La teoria dei colori

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Johann Wolfgang Goethe

La teoria dei colori Introduzione di Giulio Carlo Argan

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il Saggiatore

Johann Wolfgang Goethe

La teoria dei colori

A cura di Renato Troncon Introduzione di Giulio Carlo Argan

ilSaggiatore Tascabili

www.saggiatore.it

© 1974 Verlag M. Du Mont Schauberg, Koln © 1978 Du Mont Buchverlag. Koln - II edizione ampliata © il Saggiatore S.p.A., Milano 2008 Prima edizione: il Saggiatore, Milano 1993 Seconda edizione: il Saggiatore, Milano 1999 Titolo originale: Goethe Farbenlehre a cura diJohannes Pawlik Il commento e l'elaborazione delle tavole 1-15 - e di tutte le figure inserite nella presente edizione - sono di Johannes Pawlik (© Pawlik, 1974) che ringraziamo per la gentile concessione. Le tavole 16-19, e il relativo commento, sono diJ.W. Goethe.

Indice

IX

Introduzione di Giulio Carlo Argan

La teoria dei colori 13

Prefazione Introduzione

n

Sezione prima Colori fisiologici

22

I.

24

II.

.5

29

m.

30

IV.

Luce e oscurità rispetto all'occhio Immagini bianche e nere rispetto all'occhio Superfici grige e immagini Immagini incolori e abbaglianti Immagini colorate Ombre colorate Luci che agiscono debolmente Aloni soggettivi

32

v.

38 43 44

VI. VII. VIII.

47

Appendice Colori patologici

.53

Sezione seconda Colori fisici

''

IX. X. XI. XII. XIII. XIV.

.55 62

66 66

Colori diottrici Colori diottrici della prima classe Colori diottrici della seconda classe. Rifrazione Rifrazione senza manifestazione di colori Condizioni della manifestazione di colore Condizioni dell'incremento della manifestazione

72 77

79 80 87 90

xv. XVI. XVII. XVIII. XIX.

xx.

91

98

XXI. XXII. XXIII. XXIV,

99

xxv.

92

93 96 IOO IOO 102

103 104

I06

XXVI. XXVII. XXVIII. XXIX,

xxx.

Derivazione dei fenomeni esposti Decremento della manifestazione colorata Immagini grige spostate mediante rifrazione Immagini colorate spostate mediante rifrazione Acromaticità e ipercromaticità Vantaggi degli esperimenti soggettivi. Passaggio agli esperimenti oggettivi Gli esperimenti oggettivi Rifrazione senza manifestazione di colore Condizioni della manifestazione dei colori Condizioni dell'incremento della manifestazione Derivazione dei fenomeni descritti Decremento della manifestazione colorata Immagini grige Immagini colorate Acromaticità e ipercromaticità Unione degli esperimenti oggettivi e soggettivi Passaggio Colori catottrici Colori parottici Colori epottici

II8

XXXI. XXXII. XXXIII,

131

Sezione terza Colori chimici

132 132

XXXIV.

133

XXXVI. XXXVII. XXXVIII. XXXIX,

III

134 137 138 139 140 I4I 142

143 144 146 149 l ,o 153 I ,4 1,6 1.58

xxxv.

XL. XLI. XLII, XLIII. XLIV. XLV.

XLVI. XLVII. XL VIII. XLIX. L.

LI. LU.

Opposizione chimica Derivazione del bianco Derivazione del nPt'O Generazione del colore Intensificazione Culminazione Equilibrio Percorrimen to del cerchio Inversione Fissazione Mescolanza (reale) Mescolanza (apparente) Trasmissione (effettiva) Trasmissione (apparente) Privazione Nomenclatura Minerali Piante Vermi, insetti, pesci

LIII. LIV. LV. LVI.

Uccelli Mammiferi e uomini Effetti chimici e fisici dell'illuminazione colorata Effetto chimico nell'acromaticità diottrica

171

Sezione quarta L'interno del cerchio dei colori

171 172 173 173 174 174 175 175 176 176 176

Facilità della nascita del colore Energia del colore Determinazione del colore Mescolanza dei due lati Intensificazione nel rosso Unione degli estremi intensificati Compiutezza della manifestazione Accordo della manifestazione compiuta Spostamento del colore da un lato all'altro Scomparsa del colore Durata del colore

177

Sezione quinta Rapporti di prossimità

177 179 180 181 182 182 185 186

Rapporti con la filosofia Rapporti con la matematica Rapporti con la tecnica del tintore Rapporti con la fisiologia e la patologia Rapporti con la storia naturale Rapporti con la fisica generale Rapporti con la teoria del suono Considerazioni conclusive sul linguaggio e sulla terminologia

189

Sezione sesta Azione sensibile e morale del colore

190 192 192 193 194 194 194 196 196 198 199 199

Giallo Giallo-rosso Rosso-giallo Azzurro Azzurro-rosso Rosso-azzurro Rosso Verde Totalità e ar~onia Composizioni caratteristiche Giallo e azzurro Giallo e porpora

214

Azzurro e porpora Rosso-giallo e rosso-azzurro Composizioni prive di caratteri Le composizioni in rapporto a chiaro e scuro Considerazioni storiche Azione estetica Chiaroscuro Tendenza al colore Ombreggiatura Colorito Colorito ambientale Colorito degli oggetti Colorito caratteristico Colorito armonico Tono vero Tono falso Colorito debole Il variopinto Timore della teoria Scopo ultimo Fondo Pigmenti Impiego allegorico, simbolico e mistico del colore

21,

Conclusione

219

Appendice di Renato Troncon

257

Bibliografia

199 200 200 201 201 203 204 20, 206 207 207 207 208 209 209 210 210 210 211

2n 2n 213

Introduzione di Giulio Carlo Argan

Delle scienze naturali e dell'arte Goethe non s'è occupato da eclettico, non era nella sua natura, ma da dilettante: un modo di attività intellettuale che fu poi screditato e sconfessato, ma aveva natali più che rispettabili nella famiglia dell'Illuminismo. Era la vivace e accattivante figura dello honnete bomme, liberale nemico di dogmi e pregiudizi, amante delle letture istruttive, aperto a tutte le esperienze e a tutti gli incontri, curioso delle cose della natura come della società, e tanto rispettoso della scienza e dell'arte da non sopportare di vederle compromesse con la contingenza dell'utile e del profitto. Pensandole come costitutive non solo della cultura ma dello spirito umano, sentiva la positività della scienza come un agente moderatore delle vertiginose e pericolose impennate e delle disperanti cadute dell'ispirazione, e la fattività dell'arte come un diverso modo di conoscenza, per immagini e non per concetti, che tanto più lo attraeva quanto più si sentiva incontrastato sovrano neJ vicino dominio del linguaggio e del discorso. Già discepolo e p'oi fedelmente amico dello Herder, Goethe ha assunto fin da principio un atteggiamento severamente critico nei confronti di Newton, il genio scientifico del secolo; ma senza trascendere nei fanatici esclusivismi dello Hamman o nelle profezie

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Giulio Carlo Argan

del Blake. Era anti-newtoniano come lo erano tutti 1 romant1c1, ma con la moderazione dello Herder invece che con l'intolleranza dello Sturm und Drang, per cui la scienza era la falsa e la poesia la vera conoscenza dell'universo. Ma perché contrapporle come incompatibili quando nella loro diversità realizzavano l'unità e la totalità dello spirito? Come gli Illuministi, dalla cui tradizione non volle mai distaccarsi del tutto, Goethe era persuaso che alla verità non si arrivasse per illuminazioni improvvise, ma con la pazienza e l'onestà della ricerca e della sperimentazione. La Farbenlehre è il giornale di uno studio prolungato e metodico, ed è insieme opera scientifica e letteraria; fors'anche, nell'intenzione, il modello di un nuovo genere letterario, la letteratura scientifica. Alla prima impressione non è che il piano rendiconto di un'ordinata serie di fenomeni osservati in natura o prodotti artificialmente in giornate e giornate di esperimenti. I primi studi sembrano da situarsi verso il 1790, dopo quel viaggio in Italia che gli aveva rivelato il mondo soleggiato delle forme classiche, ma sono andati__ avanti per circa una ventina d'anni: troppo per non supporre fondatamente una volontaria simbiosi, un sottile gioco di reciprocità con la parallela opera letteraria. Il tempo della stesura conclusiva del testo, pubblicato per la prima volta nel 1808, è all'incirca quello di Le affinità elettive; e nelle due opere tanto diverse è comune il tema insistente delle affinità, attrazioni, mescolanze e repulsioni che intrecciano il dinamismo generale dell'essere ma, stranamente, si compongono spontaneamente nella natura e si contrappongono spesso drammaticamente nella società. Non soltanto per il gusto delia varietà e dell'alternativa il grande letterato è così fortemente àttratto da un lin-. guaggio senza pamle, tutto fatto d'immagini visive: il linguaggio verbale corrispondeva alla sfera concettuale, mentre il linguaggio d'immagini, apparentemente così inconsistente ed effimero, si collegava direttamente alla positiva sfera dell'agire, cioè delle tecniche. Ma non si dimentichi che l'affermazione della priorità dell'azione sul logos (« l'Azione è tutto ») si trova nel secondo Faust, concepito come un vortice d'immagini vuote, ma corrusche e cangianti. La prima mossa della contestazione goethiana della tesi newtoniana della dipendenza dei colori dalla luce è sorprendente, quasi

Introduzione

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un anticipo della metodologia fenomenologica. Porre il colore come prodotto della divisione della luce implicava una petizione di principio; il fatto che senza luce non ci siano colori non significa che i colori siano le componenti della luce bianca.· Il luogo in cui si colgono nel loro formarsi i fenomeni luminosi e coloristici non è lo spazio, ma lo strumento fisiologico congegnato apposta per percepirli, l'occhio. Da un lato è un passo verso un empiricismo integrale che nega qualsiasi metafisica, dalraltro è una riconferma dell'assoluta soggettività (che non significa arbitrarietà) del percepire: infatti l'indagine non è portata sull'anatomia dell'occhio, che funziona come un meccanismo di ripresa. Poiché la natura-oggetto e la persona-soggetto sono realtà vive e in movimento, e ciò che si vuole cogliere è la relazione tra i due ritmi di moto, bisogna vedere come rocchio si comporti nel corso di una percezione che non è mai, in nessun caso, istantanea. L'analisi è dunque sempre ranalisi di un processo della mente. Se la Farbenlehre non fosse stata per troppo tempo quasi dimenticata (il primo moderno ad occuparsene a fondo fu Rudolf Steiner sul finire del secolo scorso) si sarebbe facilmente notato che l'obbiettivo principale di Goethe era la dibattuta questione dell'oggettività e soggettività del conoscere: è chiara la connessione con Kant, e proprio per questo la teoria dei colori è chiarissimo segno dell'evolvere della cultura illuministica nella romantica. La trattazione, per altro, non ha nulla di esplicitamente filosofico: tolti rari postulati generali e la generica asserzione che alla sperimentazione scientifica presiedono postulati teorici, si riduce alla descrizione di fenomeni ottici osservati personalmente. Il dubbio circa la corrispondenza delle impressioni soggettiye alla realtà di fatto non si sarebbe del resto potuto risolvere con postulati o teoremi matematici. È evidente che il materiale sperimentale è tutto di prima mano e che a riferire è una persona normale ed equilibrata: per confermare l'autenticità della testimonianza qualche volta sono annotati il giorno, l'ora, le circostanze dell'osservazione o dell'esperimento. Un'altra garanzia di attendibilità è lo stile della descrizione: elegante, s'intende, ma positivo e inadorno. La più valida delle garanzie è poi il disinteresse dello sperimentatore dilettante,

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Giuliq Carlo Arg~n

che cerca per il puro gusto di sapere ed è armato soltanto di pochi strumenti elementari (una scatola ottica, una candela, qualche cartoncino) per non alterare con la mediazione cli apparecchi sofisticati un'esperienza che si vuole genuina. La Farbenlehre, insomma, sembra allinearsi ai numerosi scritti autobiografici e alle relazioni di viaggi, specialmente alla Italienische Reise, e raccontare un'interessante avventura che si è vissuta in prima persona. Probabilmente Goethe ha vagamente intuito il pericolo inerente al fatto stesso di trasferire in linguaggio scritto la fenomenica di quello che considerava di pieno diritto un linguaggio autonomo, né scritto né parlato. Lo stile dimesso dimostra che non si è proposto di trasporre, ma soltanto di trascrivere. Il linguaggio verbale « è soltanto simbolico e figurato, esprime gli oggetti non immediatamente ma di riflesso » ed è molto difficile, ancorché ci si provi, « non porre il segno al posto della cosa, mantenere sempre l'oggetto vivo dinnanzi a sé e non ucciderlo con la parola». Il fatto che i fenomeni possano essere verbalizzati in un linguaggiò comunemente accettato prova la loro attendibilità dato che le parole hanno pur sempre un loro riferimento, sia pure convenzionale, alle cose. Attenendosi -alla nuda descrizione dei fenomeni, che pure sa non giustificarsi con la semplice meccanica oculare, depone fin da principio ogni interesse per la pittura che utilizza le immagini per esplicitare visivamente un concetto o un racconto; a Goethe poeta non interessa affatto che la pittura emuli 'la poesia. La pittura di storia e allegorica, del resto, era già stata imp1icitamente accantonata dal Lessing quando aveva nettamente distinto la dimen~ sione spaziale della visione dalla dimensione temporale della poesia. Goethe rideva « dell'infelice declamazione fra l'apostolico e il cappuccinesco del profeta zurighese », il Lavater, per il quale « tutto ciò che ha vita, vive grazie a qualcosa fuori di sé »; non c'è bisogno cli metafisica, il mondo non riceve significato da nulla di esterno, la sua esistenza è autonoma. Quella che potrebbe chiamarsi la Urwelt di Goethe ci riporta ancora una volta a Kant, ma al Kant precritico della Allgemeine Naturgeschichte ( 1755) che

Introdu:uone

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descrive il cosmo come una massa immensa, informe, agnata, in cui si generano e contrastano spinte e tensioni, con sùbtu vuoti e zone d'inerzia. Non è difficile ravvisare in questa immagine la prefigurazione del « sublime » preromantico: lo stesso Goethe, che aveva ammirato. nella gotica cattedrale di Strasburgo il sublimarsi in altezza della mole di pietra, pensa la natura come una costruzione del pensiero umano, un'immagine del suo ordine interno, della sua intrinseca proporzionalità. In Italia, il paesaggio nitido e colorito lo appassmnava ancor più dei capolavori antichi. Venuto da un luogo dove la natura era forza, aveva trovato una felice regione, dove tutto era forma. Amava l'arte classica, naturalmente, e disegnava con garbo; ma la linea di contorno non s1 vedeva in natura, l'occhio percepiva soltanto zone di colori diversi e, ·se s1 vedeva il mondo come armonia e proporzione, era perché c'era un ordine, un' armorua, una proporzione tra i colori. Nulla provava, tuttavia, che la natura fosse colorata: se si riuscirà a provare che l'occhio non solo riceve ma produce colori, con un altro passo si arriverà a dimostrare che 1 colori, come la prospettiva e le proporzioni non sono in natura. C:Ome le proporzioni o la prospettiva, i colori possono ben essere categorie formali che la mente elabora per rendere la vismne del mondo conforme al proprio ordine intert;10 L'universo è movimento indistinto, la natura è movimento composto, misurato, diretto a certi fini. Anche l'uomo è natura, il miglior prodotto della natura; è in movimento, ma gli stimoli che gli gmngono dal cosmo trovano un equilibrio nel suo equilibriQ Il grande contrasto di luce e tenebra, ancora indistinte, placa il suo sussulto nell'alternativa del più e del meno, del caldo e del fredd9 del chiaro e dello scuro, dei rapporti tra 1 colori Pochi anni dopo la teoria corpuscolare della luce, d1 Newton, sarà scavalcata dalla teoria ondulatoria di Fresnel; Goethe l'ha, in qualche modo, anticipata, soltanto che, studiando fisica, non riesce a liberarsi da una Weltanschauung che lo costringe a considerare i fenomeni' come verifiche piuttosto che problemi• Non era questa la sua intenzione. Dissentiva da Newton, che per studiare i colon parte dalla luce, che invece è soltanto una condizione per vedere i colori, cosl come senz'aria gli animah non

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Giulio Carlo Arga11

vivono, ma non per questo lo zoologo studia l'aria invece che gli animali. Lo studio dei fenomeni parte dai fenomeni. Il moto cosmico non è ancora un fenomeno che si dia ai sensi, è come un grande cuore che pulsa e non si vede: tensione e rilassamento, espansione e contrazione, sistole e diastole. Anche la natura è movimento, lo avvertiamo « nei modi più diversi, ora come semplice repulsione e attrazione, ora come apparire e scomparire della luce, movimento dell'aria, scuotimento del corpo, ossidazione e riduzione ». Comunque sempre uniscono e dissociano, avvicinano e allontanano. In natura i fenomeni sono più moderati e, quel che più conta, endogeni. « Per un gioco di leggeri contrappesi è messa in oscillazione e così nascono un di-qua e un di-là, un in-alto e un in-basso, un prima e un dopo che determinano tutti i fenomeni che ci appaiono nello spazio e nel tempo. » E « in tutto ciò è stato definito un più e un meno, un'azione e una resistenza, un agire e un patire, una spinta e un freno, una violenza e una moderazione, un maschile e un femminile, e così è nato un lingvaggio, un simbolismo che può applicarsi a casi analoghi ». La natura è dunque il dominio del giusto mezzo, dell'equilibrio proporzionale, della relazione graduata di qualità e quantità. Ma qualità e quantità sono concetti tra cui è possibile un rapporto dialettico: sono precisamente i concetti che permettono di organizzare in relazioni ordinate ed armoniche uri cosmo che ci comprende, ma la cui esistenza fenomenica esiste soltanto dal momento in cui, formulando quei concetti di quantità e qualità, la mente ha founulato le coordinate in cui i moti indistinti pÒssono farsi fenomeni chiari e distinti. ' Dunque i colori non sono cose della natura, ma della mente. Per mezzo dei colori gli uomini non soltanto rendono percepibile il mondo, ma agiscono in esso allo scopo di rendere più armonico il rapporto con l'ambiente. Anche questi interventi avevano dei precedenti: il giardinaggio e la pedagogia, come educazione della natura, sono temi prediletti della cultura che faceva capo a Rousseau. L'occhio su cui Goethe còncentra la ricerca non è uno specchio passivamente riflettente, il suo lavoro è molto più complesso. Nello stesso momento in cui costituisce la realtà in fenomeno, la

Introduzione

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percepisce come un insieme di zone colorate, anzi di macchie (già i teorici inglesi del « pittoresco » parlavano di blot). Nell'occhio che percepisce avvengono processi delicatissimi, che rivelano con chiarezza le strutture della mente pensante. C'è una procedura, anzi una tecnica della percezione: è logico che la tecnica dell'occhio si continui nelle tecniche manuali, nelle arti e nei mestieri. L'occhio è organizzato per captare i fenomeni luminosi e colorati, dunque nulla meglio dell'occhio può informare circa quei fenomeni: ecco perché una teoria dei colori non è che una analisi delle attività dell'occhio. I colori sono appunto prodotti di quelle attività. Caduta l'idea della luce come sostanza cosmica omogenea, di cui può esservi abbondanza o privazione, tra il nero e il bianco non c'è più differenza radicale come tra l'essere e il nulla. Infatti il bianco non è più la luce ma il concetto di luce, il nero non è più la mancanza di luce ma il concetto di tenebra. Formano un registro di valori a sé, separato anche dalla natura, dove non si dà né •bianco né nero. Il loro rapporto è una linea retta,· una scala di grigi secondo la legge aritmetica del più e del meno. Sono concetti visualizzati, però, perché nell'immaginazione non soggetta alla logica il noumeno può manifestarsi nel fenomeno. Possono aggiungersi o sottrarsi ai colori, ma non combinarsi. Teoricamente qualsiasi valore cromatico può essere portato a uno degli estremi, cioè a scomparire nel bianco o nel nero. Prendiamo un corpo colorato a tre dimensioni: il chiaroscuro è il fattore stabile, permanente, assoluto, in una parola la forma. Di una sfera può cambiare il colore, ma è sempre una sfera. Il piano del1'assoluto è quello dei concetti, al di sotto c'è il mondo del relativo, dei fenomeni, della natura. In natura la massima luminosità è la luce solare, la massima oscurità la notte. C'è un salto qualitativo tra la luce del sole, il giallo, e il concetto di luce, il bianco; come tra il buio della notte, il blu, e il concetto di tenebra. Luce diurna e buio nott1_1rno sono entità ugualmente concrete ed attive. Per i romantici la potenza dell'oscurità n@n è minore di quella della luce, e non soltanto nell'ordine del visivo: lo si vede nello stesso Goethe, nel Faust. Può sembrare poco scientifico cominciare l'analisi dei colori dal

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Giulio Carlo Argùfl

« più vicino » al bianco e dal « più vicino » al nero. Ma nel mondo fenomenico tutto è relativo ed i colori esistono soltanto come relatività. Bianco e nero sono graduabili ma non combinabili, gli altri colori combinabili ma non graduabili se non con l'aggiunta del bianco e del nero: perciò il colore « puro » si avrà soltanto nel punto mediano, dove il timbro della qualità corrisponde al perfetto equilibrio delle quantità. Nella Farbenlehre si parla relativamente poco di pittura, benché talvolta Goethe abbia addirittura pensato di fare il pittore: ma la pittura cli cui aveva diretta esperienza era quella del primo Neo-classicismo, in cui forma ecolore sono entità distinte e sovrapposte, e le velature cromatiche lasciano trasparire la sottostante graduazione chiaroscurale. Per Goethe ogni scienza si identificava con la propria storia; volendo stare nei limiti della storia della pittura, non ha voluto andare oltre, lasciar cadere il residuo concettuale del chiaroscuro, occu'parsi solo dell'interrelazione dei colori. Se l'avesse fatto, gli Impressionisti avrebbero trovato il loro fondamento teorico nel,genìo di Goethe invece che nel modesto sperimentalismo di Chevreul (ma forse gli Impressionisti avevano proprio bisogno di non trovarlo nel campo dell'idealismo o mediante colpi di genio). I colori fanno bella e suggestiva la natura, sono la sorgente del piacere estetico: « gli uomini provano un grande piacere nel vedere i colori, hanno bisogno dei colori come della luce». Attraverso i colori si rendono conto che « nell'insieme del mondo sensibile ciò che soprattutto importa sono le relazioni degli oggetti tra loro >>: i colori le rivelano perché sono relativi tra loro. Come gli Illuministi inglesi, a cui in fondo è rimasto sempre legato, è la« mentè attiva» col suo moto associativo e combinatorio che combina le idee-immagini e dal loro intreccio deduce una figura del mondo. Quanto è più attiva la mente, tanto più riesce ad associare idee-immagini distanti tra loro. Mescolando il giallo, il colore più vicino al bianco, con il blu, il co• lore più vicino al nero, si ottiene un terzo colore, il verde, che non è affatto un tono intermedio, ma ha una propria, nettissima qualità timbrica. Con la sua perfetta medianità, dedotta dalla mescolanza perfettamente equilibrata delle due entità più lontane, il verde è una qualità dedotta da due quantità. Perciò è il colore-

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XVII

simbo1o del naturale: non fosse una contraddizione, potrebbe dirsi che è la relatività assoluta. È molto diverso il caso del complementare-antagonista del verde, il rosso: il più spirituale dei colori, come il verde è il più naturale. Deriva da combinazioni più complesse (e per la verità alquanto improbabili), quasi alchemiche, e teorkamen~e contiene tutti i colori, parte actu e parte potentia. È dunque il più simbolico e significante, ma anche il più emozionante, di tutti i colori: anzi, sarebbe troppo simbolico se non l'equilibrasse il naturalismo del suo complementare, il verde. E viceversa. ·Il rosso « dà un senso di gravità, dignità, benevolenza, grazia; l'austerità dell'età avanzata e la gentilezza della gioventù possono pararsi dello stesso colore, che è quello della sovranità, ' non senza un che di tremendo»; « guardando tin paesaggio attraverso un vetro rosso si ha il senso che cosi dovrebbe' essere la luce, in terra e in cielo, nel giorno del giudizio finale ». Il rosso è tutto fervore e tensione, il verde è equilibrato e rilassante: il primo va bene per le sale del trono, il secondo per le stanze da letto. A sua volta, il giallo è « espansivo, radiante, sereno, stimolante», il blu è astringente, contratto, muto, freddo. È da questa opposizione, anche cli contenuti simbolici, che nasce la medianità perfetta, ideale del verde-natura. L'effetto dei complementari sta sul versante illuministico, il simbolismo sul versante idealistico della teoria: infatti, dopo aver detto che tutti gli oggetti sono in relazione dice che tutti insieme sono in relazione con l'oggetto più importante che sia nel mondo, l'uomo. Infatti è il solo essere che abbia una Weltanschauung e concepisca il mondo nella sua totalità, facendo degli aspetti visibili l'espressione dei proprii sentimenti «morali» (ed è un altro spunto kantiano). La Farbenlehre è forse il primo disegno di una psicologia deUa percezione, di una Gestaltpsychologie. L'attività dell'occhio è. complessa: bisogna spi~gare la permanenza delle immagini sulla rètina, la capacità dei 'toni di mutare di qualità e di grandezza per la presenza· vicina. di altri toni, la produzione continua di immagini che non corrispondono ad oggetti esterni, e si potrebbero chiamare endogene. Se le immagini non durassero oltre lo stimolo

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Giulio Carlo Argan

immediato la realtà apparirebbe come una rapida successione d'itnmagini staccate; la permanenza le lega in una continuità ritmica che verosimilmente dipende dalla tendenza a non recepire la realtà come una proiezione, ma come un discorso. Ma ciò significa che la percezione è anche memoria e, quindi, immaginazione. La forza espansiva dei chiari e dei caldi e quella riduttiva degli scuri e dei freddi si constatano sperimentalmente, anzi sono quotidiana esperienza: ed è cosi che noi viviamo, senza prenderne precisa coscienza, il ritmo di sistole e diastole che è il respiro del cosmo. È molto estesa la casistica dei colori che vengono chiamati fisiologici perché nascono e agiscono all'interno dell'occhio come percezioni ausiliarie o integrative. Precedentemente erano stati chiamati illusori, immaginari, accidentali, avventizi: lo Hamberger li definiva addirittura inganni ottici. Goethe li considera strumentali ai fini della giusta percezione: l'occhio li fabbrica perché ne ha bisogno. Della loro non-arbitrarietà e non-superfluità non si può avere la prova provata: sta di fatto che tutti li percepisco~o (non importa se con gli occhi chiusi o aperti) e li percepiscono nello stesso modo, tanto da doverli chiamare patologici quando sono diversi (caso tipico, il daltonismo) ed ammalati o anormali coloro che li percepiscono diversamente. Hanno funzioni diverse: di compensazione di sensazioni troppo intense, di correzione di errori percettivi, di mediazione tra sen~azioni distanti, d'integrazione delle incomplete ecc. Intervengono dunque a far collimare le sensazioni con certi patterns che evidentemente preesistono e che, a non volerli considerare connaturati, dipendono da )unghi processi di aggiustamento e di assuefazione nel rapporto tra' uomo e mondo'. Ancora una volta si scopre che la teoria della percezione è in realtà la storia della percezione: se già la permanenza sulla rètina faceva pensare ad una memoria ottica, la capacità imagopoietica identifica l'occhio con l'immaginazione. Anche se del colore delle ombre è già cenno in Leonardo, è· nuova l'importanza che si dà alla questione dei complementari o dei contrasti simultanei. Non c'è più una successione: la percezione di un colore determina immediatamente, come controparte, la percezione del colore opposto che lo compensa. Se avesse approfondito

Introduzione

XIX

l'osservazione e l'analisi, Goethe sarebbe arrivato a tre deduzioni importanti: 1) il contrasto simultaneo, ponendo ogni colore in rapporto soltanto con altri colori, elimina il riferimento comune alla scala chiaroscurale dal bianco al nero; 2) la simultaneità del contrasto ne indica il tempo, l'assoluto presente; 3) due complementari sono i due colori più lontani tra loro, quindi la loro associazione segna il momento di massima « attività » (che significa anche presenza) della mente percettiva, o dell'occhio. Poco è mancato che Goethe teorizzasse l'Impressionismo con circa settant'anni di anticipo. Ma naturalmente l'Impressionismo non è stato inventato né da Goethe né da Chevreul, bensl dagli Impressionisti. Si è veduta giustamente una relazione tra la Farbenlehre e la Italienische Reise: le osservazioni sul Mantegna, Tiziano, Veronese, Michelangiolo sono penetranti e felici, ma non è la conoscenza dell'arte classica e del Rinascimento che sottende la teoria del colore. Più determinante è l'emozione dell'incontro con l'architettura del Palladio, che era considerata un modello di classicismo ma non vale tanto per la correttezza morfologica quanto per il modo con cui i volumi degli edifici, inquadrandosi nel paesaggio, ne organizzano lo spazio in una giustapposizione di piani che implica l'idea, se non la materia, della qualificazione cromatica. Può avere influito sull'entusiasmo per il Palladio l'incontro con il vecchio Bertotti-Scamozzi (lo « artige Biichekhen »); ma certo è strano che poi abbia potuto dimorare circa un anno a Roma senza prendere notizia e partito circa la scultura del Canova che, a quella data, era già l'astro più luminoso del firmamento artistico italiano. Tanta indifferenza non può spiegarsi con l'influenza del severissimo Femow, che faceva l'opinione dei «nordici» a Roma; più facilmente la scultura del Canova appariva a Goethe troppo intrisa di letteratura, quando invece dal suo punto di vist~ la spazialità e visualità del figurativo non andavano confusi con la temporalità del letterario. Ma ft{ amico 'di Angelica Kaufmann, abile nei ritratti, e amicissimo di un altro ritrattista, il Tischbein. Anche più importante fu, a Napoli, la dimestichezza con lo Hackert, vedutista che avvertiva la sottile contraddizione tra l'oggettività delle strutture

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Giulio Carlo Argan

prospettiche e la soggettività delle sensazioni luminose. D'un certo interesse 'fu anche la conoscenza dello Hamilton, studioso di tecniche antiche; e il fedele Kniep, che accompagnò Goethe in Sicilia, collaborò con lui fornendolo di documenti visivi delle cose che poi sarebbero state letterariamente descritte. I paesaggisti e i ritrattisti erano gli artisti che stavano al dato, e per i quali la resa pittorica non era un impiego del visivo per altri fini, ma un'indagine intesa a capirne le strutture. È senza dubbio possibile considerare i processi della percezione come una tecnica il cui meccanismo è mosso dagli stimoli che vengono dall'esterno: tutta la produzione endogena di immagini compensatorie, integrative, di mediazione riflette la volontà di sintonizzare i movimenti naturali e gli umani allo scopo di ottenere rappresentazioni equilibrate ed esaurienti. Nulla di strano che il dinamismo percettivo solleciti operazioni manuali e meccaniche ugualmente rivolte ad un migliore adattamento dell'individuo e della società all'ambiente. Sono moltissimi i modi con cui gli artisti lo modificano, accentuàndone o attenuandone i messaggi. Inoltre, qùanto più il soggetto agisce sull'oggetto e lo predispone al rapporto, tanto più si appiana il contrasto tra soggettivo ed oggettivo. Goethe non ha mai dissimulato il suo debito verso Rousseau: portando all'estremo le sue vedute, il mondo si potrà pensare come una costruzione del pensiero umano. Quanto di ciò che vedono i nostri occhi non è il prodotto delle tecniche degli agricoltori, dei costruttori, dei giardinieri, dei tintori ecc~? Se si ammette un privilegio della mente timana, si può dubitare ~he .gli interventi tendano in definitiva a modificare la natura tanto da farne qualcosa di soggettivo? E quanto non influisce sulla percezione in atto il sedimento di acquistate nozioni, d'immemorabili esperienze? Vediamo l'albero verde non perché sia verde, è verde soltanto nella categoria di sensazioni luminose che chiamiamo -verde; lo vediamo verde perché ormai nella comune coscienza l'albero è legato al verde. Questo generale consenso circa la visione colorata del mondo è uno dei fattori coesivi della società, ed è per questo che una veduta anomala ci appare asociale. L'eroe negativo del« sublime»,

Introduzione

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Filottete sente la natura ostile perché è solo nefl'1sola, e dove non c'è società o comunità di esperienze non può essere natura. Goethe è persuaso che forse più degli artisti 1 veri artefici del colore sono i tintori. Può essere un ricordo dell'Enciclopedia, dov'era preminente l'interesse per le tecniche « sociaU » delle arti e dei mestieri. Tuttavia la ragione principale è un'altra: i tintori producono i colori e li riversano a piene mani nel mondo, che nelle loro mani è come un bosco in mano ai giardinieri. Per loro, veramente, i colori non sono preventivamente connessi alle cose, le precedono. Non sono aggettivi aggiunti ai sostantivi, ma mezzi di cui gli uomini si servono per esprimere se stessi nella realtà del mondo. Ma dei tintori è anche la tecnica che continua e diffonde nella natura i movimenti impercettibili dell'occhio in azione; sono i tintori che compiono ff miracolo di fabbricare fisicamente il colore, materializzando categorie mentali per dare ordine, ragione e bellezza all'ambiente della nostra vita. La tecnica o la prassi innescata dalla percezione ha la sua logica, rendere il mondo conoscibile prima che conosciuto. Nel mondo che hanno colorato, gli uomini vivono dentro le proprie idee. E non serve tirare in ballo la luce, al confine tra fisico e metafisico: « Dividete la luce!? Dividere invano provate - ciò che, a vostro dispetto, unico ed uno resta» (Xenia di Goethe e Schiller, trad. di Benedetto Croce).

La teoria dei colori

Si vera nostra sunt aut falsa, erunt talia, licct nostra per vitam defendimus. Post fata nostra pueri qui mmc ludunt nostri iudices crunt.

Alla Serenissima Duchessa e Donna Luzsa reggente di Sassonia-Weimar e Eisenach

Serenissima Duchessa, Graziosissima Signora! Quand'anche il contenuto della presente opera non fosse adatto a essere presentato a Vostra Serenità e la trattazione della materia risultasse appena sufficiente dinanzi a più severo esame, tuttavia questi volumi appartengono di diritto a Vostra Serenità, cosl come a Vostra Signoria sono stati dedicati fin dal loro primo sorgere. Se infatti Vostra Serenità non avesse avuto la grazia di donare la propria attenzione a un'esposizione orale sulla teoria dei colori e su fenomeni naturali affini, certo difficilmente mi sarei trovato nella condizione di raggiungere una qualche chiarezza intorno a essi, collegando aspetti che giacevano separati e - se non di portare a compimento - perlomeno dl chiudere il mio lavoro. Certo, nel corso di una siffatta esposizione diviene possibile condurre i fenomeni immediatamente sotto gli occhi, ripresentandoli a più riprese sotto diversi riguardi: vantaggio considerevole di cui la pagina scritta, la pagina stampata non gode. Possa tuttavia ciò che è stato comunicato sulla carta suscitare gradito a Vostra Signoria il ricordo di quelle ore che mi rimangono indimenticabili, così come continuamente mi sta dinanzi tutto il bene di cui io da molto tempo, e negli istanti più significativi della mia vita, sono debitore, ms1eme e più che tanti altri, a Vostra Serenità. Con profonda venerazione, a Voi devotissimo J. W. v. Goethe Weimar, 30 gennaio 1808.

Prefazione

Appena ci si accinge a parlare dei colori, sorge spontaneamente la domanda se non si debba anzitutto far menzione della luce, e a ciò noi rispondiamo in breve e apertamente: dopo tante cose che si sono dette intorno alla luce sembra di dubbia utilità ripetere il già detto o aggiungere altro a quanto spesso è stato ripetuto. Tentiamo invano, in realtà, di esprimere l'essenza di una cosa. Prestiamo invece attenzione agli effetti: la loro storia completa ne abbraccerebbe senz'altro l'essenza. Inutilmente ci impegnamo a descrivere il carattere di un uomo. Quando invece se ne pongano insieme le azioni e le opere ecco profilarsi dinanzi a noi un'immagine di esso. I colori sono azioni della luce, azioni e passioni. In questo senso ·possiamo attenderci da essi chiarimenti intorno alla luce. Colori e luce stanno anzi in rapporto strettissimo, ma dobbiamo rappresentarci l'una e gli altri come appartenenti all'intera natura: poiché è proprio essa che, tramite loro, si svela per intero in particolar modo. al senso della vista. La natura intera 'si scopre anche a un altro senso. Si chiudano gli occhi, si presti attento ascolto e, dal· più leggero so.ilio fino al più selvaggio rumore, dal più elementare suono fino al più complesso accordo, dal più veemente e appassionato grido fino

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La teoria dei colori

alle più miti parole della ragione, sarà sempre la natura a parlare, a rivelare la propria presenza, la propria forza, la pr?pria vita e le proprie connessioni, cosicché un cieco, a cui !'infinitamente visibile fosse negato, in ciò che è udibile potrà cogliere un infinitamente vivente. Cosi la natura parla agli altri sensi, sensi conosciuti, misconosciuti, ignoti; cosi parla a se stessa e a noi attraverso mille manifestazioni. Per l'uomo attento essa mai è in alcun suo luogo morta o muta, e alla solida terra ha anzi concesso un confidente, un metallo nelle cui più piccole parti abbiamo la possibilità di leggere ciò che accade nell'intero. Per quanto questa lingua ci possa spesso apparire varia, complicata e incomprensibile, pure i suoi elementi rimangono sempre i medesimi. Con un delicato gioco di pesi e contrappesi la natura oscilla in questo o quel senso, e sorge cosi un di qua e un di là, un sopra e un sotto, un prima e un dopo, dai quali sono condizionate tutte le manifestazioni che si presentano nello ...spazio e nel tempo. Noi ci accorgiamo nelle maniere più diverse di questi universali movimenti e determinazioni. Ora li cogliamo come un semplice respingere e attrarre, ora come una luce che si accende e scompare, oppure come moto dell'aria, come vibrazione del corpo, come acidificazione e deacidificaz1one - sempre tuttavia come qualcosa che congiunge o separa, che induce al movimento ciò che è dato e che produce una qualche sorta di vita. Ma ritenendo quei pesi e contrappesi di' diseguale effetto, si è anche tentato di definire questo rapporto. Si è' ovunque notato e si è ovunque parlato di un più e di un meno, di un agire e di · un resistere, di un fare e di un patire, di uno spingere innanzi e di un contenere, di un violento e di un misurato, di un maschile e di un femminile. Si forma in questo modo un linguaggio, un simbolismo che si può impiegare e utilizzare· in casi analoghi in qualità d'immagine, come espressione strettamente affine, come parola senz'altro adeguata. Il principale intente della presente opera risiede nell'applicazione di queste universali designazioni e di questo linguaggio della

Pre/az.ione

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Natura anche alla teoria dei colori, arricchendolo e ampliandolo attraverso di essa e attraverso la molteplicità delle manifestazioni che essa concerne, in modo da agevolare la comunicazione di più alte intuizioni agli amici della Natura. Il lavoro in quanto tale si divide in tre parti. La prima contiene i lineamenti di una teoria dei colori. In questa stessa prima parte gli innumerevoli casi delle manifestazioni di colore sono ordinati nell'ambito di ben precisi fenomeni principali, secondo un ordinamento la cui giustificazione viene affidata all'introduzione. Si deve però qui osservare che, se ovunque ci si attiene alle esperienze e se ovunque esse costituiscono la base, il punto di vista teorico non ha tuttavia potuto essere eliminato. Esso offre, in realtà, la ragione di quella disposizione e di quel raggruppamento. ! in effetti singolare la ricl--Jesta - peraltro raramente adempiuta da quegli stessi che l'avanzano - secondo cui le esperienze andrebbero esposte senza un qualche nesso teorico, lasciando al lettore, all'allievo di formarsi, secondo proprio gusto, un qualche convincimento. Il semplice guardare una cosa non ci permette infatti di progredire. Ogni guardare si muta in un considerare, ogni considerare in un riflettere, ogni riflettere in un congiungere. Si può quindi dire che noi teorizziamo già in ogni sguardo attento rivolto al mondo. Se però l'astrazione, di cui temiamo, deve essere neutralizzata, e se il risultato di esperienza, che ci auguriamo, deve risultare autenticamente vitale e utile, è necessario saper compiere questi passaggi con coscienza, autoconsapevolezza, libertà e, per servirsi di un'espressione ardita, con ironia. Nella seconda parte mostriamo invece l'inconsistenza della teoria di Newton, che finora, in virtù della considerazione di cui gode, ha ostacolato fortemente una libera visione delle manifestazioni dei colori. Contestiamo un'ipotesi che, per tradizione, nonostante venga trovata inutilizzabile, ancora ottiene credito tra gli uomini. I suoi autentici ·presupposti devono essere chiariti e gli antichi errori rimossi, se la teoria dei colori deve cessare di rimanere indietro, come è accaduto finora, rispetto a molte parti della teoria della Natura meglio elaborate.

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La teoria dei colori

La seconda parte della nostra opera potrebbe tuttavia apparire di contenuto arido e di esecuzione trop1>9 veemente e appassionata. Ci si permetta allora una serena similitudine per introdurre quegli argomenti più seri e per scusare, in certo qual modo, la vivacità della trattazione. La teoria dei colori di Newton è paragonabile a un'antica rocca che, edificata dal costruttore con giovanile precipitazione, venne da lui in seguito a mano a mano ampliata e munita secondo le necessità dei tempi e delle circostanze, e sempre più fortificata e consolidata in occasione di ostilità e di inimicizie. Allo stesso modo procedettero pure i suoi successori ed eredi. Le circostanze imponevano d 1ingrandire l'edificio, accanto, sopra, fuori, a ciò costretti dall'aumento delle esigenze interne, dalla pressione di avversari esterni e da circostanze occasionali. Tutte queste parti e aggiunte eterogenee dovettero quindi essere collegate attraverso le gallerie, le sale e i passaggi più bizzarri. Furono senza indugio riparati tutti i guasti prodotti per la, mano del nemico o per la forza del tempo~ Si scavarono, com'era necessario, fossati più profondi, si fecero più alte le mura, e non si risparmiarono torri, aggetti e feritoie. Questa accuratezza e questi sforzi diedero luogo a un pregiudizio riguardo al valore della fortificazione, e contribuirono a mantenerlo, sebbene architettura civile e militare fossero assai migliorate nel corso degli anni, e nonostante si sapessero ormai costruire edifici e piazze d'armi decisamente superiori. Ma si teneva l'antica rocca in onore soprattutto perché mai espugnata, perché aveva respinto par~cchi assalti e superato più di una situazione difficile, conservandòsi sempre invio- . lata. Questo nome, questa fama, durano ancora fino a oggi. Nessuno si accorge che l'antica costruzione è divenuta inabitabile. Si parla sempre della sua straordinaria durata, del suo validissimo equipaggiamento. Si va a essa in pellegrinaggio, se ne mostrano rapidi schizzi per tutte le scuole e la si raccomanda all'ammirazione di una recettiva gioventù, mentre in realtà l'edificio è già vuoto, sorvegliato soltanto da alcuni invalidi, che in tutta serietà si credono armati. Non si tratta però qui di lungo assedio o di dubbi attacchi.

Prefazione

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Quest'ottava meraviglia del mondo ci pare piuttosto un'antichità che minaccia il crollo e, senza troppe cerimonie, cominciamo a smantellarla a partire dal comignolo e dal tetto, cosicché il sole finalmente entri a far luce in quel nido di topi e civette, rivelando allo stupito viandante l'incoerente e labirintica costruzione e, quindi, ancora quanto vi è d'imposto dalle necessità, quanto vi è di casuale, d'intenzionalmente artificiale, di malamente raccomodato. Ma questo è possibile soltanto se cadranno un muro e una volta dopo l'altra, e se le macerie verranno - per quanto possibile subito sgomberate. Il difficile compito che nella seconda parte ci starnò assunti consiste nel realizzare tutto questo, spianando dove possibile la superficie e sistemando il materiale ottenuto così da poterlo ancora utilizzare per un nuovo edificio. Se, con felice equilibrio di energia e abilità, ci riuscirà di radere al suolo quella bastiglia e guadagnare uno spazio libero, rimarrà lontana da noi l'intenzione di ingombrarlo subito costruendo un nuovo edificio. Di esso, piuttosto, intendiamo servirci allo scopo di offrire una bella successione di molteplici forme. La terza parte è pertanto dedicata a ricerche storiche e a lavori preliminari. Dichiaravamo sopra che la storia dell'uomo presenta l'uomo, e nello stesso senso possiamo qui affermare che la storia della scienza è la scienza stessa. Non si può riconoscere in maniera chiara quanto si possiede, fin quando non si sa riconoscere quanto prima di noi altri possedettero. Non ci si può veramente e autenticamente rallegrare della condizione di superiorità del proprio tempo se non si è in grado di appre7..zare i pregi del passatò. Ma era del tutto impossibile scrivere una storia della teoria dei colori o anche soltanto prepararla, fino a quando si reggeva la teoria di Newton. Poiché nessuna aristocratica alterigia ha mai guardato con simile insopportabile arroganza a quanti non appartenevano alla sua congrega, così come la scuola newtoniana ha fatto, contestando fin dall'inizio quanto e~a stato prodotto prima e dopo di essa. Con fastidio e sdegno si vede il modo in cui Priestley, nella Storia dell'ottica, data la salvezza del mondo dei colori a partire dall'epoca di una pretesa scomposizione della luce,

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1A teoria dei colori

guardando con presunzione a quanti nell'antichità e nel medioevo percorsero senza indecisioni la giusta via, trasmettendoci nei dettagli osservazioni e considerazioni che noi né potremmo meglio comporre, né sapremmo più esattamente comprendere. Da chi allora intenda consegnare la storia ·di un qualsiasi sapere possiamo con diri ttq esigere notizia di come i fenomeni siano progressivamente divenuti noti, di quanto riguardo a essi si è• fantasticato, supposto, creduto e pensato. Esporre tutto questo con coerenza presenta grandi difficoltà, e scrivere una storia è impresa sempre problematica. Anche cori il più onesto dei proponimenti si incorre nel rischio di essere tutt'altro che esaurienti e chi intraprende un'illustrazione di questo genere dichiara in anticipo che egli porrà certe cose in luce, mentre ne lascerà altre in ombra. Eppure, l'autore ha atteso con gioia a questo lavoro. Ma dal momento che, per lo più, soltanto il proponimento ci sta dinanzi come un tutto, mentre l'esecuzione si compie abitualmente soltanto pezzo per pezzo, ci rassegniamo a fornire, invece della storia, materiali per essa. Si tratta di traduzioni, giudizi p}opri e altrui, accenni e indicazioni, in una· raccolta che, se non corrisponde a tutte le richieste, pure non mancherà di essere lodata a motivo della serietà e dell'amore con cui è composta. Del resto tali materiali, non del tutto grezzi e tuttavia ancora da elaborare, possono risultare tanto più interessanti per il lettore che ami pensare, in quanto egli stesso trova il modo di ricavarne un intero secondo il proprio punto di vista. Con la menzionata terza parte storica, nòn si è tuttavia esaurita la questione. Abbiamo perciò aggiunto una'·quarta parte supplementare. Questa contiene la revisione del testo, e a questò scopo i paragrafi sono stati numerati. Infatti nella redazione di un simile lavoro alcuni aspetti possono essere dimenticati o messi da parte per non sviare l'attenzione, altri solo in un secondo tempo possono essere riconosciuti, altri ancora chiedere una maggiore determinazione e giustificazione, cosicché si rendono indispensabili supplementi, aggiunte e miglioramenti. In questa occasione riproduciamo anche le citazioni. Quest'ultimo volume contiene infine alcuni saggi - per esempio sui colori atmosferici - che presentan-

Prefazione

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dosi in luoghi d1vers1 dei presenti lineamenti vengono m esse raccolti insieme e insieme proposti alla fantasia Se quindi il presente saggio conduce il lettore nella varietà della vita, un altro cerca di favorire le cognizioni tecniche, descrivendo accuratamente le apparecchiature che saranno in seguito necessarie alla teoria dei colori. Ci rimangono infine da rammentare soltanto le tavole che abbiamo aggiunto all'insieme del lavoro. E qui, non vi è dubbip siamo richiamati a quei caratteri d'incompletezza e imperfezione che la nostra opera condivide con tutte le opere simili. Se un buon pezzo teatrale non può in realtà essere trasferito sulla carta, e gran parte di esso rimane piuttosto affidata allo splendore del palcoscenico, alla personalità dell'attore, alla forza della sua voce, alla peculiarità dei suoi movimenti, e perfino alÌ'intelligenza e alla favorevole disposizione degli spettatori, ancor più ciò è vero di un libro che tratta di fenomeni naturali. Se esso deve essere apprezzato e utilizzato, la natura deve essere presente al lettore o di fatto o nella vivacità della fantasia. Propriamente lo scrittore dovrebbe parlare e rendere i fenomeni intuitivi per i suoi uditori innanzi tutto come testo, nel modo in cui ci si offrono, senza essere cercati, così come possono essere presentati mediante adeguati dispositivi, di modo che ogni chiarire, spiegare e interpretare non mancherebbe di produrre un vivace effetto Surrogato del tutto insufficiente sono, in questo contesto, le tavole che si è soliti accompagnare a scritti di questo tipo. Un libero fenomeno fisico, che esercita la sua azione in tutte le direzioni, non può essere colto in linee né dato a conoscere in sezione. A nessuno viene in mente di chiarire esperimenti chimici con figure; ciò è tuttavia divenuto usuale con quelli fisici, strettamente imparentati, poiché ciò permette qualche risultato. Assai spesso però queste figure presentano esclusivamente concetti. Si tratta di ausilii simbolici, di modi di trasmissione geroglifica, i quali progressivamente s} sostituiscono al fenomeno, alla natura, e ne impediscono la vera conoscenza in luogo di promuoverla. Neppure noi potevamo rinunciare alle tavole. Abbiamo però cercato di apprestarle in modo tale da poterne disporre con fiducia per

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l'uso didattico e polemico, e alcune di esse possono perfino essere considerate come una parte dei necessari strumenti. Non ci rimane quindi altro che rinviare al lavoro stesso, rinnovando prima, tuttavia, una preghiera che già tanti autori hanno inutilmente rivolto e a cui in particolare il moderno lettore tedesco di rado acconsente: Si quid novistis rectius istis, Candidus imperti; si non, his utere mecum.

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Introduzione

Il desiderio del sapere viene innanzitutto suscitato nell'uomo dall'osservazione di importanti fenomeni che ne attirano l'attenzione. Affinché questa si mantenga, deve aver luogo un'intima partecipazione che progressivamente ci rende più familiari gli oggetti. Come prima cosa notiamo quindi una grande molteplicità, che ci viene incontro come quantità. Siamo costretti a separare, distinguere e di nuovo ricomporre, dal che nasce infine un ordinamento che nel suo insieme può essere abbracciato in modo più o meno soddisfacente. Per ottenere questo risultato in qualunque ambito, anche solo in parte, è necessario un continuo e severo lavoro. Questa ci sembra la ragione per la quale gli uomini lasciano da parte i fenomeni in favore di una visione teorica generale, in favore di una qualche forma di spiegazione, in luogo di darsi pena di conoscere il particolare e di dar vita a un intero. Il tentativo di ordinare e comporre le manifestazioni dei colori è stato effettuato soltanto due volte, la prima da Teofrasto, la seconda da Boyle. Al presente tentativo non si vorrà contestare il terzo posto. I rapporti - a questo proposito - sono esposti con più precisione nella parte storica. Qui diciamo soltanto che nel secolo scorso non era possibile pensare a una costruzione di questo genere, poiché Newton aveva posto a fondamento della sua ipotesi

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un esperimento tutt'altro che semplice e inderivato, con il quale si ponevano i fenomeni che rimanevano da interpretare in nessi artificiosi e minuziosamente descritti, quando non si poteva ignorarli e metterli in secondo piano, in analogia al procedere di un astronomo che per capriccio volesse collocare la luna al centro del nostro sistema. Egli sarebbe costretto a muovere, intorno al satellite, la terra, il sole e tutti gli altri pianeti, e a celare e mascherare mediante calcoli e rappresentazioni artificiose l'errore della sua prima supposizione. Compiamo ora un passo avanti, ricordando però quanto abbiamo detto nella prefazione. Là presupponevamo che la luce fosse qualcosa di noto, qui facciamo lo stesso con l'occhio. Dicevamo: l'intera natura si rivela attraverso il colore al senso della vista. Ora affermiamo, seppure in certa misura ciò possa suonare singolare, che l'occhio non vede alcuna forma, in quanto soltanto chiaro, scuro e colore stabiliscono insieme ciò che distingue un oggetto dall'altro e la parte di un oggetto dalle altre. Sulla base di questi tre momenti costruiamo il mondo visibile rendenèlo così contemporaneamente possibile la pittura, capace di creare sulla tela un mondo visibile assai più compiuto di quanto possa essere quello reale. L'occhio è. debitore della sua esistenza alla luce. Da organi ani~ mali indifferenti la luce si crea un organo che divenga il suo uguale e così l'occhio si forma alla luce per la luce, affinché la luce interna muova incontro a quella esterna. Ci torna qui alla mente l'antica scuola ionica che ripeteva - conoscendone la grande importanza - che l'uguale viene colto soltanto dall'uguale, ma anche le parole di un antico mistico, che vogliamo· esprimere in versi nel modo seguente: Se l'occhio non fosse solare, come potre,nmo vedere la luce? Se non vivesse in noi la forza propria di Dio, come potrebbe estasiarci il divino? Nessuno vorrà negare questa immediata parentela della luce e dell'occhio, anche se è difficile rappresentarsi l'una e l'altro come

I ntrodu:.ione

un 'unica e medesima cosa. Dìv1ene però più comprensibile se si afferma che nell'occhio vive una luce in quiete, eccitata alla minima sollecitaz1one dall'interno o dall'esterno. Noi possiamo, nell'oscurità, dare ori'gme mediante l'immaginazione alle immagini più luminose. Nel sogno gli oggetti ci appaiono come m pieno giorno. Nella condizione di veglia il più lieve effetto luminoso diviene percettibile, e se l'organo subisce uno stimolo meccanico ecco scaturirne luce e cofor1 Ma forse, a questo punto, quanti sono soliu procedere secondo un certo ordine noteranno che non abbiamo ancora chiarito cosa sia il colore. A questa osservazione desidereremmo· tuttavia sottrarci, richiamandoci a quei passaggi della nostra espos1z1one dove mostriamo net particolari come esso si manifesti. Si può qui solo ripetere che il colore è la natura conforme al senso dell'occhio. Anche qui dobbiamo supporre che qualcuno fruisca eh questo senso e abbia espenenza dell'azione della natura su eh esso: poiché con if ceco non vi è modo di parlare di colore Ma per non sembrare di evitare troppo timidamente una spiegazione, vorremmo definire a grandi linee, nel modo seguente, quanto osservammo come primo punto. Il colore è, per il senso dell'occhio, un fenomeno naturale elementare che, come tufu, s1 manifesta attraverso divisione e opposizione, mescolanza e unione, potenziamento e neutralizzazione, trasmissione e distribuzione e cosi di seguito, e che m queste universali formule naturali può essere considerato e compreso nel modo mi~liore Non possiamo costrmgère nessuno a questo modo eh concepire la questione. Chi lo trova comodo, come noi, lo accoglierà di buon grado. Ugualmente non abbiamo desiderio di difenderlo, m avvenire, passando per battaglie e contrasti. Trattare dei colori ha in effetti da sempre qualcosa d1 pericoloso, tanto che uno dei nostri predecessori addirittura affermava: si tenga dinanzi a un toro un panno rosso, ed ,esso s'infurierà, ma si. parli dei colon, anche soltanto m generale, e il filosofo uscirà letteralmente d1 senno. Dovendo tuttavia un poco giustificare la nostra espos1z1one, dobbiam_o or1ma di tutto indicare come abbiamo distinto le di-

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verse condizioni nell'ambito delle quali il colore può mostrarsi. Abbiamo trovato tre modi di manifestazione, tre specie di colori o, se si preferisce, tre punti di vista che è possibile differenziare. Innanzitutto consideriamo i colori in quanto appartengono all'occhio e dipendono da un suo meccanismo d'azione e reazione; quindi ci rivolgiamo a quelli che pos.;iamo osservare su mezzi incolori o con il loro ausilio, per infine indirizzarci a quelli che potevamo pensare come appartenenti agli oggetti. Abbiamo dato il nome di colori fisiologici ai primi, di fisici ai secondi, di chimici ai terzi. Mentre i primi sono senz'altro fugaci e i secondi sono transitori e tuttavia possono essere trattenuti, gli ultimi resistono per la massima durata. Tenendoli il più possibile separati e distinti gli uni dagli altri in questo naturale ordinamento - al fine di un'esposizione didattica - siamo tuttavia riusciti a presentarli in una serie continua, a collegare quelli fugaci con quelli che permangono e questi di nuovo con quelli che durano, superando così le suddivisioni' prima accuratamente mantenute in favore di· un punto di vista superiore. In una quarta sezione del nostro lavoro, tracciando in questo modo i contorni di una futura teoria dei colori, abbiamo quindi esposto quanto di essi era stato fìno a quel punto considerato sotto diverse condizioni particolari. Pèr il momento anticipiamo soltanto che la nascita di un colore richiede luce e oscurità, chiaro e scuro, oppure, con un'altra formula più generale, luce e non-luce. Vicinissimo alla luce nasce un colore che chiaihiamo giallo, vicinissimo all'oscurità sorge invece quanto designamo~'con l'espressione azzurro. Questi due colori, mescolati allo stato più puro e in modo· da mantenere pieno equilibrio, generano un terzo colore che chiamiamo verde. Giallo e azzurro tuttavia, ognuno per se stesso, possono produrre una nuova manifestazione semplicemente divenendo più densi ovvero scurendosi. Prendono allora un aspetto rossiccio che può divenire tanto intenso da potervi riconoscere appena gli originari azzurro e giallo. Anche il rosso più vivo e puro, specialmente in casi fisici, può essere prodotto dall'unione dei due estremi del rosso-giallo e del rosso-azzurro. Questo è il quadro

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reale e vivo della manifestazione e produzione dei colori. Ma all'azzurro e al giallo già determinati e preparati si può aggiungere un rosso già pronto, producendo così in una direzione, mediante mescolanza, quanto avevamo realizzato nella direzione opposta mediante intensificazione. La teoria elementare dei colori ha a che fare soltanto con questi tre o sei colori, che possono agevolmente essere inseriti in un cerchio. Tutte le altre infinite variazioni sono proprie dell'applicazione, e appartengono alla tecnica del pittore e del tintore, trovando ovunque nella vita il loro posto. Dovessimo poi enunciare ancora una proprietà generale, diremmo che i colori vanno considerati come mezza-luce, come mezza-ombra, ed è perciò che essi, mescolati insieme, neutralizzano reciprocamente le loro proprietà specifiche e producono un valore d'ombra, un grigio. Nella nostra quinta sezione saranno poi presentate quelle relazioni di prossimità nelle quali la nostra teoria dei colori intenderebbe disporsi rispetto agli altri settori del sapere, del fare, dell'agire. Questa sezione è tanto più importante quanto più essa, proprio per questo, può non essere riuscita nel migliore dei modi. Se si riflette che i rapporti di prossimità non possono certo essere indicati prima di averli istituiti, ci si può consolare dell'insuccesso di questo primo tentativo. Dovremo perciò senz'altro attendere in che modo verrà accolto il nostro lavo~o da parte di coloro ai quali cercavamo di presentare risultati interessanti e apprezzabili: se se ne servono sviluppandoli oltre, oppure se li rifiutano, li respingono decisamente o li considerano in.differentemente. Ci si permetta intanto di dire quali sono le nostre convinzioni e speranze. Dal filosofo crediamo di meritare un ringraziamento' per aver cercato di seguire i fenomeni fino al loro luogo di origine, fin là dove semplicemente si manifestano e sono, e dove in essi non vi è piì1 nulla da spiegare. Sarà inoltre da lui ben accolta la disposizione delle manifestazioni in un ordinamento facilmente dominabile, quando anche quest'ultimo non dovesse venir del tutto da lui approvato. Crediamo anche di esserci guadagnati il favore del medico, spe-

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cialmente di quello che ha per compito l'osservazione e la salvaguardia dell'organo della vista,. di rimediarne alle deficienze e di curarne le malattie. Egli si muoverà del tutto a suo agio nella sezione dedicata ai colori fisiologici e nell'appendice, che brevemente menziona quelli patologici. E senz'altro gli sforzi di quanti, ai nostri giorni, lavorano con successo in questo settore ci permetteranno un giorno di vedere la piena elaborazione di quest' ambito della teoria dei colori, fin qui trascurato sebbene possa essere considerato il più importante. Con la maggior simpatia dovrebbe accoglierci il fisico, poiché gli offriamo l'agio di presentare la teoria dei colori nella succes; sione di tutte le altre manifestazioni elementari, facendo in ciò uso di un linguaggio omogeneo, quasi impiegando le stesse parole e gli stessi segni utilizzati nelle altre rubriche. Certamente, in quanto egli sia anche insegnante, gli procuriamo qualche difficoltà in più in quanto il capitolo dei colori non permette più una trattazione in pochi paragrafi ed esperimenti, come fin qui avveniva. Anche l'allievo non si accontenterà più, facilmente e senza protestare, di sbrigative considerazioni quali si era soliti offrirgli. Si ottiene in compenso un vantaggio di altro genere. Se la teori~ newtoniana era infatti facile da apprendere, presentava però insuperabili difficoltà nell'applicazione. La nostra teoria è forse di più difficile comprensione, ma· una volta realizzata quest'ultima il più è fatto, poiché essa porta con sé la propria applicazione. Il chimico, il quale considera i colori come criteri di scoperte delle proprietà segrete dei corpi, ha finora 'trovato ostacoli nella denominazione e designazione dei colori. Dopo un più attento e approfondito esame si è persino stati indotti a considerare il colorè un contrassegno poco affidabile e ingannevole nello svolgimento delle operazioni chimiche. Speriamo tuttavia, con la nostra presentazione e la nomenclatura proposta, di ridargli dignità, ridestando Ja convinzione che un qualcosa che diviene, che aumenta, che è mobile, che è capace di trasformazioni non è elemento poco affidabile, e anzi si mostra adatto a svelare le più tenui azioni della Natura. A questo punto però - procedendo oltre - temiamo cli dispia-

Introduzione

cere al matematico. Per un particolare concorso di' circostanze la teoria dei colori è stata nmessa al giudizio del matemauco, e quindi condotta in un dominio di cui non fa parte. La rag10ne di ciò risiede nella parentela con le leggi della visione, che - propriamente - era quest'utumo chiamato a trattare, ma anche nella circostanza che un grande matematico si occupò dei colori, adoperando l'intera forza del suo genio per procurare solidità agli errori che aveva commesso come fisico. Il riconoscimento di questi due punti dovrebbe subito eliminare ogni equivoco, e il matematico collaborerà con piacere all'elaborazione, specialmente, della sezione fisica della teoria de1 colori. Il tecnico e il tintore dovrebbero, per conto loro, salutare il nostro lavoro come senz'altro benvenuto. I meno soddisfatti della teoria fin qm accettata erano, infatti, proprio quanti riflettevano sui fenomeni della tintoria. Essi furono i primi a nconoscere l'insufficienza della teoria newtoniana. Infatti molto dipende dal lato dal quale ci s1 avvicma a un sapere, a una scienza, e attraverso quale porta v1 s1 accede. L'autentico esperto, il fabbricante al quale i fenomeni si impongono ogni giorno con la forza e che dal praticare le sue convinziont ne ricava danni o vantaggi, e a cui la perdita di denaro e tempo non è indifferente, e che vuole progredire, e che deve raggiungere e superare quanto già da altri prodotto, avverte molto più rapidamente la vacuità e la falsità di una teoria del dotto, per il quale, in definitiva, le parole che ha prodotto valgono come denaro contante, o del matematico, la cui formula rimane sempre esatta, anche se non si adatta alla base alla quale si applica. Avremo cosl meritato il ringraziamento più riconoscente da parte del pittore allorquando - giunti alla teoria dei colori partendo dalla pittura e dalla colorazione, indirizzata a fint estetici, delle superfici - tentiamo nella .sesta sezione di determinare gli effetti sensibili e morali del colore, e di avvicinare in tal modo questi ultimi all'uso dell'arte. Anche qm, come in generale, parecdìio è rimasto allo stadio di abbozzo, forse poiché tutto ciò che è teorico deve propriamente indicare soltanto i tratti essenziali, secondo i quali l'azione può quindi disporsi, giungendo finalmente a un produrre governato da leggi

Sezione prima

Colori fisiologici

1. I çolori che legittimamente collochiamo qui all'inizio, poiché appartengono del tutto o in gran parte al soggetto e all'occhio, costituiscono il fondamento dell'intera teoria e svelano quell'armonia cromatica che è tema di tante dispute. Questi colori sono stati fino a ora considerati inessenziali e casuali, alla stregua di illusioni e deficienze. Le loro manifestazioni sono note fin dall'antichità ma, poiché non si poteva aver ragione della loro incostanza, li si· relegò tra le apparizioni di natura maligna, caratterizzandoli, sotto questo riguardo, assai diversamente. 2. Vengono dunque indicati come colores adventicii da Boyle, imaginarii e fantastici da Rizzetti, couleurs accidentelles da Buffon, colori apparenti da Scherfier; illusioni ottiche e inganni visivi nell'opinione di molti, vitia fugitiva per Hamberger, ocular spectra per Darwin. 3. Noi li abbiamo chiamati fisiologici, poiché appartengono all'occhio sano e poi.ché li consideriamo come le necessarie condizioni del vedere, al' cui vivente interagire accennano in se stessi e verso l'esterno. 4. A essi aggiungiamo subito i colori patologici, che rendono possibile una più piena comprensione di quelli fisiologici, così

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La teoria dei colori

come ogni condizione abnorme rende possibile la comprensione della condizione normale.

I. LUCE E OSCURITA RISPETTO ALL'OCCHIO

5. La rètina, a seconda che su di essa agisca la luce o l'oscurità, si trova in due differenti condizioni, l'una interamente opposta all'altra. · 6. Se teniamo aperti gli occhi all'interno di una stanza completamente buia, avvertiamo un senso di privazione. L'occhio è abbandonato a se stesso, si ritira in se stesso, gli manca quel contatto stimolante e appagante che l'unisce al mondo esterno e lo trasforma in un intero. 7. Se ora rivolgiamo l'occhio verso una superficie bianca fortemente illuminata, esso viene abbagliato e, per un certo t._empo, rimane incapace di distinguere oggetti moderatamente illuminati. 8. Ciascuna di queste condizioni esterne investe, nel modo indicato, l'intera rètina, e per questo possiamo esperirle soltanto una alla volta. Nel primo caso (6.) troviamo l'occhio nel massimo rilassamento e nella massima recettività, nel secondo (7 .) nella tensione e insensibilità estreme. · 9. Se passiamo rapidamente da una condizione all'altra - anche se non da un estremo limite all'altro, per esempio dal chiarore alla semioscurità - la differenza si presenterà 'notevole, e potremo notare che quei rispettivi effetti durano per un cèrto tempo. 10. Chi passa dal chiarore del giorno a un luogo semibuio, in un primo momento non distingue nulla e solo a poco a poco gli occhi si dispongono di nuovo in uno stato di recettività, che viene riguadagnato dagli occhi forti prima di quelli deboli, dove i primi impiegano un minuto, mentre per i secondi sono necessari dai sette agli otto minuti. 11. Il passaggio dal chiarore all'oscurità e la conseguente insensibilità dell'occhio per deboli impressioni luminose può dare luogo, nel corso di osservazioni scientifiche, a particolari errori. Un osser-

Figura 2. Irradiazione e contrasto simultaneo con grigio su fondo bianco e nero. Le quattro aree rotonde sono in realtà della stessa grandezza. Fissiamo un punto sulla linea di separazione verticale tra i due cerchi in alto e noteremo un piccolo ingrandimento dell'area bianca sul nero. Anche in basso il grigio sul nero risulta un poco più grande che sul bi,anco. Si definisce come irradiazione l'apparente estendersi di superfici, figure o forme cromatiche simili oltre i limiti della loro effettiva estensione. Le zone grigie in basso si modificano otticamente sul rispettivo fondo. Il cerchio grigio su fondo nero è più chiaro del cerchio grigio sulla superficie bianca. Il grigio sul nero assume qualcosa del colore opposto, ovvero del bianco, e all'occhio sembra irradiante. Il grigio sul bianco si ricopre invece con il co• lore opposto del bianco, il nero, e diventa otticamente più scuro. Un nesso ai forme su sfondi chiari differenti elimina (quasi) l'effetto simultaneo.

La teoria dei colori

vatore, i cui occhi si riprendevano lentamente, credette per parecchio tempo che il legno marcio, posto a mezzogiorno nella camera oscura, non emani' luce. In realtà egli non vedeva il debole brillare perché aveva l'abitudine di passare dal chiarore del sole a1la carnera oscura senza attendere che l'occhio si riprendesse. Altrettanto deve essere accaduto al dottor W all con il bagliore elettrico dell'ambra, che egli di giorno non riusciva a osservare, neppure nella ·carnera oscura. Va qui anche menzionata l'invisibilità delle stelle di giorno e la miglior visione dei dipinti attraverso un doppio tubo. 12. Chi passa distrattamente da un luogo interamente buio a uno illuminato dal sole, rimane abbagliato. Chi dalla semioscurità va in un chiarore non abbagliante, scorge più vivacemente e meglio gli oggetti. Un occhio riposato è quindi assai più recettivo dinanzi a manifestazioni di luminosità moderata. La recettività della rètina di prigionieri a lungo costretti al buio è così grande che essa, pur in quella condizione (probabilmente si tratta di un'oscurità un poco rischiarata), può distin- _ guere oggetti. 13. La rètina, durante ciò che chiamiamo vedere, si trova contemporaneamente in condizioni diverse e persino opposte. La chiarezza non abbagliante svolge la propria azione accanto alla piena oscurità. Nello stesso tempo percepiamo tutti i gradi intermedi del chiaroscuro e tutte le particolarità dei colori. 14. È nostra intenzione considerare e osservare via via gli elementi del mondo visibile di cui abbiamo fatto menzione, e la maniera in cui l'occhio si comporta nei loro cori.fronti. Scegliamo a questo scopo le immagini più semplici.

Il. IMMAGINI BIANCHE E NERE RISPETTO ALL'OCCHIO

15. La :rètina, come in generale si comporta nei confronti di chiaro e scuro, cosl si comporta nei confronti di singoli oggetti chiari e scuri. Se luce e oscurità la costringono nel suo complesso

Colori fisiologici

2s

a diverse disposizioni, dal canto loro anche im1nagini bianche e nere, che siano contemporaneamente ben visibili, produrranno insieme quegli effetti che luce e oscurità originano solo successivamente. 16. Un oggetto scuro appare più ·piccolo di uno chiaro della stessa grandezza. Si osservino contemporaneamente, da una certa distanza, un cerchio bianco su fondo nero, e un cerchio nero su fondo bianco - ritagliati seguendo il segno del compasso - e si riterrà il secondo cli circa un quinto più piccolo rispetto al primo. Si ingrandisca l'immagine nera di altrettanto, e le due immagini appariranno uguali. 17. Tycho Brahe osserva cosi che la luna in congiunzione (luna scura) appare della quinta parte più piccola che in opposizione (luna piena e chiara). La prima falce lunare sembra appartenere a un disco più grande di quello scuro con cui essa confina e che, talvolta, si può distinguere all'epoca della luna nuova. Gli abiti neri fanno sembrare le persone molto più magre degli abiti chiari. Luci viste dietro una cornice operano su di essa un'incisione apparente. Un righello, dietro al quale brilli la luce di una candela, sembra avere una tacca. Il sole che sorge o che tramonta sembra appunto produrre un'incisione nell'orizzonte. 18. Il nero, come rappresentante dell'oscurità, lascia l'occhio in condizione di quiete, il bianco, come rappresentante della luce, lo pone in attività. Dal fenomeno menzionato (16.) si potrebbe forse concludere che la rètina in quiete, lasciata a sé, si contrae in se stessa e occupa uno spazio minore che nella condizione di attività, -alla quale è costretta dallo stimolo della luce. Keplero dice perciò assai bene: « certum est vel in retina causa picturae, vel in spiritibus causa impressionis existere dilatationem lucidorum » (Paralip. in Vitellionem ). Padre Scherffer avanza analoga congettura. 19. Quale che si~ l'interpretazione, ambedue le condizioni, alle quali l'occhio è costretto da un'immagine di questo genere, perdurano in esso anche quando la causa esterna venga rimossa. Nella vita comune ce ne rendiamo conto appena poiché raramente si oresentano immagini che· spiccano chiaramente sulle altre. Normal-

La teoria dei colori

mente spostiamo Io sguardo da un oggetto all'altro, e la successione di esse ci appare senza che noi si noti che qualcosa passa inavvertitamente dall'immagine precedente a quella seguente. 20. Chi al risveglio, quando l'occhio è particolarmente recettivo, fissi con lo sguardo la crociera di una finestra sullo sfondo di un cielo crepuscolare, e quindi chiuda gli occhi oppure guardi verso un luogo completamente scuro, vedrà ancora dinanzi a sé, per qualche istante, una croce nera su fondo chiaro. 21. Ogni immagine assume il proprio posto sulla rètina, più o meno grande a seconda della maggiore o minore distanza da cui viene scorta. Chiudiamo gli occhi non appena guardato il sole, e ci meraviglieremo della piccolezza dell'immagine che di esso resta. 22. Guardiamo invece verso una parete, e osserviamo il fantasma che ci oscilla dinanzi in relazione agli altri oggetti: esso ci apparirà sempre più grande, quanto più lontana sarà la superficie sulla quale viene proiettato. Il fenomeno si spiega bene per la legge della prospettiva, secondo la quale l'oggetto piccolo più ' più vicino nas~onde allo sguardo dell'osservatore quello lontano grande. · 23. La durata di quest'impressione differisce a seconda de.Ila costituzione dell'occhio. Accade qui qualcosa di simile al ristabilirsi della rètina nel passaggio dal chiaro allo scuro ( 1O.), e il fenomeno può essere misurato in minuti è secondi, quindi molto più esattamente di quanto non avvenga servendosi di una miccia che brucia, la quale all'occhio appare come J.m circolo. 24. Da considerare con attenzione è anche 'l'energia coI1 cui un effetto luminoso agisce sull'occhio. Più a lungÒ' delle altre permane l'immagine del sole, mentre altri corpi - più o meno lumi-· nosi - lasciano la loro traccia per una durata maggiore o minore. 25. Queste immagini scompaiono a poco a poco, perdendo tanto in chiarezza quanto in estensione. 26. Esse vanno attenuandosi a partire dalla periferia, e si ritiene di avere osservato che gli angoli di immagini quadrangolari a mano a mano si ottundono, finché dinanzi agli occhi si trova un'immagine rotonda, sempre più· piccola. 27. Un'immagine di questo tipo, la cui traccia sia ormai svanita,

Colori fisiologici

2.7

può essere ridestata se, sollecitandoli alternativamente, apriamo e chiudiamo gli occhi. 28. Il fatto che delle immagini, nel caso di infermità oculari, permangono sulla rètina da quattordici fino a sedici minuti o più ancora, indica un'estrema debolezza dell'occhio e la sua incapacità a ristabilirsi, cosi come l'insistere dinanzi agli occhi di oggetti appassionatamente amati od odiati indica che, dalla sensibilità, si è ormai passati a!Pambito dello spirito. 29. Si guardi, mentre è ancora vivace l'impressione della fine•• stra, verso una superficie grigio chiara. La crociera apparirà chiara e lo spazio del vetro scuro. Nel caso precedente (20.) la situazione rimaneva sempre identica e, di conseguenza, anche l'imprcssio1~e. Qui invece viene a prodursi un'inversione che suscit~. la nostra attenzione e di cui sono stati riferiti numerosi casi. 30. Gli studiosi che compirono le loro osservazioni suUe Cordilleras, videro un bagliore chiaro intorno all'ombra della loro testa che cadeva sulle nuvole. Questo caso va senz'altro inserito qui: mentre infatti essi ne fissavano l'immagine scura, contemporaneamente spostandosi dalla loro posizione, ricavavano l'impressione che quella chiara fosse sospesa intorno alla scura. Si osservi per esempio un cerchio nero su una superficie grigio-chiara: appena muta la direzione dello sguardo, si vedrà un bagliore chiaro sospeso intorno al cer,chio scuro. Anche a me è accaduto qualcosa di simile. Seduto in un campo, parlavo con un uomo che come sfondo aveva il cielo grigio, quando a un certo punto, dopo averlo a lungo attentamente e fissamente guardato, deviai un poco lo sguardo di modo che la sua testa mi apparve circondata da un accecante bagliore. Va collocato qui, probabilmente, anche il fenomeno secondo cui persone che al sorgere del sole entrano in un prato umido, scorgono intorno al capo un bagliore che può essere _contemporaneamente colorato, poiché vi si mischia qualcosa del fenomeno della rifrazione. Si sono anche volute osservare, il'ltorno alle ombre che i palloni gettano sulle nuvole, dei cerchi chiari e un poco colorati. Padre Beccaria eseguì alcuni esperimenti sull'elettricità atmo-

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La teoria dei colori

sferica, facendo salire in alto dei draghi di carta. Intorno a essi - e perfino intorno a un tratto della corda - si mostrò una piccola nuvoletta scintillante, di grandezza variabile. Essa di tanto m tanto scompariva e, quando il drago si muoveva con più rapidità, sembrava ondeggiare nella posizione precedente per alcuni istanti. Questa manifestazione, che gli osservatori di allora non riuscirono a spiegare, era un'immagine del drago scuro rimasta nell'occhio e che, contro il cielo chiaro, si era tramutata in una immagine chiara. Durante gli esperimenti ottici e in particolare durante quelli cromatici, nel corso dei quali si ha spesso a che fare con luci abbaglianti, incolori o colorate, si deve prestare molta attenzione a che Io spettro di un'osservazione precedente non si mescoli con quello dell'osservazione seguente, affinché il primo non confonda e non mtorbidi il secondo. 31 Si è cercato di spiegare queste manifestazioni nel modo seguente. La parte della rètina sulla quale cade l'immaginè del1a crociera scura è da considerarsi rilassata e recettiva. Su di essa la superficie moderatamente illuminata agisce più vivacemente che sulle altre parti, che ricevono invece la luce attraverso i vetri. Di conseguenza queste ultime, dopo essere state poste in azione da uno stimolo notevolmente più forte, percepiscono la superficie grigia solo come superficie scura. 32. Questa spiegazione sembra per il momento essere sufficiente, ma per quanto riguarda le manifestazioni cli' cui si tratterà in seguito siamo costretti a derivare il fenomeno dà fondamenti più_ comprens1v1. 33 L'occhio di una persona desta esprime la sua vitalità in modo particolare nel fatto che esso richiede un mutamento delle proprie condizioni passando, nel caso più semplice, dallo scuro al chiaro e viceversa. L'occhio· né può né vuole neppure un istante restare identico nella condizione specifica a cui è determinato dall'oggetto. Esso è invece costretto. a una sorta di opposizione c:he, mentre contrappone termine estremo a termine estremo e termine medio a termine medio, contemporaneamente congiunge quanto ha

Colori fisiologici

contrapposto e nella successione, cosl come nella contemporaneità e nella coesistenza, tende verso un intero. 34. Forse il diletto non comune che proviamo dinanzi a dipinti incolori trattati a chiaroscuro, e dinanzi a opere d'arte di questo genere, risulta dalla possibilità di cogliere simultaneamente un intero che altrimenti l'occhio, più che produrre, cerca in una successione e che, quando anche il tentativo riuscisse, non può mai essere fissato.

III. SUPERFICI GRIGE E IMMAGINI

Una gran parte di esperimenti cromatici ha bisogno di luce moderata. Questa può essere prodotta ricorrendo a superfici più o meno grigie e, a questo scopo, abbiamo fatto per tempo conoscenza con il grigio, dove va appena notato che, in parecchi casi, una superficie bianca posta nell'ombra o nella penombra può possedere lo stesso valore di una superficie grigia. 36. Dal momento che quest'ultima si dispone tra chiaro e scuro, quanto abbiamo prima (29.) indicato come fenomeno può essere trasferito senza difficoltà sul piano più elevato dell'esperimento. 37. Si tenga un'immagine nera dinanzi a una superficie grigia e quindi - toltala via - si guardi fissamente nello stesso punto: lo spazio che essa occupava appare ora molto più chiaro. Si tenga ancora in questo modo una figura bianca su fondo grigio ripetendo l'operazione: lo spazio apparirà, in quel punto, più scuro rispetto alla restante superficie. Si sposti lo sguardo in qua e in là sulla tavola e anche le immagini si muoveranno in qua e in là. 38. Un'immagine grigia su fondo nero appare molto più chiara della stessa immagine grigia su fondo bianco. Si pongano le due immagini l'una accapto all'altra, e quasi non ci si potrà convincere che ambedue sono colorate con il colore che abbiamo preso da uno stesso vasetto. :B nostra convinzione che qui, nuovamente, si mostra la grande suscettibilità della rètina, e la contraddizione nascosta che ogni vivente è costretto a esprimere quando venga

35.

30

1A teoria dei colori

sollecitato da una qualsiasi determinata condizione. In questo senso l'espirare già presuppone l'inspirare e viceversa, e ogni sistole presuppone la sua diastole. È l'eterna formula della vita che, anche qui, si svela. Non appena all'occhio si presenta lo scuro ecco che esso richiama il chiaro, mentre ecco lo scuro quando gli si ponga dinanzi il chiaro, nel che esso mostra la sua vitalità e il suo diritto a cogliere l'oggetto nel momento in cui, traendolo da se, ne produce l'opposto.

IV. IMMAGINI INCOLORI E ABBAGLIANTI

39. Un'immagine luminosa e abbagliante, del tutto incolore, genera un'impressione duratura, forte, e il suo indebolirsi è accompagnato da una manifestazione di colore. 40. Si produca nell'imposta di una stanza, il più possib~lf buia, un'apertura rotonda di circa tre polli,ci di diametro, che sia possibile aprire e chiudere a piacimento. Si faccia splendere il sole attraverso di essa, fino a raggiungere una carta bianca, e si fissi con lo sguardo, da una certa distanza, il cerchio luminoso che ne risulta; si chiuda quindi l'apertura e si guardi verso il luogo più scuro della stanza: si vedrà ondèggiare dinanzi un cerchio. Il cen:• tro di quest'ultimo lo si vedrà chiaro e incolore, appena leggermente giallo, e subito il margine apparirà color porpora. Il fenomeno dura un certo tempo, fino ~ qµando il porpora, procedendo dall'esterno, non copre l'intero cerchìo, cancellandone infine del tutto il centro luminoso. Appena comunque l'intero cer-· chio appare porpora, il margine inizia a tingersi d'azzurro, e questo a poco a poco spinge il porpora verso l'interno. Quando infine la manifestazione è completamente azzurra, il margine diviene scuro e incolore. È necessario un po' di tempo prima che quest'ultimo elimini del tutto l'azzurro e l'intero spazio perda ogni tinta. L'immagine si attenua quindi a poco a poco, divenendo contemporaneamente più debole e più piccola. Qui vediamo di nuovo come la rètina, attraverso una successione di oscillazioni, a poco a poco

Colori fisiologie,

s1 ristabilisca gradualmente riprendendosi dalla violenta llllpressione esterna. (25, 26. 41. Esaminando il m10 stesso occhio - m accordo con lo svolgimento di molti esperimenti - ho trovàto nella mamera seguente 1 rapporti di tempo tra queste manifestazioni. Ho guardato per cmque secondi l'immagine abbagliante e, qumdi, ho chiuso l'apertura della camera oscura. Ho poi osservato l'immagine apparente che ondeggiava colorata dinanzi a me, con il risultato che dopo tred'ici secondi essa mi è apparsa completamente color porpora, quindi - dopo ventinove secondi - azzurra e - dopo quarantotto - interamente mcolore. Aprendo e chiudendo l'occhio ho riprodotto parecchie volte l'immagine (27.), che m questa maniera si è perduta del tutto solo dopo sette minuti. Osservatori futuri troveranno questi tempi più brevi o più lunghi, a seconda che abbiano occhi più forti o più deboli (23.) Sarebbe in ogm caso assai notevole se, malgrado ciò, vi si potesse scoprire una qual certa proporzione numerica. 42. Questo fenomeno desta tuttavia ancor più la nostra attenzione non appena ne osserviamo una nuova modifìcaziol)e Se, come nel caso precedente, una volta impressionata la rètma guardiamo in una stanza moderatamente illuminata un oggetto grigio-chiaro, dinanzi a noi ha origine un'apparizione scura, che partendo dall'esterno si contorna a poco a poco di un margme verde il quale, come m precedenza il margine purpureo, si estende infine - procedendo verso l'interno - sopra l'intero cerchio. Quando ciò si sia verificato fa la sua comparsa un giallo sporco che, come l'azzurro negli esperimenti precedenti, si estende sull'intero disco e viene infine inghiottito da un non-colore. 43. Questi due esperimenti si possono combmare se, collocate l'una accanto all'altra in una stanza moderatamente chiara una lastra nera e uria bianca, si guarda fissamente ora in direzione dell'una ora in direzione dell'altra, per il periodo di tempo in cui l'occhio è in grado di serbare l'impressione luminosa. Si osserverà all'inizio ora un fenomeno purpureo, ora un fenomeno verde, che c{ecorreranno come m precedenza. Con un po~o di esercizio si pos-

La teoria dei colori

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sono perfino scorgere due colori opposti nello stesso istante, spostando lo spettro prodotto dall'impressione luminosa là dove le superfici confinano l'una con l'altra. Ciò si verifica tanto meglio quanto più· distanti sono le superfici, poiché in questo caso lo spettro appare di dimensioni maggiori. 44 Mi trovavo verso sera in una fucina, proprio quando la massa di metallo incandescente veniva posta sotto ii martello. Guardai intensamente in essa e, giratomi, indirizzai casualmente lo sguardo in direzione di una carbonaia aperta. Un'immagine purpurea di grandi dimensioni mi ondeggiò dinanzi, e quando volsi lo sguardo dalla scura apertura verso il chiaro assito, il fenomeno mt apparve metà verde e metà porpora, a seconda che il fondo fosse più scuro o più chiaro. Non badai, allora, all'indebolirsi dell'apparizione. 45. Come va indebolendosi una immagine luminosa circoscritta così si attenua anche un completo accecamento della rètina. Il porpora scorto da quanti vengono abbagliati dalla neve trova qui posto, come anche quei verdi straordinariamente belli 'che oggetti scuri mostrano, dopo che si è ·guardata a lungo una carta bianca posta al sole. Le caratteristiche di questo fenomeno saranno, in futuro, oggetto di studio da parte di coloro i cui giovani occhi Potranno, per amore della scienza, sopportare qualche fatica. 46. Trovano qui senz'altro lùogo le lettere nere che appaiono nella luce rossa della sera, e forse anche la storia della comparsa di gocce di sangue sul tavolo al quale Enrico IV di Francia era seduto insieme al duca di Guisa per giocar~ a dadi. '·,

V. IMMAGINI COWRATE

47. Osservammo i colori fisiologici, per la prima volta, in occasione dell'indebolirsi di immagini incolori abbaglianti e, in generale, di abbagliamenti non accompagnate da manifestazioni di co-: lore. Dinanzi a fenomeni analoghi ci troviamo quando si offre all'occhio un colore già specificato e, a questo proposito, si dovrà mantenere presente quanto fin qui abbiamo appreso.

Colori fisiologici

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48. Se nell'occhio l'impressione di immagini incolori rimane, altrettanto accade per l'impressione di immagini colorate; in quest'ultimo caso però diviene più intuitiva la vitalità della rètina che invita all'opposizione e che, attraverso l'antitesi, produce una totalità. 49. Si tenga un pezzetto di carta vivacemente colorata, o un pezzo di seta, dinanzi a una lastra bianca moderatamente illuminata, si guardi la superficie colorata che così si forma e, dopo un certo tempo, la si tolga senza spostare lo sguardo: sulla lastra bianca si vedrà lo spettro di un altro colore. Si può anche lasciare la carta colorata al suo posto, guardando in direzione di un altro punto del fondo bianco. Il fenomeno colorato si potrà scorgere anche in questo modo, essendo causato da un'immagine appartenente all'occhio. 50. Per rilevare rapidamente quali colori questa opposizione producej ci si serva del nostro cerchio dei colori, ordinato in modo da corrispondere pienamente alle caratteristiche del fenomeno e, anche qui, di grande utilità in quanto i colori in esso diametralmente opposti sono quelli che nell'occhio si richiamano reciprocamente. Cosi il giallo richiama il violetto, l'arancio l'azzurro, il porpora il verde, e viceversa. Così anche le gradazioni si richiamano reciprocamente, il colore più semplice richiama quello più composto e il più composto quello più semplice. 51. Casi di questo genere ci si presentano, nel1a vita comune, più spesso di quanto si pensi, e si può perfino dire che l'individuo attento incontri ovunque manifestazioni di questo genere. Tuttavia, poiché dalle persone non ben informate - come del resto dai nostri predecessori - sono considerate come errori momentanei, talvolta addirittura come indizi di malattie degli occhi, queste apparizioni provocano preoccupate considerazioni. Alcuni casi significativi trovano qui collocazione. 52. Dopo che, verso sera, fui entrato in un'osteria e un'avvenente fanciulla, dal volto "bianchissimo, capelli neri e un corsetto rosso scarlatto entrò nella mia camera, la fissai mentre stava a una certa distanza da me, in una debole luce. Quando. infine ella si mosse, sul fondo della parete bianca a me dirimpetto scorsi un volto nero

La teoria dei colori

circondato da un bagliore chiaro, e le vesti della nitida figura di un bel verde mare. 53. Tra i nostri dispositivi per gli esperimenti di ottica si trovano dei ritratti con ombreggiature inverse rispetto a quelle naturali, ed è interessante che - dopo averli guardati per qualche istante - l'immagine apparente si presenta con un aspetto piuttosto naturale. L'osservazione è in se stessa esatta e conforme alJ>esperienza: nel caso precedente una negra che avesse portato una fascia bianca avrebbe dato origine a un volto bianco contornato di nero. L'unico problema è che con queste immagini, di solito dipinte in piccolo formato, non tutti riescono a distinguere le parti della figura apparente. 54. Un altro fenomeno che presso i naturalisti già in precedenza aveva suscitato l'attenzione, sono convinto possa essere derivato da queste manifestazioni. Si dice che in estate certi fiori, verso sera, quasi emettono lampi, sono fosforescenti oppure emanano una luce momentanea. Alcuni osservatori descrivono quest'esperienza con molta esattezza: Avevo spesso tentato di scorgere iò stesso il fenomeno, ed ero perfino ricorso - nel tentativo di produrlo - a esperimenti artificiali. Il 19 giugno del 1799, passeggiando a tarda sera in giardino insieme a un amico, durante il trapasso del crepuscolo in una notte chiara, notammo che in prossimità e sui fiori del papavero orientale - di un rosso assai intenso - si poteva osservare qualcosa di simile a delle fiamme. Ci disponemhlo dinanzi ai cespi, guardammo attentamente, ma non potemmo osservare nient'altro fino a quando - dopo parecchi e ripetuti andirivieni.- ci riuscì, · guardando verso i fiori da una posizione laterale, di ripetere l'apparizione tanto di frequente quanto ci piaceva. Ne risultò che si trattava di un fenomeno appartenente ai colori fisiologici, e che il lampo che dicevamo era propriamente l'immagine apparente dei fiori, nel richiamato color verde-azzurro. Se si guarda un fiore secondo una linea retta la manifestazione non sorge; essa dovrebbe tuttavia prodursi non appena si oscilli con lo sguardo. Quando si guardi invece di sbieco, con l'angolo

Colori fisiologéc,

dell'occhio, sorgerà una momentanea manifestazione doppia, nella quale l'immagine apparente viene scorta accanto e sovrapposta all'immagine vera. Il crepuscolo è la causa del fatto che l'occhio è rilassato e recettivo, e il colore del papavero è sufficientemente mtenso, durante un crepuscolo estivo dei giorni più lunghi della stagione calda, per agire ancora pienamente e per produrre l'immagine richiamata. Sono peraltro convmto che si potrebbero trasporre queste manifestazio11i sul più elevato piano dell'esperimento, producendolo stesso effetto servendosi di fiori di carta. Se comunque si intende prepararsi all'esperienza nel diretto contatto con la natura, ci si abitui, attraversando il giardino, a fissare i fiori colorati, guardando subito dopo la stradina sabbiosa, che si finirà col vedere cosparsa di macchie del colore opposto. Questa esperienza riesce col cielo coperto, ma anche con la più forte luce solare che, intensificando il colore dei fiori, mette in grado quest'ultimo di produrre un colore richiamato sufficientemente pronunciato, ovvero crea le condizioni per le quali, con una luce abbagliante, può ancora venire scorto. Cosl mentre le peonie producono uno spettro di un bel verde, le calendole producono spettn vivacemente azzurri. 55. Se su determinate parti della rètina, negli esperimenti con immagini colorate, risulta un mutamento di colore, lo stesso accade quando sia l'intera rètina a essere modificata da un co}Qre Di ciò ci possiamo convincere disponendo delle lastre di vetro dinanzi all'occhio. Se si guarda per un certo tempo attraverso una lastra azzurra, dirigendo subito dopo lo sguardo altrove, il mondo apparirà come illuminato dal sole, quando anche - in realtà esso dovesse essere grigio e l'ambiente circostante senza colori come in autunno. Altrettanto, se leviamo degli occhiali verdi, vediamo gli oggetti splendere di una luminosità rossiccia. Sono quindi propenso a ritenere sconsigliabile, per la protezione degli occhi l'uso di vetri o di carte verdi, poiché ogni specificazione di colori esercita un'azione violenta.sull'occhio e lo costringe all'opposizione 5(,. Fin qui abbiamo visto soltanto come, sulla rètina, i colori

La teoria dei colori

opposti si richiamano successivamente; ci rimane solo da osservare che questo fenomeno, regolato da leggi, può prodursi anche simultaneamente. Se su una parte della rètina si presenta un'immagine colorata, la parte restante si trova subito orientata a produrre i corrispondenti colori. Si guardi, p. es., proseguendo l'esperimento precedente, un pezzo di carta giallo su una superficie bianca. La parte rimanente dell'occhio è già orientata a produrre il violetto sulla superficie incolore. Soltanto che il poco giallo non è sufficientemente forte per produrre chiaramente quell'effetto. Ma ecco che, quando si dispone della carta bianca su una paret~ gialla, la si potrà vedere coperta da una tonalità violetta. 57. Se questi esperimenti si possono eseguire con tutti i colori, verde e porpora sono tuttavia, a questo scopo, da raccomandare poiché l'uno dà vistosamente luogo all'altro. Anche nella vita questi casi ci accompagnano di sovente. Se si guarda una carta verde attraverso della mussola a righe o a fiori, righe e fiori appariranno rossicci. Una casa grigia, vista attraverso delle finestrelle verdi, appare anch'essa rossiccia. Anche il col01:e purpureo del mare mosso è un colore richiamato. La parte illuminata delle onde appare nel proprio colore verde, mentre quella in ombra si dà nell'opposto porpora. Il diverso orientamento delle onde rispetto all'occhio è quanto appunto produce l'efiet!O, Guardando attraverso un'apertura prodotta in tendaggi rossi o verdi, gli oggetti all'esterno appaiono del colore richiamato. Del resto, all'os~ervatore attento queste manifestazioni si mostreranno ovunque,, fino ad addirittura provocare una sensazione di disagio. , 58. Fin qui abbiamo conosciuto la simultaneità di questi ef- · fetti nei casi diretti, sebbene la si possa osservare anche in quelli inversi. Se dinanzi alla superficie bianca si pone un pezzettino di carta di un vivace arancio, e quindi lo si guarda fissamente, si vedrà assai difficilmente sulla restante superficie l'azzurro richiesto. Se però si toglie la carta color arancio, si manifesterà al suo posto l'apparente immagine azzurra, e in quell'istante, in virtù della piena energia dell'azzurro, la superficie rimanente si coprirà di una luminosità giallo-rossiccia, quasi si trattasse di lampi di ca-

Colori fisiologici

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lore, e così la produttiva azione di questa legge si offrirà, vivacemente, all'intuizione dell'osservatore. 59. Se i colori richiamati si manifestano facilmente là dove non ci sono, accanto e dopo i colori che quella richiesta avanzano, essi si presentano con tanta maggior intensità là dove già ci sono. Quando le nuvole della sera gettarono sul selciato di un cortile lastricato di pietre calcaree grigie, frammiste con erba, un chiarore rossiccio appena percettibile, quest'ultima apparve di un verde infinitamente bello. Nel caso inverso, il viandante che attraversa i prati in ~ondizioni di media luminosità, senza scorgere dinanzi a sé alcunché cli verde, vede spesso splendere i tronchi degli alberi e i sentieri di una tonalità rossiccia. Questa la si trova spesso nei pittori di paesaggi, in particolare tra quanti lavorano con gli acquerelli. Probabilmente essi vedono in natura questo effetto e inconsciamente lo imitano sebbene poi, al loro lavoro, venga rimproverato di essere innaturale. 60. Questi fenomeni sono della massima importanza indicandoci, da un lato, le leggi della visione e costituendo, dall'altro, una necessaria preparazione a una futura considerazione dei colori. L'occhio richiede qui - come risulta chiaramente da quelle legg1 una totalità, e serra in se stesso il cerchio dei colori. Nel violetto richiamato dal giallo sono racchiusi il rosso e l'azzurro; nell'arancio, al quale corrisponde l'azzurro, sta,nno invece il giallo e il rosso; il verde infine riunisce azzurro e giallo e richiama il rosso, e gli stessi rapporti valgono tra le sfumature delle mescolanze più diverse. Che in questo caso si sia costretti a postulare tre colori principali, è considerazione che gli osservatori già hanno ritenuto di dover proporre. 61. Quando nella totalità siano ancora osservabili gli elementi, da cui essa concresce, noi parliamo a buon diritto di armonia. Vedremo più avanti per quale via da questi fenomeni si derivi la teoria dell'armonia dei colori e come soltanto per queste proprietà il colore è adatto a un impiego estetico. Ciò risulterà chiaro quando avremo percorso l'intero ambito di questioni, tornando quindi al punto da cui abbiamo preso le mosse.

VI. OMBRE COLORATE

62. Prima di procedere oltre dobbiamo considerare altri assai notevoli casi èfi colori vivacemente richiamati e disposti l'uno accanto all'altro. Consideriamo a questo scopo le ombre colorate e, come primo passo, occupiamoci delle ombre non colorate. 63. Un'ombra gettata dal sole su una superficie bianca non provoca alcuna impressione di colore, fintantoché il sole agisce in tutta la sua energia. Essa appare nera oppure, con l'intervento di una luce ausiliaria, appare più debole, semichiara, grigia. 64. Le ombre colorate presuppongono invece due condizioni: primo, che la luce agente colori in qualche modo la super_fice bianca; secondo, che una luce ausiliaria illumini in ùn certo _grado· l'ombra. 65. Si collochi su una carta bianca, al crepuscolo, una candela corta accesa; tra di essa e la luce del giorno che va diminuendo si collochi in piedi una matita di modo che l'ombra, che la candela getta, possa venire rischiarata ma non cancellata dalla' debole luce del giorno: l'ombra si mostrera del più bell'azzurro. 66. Che quest'ombra sia azzurra è cosa che si nota subito, ma soltanto in virtù di un supplemento di attenzione ci si convince che la carta bianca àgisce come se fosse una superfice giallo-rossiccia, a motivo della quale nell'occhio viene sollecitato quel colore azzurro. 67. Considerando le ombre colorate, perciò, si deve sempre supporre che sulle superfici, sulle quali esse -cadono, viene disteso un colore suscitato nell'osservatore, che può essère facilmente riconosciuto a una osservazione più attenta. Ci se ne convinca cori il seguente esperimento. 68. Si prendano due candele accese e, di notte, le si collochi l'una di fronte all'altra su di una superfice ·bianca; si tenga, in piedi tra le due, una sottile asta di modo che ne risultino due ombre. Si prenda quindi un vetro colorato e lo si tenga dinanzi a una delle candele, cosicché la superfice bianca appaia colorata: in questo stesso momento l'ombra colorata provocata dalla candela che ora distende una certa tonalità, e illuminata dalla luce

Colori fisiologici

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incolore dell'altra candela, mostrerà il colore richiesto. 69. Vi è qui un punto assai importante, sul quale torneremo ripetutamente: i1 colore è, come tale, un valore d'ombra (crxte:p6v). In questo senso Kircher ha pienamente ragione a chiamarlo lumen opacatum e, come esso è affine all'ombra, così a essa si unisce per propria propensione, manifestandosi spontaneamente in essa e mediante essa non appena ve ne sia occasione. A questo proposito, in tema di ombre colorate, dobbiamo menzionare un fenomeno la cui derivazione e sviluppo potranno essere effettuati soltanto in seguito. 70. Si scelga, al crepuscolo, l'istante in cui la luce incidente del giorno è ancora in grado di gettare un'ombra che Ia luce della candela non può cancellare del tutto. Ne risulterà una doppia ombra, dalla luce della candela contro la luce del cielo, e poi dalla luce del cielo contro la luce della candela. Se la prima è azzurra, quest'ultima appare di un giallo intenso. Quest'ultimo è però, in realtà, soltanto la luminosità rossiccio-gialla - diffusa dalla luce della candela su tutta la carta - che diviene visibile nell'ombra. 71. Di ciò nell'esperimento di sopra ci si può convincere nel modo migliore con due candele e vetri colorati. Come anche, esaminando più esattamente i riflessi nonché altri casi, ci si. può convincere della incredibile facilità con cui l'ombra assume un colore. 72. In qu~sto modo sarebbe comodamente derivata anche la tanto controversa questione relativa a1la manifestazione di ombre colorate. Chi vede delle ombre colorate osservi dunque di quale colore è tinta la superfice chiara sulla quale esse appaiono. Si può persino considerare il colore dell'ombra come un cromatoscopio de1le superfici illuminate, potendo ipotizzare su11a superfìce il colore opposto al colore de1l'ombra e potendolo poi sempre fare oggetto di maggior attenzione. 73. Le ombre colorate, che è quindi possibile derivare facilmente, hanno costituito fino a ora un grande problema. Per Io più osservate all'aperto nel1a maggioranza dei casi apparivano azzurre, finendo col venir attribuite a una segreta qualità azzurra dell'aria. Gli esperimenti compiuti alla luce di candela in una stanza possono però facilmente convincerci che non è necessaria

La teoria dei colori

alcuna luminosità o riflesso azzurro, in quanto l'esperimento può essere eseguito in una giornata grigia e nuvolosa o dietro tende bianche chiuse, in una stanza dove non si trova il minimo azzurro, col risultato anzi che l'ombra azzurra si mostra tanto più bella. 74. Dice Saussure nella descrizione della sua escursione sul Monte Bianco: « Una seconda osservazione non priva d'interesse concerne i colori delle ombre, che noi, malgrado le più accurate osservazioni, mai riuscimmo a vedere azzurro scure, sebbene in pianura questo fosse stato caso frequente. Al contrario, su un totale di cinquantanove casi, le ombre ci apparvero una volta gialline, sei volte azzurro pallide, diciotto volte incolori o nere, e trentaquattro volte violetto pallide. Se dunque alcuni fisici suppongono che questi colori provengano da vapori casualmente dispersi nell'aria, che comunicano alle ombre le loro peculiari nuances, ma non però da un determinato colore dell'aria o del cielo, queste nostre osservazioni sembrano essere favorevoli alla loro opinione ». , Siamo in grado di sistemare con un certo agio le esperienze indicate da Saussure. A quella grande altezza il cielo era in gran parte sgombro da foschie. Il sole agiva in tutta la sua energia sulla neve, che quindi appariva all'occhio completamen.te bianca, e in questa occasione essi videro' le ombre completamente incolori. Quando l'aria era satura di una quantità minore di vapori di modo_ che la neve assumeva una tonalità giallina, risultavano ombre,violette e questo era il caso più frequente. Essi videro anche ombre azzurrine, sebbene più raramente, e la tonalità pallida degli azzurri e dei violetti · risultava dall'ambiente chiaro e sereno, circostanza che determinava la diminuzione di forza delle ombre. Soltanto una volta capitò loro di vedere l'ombra giallina e, come abbiamo visto sopra (70.), si tratta in questo caso di un'ombra gettata da una luce ausiliaria incolore e illuminata da una luce principale colorante. 75. Durante un'escursione invernale sullo Harz scendevo, verso sera, dal Brocken. Le ampie estensioni in alto e in basso e la landa mtera erano coperte di neve, gli alberi isolati e le rupi solitarie,

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i gruppi d'alberi e le masse rocciose, tutto era velato di brina, mentre il sole scendeva verso le acque dell'Oder. Durante la giornata già si erano osservate, unite al tono giallino della neve, ombre di un delicato violetto, che si potevano credere di un intenso azzurro quando un giallo più pronunciato veniva riflesso dalle zone di luce. Ma quando finalmente il sole si avvicinò al tramonto, e i suoi raggi filtrati dalle dense foschie ricoprirono l'intero mondo che mi circondava con il più bel porpora mai visto, il colore articolarmente favorevole anche al nostro lavoro, in quanto la teoria della natura, grazie a un lavoro incessante e multiforme, è giunta a un livello cosi alto che non pare impossibile ricondurre a un centro metodico la massa illimitata dei dati empirici. 738. Senza voler menzionare questioni che ci portano lontani dal nostro ambito, diremo però che le formule mediante le quali si esprimono i fenomeni elementari della natura non in maniera dogmatica, ma allo scopo di un ausilio didattico, si muovono in una direzione nella quale si otterrà subito, attraverso la concor-

Rapporti di prossimità

danza dei segni, anche necessariamente una concordanza del significato. 739. Gli osservatori fedeli della natura, per quanto pensino in maniera diversa riguardo altre questioni, concorderanno tuttavia nel riconoscere che tutto ciò che si manifesta, tutto ciò che si presenta come fenomeno deve r~vfare o a una scissione originaria, capace di ricomposizione, o a un'unità originaria capace di scindersi, e deve quindi presentarsi in questo modo. Scindere ciò che è unito e unire ciò che è scisso, è la vita della natura. È l'eterna sistole e diastole, l'eterna synkrisis e diakrisis, l'inspirare ed espirare del mondo in cui viviamo, agiamo e siamo. 740. Quanto qui esprimiamo come numero, come uno o du~ intendo ovviamente qualcosa di più alto, cosl come la manifestazione di un terzo, di un quarto e cosl via, in uno sviluppo ulteriore, va sempre presa in un senso più profondo e, soprattutto, ponendo a base di ognuna di queste espressioni un'intuizione autentica. 7~ 1. Conosciamo il ferro come un corpo particolare che è diverso da altri corpi. Esso è tuttavia in sé indifferente e diviene per noi degno di nota solo nell'ambito di certi nessi e usi. Eppure, quanto poco basta per sopprimere quest'indifferenza! Si presenta una scissione i cui termini, mentre si cercano e tendono a comporsi, acquistano nei confronti di ciò che è a loro eguale un nesso per cosl dire magico: e questa scissione che è poi solo una riunione, e che si prolunga attraverso tutto il genere. Conosciamo qui il corpo indifferente, il ferro. Ne vediamo la scissione, quindi la riproduzione della scissione e la sua sparizione e come essa facHmente si riproduca: un fenomeno originario che, a parer nostro, è prossimo all'idea, e che non riconosce al di sopra di sé alcunché di terreno. 742. Anche l'elettricità si comporta in maniera speciale. Come dato indifferente noi non la conosciamo. Per noi essa è un nulla, uno zero, un punto, di indifferenza che tuttavia si trova in tutti gli enti che si manifestano ed è, insieme, la fonte dalla quale, al più piccolo stimolo, ne viene una doppia manifestazione che appare solo per subito svanire. Le condizioni alle quali questa

La teoria dei colori

comparizione è provocata sono· infinitamente diverse a seconda della struttura dei singoli corpi. Dal più primitivo attrito meccanico fra corpi assai diversi fino al più delicato contatto fra corpi del tutto identici - e altrimenti determinati per meno di un soffio - la manifestazione è presente e operante, facilmente individuabile e pronunciata, definita e dotata di proprietà tali che noi possiamo applicarle, senza contraddire la sua costituzione, le formule della polarità, del Più e del Meno, quali nord e sud, vetro e ambra. 743. Questa manifestazione, sebbene si verifichi essenzialmente in superficie, non è però limitata unicamente a essa. Essa anzi agisce sulla determinazione di proprietà corporee, e si unisce direttamente alla grande manifestazione doppia che svolge nel1a chimica un ruolo cosi centrale: l'ossidazione e la disossidazione. 744. Avvicinare e inserire in questa serie, in questo cerchio) in questa corona di fenomeni, anche le manifestazioni del colore, è stato lo scopo dei nostri sforzi. Quanto non è riuscito a noi, sarà da altri compiuto. Abbiamo trovato una netta, originaria opposizione di luce e oscurità che, più in generale, si può esprÌmere nei termini di luce e non-luce. Abbiamo cercato di mediarla e di costruire il mondo visibilè mediante luce, ombra e colore, servendoci per lo sviluppo dei fenomeni di diverse formule, cosi come ci vengono presentate dalla teoria del magnetismo, dell'elettricità e del chimismo. Abbiamo tuttavia dovuto procedere oltre, trovandoci in una regione superiore e dovendo indicare rapporti più complessi. · 745. Se elettricità e galvanismo si distinguòno -nella loro generalità dallo specifico dei fenomeni magnetici, e sfinnalzano al disopra di questi, si può dire che il colore, pur sottostando a queste leggi, occupa un piano molto più elevato, ed espone a tutto suo vantaggio la propria natura nel mentre è efficace per il nobile senso della vista. Si consideri il molteplice prodotto dall'intensificazione del giallo e dell'azzurro nel rosso, dalla connessione di questi due estremi superiori nel porpora, dal mescolarsi dei due estremi inferiori nel verde. Quanta diversità rispetto allo schema in virtù del quale magnetismo ed elettricit~ possono essere concepiti! Questi ultimi fenomeni sono del resto situati su un gra-

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dino inferiore, di modo che pervadono e animano il mondo tutto, ma non possono sollevarsi fino all'uomo nel senso più alto ed essere da questi utilizzati esteticamente. Il generale e semplice schema fisico deve prima elevarsi e articolarsi in se stesso, per poter servire a scopi superiori. 746. Si richiami in questo contesto quanto abbiamo attribuito al colore, tanto in generale che in particolare, e si realizzerà e svilupperà da soli ciò che è stato appena accennato. Augureremmo al sapere, alla scienza, all'industria e all'arte, di ricondurre, quando fosse possibile, il bel capitolo della teoria dei colori dalla limitatezza e dall'isolamento atomistici in cui è stato finora confinato, al flusso dinamico della vita e dell'azione, di cui il nostro tempo gode. Queste impressioni diverranno ancor più vive quando la storia ci condurrà dinanzi cosl tanti uomini audaci e ricchi di intelletto, ai quali non riuscì di persuadere delle proprie convinzioni i propri contemporanei. ' RAPPORTI CON LA TEORIA DEL SUONO

747. Prima di passare all'azione sensibile-morale del colore, e a quella estetica che ne consegue, va qui detto qualcosa anche dei suoi rapporti col suono. Che effettivamente fra colore e suono abbia luogo un certo rapporto Io si è avvertito da tempi assai remoti, come provano le frequenti comparazioni compiute ora di passaggio, ora in modo sufficientemente articolato. L'errore che in questo ambito si è commesso è motivato da quanto segue. 748. Colore e suono non si possono in alcun modo paragonare. Entrambi possono però essere riferiti a una formula superiore e da questa essere derivati, sebbene separatamente. Colore e suono sono come due fiumi che nascono da un'unica montagna, ma che scorrono in condizioni del tutto diverse, in due regioni che nulla hanno di simile, cosicché rtessun tratto dei due corsi può essere confrontato con l'altro. Entrambi soho azioni elementari e generali, ·operanti secondo la legge universale del dividere e del tendere ulla riunione, del dirigersi ora verso l'alto ora verso il basso, dello

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spostarsi ora su questo ora su quel lato della bilancia, ma su lati interamente diversi, in modi diversi, poggiando su elementi intermedi diversi, rivolti a sensi diversi. 749. Se qualcuno comprendesse rettamente il modo in cui abbiamo riallacciato la teoria del colore alla teoria generale della natura, e integrasse con l'aiuto della fortuna o con la genialità ciò che ci è sfuggito, o che abbiamo mancato, anche la teoria del suono, di ciò siamo convinti, andrebbe unita interamente alla fisica generale poiché essa, solo da un punto di vista storico, vi occupa oggi un posto a sé. 750. Ma la difficoltà maggiore risiederebbe appunto nel distruggere, a favore di un trattamento fisico, la musica che per noi effettivamente si realizza, che nasce per vie empiriche insolite, casuali, matematiche, estetiche e geniali, sciogliendola nei suoi primi elementi fisici. Anche per ciò sarebbe forse giunto tempo e occasione, Il dove scienza ed arte convergono, dopo cosl numerosi e importanti lavori preparatori. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE SUL LINGUAGGIO E SULLA TERMINOLOGIA

751. Non si riflette mai abbastanza sul fatto che, -propriamente, un linguaggio è soltanto simbolico e figurato, e che esprime gli oggetti non immediatamente ma solo di riflesso. Ciò soprattutto se si tratta di enti che soltanto si approssimano all'esperienza, e che possono indicarsi come attività pfotto~o che come oggetti e che, nel regno della teoria della natura, sono iÌi' continuo moto. Essi non si possono fissare, e tuttavia se ne deve discorrere. Si cerca · allora ogni sorta di formule, per esprimerli almeno in modo appròssimativo e metaforico. · 752. Le formule metafisiche hanno una considerevole ampiezza e profondità, ma per riempirle degnamente si richiede un ricco contenuto, altrimenti rimangono vuote. Le formule matematkhe si possono applicare molto comodamente e con risultati felici in molti casi, ma rimane sempre in esse qualcosa di rigido e inarticolato, e noi ne avvertiamo subito l'inadeguatezza perché, anche

Rapporti di prossimità

in casi elementari, prendiamo assai presto in esame un incommensurabile. Esse sono per di più comprensibili solo in una cerchia

di uomini a ciò particolarmente preparati. Le formule meccaniche si rivolgono di più al senso comune, ma sono anch'esse comuni e contengono sempre qualcosa di grezw. Esse tramutano ciò che è vivo in ciò che è morto, uccidono la vita interna per introdurvi dall'esterno una vita inadeguata. Le formule corpuscolari sono strettamente affini a esse e, in virtù del loro impiego, ciò che è mobile acquista un carattere di rigidità, mentre rappresentazione ed espressione divengono primitive. Le formule morali, che senz'altro esprimono rapporti più delicati, appaiono infine come- mere metafore e, alla fine, si perdono in un gioco di sottigliezze. 753. Se tuttavia si fosse capaci d'impiegare consapevolmente questi modi di rappresentazione ed espressione, offrendo in un linguaggio articolato le proprie considerazioni sui fenomeni naturali, evitando ogni unilateralità e formulando in un'espressione viva un significato vivente, diverrebbe possibile mettere a parte di tanti aspetti interessanti. 754. Come è difficile però non porre il segno al posto della cosa, mantenere sempre vivo l'oggetto dinanzi a sé e non ucciderlo con la parola! Sotto questo riguardo nelle epoche recenti siamo esposti a un pericolo ancora più grave, in quanto abbiamo preso da tutto ciò che può essere conosciuto e saputo espressioni e terminologie allo scopo di esprimere le nostre intuizioni sulla natura. Si chiede -soccorso all'astronomia, alla cosmologia, alla geologia, alla storia naturale, perfino alla religione e alla mistica. E quanto spesso non accade che l'universale sia più velato e oscurato che illuminato e chiarito dal particolare, e cosl l'elementare dal derivato! Conosciamo bene il bisogno dal quale questo linguaggio ha avuto origine e si è diffuso, sappiamo anche che esso si rende in certo senso indispensabile: solo un suo impiego moderato e senza pretese, eseguito con convinzione e coscienza, potrà portare dei vantaggi con sé. · 755. Sarebbe tuttavia soprattutto desiderabile che il linguaggio con cui si vogliono designare le particolarità di un determinato ambito fosse da esso stesso desunto, e che il fenomeno più sem-

lA teoria dei colori

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plice fosse considerato come formula fondamentale e che, da esso, si derivassero e sviluppassero i fenomeni più complessi. 756. La necessità e convenienza di un simile linguaggio di segni in cui il segno fondamentale esprima il fenomeno stesso, si sono comprese applicando all'elettricità la formula della polarità, presa a prestito dalla calamita. Il Più e il Meno che si possono mettere al suo posto, hanno trovato un impiego adatto in molti fenomeni; perfino il musicista, probabilmente senza preoccuparsi degli altri rami della scienza, è stato indotto dalla natura a esprimere la differenza fondamentale tra i generi di suoni con i termini di maggiore e minore. 757. Abbiamo anche noi auspicato da tempo l'introduzione nella teoria dei colori del termine polarità, e con quale diritto e in quale senso, può venir mostrato dal presente lavoro. Forse in avvenire troveremo modo, grazie a questo procedimento, e al simbolismo che l'intuire sempre dovrebbe portare con sé, di stringere l'uno all'altro secondo un metodo nostro i fenomeni elementari della natura, rendendo così più chiaro quanto qui è stato esposto in forma generale e, forse, non abbastanza determinata.

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Sezione sesta

Azione sensibile e morale del colore

Il colore occupa un. posto assai elevato nella serie delle manifestazioni naturali originarie, in quanto riempie di una molteplicità ben definita il cerchio semplice che gli è assegnato. Non ci stupiremo quindi di apprendere che esso esercita un'azione, in particolare sul senso della vista, a cui esso in maniera evidente appartiene e, per suo tramite, sull'animo nelle sue più generali manifestazioni elementari, senza riferimento alla costituzione o alla forma del materiale, sulla cui superficie lo vediamo. Si tratta, diremo, di un'azione specifica quando il colore sia preso nella sua singolarità, mentre, in combinazione con altri, si tratta di un'azione in parte armonica, in parte caratteristica, spesso anche non-armonica, sempre tuttavia decisa e significativa, che si riallaccia direttamente al momento morale. Questo è il motivo per il quale il colore, considerato come un elemento dell'arte, può essere utilizzato come momento che coopera ai più elevati fini estetici. 759. Agli uominf il colore dona, in genere, grande diletto. L'occhio ne ha bisogno come ha bisogno della luce. Si ricordi il sollievo che si prova quando, in una giornata di foschia, il sole splende su qualche tratto di paesaggio rendendone visibili così i colori. 758.

La teoria dei colo,;

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L'attribuzione di particolari virtù terapeutiche alle pietre preziose colorate può venir spiegata dalla profondità di questo inesprimibile piacere. 760. l colori che si presentano sui corpi non sono qualcosa di completamente estraneo all'occhio, come se esso per la prima volta in questa occasione ne ricevesse l'impressione. Quest'organo è piuttosto sempre nella disposizione di produrre esso stesso dei colori, e avverte quindi una sensazione gradita quando dall'esterno giunge a lui qualcosa di conforme alla sua natura, e quando la sua capacità di determinarsi in una certa direzione viene a sua volta signifìcativamente determinata. 761. Dall'idea di opposizione della manifestazione, dalla conoscenza che abbiamo acquisito delle sue particolari determinazioni, possiamo concludere che le singole impressioni di colore non possono essere scambiate, che agiscono in modo specifico e che devono produrre stati specifici e determinati nell'organo vivente. 762. Altrettanto avviene nell'animo. L'esperienza insegn~ che ogni singolo colore dona un particolare stato d'animo. Di un francese ricco di spirito si racconta: il prét;ndoit que son ton de c:onversation avec Madame étoit changé depuis qu'elle avoit changé en cramoisi le meuble de son cabine/ qui étoit bleu. 763. Per avvertire in tutta la loro pienezza queste singole azioni significative è necessario che l'ocèhio sia circondato da un unico colore, che si trovi per esempio in una stanza dipinta con un'unica tinta o che guardi attraverso un vetro colorato. In questo modo ci si identifica col colore che accorda con sé,' all'unisono, occhio e spirito. ' 764. I colori dal lato del Più sono il giallo, il giallo-rosso (arancio), il rosso-giallo (minio, cinabro). Essi danno luogo a stati d'animo attivi, vivaci, tendenti all'azione. GIALLO

765. B il colore più prossimo alla luce. Origina da una sua attenuazione lievissima, avvenga essa a opera di mezzf torbidi, o in seguito a una debole riflessione da superfici bianche. Negli

Azione sensibile e morale del colore

esperimenti prismatici si espande da solo per un'ampia estensione dello spazio luminoso, ed è visibile nella massima purezza quando i due poli sono ancora separati, prima di mescolarsi con l'azzurro e di dare cosl origine al verde. Come il giallo chimico si sviluppi nel e sopra il bianco, verrà esposto per esteso al luogo opportuno. 766. Allo stato cli massima purezza il giallo contiene sempre in sé la natura del chiaro, e possiede una qualità, dolcemente stimolante, di serenità e di gaiezza. 767. A questo grado di purezza è piacevole come elemento ambientale, si tratti di una veste, di una tenda, di una tappezzeria. L'oro allo stato più puro ci dà, soprattutto quando luccica, un nuovo e alto concetto di questo colore. Allo stesso modo un giallo forte, se si presenta sopra una seta lucida, per esempio su raso, dà luogo a un'impressione di splendore e nobiltà. 768. E quindi conforme all'esperienza che il giallo produca un'impressione di calore e d'intimità. Per questo in pittura spetta alla parte illuminata e attiva. 769. Questo effetto di calore si avverte, nel modo più netto, se si guarda un paesaggio attraverso un vetro giallo, specialmente in grige giornate d'inverno. L'occhio ne viene allietato, il cuore si allarga, l'animo si rasserena: un immediato calore ci prende. 770. Se dunque questo colore è gradito ed è fonte di lietezza quando è puro e di tonalità chiara, e possiede invece serenità e nobiltà nella pienezza della sua energia, si mostra però estremamente sensibile, producendo un'impressione sgradevole, quando è sporco o è in una qualche misura condotto verso il lato del Meno. Cosi il colore dello zolfo, che dà nel verde, ha qualcosa di poco piacevole. 771. Quest'effetto sgradevole si produce quando il giallo è trasmesso a superfici impure e grossolane, come il comune panno, il feltro e simili, sulle quali non appare in tutta la sua energia. E sufficiente un leggero e impercettibile movimento per tramutare la bella impressione del fuoco e dell'oro nella sensazione del sudiciume, invertendo il colore della dignità e del diletto nel colore dell'infamia, della ripulsa e del disagio. I cappelli gialli dei bancarottieri e i cerchi gialli sui mantelli degli ebrei potrebbero aver

La teoria dei colori

avuto origine per questa ragione. Perfino quello che chiamiamo il colore dei cornuti è, propriamente, solo un giallo sporco. GIALLO-ROSSO

772. Poiché nessun colore permette d'esser considerato come in quiete, è facilissimo, per condensazione e oscuramento, intensificare e inalzare il giallo al giallo-rosso o alla tonalità rossiccia. Il colore cresce in energia e, come giallo-rosso, appare più vivo e spendido. 77 3. Vale qui tutto ciò che abbiamo detto del giallo, ma in misura superiore. In effetti il giallo-rosso dà all'occhio una sensazione di calore e di diletto, rappresentando sia il colore della brace ardente che il riflesso, senz'altro più moderato, del sole al tramonto. Perciò esso risulta gradevole anche negli ambienti e piacevole o addirittura magnifico - in misura maggiore o minore, nel vestiario. Una punta di rosso dona immediatamente al giallo un aspetto diverso e, se inglesi e tedeschi ancora si accontentano del cuoio di colori chiari, giallo-pallidi, il francese, come già padre Castel nota, ama il giallo che si intensifica fin quasi al rosso, come in generale si compiace di tutti i colori del lato attivo. ROSSO-GIALLO

77 4. Come il giallo puro trapassa assai ~cilmente nel gialiorosso, cosi non si può arrestare l'intensificazione. di quest'ultimo nel rosso-giallo. La sensazione gradevole e serena che il giallo-. rosso ancora ci offriva, nel rosso-giallo acceso si intensifica fino a una violenza intollerabile. 775. Il lato attivo si presenta qui nella massima energia, e non stupisce che questo colore sia amato soprattutto da uomini energici, sani, rudi. L'inclinazione a esso è stata chiaramente osservata in popoli primitivi. E quando i bambini, lasciati alla loro iniziativa, cominciano a colorire, non risparmiano di certo cinabro e minio. 776. Se si fissa con lo sguardo una superficie interamente rosso-

Azione sensibile e morale del colore

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gialla, il colore sembra veramente trafiggere l'occhio. Esso dà luogo a un'eccitazione incredibile, e conserva la capacità di produrre questo effetto anche se vi è una certa oscurità. La vista di un panno color porpora inquieta e infuria le bestie. Per parte mia ho conosciuto persone colte, alle quali riusciva insopportabile incontrare qualcuno con una veste scarlatta in una giornata grigia. 777. I colori del lato del Meno sono l'azzurro, l'azzurro-rosso e il rosso-azzurro. Essi dispongono a uno stato d'inquietudine, cli tenerezza e nostalgia. AZZURRO

778. Se il giallo conduce sempre con sé una luce, si può dire che l'azzurro conduce sempre con sé qualcosa di scuro. 779. Questo colore esercita sull'occhio un'azione singolare e quasi inesprimibile. Come colore è un'energia e tuttavia, trovandosi dal lato negativo è per cosl dire, nella massima purezza, un nulla eccitante. Esso è, nell'aspetto, una contraddizione composta di eccitazione e di pace. 780. Come vediamo azzurri il cielo alto e i monti lontani, cosl anche una superficie azzurra sembra arretrare dinanzi a noi. 781. Come seguiamo un oggetto piacevole che ci sfugge dinanzi, cosl guardiamo volentieri l'azzurro non perché ci aggredisce, ma perché ci attrae a sé. 782. L'azzurro ci dà un senso di freddo, come d'altronde ci ricorda l'ombra. Come esso derivi dal nero, già ci è noto. 783. Camere che siano tappezzate con un azzurro puro appaiono in certo modo ampie, ma per verità vuote e fredde. 784. Un vetro azzurro mostra gli oggetti in una luce triste. 785. Non è sgradevole se l'azzurro partecipa in certo modo del Più. Il verdemare .è, anzi, un colore piacevole. I

AZZURRO-ROSSO

786. Come abbiamo visto che il giallo, assai presto, s'intensifica, cosl osserviamo la stessa proprietà nell'azzurro. 787. L'azzurro, intensificandosi, passa molto dolcemente nel rosso, e sebbene app~rtenga al lato passivo acquista in questo processo un elemento di efficacia. Lo stimolo che esso produce è tuttavia di genere interamente diverso rispetto a quello del giallo-rosso: più che animare, esso rende inquieti. 788. Non diversamente da come l'intensificazione è incessante, anche con questo colore si desidera non arrestarsi mai, non però, come nel caso del giallo-rosso, procedendo sempre innanzi attivamente, ma trovando un punto in cui poter acquietarsi. 789. Molto rarefatto conosciamo questo colore col nome di lilla. Anche cosl possiede tuttavia qualcosa di vivace, privo di letizia. ROSSO-AZZURRO

790. L'inquietudine di cui dicevamo aumenta parallelamente all'intensificazione del colore, e si può senz'altro affermare che una carta da parati, di un rosso-azzurro saturo e completamente puro, deve costituire uria specie di presenza insopportabile. Per. questo motivo per vestiti, nastri o altri ornamenti, viene impiegato molto attenuato e chiaro; in base alla ~ua natura, esso provoca infatti un'eccitazione del tutto particolare. 791. Poiché l'alto clero si è appropriato di questo colore irrequieto, si potrebbe dire che esso mira alla R')rpora cardinalizia, appoggiandosi agli irrequieti scalini di una CO!ltinua tensione verso l'alto. ROSSO

792. Si escluda da questa denominazione tutto ciò che, nel rosso, potrebbe dar luogo a un'impressione di giallo o di azzurro. Ci s'immagini invece un rosso completamente puro, un carminio perfetto, essiccato su un piattino di porcellana bianca. Abbiamo spesso chia-

Azione sensibile e morale del colore

mato porpora questo colore a causa della sua grande dignità, sebbene sapevamo che il porpora degt1 antichi tendeva cli più al1'azzurro. 79 3. Chi conosce il sorgere prismatico del porpora non troverà paradossale se affermiamo che esso contiene, in atto o in potenza, tutti gli altri colori. 794. Nel giallo e nell'azzurro abòiamo notato una tensione all'intensificazione nel rosso, considerando contemporaneamente, a questo proposito, le nostre sensazioni. S'i può di conseguenza supporre che, nell'unione dei poli, s1 realìzz1 un autentico acquietamento che potremmo definire un appagamento ideale. Questa, che è la più alta delle manifestazioni di colore, risulta dunque, nei fenomeni fisici, dalla composizione di due estremi opposti che si sono gradatamente prepara.ti a una rmmone 795. Come pigmento invece il rosso c1 appare pienamente finito e il più perfetto nella cocciniglia. Materiale che si può tuttavia portare ora verso il Più, ora verso il Meno mediante trattamento chimico, e che si può ritenere forse m pieno stato cli equilibrio, nel migliore carminio. 796. L'azione cli questo colore è particolare come la sua natura. Esso dona un'impressione tanto di gravità e dignità che di clemenza e grazia. E produce la prima nel suo stato scuro e concentrato, la seconda nel suo stato chiaro e rarefatto. Cosl, la dignità della vecchiaia e l'amabilità della gi_ovmezza possono vestirsi di un unico colore 797. Della gelosia dei potenti verso il porpora la storia narra parecchi episodi. Un ambiente di questo colore è sempre solenne e sfarzoso 798. Un paesagg10 ben illuminato, attraverso un vetro color porpora, si mostra in una luce terribile. È la tonalità che il giorno del Giudizio dovrebbe pervadere cielo e terra 799. Le due sostanze di cui ci si serve in tintoria per la produzione cli questo colore, soprattutto il chèrmes e la cocciniglia, tendono tn misura maggiore o minore verso il lato del Più e quello del Meno. Trattate cioè con acidi o alcati vengono condotte nell'una o nell'altra direzione: è da notare allora che i francesi si ten-

La teoria dei colori

gono sul lato attivo, come mostra Io scarlatto francese che tende

al giallo, mentre gli italiani si dispongono sul lato passivo, e il loro scarlatto contiene un presentimento di azzurro. 800. Mediante un analogo trattamento alcalino viene a prodursi il cremisi, che i francesi devono detestare non poco se usano le frasi sot en cramoisi e méchant en cramoisi per indicare il massimo della stoltezza e della malvagità.

VERDE 801. Se combiniamo giallo e azzurro, che consideriamo i pr1m1 e più semplici colori, già al loro primo apparire, già al primo livello della loro azione, si ottiene il colore che chiamiamo verde. 802. In esso il nostro occhio trova un autentico appagamento. Se ambedu~ i colori-madre si equilibrano perfettamente nel composto, di modo che l'uno non si nota prima dell'altro, occhio e animo riposano su questo composto come se si trattasse di q4..alcosa di semplice. Non si vuole, né si puòt procedere oltre. Perciò il verde è di solito prescelto per la tappezzeria delle stanze di soggiorno. TOTALITA

e ARMONIA

803. Fin qui, ai fini della nostra esposizione, abbiamo supposto che l'occhio possa venir costretto a identificarsi con un qualsiasi colore singolo. Ciò sarebbe tuttavia possibile _soltanto per un . ' istante. 804. Se infatti intorno a noi vediamo un unico colore, che dà luogo nel nostro occhio alla percezione relativa alla sua proprietà, e che con la sua presenza ci obbliga a trattenerci insieme a esso in uno stato sempre identico, ci troviamo in una situazione forzata in cui l'organo non permane volentieri. 805. Quando l'occhio percepisce il colore viene subito posto in attività, ed è conforme alla sua natura la produzione, tanto inconsapevole quanto necessaria, di un altro colore che con quello dato racchiude la totalità del cerchio dei colori. Ogni colore sin-

Azione sensibile e morale del colore

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golo stimola nell'occhio, mediante una sensazione specifica, l'aspirazione all'universalità. 806. Per cogliere questa totalità, per appagare se stesso, l'occhio cerca, accanto a ogni spazio colorato, uno spazio incolore sul quale produrre il colore che viene richiamato. 807. Qui risiede dunque la legge fondamentale di ogni armonia dei colori, e di ciò potrà convincersi per propria esperienza chiunque si familiarizzi con gli esperimenti che abbiamo mostrato nella sezione relativa ai colori fisiologici. 808. Se quindi la totalità dei colori è offerta all'occhio dall'esterno in qualità di oggetto, essa gli giunge ben accetta in quanto la somma della sua propria attività gli viene inco,ntro come realtà. Consideriamo dunque, in primo luogo, queste composizioni armoniche. 809. Allo scopo di rendersene conto nel modo più semplice, ci si figuri un diametro mobile nel cerchio dei colori da noi presentato, e lo si faccia ruotare in esso. I due estremi del diametro indicheranno cosl, di volta in volta, i colori che si richiamano a vicenda, e che noi possiamo in definitiva ricondurre a tre opposizioni semplici. 810. Il giallo richiama l'azzurro-rosso, l'azzurro richiama il giallo-rosso, il porpora richiama il verde, e viceversa.

811. La lancetta che ci siamo figurati si sposta allora con un estremo dal centro dei colori, che si succedono nel loro ordine naturale, mentre con l'altro si sposta percorrendo la successione nella direzione inversa, cosicché con questo dispositivo si può indicare agevolmente per il colore _che richiama quello che viene richiamato. Non sarebbe senza utilità costruire un cerchio che non mostrasse come il nostro i colori e i loro passaggi in contrasto, ma in divenire continuo: ci troviamo qui in effetti a un punto assai importante che' merita tutta la nostra attenzione. 812. Se prima, contemplando i colori singoli, eravamo stimolati in modo per cosl dire patologico, in quanto ci sentivamo condotti di forza verso sensazioni singole, ora vivaci e vibranti, ora teneri

La teoria dei colori

e nostalgici, ora sollevati verso nobili sentimenti, ora rigettati nella banalità, il bisognò di totalità, che è costitutivo del nostro occhio, ci sottrae a questa limitazione. L'occhio stesso si pone in libertà, producendo l'opposto di quella manifestazione singola che se ne era impadronito e, quindi, generando una totalità che appaga. 813. Le opposizioni veramente armoniche, che ci vengono presentate nel cerchio dei colori, hanno un carattere di semplicità e, tuttavia, è importante il cenno che ci viene rivolto di sollevare attraverso la totalità 1a natura alla libertà, cosl come è importante che in questo caso una manifestazione naturale ci sia data direttamente per l'uso estetico. 814. Mentre possiamo affermare che il cerchio dei colori, così come l'abbiamo descritto, produce già secondo la sua materia una sensazione gradevole, va aggiunto qui ·che fino a ora si è assunto a torto l'arcobaleno quale esempio della totalità dei colori. In esso manca infatti il colore principale, il rosso puro o porpor~, che non può nascere perché, in questa m~mifestazione come nell'immagine prismatica prodotta, rosso-giallo e rosso-azzurro non si possono raggiungere. 815. In realtà, la natura non ci presenta alcun fenomeno generale, in cui la totalità dei colori sia interamente disposta insieme.· Qualcosa del genere si può produrre in tutta la sua bellezza median te esperimenti: come tuttavia l'intero fenomeno si componga nel cerchio dei colori è reso comprensibile nel modo migliore servendoci di pigmenti su carta finché, in virtù ·'èli cµsposizioni naturali e dopo lunga esperienza ed esercizio, non ci 'sentiremo finalmente pervasi dall'idea di quest'armonia, avvertendone la presenza nello spirito.

COMPOSIZIONI CARATTERISTICHE

816. Oltre a queste composizioni puramente armoniche, che risultano da se stesse e che comportano sempre totalità, con sé, ve ne sono altre - prodotte in modo arbitrario - che indichiamo tanto più facilmente in quanto sono rinvenibili nel nostro cerchio dei

A.rione sensibile e morale del colore

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color'1 non con diametri ma mediante corde, vale a dire saltando un colore intermedio. 817. Indichiamo come caratteristiche queste composizioni in qmmto esse, nel loro insieme, hanno qualcosa di notevole che s 'impone con una certa espressione, ma di cui non c1 sentiamo appagati. Ogni elemento caratteristico nasce solo come parte componente cli un intero col quale esso ha una relazione, senza tuttavia dissolversi in esso 818. Dal momento che conosciamo 1 colon nel loro modo di prodursi come nei loro rapporti armonici, ci si può attendere che anche i caratteri delle composizfom costruite secondo criteri arbitrari possiedano i significati. più diversi. Esaminiamoli a uno a uno. GIALLO E AZZURRO

819. :E la più semplice delle composiziom eh questo genere. Si può dire che m essa vi è troppo poco: m essa manca infatti ogni traccia cli rosso e quindi devia troppo dalla totalità. In questo senso la si può definire povera e, in quanto i due poli si trovano al gradino più basso, comune. Essa gode tuttavia del vantaggio della prossimità al verde, e quindi della prossimità al reale appagamento GIALLO E PORPORA

820. Ha qualcosa di unilaterale, ma tuttavia di gato e splendido. Si hanno qui uno accanto all'altro i due estremi del lato attivo, senza che ne venga espresso il continuo divenire. Poiché mescolandoli se ne può attendere il rosso-giallo, essi occupano in certo modo il posto di quest'ultimo. AZZURRO E PORPORA

821. Sono 1 due estremi del lato passivo con lo spostamento dell'estremo superiore verso l'estremo attivo. Poiché dalla mesco-

zoo

La teoria dei colori

lanza di entrambi si ottiene il rosso-azzurro, l'ef{etto di questa composizione si avvicinerà appunto a quello di quest'_ultimo colore. ROSSO-GIALLO E ROSSO-AZZURRO

822. Se composti hanno, come gli estremi intensificati dei due lati, qualcosa di eccitante, di elevato. Ci danno il presentimento del porpora, che in esperimenti fisici si ottiene dalla loro unione. 823. Queste quattro composizioni hanno dunque un elemento comune: mescolate, produrrebbero i colori intermedi del nostro cerchio dei colori. Risultato che si produce anche quando la composizione consta di piccole parti ed è osservata da lontano. Una superficie con leggere strisce azzurre e gialle appare, da una certa distanza, verde. 824. Se l'occhio vede l'uno accanto all'altro azzurro e giallo, si trova a compiere il particolare sforzo di voler sempre produrre del verde senza mai riuscirvi e di non poter quindi produrre un senso di quiete prendendoli singolarmente e neppure di totalità prendendoli insieme. ' 825. Si vede quindi che non a torto abbiamo chiamato caratteristiche queste composizioni, dal momento che il carattere di ciascuna deve riferirsi al carattere dei singoli colori di cui è composizione. COMPOSIZIONI PRIVE DI CAR4TTERI

826. Consideriamo ora l'ultimo tipo di composizione, che si può . ricavare facilmente dal cerchio dei colori. Si tratta di quelle composizioni che vengono indicate mediante corde più brevi, saltando non tutto un colore intermedio, ma solo il passaggio dall'uno all'altro. 827. Possiamo definirle composizioni prive di carattere, in quanto sono troppo prossime affinché la loro impressione sia significativa. La maggior parte conserva tuttavia ancora una certa legittimità indicando un progresso i cui nessi però possono divenire appena percepibili.

Azione sensibile e morale del colore

2.0(

828. Così il giallo e il rosso-giallo, il rosso-giallo e il porpora, l'azzurro e il rosso-azzurro, il rosso-azzurro e il porpora, esprimono gradi prossimi di intensificazione e culminazione e, ·in celte proporzioni, certamente non produrranno effetto sgradevole. 829. Giallo e verde hanno sempre un carattere di serenità comune, azzurro e verde, di comune e scostante: per questo i nostri predecessori chiamarono quest'ultima composizione colore dei pazzi. LE COMPOSIZIONI IN RAPPORTO A CHIARO E SCURO

Queste composizioni possono moltiplicarsi combinando i due colori chiari, oppure i due colori scuri, o il colore chiaro con quello scuro. Dove in ogni singolo caso varrà quanto valeva in generale. Tra le innumerevoli varianti che hanno luogo, menzioniamo solo le seguenti. 831. Il lato attivo, composto col nero, guadagna in energia; quello passivo ne perde. Combinato col bianco e chiaro, il lato attivo perde in energia, quello passivo acquista in gaiezza. Porpora e verde con nero appaiono scuri e tetri, con bianco mostrano un carattere festoso. 832. A ciò si aggiunga che tutti i colori possono più o meno essere sporcati e, fino a un certo grado, resi irriconoscibili, e che possono venire composti sia fra loro sia con colori puri. Operazioni con le quali i rapporti variano all'infinito, restando però valido tutto ciò che valeva per i colori puri. 830.

CONSIDERAZIONI STORICHE

833. Se in quanto precede si sono esposti i principi dell'armonia dei colori, non sarà inutile ripetere quanto abbiamo già detto, ricollegandoci a esperienze ed esempi. 834. Quei principi erano stati derivati dalla natura umana e dai• rapporti noti tra le 'manifestazioni di colore. Nell'esperienza si incontrano parecchie circostanze conformi a essi e molte altre che li contraddicono. 835. Selvaggi, popoli primitivi, fanciulli, mostrano una fort~ pro-

Z0.2

La teorill dei colori

pensione per il colore nella sua massima energia e, quindi, specialmente per il rosso-giallo, nonché una certa tendenza al variopinto. Quest'ultimo ha origine quando i colori vengono composti nell'energia massima senza squilibrio armonico. Se, però, si trova questo equilibrio o per istinto o per caso, ne risulta un effetto piacevole. Ricordo che un ufficiale dell'Assia, che veniva dall' America, si dipinse il volto al modo dei selvaggi; risultandone una sorta di totalità tutt'altro che sgradevole. 836. I popoli dell'Europa del sud vestono colori molto vivaci, e sete a buon mercato incoraggiano questa propensione. In particolare le donne, coi loro corpetti e nastri dei colori più vivaci, sono sempre in armonia con l'ambiente, non potendo superare in luminosità lo splendore del cielo e della terra. 837. La storia della tintoria ins_egna che certe convenienze e certi vantaggi di natura tecnica hanno esercitato grande influenza sul modo di vestire dei popoli. Cosl si vedono molti tedeschi vestiti di azzurro, perché è un colore che resiste molto sul panno., così come si vedono anche, in diverse regiµni, i contadini in un traliccio verde che prende bene questo colore. Se un viaggiatore volesse prestarvi attenzione, potrebbe compiere in proposito osservazioni simpatiche e istruttive. 838. Se i colori producono stati d'animo, d'altro lato si adattano a stati d'animo e condizioni di vita. Popoli vivaci come i francesi amano i colori intensi del lato attivo. Popoli misurati come inglesi e tedeschi prediligono il paglierino o il giallo-cuoio su cui portano dell'azzurro scuro. Popoli che ripongono grande valore nella dignità, come l'italiano e lo spagnolo, fanno tendere il rosso dei loro mantelli verso il lato passivo. 839. Nel vestito si mette in relazione il carattere del colore còl carattere della persona. Si può osservare il nesso fra i singoli colori o i colori composti e il colorito del volto, l'età e lo stato sociale. 840. Le giovani donne inclinano al rosa e al verdemare, gli anziani al viola ed al verde-scuro. La bionda tende al viola e al giallo chiaro, la bruna all'azzurro e al rosso-giallo e, tutto sommato, con ragione.

Avone sensibile e morale del colore

ZO}

Gli imperatori romani erano gelosissimi del porpora. La veste dell'imperatore cinese è in arancio e p(?rpora. Anche i suoi servi e sacerdoti possono portare il giallo-limone 841. Le persone colte mostrano una certa avversione al colore. Ciò può risultare in parte da una debolezza dell'occhio, in parte da un'incertezza del gusto che tende a mettersi al riparo del nulla. Le donne vestono quindi quasi sempre di bianco, gli uomini di nero. 842. Non è qui fuori luogo osservare che l'uomo tanto ama distinguersi quanto confondersi fra i propri simili. 843. Il color nero doveva ricordare al nobile veneziano l'eguaglianza repubblicana. 844. Ci si può forse ancora chiedere .fino a che punto il fosco cielo del nord abbia a poco a poco scacciato i colori. 845. Certamente si è assai limitati nell'uso dei colori pieni. I colori sporchi, smorzati (i cosiddetti colori di moda) presentano un'infinità di gradazioni e sfumature che per lo più non sono prive di grazia. 846. Va notato che, usando tinte piene, le signore si espongono al rischio. di rendere ancora meno appariscente un colorito non troppo vivace, che sono poi del resto costrette a rianimare con belletti, per potersi adeguare a un ambiente luminoso. 847. Rimarrebbe qui ancora un lavoro di un qualche interesse, cioè valutare uniformi, livree, coccarde e altri segni distintivi in base ai principi esposti. In genere, si può dire che questi abiti ed emblemi non dovrebbero avere colori armonici. Le uniformi dovrebbero avere carattere e dignità, le livree possono essere ordinarie e vistose. Esempi, buoni e cattivi, non dovrebbero mancare, poiché il cerchio dei colori è già stato più volte messo alla prova. AZIONE ESTETICA

848. Dall'azione ~ensibile e morale· dei colori, presi singolarmente o in composizione, come l'abbiamo fin qui esposta, deriviamo per l'artista la loro azione estetica. Anche qui diamo le notizie più indispensabili, dopo aver trattato di luce e ombra,

La teoria dei colori

premesse generali della rappresentazione pittorica, alle quali la manifestazione di colore direttamente si collega. CHIAROSCURO

849. Chiamiamo chiaroscuro, clair-obscur, la manifestazione di oggetti corporei quando si consideri soltanto l'azione della luce e dell'ombra. 850. In senso più stretto, viene cosi chiamata talvolta anche .una zona d'ombra illuminata da riflessi. Qui, però, adoperiamo la parola nel primo e più generale significato. 851. La distinzione del chiaroscuro da tutte le altre manifestazioni di colore è possibile e necessaria. L'artista risolverà prima l'enigma della rappresentazione se comincerà a pensare il chiaroscuro indipendentemente dal colore e a conoscerlo in tutta la sua portata. 852. Il chiaroscuro fa apparire il corpo come corpo, in quanto luce e ombra ci danno nozione della materialità. 853. Vanno qui considerate la luce più intensa, la mezzatinta, l'ombra e in quest'ultima, ancora, l'ombra propria del corpo, l'ombra gettata su altri corpi, l'ombra rischiarata o riflessa. 854. Volendo formarsi un concetto generale del chiaroscuro la sfera costituirebbe l'esempio più· naturale, e tuttavia insufficiente ai fini dell'impiego estetico. L'unità che sfuma troppo rapidamente di questa figura rotonda conduce infatti al nebuloso. Per ottenere effetti artistici è necessario introdurvi delle tacce, in modo che le parti in luce e quelle in ombra si distinguano .. Ìneglio. 855. Gli italiani danno a ciò il nome di pia:a.oso, e in tedesco si potrebbe chiamarlo Flachenhafte. Se dunque la sfera è buon esempio di chiaroscuro naturale, il poliedro costituisce un esempio di chiaroscuro artificiale dove sono percepibili tutti i generi di luce, mezzaluce, ombra e riflesso. 856. L'uva è riconosciuta come un buon esempio d'insieme pittorico in chiaroscuro, tanto più che essa, per la sua stessa forma, è in grado di rappresentare uno splendido insieme. Essa è però adatta solo al maestro che sa vedervi ciò che vi intende eseguire.

Aiione sensibile e morale del colore

857. Per rendere comprensibile il primo concetto, che. è difficile astrarre anche da un poliedro, proponiamo un cubo i cui tre lati visibili rappresentino separatamente, ciascuna accanto all'altra, la luce, la mezzatinta e l'ombra. 858. Passando al chiaroscuro di una figura più composta, scegliamo l'esempio di un libro aperto, che ci avvicina a una maggiore varietà. 859. Le statue antiche del periodo migliore sono elaborate nel modo più atto al raggiungimento di simili effetti. Le parti in luce sono trattate in maniera semplice, le parti in ombra in modo più discontinuo, così da renderle capaci di vari riflessi: si può rammentare a questo proposito l'esempio del poliedro. 860. Nella pittura antica ne sono esempi i dipinti di Ercolano e le Nozze aldobrandine. 861. Esempi moderni si rinvengono in singole figure di Raffaello, in interi dipinti del Correggio, della scuola olandese e soprattutto di Rubens. TENDENZA AL COLORE

862. Un'opera d'arte in bianco e nero può presentarsi raramente in pittura. Qualche esempio lo offrono certi lavori di Polidoro e le nostre incisioni e fogli raschiati. Queste sono pregevoli dal momento che consistono di forme e ombreggiatura, ma sono poco piacevoli per l'occhio, in quanto nascono da un'astrazione violenta. 863. Ma appena l'artista si abbandona al proprio istinto, si annunzia subito un elemento di colore. Appena il nero dà verso l'azzurrognolo, ha luogo un richiamo del giallo, che l'artista distribuisce per istinto e applica per ravvivare l'insieme, nel modo che gli sembra più opportuno: puro nelle luci o tendente al marrone rossastro nei riflessi. 864. Tutte le varietà di camdieu, o di « colore in colore », consistono in ultima analisi nell'introduzione dell'opposto colore richiamato, o nel ricorso a qualche altro effetto cromatico. Così, nei suoi affreschi in bianco e nero, Polidoro introduce un vaso giallo o qualcosa del genere.

L4 teoria dei colori

206

865. In arte del resto, in tutti i tempi, gli uomini tendono per istinto al colore. :B quotidiana esperienza che gli appassionati del disegno passano dall'inchiostr_o di China o dal gessetto nero su carta bianca alla carta colorata, usando poi diversi tipi di gessetto e arrivando infine al pastello. Oggi si vedono ritratti, disegnati con punta d'argento, ravvivati da guance rosse e abiti colorati e, perfino, silhouettes in uniformi variopinte. Paolo Uccello dipingeva figure incolori in paesaggi colorati. 866. A quest'impulso non seppe resistere nemmeno la scultura antica. Gli egizi coloravano i loro bassorilievi. Alle statue davano occhi di pietre colorate, a teste ed estremità di marmo aggiungevano vesti di porfido, usavano lo spato calcareo multicolore per i listelli dei busti. I gesuiti non mancarono di comporre così il loro san Luigi a Roma e, nella recente scultura, si distingue la carnagione dai drappeggi mediante una tintura. OMBREGGIATURA

867. Se la prospettiva lineare ci mostra gli oggetti che a motivo della distanza digradano in grandezza apparente, la prospettiva aerea ci mostra - per lo stesso motivo - il loro sfumare in maggiore o minore chiarezza. 868. Se quindi, secondo la natura dell'occhio, noi non vediamo gli oggetti lontani con la stessa chiarezza di quelli vicini, la prospettiva aerea si basa sull'importante principio che tutti i mezzi trasparenti sono più o meno torbidi. ' 869. L'atmosfera è sempre più o meno torbida~' proprietà che si rivela soprattutto nei Paesi meridionali, con alta pressione, tempo · asciutto e cielo senza nubi, dove lo sfumare di oggetti anche poco distanti l'uno dall'altro si può osservare con molta chiarezza. 870. La manifestazione è in generale nota a tutti, ma il pittore vede o crede di vederla già alle distanze minime. Egli la rappresenta sfumando, appunto, le diverse parti di un corpo: per esempio di una faccia vista di fronte. Qui anche l'illuminazione avanza i suoi diritti, provenendo di Iato, mentre l'ombreggiatura procede dal primo piano verso il fondo.

COLORITO

871. Passando ora al colorito, presupponiamo che il pittore abbia preso familiarità con lo schema della nostra teoria dei colori. avendo fatto propri quei capitoli e paragrafi. che specialmente lo riguardano. Si troverà cosi in condizione di operare piuttosto agevolmente con la teoria e la pratica nella conoscenza della natura e nell'applicazione all'arte. COLORITO AMBIENTALE

872. Il colorito si presenta in natura immediatamente ms1eme all'ombreggiatura, in quanto la prospettiva aerea si basa sulla teoria dei mezzi opachi. Il cielo, gli oggetti luminosi e perfino le ombre vicine, li vediamo azzurri. Nello stesso tempo gli oggetti tanto illuminanti quanto illuminati passano gradualmente dal giallo al porpora. In molti casi si verifica subito il richiamo fisiologico dei colori; e in virtù di queste determinazioni, operanti insieme o in urto reciproco, un paesaggio completamente incolore si presenterà, all'occhio, completamente colorato. COLORITO DEGLI OGGETTI

873. I colori locali sono i generali colori elementari, ma specificati secondo le caratteristiche dei corpi e delle superfici su cui ]i osserviamo. Questa specificazione è infinitamente varia. 874. È molto diverso se si ha dinanzi seta oppure lana· colorata. Ogni modo di preparazione e tessitura già determina variazioni. :B anche importante se si tratta di stoffe ruvide, lisce o lucenti. 875. È quindi un pregiudizio dannoso all'arte quello secondo cui il buon pittore non ha da tener conto della stoffa degli abiti e deve dipingere panneggi per cosi dire astratti. Non viene cosi annullata ogni variante caratteristica, e il ritratto di Leone X è forse meno stupendo perché il velluto, il raso e il mofre vi sono imitati uno accanto all'altro? 876. Nei prodotti naturali, i colori appaiono più o meno mo-

La teoria dei colori

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dificati, specificati, individualizzati, come si vede nelle rocce e nelle piante, nelle penne degli uccelli e nel pelo degli animali. 877. La principale arte del pittore consiste essenzialmente nel fatto che egli imita la presenza di una materia determinata, sopprimendo la generalità, l'elementarità della manifestazione cromatica. La massima difficoltà s'incontra in questo senso nella superficie del corpo umano. 878. Il colorito della c·arne, nel complesso, sta dalla parte del lato attivo, sebbene essa possieda anche una componente d'azzurrognolo che appartiene al lato passivo. Il colore viene privato della sua condizione elementare e neutralizzato mediante l'organizzazione. 879. Considerando quanto abbiamo detto nella teoria dei colori, sarà senz'altro più facile di quanto non lo sia stato finora all'artista ricco di spirito, armonizzare il colorito dell'ambiente con quello degli oggetti, in maniera che egli si troverà in grado così di evocare visioni infinitamente belle, varie e insieme vere. COLORITO CARATTERISTICO

880. La composizione di oggetti colorati, e la colorazione dello spazio in cui essi sono contenuti, devono conformarsi al fine che l'artista si è proposto. Qui è particolarmente necessario conoscere l'azione dei colori, singolarmente ò associati, sulla sensibilità umana. Il pittore deve quindi essere cosciente sia della loro dualità generale, che della loro opposizione speciale, come deve aver pienamente compreso quanto abbiamo detto sulle qùalttà dei colori. 881. Il colorito caratteristico può essere ordinatò sotto tre principali rubriche che provvisoriamente designamo attraverso le espressioni di energico, blando, splendido. 882. Il primo effetto origina dalla prevalenza del lato attivo, il secondo da quella del lato passivo, il terzo infine dalla tota1ità del cerchio dei colori e dalla loro rappresentazione in equilibrio. 883. L'effetto energico si raggiunge con giallo, rosso-giallo, e porpora che va mantenuto allora sul lato attivo. Da aggiungere poco viola e poco azzurro, ancor meno verde. L'effetto blando si ottiene con azzurro, violetto e porpora tenuto però verso il lato passivo.

Azione sensibile e morale del colore

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Poco giallo e rosso-giallo, ma molto verde possono eventualmente esservi impiegati. 884. Se dunque si vogliono produrre questi due effetti nella loro pienezza, si possono ridurre al minimo i colori richiamati, mostrandone solo quel tanto che basta per avere un presentimento della totalità. COLORITO ARMONICO

885. Sebbene queste due determinazioni caratteristiche, nel modo appunto indicato, possano in un certo senso prendere il nome di armoniche, il vero effetto armonico si verifica unicamente allorché tutti i colori sono prodotti l'uno accanto all'altro in equilibrio. 886. Cosl si può ottenere tanto lo splendido quanto il piacevole; essi però avranno sempre qualcosa di generico, e in questo senso di non caratterizzato. 887. Ciò spiega perché il colorito della maggior parte dei moderni sia privo di carattere. Infatti, affidandosi solo al loro istinto, il massimo a cui possono arrivare sotto la sua guida rimane la totalità, che viene in qualche modo raggiunta, senza però ottenere quel carattere che il quadro potrebbe avere. 888. Se invece si tengono presenti i nostri principi si potrà, per ogni oggetto, scegliere con sicurezza un'altra determinazione di colore. Non vi è dubbio che l'applicazione richiede un'infinità di modificazioni, le quali riusciranno solo al genio che sia compenetrato da questi princlpi. TONO VERO

889. Se in futuro si vorrà ancora desumere dalla musica la pa• rola tono, o meglio tonalità, per applicarla a11a pittura, ciò potrà aver luogo in un senso più esatto di quanto fin qui sia avvenuto. 890. Non a torto un quadro a effetto energico si paragonerebbe a un brano musicale in tonalità maggiore, un quadro ad effetto blando a uno in tonalità minore; e in generale per le varianti dei due effetti principali si potrebbero trovare altri punti di confronto.

TONO FALSO

891. Ciò che finora era chiamato tono, consisteva in un velo di un solo colore tirato sull'intero quadro; volendo d'istinto portarlo in direzione del lato energico si sceglieva di solito il giallo. 892. Un dipinto osservato attraverso un vetro giallo apparirà appunto in questo tono. Val la pena fare e ripetere l'esperimento per imparar bene cosa accade con un'operazione di questo genere: una specie d'illuminazione notturna, un'intensificazione del colore originario, ma contemporaneamente un offuscamento del lato del Più e un insudiciamento del lato del Meno. 893. Questo tono improprio è nato per istinto dall'incertezza sul da farsi, cosl, invece di una totalità, si è prodotta un'uniformità. COLORITO DEBOLE

894. Appunto quest'incertezza spiega come mai si creino discontinuità nei colori dei quadri, perché si dipinga partendo dal -grigio e ritornando al grigio e perché si tratti il colore nel modo più leggero possibile. 895. In dipinti così concepiti si trovano opposizioni armoniche riuscite in maniera veramente felice, ma prive di coraggio, dal momento che si teme il variopinto. IL VARIOPINTO

896. Un dipinto diviene facilmente variopinto· quando in esso si sia voluto, in modo del tutto empirico e in base a impressioni incerte, porre i colori l'uno accanto ali' altro nella pienezza della loro energia. 897. Se invece si dispongono l'uno accanto all'altro dei colori deboli, seppure stridenti, certamente l'effetto è meno appariscente. Si trasmette cosl allo spettatore la propria insicurezza e, da parte sua, egli non potrà né lodare né disapprovare. 898. Pure importante è notare che in un quadro i colori possono trovarsi nel giusto rapporto reciproco e che, tuttavia, esso

Azione se,,sibile e morale del colore

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diviene variopinto se s'impiegano erroneamente i colori in rap-_ porto alla luce e all'ombra. 899. Questa situazione si registra con tanta più facilità, in quanto luce e ombra sono già date dal disegno e sono, per così dire, in esso contenute, mentre il colore dipende ancora dalla scelta e dall'arbitrio. TIMORE DELLA TEORIA

900. Ancor oggi vi è tra i pittori timore e, perfino, antipatia decisa dinanzi.a ogni considerazione teorica intorno al colore e alle sue proprietà, senza tuttavia che li si possa di ciò incolpare. Quanto finora è stato de.finito come teorico era infondato, incerto e rmviava all'empiria. Ci auguriamo che la nostra fatica possa attenuare questo sospetto, e indurre l'artista a esaminare nella prassi e a rendere operanti i principi esposti. SCOPO ULTIMO

901. Senza una visione dell'insieme è infatti impossibile raggiungere lo scopo ultimo. L'artista deve, prima di tutto, essere intimamente compreso di ciò che abbiamo sostenuto. Solo attraverso l'accordo di luce e ombra, di sfumatura, di colorazione vera e caratteristica, il dipinto può dal nostro attuale punto di vista apparire compiuto.

FONDO 902. Era proprio della maniera dei pittori antichi dipingere su fondo chiaro. Questo consisteva di gesso che veniva disteso in spessi strati su legno o su tela, e successivamente levigato. Si di~egnava poi il conto~no e si tinteggiava il quadro con un colore nerastro o bruniccio. Sono rimasti ancora, preparati in questo modo, alcuni quadri di Leonardo da Vinci, Fra' Bartolomeo e numerosi di Guido Reni. 903. Quando si passava alla colorazione con l'intenzione di rap-

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La teoria dei colori

presentare vesti bianche, si lasciava talvolta il fondo cosl come era. Tiziano procedette in questo modo negli ultimi anni quando disponeva della massima sicurezza e sapeva ottener molto con poco sforzo. Il fondo biancastro era trattato come mezzatinta, poi si distribuivano le ombre e infine le luci alte. 904. Nel colorire, il disegno sottostante in certo modo passato a tinta scura rimaneva efficace. Si dipingeva per esempio in azzurro di smalto una veste e il bianco traspariva dal fondo e lo animava, non diversamente da come la parte già distesa per l'ombra smorzava il colore, senza che esso si trovasse sporcato o mescolato. 905. Questo metodo presenta parecchi vantaggi, in quanto nepe parti del quadro poste in luce si disponeva di un fondo chiaro, in quelle poste in ombra, di un fondo scuro. L'intero quadro era preparato e si poteva dipingere con colori leggeri, certi dell'accordo fra luce e colori. La pittura ad acquarello, ai nostri giorni, si basa su questi princìpi. 906. Nella pittura a olio s'impiega oggi del resto un fondo ' tra chiaro in quanto, da un lato, le mezzetinte sono più o meno sparenti e quindi in una certa misura ànimate da un fondo chiaro e, dall'altro, le stesse ombre non divengono così facilmente scure. 907. Per qualche tempo si dipinse anche su fondi scuri. L'usanza fu probabilmente introdotta dal Tintoretto, e s'ignora se anche Giorgione vi si adeguasse. I quaari migliori di Tiziano non sono dipinti su fondo scuro. 908. Si trattava comunque di un fondo bruno-rossiccio e, disegnatovi sopra il quadro, si distribuivano le' ombre più cariche, s'impastavano piuttosto densi i colori chiari s~lle zone alte in direzione delle ombre, di modo che il fondo scuro traspariva come mezzatinta attraverso gli strati più sottili del colore. L'effetto, nelle fasi successive della colorazione, era ottenuto ripassando più volte le zone chiare, e distribuendo le luci alte. 909. Questa maniera, pur raccomandandosi per la rapidità cbe si ottiene nell'esecuzione, porta con sé conseguenze piuttosto negative. Da un lato il fondo energico si rafforza e scurisce, dall'altro quel tanto che i colori chiari perdono via via in chiarezza conferisce alla parte in ombra un peso via via maggiore. Le mezze-

Azione sensibile e morale del colore

tinte divengono sempre più scure e l'ombra diviene infine scura quanto la tenebra. Infine, le luci troppo cariche rimangono le uniche zone di luce e, come si vede nei dipinti della scuola bolognese e del Caravaggio, sul quadro si notano soltanto macchie luminose. 91 O. Per concludere, torna qui a proposito un accenno alla verniciatura. In essa si considera come fondo chiaro un colore già steso. Si può in questo modo dar luogo a una mescolanza ottica, si può rendere più intenso il colore, si può infine dargli quello che si chiama un tono, con l'effetto tuttavia di renderlo sempre più scuro. PIGMENTI

911. Li riceviamo dalle mani del chimico e dello sc:enziato della natura. Al proposito molto è stato annotato e pubblicato. Il capitolo merita comunque, di tempo in tempo, di venire del tutto rielaboràto. Frattanto, il maestro comunica le sue conoscenze in proposito all'allievo, l'artista all'artista. 912. Vengono comunque selezionati specialmente quei pigmenti che, per natura, offrono la maggior resistenza, dove tuttavia va osservato che anche il modo di trattarli contribuisce notevolmente alla conservazione del quadro. Per questo non si raccomanderanno mai abbastanza l'impiego del minor numero possibile di materie coloranti e il metodo di stesura più semplice. 913. Il gran numero dei pigmenti ha infatti nuociuto in vario modo al colorito. Ogni pigmento ha la sua particolare essenza dal punto di vista della sua azione sull'occhio, e inoltre ciascuno richiede un particolare proprio trattamento. La prima circostanza spiega perché l'armonia sia più difficile da ottenere con molti pigmenti che con pochi; la seconda, perché fra i corpi coloranti possano aver luogo azioni e reazioni chimiche 914. Ricordiamo infine alcuni orientamenti erronei, dai quali gli artisti si lasciano prendere. Per esempio, i pittori sognano sempre di nuove materie coloranti e, quando se ne sia trovata una, credono di aver compiuto un passo avanti in arte. Si danno un

La teoria dei colori

gran daffare allo scopo di conoscere gli antichi sistemi meccanici di trattamento dei colori, perdendo in ciò parecchio tempo come appunto avvenne quando, sul finire del secolo scorso, ci si arrovellò intorno alla pittura a encausto. Altri ancora si dedicano interamente alla invenzione di tecniche nuove, senza peraltro ricavarne granché: perché, in definitiva, è lo spirito che rende viva ogni tecnica. IMPIEGO ALLEGORICO, SIMBOLICO E MISTICO DEL COLORE

915. Abbiamo mostrato per esteso che ogni colore produce nell'uomo un'impressione particolare, e cosl rivela la sua natura all'occhio e all'animo. Ne deriva senz'altro che il colore si presta all'impiego anche per determinati scopi sensibili, morali, estetici. 916. Un impiego di questo genere, del tutto in accordo con la· natura, potrebbe definirsi quello simbolico, quando cioè ci si servisse del colore secondo la sua azione e il vero nesso esprimesse subito il significato. Se per esempio si costituisce il porpora à simbolo della maestà, non vi è dubbio che si è trovata l'espressione esatta, come più sopra abbiamo già esposto in modo sufficiente. 917. Strettamente affine a questo è un· altro impiego, che potremmo chiamare allegorico. Esso contiene una quota maggiore di casualità e arbitrarietà, direi perfino qualcosa di convenzionale in quanto, prima di realizzarne il significato, è necessario che ci venga offerto il senso del segno, come nel caso del verde attribuito alla speranza. ' 918. Che infine il colore permetta un'interpretàzione mistica, lo si può facilmente presumere. Poiché infatti lo schema nel quale · è possibile rappresentare la molteplicità dei colori ci rinvia a rapporti originari, appartenenti all'intuizione umana non meno che alla natura, non vi è alcun dubbio che delle loro caratteristiche ci si possa servire in certo modo come di un linguaggio, allo scopo di esprimere appunto quei rapporti primigeni che non cadano sotto i sensi con altrettanta forza e varietà. Il matematico apprezza il valore e l'uso del triangolo e il triangolo è tenuto in grande onore presso i mistici. Nel triangolo si possono schematizzare parecchie

Ai.ione sensibile e morale del colore

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cose, e fra queste vi sono anche le manifestazioni di colore, e in modo tale che per raddoppiamento e incrociamento si ottiene l'antico, misterioso esagono. 919. Non appena si sia colta nella giusta maniera la divergenza tra giallo e azzurro e soprattutto si sia seguito con attenzione sufficiente il _processo d'intensificazione nel rosso, in virtù del quale ogni contrapposto tende verso l'altro ed entrambi si riuniscono in un terzo, sorgerà senza dubbio la segreta intuizione che a queste due essenze divise e contrapposte si possa attribuire un senso superiore e, vedendo nascere in basso il verde e in alto il rosso, difficilmente ci si tratterrà dal pensare nel primo caso al parto terreno, nel secondo al parto celeste degli Elohim. 920. f: tuttavia meglio, qui in chiusura, non esporsi al sospetto di andar fantasticando tanto più che, se la nostra teoria dei colori incontrerà un qualche favore, non mancheranno certo, com'è nello spirito della nostra epoca, applicazioni e interpretazioni allegoriche, mistiche e simboliche. CONCLUSIONE

In procinto di licenziare, in certo modo estemporaneamente, come semplice abbozzo, il lavoro che mi ha cosi a lungo occupato, e sfogliandone le pagine già pronte, mi tornano alla mente le parole di un autore scrupoloso, secondo le quali egli avrebbe desiderato veder stampate in una prima stesura le sue opere per poi rimettersi con freschezza all'opera, in quanto nella stampa i difetti ci vengono incontro più chiaramente che nella più nitida calligrafia. In me questo desiderio doveva nascere tanto più vivo, in quanto non potei rivedere prima del1a stampa una copia de] tutto in ordine, cadendo la successiva redazione di queste pagine in un'epoca che rendeva impossibile un sereno raccoglimento. Quante cose dunque, di cui molto si trova già nell'introduzione, avrei da dire ai miei lettori! Mi si vorrà comunque permettere, nella storia della teoria dei colori, di menzionare anche le mie fatiche e il destino che hanno subito. Forse non è qui fuori posto almeno una considerazione; la rlspo-

La teoria dei colori

sta alla domanda: cosa può produrre e cagionare a favore dcHa scienza chi non è nella condizione di dedicare a essa la sua vita intera? Cosa può fare, ospite in casa d'altri, a vantaggio del proprietario? Se si considera l'arte nel senso più alto, si potrebbe desiderare che solo dei maestri vi si dedichino, che gli allievi vengano esaminati nella maniera più severa, e che i dilettanti si accontentino di un reverente accostamento a essa. Infatti, l'opera d'arte deve scaturire dal genio, l'artista deve chiamare in vita contenuto e forma dalle profondità del proprio essere, deve comportarsi da dominatore nei confronti della materia e fare uso degli influssi esterni solo per la propria formazione. Ma come già l'artista, per diverse ragioni, deve onorare il dilettante, nelle scienze si dà tanto più il caso che egli possa rendere soddisfacenti e utili servigi. Le scienze poggiano, molto più che l'arte, sull'esperienza, e nel trattare con questa molti sono abili. Ciò che appartiene alla scienza riceve contributi da più _parti, e non può fare a meno di più mani e di più teste. Il sapere si può trasmettere, i suoi tesori posson~ venire ereditati e quanto viene acquisito da qualcuno viene fatto proprio da altri. Non vi è dunque chi non possa offrire il suo contributo alle scienze. Di quante cose non siamo debitori al caso, alla pratica, all'attenzione di un istante? Tutte le nature dotate di una sensibilità felice, le donne, i bambini, sono capaci di comunicarci osservazioni vivaci e pertinenti. Non si può pretendere da chi si propone' di _rendere qualche servigio alla scienza che egli dedichi a essa tutta la vita, che egli l'abbracci e la percorra per intero, richiesta considerevole anche per gli iniziati. Si esamini la storia delle scienze in generale, soprattutto di quelle naturali, e si troverà che, in singoli ambiti, molti notevoli risultati furono ottenuti da individui singoli, spesso da semplici profani. Dovunque l'inclinazione, il caso o le circostanze conducano l'uomo, qualunque fenomeno attragga in particola1e la sua attenzione, ne ottenga la partecipazione, lo prenda, Io occupi, ciò avverrà sempre a vantaggio della scienza, perché ogni nuovo nesso

Azione sensibile e morale del colore

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che venga alla luce, ogni nuovo modo di trattarlo - anche quanto è inadeguato, anche l'errore - sono utili o stimolanti e non vanne perduti per il futuro. In questo senso l'autore può guardare con una certa tranquillità al suo lavoro. Da questa considerazione egli può cioè ricavare il coraggio necessario per quanto rimane da fare e quindi, non contento di sé ma pure intimamente sereno, raccomanda a un mondo e a una posterità compartecipi l'opera compiuta e ciò che ancora resta da compiere. Multi pertransibunt et augebitur scientia.

Appendtce Goethe e la filosofia del colore di Renato Troncon

l. I presupposti della teoria goethiana Senza dubbio la Teoria dei colori di Goethe appartiene ai casi controversi della storia della cultura. Intorno al libro valgono ancora oggi numerosi equivoci, e in parecchi casi si può già ritenersi soddisfatti se il giudizio riconosce al testo una qualche sorta di attenuante. Non è infrequente che l'opera venga menzionata solo con la buona intenzione di giustificare quello che è parso a molti un serio infortunio. Vi è chi ne riassume il senso indicandola come opera prescientifica, come creatura di un poeta che trascinato dal proprio slancio e dal proprio· temperamento aveva finito col compromettersi in una poco onorevole contesa con la teoria newtoniana. Nei con• fronti della Teoria dei colori si è purtroppo proceduto a smembrarla e a considerarla pezzo per pezzo, quasi capitolo per capitolo. Vi è per esempio chi ne riconosce il contributo dato a una fisiologia dei processi della visione, senza però fare menzione di tutto il resto. Vi è chi, distribuendo diversamente le simpatie, ~enziona la parte dedicata aU'azione sensibile e morale del colore, lasciando la parte che deve apparire probabilmente prosaica. La Teoria dei colori va in realtà considerata come intero, e le domande e le critiche che a essa· si rivolgono non possono ignorare i suoi nessi né prescindere dal fatto che in essa vi è una pretesa alla verità intesa in un senso assai particolare.

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Renato Troncon

t il caso di osservare qui m miz10 che la nflessione sul colore non è affrontabile senza trovarsi nella necessità di dover prendere importanti decisioni. Si consideri per esempio il problema dell'infinita varietà di sfumature di colore che si presentano in natura, o come risultato dell'attività umana. Ogni discussione sul colore deve, se non rispondere - dal momento che molto diversi sono quelli che una certa teoria ritiene siano problemi rispetto ad un'altra - perlomeno prendere posizione• dinanzi a ciò, giudicando esplicitamente o implicitamente il grado di importanza della questione. L'esistenza di cosl tante tonalità e gradazioni di colore, se considerata da un punto di vista pratico, può anche non apparirci un problema. Un arredatore, per esempio, decide di trattare con questa o quella tonalità, e tutte le altre possono non interessarlo. Al contrario possiamo trovare particolarmente interessante, tra i problemi che qui si aprono, la circostanza che, benché siano date innumerevoli sfumature di verde, parliamo di un unico oggetto. Come avviene ciò? Quali sono le caratteristiche di questa situazione? D'altro lato anche questa questione può essere variamente affrontata. Posso per esempio limitarmi ad affrontare il tema delle forme di relazione qui in questione. Supponiamo del resto che io intenda illustrare le relazioni tra i colori servendomi di un sistema spaziale. Posso dire: in questa posizione prego di immaginare il verde, e lascio uno spazio bianco. Oppure posso dire: in questo punto inserisco un verde tenue, ma' prego di immaginare un verde semplicemente, ovveto il verde semplicemente, quel verde che meglio del verde tenue rappresenta le proprietà del verde. Ma posso anche inserire un certo determinato verde· e dire soltanto: questo è il verde, il verde nel meglio delle sue possibilità e nel massimo della sua efficacia. Questa ricerca di un verde che effettivamente possa entrare nel mio sistema spaziale può essere considerata legittima e produttiva secondo certi punti di vista, improduttiva secondo certi altri. Rappresenta d'altro lato un modo di affrontare il problema della quantità di sfumature presenti in natura che Goethe ritiene di poter abbracciare. Ma in procinto di costruire il mio sistema spaziai~ è possibile che io mi trovi dinanzi al quesito se inserire in esso il bianco e il nero, a prescinder.e in generale dalla capacità di disp9rre di un bianco e di un nero che posso effettivamente ritenere tali. La domanda può parere artificiosa. Vi sono dei motivi per i quali non dovrei ritenere colori il bianco e il nero? Ma che giudizio do allora di quelle situazioni nelle quali definisco « incolore>'> una superficie bianca? Chi ritiene erronea una tale descrizione dovrà da parte sua indicare quali sono le caratteristiche che fanno del bianco un colore. D'altro lato è piuttosto comprensibile la perplessità. Il bianco non è anch'esso una qualità possibile delle cose, con modalità di attribuzione analoga a quella di giallo, rosso ecc.? Infine un terzo punto: il rapporto della nostra teoria con l'esperienza. Diversa è la fisionomia che una teoria del colore può assumere e, appunto, diverse sono le questioni che una teoria del colore ritiene di dover tema-

Goethe e la filosofia del colore

uzzare. Il fisico, il pittore, il chimico, lo psiroJOgo, ciascuno dispone di una propria proposta. Si può considerare il colore come oscillazione elettromagnetica, come pigmento, come espressione di funzioni psicofisiche o come elemento di espressione artistica. Ci si può perfino meravigliare che sottc lo stesso nome si possano trattare oggetti cosl diversi. È evidente che in tuttl questi casi verrà di volta in volta considerata una forma particolare di esperienza del colore, un'esperienza possibile in determinati contesti e che comunque non sarà immediatamente l'esperienza quotidiana del colore, incluse le sue determinazioni storiche e culturali Come mette ordine Goethe in quest'ambito di questioni? Di particoia:-e J.nteresse sono le pagine da lui scritte a proposito del problema della nomenclatura del colore. In esse Goethe fissa quattro espressioni principali (gjallo :lZZW'fO, rosso, verde) il cui contenuto non è questo o quel colore in qùe sta o quella sfumatura, bensl quanto in quel colore vi è di più generale Distinte rispetto a queste quattro, che esauriscono l'area del colore, Goethe ne fissa altre quattro (nero, bianco, grigio e marrone), con le quali si danno le indicazioni di chiaro e scuro e quelle dell'« insudiciamento ». Quale la ragione di questa distinzione? Il secondo gruppo di espressioni designa qualcosa di diverso rispetto al primo. Questo si indirizza al campo dei fenomeni cromatici veri e propri, il secondo a quello dei fenomeni acromaticiQuando dunque Goethe· intende offrire le denotazioni di « insudiciamento » egli riferisce con ciò una caratteristica strutturale e non una caratteristica psicologica: un colore sporco è un colore che da un campo tende all'altro Rimane per noi aperto un punto: in cosa consiste l'elemento di generalità che quelle quattro espressioni indicano? A quali proprietà allude l'espressione « rosso » rispetto a quella «. verde »? E quali rispetto a quella « giallo »? Quali proprietà ha l'azzurro? E di quale giallo, di quale azzurro parlo quando accomuno un giallo paglierino con un giallo ocra, o un azzurro Prussia con un azzurro cielo? Mi riferisco a un « modo di dire » o posso effettivamente esibire il giallo? Questi problemi che Goethe assume orientano anche piut tosto chiaramente la questione dell'atteggiamento di Goethe rispetto al problema dell'oggetto da prendere in esame e alla questione della teoria e dell'esperienza. Esse mostrano che l'oggetto proprio di una teoria del colore è l'esperienza che di esso viene fatta. La teoria deve indirizzarsi a quell'elemento generale che essa contiene Sulla nozione goethiana di esperienza val la pena di soffermarsi un po.cc Nel proposito di Goethe di dar vita a uno studio sul colore vi sono due motivi, interessanti per il loro contenuto: l'interesse per il problema del colorito, e la convinziÒne che la teoria di Newton fosse falsa. Quest'ultima opinione si sarebbe formata in Goethe in seguito alla famosa osservazione attraverso il prisma. Al momento di restituirlo all'amico H. Btittner, dopo aver lasciato lo strumento negligentemente sul tavolo per mesi, Goethe prima di congedarsene decide di servirsene e, rivolto a una parete bianca vi guarda attraverso. Goethe si attendeva di vedere lo spettro dei colori

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La parete apparve invece immodificata, ancora completamente bianca, senza la minima traccia di colore. Unica eccezione si darà per quel punto dove una zona chiara confinava con una zona più scura. La conclusione di Goethe fu che, affinché il colore sorgesse, era necessario un confine, un margine dove luce e oscurità potevano incontrarsi e dar luogo al colore. D'altro lato, quanto si mostrò a Goethe attraverso il prisma può spiegare solo la metà del problema. L'essenziale è che Goethe non concepiva una teoria del colore così come la concepiva Newton. La falsità della teoria di Newton, che avrebbe indotto Goethe a un aspro contrasto con le concezioni di quest'ultimo, non investe solo l'interpretazione di problemi fisici. Quest'ultima è anzi solo una minima parte della questione. L'autentico problema è l:he Goethe concepiva in tutt'altra maniera la natura dell'esperienza e i compiti della scienza. Bisogna qui considerare, per avviare un chiarimento del contenuto dell'opposizione a Newton, qual era la direzione dei pensieri di Goethe a proposito del problema del colorito. Goethe scrive che in Italia - in epoca precedente alla rivelazione della falsità della teoria newtoniana - aveva avuto modo di considerare con chiarezza che se si aveva intenzione di ottenere qualcosa rispetto ai colori in relazione all'arte, ci si doveva anzitutto avvicinare a essi in qualità di manifestazioni fisiche, dalla parte della natura. Questo punto di vista è illustrato da una prima sua riflessione in merito alla natura dell'azzurrò. Cercando di rendersi ragione del significato della convenzionale distinzione tra colori caldi e colori freddi Goethe concluse che l'azzurro non era un colore, e che doveva la sua « impotenza » alla parentela con il nero. La particolare struttura materiale dell'azzurro veniva dunque, in questa riflessione, posta alla base della sua azione. Lo studio a cui Goethe darà vita in tema di colori nasce quindi già relativamente caratterizzato nel senso non tanto di costruire una Teoria dei colori per il pittore, quanto nel senso di voler produrre una scienza che assumesse l'intera esperienza che l'uomo fa del colore, inclusi i suoi diversi momenti e le sue diverse componenti, dalla sua struttura materiale fino alla sua valorizzazione in 'dire_zione immaginativa e simbolica. ' Così orientato già fin dall'inizio verso uno studio che riguardasse l'interezza dell'esperienza del colore e la sua costituzione, ricerca dopo ricerca, viene definendosi il quadro della sua concezione. Non si trattò del resto di un processo tale da poter essere considerato solo nel suo formarsi esteriore, poiché pochi si mostravano disposti ad accogliere il suo punto di vista, ed ancora meno comprendevano che cosa era realmente in questione. Il 16 maggio del 1810 uscì infine la sua opera principale tra quelle dedicate al colore. Si trattava di due volumi nei quali erano distribuite una parte didattica, una parte storica intitolata Materialien zur Geschichle der Farbenlehre e una parte polemica in cui venivano ·puntigliosamente ripercorsi e criticati gli esperimenti dell'ottica di Newton. Vi era aggiunto un sottile quaderno contenente un totale di sedici tavole.

Goethe e la filosofia del colore Il tono dell'accoglienza all'opera 1 è appunto tale da confermare quella che in generale sarà l'atteggiamento nei confronti della Teoria dei colori. Ciò non impedl comunque a Goethe di occuparsi ancora del problema, al quale dal 1810 all'anno della sua morte avrebbe dedicato altri scritti, continuando sempre a considerare la Teoria dei colori come la sua principale opera di scienziato 2•

2. La natura dei colori e la costruzione del cerchio La distanza tra Goethe e Newton si misura dunque già nell'assunzione dell'esperienza come di un tutto del quale individuare le qualità salienti. Il principale motivo d'insoddisfazione risiedeva nel fatto che, dato questo punto di partenza, ogni altro stile di considerazione sarebbe parso commettere un capitale errore: discutere dell'esperienza sopprimendone però - come primo passo - le sue caratteristiche. Goethe non fa riferimento solo indiretto a questa sua convinzione. Egli indica molto esplicitamente quella che era l'assurdità della concezione newtoniana della luce nella pretesa che la luce bianca fosse composta di luci più scure, e in generale che quell'elemento indiviso che è 1~ luce potesse essere pensato composto di qualcosa d'altro come raggi, fasci, ecc. Bisogna riflettere con una certa attenzione al senso di questa posizione. Resa più esplicita, essa indica non tanto una generica ribellione intesa a difendere generici didtti dell'esperienza, quanto orientata ad assumere nient'altro che il contenuto dell'esperienza, nient'altro che non fosse contenuto nel suo senso. L'interesse dell'opera di Goethe risiede quindi nell'essere il primo considerevole moderno esempio di una teoria del colore orientata all'esperienza di esso, alle sue strutture. Questa sua originalità dinanzi alle teorie fisicalistiche - e in generale a riflessioni pratiche o poetiche sul colore - sembra però forse a qualcuno non venire mantenuta proprio nel momento in cui l'analisi deve attuarsi. Ci riferiamo alle perplessità destate dalla distinzione dei colori in fisiologici, fisici e chimici. Come va interpretata questa distinzione? Vedremo nel seguito quanto peculiare essa sia, e anche in che senso, per lo stile con cui procede a una definizione della natura del colore, possa essere definita come una fenomenologia empirica. Avvio di un chiarimento dell'apparente inconseguenza goethiana va trovato nella nozione del vedere presente nella Teoria dei colori. Goethe definisce il vedere come il trovarsi della rètina, contemporaneamente, in circostanze diverse e opposte, a ciò costretto dalla luce e dall'oscurità. Luce; e oscurità, isolatamenté, prese o congiuntamente prese che siano, operano ciascuna in maniera specifica. Ognuno di questi due poli dispone l'occhio in due differenti stati, provocandone o la massima recettività (così opera l'oscurità) o viceversa la massima insensibilità e tensione (cosl opera la luce). L'osservazione è facilmente giustificata semplicemente passando da un locale fortemente illuminato a un locale buio. Nel caso di un trasferimento

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troppo rapido o effettuato senza permettere all'occhio di adattarsi, s1 rende impossibile la visione, almeno per un certo periodo di tempo. D'altro lato, il comportamento dell'occhio che abbiamo appena descritto, il suo rapporto di dipendenza inteso come suo condizionamento da parte della luce o dell'oscurità, non cambia in relazione a superfici bianche o nere. Rispetto a queste ultime è opinione di Goethe che la rètina si comporti nella stessa maniera. Se per esempio indirizziamo lo sguardo a una superficie bianca fortemente illuminata l'occhio, abbagliato, rimarrà accecato per un certo lasso di tempo. Questo comportamento è interpreta/o da Goethe osservando che luci e superfici bianche implicano il massimo di tensione dell'occhio, oscurità e super-fìci nere il massimo di distensione. L'affinità in questione non è del resto limitata alle superfici bianche e nere. Dinanzi a una superficie grigia l'occhio si comporta come se si trovasse in un ambiente moderatamente illuminato. Ed esiste anche un'affinità, e dunque un analogo rapporto di dipendenza, con il comportamento dell'occhio rispetto a superfici colorate. Ciò rappresenta già, allo scopo di una defimzione del colore, un primo risultato. Questa regolarità nel comportamento dell'occhio fissa infatti una prima relazione tra i colori, anche se assai generica: due colori presentano un diverso valore di luminosità e tuttavia il primo può, relativamente a un terzo colore, assumere la funzione del secondo. Il grigio può così occupare il posto del bianco dinanzi al nero, o del nero clinanzi al bianco, il giallo sta dinanzi al nero come vi stava il bianco, e l'azzurro sta dinanzi al bianco come vi stava il nero: l'occhio reagisce in tutti questi diversi casi in maniera sostanzialmente analoga. L'esperienza delle immagini e del contrasto successivo presentata da Goethe può essere decisiva, nel senso di una determinazione dei rapporti tra i valori di luminosità del colore. Con essa emerge per intero l'attività dell'occhio: non solo il condizionamento, quale abbiamo fin qui visto, e non solo la dipendenza dell'occhio ma anche l'adattamento inteso come reazione, come attività. Il processo di accomodazione dell'occhio, qua]e qui Goethe studia, mostra di essere un processo produttivo. Si 'traqa di un'esperienza, come molte delle altre presentate nella sezione fisiologicà, già nota prima di Goethe, della quale però l'interessante è il ruolo e il significato che a essa Goethe attribuì. Goethe la illustra con un semplice esempio. Si guardi una finestra su cielo grigio e luminoso, e quindi si distolga lo sguardo indirizzandolo a una superficie grigio chiara: la struttura lignea che ne sostiene i vetri apparirà chiara, lo spazio con a sfondo il cielo chiaro apparirà scuro. La spiegazione, ancora avanzata a titolo ipotetico come la precedente, considera che la parte della rètina sulla quale il cielo luminoso agisce è sottoposta a un forte ·stimolo, cosicché la superficie grigia finisce di necessità con l'apparire scura, e viceversa la parte sulla quale si proietta l'incrocio è nella condizione di massima recettività e percepisce la superficie grigio chiara accentuandone, diciamo, la chiarezza. Nucleo di questa spiegazione appare però essere, quale che sia l'esatto decorrere degli eventi sulla rètina, per

Goethe e la filosofia del colore quali Goethe si ~f~ alla dipendenza dell'occhio dalla luce, soprattutto il genere della sua attività, soprattutto la forma di essa. Quest'interpretazione viene cioè precisata osservando che l'occhio mostra qui la tendenza a un'opposizione, a muoversi tra chiaro e scuro, in un certo senso unendo gli opposti. In effetti al chiaro viene sostituito lo scuro, e allo scuro il chiaro. Un'interessante variazione dell'esperienza delle immagini successive è costituita dall'uso di immagini colorate che daranno luogo a un decorso analogo a quello precedente. Goethe osserva che mantenendo un pezzo di carta colorata dinanzi all'apertura della camera oscura, e quindi guardando su una superficie bianca, si vedrà un altro colore, secondo la seguente legge: il giallo richiama il violetto, l'arancio richiama l'azzurro, il porpora richiama il verde Ciò si potrà ricavare anche dal cerchio dei colori, congiungendo con dei diametri ciascun colore con il colore a esso opposto nel cerchio. In questo caso, anzi, il cerchio non fa che generalizzare la relazione di opposizione tra i colori. L'esperimento può essere ancora a sua volta variato, ottenendo lo stesso risultato. Si può guardare per un certo tempo attraverso un vetm colorato cosicché, una volta levato quest'ultimo, l'ambiente circostante apparirà ricoperto da un velo del colore complementare al colore del vetro Oppure è possibile produrre il fenomeno simultaneamente: se si guarda un pezzo di carta gialla su una superficie bianca, questa viene ricoperta da una tinta violetta, effetto che risulterà ancora più evidente quando si disponga un pezzo di carta bianco su di una superficie gialla. Infine è ancora possibile compiere l'esperienza disponendo un pezzo di carta di un certo colore su una superficie bianca e quindi, levatolo, osservare come nel momento in c.'t.li il colore richiamato va a occupare lo spazio vuoto, sulla carta si distribuisca la tonalità del colore opposto. Il qucleo fondamentale di queste esperienze rimane lo stesso, e ci può aiutare a determinare meglio la primitiva relazione tra i colori che abbiamo prima trovato, e può anche renderci più trasparente il reale contenuto della fisiologia a cui Goethe fa riferimento. Riteniamo molto poco verosimile che si possano interpretare queste considerazioni come fisiologicamente orientate, nel senso proprio dell'espression~ nel senso moderno di essa. Il tema è qui senz'altro il processo di accomodazione dell'occhio inteso da un lato come condizionamento, dall'altro come attività e tuttavia, in ragione di esso, l'attenzione di Goethe si indirizza ad aspetti che non coincidono con quelli di una fisiologia. È facile osservare che egli si orienta secondo una via o maniera di spiegazione che non è quella causale, rivolgendosi piuttosto ad aspetti di ordine formale. Si consideri il passo in cui Goethe scrive che l'occhio è costretto ad una sorta di opposizione e riequilibrio, e éhe con ciò mira ad un intero. Goethe intende dire che, per esempio, il rosso richiama il verde, ma il verde risulta da giallo e azzurro, i quali richiamano l'uno il violetto e l'altro l'arancio. A parte il pur essenziale aspetto di dettaglio in questa osservazione è notevole che dopo aver rapidamente avanzato un'ipotesi, come già in precedenza, Goethe non trova interessante tanto l'attività di azione e reazione dell'occhio, quanto 1

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i nessi che nel contesto di essa hanno luogo tra le immagini, tra i loro valori di luminosità, tra questo e quel colore. Questi nessi non vengono dunque trattati come eventi di ordine psico-fisiologico. Siamo senz'altro del parere che sarebbe assai difficile immaginarsi queste considerazioni sul colore a prescindere dalle sue osservazioni sull'occhio, ma d'altro lato principale argomento è qui il nesso di opposizione tra valori opposti, di cui le immagini successive sono un esempio: a interessare Goethe sono le proprietà del fenomeno. Più che disporre di controlli relativi all'esattezza dell'ipotizzato comportamento della rètina rispetto a una teoria, facendo da essa dipendere l'interpretazione del nesso di opposizione fra le immagini, Goethe mostra la regola di quel comportamento e di quel nesso. Interessante per lui, nel contesto dei rapporti tra luce e oscurità da un lato e l'occhio dall'altro, è la forma di unione che nell'occhio ha luogo tra due elementi fenomenicamente opposti quali il chiaro e lo scuro. In conclusione potremmo dire, liberamente riformulando: che la causa sia questa o quella, accade che nell'occhio il chiaro richiama lo scuro e viceversa, e in generale che il colore che possiede il valore di luminosità maggiore richiama il colore che possiede il valore di luminosità minore e viceversa: sono le strutture dell'opposizione e del richiamo quanto veramente qui conta. Le proprietà e i nessi appena visti - i due momenti dell'opposizione e del richiamo - sono un aspetto che merita da parte nostra una particolarè attenzione. In ragione di essi non solo un colore richiama l'altro, ma di più e soprattutto in virtù di questo nesso tutti i colori vengono richiamai. Quando Goethe dunque osserva che il rosso richiama il verde, osserva contemporaneamente che vi è una relazione tra i valori chiari e i valori scuri: il colore più scuro richiama il colore più chiaro, e il colore più complesso richiama il colore più semplice (un fondamentale richiama per esempio un complementare e viceversa}. La relazione è tanto più notevole in quanto attraverso il nesso tra due elementi vengono a loro volta richiamati tutti gli altri. Abbiamo così che ciascun colore non è senza tutti gli altri, e che data per esempio un'opposizione tra due colori, l'in~ieme è subito presente. L'articolazione di casi relativi all'esperienza dell'occhio 'hei confronti della polarità luce e oscurità conduce così al rinvenimento nell'esperienza di un'in- · terrelazione, di un insieme nel quale un elemento dà luogo a tutti gli altri, dunque dà luogo a un intero vivente. Il risultato dell'analisi è dunque la forma di un fenomeno, l'indicazione di una sua qualità. Possiamo forse a questo punto rispondere alla domanda lasciata aperta e solo in parte soddisfatta: come va intesa la distinzione tra colori fisiologici, fisici e chimici? I fenomeni che Goethe raccoglie sono i fenomeni del contrasto successivo, del doppio contrasto, della mescolanza derivata da quest'ultimo effetto, infine i fenomeni del contrasto simultaneo. Sono i fenomeni che appunto definiscono il vedere e il cui essere è altamente instabile e momentaneo, la cui insorgenza è relativa all'occhio e non ad altro. Se queste erano le caratteristiche del fenomeno anche nella tradizione, dalla

Goethe e la filosofia del colore quale Goethe prende spunti e suggerimenti, diversa è però l'interpretazione che egli sostiene a questo proposito. Quando Goethe si serve di questa espressione vi esclude ogni accento relativistico. Un'interpretazione di tal genere è di principio fuori questione e ancor più ogni interpretazione in direzione patologica. 11 contenuto di questa nozione di relatività viene invece indicato da Goethe stesso con le due espressioni di incostanza e dipendenza dal soggetto. Questo genere di manifestazioni di colore dipende cioè interamente dal soggetto, e in questo senso esse sono instabili. I colori fisiologici sono cioè privi del carattere di costanza e di indipendenza posseduto per esempio dal colore di una superficie, al di là delle sue variazioni - questione che spetta alla sezione chimica - o dal colore che prende il cielo al tramonto, - questione che spetta alla sezione fisica. I colori fisiologici risiedono dunque unicamente nell'occhio, la loro esistenza dipende dall'occhio ovvero, in altre parole, non possono essere accompagnati da tesi di oggettività. Essi né registrano una proprietà delle cose, come è il caso dei colori chimici né, come si può dire dei colori fisici, possiedono un referente esterno, per quanto instabile. La posizione di Goethe diviene allora interessante per i seguenti motivi. In primo luogo questo loro carattere soggettivo non è importante ai fii1i dell'analisi: i risultati che si ricavano dall'analisi di questi colori non vengono influenzati da questa caratteristica. Se cioè le manifestazioni soggettive di colore sono instabili, altrettanto non lo sono i principi che le riguardano. Questi ultimi sono anzi propri di qualsiasi manifestazione cromatica, di qualunque genere essa sia. I colori fisiologici rappresentano semplicemente un punto di vista dal quale guardare al colore: l'esperienza di essi, quella scientifica inclusa, non è un'esperienza del casuale, bensì del necessario e sono del resto, per Goethe, il fondamento dell'intera teoria, dal momento che in essi si esperisce la circostanza che un fenomeno cromatico è fondamento dell'altro. Essi si sollevano così per l'uomo fino all'altezza dell'uso estetico. L'occhio da un lato, la luce e l'oscurità dall'altro: questi i termini del nostro discorso fin qui. Come si svolge il discorso per fenomeni cli genere diverso? Se l'analisi dei colori fisiologici si svolge nel contesto del comportamento dell'occhio rispetto alla luce e all'oscurità, nell'ambito dei colori fisici il contesto sarà altrimenti determinato. Quelli che Goethe definisce colori fisici dovranno il loro insorgere non più all'azione e determinazione della luce e dell'oscurità rispetto all'ccchio, bensì rispetto a un altro genere di mezzi. Su ciò. è fondata la circostanza che i colori « fisici » possiedono un altro genere di caratteristiche, riassunte da Goethe in una nozione di stabilità. Il terna della seconda sezione della Teoria dei colori sarà dunque leggi e condizioni di questo genere di colori, ovvero sarà la forma in cui in questo caso la polarità è e viene specificata. Il riferimento a mezzi, in generale l'uso di un apparato minimo nel quale il prisma tiene una parte importante, può far nascere una perplessità analoga a quella precedente: il rife-

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rfmento a una fisica del colore deve essere considerato come un riferimento inconseguente? In realtà anche relativamente a que~to punto l'impostazione della questione è lontana da quella della scienza naturale e dalla fisica, da quella newtoniana in particolare. La dimensione di questa distanza, e le sue ragioni, può essere indicata da un passo della parte polemica: « La teoria ... che sosteniamo ... si occupa anche della luce bianca. Nell'ambito di essa, per dar luogo a manifestazioni di colore, ci si serve anche di condizioni esterne. A queste ultime si attribuisce tuttavia valore e dignità, non si pretende di sviluppare colori dalla luce e si cerca piuttosto di mostrare in modo convincente che il colore viene a un tempo originato dalla luce e da ciò che le si contrappone» (in: Matthei, 1955). Newton sviluppa il colore dalla luce, e le condizioni che sono opposte alla luce hanno la funzione semplicemente di animarne la costituzione interna, « affinché essa venga in questo modo dischiusa » (ivi). In contrasto con questa posizione, Goethe sostiene che non è la rifrazione della luce come tale che dà luogo al colore, ma piuttosto, anzitutto, la rifrazione di «un'immagine». Le condizioni per la comparsa del colore, sulle quali ritorneremo precisando cosa si intende con immagine, sono quindi almeno due. Secondo Goethe, dunque, l'aspetto condannabile di Newton risiede essenzialmente nella circostanza che le « condizioni» di cui egli parla non costituirebbero una parte del risultato. Sècondo Newton nell'unità, nella luce, vi sarebbe una -molteplicità (il colore), secondo Goethe questa molteplicità risulta invece da una dualità (luce e oscurità) che viene determinata o specificata da una serie di condizioni. Qui, accolto o meno che sia, il presupposto del discorso goethiano è comunque chiaro: una molteplicità risulta posta dalle proprie parti, dai cui nessi, a diverso titolo e con diverso metodo, deve essere dedotta. La scienza ha come compito di mettere in rilievo le diverse modalità nelle quali un momento di una molteplicità definisce e qualifica altri momenti di quella molteplicità. Il chiaro per esempio richiama lo scuro e ciò vale come una definizione di un certo genere di manifestazioni di colore. Si ved~ bene quanto distante sia dunque la nozione di mezzo qui presente da quella dl « strumenti artificiali » attraverso i quali soltanto, secondo il parere di Goethe, la fisica moderna pretende di riconoscere ciò che la natura è. Un esempio della maniera di intendere i compiti della cromatica rispetto a colori di quel grado limitato di oggettività quali possono essere i colori atmosferici in genere, può essete fornito dall'esame dei fenomeni di colore che sorgono quando la luce - rispettivamente l'oscurità - passa attraverso o viene osservata attraverso un mezzo torbido incolore-. Ci troviamo nel1'ambito dell'attenuazione di un'~ione luminosa, fenomeno che appartenéva già all'attività dell'occhio, e che qui appartiene a quella di un mezzo incolore qualsiasi. Si guardi per esempio una fonte luminosa intensa e incolore, oppure una luce crepuscolare, attraverso un mezzo sufficientemente torbido, quale ·può essere un vetro non interamente trasparente. La luce, con que-

Goethe e

uz

filosofia del colore

2;1

sto procedimento, apparirà gialla. Se la torbideaa del vetro aumenta, il giallo si tinge di rosso, passando infine - aumentando la densità del mezzo in questione - in un rosso rubino. L'oscurità appare invece anzitutto azzurra, quindi sempre più chiara e pallida quanto più il mezzo diventa torbido, divenendo invece l'azzurro sempre più scuro e saturo quanto più il mezzo diviene trasparente, trasformandosi in un violetto al grado minore di torbidezza. La natura e il significato di questa semplice osservazione risulta dall'esperienza seguente, che ne costituisce una variazione in virtù della quale compiamo un deciso passo verso la definizione di ulteriori caratteristiche del colore. L'esperimento viene articolato esaminando attraverso il prisma prima delle strisce di carta bianca su fondo nero, e quindi delle strisce nere su fondo bianco. Sarà del massimo interesse vedere , in che modo - rispetto alla sezione fisiologica - si articolano qui i rapporti tra chiaro e scuro e quindi, in generale, tra i colori. Si disponga quindi una striscia di carta bianca, sufficientemente ampia, su un fondo nero e, sempre servendosi di un foglio nero, se ne diminuisca la superficie ricoprendo a poco a poco la striscia. Viceversa si può spostare verso l'alto un foglio di carta bianco coprendo cosl progressivamente un foglio di carta nero, anch'esso sufficientemente ampio, disposto su un fondo bianco. L'esame della manifestazione è assai interessante. Giallo e azzurro, arancio e violetto sono gli estremi che si distendono ai bordi in!eriori e superiori dell'immagine in ambedue le osservazioni. Quando la manifestazione si riferisce a una striscia à1 carta abbastanza sottile da permettere 1a riunificazione dell'orlo superiore con il margine inferiore abbiamo, quando il fondo è nero e la figura è bianca, che l'orlo giallo superiore e il margine azzurro inferiore si riuniscono, dando luogo al verde. Si collochi invece una striscia nera su fondo bianco, e si proceda come in precedenza indicato, restringendo progressivamente l'estensione della striscia: l'orlo violetto, quando questa sia sufficientemente stretta, vi si estenderà sopra e si incontrerà con il margine arancio, dando cosl luogo al porpora. Il processo a cui abbiamo assistito ha un'importanza pari a quella del richiamo e dell'opposizione e in generale della interrelazione reciproca tra i colori (la tendenza a un intero). In quest'ultimo caso un certo nesso tra chiaro e scuro costituisce quanto connette un colore con l'altro. Nel caso che abbiamo invece ora visto otteniamo una definizione più precisa del colore, in rapporto a luce e oscurità. Nell'esperienza dei mezzi torbidi otteniamo una definizione del giallo e dell'azzurro. Il primo si qualifica come il colore più prossimo alla luce, il secondo come il colore più prossimo all'oscurità. Dal giallo·e dall'azzurro ha origine un movimento, un progressivo scurirsi che dà luogo a due serie, a due lati. Il nesso tra valori cromatici chiari e valori cromatici scuri, meno luminosi, che ricavavamo dall'analisi dei fenomeni cromatici soggettivi, viene a precisarsi in rapporto alla costituzione di questa serie, in ciascuna delle quali i valori progressivamente più scuri - s1 consideri il cerchio - si. trovano verso l'alto. D'altro

Renato Troncon lato, l'osservazione attraverso il prisma integra la serie che cosl si costituisce determinandola meglio in virtù dell'aggiunta di importanti elementi. Il ~erchio dei colori rappresenta, procedendo verso l'alto, non solo la diminuzione di luminosità del colore e il suo proogressivo scurirsi, ma anche l'ascesa della forza cromatica di ciascun colore.

Porpora

I

Azzurrorosso \

Rossogiallo

---Gial ~ - - - - - - - - - - - - -7

urro---l

'

Verde (mescola{lza reale) Bianco ________ Grigio ________ Nero 7 (chiaro) (mescolanza reale) (oscuro)

Figura 4. Schema dell'intensificazione cromatica. Goethe ebbe a presentare una prima sintesi della questione osservando che stendendo successivi strati di gomma gutta ( un giallo-arancio) o di azzurro di Prussia (molto vicino al violetto), la tinta risultante diviene sempre più carica e satura, senza però che un progressivo scurimento coincida con un progressivo aumento di energia. Se però quei due colori vengono mescolati ha luogo un aumento di energia e anche un pronunciato scurimento: il colore risultante è più scuro e tuttavia più intenso degli altri colori. Nella Teoria dei colori è dunque definita una riunione in una duplice direzione. Giallo e azzurro, i rappresentanti della luce e dell'oscurità nell'ambito del colore, possono congiungersi verso il basso, neutralizzandosi e dando luogo al verde, oppure possano riunirsi verso l'alto, in quanto possiedano

Goethe

e

la filosofia del colore

una qualità rossiccia, e il risultato è il rosso intenso o porpora. In questo processo viene a generarsi propriamente il cerchio dei colori. In esso troviamo ulteriore ragione di quel disporsi dei colori in cerchio: non solo le strutture dell'opposizione e del richiamo vi Vengono illustrate, ma anche quella della riunione, che essenzialmente si realizza relativamente alla dimensione della forza (da non confondersi con qualità e luminosità) del colore. Le due esperienze presentate, quella relativa ai mezzi traslucidi e quella relativa a mezzi torbidi ma trasparenti, che rispettivamente occupano la prima e la seconda parte dei colori diottrici, vengono riportate da Goethe al concetto di immagine, che permette di saldare la discussione sui colori stabili o relativamente stabili a quella sui colori soggettivi. Vedremo, in breve, l'importanza del fenomeno dei mezzi torbidi. Abbiamo sottolineato che le immagini sono il presupposto delle manifestazioni prismatiche, cosl come queste ultime non sono in definitiva altro che immagini e, in generale, uno dei presupposti della cromatica di Goethe. Con il problema delle immagini entriamo anzi in una fase assai delicata che può essere vista in quanto possiede un valore di chiarezza diverso rispetto al suo ambiente. Con quella espressione Goethe indica anzi ogni configurazione che risalti rispetto alle altre del proprio ambiente, e dunque si riferisce alla condizione fenomenrilogica minima del vedere: la percezione di contrasti. Le immagini vengono distinte da Goethe in primarie e secondarie: le primarie sono tutte le manifestazioni che vengono suscitate nell'occhio e tali da confermare l'effettiva esistenza di un oggetto esterno. Le secondarie sono . quelle che permangono nell'occhio quando l'oggetto non è più realmente ed effettivamente dato, e sono derivate dalle primarie. Esempio ne sono le immagini successive, e in generale tutta la trattazione dei colori soggettivi ha a che fare con immagini secondarie. In questo senso immagini primarie sono anche quelle che si presentano senza mediazione alcuna al nostro occhio, mentre le immagini secondarie possono anche essere considerate come immagini indirette, che raggiungono il nostro occhio non direttamente ma in virtù della mediazione operata da un qualche mezzo quali, oltre l'occhio, possono essere per esempio le immagini rinviate da uno specchio, e di questo genere sono anche le immagini doppie riflesse da vetri o in genere superfici riflettenti e trasparenti poste le une sopra le altre. Ciascuna superficie riprodurrà lo stesso oggetto dando luogo a un'immagine doppia. Infine, ad ulteriore specificazione, è possibile considerare l'immagme primaria come una sorta d'immagine principale e l'immagine secondaria come una sorta d'immagine attigu_a. La discussione dei colori fisiologici offre in questo senso un'essenziale testimonianza. Nel caso dell'effetto di irradiazione accadeva propriamente, secondo l'interpretazione di Goethe, che un 'immagine, in certe condizioni, veniva accompagnata da una sorta d'immagine attigua. Goethe osserva che se un fenomeno del genere si verifica a occhio nudo, tanto più esso si verificherà « quando tra l'occhio e l'oggetto si ponga un mezzo che abbia la proprietà della densità».

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Questo parallelismo tra quanto avviene nell'occhio e le immagini prodotte dal prisma non si arresta qui. Se consideriamo la questione delle manifestazioni di colore che accompagnano le immagini doppie, troveremo che la loro fondazione dipende ancora dai fenomeni incontrati nell'ambito degli esperimenti effettuati con schermi traslucidi. Ciò è quanto dire che ciò che avviene in essi costituisce lo Urphiinomen nell'ambito di tutte le manifestazioni di colore. Si consideri, p. es., quanto Goethe scrive a proposito dell'esperimento con lenti concave o convesse, appunto mezzi al grado minimo di torbidezza. Gli effetti provocati dalle osservazioni attraverso quelle lenti, veniva descritto da Goethe osservando che muovendo il chiaro in direzione dello scuro sorgeva l'azzurro; muovendo lo scuro in direzione del chiaro sorgeva il giallo. Il chiaro « sopra>'> lo scuro dava l'azzurro, lo scuro « sopra » il chiaro dava il giallo. Faceva come terzo, la sua comparsa il rosso, in quanto giallo e azzurro si distendevano sul nero prendendo appunto un aspetto rossiccio. Nell'esperienza compiuta a proposito dell'osservazione di un'immagine bianca e luminosa attraverso (quindi: dietro, sotto) mezzi traslucidi produceva il giallo, un'immagine scura attraverso (quindi ancora: dietro, sotto) gli stessi produceva l'azzurro. Rispettivamente un aumento e una diminuizione producevano nel primo caso il rosso, nel secondo il violetto. E, di passaggio, osserviamo che altrettanta corrispondenza esiste tra il 'decorso di colori che accompagna l'attenuarsi di un'impressione luminosa sulla rètina. Queste esperienze confermano dunque l'eccezionale importanza della torbidezza nella Teoria dei colori, sottraendola d'altro lato a ogni nesso meccanicistico e collegandola anzi a un'idea di attività e trasformazione operata da un mezzo. I colori fisici non esauriscono tuttavia, date le loro caratteristiche, l'interezza delle manifestazioni di colore. Oltre il gruppo di fenomeni soggettivi e quasi-oggettivi rimangono le manifestazioni di colore capaci di effettiva permanenza, tema appunto di una « chimica » del colore. Con quest'ultima passiamo quindi dallo studio delle immagini secon~farie e attigue a quello delle cosiddette « immagini primarie ». Con colori chim1ci Goethe intende perciò riferirsi ai colori dei corpi prescindendo da particolari effetti che · essi abbiano a generare nel nostro occhio o da fenomeni che potrebbero prodursi sulle superfici, come fenomeni attigui (riflessi e altro): i primi riguarderebbero i colori fisiologici, i secondi i colori fisici. I colori cosiddetti chimici concernono dunque i colori che sono, indipendentemente da una loro azione sull'occhio o un altro mezzo o da una conseguente più o meno momentanea modificazione. Una teoria del colore che trascurasse l'esperienza dei colori oggettivi, ovvero quell'esperienza che riteniamo po;sieda un referente esterno, sarebbe dunque incompleta. Il che, dal punto di vista di Goethe, costituisce un motivo critico in più rispetto a Newton. Delle manifestazioni che vengono qui indagate cambia dunque se non la sostanza perlomeno il contesto. I termini entro i quali esse si dispongono

Goethe e la filosofia del colore ed entro il quale esse sì specificano è ora segnato dall'oppos121one acidi• alcali, e non più da quella luce-oscurità. Il nesso tra le due esiste, secondo Goethe, ma certo non spetta a noi ora occuparcene. :E: più interessante osservare che il compito che Goethe fissa allo scienziato è qui quello di mostrare le modalità essenziali di determinazione e specificazione di que&ta polarità: scopo dell'analisi sarà anche in questo caso la determinazione della Bildung, della conformazione dinamica di quest'ambito di manifestazioni. Secondo lo stile caratteristico di tutta l'opera ciò non significherà indagare la materialità del colore in quanto tale: Goethe non porrà i problemi in termini di pigmenti, né parlerà del colore indirizzandosi in primo luogo a processi chimico-fisici. Le considerazioni pratiche devono invero presen• tarsi, ma solo allo scopo di assicurare un contesto al problema, In questo senso la nozione forse più interessante dell'intera sezione, che sgombra il terreno da molti equivoci e illustra le caratteristiche della chimica goethiana, e non solo di essa, è quella relativa alla distinzione tra dinamico e atomistico. C.On essa Goethe intende esprimere la differenza tra orientamento alle relazioni (tra i colori o altro) e rilievi orientati al separato o al singolo. L'atteggiamento atomistico prescinde dal fatto che ogni dato non è in realtà che momento di un intero e che si tratta, dunque, di un momento di relativo arbitrio e astrazione. L'atteggiamento dinamico assume invece le qualità dei complessi come proprie di essi e non come riducibili alle loro parti isolate: è l'atteggiamento nel quale ci siamo fino a ora disposti insieme a Goethe. Il concetto di intensificazione cromatica, che abbiamo visto descritto da Goethe come una sorta particolare di ombreggiamento e saturazione del colore, precisa il senso dell'orientamento al qualitativo. Goethe menziona un'interessante esperienza: se si riempie un vaso graduato di porcellana bianca con un liquido giallo, esso diviene sempre più rosso negli strati più prossimi al fondo; se in un altro simile recipiente si versa del liquido azzurro, il fondo mostra un colore violetto. Questo risultato viene interpretato da Goethe considerando che una proporzione quantitativa produce sui sensi un'impressione qualitativa. La impostazione generale del problema permette dunque a Goethe di assumere problemi e questioni che sono senz'altro di interesse per il pittore, come del resto già in precedenza le tematiche trattate erano interessanti anche da un punto di vista esterno a quello propriamente sostenuto da Goethe. Andare oltre questo modo di interpretazione sarebbe un errore. In questo senso i titoli che vengono dati a ciascun capitoletto sono da Goethe posti a indicare non altro che l'orizzonte dell'esperienza, quello che essa può e non può esperire. C.Osl apprendiamo che il colore deriva anche in natura dal bianco e dal nero presentandosi più frequentemente dal lato attivo che dal lato passivo, cosl come mostra un esame dei fenomeni nei quali interviene un fenomeno d'intorbidamento. Altrettanto il colore aumenta la sua forza cromatica più frequentemente dal lato attivo che dal lato passivo, raggiungendo un vertice nel rosso. C.Osl le considerazioni sulle oscilla-

Renato Troncon 1.ioni del colore, sui casi in cui un fenomeno cromatico perco"e l'intero arco delle manifestazioni di colore, sulla trasmissione e sulla mescolanza mostrano a quali eterne e costanti regole il colore - la nostra esperienza di esso - è subordinata. Queste due ultime regole dei fenomeni cromatici oggettivi sono particolarmente interessanti. La mescolanza (reale o apparente) indicherebbe innanzitutto una situazione atomistica, dal momento che si tratta di fenomeni di natura empirica e pratica. Goethe sottolinea tuttavia la presenza di un elemento di regolarità: il colore è un valore d'ombra, e a questa realtà - valida per ogni e qualsiasi genere di manifestazione cromatica - neppure la mescolanza o la trasmissione possono sottrarsi. Un ulteriore motivo di unità di principi cromatici è rappresentato dalla tendenza di Goethe a riportare il fenomeno della mescolanza reale a quello della mescolanza apparente, e in generale a riassorbire il fenomeno della trasmissione in quello della mescolanza ottica. In questo modo i casi qui presenti sono riavvicinati a quelli delle precedenti sezioni in particolare alla sezione fisiologica. La questione della trasmissione del colore, sia essa reale o apparente non mancherà del resto di contenere interessanti e più generali implicazioni per la tecnica pittorica, che Goethe utilizzerà nelle ultime sezioni. Avremo cosl osservazioni sul fatto .the un colore è più o meno luminoso a seconda della sua trasparenza, ovvéro a seconda del suo rapporto con il fondo, chè potrà esaltare o deprimere la quantità di luce propria di ciascuno. A quest'ultimo punto si ricongiunge anche ciò che si può leggere sulla privazione. Anche per i fenomeni relativi si tratterà anzitutto di riaffermare la circostanza che il colore possiede un elemento luminoso. La privazione ha cosl luogo in quanto la luce o altro sòttraggano il colore. Questa morfologia dei colori oggettivi non può certo considerarsi completa se limitata solo a queste considerazioni. Il colore non è né per l'uomo qualcosa di niuto e indifferente, né per la natura. Il primo trova in esso una quantità di significati, vi trova l'espressione palese e segreta a un tempo di ciò che vi è di più universale ed essenziale, ma ~che la seconda in esso si esprime e in esso si rivela. Cosl una parte integrante delle considerazioni svolte è rappresentata dal tentativo di sviluppare una morfologia del colore non solo nella sua generalità, come fin ora accaduto, ma anche in rapporto e come segno di processi naturali più profondi. Ci si potrà accorgere dalla lettura delle pagine corrispondenti che è qui operante un motivo tipico di tutta la Teoria dei colori. _Si tratta della circostanza che i colori si rendono tanto più complessi quanto più complesso è l'ente. Né dunque lo spazio dei colori e le sue regole sono regole prive di un'idea gerarchica - il rosso, come si vedrà, è il colore più degno - né le sue considerazioni di morfologia della natura fanno a meno di accenti che potremmo considerare come un'accentuazione eccessiva di quegli ordini e di quei sistemi di relazioni che vengono individuati. Goethe osserva che creature che ancora occupano un gradino elementare della scala degli enti presentano un colore

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a sua volta elementare. Gli uccelli per esempio mutano con la forma anche il colore, secondo una legge che orienta la distribuzione del colore sulle penne. Tra i colori delle forme superiori di vita animale non troveremo dunque più colori elementari. L'asserzione centrale è che le macchie sul ~.lo di un quadrupede hanno un nesso con le sue parti interne. Quanto più una creatura è « nobile », tanto più gli elementi che la compongono sono elaborati. Essendo i mammiferi - e quindi a maggior titolo gli uomini delle creature complesse, che presentano una stretta connessione tra esterno e interno, non potrà esservi deroga per l'eventualità di un nesso tra colore e parti interne. Il colore degli animali superiori non può essere un colore elementare. Attiriamo l'attenzione su questa distinzione tra elementare e composto. Con questa distinzione Goethe intende designare un momento che appartiene alla natura del colore, ma che è di significato anche per una morfologia in generale. In particolare a quella distinzione e a tutte le particolarità che fin qui abbiamo visto valere siamo rinviati trattando della sua azione sensibile e morale, della sua azione simbolica: qui come là siamo rinviati alla natura del colore. La conclusione di questa parte dedicata alla definizione della natura dei colori e alla costruzione del cerchio ci riporta a quello che era il problema principale per Goethe: un'indagine del complesso dei motivi che si intrecciano nell'esperienza del colore. Ogni colore ha ricevuto una determinazione rispetto agli altri dunque, secondo il modo di pensare goethiano, rispetto alla luce e all'oscurità. Sappiamo che esse non possono mischiarsi. Il colore sorge cioè non dalla loro mescolanza - di principio impossibile - bensl solo ai loro confini. Ciò è tanto vero che bianco e nero mescolati insieme producono grigio, ma non colore. Il miracolo della loro riunione è invece realizzato soltanto dall'occhio, o dal prisma, oppure dal calore del fooco. 11 colore nasce dunque tra la luce e l'oscurità, dalla tensione tra essi e dalla determinazione di questa tensione. La teoria dei mezzi torbidi è appunto formulazione di questa concezione: il chiaro tocca e si sovrappone allo scuro, lo scuro tocca e si sovrappone al chiaro. Sorgono cosl giallo e az~urro, le manifestazioni di colore ai confini tra bianco e nero, i rappresentanti della luce e dell'oscurità nell'ambito del colore dai quali il cerchio origina. E del resto chiaro che in questo modo non si è definito solo un processo di natura e il cerchio che abbiamo ottenuto non rappresenta solo l'illustrazione di un fenomeno naturale. Si rifletta a come polarità si presentano come punti estremi e fattori della nostra vi!a e del nostro intero essere. Si consideri come, per diverse che possano essere, queste tensioni hanno tuttavia molto in comune tanto da poter tutte essere indicate con un o un - . Cosl, se luce e oscurità non possono mischiarsi dal momento che l'una esclude l'altra, altrettanto non lo possono bene e male, e cosl vita e morte. Non significa forse la presenza dell'un termine l'assenza dell'altro? E cosl anche le regioni intermedie tra quelle tensioni originarie

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Renato 1'ro11cort hanno l'una qualcosa di affine all'altra. Se il colore abita la regione intermedia nella quale luce e oscurità s'incontrano, e dove l'occhio sfrutta in pieno le sue capacità, anche l'uomo abita la regione dove vita e mo~tc entrano l'una in contatto con l'altra. E cos'è appunto la verità che gli uomini cercano decifrando i simboli del mondo, se non - come Goethe si esprime - non-luce e non-ombra, se non semplicemente crepuscok>?

3. Il simbolismo del colore Le ultime tre sezioni della Teoria dei colori ritornano al problema che ne costituisce non tanto l'avvio esterno, quanto l'avvio logico: l'azione sensibile e morale del colore 3, di cui la distinzione in colori «caldi» e colori « freddi » costituiva un esempio di prima definizione. Il baricentro di tutta la questione può essere indicato nella. nozione goethiana di specificazione e determinazione del colore. Un'interpretazione della sua azione sensibile e morale non può fare a meno di queste due idee. Ci è noto, e il cerchio dei colori ne è illustrazione, che il colore si dispone tra luce e oscurità, e ciascuno in un nesso preciso rispetto all'altro: « il colore percorre sempre una strada». Espressione di questa sua specificità è contenuta nel § 696 dove si dice che i fenomeni cromatici si definiscono secondo due lati, presentando e articolando in coppie un'opposizione'che si può in generale « designare » con un + e con un - . Il senso delle espressioni è qui importante: Goethe non ritiene di proporre una possibile interpretazione del colore rispetto a un'opposizione e in generale rispetto a specifiche coppie di opposti, ma di esprimere la sua natura quale e~sa è. Il movimento che origina da ciascun polo, da quello positivo e da quello negativo, esprime quello che i colori. sono. La problematica qui in questione può essere portata alla luce semplicemente ponendo la questione della legittimità di una definizione ottenuta mediante una successione di opposizione cosl costruita. Vi è e di che tipo è il fondamento che sta alla base di essa? Si tratta' effettivamente di una definizione, di una espressione di quello che il colore è) come Goethe ritiene? Si consideri per esempio la disposizione della coppia respingereattrarre (§ 696). Non si potrebbe forse invertirla disponendo l'attrarre dal lato del Più, e il respingere dal lato del Meno? Questa proposta potrebbe trovare maggiore o minore consenso ma l'essenziale è che essa sarebbe tuttavia possibile. Si potrebbe perfino osare di proporre il passaggio dei termini dalla colonna del Più a quella del Meno, e viceversa, senza per questo commettere, propriamente, un errore. Come dobbiamo interpretare questa possibilità? E come dobbiamo invece interpretare la circostanza che essa, sostanzialmente, per Goethe non si dà? Si riconoscerà che, da un lato, è piuttosto difficile considerare la distinzione proPosta da Goethe in due campi come una dimostrazione in senso stretto. Ciò risulta difficile non solo rispetto a quanto proposto da Goethe,

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ma .in generale rispetto a tutte le determinazioni che come quella goethiana aspirassero all'assolutezza. Come si fa per esempio a dimostrare che il nero è il colore della morte? Vi è una procedura e una teoria in merito? Quando quella circostanza può essere considerata un fatto o quando può essere riportata a un sistema di fatti? Vi potranno piuttosto essere una teoria e delle procedure per dimostrare che la proposizione « il nero è il colore de1la morte » è - sotto certe circostanze - valida, in quanto descrive il fatto che presso certi popoli il nero è considerato il colore della morte. Del resto è certo che nella proposizione « il nero è il colore della morte » - prescindendo da un suo valore fattuale - l'attribuzione del nero alla morte non può essere tematizzata cosl come lo può l'attribuzione del nero alle ali del corvo. Il primo genere di attribuzione è orientato in un senso piuttosto diverso rispetto al secondo. La struttura del senso delle due proposizioni è completamente distinta, quando pure la forma linguistica sia la stessa. Rendere esplicite le differeµze qui in causa non spetta a noi ora, ma è evidente che se del problema voglio occuparmi dovrò procedere tenendo conto - ci esprimiamo qui un po' genericamente - che il nero non «appartiene» alla morte cosl come « appartiene» alle ali del corvo: del resto, forse non si tratta dello stesso nero. D'altro lato Goethe non considera il problema sotto il punto di vista che abbiamo voluto ora segnalare. Se egli non pensa a una dimostrazione in senso rigoroso, neppure ritiene di trovarsi din;inzi a un problema che richiede un particolare trattamento di principio diverso rispetto a quello morfologico generale. Quei due generi di proposizione sono invece per lui molto vicine tra di loro nella Teoria dei colori i fenomeni cromatici sono fin dall'inizio accompagnati ai valori simbolici e immaginativi, al punto che la natura fisiologica, fisica e chimica del colore va considerata come l'altro lato di una medaglia che già porta impresse su una faccia dei valori e motivi d'immaginazione. L'autentico punto della questione - della massima importanza rispetto a un'interpretazione della nozione di simbolo in Goethe è dunque che Goethe in questo avvicinamento dei due tipi di attribuzione finisce col restringere l'ambito degli elementi dei quali tener conto a1lo scopo di un'interpretazione del problema, pensando che un'unica scienza sia chiamata a quell'indagine. Esprimendoci con più chiarezza: del ruolo di elementi che potremmo chiamare genericamente soggettivi, quali criteri storici, culturali, ecc. Goethe non tiene conto nella sua definizione della natura sensibile e morale del colore. La natura dell'azione sensibile e morale del porpora non viene ricondotta - ed è dubbio che veramente si possa procedere in questo modo - a un contesto che a noi oggi appare extracromatico ma, pur intendendo ciò in senso ampio, alla sua natura cromatica semplicemente. Uno stile diverso di considerazione sarebbe a Goethe sembrato equivalente all'introduzione di criteri relativistici e al tradimento di un momento di oggettività che egli intendeva invece a tutti i cos;ti difendere. Ravvisando dunque - come noi sappiamo bene - nella molteplicità

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dei fenomeni che accompagnano il colore un unico e identico nucleo, ·un unico nesso a tutti comune, Goethe non ha fatto altro che perseguire questa sua idea con la massima coerenza. Il cerchio dei colori non rappresenta dunque solo relazioni di ordine strettamente cromatico, ma anche di ordine più ampio, di ordine simbolico e immaginativo in generale. Il punto fondamentale della disamina dell'azione sensibile e morale del colore consiste dunque in una tecnica di messa in mostra, compiuta con passione e precisione descrittiva, della genesi dei colori oppure, se si preferisce, dei loro nessi. Si tratta di un lavoro comparativo e analogico, in cui dal complesso dell'esperienza del colore, dal viluppo di momenti immaginativi e da quello di momenti materiali viene sviluppato e distinto ciò che di per sé è solo embrionalmente distinto. Dal momento che, appunto, il colore si trova sempre accompagnato da certi valori, e che non si può parlare di un prima e un dopo dell'esperienza del colore, non si tratterà certo di ricorrere a r.agionamenti sottaciuti, a meccanismi deduttivi che si distendono sull'impressione del colore. Lo strumento dell'analogia è in quest'ambito lo strumento a cui Goethe fa il più frequente ricorso. È anzi importante osservare, allo scopo di un completamento di quanto abbiamo detto, che Goethe non va in questo caso alla ricerca delle caratteristiche di un'esperienza immaginativa in generale, ma di quelle di un'esperienza immaginativa del colore. Se èiò da un lato qualifica con sempre più evidenza il compito di Goethe cc.me un saggio di fenomenologia empirica, giustificazione ne è - dal punto di vista goethiano - che nell'esperienza del colore tutti i diversi momenti sono compresenti. Si pensi a quanto detto a proposito della circostanza che i colori - secondo la concezione di Goethe - sorgono là dove chiaro e scuro si incontrano a un margine: si vedrà che lo Urphiinomen dei mezzi torbidi, che questo incontro ai margini esplicita, non riguarda solo la nascita materiale del colore, ma anche la sua nascita cosmica in quanto figlio di due forze cosmiche. Il modo più proprio per affrontare il problema 'è qunque per Goethe quello di considerare la disposizione di ciascun colore tra' i due poli incommensurabili della luce e dell'oscurità. Ciascun colore si dispone tra quelle due forze e porta con sé, in sé impressa, la propria natura materiale, sensibile e morale. Si tratta dunque di risalire alla struttura dei colori quale si desume dalla loro posizione nel cerchio, e quindi di individuarne l'analogon sensibile e morale. Potremmo parlare di traduzione dal piano materiale a quello immaginativo: si tratta di una indicazione esatta se però aggiungiamo che per operarla non vi è bisogno di codice alcuno. Gli esempi e le considerazioni goethiane non lasciano dubbi. Il giallo è per esempio il colore più prossimo alla luce, il giallo-rosso ne rappresenta un'intensificazione e il rosso-giallo un ulteriore passo verso l'alto, cosicché si assisterà a un crescendo anche sul .piano dei riscontri a cui ciascun colore dà luogo. « Dolcemente stimolante» è il giallo, più attivo il giallo-rosso men-

Goethe e la filosofia del colore tre, infine, all'inquietudine dispone il rosso-giallo. L'azzurro sarà per parte sua un « nulla eccitante », in quanto porta con sé una luce, ma appartiene alla serie dei colori del Meno. Se dunque ci spostiamo ora dall'azzurro in direzione del rosso, secondo quanto possiamo attenderci, l'azzurro-rosso accenruerà la contraddittorietà propria dell'azzurro, che raggiungerà la punta massima nel genere particolare d'inquietudine indotta dal rosso-azzurro. Dal punto di vista forma/,e si noterà chiaramente il parallelismo tra l'intensificazione verso l'alto e il crescendo a cui - in qualità di riproduzione sul piano morale - esso dà luogo. Come ci si può forse accorgere, Goethe non prescrive questa o quella determinata valorizzazione, ma indica piuttosto, per ciascun colore, la direzione di essa. Ciascun lato del cerchio viene cioè determinato da attributi generali, nella cui relativa indipendenza, l'uno nei confronti dell'altro, c'è il territorio di libertà lasciato al soggetto: cosl per esempio i colori del lato del Meno « dispongono a uno stato d'inquietudine, di tenerezza e nostalgia ». La questione del simbolo, dell'allegoria e degli usi mistici del colore è vista da Goethe sotto questo stesso punto cli vista. L'isomorfismo tra i diversi piani dell'esperienza umana del colore, e l'essere tutti un unico momento del fenomeno cromatico è quanto giustifica usi di quei tre generi. L'unità del fenomeno cromatico e della esperienza di esso è quanto indirizza anche la questione di come un simbolo deve essere fatto per trasmettere il suo messaggio. Secondo una certa visione posso per esempio essere incerto circa il significato da dare a un certo colore usato, appunto, in funzione simbolica. Questa stessa posizione potrebbe essere indicata osservando che potrei trovarmi in imbarazzo sul come interpretare un uso extracromatico del colore. In realtà secondo Goethe un effettivo uso simbolico del colore non è un uso extracromatico di esso. Quando dunque si lascia agire il colore secondo la sua natura, senza l'intervento di codici d'interpretazione esterni a esso, si può cogliére il significato di un colore con altrettanta immediatezza e certezza con la quale si stabilisce il· suo grado di chiarezza rispetto a un altro colore. In conclusione Goethe esclude possibilità di valorizzazione immaginativa e simbolica del colore che non partano direttamente dal fenomeno cromatico 4, dalle sue strutture. E ciò secondo la particolare prospettiva di chi si arma contro una concezione dell'attività simbolica dell'uomo che non si incontri nello stesso tempo con la natura e il mondo, a essi ricongiungendosi. Possiamo a questo punto ritenere di avere elementi sufficienti per giudicare la hatura del ricorso al momento teorico che Goethe propone al pittore. Scopo dichiarato n~ è la agevolazione del raggiungimento degli scopi propri all'arte. Principio ne è l'influenza sensibile e morale che il colore esercita, e in generale il complesso della sua natura. Anche in questo caso è la peculiarità della visione goethiana che è stata all'origine delle critiche rivolte a questa parte della Teoria dei colori. Goethe dirà esplicitamente che la composizione dei colori e, in generale, l'intero problema della colo-

Renato Troncon razione dipendono dalle finalità dell'artista, ma dirà anche che, seppure egli non sia costretto nella posizione dei suoi fini dalla circostanza che questo o quell'accostamento 5 sviluppi questa o quell'azione, egli deve tuttavia avere nozione di ciò. Una nozione dei principi essenziali della teoria è indispensabile al pittore che voglia raggiungere i propri scopi, come in generale gli sono anche indispensabili nozioni tecniche. D'altro lato principi e cognizioni tecniche acquistano la loro esatta dimensione e proporzione se inseriti in una teoria o se animati da un'intenzione. È quindi « lo i-pirito che rende viva ogni tecnica », ed è mediante un uso consapevole che sarà ottenuto un accordo tra tutte le parti di un dipinto, tra « luci, ombre, sfumature, toni autentici e coloriti caratteristici ». Del resto il problema è veramente questo: stabiliti scopo e principio dell'azione del pittore, rimane tutto sommato ancora aperto il modo in cui questo scopo si salda con quel principio. Potremmo dire che nell~ Teoria dei colori di Goethe rimane aperto il problema della natura della libertà dell'artista. Questo problema è stato di solito frainteso attribuendo a Goethe l'intenzione di proporre all'artista l'armonia come fine estetico. L'armonia è piuttosto per Goethe carattere che il colore deve possedere, relazione che il colore deve avere con gli altri colori se un qualsiasi fine deve essere raggiunto. Sono quindi da respingere fraintendimenti in questo senso. Nella realtà di una più attenta considerazione del testo si deve piuttosto osservare che autentico spunto critico può essere trovato nella circostanza che i principi di una teoria dell'impiego in funzione estetica del colore non sono diversi da quelli di una teoria del colore semplicemente. I temi di quest'ultima sono immediato fondamento anche della prima. Non vi sono distinzioni né di principio né di orizzonte. Assunto concettuale è ancora e sempre il medesimo: l'esperienza pel colore è sempre una, ìndiperÌdentemente dai contesti nei quali si realizza o forse perché questa indipendenza è in realtà un momento fittizio. In questo quadro la libertà dell'artista sembta di ordine più quantitativo che qualitativo. Vorremmo quasi osservare che al pittore viene tolta la capacità di dare vita 'a un linguaggio cromatico che originariamente non è compreso nell'esperienza' comune del colore. Si tratta quindi probabilmente di ripartire da un lato dal problema del- · l'azione sensibile e morale del colore, dall'altro di tenere su un piano di autonomia la disamina del problema del colorito, e di assumere nella pienezza delle sue componenti formali e storiche la capacità che ogni artista ha di creare e innovare anche l'esperienza del colore.

4. Teoria ed esperienza Il punto di partenza concettuale della Teoria dei colori è rappresentato dalla questione delle illusioni ottiche. Per avere un'idea di quali fenomeni vengono indicati da quest'ultima espressione, è sufficiente riconsiderare qualche caso tra quelli discussi da Goethe a proposito dei colori fisiologici, e per

Goethe e la filosofi.a del colore quali in generale Goethe si serve dell'espressione «soggettivo». Si potranno cosl rammentare l'effetto di irradiazione o alcuni casi delle ombre colorate. Del resto, frequenti in tutti gli ambiti della nostra esperienza, le illusioni sembrano trovare riscontro soprattutto nell'ambito delle manifestazioni del colore, delle quali anzi paiono costituire una caratteristica assolutamente propria: sembra che trattando con il colore ci si sbagli di frequente. Di che errore e di che situazione si tratta? Si tratta di situazioni nelle quali qualcosa sembra che sia cosl e cosl, mentre sappiamo che tale non è. Consideriamo per esempio un caso di contrasto simultaneo. Guardiamo un quadrato grigio su fondo rosso e un quadrato dello stesso grigio su fondo verde: non sembra lo stesso grigio, eppure so, e uniformando il fondo ne ho una conferma, che si tratta dello stesso colore. D'altro lato potremmo spingerci fino a chiederci quale fondamento ha in questo caso il nostro sapere. Abbiamo dei buoni motivi per considerare come reale il i;econdo caso? La domanda può rivelarsi di difficile risposta e il colore po· trebbe sembrarci governato, a questo punto, ·da un assoluto relativismo, e n_oi potremmo ritenerci nell'impossìbilità di fissare un punto fermo. La nostra percezione del colore sembra essere preoccupantemente fallace. In questo senso, esemplare e oltremodo significativa è la difesa che Goethe invece compie dei nostri-sensi in casi analoghi a questo. Dinanzi a un'accusa di inaffidabilità, egli addirittura afferma che, quando vi è errore, esso non è compiuto dai sensi ma dall'intelletto: i nostri sensi affermano la verità anche quando sembrano sbagliare. Il concetto di illusioni ottiche è quindi per Goethe un concetto nullo, perché la percezione porta sempre direttamente sulla realtà. Potrebbe per esempio essere ritenuto paradossale che un lontano edificio fuori della mia finestra appaia più piccolo di una scatola che ho sul tavolo. In realtà con ciò i sensi - pur contraddicendo la realtà - ci informano di essa. Con questo argomento Goethe propone di considerare di principio non dissimili dalle altre tutte quelle manifestazioni rnstabili e temporanee, tutte quelle situazioni alle quali si nega l'effettività. Direttamente tramite esse apprendevamo p. es. quali regole guidano la manifestazione del colore, il principio che il chiaro può essere solo attraverso lo scuro, e quest'ultimo solo attraverso il chiaro. D'altro lato anche la questione dei difetti visivi è recuperata a vantaggio di una interpretazione della norma. Il senso della posizione goethiana è che un caso nuovo che si presentasse, e comunque una mancanza, indicano quali sono le regole dell'esperienza, che anche nel caso eccezionale rimangono sempre le stesse. L'aspetto notevole qui, che contraddistingue la teoria del colore di Goethe rispetto alle altre è allora che, qualunque esperienza del colore venga fatta, essa presenterà caratteristiche analoghe: sia essa soggettiva o pienamente oggettiva, o patologica, essa porta secondo Goethe direttamente sulla realtà dei fenomeni cromatici. · Questo punto di vista sulle illusioni è essenziale per comprendere esattamente il rapporto di Goethe con Newton. Senza dubbio, nella conside1

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razione di Goethe, la fisica newtoniana distrugge e smentisce quello che l'esperienza da sempre sa, e ciò costituisce un primo - ed essenziale - motivo critico. Eppure, se al di là dell'esperienza vi fossero questioni sulle quali la fisica può avanzare i suoi diritti il giudizio cadrebbe meno severo. In realtà l'esperienza non è solo organica unità di una scienza che ne deve rispettare le caratteristiche e che al suo oggetto si deve adeguare. L'esperienza fonda anche la teoria che la deve descrivere: la morfologia a cui Goethe pensa, e alla quale egli lavora, non lascia al di fuori di sé spazio per considerazioni indipendenti, per una fisica matematica non vi è - secondo Goethe - posto nelle scienze naturali 6 • La questione del rapporto tra soggetto e oggetto offre una generalizzazione di quanto siamo andati dicendo. Abbiamo già visto che l'occhio si incarica di portare alla luce - contemporaneamente costituendolo - quello che il colore è del resto anche oggettivamente, sia da un punto di vista fisico che chimico. La situazione può essere descritta nel modo classico, osservando che nel soggettivo vi è la via di accesso all'oggettivo, e che d'altro lato l'oggettivo viene effettivamente costituito e dunque viene a conoscersi nel soggettivo. Condizione dell'uso estetico del colore è per esempio che esso sia vivente per l'uomo. Vi è dunque in sostanza una produttività da parte del soggetto, anche se limitata alle manifestazioni so~ettive del colore e non a quelle oggettive: del resto in esse l'occhio agisce 10 maniera analoga a quella di un qualsiasi altro· mezzo, confermando che rapporti quantitativi danno luogo a modificazioni qualitative. D'altro lato il colore, al pari di qualsiasi altro fenomeno naturale, non è immediato oggetto di chiara e indiscutibile rivelazione, cosicché è pur sempre necessario un metodo per estrarre dalle esperienze elementari e isolate ciò che peraltro esse in un certo senso già contengono. Il problema del metodo corrisponderà dunque allo sviluppo di un linguaggio, di un simbolismo che non introduca divisioni tra soggetto e oggetto, ma anzi ne assuma tutte le forme di rapporto 1 , proponendosi di rendeme evidenti il nucleo e le sue caratteristiche. Il cerchio dei colori ~ appunto illustrazione di quest'ultimo aspetto, e in questo contesto vanno interpretate le diverse costellazioni di concetti (Polaritat, Mittel, Steigerung, Urphanomen 8). Ciasetmo· di essi deve rispondere al principio della fedeltà al fenomenico, al reale o, il che è lo stesso, all'esperienza. Quest'ultima nozione richiede qualche attenzione da parte nostra, più di quanto in generale non si sia fatto nella letteratura a proposito della Teoria dei colori. Un esame delle argomentazioni goethiane porta alla conclusione che esperienza è nozione assai ampia, né strettamente psicologica né strettamente trascendentale ma piuttosto disposta tra le due, ad occuparne un non ben determinato territorio intermedio. La nozione di esperienza indica qui tutte le possibili relazioni tra il soggetto e l'oggetto, che Goethe, sulla base di u11 criterio di corrispondenza o non-corrispondenza alla realtà, si preoccupa di ordinare in tre rubriche. Cosl costruita la no-

Goethe e la filosofia del colore

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z1one è notevolmente più ampia di quanto non lo sarebbe nell'uso odierno. Si tratta di un concetto di fenomenico che tende a coincidere con il concetto di reale. La scienza del colore del resto non è che il portare alla luce il nucleo di questa originaria identità, affinché infine il vero coincida con il reale e viceversa. L'ampiezza di motivi (simbolici, culturali, ecc.) con cui la questione del colore è impostata dipende appunto dalla circostanza che nel mentre il soggetto svolge la sua azione esso si incontra con l'universo intero. :E: quindi esatto che nella Teoria dei colori tema sono i caratteri dell'esperienza che l'uomo fa del colore, ma è anche vero che - in virtù di quella identità - tema è contemporaneamente la natura del colore. La teoria a cui Goethe pensa riesce a essere cosi scienza della natura e dello spirito, scienza dell'intero: una p0$izione senz'altro particolare nell'ambito delle teorie del colore. In questo senso le costellazioni di concetti prima menzionate hanno bisogno di qualche chiarimento. Il quadro d'insieme della questione è illustrato nella VI sezione, là dove viene presentato lo schema di organizzazione della molteplicità dei fenomeni naturali. Tutto ciò che si presenta come fenomeno naturale rinvierebbe a una scissione originaria, capace di comporsi, o a unione originaria, capace di scindersi: « Dividere ciò che è unito e unire ciò che è diviso è la vita stessa della natura». Il colore è un buon esempio di questo svolgersi. Abbiamo da un lato la luce, dall'altro l'oscurità. In sé esse sono indifferenti e indeterminate, in equilibrio; si introduca un termine medio (l'occhio, il prisma, il colore) e si otterrà la manifestazione, anzi una molteplicità di manifestazioni; se ne accostino gli estremi valori (nel nostro caso il giallo e l'azzurro) e si avrà una riunione: in forma di neutralizzazione (il verde) o in forma di progresso, di elemento terzo e nuovo (il porpora). Da quanto detto è abbastanza chiaro che quell'elemento neutro che è 1a polarità non è esperibile, semplicemente perché non è ancora determinato. Pretendere di cogliere la luce in sé o l'.oscurità in sé sarebbe una pretesa strana, poiché quanto ci appare è in ogni caso determinato e non può che essere tale. Questa circostanza potrebbe indurci a credere di trovarci dinanzi a un'eccezione al proposito goethiano di una scienza della natura che parla la stessa lingua dei fenomeni. In realtà si tratta· di considerare il ruolo di quella nozione. Vi è infatti da dire che un uso vero e proprio di essa non lo abbiamo mai fatto. Si pensi solo alla circostanza che per poter agire luce e oscurità devono essere già determinate, devono essere immagini più chiare o più scure e che, altrettanto, tutte le esperienze della Teoria dei colori sono condotte con l'ausilio di immagini. La circostanza può essere spiegata dicendo che nell'idea di polarità Goethe generalizza quegli elementi che poi, di fatto, entrano nell'esperienza in una relazione reciproca. La polarità luce-oscurità presenta - e ciò è tutt'altro che in contrasto con le esperienze storiche del simbolismo della luce e dell'oscurità - astratti e indeterminati, in un'assoluta indipendenza l'uno dal-

P-.enato l'roncon l'altro, quei termini che sempre concreti e determinati, e l'uno connesso e commisto all'altro di fatto si manifestano. Naturalmente è difficile fissare Io status di un simile concetto, ma potremmo dire che si tratta di una sorta di a priori con il quale si fissano q1,1elle tendenze che occorrono come contenuto del molteplice, effettuando una sorta di fondazione. Conferma di questo rapporto tra molteplicità e polarità viene dalla centralità che nella Teoria del colore ha il problema dei valori di chiarezza. Basti pensare alla distinzione tra + e - , tra colori caldi e colori freddi, nonché alla definizione del giallo e dell'azzurro per ricavarne conferma. Ancora più convincente è che la questione dell'aumento della forza cromatica del colore, il problema indicato da Goethe con Steigerung, è strettamente legato a quello dell'iscurimento del colore, e che lo stesso fenomeno originario non è altro che - secondo Goethe - un'esperienza di quest'ultimo genere. Un discorso in un certo senso analogo va fatto anche a proposito della nozione di mezzo. I mezzi di cui parla Goethe sono di principio degli esperibili, a differenza della polarità che di principio tale non è. D'altro lato però, ed è il punto interessante, sbaglieremmo a considerarli come qualcosa di materiale in un senso vicino alla fisica. La loro proprietà è la torbidezza, una caratteristica paragonabile a quella di un quadrato bianco (l'estrema trasparenza) che progressivamente ingrigisce fino a divenir~ interamente nero (l'opacità): in questo schema -la torbidezza occupa un qualsiasi punto tra quegli estremi. Se dunque la polarità indica una generalizzazione, seppure particolare, di elementi dell'esperienza visiva, non è ciò di meno il caso a proposito della nozione di mezzo. Le considerazioni fin qui svolte hanno probabilmente, dunque, maturato una valutazione critica e della nozione-di esperienza e della nozione di teoria. È piuttosto evidente che con esperienza Goethe finisce anche con l'indicare quanto noi, intitolando questa parte conclusiva, abbiamo chiamato teoria. La teoria dei colori è di principio un'esperienza dei colori. L'oggetto della teoria è l'esperienza, ma i due momenti tendonò a sovrapporsi e confluire. Se ciò dovesse sembrare troppo forte, si consideri' 'come l'esperienza scientifica è quanto ricaviamo dall'esperienza ripercorrendola allo scopo di ricavarne il tipo. Quest'ultimo a sua volta non è esattamente un concetto, ma è piuttosto una connessione. di esperienze, ovvero un'esperienza resa esplicita nei suoi nessi con le altre esperienze e dunque resa esemplare: il nucleo di ppssibilità di qualsiasi esperienza del colore. Il fenomeno ori-• ginario che così ricaviamo appare dunque agli occhi dello spirito in quanto questi, in un certo senso, prolunghino gli occhi dell'esperienza. L'esperienza che noi facciamo oggetto di studio è l'esperienza propria di ciascun soggetto empirico, e lo strumento della teoria è principalmente il vedere. D'altro lato, è molto probabile che - scontata la circostanza che Goethe intende offrirci un modello dell'esperienza - egli ce ne offra uno di genere assai particolare. Si impone qui alla nostra attenzione il problema del contesto

Goethe e la filosofia del colore (fisiologico, fisico, chimico), nel quale Goethe svolge la sua analisi. In effetti risulta molto difficile pensare a ciascuna delle sezioni della Teoria dei co~ lori senza delle cognizioni di fisiologia, di fisica o di chìmica. Essa, sotto questo punto di vista, assomiglia sl a una fenomenologia, ma a una fenomenologia di natura empirica 9• Del resto è molto probabile che nessuna teoria del colore sia indipendente dalla risposta implicita o esplicita che sia, alla questione della relatività del colore. Vorremmo in queste pagine conclusive mostrare come, partendo da Runge 10 e accogliendo le osservazioni che Wittgenstein 11 ha dedicato al tema del colore, si possano sviluppare certi suggerimenti goethiaru pur andando al di là del loro orizzonte scientifico. Alla base delle osservazioni di Runge vi è un modo essenzialmente diverso di assumere la relatività del colore, in breve: un altro modo di considerare la teoria. Dinanzi alla questione dei colori che andavano inseriti nel cerchio, Runge non parte dai colori prismatici come colori originari, cosl come Goethe aveva fatto, ma propone di assumere i colori come momenti ideali e astratti, figurandoli al massimo di una forza cromatica che nessun pigmento permette di raggiungere. Con ciò Runge intende, anzitutto, « mettere ordine » nell'esperienza, servendosì non di un metodo tipizzante, ma di un metodo che, utilizzando momenti astrattivi, arrivi ai tratti essenziali dell'esperienza del colore. I colori di cui egli parla sono, per sua stessa indicazione, dei punti matematici. L'indicazione tradisce lo scopo: non si tratta di indicare dati di fatto, ma regole. Certamente, l'astrazione a cui Runge pensa, e che noi troviamo notevolmente interessante, non ha a che fare con una generalizzazione di dati empirici. Ci troviamo piuttosto ancora sul terreno scelto da Goethe della definizione di un intero mediante le sue stesse caratteristiche, senza però lo sviluppo di esperimenti che riproducano la nostra esperienza del colore. Si prenda in esame la possibilità di spostare un colore in direzione dell'altro. Vogliamo per esempio costruire una serie che va dal rosso in direzione del giallo. Il compito sembra realizzabile servendosi dell'arancio. Non ci serviremmo dell'azzurro, o del verde, del violetto o di altro. Si noti anzitutto che questa possibilità ha poco a che fare con le nostre eventuali cogt'lizioni relative a pigmenti. Possiamo non sapere nulla di pigmenti e tuttavia comprendere perfettamente l'invito a costruire una serie del genere. Qui la questione non è quella di sapere quale arancio eventualmente risulti dalla mescolanza con quale giallo e con quale rosso. Si tratta invece della esistenza o meno nella nostra nozione di rosso e giallo di una possibilità del genere. Se dunque· ·riceviamo l'invito a spostare il rosso in direzione del giallo, possiamo richiamare un certo arancio, o scegliere tra dei fogli colorati. In questo modo, in una maniera analoga a quella di Runge, possiamo costruire tutto il cerchio, semplicemente assumendo - secondo l'espressione

  • rismatiche impartiscono. Queste consideraziòni non ricevono infatti validità dal fatto che alla loro base vi sia un qualche dato di fatto.· Una nozione della Teoria dei colori può comunque qui essere riutilizzata: ogni colore è quello che è data la sua posizione rispetto agli altri colori. Questa posizione, più accentuatamente di natura logica in Runge e ancor più in Wittgenstein di quanto non lo sia in Goethe, prescrive ed esclude, definisce delle possibilità e ne bandisce delle altre. Il cerchio funziona dun• que come illustrazione del campo di possibilità di ciascun colore, almeno rispetto a questo o quell'aspetto. Cosl per esempio nel cerchio trova definizione il concetto di passaggio da un colore primario a un altro. Con l'astrazione quale mezzo di indagine del colore non vogliamo però definire cosa il èolore sia. L'esperienza del colore è una esperienza dalle forme molteplici e dal contenuto assai vario, come il lettore attento già

    Goethe e la filosofia del colore avrà ricavato dalla Teoria dei colori. La tecnica dell'astrazione mira solo all'esplicitazione delle tendenze della nostra esperienza elementare del colore. Piuttosto che una morfologia o una psicologia si può intravvedere il problema di una logica u del colore. Questo riferimento a una «logica» aiuta forse nella comprensione della questione e ci riporta, attraverso Goethe e la sua idea di nessi tra i colori, all'idea di Runge di una teoria che mette ordine nell'esperienza.

    * Desidero riQgraziare il D.A.A.D. di Bonn per il concreto appoggio che ha consentito, con la concessione di una borsa di studio presso la cattedra di Filosofia tenuta dal Prof. Manfred Riedel della Università di Erlangen, l'esecuzione di questo lavoro. Ringrazio inoltre il Dr. Wolfgang Irler e, in modo particolare, il Prof. Giovanni Piana dell'Università di Milano, per l'interesse mostrato nel corso dell'intera ricerca.

    Note

    1 Un anonimo recensore, nel luglio del 1810, ebbe a scrivere parole che avrebbero trovato spontanea corrispondenza in particolare negli ambienti •più direttamente legati alla scienza del tempo. Le riportiamo qui per la loro emblematicità e per indicare la base anche delle parziali rivalutazioni di questa o quella ,;czione della Teoria dei colori: « Il nome dell'autore di Goethe attira, come è facile- immaginare, l'attenzione del pubblico tedesco. Goethe è famoso come poeta, e ora si annuncia come fisico, come scienziato della natura... Nondimeno molti... già all'uscita di questo libro erano dell'opinione che la scienza non ne avrebbe ricavato alcun vantaggio. Era noto che egli non si intendeva per nulla di matematica, ed. anche che non era un fisico pratico. Era nota la sua appartenenza a una scuola che appunto non brilla per la perspicuità e la determinazione delle sue proporzioni; infine l'autore stesso ci aveva dato nella sua Ottilia un saggio dello stile con cui egli tratta· oggetti fisici. In conformità a ciò era quasi prestabilito che la nuova teoria dei colori sarebbe stata romantica, poetica e per nulla prosaica, e che noi non avremmo potuto aspettarci altro che una spiegazione, travestita nell'artificioso linguaggio del trascendentalismo, delle no,e manifestazioni di natura » (in: LA, sez. II, voi. 4, pag. 208 sgg.). Il giudizio riportato rappresenta senz'altro una estrema semplificazione dei temi offerti da Goethe nel suo saggio. D'altro lato anche certe importanti rivalutazioni forse non sempre riescono a cogliere la sostanza autentica della questione. Heisenberg, per esempio, ravvisa due diversi stili di considerazione nei lavori di Newton e di Goethe. Nel primo si tengono rigorosamente separati elementi soggettivi e oggettivi in vista di una considerazione del mondo scientifica, nel secondo quegli elementi vengono invece mischiati. La perdita di questa unità è andata a detrimento della scienza e, secondo il suo parere, vi è da augurarsi che questo iato possa essere superato. Heisenberg sembra però restringere troppo il valore e il contributo dato dalla Teoria dei colori al superamento di questo divario. Non è cioè esatta, e neppure redditizia, la considerazione da lui compiuta degli scritti goethiani come scritti destinati al pittore. La teoria dei colori di Goethe non è appunto teoria del colorito.

    Note In realtà il problema fa perno sul senso dell'orientamento goethiano ai momenti qualitativi dell'esperienza, e in generale sull'importanza che egli attribuiva alle questioni soggetto-oggetto nella fisica. Si dr. Heisenberg, 1949; Benn, 1932; Callot, 1971; Born, 1963; Hclrnholtz, 1917 e infine Glockner, 1924. Quest'ultimo dedica alcune classiche pagine alla Teoria dei colori e alla fisiologia. Anche Gogelein, 1972, nell'ultima parte del suo testo prende in esame alcune importanti interpretazioni degli scritti scientifici di Goethe. 2 Gli scritti relativi alla Teoria dei colori costituiscono la parte più cospicua degli scritti goethiani, per quantità raggiunti da nessun altro. Faust e Farbenlehre egli ronsidera come i compiti della sua esistenza. In una conversazione con Eckermann ebbe a dichiarare quale era il suo personale atteggiamento rispetto alle sue decennali ricerche. Goethe disse: « Io non mi inor:goglisco di tutto ciò che come poeta ho prodotto. Insieme a me hanno vissuto eccellenti poeti, altri ancora migliori hanno vissuto prima e altri ve ne saranno dopo di me. Sono invece orgoglioso del fatto che, nel mio secolo, sono il solo che conosce il giusto nella difficile scienza del colore, e nutro perciò una certa coscienza della mia superiorità rispetto a molti» (Eckennann, 1948, pag. 235). Non si può tuttavia dire che da questi studi Goethe abbia ricavato i maggiori riconoscimenti. Malgrado la collaborazione e la concordanza di pareri di amici e grandi figure del tempo, si pensi solo a Schiller e Schelling, Goethe si sentl ed effettivamente fu isolato nello sviluppo del suo lavoro. Si veda sull'argomento Matthei, Entstehungsgeschichte, in: LA, sez. II, vol. 4, pagg. 233-258. Inoltre: Vorlander, 1923 e Menzer, 1957. 3 Che questo fosse il punto di partenza delle teorie del colore dell'epoca è mostrato anche da una lettera del 1802 di Philipp Otto Runge ( 1777-1810), nella quale è fissato e riconosciuto il valore simbolico e il significato cosmico del colore: « Il colore è l'arte ultima che è sempre mistica e che mistica deve sempre rimanere... A base di essa sta per intero il simbolo della trinità: luce - oppure bianco - e oscurità - oppure· nero - non sono colori, la luce è il bene, roscurità il male (mi riferisco ancora alla creazione). Non possiamo comprendere la luce e l'oscurità, non possiamo comprenderla, poiché agli uomini è stata data la rivelazione e poiché i colori sono venuti al mondo: azzurro, rosso e giallo. La luce è sole che non possiamo guardare ma, quando esso si abbassa verso la terra e l'uomo il cielo si arrossa. L'azzuro ci ispira un certo rispetto, ed è il padre; il rosso ordinariamente il mediatore tra la terra e il cielo; quando ambedue scompaiono sopraggiunge di notte il fuoco, cioè il giallo e il consolatore che ci vengono inviati. Anche la luna è soltanto gialla» (Runge, 1965, vol. I, pag. 17; citato anche in Jensen, 1977). Queste considerazioni sono del massimo interesse anche per la comprensione del tema in Goethe, chiarendo quale fosse in clima romantico il punto di partenza per queste riflessioni. 4 Questa è la cognizione che guida Goethe anche nello sviluppo dell'analisi in direzione dell'uso estetico del colore. Per quanto riguarda i tipi di accostamento possibili tra i colori, in un dipinto, rimandiamo senz'altro alle tavole ~0-14. ' ltten, sulla base della divisione del cerchio in dodici parti, propone diverse possibilità di legami di accordo e in generale di accostamento tra i colori. In analogia con la musica abbiamo delle proposte di accordo. Il principio di composi-

    è

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    Note

    zione è rappresentato dalle figure geometriche che risultano congiungendo di volta in volta tre, quattro, cinque, sei colori. Un accordo a due sarà per esempio rappresentato da un diametro che congiunge due colori opposti. Si avrà invece un'armonia fondata su un accordo a tre « quando si scelgano nel cerchio tre colori la cui forma di relazione è un triangolo equilatero» oppure, sostituendo uno dei due colori componenti un accordo a due con i colori a esso vicini nel cerchio, dando cosl luogo a un triangolo isoscele. Anche in questo caso il pnncipio avanzato è evidentemente quello della totalità, come anche in Goethe. La concezione di Itten presenta tuttavia un motivo che non è di origine goethiana, ma va fatto risalire a Schopenhauer. Itten scrive che « due fattori determinano la forza di azione di un colore: la sua intensità luminosa e l'arnpie7.za della sua superficie». Inutile dire che, tra questi due fattori, esiste un nesso d'interdipendenza, nel senso che variando un fattore deve variare anche l'altro. Itten svolge quindi un metodo che ritorna al pensiero fondamentale di Schopenhauer, secondo il quale l'unione di colori puri complementari possiede sempre lo stesso valore di chiarezza. Diversa la posizione di Frieling, il quale scrive che « armonia è ordine» e che armonico, per esempio, è l'arco se esso è chiuso: « Se invece esso è aperto in un luogo, ciò ci disturba in quanto disarmonico». In generale, « armonia è sempre la realizzazione di un ordine superiore». La questione di una armonia dei colori è esemplificata in Frieling - come già Goethe aveva in parte tentato di fare - sulla base della musica. Escludendo qui le considerazioni tecniche, ricordiamo comunque che Frieling considera inutile definire certe composizioni'di colore come armoniche o disarmoniche. Ciò in guanto bisogna considerare l'eb mento temporale del colore, l'« azione drammatica» di esso (Farbdramatik), la sua «melodia» che può essere sviluppata anche dalle opposizioni: un accostamento « disarmonico » può essere sciolto in una più alta unità e quindi, posto in un ordine, può agire armonicamente. Qui Frieling fa riferimento a Goethe: armonia è ordinamento secondo poliopposizioni che si integrano. Se dunque armonico è, secondo l'accezione goethiana, ciò che contiene totalità, muta qui il contesto di applicazione di questa nozione. Una composizione di colori ha cioè evidentemente un contenuto cromatico ma si specifica cli volta in volta rispetto all'uomo, a un oggetto, allo spazio ecc.: comunque rispetto a « un terzo». , In Albers, 1963, il problema dell'armonia viene considerato. nella maniera piu autonoma, tra quelle d.'!tte, rispetto a Goethe. Albers critica quei sistemi dei colori per i quali certe costellazioni all'interno di un sistema formano una armonia. Ci limitiamo a osservare che, proprio perché il colore appare non solo in infinite nuances, ma anche in dipendenza da una quantità di altri clementi, una cosa è il complementare di un colore, il colore che si produce come immagine successiva, e un'altra è il complemento di un colore. Questo dipende dal sistema nel quale il colore viene ordinato. Il rapporto tra questa concezione e la questione teoria del colore e prassi pittorica viene brevemente esposto nella nota 9. Si veda Itten, 1965, e Schopenhauer, 1920. Inoltre Frieling, 1956 e 1977, e Albers, 1963. 6 Le idee di Goethe sulla matematica sono naturalmente assai interessanti, e tuttavia in tnerito si può lamentare una considerevole mancanza di saggi e studi. Dal nostro attuale punto di vista esse possono aiutarci a definire il carattere del me-

    Note todo usato per lo studio del colore e ad approfondire le ragioni dell'opposizione a Newton. Il contesto nel quale esse trovano esatta collocazione è quello dello sviluppo di una Natursprache, di un linguaggio conforme a natura. In questo senso Goethe rivendicherà più volte di non aver indagato la natura con l'ausilio della matematica, pur non essendone un avversario. Commentando un brano di D'Alem• bcrt, Goethe ebbe a svolgere considerazioni per noi di notevole interesse. Secondo Goethe la matematica può conservare, quando sia fondata nell'esperienza, un valore analitico illustrativo, e solo in questo senso egli si augura, nella Teoria dei colori, il concorso del matematico. In verità, secondo Goethe, il limite della matematica è intrinseco. Essa si indirizza al momento quantitativo, a tutto ciò che si lascia determinare mediante numero e misura. Il quantitativo in sé - come sappiamo dalla distinzione tra dinamico e atomistico - non esaurisce però il reale, che appare anzi allo spirito come la tensione di due poli, l'uno qualitativo e l'altro quantitativo. Goethe ritiene anzi che questa intuizione sia presente anche al matematico, sebbene inconsapevolmente, in quanto proprio il tentativo