e tab. 4.8). I frammenti di kylikes di tipo C sono stati rinvenuti frequentemente nell’area sacra di Fontanelle, a cui si rimanda per l’introduzione alla forma, denotando un massiccio utilizzo del manufatto come ex-voto. Nelle tombe, invece, sono attestati solo tre esemplari, che pure divergono l’uno dall’altro e riflettono i livelli di evoluzione morfologica del vaso. Dalla vasca schiacciata e dal profilo rigido dell’orlo del tipo 1, databile alla fine del VI, si passa alla vasca più profonda e al labbro sempre più concavo dell’altra coppa, inquadrabile all’inizio del V sec. a.C.260. Anche ad Atena Lucana sono caratteristiche dei corredi databili tra fine VI e Inizio V sec. a.C.261. La coppa ricorre in un corredo con armi e in uno con tessere fittili, pertanto non pare indicativa di genere.
Cup skyphoi Dei tre cup-skyphoi deposti nei corredi delle tombe due sono a figure nere e uno di questi è un documento che si ritiene centrale nella ricostruzione delle dinamiche di ricezione di vasellame figurato di produzione greca in ambito indigeno (figg. 4.30-31 e tab. 4.8). Tipi e distribuzione: 1. 122142/NC 768, t. 31: vasca emisferica, basso orlo estroflesso distinto tramite risega; basso piede troncoconico a profilo arrotondato. Integralmente verniciato di nero con chiazze brune266. 2. 122119/NC 769, t. 31: vasca profonda e orlo appena estroflesso a profilo continuo con la vasca, anse sormontanti; basso piede ad anello. La decorazione a figure nere arricchite di sovraddipinture bianche e paonazze occupava un’ampia fascia risparmiata all’esterno: su ogni lato è una rappresentazione inquadrata da palmette a vernice nera e riempita da tralci di vite. Su una faccia si trova un satiro barbuto assiso che pare ordinare qualcosa a un altro satiro barbuto che incede verso destra; nell’altro lato è raffigurato un satiro che con un lungo braccio desinente in una mano sproporzionata comunica con un personaggio, disteso forse su una kline, di cui non si distinguono gli attributi267. 3. 131967/NC 873, t. 34: vasca molto profonda con orlo concavo arrotondato appena estroflesso; anse sopraelevate; piede ad anello con modanatura. All’esterno la base della vasca è decorata da una serie di bande nere alternate a bande paonazze. La decorazione a figure nere è arricchita da incisioni e sovraddipinture paonazze, mentre il bianco è utilizzato per le parti del corpo femminili; in una larga fascia sotto l’orlo all’esterno, infatti, è la lotta tra Eracle e Nereo con conseguente fuga delle Nereidi con la testa retrospiciente268.
Tipi: 1. Labbro leggermente concavo, vasca bassa, ansa sopraelevata. Piede all’esterno a spesso anello rigonfio, all’interno troncoconico. 2. Labbro più concavo e vasca più profonda. Lip kotylai La coppa è caratterizzata da una vasca profonda, anse a bastoncello orizzontali e dal dettaglio dell’orlo distinto dalla parete, a volte con una risega, come nelle coppe di tipo ionico B2, da cui deriva anche la sintassi a bande di vernice; la forma è attestata dal 550 al 440 a.C.262. I corredi delle necropoli restituiscono quattro individui riconducibili a un solo tipo e un esemplare miniaturistico che è una sorta di ibrido tra coppe di tipo ionico e lipkotylai (fig. 4.30 e tab. 4.8). Tipi: 1. Coppa con vasca profonda, anse a bastoncello orizzontali e dal dettaglio dell’orlo distinto dalla parete con una risega profonda, come nelle coppe di tipo ionico B2, con cui condivide anche la sintassi della vasca, verniciata all’interno e a bande all’esterno; il piede è basso e troncoconico. 1.1. Con piede più stretto, quasi ad anello.
Bianco, Giardino 2012, 26, fig. 18. Tempesta in Bottini 1993, t. 11, 145-146. 265 Da t. 4 di via Peluso datata alla metà del VI sec. a.C., Lippolis in D’Amicis et alii 1997, 142-143, nn. 1.7-1.8. 266 Simile a Sparkes, Talcott 1970, nn. 573-575, databile tra VI e V sec. a.C. 267 Sparkes, Talcott 1970, n. 564, 109-110, fig. 6, ca. 520 a.C.; la forma è simile al tipo 1.2 della necropoli di Chiaromonte, normalmente documentato in contesti di prima metà V sec. a.C. 268 Vedi Trombetti in Osanna et alii 2009b, 459; recentemente Garaffa 2018. 263 264
Bartoccini 1936, 183-185, fig. 96. Stoop 1989, 52, fig. 3, 3. 260 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 97-98 con riferimenti bibliografici. 261 Tardugno 2014, 248. 262 Anche su lip-kotylai o skyphoi a labbro si è già scritto riferimento all’area sacra di Fontanelle, a cui si rimanda, Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 104-106. Recentemente Lanza Catti 2014, 177-179. 258 259
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.30. Ceramica greca. Lip-kotylai, Cup skyphoi e Ionische Becherschale, coppa su piede.
I primi due vasi sono inseriti all’interno di uno dei contesti più recenti, la tomba 31, datata anche grazie alla presenza dell’oinochoe con Dioniso e figura femminile, con iconografie dunque legate al mondo simposiaco (NC 777)269. Il cup-skyphos della t. 34 è invece isolato all’interno di un corredo che non restituisce un solo manufatto vascolare propriamente “enotrio”. Il vaso di produzione attica è stato realizzato dal CHC Group e
269
si data tra il 500 e il 490 a.C.270. Il tema delle fatiche di Eracle è uno dei temi preferiti della ceramografia, del resto la figura dell’eroe e semidio era cara e diffusa nel mondo composito dell’Italia meridionale, dove la rappresentazione della lotta di Nereo ed Eracle non era Sul CHC Group Beazley 1956, 617-624; Beazley 1971, 306-308; Carpenter 1989, 144. Per la presenza di prodotti del CHC Group in Italia meridionale, nel santuario dei Demetra a Policoro, nel deposito di Contrada Crucinia a Metaponto e nell’Athenaion di Francavilla, cfr. Pilo in Osanna et alii 2009b, 457, nn. 63, 149-151, 187. Per datazione e attribuzione Ahlberg-Cornell 1984, 70-73. 270
Cfr. sez. 8.2.21.
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Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.31. Ceramica greca.
né nuova né isolata271. Questa si riferisce ad un episodio della dodicesima fatica che prevedeva il ritrovamento del giardino delle Esperidi dai cui alberi pendevano pomi d’oro: il vecchio dio del mare avrebbe potuto indicare ad Eracle la strada, ma solo dopo esser stato sconfitto, evento che si verificò nonostante il dio si fosse prodotto
in tutte le sue metamorfosi272. La lotta tra Eracle e Nereo è anche il tema di un fregio fittile figurato, o forse una metopa, da San Mauro di Corigliano, su una collina ai margini della piana di Sibari, probabilmente appartenente ad un edificio sacro databile nella prima metà del VI sec. a.C.273. Ma la fortuna del tema è maggiormente evidente nel repertorio vascolare con esemplari che
271 Per esempio a Taranto è rappresentata su un’hydria del gruppo di Leagros dal santuario della sorgente di Saturo, Lippolis 2012, tav. XIVa, così come su una band cup rinvenuta all’esterno di una tomba in via S. Lucia, 201, n. 215. Sull’iconografia di Nereo anche Traficante 2006.
De Caro 2001, 60; Traficante 2006, 75. De Franciscis 1961; Genovese 1999, 44-45 con riferimento ad un altro fregio con analogo tema forse da Metaponto. 272 273
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 2, un contesto di V sec. a.C.282. Per l’area nord-lucana e campana forme simili, definite skyphoi tipo Panionion, provengono da Ruvo del Monte e Fratte283. Compare sporadicamente anche nel metapontino284 e nei corredi arcaici di Taranto285. Nella tomba N di Garaguso si trova un’imitazione locale della forma che testimonia ancora una volta la predilezione per l’imitazione dei vasi potori greci (NC 1085).
dall’Attica, e proprio dall’Acropoli di Atene ne proviene un individuo274, hanno raggiunto l’Italia meridionale. L’esemplare più noto è forse quello dell’Heraion di Capo Colonna di Crotone, che differisce per alcuni dettagli morfologici, con un profilo della vasca più ovoidale, e per quelli iconografico-compositivi, con uno schema della lotta lievemente diverso275. Simile nello schema, ma frammentario, è il cup skyphos dal santuario di Santa Venera di Poseidonia276. Infine, da Monte Papalucio di Oria provengono alcuni frammenti di un cup skyphos attribuiti al gruppo CHC, forse una danza di satiri e menadi277, molto simili alle Nereidi qui rappresentate. Dunque nel mondo greco ed in quello greco-coloniale un manufatto come quello in esame viene considerato adatto a contesti sacri, dove viene deposto; nel caso dell’Heraion di Capo Colonna è legato al mito di fondazione della città278. Nel mondo indigeno, invece, che segue logiche diverse, il cup skyphos è posto a corredo della tomba, confermando la tendenza riscontrata nelle altre necropoli (da cui comunque, giova ricordare, proviene la messe più importante di ceramica attica a figure nere) della predilezione delle fatiche di Eracle rispetto ad altri temi279.
Coppe di tipo ionico B2
La Becherschale non è una forma estremamente diffusa, ma è comunque conosciuta dalla metà del VI sec. a.C. sia nell’area del Vallo di Diano280 e di Palinuro281, sia in area enotria: da Alianello è noto un esemplare dalla t.
I corredi delle necropoli di Garaguso hanno restituito un campione notevole per quantità e stato di conservazione di coppe di tipo ionico B2, ovvero 171 individui (fig. 4.32-33 e tab. 4.8). Questi vasi sono presenti quasi in ogni corredo, ad eccezione delle tombe 8, 16, 44, “tombe sconvolte” e della tomba 30, forse anch’essa parzialmente sconvolta286. Ogni corredo possedeva da una fino a 15 coppe. Pur non essendo questa l’occasione per uno studio tipologico sulle coppe di tipo ionico di produzione greco-coloniale rinvenute in ambito indigeno, si è cercato di indagare sia dal punto di vista morfologico sia funzionale un campione così promettente287. Le coppe di tipo ionico sono considerate un indicatore privilegiato di scambi tra Greci e indigeni, scambi che non si sono limitati alla trasmissione di un oggetto, in questo caso un vaso potorio. Una tradizione di studi lunga e ripetuta sostiene che gli scambi abbiano coinvolto sia le ideologie che le pratiche comunitarie veicolate proprio grazie a determinati manufatti288. Per anni, inoltre, le coppe di tipo ionico sono state considerate un fossile guida nella datazione dei contesti coloniali e indigeni, mentre sarebbe necessario rivalutare e collegare i dati che permettono una riformulazione e un sostanziale ribassamento della cronologia complessiva delle coppe289; quando si dispone di dati stratigrafici da contesti insediativi, per esempio, come nel caso di Torre di Satriano, si osserva come in ambito domestico fossero stati conservati e utilizzati manufatti databili quasi un secolo prima della distruzione dell’edificio290. Questi fenomeni di tesaurizzazione sono diffusi e si legano ad altri temi, come quello del valore intrinseco degli oggetti spesso specificato dal suo utilizzo, dal suo “consumo” e soprattutto dai suoi movimenti.. Nei corredi di Garaguso le coppe sono associate a manufatti di produzione greca
274 Beazley 1956, 619.62; anche da Corinto, CVA Athens, National Museum 4, 56, fig.13.2, pl. (198) 50.1-3, h cm 16, Ø orlo cm 21,9, Ø piede 13,7. Per gli altri esemplari, Ahlberg-Cornell 1984, 73. Per le altre attestazioni in Etruria o in Grecia, Batino 2002, 302, nn. 621-626. 275 Spadea 1996, 74, Inv. 96025, cat. N.103. 276 Frammenti esposti al Museo Archeologico Nazionale di Paestum; forse riportati in Cipriani et alii 2003, 146 e 150, con i 10 vasi del gruppo CHC dai santuari extraurbani e con il riferimento a ‘femmes en train de danser’. 277 Semeraro 1990b, 254-255, n. 59 e Semeraro 1997, 182-183. 278 Giangiulio 1989, 71. 279 Per una presenza non causale di ceramiche figurate con le fatiche di Eracle e tesaurizzate nelle tombe, benché non sia sempre possibile spiegare i motivi di questa selezione, Osanna 2002, 77-79; Tomay 2003, 131, nota 12; Garaffa 2018. 280 Corredo della Tomba A10 attribuibile al periodo IIID di Sala Consilina, De la Geniére 1968, 294-295, tav. 18, fig. 3. 281 Neutsch in Naumann, Neutsch 1960, 109, tav. 2, n. 5.
Adamesteanu 1971a, 52, tav. XII. Bottini 1981, t. 8, 225-227, fig. 20, n. 62; Serritella et alii in Pontrandolfo 2009, 104. 284 Lanza Catti et alii 2011,154. 285 D’Amicis et alii 1997, 222-223, t. 41, n. 15 e 230-231, t. 42, n. 23, definita “coppa di tipo ionico B3”, contesti datati al 500 a.C. ca. 286 Cfr. sez. 8.2.20. 287 Non tutti i 171 esemplari sono stati disegnati, né tutti i disegni saranno presentati. 288 Cfr. sez. 5.5. 289 Morel 1974b; a Gravina le coppe di tipo ionico sono il vaso importato più comune, particolarmente frequenti alla fine del VI, ma in Puglia deposte fino alla metà del V sec. a.C., Small 2004, 268-269 e nota 5 e Palmentola 2006, 523. Sulla difficoltà di datare i diversi tipi di B2, che arrivano almeno sino all’inizio del V sec. a.C., anche Carter 1998, 172. 290 Scalici 2012, 123.
Ionische Becherschale. Coppa a bicchiere. Con questo nome è stata battezzata dalla missione tedesca di Palinuro un’insolita forma lì rinvenuta che presenta strette analogie con le coppe ioniche, con le quali condivide la sintassi decorativa e probabilmente la funzione di vaso potorio. Gli unici tre individui, rinvenuti in tre diverse sepolture, presentano la stessa tipologia (fig. 4.30 e tab. 4.8). 1. Vasca profonda a profilo continuo con l’orlo appena estroflesso a bordo arrotondato, anse a maniglia impostate a metà vasca e piede troncoconico; moduli diversi. Sul corpo, all’esterno, bande di vernice nera alternata a fasce risparmiate; l’interno è interamente verniciato.
282 283
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Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.32. Ceramica greca. Coppe di tipo ionico B2.
o indigena291 la cui datazione ci permette di offrire nuovi termini cronologici. Quanto alla produzione, sono state individuate fabbriche nelle colonie, nella chora metapontina e anche nei siti indigeni292.
La tipologia qui elaborata nasce da esigenze di ordine e di classificazione: i diversi tipi sono distinti sulla base della forma complessiva del vaso, con particolare attenzione alla conformazione della vasca, che spesso tuttavia dipende anche dall’inclinazione dell’orlo o del piede quasi sempre troncoconico293. Nessuna coppa è identica all’altra: in
Nella fattispecie i cantaroidi di Cancellara, per cui si veda la sez. 4.2.2. Lanza Catti et alii 2011, 152. Nella produzione metapontina sono stati distinti tre gruppi in base alla decorazione: quello con i filetti sovraddipinti all’interno sarebbe stato destinato al mercato indigeno, Lanza Catti 2014, 181. 291 292
Solo in una variante del tipo 4 il piede è cilindrico e modanato (NC 911, t. 35). 293
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.33. Ceramica greca. Coppe di tipo ionico B2.
ogni vaso c’è un dettaglio morfologico, particolarmente nella realizzazione dell’orlo o del piede, che lo distingue. Le coppe hanno generalmente una dimensione standard, con rapporto diametro/altezza di 2:1, nella fattispecie il diametro si aggira intorno ai cm 15 e l’altezza intorno ai cm 7. L’approssimazione nelle misure riflette l’asimmetria che caratterizza quasi ogni individuo. Sono poche le coppe di formato più grande (NC 182, t. 7 e NC 906, t. 35) e sono attestate anche coppe di formato più piccolo, con altezza inferiore ai cm 6, realizzate a volte con evidente squilibrio, per cui le vasche più piccole non hanno piedi e anse proporzionati, come NC 876 di t. 34, che
a piedi e anse canonici associa una vasca piccola. In un unico caso il vaso sembra proporzionato, ma la forma si avvicina più alle lip-kotylai e all’interno di queste, infatti, è provvisoriamente catalogata (NC 190, t. 7). La coppa di tipo ionico ha generalmente un orlo più o meno alto e più o meno spesso, estroflesso e a bordo arrotondato, distinto tramite una risega dalla vasca a pareti non troppo spesse, a volte decisamente sottili. Le anse orizzontali e leggermente rialzate, per lo più parzialmente verniciate, si impostano sulla parte alta della vasca che viene risparmiata; la partitura decorativa prevede, infatti, una stretta fascia verniciata lungo il profilo esterno dell’orlo, una banda 90
Cultura materiale nella necropoli sulla spalla e la verniciatura della parte inferiore della vasca. Nel NC 334, t. 13, è stato inoltre possibile osservare il metodo di applicazione delle anse: in corrispondenza dell’altezza stabilita, venivano effettuate sulla vasca delle incisioni a rete che avevano probabilmente lo scopo di far aderire al meglio le anse; nel caso dell’individuo in esame è mancata la fase di lisciatura che avrebbe dovuto seguire l’operazione (fig. 4.41). La decorazione dell’interno della vasca è variabile: normalmente è integralmente verniciata di nero ad eccezione di una stretta fascia riservata sul bordo, spesso ha un tondo risparmiato sul fondo con o senza cerchi concentrici, mentre talvolta la vasca è decorata da filetti sovraddipinti posti a varie altezze294. Il piede è troncoconico, più o meno alto, con pareti spesse a profilo più o meno convesso, con interno teso e obliquo o piano, non verniciato all’interno.
3.3. Stretta fascia risparmiata sulla parte inferiore esterna della vasca. 3.4. Interno interamente verniciato. 3.5. Piede modanato. 3.6. Orlo concavo all’esterno. 4. Orlo poco estroflesso su spalla poco arrotondata; vasca profonda con pareti troncoconiche; largo piede troncoconico con base di appoggio piana o non piana; spesse anse a maniglia appena sormontanti. Interno interamente verniciato, a parte il filetto sull’orlo e il tondo interno risparmiato. 4.1. Filetti all’interno della vasca. 4.2. Stretta fascia risparmiata sulla parte inferiore esterna della vasca. 4.3. Orlo e pareti più sottili, piede più stretto e più slanciato. 4.4. Piede ad anello a sezione quadrata e tondo interno risparmiato. 5. Alto orlo poco estroflesso, risega accentuata su spalla poco arrotondata che determina una vasca bassa e rigida; piede troncoconico relativamente alto; anse a maniglia appena rialzate. Interno interamente verniciato, a parte il filetto sull’orlo298. 5.1. Tondo interno risparmiato. 5.2. Filetti all’interno della vasca.
Tipi: 1. Orlo estroflesso distinto dalla vasca profonda e a pareti arrotondate da una risega; piede troncoconico su base di appoggio non piana; anse a maniglia appena rialzate. Interno interamente verniciato, a parte il filetto sull’orlo295. 1.1. Tondo interno risparmiato. 1.2. Orlo più breve e più estroflesso, piede con estremità rigonfia296. 1.3. Con piede più basso e più schiacciato. 1.4. Con piede più basso e alto orlo quasi verticale. 1.5. Con piede più basso e tondo interno risparmiato. 1.6. Con piede più basso e filetti all’interno della vasca. 2. Orlo molto estroflesso su spalla molto accentuata, separata tramite risega decisa; vasca profonda e larga dalle pareti arrotondate; piede troncoconico largo e basso; sottili anse a maniglia quasi orizzontali. Interno interamente verniciato297. 3. Alto orlo estroflesso, risega accentuata, spalla arrotondata su vasca profonda; piede troncoconico con base di appoggio piana o non piana. Interno interamente verniciato, a parte il filetto sull’orlo e il tondo interno risparmiato. 3.1. Filetti sovradipinti all’interno della vasca. 3.2. Orlo pressoché verticale.
La forma avrebbe uno sviluppo morfologico che partendo da esemplari con vasca molto arrotondata, da bassa a più profonda (tipi 1 e 2), databili genericamente alla seconda metà del VI sec. a.C., arriverebbe ad esemplari con vasca con pareti rigide e troncoconiche (tipi 3, 5 e 4) più o meno basse, presenti in contesti più recenti. Come anticipato in alcuni corredi convivono, comunque, tipi diversi, a riprova della sincronicità di utilizzo o comunque di deposizione delle forme. Del resto la convivenza delle varianti era stata già osservata e valorizzata nel caso della necropoli di Palinuro299. Le dimensioni delle coppe, invece, non sembrano allo stato attuale legate a particolari sepolture; in qualche caso quelle di formato più piccolo sono associate a corredi con vasi miniaturistici, ma sembrano più diffuse di questi ultimi300. Coppette su piede All’interno dei corredi sono documentati solo tre individui di coppette su piede a vernice nera, di due tipi diversi, entrambi databili tra la fine del VI e l’inizio del V sec. a.C. (fig. 4.30 e tab. 4.8).
Lo schema sarebbe tipicamente metapontino e le coppe così decorate sarebbero diffuse soprattutto nei centri indigeni a riprova della regolarità dei contatti, Van Compernolle 2000, 92. 295 Il tipo si confronta con le kylikes di tradizione ionica della necropoli di Chiaromonte di tipo 2.1, da contesto di seconda metà del VI sec. a.C., cfr. Russo Tagliente, Berlingò 1992, 252, fig. 9, n. 346 e 375. Simile anche alla coppa della t. 75 di Torre di Satriano, datata alla seconda metà del VI sec. a.C., cfr. Scalici 2012, 118, fig. 5 (coppa a destra). 296 Simili alle coppe della tomba 170 di Paladino Ovest, Amendolara, datate al secondo quarto del VI sec. a.C., cfr. De la Genière in De la Genière et alii 2012, 92-93, e alle coppe delle tt. 69 e 72 di Torre di Satriano, datate all’ultimo quarto del VI sec. a.C., cfr. Scalici 2012, 112113, figg. 2-3. 297 Simili, soprattutto per il dettaglio delle anse orizzontali, ad esemplari dalla t. 6 di Baragiano, località Le Destre, contesto di secondo-terzo quarto del VI sec. a.C., cfr. Capano 1988, 53 e 56, fig. 16. Analogie anche con gli esemplari della t. 29 di Ruvo del Monte, contesto databile alla prima metà del VI sec. a.C., cfr. Bottini 1981, 270-277, fig. 78, n. 345. Per la morfologia complessiva si confronti il tipo 3 della necropoli di Palinuro, vedi Neutsch in Naumann, Neutsch 1960, 108, tav. 2, n. 3. 294
Tipi: 1. Vasca emisferica su piede troncoconico a base di appoggio non piana; orlo lievemente estroflesso,
Il tipo si confronta con le kylikes di tradizione ionica della necropoli di Chiaromonte di tipo 2.2, da contesti di fine VI - primo quarto del V sec. a.C., cfr. Russo Tagliente, Berlingò 1992, 252, fig. 9, n. 496 e 389. 299 Neutsch in Naumann, Neutsch 1960, 107. 300 Le coppe più piccole nei corredi delle tt. 1, 6, 10, 11, 17, 25, 26, 27, 32, 34, 35 e 38. 298
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. dalle colonie non altera la sua funzione, denunciata dall’imboccatura considerata adatta alla mescita del vino. Nell’oinochoe a figure nere NC 777, il tema simposiaco del manufatto è ribadito nella rappresentazione dionisiaca, così come si verifica nella necropoli di Tortora San Brancato309. Nel vaso di Garaguso la figura maschile, probabilmente Dioniso, è maestosa e ieratica; né lui, né la donna in sua compagnia sono rappresentati nell’atto di bere, ma si trovano semplicemente distesi. L’identità della donna non è chiara, benché spesso, nonostante la mancanza di specifici attributi, si pensi ad Arianna310. In assenza di un preciso confronto morfologico tra individui simili per lo schema iconografico che si ripete spesso identico e che prevede la presenza di una donna appoggiata o distesa insieme al dio, si segnala l’oinochoe di Karlsruhe, dove le due figure e gli arredi sono rappresentati in maniera meno approssimativa311. Questi esemplari sono databili tra la fine del VI e il primo quarto del V sec. a.C., una cronologia confermata dalla forma del vaso e dal contesto di rinvenimento a Garaguso (t. 31). La presenza di tali manufatti è stata messa in relazione al desiderio delle élites indigene di ostentare il proprio rango, confermando la piena adesione ai costumi ellenici312. La diffusione dei motivi dionisiaci negli altri centri enotri è stata interpretata come la prova della crescente ellenizzazione vissuta dalle comunità a partire dall’inizio del V sec. a.C., quando i misteri dionisiaci saranno stati scelti per affrontare l’angoscia della morte e le iconografie vascolari per veicolare ideologie religiose313. Tuttavia, la presenza a Garaguso di un singolo vaso e l’assenza di altri elementi che confermino l’adesione a pratiche propriamente dionisiache non rendono sostenibile tale ipotesi314.
appena distinto, a bordo appiattito; ansa orizzontale impostata sull’orlo con bugnette301. 2. Bassa vasca emisferica priva di anse su alto piede conico, orlo ingrossato a bordo arrotondato con lieve risega302. Oinochoai a bocca trilobata Solo i corredi di otto tombe restituivano una oinochoe a bocca trilobata, in due casi di formato più piccolo e in un caso di produzione attica e a figure nere, a fronte delle centinaia di vasi potori di tradizione greca (fig. 4.34 e tab. 4.8). Smembrati, forse, i set da vino, rimangono comunque forme destinate al simposio303. Ad Atene la loro capacità corrisponde a quattro kotylai304. Tipi: 1. Vaso dal corpo ovoidale con largo collo, alla cui base sono piccoli tori lievemente rigonfi, largo orlo a tre lobi; ansa a nastro costolata che dall’orlo raggiunge la spalla; basso piede troncoconico. Interamente verniciato con filetti rossi sovraddipinti su collo, spalla, parte mediana ed inferiore del corpo e del piede. 1.1. Con collo più stretto, profilo complessivamente più slanciato305. 2. Corpo ovoidale schiacciato sulla spalla e collo distinto da risega; orlo più stretto con risega; vernice e filetti come tipo 1, ma risparmiata la parte inferiore del corpo e del piede306. 3. Corpo globulare a profilo continuo con il collo stretto; basso piede troncoconico, ansa a nastro costolata; sintassi come il tipo 2. 4. Stretto corpo ovoidale appena schiacciato sulla spalla a profilo continuo con il collo largo; stretta bocca con tre lobi ed ansa verticale da orlo a spalla; piede a disco. Il corpo ospita una rappresentazione a figura nere con tre personaggi in uno scenario caratterizzato da tralci di vite: un satiro barbuto e cinto d’edera offre ad un uomo e una donna cinti d’edera e distesi su cuscini riccamente ricamati una sorta di corno.
Olpai L’olpe è una piccola e poco capiente forma chiusa dalla morfologia semplice, generalmente con bocca circolare (fig. 4.34 e tab. 4.8). È stato suggerito che l’olpe, adoperata come approssimativa unità di misura ad Atene315, potesse venir utilizzata anche come vaso potorio316. I quattro individui della necropoli si distinguono l’uno dall’altro per dettagli.
L’oinochoe è un vaso di importazione che si trova spesso nei corredi indigeni, come a Palinuro307 o Guardia Perticara,308 per rimanere in ambito enotrio. La diversità tipologica o decorativa degli esemplari importati probabilmente
Tipi:
301 Cfr. la coppetta n. 161 dalla t. 103 di Braida di Vaglio, vedi Bottini, Setari 2003, 46, fig. 26, n. 161. 302 Simile ad alcuni esemplari dalla necropoli di Palinuro, dove sono definite “Neossos-Schälchen”, Naumann, Neutsch 1960, 112-144, tav. 35, n. 6, da t. XVII, e al tipo 3 delle necropoli di Lavello, Giorgi et alii 1988, 195-196, tav. 31. 303 Osservazioni sulle modalità di riempimento e di presa delle oinochoai in Clark 2009, 90-93. 304 Mango 2003, 76. 305 Il tipo si ispira a prototipi attici cfr. Sparkes, Talcott 1970, 58-59, nn. 90-96 e Palmentola 2006, 471, tav. 32,a, anche per le attestazioni in Peucezia tra seconda metà VI e seconda metà V sec. a.C.; per la variante cfr. anche l’individuo dalla t. 105 di Braida di Vaglio Bottini, Setari 2003, 60, fig. 35, n. 259. 306 Cfr. Palmentola 2006, 471, tav. 32,b. 307 Neumann, Neutsch 1960, 118-123. 308 Corredo di tomba di inizio V sec. a.C. esposto alla Mostra “Guardia Perticara. Archeologia di un centro enotrio”.
309
5.
Oinochoe con Dioniso tra menadi, Tomay 2003, tomba n. 25, 131, fig.
Scheffer 2009, 165. Vaso n. 303255, attribuito alla Keyside-class, n. 70 della collezione Vogell a Karlsruhe, Beazley 1956, 426, 11; la forma è simile, ma il piede ha un diametro maggiore. 312 Sempre in riferimento a San Brancato cfr. Tomay 2003,133 e La Torre 2003. 313 Bianco 2011, 28-29. Sulla rifunzionalizzazione nell’ideologia funeraria tra pratica del simposio ed esperienza iniziatica del dionisismo per superare la morte attraverso l’esperienza del vino cfr. Cerchiai 2011. 314 Tra coloro che dubitano che le iconografie vascolari attiche potessero essere comprese e accolte, Stissi 1999, 96-98. Per l’importanza della forma sull’iconografia veicolata anche Lissarrague 1987; per gli argomenti anche Garaffa 2018. 315 Il cui contenuto corrisponde a 0,27 l, cioè un kotyle, Mango 2003, 76. 316 Clark 2009, 90. 310 311
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Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.34. Ceramica greca. Oinochoai, olpai, lekyhtoi e pisside.
1. Corpo globulare a profilo continuo con orlo lievemente estroflesso a bordo con listello arrotondato; ansa a nastro sormontante; fondo piano; vernice nera su tutta la superficie con tracce di filetti rossi su orlo e corpo. 1.1. Parte superiore del corpo risparmiata, decorata con due sole strette bande nere317.
2. Corpo globulare schiacciato nella parte inferiore; piede a disco distinto e verniciato o risparmiato. Simile ad alcuni reperti della necropoli di Rutigliano318. A parte la t. 10, le altre sepolture in cui occorre la forma sono state attribuite a subadulti di genere femminile e contengono vasi miniaturistici.
317 Simile ad alcuni reperti di Sala Consilina, CVA Paris, Petit Palais, pl. 2, 9. 441.
De Juliis 2006, t. 35, datata al primo quarto del V sec. a.C., xxx, 107108, n. 6. 318
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. inquadrati da bande di vario spessore al di sopra e al di sotto e separati tra di loro da tre foglie a goccia di cui la centrale è più lunga. Il coperchio condivide la decorazione a bande e cerchi concentrici di vario spessore (figg. 4.31 e 4.34). Un individuo simile da un’altra tomba di Garaguso, probabilmente scavata da Di Cicco, è attualmente esposto al Museo archeologico provinciale di Potenza322.
Lekythoi Sono tre e di tre tipi di diversi gli esemplari di lekythoi attestati (fig. 4.34 e tab. 4.8). Il vaso si caratterizza per il collo stretto e l’imboccatura relativamente più ampia, una morfologia funzionale ad una lenta fuoriuscita di liquidi. Tipi: 1. Corpo ovoidale su basso piede troncoconico, collo distinto da un listello a profilo continuo con l’orlo a bordo appiattito; l’ansa si trova sulla spalla. Vernice nera degradata in bruno su orlo, collo, spalla e piede319. 2. Corpo stretto su piede troncoconico schiacciato, collo verticale e orlo estroflesso; l’ansa si trova sulla spalla. Vernice nera su tutta la superficie, risparmiata la parte inferiore del corpo. 3. Lekythos o anforetta; corpo globulare schiacciato con collo troncoconico e orlo verticale, concavo all’interno; piede a disco lievemente cavo; l’ansa congiunge orlo a spalla. Vernice nera con esito rossiccio su tutta la superficie. Una bugnetta speculare all’ansa sulla spalla e la forma ovale dell’orlo suggeriscono che il vaso fosse originariamente stato ideato come un’anforetta.
L’origine e la produzione di questi manufatti sono stati oggetto di discussione senza che tuttavia si pervenisse ad una precisa determinazione. Per qualche tempo, infatti, le pissidi decorate a cerchi concentrici sono state legate alla località di Garaguso e considerate un prodotto tipico dell’entroterra indigeno. Parlando del santuario di San Biagio alla Venella, infatti, Adamesteanu definiva inizialmente la pyxis “vaso arcaico di produzione indigena”323. Soltanto in seguito includeva il vaso nella notevole produzione vascolare e coroplastica del santuario stesso, datandolo in base ai contesti nella prima metà del VI sec. a.C., momento di grande fermento produttivo nel santuario metapontino324. Tra i votivi di San Biagio spiccherebbero proprio queste pissidi decorate da cerchi concentrici325, ritenute diffuse ai limiti di una zona cosiddetta Metaponto-Garaguso, cioè Sala Consilina e le necropoli di Taranto, e rinvenute principalmente in contesti sacri come il santuario di Apollo a Metaponto e il deposito sacro di Garaguso326. Quanto ai santuari urbani di Metaponto, i rinvenimenti riguardano contesti diversi: le aree dei templi A1 e A2327, B328 e C329, dove vengono considerati vasi tipicamente metapontini e di produzione locale, a dispetto di quanto affermato in precedenza. L’epicentro della produzione andava rintracciato nella chora o nella proschora di Metaponto piuttosto che a Taranto330. L’ultimo contesto sacro del metapontino in cui sono attestati tali manufatti è la stipe votiva di Crucinia dove vengono inserite tra la ceramica di produzione locale e definite “vasi metapontini di tipo cretese”; i manufatti, datati al secondo quarto del VI sec. a.C., sarebbero stati certamente prodotti a Metaponto e a Taranto e si sarebbero diffusi nell’ambiente enotrio ellenizzato331. Per
Le lekythoi dei corredi di Garaguso sono state rinvenute sempre in associazione a vasi a figure nere, con i quali forse costituivano dei set vascolari. La loro presenza è stata legata alla diffusione del costume ellenico di unzione dei cadaveri320, ma ancora una volta non c’è evidenza che nel contesto indigeno insieme al manufatto sia stata trasmessa anche la pratica. Nel mondo enotrio calabrese le lekythoi sono i manufatti più diffusi in assoluto sia nel contesto santuariale, come quello di Campora San Giovanni, sia in alcuni nuclei di necropoli321. Pisside globulare o sferoidale decorata a cerchi concentrici La necropoli ha restituito un unico individuo di questa forma (NC 41, t. 1). Il vaso ha il corpo globulare separato, grazie ad una leggera strozzatura, dal piede troncoconico con base di appoggio inclinata. L’orlo a tesa breve è interrotto da quattro fori appaiati, realizzati allo scopo di assicurare il vaso tramite cordicella o altro al coperchio anch’esso dotato di fori. Il coperchio ha calotta relativamente profonda con pomello articolato in due sezioni troncoconiche. La decorazione a bande di vernice bruna si sviluppa su tutto il corpo: il piede è decorato da una larga banda all’esterno, mentre il corpo è occupato da tre serie di tre cerchi concentrici con un punto all’interno, segno dell’utilizzo di un compasso all’origine,
Sestieri Bertarelli 1957, 23 e 67. Adamesteanu 1967, fig. 25. 324 Adamesteanu 1974, 60, anche a favore di una produzione in situ per la presenza della fornace sul lato settentrionale del santuario, Adamesteanu 1975a, 254. 325 I materiali sono solo parzialmente pubblicati, San Pietro 1991, 108; De Juliis 2001, 103-104. 326 Forse qui Adamesteanu confonde i contesti, poiché le pissidi globulari sono note soltanto dalle necropoli, Adamesteanu 1974, 60 e Idem 1975, 59, fig. 47a. 327 Insieme ad una grande quantità di frammenti ceramici, Adamesteanu 1975b, 100 e fig. 92f. 328 In un’argilla arancione di sicura provenienza locale, Adamesteanu 1975b, 130, fig. 133c. 329 Adamesteanu 1975b, 214, fig. 222d. È interessante scoprire, inoltre, che in questa pubblicazione questi ultimi vasi vengono confrontanti con le pissidi dalle necropoli di Garaguso, e non con le aree sacre, nonostante quanto scritto in precedenza. 330 Cfr. anche Adamesteanu 1975b, nota 163. Per l’ipotesi di produzione tarantina Mayer 1914, 233, tav. 42.7. 331 Lo Porto 1981, 301-302, figg. 12-13. L’aggettivo “cretese” rimanda, forse, ad alcune pissidi rinvenute a Brindisi e Taranto e pubblicate dallo stesso Lo Porto, Lo Porto 1959-1960, 34-36, figg. 23-24 e Lo Porto 1964, 119-126, tav. XXV. 322 323
319 Cfr. gli esemplari di Palinuro in Neumann, Neutsch 1960, 130-131; forse il tipo deriva dal prototipo greco delle lekythoi tipo Deianira “globular body”, databili all’inizio del V sec. a.C., cfr. Sparkes, Talcott 1970, 150-152, nn. 1100-1111, Attestata con orlo diverso a Monte Papalucio di Oria, cfr. Mastronuzzi 2013, 285, tav. 10. 320 Trombetti in Osanna et alii 2007, 155 con bibliografia di riferimento. 321 La Torre 2009. Forse per una maggiore disponibilità delle colonie con cui intrattenevano rapporti.
94
Cultura materiale nella necropoli associazione con i corredi funerari le pissidi vengono datate intorno al 550 a.C.332. Nel corso degli anni le attestazioni di questo vaso sono cresciute, includendo le aree necropolari. Nella necropoli di Pantanello, per esempio, il Ceramic Deposit CD 105 conteneva un nucleo di “Metapontinetype globular pyxides”. Al deposito, datato al 550 a.C., è stata attribuita una funzione votiva333. La tomba 91 in località Torre di Mare, datata alla prima metà del VI sec. a.C., ha restituito 19 pissidi su circa 59 oggetti di corredo334, così come un consistente numero di pissidi è stato segnalato in due tombe infantili a fossa terragna dell’area funeraria di località Pizzica, la cui frequentazione si colloca tra la prima metà del VI e gli inizi del IV sec. a.C.335. Un solo individuo è noto invece dalle tombe della necropoli nord-occidentale di Metaponto336. Anche per Lo Porto, inizialmente, le pissidi rinvenute come vaso di corredo in alcune tombe arcaiche delle necropoli tarantine sarebbero state un ‘prodotto importato da qualche centro non ancora individuato della Lucania’337. Tuttavia, in seguito all’osservazione di altre pissidi simili in contesti con ceramica di tipo corinzio imitata localmente, lo studioso virava verso una loro produzione tarentina ‘sotto l’influenza imperante delle industrie vascolari subgeometriche ed orientalizzanti’338. Da Taranto sono noti altri esemplari come quelli della tomba in via Messapia dell’8 luglio del 1994; tali manufatti, diffusi nella zona cosiddetta Metaponto-Garaguso e considerati di ispirazione cicladica, vennero attribuiti ad artigiani operanti sia nelle zone di Metaponto che di Taranto339. Ancora dall’”agro tarentino” è un esemplare della collezione Guarini, dove veniva definita “pyxis di tipo cretese a decorazione bicroma” per la decorazione di derivazione cipriota comune al tardo geometrico cretese; le coppie di fori passanti inquadrerebbero questo esemplare tra i contenitori connessi a pratiche rituali o culti funerari340. Il vaso è diffuso anche in area peuceta, come nella necropoli di Passo di Giacobbe (Ginosa) sita a strettissimo contatto con il territorio metapontino341; la tomba 182, datata alla seconda metà del VI sec. a.C. per l’associazione con una lekythos di tipo Deianira a bande, ne ha restituito un unico esemplare342. Altri contesti lungo la costa ionica, come Francavilla Marittima e Amendolara, hanno restituito dei manufatti simili il cui stato di conservazione rende difficile confrontarne la sintassi. A Francavilla sono forse di produzione corinzia le pissidi della tomba 5, molto più
schiacciate e panciute rispetto all’esemplare di Garaguso, mentre di probabile produzione locale è l’esemplare dalla t. 31, che presenta un profilo ancora diverso343; dalla necropoli di Paladino Ovest dell’Amendolara proviene un individuo da una sepoltura femminile datata alla prima metà del VI sec. a.C.344. Meritano inoltre di essere annoverati i rari esemplari da sepolture di Sala Consilina e Padula datati alla metà del VI sec. a.C., e, in virtù della loro supposta produzione metapontina, considerati un indice delle relazioni commerciali tra il Vallo di Diano e le città greche della costa ionica345. Da questo excursus che ha cercato di riunire le attestazioni note in Italia meridionale di questa particolarissima eppur diffusa forma vascolare, emerge una grande incertezza sulla produzione, incertezza che può forse essere risolta accettando l’idea di fabbriche differenti collocate in territorio tarantino o metapontino. La forma, di probabile ispirazione greco-continentale o insulare forse influenzata da prototipi tardo-geometrici e orientalizzanti346, si diffonde a partire dalla metà del VI sec. a.C. Uno degli aspetti più interessanti riguarda la sua funzione legata al dettaglio dei fori passanti tra orlo e coperchio. Nei prototipi attici i fori sono utilizzati per la sospensione del contenitore nel caso in cui questo abbia un fondo dipinto oppure acuto, che rende il vaso inadatto a stare in piedi347. Le pissidi diffuse in Italia meridionale, invece, hanno spesso un piede troncoconico risparmiato nella parte inferiore, che vanifica teoricamente l’utilità di un sistema di sospensione. È dunque ipotizzabili che i fori presenti nel coperchio fossero un tributo o un richiamo alla forma originale, oppure che servissero a chiudere ermeticamente il contenitore. Tale caratteristica è probabilmente essenziale quando si tratta di contenitori che racchiudono sostanze preziose o che possono venire contaminate dal contatto prolungato con altre sostanze o con l’aria348. Kothones Con kothon, o exaleiptron o plemochoe349, si intendono vasi con orlo inflesso e vasca più o meno profonda, su piede; la morfologia del vaso rivela la funzione di contenitore di liquidi così preziosi da non dover esser versati accidentalmente. Dalla necropoli sono noti solo tre esemplari (tab. 4.8).
Adamesteanu 1975b, 130, nota 291. Il deposito ceramico conteneva, infatti, forme estranee al repertorio vascolare dei corredi, come un amphoriskos e un frammento di skyphos di tipo corinzio, mentre più diffusi nelle tombe erano gli aryballoi importati, Carter 1998, 171 e Carter, Parmly Toxey 1998, 698-699. 334 Tomba a sarcofago di calcare con corredo femminile, unicum per la quantità degli oggetti, forse in connessione con altre sepolture di infanti relativi sempre alla defunta, Nava 2005, 327-329, tav. XIX, 2. 335 De Siena 2011, 650-652, figg. 27-28. 336 Bottini, Vullo 2019, 108, fig.75. 337 Lo Porto 1959-1960, 189. 338 Esemplare da una tomba di contrada Vaccarella, Lo Porto 1959-1960, 188, fig. 161a e citazione 190; cfr. anche Lo Porto 1964, 119-126. 339 Maruggi 1996, 251 e fig. a p. 257. 340 Fedele et alii 1984, 22-24, tav. XIV, n. 23. 341 Liuzzi 2007, 33. 342 Liuzzi 2007, 40, fig. 6, e nota 54. 332 333
Zancani Montuoro 1980-1982, 26-28, tav. X, per la tomba 5 e 94-95, tav. LV, per la 31. 344 De la Genière et alii 2012, tomba 136, 64-65. 345 Per la Tomba D.48 di Sala Consilina, De la Genière 1968, 332, tav. 46, n. 5 e per quella di Padula, 208. 346 Nella letteratura citata si possono trovare i riferimenti bibliografici. 347 Per esempio quelli da una tomba geometrica nei dintorni di Atene, Iliffe 1931, tav. VI; Kübler 1954, 218-220, tomba 13, tav. 110. 348 La civiltà contadina lucana ci fornisce un confronto impressionante per similitudine con i contenitori per il lievito madre; per questa suggestione ringrazio Mario Calia, che mi ha fornito anche la foto di uno di questi vasi. 349 Sulla terminologia cfr. Scheibler 1968. 343
95
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.35. Strumenti da filatura e tessitura e altri manufatti fittili non vascolari.
96
Cultura materiale nella necropoli Tipi: 1. Vasca emisferica a profilo continuo con l’orlo inflesso, ansa sopraelevata con due apici verticali ai lati; largo piede troncoconico. 2. Vasca molto più profonda, quasi troncoconica, ansa poco sopraelevata, senza apici.
Tab. 4.9. Strumenti da filatura e tessitura e altri manufatti fittili non vascolari Tomba
NC
Forma/Tipo
1
43, 44
1
7
194, 195
2
8
/
Peso
Nel mondo greche forme simili vengono spesso rappresentate in scene di toeletta o del mundus muliebris come contenitori di profumi e oli, sostanze utilizzate nel corso di cerimonie religiose350. Queste forme sono attestate anche a Guardia Perticara351, Chiaromonte352 e nella necropoli di Palinuro353
16
/
1.1 + 3.3
27
600
Fuseruola
28
663, 664
1.1
33
843, 844
1.2
36
962-963
3
37
986, 987
3.1
4.4. Strumenti da filatura e tessitura e altri manufatti fittili non vascolari
41
1067, 1068
3.2
3.1. Doppia coppia di fori. 3.2. Coppia di fori nel lato breve. 3.3. Senza fori.
La necropoli ha restituito un peso da telaio troncopiramidale con impresso un fiore di loto (?)354 e una fuseruola troncoconica, testimone della filatura, la fase preliminare della lavorazione dei tessuti355. A questa attività sono stati anche ricondotti, in via ipotetica, degli insoliti manufatti fittili di cui non è chiara la funzione. Benché a prima vista, infatti, venga spontanea l’interpretazione come pesi da telaio, Margarita Gleba dubita che questi possano avere avuto effettivamente una relazione con la tessitura a telaio a pesi, ma è più probabile che venissero utilizzati come tessere per la “tablet weaving”, la tessitura a tavoletta356. Nelle tombe di Garaguso le tessere sono deposte generalmente in coppia e pur avendo lo stesso peso, oscillante tra i 28 e i 30 gr, sono configurate diversamente. Alcune sono acrome, altre dipinte in bruno o rosso arancio e un solo individuo presenta segni angolari impressi (fig. 4.35 e tab. 4.9).
Simili manufatti non sono sconosciuti In Italia meridionale, ma di questi manca una raccolta sistematica. La Gleba ne raccoglie pochi esemplari: individui confrontabili con il tipo 3.2 provengono dal corredo di una tomba di Oliveto Citra357 e dall’insediamento di Cavallino358; altri contesti domestici come quello di Monte Sannace e quelli di Satriano hanno restituito individui confrontabili con il tipo 1.1359. Non mancano le testimonianze d’area enotria, in questo caso da un contesto funerario come la tomba 309 di Alianello, una deposizione femminile di VII sec. a.C. dotata di grande parures ornamentale, di tessere a 3 fori, di una fuseruola biconica, di tre pesi da telaio troncopiramidali con foro singolo e due parallelepipedi dotati di una coppia di fori passanti praticati in vicinanza dei lati minori, il tipo 3.2 di Garaguso360. Manufatti simili e pesi da telaio provengono dalla t. 154 di Chiaromonte-Sotto la Croce, attribuita ad un individuo femminile361.
Forme e tipi: • Peso da telaio, troncopiramidale. • Fuseruola, troncoconica. 1. Tessera a forma di π con coppia di fori passanti. 1.1. Tessera a forma di parallelepipedo con incavo su uno dei lati brevi e coppia di fori passanti. 1.2. Tessera a forma di trapezio con due appendici sul lato lungo, attraversate da fori passanti. 2. Tessera a forma di parallelepipedo con due incavi poco profondi a sezione angolare sui lati brevi e coppia di fori passanti. 3. Tessera a forma di parallelepipedo con coppia di fori passanti nel lato lungo.
I reperti raccolti a Monte Sannace in edifici in cui sono state rinvenute altre decine di pesi fittili dovevano probabilmente, almeno per contesto, essere legati alla tessitura; la stessa attività si suppone anche per questi manufatti, rinvenuti spesso in tombe femminili e in associazione con pesi da telaio, nonostante il mancato accordo sulla funzione specifica. In questo nucleo di tombe non ricorrono mai insieme armi, diventando così un eventuale indicatore di genere e status; solo nel caso della t. 7 nel corredo è associato il coltello che è probabilmente da considerarsi alla stregua di uno strumento domestico,
Richter, Milne 1935, 21-22, tav. 146. Tomba 259 datata alla metà del VI sec. a.C., Bianco 2012, 225-232, n. 40. 352 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 255-257, fig. 11. 353 Naumann, Neutsch 1960, 162-163. 354 Per i segni impressi sui pesi da telaio, che diventano oggetto personale che riflette identità familiari, Foxhall, Quercia 2012, 371-372. 355 Per le fasi di filatura e tessitura si confrontino Lanza 2009 e Lombardi 2011; per un’interpretazione “sociale” delle due diverse fasi in ambito indigeno cfr. Quercia 2018 per il caso di Torre di Satriano, 407-408. 356 Gleba 2008, 132, fig. 93, tipi I e J, dove si ipotizza che siano servite per intrecciare i fili e 140 per la tessitura a tavoletta. Si ringrazia Alessandro Quercia per le suggestioni. 350 351
D’Agostino 1964, 56, fig. 13: pesi d’impasto bruno giallino, di forma trapezoidale con sezione rettangolare, attraversati da due fori longitudinali presso le estremità. 358 Pancrazzi 1979, 191, fig. 74, nn. 2-3 e 9-12. 359 Scarfì 1962, 162, fig. 154, dagli ambienti I i b (casa dove si ipotizza vi fosse un telaio) e II i provengono pesi doppi con due fori di sospensione; per Satriano, cfr. Holloway 1970, 114, n. 316, ‘possibly using in carding wool’. 360 Bottini 2000, 275, fig. 2. 361 Bucciero, Pellegrino 2017, 154, n. 3. 357
97
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. oltre che cultuale362; nella t. 37, invece, oltre alle due tessere il corredo comprendeva un kalathos di imitazione greca363.
vennero cedute al Museo archeologico provinciale di Potenza371. La dichiarazione del sig. Biamino riveste particolare importanza in quanto testimonia la presenza di grotte come luogo di rinvenimento delle statuette; è però più che probabile che le grotte in questione, piuttosto che aver ospitato sepolture, una pratica ignota a Garaguso in ogni periodo archeologicamente conosciuto, siano servite come luogo di deposizione di votivi come ipotizzato per Grotte delle Fontanelle. Pochi dubbi sussistono, invece, per il nucleo che risulta provenire dal Giardino Moles, all’interno del quale sono statuette che trovano precisi confronti con individui dalle aree sacre di Grotte delle Fontanelle e Filera. A questo nucleo si aggiunge l’unica statuetta rinvenuta nella necropoli: una figura femminile seduta in trono conservatasi solo nella testa (NC 196, t. 7, fig. 8.21). Il frammento trova confronti stringenti con un esemplare disperso identico da Filera372 e con una statuetta frammentaria dal deposito Altieri di Grotta delle Fontanelle373; meno evidenti le analogie con una statuetta da San Biagio alla Venella374 e con frammenti di statuetta da Monte Papalucio di Oria375.
4.5. Coroplastica La deposizione di statuette di terracotta all’interno dei corredi delle sepolture è una pratica relativamente diffusa nel mondo antico364, mentre sono pochi i contesti noti in Magna Grecia. Per le colonie si segnalano le tombe 126 e 330 di Pantanello a Metaponto, nel cui corredo erano deposti busti femminili databili alla fine del V sec. a.C. 365. In area indigena i rinvenimenti sembrano circoscritti all’area messapica e a quella enotria: il corredo di una tomba verosimilmente elitaria rinvenuta a Vaste ha restituito una terracotta a forma di colomba, Tomba 569366, mentre ad Aliano in area enotria statuette fittili provengono da corredi di tombe di bambini367. Statuette raffiguranti figure umane, interpretate ora come l’immagine della divinità, ora come la rappresentazione degli offerenti, sono state rinvenute per lo più nelle aree sacre e rappresentano anzi un indicatore privilegiato per identificare un’area di culto368. Di Garaguso, infatti, sono noti gli esemplari di Grotte delle Fontanelle e di Filera369, ma una testimonianza di Valente consente di riconoscere altre zone di rinvenimento. Egli, infatti, sosteneva di aver trovato nei magazzini del Museo archeologico provinciale di Potenza, insieme al tempietto e alla statuetta marmorea, alcune statuette che riconduceva in parte all’area sacra di Filera e in parte a tombe nei pressi della stessa zona e cioè San Nicola, a tombe del Giardino Moles (nome con il quale era allora conosciuta la Villa Comunale) o di provenienza ignota370. Il capillare lavoro d’archivio condotto da Jean-Marc Moret ha consentito di contestualizzare e interpretare questi antichi ritrovamenti. Moret riporta, infatti, un articolo di Valente dove s’apprende che le statuette considerate di provenienza dalla collina di San Nicola sarebbero state ritrovate a casa del signor Biamino Giuseppe che afferma di averle scoperte all’interno di tombe accanto alcune grotte, sul margine della collina di San Nicola; da lui poi le statuette
4.6. Metalli I corredi restituiscono anche armi e utensili in ferro e bronzo e oggetti di ornamento (graf. 4.6, figg. 4.37-39 e tab. 4.10). 4.6.1. Armi in ferro e bronzo Questo gruppo di oggetti comprende esemplari di spade, cuspidi di arma da punta e quella che pare essere una macharia, tutti realizzati in ferro, e un piccolo disco e tre punte di freccia in bronzo. Spade Le spade, insieme alle armi da punta sono quei manufatti che dovevano connotare in morte il defunto quale guerriero. Sono almeno quattro i portatori di spada a Garaguso ed è attestato solo il tipo della spada in ferro “a crocera”, che si ancora a tipologie elaborate precedentemente per altri siti come Lavello/Forentum376. Il tipo è diffuso, in ambito indigeno, dagli inizi del VI agli inizi del IV sec. a.C.377 (fig. 4.36 e tab. 4.10). Nella spada della t. 26 si conserva ancora eccezionalmente la placca del fodero a profilo svasato in cui era inserita la
Gleba 2008, 158 e 175; cfr. sez. 4.6.2. Si confronti sez. 8.2.27. 364 La pratica è attestata anche tra i corredi fenici e ciprioti dell’età del Ferro, Aubet 2006. 365 M.L. Malone in Carter 1998, 771-772. 366 Semeraro 1990a, 90. 367 Bottini, Tagliente 1984, 115, fig. 6; Bianco et alii 1996, 162, n. 2.29, fig. a pagina 84. 368 De Cazanove 1997. 369 Per una rassegna dei rinvenimenti Bertesago, Garaffa 2015, particolarmente IV.9 e V.3. 370 Le schede di catalogo di questi manufatti sono state redatte dal prof. Silvio Ferri, Valente 1941. Di questo nucleo sono riportate alcune descrizioni: da una tomba sulla collinetta di San Nicola doveva provenire una statuetta di dea stante che al momento risulta dispersa, NI 3487; dalla stessa zona provenivano tre protomi arcaiche uguali tra di loro, NNII 50010-11 e -13, che rientrano nelle protomi di tipo VIII della tipologia elaborata da S. Bertesago in Bertesago, Garaffa 2015, 203, fig. 47. Da tombe del Giardino Moles, cioè dall’attuale Villa Comunale, provengono ancora due protomi riconducibili al tipo IV in Bertesago, Garaffa 2015, 166-1647: queste protomi sono attualmente esposte al Museo archeologico provinciale di Potenza, Valente 1941, 256 e 258, nn. 3468 e 3469, fig. 13, b, datati al VI sec. a.C. 362 363
Articolo del 10 febbraio del 1939, dal titolo Pellegrinaggi lucani. Garaguso, pubblicato ne “Il Popolo di Roma” (edizione lucana) e riportato in Moret 2014, 199-203. 372 Sestieri Bertarelli 1958, fig. 3. 373 Bertesago in Bertesago, Garaffa 2015, 158, n. 453, fig. 43, tipo V: ‘il volto è ovale, con fronte bassa, occhi a mandorla stretti, bocca larga; i capelli sono raccolti sopra la fronte in una massa caratterizzata da fossette incise a rendere forse i riccioli; sul capo indossa un basso polos circolare o un diadema’. 374 Attualmente esposta al Museo Archeologico Nazionale di Metaponto, NI 22916. 375 Melissano 1990, 241, nn. 3-4, datata all’inizio del V sec. a.C. 376 Sulla tipologia delle spade in ferro anche Inall 2009, 84-133: queste dovrebbero essere di tipo 3, 118-121. 377 Bottini, Vullo 2019, 141. 371
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Cultura materiale nella necropoli
Graf. 4.6. Metalli. Armi e utensili.
parte terminale e il puntale della spada378, mentre i NC 434 e 528 conservavano ancora i resti dell’elemento trasversale collocato sotto il guardamani.
ricorrente e importante nel rituale funerario (fig. 4.37 e tab. 4.10). L’elaborazione di una tipologia delle cuspidi è stata ostacolata dal pessimo stato di conservazione: spesso non è stato possibile attribuire i frammenti informi e zeppi di infiorescenze in ferro ad armi oppure ad utensili. Esiste inoltre una difficoltà intrinseca nel distinguere cuspidi di lancia e di giavellotto, genericamente definite hastae, o armi da lancio383, che non dipende dallo stato di conservazione, ma dall’interpretazione morfologica o funzionale dei manufatti per i quali è stata ipotizzata una produzione locale384. In questa sede ci si vuole legare alle tipologie regionali proposte negli studi precedenti di Forentum/Lavello385 e Chiaromonte, e distinguere lance, cioè armi impugnate, giavellotti, che sono armi scagliate386 e sauroteres, puntali conici innestati sull’estremità inferiore delle lance387.
Tipi: 1. Spada con lama retta a doppio taglio con costolatura centrale; lingua di presa a profilo leggermente arcuato; l’impugnatura è formata da un’elsa sagomata dove si riconoscono chiodini per il fissaggio del materiale di rivestimento, probabilmente ligneo; guardamani a crociera379. 1.1. Lama a losanga, più corta e più larga380. Nel mondo enotrio del VII e del VI sec. a.C. la spada ha un significato scoperto ed esplicito e la funzione di sottolineare il carattere guerriero del defunto, carattere a volte ribadito dall’associazione con lancia e coltello381, sempre presenti nelle quattro sepolture. Cuspidi di arma da punta
Tipi: 1. Lama stretta a profilo allungato, immanicatura a cannone388. 2. Lama larga a profilo ovoidale, immanicatura a cannone. 2.1. Variante di piccolo formato con lama molto larga costolata al centro389. 3. Breve lama foliata su lunga immanicatura a cannone390.
Le armi da punta sono un elemento ricorrente in circa metà dei corredi del nucleo in esame e caratterizzano i corredi con spada. I pochi rilievi disponibili delle tombe riportano la posizione dell’arma in alto a destra del corredo, all’altezza del capo, ma da questo distante e con la punta rivolta verso l’alto, tt. 6, 14 e 32382. La disposizione di questo elemento doveva dunque costituire un elemento
Berlingò 1992, 313; anche a Baragiano le cuspidi di lancia sono disposte lungo la spalla, Bruscella 2009, 25. 383 Sul tema diffusamente Inall 2009, 7-12, che preferisce evitare il termine giavellotto, a cui seguono le tipologie per comparti regionali. 384 Tesi che si basa principalmente sul fatto che non sono stati adottati modelli tipologici greci o fenicio-punici, Inall 2009, 434. 385 Per la tipologia di Forentum si fa riferimento a Bottini in Bottini, von Käenel 1991, 106-107. 386 Giavellotto come arma leggera da getto a lunga distanza, Russo 1988, nota a pagina 249. 387 Si ringrazia Angelo Bottini per le informazioni e le precisazioni. 388 Corrisponde al tipo 3 di Forentum di Bottini. 389 Corrisponde al tipo 8 di Forentum di Bottini, con la variante C. 390 Confrontabile con il tipo 1 di Forentum in Russo 1988, 248, tav. 40, n. 1.
378 Bottini, Setari 2003, 72, t. 107, fig. 42, elementi in osso, forse qui in legno. 379 Cfr. l’esemplare da una tomba di Ruvo del Monte databile alla prima metà del VI sec. a.C., Bottini 1981, t. 29, 270-277 e 285-288, n. 357, fig. 85; anche la tomba 608 della necropoli occidentale di Metaponto, Bottini, Vullo 2019, 141, fig. 41, tav. VII; simile, inoltre, al tipo 1.2 di Forentum, Russo 1988, 248, tav. 39, n. 2. 380 Cfr. la spada della necropoli occidentale di Metaponto, De Siena in Bottini 1993, 123 e Bottini, Vullo 2019, 141-142, fig. 41, tav. VII, e le spade di Braida di Vaglio, Bottini, Setari 2003, t. 101, 30, fig. 18. 381 Bottini, Tagliente 1984, 113-114. 382 A Chiaromonte, invece, le armi da getto sono collocate lungo il lato destro del corpo, con la punta rivolta verso il basso, Russo Tagliente,
99
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.36. Armi in ferro: spade.
100
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.37. Armi in ferro e bronzo.
101
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Tab. 4.10. Distribuzione armi e utensili
Phialai bronzee
Armi in ferro. Spade Tomba
NC
Forma/Tipo
6
128
1.1
18
434
1
25
528
1
26
565
1
NC
Forma/Tipo
3
88
1
6
129
1
13
337
2
“
338
Non id.
14
350
1
15
355
Non id.
17
398
4
18
437
3
“
438
Non id.
19
467
2
“
468
4
“
469
Non id.
25
529
Non id
26
566
3
“
567
4
32
802
Non id
40
1040
2.1
Tomba
NC
Oggetto
2
63
Rosetta, scudo?
32
803-805
Punte di freccia
Tomba
NC
Oggetto
18
436
Elemento di carro?
25
530
Spiedo?
26
573
Spiedo o chiodo?
“
572
Non id. Scalpello?
“
570
Ascia/Zappa?
“
571
Ascia
“
574
Kreagra?
“
569
130
7
197
18
435
19
470
25
531
26
568
27
601
45
1
14
351
2.2
25
532
1
26
575
2.1
Tomba
NC
26
567
Tomba
NC
7
198
Alla difficoltà terminologica e tipologica sopraesposta si aggiunge la difficoltà di interpretazione del dato: questi oggetti rappresentavano effettivamente lo status del defunto, dotato di arma di lancio e quindi atto al conflitto armato, o rappresentavano prestigio e potere391? Il valore simbolico delle armi nelle società antiche, come quella di Garaguso, sarebbe enfatizzato dalla loro miniaturizzazione e deposizione nel contesto sacrale come dono agli dei392. La presenza differenziata delle armi nei corredi, inoltre, può essere letta anche da un punto di vista verticale nel senso dell’articolazione sociale, con contrapposizione tra portatori di lancia e portatori di spada; una differenziazione di questo tipo potrebbe riflettere una distinzione in classi di età393. Le punte di lancia, infine, possono essere intese anche come strumenti per la caccia, attività tradizionalmente attribuita al genere maschile394. A Garaguso non si trovano mai in associazione con strumenti da tessitura. Un caso a parte, infine, è costituito da NC 88 di t. 3, in cui la fascetta alla base indica una funzione speciale, forse come insegna. Machaira(?) Nella t. 18 è stata rinvenuta una lama frammentaria a taglio semplice, verosimilmente arcuata (NC 435, fig. 8.48). Sono scarse le possibilità che si tratti effettivamente di una machaira, elemento di armamento con entrambi i profili ricurvi rarissimo in Basilicata395.
Spiedo? Lame o coltelli
NC
1
4. Sauroter, corto puntale a sezione quadrangolare con immanicatura a cannone.
Utensili e altri oggetti
6
Tipo
Grattugia bronzea
Armi in bronzo
Tomba
NC
Bacile bronzeo
Cuspidi di arma da punta Tomba
Tomba
Scarano Lissani 1996; per Inall sono evidenti i segni di usura sulle lance, che pertanto dovevano essere state utilizzate in vita dal defunto, Inall 2009, 437. 392 Bertesago in Bertesago, Garaffa 2015, 204, n. 614. 393 Per le armi da spartizione di bottini cfr. Tagliamonte 1994, 51. 394 Herring et alii 2000, 251, nonostante proprio da Gravina provenga l’olla con scena rituale di caccia che ha per protagonista una donna, cfr. sez. 5.3. 395 È noto un esemplare da Chiaromonte, Russo Tagliente, Berlingò 1992, 315 e fig. 49. 391
102
Cultura materiale nella necropoli Armi in bronzo
Metaponto a Francavilla Marittima, da Cirò Marina406 a Caulonia407, solo per citarne alcuni. Meno frequenti nei contesti necropolari, trovano comunque un confronto a Palinuro, con attestazioni anche dall’insediamento408, a riprova del loro reale utilizzo nell’esistenza quotidiana della comunità409. Gli esemplari di Garaguso provengono tutti dalla t. 32, un contesto che si distingue per il repertorio vascolare410; non si dispone di altri elementi validi per attribuire la tomba ad un individuo estraneo alla comunità.
Le poche armi in bronzo sono estremamente significative: una rosetta bronzea dalla t. 2 e tre punte di freccia dalla t. 32 (fig. 4.37 e tab. 4.10). La rosetta bronzea NC 63 è costituita da un piccolo disco bronzeo a bordo perlinato decorato con palmette e doveva decorare all’esterno la calotta lignea di uno scudo rotondo. Una descrizione accurata della morfologia di questo scudo deriva da un esemplare di Noicattaro396, ma individui simili provengono da importanti contesti della Magna Grecia come i santuari di Metaponto397 e Francavilla Marittima398; nel mondo indigeno sono noti gli esemplari dalla necropoli di Chiaromonte399 e da Braida di Vaglio, rinvenuto nella sepoltura di un individuo adulto400. Lo scudo sarebbe l’unico elemento d’armatura difensiva della necropoli di Garaguso, armatura generalmente realizzata in bronzo e per gli opliti corredata da elmo, corazza e schinieri401. La t. 2 di Garaguso, invece, probabilmente una delle più antiche, oltre alla suddetta rosetta bronzea ha restituito un gran numero di vaghi in ambra pertinenti a collane, nonché fibule bronzee tradizionalmente rinvenute in sepolture considerate femminili. Indipendentemente dalla loro origine, è probabile che i dischi a forma di rosetta circolassero e venissero deposti come elemento ornamentale. A favore di tale ipotesi gioca l’esistenza di elementi di diadema, cintura o altro ornamento personale, di identica morfologia, ma realizzati in oro o argento e rinvenuti generalmente in Italia meridionale402: sia a Roccanova, sia a Chiaromonte, sia a Garaguso questi dischi erano presenti in uno o due esemplari per tomba, a differenza di Braida dove sono cinque e accompagnavano altri elementi dello scudo403. Anche le punte di freccia svolgevano funzioni diverse: considerate in genere elementi dell’armamento oplitico, potevano venir utilizzate nell’attività venatoria così come le punte di lancia in ferro404. Gli esemplari di Garaguso sono tutti bilobati, ad immanicatura cava e con un unico uncino laterale405. Le punte di freccia bronzee sono uno dei manufatti che con maggiore frequenza vengono deposti nei santuari di tutto il mondo greco e magno-greco, da Poseidonia a Velia, da
4.6.2. Utensili A differenza dei corrispettivi manufatti in bronzo, gli utensili in ferro erano preposti a scopi differenti, dal contatto con il fuoco alle lavorazioni più disparate. Quasi tutti i reperti identificabili provengono dal contesto della t. 26 (fig. 4.38 e tab. 4.10)411. L’elemento più vistoso è la pesante scure in ferro NC 571 con immanicatura a cannone considerata arma di prestigio arcaizzante per la sua presenza nella Basilicata in contesti anche più antichi412; l’ascia è diffusa in altre zone del mondo indigeno, come nelle sepolture principesche di guerrieri piceni d’alto rango413 o in quelle di Avella414. Il legame tra sepolture maschili, armi e potere è solo uno degli aspetti del manufatto, di cui altrove vengono enfatizzati i rapporti con la sfera del sacrificio e del sacro. Il rinvenimento in sepolture femminili con servizio vascolare bronzeo e set di strumenti in ferro orienta verso legami con il banchetto domestico o sacrificale415 oppure con il sacrificio funebre416. Oggetto di armamento, simbolo di potere, elemento di rappresentanza o strumento del sacro, la scure non esaurisce qui la sua funzione: il contesto degli altri oggetti della t. 26, come la zappa in ferro417, rafforza l’ultimo e forse più importante significato cioè quello di strumento di lavoro. In questo senso la t. 26 trova significative analogie con altri contesti tombali
Riferimenti in Baitinger 2011, 17-18 per il mondo greco e per le città citate rispettivamente 99-100, 36-37, 71-72, 40-41, 17-18; per Metaponto anche Doepner 1998 e per la stipe vicino alle fortificazioni Favale, Adamesteanu 1975b, 264, fig. 279b. 407 Scarci 2014. 408 Neutsch in Naumann, Neutsch 1960, 180-181. 409 Sulle punte di freccia anche Inall 2009, 459-451. 410 Confronta sez. 8.2.22. 411 Cfr. sez. 8.2.16. 412 Come S. Maria d’Anglona; a Chiaramonte è datata al primo quarto del VI sec. a.C., Tagliente 1985, 168; attestata anche nel contesto misto di Atena Lucana, Tardugno 2009, 62. 413 Con cronologia dal secondo quarto del VII a tutto il VI sec. a.C., Silvestrini, Sabbatini 2008, 209-210, cat. 248. 414 Una delle quali databile all’Orientalizzante e priva di armi, Cinquantaquattro 2006-2007, 125 e nota 48. 415 T. 2465 di Pontecagnano, Cuozzo 2003, 110, 201 e 204, inserita all’interno di un sistema simbolico coerente che ha come punto di riferimento le sepolture femminili principesche del mondo etrusco e laziale; Inall 2009, 440-441. 416 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 313. 417 Si confrontino i contesti di un orizzonte cronologico più alto della necropoli di Paladino Ovest di Amendolara, De La Genière et alii 2012, t. 115, 55-56 e t. 194, 112-113; definita “ascia piatta a codolo” in Iaia 2006, 195, fig. 4, nn. 2-3, associata con strumenti per la lavorazione del legno si diffonde in tombe con strumenti di lavoro in Campania e in area enotria. 406
396 Gervasio 1921, 117-119, fig. 61 e 141-154, con la menzione di esemplari simili da Dodona, Olimpia, Eleutherae, Corinto, Sparta ed Egina. 397 Dalla stipe votiva all’angolo del sacello C, Adamesteanu 1975b, fig. 23, n. 12 e fig. 26. 398 Dove viene ricostruito come un elemento centrale di scudo, Papadopoulos 2003, 56-59 con altri confronti da Caulonia o da Gela. 399 Tagliente 1983, 24, pl. XVII, fig. 7, dove viene considerata una placchetta ornamentale in bronzo; qui anche citato l’esemplare di Roccanova, Tocco 1971, 62, NI 37028. 400 T. 101, Bottini, Setari 2003, 23-25, fig. 13 e tav. XXVI. 401 Così come la diffusione di elementi da simposio o da banchetto ha dato adito a diverse interpretazioni sulla diffusione delle pratiche, per cui cfr. sez. 5.5, così la presenza di elementi di armatura oplitica ha suggerito la diffusione della tecnica in Italia, tesi che viene comunque respinta in Herring et alii 2000, 252. 402 Guzzo 1993b, 290 per un diadema in lamina d’argento; Bianco 2020, fig. 4, per la collana in argento da Chiaromonte. 403 Bottini, Setari 2003, 25: le rosette erano fissate all’interno dello scudo per agganciare le cinghie che reggevano lo scudo sulla schiena. 404 Herring et alii 2000, 251. 405 Per l’origine, la diffusione e l’ampia cronologia della forma cfr. Scarci 2014, 84.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.38. Utensili e altri oggetti in ferro.
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Cultura materiale nella necropoli in Magna Grecia: Cocuzzolo Sorigliano418, Roggiano Gravina419, Noepoli420, Chiaromonte421. Recenti studi hanno mostrato come le tombe con strumenti di lavoro affondino le loro radici nell’età del Ferro, con la comparsa di corredi che restituiscono manufatti legati alla lavorazione del legno, piuttosto che a quella della terra o alla metallurgia422. Si tratta di sepolture di personalità di spicco della comunità che, pur impegnate nella guerra come indicano esplicitamente la spada e le punte di lancia, rimangono legate alla gestione economica della terra423; queste personalità diventano forse poi guida politica del gruppo sociale con un’esaltazione tutta locale della duritia del capo e delle attività primarie della comunità che gestisce424.
manufatti fittili forse da tessitura e con l’unica fuseruola del nucleo di tombe (fig. 4.39 e tab. 4.10)430. Il pessimo stato di conservazione ha impedito l’elaborazione di una tipologia: si riconoscono delle immanicature a lingua di presa con due o quattro fori per il fissaggio delle guance lignee negli esemplari con lama arcuata e dorso piano. Ma la definizione di questi dettagli è la meno certa. Le lame sono manufatti estremamente frequenti nelle tombe, come gli esemplari bronzei nei contesti etruschi di Tarquinia o Populonia interpretati come supporto nel cucito431, quelli ad Avella in Campania432 o quelli di MelfiPisciolo in area daunia, presenti in tutte le sepolture di VI sec. a.C. e associati al consumo di carni arrostite433. A Palinuro occorrono in sepolture femminili434, mentre a Chiaromonte sono rinvenute solo in sepolture maschili435. Se a Chiaromonte sono considerate parte integrante dell’armamento maschile436, uno dei contesti di utilizzo più importanti dei coltelli è quello del banchetto e del sacrificio, un ambito strettamente legato al potere politicosacrale e alla coesione e condivisione comunitaria437.
Al banchetto in genere, invece, vengono collegati gli altri reperti: la presunta kreagra ,rappresentata nel nostro caso da un frammento da cui si dipartono diversi elementi ad uncino, potrebbe essere parte di un forchettone in ferro utilizzato per le carni oppure costituire la parte terminale di un alare (NC 574425); le verghe a sezione quadrangolare potrebbero completare il quadro del banchetto essendo interpretabili come “teste a ricciolo” di spiedi426 (NC 573 e 569). Ancora più incerta l’interpretazione di NC 436, t. 18, costituito da due tratti di lamine di ferro collegati da due perni che conservano tracce di legno. Un manufatto simile da Braida, caratterizzato anch’esso dalla presenza del legno e da almeno un altro perno, è stato collegato all’elemento di un carro427, così come “fermagavelli” è stato interpretato il manufatto della tomba 610 del fondo Giacovelli di Metaponto428. Nonostante la sineddoche la mancanza di altri elementi rende poco probabile l’ipotesi che il defunto della t. 18 fosse stato deposto con un carro.
Oggetti funzionali e dalla forte valenza simbolica, dalla necropoli provengono anche quattro phialai e un bacile ad orlo perlinato bronzei, un numero ridotto rispetto agli altri centri enotri che hanno spesso restituito più articolati set vascolari da simposio o da banchetto. Il vasellame bronzeo legato a queste due pratiche si inserisce a pieno titolo nell’acquisizione di oggetti e di modelli dal mondo esterno alla comunità, divenendo importante indicatore di scambi ed eventualmente di ideologie438. Se l’oggetto è isolato la sua presenza è da considerarsi alla stregua del possesso di un importante oggetto esotico, espressione di rango; ma se compone un sistema significativo, un set appunto, può suggerire la recezione di nuovi modelli culturali, come la pratica del simposio, quella dei pasti comunitari o l’adozione della “panoplia” greca nell’armamento da parata per guerrieri di condizione elitaria439.
Lame o coltelli Vie di mezzo tra armi e utensili429, o semplicemente manufatti polifunzionali così come molti altri, le lame in ferro accompagnano alcuni dei corredi di Garaguso con una prevalenza dell’associazione con le armi, particolarmente spada e lancia; solo nelle tt. 7 e 27 sono associate con i
La provenienza dei manufatti e la localizzazione degli atelier è ancora molto incerta440, ma doveva variare nella diacronia: è possibile infatti che in una fase più antica l’acquisizione possa aver fatto riferimento ad un modello fondato su meccanismi non mercantili, ma legati alla pratica del dono e scambiati nel corso di cerimonie441, mentre in una fase successiva si sia determinato l’inserimento in un
418 T. 31 di Tursi-Valle Sorigliano, con scalpelli, scure e ascia in bronzo, Bianco 1993, 13. 419 Tombe dell’età del Ferro e particolarmente t. 5 con accetta, scalpello, coltello e rasoio di ferro, Carrara 1981, 458, fig. 14. 420 La t. 3, Mancusi 2002, 277. 421 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 324, n. 447, fig. 54; sulle asce anche Inall 2009, 287-288 e 446-449. 422 Iaia 2006, 190. 423 Iaia 2006, 197. 424 D’agostino 1987, 37. 425 Si cfr. l’esemplare da t. 205 di Chiaromonte esposto al Museo Archeologico della Basilicata “Dinu Adamesteanu” a Potenza. Su Chiaromonte anche Russo Tagliente, Berlingò 1992, 322-323 e fig. 53, n. 549. 426 Si cfr. l’individuo da Forentum, Russo 1988, 250, tav. 42, n. 5 e analogo esemplare dalla t. 25 (NC 530). 427 Bottini, Setari 2003, t. 105, 57-63, n. 283, tav. XXXVI. 428 “Elemento che tiene insieme le diverse parti del cerchione in legno di una ruota” in Bottini, Vullo 2019, 75 e 150-151, fig. 22, n. 13 429 Per Inall sono dei semplici utensili che non specificano il genere del defunto, ma la studiosa non ne ha mai valorizzato l’associazione con altre armi, come nei casi di molte necropoli dell’Italia meridionale, Inall 2009, 453.
Per l’associazione lama/tessitura cfr. sez. 4.4 e 5.3. Bartoloni 2003, 120. 432 In sepolture maschili e femminili, Cinquantaquattro 2006-2007, 125. 433 Kok 2009, 73. 434 Neutsch in Naumann, Neutsch 1960, 184, in generale, e 25, tav. 66 2b, per la t. 1 in particolare. 435 Di solito posti sul petto del defunto, presso la spada, in un unico caso un coltello impugnato dalla mano destra, Russo Tagliente, Berlingò 1992, 313 e 322. 436 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 322. 437 Detienne 1979. 438 Con un processo che si muove in due direzioni opposte, cioè sia pratiche e ideologie veicolate da oggetti che manufatti che trasmettono costumi, Bottini, Tagliente 1994, 491. 439 Tagliente 1993. 440 Per Rolley 2002 Laconia piuttosto che Magna Grecia. 441 Bottini 1999d, 235. 430 431
105
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.39. Utensili e altri oggetti in ferro e bronzo.
106
Cultura materiale nella necropoli sistema di scambi in cui trovavano diffusione i prodotti dei grandi centri di lavorazione del metallo, soprattutto etruschi442. Per alcune categorie di oggetti che non hanno trovato confronti, invece, si è ipotizzata una produzione locale, cioè la nascita e lo sviluppo di botteghe locali avviate da artigiani allogeni443. Come incerti sono i luoghi della produzione, lo sono altrettanto le funzioni dei manufatti, e quindi il significato che è stato loro attribuito non tanto nel contesto originario di provenienza, quanto in quello del consumo444. Esemplare il caso dell’oinochoe rodia della t. 170 di Chiaromonte, etimologicamente vaso per versare il vino, al cui interno sono state trovate tracce di ocra pura, cioè il pigmento utilizzato per tingere di rosso; l’analogia cromatica con il vino, per quanto scoperta, è solo un’ipotesi di lavoro445.
della t.1, che restituisce invece ambre, fibule in bronzo e soprattutto i manufatti fittili interpretabili come strumenti da tessitura453. Per quanto sia incerta la cronologia, a Garaguso ricorre in corredi databili tra fine VI e inizi V sec. a.C. Bacile ad orlo perlinato L’unico bacile, un recipiente di medie dimensioni con unica fila di bugne su labbro, proviene dalla t. 26 (NC 576, fig. 8.64); lo stato estremamene frammentario ha impedito una ricostruzione precisa di forma e dimensioni. Il bacile si inserisce nella serie di manufatti simili diffusi nell’Italia antica caratterizzati però da cronologie, produzioni e tipologie/funzionalità differenti454. Non si tratta di materiali di alta specializzazione artigianale, ma di forme di lunga durata che dovevano essere essenzialmente resistenti, come si conviene a materiali realizzati da calderai, la cui tecnica di lavorazione per martellatura a freddo e punzonatura, trasmessa per lungo tempo senza grandi innovazioni, deve aver determinato un certo conservatorismo morfologico che ha avuto come conseguenza la permanenza di determinate forme455. La produzione di questi manufatti è stata spesso ricondotta all’Etruria, ma un’attenta valutazione dei dati quantitativi ha mostrato che per tutta l’area meridionale si conoscono una quantità di bacili bronzei o superiore a quella dell’Etruria stessa. Tale dato ha suggerito la presenza di fabbriche anche in ambiente greco-coloniale; le officine che hanno prodotto questi beni diffusi in tutta la Basilicata antica sono state localizzate nell’area etrusco-tirrenica456 oppure considerati opera di artigiani itineranti. Indipendentemente dalla loro origine rimangono importanti indicatori delle relazioni prima diplomatiche e poi commerciali del mondo enotrio con il mondo etrusco457. Generalmente un bacino ad orlo perlinato caratterizza sepolture maschili emergenti, dove il defunto è connotato come guerriero e dove l’utilizzo di servizi da banchetto esprime la volontà di omologarsi a precise strategie di rappresentazione aristocratiche458. I dati paleobotanici, molto rari, documentano al loro interno la presenza di cibi solidi o liquidi, mentre l’associazione frequente con altri strumenti da banchetto permette di associare i bacili al consumo di carni arrostite e/o bollite459. I bacili dovevano dunque contenere porzioni di cibo, eventualmente offerte ai defunti come a Baragiano460.
Phialai Con phialai si intendono alcuni manufatti in lamina bronzea dalla vasca emisferica dotati di un omphalos, normalmente a calotta, che non sempre si è conservato. Il pessimo stato di conservazione dei reperti ha impedito un preciso riconoscimento tipologico nonché una buona documentazione grafica e fotografica (figg. 4.39 e 8.59, tab. 4.10)446. Sono noti principalmente due tipi, uno più semplice, definito in letteratura plain style e forse il lotus bowl in due varianti: 1. Plain style. 2. Lotus bowl. 2.1. Con baccellature. 2.2. Con baccellature e motivi fitomorfi. Si confrontino gli esemplari da Hipponion447. La presenza di phialai e bacili è stata ricollegata a relazioni con il mondo etrusco raggiunto attraverso intermediari del Vallo di Diano448. Da area enotria sono noti altri esemplari come quello di Guardia Perticara449 o di Chiaromonte450. La coppa bassa ed emisferica, “vaso cerimoniale per eccellenza connesso alla libagione”451, è legata nel mondo greco alla pratica libatoria ma non si esclude il suo utilizzo come vaso potorio nel corso di pasti rituali452. A Garaguso la phiale viene deposta in sepolture di individui generalmente dotati di armi, tranne nel caso Bottini 2002, 97. Per approfondire cfr. Tarditi 2007. Bottini, Tagliente 1994, 499. 444 Sul contesto del “consumo”, di fondamentale importanza nell’interpretazione di manufatti e significati, si confronti Dietler 2010 e sez. 5.2.2; recentemente Bellamy 2015 sulle funzioni, utilizzo teorico, e uso, utilizzo pratico, dei manufatti fittili greci nel contesto dell’Incoronata. 445 Bottini 1999d, 237; Bottini 2016. 446 I manufatti non sono restaurati. I diametri resi nelle foto sono del tutto ipotetici. 447 Meirano 2005, fig. 6. 448 Morel 1983a, 567 ss.; Bottini, Tagliente 1984, 114. 449 Bianco 2012, t. 583, 247-253, n. 14. 450 Bianco 1989-1990b, t. 154, 599. 451 Meirano 2005, 49. 452 Richter, Milne 1935, 29-30; cfr. la voce “Weihgeschenke” in ThesCRA I, 2.d., 305-306. Cfr. sez. 5.5 442
Cfr. sez. 8.2.1. Per la convivenza di tipi diversi, come i bacili con labbro semplice con quelli con il labbro perlato, Albanese Procelli 2006, 307. Sui bacili e per differenti proposte per la tipologia cfr. Meirano 2004, particolarmente nota 28. 455 Albanese Procelli 1985, 183. 456 Greco, G. 2010, 192-193. 457 Bottini, Tagliente 1994; anche a causa della scarsezza delle attestazioni di bucchero, Tagliente 1983, 21. 458 I medesimi servizi sono stati rinvenuti in sepolture femminili a riprova del loro ruolo fondamentale nelle strategie di alleanza, Albanese Procelli 2006, 314-315. 459 Albanese Procelli 2006, 316. 460 Bottini 1999d, 238; alcuni bacili contenevano i resti delle offerte per il defunto, come l’uva, come si desume dai carporesti di vinaccioli di vite selvatica rinvenuti, Russo 2008.
443
453 454
107
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. tipo ad arco composito o rivestito da un elemento centrale in ambra e due laterali in osso e staffa lunga (graf. 4.7, fig. 4.40 e tab. 4.11). Le fibule, come gli altri manufatti in ferro, recano segni di corrosione: ne consegue spesso l’impossibilità di una precisa identificazione. Pertanto i conteggi risultano approssimativi.
Grattugia Un unicum è anche la grattugia NC 198 che era deposta all’interno della ricchissima t. 7 attribuita ad una fanciulla, un contesto eccezionale dal punto di vista quantitativo e qualitativo (fig. 8.21 e tab. 4.10). Il manufatto è una lamina convessa rettangolare in bronzo con minuscoli fori disposti in maniera approssimativamente regolare; agli angoli sono ancora le tracce di chiodini in ferro che dovevano assicurarla ad un supporto. Una terracotta dalla Beozia ci mostra il suo utilizzo complementare alla scodella per grattugiare e raccogliere del formaggio461, con chiaro rimando all’attività della pastorizia che poteva essere praticata dalla comunità di Garaguso462. La presenza della grattugia richiama inoltre atmosfere epiche forse insolite in contesti indigeni463. Il fenomeno della deposizione di quest’oggetto funzionalmente così chiaro e tuttavia così evocativo non è un episodio isolato: diverse sepolture maschili d’alto rango in Campania, Latium Vetus, Etruria meridionale restituivano grattugie464, così come erano diffuse nel mondo indigeno dell’area tirrenica465 e della Basilicata, particolarmente nel mondo enotrio, con attestazioni dalla tomba di fanciulla di Braida di Vaglio466 alle tombe di Palinuro467, Guardia Perticara468 e Chiaromonte469, solo per citare alcuni contesti editi. Nel mondo indigeno, lontano forse dalle usanze eroiche delle sepolture regali maschili, le grattugie occorrono anche in sepolture femminili470.
Tipi: 1. Fibula ad arco semplice o ingrossato. 2. Fibula ad arco rivestito con ambra e osso. Tipi riferibili genericamente alla classe XXIV di Lo Schiavo471: fibule ad arco rivestito, ad arco composto e con nocciolo di bronzo, e con staffa da allungata a lunga. 3. Fibula con staffa lunga. 4. Fibula a doppio arco. Meglio noti gli esemplari in bronzo come quelli da Palinuro472 e da altre necropoli d’area enotria come Chiaromonte473, databili nella seconda metà del VI sec. a.C. 5. Fibula? Verga in metallo a sezione circolare, con presunto arco ritorto. 6. Fibula a doppio disco, sostenuta da una verga di ferro appiattita.
Questa categoria di oggetti comprende essenzialmente fibule in ferro e in bronzo, anelli e bracciali.
Le fibule vengono catalogate tra gli oggetti di ornamento, ma la loro caratteristica più evidente riguarda l’aspetto prettamente funzionale. Sono diffuse tra la fine del VII e l’inizio del VI sec. a.C. e a Garaguso sono presenti in tutte le fasi e in buona parte dei corredi, indipendentemente dal genere e dalla classe di età del defunto. Fibule in ferro sono state rinvenute in molte necropoli del mondo indigeno474, ma manca a tutt’oggi una trattazione sistematica degli esemplari d’area enotria.
Fibule in ferro
Fibule in bronzo
Le fibule sono presenti in quasi tutti i corredi di Garaguso con tipologie diverse a seconda del metallo in cui sono state realizzate e per questa ragione vengono presentate separatamente. Le fibule in ferro sono rappresentate principalmente dal tipo ad arco semplice o ingrossato e dal
Le fibule in bronzo sono ben rappresentate, sebbene spesso in cattivo stato di conservazione (graf. 4.7, fig. 4.40 e tab. 4.11); sono tipicamente attestate per un lungo periodo e sono presenti con forme antiche anche in contesti più recenti.
4.6.3. Oggetti di ornamento
Tipi: 1. Fibula ad arco semplice. 2. Fibula a navicella con staffa lunga. Cfr. gli esemplari di Sala Consilina delle fasi IIA e C in associazione con manufatti vascolari delle fasi C e D475; corrisponde all’ampia classe XXVI di Lo Schiavo476.
Jacobstahl 1932, allegato 1. 462 Significativa, a tal proposito, la statuetta di figura maschile che reca sulle spalle un vitello oppure un capretto, dai depositi votivi di Grotte delle Fontanelle, si cfr. sez. 5.2. 463 Ecamede prepara una bevanda ristorativa nella coppa di Nestore, Iliade XI, 624-641: ‘E allora preparò loro una mistura, la fanciulla, simile alle dee, di vino di Pramno, e vi versò formaggio di capra da una grattugia di rame e sparse bianco orzo e li esortò a bere, dopo che ebbe preparata la bevanda’. 464 Forse sepolture di uomini legati ad attività militari o mercantili che dimostravano la loro consapevolezza e comprensione del mondo esterno, Ridgway 2000, 789-791. 465 Dalla collina di Palecastro, cfr. Mollo 2008, 216-217. 466 T. 102, con numerosi oggetti di ornamento e strumentario da banchetto, cfr. Bottini, Setari 2003, 32 e 37, n. 98, tav. XXXVI, per gli altri esemplari 104. 467 Tombe VIII e XVIII, Neutsch in Naumann, Neutsch 1960, 178-179. 468 T. 259, Bianco 2012, 225-232. 469 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 325-326; ancora dalla t. 170, Bottini 1993, 71-78. 470 Cfr. sez. 5.3. Così ad Atena Lucana, Tardugno 2014, 249 461
Lo Schiavo 2010, 358-395, tavv. 183-211. Naumann, Neutsch 1960, 174-176 473 Russo, Tagliente, Berlingò 1992, 305, tipo 8, fig. 43, n. 559. 474 Per Chiaromonte Russo Tagliente, Berlingò 1992, 300-307, anche tombe esposte Museo Archeologico della Basilicata “Dinu Adamesteanu”, Potenza; per Atena Lucana, Tardugno 2009, 64; per Guardia Perticara, i cataloghi delle tombe in Bianco 2012. 475 De La Genière 1962, tav. III, fig. 10-A 97 e tav. V, fig. 11-D6 476 Lo Schiavo 2010, 410 ss, tavv. 230-281. 471 472
108
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.40. Oggetti di ornamento e ambra.
109
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Tab. 4.11. Distribuzione degli oggetti di ornamento Fibule in ferro
“
734
4.1
“
735
Non id
34
880
4.2
“
881
Non id.
35
914, 915
1?
36
966
2.1
“
967
Non id
Tomba
NC
Tipo
7
206
2
13
341
Tre di tipo 1
18
440
Due di tipo 1 e uno di tipo 2
35
916
2
41
1069
2
Tomba
NC
30
736
36
968
Tomba
NC
Tipo
1
46
1e2
3
89
1
“
90
3
6
131
1
“
132
3
“
133
1o3
7
199
1+4
“
200
1
“
201
2
10
252
1
12
309
1+2
“
310
1+2 (supporti fibule bronzee?)
13
339
1+2
“
340
1+2
17
399
1
18
439
1
26
563, 564
1?
Tomba
NC
Oggetto
27
602
2
7
207
Pendente
29
709, 710
1+ elementi di 2
“
711, 712
2
“
208
Bracciale o mestolo? Pendente a cestello
“
713
3
11
267
Applique
31
779
?+4
34
879
1
35
913
3+ elementi di 2
36
964967
1
37
988
1 + elementi di 2
38
1006
5
41
1069
1+2
44
Senza NI/1070
6
Anelli
Bracciali
Altri
Ambre
Fibule in bronzo Tomba
NC
Tipo
1
47
2.1
2
64, 65
4
7
202
1
“
203, 204
4.3
“
205
5
12
311
1
“
312
3.1
“
313
4
“
314
4.1
18
439
1o2
29
715
1
30
730
2.1
“
731
3
“
732, 733
3.1
Tomba
NC
Tipo
1
48
1
2
66
1+ 1.1+1.2+2+3
7
209
1.2
11
268
1.1
“
269
Intagliato?
12
315
1.2
“
316
1+3.1
18
439
2+3
27
603
3+1.1
“
604
3.1
29
714
3
“
716
-
30
737
1+1
34
882
1?
36
969
1.1+3
37
990
3
41
1069
3.1
Tomba
NC
7
210
29
717
44
Senza NI
Osso/avorio
110
Cultura materiale nella necropoli
Graf. 4.7. Oggetti di ornamento (Il grafico non riporta la quantità dei vaghi e dei pendenti d’ambra).
2.1. Con apofisi laterali. Corrisponde al tipo 6 di Chiaromonte477 3. Fibula a navicella con arco appiattito e una costolatura. 3.1. Con doppia costolatura. 4. Fibula a lamina bilobata o doppio disco appiattito: i dischi, lavorati a sbalzo, sono separati da due lobi sporgenti a profilo angolare, mentre al centro dei due dischi si distingue un cerchio, probabilmente per assicurare un sostegno a fascetta di bronzo o di ferro. 4.1. Con lobo a profilo circolare. 4.2. Senza lobi. 4.3. Supporto in bronzo. Cfr. il tipo 1 di Chiaromonte478 e i tipi 454 e 455 di Lo Schiavo databili in base alla cronologia di Chiaromonte al secondo e terzo quarto del VI sec. a.C. Il tipo deriva forse dai più antichi esemplari dell’età del Ferro, classe LVII479. 5. Fibula con rivestimento quadrangolare in osso.
più spessi (graf. 4.7, fig. 4.40 e tab. 4.11). Per quanto ridotto, il campione degli anelli riporta dati significativi dal punto di vista del genere del defunto: gli anelli più spessi ricorrono infatti in tombe considerate femminili, mentre quelli più sottili provengono da una sepoltura con armi, t. 13. La t. 18, che si distingue per il suo carattere ibrido, ha restituito sia anelli sottili che spessi. In merito alla loro funzione si dispone di pochi dati. Per la necropoli di Chiaromonte e per quella di san Brancato di Sant’Arcangelo si è ipotizzato, in base alla posizione ricorrente nei pressi del fianco destro in numerose sepolture femminili, che gli anelli bronzei venissero utilizzati come fermagli per una cintura che doveva essere realizzata in materiale deperibile482; quando sono stati rinvenuti sopra una delle spalle della defunta, invece, che l’anello fosse ‘funzionale ad un accessorio in tessuto avvolto intorno al capo’483. Alcuni anelli digitali in ferro da Chiaromonte, inoltre, presentavano impronte di stoffe ricamate decorate a svastica interpretabili come resti di lunghi guanti ricamati che completavano il costume femminile484. Quanto ai bracciali, i due individui da sepolture femminili verosimilmente sono simili nelle dimensioni e nella morfologia: lamine bronzee costituite da un unico tubolare senza giunture nel cerchio, ma con sutura longitudinale all’interno (fig. 4.40 e tab. 4.11).
Se parte della letteratura archeologica ha attribuito alle fibule un valore dirimente nell’attribuzione del sesso o della classe di età di un defunto, ricerche recenti hanno mostrato che queste più che al sesso biologico erano connesse al genere o allo status480. A Garaguso le fibule in bronzo sono esclusivo appannaggio di sepolture con strumenti per filatura o tessitura o sono associate con oggetti di ornamento in ambra, con la significativa eccezione della t. 18481.
Arricchiscono il panorama documentario alcuni reperti delle tombe 7 e 11 attribuibili a sepolture femminili, che hanno restituito tutta una serie di piccoli oggetti bronzei, spesso in pessimo stato di conservazione e non sempre identificabili nella loro funzione. Il pendente NC 207 (fig. 8.21) è simile ad alcuni esemplari da Francavilla485. L’oggetto meglio identificabile è l’applique NC 267 dalla t. 11 (figg. 4.40 e 8.26), che costituisce uno degli elementi più tradizionali del costume delle donne enotrie
Anelli e bracciali in bronzo e altri ornamenti Gli anelli sono dei manufatti bronzei semplici di forma circolare e di diverso spessore. La tipologia qui elaborata varia semplicemente in base allo spessore, per cui con il tipo 1 si indicano gli anelli sottili, con il tipo due quelli 477 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 304-305, fig. 43; Bottini 1993, 78, nn. 12-13, tomba 170 da Chiaromonte. Attestate anche ad Atena Lucana, Tardugno 2014, 242. 478 Russo Tagliente, Berlingò 1992, 301-303, fig. 43 479 Lo Schiavo 2010, 890-891, tav. 732. 480 Brøns 2012, 62-64. Cfr. anche sez. 5.3. 481 Per la t. 18 si cfr. 8.2.13.
Russo Tagliente, Berlingò 1992, 300 e 306, fig. 45. Come a San Brancato di Sant’Arcangelo, per esempio t. 444, Bianco 2014, 186, fig. 21, rep.1. 484 Nava 2000b, 17. 485 Papadopoulos 2003, 72, fig. 93; una versione in ambra di vago “troncoconico-convesso con elemento sommitale discoidale e foro centrale verticale” dalla t. 156 di Chiaromonte, Bottini 2007, 242, n. 269. 482 483
111
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. campani. È invece probabile che le ambre centro e norditaliche fossero proprio di produzione etrusca, visto che alcune figurazioni trovano confronti puntuali in sculture in legno o in bronzo provenienti da quell’area, mentre quelle dell’Italia meridionale presentano affinità stilistiche con materiali della Grecia propria499. In ogni caso la presenza di tali manufatti è indice della ricchezza delle comunità indigene, che dalla loro posizione e dal ruolo di intermediari di traffici tra Ionio e Tirreno traevano la propria prosperità500. Le relazioni che tali comunità instaurano con le colonie greche o con i centri etruscocampani hanno consentito, come si è visto, la trasmissione di oggetti come i vasi potori legati al simposio o vasellame bronzeo da banchetto. Queste inserzioni non hanno intaccato il costume tradizionale che prevedeva la deposizione di ricchi e complessi sistemi di ornamenti che rivestivano la defunta quasi integralmente: veli sostenuti da applique bronzee, lamine e diademi che ornavano la fronte, orecchini e collane a più fili che dovevano forse essere cucite insieme alla veste e sfarzose cinture o sopravvesti ornati da pendenti d’ambra501. Per questi è possibile pensare alla presenza di artigiani itineranti che in cambio della loro maestria ricevono le materie prime che sono parte fondamentale dell’economia di queste comunità502. Le donne delle elites indigene disponevano di vesti e ornamenti che accompagnavano la loro esistenza, venivano esibiti in occasioni pubbliche, ostentati nel giorno delle nozze e poi sepolti con loro. In età arcaica, in ogni caso, l’ambra non occorre soltanto nelle sepolture, ma anche nei santuari503.
sin dall’età del Ferro. Questi bottoncini dalla forma emisferica e cavi all’interno, ove si trovava un’asola, ricoprivano il capo delle donne reggendo probabilmente un velo. Sono diffusi in molti siti dell’età del Ferro come Francavilla486 e San Teodoro487, nelle necropoli di area enotria a partire da Guardia Perticara dove si trovano già in tombe dell’X sec. a.C.488, a San Brancato di Sant’Arcangelo da orizzonti del Primo Ferro489, ad Amendolara forse alla metà del VII sec. a.C.490 fino a Chiaromonte491. Gli altri oggetti di ornamento si caratterizzano per la loro particolare ambiguità come l’oggetto con incisioni all’estremità lanceolata simile sia ad un mestolo bronzeo come quello di Palinuro492, sia ad un bracciale aperto come quelli attestati presso l’altare B del santuario urbano di Metaponto (NC 208, fig. 8.21493). Insieme ad altri frammenti informi, appiattiti come lamine, tubolari come bracciali o circolari come monete si trovava un piccolo pendente a cestello494 di una forma confrontabile con elementi di fibula495, capocchie di spillo, estremità di bracciali e persino morsi equini496. 4.7. Organici: ambra e osso Come anticipato, alcuni oggetti di ornamento sono stati realizzati in ambra e osso. Il tema degli ornamenti si lega quasi naturalmente al tema delle donne indigene. I corredi delle tombe definite principesche erano caratterizzati da complesse parures ornamentali in un vasto ambito geografico che si estende dall’Etruria alle valli dell’Agri e del Sinni sin dall’età del Ferro497 e sono ancora attestate in età alto-arcaica per esempio a Braida di Vaglio e qui a Garaguso498. Il loro valore non dipende solo dalla preziosità dei materiali utilizzati, ma principalmente dalla loro provenienza che testimonia contatti e relazioni di cui si possono solo seguire le tracce, come è il caso dell’ambra, resina fossile estratta sulle rive del Mar Baltico e verosimilmente intagliata da artigiani etrusco-
Pendenti e vaghi d’ambra Gli elementi di collana o di altri ornamenti come orecchini bronzei rappresentano un patrimonio prezioso dei corredi della necropoli, purtroppo spesso in pessimo stato di conservazione (fig. 4.40 e tab. 4.11). Non sempre è possibile distinguere i vaghi di collana dagli elementi che abbellivano fibule o vesti. Tipi: 1. Elemento discoidale con foro passante centrale, ø 1 ca. 1.1. ø 2/3. 1.2. ø 4/5. 2. “A bulla” con elemento cilindrico orizzontale forato a ghianda o cuoriforme. 3. A goccia: solcatura trasversale sulla faccia piana ventrale, imitazione di Cypraea504. 3.1. A goccia stretta e allungata.
Papadopoulos 2003, 86-88, fig. 109. 487 Chiartano 1977, solo a titolo esemplificativo t. 109, 111, fig. 53, ma anche nelle tt. 98, 99, etc. 488 Per esempio dalla t. 69 di contrada S. Vito, considerato un copricapo composito di tipo “balcanico”, Bianco, Preite 2014, 417, fig. 20. 489 Bianco 2014, 186, fig. 21, t. 444, rep. 2. 490 Tomba 176 della necropoli di Paladino Ovest con rinterramento di oggetti più antichi pertinenti forse ad una sepoltura precedente, De La Genière et alii 2012, 98-99. 491 Bianco 1989-1990b, 599, da t. 109; Russo Tagliente, Berlingò 1992, 310, applique di tipo 5, fig. 46, n. 31. 492 Neutsch in Naumann, Neutsch 1960, 43, B3, Fig. 24.IX B3 e 177. 493 Doepner 1998, 352-353. 494 Morfologicamente simile ai pendagli della cultura di Golasecca per la quale si veda solo a titolo esemplificativo Ruta Serafini 2005, 448, tav. II, nn. 12-13. 495 Apofisi conica o biconica con peduncolo sferico o modanato di fibule in bronzo, come quelle di Monte Papalucio di Oria, Mastronuzzi 2013, 74-75, fig. 41, n. 46, 96, fig. 61, n. 145, 124, fig. 83, n. 275 e 181-182, fig. 127, nn. 545-546. 496 Solo per un confronto indicativo si vedano gli esemplari di Rossano di Vaglio in Nardelli 2011, fig. 1, a, d. 497 Negroni Catacchio 2007, 534, per le tombe enotrie 538. 498 Per la collana di Braida, Setari in Bottini, Setari 1995, 47 e fig. a pagina 57; Bottini 2007, 232. 486
Mastrocinque 1991, 70-88. Bottini 2007. 501 Nava 2000b, 15; per una ricostruzione delle vesti in lana, canapa o lino anche Negroni Catacchio 2007, 536-538. 502 Bottini 2007, 235; sulla controversa questione dell’origine degli artigiani e la localizzazione delle officine cfr. Montanaro 2015. 503 Sul tema anche Mastrocinque 1991; il fenomeno non si verifica nelle aree sacre di Garaguso. 504 Bottini 2007, 242, n. 269. 499 500
112
Cultura materiale nella necropoli Gli elementi di ornamento in ambra occorrono in sepolture con gli strumenti da filatura o tessitura oppure con le fibule in bronzo, diventando così indicatore del genere del defunto. L’unica eccezione è la t. 18 in cui il defunto era stato deposto con una collana in ambra e, insieme a vasellame bronzeo e fittile, armi e strumenti di lavoro505.
che restituiva un copricapo con conchiglie cipree, e dalla t. 110 di Chiaromonte510. 4.9. Segni cruciformi incisi e dipinti e altri segni Esulano dai sistemi decorativi dei manufatti fittili i segni cruciformi, rinvenuti su un campione ristretto di contenitori prodotti localmente o comunque relativi al mondo indigeno (fig. 4.41 e tab. 4.12). I segni cruciformi sono dei segni geometrici attualmente interpretati come “marchi” di produzione o committenza511. Nel mondo indigeno dell’Italia meridionale sono relativamente diffusi512, ma non ancora sistematicamente indagati. Si presentano più articolati i motivi del cantaroide NC 888, t. 35: in uno spazio riservato sul collo trovano posto una serie di linee spezzate aperte di dubbia interpretazione: un banale e asimmetrico riempitivo, necessario per l’horror vacui dopo aver constatato che la merlatura del collo si interrompeva prima dell’ansa, o con una lectio difficilior una firma, un segno dell’ignoto artista che ha decorato l’imponente cantaroide; analogamente, all’estremità inferiore dell’ansa, la treccia si interrompe e lascia posto ad un triangolo campito. Diverso è il caso del segno inciso sotto il piede della coppa di tipo ionico B2 (NC 906, t. 35) forse un lambda ionico preceduto da iota, che rappresenterebbe l’acronimo del commerciante513. Il tipo non è diffuso nel mondo mediterraneo, ma è noto in area adriatica: la sua presenza a Garaguso può forse giustificarsi con le relazioni intrattenute tra l’alto adriatico e l’area messapica da cui sarebbe giunto a Garaguso514; il lambda ionico è attestato anche in Campania, altra potenziale area di provenienza515.
Osso In osso o avorio sono realizzati dei manufatti rinvenuti in pessimo stato di conservazione costituiti da una fascetta circolare, come quelli rinvenute a Chiaromonte506. Nel caso della t. 7 il bracciale è chiuso o riparato con una borchietta di bronzo. Oltre ai bracciali, i corredi restituivano altri manufatti forse pertinenti a fibule: una sfera con foro passante attraversata da due piccole aste di bronzo (NC 718, t. 29 fig. 8.80), e una sfera schiacciata con foro passante attraversata da due piccole aste di ferro (NC 1069, t. 41, fig. 8.118). Tutti sono stati rinvenuti in corredi con strumenti da tessitura o con ornamenti in ambra. 4.8. Varia Tra i corredi si distinguono due elementi estremamente interessanti: una sfera di turchese (NC 67, t. 2, fig. 8.8) e una conchiglia in pessimo stato di conservazione da t. 18 (fig. 8.48), forse una Charonia lampas. Il riconoscimento del turchese è stato effettuato da un esperto gioielliere materano, Giorgio Simeone; l’identificazione, tuttavia, suscita alcune perplessità dal momento che la gemma non pare attestata nell’area e per il periodo storico in esame. Anche il riconoscimento della conchiglia non è certo. Se i fori che si notano sulla superficie di questo esemplare fossero intenzionali come sembra, potrebbero suggerire l’interpretazione del manufatto come oggetto di ornamento. La presenza delle conchiglie era diffusa nel mondo greco e particolarmente ad Atene, dove sono attestate in tombe infantili, e giocavano un ruolo rilevante per i due valori, cioè quello pratico, dall’utilizzo in medicina a scopi alimentari o come semplice contenitore o giocattolo, e quello simbolico come ornamenti o amuleti apotropaici507. Si suppone inoltre che le conchiglie fossero utilizzate come unità di conto nella fase dell’economia premonetale508. L’uso funerario di esemplari appartenenti alla specie Charonia, ma di dimensioni maggiori, è documentato in età arcaica a Siracusa e a Locri, caratterizzando le sepolture di individui defunti in età matura509. Nel mondo enotrio sono noti gli esemplari da una sepoltura di bambino rinvenuta a Latronico, dalla t. 315 di Alianello,
4.10. Un approccio funzionale: la capacità dei contenitori I vasi deposti a corredo delle tombe sono importanti indicatori dai quali si possono trarre le informazioni più svariate. La principale è probabilmente quella cronologica, sulla cui attendibilità è possibile discutere: alle coppe di tipo ionico B2, per esempio, che nel mondo magno-greco sono considerate un fossile guida, è stata attribuita una cronologia che deve essere calibrata sulla base di altri elementi quando presenti, come altre forme della ceramica greca, particolarmente i vasi a figure Non viene specificato comunque a che specie appartenga la conchiglia di Latronico, cfr. sez. 2.3.4; per Alianello cfr. Costanzo, Dubois 2014, 149-50, nota 26; per Chiaromonte cfr. Loprete 1996, 138, 2.9.48. 511 Nava et alii 2009, 267, 512 Si segnalano a titolo esemplificativo il segno a croce impresso con triplice solco dalla necropoli ad incinerazione di Timmari, cfr. Quagliati, Ridola 1906, n. 16, 78, fig. 86, e quello inciso sul fondo di una brocca biconica dalla necropoli di San Brancato di Sant’Arcangelo, Bianco 2014, 189-190, t. 457, rep. 1, fig. 27. 513 Tipo 3Diii, Johnston 1979, 116. 514 Per la consulenza epigrafica si ringrazia la dott.ssa Damiana Baldassarra. 515 Segno dipinto sotto il piede di un’anfora a figure nere rinvenuta a Nola e attribuita al Pittore del Louvre F6, databile nel terzo venticinquennio del VI sec. a.C., Greco, G. 2003, 159. Il monogramma comparirebbe su un vaso da Taranto e su tre da Vulci, ad evidenziare i rapporti tra l’area campana e quella etrusca, Ibidem, 160. 510
505 Analogamente alla t. 26 di Chiaromonte, Russo Tagliente, Berlingò 1992, 300-301 e 382-386, fig. 42. 506 Esposte al Museo Archeologico della Basilicata “Dinu Adamesteanu”, Potenza. 507 Stroszeck 2012, particolarmente 62, 66 e 70. 508 Guzzo 2000, 18. 509 Carè 2018, 152.
113
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.41. Segni cruciformi incisi e dipinti e altri segni.
nere o rosse, o i reperti metallici, come le fibule. Con i vasi figurati si introduce nella discussione il tema della ricezione e della comprensione delle immagini e dei miti elaborati nel mondo greco in ambito indigeno. Tutti questi temi riguardano, però, gli aspetti esteriori del vaso. Ma un vaso è un manufatto nato per uno scopo, un contenitore funzionale di liquidi, semiliquidi o secchi che ha tra le
Tab. 4.12. Segni cruciformi incisi e dipinti e altri segni
114
Tomba
NC
Forma vascolare e segno
1
32
Olla acroma, segno inciso
10
227
Boccaletto d’impasto, segno inciso
28
644
Boccaletto d’impasto, segno inciso
35
897
Pisside matt-painted, segno dipinto
“
906
Coppa di tipo ionico, segno inciso
37
984
Boccaletto d’impasto, segno inciso
40
1018
Brocca bradanica, segno dipinto
Cultura materiale nella necropoli altre caratteristiche quella di essere dotato di precise e specifiche dimensioni e pertanto capacità che informano sulla funzione per la quale è stato prodotto. Sono attestati casi in cui funzione primaria e uso non corrispondono in maniera ortodossa516 oppure la stessa forma, dotata delle medesime dimensioni, può cambiare destinazione d’uso in differenti contesti: è il caso delle olle acrome, grandi contenitori destinati a vino, acqua o granaglie517 o dei vasi cantaroidi, normalmente ritenuti vasi cerimonialrituali per il vino, ma che a Padula nel corso del V sec. a.C., vengono interpretati come contenitori per l’acqua per il rito di purificazione del defunto, in base alla presenza del cratere greco518. Le dimensioni di un vaso possono informare anche sui processi produttivi e sulle capacità tecnologiche di un artigiano nel caso in cui la fattura di un vaso sia particolarmente grossolana oppure raffinata; è il caso delle coppe di tipo ionico NC 62 t. 2 e 87, t. 3, il cui sottile spessore delle pareti e la brillantezza della vernice rimandano ad una fabbrica diversa da quella che deve aver realizzato le altre coppe. Dimensioni standard dei vasi rimanderebbero ad aspetti economici o sociali di un certo tipo di regolazione comunitaria o di un sistema di misurazione, un fenomeno riscontrato nei manufatti di produzione greca grazie anche alla testimonianza di fonti epigrafiche519, che però non trova riscontro nel mondo indigeno.
riempiendo generalmente fino all’orlo alcuni contenitori di dimensioni differenti con acqua o con sabbia523. I risultati sono riportati nella tab. 4.13 e nelle figg. 4.42-44. Uno dei dati più rilevanti nell’analisi della ceramica matt-painted è la differenza di dimensioni e quindi volume dei cantaroidi, che passano da forme di grandi contenitori capaci di contenere otto litri di liquidi a recipienti che sembrano deputati al consumo individuale, con capacità simile quindi alle scodelle, corrispondenti orientativamente anche al contenuto di una brocchetta. Forme di media e piccola capacità sono attestate anche in altre classi e ricalcano le stesse funzioni, in base al volume, dei contenitori di piccolo formato della ceramica matt-painted a decorazione geometrica. Il cantaroide, dunque, assommava numerose funzioni524, probabilmente per l’importanza che il manufatto rivestiva nella tradizione comunitaria che ai servizi di ceramica matt-painted assegnava un ruolo rilevante nella costituzione identitaria del gruppo, che veniva rivendicata nel corso di cerimonie collettive. Nella ceramica di tradizione greca, al contrario, a una maggiore varietà di forme, particolarmente quelle aperte tradizionalmente destinate al consumo del vino, corrisponde una ridotta varietà di capacità: la forma più capiente tra quelle analizzate è il cup-skyphos NC 873, t. 34, vaso che sembra piuttosto destinato ad un consumo collettivo o comunque ad uso cerimoniale; le coppe più grandi, come le Band cup525 o le Becherschalen, invece, che condividono una capacità minore, potrebbero adattarsi ad un consumo individuale delle bevande, così come le decine di coppe di tipo ionico B2, i cui individui più grandi arrivano a contenere circa la metà delle kylikes sopracitate. Le coppe di tipo ionico sono attestate in formati più piccoli con conseguente ridotta capacità. Il confronto tra le forme delle due diverse classi genera altre domande: cantaroidi matt-painted e vasi potori di tradizione greca erano forme destinate al vino o ad altra bevanda alcolica? E inoltre: veniva consumata la stessa bevanda, il vino, o i diversi contenitori servivano a contenere bevande diverse? Benché una risposta certa sia impossibile in assenza di ulteriori analisi, giova ricordare la quasi totale assenza di anfore vinarie greche per il periodo in esame526.
L’analisi sulla capacità realizzata sui vasi di Garaguso ha avuto da una parte lo scopo di raccogliere dati che potessero essere inseriti anche successivamente in un lavoro di analisi più ampio, dall’altra, seguendo le domande che hanno animato la ricerca, ha enfatizzato l’aspetto contrastivo delle domande e delle risposte ricavabili. Per questo all’interno di un medesimo contesto tombale sono state confrontate le capacità di forme vascolari di diversa produzione, indigena e greca, per le quali si suppone una funzione simile, come i vasi contenitori di liquidi e i vasi potori. Tale analisi consente di estendere la discussione alle pratiche comunitarie come quella del consumo del vino, pratica del mondo indigeno alternativa o corrispettiva a quella del simposio diffusa nel mondo greco520. L’operazione di rilevamento è stata realizzata solo su una scelta di classi e forme vascolari grazie all’eccezionale stato di conservazione dei vasi. L’incertezza sulle modalità di riempimento delle coppe di tradizione greca, particolarmente di quelle offset rim521, ha condotto alla ricerca di un metodo di analisi valido anche per i cantaroidi522. L’operazione è stata pertanto condotta
4.11. Aspetti cronologici Il metodo utilizzato per la determinazione della cronologia delle tombe si basa principalmente sulle datazioni di specifici manufatti di produzione greca,
516 Tali casi sono stati spesso individuati grazie a specifiche analisi realizzate allo scopo di indagare il contenuto di un manufatto, cfr. sez. 4.2.1 con l’esempio di Satriano. 517 Cfr. sez. 4.2.6. 518 La Torre 2003, 144-145. 519 Bentz 2002, 73. 520 Per cui si rimanda alla sez. 5.5. 521 Sulle prove di capacità di lip cup e band cup fino all’orlo e sotto la piega dell’orlo, per cui la coppa così riempita sarebbe stata più stabile, cfr. Clark 2009, 96-101. 522 Per le coppe greche si rimanda a Bentz 2002 e 2009 e Clark 2009, con bibliografia precedente. Per quanto mi sia noto, questi di Garaguso sono tra i primi tentativi nel mondo indigeno dell’Italia meridionale.
Sui metodi per misurare la capacità di un vaso si confronti Bentz 2002, 73-74. Solamente il cantaroide NC 538 di t. 26 è stato misurato sotto e a metà del collo. 524 Per l’importanza di Größenklassen accanto le Formklassen si cfr. anche Bentz 2009, 80, dall’analisi del quale non emerge, però, una chiara differenza per quanto riguarda le anfore a collo distinto, Ibidem, 86. 525 Da un’analisi realizzata su un gruppo di Kleinmeisterschalen risulta che le coppe con Ø 20,5 cm avrebbero dovuto contenere 15 o 30 kyathoi, Bentz 2002, 74; la coppa di Garaguso ne conteneva verosimilmente 20. 526 L’eccezione a Garaguso è costituita dall’anfora ionico-massaliota n. 633 dai depositi di Grotte delle Fontanelle, Bertesago in Bertesago, Garaffa 2015, 211, ma sono poche generalmente anche negli altri contesti enotri. 523
115
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Tab. 4.13. Tabella delle capacità NC
Forma
Capacità, l
Dimensioni
Matt-painted, acqua 18, t. 1
Cantaroide
1,5
ø orlo 9,5/11; ø fondo 7,3; h 15,8
102, t. 6
Cantaroide
0,350
ø orlo 5,6/8,2; ø fondo 4,4; h 9/10,7
94, t. 6
Scodella
0,450
ø orlo 13,5; ø fondo 8,6; h 5,4/6,6
112, t. 6
Imitazione coppa ionica
0,450
ø orlo 17,4; ø fondo 6,8; h 7,2
21, t. 1
Brocca
0,400
ø orlo 4,1; ø fondo 4,1; h 12,2
489, t. 25
Cantaroide
8,000
ø orlo 19,1; ø fondo 10,6; h 27,2/30,3
146, t. 7
Cantaroide
2,850
ø orlo 12,7/14,7; ø fondo 5,2; h 9,8/11
538, t. 26
Cantaroide
2,000 e 2,250
ø orlo 11,7/14,9; ø fondo 8,7; h 17,9/19,5
11, t. 1
Cantaroide
0,900
ø orlo 9/11; h 13,1
20, t. 1
Cantaroide
0,450
ø orlo 7/8; ø fondo 5,4; h 10,3
Matt-painted, sabbia
Greca, acqua 331, t. 13
Lip-kotyle
0,900
ø orlo 13,8; ø fondo 5,8; h 12,2
233, t. 10
Becherschale
0,650
ø orlo 14,1; ø fondo 5,5; h 9,5
795, t. 32
B2
0,210
ø orlo 12,6; ø fondo 4,6; h 6
1004, t. 38
B2
0,160
ø orlo 11,4; ø fondo 4,4; h 5,7
264, t. 11
Coppetta monoansata
0,100
ø orlo 9,4; ø fondo 3,7; h 3,6
Greca, sabbia 873, t. 34
Cup-Skyphos
2,500
ø orlo 22,2; ø fondo 13; h 16,2
61, t. 2
Band-cup
0,900
ø orlo 20; ø fondo 9,8; h 13
769, t. 31
Cup-skyphos
0,500
ø orlo 14,5; ø fondo 8,2; h 7,6
831, t. 33
Kylix C
0,500
ø orlo 17,5; ø fondo 7,7; h 7,7
248, t. 10
B2
0,420
ø orlo 15,1; ø fondo 5,7; h 7,9
62, t. 2
B2
0,400
ø orlo 14/14,5; ø fondo 5,7; h 7
874, t. 34
B2
0,130
ø orlo 9,5; ø fondo 4,2; h 5,8
540, t. 26
Brocca WMPP
1,200
ø orlo 8,4; ø fondo 6,3; h 14,2/15,2
632, t. 28
Brocca bradanica
0,500
ø orlo 9,6; ø fondo 5,8; h 9/12,3
637, t. 28
Attingitoio acromo
0,250
ø orlo 7,4; ø fondo 4; h 7,8/9
1026, t. 40
Brocchetta acroma
0,250
ø orlo 7; ø fondo 3,8; h 7,4/8,5
690, t. 29
Coppetta parzialmente verniciata 0,150
ø orlo 10; ø fondo 3,8; h 4,7
694, t. 29
Coppetta parzialmente verniciata 0,060
ø orlo 8,2; ø fondo 3,7; h 4
Altre classi, acqua
particolarmente quelli figurati. Per i corredi che non hanno restituito ceramica figurata, invece, ci si riferisce ad altre importazioni, a specifici manufatti matt-painted o WMPP e all’associazione con altri manufatti vascolari e non, ritenuti cronologicamente rilevanti. Dall’accostamento dei vari elementi datanti si ottengono dati non sempre coerenti e comunque orientativi. Il fenomeno non stupisce dal momento che la tomba è lo spazio per eccellenza della tradizione, dove i caratteri più antichi si mescolano a quelli più recenti. Questo tipo di approccio è comunque limitato dallo stato di conservazione dei corredi, non sempre pervenuti integri. La presenza/assenza di determinate classi vascolari, come la WMPP, potrebbe quindi non essere determinante. La tabella riassuntiva 4.16, pertanto, è da più intendersi come un tentativo e una proposta che come un’acquisizione.
Sulla base, quindi, di alcuni indicatori vascolari si ricavano i dati della tabella 4.14527. Uno dei manufatti di tradizione greca considerati più antichi è la pisside con cerchi concentrici NC 41 della t. 1. Questa restituisce anche una fibula a navicella e la Palinuro Krug NC 11 e viene pertanto attribuita alla seconda metà del VI. La t. 2, invece, con la band cup NC 61, il suo corredo essenziale e soprattutto le due coppe di tipo ionico di un tipo considerato anteriore agli altri, si colloca nell’ultimo quarto del VI. Anche la t. 26 restituisce una band cup (N 550) e una coppa di tipo ionico accostabile agli individui della t. 2, così come una Palinuro-Krug, ma non mancano elementi recenziori, come la kylix di tipo C (NC 551). Il contesto della t. 17, invece, con la Cassel cup NC 382, non offre altri agganci cronologici. Tra la fine del VI e gli inizi del V è databile 527
116
Nelle tabelle si sottintende sempre “sec. a.C.”.
Cultura materiale nella necropoli
Fig. 4.42. Capacità della ceramica matt-painted.
Fig. 4.43. Capacità della ceramica greca.
117
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 4.44. Capacità delle altre classi ceramiche. Tab. 4.14. Tabella cronologica Periodo
Tombe
Seconda metà VI
1
Ultimo quarto VI
Indicatori Pisside con cerchi concentrici
2
26
Band cup
17 1
2
3
Cassel Cup
7
26
N
Fine VI - inizi V
34 26
Palinuro-Krug Cup-skyphos CHC
35
Lekanis
10
Miche WMPP 26
33
Kylix C
31 Inizi V
25
Cup-skyphos vn
29
34
Cantaroidi Cancellara
31
Kylix C
31
Altro Cup-skyphos
31
Oinochoe a fn
Tab. 4.15. Tabella cronologica Periodo
Tombe
Seconda metà VI
[1]
[36] [12)
Ultimo quarto VI Fine VI-inizi V
(2)
3
(7)
[30) 17
N
10
26
33
35
Inizi V
25
il cup skyphos NC 873 della t. 34, mentre altri elementi del corredo non trovano confronti precisi o associazioni valide nelle altre tombe. Si osserva che le Palinuro-Krug non compaiono nei contesti più recenti, ma anche che c’è forse uno scarto tra il momento della produzione dei manufatti e quello della loro deposizione in tomba. In base ai cantaroidi di tipo Cancellara (NNCC 493, 685, 852?), all’oinochoe NC 777 e al cup skyphos a figure nere NC 769 sono attribuibili all’ultimo periodo, e cioè all’inizio del V, le t. 25, 29 e 31; quest’ultima restituisce anche un panorama di forme e decorazioni della ceramica matt-painted ormai privo dei suoi caratteri originari. Nella successiva tabella 4.15 vengono inserite tra parentesi quadre le tombe con le
fibule bronzee a navicella e tra parentesi tonde quelle con le fibule bronzee a disco; le tt. 12 e 30 restituiscono sia fibule bronzee a disco che a navicella. Risulta evidente che le fibule bronzee caratterizzino le sepolture più antiche, ma almeno quelle a disco si ritrovano ancora tra fine VI e inizi V sec. a.C., come nel caso delle t. 34. Nel periodo più recente, invece, queste fibule non vengono più deposte. Dalla verifica di ulteriori combinazioni, come i corredi che restituivano vasi matt-painted realizzati verosimilmente dalla stessa mano (insiemi delle tombe 1 e 10, 6 e 7, 12 e 19, 25, 26 e 28, e 29 e 37), vengono isolati nuclei abbastanza coerenti con le datazioni precedenti (in corsivo nella tab. 4.16), con l’eccezione del corredo della t. 10, che 118
29
(34)
31
Cultura materiale nella necropoli Tab. 4.16. Tabella cronologica Periodi
Tombe
Ultimo quarto VI
[1]
Fine VI
(2) 17
(7)
28
3
27
6
31
26
11
18
Fine VI –inizi V
(34)
25
35
10
19
Inizi V
25
29
31
14
restituiva anche la miche WMPP databile all’inizio del V sec. a.C. Questa apparente incongruenza non è tuttavia un fenomeno isolato. Infatti, dalla lettura dei dati desumibili dalla tipologia delle coppe di tipo ionico si ricava che in quasi tutti i corredi più tipi di coppe convivono all’interno dello stesso corredo, attestando una contemporaneità se non nella loro produzione o nel loro utilizzo, quantomeno nella loro deposizione. Emblematici i casi della t. 25, uno dei contesti considerati più recenti, che restituiva una coppa di tipo ionico di uno dei tipi considerati più antichi (NC 515) insieme al cantaroide tipo Cancellara, e della t. 35, dove convivono uno dei tipi di coppe più antich (NC 906) insieme ad uno dei più recenti (NC 911). La t. 31, invece, per la tipologia delle coppe di tipo ionico, ricadrebbe nel periodo di fine VI e inizi V sec. a.C. (in grassetto nella tab. 4.16). Infine, le tombe escluse dalle associazioni precedenti vengono attribuite ad un determinato periodo in base alla presenza manufatti con caratteristiche simili a quelli che compaiono in tombe datate: per esempio, la t. 18 viene assegnata al periodo della t. 25 sulla base delle analogie tra le spade. Risultano prive di elementi determinanti le tt. 8, 16 e 44, comunque sconvolte e lacunose.
(30] 32
[36] 33
37
13
40
38
N
15
(12] 41
18
non permette di precisare oltre questo piccolo nucleo di necropoli che sembra aver vissuto lungo l’arco di due o tre generazioni. 4.12. Summary. Material culture The more than 1000 finds found in the 34 burials are separated into categories by material: ceramics, metals, and organic material. The ceramics are subdivided between indigenous and Greek: 68 per cent are locally produced pottery, while 25 per cent are Greek ceramics. The locally produced pottery is grouped by their decorative systems that also correspond to different formal repertoires: mattpainted ceramics with geometric decoration, wheel-made painted pottery, dipped and unglazed pottery. Metal and clay finds respectively make up 5 per cent and 2 per cent of the total. The metal finds are organized by function: weapons, tools, and ornaments. Each material category is represented in almost all of the grave goods. Ample attention is paid to matt-painted pottery, not only because it constitutes the most abundant group of finds, but also due to its decoration, which includes certain traditional motifs of the region, making the artefacts both precious objects and strong identity symbols. The ceramic forms found in the necropolis of Garaguso are attributable to the final phase of Western Lucania and can be dated between the second half of the 6th and the beginning of the 5th century BCE. The vases were shaped by combining different techniques, including the use of a slow wheel. The main decorative technique was painted with geometric, anthropomorphic, and zoomorphic motifs. The bichrome decoration in shades of red and brown was obtained by adding colored pigments to a light engobe clay, the same that was used for the clay paste. Some forms of geometric pottery, such as the kantharos, derived directly from Greek ceramics; however, the indigenous world internalized and elaborated upon them to such an extent that they became distinctive, especially through the application of specific decorative and identity motifs. The most represented vases are kantharoi, jugs, and chalices, but other open forms also feature in the repertoire. Among the matt-painted examples are also Greek imitations that reveal a direct lineage from traditional Greek models. In addition, the grave goods include vessels typical of nearby indigenous settlements in the areas of North Lucania, Peuceta, Salento, and Bradanica, attesting to the mobility and exchanges prevalent in southern Italy during the Archaic period.
La tabella cronologica elaborata può dare un quadro solo indicativo di alcuni periodi, soprattutto quelli intermedi di fine VI- inizi V. Mentre, infatti, sembrano chiari i nuclei di tombe più antichi, essenzialmente le tt. 1, 2, 3 e forse 27 e 36, connotate da manufatti come le fibule bronzee o specifici contenitori di produzione greca, e quelle più recenti, certamente tt. 29 e 31 e forse 25 e 41, le tombe dei periodi intermedi non si lasciano datare con precisione. Le difficoltà sono costituite da una parte dalla mancata revisione della tipologia delle coppe di tipo ionico e dei cantaroidi di Cancellara, dall’altra dall’assenza di studi tassonomici aggiornati sulla ceramica matt-painted a decorazione geometrica di questo comparto. Un elemento determinate sembra comunque rappresentato dal carattere intrinseco dei corredi, che spesso, al loro interno, accolgono elementi fossilizzati del rituale funerario, elementi più antichi e tradizionali, che vengono combinati con elementi più recenti, offrendoci un’immagine che sembra incoerente cronologicamente, ma che ha un suo preciso significato simbolico e funzionale nel rituale funerario528. Alcuni di questi esempi verranno forniti nell’analisi delle singole tombe. Lo scarto cronologico, in ogni caso, è spesso irrisorio, tuttavia la lacunosità dei dati 528 Sui fenomeni di tesaurizzazione dei manufatti metallici a Chiaromonte cfr. Bianco 2020, 127 e Bottini 2020, 140.
119
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. stamps, the relative capacities of a selection of Greek and indigenous containers are examined. This comparative analysis gives prominence to their functional aspect, which is usually neglected in scholarship. One of the most interesting aspects of the analysis of the matt-painted ceramics is the substantial differences in size and therefore in volume of the kantharoi. They range from large forms that can hold eight litres of liquids to smaller containers that seem more suitable for individual consumption (0.350-0.450 litres). The bowls have a similar capacity to the latter, corresponding more or less with the contents of a small pitcher. The kantharos must have had numerous functions, probably due to the significance that the product had for the community. Matt-painted pottery played an important role in the establishment of the communal identity, which was reinforced during collective ceremonies. On the contrary, the ceramics in the Greek tradition featured a greater variety of forms, in particular various open vessels traditionally intended for wine consumption, but a narrower range of capacities. The question remains open regarding the type of beverage that would have been consumed.
The wheel-made painted pottery is characterized by their shaping with the so-called fast wheel. Their decoration features linear and wavy opaque patterns as well as phytomorphic patterns in a few cases. The shapes – unlike the ceramic paste – do not correspond to those of the common ware attested in Garaguso, and their decoration overlaps only with some of the traditional matt-painted pottery that feature similar geometric motifs. In the context of studies on southern Italy, these artefacts would traditionally be catalogued as ‘banded pottery’, a ceramic class that, however, includes different examples depending on the field of reference. Banded pottery has long been considered as a development of traditional geometric pottery that was brought about by the diffusion of the fast wheel. It has thus been assumed that elements of Greek origin were introduced and integrated into the local ceramic production due to the growing Greek presence in different regions during the 6th century BCE. The use of the so-called fast wheel and a new morphological repertoire with simplified decoration would have clearly reduced the regional differentiation that had existed until that time. However, the production of geometrically decorated ceramics of slower execution did not suddenly come to a halt, rather they were reserved for traditional contexts, such as tombs. In fact, at Garaguso, ceramics with geometric decoration and “banded pottery” coexist within the necropolis, each with its own morphological and decorative repertoire. The variety of forms is not particularly extensive: jugs prevail, while a few additional forms, such as the miche and a footed pyxis, are also attested. The production of this ceramic class is treated as a central theme, which is especially important for the interpretation of the findings in the sacred area, as will be seen in the final chapter. Part of the semi-glazed vessels – mainly one-handled cups and small two-handled vases – was also of local production. Forms of common ware vary more widely: jugs still prevail along with the preparation vases such as mortars, plates, and the ollae with raised handles that were commonly placed at the feet of the deceased in the indigenous necropoleis of southern Italy. Amongst the cookware, we can distinguish the jugs and kernoi or gemini vases with blackened traces of combustion. Sometimes found broken, perhaps intentionally, in grave goods, it is interesting to note that the missing pieces are never found in other graves. The miniature vases must have had a similar ritual function as they were only present in some burials to mark the status of the deceased. Almost every funerary ensemble included Greek pottery, most often in the form of Ionic-type cups found in quantities of up to 15 cups. Among the other forms represented are the black-figure vases, such as kylikes, cup-skyphoi and oinochoe, and one globular pyxis. The grave contents also included artefacts that help to determine the status and role of the deceased in society, such as tools for spinning and weaving, tablet weaving cards, weapons, iron and bronze tools, and ornaments made of amber and bone. Finally, a small terracotta head was found outside of a single burial.
Finally, comprehensive analysis of the funerary ensembles allows us to propose a chronology for the nucleus of burials. It appears to have developed from the second half of the 6th century to the beginning of the 5th century BCE in four distinct periods. The method used for the determination of the chronology of the tombs is based essentially on the dating of certain artefacts of Greek production, particularly those with figurative decoration. For the graves that did not contain any figurative pottery, we assess the composition of the grave goods and therefore to the presence, combination, and association of other ceramic and nonceramic artefacts that can be considered chronologically relevant. The confrontation of the various dating elements, however, almost never provides a coherent date; after all, the tomb was a space where traditional elements were mixed with more contemporary ones.
After a brief overview of the marks that were engraved and painted on the containers, considered production 120
5 Garaguso: il mondo sociale La cultura materiale dei corredi funerari non contribuisce solo alla ricostruzione del rituale, ma consente di approfondire anche temi della storia culturale ed economica di Garaguso, dalle risorse del centro indigeno al ruolo delle donne, dall’identità della comunità alle pratiche comunitarie. Gli oggetti deposti a corredo delle tombe rivelano il mondo sociale di Garaguso.
lamentazioni, canti e preghiere che non hanno lasciato altre tracce. A Garaguso il corpo del defunto veniva poi ricoperto da una veste funebre o, come è stato proposto per le donne, da vesti cerimoniali, forse quelle delle nozze, tenute insieme da fibule in bronzo o ferro, alcune delle quali recavano ancora tracce di tessuto (tt. 6, 12 e 26). Arricchivano le vesti6 alcuni anelli bronzei (tt. 7, 13, 18, 35 e 41, fig. 4.40) interpretati come fermagli per cintura o funzionali ad un accessorio tessuto intorno al capo, così come l’applique bronzea rimandava a un copricapo indossato probabilmente da una fanciulla (NC 267, t. 11, fig. 4.40). Le donne, inoltre, erano dotate di parures d’ambra, lontane forse da quelle sfarzose dell’età del Ferro o di altri centri contemporanei come Alianello7, e di bracciali d’osso o di bronzo (tt. 7, 29, 44 e 30, 36). Sul petto del defunto, invece, a enfatizzare il suo status, si trovava la spada, mentre la cuspide di arma da punta era generalmente collocata nei pressi della spalla (t. 6, fig. 8.11); le uniche punte di freccia sono collocate sul petto NC 803-5 (t. 32, fig. 8.88). Il defunto così abbigliato, riconoscibile dalla comunità che accompagnava il suo passaggio verso la sepoltura, veniva infine deposto nella sua tomba. Conformemente all’area enotria, che si adeguava alla “Fossakultur” tirrenica, il defunto veniva inumato in posizione supina in una fossa terragna. Le notizie su incinerazioni e inumati rannicchiati non hanno trovato conferma8. A Garaguso sembra che la fossa sia stata scavata nel terreno e che il piano di deposizione fosse la nuda terra; la fossa rettangolare era abbastanza ampia da ospitare il defunto e il suo corredo vascolare; i vasi più piccoli venivano comunque impilati. Le tipologie di sepolture non sono nettamente distinguibili per classi di età, ma pare che gli infanti non venissero inumati insieme ai subadulti e agli adulti. Sono attestate fosse più piccole che ospitavano defunti più piccoli (tt. 1 e 30, figg. 8.1 e 8.81), i quali a volte, forse per rango, trovano posto in fosse più grandi atte a contenere un quantitativo maggiore di vasi e altri oggetti di accompagnamento (t. 7). Un individuo eminente all’interno della comunità viene sepolto con manufatti che contribuiscono a delinearne la fisionomia (t. 26): sono strumenti di lavoro, come l’ascia e la zappa, e parte dello strumentario da banchetto. La figura identificata come il capo della comunità detiene il controllo della terra e quello della commensalità, la capacità di trasformare la natura e di modulare attraverso il cibo le relazioni tra gli uomini del suo gruppo e quelli di altri
5.1. Il rituale funerario e il nucleo sociale Le tombe, che si vedranno in dettaglio nel catalogo1, sono il luogo dell’ultimo atto di un cerimoniale, il rituale funerario, che prevedeva una serie di azioni come gesti, parole e canti che iniziavano dopo la morte di un membro della comunità e si svolgevano tra la costruzione della tomba e la sua chiusura dopo la deposizione del defunto. Molte di queste azioni non sono più ricostruibili e nel caso di Garaguso rimangono solamente pochi indizi in base ai quali si tenterà di integrare gli aspetti del rituale funerario prima anticipati2. Si dispone di più informazioni sui rituali del mondo greco3, che costituisce un modello interpretativo di riferimento sia per la vicinanza cronologica e geografica con le colonie greche dell’Italia meridionale, sia per i tanti oggetti di tradizione greca presente tra i corredi. Per quanto riguarda gli oggetti di tradizione greca, la posizione di questa ricerca è chiara e nel corso del testo verrà ribadito il dubbio che insieme agli oggetti sia stata trasferita nel mondo indigeno anche la pratica corrispondente nel mondo greco. Non si può tuttavia trascurare il fatto che una delle scene figurate più antiche del mondo enotrio, quella sull’olla della t. 3 di S. Maria d’Anglona databile alla metà dell’VIII sec. a.C., riporti una scena di lamentazione funebre con personaggi rappresentati con le mani alzate in un gesto di lutto che sembra ispirato alle raffigurazioni su anfore o crateri del Dipylon di Atene4, scena che verosimilmente si rifaceva ad una reazione archetipica nei confronti del lutto. Nel mondo greco il corpo, dopo la morte, era lavato con acqua e trattato con unguenti. La presenza nei corredi di lekythoi greche, a partire dal VI sec. a.C., è stata spesso messa in relazione con questa pratica5, ma non c’è prova che questa venisse riservata ai defunti seppelliti nelle necropoli enotrie. Effettuata l’unzione del corpo, seguiva l’esposizione del defunto e la processione verso la tomba, due momenti probabilmente accompagnati da gesti, come quello rappresentato sulla suddetta olla di S. Maria d’Anglona, Cap. 8. Sez. 3.3. 3 Della vasta letteratura si cita qui soltanto Garland 2001, particolarmente il paragrafo sul funerale, 21-37. 4 Bianco 2002, 64, con altri esempi del motivo nel mondo indigeno. 5 Cfr. sez. 2.3. 1
Cfr. sez. 4.6.3. Negroni, Catacchio 2007, 537 e 555. 8 Per gli incinerati la notizia di Di Cicco riportata da Valente, per i rannicchiati le notizie riportate sia da Morel che da Adamesteanu, cfr. cap. 3.
2
6 7
121
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. liquidi necessari allo svolgimento del rituale funerario14. Se la ceramica matt-painted a decorazione geometrica rappresentava l’eredità e l’identità della comunità, la mattpainted di altri comparti territoriali o la ceramica greca rappresentavano l’apertura verso gli scambi e le relazioni della comunità con l’esterno. Ma i vasi del corredo potevano informare anche su gli ultimi atti del rituale funerario, come un eventuale banchetto che avesse accompagnato il momento di passaggio e i rituali di purificazione che devono averlo concluso. Nel primo caso ci si sarà serviti della ceramica da mensa e cucina, e particolarmente dei boccaletti d’impasto che recavano ancora tracce di combustione; per quanto riguarda l’ultimo atto di purificazione, invece, poteva essere utilizzata ogni forma vascolare.
nuclei sociali. E così viene rappresentato nella sua ultima e forse più importante manifestazione pubblica. Alcuni individui erano dotati di una phiale bronzea, uno strumento forse simbolico nella sua esoticità, e quindi legato al prestigio di colui che lo possedeva, o forse legato a pratiche religiose9. Come nelle altre necropoli enotrie, probabilmente la distinzione tra generi non è espressa né attraverso il repertorio vascolare né attraverso le fibule, ma tramite gli strumenti di ruolo, cioè armi e accessori per filatura/tessitura10. Le donne di Garaguso, quindi, se è corretta l’interpretazione qui data, venivano deposte insieme a insoliti manufatti fittili per la tessitura che ne specificavano il ruolo rivestito nella comunità, un ruolo non marginale, ma fondamentale per l’economia del nucleo sociale. Non si scorge una differenza del rituale che possa attestare, come a Roscigno, una distinzione sociale ravvisabile, per esempio, negli oggetti del corredo11. Allo stesso tempo mancano alcuni manufatti altrove attestati: askoi, semplici o configurati; kernoi; lucerne, che sembra manchino in tutti i centri; crateri; anfore, come il noto esemplare di Chiaromonte12; alabastra (a parte quello della tomba isolata di V sec. a.C. sulla strada per Salandra)13; animali fittili; lekythoi a figure nere, mentre presenti sono quelle integralmente verniciate. Tra i reperti metallici relativi all’armamentario mancano gli elmi, cinturoni, schinieri, tutti gli accessori connessi a cavalli o a carri (tranne un reperto incerto NC 436 da t. 18, fig. 4.38); quanto allo strumentario del simposio e del banchetto sembrano assenti alari, fiasche, barili e colini. La composizione del corredo vascolare di accompagnamento dei defunti non ha evidenziato differenze che non fossero cronologiche, con la deposizione quindi di forme più antiche o più recenti o associazioni di vasi. Benché il campione in esame sia troppo ridotto per trarne statistiche affidabili, i corredi vascolari, pur nella loro difformità, risultano tuttavia abbastanza omogenei. Comunque non è possibile confrontare la differente quantità di vasi rinvenuta nelle varie tombe, dal momento che alcune tombe erano sconvolte e di altre non si dispone di un rilievo. Solamente la ceramica miniaturistica può costituire un indicatore ed è stata affiancata ad altri dati, quando presenti, come la dimensione della fossa, per la determinazione della classe di età del defunto. Si avverte in questo caso la mancanza di analisi statistiche condotte sulle altre necropoli dell’area enotria. La caratteristica costante è che il defunto veniva spesso accompagnato da una grande quantità di forme vascolari che coprivano un ampio spettro di funzioni, alcune note, altre solo ipotizzabili. Alla grande olla acroma generalmente posta ai piedi del defunto, per esempio, sono state attribuite le funzioni più svariate, da un significato simbolico di ricchezza del nucleo familiare, fino al contenimento di
La deposizione di oggetti nella tomba è stata sempre collegata all’esigenza di mostrare ricchezza e prestigio, ma non può essere trascurato il valore sociale dei simboli che venivano esposti, che non sono solamente quelli del potere, ma anche e soprattutto quelli del riconoscimento identitario: i vasi matt-painted, con le loro forme e con i loro apparati decorativi, ostentavano simboli e astrazioni che ogni membro della comunità comprendeva e accettava, riconoscendo il trauma della morte e superandolo, finalmente, nella condivisione del lutto. 5.1.1. Il tempo e lo spazio della necropoli Come si è visto, rispetto alle altre necropoli dell’area enotria quella di Garaguso si distingue principalmente dal punto di vista cronologico, sviluppandosi nelle fasi di vita finali delle altre15. Questo dato potrebbe essere legato ad eventi storici se, come ipotizzato, la necropoli di Garaguso eredita in parte ruoli e funzioni dei centri indigeni delle valli dell’Agri e del Sinni, centri che alla caduta di Siris e Sibari perdono i propri interlocutori e quindi il proprio ruolo di intermediari. Non si esclude che siano stati gli stessi abitanti di quei centri a muoversi verso Garaguso, che prima della metà del VI sec. a.C. restituisce scarsissime testimonianze archeologiche, per mettere a disposizione di Metaponto e probabilmente di Taranto le competenze e le esperienze maturate grazie all’attività di tramite tra Ionio e Tirreno16. Se la genesi e gli esordi della piccola comunità di Garaguso sembrano essere poco chiari, lo stesso può dirsi del termine finale. L’inizio del V sec. a.C. è il termine ultimo noto, almeno nelle necropoli, con una sola tomba che rappresenta con certezza questa fase, la t. 31, mentre le altre sono datate più genericamente17; nell’area sacra di Grotte delle Fontanelle, di contro, pur in presenza di una contrazione nel corso del V sec. a.C., Cfr. sez. 4.2.6. Sez. 2.3.5. 16 Questa tesi è confortata dallo stato della documentazione disponibile: il nucleo di tombe in esame, infatti, è decisamente piccolo se confrontato con le testimonianze delle altre necropoli enotrie che annoverano centinaia di tombe. Di spostamenti si era già parlato nel caso di Chiaromonte, cfr. sez. 2.3 e se ne riparlerà nel cap. 7. 17 Genericamente nel V sec. a.C. è anche datata la tomba isolata “sulla strada per Salandra”, cfr. cap. 3. 14 15
9 Sull’esclusività della patera baccellata nell’Orientalizzante antico, ma anche sulla conservazione del significato originario nelle fasi più avanzate cfr. Scianna 2005, cap. 8.1. 10 Il tema del genere e del sesso biologico è approfondito in. 5.3. 11 Greco, G. 2010, 196. 12 Cfr. sez. 2.3. 13 Cfr. sez. 3.1.
122
Garaguso: il mondo sociale pare che il culto continui nel corso del IV e del III sec. a.C. Non si sa se i motivi della contrazione del centro siano legati a dinamiche interne o debbano piuttosto connettersi a vicende legate alle città greche della costa. Certamente, comunque, la diminuzione delle testimonianze non si traduce in un abbandono del sito che continua ad essere frequentato, come si deduce dalle sepolture di IV sec. a.C. e dai risultati degli scavi di Morel e Moret18. Le testimonianze più sorprendenti, infatti, riguardano le aree di Filera, che ospita un edificio monumentale datato preliminarmente al IV sec. a.C. e quella di Grotte delle Fontanelle, dove il culto si articola con modalità differenti, ma con la stessa intensità. Appare evidente che nel IV sec. a.C. l’insediamento di Garaguso continui a prosperare.
o con la posizione del defunto, che incorrono tuttavia in un numero più o meno alto di eccezioni21. A Garaguso, come già osservato, il defunto viene deposto con gli oggetti che in vita hanno caratterizzato il suo status, e cioè come guerriero armato, padrone della terra, o come tessitrice, attività che dovevano essere vitali per la comunità22. Il nucleo sociale di Garaguso risulta così composto: • 4 armati di spada e cuspidi di armi da punta in ferro (tt. 6, 18, 25, 26, dove è presente anche la lama); • almeno 10 armati di cuspidi di armi da punta in ferro (tt. 3, 6, 13, 14, 15?,17, 18, 19, 25, 26, 32?, 40); • 10 individui dotati di manufatti fittili e/o strumenti da tessitura (tt. 1, 7, 8, 16, 27, 28, 33, 36, 37, 41); • 10 individui senza indicazione di attività (tt. 10, 11, 12, 29, 30, 31, 34, 35, 38, 44)23; • 6 corredi attribuiti a individui di genere femminile per la presenza di oggetti di ornamento oppure di fibule bronzee (tt. 11, 12, 29, 30, 34, 35, 44?) • 2 casi anomali, rappresentati da un corredo con un piccolo frammento di rosetta bronzea di scudo, associato a vaghi e pendenti in ambra, pertinenti probabilmente ad una collana, la t. 2; e un altro corredo con numerosi oggetti di armamento in ferro, accompagnati da oggetti di ornamento di sepolture ritenute convenzionalmente femminili, t. 18.
Altri fattori distinguono Garaguso dagli altri centri enotri. Uno dei più vistosi è la collocazione della necropoli. Questa copre un’area dalla forma quadrangolare, che dalla zona del Comune ingloba la Villa Comunale e le Scuole Elementari e raggiunge la Scuola Materna e la contrada Duca degli Ulivi. Essa risulta dunque ubicata sulla collina che ospita l’abitato moderno e non sulle pendici o su una delle alture circostanti. Ciò dipende probabilmente dal fatto che le pendici dell’altura erano destinate allo spazio del culto collettivo. È probabile che a Garaguso, a differenza degli altri centri, non vi fosse una distinzione netta tra l’abitato e la necropoli. A causa dello stato lacunoso della documentazione non si dispone tuttavia di dati importanti che riguardano informazioni semplici come l’orientamento delle tombe e più complesse come l’articolazione spaziale della necropoli; non c’è una ripartizione della necropoli in aree distinte che manifestino attraverso particolari oggetti di corredo l’esistenza di relazioni privilegiate tra gruppi. È impossibile ricostruire relazioni tra singole tombe, o se vi fossero dei nuclei, o se alcune sepolture si disponessero in vicinanza di altre e quali relazioni vi fossero, anche verticali, trai diversi segmenti sociali. Ugualmente non si scorgono tracce del culto dei defunti testimoniato da pratiche ripetute nel tempo, da installazioni dedicate, da offerte19 o da ceramica situata all’esterno della tomba, citata con un servizio una sola volta Morel e non rintracciata20; l’unico indizio in tal senso sarebbe la testina di statuetta seduta in trono (NC 196, t. 7) rinvenuta verosimilmente all’esterno.
La presenza di variabili più complesse, come quelle relative a forme e tipi vascolari da incrociare con i diversi motivi decorativi delle parti del vaso, ha impedito per il momento altre analisi statistiche. È stata realizzata, tuttavia, una tabella presenza/assenza di alcune categorie di oggetti utile per una visione sintetica delle tombe (tab. 5.1). 5.2. Economia, società e dono Attraverso studi ecologico-ambientali e attraverso la cultura materiale è possibile ricostruire, almeno parzialmente, l’organizzazione delle risorse di questi nuclei di popolazioni. Alcune delle componenti fondamentali potrebbero comunque non emergere perché legate ad aspetti immateriali che non hanno lasciato tracce archeologiche. Questo non ha impedito di proporre delle ricostruzioni che serviranno ad un duplice scopo: da un lato completeranno il quadro che in questa sede si intende abbozzare sul mondo sociale di Garaguso, fornendo suggestioni sugli altri centri indigeni dell’area enotria e della Basilicata antica; dall’altro integreranno le ipotesi, da tempo avanzate, sui commerci e gli scambi intercorsi tra i centri dell’entroterra e le colonie della costa. Tali ipotesi si
5.1.2. Il nucleo sociale In presenza di resti osteologi troppo lacunosi per essere determinati, sono stati scelti altri indicatori, come le armi e i manufatti fittili o strumenti da tessitura, per attribuire la sepoltura rispettivamente al genere maschile o femminile; in alcuni casi sono stati utilizzati gli oggetti di ornamento oppure delle fibule bronzee che sembrano caratterizzare le sepolture femminili. L’analisi di ogni necropoli indigena d’età arcaica, salvo rarissime eccezioni, si basa su questi criteri, integrati con i risultati delle analisi antropologiche 18 19 20
Simili attribuzioni ricalcano scelte tradizionali nella letteratura archeologica che saranno discusse nella seguente sez. 5.3. 22 Per una discussione approfondita si rimanda alle schede relative alle singole classi di materiali, cap. 4. 23 Il genere di questi, in alcuni casi, è desunto dalla combinazione di altri elementi, nella fattispecie gli oggetti di ornamento in ambra e le fibule bronzee, come nel caso delle tt. 11, 12, 29, 30, 34 e 35 attribuite a sepolture femminili. 21
Cfr. sez. 3.1, 6.1 e 8.1. Cfr. sez. 2.3.4. Morel 1995, 420-421, nota 3 e fig. 4.
123
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Tab. 5.1. Indicatori di genere T.
Strum. filatura / tessitura
Spada Cuspide Lama Altre armi
Genere Fibula Fibula Fibula Fibula Ambre Altro e varia ferro bronzea bronzea altro navicella bilobata
1
tessere
f
2
scudo m/f
x
x
x
phiale
x
x
turchese
3
x
m
x
6
x
x
x
m
x
7
tessere
x
f
x
x
x
x
grattugia, ornamenti, anello bronzeo, bracciale in osso
8
peso
f
10
non id
x
11
f
x
applique
12
f
x
x
x
x
x
13
x
m
x
anelli bronzei
14
x
m
phiale
15
x?
m
frammenti bronzo
16
tessere
f
x?
17
x
m
x
18
x
x
x
m/f
x
x
x
anelli bronzei, conchiglia
19
x
x
m
25
x
x
x
m
phiale
26
x
x
x
m
x
bacile, phiale e strumenti di lavoro
27
fuseruola
x
f
x
x
28
tessere
f
29
f
x
x
x
bracciale + altro osso
30
f
x
x
bracciale bronzeo
31
non id
x
punte di m freccia
32
x?
33
x
f
34
f
x
x
x
35
f
x
x
anello bronzeo
36
tessere
f
x
x
x
bracciale bronzeo
37
tessere
f
x
x
38
non id
x
40
x
m
41
tessere
f
x
x
anello bronzeo
44
f
x
bracciale in osso
N
solo vascolare
sono a lungo basate su una visione “ceramocentrica” della questione, visione che deve essere quantomeno discussa.
tutti gli aspetti, è possibile introdurre l’argomento e presentare alcune considerazioni che si intrecciano profondamente non solo a questa discussione, ma anche alla storia antica dell’Italia meridionale. Le osservazioni che seguono vogliono costituire la cornice teorica all’interno della quale inserire il tema della ceramica d’importazione attica presente nei corredi della necropoli di Garaguso e di conseguenza il concetto di “prestigio”
5.2.1. Il commercio greco e l’Italia meridionale. La ceramica Il tema del commercio tra la Grecia e l’Italia è un tema ampio e a tutt’oggi dibattuto. Pur non potendone indagare 124
Garaguso: il mondo sociale e di tombe “emergenti”24. Punto di partenza del dibattito è la circolazione della ceramica greca in Italia che, secondo un modello non sempre esplicitato, costituisce la base per ricostruire i circuiti commerciali25; la ceramica attica si sarebbe diffusa in tutta l’Italia in quanto bene di lusso richiesto dai gruppi elitari dominanti26 diventando in questo modo uno dei protagonisti dell’economia antica27. Parallelamente ai contributi di Alfonso Mele e Domenico Musti28 è emerso in ambito anglosassone un dibattito sulla ceramica destinato a mettere in discussione il modello sopra evocato che sembrava consolidato e che in alcuni ambiti viene considerato ancora oggi valido. Secondo gli studi recenti il ruolo svolto dalla ceramica nelle dinamiche commerciali sarebbe stato marginale, in quanto il carico delle navi da trasporto sarebbe stato costituito da altri beni, come metalli o schiavi, mentre il vasellame fittile all’interno dei carichi avrebbe svolto invece una funzione quasi parassitaria29. È possibile, quindi, che venissero esportati bevande alcoliche, pesce, pelli, tessuti30, legno, minerali, prodotti agricoli, spezie e pietre: il vasellame ceramico avrebbe svolto la funzione di “saleable ballast”31. Tali conclusioni sono generate da tutta una serie di osservazioni, soprattutto quelle che riguardano la disparata provenienza dei reperti vascolari conservati all’interno dei relitti, particolarmente valide per quanto riguarda le anfore da trasporto32. Il fenomeno si spiega bene se si considera che la natura del commercio antico non era un’iniziativa statale, quanto piuttosto mercantile, e doveva avvenire tramite intermediari di differente statuto giuridico, spesso tramite commercianti di origine non-attica su navi non ateniesi33. Una visione bilanciata della questione è stata proposta da Vladimir Stissi, che, riassumendo i dati in una visione d’insieme, ha mostrato come tutte le osservazioni non possano essere generalizzate, ma debbano essere sempre contestualizzate: nel caso della distribuzione, infatti, appare adesso chiaro che alcuni produttori dovevano avere specifiche relazioni
con aree definite nel mondo mediterraneo34. Per quanto riguarda l’Italia meridionale queste osservazioni non possono essere applicate rigidamente: in Messapia la ceramica attica è scarsamente rappresentata nelle necropoli, ma a Monte Papalucio, cioè un santuario, se ne trova in abbondanza35; in Daunia, invece, è praticamente assente, denotando in questo modo una scelta precisa di comunità che respingono inferenze esterne privilegiando un sistema espressivo e rituale proprio, probabilmente quello delle stele, con un atteggiamento definito fortemente conservatore36. A Garaguso, sia nelle aree sacre sia in quelle necropolari, la quantità di ceramica attica a vernice nera o figurata è rappresentata da un campione ridotto (fig. 4.31). Nel panorama complessivo nelle tombe, per esempio, questa connota solo alcuni defunti, come quelli delle tt. 2 e 26 con le band cup NC 24 e 550, rispettivamente una delle tombe più antiche e quella del possibile capo della comunità. La ceramica attica occorreva, tuttavia, anche in tombe meno determinabili, come la t. 17 con la Cassel Cup NC 382, o addirittura ipoteticamente attribuibili ad un individuo estraneo alla comunità, t. 34 con cup skyphos NC 873. È probabile che a questi oggetti venisse attribuito un particolare valore, ma giova ricordare che sia le forme sia le iconografie non sono inusuali, ma circolavano anzi nell’Italia meridionale con precise regole per ogni area culturale e per ogni insediamento. Queste selezioni, e cioè la responsabilità della scelta di determinate iconografie, particolarmente quelle legate alla sfera dionisiaca e quindi alla diffusione della pratica del simposio, dipendevano probabilmente dalle colonie greche con le quali le comunità indigene intrattenevano rapporti. La t. 31, forse la tomba più recente, restituisce una oinochoe a figure nere con scena dionisiaca (NC 777) accompagnata da un cup skyphos con satiri (NC 769). Interessante è anche la coppa di tipo ionico B2 di probabile produzione attica (NC 906, t. 35, fig. 4.41), che presenta un segno inciso sotto il piede, forse un lambda ionico preceduto da iota: l’acronimo del commerciante svelerebbe le rotte commerciali attraverso le quali il manufatto è stato deposto in una tomba dell’entroterra della Basilicata37.
24 Per questo si veda sez. 5.6. Per una discussione sulla ceramica figurata in Grecia come oggetto funzionale oppure di prestigio si rimanda a Bentz 2003. 25 Dunbabin 1948, 225-226; ‘This information [sulla precisa origine della ceramica] allow us to pinpoint the exact origin of some of the Greek goods found in native sites, which gives us one certainty in our reconstruction of the trade’ Graham 2001, 53. 26 Anche Reusser 2002. In realtà, poi, i clienti esercitavano influssi sul commercio della ceramica, Morel 1983b, 73. 27 Anche grazie alla sua indistruttibilità, Morel 1983b, 66. Si tralasciano le questioni legate alla diffusione della cultura e delle genti greche, Stissi 1999, 94-95. 28 Mele 1979, che non cita mai la ceramica, e Musti 1981. 29 Morel 1983a, 554-555; Gill 1991; Gill 1994. 30 Gill cita in realtà la lana, che le fonti riportano essere prodotta nel tarantino, per cui si veda Morel 1978; recentemente Meo tratteggia il quadro, relativo al III sec. a.C., di una produzione laniera domestica, affidata alla donne, cui viene pagata la manodopera, Meo 2013 particolarmente 267-268. 31 Gill 1988. Inoltre, in alcuni contesti il vasellame in vetro o in bronzo era preferito a quello fittile, Morel 1983b, 66. 32 Cfr. Eiseman, Ridgway 1987 per il relitto di Porticello, in Calabria; Panvini 2001 per il relitto di Gela, Sicilia; Long, Sourisseau 2002 e Jubier 2003 per il relitto A1 di Pointe Lequin, nei pressi di Marsiglia, che ha restituito un’enorme quantità di ceramica attica e ionica (1600 coppe di tipo ionico, tra 600 e 800 attiche) e anfore da trasporto di varia produzione. 33 Morel 1983b, 71-72; Gill 1994; Reusser 2002.
Le considerazioni sopra esposte mirano solo ad incoraggiare alla prudenza e non negano in nessun modo il ruolo che la ceramica svolge oggi nella ricerca archeologica. In quanto fondamentale indicatore cronologico e spesso traccia materiale della provenienza di altri beni che non si sono conservati è pertanto rivelatrice di traffici e direttrici commerciali38. Ma nello “spazio del consumo” devono valere più che mai osservazioni attente sia in senso orizzontale, cioè su diversi siti e contesti, sia verticale, cioè nella diacronia, evitando di associare la diffusione di vasellame figurato con la diffusione di ideologie e credenze, pratiche e rituali39 o di considerare la presenza o Riflessioni suggerite anche grazie allo studio dei trademarks, Stissi 1999, 93-94, con particolare attenzione all’Etruria. 35 Semeraro 2009. 36 Lippolis 2007, 8-10. 37 Si rimanda alla sez. 4.9. 38 Morel 1983b, 72. 39 Cfr. Stissi 1999, 94-102. 34
125
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 5.1. Valle del Salandrella dalla Tempa San Nicola. Foto V. Garaffa.
l’assenza di ceramica attica come indici di prosperità di un determinato sito40.
città greche della costa. La lavorazione del legno viene considerata una originaria tradizione artigianale enotria43.
5.2.2. La produzione attraverso la cultura materiale
Non è accertato che a Garaguso fossero coltivati viti e olivi, che erano comunque noti in Italia meridionale sin dall’Età del Bronzo44. Grazie a precise indagini condotte all’interno di alcuni vasi, però, si sa che in età arcaica, in Messapia e in Lucania, alcuni recipienti contenevano vino. In questo senso in area enotria sarebbe esemplare il cantaroide, vaso cerimoniale-rituale, a lungo considerato la forma da vino e la forma identitaria per eccellenza. Si ritornerà più avanti sulla funzione simbolica e sociale delle pratiche comunitarie basate sul consumo delle bevande alcoliche45. In un ipotetico discorso sul vino è possibile includere la grattugia della NC 198 (t. 7), manufatto che secondo la testimonianza omerica veniva utilizzato nella realizzazione del ciceone46. Grattugie bronzee erano note e diffuse nel mondo greco, come a Lefkandi in Eubea, o in alcune tombe principesche nel Latium Vetus, nell’Etruria meridionale o in Campania. Questa ricostruzione del ruolo svolto dalle grattugie evoca atmosfere epiche che probabilmente a Garaguso non si sono mai respirate. La grattugia poteva servire concretamente proprio per grattugiare il formaggio e in questo senso testimoniare la
La produzione di Garaguso doveva basarsi su agricoltura e allevamento, con lo sfruttamento delle risorse della terra e della natura (fig. 5.1). I depositi votivi di Grotte delle Fontanelle forniscono una testimonianza diretta di quanto veniva offerto dalla comunità per ringraziare gli dei oppure richiedere abbondanza e fertilità: ci si riferisce in particolar modo alla torta fittile e alla figura di un portatore di vitello oppure agnello41. Il bestiame, accanto ai metalli, costituiva il capitale e veniva utilizzato nell’economia premonetale. Quanto alla produzione cerealicola, è probabile che fosse autosufficiente, così come quella delle colonie, che disponevano di terre fertili e abbondanti. Quasi ogni corredo delle tombe restituisce una più o meno capiente olla acroma, considerata come un contenitore per le derrate, simbolo della ricchezza e dell’accumulo della casa42. Anche il legno non doveva essere di difficile reperibilità in un paesaggio come quello di Garaguso e sarà certamente servito per costruire capanne, case e barche per il trasporto fluviale, oppure sarà stato esportato verso le
40 Paléothodoros 2002, 140-141, che ripota l’esempio di Veio, che le fonti scritte ricordano come una delle città più potenti d’Etruria e che non ha restituito ceramica attica in abbondanza. 41 Bertesago, Garaffa 2015, 167 e 137-138. 42 Per le altre interpretazioni cfr. sez. 4.2.6.
Guzzo 2016, 380. Van der Mersch 1996; i coloni greci hanno forse introdotto nuove varietà, Brun 2010, 430. 45 Cfr. sez. 5.5. 46 Iliade IX, 628-643. 43 44
126
Garaguso: il mondo sociale consueta attività casearia di un popolo di pastori. Tra questi ultimi, però, stona la presenza di una grattugia bronzea, che per il materiale in cui era realizzata doveva svolgere una funzione simbolica che forse esulava da quella originaria47. Nel tema della produzione di Garaguso è possibile inserire anche quanto veniva usato quotidianamente (prodotti fittili, tessili e metallici). La ceramica a decorazione geometrica veniva prodotta localmente, tuttavia non è stato ancora possibile riconoscere un luogo di produzione d’età arcaica a Garaguso48. Benché ogni centro indigeno, infatti, producesse il vasellame necessario ai propri bisogni, questo non esclude che alcuni manufatti si trovassero fuori dal centro di produzione, come si è visto per i vasi di altri comparti in specifici corredi49. Le comunità protourbane dell’età del Ferro si erano sviluppate da piccoli clan egalitari a società stratificate proprio grazie al commercio e agli scambi. Parte integrante delle economie locali e regionali e dei commerci locali, regionali, intra-regionali, era inoltre l’attività tessile, legata all’approvvigionamento delle materie prime e alle rotte della transumanza50. Ma i tessili erano anche un bene di consumo di lusso, operato da una cerchia ristretta di artigiani e destinato ad un mercato ancora più ristretto, quello delle élites51. Nell’Italia protostorica la produzione tessile era una delle attività più antiche, principalmente praticata da donne nelle cui sepolture sono stati deposti strumenti relativi alla filatura o alla tessitura. Gli attrezzi erano usualmente in terracotta, legno, osso, non possedevano un valore intrinseco, ma principalmente simbolico. Per il loro potere evocativo venivano realizzati in metallo, bronzo, argento, ambra e avorio per poter essere esibiti e diventare in tal modo indicatori di status. Qualunque fosse il materiale utilizzato, l’oggetto nella sepoltura simboleggiava l’abilità della donna e il suo ruolo sociale nella comunità52. Anche Garaguso ha restituito testimonianze dell’attività di tessitura, grazie ai manufatti in argilla che farebbero pensare immediatamente a pesi da telaio. Tuttavia, secondo Gleba, la loro funzione non è ancora chiara53. Dei canonici pesi troncopiramidali sono noti solo pochi esemplari, uno dal deposito votivo54 e uno dai corredi delle necropoli, senza NI (t. 8), cui si aggiunge la fuseruola NC 600 (t. 27). All’attività tessile, inoltre, è forse possibile ricondurre il coltello di ferro, utile per recidere fili55. Anche gli oggetti in metallo dovevano essere prodotti in ambito regionale, magari nelle colonie dell’arco ionico56. In ferro sono realizzati armi e utensili come l’ascia NC 571 che oltre la sua funzione primaria, potrebbe aver avuto un ruolo rituale o simbolico della capacità del possessore di dominare le
tecniche artigianali e agricole. Accanto ad armi e strumenti in ferro sono stati rinvenuti pochi manufatti in bronzo, pertinenti a bacili ad orlo perlinato e phialai, che, invece, rimandano genericamente ad ambienti etrusco-campani57. Di quanto però doveva dominare le esigenze quotidiane, o biotos, non è rimasta traccia, ma è possibile ipotizzare che la comunità avesse bisogno di sale e pelli58. Non ci sono elementi riconducibili alla lavorazione del sale, materia fondamentale nell’alimentazione e nella conservazione degli alimenti, utile in alcune lavorazioni e utilizzata in ambito medico, simbolico e rituale59. Ma non lontano potevano trovarsi delle fonti di approvvigionamento: una Via del Sale è stata individuata nei dintorni del centro di Roscigno, nel Cilento (Lucania Occidentale), attraverso cui si smerciava il sale prodotto nelle lagune veline verso i centri dell’entroterra e quelli del Vallo di Diano60. E Taranto era nota per la produzione del sale.
Per la forma e le altre attestazioni cfr. sez. 4.6.2. Benché tra i materiali dei depositi votivi provengano scarti di fornace cfr. Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, NC 430-431, per 140 e 27, le fornaci di VI-III sec. a.C. sulle rive del Riciglio. 49 Cfr. sez. 4.2.2. 50 Gleba 2008,189-202. 51 Gleba 2013, 1-2. 52 Gleba 2011; Gleba 2013, 9-10. 53 Cfr. sez. 4.4. 54 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 132. 55 Le tombe con i manufatti fittili non vascolari non restituiscono armi, ma in due casi, appunto, tt. 7 e 27, i coltelli, per cui si veda la sez. 4.6.2. 56 Bottini, Vullo 2019, 141.
57
Anche le pelli potevano trovare diversi impieghi ed essere di facile reperibilità. Non ci sono, in ogni caso, testimonianze archeologiche sul reperimento e l’utilizzo di questi beni, che rimangono dunque sconosciuti e pressoché invisibili; tra questi potremmo forse annoverarne altri, come gli uomini, ovvero forza lavoro, mercenari, schiavi e donne. Gli esseri umani, infatti, costituivano risorse e beni che potevano essere venduti, regalati e scambiati. In Magna Grecia, tuttavia, quest’ attività è ricostruibile solo in base a indizi, come il donario di Hageladas al tempio di Apollo a Delfi (‘Ad Apollo i Tarentini dal bottino preso ai Messapi’), descritto da Pausania come un gruppo di cavalli e donne prigioniere61. A frutti del mercenariato sono state ricondotte le monete incuse del deposito Autera, messe in relazione al pagamento di prestazioni straordinarie come quelle fornite dai mercenari62. Del resto, l’enfasi con cui si sottolineava nel mondo indigeno il ruolo del defunto armato, con la deposizione d’armi all’interno dei corredi maschili, è rivelatrice della figura del guerriero, la cui attività nella società italica di VII e VI sec. a.C. doveva essere non solo di fondamentale importanza, ma anche una condizione normale dell’esistenza e dei rapporti63. Il traffico di schiavi, invece, è una tra le attività più citate nei poemi omerici, dove il valore di uno schiavo viene calcolato in buoi. Come negli altri casi, è possibile che non vi sia alcuna relazione analogica tra il mondo omerico e quello arcaico indigeno, dove tuttavia sono stati riconosciuti alcuni indicatori archeologici della schiavitù, come i ceppi e le catene, quali quelli rinvenuti Per questi si rimanda alla sez. 4.6.2; per le patere come “dono da re” cfr. Scianna 2005, 431-440. 58 Morel 1983a, 552-555. 59 Sulle diverse modalità di approvvigionamento e sui diversi usi del sale cfr. Tsigarida 2012. 60 Greco, G. 2010, 187. 61 Lippolis et alii 1995, 303-311; Moggi 2002, 69 e nota 87. 62 Per cui si veda Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 322. 63 L’importanza dell’attività militare risiede nella sua valenza polifunzionale, sul piano sociale, antropologico, economico, politico, culturale, Tagliamonte 1994, 43-48; per la definizione di “forma semplice” di guerra, Idem, 53. Su mobilità e mercenariato cfr. Della Fina 2013.
47 48
127
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. loro una funzione sociale che travalica quella pratica per cui erano stati pensati e determina la costruzione simbolica di identità e di relazioni politiche. La funzione sociale riguarda anche il processo di “indigenization” che la cultura locale opera su questi manufatti71. Si tratta di un processo di appropriazione selettiva, che è stato riconosciuto come tipico delle situazioni coloniali72. Quali fossero gli attori che hanno messo in movimento una catena economica così articolata è esclusivamente ipotizzabile: le genti locali, gli abitanti di Garaguso, ma anche genti di provenienza diversa, di cui si seguono a fatica le impronte e alle quali viene attribuita la paternità degli oggetti di produzione allogena, magari approdati a Garaguso tramite vettori di cui ancora una volta non è possibile ricostruire l’identità73. Quanto alla presenza di tali oggetti e i motivi per i quali abbiano raggiunto i contesti di Garaguso, si suppone che una parte sia da considerare come ricompensa per il ruolo di mediatore che il centro avrebbe svolto tra la città della costa e altri centri più interni, quasi come ‘centres de redistribution’74. Forse un modello più plausibile rispetto allo scambio è quello della reciprocità, pertanto gli oggetti sarebbero da considerare come doni75: il dono, nelle antiche culture, è una delle forme più tradizionali e più vincolanti di legame.
a Timmari, in provincia di Matera, altra importante area sacra messa spesso in relazione a Garaguso64. A questo modello, inoltre, vengono ricondotte alcune testimonianze, come un’olla enotria in una sepoltura principesca di Pontecagnano65. Il commercio degli schiavi è anche il protagonista di alcuni scambi tra l’Etruria e la Gallia in età arcaica, con dinamiche che sono state spesse accostate a Garaguso66. Altrettanto incerto è l’aspetto della distribuzione dei beni, benché fossero molteplici le direttrici, strade principali, secondarie/trasversali e strade di collegamento interno, che collegavano Garaguso con la costa o con altri insediamenti dell’entroterra67. Un ruolo non marginale deve essere stato svolto dalle vie della transumanza che hanno spesso messo in relazione genti che provenivano da luoghi molto lontani68, che in alcune aree specifiche trovavano opportunità di sosta, scambio, ma anche di devozione. Anche i fiumi, alcuni dei quali secondo Strabone dovevano essere navigabili, devono aver svolto un ruolo determinante dal punto di vista delle comunicazioni69. Le traiettorie della distribuzione permettevano sia l’arrivo di oggetti che spesso evocavano pratiche esotiche che la comunità selezionava, accettandole o respingendole, ma più spesso trasformandole, sia la partenza di merci da Garaguso. Anche se buona parte dei centri indigeni condividono con Garaguso una posizione favorevole, appare evidente che questa non è una condizione sufficiente a determinare la “fortuna” di un insediamento, fortuna che è legata anche al dinamismo e all’intraprendenza della comunità che sfrutta posizione e relazioni per inserirsi in circuiti commerciali e per agire da soggetto attivo negli scambi, a volte come intermediario con centri più lontani.
5.2.3. Il dono. Gift-giving ed exchange Tra le pratiche ritualizzate, oltre quelle religiose e quelle funerarie, è possibile annoverare anche le transazioni che riguardano lo scambio di doni tra una comunità e l’altra; queste costituiscono un vero e proprio investimento, sentito spesso come obbligazione da parte di chi lo riceve e destinato a creare legami duraturi come alleanze politiche tra capi o membri dominanti di una comunità76. A volte lo stesso ruolo è svolto dai legami matrimoniali, dove le donne, alla stregua di beni, sono coinvolte nei processi diplomatici che animavano le relazioni dell’Italia e del Mediterraneo antico77. Quando sono invece i manufatti a circolare, in alcuni casi appare evidente che questi venissero realizzati precisamente per uno scopo diplomatico: il cratere di Vix, l’hydria di Grächwil78 e la sfinge di Grafenbühl79 sarebbero stati prodotti per venire incontro allo specifico gusto “non greco” dei membri dominanti delle comunità nord-europee allo scopo di
Sono stati finora tratteggiati gli scenari relativi alla produzione e alla distribuzione di beni, due fasi di una catena, quella produttiva, che include anche il consumo, cioè la pratica sociale che riguarda l’utilizzo degli oggetti. È quasi impossibile ricostruire le traiettorie e il destino dei manufatti prodotti a Garaguso, non solo perché alcuni non hanno lasciato tracce, ma anche perché non si dispone di informazioni relative allo spazio del consumo, ovverosia alla loro destinazione finale, all’uso pratico che ne è stato fatto dopo la loro realizzazione. A Garaguso, oggetti di diversa produzione e quindi provenienza confluiscono in due spazi e contesti differenti: quello sacro e a quello necropolare. Questo caso permette una serie di riflessioni sul significato dei manufatti all’origine della loro produzione e sulle differenti sfumature di significato che i processi distributivi e i nuovi contesti gli attribuiscono70. Il nuovo spazio che questi oggetti occupano conferisce
they were originally created; vessel selected by Etruria become part of Etruscan material culture…”, Paléothodoros 2002, 139. 71 Fondamentali le riflessioni sul consumo in Dietler 2010, particolarmente 214-216. 72 Sull’”appropriazione attiva” cfr. sez. 7.2. 73 Che, come anticipato e come verrà ripetuto, non indicano necessariamente la presenza di altre genti in loco. 74 Morel 1983a, 567-568. Oppure verso altre comunità indigene, come si propone per il vasellame bronzeo dei centri peuceti, Tarditi 2006-2007, 312. 75 Pontrandolfo 1982, 38-39; Tsetskhladze 2006, liii-liv e nota 147. 76 Carlier 1996. 77 Bartoloni, Pitzalis 2011, 138-142. 78 Il vaso proviene da una tomba a tumulo di un piccolo centro halstattiano nel Cantone di Berna, Guggisberg 2004. 79 La sfinge faceva parte del corredo di una tomba a tumulo di un centro halstattiano nei pressi di Asperg, nel Baden Württemberg, Fischer 1990. Sulle tombe a tumulo si veda Hansen 2011.
64 Sono noti interessanti documenti epigrafici relativi alla pratica, Vacca 2011. Per i ceppi rinvenuti a Monte Papalucio di Oria cfr. Mastronuzzi 2013, 74-75. 65 Tagliente 1985, 170. 66 Per l’Etruria e la Gallia, Briggs 2003, 248-249; Morel 1995 e 2010; Graham 2001, 53-54. 67 Per cui si veda Buck 1975. 68 Affuso, Bianco 2006. 69 VI, 1, 3; Bottini 1999c, nota 32. 70 Significativa la citazione che Paléothodoros riporta ad esergo: “Once Attic finewares leave Attica, they cease to be Attic in the sense that
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Garaguso: il mondo sociale 5.3.1. L’intermarriage
attivare o mantenere relazioni commerciali80. È stato evocato più volte il paragone tra Garaguso e la Gallia grazie anche alla presenza del modellino di tempio in marmo da contrada Filera: l’oppidum di Vix, analogamente, avrebbe ricevuto i “tesori” greci dalla focea Massalia, attraverso la Senna81. Per lo storico Alexander John Graham la presenza di materiale greco a Garaguso sarebbe legata alla presenza di Greci, che avrebbero usato il sito come luogo di sosta nel corso dei lunghi viaggi dalle colline del golfo di Taranto e del mar Tirreno; la presenza di un culto greco a Garaguso, comunque, proprio in base alla presenza del tempietto, non sarebbe stata in discussione82. In quanto parte del processo di riconoscimento reciproco tra gruppi, che si identificando in una stirpe nobile83, la pratica del dono risulta infatti fondamentale in tutti gli aspetti delle comunità antiche, non solo quelli riguardanti il versante economico degli scambi, ma anche nella costruzione dell’identità delle comunità, giocando uno specifico ruolo politico nel mantenimento della pace84. La comune cultura del dono e l’acquisizione di oggetti simili permettono alle élites di riconoscere la propria appartenenza ad una stirpe nobile, e questo legame appare più forte persino di quello con la propria comunità85.
Lo studio dell’intermarriage è non solo relativamente recente89, ma fino a qualche anno fa si riduceva al paradigma che vede i colonizzatori greci approdare alle coste della penisola italiana privi di donne, per le quali non c’era spazio sulle navi e che avrebbero ostacolato l’impresa coloniale, e intenzionati a fornirsene grazie al contributo, spontaneo o meno, delle comunità locali: l’ennesima trasposizione simbolica di relazioni asimmetriche tra Greci e indigeni90. Sono numerosi gli indicatori archeologici che sono stati chiamati in causa a sostegno di queste tesi, dalle fonti letterarie, al rituale funerario, alla cultura materiale. Soprattutto quest’ultima ha giocato un ruolo preponderante quando il rinvenimento di certe classi e forme vascolari, oppure l’utilizzo di particolari oggetti di ornamento all’interno delle necropoli greche documentavano la presenza di elementi femminili allogeni91. Questi argomenti sono stati messi in discussione da ricerche che hanno proposto nuove ipotesi, particolarmente nel caso delle fibule di Pithekoussai, valorizzando il contributo delle comunità indigene nella loro totalità alla creazione dell’identità coloniaria92, oppure arrivando a concepire la “rivoluzionaria” idea che fibule indigene potessero essere indossate anche dai Greci, dal momento che l’influenza tra due gruppi non si muove soltanto in una direzione93. Oggetti di produzione non locale non possono essere accostati pertanto, giocoforza, alla presenza in situ di genti allogene/straniere94. Indipendentemente dall’interpretazione della cultura materiale sono note eccezioni al paradigma dell’intermarriage come quella di Locri, l’unica fondazione coloniale per la quale è tramandata la partecipazione fisica delle donne95. Queste sono alla base di proposte di opposizione al modello, come la tesi di Graham: a causa del ruolo fondamentale svolto nelle pratiche liturgiche dalle donne greche, difficilmente quest’ultime sarebbero state sostituite da donne indigene96. La conclusione di molti di questi studi
5.3. il ruolo delle donne nel mondo indigeno e a Garaguso Il tema delle donne e del loro ruolo svolto nelle società antiche ha ricevuto negli ultimi anni una grande attenzione grazie al fiorire dei Gender Studies, che nati sotto la spinta dell’elaborazione del pensiero femminista e postfemminista ne hanno spesso superato i confini, al punto da animare anche i dibattiti attuali86. Il contributo che questi studi hanno fornito all’archeologia, inserendosi nel solco della Post Processual Archaeology87, permette ora di superar in parte i paradigmi degli studi tradizionali con un ampliamento delle prospettive e una considerazione maggiore della presenza delle donne nel mondo antico, dei ruoli e delle attività da loro svolte, indagini che fino poco tempo fa erano riservate al mondo maschile in una prospettiva cosiddetta “androcentrica”88.
accettarne in toto i paradigmi proposti. Di questi studi si condividono particolarmente le finalità tese alla costruzione di una società senza ingiustizie economiche, distinzioni razziali o sfruttamento sessuale. Nel corso di questa ricerca, quindi, sono emerse o emergeranno in vari punti suggestioni accolte da questi studi. 89 In questa sede verranno fatti solo alcuni accenni al tema della donna in Etruria. 90 Owen 2005, 6 e 11. 91 Sull’intermarriage la letteratura è imponente: si vedano Van Compernolle 1983; Coldstream 1993 particolarmente sul caso di Pithekoussai e le fibule indigene all’interno dei corredi della necropoli di San Montano; Ziskowsky 2007, invece, utilizza dati antropologici a sostegno dell’intermarriage. Per una raccolta bibliografica cfr. Shepherd 1999, 268, nota 2 e Cappelletti 2005, 25-26, note 2-3. 92 Kelley 2012. 93 Per la disamina sulle fibule indigene a Pithekoussai, Shepherd 1999; al contrario, invece, Hodos 1999. 94 Hall 2000; Kelley 2012, 246; non solo perché non esiste una stretta correlazione tra cultura materiale e identità etnica, che è un concetto fluido e dinamico, ma anche perché gli oggetti possono venire trasportati da vettori che non corrispondono ai loro produttori; per le fibule in Sicilia cfr. Hodos 1999. 95 Cappelletti 2005, 26 e 28-29. Già Pembroke, Le Roy, 1970; recentemente Montagnani 2008. 96 Graham 1980-1981; contraria Pomeroy, per la quale poche sarebbero state le donne trasmesse come sacerdotesse, Pomeroy 2006.
Wells 1980, particolarmente 76-79. Graham 2001, 49. 82 Graham 2001, 55-56, dove si paragona Garaguso a Gravisca e Naucrati (“if we may compare small things with great”) e poi lo si accosta ad Oria. 83 Hénaff 2013, 18-21. 84 Anche quando l’ostentazione di ricchezza di beni, in realtà, sottintende ancora con più forza la competizione tra i due gruppi, Hodder 1979, 450. 85 Gleba 2013, 2. Una piccola comunità come quella di Garaguso, inoltre, non avrebbe avuto interesse a massimizzare il proprio profitto dalle transazioni perché il suo scopo era piuttosto quello di acquisire solo ciò che serviva, riservando dunque le transazioni alle aspettative sociali, Tandy 1997, 84 ss. 86 In Italia, solo per fare un esempio, la Chiesa Cattolica è schierata contro la diffusione dell’“ideologia di genere”, considerata un complesso di idee e credenze volte a manipolare l’educazione dei bambini e a distruggere la famiglia naturale (cioè composta da uomo e donna) attraverso una vera e propria “colonizzazione ideologica”. Sul pensiero di genere Butler 2013. 87 Con cui condivide la consapevolezza del valore della cultura materiale, cfr. Sørensen 2000. 88 Renfrew, Bahn 2005, 127-128; l’archeologia di genere si occupa anche del ruolo e del lavoro delle donne archeologhe o antropologhe. Chi scrive non nasconde le sue simpatie per questi lavori, pur non potendo 80 81
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. coincidere i risultati dell’antropologia fisica con l’analisi dei manufatti del corredo; a tal proposito preferiva evitare le definizioni di uomini e donne e parlare in maniera neutrale di “Warriors” e “Weavers”100. Altri studi, invece, hanno dimostrato che in realtà esiste una precisa relazione tra alcuni elementi del corredo, nella fattispecie le armi e gli strumenti da tessitura, con il sesso biologico dell’individuo sepolto, sebbene esista una casistica che per i motivi più disparati esula da questi accostamenti101. Per sanare queste incongruenze l’archeologia di genere chiama in causa il genere dell’individuo, che non corrisponderebbe al sesso biologico quanto piuttosto ad un insieme di tratti culturali102. Il caso delle sepolture e della determinazione del sesso dell’individuo sepolto è paradigmatico sia di curiosità sia di schemi mentali moderni che vengono trasposti nel mondo antico. Quello che però emerge dall’analisi dei contesti funerari è che nelle sepolture l’enfasi non è tanto posta su un sesso piuttosto che su un altro, con conseguente apposizione di valore; risulta invece evidente che nell’antichità l’aspetto di un defunto che si intendeva enfatizzare nel momento del funerale era quello che riguardava rango e ruolo, come già aveva notato Agneta Strömberg per le necropoli di Atene103.
che hanno trattato documenti o casi diversi è spesso più ragionevole delle loro premesse: non esiste un modello applicabile per ogni colonia e ogni caso va considerato a sé. 5.3.2. La documentazione dalle necropoli della penisola. Solo maschile Vs femminile? Recentemente Marina J. Markantonatos, concentrando la sua attenzione proprio sulla Basilicata, ha esplorato lo spettro di ruoli e possibilità di interazioni delle donne indigene nell’Italia meridionale dell’età del Ferro, all’interno della comunità di appartenenza e in seguito al contatto con i Greci, avanzando nuove proposte in base a suggestioni etnografiche provenienti dall’America settentrionale. La documentazione disponibile consisteva principalmente in contesti necropolari, la cui cultura materiale ha rivelato la possibilità che queste donne si unissero, oltre a Greci, anche a uomini di altre comunità indigene, una pratica forse meno diffusa97. Markantonatos ha mirato a dimostrare che le donne rivestissero compiti non solo non marginali nelle comunità antiche, ma anzi di fondamentale importanza nella buona riuscita delle relazioni con elementi estranei al proprio gruppo sociale, nella fattispecie i Greci, prima commercianti, poi colonizzatori. Le donne indigene avrebbero svolto la funzione di “cultural mediators” con le comunità greche, grazie allo scambio a livelli diversi che di queste si faceva98. In sostanza, dunque, Markantonatos approfondisce un aspetto dell’intermarriage, piuttosto che proporre un nuovo modello, nel tentativo di valorizzare l’apporto indigeno, particolarmente quello femminile. Le tracce di questo fenomeno vengono ricostruite grazie alla cultura materiale proveniente dalle tombe, principalmente quella dei corredi “emergenti”: l’ostentazione di ricchezza, rappresentata dal proliferare di utensili metallici e oggetti esotici, e la presenza di oggetti tradizionalmente maschili all’interno di sepolture femminili sarebbero la prova materiale del ruolo rivestito dalle donne in una società come quella dell’Italia meridionale dell’Età del Ferro, non dominata, come si credeva, da soli uomini, e dove anzi alcune donne avrebbero potuto raggiungere posizioni di potere 99.
Nell’Italia meridionale dell’età del Ferro sono noti casi in cui elementi tradizionalmente connessi con il mondo maschile sono rinvenuti anche in sepolture femminili e questo fenomeno, individuato dalla Markantonatos, è stato recentemente approfondito da Giulia Saltini Semerari, che ha scelto di concentrare la propria attenzione sulla Basilicata. Il suo studio ha mirato non solo alla scopo di dimostrare la produttività e l’utilità dell’applicazione degli studi di genere nell’archeologia, ma anche a mostrare che la tradizione di donne d’alto rango in Basilicata è più antica di quanto si pensasse e riflette sia dinamiche interne alle comunità locali, sia l’adattamento alla diffusione delle strategie di rappresentazione greche104. Un possibile limite del contributo di Markantonatos è quello di aver nuovamente preso a riferimento un modello estraneo alla comunità, quello delle sepolture “eroiche” greche, supponendo che la comunità avesse adottato e adattato questa pratica,
Il dibattito su corredo femminile e maschile e sulla dicotomia uomo/donna all’interno di una necropoli è forse uno dei maggiori contributi che gli studi di genere hanno fornito all’archeologia. Come è stato più volte ripetuto, la documentazione delle necropoli grazie alla disponibilità di dati antropologici è quella che offre l’apporto più consistente al dibattito; un’interpretazione complessiva, tuttavia, non è mai univoca. Già M. Carmen Vida Navarro aveva osservato, in base allo studio delle necropoli di Pontecagnano, come fosse difficile far
La tomba 164 di Pontecagnano, antropologicamente determinata come maschile, conteneva una fuseruola e una fibula “femminile”, mentre la tomba femminile 215 restituiva non tanto armi o fibule “maschili”, quanto piuttosto due artefatti normalmente caratterizzanti corredi di tombe di uomini, cioè il piatto e l’elmo, Vida Navarro 1992, 95. Anche ad Avella, un sito della mesogaia campana, un defunto era stato deposto con una lancia lungo il suo fianco destro, mentre a sinistra erano tre rocchetti e un bracciale omerale di bronzo, Cinquantaquattro 2006-2007, 118, nota 24. Ruoli di gender invertiti anche in alcune necropoli arcaiche dell’area medio-adriatica, cfr. Luttikhuizen 2000, 144. Scarso valore delle fibule per l’analisi di genere o di età in Brøns 2012. 101 Nel nucleo di necropoli presentati in questo volume le due categorie di oggetti non appaiono mai associate insieme; per alcuni esempi in Basilicata, Markantonatos 1998, 189-190. 102 Vida Navarro 1992, 95. 103 L’aspetto da enfatizzare non era il sesso, quanto il grado di ricchezza, Strömberg 1993, 109; alle medesime conclusioni giunge Luttikhuizen 2000, 143, dopo una rassegna delle necropoli arcaiche dell’area medioadriatica. 104 Saltini Semerari 2007-2008, 119-121. 100
Markantonatos 1998, 185. Markantonatos 1998, 183-184. 99 “Previously South Italian Iron Age society has been assumed to be a male dominated society. But this perception may be slightly corroded by rare examples of élite females who attain power within their own cultures during the period of Greek colonisation”, Markantonatos 1998, 184 e 189-192. 97 98
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Garaguso: il mondo sociale trasformando di conseguenza i suoi comportamenti. Non condivido del tutto tale prospettiva, in quanto ritengo che l’adozione di oggetti estranei alla comunità non indichi, necessariamente, l’adozione di un modello di comportamento diverso o di nuove tradizioni o credenze; gli oggetti possono venir trasmessi senza che ne venga trasmessa la funzione105. Inoltre, la stessa diffusione in tombe femminili di elementi normalmente caratterizzanti le sepolture maschili è contraria al paradigma di diffusione di un modello greco, perché nella Grecia stessa simili fenomeni non si verificherebbero che assai di rado. Per sanare alcune di queste aporie è stato pertanto proposto che i corredi delle sepolture delle donne di alto rango siano stati in qualche modo il riflesso dello status e della ricchezza del marito della defunta, come ulteriore sfoggio di prestigio106. Benché questa idea non possa essere rigettata in toto, bisogna considerare la presenza, all’interno dei corredi, di oggetti che non sono né ornamentali né ricorrenti nelle tombe maschili, ma che potrebbero essere connessi alla filatura e alla tessitura107, prerogative femminili nel mondo italico almeno dall’età del Ferro108. Tali manufatti, insieme ad altri, come vasi a colino per la preparazione di particolari bevande oppure i calcofoni, strumenti a percussione, o ancora oggetti interpretabili come scettri o come conocchie, costituirebbero indizi rivelatori del ruolo rivestito dalle donne in ambito rituale109. Ipotesi simili erano state già avanzate nel caso di sepolture di defunte in area etrusca, ove documenti notissimi, come il trono di Verrucchio e il tintinnabulo della Tomba degli Ori, testimoniano lo status delle defunte. E ancora ad una donna è stata attribuita la famosa tomba di Vix, probabilmente una sacerdotessa. Le donne indigene, dunque, avrebbero raggiunto elevati livelli di prestigio e ricchezza, paragonabili o competitivi rispetto a quelli maschili, grazie al loro ruolo di sacerdotesse110. Per tornare all’Italia meridionale, una probabile conferma di questa ipotesi verrebbe da un’integrazione dei documenti a disposizione con le fonti iconografiche, come il vaso di Francavilla Marittima con offerta a divinità assisa111 e quello di Botromagno con scena di caccia al cervo112.
di altre dell’area medio-adriatica113. La scarsa diffusione degli studi di genere è forse da imputarsi da una parte all’inaccessibilità e alla scarsità della documentazione, dall’altra probabilmente ad un disinteresse nei confronti di questa prospettiva che viene giudicata non rilevante114. Ritengo che il contributo più importante che gli studi finora citati possono fornire a questa ricerca riguardi non tanto la scoperta del potere delle donne nelle comunità indigene, negato o trascurato dall’archeologia tradizionalmente “androcentrica”, e che qui non interessa rivendicare, quanto piuttosto un preciso riconoscimento del loro ruolo all’interno della “società dei morti”, così come della ‘società dei vivi’115, ricostruito senza l’intervento di pregiudizi e soprattutto senza ricorrere ad anacronistiche operazioni che riflettono, consapevolmente o meno, il punto di vista moderno sulle società antiche116. 5.3.3. Le differenze di genere a Garaguso Nel piccolo nucleo di tombe analizzate, per il quale non si disponeva di analisi antropologiche che avrebbero consentito una determinazione della popolazione in maschi e femmine, è stata inizialmente proposta la determinazione del genere del defunto sulla base della presenza/assenza all’interno dei corredi di determinati manufatti (cfr. tabella 5.1): poiché alcune tombe possedevano manufatti fittili preliminarmente connessi alla tessitura e dal momento che questi non si trovavano mai insieme alle armi, si è scelto di attribuire le sepolture con manufatti fittili e strumenti da filatura e tessitura a donne e quelle con le armi agli uomini. La lama o il coltello in ferro rientra nella categoria degli utensili, e non delle armi, ed è pertanto possibile che venga rinvenuta in corredi femminili. È stato verificato che anche gli elementi in ambra, quelli che con maggior probabilità facevano parte di parures ornamentali, nonché le armille bronzee, non occorrevano in corredi dove fossero presenti delle armi, costituendo dunque un altro probabile indicatore di genere. Lo stesso dicasi per l’unico esemplare di bottoncino bronzeo che testimonia la pratica diffusa anche in altri centri dell’area enotria di deporre le defunte con un velo sul capo sorretto da questi piccoli bottoni (NC 267, t. 11). Il bronzo ricorre ancora nelle sepolture femminili con le fibule che sembrano caratterizzare questi corredi, mentre quelli maschili sarebbero dotati esclusivamente di fibule in ferro. La combinazione o la presenza/assenza di altri elementi del corredo non si è dimostrata altrettanto produttiva nella determinazione del genere del defunto. Lo schema sovraesposto contiene due casi ambigui: la tomba 2 e la
La letteratura archeologica in Italia sulle donne, oltre agli studi sopra citati, registra pochi contributi, tra cui l’analisi di alcune necropoli della mesogaia campana e 105 Come per esempio l’oinochoe rodia della tomba 170 di Chiaromonte, cfr. sez. 4.6.2. E sono spesso i contesti a rivelarci che un oggetto diffuso nel mondo greco in un determinato contesto può venire utilizzato per altri scopi nel mondo indigeno: si pensi al cup-skyphos NC 873 della t. 34, alle coppe ioniche e agli skyphoi, ai thymiateria, cfr. le sezioni di riferimento delle singole forme nel cap. 4. 106 Saltini Semerari 2007-2008, 125-126. 107 La presenza di fuseruole o rocchetti in deposizione di “guerrieri” è stata interpretata come offerta simbolica al defunto da parte della fedele compagna di vita (filatrici e tessitrici sono comunque considerate rispecchianti status diversi), Bartoloni 2007, 19. 108 Gleba 2008, 174-175. 109 Dapprima insieme alla presenza di altri manufatti, Saltini Semerari 2007-2008, 127-128; cfr. Gleba 2008. 110 Già Torelli 1999, 703-705. 111 Granese 2008, 466-467, fig. 11. 112 Forse scena di caccia rituale con protagonista femminile, cfr. sez. 8.2.33.
Rispettivamente Cinquantaquattro 2006-2007 e Luttikhuizen 2000. Applicazione e sviluppo di un’archeologia di genere in Italia erano considerati fino a qualche anno fa una sfida, Vida 1998, 15. 115 Per usare l’espressione di D’Agostino 1985. Per contributi specifici sull’archeologia di genere applicata ai contesti funerari Arnold, Wicker 2001. 116 Si vedano Ginge 1996, 65-73 e Milledge Nelson 2001. La Gender Archaeology non dovrebbe riguardare solo i contesti scientifici che condividono determinate posizioni, ma venir adottata da chiunque voglia comprendere il comportamento umano nel passato nella sua totalità, Vida 1998, 15. 113 114
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. svolta e della corrispondente posizione nella scala sociale. Probabilmente lo status era ereditario, come dimostra la tomba 7 attribuita ad una fanciulla, che non avrebbe avuto altrimenti modo di acquisire la ricchezza, il prestigio e la distinzione che il suo corredo dimostra. I ruoli ricostruibili attraverso i corredi non si limitano all’attività bellica e a quella tessile. L’attività agricola è testimoniata dalla zappa all’interno della tomba 26, che ospitava un defunto sepolto con la spada, accompagnato da un’ascia che potrebbe aver svolto anche un ruolo nel rituale e da un bacile bronzeo ad orlo perlinato, che rimanda sia al banchetto, sia a relazioni diplomatiche con il mondo esterno (NC 570 e 575, figg. 4.38 e 8.64). Non ci sono, infine, elementi inequivocabilmente riconducibili ad altri compiti fuorché la filatura e la tessitura. Oltre che nella cura dei figli, è possibile che le donne fossero impegnate in altre attività domestiche con queste compatibili, come la produzione fittile123. Lo scopo dell’analisi fin qui condotta è stato non tanto quello di enfatizzare il valore delle donne nella comunità di Garaguso, quanto quello di riconoscere le attività di tutti i gruppi sociali indipendentemente dal loro genere. Queste osservazioni si basano inoltre su una documentazione limitata, costituita da un campione ridotto di poche sepolture e su migliaia di frammenti non più in situ rinvenuti nei depositi votivi.
tomba 18. La prima presenta l’insolita combinazione di un grande pendente d’ambra, probabilmente elemento di collana, con un piccolissimo disco bronzeo pertinente ad uno scudo, l’unico finora riconosciuto a Garaguso (NC 66 e 63, figg. 4.40 e 4.37117). La tomba 18 appartiene, invece, a uno dei quattro portatori di spada, dotato di lancia e lama e abbigliato con fibule in ferro e bronzee, pendenti d’ambra pertinenti a collane, una conchiglia forata e tre anelli bronzei di differente diametro e spessore118. Una combinazione simile di elementi di corredo si ritrova, mutatis mutandis, nella t. 110 di Chiaromonte119. Anche la precisazione del genere dei devoti che frequentavano le aree sacre, nonostante le ipotesi avanzate negli studi precedenti, è meno semplice di quanto ci si aspettasse120. La notizia del rinvenimento di attrezzi agricoli miniaturistici, per esempio, che inizialmente era stata invocata per giustificare una presenza maschile, viene ridimensionata dalla scoperta degli stessi manufatti in alcune aree sacre e specialmente nei Thesmophoria di Sicilia, la cui celebrazione prevedeva solo occasionalmente la partecipazione di devoti maschili. La presenza di questi ultimi verrebbe piuttosto confermata dal rinvenimento di una cuspide di lancia miniaturistica che, stando alla testimonianza degli scavatori, doveva far parte di un più nutrito gruppo di ex-voto metallici121. Le armi miniaturistiche potrebbero essere, infatti, la testimonianza di un avvenuto passaggio di status tipico di una parte della popolazione maschile, suggellato dalla dedica alla divinità dello strumento simbolo dell’importante momento di transizione. Ad eventi simili potrebbe legarsi anche la dedica di monete incuse, recepite dal mondo indigeno come pagamento per prestazione straordinarie fornite alle città coloniali, come quelle dei mercenari. Al mondo femminile sarebbero invece legate le piccole lekythoi ariballiche, contenitori per olii e per profumi, da utilizzare nel corso dei riti o semplicemente da dedicare alla divinità122, e probabilmente le statuette di figure maschili e femminili. Tutte le proposte avanzate si basano, comunque, su confronti tratti dal mondo greco e greco-coloniale, i cui significati originari, traslati nel mondo indigeno, potrebbero essere stati alterati, adattati e manipolati.
5.3.4. Classi di età e fanciulli/subadulti a Garaguso Mancano a tutt’oggi sia un’analisi che una sintesi dei rinvenimenti di sepolture di giovani individui nelle necropoli indigene dell’Italia meridionale124, pertanto le osservazioni seguenti, già lacunose per lo stato della documentazione, sono aggravate dalla mancanza di una cornice di dati e di una metodologia di riferimento. Per l’area enotria sono note le sepolture “infantili” di Alianello, che restituiscono statuette di terracotta, e di San Brancato di Sant’Arcangelo, dove tali sepolture sono collocate in genere accanto ad individui adulti femminili, indizio forse di spazi destinati nuclei familiari, ma soprattutto segno dell’integrazione dell’infante nella comunità allargata125. Uno dei problemi principali riguarda l’individuazione della classe di età, elemento che a Garaguso non è possibile chiarire. Sulla base della dimensione delle fosse e dello scheletro, ove conservato nei rilievi, si è preferito dunque attribuire il corredo subadulti, fanciulle o fanciulli, escludendo gli infanti, che non sembrano altrimenti documentati e che probabilmente ricevevano diverso trattamento. Benché non sempre i dati di rilievo e corredo coincidano, nella necropoli le sepolture attribuibili a subadulti sono probabilmente sei: quelle attribuibili in base al rilievo126 sono le tt. 1, 7, 27, 30; quelle attribuibili in base alla presenza di specifici
L’immagine complessiva che si ricava dal piccolo nucleo di tombe è quella di 17 sepolture femminili, 11 maschili, due con indicatori ambigui e quattro prive di indicatori. Indipendentemente dal sesso biologico del defunto, sembra che all’interno di un corredo sepolcrale venissero inseriti principalmente indicatori di ruoli e attività; quello che in realtà si voleva enfatizzare era lo status inteso come indicatore della funzione realmente Cfr. t. 2 in 8.2.2. Cfr. t. 18 in 8.2.13. 119 Loprete 1996, 138, 2.9.48. 120 Il tema, già affrontato per Grotte delle Fontanelle, verrà in questa sede soltanto sintetizzato, pertanto si rimanda a Bertesago, Garaffa 2015, particolarmente 322 per le monete incuse e 330-331. 121 Bertesago in Bertesago, Garaffa 2015, 204. 122 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 93-95 e 120. 117
Per gli studi etnografici che registrano una produzione domestica fittile realizzata da donne, Peacock 1982. 124 Con l’eccezione di Costanzo, Dubois 2014. 125 Per Alianello cfr. sez. 2.3.4; per San Brancato si veda Bianco 2014, 175, dove viene notata l’analogia di questa pratica con tutte le ‘restanti necropoli dell’areale agrino-sinnico di facies chonio-enotria’.” 126 E nonostante l’ambiguità di questa documentazione.
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Garaguso: il mondo sociale 5.4. L’identità
oggetti nel corredo, come i vasetti miniaturistici, sono le tt. 7, 11, 13?, 27. Per proporre il genere dell’individuo sepolto si fa generalmente ricorso ai medesimi indicatori di genere usati per valutare le tombe degli adulti e cioè i manufatti fittili non vascolari e gli ornamenti in ambra per le fanciulle, e la lancia per l’unico fanciullo. La mancanza di dati antropologici non consente una verifica dei risultati, verifica che risulterebbe comunque difficile per la poca affidabilità dei metodi sperimentati per individuare il sesso dei giovani defunti, il cui osso iliaco non è ancora completamente ossificato127.
Negli anni recenti uno dei temi più delicati e dibattuti nell’analisi dei contesti indigeni è stato il tema dell’identità di queste comunità che, come molte altre tematiche, è strettamente legato all’incontro tra le comunità indigene e le fondazioni coloniali greche132. L’identità di una comunità emerge nel momento del suo sviluppo sociale e politico perché i suoi tratti diventano rilevanti per i membri che in essa si riconoscono e che ne sottoscrivono le caratteristiche; in questo momento di formazione si verificano fenomeni di selezione, per cui alcuni tratti vengono soppressi, altri riformulati o trasformati, altri ancora enfatizzati, altri creati ex-novo. Da questo processo di cambiamento che investe la comunità alle sue origini, proprio nella sua formazione e definizione, nasce l’identità della comunità, il bisogno intrinseco di uno stato, di una società o di un piccolo nucleo sociale di definirsi attraverso caratteristiche ricorrenti e condivise da ogni suo membro, spesso in rapporto all’alterità133. Il contatto con i Greci avrà determinato una spinta importante134, così come l’interazione con tutte le altre comunità indigene sarà stata determinante per definire e amplificare i propri tratti distintivi, le proprie peculiarità stilistiche e le proprie tradizioni; è stato efficacemente dimostrato da Ian Hodder, infatti, come nelle zone di confine siano più pronunciate le espressioni fisiche delle differenze tra le culture materiali135. Qui può essere applicato anche il concetto di “community construction” introdotto dagli antropologi per indicare che le comunità non sono sistemi chiusi e fissi, bensì strutture aperte, disponibili sì alla mediazione, ma create e ridefinite attraverso la costruzione di limiti simbolici che sottolineano le differenze con l’esterno. Questi processi si verificano spesso nei contesti rituali, particolarmente quelli afferenti alla sfera del sacro, come è stato già riconosciuto e come sarà approfondito più avanti per il caso di Grotte delle Fontanelle136.
Una recente analisi sta esaminando i dati delle sepolture infantili nel mondo greco per verificare la validità di questi indicatori, ovvero degli oggetti sex indicating, particolarmente gli oggetti di ornamento; dalla disamina puntuale emerge quanto dominino le sepolture d’infanti con corredo cosiddetto femminile, come a Garaguso. Secondo l’autrice questa distinzione non corrisponderebbe necessariamente alla distinzione di sesso biologico, ma piuttosto al criterio dell’età, con enfatizzazione del rapporto tra gli infanti e la sfera femminile; proprio gli ornamenti, del resto, non sarebbero un indicatore di genere, ma di rango. La semplice opposizione maschile/ femminile, per il carattere polisemico della cultura materiale, non è risultata rilevante nel caso di sepolture di individui piccoli, ancora dipendenti dalla famiglia e dalla società, la cui identità riflessa nel corredo sarà stata scelta da altri128. Le considerazioni sopraesposte si riferiscono al mondo greco e greco-coloniale ed intrecciano fonti letterarie, iconografiche e archeologiche sottolineando con forza la complessità dell’indagine, pertanto non possono essere riflesse automaticamente sul mondo indigeno. Con tale impostazione si condivide, comunque, l’assunto che nei contesti di sepolture di subadulti spesso il corredo deposto fornisca più informazioni sul gruppo o sul singolo che ha effettuato la deposizione che sul defunto stesso129. Non è chiaro se la sepoltura formale di questi giovani individui dimostri la loro integrazione nel corpo sociale e quindi il superamento di determinati riti di passaggio130. La preponderanza di oggetti femminili all’interno delle tombe di subadulti potrebbe in ogni caso riflettere l’intervento del nucleo familiare nella composizione del corredo e particolarmente l’intervento della madre, che deponeva nel corredo del figlio precocemente perduto oggetti che rappresentavano se stessa e il suo gruppo familiare. Non è infine inusuale che le tombe di subadulti si distinguano da un quadro di generale uniformità per ostentare simboli di ricchezza e prestigio per lo più riconducibili al mondo degli adulti: i giovani, particolarmente nel caso dei gruppi elitari, avrebbero dovuto garantire la continuità della stirpe131.
I tratti di cui si è parlato e che compongono l’identità delle “culture archeologiche” sono in alcuni casi tratti di cultura materiale archeologicamente riconoscibili137: “material culture assemblage […] as the surviving physical
Interessante è il dibattito sulla colonizzazione greca e sulla natura delle città-madri in Grecia: ad alcune era stato negato lo statuto di polis al momento della fondazione delle colonie, riducendo l’iniziativa alla sfera privata piuttosto che a quella statale (varie posizioni in Wilson 2000 e Greco, Lombardo 2012); la focalizzazione sulle città greche e sulle edizioni dei nuovi dati archeologici modificano il quadro, ma rimangono le distanze interpretative tra le diverse scuole di pensiero. 133 Herring, Lomas 2000b, 1; per la natura contrastiva dell’identità che si costituisce solo nell’ambito di relazioni dialettiche/conflittuali tra gruppi, Cuozzo 2003, 27, con riferimenti antropologici e archeologici. Per Bats, invece, l’identità etnica si distingue dalle altre forme di identità collettiva per il suo sguardo rivolto al passato, Bats 2010. 134 Herring 2000, 62-63. 135 Hodder 1979; tale teoria antropologica può essere accettata se si considera la cultura materiale come un linguaggio che può essere usato particolarmente nei contesti con gruppi in competizione, Ibidem, 447448. 136 Burgers 2012, 75 e cfr. sez. 6.2. 137 Herring, Lomas 2000b, 2. 132
127 Dubois 2014, 99. Tale verifica, sempre utile per controllare la validità delle attribuzioni in base al corredo o alla combinazione di specifici elementi di questo, è stata già discussa nel caso degli adulti, ma diventa urgente nel caso di subadulti, che costituiscono un caso a sé stante. 128 Dubois 2014, particolarmente 103, 105-106 e 111-112. 129 Dubois 2014, 104. 130 Van Gennep 20123, 57-99. 131 Elia 2012, 106-107.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. manifestation of cultural identity”138; mentre in altri, indipendentemente dalla grandezza o dall’importanza di una comunità, questi non hanno lasciato tracce. Questi ultimi casi sono stati spesso enfatizzati e sfruttati per negare la possibilità di riconoscere archeologicamente una comunità laddove non siano disponibili fonti storiche o epigrafiche139. Le comunità indigene dell’Italia meridionale, infatti, forniscono un interessante campione da analizzare per quanto riguarda la seconda età del Ferro e l’età arcaica. È stato infatti osservato come nel loro sviluppo, a partire dall’inizio dell’età del Ferro, sia possibile notare alcuni tratti ricorrenti, per esempio la diffusione di determinati rituali funerari in comparti geografici circoscritti; questi erano principalmente relativi alla pratica dell’inumazione, con il defunto in posizione supina oppure rannicchiata, mentre la cremazione era praticata in contesti coloniari greci oppure più antichi, come il campo di urne di Timmari dell’età del Bronzo o quello di Garaguso140. Le comunità che condividevano la stessa pratica di trattamento del cadavere gravitavano in precise aree geografiche e mostravano di avere in comune anche un altro tratto distintivo, cioè una specifica produzione ceramica specializzata sia per quanto riguardava le forme vascolari sia per il sistema decorativo dei vasi. Quest’ultimo aspetto è determinante, poiché secondo un paradigma teorico socio-antropologico la variabilità stilistica sarebbe un mezzo di comunicazione, lo stile funzionerebbe cioè come forma di comunicazione non verbale rivolta a specifici referenti, nella fattispecie i membri della comunità. Il messaggio veicolato attraverso lo stile ceramico era esattamente un messaggio identitario141 e la presenza di questi manufatti all’interno delle tombe rafforzava l’ipotesi di un messaggio che non solo si adattava al tono del contesto funerario, ma che anzi qui trovava il suo contesto d’elezione, cioè quello tradizionale della comunità lacerata e ricomposta unendo il passato degli antenati al futuro di coloro che rimanevano, un messaggio che dunque si prestava a rinforzare il senso di appartenenza al gruppo. Tale assunto non è condiviso unanimemente, anzi viene contestato quando per stile si intende soltanto la decorazione pittorica dei vasi trascurando altre caratteristiche tecniche dei manufatti rivelatori di pratiche e acquisizioni tecnologiche e se soprattutto non viene posta la dovuta attenzione ai contesti di produzione e consumo che possono essere diversi e non coincidere oppure sovrapporsi142. La combinazione dei tre fattori sopra riconosciuti -l’appartenenza ad un medesimo comparto geografico, l’adesione ad una determinata pratica funeraria e una produzione ceramica specializzata- sono
stati i criteri adottati per una suddivisione della Basilicata antica in comparti territoriali che negli studi hanno assunto nomi diversi, che siano gli etnimici che si ricavano dalle fonti letterarie greche143 oppure denominazioni che si riferiscono alla collocazione geografica144. A volte le diverse definizioni coincidono; altre volte, invece, alcuni elementi indeboliscono l’armonia e la linearità di queste proposizioni. I confini geografici delle aree stilistiche sono infatti meno netti di come si immagini ed è stato visto nel caso di Garaguso, che ha una posizione quasi di frontiera con altri comparti territoriali, ma distante dall’area enotria propriamente detta145. La caratteristica principale del concetto identitario di queste comunità, comunque, risiede nella sua natura fluttuante, nel suo essere aperta a scambi e negoziazioni che ne modificano la natura, soprattutto quando interviene il contatto con altre culture come quella greca146. Nonostante le perplessità che derivano dagli elementi di debolezza del paradigma o la difficoltà nel restituire una fisionomia precisa, questi raggruppamenti si sono dimostrati evidenti e produttivi147. Le comunità indigene di un determinato comparto territoriale, che condividono tratti culturali comuni come modalità di trattamento del cadavere e produzione ceramica specializzata, sono gruppi registrati archeologicamente. Non si esclude che raggruppamenti di questo tipo possano aver operato qualche volta anche come entità politiche148. Pertanto è stato adottato il termine “enotri” come riferimento ad una specifica realtà geografica i cui insediamenti condividono tratti culturali comuni, ma ci si è riferiti anche a Lucania Occidentale o West Lucania intendendo le vallate dell’Agri e del Sinni e lo stile ceramico lì diffuso149. In queste comunità che hanno adottato uno stile ceramico preciso prevale una precisa forma vascolare, il cantaroide, diventato un fortissimo simbolo identitario, evocativo di pratiche comunitarie che gravitavano intorno alla commensalità e che trovavano un riflesso nelle pratiche greche; quando queste forme cerimoniali scompaiono dai corredi è segno che i legami con il passato, con la tradizione e con l’identità si spezzano e si avviano processi di discontinuità che avranno esiti diversi a seconda delle differenti aree; tali processi, generalmente, prevedevano una diffusione capillare della cultura materiale greca150. A volte, come in una parte del Come Ecateo, Aristotele e Strabone per gli Enotri, per cui cfr. sez. 2.3. I primi sono preferiti dall’archeologia italiana, mentre i secondi sono più utilizzati in ambito nordeuropeo con intento quasi negazionista dell’utilità delle fonti letterarie o comunque dei modelli di lettura tradizionale della colonizzazione greca, per cui si veda per esempio Yntema 2000 e 2013 e Greco, Lombardo 2012. 145 Anche per quanto riguarda la produzione ceramica ogni insediamento poteva sviluppare una specifica forma vascolare o un proprio stile peculiare all’interno di un repertorio comune, Osanna in Carollo, Osanna 2009, 410; è il caso dei modellini fittili in forma di cofanetto da Guardia Perticara, cfr. Bianco 2012. Talvolta si tratta di veri e propri insediamenti di difficile definizione, come Atena Lucana, Tardugno 2009. 146 Natura “situazionale” dell’identità in Burgers 2012, 67. 147 Sono, cioè, riconoscibili archeologicamente, cfr. Bottini 1999c. 148 Identità culturale, come insieme di cultura materiale interpretata come resto di manifestazioni fisiche e tangibili, termine che si differenzia da ethnicity come insieme di una storia condivisa, di una mitologia e di un sistema di credenze, cultura e linguaggi comune, Herring 2000, 45-48. 149 Riprendendo la definizione di Yntema 1990a, 111-143. 150 Colivicchi 2004, 58-60. 143 144
138 Herring 2000, 45; sull’identità culturale si rimanda anche a Shennan 2013. 139 Hall 2000, 111-142. 140 Altra analogia tra Timmari e Garaguso che andrebbe approfondita; sulla necropoli di Timmari cfr. Nava 2004, 653 e bibliografia precedente; su Garaguso cfr. cap. 3. 141 Con la deposizione di questi oggetti nella tomba si affermava l’appartenenza del defunto ad una determinata comunità e di questa si rinforzava parallelamente proprio il senso identitario, Herring 1995, 139140; Idem 2000, 55-57. 142 Per le riflessioni in questa direzione Dietler, Herbich 1994, 460-461 e 469; emblematico il caso di difficile lettura dell’Incoronata, per cui si vedano recentemente le domande in Bellamy 2015.
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Garaguso: il mondo sociale mondo enotrio che non è stata trattata in questa ricerca, e cioè quella calabrese, il cantaroide diventa quasi un simbolo della resistenza identitaria, dal momento che è l’unico elemento indigeno nei corredi della necropoli di Tortora San Brancato databili tra il 510 e il 490 a.C. accanto alla ceramica greca151.
ed elaborate grazie ad appliques bronzee e arricchite da ornamenti in ambra e osso; gli uomini ostentavano armi e vasellame, elementi pratici e simbolici al contempo, che pur non avendo forse radici nelle tradizioni comunitarie, rimandavano a nuove pratiche e alla ricchezza derivata dai contatti e dai commerci. Tali pratiche divennero il simbolo della nuova identità che si stava formando, dove i caratteri misti davano la misura dell’originalità di un centro abitato da una comunità aperta agli scambi con interlocutori vicini e lontani.
5.4.1. L’identità della comunità di Garaguso La comunità che abitava la collina e le pendici dell’attuale centro di Garaguso, tra la fine del VI e l’inizio del V sec. a.C., è forse l’ultima comunità, in ordine cronologico, di un gruppo etnico o tribale che in letteratura viene definito enotrio, in base all’associazione di un particolare tipo di trattamento del cadavere e alla produzione e l’utilizzo di produzioni ceramiche specializzate diffuse nelle vallate dell’Agri e del Sinni. In questa ricerca la comunità viene colta in uno dei suoi riti di passaggio, cioè quello funerario, in base al quale non è forse possibile ricostruire tutte le pratiche mortuarie, ma che offre comunque un record archeologico di cultura materiale da interpretare. I manufatti deposti nei corredi ci svelano l’universo di questo centro che, a differenza di tutti gli altri, ospita nel suo paesaggio naturale caratterizzato da grotticelle e corsi d’acqua uno spazio destinato alla celebrazione di pratiche cultuali collettive. Per queste utilizza un linguaggio inedito che è quello della cultura materiale greca, un linguaggio che si adatta a pratiche nuove, ma che soprattutto si pone come un ponte tra la comunità di Garaguso e le colonie fondate dai Greci. Un linguaggio inedito che viene impiantato, però, nello spazio più identitario possibile, quello rappresentato dalle particolarità paesaggistiche della collina e del centro, cioè le acque e le grotte. Non recinti né templi né altre installazioni, bensì le pendici di sabbioni calcarei della collina, nelle cui grotte venivano deposte le offerte152. Giù nel fondovalle, il corso del Fosso dell’Orco completava lo scenario naturalistico.
5.5. Bere e banchettare nel mondo indigeno Forse non originarie né identitarie, le pratiche simposiache e quelle del banchetto hanno dominato la letteratura archeologica sui centri indigeni dell’Italia meridionale perché considerate i principali portati della cultura greca. Le due pratiche, divenute stile di vita distintivo dell’aristocrazia arcaica sia in Grecia sia in Etruria, devono essersi diffuse in Italia meridionale tramite contatti tra le aristocrazie154. Banchetto e simposio, momenti diversi e talvolta complementari di forme di commensalità in cui il cibo superava la dimensione nutritiva per diventare fenomeno sociale155, sono riconoscibili archeologicamente solo attraverso gli strumenti associati ad esse e inseriti all’interno dei corredi. Solo le sepolture “emergenti”, dunque, sarebbero state dotate di questi manufatti considerati beni di prestigio. Nei corredi delle necropoli indigene si rinvengono manufatti relativi al simposio o al banchetto indipendentemente dalla classe di età o dal genere del defunto156. Per questo si è ipotizzato che in questi casi, a differenza del mondo greco, la pratica simposiaca fosse anche prerogativa delle donne157. Il fenomeno trovava una sua coerenza nel fatto che simposio e banchetto non avrebbero raggiunto le comunità indigene attraverso i Greci delle colonie, bensì attraverso i centri etruschizzati della Campania158, dove le figure femminili rivestivano ruoli di primaria importanza159. Ma anche nei corredi attribuibili ai fanciulli sono spesso presenti beni di prestigio: sarebbero quindi segno di una loro partecipazione alle pratiche simposiache? Poiché non esistono indizi in tal senso, è stato proposto che la donna indigena, lungi dal condividere liberali costumi etruschi, si sia limitata a rivestire un ruolo rituale nelle pratiche di
L’identità della comunità si manifesta con vigore anche nel panorama della ceramica matt-painted, con il suo universo geometrico e figurato che allude ad immagini adesso perdute, ma che dovevano costituire la fisionomia di questo centro. Non solo le immagini, ma anche il supporto, cioè le forme vascolari, erano il risultato sia di decenni di tradizioni artigianali consolidate che si erano trasmesse di generazione in generazione, sia il simbolo di attività domestiche poi diventate rituali che coinvolgevano ogni membro della comunità. Una grande enfasi è stata posta sui vasi cantaroidi, ma ogni singola forma vascolare, non necessariamente decorata, poteva concorrere a definire i tratti identitari della comunità di Garaguso153. Al vasellame si aggiungevano le vesti tradizionali delle donne, tessute grazie agli strumenti ritrovati nei corredi delle tombe
Murray 2011, 60. Bottini 1999a. 156 A differenza del mondo greco, e particolarmente in attica, dove sono divise per sesso, cfr. Boardman 1988. 157 Sull’incertezza e la difficoltà di interpretare questi dati Bottini 1999a, 13-16. 158 Bottini, Tagliente 1984, 115; ‘Modello di comportamento tirrenico’ per Pontrandolfo 1995, 176-177; Bianco 2011, 28. 159 Una partecipazione al simposio è suggerita per le due defunte da Spina e Forentum, Guzzo 1993a, 13; Bottini in Bottini, Tagliente 1994, 500. A Pontecagnano sono numerosi i confronti istituiti con le donne delle aristocrazie etrusche degli orizzonti orientalizzanti nell’Etruria e nel Lazio, Cuozzo 2003, 214-219; per la donna nell’Etruria e nel Lazio Bartoloni 2003, particolarmente 123-129. 154 155
151 Donnarumma, Tomay 1999, 53. Similmente nella collina di Palecastro, Mollo 2008. 152 Cfr. lo studio geognostico sull’abitato di Garaguso in Bertesago, Garaffa 2015, 352-353. 153 Ci si riferisce particolarmente al boccaletto d’impasto, cfr. sez. 4.2.6.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. consumo collettivo della bevanda160. Quanto ai fanciulli, la presenza dei manufatti in esame indicherebbe non la loro effettiva partecipazione, quanto piuttosto la possibilità, spesso frustrata da una prematura morte, di aderire alle pratiche grazie al loro rango161, come una compensazione, dunque, per il destino individuale non realizzato. Indipendentemente da dove la pratica abbia avuto origine e quali segmenti della società indigena vi abbiano preso parte, c’è una caratteristica che separa il simposio del mondo greco dalle pratiche che vengono ricostruite nel mondo indigeno e cioè la sfera d’uso: nel mondo greco il simposio, praticato da élites aristocratiche, si realizza tra maschi adulti che bevono distesi su klinai in un contesto privato in cui vige uguaglianza, ma manca ogni riferimento o relazione all’oltretomba, che infatti non viene rappresentato come un eterno banchetto. Nelle comunità greche, quindi, morte e simposio si escludono vicendevolmente162.
banchetto, anche fuori dal contesto necropolare, rimanda a pratiche importanti da un punto di vista sociale e politico. La commensalità, infatti, si inserisce a pieno titolo nelle pratiche di gestione del potere che coinvolge solo un gruppo ristretto della comunità170. I manufatti deposti nelle tombe a volte sono isolati, a volte fanno parte di quello che viene interpretato come un “servizio”. Al simposio vengono normalmente associate forme vascolari fittili come le kylikes, oppure forme destinate alla manipolazione del vino, particolarmente le oinochoai (a volte anche nel corrispettivo metallico) e i crateri171, fiasche, barili172, colini e grattugie bronzee. Altre forme metalliche, come i bacili bronzei e gli spiedi, sarebbero state invece destinate al banchetto. Quasi tutti i manufatti nominati sono diffusi in differenti contesti e non possono essere direttamente associati al simposio; l’unico vaso inequivocabilmente legato a questa pratica, invece, sarebbe il cratere, la cui presenza o assenza nei contesti necropolari genera vari problemi173.
Per i contesti anellenici, invece, si ipotizza che il corredo funerario fosse costituito dai beni che il defunto avrebbe portato con sé nell’aldilà, quindi anche quelli relativi al simposio163: manufatti privati del defunto, ma ormai contaminati e quindi inutilizzabili164. L’offerta di vegetali combusti prima della chiusura delle tombe, indiziata da carporesti scoperti tramite analisi archeobotaniche165, suggerirebbe invece la pratica del pasto funebre166: un segno di rispetto, per allontanare o placare gli spiriti, per fornire le provviste per il viaggio verso l’aldilà167 oppure offerte alla tomba, eventualmente purificate dall’azione del fuoco168. Il banchetto funerario ha luogo dopo la processione e l’interramento, a cui seguono nel tempo altri banchetti in onore del defunto e varie cerimonie commemorative169. Lo strumentario da simposio e
Nel mondo indigeno all’interno dell’universo simbolico costruito attraverso i manufatti legati a pratiche di convivialità e commensalità trovano posto anche le armi, effetto forse di una riplasmazione del modello di comportamento dell’aristocrazia militare sibarita174 che rende ancora più incoerente il quadro d’insieme, pur avvicinandolo alla fine a quello delle colonie greche175. Da questo universo simbolico verrebbero esclusi alcuni manufatti come le phialai, di cui quasi mai viene specificata la funzione176, e gli strumenti di lavoro come quelli della t. 26. Questi rappresenterebbero i realia relativi alla sfera religiosa e politica177 così strettamente intrecciati con altre pratiche. 5.5.1. Le comunità dell’Enotria
160 Herring et alii 2000, 244-246 e 249-250, per le donne coinvolte nell’uso rituale del vino, ma non direttamente nel consumo della bevanda. Su donne enotrie e simposio anche Bottini 2016. In contesti particolari come quello di Vix, inoltre, si attribuisce alla defunta una preminenza di natura religiosa, statuto coincidente con la sua appartenenza all’élite, Milcent 2003, 324-327. 161 Alle medesime conclusioni si arriva per la tomba 12 di Gravina, tomba di infante con cratere miniaturistico come segno di status che gli avrebbe permesso l’ammissione a determinate pratiche, Herring et alii 2000, 250. 162 Pontrandolfo 1995, 185. Questo, tuttavia, non è un modello su cui appiattirsi, cfr. la grande tomba a camera a Taranto in via Crispi, databile tra fine VI-inizi V sec. a.C., con sette sarcofagi e vasi deposti nella camera in comune, tra cui quattro crateri attici, una kelebe, un’anfora panatenaica, oinochoai e kylikes; la tomba è stata depredata già in epoca antica, ma è probabile che gli inumati tenessero strigili e alabastra, Pontrandolfo 1995, 186-189. Per le zone periferiche del mondo greco Murray 1988. 163 Rabinowitz 2019, 1; invece nelle tombe greche oggetti correlati al simposio o immagini a questo allusive sono state messe in relazione all’eroizzazione del defunto, forse da legare allo sviluppo di un atteggiamento iniziatico nei confronti della morte, Ibidem, 2-4. 164 Murray 1988. 165 Esemplare il caso di Torre di Satriano, Novellis 2012, 153-156. 166 Bottini 1999b, 92. O si è evocato il “banchetto eroico”, Bottini, Tagliente 1984, 115. 167 Rabinowitz 2019, 1. 168 Novellis 2012, 155. 169 Il banchetto nel mondo greco precede il simposio; è importante distinguere il pasto comunitario, il banchetto d’ospitalità, quello della comunità, ma soprattutto quello del contesto funerario, ThesCRA II 4.a. Banquet, 215-217. Sulla distinzione, anzi sull’opposizione tra i pasti
Al paradigma che attribuisce ai Greci la diffusione non solo della pratica del simposio, ma anche del vino si oppongono le recenti ricerche che mostrano come la vite, così come l’olivo, fossero coltivati in Italia sin dal Bronzo Medio, cioè prima dell’arrivo dei Greci. La tradizione letteraria, dalla paretimologia degli Enotri (da οἶνος, in comune e il symposion, estraneo, a differenza del banchetto, alla riflessione sociopolitica dei Greci, si veda Lombardo 1988. 170 Rabinowitz 2019, 6-8, su Dietler 1990. Una buona percentuale di tombe indigene ha restituito strumenti del simposio e del banchetto; probabilmente la prospettiva quantitativa è distorta dallo stato della ricerca che, enfatizzando queste sepolture a discapito di quelle considerate più “convenzionali” ha offerto un quadro parziale del fenomeno. 171 Sui crateri cfr. anche Rabinowitz 2019 ed Elia 2003. 172 Cfr. quelli di Chiaromonte, Bottini 2002, 97. 173 Cfr. Rabinowitz 2019, 8-10. 174 Pontrandolfo 1995, 178. 175 Come le tombe della necropoli settentrionale di Metaponto, per cui si veda De Siena 2008; su simposio e oplitismo cfr. Esposito 2009. Gli elementi dell’armamento si legano all’uso del cavallo testimoniando una comune dipendenza dal modello oplitico greco, Bottini 1999b, 92. 176 Attestata a Garaguso nelle tt. 1, 14, 25, 26, la phiale è il vaso per libagione per eccellenza, il gesto religioso quotidiano, e uno dei manufatti più coinvolti nell’utilizzo rituale del vino; sul ruolo del vino nei riti di culto e nei riti sociali si vedano Schmitt Pantel 1995, 98-102, ed Eadem 1992. 177 Bottini 1999b, 92.
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Garaguso: il mondo sociale vino) fino ad Enotro, re degli Itali, cui si deve la pratica dei συσσίτια178, conferma l’esistenza di una consuetudine tra le genti indigene dell’Italia meridionale di momenti di comunione probabilmente relativi ai pasti. Alle fonti letterarie si affiancano i dati archeologici che testimoniano la diffusione di grandi contenitori per derrate, macine, strumenti da taglio sempre più efficaci; solo dal VII sec. a.C., però, si diffondono quei contenitori fittili che vengono considerati come deputati al consumo del vino: i vasi cantaroidi179. Ricerche recenti hanno comunque mostrato che proprio nei grandi contenitori che eravamo soliti attribuire allo stoccaggio delle derrate poteva venir conservato del vino180. Ancora una volta, dunque, la cultura materiale è una fonte primaria di informazioni sulla diffusione di pratiche e abitudini.
coppette monoansate, attingitoi, forme della ceramica matt-painted a decorazione geometrica, e ancora brocche o oinochoai. Persiste tuttavia la difficoltà di riconoscere la precisa funzione di alcune forme, come i piccoli calici su piede. Sono inoltre attestati nel numero di poche unità vasi non legati alla manipolazione del cibo, ma connessi con altre esigenze. È il caso dei rari thymiateria, che non mostrano i segni di combustione che ci aspetteremmo da un bruciaprofumi, o dei sostegni su piede, oppure del kalathos. Queste forme della ceramica matt-painted sono imitazioni dirette del mondo greco, mentre chiaramente importate, probabilmente dalle colonie, sono vasi legati a pratiche cosmetiche o funebri come le lekythoi185, atte a contenere olii o unguenti per l’unzione dei cadaveri o i kothones186. Nel caso specifico di questi contenitori non è chiaro se insieme alla forma siano stati trasmessi anche contenuti e funzioni. A Garaguso mancano i crateri, che pure erano noti e diffusi nel centro in età arcaica perché alcuni esemplari provengono da Fontanelle187. Il motivo dell’esclusione è probabilmente da rintracciare nella sostituzione di queste forme con i cantaroidi. Accanto ad oggetti legati alle esigenze quotidiane oppure a pratiche forse estranee alla comunità, vengono deposte decine di coppe di tipo ionico B2. Proprio a questi vasi è stato attribuito un ruolo fondamentale nello svolgimento di pratiche simposiali che sarebbero state trasmesse insieme a tutto lo strumentario metallico e fittile dal mondo greco al mondo indigeno188.
Probabilmente la convivialità vigente tra queste comunità prevedeva la condivisione di pasti e bevande ancor prima che si adottassero simboli allogeni, come i manufatti da simposio con iconografie dionisiache oppure la figura di Dioniso sulle monete181. Michael Dietler ha efficamente dimostrato, del resto, il ruolo delle feste e della distribuzione di bevande alcoliche in certe società, come quelle indigeni francesi del VII sec. a.C. Sulla base di ricerche etnografiche e analisi interculturali ha confermato come uno degli scopi principali del bere insieme sia quello della socialità: la pratica del bere insieme sarebbe connaturata all’ordine sociale e destinata, similmente al dono, a funzioni comunitarie come quelle dell’ospitalità; e proprio la pratica dell’ospitalità include l’altra funzione predominante, cioè quella politica182. Il costume del bere insieme nel mondo indigeno ha probabilmente preceduto l’introduzione della stessa pratica da parte dei Greci, interpretata finora come indizio di ellenizzazione. Si dovrebbe dunque parlare non di introduzione, bensì di trasformazione di una pratica già esistente183, eventualmente con l’utilizzo di nuovi strumenti di cultura materiale dal potere fortemente simbolico.
Nel mondo campano del V sec. a.C. è invece possibile rintracciare archeologicamente la testimonianza del simposio come momento di incontro nella vita di comunità miste, quali sono i centri “etruschizzati” come Fratte. Esemplare è la testimonianza della Tomba del Tuffatore, forse relativa ad un individuo non integrato nel corpo civile, dove l’esperienza simposiaca veniva proiettata nell’aldilà189. In questo caso si osserva il risultato, come modello di comportamento, dell’integrazione tra grecità coloniale e vertici delle molteplici e articolate comunità locali con il perfetto adattamento della pratica simposiale al costume funerario190.
Nella necropoli di Garaguso sono rappresentate decine di forme vascolari di quasi tutte le classi ceramiche note e diffuse in età arcaica nei contesti indigeni dell’Italia meridionale. Questo repertorio è legato alle esigenze quotidiane di una comunità: la conservazione di derrate o di liquidi in olle acrome di medie e grandi dimensioni; la manipolazione e la preparazione di cibi e bevande, liquidi, semisolidi o solidi con mortai e attingitoi oppure boccaletti e vasetti gemini che mostrano segni di combustione184; la manipolazione di liquidi, con
5.5.2. Sulla tomba Del mondo funerario greco è nota l’offerta di sostanze liquide nel corso delle cerimonie funebri o delle visite successive al seppellimento; la sostanza più usata, quella
Cfr. sez. 2.3.4; nel mondo enotrio della Calabria, invece, le lekythoi, presenza costante nei corredi funerari, indipendentemente da genere e classe di età dei defunti, sono state spesso rinvenute ad una quota superiore e pertanto legate a pratiche rituali eseguite al momento della sepoltura, Tomay 2003, 131. 186 Attestati nel numero di tre individui, due da tombe con indicatori di genere femminili, uno con indicatori di genere maschile. 187 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 109. 188 La questione del simposio nel mondo indigeno è stata affrontata più volte, anche nella letteratura recente e sotto diverse angolazioni, e a questi studi rimando: Colivicchi 2004 e 2006; Bianco 2010; Rabinowitz 2019; per il mondo enotrio: Il vino di Dioniso. 189 Pontrandolfo 1996, 37-38. 190 Pontrandolfo 1995, 186. 185
Per la testimonianza aristotelica cfr. sez. 2.3. Van der Mersch 1996, 156. 180 Pepe et alii 2009. 181 Bianco 2010; Brun 2011. 182 Dietler 1990, particolarmente 359-372. 183 Morel 2010, 63; Dietler parla proprio di un’’addition’, Dietler 1990, 383. 184 Mancano del tutto vasi d’impasto o in ceramica comune da cucina adatti alla cottura, come le olle, oppure le teglie. I piccoli boccaletti, così come i vasetti gemini, avranno forse svolto un ruolo particolare nel corso del rito, non necessariamente connesso con la cottura degli alimenti. 178 179
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. citata nelle fonti letterarie, è proprio il vino191. Se nel mondo coloniale, nonostante l’apporto limitato fornito in questo caso dalla ricerca sul terreno, ricorre il cratere, spesso intenzionalmente frammentato192, i dati relativi alle pratiche indigene sono ancora più sfuggenti. Nel caso di Garaguso Morel riporta la testimonianza di un probabile deposito funerario isolato costituito da una coppa a vernice nera e oinochoe con filetti rossi, trovato al di sopra di una tomba, che però non si è potuta scavare trovandosi al di sotto dei viali del giardino comunale. In questo caso, dunque, il mondo greco avrebbe trasmesso sia l’oggetto che la pratica193.
di un repertorio mitologico probabilmente sconosciuto alle comunità indigene198. A questi oggetti è stato attribuito un valore reale, determinato principalmente dal materiale in cui erano stati realizzati199, e uno simbolico, sia come documentazione specifica di contatti e rapporti, nel caso in cui gli oggetti non fossero stati prodotti dalla comunità in cui sono stati rinvenuti, sia come acquisizione di modelli e valori acquisiti dalle élites che si erano appropriati di questi per esigenze di (auto)rappresentazione. Tuttavia, queste interpretazioni hanno spesso mostrato ad analisi approfondite tutta la loro debolezza200. I dati etnografici, infatti, suggeriscono prudenza nel desumere ricchezza o povertà dai resti funerari, particolarmente laddove non ci sono altri contesti da confrontare201. Quando invece è possibile, si può osservare come una società sia caratterizzata da differenti modi di trattamento del cadavere, che sono spesso legati allo status del defunto. Questo è particolarmente evidente in alcuni casi di subadulti (articolazione orizzontale)202 o dell’élite (articolazione verticale)203. È stato comunque dimostrato come non sia la quantità o la qualità del corredo a fare la differenza, dal momento che nel mondo antico è stato possibile osservare e isolare due comportamenti contraddittori, e cioè le tendenze ad ostentare oppure a nascondere le ricchezze; il primo di questi atteggiamenti è stato spesso messo in relazione con i “barbari”, portatori di un cattivo gusto che li condurrebbe a privilegiare lusso, esibizione e accumulo di oggetti kitsch, contrariamente alla sobrietà greca che si era manifestata già indipendentemente dalle leggi suntuarie come quasi connaturata alla sua identità204. Ancora riguardo al mondo greco, inoltre, l’analisi diventa fuorviante se non accompagnata da riflessioni storiche sul valore della ricchezza e del suo impiego; in alcuni casi, infatti, i rituali funerari sarebbero stati realizzati per mistificare differenze di ricchezze e il rituale poteva prevedere espressioni diverse dalla semplice esibizione di oggetti di corredo205. Nel mondo indigeno della Basilicata arcaica si assiste ad una accumulazione di beni ed elementi del corredo che procedono nella direzione opposta. Per Tagliente, infatti, non solo l’abbondanza, ma anche la ripetizione degli oggetti è già una spia di prestigio206 (Renfrew, del resto, valorizza l’importanza della ridondanza nelle pratiche rituali, in quanto elemento
Nei contesti sacri, come quello di Monte Papalucio di Oria, il vasellame rinvenuto, in particolare le forme della ceramica da mensa, da dispensa e da cucina, è stato ricondotto alle pratiche del consumo di pasti rituali in comune, oltre che alla dedica di determinate offerte194. La presenza, poi, di vasellame legato alla manipolazione di liquidi, particolarmente forse del vino o di altre sostanze ottenute dalla fermentazione, arricchisce il quadro rituale e sposta il tema verso la pratica del bere in comune, benché anfore e crateri di tradizione greca siano stati sostituiti da forme scelte del repertorio tradizionale locale195. Queste pratiche sono attestate anche nei santuari del mondo greco coloniale: nel santuario del Predio Sola di Gela, santuario frequentato in due fasi tra VII e V sec. a.C., è stata rinvenuta una moltitudine di vasi potori a fronte di un numero ridotto di vasi per conservare, mescolare o versare; qui si suppone che anfore e crateri potessero contenere anche olio o altre bevande che andavano miscelate, per esempio il miele, per cui un riferimento univoco al vino sarebbe piuttosto azzardato196. Quanto a Grotte delle Fontanelle, per quest’area si ricostruiscono pratiche di comune commensalità e di libagioni197. 5.6. Un unico filo conduttore: il prestigio In sintesi, buona parte delle ricerche sulle necropoli, particolarmente quelle indigene dell’Italia meridionale, si concentra sul tema del prestigio, attribuendo ad alcuni materiali provenienti dalle necropoli l’etichetta “di pregio” e quindi enfatizzandoli rispetto al contesto. Quali oggetti rendessero una tomba “emergente” rispetto alle altre è stato stabilito negli studi senza adeguate discussioni e con una metodologia che raramente è stata esplicitata. Sono stati enfatizzati all’interno dei corredi i manufatti in metallo, bronzo o ferro, particolarmente armi e vasellame, ornamenti in argento e oro, bronzo, ambra, pasta vitrea, ambra, avorio, bronzo e ferro, ma anche e soprattutto vasi figurati, che recavano la ricchezza
Sulla ricezione delle immagini e dell’immaginario greco in Europa e nel mondo mediterraneo il dibattito è vasto: per il mondo enotrio cfr. Osanna 2002, per riferimenti bibliografici si rimanda, invece, a Paléothodoros 2002. Sul tema anche Garaffa 2018. 199 Non solo valore intrinseco e simbolico, ma anche maestria, per il bronzo cfr. Bottini 2002, 95. 200 Cfr. Bottini 1999b. 201 Ucko 1969, 266-268. 202 Ucko 1969, 270-271. 203 Con esempi da Pitecussa, D’Agostino 1990, 405. Oppure come per la necropoli di Ponte Ferro di Poseidonia, caratterizzata dalla sua collocazione in una zona poco stabile, con sepolture realizzate con trascuratezza e dotate di pochi e poveri oggetti di corredo, cfr. Avagliano 1985; Skele 2006. 204 D’Agostino 1990, 416-419, riporta l’esempio della Tomba del Tuffatore il cui corredo si limita ad una lekythos e a un guscio di tartaruga; in questo caso è la tipologia della sepoltura che fa la differenza. 205 Frisone 1994, 16-17. 206 Tagliente 1983, 19. 198
Elia 2003, 145-146. Elia 2003, 146-153, anche per l’uso del cratere come sema. 193 Morel 1995, 420-421, nota 3 e fig. 4 e cfr. sez. 3.3. 194 Mastronuzzi 2013, 231-232. 195 Questo si verifica a Monte Papalucio, cfr. Mastronuzzi 2013, 233, ma non a Grotte delle Fontanelle. 196 Ismaelli 2011, 216-218, sia che l’offerta venga consumata sia che venga dedicata, le due pratiche si equivalgono, si sovrappongono semanticamente. 197 Si rimanda alla sez. 6.2. 191 192
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Garaguso: il mondo sociale altamente simbolico207); diversa è l’interpretazione di Morel, in base alla quale l’accumulazione di oggetti spesso mediocri o tipologicamente identici, come nel caso delle B2 nelle necropoli di Garaguso, vanifica il concetto stesso di servizio, nella fattispecie da simposio208. Un segno di chiara distinzione sarebbe la monumentalità della sepoltura o la sua separazione fisica dal resto della necropoli209, evidenze non ricostruibili per Garaguso.
riuscire a definire i parametri della ricchezza215 (e questo in linea generale vale non solo relativamente a Garaguso, ma anche al mondo antico). Si è visto che un requisito essenziale per definire una tomba “emergente” è la possibilità di disporre di un vasto campione di sepolture con corredi che mostrino una più o meno accentuata eterogeneità in termini di composizione, e quanto importante sarebbe disporre di campioni di sepolture che coprano un arco di tempo ampio, per verificarne i cambiamenti nella diacronia. Per cercare di distinguere, allora, in un panorama di generale uniformità quelle che sono le tombe “emergenti” è possibile selezionare le sepolture che si distinguono perché al loro interno contengono una quantità maggiore di oggetti216 oppure oggetti che possono essere stati considerati preziosi perché denunciano la loro provenienza da luoghi lontani, sono realizzati in un metallo raro o con una materia che non si conosceva e non si sapeva lavorare o hanno un aspetto stravagante ed esotico. I manufatti che condividono alcune di queste caratteristiche donano al possessore, cioè al defunto o alla sua famiglia, il prestigio che si ricava grazie alla capacità di attirare a sé, per status o rango, questi oggetti che materializzano le relazioni con il mondo esterno a cui la comunità riconosce valore o significato217. Queste posizioni sono probabilmente indebolite dalla mancanza di un dibattito riguardo al significato di “valore” in archeologia, mentre l’enfatizzazione del valore intrinseco degli oggetti limita la portata della scoperta e della considerazione del loro valore simbolico: un oggetto di valore non è tale soltanto dal punto di vista del materiale e della produzione, ma anche a seguito della circolazione, anche in seno alla stessa comunità218. Quindi, quando si enfatizzano gli oggetti allogeni e si attribuisce loro un valore maggiore rispetto ad altri elementi del corredo, si rischia di perdere o distorcere dati importanti. Tale approccio, inoltre, assumerebbe implicitamente una correlazione diretta tra pratiche funerarie e organizzazione sociale, correlazione non sempre sostenibile219.
5.6.1. L’origine del prestigio Il tema del prestigio e degli oggetti così connotati si intreccia con il concetto di ricchezza e di abbondanza, indici misurabili e quantificabili attraverso gli elementi del corredo funerario; un legame ancora più forte è stato stabilito dagli studiosi con l’“ellenizzazione” ovvero la diffusione di oggetti greci in ambito indigeno, concetto che ha fornito la base su cui costruire i modelli dei beni di prestigio o dell’architettura di prestigio: ad una prima fase che avrebbe voluto gli indigeni incoscienti nei confronti di questa ondata di cultura e civilizzazione, è subentrata l’ipotesi che i gruppi locali abbiano selezionato con consapevolezza forme, cioè manufatti, e valori provenienti dall’esterno, spesso un esterno non troppo lontano, con consapevolezza; a volte si sono fatti essi stessi committenti, sfruttando l’alterità e l’esotismo di pratiche e manufatti nel gioco dell’identità di gruppo e di potere all’interno della propria comunità210. Come si è visto, l’occasione dello scambio poteva essere quella dello scontro bellico, quella del commercio strutturato e continuativo211 oppure del dono; lo sfondo poteva essere rappresentato proprio dalle aree sacre. In queste società la ricchezza e lo status vengono ereditati e non raggiunti oppure ottenuti, come si evince anche dalle ricchissime sepolture infantili212; in ogni caso età o genere non sono discriminanti, perché il criterio guida, come già intuito per Atene, è la ricchezza213. Qui, inoltre, interessa valorizzare l’interpretazione che viene data di questi rinvenimenti, in quanto si suppone che gli elementi mutuati dal mondo greco siano stati selezionati con precisione e inseriti in un sistema di pratiche locali e di simboli: non una ricezione passiva, bensì un processo attivo di selezione di alcuni elementi della cultura materiale greca, utilizzati per accrescere il proprio potere nel sistema locale214. La difficoltà a Garaguso, però, consiste nel non
Oltre ai riferimenti alla ricchezza e al prestigio, gli oggetti sono stati spesso considerati vettori di pratiche o costumi diversi da quelli tradizionali, come nel caso già discusso della pratica simposiale importata dal mondo greco220. Questa ricostruzione presenta la medesima debolezza delle altre, che consiste nella scarsa o nulla conoscenza delle pratiche tradizionali epicorie delle comunità. Diventa quindi difficile stabilire cosa esattamente sia stato importato (a parte i vasi), tantopiù che la trasmissione di oggetti non implica necessariamente l’adozione di nuovi
Renfrew 1994, 51-52. Morel 1995, 420. 209 Bottini 1999b, 91 e per sepolture “emergenti” da Chiaromonte e Braida di Vaglio, Ibidem, 93-94. 210 A Botromagno, vicino alla città di Gravina, in Puglia, gli archeologi inglesi si sono concentrati su un nucleo di tombe dal Sito H, databili tra l’VIII ed il II sec. a.C., ipotizzando che i beni di prestigio importati fossero stati scelti dalle élites per marcare il proprio status anche dopo la morte, e siano quindi da considerare indicatori di ricchezza, Herring et alii 2000, 248-249. A Gravina, dunque, i concetti di prestigio e ricchezza si sovrappongono sino a coincidere. Per questi argomenti cfr. sez. 7.2. 211 Lippolis 2007, 7. 212 Principi di analisi mortuaria stabiliti dall’archeologia processuale, per cui si veda Saxe 1970; l’argomento potrebbe essere contestato: anche gli adulti potrebbero aver ottenuto la ricchezza non necessariamente in maniera ereditaria. 213 Herring et alii 2000, 249; Strömberg 1993. 214 “[…] symbolic language used by local élites in the establishment and validation of their position at the top of an increasingly hierarchical 207 208
social system” Herring et alii 2000, 254-255. 215 Questo vale non solo per Garaguso, ma per il mondo antico in generale. 216 Bottini 1999b, 92. Uno degli ostacoli principali a questo criterio è lo stato di conservazione delle sepolture, non sempre ottimale e di cui a volte si conserva solo una parte delle sepolture. 217 “Links with the world outside” in Garaffa 2016b. 218 Interessanti le osservazioni in Owen 2006, 359-360. 219 Si veda sez.1.3 e Owen 2006, 358. 220 Bottini 1999b, 92.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. costumi, pratiche o credenze221. Inoltre occorre tener conto che le pratiche locali potrebbero non aver lasciato alcuna traccia materiale, pur essendo state esercitate222.
of all the types known in indigenous contexts of southern Italy during the Archaic period were deposited in the tombs of Garaguso. This repertoire is linked to the daily needs of a community: the preservation of foodstuffs or liquids in medium- and large-scale ollae; the handling and preparation of food and beverages, liquids, semi-solids, or solids with mortars and attingitoi/dipper or twin jars and jars that show signs of combustion; the handling of liquids, with one-handled cups, attingitoi/dipper, mattpainted pottery, and jugs or oinochoai. However, there is still the difficulty of recognizing the precise function of some forms, such as small, stemmed goblets. Only a few contexts preserve vases that were not related to the manipulation of food, but to other needs. For instance, this is the case of the rare thymiateria, which do not show the signs of combustion that we would expect on a perfume burner, supports on the base, or of the kalathos. These forms of matt-painted pottery are direct imitations of the Greek world, while an example of clearly imported goods, probably from the colonies, are vases related to cosmetic or funeral practices, such as lekythoi, which could contain oils or ointments for anointing corpses or kothones. Regarding the specific case of these containers, it is uncertain whether the contents and functions were also transmitted along with the form. Craters are absent in the necropolis of Garaguso, even though they were known to have been present at the settlement during the Archaic period because some specimens were found at the sacred area of Fontanelle. The reason for their absence can probably be explained by the replacement of these forms with kantharoi. In addition to the aforementioned objects related to daily needs or to practices perhaps foreign to the community, dozens of cups of the Ionic B2 type were deposited. These drinking vessels have been attributed a key role in the practices of the symposium, which were transmitted together with the metal and clay instruments from the Greek world to the indigenous world. The great quantity of ceramic forms deposited in the tombs spanned a wide range of functions and symbolic significances. The matt-painted vases displayed decorations that each community member would have recognized, representing their heritage and identity. Not only the images, but also the backdrop, i.e. the vase shapes, were the result of established craft traditions and the symbol of domestic activities that later became rituals involving each member of the community. A great emphasis is placed on the kantharoi, but every ceramic type, not necessarily only the decorated ones, contributed to defining the identity traits of the community of Garaguso. The matt-painted pottery from other regional settlements or Greek ceramics instead represents the open exchange and relations of the community with the outside world. The ceramic evidence is complemented by evidence of the traditional female clothing, which would have been woven with some of the tools found in the tombs, embellished with bronze appliqués, and adorned with amber and bone ornaments. The men flaunted weapons and tools – both practical and symbolic items – which, although perhaps not rooted in the traditions of the community, referred to new practices and wealth obtained through contacts and trade. These
5.7. Summary. The social world of Garaguso The material culture of the grave goods not only contributes to the reconstruction of the ritual, but also to a richer understanding of the cultural and economic history of Garaguso. From the resources of the indigenous centre, to the role of women and the identity of the community, to community practices, the objects placed in the tombs reveal Garaguso’s social world. The necropolis of Garaguso developed between the second half of the 6th century – perhaps coinciding with events that involved the Greek cities of the Ionian coast and other indigenous centres – and the beginning of the 5th century BCE. Unlike the other Oenotrian necropoleis, the tombs were found on top of the hill that houses the modern village of Garaguso rather than on its slopes or on one of the surrounding hills. The tombs are the place of the final act of the funeral ceremonial. Including a series of gestures, words, and songs, these rites took place in the interval between the death of a member of the community, the construction of the tomb and its closure after the deposition of the deceased. Many of these actions can no longer be reconstructed, but the surviving material culture gives us glimpses into certain moments. Bronze or iron fibulae would have held together the funeral robe that covered the deceased, and bronze rings would have embellished the garment. Some individuals were equipped with amber parures and bone or bronze bracelets, while swords were found on the chests of others, generally with the point of the weapon placed near the shoulder. The deceased was buried in a supine position within an earthen pit, inside which was also placed the ceramic ensemble and the objects that characterized his or her status and profession – that of armed warrior, master of the land, or weaver – all activities that were vital for the community. The overall picture obtained from the analysis of this small nucleus of tombs is that of 17 female and 11 male burials as well as two with ambiguous indicators and four without indicators. The main items included within the burial ensembles were objects symbolising the deceased’s roles and activities in life irrespective of the biological sex. The emphasis was thus on status as represented by the deceased’s profession and corresponding position in the social hierarchy. Ceramic forms representing almost 221 Per Gravina, per esempio: ‘[…] there is no reason to believe that the symposium itself was recreated among the indigenous communities’ Herring et alii 2000, 249-250. Inoltre la maggior parte del vasellame greco da mensa pare funzionale al consumo dei liquidi, ma non a tutti questi manufatti è possibile attribuire un ruolo nel simposio, Rabinowitz 2019, 5. Per il simposio in genere Stissi 1999. 222 Negli anni recenti forti dubbi in tal senso sono stati espressi da N. Valenza Mele per alcune sepolture dell’età del Ferro, Valenza Mele 1991, 152-153 e nota 5. Come visto il simposio non è l’unica pratica che si ritiene sia stata trasmessa, poiché frequente è anche il rinvenimento dello strumentario da banchetto, oppure dell’armamentario bellico, Bottini 1999b, 92.
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Garaguso: il mondo sociale practices became the symbol of the new identity that was being formed, where the mixed characteristics attested to the originality of the community and its openness to exchanges with other cultures near and far. We suppose that part of these allogenic artefacts should be considered as compensation for the mediating role that Garaguso played as a centre of redistribution between the coastal cities and settlements farther inland. This model of exchange assumes the principle of reciprocity, in which the artefacts can considered as gifts. In the process of mutual recognition between groups that identify themselves part of noble lineage, this practice of gift exchange is also fundamental to constructing community identities. The objects, therefore, have often been considered vectors of practices or customs different from the traditional ones, such as the symposium, as imported from the Greek world; however, the transmission of objects does not necessarily mean the adoption of new customs, practices, or beliefs. Indeed, the custom of drinking together in the indigenous world must have preceded the introduction of the same practice by the Greeks, interpreted thus far as a sign of Hellenization. One should therefore refer not to the introduction, but to the transformation of an already existing practice, possibly with the adoption of new material instruments with strong symbolic power. It is therefore hypothesized that the elements integrated from the Greek world were precisely selected to be inserted into the local system of practices and symbols: it was not a passive reception, but an active process of selection of certain elements of Greek material culture, which were used to increase their own power in the local hierarchy.
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6 Le aree sacre di Garaguso Per confrontare il contesto necropolare e quello sacro, si interrompe il discorso su necropoli, rituali funerari e cultura materiale delle tombe e si presentano in questo capitolo i dati relativi alle aree sacre.
anche “lo spazio della memoria”, con le sepolture poste in prossimità di strutture emergenti10. Da questo punto di vista Garaguso costituisce un osservatorio privilegiato sia per l’eccezionale presenza della statuetta marmorea in trono con tempietto proveniente da Contrada Filera, sia per la scoperta delle “stipi Autera e Altieri” in località Grotte delle Fontanelle11. Sia Filera che Fontanelle sono legate alle più elementari forme della natura, grotte e sorgenti, e poste in zone di passaggio o liminari, ma non sono stati documentati elementi riferibili a strutture monumentali, almeno sino al IV sec. a.C.12.
Garaguso deve la sua fama proprio alle aree sacre d’età arcaica e tardo-arcaica, contemporanee a cellule di abitato e di necropoli. La presenza di un’area di culto in un centro indigeno, come si è ripetuto più volte, è un fenomeno eccezionale dal momento che nel comprensorio non sono note manifestazioni di culto collettivo prima del tardo V o del IV sec. a.C., tranne che a Timmari1. Sono stati invocati alcuni casi, come quello di Grotta Pertosa2, Palinuro3, Chiaromonte o Rivello4, ma la documentazione attuale non conferma la presenza di vere e proprie aree sacre attribuibili ad età arcaica5. Prima delle scoperte di Garaguso si riteneva che uno dei fenomeni più diffusi nel mondo indigeno fosse proprio quello del “sacro non segnato” che ha contraddistinto parte della ricerca archeologica a partire dal famoso contributo di Mario Torelli del 19776: prima dell’incontro con il mondo greco, non era possibile riconoscere nel mondo indigeno dell’Italia meridionale una dimensione del sacro slegata dalla dimensione quotidiana, ovvero forme di religiosità condivisa in cui le pratiche rituali erano ospitate in luoghi deputati esclusivamente a tali attività. Tale affermazione non implicava che gli indigeni non praticassero forme di religiosità, come si può vedere dalle necropoli e dai riti funerari7; in età arcaica, nei contesti indigeni, sono state piuttosto riconosciute pratiche di culto in spazi dove si assommano molteplici funzioni, da quella domestica a quella religiosa a quella politica8, ove ogni attività è pervasa dal rituale9, in un sistema in cui sembra rientrare
6.1. Contrada Filera La contrada Filera è la località più nota di Garaguso, perché da qui proviene il famoso modello di tempietto marmoreo con dea in trono, attualmente esposto al Museo archeologico provinciale di Potenza (figg. 6.1-2), considerato un emblema del processo di ellenizzazione che ha investito le comunità indigene dell’entroterra. Il documento è effettivamente eccezionale e su questo si ritornerà a più riprese perché la sua presenza non si limita ad indicare un’influenza di Greci su indigeni, ma coinvolge numerosissimi aspetti, nonché tutto il contesto di Garaguso e delle sue aree sacre. La contrada Filera si trova a meridione dell’attuale centro abitato, vicina ad una sella che congiunge l’altura principale con la Tempa San Nicola (figg. 3.3 e 6.3). Da Filera, indagata da Morel, provengono testimonianze di occupazione discontinua dell’età del Ferro, indiziate principalmente dalla ceramica a decorazione geometrica13. Nella sella tra Filera e Tempa San Nicola, invece, sarebbe stato intercettato un lembo del circuito murario attribuito al IV sec. a.C.14. Ma la località è nota principalmente per i rinvenimenti effettuati in circostanze sospette all’inizio del secolo scorso: da qui provengono, infatti, la statuetta marmorea di dea in trono con tempietto insieme ad
Osanna 2010; Osanna 2011; Osanna et alii 2009b. Il sito, in provincia di Salerno, testimonierebbe tracce di attività cultuale per l’età del Bronzo e rare testimonianze dell’età del Ferro e dell’età arcaica, per cui non si può parlare di una ripresa di frequentazione della grotta, Mastronuzzi 2005, 145-146. 3 Greco, E. 1975, con materiali quali coppe ioniche, coroplastica e ceramica miniaturistica privi di contesto. 4 Galioto 2011, 139-141; Mastronuzzi 2005, 197. 5 Eccezionale, invece, il sito di Campora San Giovanni, in Calabria, dove è stata rinvenuta una struttura monumentale, un sacello privo di peristasi, al cui interno erano ancora parte delle offerte votive. Nonostante l’evidenza monumentale e la tipologia degli ex-voto, la struttura è stata interpretata come un tempio dedicato al culto di un eroe, praticato da una comunità indigena fortemente ellenizzata, La Torre 2002, particolarmente 370-371. 6 Torelli 1977. 7 Bottini 1988, 55-88. Per la sepoltura come atto altamente simbolico, Renfrew 1994, 47-54. Sulla complessità religiosità delle genti indigene recentemente Bottini 2017. 8 Mastronuzzi 2005, ma qui ci riferisce in particolare ai due casi recentemente venuti alla luce a Torre di Satriano (Pz), cfr. Osanna 2012b. 9 Il rituale pervadeva tutti gli aspetti della vita quotidiana, Herring 1996, 160. 1 2
10 Nel caso della residenza ad abside di Torre di Satriano, a m 3 di distanza; nello stesso sito, ma nel caso dell’anaktoron, a m 20, Osanna 2012b, 272 e 269. 11 Per una presentazione dei dati e della teoria di un unico deposito votivo, cfr. Bertesago, Garaffa 2011 e Bertesago, Garaffa 2015. 12 Per il rinvenimento di laterizi, cfr. Bertesago, Garaffa 2015, 141, 219, 246, 278, 300 e 312. 13 Per una sintesi, Hano et alii 1971, 425-427, figg. 7-8; Morel 1974a, 377-378: il sondaggio T di contrada Filera ha messo in luce una stratigrafia profonda e complessa, ove, dopo uno strato databile in base a materiali ceramici arcaici, sono stati riconosciuti muretti a secco, la cui natura non fu possibile precisare a causa dell’estensione ristretta dello scavo. 14 Descrizione e proposta di ricostruzione del circuito murario in De Gennaro 2005, 91-92, con bibliografia di riferimento. Sulle fortificazioni di Torretta di Pietragalla e Monte Croccia cfr. Henning 2010-2011.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 6.1. Garaguso. Statuetta di dea in trono con tempietto marmoreo da Filera. Su concessione del Museo archeologico provinciale “M. Lacava” di Potenza.
alcune terrecotte figurate e due grandi perirrantheria oggi perduti15. La piccola scultura è stata realizzata in marmo di Paro nel primo quarto del V sec. a.C. in un centro coloniale, forse Metaponto o Taranto; l’agalma, che è stato interpretato come effigie della divinità cui era dedicato il culto16, è da intendersi come un ex-voto della colonia greca alle divinità indigene, ‘nell’ambito dei fecondi rapporti di interscambio culturale instauratisi tra Greci e Indigeni’17. Tale interpretazione sottintende che l’offerta di un ex-voto così prezioso sia stata realizzata non solo per ricevere da una divinità garanzie e tutele, ma forse con l’obiettivo principale di fare di Garaguso un punto di riferimento strategico in un quadro di alleanze economiche18. Gli studi tradizionali sulla presenza greca in Italia meridionale interpreterebbero un oggetto a tal punto estraneo alla comunità locale, per materia e per iconografia, come un segno tangibile di una frequentazione allogena, oppure mista greco-indigena, dell’area sacra. In realtà è determinante il fatto che un manufatto di questo tipo risulti estraneo anche al mondo greco; agalma e tempietto marmorei manifesterebbero piuttosto segni di “iperellenismo” individuabili anche in altre aree periferiche del mondo greco ove sono stati rinvenuti oggetti extra-ordinari, come il cratere di Vix19. In questi casi, forse, gli artigiani greci avrebbero risposto alle esigenze di una specifica committenza, quella dell’élite indigena, che possedeva un proprio senso di bene di prestigio20.
Fig. 6.2. Garaguso. Statuetta di dea in trono con tempietto marmoreo da Filera. Su concessione del Museo archeologico provinciale “M. Lacava” di Potenza.
Dal 2007 sono stati realizzati da Moret dell’Universitè de Lion II, in collaborazione con la Soprintendenza della Basilicata, nuovi scavi e indagini di archivio per conoscere meglio l’area archeologica di Contrada Filera e chiarire il contesto di provenienza di queste eccezionali opere marmoree. Inediti documenti d’archivio e di corrispondenza, risalenti agli inizi del Novecento, riportano la notizia di un tempio o un santuario da cui proverrebbero sia il tempietto con dea in trono, sia resti di strutture databili nel IV sec. a.C. che, secondo gli scavatori, potrebbero riferirsi ad un’area sacra21. Lo scavo condotto nel 2008 da Moret e concentrato nell’area in cui, secondo lo studioso, Di Cicco aveva rinvenuto il tempietto e la dea in marmo, ha portato quindi alla luce resti di strutture murarie e frammenti ceramici interpretati come pertinenti a un santuario del IV sec. a.C. Rispetto al supposto andamento del circuito murario il santuario si troverebbe all’esterno delle fortificazioni, a pochissima distanza. Dalle informazioni finora note sembra dunque che la località Filera abbia ospitato, forse già in età arcaica, una struttura monumentale dotata di importanti suppellettili; non si esclude che il paesaggio della località Filera, analogamente a Grotte delle Fontanelle, fosse costellato da grotticelle al cui interno
15 Sestieri Bertarelli 1958. Sull’enigmatica vicenda del rinvenimento si veda Moret 2014. 16 Sestieri Bertarelli 1958, 67-78. 17 Russo 2016. 18 Bottini 1986, 210. 19 Morel 1998, 12; Morel 2003. 20 Come proposto proprio per il cratere di Vix, cfr. Graham 2001, 47.
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Moret 2008.
Le aree sacre di Garaguso
Fig. 6.3. Garaguso; veduta da Nord-Ovest, a destra Tempa San Nicola. Foto V. Garaffa.
sostanziale modificazione delle attività cultuali25. Forse contemporaneamente alla frequentazione di Filera, la località Grotte delle Fontanelle ospitava un culto dedicato probabilmente ad una divinità femminile26. L’area sacra è stata pubblicata recentemente in maniera completa, pertanto si rimanda alla pubblicazione. Qui si intende riprendere alcuni temi per inserire l’area sacra all’interno del discorso che si sta componendo27.
venivano deposte offerte ed ex-voto. Ancora in analogia a Grotte delle Fontanelle il culto sembra ripartire dal IV sec. a.C., dato che le testimonianze archeologiche indicherebbero l’esistenza di almeno un edificio sacro, che forse prevedeva un’articolazione complessa, in accordo a quanto noto per i santuari lucani22. 6.2. Località Grotte delle Fontanelle
Per quanto riguarda la fase d’età tardo-arcaica, a Grotte delle Fontanelle sono stati rinvenuti migliaia di frammenti di vasellame ceramico principalmente di tradizione greca e produzione coloniale28 come i vasi potori a vernice nera, per lo più skyphoi, alcune kylikes e coppe skyphoidi, coppe e coppette, a vernice nera oppure monoansate con bande29. Pochi esemplari di crateri, di oinochoai e alcune altre forme chiuse completavano idealmente i servizi da mensa. Oltre alle forme da mensa sono attestati alcuni contenitori per profumi e olii, come le lekythoi, e forme più piccole ariballiche a bocca trilobata, utilizzate per il rito o come ex-voto, come offerta da legare al mundus muliebris30. Numerosissimi sono gli esemplari di ceramica miniaturistica, principalmente krateriskoi e piccoli skyphoi31. Sono state rinvenute inoltre alcune phialai acrome o a vernice nera, anche
La località Grotte delle Fontanelle occupava in parte le pendici nord-orientali dell’altura e si estendeva fino al fondovalle, dove il Fosso dell’Orco, nonostante la sua piccola portata, dove contribuire ad articolare un paesaggio rituale estremamente suggestivo (figg. 3.3 e 6.4). L’area si snoda lungo un pendio, forse sistemato a terrazzi, caratterizzato dalla presenza di grotte e cavità, naturali o artificiali, sorgenti e corsi d’acqua nel fondovalle23. Si è supposto che tutto il materiale rinvenuto, che originariamente doveva trovarsi all’interno di alcune cavità, fosse scivolato lungo il pendio in seguito ad una serie di modificazioni naturali e antropiche24. La frequentazione dell’area si data tra l’ultimo quarto del VI e il III sec. a.C.; tra la fine del V e gli inizi IV sec. a.C. si assiste ad una contrazione delle testimonianze di cui non si conosce la causa, ma che potrebbe derivare dallo stato della documentazione, mentre nelle fasi più recenti c’è una Elemento costante nei santuari lucani è la presenza di un piccolo sacello a pianta quadrangolare, spesso circondato da un recinto, a cui possono aggiungersi altre costruzioni anche piuttosto complesse, come apprestamenti per l’utilizzo e la canalizzazione dell’acqua o edifici destinati alle celebrazioni collettive, come i banchetti, o ancora percorsi processionali porticati, nonché una disposizione degli spazi sacri quasi scenografica, su terrazze. Su questi aspetti cfr. Nava, Osanna 2005. 23 Come il Fosso dell’Orco, che scorreva nel fondovalle di Grotte delle Fontanelle, che avrebbe anche assicurato l’approvvigionamento idrico indispensabile per le pratiche del culto. L’acqua poteva essere utilizzata nell’ambito dei riti legati al sacrificio, in una fase di purificazione preliminare. 24 Già in antico l’area deve essere stata interessata da eventi sismici o franosi o alluvionali, allo stato attuale difficilmente documentabili, a cui sono seguiti, anche in tempi recenti altri eventi catastrofici come il terremoto dell’Irpinia del 1980. Per gli aspetti morfologici cfr. Boenzi 2006, 11-12 22
Bertesago, Garaffa 2015. Bertesago, Garaffa 2015, 331-332. 27 Si riportano tesi già esposte in Bertesago, Garaffa 2015 e Garaffa 2016b. 28 La frammentarietà dei reperti non ha consentito una precisa quantificazione. Ci si è pertanto, limitati, al conteggio. Sono stati rinvenuti anche pochi frammenti di ceramica d’impasto e matt-painted a decorazione geometrica, considerati estranei al contesto, Bertesago, Garaffa 2015. 29 La preponderanza di forme per bere suggerisce il ruolo centrale svolto dalle sostanze liquide, e particolarmente forse dal vino, nel cerimoniale religioso. 30 Dall’iconografia vascolare si suppone un legame anche con il mondo ctonio, Osanna 2009, 460-465; sul tema cfr. Herring et alii 2000, 245. 31 Analogamente a quanto rinvenuto a S. Nicola di Albanella, dove alcuni vasi contenevano legumi, Cipriani 1989, 154-155. 25 26
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 6.4. Garaguso; dal Fosso dell’Orco verso il Ponte del Diavolo. Foto V. Garaffa.
Taranto38. Tra le statuette si distinguono le protomi arcaiche39, un portatore di vitello o ariete40, almeno due colombiformi41 e una torta fittile42. Una phiale in lamina bronzea rappresenta l’unico esemplare di vasellame metallico43, mentre le dibattute “chiavi di tempio” in ferro rappresentano un’offerta estremamente interessante, che ben si adatterebbe al contesto cultuale riconosciuto a Grotte delle Fontanelle44 e che potrebbe essere legata ai rinvenimenti della necropoli relativi al mondo della tessitura45; dal terreno Altieri proviene inoltre una cuspide di lancia in ferro miniaturistica46, legata forse a riti di
di piccolo formato32, e due lucerne miniaturistiche; le forme miniaturizzate costituiscono, com’è noto, un importante indicatore delle aree di culto33. Analogamente ad altre aree sacre del mondo greco-coloniale, inoltre, sono numerosissimi i cosiddetti kotyliskoi d’imitazione corinzia. I depositi hanno anche restituito ceramica da cucina, quindi vasellame idoneo alla cottura degli alimenti, e ceramica da mensa per la presentazione e il consumo del cibo34; l’unica anfora da trasporto, di tipo ionico-massaliota, proviene dalla proprietà Altieri35. Una delle classi ceramiche di più controversa interpretazione è la Wheel-made Painted Pottery, cioè la ceramica tornita a bande, che come si è visto fa parte anche di alcuni corredi della necropoli36.
Bertesago, Garaffa 2011 e 2015. Tra le terrecotte, le protomi arcaiche sono state spesso messe in relazione al sistema demetriaco, Ardovino 1999, 173. 40 La cui figura alluderebbe significativamente non solo ad un offerente, ma anche alla pratica della pastorizia forse praticata dalla comunità, cfr. sez. 5.2. 41 La figura della colomba richiama alcuni pendenti in bronzo rinvenuti in tombe dell’età del Ferro di Garaguso, Sestieri Bertarelli 1957, 53. In area enotria un altro esemplare fittile proviene da una tomba di Alianello, con un interessante spostamento di contesto, Barra Bagnasco 1996, 4-96 e 84. 42 I dolci e le focacce sono uno dei doni votivi tipici della venerazione di Demetra, Otto 2005, 14; Meirano 2006. 43 Con maggiore frequenza dovrebbero essere stati dedicati piccoli attrezzi in ferro o in bronzo, non rinvenuti però negli inventari del Museo di Matera, ma citati in quasi tutti gli interventi degli editori; la phiale viene datata al V-IV sec. a.C., Morel 1998, 17, 28. 44 Rinvenute solo nel terreno Altieri in fasi diverse, cfr. Bertesago, Garaffa 2015. 45 Per le chiavi di tempio come strumenti per la tessitura, Foxhall, Quercia 2012, 374. A Grotte delle Fontanelle, invece, si registra la presenza di un solo peso da telaio, da interpretare anch’esso, forse, similmente agli attrezzi agricoli miniaturistici, come dedica di uno strumento di lavoro. È probabile che alcuni attrezzi di lavoro fossero in materiale deperibile, e che, come i tessuti, non si siano conservati che in rari casi, ThesCRA I, 2.d., 308-310. Sul ruolo rilevante della produzione tessile nell’Italia dell’età del Ferro, cfr. Gleba 2008. 46 Bertesago, in Bertesago, Garaffa 2015, 204, n. 614. 38 39
A caratterizzare ancora più incisivamente l’area sacra erano le terrecotte figurate37, principalmente statuette di figure femminili (in trono oppure stanti) e maschili con una notevole varietà di tipi iconografici la cui origine è stata rintracciata a Siris, Poseidonia, Metaponto e 32 La phiale è il vaso da libagione per eccellenza, ma ogni altro vaso poteva venire utilizzato per versare liquidi a terra o su un altare; la libagione può segnare l’inizio o la fine di un atto, o far parte essa stessa di operazioni rituali, Lissarrague 1989, 34. 33 De Cazanove 1997, 152-153. Interessanti osservazioni in Pilz 2011. 34 La pratica della preparazione e del consumo dei pasti in comune doveva essere diffusa anche in altri contesti santuariali, quali ad esempio S. Nicola di Albanella e Monte Papalucio di Oria, Cipriani 1989, 158 e Mastronuzzi 2013, 231-232. 35 Tali prodotti sono documentati sia sulla costa ionica che su quella tirrenica dalla metà del VI alla metà del V sec. a.C.; un’anfora ionicomassaliota proviene dal corredo di una tomba di Chiaromonte, cfr. Berlingò in Russo Tagliente, Berlingò 1992, 273-276, fig. 24. 36 Cfr. sez. 4.2.4. 37 Anche alcune tombe dalla Tempa San Nicola, sempre a Garaguso, hanno restituito statuette e protomi, Valente 1941, 252-257.
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Le aree sacre di Garaguso passaggio47. Anche le monete incuse d’argento sono probabilmente da intendersi come offerta votiva48.
è stata interpretata come una forma di sacralizzazione del sito52.
Il sistema delle offerte delle aree sacre di Garaguso non differisce, in sostanza, dai depositi votivi rinvenuti sia nelle colonie della Magna Grecia49, che in altri importanti contesti indigeni d’età arcaica come quello di Monte Papalucio di Oria, in area messapica50.
6.4. Pratiche cultuali a Garaguso Grazie agli studi di antropologia culturale, che hanno messo in luce i sistemi religiosi di società non urbane e di gruppi sociali tipo bande o organizzazioni tribali, l’indagine sulle attività praticate nelle aree sacre di Garaguso e particolarmente a Grotte delle Fontanelle ha assunto contorni più definiti. Queste attività sono apparse di carattere rituale, strutturate con cerimonie comuni connesse ad una religione non necessariamente istituzionalizzata formalmente e relative all’invocazione di una o più divinità. Tra i rituali meglio conosciuti e che sembra possibile rintracciare ci sono quelli cosiddetti di scambio, che rispondono alla logica del do ut des con la richiesta di protezione alla divinità tramite preghiere, sacrifici o deposizioni di offerte, per aspetti concreti oppure astratti dell’esistenza53. Se tali aspetti appaiono chiari e condivisibili, più problematica risulta una precisa ricostruzione della religione e del culto praticato a Garaguso. La religione, intesa come sistema condiviso di credenze che riguardano non solo il mondo, ma anche le forze soprannaturali che lo trascendono, non è una dimensione separata dalla realtà, ma è in qualche modo correlata alla realtà sociale della comunità in oggetto54. Nel caso di Garaguso il quadro che emerge è complicato dalla compresenza, nelle aree sacre, di pratiche e strumenti del culto di natura allogena, cioè non legati ab origine alla comunità in cui sono stati rintracciati, in un paesaggio fortemente connotato dalla presenza di acque e grotte, cioè emergenze naturali simboliche o liminari più legate invece al contesto topografico e quindi alla comunità. La realtà sociale della comunità di Garaguso è essa stessa, quindi, di difficile interpretazione per il suo carattere composito che alla ricchezza della tradizione accosta influenze provenienti dal mondo esterno, sia quello indigeno più vicino, ma dotato di altri costumi, sia quello più lontano del mondo greco-coloniale.
6.3. Area sacra in contrada Ulivi del Duca Della terza area sacra, localizzata all’interno del paese, ad est, si dispone di informazioni scarse e frammentarie che pure lasciano intravedere un altro contesto eccezionale. L’area, di forma quadrangolare (area in bianco a Sud della Villa Comunale nella fig. 3.3), è attualmente risparmiata da costruzioni grazie al vincolo imposto in seguito agli scavi del 1990. Allora, infatti, l’archeologo direttore Maria Giuseppina Canosa, in una relazione alla Comunità Montana del Medio Basento che aveva finanziato la campagna di scavo, scriveva del rinvenimento di una struttura muraria di un’abitazione databile al VI sec. a.C., vicino alla quale si trovava un pozzo-cisterna costruito in pietre; al di sotto di una necropoli tardo-medievale che si trovava nei pressi, erano ancora visibili due pozzi di acqua sorgiva, uno dei quali costituito da anelli di argilla sovrapposti, posti vicino ad un presunto edificio sacro che sarebbe stato indiziato solo da cultura materiale: pietre, tegole, laterizi, frammenti architettonici, ceramica, coroplastica. Lo scavo, che si dimostrava d’estrema importanza per i suoi rinvenimenti, non venne portato a compimento a causa dell’interruzione del finanziamento, mentre l’area venne vincolata e poi protetta con recinzione metallica51. L’allora direttore Angelo Bottini, nell’annuale convegno dell’Istituto per la Storia e l’Archeologia della Magna Grecia, riferiva quindi di un’area caratterizzata da pozzi che captano delle falde allora ancora alimentate. Pare che nel corso dell’VIII secolo uno di questi fosse stato colmato con un grande scarico di ceramica geometrica caratterizzata da motivi a tenda elegante: quest’operazione
Una delle acquisizioni più importanti della ricerca è stato verificare il carattere non statico del rituale: questo infatti non è immutabile, ma muta insieme alla società, in quanto mezzo di mediazione verso il cambiamento: il rituale diviene cioè un modo di trasformarsi all’interno della tradizione e della continuità culturale ed è parte integrante della costruzione di una identità comune55. Sul potere ideologico del rituale si tornerà nel cap. 7, qui viene anticipata l’ipotesi che il culto fosse gestito da alcuni degli esponenti dalla classe reggente. Nella maggior parte delle società statali, infatti, il principale esponente della comunità aveva una relazione particolare con chi rivestiva un ruolo importante negli uffici religiosi. I due uffici
Cardosa 2002; Bertesago, Garaffa 2015, 332. Uno statere di Metaponto, uno di Sibari, uno di Taranto e due monete di Sibari, tutte datate al VI, un triobolo di Croton datato al V sec. a.C., due monete di Caulonia, due di Metaponto, una di Poseidonia e una di Taranto, non datate, Morel 1971a, 491; Hano et alii 1971, 34; CoinHoards VIII, 18; Siciliano, Sarcinelli 2004, 254.Queste monete erano certamente slegate da attività economiche di compravendita come ci si potrebbe invece aspettare per contesti più recenti, come l’area sacra di Timmari, Parente 2009, 8, nota 18. 49 Come la stipe votiva di Contrada Crucinia e il deposito votivo Favale di Metaponto, relativi alla stessa area di culto, Lo Porto 1981, 292-333 e Liseno 2004; cfr. la ceramica del deposito votivo di Scrimbia, presso Hipponion (Vibo Valentia), Sabbione 2002, 217, 43.20-28. 50 Qui la ceramica greca è ben rappresentata, benché in percentuale nettamente minoritaria rispetto alla ceramica prodotta localmente: a Monte Papalucio, infatti, viene deposta principalmente la “ceramica messapica decorata e figurata” e la “ceramica a fasce”, considerata di produzione locale, che comprende forme che si fanno rientrare nella WMPP, Mastronuzzi 2013, 63-65 e 274-290; Ibidem per l’edizione completa della fase arcaica, particolarmente 63. 51 Foglio di mappa n. 41 particella n. 50. 47 48
Non si dispone di né planimetrie né di foto del sito, Bottini 1991, 557558. 53 Bell 1997, 164 e 108-114. 54 Renfrew 1994, 47-49. 55 Bell 1997, 251-252. 52
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. di pratiche greche insieme a quelle epicorie in un contesto “interetnico”61 che necessitava dunque di linguaggio greco e linguaggio indigeno per essere approcciato e accolto da pellegrini o semplici mercanti di provenienza diversa che si ritrovavano a Garaguso. Il nucleo sociale a cui si deve l’introduzione o la modificazione sostanziale del nuovo culto è verosimilmente lo stesso che trova sepoltura nel nucleo di necropoli esaminato dove accanto a cultura materiale di provenienza allogena viene deposta la ceramica matt-painted di tradizione geometrica con il suo universo simbolico specifico e i defunti vengono accompagnati da quello che deve averli più qualificati in vita: armi per gli uomini, strumenti da tessitura e ornamenti per la donna. Tale fenomeno non si verifica tuttavia nelle aree sacre, dove le offerte sono “appiattite” nel linguaggio comune della devozione. Questo nuovo culto si svilupperebbe, quindi, grazie al contatto con i Greci, che ponevano a protezione del sacro le nuove relazioni politiche e commerciali che avrebbero avviato con le popolazioni dell’entroterra; relazioni lecite, fortunate e feconde per entrambi i contraenti perché poste sotto l’egida delle divinità che le avevano ispirate. Nel capitolo 7 verranno approfondite le motivazioni e le dinamiche con cui la comunità indigena ha adottato elementi del culto e della cultura materiale greca.
potevano addirittura convergere, come può osservarsi nel caso della tomba di Vix più volte accostato a Garaguso56. Questa fa parte, insieme a Býčí Skála, “Roccia del Toro”, e Hochdorf, di una serie di tombe a tumulo della fase finale della cultura di Hallstatt, contenenti carri da guerra e finimenti di cavallo; la defunta di Vix, trovata stesa proprio su uno di questi carri, era accompagnata da un corredo stupefacente, tra cui notissimo è il cratere bronzeo attribuito a fabbriche magnogreche e datato nell’ultimo quarto del VI sec. a.C.; il cratere, della capacità di 1100 litri, doveva essere stato riempito a metà, per cui si suppone che la dama presiedesse a festività nel corso delle quali venivano consumate bevande secondo rituali funzionali al consolidamento di rapporti diplomatici, esibizione di status etc. La preminenza della dama è di natura religiosa, come provano sia gli altri elementi del corredo, sia la statuetta velata sul coperchio del contenitore che mette in scena l’atto evocato57. Lo statuto sacerdotale che le è stato riconosciuto deriva in parte dall’essere per rango, probabilmente, un personaggio eminente all’interno della comunità, quando non il capo stesso di questa58. L’emergere del sacro a Garaguso non è un fenomeno casuale, perché il centro occupava una zona considerata strategica dal punto di vista della viabilità e del popolamento, condizione necessaria allo sviluppo di scambi: la posizione di frontiera tra i diversi comparti territoriali e culturali deve aver contribuito alla sua fortuna. Lo sviluppo della comunità che frequenta le aree sacre e che viene sepolta nella necropoli diventa meglio percepibile alla fine del VI sec. a.C., probabilmente in seguito alle vicende politiche e sociali che hanno alterato gli equilibri dell’entroterra e della costa ionica nel corso del VI sec. a.C., cioè la caduta di Siris e di Sibari59. La comunità che si pecepisce archeologicamente, o forse solo un segmento della stessa, è quella a cui si deve l’introduzione di nuove pratiche cultuali o l’introduzione di nuovi modi formali per un culto già radicato, come dedotto per altri contesti 60 , magari inizialmente praticato in un ambito domestico o palaziale dove si assommavano diverse funzioni e poteri gestiti da un preciso gruppo parentale. Le nuove pratiche avrebbero richiesto nuovi strumenti, nella fattispecie la cultura materiale greca, la cui conoscenza e gestione avrebbe portato prestigio al gruppo che l’aveva introdotta e che sapeva servirsene per onorare le divinità con un culto sempre più articolato, ma comunque legato comunità di Garaguso e ai suoi luoghi. Si è supposto che a Grotte delle Fontanelle si praticassero rituali che prevedevano segmenti
6.5. Summary. The sacred areas of Garaguso The Filera district is located to the south of the current town, near a depression that connects the main hill with the Tempa San Nicola. The site is mainly known for the discoveries made under suspicious circumstances at the beginning of the last century, such as the marble statuette of a goddess on a throne with a small temple together with some figurative terracottas and two large perirrantheria that are now lost. The small sculpture of Parian marble was made in a colonial centre, perhaps Metaponto or Taranto, during the first quarter of the 5th century BCE; the agalma, which was interpreted as an effigy of the deity to whom the cult was dedicated, should be understood as an ex-voto of the Greek colony to the indigenous deities in the context of cultural interchange. This interpretation implies that the offering of such a precious ex-voto was made not only to receive guarantees and protections from the deity, but perhaps also with the principal objective of making Garaguso a strategic reference point in a network of economic alliances. It is likely that the Greek artisans responded to the needs of a specific client – the indigenous elite – who possessed their own sense of prestige. Since 2007, new excavations and archival research have been carried out by Moret of the Université de Lyon II, in collaboration with the Soprintendenza of Basilicata. Remains of wall structures and ceramic fragments interpreted as pertaining to a 4th-century-BCE sanctuary have been revealed. From the information known thus far, it seems that Filera was the site of a monumental structure with important furnishings perhaps already in the Archaic
Renfrew 1994, 50. ‘[…] dans la sociétè hallstattienne tardive de l’Europe moyenne et occidentale une séparation instituionelle du pouvoir politique et du pouvoir religieux n’est ni démontrable ni vraisemblable. On peut admettre que le domaine religieux et le domaine politique étaint inséparablement imbriqués’, Krausse 2003, 229. Anche il caso dei Dinomenidi a Gela, per spostarci in ambito greco-coloniale, sembra indicare che il culto fosse nelle mani delle famiglie aristocratiche, Malkin 2002. 57 Rolley 2003. 58 Arnold, B. 2012, dove si riportano gli studi iniziali che preferivano parlare di un uomo con vesti e attributi femminili piuttosto che di una sacerdotessa. 59 Cfr. capp. 2 e 7. 60 Semeraro 2006, 172. 56
61
148
Masseria 2001, 89-90; Osanna 2010 e 2011.
Le aree sacre di Garaguso period. It is also not excluded that the landscape of Filera, similar to that of Grotte delle Fontanelle, was host to a number of small caves where offerings and ex-voto were placed. In keeping with the chronology at Grotte delle Fontanelle, the cult activity seems to start again in the 4th century BCE on the basis of archaeological evidence that indicates the existence of at least one sacred building, which appears to have had a rather complex articulation relative to other known Lucanian sanctuaries.
were perhaps initially practiced in a domestic or “palatial” environment in which a specific parental group combined different functions and powers. The new practices would have required new instruments, in this case the items of Greek material culture, the knowledge and management of which would have brought prestige to the group that had introduced them and that knew how to use them to honour the gods with a more and more articulated cult that was still linked to the community of Garaguso and its places. These innovations would develop thanks to contact with the Greeks, who put the new political and commercial relations with the populations of the hinterland under the protection of the sacred. In other words, lawful, fortunate, and fruitful relations for both parties were placed under the aegis of the divinities that had inspired them. Chapter 7 will further explore the motivations and dynamics according to which the indigenous community adopted elements of Greek worship and material culture.
The site of Grotte delle Fontanelle occupies part of the hill’s north-eastern slopes and extends to the bottom of the valley, where the Fosso dell’Orco, despite its small size, must have contributed in ancient times to articulate an extremely suggestive ritual landscape. It is assumed that all of the material found, which originally must have been placed inside cavities, slipped down the slopes following a series of natural and anthropic modifications. The area was frequented between the last quarter of the 6th and 3rd centuries BCE. Perhaps at the same time that Filera was frequented, the site of Grotte delle Fontanelle hosted a cult probably dedicated to a female deity. In Grotte delle Fontanelle, thousands of ceramic fragments dating to the late Archaic period were found, mainly of Greek tradition and colonial production. The deposits also included miniature pottery, common- and kitchenware, one transport amphora, and wheel-made painted pottery that, as we have seen, was also found in some of the grave goods. Clearly characterizing the sacred area were figurative terracotta figurines, both male and female with a remarkable variety of iconographic types. One bronze phiale represents the only example of a metal vessel. The debated iron “temple keys” represent an offering that would be well suited to the cultural context in Grotte delle Fontanelle and that could be linked to the weavingrelated finds in the necropolis. The miniature iron lance spire instead would have referred to rites of passage. The incised silver coins should probably also be understood as votive offerings. The system of offerings in the sacred areas of Garaguso therefore does not differ from the votive offerings found both in the colonies of Magna Graecia and in other important indigenous contexts of the Archaic period, such as that of Monte Papalucio di Oria. Only fragmentary information remains regarding the third sacred area, located within the town, to the east. What little there is provides a glimpse of another exceptional context: a presumably sacred building recognized as such only through material culture: stones, tiles, bricks, architectural fragments, ceramics, and terracotta figurines. The area was characterized by wells that captured still active aquifers; it seems that one of them was blocked with a large geometric ceramic drain with elegant curtain patterns in an operation interpreted that is interpreted as a form of sacralisation of the site. The community that we can perceive through the archaeological record in the necropolis is perhaps the one to which we owe the introduction of new cultic practices or of new formal customs of an already established cult. These 149
7 La comunità tra Norm e Wandel 7.1. (Cultura) Materiale per il confronto
Dalla comparazione emerge come la differenza più vistosa sia l’assenza della ceramica matt-painted a decorazione geometrica dall’area sacra. Nelle tombe, invece, nonostante l’abbondanza di forme di tradizione greca, questa è la protagonista della ritualità che doveva coinvolgere la comunità di fronte alla morte. Da una parte non si esclude un fenomeno di anacronismo: il deposito di Fontanelle si sarebbe formato in un momento successivo alla necropoli e quando la matt-painted era stata sostituita del tutto da un’altra classe, di più facile e rapida esecuzione, cioè la wheel-made painted pottery; quest’ultima classe ceramica, infatti, viene considerata in letteratura l’erede diretta della ceramica a decorazione geometrica e dunque il segno della presenza indigena4. È stato, però, osservato che entrambe le classi ceramiche convivono con una differente selezione nelle forme all’interno dei corredi, dove vengono deposte principalmente brocche e alcune forme aperte di non sicura definizione, mentre nell’area sacra sono diffuse scodelle o bacili, forme aperte di medio formato adatte alla manipolazione forse di liquidi o semisolidi5. Poco più della metà delle tombe, invece, non restituivano WMPP (tt. 1, 2, 3, 6, 11, 13, 14, 15, 25, 27, 28, 30, 31, 32, 33, 35, 37, 38, N); tale fenomeno potrebbe spiegarsi semplicemente con lo stato di conservazione della tomba e del corredo, soprattutto per quelle tombe per cui non si dispone di un rilievo. Non si esclude, tuttavia, che l’assenza derivi effettivamente dalla deposizione dei corredi in una fase anteriore alla diffusione nella necropoli della WMPP, che comunque deve essere stata contemporanea e non necessariamente successiva alla produzione della ceramica matt-painted6.
L’esposizione della cultura materiale nelle necropoli e nelle aree sacre consente la formulazione di alcune riflessioni conclusive. Quando il progetto di questa indagine è stato elaborato si conoscevano già in parte i suoi esiti e, anzi, questi sono state le premesse su cui è stata fondata la ricerca. Era noto che la comunità di Garaguso, tra la seconda metà e la fine del VI sec. a.C., usasse manufatti di provenienza e produzione differente a seconda del contesto, che fosse sacrale oppure necropolare1. La domanda che ha animato questa ricerca era se la scelta fosse intenzionale o meno e da quali fattori eventualmente dipendessero le preferenze e si è scelto di indagare nel dettaglio la differente selezione, con la certezza che questa indagine avrebbe fornito nuovi dati al dibattito sempre attuale sui rapporti tra gli indigeni e i Greci, ma prima ancora sulla stessa comunità di Garaguso e sulle sue strategie di rappresentazione. L’interpretazione del sito stesso e del suo significato nella storia micro- e macroregionale non può, del resto, prescindere dal confronto tra più contesti, in questo caso quello sacro e quello necropolare, confronto che è una delle direzioni indicate da Ian Morris, insieme alla determinazione tipologica, cronologica, spaziale e demografica, per rendere più produttiva l’interpretazione di indagini di questo tipo2. Già Morel, del resto, aveva invocato la necessità di un articolato corpo di evidenze materiali per evitare conclusioni errate su Garaguso3. Per il contesto sacrale sono stati utilizzati solo i materiali provenienti dall’area sacra di Grotte delle Fontanelle, nella fattispecie quelli dei depositi Autera e Altieri scavati da Morel; questi sono stati rinvenuti non in situ, principalmente in stato frammentario e per loro non si dispone di una precisa quantificazione; diversa sorte è toccata ai manufatti delle tombe di Garaguso, che, salvo rari casi che riguardano i reperti metallici in ferro o in bronzo, sono stati recuperati in uno stato di conservazione ottimale o sono stati restaurati. L’anticipazione è d’obbligo, perché a causa dell’estrema frammentarietà il confronto si basa spesso soltanto sul rapporto presenza/ assenza e solo quando possibile vengono confrontati i numeri di individui di un determinato manufatto. Le coppe di tipo ionico B2, solo per fare un esempio, sono attestate nel numero di poche decine a Grotte delle Fontanelle; in poco più di 30 tombe, nella necropoli, raggiungono invece le 171 unità.
I depositi di Fontanelle e almeno un nucleo di tombe in esame, comunque, devono aver vissuto contemporaneamente, utilizzando la cultura materiale disponibile con una selezione funzionale non solo al contesto e quindi alla loro destinazione d’uso finale. Dalle tabelle comparative tra le classi e le forme dei materiali, nelle quali per alcune specifiche forme è stato utilizzato il dato quantitativo, emergono alcuni aspetti sia qualitativi che quantitativi (tab. 7.1). Uno dei dati che stupisce maggiormente è la differenza nella deposizione delle coppe di tipo ionico B2, che nel contesto sacro sono presenti con pochissimi esemplari, mentre nel contesto necropolare sono presenti a decine per singolo corredo. Delle coppe di tipo ionico B2 si è già parlato per la loro fama, i limiti del ruolo di fossile Per una introduzione alla classe e alle varie posizioni interpretative cfr. sez. 4.2.4. 5 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 117 e 320. 6 Occorre, però, precisare che la t. 31, una delle più recenti, non restituisce WMPP. 4
Pochi i dati sul contesto domestico, non utili ad essere inseriti nel dibattito. 2 Morris 1992, 24-29. 3 Morel 1974a, 393; Morel 1984, 129-133. 1
151
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Tab. 7.1. Confronto tra forme della ceramica greca a Grotte delle Fontanelle e nella necropoli Ceramica greca
Depositi votivi, Grotte delle Fontanelle Numero frammenti ceramici su circa 30.000 totali
Necropoli arcaica, Villa Comunale Numero individui su circa 1.000 oggetti
Coppe di tipo ionico B2
30 frammenti ca.
171
Coppette monoansate a bande
x
40
Kotylai d’imitazione corinzia
x
5
Lekythoi a corpo globulare e cilindrico
x
/
Vn: Piatti
x
/
Vn: Phialai
x
/
Vn: Lekanai
x
2
Kylikes di tipo C
x
3
Vicup
x
/
Coppe e coppette
x
3
Kylikes con decorazione vegetale
x
/
Lip-kotylai
x
4
Cup-skyphoi
x
3
Skyphoi
x
/
Becherschalen
/
3
Band cup
/
2
Cassel cup
/
1
Crateri
5 fr.
/
Olpai
x
4
Mug
x
/
Oinochoai trilobate
2 fr.
9
Hydriai
x
/
Pelikai
x
/
Stamnoi o pissidi stamnoidi
x
/
Pisside corpo globulare
/
1
Plemochoe
1 fr.
3
Lekythoi
x
3
Altre forme chiuse
x
/
Specularmente opposto tra contesto sacro e contesto necropolare a Garaguso è il ricorso agli skyphoi, la cui abbondanza nel contesto sacro non si riflette nelle tombe dove, a parte le lip-kotylai e tre cup-skyphoi, due dei quali a figure nere, la forma non è praticamente attestata, se non nell’eccezionale presenza di due individui di piccolo modulo di probabile produzione locale10 e nelle attestazioni “fuori tomba”11. Questo è uno degli aspetti non solo più vistosi, ma anche più controversi del confronto tra i due spazi. Lo skyphos è una delle forme potorie più diffuse nei contesti d’età arcaica e classica in Sicilia e Magna Grecia, la cui presenza è stata messa in relazione con cerimonie destinate a specifici momenti, probabilmente legati a cerimonie e culti funzionali all’attraversamento dei riti di passaggio12. La loro abbondanza in un contesto sacro, dunque, è quasi giustificata, ma non è possibile sapere
guida che gli è stato attribuito, ma soprattutto il forte potere evocativo che le ha rese elemento indispensabile nei corredi delle necropoli indigene, dove spesso sono state legate alla pratica del simposio e quindi ad una trasmissione di precise consuetudini e valori dal mondo greco al mondo indigeno7. L’abbondanza delle coppe ioniche nelle necropoli indigene non trova un corrispettivo nel mondo coloniale greco: nella necropoli di Pantanello, infatti, le coppe di tipo ionico B2 non sono praticamente attestate nei corredi, o perché le tombe più antiche non si sono conservate o perché svolgevano un altro ruolo nel rituale funerario, poste fuori dalle tombe forse come grave markers8. Nella necropoli di via Argentina a Taranto, invece, sono talvolta presenti con un unico esemplare9.
Si rimanda alla sez. 5.5. Estremamente problematico il ruolo di questi manufatti a Pantanello, Carter 1998, 172-175. 9 Moreschini 1988. 7
NC 412-414, t. 18. Cfr. sez. 8.2.33. 12 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 107 con riferimenti.
8
10 11
152
La comunità tra Norm e Wandel fino a che punto la comunità locale fosse informata e consapevole della supposta funzione di questo manufatto, a meno che non abbiano partecipato al culto anche segmenti sociali che conoscevano bene questa usanza, come quelli greci. A Saturo lo skyphos è legato alla frequentazione femminile del santuario13, mentre nella necropoli di Pantanello costituisce un normale elemento di corredo. Quest’insolita discordanza tra Garaguso e Pantanello è evidente nell’utilizzo opposto delle due forme potorie, la coppa di tipo ionico e lo skyphos, che pur essendo deposte nell’area sacra in maniera canonica secondo il costume greco, nei corredi delle tombe sono deposte in modo specularmente opposto. Il caso delle lip-kotylai, inoltre, fornisce alcuni dati cronologici: da Grotte delle Fontanelle, infatti, provengono anche esemplari integralmente verniciati considerati più tardi, che sono invece assenti nei corredi14. Anche nel caso delle coppette a vernice nera la distribuzione nei corredi è complementare a quella riscontrata a Grotte delle Fontanelle, dove le coppette sono decine, purtroppo in uno stato di conservazione tale da renderne impossibile la quantificazione; i tre tipi della necropoli, inoltre, non sono attestati nei depositi votivi.
indigene vicine, come le band cup o la kylix tipo Cassel, e, come è stato visto, sono stati spesso, per il loro apparato decorativo figurato, considerati simbolo di prestigio e indicatori di sepolture emergenti16. Si tratta generalmente di forme aperte, particolarmente vasi potori, mentre le rare forme chiuse annoverano piccole olpai, oinochoai con bocca trilobata, a completamento di eventuali servizi da vino, e lekythoi tradizionalmente attribuite alla diffusione della pratica dell’unzione del cadavere. Mancano nelle tombe i kotyliskoi d’imitazione corinzia, evidentemente delegati alla sfera sacra, a parte un unico individuo di una classe che pure nell’impasto tenderebbe ad imitare la ceramica corinzia (NC 60, t. 2, fig. 4.21); tre skyphoi decorati a bande sono più una imitazione locale che una classe specifica (NC 412-414, t. 18, fig.4.21). La ceramica attica figurata, oltre ad essere indicatore di prestigio, è stata utilizzata anche come importante indicatore cronologico per distinguere le sepolture più antiche da quelle più recenti. Nella necropoli, la deposizione di vasellame a figure nere segue una tendenza già nota, con attestazioni sporadiche anche nelle aree sacre del mondo coloniale17. Nelle aree sacre di Garauso si nota invece una scarsità di attestazioni per questo tipo di vasi.
La comunità stessa sceglie la cultura materiale per l’uno e l’altro contesto, rispettando consuetudini greche, per quanto riguarda l’area sacra, sovvertendole, per quando riguarda lo spazio necropolare, la cui tradizionalità non è scalfita dall’inserzione di elementi allogeni. In base a questa ricostruzione si ritiene che le usanze seguite nell’area sacra siano state trasmesse da Greci che partecipavano ai riti e che quindi erano a conoscenza delle funzioni specifiche di determinati manufatti. Questo, tuttavia, non sminuisce il valore e il potere delle scelte della comunità di Garaguso, ma anzi le amplifica perché mostra una comunità che fa della presenza e della manipolazione di usanze e riti allogeni non solo un punto di forza, ma anche un mezzo per acquisire e detenere potere.
La composizione delle altre classi ceramiche offre un ulteriore contributo al discorso sulle consuetudini e sulle scelte della comunità (tab. 7.2). L’assenza nel contesto sacro della ceramica matt-painted, e conseguentemente della ceramica ad impasto, in quanto classi ceramiche legate alle comunità indigene dell’età del Ferro, è stata spiegata a più riprese con l’esigenza di utilizzare nel nuovo contesto della sacralità collettiva un nuovo “codice”. Il linguaggio della tradizione stonava, forse, nel contesto di una esperienza proveniente dall’esterno, dove gli officianti che disponevano dei nuovi strumenti e delle nuove offerte detenevano pratiche sia rituali sia di definizione identitaria della comunità e forse nuove forme di potere. La ceramica matt-painted e quella ad impasto rimanevano dunque confinate al contesto necropolare, dove il linguaggio della tradizione si esprimeva al massimo nella rievocazione del passato e contemporaneamente nella proiezione nel futuro dopo il trauma della scomparsa di un membro del gruppo sociale. Della WMPP si è già scritto a lungo e la sua presenza in entrambi i contesti attesta la contemporaneità delle pratiche che vi si svolgevano, mentre la differente selezione di forme orienta verso la consapevolezza di rituali diversi che accompagnavano momenti diversi della vita dell’individuo e della comunità. Alla varietà delle grandi forme aperte dei depositi, corrisponde nei corredi funerari una preponderanza di brocche, forse deputate all’acqua in un contesto dominato dai cantaroidi destinati al consumo del vino.
Gli altri materiali di tradizione greca sono attestati in decine o centinaia di frammenti dall’area sacra, con un repertorio molto vasto di forme che include ogni funzione; pochi e specifici individui provengono, invece, dai corredi delle tombe, a parte le coppette monoansate a bande. Queste, pur nella loro semplice monotonia, sono attestate in versioni diverse a seconda del contesto: nei depositi votivi domina quella con una banda esterna più sottile, nella necropoli la banda verniciata è invece più larga. Ci sfuggono i motivi di questa differente scelta, che potrebbe essere semplicemente dovuta a una diversa produzione coloniale e quindi a un diverso canale di approvvigionamento o a una distribuzione cronologica non individuata15. Accanto a questi manufatti molto comuni, nei corredi sono deposte normalmente altre forme che trovano ampia diffusione nei contesti necropolari d’età arcaica anche delle aree
Per Grotte delle Fontanelle, in base all’articolato repertorio della ceramica da mensa e dispensa e da cucina, è stato ricostruito lo svolgimento di cerimonie basate su pasti in comune; un repertorio ridotto nelle
Una particolare produzione definita di ispirazione corinzia, Lippolis 2012, 82. 14 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 104-106; Lanza Catti et alii 2011, 153. 15 Cfr. sez. 4.3. 13
16 17
153
Cfr. sez. 5.6. Osanna in Osanna et alii 2009b, 455-456.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Tab. 7.2. Confronto tra forme della ceramica locale a Grotte delle Fontanelle e nella necropoli Ceramica locale
Depositi votivi
Necropoli arcaica
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
Pochi residuali
433
Piatti
/
1
Coppe
/
5
Scodelle/lekanai
x
/
Crateri
x
/
Hydriai
x
/
Miche
/
1
Anfore o brocche
x
13
Oinochoai trilobate
x
/
Vasi tipo deinos
x
/
Pisside su piede
/
1
Altre forme chiuse
x
/
Coppette monoansate
x
44
Olpai
x
1
Vasetti biansati
/
16
Piatti
x
3
Coppette monoansate
x
16
Mortai
x
12
Ciotole
x
12
Calici
/
4
Brocche/Brocchette
x
24
Anforette
x
1
Attingitoi
/
16
Bacini
x
/
Scodelle
x
/
Phialai
x
/
Anfore da trasporto
1
/
Grande Contenitore
x
/
Olle
/
28
Lopas
x
/
Caccabè
x
/
Chitrai
x
/
Boccaletti/vasetti gemini
1
32
Ceramica miniaturistica
x
x
Wheelmade Painted Pottery
Ceramica parzialmente verniciata
Ceramica acroma
tombe, e nel caso della ceramica della cucina limitato ad un unico individuo di un’unica forma, sembrerebbe indicare anche in questo caso rituali diversi, che si concentrano su aspetti quale quello dell’accumulazione di beni, come indicherebbe la grande olla acroma nei corredi delle tombe. La funzione di quest’ultima nelle sepolture indigene è ancora controversa ed è legata alla presenza degli attingitoi che vengono considerati il secondo elemento della coppia funzionale tipica. Cosa attingevano queste piccole forme dotate di anse? Servivano a distribuire tra commensali sostanze liquide oppure semplicemente a prelevare secchi? Le due forme,
di antichissima tradizione quanto a deposizione nelle tombe, sono assenti, in maniera scontata, dall’area sacra, dove sia la funzionalità dell’accumulo delle risorse, che la simbologia della casa sembrano estranee al culto collettivo a cui si attribuisce una matrice greca. Quanto alla ceramica miniaturistica la differenza più rilevante tra i due contesti riguarda un fattore molto semplice: nell’area sacra, infatti, sono deposti principalmente piccoli vasetti acromi con due anse sormontanti non attestati in dimensioni “normali” definiti krateriskoi; nella necropoli, invece, vengono miniaturizzate soprattutto forme della ceramica matt-painted con la decorazione molto 154
La comunità tra Norm e Wandel Tab. 7.3. Confronto tra le altre classi di materiali a Grotte delle Fontanelle e nella necropoli Fittili
Depositi votivi
Necropoli arcaica
Pesi da telaio
1
1
Fuseruole
/
1
Tessere
/
16
Lucerne
2
/
Coroplastica
x
1
Laterizi
x
/
Punta lancia miniaturistica, cinturone?
25
Metalli Armi Utensili
Phiale bronzea, lama in ferro, chiavi di tempio
19
Fibule
1
x
Ornamenti
1
x
Monete
12 incusi
/
semplificata. In entrambi i casi si assiste ad un processo di simbolizzazione: nel caso dell’area sacra, i votivi miniaturistici potrebbero rappresentare simbolicamente delle offerte reali, forse di primizie. Nel caso della tomba, i vasetti che riproducono in miniatura le forme di modulo normale sostituivano quelle forme vascolari destinate alla quotidianità di fanciulle e fanciulli prematuramente scomparsi.
troverebbero il loro contesto ideale nell’area sacra22, benché da Fontanelle provenga un solo esemplare contro i quattro della necropoli23. All’abbondanza di terrecotte figurate a Fontanelle, elemento notevole e caratterizzante in qualsiasi area di culto, corrisponde l’unica testina della necropoli24, verosimilmente da una sepoltura di fanciulla, ma deposta, pare, all’esterno. Ancora una volta un manufatto di tradizione greca, in due differenti contesti, assume significati diversi: se nell’area sacra è un’offerta alla divinità, rappresentando la divinità stessa o l’offerente che si mette sotto la sua protezione, nella tomba assume un significato che ci sfugge, ma che ha evidentemente a che fare con l’universo infantile e forse con il gioco. Infine, le monete d’argento incuse, un indicatore importantissimo della ricchezza che doveva circolare a Garaguso, non ricorrono mai nelle tombe, ma questa è effettivamente una pratica non attestata nel mondo indigeno per l’età arcaica e tardo-arcaica. Relegate all’area sacra, il loro significato di ricchezza e prestigio viene forse sostituito -nella sepoltura- da tutti quei manufatti metallici che così efficacemente trasmettevano il rango del defunto25.
Nel confronto con le altre classi di materiali (tab. 7.3), infine, è possibile sintetizzare un aspetto fondamentale e cioè che normalmente, nell’area sacra, non erano visibili differenze di genere, così come sono stati interpretati questi aspetti nelle tombe. Alla deposizione in tomba erano destinati manufatti per la tessitura oppure armi, oggetti di ornamento oppure strumenti e utensili metallici, che occorrono solo occasionalmente nell’area sacra: un peso da telaio troncopiramidale18; le chiavi di tempio; una cuspide di lancia miniaturistica19; una phiale in lamina bronzea20. Se il peso da telaio e le chiavi di tempio sembrano legate alla sfera della produzione, ma prevalentemente ad ambito femminile, la cuspide di lancia miniaturistica ci avvicina ad un orizzonte maschile, quello dei riti di passaggio che potevano venir messi sotto la protezione della divinità. Le chiavi di tempio in ferro, spesso presenti in contesti santuariali greci, ricorrono comunque anche nella necropoli di Guardia Perticara, così come le phialai in lamina bronzea sono presenti nei corredi della necropoli, ad ulteriore prova della “disinvoltura” nell’utilizzo di determinati manufatti da parte delle comunità indigene21. La funzione di questi manufatti allogeni viene del tutto fraintesa, oppure gli oggetti trovano nel nuovo contesto una risemantizzazione che li rende, a questo punto, oggetti del tutto nuovi. Le phialai, infatti, vasi da libagione per eccellenza,
7.2. Considerazioni conclusive. Identità indigena tra tradizione e innovazione I rinvenimenti di Garaguso offrono la possibilità di definire più chiaramente i tratti di una comunità indigena nell’entroterra della costa ionica, comunità non isolata, ma aperta agli scambi con le città coloniali e con i gruppi di altri comparti territoriali indigeni. Di Garaguso sono noti almeno due contesti, quello sacro e quello necropolare, ed è possibile ricostruire alcuni dettagli del contesto insediativo. Eccezionale, comunque, non è esclusivamente la documentazione disponibile, che anzi come si è visto è 22 Si vedano anche gli esemplari di Timmari, Vacca 2011, 81-83 e di Rossano di Vaglio, Nardelli 2011, 227. 23 Per i quali si rimanda alla sez. 4.6.2. 24 Cfr. t. 7 e sez. 4.5. 25 Si intende una sostituzione fittizia e ideale, dal momento che non è possibile fare delle equivalenze tra le monete d’argento e il vasellame bronzeo.
Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, n. 386, 132. Bertesago in Bertesago, Garaffa 2015, n. 614, 204. 20 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, n. 432, 140-141. 21 Cfr. cap 2.3.1 per Guardia Perticara. Stesso fenomeno per il cupskyphos NC 873, per cui si veda sez. 4.3. 18 19
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. sacra che “sostiene” il versante occidentale dell’altura principale. Sulla collina, infine, accanto alla necropoli che occupava una delle zone centrali e più alte, in un’area prospiciente forse il Salandrella, era la terza area sacra che la ricerca ha soltanto sfiorato e su cui non si può speculare troppo; si ipotizza che culto fosse ancora una volta legato alle acque, come indicherebbe la presenza di pozzi che attingevano a sorgenti ancora attive fino a qualche anno fa30. A Garaguso, dunque, viene venerata una divinità femminile che presiede probabilmente alla fecondità umana e animale e alla fertilità dei campi. Nella cornice di un fondovalle bagnato dal Fosso dell’Orco, tra le quinte di grotticelle scavate dal vento e dall’uomo, a lei vengono indirizzate offerte e libagioni, sacrifici forse, e doni. Per l’area sacra di Grotte delle Fontanelle, infatti, si conosce il regime delle offerte, costituito principalmente da oggetti greci. La presenza di oggetti allogeni ha suggerito diverse ipotesi riguardo alle pratiche e al livello di partecipazione al culto. Questa poteva essere ristretta a determinati membri, o strati differenti della comunità31, oppure allargata a tutto il gruppo sociale fino ad immaginare il coinvolgimento di componenti di altre comunità vicine o lontane, che fossero le poleis greche della costa ionica o tirrenica32 o altri centri indigeni, sia dello stesso comparto enotrio sia di quello bradanico33. Per quanto la presenza di oggetti greci non implichi necessariamente la presenza di genti greche, non si possono trascurare a prima vista le analogie strettissime di questi depositi con altri noti in area metapontina e l’assenza totale della tradizionale ceramica matt-painted a decorazione geometrica, sostituita forse dalla Wheelmade Painted Pottery34. Come elemento tradizionale manca anche la ceramica d’impasto, che nei corredi permane nell’unica forma del boccaletto, che a volte si sdoppia35. Non è stato possibile ricostruire i “tempi del sacro”, non è noto, cioè, se esistessero scansioni liturgiche precise e confinate a determinati momenti dell’anno oppure libere e quotidiane36. Molti dei dettagli, che a volte si ricostruiscono a stento per il meglio noto e indagato mondo greco e greco-coloniale, non sono accessibili. Si ignora, per esempio, se vi fossero officianti e quali atti performativi il rituale prevedesse: preghiere, recitazioni, canti. Del rito rimane “soltanto” la cultura materiale, polisemica per carattere e che altro non è però che una delle manifestazioni della religione nel mondo materiale, comunque portatrice di significati. Tra i reperti rinvenuti si distingue la coroplastica, un manufatto che nasce proprio per essere dedicato, un ex voto per definizione37; differente il caso delle monete, nate per
purtroppo spesso lacunosa, quanto piuttosto la presenza di luoghi per manifestazioni sacrali collettive, normalmente non distinti, non “segnati”, nei contesti indigeni prima del V sec. a.C.26. Questa unicità permette ora il confronto tra i due contesti meglio documentati, lo spazio del sacro e lo spazio della memoria. Questa ricerca ha mirato ad indagare attraverso la cultura materiale la struttura della comunità, le sue scelte e i suoi orientamenti, allo scopo di ricostruire i suoi comportamenti e di meglio delinearne identità, strategie, politiche. Le scelte di cui si parla, operate nei differenti contesti, devono essere state innanzitutto rituali e ideologiche, cioè afferenti a livelli difficilmente ricostruibili in assenza di testi documentari o di fonti iconografiche. Tuttavia, queste scelte non sono rimaste stati mentali, ma si sono manifestate nel mondo attraverso la cultura materiale, di cui si è tentato di leggere il codice, anzi di interpretarlo, nella consapevolezza delle sue potenzialità esegetiche. 7.2.1. Lo spazio del sacro Il paesaggio del sacro a Garaguso si inserisce perfettamente nell’altura che ospitava il centro, occupandone pendici e luoghi di passaggio; qui assume fisionomie diverse, ma legate spesso alle più consuete forme di religione della natura, caratterizzate dall’assenza, almeno per l’età arcaica, di aspetti architettonici monumentali27. Grotte delle Fontanelle, la località che ospitava i depositi votivi Autera e Altieri, occupa le pendici nord-occidentali dell’altura: qui era forse venerata una divinità femminile legata all’emergenze naturali del luogo, cioè le grotte e le acque del Fosso dell’Orco che scorre nel vicinissimo fondovalle; in età arcaica e tardo-arcaica le offerte dei fedeli sono deposte nelle grotticelle che costellano il fianco dell’altura28. La contrada Filera è posta nella sella tra l’altura principale e la Tempa San Nicola, dove pure sono state rinvenute tracce di vita afferenti a periodi diversi, un’area quasi di passaggio tra il Salandrella-Cavone e il Fosso dell’Orco, un’area che nel IV sec. a.C. verrà dotata di un’imponente struttura monumentale ancora di non chiara funzione, ma che in età arcaica ha forse accolto, come Grotte delle Fontanelle, l’offerta di doni e la devozione ad una divinità femminile che qualcuno ha voluto far rappresentare in marmo davanti alla sua casa, il tempio; l’opera, realizzata probabilmente a Metaponto, è stata considerata un dono dei Metapontini alla dea di Garaguso29. Anche nei pressi di Filera sono documentate grotticelle al cui interno sono state rinvenute delle offerte; del resto la contrada dista poche centinaia di metri in linea d’aria da Grotte delle Fontanelle, costituendo anzi con essa un’ideale cintura
Bottini 1991. Mario Torelli e Concetta Masseria per una divisione fisica e cultuale delle stipi, con due divinità venerata da strati differenti della popolazione, Torelli 1977 e Masseria 2001. 32 Pratiche greche legate a segmenti epicori per Osanna 2010, 610. 33 La suggestione nasce dalla presenza di alcuni manufatti bradanici nei corredi della necropoli, cfr. sez. 4.2.2. 34 I frammenti rinvenuti sono riportati ad altri contesti, per cui si veda Bertesago, Garaffa 2015, IV. 2 179-181 e 223. 35 Cfr. sez. 4.2.6. 36 Per l’area sacra di Vaste, in Messapia, si suppone che i rituali si siano svolti in autunno per ottenere dalle divinità protezione per il raccolto, Mastronuzzi, Ciuchini 2011, 697. 37 Bertesago, Garaffa 2015, 340, nota 32. 30 31
26 Torelli 1999, 687. Sulla discussione dell’emergere del sacro, cfr. cap. 6; sulle lacune generali dell’archeologia degli insediamenti indigeni, Osanna 2012a, 71. 27 Torelli 1999, 688-689. 28 Sui culti in grotta cfr. Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 328-329 e Garaffa 2016a; sul rigore necessario per l’interpretazione a carattere cultuale delle grotte, Grifoni Cremonesi 1996. 29 Cfr. sez. 6.1.
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La comunità tra Norm e Wandel scopi diversi, ma dedicate alla divinità per il loro valore intrinseco, in quanto metallo prezioso o per il loro valore simbolico, in quanto testimonianza materiale di contatti probabilmente commerciali con le città greche della costa che coniavano metallo monetato38. Più diffusi nei differenti contesti sono i manufatti fittili vascolari, di cui si può ricostruire la funzione primaria, ma non gli usi secondari, tanto più che determinate classi o forme vascolari possono anche assumere funzioni di tipo semiologico, esprimendo valori di prestigio39 o di appartenenza ad una determinata comunità40. Alcuni manufatti, come le forme della ceramica da cucina, adombrano pratiche relative a pasti in comune, mentre altre, come le forme potorie greche, principalmente kylikes e skyphoi o le numerosissime coppette acrome o a bande, sembrano indicare pratiche libatorie accanto a quelle conviviali; sono inoltre documentati pochi esemplari di crateri, che potevano essere semplicemente offerti41. I riti che ci si sforza qui di ricostruire sembrano rientrare tra i “Rites of exchange and communion”, che sono tra i riti religiosi più diffusi, dove generalmente le offerte alla divinità hanno lo scopo di ricevere qualcosa in cambio42: salute, fertilità, fecondità, protezione del raccolto e del bestiame, salvaguardia degli scambi e delle transazioni politiche ed economiche43.
dell’insediamento d’età neolitica, indiziato da lame di ossidiana. La pratica dell’inumazione in fossa, con defunto disposto in posizione supina, è comune a tutta l’area enotria, così come la deposizione di un corredo composto principalmente da vasellame ceramico. Il defunto indossava normalmente delle vesti tenute insieme da fibule in bronzo e in ferro; in un solo caso un bottoncino bronzeo è stato messo in relazione con un velo che copriva il capo; nelle altre necropoli d’area enotria anche gli anelli bronzei sono stati riferiti a vesti, essendo stati spesso rinvenuti sopra una delle spalle o al fianco del defunto46. In alcuni casi è documentata la presenza di collane con vaghi d’ambra di un tipo molto semplice, in altri, quella delle armi, come spade o armi da punta. Alcuni membri della comunità, cui è stato attribuito un genere femminile, erano dotati di tessere fittili forse per la tessitura. I corredi restituiscono inoltre utensili di bronzo o di ferro legati al banchetto, documentati in un unico esemplare come un bacile, una grattugia, degli spiedi e strumenti di lavoro in ferro, come una zappa e un’ascia. Gli oggetti deposti a corredo della singola sepoltura restituiscono l’immagine della comunità di Garaguso e delle sue articolazioni sociali, un quadro che non si evinceva dai depositi votivi, dove la comunità era in qualche modo appiattita nel linguaggio comune delle offerte, che per le condizioni di rinvenimento non possono essere isolate per contesti. Questo linguaggio comune si esprimeva nelle aree sacre in un sistema che non è quello originario della comunità, ma che è profondamente legato alla pratica di devozione allogena con la quale è stato adottato dalla comunità di Garaguso; la pratica inedita del culto collettivo, infatti, necessitava di un linguaggio nuovo, comprensibile a tutti, ma che tuttavia non aveva radici nella comunità: pratiche rituali comuni, offerte e sacrifici. Se non è possibile isolare le azioni sacre di Grotte delle Fontanelle, l’operazione risulta più agevole nel caso della necropoli: nella tomba, infatti, il contesto e la combinazione degli elementi consentono di articolare un discorso sul rito funerario. Il linguaggio questa volta, sempre dal punto di vista della cultura materiale, è composto da una lingua mista in cui l’elemento locale sovrasta, quantomeno per qualità, la reiterazione delle “parole” allogene, ripetute, ma sempre uguali, come le decine di coppe di tipo ionico B247. Il linguaggio del contesto funerario, dunque, è quello della tradizione, all’interno del quale non mancano le note esotiche di oggetti di provenienza diversa funzionali a pratiche allogene. Il defunto è accompagnato nell’ultimo rito di passaggio da manufatti che forse lo hanno caratterizzato in vita o che devono caratterizzarlo e accompagnarlo nella morte. La performance funeraria, infatti, è realizzata dai membri della comunità che hanno subito il lutto e che adesso elaborano le loro strategie come rappresentazioni metaforiche del mondo reale.
Offerte, pasti in comune, poche tracce di sacrifici: così si delineano le aree sacre di Garaguso per l’età arcaica. Rimane allora aperta la questione della fondazione e della frequentazione di queste aree così connotate in senso greco. 7.2.2. Lo spazio della memoria I lembi della necropoli indagata occupano uno dei punti più alti della collina di Garaguso, nell’area attualmente occupata dalla Villa Comunale, dall’Asilo e dalle Scuole Elementari, nella zona che verso Est dà sul fiume Salandrella. La posizione è già insolita, perché, pur non esistendo una regola nelle necropoli enotrie, è stato osservato che queste erano generalmente dislocate su alture secondarie rispetto a quello che si è pensato fosse l’insediamento, spesso localizzato sotto il centro moderno. È probabile, comunque, che non fosse possibile distinguere l’area insediativa da quella necropolare e che l’insediamento si sviluppasse in maniera “antiurbana”44, per nuclei sparsi e senza una precisa divisione in zone pubbliche o private45. Rispetto alle aree deputate al culto collettivo che si situano in zone paesaggisticamente significative, non sembra che questo spazio fosse legato a particolari emergenze naturali o fosse situato in zone ritenute strategiche; occupava piuttosto l’area che era stata Su questi aspetti si rimanda a Bertesago, Garaffa 2015. Cfr. sez. 5.6. 40 Cfr. sez. 5.4. 41 Osanna 2012a, 76. 42 Bell 1997, 108-114, con un’articolazione più precisa che manca in questa ricostruzione semplificata. 43 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 331-332. 44 Bottini 2001, 111. 45 Anche in questo caso diversamente dalle necropoli degli altri centri enotri, che occupavano zone periferiche rispetto all’insediamento. 38 39
46 47
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Cfr. sez. 4.6.3. Morel 1995, 420.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. importato, come i boccaletti d’impasto recanti segni di combustione54.
Quello che emerge è il singolo membro nella sua individualità, accompagnato da oggetti deposti solo per lui che rendono la sua tomba unica rispetto a tutte le altre. Come già anticipato, infatti, nell’uniformità apparente dei corredi, ogni tomba si distingue per composizione con oggetti che non si ripetono o che, pur ripetendosi, formano insiemi inediti. Quando non sono le forme vascolari, sono le sintassi decorative sui vasi che si distinguono, tratteggiando un universo variegato, colorato, denso di simboli. Ci si riferisce particolarmente alla ceramica matt-painted a decorazione geometrica, della quale è stata già sottolineata la vastità dei motivi, da quelli geometrici a quelli antropomorfi e zoomorfi, ognuno dei quali sembra alludere ad un immaginario a noi sconosciuto. Campeggiano, tra la monotonia delle coppe di tipo ionico B2, la cui impressionante frequenza non trova ancora una spiegazione definitiva, forme che nei depositi votivi non sono attestate in nessun modo oppure vasi figurati che rievocano storie sulla cui ricezione in ambito indigeno si continua a discutere48. Con l’arrivo dei Greci le società indigene subiscono profonde modificazioni, alcune delle quali si riflettono nelle tombe dei capi, personaggi che si distinguono e sorgono per la necessità di una classe di intermediari con i Greci e per i quali il superfluo, l’eccessivo è ritenuto esotico e diventa pertanto il segno del loro ruolo49. La presenza di oggetti di produzione greca è legata al fenomeno noto come “appropriazione attiva” ed è indizio rilevante per una rielaborazione di tratti dell’ideologia greca del simposio che rientra nelle strategie delle élites dominanti50. In alcuni casi determinati manufatti vengono ostentati da gruppi diversi; non v’è tuttavia certezza che in questo caso l’accentuazione delle differenze sia da riferirsi a dinamiche di competizione e conflittualità di un gruppo rispetto alla collettività51; il campione, infatti, è troppo ristretto.
7.2.3. Tradizione e innovazione o “l’invenzione della tradizione” La cultura materiale era un formidabile strumento comunicativo attraverso il quale le élites si autorappresentavano rivendicando in tal modo i propri diritti, secondo un processo di acquisizione selettiva ben noto55, analogamente a quanto riconosciuto per l’area messapica a Monte Papalucio di Oria e nell’area sacra di Piazza Dante a Vaste56. La religione altro non sarebbe che una sottocategoria dell’ideologia, la quale legittima il dominio di una parte sull’altra, nella fattispecie le élites, e rafforza il potere di queste ultime57. Fenomeni simili sono noti anche nei contesti funerari di altre regioni: a Pontecagnano, per esempio, nel corso dell’Orientalizzante, si riconosce al rituale funerario un ruolo attivo e produttivo nella creazione, riproduzione e trasformazione dell’immaginario e dell’ordine sociale. Se per la necropoli di Pontecagnano si è, quindi, parlato di “reinvenzione della tradizione” come costruzione artificiale di pratiche di natura rituale o simbolica che hanno lo scopo di costruire valori e regole di comportamento58, per le aree sacre di Garaguso si potrebbe allora parlare di “invenzione della tradizione”: a Filera e a Fontanelle vengono introdotti dei culti nuovi accompagnati da strumenti e codici, quale quello della cultura materiale di produzione greca già in parte impiegata nei corredi funerari, destinati ad avere continuità e fortuna nelle medesime aree59, anche con il cambio dei referenti sociali e culturali60. Dalla seconda metà del VI sec. a.C. è possibile identificare e definire un momento nuovo nella vita della comunità, in cui si fonda una nuova tradizione che non pare avere radici nei contesti indigeni della Basilicata. Questo complesso di memorie, di gesti, di pratiche si fonde e mimetizza nel paesaggio locale, ancorandosi alle forme religiose più semplici e più naturali, come acqua e grotte. Gli strumenti del culto, gli oggetti da dedicare sono nuovi, ma al contempo già noti, e vengono selezionati e utilizzati nei differenti contesti con criterio, non sempre con una piena comprensione o comunque non sempre adeguandosi alle pratiche coloniali. Sono state già analizzate in dettaglio le differenze della cultura materiale tra i due contesti, notando come a volte la comunità abbia frainteso la destinazione comune dei manufatti tradizione greca, selezionandoli per un contesto diverso da quello che gli sarebbe stato usuale61. La tomba rimaneva il contesto della tradizione che sapeva farsi contaminare dal mondo esterno e rimanere tuttavia fedele
La ricerca sulle altre necropoli enotrie ha concentrato la propria attenzione su una selezione di oggetti del corredo e particolarmente sui manufatti più vistosi e più prestigiosi, come quelli importati dal mondo etrusco-campano o dal mondo greco, indicatori cronologici e al contempo portatori di significati52. Ogni singolo manufatto è stato legato ad una pratica e pertanto riempito di un significato che travalicava il suo valore intrinseco, per cui un bacile era un oggetto prezioso, ma era anche simbolo del banchetto. Così in altri contesti enotri, elementi dell’armatura testimoniavano l’adesione del gruppo all’ideale oplitico o le bardature equine a quello della cavalleria53. Sono rimasti fuori dall’interesse generale e privi quindi di indagini alcuni dei manufatti più frequenti, prodotti con buona probabilità localmente, che caratterizzavano il rituale funerario indigeno forse più incisivamente del manufatto
Cfr. sez. 4.2.6. Semeraro 1997, 362; Burgers 2012. 56 Mastronuzzi, Ciuchini 2011. 57 Come osservato anche da archeologi di area differenti da quella classica che si avvalgono di variabili diverse per lo studio di un fenomeno complesso come quello religioso, Fogelin 2008, 1-2. 58 Cuozzo 2003, 17-19. 59 Per la continuità del culto a Fontanelle e Filera, Bertesago in Bertesago, Garaffa 2015, 332-339. 60 Come le genti lucane. 61 Ci si riferisce in particolar modo al cup-skyphos NC 873, vedi sez. 4.3. 54 55
Per esempio su Garaguso Garaffa 2018. Morel 1983a, 573. 50 Cuozzo 2003, 19. 51 Sulla coesistenza di più ideologie cfr. il caso di Pontecagnano, Cuozzo 2003, 193. 52 Come per la necropoli di Alianello-Cazzaiola, Bottini, Tagliente 1984, 114. 53 Cfr. sez. 2.3.1. 48 49
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La comunità tra Norm e Wandel a se stessa e alla perpetuazione del già noto. A questo punto la questione sui fondatori e i frequentatori delle aree sacre diventa urgente.
centri enotri68. I reperti raccolti nei primi anni del secolo scorso e conservati al Museo archeologico provinciale di Potenza non restituiscono un’immagine nitida né dell’insediamento né delle sepolture da cui provengono, testimoniando esclusivamente l’uso della deposizione in tombe di oggetti in bronzo comuni ad un’area molto vasta69. A questa fase vengono anche attribuiti pochi frammenti di ceramica di produzione locale, come le ceramiche a tenda, estremamente frammentarie e privi di uno specifico contesto, stando almeno alle relazioni preliminari70. Fenomeni di contatto simili a quelli verificatisi tra i Greci della costa ionica e i centri del mondo enotrio delle vallate fluviali dell’Agri e del Sinni tra l’VIII ed il VII sec. a.C. non si sono dunque realizzati a Garaguso, forse per la mancata intraprendenza di Metaponto, che andava ancora assestandosi. Per questo periodo mancano a Garaguso, infatti, materiali d’importazione dalla Grecia, dalle città fondate sulle coste della Magna Grecia o dall’Etruria, quei materiali che altrove sono stati considerati un indicatore privilegiato di contatti, scambi, commerci. Se il paese di Garaguso e il suo territorio non fossero stati indagati a fondo da Morel e dalla sua equipe e poi da Attilio Tramonti e dagli operai che hanno collaborato con lui, tali vuoti nella documentazione potrebbero attribuirsi alla lacunosità delle ricerche. Morel ha invece parlato di una “ignoranza reciproca” tra Greci e indigeni che deve essersi protratta a lungo71, o almeno sino alla metà del VI sec. a.C., quando con le testimonianze delle aree sacre e della necropoli Garaguso è ormai un centro visibile, “segnato”.
La fisionomia del regime delle offerte, innegabilmente greca, ha indotto i primi commentatori a parlare non sempre esplicitamente, perché sottinteso, di un culto prestato a due divinità con prerogative diverse e venerate, quindi, da segmenti sociali diversi e di differente genere62. Massimo Osanna, infine, ha espresso con chiarezza che le performance praticate a Garaguso potevano prevedere la partecipazione sia di genti greche che indigene63. Nel volume su Grotte delle Fontanelle la questione rimaneva aperta, ma per chi scrive era possibile che i riti fossero praticati da genti locale e che non si prevedesse necessariamente la presenza dei Greci. Questa ricerca ha portato a mio avviso nuove suggestioni per poter riaprire il dibattito e riaffrontare la questione con dati nuovi. 7.2.4. Quale comunità? Tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. per i centri enotri delle valli dell’Agri e del Sinni ‘il processo di ellenizzazione può dirsi concluso’64, questi centri vivono cioè ancora, ma dall’analisi dei corredi funerari emerge l’adozione quasi integrale della cultura materiale greca in luogo della tradizionale ceramica matt-painted a decorazione geometrica65. Proprio quando Siris e Sibari scompaiono, questi centri perdono la tradizione dei corredi funerari composti da materiali fortemente connotanti l’identità comunitaria. Con la scomparsa di Sibari scompare anche il sistema di aggregazione e di controllo del territorio grazie al quale gli indigeni avevano goduto di ampi margini di libertà, ma la cui autonomia era limitata66. Tuttavia, con la scomparsa delle colonie greche vengono a mancare i referenti degli scambi commerciali sia dalla parte tirrenica sia da quella ionica, viene a mancare l’alterità, mentre Metaponto attraversa invece un periodo di floridezza, nonostante la competizione con Taranto. Contemporaneamente fiorisce un’insolita attività in un centro di un’altra valle fluviale che con questi ultimi condivide alcuni identici tratti culturali, cioè modo di trattamento del cadavere e produzione ceramica specializzata. La comunità protagonista di questi sviluppi diventa visibile grazie alle pratiche sacre e ai riti per le divinità e per i defunti. Il centro al quale ci si riferisce è ovviamente Garaguso, che è risultato abitato senza soluzione di continuità sin dal Neolitico, ma del quale non è noto un nucleo dell’età del Ferro che abbia preceduto la comunità d’età arcaica67. I dati a disposizione sono insufficienti per ricostruire le dinamiche insediative tra IX e VII sec. a.C. e non consentono di tratteggiarne l’identità per i periodi in cui invece si sviluppano gli altri
In contemporanea quindi con le fasi di decadenza dei centri enotri delle vallate fluviali dell’Agri e del Sinni e con una fase di accresciuta vitalità di Metaponto si assiste alla prosperità e quindi alla visibilità di Garaguso. Dalla combinazione dei dati a disposizione emerge un quadro interpretativo che al momento è un’ipotesi di lavoro da verificare: sotto l’iniziativa di Metaponto una parte di questi gruppi enotri dell’Agri e del Sinni, già esperti negli scambi con le colonie greche da costa a costa, si sarebbe spostata nell’entroterra di Metaponto e particolarmente a Garaguso dove avrebbe gestito i traffici della colonia lungo quel nuovo percorso verso l’entroterra. Questo spiegherebbe anche il minor numero di tombe sia rispetto a quello di altri centri enotri abitati già dall’età del Ferro. È ovviamente difficile ricostruire spostamenti di genti per i periodi in esame, soprattutto senza il conforto di testimonianze che non siano propriamente archeologiche. In questo caso, pertanto, l’ipotesi da me avanzata è più da intendersi come suggestione che vuole combinare dati diversi in una prospettiva d’insieme, con la consapevolezza del rischio che si corre.
Cfr. cap. 3. Cfr. sez. 2.3.1. 70 Insieme a vasi d’impasto e a forme più recenti, Morel 1971a, tav. LXXXVIII, n. 3; Hano et alii 1971, fig. 7 e 8. La ceramica a tenda è stata prodotta dal 775 al 700 a.C., Yntema 1990a, 112-124, cioè dopo una fase di generale omogeneità nelle produzioni ceramiche indigene del periodo Protogeometrico e Geometrico, Yntema 1990b, 244-247. 71 Morel 1972, 314; Morel 1983a, 562; Morel 1984, 131-132. 68 69
Torelli 1999; Masseria 2001. Osanna 2010. 64 Cfr. sez. 2.3.1. 65 Si vedano a titolo esemplificato le tt. 192 e 218, Osanna et alii 2007. 66 Guzzo 1986. 67 Sui resti dell’età del Ferro cfr. cap. 3. 62 63
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 7.2.5. Le scelte ovvero le strategie. Per una sintesi
Monte Papalucio di Oria, santuario messapico, sia per il regime delle offerte sia per il “paesaggio rituale”75; presenza di tradizioni sirite, tarantine, metapontine, veline e pestane nella coroplastica76; monete di Metaponto, Sibari, Taranto, Crotone, Caulonia, Poseidonia77. Questa concentrazione di influenze fa di Garaguso un piccolo mondo globale che in età arcaica partecipava di importanti dinamiche extraregionali. Nel caso di una fondazione greco-metapontina del culto le pratiche greche si sarebbero perfettamente mimetizzate nel paesaggio naturale indigeno ancorando una dea a prerogative di abbondanza, fertilità, ma soprattutto protezione degli scambi che la colonia greca aveva promosso in un contesto “interetnico” ideale a questo scopo78. In questa proposta, forse, si trova ancora l’eco della tradizione che vede i Greci diffondere usanze civili, come quella del culto collettivo, tra le popolazioni indigene. Nel corso di questa ricerca, però, sono stati acquisiti nuovi dati e sono state avanzate nuove teorie sulla base delle ricerche sui fenomeni di contatto tra Greci e indigeni che mirano a leggere i vecchi dati sotto una prospettiva diversa. Si è visto che il momento in cui queste aree sacre si sviluppano, alla fine del VI sec. a.C., è probabilmente collegabile agli eventi politici e sociali che hanno alterato gli equilibri dell’entroterra e della costa ionica nel corso del VI sec. a.C. L’introduzione delle pratiche cultuali, per quanto possa essere stata avviata o ispirata dai Greci delle colonie, è certamente da mettere in relazione con un nucleo di popolazione che questi contatti aveva favorito, nucleo che poi verrà deposto nella necropoli che si sviluppa contemporaneamente, sia per motivi cronologici, che per questioni sociali. Grazie all’intraprendenza di questo segmento sociale la comunità di Garaguso riceve, seleziona e introduce nuovi elementi culturali, che sono pratiche e manufatti simboli di scambi e ricchezza. Come anticipato, la portata dell’introduzione delle pratiche cultuali collettive è forse da ridimensionare: è probabile, infatti, che forme cultuali già esistenti fossero prima praticate in contesti domestici o addirittura “palaziali” che assommavano buona parte delle funzioni, e che queste pratiche fossero allargate a tutta la comunità79. Con la fondazione delle nuove aree sacre, però, si assiste ad un cambiamento più profondo, la separazione dello spazio e delle funzioni. Il culto non è più relegato in contesti polifunzionali, ma destinato a specifiche e dedicate aree dell’insediamento, secondo un modello quasi “urbano”. La deposizione di oggetti di tradizione greca rifletterebbe l’“internazionalità” del culto, che si rivolgeva a un gruppo più ampio e pertanto
Intorno alla seconda metà del VI sec. a.C. la comunità di Garaguso si afferma e diventa visibile attraverso la necropoli e le aree sacre. Nella tomba si osserva il rituale d’area enotria con la deposizione in fossa dei defunti in posizione supina, con corredo di accompagnamento costituito dalla ceramica matt-painted a decorazione geometrica e da altri manufatti prodotti localmente o importati, alcuni dei quali connotavano le articolazioni della comunità; il corredo comprende manufatti di tradizione e produzione greca. Contemporaneamente si sviluppano due aree di culto collettive, prive di strutture monumentali, ma caratterizzate da offerte e strumenti rituali di tradizione greca. Nonostante questa importante “innovazione” la comunità protagonista di questi sviluppi non abbandona la tradizione dell’utilizzo della ceramica matt-painted nel rituale più conservativo, cioè quello funerario, ma accompagna e integra questa usanza con la deposizione di oggetti caratterizzanti le articolazioni sociali e vi aggiunge, inoltre, manufatti vascolari di produzione allogena, come quelli provenienti dal territorio circostante o quelli di tradizione greca che sono utilizzati principalmente nelle aree sacre. Tuttavia nelle tombe i vasi di tradizione greca non competono con la ceramica matt-painted prodotta localmente, ma si avverte un bilanciamento consapevole nell’utilizzo di manufatti diversi con significati simbolici che si trasformavano nei differenti contesti. Si nota nel rituale, sia quello del culto collettivo sia quello funerario, l’appropriazione di elementi esterni che diventano strumento politico: i proprietari degli oggetti detengono anche i legami da questi simboleggiati, che sono alla base della prosperità della comunità. Tale fenomeno si accentua nell’ambito del culto collettivo al di fuori dell’ambito domestico, fenomeno quasi ignoto al mondo indigeno d’età arcaica e che a Garaguso trova almeno due ambienti ideali72: Filera e Fontanelle. Il rituale nuovo necessita di un codice nuovo e di nuovi strumenti, da identificarsi con quelli di tradizione greca. Da chi sia stato fondato questo nuovo culto, sotto quale stimolo sia nato e da chi fosse praticato sono temi che sono stati sfiorati e rimandati e che adesso si manifestano in tutta la loro complessità. È possibile che i rituali siano stati fondati da quei Greci che sembrano aver avviato e promosso, magari indirettamente, la prosperità di Garaguso nella seconda metà del VI sec. a.C. e del resto le analogie con i depositi votivi metapontini sono significative73. Ma a Fontanelle, grazie alla cultura materiale, è stato possibile individuare analogie con vari altri centri dell’Italia meridionale: analogo regime delle offerte, benché più ricco, a Campora San Giovanni, Amantea (CS), edificio monumentale dell’area enotria della costa tirrenica della Calabria74; analogie anche con
metallurgia e nel costume femminile tradizioni, tecniche e fogge dell’età del Ferro, La Torre 2002, 370-371. 75 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 328-329. 76 Già Pontrandolfo commentando le prime relazioni su Garaguso: ‘[…] i rinvenitori sostengono con sicurezza che tutte queste statuette non erano prodotte sul posto, ma provenivano da diversi centri coloniali; elemento che porta a escludere il trasferimento di una presenza greca stabile nel centro indigeno […]’, Pontrandolfo 1982, 78. 77 Garaffa in Bertesago, Garaffa 2015, 141. 78 Per riferimenti bibliografici cfr. sez. 6.2 e Bertesago, Garaffa 2015 per una sintesi delle proposte interpretative. 79 Tesi esposta nella sez. 6.2.
Sull’eccezionalità di Garaguso, come Timmari, Osanna 2010. Le analogie dei votivi non riguardano solo i depositi di Metaponto, ma anche altri “stipi” coloniali, come quella di Demetra ad Heraklea, per la quale si veda Neutsch 1967. 74 Santuario indigeno dedicato ad un eroe e non a una divinità da una comunità fortemente “ellenizzata”, che adotta pratiche religiose di matrice ellenica quali banchetto e simposio, ma che conserva nella 72 73
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La comunità tra Norm e Wandel necessitava di un codice comprensibile a tutti. Secondo un altro paradigma, invece, che non è specularmente opposto, ma anzi integra il primo, l’introduzione di nuovi elementi potrebbe essere stata promossa indipendentemente dalla presenza in loco di genti greche80. I membri dell’élite dominante si sarebbero piuttosto appropriati di pratiche e simboli della tradizione greca per accrescere e consolidare il potere, scegliendo il contesto ideale a quello scopo, cioè quello del rituale. Gli oggetti greci, il cui valore derivava essenzialmente dalla loro distribuzione, cioè dai meccanismi che li avevano condotti infine a esser deposti nella necropoli o nelle aree sacre di Garaguso, rappresentavano potere e conoscenze di queste élites, indipendentemente dalla loro funzione e forse anche dalla loro iconografia81, per lo più estranea al repertorio indigeno enotrio. L’unica iconografia nota consapevolmente connessa al culto, del resto, è quella affidata ad un vaso di probabile produzione locale a figure nere82, ove una figura femminile si avvicina con un fiore in mano (un fiore di loto?) ad un altare ardente, di fronte al quale siede una figura su un trono con spalliera83.
al prestigio ottenuto dal ruolo di intermediari85,, potere che era direttamente proporzionale alla capacità di acquisire e manipolare nuove conoscenze. Si verifica così che a Garaguso la comunità mischi e fonda il linguaggio della tradizione della tomba a quello dell’innovazione dell’area sacra, inaugurando una lingua nuova da cui deriverà la sua pur effimera fortuna. Con le riflessioni sinora esposte non si vuole negare il ruolo delle colonie greche, e nella fattispecie di Metaponto, nella fondazione del culto o la sua partecipazione. Anzi, osservando alcune scelte di deposizione nelle aree sacre rispetto a quelle delle necropoli ci sembra che chiunque abbia preso parte ai riti fosse pienamente consapevole di come si svolgessero determinate pratiche. In questa ricerca, però, si è scelto di enfatizzare l’iniziativa della comunità indigena e la sua “resilienza”, per usare un termine attuale. Quando i referenti commerciali, come Sibari per esempio, scompaiono, le comunità non rinunciano alla propria esistenza, e i gruppi sociali più intraprendenti lottano per emergere e assicurarsi prosperità e potere, adeguandosi ai nuovi tempi e al nuovo contesto.
I differenti paradigmi interpretativi sinora proposti sull’identità dei devoti delle aree sacre di Garaguso e sulla presenza di oggetti estranei alla comunità rispecchiano differenti orientamenti metodologici che a loro volta riflettono tappe dell’analisi storiografica del complesso rapporto tra Greci e indigeni: da una fase in cui non si concepiva autonomia di pensiero e iniziativa degli indigeni, sviluppatisi socialmente e politicamente solo grazie ad un incisivo processo di ellenizzazione, si è arrivati a posizioni più sfumate o addirittura opposte, in cui le analisi contestuali mostravano una partecipazione attiva delle genti locali alle dinamiche storiche e culturali della Magna Grecia. Grazie a molti studi recenti, particolarmente quelli sorti da contesti messapici, si propone che determinati gruppi sociali, all’interno di un centro indigeno che si stava sviluppando, si siano distinti per intraprendenza e avendo compreso i benefici delle relazioni con il mondo greco abbiano scelto di sfruttarne a fondo tutti i vantaggi, non solo quelli di ordine economico derivanti da relazioni commerciali e di scambio, ma soprattutto quelli di natura ideologica84. I privilegi che ne sarebbero derivati avrebbero permesso principalmente al gruppo elitario ristretto l’acquisizione e il mantenimento del potere grazie
7.3. Summary. The community of Garaguso: between tradition and innovation The community of Garaguso was established in the second half of the 6th century BCE as attested by the necropolis and sacred areas. The two areas of collective cult, devoid of monumental structures, were characterized by offerings and ritual instruments of Greek tradition. Despite this important “innovation”, the community – the protagonist of these developments – did not abandon the traditional use of matt-painted pottery in the most conservative ritual, that is the funerary one. Rather they supplemented and integrated this custom with the deposition of objects characterizing social roles and the addition of ceramics of allogenic production, such as those coming from the surrounding territory or those of Greek production. The pottery in the tombs did not compete with locally produced matt-painted pottery, rather there was a conscious balance in the use of different artefacts with symbolic meanings that could be transformed depending on the context. It is evident that, through the rituals of funerals and collective worship, the appropriation of external elements became a political instrument: the owners of the objects also commanded the links symbolized by them, which were the basis of the community’s prosperity. The objects placed in the burials create a picture of the community of Garaguso and its social articulations that is not evident from the votive deposits, where the representation of the community was somehow flattened in the common language of the offerings, which cannot be isolated by context due to the unfortunate conditions of their discovery. This common language was expressed in a system that was not the original one of the community, but which was deeply linked to the practice of allogenic devotion that had been adopted by
Ipotesi in Garaffa 2016b. Per le immagini in quanto simbolo del possesso di conoscenze si confrontino analoghe osservazioni in area messapica, Semeraro 2009, 498. 82 Osanna et alii 2009b, 460. 83 Morel 1974a, 389; Torelli 1977, 59. La raffigurazione trova dei paralleli a Monte Papalucio di Oria, in un’hydria messapica a figure nere datata alla seconda metà del VI sec. a.C. con ampio apparato decorativo consistente anche in una figurazione di offerta a personaggio assiso, D’Andria 1990, 266, n. 99; Semeraro 2006, 172, e in una pisside da Francavilla Marittima databile alla fine dell’VIII sec. a.C. con corteo di donne su un lato e choros di figure maschili dall’altro, Granese 2008, 466-467, fig. 11; in quest’ultimo caso come si ignora la divinità tributaria del culto, così è incerta la produzione del manufatto che viene però attribuito a fabbriche coloniali, Denoyelle, Iozzo 2009, 42. 84 Ci si è riferiti più volte nel corso del testo a queste teorie, per cui si rimanda a Burgers 2004 e 2012 e Semeraro 2006 e 2009. 80 81
Per il ruolo di intermediari delle genti di Garaguso e Timmari, Osanna 2010, 610-611.
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. to the prestige attained by their role as intermediaries, power that was directly proportional to the ability to acquire and control new knowledge. Greek objects, whose value derived essentially from the reasons that led to their deposition in the necropolis or in the sacred areas of Garaguso, represented the power and knowledge of these elites, regardless of their function and perhaps even their iconography. In this manner, the community in Garaguso mixed the traditional language of the tomb with innovative items in the sacred area, inaugurating a new language from which the settlement would derive its, albeit ephemeral, fortune.
the community of Garaguso. The unprecedented practice of collective worship, in fact, needed a new language that was comprehensible to all, but which nevertheless did not have any roots in the community: common ritual practices, offerings, and sacrifices. While it is not possible to identify the sacral acts that took place at Grotte delle Fontanelle, it is easier in the case of the necropolis; in fact, it is the context and the combination of elements in the tombs that allow us to articulate an image of the funeral rite. The community itself chose the material culture for both contexts, respecting Greek customs in the sacred area and subverting them in the necropolis, where traditionality was not affected by the insertion of allogenic elements. Based on this reconstruction, it is believed that the customs followed in the sacred area were transmitted by Greeks who participated in the rites and who were therefore aware of the specific functions of certain artefacts. This, however, does not diminish the value and power of the choices of the community of Garaguso, rather it amplifies them because it demonstrates a community that makes the presence and manipulation of allogenic customs and rites not only a strength, but also a means to acquire and maintain power. The moment in which these sacred areas developed, at the end of the 6th century BCE, is probably connected to the political and social events that altered the equilibrium of the hinterland and the Ionian coast over the course of the 6th century BCE. At the same time as phases of decay at the Oenotrian centres in the Agri and Sinni river valleys and as a phase of increased vitality at Metaponto, we see the prosperity and the visibility of Garaguso. An interpretative picture emerges from the available data that for the time being remains a working hypothesis still to be verified: under the initiative of Metaponto, part of the Oenotrian communities in Agri and Sinni, who were already experts in the exchanges with the Greek colonies from coast to coast, would have moved to the hinterland of Metaponto, and in particular to Garaguso, where they would have directed the colony’s traffic along the new route towards the hinterland. This hypothesis would also explain the lower number of tombs at both sites in comparison with that of other Oenotrian centres that had been inhabited since the Iron Age. The introduction of cultic practices, although it may have been initiated or inspired by the Greeks of the colonies, was certainly thanks to a subset of the population who favoured these contacts and who would then be buried in the necropolis. Thanks to the resourcefulness of this social sector, the community of Garaguso received, selected, and introduced new cultural elements in the form of practices and artefacts symbolizing exchange and wealth. These new elements may also have been introduced without the presence of Greek people in loco. The members of the dominant elite rather appropriated Greek practices and symbols to increase and consolidate their power, choosing the ritual as the ideal context for that purpose. Having understood the benefits of relations with the Greek world, this elite group would have chosen to take full advantage of all its benefits, both economic, from trade and relations of exchange, and especially ideological. These privileges allowed the upper echelon of society to obtain and maintain power thanks 162
8 Catalogo delle sepolture 8.1. Sepolcreto nei Giardini Pubblici. Gli scavi Morel
Comunale. Gli inumati, orientati in senso N-S, vengono deposti nella nuda terra e a volte ricoperti da uno strato di tegole6, mentre la fossa è circondata da blocchi di pietra. Testimonianza di questa attività sono le due tombe V, al cui interno sarebbe stata una patera ombelicata fittile prodotta localmente, e X i cui corredi vengono mostrati a scopo esemplificativo nelle pubblicazioni7. Purtroppo di questi corredi non è stata trovata alcuna traccia nei Magazzini del Museo Ridola di Matera.
Come anticipato, Morel aveva scoperto alcune sepolture nella Villa Comunale1. La relazione preliminare consegnata da Morel al Museo Ridola di Matera illustra sette saggi di scavo forse realizzati nel 1969 che hanno restituito sette tombe che Morel ha scavato nella Villa Comunale: le tombe K, K2, K3, M e N erano tombe a fossa; nei pressi del Comune, che doveva trovarsi una quarantina di metri più a Nord della Villa Comunale, sono state individuate le tombe L e P ad incinerazione, ustrina. La documentazione disponibile, che consta di alcuni disegni, foto, della relazione preliminare e di materiale ceramico raccolto nello scavo, disegna un quadro non organico. Come mostrano le foto le sepolture emergono al di sotto di potenti strati di interro, ma da queste non è possibile ricavare altri dati significativi a parte la presenza di alcuni vasi di corredo non rintracciabili nei magazzini dei Musei2. Materiali d’età diversa sono spesso mescolati tra di loro, benché nel Sondage K vengano isolati frammenti di impasto probabilmente dell’Età del Bronzo recuperati al di sotto della tomba stessa. Spesso si raccolgono frammenti di selce che Morel attribuisce al precedente abitato neolitico e che a suo avviso vengono riutilizzati come amuleti nelle tombe d’età arcaica3. Un interesse particolare riveste la tomba M, che sembra essere quella di un rannicchiato, il cui scheletro doveva essere ricoperto di calce forse per scongiurare il pericolo di epidemie, stando almeno al parere dell’antropologo che l’ha esaminato allora; la tomba era dotata di un blocco litico all’altezza della testa, una pratica documentata anche a Monte Pruno di Roscigno4, e restituiva uno strumento in ferro simile, nonostante il pessimo stato di conservazione ne impedisca un sicuro riconoscimento, alla zappa/ascia documentata a corredo della t. 26 (NC 570). Il Sondage N invece metteva in luce una tomba a fossa dotata anche questa di una grossa pietra all’altezza del cranio, il cui corredo in uno stato di conservazione quasi ottimale si trova attualmente presso la sede espositiva di Tricarico5. Infine sono documentate altre due tombe ad incinerazione, una delle quali certamente alloggiata all’interno di un pozzetto; queste, nonostante la presenza di alcuni intrusi, restituiscono i materiali ceramici più coerenti cronologicamente, databili nel corso del IV-III sec. a.C. L’anno successivo, il 1970, la missione francese realizzò altri saggi nella Villa
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8.2. Sepolcreto nei giardini pubblici e nella zona dell’Asilo Infantile. Gli scavi della Soprintendenza della Basilicata. Introduzione al catalogo Il catalogo che segue presenta invece le sepolture scavate dalla Soprintendenza dal 1975 al 1977 ed è strutturato in maniera tale da privilegiare i contesti, cioè le singole deposizioni e il corredo associato. Quando presente è inserito il rilievo planimetrico della tomba. Le misure delle sepolture sono state ricavate dai disegni originali realizzati in scala 1:20. Le tombe vengono presentate in base al numero progressivo assegnato loro dai primi catalogatori. Le tombe 15 e 18 sono state scavate nel 1975, le altre, invece, dal 1976 al 1977. Alla fine, vengono inserite la t. N scavata da Morel e presentata nella sede espositiva di Tricarico, i “fuori tomba” e “tombe sconvolte”. Nel testo vengono presentate schede catalogiche di tutti i reperti raccolti, comprensive di numero di catalogo, definizione e descrizione del frammento, tipologie, classi di impasto e/o colori con le Munsell Soil Color Charts , misure principali (altezza8, diametro della bocca e del piede, spessore delle pareti; le misure in catalogo sono espresse in cm), numero di inventario, osservazioni, datazione, bibliografia se è già stato pubblicato, e confronto, se non fornito nei capitoli precedenti. Per i manufatti fittili e per alcune olle è segnalato il peso espresso in grammi. Non sempre tutte queste voci saranno presenti. Le voci di catalogo, dunque, sono strutturate nella maniera più snella e sintetica possibile, per non appesantire il testo. Il corredo di ogni tomba è stato riprodotto fotograficamente da Mario Calia grazie a foto a colori o in bianco e nero allegate al catalogo della tomba. Un singolo corredo può venire riprodotto in una, due o più foto, per poter fornire una visione d’insieme. Ogni tavola fotografica è generalmente composta da reperti omogenei per classe, ma non mancano inserzioni di altre classi. Queste riproduzioni con le loro
Cfr. sez. 3.1 È il caso della t. N, per la quale si veda sez. 8.2.32. Morel 1971a, 492-193. Greco, G. 2010, 189. Morel 1971a, 492-493, tav. XCI. Cfr. sez. 8.2.32.
Hano et alii 1971, 427. Hano et alii 1971, 427-431 1 e figg. 9-10; Morel 1995, 423, fig. 3. 8 Nei cantaroidi sono presenti due misure per quanto riguarda l’altezza, una all’orlo e l’altra al culmine delle anse. 6 7
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. suddivisioni rispecchiano solo ed esclusivamente una scelta dettata da esigenze pratiche. La presentazione di tavole composte per classi riflette una divisione “moderna” che non ha legami con la scelta della comunità di Garaguso. 8.2.1. Tomba 1 Della t. 1 si dispone di alcuni dati non chiari. Il rilievo planimetrico è presente, ma riporta una struttura inconsueta e cioè una sorta di tumulo circolare identificato come “Pozzo I”, ai cui lati sono due deposizioni prive di corredo; solo al di sotto di quella a destra è visibile l’indicazione “T. 1” (fig. 8.1). Il disegno è stato realizzato in scala 1:20, ma manca una scala metrica e la firma della disegnatrice Annaluce Marino. Il “tumulo” ha forma ovale irregolare (148 x 164 ca.) ed è costituito da blocchi litici di medie e piccole dimensioni che ne occupano la superficie, di cui non si può determinare profondità o altezza. Le due deposizioni presentano uno scheletro in posizione supina, la cui lunghezza misura, dal cranio al malleolo, cm 96 (scheletro a destra del “tumulo”) e cm 91 (scheletro a sinistra del “tumulo”). Tali dimensioni sembrano indicare deposizioni di subadulti, a meno che non fosse una deposizione bisoma. Il corredo è composto da 48 oggetti che vengono attribuiti in via ipotetica, in base cioè alla presenza della didascalia, alla deposizione a destra del “tumulo”: NNII 121401-121444, 121464, 121466-121468; risulta disperso il NI 121469. I vasi erano in uno stato di conservazione discreto. Il corredo si caratterizza per l’assenza di ceramica WMPP. La ceramica matt-painted è rappresentata da 13 vasi cantaroidi di medie e piccole dimensioni, tra cui una Palinuro-Krug, una brocchetta e un’olletta biansata per le forme chiuse; due scodelle ad orlo rientrante, due ciotole apode, due calici e uno skyphos/kotyliskos miniaturistico per le forme aperte. I vasi cantaroidi sono di varie fogge e dimensioni e quelli più grandi ospitano, normalmente, una sintassi più articolata, con figure definite antropomorfe che si caratterizzano per una linea del tratto più regolare e precisa; negli esemplari più piccoli la linea diventa invece irregolare e affrettata, nonostante i motivi siano per lo più quelli semplici sospesi oppure la croce con i bracci posti in diagonale di sant’Andrea. Fa eccezione il NC 20, che per impasto, pigmento e trattamento della superficie, sembra costituire un servizio insieme all’olletta biansata e alla brocchetta NC 7 e 21. Erano parzialmente verniciate due coppette e un vasetto biansato. La ceramica acroma da mensa e dispensa è rappresentata da un’olla di medie dimensioni con bugnette apicate e una X incisa sul fondo concavo, una coppia di coppette monoansate e tre attingitoi di diverso tipo; è inoltre presente uno skyphos miniaturistico. Sono attestati anche due boccaletti, uno d’impasto e uno realizzato con ceramica più opaca e granulosa, con corpo ceramico simile alla ceramica da cucina; entrambi presentano nella parte anteriore tracce di nerofumo. Alla ceramica greca è ascrivibile la pisside con coperchio decorata a cerchi concentrici, quattro coppe di tipo ionico B2 e due coppette monoansate a bande. Tra gli altri fittili si annoverano le tessere a forma di π, decorate
Fig. 8.1. Rilievo planimetrico della t. 1.
da un pigmento bruno su tutte le superfici. È evidente in questo corredo una caratteristica che si ripeterà con regolarità all’interno di altri corredi e cioè la presenza di alcuni manufatti vascolari o oggetti fittili deposti in coppia. Accanto ai fittili erano alcuni oggetti realizzati in bronzo, come una phiale ombelicata e alcuni elementi forse pertinenti ad un’unica fibula in bronzo a navicella, nonché elementi in ferro da attribuire ad almeno sei o sette fibule, che potevano essere rivestite o decorate dai vaghi d’ambra circolari e dagli elementi in osso conservati. Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 1. Piatto? Integro. Tipo 1 con coppia di fori passanti. Imp. 1; ø orlo 18; ø fondo 5,9; h 4,3. Motivi: 22. NI 121427. Fig. 4.8. Osservazioni: sia la morfologia che il pigmento e la sintassi decorativa rendono questa forma una via di mezzo tra la matt-painted e la WMPP. 2. Ciotola apoda. Integra. Tipo 3. Imp. 1; ø orlo 15,5; ø fondo 5; h 5,2. Motivi: orlo 23; esterno piede 48. NI 121437. Fig. 4.8. 3. Scodella ad orlo rientrante. Frammentaria. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 20,7; ø fondo 8; h 9,4; sp. 0,5. Motivi: orlo 14. NI 121412. 4. Scodella ad orlo rientrante. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 11,2; ø fondo 5; h 6. Motivi: orlo 14; vasca 22. NI 121424. 5. Calice. Integro. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 8; ø fondo 4,6; h 4,8. Motivi: orlo 10a; vasca 22. NI 121421. 6. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 8; ø fondo 6; h 6,7. Motivi: orlo 9; vasca 22. NI 121420. 164
Catalogo delle sepolture 7. Olletta biansata. Integra. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 9; ø fondo 6,5; h 7. Motivi: orlo 9; collo 22; corpo 39. NI 121417.
Imp. 2; ø orlo 7/8; ø fondo 5,4; h 10,3. Motivi: orlo 2; collo 40; ansa 15e; corpo 40. NI 121414. Fig. 4.14. 21. Brocca. Integra. Tipo 3. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 4,1; ø fondo 4,1; h 12,2. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 38. NI 121415. Fig. 4.15. Osservazioni: all’interno, in corrispondenza della giunzione tra corpo e spalla, si nota un ispessimento dovuto alla tecnica di foggiatura, caratterizzata dalla realizzazione separata delle due parti che sono poi state assemblate e rifinite soltanto all’esterno.
8. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7,4/8,8; ø fondo 5,1; h 11,1. Motivi: orlo 4; collo 22; ansa 15; corpo 38. NI 121416. 9. Vaso cantaroide. Si conserva frammento dell’orlo e del corpo. Tipo 1 Imp. 2; ø orlo 8 ca.; spess.0,25. Motivi: orlo 4a, collo 22; ansa 15; corpo 38? NI 121428.
Ceramica matt-painted d’imitazione greca
10. Vaso cantaroide. Si conserva frammento dell’orlo e del corpo. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 8; largh. max 12,2; h 11,5; spess.0,3. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15a; corpo 39. NI 121442.
22. Skyphos/kotyliskos miniaturistico. Lacunoso. Imp. 2; ø orlo 7,8; ø fondo 3,3; h 5,5; sp. 0,3. NI 121408. Ceramica parzialmente verniciata
11. Vaso cantaroide tipo Palinuro. Ricomposto. Tipo 1.2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 9/11; ø fondo 5,4; h 13,1. Motivi: orlo 9; collo 36; ansa 15g; corpo 36a. NI 121429
23. Coppetta monoansata. Lacunosa e ricomposta. Imp. 1, vernice rosso-bruna; ø orlo 10; ø fondo 3,2; h 4; sp. 0,45. NI 121439.
12. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3 o 8/4; ø orlo 8,5/9,5; ø fondo 7,1; h 14. Motivi: orlo 9; collo 38+36; ansa 15f; corpo tra 36a e 46. NI 121418.
24. Coppetta monoansata. Lacunosa e ricomposta. Imp. 1, vernice rosso-bruna; ø orlo 11,8; ø fondo 5,4; h 4,4; sp. 0,3. NI 121443.
13. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3, cfr. 121417; ø orlo 6,5/7,5; ø fondo 6,4; h 12; spess.0,4. Motivi: orlo 2; collo 4+ 22; ansa 15b; corpo 40. NI 121431.
25. Brocchetta miniaturistica. Lacunosa e ricomposta. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/6, vernice rossa; ø orlo 2,8; ø fondo 2,6; h 3,2; sp. 0,2. NI 121422.
14. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 1; ø orlo 10/13,5; ø fondo 7; h 16,5. Motivi: collo 36; ansa 15; corpo 45. NI 121419. Osservazioni: cfr. NC 218 t. 10.
Ceramica acroma da mensa e dispensa 26. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 11,1; ø fondo 3,8; h 4,3; sp. 0,4. NI 121423.
15. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8/9,8; ø fondo 5,8; h 12,2. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15a; corpo 41a. NI 121430.
27. Coppetta monoansata. Si conserva per metà circa. Esemplare schiacciato con fondo lievemente concavo. Imp. 1; ø fondo 4,6; h 3,9; sp. 0,3. NI 121440.
16. Vaso cantaroide. Frammentario. Tipo 4. Imp. 1; ø orlo 8,5/9,5; ø fondo 4,3; h 10,6. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 38 o 40. NI 121438.
28. Skyphos/kotyliskos miniaturistico. Si conserva per metà circa. Imp. 1; ø orlo 6,8; ø fondo 3,2; h 4,8; sp. 0,3. NI 121444.
17. Vaso cantaroide. Si conserva frammento dell’orlo e del corpo. Tipo 4. Imp. 1; ø orlo 9/10,2; h 6,6; spess.0,3. Motivi: orlo 9; collo 22. NI 121441.
29. Brocchetta. Integra. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 6,5; ø fondo 4; h 8,7; sp. 0,3. NI 121403. 30. Attingitoio. Ricomposto. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 7,3; ø piede 4,2; h 7,8; sp. 0,3. NI 121405. Fig. 4.25.
18. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 5. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 9,5/11; ø fondo 7,3; h 15,8. Motivi: orlo 9; collo 36+28a; ansa 15d; corpo 45/46. NI 121413.
31. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 8,1; ø fondo 4,5; h 9,3; sp. 0,4. NI 121404.
19. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Imp. 1; ø orlo 7,3/8,3; ø fondo 4,5; h 10. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 38. NI 121426.
32. Olla. Integra. Tipo 3.1. Sup. 10YR 7-8/3; ø orlo 14,8; ø fondo 8,5; h 15,8. NI 121411. Fig. 4.26.
20. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 7.
165
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Osservazioni: sul fondo segno cruciforme inciso (fig. 4.41).
ø orlo 11,8; sp. 0,05. NI 121468. Metalli. Oggetti di ornamento
Ceramica acroma da cucina
46. Fibule in ferro. Vari frammenti non ricomponibili. Tipi 1 e 2. Largh. 2,5; h 2. NI 121466.
33. Boccaletto. Ricomposto. Tipo 1. Sup. 5YR 7/6; ø orlo 8,6; ø fondo 7,4; h 8,8/10,4; sp. 0,6. NI 121425. Fig. 4.27.
47. Fibula a navicella con staffa lunga, bronzea. Vari frammenti non ricomponibili. Tipo 2.1. Largh. 2 ca.; sp. 0,2. NI 121467. Fig. 4.40.
34. Boccaletto. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7,7; ø fondo 5; h 9,2; sp. 0,4. NI 121406. Fig. 4.27.
Organici
Ceramica greca
48. Vaghi d’ambra. Frammentari. Di alcuni si conserva una sorta di fermo in ferro. Tipo 1. a) ø 2,9; spess. 2; b) ø 1; spess. 7; c) ø 1,9; spess. 1; d) ø 1,85; spess. 1. NI 121464.
35. Coppetta monoansata a bande. Lacunosa nell’ansa. Tipo 1. Imp. 11; ø orlo 9,1; ø fondo 3,5; h 3,9; sp. 0,25. NI 121436. 36. Coppetta monoansata a bande. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 21; ø orlo 10,1; ø fondo 3,6; h 4,1; sp. 0,25. NI 121432. Fig. 4.29.
Osservazioni In base alle dimensioni dello scheletro a cui si è scelto di attribuire questo corredo, si ritiene possibile che la sepoltura sia appartenuta ad un subadulto di genere femminile, considerando anche i due manufatti fittili. La defunta era coperta da una veste retta da una serie di fibule in bronzo e in ferro, con arco ricoperto da vaghi d’ambra. Era stata sepolta con un corredo vascolare che si potrebbe definire canonico, al cui interno, però, spiccano la Palinuro-Krug e la pisside globulare decorata con cerchi concentrici (figg. 8.2-6). La presenza di questi due vasi di differente produzione consentirebbe di attribuire questa tomba ad una delle prime fasi del sepolcreto; tale ipotesi sarebbe confermata dall’assenza della WMPP, prodotta o inserita nel rituale funerario soltanto a partire dagli ultimi anni del VI sec. a.C. Il corredo restituiva inoltre una delle quattro phialai ombelicate in bronzo attestate in questo nucleo di necropoli. La presenza della pisside globulare, della Palinuro-Krug, delle fibule a navicella così come l’assenza della WMPP sono elementi di anteriorità che sono tuttavia bilanciati dalla tipologia delle coppe ioniche e dalla phiale bronzea. Il corredo è comunque databile nella seconda metà del VI sec. a.C.
37. Coppa di tipo ionico B2, piccola. Ricomposta. Tipo 5. Imp. 21; ø orlo 12,5; ø fondo 4,8; h 5,9; sp. 0,3. NI 121435. 38. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5. Sup. 5YR7/6; ø orlo 15,8; ø fondo 5,4; h 7,3; sp. 0,3. NI 121410. Fig. 4.33. 39. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.2. Imp. 21; ø orlo 12,5; ø fondo 4,5; h 6,2; sp. 0,3. NI 121433. 40. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.2. Imp. 21; ø orlo 13,5; ø fondo 4,4; h 6,7; sp. 0,3. NI 121434 41. Pisside globulare su piede. Integra. Imp. 29; ø orlo 10,5; ø fondo 7,3; h 13,8; sp. 0,4. NI 121401. Figg. 4.30 e 4.34. Osservazioni: il centro dei cerchi concentrici è exciso. 42. Coperchio della pisside NI 121401. Integro. Imp. 29; ø orlo 10,5; h 4,2; sp. 0,4. NI 121402. Figg. 4.30 e 4.34.
8.2.2. Tomba 2 La t. 2, di cui pure si conserva il rilievo con indicazione metrica (fig. 8.7), è risultata disturbata, non è chiaro se in antico o da attività moderne. Non era più presente lo scheletro e la fossa non conservava i suoi limiti originari. Dal rilievo si evince che questa misurava 92 ca. di larghezza e si estendeva per una lunghezza di 135 ca.; il lato destro era limitato da tegole o pietre poste di testa. Del corredo si conserva solo quanto si trovava nella parte superiore della fossa: manca, infatti, la grande olla acroma che normalmente occupa lo spazio tra i piedi del defunto nella zona inferiore della fossa. I reperti recano i NNII 121445-121463 e 121465; non è stato possibile attribuire questi due ultimi NNII a quegli oggetti, come un piccolo disco bronzeo e una pietra, che ne risultano
Manufatti fittili non vascolari 43. Integro. Tipo 1 decorato da pigmento bruno opaco. Sup. 10YR 7/3; h 4,2; largh. 4,8; sp. 1,6 ca.; peso 38/40. NI 121407. Fig. 4.35. 44. Integro. Tipo 1 decorato da pigmento bruno opaco. Sup. 10YR 7/3; h 4,2; largh. 4,8; sp. 1,6 ca.; peso 40. NI 121409. Fig. 4.35. Metalli. Utensili 45. Phiale in lamina bronzea con omphalos centrale. Frammentaria e lacunosa. Tipo 1. 166
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.2. Corredo della t. 1.
Fig. 8.3. Corredo della t. 1.
privi. Nonostante lo stato di conservazione, la tomba presenta evidenti caratteri d’eccezionalità. Del corredo rimaneva la ceramica matt-painted a decorazione geometrica rappresentata da una Palinuro-Krug e un vaso cantaroide morfologicamente simile, quattro piccoli cantaroidi9 e quattro brocche, due delle quali di un
tipo diverso, tutte forme che recavano lo stesso motivo ornamentale, cioè quello pendulo. La ceramica greca annoverava due pezzi quasi unici per qualità all’interno del contesto: una Band cup attribuibile al gruppo Elbows out e databile, pertanto, all’ultimo quarto del VI sec. arbitraria con alcuni frammenti dalla t. 13. Insieme a questi frammenti era il “Reperto n. 12”, privo di NI, che raggruppava un insieme eterogeneo di 13 frammenti ceramici.
È segnalata la presenza di NI 121455, che identifica alcuni frammenti del fondo di un piccolo vaso cantaroide che è stato ricomposto in maniera 9
167
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.4. Corredo della t. 1.
Fig. 8.5. Corredo della t. 1.
a.C.10, e una coppa di tipo ionico B2 che per tecnologia è confrontabile con un individuo dalla t. 3 (NC 87). Si conservava anche un piccolo kotyliskos di tipo corinzio che, nonostante l’argilla molto chiara e depurata, non pare attribuibile alla produzione corinzia. Come anticipato, nel corredo manca la ceramica acroma da mensa e da cucina, così come la WMPP. La tomba manifesta il suo carattere d’eccezionalità anche grazie alla presenza di alcuni oggetti d’ornamento, che consistevano in due fibule bronzee a doppio disco appiattito su supporto di ferro, e vaghi d’ambra pertinenti certamente a collane. È stato inoltre rinvenuto un piccolo vago levigato che l’occhio di un gioielliere ha attribuito ad un turchese11. Il
10 11
disco bronzeo, infine, grazie ai numerosi confronti è stato attribuito ad uno scudo. Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 49. Vaso cantaroide. Ricomposto. Palinuro-Krug. Tipo 1.2. Sup.10YR 7/3; ø orlo 10/13,1; ø fondo 7,8; h 14/15,4; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 36a; ansa 15g; corpo 36a. NI 121460. 50. Vaso cantaroide. Ricomposto. Palinuro-Krug. Tipo 1.2. Imp. 2; ø orlo 9,6/12,5; ø fondo 7; h 14,7/15,8; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 36a; ansa 15g; corpo 46a. NI 121461.
L’altra band cup era posta a corredo della t. 26 (NC 550). Cfr. sez. 4.7.
168
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.6. Corredo della t. 1.
54. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4.1. Imp. 1; ø orlo 6,3/7,3; ø fondo 5,2; h 9/10; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15g; corpo 40. NI 121454. 55. Vaso cantaroide. Si conserva ansa. Imp. 1; largh. 2,75; h 3,6; sp. 0,5. Motivo: 15. NI 121458. 56. Brocca. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 6,3; ø fondo 5; h 10,5/11,2; sp. 0,35. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15a; corpo 40. NI 121450. 57. Brocca. Integra. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 5,6; ø fondo 5; h 10,6/11,6; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121449.
Fig. 8.7. Rilievo planimetrico della t. 2.
58. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 5; ø fondo 4,2; h 9,5/11; sp. 0,2. Motivi: orlo 4a; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121448.
51. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7/9,1; ø fondo 4,5; h 9,2/10,3; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121453.
59. Brocchetta/Aryballos. Ricomposta. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 4,1; ø fondo 5,4; h 13,2/14,2; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121451.
52. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 6,4/8,4; ø fondo 4,8; h 8,6/9,8; sp. 0,35. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121456.
Ceramica matt-painted d’imitazione greca 60. Kotyliskos di imitazione corinzia. Ricomposto e integrato. Imp. 3; ø orlo 6,6; ø fondo 3; h 3,8; sp. 0,3. NI 121447. Fig. 4.21.
53. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 8/9,4; ø fondo 5,2; h 10/11,3; sp. 0,35. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121452.
169
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.8. Corredo della t. 2.
65. Fibula a doppio disco appiattito in bronzo con supporto in ferro. Restaurata, ma lacunosa. Tipo 4. ø disco 4; lungh. 6 ca. NI 121462. Fig. 4.40.
Ceramica greca 61. Band cup attica. Ricomposta. Figure nere con dettagli incisi o enfatizzati con l’utilizzo del paonazzo e del bianco. La vernice è nera, brillante in alcuni zone, tendente al bruno in altre; sup. 5YR 7/6; ø orlo 20; ø fondo 9,8; h 13. NI 121445. Figg. 4.29 e 4.31.
Organici 66. Vaghi d’ambra di vari tipi e dimensioni. 1+ 1.1+1.2+2+3. NI 121457. Fig. 4.40. • Tipo 1: ø 4,5; 2,6; 2,1; 0,9 • Tipi 1.1 e 1.2: forma ellittica con 3 fori, largh. 2,6 ca. • Tipo 2: ø 2,3 ca. • Tipo 3: largh. 2,8; h 4,5; sp. 1,5.
62. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 21; ø orlo 14/14,5; ø fondo 5,7; h 7; sp. 0,25. NI 121446. Fig. 4.32. Osservazioni: la coppa si distingue per morfologia e tecnologia. La vernice nera brillante è ben stesa e la forma è caratterizzata da un equilibrio che tradisce una fabbrica di qualità che ha un parallelo solo nell’esemplare NC 87, t. 3. La vasca poco profonda e la spalla molto arrotondata, inoltre, sembrano rimandare ad una produzione più antica delle altre.
67. Vago in pietra. Turchese? Senza NI. ø disco 1,7; h 0,8 Osservazioni In analogia alla situazione della t. 1, anche per questo corredo12 (fig. 8.8) l’assenza della WMPP può essere dovuta allo stato di conservazione della sepoltura o a cause cronologiche13, è tuttavia possibile che non fosse originariamente presente nel corredo. Non sono determinanti cronologicamente, invece, le due fibule bronzee a doppio disco appiattito, ricorrenti in corredi databili all’inizio del V sec. a.C.14; forse la loro caratteristica più interessante è che a Garaguso occorrono in tombe con manufatti fittili interpretabili come strumenti da tessitura oppure con oggetti di ornamento attribuibili a donne, come i vaghi e i pendenti in ambra e il turchese. Se questi ultimi elementi concorrono ad attribuire la sepoltura ad un individuo
Metalli. Armi 63. Scudo? Si conserva rosetta con baccellatura a rilievo. Lacunosa. ø 3,5. senza NI. Fig. 4.37. Metalli. Oggetti di ornamento 64. Fibula a doppio disco appiattito in bronzo con supporto in ferro. Restaurata, ma lacunosa. Tipo 4. ø disco 4,8; lungh. 9,5. NI 121459. Osservazioni: il pessimo stato di conservazione impedisce un’attenta osservazione della tecnologia. Sembra che disco e supporto fossero legati insieme grazie a piccole borchie.
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170
Foto del corredo pubblicata in Adamesteanu 1977, Tav. CXXVI. Cfr. sez. 8.2.1. Come la t. 34, cfr. sez. 8.2.24.
Catalogo delle sepolture 71. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 1; ø orlo 7,2/8,2; ø fondo 5,2; h 8,4/9,9; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15d; corpo 39. NI 121482.
di genere femminile, la presenza dell’ultimo oggetto, quel piccolo disco bronzeo, ne complica l’attribuzione. La rosetta bronzea è con probabilità pertinente ad uno scudo, elemento dell’armamento tradizionalmente a corredo, insieme ad altri oggetti, di tombe maschili15. È probabile che la t. 2 sia da annoverarsi tra il nucleo più antico di tombe, quando ancora il genere non veniva differenziato o non lo era con i criteri che si sono stabiliti adesso, ma erano enfatizzati altri aspetti del defunto. Non si escludono neanche altre ipotesi, come quella di considerare lo scudo il dono di un uomo alla sua compagna; o la possibilità che alcune donne venissero deposte con uno scudo, secondo un costume diffuso e noto in area etrusca16. Ritengo che il manufatto possa essere considerato, funzionalmente, come un ornamento. Il corredo è databile all’ultimo quarto del VI sec. a.C. in base alla presenza della Band cup, della coppa di tipo ionico, della Palinuro-Krug, delle fibule bronzee nonché per l’assenza di WMPP .
72. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 7,2/9,2; ø fondo 3,7; h 8,9/9,8; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121486. 73. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 1; ø orlo 6,8/9,4; ø fondo 4,5; h 9,3/10,3; sp. 0,35. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121487. 74. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 3. Imp. 1; ø orlo 10,5/12,8; ø fondo 7; h 15,6/17; sp. 0,6. Motivi: orlo 9; collo 28a; corpo 46. NI 121488. Osservazioni: il vaso è molto pesante e il fondo è irregolare; l’ansa sembra essere stata realizzata con tre cordoncini d’argilla. 75. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 2; ø orlo 10/12; ø fondo 7; h 13,2/16,2; sp. 0,5. Motivi: orlo 12; collo 28a; ansa 15; corpo 39+46b. NI 121484.
8.2.3. Tomba 3 Della t. 3 non si dispone del rilevo, ma solo del corredo composto da 23 pezzi registrati con i NNII da 121470 a 121492. Come per la t. 2 sono attestate solo alcune classi ceramiche. La ceramica matt-painted a decorazione geometrica è rappresentata da otto cantaroidi di differenti dimensioni più una piccola Palinuro-Krug, quattro brocchette, una pisside trapezoidale e un sostegno. Cinque coppe di tipo ionico B2 costituiscono la ceramica greca e infine una cuspide di lancia in ferro e frammenti di fibule in ferro completano la rassegna degli oggetti con cui il defunto era stato deposto.
76. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 1; ø orlo 7,5/8; ø fondo 4,6; h 8,6/9,6; sp. 0,35. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121483. Osservazioni: la parte inferiore del corpo non è stata accuratamente lisciata e pertanto sono evidenti numerose solcature. 77. Brocca. Integra. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 6,2; ø fondo 5,5; h 11,2/12; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15a; corpo 39. NI 121476.
Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
78. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 5,8; ø fondo 4,5; h 9,8; sp. 0,35. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 38. NI 121479.
68. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 10/12; ø fondo 7; h 15/16,2; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 28a; ansa 15a; corpo 36a. NI 121489.
79. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 5,4; ø fondo 4,8; h 9,5/10; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121475.
69. Vaso cantaroide. Ricomposto. Palinuro-Krug. Tipo 1.1. Imp. 1; ø orlo 7,8/9,8; ø fondo 4,8; h 10/11,5; sp. 0,45. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15g; corpo 39+36. NI 121485.
80. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 5,3; ø fondo 4,8; h 10,8; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 39. NI 121477. 81. Pisside trapezoidale. Integra. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 4,4; ø fondo 5,6; h 7,5; sp. 0,6. Motivi: corpo 22. NI 121478.
70. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2, il vaso è lievemente deformato, forse per un difetto di cottura, nella parte inferiore del corpo. Imp. 1; ø orlo 15/16; ø fondo 9,2; h 21,1/23,7; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 30+31+28; ansa 15a; corpo 46b. NI 121481.
82. Sostegno su alto piede. Integro. Tipo 2. Imp. 1; ø orlo 10,8; ø incavo 3,4; ø fondo 15,2; h 11,5; sp. 0,7. Motivi: corpo 22; piede 23. NI 121480. Ceramica greca
Cfr. sez. 4.6.1. Scudi fittili e bronzei, appoggiati sul ventre o addossati alle pareti della fossa, servivano forse a mettere in risalto segni di rango e di continuità gentilizia o a proteggere il ventre della defunta come luogo della riproduzione, cfr. Bartoloni 2003, 135 e Bartoloni, Pitzalis 2011, 144. 15
83. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 1.3. Imp. 21, cottura con esito rosso sia all’esterno che all’interno; ø orlo 13,3; ø fondo 5,2; h 7,1; sp. 0,35. NI 121471. Fig. 4.32.
16
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Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 84. Coppa di tipo ionico B2. Si conserva integra. Tipo 1.3. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 14/14,5; ø fondo 5,7; h 7; sp. 0,25. NI 121472.
Osservazioni La sepoltura viene attribuita, in base al corredo (figg. 8.910), ad un individuo di genere maschile, che viene deposto con la lancia e abbigliato con delle vesti trattenute dalle fibule. Si è visto come, analogamente alla t. 2, manchino determinate classi ceramiche, mentre abbondano i cantaroidi, presenti in varie gamme dimensionali; come di consueto gli individui più piccoli recano motivi semplici e ripetitivi, quelli di formato maggiore ospitano motivi e combinazioni di motivi più complessi. Un dettaglio che sembra ricorrere in altri casi, è l’occorrenza dello stesso motivo su alcuni forme: ci si riferisce in particolar modo al motivo a scacchiera presente sul collo di tre cantaroidi. Ancora come nella t. 2 è presente una piccola PalinuroKrug, mentre fanno la loro comparsa nel repertorio della ceramica geometrica una sorta di pisside che doveva essere accompagnata da un coperchio, e un vaso con stelo troncoconico, forse un sostegno. Nel repertorio della ceramica enotria nel VI sec. a.C. la pisside e il sostegno sono considerate forme di derivazione greca. Mancano invece le forme della WMPP. Il corredo si completava con la ceramica greca, presente con cinque esemplari di coppe di tipo ionico B2, di diverso tipo, tra cui spicca il NC 87, tipologicamente affine ad un esemplare della t. 2. L’analogia si aggiunge alle altre riscontrate tra le due sepolture e le lega in una relazione i cui caratteri in parte sfuggono. È probabile che le tt. 2 e 3 siano le più antiche, in cui i corredi restituiscono un repertorio vascolare ristretto, limitato quasi alla ceramica a decorazione geometrica rappresentata principalmente da forme chiuse, mentre per le forme aperte si fa ricorso
85. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 1.4. Imp. 21; ø orlo 10,2; ø fondo 4,8; h 6; sp. 0,3. NI 121473. 86. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 1.4. Imp. 29; ø orlo 12,8; ø fondo 5,4; h 7,2; sp. 0,35. NI 121474. Fig. 4.32. 87. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 21; ø orlo 12,7; ø fondo 5,3; h 6,2; sp. 0,3. NI 121470. Fig. 4.32. Metalli. Armi 88. Cuspide di lancia con immanicatura a cannone in ferro. Lacunosa. tipo 1. ø immanicatura 2,3 ca.; lungh. 24 + 6 ca. NI 121490. Fig. 4.37. Metalli. Oggetti di ornamento 89. Fibule ad arco semplice in ferro. Se ne conservano almeno quattro, lacunose. Tipo 1. Lungh. media 2,5 ca.; h 1 ca. NI 121491. 90. Fibula ad arco in parte appiattito in parte serpeggiante in ferro. Lacunosa. Tipo 3. Lungh. 15 ca.; h 2,5 ca. NI 121492.
Fig. 8.9. Corredo della t. 3.
172
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.10. Corredo della t. 3.
alla ceramica greca. I defunti vengono abbigliati con vesti e ornamenti personali e tradizionali e accompagnati da elementi che hanno probabilmente specificato in vita il loro ruolo all’interno della comunità, caratterizzando in questo caso il defunto come portatore di lancia.Grazie alle analogie con la t. 2, il corredo è databile nell’ultimo quarto del VI sec. a.C. 8.2.4. Tomba 6 Nella t. 6 era deposto uno dei portatori di spada di questo piccolo nucleo. La fossa doveva misurare 90 x 210 ca. ed essere delimitata alla sua destra da un lastrone. Del defunto si conservavano le ossa del cranio e degli arti inferiori (fig. 8.11). Il corredo si concentrava nella parte superiore e mediana della fossa, ma il rilievo non registra la grande olla acroma, che dovrebbe trovar posto ai piedi del defunto. È possibile che questa, come buona parte del corredo vascolare, fosse ridotta in frammenti. Sono invece ben leggibili le posizioni della spada, posta sul ventre, nelle vicinanze di elementi identificabili come le fibule in ferro rinvenute, alcune delle quali con tracce di tessuto, e la lancia, anch’essa in ferro, che occupa una delle estremità settentrionali della fossa; non si distingue, invece, la lama in ferro. Tra i 43 oggetti raccolti, registrati con i NNII 121493 e da 121498 a 121539, sono presenti la ceramica acroma da mensa e dispensa e da cucina, con la grande olla acroma, due scodelle monoansate, una brocchetta, un bicchiere, un calice, una ciotola e un mortaio, nonché due boccaletti d’impasto, uno dei quali miniaturistico. Nella ceramica matt-painted, tra le quattro scodelle e i cinque calici, spicca tra le forme aperte una
Fig. 8.11. Rilievo planimetrico della t. 6.
delle imitazioni di coppe ioniche di tipo B2; tra le forme chiuse, insieme alle sei brocche e ai quattro cantaroidi, di tipi e con motivi decorativi anche molto diversi tra di loro, si distinguono ancora una pisside e una sorta di olla cantaroide, un vaso ibrido. Infine, per la ceramica greca, accanto alle due consuete coppette monoansate, sono attestate tre coppe di tipo ionico B2. 173
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
104. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Imp. 1; ø orlo 7,5/9; ø fondo 5; h 8,9/9,7; sp. 0,45. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 41a. NI 121534.
91. Scodella ad orlo rientrante. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 12,3; ø fondo 7; h 6/7,2; sp. 0,6. Motivi: orlo 14; vasca 22. NI 121515.
105. Brocca. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 7,5; ø fondo 4,8; h 14,5/15,2; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15d; corpo 40. NI 121505.
92. Scodella ad orlo rientrante. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 13; ø fondo 7,2; h 7/8,2; sp. 0,6. Motivi: orlo 14; vasca 22. NI 121518.
106. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 5,5; ø fondo 3,8; h 7,8/8,1; sp. 0,4. Motivi: orlo 4; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121504. 107. Brocca. Ricomposta, ma ancora frammentaria. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 7,4; ø fondo 7; h 16,9; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 23; ansa 15; corpo 40. NI 121524.
93. Scodella ad orlo rientrante. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 5; ø orlo 12,8; ø fondo 6,5; h 8/9,2; sp. 0,7. Motivi: orlo 14; vasca 22. NI 121520. Fig. 4.9. 94. Scodella ad orlo rientrante. Integra. Tipo 3. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 13,5; ø fondo 8,6; h 5,4/6,6; sp. 0,8. Motivi: orlo 22; vasca 22. NI 121513. Fig. 4.9. Osservazioni: visibili tracce di incrostazioni ferrose sul fondo, all’esterno.
108. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 6,8; ø fondo 5,8; h 11/11,4; sp. 0,5. Motivi: orlo 11; collo 40; ansa 15g; corpo 40. NI 121506. 109. Brocca. Integra. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 8,6; ø fondo 7; h 15,5/16,2; sp. 0,35. Motivi: orlo 2; collo 31a +22; ansa tra 15d e 20; corpo 41b. NI 121508. Osservazioni e confronti: Mayer pubblica una brocca con motivi a stella più piccoli e meno corsivi considerata un Nebengruppe der Peuketia17; il confronto più puntuale è forse quello con la brocca indigena di Ripacandida che raffigura un personaggio umano in piedi su una sfera circondata da 7 stelle, al cui interno è un fulmine, datata alla prima metà del V sec. a.C.18. Il vaso è simile al cantaroide dalla stessa Garaguso conservato al Museo archeologico provinciale di Potenza (N.I. 2281, h. 15,46)19. In area nord-lucana una brocca morfologicamente diversa, ma simile nel motivo pendulo proviene dalla t. 8 di Ruvo del Monte, un contesto databile alla seconda metà del VI sec. a.C.20 Il motivo è di antica tradizione, come mostra l’olla mediogeometrica a collo distinto, con motivo a tenda tra riempitivi a stelline da Matera21.
95. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1.1. Imp. 1; ø orlo 8,8; ø fondo 5,6; h 6,8; sp. 0,4. Motivi: orlo 3; vasca 22. NI 121527. 96. Calice. Integro. Tipo 1.1. Imp. 2; ø orlo 8,8; ø fondo 5,4; h 7; sp. 0,25. Motivi: orlo 10a; vasca 22. NI 121528. 97. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Imp. 5; ø orlo 8,5; ø fondo 7; h 7,2; sp. 0,4. Motivi: orlo 3; vasca 22. NI 121525. 98. Calice. Integro. Tipo 3. Imp. 2; ø orlo 10,4; ø fondo 6,2; h 6,2; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; vasca 22. NI 121529. 99. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 2.5YR 8/3; ø orlo 8; ø fondo 5,2; h 4,9; sp. 0,65. Motivi: orlo 12; vasca 22. NI 121530.
110. Brocca. Integra. Tipo 3.1. Imp. 1; ø orlo 5,4; ø fondo 4,8; h 15,5/17; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 31; spalla 29; corpo 22. NI 121509. Fig. 4.15.
100. Olletta biansata. Ricomposta. Tipo 3. Sup. 10YR 7/3 e 7.5YR 7/6; ø orlo 13/13,5; ø fondo 6,7; h 12,5; sp. 0,45. Motivi: orlo 12; collo 22; corpo 39. NI 121499. Fig. 4.10.
111. Pisside. Integra. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 5; ø fondo 6,2; h 10; sp. 0,4. Motivi: spalla 29; corpo 24 + 39. NI 121500.
101. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 10,4/11,4; ø fondo 8,6; h 16,5/17,5; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 31 + 22. NI 121533.
Ceramica matt-painted di imitazione greca 112. Coppa biansata su piede, forma ibrida. Integra. Imitazione locale di coppa di tipo ionico B2.
102. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 5,6/8,2; ø fondo 4,4; h 9/10,7; sp. 0,5. Motivi: orlo 4; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121501. 103. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 9/10,4; ø fondo 5,9; h 12,6/13,6; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 40; ansa 15; corpo 40c. NI 121532.
17 18 19 20 21
174
Mayer 1914, T. 24, n. 2. Bottini 1986, 198, tav. XL. La Genière 1968, 328, tav. 42, n. 12. Bottini 1981, 225-226 e 285-288, fig. 19, n. 52. Cossalter 2009, 349, fig. VIII; già Yntema 1990a, 148, fig. 129, n. 21.
Catalogo delle sepolture Imp. 2; ø orlo 17,4; ø fondo 6,8; h 7,2; sp. 0,4. Motivi: bande. NI 121502. Fig. 4.21.
Imp. 29; ø orlo 15,1; ø fondo 5,6; h 6,8; sp. 0,4. NI 121503. 126. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5. Imp. 23; ø orlo 15,3; ø fondo 5,4; h 7,4; sp. 0,4. NI 121510.
Ceramica acroma da mensa e dispensa 113. Coppetta monoansata. Ricomposta. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 12,4; ø fondo 5,5; h 4,4; sp. 0,4. NI 121514. Fig. 4.24.
127. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5.2. Imp. 21; ø orlo 12,5; ø fondo 4,5; h 5,7; sp. 0,3. NI 121517.
114. Coppetta monoansata. Ricomposta. Imp. 2; ø orlo 10,4; ø fondo 4,2; h 4; sp. 0,4. NI 121521.
Metalli. Armi e utensili
115. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1, con foro per sospensione. Imp. 1; ø orlo 13,8; ø fondo 7; h 5,2; sp. 0,6. NI 121523.
128. Spada con costolatura centrale in ferro. Tipo 1.1. Lungh. 35; largh. max 4,8. NI 121536. Fig. 4.36. 129. Cuspide di lancia con immanicatura a cannone in ferro. Tipo 1. Lungh. 25,6; largh. 2,5. NI 121535. Fig. 4.37.
116. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 6; ø fondo 4,8; h 4,8; sp. 0,5. NI 121526. Osservazioni: sulla superficie ancora visibili incrostazioni, probabilmente dovute ad oggetti in ferro.
130. Lama in ferro. Lacunosa. Lungh. 17 ca.; largh. 2,1. NI 121537. Fig. 4.39. Osservazioni: ancora visibili i tre chiodi in ferro che servivano per l’immanicatura lignea di cui rimane l’impronta.
117. Attingitoio. Ricomposto. Tipo 1.1. Sup. 7.5Y 7/6; ø orlo 11,6; ø fondo 5,5; h 6,8; sp. 0,5. NI 121522. Fig. 4.25.
Metalli. Oggetti di ornamento
118. Brocchetta. Lacunosa nell’ansa. Tipo 1, con foro per sospensione. Imp. 1; ø orlo 6,5/7,2; ø fondo 5; h 8,4/9,7; sp. 0,5. NI 121507.
131. Fibule ad arco semplice in ferro. Frammentarie. Se ne conservano almeno quattro. Tipo 1. Lungh. media 3. NI 121493. 132. Fibula con staffa lunga ad arco appiattito in ferro. Frammentaria. Tipo 3. Lungh. 8,2; h 4 ca. NI 121538. Fig. 4.40.
119. Olla. Ricomposta. Tipo 2, asimmetrica. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 18,3; ø fondo 12,5; h 32 ca.; sp. 0,7. NI 121531. Ceramica acroma da cucina
133. Fibula con staffa lunga ad arco appiattito in ferro. Frammentaria. Tipo 1 o 3. NI 121539.
120. Mortaio. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 16,6; ø fondo 8,3; h 6,2; sp. 1,5. NI 121516.
* Fibula in ferro con resti di stoffa. Si conservano due frammenti: dx) 2,6 x 1; sx) 2,4 x 1,4. Senza NI
121. Boccaletto. Integro. Tipo 1.1. Imp. 17; ø orlo 6/7; ø fondo 4,5; h 7/8,1; sp. 0,6. NI 121511.
Osservazioni In base al corredo22 (figg. 8.12-15) la sepoltura viene attribuita ad un individuo di genere maschile, che viene deposto con la spada e con la lancia e abbigliato con delle vesti trattenute dalle fibule. Nel corredo vascolare si distingue l’imitazione della coppa di tipo ionico B2, decorata con le medesime bande che ornano le scodelle o i calici. Tra la ceramica matt-painted predominano le brocche, con morfologia e sintassi decorativa sempre diverse. La stessa mano ha probabilmente realizzato il cantaroide e la brocchetta NC 102 e 106, la cui esecuzione sommaria denuncia un pittore affrettato o poco esperto, ma riconoscibile anche nei due piccoli cantaroidi del corredo della t. 7. Non è possibile stabilire che tipo di relazione intercorresse tra le due sepolture e i due defunti; è probabile,
122. Boccaletto miniaturistico. Integro, realizzato a mano in un impasto chiaro e grossolano. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 3; ø fondo 2,2; h 3,7; sp. 0,4. NI 121498. Fig. 4.28. Ceramica greca 123. Coppetta monoansata a bande. Integra. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 9,1; ø fondo 3,3; h 3,5; sp. 0,35. NI 121519. 124. Coppetta monoansata a bande. Integra. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 8,8; ø fondo 3,5; h 4; sp. 0,35. NI 121512. 125. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 5.
22
175
Foto del corredo pubblicata in Adamesteanu 1977, tav. CXXV.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.12. Corredo della t. 6.
Fig. 8.13. Corredo della t. 6.
ma non necessario, che vi fosse contiguità cronologica. Né gli altri elementi del corredo contribuiscono a fornire dati in tal senso, trattandosi spesso di pezzi unici che non trovano confronti né nel contesto del nucleo di tombe, né altrove. Fa eccezione la brocca con asterisco/stella, gravitante in un’orbita d’influenza stilistica nord-lucana o peuceta e databile a partire tra la fine del VI e la prima metà del V sec. a.C. (NC 109). Anche grazie all’assenza della WMPP, il corredo è databile alla fine VI sec. a.C.
essere delimitata da lastre in prossimità del capo e blocchi nella parte opposta. Dal rilievo planimetrico si evince che si conservavano le ossa del cranio e alcune vertebre; l’impressione che si ricava è che il defunto avesse delle vertebre più piccole degli altri e che il suo corpo occupasse solo i 2/3 della fossa, che per il resto era occupata da numerosissimi contenitori (fig. 8.16). Alcuni elementi del corredo miniaturistici e la testina di terracotta concorrono a definire questa come una sepoltura di subadulto. Il corredo vascolare occupava quasi tutti i lati della fossa, con una concentrazione particolare nella sua parte inferiore, dove a stento si distingue un’ombra lasciata forse dalla grande olla acroma. Non si notano particolari disposizioni degli altri oggetti, che sembrano
8.2.5. Tomba 7 La t. 7 restituisce un corredo straordinario per qualità e quantità. La fossa doveva misurare 90 x 220 ca. ed 176
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.14. Corredo della t. 6.
Fig. 8.15. Corredo della t. 6.
essere stati deposti in piedi. Una grattugia è collocata in alto, in prossimità della spalla destra e ancora nei pressi sono fibule e altri oggetti di ornamento, come un grosso vago d’ambra e un pendente bronzeo. Il rilievo, inoltre,
sembra indicare la posizione della testina di terracotta rinvenuta appena fuori dalla tomba. Gli oggetti rinvenuti e inventariati erano 75, recanti i NNII121540-121614; a questi si accompagnavano poche decine di frammenti 177
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. fittili, l’impressione d’abbondanza viene rafforzata dagli oggetti di ornamento: alle fibule in ferro e in bronzo, il cui pessimo stato di conservazione non consente una precisa quantificazione, ma dovrebbero essere almeno una decina, si accompagnano: elementi in osso e ambra, probabilmente pertinenti a fibule; un grande vago d’ambra; frammenti d’osso riconducibili ad un bracciale; un anello bronzeo; un pendente pieno in bronzo; un oggetto circolare, forse un aes rude?; numerosi elementi bronzei pertinenti a bracciali oppure non identificabili. La defunta era stata deposta con una lama in ferro e una grattugia bronzea. Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 134. Ciotola. Integra. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 11,3; ø fondo 7; h 5,3; sp. 0,6. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 121555. 135. Scodella. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 12,2; ø fondo 6,7; h 5,8/7,1; sp. 0,5. Motivi: orlo 14a; ansa 21. NI 121559. Fig. 4.9.
Fig. 8.16. Rilievo planimetrico della t. 7.
ceramici di varie classi non inventariati, nonché una lama di ossidiana23. Ogni classe vascolare è rappresentata da forme che spesso si reiterano. Nella ceramica a decorazione geometrica vengono introdotte nuove forme: oltre ai cantaroidi, sette più uno di tipo Palinuro, è documentata una brocca con orlo trilobato e due forme ibride come l’olla cantaroide e la pisside stamnoide, la cui sintassi decorativa non ha però sinora trovato confronti né in area enotria né in quelle adiacenti. Arricchiscono il repertorio una brocchetta miniaturistica, una brocca peuceta e un piccolo cantaroide di una produzione tipica di Pisticci, nonché due brocche WMPP. Le forme aperte pur presentando meno novità, restituiscono comunque una documentazione inedita: insieme a due scodelle ad orlo rientrante, una ciotola e quattro calici, uno dei quali sembra più una coppetta di tradizione greca su piede, sono state rinvenute due coppette monoansate a bande che sono da attribuire a produzione greca, ma che tuttavia recano sull’ansa o all’interno della vasca motivi geometrici. Un thymiaterion completa lo spettro delle forme. Nella ceramica acroma sono attestate due olle di grandi e medie dimensioni; le due coppette monoansate sono duplicate nella varietà parzialmente verniciata, presente con tre esemplari, mentre l’attingitoio è accompagnato da due brocchette. Sono inoltre parzialmente verniciate una brocchetta e un’olpe. Il boccaletto d’impasto è associato a due parti di due diversi vasetti gemini; anche i mortai sono due. La ceramica greca è attestata in forme diverse: alle nove coppe di tipo ionico B2 si accompagna una piccola lip-kotyle miniaturistica, nonché due coppette monoansate canoniche, più una integralmente dipinta, con esito rosso, una coppetta su piede, un kothon e una piccola oinochoe con orlo trilobato. Oltre ai due manufatti 23
136. Scodella. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 12; ø fondo 6,5; h 5,7/7,2; sp. 0,5. Motivi: orlo 14a; ansa 21. NI 121596. 137. Calice. Ricomposto. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 8,7; ø fondo 5,8; h 6; sp. 0,5. Motivi: orlo 5a; corpo 22. NI 121562. 138. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 10,3; ø fondo 6,4; h 6,4; sp. 0,55. Motivi: corpo 22. NI 121560. 139. Calice. Integro. Tipo 2. Imp. 3; ø orlo 6,8; ø fondo 5,7; h 5,6; sp. 0,5. Motivi: orlo 2+10; corpo 22. NI 121570. 140. Calice. Integro. Tipo 4. Imp. 14; ø orlo 8; ø fondo 6; h 6,4; sp. 0,55. Motivi: orlo 9. NI 121573. 141. Coppa monoansata a bande di difficile catalogazione, forma di transizione verso la WMPP? Ricomposta e lacunosa. Imp. 5; ø orlo 11,8; ø fondo 5; h 5; sp. 0,3. Motivi: corpo 22. NI 121550. 142. Olletta. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 10,2; ø fondo 5,6; h 10; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22; corpo 39. NI 121602. 143. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 1. Colore sup.10YR 7/3; ø orlo 7,5/8,8; ø fondo 6,2; h 9,8/10,7; sp. 0,45. Motivi: orlo 3; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121598.
Misure della lama, non inventariata né catalogata: 1,5 x 0,7, sp. 0,3.
178
Catalogo delle sepolture 144. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 7,8/9,4; ø fondo 4,4; h 9,8/114; sp. 0,25. Motivi: orlo 3; collo 22; ansa 15a; corpo 40a. NI 121604.
Imp. 2; ø orlo 6; ø fondo 7; h 16; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22+25; spalla 27; corpo 22. Sull’applique è dipinto un motivo ad X. NI 121564. Fig. 4.18.
145. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8,3/9; ø fondo 5; h 10,8/12,4; sp. 0,3. Motivi: orlo 3; collo 22; ansa 16; corpo 38. NI 121553.
Ceramica matt-painted d’imitazione greca 157. Coppetta monoansata a bande. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 22; ø orlo 10,4; ø fondo 3,6; h 3,1; sp. 0,5. Motivi: corpo 22; ansa 21. NI 121565.
146. Vaso cantaroide. Ricomposto. Palinuro-Krug. Tipo 1.2. Sup. 2.5Y 7/2; ø orlo 12,7/14,7; ø fondo 5,2; h 9,8/11; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 28; corpo 36a+ 28b + 39. NI 121581. Fig. 4.11.
158. Coppetta monoansata a bande. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 1; ø orlo 9,6; ø fondo 3,5; h 2,5; sp. 0,5. Motivi: corpo 22 + 33. NI 121591.
147. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 14; ø orlo 8/9,5; ø fondo 5,2; h 9,8/11; sp. 0,5. Motivi: orlo 4; collo 4 + 22 + 4; ansa 15a; corpo 40+36. NI 121563.
WMPP 159. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 2; ø orlo 7,5; ø fondo 6,5; h 12,5/13,5; sp. 0,4. NI 121597.
148. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 4. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 8/9,4; ø fondo 6,4; h 12,7/13,4; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 28a +36; ansa 15c; corpo 45. NI 121578. Fig. 4.7.
160. Brocca. Integra. Tipo 3. Imp. 1; ø orlo 7,2; ø fondo 6; h 12,5/13,8; sp. 0,3. NI 121561.
149. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 2; ø orlo 5,2/6,5; ø fondo 3,3; h 9,3/10; sp. 0,6. Motivi: orlo 4; ansa 15; corpo 39. NI 121556.
Ceramica parzialmente verniciata 161. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 11, vernice arancio; ø orlo 9,9; ø fondo 3,6; h 4,3; sp. 0,55. NI 121594.
150. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 5; ø orlo 5,6/7,5; h 8,5/9,8; sp. 0,5. Motivi: orlo 4; ansa 15; corpo 39. NI 121599.
162. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/6, vernice rosso-arancio; ø orlo 11,7; ø fondo 3,9; h 4,5; sp. 0,4. Senza NI.
151. Brocca con orlo trilobato. Lacunosa. Tipo 4.3. Imp. 2; ø orlo 7 ca.; ø fondo 7; h 17,6/19; sp. 0,6. Motivi: sul lobo dell’orlo 36; 27; collo, corpo e piede 22. NI 121580. Fig. 4.15.
163. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1.1. Imp. 11, vernice arancio; ø orlo 9,9; ø fondo 4,2; h 3,6; sp. 0,5. NI 121593.
152. Pisside stamnoide. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 6,4; ø fondo 6,2; h 9,2/10,1; sp. 0,3. Motivi: sulla spalla linguette bicrome e al di sotto tralcio fitomorfo. NI 121542. Fig. 4.16.
164. Brocchetta. Integra. Tipo 2. Sup. 7.5YR 6/4; ø orlo 7; ø fondo 3,4; h 9/9,8; sp. 0,3. NI 121541.
153. Thymiaterion. Ricomposto. Tipo 1. Sup. 2.5Y 7/2; ø orlo 9,5; ø fondo 14,5; h 25,5; sp. 0,5. Motivi: orlo 10a; corpo 22; piede 24a. NI 121579. Fig. 4.17.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
154. Brocchetta miniaturistica. Integra. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 3; ø fondo 2,6; h 5,4; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 39. NI 121566. Fig. 4.28.
166. Coppetta monoansata. Integra. Sup. 2.5Y 7/2; ø orlo 10,2; ø fondo 4,8; h 4,3; sp. 0,6. NI 121595.
Ceramica matt-painted di altri comparti
167. Mortaio. Integro. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 16,9; ø fondo 6,9; h 6,6; sp. 1. NI 121543. Fig. 4.24.
165. Coppetta monoansata. Ricomposta. Imp. 23; ø orlo 11,5; ø fondo 4,5; h 4,6; sp. 0,5. NI 121552.
155. Cantaroide. Ricomposto e integrato. “Trozzella” di Pisticci. Imp. 2; ø orlo 6,8; ø fondo 4; h 9/11; sp. 0,2. Motivi: ansa motivi intrecciati e linee trasversali; corpo bande, meandri spezzati e motivi intrecciati. NI 121603. Fig. 4.18.
168. Mortaio. Integro. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 18,7; ø fondo 7,7; h 6,8 sp. 0,7. NI 121546.
156. Brocca. Frammentaria e lacunosa. “Peuceta”.
169. Brocchetta. Integra. Tipo 1. 179
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 182. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 17; ø fondo 6,8; h 8,3; sp. 0,4. NI 121590. Fig. 4.32.
Sup. 10YR 7/4; ø orlo 7,2; ø fondo 4,3; h 9,2/9,8; sp. 0,5. NI 121547. 170. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 11; ø orlo 8,5; ø fondo 5,8; h 8,3; sp. 0,35. NI 121551. Fig. 4.24.
183. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.1. Imp. 22; ø orlo 12,6; ø fondo 5,3; h 6,2; sp. 0,4. NI 121589.
171. Brocchetta miniaturistica. Integra. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 3,7; ø fondo 3,7; h 6,7/7,5; sp. 0,35. NI 121567. Fig. 4.28.
184. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5. Sup. 7.5YR 6/4; ø orlo 13,3; ø fondo 4,8; h 6,4; sp. 0,35. NI 121544.
172. Olla. Ricomposta. Tipo 3. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 17,4; ø fondo 12,5; h 31; sp. 0,7; peso 4100. NI 121600.
185. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5. Imp. 23; ø orlo 15,2; ø fondo 5,6; h 6,7; sp. 0,4. NI 121586.
173. Olletta. Ricomposta. Tipo 3.1. Imp. 11; ø orlo 9/14,3; ø fondo 10; h 17,3; sp. 0,4. NI 121601.
186. Coppa di tipo ionico B2. Lacunosa. Tipo 5. Imp. 22; ø orlo 14,8; ø fondo 5,4; h 6,6; sp. 0,4. NI 121587.
Ceramica acroma da cucina/impasto
187. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 16; ø fondo 5,6; h 7,3; sp. 0,4. NI 121540.
174. Boccaletto. Tipo 2. Sup. 5YR 6/6; imp. 16; ø orlo 8/9,2; ø fondo 5,6; h 8,7; sp. 0,6. NI 121548. Osservazioni: superficie lisciata senza cura dopo la foggiatura.
188. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5.1. Imp. 22; ø orlo 12,5; ø fondo 4,5; h 6,2; sp. 0,3. NI 121545.
175. Boccaletto. Tipo 2.1. Sup. 6/6; ø orlo 6,1; ø fondo 5,4; h 6; sp. 0,4. NI 121569. Fig. 4.27. Osservazioni: l’impasto si avvicina alla ceramica da cucina.
189. Coppa su piede. Integra. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3, vernice nera malcotta? ø orlo 9,3; ø fondo 5,8; h 5,4; sp. 0,55. NI 121554. Fig. 4.30. 190. Skyphos a labbro, miniaturistico. Ricomposto e lacunoso. Imp. 21; ø orlo 8,2; ø fondo 4,4; h max 6,2; sp. 0,3. NI 121576. Fig. 4.30.
176. Vasetto gemino. Si conserva uno dei due elementi, privo di ansa che doveva trovarsi nella parte posteriore, dotato di tre bugnette. Tipo 3. Imp. 17; ø orlo 5,4; ø fondo 4; h 5,8; sp. 0,5. NI 121549.
191. Oinochoe con orlo trilobato miniaturistica. Integra. Tipo 2 con serie di tre puntini rossi orizzontali sulla spalla in luogo dei filetti. Imp. 22; ø orlo 3,5/5; ø fondo 4,6; h 10,5/11; sp. 0,35. NI 121571.
Ceramica greca 177. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 10,3; ø fondo 4,1; h 4,2; sp. 0,5. NI 121575.
192. Olpe, piccola. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1.1. Imp. 21; ø orlo 3; ø fondo 3,4; h 11/11,4; sp. 0,25. NI 121572. Fig. 4.34.
178. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1.3. Imp. 27, vernice opaca e superficie ruvida; ø orlo 9,6; ø fondo 3,5; h 3,7; sp. 0,4. NI 121592.
193. Kothon. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4, vernice nera sulla superficie dove si riconoscono alcuni filetti rossi; sulla spalla, fascia risparmiata decorata da linguette, sul fondo due filetti sovraddipinti in rosso; ø orlo interno 7,3; ø fondo 6; h 5,7; sp. 0,3. NI 121577.
179. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1.4. Imp. 21, vernice rossa; ø orlo 10,3; ø fondo 3,8; h 4,2; sp. 0,6. NI 121574. 180. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 22; ø orlo 15,2; ø fondo 5,3; h 7,5; sp. 0,5. NI 121568.
Manufatti fittili non vascolari
181. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1.5. Imp. 21; ø orlo 15; ø fondo 5,4; h 8; sp. 0,4. NI 121588.
194. Integro. Tipo 2. Sup. 7.5YR 8/4; h 1,7; largh. 4,3; sp. 3,6; peso 40. NI 121557. Fig. 4.35.
180
Catalogo delle sepolture 195. Integro. Tipo 2. Sup. 7.5YR 8/4; h 1,7; largh. 4,5; sp. 3,4; peso 39.NI 121558. Fig. 4.35. Osservazioni: piccola x incisa.
205. Fibula con ardiglione in bronzo, arco in ferro e placca in osso. Lacunosa. Tipo 5. Lungh. max 4,6; largh. 1,7. NI 121605. Fig. 4.40. 206. Anello bronzeo. Integro. Tipo 2. ø 3,45; sp. 0,3. NI 121585.
Coroplastica 196. Figura femminile seduta in trono. Si conserva testina con alto polos su fila di ricci che incornicia il viso. La testina ha la fronte bassa e gli zigomi schiacciati, mentre il mento è pronunciato. Il naso è spezzato. Sup. 7.5YR 8-7/6; in frattura 7.5YR 6/6; porosità media con vacuoli arrotondati e allungati; pochi inclusi grigi di piccolissime dimensioni; mica. H 6,4; largh. 4,6. Il retro è cavo. Senza NI. Osservazioni: la bustina che la conteneva recava l’indicazione “Esterno t. 7. Rep. 36”.
207. Pendaglio bronzeo. Integro. H 2,2; largh. 2. NI 121609. Fig. 4.40. 208. Frammenti in bronzo. Si distinguono due bracciali uno con estremità lanceolata, l’altro con motivo ofiomorfo, frammenti di lamina, un elemento forse di fibula, un elemento circolare (aes rude? ø 1,65; sp. 0,35; peso 0,15), altri elementi curvilinei e rettilinei non attribuibili a una forma specifica. Senza NI. Organici
Metalli. Utensili
209. Vago circolare in ambra. Frammentario e ricomposto. Tipo 1.2. ø 4,3 ca. NI 121611.
197. Lama in ferro. Frammentaria e lacunosa. Lungh. max 22; largh. 2,8. NI 121613. Fig. 4.39. Osservazioni: ancora visibili quattro chiodi in ferro che servivano per l’immanicatura.
210. Bracciale in osso con borchia bronzea. Frammentario e lacunoso. Largh. max 2,4; sp.0,3. Per la borchia fissata con due chiodini: lungh. 2,4; largh. 1,1. NI 121584.
198. Grattugia bronzea rettangolare. Lacunosa. Dotata di quattro chiodini di ferro nei pressi delle estremità dai margini rientranti e scandita da 13 file di otto/dieci buchi. Lungh. 9,3; larga. 6,2. NI 121583.
Osservazioni La t. 7 è quella che contiene il maggior numero di oggetti (figg. 8.17-21): una parte di questi era stata deposta a corredo, mentre una piccola parte, relativa a fibule e oggetti d’ornamento, doveva essere indossata, come si deduce anche dalla posizione riprodotta nel rilievo di alcune fibule nei pressi del petto. La fossa era occupata solo in parte dal defunto, che quindi poteva essere un subadulto, come appare dallo spazio occupato, dalla dimensione delle vertebre, dalla presenza di vasi miniaturistici e della testina di terracotta, dedicata normalmente in tombe d’infanti. Del corredo facevano parte i manufatti fittili interpretabili come tessere che, insieme agli oggetti d’ornamento, indicherebbero il genere femminile dell’individuo deposto. Ad una figura di spicco nella comunità di Garaguso riconducono non solo la reiterazione delle coppe ioniche e dei tradizionali vasi matt-painted, ma anche il thymiaterion, che in altri contesti indigeni è associato ad una preminenza nelle pratiche cultuali, la Palinuro-Krug, che ricorre solo in determinati corredi, ma soprattutto tutto l’insieme degli oggetti di ornamento, che annoverano, tra gli altri, il bracciale in osso. Era inoltre deposto un simbolo molto potente, come la grattugia bronzea, che altrove ricorre in tombe principesche e allude ad epiche atmosfere simposiache. Oltre a questi elementi connotanti la fisionomia della defunta si distinguevano alcuni elementi del corredo vascolare, come le coppette monoansate a bande di produzione coloniale, vivacizzate dall’inserzione di tradizionali motivi geometrici mattpainted e i due elementi di due diversi vasetti gemini,
Metalli. Oggetti di ornamento 199. Fibule in ferro ad arco semplice e ad arco rivestito d’osso e ambra. Si conservano frammenti piccoli e mescolati tra di loro. Tipi 1+4. NI 121610. 200. Fibula con staffa lunga in ferro. Tipo 1. NI 121606. Fig. 4.40. 201. Fibule in ferro ad arco semplice. Si conservano frammenti piccoli e mescolati tra di loro. Tipi 1+2. NNII 121582-121612. 202. Fibule in ferro ad arco rivestito d’osso e ambra. Si conservano frammenti piccoli e mescolati tra di loro. Con lo stesso numero sono inventariati anche frammenti bronzei, tra cui un anello. H max 1,3; largh. max 2,4; sp. 0,4. Anello: ø 2. NI 121614. 203. Fibula in bronzo ad arco appiattito con chiodi. Frammentaria e parzialmente ricomposta. Tipo 4.3. Lungh. max 4,5; largh. 0,7. NI 121607. Fig. 4.40. 204. Fibula in bronzo ad arco appiattito con chiodi. Lacunosa. Tipo 4.3. Lungh. max 3,6. NI 121608.
181
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.17. Corredo della t. 7.
Fig. 8.18. Corredo della t. 7.
frantumati ritualmente e poi deposti24. Singolare è il piccolo skyphos a labbro, che ha trovato un confronto in
alcune sepolture tarantine25. Il corredo è databile alla fine del VI sec. a.C.
24 È interessante notare che non sono stati rinvenute le altre parti dei vasetti gemini che si ricomponevano con questi elementi, cfr. sez. 4.2.6.
25
182
Cfr. sez. 4.3.
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.19. Corredo della t. 7.
Fig. 8.20. Corredo della t. 7.
8.2.6. Tomba 10
un thymiaterion/sostegno. Alle consuete due coppette parzialmente verniciate si aggiunge una variante a bande. È presente, inoltre, il vasetto a vernice rossa e l’unica miche della necropoli. Tra le forme della ceramica acroma, oltre alle due olle, una grande e una di medie dimensioni, si annoverano due boccaletti e un vasetto gemino integro con vasche prosopomorfe. I reperti recano i seguenti NNII 121615-121653, 132151-132154, 132155-132162, ma
La t. 10 restituisce un corredo quasi canonico, dove sono rappresentate tutte le classi, ma dove domina la ceramica greca con 15 coppe di tipo ionico B2, due coppette monoansate, una Becherschale, un’olpe, due oinochoai. Tra la ceramica a decorazione geometrica si trovano cinque cantaroidi, accompagnati da tre calici e 183
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.21. Corredo della t. 7.
non tutti sono confluiti in catalogo. Una parte di questi, infatti, era costituita da piccoli frammenti e raccolta sotto l’etichetta ‘materiale rinvenuto all’esterno. Non inventariato’, pur disponendo di un numero di inventario; si trattava comunque di materiale rimescolato, poiché costituito anche da frammenti ceramici databili nel IV sec. a.C.26
Imp. 1; ø orlo 7,1; ø fondo 5; h 5; sp. 0,3. Motivi: orlo 3; corpo 22. NI 121618.
Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
216. Vaso cantaroide. Lacunoso. Tipo 3. Imp. 2; ø fondo 8,8; h max 13; sp. 0,45. Motivi: corpo 45. NI 121623.
211. Scodella ad orlo rientrante. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 12; ø fondo 5,7; h 4,8; sp. 05. Motivi: corpo 22. NI 121627.
217. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 2; ø orlo 15,8/18,8; ø fondo 10,8; h 25/26,3; sp. 0,6. Motivi: orlo 9; collo 29a; ansa 20; corpo 24+24c+39. NI 121649. Fig. 4.12.
212. Calice. Ricomposto e integrato. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 6,8; ø fondo 4,3; h 2,7; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; corpo 22. NI 121624.
218. Vaso cantaroide. Ricomposto e integrato. Tipo 4. Imp. 2; ø orlo 11/13; ø fondo 7,2; h 16/17,3; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 28a+36; ansa 15c; corpo 45. NI 121648.
213. Calice. Ricomposto e integrato. Tipo 2. Imp. 1; ø orlo 8,3; ø fondo 5; h 5,2; sp. 0,4. Motivi: orlo 1; corpo 22. NI 121628.
219. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 11,8/14; ø fondo 7,8; h 19,5/21,4; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 29b; ansa 15a; corpo 45. NI 121642. Osservazioni: la scaletta del motivo del collo si trasforma, nei pressi dell’ansa, in un motivo ondulato intrecciato.
215. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 10,6/14; ø fondo 6,7; h 15,5/16,5; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 26+22+31a; ansa 15f; corpo 36+46b. NI 121647.
214. Calice. Integro. Tipo 4. 26
Per questi si veda sez. 8.2.33.
184
Catalogo delle sepolture 220. Sostegno. Ricomposto. Tipo 2.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 9; ø fondo 14,7; h 20,1; sp. 0,5. Motivi: 22. NI 121629. Fig. 4.17.
232. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1.1. Sup. 7.5YR 7/4, vernice nera degradata in olivastro; ø orlo 9,3; ø fondo 3,6; h 4; sp. 0,3. NI 132151.
WMPP
233. Ionische Becherschale. Integra. Imp. 21; ø orlo 14,1; ø fondo 5,5; h 9,5; sp. 0,3. NI 121641.
221. Miche. Ricomposta e integrata. Imp. 1; ø orlo 10,4; ø fondo 13,4; h 17,5/21,5; sp. 0,6. NI 121640. Fig. 4.22. Ceramica parzialmente verniciata
234. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta, integrata e lacunosa. Tipo 1. Imp. 21; ø orlo 14; ø fondo 5,1; h 7,6; sp. 0,35. NI 121643.
222. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 2, vernice rosso-arancio; ø orlo 9,2; ø fondo 3,5; h 4,3; sp. 0,3. NI 132152.
235. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta, integrata e lacunosa. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 14,4; ø fondo 5; h 6,9; sp. 0,3. NI 121630.
223. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 2, vernice bruna; ø orlo 10,5; ø fondo 4,3; h 4; sp. 0,6. NI 121622.
236. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 12,4; ø fondo 5,2; h 6,2; sp. 0,4. NI 121631.
224. Brocchetta. Integrata. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4, vernice rossa; ø orlo 3,4; ø fondo 2,2; h 3,8/4,5; sp. 0,25. NI 121620.
237. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta, integrata e lacunosa. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 14,3; ø fondo 4,6; h 7,1; sp. 0,4. NI 121634.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
238. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 29; ø orlo 15,2; ø fondo 5,2; h 7,6; sp. 0,3. NI 121635.
225. Olla globulare, fondo a disco concavo. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. ø fondo 13; h max 17,5; sp. 0,85. NI 121621.
239. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Sup. 5YR 7/6; ø orlo 15,8; ø fondo 5,8; h 8,2; sp. 0,35. NI 121639.
226. Olla globulare, fondo piano lievemente concavo. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. ø fondo 9,5; h max 22,5; sp. 0,8. NI 121626.
240. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.1. Imp. 29; ø orlo 12,8; ø fondo 4,3; h 5,5; sp. 0,35. NI 132153.
Ceramica acroma da cucina/impasto 227. Boccaletto. Lacunoso: privo dell’ansa a nastro. Tipo 1. Imp. 17; ø orlo 8,6; ø fondo 5,8; h 7,8; sp. 0,9. NI 121615. Osservazioni: sul fondo segno cruciforme inciso (fig. 4.41).
241. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta, integrata e lacunosa. Tipo 3.3. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 15,1; ø fondo 5,4; h 7,1; sp. 0,35. NI 121644. Fig. 4.33.
228. Vasetto gemino. Lacunoso. Tipo 3. Imp. 17; ø fondo 4,4; h max 5,7; sp. 0,65. NI 121625.
242. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta, integrata e lacunosa. Tipo 3.5. Imp. 21; ø orlo 13,4; ø fondo 4,94; h 6,5; sp. 0,3. NI 132154.
229. Vasetto gemino. Lacunoso: privo delle anse a nastro. Tipo 3.1. Imp. 16; ø orlo 5,8; ø fondo 4,8; largh. max 14,5; h 6; sp. 0,7. NI 121616. Figg. 4.7 e 4.27. Osservazioni: nerofumo nella parte posteriore e inferiore.
243. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta. Tipo 4. Imp. 21; ø orlo 14,8; ø fondo 5,9; h 7; sp. 0,4. NI 121637. 244. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta, integrata e lacunosa. Tipo 4. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 15,8; ø fondo 5,4; h 7,8; sp. 0,4. NI 121645.
Ceramica greca 230. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 29; ø orlo 9,2; ø fondo 3,6; h 4,2; sp. 0,2. NI 121636.
245. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 4. Imp. 29; ø orlo 16 e 14; ø fondo 5,5 e 5,7; h 7,5; sp. 0,3. NI 121651.
231. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1.1. Sup. 7.5YR 6/2; ø orlo 9,3; ø fondo 3,6; h 4; sp. 0,3. NI 121633. 185
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 246. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta, integrata e lacunosa. Tipo 4.1. Imp. 25; ø orlo 13; ø fondo 4,9; h 6,4; sp. 0,3. NI 121632.
dipinta d’uccello. Nonostante l’analogia del cantaroide NC 218 con NC 14 di t. 1, il corredo potrebbe abbassarsi tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C. per la presenza della miche WMPP.
247. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta. Tipo 4.1. Imp. 21; ø orlo 12,6; ø fondo 4,5; h 6,5; sp. 0,3. NI 121638.
8.2.7. Tomba 11
248. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 4.2. Imp. 23; ø orlo 15,1; ø fondo 5,7; h 7,9; sp. 0,4. NI 121650. Fig. 4.33.
La t. 11, per la quale si dispone di rilievo planimetrico (fig. 8.25), si configura come una sepoltura disturbata. La fossa rilevata, dalle dimensioni di 58 x 167 ca., ha una forma irregolare. Lo scheletro non era conservato nel rilievo, tranne un osso lungo e quella che sembra essere una clavicola. Il corredo, identificabile con i reperti NNII 121664-121678, era limitato alla ceramica matt-painted a decorazione geometrica e alla ceramica greca, con un solo attingitoio in ceramica acroma. Le assenze sembrano imputarsi allo stato di conservazione.
249. Oinochoe con orlo trilobato. Ricomposta e integrata. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 6 x 9; ø fondo 7,3; h 20; sp. 0,5. NI 121619. 250. Oinochoe con orlo trilobato. Ricomposta e integrata. Tipo 2. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 8 x 10; ø fondo 7; h 19; sp. 0,5. NI 121646.
Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
251. Olpe. Ricomposta. Tipo 2.1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 4,8; ø fondo 5,4; h 16/17,4; sp. 0,4. NI 121617.
253. Piatto profondo. Ricomposto e integrato29. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 26; ø fondo 10; h 6,4; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 121677. Fig. 4.8.
Metalli. Oggetti di ornamento
254. Calice sovradimensionato. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 1; ø orlo 17,8; ø fondo 10,8; h 11,2; sp. 0,4. Motivi: orlo 3; corpo 22. NI 121666.
252. Frammenti di fibule in ferro ad arco ingrossato. Tipo 1. NI 121652.
255. Calice. Integro. Tipo 4, apodo. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 9,8; ø fondo 4,1; h 3; sp. 0,45. Motivi: orlo 3; corpo 22. NI 121667.
Osservazioni Il corredo della t. 10 (figg. 8.22-24), per certi aspetti, si allinea agli altri corredi noti, comprendendo tutte le classi ceramiche. La ceramica a decorazione geometrica è rappresentata da pochi individui, comunque esuberanti nella decorazione: come osservato in altri casi si notano motivi ricorrenti oppure forme realizzate da una mano che ha realizzato vasi simili deposti in altre tombe. È insolita la presenza di una coppetta a bande, che si configura come un ibrido, o meglio come una forma di passaggio derivata da una scodella ad orlo rientrante di tradizione geometrica (NC 211). Tra le 15 coppe di tipo ionico B2, tipologicamente uniformi, si distingue solo un individuo (NC 239). La quantità delle coppe di tipo ionico rischia di oscurare altri aspetti notevoli come la presenza delle due oinochoai, che non è una forma diffusa in ogni corredo, e quella della Becherschale27, un vaso potorio che trova confronti non solo nelle altre necropoli enotrie, ma anche a Palinuro e nella zona di Elea. Stessa derivazione è da attribuire alla brocca con due anse, cioè la miche28, che conferma la relazione privilegiata del centro con quell’area. Entrambi i vasi sono risultati diffusi nei contesti funerari maschili d’area enotria. Al rituale funerario, infine, è da attribuire probabilmente il riscaldamento o la cottura e delle sostanze contenute nel vasetto gemino con protome 27 28
256. Brocca. Integra. Tipo 1. Imp. 5; ø orlo 3,8; ø fondo 5; h 10/10,3; sp. 0,35. Motivi: orlo 9; ansa 15a; corpo 39. NI 121672. 257. Brocca. Integra. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 3,8; ø fondo 5; h 10/10,3; sp. 0,35. Motivi: orlo 9; spalla 26; corpo 40. NI 121665. 258. Olletta miniaturistica. Integra. Imp. 5; ø orlo 5,7; ø fondo 4,4; h 5,1; sp. 0,5. Monocroma. Motivi: orlo 3; corpo 41a. NI 121675. Fig. 4.28. Osservazioni: i motivi sono resi sommariamente. 259. Brocchetta miniaturistica. Integra; l’ansa a doppia costolatura presenta due bottoncini plastici applicati. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 3,8; ø fondo 3,5; h 6,7/7,8; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; corpo 40. NI 121673. Fig. 4.28. 260. Brocchetta miniaturistica. Integra. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 3,7; ø fondo 3; h 6/7; sp. 0,3. La decorazione è indistinguibile. NI 121674.
Per la forma cfr. sez. 4.3. Per la forma cfr. sez. 4.2.4.
La forma viene considerata di imitazione corinzia, sia nel profilo che nella sintassi, Bianco in Nava et alii 2009, 284-285. 29
186
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.22. Corredo della t. 10.
Fig. 8.23. Corredo della t. 10.
261. Pisside miniaturistica. Integra. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 3,2; ø fondo 3,5; h 5,4; sp. 0,6. Motivi: corpo 22 + 39. NI 121676. Fig. 4.28.
Ceramica greca 264. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1. Imp. 29; ø orlo 9,4; ø fondo 3,7; h 3,6; sp. 0,3. NI 121668.
262. Anforetta miniaturistica. Lacunosa. Imp. 2; ø orlo 2,8; ø fondo 3,5; h 7/8,4; sp. 0,5. Monocroma. Motivi: spalla 28. NI 121671. Fig. 4.28. Ceramica acroma da mensa e dispensa
265. Coppa di tipo ionico B2, piccola. Ricomposta e integrata. Tipo 3. Sup. 7.5YR7/4; ø orlo 10; ø fondo 4; h 5,5; sp. 0,35. NI 121669.
263. Brocchetta. Integra. Tipo 1. Sup. 7.5 YR 8/4; ø orlo 7,2; ø fondo 3,3; h 6,8/7,6; sp. 0,5. NI 121670.
266. Oinochoe con orlo trilobato. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2 con motivo a freccia con punta rivolta in alto su un lobo. 187
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.24. Corredo della t. 10.
Fig. 8.25. Rilievo planimetrico della t. 11.
Imp. 23; ø orlo 5,5/10; ø fondo 6,8; h 19,7/20,5; sp. 0,4. NI 121664.
Organici 268. Vaghi circolari d’ambra, forati. Tipo 1.1. ø 1,5; sp. 0,7/1. NI 121678.
Metalli. Oggetti di ornamento 267. Applique bronzea con asola all’interno. ø 2,3; h 0,5. Senza NI. Fig. 4.40.
269. Elemento ellittico in ambra, da una parte sbozzato, dall’altra intagliato. ø 3 ca.; sp. 0,7. Senza NI. 188
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.26. Corredo della t. 11.
Osservazioni
8.2.8. Tomba 12
Nonostante la frammentarietà dei dati sembra evidente che nella t. 11 fosse deposta una fanciulla che forse era stata sepolta con un maestoso copricapo bronzeo d’antichissima tradizione, un simbolo che risaliva almeno all’età del Ferro30. Insieme al copricapo la giovane doveva essere ornata di collane con pendenti d’ambra, alcuni forse decoranti anche fibule. Il corredo vascolare rivela, tra la ceramica di produzione locale, un’abbondanza di unica non riscontrata in altre tombe (fig. 8.26). Questi sono principalmente costituiti da forme miniaturizzate, ma sono presenti anche due vasi sovradimensionati, cioè il calice e il piatto profondo, che morfologicamente sembra avvicinarsi ad un calice apodo. Anche la coppa di tipo ionico B2 è miniaturizzata, o comunque presenta un formato ridotto rispetto agli altri. In questo caso, insieme alla coppetta monoansata, tra la ceramica greca si annovera ancora una oinochoe che potrebbe comporre un perfetto servizio da vino. Casi come questo inducono a ritenere la presenza di queste forme d’importazione un importante indicatore di scambi e di contatti, ma non un’adesione precisa e fedele a pratiche allogene31. In base ai tipi delle coppe di tipo ionico e alle analogie con manufatti della t. 10 il corredo è genericamente databile alla fine del VI sec. a.C.
Il rilievo planimetrico restituisce una rara fossa in ottimo stato di conservazione (fig. 8.27). Questa misura 80 x 260 ca. e sembra che non fosse delimitata da pietre o tegole; tuttavia gli oggetti del corredo si disponevano con una certa regolarità, tranne che nella parte inferiore dove la fossa curva lievemente. Qui trovavano posto le due olle acrome che, come gli altri oggetti vascolare del corredo, dovevano essere state deposte in piedi. Del defunto, o forse della defunta, si conservavano il cranio, gli omeri e i femori; un paio di fibule sono disegnate in corrispondenza del bacino, ma in realtà se ne conservano molte di più. Il corredo vascolare, inventariato con i NNII 121689121734, era composto da tutte le classi vascolari: la ceramica matt-painted con cinque cantaroidi, due brocche e un’olletta biansata; tra le forme aperte una scodella, due ciotole e nove calici; la WMPP ha un repertorio ridotto, con una sola brocca, mentre più articolato è lo spettro della ceramica acroma con due olle, gli attingitoi e le brocchette, una ciotola e un mortaio, e tre boccaletti32 e un elemento di vasetto gemino. Anche la ceramica greca ha un repertorio ridotto con due coppette monoansate, tre coppe di tipo ionico e una delle rare Becherschale. Non sono attestati strumenti da tessitura, né tantomeno armi, mentre abbondano fibule in bronzo e in ferro, con arco rivestito d’osso e d’ambra e alcuni vaghi d’ambra. All’interno di
30 31
Cfr. t. 69 di Guardia Perticara, sez. 2.3.1. Cfr. sez. 5.5.
Uno di questi, senza NI, non verrà catalogato, pur essendo stato documentato fotograficamente. 32
189
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 276. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 2.5Y 8/3; ø orlo 10,5; ø fondo 5; h 5,6; sp. 0,5. Motivi: orlo e corpo 22.NI 121715. 277. Calice. Integro. Tipo 1? Imp. 22; ø orlo 14,3; ø fondo 7,1; h 6,5; sp. 0,5. Motivi: orlo 7; corpo 22. NI 121716. 278. Calice. Ricomposto. Tipo 3. Imp. 6; ø orlo 9,2; ø fondo 6,1; h 4,6; sp. 0,7. Motivi: corpo 22. NI 121710. 279. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 8; ø fondo 5,2; h 5,7; sp. 0,6. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 121717. 280. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 5,9; ø fondo 4,8; h 5; sp. 0,5. Motivi: orlo 4; corpo 22. NI 121718. 281. Calice. Ricomposto. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8,3; ø fondo 5; h 6; sp. 0,7. Motivi: si distingue solo una banda nera. NI 121699. 282. Olletta. Ricomposta e integrata. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 10,2; ø fondo 5,7; h 9; sp. 0,5. Motivi: orlo 12; ansa 21; collo 22; corpo 39. NI 121705.
Fig. 8.27. Rilievo planimetrico della t. 12.
un cartoncino che conteneva “materiali fuori t. 12 (pala meccanica)” si trovavano altri piccoli frammenti pertinenti a forme simili a quelle appena elencate.
283. Vaso cantaroide. Ricomposto e integrato. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 11/13,5; ø fondo 7,1; h 16/17,7; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15a; corpo 45b. NI 121727. Osservazioni: il vaso rappresenta uno dei rarissimi casi in cui il pigmento è steso con precisione, prima il rosso all’interno, poi il bruno all’esterno.
Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
284. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7,1/8,8; ø fondo 5,2; h 10,5/11,5; sp. 0,4. Motivi: orlo 4; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121702.
270. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 5; ø orlo 13,5; ø fondo 6,6; h 6,2; sp. 0,7. Motivi: orlo 7a; corpo 22. NI 121706. 271. Ciotola. Ricomposta. Tipo 2.1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 14,6; ø fondo 5,8; h 5,8; sp. 0,4. Motivi: orlo 23. NI 121711.
285. Vaso cantaroide. Ricomposto e integrato. Tipo 2.1 Imp. 3; ø orlo 11/13,5; ø fondo 7,1; h 16/17,7; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22; corpo 36a+45d. NI 121726.
272. Scodella ad orlo rientrante. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 10,4; ø fondo 3,6; h 3,1; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; ansa 21; corpo 34. NI 121703.
286. Vaso cantaroide. Ricomposta e integrata. Tipo 4. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 10,2; ø fondo 5,7; h 9; sp. 0,5. Motivi: orlo 4a; collo 25; ansa 17; spalla 31; corpo 41a+36. NI 121724.
273. Calice. Ricomposto. Tipo 1. ø orlo 14,7; ø fondo 6,3; h 6,2; sp. 0,55. Motivi: orlo 9. NI 121712.
287. Vaso cantaroide. Ricomposto e integrato. Tipo 5. Imp. 5; ø orlo 7/8,8; ø fondo 5,8; h 10,4/11,4; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 30; ansa 15c; corpo 36+45. NI 121704.
274. Calice. Ricomposto. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 11,5; ø fondo 7,4; h 4,3; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 121714.
288. Brocca. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 5,3; ø fondo 4,7; h 8/9; sp. 0,35. Motivi: orlo 9; ansa 15e; collo 22; corpo 40. NI 121701.
275. Calice. Integro. Tipo 1. Imp. 6; ø orlo 14,8; ø fondo 9; h 4,8; sp. 0,5. Motivi: orlo 11; corpo 34. NI 121713.
190
Catalogo delle sepolture 289. Brocca ariballica. Ricomposta e lacunosa33. Tipo 2.1. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 6; ø fondo 6; h 13; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 23; corpo 25+22+ 39. NI 121725. Fig. 4.15.
302. Vasetto gemino. Si conserva uno dei due elementi dotato di tre bugnette anteriori. Tipo 3. Imp. 17; ø orlo 6,6; ø fondo 5; h 6,5; sp. 0,5. NI 121721.
WMPP
Ceramica greca
290. Brocca. Integra. Tipo 3. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 8,4; ø fondo 5,5; h 12,2/13; sp. 0,4. NI 121700.
303. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1.1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 10; ø fondo 3,3; h 4,2; sp. 0,3. NI 121696.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
304. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 2. Imp. 29; ø orlo 9,2; ø fondo 3,7; h 3,7; sp. 0,3. NI 121695.
291. Mortaio. Integro. Tipo 1. Imp. 20; ø orlo 15,7; ø fondo 7,3; h 6; sp. 1,1. NI 121709.
305. Becherschale. Ricomposta. Sup. 7.5 YR 8/4; ø orlo 13; ø fondo 5,5; h 8,8; sp. 0,3. NI 121693.
292. Ciotola. Integra. Tipo 1. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 12; ø fondo 5; h 5; sp. 0,8. NI 121698.
306. Coppa ionica tipo B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 4. Imp. 21, vernice nera con riflessi metallici; ø orlo 15,2; ø fondo 5,4; h 7,5; sp. 0,3. NI 121691.
293. Attingitoio. Integro. Tipo 2. Imp. 9; ø orlo 7,9; ø fondo 4,6; h 4,6/5,8; sp. 0,6. NI 121697.
307. Coppa ionica tipo B2. Ricomposta e integrata. Tipo 5. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 15,5; ø fondo 5,3; h 6,7; sp. 0,4. NI 121692.
294. Boccaletto/brocchetta, tra la ceramica acroma e la ceramica d’impasto. Integra. Tipo 2.1 della ceramica da cucina/impasto. ø orlo 6; ø fondo 4,5; h 6/8,4; sp. 0,65. NI 121694.
308. Coppa ionica tipo B2. Integra. Tipo 5.2. Imp. 21; ø orlo 13; ø fondo 4,3; h 5,4; sp. 0,4. NI 121690. Fig. 4.33.
295. Brocchetta. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8,4; ø fondo 4,6; h 9,7/10,8; sp. 0,3. NI 121689.
Metalli. Oggetti di ornamento
296. Brocchetta. Integra. Tipo 1.1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 7,5; ø fondo 5,7; h 7,5/8,2; sp. 0,4. NI 121708.
309. Fibule in ferro? Si conservano frammenti di verghette in ferro a sezione rettangolare e triangolare. Tipo 1+2. Largh. max 7,4; sp. 0,8. NI 121732. Fig. 4.40.
297. Brocchetta. Lacunosa. Tipo 1.1. Imp. 12; ø fondo 4,2; h 6,7/7,7; sp. 0,8. NI 121719. Osservazione: segni di esposizione al fuoco sulla superficie.
310. Fibule in ferro ad arco rivestito d’osso e ambra? Si conservano frammenti piccoli e mescolati tra di loro. Tipo 1+2. NI 121734.
298. Olla. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 9; ø orlo 18,5; ø fondo 12; h 31,6; sp. 0,5. NI 121722.
311. Fibula ad arco semplice in bronzo? Manca la staffa e probabilmente un elemento in ambra. Tipo 1. H max 1,8; largh. max 3,5. NI 121730. Fig. 4.40.
299. Olla. Ricomposta. Tipo 1.2. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 12,2; ø fondo 7,3; h 15,5; sp. 0,7. NI 121723.
312. Fibula a navicella con doppia costolatura in bronzo. Si conserva ponte. Tipo 3.1. H max 2; largh. max 2,9; sp. 0,3. NI 121731. Fig. 4.40.
Ceramica acroma da cucina/impasto 300. Boccaletto. Integro. Tipo 2.1 Imp. 7; ø orlo 7,3; ø fondo 5,9; h 6,8; sp. 0,7. NI 121720. Fig. 4.27.
313. Fibula a doppio disco appiattito in bronzo. Si conserva anche parte del supporto in ferro. Tipo 4. Largh. max 6,5; ø disco 3,1; sp.0,1. NI 121729. Osservazioni: con lo stesso numero è inventariata una fibula identica.
301. Boccaletto. Lacunoso. Tipo 2.1. Imp. 12; ø fondo 4,3; h max 6,3; sp. 0,7. NI 121707.
314. Fibula a doppio disco appiattito in bronzo. Tipo 4.1. Largh. max 6; ø disco 3; sp.0,1. NI 121728.
33 Viene definita olpe con decorazione influenzata da motivi corinzi, Bianco in Nava et alii 2009, 283.
191
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. e da vaghi oppure elementi in ambra, che insieme ad elementi in osso, contribuivano ad arricchire la veste con la quale la defunta della t. 12 era stata sepolta, pochi resti della quale si conservano ancora su un individuo in ferro. Nel corredo elementi antichi si combinano ad elementi più recenti. Si propone pertanto una cronologia tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C.
Organici 315. Vaghi d’ambra e ponti di fibula in ambra e avorio. Le dimensioni sottostanti si riferiscono all’individuo meglio conservato. Lungh. max 4; largh. max 2,6; sp. 1,4. NI 121733. 316. Vaghi d’ambra, alcuni pertinenti a collane, altri probabilmente a fibule. Tipo 3.1. Senza NI.
8.2.9. Tomba 13 La t. 13 restituisce uno degli esempi meglio conservati di fossa rettangolare circondata da pietre e tegole (fig. 8.33). Nella fossa, delle dimensioni di 75 x 210, non era conservato lo scheletro del defunto, che doveva trovarsi piuttosto stretto tra gli elementi del corredo ceramico, che in questo caso erano concentrati nella sua parte inferiore. I reperti, inventariati con i NI 121740-121762 e 121771121772, costituivano un corredo quasi essenziale: i tre calici e la scodella di matt-painted erano accompagnati da due cantaroidi e tre brocche, una delle quali miniaturistica; il panorama della ceramica acroma era limitato all’olla, tre attingitoi e una coppetta. Essenziale è anche il repertorio della ceramica greca, con cinque coppe di tipo ionico e a uno skyphos a labbro. L’essenzialità del corredo viene però smorzata dalla relativa abbondanza degli oggetti metallici, rappresentati da sottilissimi anelli in bronzo, fibule in ferro e cuspidi di armi da lancio. Degna di nota è la rappresentazione di una figura umana sull’ansa del cantaroide NC 321.
Osservazioni Il corredo della t. 12 restituisce tutte le classi ceramiche, rappresentate però da una limitata varietà di forme (figg. 8.28-32). Nella ceramica matt-painted si notano alcuni dettagli che riguardano la decorazione: asimmetrici o mal cotti, con l’impressione di esser stati realizzati frettolosamente, i calici hanno ognuno una forma differente e ricevono una decorazione diversa, spesso realizzata solo una volta, sull’orlo, mentre le vasche accolgono bande più o meno spesse. Anche le ciotole rappresentano spesso degli unica, sia per morfologia sia per decorazione. Le forme chiuse sembrano dare un’idea di casualità, tuttavia è presente un dettaglio che si ripete e riguarda la lavorazione delle anse, che in due casi sono realizzate con più cordoncini d’argilla oppure, nel caso della brocca ariballica, con una decorazione plastica a treccia. Sono inoltre presenti due inediti motivi antropomorfi. Il già ridotto repertorio della ceramica greca, nel quale risalta solo la Becherschale, viene oscurato dalla profusione delle forme della ceramica acroma, dove due olle sono accompagnate da un adeguato numero di brocchette/attingitoi, nonché dalle piccole forme della ceramica d’impasto tra cui spicca una parte di un vasetto gemino; completa questo quadro di attività domestiche il mortaio. Infine, abbondano gli oggetti di ornamento e nella fattispecie le fibule di bronzo che, come è stato visto, caratterizzavano spesso sepolture attribuite al genere femminile. Le fibule sono accompagnate da esemplari in ferro, da verghe di cui si ignora la funzione,
Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 317. Scodella. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 6; ø orlo 13,3; ø fondo 5; h 6,5/7,2; sp. 0,7. Motivi: orlo 14; corpo 22. NI 121743. 318. Calice. Integro. Tipo 1.
Fig. 8.28. Corredo della t. 12.
192
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.29. Corredo della t. 12.
Fig. 8.30. Corredo della t. 12.
320. Calice. Integro. Tipo 3. Imp. 3; ø orlo 9; ø fondo 5,8; h 5,5; sp. 0,7. Motivi: 22. NI 121750.
Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7,1; ø fondo 5,2; h 5; sp. 0,6. Motivi: 22. NI 121744. 319. Calice. Integro. Tipo 3. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 9,7; ø fondo 6; h 6; sp. 0,5. Motivi: 22. NI 121740.
321. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2.
193
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.31. Corredo della t. 12.
Fig. 8.32. Corredo della t. 12.
Imp. 2; ø orlo 12/13,6; ø fondo 8; h 17,5/19; sp. 0,8. Motivi: orlo 9; ansa 15+49; collo 36; corpo 46. NI 121751. Fig. 4.11.
323. Brocca. Integra. Tipo 3.1. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 7; ø fondo 5,7; h 15,5/16,4; sp. 0,6. Motivi: orlo 4a; collo 22; corpo gocce? +39. NI 121742.
322. Brocca. Integra. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 6,5; ø fondo 5; h 11,4/11,8; sp. 0,55. Motivi: orlo 4a; collo 22; ansa 15c; corpo 39. NI 121747.
324. Brocchetta miniaturistica. Integra. Imp. 3; ø orlo 3,4; ø fondo 3; h 5,4/6,3; sp. 0,2. Motivi: 22. NI 121755. Fig. 4.28. 194
Catalogo delle sepolture 332. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. Imp. 22; ø orlo 12,6; ø fondo 5,2; h 7; sp. 0,4. NI 121748. Fig. 4.32. 333. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 5.1. Sup. 7.5YR 7/6, vernice rossa; ø orlo 11,8; ø fondo 4,6; h 6; sp. 0,3. NI 121741. 334. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 5.1. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 12,5; ø fondo 4,8; h 6,3; sp. 0,4. NI 121745. Fig. 4.41. 335. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e integrata. Tipo 5.1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 14; ø fondo 5,2; h 7; sp. 0,4. NI 121752. 336. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5.1. Imp. 30; ø orlo 12,1; ø fondo 5; h 6; sp. 0,4. NI 121753. Osservazioni: evidenti difetti di cottura. Metalli. Armi 337. Cuspide di lancia in ferro. Tipo 2. Lungh. max 19,3; largh. 3,1. NI 121761.
Fig. 8.33. Rilievo planimetrico della t. 13.
338. Cuspide di lancia in ferro. Lungh. max 24; largh. 3,7. Senza NI.
Ceramica matt-painted di altri comparti 325. Cantaroide. Integro. Bradanico. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 9; ø fondo 5,9; h 10/12,2; sp. 0,25. NI 121757.
Metalli. Oggetti di ornamento 339. Fibule in ferro ad arco rivestito. Si conservano piccoli frammenti. Tipo 1.2. NI 121762
Ceramica acroma da mensa e dispensa 326. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 10,6; ø fondo 3,6; h 4,1; sp. 0,4. NI 121746.
340. Fibule in ferro ad arco ingrossato. Si conservano piccoli frammenti. Tipo 1.2. NI 121771
327. Attingitoio. Ricomposto. Tipo 5. Imp. 11; ø orlo 11,1; ø fondo 4,6; h 7,5/8,7; sp. 0,65. NI 121759.
341. Anelli di bronzo. Si conservano due esemplari integri e uno frammentario. Tipo 1. ø 1,8; sp. 0,5. NI 121772. Fig. 4.40.
328. Attingitoio. Ricomposto. Tipo 5. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 9,1/10,3; ø fondo 4,2; h 7,4/8,6; sp. 0,75. NI 121749.
Osservazioni I pochi elementi conservati (figg. 8.34-36) si riferiscono ad un defunto caratterizzato dai suoi oggetti di armamento, mentre gli anelli bronzei servivano forse a completare l’acconciatura. Il corredo vascolare era essenziale e ridotto a poche forme base, tra cui l’olla accompagnata da tre attingitoi. Il corredo è arricchito dal piccolo cantaroide bradanico e dal cantaroide con figura umana sull’ansa. I materiali di importazione suggeriscono una cronologia tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C.
329. Attingitoio. Ricomposto. Tipo 5. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 10,5; ø fondo 4,2; h 8,1/9,4; sp. 0,65. NI 121756. 330. Olla. Si conserva dal fondo alla spalla. Tipo 1. Imp. 9; ø fondo 11,8; h max 24,8; sp. 0,9. NI 121754. Ceramica greca
8.2.10. Tomba 14
331. Lip-kotyle. Ricomposta. Tipo 1.1. Imp. 21; ø orlo 13,8; ø fondo 5,8; h 12,2; sp. 0,4. NI 121760.
La t. 14 dispone di rilievo con fossa di cm 62 x 77 ca. (fig. 8.37) e restituiva un corredo quasi sintetico ed essenziale 195
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.34. Corredo della t. 13.
Fig. 8.35. Corredo della t. 13.
rispetto all’esuberanza delle altre sepolture. È probabile che la tomba sia stata depredata o disturbata. I 10 oggetti superstiti recano i NNII da 121763-121770 e 121773121774.
Imp. 5; ø orlo 10,8; ø fondo 6,8; h 6,4; sp. 0,5. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 121765. 343. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 1.1. Sup. 7.5YR 7/3; ø orlo 10/11,6; ø fondo 6,2; h 15,2/16,2; sp. 0,4. Motivi: orlo 10a; collo 31; ansa 15a; corpo 45. NI 121767. Osservazioni: il vaso, sia nella sintassi, sia nel pigmento, tradisce una produzione che si discosta dalle altre. L’insolito colore arancio è probabilmente l’impronta di
Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 342. Calice. Integro. Tipo 4. 196
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.36. Corredo della t. 13.
un rosso bruno conservato solo in pochi punti. Il motivo dell’orlo è piuttosto ricorrente sui calici, mentre il motivo a scacchiera del collo bicromo è una rivisitazione inedita del motivo monocromo. Sul corpo il motivo antropomorfo ha una resa spigolosa che non si trova sugli altri individui simili. 344. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 11,4/14,2; ø fondo 7,3; h 17,6/18,6; sp. 0,35. Motivi: orlo 9; collo 31a+22; ansa 15e; corpo 46b+36. NI 121770. Ceramica greca 345. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 10,3; ø fondo 3,7; h 3,8; sp. 0,5. NI 121766.
Fig. 8.37. Rilievo planimetrico della t. 14.
Metalli. Armi e utensili
346. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3.2. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 15,6; ø fondo 6,1; h 7,8; sp. 0,4. NI 121764. Fig. 4.33.
350. Cuspide di lancia con immanicatura a cannone in ferro. Tipo 1. Lungh. 29,5; ø manico 2,2. NI 121773.
347. Coppa di tipo ionico B2. Lacunosa. Tipo 4. Imp. 21; ø orlo 15,4; ø fondo 6; h 7,2; sp. 0,35. NI 121763.
351. Phiale in lamina bronzea. Frammentaria e lacunosa. Tipo 2.2. ø ricostruibile 19 ca. NI 121774.
348. Coppa di tipo ionico B2. Lacunosa. Tipo 4. Imp. 23; ø orlo 15,6; h max 5,3; sp. 0,4. NI 121768.
Osservazioni
349. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 4. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 15,6; ø fondo 5,6; h 7,6; sp. 0,35. NI 121769.
Nella t. 14 sembra potersi riconoscere la sepoltura di un guerriero (fig. 8.38). La posizione della cuspide di lancia è canonica per la necropoli di Garaguso. A questo livello di conservazione si nota l’assenza, notata anche in altri 197
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. casi, delle forme della WMPP, nonché della ceramica da mensa e da cucina, così come gli oggetti di ornamento. In compenso il defunto era stato deposto con una phiale che trova confronti in ambito coloniale, nella fattispecie locrese, aprendo un nuovo canale di contatti. Non sono stati riconosciuti elementi per una datazione del corredo meno generica di fine VI- inizi V sec. a.C.
353. Brocca. Ricomposta e integrata. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7; ø fondo 5; h 12,5/13; sp. 0,35. Motivi: orlo 4a; collo 22; ansa 15a; corpo 40. NI 121778. Fig. 4.11. Osservazioni: incrostazioni ferrose sulla superficie.
8.2.11. Tomba 15
354. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.1. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 15,5; ø fondo 5,8; h 7,2; sp. 0,5. NI 121777.
Ceramica greca
Anche la t. 15 restituisce un corredo essenziale ridotto a poche classi e poche forme; per questa valgono le ipotesi già avanzate su tombe con corredo simile. In compenso la presenza di un rilievo complica lievemente il quadro, perché restituisce l’immagine di una sepoltura, dalle dimensioni complessive di 76 x 226 ca., la cui copertura era realizzata con lastroni litici (fig. 8.39). All’estremità meridionale i lastroni sembravano coprire un’altra fossa, forse precedente e vuotata del suo contenuto, dalle dimensioni di cm 140 x 93. Come anticipato nel rilievo sono rappresentate anche le tt. 13 e 16, per cui si vedano le osservazioni sulla t. 13. Gli oggetti rinvenuti recano i NNII 121777-121779, più due frammenti di metallo senza NI.
Metalli. Armi e utensili 355. Frammenti di ferro, forse pertinenti ad una lama e ad una cuspide di lancia. Senza NI 356. Frammenti di bronzo, costituiti da lamine sovrapposte e ripiegate. Senza NI Osservazioni
Catalogo
Nel caso di questo corredo (fig. 8.40) valgono le osservazioni già avanzate per la t. 14, nonché la stessa difficoltà nel definirne la cronologia. Il corredo è genericamente databile tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 352. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 12,5; ø fondo 6,2; h 4,2; sp. 0,5. Motivi: corpo 22. NI 121779.
Fig. 8.38. Corredo della t. 14.
198
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.39. Rilievo planimetrico della t. 15.
8.2.12. Tomba 17
Sup. 10YR 8/4; ø orlo 7,4; ø fondo 6; h 6,2; sp. 0,6. Motivi: 22. NI 132197.
La t. 17, di cui non si conosce né l’anno di scavo né il rilievo, ha restituito il corredo nel peggior stato di conservazione. I numerosi reperti sono ricostruibili solo in parte e con difficoltà, ma possono comunque fornire un quadro del corredo funerario e del defunto. Con i NNII 132163-132203 sono state identificate numerose forme di ceramica matt-painted: sette calici, due vasi fruttiera, due ollette biansate, cinque cantaroidi, due brocche e una piccola pisside. Insieme al ridotto repertorio della ceramica acroma, con un mortaio, una ciotola e un attingitoio, è attestato un vasetto biansato a vernice rossa. Nella ceramica greca, accanto alle coppe di tipo ionico presenti con 13 esemplari, e alle coppette monoansate, una delle quali forse in WMPP, sono attestati l’unico esemplare di kylix tipo Cassel, un kothon e una piccola oinochoe. Sono privi di NI gli oggetti in metallo, come i frammenti di fibule in ferro e il sauroter, nonché frammenti di almeno sei coppe di tipo ioniche e di una forma chiusa, brocca oppure oinochoe a vernice nera, che non sono confluiti in catalogo.
359. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 10,4; ø fondo 5,8; h 5,5; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 132169. 360. Calice. Integro. Tipo 2. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 9; ø fondo 6,6; h 5,7; sp. 0,5. Motivi: 22. NI 132199. 361. Calice. Lacunoso. Tipo 3. Imp. 3; ø orlo 8,3; ø fondo 5; h 5,1; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 132198. 362. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Imp. 2; ø orlo 9,5; ø fondo 5,9; h 5,2; sp. 0,5. Motivi: 22. NI 132170. 363. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 9,2; ø fondo 6,1; h 6,1; sp. 0,5. Motivi: 22. NI 132172. Osservazioni: incrostazioni ferrose sul bordo.
Catalogo
364. Olletta biansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 10; ø fondo 4,8; h 9,2; sp. 0,45. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 39. NI 132167.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 357. Calice. Lacunoso. Tipo 1. Imp. 2; ø fondo 5,8; h 5,5; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 132200.
365. Olletta biansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 9; ø fondo 3,8; h 9,8; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 39. NI 132190.
358. Calice. Integro. Tipo 1.
199
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.40. Corredo della t. 15.
366. Vaso cantaroide. Parzialmente ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 2; largh. max 9,5; h max 14; sp. 0,6. Motivi: ansa 15a; collo 22; corpo 36. NI 132178.
Ceramica matt-painted di altri comparti 374. Coppa su piede/ vaso fruttiera. Ricomposto e lacunoso. Bradanico. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 14,8; ø fondo 10,7; h 11; sp. 0,6. Motivi: 22+23. NI 132192.
367. Vaso cantaroide. Parzialmente ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 2; ø orlo 11,8/12,8; ø fondo 6,4; h 17/18,5; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; ansa 15; collo 36; corpo 46b. NI 132164.
375. Coppa su piede/ vaso fruttiera. Si conserva stelo. Bradanico? Sup. 10YR 8/2; ø fusto 2,5; largh. max 7,6; h max 9,2. NI 132176.
368. Vaso cantaroide. Parzialmente ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 2; ø fondo 5; h 8,8/9,8; sp. 0,6. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 39. NI 132165.
WMPP 376. Coppa. Ricomposta. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 15; ø fondo 5,5; h 5,5; sp. 0,4. NI 132166.
369. Vaso cantaroide. Parzialmente ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 6; ø orlo 9,5; ø fondo 6; h max 9,4; sp. 0,35. Motivi: orlo 1; collo 22. NI 132193.
Ceramica parzialmente verniciata
370. Vaso cantaroide. Frammentario e lacunoso. Tipo 5.1. Imp. 2; ø fondo 5,6; h max 13,8; sp. 0,35. Motivi: corpo 45d. NI 132168. Osservazioni: non riprodotto fotograficamente.
377. Vasetto biansato. Integro. Tipo 1. Imp. 21, vernice rossa; ø orlo 3; ø fondo 2,4; h 4,4/5; sp. 0,65. NI 132202. Ceramica acroma da mensa e dispensa
371. Brocca. Parzialmente ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 6; ø fondo 4,6; h 10/10,5; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; ansa 15; collo 22; corpo 39. NI 132163.
378. Mortaio. Ricomposto. Tipo 1.2. Imp. 10; ø orlo 17; ø fondo 7; h 5,7; sp. 0,8. NI 132203.
372. Brocca. Lacunosa. Tipo 1. Imp. 5; ø orlo 6,2; ø fondo 4,9; h 9,3/9,8; sp. 0,45. Motivi: orlo 9; collo 22. NI 132191.
379. Ciotola. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 10; ø orlo 13; ø fondo 10; h 8; sp. 1,4. NI 132201. 380. Attingitoio. Si conserva per metà ca. Tipo 1. Imp. 12; ø orlo 10,3; h max 5,8; sp. 0,55. NI 132177.
373. Pisside, piccola. Integra. Tipo 1.3. Imp. 6; ø orlo 5; ø fondo 4,8; h 7; sp. 0,4. Motivi: non conservati. NI 132196.
200
Catalogo delle sepolture
381. Coppetta monoansata. Lacunosa. Tipo 2. Imp. 23; ø orlo 9,2; ø fondo 4; h 4,1; sp. 0,35. NI 132188.
395. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5.1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 12,4; ø fondo 4,9; h 5,9; sp. 0,3. NI 132180.
382. Cassel cup. Ricomposta e lacunosa. Impasto 23, attica; ø orlo 13,4; ø fondo 6; h 8,2; sp. 0,3. NI 132194. Figg. 4.29 e 4.31.
396. Oinochoe con orlo trilobato. Lacunosa. Piccolo modulo. Tipo 3. Imp. 21; ø fondo 3,5; h max 9; sp. 0,35. NI 132171.
383. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 22; ø orlo 11,8; h max 5,4; sp. 0,3. NI 132173.
397. Kothon. Lacunoso. Tipo 1. Imp. 28, vernice nera con esiti in bruno rossiccio; ø orlo 6,4; ø fondo 6; h 5,6; sp. 0,65. NI 132189.
384. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 28; ø orlo 15; ø fondo 5,8; h 7,3; sp. 0,4. NI 132174.
Metalli. Armi
Ceramica greca
398. Sauroter. Tipo 4. Lungh. max 16; ø immanicatura 3,2; sp. 0,8. Senza NI. Osservazioni: si conserva il legno all’interno dell’immanicatura.
385. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 13; ø fondo 4; h 6,8; sp. 0,3. NI 132175.
Metalli. Oggetti di ornamento
386. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 11; ø fondo 4,4; h 7,2; sp. 0,3. NI 132179.
399. Fibule in ferro ad arco ingrossato. Si conservano due archi. Tipo 1. Largh. max 3,4; sp.1,1; largh. max 2,6; sp. 0,9. Senza NI.
387. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 28; ø orlo 13,3; ø fondo 4,6; h 6,4; sp. 0,3. NI 132182.
Osservazioni La t. 17 conferma la tendenza rilevata in questo nucleo della necropoli di Garaguso, benché non si disponga di termini di paragone in ambito enotrio. Accanto cioè ad un corredo dove non si distinguono elementi di rilievo nel repertorio ceramico canonico (figg. 8.4143), rappresentato da forme consuete con decorazioni consuete, spicca un elemento come la Cassel cup; la kylix, unicum nel contesto, oltre a fornire indicazioni cronologiche, è nella ripetitività generata da tutte le coppe di tipo ionico B2 un elemento che si distingue sia per la produzione attica, sia per la decorazione fitomorfa. È probabile che il corredo manchi di alcuni elementi importanti, come l’olla, in ogni caso l’arma da lancio connoterebbe il defunto come guerriero. Il corredo è databile nell’ultimo quarto del VI sec. a.C.
388. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 12; ø fondo 4,4; h 5,7; sp. 0,35. NI 132184. 389. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 23, vernice rossa, superficie talcosa; ø orlo 11,7; ø fondo 4,4; h 6,8; sp. 0,3. NI 132186. 390. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 15; ø fondo 5,8; h 7,5; sp. 0,35. NI 132187. 391. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 12,7; ø fondo 5,3; h 6,6; sp. 0,4. NI 132183.
8.2.13. Tomba 18 Il defunto della t. 18 era stato sepolto con la sua spada, altre armi e gli oggetti d’ornamento come la conchiglia forata. I reperti, inventariati con i NNII 121775-121776 e 121780-121817, erano costituiti da ceramica matt-painted rappresentata da tre ciotole, tre calici, tre piccoli skyphoi che imitano la ceramica greca, un’olletta biansata, due cantaroidi e tre brocche, mentre una brocca e una sorta di anforetta erano realizzate in WMPP e una brocchetta e un piccolo cantaroide erano parzialmente verniciati. In due olle, una grande e una piccola, due ciotole, due attingitoi, un calice, un’anforetta e un boccaletto in impasto consisteva il repertorio della ceramica acroma, mentre la ceramica greca era rappresentata da cinque coppe di tipo ionico B2 e uno skyphos a labbro. Insieme
392. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.1. Imp. 26; ø orlo 12,8; ø fondo 4,8; h 6; sp. 0,4. NI 132195. 393. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 4. Imp. 22; ø orlo 14,5; ø fondo 5,1; h 7,6; sp. 0,4. NI 132181. 394. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5. Imp. 22; ø orlo 14,8; ø fondo 5,1; h 7,3; sp. 0,4. NI 132185.
201
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.41. Corredo della t. 17.
Fig. 8.42. Corredo della t. 17.
al corredo erano conservati due piccoli ossi, attribuibili forse alla fauna.
Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 16,5; ø fondo 10; h 5,71; sp. 1,15. Motivi: orlo 23; interno vasca 34. NI 121784.
Catalogo
401. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1, realizzato a mano e dotato di due fori per sospensione. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 15,7; ø fondo 9,8; h 5,5; sp. 0,6. Motivi: orlo 11; interno vasca 34. NI 121783.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 400. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1, realizzato a mano e dotato di due fori per sospensione.
402. Ciotola. Ricomposta. Tipo 2.
202
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.43. Corredo della t. 17.
Imp. 14; ø orlo 15,6; ø fondo 6,8; h 7; sp. 0,5. Motivi: orlo 11a; vasca 22. NI 121788. Fig. 4.8.
Ceramica matt-painted di altri comparti 411. Brocchetta. Ricomposta e lacunosa. “Peuceta”. ø orlo 5,6; ø fondo 5,2; h 12,2; sp. 0,2. NI 121811. Fig. 4.18.
403. Calice. Integro. Tipo 1, realizzato a mano e dotato di due fori per sospensione. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 14; ø fondo 10,5 h 7,5; sp. 0,8. Motivi: orlo 11; interno vasca 34. NI 121787.
Ceramica matt-painted di imitazione greca
404. Calice. Integro. Tipo 1? ø orlo 10,7; ø fondo 6,9; h 5,7; sp. 0,6. NI 121780. Osservazioni: l’attribuzione alla classe è incerta. L’impasto ruvido e il pigmento opaco bruno suggeriscono una forma di transizione verso la WMPP.
412. Kotyliskos/Skyphos miniaturistico. Ricomposto. Sup. 10YR 6/3; ø orlo 7,8; ø fondo 3,5; h 5,2; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 121802. Fig. 4.21. 413. Kotyliskos/Skyphos miniaturistico. Ricomposto e integrato. Imp. 1; ø orlo 9,2; ø fondo 3,3; h 6,6; sp. 0,45. Motivi: 22. NI 121803.
405. Calice. Ricomposto. Tipo 3. Imp. 3; ø orlo 10,7; ø fondo 6,9; h 5,7; sp. 0,6. Motivi: 22. NI 121801.
414. Kotyliskos/Skyphos miniaturistico. Ricomposto e integrato. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 9,5; ø fondo 4; h 5,5; sp. 0,3. Motivi: 22. NI 121812.
406. Olletta biansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 8,8; ø fondo 5,3; h max 6,5; sp. 0,3. Motivi: corpo 23. NI 121813. 407. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 6; ø orlo 11,5/12,5; ø fondo 6,8; h 15/17; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; ansa 15c; collo 22; corpo 41a+36. NI 121808.
WMPP 415. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 3; ø orlo 9,5; ø fondo 7; h 16,4; sp. 0,5. NI 121782.
408. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Sup. 2.5Y 7/3; ø orlo 11/13; ø fondo 7; h 15,6/16; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 31; ansa 15a; corpo 24a+39. NI 121791.
416. Anforetta di difficile catalogazione, tra la WMPP e la ceramica parzialmente verniciata. Integra. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 8,2; ø fondo 4,8; h 11; sp. 0,4. NI 121790.
409. Brocca. Ricomposta. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 5,7; ø fondo 5; h 12,4; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; corpo 38. NI 121805.
Ceramica parzialmente verniciata 417. Brocchetta. Integra. Tipo 2. Imp. 28, vernice rossa; ø orlo 7; ø fondo 3,8; h 9,6; sp. 0,2. NI 121807.
410. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 14; ø orlo 8; ø fondo 7,3; h max 11; sp. 0,25. Motivi: orlo 2; ansa 15d; corpo 41a. NI 121809. 203
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 418. Vasetto biansato. Integro. Tipo 1. Vernice rossa; ø orlo 3,3; ø fondo 2,4; h 4,5; sp. 0,2. NI 121799. Fig. 4.23.
Imp. 21; ø orlo 12,2; ø fondo 5; h 6,8; sp. 0,4. NI 121794.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
431. Coppa di tipo ionico B2. Integrata e lacunosa. Tipo 3, con leggera depressione al di sopra della risega. Imp. 21; ø orlo 12; ø fondo 5; h 6; sp. 0,2. NI 121795.
419. Ciotola. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 12,8; ø fondo 5,8; h 5; sp. 0,6. NI 121785. Osservazioni: dotata di un foro sotto l’orlo.
432. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e integrata. Tipo 5. Imp. 23, vernice mal stesa, degradata in bruno-arancio; ø orlo 12,6; ø fondo 5,5; h 6,2; sp. 0,35. NI 121796.
420. Ciotola. Ricomposta e integrata. Tipo 3. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 16,5; ø fondo 6,5; h 6,8; sp. 0,4. NI 121781.
433. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.1. Imp. 26; ø orlo 15,4; ø fondo 5,4; h 7; sp. 0,4. NI 121792. Metalli. Armi
421. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 8,3; ø fondo 5,3; h 5,5; sp. 0,2. NI 121797. Osservazioni: nel piede due fori per la sospensione (?).
434. Spada con costolatura centrale in ferro. Frammentaria e lacunosa. Tipo 1. Lungh. max 41; largh. 3,6. NI 121816. Fig. 4.36. Osservazioni: ancora visibili quattro chiodi in ferro che servivano per l’immanicatura.
422. Attingitoio. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 12,5; ø fondo 5,8; h 8,4; sp. 0,5. NI 121789. Fig. 4.25.
435. Lama in ferro, forse con impugnatura lignea, machaira?; conserva traccia di chiodi. Lungh. max 33; largh. 3,6; sp. 0,5. NI 121817.
423. Attingitoio. Ricomposto. Tipo 3. Imp. 3; ø orlo 7,4; ø fondo 3,8; h 8,7; sp. 0,45. NI 121798.
436. Elemento di carro? Conserva tracce di legno. Lungh. max 12; largh. max 4,4; sp. 0,65. NI 121815. Fig. 4.38.
424. Anforetta. Ricomposta e lacunosa. Corpo globulare con collo a profilo continuo, piede a disco, breve orlo a bordo appiattito con due anse a nastro. Imp. 1; ø orlo 9; ø fondo 5,3; h 8,7; sp. 0,5. NI 121800. Fig. 4.24.
437. Cuspide di lancia in ferro con immanicatura a cannone. Tipo 3. Lungh. max 25; largh. max 2,9; ø immanicatura 2,1; sp. 0,9. NI 121814. Fig. 4.37.
425. Olla. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.2. ø orlo 16,6; ø fondo 11,3; h 29,5; sp. 0,7. NI 121810.
438. Cuspide di lancia o giavellotto in ferro. Frammentaria e lacunosa. Lungh. max 22; largh. 2,8. Senza NI.
426. Olla miniaturistica/di piccolo modulo. Ricomposta. Tipo 3.3 Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 7; ø fondo 6; h 9; sp. 0,35. NI 121806. Fig. 4.26.
Metalli. Oggetti di ornamento 439. Fibule in ferro e in bronzo, un vago e un pendente d’ambra e una conchiglia forata. Tipo 1 (ferro) e 1 o 2 (bronzo); 2 + 3 (ambra). NI 121776
Ceramica acroma da cucina/impasto 427. Boccaletto. Ricomposta e integrata. Tipo 2. Sup. 5YR 6/6; ø orlo 6,8; ø fondo 5; h 8,8; sp. 0,5. NI 121804. Osservazioni: nerofumo nella parte anteriore e sul fondo.
440. Anelli in bronzo di differente spessore. Tipo 1 e 2. ø 1,6; sp. 0,3. ø 2; sp. 0,05; ø 1,9; sp. 0,05. NI 121817. Osservazioni: sono registrati con lo stesso NI della lama NC 435.
Ceramica greca 428. Lip-kotyle. Ricomposto. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 15,4; ø fondo 6,4; h 12,7; sp. 0,3. NI 121786.
Osservazioni Il defunto della t. 18, portatore di spada, sepolto con la lancia, forse con una machaira e forse persino dotato di carro, era stato deposto con vaghi d’ambra pertinenti a collane e con alcune fibule di bronzo, che nella necropoli di Garaguso sono sempre stati rinvenuti in associazione con strumenti da tessitura e con altri oggetti di ornamento; anche la presenza della conchiglia risulta insolita e anzi
429. Coppa di tipo ionico B2. Frammentaria. Tipo 3, con leggera depressione al di sopra della risega. Imp. 22; ø orlo 12; ø fondo 5; h 6; sp. 0,2. NI 121793. 430. Coppa di tipo ionico B2. Integrata e lacunosa. Tipo 3, con leggera depressione al di sopra della risega. 204
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.44. Corredo della t. 18.
unica (corredo figg. 8.44-48). Se altrove oggetti simili sono stati considerati come dono della consorte, che in questo modo sperava forse di rimanere a fianco del suo uomo anche nell’aldilà, piuttosto che come proprietà del defunto, nel mondo enotrio le collane d’ambra sono considerate un bene di prestigio e non distintive di genere34. Il repertorio vascolare offre altri elementi inediti di difficile interpretazione. Oltre alla brocca dalle pareti sottilissime e con repertorio bradanico, che si può annoverare nella categoria dei doni di altri genti vicine35, si trovavano tre imitazioni di piccoli skyphoi e l’anforetta in WMPP, non altrimenti documentata, che si avvicina alla brocca parzialmente verniciata, attestata in questo caso accanto al vasetto biansato, nonché ad un’altra anforetta in ceramica acroma. Nella stessa classe altrettanto insolita è la presenza di una piccola olla. Sulla base delle analogie con manufatti deposti in altre tombe, il corredo è databile tra fine VI e inizi V sec. a.C.
acroma insieme alla grande olla sono attestate due ciotole, un mortaio e una brocchetta miniaturistica. Tra la ceramica greca si registrano tre coppe di tipo ionico e due coppette monoansate. Concorrono infine a connotare il defunto le armi e cioè le cuspidi di lancia, un sauroter e due lame. I reperti sono inventariati con i NNII 121818-121847. Sono inoltre presenti alcune scatole con materiale “vario”, tra cui si distingue una brocchetta a decorazione geometrica, una ciotola e una coppetta acroma, pareti di forme chiuse a decorazione geometrica e altri frammenti non identificabili e non catalogati. Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 441. Piatto. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 23,8; ø fondo 9,3; h 6,5; sp. 0,8. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 121839. Osservazioni: sull’orlo tracce di incrostazioni ferrose.
8.2.14. Tomba 19
442. Ciotola. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2.1. Imp. 2; ø orlo 18; ø fondo 7,6; h 6,5; sp. 0,5. NI 121821.
La t. 19, priva di rilievo, era dotata di un corredo che presentava strette analogie con quello della t. 11 per l’occorrenza di alcune forme miniaturistiche. Nella ceramica a decorazione geometrica il repertorio era piuttosto ristretto quantitativamente, mentre le forme erano molteplici: tre calici, di cui uno sovradimensionato, due scodelle, una ciotola e un piatto, e un cantaroide, due brocche, un thymiaterion e due pissidi, una delle quali miniaturistica. Nella WMPP si annoverano una brocca e una scodella, mentre insolita è la presenza di una piccola olpe parzialmente verniciata. Nel repertorio della ceramica 34 35
443. Scodella. Integra. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 14; ø fondo 6,8; h 7/8,6; sp. 0,5. Motivi: orlo 12; ansa 15c. NI 121822. Fig. 4.9. 444. Scodella. Ricomposta. Tipo 2, realizzato a mano. Imp. 4; ø orlo 12; ø fondo 6,8; h 4,8/5,5; sp. 0,8. Motivi: corpo 22. NI 121826. 445. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 10,2; ø fondo 7,5; h 6,6; sp. 0,6. Motivi: orlo 7; vasca 22. NI 121838.
Russo Tagliente, Berlingò 1992, 300 e 310-313. Cfr. sez. 4.2.2.
205
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.45. Corredo della t. 18.
Fig. 8.46. Corredo della t. 18.
446. Calice. Integro. Tipo 2.1. Sup. 5YR 7/6; ø orlo 9,2; ø fondo 5,7; h 6; sp. 0,5. Motivi: orlo 7a. NI 121829. Fig. 4.10.
448. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 1; ø orlo 11/11,6; ø fondo 9,4; h 16/17; sp. 0,5. Motivi: orlo 3; collo 22; corpo 46a. NI 121818. Fig. 4.7.
447. Calice. Ricomposto. Tipo 2.2. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 14,3; ø fondo 7,2; h 9; sp. 0,75. Motivi: orlo 9+4; corpo 23. NI 121828. Fig. 4.10.
449. Brocca. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 6,8; ø fondo 6,2; h 10,8/11,2; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15a; corpo 40. NI 121836.
206
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.47. Corredo della t. 18.
Fig. 8.48. Corredo della t. 18.
450. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 2; ø fondo 5,4; h 11; sp. 0,35. Motivi: collo 22; corpo 39. NI 121833.
Imp. 2; ø orlo 3,8; ø fondo 3,5; h 5,4; sp. 0,4. Motivi: collo 22. NI 121842. Fig. 4.28. WMPP
451. Pisside. Ricomposta e integrata. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7,6; ø fondo 6,4; h 10,6; sp. 0,5. Motivi: spalla 24a; corpo 29+39. NI 121819.
454. Coppa. Integra. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 18; ø fondo 6,8; h 6,7; sp. 0,65. NI 121827.
452. Thymiaterion. Lacunoso, si conserva solo la parte inferiore dello stelo cilindrico. Tipo 2? Imp. 4; ø fondo 12,4; h 22,7; sp. 1. Motivi: 22. NI 121841.
455. Brocca. Integra. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 6,8; ø fondo 4,5; h 11,3/11,6; sp. 0,35. NI 121830.
453. Vasetto globulare tipo pisside stamnoide, miniaturistico. Lacunoso. Tipo con anse forate. 207
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Ceramica parzialmente verniciata
Lungh. max 12,6; largh. 2; sp. 0,9. NI 121847. Fig. 4.37.
456. Olpe. Integra. Sup. 7.5YR 7/6, vernice bruna; ø orlo 3,8; ø fondo 3,1; h 9,5/9,9; sp. 0,3. NI 121832.
469. Arma da lancio in ferro con immanicatura a cannone. Lacunosa. Lungh. max 9,4; largh. 1,6; sp. 0,3. NI 121846.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
470. Lama in ferro. Frammentaria e lacunosa. Lungh. max 23; largh. 1,7. NI 121845. Fig. 4.39.
457. Mortaio. Ricomposto. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 16,5; ø fondo 7,5; h 6; sp. 1,2. NI 121843.
Osservazioni La t. 19 rappresenta forse la versione maschile della t. 11, per la presenza delle forme miniaturistiche e di quelle sovradimensionate (figg. 8.49-51). Risulta difficile ogni ulteriore specificazione. Per le analogie con i manufatti di altri corredi e per la tipologia delle coppe di tipo ionico, in via ipotetica questo è databile alla fine del VI sec. a.C.
458. Ciotola. Integra36. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 13,1; ø fondo 6,6; h 5,8; sp. 0,35. NI 121823. 459. Ciotola. Ricomposta37. Tipo 1. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 14,3; ø fondo 7; h 6,5; sp. 0,3. NI 121835. Fig. 4.24.
8.2.15. Tomba 25
460. Olla. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 19,6; ø fondo 13,3; h 33,5; sp. 0,7. NI 121837. Fig. 4.26.
466. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 3.3. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 15; ø fondo 5,4; h 6,7; sp. 0,3. NI 121834.
La t. 25, scavata nel 1976, è stata rilevata, consentendo la restituzione di una fossa che sembra ben conservata (fig. 8.52). Questa è stretta e lunga, e misura 66 x 220. Del defunto si conservavano il cranio, forse una clavicola e delle vertebre, ma la parte inferiore della fossa era fittamente occupata da buona parte del corredo inventariato con i NNII 121848-121908. La disposizione di alcuni oggetti non mostra dispersione, ma anzi questi si adattano quasi perfettamente a dei limiti che dovevano essere costituiti da blocchi litici posti di taglio. Accanto al cranio erano visibili alcune coppe e dei cantaroidi, mentre la parte inferiore della fossa era occupata dalle olle, dai calici e da altre piccole forme aperte. Sembra che il limite inferiore fosse costituito da un blocco litico pressoché ellittico di medie dimensioni, che in altre sepolture si trovava in prossimità del cranio del defunto. Il corredo, molto ricco, era costituito da tutte le classi ceramiche: nella matt-painted sono attestate una ciotola, due scodelle e 12 calici, nonché sette cantaroidi, uno dei quali di Cancellara, e due brocchette. Oltre a due coppette monoansate decorate ad immersone, in ceramica acroma erano realizzate una ciotola, un mortaio, quattro brocchette, una delle quali miniaturistica, e tre olle, e due boccaletti e un vasetto gemino. Altrettanto abbondante la ceramica greca, presente con cinque coppette monoansate e 14 coppe di tipo ionico B2. Completavano il corredo le armi come la spada, cuspidi di armi da lancio, una lama e una phiale ombelicata.
Metalli. Armi e utensili
Catalogo
467. Cuspide di lancia in ferro. Frammentaria e lacunosa. Tipo 2. Lungh. max 17; largh. 2,6; sp. 0,4. NI 121844. Fig. 4.37.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
461. Boccaletto miniaturistico. Integro. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 3; ø fondo 1,5; h 3,3/4; sp. 0,4. NI 121824. Ceramica greca 462. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1. Imp. 21; ø orlo 9,7; ø fondo 2,8; h 3,8; sp. 0,4. NI 121825. 463. Coppetta monoansata. Lacunosa. Tipo 1. Imp. 22; ø orlo 9,8; ø fondo 3,7; h 3,8; sp. 0,4. NI 121840. 464. Coppa di tipo ionico B2. Frammentaria e lacunosa. Tipo 3. Imp. 30; ø orlo 16,6; ø fondo 5,5; h 8,4; sp. 0,3. NI 121820. 465. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.3. Imp. 21; ø orlo 17; ø fondo 6,3; h 9; sp. 0,4. NI 121831.
471. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 15,2; ø fondo 6,6; h 6; sp. 0,7. Motivi: orlo 7a. NI 121890.
468. Sauroter. Lacunoso. Tipo 4.
472. Scodella. Ricomposta. Tipo 2. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 12,2; ø fondo 6; h 5,8/6,2; sp. 0,75. Motivi: orlo 4a; ansa 21; corpo 22. NI 121898.
La forma viene considerata di imitazione, Bianco in Nava et alii 2009, 284-285. 37 La forma viene considerata di imitazione, Bianco in Nava et alii 2009, 284-285. 36
208
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.49. Corredo della t. 19.
Fig. 8.50. Corredo della t. 19.
473. Scodella. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 13,3; ø fondo 7; h 5,7/6; sp. 0,7. Motivi: orlo: 5. NI 121848.
Sup. 10YR 8/3; ø orlo 6,9; ø fondo 5,8; h 4,3; sp. 0,3. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 121858. 475. Calice. Integro. Tipo 1. Imp. 5; ø orlo 5,8; ø fondo 5; h 4; sp. 0,3. Motivi: orlo 2. NI 121859.
474. Calice. Integro. Tipo 1.
209
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.51. Corredo della t. 19.
Osservazioni: cfr. NC 475. 478. Calice. Lacunoso. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 7,5; ø fondo 5,5; h 5,8; sp. 0,5. Motivi: 22. NI 121873. 479. Calice. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 7,7; ø fondo 5,3; h 4,8; sp. 0,5. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 121852. 480. Calice. Integro. Tipo 2. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 10,2; ø fondo 5,1; h 6,2; sp. 0,45. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 121861. 481. Calice. Integro. Tipo 2.1. Imp. 1; ø orlo 6,7; ø fondo 4,6; h 4,9; sp. 0,4. Motivi non conservati: acromo? NI 121868. 482. Calice. Integro. Tipo 2.1. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 8; ø fondo 4,8; h 5; sp. 0,65. Motivi: orlo 11. NI 121874. 483. Calice. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 2; ø orlo 8,9; ø fondo 4,6; h 4,4; sp. 0,6. Motivi: orlo 12. NI 121863. Fig. 8.52. Rilievo planimetrico della t. 25.
484. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 6,5; ø fondo 4,2; h 4,5; sp. 0,5. Motivi non conservati: acromo? NI 121856. Osservazioni: incrostazioni ferrose in superficie.
Osservazioni: incrostazioni ferrose sull’orlo. 476. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/3; ø orlo 8,7; ø fondo 6,2; h 6,2; sp. 0,5. Motivi: 22. NI 121869.
485. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2.1. Fig. 4.12. Imp. 1; ø orlo 11,5/13; ø fondo 7,7; h 15/16,5; sp. 0,6. Motivi: orlo 9; collo 22; corpo 24a. NI 121901.
477. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 6,5; ø fondo 4,7; h 4; sp. 0,4. Motivi: orlo 23; corpo 22. NI 121866. Fig. 4.10.
486. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 3. Fig. 4.12.
210
Catalogo delle sepolture 498. Ciotola. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 14,2; ø fondo 7,8; h 5,2; sp. 1. NI 121878.
Sup. 10YR 8/3; ø orlo 10/12,4; ø fondo 7,6; h 15/17; sp. 0,4. Motivi: orlo 4a; collo 30; ansa 15a; corpo 46a. NI 121896. Fig. 4.7. Osservazioni: incrostazioni ferrose sull’orlo.
499. Brocchetta. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7; ø fondo 4,2; h 7,5; sp. 0,3. NI 121855.
487. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Sup. 2.5Y 7/3; ø orlo 10,2; ø fondo 6,3; h 14/15,2; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 30; ansa 15; corpo 45. NI 121883.
500. Brocchetta. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7,2; ø fondo 4,2; h 7,3; sp. 0,35. NI 121886.
488. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Imp. 6; ø orlo 11/13,3; ø fondo 8,4; h 17,2/19; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 30; anse 15a e 15d; corpo 45. NI 121872.
501. Brocchetta. Integra. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 7,3; ø fondo 4,2; h 8,2; sp. 0,25. NI 121897.
489. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Imp. 1; ø orlo 19,1; ø fondo 10,6; h 27,2/30,3; sp. 0,35. Motivi: orlo 9; collo e corpo 29b+39; ansa 16. NI 121902. Fig. 4.13.
502. Olla. Integra. Tipo 1. Sup. 2.5Y 7/3; ø orlo 13,7; ø fondo 10,4; h 21,6; sp. 0,8. NI 121880.
490. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 6. Imp. 1; ø orlo 11/13,4; ø fondo 8,1; h 18,5/20; sp. 0,6. Motivi: orlo 2; collo 30; anse 15a e 15d; corpo 45. NI 121888. Fig. 4.13.
503. Olla. Ricomposta. Tipo 3. Imp. 14; ø orlo 18,8; ø fondo 10,4; h 31; sp. 0,5; peso 3200. NI 121849. Osservazioni: nella parte inferiore del corpo sono visibili difetti di cottura come depressioni, bolle e colore verdastro.
491. Brocca. Integra. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 6; ø fondo 4,8; h 10,1/10,5; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; ansa 15; corpo 42. NI 121850. Figg. 4.7 e 4.15.
504. Olla. Ricomposta. Tipo 3.5 Sup. 10YR 7/4; ø orlo 13,2; ø fondo 9; h 13,7; sp. 0,85. NI 121879.
492. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 7,6; ø fondo 5,7; h 13/13,4; sp. 0,45. Motivi: orlo 9; ansa 15b; collo 31a; corpo 40. NI 121876.
505. Brocchetta miniaturistica. Integra. Sup. 7.5YR 7/3; ø orlo 3,3; ø fondo 3; h 4,4; sp. 0,4. NI 121851. Fig. 4.28.
Ceramica matt-painted di altri comparti 493. Cantaroide. Integro. Tipo Cancellara. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 9/10,6; ø fondo 6,6; h 16,2/17,3; sp. 0,45. NI 121877. Fig. 4.18.
Ceramica acroma da cucina/impasto 506. Boccaletto. Integro. Tipo 2. Sup. 5YR 6/6; ø orlo 6; ø fondo 4,6; h 6/6,4; sp. 1,3. NI 121854.
WMPP 494. Ciotola su piede. Lacunosa. Tipo 4 dei calici. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 9,5; ø fondo 3,2; h 4,8; sp. 0,35. NI 121860.
507. Boccaletto. Integro. Tipo 2.1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 6,6; ø fondo 5; h 5,3/6,7; sp. 1,1. NI 121853. Osservazioni: segni di combustione sulla parte anteriore, nonché incrostazioni ferrose sul bordo.
Ceramica parzialmente verniciata 495. Coppetta monoansata. Lacunosa. Tipo 1. Imp. 24, vernice arancio; ø orlo 10,9; ø fondo 3,9; h 4,4; sp. 0,5. NI 121864.
508. Vasetto gemino. Ricomposto. Tipo 3. Imp. 17; ø orlo 5,6; ø fondo 4,2; h 5,5/6,2; sp. 1,3. NI 121865. Fig. 4.27.
496. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3, vernice bruna; ø orlo 10,4; ø fondo 3,9; h 3,1; sp. 0,45. NI 121904.
Ceramica greca 509. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1. Imp. 29; ø orlo 8; ø fondo 3,1; h 3,8; sp. 0,45. NI 121857.
Ceramica acroma da mensa e dispensa 497. Piatto. Integro. Tipo 1. Sup. 2.5Y 7/3; ø orlo 18,5; ø fondo 9,4; h 6,3; sp. 1. NI 121871. Fig. 4.24. Osservazioni: evidenti difetti di cottura.
510. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 7.5YR 6/4; ø orlo 9,4; ø fondo 3,4; h 4,3; sp. 0,3. NI 121870.
211
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 511. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1. Sup. 7.5YR 6/4; ø orlo 9,5; ø fondo 3,4; h 4; sp. 0,35. NI 121882.
526. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.2. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 12; ø fondo 4,6; h 5,4; sp. 0,3. NI 121894.
512. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4, vernice opaca e superficie ruvida; ø orlo 9,4; ø fondo 3,9; h 4,1; sp. 0,3. NI 121885.
527. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.2. Sup. 7.5YR 6/3; ø orlo 14; ø fondo 5; h 6,5; sp. 0,3. NI 121900.
513. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8,6; ø fondo 3,4; h 3,8; sp. 0,3. NI 121895.
Metalli. Armi e utensili 528. Spada in ferro con costolatura centrale e fodero. Frammentaria e lacunosa. Tipo 1. Lungh. max 33; largh. 4,5; sp. 1. Senza NI.
514. Coppa di tipo ionico B2, piccola. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 22; ø orlo 10,2; ø fondo 4,2; h 5,3; sp. 0,4. NI 121903.
529. Cuspide in ferro? Si conserva immanicatura a cannone, al cui interno è una barretta trasversale, frammentaria e lacunosa. Lungh. max 8,6; ø 2,75. NI 121906.
515. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 1.5. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 15; ø fondo 5,8; h 7,4; sp. 0,5. NI 121889.
530. Spiedo? Frammenti di ferro a sezione quadrangolare. Lungh. max 11,2; sp. 1. NI 121907.
516. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 3. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 12; ø fondo 5,1; h 6,1; sp. 0,3. NI 121884.
531. Lama in ferro. Lacunosa. Lungh. max 16; h 3,1; sp. 0,6. NI 121905. Osservazioni: ancora visibile un chiodo.
517. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 15,5; ø fondo 5,9; h 7,2; sp. 0,5. NI 121892.
532. Phiale ombelicata in lamina bronzea. Frammentaria e lacunosa. Tipo 1. ø 34 ca.; ø omphalos 5; sp. 0,2. NI 121908.
518. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Sup. 7.5YR 7/3; ø orlo 16; ø fondo 5,5; h 8; sp. 0,3. NI 121893.
Osservazioni Della t. 25 si conservavano pochi reperti osteologici, nella fattispecie la parte inferiore sinistra della squama dell’occipitale del cranio, più una porzione della sutura occipito-parietale e occipito-temporale e il femore fino al terzo distale, la cui linea aspra ben sviluppata suggerisce che l’individuo avesse praticato un’attività fisica notevole38. Il defunto, accompagnato da spada, lancia, forse, e lama, era stato deposto con una phiale bronzea, un manufatto di cui si ignora se conservasse ancora la sua funzione rituale nel contesto della tomba; probabilmente era presente anche uno spiedo. Ricchissima era anche la parte vascolare39, dove l’abbondanza era iterazione, come dimostrano i numerosissimi calici e le coppe di tipo ionico, nonché i cantaroidi (figg. 8.53-59). Anche nella ceramica acroma le forme, come per esempio l’olla, sono attestate con più esemplari. Si segnala la compresenza di una brocca monocroma e una biconica matt-painted, esemplari considerati tra i più antichi, e una brocca di Cancellara, con un orizzonte cronologico molto più recente40. Una precisa determinazione cronologica risulta ancora più difficile che negli altri casi. Il cantaroide di Cancellara suggerisce una datazione agli inizi del V sec. a.C., smentita però dalla ceramica matt-painted, dalla pressoché totale assenza della WMPP e dal costume di deporre armi e utensili
519. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.3. Imp. 22; ø orlo 15,2; ø fondo 5,1; h 7,1; sp. 0,4. NI 121899. 520. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 4. Imp. 26, vernice con riflessi metallici; ø orlo 14,5; ø fondo 5,2; h 8,2; sp. 0,3. NI 121881. Fig. 4.33. 521. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 4.3. Imp. 22; ø orlo 15,2; ø fondo 5; h 7,6; sp. 0,3. NI 121887. 522. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 15,2; ø fondo 5,1; h 6,8; sp. 0,4. NI 121867. 523. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.1. Imp. 21; ø orlo 13; ø fondo 4,7; h 5,6; sp. 0,35. NI 121891. 524. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.2. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 13; ø fondo 5,2; h 6,3; sp. 0,35. NI 121862. 525. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.2. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 12,8; ø fondo 4,5; h 6; sp. 0,35. NI 121875.
38 39 40
212
Per queste note ringrazio M. Martoccia. Foto del corredo pubblicato in Adamesteanu 1977, Tav. CXXVI. Per entrambi si vedano rispettivamente le sez. 4.2.1 e 4.2.2.
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.53. Corredo della t. 25.
Fig. 8.54. Corredo della t. 25.
metallici, pratica che non pare attestata né nelle sepolture più antiche, né in quelle più recenti come la t. 31.
132204. La ceramica geometrica era rappresentata da sei cantaroidi, tra cui uno di tipo Palinuro, mentre la ceramica acroma è rappresentata dai quattro esemplari di coppette parzialmente verniciate. Alle tre brocche in WMPP si aggiunge un’insolita coppa a bande. Nella ceramica greca, insieme alle nove coppe ioniche di tipo B2 e alle due coppette monoansate, si trovavano il secondo esemplare di Band cup, una delle tre coppe di tipo C, una lekane e due lekythoi. Il carattere eccezionale della sepoltura del defunto si esplica forse meglio grazie agli utensili metallici e alle armi: l’unico bacile ad orlo perlinato rinvenuto nella necropoli di Garaguso è accompagnato da un phiale in lamina bronzea, mentre alle cuspidi di lancia e al sauroter,
8.2.16. Tomba 26 La t. 26 è la tomba di un armato di spada, che presenta però caratteri che la distinguono dalle altre. Il defunto era deposto in una fossa rettangolare dalle dimensioni di 80 x 200 ca., circondata da pietre sbozzate e tegole poste di testa (fig. 60). Forse la fossa era stata disturbata nella parte inferiore dove i limiti erano meno netti rispetto a quella superiore. Qui, comunque, era concentrata buona parte del corredo, inventariato con i NI 121909-121949, 121977 e 213
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.55. Corredo della t. 25.
Fig. 8.56. Corredo della t. 25.
Catalogo
parti dell’armamentario, si accompagnano un’ascia e una zappa, due strumenti di lavoro che simboleggiano altri aspetti dell’individuo sepolto41. 41
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 533. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 1.
Per questi aspetti cfr. cap. 5, particolarmente le sez. 5.1 e 5.3.
214
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.57. Corredo della t. 25.
Fig. 8.58. Corredo della t. 25.
Imp. 2; ø orlo 10,2; ø fondo 5,6; h 10; sp. 0,4. Motivi: orlo 3; collo 23; ansa 15a + bottoncini plastici dipinti; corpo 46. NI 121927.
537. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 5. Imp. 2; ø orlo 11,3/12,6; ø fondo 7; h 15,8/17; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 31; ansa 15a; corpo 24a +39. NI 121933.
534. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 9,7/14; ø fondo 7,7; h 19/22; sp. 0,4. Motivi: orlo 3; collo 22; ansa 15 + bottoncini plastici; corpo 46. NI 121935. Osservazioni: incrostazioni ferrose sulla superficie dovute probabilmente al contatto con uno degli oggetti metallici.
538. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Imp. 2; ø orlo 11,7/14,9; ø fondo 8,7; h 17,9/19,5; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 30; ansa 15a+16; corpo 45. NI 121938.
535. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. PalinuroKrug. Tipo 1.2. Imp. 2; ø orlo 9,8/11; ø fondo 7,2; h 13,5/15,4; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 36a; corpo 36a. NI 121926.
539. Coppa. Ricomposta. Imp. 1; ø orlo 17; ø fondo 6,7; h 6,7; sp. 0,5. NI 121918.
WMPP
540. Brocca. Integra. Tipo 2. Imp. 1; ø orlo 8,4; ø fondo 6,3; h 14,2/15,2; sp. 0,3. NI 121917.
536. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Imp. 2; ø orlo 9,5/10; ø fondo 5,5; h 13,5/14,5; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 45d. NI 121929.
541. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. 215
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.59. Corredo della t. 25.
Imp. 1; ø orlo 9,8; ø fondo 3,5; h 4,5; sp. 0,4. NI 121914. 544. Coppetta monoansata. Ricomposta. Imp. 1; ø orlo 10; ø fondo 3,2; h 4,5; sp. 0,4. NI 121921. 545. Coppetta monoansata. Ricomposta. Imp. 23; ø orlo 10,2; ø fondo 4,8; h 3,2; sp. 0,4. NI 121923. 546. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 23; ø orlo 9,7; ø fondo 4,6; h 3,4; sp. 0,4. NI 121939. Ceramica greca 547. Lekane. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1 Imp. 23, decorata con un filetto rosso sul labbro e due sulla vasca interna.; ø orlo 14,2; h 3; sp. 0,3. NI 121924. 548. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1. Imp. 21; ø orlo 9,6; ø fondo 3,5; h 3,7; sp. 0,4. NI 121922. 549. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1. Sup. 7.5YR 6/4; ø orlo 9,6; ø fondo 3,5; h 3,7; sp. 0,4. NI 121932. Fig. 8.60. Rilievo planimetrico della t. 26.
550. Band cup. Si conserva parte della vasca, lacunosa nel piede. Imp. 21; ø orlo 23; h max 7; sp. 0,4. NI 121919. Figg. 4.29 e 4.31.
Imp. 1; ø orlo 8,4; ø fondo 5,2; h 11,1/12; sp. 0,3. NI 121916. 542. Brocca. Ricomposta. Tipo 3. Imp. 1; ø orlo 7,4; ø fondo 6,6; h 12,3/13,3; sp. 0,4. NI 121930.
551. Kylix tipo C. Integra. Tipo 1 Sup. 7.5YR 6/4, vernice nera su tutta la superficie tranne che nella base di appoggio del piede e dentro le anse.; ø orlo 17,3; ø fondo 7,4; h 7,8; sp. 0,5. NI 121937.
Ceramica parzialmente verniciata
552. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1.
543. Coppetta monoansata. Integra. 216
Catalogo delle sepolture 567. Sauroter in ferro? Immanicatura a cannone e punta a sezione quadrangolare. Tipo 4. Lungh. max 10,5; largh. 2,4. NI 121943.
Imp. 21; ø orlo 13,5; ø fondo 5; h 7,3; sp. 0,35. NI 121911. Fig. 4.32. 553. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. Sup. 7.5YR 7/3; ø orlo 15,4; ø fondo 5,8; h 7,2; sp. 0,35. NI 121910.
568. Lama in ferro con tre chiodi. Lungh. max 19,8; largh. 2,8. NI 121946. Fig. 4.39.
554. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 15; ø fondo 6; h 7,4; sp. 0,3. NI 121913.
569. Spiedo? Frammenti in ferro non id., a sezione quadrangolare e circolare. NI 121949
555. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 23; ø orlo 14,6; ø fondo 5,1; h 7,6; sp. 0,35. NI 121925.
570. Ascia con codolo ad aletta oppure zappa in ferro. Ferro nell’immanicatura. Lungh. max 15; largh. 6,3. NI 121942. Fig. 4.38.
556. Coppa di tipo ionico B2. Lacunosa. Tipo 3. Imp. 22; ø orlo 14,2; ø fondo 5,1; h 6,8; sp. 0,4. NI 121931.
571. Ascia ad occhio in ferro? Integra. Lungh. 17,9; largh. 11,5; h 4,5. NI 121940. Fig. 4.38.
557. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. Imp. 29; ø orlo 14,3; ø fondo 4,8; h 7; sp. 0,4. NI 121934.
572. Scalpello? Lungh. max 29; largh. 2,1. NI 121947. Fig. 4.38.
558. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3.1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 3,6; ø fondo 5,2; h 6,8; sp. 0,3. NI 121912.
573. Chiodo? Lungh. max 3,6. NI 121941. Fig. 4.38. 574. Kreagra? Largh. max 3. Senza NI. Fig. 4.38.
559. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 4. Imp. 23; ø orlo 15; ø fondo 5,3; h 8; sp. 0,35. NI 121915.
575. Phiale in lamina bronzea. Si conservano frammenti. Tipo 2.1. NI 121977. Fig. 4.39.
560. Coppa di tipo ionico B2, piccola. Lacunosa. Tipo 5.2. Imp. 22; ø orlo 11,8; ø fondo 4,4; h 5,5; sp. 0,3. NI 121928.
576. Bacile bronzeo ad orlo perlinato. Si conserva parte del bordo, dove si scorgono parte di una cerniera e altri frammenti. Largh. max 7,6; ø 28 ca.; sp. 1. NI 121909.
561. Lekythos. Lacunosa. Tipo 1. Imp. 2, vernice stesa irregolarmente.; ø orlo 4,5; ø fondo 5,6; h 13,5; sp. 0,4. NI 121920. Fig. 4.34. 562. Lekythos. Integra. Tipo 2. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 3,3; ø fondo 4,9; h 14,6; sp. 0,5. NI 121936. Fig. 4.34.
Osservazioni Il corredo doveva accompagnare un personaggio eminente della comunità, il capo forse, che viene deposto con simboli potentissimi come l’ascia e la spada, con strumenti indicativi di attività realmente svolte, come la zappa, e con oggetti preziosi ed esotici, come il bacile ad orlo perlinato e la phiale. Altri caratteri meno evidenti concorrono a definire il personaggio (corredo figg. 8.6165). Nello stringato corredo ceramico, forse disturbato, forse intenzionalmente ridotto a poche classi e poche forme, spicca il cantaroide di tipo Palinuro, che si è visto caratterizzare le sepolture più antiche: l’associazione con il resto del corredo, databile invece all’inizio del V sec. a.C., lo rende un elemento ancora più tradizionale. Allo stesso modo alcune forme della ceramica greca come la band cup, la kylix, la lekane e le lekythoi, si oppongono con la loro ricercatezza alla ripetitività delle coppe ioniche, che si appiattiscono, quasi, nel panorama. Tra queste spicca un unico individuo avvicinabile (NC 552) alle coppe ioniche delle tt. 2 e 3. Il defunto viene dunque deposto con elementi che lo caratterizzano come dominatore delle arti della guerra, come conoscitore della terra e del ciclo vitale e come rappresentante di aspetti sacrali non altrimenti
Oggetti di ornamento 563. Frammenti di ferro, fibule di tipo 1? Tra i frammenti verosimilmente un chiodo e uno spiedo. NI 121941. 564. Frammenti di fibule in ferro ad arco ingrossato. Tipo 1? NI 121948. Metalli. Armi e utensili 565. Spada in ferro. Tipo 1. Lungh. max 32; largh. 3,3. NI 121945. 566. Cuspide di lancia in ferro con immanicatura a cannone. Tipo 3. Lungh. max 27; largh. 2,4. NI 121944.
217
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.61. Corredo della t. 26.
Fig. 8.62. Corredo della t. 26.
definibili; lo strumentario del banchetto, come il bacile, il forchettone, lo spiedo, lo caratterizzano anche come il capo che presiede alle cerimonie sacrificali e sacrali. Il corredo ceramico con le forme allogene concorre ad enfatizzare la distinzione del personaggio, uno dei pochi ad essere dotato di vasi come le lekythoi, che nel mondo greco sono tra le poche forme ammesse nel rituale funerario essendo deputate all’unzione del corpo, o come la band cup che pur nella semplicità della decorazione, si distingue in quanto vaso figurato. Nel caso della ceramica a decorazione
geometrica, sembra probabile il carattere pienamente intenzionale, piuttosto che casuale, della decorazione. Come visto in altri casi, i pochi cantaroidi sono decorati da motivi ricorrenti; l’impressione di intenzionalità di questo fenomeno è rafforzata da un dettaglio quasi insignificante, che però non ricorre in nessun altro corredo: le anse del cantaroide NC 534 sono arricchite da un unico bottoncino plastico, che nel caso del cantaroide NC 533 viene invece dipinto. Per tutti gli elementi già citati, databile tra l’ultimo quarto e la fine del VI sec. a.C. 218
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.63. Corredo della t. 26.
Fig. 8.64. Corredo della t. 26.
8.2.17. Tomba 27
concentrava nella sua metà superiore. I vasi erano probabilmente stati deposti in piedi, e nei pressi del capo doveva essere una fuseruola, come si evince dal rilievo (fig. 8.66). Del corredo facevano parte tre calici, una ciotola e un vasetto realizzato a mano, cinque brocchette, una delle quali miniaturistica, due cantaroidi e due diversi tipi di olle in ceramica geometrica; in ceramica acroma erano realizzati un calice e due brocchette. Tra la ceramica greca si trovava uno dei due esemplari di una coppetta monoansata a vernice nera, tre coppe di tipo
Nella piccola fossa dalla forma ellittica della t. 27, 60 x 160, del defunto si conservava in buona parte lo scheletro con il cranio, forse una clavicola, alcune ossa dello sterno e alcune vertebre, nonché la cresta iliaca, femori e peroni; lo scheletro, come negli altri casi, non è pervenuto. Una grande olla matt-painted occupava l’estremità inferiore della fossa, mentre il resto del corredo, inventariato con i NNII 121950-121976, si 219
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.65. Corredo della t. 26.
Sup. 10YR 7/4; ø orlo 9,8; ø fondo 4,8; h 5,7; sp. 0,25. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 121955. 580. Calice. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 2; ø orlo 8,6; ø fondo 6,4; h 6; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 121953. 581. Vasetto realizzato a mano: piatto profondo con fondo piano42. Integro. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 6,8; ø fondo 5,5; h 2; sp. 0,4; macchie brune su vasca e fondo. NI 121971. 582. Olletta biansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 13,1; ø fondo 6; h 11,5; sp. 0,6. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 39. NI 121959. Fig. 4.10. 583. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 8/10; ø fondo 4,6; h 12; sp. 0,3. Motivi: orlo 10a; collo 40; ansa 15a; corpo 40. NI 121969. 584. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 8/10; ø fondo 4,6; h 11,7; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 32; ansa 15a; corpo 38. NI 121973.
Fig. 8.66. Rilievo planimetrico della t. 27.
ionico B2, un’olpe e una oinochoe. La defunta era stata inoltre seppellita con una fibula in osso e ambra, alcuni vaghi d’ambra e una lama in ferro.
585. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 4,8; ø fondo 3,8; h 9,8; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121972.
Catalogo
586. Brocca. Integra. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 6,1; ø fondo 4,6; h 11,7; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15d; corpo 39. NI 121968.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 577. Ciotola. Integra. Tipo 1 con prese a rocchetto di cui una forata. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 13,5; ø fondo 5; h 5,7; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 121952. Osservazioni: incrostazioni ferrose sull’orlo.
587. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 5,7; ø fondo 4,3; h 9,2; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39? NI 121967. 588. Brocca con orlo trilobato. Ricomposta. Tipo 4.
578. Calice. Ricomposto. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 9; ø fondo 6; h 6,5; sp. 0,4. Motivi: corpo 22. NI 121958.
La forma viene considerata di imitazione, Bianco in Nava et alii 2009, 284-285.
42
579. Calice. Ricomposto. Tipo 4. 220
Catalogo delle sepolture Imp. 2; ø orlo 5,5; ø fondo 4,3; h 13,4; sp. 0,35. Motivi: orlo 5; corpo 22. NI 121963.
Metalli. Oggetti di ornamento 602. Fibula in ferro ad arco rivestito d’osso e ambra. Tipo 2. H 4; largh. 5,6. NI 121975.
589. Pisside a corpo globulare schiacciato su piede. Ricomposta e lacunosa. Imp. 1; ø orlo 11; ø fondo 8; h 16,4; sp. 0,35. Motivi mal conservati: ansa 21; corpo 22. NI 121950. Fig. 4.16.
Organici
590. Brocca con orlo trilobato miniaturistica. Integra. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 1,5/3,2; ø fondo 2,6; h 6,3; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 121951.
603. Pendente d’ambra e due vaghi circolari. Tipi 3 + 1.1. H max 1,3; largh. max 1,8. Vaghi: ø 0,8 e 1. NI 121976. 604. Ambra. Si conservano sei individui di varie dimensioni. Tipo 3.1. Senza NI
Ceramica acroma da mensa e dispensa 591. Calice. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 6; ø orlo 7,7; ø fondo 4,7; h 4,2; sp. 0,5. NI 121970.
Osservazioni
592. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 27; ø orlo 7,8; ø fondo 4,8; h 11,3; sp. 0,5. NI 121957.
La defunta della t. 27 è l’unica in questo nucleo di necropoli ad essere stata deposta con una fuseruola, uno strumento che probabilmente ricordava la sua attività di filatrice; similmente, anche la lama in ferro è associabile ad un’attività artigianale. Le dimensioni della fossa, alcuni elementi miniaturizzati del corredo, la fibula e le ambre pertinenti ad una collana fanno pensare c ricordava la sua attività di filatrice he la defunta fosse una fanciulla, forse riccamente abbigliata e ornata (figg. 8.67-69). Il corredo vascolare è ridotto se confrontato con gli altri. Tuttavia, questo rappresenta quasi una sintesi essenziale di un corredo tipo, dove vengono inserite le classi e le forme scelte, che, come in altri casi, restituiscono degli unica nella necropoli, nella fattispecie la coppetta su piede a vernice nera. Sulla base dei materiali d’importazione il corredo è databile nell’ultimo quarto del VI sec. a.C.
593. Brocchetta. Integra. Tipo 2. Imp. 27; ø orlo 7,5; ø fondo 4,9; h 10,6; sp. 0,6. NI 121964. Ceramica greca 594. Coppa ionica tipo B2. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 13,6; ø fondo 4,9; h 7,5; sp. 0,3. NI 121965. 595. Coppa ionica tipo B2. Ricomposta. Tipo 1.1. Sup. 10YR 7/6, vernice nera con riflessi metallici; ø orlo 14; ø fondo 5; h 8; sp. 0,35. NI 121961. 596. Coppa ionica tipo B2. Ricomposta. Tipo 5.1, piccola. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 11,5; ø fondo 4,7; h 5,3; sp. 0,3. NI 121962.
8.2.18. Tomba 28
599. Olpe. Lacunosa. Tipo 2. Imp. 21, vernice degradata in bluastro; ø orlo 3,5; ø fondo 3,6; h 10,3; sp. 0,2. NI 121960. Fig. 4.34.
Nel corredo della t. 28 sono presenti numerosissime forme locali e allogene, inventariate con i NNII 121978-122037, che si moltiplicano insolitamente. Ai calici e ai cantaroidi si associano forme come i piccoli cantaroidi bradanici e le brocche con orlo semplice e con orlo trilobato. È attestato in due formati un vasetto biansato parzialmente verniciato. Il repertorio della ceramica acroma è canonico, con due olle anche queste di due formati differenti. Nelle forme di produzione greca dominano le coppe di tipo ionico, presenti con 13 esemplari, accompagnati da una oinochoe miniaturistica, una Becherschale e un kothon.
Strumenti da filatura
Catalogo
600. Fuseruola troncoconica. Integra. Sup. 10YR 7/4; h 1,8; ø 3,7. NI 121966. Fig. 4.35.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
597. Coppetta su piede. Lacunosa. Tipo 1. ø orlo 11; h max 3,5; sp. 0,3. NI 121954. 598. Oinochoe. Lacunosa. Tipo 3. Imp. 30; ø orlo 6 ca.; ø fondo 5,9; h 15/18,5; sp. 0,35. NI 121956.
605. Ciotola. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1 con prese a rocchetto di cui una forata. Imp. 3; ø orlo 17,5; ø fondo 7,8; h 5,9; sp. 0,7. Motivi: orlo 14. NI 122035.
Metalli. Armi e/o utensili 601. Lama in ferro. Frammentaria e lacunosa. Lungh. max 15,6; largh. 2,7; sp. 0,6. NI 121974. Fig. 4.39. Osservazioni: ancora visibile un chiodo in ferro per l’immanicatura.
606. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 9,2; ø fondo 5,9; h 6,2; sp. 0,6. Motivi: orlo 2; corpo 22. NI 122031. 221
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.67. Corredo della t. 27.
Fig. 8.68. Corredo della t. 27.
607. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 8,4; ø fondo 7; h 6,8; sp. 0,35. Motivi: corpo 22. NI 122003.
611. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3 Imp. 11; ø orlo 7,6; ø fondo 5,2; h 4,5; sp. 0,3. Motivi: corpo 22. NI 122034.
608. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 7; ø fondo 5,5; h 5; sp. 0,5. Motivi: corpo 22. NI 121988.
612. Olletta biansata. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 9,1; ø fondo 4; h 9,5; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 39. NI 122010.
609. Calice. Integro. Tipo 3. Sup. 10YR 7/4, pigmento arancio.; ø orlo 8,8; ø fondo 5,8; h 7,9; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 122032.
613. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 22; ø orlo 7,3/8,3; ø fondo 5,2; h 9,7; sp. 0,25. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 121987.
610. Calice. Integro. Tipo 3 Sup. 10YR 8/4; ø orlo 8,9; ø fondo 5,4; h 5,5; sp. 0,5. Motivi: corpo 22. NI 122001.
614. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 9,8/11,2; ø fondo 7; h 14,2/16,2; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 40; ansa 15; corpo 40c. NI 121990. 222
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.69. Corredo della t. 27.
615. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 2.5Y 7/3; ø orlo 11,6/13,8; ø fondo 7,1; h 15,8/16,8; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 31; ansa 20; corpo 24a+39. NI 122016.
623. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 5. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 7,8/9; ø fondo 5,2; h 10,2/10,7; sp. 0,4. Motivi: orlo 4; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 122011. 624. Vaso cantaroide. Frammentario e lacunoso. Tipo 5. Imp. 2; ø orlo 8; ø fondo 4,5; h max 8; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 22. NI 121992.
616. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 3. Imp. 3; ø orlo 9,3/10,7; ø fondo 5,8; h 12,6/13,3; sp. 0,4. Motivi: orlo 4; collo 22; ansa 15a; corpo 45. NI 122004.
625. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 6; ø fondo 4,1; h 10,8/11,3; sp. 0,6. Motivi: orlo 2; ansa 15; corpo 39. NI 121986.
617. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 6; ø orlo 10,4; ø fondo 6,8; h 14,5; sp. 0,5. Motivi: per lo più indistinguibili; corpo 36a. NI 122012.
626. Brocca. Integra. Tipo 1 con ansa costolata. Imp. 2; ø orlo 6,8; ø fondo 5,8; h 11,5/12,3; sp. 0,3. Motivi: orlo 4a; collo 22; corpo 39. NI 121980.
618. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 3; ø orlo 11,3/12,4; ø fondo 6,8; h 17/18; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 31; ansa 15d; corpo 24+ 39. NI 122015. 619. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 9,6/11,6; ø fondo 6,6; h 14,8/16,2; sp. 0,55. Motivi: orlo 9; collo 36; ansa 15a; spalla 24a; corpo 39. NI 122018.
627. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 8; ø fondo 6,8; h 14,2; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 26; ansa 15; corpo 40c. NI 122024. Osservazioni: produzione, morfologia e sintassi rimandano ad altro ambiente non precisabile.
620. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 7,8/9,4; ø fondo 5,2; h 10/11; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 122005.
628. Brocca con orlo trilobato. Integra. Tipo 4. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 3/6,5; ø fondo 5,2; h 16/19; sp. 0,7. Motivi: orlo: 47; spalla 32; corpo 22. NI 122014.
621. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 8,3/10; ø fondo 4,9; h 10,3/11; sp. 0,35. Motivi: orlo 4; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 122000.
629. Brocca con orlo trilobato. Integra. Tipo 4.4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7,3; ø fondo 6; h 16; sp. 0,5. Motivi: corpo 41a?+22. NI 121985. 630. Thymiaterion. Ricomposto. Tipo 1. Imp. 8; ø orlo 9,8; ø fondo 13,2; h 25; sp. 0,3. Motivi: corpo 22 + 24a; piede 25. NI 122007. Fig. 4.17.
622. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 8,8/10,7; ø fondo 5,6; h 13,2/14,7; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 30; ansa 151d; corpo 45. NI 122017. 223
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Imp. 20; ø orlo 8,1; ø fondo 5,3; h 8,4/9,6; sp. 0,6. NI 122002. Osservazioni: nerofumo nella parte inferiore e anteriore.
Ceramica matt-painted altri comparti 631. Cantaroide bradanico. Ricomposto. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8,8; ø fondo 5,4; h 7,6/9,6; sp. 0,3. Motivi: orlo 11; ansa 15a; corpo 22+23. NI 121999. Fig. 4.19.
644. Boccaletto. Integro. Tipo 2. Sup. 7.5YR 6/6; ø orlo 8; ø fondo 6; h 7,8/9,2; sp. 0,45. NI 122019. Osservazioni: superficie lucidata, nerofumo nella parte anteriore, dove è anche un piccolo segno cruciforme inciso (fig. 4.41).
632. Brocca bradanica. Integra. Tipo corpo lenticolare, alto orlo estroflesso, ansa a nastro molto sopraelevata, fondo a disco concavo. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 9,6; ø fondo 5,8; h 9/12,3; sp. 0,4. Motivi: ansa 15d; corpo 22+23. NI 121978. Fig. 4.19.
Ceramica greca 645. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1.1. Imp. 21; ø orlo 9,3; ø fondo 3,4; h 3,6; sp. 0,3. NI 121994.
Ceramica parzialmente verniciata 633. Vasetto biansato. Lacunoso. Tipo 1. Imp. 22, vernice rossa; ø orlo 3,8; ø fondo 2,4; h 4,6/5,4; sp. 0,3. NI 122033.
646. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8,4; ø fondo 3,4; h 3,7; sp. 0,3. NI 121998.
634. Vasetto biansato. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 7.5YR 6/4, vernice bruna; ø orlo 7,1; ø fondo 3,4; h 9,2/9,7; sp. 0,3. NI 122006.
647. Ionische Becherschale. Ricomposta. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 11,8; ø fondo 5,4; h 8,3; sp. 0,4. NI 121995. Fig. 4.30.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
648. Coppa di tipo ionico B2. Integra Ricomposta. Tipo 3. Imp. 23, vernice nera con riflessi metallici.; ø orlo 12,4; ø fondo 4,4; h 7,2; sp. 0,35. NI 122027. Fig. 4.32.
635. Coppetta monoansata. Ricomposta. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 11; ø fondo 3,8; h 4; sp. 0,35. NI 122025.
649. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 1.6. Imp. 22, vernice nera con riflessi metallici.; ø orlo 11,8; ø fondo 4,4; h 6,5; sp. 0,3. NI 122022.
636. Mortaio. Ricomposta. Tipo 1.1. Sup. 2.5Y 7/3; ø orlo 7,8; ø fondo 6,8; h 6,8; sp. 1. NI 122013.
650. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3, molto asimmetrica. Imp. 22; ø orlo 14,6; ø fondo 5; h 6,5; sp. 0,3. NI 121991
637. Attingitoio. Integro. Tipo 3. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 7,4; ø fondo 4; h 7,8/9; sp. 0,6. NI 121981.
651. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 23; ø orlo 11,8; ø fondo 4,4; h 6,1; sp. 0,25. NI 121993.
638. Attingitoio. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Imp. 9; ø orlo 10,6; ø fondo 4,5; h 8,5; sp. 0,45. NI 121982. 639. Attingitoio. Integro. Tipo 3. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 7,6; ø fondo 4; h 7/8; sp. 0,5. NI 122029.
652. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. Sup. 10YR 6/4; ø orlo 11,5; ø fondo 4,5; h 5,6; sp. 0,25. NI 121997.
640. Attingitoio. Ricomposto. Tipo 3. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 8,7; ø fondo 4,6; h 6,5/8,1; sp. 0,4. NI 122030.
653. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 22; ø orlo 11,2; ø fondo 4,1; h 5,6; sp. 0,25. NI 122026.
641. Olla. Integra. Tipo 3. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 18,7; ø fondo 11,8; h 27,8; sp. 0,5. NI 122037. Osservazioni: serie di impressioni sulla superficie.
654. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3.1. Imp. 21; ø orlo 12,6; ø fondo 4,8; h 6; sp. 0,3. NI 121989.
642. Olletta. Integra. Tipo 3.4. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 9,8; ø fondo 6,5; h 15,8; sp. 0,5. NI 121979. Fig. 4.26.
655. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 13,2; ø fondo 6; h 6,7; sp. 0,3. NI 121996.
Ceramica acroma da cucina/impasto
656. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.1.
643. Boccaletto. Ricomposto. Tipo 2. 224
Catalogo delle sepolture 664. Integro. Tipo 1.1. Sup. 10YR 8/4, su una delle facce si conserva il pigmento bruno opaco; h 4,6; largh. 4,7; sp. 1,7; peso 40. NI 121984. Fig. 4.35.
Sup. 10YR 7/6; ø orlo 14,9; ø fondo 5,7; h 7,2; sp. 0,3. NI 122009. 657. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3.5. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 13,1; ø fondo 4,6; h 6,8; sp. 0,4. NI 122021. Fig. 4.33.
Osservazioni
658. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5.2. Imp. 23; ø orlo 12,2; ø fondo 4,8; h 6; sp. 0,3. NI 122020.
L’assenza della planimetria ostacola l’interpretazione della tomba che non si distingue dalle altre se non in alcuni dettagli (corredo figg. 8.70-75). Nel repertorio della ceramica matt-painted è presente per esempio un thymiaterion, il cui profilo della vaschetta rimanda ai calici. Numericamente dominanti sono i cantaroidi, in cui prevale un motivo a zig-zag e quello antropomorfo. La forma di questi vasi si slancia verso profili che definiremmo più anforoidi e che sembrano pertanto più recenti. Abbondano anche le forme per versare, come le due oinochoai, una delle quali riporta sul lobo un quasi irriconoscibile occhio apotropaico; tutta la decorazione risulta abbastanza sommaria, caratteristica condivisa con i motivi di altre forme, come la brocchetta attingitoio e i cantaroidi bradanici. La ceramica acroma è rappresentata da elementi canonici, ma moltiplicati, come le due olle con i quattro attingitoi e i boccaletti d’impasto che recano segni di nerofumo. Alle numerose coppe di tipo ionico si affiancano le altre forme di produzione greca come la Becherschale o la piccola oinochoe. Gli unici elementi distintivi sono gli strumenti fittili, grazie ai quali la sepoltura viene attribuita ipoteticamente ad un individuo di genere femminile. Il corredo consente una generica datazione alla fine del VI sec. a.C. basata sui manufatti matt-painted realizzati dalla stessa mano e sui contesti delle altre Becherschalen.
659. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5.2. Imp. 23; ø orlo 13; ø fondo 5; h 6,4; sp. 0,3. NI 122023. 660. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 5.2. Sup. 10YR 6/3; ø orlo 12,3; ø fondo 4,4; h 5,7; sp. 0,25. NI 122028. Osservazioni: filetto bianco all’esterno sotto l’orlo. 661. Oinochoe con orlo trilobato, piccola. Integra. Tipo 2. Imp. 23; ø orlo 3/5,4; ø fondo 4; h 9,5/11,4; sp. 0,4. NI 122036. 662. Kothon. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 23, larga banda a vernice nera degradata in bruno sull’orlo e banda più stretta a metà della vasca; ø orlo int. 6,8; ø fondo 6; h 5,9; sp. 0,4. NI 122008. Manufatti fittili 663. Integro. Tipo 1.1. Sup. 10YR 8/4, ricoperto da pigmento bruno opaco; h 5,1; largh. 5,4; sp. 1,6; peso 48. NI 121983. Fig. 4.35.
Fig. 8.70. Corredo della t. 28.
225
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.71. Corredo della t. 28.
Fig. 8.72. Corredo della t. 28.
8.2.19. Tomba 29
della ceramica geometrica, mentre in quella inferiore l’olla e pare una delle grandi coppe. La fossa rettangolare (fig. 8.76), dalle dimensioni di 80 x 210, conservava ancora alcuni resti dello scheletro come parte del cranio, alcune vertebre e parti di un arto superiore e di uno inferiore.
La t. 29 dimostra ancora una volta che, nella composizione dei corredi di Garaguso, sono più frequenti le differenze che le analogie. La tomba disponeva infatti di vasellame vario, dove spiccavano i vasi con raffigurazione zoomorfa e le numerosissime forme aperte pertinenti a varie classi. Il defunto, o meglio la defunta, doveva indossare alcuni oggetti d’ornamento in bronzo, avorio e ambra: fibule, bracciali, vaghi e un particolare oggetto circolare che rappresenta forse il coronamento di un fuso. Le forme greche sono limitate a coppe e coppette. I reperti sono inventariati con i NNII 122038-122081 122100-122106 122149-122150 ed erano posizionati come di consueto lungo tutti i lati della fossa, che nella parte superiore e mediana ospitava le forme chiuse
Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 665. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1, con tre prese di forme diverse, una delle quali forata. Foggiato a mano. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 11,8; ø fondo 5,7; h 3,7; sp. 0,4. Motivi: orlo 7a. NI 122073.
226
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.73. Corredo della t. 28.
Fig. 8.74. Corredo della t. 28.
666. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1. con tre prese di forme diverse, una delle quali forata. Foggiato a mano. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 11,8; ø fondo 5,7; h 3,7; sp. 0,4. Motivi: orlo 7a. NI 122075.
Imp. 4; ø orlo 12,4; ø fondo 4,2; h max 3; sp. 0,55. Motivi: orlo 7a. NI 122043. 669. Scodella. Ricomposta. Tipo 3. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 18,8; ø fondo 6,7; h 7,2; sp. 0,6. Motivi: corpo 39. NI 122071.
667. Ciotola. Ricomposta. Tipo 2 con tre prese. Imp. 3; ø orlo 14,1; ø fondo 6,8; h 5,8; sp. 0,55. Motivi: orlo 12. NI 122079.
670. Scodella. Ricomposta. Tipo 3.1. Imp. 2; ø orlo 11,5; ø fondo 5,4; h 5,3; sp. 0,7. Motivi: orlo 4; corpo 22+34. NI 122076. Fig. 4.9.
668. Ciotola o calice. Ricomposta e lacunosa. 227
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.75. Corredo della t. 28.
673. Calice. Integro. Tipo 4. Imp. 3; ø orlo 9,7; ø fondo 6,7; h 6,3; sp. 0,3. Motivi: orlo 12; corpo 22. NI 122051. 674. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 10; ø fondo 5,8; h 5,7; sp. 0,4. Motivi: orlo 12; corpo 22. NI 122053. 675. Calice. Integro. Tipo 4. Imp. 3; ø orlo 8,6; ø fondo 6,1; h 5,5; sp. 0,7. Motivi: orlo 12; corpo 22. NI 122054. 676. Olletta biansata. Ricomposta. Tipo 3. Imp. 2; ø orlo 11,6; ø fondo 8,2; h 11,8; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 39. NI 122041. 677. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 7,8/9,4; ø fondo 4,4; h 11,3/12,2; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15a; corpo 40a. NI 122061. 678. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 12/13,8; ø fondo 8,7; h 18,8/20; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 30; ansa 15; corpo 45. NI 122040. 679. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 10/11,8; ø fondo 7,8; h 15,6/16; sp. 0,4. Motivi: orlo 4a; collo 26; ansa 15e; corpo 46b. NI 122060.
Fig. 8.76. Rilievo planimetrico della t. 29.
671. Calice. Ricomposto. Tipo 1 Sup. 2.5Y 8/3; ø orlo 8,2; ø fondo 7,6; h 8; sp. 0,5. Motivi: orlo 6; corpo 22. NI 122080. Osservazioni: sul fondo della vasca larga macchia informe di pigmento.
680. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 5; ø orlo 9,3/10,4; ø fondo 5,6; h 12,3/13,3; sp. 0,7. Motivi: orlo 9; collo 30; ansa 15a; corpo 37+46a. NI 122038.
672. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 7.5Y 8/4; ø orlo 7,6; ø fondo 5,3; h 5,5; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 122052. Fig. 4.10.
681. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 6.
228
Catalogo delle sepolture Sup. 10YR 8/2; ø orlo 9,4/10,3; ø fondo 5,6; h 13,8/14,4; sp. 0,7. Motivi: orlo 3; collo 24c; ansa 15h; corpo 43+36. NI 122059. Figg. 4.7 e 4.13.
Imp. 24, vernice bruna; ø orlo 10,3; ø fondo 3,9; h 4,5; sp. 0,5. NI 122049. 694. Coppetta monoansata. Integra. Sup. 7.5YR 8/4, vernice bruna; ø orlo 8,2; ø fondo 3,7; h 4; sp. 0,3. NI 122065.
682. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 6.1. Imp. 2; ø orlo 12,2/14; ø fondo 8,4; h 16,3/19,3; sp. 0,4. Motivi: orlo 4a; collo 22; ansa trifida 18; corpo 46. NI 122058. Fig. 4.13.
695. Coppetta monoansata. Integra. Imp. 13, vernice arancio; ø orlo 9; ø fondo 4; h 4,8; sp. 0,5. NI 122066.
683. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 6,4; ø fondo 5; h 11,3/12; sp. 0,7. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 42a. NI 122062. Fig. 4.7.
696. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Sup. 7.5YR 7/42, vernice bruna; ø orlo 14,5; ø fondo 5,2; h 5,7; sp. 0,5. NI 122067.
684. Brocca. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 6; ø orlo 8,3; ø fondo 7,5; h 15/15,5; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15i; corpo 39. NI 122039.
697. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 29, vernice bruna; ø orlo 10,6; ø fondo 4,2; h 4,5; sp. 0,6. NI 122068.
Ceramica matt-painted di altri comparti
698. Coppetta monoansata. Ricomposta. Sup. 7.5YR 7/4, vernice rossastra; ø orlo 10,7; ø fondo 4,2; h 5; sp. 0,55. NI 122069.
685. Cantaroide. Ricomposto. Tipo di Cancellara. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 10,2/13; ø fondo 8,2; h 16,5/18,2; sp. 0,35. NI 122057.
699. Vasetto biansato. Integro. Tipo 1. Imp. 21, vernice rosso-bruna; ø orlo 3,1; ø fondo 2,2; h 4,2/4,5; sp. 0,2. NI 122072.
Ceramica matt-painted di imitazione greca 686. Lekanis. Ricomposta. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 15,8; ø fondo 7,7; h 6,3; sp. 0,65. Motivi: orlo 11; vasca interno 4+2+4; vasca esterno 35. NI 122074. Fig. 4.21.
Ceramica acroma da mensa e dispensa 700. Piatto. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 15,8; ø fondo 11,8; h 5,2; sp. 1,7. NI 122048.
687. Pisside. Ricomposta. Tipo 1.1. Imp. 22; ø orlo 6,8; ø fondo 5,4; h 7; sp. 0,7. Motivi: orlo 2; spalla 13; corpo 39. NI 122055. Fig. 4.16.
701. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 11; ø orlo 12,8; ø fondo 3,2; h 5,7; sp. 0,35. NI 122046.
WMPP 688. Coppa su piede. Ricomposta. Imp. 24; ø orlo 21,8; ø fondo 9,4; h 11,7; sp. 1. NI 122063.
702. Coppetta monoansata. Integra. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 11; ø fondo 3,8; h 4,3; sp. 0,35. NI 122064.
689. Pisside su piede. Ricomposta e lacunosa. Imp. 1; ø fondo 14; h max 26; sp. 0,5. NI 122056. Fig. 4.22.
703. Olla. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 9; ø fondo 9,8; h max 15,6; sp. 0,5. NI 122042.
Ceramica parzialmente verniciata
Ceramica acroma da cucina/impasto
690. Coppetta monoansata. Integra. Sup. 7.5YR 7/4, vernice bruna; ø orlo 10; ø fondo 3,8; h 4,7; sp. 0,55. NI 122044.
704. Boccaletto. Ricomposto. Tipo 2 con appliques circolari sull’ansa bifida. Sup. 5YR 6/6; ø orlo 6,2; ø fondo 4,4; h 7,5/8,4; sp. 0,4. NI 122081.
691. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 21, vernice grigia; ø orlo 10,2; ø fondo 4; h 4,7; sp. 0,6. NI 122045.
705. Brocchetta. Imp. 17; ø orlo 7,8; h 7,2; sp. 0,5. NI 122078. Osservazioni: nerofumo nella parte anteriore.
692. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 21, vernice grigia; ø orlo 14,2; ø fondo 5,4; h 6; sp. 0,5. NI 122047.
Ceramica greca 706. Piatto a labbro interrotto. Ricomposto. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 22,3; ø fondo 9,9; h 6,6; sp. 0,8. NI 122077.
693. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa.
229
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 707. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 10; ø fondo 3,4; h 4,3; sp. 0,4. NI 122070.
Organici 716. Si conservano vaghi d’ambra di varie forme per fibule o collane. NI 122149
708. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5. Imp. 21; ø orlo 10; ø fondo 3,4; h 4,3; sp. 0,4. NI 122050.
717. Bracciale d’osso? Lacunoso e frammentario. H 1,9. Senza NI.
Metalli. Oggetti di ornamento
718. Sfera d’osso al cui interno due perni bronzei reggono un perno in ferro. Ø 2,7. NI 122105.
709. Fibula in ferro. Si conserva arco ingrossato. Tipo 1. Largh. max 5,2; spess. 1. NI 122100. 710. Fibule in ferro, si conservano vari frammenti. Tipo 1. Lungh. media 4,5; h media 1,3; spess. medio 0,5. NI 122102.
Osservazioni La t. 29 restituisce uno dei corredi più enigmatici e interessanti per eclettismo tipologico e cronologico, ove si mischiano caratteri più antichi e più recenti e dove anche i confini tra le classi ceramiche si fanno più labili (figg. 8.77-80). Nella ceramica matt-painted, infatti, accanto a vasi monocromi, la brocca e il cantaroide NC 683 e 681 che recano motivi zoomorfi, nonché al cantaroide gemello di quello deposto nel corredo della t. 37 (NC 978), si trova un cantaroide di tipo Cancellara e la grande pisside su piede in WMPP (NC 689) che sono tra le testimonianze più recenti; in WMPP è anche la grande scodella su piede, cui si affianca idealmente la grande coppa a labbro interrotto a vernice rossa di produzione forse coloniale che, nonostante la sua diffusione, sfugge ad un preciso inquadramento. Per rimanere nell’ambito della tradizione greca stupisce la presenza di un’unica coppa di tipo ionico, mentre spiccano per numero le coppette monoansate parzialmente verniciate. Il repertorio della ceramica acroma si adegua alle testimonianze più recenti soprattutto per due forme che, in luogo della tradizionale ceramica d’impasto, utilizzano l’impasto più leggero della ceramica da cucina, come la brocca
711. Fibula in ferro. Si conserva arco rivestito d’osso ed ambra. Tipo 2. Lungh. max 5; spess. 2,6. NI 122103. 712. Fibula in ferro. Si conserva arco rivestito d’osso ed ambra. Tipo 2. Lungh. max 2,7; spess. 0,7. NI 122104. 713. Fibula in ferro. Si conserva staffa. Tipo 3. Lungh. max 9,8; spess. 1. NI 122101. 714. Fibule in ferro. Si conservano elementi in osso e ambra. Ambre tipo 3. NI 122150 715. Fibula in bronzo. Si conserva arco. Tipo 1. Largh. max 2,3; spess. 0,5. NI 122106.
Fig. 8.77. Corredo della t. 29.
230
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.78. Corredo della t. 29.
Fig. 8.79. Corredo della t. 29.
mancanza di un limite originario pare, grazie al confronto con la soprastante t. 31, che la fossa, che misurava 62 x 120, ospitasse un subadulto di cui si conservavano parte del cranio, delle vertebre e delle ossa degli arti superiori. Il corredo, inventariato con i NN 122082-122099 occupava tutti i lati della fossa; si sono conservate due scodelle, un’olletta biansata, una brocchetta, tre cantaroidi a decorazione geometrica, uno dei quali conteneva al suo interno una oinochoe ad orlo trilobato; una coppetta parzialmente verniciata; un’olletta e una brocchetta acrome; un bracciale e almeno cinque fibule di bronzo e alcuni frammenti di ambra pertinenti a fibule in ferro con arco rivestito. Il rilievo mostra la disposizione di
NC 705. Gli oggetti di ornamento, infine, un bracciale in osso e delle fibule bronzee e ad arco rivestito, potrebbero dimostrare il genere femminile del defunto. Rimangono aperte le ipotesi sulla funzione della sfera d’osso con inserti bronzei (NC 718), parte di una fibula oppure coronamento di un fuso. Per tutti i dati sopra esposti il corredo è databile agli inizi V sec. a.C. 8.2.20. Tomba 30 La t. 30 restituisce un corredo ridotto rispetto alla norma perché la fossa era lacunosa nella parte inferiore, come mostra il rilievo planimetrico (fig. 8.81). Nonostante la 231
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.80. Corredo della t. 29.
720. Scodella. Integra. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 10,3; ø fondo 5,3; h 5,1/6,4; sp. 0,6. Motivi: orlo 5; corpo bande; ansa 28. NI 122089. Fig. 4.9. 721. Olletta biansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 9,7/10,9; ø fondo 7; h 7,8; sp. 0,64. Motivi: orlo 9; collo 22; corpo 39. NI 122083. 722. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Imp. 1; ø orlo 11,5/12,5; ø fondo 7; h 18; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 31a; ansa 15; corpo 46. NI 122085. 723. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 8,8/10,7; ø fondo 6,8; h 12,4/13,4; sp. 0,4. Motivi: orlo 4a; collo 22; ansa 15; corpo 40. NI 122084. 724. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 5; ø orlo 7,4/8,4; ø fondo 4,2; h 9/10; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 40. NI 122087.
Fig. 8.81. Rilievo planimetrico della t. 30.
alcune di queste nei pressi del busto. Del corredo faceva inoltre parte una brocchetta miniaturistica non inventariata (dimensioni: ø orlo 3,1; ø fondo 1,9; h 2,8/3,6; sp. 0,35) attualmente dispersa.
725. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 6,3; ø fondo 5,1; h 9,5/10; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 40. NI 122082.
Catalogo
726. Brocca con orlo trilobato. Ricomposta. Tipo 4.1. Imp. 3; ø orlo 6,2/7,5; ø fondo 6,8; h 17,2/19,2; sp. 0,4. Motivi: orlo 47; collo e corpo 22; spalla 24a. NI 122086. Fig. 4.15.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 719. Scodella. Integra. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 10,3; ø fondo 5,7; h 4,9/5,8; sp. 0,5. Motivi: orlo 4a; corpo 22; ansa 21. NI 122090.
232
Catalogo delle sepolture 735. Fibule in bronzo. Si conservano piccoli frammenti. NI 122099
Ceramica parzialmente verniciata 727. Coppetta monoansata. Integra. Sup. 7.5YR8/4, vernice bruna; ø orlo 10,2; ø fondo 3,4; h 3,8; sp. 0,35. NI 122088.
736. Bracciale bronzeo a sezione circolare. ø 8,5; sp. 1; peso 150. NI 122093. Fig. 4.40. 737. Si conservano vaghi d’ambra e frammenti di ferro e osso probabilmente pertinenti a fibule. Tipo 1.1. Senza NI
Ceramica acroma da mensa e dispensa 728. Brocchetta. Integra. Tipo 1. Sup. 2.5Y8/3; ø orlo 8/9; ø fondo 5,2; h 9,5; sp. 0,35. NI 122091.
Osservazioni
729. Olletta. Integra. Tipo 1.1. Foggiata a mano. Imp. 3; ø orlo 8,5; ø fondo 5,4; h 12,4; sp. 0,65. NI 122092.
La defunta della t. 30, la cui veste era tenuta insieme da fibule, era stata dotata anche di una armilla bronzea, come nella t. 36. Insieme al corredo (fig. 8.82) erano conservati alcuni reperti osteologici consistenti in vertebre toraciche e lombari, le cui dimensioni ridotte si adatterebbero alla tomba di un subadulto. La lacunosità del corredo ceramico, invece, consente la probabile ricostruzione di un set di ceramica geometrica composto da un cantaroide, una brocchetta, un’olletta biansata e una scodella, come nel caso della t. 1, dove peraltro si trova un’altra fibula a navicella con appendici (NC 47). Si segnala inoltre la presenza dell’olla acroma realizzata in un formato ridotto. La t. 30 testimonia infine uno dei pochi casi in cui sembra esserci una relazione di vicinanza con un’altra tomba, in questo caso la 31, ma la relazione, come si vedrà, è solo spaziale: le tombe, infatti, non sono contemporanee ed è possibile solo ipotizzare che facessero parte di uno stesso nucleo familiare o sociale. Sulla base dei dati sopraesposti il corredo viene attribuito all’ultimo quarto del VI sec. a.C.
Metalli. Oggetti di ornamento 730. Fibula in bronzo. Si conserva ponte con arco appiattito e bottoni laterali. Tipo 2.1. H 1,1; largh. 2,3. Tipo 2.1. NI 122098. 731. Fibula in bronzo. Si conserva ponte. Tipo 3. H 1,3; largh. 2,6. Tipo 3. NI 122097. 732. Fibula in bronzo a navicella? Si conserva ponte. Tipo 3.1. H 2; largh. 3,8. NI 122095. 733. Fibula in bronzo. Si conserva ponte. Tipo 3.1. H 2,2; largh. 1,7. Tipo 3.1. NI 122096. 734. Fibula in lamina bronzo. Tipo 4.1. ø disco 2,5; largh. 5,7. NI 122094. Fig. 4.40.
Fig. 8.82. Corredo della t. 30.
233
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 738. Piatto profondo. Integro. Imitazione del tipo 2, foggiato a mano. Imp. 5; ø orlo 19; ø fondo 8,4; h 5,5; sp. 0,5. Motivi: orlo 9 + 4; corpo 22. NI 122124. 739. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1, con tre prese a rocchetto di cui una forata. Imp. 5; ø orlo 15,4; ø fondo 6; h 6; sp. 0,8. Motivi: orlo 9 + 4; corpo 22. NI 122123. Fig. 4.8. 740. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1.1, foggiato a mano. Imp. 14; ø orlo 11,5; ø fondo 6,8; h 6,5; sp. 0,7. Motivi: orlo 24; corpo 34. NI 122137. Fig. 4.8. 741. Ciotola. Integra. Tipo 2. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 13,5; ø fondo 5; h 5; sp. 0,6. Motivi: corpo 22. NI 122147. 742. Ciotola. Ricomposta. Tipo 2.1. Imp. 5; ø orlo 12,1; ø fondo 5,6; h 5,3; sp. 0,4. Motivi: orlo 12; corpo 22. NI 122127. 743. Calice. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 14; ø orlo 10; ø fondo 7,2; h 7; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 122128.
Fig. 8.83. Rilievo planimetrico della t. 31.
8.2.21. Tomba 31
744. Calice. Integro. Tipo 4. Imp. 5; ø orlo 10,2; ø fondo 6,2; h 7; sp. 0,5. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 122110.
La t. 31 è dotata di un rilievo che riproduce una fossa lunga 80 x 220 (fig. 8.83). Del defunto si conservava in parte il cranio, alcune vertebre e alcune costole, due femori e una tibia; queste ultime ossa sembra fossero posizionate innaturalmente, per effetto di fenomeni post-deposizionali, per una manipolazione successiva dello scheletro o per motivi non altrimenti rintracciabili. Il corredo vascolare, inventariato con i NNII 122107122148, era posto lungo tutti i lati della fossa, che forse nella parte superiore era delimitata da blocchetti litici. Qui trovavano poste sia forme aperte che chiuse, spesso posizionate in piedi, mentre la parte inferiore era occupata dalle due grandi olle. Si nota, inoltre, sempre nella zona inferiore della fossa, un set di almeno sei forme aperte/coppe collocate l’una dentro l’altra. Il corredo annoverava un piatto, quattro ciotole, quattro calici, due brocchette e due cantaroidi in ceramica geometrica; una kylix di tipo C, una coppetta, uno skyphos a labbro, un cup-skyphos a figure nere, tre coppette monoansate, sette coppe di tipo ionico B2, nonché una lekythos globulare e una oinochoe a figure nere. Tra la ceramica acroma sono attestati un mortaio, due ciotole, due coppette monoansate, due olle e un boccaletto da cucina. Tre coppette e una brocchetta/vasetto biansato erano parzialmente verniciati. Sono stati, infine, rinvenuti alcuni frammenti di fibule in ferro.
745. Calice. Integro. Tipo 4. Imp. 14; ø orlo 8,2; ø fondo 5,8; h 5,4; sp. 0,3. Motivi: orlo 12; corpo 22. NI 122139. 746. Calice. Integro. Tipo 4. Imp. 14; ø orlo 8,3; ø fondo 5; h 4,9 sp. 0,5. Motivi: orlo 11a; corpo 22. NI 122114. 747. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Imp. 1; ø orlo 13,5/16,5; ø fondo 10,5; h 18,8/20,2; sp. 0,6. Motivi: orlo 9; collo 24a + 24; ansa 15d; corpo 41. NI 122133. 748. Anfora. Ricomposta. Imp. 4; ø orlo 9,5/10,5; ø fondo 8; h 20,3/21,2; sp. 0,3. NI 122118. Fig. 4.14. 749. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1? Imp. 4; ø orlo 6,6; ø fondo 7,8; h 12,5/13,8; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15a; corpo 41. NI 122126. 750. Brocca. Integra. Tipo 2. Imp. 14; ø orlo 6,6; ø fondo 6,2; h 11,5/12,2; sp. 0,55. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 41. NI 122146.
234
Catalogo delle sepolture 765. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 2. Sup. 10YR 6/3; ø orlo 9,7; ø fondo 3,6; h 3,9; sp. 0,25. NI 122138.
Ceramica parzialmente verniciata 751. Coppetta monoansata. Ricomposta. Imp. 25, vernice rossiccia; ø orlo 10,8; ø fondo 4,2; h 4; sp. 0,6. NI 122121.
766. Kylix tipo C. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 22, vernice nera con esito rossiccio opaco; ø orlo 17,6; ø fondo 7,2; h 8,3; sp. 0,35. NI 122141. Fig. 4.29.
752. Coppetta monoansata. Integra. Imp. 25, vernice grigio scuro; ø orlo 10,6; ø fondo 4; h 4,3; sp. 0,5. NI 122122.
767. Lip-kotyle. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 14,5; ø fondo 6,2; h 13; sp. 0,3. NI 122120. Fig. 4.30.
753. Coppetta monoansata. Integra. Imp. 14, colore irriconoscibile; ø orlo 10,5; ø fondo 3,6; h 4,4; sp. 0,5. NI 122129.
768. Cup-skyphos. Ricomposto. Tipo 1. Vernice nera con esito rossiccio opaco; ø orlo 13,8; ø fondo 7,4; h 6,4; sp. 0,4. NI 122142. Fig. 4.30.
754. Brocchetta. Lacunosa. Tipo 1. Sup. 5YR 7/6, vernice rosso-bruna; ø orlo 3,4; ø fondo 2,4; h 4,3/5,3; sp. 0,25. NI 122108. Ceramica acroma da mensa e dispensa
769. Cup-skyphos a figure nere. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 21; ø orlo 14,5; ø fondo 8,2; h 7,6; sp. 0,3. NI 122119. Figg. 4.30-31.
755. Piatto. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Imp. 10; ø orlo 21,5; ø fondo 12,2; h 5; sp. 0,7. NI 122112. Fig. 4.24.
770. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. Imp. 29; ø orlo 15,7; ø fondo 5,6; h 7,2; sp. 0,35. NI 122113.
756. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 13; ø orlo 13; ø fondo 3,3; h 5; sp. 0,5. NI 122116.
771. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 22; ø orlo 14,2; ø fondo 5,4; h 6,6; sp. 0,3. NI 122132.
757. Coppetta monoansata. Ricomposta. Imp. 13; ø orlo 11,5; ø fondo 3,5; h 3,8; sp. 0,5. NI 122117.
772. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.4. Imp. 21; ø orlo 15,3; ø fondo 5,8; h 7,3; sp. 0,3. NI 122136.
758. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 14; ø orlo 15,4; ø fondo 7,8; h 6,6; sp. 0,5. NI 122115.
773. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.4. Imp. 21; ø orlo 15,4; ø fondo 6,3; h 7,3; sp. 0,4. NI 122140.
759. Ciotola. Integra. Tipo 1, foggiata a mano. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 13; ø fondo 5,2; h 5,5; sp. 0,7. NI 122125.
774. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5. Imp. 21; ø orlo 14,8; ø fondo 5,1; h 6,8; sp. 0,3. NI 122131.
760. Olla. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 14; ø orlo 12; ø fondo 11,5; h max 21; sp. 1. NI 122107.
775. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5. Imp. 22; ø orlo 15,6; ø fondo 5,5; h 7; sp. 0,3. NI 122135.
761. Olla. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 9; ø orlo 15; ø fondo 9,7; h 23,8; sp. 1,1. NI 122109.
776. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.1. Imp. 22; ø orlo 14,8; ø fondo 5,2; h 6,7; sp. 0,4. NI 122111.
Ceramica acroma da cucina/impasto
777. Oinochoe con orlo trilobato a figure nere. Integra. Tipo 4. Imp. 21; ø orlo 6/8,5; ø fondo 7; h 21,8/22,8; sp. 0,35. NI 122144. Fig. 4.31.
762. Boccaletto. Tipo 2.1, foggiato a mano. Imp. 15; ø orlo 6; ø fondo 4,8; h 6,8; sp. 0,6. NI 122130. Osservazioni: reca tracce di esposizione al fuoco. Ceramica greca
778. Lekythos globulare, piccolo modulo. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 22, vernice nera con esito rossiccio opaco; ø orlo 3,5; ø fondo 4; h 11; sp. 0,2. NI 122145. Fig. 4.34.
763. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 8,6; ø fondo 3,2; h 3,9; sp. 0,35. NI 122143. 764. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 2. Sup. 7.5YR 7/3; ø orlo 9,1; ø fondo 3,5; h 3,6; sp. 0,3. NI 122134.
Metalli. Oggetti di ornamento 779. Fibule in ferro. Si conservano piccoli frammenti. Tipi ? + 4. 235
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. NI 122148
le linee originarie delle sue forme sino a trasformare il cantaroide in un’anfora, come il NC 748, mentre i motivi si appesantivano e cristallizzavano riproducendo archetipi decorativi semplici. Tra la ceramica acroma si conferma la tendenza già osservata: la ceramica d’impasto viene sostituita nelle fasi più recenti dalla ceramica da cucina, mentre la forma del boccaletto viene mantenuta. Nella ceramica greca si rileva l’introduzione di nuove forme, come i cup-skyphoi, ma soprattutto l’occorrenza delle forme attiche a figure nere databili all’inizio del V sec. a.C. Stupisce, invece, l’assenza della WMPP. La tomba non restituisce indicatori di genere che forse in questo periodo hanno perduto la loro produttività e importanza. Il corredo è databile all’inizio del V sec. a.C.
Osservazioni La t. 31 rappresenta forse una delle testimonianze più recenti all’interno della necropoli (corredo figg. 8.84-87). Gli indizi in tal senso sono rappresentati dalla ceramica geometrica foggiata e decorata con imperizia: i motivi tradizionali vengono replicati o modificati su forme che hanno perso i tratti della ceramica enotria, come si vede nel cantaroide NC 747: questo sembra sia stato realizzato da una mano pesante e inesperta, caratteristica evidente anche nei tratti grossolani e imprecisi della sintassi decorativa. La ceramica matt-painted ha dunque perduto
Fig. 8.84. Corredo della t. 31.
Fig. 8.85. Corredo della t. 31.
236
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.86. Corredo della t. 31.
Fig. 8.87. Corredo della t. 31.
8.2.22. Tomba 32
“dalla parte distrutta durante la piantagione degli ulivi” con altri piccoli frammenti pertinenti a varie forme e classi ceramiche.
Il rilievo planimetrico mostra una sepoltura forse parzialmente sconvolta, al cui interno si conservavano cranio, vertebre, e parti di arti inferiori e superiori (fig. 8.88). La fossa, dalle dimensioni di 70 x 220, era delimitata nella sua parte superiore da un grosso masso; qui, inoltre, si concentrava la maggior parte del corredo vascolare, come le coppette monoansate impilate l’una sull’altra. Una cuspide di arma da punta era deposta in alto a sinistra, secondo un costume riconosciuto anche in altre deposizioni, come la t. 6, mentre le due punte di freccia erano collocate in prossimità del bacino. I reperti sono inventariati con i NNII 131901-131926. Con il NI 131924 era segnati frammenti di una coppetta parzialmente verniciata mescolati con frammenti di altre forme; il NI 131926 identificava una scatolina che recava l’indicazione
Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 780. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Imp. 13; ø orlo 7/9; ø fondo 6; h 9/10,2; sp. 0,5. Motivi: orlo 4; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 131906. 781. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 10/12; ø fondo 7,8; h 12,2/13; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 22+26; ansa 15e; corpo 40+46b. NI 131904.
237
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. 789. Coppetta monoansata. Ricomposta. Imp. 24, vernice rossa; ø orlo 10; ø fondo 3,8; h 4,9; sp. 0,5. NI 131923. Ceramica acroma da mensa e dispensa 790. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 12; ø orlo 10,9; ø fondo 3,1; h 4,4; sp. 0,5. NI 131921. 791. Mortaio. Integro. Tipo 2. Imp. 10; ø orlo 14; ø fondo 7,8; h 7; sp. 1,1. NI 131907. Fig. 4.24. 792. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 7,9; ø fondo 3,7; h 8,5/9,2; sp. 0,4. NI 131911. 793. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 5; ø orlo 8,6; ø fondo 6,3; h max 13; sp. 0,5. NI 131910. Ceramica greca
Fig. 8.88. Rilievo planimetrico della t. 32.
794. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1.1. Imp. 21; ø orlo 10; ø fondo 3,2; h 4; sp. 0,3. NI 131925.
Ceramica matt-painted di altri comparti
795. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 3.4. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 12,6; ø fondo 4,6; h 6; sp. 0,4. NI 131913.
782. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo di Oppido Lucano. Sup. 10YR 8/4, ricoperto da ingobbio bianco e con fondo dipinto; ø orlo 9,5/10,5; ø fondo 5,8; h 11,5/14; sp. 0,6. Motivi: orlo 4; collo 22; ansa 15a; corpo 32. NI 131905. Fig. 4.19.
796. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.4. Imp. 21; ø orlo 12,5; ø fondo 5,4; h 6,3; sp. 0,3. NI 131915. 797. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5. Imp. 23; ø orlo 15,4; ø fondo 5,6; h 7,2; sp. 0,4. NI 131916. Fig. 4.33.
Ceramica parzialmente verniciata 783. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 13, vernice bruna; ø orlo 10,5; ø fondo 3,6; h 4,2; sp. 0,3. NI 131908.
798. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5. Imp. 22; ø orlo 13; ø fondo 4,7; h 5,7; sp. 0,4. NI 131917.
784. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Sup. 10YR 7/4, vernice bruna; ø orlo 9,5; ø fondo 3,6; h 4,4; sp. 0,4. NI 131909.
799. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5.1. Imp. 27; ø orlo 15,2; ø fondo 6; h 7,2; sp. 0,45. NI 131914.
785. Coppetta monoansata. Ricomposta. Sup. 10YR 7/4, vernice bruna; ø orlo 10,7; ø fondo 4,3; h 4,8; sp. 0,3. NI 131918.
800. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5.2. Imp. 23; ø orlo 15,1; ø fondo 5,3; h 7,7; sp. 0,3. NI 131912.
786. Coppetta monoansata. Ricomposta. Imp. 25, vernice bruna; ø orlo 10,3; ø fondo 3,9; h 4,5; sp. 0,5. NI 131919.
801. Oinochoe con orlo trilobato. Ricomposta e integrata. Tipo 1.1. Imp. 26, sul corpo non filetti, bensì bande rossicce; ø orlo 478; ø fondo 7; h 19,5; sp. 0,4. NI 131903. Fig. 4.34.
787. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 11, vernice rossiccia; ø orlo 11,5; ø fondo 4,2; h 5,2; sp. 0,4. NI 131920. 788. Coppetta monoansata. Ricomposta. Con piede a disco, integralmente verniciata di rosso. Sup. 10YR 7/4, vernice bruna; ø orlo 9; ø fondo 3,4; h 3,5; sp. 0,6. NI 131922.
Metalli. Armi 802. Lama in ferro? Lungh. 33; Largh 3,85. Senza NI. 238
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.89. Corredo della t. 32.
Fig. 8.90. Corredo della t. 32.
803. Punta di freccia in bronzo bilobata con uncino laterale. Integra. H 2; ø 0,55; sp. 0,4. NI 131901. Fig. 4.37.
offensiva43. Nel corredo vascolare piuttosto ridotto, ma canonico, si distingue anche il cantaroide oppidano (figg. 8.89-91). Sulla base dei materiali di importazione il corredo è databile alla fine del VI sec. a.C.
804. Punta di freccia in bronzo bilobata con uncino laterale. Integra. H 2,35; ø 0,55; sp. 0,2. NI 131902.
8.2.23. Tomba 33 La t. 33 è rilevata come una fossa dalle dimensioni di 60 x 182 (fig. 8.92). Del defunto si conservava solo un femore e il corredo concentrato nella parte inferiore della fossa. I reperti, inventariati con i NNII 131927-131966, erano forse stati posizionati in piedi e poi caduti di fianco, oppure appoggiati ai lati della fossa almeno lungo il lato orientale. Nella parte inferiore alcuni conservavano la posizione
805. Punta di freccia in bronzo bilobata con uncino laterale. Integra. H 3,3; ø 0,65; sp. 0,35. Senza NI. Fig. 4.37. Osservazioni La t. 32 è l’unica del nucleo in esame a restituire delle punte di freccia in bronzo, che indicano un’ulteriore modalità
43
239
Sulle punte di freccia cfr. sez. 4.6.1.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.91. Corredo della t. 32.
Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 806. Ciotola o calice. Lacunoso. Tipo 2. Imp. 14; ø orlo 4,5; ø fondo 7; h 16; sp. 0,6. Motivi: orlo 11; corpo 34. NI 131959. 807. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 8; ø fondo 5,4; h 5; sp. 0,4. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 131957. 808. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 7,4; ø fondo 5,6; h 5,3; sp. 0,3. Motivi: 22. NI 131956. 809. Calice. Lacunoso. Tipo 2, sovradimensionato. Imp. 8; ø orlo 21,1; ø fondo 8,7; h 9,7; sp. 0,8. Motivi: orlo 7a; corpo 22. NI 131958 810. Calice. Integro. Tipo 2. Imp. 5; ø orlo 7,4; ø fondo 5,2; h 5,7; sp. 0,5. Motivi: orlo 7a; corpo 22. NI 131939.
Fig. 8.92. Rilievo planimetrico della t. 33.
originaria e tra questi si distingueva bene l’olla acroma. In ceramica acroma erano attestati inoltre un mortaio e una coppetta monoansata, insieme a tre coppette parzialmente verniciate. Nella ceramica geometrica si annoverano dieci calici, quattro cantaroidi e quattro brocchette, mentre nella ceramica greca si registra la presenza di una coppetta monoansata, una kylix di tipo C e 11 coppe di tipo ionico. Il corredo restituiva anche due manufatti fittili non vascolari. Con il NI 131960, infine, sono segnalati alcuni frammenti non ricomponibili di varie classi ceramiche.
811. Calice. Integro. Tipo 3. Imp. 5; ø orlo 12,5; ø fondo 6,9; h 6,4; sp. 0,35. Motivi: orlo 12a. NI 131941. Fig. 4.10. 812. Calice. Integro. Tipo 4 con foro per sospensione. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 12,8; ø fondo 7; h 8; sp. 0,5. Motivi: orlo 12; corpo 22. NI 131942. 813. Calice. Integro. Tipo 4.
240
Catalogo delle sepolture Imp. 5; ø orlo 10; ø fondo 8,7; h 7,5; sp. 0,7. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 131948.
Ceramica acroma da mensa e dispensa 827. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 5; ø orlo 12; ø fondo 4,6; h 3,7; sp. 0,3. NI 131945.
814. Calice. Ricomposto. Tipo 4. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 11; ø fondo 5,7; h 6,5; sp. 0,6. Motivi: orlo 12. NI 131940.
828. Mortaio. Integro. Tipo 1. Sup. 2.5Y 7/3; ø orlo 12,7; ø fondo 5,2; h 4,3; sp. 0,7. NI 131954.
815. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 21,1; ø fondo 8,8; h 4,3; sp. 0,6. Motivi: orlo 6; corpo 22. NI 131955.
829. Olla. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 12, superficie esterna non particolarmente rifinita o lisciata; ø orlo interno 15,4; ø fondo 13,2; h 24; sp. 0,8. NI 131966.
816. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Imp. 5; ø orlo 9/10,4; ø fondo 6; h 11,5/12,5; sp. 0,5. Motivi: collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 131943.
Ceramica greca
817. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 3? Imp. 8; ø orlo 8,4/10,7; ø fondo 6; h 12,7/14; sp. 0,35. Motivi: orlo 4a; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 131965.
830. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1.1. Sup. 10YR 7/3, vernice con riflessi metallici; ø orlo 8,9; ø fondo 3,1; h 3,9; sp. 0,4. NI 131938.
818. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 3. Imp. 6; ø orlo 8,5/10,5; ø fondo 5,4; h 13,7/14,7; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 30+36; ansa 15a; corpo 45d. NI 131964.
831. Kylix tipo C. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 22; ø orlo 17,5; ø fondo 7,7; h 7,7; sp. 0,35. NI 131953. Fig. 4.29.
819. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 3. Imp. 5; ø orlo 9,5/11; ø fondo 6; h 12,8/14,2; sp. 0,5. Motivi: orlo 4a; collo 31; ansa 15a; corpo 41. NI 131961.
832. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 15; ø fondo 5,4; h 6,8; sp. 0,3. NI 131932.
820. Brocca. Lacunosa. Tipo 1. Imp. 5; ø orlo 7,4; ø fondo 6,2; h 12,4/13,8; sp. 0,5. €Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15a; corpo 41a. NI 131944.
833. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 3.1. Imp. 21; ø orlo 13,1; ø fondo 5; h 5,9; sp. 0,3. NI 131931. 834. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.1. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 13,2; ø fondo 5,1; h 6,5; sp. 0,3. NI 131933.
821. Brocca. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 7; ø fondo 6,4; h 12,6/12,8; sp. 0,45 Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15a; corpo 41. NI 131963.
835. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 3.2. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 13,2; ø fondo 4,4; h 5,9; sp. 0,35. NI 131930.
822. Brocca. Integra. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 5,8; ø fondo 5,4; h 15,3/15,6; sp. 0,25. Motivi: orlo 4a; collo 31a; ansa 15b; corpo 40. NI 131962. Fig. 4.15.
836. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 3.6. Sup. 7.5YR 7/4, vernice nera con riflessi metallici; ø orlo 13,1; ø fondo 5; h 6,5; sp. 0,3. NI 131929.
823. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2.1. Imp. 5; ø orlo 4,5; ø fondo 4,2; h 9,2; sp. 0,4. Motivi: orlo 4a; collo e spalla 9 +6; ansa 17; corpo 28+39. NI 131949.
837. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.6. Imp. 21; ø orlo 12,6; ø fondo 5; h 6,2; sp. 0,3. NI 131947. Fig. 4.33.
Ceramica parzialmente verniciata 824. Coppetta monoansata. Ricomposta. Imp. 13, vernice bruna; ø orlo 11; ø fondo 4,4; h 4,3; sp. 0,35. NI 131950. Fig. 4.23.
838. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 4. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 15; ø fondo 5,4; h 7,5; sp. 0,3. NI 131935.
825. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Sup. 2.5Y 8/2, vernice bruna; ø orlo 10; ø fondo 3,8; h 4; sp. 0,5. NI 131951.
839. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 4. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 14,2; ø fondo 5,1; h 7; sp. 0,35. NI 131936.
826. Coppetta monoansata. Ricomposta. Sup. 10YR 8/4, vernice bruna; ø orlo 10; ø fondo 3,6; h 3,5; sp. 0,5. NI 131952.
840. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 4.
241
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 14,9; ø fondo 5,3; h 7,8; sp. 0,35. NI 131937.
importazione il corredo è databile tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C.
841. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 14,6; ø fondo 5,4; h 7,7; sp. 0,3. NI 131946.
8.2.24. Tomba 34 Nella t. 34, fossa dalle dimensioni di 65 x 150 non si conservavano le ossa del defunto, a parte forse un radio o ulna, ma la concentrazione del corredo sembra indicare che il defunto occupasse poco spazio all’interno della tomba (fig. 8.96). I reperti, inventariati con i NNII 131967-131987, 132110-132128, si distribuivano uniformemente lungo i lati e all’interno della fossa, a volte impilati l’uno dentro l’altro. Tra la ceramica geometrica si annoverano due scodelle, quattro calici, un’anforetta, un’olla bradanica, due brocche e inoltre cinque coppette parzialmente verniciate; nella ceramica acroma si conservavano due coppette monoansate, due ciotole e un mortaio, due boccaletti e un vasetto miniaturistico. Tra la ceramica greca erano presenti tre coppette monoansate, il cup-skyphos a figure nere con Eracle e Nereo, quattro coppe di tipo ionico e una brocchetta. Il defunto era stato deposto con fibule di bronzo e di ferro. Con il NI 132114 sono inventariati due frammenti pertinenti a forme diverse, una delle quali è una coppa di tipo ionico B2, mentre con il NI 132115 sono inventariati numerosi frammenti descritti come “materiale dalla t. 34”, che testimoniano la presenza di forme vascolari normalmente non attestate nel repertorio, come gli skyphoi. Del contesto faceva parte anche un’olletta in impasto, frammentaria, definita “sporadico non inventariato”. Tutti questi frammenti non sono stati inseriti in catalogo.
842. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 5.1. Imp. 26; ø orlo 15,7; ø fondo 6; h 7,9; sp. 0,3. NI 131934. Fig. 4.33. Manufatti fittili non vascolari 843. Integro, acromo. Tipo 1.2. Sup. 2.5Y 7/3; h 2; largh. 6,4; sp. 2,14; peso 38 ca. NI 131927. Fig. 4.35. 844. Integro, acromo. Tipo 1.2. Sup. 2.5Y 7/3; h 2; largh. 6,3; sp. 2,4; peso 35 ca. NI 131928. Fig. 4.35. Osservazioni Del corredo della t. 33 si sono conservati solo i manufatti fittili, rappresentanti da vasi di produzione locale e greca (figg. 8.93-95). Tra le forme matt-painted, accanto ai cantaroidi dal profilo slanciato ad anforetta, si distinguono le due brocchette ariballiche. All’assenza della WMPP si contrappone l’abbondanza delle coppe di tipo ionico, accompagnate dalla kylix di tipo C. Come in molte delle tombe più recenti, inoltre, sono attestate le coppette monoansate parzialmente verniciate. Rimangono i due strumenti fittili a dare una probabile indicazione del genere femminile della defunta. In base ai materiali di
Fig. 8.93. Corredo della t. 33.
242
Catalogo delle sepolture Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
846. Scodella. Integra. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 12,5; ø fondo 6,6; h 4,9/6,7; sp. 0,5. Motivi: orlo 4; corpo 22+34; ansa 21. NI 131975.
845. Scodella. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 12,5; ø fondo 4,6; h 5,7; sp. 0,7. Motivi: orlo 4; corpo 22; ansa 21. NI 132123.
847. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8,5; ø fondo 6,2; h 6,8; sp. 0,5. Motivi: corpo 22. NI 131983.
Fig. 8.94. Corredo della t. 33.
Fig. 8.95. Corredo della t. 33.
243
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Ceramica parzialmente verniciata 855. Coppetta monoansata. Ricomposta. Sup. 10YR 8/4, vernice bruna; ø orlo 10,5; ø fondo 3,8; h 3,9; sp. 0,4. NI 131976. 856. Coppetta monoansata. Ricomposta. Imp. 50, vernice arancio; ø orlo 11,3; ø fondo 4,4; h 5,3; sp. 0,5. NI 132117 Osservazioni: nella parte inferiore della vasca esterna decorazione impressa con brevi linee parallele. 857. Coppetta monoansata. Ricomposta e integrata. Imp. 25, vernice bruna; ø orlo 11; ø fondo 4,2; h 4,1; sp. 0,3. NI 132119. 858. Coppetta monoansata. Ricomposta e integrata. Sup. 10YR 7/4, vernice arancio; ø orlo 11; ø fondo 3,8; h 4,1; sp. 0,4. NI 132121. 859. Coppetta monoansata. Ricomposta. Sup. 10YR 8/4, vernice bruna; ø orlo 11; ø fondo 4,2; h 5; sp. 0,3. NI 132122.
Fig. 8.96. Rilievo planimetrico della t. 34.
848. Calice. Integrato. Tipo 3. Imp. 5; ø orlo 11,5; ø fondo 4,3; h 5,2; sp. 0,5. Motivi: corpo 22. NI 132125.
860. Brocchetta, vernice nera. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 30; ø orlo 7; ø fondo 3,1; h 8,6/9,8; sp. 0,3. NI 131972. Fig. 4.23.
849. Calice. Lacunoso. Tipo 4. Imp. 3; ø orlo 8; ø fondo 5,2; h 4,7; sp. 0,6. Motivi: corpo 22. NI 132126.
Ceramica acroma da mensa e dispensa 861. Coppetta monoansata. Ricomposta. Sup. 5YR 7/6; ø orlo 9,6; ø fondo 3,8; h 4,3; sp. 0,4. NI 131981.
850. Calice. Integrato. Tipo 4. Imp. 3; ø orlo 7,6; ø fondo 4; h 3,7; sp. 0,4. Motivi: orlo 4; corpo 22. NI 132118.
862. Coppetta monoansata. Ricomposta ed integrata. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 9,8; ø fondo 3,4; h 4,5; sp. 0,4. NI 132120. Osservazioni: incrostazioni ferrose sulla superficie.
851. Brocca con orlo trilobato, forma quasi di transizione tra MP e WMPP. Integra. Tipo 4.2. Imp. 3; ø orlo 5,8/8; ø fondo 6; h 16,4/19,8; sp. 0,5. Motivi: 22. NI 131971. Osservazioni: impasto molto micaceo come il piatto NC 1 della t. 1.
863. Mortaio. Ricomposto. Tipo 1. Imp. 16; ø orlo 17,4; ø fondo 6,2; h 4,7; sp. 1. NI 131984.
Ceramica matt-painted di altri comparti
864. Ciotola. Ricomposta ed integrata. Tipo 4, foggiata a mano. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 16; ø fondo 9,6; h 5,3; sp. 0,6. NI 132124.
852. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo Cancellara? Imp. 3; ø orlo 9/10; ø fondo 6,3; h 13/14; sp. 0,25. Motivi: la decorazione sbiadita non consente la definizione dei motivi; corpo 45c. NI 131970.
865. Calice. Integro. Tipo 2. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 8,2; ø fondo 5,4; h 5,7; sp. 0,85. NI 131977.
853. Olla bradanica. Ricomposta. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 13,2; ø fondo 7,7; h 20; sp. 0,4. NI 131969. Fig. 4.19.
866. Piccola ciotola o calice apodo. Integra. Tipo 2. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 8,6; ø fondo 6,3; h 3,6; sp. 0,55. NI 131978.
854. Brocca con orlo a fungo di Montescaglioso. Ricomposta e lacunosa. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 7,8; ø fondo 5,7; h 14/14,5; sp. 0,35. NI 131968. Fig. 4.20.
Ceramica acroma da cucina/impasto 867. Boccaletto. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2.1. 244
Catalogo delle sepolture 881. Frammenti di bronzo pertinenti probabilmente a fibule. NI 131987
Imp. 18; ø orlo 8; ø fondo 6,7; h 8/9,5; sp. 0,8. NI 131974. 868. Boccaletto. Ricomposto. Tipo 2.1. Sup. 5YR 6/6; ø orlo 6,3; ø fondo 4,2; h 6,5/7,5; sp. 0,6. NI 132127.
Organici
869. Vasetto miniaturistico a corpo ovoidale. Ricomposto e lacunoso. Imp. 16; ø orlo 4,5; ø fondo 3,5; h 3,6; sp. 0,4. NI 131973. Fig. 4.28.
882. Frammenti di osso pertinenti probabilmente a fibule e un vago d’ambra. Tipo 1? ø vago 1,2. NI 131986. Osservazioni
Ceramica greca
La t. 34 si distingue dalle altre per la presenza del cupskyphos, uno degli esemplari meglio conservati in Italia meridionale realizzati dalla cerchia CHC con soggetto Eracle e Nereo44. Il corredo, tuttavia, si caratterizza anche per altri elementi che conferiscono alla tomba un carattere di estraneità rispetto al contesto (figg. 8.97-99). Nella ceramica a decorazione geometrica sia le forme che l’impasto delle forme chiuse rimandano ad altri comparti, in alcuni casi definibili, in altri meno: al cratere e alla brocca di tipo bradanico da Montescaglioso, si aggiunge un’anforetta cantaroide che sembra derivare dai prototipi di Cancellara. Anche i pigmenti di alcune scodelle si distinguono da quelli già attestati. Nella ceramica acroma, invece, si registrano forme che, per quanto note, sono realizzate con un impasto con inclusi rossicci non altrimenti diffuso a Garaguso. Più canoniche invece le coppette parzialmente verniciate e alcune coppe di tipo ionico, tra cui un esemplare miniaturistico, che in altri casi è stato attribuito a sepolture di subadulti45. Quest’ultimo dato contrasta con la presenza dei pochi reperti osteologici raccolti: quattro vertebre, tre toraciche e una lombare, caratterizzate da becco osteofitico, presente nelle forme di artrosi che colpisce normalmente la popolazione adulta. I due dati, dunque, sono in apparenza contrastanti sull’età del defunto. Quanto al genere, è probabile che la t. 34 ospitasse una donna, per la presenza della fibula bronzea a disco, ancora deposta nel periodo a cui viene attribuito questo corredo, tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C.
870. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8,9; ø fondo 3,8; h 4; sp. 0,5. NI 131979. 871. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 7.5YR 6/2; ø orlo 9; ø fondo 3,8; h 3,9; sp. 0,4. NI 131980. 872. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1.2. Imp. 21; ø orlo 9; ø fondo 3,4; h 4; sp. 0,3. NI 132116. 873. Cup-skyphos a figure nere. Ricomposto e integrato. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 22,2; ø fondo 13; h 16,2; sp. 0,3. NI 131967. Figg. 4.30-31. 874. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 9,5; ø fondo 4,2; h 5,8; sp. 0,4. NI 132110. 875. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Sup. 7.5YR 7/3; ø orlo 12,3; ø fondo 4,9; h 6,3; sp. 0,4. NI 132111. 876. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 23; ø orlo 12; ø fondo 4; h 5,7; sp. 0,25. NI 132113.
8.2.25. Tomba 35
877. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.4. Imp. 23; ø orlo 14,8; ø fondo 5,5; h 7,2; sp. 0,3. NI 131982.
Della t. 35 non si dispone del rilievo planimetrico, ma solo di quanto rimaneva del corredo. Questo comprendeva reperti inventariati con i NNII 131988-132022: nella ceramica locale sono attestati tre calici, una scodella e un sostegno, nove cantaroidi, una brocchetta, una pisside dotata forse di un coperchio e la brocchetta a vernice rossa. Tra la ceramica greca, a parte sette coppe di tipo ionico, sono attestate una coppetta su piede e una lekanis. Ridotto, invece, il repertorio della ceramica acroma, con il mortaio, l’olla e il boccaletto d’impasto. Molto frammentarie, infine, le fibule in bronzo e in ferro.
878. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3.4 Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 12,8; ø fondo 4,7; h 6; sp. 0,3. NI 132112. Metalli. Oggetti di ornamento 879. Frammenti di ferro pertinenti probabilmente a fibule. Tipo 1. NI 131985 880. Fibule in bronzo a doppio disco. Tipo 4.2. ø 4,5/5. NI 132128.
44 45
245
Cfr. sez. 4.3. Cfr. sez. 4.2.7.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.97. Corredo della t. 34.
Fig. 8.98. Corredo della t. 34.
Catalogo
Sup. 10YR 8/4; ø orlo 8,1; ø fondo 5,7; h 5; sp. 0,6. Motivi: orlo 9; 22. NI 131997.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
885. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 9; ø orlo 9; ø fondo 5,5; h 5,6; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 132001.
883. Scodella. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 13,6; ø fondo 4,4; h 5,5/7; sp. 0,5. Motivi: 22. NI 131999.
886. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 8,1; ø fondo 5,5; h 6; sp. 0,4. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 131998.
884. Calice. Integro. Tipo 1.
246
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.99. Corredo della t. 34.
887. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 12,4/14,4; ø fondo 7,6; h 18,5/19,5; sp. 0,25. Motivi: orlo 9; collo 36; ansa 15e; corpo 46. NI 132008.
Sup. 10YR 8/4; ø orlo 8,5/11; ø fondo 6,3; h 9,3/11,3; sp. 0,4. Motivi: orlo 10; collo 23; ansa 15; corpo 40. NI 132007. 894. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 5. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 8,5/9; ø fondo 4,8; h 10,2/11,4; sp. 1. Motivi: orlo 2; ansa 15; corpo 22. NI 132015.
888. Vaso Cantaroide. Ricomposto. Tipo 3. Sup. 2.5Y 7/3; ø orlo 16,8/19,5; ø fondo 8,2; h 24,5/26,2; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 29b+24a+28; ansa 20; corpo 29c+39. NI 131989. Osservazioni: segno dipinto sul collo (fig. 4.41).
895. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 5. Imp. 2; ø orlo 10,2/12,5; ø fondo 6,8; h 14,5/15,3; sp. 0,25. Motivi: orlo 9; collo 24a; ansa 15a; corpo 45. NI 132011.
889. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 9/10; ø fondo 5; h 9,4/9,6; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; ansa 15; corpo 22. NI 132006.
896. Brocca. Integra. Ricomposta. Tipo 1.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 6,8; ø fondo 6,4; h 11/11,3; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 39. NI 132017.
890. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 3. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 9/10,7; ø fondo 6,5; h 13,8/15; sp. 0,55. Motivi: orlo 9; collo 24a; ansa 15a; corpo 24a+39. NI 132012.
897. Pisside. Integra. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 3; ø orlo 8,7; ø fondo 10,4; h 16; sp. 0,4. Motivi: spalla 31; corpo 22. NI 132005. Fig. 4.16. Osservazioni: segno cruciforme dipinto sul fondo.
891. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2 con serpenti plastici applicati alle anse. Imp. 5; ø orlo 11,2/14,2; ø fondo 7,2; h 18/18,5; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 31; corpo 24a+39. NI 132009.
898. Coperchio di pisside. Ricomposto e lacunoso. Imp. 1; ø orlo 11,6; ø pomello 6; h 5,9; sp. 0,5. Motivi: calotta 25+22. NI 132002. Fig. 4.16.
892. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 3. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 13,6; ø fondo 4,4; h 5,5/7; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 30+36; ansa 15d; corpo 45a. NI 132010.
899. Sostegno. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 5; ø orlo 13,6; ø fondo 4,4; h 5,5/7; sp. 0,5. Motivi: orlo 3; corpo 22; base 23. NI 132004. Fig. 4.17. Ceramica parzialmente verniciata
893. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 4.
900. Vasetto biansato. Integro. Tipo 1.
247
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Vernice rossa; ø orlo 3,3; ø fondo 2,5; h 5; sp. 0,25. NI 131996. Fig. 4.23.
Metalli. Oggetti di ornamento 913. Fibula in ferro ad arco rivestito. Si conservano vari frammenti. Tipo 3 + elementi di 2. NI 132018
Ceramica acroma da mensa e dispensa 901. Mortaio. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 18,2; ø fondo 8,2; h 4,6; sp. 1,2. NI 132000.
914. Fibule bronzee. Si conservano vari frammenti, tra cui tre ardiglioni, un ago, una laminetta, forse parte di fibula a disco. Tipo 1? NI 132021
902. Olla. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 18,2; ø fondo 8,2; h 4,6; sp. 1,2. NI 131988. Fig. 4.26.
915. Fibula bronzea con arco a due costolature. Si conserva arco. Tipo 1? Lungh. 2,3; largh. 0,9. NI 132022.
Ceramica acroma da cucina/impasto 903. Boccaletto. Tipo 2 con appliques circolari sulle anse. Imp. 17; ø orlo 9; ø fondo 6; h 8,6/9,5; sp. 0,5. NI 132016. Osservazioni: non reca tracce di esposizione al fuoco.
916. Anello bronzeo. Tipo 2. ø 1,7; sp. 0,25. NI 132020. 917. Rivestimenti d’osso per fibule in ferro. Si conservano vari frammenti. NI 132019
Ceramica greca 904. Lekanis. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 22; ø orlo 14,9; ø fondo 4,3; h 5; sp. 0,3. NI 131995.
Osservazioni
905. Coppetta monoansata su piede. Ricomposta. Tipo 1. ø orlo 10,8; ø fondo 4,3; h 3,8; sp. 0,3. NI 132003. Fig. 4.30.
La t. 35 si distingue per l’utilizzo nel corredo di forme inedite e per la presenza di dettagli che lo rendono unico, come il sostegno, forse interpretabile come un calice su piede molto sviluppato, e il ricorre degli stessi motivi, come quello a scacchi o a zig-zag, nella ceramica matt-painted (figg. 8.100-8.104). D’estremo interesse è il motivo plastico ofiomorfo duplicato nelle anse del cantaroide (NC 893) motivo che rimanda ai grandi crateri attici d’età geometrica. Alla Grecia rimanda anche il graffito sul piede della grande coppa di tipo ionico B2 (NC 906) già ben distinguibile da tutte le altre coppe di tipo ionico per l’impasto, la vernice e la forma46. Il defunto o la defunta indossavano una veste che doveva essere trattenuta da fibule di bronzo e di ferro. Sulla base della ceramica greca il corredo è databile tra la fine VI e gli inizi del V sec. a.C.
906. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 30; ø orlo 16,3; ø fondo 6,2; h 9; sp. 0,3. NI 131990. Fig. 4.32. Osservazioni: graffito sotto il piede. 907. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 30; ø orlo 11,3; ø fondo 4,3; h 5,8; sp. 0,3. NI 131991. 908. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 14,4; ø fondo 5; h 7; sp. 0,35. NI 131992.
8.2.26. Tomba 36
909. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 21; ø orlo 14,5; ø fondo 5,6; h 7,4; sp. 0,3. NI 132014.
La t. 36, priva di rilievo, era dotata di un corredo abbondante e vario. La ceramica geometrica era rappresentata da una scodella e otto calici, cinque cantaroidi e sei brocche, di cui una con orlo trilobato e una bradanica; erano anche presenti una brocca WMPP e una coppetta e tre brocchette parzialmente verniciate, una delle quali miniaturistica. In ceramica acroma erano realizzate due olle e otto brocchette/ attingitoi, più un boccaletto d’impasto, mentre la ceramica greca era rappresentata da otto coppe di tipo ionico. Accanto a due manufatti fittili sono stati rinvenuti alcuni oggetti di ornamento come fibule in bronzo e in ferro, un’armilla bronzea e pendenti d’ambra. I reperti recano i NNII 132023132073; con il NI 132060 sono identificati piccoli frammenti ceramici di varie classi, non in catalogo.
910. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 4. Sup. 7.5YR 8/4, vernice nera con riflessi metallici; ø orlo 13,2; ø fondo 4,8; h 7,4; sp. 0,4. NI 131993. 911. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 4.4. Imp. 22; ø orlo 13,4; ø fondo 3,9; h 6,5; sp. 0,3. NI 132013. Fig. 4.33. 912. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 13,8; ø fondo 5,5; h 6,8; sp. 0,4. NI 131994.
46
248
Cfr. sez. 4.2.
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.100. Corredo della t. 35.
Fig. 8.101. Corredo della t. 35.
Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
919. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 9; ø fondo 5,6; h 5,7; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 132050.
918. Scodella. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 13,8; ø fondo 5,4; h 5,4/6,4; sp. 0,4. Motivi: corpo 14 + 22. NI 132056.
920. Calice. Integro. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 9,2; ø fondo 5,9; h 5,5; sp. 0,5. Motivi: 22. NI 132049. 249
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.102. Corredo della t. 35.
Fig. 8.103. Corredo della t. 35.
921. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 7; ø fondo 5,4; h max 2,8; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 132059.
924. Calice. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 5; ø orlo 12,6; ø fondo 6,4; h 6,3; sp. 0,7. Motivi: orlo 4; corpo 22. NI 132048.
922. Calice. Integro. Tipo 2. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 9,2; ø fondo 6; h 6,3; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; corpo 22. NI 132051.
925. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 5; ø orlo 9,2; ø fondo 5,7; h 6; sp. 0,4. Motivi: orlo 10; corpo 22. NI 132054.
923. Calice. Integro. Tipo 3. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8,3; ø fondo 5,4; h 6; sp. 0,4. Motivi: orlo 4; corpo 22. NI 132052.
926. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 8; ø fondo 5; h 5,6; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 132053.
250
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.104. Corredo della t. 35.
935. Brocca. Ricomposta. Tipo 1, ansa con accenno di costolatura. Imp. 2; ø orlo 5,8; ø fondo 5,3; h 10/11,5; sp. 0,5. Motivi: orlo 4a; ansa 18; corpo 39. NI 132028.
927. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 5; ø orlo 10/11; ø fondo 6; h 12,3/12,6; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 38 o 40. NI 132065. 928. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 8/8,6; ø fondo 5; h 9,5/10,3; sp. 0,35. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 132025.
936. Brocca con orlo trilobato. Lacunosa. Tipo 4.1. Imp. 5; ø fondo 7,2; h 18; sp. 0,4. Motivi: corpo 31a+39. NI 132063.
929. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 4. Imp. 3; ø orlo 7,5/8,5; ø fondo 4,5; h 8,8/9,8; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 132038.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica. Altri comparti 937. Brocca bradanica. Integra. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 8,2; ø fondo 4,7; h 9,2/10,3; sp. 0,55. NI 132034.
930. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 7/4; ø orlo 7,8/9,1; ø fondo 5,2; h 9,8/10,5; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 132064.
WMPP
931. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. Imp. 3; ø orlo 11,5/13; ø fondo 7; h 16,8/17,3; sp. 0,6. Motivi: orlo 9; collo 31; ansa 15a; corpo 24a+39. NI 132066.
938. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 1; ø orlo 8,8; ø fondo 5,8; h 13,2/13,9; sp. 0,4. NI 132027.
932. Brocca. Integra. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 5,2; ø fondo 4,4; h 9,5/10; sp. 0,5. Motivi: corpo 39? NI 132026.
Ceramica parzialmente verniciata 939. Coppetta monoansata. Integra. Imp. 22, vernice bruna; ø orlo 9,6; ø fondo 4; h 2,8/3,5; sp. 0,3. NI 132055.
933. Brocca. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 4,8; ø fondo 4; h 9,5/10; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; corpo 38. NI 132036.
940. Brocchetta. Integra. Tipo 2. Imp. 23, vernice rossa; ø orlo 7,4; ø fondo 3,8; h 8,7/9,5; sp. 0,4. NI 132033.
934. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 5,4; ø fondo 4,5; h 9,6/10,5; sp. 0,7. Motivi: ansa 15; corpo 39. NI 132032.
941. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 2. 251
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Imp. 22, vernice rossa; ø orlo 7,2; ø fondo 3,8; h 7,7/8,7; sp. 0,4. NI 132047.
Sup. 10YR 8/3; ø orlo 12,3; ø fondo 4,5; h 6,2; sp. 0,4. NI 132039.
942. Vasetto biansato. Lacunoso. Tipo 1. Imp. 21, vernice rossa; ø orlo 3,3; ø fondo 2,8; h 4/5; sp. 0,3. NI 132024.
955. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 23; ø orlo 12; ø fondo 4,9; h 6,4; sp. 0,3. NI 132040.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
956. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 12; ø fondo 4,8; h 6,4; sp. 0,3. NI 132041.
943. Attingitoio. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Imp. 3; ø orlo 9,5; ø fondo 4,4; h 7,8/9,4; sp. 0,7. NI 132031.
957. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 23; ø orlo 12; ø fondo 4,3; h 6,3; sp. 0,3. NI 132042.
944. Attingitoio. Ricomposto. Tipo 3. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 11; ø fondo 5,4; h 8,9/10,5; sp. 0,5. NI 132037.
958. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 3. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 12; ø fondo 4,4; h 6,1; sp. 0,25. NI 132043.
945. Attingitoio. Ricomposto. Tipo 3. Sup. 5YR 7/6; ø orlo 9; ø fondo 4,2; h 6,2/8; sp. 0,4. NI 132057. 946. Attingitoio. Integro. Tipo 3.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 9,7; ø fondo 4,4; h 7,4/8,3; sp. 0,6. NI 132058. Fig. 4.25.
959. Coppa di tipo ionico B2, piccola. Ricomposta. Tipo 3. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 10; ø fondo 4,7; h 5,4; sp. 0,3. NI 132044.
947. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 11; ø orlo 8,9; ø fondo 5,4; h 10,6/12; sp. 0,4. NI 132029.
960. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. Sup. 10YR 7/1; ø orlo 11,4; ø fondo 4,6; h 6,2; sp. 0,3. NI 132045.
948. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 9; ø orlo 9; ø fondo 5; h 10/11; sp. 0,5. NI 132030. Fig. 4.24.
961. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. Imp. 23; ø orlo 11,4; ø fondo 4,6; h 6,3; sp. 0,3. NI 132046. Manufatti fittili
949. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 2 Imp. 11; ø orlo 7,5; ø fondo 4,8; h 9,7/11; sp. 0,45. NI 132035.
962. Si conserva integro. Tipo 3. Misure del peso integro: h 4,6; largh. 2,5; sp. 2,2; peso 40. Senza NI.
950. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 2. Imp. 9; ø orlo 7; ø fondo 4,6; h 8,8/10,5; sp. 0,4. NI 132067.
963. Si conserva frammentario. Tipo 3. Senza NI
951. Olla. Integra. Tipo 3. Imp. 10; ø orlo 20; ø fondo 14,2; h 30,5; sp. 1,1; peso 6500. NI 132023.
Metalli. Oggetti di ornamento 964. Fibula in ferro ad arco appiattito e staffa lunga. Tipo 1. Lungh. 9,8. NI 132070.
952. Olla. Ricomposta ed integrata. Tipo 3. Imp. 14; ø orlo 17,7; ø fondo 10; h 21,5; sp. 0,5. NI 132061. Fig. 4.26.
965. Fibula in ferro. Si conservano elementi in ambra e osso pertinenti al rivestimento. Ambra: largh. 2,2; sp. 1,8. Osso: largh. 2,3; sp. 0,9. NI 132072.
Ceramica acroma da cucina/impasto 953. Boccaletto. Integro. Tipo 2.1. Sup. 5YR 7/6; ø orlo 8,5; ø fondo 6,2; h 8,6/9,6; sp. 0,6. NI 132062. Osservazioni: tracce di esposizione al fuoco sulla parte anteriore.
966. Fibula a navicella con staffa lunga in bronzo. Si conserva l’arco. Tipo 2.1. H 2,25; largh. 3,9; sp. 0,35. NI 132069. Fig. 4.40. 967. Frammenti di bronzo, ferro ed osso pertinenti a più fibule. Tipo 1. NI 132073
Ceramica greca 954. Coppa di tipo ionico B2. Integra. Tipo 3.
252
Catalogo delle sepolture 968. Bracciale a sezione circolare in bronzo. ø 9; sp. 0,6. NI 132068.
e vaghi d’ambra, nonché due manufatti fittili. I reperti erano inventariati con i NNII 132074-132093.
Organici
Catalogo
969. Vaghi d’ambra di vario tipo, alcuni dei quali pertinenti a fibule. Tipi 3 + 1.1. Dimensioni del pendente più grande: h 4,6; largh. 3; sp. 1,6. NI 132071. Fig. 4.40.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 970. Scodella. Ricomposta. Tipo 1. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 9,2; ø fondo 3,4; h 3,7/4,7; sp. 0,5. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 132090.
Osservazioni
971. Scodella. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 3; ø orlo 12,4; ø fondo 7,6; h 6,2; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 132092.
La t. 36 ha un corredo che si distingue per l’omogeneità tipologica e dimensionale dei calici della ceramica geometrica, delle coppe di tipo ionico, delle brocchette e degli attingitoi (figg. 8.105-109). Tali forme sono reiterate sino a superare il numero di esemplari normalmente attestati per tomba. Si registrano altre peculiarità come la l’inserimento nel corredo della brocca bradanica, ma soprattutto la presenza di una brocca geometrica con sintassi inusuale, perché decorata dal solo pigmento bruno, che scandisce le parti del vaso (NC 934). In questo caso la monocromia non sembra una questione cronologica, ma una scelta stilistica. L’attribuzione del genere femminile al defunto è supportata dalla presenza delle due tessere fittili, del bracciale, della fibula bronzea e del grande pendente d’ambra. Anche sulla base di questi elementi è databile verso la fine del VI sec. a.C.
972. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 10,2; ø fondo 6,3; h 5; sp. 0,55. Motivi: orlo 24; corpo 34. NI 132087. 973. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 9,6; ø fondo 5,3; h 8; sp. 0,75. Motivi: orlo 24; corpo 22. NI 132084. 974. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1.1. Imp. 13; ø orlo 9; ø fondo 6,1; h 4,5 sp. 0,6. Motivi: orlo 11; corpo 34. NI 132085. 975. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 13; ø fondo 7; h 8; sp. 0,4. Motivi: orlo 12; corpo 22. NI 132088.
8.2.27. Tomba 37
976. Calice. Ricomposto. Tipo 4. Imp. 2; ø orlo 9,3; ø fondo 5,2; h 6; sp. 0,7. Motivi: orlo 11a. NI 132086.
La t. 37 restituisce un corredo ridotto e limitato. Nella ceramica geometrica, accanto a forme con decorazioni accurate erano realizzati vasi più corsivi, sia nella fattura che nell’apparato decorativo: insieme a due scodelle, sei calici, tre cantaroidi e una brocchetta era inoltre attestato l’unico kalathos della necropoli. Della ceramica acroma rimangono una ciotola e un boccaletto, mentre della ceramica greca si conservava soltanto una coppa ionica. Sono state inoltre rinvenute fibule in ferro con rivestimento
977. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 11,8; ø fondo 5,2; h 7,2; sp. 0,5. Motivi: orlo 24. NI 132089. 978. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1
Fig. 8.105. Corredo della t. 36.
253
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.106. Corredo della t. 36.
Fig. 8.107. Corredo della t. 36.
Imp. 5; ø orlo 12,7/14,2; ø fondo 9,3; h 19,3/20,7; sp. 0,35. Motivi: orlo 9; collo 30; ansa 15a; corpo 45. NI 132077. Fig. 4.11.
980. Vaso cantaroide. Lacunoso. Tipo 6. Imp. 5; ø orlo 10,7/11,7; ø fondo 6,1; h 13,6/14,4; sp. 0,35. Motivi: orlo 4a; collo 22; ansa 15e; corpo 40. NI 132076.
979. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 13; ø orlo 8/9; ø fondo 5,1; h 11,6/13; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15a; corpo 42. NI 132078.
981. Brocca. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 5,9; ø fondo 5,1; h 11,4/12,7; sp. 0,7. Motivi: 40b. NI 132081. 254
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.108. Corredo della t. 36.
Fig. 8.109. Corredo della t. 36.
Ceramica matt-painted di imitazione greca
Ceramica acroma da cucina/impasto
982. Kalathos. Ricomposto. Corpo troncoconico con fondo piano, orlo appena indistinto a bordo appiattito. Imp. 7; ø orlo 10,4; ø fondo 6,8; h 9,8; sp. 0,3. Motivi: corpo 22+28a. NI 132079. Fig. 4.21.
984. Boccaletto. Integro. Tipo 2.1 con tre bugnette. Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 7,5; ø fondo 5,3; h 8/8,9; sp. 0,5. NI 132093. Osservazioni: tracce di nerofumo nella parte anteriore e segno cruciforme inciso.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
Ceramica greca
983. Ciotola. Ricomposta47. Tipo 1. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 15,6; ø fondo 6,2; h 6; sp. 0,6. NI 132091.
985. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 14,1; ø fondo 5,6; h 7; sp. 0,35. NI 132080.
La forma viene considerata di imitazione, Bianco in Nava et alii 2009, 284-285.
47
255
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. equilibrio che si ricava. Il kalathos è decorato con motivo a graticcio che evoca la derivazione da contenitori realizzati in altro materiale, verosimilmente vegetale. Il kalathos, inoltre, rimanda anche al mondo femminile, confermando il dato suggerito dai cosiddetti manufatti interpretabili come tessere e dal pendente d’ambra. Particolarmente suggestivo è il boccaletto d’impasto, come gli altri combusto nella parte anteriore, dove alle bugnette che rimandano ai tratti degli occhi e del naso si aggiunge un’incisione a x che completa il viso formando un’insolita bocca. Il corredo, per le analogie con la t. 29, è databile agli inizi del V sec. a.C.
Manufatti fittili non vascolari 986. Integro. Tipo 3.1. Sup. 10YR 7/4; h 2,6; largh. 5; sp. 2,3; peso 43. NI 132082. Fig. 4.35. 987. Integro. Tipo 3.1. Sup. 10YR 7/4; h 2,8; largh. 5; sp. 2,3; peso 48. NI 132083. Osservazioni: combusto su uno dei lati lunghi. Metalli. Oggetti di ornamento 988. Fibule in ferro ad arco ingrossato. Si conservano frammenti piccoli e incrostati. Tipo 1 + elementi 2. Senza NI
8.2.28. Tomba 38 La t. 38 restituisce un corredo semplice e ridotto, probabilmente a causa dello stato di conservazione della fossa, di cui manca comunque il rilievo. I reperti, conservati con i NNII 132094-132109, si limitano a poche classi e poche forme. Tra la ceramica geometrica sono attestati un’olletta, sei cantaroidi e tre brocche, mentre la ceramica greca era rappresentata da quattro coppe di tipo ionico. Sono poi stati rinvenuti un attingitoio, frammenti di fibule (?) in ferro e alcuni frammenti pertinenti a forme della ceramica geometrica e greca, NI 132099.
Organici 989. Si conserva un frammento del rivestimento in ambra di una fibule in ferro. H 1,2; largh. 3; lungh. 2. NI 132074. 990. Pendente d’ambra. Tipo 3. H 3,4; largh. 2; sp. 1,4. NI 132075. Osservazioni
Catalogo
Nel corredo vascolare della t. 37 si osservano fenomeni già noti, come la presenza di un cantaroide (NC 978) realizzato dalla stessa mano del NC 678 della t. 29, e dello stesso motivo decorativo, in questo caso a zig-zag, sull’orlo dei calici (figg. 8.110-111). Motivi e forme sembrano corsivi, ma ciò non turba l’impressione di
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 991. Olletta biansata. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 1; ø fondo 6; h max 9,4; sp. 0,3. Motivi: 22. NI 132106.
Fig. 8.110. Corredo della t. 37.
256
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.111. Corredo della t. 37.
992. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 8,7/12,3; ø fondo 5,7; h 10,6/12,4; sp. 0,3. Motivi: orlo 10; collo 23a; ansa 15a; corpo 40b. NI 132104.
Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 5,5/6,5; ø fondo 5,8; h 16,2/16,5; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 132108.
993. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 1.1. Sup. 5YR 7/4; ø orlo 9/12,8; ø fondo 7,5; h 14/15,4; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 33a; ansa 15; corpo 40+37. NI 132100.
1001. Attingitoio. Integro. Tipo 3. Imp. 23; ø orlo 6,3/7,3; ø fondo 4,2; h 6,5/8,3; sp. 0,35. NI 132098. Fig. 4.25.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
Ceramica greca
994. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7,8/9,2; ø fondo 5,8; h 10,3/11; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 33a; ansa 15; corpo 40. NI 132109.
1002. Coppa di tipo ionico B248. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1.2. Imp. 22; ø orlo 13,2; ø fondo 5,2; h 7,1; sp. 0,35. NI 132097. Fig. 4.32.
995. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 2; ø orlo 8,6/9,4; ø fondo 5; h 8,28/8,8; sp. 0,35. Motivi: orlo 2; corpo 39. NI 132102.
1003. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 26; ø orlo 12; ø fondo 4,6; h 6,3; sp. 0,3. NI 132094.
996. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. Sup. 7.5YR 7/4; ø orlo 7,6/9; ø fondo 4,9; h 10,1/11,4; sp. 0,4. Motivi: orlo 4a; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 132101.
1004. Coppa di tipo ionico B2, piccola. Integra. Tipo 3. Sup. 5YR 7/6; ø orlo 11,4; ø fondo 4,4; h 5,7; sp. 0,3. NI 132095.
997. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 4. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 7,2/12,6; ø fondo 5,2; h 9,2/10,5; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 132105.
1005. Coppa di tipo ionico B2, piccola. Lacunosa. Tipo 3. Imp. 26; ø orlo 9,4; ø fondo 3,8; h 5; sp. 0,3. NI 132096. Metalli. Oggetti di ornamento
998. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 6; ø fondo 5; h 11/11,2; sp. 0,25. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 41a. NI 132103.
1006. Fibula in ferro? Tipo 5. Lungh. 9,1; largh. 2,6; sp.0,7. Senza NI. Fig. 4.40.
999. Brocca. Integra. Tipo 1. Imp. 2; ø orlo 7,5; ø fondo 6; h 12,7/13,7; sp. 0,4. Motivi: orlo 6; collo 22; ansa 15c; corpo 41a. NI 132107. 1000. Brocca con orlo trilobato. Ricomposta e lacunosa. Tipo 4.2.
L’individuo si distingue per la produzione, data la superficie molto micacea e la vernice rossa opaca; per l’orlo cfr. Boldrini 1994, 166, n. 332, tav. 10. 48
257
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.112. Corredo della t. 38.
Fig. 8.113. Corredo della t. 38.
Osservazioni
i NNII 132129-132150 e 132205-132215, erano in buono stato di conservazione. La ceramica geometrica annoverava una scodella, quattro calici, tre cantaroidi e quattro brocche, di cui una bradanica; per la ceramica greca erano presenti quattro coppette monoansate, uno skyphos a labbro e due coppe di tipo ionico. Un vasetto biansato a vernice nera e due coppette monoansate erano parzialmente verniciate. Tre brocche erano realizzate in WMPP, mentre nella ceramica acroma si registravano una coppetta monoansata, tre brocchette, un’olla di medie dimensioni e tre boccaletti d’impasto. Nella sepoltura sono stati inoltre rinvenuti una punta di lancia in ferro e alcuni piccoli frammenti, tra i quali, oltre a coppe di tipo ionico, si trovava il piede di uno skyphos di tipo attico49.
Sembra che il corredo della t. 38 si sia conservato solo parzialmente, come indicherebbe l’assenza della ceramica acroma rappresentata da un solo attingitoio che doveva accompagnare un’olla (figg. 8.112-113). Nel corredo, che nel complesso appare piuttosto monotono, spiccano le due brocche NC 998 e 999, che recano lo stesso motivo antropomorfo stilizzato con un tratto incerto e maldestro molto simile a NC 981 di t. 37, e la coppa di tipo ionico di una produzione diversa non ancora indagata con analisi archeometriche (NC 1002). Il corredo è databile genericamente a fine VI – inizi V sec. a.C. 8.2.29. Tomba 40 La t. 40, priva di rilievo, restituisce un corredo articolato e frammentario. Non tutti i reperti, inventariati con
49
258
Per questi cfr. sez. 8.2.33
Catalogo delle sepolture Catalogo Ceramica matt-painted a decorazione geometrica
1020. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 5; ø orlo 8,3; ø fondo 6,5; h 13/14; sp. 0,5. NI 132136. Fig. 4.22.
1007. Scodella. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 1; ø orlo 8; ø fondo 5; h 3; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 132137.
1021. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 7; ø fondo 6,1; h 12/12,5; sp. 0,35. NI 132140. Fig. 4.22.
1008. Calice. Ricomposto. Tipo 3. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 8,5; ø fondo 5,6; h 5,7; sp. 0,55. Motivi: bande non ben distinguibili. NI 132138.
Ceramica parzialmente verniciata 1022. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Imp. 25, vernice bruna; ø orlo 11,1; ø fondo 4,6; h 4; sp. 0,3. NI 132214.
1009. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Imp. 5; ø orlo 9,2; ø fondo 4,8; h 4,3; sp. 0,4. Motivi: 22. NI 132143.
1023. Vasetto. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3, vernice nera; ø orlo 3,2; ø fondo 2,8; h 4,3; sp. 0,25. NI 132133.
1010. Calice. Lacunoso. Tipo 3. Imp. 3; ø orlo 9; ø fondo 5,7; h 4,5; sp. 0,5. Motivi: bande non ben distinguibili. NI 132142.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
1011. Calice. Ricomposto. Tipo 4. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 7,1; ø fondo 4,2; h 3,3; sp. 0,3. Motivi: orlo 7a; corpo 22. NI 132141.
1024. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa50. Imp. 1; ø orlo 8; ø fondo 4; h 3; sp. 0,5. NI 132213. 1025. Brocchetta. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 7,2; ø fondo 3,9; h 7,3/8,4; sp. 0,3. NI 132134.
1012. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 6,7/8,4; ø fondo 5; h 8/9,5; sp. 0,25. Motivi: orlo 4a; collo 22; ansa 15e; corpo 40. NI 132206.
1026. Brocchetta. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 7; ø fondo 3,8; h 7,4/8,5; sp. 0,3. NI 132135.
1013. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Imp. 3; ø fondo 5,8; h 12,6/13,7; sp. 0,25. Motivi: orlo 4a; collo 22; ansa 15e; corpo 40. NI 132207.
1027. Brocchetta. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 6,6; h max 5,9; sp. 0,4. NI 132209.
1014. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Imp. 5; ø orlo 14,3/16; ø fondo 8,4; h 21,7/22,5; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 24a; ansa 16; corpo 45. NI 132205.
1028. Olla. Lacunosa. Tipo 1.3. Imp. 12; ø orlo 9,6; ø fondo 6,5; h 1,6; sp. 0,9. NI 132150. Osservazione: tracce carboniose sulla superficie.
1015. Brocca. Si conserva frammento di orlo. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 4,5; h max 4,5; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 22; corpo 40. NI 132210.
1029. Coppetta monoansata. Ricomposta e lacunosa. Sup. 10YR 8/3, vernice bruna; ø orlo 10,9; ø fondo 3,8; h 4,7; sp. 0,3. NI 132215.
1016. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 6; ø orlo 6,5; ø fondo 5,1; h 10,5/11; sp. 0,5. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 132149.
Ceramica acroma da cucina/impasto
1017. Brocca. Integra. Tipo 1 o 2. Imp. 8; ø orlo 7; ø fondo 6,8; h 13,5/14,4; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 22; ansa 15; corpo 39. NI 132144.
1030. Boccaletto. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Imp. 17; ø fondo 6,2; h 8/9,2; sp. 0,65. NI 132146. 1031. Boccaletto. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Imp. 17; ø fondo 4,4; h 6,2/7,2; sp. 0,5. NI 132211. Osservazioni: tracce di nerofumo nella parte anteriore, ove è applicato il motivo plastico.
Ceramica matt-painted di altri comparti 1018. Brocca bradanica. Ricomposta e lacunosa. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 9,5; ø fondo 6,3; h 14,5/15,5; sp. 0,4. NI 132148. Fig. 4.20. Osservazioni: segno cruciforme dipinto sul fondo.
1032. Boccaletto. Ricomposto e lacunoso. Tipo 2. Imp. 18; ø orlo 6,5; ø fondo 4,2; h 7; sp. 0,4. NI 132212. Osservazioni: incrostazioni ferrose sulla superficie.
WMPP 1019. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 8,3; ø fondo 6,4; h max 13; sp. 0,3. NI 132208.
La forma viene considerata di imitazione, Bianco in Nava et alii 2009, 284-285.
50
259
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. una coppetta monoansata, una coppa su piede, una coppa di tipo ionico B2 e un’olpe, a cui affiancare una brocca e una coppa WMPP. La ceramica acroma è presente con mortaio, una grande olla, una inedita pisside trapezoidale, un boccaletto e un elemento di vasetto gemino. Il repertorio fittile si completava con quella che sembra un’altra imitazione locale di kylix greca e con due manufatti fittili. Il corredo comprendeva infine un anello di bronzo e alcuni elementi in ferro, osso e ambra probabilmente pertinenti a fibule.
Ceramica greca 1033. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1. Imp. 21; ø orlo 9; ø fondo 3,4; h 3,7; sp. 0,35. NI 132130. 1034. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 1.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 9,5; ø fondo 3,5; h 3,9; sp. 0,4. NI 132132. 1035. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1.1. Imp. 21, vernice bruna; ø orlo 9,7; ø fondo 3,7; h 4,2; sp. 0,4. NI 132129.
Catalogo
1036. Coppetta monoansata. Integra. Tipo 2. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 10,4; ø fondo 3,6; h 3,5; sp. 0,25. NI 132131.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica 1041. Calice. Integro. Tipo 1. Sup. 10YR 8/2; ø orlo 10,4; ø fondo 3,6; h 3,1; sp. 0,5. Motivi: orlo 24; corpo 22. NI 132231.
1037. Lip-kotyle. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 24, vernice nera degradata in bruno e in grigio; ø orlo 15; ø fondo 6,3; h 13; sp. 0,3. NI 132145.
1042. Calice. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 7; ø fondo 5; h 4,6; sp. 0,55. Motivi: orlo 2; corpo 22. NI 132232.
1038. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. Imp. 24; ø orlo 12; ø fondo 4,8; h 6; sp. 0,35. NI 132147.
1043. Calice. Lacunoso. Tipo 1. Imp. 3; ø orlo 7,5; ø fondo 6; h 5; sp. 0,4. Motivi: orlo 2; corpo 22. NI 132228.
1039. Coppa ionica di tipo B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 4. Imp. 21; ø orlo 13,4; ø fondo 4,3; h 6,1; sp. 0,3. NI 132139.
1044. Calice. Ricomposto. Tipo 4. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 7,5; ø fondo 7; h 10,6; sp. 0,6. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 132235.
Metalli. Armi e utensili
1045. Calice. Integro. Tipo 4. Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 9,4; ø fondo 6,7; h 5,4; sp. 0,5. Motivi: orlo 4a; corpo 22. NI 132229.
1040. Cuspide di arma da punta in ferro con immanicatura a cannone. Lacunosa e in pessimo stato di conservazione. Tipo 2.1. Lungh. max 14,7; largh. 4,8. Senza NI.
1046. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1. Imp. 1; ø orlo 8,5; h max 8; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; ansa 15; corpo 22. NI 132216.
Osservazioni La t. 40, forse sconvolta come indica lo stato di conservazione dei vasi, risulta di difficile definizione cronologica (figg. 8.114-116). L’unica indicazione è ricavabile dalla lip-kotyle, presente in contesti di inizi V sec. a.C., mentre sia la ceramica bradanica che la WMPP sono attestati in contesti anche di fine VI sec. a.C. Si segnalano sia la particolarità del vasetto parzialmente verniciato a vernice nera, che la nuova tipologia di punta di lancia. Si è verificato empiricamente che le brocchette in ceramica acroma entrano attraverso l’orlo del grande cantaroide matt-painted NC 1014. Per le osservazioni sopraesposte il corredo è databile tra la fine del VI e gli inizi del V sec. a.C.
1047. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Imp. 5; ø orlo 10/11; ø fondo 6,8; h 15,2/16; sp. 0,5. Motivi: orlo 9; collo 30; ansa 15; corpo 45. NI 132225. 1048. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Imp. 5; ø orlo 10 ca.; ø fondo 6,5; h 14,5; sp. 0,4. Motivi: orlo 9; collo 30; ansa 15; corpo 45. NI 132217. 1049. Vaso cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 3. Imp. 9; ø orlo 10/11; ø fondo 6,4; h 15,2/16,6; sp. 0,3. Motivi: orlo 9; collo 30; ansa 15; corpo 45. NI 132226. 1050. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Imp. 5; ø orlo 7,4; ø fondo 6; h 12,8/13; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; collo 24; ansa 15; corpo 42. NI 132222.
8.2.30. Tomba 41 La t. 41, priva di rilievo, restituisce reperti inventariati con i NNII 132216-132242. Nella ceramica a decorazione geometrica sono attestati cinque calici, quattro cantaroidi, quattro brocche di cui una di un tipo noto a Montescaglioso e una miniaturistica, e una pisside, mentre nella ceramica greca il repertorio è ridotto a poche forme essenziali come
1051. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 5; ø orlo 6,7; ø fondo 6,6; h 12,5; sp. 0,45. Motivi: orlo 2; collo 22; ansa 15c; corpo 39. NI 132221. 1052. 260
Pisside. Integra. Tipo 1.2.
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.114. Corredo della t. 40.
Fig. 8.115. Corredo della t. 40.
Sup. 2.5Y 8/2; ø orlo 7,2; ø fondo 7,2; h 12; sp. 0,5. Motivi: corpo 39. NI 132219. Fig. 4.16.
Sup. 10YR 8/3, ricoperta da ingobbio biancastro; ø orlo 3,3; ø fondo 2,7; h 4,2/5; sp. 0,35. Motivi: corpo 39. NI 132223.
1053. Brocca o boccaletto miniaturistico. Integro. Tipo con corpo ovoidale e orlo verticale, ansa a nastro. 261
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.116. Corredo della t. 40.
Sup. 7.5YR 7/6; ø orlo 18,7; ø fondo 17,4; h 31,6; sp. 0,8; peso 5600. Senza NI. Fig. 4.26.
Ceramica matt-painted di altri comparti 1054. Brocca con orlo trilobato. Lacunosa. Tipo di Montescaglioso. Sup. 10YR 8/3; ø orlo 5/8; h max 17,6; sp. 0,3. NI 132227.
1060. Olla. Ricomposta e integrata. Tipo 4. Sup. 2.5Y 7/3; ø orlo 11,8; ø fondo 6,5; h 16,3; sp. 0,6; peso 1400. NI 132218.
Ceramica matt-painted d’imitazione greca
Ceramica acroma da cucina/impasto
1055. Coppa su piede. Ricomposta e lacunosa. Imitazione di kylix di tipo C. Integra.. L’esterno sembra integralmente verniciato con una vernice con esito opaco, mentre all’interno l’orlo e il tondo sul fondo sono risparmiati. Imp. 2; ø orlo 12,8; ø fondo 5,6; h 6,1; sp. 0,5. NI 132230.
1061. Boccaletto. Integro. Tipo 2.1 con appliques plastiche sull’ansa. Imp. 19, vernice arancio; ø orlo 7; ø fondo 5,8; h 7,5; sp. 0,7. NI 132238. Osservazioni: tracce di nerofumo sul fondo. 1062. Vasetto gemino. Si conserva uno dei due elementi con ansa. Tipo 3. Sup. 5YR 7/8; ø orlo 6,2; ø fondo 4,1; h 6/6,7; sp. 0,6. NI 132239. Osservazioni: tracce di nerofumo nella parte anteriore.
WMPP 1056. Coppetta monoansata. Integra. Sup. 10YR 8/4; ø orlo 14,4; ø fondo 5,6; h 6,2; sp. 0,3. NI 132240. Fig. 4.22. 1057. Brocca. Ricomposta e lacunosa. Tipo 2. Imp. 5; ø orlo 8,6; ø fondo 7,4; h 14,3/15,3; sp. 0,4. NI 132224.
Ceramica greca 1063. Coppa su piede. Ricomposta e lacunosa. Tipo 1. Sup. 7.5YR 8/4; ø orlo 14,6; ø fondo 6,2; h 7,4; sp. 0,6. NI 132242. Fig. 4.29.
Ceramica acroma da mensa e dispensa
1064. Coppetta monoansata. Ricomposta. Tipo 1.1. Sup. 10YR 7/3; ø orlo 9,3; ø fondo 3,2; h 3,7; sp. 0,3. NI 132241.
1058. Mortaio. Ricomposto. Tipo 2. Imp. 9; ø orlo 15,5; ø fondo 8; h 5,4; sp. 1. NI 132234. 1059.
Olla. Ricomposta e integrata. Tipo 2.
1065. 262
Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5.
Catalogo delle sepolture Imp. 22; ø orlo 15,7; ø fondo 5,7; h 7,3; sp. 0,3. NI 132233.
erano stati probabilmente realizzati dalla stessa mano dei cantaroidi NC 488 di t. 25, NC 622 di t. 28, e NC 538 di t. 26; altre analogie sono riscontrabili con i calici della t. 37, che recano lo stesso motivo a zig-zag e con la t. 34 per la presenza della brocca di tipo Montescaglioso, che qui ha però i petali più stretti; la coppa WMPP è simile a NC 539 di t. 26. Ma nel corredo della defunta si trovava anche un unicum, e cioè quella che è stata interpretata come una imitazione locale di una coppa di tipo C: il vaso, come visto, è quasi un ibrido per alcuni suoi caratteri e conferma le capacità recettive della comunità, che accanto ai tradizionali vasi matt-painted o agli elementi singoli dei vasetti gemini, depone elementi che rimandano al mondo esterno. Cronologia: risulta difficile la definizione cronologica di un contesto così complesso per relazioni con gli altri corredi. Sembra plausibile, sulla base di quanto esposto, una datazione agli inizi del V sec. a.C.
1066. Olpe. Integra. Tipo 1. Sup. 10YR 6/3; ø orlo 3,5; ø fondo 3,8; h 11,8/12,1; sp. 0,2. NI 132220. Manufatti fittili 1067. Si conserva integro. Tipo 3.2. Sup. 10YR 8/4; h 2,5; largh. 5,8; sp. 1,6; peso 28. NI 132236. 1068. Si conserva integro. Tipo 3.2. Sup. 10YR 8/4; h 2,5; largh. 5,8; sp. 1,6; peso 28. NI 132237. Metallo. Organici. Oggetti di ornamento 1069. Fibule in ferro ad arco rivestito d’ambra, più un elemento in osso con perni in ferro. Si conservano frammenti piccoli e mescolati tra di loro. Con lo stesso numero è inventariato un anello di bronzo e tre pendenti d’ambra. Tipi ferro 1 +2 e ambra 3.1. ø anello 3,4; sp. 0,6. H max 1,3; pendenti h 2,1; largh. 0,9. Tipo 2. Senza NI. Fig. 4.40.
8.2.31. Tomba 44 La t. 44 non era inserita nell’elenco di tombe scavate tra il 1975 e il 1977 e quanto era stato raccolto e distinto all’interno di una scatola di cartone, su cui era scritto “priva di corredo ceramico”, consta esclusivamente di alcuni oggetti d’ornamento che si è scelto tuttavia scelto di presentare in questa sede (fig. 8.120). Si tratta di frammenti di fibule in ferro ad arco rivestito d’ambra e d’osso, pochi pendenti d’ambra e frammenti di un bracciale d’osso.Tutti i reperti erano senza NI.
Osservazioni L’assenza del rilievo planimetrico influisce sulla lettura e l’interpretazione del contesto (figg. 8.117119). Il defunto della t. 41, forse di genere femminile in considerazione dei manufatti fittili, dei pendenti in ambra e del fermatrecce, era stato deposto con un corredo vascolare variegato che esibiva i suoi legami con altre tombe: i tre cantaroidi con la stessa sintassi
Oggetti di ornamento 1070. Fibula in ferro. Tipo 6. Ø dischi 5,2; sp. 0,7. Senza NI.
Fig. 8.117. Corredo della t. 41.
263
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.118. Corredo della t. 41.
Fig. 8.119. Corredo della t. 41.
8.2.32. Tomba N
classe sono documentate due ciotole, una coppa su piede, un’imitazione di kylix greca, un thymiaterion e dieci cantaroidi; nella seconda, una sorta di Becherschale e sette coppe di tipo ionico B2. L’unica foto di scavo conservata, però, mostra un contenitore a corpo schiacciato che non è né registrato nella documentazione, né esposto52. Non è stato possibile effettuare l’analisi degli impasti né
La t. N è l’unica sepoltura scavata da Morel pervenuta a noi quasi intatta, dotata di una foto e di un disegno che mostra l’orientamento della fossa a NO/SE51. Il corredo si trova nella sede espositiva di Tricarico, in Basilicata. Si ritiene non sia integro, poiché sembra restituire solamente ceramica a decorazione geometrica e greca. Nella prima 51
Prime notizie sulla necropoli e sulla t. N in Morel 1970, 560-561.
52
264
Le foto del corredo esposto si trovano in Morel 1974a, 381, fig. 7.
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.120. Corredo della t. 44.
1077. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 3. ø orlo 12/13; ø fondo 7,8; h 18. Motivi: collo 29b; ansa 15d; corpo 45. NI 22824. Bibliografia: Morel 1971b, 37.
registrare il colore in superficie dei reperti, gli spessori e alcuni motivi decorativi Catalogo
1078. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 3. ø orlo 15/16; ø fondo 8,8; h 20,8. Motivi: collo 24a; ansa 16; corpo 45. NI 22832. Bibliografia: Morel 1971b, 38; Colangelo 2011, 58.
Ceramica matt-painted a decorazione geometrica. Forme aperte 1071. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1 con tre prese a rocchetto di cui una forata. ø orlo 10,6; ø fondo 5,7; h 5,8. Motivi: orlo 11. NI 134843.
1079. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. ø orlo 9,4/11,4; ø fondo 5,6; h 12. Motivi: collo 38; corpo 38. NI 22822. Bibliografia: Morel 1971b, 37.
1072. Ciotola. Ricomposta. Tipo 1 con tre prese a rocchetto di cui una forata. ø orlo 12; ø fondo 5,8; h 6,5. Motivi: orlo 11. NI 134844.
1080. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. ø orlo 8/10; ø fondo 5; h 9,8. Motivi: collo 22; corpo 38. NI 134841.
1073. Calice. Integro. Tipo 1 con piccolo foro nei pressi dell’orlo. ø orlo 14,7; ø fondo 7,5; h 7. Motivi: 22. NI 22800. Bibliografia: Morel 1971b, 37.
1081. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 4. ø orlo 8,2/10,6; ø fondo 5,4; h 11,6. Motivi: collo 23; corpo 38. NI 22821. Bibliografia: Morel 1971b, 37.
1074. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 1.2. ø orlo 10/12,8; ø fondo 7,3; h 15,2. Motivi: collo 28a+33a; corpo 36a+28b. NI 22829. Bibliografia: Morel 1971b, 38.
1082. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 5. ø orlo 12/14,5; ø fondo 8,6; h 16. Motivi: collo 30; ansa 15; corpo 24a. NI 22826. Bibliografia: Morel 1971b, 38.
1075. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. ø orlo 10/11,5; ø fondo 7; h 14,6. Motivi: collo 31; ansa 15; corpo 46a. NI 22823. Bibliografia: Morel 1971b, 37; Colangelo 2011, 59.
1083. Vaso cantaroide. Integro. Tipo 8. ø orlo 10/12; ø fondo 6,2; h 13,2. Motivi: 36+44. NI 22802. Fig. 4.14. Bibliografia: Morel 1971b, 37.
1076. Vaso cantaroide. Ricomposto. Tipo 2. ø orlo 8,3/9,5; ø fondo 5; h 9,8. Motivi: collo 22; corpo 39. NI 22831. Bibliografia: Morel 1971b, 38.
1084. 265
Thymiaterion. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. ø orlo 14,8; ø fondo 5,4; h 8. NI 134833.
ø orlo 12,5; h max 16,5. Motivi: 22. NI 22801. Bibliografia: Morel 1971b, 37.
1092. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5. ø orlo 15; ø fondo 5,4; h 7,6. NI 22827. Bibliografia: Morel 1971b, 38.
Ceramica matt-painted di imitazione greca 1085. Coppa. Integra. Imitazione di Becherschale. ø orlo 11,6; ø fondo 5,8; h 9,5. NI 134840.
1093. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 5. ø orlo 12,8; ø fondo 4,5; h 6. NI 134838.
1086. Coppa. Integra. Imitazione di coppa di tipo ionico. ø orlo 12,6; ø fondo 5,4; h 6,5. NI 22799. Bibliografia: Morel 1971b, 37.
Osservazioni La t. N si lega idealmente al nucleo di sepolture scavate una decina d’anni dopo dalla Soprintendenza della Basilicata nell’area contigua alla Villa Comunale. Anche in questo caso il repertorio vascolare sembra a prima vista omogeneo e privo di particolarità, ma l’analisi dei singoli manufatti (figg. 8.121-122) evidenzia le loro peculiarità. Nella ceramica a decorazione geometrica, le ciotole con tre prese sono generalmente acrome, mentre in questa occasione ricevono una decorazione sull’orlo (NNCC 1071-1072); il calice NC 1073 sembra invece una scodella su piede ad orlo rientrante priva di ansa. Queste attestazioni dimostrano l’inventiva degli artigiani enotri. Accanto alla tradizionale Palinuro-Krug sono poi attestate forme che sembrano più recenti, come un cantaroide che morfologicamente va articolandosi verso un’anforetta, NC 1083, mentre i motivi decorativi sono costituiti dalla versione astratta di elementi tradizionali come la rosetta o il motivo antropomorfo. Sono presenti anche due imitazioni
Ceramica greca 1087. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. ø orlo 15,7; ø fondo 5,7; h 8. NI 134832. 1088. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta e lacunosa. Tipo 3. ø orlo 12,8; ø fondo 4,4; h 6. NI 134835. 1089. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3. ø orlo 13,2; ø fondo 5; h 6,2. NI 134837. 1090. Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 3.3. ø orlo 15,4; ø fondo 5,8; h 7,2. NI 22828. 1091.
Coppa di tipo ionico B2. Ricomposta. Tipo 4.
Fig. 8.121. Corredo della t. N.
266
Catalogo delle sepolture
Fig. 8.122. Corredo della t. N.
di ceramica greca: una di coppa di tipo ionico e una di Becherschale. Questi elementi abbassano la cronologia, che tende genericamente agli inizi del V sec. a.C.
Nel repertorio decorativo della ceramica matt-painted merita una particolare attenzione il cantaroide NC 1094, con l’insolita decorazione zoomorfa: una teoria di cervidi incedenti verso destra. Il vaso ha un corpo ovoide schiacciato a profilo continuo con il collo cilindrico; le anse non sono bifide o trifide, ma a semplice nastro. Il collo e la spalla sono decorati a triangoli rovesciati campiti e serie di puntini, mentre la pancia e cioè il punto di massima espansione del corpo è occupato da quattro cervidi nella parte anteriore e quattro nella parte posteriore. Questi sono rappresentati bidimensionalmente, con il corpo snello con due zampe e, sembra, in movimento; l’animale è dotato di coda, ma l’elemento più vistoso sono i palchi che i maschi adulti portano. Il mantello è rossiccio e maculato, con macchie puntinate e a tratti più spesse e dense concentrate sull’addome, tranne nel caso del primo cervide a destra, forse rappresentato come un cervide più grande. Si è visto come la ceramica enotria utilizzi talvolta anche motivi antropomorfi, zoomorfi e fitomorfi, probabilmente derivati dall’osservazione del mondo circostante. Il cervide doveva essere presente nel corso dell’età del Ferro in Basilicata, tuttavia nei depositi di Grotte delle Fontanelle, che sono gli unici che hanno restituito frammenti ossei che sono poi stati fatti analizzare54, la loro presenza è scarsissima e limitata a determinati livelli. Le rappresentazioni di questo animale non mancano in altri contesti indigeni, particolarmente in Peucezia55, come in un’olla dalla t. 9 di Gravina, un contesto databile alla prima metà del V sec. a.C., che mostra alcuni episodi della vita di un cervide56. Questi sono racchiusi all’interno di cornici separate tra di loro da motivi fitomorfi e comprendono scene dalla sua infanzia, come l’allattamento, sino alla scena in cui
8.2.33. “Tombe sconvolte”, “Fuori tomba” e tombe 8 e 16 Accanto ai corredi delle singole sepolture sono stati raccolti da “tombe sconvolte”, non si sa se da scavi clandestini o da lavori moderni che non ne hanno rispettato l’integrità, 257 reperti, spesso in buono stato di conservazione, consistenti in vasellame ceramico o oggetti metallici e come gli altri conservati nel Magazzino Nuovo del Museo Ridola di Matera. La mancanza di un contesto li rende inutilizzabili nel caso di questo studio, benché alcuni di questi possano considerarsi importanti per future analisi sulla tipologia della ceramica enotria. Da questo campione si è scelto di estrarre e presentare due esemplari matt-painted che si distinguevano per sintassi decorativa: un cantaroide con teoria di cervidi e una brocchetta con un originale insieme di motivi fitomorfi e zoomorfi (fig. 8.123)53. 1094. Cantaroide. Ricomposto e lacunoso. Tipo 1.1. Imp. 1; ø orlo 12/14; ø fondo 8,9; h 18,4/21,5; sp. 0,5. Motivi: orlo 3; collo e spalla 25; ansa 15c; corpo cervidi. NI 121737. 1095. Brocchetta. Ricomposta. Tipo 6 con piede ad anello. Imp. 3; ø orlo 7,3; ø fondo 4,8; h 12,2/13,5; sp. 0,3. Motivi: orlo 2; ansa 15; corpo motivi fitomorfi e zoomorfi + 40. NI 132269.
Per cui si veda l’Appendice di C. Sorrentino in Bertesago, Garaffa 2015. 55 Small 2004, con riferimento a Mayer 1914, 285. 56 Herring et alii 2000, 240-241. 54
53
Gli altri motivi decorativi sono stati già analizzati nella sez. 4.2.1.
267
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.123. “Tombe sconvolte”: NC 1094 e NC 1095.
l’animale viene trafitto da una lancia, probabilmente scagliata dall’unica figura umana presente nel campo, che sembra una donna. L’eccezionale scena di caccia si presta ad interpretazioni differenti. Gli editori sono favorevoli a credere che la scena debba essere letta come un riferimento a episodi mitologici e tradizioni locali che hanno dato vita a pratiche cultuali, e questa ne sarebbe una preziosissima testimonianza, piuttosto che come una rappresentazione di una quotidiana realtà di caccia che coinvolgeva che l’elemento femminile della comunità. La giovane donna, in questo caso, sarà stata rivestita di un importante ruolo religioso57. Un’altra figura di cervide, questa volta isolata,
ma duplicata nelle due facce, è rappresentata su un vaso stamnoide dalla necropoli di Santo Mola, nei pressi di Gioia del Colle, che viene considerata un indizio di influenza greca e di ispirazione dal mondo greco nella cultura materiale, sia per quanto riguarda la morfologia del vaso, sia per il motivo decorativo, ma ancora più incisivamente grazie all’apposizione di un’iscrizione in greco che si trova al di sopra di una delle due figure58.Nei magazzini sono stati inoltre conservati corredi frammentari, spesso non inventariati, oppure insiemi di frammenti da tombe integre con indicazioni ambigue sui cartoncini originali che li contenevano come “Materiale rinvenuto all’esterno. Non Small 2004. Per le rappresentazioni di cervidi sui vasi greci cfr. Böhr, Böhr 2009. 58
57
Herring et alii 2000, 245-247 e fig. 9.
268
Catalogo delle sepolture inventariato”. Si è scelto di documentare questo materiale “Fuori tomba” solo parzialmente, fotograficamente e graficamente, senza procedere alla compilazione di un catalogo, allo scopo di documentare forme vascolari non altrimenti attestate (fig. 8.124).
Alla t. 8, per esempio, sono attribuiti pochi frammenti difficilmente riconoscibili per il pessimo stato di conservazione, pertinenti principalmente a ceramica greca e acroma, e alcuni oggetti in ferro. I frammenti in esame non presentano quasi analogie con il nucleo di tombe meglio
Fig. 8.124. “Tombe sconvolte”: NC 1094 e NC 1095.
Fig. 8.125. Selezione di forme da “fuori tomba”.
269
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
Fig. 8.126. Corredo della t. 8.
documentato: particolarmente vistosa è la presenza di uno skyphos a vernice nera (fig. 8.125). Altrettanto insolita è la presenza del peso da telaio troncopiramidale con un unico foro passante, che inoltre reca inciso un motivo fitomorfo, un fiore di loto?, ricorrente nell’immaginario di Garaguso59. La t. 16, invece, presenta varie incongruenze. Il rilievo planimetrico documenta una tomba a fossa probabilmente disturbata, dalle dimensioni di cm 213 x 33 ca., dove si distinguono gli arti inferiori del defunto e pochi oggetti di corredo, tra cui una coppetta e una punta di lancia. All’interno del magazzino è stato rinvenuto un piccolo contenitore di cartone che recava solo l’indicazione ‘t. 16, priva di corredo ceramico’, ma da cui pure provenivano, insieme ad alcuni frammenti di ferro forse pertinenti a fibule, e ad una vertebra, almeno due manufatti fittili diversi per forma: un parallelepipedo rettangolo, dotato di quattro fori passanti, con i margini stondati e con un incavo in uno dei lati brevi60 e un oggetto fittile quadrangolare lacunoso ed in pessimo stato di conservazione, ove si distingue appena uno dei fori, che presentava delle incisioni continue con motivi angolari su ogni lato (fig. 8.126). La vertebra rinvenuta era una vertebra lombare con epifisi anulare molto rilevata che denunciava un principio di artrosi; apparteneva, forse, ad un individuo d’età avanzata o che aveva svolto una notevole attività fisica nel corso della sua vita61. Gli oggetti rinvenuti, incompatibili con il rilievo, sono forse da attribuire ad un’altra t. 16 di cui si sono perdute le tracce.
Fig. 8.127. Corredo della t. 16.
infatti, forme come gli skyphoi. La pratica del deposito funerario non sarebbe attestata che nell’unico caso documentato da Morel62 e da noi non rinvenuto, tuttavia non è da escludere del tutto, soprattutto per la presenza della forma dello skyphos, abbondantissima nei depositi votivi, ma ignota nelle tombe se non nelle varietà di cupskyphoi o lip-kotylai63.
In questa piccola casistica, il fenomeno più evidente è la presenza di materiale fuori dalla tomba relativo forse a sepolture sconvolte oppure ad offerte o a rituali post seppellimento. Insieme a frammenti di forme ceramiche già attestate nel repertorio della necropoli si trovavano,
59 60 61
Per i motivi fitomorfi cfr. sez. 4.2.1. L’oggetto, parzialmente ricoperto da un pigmento rosso, pesa gr. 37. Per queste note ringrazio M. Martoccia.
Cfr. sez. 3.3. Per una discussione sugli skyphoi e gli altri vasi potori cfr. sez. 5.5 e 7.1. 62 63
270
9 Appendice. Tabella degli impasti Questa tabella è stata compilata realizzando piccole campionature sul corpo dei vasi; laddove non fosse stato possibile eseguire una frattura fresca dei vasi ci si è limitati a segnalare nel catalogo il colore della superficie in base alle Munsell Soil Color charts. L’osservazione è stata effettuata a occhio nudo o con l’ausilio di una lente di ingrandimento. Del corpo ceramico si riportano genericamente il colore in superficie e in frattura, la porosità con la forma dei vacuoli
(arrot.= arrotondati o allung.= allungati), e la frequenza, il colore e la dimensione approssimativa degli inclusi. I raggruppamenti operati hanno una finalità puramente descrittiva. Classi ceramiche: 1 = ceramica matt-painted; 2 = ceramica acroma da mensa e dispensa; 3 = ceramica acroma da cucina; 4 = ceramica greca.
Tab. 9.1. Impasti Imp. Classe
Col. superficie
Col. frattura
Porosità
Inclusi
1
1
10YR 7/3 o 7.5YR 7/4
7.5YR 6/4 o 7/4
Media, arrot. e allung.
Rarissimi bianchi, piccoli
2
1
10YR 8/4 o 7/3
10YR 6/4
Media, arrot.
Rari bianchi e neri, piccoli
3
1
10YR 8/4 o 7/3
7.5YR 7/4
Scarsa, arrot.
Rarissimi bianchi, piccoli; brillanti
4
1
7.5YR 7/6
7.5YR tra 7/4 e 7/1 Scarsissima
Brillanti
5
1
10YR 7/3
10YR 7/4
Media, arrot. e allung.
Rari bianchi e grigi, piccoli
6
1
7.5YR 8/4
7.5YR 6/6 o 7/4
Scarsa, arrot.
Numerosi bianchi piccoli; rari neri e bruni; brillanti
7
1
5YR tra 7/8
5YR 6/8
Scarsa, arrot.
Numerosi bianchi, piccolissimi; rari brillanti
8
1
2.5Y 8/2
2.5Y 7 o 8/3
Media, arrot.
Bianchi piccolissimi; rossicci e grigi, medi; brillanti
9
2
10YR 7/4
10YR 6/1
Media, arrot.
Rarissimi bianchi, grigi e/o bruni piccolissimi; rarissimi brillanti
10
2
10YR 7/2
10YR 6/3 o 5YR 6/4
Media, arrot.
Numerosi neri, piccoli e medi, arrotondati; rari rossicci; brillanti
11
2
7.5YR 7/4
7.5YR 6/4
Scarsa, arrot.
Bianchi piccolissimi; brillanti
12
2
10YR 7/3
7.5YR 6/4 o 7/4
Media, allung.
Numerosi bianchi, piccoli e medi; rari grigi, piccoli; brillanti
13
2
7.5YR 7/6
7.5YR 7/6
Scarsissima, arrot.
Rari bianchi e rossi, piccoli
14
2
2.5Y 7/2
2.5Y 7/1
Media, arrot.
Numerosi neri, piccoli
15
3
7.5YR 6/4
7.5YR 4/2
Media, arrot. e allung.
Numerosi bianchi e grigi a spigolo vivo, medi
16
3
7.5YR 7/4
5YR 6/4
Media
Numerosi rossi e bianchi; rari grigi a spigolo vivo; rarissimi bruni; brillanti
17
3
5YR 6/8
5YR 6/8
Scarsa
Numerosi grigi a spigolo vivo medi; rari bianchi e neri
18
3
7.5YR 8/4
5YR 7/6
Media, arrot. e allung.
Numerosi rossi; rari grigi; rarissimi bianchi e trasparenti
19
3
10YR 7/6
10YR 6/6
Scarsa, arrot.
Numerosi bruni, medi; rari neri e trasparenti; brillanti
20
3
7.5YR 6/3
7.5YR 5/2
Media, allung.
Numerosi bruni e rossicci, a spigolo vivo
21
4
5YR 7/6 o 7/4
5YR 6/4 o 6/6
Scarsissima, arrot.
Rarissimi bianchi o grigi, piccolissimi
22
4
7.5YR 7/3 o 7/4
5YR 6/6
Scarsa, arrot. e allung.
Rari bianchi, piccoli; brillanti
23
4
7.5YR 7/4
7.5YR 6/6
Media, arrot. e allung.
Rarissimi bianchi o bruni, piccolissimi
24
4
10YR 7/4
10YR 7/6
Media, arrot. e allung.
Bianchi e rossicci; brillanti
25
4
10YR 7/3
10YR 7/4
Scarsa, arrot.
Rari grigi, piccolissimi; brillanti
26
4
5YR 7/6
5YR 6/6 e 4
Media, arrot. allung.
Rari grigi; rossicci piccolissimi
271
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Tab. 9.1 continuato Imp. Classe
Col. superficie
Col. frattura
Porosità
Inclusi
27
4
10YR 8/2
2.5Y 6/3
Media, arrot. e allung.
Brillanti
28
4
7.5 YR 7/6
2.5YR 6/8
Media, arrot. allung.
Rari grigi
29
4
7.5YR 7/3
7.5YR 7/3
Scarsissima, arrot.
Rarissimi bianchi o neri, piccolissimi; brillanti
30
4
7.5YR 6/2
5YR 5/2
Scarsa, arrot.
Rarissimi, bianchi, piccolissimi
272
10 Bibliografia Le abbreviazioni dei titoli delle riviste e delle principali raccolte seguono la Liste der abzukürzenden Zeitschriften, Reihen, Lexika und häufig zitierten Werke del Deutsches Archäologisches Institut.
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‘The real originality lies in the comparison between funerary and sanctuary evidence and the insights this provides into South Italian Indigenous society at a time of profound change and cultural interaction.’ Dr Edward Herring, NUI Galway ‘The book makes an important contribution to the study of the relationship between Greek cities and indigenous societies in the region, a major topic of current international scholarship. Beyond those immediately interested in the Iron Age of southern Italy, the book would be of interest to researchers into the general relationship between Greek colonies and indigenous societies around the Mediterranean.’ Dr John Pearce, King’s College London
This book investigates the identity, strategies and history of the indigenous community at Garaguso in the archaic period, studying grave goods and votive deposits to understand local traditions, innovation and cultural contacts with the Greek world. The volume includes summaries of the chapters in English. Valentina Garaffa ha studiato archeologia classica a Palermo, Matera e Bonn. Ha partecipato a numerose campagne di scavo e progetti, nonché a conferenze internazionali. I suoi studi riguardano la cultura materiale, pratiche di culto, cultura funeraria e domestica, recezione dell’antico e costruzione dello spazio urbano nell’Italia antica.
Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C. Il centro indigeno di Garaguso tra tradizione e innovazione
Valentina Garaffa B A R I N T E R NAT I O NA L S E R I E S 3 0 2 6
2021 297mm HIGH
Gli scavi archeologici nel centro indigeno di Garaguso, nell’entroterra della Basilicata, hanno restituito una documentazione eccezionale di questa comunità nel corso del VI e V secolo a.C. Le aree sacre di Filera e delle Grotte delle Fontanelle avevano rivelato una forte componente greca nel sistema delle offerte votive. I corredi funerari della necropoli, invece, denotano un rituale funerario tipico del mondo “enotrio”. I defunti, deposti supini, erano accompagnati dalla tradizionale ceramica matt-painted, considerata uno dei maggiori “emblems of identity” di una comunità indigena. L’analisi comparativa della necropoli e dell’area sacra ha mostrato, pertanto, che manufatti tradizionali e quelli estranei alla comunità venivano selezionati a seconda del contesto. Questo libro indaga l’identità, le strategie e la storia di una comunità indigena in epoca arcaica tra tradizioni locali, innovazione e contatti culturali con il mondo greco.
BAR S3026 2021 GARAFFA Pratiche funerarie e cultuali in Italia meridionale fra VI e V sec. a.C.
BAR INTERNATIONA L SE RIE S 3026
Valentina Garaffa studied Classics in Palermo, Matera and Bonn. She has participated in numerous excavation campaigns and projects, as well as international conferences. Her studies concern material culture, cult practices, funerary and domestic culture, reception of the ancient world and urbanism in ancient Italy.
Printed in England
210 x 297mm_BAR Graffa CPI 19.5mm ARTWORK.indd 2-3
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