Lessico gramsciano


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Umberto Cerroni

Lessico gramsciano

Editori Riuniti

Indice

Premessa

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Parte prima Lessico gramsciano

13

Parte seconda I . Il pensiero politico di Gramsci II. Un nuovo asse teorico III. « Universalità+ politica »

87 97 105

«

Bisognerebbe far qualcosa "fiir ewig" »

Gramsci

Premessa

Siamo tutti in debito con Gramsci. Questo volume vuole essere un_ modesto contributo a saldare il debito grande che personalmente ho anche io contratto. .. Le 132 voci riunite nella prima parte hanno la sola pretesa di fissare ciò che di piu essenziale mi è venuto dalla assidua lettura di Gramsci. Nessun intento di catalogazione, dunque, e tanto meno di glossatura filologica, ma semmai quello di far fermentare i pensieri di Gramsci nell'attualità. La seconda parte del volume comprende il testo di una conferenza sul pensiero politico di Gramsci pronunciata all'Università di Lubiana nel 1974, un articolo comparso nel quarantesimo della morte di Gramsci sull'Unità e la relazione presentata al convegno di studi gramsciani del 1977.

u.c.

Elenco delle abbreviazioni delle opere di Gramsci

C.P.C. L.C. O.N.

Q. S.G. S.P.

La costruzione del partito comunista, Torino, Ei-

naudi, 1971. Lettere dal carcere, Torino, Einaudi, 1965. L'Ordine nuovo (1919-1920), Torino, Einaudi, 1954. Quaderni del carcere, Torino, Einaudi, 1975. Scritti giovanili (1914-1918), Torino, Einaudi, 1958. Scritti politici, Roma, Editori Riuniti, 197 3.

Per i Quaderni, oltre all'indicazione delle pagine dell'edizione critica di Einaudi, è stata data, per comodità del lettore (ad eccezione, naturalmente, dei testi inediti o in versione con varianti), anche quella dell'edizione tematica in 6 volumi degli Editori Riuniti, dove i testi sono stati rivisti e integrati sulla base dell'edizione critica. M.S. INT. R. MACH. L.V.N. P.P.

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Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce, Roma, Editori Riuniti, 1977. Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura, Roma, Editori Riuniti, 1977. Il Risorgimento, Roma, Editori Riuniti, 1977. Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno, Roma, Editori Riuniti, 1977. Letteratura e vita nazionale, Roma, Editori Riuniti, 1977. Passato e presente, Roma, Editori Riuniti, 1977.

Parte prima

Lessico gramsciano

Ales Animale politico Anti-Croce Associazionismo Astrazione Ateismo Autocritica Biblioteca popolare Blocco storico Boria di partito Brescianesimo Burocrazia Cadornismo Caporalismo Carcere Catarsi Causalità Centralismo organico Classi Comuni Conformismo Corporativismo Corruzione-frode Cosmopolitismo Crisi Cultura europea Democrazia politica Dialetto Diplomazia

Dirigenti Distruzione Divisione dei poteri Egemonia Élites Engels Esercito di capitani Estetica Filosofo democratico Filosofo reale Folklore Formia Forza Frasi scarlatte Freud Funzionari delle superstrutture Fiir ewig Geometria e finezza Ghilarza Giacobinismo Grande intellettuale Guerra di posizione Ideologia Ignoranza Imperialismo-castello m aria Indifferenza Individualismo Individuo Intellettuali

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Ipocrisia Ipostasi Italia Italia perduta Laici Lenin Liberalismo Lingqa Lorianesimo Marx Marxismo Maschilismo Massimalismo Materialismo storico Metodo sperimentale Morte Mosca cocchiera Musica Nazionale-popolare Nazionalismo Nemico Nomadismo Occidente Ordine nuovo Particulare Partito Partito-filtro Partito rivoluzionario Pensieri gramsciani Pensiero settario Pessimismo-ottimismo Politica Politica-passione Polizia Popolo delle scimmie Presente come storia Principe moderno

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Processo ne Quaderni del carcere Questione meridionale Rivoluzione Rivoluzione italiana Sacrifizi inutili Santu Lussurgiu Scienza Scienza e vita Scienza nuova Scuola Senso comune Società civile Società di massa Società regolata Sovversivismo Specialista+ politico Speculazione Spirito di scissione Stato Stenterello Storia etico-politica Struttura Suffragio universale Talentismo Tattica e strategia Teoria della cultura Teoria e pratica Teratologia intellettuale Torino Totalità Transizione Trasformismo Tristezza Turi Verità Volontariato

Ales

Antonio Gramsci nasce ad Ales in provincia di Cagliari il 23 gen~aio del 1891 da Francesco e Giuseppina Marcias. Trascorse l'infanzia in quella Sardegna della qual~ ha scritto: « La Sardegna è un'isola, ogni sardo è un'isola nell'isola » (L.C., p. 881). Ad Ales Gramsci è. ora ricordato da un originale monumento di Giò Pomodoro, inaugurato nel 1977. Si tratta di una piazza arricchita da qualche segno simbolico: un luogo d'incontro, uno spazio aperto per l'uomo come volle essere l'intera opera di Gramsci. Della sua infanzia Gramsci ha scritto: « Ho incominciato a lavorare da quando avevo undici anni, guadagnando ben nove lire al mese (ciò che del resto significava un chilo di pane al giorno) per dieci ore lavorative al giorno compresa la mattina della domenica e me la passavo a smuovere registri che pesavano piu di me e molte notti piangevo di nascosto perché mi doleva tutto il corpo. Ho conosciuto quasi sempre solo l'aspetto piu brutale della vita e me la sono sempre cavata, bene o male» (L.C., p. 682).

Animale politico Anche Gramsci « ripete » il detto di Aristotele che l'uomo è animale politico. La motivazione è però incommensurabile con quella aristotelica. Per Aristotele la politicità era

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esclusivamente socialtà naturale-passiva, « destinazione » della natura per modo che « chi vive fuori della comunità statale per natura [ ... ] o è un abietto o è superiore all'uomo» ed è « isolato, come una pedina al gioco dei dadi)> . Tuttavia se tutti sono socialmente integrati, solo pochi sono cittadini e cioè animali politici attivi: uomini in senso proprio. Gli altri sono infatti schiavi, non-uomini. Per Gramsci, invece, l'uomo è essenzialmente politico perché « l'attività per trasformare e dirigere coscientemente gli altri uomini realizza la sua "umanità", la sua "natura umana"» (Q., p. 1338; M.S., p. 42) . Fra queste due motivazioni sta il riscatto universale cristianoborghese (spiritualista-idealista-giuridico) degli uomini tutti come Figli del Padre e come Soggetti. Ma c'è, in piu, l'idea storico-materialistica nuova che l'uomo è « un blocco storico di elementi puramente individuali e soggettivi e di elementi di massa e oggettivi o materiali coi quali l'individuo è in rapporto attivo». Ora, infatti, l'altrui soggezione o inferiorità pratica diviene un mio limite teorico e la mia espansione come soggetto esige la liberazione degli altri dalla soggezione pratica. Come dice Gramsci « trasformare il mondo esterno, i rapporti generali, significa potenziare se stesso, sviluppare se stesso» (ibidem). Se con Aristotele la politicità era soltanto socialità passiva e « naturalistica», coi moderni essa è salita alla astrattezza della equivalenza etico-giuridica. Coi marxisti come Gramsci sale ancora piu in alto: alla conquista della universalità concreta. Ma l'uomo, proprio per essere individuo-persona deve cambiare il rapporto generale. Sicché il rapporto generale non è piu né passiva esteriorità naturale né astratta soggettivazione spirituale: diviene esteriorità soggettivante, mediazione fra individuo e genere, fra spiritualità e positività.

Anti-Croce

Un Anti-Croce deve essere anche un Anti-Gentile. » (Q., p. 1234; M.S., p. 246.) Deve essere, dunque, complessiva«

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mente un Anti-hegelismo. Non si capisce come, per certuni, possa esserlo senza essere un Anti-Hegel.

Associazionismo Scrive Gramsci che l'« associazionismo può e deve essere assunto come il fatto essenziale della rivoluzione proletaria·» (O.N., p. 14). Ma, nella misura in cui la condizione proletaria è la condizione « generale» dell'uomo moderno, l'associazionismo va considerato come il fatto essenziale della libertà moderna. È allora significativo ricordare che la rivoluzione borghese condanna originariamente l'associazionismo (legge Le Chapelier) e che nel complesso lo Stato borghese vede con ostilità il fenomeno anche quando lo accetta e lo tollera. Le libertà individuali vanno intese non come libertà di separarsi ma come libertà di articolarsi individualmente nel corpo sociale. Appare chiaro, allora, come il diritto di proprietà non possa entrare a far parte organica di una teoria generale della libertà moderna giacché essa è essenzialmente uno ;us excludendi alios: una libertà di isolarsi nel privilegio escludendo la società. Ma bisogna poi concludere che questa è la sola libertà da escludere (gradualmente) in un nuovo ordine sociale e politico. Tutte le altre libertà civili e politiche, che consentono di articolare il corpo sociale e politico senza frantumarlo, debbono passare in blocco nella costituzione socialista. È invece accaduto che il « pensiero settario» (vedi) del socialismo abbia ritenuto che per escludere la libertà di appropriazione privata bisognasse escludere ·ogni libertà formale (politico-giuridica) per sostituirla con la libertà sociale. Come se la società non fosse poi composta di individui!

Astrazione « Astrazione sarà sempre astrazione di una categoria sto-

rica determinata. » (Q., p. 1276; M .S., p. 340.) 17

Ateismo L'ateismo è una forma puramente negativa e infeconda (Q., p. 1827; M.S., p. 129) perché è ancora una forma subalterna o soltanto polemica. Lo aveva già notato Marx scrivendo: « L'ateismo [ ... ) non ha piu senso, perché esso è una negazione di Dio e pone l'esistenza dell'uomo mediante questa negazione. Ma il socialismo come tale non abbisogna piu di questa mediazione: esso parte dalla coscienza sensibile teorica e pratica dell'uomo e della natura come l'essenziale» (Manoscritti economico-filosofici del 1844) . « »

Autocritica Non dimenticare mai che c'è anche una « autocritica ipocrita » (Q., p. 1742). È dunque assai meglio garantire la critica che obbligare all'autocritica.

Biblioteca popolare È « la piu cospicua iniziativa per la cultura popolare del

tempo moderno» (Q., p. 245; INT., p. 159). Ma se ne sono accorti in pochi.

Blocco storico Secondo Gramsci « la struttura e le superstrutture formano un "blocco storico"» (Q., p. 1501; M .S., p. 47). Ne segue che la dipendenza delle seconde dalle prime è soltanto logica, non cronologica e che nella realtà le une e le altre formano un organismo unico e complesso che solo a fini conoscitivi può essere disarticolato e la cui disarticolazione concettuale deve compiersi solo al fine di restaurare l'organismo nella pienezza di tutte le sue connessioni. Nel blocco storico che si presenta in una data epoca « le forze materiali sono

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il contenuto e le ideologie la forma», ma la distinzione è « meramente didascalica, perché le forze materiali non sarebbero concepibili storicamente senza forma e le ideologie sarebbero ghiribizzi senza le forze materiali » (Q., p. 869; M.S., p. 59) . Si tratta perciò di spiegare l'intero blocco storico, rinunciando al semplicismo di denunciare la « funzionalità » delle ideologie alle forze materiali.

Boria di partito Non è meno ridicola e pericolosa che la "boria delle nazioni" di cui parla il Vico.» (Q., p. 1732; MACH., p. 28.) Cosi Gramsci suggerisce di costruire un confine ben riconoscibile fra . spirito di partito o disciplina di partito da un lato e boria di partito dall'altro. Gramsci aggiunge addirittura che la boria di partito « è peggiore della boria delle ·nazioni [ ... ] perché una nazione non può non esistere e nel fatto che esiste è sempre possibile, sia pure con la buona volontà e sollecitando i testi, trovare che l'esistenza è piena di destino e significato. Invece un partito può non esistere per forza propria» (Q., p. 1734-1735; MACH., p. 30). E conclude: « Occorre disprezzare la "boria" del partito e alla boria sostituire i fatti concreti. Chi ai fatti concreti sostituisce la boria, o fa la politica della boria, è da sospettare di poca serietà senz'altro» (Q., p. 1735; MACH., p. 31). Si noti quanto poco « volontarismo » v'è in Gramsci! «

Brescianesimo Potremmo definire il brescianesimo come il risvolto letterario del lorianesimo, che è la « mollezza e indulgenza etica nel campo scientifico-culturale ». È una letteratura « sacrestana » anche se c'è, ovviamente, un « brescianesimo laico » (Q., p. 2199; L.V.N., p. 179). Nell'insieme costituisce la « "buona stampa" ». Gramsci fa un elenco dei « nipotini di padre Bresciani ». Bisognerebbe continuarlo.

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Burocrazia « La burocrazia è la forza consuetudinaria e conservatrice

piu pericolosa.» (Q., p. 1604; MACH., p. 63.) Piu pericolosa della burocrazia altrui, dunque, c'è soltanto la propria.

Cadornismo È « la persuasione che una cosa sarà fatta perché il diri-

gente ritiene giusto e razionale che sia fatta: se non viene fatta, "la colpa" viene riversata su chi "avrebbe dovuto" » (Q., p. 1753; MACH., p. 22). È il difetto fondamentale di chi pretende di dirigere comandando: per questo porta il nome di un generale.

Caporalismo « Comandare per comandare è il caporalismo. » (Q., p. 968; P.P., p. 193.) E invece bisogna comandare « perché un fine sia raggiunto » e cioè bisogna comandare per obbedire a un fine e allora gli altri obbediranno per comandare: « Nel-

l'obbedienza c'è un elemento di comando e nel comando un elemento di obbedienza» (ibidem) . Dice bene Gramsci: « Il comando è una funzione» (Q., p. 969; ibidem). Per questo merita di comandare solo chi intende far cessare la funzione stessa del comando.

Carcere « La prigione è una lima cosf sottile, che distrugge com-

pletamente il pensiero. » (Q., p. 1126; P.P., p. 165.) Ma il pensiero può essere anche piu sottile e distruggere il carcere entrando nella storia.

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Catarsi L'apporto fondamentale di Gramsci alla cultura marxista può riassumersi in quella che egli stesso definisce «catarsi» . La catarsi indica « il passaggio dal momento meramente economico (o egoistico-passionale) al momento etico-politico, cioè l'elaborazione superiore della struttura in superstruttura nella coscienza degli uomini» (Q., p. 1244; M.S., p. 48). Dopo la primaria operazione metodologica della riduzione all'economia, Gramsci ripropone il grande problema della «risalita» ai livelli culturali-spirituali. Cosi il materialismo storico cessa di essere la sostituzione dell'economico allo spirituale, dell'anatomia alla filologia e diviene la ricostruzione storico-materialistica della cultura e delle sovrastrutture. Finisce cosi l'epoca del riduzionismo: « Non si può certo dire che la pelle (e anche il. tipo di bellezza fisica storicamente prevalente) siano mere illusioni e che lo scheletro e l'anatomia siano la sola realtà, tuttavia per molto tempo si è detto qualcosa di simile» (Q., p. 1321; M.S., p. 294) . Viene costruttivamente e perciò definitivamente provato che « la filosofia della praxis non esclude la storia etico-politica » (Q., p. 1208; M.S., p . . 217). Ora però « la storia etico-politica» non prescinde piu « dal concetto di blocco storico in cui contenuto economico sociale e forma etico-politica si identificano concretamente nella ricostruzione dei vari periodi storici» (Q., p. 1237; M.S., p . 250) .

Causalità Gramsci fissa la differenza tra il « buon senso » e il « folclore}> « non solamente nel fatto che, sia pure implicitamente, il senso comune impiega il principio di causalità, ma nel fatto molto piu ristretto, che in una serie di giudizi il senso comune identifica la causa esatta» (Q., p. 1334; M.S., p. 29). Un pensiero sistematico si imposta come uno scire per causas e si perde come uno scire per fines. 21

Centralismo organico « "Il centralismo organico" ha come principio la "cooptazione" intorno a un possessore di verità » (Q., p. 64). Invece un centralismo autenticamente democratico deve avere come principio primo che nessuno è possessore della verità. Ancora: il centralismo organico « si fonda sul presupposto, che è vero solo in momenti eccezionali, di arroventatura delle passioni popolari, che il rapporto tra governanti e governati sia dato dal fatto che i governanti fanno gli interessi dei governati e pertanto "devono" averne il consenso» (Q., p. 1771; MACH., p . 195). E invece, in via normale e cioè nei momenti non eccezionali « è quistione di vita non il consenso passivo e indiretto, ma quello attivo e diretto, la partecipazione quindi dei singoli, anche se ciò provoca un'apparenza di disgregazione e di tumulto)> (ibidem; MACH., pp. 195196).

Classi La tipologia gramsciana delle classi va ben oltre quella t radizionale che contrapponeva classe dominante e classe oppressa. Una classe, invece, può essere: dominante-dirigente, dominante non-dirigente o «governativa» (Q., p. 1358), dominata-subalterna, dominata-dirigente.

Comuni L'indagine condotta da Gramsci sulla storia d'Italia pone in luce che una delle ragioni del disfacimento dei Comuni e della mancata unificazione nazionale tempestiva fu data dal fatto che una classe economica (la borghesia nascente) « non seppe crearsi la propria categoria di intellettuali e quindi esercitare un'egemonia oltre che una dittatura» (L.C., p. 481). Ne derivò per un verso che i comuni restarono al livello di « uno Stato sindacalista che non riusci a superare questa fase

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e a diventare Stato integrale come indicava invano il Machiavelli» (ibidem), e per un altro che non si costitui in Italia una cultura nazionale-popolare e che gli intellettuali italiani restarono « "cosmopoliti", non nazionali» (Q., p. 133).

Conformismo La società borghese si caratterizza per un individualismo che, grazie alla caoticità dei rapporti, si rovescia in subordinazione passiva della massa alle grandi individualità (economiche, politiche, intellettuali): « Tendenza al conformismo nel mondo contemporaneo piu estesa e piu profonda che nel passato: la standardizzazione del modo di pensare e di operare assume estenzioni nazionali o addirittura continentali» (Q., p. 862; MACH., pp. 185-186). Necessità, piu ancora che nel passato: dello spirito critico: della cultura.

Corporativismo È la concezione ristretta che caratterizza ogni classe so-

ciale incapace di porsi il problema della direzione generale della società. Il corporativismo della classe borghese è costituito dalla sua incapacità a intendere le ragioni della classe operaia. Il corporativismo della classe operaia è l'operaismo.

Corruzione-frode La corruzione-frode è « caratteristica di certe situazioni di difficile esercizio della funzione egemonica presentando l'impiego della forza troppi pericoli» (Q., p. 59; MACH., p. 129). Gramsci considera la corruzione-frode come lo « snervamento e la paralisi procurati all'antagonista o agli antago. nisti con l'accaparrarne i dirigenti, copertamente in via normale, apertamente in caso di pericolo prospettato per gettare lo scompiglio e il disordine nelle file antagoniste ». Ma Gramsci non conobbe quella corruzione molecolare o frode di mas23

sa che ha caratterizzato molti governi democratici cristiani del secondo dopoguerra.

Cosmopolitismo La mancata unificazione tempestiva dell'Italia ha determinato un orientamento cosmopolitico della cultura italiana, sulla quale pesava già la doppia tradizione del cosmopolitismo romano e di quello cattolico-medioevale. Ma questo cosmopolitismo della cultura ha anche significato scarsa disponibilità al feticismo nazionalista, sicché « il popolo italiano ~ quello che "nazionalmente" è piu interessato all'internazionalismo>> (Q., p. 1190) in quanto « il nazionalismo è una escrescenza anacronistica nella storia italiana» (ibidem). Piu in generale ciò significa che « la "cultura" per molti secoli è sta• ta la sola manifestazione "nazionale" italiana» (Q., p. 1361) « L'Italia, per la sua funzione "cosmopolita", durante il periodo dell'Impero romano e durante il Medio Evo subf passivamente i rapporti internazionali» (Q., p. 589; R., p. 159) sebbene dal punto di vista della cultura, invece, « l'Italia ebb€ per molti secoli una funzione internazionale-europea» (Q., p 360; INT., p. 74). Ecco perché Gramsci considera che pe1 un verso « il cosmopolitismo italiano non può non diventare internazionalismo» (Q., p . 1190), cioè socialismo, e per un altro che in Italia il socialismo si innesta, proprio per il sue internazionalismo, a una specifica tradizione culturale nazionale.

Crisi C'è una stupenda definizione gramsciana della cr1s1: « La crisi consiste [ ... ] nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere» (Q., pp. 311-312; P.P., p. 48). È una definizione che include tutta una teoria della cultura, cioè un'articolata teoria del rapporto struttura-sovrastruttura. Essa significa infatti molte cose, e cioè:

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1. La classe dominante ha perduto il consenso, ma conserva l'autorità. Pur non essendo piu « dirigente » è tuttavia ancora « dominante ». 2. La classe dominata non ha ancora conquistato l'autorità, ma ha già conquistato il consenso: pur non essendo ancora «dominante» è tuttavia già « dirigente ». 3. La dialettica dominanti-dominati non resta rinchiusa nella pura forza, ma si articola nel rapporto forza-consenso. 4. L'erosione della forza determinata dalla caduta del consenso può arrivare alla apertura della successione storica medir.nte il cons~nso. 5. La forza sociale è sempre un impasto di ethos e cratos e la crisi consiste nel fatto che questo impasto si disfa e non -si costituisce ancora. 6. Se il ,vecchio muore e il nuovo non può nascere, tanto il vecchio quanto il nuovo si reggono senza cultura o meglio su una cultura che è sempre piu « scetticismo ver;o tutte le teorie e le formule generali e applicazione al puro fatto economico (guadagno ecc.) e alla politica » cioè « riduzione delle superstrutture piu elevate a quelle piu aderenti alla struttura » (Q., p. 312; P.P., p . 49). 7. Sebbene il nuovo non possa ancora vincere, già può « dirigere »: ha la verità di una cultura storicamente « pronta » che va risalendo - al contrario di quella vecchia - alle superstrutture piu elevate. 8. Dunque opera nella vecchia cultura un riduzionismo pragmatico che la svuota di universalità (donde appunto la · perdita di consenso), cui corrisponde uno «scollamento» di tutta una zona di cultura dalla struttura esistente. Al contrario ; la nuova cultura va liberandosi dal riduzionismo e dal pragmatismo e occupa i vuoti lasciati dalla vecchia cultura, assorben. clone persino i quadri. 9 . Ma non ci sono, però, « due culture» (come pensa Lenin), bens{ una unica cultura i cui quadri e i cui contenuti provengono da classi sociali differenti nel corso del processo storico.

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10. La misurazione della maturità storica di una classe sociale si ricava proprio da questa capacità di costruire cultura universale, non riduzionistica, non-corporativa. 11. Dunque, che una classe presenti i suoi interessi come interessi universali non ha affatto il significato « fraudolento » che gli è stato attribuito ma invece quello di una reale, storica capacità di salire alla universalità storica, elaborando le « idee dominanti » dell'epoca.

Cultura europea È « la sola storicamente e concretamente universale» (Q.,

p. 1825; M.S., p. 128). Si pongono dunque questi problemi: 1. Una classe può esprimere una cultura universale. 2. Non tutte le classi esprimono, nello stesso contesto storico-mondiale, una cultura universale. 3. Il rapporto tra le classi registra dunque una componente storico-generale che si connette alla tradizione dell'l nazione e delle singole regioni del mondo. 4. Se ciò è vero si ricava che la maggior forza della borghesia europea di fronte al movimento operaio sta nel fattù che essa riesce ancora a fruire della propria tradizione culturale universale (anche se piegandola ad usi retorici e accademico-formalistici) e della relativa rozzezza culturale del movimento operaio (economicismo, corporativismo, operaismo). 5. Ciò significa però anche che il rapporto di forza borghesia-classe operaia può mutare in Europa in ragione di una diversa (piu alta) capacità di direzione intellettuale e culturale. del movimento operaio e cioè di una sua capacità di « ereditare » la cultura universalistica europea innestandola al proprio internazionalismo politico-sociale. 6. Dunque, il socialismo può sorreggere ed espandere la cultura europea in questa epoca di crisi e questa cultura universalistica può sorreggere ed espandere il socialismo al livello di una nuova capacità egemonica di direzione storica.

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)emocrazia politica La "democrazia politica" tende a far coincidere goverJanti e governati. » (Q., p. 501.) I n questa tendenza mette :adici la possibilità che essa apra la prospettiva del socialismo. «

Dialetto In un paese come l'Italia cosi pieno di dialetti e con una lingua nazionale scarsamente popolare Gramsci suggerisce uno >tudio attento e aperto delle realtà popolari-dialettali ma an:he una iniziativa vigorosa per il loro superamento. Infatti intellettuale ha consentito specialmente alla musica di raggiungere una originale fusione fra universalismo cosmopolitico e presa nazionale-popolare: « Verdi, Puccini, Mascagni [ ... ) non hanno corrispondenti nella letteratura» (Q., p. 2253; L.V.N., p. 101). Tutto ciò ha consolidato la «vocazione» artistica degli italiani, divenuta per certi aspetti una sorta di sbocco alternativo (e persino di alibi) per i fallimenti politici. È certo, comunque, che la storia della musica italiana resta all'avanguardia della cultura mondiale senza gravi cenni di decadimento e costituisce forse, nei secoli, la sola linea omogenea di sviluppo della cultura nazionale: Palestrina, Monteverdi, Frescobaldi, Corelli, Scarlatti, Stradella, Vivaldi, Tartini, Viotti, Paganini, Clementi, Pergolesi, Boccherini, Paisiello, Cimarosa, Rossini, Donizzetti, Bellini, Verdi, Puccini, Mascagru.

Nazionale-popolare L'interpretazione del concetto di cultura nazionale-popolare è stata in passato deformata, sia ad opera di certi seguaci sia ad opera di certi critici di Gramsci. Dalle due sponde il concetto di nazionale-popolare ha indebitamente inglobato per esaltarlo o per condannarlo - un elemento spontaneistico che è in realtà il residuato storico della oppressione e della minorità culturale delle classi subalterne. Trattasi propriamente, dunque, di un elemento plebeo e cioè subordinato e privo di capacità storica dirigente o egemonica. Nulla a che fare, dunque, con una cultura nazionale-popolare, capace - cioè - per Gramsci di esprimere e dirigere un blocco storico. Nessuno ha notato - mi pare - che quando Gramsci ha fatto degli esempi di cultura nazionale-popolare non ha citato il folklore, i proverbi o la poesia dialettale (come potrebbero credere

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certi seguaci o certi critici) ma invece, nientemeno che i tragici greci e Shakespeare. Scrive Gramsci: « La letteratura popolare in senso deteriore (tipo Sue e tutta la sequela) è una degenerazione politico-commerciale della letteratura nazionalepopolare, il cui modello sono appunto i tragici greci e Shakespeare» (Q., p. 1137; L.V.N., p. 83).

Nazionalismo La mancatn costituzione di una tempestiva unità nazionale e di una cultura nazionale-popolare non hanno affatto evitato la nascita di un nazionalismo italiano: « È un'osservazione poco fatta che in Italia, accanto al cosmopolitismo e apatriottismo piu superficiale è sempre esistito uno sciovinismo frenetico, che si collegava alle glorie romane e delle repubbliche marinaresche e alle fioriture individuali di artisti, lettera ti, scienziati di fama mondiale » ( Q., p. 181 ; MACH., p. 269). È cosi accaduto che il nazionalismo italiano si è basato sulla esaltazione delle tradizioni universalistiche e cosmopolitiche degli italiani, perché il « nazionalismo culturale » è « forse unica forma di sciovinismo in Italia» (Q., p. 1202; P.P., p. 16). Ma, ovviamente, una utilizzazione nazionalistica di una simile tradizione universalistica non poteva essere altro che retorica. D'altra parte essa doveva anche risultare contraddittoria. Per questo Gramsci ritiene che il nazionalismo (fascismo) non sia la conclusione fatale della storia d'Italia e che, al contrario, le tradizioni universalistiche italiane possano confluire nel « moderno cosmopolitismo» del movimento operaio (Q., pp. 1987-1988; R., pp. 82-83).

Nemico Si parla spesso in politica della « mano del nemico», che spesso fa da alibi alla propria incapacità. Dice Gramsci: « Se un nemico ti arreca un danno e te ne lamenti, sei uno stu-

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pido perché è proprio dei nemici di arrecare danni. Ma se un amico ti arreca danno, è giustificato il tuo risentimento » (Q., p. 1709; P.P., p. 93).

Nomadismo C'è anche un nomadismo politico. Contraddistingue i gruppi politici costituiti da « volontari » e da « spostati ». che non rappresentano e non si sentono responsabili verso « blocchi sodali omogenei» (Q., p. 1624; R., p . 249) . Essi operano come « attendamenti zingareschi e nomadi della politica » (ibidem ), come « "avanguardie" senza esercito di rincalzo». Sono «pseudo-aristocrazie» (Q., p . 1676; R., p. 250) che ondeggiano fra un sovversivismo nichilista e il culto del potere « per perpetuare il loro dominio zingaresco »

(ibidem). Occidente Discutendo un articolo di Filippo Burzio Gramsci accetta l'idea che l'unità dell'Occidente « poggia su tre piloni: lo spirito critico, lo spirito scientifico, lo spirito capitalistico {forse sarebbe meglio dire "industriale")» (Q., p. 83; P .P ., p. 269) e aggiunge che « i due ultimi sono saldi » se capitalismo è eguale a industrialismo. Poiché, però, l'industrialismo vive a tutt'oggi istituzionalizzato nel capitalismo, questa saldezza è in discussione. D'altra parte lo spirito scientifico ha perso la sua saldezza - notava Burzio - e perciò le élite spirituali di Occidente soffrono di squilibrio e di disarmonia ·fra la coscienza critica e l'azione. Ma Gramsci annota: « In · realtà la "coscienza critica" era ristretta a una piccola cer.chia, egemonica, si, ma ristretta; l' "apparato di governo" spirituale si è spezzato, e c'è crisi, ma essa è anche di diffu. sione, ciò che porterà a una nuova "egemonia" piu sicura e stabile» (Q., p. 84; ibidem) . La contestazione del carattere elitario della coscienza critica dell'Occidente non deve 57

dunque risolversi in una contestazione della cultura occidentale ma, al contrario, in una sua diffusione che determinerà una sostituzione dell'élite con una massa colta.

Ordine nuovo È. il settimanale socialista che incomincia le pubblicazioni

il 1° maggio 1919 a Torino. Reca questo motto:

« Istruitevi

perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza. Agitatevi perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi perché avremo bisogno di tutta la vostra forza». Gramsci ne è segretario di redazione. L'ultimo numero uscirà il 24 dicembre 1920, ma il 1° gennaio 1921 il giornale riprende le pubblicazioni come quotidiano. Gramsci ne è direttore. Il motto del quotidiano è: « Dire la verità è rivoluzionario ». Il 1° marzo 1924 il giornale diventa quindicinale. Ha scritto Gramsci: « Quando nel mese d'aprile 1919 abbiamo deciso in tre, o quattro, o cinque [ ... ] di iniziare le pubblicazioni di questa rassegna, L'Ordine nuovo, nessuno di noi (forse nessuno) pensava di cambiar faccia al mondo, pensava di rinnovare i cervelli e i cuori delle moltitudini umane, pensava di aprire un nuovo ciclo nella storia».

Particulare Si potrebbe persino dire che tutta l'opera di Gramsci mira a sconfiggere l'adorazione del « particulare » o « moderno guicciardinismo proprio di molti intellettuali per i quali pare che basti il "dire"» (Q., p. 1261; M.S., p. 313). Di fronte a questi vertici si costituisce poi la palude che ripete in ogni direzione questo « ricordo» di Guicciardini: « Non crediate a costoro che predicano s( efficacemente la libertà, perché quasi tutti, anzi non è forse nessuno che non abbia l'obietto agli interessi particulari ». Ma Gramsci non propone, per correggere questo « male italiano», né l'attivismo del « fare per fare », né conversioni moralistiche sempre egocen-

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triche. Propone - si sa - una rivoluzione intellettuale e morale che si coordini con una rivoluzione politica e una rivoluzione politica che sia subito anche rivoluzione intellettuale e morale. Non intende rimandare la rivoluzione politica fino all'avvenuta catechizzazione degli italiani (come propone ogni riformista), né pretende di sopprimere il problema morale sol perché v'è un urgente problema di rivoluzionamento politico (come suggerisce implicitamente ogni massimalista). Sceglie la strada piu complessa e piu lunga. Perché sa che, nella risalita della lunga storia degli italiani, non vi sono scorciatoie possibili.

Partito « È in embrione una struttura statale» (Q., p. 320; P.P., p. 76), cioè « uno Stato in potenza», un embrione che si

sviluppa nel guscio degli interessi sociali di una classe da cui va poi progressivamente distinguendosi e addirittura separandosi nella misura in cui il partito vuol porsi come _centro direzionale complessivo della società. Pertanto « se è vero che i partiti non sono che la nomenclatura delle classi, è anche vero che i partiti non sono solo una espressione meccanica e passiva delle classi stesse, ma reagiscono energicamente su di esse per svilupparle, assodarle, universalizzarle » (Q., p. 387; PP., p. 78). Questo passo di Gramsci non è stato analizzato sufficientemente e ci si è generalmente limitati ·a sottolineare la definizione dei partiti come « nomenclatura delle classi». In realtà Gramsci solleva una problematica assai piu articolata e fine. Intanto si noti che per Gramsci anche le classi si sviluppano, si assodano, si universalizzano e ciò deve essere valutato sia nella dimensione storica sia in quella teorica e cioè tanto nelle varianti diacroniche quanto nello sviluppo culturale. Corrispondentemente deve poi essere individuata anche la scansione del livello raggiunto dal partito politico che, se vive dapprima una « vita intrauterina » entro gli immediati interessi economico-sociali della classe,

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supera poi la fase corporativa entrando in una « vita extrauterina » nella quale elabora forme di direzione generale che assodano e universalizzano la classe. In questo processo il partito politico passa da funzioni appendicolari e puramente . pratiche a funzioni sempre piu autonome, elevate e raffinate e perciò opera come « il crogiolo dell'unificazione di teoria e : pratica intesa come processo storico reale» (Q., p. 1387; M.S., p. 15).

Partito filtro È cosf definibile il partito rivoluzionario moderno operan-

te in una società capitalistica evoluta. Esso opera come sperimentatore storico delle concezioni del mondo e al tempo stesso come selezionatore teorico della massa e quindi come « crogiolo dell'unificazione di teoria e pratica intesa come processo storico reale» (Q., p. 1387; M.S., p. 15). Gramsci conclude cosf la vecchia polemica insorta nella tradizione marxista fra teorici del partito-avanguardia e teorici del partito-parte. Il partito-filtro è infatti tanto avanguardia quanto parte della massa nella misura in cui è una avanguardia storica e una parte teoricamente qualificata della massa. La teoria del partito rimanda, insomma, alla teoria del rapporto governantigovernati e del rapporto intellettuali-semplici, per la quale Gramsci prevede come modello di funzionamento tecnico il perseguimento di un fine inedito: la soppressione del rapporto e cioè la fine tanto della divisione fra sfera politica e sfera sociale quanto della divisione sociale tra lavoro e cultura.

Partito rivoluzionario Una teoria generale del partito rivoluzionario moderno de- · ve riuscire a mediare due istanze fondamentali. La prima è stata espressa da Marx in questi termini: « Nella sua lotta contro il potere unificato delle classi possidenti il proletariato può agire come classe solo organizzandosi in partito politico

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autonomo che si oppone a tutti gli altri partiti costituiti dalle classi possidenti». In questo senso il partito diviene espressione della classe, partito classista in senso stretto sicché può dirsi con Lenin che « in una società fondata sulla divisione in classi la lotta tra le classi si tramuta ineluttabilmente, in una certa fase di sviluppo, in lotta politica». Allora « l'espressione piu coerente, integrale e compiuta della lotta politica fra le classi è la lotta fra i partiti >>. La seconda istanza è formulata soprattutto da Gramsci che teorizza la candidatura egemonica della classe operaia e del suo partito sulla intera società. Scrive Gramsci: « Nel mondo moderno un partito è tale, integralmente e non, come avviene, frazione di un partito piu grande, quando esso è concepito, organizzato e diretto in modi e forme tali da svilupparsi in uno Stato (integrale e non in un governo tecnicamente inteso) e in una concezione del mondo» (Q., p. 1947; MACH., p. 183). Sotto questo profilo il partito classista sviluppa, con la mediazione della sua egemonia culturale, una « riconquista » tendenziale della società da cui si è separato. Allora per un verso il partito si muta da espressione politica della classe in vettore politico della classe e per un altro la sua lotta autonomistica e separatista si fa, su queste nuove basi, lotta unificatrice e anzi riunificatrice. È da notare che questo sviluppo viene assunto dal partito rivoluzionario operaio specialmente nel passaggio dalla fase della « guerra manovrata » a quella della « guerra di posizione», cioè, propriamente, nella transizione socialista mediata dalla democrazia politica. In questo caso il partito classista assume su un piano sociologico configurazioni di tipo espansivo (donde l'accusa di revisionismo interclassista) che sono il segno di una capacità di elaborare e trasformare politicamente e culturalmente il personale sociale dei vari strati sociali aggregati attorno alla classe operaia. È ben vero che in certo senso, allora, il partito diviene da « agente di conflitto » un « agente di integrazione sociale e politica » come affermano sociologi contemporanei, ma solo se e in quanto sap-

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pia proporre una integrazione sociale collegata a un programma di trasformazione della società e dello Stato di tipo generale e radicale, cioè basata su una interpretazione, per cosi dire, classista o conflittuale della società borghese. La « conflittualità » del partito non lo segrega piu nella setta e la sua funzione «integrazionista » non si risolve nella subordinazione allo stato di cose esistente. Proprio come partito-di-classe il partito rivoluzionario presenta e fa agire la classe come « fondatrice di Stati», come agente emancipatore universale. Anche in questo senso può dirsi che il partito diviene l'intellettuale collettivo della classe. A questo livello di sviluppo soltanto la fase economico-corporativa della lotta di classe è davvero superata. Ora è pronta l'ossatura del nuovo Stato che nella transizione insurrezionale al socialismo doveva essere costruita non prima, ma dopo. Ma a questo punto è propriamente scomparsa ogni separazione netta fra un prima e un dopo. Lo Stato insurrezionale è infatti soppiantato nella sua capacità di direzione generale e si è cosi ridotto a un partito soltanto, mentre il partito « fondatore di Stati » è divenuto per capacità di direzione generale lo Stato. Dello Stato gli manca ormai soltanto il momento della forza coattiva. t però assai difficile da dimostrare che il passaggio dal possesso del consenso al possesso della forza sia molto piu complicato del passaggio dal possesso della forza al possesso del consenso. Tutto ciò prova, oltre tutto, che il partito gramsciano non è la deformazione del partito classista in partito prenditutto, ma la sua trasformazione da protagonista-negativo in protagonista-positivo della vita politica moderna.

Pensieri gramsciani Bisognerebbe far qualcosa « fi.ir ewig » In ogni attimo della storia in fieri c'è lotta fra razionale e irrazionale Nella politica di massa dire la verità è una necessità politica L'imbecille non può comprendere di essere imbecille

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L'individuo non è un atomo, ma l'individuazione storica dell'intera società Non è umano che si sbagli? Non il «pensiero», ma ciò che realmente s1 pensa urusce o differenzia gli uomini Tutto è politica La natura dell'uomo è la storia Le idee sono grandi in quanto sono attuabili Non si fa storia-politica senza passione La biscia morde il ciarlatano, ossia il demagogo è la prima vittima della demagogia È piu facile formare un esercito che formare dei capitani Se le ghiande avessero un'ideologia, questa sarebbe appunto di senti.rsi « gravide » di querce L'anima non si salva per solo dire. Ci vogliono .le opere, e come! Per i proletari è un dovere non essere ignoranti Essere appassionati significa avere il dono di appassionare gli altri Si condanna in blocco il passato quando non si riesce a differenziarsene Due scrittori rappresentano lo stesso momento sociale, ma uno è artista, l'altro no Anche lo studio è un mestiere molto faticoso Il piccolo borghese non può uscire da se stesso L'assenza di autocritica significa non volontà di eliminare le cause del male ed è quindi un sintomo di grave debolezza politica Una nuova scoperta che rimane cosa inerte non è un valore Nella politica l'assedio è reciproco Il presente contiene tutto il passato Ogni maestro è sempre scolaro e ogni scolaro maestro La conoscenza è potere Se c'è enigma, non si tratta di cose « inconoscibili » ma semplicemente sconosciute La libertà fa gli uomini liberi L'intransigenza è il predicato necessario del carattere

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Una verità è feconda quando si è fatto uno sforzo per conquistarla Marx ha preveduto il prevedibile Lo scisma del genere umano non può durare a lungo. L'umanità tende all'unificazione interiore ed esteriore Chi è incapace di costruire ipotesi non sarà mai scienziato Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente Il senso comune è un terribile negriero degli spiriti Pensiero settario

quello per cui non s1 riesce a vedere come il partito politico non sia solo l'organizzazione tecnica del partito stesso, ma tutto il blocco sociale attivo di cui il partito è la guida perché l'espressione necessaria. » (Q., p. 1818; P.P., p. 89.) Gramsci individua qui magistralmente la radice profonda del settarismo politico in generale e di quello dei partiti operai in particolare. Il « tecnicismo » cui accenna Gramsci si sviluppa infatti come spirito burocratico nei partiti di governo e come attivismo organizzativo nei partiti rivoluzionari. Si hanno cosf ai due estremi fenomeni come il clientelismo, l'omertà politica, il favoritismo, lo spirito routinier e, dall'altra parte, fenomeni come la riduzione tendenziale della politica a organizzazione e militarizzazione. Piu in generale il pensiero settario mette capo alla creazione di una fittizia « cultura di partito » che privilegia la politica di fronte alla cultura e l'organizzazione di fronte alla politica. In essa mene radici una concezione esclusiva e carismatica del potere nonché una concezione contraria tanto alla democrazia quanto alla scienza. «È

Pessimismo-ottimismo

Pessimismo dell'intelligenza, ottllntsmo della volontà» (Q., p. 1131; P.P., p. 8): il dubbio come norma del pensiero, la fiducia come norma dell'azione. «

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Politica Per Gramsci « il rapporto tra filosofia "superiore" e senso comune è assicurato dalla "politica" » (Q., p. 1383; M.S., p. 11). E poiché « ogni filosofia tende a diventare senso comune » (Q., p. 1382; ibidem) si può ben dire che la politica è la tendenziale mediazione tra filosofia sistematica e senso comune nel duplice senso che la politica « razionalizza » l'interesse pratico che è alla base della politica e che essa « incarna » nella pratica l'universalità filosofica. Tramite la politica, insomma, la pratica si fa teoria e la teoria si fa pratica. In essa come « coscienza politica» prende corpo quella « autocoscienza in cui teoria e pratica finalmente si unificano» (Q. , p. 1385; M.S., p. 13).

Potitica-passione Concezione romantica della politica che in Croce trova un sostenitore, ma non l'ultimo. Gramsci le contrappone l'idea che la politica in quanto radicata nei rapporti fra le classi e perciò nel tessuto di rapporti storico-sociali oggettivi può essere oggetto di scienza. Perciò egli solleva « la quistione di modificare la preparazione del personale tecnico politico, integrando la sua cultura secondo le nuove necessità e di elaborare nuovi tipi di funzionari specializzati che collegialmente integrino l'attività deliberante» (Q., p. 1532; INT., p. 127). In una società evoluta, infatti, « il dirigente deve avere quel minimo di coltura generale tecnica che gli permetta, se non di "creare" autonomamente la soluzione giusta, di saper giudicare tra le soluzioni prospettate dagli esperti e scegliere quindi quella giusta dal punto di vista "sintetico" della tecnica politica» (Q., ibidem; INT., p. 128).

Polizia Ogni paese ha la polizia che si merita.» (S.G., p. 69.) Mentre tutti i retrogradi pensano che si debba migliorare la «

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polizia per migliorare il paese, Gramsci suggerisce di cambiare il paese se si vuol cambiare la polizia. Una riforma della polizia è resa possibile dalla riforma del paese. Popolo delle scimmie

Con il titolo Il popolo delle scimmie usd il 2 gennaio 1921 sull'Ordine nuovo un articolo non firmato di Gramsci che era un'analisi del « processo di sfacelo della piccola borghesia» iniziato sul finire dell'Ottocento. Scriveva Gramsci che « il fascismo è stato l'ultima "rappresentazione" offerta dalla piccola borghesia urbana nel teatro della vita politica nazionale» : avendo perduto « ogni importanza» con lo sviluppo della grande industria e del capitale finanziario « cerca in ogni modo di conservare una posizione di iniziativa storica: essa scimmieggia la classe operaia, scende in piazza ». Come ogni ceto sociale svuotato di funzioni, la piccola borghesia viene trascinata e strumentalizzata dal fascismo che se ne fa sgabello: « Il popolo delle scimmie riempie la cronaca, non crea storia, lascia traccia nel giornale, non offre materiale per scrivere libri» (S.P., pp. 389-392) . Ma è opportuno notare che il popolo delle scimmie, qualitativamente insignificante, è quantitativamente rilevantissimo e si allarga e riproduce con celerità perché piccoli borghesi non si nasce soltanto: si diventa.

Presente come storia

Presente come storia » non significa soltanto relatività e provvisorietà del presente: criticabilità del presente. Un altro significato è quello incluso in un grande pensiero di Gramsci : « Il presente comprende tutto il passato». La criticabilità del presente, cioè, non significa soltanto « discutibilità » e « revocabilità » del presente. Significa anche necessità di includere nella critica del presente la critica del passato e cioè di approfondire in tutta la dimensione storica «

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la critica del presente. Senza questa dimensione la critica del presente è parziale e perciò anche superficiale, inadeguata, inattuale. Se è vero che la storia è il presente, è poi anche vero che il presente è storia. Ancora Gramsci nota appunto che il presente è « una critica del passato, oltre che [ e perché) un suo "superamento"» (Q., p. 137; P.P., p. 5).

Principe moderno « Il moderno principe [ ... ) può essere solo un organismo» (Q., p. 1588; MACH., p. 6), ma questo non significa

che un Grganismo qualsiasi possa essere il moderno principe. Esso, infatti, « deve e non può non essere il bal_lditore e l'organizzatore di una riforma intellettuale e morale» (Q., p. 1560; MACH., p. 9) oltre che politica, perché la riforma politica che deve compiere deve andare nel profondo. Solo allora « il Principe prende il posto, nelle coscienze, della divinità e dell'imperativo categorico, diventa la base di un laicismo moderno e di una completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume» (Q., p. 1561; ibidem). Per laicizzare, dunque, tutta la vita occorre laicizzare il moderno principe. Altrimenti c'è il rischio che il principe resti circonfuso di spirito teologico e di eticismo astratto e riesca soltanto a frenare il processo di laicizzazione del mondo. Si ricordi che Gramsci studiando Machiavelli nota che « "principe" potrebbe tradursi in lingua moderna "partito politico"» (Q., p. 662; MACH., p. 114). Il pericolo è dunque che anche il partito politico ridiventi un principe feudale: di quelli che non riuscirono a guidare la storia.

Processone È cosi chiamato nel gergo della clandestinità antifascista

il processo che si apri il 28 maggio davanti al Tribunale speciale contro Gramsci e il gruppo dirigente comunista (fra cui figuravano Terracini, Scoccimarro e Roveda). È in questo

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processo che il pubblico ministero fascista Michele Isgrò parlando di Gramsci ebbe a dire: « Per vent'anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare». Non ci riusd. Quaderni del carcere

Gramsci inizia la stesura dei suoi quaderni nel carcere di Turi 1'8 febbraio 1929, due anni e tre mesi dopo l'arresto. Ha meditato a lungo le direttrici dei suoi studi, con i quali .::~rcherà di sconfiggere il tedio del carcere e le speranze dei carcerieri. Ha letto molto: « Piu di un volume al giorno, -:il tre i giornali » e tuttavia è « assillato da questa [ ... ] idea: che bisognerebbe far qualcosa "fiir ewig" » (L.C., p. 58). Dopo la morte di Gramsci i manoscritti dei 33 Quaderni sono spediti da Tania Schucht, su consiglio di Sraffa, a Mosca ove sono presi in consegna da Vincenzo Bianco, rappresentante italiano nel Komintem. Dopo la liberazione dell'Italia una prima descrizione dettagliata ne dà Felice Platone su Rinascita (aprile 1946). Nel 1948 inizia la pubblicazione dei sei volumi tematici dell'edizione Einaudi: Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce; Gli intellettuali e i'organizzazione della cultura; Il Risorgimento; Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo Stato moderno; Letteratura e vita nazionale; Passato e presente. L'edizione critica compare nel 1975 presso l'editore Einaudi a cura di Valentino Gerratana. Questione meridionale

Al momento dell'arresto, nel 1926, Gramsci lasciò un manoscritto incompiuto che venne pubblicato per la prima volta dalla rivista Lo Stato operaio a Parigi nel gennaio 1930. In una lettera a Tatiana del 19 marzo 1927 Gramsci lo aveva definito ~ rapidissimo e superficialissimo». È in realtà la prima analisi articolata della questione meridionale come questione centrale della organizzazione socio-culturale dell'Italia moderna. Nulla o quasi nulla di questa analisi può oggi essere 68

tenuto fermo cli fronte alle profonde trasformazioni subite dal1'1talia dopo la caduta del fascismo. Essa è infatti divenuta un paese industriale evoluto, ha assunto una struttura urbana sviluppatissima, ha registrato una forte redistribuzione della popolazione, ha visto subentrare al vecchio blocco agrario-industriale un moderno blocco industriale-finanziario cementato dal capitale monopolistico cli Stato. Il bracciantato è pressoché scomparso, gli addetti all'agricoltura sono diminuiti fortemente , gli intellettuali hanno cessato cli essere puri mediatori del consenso per i gruppi dirigenti e operano come ceto cli massa entro canali istituzionali cli orientamento della cultura e della pubblica opinione di fronte ai quali hanno spesso una posizione di aperto contrasto. Ma, nonostante queste radicali tra!'formazioni, il vecchio manoscritto di Gramsci indica ancora il metodo giusto cli indagine: la questione meridionale non è una questione corporativa dei meridionali, ma la questione centrale della storia d'Italia, delle sue lacerazioni, delle sue contraddizioni e può essere risolta solo con la trasformazione generale economica, politica e morale del paese in un quadro di solidarietà organica dei lavoratori italiani.

Rivoluzione « La rivoluzione non è un atto taumaturgico, è un processo dialettico di sviluppo storico. » (O.N., p. 30.) Questa

non è forse la definizione analitica piu completa della rivoluzione, ma è certo la piu saggia.

Rivoluzione italiana « Si tratta insomma cli avere una Riforma e un Rinasci-

mento contemporaneamente » (Q., p . 892) e cioè una rivoluzione davvero popolare per diffusione e che abbia tuttavia un grande spessore intellettuale. Sarà cosi ovviata la duplice mancanza che si registra nella storia d'Italia : cli una rivoluzione popolare e cli una rivoluzione intellettuale e morale.

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Ma il problema, mutatis mutandis, si pone all'intera Europa nella misura in cui la rivoluzione popolare non ha avuto uno spessore intellettuale (laico) come per esempio in Germania, e la rivoluzione intellettuale è rimasta ad un livello puramente morale o politico come in Francia. Per l'Italia, poi, il problema di una autentica rivoluzione che operi in diffusione e in profondità è anche il problema della cementazione della nazione. Si tratta, cioè, di fondere davvero in nazione un popolo che per secoli mancò dell'unità statuale e che perciò espresse al tempo stesso una cultura separata dalla politica e una politica separata dalla cultura: una cultura cosmopolitica-astratta (anazionale) e una politica-gretta e corporativa (non-popolare), Questa mancata saldatura fra cultura e politica fu originata dal mancato sviluppo della borghesia al di là dei suoi interessi corporativi locali. Oggi, però, c'è un diverso soggetto politico (la classe operaia) che è interessato alla fusione della nazione come corpo solidale attorno agli interessi fondamentali dei lavoratori. E poiché questi interessi sono al tempo stesso ispirati all'internazionalismo questo nuovo soggetto politico entra in certo modo in sintonia con le tradizioni di una cultura cosmopolitica che può oggi trovare non solo incidenza politica nazionale, ma anche efficacia culturale specifica: efficacia universale.

Sacrifizi inutili

Son quelli che determinano « la maggior parte dei disastri collettivi» (Q., p. 1753; MACH., p. 22). Sacrifici si, dunque, ma utili.

Santu Lussurgiu

Paese a 18 chilometri da Ghilarza ove Gramsci - sembra - poté frequentare il ginnasio grazie alle sorelle che destinarono agli studi ginnasiali del fratello il ricavato dei lavori a maglia fatti in casa.

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.)Ctenza

Bisogna ricordare la battaglia di Gramsci contro la concezione di Missiroli secondo cui la scienza è riducibile a ideologia ed è espressione di autoritarismo (Q., p. 1458; M.S., p. 67). Sempre, dal seno di movimenti rivoluzionari emergono ondate che intendono distruggere anche la scienza, ma sono solo le ondate sterili del nichilismo. Quanto alla rivoluzione socialista, non a caso si ispira al socialismo scientifico, per il quale non è possibile rivoluzione senza scienza. Scienza e vita

Scrive Gramsci che « l'unità di scienza e vita è appunto una unità attiva, in cui solo si realizza la libertà di pensiero» (Q., p. 1332; M.S., p. 32). Ma questa unità non può essere né una sommatoria né una confusione. Dunque, bisogna costruire una scienza che ricerchi per la vita e una vita che si realizzi come scienza. Scienza nuova

Gramsci (Q., p. 1423; M.S., p. 164) indica tre prove per verificare l'efficienza e la vitalità raggiunta da una scienza nuova (del marxismo, in particolare): 1. se mostra « di saper affrontare i grandi campioni delle tendenze opposte» smettendo di « scegliere gli avversari tra i piu stupidi e mediocri» (Q., p. 1405; M.S., p. 171); 2. se « risolve coi propri mezzi le quistioni vitali che essi hanno posto»; 3. se « dimostra perentoriamente che tali questioni sono falsi problemi». Una scienza, insomma, è matura quando discute al vertice, sostituisce, corregge. Scuola « Al proletariato è necessaria una scuola disinteressata » (S.G., p. 59) : perché gli è necessaria non tanto una profes-

sione quanto una cultura. 71

Senso comune « Riferirsi al senso comune come riprova di verità è un non senso» (Q., pp. 1399-1400; M.S., p . 153) giacché « il senso comune è un concetto equivoco, contraddittorio, multi-

forme» (Q., p. 1399; ibidem). L'apologia del senso comune è dunque l'apologia dell'equivoco e precisamente di quell'equivoco che consiste nel ricercare verità intellettuali con criteri non intellettuali. Il carattere storico delle verità intellettuali non significa che esse siano verità non-intellettuali. ...,..,,~-

Società civile Il termine non è usato da Gramsci nella stessa accezione di Marx (per il quale società civile è la società privatistica borghese considerata negativamente: nella sua atomizzazione e depoliticizzazione), bensf in una accezione piu vasta che include le articolazioni non immediatamente politiche dell'organizzazione sociale moderna. È cosf possibile un impiego positivo del termine: per esempio quando Gramsci parla del « riassorbimento » della società politica nella società civile (Q., p. 662; MACH., p. 115) la società civile è già prossima, per le sue caratteristiche economiche ma anche culturali, alla « società regolata » (vedi).

Società di massa La formazione di massa ha standardizzato gli individui e come qualifica individuale e come psicologia. » (Q., p. 1520; INT., p. 11.) Nondimeno Gramsci non condanna affatto la società di massa, lavora invece a farne una civiltà di massa. A tal fine convergono la critica della divisione governantigovernati e la promozione della unificazione fra intellettuali e semplici. «

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Società regolata È la società capace di autodirezione e perciò non piu

bisognosa di uno Stato politico (Q., p. 882; M.S., p. 92): la società comunista.

Sovversivismo È « una posizione negativa e non positiva di classe»

(Q.,

p. 323; P.P., p. 17), in quanto il sovversivismo è sostanzialmente pura ribellione dei subalterni. Non può perciò essere considerato « come documento di coscienza di classe : ne è appena il primo barlume, è solo, appunto, la posizione negativa e polemica elementare: non solo non si ha coscienza esatta della propria personalità storica, ma non si ha neanche coscienza della realtà storica e dei limiti precisi del proprio avversario» (Q., pp. 323-324; ibidem). È interessante notare che il nemico piu feroce del movimento operaio - il fascismo - lo accusa di « sovversivismo » nella sottintesa speranza che esso si mantenga in una posizione soltanto negativa e polemica e cioè elementare, subalterna e infantile. Di fatto il sovversivismo si collega ad una insufficiente coscienza della funzione nazionale e dirigente della classe operaia e perciò esso è correlativo ad un « vago "cosmopolitismo" » (notare le virgolette!) che denota « scarso spirito nazionale e statale in senso moderno» (Q., p. 325; P.P., p. 19). Sovversivismo e vago «cosmopolitismo» sono superati dal consolidarsi di una coscienza nazionale della classe operaia e dalla elaborazione di una politica di direzione della intera società a partire dagli essenziali interessi dei lavoratori nella quale trova una concreta realizzazione nazionale la prospettiva della solidarietà internazionalistica dei lavoratori: di quello che Gramsci chiama il « moderno cosmopolitismo » (vedi).

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Specialista+ politico È la celebre definizione del nuovo intellettuale (Q., p.

1551; INT., p. 22), cioè di un agente di attività generali (Q., p. 1523; INT., p. 14) che sia portatore, tuttavia di conoscenze specifiche o di sapere reale (Marx). La formula va letta in tutti e due i sensi. Specialista+ politico designa appunto l'intellettuale che inquadra la sua specifica conoscenza e professione in una attività teorica e pratica generale che scavalca la divisione intellettuale e la divisione sociale del lavoro. Specialista+ politico designa il dirigente politico che innesta la sua attività teorico-pratica generale a una conoscenza specializzata. Insomma: né specialisti prigionieri della specializzazione, né politici affrancati dal sapere reale.

Speculazione

Non colpisce tanto, nella società capitalistica, l'esistenza piu o meno diffusa della speculazione quanto la sua necessità, regolarità, insopprimibilità, riproducibilità. Come dice Gramsci, insomma, il fatto che « la speculazione è diventata una necessità tecnica» (Q., p. 1348; M.S., p. 344).

Spirito di scissione

Concetto derivato da Sorel (Q., p. 2288; R., p. 242) che Gramsci definisce come « il progressivo acquisto della coscienza della propria personalità storica» (Q., p. 333; P.P., p. 229). A differenza che in Sorel questo spirito di scissione della classe operaia non si carica affatto di autocompiacimento moralistico ed estetizzante e neppure di isolazionismo. Al contrario, lo spirito di scissione « deve tendere ad allargarsi dalla classe protagonista alle classi alleate potenziali » (ibidem). Esso consiste nella capacità di distruggere il vecchio mondo costruendo un altro blocco storico gestendo la civiltà nuova e quella passata.

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.>lato

È « dittatura+egemonia » (Q., p. 811; P.P., p. 91). Ma non è affatto prima dittatura e poi egemonia, ma « egemo-

nia corazzata di coercizione» (Q., p. 764; MACH., p. 164). È infatti proprio in grazia dell'egemonia che si instaura il dominio. Cosf Gramsci supera la concezione dello Stato come mero strumento o macchina di repressione e anche quella dello Stato come mero ordinamento normativo-ideale.

Stenterello « Stenterello è il prototipo della borghesia 'italiana, chiac-

chierona, vanitosa, vuota, che non vuole adattarsi al lavoro modesto, ma fecondo della collettività anonima, e si trastulla sempre a suonare il chitarrino per lodare i grandi fatti degli antenati, dei quali egli altro non è che il molesto pidocchio » (S.G., p . 95). Nell'ambiente storico di Stenterello, cioè della borghesia italiana, è comprensibile che persino « geni altissimi [ ... ] che hanno assunto valore e fama mondiale [ ... ] non hanno avuto la fortuna di poter formare una scuola» (ibidem) : « Dietro l'avello / di Machiavello / giace lo scheletro / di Stenterello » (G. Giusti).

Storia etico-politica « La storia etico-politica è una ipostasi arbitraria e mec-

canica del momento dell'egemonia» (Q., p. 1222; M .S., p. 233), ma questo non signuìca che una storia etico-politica non ci sia [ vedi catarsi]. Dunque: la storia etico-politica esiste non come ipostasi, ma come funzione storica dei rapporti materiali. Si può anche dire che la storia economicosociale sale necessariamente al livello etico-politico e che il materialismo storico è appunto il tentativo di spiegare la necessità storica del passaggio dai livelli economico-sociali ai livelli etico-politici. 75

Struttura

Il concetto di « struttura » è un risolutore della problematica « sovrastrutturale » solo a patto che si risolva esso stesso in un oggetto verificabile, non convertibile in filosofia: per esempio in « momento utilitario dello spirito» (Croce) o in tipo ideale di un capitalismo concepito come pura organizzazione mentale « dotata di senso» (Weber) . Giacché « se il concetto di struttura viene concepito "speculativamente", [ ... ] esso diventa un "dio ascoso"» (Q., p. 1226; M.S., p. 237). Per evitare questa conversione Gramsci propone giustamente di farne oggetto di filologia, non di speculazione (ibidem) . Ma a questo fine la struttura va concepita come una determinata struttura, come una costellazione storica materialisticamente individuata. Sarà allora vero che il marxismo « è la concezione storicistica della realtà, che si è liberata da ogni residuo di trascendenza e di teologia anche nella loro ultima incarnazione speculativa» (Q., p. 1226; M.S., p. 238). Cosi Gramsci denuncia, di passaggio, che anche il marxismo può convertirsi in una nuova filosofia speculativa: come non basta all'idealismo polemizzare contro la teologia per essere laicismo reale, cosi non basta al marxismo polemizzare contro l'idealismo per essere materialismo reale.

Suffragio universale

Contro la denigrazione della democrazia rappresentativa come regime politico in cui domina il numero wale ancora, eccome!, l'argomentazione di Gramsci (Q., p. 1625; MACH., pp. 99-100): i numeri « sono un semplice valore strumentale, che dànno una misura e un rapporto e niente di piu ». Continua Gramsci: « E che cosa poi si misura? Si misura proprio l'efficacia e la capacità di espansione e di persuasione delle opinioni di pochi, delle minoranze attive, delle élites, delle avanguardie, ecc., cioè la loro razionalità o storicità o funzionalità concreta». Quindi « la numerazione dei "voti" 76

è la manifestazione terminale di un lungo processo». Si

capisce, allora, che la polemica contro la costituzione elettiva dell'élite, pur ammantandosi di appelli ad una democrazia « reale », o « effettiva » tende a sostituire alla élite eletta quella che Gramsci chiama l' « élite per decreto » togliendo ·al cittadino « anche quella frazione infinitesima di potere che egli possiede nel decidere sul corso della vita statale». Cosf Gramsci respinge la svalutazione tradizionale del suffragio universale e del principio elettivo in genere nel movimento socialista e comprova che la democrazia socialista non è un surrogato della democrazia politica ma una sua estensione, espansione, integrazione.

Talentismo

Gramsci annota questa frase di Hofmannsthal: « Abbiamo buona volontà, serietà, coerenza, il che val di piu del malaugurato talento, di cui è fornito ogni briccone» (Q., p. 130; P.P., p. 174). Questa frase tedesca veniva quasi certamente registrata da Gramsci con significati italiani. Egli parla infatti di un « talentismo » · degli italiani, come deformazione del loro ingegno intellettuale indotta da una cultura non nazionale-popolare, non-responsabile di uno Stato. Non si vuol dire che in Italia ogni ingegno diventa un briccone, ma che l'individualismo mina il carattere e la moralità dell'italiano.

Tattica e strategia

Per Gramsci ~ lo statista di classe intuisce simultaneamente l'idea e il processo reale di attuazione: compila il progetto e insieme il "regolamento" per l'esecuzione». Ne deriva un « corollaJio: ogni grande uomo politico non può non essere anche un grande aroroinJstratore, ogni grande stratega un grande tattico, ogni grande dottrinario un grande 77

organizzatore» (Q., p. 1050; P.P., pp. 5-6). Ma ne scaturisce anche un secondo corollario: che la tattica è una dipendenza della strategia, l'amministrazione una subordinata della politica, l'organizzazione una articolazione della « dottrina ». Un tattico che non sia uno stratega non sarà sempre un grande tattico, allora!

Teoria della cultura Alla generica teoria dell'ideologia, su cui si è po1 mnestata con Lukacs e Mannheim una equivoca sociologia della conoscenza, Gramsci contrappone le linee portanti di una articolata teoria della cultura che può essere cosi riassunta. Su scala di massa domina nella società una filosofia spontanea che si articola nel linguaggio, nella religione, nel folklore ivi compreso il senso comune o folklore filosofico (Q., p. 1375 e p. 1311; M.S., p . 3 e L.V.N., p . 268). Al vertice di questa concezione ancora subalterna si elabora il buon senso che ha per fine « di modificare l'opinione media » e che però introduce ancora soltanto nuovi luoghi comuni (Q., p. 2270; INT., p. 183). È su questi livelli che interviene una prima fase di coscienza politica (Q., p. 1385; M.S., p. 13) che si articola in coscienza corporativa o coscienza di classe ancora dominata dal settarismo ideologico e perciò ancora economico-difensiva o negativa (Q., p. 323; P.P., p. 17) e sale poi al livello di una coscienza positiva, nazionale, egemonica. Da questo livello della politica che collega con il senso comune (Q., p. 1383; M.S., p. 11) si passa alla filosofia superiore o sistematica (ibidem). Proprio l'individuazione di questi collegamenti consente a Gramsci di intendere l'insufficienza sia di una pura critica delle idee che dimentichi l'elemento diffusivo, sia di una pura rimozione pratica o politica del dominio delle ideologie. Egli vede insomma sia l'importanza di una critica immanente o teoretica, sia l'importanza di una rimozione storico-sociale delle ideologie. 78

1 eorta

e pratica

La celebrata « unità di teoria e pratica » di certo manasmo tradizionale non aveva altro significato che di vincolare la teoria alla pratica. Raramente significò il contrario. Da qui l'irrigidimento dogmatico della teoria, e anche l'inefficienza della pratica. Gramsci riassume cosi questo concetto: « nei nuovi sviluppi del materialismo storico l'approfondimento del concetto di unità della teoria e della pratica non è ancora che ad una fase iniziale: ancora ci sono residui di meccanicismo. Si parla ancora di teoria come "complemento" della pratica, quasi come accessorio ecc.» (Q., p. 1042). Per uscire da questa fase di minorità non resta dupque che sviluppare « l'aspetto teorico del nesso teoria-pratica (Q., p. 1386; M.S., p. 14). E lo sviluppo della teoria in rapporto alla pratica vuol dire sviluppo di ipotesi nuove per le quali la pratica servirà da verifica.

Teratologia intellettuale È una nuova « disciplina » istituita da Gramsci (Q., p. 329; P.P., p. 71) per raccogliervi i cultori delle mostruosità intellettuali, una disciplina cui in qualche modo potrebbe attribuirsi come metodo il « lorianesimo ». Gramsci vi colloca il culto plebeo che De Man dimostra per il senso comune e la « scienza popolare » e poi anche « gli ammiratori del folklore [ ... ] , che ne sostengono la conservazione, gli "stregonisti" legati al Maeterlinck che ritengono si debba riprendere il filo dell'alchimia e della stregoneria, strappato dalla violenza, per rimettere la scienza su un binario piu fecondo di scoperte ». lo aggiungerei anche gli esaltatori del dialetto che non colgono il valore di crescita culturale-nazionale del passaggio alla lingua, i teorici della « cultura proletaria » e della « scienza operaia » i quali credono che ci possa essere un « punto di vista operaio »: tutti coloro, insomma che non credono alla scienza e alla sua natura materialistica nonché tutti co-

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loro che esaltano nd mondo delle classi subalterne il residuato storico della loro subalternità intellettuale. Sono coloro che non vogliono dare alla massa - per dirla con Gramsci - una coscienza "teorica" di creatrice di valori storici ed istituzionali, di fondatrice di Stati» (Q., p. 330; P.P., p. 73). Il bello (e cioè il ridicolo o il drammatico, secondo i casi) è poi che per questa teratologia intellettuale la teoria del materialismo storico e del socialismo scientifico risulterà « come qualcosa d'artificiale e sovrapposto meccanicamente (come un vestito sulla pelle, e non come la pelle [ ...]) » (Q., p. 337; MACH., p. 409) rispetto al movimento. C.ome sempre il dogmatismo completa lo spontaneismo e l'astrattismo intellettualistico completa il praticismo. Quando spontaneità e direzione non si mediano non si ha - diceva Gramsci (Q., p. 330; P.P., p. 37) - la disciplina: neppure la disciplina intellettuale!

Torino Gramsci arriva a Torino nel 1911 come borsista universitario e si iscrive alla facoltà di Lettere. Nello stesso anno Gozzano pubblica I colloqui e la città ospita l'Esposizione universale. È certo un puro caso, ma a Torino si incrociano quell'anno il socialismo in cerca della sua maturità, il presagio crepuscolare della coscienza decadente e il vigore dell'industrialismo in ascesa.

Totalità A quanti vanno enfatizzando nella tradizione marxista una filosofia della totalità bisogna far notare con Gramsci che « la filosofia della parte precede sempre la filosoa del tutto » (Q., p. 1389; M.S., p. 17). Ciò deve sottolineare la necessità di recuperare, verificandolo, l'apparato analitico del pensiero di Marx e cioè la sua capacità di spiegare la società moderna ( e la storia) senza interpolazioni speculative.

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l

ranszzzone

Sarebbe vano cercare in Gramsci una soddisfacente teoria della transizione al socialismo. La sua opera è stata proprio indirizzata, attraverso una serie di elaborazioni politiche prima e di ricerche storiche poi, a mettere in luce le caratteristiche originali della situazione italiana e del movimento operaio italiano: a preparare, rendendola possibile, una teoria della transizione in Occidente. Cosi, si potrebbero individuare fasi diverse in cui Gramsci sottolinea prospettive differenti di strategia politica che progressivamente confluiscono sul terreno della unificazione del movimento dei lavoratori e della sua funzione di direzione generale, in un quadro strategil'o di grande respiro storico. Ecco un esempio di questa impostazione non dottrinaria della transizione: « Nessun comunista ha mai promesso ai lavoratori di realizzare il regno di Bengodi in 24 ore; nessun comunista ha mai pensato di realizzare il regime comunista in sei mesi. I passaggi dal regime schiavista al feudale, dal regime feudale al regime capitalistico, sono costati all'umanità sforzi enormi per lunghissimi periodi. Anche oggi nei regimi capitalistici piu fiorenti vi sono residui dell'economia feudale. Non vi è alcuna ragione per pretendere che il comunismo si realizzi invece per un colpo di bacchetta magica » (C.P.C., p. 318).

Trasformismo ~

quella specifica forma italiana di « rivoluzione passiva » (vedi) che consiste nell'« assorbimento graduale, ma continuo e ottenuto con metodi diversi nella loro efficacia, degli elementi attivi sorti dai gruppi alleati e anche da quelli avversari e che parevano irreconciliabilmente nemici » (Q., p. 2011; R., p. 87). Questo assorbimento implica tanto una corruttela attiva quanto una corruttela passiva. Può avere successo cioè non solo quando è corruttrice la classe dominante ma anche quando è corruttibile la classe sog-

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getta. Per questo una rivoluzione attiva deve essere anche una riforma intellettuale e morale.

Tristezza Il mondo moderno è invaso dalla tristezza: « L'epoca moderna non è espansiva, è repressiva. Non si ride piu di cuore: si sogghigna e si fa dell'arguzia meccanica tipo Campanile» (Q., p . 95; L.V.N., p. 119).

Turi Gramsci restò incarcerato nella Casa penale di Turi dal 19 luglio 1928 al 18 novembre 1933. Qui nacque il grosso dei Quaderni. Gustavo Trombetti ricorda cosi il giorno della partenza da Turi: « Accompagnati dalla guardia carceraria addetta al magazzino ci recammo in magazzino e li preparammo i suoi bagagli. Mentre, d'accordo con me, egli teneva in II chiacchiere" la guardia, io infilavo i 18 quaderni manoscritti nel baule in mezzo ad altra roba» . Ma i quaderni erano di piu: ventuno. Da Turi Gramsci aveva scritto: « Vivo appena, e male, l'esistenza animale e vegetativa ». E invece il numero 7047 stava scrivendo una delle grandi opere della cultura contemporanea.

Verità C'è una stupenda definizione gramsciana della verità con riferimento alla politica. Essa è ricavabile da una nota che è significativamente intitolata Contro il bizantinismo (Q., pp. 1133-1134; P.P., pp. 79-80) e può essere riassunta in questi termini: una verità diventa universale quando viene verificata in un ambiente diverso da quello in cui è nata riuscendo a far comprendere la realtà e perciò incorporandosi a questa stessa realtà. Una simile definizione supera la conce-

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zione meramente logico-formale della verità e nondimeno rifiuta il relativismo dello storicismo individuante. La verità non è « un'astrazione bizantina e scolastica » (ibidem) e non è però riducibile al falso concretismo di ogni situazione « irripetibile ».

Volontariato

La storia d'Italia è piena di «volontari»: dalle compagnie di ventura ai « garibaldini » agli « arditi ». Ma « occorre notare che il volontariato, pur nel suo pregio-•storico, che non può essere diminuito, è stato un surrogato dell'intervento popolare, e in questo senso è una soluzione di compromesso con la passività delle masse nazionali. Volontariato-passività vanno insieme piu di quanto si creda» (Q., p. 1999; R., pp. 206-207). In un'epoca in cui si fa grande esaltazione delle « avanguardie» (letterarie o politiche) Gramsci vede dunque l'importanza di una organica saldatura fra avanguardie e masse che dia alle prime incidenza storica durevole e alle seconde spazio di iniziativa e di crescita attiva. Egli sottolinea, nei limiti delle avanguardie, il fatto che « per costruire storia duratura non bastano i " migliori " , occorrono le piu vaste e numerose energie nazionali-popolari » (ibidem; R., p. 207).

8.3

Parte seconda

I. Il pensiero politico di Gramsci *

1. Non si può dire che la sorte dell'opera intellettuale di Gramsci sia stata felice. La prova piu evidente è che stiamo

ancora attendendone l'edizione integrale e sistematica. All'estero, poi, la conoscenza di Gramsci è assai frammentaria ed è mediata spesso da interpretazioni assai discutibili. Persino in Italia, del resto, la ricostruzione del pensiero di Gramsci ha subito deformazioni preoccupanti. È utile segnalarne almeno due. La prima concerne la prevalenza che è stata data alla cultura storico-letteraria di Gramsci rispetto alla cultura sociopolitica. La seconda concerne la difficoltà e lentezza con cui il pensiero di Gramsci è stato valutato fuori dagli immediati e angusti riferimenti politici, che lo hanno per molti anni consegnato in prigionia all'avversione pregiudiziale o alla pregiudiziale preferenza politica con il risultato di una sostanziale archiviazione dogmatica. È stato necessario un lavoro scientifico lungo e paziente per liberare Gramsci da questa prigionia e per fare del suo pensiero politico un oggetto di studio sottratto ai condizionamenti della lotta politica immediata. Ed è appena il caso di dire che solo con questo lavoro è ora possibile leggere l'opera di Gramsci non piu soltanto in riferimento alle vicende politiche italiane degli anni del fascismo, ma nd quadro di un sistematico confronto con la teoria politica del socialismo e, piu in generale, con la storia del pensiero politico europeo. * Conferenza letta all'Università di Lubiana il 30 maggio 1974.

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È in questo quadro che vorrei accennare qui alcuni cri-

teri interpretativi atti a sottolineare gli elementi piu significativi e rilevanti del pensiero politico di Gramsci, ai quali possono - a mio avviso - rivolgersi utilmente tutti gli studiosi (marxisti e non marxisti) e tutti i paesi (socialisti e non socialisti) . 2. Classificherei gli elementi piu originali e ricchi del pensiero politico di Gramsci sotto quattro rubriche : a) la natura della politica; b) la teoria del governo; e) la teoria della rivoluzione socialista ; d) la teoria del partito. Si tratta di rubriche, come si vede, che occupano quasi tutta l'area del pensiero politico socialista e della scienza politica in generale. È vero che la dimensione della trattazione di ognuno di questi capitoli è in Gramsci diversa, ed è altresi vero che nel complesso si tratta di capitoli ricostruibili soltanto con un notevole sforzo di ricomposizione sistematica di molti frammenti talvolta slegati tra loro. Ma questo, si sa, è uno sforzo che viene richiesto dall'intera produzione intellettuale di Gramsci, impostata sull'annotazione critica e sulla riflessione rapida anziché sullo svolgimento organico e sullo sviluppo analitico. D'altra parte il carattere frammentario dell'esposizione non significa affatto che Gramsci si limiti alle osservazioni di carattere generale e di problemi capitali della teoria politica. È dunque del tutto lecito affermare che i modelli della sua opera non limitano affatto la sua rilevanza e che, perciò, una legatura critico-sistematica del pensiero di Gramsci consente di collocarlo con sicurezza nella storia della scienza politica, la quale del resto conosce pensatori assai piu frammentari (si pensi ai presocratici e a molti altri greci). Per quanto riguarda poi il rapporto di Gramsci con la storia del pensiero socialista, sarebbero preliminarmente da precisare alcuni punti. In primo luogo Gramsci si caratterizza per una grande originalità e autonomia di pensiero anche là dove esplicitamente commenta testi di autori marxisti. Per questo motivo alcuni hanno affermato che Gramsci sarebbe un autore « poco

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marxista». Anche senza dire della meschinità di un'argomentazione che riduce il collegamento col marxismo a un puro fatto di scuola com'è il rinvio testuale, si può affermare, al contrario, che la grandezza di Gramsci risalta appunto nello svolgimento largamente autonomo di un pensiero che si dimostra profondamente collegato ai temi capitali del marxismo e del socialismo scienti.fico (dalla critica dello Stato alla teoria della democrazia diretta, dalla problematica del partito rivoluzionario alla teoria della transizione). Si tratta di un collegamento, occorre dire, che si articola attraverso la mediazione costante di una problematica storico-culturale molto spe