Le Pontificie opere missionarie. Storia. Legislazione. Prassi
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Quaderni di Ius Missionale 1

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Vincenzo Mosca (a cura di) LE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE Storia - Legislazione - Prassi

isbn 978-88-401-4090-2 © 2012 Urbaniana University Press 00120 Città del Vaticano Via Urbano VIII, 16 – 00165 Roma tel. + 39 06.6988.9651-9688 fax + 39 06.6988.2182 e-mail: [email protected] www.urbaniana.press prima edizione digitale 2018 Documento acquistato da () il 2023/04/16.

isbn online 978-88-401-6079-5

Tutti i diritti sono riservati. In copertina, i fondatori delle POM: P.M. Jaricot, mons. A. Forbin de Janson, J. Bigard, p. P. Manna. Finito di stampare nel mese di febbraio 2012 stampa Tipografia Abilgraph srl - Roma [email protected]

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a cura di Vincenzo Mosca

Le Pontificie Opere Missionarie

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Storia – Legislazione – Prassi

Urbaniana University Press

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Maria, Stella dell’evangelizzazione “O Maria, al mattino della Pentecoste, Tu hai sostenuto con la preghiera l’inizio dell’evangelizzazione, intrapresa dagli Apostoli sotto l’azione dello Spirito Santo. Con la tua costante protezione continua a guidare anche oggi, in questi tempi di apprensione e di speranza, i passi della Chiesa che, docile al mandato del Signore, si spinge con la “lieta notizia” della salvezza verso i popoli e le nazioni di ogni angolo della terra. Orienta le nostre scelte di vita, confortaci nell’ora della prova, affinché, fedeli a Dio e all’uomo, affrontiamo con umile audacia i sentieri misteriosi della missione, per recare alla mente e al cuore di ogni persona l’annuncio gioioso di Cristo Redentore dell’uomo. O Maria, Stella dell’evangelizzazione, cammina con noi! Amen”. GIOVANNI PAOLO II, Udienza Generale (21 ottobre 1992).

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INTRODUZIONE Vincenzo Mosca

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STUdi PROFILO STORICO DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE DALLE DIFFERENTI ORIGINI ALL’UNIONE, AL CAMMINO IN COMUNIONE Alberto Trevisiol 1. Il contesto storico delle origini 2. L’Opera della Propagazione della Fede 2.1 Pauline Jaricot e il suo impegno per le missioni 2.2 Lo sviluppo dell’opera 3. L’Opera della Santa Infanzia 3.1 Le sue origini e il suo ideale 3.2 L’espansione dell’associazione 4. L’Opera di S. Pietro Apostolo 4.1 Jeanne e Stephanie Bigard le fondatrici 4.2 Lo sviluppo dell’Opera 5. L’Unione Missionaria (del clero, dei religiosi e delle religiose) 5.1 P. Paolo Manna e il cammino di un’idea 5.2 L’affermazione e il senso dell’Unione Conclusione LA LEGISLAZIONE VIGENTE DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE GLI STATUTI E LA LORO ELABORAZIONE Luigi Sabbarese Introduzione 1. Gli statuti nel Codice e lo Statuto delle POM 1.1 Gli statuti nel Codice 1.2 Lo Statuto delle Pontificie Opere Missionarie del 2005 1.3 Gli Statuti precedenti 1.4 Le disposizioni pratiche dell’istruzione Cooperatio missionalis 2. Aspetti specifici nello Statuto del 2005 2.1 La Chiesa è per sua natura missionaria 2.2 Ogni cristiano è responsabile dell’attività missionaria 2.3 Non c’è missione senza cooperazione missionaria 2.4 La cooperazione missionaria a livello di Chiese particolari 2.5 La cooperazione missionaria a livello di Conferenze episcopali 2.6 Il ruolo della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Statuto, nn. 12, 16; artt. 1, 24) 2.7 Carattere pontificio, episcopale e autonomo delle Opere (Statuto, nn. 15-18; art. 28) 2.8 Il Fondo di solidarietà (Statuto, n. 20; artt. 61-64) I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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LA PRASSI ATTUALE DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE: L’ORGANIZZAZIONE DI UN CAMMINO. PROSPETTIVE Piergiuseppe Vacchelli – Vincenzo Mosca Introduzione 1. L’organizzazione e il lavoro delle POM presso la CEP 1.1 Il Comitato Supremo delle Pontificie Opere Missionarie 1.2 Il Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie 1.3 Il Comitato Esecutivo 1.4 Le POM della Propagazione della Fede, di San Pietro Apostolo, della Santa Infanzia, dell’Unione Missionaria 2. L’organizzazione e il lavoro delle POM presso le chiese locali 2.1 Il Direttore Nazionale delle POM 2.2 Il Consiglio Nazionale delle POM 2.3 Il Presidente della Commissione Episcopale o un delegato 2.4 Il Direttore Diocesano delle POM 3. Gli interventi e le distribuzioni di aiuti delle POM per la Chiesa Universale e le Chiese particolari 3.1 Finalità dei Fondi e loro organizzazione 3.2 Alcuni rendiconti 3.3 Verso l’autofinanziamento e lo sviluppo Conclusioni Appendici: 1. Totali generali offerte per Pontificia Opera e per continente in dollari USA 2. Bilancio consolidato delle Pontificie Opere Missionarie al 31 dicembre 2007; Conto di gestione delle Pontificie Opere Missionarie in dollari USA 3. Totali generali offerte per continente in dollari USA 4. Totali generali offerte per continente in percentuale L’ANIMAZIONE MISSIONARIA NELLE E DELLE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE Vito Del Prete 1. Carisma e ruolo delle POM nell’attuale contesto ecclesiale 2. Cosa fanno, oggi, le POM 2.1 Animazione 2.2 Formazione 3. Metodologia 3.1 Cooperazione Missionaria 3.2 Il ruolo delle Conferenze Episcopali 4. Fondo(i) universale di solidarietà 5. Necessità di organismi centrali e periferici 6. Il Governo Centrale delle POM 7. La Direzione Nazionale 8. Alcune conclusioni in prospettiva di futuro

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CONCLUSIONE Vincenzo Mosca 1. La cooperazione missionaria principio fondamentale delle POM 2. La cooperazione per lo sviluppo e l’autonomia 3. La cooperazione nel segno dell’annuncio e del discernimento

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CONGREGATIO PRO GENTIUM EVANGELIZATIONE PRESENTAZIONE DELLO STATUTO PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE – STATUTO I. STORIA E DOTTRINA Fondamento della missione “Ad gentes” Attualità della missione “Ad gentes” Dalla missione della Chiesa alla cooperazione missionaria di tutti i battezzati L’origine delle Pontificie Opere Missionarie Le Pontificie Opere Missionarie nei rinnovati contesti ecclesiali e sociali Natura ed importanza delle Pontificie Opere Missionarie Carattere pontificio, episcopale ed autonomo delle Pontificie Opere Missionarie Obiettivo specifico delle Pontificie Opere Missionarie I fondi universali di solidarietà Strumenti e mezzi della cooperazione missionaria delle Pontificie Opere Missionarie

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II. NORME Titolo I LE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE

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Capitolo 1 Le Pontificie Opere Missionarie

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Capitolo 2 Le quattro Opere La Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede La Pontificia Opera Missionaria di San Pietro Apostolo La Pontificia Opera Missionaria della Santa Infanzia o dell’Infanzia Missionaria La Pontificia Unione Missionaria

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Titolo II GOVERNO E AMMINISTRAZIONE

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Capitolo 1 Governo Centrale

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Comitato Supremo Consiglio Superiore Assemblee Comitato Esecutivo Presidente delle POM Segretari Generali

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Capitolo 2 Riunioni regionali e continentali

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Capitolo 3 Direzione nazionale e diocesana

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Capitolo 4 Offerte dei fedeli alle POM

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INDICE DEI NOMI

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Le riflessioni contenute in quest’opera, sono il frutto di una giornata di studio interdisciplinare, organizzata dalle Facoltà di Diritto Canonico, di Missiologia e dall’Istituto Superiore di catechesi e spiritualità missionaria il 31 marzo 2009 presso la Pontificia Università Urbaniana. L’iniziativa è sorta nell’ambito della Cattedra di Diritto Missionario, recentemente ristabilita come indipendente nella Facoltà di Diritto Canonico, e in occasione del 10° anniversario della istruzione della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli Cooperatio missionalis del 1° ottobre 1998. Infatti dire Pontificie Opere Missionarie (= POM) significa essenzialmente dire “cooperazione missionaria”. Con questo documento venivano aggiornate le indicazioni dell’istruzione Quo aptius del 1969 sulla base del nuovo Codice di diritto canonico (1983) e dell’enciclica missionaria Redemptoris missio di Giovanni Paolo II (1990). Le finalità immediate dell’Istruzione, che ha natura prevalentemente giuridica, venivano indicate con chiarezza: 1. Ribadire i princìpi dottrinali che stanno alla base della cooperazione missionaria; 2. Dare disposizioni sulla cooperazione missionaria, con speciale riferimento alle POM, in particolare, sui rapporti tra la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e le conferenze episcopali; 3. Incoraggiare e precisare la realizzazione di alcune iniziative di cooperazione missionaria delle diocesi dei territori di diritto comune in favore delle giovani chiese. Particolare cura veniva inoltre raccomandata nella selezione del personale inviato «fidei donum» (CM 17), nella creazione di gemellaggi che tuttavia non diventino esclusivi e nella limitazione del fenomeno di «importazione» di personale dai territori di missione in cambio di aiuti economici (CM 20)1. Nell’enciclica Redemptoris missio, il termine “cooperazione” che appare come titolo del capitolo VII (RM 77-86), si riferisce all’aiuto da parte della comunità e quindi anche all’animazione e formazione missionaria della stessa comunità per farla diventare missionaria. 1 Congregatio pro gentium evangelizatione, instructio Cooperatio missionalis de cooperatione missionali (1 octobris 1998), in aaS 91 (1999), 306-324.

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La cooperazione missionaria non soltanto suscita la responsabilità per un aiuto sufficiente alle missioni, ma è anche una chiamata al rinnovamento ecclesiale per la missione (cf. RM 49). In questo senso è strettamente collegata con l’animazione. Inoltre la stessa istruzione Cooperatio missionalis è stato il motore che ha dato l’avvio alla revisione degli attuali Statuti delle POM, approvati nel 2005, e che in questo studio vengono presentati sotto una prospettiva interdisciplinare, in cui storia, teologia, diritto, pastorale offrono ciascuno il proprio contributo che illumina la problematica nelle sue diverse espressioni di vita, secondo le migliori e più recenti interpretazioni dello studio del diritto canonico nella Chiesa2. Gli stessi Statuti delle POM riassumono il collegamento tra cooperazione e animazione missionaria nel seguente modo, che abbiamo posto come filo conduttore dell’incontro di studio: Radicata nella vita cristiana ed ecclesiale, la cooperazione missionaria promossa dalle Pontificie Opere Missionarie riguarda non solo alcuni momenti ma l’intera vita del cristiano, personale e comunitaria. I fedeli possono parteciparvi con una duplice modalità: aderendo alle specifiche proposte di vita associativa offerte dalle singole Opere o partecipando alle iniziative di promozione e aiuto proprie della cooperazione missionaria universale. Necessario fondamento di questa cooperazione missionaria resta comunque una profonda ed intensa opera di animazione e formazione, indispensabile perché tutti i fedeli abbiano viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, coltivino in se stessi uno spirito veramente cattolico e impieghino le loro forze nell’opera di evangelizzazione3.

Già nel 2006, la rivista della Pontificia Università Urbaniana, “Euntes Docete”, aveva dedicato un numero specifico agli Statuti delle POM, con articoli di valenti professori della stessa università, insistendo sulle motivazioni teologiche mentre in questo studio si vuole insistere di più su quelle giuridico-ecclesiali e pastorali oltre ad offrire in Appendice lo stesso testo degli Statuti4. 2 Si possono vedere tra i diversi studi: aa.vv., Fondazione del diritto. Tipologia e interpretazione della norma canonica, a cura del giDDC, glossa, milano 2000; aa.vv., Il diritto canonico nel sapere teologico. Prospettive interdisciplinari, a cura del giDDC, glossa, milano 2004. 3 pom, Statuto 2005, i, 21 4 Cf. J. ilunga muya (ed.), Le Pontificie Opere Missionarie. Statuti, Storia e Teologia, “euntes Docete” 59 (2006) 1.

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Il primo contributo del p. Alberto Trevisiol, professore della Facoltà di Missiologia della PUU, già decano della stessa e attuale Rettore Magnifico, che ha per titolo Profilo storico delle Pontificie Opere Missionarie. Dalle differenti origini, all’unione, al cammino in comunione, presenta la storia originaria delle quattro opere, il loro riconoscimento come POM e la loro unificazione graduale e attuale. Il secondo contributo di p. Luigi Sabbarese, professore nella Facoltà di Diritto Canonico della PUU e già decano della stessa, dal titolo La Legislazione vigente delle Pontificie Opere missionarie. Gli Statuti e la loro elaborazione, presenta la legislazione vigente delle POM ed essenzialmente i suoi Statuti, partendo dal significato di uno statuto nel CIC e specificamente del lavoro di revisione degli attuali Statuti delle POM, della loro struttura e contenuto, con alcuni rilievi giuridici. Il terzo contributo di Sua Ecc. mons. Piergiuseppe Vacchelli, Segretario Aggiunto della CEP per le POM e di p. Vincenzo Mosca, professore di Diritto Canonico della PUU, ha per titolo La prassi attuale delle Pontificie Opere Missionarie. L’organizzazione di un cammino. Prospettive, presenta l’organizzazione e il lavoro delle POM a livello centrale presso la CEP, l’organizzazione e il lavoro delle POM a livello periferico soprattutto presso le chiese locali, gli interventi e le distribuzioni di aiuti delle POM per la Chiesa Universale e le chiese particolari anche con alcuni rendiconti economici come esempio di trasparenza. Il quarto contributo di p. Vito del Prete, Segretario Generale della Unione Missionaria, dal titolo L’animazione missionaria nelle e delle Pontificie Opere Missionarie presenta sotto l’aspetto pastorale di animazione e formazione cosa fanno oggi le POM secondo il loro carisma nell’attuale contesto ecclesiale. Poiché il fine dell’incontro era anche quello di offrire un minimo di informazioni agli studenti delle diverse facoltà della PUU per stimolarli ad una eventuale ricerca e coinvolgimento futuro nei diversi aspetti delle POM, il tenore dei contributi è stato quello di offrire a livello pedagogico e in prospettiva interdisciplinare, alcune nozioni in materia. Infatti si avverte l’esigenza oggi di una migliore formazione scientifica nella storia, teologia e diritto della missione e delle missioni per i diversi settori specialistici a livello di unità del sapere, che tengano conto della dimensione antropologica, cristologica ed ecclesiologica della fede per la sua inculturazione e che nell’ottica del diritto ecclesiale si esprima nel I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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diritto particolare e in specie in quello missionario, dove avviene l’espressione della sua inculturazione pratica5. In tal senso dal 2007 la Facoltà di Diritto Canonico della PUU ha iniziato la pubblicazione di una rivista “Ius Missionale”, per qualificare il suo lavoro anche in questa prospettiva6.

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Ora con la pubblicazione di questi atti, accanto alla rivista, si affianca un ulteriore iniziativa editoriale con una serie di “Quaderni di Ius Missionale”, che approfondiscono in prospettiva missionaria alcune tematiche, sottolineando lo specifico dell’esperienza giuridica ecclesiale, con attenzione al magistero, all’antropologia culturale, al rapporto diritto universale e diritto particolare. Un ringraziamento particolare infine al Presidente Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Piergiuseppe Vacchelli e all’Amministratore Mons. Silvano Rossi nonché a tutti i membri delle POM per il loro contributo allo svolgimento dell’incontro di studio e alla pubblicazione dei presenti Atti. VINCENZO MOSCA

5 Ci permettiamo di rimandare ad alcuni dei nostri studi: v. moSCa, Per un diritto particolare missionario secondo la legislazione universale della Chiesa, in Il diritto della Chiesa al servizio dell’attività missionaria, “euntes Docete” 54 (2001) 3, 73-98; Diritto liturgico e inculturazione. Orizzonti teologici, normativi e pastorali, in Inculturazione, diritto canonico e missione, “euntes Docete” 56 (2003) 3, 117-155; Il diritto missionario nel CIC: la dialettica tra universale e particolare, “ius missionale” 1 (2007), 11-75; L’orizzonte del diritto missionario, “ius missionale” 2 (2008), 213-226; Il diritto particolare: specificazione, complemento, adattamento del diritto universale. Prospettiva teoretica, in La Chiesa è missionaria. La ricezione nel Codice di Diritto Canonico, a cura di l. SabbareSe, Città del vaticano 2009, pp. 71-131. inoltre si può vedere aa.vv., Diritto Canonico e Missione Oggi, “ad gentes” 15 (2011) 2, 131-226. 6 Cf. “ius missionale” 1 (2007); 2 (2008); 3 (2009); 4 (2010); 5 (2011).

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Profilo storico delle Pontificie Opere Missionarie Dalle differenti origini all’unione, al cammino in comunione

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Il contesto storico delle origini

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Alberto Trevisiol

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La creazione della S. Congregazione per la Propagazione della fede, nel 1622, ha segnato, nella storia della chiesa missionaria, un evento decisivo. A poco a poco il Dicastero diventerà il punto di riferimento di tutto il lavoro missionario che, tramite esso, si vorrebbe indipendente giuridicamente e politicamente dalle ingerenze degli stati. Propaganda sognava anche di potersi dotare di risorse economiche sufficienti per rispondere alle necessità delle missioni sollecitando la generosità dei cristiani, ma non riuscì mai a raggiungere questo scopo senza l’aiuto dei papi e dei sovrani europei. In Francia, prima della rivoluzione l’assistenza finanziaria alle missioni era assicurata dal sovrano, dal clero e dalle decime. Ma l’ondata di scetticismo del secolo XVIII aveva diminuito il senso religioso in molte nazioni europee e la soppressione della Compagnia di Gesù (1773) aveva privato la Chiesa Cattolica di molti missionari. La Rivoluzione Francese (1789) aveva spogliato la Chiesa, chiusi i seminari e i monasteri confiscandone i beni, decimato il clero e dispersi i religiosi, impoverendo così le missioni di personale e mezzi. Nel 1799 venne formalmente soppressa anche la Congregazione di Propaganda Fide. Questa situazione toccò il suo punto più basso con il regno di Napoleone I (1804-1815); basti pensare che in tutto questo periodo le Missioni Estere di Parigi (= MEP), una società missionaria con più di due secoli di lavoro alle spalle, non riuscì ad inviare in Estremo Oriente che due missionari1. 1 Sulla sua storia si può vedere J. guennou, “Società per le missioni estere di parigi”, in Dizionario degli Istituti di Perfezione, vol. 8, ep, roma 1988, pp. 1654-1661; iD., Missions étrangères de Paris, Fayard, paris 1986.

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Napoleone si accanì contro la stessa Congregazione di Propaganda: ne confiscò i beni, ne proibì le riunioni e ne spostò l’archivio a Parigi. Le fonti di sostentamento delle missioni si inaridirono e dipendevano ormai da pochi missionari che cercavano di coinvolgere il popolo cristiano al fine di ottenere aiuti finanziari e personale sia con la predicazione diretta nei paesi d’Europa, sia con lettere inviate dalle missioni. Dovevano tuttavia fare i conti con vescovi e superiori religiosi che sottolineavano invece l’urgenza di una missione “ad intra”, resa necessaria da 25 anni di rivoluzione e d’Impero. In realtà, il corso degli avvenimenti storici che avevano preceduto e si erano svolti durante la Rivoluzione illuminista, avevano tracciato ferite profonde nel tessuto socio-religioso dell’epoca tanto che le missioni furono minacciate nella loro stessa sopravvivenza. Questa situazione, difficile, non impedirà di fare proprio del secolo XIX il secolo della rinascita missionaria, rinascita che iniziò con un movimento che diede avvio ad una nuova forma di cooperazione missionaria, capace di creare una rete organica, permanente e universale di aiuti alle missioni. Non erano mancate infatti nei secoli XVII e XVIII associazioni, alcune segrete, che avevano mantenuto vivo l’interesse per le opere missionarie, quali la Compagnia del SS. Sacramento (1630-1660), le Amicizie (1650 circa), le congregazioni mariane di Lione e Parigi, la confraternita dei SS. Apostoli ed altre, che tennero vivo l’ideale missionario. Queste associazioni si proponevano di aiutare le missioni soprattutto con il sostegno della preghiera. Tuttavia accanto ad esse si erano proposte anche delle iniziative per degli aiuti concreti, che anche se non ebbero grande successo, tuttavia servirono a creare la coscienza della necessità delle missioni. Nel 1617, il p. Nicolao Trigault, s.j., aveva proposto una società missionaria universale l’Opus Propagationis nostrae fidei con sede a Roma e a Madrid. Per svariati motivi, rimase un sogno. Il p. Giacinto da Parigi, ofm Capp., aveva fondato la Confraternita della Esaltazione della Croce (1632-1653), mentre pochi anni dopo (1659) il can. Paulmier de Bayeux, scrisse una “memoria” in cui proponeva una “Associazione Apostolica” per la conversione dell’Oriente, progetto abbandonato già nel 1667. Solo dopo il concordato del 1801 tra la Santa Sede e Napoleone I, cominciò la rinascita religiosa: 16

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Alberto Trevisiol

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Il seminario di rue du Bac viene restituito alle Missioni Estere di Parigi. Pio VII ristabilisce la Compagnia di Gesù (1814), nuovi istituti religiosi prendono vita, a Roma viene ricostruito il Collegio di Propaganda Fide (1817). Le Congregazioni Mariane risorgono a nuova vita in Francia e altrove. La “Congregation des Monisurs” di Lione, sempre presente nelle manifestazioni della vita cattolica lionese, dopo la caduta di Napoleone, fu interessata alla cooperazione missionaria2.

I primi centri propulsori di una nuova idea di cooperazione missionaria sorsero però, nel corso del primo ventennio del XIX secolo, a Parigi e a Lione. L’uno si interessava delle missioni dell’Estremo Oriente (Cina) dove lavoravano i missionari MEP; l’altro dell’America del Nord (Louisiana) da dove, il vescovo Luigi Guglielmo Valentino Du Bourg, nel 1815, si era recato a Roma per esporre lo stato precario della sua diocesi priva di sacerdoti. In Italia aveva raccolto denaro e reclutato parecchi sacerdoti, mentre in Francia aveva animato una colletta per la Louisiana chiedendo un contributo di venti soldi all’anno ad ogni offerente e lasciando l’incarico alla vedova madame Petit e al figlio Didier di continuarla dopo il suo ritorno in sede. Anche le MEP avevano istituito nella sede di Parigi una “Associazione di preghiera e di buone opere per la salvezza dei non Cristiani” che Pio VII aveva approvato il 30 novembre 1817, dotandola di privilegi e indulgenze. Per l’organizzazione finanziaria, l’associazione si ispirava ad un modello protestante. Denis Chaumont membro delle MEP, emigrato in Inghilterra, già nel 1814 aveva lanciato ai cristiani un appello molto semplice, ma destinato al successo. Chiedeva piccole offerte regolari e preghiere, affermando esplicitamente di ispirarsi agli Anabattisti di Londra tra i quali esistevano delle “sociétés auxiliaires” formate anche da credenti molto poveri che versavano un soldo alla settimana per contribuire anch’essi alla diffusione del Vangelo3. A questa associazione aderì Pauline Jaricot al cui nome è legata la prima delle Pontificie Opere.

2 g. zampetti, Le Pontificie Opere Missionarie, in aa.vv., Sacrae Congregationis Propagandae Fidei (= SCpF) Memoria Rerum, iii/2, Herder, roma 1976, pp. 413-449:416. Studio di grande rilievo, con ampia indicazione bibliografica. Cf. a. latreille, L’élan missionnaire en France au temps de Pauline Jaricot, in aa.vv., À temps nouveaux mission nouvelle. actes du premier Congrès missionnaire international, ed. du Centurion, paris 1963, 123-142. 3 Cf. g. zampetti, Le Pontificie Opere Missionarie, p. 417.

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Profilo storico delle Pontificie Opere Missionarie

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L’Opera della Propagazione della Fede Pauline Jaricot e il suo impegno per le missioni

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Pauline Jaricot nacque il 22 luglio 1799 a Lione, dieci anni dopo la rivoluzione francese. Battezzata da un sacerdote fedele a Roma, la giovane Jaricot era una persona preparata da Dio per le sue opere. A 17 anni, l’ascolto di una omelia quaresimale di p. J. Wendel Wtirtz provocava in lei una conversione decisiva. Vendette i suoi vestiti ed i suoi gioielli e si mise sotto la direzione del padre: la notte di Natale del 1816 fece voto di verginità e da allora la sua vita fu totalmente costruita attorno all’Eucaristia, per lei sorgente di apostolato. La sua vita spirituale assunse così una propria fisionomia: faceva perno tanto sulla adorazione eucaristica quanto sulla riparazione del cuore di Gesù misconosciuto e disprezzato. Infatti si impegnò tra le Riparatrici del Sacro Cuore, per il riscatto religioso della Francia. Erano, questi, atteggiamenti particolarmente diffusi dopo la rivoluzione francese, quasi a ripararne gli eccessi: entrambi puntavano sul mistero salvifico della persona di Gesù, riassunta nel simbolo del cuore; di questo Gesù si coglieva il suo essere-con-noi e per-noi ed il disinteresse, se non addirittura il disprezzo, dell’umanità. Erano atteggiamenti spirituali potenzialmente missionari. Di fatto la Jaricot si impegnò in questo campo. Tramite il fratello Philéas, giovane seminarista presso l’Istituto di S. Sulpizio, nel quale circolavano facilmente informazioni sulle ristrettezze in cui versavano i missionari francesi, Pauline, dotata d’intuito e di capacità organizzative, comprese che le missioni avevano bisogno di una struttura di supporto più efficace delle precedenti. Nel 1817 fondava una associazione spirituale, a cui aderivano soprattutto ragazze lavoratrici, che si incontravano per pregare e riparare il disprezzo riversato sul cuore di Gesù. Nel 1818, il gruppo divenne una associazione missionaria nel senso che cominciò a condividere e a diffondere il materiale che le veniva spedito dal p. Rondot, del Seminario delle MEP. Lo sviluppo si avrà quando, nel 1818, il lavoro delle MEP si incontra con la personalità della Jaricot ed il suo gruppo. L’incontro avvenne tramite il fratello Philéas, da sempre interessato alle missioni: sarà lui a mettere p. Rondot in contatto con il gruppo di Lione. 18

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Nel 1818 le MEP avevano pubblicato un libretto dal titolo Association de prière pour demander à Dieu la conversion des infidèles, la persévérance des chrétiens qui vivent parmi eux et la prospérité des institutions destinées à propager la foi. Il libretto raccomandava agli associati una doppia preghiera quotidiana: la prima era la preghiera alla Vergine di S. Bernardo mentre la seconda, rivolta a S. Francesco Saverio, offriva per le missioni tutte le opere buone compiute di venerdì; l’offerta facoltativa di un soldo ogni settimana completava i suggerimenti. Parlando di questo fatto il testo diceva: […] tutti gli associati che possono farlo facilmente sono esortati a mettere un franco la settimana nel contenitore per le elemosine situato nella sala delle riunioni, al fine di cooperare all’espansione del Vangelo. Piccole gocce di acqua fanno un oceano immenso4.

In questi suggerimenti la Jaricot trovava quanto stava cercando: l’impegno spirituale e formativo che prediligeva si concentrava così attorno alle missioni; si trattava di coniugare slancio spirituale e concretezza di azione. La rete organizzativa a cui la Jaricot pensava era costruita attorno alle relazioni interpersonali: l’idea è di creare gruppi di dieci persone, ognuna delle quali fosse a sua volta impegnata a radunare altre dieci persone e così via. Scrive sr. Cecilia Giacovelli: Il nuovo sistema di raccolta escogitato, suggeriva anche la scelta di persone di fiducia che avrebbero dovuto raccogliere il frutto delle collette di dieci capi-decurie (centurioni) e di un capo responsabile dell’ammontare del totale delle collette da devolvere all’Opera della Propagazione della Fede, presso il MEP. La rete delle “riparatrici”, riservando il venerdì alla raccolta del soldo settimanale per i missionari della Cina, la cui maggiore cura era dedicata all’infanzia abbandonata e destinata a morte prematura. I frutti del sistema adottato vennero subito alla luce... a Lione la prima colletta fruttò 87 franchi; la seconda 300; la terza 1.8005.

L’opera cresceva rapidamente, anche se non senza difficoltà e contrasti legati al fatto che, mentre il gruppo della Jaricot appoggia soprattutto le missioni cinesi e asiatiche, altri gruppi, come quello animato dalla vedova Petit de la Barre soste4 aa.vv., I fondatori delle Pontificie Opere Missionarie, (Quaderni delle pom 6F), roma 1973, p. 22. 5 C. giaCovelli, Il Cammino dell’animazione/cooperazione missionaria, roma 1992, p. 67.

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neva il vescovo di New Orleans, mons. Dubourg, originario di Lione. Il fratello Philéas informò Pauline degli eventi e degli effetti negativi di una simile concorrenza mentre la necessità di giungere ad un chiarimento si imponeva. 2.2

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Lo sviluppo dell’opera

Il 3 maggio 1822, a Lione, i responsabili dei diversi gruppi si incontrarono per chiarire i malintesi. Erano presenti mons. Angel Inglesi vicario generale di New Orleans, occasionalmente presente in Francia alla ricerca di aiuti per la Louisiana; l’abate Cholleton rettore del seminario S. Ireneo di Lione; dieci membri della Congregazione dei Signori di Lione. Due di essi, Victoir Girodon e Benoit Coste, rappresentavano Pauline Jaricot, assente per malattia. Il clima dell’incontro non era scevro da tensioni. I due prelati sostennero la causa del Nord America illustrando le necessità di quelle missioni, mentre Girodon e Coste, ancora seminaristi, proposero un’associazione con una visione universale. Victoir Girodon, pur con un accento fortemente polemico, comprendeva le potenzialità implicite nell’associazione che rappresentava. Sosteneva infatti: Io appartengo ad una Associazione fondata nel dicembre 1819, nella parrocchia di S. Policarpo, in favore delle missioni d’Asia del Seminario de la Rue du Bac. Voi le andate facendo una terribile concorrenza. Essa raccoglie già 150 franchi al mese. Fondata dalla signorina Jaricot, col metodo di un soldo alla settimana, essa è in grado, per mezzo delle decurie, di moltiplicare la raccolta all’infinito6.

Tuttavia lo spirito vero da cui era animata l’associazione della Jaricot venne espresso da Coste che affermò: Noi siamo cattolici e dobbiamo fondare qualche cosa di cattolico, cioè di universale. Noi non dobbiamo aiutare questa o quella missione, ma tutte le missioni del mondo7.

Al termine della riunione, tutti concordarono sulla necessità di una associazione unica, che amalgamasse i movimenti già esistenti: fu denominata “Associazione

6 Cit. in ibid., p. 68. 7 Ivi.

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per la propagazione della fede” e descritta come aperta a tutti e presente dappertutto, in grado di aiutare le missioni con la preghiera e le offerte. Questo sviluppo, per idee e metodi, era nella linea dell’Opera della Jaricot ma, l’elezione di un Consiglio Centrale di laici a cui venne affidata la direzione, le sottrasse la guida della associazione che prese ormai una certa ufficialità. Pauline Jaricot seppe cogliere negli eventi un segno della volontà di Dio e li accettò mettendosi da parte, ma continuando a partecipare all’opera che ora disponeva anche, verso la fine del 1822, della pubblicazione di un primo quaderno di informazioni sulle missioni dal titolo “Nouvelles reçues des Missions”. Nel 1825, assunse il titolo di “Annales de la propagation de la Foi”, e vi si pubblicavano fascicoli, a scadenza inizialmente irregolare, notizie, e lettere dalle missioni. Pauline Jaricot continuò ad appoggiare l’opera fino alla sua morte che avvenne il 9 gennaio 1862. Intenzionata a caratterizzarsi per un orizzonte cattolico, implicito nel proprio nome, nel 1823, l’associazione di Lione si mise in contatto con Roma e con Propaganda Fide. L.F. De Villiers, in un udienza particolare con Pio VII ottenne incoraggiamento e indulgenze. L’opera si estese velocemente a tutta la Francia e già nel 1824 oltrepassava i confini francesi per diffondersi in Belgio, Svizzera, Germania, Italia. Dal 1826 iniziò un rapporto molto stretto tra l’Opera e la Congregazione di Propaganda Fide; oltre che garanzia di piena ecclesialità, questo legame favoriva una migliore universalità ed una coerente organicità di strutture e le permise di definire sempre meglio le sue caratteristiche che, secondo Cecilia Giacovelli, così potevano essere riassunte: […] soprannaturalità del fine e dei mezzi (propagazione del dono teologale della fede; preghiera, sacrificio vissuto in piena condivisione del “SITIO” di Cristo sulla croce, per la salvezza del mondo); capillarità d’approccio, grazie al metodo delle decurie, con le persone di qualsiasi ceto sociale, ma che in virtù del battesimo partecipano delle immense ricchezze del Corpo Mistico di Cristo, organicità strutturale, grazie al rapporto associativo e all’assegnazione dei ruoli amministrativi...; universalità della destinazione delle risorse a tutte le missioni del mondo8. 8 Ibid., p. 69.

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Grazie a questi appoggi, l’Opera ebbe una grande diffusione tanto che il 3 maggio 1922, cento anni dopo il chiarimento decisivo, fu dichiarata “pontifìcia” da Pio XI, con il motu proprio Romanorum Pontifìcum9. La sede, di conseguenza, passò a Roma. L’opera era stata continuamente incoraggiata dalla S. Sede. Oltre a Gregorio XVI nell’enciclica Probe nostis del 15 agosto 184010, bisogna ricordare Leone XIII nella Sancta Dei Civitas del 3 dicembre 1880 e in Christi nomen del 24 dicembre 189411. La sua raccomandazione ritorna, poi, in Maximum illud (Benedetto XV, 30.11.1919) al n. 2212, in Rerum Ecclesiae (Pio XI, 28.2.1926) al n. 713, in Evangelii praecones (Pio XII, 2.6.1951) al n. 2314, in Fidei donum (Pio XII, 21.4.1957) al n. 2115, in Princeps Pastorum (Giovanni XXIII, 28.11.1959) al n. 5316. Da parte sua Paolo VI, approverà ad experimentum, il 10 aprile 1976, i nuovi Statuti delle POM, poi definitivamente confermati da Giovanni Paolo II il 26 giugno 198017. Tra le principali realizzazioni di questa Opera vi fu l’introduzione della Giornata Missionaria Mondiale; chiesta dal Consiglio Superiore dell’Opera nel marzo 1926, fu accordata senza indugi dalla S. Congregazione dei Riti già il 14 aprile dello stesso anno. La prima Giornata Missionaria Mondiale, stabilita per la penultima domenica di ottobre, sarà celebrata nel 1927. Con Paolo VI la Giornata sarà accompagnata da un Messaggio, volto a richiamare sia il compito missionario della chiesa sia le sue principali urgenze18. 19 aaS 14 (1922), 321-330. 10 Enchiridion della Chiesa Missionaria, 2 voll., eDb, bologna 1997, vol. i, pp. 100-113. 11 Ibid., pp. 114-137. 12 Ibid., pp. 148-177. 13 Ibid., pp. 214-239. 14 Ibid., pp. 252-307. 15 Ibid., pp. 308-349. 16 Ibid., pp. 362-415. 17 Ibid., pp. 950-987. 18 in generale si possono vedere: b. prinCe, ii: L’Opera della Propagazione della fede nelle antiche e giovani chiese, in Corso di Formazione missionaria per corrispondenza, anno 1995, Tutte le Chiese per la conversione di tutto il mondo. L’animazione e la cooperazione missionaria delle comunità cristiane, pum, roma 1995, pp. 3-18; p. meleSi-Fanti, Paolina Jaricot, roma 1937; J. Servel – m. CriStiani, Marie Pauline Jaricot, ed. du Chalet, paris 1961; g. naiDenoFF, Pauline Jaricot, Heroic

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L’Opera della Santa Infanzia Le sue origini e il suo ideale

3 3.1

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Sull’opera della S. Infanzia, Gianni Colzani scrive: Il punto che sta alla sorgente di questa associazione è il ruolo particolare dei “piccoli” di fronte all’annuncio del regno: essi sono particolarmente adatti ad accoglierlo ed a viverne la ricchezza di fede e di amore. Per quanto il lessico evangelico, con il termine “piccoli”, non indichi sempre e soltanto i bambini, ma anche altre categorie di persone, la “piccolezza” si impone come una categoria spirituale affascinante. Francesco d’Assisi ne farà il perno della sua scelta: vorrà che i suoi frati siano piccoli, siano “i minori”; favorirà inoltre l’attenzione all’umanità di Gesù e, con il presepio, sarà all’origine di una devozione a Gesù bambino. D’altra parte il cardinale P. de Berulle, con la sua concezione degli stati di vita, interpreterà lo stato di Gesù bambino nel quadro dell’incarnazione e lo comprenderà come abbandono obbediente nelle mani del Padre, come offerta di sé per il suo volere. Tramite il Carmelo ed i preti dell’Oratorio, questo tema dell’infanzia spirituale avrà una certa diffusione, soprattutto in Francia. Entro queste coordinate si deve collocare l’Opera della S. Infanzia19.

A questo ideale si ispirò anche il nobile parigino Charles Auguste de Forbin-Janson. Nato a Parigi il 3 novembre 1785, alla vigilia della rivoluzione francese. Charles scelse la vita ecclesiastica ed entrò nel seminario di S. Sulpice pensando alla vita missionaria. Tra i suoi compagni di studio, con cui si legò di grande amicizia, vi erano E. de Mazenod poi fondatore degli Oblati di Maria Immacolata ed H. de Solages poi missionario e Prefetto apostolico in Madagascar. Anche quando questo disegno tramonterà, gli rimarrà il desiderio di impegnarsi per le missioni e l’interesse per l’Estremo Oriente. Rettore di seminario e vicario generale a Chambéry, Forbin-Janson si impose come predicatore: esercizi ai religiosi e missioni al popolo costituirono larga parte di un lavoro che non distingueva più di tanto tra missioni “ad intra” e “ad extra”. Lay Missionary, pontifical mission aid Societies, Dublin 1988; C. giaCovelli, La donna delle due lampade. Biografia di Paolina Maria Jaricot, opF, roma 1999. 19 g. Colzani, La cooperazione missionaria, pro manuscripto, roma 2008, p. 22.

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Nel 1817 compì un lungo viaggio di predicazione nel Medio Oriente, toccando Egitto, Palestina, Siria e Turchia. Nel 1824 fu consacrato vescovo di Nancy e Toul divenendo primate della Lorena. Monarchico convinto e dichiarato, il vescovo Forbin-Janson non ebbe vita facile in un contesto rivoluzionario sempre più anticlericale; per questo nel 1833 fu costretto a lasciare la sua diocesi ed a vivere in Germania. Nonostante i suoi sforzi, Forbin-Janson non rientrò più in sede; morì presso Marsiglia il 3 novembre 1844. Durante questo periodo di lontananza dalla sede episcopale, ForbinJanson provò a comunicare a papa Gregorio XVI il desiderio di partire missionario per la Cina ma il papa non acconsentì. Gli concedette invece l’autorizzazione di recarsi, dietro invito, negli Stati Uniti ed in Canada (ottobre 1839-dicembre 1841) per svolgere il suo ministero tra gli immigrati cattolici di origine francese, impegnandosi soprattutto nella predicazione ai religiosi ed ai laici. Fu in Canada che rimase molto colpito dalle notizie apprese sulla piaga dell’infanticidio in uso in Cina. Venuto a conoscenza dell’azione a favore dei bambini che in questo Paese svolgeva il missionario francescano p. Jean-Martin Moye, pensò di coinvolgere i bambini d’Europa nel problema della salvezza dei bambini dell’Estremo Oriente, ispirandosi al criterio di cooperazione: “salvare l’infanzia, attraverso l’infanzia”, e allo spirito e al metodo adottati dall’Opera per la Propagazione della Fede (= OPF). Ritornato in Francia, nel 1842 a Lione ebbe una lunga conversazione con Pauline Jaricot, che non solo lo incoraggiò a perseguire nel suo intento, ma gli offrì tutta la sua esperienza per elaborare il metodo e l’organizzazione della nuova opera. Il Vescovo vorrebbe fare della sua associazione una branchia della OPF, già esistente, ma il rifiuto del Consiglio Direttivo di quella associazione lo costringe a farne un movimento separato e indipendente. Il 19 maggio 1843, giorno in cui si riunì per la prima volta il comitato direttivo dell’associazione denominata “Opera della Santa Infanzia”, venne ritenuta la data della sua fondazione. Due anni dopo, 19 maggio1844, fu approvata anche da Propaganda Fide. Scrive Cecilia Giacovelli: L’Opera, inizialmente assunse un carattere parrocchiale; alla sua guida fu posto un Direttore ecclesiastico: il Parroco, considerato direttore spirituale e primo 24

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responsabile dei gruppi aderenti; egli tuttavia veniva coadiuvato da alcuni consiglieri laici20.

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Membri dovevano essere i bambini sotto i 12 anni in ricordo dell’età che Gesù aveva quando si recò al tempio e su questo numero si basò tutta la organizzazione che prevedeva che gli ultra-dodicenni vi potessero rimanere aggregati, pur divenendo membri dell’Opera della Propagazione della Fede. Nonostante la mancanza di un impegno diretto nell’apostolato missionario, Forbin-Janson fu un’anima veramente missionaria che partecipava in modo vivo ad un movimento missionario che aveva proprio nella Francia la sua fucina; basti pensare, oltre alla Jaricot, ad Eugène de Mazenod, a J. Colin fondatore dei maristi ed a J.M. Coudrin fondatore della congregazione di Picpus. In questo contesto ForbinJanson diede una impostazione missionaria alla devozione a Gesù Bambino. Il nome “Santa Infanzia” era dovuto alla volontà di mettere l’Associazione sotto la protezione di Gesù Bambino. L’intuizione era quella di un movimento di bambini cristiani impegnati nell’aiuto di bambini pagani: salvarli, battezzarli ed educarli cristianamente costituivano l’impegno di una carità apostolica e solidale. A scanso di equivoci, lo stesso Forbin-Janson chiarì il senso missionario, non solo sociale, della iniziativa. L’espansione dell’associazione

3.2

L’associazione incontrò il favore della gente: le scuole, le famiglie e, in particolare, le mamme alle quali, nel 1850, Pauline Jaricot indirizzò una magnifica lettera per esortarle a sostenere l’Opera, furono tra quelle che risposero di più. Chiariti i rapporti con la OPF nel senso che la prima si rivolgeva agli adulti e la seconda ai bambini, che la prima raccoglieva delle offerte e la seconda dei contributi simbolici a misura di bambino, l’associazione conobbe un rapido fiorire: dalla Francia passò in Belgio ed in Inghilterra e, poco dopo, in America del Nord, in Italia e nei paesi germanici. Fondata da un vescovo e proseguita da altri sacerdoti – S. Ecc. mons. Bonamie e mons. Jammes – l’Associazione godette del favore della Chiesa e si organizzò at20 C. giaCovelli, Il cammino dell’animazione…, p. 70.

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traverso “uffici nazionali” costituiti nei diversi paesi. Tra i papi bisogna ricordare Leone XIII; papa Gioacchino Pecci, che aveva conosciuto ed appoggiato l’Opera in Belgio quando era Nunzio in quel Paese, la promosse anche da Papa: con l’enciclica Sancta Dei Civitas (3 dicembre 1880)21 la raccomandò al mondo cattolico. Nel 1922, Pio XI la costituì in associazione pontificia. Anche altri Pontefici: Leone XII, Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Giovanni XXIII e Paolo VI hanno dimostrato una grande benevolenza verso l’Opera22. Gianni Colzani così ne coglie l’attualità e il significato:

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L’Opera si inserisce in un filone non del tutto nuovo: si pensi a quella del riscatto dei piccoli africani. Certo il pericolo di morte dei bambini, che aveva commosso e spinto all’azione il fondatore, è difficilmente riproponibile allo stesso modo; va però detto che il rischio di sfruttare i bambini a scopi economici o sessuali e di negare loro i più elementari diritti dal cibo all’istruzione è oggi tutt’altro che scomparso. L’impegno per garantire a tutti un aiuto materiale e spirituale è quanto mai lodevole e raccomandabile. Allo stesso modo si deve riconoscere che i ragazzi sono una forza spirituale e sociale molto grande del mondo d’oggi: passa dalla loro educazione e formazione la reale trasformazione del mondo. Si tratta di operare un loro coinvolgimento personale e comunitario così da stimolare il dinamismo di apertura e di apostolato latente in loro: sostenere e rianimare un impegno che li faccia sentire parte di una famiglia dove tutti contano e tutti si aiutano è la sfida pedagogica che abbiamo di fronte. Movimento umanitario e religioso al tempo stesso, la S. Infanzia è strettamente legata al concreto: fa maturare nelle convinzioni profonde proprio facendo e vivendo. È possibile farlo solo in sintonia con la famiglia e la parrocchia, solo nel quadro di uno stretto legame con le chiese locali. Solo nel quadro di una pastorale dell’Infanzia, attento alla formazione alla preghiera, alla catechesi ed alla liturgia, anche questo movimento potrà avere un rilancio; oggi la crisi della società cristiana e della pastorale della iniziazione ha trascinato con sé la crisi anche di questo movimento. Il suo rilancio non può avvenire che in un quadro più vasto23.

21 Cf. Enchiridion della Chiesa Missionaria, vol. i, pp. 114-129. 22 in generale si possono vedere: n.e. Dionne, Mgr de Forbin-Janson, evèque de Nancy et de Toul, primat de Lorraine. Sa vie, son oeuvre au Canada, Quebec 1910; p. leSourD, Un grand coeur missionnaire, Monseigneur de Forbin-Janson, 1785-1844: Evèque de Nancy et de Toul, Primat de Lorraine, Fondateur de l’Oeuvre de la sainte enfance, paris 1944; a. breSSolleS, Vie de Mgr. De Forbin-Janson, CiD, paris 1967; H. boDet – r. rweyemamu, La società pontificale de l’enfance missionnaire, in Les Oeuvres pontifìcales missionnaires: leurs origines, histoire, situation actuelle dans le monde, roma 1985. 23 g. Colzani, La cooperazione missionaria, pp. 24-25.

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L’Opera di S. Pietro Apostolo

4

L’Opera di S. Pietro apostolo si interessò di sostenere il clero indigeno, problema sempre molto sentito dagli spiriti missionari più illuminati. L’occasione per passare dai princìpi alla pratica fu offerta dalle missioni dell’Estremo Oriente a cui la Francia, attraverso le MEP, era particolarmente sensibile. Tutto cominciò negli ultimi due decenni dell’ottocento quando mons. Cousin, Vicario apostolico di Nagasaki, si convinse della necessità di puntare su sacerdoti indigeni per il progresso della evangelizzazione.

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Scrive la Giacovelli: Il suo approccio con i Giapponesi non fu facile. Dalle difficoltà incontrate nel dialogo con essi, mons. Cousin maturò l’idea di quanto fosse necessaria, per il progresso dell’evangelizzazione, la presenza di sacerdoti indigeni. L’inaugurazione di una politica di tolleranza religiosa, da parte del governo giapponese, attorno all’ultima decade del secolo XIX, per un verso; e la costatazione che là dove il Vangelo penetrava, suscitava vocazioni sacerdotali, per un altro verso; spinsero il vicario apostolico a ricercare le soluzioni possibili: evidente gli parve la priorità di costruire dei seminari per poter assicurare ai giovani giapponesi, aspiranti al sacerdozio, un’adeguata formazione spirituale e teologica24.

Da tempo, tramite Maria Du Chesne presidente dell’“Opera Apostolica” giungevano in Giappone aiuti ai missionari. L’associazione infatti, forniva loro arredi sacri ed altri mezzi per l’apostolato, com’era avvenuto con il p. Villon, che aveva costruito la chiesa di S. Francesco Saverio a Kyoto con l’aiuto di Stephanie Cottin ved. Bigard e della figlia Jeanne, entrambe collaboratrici dell’opera della Du Chesne. Indirizzato dall’anziana benefattrice, mons. Cousin si rivolse, con una lettera del 1º giugno 1889, a Jeanne Bigard come alla persona più adatta per realizzare il suo scopo.

Jeanne e Stephanie Bigard le fondatrici

4.1

Jeanne Bigard nacque in Normandia da una famiglia benestante, l’8 dicembre 1859. La sua formazione e la sua personalità devono moltissimo alla madre Ste24 C. giaCovelli, Il cammino dell’animazione…, pp. 70-71.

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phanie Cottin in Bigard; non solo prende da lei un vivo interesse per la vita spirituale ma le due donne condivideranno ogni impegno ed ogni sacrificio. Jeanne maturerà un profondo interesse per gli operai del vangelo: i bisogni di sacerdoti, missionari e del clero indigeno le toccarono il cuore ed ella si dedicò alla preparazione di quanto occorreva al ministero sacerdotale, specie per il culto. Nonostante la sua timidezza e la sua scarsa salute, Jeanne si impegnò a fondo per quello che diventò lo scopo della sua vita: percorse tutte le diocesi della Francia, andò all’estero, si recò più volte a Roma. Il suo era un impegno spirituale e fattivo che la vide cooperare con il lascito di una eredità a molte iniziative missionarie. Morto il padre, Jeanne e la madre si ritirarono in due misere stanzette per poter destinare tutto il resto alle Missioni; il loro patrimonio era ormai costituito dalla corrispondenza che intrattenevano con molti missionari e seminaristi. Quando la richiesta di Cousin la raggiunge, Jeanne non esitò ad attivarsi per organizzare la raccolta dei fondi necessari; lei che bonariamente si soprannominava “testa di ferro” per la tenacia, comprese presto che questo impegno, che necessitava di protrarsi nel tempo, esigeva un movimento organizzato che se ne facesse carico: tra il 1889 ed il 1896, questa associazione prese forma e divenne l’“Opera di S. Pietro Apostolo”. La Chiesa guardò con prudenza a questi inizi ma, dopo la costruzione del seminario di Kandy (Sri Lanka), l’enciclica Ad extremas Orientis di Leone XIII (24 giugno 1893) raccomandò l’Opera a tutta la cristianità. Le due fondatrici, nell’ottobre 1894, compilarono gli Statuti dell’Opera, tracciandole un profilo universale che abbracciava tutte le missioni per le quali chiedevano preghiere, offerte e borse di studio affinché le giovani chiese potessero raggiungere lo scopo essenziale della formazione del clero locale. Nel 1894 la Bigard poté stampare il primo manifesto rivolto a tutti i cristiani per richiamare l’importanza di questo tipo di aiuto per le missioni. Intanto la collaborazione aumentava e Leone XIII, il 12 luglio 1985 inviava una lettera ai tanti sostenitori dell’opera, concedendo delle indulgenze. Nello stesso anno il vescovo di Sées ne promulgò l’approvazione diocesana a cui seguirono, grazie anche alla dinamica attività delle Bigard, la cooperazione da parte di vescovi e di sacerdoti francesi. 28

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Venne poi costituito un regolare Consiglio direttivo-amministrativo (1896) che redigeva periodiche relazioni dell’attività svolta e che venivano inviate anche a Propaganda Fide. Per rendere pubbliche tali informazioni e promuovere le iniziative dell’opera fu stampato, sempre nel 1896 il primo opuscolo illustrativo che recava in prima pagina una lettera di encomio per l’Opera e per il suo lavoro indirizzata dal Prefetto di Propaganda Fide (10 settembre 1986).

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La sede sociale intanto si trasferiva a Parigi, dove l’opera, nel 1900 ebbe come primo direttore ecclesiastico lo stesso Vicario Generale, mons. Péchenard. Ma la Bigard si premurava di ottenere anche un riconoscimento civile e, poiché lo stato laicista minacciava di appropriarsi di tutti i beni ecclesiastici, nel 1902, spostò la sede dell’Opera a Friburgo, in Svizzera. Ad agosto dello stesso anno, cogliendo l’occasione del Congresso Mariano ivi celebrato, Jeanne Bigard illustrò la sua opera ottenendone l’apprezzamento e il sostegno dei vescovi e del clero. L’opera era ormai realtà viva della Chiesa. Intuendo però la gravità dei sintomi della malattia che dopo la morte della madre, avvenuta il 5 gennaio 1903, incombeva su di lei, la Bigard si recò più volte a Roma dal card. Gotti, Prefetto di Propaganda Fide, per ottenere, che l’Opera fosse affidata alle religiose Francescane Missionarie di Maria, come di fatto avvenne il 23 gennaio 1905. Lo sviluppo dell’Opera

4.2

L’opera era stata posta in buone mani e continuò a svilupparsi sotto la direzione generale del can. R.D. Bossen che già nel 1902 il vescovo di Friburgo aveva nominato assistente ecclesiastico della medesima. Su richiesta delle Francescane Missionarie di Maria e per desiderio di Benedetto XV, che nella enciclica Maximum illud aveva considerato l’Opera come un mezzo che provvedeva alla educazione e formazione del clero nelle missioni, il 26 aprile 1920, Propaganda Fide rivide e approvò per un triennio gli Statuti dell’Opera ponendola sotto la protezione di S. Teresa di Lisieux e nel 1929 ne trasferì la sede a Roma. Pur essendo ancora in vita, Jeanne Bigard non poté seguirne personalmente gli sviluppi e i consensi ottenuti. La sua intelligenza, affaticata dagli strapazzi e non più sostenuta dalla forte personalità della madre, venne stravolta da un forte abbattimento che le toglieva lucidità e solo a tratti le permetteva piena coscienza. I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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Ricoverata prima in un Istituto religioso e poi in una clinica parigina (1905), visse interiormente l’angoscia del Getsemani e della croce. Ben presto però il peggioramento del suo stato (1906) consigliò di portarla ad Alençon presso le suore di S. Giuseppe dove si spense il 18 aprile 1834 senza aver più recuperato l’uso della ragione. La tristezza della sua fine non può far dimenticare come questa figura sia stata il punto di incrocio di una serie importante di temi missionari: una viva coscienza della mondialità, una nitida consapevolezza della decisività del clero indigeno nella missione, una mobilitazione spirituale ed umana delle chiese di antica cristianità in un quadro di solidarietà interecclesiale, un ruolo particolare fatto proprio dai laici in questo cammino25. Scrive Gianni Colzani: Il senso profondo dell’Opera (delle Bigard) sta nel saldare strettamente la missione cattolica con i temi dell’apostolicità. Il punto di partenza può forse venir indicato in Rm 10, 14-15: “come potranno credere, senza averne sentito parlare? e come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?”; la apostolicità si fonda su Gv 20, 21 ed indica nell’invio degli apostoli la loro partecipazione al movimento di amore che, tramite Cristo, scende dal Padre verso l’umanità. L’apostolicità si lega così alla volontà divina di sottomettere la comunicazione del vangelo alle dinamiche umane e, quindi, ad una trasmissione storica che – oltre che con la necessità degli operai – deve fare i conti con la cultura, la vita, la religione di un popolo e la sua organizzazione sociale26.

L’Unione Missionaria (del clero, dei religiosi e delle religiose)

5

L’ultima a nascere, tra le opere pontificie, fu l’“Unione Missionaria del Clero”. Se ne comprende quasi d’istinto il suo significato poiché, se è compito di ogni 25 in generale si possono vedere: p. leSourD, L’holocauste de Jeanne Bigard 1859-1934, fondatrice de l’oeuvre pontificale Saint-Pierre Apótre, plon, paris 1938; trad. it. Jeanne Bigard, fondatrice della Pontificia opera di S. Pietro Apostolo per il clero indigeno delle missioni, pom, roma 1979. m. Du tempie, Le sacrifice de Jeanne Bigard fondatrice de l’oeuvre de Saint-Pierre-Apótre pour les séminaires indigènes, paris 1934; i. giorDani, Giovanna Bigard, fondatrice dell’Opera di S. Pietro Apostolo per il clero indigeno, pia società San paolo, alba 1939; F. CaSaDei, Tutta una vita per le giovani Chiese, roma 1975; g. luCarelli, Jeanne Bigard, roma 1990. 26 g. Colzani, La cooperazione missionaria, p. 20.

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cristiano di testimoniare la propria fede, appartiene alla natura stessa del sacerdozio il fatto di dover assumersi, secondo il mandato del Signore, il compito di annunciare il Vangelo a tutte le creature e di alimentare nei fedeli il senso profondo della universalità della missione cristiana. A ragione quindi, Paolo VI nella lettera apostolica Graves et increscentes del 5 settembre 1966 la presentò «come l’anima delle altre Pontificie Opere Missionarie». A oltre quarant’anni dal Concilio Ecumenico Vaticano II, queste motivazioni vanno approfondendosi ed ampliandosi: il legame sempre più evidente della missione con il collegio episcopale e con la chiesa locale ed il suo presbiterio portano chiaramente in primo piano il carattere missionario del ministero sacerdotale. Tuttavia queste idee hanno avuto una lunga incubazione ed hanno attraversato momenti difficili prima di coinvolgere il contesto ecclesiastico-sacerdotale, centrato sulla identificazione del ministro come legato e assorbito dall’ambito particolare del proprio ministero. Sorse dapprima a Munster, in Germania, ad opera del missiologo Joseph Schmidlin una “Unione missionaria per il clero di Munster” (1912) dove confluirono alcuni gruppi di sacerdoti che dal 1910, sul modello di analoghe iniziative protestanti, si radunavano per scopi culturali e pastorali. In Olanda, quasi in concomitanza si sviluppava, diramandosi in varie diocesi, la “Unio Cleri pro missionibus in Holandia”. Negli Stati Uniti esisteva una esemplare forma di organizzazione volta a promuoverne lo spirito missionario e a dotare le missioni degli indispensabili mezzi. In Italia vi era la “Lega Apostolica”, fondata da P. Petazzi per appoggiare le missioni della Compagnia di Gesù ed approvata dall’Arcivescovo di Torino nel 1915, che si diffonderà largamente anche in Olanda. Il clero dunque, non era mai stato totalmente assente dall’attività missionaria, ma necessitava di una organizzazione unitaria ed universale. Fu questa l’idea di p. Paolo Manna. P. Paolo Manna e il cammino di un’idea

5.1

Nato ad Avellino il 16 gennaio 1872, Manna entrò nel PIME e partì come missionario per la Birmania. Rientrato definitivamente in Italia per motivi di salute, I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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Manna – dopo un momento di abbattimento – scoprì la sua vera vocazione: far conoscere i progressi della fede nel mondo ed i bisogni della missione. Per farlo si appoggiò alla nozione di “cooperazione” che, per lui, scrive G. Colzani:

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[…] non è soltanto un impegno per opere buone ma è il dovere di edificare una chiesa in grado di svolgere pienamente i suoi compiti. In questo senso si appropria la tradizione cattolica che valorizza, sullo sfondo della grazia, la libera risposta dell’uomo e colloca il suo lavoro tanto nella linea di una nuova concezione di vita ecclesiale aperta anche all’impegno dei laici, quanto nella prospettiva di una nuova strategia pontificia, ormai decisa a legare l’evangelizzazione del mondo alla valorizzazione dell’elemento indigeno. Manna penserà alla Unione missionaria del clero come allo strumento privilegiato per questo scopo27.

L’idea venne formulata e resa manifesta nel libro Operari autem pauci, pubblicato nel 1908, in cui proponeva una associazione del clero, che sollecitava ad una maggiore cooperazione all’apostolato missionario e si rivolgeva ai seminaristi affinché si lasciassero coinvolgere nel sostenere le missioni tra gli infedeli. Nel capitolo XXI Manna scriveva che: […] sarebbe ottima cosa istituire in ogni diocesi una associazione di zelanti sacerdoti, i quali si proponessero di zelare tutte le opere che tendono a favorire la diffusione del Vangelo tra gli infedeli e si offrissero a dare schiarimenti e incoraggiamenti per lo stabilimento delle opere della Propagazione della fede e della Santa Infanzia nelle parrocchie; andassero gratuitamente a predicare nelle loro feste per farne meglio apprezzare dai fedeli l’eccellenza e l’importanza; favorissero le vocazioni alle missioni, non solo tra i chierici, ma anche tra i giovani chiamati allo stato religioso; e soprattutto diffondessero su larga scala i periodici già esistenti, che trattano di missioni e, potendo, fondarne di nuovi; mettendosi direttamente in relazione con i missionari che si volessero in particolar modo aiutare28.

Tuttavia il Manna non era ancora pronto ad elaborare un piano organico e operativo per realizzare la sua idea. Giungono intanto nelle sue mani le istanze di alcuni sacerdoti milanesi che chiedevano, già nel 1912 e ancora nel 1914, un progetto per poter esprimere il loro spirito missionario. Egli conosceva gli Statuti dell’“Apostolato per le missioni del Seminario lombardo” e l’esistenza del “Se27 g. Colzani, La cooperazione missionaria, p. 31. 28 Ibid., p. 32.

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gretariato bergamasco per l’Opera della propagazione della Fede” che mons. Radini Tedeschi aveva istituito per la diocesi di Bergamo. Alla fine, durante il 1915, concepì il piano organico di una “Associazione del Clero”. Determinante fu il suo incontro con mons. Guido Maria Conforti, fondatore dei Missionari Saveriani, avvenuto il 25 febbraio 1916, a cui presentò l’idea e gli Statuti della nuova Associazione. La condivisione dell’idea da parte del Vescovo di Parma fu totale, tanto che in un’udienza privata accordatagli dal papa Benedetto XV ne parlò al Pontefice. Il 31 ottobre 1916 il card. Serafini, prefetto della Congregazione di Propaganda Fide informò il Conforti che il Papa, il 23 dello stesso mese, aveva approvato l’Associazione e poco dopo il Prefetto la presentava ai vescovi d’Italia con il nome di “Unione Missionaria del Clero” con le caratteristiche dell’universalità, autonomia e direzione centralizzata. L’idea del Manna si era così concretizzata, come scrive il Colzani, in: […] una Associazione ecclesiale, in grado di organizzare le diocesi a livello nazionale ed internazionale, alle dipendenze di Propaganda Fide. Fu certamente il risultato di molti fattori che Manna richiama accuratamente. Innanzitutto vi è il suo compito di direttore de Le Missioni Cattoliche che lo spinge a richiamare il ruolo insostituibile dei presbiteri in ordine all’annuncio del vangelo, alla educazione della coscienza del popolo di Dio ed all’orientamento delle vocazioni; la sua conclusione è che solo una riforma globale, culturale e spirituale, sarebbe stata in grado di favorire il carattere apostolico del ministero presbiterale29.

Di questa associazione Paolo Manna ne fu il fondatore e mons. Conforti il patrocinatore e protettore. L’azione del Manna a favore dell’opera, anche se con periodi di separazione fisica, fu determinante per il successo della medesima e permeò la vita del fondatore fino alla sua morte avvenuta a Napoli il 15 settembre 1952. Giovanni Paolo II lo proclamerà beato nel 200130. Mentre Benedetto XVI proclamerà Santo Mons. Conforti il 23 ottobre 2011. 29 Ibid., p. 33. 30 Sulla figura di p. paolo manna si possono vedere: g. butturini – g. Colzani, Illuminata passione. Il beato Paolo Manna nella storia della missione contemporanea, emi, bologna 2001; p. manna, Osservazioni sul metodo moderno di evangelizzazione, bologna 1977; g.b. tragella, Un’anima di fuoco: P. Paolo Manna (1872-1952), pime, napoli 1954; r. trotta, Padre Paolo Manna fondatore dell’Unione Missionaria del Clero, pime, milano-napoli 1966; g. butturini, Le missioni cattoliche in Cina tra le due guerre mondiali. Osservazioni sul metodo moderno di evangelizzazione di p. Paolo Manna, emi, bologna 1998; F. germani, P. Paolo Manna, 5 voll., trentola-Ducenta 1989-1994; p. CatriCe, Le Père Paul Manna fondateur de l’Union Missionnaire du Clerge, p. lethielleux, rome-paris 1966.

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5.2

L’affermazione e il senso dell’Unione

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L’adesione all’“Unione Missionaria” avrebbe dovuto garantire uno stato permanente di comunione di tutti i sacerdoti con la missione della Chiesa attraverso il sostegno della preghiera , la vicinanza della carità concreta e spirituale alla vita e all’attività dei missionari operanti sui vari campi di missione. Inoltre l’“Unione Missionaria” si proponeva di assicurare una formazione teologica aperta alle problematiche dell’evangelizzazione in modo da rendere i sacerdoti solleciti nel favorire le vocazioni missionarie e attenti nell’animare missionariamente tutti i membri del popolo di Dio. L’Unione conobbe una sorprendente diffusione: nel 1919 contava già 4.035 aderenti, nel 1920 era arrivata a ben 10.215 membri. Manna attribuì il successo e la diffusione dell’Associazione all’appoggio della S. Congregazione di Propaganda Fide ed alla palese fiducia che il papa dimostrò al riguardo. In effetti la Maximum illud di Benedetto XV (1919) conteneva l’esplicito desiderio del Papa di vederla stabilita in tutte le diocesi, e la Rerum Ecclesiae di Pio XI (1926) la definì “provvidenziale”. Si spiega così l’incredibile successo di una iniziativa che nel 1920 celebrò il suo primo Congresso italiano e nel 1922 il primo internazionale. Anche i Pontefici successivi ribadiranno più volte il loro apprezzamento per quest’opera. Essa continuò ad affermarsi e ad estendersi, accogliendo anche i religiosi non sacerdoti, all’ombra della Congregazione di Propaganda Fide fino ad essere inserita nel “Supremo Comitato direttivo delle pontificie Opere”. Quanto al senso dell’associazione chi lo ha meglio espresso è il Colzani che scrive: Manna vede il punto di partenza della Associazione nel fatto che esiste un profondo rapporto tra la personalità ed il ministero del sacerdote e l’opera apostolica della diffusione del vangelo: “il clero cattolico – scriverà in Cammino di un’idea – non può rimanere estraneo all’opera della conversione del mondo tuttora infedele. Sarebbe innaturale, dannoso. L’affare lo riguarda assolutamente da vicino e nessun prete lo può ignorare o può disinteressarsene”. Manna osserva che, per quanto scontata, questa affermazione è offuscata dalla divisione, dalla netta separazione comunemente ammessa tra sacerdoti in patria e missionari all’estero. Senza sviluppare qui la sua teologia della vocazione, basti dire che Manna non accetta che l’unica chiamata di Dio, l’unica vocazione legittimi questa separazione: non vi è, per lui, una vocazione missionaria che gli uni hanno e che agli altri manca. Per Manna “ogni sacerdote per natura, per definizione è un missionario”. Poiché riguarda la gloria di Dio e la redenzione, la missione 34

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interessa tutti ma, particolarmente, i sacerdoti: “il problema missionario è per questa ragione un problema essenzialmente sacerdotale: i sacerdoti sono stati creati proprio in ordine ad esso, perché per il loro ministero tutti gli uomini giungano alla salute e il regno di Dio si stabilisca su tutta la terra”31.

Per questo la conversione del mondo alla fede esige il ministero dei sacerdoti e la cooperazione di tutti i cristiani. Nel 1949 l’allora Congregazione di Propaganda Fide estese l’Unione anche ai religiosi e alle religiose con il decreto Huic Sacro.

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Conclusione

Le Pontificie Opere Missionarie, anche se sorte in contesti storici, geografici e spirituali differenti, manifestarono fin dalle loro origini un costante punto in comune: il bisogno di allargare il senso della missione a tutta la Chiesa a cui la missione stessa appartiene come elemento essenziale della sua identità (cf. AG 2). Per quanto ciascuna di esse abbia sempre bisogno di una rivisitazione degli scopi e di un adeguamento dei metodi che usa, per connetterla allo sviluppo della teologia e al cambiamento dei tempi che coinvolge profondamente anche la missione della Chiesa, resta il fatto che il loro servizio è, forse, il più valido aiuto di cui, ancor oggi le missioni dispongono, esprimendo il significato pratico della cooperazione missionaria. Come già in parte si è ricordato, queste hanno avuto il loro primo riconoscimento ufficiale con il motu proprio Romanorum Pontificum di Pio XI (3 maggio 1922). Precedentemente Benedetto XV nella sua enciclica missionaria Maximum illud aveva ricordato gli interventi di alcuni suoi predecessori in elogio e raccomandazione delle Opere: Gregorio XVI con la lettera apostolica Probe nostis (15 agosto 1840); Leone XIII con l’enciclica Sancta Dei Civitas (3 dicembre 1880). Nel suo motu proprio del 1922 Benedetto XV offriva all’Opera della Propagazione della Fede con i suoi primi Statuti, anche il titolo di “Pontificia” e con il motu proprio Vix ad summi (24 giugno 1929), dava lo stesso titolo anche alla Pontificia Opera di San Pietro Apostolo con i suoi Statuti. Lo stesso avvenne anche con l’Opera della Santa Infanzia. La Unione Missionaria del Clero fu in precedenza approvata ufficialmente con i propri Statuti, il 31 ottobre 1916 da Benedetto XV, ma ebbe il titolo di Pontificia da Pio XII il 28 ottobre 1956. 31 g. Colzani, La cooperazione missionaria, pp. 35-36.

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Un altro motu proprio, Decessor noster (24 giugno 1929) di Pio XI, trattava del “Coordinamento delle Pontificie Opere Missionarie” che risultavano definite come un’unica Istituzione con quattro distinte Opere: la Pontificia Opera della Propagazione della Fede; la Pontificia Opera di S. Pietro Apostolo; la Pontificia Opera della Santa Infanzia o Infanzia Missionaria; la Pontificia Unione Missionaria. Per la prima volta venne introdotto un “Comitato Supremo” nella loro organizzazione internazionale e un “Comitato Nazionale” per ogni nazione. Da allora il cammino di coordinamento e di unificazione è proseguito sempre più impegnato, nel rispetto delle specifiche finalità di ciascuna Opera, arrivando con gli Statuti del 1976, approvati da Paolo VI (10 aprile 1976) ad una vera unione, fino a giungere con l’approvazione definitiva degli Statuti da parte di Giovanni Paolo II (26 giugno 1980), con l’invito a rivederli ogni cinque anni ad un vero cammino di comunione32. Gli Statuti del 2005, attualmente vigenti, sono stati rivisti e approvati dall’allora Prefetto della CEP card. Crescenzio Sepe il 26 giugno 2005, dopo un lungo itinerario di aggiornamento. Questi Statuti sono la legge particolare delle POM che vogliono esprimere essenzialmente un aspetto della natura missionaria della Chiesa nella prospettiva della comunione e nella sua dimensione universale e locale.

32 per un approfondimento di tutto il lavoro di revisione si può vedere: F. galbiati, Pontificie Opere Missionarie. Storia del loro diritto particolare, “euntes Docete” 59 (2006) 1, 47-71.

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La legislazione vigente delle Pontificie Opere Missionarie Gli Statuti e la loro elaborazione1

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Introduzione

Per incrementare la cooperazione missionaria, anche mediante un’efficace raccolta e un’equa distribuzione dei sussidi economici, la Congregazione [per l’Evangelizzazione dei Popoli] si serve specialmente delle Pontificie Opere Missionarie, cioè della Propagazione della Fede, di San Pietro Apostolo, della Santa Infanzia e della Pontificia Unione Missionaria del Clero2.

Con queste parole la costituzione Pastor bonus indica i compiti specifici delle POM ed elenca quali sono. Benché esse siano nate in epoche diverse e si siano sviluppate autonomamente, le quattro Opere costituiscono un’unica istituzione, regolata dal nuovo Statuto, che è entrato in vigore il 26 giugno 2005. Prima di addentrarmi nell’esame di alcuni aspetti, tra i più significativi, dello Statuto delle POM, credo sia necessario e utile spendere una parola per meglio comprendere cosa siano gli statuti in genere, secondo quanto viene disposto nel CIC. Rimandando alla lettura dei singoli articoli del nuovo Statuto per una visione completa dell’origine, della natura, dell’organizzazione e dei compiti delle POM, mi limito qui ad indicare alcuni aspetti specifici, sia per evidenziare il nuovo contesto in cui si inseriscono le norme statutarie delle POM, e cioè la natura missionaria della Chiesa e la responsabilità di tutto il popolo di Dio nell’azione missionaria, sia per sottolineare alcuni aspetti precipui, quali la cooperazione missionaria nei suoi diversi livelli organizzativi e operativi, il compito precipuo del Dicastero missionario, il carattere peculiare delle POM e l’esistenza al suo interno di uno speciale fondo di solidarietà per la raccolta e l’amministrazione dei sussidi economici. 11 Ho già trattato dell’argomento nel mio contributo Lo Statuto delle Pontificie Opere Missionarie. Rilievi canonistici, “euntes Docete” 59 (2006), 73-88. 12 ioanneS pauluS pp. ii, constitutio apostolica Pastor Bonus, de romana Curia (28 iunii 1988), art. 91, in aaS 80 (1988), 883.

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La legislazione delle Pontificie Opere Missionarie

1

Gli statuti nel Codice e lo Statuto delle POM

1.1

Gli statuti nel Codice

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In diversi luoghi del CIC si parla degli statuti; devono avere statuti propri, ad esempio, i seminari, le prelature personali, le Conferenze episcopali, il consiglio presbiterale, le cosiddette nuove forme di vita consacrata, le Conferenze dei Superiori maggiori, le università cattoliche, le facoltà ecclesiastiche, il Collegio dei cardinali, i santuari, le associazioni dei fedeli. Ogni normativa statutaria va inquadrata all’interno della disposizione codiciale, con cui il Legislatore ha inteso provvedere all’organizzazione e al funzionamento di un soggetto o di un ente personale o fondazionale. Nel Libro I del CIC3, il can. 94, che tratta degli statuti, propone una descrizione, assieme al riconoscimento implicito, di un “diritto”, nel significato più ampio del termine, per tutto ciò che costituisce normativa precisa delle persone giuridiche, pubbliche o private che siano, nella Chiesa. Gli statuti, in senso proprio, sono ordinamenti che vengono composti a norma del diritto negli insiemi sia di persone sia di cose, e per mezzo dei quali sono definiti il fine dei medesimi, la loro costituzione, il governo e i modi di agire (can. 94, § 1).

Nella prima parte del § 1 del can. 94 si rinviene la definizione canonica di statuti: in senso proprio, sono ordinamenti che vengono composti a norma del diritto negli insiemi sia di persone sia di cose. Il CIC ha voluto espressamente dare tale definizione al termine statuta: per questo scopo usa l’espressione “in senso proprio” e ha voluto precisarne l’estensione. Sebbene il concetto sia stato inizialmente applicato solo alle associazioni pubbliche e private e agli insiemi di cose, in seguito si è allargato anche agli Istituti di vita consacrata e alle Società di vita apostolica, fino a comprendere tutti gli insiemi di persone e di cose4. Quando si parla di statuti non ci si vuole limitare agli insiemi di persone e di cose, che sono persone giuridiche, pubbliche o private, nella Chiesa. Infatti, preso atto 13 il Codice dei canoni delle Chiese orientali non ha un canone corrispondente al can. 94 del CiC. 14 per la progressiva estensione del concetto di statuta, si vedano le discussioni e le osservazioni negli Schemi di revisione del Codice in “Communicationes” 3 (1971), 48, 82 e 93; 6 (1974), 202; 9 (1977), 234; 14 (1982), 138-139; 23 (1991), 46.

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che «le persone giuridiche nella Chiesa sono o insiemi di persone o insiemi di cose» (can. 115, § 1), si deve aggiungere che non tutti gli insiemi di persone e di cose sono persone giuridiche nella Chiesa: perché un insieme di persone o di cose, già individuabile con sicura determinazione, diventi effettivamente persona giuridica è necessario che ciò sia formalmente disposto dal diritto oppure che vi sia una concessione speciale da parte della competente autorità data per mezzo di un decreto, come stabilisce il can. 114, § 15. Di conseguenza, proprio per la definizione del can. 94, § 1, il concetto di statuti si applica anche ai gruppi di fedeli, insiemi di persone, che costituiscano associazione privata, per semplice accordo privato tra i membri. Non solo, ma il previo esame degli statuti di tale semplice insieme di persone dà la concreta possibilità del suo riconoscimento da parte dell’autorità ecclesiastica competente, senza tuttavia la concessione di personalità giuridica, anche solo privata. È quanto si ricava appunto sia dal can. 1176, sia dal can. 299, § 37. Il Codice perciò non intende parlare soltanto degli statuti delle persone giuridiche8. Criterio fondamentale per la redazione degli statuti è la conformità alle norme del diritto. Nella sua accezione più vasta, diritto indica sia quello che riveste la caratteristica della legge ecclesiastica, universale, particolare o propria, sia quello che non possiede tale caratteristica. Gli statuti perciò dovranno essere conformi ad entrambi i diritti, oltre ad osservare le disposizioni date dalla competente autorità della Chiesa, che abbia o no la potestà di governo ecclesiastica di cui al can. 129, § 19. Nella seconda parte del § 1 del can. 94 si dispone circa il contenuto degli statuti; in essi si deve indicare il fine, la costituzione, il governo e i modi di agire degli insiemi di persone o di cose. 15 «le persone giuridiche sono costituite o dalla stessa disposizione del diritto oppure dalla concessione speciale da parte della competente autorità data per mezzo di un decreto, come insiemi sia di persone sia di cose ordinati ad un fine corrispondente alla missione della Chiesa, che trascende il fine dei singoli». 16 «nessun insieme di persone o di cose che intenda ottenere la personalità giuridica, può validamente conseguirla se i suoi statuti non siano stati approvati dalla competente autorità». 17 «nessuna associazione privata di fedeli è riconosciuta nella Chiesa, se i suoi statuti non sono esaminati dall’autorità competente». 18 in tal senso p.g. marCuzzi, Statuti e regolamenti, “apollinaris” 60 (1987), 537; in senso contrario v. De paoliS – a. D’auria, Le Norme Generali. Commento al Codice di Diritto Canonico. Libro Primo, uup, Città del vaticano 2008, p. 266. 19 «Sono abili alla potestà di governo, che propriamente è nella Chiesa per istituzione divina e viene denominata anche potestà di giurisdizione, coloro che sono insigniti dell’ordine sacro, a norma delle disposizioni del diritto».

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La legislazione delle Pontificie Opere Missionarie

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Il fine è l’elemento originario unificante dell’insieme delle persone o dell’insieme di cose; vale a dire, non solo costituisce il fondamento per cui sorge l’insieme in quanto tale, ma si adatta anche globalmente all’insieme, riconducendolo ad una sua propria unità. Si tratta perciò dell’elemento più importante degli statuti. La costituzione dell’insieme può assumere svariate forme, secondo la natura dell’insieme stesso. Elemento di notevole importanza dal punto di vista giuridico, la costituzione degli insiemi sia di persone sia di cose dichiara l’esistenza dell’insieme in quanto tale e conferma il fine per cui l’insieme stesso è costituito; in pari tempo, stabilisce un diritto, mediante il quale l’insieme nel suo complesso si organizza. Alla costituzione e alla determinazione del fine si aggiungono altri due elementi del contenuto degli statuti: il governo e i modi di agire. Il primo assicura la conduzione dell’insieme al suo fine, mentre il secondo indica i mezzi comuni con i quali perseguirlo. Da quanto sin qui esposto, si deduce che il § 1 del can. 94 è particolarmente importante per la sua forte incidenza nella vita e nell’organizzazione delle normative interne della Chiesa, anche se esso, essendo generale, deve essere poi commisurato e confrontato con le disposizioni proprie di ogni singolo insieme di persone o di cose, a norma del diritto. Nella disposizione del § 2 del can. 94 si richiama la forza obbligante degli statuti, per cui agli statuti di un insieme di persone sono obbligate le sole persone che ne sono legittimamente membri; agli statuti di un insieme di cose, quelli che ne curano la conduzione: «Agli statuti di un insieme di persone sono obbligate le sole persone che ne sono legittimamente membri; agli statuti di un insieme di cose, quelli che ne curano la conduzione». Gli statuti assumono quindi la tipologia propria delle leggi personali, dal momento che sono i soli membri dell’insieme di persone che devono osservare il diritto statutario; e solo chi dirige la gestione dell’insieme di cose è obbligato alla normativa di esso10. 10 J. otaDuy guérin, Las caracteristicas juridicas de los estatutos según el c. 94, in w. aymanS – K.tH. geringer – H. SCHmitz (edd.), Das konsoziative element in der Kirche, eos verlag erzabtei, St. ottilien 1989, pp. 313-319.

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Infine, quanto è prescritto nel § 3 del can. 94 indica che gli statuti nel loro complesso o le disposizioni all’interno di essi possono assurgere alla configurazione di autentica legge ecclesiastica: «Le disposizioni degli statuti, fatte e promulgate in forza della potestà legislativa, sono rette dalle disposizioni dei canoni sulle leggi». La condizione richiesta è che siano fatte e promulgate in forza della potestà legislativa11.

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Lo Statuto delle Pontificie Opere Missionarie del 2005

1.2

Come è organizzato lo Statuto delle POM e che cosa è contenuto in esso? Lo Statuto si compone di due parti; la prima parte è di carattere storico-dottrinale e la seconda di carattere normativo. Nella prima parte si enunciano i princìpi teologici su cui si fonda l’attività missionaria della Chiesa. Sulla base della fondamentale affermazione del Vaticano II che ha proclamato la missione come connaturale alla Chiesa, in quanto promana dalla missione trinitaria (nn. 1-3), lo Statuto riconosce sia l’urgenza e l’attualità della missio ad gentes (nn. 4-5), sia la cooperazione missionaria di tutti i battezzati (nn. 6-8). In forma sintetica si presenta la nascita delle POM (nn. 9-10) e si sottolinea la riscoperta del protagonismo missionario delle Chiese particolari, nei rinnovati contesti ecclesiali e sociali (n. 11). Si descrive la natura e l’importanza delle singole Opere – della Propagazione della Fede, di S. Pietro Apostolo, della Santa Infanzia o Infanzia Missionaria e dell’Unione Missionaria del Clero – (nn. 12-14), se ne sottolinea il carattere pontificio, episcopale e autonomo (nn. 15-18) e si presenta l’obiettivo specifico, che si individua nel sostegno all’evangelizzazione (n. 19), specie attraverso i fondi di solidarietà, segno di sollecitudine, ma anche strumento in vista di una progressiva autonomia delle Chiese dei territori di missione (n. 20). La cooperazione missionaria, che non si limita al sostegno economico, si esprime sia nella partecipa11 non è detto “fatte e promulgate da chi ha potestà legislativa”, per il semplice motivo che la redazione delle leggi esige un complesso lavoro di stesura, fatto normalmente da chi non ha potestà legislativa, ma agisce in forza di essa; anche la promulgazione è fatta talvolta da chi non possiede la potestà legislativa, ma agisce in forza di essa.

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zione alle proposte di vita associativa sia nella collaborazione alle iniziative specifiche di aiuto (n. 21), senza dimenticare itinerari di formazione sia personali sia comunitari (n. 22). La seconda parte, più propriamente normativa, si compone di due titoli.

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Il titolo I presenta le quattro Opere, evidenziando i precipui e specifici compiti di ciascuna (artt. 1-22). Il titolo II delinea nel cap. 1 l’organizzazione interna delle Opere, sia sotto il profilo del governo sia sotto quello dell’amministrazione a livello centrale (artt. 23-45); mentre nel cap. 2 si espone il modo di procedere nelle riunioni in ambito regionale e continentale (artt. 46-49). Il cap. 3 polarizza l’attenzione sul compito delle Opere a livello nazionale e diocesano (artt. 50-60); e l’ultimo capitolo, il quarto, regola la raccolta e la destinazione delle offerte dei fedeli (artt. 61-64). Si deve notare che nello Statuto del 1980 l’Unione Missionaria del Clero comprendeva anche le religiose e i religiosi; queste ultime due categorie non vengono più menzionate, almeno nella intitolazione. Così pure si deve rilevare che al carattere pontificio ed episcopale delle Opere si è aggiunto, esplicitandolo anche formalmente, il carattere autonomo delle Opere. Infine, si deve osservare che il vigente Statuto ha omesso la nota storica finale, inserita in maniera più sintetica nella parte storico-dottrinale, sotto il titolo L’origine delle Pontificie Opere Missionarie (nn. 9-10).

Gli Statuti precedenti

1.3

Il presente Statuto costituisce un aggiornamento della precedente edizione, promulgata e pubblicata con decreto del 26 giugno 198012, la cui sistematica13 era così articolata: – Cap. I, Ruolo delle Pontificie Opere Missionarie (natura e importanza, nn. 1-5; carattere pontificio ed episcopale, n. 6; obiettivo particolare e preminenza, nn. 7-8). 12 SaCrée Congrégation pour l’evangelization DeS peupleS, décret Au cours de l’audience par lequel on promulgue les nouveaux Statuts des Œuvres pontificales missionnaires, in Enchiridion della Chiesa Missionaria, 2 voll., eDb, bologna 1997, vol. i, n. 1172 [= eCm, i/1172]. 13 eCm, i/1173-1241.

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– Cap. II, Norme: art. I, Organizzazione (I. Governo centrale, nn. 11-4; II. Direzione nazionale e diocesana, nn. 5-8); art. II, Le quattro Pontificie Opere Missionarie (I. La Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della fede, nn. 9-14; II. La Pontificia Opera Missionaria di S. Pietro apostolo, nn. 15-16; III. La Pontificia Opera Missionaria della Santa Infanzia o dell’Infanzia missionaria, nn. 17-22; IV. La Pontificia Unione Missionaria dei sacerdoti, religiosi e religiose, nn. 23-27); art. III, Considerazioni generali (nn. 28-31); Appendice, Nota storica (nn. 1-4). Prima del 1980 era in vigore lo Statuto promulgato nel 1976, dopo la debita revisione, in base alle disposizioni conciliari di AG, e approvato ad triennium14. La sua sistematica15 era così articolata: – Art. I, Governo (I. Governo centrale, nn. 1-5; II. Direzione nazionale e direzione diocesana, nn. 6-7). – Art. II, Le quattro Pontificie Opere Missionarie (I. La Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della fede, nn. 1-3; II. La Pontificia Opera Missionaria di S. Pietro apostolo, nn. 4-5; III. La Pontificia Opera Missionaria della Santa Infanzia o dell’Infanzia missionaria, nn. 6-11; IV. La Pontificia Unione Missionaria dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, nn. 12-15). – Art. III, Osservazioni generali (nn. 1-3). – Appendice, Nota storica (nn. 1-4). Le disposizioni pratiche dell’istruzione Cooperatio missionalis

1.4

Nel decreto di approvazione del vigente Statuto si legge: Diversi fattori hanno contribuito ad estendere questo periodo di aggiornamento: il nuovo Codice di diritto canonico (25 gennaio 1983); la lettera enciclica Redemptoris missio (7 dicembre 1990); la pubblicazione dell’istruzione della CEP Cooperatio missionalis (1° ottobre 1998) che presentava nuove strutture di operazione. 14 SaCra Congregatio pro gentium evangelizatione Seu De propaganDa FiDe, Décret Consciente de l’opportunité par la quel sont promulgués les Statuts des Œuvres pontificales missionnaires (1 maii 1976), in ev, v/1951. 15 ev, v/1952-1989.

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In effetti, lo Statuto è debitore all’Istruzione non solo nel suo impianto dottrinale ma anche per le disposizioni pratiche di Cooperatio missionalis che qui riportiamo nell’elencazione dei titoli principali, per favorire il confronto tra questa e lo Statuto.

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I. Compito delle POM nella cooperazione missionaria – La cooperazione missionaria e le quattro POM (n. 4) – Carattere prioritario delle POM (n. 5) – Dipendenza delle POM dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e dalle Conferenze episcopali (n. 6) – Il direttore nazionale delle POM (n. 7) – Compiti del direttore nazionale delle POM (n. 8) – Il direttore diocesano delle POM (n. 9) II. Strutture delle Conferenze episcopali per la cooperazione missionaria – Istituzione della Commissione episcopale per le missioni (n. 10) – Compiti della Commissione episcopale per le missioni (n. 11) – Il Consiglio missionario nazionale (n. 12) III. Coordinamento degli organismi di cooperazione missionaria nazionali – Norme per il coordinamento degli organismi nazionali (n. 13) – Modalità e motivi per associare il direttore nazionale delle POM alla Commissione episcopale per le missioni (n. 14) IV. Relazioni tra la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e le Conferenze episcopali per la cooperazione missionaria – Suggerimenti per promuovere le relazioni (n. 15) V. Forme speciali e nuove di cooperazione missionaria – Le vocazioni missionarie (n. 16) – Norme per garantire la validità del personale di missione (n. 17) – “Gemellaggi” per la cooperazione missionaria (n. 18) – Situazioni attuali che richiedono interventi specifici (n. 19) – Cooperazione missionaria come scambio di doni tra le Chiese (n. 20). 2

Aspetti specifici nello Statuto del 2005

Come già anticipato, non intendo qui esaminare distintamente i singoli articoli, per la cui conoscenza sarà sufficiente la semplice lettura del testo statutario, cui rimando. Mi preme, invece, porre in evidenza i princìpi ispiratori delle norme che sovrintendono all’organizzazione delle POM, come pure alcuni aspetti speci44

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fici che ricoprono un qualche interesse per meglio comprendere lo spirito delle POM, la loro organizzazione e le finalità per il bene della missione nella Chiesa.

La Chiesa è per sua natura missionaria

2.1

Mi riferisco qui ai nn. 1-3 della parte storico-dottrinale dello Statuto che ha come titolo “Fondamento della missione ad gentes”.

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Proprio il decreto conciliare AG 2, con cui si apre il n. 1 della parte storico-dottrinale dello Statuto, suggerisce con chiarezza una acquisizione teologica di estrema importanza: «Tutta la Chiesa è per sua natura missionaria». Questa fondamentale affermazione è stata già fatta propria anche dal Legislatore canonico. Il Libro III del Codice sulla funzione di insegnare della Chiesa, nel primo canone del Tit. II, De actione Ecclesiae missionali, assume proprio il testo conciliare di AG 2. Il can. 78116 parte da un principio, frutto della nuova coscienza che la Chiesa ha acquisito di se stessa grazie al rinnovamento ecclesiologico conciliare, in base al quale missio ed Ecclesia camminano insieme; e, siccome, il nuovo modo per dire Chiesa è, alla luce del Vaticano II, espresso con la locuzione “popolo di Dio”, la Chiesa-popolo di Dio, cioè tutti i fedeli devono assumere la propria parte nell’opera missionaria, quasi a suggerire che è costitutivo per il cristiano essere missionario17. Sostenere che l’opera di evangelizzazione è dovere di tutti i fedeli, significa riferirsi ai fedeli, di cui il Legislatore ha fornito una definizione nei cann. 204, § 118, e 20719, nonché al can. 78420, dove la descrizione dei primi due canoni viene meglio spe16 «Dal momento che tutta quanta la Chiesa è per sua natura missionaria e che l’opera di evangelizzazione è da ritenere dovere fondamentale del popolo di Dio, tutti i fedeli, consci della loro responsabilità, assumano la propria parte nell’opera missionaria». 17 «[…] la missione di ciascuno e di tutte le singole categorie dei fedeli, considerata secondo l’insegnamento del Concilio vaticano ii e del magistero successivo, costituisce un principio di interpretazione di tutte le norme canoniche che si riferiscono alla struttura e all’ordine delle funzioni del popolo di Dio», p. erDö – J. garCía martin, La missione come principio organizzativo della Chiesa. Un aspetto particolare: la missione dei presbiteri e dei vescovi, “periodica” 84 (1995), 425-454. 18 «i fedeli sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio dell’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati ad attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo». 19 «§ 1. per istituzione divina vi sono nella Chiesa tra i fedeli i ministri sacri, che nel diritto sono chiamati anche chierici; gli altri fedeli poi sono chiamati anche laici. § 2. Dagli uni e dagli altri proven-

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cificata e applicata ai fedeli che sono mandati a compiere l’opera missionaria. Dal combinato disposto dei cann. 204, § 1 e 207 emerge che la Chiesa, popolo di fedeli, è costituzionalmente missionaria. Infatti, nel descrivere la nozione di christifideles, nel can. 204, § 1 il Legislatore mette in diretta relazione tale status con l’incorporazione a Cristo, quale primo effetto del battesimo, come meglio specificato nel can. 9621, e con la costituzione in popolo di Dio che partecipa alla missione della Chiesa.

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Nel can. 207, § 2, poi, sebbene in riferimento esclusivamente a coloro che professano i consigli evangelici, si spiega che questi sono di giovamento alla missione salvifica della Chiesa, in quanto consacrati mediante voti o altri vincoli sacri.

Ogni cristiano è responsabile dell’attività missionaria

2.2

Nel considerare il fatto che l’attività missionaria investe la responsabilità di tutti i cristiani, tengo conto dei nn. 4-5 della prima parte dello Statuto che ha per titolo “Attualità della missione ad gentes”. La dimensione di attualità della missione è resa ancora più efficace dalla convinzione che la missione riguarda tutti i battezzati. Di tale attualità è convinto anche il Legislatore canonico quando nel can. 21122, cui espressamente si richiama lo Statuto, nella Parte seconda, all’art. 3, dove, nel contesto generale della presentazione delle quattro POM, si legge: «[…] la cooperazione all’universale missione della Chiesa è un diritto-dovere di tutti i battezzati». Il citato can. 211 va letto appunto in correlazione con il disposto del can. 781. È stato osservato che l’annuncio della salvezza sarebbe un compito che gono fedeli i quali, con la professione dei consigli evangelici mediante voti o altri vincoli sacri, riconosciuti e sanciti dalla Chiesa, sono consacrati in modo speciale a Dio e danno incremento alla missione salvifica della Chiesa; il loro stato, quantunque non riguardi la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene tuttavia alla sua vita e alla sua santità». 20 «i missionari, vale a dire coloro che sono mandati dalla competente autorità ecclesiastica a compiere l’opera missionaria, possono essere designati fra gli autoctoni o no, sia chierici secolari, sia membri degli istituti di vita consacrata o delle società di vita apostolica, sia altri fedeli laici». 21 «mediante il battesimo l’uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica e purché non si frapponga una sanzione legittimamente inflitta». 22 «tutti i fedeli hanno il dovere e il diritto di impegnarsi perché l’annuncio divino della salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo».

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darebbe vita a un vero e proprio diritto fondamentale, mentre l’obbligo corrispettivo si porrebbe maggiormente su un piano morale23. In verità, il disposto del can. 781 pare deporre in senso contrario, o meglio complementare, quando spiega che l’annuncio della salvezza nella forma specifica dell’opera di evangelizzazione e nell’opera missionaria è un dovere fondamentale24. Una lettura completa del can. 781 suggerisce di allacciare una relazione anche con i cann. 208-211, di cui risulta essere una applicazione in un contesto peculiare. Il can. 20825, enunciando il principio di uguaglianza fondamentale tra tutti i fedeli, ne proclama l’uguaglianza nella dignità e nell’agire. Il fondamento teologico di tale uguaglianza è riposto nella consacrazione battesimale, per cui ogni credente è chiamato a conformarsi a Cristo. Questa radicale uguaglianza di tutti i fedeli si fonda sulla ricezione del sacramento del battesimo. Uguaglianza radicale in forza del battesimo non implica necessariamente che essa sia pure illimitata. È radicale in quanto si estende a tutti i fedeli battezzati e si estende a tutto ciò che ad essi è comune. È limitata, in quanto lo status canonico dei christifideles è distinto dagli stati derivanti dalle differenti condizioni vocazionali all’interno del popolo di Dio, ove si trovano chierici, consacrati e laici. Tale uguaglianza è riconosciuta sia in relazione al momento storico della mera appartenenza al popolo di Dio, nel qual caso trattasi di uguaglianza nella comune dignità; sia in relazione al momento dinamico della missione comune a tutti i fedeli, siano essi chierici, consacrati o laici: in questo caso si tratta di uguaglianza nell’agire. Non contrasta tale radicale uguaglianza con la differenziazione che deriva dall’appartenenza ad uno dei diversi status canonici, con la diversità di doveri e diritti propri a ciascun status, dal momento che il concetto di uguaglianza è relativo, postula cioè parità di trattamento in situazioni uguali, ma diversità di trattamento in situazioni diverse. Perciò tutti i fedeli sono uguali nella responsabilità in ordine all’edificazione del Corpo di Cristo, anche se ciascuno vi contribuisce secondo la propria vocazione, condizione canonica e funzione ecclesiale. In forza di questa solenne af23 g. Dalla torre, Commento al can. 211, in p.v. pinto (ed.), Commento al Codice di Diritto Canonico, lev, Città del vaticano 2001, pp. 119-120. 24 S. reCCHi, Commento a un canone. L’impegno a diffondere l’annuncio della salvezza (can. 211), “Quaderni di diritto ecclesiale” 8 (1995), 419-423. 25 «Fra tutti i fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo, sussiste una vera uguaglianza nella dignità e nell’agire, e per tale uguaglianza tutti cooperano all’edificazione del Corpo di Cristo, secondo la condizione e i compiti propri di ciascuno».

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fermazione del can. 208 derivano precise conseguenze giuridiche che costituiscono una sorta di catalogo dei doveri-diritti dei fedeli. Non si tratta di una elencazione esaustiva, ma esemplificativa, quale tentativo di dedurre dai testi conciliari norme codiciali. Obbligo primario di tutti i fedeli è la custodia della comunione ecclesiale. In questo can. 20926 si tratta di quella comunione che il Legislatore ha già esplicitato nel triplice vincolo della fede, dei sacramenti e della disciplina. A tenore del can. 840, poi, si deve ricordare che «i sacramenti [...] concorrono sommamente a iniziare, confermare e manifestare la comunione ecclesiastica», quale sacramento di unità e di salvezza. È compito di ciascun fedele adempiere i doveri del proprio stato nei confronti della Chiesa universale e particolare, sia in quanto fedele sia in quanto appartenente ad una determinata categoria di fedeli nella Chiesa, secondo le determinazioni del diritto universale, particolare e proprio. Il soddisfacimento di tali doveri deve realizzarsi con grande diligenza e viene misurato in riferimento alle disposizioni del diritto stesso. In maniera generale e con una norma di carattere morale, il can. 21027 dispone circa il dovere di dedicare tutte le proprie energie al perseguimento della santità personale e dell’intero Corpo ecclesiale. Tale dovere investe principalmente il livello morale, dal momento che […] tutti gli uomini sono tenuti a ricercare la verità nelle cose che riguardano Dio e la sua Chiesa, e, conosciutala, sono vincolati in forza della legge divina e hanno il diritto di abbracciarla e di osservarla (can. 748 § 1).

Accanto alla dimensione morale, non si può non considerare il piano giuridico di questa obbligazione. Infatti, la Chiesa si presenta, dal punto di vista giuridico, come una communitas fidelium, all’interno della quale va considerato un principio giuridico che qualifica tutte le strutture di carattere associativo: il dovere di collaborare, inerente al contenuto proprio delle finalità perseguite dalla Chiesa, nel 26 «§ 1. i fedeli sono tenuti all’obbligo di conservare sempre, anche nel loro modo di agire, la comunione con la Chiesa. § 2. adempiano con grande diligenza i doveri cui sono tenuti sia nei confronti della Chiesa universale, sia nei confronti della Chiesa particolare alla quale appartengono, secondo le disposizioni del diritto». 27 «tutti i fedeli, secondo la propria condizione, devono dedicare le proprie energie al fine di condurre una vita santa e di promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione».

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caso la salus animarum. L’obbligo, contenuto nel can. 210, poi, ha rilevanza giuridica anche in considerazione del peculiare rapporto esistente nella Chiesa tra salus animarum e bonum publicum. Sicché la posizione del singolo fedele nella comunità ecclesiale è di subordinazione al bene dei fedeli tutti e di dipendenza da essi, in quanto la natura e il fine della Chiesa sono di carattere soprannaturale. Di qui, pertanto, l’obbligo di perseguire la santità personale allo scopo di «promuovere la crescita della Chiesa e la sua continua santificazione». Una disposizione ampia e generale, da cui l’annuncio della salvezza promana quale compito che, oltre a dar vita ad un vero e proprio diritto fondamentale, si caratterizza pure come fundamentale officium, che travalica la dimensione morale, è riportata nel can. 211; si deve, infatti, notare che il Legislatore ha previsto disposizioni che impongono obblighi ai fedeli, in quanto appartenenti a un preciso stato giuridico nella Chiesa28. Con tali considerazioni abbiamo pure precisato che l’officium, di cui al can. 781, rientra propriamente tra gli obblighi dei fedeli che trovano giuridica configurazione sia come munus sia come officium ecclesiale. Fondamentale dovere del popolo di Dio deve ritenersi l’opera di evangelizzazione. Parlare di officium, come fa il can. 781, in riferimento alla partecipazione dei fedeli all’opera missionaria, significa rinvenire il fondamento di tale obbligo; esso si trova proprio nella incorporazione e costituzione della persona fisica nella Chiesa le quali presuppongono la consacrazione battesimale. Gli effetti derivanti dal fatto che una persona è battezzata sono propriamente la incorporazione nella Chiesa di Cristo e la sua costituzione in persona nella medesima, con tutte le conseguenze che da ciò scaturiscono. È quanto si trova nel can. 96. Perciò l’attenzione iniziale è posta sull’uomo in quanto tale, e poi sul battezzato. Il battesimo è richiesto non solo come condicio sine qua non; ma costituisce l’elemento, che unito al precedente – homo – è la vera radice dalla quale, come da causa efficiente, sorge la personalità giuridica: il vero titolo giuridico per cui la persona fisica è costituita nella sua personalità giuridica nella Chiesa. Il battesimo ha perciò un’importanza capitale anche dal punto di vista giuridico-canonico, oltre alla ben 28 Così, ad esempio, grava principalmente sul romano pontefice e sul Collegio dei vescovi la funzione di annunciare il vangelo (cf. can. 756, § 1); sui singoli vescovi in quanto pastori nelle Chiese particolari loro affidate (cf. can. 756, § 2); sui presbiteri e sui diaconi, cooperatori del vescovo (cf. can. 757); sui membri degli istituti di vita consacrata, in forza della loro consacrazione (cf. can. 758); sui genitori cristiani verso i loro figli (cf. cann. 226, § 2; 774, § 2; 793; 1136); come pure sui padrini (cf. cann. 872 e 774, § 2).

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conosciuta rilevanza teologica e morale. L’incorporazione nella Chiesa è il primo effetto citato nel can. 96, derivante dal fatto che l’homo ha ricevuto validamente il battesimo: l’homo baptizatus è effettivamente incorporato nella Chiesa di Cristo, fa parte di essa, ne diventa membro.

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Questo primo effetto verrà poi messo in evidenza soprattutto nei primi due canoni del Libro II, De populo Dei, secondo i quali i fedeli sono costituiti popolo di Dio; questo popolo sussiste nella Chiesa cattolica, nella quale si ha la pienezza della comunione nella misura in cui si conserva il triplice vincolo della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico. Accanto all’incorporazione troviamo la personalità giuridica nella Chiesa: è il secondo effetto citato nel can. 96, strettamente legato al primo, in quanto derivante dal medesimo fatto: la ricezione valida del battesimo; l’homo baptizatus è costituito persona nella Chiesa e come tale possiede la personalità giuridica in essa. Stabilito ciò, il can. 96 prosegue con la determinazione generica dei doveri e dei diritti, che formano il contenuto, il patrimonio giuridico della persona fisica nella Chiesa stessa. Possiamo allora affermare che mediante la ricezione del battesimo viene data sempre e indelebilmente la personalità giuridica fondamentale o radicale, e cioè la potenzialità di acquistare o anche di recuperare doveri e diritti fondamentali propri dei membri del popolo di Dio; sono inoltre acquisiti effettivamente i medesimi e tutti i doveri e diritti che specificano la personalità giuridica dell’homo baptizatus, e vengono conservati integri nella loro globalità; viene data pure la capacità di porre in atto doveri e diritti fondamentali personalmente. Una esplicita applicazione dei doveri dei fedeli, come conseguenza giuridica della costituzione della persona nella Chiesa, della sua incorporazione ad essa e dell’esercizio della personalità, si trova nella partecipazione all’opera missionaria della Chiesa che il can. 781 riconosce essere compito fondamentale del popolo di Dio. Non c’è missione senza cooperazione missionaria

2.3

“Dalla missione della Chiesa alla cooperazione missionaria di tutti i battezzati”: così recita il titolo dei nn. 6-8 della prima parte dello Statuto in esame. Senza dubbio la cooperazione missionaria, sotto la direzione e il coordinamento in tutto il mondo da parte del dicastero pontificio competente a dirigere e coor50

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dinare sia l’opera di evangelizzazione sia la stessa cooperazione missionaria, costituisce un ambito specifico di competenza delle POM. Ma che cosa si intende per cooperazione missionaria? Essa consiste nell’adempimento degli obblighi o responsabilità, e anche dei diritti, da parte dei fedeli, non impegnati direttamente come missionari, verso l’attività missionaria. Si tratta dell’adempimento del dovere fondamentale di ogni cristiano in forza dell’incorporazione a Cristo e alla Chiesa per il battesimo. La responsabilità o partecipazione dei fedeli verso la Chiesa universale, riveste diverse forme o meglio, come si legge in Redemptoris missio, n. 7729, la cooperazione «non si riduce ad alcune particolari attività, ma è il segno della maturità di fede e di una vita cristiana che porta frutti». La cooperazione missionaria è il modo di vivere, l’identità del cristiano, nel quale il primato è dato all’unione con Cristo e alla comunione con la Chiesa. Vista in questa ottica, la cooperazione missionaria rappresenta il punto di arrivo dell’evoluzione del concetto della medesima, che ha seguito la nuova prospettiva sulla natura missionaria della Chiesa. La cooperazione missionaria non può esistere senza promozione e coordinamento. AG 29 ha dichiarato che compito del Dicastero missionario è «regolare e coordinare la cooperazione missionaria». Ciò significa che la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli deve dare un certo ordine, il più adatto, per raggiungere la finalità prefissata. Il fatto stesso presuppone che la cooperazione ha diverse fonti o origini che devono essere guidate. Per assolvere tale compito la costituzione Pastor Bonus determina che […] la Congregazione si serve specialmente delle Pontificie Opere Missionarie, cioè della Propagazione della Fede, di San Pietro Apostolo, della Santa Infanzia, e della Pontificia Unione Missionaria del Clero30.

Queste sono gli strumenti ufficiali e principali, ma non esclusivi. Infatti, vi sono anche altri organismi, che devono prestare la loro opera di collaborazione con la

29 ioanneS pauluS pp. ii, litterae encyclicae Redemptoris missio, de perenni vi mandati missionalis (7 decembris 1990), in aaS 83 (1991), 325. 30 iD., Pastor Bonus, art. 91, in aaS 80 (1988), 883.

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Congregazione in questo campo: le Conferenze episcopali e i loro organismi, i Superiori maggiori degli Ordini, Congregazioni e Istituti, gli organismi laicali impegnati nell’attività missionaria. Le Pontificie Opere Missionarie costituiscono un’unica istituzione, la quale, tuttavia, comprende quattro branchie, che hanno in comune la finalità primaria e principale di promuovere lo spirito missionario nell’intero Popolo di Dio; per conseguire tale scopo, esse stimolano i fedeli a manifestare con la loro testimonianza una cooperazione spirituale e materiale all’opera missionaria. Nelle singole diocesi, poi, sono l’istituzione specifica e principale per raggiungere il loro obiettivo31. Da ciò si deduce che il compito della Congregazione consiste nel dare le linee generali, che saranno messe in pratica dalle singole Chiese particolari. Ciò non toglie che possano esservi anche iniziative particolari, sia di singoli sia di associazioni, che si propongono lo stesso obiettivo. Gli Statuti delle Pontificie Opere Missionarie, negli artt. 3 e 9 ribadiscono che la Santa Sede ha approvato e incoraggiato iniziative private e associative di cooperazione all’opera di evangelizzazione, che peraltro hanno già contribuito non poco a suscitare e stimolare lo spirito missionario e la cooperazione delle Chiese particolari. La cooperazione missionaria si svolge a diversi livelli: anzitutto nelle Chiese particolari, dove le POM dipendono dal Vescovo diocesano e dove ogni Vescovo deve impegnarsi per garantire una presenza strutturata di tale istituzione, come è raccomandato anche negli artt. 26 e 50 dello Statuto; e poi vi è la cooperazione a livello di Conferenza episcopale che opera in ambito nazionale (Statuto, art. 26), dove il Direttore rappresenta le POM presso la Conferenza episcopale locale (Statuto, art. 51). La cooperazione missionaria a livello di Chiese particolari

2.4

Per favorire la cooperazione missionaria nelle singole Chiese particolari, è da privilegiare anzitutto l’impegno a promuovere iniziative a favore delle missioni, affidandone l’incarico ad un sacerdote; in questa linea sono da incoraggiare le asso31 Secondo il can. 791, 2° «nelle singole diocesi per favorire la cooperazione missionaria […] sia deputato un sacerdote per promuovere efficacemente le iniziative a favore delle missioni, soprattutto le pontificie opere missionarie […]».

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ciazioni che portano il nome di Pontificie Opere Missionarie, come già raccomandava AG 38: A queste Opere, infatti, deve essere giustamente riservato il primo posto, perché sono mezzi sia per infondere nei cattolici, fin dall’infanzia, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire un’adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna.

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Per quanto riguarda l’esercizio delle loro attività, nei diversi territori, la direzione di queste Opere è affidata anche alle Conferenze episcopali e ai Vescovi delle singole diocesi, in conformità allo Statuto delle Opere stesse. In ogni diocesi è opportuno che, in via ordinaria, il Vescovo affidi alla stessa persona il compito di delegato per la missione e di direttore diocesano per le POM. Con l’assistenza di altri collaboratori, il direttore diocesano è al servizio del Vescovo per aiutarlo a dare un’apertura missionaria universale a tutta la vita pastorale diocesana. La cooperazione missionaria a livello di Conferenze episcopali

2.5

Il can. 792 del CIC dispone: Le Conferenze episcopali istituiscano e promuovano opere, per mezzo delle quali coloro che dai territori di missione si recano nel territorio delle medesime Conferenze per ragioni di lavoro o di studio, siano accolti fraternamente e vengano aiutati con un’adeguata cura pastorale.

Tale canone non prevede l’esistenza di una speciale Commissione interdiocesana per le missioni, da istituire all’interno delle Conferenze episcopali; tuttavia il m.p. Ecclesiae sanctae, III, 9 prescriveva l’istituzione di una particolare Commissione episcopale […] con il compito di incrementare l’attività e la coscienza missionaria e una coerente disponibilità alla cooperazione tra le diocesi; di mantenere rapporti con le altre Conferenze episcopali e di escogitare il modo di procurare diligentemente l’equità nell’aiuto alle missioni32.

32 pauluS pp. vi, litterae apostolicae motu proprio datae Ecclesiae Sanctae, quibus normae ad quaedam exsequenda SS. Concilii vaticani ii decreta statuuntur (6 augusti 1966), iii. normae ad exsequendam decretum SS. Concilii vaticani ii Ad gentes divinitus, in ev, ii/894.

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Vi è, altresì, da considerare l’istituzione del Consiglio nazionale per le missioni, prevista al m.p. Ecclesiae sanctae, III, 1133, al fine di ottenere una maggiore unità ed efficacia nella cooperazione missionaria in tutti i suoi aspetti, di cui si deve servire la Commissione episcopale.

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Il ruolo della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Statuto, nn. 12, 16; artt. 1, 24)

2.6

Lo Statuto garantisce un ruolo di primaria importanza al Dicastero missionario, alla cui direzione e da cui dipendono le POM (Statuto, nn. 12 e 16); tramite la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli il Romano Pontefice esercita la sua autorità sulle POM (Statuto, art. 24). Come è noto, già la costituzione Pastor Bonus determina lo scopo e le competenze della Congregazione. Possiamo distinguere un fine, delle competenze in genere e altre nell’ambito dei territori di missione. Nell’ambito dei territori, dobbiamo poi distinguere le competenze ratione materiae e ratione personarum. La costituzione Pastor Bonus enuncia così, nell’art. 85, in modo generalissimo il fine e le competenze della Congregazione: […] dirigere e coordinare in tutto il mondo l’opera stessa dell’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione missionaria, salva la competenza della Congregazione per le Chiese Orientali.

La formulazione è nuova rispetto al CIC/17, che, nel can. 252, § 1, si limitava subito ad affermare che la Congregazione per la Propagazione della Fede presiede alle missioni per la predicazione del Vangelo e l’insegnamento della dottrina cattolica. Essa invece si rifà alla costituzione Regimini Ecclesiae Universae, che nell’art. 82 recita: La Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli [...] ha competenza sulle cose che riguardano tutte le missioni istituite per diffondere dappertutto il Regno di Dio [...] nel dirigere e coordinare tutta l’attività missionaria su ogni parte della terra34. 33 Ibid., in ev, ii/896. 34 iD., constitutio apostolica Regimini Ecclesiae Universae, de romana Curia (15 augusti 1967), in ev, ii/1622.

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La novità rispetto al Codice sta nel fatto che la Congregazione proprio perché presiede alle missioni, che sono un settore ben preciso della vita e dell’attività della Chiesa, nei territori di missione, non può non promuovere la sensibilità e l’attività missionaria della intera Chiesa. Di fatto anche se le missioni sono un aspetto particolare della vita della Chiesa, esse non possono che svolgersi con la cooperazione e la sensibilità di tutta la Chiesa, nella dimensione missionaria di tutto il popolo di Dio, a tutti i livelli. Di qui il compito della Congregazione di «dirigere e coordinare in tutto il mondo l’opera stessa dell’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione missionaria». L’art. 85 della costituzione Pastor Bonus tiene però presente la nuova realtà: l’esistenza cioè della Congregazione per le Chiese Orientali; a questa è demandato il compito missionario per ciò che riguarda le Chiese Orientali. Di qui l’inciso «salva la competenza della Congregazione per le Chiese Orientali»35. Gli articoli seguenti determinano il compito della Congregazione nel campo della direzione e del coordinamento dell’attività missionaria. La norma dell’art. 86 demanda alla Congregazione la promozione, attraverso lo studio, delle questioni missionarie, in ambito teologico, spirituale e pastorale, e la proposizione di norme adeguate alle esigenze dei luoghi in cui avviene l’evangelizzazione. Lo strumento primario che la Pastor Bonus addita alla Congregazione per far fronte alla propria responsabilità di dirigere e coordinare l’attività missionaria è quella dello studio e dell’approfondimento teologico, spirituale e pastorale, dal quale poi si possano ricavare le direttive per un’azione missionaria. È una sottolineatura tipica della costituzione Pastor Bonus. La si ritrova come leitmotiv anche per gli altri dicasteri della Curia Romana. Si tratta di una esigenza particolarmente urgente nella pastorale di oggi: lo studio della situazione e la riflessione teologica su di essa, in modo che le linee operative evitino il duplice scoglio di essere al di fuori della realtà o di non tener conto della dimensione soprannaturale e spirituale della evangelizzazione. L’attività missionaria esige, per natura sua, anche un grande impegno economico e finanziario. È stato sempre nella tradizione della Congregazione tenere conto 35 ioanneS pauluS pp. ii, Pastor Bonus, in aaS 80 (1988), 881. Se si tiene conto di questo inciso, che fa salva la competenza della Congregazione per le Chiese orientali, non risulta di immediata chiarezza, e quindi potrebbe creare qualche conflitto di competenza, il disposto dell’art. 61 dello Statuto, secondo il quale «tutte le offerte raccolte dalle pom in tutte le parrocchie e diocesi di ogni rito nel mondo, costituiscono un Fondo di Solidarietà per dare vita ad un programma di aiuto universale». Come si deve interpretare la locuzione «tutte le parrocchie e diocesi di ogni rito»?

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di tale aspetto, in modo realistico. Di esso non parla il CIC/17; ne fa qualche cenno la costituzione Regimini Ecclesiae Universae negli artt. 85 e 8936. La costituzione Pastor Bonus vi dedica esplicitamente l’art. 9137, nel quale si elencano le istituzioni con le quali la Congregazione promuove e incrementa la cooperazione missionaria: le Pontificie Opere Missionarie, cioè della Propagazione della Fede, di San Pietro Apostolo, della Santa Infanzia, e della Pontificia Unione Missionaria del Clero. La Pontificia Opera Missionaria per la Propagazione della Fede si prefigge di suscitare interesse per l’evangelizzazione universale in tutti i settori del popolo di Dio e promuove tra le Chiese locali l’aiuto spirituale e materiale come pure lo scambio di personale per l’attività apostolica; la Pontificia Opera dell’Infanzia Missionaria ha lo scopo di aiutare gli educatori a risvegliare progressivamente nei fanciulli la coscienza missionaria, invogliandoli a condividere la loro fede e i mezzi materiali con i loro coetanei nelle regioni e nelle Chiese più bisognose, e di promuovere le vocazioni missionarie sin dalla giovane età; la Pontificia Opera Missionaria di S. Pietro si propone di sensibilizzare il popolo cristiano circa l’importanza del clero locale nei territori di missione e di invitare i fedeli a cooperare alla formazione dei candidati alla vita sacerdotale e consacrata; la Pontificia Unione Missionaria ha come finalità propria quella di incrementare la formazione e la sensibilizzazione missionaria dei presbiteri, dei seminaristi, dei membri degli IVC e delle SVA maschili e femminili e dei loro candidati, come pure dei missionari laici impegnati nella missione universale della Chiesa. Carattere pontificio, episcopale e autonomo delle Opere (Statuto, nn. 15-18; art. 28)

2.7

Un aspetto interessante su cui vale la pena di intrattenersi concerne la qualifica che viene data alle POM, quando si specifica che esse sono pontificie, episcopali e autonome. I nn. 15-18 dello Statuto hanno per titolo “Carattere pontificio, episcopale ed autonomo delle Pontificie Opere Missionarie”. A prima vista può sembrare che queste tre caratteristiche siano in contrasto tra loro, in realtà, a ben vedere, esse rivelano, ciascuna per proprio conto, un pecu36 pauluS pp. vi, Regimini Ecclesiae Universae, in ev, ii/1625 e 1629. 37 ioanneS pauluS pp. ii, Pastor Bonus, in aaS 80 (1988), 883.

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liare tratto distintivo che aiuta a individuare l’unicità e la complementarietà delle POM stesse. I nn. 15-18 dello Statuto spiegano con chiarezza la triplice qualifica. Secondo il n. 15 dello Statuto, […] le Opere Missionarie furono riconosciute Pontificie dopo che avevano messo solide radici e acquisito carattere internazionale. […] Questo titolo, garanzia di piena ecclesialità, favorisce una migliore universalità e comporta una più coerente organicità di strutture.

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Il carattere pontificio evidenzia non solo che le Opere sono una istituzione della Chiesa universale ma che esse sono per la Chiesa universale. Il n. 17 dello Statuto si sofferma, poi, a considerare il carattere episcopale e spiega che «le Opere Pontificie sono e restano anche Opere Episcopali, radicate nella vita delle Chiese particolari». Si evidenzia, in tale dimensione, l’intima relazione tra carattere pontificio e carattere episcopale delle Opere, dal momento che tale relazione indica e manifesta la relazione tra Chiesa universale e Chiese particolari, tra primato del Romano Pontefice e collegialità episcopale. Infatti, le Chiese particolari, con i Vescovi in esse costituiti Pastori, sono soggetto della missione universale della Chiesa e ogni Opera, anche quando agisce nell’ambito delle Chiese particolari, con le strutture sue proprie, costruisce la missione universale. Si dovrebbe sottolineare con maggiore incisività che anche le Chiese particolari dei territori di missione sono soggetto responsabile della missione della Chiesa universale e che, anzi, nella misura in cui si attivano anche attraverso le Opere, esse manifestano di essere mature o in cammino verso la maturità cristiana. Quanto più una Chiesa particolare diventa missionaria tanto più essa è cattolica; è il cammino che attende sempre più le giovani Chiese dei territori di missione: evangelizzate e a loro volta evangelizzatrici. Già l’istruzione Cooperatio missionalis, n. 538, aveva chiara la necessità che le […] POM siano presenti e operanti in tutte le Chiese particolari di antica fondazione e giovani. L’impegno della cooperazione missionaria diventerà così “coscienza di Chiesa”.

38 Congregatio pro gentium evangelizatione, instructio Cooperatio missionalis, de cooperatione missionali (1 octobris 1998), in aaS 91 (1999), 313.

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E, infine, lo Statuto nel n. 18, aggiunge che le Opere sono autonome; tale autonomia «consiste nel mantenere la loro identità e i loro scopi». Questo carattere autonomo, che non era presente nelle precedenti norme statutarie, è stato aggiunto su ispirazione di Cooperatio missionalis, n. 6, che recita:

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Fermo restando il principio della dipendenza delle POM dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e dai Vescovi, a esse spetta per diritto proprio una giusta autonomia, riconosciuta dalla competente autorità e indicata negli Statuti propri. Tale autonomia si esprime dinamicamente anche nella ricerca di vie idonee di cooperazione, per dare risposte soddisfacenti a una realtà missionaria, che continuamente si modifica e richiede nuove forme di intervento39.

Il Fondo di solidarietà (Statuto, n. 20; artt. 61-64)

2.8

Un ultimo aspetto sul quale intendo porre l’attenzione concerne la raccolta e la destinazione delle offerte in favore delle missioni. Lo Statuto ne tratta espressamente sia al n. 20 “I fondi universali di solidarietà” sia negli artt. 61-64 “Offerte dei fedeli alle POM”. Si tratta certamente di un ambito di intervento specifico che spetta alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e quindi alle POM; infatti, la raccolta e l’amministrazione dei sussidi economici, nella prospettiva dell’art. 91 di Pastor Bonus40, occupa un posto complementare, insieme all’aiuto che la Congregazione riceve tramite le quattro POM. La Congregazione deve fare esplicita richiesta di aiuto economico per sovvenire alle grandi necessità materiali ed economiche delle missioni. Tale richiesta viene soddisfatta principalmente in occasione della Giornata Missionaria Mondiale, nella quale l’aiuto economico dei fedeli trova e manifesta l’universalità della Chiesa; di qui la decisione che la sua celebrazione avvenga in tutte le Chiese particolari, a mente del can. 791, 3° 41. 39 Ivi. 40 «per incrementare la cooperazione missionaria, anche mediante un’efficace raccolta e un’equa distribuzione dei sussidi economici, la Congregazione si serve specialmente delle pontificie opere missionarie […]», ioanneS pauluS pp. ii, Pastor Bonus, in aaS 80 (1988), 883. 41 Che recita: «nelle singole diocesi per favorire la cooperazione missionaria […] si celebri la giornata annuale per le missioni […]».

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Il ricavato delle offerte dei fedeli al livello diocesano e nazionale è inviato ai Segretariati Generali delle Pontificie Opere Missionarie. Considerando che la raccolta di sussidi economici è insufficiente per sovvenire a tutte le necessità delle missioni, nel m.p. Ecclesiae Sanctae Paolo VI decise che si stabilisse quanto prima per ciascuna diocesi, parrocchia e ogni altra comunità diocesana una somma determinata, proporzionata ai propri redditi, da devolvere alla Santa Sede da parte delle diocesi42. Tale disposizione è, poi, stata assunta dal CIC nel dettato del can. 791, 4°43. Il Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie, ispirandosi alle direttive della Congregazione, è competente per decidere la distribuzione dei sussidi secondo le necessità più urgenti, per discutere le attività e i metodi pastorali nelle diverse nazioni. Queste decisioni sono prese dall’Assemblea Ordinaria annuale del mese di maggio. L’art. 92 di Pastor Bonus precisa che la Congregazione gode di una propria autonomia nell’amministrazione del suo patrimonio e degli altri beni destinati alle missioni. A tale scopo è costituito al suo interno uno speciale ufficio per la gestione e l’amministrazione economica, fermo restando l’obbligo di renderne debito conto alla Prefettura degli Affari Economici44. Tale autonomia è espressamente prevista anche dal Regolamento Generale della Curia Romana, art. 7, § 1, nota 5, dove si legge: La Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli ha una propria amministrazione. Ogni volta che nel presente Regolamento Generale della Curia Romana si fa riferimento all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, per la suddetta Congregazione il riferimento si intende fatto alla propria amministrazione45.

Una parola a parte merita la questione concernente le offerte dei fedeli e il loro scopo, nel rispetto della mens offerentis. Lo Statuto ribadisce per ben due volte (artt. 62 e 64) che le offerte raccolte per la missione ad gentes non possono esse42 pauluS pp. vi, Ecclesiae Sanctae, iii, 8, in ev, ii/894. 43 Che recita: «nelle singole diocesi per favorire la cooperazione missionaria […] sia versato ogni anno un congruo contributo per le missioni, da trasmettere alla Santa Sede». 44 ioanneS pauluS pp. ii, Pastor Bonus, in aaS 80 (1988), 883. 45 Segreteria 632.

Di

Stato, Regolamento Generale della Curia Romana (30 aprile 1999), in aaS 91 (1999),

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re utilizzate per scopi diversi. E in ciò si richiama alla norma del CIC, contenuta nel can. 1267, § 346.

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Lo scopo sia della normativa statutaria sia di quella codiciale in merito è, tra gli altri, quello di tutelare gli offerenti per quanto riguarda la destinazione delle offerte. Per lo specifico § 3 del can. 1267, inserito per volontà dei consultori47, esso non fa altro che ripetere un principio di diritto naturale: il rispetto della volontà dell’offerente circa la destinazione delle offerte da lui fatte. Esso viene ripetuto diverse volte nel Codice, anche se in forma diversa48. È stato opportunamente osservato che […] senza dubbio, si può e talora è anche opportuno consigliare chi intende fare un’offerta, una donazione, suggerirgli una destinazione più utile, ma, una volta accettata l’offerta, si ha l’obbligo di impiegarla scrupolosamente secondo la volontà dell’offerente. La destinazione non può essere mutata dal parroco e neppure dall’Ordinario, ma solo “iusta de causa” dalla Sede Apostolica49.

Negli eventuali casi di dubbio sulla mens offerentis, si ricorre alla norma del can. 1301, § 1, per cui «l’Ordinario è l’esecutore di tutte le pie volontà» e perciò potrà destinare le offerte, cercando di intuire, per quanto è possibile, quella che avrebbe dovuto essere l’intenzione dell’offerente, per rispettare in tal modo il principio generale. Infine, vale la pena di ricordare che la norma del can. 1287, § 2, impone agli amministratori che «rendano conto ai fedeli dei beni da questi offerti alla Chiesa, secondo norme da stabilirsi dal diritto particolare».

46 «le offerte fatte dai fedeli per un determinato fine non possono essere impiegate che per quel fine». 47 “Communicationes” 12 (1980), 405. 48 Si vedano, per esempio, i cann. 121-123, secondo i quali, nel caso di unione e divisione di persone giuridiche, si deve rispettare la volontà dei fondatori e degli offerenti; il can. 326 § 2, che dispone circa la destinazione dei beni di una associazione estinta, fatta salva la volontà degli offerenti; il can. 616 § 1, nel caso di soppressione di una casa religiosa, dispone che i beni vanno destinati nel rispetto della volontà dei fondatori o dei donatori; il can. 706, 3° menziona il caso del religioso che, elevato all’episcopato, deve disporre secondo la volontà degli offerenti dei beni che gli provengono a titolo non personale; il can. 1300 che richiama il principio assoluto del rispetto scrupolo delle volontà dei fedeli che donano i propri beni per cause pie. 49 l. CHiappetta, Il Codice di Diritto Canonico. Commento giuridico-pastorale, terza edizione a cura di F. Catozzella – a. Catta – C. izzi – l. SabbareSe, eDb, bologna 2011, vol. ii, pp. 545-546.

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Piergiuseppe Vacchelli La prassi attuale Vincenzo Mosca delle Pontificie Opere Missionarie: l’organizzazione di un cammino. Prospettive

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Introduzione

Le Pontificie Opere Missionarie (= POM) nate in chiese di antica cristianità per sostenere l’opera dei missionari fra i popoli non cristiani, attraverso l’evoluzione della loro storia e della loro legislazione sono diventate (così come abbiamo ascoltato nei due interventi precedenti) una istituzione della Chiesa universale e di tutte le Chiese particolari. Ad esse a partire soprattutto dal Concilio Vaticano II fino ad arrivare ai documenti del magistero più recenti1, è stato assegnato un posto sempre più centrale in quella dimensione dell’evangelizzazione e della missio ad gentes che si è andata configurando con la terminologia di “cooperazione missionaria”2. Le POM pur costituendo un’unica istituzione comprendono quattro rami che sono distinti tra di loro ma perseguono un cammino comune, che si svolge nell’ottica della communio ecclesiae et ecclesiarum, nella specificità dei loro carismi di fondazione. Infatti esse hanno in comune lo scopo primario e principale di promuovere lo spirito missionario e universale tra tutti i membri del popolo di Dio e lo realizzano attraverso l’informazione sulle missioni, la promozione di vocazioni missionarie, la raccolta e distribuzione di sussidi ai missionari, alle loro opere e alle giovani Chiese, favorendo anche la comunione tra le chiese con la comunicazione di beni, di aiuti e di personale. Vi sono inoltre da tenere in considerazione alcune caratteristiche che distinguono le POM da istituzioni analoghe e progetti vari di cooperazione missionaria. 1. Le POM hanno un carattere di universalità. Esse sono le Opere ufficiali del Supremo Pastore della Chiesa e del Collegio dei vescovi ai quali competono “la dire11 Si vedano i seguenti testi: ag 30, 38; eS iii, 4-6; CiC can. 791; pb 91; rm 84; Cooperatio missionalis (1° ottobre 1998); pom, Statuto 2005. 12 Cf. J. eSQuerDa biFet, “Cooperazione missionaria”, in Dizionario di Missiologia, uup-eDb, bologna 1993, pp. 151-153; b. monDin, “Cooperazione missionaria”, in Dizionario Storico e Teologico delle Missioni, uup, Città del vaticano 2001, pp. 123-125; F. paveSe, Cooperazione, animazione e formazione missionaria, in aa.vv., Cristo, Chiesa e Missione, uup, roma 1992, pp. 365-380.

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La prassi attuale delle Pontificie Opere Missionarie: l’organizzazione di un cammino

zione e coordinamento delle iniziative e delle attività riguardanti l’opera missionaria e la cooperazione per le missioni” (cf. can. 782, § 1) e quindi dipendono dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (= CEP), che dirige e coordina l’attività missionaria in tutto il mondo soprattutto nei territori di missione, salvo le competenze della Congregazione per le Chiese Orientali sulle chiese sui iuris (cf. PB 91, 85). Le POM sono quindi nello stesso tempo le opere dei Vescovi, che presi singolarmente, sono

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[…] i garanti della Chiesa Universale e di tutte le Chiese e ai quali compete l’avere una peculiare sollecitudine per l’opera missionaria, soprattutto suscitando, favorendo e sostenendo le iniziative missionarie nella propria Chiesa particolare (cf. can. 782, § 2).

Esse esprimono questa loro universalità nell’animazione e formazione missionaria rivolta a tutte le Chiese e a tutti i membri del popolo di Dio, negli aiuti offerti ugualmente a tutte le Chiese in territori di missione. 2. Le POM armonizzano pertanto la loro caratteristica di universalità con la fondazione e lo sviluppo di nuove chiese e il sostegno alle stesse mediante il loro carattere episcopale concretizzato nella comunione tra le Chiese particolari e i loro pastori, nella collaborazione e nel rispetto dei differenti progetti pastorali. Praticamente il loro impegno si svolge dall’implantatio alla radicatio Ecclesiae (cf. can. 786). 3. Le POM hanno come finalità primaria l’evangelizzazione, dovere fondamentale della Chiesa, anche se non trascurano la fattiva partecipazione alla promozione umana integrale. In sintesi ci sembra utile riportare quanto propongono gli Statuti 2005: Dono dello Spirito alla Chiesa e frutto dello zelo missionario dei loro fondatori, le Pontificie Opere Missionarie hanno sempre voluto favorire la partecipazione di tutti i fedeli alla vita apostolica della Chiesa. Come istituzioni ecclesiali sono state affidate alla direzione della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, dalla quale dipendono; questa ne assicura il coordinamento per la loro maggiore efficacia ed effettiva universalità. E richiesto che esse siano presenti ed operanti in tutte le Chiese particolari di antica fondazione e giovani e sono riconosciute come l’organismo ufficiale della cooperazione missionaria di tutte le Chiese e di tutti i cristiani. Queste Opere occupano giustamente il “primo posto” nella cooperazione missionaria perché costituiscono uno strumento prezioso “sia per infondere nei cattolici, sin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire un’adeguata raccolta di sussi62

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di a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna”. Le Pontificie Opere Missionarie sono quindi proposte a tutti i cristiani come strumenti privilegiati del Collegio Episcopale unito al Successore di Pietro e con lui responsabile del Popolo di Dio, che è interamente missionario3.

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Pertanto alla luce di quanto appena ricordato, in questa comunicazione ci permettiamo presentare l’organizzazione e il lavoro delle POM presso la CEP; l’organizzazione e il lavoro delle POM presso le Chiese locali; gli interventi e le distribuzioni di aiuti delle POM per la Chiesa Universale e le Chiese particolari, anche attraverso un sintetico bilancio economico. L’organizzazione e il lavoro delle POM presso la CEP

1

Le POM sono organizzate a livello sovranazionale, nazionale, diocesano. La sede centrale delle quattro opere, è situata nello storico palazzo di Propaganda Fide, che si affaccia sulla stupenda piazza di Spagna in Roma, fino al 1926 sede anche del Collegio Urbano. Collocate in un’ala specifica di questo stabile, di recente splendidamente ristrutturato, e sotto le dirette dipendenze di un Segretario Aggiunto della CEP, si avvale nella sua organizzazione di vari membri, da quelli di diritto per rappresentanza a quelli addetti ai vari compiti, oltre 100 (è una cifra approssimativa per difetto perché alcuni membri sono in più organismi). Secondo il vigente Statuto e i documenti anteriori e posteriori di esse ne sono parte i seguenti organismi e istituzioni4. Il Comitato Supremo delle Pontificie Opere Missionarie5

1.1

È costituito da un Presidente che è il Cardinale Prefetto della CEP, da due Vice Presidenti, il Segretario e il Segretario Aggiunto della CEP, e da membri vescovi 13 pom, Statuto 2005, i, 12. 14 pio Xi, motu proprio Decessor noster (24 giugno 1929); istruzione della S. Congr. de Propaganda Fide (14 aprile 1937); Statuto delle POM della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (26 giugno 2005). 15 Cf. Congregatio pro gentium evangelizatione, Guida delle Missioni Cattoliche, uup, Città del vaticano 2005, pp. 9-16; “Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli”, in Annuario Pontificio 2011, lev, Città del vaticano 2011, pp. 1189-1198, 1840-1841.

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rappresentanti dei 5 continenti del mondo, dai 4 segretari generali delle POM, e da 5 direttori generali delle POM rappresentanti dei cinque continenti del mondo. Ha il compito di provvedere a tutto quanto è necessario perché ciascuna delle POM si sviluppi regolarmente ed efficacemente nel proprio ambito e risolvere le questioni che eventualmente sorgessero tra di loro6.

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Spetta al Comitato Supremo: a) assicurare l’unità e la mutua intesa tra le POM e la CEP; b) incoraggiare ed offrire la formulazione di linee-guida generali pastorali ed economiche, alla luce di bisogni particolari e di comune accordo con il Consiglio Superiore; c) approvare i bilanci delle POM, corredati dalla relazione di un Pubblico Revisore dei Conti; d) approvare i Regolamenti Interni delle POM; e) nominare ad quinquennium, su proposta del Presidente, l’incaricato dell’Amministrazione. Il Comitato Supremo si raduna una volta l’anno. Il Presidente può inoltre convocarlo ogni qualvolta lo ritenga necessario. Il segretario del Comitato nominato dal Presidente ad quinquennium, funge da attuario7. Il Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie8

1.2

È costituito da un Presidente nella persona del Segretario aggiunto, dai Segretari delle quattro POM; dai Sottosegretari della sezione dei rapporti con gli stati della Segreteria di Stato, della Congregazione per i Vescovi, e della Congregazione per le Chiese Orientali, i Direttori Nazionali e i Consiglieri delle Pontificie Opere Missionarie della Propagazione della Fede, di San Pietro Apostolo, della Santa Infanzia, dell’Unione Missionaria. Spetta a questo organismo: 16 pom, Statuto 2005, ii, 29-30 17 Ibid., 31-32. 18 Cf. pio Xi, motu proprio Romanorum Pontificum (2 maggio 1922); pio Xii, Udienza (28 ottobre 1956); officio della Congr. degli affari eccl. Straord. (12 agosto 1958); Statuto delle POM della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (26 giugno 2005).

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a) studiare le attività e i metodi di animazione e di raccolta di fondi delle POM nei rispettivi paesi, suggerendo nuove iniziative in accordo con i piani pastorali delle Conferenze Episcopali: a tale scopo verranno organizzate specifiche sessioni pastorali; b) decidere sull’equa distribuzione dei fondi raccolti dalle Direzioni nazionali, secondo un piano di finanziamento dei progetti preparato dal Comitato Esecutivo (cf. II, 40e); c) decidere le priorità da osservare quanto alla distribuzione dei fondi; d) stabilire le norme relative alla concessione dei sussidi, ispirandosi agli orientamenti generali fissati dalla CEP. Una ripartizione equa – a ciascuno secondo le proprie necessità – ed efficace, concepita cioè in funzione di una pastorale missionaria ben ponderata, presuppone una precisa informazione e l’esame dei pareri presentati dalle Conferenze Episcopali interessate e dagli esperti in materia; e) esaminare i bilanci preventivi e consuntivi di ciascuna Opera, preparati dai Segretari Generali, e deliberare in proposito; f) scegliere un Pubblico Revisore dei Conti che controlli tutti i bilanci delle POM e proporlo, per l’approvazione, al Cardinale Prefetto della CEP; g) risolvere eventuali problemi di organizzazione delle POM; h) stabilire, con il consenso del Presidente, speciali “Commissioni ad hoc” per studiare questioni particolari e presentare raccomandazioni al Consiglio Superiore; i) proporre al Comitato Esecutivo iniziative utili per incoraggiare riunioni a livello internazionale e regionale organizzate dai Direttori Nazionali o dai Segretari Generali, previa comunicazione al Presidente ed alle Conferenze Episcopali interessate; j) fissare la data e la durata dell’Assemblea Generale di maggio e, se necessario, della Assemblea Speciale di novembre, indicando i temi da trattare; k) curare l’elaborazione e l’aggiornamento di un proprio Regolamento Interno (cf. II, 45; 31d); l) preparare e aggiornare un Manuale operativo; m) definire la somma di denaro che i Segretari Generali possono trattenere sul bilancio della propria Opera per rispondere a richieste di aiuto in emergenze particolari. Questi fondi dovranno essere distribuiti secondo progetti ben definiti e rientreranno nella contabilità dell’anno successivo. I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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Il bene comune della missione universale deve essere la loro principale preoccupazione. Essi si devono considerare, prima di tutto, come operatori di un servizio a favore della comunione tra le Chiese. Il Consiglio Superiore si riunisce in Assemblea Generale Ordinaria una volta all’anno, normalmente nel mese di maggio, convocata, presieduta e moderata dal Presidente delle POM. Tutti i membri del Consiglio Superiore hanno l’obbligo di partecipare all’Assemblea Generale Ordinaria. Essa si svolge in due parti, una pastorale e l’altra amministrativa. La prima viene dedicata prevalentemente allo studio di temi missiologici, pastorali e organizzativi indicati e approvati in precedenza dall’Assemblea Generale. La seconda è riservata alla valutazione delle proposte dei Segretariati Generali per l’assegnazione dei sussidi9. Il Comitato Esecutivo

1.3

All’interno del Consiglio Superiore è costituito il Comitato Esecutivo, presieduto dal Presidente delle POM e comprendente i quattro Segretari Generali. Esso si raduna almeno una volta ogni due mesi, opera in conformità ad un proprio Regolamento Interno ed ha i seguenti compiti: a) assicurare l’attuazione delle linee-guida generali date dal Comitato Supremo e dal Consiglio Superiore; b) organizzare tutte le Assemblee delle POM e loro simili iniziative; c) curare che le Direzioni Nazionali delle POM siano organizzate in modo funzionale, secondo lo spirito e le norme dello Statuto; d) esaminare e rispondere alle richieste urgenti di aiuto, nei limiti stabiliti dal Consiglio Superiore; e) coordinare la preparazione delle proposte per la distribuzione dei sussidi annuali; f) valutare con l’Incaricato dell’Amministrazione i problemi di gestione economica generale e delle quattro Opere in particolare. L’Incaricato è al servizio del Comitato Esecutivo a cui deve rendere conto del proprio operato e con il quale esaminerà tutti i problemi che riguardano l’amministrazione e la direzione del personale delle POM10. 19 pom, Statuto 2005, ii, 33-37. 10 pom, Statuto 2005, ii, 40.

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Le POM della Propagazione della Fede, di San Pietro Apostolo, della Santa Infanzia, dell’Unione Missionaria11

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1.4

Godono ciascuna di una certa autonomia, e hanno tutte come Presidente, il Segretario aggiunto della CEP, o in mancanza di questo, il Segretario della stessa Congregazione. Il Presidente è nominato dal Sommo Pontefice.

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Al Presidente spetta: a) b) c) d) e) f)

rappresentare le POM presso la CEP; presiedere alle Assemblee delle POM; coordinare il lavoro dei quattro Segretari Generali; rappresentare le POM nelle Assemblee e negli incontri ufficiali; assistere le Direzioni nazionali, anche visitandole; curare il buon funzionamento e l’ordinata e trasparente gestione economica dei quattro Segretariati Generali.

Ciascuna Opera ha il proprio Segretariato Internazionale, diretto dal Segretario Generale nominato ad quinquennium dalla CEP, previa consultazione con i membri del Consiglio Superiore. Il suo mandato è rinnovabile normalmente soltanto per un altro quinquennio. Il Segretario Generale, di ogni singola opera, ha il compito di: a) curare il buon funzionamento del Segretariato; b) collaborare con gli altri Segretari Generali seguendo le direttive del Presidente; c) presentare ogni anno proposte di sussidi, sia ordinari che straordinari, per i vari progetti da sottoporre al Consiglio Superiore per l’approvazione; d) preparare annualmente per il Consiglio Superiore una relazione generale sulle attività del proprio Segretariato, assieme a un rapporto dettagliato dei fondi ricevuti e dei sussidi erogati. 11 Cf. Statuto delle POM della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (26 giugno 2005). Si vedano m. bianCHi, “pontificie opere missionarie”, in Dizionario di Missiologia, pontificia università urbaniana-eDb, bologna 1993, pp. 403-408; p. CoDa, Le Pontificie Opere Missionarie nella prospettiva ecclesiologica della lettera della Congregazione per la dottrina della fede su “alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione”, in aa.vv., La Chiesa mistero di comunione per la missione. Un contributo teologico, uup 1997, pp. 27-36; b. monDin, “pontificie opere missionarie”, in Dizionario Storico e Teologico delle Missioni, pp. 372-374; H. rzepKowSKi, “opere”, in Lessico di Missiologia. Storia, Teologia, Etnologia, lev, Città del vaticano 2000, pp. 473-475.

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Tutte le strutture delle POM hanno un loro Regolamento Interno approvato dall’autorità competente secondo la legislazione canonica vigente e lo Statuto12.

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Presso l’opera della Propagazione della Fede vi è l’Agenzia Internazionale Fides con un direttore e vari addetti nelle principali lingue, che pubblica un bollettino su tutta l’attività missionaria. Inoltre per tutte le Opere vi è un Amministrazione Centrale, con un Capoufficio e vari addetti. Inoltre sono da aggiungere la Domus Missionalis, che è una fondazione Pontificia per la gestione dei Collegi Pontifici dipendente dalle POM: San Pietro, San Paolo, Mater Ecclesiae, Foyer Paolo VI, San Giuseppe, CIAM (Centro Internazionale di Animazione Missionaria), tutti situati in Roma13. L’organizzazione e il lavoro delle POM presso le chiese locali

2

A causa del carattere episcopale delle POM è richiesta una profonda intesa e stretta collaborazione con le Diocesi e le Conferenze Episcopali dei vari paesi. Poiché inoltre la Chiesa riconosce la validità e l’utilità delle riunioni a livello regionale e continentale, nonché i Sinodi ordinari e continentali, il consiglio superiore è tenuto a favorire i contatti e la collaborazione tra le Direzioni Nazionali. Alcuni incontri internazionali, a livello sia regionale che continentale, forniranno ai responsabili nazionali l’occasione per scambi di opinioni, di informazioni e di esperienze. Questo costituirà una fonte di arricchimento per tutti e permetterà a ciascuno di rivedere e di rinnovare, se necessario, le proprie vedute, i propri programmi e i tradizionali metodi di lavoro. Pertanto le riunioni regionali e continentali delle POM possono essere organizzate, previa comunicazione al Presidente delle POM e al Prefetto della CEP, dai Direttori nazionali interessati e anche dal Segretario Generale di ogni singola Opera. Queste Riunioni dovranno essere notificate anche alle Conferenze Episcopali della regione o del continente in cui si 12 pom, Statuto 2005, ii, 43-45. 13 la Domus Missionalis è una Fondazione pontificia per la gestione dei Collegi dipendenti dalle opere: S. pietro, San paolo, mater ecclesiae, Foyer paolo vi, San giuseppe, Ciam, vedi Chirografo di Sua Santità beneDetto Xvi del 20 maggio 2005, pom, Statuto del 20 maggio 2005. la Domus Urbaniana è stata eretta con Chirografo di Sua Santità beneDetto Xvi del 20 maggio 2005. il Centro internazionale di animazione missionaria è stato eretto con Decreto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli del 31 maggio 1974 ed è posto alle dipendenze del medesimo Dicastero.

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svolgono. Uno dei Direttori Nazionali può essere eletto come Coordinatore continentale o regionale per un periodo di tre anni, con l’incarico di programmare le attività sovrannazionali delle POM. Queste devono essere presenti e operanti in ogni Chiesa particolare sia antica che recente. In questo modo l’impegno per la cooperazione missionaria diventerà la coscienza missionaria della Chiesa14.

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Il Direttore Nazionale delle POM

2.1

A livello di Conferenza Episcopale, in ogni nazione vi può essere ordinariamente un solo Direttore Nazionale per tutte le quattro POM, se esistono, o per tutte quattro le finalità che esse perseguono. In alcuni casi un Direttore può essere incaricato per più nazioni. Il Direttore Nazionale è il rappresentante ufficiale delle POM presso la Conferenza Episcopale locale. La nomina del Direttore Nazionale spetta alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, dietro presentazione preferibilmente di una terna di candidati da parte della Conferenza Episcopale, tramite la Rappresentanza Pontificia. Il Direttore Nazionale è eletto ad quinquennium. Il suo mandato è rinnovabile normalmente soltanto per un altro quinquennio. Il nuovo Direttore Nazionale deve essere nominato, per quanto è possibile, tre mesi prima della scadenza del mandato del Direttore Nazionale in carica. In osservanza delle norme della Sede Apostolica, come pure di speciali direttive date dalla Conferenza Episcopale, al Direttore nazionale spettano i seguenti compiti: a) rappresentare le POM presso le autorità nazionali sia religiose che civili; b) promuovere e dirigere le POM nella Nazione e coordinare il loro funzionamento tra le singole Diocesi, in accordo con la Conferenza Episcopale e secondo lo spirito dello Statuto; c) presiedere ordinariamente il Consiglio Nazionale delle POM; d) stimolare in seno al Consiglio Nazionale la riflessione comune e promuovere le attività di animazione, suggerendo iniziative da prendere, orientamenti generali da seguire e coordinando le varie attività; 14 pom, Statuto 2005, ii, 46-49.

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e) presentare annualmente una relazione pastorale e un rapporto finanziario delle singole Opere al Consiglio Nazionale e alla Conferenza Episcopale, tramite la Commissione Episcopale per le Missioni, alla CER al Presidente delle Opere e ai Segretariati Generali. Il rapporto finanziario deve essere normalmente esaminato e firmato da un Pubblico Revisore dei Conti15. Il Consiglio Nazionale delle POM

2.2

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È composto dal: a) Direttore nazionale; b) i Segretari nazionali delle singole Opere; c) i Direttori diocesani ovvero alcuni Delegati dei Direttori diocesani quando il numero di questi è elevato. Il Consiglio Nazionale può essere formato anche in modo diverso, purché in esso siano rappresentati, in modo equilibrato, i membri degli organismi nazionali ecclesiali e i Delegati diocesani. Al Consiglio Nazionale spetta: a) collaborare strettamente con il Consiglio Missionario Nazionale costituito dalla Conferenza Episcopale e diretto dal Presidente della Commissione Episcopale per le Missioni; b) determinare il tema e studiare la strategia della campagna missionaria annuale e il programma delle attività delle Opere, sia per l’animazione sia per l’organizzazione della raccolta delle offerte; c) ricevere ed esaminare il bilancio finanziario annuale presentato dall’ufficio competente, con le spese di animazione e di amministrazione effettuate dalla Direzione Nazionale e dalle Direzioni Diocesane, secondo il preventivo stabilito. Ancora a livello nazionale le POM sono tenute ad osservare la legge civile vigente, a tal fine la Direzione Nazionale, per mezzo del Consiglio di Amministrazione o di altro gruppo di governo, curerà di mantenere alle POM lo stato di “Associazione senza scopo di lucro” o di “Fondazione”. Il Consiglio Nazionale, in accordo con la Conferenza Episcopale e previa informazione del Consiglio Superiore delle POM è tenuto ad elaborare uno Statuto 15 Ibid., 50-53.

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o un Regolamento interno per l’organizzazione del proprio lavoro e per l’attività specifica delle singole Opere in armonia con lo Statuto delle POM. Esso dovrà essere esaminato e approvato dal Comitato Supremo (cf. Statuto II, 45, 31d). Considerato il carattere episcopale delle POM e il loro servizio ecclesiale, il Consiglio Nazionale deve fare in modo che le sue attività si integrino nell’insieme della pastorale missionaria diocesana e nazionale, al fine di assicurare unità e sviluppi armonici. Pur conservando la loro identità, le POM non devono agire ai margini della vita pastorale delle Diocesi e creare strutture parallele. Esse devono seguire gli orientamenti generali dati dalla Commissione Episcopale per le Missioni. Dove esiste il Consiglio Missionario Nazionale, le POM vi sono rappresentate in considerazione della loro finalità e del fatto che nell’opera di animazione missionaria «il compito primario spetta alle Pontificie Opere Missionarie»16. Il Presidente della Commissione Episcopale o un delegato

2.3

Al Presidente della Commissione Episcopale per le Missioni o a persona delegata dalla Conferenza Episcopale per questo settore, spetta promuovere e patrocinare le POM. Per questo: Alle POM deve essere fattivamente riconosciuto e assicurato il ruolo di strumento ufficiale della Chiesa Universale che compete loro per costituzione nel Paese e nelle Diocesi. È utile che il Presidente della Commissione Episcopale sia invitato agli incontri nazionali annuali delle POM, così che possa seguirne da vicino l’attività nelle fasi sia di programmazione che di revisione.

D’altra parte si auspica che […] il Direttore Nazionale sia messo a parte delle deliberazioni e delle iniziative missionarie della Commissione Episcopale. In questo modo egli potrà più facilmente svolgere il suo compito in unità di spirito e di intenti con le direttive e le scelte operative dei Pastori e della Chiesa locale. Si associ il Direttore Nazionale alla Commissione Episcopale nel modo più efficiente possibile. 16 Ibid., 54-58.

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Una forma concreta è quella di nominare il Direttore Nazionale come Segretario della Commissione Episcopale per le Missioni17.

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Il Direttore Diocesano delle POM

2.4

Più specificamente a livello diocesano, il Vescovo, preferibilmente dopo aver sentito il Direttore Nazionale, nomina un Direttore Diocesano delle POM, che sia unico, possibilmente, per tutte e quattro le Opere. È opportuno che egli sia nominato per un periodo di cinque anni; il suo mandato è rinnovabile. È altresì auspicabile che il Direttore Diocesano sia allo stesso tempo il Delegato Episcopale per le Missioni. Nel caso in cui l’Ordinario nominasse un Delegato Episcopale diverso, questi deve dare il più ampio sostegno al Direttore Diocesano nello svolgimento del suo compito. Il Direttore Diocesano, che conviene sia anche membro del Consiglio Pastorale Diocesano, assistito dai suoi collaboratori è al servizio del Vescovo per aiutarlo a dare un’apertura missionaria universale alla vita della pastorale diocesana18. 3

Gli interventi e le distribuzioni di aiuti delle POM per la Chiesa Universale e le Chiese Particolari

Le offerte raccolte dalle POM in tutte le parrocchie, diocesi e istituzioni di ogni Rito del mondo, costituiscono un Fondo Solidarietà, per dare sostegno ad un programma di aiuto universale. L’Opera per la Propagazione della fede, della Santa Infanzia, e di San Pietro Apostolo, hanno anche un fondo autonomo. Finalità dei Fondi e loro organizzazione

3.1

La loro finalità è l’aiuto economico alle Chiese in territori di missione nel loro impegno di evangelizzazione, di sviluppo ecclesiale e sociale, di educazione e di assistenza. Essi sono segno dell’unità che unisce nel mondo tutti i membri di tutte le Chiese particolari nella comunione della Chiesa universale. 17 Ibid., 59. 18 Ibid., 60.

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Le offerte dei fedeli raccolte dalle POM nelle Diocesi per la missione universale devono essere integralmente e regolarmente trasmesse al più presto alla Direzione Nazionale. Queste offerte, raccolte per la missione Ad gentes nella Giornata Missionaria Mondiale o in altre occasioni speciali, non possono essere utilizzate per scopi diversi. La distribuzione delle offerte raccolte dalle POM è la prerogativa esclusiva dei Segretariati Generali. È loro compito, con la collaborazione dei Direttori Nazionali, mettere tutti i sussidi pervenuti durante l’anno a disposizione dei responsabili dei progetti approvati dal Consiglio Superiore. Solo una percentuale delle offerte raccolte può essere trattenuta dalle Direzioni Nazionali per l’attività di animazione e di amministrazione. Tale percentuale, determinata dal Consiglio Superiore, intende anche sopperire alla eventuale carenza di fondi sufficienti per le attività delle Direzioni Nazionali dei Paesi più disagiati. Nei rapporti finanziari annuali, le spese per l’animazione missionaria devono essere registrate separatamente da quelle effettuate per l’amministrazione. Tutte le istituzioni e soggetti che ricevono fondi dalle POM, possono usarli solamente e totalmente per il progetto specifico per cui sono stati destinati. Inoltre sono tenuti a presentare un rapporto ai Segretariati Generali da cui sono stati erogati19. Alcuni rendiconti

3.2

Ora come esempio di trasparenza ed educazione a rendere conto, secondo le Appendici 1 e 2, che fanno riferimento all’anno 2006 e 2007 diamo un semplice rendiconto di tutti i fondi raccolti e distribuiti nei diversi continenti a livello di Chiesa universale e Chiese particolari. Nelle Appendici 3 e 4 si possono invece notare i totali generali di offerte raccolte per continente e in percentuale. Nell’Appendice 1 sono offerti in dollari USA, gli introiti pervenuti alle singole POM e per continente dagli anni 2002 al 2006. Come si può facilmente notare in tutti gli anni vi è stato un crescendo di introiti tranne che per il 2005 per l’Opera di San Pietro Apostolo e per il 2006 per l’Opera della Santa Infanzia. Dal 2002 al 2006 vi è stato comunque un incremento generale di offerte di 42.233.974 dollari USA. Ci auguriamo che per il futuro questo incremento possa continuare, così da poter rispondere sempre meglio ai diversi aiuti richiesti. 19 Ibid., 61-64.

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Nell’Appendice 2 è presentato il Bilancio Consolidato delle POM al 31 dicembre 2007 e il Conto di gestione delle stesse, in Dollari USA, soprattutto nelle uscite, da cui si evincono i seguenti dati (prima colonna). Per attività caritatevoli sono stati spesi 191.134.755,52; per attività speciali sono stati spesi 1.398.299,76; per il Segretariato internazionale sono stati spesi 6.722.833,76; per attività finanziarie, soprattutto differenze su cambi 4.439.053,55; per uscite gestione straordinaria 472.972,10; per un totale di uscite di 204.167.914,69, di risultato di gestione di 2.021.395,70, in totale a pareggio di 206.189.310,39 dollari USA.

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Verso l’autofinanziamento e lo sviluppo

3.3

Alla luce di questi dati un aspetto importante da considerare è quello dell’autofinanziamento per varie chiese soprattutto dell’Africa. L’impegno per l’autofinanziamento comporta anche la ricerca di uno stile di vita rinnovato e di un modello ecclesiale che tengano presenti la scelta preferenziale per i poveri e le possibilità economiche locali. Ciò vale anche per gli istituti di vita consacrata, in cui va sottolineata la necessità di creare una cultura del lavoro anche manuale e una certa austerità di vita come espressione della radicalità evangelica. Allo stesso modo si potrebbe suggerire di rivedere il modello di seminario o di altre strutture di formazione, poiché gli elevati costi della formazione sacerdotale superano largamente le possibilità locali, scoraggiano la partecipazione dei fedeli e contribuiscono a creare una mentalità da assistiti. Lo sforzo di autofinanziamento della Chiesa va collocato nella lotta per lo sviluppo sociale e lo sradicamento della povertà, poiché si tratta di due dimensioni che debbono andare necessariamente insieme. L’autofinanziamento della Chiesa deve affiancarsi a un impegno per lo sviluppo di tutto il popolo di Dio che si organizza in piccole comunità cristiane. La Chiesa è ricca in risorse umane che debbono creare attività produttive agricole e industriali, anche in forma di piccoli progetti che mirino ad assicurare il necessario e che abbiano un impatto per la società, per la riduzione della disoccupazione e della povertà delle famiglie, diminuendo le disuguaglianze sociali20. Infatti l’Instrumentum laboris del Sinodo dei Ve20 Cf. aa.vv., Missione ed uso dei mezzi economici, “ad gentes” 7 (2003) 1; v. moSCa, L’orizzonte del diritto missionario, “ius missionale” 2 (2008), 213-226; S. reCCHi (ed.), Autonomie financiere et gestion des bien dans les jeunes Eglises d’Afrique, yaoundé 2003.

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scovi, II Assemblea speciale per l’Africa, che ha avuto per tema La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione della giustizia e della pace. “Voi siete il sale della terra e la luce del mondo” (Mt 5, 13-14), nel capitolo IV dal titolo “La Chiesa famiglia di Dio all’opera: testimonianza e nuove prospettive”, circa l’impegno dei fedeli cristiani nella società e nel campo specifico dell’economia così si esprime: Deve essere incoraggiato e sostenuto l’esempio di numerosi cristiani che, in nome della fede, creano imprese o gestiscono quelle pubbliche in maniera efficace ed edificante: essi vivono del proprio lavoro, producono ricchezza, pagano le imposte e tutte le tasse per la Tesoreria dello Stato, corrispondono salari giusti, lottano contro lo spreco delle risorse naturali, regolamentano i meccanismi d’import/export, ecc. Queste forze vitali devono crescere sempre più poiché sono esse che, con la loro capacità di trasformazione, arresteranno la miseria e la povertà. Inoltre, questi cristiani modello devono diventare mediatori tra le popolazioni impotenti e le strutture internazionali del Commercio (per esempio l’Organizzazione Mondiale del Commercio), i finanzieri capaci di concedere crediti, ecc., per migliorare la condizione di lavoro dei più deboli: proteggere la loro produzione, facilitare lo smercio dei loro prodotti a un giusto prezzo21. Conclusioni

Alla fine di questa presentazione dell’organizzazione delle POM, nell’attuale contesto storico, e di indicazioni legislativo-teologiche, ci permettiamo quasi in forma prospettica di trarre alcune considerazioni. In virtù del Vangelo, l’agire missionario della Chiesa può donare ad ogni cultura il progetto di un’umanità libera, solidale, compassionevole, nella collaborazione dialogica con quelle tradizioni religiose e filosofiche che hanno a cuore la centralità della persona umana. In tal modo, l’evangelizzazione può diventare profezia di una cultura nuova, nella quale i valori del Regno di Dio intercettano le attese di salvezza che si nascondono negli interrogativi e nelle aspirazioni di ogni uomo e di ogni cultura22. 21 SinoDo Dei veSCovi. ii aSSemblea SpeCiale per l’aFriCa, La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione della giustizia e della pace. “Voi siete il sale della terra e la luce del mondo” (Mt 5, 13-14), Instrumentum laboris, lev, Città del vaticano 2009, n. 140. 22 Cf. C. Dotolo, L’evento della missione tra dono del Vangelo e liberazione umana, in aa.vv., Le Pontificie Opere Missionarie. Statuti, Storia e teologia, “euntes Docete” 59 (2006) 1, 103-128.

I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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La prassi attuale delle Pontificie Opere Missionarie: l’organizzazione di un cammino

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L’impegno di formare alla cooperazione missionaria è una realtà che sta portando le varie Chiese particolari al tentativo di un coordinamento più attento e sensibile anche alla dimensione formativa dei propri aderenti, che potrà dare frutti di una nuova ministerialità nel campo missionario23. Le POM rappresentano ancora oggi la modalità concreta, affermatasi nella storia e ancora dominante pur se affiancata da altre forme, volta a sostenere la tensione caritativa delle chiese e la loro responsabilità missionaria. Affermare questo non significa nascondere i limiti che queste opere, sorte decenni fa, possono oggi mostrare. I cambiamenti intervenuti nel modo di pensare la vita cristiana, la sua dimensione ecclesiale e missionaria non mancano di incidere anche sulla cooperazione. La stessa centralizzazione delle Opere Pontificie, tradizionalmente un motivo di forza, non lo rappresenta sempre oggi. Nonostante ciò, è però innegabile riconoscere che le POM esprimono una viva sensibilità battesimale ed una certa coscienza delle ripercussioni sociali della fede: ancora oggi, rappresentano una enorme riserva di atteggiamenti cristiani, specialmente in ordine alla carità. In effetti non è difficile vedere le POM come una forma di corresponsabilità missionaria popolare e come una forma ancora attiva; come per le altre forme di religiosità popolare, anche qui si tratterà di mantenere e purificare queste espressioni, orientandole gradualmente - in modo intelligente ed efficace - verso forme sempre più vere di integrazione e di partecipazione all’attività missionaria della chiesa. L’offerta monetaria non potrà essere l’unica forma. Si dovrà riprendere e riproporre in modo aggiornato il contesto di fede in cui le POM sono nate: la preghiera ecclesiale e personale, la testimonianza di una condivisa sobrietà e l’impegno a coinvolgere una ampia sensibilità sociale. Le POM sono un attivo soggetto della vita comunitaria. Collocate nell’ambito della educazione della cattolicità attraverso un impegno di fattivo sostegno di preghiera e di carità, sono in grado di orientare e sostenere il cammino ecclesiale del popolo di Dio. La carità sostenuta dalla preghiera e da un’autentica vita spirituale può aiutare il popolo di Dio ad essere il primo evangelizzatore di se stesso e ad esserlo attraverso il servizio di quei valori a cui è particolarmente sensibile: la fiducia in Dio, la sensibilità per la dignità di tutti, la vicinanza a chi soffre, la consapevolezza del male ed il bisogno di conversione. 23 Cf. l. meDDi, Formare alla cooperazione missionaria, in ibid., 129-147.

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Piergiuseppe Vacchelli – Vincenzo Mosca

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In un’epoca di secolarizzazione e di globalizzazione come l’attuale, a questo riguardo si richiede uno sforzo di fantasia e di amore. Scuola di fede e di missione le POM devono aprirsi a tutte le situazioni umane nella convinzione che la causa di Cristo è la causa dell’uomo; la sua forte affermazione che ogni cosa, fatta a una persona qualunque, è in realtà fatta allo stesso Cristo esige una viva attenzione per tutte le situazioni umane, specie per quelle che producono sofferenza e ingiustizia. Attente alle circostanze concrete, le POM praticano la consapevolezza che il mondo ha bisogno di Cristo e del suo Vangelo; a questo scopo presentano un itinerario di fede che, sviluppando il battesimo fino agli orizzonti ultimi della cattolicità, deve prendere il posto di un cristianesimo consolatorio e devozionistico. L’integrazione tra fede e carità così indicata è solo un momento della più ampia integrazione tra fede e vita, integrare la passione per l’evangelizzazione con la testimonianza dei valori del regno è il punto che potrà conferire alle POM rinnovata credibilità e rinnovato vigore24.

24 Cf. g. Colzani, Lo spirito delle Pontificie Opere Missionarie. Per una interpretazione teologica, in ibid., 89-101.

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Appendice 1

S T U D I

Totali generali offerte per Pontificia Opera e per Continente in dollari Usa 2002

Totale POPF

2004

2005

2006

108.121.507 117.633.393

127.127.810

125.862.443

136.913.470

Totale POSPA

23.565.086

25.396.233

25.713.320

24.481.475

28.603.820

Totale POSI

15.862.100

16.093.869

16.954.254

27.872.822

24.265.377

147.548.693 159.123.495

169.795.384

178.216.740

189.782.667

TOTALE GENERALE

Totale Africa

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2003

711.387

856.182

931.758

956.296

1.293.908

62.387.819

61.887.630

67.333.174

61.034.310

67.448.168

4.157.378

4.394.557

5.581.043

5.671.295

6.175.265

Totale Europa

77.336.277

87.610.164

91.653.752

104.834.517

107.953.473

Totale Oceania

2.791.937

3.744.440

4.100.085

5.200.520

5.809.869

163.896

630.522

195.572

519.802

1.101.984

147.548.693 159.123.495

169.795.384

178.216.740

189.782.667

Totale America Totale Asia

Totale Varie

TOTALE GENERALE Legenda

popF pontificia opera della propagazione della Fede poSpa pontificia opera di San pietro apostolo poSi pontificia opera per la Santa infanzia

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Appendice 2

Bilancio consolidato delle Pontificie Opere Missionarie al 31 dicembre 2007 Conto di gestione delle Pontificie Opere Missionarie in dollari Usa USCITE

ATTIVITÀ CARITATEVOLI

S. PIETRO APOSTOLO

PROPAGAZIONE DELLA FEDE

S. INFANZIA

191.134.755,52

34.460.226,84

133.833.433,68

22.841.095,00

Sussidi ordinari

60.644.886,63

22.470.570,01

34.574.316,62

3.600.000,00

Sussidi straordinari

97.876.206,37

6.890.463,00

71.822.158,37

19.163.585,00

846.150,00

846.150,00

Sussidi a novizi Sussidi a novizie

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CONSOLIDATO

1.477.050,00

1.477.050,00

Sussidi speciali

709.718,05

709.718,05

borse di studio

106.267,78

106.267,78

1.711.630,00

1.711.630,00

Sussidi particolari altri sussidi

248.378,00

248.378,00

verso opere collegate

15.196.913,20

0,00

percentuali

10.917.555,49

10.840.045,49

1.400.000,00

1.400.000,00

opus securitatis

0,00

0,00 15.196.913,20

raccolta da destinare

77.510,00 0,00

ATTIVITÀ SPECIALI

1.398.299,76

agenzia Fides

1.081.513,42

Domus missionalis/Collegi

UNIONE MISSIONARIA

194.842,83

1.203.456,93

0,00

0,00

1.081.513,42

316.786,34

194.842,83

121.943,51

SEGRETARIATO INTERNAZIONALE

6.722.833,76

1.906.079,87

2.079.644,81

1.934.368,35

802.740,73

Spese di gestione

6.722.833,76

1.906.079,87

2.079.644,81

1.934.368,35

802.740,73

ATTIVITÀ FINANZIARIA

4.439.053,55

1.635.019,33

2.532.907,79

271.126,43

0,00

uscite finanziarie

0,00

Differenze su cambi

4.439.053,55

1.635.019,33

2.532.907,79

271.126,43

USCITE GESTIONE STRAORDINARIA

472.972,10

1.000,24

465.945,13

6.026,73

altre uscite

472.972,10

1.000,24

465.945,13

6.026,73

204.167.914,69

38.197.169,11

140.115.388,34

25.052.616,51

802.740,73

2.021.395,70

176.098,22

124.787,87

1.544.760,44

175.749,17

206.189.310,39

38.373.267,33

140.240.176,21

26.597.378,95

978.489,90

TOTALE USCITE RISULTATO GESTIONE 2007 TOTALE A PAREGGIO

80

0,00

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Appendice 3

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81

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Appendice 4

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totali generali per continente in percentuale

82

I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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S

T

U

d

L’animazione missionaria nelle e delle Pontificie Opere Missionarie

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Carisma e ruolo delle POM nell’attuale contesto ecclesiale

i

Vito Del Prete

1

Le Pontificie Opere Missionarie, come sappiamo, sono sorte in un periodo (1800) in cui parlare di missione voleva dire quasi esclusivamente pregare, fare sacrifici, e raccolta di fondi per aiutare i missionari e le loro opere nelle missioni. La missione “ad extra” era un fatto marginale, affidata e delegata a quel manipolo di persone che “andavano” generalmente in altri paesi, per la conversione dei pagani. Nascono dagli stimoli, e dalla richiesta di cooperazione degli istituti missionari, specialmente dell’Istituto delle Missioni Estere di Parigi, che avevano le loro missioni in Oriente. Ma fin dal principio hanno queste caratteristiche: Universalità. Non è questione di aiutare questa o quella missione, ma tutte, senza distinzione. “Facciamo qualcosa di universale, di cattolico”, e questo fu l’atto di fondazione dell’opera della Propagazione della Fede, che trova la sua iniziatrice in Pauline Jaricot. “Tutti i fedeli per tutti gli infedeli”. A questa seguì l’opera della Santa Infanzia, il cui motto è: “Salvare l’Infanzia attraverso l’Infanzia”. Era una necessità per i missionari combattere l’infanticidio, praticato in diverse parti dell’umanità, specialmente in Asia, e quindi creare strutture, scuole, dispensari per raccogliere, educare, curare i bambini abbandonati o deprivati dei villaggi. Le difficoltà dell’approccio dei non cristiani da parte del clero straniero, dei missionari, presto, in maniera profetica, fecero sorgere la necessità di avere preti locali, perché naturalmente potessero accostare e inserire il messaggio evangelico nelle culture locali. Per cui sorse l’Opera di S. Pietro Apostolo, che aveva come obiettivo la formazione del clero indigeno. Per questo si richiedevano preghiere, ma anche risorse economiche per costruire seminari e quanto annesso. Infine, dato che l’evangelizzazione, nonostante queste opere che chiamavano ad una cooperazione universale, restava ancora una delega, sorse la Unione I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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L’animazione missionaria nelle e delle Pontificie Opere Missionarie

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Missionaria del Clero. La intuizione del fondatore partiva da questo presupposto: fin quando non abbiamo dei preti animati e formati missionariamente, la diffusione del Regno di Dio tra i popoli non cristiani sarà sempre opera di un manipolo di persone. Non diventerà prassi e impegno di tutta la Chiesa. Per sensibilizzare e formare le comunità cristiane alla loro dimensione missionaria, dobbiamo formare i pastori. Allora solo è possibile che tutta la Chiesa sarà mondo. Così sorse quella che alla prima ora fu chiamata l’Unione Missionaria del Clero. Carisma e scopo delle POM è quindi di animare missionariamente tutto il popolo di Dio, far prendere coscienza della loro chiamata a cooperare nell’attività di evangelizzazione, e la universalità di questa cooperazione. Non si tratta solo di aiutare questa o quella missione, di curare un settore o un altro del popolo di Dio, ma di assumere la missione universale della Chiesa con una cooperazione che sia essa stessa universale. Al di là delle modalità, queste opere hanno costituito l’inizio anche di una riflessione ecclesiologica, che, sfociata anni dopo, richiamava tutti i fedeli ad un impegno improrogabile: la Chiesa è e deve essere missionaria. Secondo il modello ecclesiologico del tempo, le POM, essendo per loro natura universali, erano poste sotto la tutela e la responsabilità del Papa. Non era ancora affermata nettamente la dignità e la responsabilità della Chiesa locale. È con il Concilio Vaticano II che le chiese, anche quelle di recente fondazione, hanno la grave responsabilità dell’evangelizzazione “ad gentes”, e anche “ad extra”. Le Pontificie Opere Missionarie, pur restando Pontificie, sono poste al servizio delle chiese locali. Sono uno degli strumenti, anche se privilegiato nelle mani del vescovo, per la cooperazione universale alla missione evangelizzatrice. Nello stesso tempo, le chiese si assumono seriamente il servizio della cooperazione. Creano le strutture di animazione e qualche volta di formazione, i Centri Missionari Diocesani. Effettuano o dei gemellaggi o inviano sacerdoti Fidei Donum nelle missioni. Tutto questo impegno appare come sintomo di una missionarietà attiva ed effettiva, ma si corre il rischio di polverizzare di più il mondo missionario. Le POM, come ogni altra struttura associativa, pare che non corrispondano più allo scopo per cui sono sorte. Se ogni chiesa locale ha la sua struttura diocesana, che significato hanno più le POM? Come inserirle nella 84

I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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Vito Del Prete

S T U D I

diocesanità, nei piani pastorali missionari della chiesa locale? Non è passato il loro tempo, dato che tutta la chiesa, almeno in via di principio, è missionaria? La tensione tra chiesa universale e particolare si rivela anche sotto questo aspetto, come se l’una escludesse l’altra. È inevitabile che la prassi, anche nella chiesa, vada per opposti estremismi, finché non viene una sintesi.

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Benché il decreto conciliare Ad gentes avesse assunto ancora le POM come strumento privilegiato, pure esse dovettero, nel nuovo quadro ecclesiologico, provare la ragione della loro esistenza e della loro specificità. Esse hanno dovuto riflettere sul loro specifico e sul ruolo che avevano in ogni chiesa particolare. Universalità, missio ad gentes al di fuori delle proprie chiese e culture, popolarità e animazione e cooperazione sono i valori riscoperti e riaffermati nel contesto ecclesiale contemporaneo. Le POM oggi devono sempre più inserire la loro azione di animazione e di formazione negli orientamenti pastorali della Chiesa, che vuole attuare una svolta nell’impegno missionario, e per questo chiede che la formazione abbia un salto di qualità. Per essere evangelizzatori e per mettere la chiesa in uno stato di missione è necessario attuare un cambiamento forte di mentalità, di comprensione dell’evento cristiano, e della sua missione. Permane ancora il problema del segno associativo, che è indicativo di appartenenza e di esplicito impegno in queste opere. Cosa fanno, oggi, le POM

2

Si riconosce il ruolo fondamentale e insostituibile delle POM per l’animazione, la crescita del coinvolgimento missionario, e per la raccolta delle risorse economiche che vanno alle giovani chiese. Senza idealizzare nulla, e in base all’esperienza che ho fatto in questi anni, posso dire che il lavoro di animazione delle POM copre tutte le parrocchie, con metodologia e strumenti che hanno come destinatari tutto il popolo di Dio, e percorsi specifici che a loro volta coprono tutte le fasce etarie e condizioni sociali. Tant’è che i sussidi (e non sono pochi) che producono, costituiscono la base per l’animazione e formazione missionaria delle comunità parrocchiali. I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

85

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L’animazione missionaria nelle e delle Pontificie Opere Missionarie

Animazione

2.1

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Le quattro opere in realtà sono fondamentali per la crescita della consapevolezza missionaria della Chiesa. La prima, l’Opera della Propagazione della Fede, da cui dipendono anche il Movimento Giovanile Missionario, e, speriamo in breve tempo, il Movimento Missionario della Famiglia, mette in atto un’animazione capillare, di simpatia, di affezione e di aiuto finanziario per venire incontro alle esigenze delle chiese sorelle. La Giornata Missionaria Mondiale, con pubblicazioni per il Popolo, insieme alle altre iniziative riescono a tener viva nel popolo di Dio la volontà effettiva di cooperazione missionaria. Il Movimento Giovanile Missionario sta avendo una nuova primavera. Tramite convegni, scuole di formazione, esperienze diverse di immersione in paesi di missione, la preparazione della Giornata Missionaria dei Martiri, riesce ad attirare numerosi giovani, che non solo trovano delle risposte alla loro domanda di senso, ma sono animatori missionari parrocchiali, che riescono a fermentare anche altre aggregazioni giovanili. L’Opera della Santa Infanzia forse è la più conosciuta. I suoi itinerari formativi costituiscono sussidi, che sono utilizzati dai catechisti di tutte le parrocchie. L’Opera di S. Pietro Apostolo, tramite il suo lavoro paziente di contatti anche personali, porta continuamente all’attenzione della comunità parrocchiale la necessità del reclutamento delle vocazioni e della formazione dei sacerdoti indigeni perché le chiese locali giovani divengano autosufficienti. Infine la Pontificia Unione Missionaria, che ha migliaia di associati, tra cui centinaia di vescovi, e preti, religiosi, religiose, seminaristi tramite le frequenti visite ai seminari da parte di membri di Istituti esclusivamente Missionari, con Convegni Nazionali di Seminaristi, delle religiose e dei sacerdoti, con ritiri ed esercizi spirituali al clero diocesano, con immersione nelle missioni per brevi esperienze, per una lettura del libro della missione, cerca di attuare quanto il fondatore si prefiggeva: cioè animare e formare missionariamente i pastori, perché siano in grado di mettere le loro comunità nel dinamismo della missione universale. 86

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Vito Del Prete

Formazione

S T U D I

2.2

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La preoccupazione costante delle POM in questi anni, come sempre credo, è stata di dare una formazione di base solida perché vi sia una vera cooperazione missionaria, ed una effettiva partecipazione all’attività evangelizzatrice della Chiesa. Da cui come sempre, gli itinerari formativi per ogni categoria e un obiettivo generale in sintonia con quelli di ognuna delle opere. Non è una formazione generica, ma può dirsi semplice, non ingenua. Insiste sui valori fondamentali della spiritualità apostolica, a seconda dello stato di vita e delle età dei destinatari, tenendo presenti questi elementi fondamentali, al di là di altra problematica, complessa e teologica: 1. L’evangelizzazione di cui si parla è quella ai non cristiani “ad extra”. Pur riconoscendo che l’evangelizzazione è dovunque vi siano non cristiani e ambienti non cristiani da redimere, per le POM l’extra è essenziale e irrinunciabile. Dal libro della missione vengono gli spunti e gli stimoli anche per l’evangelizzazione sul territorio. Formazione all’Universalità, sia dell’azione evangelizzatrice, che è una realtà che abbraccia tutto l’uomo e la società, sia per gli ambiti e i luoghi in cui bisogna operare. 2. Formazione che tende anche a suscitare vocazioni per le missioni estere, sia laicali, Fidei Donum, o anche tramite gli Istituti o Congregazioni religiose missionarie. 3. Formazione che ha come base indiscutibile, magari senza troppi distinguo, la fondamentale verità cristiana, che è poi la ragione dell’evangelizzazione, che Cristo è il Salvatore unico dell’umanità, anche se bisogna fare dialogo, promozione umana. Ma l’annuncio resta la prima e fondamentale realtà. Metodologia

3

Il metodo è quello di un’organizzazione in rete con vari livelli. Dalla direzione Nazionale, a quella regionale, diocesana, parrocchiale. Ad ogni livello vi sono referenti e incaricati, che fanno giungere a tutte le fasce del Popolo di Dio il cammino missionario della Chiesa, chiedendo l’impegno poi di ciascuno. Ecco perché in questi prossimi anni sarà data un’attenzione particolare alla formazione I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

87

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L’animazione missionaria nelle e delle Pontificie Opere Missionarie

dei servi della missione, con una pianificazione e programmazione preparata dalle Direzione Nazionali. Saranno percorsi formativi semplici, ma dovrebbero essere efficaci perché la preparazione e formazione dei quadri dovrebbe poi essere come un lievito in tutte le strutture partecipative delle parrocchie e diocesi. Le POM insieme con gli Uffici Nazionali della Cooperazione tra le Chiese preparano anche i Convegni Missionari Nazionali e continentali. 3.1

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Cooperazione Missionaria

Il dovere missionario investe tutta la Chiesa, tutti gli altri fedeli, perché la “missio ad Gentes” è dovere di tutto il popolo di Dio, in forza della sua sacramentale inserzione in Cristo. Possiamo distinguere tre settori essenziali, ma interdipendenti e complementari: a) Settore propulsivo e direttivo. È il Papa e con lui il collegio episcopale cui direttamente è stato dato il mandato di andare in tutto il mondo e predicare il Vangelo a tutte le creature. Questo settore opera attraverso la Congregazione per l’evangelizzazione dei Popoli. Giuridicamente essa ordina, dirige, dilata tutta l’attività missionaria nel mondo. b) Settore operativo. È il più vasto, perché comprende i/le missionari/e, le chiese locali, quindi la fondazione della Chiesa dove essa non è presente. Sono quelli che possiamo chiamare le forze missionarie alle frontiere. c) Settore della cooperazione. Esso comprende tutto il popolo di Dio, che, pur non partendo per andare in missione, collabora responsabilmente allo sviluppo dell’unica Chiesa. È il settore dell’organizzazione della preghiera, delle sofferenze, dell’aiuto morale, delle offerte. Questa cooperazione ha diversi gradi e differente coinvolgimento. Il ruolo delle Conferenze Episcopali

3.2

È da anni che le POM nazionali sono sotto la diretta responsabilità delle Conferenze Episcopali. Esse sono così diventate veramente uno strumento di animazione e formazione nelle mani dei vescovi, e così più facilmente sono ritenute proprie e al sevizio delle comunità parrocchiali, in un discorso non paral88

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Vito Del Prete

S T U D I

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lelo, ma integrato nella pastorale d’insieme. Poco alla volta questa scelta fatta a livello strutturale sta divenendo una realtà veramente accettata, compresa e vissuta. Abbiamo bisogno di fare sintesi. Ci avviamo veramente in una sintesi, dove non vengono annullate le diversità, ma acquistano la loro giusta configurazione e valore. Per questo le POM, che non si ritengono l’unico organismo di cooperazione missionaria, devono essere coscienti che il loro servizio e il loro cammino hanno bisogno sempre di essere verificati nel contesto globale ecclesiale, nel cammino della chiesa in cui sono inserite e nella ricerca di spazi universali, che è proprio il loro. Le Conferenze episcopali, hanno un ruolo specifico da svolgere nel coordinamento di tutta l’attività e le forze da utilizzare nell’attività. Fondo(i) universale di solidarietà

4

La diocesanità delle Pontificie Opere Missionarie non deve contrapporsi e quasi rendere nulla la universalità. E mi riferisco specialmente al Fondo Universale di Solidarietà. Questo è costituito dalle offerte che i fedeli e gli uomini di buona volontà fanno in occasioni particolari: Giornata Missionaria Mondiale, Giornata Mondiale della Santa Infanzia, e tramite animazione, le offerte all’Opera S. Pietro Apostolo e un poco anche alla Pontificia Unione Missionaria. Le offerte raccolte da ogni parrocchia o ente ecclesiale vengono inviate “intere” alla diocesi, che le spedisce alla Direzione Nazionale. E tutte le direzioni nazionali inviano l’intera somma ai Segretari Internazionali in Roma. Parte di queste offerte servono per i sussidi ordinari alle diocesi dipendenti dalla Congregazione dei Popoli. La restante viene destinata per i progetti che ogni diocesi può presentare ai rispettivi segretariati per l’eventuale finanziamento. Sono stati stabiliti e codificati dei criteri in base ai quali finanziare i progetti. Il tutto poi viene approvato nell’assemblea del Consiglio Superiore che si raduna una volta all’anno. Questa procedura garantisce una equa distribuzione delle offerte, secondo le necessità di ogni diocesi, per quanto lo permetta la quantità di denaro disponibile. In questa maniera nessuna diocesi si sente debitrice e in un certo qual senso dipendente da un’altra. I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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L’animazione missionaria nelle e delle Pontificie Opere Missionarie

Le POM rendono effettivamente le Chiese come dei vasi comunicanti tra loro. Con la creazione in vari paesi dell’ufficio nazionale delle missioni delle Conferenze Episcopali, o per ragioni di animazioni o per norme imposte dai vari Paesi, le Chiese nazionali sono tentate di finanziare loro stesse altre chiese. con le offerte raccolte. Questa tendenza può dimostrarsi alla lunga deleteria, in quanto non garantirebbe più una distribuzione equa, e peggio, creerebbe quel senso di sudditanza delle chiese povere nei confronti di quelle che le finanziano. 5

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Necessità di organismi centrali e periferici

Non è pensabile una tale attività missionaria universale senza una direzione centrale in contatto stretto con la periferia, che assume quasi il ruolo di motore, animatore, formatore, e di pianificazione di tutta l’attività missionaria. Questo esiste ed è il cosiddetto sistema pontificio della cooperazione missionaria, iniziato ufficialmente nel 1922 dal Papa Pio XI con il motu proprio Romanorum Pontificum, reso obbligatorio per tutta la Chiesa con l’istituzione in ogni diocesi e parrocchia della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, cui seguirono le Pontificie Opere di S. Pietro Apostolo per il Clero Indigeno, della Santa Infanzia, e dell’Unione Missionaria del Clero (1929, motu proprio Decessor Noster e Vix ad Summi; 1947, Decreto de Propaganda Fide per l’UMC). Questo sistema non è facoltativo, ma è l’organizzazione di tutto il Popolo di Dio per la collaborazione alla Missio Dei. È l’unica organizzazione operativa veramente cattolica. Paolo VI ne diede una convincente descrizione nel Radiomessaggio del 19 ottobre 1963 per la Giornata Missionaria Mondiale: Tutto il mondo cattolico conosce ed ama le Pontificie Opere Missionarie, che si propongono di organizzare e valorizzare la generosità dei fedeli in favore degli araldi dell’Evangelo. Prima e principale fra tutte l’Opera della Propagazione della Fede, alla quale si affiancano come preziose ausiliarie l’Opera della Sant’Infanzia e l’Opera di San Pietro Apostolo per il clero nativo dei paesi che si aprono all’Evangelo. Anima di esse è la Pontificia Unione Missionaria del Clero che, per mezzo dei sacerdoti, alimenta in tutti i fedeli lo spirito missionario. Sono denominate Opere Pontificie perché sono proprie della Sede apostolica, le quali, pur non escludendo altre iniziative di soccorso alle missioni e per fini 90

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particolari, tutte ovviamente le sopravanzano in quanto espressione diretta e più completa della sollecitudine del Supremo Pastore del gregge di Dio per tutte le Chiese. Esse infatti in nostro nome provvedono su un piano universale e con una visione totale delle più varie necessità agli aiuti spirituali e materiali da destinare a tutte le missioni1.

Queste opere vengono quindi raccomandate per tutti i fedeli e specialmente a coloro che pascolano il gregge di Dio, vescovi e sacerdoti. Anzi si ordina

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Per volontà della Sede apostolica siano istituite in ogni diocesi di ogni nazione, e per le quali i direttori nazionali e diocesani, collaborando con la sacra gerarchia, devono profondere le loro energie ed il loro entusiasmo2.

Nel suo Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 1974 egli disse: «se esse non esistessero, bisognerebbe crearle»3. Il Governo Centrale delle POM

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Il governo centrale delle POM è costituito dai seguenti organismi: 1. Comitato Supremo: che ha il compito di «provvedere a tutto quanto è necessario perché ciascuna delle Opere si sviluppi regolarmente ed efficacemente nel proprio ambito…» (Statuto, art. 29). Il Presidente è il Prefetto della Congregazione (Statuto, art. 29-32) 2. Consiglio Superiore: governa l’attività delle 4 Opere, sotto la presidenza del Segretario Aggiunto. Ne fanno parte il Presidente, i 4 Segretari Internazionali, i Sottosegretari, e i Direttori Nazionali. Questo è l’organo collegiale che decide le 11 Enchiridion della Chiesa Missionaria, eDb, bologna 1997, vol. 2, pp. 166-167. 12 Ibid., p. 167. vi sono altri interventi significativi di paolo vi, tra cui si ricordano: «le pontificie opere missionarie poste al diretto servizio dell’umile vicario di Cristo, hanno l’onore e la responsabilità, il dovere, di sostenere quella missione di evangelizzare e di somministrarle gli aiuti necessari» (15 maggio 1965). «ancora una volta raccomandiamo le pontificie opere missionarie come quelle che meglio realizzano l’unità della cooperazione dei fedeli con il Sommo pontefice. esse sono opere della Chiesa, ed i fratelli nostri nell’episcopato, corresponsabili con noi nella salvezza delle anime, le vorranno considerare come opere proprie ed organizzarle efficacemente nelle loro diocesi, per mezzo della pontificia unione missionaria del Clero che ne è l’anima» (Radiomessaggio, 23 ottobre 1965). 13 Ibid., p. 227.

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L’animazione missionaria nelle e delle Pontificie Opere Missionarie

norme, gli orientamenti e la distribuzione delle offerte. Si riunisce una volta all’anno. 3. Comitato Esecutivo: Composto dal Presidente, dai quattro segretari internazionali e dall’Incaricato dell’amministrazione. Da circa quattro anni le singole opere, pur ritenendo la loro autonomia, hanno adottato un’amministrazione centralizzata, e hanno intensificato anche la comunione e la collaborazione reciproca. 7

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La Direzione Nazionale

La Direzione Nazionale è composta dai seguenti uffici e organismi: 1) 2) 3) 4)

Direttore Nazionale; Consiglio Nazionale Missionario; Direttori Diocesani; Delegati parrocchiali.

Tutti impegnati in un unico scopo: l’animazione missionaria ai vari livelli e nelle diverse direzioni. Posso dire in conclusione che le Pontificie Opere Missionarie sono quelle che hanno diffuso il senso della missione in tutto il Popolo di Dio, la vera ed autentica cattolicità, hanno in maniera profetica affermato che tutta la Chiesa è missionaria, e che tutti sono chiamati ad impegnarsi personalmente perché la Salvezza di Dio in Cristo raggiunga tutti gli uomini e le culture. Ai vescovi, che sono i promotori e i coordinatori dell’attività missionaria nelle loro diocesi tocca anche di diffonderle e di porre a capo di esse le persone più idonee, di quelle che veramente hanno la passione per l’evangelizzazione. 8

Alcune conclusioni in prospettiva di futuro

A volte capita ai vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose di non conoscere questa realtà della chiesa. Non è una colpa né un’omissione mortale. C’è anche una ragione molto più funzionale e in accordo con i vari carismi, per conoscerle e promuoverle. 92

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Credo che siamo tutti coscienti che le chiese in cui lavoriamo, devono essere effettivamente missionarie fin dalla loro prima fondazione. Questo è una tappa obbligatoria, ed è un lavoro che richiede tempi lunghi, creatività e mezzi. In prospettiva di futuro le POM con le diverse Opere che le compongono, potrebbero essere la maniera più semplice per fare arrivare alla base delle comunità giovani l’attenzione alla missione universale della Chiesa. Spero che tutti voi che siete coinvolti in maniera attiva e passiva nelle POM, abbiate la sollecitudine di servirvene e promuoverle per animare e formare le vostre comunità alla missione universale della Chiesa.

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Che la Chiesa sia in quanto tale missionaria e che perciò tutti i fedeli debbano partecipare all’opera della propagazione della fede e siano responsabili dell’annuncio della Buona Novella, è insegnamento fondamentale della Chiesa Cattolica, non solo a partire dal Concilio Vaticano II (cf. AG 2). Basta guardare la sua storia per capire che la Chiesa considera il compito di continuare a portare a compimento, con l’aiuto dello Spirito Santo, l’opera di Cristo sulla terra, non come un’attività tra le altre, ma come la propria essenza, allo stesso modo che l’ardere è proprietà essenziale del fuoco, che cessa di essere fuoco quando smette di ardere: la Chiesa si realizza nella sua missione e nell’opera di evangelizzazione. La cooperazione missionaria principio fondamentale delle POM

1

Tale concetto trova espressione in maniera evidente nella nascita e nello espandersi delle Pontificie Opere Missionarie, il cui compito principale consiste nel promuovere lo spirito missionario universale del popolo di Dio, nel far partecipare i fedeli, attraverso la preghiera e i contributi materiali, alla diffusione della fede e consentire loro di adempiere in tal modo alla propria responsabilità missionaria1. Queste convinzioni sono decisamente affermate nella vigente legislazione latina del CIC, dove soprattutto in tre canoni il can. 781, il can. 786 e il can. 796, vengono considerati i princìpi e i modi di questo impegno affinché ogni fedele conscio della sua responsabilità assuma la sua parte. Il can 781 così recita: Dal momento che tutta quanta la Chiesa è per sua natura missionaria e che l’opera di evangelizzazione è da ritenere dovere fondamentale del popolo di Dio, tutti i fedeli, consci della loro responsabilità, assumano la propria parte nell’opera missionaria. 11 Cf. J. metzler, La Santa Sede e le Missioni, in Storia della Chiesa. Dalle Missioni alle Chiese locali (18461965), a cura di a. FliCHe – v. martine et alii, edizioni paoline, Cinisello balsamo 2002, pp. 30-36.

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Come si può facilmente notare il canone contiene tre princìpi fondamentali: la natura missionaria della Chiesa, il dovere di tutto il popolo di Dio riguardo all’evangelizzazione, la responsabilità di ogni fedele nell’assumerne la propria parte (cf. can. 211). La missione è un elemento costitutivo della Chiesa (cf. can. 204, § 1): il termine ha qui un senso generale, non specificamente riferito all’attività missionaria (missio ad gentes) che è una delle forme di realizzazione della missione della Chiesa2. Infatti nella Chiesa al suo interno ci sono molteplici situazioni pastorali (cf. can. 383): quella relativa ai battezzati che vivono in piena comunione con la Chiesa cattolica e che concerne la pastorale ordinaria comune; quella riferita ai battezzati che si sono allontanati dalla pratica religiosa o hanno perso la fede, definita dalla Redemptoris missio, n. 33, come situazione pastorale di nuova evangelizzazione; c’è poi l’azione pastorale in rapporto ai battezzati che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, e che concerne l’ecumenismo (cf. can. 755); infine c’è la situazione relativa ai non battezzati o non credenti, nei confronti dei quali viene esplicata l’azione propriamente missionaria cioè la missio ad gentes (cf. can. 786). Il can. 786 così si esprime: L’azione propriamente missionaria, per mezzo della quale la Chiesa è impiantata nei popoli o nei gruppi dove ancora non è stata radicata, viene assolta dalla Chiesa soprattutto mandando gli annunziatori del Vangelo fino a quando le nuove Chiese non siano pienamente costituite, vale a dire quando siano dotate di forze proprie e di mezzi sufficienti, per cui esse stesse siano capaci da sé di compiere l’opera di evangelizzazione.

Nell’offrirci una nozione descrittiva dell’azione propriamente missionaria il canone sottolinea lo specifico di questa attività che è distinta dalle altre cui si è appena accennato, si tratta della “missio ad extra”, svolta dai missionari in paesi non cristiani per annunciare il vangelo e al fine di “impiantare” e “radicare” la Chiesa. La “implantatio” e la “radicatio” si realizzano nel cammino storico concreto mediante il quale si perviene alla conversione e al battesimo di nuovi credenti e alla formazione di comunità chiamate a crescere fino a costituirsi come Chiese particolari “dotate di forze proprie”, cioè comunità di christifideles autoctone for12 per un commento più approfondito di questo canone si può vedere: D.g. aStigueta, La naturaleza misionera de la Iglesia según el can. 781 del CIC, “ius missionale” 3 (2009), 27-62.

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mate da chierici, laici, membri di istituti di vita consacrata e società di vita apostolica del luogo; ma anche “mezzi sufficienti”, cioè strutture, servizi di vario genere, per cui queste Chiese particolari “siano capaci da sé di compiere l’opera di evangelizzazione”, che va avanti attraverso un appropriato e corretto processo di inculturazione3.

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Inoltre per favorire concretamente la cooperazione missionaria il can. 791 prevede poi alcune specifiche iniziative nelle diocesi: 1° si promuovano le vocazioni missionarie; 2° sia deputato un sacerdote per promuovere efficacemente le iniziative a favore delle missioni, soprattutto le Pontificie Opere Missionarie; 3° si celebri la giornata annuale per le missioni; 4° sia versato ogni anno un congruo contributo per le missioni, da trasmettere alla Santa Sede.

Tutti questi aspetti sono enucleati, approfonditi ed esplicitati nei vigenti Statuti delle POM, che si è cercato di presentare nelle relazioni di questo incontro di studio interdisciplinare. La cooperazione per lo sviluppo e l’autonomia

2

Certamente un impegno notevole delle POM è rappresentato dall’aspetto economico-finanziario che richiede costante attenzione ai valori evangelici e sensibilità culturali critiche. Infatti già nel 1929 al ritorno dal suo viaggio in Cina il padre Paolo Manna scriveva: Oggi parlare di missioni è quasi parlare di denaro. Cosi è in Europa, così è in America, così è nelle missioni. Se prendiamo in mano qualsiasi periodico missionario non troviamo che appelli per avere denaro, si escogitano mille industrie per tirare su fondi; si fanno libri ed articoli per inculcare il dovere che hanno i fedeli di cooperare alla propagazione della fede e all’uopo si usa ed abusa della Sacra Scrittura, delle encicliche missionarie, della generosità dei protestanti per le loro missioni, e la morale è sempre quella: ci vuole denaro, date denaro4. 13 Si possono vedere: p.v. pinto, La norma codiciale al servizio della Chiesa missionaria. Una esegesi al canone 786, “euntes Docete” 44 (1991), 301-311; S. reCCHi, L’implantation des Eglises nouvelle set le problem de l’autofinacement des Eglises d’Afrique Centrale. Une approche a partir du can. 786, “l’année canonique” 43 (2001), 421. 14 g. butturini, La fine delle missioni in Cina nell’analisi del padre Paolo Manna, emi, bologna 1979, p. 139.

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Con quale risultato, si domandava il fondatore dell’Unione Missionaria, padre Paolo Manna? Che le missioni “dipendono” dall’Occidente. Se venissero meno finanze e personale estero esse morirebbero, perché

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[…] i nostri successori nativi non potrebbero seguirci nei nostri metodi. C’è quasi da augurarsi che alle missioni venga meno ogni sussidio dall’estero. Sarebbe una grande purificazione e un passo decisivo verso la costituzione di Chiese indigene5.

L’accenno alle “Chiese indigene” rivela l’intenzione del Manna per il quale ormai il problema missionario non si risolveva mandando tanti missionari ma creando una gerarchia indigena; passando dalle “missioni alle Chiese”, come già si scriveva allora; trasformando le missioni da destinatarie perpetue di aiuto esterno in soggetti capaci di svilupparsi senza l’aiuto continuo di personale straniero e di mezzi economici6. Una linea operativamente tracciata già dalla enciclica missionaria Maximum illud del 1919 e che sarebbe maturata lentamente; ancor più lentamente sarebbe maturato il concetto di dare un nuovo spirito agli aiuti in denaro. Solo negli anni Sessanta la Chiesa, nel suo insieme, avrebbe preso coscienza dei rischi e dei danni insiti in un rapporto “assistenziale” con quello che si definiva allora il Terzo Mondo, concludendo con la necessità di porsi sul piano della cooperazione. Sarà il tema delle encicliche di Giovanni XXIII Mater et magistra e Pacem in terris nelle quali è chiaramente detto che l’ombra di un nuovo colonialismo può deformare gli aiuti dell’Occidente, Chiesa compresa, se nel prestare aiuto non si rispettano l’autonomia politica e le caratteristiche culturali delle giovani nazioni. In effetti Papa Giovanni segna l’inizio di un nuovo processo che da un lato prende atto di ciò che stava avvenendo nella Chiesa e dall’altro estende a tutta la Chiesa una nuova sensibilità circa l’aspetto economico del problema missionario7. Si trattava di un chiaro inizio che avrebbe preso corpo definitivamente nell’enciclica di Paolo VI 15 Ivi. 16 per una contestualizzazione si può vedere: J. burlS, Dalle Missioni alle giovani Chiese, in Nuova Storia della Chiesa, a cura di J. Danielou – H. marrou, marietti, Casale monferrato 1970, vol. v/2, pp. 239-292. 17 Cf. g. butturini, Da una Chiesa di “missioni” ad una Chiesa “missionaria”, Cuamm, padova 1985, pp. 21-25.

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Populorum progressio, ispirata e in parte stesa dal padre Lebret. Dopo aver lavorato in diverse zone del Terzo Mondo, il religioso francese concludeva che ormai la cooperazione era l’unica forma possibile di rapporto fra Occidente e Terzo Mondo e che il Vecchio mondo non poteva imporre il suo modello di sviluppo ai giovani popoli, pena la decadenza in un nuovo colonialismo. L’enciclica dava ormai per urgente il passaggio da un certo assistenzialismo missionario alle nuove forme di collaborazione di cui i diversi organismi di volontariato civili ed ecclesiali ne erano e sono un esempio. Al di là o dentro alle diverse iniziative restava lo stesso concetto: l’aiuto materiale doveva essere anzitutto un aiuto umano, un aiuto capace di rispettare ed accogliere la cultura altrui, mettendo a disposizione di essa gli strumenti scientifici e le ricchezze economiche dell’Occidente, senza reconditi fini di nuove egemonie. Un’utopia che, in definitiva, restava possibile solo per la Chiesa. In prospettiva comunque, l’aiuto dato ai paesi poveri si spostava dal piano economico a quello personale spirituale8. Nell’enciclica Caritas in Veritate, Benedetto XVI così giudica questo aspetto dello sviluppo dei popoli: Oltre quarant’anni dopo la Populorum progressio, il suo tema di fondo, il progresso, resta ancora un problema aperto, reso più acuto ed impellente dalla crisi economico-finanziaria in atto. Se alcune aree del pianeta, già un tempo gravate dalla povertà, hanno conosciuto cambiamenti notevoli in termini di crescita economica e di partecipazione alla produzione mondiale, altre zone vivono ancora una situazione di miseria paragonabile a quella esistente ai tempi di Paolo VI, anzi in qualche caso si può addirittura parlare di un peggioramento. […] È questo il caso della valutazione del processo di decolonizzazione, allora in pieno corso. Paolo VI auspicava un percorso autonomo da compiere nella libertà e nella pace. Dopo oltre quarant’anni, dobbiamo riconoscere quanto questo percorso sia stato difficile, sia a causa di nuove forme di colonialismo e di dipendenza da vecchi e nuovi Paesi egemoni, sia per gravi irresponsabilità interne agli stessi Paesi resisi indipendenti (CV 33).

A tal fine il Sommo Pontefice indica che: La grande sfida che abbiamo davanti a noi, fatta emergere dalle problematiche dello sviluppo in questo tempo di globalizzazione e resa ancor più esigente dalla 18 Cf. iD., Breve storia della carità, La Chiesa e i poveri, gregoriana, padova 1989, pp. 150-151.

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crisi economico-finanziaria, è di mostrare, a livello sia di pensiero sia di comportamenti, che non solo i tradizionali princìpi dell’etica sociale, quali la trasparenza, l’onestà e la responsabilità non possono venire trascurati o attenuati, ma anche che nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità possono e devono trovare posto entro la normale attività economica. Ciò è un’esigenza dell’uomo nel momento attuale, ma anche un’esigenza della stessa ragione economica. Si tratta di una esigenza ad un tempo della carità e della verità (CV 37).

Un secondo aspetto a cui tende sempre più oggi l’attività delle POM è quello dell’autonomia finanziaria delle Chiese dei territori di missione. Il modello di Chiesa locale che indica il Concilio Vaticano II sottolinea la dimensione dell’autonomia e dell’essere in comunione con le altre Chiese. Per quanto riguarda l’aspetto finanziario il decreto Ad gentes dichiara che «fin dall’inizio la comunità cristiana deve essere formata in modo che possa provvedere da sola, per quanto è possibile, alle proprie necessità» (AG 15). Non si può parlare di comunità, infatti, senza ordinamento dei servizi, senza determinate funzioni, senza proprie strutture e senza che la comunità tenda all’autonomia, evitando una dipendenza permanente da altre comunità cristiane. Sempre lo stesso decreto Ad gentes, a proposito del fine proprio dell’attività missionaria, l’evangelizzazione e l’impiantazione della Chiesa, parla della crescita di Chiese autoctone nel seguente modo: […] ricche di forze proprie e di una propria maturità, le quali, fornite adeguatamente di una gerarchia propria unita al popolo fedele e di mezzi appropriati per vivere pienamente la vita cristiana, portino il loro contributo a vantaggio di tutta la Chiesa (AG 6).

Si aggiunge che queste Chiese, che godono già di una certa stabilità e solidità, debbono essere aiutate affinché tendano a provvedere a se stesse e a portare aiuto alle altre (cf. AG 19). C’è, quindi, una necessità intrinseca all’essere Chiesa che richiede l’autonomia in vista di una comunione “alla pari” con le altre Chiese, in un dare e ricevere reciproco e che apra alla missione. Inoltre, le Chiese locali devono essere in grado di esercitare tutti gli aspetti della propria autonomia per un principio ecclesiologico fondamentale: la piena realtà della Chiesa di Dio si manifesta e si esprime concretamente in ogni comunità lo100

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cale in comunione con la Chiesa universale. Quest’ultima, infatti, vive sensibilmente nella Chiesa particolare che celebra il culto divino in comunione con il proprio Vescovo. Nella Chiesa poi, in virtù dell’ecclesiologia di comunione e della cattolicità, le singole parti portano i propri doni alle altre e a tutta la Chiesa, di modo che il tutto e le singole parti si arricchiscono sia per l’apporto delle altre, sia per il proprio sforzo. Ne derivano vincoli di intima comunione tra le Chiese, circa i tesori spirituali, gli operai apostolici e le risorse materiali (cf. LG 13)9. Nella prassi pastorale , ciò, significa che le comunità locali devono essere aiutate a “raccogliere le proprie energie” per porle al servizio del bene comune (cf. EA 40-41). In questo “raccogliere le proprie energie” si delinea la self-reliance, quella dinamica in cui la comunità, con un’azione libera e ragionata, tende a far leva soprattutto sulle proprie forze e le proprie risorse, per plasmare il proprio ambiente culturale e umano e soddisfare le necessità materiali e spirituali. Il suo momento preliminare è la formazione, in vista della creazione di quadri locali che assumano completamente la responsabilità delle situazioni10. La cooperazione nel segno dell’annuncio e del discernimento

3

Le POM destinano ogni anno la quasi totalità delle offerte raccolte, oltre ai costi di gestione, alle circa 1.100 circoscrizioni ecclesiastiche che si trovano nei territori di missione secondo diversi fini. Un contributo fisso per ciascuna circoscrizione, di circa 37.000 dollari viene elargito ogni anno, inoltre ogni ordinario del luogo può presentare 3 progetti, che possono essere realizzati. Dal Fondo generale di solidarietà viene pure stanziata per ciascuna circoscrizione una minima somma (circa 600 dollari) per ogni seminarista maggiore o minore, e anche una minima somma per i catechisti a tempo pieno. Sono solo gocce d’acqua in un immenso deserto di necessità. Per questo si richiede sempre più uno sforzo di autofinanziamento. Lo sforzo di autofinanziamento della Chiesa va collocato nell’azione congiunta per lo sviluppo sociale e lo sradicamento della povertà, poiché si tratta di due dimensioni che 19 Cf. r. HeCKel, Self-reliance: contare sulle proprie forze, pontificia Commissione iustitia et pax, Città del vaticano 1978. 10 Si può vedere: m. mammi, L’autonomia finanziaria delle giovani chiese, “ad gentes” 7 (2003), 36-46.

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devono andare necessariamente insieme. L’autofinanziamento della Chiesa deve affiancarsi a un impegno per lo sviluppo di tutto il popolo di Dio che si organizza in piccole comunità cristiane. La Chiesa è ricca in risorse umane che possono creare attività produttive agricole e industriali, anche in forma di piccoli progetti che mirino ad assicurare il necessario e che abbiano un impatto per la società, per la riduzione della disoccupazione e della povertà delle famiglie, diminuendo le disuguaglianze sociali. In una dinamica di autofinanziamento, inoltre, è assolutamente necessaria la pianificazione, affinché le azioni e le verifiche si basino su dati reali, su tutte le opportunità, e permettano di raggiungere risultati a breve, medio e lungo termine, attraverso l’impiego delle forze umane e delle altre risorse di cui ogni territorio di missione può disporre. La Chiesa, poi, è chiamata a gestire saggiamente i suoi beni con tutti gli strumenti giuridici di cui dispone e attraverso un’amministrazione responsabile e trasparente. È quindi sempre più necessario rendere operativi gli organismi e le procedure che nell’ottica dell’amministrazione dei beni della Chiesa secondo i suoi fini, il diritto universale della Chiesa demanda al diritto particolare, e in cui si verifica anche l’inculturazione del diritto ecclesiale sulla base del principio di sussidiarietà o di giusta autonomia di vita e di governo. Questi aspetti richiedono quindi un serio discernimento nell’impegno pastorale accompagnato anche da un giudizio critico su alcuni atteggiamenti del passato ma anche attuali. Infatti l’atteggiamento di interpretazione, che annunciare il Vangelo vuol dire esprimere un giudizio critico sulle trasformazioni planetarie che stanno cambiando la cultura dell’umanità, è stato ribadito dal Santo Padre Benedetto XVI nell’incontro avuto con i partecipanti all’Assemblea Ordinaria del Consiglio Superiore delle Pontificie Opere Missionarie, che aveva riflettuto sul tema “La spiritualità dei fondatori delle POM e il loro carisma”11, ricevuti in udienza il 21 maggio 2010: La missione di annunziare il Vangelo a tutte le genti è un giudizio critico sulle trasformazioni planetarie che stanno cambiando sostanzialmente la cultura del11 Su questo aspetto si può vedere: r. maglie, Spiritualità delle Pontificie Opere Missionarie, tesi di laurea puu, roma 2008.

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l’umanità. La Chiesa, presente e operante sulle frontiere geografiche e antropologiche, è portatrice di un messaggio che si cala nella storia, dove proclama i valori inalienabili della persona, con l’annuncio e la testimonianza del piano salvifico di Dio, reso visibile e operante in Cristo. La predicazione del Vangelo è la chiamata alla libertà dei figli di Dio, anche per la costruzione di una società più giusta e solidale e per prepararci alla vita eterna. Chi partecipa alla missione di Cristo deve inevitabilmente affrontare tribolazioni, contrasti e sofferenze, perché si scontra con le resistenze e i poteri di questo mondo. E noi, come l’apostolo Paolo, non abbiamo come armi che la parola di Cristo e della sua Croce (cf. 1 Cor 1, 22-25). La missione ad gentes richiede alla Chiesa e ai missionari di accettare le conseguenze del loro ministero: la povertà evangelica, che conferisce loro la libertà di predicare il Vangelo con coraggio e franchezza; la non-violenza, per la quale essi rispondono al male con il bene (cf. Mt 5, 38-42; Rm 12, 17-21); la disponibilità a dare la propria vita per il nome di Cristo e per amore degli uomini12.

Pertanto l’orizzonte dell’incarnazione, all’interno del quale va vista secondo il Concilio la povertà di Cristo impone alla missione di inculturare il Vangelo del Regno. Se l’incarnazione avvenne nella povertà e nella condivisione della vita dei poveri, anche l’inculturazione del Vangelo del Regno dovrà percorrere la stessa via. Ricchezza e potere condannano all’insuccesso ogni tentativo di inculturare il Vangelo. Certamente «per compiere la sua missione la Chiesa ha bisogno di mezzi umani» (LG 8). Ma quel necessario “mezzo umano” che è il denaro non potrà mai diventare ricchezza, perché porterebbe la Chiesa fuori dello spazio evangelico della povertà: i suoi “mezzi umani” diventerebbero mezzi ricchi, le sue relazioni col potere politico ed economico sarebbero forti, i suoi ministri riceverebbero onori e prestigio mondano. Entrando nello spazio della ricchezza la Chiesa uscirebbe dalla logica dell’incarnazione che Gesù ha vissuto da Betlemme al Calvario e si precluderebbe anche la possibilità di inculturare il Vangelo e di annunciarlo ai poveri ai quali è primariamente destinato. Il denaro può perdere la sua ambiguità solo diventando strumento di solidarietà evangelica con i poveri, ma all’interno dello spazio della povertà, cioè di una scelta globale e fondamentale che dovrebbe ispirare tutto il vivere della Chiesa. 12 Cf. “osservatore romano” del 22 maggio 2010, p. 7.

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In tale prospettiva, la Chiesa dovrà essere povera innanzitutto “abitando” lo spazio della povertà anche materiale, perché nella sua missione si manifesti con chiarezza il primato dell’azione di Dio e della sua paternità provvidente e perché non venga impedita l’inculturazione del Vangelo. Da un lato essa respingerà quell’uso del denaro che oscura una chiara fiducia nella Provvidenza e ostacola l’inculturazione, dall’altro vivrà la povertà in forme visibili che la rendano, oggi, un segno del Regno capace di interpellare i destinatari della missione13. Spetta ad ogni Chiesa locale, comunità cristiana, istituto di vita consacrata e società di vita apostolica, organismo ecclesiale ma anche ad ogni singolo membro della Chiesa (cf. PO 17, PC 13, AA 4, 8), lasciarsi guidare da questi criteri attraverso un discernimento comunitario che oggi si impone per individuare, di situazione in situazione, scelte sempre più evangeliche Infine per quanto riguarda le POM sembra utile richiamare quanto ricordava, all’ Assemblea Ordinaria del Consiglio Superiore delle POM del 2011 lo stesso Benedetto XVI: Le Pontificie Opere Missionarie, che i miei Predecessori e il Concilio Vaticano II hanno promosso e incoraggiato (cf. Ad gentes, n. 38) restano uno strumento privilegiato per la cooperazione missionaria e per una proficua condivisione del personale e delle risorse finanziarie tra le Chiese. Non va inoltre dimenticato il supporto che le Pontificie Opere Missionarie offrono ai Collegi Pontifici, qui a Roma, dove, scelti e inviati dai loro Vescovi, si formano preti, religiosi e laici per le Chiese locali dei territori di missione. La vostra opera è preziosa per la edificazione della Chiesa, destinata a diventare la «casa comune» di tutta l’umanità. Lo Spirito Santo, il protagonista della Missione, ci guidi e ci sostenga sempre, per l’intercessione di Maria, Stella dell’evangelizzazione e Regina degli Apostoli14.

VINCENZO MOSCA

13 Si possono vedere: F. marton, Missione e denaro. La situazione e i criteri di discernimento, “ad gentes” 7 (2003) 1, 5-27; J.J. bonK, Mission and Money. Affluence as a Western Missionary Problem, orbis books, maryknoll (ny) 1991; v.J. FaDul, ¿Cómo se sostiene economícamente la iglesia?, asuncion 2001. 14 Cf. “osservatore romano” del 14 maggio 2011, p. 8.

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CONGREGATIO PRO GENTIUM EVANGELIZATIONE

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Nella ricorrenza del 40mo Anniversario del Decreto sull’Attività Missionaria della Chiesa Ad gentes e celebrando il 15mo Anniversario della Lettera Enciclica Redemptoris missio del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II circa la permanente validità del mandato missionario, è mio grato dovere presentare lo STATUTO delle PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE

Dopo l’approvazione definitiva, fatta da Sua Santità Giovanni Paolo II degli Statuti delle POM il 26 giugno 1980, il susseguente aggiornamento, richiesto “ogni cinque anni”, è durato ben cinque lustri. In questo periodo, in obbedienza alle disposizioni del Sommo Pontefice, furono compiuti vari studi da parte di esperti della CEP e furono organizzati i lavori di alcune Commissioni di Missiologi e di Direttori Nazionali delle POM. Diversi fattori hanno contribuito ad estendere questo periodo di aggiornamento: il nuovo Codice di diritto canonico (25 gennaio 1983); la lettera enciclica Redemptoris missio (7 dicembre 1990); la pubblicazione dell’Istruzione della CEP Cooperatio missionalis (1° ottobre 1998) che presentava nuove strutture di operazione; i veloci mutamenti delle condizioni socio-politiche e religiose nei Territori di Missione, come anche gli impegni diretti delle Chiese e del laicato nel campo missionario. In questo contesto nuovo e sempre rinnovantesi, le POM hanno visto riconfermata la loro posizione nella Chiesa secondo le disposizioni del Concilio Vaticano II: «A queste Opere infatti deve essere giustamente riservato il primo posto…» (AG 38), mantener fede al loro carisma di animazione e cooperazione missionaria ad ogni livello ed in ogni stato ecclesiale: «La parola d’ordine deve essere queI U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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sta: tutte le Chiese per la conversione di tutto il mondo» (RM 84). «Essendo del Papa e del Collegio Episcopale […] nell’esercizio delle loro attività, queste Opere dipendono, a livello universale, dalla Congregazione per l’Evangelizzazione e, a livello locale, dalle Conferenze episcopali e dai Vescovi delle singole Chiese, collaborando con i centri di animazione esistenti: esse portano nel mondo cattolico quello spirito di universalità e di servizio alla missione, senza il quale non esiste autentica collaborazione» (RM 84). Era pertanto un dovere prioritario giungere alla compilazione di questo STATUTO: un lavoro che è durato tre anni ed ha visto l’impegno dei Direttori Nazionali in due Assemblee Annuali (2003; 2004), come pure la collaborazione di Vescovi e Direttori Nazionali in rappresentanza dei cinque Continenti in altrettante Assemblee Speciali. La stesura finale del Documento ha trovato la sua forma migliore nelle due parti: I. Storia e Dottrina; II. Norme. Dopo un approfondito esame e l’approvazione della Plenaria degli Eminentissimi ed Eccellentissimi Membri della CEP, il testo dello STATUTO, in ottemperanza al desiderio di Sua Santità Giovanni Paolo II, è stato firmato da me in occasione dell’Assemblea Annuale delle POM, tenutasi eccezionalmente a Lione per la riapertura della rinnovata Casa di Paolina Maria-Jaricot, il 6 maggio 2005. Auspico che le norme aggiornate contribuiscano a dare nuovo impulso a quanti si dedicano, con speciale impegno, all’animazione e alla cooperazione missionaria nella Chiesa. Questo STATUTO entrerà in vigore il 26 giugno 2005, 25mo Anniversario della sua definitiva approvazione da parte di Giovanni Paolo II. Dalla Sede della CEP, 2 giugno 2005. Anno I del Pontificato di Sua Santità Benedetto XVI. Crescenzio Cardinale SEPE Prefetto Henryk Hoser SAC Segretario-Aggiunto Presidente POM

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PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE STATUTO I. STORIA E DOTTRINA Fondamento della missione “Ad gentes”

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1. «La Chiesa che vive nel tempo è missionaria per sua natura, in quanto trae origine dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo, secondo il disegno di Dio Padre»1. Così inteso, l’impegno missionario è essenziale per la comunità cristiana. Attraverso tale impegno i cristiani vengono formati alla missione e si conferisce ad ognuno la dinamica spirituale del battesimo di raccogliersi in comunione attorno a Cristo e di partecipare alla sua missione2. In quanto opera di Dio nella storia umana, la missione non è un semplice strumento ma un evento che pone tutti a disposizione del Vangelo e dello Spirito. 2. La missione dovrà sempre avere come base, centro e vertice del suo dinamismo, la chiara proclamazione che solo in Gesù Cristo «la salvezza è offerta a ogni uomo, come dono di grazia e di misericordia di Dio stesso»3. 3. L’impegno missionario della Chiesa si esplica nella testimonianza della vita, con l’annuncio del Vangelo, la creazione delle Chiese locali e il loro lavoro di inculturazione, il dialogo inter-religioso, la formazione delle coscienze ad attuare le direttive della dottrina sociale cristiana, la vicinanza agli ultimi e il concreto servizio della carità. Attualità della missione “Ad gentes”

4. Riconoscendo l’urgenza della missione, il Papa Giovanni Paolo II ha dichiarato l’attualità della missione “Ad gentes” e ne ha indicato profeticamente i frutti: «Vedo albeggiare una nuova epoca missionaria, che diventerà giorno radioso e ricco 11 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, decreto Ad gentes, n. 2. 12 Cf. Mc 3, 14-15. 13 paolo vi, esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, n. 27.

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di frutti se tutti i cristiani e, in particolare, i missionari e le giovani Chiese risponderanno con generosità e santità agli appelli e sfide del nostro tempo»4. I fatti confermano quanto sia vero che «la fede si rafforza donandola»5. «Si sono moltiplicate le Chiese locali fornite di propri Vescovi, clero e personale apostolico; si verifica un più profondo inserimento delle Comunità cristiane nella vita dei popoli; la comunione fra le Chiese porta a un vivace scambio di beni spirituali e di doni; l’impegno evangelizzatore dei laici sta cambiando la vita ecclesiale; le Chiese particolari si aprono all’incontro, al dialogo e alla collaborazione con i membri di altre Chiese cristiane e religioni. Soprattutto si sta affermando una coscienza nuova: cioè che la missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e parrocchie, le istituzioni e associazioni ecclesiali»6. La convinzione che «la missione della Chiesa è più vasta della comunione tra le Chiese»7, porta a orientare la loro comunione nel senso della missione. 5. Questi risultati positivi sono tanto più preziosi perché maturati in contesti che hanno visto nuove difficoltà aggiungersi a quelle antiche: da una più diffusa mentalità secolarizzata, agli interrogativi sul valore salvifico delle religioni non-cristiane; da un malinteso rispetto delle coscienze che ritiene superflua la conversione, alla promozione umana considerata obiettivo totalizzante di impegno. L’intreccio di categorie geografiche, culturali e sociali, proprio della globalizzazione, chiede attenzione ai «nuovi ambienti in cui si deve proclamare il Vangelo»8. Questi sono, ad esempio, i grandi agglomerati urbani, i fenomeni inediti ed in crescita di povertà, le migrazioni, i giovani, il mondo della cultura e della ricerca, le comunicazioni sociali e i rapporti internazionali9. Dalla missione della Chiesa alla cooperazione missionaria di tutti i battezzati

6. L’invio della Chiesa Ad gentes comporta la collaborazione di tutti i credenti: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi»10. «La partecipazione delle 14 giovanni paolo ii, enciclica Redemptoris missio, n. 92. 15 Ibid., n. 2. 16 Ivi. 17 Ibid., n. 64. 18 Ibid., n. 37c. 19 Ibid., n. 37. 10 Gv 20, 21.

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comunità ecclesiali e dei singoli fedeli alla realizzazione di questo progetto divino si chiama cooperazione missionaria»11.

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Per questo la Chiesa si compiace che, insieme a Congregazioni e Istituti tradizionalmente dedicati alla missione Ad gentes, vadano oggi sorgendo sia forme nuove di promozione dell’evangelizzazione sia nuovi soggetti missionari: sacerdoti diocesani e altri chierici, laici, associazioni di volontari e di famiglie, servizi professionali, gemellaggi, scambi di personale e di esperienze pastorali. 7. Tutti questi nuovi soggetti vanno aiutati e nessuno può essere ostacolato nel «realizzare questo interscambio di carità ecclesiale e di dinamismo missionario»12. Si tratta, peraltro, di collocarli in un quadro di comunione e di fraternità, di cui è garante la Chiesa in cui operano o si inseriscono. Dalla loro comunione nella diversità nasce non solo la migliore reciproca collaborazione, ma una reale fraternità ecclesiale, che è contenuto autentico e fondamentale della missione. Appartengono a questa nuova sensibilità anche le iniziative tendenti all’informazione sui problemi missionari e quelle dedicate alla formazione di una più coerente mentalità e prassi di vita di persone e comunità. 8. Per favorire, sostenere e coordinare la comunione fra tutti i soggetti missionari sono sorti vari organismi ecclesiali: commissioni ed uffici promossi dalle Conferenze episcopali, coordinamenti tra Istituti missionari, fondazioni scientifiche di studio e approfondimento, organizzazioni nei luoghi di missione. In un simile contesto, il Concilio Vaticano II non solo ha riconosciuto al Collegio Episcopale la responsabilità della missione universale, ma ha affidato alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (CEP) il compito di «regolare e coordinare in tutto il mondo sia l’opera missionaria sia la cooperazione missionaria»13. Per promuovere questa cooperazione, la Congregazione «si avvale specialmente (praesertim) delle Pontificie Opere Missionarie (POM), cioè della Propagazione della Fede, di San Pietro Apostolo, della Santa Infanzia e della Pontificia Unione Missionaria del Clero»14. Nell’opera di formazione e cooperazione missionaria, 11 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, istruzione Cooperatio missionalis (1° ottobre 1998), n. 2. 12 Ivi. 13 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 29. 14 giovanni paolo ii, costituzione apostolica Pastor Bonus, n. 91.

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quindi, alle Pontificie Opere Missionarie «deve essere giustamente riservato il primo posto»15 e «il compito primario»16.

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L’origine delle Pontificie Opere Missionarie

9. La grazia del rinnovamento missionario ha sempre aiutato la Chiesa ad allargare gli spazi della fede e della carità fino agli estremi confini della terra. Nel contesto ricco di pietà del sec. XIX, la strada dell’annuncio trovò un nuovo impulso grazie ad alcune persone che, sospinte dall’amore di Cristo per l’umanità17 e sostenute da una forte spiritualità di continua orazione, poterono vivere la propria dedicazione alla missione fino a considerarlo un dono di Dio alla Chiesa. È importante richiamare i loro nomi: Pauline Marie Jaricot (1799-1862) che è all’origine dell’Opera della Propagazione della fede; Charles Auguste Marie de ForbinJanson (1785-1844), Vescovo di Nancy, fondatore dell’Opera della Santa Infanzia; Jeanne Bigard (1859-1934) che, insieme alla madre Stephanie, dette vita all’Opera di San Pietro Apostolo; il Beato Padre Paolo Manna (1872-1952), missionario, fondatore ed animatore dell’Unione Missionaria del Clero. 10. L’origine carismatica delle Pontificie Opere Missionarie appare con chiarezza fin dagli inizi, dall’ispirazione dei loro fondatori e dalla visione di fede dei loro primi collaboratori. Ai responsabili di diversi gruppi missionari riuniti a Lione il 3 maggio 1822, il loro presidente dichiarava: «Noi siamo cattolici e dobbiamo fondare un’opera cattolica, cioè universale. Noi non dobbiamo aiutare questa o quella missione, ma tutte le missioni del mondo»18. La storia delle singole Opere ha successivamente confermato la loro origine carismatica. Nate spontaneamente dal Popolo di Dio come private iniziative apostoliche di laici, hanno saputo trasformare l’adesione a Cristo dei fedeli in viva corresponsabilità missionaria. Fatte proprie dalle diverse Chiese, le Opere hanno successivamente assunto carattere sovra-nazionale ed infine sono state riconosciute come Pontificie e poste in diretto rapporto con la Santa Sede. 15 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 38. 16 giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 84. 17 Cf. 2 Cor 5, 14. 18 C.J. Servel, Marie-Pauline Jaricot, editions du Chalet, lyon 1964, p. 39.

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Le Pontificie Opere Missionarie nei rinnovati contesti ecclesiali e sociali

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11. Tra i cambiamenti che, dopo il Concilio Vaticano II, hanno impegnato le Pontificie Opere Missionarie a ridefinire la propria collocazione, è necessario segnalare la riscoperta del protagonismo missionario delle Chiese particolari e l’affermarsi di nuovi soggetti missionari. Hanno inoltre contribuito a riqualificarne la proposta l’elaborazione di più completi itinerari spirituali e formativi dei laici e l’accentuazione del carattere di servizio delle strutture ecclesiali. Le Pontificie Opere Missionarie si sono adeguate alla necessità, avvertita da tutto il contesto missionario, di riproporre forme credibili di animazione e cooperazione missionaria all’interno dei nuovi scenari maturati col crollo delle vecchie ideologie e la comparsa del fenomeno della globalizzazione19. Natura ed importanza delle Pontificie Opere Missionarie

12. Dono dello Spirito alla Chiesa e frutto dello zelo missionario dei loro fondatori, le Pontificie Opere Missionarie hanno sempre voluto favorire la partecipazione di tutti i fedeli alla vita apostolica della Chiesa. Come istituzioni ecclesiali sono state affidate alla direzione della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, dalla quale dipendono; questa ne assicura il coordinamento per la loro maggiore efficacia ed effettiva universalità. È richiesto che esse «siano presenti ed operanti in tutte le Chiese particolari di antica fondazione e giovani»20, e sono riconosciute come l’organismo ufficiale21 della cooperazione missionaria di tutte le Chiese e di tutti i cristiani. Queste Opere occupano giustamente il “primo posto”22 nella cooperazione missionaria, perché costituiscono uno strumento prezioso «sia per infondere nei cattolici, sin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire un’adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni e secondo le necessità di ciascuna»23. Le Pontificie Opere Missionarie sono quindi 19 Cf. giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 82. 20 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 5; CiC can. 791, n. 2. 21 Cf. giovanni paolo ii, Pastor Bonus, n. 91. 22 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 38. 23 Ivi.

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proposte a tutti i cristiani come «strumenti privilegiati del Collegio Episcopale unito al Successore di Pietro e con lui responsabile del Popolo di Dio, che è interamente missionario»24.

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13. Ogni Opera concretizza l’impegno comune di promuovere lo spirito missionario in seno al Popolo di Dio in modo suo proprio: «L’Opera della Propagazione della Fede ha lo scopo di formare una coscienza cattolica nei fedeli, capace di coniugare una piena docilità allo Spirito con l’impegno apostolico aperto alla mondialità. Concorre anche alla preparazione di specifici animatori missionari che operino nelle Chiese particolari, per una più adeguata partecipazione di queste alla missione universale. È particolarmente attenta alla formazione missionaria dei giovani e alla dimensione missionaria della famiglia. Tra i frutti più belli di questa Opera vi è l’introduzione della Giornata Missionaria Mondiale25, accordata dalla Sacra Congregazione dei Riti il 14 aprile 1926 e stabilita per la penultima domenica del mese di ottobre». «L’Opera di San Pietro Apostolo ha lo scopo prioritario di sostenere l’importanza dell’apostolicità nella missione e la necessità che ogni Chiesa possa formare, nei contesti spirituali e culturali locali, il proprio personale religioso e, in particolare, i ministri ordinati. Il sostegno promosso da quest’Opera non è solo economico, ma si radica nella preghiera e nella vita ispirata dalla fede». «L’Opera della Santa Infanzia o Infanzia Missionaria deve il suo nome alla volontà di affidarla alla protezione di Gesù Bambino. Convinta che i ragazzi possano essere forza spirituale e sociale per una reale trasformazione del mondo, quest’Opera intende suscitare un movimento di bambini cristiani dedicati all’aiuto di altri bambini. L’Opera mantiene il suo originario carattere missionario e include anche un impegno nella denuncia e nella condanna delle cause delle molteplici violenze subite dai bambini nel mondo e contribuisce a concrete iniziative di aiuto. Questo impegno è tanto più efficace se svolto in stretto legame con le Chiese locali e in sintonia con le famiglie, le parrocchie e le scuole». «L’Unione Missionaria del Clero, anticipando e preparando il successivo insegnamento del Magistero sulla dimensione missionaria universale della vita presbite24 paolo vi, Lettera al Cardinale Alessandro Renard, arcivescovo di lione, in occasione del Congresso missionario internazionale (22 ottobre 1972). 25 giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 81.

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rale26, si propone il risveglio dello zelo apostolico fra i suoi membri e, per il loro tramite, in tutto il popolo cristiano. L’Unione coopera per incrementare le vocazioni missionarie e una migliore distribuzione del clero, valorizzando la cooperazione tra le Chiese. Essa anima il Popolo di Dio per renderne più chiaro l’impegno missionario, ed è forza spirituale tesa alla conversione del mondo».

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14. Sin dall’origine, riconoscendo che la responsabilità della missione universale appartiene ad ogni persona battezzata, i laici hanno svolto un ruolo importante nelle attività e nella direzione delle Pontificie Opere Missionarie. L’esigenza della missione invita a rilanciare e valorizzare la loro partecipazione in questo campo, a livello sia diocesano che nazionale e internazionale. Carattere pontificio, episcopale ed autonomo delle Pontificie Opere Missionarie

15. Le Opere Missionarie furono riconosciute Pontificie dopo che avevano messo solide radici e acquisito carattere internazionale. Questo riconoscimento venne dato alle prime tre Opere – Propagazione della Fede, San Pietro Apostolo, Santa Infanzia – il 3 maggio del 1922 con il motu proprio Romanorum Pontificum di Pio XI. L’Unione Missionaria del Clero divenne Pontificia con Decreto di Pio XII il 28 ottobre del 1956. Questo titolo, garanzia di piena ecclesialità, favorisce una migliore universalità e comporta una più coerente organicità di strutture. 16. In maniera speciale, le Pontificie Opere Missionarie sono a disposizione del Romano Pontefice, Capo del Collegio dei Vescovi e principio e segno dell’unità e dell’universalità della Chiesa. In virtù del suo ministero, il Pastore Supremo conosce e sente più di chiunque altro le urgenze ed i bisogni di tutte e di ciascuna Chiesa. A lui spetta richiamare gli altri Pastori alla loro responsabilità missionaria universale ed invitarli a partecipare ad uno sforzo comune e insieme con lui per l’evangelizzazione del mondo27. Affidate dal Santo Padre alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli28, le Opere ne seguono le indicazioni e, a differenti livelli di responsabilità, sviluppano una programmazione ed una collaborazione in vista del ministero della evangelizzazione universale. 26 Cf. ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, decreto Presbyterorum Ordinis, n. 10. 27 Cf. iD., decreto Christus Dominus, nn. 6, 11. 28 Cf. giovanni paolo ii, Pastor Bonus, nn. 85, 91.

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17. «Pur essendo le Opere del Papa, lo sono anche dell’intero Episcopato e di tutto il Popolo di Dio»29. Per questo le Opere Pontificie sono e restano anche Opere Episcopali, radicate nella vita delle Chiese particolari30. Promosse dai Vescovi a livello diocesano e nazionale, queste Opere dipendono legittimamente anche da loro nell’ambito della propria competenza, tenendo conto del loro carattere pontificio e nel pieno rispetto del loro Statuto. Il carattere episcopale del loro servizio ecclesiale conferisce alle Opere una ragione ulteriore per il loro servizio a vantaggio della missione. Per ciascuna Diocesi, infatti, queste Opere costituiscono lo strumento specifico, privilegiato e principale per l’educazione allo spirito missionario universale, per la comunione e la collaborazione inter-ecclesiale nel servizio all’annuncio del Vangelo. 18. Storicamente sopraggiunto a Opere nate dallo zelo di laiche e sacerdoti appassionati della missione, il riconoscimento del carattere pontificio ed episcopale non cancella la loro autonomia, ma ne amplia, potenzia e garantisce l’esercizio. L’autonomia delle Opere consiste nel mantenere la loro identità e i loro scopi31. Obiettivo specifico delle Pontificie Opere Missionarie

19. Fra le tante forme del servizio alla missione, le Pontificie Opere Missionarie hanno sempre avuto come obiettivo principale il sostegno all’evangelizzazione propriamente detta. Senza escludere l’aiuto nei campi della promozione umana e dello sviluppo e collaborando con enti e associazioni cattoliche di assistenza sociale e sanitaria, esse ritengono che «il miglior servizio al fratello è l’evangelizzazione, che lo dispone a realizzarsi come figlio di Dio, lo libera dalle ingiustizie e lo promuove integralmente»32. Attraverso un fondo di solidarietà (cf. art. 61), le Pontificie Opere Missionarie sostengono in modo prioritario le Chiese in situazioni difficili e di maggiore necessità, aiutandole, con rispetto, a far fronte ai loro bisogni pastorali e missionari 29 paolo vi, Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale del 1968; Congregazione zione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 4. 30 Cf. giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 84. 31 Cf. Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 6. 32 giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 58.

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per l’evangelizza-

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fondamentali in vista della loro progressiva autonomia, e per metterle in grado di corrispondere, a loro volta, alle necessità degli altri33.

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I fondi universali di solidarietà

20. La comune sollecitudine ai bisogni missionari di tutta la Chiesa e di ogni Chiesa particolare, ha reso le Pontificie Opere Missionarie espressione della comunione e della solidarietà universale. Nella loro opera di sensibilizzazione esse non vengono meno al compito di spiegare a fedeli e pastori la priorità del carattere universale della cooperazione missionaria, collaborando con i Vescovi perché le iniziative particolari non pregiudichino l’impegno comune per sostenere l’evangelizzazione dei popoli. A tal fine le prime tre Opere – Propagazione della Fede, San Pietro Apostolo, Santa Infanzia – danno vita ciascuna a un proprio fondo di solidarietà, in grado di sostenere i programmi di assistenza universale, evitando particolarismi e discriminazioni. Il più importante tra questi è il fondo universale di solidarietà (cf. art. 10f) promosso e curato dall’Opera della Propagazione della Fede, che gestisce le offerte raccolte, specialmente durante la Giornata Missionaria Mondiale, a vantaggio di tutte le iniziative di cooperazione missionaria. Le Pontificie Opere Missionarie programmano annualmente questo reciproco e fraterno aiuto, tenendo conto delle necessità di tutte le Chiese, delle priorità emergenti, delle direttive della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e di eventuali indicazioni emanate dalle Conferenze Episcopali interessate. Le Direzioni Nazionali concorrono alla formazione e alla ripartizione di questi Fondi in conformità alle leggi civili dei Paesi di appartenenza. Strumenti e mezzi della cooperazione missionaria delle Pontificie Opere Missionarie

21. Radicata nella vita cristiana ed ecclesiale, la cooperazione missionaria promossa dalle Pontificie Opere Missionarie riguarda non solo alcuni momenti ma 33 Ibid., n. 85.

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l’intera vita del cristiano, personale e comunitaria. I fedeli possono parteciparvi con una duplice modalità: aderendo alle specifiche proposte di vita associativa offerte dalle singole Opere o partecipando alle iniziative di promozione e aiuto proprie della cooperazione missionaria universale.

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Necessario fondamento di questa cooperazione missionaria resta comunque una profonda ed intensa opera di animazione e formazione, indispensabile perché tutti i fedeli abbiano viva coscienza della loro responsabilità di fronte al mondo, coltivino in se stessi uno spirito veramente cattolico e impieghino le loro forze nell’opera di evangelizzazione34. 22. La cooperazione missionaria trova inoltre nelle Pontificie Opere Missionarie un forte momento organizzativo, in grado di sostenere le dinamiche personali e comunitarie con itinerari formativi di conoscenza, celebrazione e solidarietà, suscitando approfondimento di cammini vocazionali35 e invitando alla condivisione dei propri carismi di Chiesa e di cristiani. Per raggiungere questi scopi, le Pontificie Opere Missionarie informano sulla vita e le necessità della missione universale, stimolano la reciproca preghiera tra le Chiese particolari e si adoperano per favorire lo scambio vicendevole di personale e di mezzi materiali. Alle diverse iniziative cui hanno dato impulso lungo la loro storia, le Pontificie Opere Missionarie aggiungono costantemente altre lodevoli forme di animazione, formazione e cooperazione, come lo Spirito suggerisce e nuove situazioni di missionarietà esigono36.

34 Cf. ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 36. 35 Cf. giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 79. 36 Cf. ibid., n. 82.

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II. NORME TITOLO I LE PONTIFICIE OPERE MISSIONARIE

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«Essendo del Papa e del Collegio Episcopale, anche nell’ambito delle Chiese particolari queste Opere occupano giustamente il primo posto, perché sono mezzi sia per infondere nei cattolici, fin dall’infanzia, uno spirito veramente universale e missionario, sia per favorire un’adeguata raccolta di sussidi a vantaggio di tutte le missioni, secondo le necessità di ciascuna (AG 38)»37. Capitolo 1 Le Pontificie Opere Missionarie

Art. 1. Le Pontificie Opere Missionarie (POM) sono: – la Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede (POPF); – la Pontificia Opera Missionaria di San Pietro Apostolo (POSPA); – la Pontificia Opera della Santa Infanzia o dell’Infanzia Missionaria (POSI); – la Pontificia Unione Missionaria (PUM). Sorte in epoche differenti, ciascuna per iniziativa di un proprio fondatore e/o fondatrice, ed essendosi sviluppate come entità distinte ed autonome, le quattro Opere costituiscono ora un’unica istituzione, che dipende dalla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (CEP)38; questo al fine che la loro specificità e distinzione risultino vantaggiose per lo sviluppo di ogni singola Opera, ma sia nello stesso tempo assicurata un’organizzazione unica per la cooperazione missionaria universale, nel contesto dell’attività svolta dalla CEP39. Art. 2. «A ciascuna Opera spetta per diritto proprio una sua autonomia, riconosciuta dalla competente autorità e indicata nei suoi Statuti»40. Le POM sono articolate in strutture organizzative centrali, nazionali e diocesane. 37 Ibid., n. 84. 38 Cf. ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 29; giovanni paolo ii, Pastor Bonus, n. 91. 39 Ibid., n. 85. 40 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 6.

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Art. 3. Dal loro sorgere, i laici hanno assunto un ruolo importante nelle attività e nella direzione delle POM. Infatti la cooperazione all’universale missione della Chiesa è un diritto-dovere di tutti i battezzati41. Tutti i membri del Popolo di Dio, «sia come singoli, sia riuniti in associazioni»42, sono quindi chiamati a parteciparvi43.

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Art. 4. Le quattro POM hanno in comune lo scopo primario e principale di promuovere lo spirito di missione universale in seno al Popolo di Dio, in modo che la sua testimonianza missionaria venga espressa mediante una cooperazione spirituale e materiale all’opera di evangelizzazione. Art. 5. Le POM, nate da particolari iniziative carismatiche, laicali sacerdotali ed episcopali, si sono sviluppate con l’appoggio della Santa Sede che, in seguito, le ha fatte organizzazioni Pontificie, al fine di assicurare loro maggior efficacia ed un carattere universale44. Capitolo 2 Le quattro Opere La Pontificia Opera Missionaria della Propagazione della Fede

Art. 6. L’Opera della Propagazione della Fede, consapevole che l’evangelizzazione è soprattutto un’azione dello Spirito Santo, promuove tra i fedeli, in primo luogo, la preghiera e il sacrificio per la missione45. Essa ha i seguenti obiettivi: a) formare tutto il popolo di Dio perché prenda coscienza della sua vocazione missionaria universale46; b) informare i cristiani circa la vita e le necessità delle Chiese in territori di missione, attraverso lo scambio di notizie, la compartecipazione di valori spirituali,

41 Cf. CiC cann. 211, 781; giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 71; Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 2. 42 CiC can. 225. 43 Cf. Lumen gentium, nn. 17, 33; Apostolicam actuositatem, nn. 6, 13; ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, nn. 35-36, 41; Christifideles laici, n. 35. 44 Cf. Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 4. 45 Cf. giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 78. 46 Cf. ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 35; giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 77.

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le testimonianze di solidarietà nei momenti di prova e il sostegno morale e materiale nelle avversità47; c) incrementare tra le Chiese particolari l’aiuto sia spirituale che materiale, con particolare attenzione allo scambio del personale apostolico in vista dell’evangelizzazione di tutto il mondo48;

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d) promuovere le vocazioni missionarie Ad Gentes, specialmente quelle “per tutta la vita”49; e) favorire l’educazione, specialmente dei giovani, alla giustizia attraverso l’informazione e la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa per incoraggiarli all’aiuto e compiere una sensibilizzazione missionaria che li porti all’offerta di se stessi per la missione50: a questo scopo l’Opera dispone per loro di un “servizio missionario giovani”; f) promuovere la solidarietà economica facendo appello alla generosità dei cristiani nel mondo intero, in vista di elaborare un programma di giustizia sociale e di assistenza per provvedere, in maniera regolare, ai bisogni essenziali di tutte le Chiese in territori di missione51. Art. 7. L’Opera svolge la sua attività durante tutto il corso dell’anno, ma con maggiore intensità durante il mese di ottobre. Questo deve essere considerato in tutti i Paesi come il Mese della Missione Universale. La sua penultima domenica, proclamata Giornata Missionaria Mondiale, ne è il momento culminante. Questa giornata sarà celebrata in tutte le Chiese particolari come la festa della cattolicità e della solidarietà universale52. In questo giorno i cristiani del mondo intero prenderanno coscienza della loro comune responsabilità di fronte alla evangelizzazione del mondo53. Art. 8. Affinché il mese di ottobre fornisca ai cristiani l’occasione di dare una dimensione universale alla loro cooperazione missionaria, e «al fine di intensificare 47 giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 83. 48 Ibid., n. 84; Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 4. 49 Cf. giovanni paolo ii, Redemptoris missio, nn. 79, 83, 84. 50 Ibid., nn. 80, 83. 51 Cf. ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Christus Dominus, n. 6; Ad gentes, n. 38. 52 Cf. SaCra Congregazione Dei riti, Rescritto del 14 aprile 1926. 53 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 36; CIC can. 791, n. 3; giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 81.

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lo spirito missionario nel popolo cristiano si raccomandano orazioni e sacrifici quotidiani, in modo che la celebrazione dell’annuale Giornata Missionaria sia una spontanea manifestazione di quello spirito (AG 36). I Vescovi sono invitati a chiedere ai responsabili delle opere cattoliche ed ai fedeli di rinunciare, in questo periodo, alle collette a carattere particolare. I Vescovi e le Conferenze Episcopali redigeranno diverse invocazioni a favore delle missioni per poi inserirle nell’orazione dei fedeli durante la messa»54. Essi dovranno anche fare in modo di assicurare che le raccolte della Giornata Missionaria Mondiale vadano esclusivamente per gli obiettivi del Fondo Universale di Solidarietà (cf. art. 10) e di incoraggiare i loro sacerdoti e laici in questo senso. Art. 9. Per assicurare il pieno sviluppo dell’Opera, i responsabili cercheranno l’appoggio di numerosi collaboratori e collaboratrici, specialmente attraverso le associazioni e i movimenti parrocchiali o provenienti anche da altre organizzazioni, e daranno loro la necessaria formazione. La POPF, come è nella natura di tutte le Opere, fa appello alla collaborazione di tutti; i suoi membri devono anche essere i promotori dello spirito universale missionario nel proprio ambiente. I responsabili dell’Opera, tenendo conto della realtà ecclesiale locale, potranno pure valutare l’opportunità di organizzarla, come da tradizione, in un’Associazione costituita da membri affiliati. Art. 10. Tutte le offerte raccolte dall’Opera costituiscono il Fondo Universale di Solidarietà dell’Opera della Propagazione della Fede. La Pontificia Opera Missionaria di San Pietro Apostolo

Art. 11. L’Opera di San Pietro Apostolo è stata fondata per i seguenti obiettivi: a) usare i mezzi spirituali, specialmente la preghiera e il sacrificio, per ottenere dal «Padrone della messe, che mandi operai nella sua messe»55; b) sensibilizzare il popolo cristiano alla necessità dell’incremento delle vocazioni e all’importanza della formazione del clero locale nelle Chiese dei territori di missione, per poterlo poi inviare a collaborare in altre Chiese sorelle56; 54 paolo vi, motu proprio Ecclesiae Sanctae, iii, 3. 55 Mt 9, 38. 56 Cf. Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 4.

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c) contribuire alla promozione del clero nelle Chiese dei territori di missione, anche utilizzando i fondi ottenuti per la istituzione di borse di studio, il pagamento di pensioni, le quote ed altre donazioni, così da rendere possibile l’erezione e lo sviluppo di numerosi seminari maggiori, propedeutici e minori, diocesani e interdiocesani; d) aiutare nella formazione dei candidati e delle candidate alla vita consacrata nelle Chiese dei territori di missione.

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Art. 12. Tutte le offerte raccolte dall’Opera costituiscono il Fondo Universale di Solidarietà dell’Opera di San Pietro Apostolo. La Pontificia Opera Missionaria della Santa Infanzia o dell’Infanzia Missionaria

Art. 13. L’Opera presta un servizio alle Chiese particolari con i seguenti obiettivi: a) aiutare gli educatori a risvegliare e sviluppare progressivamente nei fanciulli e adolescenti una coscienza missionaria universale, per guidarli verso una comunione spirituale e scambio materiale delle loro risorse con quelli di altre Chiese, specialmente quelle più in difficoltà. Tutti hanno qualche cosa da dare e da ricevere e il motto per loro è: i bambini aiutano i bambini57; b) contribuire alla promozione e sviluppo di vocazioni missionarie; c) preparare animatori missionari che accompagnino i fanciulli nel loro cammino verso una coscienza missionaria più matura. Questo viene realizzato attraverso il loro diretto coinvolgimento e nelle forme che esso assume nei vari Paesi, in modo che i fanciulli diventino i piccoli protagonisti della missione. A questo scopo si devono stabilire strutture a livello locale e regionale e creare attività adeguate ad un tale coinvolgimento. Art. 14. L’Opera, avendo un compito altamente educativo, nei suoi metodi di formazione missionaria e negli appelli alla generosità deve tener conto dei princìpi pedagogici più idonei a risvegliare la coscienza missionaria dei fanciulli. La sua attività educativa deve essere commisurata alla loro età, alla loro mentalità, al loro ambiente e alle loro capacità. Sia che si serva dei propri mezzi sia che si avvalga delle strutture esistenti della catechesi, l’Opera deve sempre integrarsi nella 57 Ivi.

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pastorale d’insieme dell’educazione cristiana, alla quale apporta una dimensione missionaria.

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Art. 15. L’Opera organizza ogni anno una Giornata Universale, durante la quale attira l’attenzione dei fanciulli sulle necessità spirituali e materiali dei bambini di tutto il mondo. I fanciulli sono incoraggiati ad offrire agli altri fanciulli del mondo il loro aiuto con le preghiere, i sacrifici, le offerte, spronandoli a scoprire in loro il volto stesso di Gesù. Attirando l’attenzione sui bisogni dei fanciulli materialmente poveri, non si deve dimenticare di evidenziare le ricchezze dei loro valori spirituali. Aprendosi gli uni agli altri, i fanciulli imparano a conoscersi e ad amarsi come fratelli e in questo modo si arricchiscono scambievolmente. Art. 16. Poiché l’educazione dei fanciulli deve essere fatta con metodi adatti a loro, è necessario che i responsabili dell’Opera, a livello sia nazionale che diocesano, abbiano la necessaria competenza teologica e catechetica. Art. 17. L’età dei fanciulli e degli adolescenti ai quali l’Opera si rivolge è stabilita dal Consiglio Nazionale, con il consenso della Conferenza Episcopale e seguendo le direttive del Consiglio Superiore. Art. 18. Le quote e le offerte dei fanciulli dei vari Continenti, costituiscono il Fondo Universale di Solidarietà della Santa Infanzia per aiutare le istituzioni e le attività a favore dei fanciulli in territori di missione. La Pontificia Unione Missionaria

Art. 19. La Chiesa è «missionaria per sua natura»58: è compito della PUM rendere questa realtà attuale e operante, specialmente tra le persone chiamate per vocazione al servizio della Chiesa nei ministeri ordinati e nella consacrazione religiosa e laicale e tra i missionari laici direttamente impegnati nella missione universale59. Art. 20. L’obiettivo della PUM è la formazione e l’informazione missionaria dei sacerdoti, dei membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, dei laici consacrati, dei candidati al sacerdozio e alla vita religiosa in tutte

58 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 2. 59 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 4.

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le sue forme, come pure di tutte le altre persone impegnate nel ministero pastorale della Chiesa. L’Unione si rivolge a tutti coloro che sono chiamati ad operare perché il Popolo di Dio sia animato da spirito missionario e da grande sensibilità verso la cooperazione missionaria. Dalla vitalità della Pontificia Unione Missionaria dipende, in gran parte, il successo delle altre Opere, essendo essa «l’anima delle altre Pontificie Opere Missionarie»60. Art. 21. Per questa formazione e sensibilizzazione missionaria, l’Unione utilizza metodi adatti, sia attraverso mezzi propri, sia facendo appello ai seminari minori e maggiori, alle istituzioni già esistenti ed alle iniziative già in atto, che hanno per scopo la formazione primaria e permanente del clero e dei religiosi/e. L’Unione li aiuterà a prendere coscienza della loro responsabilità verso la missione universale della Chiesa. Il fine infatti dell’Unione è di approfondire la loro conoscenza della missione e di potenziare la loro sensibilità missionaria in modo che, anche nelle comunità loro affidate, promuovano una coscienza missionaria ed un impegno efficace per la missione universale della Chiesa. La stessa Unione li incoraggerà a trovare i metodi pastorali più consoni a questo scopo e cercherà di mantenere vivo il loro impegno apostolico. A questo scopo, essa favorirà anche scambi fraterni e testimonianze di solidarietà tra tutti gli operatori apostolici al servizio della Chiesa nei vari Continenti. Art. 22. In ogni Direzione Nazionale è opportuno che operi un responsabile dell’Unione con il compito specifico di animazione spirituale missionaria. A livello Diocesano, questo compito può essere assunto anche dallo stesso Direttore diocesano delle POM61.

60 paolo vi, lettera apostolica Graves et Increscentes (5 settembre 1966). 61 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 9.

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TITOLO II GOVERNO E AMMINISTRAZIONE Capitolo 1

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Art. 23. Il mandato di annunciare il Vangelo in tutto il mondo appartiene a tutta la Chiesa e ai suoi Pastori62. A riguardo della Chiesa universale questa funzione è affidata principalmente al Romano Pontefice e al Collegio dei Vescovi63, mentre a riguardo della Chiesa particolare è dovere del suo Vescovo, che ha in essa il compito del ministero della parola64. Art. 24. Il Romano Pontefice esercita la sua autorità sulle Pontificie Opere Missionarie per il tramite della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, «cui spetta regolare e coordinare, in tutto il mondo, sia l’opera missionaria sia la cooperazione missionaria, nel rispetto tuttavia del diritto delle Chiese Orientali»65. Art. 25. La Congregazione «per incrementare la cooperazione missionaria, anche mediante un’efficace raccolta e un’equa distribuzione dei sussidi economici, si avvale specialmente della collaborazione delle Pontificie Opere Missionarie, cioè della Propagazione della Fede, di San Pietro Apostolo, della Santa Infanzia e della Pontificia Unione Missionaria del Clero»66. Art. 26. Le Pontificie Opere Missionarie a livello diocesano dipendono dal Vescovo; a livello nazionale fanno riferimento anche alla Conferenza Episcopale, a norma del diritto; a livello internazionale dipendono pure dagli Organismi Episcopali regionali e continentali a norma del diritto67. Le POM sono promosse da queste entità, tenuto sempre conto del loro carattere pontificio e universale68. 62 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, nn. 5, 6. 63 CiC can. 756, § 1. 64 CiC can. 756, § 2. 65 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 29; cf. anche giovanni paolo ii, Pastor Bonus, n. 85; iD., Redemptoris missio, n. 75. 66 iD., Pastor Bonus, n. 91. 67 iD., Redemptoris missio, nn. 76, 83; Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 3. 68 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 38.

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Art. 27. La corresponsabilità dei Vescovi nel governo delle POM assume diverse forme a seconda della loro partecipazione nella direzione delle Opere a livello centrale, nazionale o diocesano, sempre nel rispetto del presente Statuto. Art. 28. Pur dipendendo dalla CEP e dai Vescovi, le POM conservano la loro autonomia e sono rette dal proprio Statuto. Governo Centrale

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Comitato Supremo

Art. 29. Il Comitato Supremo delle POM ha il compito di «provvedere a tutto quanto è necessario perché ciascuna delle Pontificie Opere Missionarie si sviluppi regolarmente ed efficacemente nel proprio ambito e risolvere le questioni che eventualmente sorgessero tra loro»69. Art. 30. Il Comitato Supremo è composto dai seguenti membri: a) il Cardinale Prefetto della CEP, che ne è il Presidente; b) il Segretario della CEP, che ne è il Vice-Presidente; c) il Presidente delle POM; d) cinque Vescovi, eletti dalla CEP in ciascun Continente, che durano in carica ad quinquennium; e) i Segretari Generali delle quattro POM; f) cinque Direttori Nazionali delle POM, eletti per ciascun Continente dai membri del Consiglio Superiore ad quinquennium, rinnovabile una sola volta. Art. 31. Spetta al Comitato Supremo: a) assicurare l’unità e la mutua intesa tra le POM e la CEP; b) incoraggiare ed offrire la formulazione di linee-guida generali pastorali ed economiche, alla luce di bisogni particolari e di comune accordo con il Consiglio Superiore; c) approvare i bilanci delle POM, corredati dalla relazione di un Pubblico Revisore dei Conti; 69 pio Xi, motu proprio Decessor noster (24 giugno 1929), n. v.

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d) approvare i Regolamenti Interni delle POM; e) nominare ad quinquennium, su proposta del Presidente, l’Incaricato dell’Amministrazione. Art. 32. Il Comitato Supremo si raduna una volta all’anno. Il Presidente può inoltre convocarlo ogniqualvolta lo ritenga necessario. Il Segretario del Comitato nominato dal Presidente ad quinquennium, funge da attuario.

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Consiglio Superiore

Art. 33. Il Consiglio Superiore delle POM governa l’attività delle quattro Opere. Esso ha la sua sede in Roma presso la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Ne è Presidente il Segretario-Aggiunto della Congregazione, o, in mancanza di questi, il Segretario della stessa. Art. 34. Il Consiglio Superiore è composto dai seguenti membri: a) il Presidente; b) i Segretari Generali delle quattro Pontificie Opere Missionarie; c) i Sotto-Segretari della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato, della Congregazione per i Vescovi e della Congregazione per le Chiese Orientali; d) i Direttori nazionali delle POM. Art. 35. Spetta al Consiglio Superiore: a) studiare le attività e i metodi di animazione e di raccolta di fondi delle POM nei rispettivi Paesi, suggerendo nuove iniziative in accordo con i piani pastorali delle Conferenze Episcopali: a tale scopo verranno organizzate specifiche sessioni pastorali; b) decidere sulla equa distribuzione dei fondi raccolti dalle Direzioni nazionali, secondo un piano di finanziamento dei progetti preparato dal Comitato Esecutivo (cf. art. 40e); c) decidere le priorità da osservare quanto alla distribuzione dei fondi; d) stabilire le norme relative alla concessione dei sussidi, ispirandosi agli orientamenti generali fissati dalla CEP70. Una ripartizione equa – a ciascuno secondo le 70 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 29.

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proprie necessità – ed efficace, concepita cioè in funzione di una pastorale missionaria ben ponderata, presuppone una precisa informazione e l’esame dei pareri presentati dalle Conferenze Episcopali interessate e dagli esperti in materia; e) esaminare i bilanci preventivi e consuntivi di ciascuna Opera, preparati dai Segretari Generali, e deliberare in proposito; f) scegliere un Pubblico Revisore dei Conti che controlli tutti i bilanci delle POM e proporlo, per l’approvazione, al Cardinale Prefetto della CEP; g) risolvere eventuali problemi di organizzazione delle POM; h) stabilire, con il consenso del Presidente, speciali “Commissioni ad hoc” per studiare questioni particolari e presentare raccomandazioni al Consiglio Superiore; i) proporre al Comitato Esecutivo iniziative utili per incoraggiare riunioni a livello internazionale e regionale organizzate dai Direttori Nazionali o dai Segretari Generali, previa comunicazione al Presidente ed alle Conferenze Episcopali interessate; j) fissare la data e la durata dell’Assemblea Generale di maggio e, se necessario, della Assemblea Speciale di novembre, indicando i temi da trattare; k) curare l’elaborazione e l’aggiornamento di un proprio Regolamento Interno (cf. artt. 45; 31d); l) preparare e aggiornare un Manuale operativo; m) definire la somma di denaro che i Segretari Generali possono trattenere sul bilancio della propria Opera per rispondere a richieste di aiuto in emergenze particolari. Questi fondi dovranno essere distribuiti secondo progetti ben definiti e rientreranno nella contabilità dell’anno successivo. Art. 36. L’aspetto universale e comunitario del Consiglio Superiore si esprime attraverso la presenza nello stesso del Presidente, che rappresenta la CEP, e dei Direttori Nazionali, che provengono dalle loro rispettive Chiese. Il bene comune della missione universale deve essere la loro principale preoccupazione. Essi si devono considerare, prima di tutto, come operatori di un servizio a favore della comunione tra le Chiese. Assemblee

Art. 37. Il Consiglio Superiore si riunisce in Assemblea Generale Ordinaria una volta all’anno, normalmente nel mese di maggio, convocata, presieduta e moderata dal I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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Presidente delle POM. Tutti i membri del Consiglio Superiore hanno l’obbligo di partecipare all’Assemblea Generale Ordinaria. Essa si svolge in due parti, una pastorale e l’altra amministrativa. La prima viene dedicata prevalentemente allo studio di temi missiologici, pastorali e organizzativi indicati e approvati in precedenza dall’Assemblea Generale. La seconda è riservata alla valutazione delle proposte dei Segretariati Generali per l’assegnazione dei sussidi. Solo nella prima parte è consentita la presenza di periti, mentre la partecipazione alla seconda parte è riservata ai membri del Consiglio Superiore, salvo quando si trattasse dell’attività del Segretariato Generale di una particolare Opera; in questo caso è consentita la presenza, in qualità di esperti, anche delle persone che hanno studiato e presentato i progetti in esame. Il Cardinale Prefetto della CEP ha la facoltà di nominare alcune persone che possono partecipare anche alla seconda parte dell’Assemblea. Art. 38. Il Presidente delle POM ha la facoltà, quando lo ritenga necessario e d’intesa con il Presidente del Comitato Supremo, di convocare un’Assemblea Speciale a novembre. La data e la durata di questa Assemblea Speciale sono decise dall’Assemblea Generale Ordinaria, su proposta del suo Presidente e sentiti i Segretari Generali. L’Assemblea Speciale è diretta dal Presidente delle POM e vi partecipano i quattro Segretari con i rappresentanti dei Direttori nazionali, eletti da tutti i membri del Consiglio Superiore secondo una quota a livello continentale stabilita dallo stesso Consiglio Superiore. Art. 39. Il Cardinale Prefetto della CEP si fa presente, se lo desidera, ai lavori delle due Assemblee, nelle forme e nei modi da lui ritenuti opportuni. Comitato Esecutivo

Art. 40. All’interno del Consiglio Superiore è costituito il Comitato Esecutivo, presieduto dal Presidente delle POM e comprendente i quattro Segretari Generali. Esso si raduna almeno una volta ogni due mesi, opera in conformità ad un proprio Regolamento Interno e ha i seguenti compiti: a) assicurare l’attuazione delle linee-guida generali date dal Comitato Supremo e dal Consiglio Superiore; b) organizzare tutte le Assemblee delle POM e loro simili iniziative; 128

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c) curare che le Direzioni Nazionali delle POM siano organizzate in modo funzionale, secondo lo spirito e le norme dello Statuto; d) esaminare e rispondere alle richieste urgenti di aiuto, nei limiti stabiliti dal Consiglio Superiore; e) coordinare la preparazione delle proposte per la distribuzione dei sussidi annuali; f) valutare con l’Incaricato dell’Amministrazione i problemi di gestione economica generale e delle quattro Opere in particolare. L’Incaricato è al servizio del Comitato Esecutivo a cui deve rendere conto del proprio operato e con il quale esaminerà tutti i problemi che riguardano l’amministrazione e la direzione del personale delle POM. Presidente delle POM

Art. 41. Presidente delle POM è il Segretario-Aggiunto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ovvero, in mancanza di questo, il Segretario della stessa Congregazione. Il Presidente è nominato dal Sommo Pontefice. Art. 42. Al Presidente spetta: a) rappresentare le POM presso la CEP; b) presiedere alle Assemblee delle POM; c) coordinare il lavoro dei quattro Segretari Generali; d) rappresentare le POM nelle Assemblee e negli incontri ufficiali; e) assistere le Direzioni nazionali, anche visitandole; f) curare il buon funzionamento e l’ordinata e trasparente gestione economica dei quattro Segretariati Generali. Segretari Generali

Art. 43. Ciascuna Opera ha il proprio Segretariato Internazionale, diretto dal Segretario Generale nominato ad quinquennium dalla CEP, previa consultazione con i membri del Consiglio Superiore. Il suo mandato è rinnovabile normalmente soltanto per un altro quinquennio. I U S M I S S I O N A L E – QUADERNO 1

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Art. 44. Il Segretario Generale ha il compito di:

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a) curare il buon funzionamento del Segretariato; b) collaborare con gli altri Segretari Generali seguendo le direttive del Presidente; c) presentare ogni anno proposte di sussidi, sia ordinari che straordinari, per i vari progetti da sottoporre al Consiglio Superiore per l’approvazione; d) preparare annualmente per il Consiglio Superiore una relazione generale sulle attività del proprio Segretariato, assieme a un rapporto dettagliato dei fondi ricevuti e dei sussidi erogati. Art. 45. Tutte le strutture delle POM devono avere un loro Regolamento Interno approvato dall’autorità competente secondo la legislazione canonica vigente e lo Statuto. Capitolo 2 Riunioni regionali e continentali

Art. 46. Il carattere episcopale delle POM richiede la loro profonda intesa e stretta collaborazione con le Diocesi e le Conferenze Episcopali dei vari Paesi71. La Chiesa riconosce la validità e l’utilità delle riunioni delle Conferenze Episcopali anche a livello regionale e continentale72. Perciò le POM non solo si impegnano «per dare risposte soddisfacenti ad una realtà missionaria che continuamente si modifica e richiede nuove forme di intervento»73, ma coordinano la loro opera di animazione e cooperazione missionaria nel contesto più ampio dei nuovi organismi sopra-nazionali, come le Conferenze Episcopali regionali e continentali74. Infatti «il Concilio Vaticano II ha inteso rinnovare la vita e l’attività della Chiesa secondo le necessità del mondo contemporaneo»75 e a queste necessità si sono adeguati anche i vari Sinodi dei Vescovi ordinari e continentali. Art. 47. Nel nuovo contesto mondiale, la comunione tra le Chiese «è vissuta in una prospettiva di reciprocità e, in concreto, nel senso di missionarietà specifica. 71 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 6. 72 giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 76. 73 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 6. 74 Cf. CiC can. 459. 75 giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 1.

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Nessuno sia impedito dal realizzare questo interscambio di carità ecclesiale e di dinamismo missionario. Qualità essenziale della comunione ecclesiale è, infatti, la sua concretezza, in modo da coinvolgere tutti e raggiungere l’uomo concreto nel suo contesto vitale. Anche oggi si deve poter dire delle comunità cristiane, impegnate per la missione universale, che agiscono con “un cuor solo e un’anima sola” (At 4, 32)»76. Art. 48. Il Consiglio Superiore favorirà perciò i contatti e la collaborazione tra le Direzioni Nazionali. Alcuni incontri internazionali, a livello sia regionale che continentale, forniranno ai responsabili nazionali l’occasione per scambi di opinioni, di informazioni e di esperienze. Questo costituirà una fonte di arricchimento per tutti e permetterà a ciascuno di rivedere e di rinnovare, se necessario, le proprie vedute, i propri programmi e i tradizionali metodi di lavoro. Art. 49. Le riunioni regionali e continentali delle POM possono essere organizzate, previa comunicazione al Presidente delle POM e al Prefetto della CEP, dai Direttori Nazionali interessati e anche dal Segretario Generale di ogni singola Opera. Queste Riunioni dovranno essere notificate anche alle Conferenze Episcopali della regione o del continente in cui si svolgono. Uno dei Direttori Nazionali può essere eletto come Coordinatore continentale o regionale per un periodo di tre anni, con l’incarico di programmare le attività sopra-nazionali delle POM. Capitolo 3 Direzione nazionale e diocesana

Art. 50. A motivo della loro natura e della loro importanza, le POM devono essere presenti e operanti in ogni Chiesa particolare sia antica che recente. In questo modo l’impegno per la cooperazione missionaria diventerà la coscienza missionaria della Chiesa77. Art. 51. In ogni nazione vi sia ordinariamente un solo Direttore Nazionale per tutte le quattro POM, se esistono, o per tutte quattro le finalità che esse perseguono. In al76 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 2. 77 ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 38; Congregazione per l’evangelizzazione operatio missionalis, n. 15.

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Dei

popoli, Co-

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cuni casi un Direttore può essere incaricato per più nazioni. Il Direttore Nazionale è il rappresentante ufficiale delle POM presso la Conferenza Episcopale locale78.

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Art. 52. «La nomina del Direttore Nazionale spetta alla Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, dietro presentazione preferibilmente di una terna di candidati da parte della Conferenza Episcopale, tramite la Rappresentanza Pontificia»79. Il Direttore Nazionale è eletto ad quinquennium. Il suo mandato è rinnovabile normalmente soltanto per un altro quinquennio. Il nuovo Direttore Nazionale deve essere nominato, per quanto è possibile, tre mesi prima della scadenza del mandato del Direttore Nazionale in carica. Art. 53. In osservanza delle norme della Sede Apostolica, come pure di speciali direttive date dalla Conferenza Episcopale80, al Direttore Nazionale spettano i seguenti compiti: a) rappresentare le POM presso le autorità nazionali sia religiose che civili; b) promuovere e dirigere le POM nella Nazione e coordinare il loro funzionamento tra le singole Diocesi, in accordo con la Conferenza Episcopale e secondo lo spirito dello Statuto; c) presiedere ordinariamente il Consiglio Nazionale delle POM; d) stimolare in seno al Consiglio Nazionale la riflessione comune e promuovere le attività di animazione, suggerendo iniziative da prendere, orientamenti generali da seguire e coordinando le varie attività81; e) presentare annualmente una relazione pastorale e un rapporto finanziario delle singole Opere al Consiglio Nazionale e alla Conferenza Episcopale, tramite la Commissione Episcopale per le Missioni, alla CEP, al Presidente delle Opere e ai Segretariati Generali. Il rapporto finanziario deve essere normalmente esaminato e firmato da un Pubblico Revisore dei Conti. Art. 54. Il Consiglio Nazionale delle POM è composto da: a) il Direttore nazionale; b) i Segretari nazionali delle singole Opere; 78 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 7. 79 Ivi. 80 Ibid., n. 8. 81 Ivi.

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c) i Direttori diocesani ovvero alcuni Delegati dei Direttori diocesani quando il numero di questi è elevato. Il Consiglio Nazionale può essere formato anche in modo diverso, purché in esso siano rappresentati, in modo equilibrato, i membri degli organismi nazionali ecclesiali e i Delegati diocesani82.

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Art. 55. Al Consiglio Nazionale spetta: a) collaborare strettamente con il Consiglio Missionario Nazionale costituito dalla Conferenza Episcopale e diretto dal Presidente della Commissione Episcopale per le Missioni83; b) determinare il tema e studiare la strategia della campagna missionaria annuale e il programma delle attività delle Opere, sia per l’animazione sia per l’organizzazione della raccolta delle offerte; c) ricevere ed esaminare il bilancio finanziario annuale presentato dall’ufficio competente, con le spese di animazione e di amministrazione effettuate dalla Direzione Nazionale e dalle Direzioni Diocesane, secondo il preventivo stabilito. Art. 56. In ogni nazione le POM devono osservare la legge civile vigente, sia quanto allo status giuridico da assumere nel loro ordinamento, sia nell’esplicazione delle loro attività. La Direzione Nazionale, per mezzo del Consiglio di Amministrazione o di altro gruppo di governo, curerà di mantenere alle POM lo stato di «Associazione senza scopo di lucro» o di «Fondazione». Art. 57. Il Consiglio Nazionale, in accordo con la Conferenza Episcopale e previa informazione del Consiglio Superiore delle POM, dovrà elaborare uno Statuto o un Regolamento interno per l’organizzazione del proprio lavoro e per l’attività specifica delle singole Opere in armonia con lo Statuto delle POM. Esso dovrà essere esaminato e approvato dal Comitato Supremo (cf. artt. 45; 31d). Art. 58. Considerato il carattere episcopale delle POM e il loro servizio ecclesiale, il Consiglio Nazionale deve fare in modo che le sue attività si integrino nell’insieme della pastorale missionaria diocesana e nazionale, al fine di assicurare 82 Ibid., n. 12. 83 Ivi.

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unità e sviluppi armonici. Pur conservando la loro identità, le POM non devono agire ai margini della vita pastorale delle Diocesi e creare strutture parallele. Esse devono seguire gli orientamenti generali dati dalla Commissione Episcopale per le Missioni84.

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Dove esiste il Consiglio Missionario Nazionale, le POM vi sono rappresentate in considerazione della loro finalità e del fatto che nell’opera di animazione missionaria «il compito primario spetta alle Pontificie Opere Missionarie»85. Art. 59. Il Presidente della Commissione Episcopale per le Missioni o la persona delegata dalla Conferenza Episcopale per questo settore, promuove e patrocina le POM. «Alle POM deve essere fattivamente riconosciuto e assicurato il ruolo di strumento ufficiale della Chiesa Universale che compete loro per costituzione nel Paese e nelle Diocesi»86. «È utile che il Presidente della Commissione Episcopale sia invitato agli incontri nazionali annuali delle POM, così che possa seguirne da vicino l’attività nelle fasi sia di programmazione che di revisione»87. D’altra parte si auspica che «il Direttore Nazionale sia messo a parte delle deliberazioni e delle iniziative missionarie della Commissione Episcopale. In questo modo egli potrà più facilmente svolgere il suo compito in unità di spirito e di intenti con le direttive e le scelte operative dei Pastori e della Chiesa locale. Si associ il Direttore Nazionale alla Commissione Episcopale nel modo più efficiente possibile»88. «Una forma concreta è quella di nominare il Direttore Nazionale come Segretario della Commissione Episcopale per le Missioni»89. Art. 60. In ogni Diocesi, il Vescovo, preferibilmente dopo aver sentito il Direttore Nazionale, nomina un Direttore Diocesano delle POM, che sia unico, possibilmente, per tutte e quattro le Opere. È opportuno che egli sia nominato per un periodo di cinque anni; il suo mandato è rinnovabile. È altresì auspicabile che il Direttore Diocesano sia allo stesso tempo il Delegato Episcopale per le Missioni90. Nel caso

84 Ibid., nn. 6, 12, 13 b, c, e. 85 giovanni paolo ii, Redemptoris missio, n. 84; cf. anche ConCilio eCumeniCo vatiCano ii, Ad gentes, n. 38; Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 12. 86 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 13c. 87 Ibid., n. 13f. 88 Ibid., n. 13g. 89 Ibid., n. 14b. 90 Cf. CiC can. 791, n. 2.

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in cui l’Ordinario nominasse un Delegato Episcopale diverso, questi deve dare il più ampio sostegno al Direttore Diocesano nello svolgimento del suo compito91. Il Direttore Diocesano, che conviene sia anche membro del Consiglio Pastorale Diocesano, assistito dai suoi collaboratori è al servizio del Vescovo per aiutarlo a dare un’apertura missionaria universale alla vita della pastorale diocesana92.

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Capitolo 4 Offerte dei fedeli alle POM

Art. 61. Tutte le offerte raccolte dalle POM in tutte le parrocchie e diocesi di ogni Rito nel mondo, costituiscono un Fondo di Solidarietà per dare vita ad un programma di aiuto universale. La sua finalità è l’aiuto economico alle Chiese in territori di missione nel loro impegno di evangelizzazione, di sviluppo ecclesiale e sociale come pure di educazione e di assistenza. Esso è segno dell’unità di fede, di amore e di giustizia che unisce nel mondo tutti i membri della Chiesa e tutte le Chiese particolari nella comunione della Chiesa universale, perché ad esso contribuiscono tutti i fedeli di ogni Chiesa in tutte le parti della terra. Art. 62. Le offerte dei fedeli raccolte dalle POM nelle Diocesi per la missione universale devono essere integralmente e regolarmente trasmesse al più presto alla Direzione Nazionale. Queste offerte, raccolte per la missione Ad gentes nella Giornata Missionaria Mondiale «in tutte le diocesi, le parrocchie e gli istituti del mondo cattolico»93 o in altre occasioni speciali, non possono essere utilizzate per scopi diversi94. Art. 63. La distribuzione delle offerte raccolte dalle POM è la prerogativa esclusiva dei Segretariati Generali. È loro compito, con la collaborazione dei Direttori Nazionali, mettere tutti i sussidi pervenuti durante l’anno a disposizione dei responsabili dei progetti approvati dal Consiglio Superiore. Solo una percentuale delle offerte raccolte può essere trattenuta dalle Direzioni Nazionali per l’attività 91 Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, n. 9. 92 CiC can. 791, n. 2. 93 Cf. giovanni paolo ii, Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale (21 ottobre 2001), 75mo anniversario della giornata missionaria mondiale. 94 Cf. CiC can. 1267, § 3; Congregazione per l’evangelizzazione Dei popoli, Cooperatio missionalis, nn. 8, 13d.

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di animazione e di amministrazione. Tale percentuale, determinata dal Consiglio Superiore, intende anche sopperire alla eventuale carenza di fondi sufficienti per le attività delle Direzioni Nazionali dei Paesi più disagiati. Nei rapporti finanziari annuali, le spese per l’animazione missionaria devono essere registrate separatamente da quelle effettuate per l’amministrazione.

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Art. 64. «Le offerte fatte dai fedeli per un determinato fine, non possono essere impiegate che per quel fine»95. Tutti coloro che ricevono fondi dalle POM, devono usarli solamente e totalmente per il progetto specifico per cui sono stati destinati e presentare poi un rapporto ai Segretariati Generali che li hanno erogati. Questo STATUTO, debitamente aggiornato ai sensi delle disposizioni date dal Papa Giovanni Paolo II il 26 giugno 1980, e che in forza delle medesime può essere ulteriormente aggiornato ogni cinque anni, è stato ratificato e firmato da Sua Eminenza il Cardinale Crescenzio SEPE PREFETTO Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli Lyon, 6 maggio 2005

95 CiC can. 1267, § 3; 791, n. 4.

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i

n

d

i

c

e

d

astigueta D.g. aymans w.

96, 142 40

benedetto Xv benedetto Xvi bernardo (san) bianchi m. bigard J. bigard S. bodet H. bonk J.J. bossen r.D. bressolles a. burls J. butturini g.

22, 26, 29, 33-35 33, 68, 99, 102, 104, 106 19 67 2, 27-30, 110 7 26 104 29 26 98 33, 97-98

Casadei F. Catozzella F. Catta a. Chaumont D. Chiappetta l. Coda p. Colzani g. Conforti g.m. Coste b. Cottin S. Coudrin J.m. Cristiani m.

30 60 60 17 60 67 23, 26, 30, 32-35, 37 33 20 27-28 25 22

D’auria a. 39 Dalla torre g. 47 Danielou J. 98 De bayeux p. 16 de Forbin Janson C.a. 23, 26, 110 De la barre p. 19 de mazenod e. 23, 25 De paolis v. 39 de Solages H. 23 De villiers l.F. 21 Del prete v. 8, 13, 83, 85, 87, 89, 91, 93 Dionne n.e. 26 Dotolo C. 75

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e

i

Du bourg l.g.v. Du Chesne m. Du tempie m.

n

o

m

i

17 27 30

erdö p. 45 esquerda bifet J. 61 Fadul v.J. 104 Fliche a. 95 Francesco Saverio (san) 19, 27 garcìa martin J. 45 geringer K.th. 40 giacinto da parigi 16 giacovelli C. 19, 21, 23-25, 27 giordani i. 30 giovanni paolo ii (ioannes paulus ii) 5, 11, 22, 33, 36-37, 51, 55-56, 58-59, 105-114, 116-119, 124, 130, 134, 136 giovanni XXiii 22, 26, 98 girodon v. 20 gotti g.m. 29 gregorio Xvi 22, 24, 35 guennou J. 16 Heckel r. Hoser H.

101 106

ilunga muya J. inglesi a. izzi C.

12 20 60

Jaricot p.m.

2, 7, 17-23, 25, 83, 110

latreille a. leone Xii leone Xiii lesourd p. lucarelli g. maglie r. mammi m.

17 26 22, 26, 28, 35 26, 30 30 102 101

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I N D I C E

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manna p.

D E I

N O M I

marcuzzi p.g. marrou H. martine v. marton F. meddi l. melesi Fanti p. metzler J. mondin b. mosca v. moye J.m.

2, 7, 31-34, 97-98, 110 39 98 95 104 76 22 95 61, 67 13-14, 61 24

naidenoff g. napoleone i

22 15-17

otaduy guérin J. 40 paolo vi (paulus vi) 22, 26, 31, 36, 90-91, 99, 107, 112, 114, 120, 123 pavese F. 61 petit J. 17, 19 pietro (san) 7-9, 27-28, 30, 36-37, 43, 51, 56, 72, 80, 86, 89-90, 109-110, 112-113, 120-121, 124 pinto p.v. 47, 97 pio vii 17, 21

138

pio Xi

22, 26, 35-36, 63-64, 90, 113, 125 22, 26, 35, 64, 113 22

pio Xii prince b.

radini tedeschi g. 33 recchi S. 47, 74, 97 renard a. 112 rossi S. 14 rweyemamu r. 26 rzepkowski H. 67 Sabbarese l. Schmitz H. Sepe C. Serafini D. Servel C.J.

13-14, 37, 60 40 36, 106, 136 33 22, 110

teresa di lisieux (santa) 29 trevisiol a. 7, 13, 15 trigault n. 16 vacchelli p. villon

8, 13-14, 61 27

wendel wtirtz J. 18 zampetti g.

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I M iUS miSSionAle Direttore: luigi Sabbarese

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Consiglio di redazione: andrea D’auria, giacomo incitti, vincenzo mosca Abbonamenti / Subscription Postage Included italia € 18.00 / europa € 22.00 / paesi extraeuropei € 26.00 Modalità di pagamento / Payment bonifico bancario / bank transfer banca prossima – p.le gregorio vii, 10 – 00165 roma iban it90a0335901600100000013290 biC (SwiFt CoDe): bCititmX pontificia università urbaniana, con specifica della causale intestato a: ius missionale – pontificia università urbaniana assegno bancario / by cheque Direttamente presso l’economato della puu 00120 Città del vaticano, via urbano viii, 16 Per abbonamenti e per contributi dei collaboratori: [email protected] / [email protected] Contatti: Segreteria iuS miSSionale C/o pontificia università urbaniana – via urbano viii 16 00165 roma rm tel. 06 69889501 / Fax 06 69882182 / mail: [email protected]

Pontificia Università Urbaniana Annuario della Facoltà di diritto canonico

Ur b a n i a na Un i v e r s i t y Pr e s s

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Anno I/2007 – pp. 304, ISBN 978-88-401-4096-4 StuDi: • il diritto missionario nel CiC: la dialettica tra universale e particolare (vincenzo mosca) • il rispetto dei riti orientali nell’evangelizzazione delle genti: attualità dell’enciclica Allatae sunt di benedetto Xiv (lorenzo lorusso) • la dimensione ecumenica e interreligiosa dell’attività missionaria nella Chiesa (Dimitrios Salachas) • la circolare ai nunzi comunica la fondazione di Propaganda Fide, 15 gennaio 1622 (eutimio Sastre Santos) • lo scioglimento del matrimonio in favorem fidei. aspetti storici e dottrinali (erasmo napolitano)

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note: • l’archivio Storico di propaganda Fide: fonti per la storia delle missioni e per il diritto missionario (luis manuel Cuña ramos) • la prassi amministrativa della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli come fonte del diritto particolare (Joseph Koonamparampil) • Communicatio in sacris: understanding can. 844 (elias Frank) DoCumenti • le Facoltà speciali della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (andrea D’auria) • le convenzioni per il servizio pastorale in italia dei presbiteri provenienti dai territori di missione e la convenzione per il servizio in missione dei fedeli laici (mauro rivella)

Anno II/2008 – pp. 344, ISBN 978-88-401-4095-7 StuDi: • l’origine e lo sviluppo delle “Facoltà speciali” di propaganda Fide aspetti storici (maurizio martinelli) • il can. 1395 e la connessa facoltà speciale di dimissione dallo stato clericale in poenam (Claudio papale) • missionary Formation in Seminaries: ecclesiastical law and reality (victor george D’Souza) • verso uno statuto per il catecumenato: la produzione normativa delle Conferenze episcopali (andrea D’auria) • l’azione evangelizzatrice del parroco (erasmo napolitano) • Dalla prima alla seconda assemblea Speciale del Sinodo dei vescovi per l’africa (youssef Sarraf) • le Chiese sui iuris in diaspora. le tradizioni orientali e le possibili modalità della loro “implantatio” in occidente (péter Szabó) note: • acceptance and operativeness of the Canon law in mission territories Cultural Challenge and technical limits (ivan Dias) • l’importanza del diritto missionario nella realtà odierna (zenon grocholewski) • l’orizzonte del diritto missionario (vincenzo mosca) • the interpellation in pauline privilege: understanding from a Cultural Context (elias Frank) DoCumenti: • Costituzione e provvisione delle circoscrizioni ecclesiastiche in europa: riordino delle competenze della Congregazione per le Chiese orientali. il Rescriptum ex Audientia (lorenzo lorusso) • osservazioni in margine alla Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione. una lettura ecclesiologica (Sandra mazzolini)

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I U S M I S S I O N A L E – INDICI ANNUALITÀ

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Anno III/2009 – pp. 288, ISBN 978-88-401-4094-0

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StuDi: l’età canonica per il presbiterato e il diaconato e la dispensa fino a 18 mesi (andrea D’auria) • la naturaleza misionera de la iglesia según el can. 781 del CiC (Damián guillermo astigueta) • la corresponsabilità nel governo dei vicariati e delle prefetture apostoliche: il consiglio della missione (giacomo incitti) • Sur les offrandes de messe. Considerations juridiques pour les territoires de mission (yawovi Jean attila – Claudio papale) • el laicado misionero. esbozo del planteamiento de la problemática y de soluciones jurídico-canónicas (Juan F. martínez Sáez) note: • Due Dicasteri a confronto: la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli e la penitenzieria apostolica (Carlo Fabris) • l’insegnamento dello Jus missionale canonicum all’urbaniana (luigi Sabbarese) • a proposito di un recente volume su le procedure amministrative in materia di matrimonio canonico: storia, legislazione e prassi. Quaestiones selectae • i. le procedure amministrative matrimoniali: annotazioni generali (velasio De paolis) • ii. verità del matrimonio e consumazione humano modo (ombretta Fumagalli Carulli) • iii. lo scioglimento in favorem fidei: questioni di diritto sostantivo e procedurale (luigi Sabbarese) DoCumenti: • osservazioni in margine alla Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione. una lettura ecumenica (lorenzo lorusso) repertorio bibliograFiCo: • Diritto missionario. venticinque anni di bibliografia: 1983-2008 (marek a. rostkowski)

Anno IV/2010 – pp. 288, ISBN 978-88-401-4094-0 StuDi: • la facoltà di apportare modifiche nelle circoscrizioni ecclesiastiche dei territori di missione (giacomo incitti) • Can. 584 del CCeo quale ianua evangelizationis (natale loda) • ministerio episcopal y acción misional. Comentario al c. 782 CiC (Fernando puig) • la svolta missionaria e le origini di propaganda Fide. i precursori (maurizio martinelli) • la Communion et la redistribution des biens ecclésiastiques dans les territoires de mission (yawovi Jean attila) • the Holy See and the teachings of the Catholic Church: a Key point towards the legal Development of african States (marcellus okenwa udugbor) • la libertà religiosa nel subcontinente indiano. Quale futuro per le minoranze cristiane? (andrea Scasso) • il matrimonio nella normativa della Chiesa valdese (José omar larios valencia) note: • relação entre liberdade religiosa e proselitismo. acenos sobre a doutrina catolica e o direito internacional (evaldo Xavier gomes) DoCumenti: • Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’evangelizzazione. Circa alcune implicazioni antropologiche (giovanni ancona)

I U S M I S S I O N A L E – INDICI ANNUALITÀ

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Anno V/2011 – pp. 334, iSbn 978-88-401-4092-6 StuDi: • l’azione missionaria dei membri degli istituti di vita Consacrata (lorenzo lorusso) • the eastern Catholic Churches in evangelization: Commentary on CCeo c. 585 (Sunny Kokkaravalayil) • il rapporto di complementarietà tra il can. 784 del CiC e il can. 589 del CCeo nell’individuazione della figura del missionario (natale loda) • l’educazione cristiana dei figli in contesti non cristiani (Claudio papale) • il diritto canonico come strumento di dialogo e di evangelizzazione (andrea D’auria) • il diritto alla libertà religiosa nella concezione giuridico-teologica dell’islâm (boutros naaman) • il matrimonio nell’intesa tra Chiesa valdese e Stato italiano (José omar larios valencia) • migrazioni e diritto ecclesiale. aspetti strutturali e risvolti pastorali (luigi Sabbarese)

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note: • la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: origine, valutazione, fondamenti (velasio De paolis) DoCumenti: • le facoltà concesse ai legati pontifici nei diversi territori della Chiesa (vincenzo mosca)

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