Paraletteratura. Lingua e stile dei generi di consumo 9788843069538, 8843069535

L'espansione dei generi di consumo ha risvegliato negli ultimi anni l'interesse per tutte le scritture ispirat

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Italian Pages 172 [175] Year 2013

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Paraletteratura. Lingua e stile dei generi di consumo
 9788843069538, 8843069535

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Laura Ricci

Paraletteratura Lingua e stile dei generi di consumo

Carocci editore

@,

Quality Paperbacks

I a ristampa,

giugno 2017 1 a edizione, settembre 20 r 3 © copyright 2013 by Carocci editore s.p.a., Roma Impaginazione: Imagine s.r.l., Trezzo sull'Adda (MI)

Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico.

Indice

Premessa I.

2.

3.

9

Che cos'è la paraletteratura?

13

Uno spazio dai confini incerti

13

Tratti comuni e ricorrenti

14

Aspetti linguistici

15

Snodi storici

18

Per le strade, fra la gente

21

La narrazione di piazza

21

L'epica minore dei cantastorie

26

Libri di battaglia, libri d'innamoramento, libri per l'anima

31

I casi straordinari degli avvisi a stampa

35

Libretti e dispense

39

Testi pratici, ameni, edificanti

45

L'italiano letterario verso l'uso comune

45

La produzione religiosa popolare

so

Pillole di saggezza, giorno per giorno

54

Buone maniere per tutti

58

4.

Il romanzo di consumo I precursori dell'età dei Lumi Il romanzo d'appendice

71

Libri "buoni" e libri "cattivi" Le sfumature regionali del giallo Dal rosa cipria al rosa shocking Come scrivere un best seller in una settimana Il futuro è su un altro pianeta

5.

6.

100

Parole e figure

113

La stagione del fotoromanzo

113

Nuvole e strisce

117

Il racconto grafico

124

Alla conquista di un pubblico in crescita

127

I classici dell'infanzia

127

Riduzioni e adattamenti

133

Dalla "Biblioteca per signorine" alla teen-lit

135

Conclusione Note

145

Bibliografia

153

Indice dei nomi

Premessa

Nei secoli passati gli intellettuali di mondo li hanno bollati come ( Carlo Gozzi); gli serittori di chiara fama li giudicavano vili godimenti, adatti al popolino (Giosue Carducci); e i critici seri se ne sono occupati sol­ tanto per il clamoroso favore popolare, trattandosi di libri letti da tutti > . Il rosa, i cui titoli suggeriscono l'esuberanza sentimentale con le parole amore, bacio, sogno, invita al contempo, in modo subliminale, all'acquietamento domestico con l'evocazione di ac­ coglienti dimore e rassicuranti matrimoni: accadeva con Liala in roman­ zi come La casa delle lodole e Un altare per il mio sogno e si ripropone oggi con Sveva Casati Modignani (Un amore di marito, 2011). Il giallo, infine, sbatte in prima pagina inevitabili crimini e morti violente, insie­ me alle parole chiave morte,sangue,delitto, scomparsa. L'intenzione di attrarre un pubblico numeroso determina la sem­ plicità della scrittura, che rifugge programmaticamente artifici e sottigliezze di senso. E evidente la concentrazione sui livelli medi della comunicazione, con una resecazione degli estremi alti e bassi: cultismi e preziosismi da un lato, varietà sub-standard dall'altro. Tale medietà si manifesta anche nella riluttanza per le costruzioni innovative, quali le neoformazioni, le associazioni inattese, la figuralità ricercata; e nell'e­ spulsione, o cauta accettazione, degli elementi esogeni, siano essi dialet­ tismi o stranierismi. Citando fin d'ora un aspetto particolare, le scelte onomastiche presentano generalmente un grado di trasparenza supe­ riore a quelle dell'onomastica letteraria che, anche quando non casuale, possiede connotazioni più allusive e segrete. I nomen omen sono fre­ quenti, gli antagonismi esplicitati, le funzioni di assegnazione al genere chiaramente riconoscibili. Tra i molti possibili esempi, cito la verginale Clara di Invernizio (Il bacio di una morta, 1889) e la volitiva Leona della Contessa Lara (L'innamorata, 1892); i descrittivi diminutivi o vezzeg­ giativi dei racconti per bambini, quali Ciondolino, Cipollino, Ciujfèttino, Giannettino, Tranquillino (e gli altri ricavabili da Boero, De Luca, 2009 );

CHE COS - E LA PARALETTERATURA?

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la voluttuosa e antirealistica onomastica femminile del romanzo rosa, le cui protagoniste > 4 • La lingua, dunque, per lo più compressa entro la varietà standard dell'italiano e grammaticalmente irreprensibile, riesce mediocre per for­ mularità, intuibilità e conservatività 5 • Anche l'opposizione tra italiano e dialetto è giocata spesso in modo convenzionale, ovvero limitando gli usi localisti ai dialoghi e relegandoli non di rado a macchiette sociali. Un po' più larga è la disponibilità ai forestierismi - con la massima con­ centrazione nelle scritture settecentesche, infarcite di francesismi, e nel­ la narrativa contemporanea, aperta agli anglicismi -, tuttavia presenti come superficiale speziatura o accettazione passiva di voci alla moda 6. Più di una puntualizzazione si renderà necessaria: i romanzi sette­ centeschi di Pietro Chiari e Antonio Piazza, ascrivibili al consumo per gli aspetti di serialità e stereotipia, rivelano a un esame approfondito ricchezza e varietà lessicale (Antonelli, 1996); il linguaggio del fumetto, fresco e vivace anche grazie alla breve storia di quest'arte, è in linea di massima più creativo di quello della narrativa seriale, e particolarmen­ te sensibile alla riproduzione dell'italiano parlato (Morgana, 2011b); la medierà dell'italiano per l'infanzia è spesso una misura consapevolmen­ te prescelta e conseguita con garbo stilistico (Ricci, 2009b); il giallo ita­ liano mostra ambizioni neoveriste che comportano un significativo in­ nalzamento del tasso di dialettalità (Vignuzzi, Bertini Malgarini, 2010). In prospettiva storico-linguistica le scritture paraletterarie suscita­ no speciali motivi di attenzione, del resto segnalati negli ultimi tempi da più studiosi: in primo luogo hanno contribuito, grazie alla più faci­ le accessibilità contenutistica e formale, a una maggiore propagazione dell'italiano comune, in modo clamoroso dalla fine dell'Ottocento, ma anche - forse più di quanto si sia finora pensato - in epoca preunitaria; ancora nell'età contemporanea, in una fase di conclamata disaffezione alla lettura, rappresentano una residuale produzione narrativa in grado di circolare trasversalmente. A differenza di altri tipi di testo di estesa consuetudine, ma giocoforza compromessi con il parlato per la loro na­ tura strumentale - mi riferisco alle scritture pratiche e d'uso, come le memorie private, i registri di conto, i diari e le corrispondenze persona­ li - la paraletteratura è stata per larghe masse di lettori l'unico veicolo dell'italiano scritto e persino scritto-scritto: nei romanzi di consumo, nei libri per ragazzi, e perfino nei dialoghi del disneyano "Topolino': è notevole la predominanza di vocaboli, forme e strutture sintattiche qua-

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PARALETTERATURA

si estranei alla lingua parlata, come le voci scrupolosamente anticollo­ quiali, i pronomi egli ed ella, il passato e il trapassato remoto, il periodo ipotetico con il congiuntivo e il condizionale. Negli esempi meno artificiosi le scritture di genere offrono una testi­ monianza dell'uso medio della lingua, ma il più delle volte l'elemento emergente è la letterarietà ostentata. Nei prodotti più squalificati, come il fotoromanzo, agisce una sorta di complesso di inferiorità (o di ipercor­ rettismo diafasico) che porta a considerare disdicevole e volgare oltre il giusto qualunque tratto parlato o informale; in altri casi è la prioritaria spinta educativa a irrigidire il controllo sulla scrittura, che deve confi­ gurarsi come un modello da imitare; infine, quello stesso procedimento che punta all'evocazione di mondi onirici e distanti - non a caso altre etichette a disposizione sono quelle di "letteratura amena" o "d'evasio­ ne" - influisce sulla fuga dal realismo linguistico. Un altro elemento da rilevare è la ricaduta nella lingua d'uso, favorita dalla ricezione collettiva che gratifica le opere paraletterarie; si pensi ai nomi appositivi trasformati in antonomasia (la Cieca di Sorrento, la Perla di Labuan, il Grillo Parlante), e ai modi deonomastici come la "sindrome di Peter Pan" (Carosella, 2011b), la "coperta di Linus': la "fortuna di Ga­ stone': Alcune espressioni idiomatiche sono passate nella lingua comune grazie al tramite di libri di successo: è il caso del settecentesco unfico (in espressioni come , ossia 'non stimare per niente'), messo in circolo dal romanziere Piazza, e dei molti idiotismi toscani del celeberrimo Pinocchio; e qualche seguito hanno avuto il "ventre" oscuro delle metropoli di carta e i felici incipit fumettistici sia un ruolo di (Pasquini, 1 9 9 5 , p. 9 4 5 ) . Fra queste compilazioni storico-leggendarie, le più gradite attra­ versano i secoli e, di anello in anello, alimentano l'editoria popolare dell'Ottocento. Per testimoniarne il profondo radicamento nella tradizione culturale e linguistica italiana allego, non per prima, il noto passaggio manzonia­ no sulla "biblioteca del sarto", nel cap. XXIV dei Promessi sposi ( cit. ed. Travi, 1 9 9 3 , p. 3 8 2 ) : Era, se non l'abbiamo ancor detto, il sarto del villaggio, e de ' contorni ; un uomo che sapeva leggere, che aveva letto in fatti più d'una volta il Leggendario de ' Santi, il Guerrin meschino e i Reali di Francia, e passava, in quelle parti, per un uomo di talento e di scienza : lode però che rifiutava modestamente, dicendo soltanto che aveva sbagliato la vocazione ; e che se fosse andato agli studi, in vece d 1. tant , a1 trt.. .. .'

PARALETTERATURA

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Aggiungo che si tratta solo del più famoso esempio nella serie di "piccole biblioteche popolari" di cui ci sia giunta notizia, singolarmente simili fra loro non solo nel caratteristico affastellamento di sacro e profano, ma anche nell'esatta analogia dei titoli ricorrenti, riferibili a popolari romanzi della tradizione cavalleresca, a poemetti in ottava rima, a stan­ dardizzate opere devozionali (vite di santi, salteri, brevi storie edificanti) e scolastiche (donati, abachi, abbecedari). Chemello (2002, pp. 50-1) e Roggero (2006, pp. 35-41) ricordano, accanto a quella verosimilmente ricostruita da Manzoni, altre biblioteche di dominio tipicamente popo­ lare, che radunavano ancora nel xrx secolo il Buovo d:Antona e il Pesca­ tore di Chiaravalle, il Guerrin meschino e i Reali di Francia, le preghiere e gli almanacchi. Il successo trasversale e secolare di questa letteratura di strada è te­ stimoniato da fonti disparate1 Interessanti informazioni offrono i cata­ loghi degli editori più sensibili ali'ampliamento degli acquirenti oltre la cerchia dei dotti, come, nel Settecento, i Remondini di Bassano e i Soliani di Modena; a conferma di una dilatazione del fenomeno oltre il pubblico più rudimentale, il librettista Lorenzo Da Ponte racconta di aver scovato nella biblioteca di famiglia > , , desunti dalla tradizione lirica e qui cristallizzati; le rime dilem­ matiche tra il cavaliere cristiano e il nemico saraceno, che pongono a fronte il e il . Di là dalle diffe­ renze regionali presenti nella fonomorfologia, la lingua ha una sua so­ stanziale uniformità, (De Robertis, 2 0 0 2, p. XXX I I I ; sulle costruzioni assolute con il gerundio, cfr. De Roberto, 2 0 1 2 , pp. 5 0 1 - 1 0, 5 1 7, che ne mette in luce, come per le participiali, la possibile ). I toni enfatici pongono l'accento sulla vaghezza, l'ineffabilità e la straor­ dinarietà del fatto più che sulla descrizione oggettiva, lasciando così largo spazio alla fantasia del pubblico e maggiore libertà di riuso al cantastorie. Nella preferenza per le circonlocuzioni perifrastiche al vocabolo concreto pesa, naturalmente, anche l'eredità dell'antirealismo lirico: > ( Gismirante, ivi, p. 1 4 1 ) ; ( Canzone dello Indovinello, ivi, p. 259 ) ; (Liombruno, ivi, p. 3 0 8 ) . Le ottave di carattere introduttivo assolvono abilmente a una sintesi narrativa della vicenda; la consueta modularità è qui specialmente affi­ data alla scansione della consequenzialità logica tramite connettivi forti e distinti ( Cantare di Madonna Eléna, ivi, p. 3 47 ) : Eléna fu sì bella creatura, sigondo che raconta la leggenda ; di lei s' inamorava ogni persona, quando vedean sua figura bella. Un cavalier, malvagio altra mizura, si inamorò de la gentil pulsella ; ma non ne potea avere alcuno amore ; ond'e ' pensò una gran tradigione.

Nel Bel Gherardino, la figura del protagonista si delinea nelle ottave di aper­ tura anche grazie ali'insistenza coesiva del relativo (ivi, p. 56, corsivo mio):

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Quando messer Lion venne a la morte, chiamò suo tre figlioli a-ccapo chino, e al maggior, che dovea regger la corte, racomandò que ' che 'era più fantino ; e que ' fu quegli che fu tanto forte, che ·ffu chiamato lo Bel Gherardino.

Merita una speciale considerazione il genere, affine al corrispettivo poe­ tico dei cantari, dei romanzi di argomento cavalleresco, per i quali sono state accertate sia la fruizione in verticale (persino tra le masse analfa­ bete, per via di una più che ipotizzata ricezione orale), sia la reiterativa struttura testuale, adatta appunto alla lettura ad alta voce. Sulla prima questione, basti dire che le testimonianze sul gradimento interclassista per i fatti d'arme e d'amore ha spinto ali'ardita configurazione di un (Roggero, 2010, p. 24). Per le pro­ prietà linguistiche, già Serianni (1993, pp. 476-8, ora in Serianni, 20 12, pp. 44-6), soffermandosi sull'illustre caso di Andrea da Barberino, "can­ terino" in piazza San Martino al Vescovo a Firenze - una sorta di centro della letteratura antiaccademica -, ha esemplificato dai Reali di Francia, caratterizzati da una tradizione attiva e da riformulazioni, il colorito po­ polaresco, l'elementarità sintattica (in un certo senso, preboccacciana) e la peculiare ricorsività degli snodi narrativi. Una valutazione estendibi­ le all'altro popolarissimo romanzo di Andrea da Barberino, il Guerrin Meschino, elaborato tra il 1410 e il 1415 e riadattato con fortuna fino al Novecento inoltrato. L'andatura narrativa è calibrata sulle predilezio­ ni del pubblico di piazza, avido più di avvincenti intrattenimenti che di retoriche finezze; ripetizioni, zeppe e demotismi affiorano in misura inferiore che nei paralleli cantari, ma le convenzioni del genere cavalle­ resco sono ben rispettate (Pastore Stocchi, 20 05). La trama avventurosa trae vivacità dall'affastellata materia carolingia e dall'intersecazione dei registri (epica e racconto di viaggio, dottrinalismo tardo-medievale e berta popolare), mentre le concessioni alla cultura collettiva si colgono nei rimandi a una sommaria religiosità, ai bestiari tardo-gotici, al gusto del motto schiettamente fiorentino. La grossolanità stilistica si evince dalla scarsa varietas lessicale e dalla monotonia sintattica, antitetica sia alla complessa architettura boccac­ ciana sia alla studiata prosa coeva latineggiante. Le didascalie poste all' i­ nizio di ogni capitolo immettono brevemente all'argomento, fungendo da raccordo tra i vari snodi narrativi. Introdotte da un come con valore più presentativo che modale, hanno una base compositiva fissa e poco

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PARALETTERATURA

variata nei vocaboli: > ; > (ivi, p. 45). Molto usuali sono la coordinazione e la giustapposizione, specie nel racconto delle battaglie, dove i connettivi paratattici e i frequenti poli­ sindeti assecondano la successione cronologica dell'azione, facilitando l'immedesimazione fantastica nel tempo descritto (ivi, pp. 62-3): Dato il segno del sanguinoso guanto, l'una parte e l'altra si mossono. [ . .. ] Al­ lessandro scontrò Manacor e amenduni s'abbatterono da cavallo l'uno l'altro, e presti si levarono : con le spade in mano assalì l'uno l'altro. Gostanzo si scontrò con Falisar e rupponsi le lance addosso, e ccogli urti de ' cavalli si percossono : amenduni e cavagli caddono in terra e non si poterono levare e morirono amen­ duni ; allora l'assalirono quattro figlioli del re Astilladoro, ciò fu Dragon, Bru­ noro e Turcon e Muisante : questi quattro lo credettono mettere a morte [ ... ] . E gli altri tre gli dierono tre grandi colpi, e fue quasi per cadere ; ma Archislao con la punta della spada percosse Dragon nella gola, che lo passò dall'altro lato e morto cadde alla terra.

La ritualità compositiva, con procedimenti di ripetizione strutturale e lessicale del tutto sovrapponibili a quelli dei cantari in ottave, è appa­ riscente negli incipit dei capitoli e nelle topiche descrizioni degli scon­ tri tra cristiani e saraceni. La stabilizzazione dei tratti stereotipici ha contribuito a rendere tali storie familiari a un pubblico diversificato:

(Roggero, 2010, p. 24) catturarono insieme lettori come la marchesa Isabella d'Este e l'umile mugnaio Menocchio (Domenico Scandella), affascinato da quella materia in continuo divenire che erano i (Beer, 1987, pp. 243-4). Proprio la labilità del confine tra oralità e scrittura, le tecniche di richiamo mnemonico, la configura-

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zione allineativa (adatta all'orecchio e all' immaginazione), oltre che la godibilità dell' invenzione, hanno garantito a queste narrazioni una lunga sopravvivenza. Elenchi privati e cataloghi degli editori ci hanno incidentalmente in­ formati sulle prose di romanzi e sui cantari più amati e popolari. Tra le liste sopravvissute una delle più antiche e preziose, per l'occasionalità della trascrizione, appare quella - riprodotta in calce a un manoscritto della Biblioteca Laurenziana di Firenze -, del canterino Michelangelo di Cristofano da Volterra, attivo alla fine del Quattrocento. Sotto il suo nome sono tramandate varie operette a pieno titolo di consumo, e trava­ sate dall'oralità di piazza alla tipografia, come l' Ugone d:Alvernia,poema in ottave giuntoci manoscritto, e l'incunabolo fiorentino intitolato In­ coronazione del re Aloysi,desunto dall'ultima parte del I I I libro dei Nar­ bonesi di Andrea da Barberino. L'elenco autografo dei 68 libri preferiti di Michelangelo, stilato più per certificare la sua privata passione - - che per reclamizzare la produzione canterina di cui era un valido artefice, parrebbe suddiviso per generi così etichettabili: , , > (Tullia d'Aragona)2 ci sono i continuatori della materia epico-cavalleresca, quei libri di amo­ ri e di battaglie che, digradando dalle biblioteche aristocratiche, dove pure alloggiavano ma in veste elegante, assumevano tra le fasce basse del pubblico un aspetto più dimesso e una pratica di trasmissione legata alla o ad alta voce. Il già ricordato Michelangelo di Cristofano da Volterra è un rappre­ sentante di ,

quel popoloso sottobosco di modeste e spesso anonime figure letterarie che, offrendo quel poco di professionalità e di dottrina che consentiva loro di com­ pilare, tradurre, scorciare o mettere in versi un testo, entrarono in affari con editori e tipografi (Villoresi, 200 5b, p. 1 8 3 ) .

Dal canto loro, gli stampatori misero in atto una serie di tattiche per soddisfare la domanda dei compratori, che continuavano a manifestare interesse per i poemi in ottave, genere metrico che ben assecondava i flussi narrativi lunghi, e per i romanzi cavallereschi in prosa. In partico­ lare Villoresi (2005a) ha mostrato la disinvoltura dei tipografi nel ricom­ porre nuovi testi a partire da trame già circolanti in forma manoscritta, sia allo scopo di accrescere l'offerta di materiali evidentemente ad alta potenzialità commerciale sia per adattare le storie, smembrate e mani­ polate, alle aggiornate aspettative del pubblico. Favoriti dalla staticità della grammatica cavalleresca, con tracce prefissate e con protagonisti stereotipati (l' e i facil­ mente clonabili cavalieri cristiani e pagani, ivi, p. 130), gli stampato­ ri rafforzano il carattere di genere, per esempio utilizzando i titoli in modo più funzionale al riconoscimento. Fra le tipologie ricorrenti, ci sono quelle in cui campeggia il luogo dove l'impresa guerresca si è consumata (Aspramonte, Spagna, Trabisonda) o il nome del cavaliere dominante (Altobello, Persiano, Danese, Falconetto) o, più insolitamen­ te, di qualche ardimentosa amazzone (Regina Ancroia, Dama Rovenza, Bradiamonte). Importa ricordare che si tratta spesso di titoli editoriali, come nel caso della famosa serie che, avendo in cima Boiardo, enfatizza la sigla e : la parola chiave diven­ ta in breve un'esca commerciale di probabile abboccamento. Così, il Falconetto dei manoscritti passa nell'edizione a stampa del 1504 a lna-

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moramento di Falconeto e de Duxelina; oppure viene messo in evidenza ad hoc l'Innamoramento di Lancillotto e Ginevra, per accrescere l'at­ trattiva di un libro uscito dalla tipografia dello Zoppino (Niccolò de' Rossi) 3 • L'editore recepisce e influenza il gusto collettivo, tagliando e ricompattando con una spregiudicatezza chiaramente finalizzata al successo commerciale. Tra i casi esaminati da Villoresi (2005a) sembra assai istruttivo l'In­ namoramento di Carlo Magno (Venezia 1481), che l'editore Bazaliero di Bologna prima taglia in più sezioni, e poi reimmette sul mercato a scadenze stabilite, assegnando di sua iniziativa a ciascuna delle parti un titolo autonomo. Per di più, lo stampatore adatta la fine e l'inizio delle "puntate" che ha in tal modo inventato, creando momenti di tensione e di attesa. Il primo spezzone dell'opera si chiude con un'ottava, rimodel­ lata sull' explicit dell'antigrafo, che anticipa la seconda parte intitolata Istoria di Salione ( > (ivi, p. 158), le cui vicende si incrociano con quelle della Regina Ancroia, fu pubblicato a Milano nel 1516. Tuttavia, non essendoci nella storia particolari spunti passionali, se ne ricava conferma della funzione ammiccante di quella denominazione, sfruttata, specie in rifacimenti stilisticamente più rozzi, anche a discapito della coerenza fra intitola­ zione e contenuto. Se già per sua natura originaria le ramificate narrazio­ ni cavalleresche > (cc. 2 r-v, 3v). Siamo nel pieno di un'inquietante "letteratura da patibolo': filone di popolare successo dal Cinquecento all'Ottocento; le patetiche confessio­ ni dei condannati a morte, vendute il giorno stesso dell'esecuzione, erano solo una fetta di una più grande produzione morbosamente concentrata su spaventosi episodi di cronaca nera nella quale le gesta dei criminali sem­ brano consumarsi assai spesso nella vita familiare. Intrisi di tristo moralismo, questi , rivolti a un pubblico anche analfabeta che ne ascoltava la declamazione ad alta voce, hanno solleticato per secoli, a vantaggio delle vendite e con inten­ ti di volgare ammaestramento, una primordiale sete di sangue (Natale, 2008). La retorica della paura punta sulla ripetizione per fidelizzare il lettore, e sulla climax drammatica dei fatti, riportati con veemenza ag­ gettivale: i delitti, commessi da banditi e assassini scelerati e sacrileghi, sono sempre orribili, spaventosi e tremendissimi. Come nell' exemplum medievale e soprattutto come nella predicazio­ ne d'età barocca, il pedagogismo morale non è affatto sottinteso; il tono

PARALETTERATURA

popolare è dato dall'accesa coloritura, dal sensazionalismo, dagli appelli alla curiosità dei , dai richiami all'udito come senso privilegiato di ricezione: , > (ed. Rouch, 2006, pp. 128-35); per capire il resto, bastino i primi righi: In Verona, alli 7 di marzo, morì una vecchia, la quale alla sua morte confessò ch'ella non havea mai mangiato con altro che con la bocca a i giorni suoi, e tutti coloro che la conoscevano confermano eh' ella diceva la verità (p. 1 3 1 ) .

L'ironico rovesciamento di abusate modalità comunicative e la conta­ minazione di elementi consapevolmente popolari con i piani alti della cultura, tratteggiano invece, nel caso di Croce, un profilo troppo singo­ lare per un apparentamento con i campioni dell'omologazione.

Libretti e dispense La narrazione di storie cavalleresche, affidata a estemporanei cantori di piazza (i "cantarinaldi") appare un fenomeno caratteristico e persino pittoresco della cultura italiana: dalle impressioni dei viaggiatori stra­ nieri, anche ammettendo qualche caricatura nei resoconti, emerge una vivace realtà di esibizioni che arriva all'Ottocento. Nell'arco pluriseco­ lare in cui fu praticata, l'arte dei canterini consistette nell'incatenare l'u­ ditorio con effetti di meraviglia, atti di coinvolgimento e interlocuzioni varie, come le domande dirette al pubblico in ascolto, o le richieste di aiuto per la prosecuzione in caso di vera o simulata défaillance. Un'altra abilità stava nell'elaborare tecniche mnemoniche (rime e sintagmi ricor­ renti) che favorissero sia l'esecuzione sia la ricezione, mentre un'ulterio­ re ragione del successo delle letture-spettacolo risiedeva negli interventi di mediazione linguistica, che attualizzavano il racconto rendendolo appetibile, anche (e forse soprattutto) per le aggiunte di volta in volta improvvisate. Ne discendeva una particolare dialettica fra lingua stan­ dard e dialetto: (Roggero, 2006, p. 19 3). Lo scrittore toscano Renato Fucini in una sua cronaca giornalistica offre un esempio colorito di ambientazione

PARALETTERATURA

napoletana, che ha come protagonista appunto un cantastorie di strada (ivi, pp. 194-5). Alle prese con l'ottava di Torquato Tasso ( Gerusalemme liberata, 1, 87) in cui il re moro di Gerusalemme annuncia feroci propo­ siti di vendetta contro l'esercito cristiano che s'appresta ad attaccarlo, il canterino non manca di intercalare all'ordito di derivazione tassesca bat­ tute di commento in saporoso vernacolo, con funzione supplementare di glossa (in Roggero, 20 0 6 , p. 195): L'ucciderò tutti, faronne acerbi e scembj (chepuozze mori accise tu, 'nfamone!) Svenerò i figli colle loro madri (i vuleva scanna i vene! Accusi avria sucecedere che creperebbe mammata, cane 'i sarracine rinnegate!) [ ... ] - E in quel loro sandissi­ mo Sepolcro in miezzo alli voti / vittime prima farò di tutti li sacerdoti (doppo accise a tutti, vo ' accidere prima li prievete! Che figli 'nfame avevane a essere a gente a chilli tiempi. E chisto era lu re! Figurammece chilli vajassune i suddete!) .

Tra le più celebri e longeve storie popolari, l' giunge, grazie alla fortunata trasposizione televisiva negli anni settanta del secolo scorso, all'età contemporanea. Oltre che per la trama di trascinante richiamo (amore passionale, delitto d'onore e torbidi legami familiari), il tragico racconto siciliano è esemplare per l'inestricabile tradizione sia orale sia scritta che lo ha trasmesso attra­ verso i secoli. La prima versione a stampa è un poemetto in ottave di 26 2 versi, in dialetto siciliano, allestito dal medico e folclorista Salvatore Salomone Marino (1 ed. 1870, II ed. accresciuta 187 3), il quale fa risalire i fatti che sono all'origine del racconto - l'assassinio della propria figlia, sorpresa in adulterio, commesso dal barone di Carini con la complicità del genero - al 156 3; subito dopo l'evento, si sarebbe formata la leggenda in versi siciliani. Nell' impossibilità di ricostruire un originale perduto, il testo della vulgata ottocentesca resta il riferimento scritto principale, ricostruito tuttavia mediante frammenti e versioni diverse di un'opera per sua natura testualmente mobile. Di grande suggestione erano i "cartello­ ni" illustrati, rettangoli suddivisi in colonne e riquadri dipinti, formanti da sei a dieci vignette. La loro funzione era quella di accompagnare la re­ cita dei cantastorie e di accrescere il piacere degli ascoltatori (cfr. Varvaro, 2010, pp. 59-6 1, 111-5). Dopo aver ripercorso l'intricata tradizione del testo e raggiunto le radici cronachistiche della vicenda, Varvaro conclude che

in un irresistibile dramma fatale, ovvero in > . Ne esce avvalorata l'ipotesi di un'italianizza­ zione, per lo meno intesa come conoscenza passiva della lingua, un po' più precoce e allargata di quella stabilita per questa fase, tale da rendere forse meno netta la frattura tra lingua orale e lingua scritta, e tra italofo­ ni e non italofoni nel periodo che precede l'Unità d'Italia.

Pillole di saggezza, giorno per giorno Nel mare magnum della letteratura caduca e marginale, almanacchi, ca­ lendari e lunari (termini pressoché sinonimici) hanno un posto d'onore, essendo costituzionalmente adibiti alla lettura effimera, e predestinati, allo scoccare di ogni nuovo anno solare, allo scarto e al ricambio. Gli sto-

TESTI PRATICI, AMENI, EDIFICANTI

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rici dell'editoria hanno già disseppellito alcune porzioni di una materia rivelatasi copiosa, affiancando alla ricognizione catalografica e alle stime su probabili tirature e prezzi, la collocazione sociologica: come si è detto per altre forme, anche gli almanacchi si immettono nel circuito di quelle letture di medio livello che dinamizzano i legami tra la cultura scritta e la tradizione orale, restringendo in qualche misura il divario tra colti e analfabeti (Braida, 1989, pp. 14-25; Solari, 1989, pp. IX-XXI) . All'in­ tento principale della misurazione del tempo (segnalazione delle stagio­ ni, distinzione dei giorni festivi e feriali, nozioni basilari sulle sequenze astronomiche) si affiancano immediatamente altri dati di concreta rile­ vanza nel mondo contadino, come l'indicazione dei tempi migliori per la semina e per il raccolto, e di più schietta divagazione astrologica, ov­ vero gli oroscopi e le predizioni. Puntando all'ampliamento dei lettori, a partire dal Settecento si aggiungono numerose rubriche che, con uno spirito simile a quello dell'informazione spiccia e curiosa dei contempo­ ranei periodici illustrati, offrono comunicazioni pratiche (prezzi, mo­ nete in vigore, circolazione postale), notizie su mercati e fiere, aneddoti, ragguagli su eventi mondani e personaggi illustri. Un elemento comune è il proposito di divulgare conoscenze valide e moralmente ortodosse, dato che non mancano i consigli di moderazione nei lussi e di buon uso degli averi, o l'elogio del lavoro umile e faticoso. Gli elementi più vivaci, ripresi dalla cronaca locale e cittadina, servono a ricomporre il binomio di "utile e dilettevole" che condensa anche questi vademecum (Solari, 1989, pp. XXII ss.) L'alto tasso di stereotipia e il ricorso alla formularità ne legittimano la collocazione tra le forme della paraletteratura, a cui li riconducono anche la sobrietà della confezione e, di conseguenza, l'accessibilità del costo (Braida, 1989, pp. 108 ss.); la diversificazione del prodotto nel cor­ so dei secoli e la stratificazione dei livelli culturali che raggiunge (non mancano i lunari in versione borghese e con maggiori aspirazioni cul­ turali) ostacolano però una trattazione uniforme del genere. Va almeno ricordato che la destinazione umile non implica un costante appiatti­ mento sulle attese e sulle deboli premesse culturali del popolo a cui gli almanacchi si rivolgono; in qualche caso la presunta influenzabilità del pubblico di riferimento può comportare semmai un'elevazione a stru­ mento di emancipazione. Non sorprende che questo impulso si manifesti con vigore durante l'età dei Lumi, le cui istanze riformatrici si concentrano, per questo spe­ cifico genere, nei moniti contro la credulità e la superstizione (ivi, pp.

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26 1-6). Bersaglio degli almanacchi razionalisti sono dunque le da cui si lasciano abbindolare; era del resto già abbastanza evidente il trucco delle previsioni, poggian­ te sulla genericità e oscurità delle oracolari > , esca principale di (in Solari, 1989, pp. XVI I I -X I X ) . A parte i fogli più ambiziosamente rivolti a una vasta collettività, gli almanacchi hanno preferenzialmente una destinazione locale: il Mangia senese (con periodicità che muove dal 17 s 9 ), è visibilmente ancorato alla realtà cittadina fin dal nome, che riprende quello vulgato della magnifica Torre del Campo. Dall'esame di alcune annate, Colia (2011) ha messo in luce, accanto agli occasionali dialettismi (sanese, subbito), il fondo di letterarietà, manifesta in particolare nell'aggettivazione ricca e ancora improntata all'estro barocco (costellazione granchiuta, stelle tenebrose, Saturno malignatore, venti gagliardi). Nel lessico, è interessante la diffusione di alcune voci meno comuni, al li­ mite tra il tecnicismo scientifico e il vocabolo letterario: cuspide, equi­ nozio, orbita, solstizio. Nell'Ottocento, una sorta di "lunaromania" invade il mercato: l'of­ ferta si allarga e si diversifica sia internamente nella maggiore varietà di rubriche, sia nella proiezione verso l'area dei lettori, segmentabile in più settori, tra cui quello saliente e sempre più emancipato delle donne. Cre­ scono, d'altra parte, gli esemplari più impegnati i quali, portando avanti i proponimenti didattici della fase illuminista, aspirano a immettere il popolo nel generale moto di civilizzazione europea. Così, il più rino­ mato Nipote di Sesto Caio Baccelli, curato da Pietro Thouar, polemizza con gli omologhi fogli più disimpegnati e prospetta invece un lunario

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che > (Solari, 1989, p. XLIX) . Tuttavia, come in­ tuivano già i critici contemporanei, va rimarcata l'insufficiente capacità di penetrazione proprio nei privilegiati ambienti popolari. Come nota lucidamente un lettore del tempo (Enrico Montazio), non c'è soltanto l'ostacolo dell'analfabetismo, ma un fondamentale vizio di prospettiva che identifica le tematiche "popolari" come quelle più gradite dal po­ polo, forse invece più ansioso di trasportarsi in un universo distante da quello della propria meschinità: Come di molte altre pubblicazioni letterarie, come di tutte le pubblicazioni politiche egli avviene, a questi libri destinati per il popolo di essere letti più che altro da coloro che si occupano della coltura morale ed intellettuale del popolo anziché dal popolo stesso. Infatti che bisogno ha il popolo di veder descritti i suoi abiti, i suoi costumi e di mirarsi passare dinanzi agli occhi come in una lanterna magica i suoi tipi, le sue feste, le sue miserie ? ( ivi, p. LV) .

Con la fine della civiltà contadina e con l'avvento di mezzi di comunica­ zione di massa in grado di trasmettere più velocemente i contenuti delle antiche rubriche che corredavano lo scorrere dei giorni sul calendario (dall'oroscopo alle ricette culinarie), il fenomeno degli almanacchi si è drasticamente ridimensionato. Fa eccezione, con tirature altissime per almeno un cinquantennio, il popolare Calendario di Frate Indovino, ide­ ato nel 1944 e in gran parte compilato dal frate cappuccino Mariangelo da Cerqueto. Con sezioni che modellano sulla semplicità del prodot­ to il principio del delectando docet, questa (Allegri, 1994, p. 274) deve la sua riuscita al bonario mora­ lismo che la impregna ; le rubriche o hanno un lieve alone religioso­ francescano - , , - o tendono al nazional-popolare ( ). All'utile immediato delle previsioni meteo­ rologiche, dei consigli domestici, dei proverbi, si aggiungono lo spi­ rito delle filastrocche e le illustrazioni, che lo vivacizzano come fosse un rotocalco (ivi, pp. 36, 56, 184). Foglio di indubitabile modestia, ha mantenuto il gradimento del pubblico anche in epoca recente, quando la distanza del sentire comune da quella fonte di saggezza popolare si è dilatata tanto da renderlo infine accetto per la fragranza genuina di cosa buona del tempo andato.

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Buone maniere per tutti Il programma (o la chimerica illusione) dell'educazione esteriore e inte­ riore del popolo percorre un altro genere di intrattenimento utile, quel­ lo - di secolare e imperturbato successo fino a tutto il Novecento - dei manuali di buone maniere. Certo, il rinascimentale antenato eponimo, germogliato nel milieu splendente delle corti nobiliari, si colloca in una dimensione sociolinguistica ristretta: i suggerimenti contenuti, sebbene rivolti anche a destinatari non avvezzi con le cerchie signorili, sono di giovamento solo a lettori navigati e potenzialmente a contatto con l'éli­ te aristocratica. I campioni di poco successivi al prototipo elaborato da monsignor Giovanni Della Casa acuiscono la confluenza tra religione, virtù e convenevolezza; nel Nuovo galateo ampliato da don Paolo Angelo Montorfani e ordinato a togliere, non solo le male creanze nella conversa­ zione civile con gli huomini: ma anche ogni indecentia nelle attioni sagre con Dio (Bologna 1695) la basica pedagogia è condensabile nell'inevita­ bile binomio fra (Botteri, 1999, p. 7 1). Gli innumerevoli epigoni si sono sfrangiati, nei secoli, in più filoni, tanto da svolgere persino inclinazioni ideologiche antitetiche: mentre alcuni manuali coltivano snobisticamente l'orticello delle buone manie­ re a vantaggio di una distinta casta, altri hanno voluto piegare l'apparen­ temente superficiale campionario del "saper vivere" a favore di un rime­ scolamento sociale. Una volta stabilito l'assunto che la classe egemone si avvale di un codice di comportamento non impossibile da emulare, allora anche il galateo può diventare un mezzo complementare per livel­ lare le differenze. L'apice della concezione del galateo come strumento di democrazia si ha alla fine del Settecento, con il propagarsi anche in Italia dei valori illuministi. La crisi dell'ideologia nobiliare, culminante nei propositi di rigenerazione radicale del triennio giacobino, si trasferisce nel Galateo Repubblicano, ovvero de ' costumi del cittadino libero (Firenze 1799 ), se­ gnato da chiarissimi auspici egualitari e dalla presa di distanza da ogni sterile formalismo di retaggio patrizio: Siccome l'eguaglianza civile non può ridurre tutti gli uomini eguali ne ' doni di natura, di fortuna, ec., così conviene che essendo inferiore in alcuna di queste cose tu ti dimostri eguale nella costumatezza, nella lealtà, nelle dolci e grate ma­ niere ; le quali maniere non siano già studiate ed affettate ma sincere, naturali, procedenti dal cuore né infettate da alcuna macchia di cortigiana adulazione (in Vanni, 20 0 6, p. 1 62).

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Banditi gli appellativi ampollosi e le cerimonie vacue, anche i titoli di ri­ spetto (Signore, Eccellenza) vanno pronunciati con moderazione, pena lo scadimento di valore. Le allocuzioni devono essere il più possibile equanimi, secondo l' che implica la generalizzazio­ ne del voi anche nelle relazioni asimmetriche e fra appartenenti a diversi ceti. Il Galateo repubblicano non mostra viceversa traccia dello slancio libertino e del piglio trasgressivo che pure sono parte della cultura illu­ minista. Infatti, ; è semmai l'ozioso e mondano "Giovin signore" che ec­ cede in scostumatezze verbali. Per questo l'autore, rivolgendosi al figlio e idealmente ai compatrioti lettori, raccomanda: ti guarderai da quei licenziosi modi che stimavansi nell'aristocrazia indizi di vivace spirito, segni di autorità, e distintivi di spregiudicato ingegno. Nella De­ mocrazia che t ' insegna ad appellare tutte le cose per il suo vero nome, non si conviene alcuna espressione irragionevole, e tu vedrai che molti indecenti voca­ boli saranno nei dizionari relegati ( ivi, p. 1 6 5 ) .

Con l'allentarsi delle rigide suddivisioni tra classi e il ricambio tra vec­ chia nobiltà e nuova borghesia, nel corso dell'Ottocento le parti sociali emergenti si affannano per appropriarsi di quei modi ritenuti a lungo esclusivo appannaggio dell'aristocrazia. Si ebbe perciò una vera e pro­ pria esplosione di pubblicazioni concernenti il bon ton, e la permeabi­ lità collettiva fu tale da coinvolgere nel processo anche il popolo. Fatta l'Italia, la persuasione risorgimentale che il concetto di popolo e di na­ zione combaciassero, spinse i promotori del nuovo corso a considera­ re i manuali di convivenza sociale come un efficace mezzo pedagogico per formare gli italiani: in questa fase i galatei ebbero sia la funzione di smussare le differenze di censo sia quella di supportare il sentimento di identità nazionale e di coesione civica. La rilevanza sociale del fenome­ no, gratificato da un notevole successo di vendite e dal boom di auten­ tici best seller (la Gente per bene della Marchesa Colombi, pubblicato la prima volta nel 1877, fu ristampato decine di volte), ha attratto i cultori della storia minore, che ne hanno estratto preziose testimonianze su usi e costumi delle varie classi. Tutti i principali marchi editoriali - Paravia, Hoepli, Salani, Sonzogno - se ne accaparrano un ramo, di norma ricom­ pensati dalle alte tirature (Tasca, 2004, pp. 23-64). Se l'Italia settentrio­ nale, avvantaggiata dalla concentrazione tra Firenze, Milano e Torino della grande imprenditoria editoriale, sforna di gran lunga il numero maggiore di titoli, Napoli può esibire uno dei testi più venduti e lodati,

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il Saper vivere di Matilde Serao (19 00, strenna per gli abbonati del quo­ tidiano locale "Il Mattino"). Tra manuali generalisti e specializzati (per le fanciulle, le donne maritate, i bambini e i ragazzi, i militari, i medici, gli operai ecc.), un gran numero adotta la parola "galateo" richiamando l'affermato titolo del più prestigioso degli antenati, ormai da tempo pas­ sato a una denominazione più estesa (secondo il GDLI, val. VI, s.v. , sono Lorenzo Lippi e Giuseppe Baretti i primi testimoni di accezioni più lar­ ghe), prima come tecnicismo riferibile a una tradizione stabile e a un genere letterario codificato, poi come voce comune indicante l'insieme delle norme del comportamento sociale (Batteri, 1999, pp. 11-2). Rivalutati nella storia tout court per gli spiragli che aprono sulla so­ cietà, e ripercorsi con cura per cogliere l'evoluzione dei programmi pe­ dagogici, i galatei presentano anche motivi di interesse linguistico, data la funzione di modello, non solo comportamentale, che svolgono. La massiccia diffusione e il vasto consenso che suscitarono fanno supporre che questi veicoli d'educazione > (Fresu, 2011, p. 323). Anche secondo Pelo (2005, p. 1), i galatei , offrendosi . Insomma, oltre che per i retroscena che aprono sulla vita privata e sociale, i galatei possono incuriosire anche per le peculiari procedure stilistiche e per le scelte formali ritenute più confacenti. Prima di tutto, quasi tutti i testi aspirano a una lingua piana, com­ prensibile ma al tempo stesso piacevole e stuzzicante. Sono da evitare un'impostazione smaccatamente didascalica e uno stile direttamen­ te conativo; chi scrive sa che va sfuggito , > - vira di nuo ­ vo verso modelli agiografici e predicativi di antiquato sentore. Eugenia e Gentilina, per dire, sono fanciulle "a modino", e così gli impeccabili Italo e Santino a cui si oppongono, nelle situazioni-tipo inventate, Rustico e Zerbinotto (l 'uno maleducato, l'altro troppo affettato) . Nel ricostruire la diffusione nella fase immediatamente postunitaria, Tasca (20 04, pp. 5 2- 3 ) ipotizza, come si sta insinuando per molti dei generi qui considera­ ti, una ricezione anche tra gli analfabeti, dato che > . Una congettura avvalorata dal fatto che alcuni autori di galatei si rivolgono consapevolmente più che ai singoli individui a gruppi co­ munitari (la famiglia, la scuola, la fabbrica) , magari chiamando in causa i capigruppo o, come diremmo oggi, i > . Per di più, come accade per i libri usa e getta, le copie acquistate non esauriscono il conteggio dei fruitori se si introduce !' "effetto moltiplicatore" del presti­ to e dei passaggi di mano in mano. Dall'analisi di un campione di testi del primo Novecento, si puntua­ lizzano meglio gli aspetti già accennati di disponibilità verso i registri più informali, tanto più notevoli in epoca fascista, se paragonati alla reboante retorica della prosa coeva. Il tono "medio" si ottiene sintatti­ camente grazie ai legami per lo più coordinativi, e alla ridotta articola­ zione della frase complessa ; in alcuni casi, > (cit. in Crivelli, 2002, p. 281). Pubblicando la Storia di Bianca Capello, Sanseverino rivendica l'onesta aderenza ai fatti romanzati: . Avendo dunque scansato l'eccesso fantastico e le iperboliche peripezie che avevano segnato una parte dei romanzi del secolo, l'autore si appella A ' lettori richiamandoli al valore esemplare di quanto raccontato: (ed. Galli Ma­ strodonato, 2011, pp. 7 3, 77 ). Linguisticamente, il romanzo settecentesco è segnato in primo luogo da prese di posizione pro o contro le dilaganti mode d'oltralpe. Le molte traduzioni (quasi sempre dal francese, anche come lingua intermediaria) rappresentano uno dei canali dell'"infranciosamento" lessicale e sintatti­ co proprio del secolo, puristicamente osteggiato, ma infine salutare alla modernizzazione della prosa italiana (Alfieri, 1994, pp. 177-84).

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Alla metà del Settecento sembrano maggioritarie le reprimende dei tradizionalisti, che vedono nell'eccesso di emulazione una prova di de­ bolezza della lingua e del genio italiano. Scrivendo a Ludovico Antonio Muratori, Apostolo Zeno raffronta con rammarico il dato quantitativo delle crescenti traduzioni e imitazioni nel genere romanzesco con il mo­ desto risultato della qualità letteraria: (in Crivelli, 2002, p. 94). Da parte loro, i rappresentanti di spicco dei nuovi generi rivendicano una libertà d'espressione che è l'equivalente formale di una battaglia per la moder­ nizzazione del pensiero, intesa sia come dirozzazione degli ingenui, sia come affrancamento di una superata cultura pedante e provinciale. Trasandatezza formale e cattiva influenza forestiera sono attribuiti, nel giudizio dei critici conservatori3 specialmente ai due autori di mag­ gior successo: Pietro Chiari e Antonio Piazza. Antonelli (1996) ne ha misurato la forza innovativa e l'influenza sull'allargato pubblico del Set­ tecento, cogliendo usi e tendenze che li pongono alle . L'abbondanza e i ritmi frenetici della produzio­ ne, la reiterazione degli schemi narrativi, la replicazione delle soluzioni espressive, spiegano sia la svalutazione snobistica da parte dei dotti, sia il riconosciuto ruolo di apripista nella messa a punto di ricette destinate a un duraturo apprezzamento. La lingua, disomogenea nei registri, deve la sua complessiva vivacità di tono agli ammiccamenti all'uso presente, al preferenziale attingimen­ to al filone comico-realistico di tradizione toscana, al ricco repertorio di modi di dire rimessi in circolazione. Tra i neologismi e i francesismi alla moda, spiccano le "parole bandiera" genio efilosofico,fanatismo e pregiu­ dizio, civil societa e pubblico bene ( ivi, pp. 205-9 ), mentre il dialogato si accosta al registro colloquiale grazie soprattutto a qualche vocabolo più ruspante e a espressioni che, debolmente attestate nella lingua letteraria, hanno un uso continuativo nel parlato fino ad oggi (capperi!, infinocchia­ re, minchione, rimbambito, scompisciarsi, testa di legno ecc.; ivi, pp. 21428). L'accertata correttezza grammaticale e la letterarietà di alcune scelte smentiscono il presunto carattere raffazzonato della loro scrittura; tro­ viamo infatti inversioni e tmesi, allotropi poetici quali alma, desiro, pos­ sanza, e forme arcaizzanti come i suffissati in -evole, del tipo abbondevole, bisognevole, rimarchevole (ivi, pp. 209-13). La ricorrenza di motivi topici e la presenza di stereotipi stilistici assicurano invece l'accondiscenden­ za al gusto collettivo, confermata anche dalla povertà di inventiva, dalle abusate metafore, dal crescendo delle iperboli ( ; , , ), e dall'uso insistito, fino alla desemantizzazione, di alcune parole, come incredibile, (ivi, p. 294). Per le (Serianni, 1996, p. 6), si possono citare alcune espressioni che, seppure già attestate tra il repertorio faceto di matrice toscana, si impongono grazie a queste opere di alto gradimento, come è il caso delle molte frasi idiomatiche, da a , che giungono fino all'italiano colloquiale di oggi. Fra i tratti notevoli della sintassi, oltre allo snellimento delle strutture, non mancano moduli innovativi, come la serie di apposizioni a inizio perio­ do impiegate per introdurre un personaggio, e lo pseudodialogo con il lettore, con formule del tipo , (ivi, p. 15; Antonelli, 1996, p. 334), utili per stabilire quel patto di complicità con­ veniente alle scritture che privilegiano l'affezione del pubblico.

Il romanzo d 'app endice Nell'Ottocento la lingua di consumo si dota di maggiore autonomia stilistica, stabilizzandosi in filoni ben differenziati da quelli più elevati e propriamente letterari, anche nello specifico della forma romanzo. Al volgere del secolo, con il consolidarsi dell'industria editoriale e il mol­ tiplicarsi delle politiche culturali a vantaggio dell'acculturazione del paese, a rappresentare la narrativa di vocazione popolare c'è già un manipolo di poliedrici campioni. E l'era dei romanzi a puntate (o d'appendice, ofeuilleton), delle collane economiche, delle copertine a colori, dei titoli ardimentosi e a loro modo invoglianti: Il mio cadavere, La sepolta viva e Il brindisi di sangue (Francesco Mastriani, rispettivamente 1853, 189 0 e 189 3) ; L'assassinio nel Vicolo della Luna (Jarro, pseud. di Giulio Piccini, 1883) ; La Mano Nera (Cletto Arrighi, pseud. di Carlo Righet­ ti, 1883) ; Il ventre di Napoli (Matilde Serao, 1884); Lafolla delinquente (Scipio Sighele, 189 1); La sepolta viva (Carolina lnvernizio, 1896). In continuità con i prodotti paraletterari dei secoli precedenti, la fattura è alquanto mediocre (piccolo formato, prezzo modesto ben esposto) e l'identificabilità è garantita, prima dai titoli delle collane, poi dal codi­ ce del colore che ripartisce il rosa, il giallo, l'avventura, il poliziesco e

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il settore giovanile. La subalternità qualitativa è sancita dalla meditata selezione a posteriori, ma anche da alcuni testimoni del fenomeno in fieri. Il responsabile della Società Bibliografica Italiana mostra sconcerto per il gusto grossolano del pubblico, i cui (Cecchetti, 2011, p. 6 1). Ne è un esempio Verga: . Piero Gobetti accusa l'editore Treves di eccessiva arrendevolezza alle ri­ chieste e alla , e di superficiale attenzione alla visibilità tutta esteriore dei libri del suo catalogo, trattati come una qualsiasi merce in vendita (ivi, pp. 6 1-2). Aumentano le traduzioni, ma riscuotono successo anche quegli au­ tori italiani più capaci a reimmettere nell'habitat nostrano le suggestive ambientazioni, i romantici dissidi e le toccanti vicissitudini inaugurate dalle opere dei fuoriclasse francesi (dai Miserabili ai Misteri di Parigi, dal Conte di Montecristo al Capitan Fracassa). Il napoletano Francesco Mastriani e la torinese Carolina lnvernizio, massimamente prolifici (ol­ tre i cento libri ciascuno) e gratificati da uno straordinario successo di vendite - inversamente proporzionale, come spesso accade, a quello di critica -, appaiono i più rappresentativi del genere. Tra pasticciate atmosfere gotico-mediterranee e immersioni zoliane nei bassifondi cittadini, Mastriani è il più notevole esponente del na­ turalismo positivista, incline al dramma sociale di sapore locale. Ma il ventre di Napoli, a differenza di quello improbabile di altre città italiane a cui pure gli editori vollero a tutti costi attribuire anfratti misteriosi e losche disavventure4 , ha un suo conturbante fascino; nella Cieca di Sor­ rento (1852) l'apertura sui vicoli napoletani e sulla vita miserabile nei bassi fornisce una marcata tipizzazione ambientale, che fa presagire vi­ cende estreme: In quel laberinto d ' infiniti viottoli, ronchi e stradelle non più larghe d'un di­ stender di braccia, dai cento barbari nomi, vestigia funeste di straniera gente, attraversando le quali si ha sempre una certa sospensione di animo, come quan­ do si visita un carcere o un ospedale ; in quell'ammasso di luride e nere case ammucchiate le une sulle altre, e così poco rallegrate dalla luce del sole ; in quei quartieri, dove l'occhio e il pensiero della opulenza penetrano di rado, e che pur raccolgono nelle umide loro pareti, oneste famiglie di operai ; in quella rete, insomma, di popolati chiassuoli antichi, di cui si compongono i quartieri del Mercato, del Pendino e del Mandracchio, e che con un solo e generico nome

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si dicono la "vecchia Napoli", giace un vicoletto, o meglio un bugigattolo, uno di quei mille che destano una specie di paura allo stesso napoletano che per la prima volta va a visitarli (ed. Reim, 2 0 0 9 , p. 27 ) 5 •

La suspense è costruita anche mediante interrogative narrative che aller­ tano bruscamente il lettore: ; ; (ivi, pp. 28-30). L'influenza positivistica si avverte nella raffigurazione dei tipi umani, soggetta ai pregiudizi della fisiognomica, e nella fede idolatrica nei con­ fronti della scienza, evocata dai non pochi tecnicismi, specialmente me­ dici (ivi, pp. 28-9, 37 ): Nel complesso delle sembianze di quest 'essere umano si legge a prima vista l'odio che egli deve concepire per ogni bellezza e quell' irascibilità di carattere naturale nei deformi ; ma, meglio studiando i suoi lineamenti, si rimane colpiti dalla espressione di profonda sagacità di cui sono improntati. - Ed io farò l'autopsia patologica di questo cadavere, o signori ; io vi indicherò anticipatamente la sede del suo morbo; vi dirò quanti tubercoli si sono formati sul suo parenchima polmonare ; vi spiegherò la formazione, l'andamento e il progresso di questi tubercoli. . . -

A partire dalla prima apparizione in appendice sul periodico napoletano "Omnibus" e subito dopo in volume (Tramater, Napoli 1852), il roman­ zo è stato più volte ristampato, in qualche caso con pesanti ammoder­ namenti: un'edizione del 197 3 (ed. Rea, 197 3) presenta, nel brano inci­ pitario riportato, queste varianti: laberinto di infiniti ➔ dedalo; vestigia funeste ➔ avanzifunesti; opulenza ➔ ricchezza; di rado ➔ raramente; giace ➔ e. La variantistica d'autore, invece, recentemente ripercorsa nel conte­ sto di un'approfondita analisi linguistica ( Ciampaglia, 2012, pp. 217-23), mostra l'incrementata letterarietà del lessico, mentre alcune oscillazio­ ni e incertezze fonomorfologiche non appianate dalla prassi correttoria vanno ricondotte, più che a uno scarso labor limae (che pure talvolta si nota, ed è forse riconducibile alla fretta editoriale), a quelle tipiche allotropie ottocentesche, ridimensionate ma non del tutto annullate dall'esempio manzoniano (come , ivi, p. 219 ) . La lingua di Mastriani è in generale ossequente verso gli usi nobili dell'italiano letterario6 , del quale si adottano sia le singole peculiarità, come l'enclisi pronominale (erane, nomasi), i pronomi egli ed ella e le forme verbali obsolete già all'epoca (facea, parea); sia le proprietà reto­ rico-stilistiche, come il periodare involuto, le terne aggettivali (vicoletto storto, malaugurato e fetido), l'anteposizione dell'aggettivo (straniera gente, umide loro pareti, addormentata citta, pallido eh iarore), le foderature (popolati chiassuoli antichi), i vocaboli culti (vestigia, vice-regale 'del tempo dei Viceré', balsamo 'sollievo', svelta 'staccata'). Anche il dialogo popolare, a riprova del timbro libresco, si conforma a modelli letterari e scritti, senza impegno di verosimiglianza (in Reim, 2 0 0 8 , p. 336): - E le mie capre ? - gridava un capraio dalla gigantesca statura. - Non avete veduto come le mie capre si precipitano ogni dì per capogiri dai greppi e dai prunai, sì che ogni giorno ne perdo una ; e voi ben sapete che senza il latte del­ le mie capre io non posso manipolare i miei raviggiuoli. [ ... ] Delle mie bestie morte precipitate nei burroni non ho potuto cavare tanto di sego da farne una resta di candele [ ... ] - E padre Francesco da Santo Stefano ci ha preconizzato un terremoto che inghiottirà questo scoglio della Botte come uno scafo sdrucito.

L'istintiva propensione per il forestierismo evocativo rientra tra gli espe­ dienti usati nei romanzi d'appendice allo scopo di . Che il mestiere non le manchi si capisce dall'attenzione che la scrit­ trice pone, per sua stessa ammissione, nel creare titoli a effetto e aper­ ture annodanti (Invernizio, ed. Scarlini, Arslan, 2008, p. 318); e dal le­ game che istaura con il lettore, tramite interventi metaletterari ( , ) e servendosi di esclamazioni che invocano la partecipazione emotiva: > , . Appog­ giandomi alle osservazioni di Colombo (2011, pp. 6 4-6 ) segnalo infine, fra i tratti linguistici meno prevedibili, alcuni immediati modi di dire ( 'comportati da uomo'; ) e il fraseggiare regionale toscano ( ) che di tanto in tanto donano agilità agli inserti dialogi­ ci. Le tessere di linguaggio settoriale (testamento olografo, requisitoria, autopsia, catalessi, congestione cerebrale) sono pure tra gli indizi di una perseguita modernità.

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Libri "buoni" e libri "cattivi" Nonostante l'innegabile moralismo di fondo, le storie dei feuilletonisti catapultavano volentieri sulla scena del romanzo figure ambigue e svol­ gimenti peccaminosi. Per reagire allo sviluppo incontrollato dell'edito­ ria di genere, oltremodo orientata a soddisfare la morbosità dei lettori, la stampa cattolica di fine Ottocento si adoperò per opporsi al dilagare del fenomeno, aggiungendo ai tradizionali prontuari catechetici di narrativa, veicolo di un intrattenimento eticamente indirizzato. Sfruttando canali specifici, come l'intermediazione delle congregazioni religiose, la produzione popolare cattolica cercò di ovviare alla perdita del tradizionale potere censorio sulle letture proibite, proponendo, a par­ tire dalla metà dell'Ottocento, collane ad hoc, come la "Collezione delle letture amene e oneste" o le "Piccole letture cattoliche': i "Sette peccati capitali esposti in sette racconti morali" e la "Morale in azione, ossia i dieci racconti sui dieci comandamenti della legge di Dio" (Piazza, 2009 ). Si è già accennato alla riconducibilità di questo filone alle scritture para­ letterarie, appurabile in primo luogo dall'aspetto esteriore (opuscoli, al­ manacchi, dimesse collane di racconti brevi)1 Tra i titoli spiccano quelli esplicitamente invitanti alla lettura comunitaria, come le "Serate inverna­ li ossia raccolte di libri dilettevoli ed istruttivi da leggersi nelle adunanze o veglie nelle sere d'inverno" (Piazza, Colombo, 2008, p. 95). Rivolte a un pubblico popolare, le buone letture aspirano a contra­ stare la (Piazza, 2009, p. 147 ), al tempo stesso cooperando al processo di acculturazione delle classi umili. Buona parte di questa produzione cattolica è occupata dal "volgarizzamento della tradizione", un insieme di riadattamenti dai classici della letteratura cristiana europea; ma non mancano le opere di nuova invenzione, in cui l'intenzione precettistica è goffamente dissi­ mulata dalla parvenza affabulatoria. Tra le tecniche di adescamento, il richiamo della meta popolare nell'intitolazione serve a incoraggiare i lettori più umili (La buona madre difamiglia; conversazioni morali adat­ te alle classi del popolo piu semplice, 1853, ivi, p. 174), così come si ritiene un elemento da pubblicizzare lo scopo morale ( Giuseppe e Isidoro, ov­ vero il pericolo dei cattivi compagni, 1858; Antonio e Ferdinando. Ossia il trionfo dell 'innocenza, 186 1, ivi, pp. 187-8). La debolezza stilistica dei modesti scrittori coinvolti ne ha offuscato la memoria, ed è lecito diffi­ dare, sul piano del giudizio estetico, delle superstiti recensioni coeve sui periodici cattolici, se tal Francesco Martinengo, autore del racconto Il 0



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Pievano cattolico, viene molto lodato per la sapienza nel raccontare sto­ rie, per i > , e per lo stile tale > ( in Chemello, 2009, pp. 43-9 ). Ma è a partire dall'Unità che la letteratura lavorista, collegandosi alle politiche a favore dell'alfabetizzazione, prende piede, promossa dalle istituzioni e incentivata da iniziative a premio. Lo sforzo è sempre quello di "istruire dilettando", partendo come di consueto da titoli, frontespizi e dediche, che, mentre avvertono i mittenti prescelti ("All'operaio ita­ liano" e simili), svolgono un'azione persuasiva sulla bontà e sull'utilità delle letture per essi confezionate (ivi, pp. 175 ss.). Così, i titoli ripetitivi vanno dritti allo scopo moralistico: si veda, ad esempio, di Francesco Manfroni, Il buon operaio. Operetta morale (1876) e L 'operaia esemplare, o una buona madre di famiglia proposta in esempio alle donne italiane (187 3). Nel pre-testo si citano i riconoscimenti statali ottenuti, e si scol­ piscono in epigrafe virtuosi assiomi: Cesare Rosa nell'Arte difarfortuna (187 1) assicura che ; Aldo Gennari (La giovinetta educata, 187 8) cita l'archetipo Smiles: (ivi, pp. 186-8). Nulla di più semplice, nei libri pedagogici, che dichiarare lo spessore etico di ciò che si propone; più complicato è favorirne la godibilità, nonostante la privilegiata testualità del "racconto", scelta come la forma più adatta a (C. Rosa, ivi, p. 207 ). L'onomastica fittizia, già di pedante evidenza semantica, viene per di più glossata: , domandò non sapendo più che si pensare. Mariantonia, che stava ritta dall'altra parte del banco e non aveva nell'aspetto nulla di straor­ dinario, ma era sempre quella bella giovenca sciocca che era stata sino a quel dì, rispose : . [ ... ] > . Questa risposta così naturale, detta con voce placida, sconquassò il ragionamento egoistico e artificioso dello speziale, e lo ferì nella vanità : . [ ... ] > . > . > . > .

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La riuscita imitazione del linguaggio giuridico-burocratico aggiunge un tocco di realismo e anticipa un ingrediente che diventerà fisso nei racconti di orientamento giudiziario-poliziesco (ivi, p. 29): Come la mattina del 2 3 maggio 1 8 7 9 Mariantonia Desiderj di anni ventisei, mo­ glie di Giatteo Baciccia, detto lu Sfrusciate, di anni trentadue, contadino, nato e domiciliato in Guardiagrele, entrasse nella farmacia del paese, e vedendola fre­ quente di avventori, posasse in un cantuccio un cestellino coperto di pampani freschi che aveva recato seco, e sedesse aspettando che la bottega si spopolasse.

Il giusto dosaggio dei registri e il sovrappiù di consapevolezza pongono lo scrittore su un gradino più alto dei molti coevi e posteriori coltivatori del genere. Così può dirsi di Emilio De Marchi e del Cappello delprete (1887 ), ci­ tato tra le prime incursioni d'autore nel romanzo di genere, che si innalza sia mediante le implicazioni di protesta sociale, sia grazie alla cura posta nel linguaggio e nella coerenza della trama, più rispettose di quel pubbli­ co così spesso disprezzato dagli editori d'appendice; anzi, (in Cecchetti, 2011, p. 9 0).

Le sfumature regionali del giallo Nella galassia del "giallo" italiano, di cui i citati Scarfoglio e De Marchi vengono additati come precursori, si stagliano più costellazioni (polizie­ sco, giallo sociale, thriller) e una miriade di stelle più o meno luminose. L'età dell'oro è fissata negli anni trenta, quando Mondadori, inaugurati nel 19 29 i classici volumetti dal colore eponimo, lancia gli italiani Ales­ sandro Varaldo e Augusto De Angelis che, con i primi detective a con­ dotta seriale, danno vita a un filone a tutt'oggi fra i più vitali (Pistelli, 2006). Le parentesi informative e le lungaggini descrittive, tipiche dei vecchi "misteri': si rarefanno a vantaggio della rapidità d'azione. Qual­ che pennellata è riservata all'investigatore protagonista: l'apparenza di­ messa e i modi svagati, in contrasto con la sagacia indagatrice, diventano subito un topos. L'ambigua e nervosa atmosfera delle grandi città è lo sfondo ideale delle enigmatiche vicende. Nel Sette bello (19 31) di Varaldo l'ambientazione fascista, l'aggrovi­ gliata toponomastica romana, l'omicidio di una donna in un caseggiato

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di periferia, (ed. De Nicola, 2006, p. 45), potrebbero richiamare a un lettore odierno il capolavoro gaddiano della letteratura gialla. Il commissario Ascanio Bonichi ha (ivi, p. 50); gli svelti scorci cittadini servono a cre­ are attesa e inquietudine: (ivi, p. 63). Ovviamente distante dal mistilinguismo del Pasticciaccio, Varaldo esi­ bisce comunque una discreta dose di forestierismi, fatto non ovvio data la cronologia del libro: revolver, pijama, verve,jungla, cocktail, soubrette ('figura, sagoma'), taxi, dancing, halls, Ali right!, garage, chauffeur, ver­ mouth, pardon, cotillon,fox-trot (ivi, pp. 59, 76-7, 79, 80-1, 87, 98-9, 174, 207, 214, 249 ) 1 2 • Le citazioni dialettali inaugurano un "effetto Roma" che avrà fortuna nel giallo all'italiana (Bertini Malgarini, Vignuzzi, 2009 ): secondo una prassi abituale, sono naturalisticamente riservate alle comparse del popolo, come la portinaia "Sara Laila" e il giovane di borgata Nino "er boja". La prima interloquisce così: disse la vecchina, amara, sprezzante, con fondo accento dialettale mi­ lanese, > è il raccattaticcio della zona, voleva dire, > strinse i denti, respirò a lungo, poi disse : . E io allora ho detto all' agente : > . E l' agente mi dice : > . Ed ecco cosa è successo, loro hanno ammazzato e la polizia li ha messi dentro, ma quella povera maestrina è morta perché la legge dice che bisogna istruirli >> . Amaramente perfetto. La vecchina coi capelli alla paggetto aveva riassunto, con modestia stilistica ma con concre­ tezza di concetti, uno dei più pesanti problemi sociali.

Insomma, mentre l'italiano regionale si infiltra con naturalezza in punti sparsi del tessuto narrativo (bevuto 'ubriaco', sgarzolina 'ragazza carina', fare una malattia 'avere una malattia'), il dialetto colorisce a tinte forti i

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figuranti di bassa estrazione. Dal romanzo del 1969 I milanesi ammaz­ zano al sabato, Salibra (2009, pp. 147-8, corsivo dell'autore) riporta le battute del camionista Amanzio Berzagi: "Segura de si che l'e minga giust!" parlava in stretto milanese, aveva detto : "sicuro che non è giusto", e continuò accaldato : [ ... ] "Se voi della polizia invece di fare tante chiacchiere e di menarmi per il naso mesi e mesi:' parlava sempre un mila­ nese più stretto, aveva detto. "Jnvés de cicciara tant e de ciappam per el baver mes e mes", se voi, invece, aveste trovato i rapitori di mia figlia, mia figlia non sarebbe morta e io non avrei ammazzato tre persone !

Le venature dialettali e colloquiali interferiscono con i registri più soste­ nuti: all'aggettivo sporco si affiancano sinonimi variati e sostenuti come immondo, laido, lutulento, nefando, e qua e là troviamo verbi e aggettivi più sofisticati ( , , ivi, p. 149). Non man­ cano i tecnicismi, in particolare del settore burocratico-giuridico che pertiene alla cronaca nera, e di quello medico, appannaggio del protago­ nista: eredoluetici, , , ipodermoclisi, (Scerbanenco, 1994, pp. 5, 65, 197, 207; Salibra, 2009, p. 152). Tra i radi forestierismi, segnalo l'anglicismo understatement ( Scerbanenco, 1994, p. 179 ), affermatosi con successo nei decenni posteriori. Nonostante i ritmi da catena di montaggio che ha patito il suo me­ stiere di scrittore, e senza negare l'onesta scorrevolezza della sua lingua, Scerbanenco si dischiera dal gruppo degli autori più commerciali anche per qualche occasionale invenzione linguistica, evidenziata da Salibra (2009, p. 153), come la parola macedonia giocastroso (giocoso + disastro­ so), la neoformazione mummificato, e l'espressivo squartamorti 'medico anatomopatologo'. L'ambientazione milanese e la collocazione entro de­ finite coordinate temporali sono agevolmente riconoscibili da tecniche di citazione poi abusate nella narrativa contemporanea, quali le frequenti indicazioni toponomastiche e la nominazione di oggetti simbolo del cli­ ma epocale. Qui troneggia il boom degli anni sessanta con i variflipper e juke-box, i Kleenex e la coca-cola, il mangiadischi e il televisore (ivi, p. 145). La sensibilità linguistica del tempo si ricava dal tabù che colpisce il lessico scatologico e sessuale, legato nei R aga zzi del massacro alla trama scabrosa del libro, lo stupro e l'omicidio commessi da un branco di minorenni ai danni della loro giovane insegnante (Scerbanenco, 1994, p. 49 ):

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> , e gli disse che cosa doveva disegnare sul foglio, nel termine più crudo e volgare possibile. [ ... ] > , disse Duca [ ... ] . > , disse Duca. > .

Ancora più datata l'incauta serie di sinonimi impiegati per indicare un ragazzo omosessuale: , , , (ivi, pp. 63, 6 8, 74, 224). Con Salibra (20 09, p. 154, da cui riproduco anche il corsivo) si os­ serva infine la sintassi di tipo giustappositivo e, nella ritrattistica, il mo­ dulo ricorrente dei , del tipo: > , ). Se il dialetto figura a uno stadio recessivo, più vasto è lo spazio concesso ai forestierismi: c'è ancora il francese degli ambienti borghesi, cristallizzato nei modi di dire ( > (Spinazzola, 20 10, pp. 93-138). Un caso a parte è quello di Andrea Camilleri, il cui fenomenale suc­ cesso si è riverberato a cavaliere tra il Novecento e il Duemila su tut­ to il genere. Se la poliedrica produzione dello scrittore siciliano merita senz'altro un'attenzione estesa anche oltre i popolari romanzi di Mon­ talbano, è obbligato in questo contesto il richiamo specifico alla redditi­ zia serie giallo-poliziesca che convoglia tutti i mali d'Italia nel microco-

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smo di Vigata (trasposizione letteraria di Porto Empedocle, patria dello scrittore), e ne affida la soluzione al commissario Salvo Montalbano, detective - come da cliché giallista - tanto acuto e di spessa interiorità quanto anticonvenzionale, caratteriale e spiccio di modi. Molto si è detto del singolare pastiche siculo-italiano che ne ha fat­ to la fortuna. Da ultimo Cerrato (2012) ha puntualmente documenta­ to come dal diverso dosaggio di italiano e dialetto siciliano si ottenga una gradazione di miscele che comprende il dialetto italianizzato, l'al­ ternanza di codice, l'interferenza, la reinvenzione espressiva e l'italiano popolare o semicolto (stigma dell'idioletto del personaggio Cacarella, agente di basso profilo e ruolo comico nelle vicende). Arcangeli (2004), Antonelli (2006, pp. 105-8), Bertini Malgarini, Vignuzzi (2008, pp. 8292) hanno svelato il segreto dell'accessibilità della lingua dello scrittore siciliano, solo apparentemente criptica. Facilitano la decifrazione del dialettalismo la reiterazione degli stessi vocaboli (taliari 'guardare', spia­ re 'domandare'), la scelta di parole con ridotto scarto dal corrispondente italiano (cangiamento, ralogio), la presenza di sicilianismi già radicati nel lessico italiano (picciotto, minchia). Quanto agli studiati espedienti per compiacere i molti ammiratori, è esemplare il topico "risveglio" del pro­ tagonista, che si ripete negli incipit di molti romanzi della serie, con un repertorio quasi immutato di situazioni e sintagmi (Bertini Malgarini, Vignuzzi, 2008, pp. 88-9 1). In altri esempi del giallo contemporaneo ( Carofìglio, De Cataldo, Lucarelli, Malvaldi, Quattrucci), le motivazioni di urgenza realistica portano, oltre che alla connotazione regionale, a una corposa immissio­ ne di tratti sintattici e lessicali orientati alla mimesi colloquiale. Carosella (2011a, pp. 7-8) si è da poco soffermata sulle diverse moda­ lità del localismo linguistico nella recente narrativa pugliese, costituita in buona parte da romanzi gialli. Le soluzioni adottate si collocano > . Nelle parti dialogiche ci si spinge ali' inserimento di inte­ re frasi in dialetto, talvolta impiegate anche per sottolineare uno speciale frangente narrativo o per marcare l'identità sociale di un personaggio umile. Il più affermato scrittore pugliese, Gianrico Carofiglio, crea nella saga dedicata all'avvocato Guerrieri uno stile solo parzialmente loca­ lizzato, in cui la baresità si manifesta più che altro nell'evocazione di odonimi cittadini e nella descrizione di ambienti e caratteristiche della

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città. Analoghe considerazioni, suffragate dal vocabolario dialettale rin­ venuto nei racconti genovesi di Bacci Pagano, sono state fatte a propo­ sito della linea ligure del giallo ( Coveri, 2012a), e potrebbero estendersi a quella limitrofa pisano-livornese, rappresentata da Marco Malvaldi e dai vispi vecchietti del Barlume, investigatori per caso e "toscanacci" di modi e di lingua. L'area romana conferma la vocazione del genere giallo al mimetismo linguistico; la presenza del dialetto nei romanzi di Mario Quattrucci con protagonista il commissario Marè - omaggio all'omoni­ mo poeta romanesco -, travalica le parti dialogiche ed è stilisticamente necessaria, come dichiara l'autore, a calare > ; > (Liala, 1962, pp. 9-10). La precisa nominazione di particolari dell'abbigliamento o degli arredi è una tecnica tanto frequentata da dive­ nire uno stigma irrinunciabile in tutte le sue proselite: Aveva una gonna di stoffa bianca, assai ampia. Una camicetta di jersey bianco, abbastanza scollata, a barchetta. Di lato, allo scollo, aveva un gioiello di fami­ glia : un grosso zaffiro di Ceylon, sobriamente incastonato in platino lavorato a zigrino. Ai piedi ella calzava sandali nell' identico colore di quella pietra che le adornava la blusa (Liala, 1 9 5 6, p. 67 ).

La vena sentimentalista è sorretta da caratteristici imperfetti onirici e dagli immancabili puntini sospensivi:

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- Mi baciò di sera, in un giardino. C 'era uno spicchio di luna nel cielo, e le stelle erano infinite. Eravamo in un albergo ... , sì, un albergo sul lago ... L'acqua era immobile e la falce di luna vi si specchiava. C 'era nell'aria quell'odore di olea-fragrans ... lui mi disse che ero bella, mi passò un braccio attorno la vita . .. - (Liala, 1 9 77, p. 14) .

La disseminazione di metafore e similitudini non sfugge al principio della riproduzione in serie, come si scopre dal reiterarsi di stilemi fissi come ('piegare la testa in atto di arrendevolezza sensuale', forse di memoria dannunziana1 6 ) o di figure come (Morgana, 20 1 3, pp. 67-8). Anche nella meno famosa Mura (1928, p. 14) i soliti aggettivi e so­ stantivi del turbamento amoroso sono imbrigliati da un italiano con­ trollatissimo: Tacquero : egli con la piccola mano di lei fra le sue, ella con gli occhi socchiusi, fissi sull'adolescente commosso. Un lieve turbamento invincibile scaturì im­ provviso da quel silenzio ed accelerò i palpiti dei loro cuori, trattenendo per un momento il loro respiro.

Nei suoi racconti ci si imbatte in forestierismi d'atmosfera: boxe, bureau, business, chauffeur, dancing, hall, lift, henné, hotel, meeting, puff, paletot, premiere, table d 'hote, week end (ivi, pp. 1 3, 24, 48, 51, 53, 9 8, 104)1 7 ; e non mancano voci settoriali, come quelle che connotano il racconto in cui il personaggio principale è un giornalista: , , , , (ivi, pp. 93, 97 ). Si ritrova inoltre il rituale della toletta e dell'autocontemplazione (segnalato tra i moduli ricorrenti da Arslan, Pozzato, 19 89, pp. 1 0 3940 ), ad esempio nel romanzo Il doppio volto d 'Isabella Gluk (Mura, 1945, pp. 1 4-5, 19): Ogni giorno dedicava due ore alla sua toeletta [ ... ] ungeva i piedi con olio profu­ mato e li massaggiava a lungo, lucidava le piccole unghie con una polvere india­ na che le rendeva splendenti, ed era la sola fra le sue compagne di lavoro che non usasse lo smalto colorato, smalto che qualche volta, ballando, si staccava come una piccola foglia di rosa. Tante cure per il suo corpo, cure da cortigiana o da gran signora, stonavano con la frugalità della sua tavola e con la modestia della sua esistenza e dei suoi abiti [ ... ] . Rientrò nella sua camera, disfece i bigodini, si pettinò leggermente i capelli per riempirli d'aria, e fissò nello specchio una Isabella che rassomigliava alla grande attrice eh' ella ammirava con esaltazione.

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Ora si accorgeva che differiva da lei specialmente nell'arco sopraccigliare e nel disegno della bocca quando non sorrideva.

Luciana Peverelli cerca accenti di neorealismo, con ambizioni di rappre­ sentazione sociale. Fresu (20 12), indagandone la personalità stilistica in una serie di racconti inclinanti al giallo, offre un'illustrazione dei pro­ cedimenti linguistici e retorici messi in atto: nominalizzazione seriale, abuso dell'aggettivo e dell'avverbio, similitudini e paragoni frequenti. Riporto alcuni degli stereotipi lessicali e fraseologici che tornano nei racconti scritti per il Cerchio verde. Settimanale di avventure poliziesche e misteriose (Milano 1935-37 ): ansia atroce, ansia febbrile, atroce delitto, atroce dolore,Jolle terrore, ghigno orrendo, ghigno strano, macabra scena, macabra scoperta, sanguefreddo, pozza di sangue, sinistra risata, sinistra scena, urlo terribile, urlo orribile. La dialettica interdialogica risponde al consueto coinvolgimento del lettore, stavolta solleticato nell'istinto in­ vestigativo e attratto dalla suspense delle interrogative narrative: ; > ; . Se le tematiche prescelte denotano qualche novità, la lingua si in­ canala in moduli preconfezionati. Il livello formale alto è ribadito da una simulazione di parlato in cui abbonda la pragmatica della cortesia: , , > , (Peverelli, 1950, p. 23). Soprattutto nei racconti romantici, il dialogo degli amanti ha quei melensi languori connaturati al genere. La bocca di Marcello s'appoggiò alle morbide, tumide labbra della fanciulla. Fu come se le pareti si chiudessero sul loro capo e sparisse il cielo, e una pesante ombra verde fosse piombata su di loro. Quando le labbra si staccarono, le facce rimasero vicine, ed egli poteva vedere le iridi scure di lei allargate e frementi. Giuditta -, disse, un po' ansante, - non ho mai provato una sensazione simile ; è come se avessi placato un'ansia, un' inquietudine che mi possedevano da anni. E tu ? - Io ... io sono felice ... Io non so dirti che cosa provo ( ivi, p. 2 1 ) .

Tra le esponenti del rosa più qualificato, Brunella Gasperini mostra uno stile più personale, anche per l'ibridazione con il romanzo di formazio­ ne adolescenziale (Roccella, 1998, pp. 10 2-8). Nel suo maggior succes­ so (L'estate dei bisbigli, 1956), se è vero che le protagoniste femminili - la bionda Elena e la bruna Tessa - recitano il collaudato copione di

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un conflittuale dualismo, lo svolgimento ha linee meno grezze ed esiti meno prevedibili del solito: come così l'altra, (Tommaso, 1999, p. 153). Gasperini indugia moderatamente su particolareggiate rappresentazioni di abiti e di arredi e si concede, massimo scarto dalle convenzioni del rosa, un' inflessione ironica. Resi­ stono, tuttavia, i cliché irrinunciabili del genere, per esempio il luogo co­ mune dello sguardo allo specchio, sia pure venato da sottili malinconie, e soprattutto l'eccitata raffigurazione delle epifanie maschili: Dietro di lui, ai remi, stava seduto un giovane apollo in pantaloni di flanella rimboccati sopra il ginocchio ( aveva lunghe, salde, scultoree gambe) e torso nudo. [ ... ] A ogni colpo di remo si indovinava sotto la pelle abbronzata e com­ patta un gioco armonioso di giovani muscoli, e una ciocca biondo-scuro gli scendeva sulla fronte (Gasperini, 1 9 5 6, p. 8 ) .

Come un po' tutte le sue correligionarie, Gasperini usa un (Benussi, Zaccaria, 2004, pp. 558). Tralasciando la deprimente fase Harmony, asservita a deteriori au­ tomatismi e a un linguaggio globalizzato1 8 , qualche novità affiora nella recente chick-lit, in cui un romanticismo più scanzonato e una lieve evo­ luzione in senso femminista apportano qualche aggiornamento (Giova­ netti, 2009 ). Anche nella chick-lit, inaugurata dal best seller americano di Helen Fielding, Il diario di Bridget jones (1996), e da altri successi tipicamente newyorkesi, la trama è fatta una volta per tutte: donne in pena (ma non troppo) per il proprio aspetto fisico, in perenne affanno con la triade famiglia-lavoro-casa (ma senza guai seri), abbastanza con­ sapevoli da ironizzare sui propri sbagli (ma non sufficientemente mature per evitarli), cercano l'anima gemella e una vita rosea. La focalizzazione sul punto di vista femminile determina l'univocità del pubblico di riferimento, maliziosamente allettato da guru improv­ visate: Appiano (199 3) lancia: Sola? Come vivere felici con gli uomini, delle altre; Bosco (2010) elenca IOI modi per riconoscere il principe az­ zurro (senza baciare tutti i rospi). Funziona anche il recupero in chiave ammodernata degli usuali resoconti su ambienti, abiti, accessori e pro-

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dotti per la cura personale, in cui è un topos recente la citazione delle griffe di moda: > (ivi, p. 116). Il mutamento di clima si percepisce, oltre che dalla tranquilla espli­ citazione della componente sessuale, dalla crescente dose di plebeismi e di turpiloquio, per lo più desemantizzato: > (ibid. ); ( ivi, p. 27 ); (Bosco, 2005, p. 15 ) ; (ivi, p. 3 4 ) ; (ivi, p. 36). La sintassi è decisamente semplice, enu­ merativa e spesso segmentata, cioè composta da frasi monoproposizio-

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nali scandite dall'accapo. Se il procedere a frammenti e a singulti fosse il contrappunto di particolari situazioni emotive potremmo concedere un ' intenzione retorica ; ma l'adozione è di prammatica, scadendo nella meccanicità di applicazione ( Bosco, 20 0 9, p. 21 ) : Mi tolgo le scarpe, ho le caviglie di un elefante. È l'estate più calda dai tempi di Noè. Mi butto sul letto e accendo il ventilatore, vorrei dormire almeno una settimana. Nessun messaggio da Andrea, come da accordi. All' inizio era dura, ma poi ci ho fatto l'abitudine. In fondo lo vedo più spesso io della moglie.

Fraseologia e lessico sono altrettanti basici, con infiltrazioni del gergo digitale e dell'enfasi interpuntiva consona alle scritture giovanili e neo­ epistolari ( Antonelli, 201 1, pp. 23-4) : > ; : Marcus, Julius, Simonus, Pierus. Ottima anche l' iniziale K, a svecchiare degli evergreen : Karl, Kaspar, Kristian. Splendido il binomio K più us : Kamillus.

Il campionario degli stereotipi con cui l'aspirante autrice rosa dovrà fa­ miliarizzarsi è naturalmente abbastanza ricco e riguarda sia la struttura del plot, variabile solo entro un numero prestabilito di situazioni-tipo, sia nel linguaggio, il più possibile ellittico e perifrastico nelle rappresen­ tazioni concrete. Il fatidico congiungimento sessuale, rimandato este­ nuantemente alle ultime pagine, non sarà mai descritto nemmeno negli "Hot Melody" ( il filone più disinibito) ma solo alluso e accennato con prevedibili espressioni: , , , (ivi, p. 13). La

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collocazione geografica delle peripezie, le suppellettili domestiche, i ca­ ratteri di protagonisti e comprimari dovranno rispettare il rigido codice del genere. Così anche l'abbigliamento (ivi, p. 9): Ricordatevi che in un Melody si descrivono sempre i vestiti. Non esiste scrivere : "Bollea scese dal treno. Non c 'erano taxi in vista, e fu costretta ...". Niente. La corretta versione Melody è : "Bollea scese dal treno, e si strinse nel caldo imper­ meabile azzurro foderato di volpe selvaggia dorata. Le sue scarpette di vernice con la fibbia erano troppo leggere per il clima di Vancouver, e rimpianse di non aver messo gli stivali di cinghiale che le aveva regalato suo padre. Non c 'erano taxi in vista, e fu costretta ...

Indubbiamente non manca l'esagerazione caricaturale, e la parodia cen­ tra il bersaglio. Ma anche sfogliando esempi più pretenziosi dei dozzi­ nali "Harmony" che Bertola dileggia con spirito, l'assolvimento degli obblighi del genere è evidente. In Disperatamente Giulia ( 1986), best seller di Bice Cairati e Nullo Cantaroni, coppia nota con lo pseudoni­ mo Sveva Casati Modignani, la descrizione dei vestiti dei protagonisti e degli ambienti casalinghi è minuziosa, oltre che rivelatrice di uno status sociale elevato, proprio come si addice ai romanzi d'evasione: , , , , , ( ivi, pp. 4-9). Se il nome Giulia della protagoni­ sta è tutt 'altro che anomalo, il cognome De Blasco conferisce al ruolo femminile il giusto tocco di nobile singolarità. L'amato è Ermes Corsini, uomo di grande smalto e di elevata professionalità, essendo niente di meno che , oltre che, ça va sans dire, dotato di (ivi, pp. 12, 19). Anche l'ex marito di Giulia, Leo Rovelli, non sarebbe un cattivo esemplare se non fosse per qualche

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inspiegata contraddizione del carattere: ( ivi, p. 36 8). La lingua è priva di mende e di scivola­ menti verso i registri bassi, discretamente variata nella scelta dei vocaboli e curata nell'impalcatura sintattica, tuttavia basilare. I congiuntivi, per dire, sono tutti al loro posto ( , ivi, p. 21), mentre il lessico si solleva dal livello me­ dio grazie a qualche tecnicismo - in questo caso medico, dato il mestiere del protagonista maschile, - utile a connotare ulteriormente in senso alto l'ambiente: , , , , , (ivi, pp. 13-7 ); ma non manca, segno di un allegorismo non troppo profondo, l'abusata metafora per indi­ care il cancro (ivi, p. 414). Oltre ai paragoni e alle similitudini, riescono alquanto formulari i dialoghi e le didascalie; i primi sono infarciti da frasi fatte (ivi, p. 414): [Leo] - Penso a tutte le volte che non ti sono stato vicino come avrei dovuto e potuto. Ti ho fatto dei torti, Giulia. E me ne dispiace. Sono sempre stato un egoista con te. [Giulia] - Egoista lo sei stato con tutti [ ... ] . Con me sei stato anche un bastardo. Ma non è vero che tu non mi sia stato vicino. Devo anche a te quello che sono . E vero, sei stato il mio più clamoroso errore, ma solo sul piano sentimentale. Tu mi hai aiutato a trovare me stessa. Ti pare poco ? [Leo] - Ti amo ancora, Giulia - sussurrò sfiorandole le labbra con un bacio.

Le seconde, sebbene diversificate, risultano staticamente combinate con soggetto + verbo + elemento avverbiale o attributivo: , , , > (Fabozzi, Fattori, 1989, p. 1229 ). Anche l'armamentario tematico (viaggi nel tempo, guerre galattiche, invasioni di alieni, prodigi della scienza) è di diretta filiazione americana e produce un repertorio figurale presto istituzionalizzato. La lingua è piatta sia negli originali italiani sia nelle trascurate traduzioni dall' in­ glese: spicca solo la tipica collusione con i linguaggi scientifici, proba­ bilmente il fatto più notevole. Dai dime novels statunitensi dipendono inoltre l' incoraggiamento alla brevitas, la sequenzialità seriale, la dila­ tazione dell'elemento visivo, esplicito nell'iconografia di accompagna­ mento delle riviste, ma anche intrinsecamente presente nei modi della narrazione, ad alto tasso di descrittività sbalorditiva. L'edizione in ver­ sione tascabile spesso ripropone per un pubblico potenzialmente più vasto storie già uscite a puntate, sebbene con una riduzione dell' appa­ rato di immagini, difficilmente riadattabili alla confezione in pocket. Pur nella veste più dignitosa del libro, il genere resta relegato a edicole e bancarelle, e scansato dagli editori di prestigio. Solo grazie all'innalza­ mento del prodotto offerto da alcune rispettabili firme statunitensi (lsa­ ac Asimov in testa), e in concomitanza con la prima ondata di curiosità intellettuale per i negletti generi di consumo, si giunge eccezionalmente a qualche operazione di ripulitura culturale, come l'antologia di Einau­ di promossa da Solmi e Fruttero (1992), stampata nel 1959 e più volte ripubblicata: l'assenza di autori italiani tra i nomi selezionati conferma però la marginalità nostrana nel panorama del romanzo di fantascienza. Le ragioni del successo (mai strepitoso, ma con tirature considerevo­ li tra gli anni cinquanta e settanta) sono state prestamente individuate nell'accelerazione del progresso tecnologico del secondo dopoguerra con le sue sensazionali manifestazioni - in primo luogo nella meccanica ro­ botica e nell'ingegneria aerospaziale -, nella produzione di film statuni­ tensi che giungono in Italia e coadiuvano l'imperversare del genere (rxm Destinazione luna, 1950; Uomini sulla Luna, 1950; La cosa da un altro mondo, 1951; Ultimatum alla Terra, 1951 ecc.), nell'accessibilità del prezzo e della vendita in edicola, dove primeggia appunto la serie " Urania". A partire dagli anni cinquanta, la collana è certamente la manifesta­ zione più riconoscibile, come si ricava già dai titoli: Il pianeta del giu­ dizio, Il risveglio dell'abisso, Naufragio sul pianeta !duna, La stella dei

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giganti, Il clandestino dell'astronave, L'uomo che veniva dal futuro, La legione dello spazio, Il terrore dalla sesta luna. All'iniziativa di Monda­ dori è stata riconosciuta, oltre che la promozione dei più rappresentativi interpreti internazionali, la funzione di stimolo per un filone della cre­ atività italiana; non si può di contro trascurare la motivazione schietta­ mente commerciale che governa complessivamente la realizzazione della collana. Fruttero e Lucentini ( 2 0 0 3 , pp. 6 6 ss.), che ne furono i curatori dal 196 1 al 198 6, precisano l'uno e l'altro assunto: la fantascienza arrivò in Italia mediata da filtri niente affatto popolari ma nei periodi in cui stentava a prosperare, le scelte editoriali movevano al ribasso, adescando il pubblico grosso con ributtanti "insettoni" in copertina e storie dozzi­ nali di extraterrestri e ufo. Gli ingredienti indispensabili, inevitabilmente ripetuti con minime variazioni, vengono sviluppati con una fantasia più sbrigliata che in altre forme narrative : esplorazione degli spazi ignoti, collisione con creature immaginarie (spesso di barocca mostruosità), amplificazione di alcune potenzialità umane solo suggerite dal livello presente delle conoscenze possedute. Nella lingua, la manifestazione più peculiare è nel diluvio di pseudotecnicismi surrettiziamente pertinenti perlopiù all'astrofisica e all'ingegneria aerospaziale nella sottocategoria della space opera, o ali' in­ formatica nei più recenti cyberpunk. L'attenzione dei linguisti per la nuova > , det­ ta pure in quel tempo > (Menarini, 1954), è stata precocemente allertata, fin dall'uscita dei pri­ mi tascabili e periodici (oltre ai già citati, aggiungo il mensile "Fanta­ scienza", edito dal 1954 da Garzanti). A catturare l'interesse furono da subito le estrosità lessicali, legate alle strabilianti avventure ambienta­ te in uno spazio-tempo fittizio, allora nominato quarta dimensione, e allo stravolgimento delle convenzioni della verosimiglianza artistica. L' > partorisce neologismi parascientifici come !unite 'cemento ottenuto dal suolo lunare', magnetoni 'sfere di violenza mortifera', megagravi 'unità di misura della forza di gravità', microtecnico, mutanti 'persone dotate di facoltà supernormali', quintodimensionale, raggi-transpon 'armi terribili sulle astronavi', sferza neuronica 'arma che infligge una scarica elettrica', teletrasportatore, uranidi 'abitanti di altri pianeti' (ivi, pp. 1 2 1 - 3 ) . La credibilità dei vocaboli inventati poggia fin dagli anni cinquan­ ta sull'uso di suffissi e prefissi propri del lessico settoriale delle scienze,

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ovvero su neoformazioni che ricalcano i meccanismi compositivi del sottocodice imitato (astrofisica, ingegneria, chimica ecc.). Va precisato che anche gli originali termini fantascientifici attingono, come accade nella comunicazione internazionale della scienza, a componenti greco­ latine, la cui trasposizione in italiano risulta pertanto agevole in quanto naturalmente compatibile con il "genio" della lingua. Tra i prefissoidi di largo impiego troviamo dunque aero-, astro-, iper- micro-, super-; tra i vocaboli di più duratura fortuna nel genere si possono citare aeromobile, androide, interspazio; invece, tra gli effimeri neologismi ci sono cerebro­ commutatore 'apparecchio che serve a modificare la mente delle persone' o insettivoci 'uomini aventi la facoltà di parlare con gli insetti' ; infine, tra le voci fantascientifiche assurte a rango di reali tecnicismi con l'avverarsi di alcune premonizioni, rientrano aerospaziale, biomeccanico, gravitomagnetico, iperattivo (ivi, p. 125). Oltre al valore caratterizzante del settore paraletterario di riferi­ mento, per i vocaboli fantascientifici conta considerare la circolazione e il radicamento nella lingua comune. Un modesto valore hanno in tal senso i numerosi ma occasionali forestierismi che dipendono passiva­ mente dalle traduzioni dall'americano: estann 'presentire', seeset 'esseri tirannici, specie di coccodrilli antropomorfi', sharis 'lanciafiamme' ( ivi, pp. 124-6). Invece, è probabilmente la letteratura a sancire il definitivo successo di astronave sul primitivo aeronave (proprio della letteratura d'avventura fine-ottocentesca) e a rendere di trasparente comprensione tecnicismi collaterali come disintegrare 'annientare con armi micidiali', o la cosa 'essere o fenomeno indicibile e inspiegabile'. La fissazione di al­ cuni termini è legata alla reciproca influenza fra gli scrittori che finisco­ no, tra fanta-sinonimi concorrenti, con l'adottare la forma dominante. Oltre che nel lessico, si possono rintracciare alcune peculiarità co­ muni nella testualità. Le sequenze dialogiche spesso hanno la forma del dibattimento, alternando le disquisizioni dello "scienziato-pazzo" alle repliche di un interlocutore che con le sue interruzioni (domande, richieste di chiarimento, obiezioni, controdeduzioni) costruisce una struttura logico-retorica che mima quella della dialettica scientifica tra­ dizionale. Dal Fascino dell 'ignoto (19 05) di Anton Ettore Zuliani (in De Turris, Gallo, 2001, pp. 7-8): - Io parto da un principio completamente nuovo, e che senza dubbio le sembre­ rà paradossale e incredibile ; vale a dire la inversione della forza di gravità [ ... ] . - Ma scusi, ingegnere ... La forza di gravità ha un dato raggio di azione. - Quale, per esempio ?

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- Otto o dieci chilometri, per lo spessore dell'atmosfera terrestre. - S ' inganna. Intanto l'atmosfera terrestre ha uno spessore approssimativo superiore di duecento chilometri, e questo ci è indicato dai bolidi o aeroliti, o stelle cadenti, di cui si scorge la striscia luminosa. Questi corpi diventano incande­ scenti : perché ? ... Perché nella caduta condensano l'aria dinanzi a loro : per la condensazione tolgono calore ali' aria e si accendono [ ... ] . - Ma la palla di vetro non si incendierà a guisa di un Bolide ? - No. Ho scelto il vetro perché è cattivo conduttore del calorico : per maggior sicurezza lo spalmerò di una vernice speciale, trasparente, atta a impedire la combustione.

Quasi sempre c'è un nocciolo di verità scientifica su cui si saldano escre­ scenze più o meno bizzarre; gli abituali inserti di didascalismo ripren­ dono quei moduli istruttivi dissimulati già sperimentati nei romanzi di viaggi e di avventure, da Verne a Salgari. Nel brano che segue, tratto dal racconto per ragazzi Il radium ("Letture per la gioventù': 1904), lo scrittore Yambo si ispira, per una vicenda fantasiosa, alla scoperta fine­ ottocentesca dei coniugi Curie (in De Turris, Gallo, 20 0 1, p. 313): - Voi sapete che il Radium ha la proprietà di emanare una luce che attraversa i corpi opachi, in ispecie i metalli. .. presso a poco come i raggi di Roentgen o più comunemente i raggi X. Una parentesi : sapete come si formano i raggi X ? - Scossi il capo confuso della mia ignoranza. - Una volta, uno scienziato inglese, il Crookes, fece una curiosa esperienza. Prese un piccolo tubo di vetro contenente aria : nel mezzo del tubo adattò un tubetto aperto ed alla estremi­ tà due fili metallici, saldati nel vetro, sporgenti all'esterno e terminanti in due piccoli dischi metallici [ ... ] . Questa piccola invenzione di Crookes servì poco dopo ai fabbricanti di giuocattoli di fisica e di elettricità : null' altro. Ma ecco che un professore tedesco, il Roentgen, scopre alcune radiazioni invisibili che hanno la singolare proprietà di destare la fosforescenza sopra schermi di cartone al platinocianuro di bario, di impressionare fortemente le lastre fotografiche, e di passare attraverso ai corpi opachi con la luce comune. Il Roentgen chiamò queste radiazioni straordinarie Raggi X.

Il sentore di pedanteria che sprigiona da questi passaggi è controbilan­ ciato da un alone di mistero e da un pizzico di suspense, quasi immanca­ bili nel genere fantascientifico (ivi, p. 312): La porta, cosa stranissima, era aperta, ed io non potei trattenermi dal lanciare un'occhiata curiosa all' interno. Sir Edward era ritto in mezzo alla camera ed esaminava con molta attenzione una piccola fiala dalla quale si effondeva una breve luce verdognola ... A quella luce fantastica, il volto pallido dell' inglese,

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aveva preso una tinta spettrale [ ... ] . La stanza, piuttosto piccola, era tutta in­ gombra di lambicchi, di storte, di strani congegni, di libri, gettati alla rinfusa sul pavimento. In un angolo vidi una piccola scrivania ed una cassaforte ; senza dubbio là erano racchiusi i piani di guerra del generale. Sussultai, fissando gli sguardi su quel mobile misterioso che sembrava ingrandire, ingrandire a poco a poco, e venirmi incontro, per schiacciarmi con il suo enorme peso ...

Ancora negli anni sessanta e settanta gli autori italiani denunciano una , non solo per l'incapacità di sviluppare tematiche extraprovinciali e au­ tenticamente futuriste, ma anche per l'inabilità a districare la commi­ stione fra approssimazioni scientifiche e irrinunciabili eredità letterarie. Tavosanis (20 0 2) si avvale di alcuni esempi, che riproduco qui sotto parzialmente, per illustrare l'incongrua resistenza di forme auliche e di ricercati effetti enfatici: La neve sul davanzale del balcone si sfalda sotto la luce vibratile, brevi colate si staccano in un polverio di cristalli minutissimi. Bianco d'abbaglio polarizzato, sul ripiano ; bianco d'ombra nel bordo rigonfio, oltre l' incidenza dei raggi (G. Musa, Memoria totale, 1 9 6 3 ) . Assai mirabili cose si sarebbero potute notare in quei momenti di inaudita di­ sperazione. Audacie di tentati tuffi con cinture magnetiche, dal pericoloso spa­ zio. Eroismi di astronavi che si autodistruggevano contro l' incalzante nemico. Follie di uomini che abbandonavano la Luna su diversa sorte di vettori, per poi sfracellarsi, insano olocausto, sui tetti delle fortificate metropoli (M. A. Miglie­ ruolo, Gli Arpionatori, 1 9 70 ).

I sottogeneri in cui la fantascienza si articola assecondano le richieste dei lettori, secondo Fruttero, Lucentini (20 0 3, pp. 72-3) divisi in : mentre i primi , i secondi . Anche l'evoluzione del genere è subordinata ai cambiamenti di gusto, che negli anni ottanta-novanta si è orientato verso le conseguenze imprevedibili delle neotecnologie in­ formatiche, spesso accoppiate a istanze di ribellismo giovanile, dando luogo all'indirizzo del cyberpunk. Agli antesignani prevalentemente di

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area americana seguirono, come di consueto, manifestazioni globali. Per l'Italia basti menzionare la traduzione dell'antologia Mirrorshades di Bruce Sterling del 1986, che favorì una modica notorietà della corrente (Brolli, Caronia, 199 3), più un paio di esperienze autoctone su cui mi­ surare le conseguenze stilistiche del movimento, elogiato dai suoi culto­ ri quasi come un'avanguardia, ed enfaticamente annunciato come una > , , , , in relazione all ' inchiesta sulla spedi­ zione dell ' > Malpertius, si incontrano > , > , > , > , > , >; ; . (Bravo, 2003, pp. 52-4; Anelli et al , 1979, pp. 16, 56; Detti, 199 0, p. 27 ). Nell'onomastica si osservano due tendenze: o figurano nomi mol­ to comuni, che assecondano il meccanismo dell'identificazione; o, alla maniera di Liala, si scelgono nomi inusuali e di sonorità esotica (Rudy e Ilse, Delfina e Valdo, Ivan e Doris ecc.; cfr. Anelli et al , 1979, passim), che accentuano la finalità di svago.

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La prassi del corteggiamento è fiaccante e monotona, la sua tradu­ zione verbale involontariamente ridicola: ("Grand Hotel': 1948); ("Sogno", 1966); > , , , , > , ma nell'immagine sullo sfondo i due innamorati siedono su una panchina distaccati e placidi (Bravo, 2003, pp. 52-4).

Nuvole e strisce Tra i generi qui considerati, il fumetto sembrerebbe quello meno intac­ cato dal perbenismo linguistico che caratterizza altre scritture di genere (come l'apparentabile, tecnicamente, fotoromanzo): l'indispensabile talento creativo dei disegnatori, infatti, ha il più delle volte contagiato anche la scrittura, a maggior ragione nei casi in cui il disegnatore coin­ cide con l'autore dei testi. La lingua è in genere innovativa, anche a pre­ scindere dai numerosi esempi d'autore, sia intesi come scrittori prestati occasionalmente alle "nuvole': sia come artisti che hanno trovato in que­ sta forma di intersecazione tra immagine e parola un mezzo particolar­ mente duttile, più di altri svincolato da condizionamenti letterari. Gli esperti del settore non resistono alla tentazione di coglierne le remote ascendenze nei precursori dell'antichità (la colonna di Traiano di epoca romana), medievali (i polittici e gli affreschi con didascalie) e rinascimentali (gli arazzi istoriati e le composizioni xilografiche). Quasi inevitabile, in tal senso, l'evocazione della primordiale Iscrizione di San Clemente 4 e delle incisioni in rame della prima età tipografica, specie quando più quadretti in successione compongono una storia ( Cuccoli-

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ni, 2 0 0 0 ) . Il ritmo della narrazione può richiamare persino l'alternarsi di sequenze - le strofe, le quartine, le terzine - delle forme metriche della tradizione. Praloran ( 2 0 1 1 , pp. 47-9 ), analizzando il rapporto fra tempi e quadri nelle vignette di Schulz, vi percepisce una singolare at­ tualizzazione di figure classiche: e fa il caso del valore epifonematico o di "rovesciamento" (metabolé) che talora assolve, nelle storie a quattro tempi dei "Peanuts': la vignetta conclusiva. Realisticamente, la nascita del fumetto, inizialmente "a strisce" (strip), va collocata negli Stati Uniti di fine Ottocento, e precisamente sui modesti giornali popolari destinati alla parte multietnica e spesso il­ letterata della società americana. Per l'Italia, in principio fu il "Corriere dei Piccoli" (dal 19 08), con le vignette sottoscritte e le didascalie rimate; seguirono, poi, i modelli importati dall'America negli anni trenta, con i primi balloon (nel 1942 tradotto con "fumetti" da Bruno Migliorini); e infine, dal dopoguerra in poi, un'esplosione di sottogeneri e di stili (comico, avventuroso, fantascientifico, giallo-horror, intimistico), che giunge fino alla vitalissima situazione attuale. L'esordio italiano non è privo di originalità. Concepito nell'ambi­ to delle pullulanti iniziative culturali per l'infanzia di inizio secolo, il "Corriere dei Piccoli" si distingue nei primi decenni per il rigore for­ male, garantito anche dall'alto profilo dei primi collaboratori, tra cui Capuana, Deledda, Negri (Marciano, 2 0 0 8 ) ; e non mancano i picchi di grazia stilistica, considerando che dal 19 17 vi esordisce Sergio Tafa­ no detto Sto con le avventure del Signor Bonaventura. Nell'insieme va rilevato il valore storico del giornalino, dato che in novant'anni di vita editoriale il famoso ha accompagnato lo sviluppo della società italiana, offrendosi come un'officina di icone e di simboli per l'immaginario nazionale (Gadducci, Stefanelli, 2 0 0 8 , pp. 7-13). Nel fascicolo, i fumetti occupavano 4 delle 16 pagine totali, e precisa­ mente la prima e la quarta di copertina più le due pagine centrali; il formato standard era quello di tavole divise in 6 o 8 quadri (le vignette), che com­ ponevano storie con riconoscibili eroi protagonisti: oltre al Signor Bona­ ventura, Arcibaldo, Cocco Bill, Fanfarino, Sor Pampurio, la Vispa Teresa. Le coppie di ottonari in rima baciata che integravano le vignette richiamano il racconto ritmato dei cantastorie, e specialmente quelle narrazioni epico-popolari che venivano accompagnate da pittoreschi cartelloni illustrati (si ricordi l' divulgato dai cantimpanca siciliani).

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Nei decenni successivi, la linea conservatrice del linguaggio sarà afor­ tiori evidente al confronto con i più avanzati esperimenti degli anni ses­ santa-settanta; a parte i lievi cambiamenti linguistici ascrivibili al tempo e alle diverse personalità degli autori, è infatti notevole la compattezza stilistica del periodico, alieno alle trasgressioni. Il sistema della didasca­ lia - più poetica e narrativa che dialogica - quasi costringe a un italiano di stampo letterario; il lessico così come le scelte verbali e pronominali sono quelli propri della varietà scritta, sia nelle sequenze rimate, sia nelle descrizioni più distese : ( Un capitombo­ lo d:Arcibaldo, 19 34); , >, , > , > (ivi, pp. 2, 4). La fortunata riduzione ha aper­ to la via della "riscrittura" dei classici per il pubblico infantile, percorsa con decoro in molti esempi di successo (Marcheschi, 2004, p. 522). Nella produzione per l'infanzia si ripercuotono con evidenza le poli­ tiche culturali e linguistiche vincenti, tanto che la concentrazione della creazione anonima e seriale si addensa nei periodi di dirigismo cultura­ le e di superficiale accondiscendenza alle cosiddette leggi del mercato. Il periodo fascista è comprensibilmente fertile per l'editoria di consu­ mo, sfruttata anche allo scopo di veicolare attraverso una narrativa più abbordabile i capisaldi della propaganda (come si ricava dall'antologia proposta in De Donato, Gazzola Stacchini, 199 1). Pullulano le inizia­ tive editoriali a discapito delle affermazioni personali (Boero, De Luca, 2009, pp. 168-202): la casa Carroccio di Milano sforna collane inequi­ vocabilmente pensate per l'educazione di una gioventù irreggimentata - "Balilla': "Eroi d'Italia': "Giovinezza d'Italia" -, e libri improntati alla retorica mussoliniana fin nella ripresa puntuale delle parole d'ordine del

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regime. Altre collane, pur nate in epoca fascista, ebbero una maggiore capacità di travalicare i temi imposti, riuscendo così ad affermarsi anche oltre il ventennio come uno strumento per la formazione intellettuale dei giovani. Spicca la "Biblioteca dei Miei Ragazzi" di Salani, che anno­ vera dal 19 31 al 19 55 novantanove titoli, rimasti vividi nella memoria dei lettori (ivi, pp. 203-4, e ora soprattutto Levi, 2012). Al solito, il rivestimento è semplice (un cartonato in 16 ° ), la copertina ha essenziali illustrazioni a colori, e reca un titolo possibilmente ghiotto. Ecco qualche esempio: M. Giannini, Ilfanciullo che venne dal mare; M. H. Giraud, Otto giorni in una soffitta; Nalim, Il mistero del castello; G. Chelazzi, Piccolo re. Le traduzioni da testi francesi che si alternano ai prodotti di autori italiani svelano una smagliatura nella rigorosa trama del controllo fascista; temi leggermente eterodossi, quali la valorizzazio­ ne della figura femminile, vi fanno capolino. Una recente "operazione nostalgia" promossa dall'editrice Salani ha rimesso in circolazione alcuni di questi volumetti, riproposti con testo, copertina e formato originali. Riletto oggi, La teleferica misteriosa di Aldo F. Pessina (ed. 1998, collana "Salani nostalgia", riproduzione della I ed. 19 37, n. 43 della serie "Biblioteca dei Miei Ragazzi", con 28 illustra­ zioni in b/n e copertina a colori) presenta solo rari tratti leggermente datati: pronunziata, recava scritto, vi erano; compaiono invece alcune espressioni colloquiali, indizio di una ricercata complicità con i lettori: , , , . Natu­ ralmente il tono dominante è quello dell'italiano tradizionale, ben sal­ do negli usi sintattici; dunque, si ha sempre il congiuntivo in quei casi di completive o di ipotetiche nei quali il contesto situazionale - un dialogo tra ragazzi - avrebbe consentito l'indicativo: , , . Il lessico è per lo più elementare ma punteggiato di voci scelte: allibirono, > (ivi, p. 13, corsivo mio). La frammentazione del pubblico giovanile, oltre che per sesso e per generi, è da tempo minutamente applicata anche alle fasce d'età. In particolare a partire dagli anni sessanta del secolo scorso (una tappa si­ gnificativa è il 196 2, che stabilì il prolungamento dell'obbligo scolastico fìno alla terza media) le collane per i ragazzi hanno avuto uno straor­ dinario sviluppo. Anche l'adolescenza è diventata un target coltivato,

ALLA CONQUISTA DI U N P U B BLICO IN CRESCITA

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da declinare innanzi tutto in base al sesso, data la maggioritaria quota femminile in questa fascia di età (cfr. Zanatta, 2009, che ricorda come anche le vecchie "Biblioteche per signorine" denunciassero un'analoga differenziazione). Le concessioni ai luoghi comuni e al gergo giovanile, limitate nelle pubblicazioni infantili, si ampliano a dismisura nelle collane per ragaz­ zi, quali "Teens" di Fanucci, "I delfini" di Bompiani, "Le ragazzine" di Mondadori, gli "Istrici" di Salani ecc. L'idea è che un pubblico in fuga dalla lettura come quello dei teenager vada in tutti i modi riacciuffa­ to, appunto reimmettendo nella prosa per loro allestita quegli stessi usi, ipercolloquiali e neodigitali, che distinguono il codice giovanile. Il di­ versificarsi dei modelli (fantasy, giallo, humour) ha virtuali ricadute po­ sitive sulla varietà dei registri, ma gli ammiccamenti ai generi più in voga producono assuefazione e appiattimento, come mostra la serie "Piccoli investigatori" (collana "Il Battello a vapore': Piemme), che snocciola una sequela di titoli quasi invariati: Il mistero dell 'oro rubato, Il mistero del lupo bianco, Il mistero del quadro rubato, Il mistero dell 'isola invisibile, Il mistero dell'albergo stregato. E/L (Einaudi) con la collana "Lettere e Diari" punta su tipologie te­ stuali congeniali ai giovanissimi e su ponderati accostamenti alle tonali­ tà adolescenziali (alcuni titoli: Diario di una casa vuota, Lui e bellissimo!, Diario allo specchio, JI e-mail per un piccolo principe). La lingua mostra, tuttavia, una sintassi sorvegliata, una discreta varietà lessicale, e qualche stimolo alla riflessione anche metalinguistica: (Roncaglia, Ruiz Mignone, 2006). Nella col­ lana "Ragazzine" di Mondadori (quasi tutte traduzioni dall'inglese) la complicità con il gergo giovanile è invece esibita fin dai titoli, che osten­ tano grafismi da > o da (D'Achille, 2007, pp. 233-41; Antonelli, 2011, p. 41): Un cellulare x due, E se poi lui... E se poi lei... 2 punti di vista sullo stesso amore; Saremo amiche per sempre ➔ ma giu le mani dal mio ragazzo! Quando entra in gioco la questione della riproduzione del parlato, gli esiti vanno dal bi­ lanciamento con un linguaggio più sorvegliato alla registrazione passiva di frasi fatte ed espressioni iperfamiliari: , , , , , , , , , ,

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, , , , , , (Blezza Picherle, 2007, p. 298). L'acclarato prolungamento dell'adolescenza fino agli ultraventenni spiega il recente fenomeno dei romanzi giovanilistici, con storie e tema­ tiche rigorosamente autoreferenziali, quali amore, scuola e università, amicizia e attardati conflitti figli-genitori. Il caso più noto è quello di Federico Moccia, autore di best seller quasi paradigmatici della lingua paraletteraria degli anni Zero. Rivolti a giovani immersi nella moderna società dei consumi, celebrata dai continui richiami a merci e a marchi, i romanzi di Moccia aspirano a una presunta verità di rappresentazione, smentita invece dall'artificiosità delle situazioni, in cui abbondano per­ sonaggi stereotipati e luoghi comuni. Il conformismo ha le sue emanazioni linguistiche: la spiccata voca­ zione alla sentenziosità frutta frasi da cioccolatino (o da diario), quasi un prontuario di slogan a effetto pronti al riuso (Matt, 2007, p. 252). Il parlato giovanile si risolve in qualche espressione colloquiale e in spora­ diche citazioni in dialetto riservate a personaggi socialmente marginali. Quanto alla dialettica lingua contro dialetto, > , , (Volo, 2011, pp. 44, 48, 181, 213, 227).

Conclusione

S'è accennato in apertura alla problematica definizione e alla vaga deli­ mitazione delle scritture oggetto di questo studio. Trovati i nomi (para­ letteratura, generi di consumo, libri di larga circolazione), oggi più blan­ damente descrittivi che valutativi, resta il problema della distinzione, anch'essa impegnativa e annosamente tentata, tra ciò che è letteratura e ciò che non lo è. Negli ultimi anni il ventaglio dei generi paraletterari si è talmente ampliato da rendere difficile semmai individuare l'esiguo spa­ zio rimasto ai testi letterari in senso stretto; infatti, mentre la letteratura patisce un calo di reputazione e vive fasi alterne di vigore e fiacchezza, la paraletteratura gode di ottima salute e di una buona tenuta commercia­ le, tanto più che l'affiancamento dell'editoria in formato digitale sembra maggiormente congeniale ai testi disimpegnati e alla fruizione più con­ sumistica. D'altra parte lo smercio dei "classici" o delle opere più accre­ ditate fin nei supermercati e nelle edicole, e la loro paritaria scaricabilità in versione elettronica hanno definitivamente abolito la discriminante dell' allure esteriore, data dalla veste più elegante, dalla superiore atten­ zione al testo, dai diversificati circuiti di produzione e di trasmissione. A parte le forme strutturalmente alternative alla prosa letteraria e perciò più immediatamente circoscrivibili, come il fumetto o la narra­ tiva per ragazzi, è nella fattispecie costituita dal "romanzo" che le linee di demarcazione sfumano fino a sbiadire del tutto. Estinta (o quasi) la poesia per mancanza di mercato1 la prosa letteraria va comprimendosi sui non molti nomi in grado di garantire anche il successo di vendite, andando dunque progressivamente ad accostarsi al confine con la pa­ raletteratura, dove per altro si ammassano, sul versante opposto, autori di best seller non del tutto sprovveduti e non sempre privi di uno stile personale e convincente. Senza contare che la rapida evoluzione tecno­ logica dei nostri tempi investe profondamente tutti i mezzi di scrittura e di lettura ponendo forse dilemmi più radicali: (Bordoni, 2009, p. 175). Resta ancora, certo, la possibilità di cogliere differenze e gradazioni; ma separare in modo netto il nocciolo duro della letteratura pura dalla polpa più o meno saporosa di ciò che gli sta attorno non è impresa così semplice, soprattutto per chi volesse resistere sia al pregiudizio negati­ vo che colpisce le opere più gradite al grande pubblico, sia alla comoda rinuncia a una valutazione di merito. Insomma, (Segre, 2000, p. 14 9 4 ). L'autorevolezza del giudizio del critico letterario, richiamato al suo compito ( , ibid. ), continua certamente ad avere il suo peso, sia per il presente sia per le epoche passa­ te. Ma il dibattito è molto permeabile a elementi di opinabilità e sogget­ tività; Giovanni Pacchiano, collaboratore di "Domenica': l'autorevole supplemento al quotidiano "Il Sole 24 ore", può lodare l'intrinseca lette­ rarietà del romanzo Appunti di un venditore di donne (2010) del giallista di successo Giorgio Faletti, che la maggioranza dei lettori più avvertiti non metterebbe affatto nel novero dei grandi scrittori. Le qualità rico­ nosciute consisterebbero nell'ambientazione sapiente, nella cura dei particolari, nella validità stilistica esemplificate in passaggi di discutibile elevatezza formale: > (Roggero, 2006, p. 1 1 ) . 2. Proprio nella dedica del suo Meschino, altramente detto il Guerrino ( 1 s 60) la poetes­ sa lascia intravedere più declinazioni del genere cavalleresco, legate alle varie sfaccetta­ ture del pubblico. Alcuni autori infatti > , mentre altri ( Crivelli, 200 2, pp. 1 1 3 ss., con considerazioni che tuttavia problematizzano la questione) . 2 . Una circolazione di questo tipo si intravede, sia pure come semplice suggestione let­ teraria, nelle pagine del Barone rampante di Italo Calvino, laddove il giovane marchese Cosimo Piovasco di Rondò, avido lettore di successi contemporanei (tra cui la Clarissa di Samuel Richardson e il Gil Blas di Alain-René Lesage) , passa i suoi libri al brigante Gian dei Brughi. 3 . Alcune valutazioni snobistiche ( quelle > ri­ chiamate nella Premessa a questo volume) , sono segnalate da Caesar ( 200 5 ) . Tra i severi giudici citati, Baretti nella "Frusta letteraria" ( 1 764) mostra un disprezzo anche di natu­ ra sociale : > . 7. Gli stessi dubbi (Ricci, 20 1 2b, pp. 24-7) ho espresso a proposito di Salgari, scrittore prolifico quanto Mastriani e notoriamente sottoposto almeno quanto lui alle commesse editoriali; anche i suoi primi romanzi, inoltre, ebbero due redazioni dello stesso testo,

NOTE

1 49

prima in appendice e poi in volume. Dalla variantistica salgariana si ricavano, oltre che qualche attenuazione nell 'uso degli esotismi, alcune normalizzazioni e semplificazioni sintattiche, e soprattutto mitigazioni e censure contenutistiche legate alla progressiva individuazione del privilegiato target giovanile: in particolare, per quest 'ultimo ordine di interventi viene da propendere per l' istanza editoriale come prioritaria. 8 . Si pensi alla serie di "misteri" e "segreti" (I misteri di Parigi, I misteri di Roma, I misteri di New York, I segreti d 'Italia ecc.) riproposta dal giornalista e scrittore Corrado Augias negli anni Duemila. 9 . Puntuali riscontri citazionali dai romanzi di Antonio Bresciani sono stati rintrac­ ciati da Picchiorri ( 20 1 1 ) , il quale, nelle descrizioni dei bassifondi torinesi - dove è ambientata l ' infanzia del protagonista -, rintraccia pure qualche memoria da Carolina lnvernizio. Più in generale, il libro di Eco si presenta . Sulla lunga vicenda della casa editrice Salani, la cui filosofia editoriale è stata ben sintetizzata nello slogan > , si veda Gigli Marchetti ( 20 1 1 ) . 1 6. Cfr. GD LI, voi. I, s.v. arrovesciare par. 3 e in LIZ ( 200 1 ) la citazione dal romanzo Il trionfo della morte ( 1 8 94) : > . 1 7. Le parole sono in corsivo anche nella fonte, tranne > ; Week-end è il titolo di un racconto della raccolta. Raffaelli ( 20 1 o) riporta tra le parole straniere sostitui-

PARALETTERATURA

te dall'Accademia d' Italia ( 1 94 1 -4 3 ) , dancing 'sala di danze ' ; boxe 'pugilato' ; premiere (nell'uso teatrale) 'prima'. 1 8 . L'affollata collezione (Harlequin Mondadori) è quasi interamente composta da piatte traduzioni dall' inglese : cfr. Alfieri ( 1 9 94, pp. 204- 1 7 ) ; Roccella ( 1 9 9 8, pp. 1 092 3 ) ; Brodesco ( 2009 ) . 1 9 . Il nome della collana è un'allusione alla popolarissima "Harmony"; tuttavia, una ,, poco nota serie "Melody - ricavo da Alfieri ( 1 9 94, p. 207) - è stata per un certo perio­ do una collana realmente pubblicata dalla casa editrice Editoriale Corno. 20. Penso al noto The Romance Writer 's Phrase Book ( 1 9 84) di Jean Kent e Candace Shelton, citato, fra l'altro, in Arslan, Pozzato ( 1 9 8 9 , p. 1 o 3 s ). 2 1 . Volendo indicare una genesi simbolica, si sceglie il 1 9 2 6, l'anno in cui l'elettro­ tecnico Hugo Gernsback fondò la rivista ''Amazing Stories" e coniò il termine sciencefiction (oggi anche S F) che, attestato negli USA dal 1 9 2 9 , sovrasta presto i sinonimi quasi coevi scientifiction, scientificfiction. 2 2. Lo sbarco sulla Luna è la data cruciale per le opere di ambientazione spaziale, che nella narrativa offrono esempi meno rinomati rispetto ai capolavori del cinema (cfr. il film del 1 9 68 di Stanley Kubrick 200I. Odissea nello spazio) o anche a serie TV di culto andate in onda in molti paesi (Spazio I999, Star Trek) . Negli anni settanta si ebbe un boom editoriale, coltivato in particolare dalle case editrici Fanucci ed Editrice Nord. La storica collana "Urania" subì un rialzo anche grazie alla supervisione di Fruttero e Lucentini (cfr. Lippi, 200 5 ) . 2 3 . La terminazione in -one (ingl. -on) caratterizza alcune classi di particelle e, nell'o­ pinione comune, un ambito di ricerca particolarmente avanzato (si pensi al recente cla­ more suscitato dal cosiddetto " bosone di Higgs", soprannominato "particella di Dio") . 24. http : / /www.ibs.it/ code/ 9 7 8 8 804 5 2 8 8 2 1 / evangelisti-valerio/nicolas-eymerich­ inquisitore.html, consultato il 2 febbraio 20 1 3 .

5

Parole e figure La nuova parola fa la sua comparsa nel 1 94 7 sul periodico "Bolero" (Mondadori) , che segue di pochissimo la fondazione del genere con "Grand Hotel" ( 29 giugno 1 946) e soppianta l' iniziale perifrasi denominativa proposta con l'uscita di "Sogno. Settima­ nale di romanzi d'amore a fotogrammi" (dal 1 947) . 2 . Analogamente, hanno un pubblico quasi esclusivamente femminile gli affini perio­ dici illustrati. Pizzoli ( 20 1 2, p. 1 1 9 ) cita il caso della rivista "Grandi firme" ( 1 9 24- 3 9 ) , di grande popolarità grazie all' immagine seducente della donna eletta a modello e agli accattivanti testi di Pitigrilli e Cesare Zavattini. 3 . La funzione dei complimenti è risolta molto più schematicamente che nelle dinamiche della reale conversazione, e serve più che altro a elevare il grado di formalità (Alfonzetti, 2006, pp. 1 8-2 1 ). 4. Figure disegnate e brevi battute di dialogo compongono, com'è noto, l'affresco con­ servato nella basilica romana di San Clemente, tra i più celebri documenti delle origini. 1.

NOTE

Se non sbaglio, fu Roncaglia ( 1 96 5 , p. 2 1 6) a definire per la prima volta l' Iscrizione come > . 5 . Cfr. Catricalà ( 2000 ) , che distingue le onomatopee vere e proprie ( rumori, versi ani­ maleschi) dagli ideofoni, che rinviano specificamente a uno stato d'animo, a un mo­ vimento o a una manifestazione sensoriale (odorato, gusto) e che a volte figurano in forma reduplicata. Sull'estensione ludica ed espressiva nel neo-linguaggio digitale, si veda Antonelli ( 2009, p. 42 1 ) . 6. Barbieri ( 2009 , pp. 47-9) ne riassume la storia, dalla genesi americana alla fortunata trasposizione in Italia con Mondadori. Il successo italiano si deve alla qualità degli sce­ neggiatori e dei disegnatori ( Guido Martina, Carlo Chendi, Romano Scarpa, Giovan Battista Carpi ecc.) , la cui scarsa notorietà, oltre la cerchia degli addetti ai lavori, si spie­ ga con la clausola del marchio Disney, che impone l'anonimato degli autori.

6 Alla conquista di un pubblico in crescita Nelle scelte onomastiche (sia degli antroponimi, sia dei numerosi toponimi) conta­ no soprattutto l'alone emotivo e la connotazione esotica che li circonda. I nomi sono a volte ripresi dai réportage dell'epoca, più spesso fantasiosamente inventati (Rondini, 1.

200 2 , p . 1 2 9 ) .

Conclusione Una residuale sopravvivenza del genere, intesa come capacità di circolazione oltre la schiera dei coltivati conoscitori della poesia lirica contemporanea, si ha grazie alle antologie a più voci ( tra cui Testa, 200 s e Afribo, 2007 ) , continuatrici di una tradizione editoriale consolidatasi nel secondo Novecento, quando la promozione dell'opera del singolo poeta ha cominciato a scontrarsi con la dissolta affezione del pubblico. 1.

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Indice dei nomi

Acierno Antonio, 1 0 2 Afribo Andrea, 1 5 1 Alfieri Gabriella, 9, 48, 64, 6 9, 1 3 3 , 1 50

Alfonzetti Giovanna, 63, 1 50 Allegri Renzo, 57 Andrea da Barberino, 29- 3 1, 1 3 4 Anelli Maria Teresa, 1 1 5- 6 Antonelli Giuseppe, 1 7, 67, 70-1, 8 8, 9 7, 1 37, 1 5 1

Appiano Antonella, 9 5 Arcangeli Massimo, 8 8, 1 1 3 , 1 1 5- 6 Ariosto Ludovico, 41, 1 0 1 Arnaud Noel, 1 45 Arrighi Cletto ( Carlo Righetti), 7 1 Arslan Antonia, 76, 9 3, 1 49 - 50 Artusi Pellegrino, 1 1 Asimov lsaac, 1 0 3 Augias Corrado, 1 49 Baccini Ida, 6 0 Baldassarri Guido, 24 Barbieri Daniele, 1 23 , 1 5 1 Barbieri Edoardo, 1 47 Baretti Giuseppe, 26, 6 0, 1 48 Barrili Anton Giulio, 1 48 Bazaliero Bazalieri, 3 3 Beer Marina, 3 0 Bembo Pietro, 4 5-6 Benatti Silvia, 64, 1 49 Benucci Elisabetta, 27-8 Benussi Cristina, 9 5

Bertini Malgarini Patrizia, 1 7, 84- 5, 8 8-9

Bertola Stefania, 9 6-7, 9 9, 1 4 6 Bianchi Patricia, 41 Blezza Picherle Silvia, 1 3 8 Boccaccio Giovanni, 4 6 Boero Pino, 1 6, 1 29, 1 3 3, 1 3 5 Boiardo Matteo Maria, 3 2 Bonelli Gian Luigi, 1 22 Bonghi Ruggero, 8 0 Bonsi Giovanna, 1 0 9 Bordoni Carlo, 1 42, 1 4 5 Bosco Federica, 9 5-7 Bosco Giovanni, don, 7 8-9 Batteri lnge, 5 8, 6 0, 64 Bragantini Renzo, 4 5 Braida Lodovica, 5 5 , 67, 1 4 6, 1 48 Brambilla Alberto, 1 47 Branca Vittore, 22 Bravo Anna, 1 1 4-5, 1 1 7 Bree John ( Gianfranco Briatore), 10 3 Bresciani Antonio, 1 48 -9 Brodesco Alberto, 1 50 Brolli Daniele, 1 0 8 Brunoro Gianni, 1 23 Bulgarelli Tullio, 3 6 Busatta Franco, 1 2 3 Busi Aldo, 9 1 Buzzati Dino, 1 0 2 Cabani Maria Cristina, 27 Caesar Ann Hallamore, 1 48

168

Calogiuri Annarita, 41 Calvino Italo, 1 0 2, 1 1 5, 1 48 Camilleri Andrea, 1 1, 8 7 Campo resi Pietro, 1 4 7 Cantù Cesare, 8 0 Canzio Decio, 1 23 Capuana Luigi, 1 0 1, 1 1 8 Carducci Giosue, 9 Carmeni Francesco, 48 Carofiglio Gianrico, 8 8 Caronia Antonio, 10 8 Carosella Maria, 1 8, 8 8 Carpi Giovan Battista, 1 5 1 Carter Angela, 1 25 Casali Elide, 5 6 Casati Modignani Sveva ( Bice Caira­ ti e Nullo Cantaroni), 1 6, 9 9 Catricalà Maria, 1 5 1 Cecchetti Valentino, 43, 72, 83, 1 28, 146

Cenati Giuliano, 1 23 Cerrato Mariantonia, 8 8 Ceserani Remo, 8 2 Chelazzi Gino, 1 3 4 Chemello Adriana, 26, 54, 7 9 - 8 0 Chendi Carlo, 1 5 1 Chiari Pietro, 1 7, 6 8, 70, 1 48 Ciampaglia Nadia, 7 3-4, 1 48 Cicala Roberto, 1 49 Ciociola Claudio, 23 Caletti Vittorio, 1 9, 89 Calia Anna, 56 Collodi Carlo ( Carlo Lorenzini) , 1 1, 1 27-8, 1 48

Colombo Michele, 3 5, 54, 76-7, 1 48-9 Contarino Luigi, reverendo, 5 1 -2 Contessa Lara ( Evelina Cattermole) , 1 6, 9 0

Couégnas Daniel, 1 4 5 Coveri Lorenzo, 8 9, 1 3 0 Crivelli Tatiana, 67-70, 1 48 Croce Benedetto, 9, 1 4 5

PARALETTERATURA

Croce Giulio Cesare, 3 8-9 Cuccolini Giulio Cesare, 1 1 7 Curie Pierre e Marie, 10 6 Cursietti Mauro, 3 0 D 'Achille Paolo, 1 37-8 Dami Elisabetta, 1 3 6 D 'Ancona Alessandro, 1 47 Dandolo Milli ( o Milly) , 1 3 5 d'Annunzio Gabriele, 9 0 -1 Da Ponte Lorenzo, 26, 1 25 Dardano Maurizio, 49 D 'Aria Pina, 1 0 8 D e Amicis Edmondo, 1 1, 1 0 1, 1 27, 1 29 De Angelis Augusto, 8 3 De Angelis Giovanna, 8 1 De Cataldo Giancarlo, 8 8 D e Donato Gigliola, 1 3 3 Deledda Grazia, 1 1 8 Della Casa Giovanni, 58 De Luca Carmine, 1 6, 1 3 3, 1 3 5 De Marchi Emilio, 8 3 Demuru Cecilia, 1 29 De Nicola Francesco, 84 De Robertis Domenico, 27-8 De Roberto Elisa, 28 De Simone Luigi Giuseppe, 41 d' Este Isabella, 3 0 Detti Ermanno, 43, 1 1 5-6 De Turris Gianfranco, 10 5- 6, 1 10 Di Cambio Orlandi Francesco, 23 Di Filippo Bareggi Claudia, 4 5, 1 47 Dolce Ludovico, 4 6 Dudley John, duca di Northumber­ land, 37 Eco Umberto, 7 5, 1 0 9, 1 4 6, 1 49 Erode, 2 4 Evangelisti Valerio, 1 0 9 - 1 2, 1 23 , 1 50 Fabozzi Antonio, 10 1, 10 3 Falcetto Bruno, 1 0 8

INDICE DEI NOMI

Faletti Giorgio, 1 42 Fattori Adolfo, 1 0 1, 1 0 3 Fielding Helen, 9 5 Finocchi Luisa, 1 49 Firenzuola Angelo, 4 6 Flammarion Camille, 1 0 2 Fofi Goffredo, 1 2 4 Formentin Vittorio, 2 1 Francesco I , granduca di Toscana, 6 8 Franzese Rosa, 41 Fresu Rita, 60, 6 4- 5 , 94 Frugoni Chiara, 23 Frugoni Francesco Fulvio, 49 Fruttero Carlo, 8 7, 1 0 1, 1 0 3-4, 1 0 7, 150

Fucini Renato, 3 9 Gadducci Fabio, 1 1 8 Galleppini Aurelio, 1 22 Galli Mastrodonato Paola Irene, 6 8-9 Gallo Claudio, 1 0 5-6, 1 10 Gasperini Brunella, 9 0, 94- 5 Gatta Matteo, 6 0 Gazzola Stacchini Vanna, 1 3 3 Genevois Emmanuelle, 64 Gennari Aldo, 8 0 Gernsback Hugo, 1 50 Giannini Manfredo, 1 3 4 Gigli Marchetti Ada, 8 1, 1 47, 1 49 Gigliotti Laura, 1 29 Ginzburg Carlo, 1 47 Giordano da Pisa, 24 Giovanardi Stefano, 8 1 Giovanetti Silvia, 9 5-6 Giraud Mad H., 1 3 4 Giulio Roberto da Sanseverino, 6 8-9 Gobetti Piero, 72 Gozzi Carlo, 9, 1 48 Graf Arturo, 9 Guerrazzi Francesco Domenico, 1 48 Guido da Verona ( Guido Verona) , 8 1 -2

Infelise Mario, 21, 5 3 Invernizio Carolina, 1 6, 4 3 , 7 1 -2, 7 56, 79, 9 0 -1, 1 47, 1 49

Jacovitti Benito, 1 1, 1 1 9 Jarro ( Giulio Piccini) , 7 1 Johannis L. R . (Luigi Rapuzzi) , 1 0 2 Kent Jean, 1 50 Kubrick Stanley, 1 50 Lacassin Francis, 1 4 5 Lanza Antonio, 24, 1 3 5 Lawson Lucas Ann, 1 30 Lesage Alain-René, 1 48 Lessona Michele, 79 Leti Gregorio, 49 Levi Anna, 1 3 4 Liala (Amalia Liana Odescalchi), 1 6, 8 9 - 9 3 , 9 8, 1 1 3 , 1 1 5, 1 3 8 Librandi Rita, 3 4, 5 0, 5 3 -4, 7 8 Liguori Alfonso Maria de ', 52-3 Lippi Giuseppe, 101, 1 50 Lippi Lorenzo, 6 0

Loredano Giovan Francesco, 4 7 Lucarelli Carlo, 8 8 Lucentini Franco, 8 7, 101, 104, 107, 1 50 Malvaldi Marco, 8 8-9 Mancini Marco, 1 3 2 Manetti Roberta, 27-8 Manfroni Francesco, 8 0 Manzoni Alessandro, 26, 64, 79, 1 0 1, 1 2 9,

131

Marazzini Claudio, 4 6 Marcati Carlo, 6 1 Marchesa Colombi (Maria Antonietta Torriani) , 59, 6 1 , 6 3 -4, 9 0 Marcheschi Daniela, 1 3 3 Marciano Annunziata, 1 1 8 Mari Michele, 1 30 Mariangelo da Cerqueto, 57

17 0

Mariani Annajulia, 2 7 Marini Giovanni Ambrosia, 49 Marini Quinto, 47 Martina Guido, 1 5 1 Martinengo Francesco, 77 Mastriani Francesco, 71 -2, 74, 1 3 1, 1 47-8

Matarazzo Raffaello, 1 1 3 Matt Luigi, 1 3 8 Mattotti Lorenzo, 1 2 4 Maylon Hugh (Ugo Malaguti) , 10 3 Mazzucchelli Giammaria, 3 4 Menarini Aldo, 1 0 0, 1 0 4 Menocchio (Domenico Scandella), 30 Michelangelo di Cristofano da Volterra, 3 1 -2 Michele Pietro, 4 7 Micheli Paola, 1 22 Miglieruolo Mauro Antonio, 1 0 7 Migliarini Bruno, 1 1 8 Moccia Federico, 1 3 8 Monicelli Giorgio, 1 0 0 Montazio Enrico, 57 Montorfani Paolo Angelo, 58 Morgana Silvia, 1 7, 8 1, 9 1, 9 3, 1 1 9, 1 28 Morigia Paolo, 1 47 Morselli Ercole Luigi, 1 0 2 Mozart Wolfgang Amadeus, 1 25 Mura (Anna Volpi) , 9 0, 9 3 Muratori Ludovico Antonio, 70 Musa Gilda, 1 0 7 Nalim, 1 3 4 Natale Alberto, 3 5, 37 Navire Louis (Luigi Naviglio), 10 3 Neera (Anna Zuccari) , 9 0 Negri Ada, 1 1 8 Nicea Carlo, 1 3 4 Nolitta Guido, 1 22 Novati Francesco, 1 47 Orvieto Laura, 1 3 3

PARALETTERATURA

Paccagnella Ivano, 1 22 Pacchiano Giovanni, 1 42 Pagano Bacci, 8 9 Pallavicina Ferrante, 5 0 Papa Ariella, 9 6 Papa Elena, 1 30 Papini Giovanni, 7 6 Parravicini Luigi Alessandro, 1 28 Pasqui Marina, 1 49 Pasquini Emilio, 22, 25, 27 Pastore Stocchi Manlio, 29 Pazienza Andrea, 1 1 Pelo Adriana, 6 0 -4 Perrault Charles, 1 2 5 Perrotta Annalisa, 27 Pessina Aldo F., 1 3 4 Petronio Giuseppe, 1 4 5 Petrucci Armando, 22 Peverelli Luciana, 9 0, 94 Piazza Antonio, 1 7-8, 6 9-70 Piazza Isotta, 54, 77, 79, 1 49 Picchiorri Emiliano, 1 49 Piersanti Claudio, 1 24 Pietrini Daniela, 1 20 Pietro Leopoldo, granduca di Toscana, 5 6 Pigorini Beri Caterina, 64 Pinamonti Gian Pietro, 5 6 Pistelli Maurizio, 8 3 Pitigrilli (Dino Segre) , 1 50 Pizzoli Lucilla, 1 28, 1 50 Poe Edgar Allan, 1 o 2 Poggiogalli Danilo, 1 23 Polimeni Giuseppe, 1 4 5 Pozzato Maria Pia, 9 1, 9 3, 1 49 - 5 0 Praloran Marco, 1 1 8 Pratt Hugo, 1 22-3 Quattrucci Mario, 8 8-9 Quondam Amedeo, 4 5- 6 Raffaelli Alberto, 1 49

INDICE DEI NOMI

Raffaelli Luca, 1 24 Rak Michele, 9 1, 1 49 Rambell Robert (Roberta Rambelli), 10 3

Rea Domenico, 7 3 Reim Riccardo, 7 3- 6, 79, 1 48 Ricci Laura, 1 7, 3 5, 76, 9 2, 1 27, 1 29, 1 3 1, 1 3 8, 1 48

Richardson Samuel, 6 8, 1 48 Roccella Eugenia, 9 0, 9 2, 94, 1 49 - 50 Rodler Lucia, 1 45 Roggero Marina, 1 9, 26, 29- 3 0, 3 4, 3 9 40, 5 1, 1 4 6-7

Roncaglia Aurelio, 1 5 1 Roncaglia Silvia, 1 37 Ronchi della Rocca Barbara, 6 1 Rondini Andrea, 1 5 1 Rosa Cesare, 8 0 Rossebastiano Alda, 1 3 0 Rossi Osvaldo Duilio, 1 23 Rouch Monique, 3 9 Ruiz Mignone Sebastiano, 1 37 Ruscelli Girolamo, 4 6 Rusconi Roberto, 78 Sacchetti Franco, 24, 4 6, 1 3 5 Salani Adriano, 1 47 Salani Ettore, 1 47 Salernitano Masuccio, 4 6 Salgari Emilio, 1 6, 101, 10 6, 1 27, 1 3 0-3, 148

Salibra Luciana, 8 6- 7 Salomone Marino Salvatore, 40 Sanson Helena, 3 4 Sansovino Francesco, 4 6 Sauli Alessandro, 1 48 Scarfoglio Edoardo, 82-3 Scarlini Luca, 76 Scarpa Romano, 1 5 1 Scerbanenco Giorgio, 84- 6 Schenda Rudolf, 1 47 Schulz Charles Monroe, 1 1 8

171

Sclavi Tiziano, 1 23 Segre Cesare, 1 4 2 Serao Matilde, 6 0, 7 1, 9 0, 1 47 Sergio Giuseppe, 9 2, 1 1 4 Serianni Luca, 29, 7 1, 1 48 Seriman Zaccaria, 1 0 1 Severi Luigi, 1 47 Sighele Scipio, 7 1 Silvestri Armando, 10 2 Smiles Samuel, 79 - 8 0 Solari Gabriella, 55- 7 Solimano il Magnifico, 5 1 Sollima Sergio, 1 3 0 Salmi Sergio, 10 3 Spera Lucinda, 47- 5 0, 1 47 Spinazzola Vittorio, 8 7, 1 24- 5 Stefanelli Matteo, 1 1 8 Sterling Bruce, 1 0 8 Stern Elizabeth (Lina Gerelli) , 1 0 2 Stevenson Robert Louis, 1 0 2 Sto (Sergio Tofana), 1 1 8 Stoppani Antonio, 1 1 Straparola Francesco, 4 6 Sue Eugène, 1 48 Tamburini Luciano, 1 29 Tasca Luisa, 59 -62 Tasso Torquato, 40 Tavazzi Valeria G. A., 6 8 Tavosanis Mirko, 1 0 1 , 107 Telve Stefano, 4 6 Tempesti Ferdinando, 1 48 Tenca Carlo, 8 0 Testa Enrico, 1 29, 1 5 1 Thouar Pietro, 5 6 Tiozzo Enrico, 1 49 Tomasin Lorenzo, 1 3 0 Tommaso Marina, 9 5 Tortel Jean, 1 4 5 Travi Biancamaria, 25 Trovato Paolo, 4 6 Tullia d'Aragona, 3 2, 3 4

172

Turnaturi Gabriella, 6 1 , 6 3 Ugolini Gasparo, 49 Valeri Diego, 1 3 4, 1 4 6 Valerio da Venezia, 5 2 Vanni Laura, 58 Varaldo Alessandro, 8 3 -4 Varanini Giorgio, 24 Varvaro Alberto, 40 Verdizzotti Giovanni Mario, 1 47 Verga Giovanni, 72 Verne Jules, 1 0 2, 1 0 6 Verri Pietro, 67 Versari Giovanni Maria, 49 Vertua Gentile Anna, 6 1 , 64- 5 Vignuzzi Ugo, 1 7, 84- 5 , 8 8-9 Villoresi Marco, 3 1 -3

PARALETTERATURA

Visintin Fabio, 1 2 5 Vittorini Camilla, 9 6 Volo Fabio, 1 3 9 Yambo (Enrico Novelli) ,

10 6

Zabagli Franco, 27-8 Zaccaria Giuseppe, 9 5 Zanatta Sara, 1 37 Zanotto Francesco, 3 4 Zappi Giovan Battista, 1 47 Zavattini Cesare, 1 5 0 Zeno Apostolo, 70 Zoppino (Nicolò di Aristotile de ' Rossi) , 3 3 Zorzi Isabella, 64 Zugliani Vespasiano, 5 2 Zuliani Anton Ettore, 1 0 5 , 1 1 0

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