Musica e filosofia. Da Damone a Filodemo 9788822258212


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Musica e filosofia. Da Damone a Filodemo
 9788822258212

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ACCADEMIA T OSCANA DI SCIENZE E LETTERE «LA COLOMBARIA»

«STUDI» CCXLV

ALDO BRANCACCI

MUSICA E FILOSOFIA DA DAMONE A FILODEMO Sette Studi

FIRENZE

LEO S. OLSCHKI EDITORE MMVIII

ACCADEMI A T OSCANA DI SCIENZE E LETTERE «LA COLOMBARIA»

«STUDI» CCXLV

ALDO BRANCACCI

MUSICA E FILOSOFIA DA DAMONE A FILODEMO Sette Studi

FIRENZE

LEO S. OLSCHKI EDITORE M M V III

Tutti i din"tti riseroati CASA EDITRICE LEO s. 0LSCHKI Viuzzo del Pozzetto, 8 50126 Firenze www .olschki.it

La pubblicazione è stata realizzata con un contributo dell'Università di Roma Tor Vergata (PRIN 2005, diretto da Roberto Pretagostini, unità locale: «Poesia, retorica e filosofia nella letteratura ellenistica fra produzione e ricezione») ISBN 978 88 222 5821 2

PREFAZIONE

Non c'è bisogno di un discorso introduttivo per ricordare il ruolo fonda­ mentale che la musica ebbe nella cultura e nella vita spirituale dei Greci. Me­ no rilevato è un altro dato: il fatto che la musica fu sostenuta, lungo tutto il corso dell'Antichità, da tre potenti alleati, i quali funzionarono quasi come fat­ tori di sostegno e di riconoscimento simbolico, culturale e teorico supplemen­ tari. Innanzitutto il mito, che riconosceva alla musica una originaria funzione civilizzatrice e il più straordinario potere sull'animo umano. Poi la poesia, che a partire dall'ep os veicolò il ricordo e la celebrazione della figura dell'aedo e del cantore, capace di movere a/fectus, secondo un modulo destinato a eserci­ tare una profonda incidenza nel pensiero estetico almeno fino al Rinascimen­ to. Infine, e soprattutto, la filosofia, che con la musica intrecciò fin dai suoi esordi un rapporto complesso, fecondo, rilevabile su molteplici piani. In quanto arte, la musica divenne presto un modello privilegiato in riferimento al quale si svolsero discussioni relative al concetto di 'tÉXVTJ, alla sua definizio­ ne, alle sue condizioni di possibilità; in quanto arte capace di far sentire il suo effetto sull'animo umano stimolò teorie che ne affermarono e codificarono la funzione etico-paideutica, e che, specularmente, tale funzione collegarono al­ l'uso di determinati procedimenti musicali; in quanto inscindibilmente legata alla parola e ad altre sfere dell'espressione artistica, rappresentò più di altre arti i problemi della nascente estetica; in quanto retta da una teoria complessa ed elaborata, e poggiante su una consumata abilità tecnica, incarnò quel sape­ re situato ai confini tra sensazione e razionalità, e quindi il problema, squisi­ tamente filosofico, del rapporto tra le due; in quanto scienza, entrò, in posi­ zione eminente, in quel canone di discipline matematiche, la cui trattatistica fu importantissima nell'Antichità, e il cui modello sarebbe perdurato, con il no­ me di quadrivio, fino al Medioevo e all'Umanesimo. I saggi che seguono, fin dall'inizio pensati come momenti distinti di un percorso omogeneo, e in occasione della loro riunione in volume tutti rivisti e rielaborati, sono dedicati allo studio del rapporto tra musica e filosofia in alcuni autori fondamentali del periodo classico, da Damone fino ad Aristos­ seno, con una apertura, nel capitolo finale, sull'età ellenistica. Pur non preten-

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PREFAZIONE

dendo di documentare tutto il vastissimo ambito di temi e problemi attraverso i quali si espresse l'incontro tra musica e filosofia tra V e IV secolo, essi ne esaminano i principali, mettendo in luce ora, con Damone e Protagora, il nes­ so tra musica, etica e politica, ora, con Socrate, una discussione culturale più ampia sulla musica e sulla danza, ora, con l'autore di PHibeh 13 (Alcidaman­ te?), i rapporti tra retorica e musica, e le origini del filone antimusicale nel­ l'Antichità, ora, con Platone, una riflessione squisitamente filosofica sulla mu­ sica, ora, con Aristosseno, la sua fondazione epistemologica in termini di Upj.LOVt!dj È:m> , XIX, 1989, pp. 49-143 (il quale ha mostrato che i frammenti ascritti ai libri I, m e IV del IlEpì JlOootJCiiç appartengono tutti a un singolo volumen lungo 152 colonne e derivano tutti dal libro IV). Per i passi relativi a Damone pre­ senti nel IlEpì JlOootJCiiç sono grato a Daniel Delattre, il quale mi ha permesso di controllarli nella sua edizione dell'opera filodemea prima della pubblicazione dell'edizione stessa. Si veda ora Philodème de Gadara. Sur la musique, t. I et t. II, Livre N, texte établi, traduit et annoté par D. Delattre, Paris, Les Belles Lettres, 2007 .

2 Sulle fonti relative al pensiero, alla biografia e all'opera di Damone, si veda l'atticolo di D. DE

.

LATTRE, Damon d'Athènes, in Dictionnaire des philosophes antiques, publié par R Goulet, II, Paris, CNRS Editions, 1994, pp. 600-607. Per le dottrine di Damone, su cui la bibliografia è molto ampia, basti qui il rinvio a F. LASSERRE , Plutarque. De la musique, texte, traduction, commentaire précédés d'une étude sur L'éducation musicale en Grèce antique, Olten-Lausanne , Urs Graf-Verlag, 1954, pp. 53-73; W. ANDERSON, The Importance o/ Damonian Theory in Plato's Thought, «Transactions and Proceedings of the American Philological Association», LXXXVI, 1955 , pp. 88- 102; M. TIMPA· NARO CARDINI (a cura di), Pitagorici. Testimonianze e /rammenti, fase. m, Firenze, La Nuova Italia, 1964 ( 1 973 2 ) , pp. 346-3 65; C. LoRD, On Damon and Music Education, «Hermes», CVI, 1978, pp. 32-43; A. BARKER (ed.), Greek Musical Writings, l: The Musician and bis Art, Cambridge, Cam-

-7 -

CAPITOLO PRIMO

chiara luce proprio alcune espressioni platoniche relative a Damone, e, tra queste, una notizia di fondamentale importanza conservata nella Repubb lica. Wilamowitz riteneva che le notizie su Damone giungessero a Filodemo dal llepì fJ.OucrtJCi'jç di Diogene di Babilonia, che in effetti, com'è noto, costituisce il principale idolo polemico dell'opera di Filodemo, e che come avversario del filosofo epicureo compare anche nel llepì prrcoptJCi'jç. 3 Un esame del cosiddetto I libro del llepì fJ.OucnJCijç filodemeo sembra indicare peraltro che il filosofo epicureo deriva le sue informazioni su Damone anche da un'altra tradizione, quella accademica, rappresentata da Eraclide Pontico, come già molti anni fa rilevò Biicheler.4 Filodemo possiede conoscenza inoltre di un terzo filone del­ la linea etico-pedagogica della musica, quello peripatetico, rappresentato in particolare da Cameleonte; e naturalmente egli conosce, o è in grado di citare, filosofi della musica importanti quali Platone, Aristotele, Aristosseno. La ricerca, di cui qui si pongono le basi senza pretendere di esaurirla, prenderà le mosse da un passo del cosiddetto IV libro dell'opera di Filodemo. Si tratta di un passo non ancora sufficientemente chiarito sia sotto il profilo testuale, sia quanto al suo contenuto. Inoltre, esso costituisce il punto di par­ tenza obbligato di ogni tentativo di ricostruzione dell'opera di Damone e dei suoi obiettivi. Lo riporto nel testo da me già precedentemente accettato: 7t]OU.0Ì O O'tt VOJ.li[çouo]t 7t[p]OoTtlCEtV mn[fiç] )lE[t]a[À]aJli3,23 termine, però, assolutamente equivoco e gene­ rico, posto che esso può avere nella teoria musicale greca significati varii e molto diversi tra loro. Per risolvere la questione è utile il confronto con un frammento di Antistene, poco noto, ma prezioso per i nostri scopi, perché co­ stituisce la più importante occorrenza preplatonica del significato musicale del termine 'tp67toç: JlTptO'tE OÙV tp0n:oç tÒ I.Lév 'tt OTUJ.OlVEt tÒ �6oç, tÒ OÉ 'tt 'rJÌV 'tOÙ WyO'\J XPiiV J.IEMOV KOÌ 1tOtO>V pU91J.cOV KOtVO>VTJ­ 'fiov), e 'tpo1toç ha un significato affine a elooç. 33 Quest'ultimo termine è usato già da Platone, in significato musicale, nd contesto della Repubb lica che con­ duce alla menzione di Damone. n termine indica un certo genere di musica (elooç [...] 1J.oumJci1ç, 424 c 3-4), un certo suo carattere, cioè, riferito a quell'a­ spetto, per così dire, qualitativo, sonoro, estetico - e non solo, quindi, inter­ vallare-quantitativo- per il quale determinate musiche si differenziano tra lo­ ro. Ed è questa la valenza di 'tpo1toç per cui, come attesta Antistene, esso si associa più stabilmente alla cprovi], cioè ai caratteri estetici dd canto e della me­ lopea. Per completare questo quadro, può valere la pena di segnalare che Ari­ stosseno a sua volta non userà né il termine ap1J.oviat né il termine 'tp61tot per indicare le «scale», che designa invece con il termine crucr'titiJ.a'ta, mentre crxiJIJ.a'ta, eHì11, valgono per altri tipi di sistemi modali. 34 Tuttavia, proprio per l'avvenuta modificazione della terminologia, egli può recuperare il signi­ ficato più lato di 'tpo1toç, associandolo stabilmente a J.IEÀ01totia. 3 5 Nel passo della Repubb lica è ancora da rilevare l'asserzione di Damone se­ condo cui i 'tp61tot della musica non debbono essere mutati o alterati in alcun modo, perché, ove ciò accada, inevitabilmente mutano e si alterano anche 1tO­ ÀtnKoì vo1J.ot oi J.IErtmot. L'asserzione ci riconduce alla fondamentale preoccu­ pazione politica che doveva essere alla base del discorso Areopagitico. n nesso della Grecia antica, a cura di G. Cambiano, L. Canfora, D. Lanza, Volume I, La produzione e la cir­ colazione del testo, t. n, L'ellenismo, Roma, Salerno, 1993 , pp. 369-391: 387. 32 Cfr. ArusTOT. polit. VITI 6. 1341 a 4. 33 Cfr. H. BoNITZ, Index Aristotelicus, secunda editio, Graz, Akadernische Druck- u. Verlagsan­ stalt, 1955, s.v. tp6"1toç, p. 772 b 30 sqq. E cfr. Aristate. Politique, t. Ill, deuxièrne partie, livre VITI texte établi et traduit par J. Aubonnet, Paris, Les Belles Lettres, 1989, p. 83 , nota 4. 34 Le occorrenze sono numerose: cfr. ad es., per �ata, ArusTOX. el. harm., p. 21, 6 e 19; p. 22, 3 e 5; p. 23 , 4 e 6; p. 3 1 , 15; p. 37, 6; p. 45, 19; p. 67, 13 e 15 Da Rios; ma le citazioni po­ trebbero moltiplicarsi. 35 E parla ad esempio di oi. trov J.if:À.OltOttciiv tp67t0t (el. harm. n 40, p. 50, 12-16 Da Rios) e di trov cipxaucrov tp67tOlV oi. npcirnn Kaì. oi. &wpot (el. harm. I 23 , pp. 29, 18-30, 3 1 Da Rios). Su questo passo cfr. in/ra, p. 63 . ,

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16

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I

TROPO! DI DAMONE (37 B 2 E B lO DK)

inscindibile che Damone doveva stabilirvi tra paideia musicale e formazione civica richiedeva una canonizzazione delle forme d'espressione musicali am­ messe o da privilegiarsi: il progetto politico democratico, cui davano sostegno le dottrine musicali di Damone, non solo non escludeva, ma richiedeva una nota di rigidità nella posizione dei criteri estetici fondamentali. Occorre ag­ giungere che l'espressione 1tOÀ.t'ttKoì v611ot costituisce un hapax all'interno del corpus Platonicum, il che è chiara garanzia di una citazione fedele da Da­ mone. Essa non compare inoltre in epoca precedente a Platone, e, dopo l'iso­ lata attestazione della Repubblica, la troviamo per la prima volta solo in Ari­ stosseno, come titolo di un'opera; circostanza, questa, che sembrerebbe parlare a favore di un influsso damonico su Aristosseno, o almeno di un ri­ chiamo di Aristosseno a Damone.3 6 Molto probabilmente, v611ot non designa nel passo della Repubb lica solo le , ma anche, più in generale, tutte le convenzioni politiche e civili che regolano la vita dei cittadini nello Stato (e infatti si parla, forse non a caso, di 1tOÀmKoì v611ot e non di v611ot tflç 1toì..Eroç) . 37 In questo senso c'è un parallelismo perfetto tra i due termini chiave del fram­ mento, 'tp01tot e v611ot: si potrebbe dire che la certezza del diritto, che è alla base della democrazia, richiede la certezza, cioè la chiara determinazione e fis­ sazione, delle convenzioni musicali fondamentali che sono alla base dell'edu­ cazione. Sul versante platonico, sono altrettanto degne di nota le osservazioni che introducono la menzione di Damone. Riferendosi alla funzione dei guardiani della città, Platone osserva: Per dirla in breve, i dirigenti dello stato devono insistere su questo principio, se vogliono evitare che lo si distrugga a loro insaputa e salvaguardarlo in ogni circostan­ za: non introdurre novità nella ginnastica e nella musica violando la norma; anzi ve­ gliare attentissimamente, per paura che, quando uno dice che «gli uomini più apprez­ zano quel canto che nuovissimo risuoni ai cantori», ci sia chi creda che il poeta intenda parlare non di nuove canzoni, ma di un nuovo modo di cantare, e che lo lodi. Invece una cosa simile non bisogna né lodarla né accettarla. 38

36 Per il titolo dell'opera di Aristosseno cfr. ATHEN. XIV 648 D ( fr. 45 Wehrli), e, su questo serino, che per il suo contenuto era ceno affine ai Tiat&:mucoì v6110t dello stesso Aristosseno (se i due titoli non indicano addirittura la stessa opera), cfr. Die Schule des Aristoteles. Texte und Kom­ mentar, hrsg. von F. Wehrli, Bd. 2: Aristoxenos, BaseVStungart, Schwabe, 1967 , pp. 62-63 . 37 Per l'espressione 7t0Àttucòç vÒJ.!Oç cfr. Inscriptiones Graecae IX l. 32, 22; e cfr. anche LSJ, s. v. vÒJ..LOç. Sul termine v6110ç nd passo platonico cfr. anche M. OSTWALD, Nomos and the Beginnings o/ Athenian Democracy, Oxford, Clarendon Press, 1969, p. 18. 38 PLAT. resp. 424 B 3 -c 2: ciJc; tOtV\JV lità Jlpaxérov EÌltEÌV, tOUtoU av9EICtÉOV tOtç ÉmJ.!EÀrrtaiç tiiç =

ltÒÀEroç, futroç àv ai>toùç J.11Ì Mi9u Bt�pÈv àUà ropà navta aircò tuMittcoot, tò J.11Ì veonepiçetv 7tEpÌ. ruJ.LVaIìiaç, toùç aJ.141i tE'Op�a ICQt Mo'OOa'iov . Èviouç Bè nvaç fjaaTuwt ICQt "(VVLVQ­ crnritv, oìov 1KKOç 'tE ò Tapavnvoç ICQt ò vùv E'tt rov o\J&:vòç ilrtwv ao4lt>, XL, 1916, pp. 201-209; K.J. DoVER (ed.), Aristophanes. Frogs, Oxford, Oxford University Press, 1993 , pp. 3 80-3 8 1 ; W. LAPINI, Panezio e !"altro' Socrate, , XX, 1999, pp. 345-358. Non dedica più che poche righe ai versi su Socrate L. STRAuss, Socrates and Aristophanes, New York-London, Basic Book Inc. Publishers, 1966, p. 261 . Da notare che l'accenno polemico alla perdita di tempo in discorsi insulsi, nei w. 1496-1499, richiama l'accusa, mossa da Eschilo a Euripide nei w. 1069107 1 , di aver indotto i giovani ad abbandonare le palestre e a consumarsi le natiche stando seduti a chiacchierare. Anche l'accusa mossa a Socrate di starsene ozioso (apyòç) e di perdere tempo in chiacchiere pretenziose (Em aEJ.LVOt lìÉXEcr6at a\n:oìç. ibid. II 1 1 : J.lE'tÙ lìÈ 'tOÙ'tO KUKÀOç EÌ.O"T]véx6T] 1tEptJ.1E>; e, negli stessi Uccelli, i vv. 1553 -1556 (= SSR I A 6), ove si dice che «presso gli Ompripodi vi è un lago l dove Socrate, che non si lava mai, l evoca gli spiriti>>. 40 XEN. symp. II 17-19: K:aÌ. ò :I:O>K:pét't'TJç jl.étÀa ÉmtOU&JlC(Yn "tqi xpoacimql, yEÀAl'tE, e"', É1t' ÉJ.LOi;

1tÒ'tEpov Ém w� Ei. JlouÀOJ.Wt "('Uj.lvaçoJ.I€voç !làAJ..ov Ù'ytaivEtv n Ei. i\lilov Éa6i.Etv K:aì. K:allEU&w n Ei. 'tOtomrov "('Uj.lvaairov Ém9u!lcii, lllÌ �p oi. OOÀ.tXOlìpO!lOt 'ttÌ > di Socrate alla impegnata vo­ J.W9ec:ri.a propria del poeta civico, e, implicitamente, i discorsi pretenziosi e le ciarle di Socrate ai versi sublimi di Eschilo - ci sembra ulteriormente confer­ mato dal riferimento, questa volta esplicito e dichiarato, che Senofonte fa, in un altro luogo del Simposio, alla raffigurazione di Socrate che Aristofane aveva offerto nelle Nuvole. Anche questo passo, invero molto importante, non è sta­ to sufficientemente valorizzato dai commentatori, e per questa ragione convie­ ne averlo ben presente: [7] Come il Siracusano vide che, tenendosi tali discorsi, nessuno più badava ai suoi spettacoli, ma si divertivano tra loro, mosso da malignità disse a Socrate:

42 Cfr. XEN. symp. II 19: «Proprio così, per Zeus, confermò Carmide: e dapprincipio rimasi stupito e temetti tu fossi impazzito; ma quando mi portasti ragioni analoghe a quelle che ora hai ri­ cordato, non dico ch'io pure, tornato a casa, mi mertessi a danzare - ché non l'ho mai imparato - ma, via, cominciai a muovere in cadenza le mani: questo sapevo farlo !». 43 Per la Do!Cpanrit i.ax'liç, di cui parlava Antistene, dr. DIOG. LAERT. VI 11 (= SSR V A 134). Per la straordinaria capacità di Socrate di sopportare la fatica, si ricordi l'elogio di Alcibiade in PLAT. symp. 220 A-D. Per la temperanza e la continenza di Socrate dr. anche XEN. mem. IV 5. -

48

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SOCRATE, LA MUSICA, E LA DANZA

- O tu, Socrate, non sei chiamato sapiente? -

Meglio questo, rispose, che essere chiamato insipiente. Sì, purché non sembrassi un sapiente di cose sublimi ! E conosci, replicò Socrate, una cosa più sublime degli dei? Ma non di queste, per Zeus, dicono che ti occupi, ma di cose altamente inutili ! Comunque, anche così mi occuperei degli dei: dall'alto mandando l'acqua, ci

aiutano, dall'alto (c'ivoo6ev) ci inviano la luce. Se dico freddure, sei tu che mi stuzzichi. - Basta di ciò, soggiunse il Siracusano, e dimmi quanti piedi salta una pulce che si stacca da me: è fama che tu sia esperto in tali calcoli. Allora Antistene, volto a Filippo: Tu, disse, sei davvero formidabile nel far para­ goni: non ti pare che costui somiglia a uno che voglia essere insolente? 44

Risuona nelle parole del Siracusano, e con estrema precisione terminolo­ gica, l'eco della raffigurazione deformante che Aristofane aveva dato di Socra­ te nelle Nuvole. E delle sue accuse: presentarsi come un sapiente,45 occuparsi dei fenomeni celesti (tà f.!e'tÉcopa 7tpayf!am46) , destreggiarsi in sottigliezze e di­ scorsi fumosi, inutili,47 occuparsi di questioni peregrine quali sapere quanti piedi salta una pulce.48 Anche l'uso dell'impegnativo verbo 'YE(l)f.J.e'tpEtv, da parte del Siracusano, per designare le 'misurazioni' di Socrate, si spiega ricor­ dando i versi delle Nuvole in cui vengono portati sulla scena degli strumenti di misurazione, alcuni dei quali rappresentavano la geometria (ye(l)f.J.e'tpia) ,49 altri l'astronomia e la cartografia. ll Socrate senofonteo risponde a tutto ciò con una elegante ritorsione: ad esempio intende il termine f.!e'tÉcopa - che nelle pa­ role del Siracusano ha significato fisico, designando, come in Aristofane, l'in­ dagine naturalistica - in senso spirituale, atto cioè a designare gli dei (in modo

44 XEN. symp. VI 6-7 : toto\n:rov � ì.Jyyrov ovtrov cix; ècòpa ò l:upmcocnoç tciiv J.IÈV a\n:oii Èmtç � i]ooJ,IÈvouç, cll9ovciiv tcii l:roKpatEt ébtEv - àpa a-6, òi UòKpatEç, ò cllpov­ ncmìç ÈmlCaÀ.OU!!EVOç; - OUlCOUV lCQÀÀtOV, e�. iì Ei acllpovttotoç ÈlCaA.o'lli!TJV; - Ei !!li "YE ÈOOlCEtç tciiv I!E­ tEcòprov cllpovttcmìç EÌVat. - olaea oùv, E� ò l:ro!CpUtTJç, !!EtEOlpOtEpov 'tt tciiv 6Eciiv ; - a'AX ou !!U ili: ' e�. ou 'tOVtOJV aE J.tyoucnv Èmi!EÀEta6at, aua tciiv avrocllEA.Eotatrov. - OUlCOÙV lCaÌ. oiYtroç av, e�. 9Eciiv È­ mi!EÀ.Oti!TJV . èivro9EV J.LÉV "YE OOVtEç ciltpEA.oii>. L'affermazione iniziale () è un chiaro rinvio a quanto Massimo di Tiro leggeva nella letteratura socratica a lui disponibile: dialoghi di Platone e di altri Socratici. La serie che segue conferma questa interpretazione: mentre il riferimento a Diotima è un rinvio al Simposio platonico, la menzione di Conno rinvia a un dialogo socratico che non ci è noto, così come rinvia all'Economico di Senofonte la menzione di Iscomaco, e al Teeteto quello di Teodoro. Per la menzione di Eveno cfr. la successiva nota 58. 56 Si ricordi che nell'agone comico del 422, quello in cui furono rappresentate le Nuvole, Arni­ psia presentava una commedia intitolata Conno (dal nome del maestro di musica di Socrate), la quale doveva dunque avere intento analogo a quella di Aristofane. 57 ATHEN. XIV 628 E ( SSR I c 143 ): �v yàp tò tiiç òpxi]OEroç yÉvoç tiiç Év roìç xopoìç ElxrxTJIJ.OV .

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tÒtE ICQÌ IJ.E"'(aÀ07tpE1tÉç ICQÌ cOOQVEÌ tàç ÉV tOtç OltÌ..Otç JCtviJOEtç Ò1t01J.t1J.O\>IJ.EVOV . 09EV ICQÌ I:oJJCpOtl]ç ÉV toìç 1t0ti11J.acnv toùç �ealltata xopEilOvtaç apiatouç �crìv EÌvat tà 1tOÀÉIJ.ta 'J..i:yrov omroç "o'i oÈ xopoìç JCalltata 9Eoùç ttiJ.ciicnv, èiptatot l Év 1tOÀÉIJ.C(l". ·

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SOCRATE, LA MUSICA, E LA DANZA

il fatto non ci sembra sia stato finora rilevato - della poesia. Ci limiteremo a osservare che questi versi offrono un sostegno e una credibilità supplementari alla rappresentazione di Senofonte, il quale pone al centro degli interessi di Socrate la danza. Essi mostrano che Senofonte deve essere andato assai vicino al Socrate storico, e, inoltre, che questi deve avere condotto una riflessione realmente approfondita e completa sulla danza, dato che l'elogio della danza in armi, della danza pirrica, ci conduce in una dimensione etico-estetica anco­ ra diversa dalla lieve e raffinata pantomima del Simposio. Ma torniamo al Pedone, e vediamo qual sia la risposta che il Socrate pla­ tonico dà a Cebete, il quale chiede che cosa dovrà riferire a Eveno,58 quando nuovamente questi gli chiederà perché mai Socrate si sia dedicato in carcere a comporre poesie, mettendo in versi e in musica le favole di Esopo e l'inno ad Apollo (èv-reivaç 'toùç 'toii Aiaeò7tou M)youç x:aì 'tÒ eiç 'tÒv 'A7toÀ.À.Ol 7tpoot!J.toV, 60 D 1-2 ): [ 1 0] Digli la verità, Cebete: che le ho composte non con l'intento di diventare concorrente di lui o dei suoi poemi - sapevo che non sarebbe stato facile - ma per provare che cosa significassero certi miei sogni e togliermi ogni scrupolo nd caso fos­ se questa la musica che spesso mi prescrivevano di comporre. Si tratta di questo: spes­ so, nella mia vita trascorsa, mi visitava lo stesso sogno, apparendomi ora in una visio­ ne ora in un'altra, ma dicendo sempre la stessa cosa: "Socrate, componi ed eseguisci musica ! ". In passato supponevo che il sogno mi esortasse e incitasse a fare proprio ciò che stavo facendo, e, come quelli che incitano i corridori, così il sogno mi incitasse a fare ciò che stavo facendo, cioè a comporre musica: la filosofia è la musica suprema e io la stavo praticando. Ma ora, dopo che è avvenuto il processo e la festa dd dio ha impedito che morissi subito, mi è parso che, qualora il sogno mi prescrivesse sovente di comporre musica nd senso comune, io non dovessi disobbedirgli, ma comporla, e che fosse più sicuro non andarmene prima di essermi tolto lo scrupolo componendo

ss ll riferimento a Eveno si staglia con un'evidenza particolare, in questa pagina iniziale del Pe­ done, e, al tempo stesso, non sembra trovare una giustificazione sufficiente né nell'economia del dia­ logo né, in generale, nell'opera di Platone, all'interno della quale Eveno ha un ruolo minimo. D'altra parte, la menzione di Eveno nel passo di Massimo di Tiro (citato nella precedente nota 55) non può essere interpretato come un rinvio a questo luogo del Pedone, perché Massimo, il quale sta eviden­ temente elencando una serie di dialoghi socratici a lui noti, dice che Socrate ha imparato la poesia presso Eveno: e nulla di simile si dice nel Pedone platonico, ove, al contrario, è Eveno che chiede notizie sull'attività letteraria e musicale di Socrate, il quale fa comprendere di non essere interessato alla poesia in sé, e addirittura manda a dire a Eveno che, se fosse realmente filosofo, dovrebbe mo­ rire, come si appresta a morire lui, Socrate (61 B 7-8). Tutto ciò induce a credere che Platone sta rispondendo, alla sua maniera e da par suo, a un dialogo socratico, di cui Massimo ha conservato memoria, in cui Socrate dialogava con Eveno sulla poesia, e mostrava, ironican1ente o no, di appren­ dere dal poeta elegiaco la poesia. A questo ritratto di Socrate, nella pagina iniziale del Pedone, Pla­ tone si preoccupa, con un breve cenno, di replicare, rimettendo le cose al loro posto. Si noti, peral­ tro, in [10] , la dichiarazione di Socrate di non aspirare a essere concorrente di Eveno, e l'ironia circa la difficoltà di questa impresa.

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CAPITOLO TERZO

poesie in obbedienza al sogno. Così composi prima una poesia per il dio di cui ricor­ reva la festa; poi, dopo il dio, pensai che il poeta, se intende essere poeta, deve com­ porre miti e non ragionamenti, e che io non ero esperto in miti. Perciò misi in versi quei miti che avevo a portata di mano e che conoscevo a memoria, quelli di Esopo, i primi che mi capitarono. 59

Alla luce dell'analisi fin qui condotta, crediamo di poter affermare che il riferimento al sogno ricorrente sia un espediente, peraltro denso di significato, che permette a Platone di rispondere all'accusa che Aristofane aveva lanciato a Socrate di trascurare - somma ingiuria in bocca greca - la J.lOOO't!d]. n sogno ricorrente mostra invece che Socrate ha sempre riflettutto sulla J.LOucn!d]: solo, della prescrizione a comporla e a eseguirla, egli ha dato un'interpretazione più avanzata, operando una radicale trasvalutazione del concetto. Musica supre­ ma è la filosofia, e Socrate non merita il rimprovero di Aristofane: la musica nel senso comune del termine è solo una OTJJ.lcOOTJç J.lOUmKi], una «musica vul­ garis», sulla quale domina una J.LEYtO'tTJ J.lOOOl.Ki]. Premesso che proprio una si­ mile trasvalutazione avrebbe fatto fremere Aristofane, anche la seconda parte del brano platonico merita attenzione, confermando l'impressione di una ve­ lata, ma per altri aspetti fin troppo esplicita, risposta al commediografo. Pla­ tone tende (apparentemente) la mano ad Aristofane, e afferma, certo con pie­ na aderenza al contenuto delle parole che presta a Socrate, che il poeta, se è veramente poeta, deve comporre J.LU8ot e non ì..Oyot. E poiché Socrate è esper­ to solo di questi ultimi, ha preso, per togliersi ogni scrupolo, a porre in versi e musica quei J.Lu8ot che per primi gli capitarono, quelli che anch'egli, come ogni

59 PLAT. Phaed. 60 D 8-61 B 7: ÀÉ"(E toivuv, E�, aùtcp, òi KÉfhlç, tàÀ.1]9i'j, ott m'ne ÈKEtVCfl !X>uM­ J.l.EVOç OOOÈ tolç ltOtiy.J.acnv amoii av'ti:rexvoç EÌvat Èlt0t1]0'a 'tama, i\&rJ yàp ciJç ou Mlìwv Et1], a.;.;: ÈVUlt­ virov ttvciiv alt07tEtplilJ.l.Evoç n Uyot, KaÌ. a«!KJcnoliJ.l.Evoç Et èipa 7tOU0Ktç -rairc1]v Ù)v JlOUat!d]v )lOt Èm'tU't­ tot JlOtEtv. �v yàp lì1ì cina tota& JtOU!inç JlOt «!KJt-rciiv -rò aircò Èvlnrvtov Èv 'tCji 1ropcl66vn �iqJ, èDJ..cri Èv WJ..n O'I/Et ljKltvÒJ.l.Evov, 'tà aU'tà lìt Uywv "òi l:cilKpa'tEç, E�, JlOucnlCJÌv 1t0iEt Kaì. Èpyaçou". Kaì. Èyro, EV "(E 'teP np60'9Ev XPOVCjl, 07tEp EltpaTIOV, toùto 'ÙltEMlTJ�OV amo JlOt 1tapaKEÀEUEa6ai 'tE KaÌ. È­ lttKEÀEUEtV, OlmtEp OÌ. to'iç OÉoucn lìtaKEÀEOOJ.l.EVOt, KaÌ. ÈJlOÌ. ofuro 'tÒ ÈvlntvtOV OltEp Enpa'ttoV toÙ'tO È7ttKEÀEUEtV, JlOUatlCJÌV 7tOtEtV, ciJç ctJtA.oao4>iaç JlÈV 0\xnjç J.l.EytO"t1]ç JlOUatrijç, ÈJlOÙ lìÈ 'tOùto 7tpUTIOV'tQç. vùv lì' È1tEtlìlì il 'tE lìiK1] È"(ÉVEto KaÌ. i] 'tOÙ 9Eoù ÉopÙ) lìtEKCÒÌ..UÉ J.l.E a7t09vUO'KEtv, ElìoçE xpfivat, EÌ. apa 7tOU0Ktç JlOt 7tpOO"tà'ttot 'tÒ ÈvlntvtOV 'ta\J't1]v Ù)V fuu.uOOtl JlOUatlCJÌV 7tOtEtV, JliJ à1tEt9i'jO'at amcj) àua ltOtEtV . a ÈvunviqJ. oinro lì1ì npcii'tov )lÈv EÌ.ç 'tÒv 9Eòv Èlt0t1]0'a, où �v i] 1ropoooa auaia J.l.E'tà 1ìt 'tÒv 9E6v, Èv­ voi]aaç ott Ù)v 1t0tll't1ÌV lìÉot, EtltEp )J.ÉUOt lt0t1]'t1Ìç EÌvat, 7tOtE'iv )l'li9ouç a;.;: ou M)youç, KaÌ. aircòç ouK � JlU9oÀO')'l.K6ç, lìtà -raùw lì1ì oiìç ltpOXEtpouç EÌXOV )l'li9ouç, KaÌ. i]ma'tà)l1]V 'tO\Jç Ai.aciJnou, tomouç Èlt0t1]0'a oìç npcil'totç ÈvÉ-ruxov. Per il verbo Èv'tEiVEtv, che compare in 60 D l , dr. supra, p. 25 , nota 17 . Sul ·

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passo platonico cfr. Platon. Phédon, Traduction nouvelle, introduction et notes par M. Dixsaut, Pa­ Flarnmarion, 199 1 , pp. 322-326. Da notare anche, perché la cosa non è per solito ricordata, che npooi)ltov ha anche il sitnifi.cato di «canto di preludio»: dr. ad es. PIND. pyth. I 4; ne. II 3: AEscHYL. sep t. 7. ris,

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SOCRATE, LA MUSICA, E LA DANZA

Greco, conosceva a memoria, le favole di Esopo e l'inno ad Apollo. La divi­ sione dei campi resta, dunque, netta, e immodificabile la gerarchia: al poeta il 11ii8oç, al filosofo i M>yot, e >, mettendo in luce come gli 'armonisti', >, XVIll , 1978, p. 20, nota 31. ·

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ALCIDAMANTE E PHIBEH 13 DE MUSICA

re ancora considerata come definitivamente provata. In realtà, se si desidera impostare il problema della datazione su basi adeguate, occore adottare un metodo e una strategia di ricostruzione cronologica più rigorosi. In mancanza, come siamo, di oggettive coordinate temporali di riferimento, il primo obiet­ tivo da porsi è situare il fr ammento rispetto alla nostra più importante fonte musicologica d'età classica, gli Elementa harmonica di Aristosseno. Posto in questi termini, il problema della datazione si converte, in prima istanza, in una alternativa chiara e determinata: se il discorso appartenga ad età preari­ stossenica o ad età postaristossenica. L'opportunità di porsi tale interrogativo è ulteriormente suggerita dal fatto che la seconda eventualità - finora non pre­ sa in considerazione dalla critica - è stata recentemente affacciata, ma non ar­ gomentata, da Barker.14 A questo livello, è agevole conseguire una prima indicazione cronologica, posto che, come si vedrà, una datazione postaristossenica del discorso deve essere recisamente esclusa. E innanzitutto per una ragione d'ordine linguisti­ co. Si prenda innanzitutto in esame il termine àpj.Lovucoi, usato anche da Ari­ stosseno, con cui l'anonimo oratore designa i critici musicali suoi avversari. Se è vero, infatti, che Aristosseno si riferisce assai spesso a un gruppo di teorici della scienza armonica, denominati àpj.LOVtKoi, è altrettanto certo che da que­ sta circostanza non è legittimo trarre nessuna conclusione quanto alla poste­ riorità del fr ammento in esame rispetto agli Elementa harmonica. Vaie la pena notare, intanto, che con l'espressione oi àpj.LOVtKoi Aristosseno indica un grup­ po di studiosi di discipline musicali a lui precedenti, ovvero tutto l'insieme dei contemporanei e dei predecessori che hanno in certo modo lavorato nel me­ desimo campo suo, la àpj.LOVtK'JÌ è:mcr'tiJilll· 15 Merita di essere letto, per chiarire l'uso aristossenico dell'espressione oi àpj.LOVtKoi, almeno il seguente passo:

È avvenuto che coloro i quali si occuparono anteriormente (ej.L7tpoa6ev) della trat­ tazione armonica vollero essere, in realtà, soltanto 'armonisti', perché essi considera­ rono soltanto il genere armonico, e degli altri generi non si diedero mai pensiero. [. .. ] Abbiamo precedentemente chiarito, quando esaminavamo le opinioni degli 'armoni­ sti', che nep, pure questa parte, alla quale si erano dedicati, trattarono in modo esau­ riente [. .. ]. 6 14 Cfr. ID., Greek Musical Writings, vol. 1: The Musician and bis Art, cit., p. 183, il quale tutta­ via non esclude una datazione di PHibeh 13 al IV secolo, e anche alla prima parte di esso, ma insiste, giustamente, sul fatto che tale datazione non è stata ancora provata.

15 È questa la tesi sostenuta da A. BARKER, 01 KAAOTMENOI APMONIKOI, cit., in particolare p. 2. Va notato, comunque, che Aristosseno si riferisce agli 'armonisti' usando sempre un verbo al passato; ma che si tratti di un ampio insieme di studiosi è provato da un passo come el. harm. 37, p. 47, 1-13 Da Rios. 16 AlusTox. el. harm. I 2, p. 6, 6-9; pp. 6, 19-7, 3 Da Rios (tr. R Da Rios, modificata): wùç �v

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CAPITOLO QUARTO

Come si vede, Aristosseno gioca, nella prima parte di questo testo, sul doppio senso del termine apJlovtx:oi che per un verso vale oi EJl1tpocreev, i quali trattarono 1tEpì 'ti'jç apJl.Ovtrijç 1tpayJla-teiaç, e per un altro verso allude all'ogget­ to specifico dell'indagine di costoro, ovvero il genere enarmonico. Ciò prova, se mai ce ne fosse bisogno, che il termine apJlovtx:oi preesiste ad Aristosseno, e non è certo sua invenzione, altrimenti il gioco di parole non avrebbe senso. Conclusione, questa, confermata dall'espressione oi x:aÀ.OUJlEVOt apJlOVtx:oi, ri­ corrente negli Elementa harmonica: è evidente infatti che l'epiteto x:aÀ.OuJl.Evot - che lo si intenda in senso oggettivo («i cosiddetti armonisti>>) o in senso sog­ gettivo («quelli che si fanno chiamare, che pretendono di essere chiamati ar­ monisti>>) - implica il carattere tecnico, precedente ad Aristosseno e ben noto, dell'espressione oi apJlovtx:oi - che è appunto quanto PHibeh 13 attesta. Una seconda considerazione - d'ordine concettuale, questa volta - prova l'impossibilità di datare il fr ammento de musica ad età postaristossenica. Si è già visto come l'elemento qualificante dell'invettiva levata dall'anonimo orato­ re contro gli apJlOVtx:oi concerna la tesi, d'origine damonica, relativa al valore etico della musica. Ora, la posizione assunta da Aristosseno nei confronti della teoria dell'ethos musicale non è affatto di pura ostilità, come in PHibeh 13: si tratta, al contrario, di una posizione ricca di sfumature, e assai complessa. Per convincersene, basterà leggere il seguente passo: In effetti, si cade in errore, talora, in entrambi i sensi. Gli uni (oi J.!Év) ritengono che tale studio sia qualcosa di grande - alcuni (èvwt), persino, che il fatto di appren­ dere la scienza armonica non solo li renda musicisti, ma migliori anche il loro carat­ tere, e questo per aver mal compreso ciò che dicevamo nelle nostre conferenze: "Cer­ chiamo di mostrare, riguardo a ogni composizione e alla musica nel suo complesso, quel che può nuocere e quel che può giovare al carattere"; e non solo hanno frainteso questo, ma non hanno inteso affatto "In quale misura la musica può giovare" Gli -.

altri (oi Oé), poi, ritengono che l'armonica non abbia nessuna importanza, ma che sia qualcosa di insignificante, pur pretendendo di non essere inesperti di ciò in cui essa con­ siste.17

oùv EJ.i1tpoa9ev apJlOVlKO'Ùç eìvat flouA.ea9at JlOVOV, airri;ç yàp tiiç ap)loviaç fpt-rovw JlOVOV, 'tOOV o ii.'JJ..rov yevrov OOOeJliav 7t>.5 Se l'aforisma nietzscheano afferma positivamente, e in forma radicale, la radice sensibile e affettiva del pensiero, e nello stesso tempo la relazione per­ fettamente congrua, e almeno in questo senso perfettamente razionale, dei due termini, l'inquieta, polemica anch'essa, severa, e altamente ammonitrice pagina adorniana sembra pensare lo stesso nodo da una prospettiva inversa, o solo susseguente: quella delle conseguenze. Non solo e non tanto dell'inscin­ dibilità di sentire e pensare, ma della negazione e obliterazione di tale nesso. Conseguenze, quindi, meno logiche che psicologiche, e per questo, in ultima analisi, etiche. n nesso tra fisico e psichico è anche il grande tema che è alla base della trattazione riservata alla musica nella Repubblica. Benché questo nesso non sia stato finora percepito come centrale nella filosofia della musica platonica, e non sia stato forse neppure identificato come problema filosofico autonomo, è da rilevare che esso è posto da Platone fin dall'inizio del secondo libro del dialogo, con la stretta congiunzione, su cui anche, forse, non si è riflettuto ab­ bastanza, della musica e della ginnastica. 6 Sempre dalle notazioni preliminari del secondo libro emerge con chiarezza l'altro principio fondamentale che de­ termina e orienta la cifra della trattazione platonica: ed è la prospettiva etica della jlOUcnJC..;, nella misura in cui quest'ultima ha come obiettivo eminente quello di formare e plasmare il carattere. 7 Scopo di questo scritto è di guardare più da vicino al significato di questi due assunti, e di metteme in luce la reciproca, stretta connessione nella deter-

3 TH. W. ADoRNO, Minima Moralia. Ref/exionen aus dem beschiidigten Leben, Berlin u. Frank­ furt am Main, Suhrkamp, 1951, Erste Auflage, 2001, p. 224: . Le traduzioni italiane dei tre brani di Adorno riportati nel testo sono tratte da TH. W. ADoRNO, Minima moralia, trad. it. Torino, Einaudi, 1954, p. 112 e p. 113. 6 Cfr. PLAT. resp. II 376 E 3-4: E. !lciÀ.tO"ta ycip Ili] -r6'tE ltÀ.ci't'tE'tat, JCaì. évll'liE-rm 't'liltoç iìv èiv nç Po'liA.ll'tat ÉvcrTl)Li]vaa6m ÉJCaO"tq>. («E non sai che il principio di ogni oper11 è la cosa in assoluto più importante, specialmen­

te con qualunque individuo giovane e tenero? E allora infatti che soprattutto si forma e penetra l'impronta che si voglia>> ). Da tenere presente anche la traduzione di L. Robin, Platon. Kaì. a1taM!i ò-rcpoiiv un neutro: «Mais ignores-tu que le comrnencement est en toute ceuvre ce qui importe le plus, et surtout quand celle-ci s'applique à quelque chose de neuf et de tendre, quoi que ce soit? C'est en effet principal­ ment alors que la chose est malléable et qu'elle revèt la forme qu'en chaque cas on aura souhaité lui imprimer».

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CAPITOLO QUINTO

La priorità della sfera dell'anima sulla sfera fisica sembra riposare in questo testo sul fatto che esiste una ricettività dell'anima anteriore alla ricettività del corpo, forse anche nel senso che questo è ricettivo solo quando è sufficien­ temente formato per poter essere trattato con la ginnastica. Più avanti Platone aggiunge una seconda considerazione, che si sovrappone alla prima, e la com­ pleta. Egli nota cioè che il corpo, per quanto ben formato, non è tale da ren­ dere l'anima buona, ma è l'anima che, quando è buona - vale a dire quando è 11 stata resa buona - trasmette al corpo tutta la perfezione di cui è capace. Alla luce della preoccupazione, costantemente espressa da Platone nella Repubblica, che la dissolutezza del regime di vita determini effetti nocivi sul carattere, questa asserzione può anche significare che il corpo è in grado di trasmettere naturalmente all'anima il male, ma non, almeno naturalmente, il bene. Anche in questo caso la conclusione è che l'educazione dell'anima deve precedere la cura del corpo: è solo dopo che si è sufficientemente educata l'in­ telligenza che si può, all'intelligenza stessa, affidare la cura del corpo. La ge­ rarchia tra musica e ginnastica riposa dunque e sul primato dell'intelligenza rispetto al corpo, e, in stretta connessione con ciò, sul primato conferito all'e­ lemento direttivo del «che si vuole», riferito all'identificazione del carattere che si ha in mente, e si intende formare. La funzione formativa assegnata alla jlOUcrucil dipende, invece, su un piano generale, dalla sua capacità di educare l'intelligenza, e, oltre a ciò, dalla possibilità di trasmettere e trasfondere questo insegnamento dalla sfera psichica al fisico. TI primato della questione del carattere è ancora visibile nella sezione del libro terzo programmaticamente dedicata alla jlOucrtKil, e, specificamente, alla musica in senso proprio. La trattazione relativa a quella parte della jlOucrtKil che è relativa ai discorsi (Myot) e alle favole (!lu8ot) si conclude infatti (3 98 B 6-8) con l'osservazione che, alla luce di questa analisi, è ormai chiaro ciò che si deve dire (éi tE ÀEK'fiov), e come va detto (cbç ÀEK'fiov) . Ove il punto di riferimento di simili espressioni è la natura dell'uomo virtuoso (Kaì..òç Kaì aya86ç, 3 95 D 6, 3 96 B 1 1 -C 1 ) , dell'uomo misurato (j.lt>tptoç avilp, 3 96 C 5 ) , dell'onesto (f:m.etKilç, 3 97 D 4 ) Y Con perfetta simmetria, la trattazione dedi­ cata alla musica propriamente detta si apre con la dichiarazione che essa dovrà vertere sul carattere (>tp67toç) del canto e delle melodie (3 98 c 1 -2 ) , mentre,

I l ID. ibid. III 403 D 2-5: ÈJ.!OÌ. J,lèv yàp ou $aive'tat, ò àv XP1J> (a lÌJ.t'iv ÀEK'tÉov), e «quali debbano essere tali cose>> (oìa oe'i eÌvat), solo rilevandosi la maggiore difficoltà di questa impresa nel caso della musica propriamente detta (398 c

7- 10) . Per svolgere questa analisi Platone pone tre principi. n primo, d'ordine strutturale, è quello che determina il canto (J.!Éì..oç) co­ me composto di tre elementi: il discorso (ì..Oyoç) , l'armonia (ap!J.ovia) e il ritmo

((mell6ç) . n secondo, d'ordine normativa, è il principio dell'invariabilità del caratte­ re e del contenuto del ì..Oyoç, sia esso scampagnata dal canto, sia esso posto in musica: detto in termini platonici, il principio per cui la determinazione di «ciò che si deve dire e di come va detto» vale sempre negli stessi termini per il ì..Oyoç e per ogni ì..Oyoç. n terzo principio, d'ordine estetico, afferma che armonia e ritmo debbono adeguarsi (od aKowuee'iv) al ì..Oyoç; principio, le cui ricadute nella storia del­ l'estetica, in particolare rinascimentale, 13 sono incalcolabili, che è ribadito e rafforzato più avanti nella formulazione per cui l'armonia e il ritmo debbono adeguarsi al ì..Oyoç, non questo a quelli. Di questi principi, solo il secondo può considerarsi, a rigore, originale e proprio di Platone. n primo, che Platone espone in molti altri dialoghi, come concezione nota e diffusa, 14 fu enunciato molto probabilmente per primo da Lasa di Ermione, poeta di poco precedente a Pindaro, del quale fu maestro, e al quale la tradizione attribuisce un nepì IJ.O'UcrtKijç, il più antico di cui si abbia notizia.15 Esso riflette l'esperienza estetica di una composizione e delibazione della poesia in cui l'elemento verbale e l'elemento sonoro si trovano uniti in forma equilibrata e indissolubile. n terzo principio corrisponde al clima este­ tico di tutta la grande arte poetica e musicale precedente Platone, in cui l'ar­ monica convenienza e corrispondenza dell'elemento sonoro all'elemento ver­ bale è un principio inderogabile e naturalmente seguito: esso riprende il senso della celebre allocuzione «o inni signori della cetra>> che leggiamo nell'incipù della seconda Olimpica di Pindaro. Nella riproposizione che ne offre Platone

13 Si veda, a questo proposito, CV. PALISCA, Humanism in Italian Renaissance Musical Thought, New Haven and London, Yale University Press, 1985, p. 378. 14 Cfr. ad esempio PLAT. Gorg. 502 c; Hipp. ma. 285 D; leg. II 656 c, 669 B; VII 800 D. 15 L'autenticità dello scritto di Laso, messa in dubbio da G. SEYDEL, Symbolae ad doctrinae Graecorum harmonicae historiam, diss. Lipsiae, 1907, p. 19, è stata provata con convincenti osserva­ zioni da G.A. PluviTERA, Lasa di Ermione nella cultura ateniese e nella tradizione storiogra/ica, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1965, pp. 36-38.

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CAPITOLO QUINTO

è da avvertire una polemica contro i modi della «nuova musica>> (vÉa IJ.OumKiJ), quella rivoluzionaria corrente musicale, mimetica ed espressionistica, legata al­ la cosiddetta riforma di Timoteo di Mileto, contro la quale Platone esprime più e più volte posizioni di netto rifiuto e di dichiarata avversione, nella Re­ pubblica e soprattutto nelle Leggi. 16 Ma anche il primo principio, con il suo deliberato ritorno a Laso, e a una concezione della musica che era stata illu­ strata da Simonide, Bacchilide, Pindaro, e che tuttavia al tempo di Platone era ormai tramontata, cela forse una pointe polemica nei confronti di un'altra de­ finizione della poesia, quella elaborata da Gorgia: una definizione che Platone, per esigenze estetiche in lui radicate, non può non rifiutare, e che è virtual­ mente in conflitto con tutta la trattazione dedicata nella Repubblica alla IJ.OU­ yoç, apj.Lovl.a e pu81J.6ç. A questa concezione Gorgia ne sostituisce un'altra, per la quale la poesia è co­ stituita da M>yoç avente j.LÉ'tpov. Si vede bene quale e quanto grande sia la dif­ ferenza tra le due definizioni. La prima si riferisce alla poesia intesa come unione dell'elemento verbale (M>yoç) e dell'elemento musicale (apj.Lovia) nel verso: verso rivestito di intonazione musicale e accompagnato dal suono di uno strumento, e regolato da un ritmo (pu81J.6ç) , che è comune alla musica e alla parola, e che, pur non coincidendo sempre necessariamente, non è nep­ pure del tutto diverso per l'una e per l'altra. La seconda si riferisce invece a una poesia che si è autonomizzata dalla musica, e che, almeno a livello defi­ nitorio, ne prescinde, identificandosi con il solo elemento verbale (M>yoç) : ca­ de pertanto il riferimento all'ap1J.ovia, implicitamente considerata come sfera a sua volta autonoma, e alla menzione del pu8j.L6ç si sostituisce quella del j.LÉ'tpov, cioè del ritmo verbale misurato sulla posizione delle parole nel verso. Questa

16

Cfr. PLAT. leg. II 669 B-670 B.

17 GoRG. Hel. 9 p. 12, 50-54 Donadi (= 82 B 11 DK ): 'tÌJv !tOtll epyacriQ 7tpe7t6V'tcoç àv J.l.tJ.l.TJO"Ut'tO cp96yyouç 'te KUÌ 7tpcooq>lìiaç, KUÌ ÒltO'ttJXOV'tOç iì e\.ç 'tpa{lj.J.a'ta iì e\.ç 9avawuç lOV'tOç iì e'iç 'ttV U a/J..T]V O"UJ.l.· cpopav ltEO"OV'tOç, EV ltÒat 'tOVtOtç 7tUpU'te'tU'YI!ÉVOJç KUÌ KUp'tepOlJV'tOJç ÒJ.l.UVOI!ÉVOU 'tÌjV 'tiJxTJV" KUÌ a/J..T]V

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CAPITOLO QUINTO

Prima di commentare il passo è bene mettere in luce il movimento di se­ lezione, ma anche di determinazione, che, coerentemente con il proposito di promuovere il carattere «che si vuole», è all'opera in queste pagine. In effetti, nella musica greca della seconda metà del V secolo era in uso un numero no­ tevolmente elevato di armonie, che diventa ancora più ricco e variato in quella del IV secolo. Platone ne presceglie sole due per realizzare il proprio concetto di paideia: e non le denomina affatto 'armonia dorica' e 'armonia frigia'. Egualmente da rilevare è la connotazione positiva del concetto di J.LiJ.LTJt&xxù Kaì. vou6Etftcret èiv6p0l7t0v, ft touvavriov èiUcp &ol.lévcp ft l>too01Covn ft l.lE'taJtEi.6ovn ÉaU'tÒv ÉltÉXOV'tQ, ICQÌ. ÉIC 'tOUtCOV 1tpcll;,OV'tQ Katà voiiv. ICQÌ. l.l1Ì UltEpT]cpclvroç EXOV'ta, àUà arocwovroç 'tE ICQÌ. I.!Etpi.roç Év 1tiiat wmotç 1tpclTiovta 'tE 11:aì. tà altoflaivoVta àyaruiivta. Per le traduzioni di passi della

Repubblica qui di seguito riportate ho tenuto conto di quelle di F. Sartori, anche se talora modifican­ dole, e di M. Vegetti. 19 ID. ibid. II 399 c 1-3: mUtaç SUo àp1.1ovi.aç, fli.atov, ÉKoilatov, &upovrov, àvl)pEi.rov [ap1.1ovi.aç] a'invEç �e&yyouç l.ltl.lftaovtat KaUtata, tamaç A.EtltE.

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MUSICA E FILOSOFIA IN PLATONE, REPUBBLICA II-IV

sfuggito, che qui non si presuppone una cifra estetica delle armonie, quella cioè di Damone, ma è Platone che la sta definendo e prescrivendo in prima persona. Sul piano drammatico, questo punto è sottolineato dalla battuta di Glaucone, che segue immediatamente al passo trascritto, con la quale l'inter­ locutore di Socrate rileva come quelle descritte siano proprio le armonie che egli aveva nominato. In tal modo le due armonie (damoniche) cui pensava Glaucone e le due ridescritte nei loro caratteri estetici da Platone sono sì di­ stinte, di nuovo, ma anche unificate: con il che è anche compiuto il passaggio dal prescrittivo (piano interamente platonico) al definitorio (piano anche da­ monica). I due caratteri che tali armonie devono imitare sono riassuntivamente in­ dicati nel coraggio e nella temperanza. Per esprimerci con il lessico della teoria musicale umanistico-rinascimentale, tali caratteri non sono solo degli e/fectus, cioè degli effetti emotivi che determinate armonie avrebbero il potere di pro­ durre negli uomini, ma anche degli a/fectus, cioè delle proprietà etico-esteti­ che, che le armonie stesse imitano, cioè rappresentano. Tali caratteri sono proiettati in una rete amplissima di situazioni, di stati fisici, mentali e d'animo, di esperienze e situazioni di vita. Molto prima che nella Repubblica si parli di virtù, e ne si offra una compiuta concettualizzazione, è nella riflessione sulla musica che appaiono le precondizioni delle virtù stesse, cioè le preformazioni affettive, comportamentali, e le disposizioni, che, passate al vaglio di una teo­ ria, saranno poi le virtù delle diverse parti dell'anima. È del resto il caso di ricordare che queste preformazioni etiche, cioè, in ultima analisi, questi modi e orientamenti del sentire, erano già apparsi nella descrizione del carattere dei 20 guerrieri, i quali devono essere animosi verso i nemici, e miti verso gli amici. Dopo aver posto che non c'è differenza tra la natura (q,ucnv) di un cucciolo di buona razza e quella di un giovanetto generoso, Platone fa dire a Socrate:

lO È significativo, da questo punto di vista, che la (npc;tò't'l]ç) e il , 1), pp. 19-61: 38-41 e 48-50. 29 Va osservato che il concetto di oiKEt&t-r]ç ritorna in un passo importante del libro VII, ove questo termine indica il legame di affinità che unisce tra loro i IJ.a!hliJ.ata e la natura di ciò che è (tiiç toi:i ovtoç q,\JoEroç, 513 c 1-7}_ Su questo passo cfr. le osservazioni di F. ARONADIO, Procedure e verità in Platone (Menone, Crati/o, Repubblica), Napoli, Bibliopolis, 2002 («Elenchos», 38), P- 235 .

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CAPITOLO QUINTO

cosa di cui si possa trascurare di avere percezione (aìcreavecreat), perché ac­ quisire la capacità di distinguere quei vari elementi è al contrario la premessa per poter diventare grammatici. Analogamente, non si diventerà esperti di musica, e non si renderanno tali coloro che si intende educare perché diven­ tino i difensori della città paradigmatica, «prima di aver imparato a riconosce­ re le forme della moderazione e del coraggio e della liberalità e della magna­ nimità e delle loro sorelle nonché delle qualità ad esse contrarie, in qualsiasi combinazione si presentino, e di percepire la presenza loro e delle loro imma ­ gini ovunque esse ineriscano».30 TI movimento concettuale che Platone deli­ nea è duplice, perché da un lato si tratta di riconoscere le specie delle virtù e delle eccellenze di cui dovranno essere dotati i difensori, ma dall'altro anche di «sentirle», di «percepirle» nella loro forma sensibile, o meglio nella confi­ gurazione sensibile che essere assumono, o determinano. Per questo Socrate può asserire, dopo aver osservato che chi a un armonico carattere dell'anima unisca analoghi caratteri nell'aspetto esteriore sarà molto bello per chi lo pos­ sa contemplare, che ciò che è massimamente bello è massimamente degno di amore ('tò ye JCaUunov E.pacrJltCÒ'ta'tov) . Posto che la musica ha permesso di av­ vertire e riconoscere con la massima acutezza il bello e il brutto, di percepire e sentire le specie delle virtù e delle eccellezze, allora ne segue che >.38 Per que­ sta ragione, l'uomo che vive in questa maniera, «diventa, credo, nemico della discussione e incolto, e non cerca più di persuadere discutendo, ma, come una belva, tratta chiunque con violenza e selvatichezza, e vive nell'ignoranza e nel­ la grossolanità, senza regola e grazia alcuna>>.39 La conclusione di Platone è chiara: l'anima è dotata di due elementi, l'elemento emozionale, denominato 9ul.lOEtMç, e quello intellettuale, denominato cptM'laocpov. Su questi elementi musica e ginnastica hanno effetti opposti: la musica rilassa il primo e attiva il secondo, laddove la ginnastica produce l'effetto contrario. Ne segue che un dio ha donato agli uomini queste due arti, «non in rapporto all'anima e al corpo, se non come effetto secondario, ma proprio in funzione di quei due elementi>> (all' ci1t' ÉKEivro, 4 1 1 E 7-8). La conclusione di tutto questo ra­ gionamento è la seguente: «Allora avremmo piena ragione di denominare nel modo più corretto colui che combina nel modo migliore musica e ginnastica, e le applica all'anima nella misura più giusta, compiutamente e sovranamente musico e perfettamente armonizzato».40 È alla luce di queste conclusioni che si comprende appieno il significato di un rilievo contenuto nel libro quarto, a conclusione dell'analisi volta a mostrare come nell'anima di ciascun individuo vi siano gli stessi aspetti, e nello stesso nu­ mero, di quelli che sono costitutivi della polis paradigmatica. Dopo aver ricorda­ to il principio secondo cui l'uomo è giusto quando ciascuna delle parti che sono in lui attua pienamente la propria funzione, e che alla parte razionale spetta il comando dell'anima tutta, mentre la parte irascibile deve obbedirle ed esserle alleata, Socrate fa un'affermazione che è bene leggere, innanzitutto, in greco: ap' OÙV OtJx, ciXmEp É/..èyOj.tk:V, JlO'OOl.Jciçi lCOÌ -ywvacrttJciiç !Cpclatç aUJ.LtjlOÈ litaJCa6atpoiJ.Évrov tciiv ai.a&ftcrerov ai>tou. 39 ID. ibid. III 4 1 1 D 7-E 2: J.LtO"ÒA.oyoç &it oÌJlat ò totoiitoç yiyvetat Kaì. UJ1ooooç, Kaì. JtEt6o'i J.l.Èv otà ÀÒyrov oi>OÈv Ett XPfitat, j3i� OÈ Kaì. àyptÒtJltt >, IV, 1984, pp. 23-64. Per la tradizione pitagorica si veda F.L. LEVIN, The Harmonics o/Ni­ comachus and the Pythagorean Tradition, University Park, Pennsylvania State University Press, 1975 (>. In secondo luogo, e sempre sul piano storico, quello schema presuppone un'assoluta semplificazione dei rapporti di pensiero e delle tradizioni filosofiche e di ricerca musicale che effettivamente agiscono nel IV secolo. In particolare, evitando di inserire Aristosseno nel contesto filosofico effettivo della sua epoca, si sono anche limitati al minimo gli agganci con Aristotele e con l'aristotelismo. In terzo luogo, e questa volta sul piano teorico, non aver colto l' aristoteli­ smo di Aristosseno ha fatto sì che non fossero neppure colti gli elementi teo­ rici che presiedono alla fondazione della scienza armonica in Aristosseno. 2 Ed è questa, evidentemente, la mancanza non solo più grave, ma riassuntiva. Che cos'è, infatti, che rende l'armonica una scienza? Quali sono gli elemen­ ti che definiscono, propriamente, lo status epistemologico della scienza armo­ nica? E quale modello di scienza ha in testa Aristosseno? È significativo che queste domande non siano state, nella storia degli studi, mai chiaramente po­ ste, e mai chiaramente formulate come problema e programma di una ricerca. Anticipando i risultati di questa ricerca, possiamo dire che tre sono gli elementi che, agli occhi di Aristosseno, rendono conto della scientificità dell'armonica, cioè del suo statuto di È.mo-nlJlTJ: a) la posizione di un yÉvoç ad essa proprio, che ne costituisca il campo di applicazione distinguendola dalle altre scienze che si occupano della musica; b) il rinvenimento delle funzioni conoscitive implicate dall'armonica; c) la ricerca dei principi (apxaO che presiedono a tale scienza. L'individuazione del yÉvoç proprio della scienza armonica è seguita, nel trattato di Aristosseno, da due linee d'indagine: la prima si esprime in una trattazione di filosofia, o gnoseologia, della musica; la seconda si esplica in un tentativo di assiomatizzazione dell'armonica, che costituisce l'aspetto più rilevante, ma finora del tutto sfuggito, di tale disciplina. Una disciplina che Aristosseno, lo si vedrà, costruisce come una scienza assiomatico-deduttiva, il cui modello è la trattazione aristotelica degli Analytica posteriora.

2 Alcuni aspetti del rapporto di Aristosseno con Aristotele sono stati studiati, posteriormente alla pubblicazione di questo articolo, apparso nel 1984, da A. BÉLIS, Aristoxène de Tarente et Aristate: Le traité d'harmonique, Paris, Klincksieck, 1986 (che, curiosamente, non lo cita). C&. anche A. BARKER, Aristoxenus' harmonics and Aristotle's theory o/science, in Science and philosophy in classica! Greece, ed. with a preface by A.C. Bowen, New York, Garland, 1991, pp. 188-226. -

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CAPITOLO SESTO

In quel che segue, affronteremo specificamente, dunque, tre ordini di questioni: l ) definizione, statuto e metodo della scienza armonica; 2) funzioni conoscitive implicate dalla scienza armonica; 3 ) struttura assiomatico-deduttiva di tale scienza. II Prima di procedere allo studio degli Elementa harmonica converrà esami­ narne con cura la struttura interna, poiché una esatta chiarificazione delle ma­ terie esposte nel trattato deve essere considerata preliminare alla comprensione della démarche abbracciata da Aristosseno e della stessa concezione della scien­ za armonica che egli vi sviluppa. Ciò è tanto più necessario in quanto il trattato aristossenico, pervenutoci in stato di incompletezza, e privo di una definitiva revisione editoriale, ha fatto discutere gli studiosi, i quali, dalle loro ricostruzio­ ni della struttura dell'opera, hanno tratto conclusioni non marginali rispetto al­ l'interpretazione teorica del trattato. Gioverà a questo riguardo ricordare che gli Elementa harmonica, la più cospicua delle opere aristosseniche sopravvissu­ te - e in un certo senso l'unica, giacché degli Elementa rhythmica possediamo solo una sezione frammentaria, per quanto importante 3 ci è giunta in tre li­ bri, di cui l'ultimo mutilo. Essi sovrappongono due, o almeno due, diverse re­ dazioni: il libro I è il più antico, mentre il II e il III appartengono, a mio giu­ dizio, a un medesimo stadio compositivo; essi costituiscono nel loro insieme una trattazione sufficientemente unitaria, e sono certamente più tardi. TI I libro deve essere diviso in quattro sezioni: -

EH I 1 . 1 : una introduzione, nella quale è riportata la definizione della scienza armonica (EH 1 -2 ) EH I 1 .2 : una pre-esposizione del contenuto e delle parti in cui s i divide la scienza armonica articolata secondo il procedimento aristotelico della pre­ liminare fissazione del 't'lmoç (EH 2-8) ; da esso risulta che la scienza armo­ nica tratta di:

l ) movimento della voce secondo il luogo (i'J tijç >, XV, 1985, pp. 5-29: 19-20. 2 Per le indicazioni bibliografiche essenziali rinvio a A.J. NEUBECKER, Philodemus. Ober die Mu­ sik IV. Buch, cit., pp. 9-11.

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CAPITOLO SETTIMO

principale, e anche per noi meglio conosciuto, di Filodemo: talché lo studioso che per ultimo, e con particolare impegno, si è provato a ricostruire l'ordina­ mento dei frammenti superstiti del Ilepì. !lOOOl.Kfjç filodemeo non ha potuto farlo senza parallelamente delineare il piano e le linee di forza dell'omonimo trattato di Diogene di Babilonia, postulando con ciò la struttura parallela, che è alla base del commento filologico di tipo alessandrino, delle due opere. 3 Ciò desideravo ricordare, in sede preliminare, per definire l'ambito e lo scopo di questa ricerca: che si propone, per un verso, di chiarire, in modo più approfondito di quanto sia finora awenuto, la terminologia tecnica e il contenuto concettuale di una tra le più significative testimonianze filodemee relative al Ilepì. !lOOOl.Kfjç di Diogene di Babilonia; e parallelamente di avanza­ re, e se possibile dimostrare, l'ipotesi che agli esponenti della tradizione peri­ patetica, la cui presenza già è stata riconosciuta nell'opera dello Stoico, si deb­ ba aggiungere ora il nome di Aristosseno. L'ipotesi, astrattamente considerata, non ha in sé nulla di inverosimile, ed è anzi delle più naturali: Aristosseno costituisce notoriamente la massima autorità in materia di teoria musicale nell'antichità e, segnatamente, nell'età che va da Platone a Diogene di Babilonia; quest'ultimo, per parte sua, si mo­ stra singolarmente propenso a inserire nei punti chiave della sua trattazione materiali dottrinari direttamente mutuati dal filone musicologico della tradi­ zione peri patetica. E che Aristosseno costituisse un' auctoritas di indiscusso ri­ lievo per chiunque, in età ellenistica, si occupasse di cose musicali, mi pare dimostrato, tra l'altro, dal fatto che il suo nome si legge con chiarezza in due luoghi del trattato di Filodemo: uno dei quali di notevole interesse teorico per l'intreccio di considerazioni gnoseologiche e valutazioni atte ad accredita­ re la funzione paideutica della musica, che vi si legge; l'altro significativo per­ ché lo stesso Filodemo sembra richiamarsi all'autorità del filosofo tarentino intorno a una questione di terminologia musicale. 4 Ma è il contenuto stesso del frammento che ho in mente che induce a scorgervi un'allusione - che il seguito del testo poteva bene rendere esplicita agli Elementa harmonica, l'opera maggiore del Peripatetico. Si tratta di PHerc 22512 , corrispondente ai frammenti SVF 86-87 di Diogene di Babilo-

3 Cfr. D. DELATIRE, Philodème. De la musique: Livre IV; colonnes 40* à 1 09*, cit., pp. 50-56. E si veda, dello stesso Autore, La composition des inw!lvfJJL am de Philodème à partir du livre N du De musica et des restes du De signis, in Epicureismo greco e romano, Atti del Congresso internazionale, Napoli, 1 9-26 maggio 1993, a cura di G. Giannantoni e M. Gigante, Napoli, Bibliopolis, 1996 («Elenchos», 25), II, pp. 549-572. 4 Cfr., rispettivamente, PmLon. de mus. III 76, 13-31 e IV 29, 12-17, e, su questi passi, G.M. R.!SPOLI, Filodemo sulla musica, cit., pp. 74-75 .

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INDICE

Prefazione . .. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . Pag.

5

Capitolo primo - J TROPO! DI DAMONE (37 B 2 E B 10 DK) .... .

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7

Capitolo secondo - PROTAGORA, DAMONE E LA MUSICA ........

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21

Capitolo terzo SocRATE, LA MUSICA, E LA DANZA: ARisTOFANE, SENOFONTE, PLATONE ........................... .

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35

Capitolo quarto ALCIDAMANTE E PHIBEH 13 DE MUSICA. MuSICA DELLA RETORICA E RETORICA DELLA MUSICA .. . . .... . . . .. .

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81

Capitolo sesto- AruSTOSSENO E LO STATUTO EPISTEMOLOGICO DELLA SCIENZA ARMONICA . . . .. . . . . . . . . . . . . . . . . .. . . . . . .

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101

Capitolo settimo DIOGENE DI BABILONIA E AruSTOSSENO NEL DE MusiCA DI FILODEMO .......................... .

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BIBLIOGRAFIA

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Capitolo quinto II-IV .

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MUSICA E FILOSOFIA IN PLATONE, REPUBBLICA .

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INDICI .

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I ndice delle fonti . .

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I ndice dei nomi

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