La sublime scuola italiana: Poeti, Volume 7: Gerusalemme liberata [Reprint 2021 ed.] 9783112447581, 9783112447574


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La sublime scuola italiana: Poeti, Volume 7: Gerusalemme liberata [Reprint 2021 ed.]
 9783112447581, 9783112447574

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LA

SUBLIME

SCUOLA

ITALIANA O V V E R O

LE

PIÙ

ECCELLENTI

OPERE

D1

P E T R A R C A , ARIOSTO, D A N T E , T.TASSO» PULCI,

TASSONI,

CHI ABRERA , MACCHIAVELL1,

SANNAZZARO> BURCHIELLO.

BOCCACCIO,

VARCHI, SPERONE SPERONI, GOZZI, MARTINELLI,

CÀSA,

LOLLIO*

ALGAROTTL

Scuola 3 , COSI vidi adunar la betta Sì fuoria. ,, Del bel Paefe là, ove

Dante Inf. C. 4, e. C. 33.

E D I Z I O N E DI

A G O S T I N O de'

VALENTI

P O E T I

V O L V M E

BERLINO

£

PRESSO A M A D E O

VII.

STRALSUNDA AUGUSTO

MDCCXCVII»

LANGE

L A

GERUSALEMME L I B E R A T A

DI

TORQUATO I

CINQUE

TASSO.

CANTI

DEL m e d e s i m o

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E L' a m i n t a

SUO»

EDIZIONE ì) i A G O S T I N O

DE'

V A L E N T I .

BERLINO E STRALSUNDA ÌRESSO

AMADEO

AUGUSTO

MDCCXCVII.

LANGE

A L C U N E

LETTERARIE

NOTIZIE

CONCERNENTI

LA V I T A E L '

OPERE

POETICHE

DI

TORQUATO

TASSO.

T o r q u a t o fu figlio di Bernardo Taffo da Bergamo, chiariffimo Poeta, e di Porzia Roffi, r uno e 1* altra di famiglia affai nobile; e nacque a' dieci di Aprile del 1544. in Sorrento: città polita al mare, e d' ameniffimo foggiorno per le fragranti e fruttifere fue colline, lontana da Napoli diciotto miglia. Quindi il giovine Tor* 5 quato,

quato , Forfè in età di i5. anni, dopo iiver apprefo le prime lettere fotto la dir rezione di Cataneo, dall' accorto fuo pa die mandato fu a Padova, acciocché, dandoli allo ftudio delle leggi, divenirle il foftegno della Cafa, pur troppo foggetta già da molti anni a l'offrire le fieriifime fcoffe della nemica fua implacabile Fortuna. Ma Torquato, conoscendofi d* animo ripugnante alla profeDione Legaje, a cui più per paterno volere, che di fuo genio dedicato fi era, gravido di poetici entufiafmi, ad altre leggi non attefe, fe non alle canore, ed a quelle d' un armoniofo componimento. Non ancora giunto all' anno decimottavo, tuttavia dimorando a Padova, fe' comparire del fu© ameniffimo ingegno il primo fiore, detto il Rinaldo, Poema, il quale, a giudizio degl' intendenti , fuperò non folamente i pregiudizi del fuo fecolo, poco favorevoli alla regolata poefia epica in lingua volgare; ma di molli rinomati Poeti avanzò la gloria. Per la morte de' genitori, da Pado-

VII

Padova, dove ftudiato aveva la Filofofia, ed allre icienze, il conduffe a Bologna ad infegnara la Filofofia; ma quivi p u r , a En ore voli che foffero 1' accoglienze fattegli in ea^a Monfignore Cefis, pofcia Cardinale; non fece lunga dimora: eftimolato poi dal giovine Principe Scipione Gonzaga, il quale non fapeva vivere fpiiza di l u i , a Padova, là onde egli era venuto, fene tornò, ove d'anni 20, con del grandiftìmo piacere fotto nome di Penti* to, fentendoli ripentito di non aver con» fumato tutto il fuo tempo nella Poefia e nello ftudio della Filofofia, ammeffo f a ali Accademia degli Eterei, della quale il Principe f u capo, Invaghito del Taffo, il Principe Cardinal d' Efte, Mecenate de* Virtuofi , il chiamò a Ferrara, con* ducendolo fempre feco e recandoli a fomma gi-andezza d' avere alla iua Corte u n Poeta di tanla eftimazione. Per quella via entrò nella grazia di tutta la Cafa Eftenfe, Protettrice delle Lettere, e principalmente di Alfonfo II, Duca di Ferra* 4

Vili f a , il quale nella fua fioritiffima Corte, nel Palazzo ducale, con tutti gli altri op* portoni provvedimenti, gli diede commoda abitazione » onde egli poteffe con-! ogni agio e fuor d' ogni cura, vacare alle M u l e , e dar il compimento al prò, gettato famofxffimo f u o Poema della Gerufalemme liberata.

Nel

Eroica 1672,

egli ebbe 1' onore d' accompagnare il Cardinal L u i g i d' Efte alla corte di Francia, ove dal Re Carlo IX. ebbe onoratifiima accoglienza.

Ritornato col Cardinale aFer-r

rara, nel 1 5 7 5 . vi compofe il Tuo Aminta, che con universale applaufe f u letto e rapprefentato.

V anno trentèlimo di età

egli compiè la fua Gerufalemme liberata, di cui già parecchi anni fa, s' erano ftampati i primi canti, toltigli di mano parte da' prieghi degli amici, e parte da' comandamenti de' fuoi padroni.

L a rigo-«

rofa cenfura che ne fece 1' Accademia della Grufca di Firenze, non f u baftevole a ibernarne il pregio e la gloria di Torquato ; ckè indi ftimolato, i » difefa del

IX

del fuo Pogma, eompofe u n opera in cinque canti, detta Gerufalemme conquistata, ed alcune lettere che gli vanno dietro , onde maggiormente s* accrebbe fua reputazione. Per quefta cenfura ed il tradimento d' un f u o amico, chiamata dal Tallo pel fuo Aminta fotto nome di Mopfo , a cui aveva affidato il fegreta de' fuoi amori, e forfp anche per l ' i m pofibiltà di foddisfare a' fuoi defiderj amorofi, f u talmente affalito d' atrabile^ a cui già di natura fua inclinava, che come privo di retti l'enfi, talora qual fuggitivo andò ramingo con mutazione d* abito e di nome, ora qual timido agnello i"itorn9 all' ovile, folornante coftante nell* incoftanza delle fue azioni : Sotto prete-, ito di penderlo ficuro dagli affalti del gentiluomo Ferrarefe, traditore de' fuoi fegreti, che con tre altri fuoi fratelli f u battuto da effo iu un duello, il Duca la fece rinferrare nelle fue ftanze. Indi il Poeta prendendo argomento d' effer cai ditto in disgrazia del Duca a ragione de 1 * 5

fuoi

*

fuoi amori verfo una delle di lui forelle di nome Eleonora, per malinconia divenne quali mentecatto, e con azioni ftravaganti continuò a dar motivo di tenerlo via più cuftodito. Ebbe però la fortuna di fuggirfene a T u r i n o , indi a Roma, e finalmente a Sorrento preffo fua iorella: ma Tempre da per tutto accompagnato f u dal timore o di effe re ptefo, o di effere avvelenato, quantanque e dal Duca di Savoja, e da' Romani foffe accolto con ogni genere di amorevolezza e cor» telia. Sollecitato da madonna Eleonora, che gli fciffe parecchie lettere, egli lafciò il giocondiffimo i'oggiorno di Sorrento, e fi reftitui alla corte di Ferrara, ove, febben con allegrezza univerfale folle ricevuto , pure per nuove cagioni, dipendenti dalle prime, e per 1' incoftanza della l'uà condotta, f u pofto per ordine del Duca nello fpedale di S. Anna in Ferrara, per guarirlo della fiera malinconia, che di continuo 1* agitava. Indi uscito yer 1' interceflione del Principe di Manto

XI tova, egli abbandonò fempre la città e la Corte 4i Ferrara, per fermarli in quella dt M a n t o v a , ove lo fteffo Principe V i n cenzo Gonzaga l'eco lo conduffe.

Ma

effendogli, fatta fperanza di ricuperare i beni materni, eli' a Napoli tra quelli del padre erano itati ingiuftamente confiscat i , egli vi andò,

e rimaftovi per alcun

tempo, dal Cardinal Cintino Aldobranr dino,

nipote del Papa Clemente

Vili,

chiamato f u a R o m a , per erfervi coronato Poeta nel Campidoglio.

Giunto a Ro-

i n a , e fommamente onorato dal Papa s* amalo d' una febbre, che in pochi giorni lo tolfe di v i t a , e fi morì 1' anno 1 5 9 5 . alli 20. d'Aprile nell' anno cinquantefimo primo di fua età, confiderando il cielo, che al cantor della terena Gerufalemme, non la caduca, ma celefte corona d a r l i dovefle.

Il cadavero di quefto celebre-

Poeta fotterrato f u iu Roma nella Chiefa di

Sant' Onofrio, ove nella

lapida

&

legge DtO,M.

xn

D. O. M. T Q R Q U A T I OSSA

HOC,

T A S S I

HIC

IACBKT.

NE NESCIUS

ESSET

FRATRES

HUJUS

HOSPES,

ECCLESIAE

POSUERUHT,

ANNO

MDXCV.

Delle JTue opere poetiche, quella della detta Gerufalemme liberata, è la migliore, e mi credo, che fenza offendere il vero, fipoffa preferire il Taffo all' Ariofto, e per la nohile interreffante Favola, e per 1' unità del foggetto. Certamente ci vuol meno arte a dipingere moftri e giganti, che a rapprefentare Eroi, effondo più facil cola, il caricar la natura, che il féguirla. Oltre che il foggetto della Gerusalemme liberata è de* più grandiofi, che giammai occuparono la mente de' poeti, vi fi fcorge ancora una prodigiofa dovizia di fcienze, una gran maeftria nel maneggiarlo degnamente, e nel farvi cam-

Peo~

XIII

poggiare del pari l'intereffe e la nobiltà de' penfieri. L' orditura del poema, e le parti inteffutevi, col più Tiretto legame s' accordano a dar nel fegno ciò, che il poeta s' è prefii'fo. Chi non vede con qual mirabile ingegno egli mette in campo gli avvenimenti, e con quale in* telligenza vi fa contraltare i lumi e lo icuro. Trovali il leggitore dal fraftuono delle fquadre guidato a' diletti d* Amore, e da quefti deliramente rimenato viene alle battaglie. Grande é 1* arte fua di eccitar gradatamente le fenfazioni. Non v' è paffo nell' opera, ove non fi feorga chiarezza ed eleganza di Itile, e qualora a richiefta del l'oggetto a voli fublirni fi leva, il leggitore reità ftupefatto in vedendo , come 1' indole delicata della italiana Favella, per mano Tua, trainiutata viene in maeftà e robuftezza. Sotto il titolo di Goffredo ne furono ftampati 14. Canti in Venezia nel i58o. Ma nell' anno feguente comparvero tutti i 30»

XIV

ì 20. Canti fotto il Titolo di Gerufàlem* me liberata in tre luoghi, cioè in Panna in 12» i n (Ca fa 1 ni a gg iore, ed in Ferrara in 4. che è molto migliore dell' altre dué edizioni per la correzione delle voci e la cuzioni, accrefciuta ancora di ftanze, coli' allegoria del medeiimo autore^ La più bella edizione è fenfca dubbiò quella di Londra del 1724. in 4* di carta grande, ed in due volumi, ove alla fìnè ritrovali!! i paffi d' autori antichi, imitati da Taffo. La più ricercata a cagion delle ftampe di Bernardo Cattello, imitate nell* edizione di Londra, è quella di Genova del 1590. Negli ultimi anni di fua vita riformò la Gerusalemme liberata, e di nuovo la pubblicò eoi titolo di Gerufalemme con» quiftata. Traduzioni della detta Gerufalemme liberata fé ne Tono vedute in francefe, in Lingua inglele e Tedefea» In

XV

In francefe da Mirabaud, a Parigi 1742. in due volumi in 1 a. In Lingua ingìefe da Iloole, a Londra 1764. in due volumi, in 5. In Lingua tedefca ne fono : una in vèrfi del Cavalier Mani'o, a Liplia 1791. due Volumi in 8E d in proFa quella di Heinfe, Manheim 1 7 8 1 . in quattro volumi 8. e Zürich del 1782. due volumi in 8. Molti fono gli autori eh' hanno pubblicate dell' offervazioni fopra la Gerufalemme liberata, tra' quali Scipione Gentile, Gulio Guaftavino, Giovanni Pietro d' Alleffandro Lorenzo Pignoria fono i più rinomati* L ' altre Opere poetiche di Torquato Taffo fono : 11

XVI

II Rinaldino, Poema epicó compofto da lui in età di 18. anni, e ftampato a Venezia per Aldo nel 1583^ Le fette giornate del mondo creato, ove in verfi fciolti canta le opere dellà creazione, raccontate nel primo libro di M o f e , pubbicate in Viterbo nel 1607. Il Torifmondo, Tragedia per commifilone dell' autore medefiino ftampata nel 1587. in Verona da Girolamo Difcepolo. Le Tue Rime* cioè Canzoni e Sonetti^ fatti in varie occafioni, ed indirizati a varie perfone, che fi trovano neil' edizione Veneta del 1621. L ' Aminta, Favola pafiorale, la prima opera che in quefto genere fia fiata eompofta, per 1' invenzione, e per 1' eccellenza del componimento giudicata per ogni fua parte perfettiffima»

Del

XVII

Del refto tutte le fue-opere tanto in veril che in profa ritrovarli in una recente Edizione di Venezia, ove fono ancóra i conienti, e le controyeriìe coli* Academia della Critica,

ÉSPO,

ESPOSIZIONE OVVERO

ALLEGORIA

UNIVERSALE SCI.

POEMA.

J , Eroica Poefia, quali animale, in c u i due nature fi congiungono, d' imitazion e , e d' allegoria è compofta ; con quella alletta a fé gli animi, e gli oi-ecchi degli uomini, e maravigliofamente gli diletta; con quefta, nella virtù, o nella fcienza, o nell' una o nell' altra gli ammaeftra : e Jlccome 1' Epica imitazione altro giammai non è , che fomiglianza, ed imagine d'

XIX

d'azione umànà, così fuolé l'Allegoria degli Epici, dell' umana vita effer figura. Ma 1* imitazione riguarda le azioni dell'uomo, che fono ai lenii citeriori folto pofte, ed intorno ad effe principalmente affaticandoli cerca di rapprefentarle con parole efficaci» ed efpreffive, ed atte a porchia* ramente dinanzi gli occhi corporali le cole rapprefentate: ne confiderai coftuini| o gii affetti, o i difcorfi dell' amino, in «Juanto elfi fono intrilifeci, ma folamente in quanto fuori fe ne efcono, 6 nel parlare, e negli atti, e nell' opere inanifeftandoli accompagnano l' azione. L' Allegoria all' incontro rimira le paffioni, e le opinioni» ed i coitunii, non folo inquanto elfi appajono, ma principalmente nel loro eiiere iulrinleco, e più oicuramenle le lignifica con note ( p e r Coli dire) niifteriole e che folo da' cono-' fcitori della natura delle cole pofiono effe re appieno cómprefe. Ora lafctando 1' inntazione da parte, dell' Allegoria, eli» è noitro propoli lo, ragionerò» Ella, Hc** a

come

XX

come è doppia là vita degli uomini, così or dell' una, or dell' altra ci fuole effe re figura, che ordinariamente per uomo intendiamo quefto compofto di corpo, è d' anima, e di mente ; ed allora vita umana f i dice quella, che di tal compofto, è propria , nelle operazioni della quale ciafcuna parte d' effo concorre, ed operando quella perfezione acquifta, della quale per i'ua natura è capace. Alcuna volta, benché più di rado, per uomo s' intende non il compofto, ma la nobiliifima parte di effo, cioè la mente. E fecondo queft' ultimo fignificato fi dirà, che il vivere dell' uomo fia il contemplare, e 1' operare femplicemenle con l'intelletto; come quefta vita molto paja participare della divinità, e quali trafumanandofì, angelica divenire. Or della vita dell' uomo contemplante è figura la Comedia di Dant e , e 1' Odiffea, quafi in ogni fua parte : ìtia la vita civile in tutta l'Iliade fi vede adombrata; e nelP Eneide ancora, benché in quefta fi fcorga più tofto un meicola

XXI

colamento d' azione, e di contemplazione. Ma perchè 1' n o m o contemplativo è folitario, e 1' attivo vive nella compagnia civile, quindi avviene che D a n t e , ed Uliile nella Tua partita di Calipfo, fi fingono non accompagnati da efercito, o da moltitudine di feguaci, ma foli lì fingono; dove Agamennone, e Achille fi Tono delcritti , 1' u n o Generale dell' efercito Greco , 1' altro Condottier di molte fchiere di Mirmidoni , ed Enea, fi vede accompagnato quando combatte, e quando fa 1' altre civili operazioni ; ma quando fcende all' Inferno ed ai Campi Elifii lafcia i compagni, e l e f t a , non eh' altri, il l'uo fedele A cale, il quale non foleva mai dal fianco alloutanarglifi. N e a cafo finge il Poeta, che vad^ egli folo, perchè in quel f u o viaggio ci è fignificato una i'ua contemplazione delle pene e de' premi, che nell' altro fecolQ all' unirne b u o n e , ed alle ree fi riierbano, Oltva di ciò 1' operazione dell', intelletto. fpeculativo, eli' è operazione d* ** 5

una

XXII

lina fola potenza, comrnodamente dali* azion d' un folo ci vien figurata; ma l' operazione politica, che procede dall' intelletto, ed infierne dall' altre potenze dell' a n i m o , che fono quali cittadini uniti in una República, nori può così cqmmodampnte efiere adombrata d' azion e , in cui molti infierne, ed ad un fine Operanti non concorrano. A quefte ragioni, ed a quefti efempj avendo io riguardo, formai 1' Allegoria del mio Poejna tale quale ora fi manifefterà, L* efercito compofto di varj Principi e d' altri Soldati Ci iftiani, fignifica 1' Homo virile, il quale è compofto d : anima , , e di corpo ; e d' anima non femplice, ma difiinta in molte e varie potenze. Gerufalenime, città forte, ed in afpra e montuofa regione collocata, alla quale ficcome ad uliitno' fine, fono drizzate tutte le imprefe dell' El'ercito Fedele, ci fegna la felicità civile, qual però Conviene ad uomo, Criitiauo, come più fotto

acxiu follo fi dichiarerà, la quale è un bene molto difficile da confeguii-e, e pofto in cima all' alpeftre e faticofo giogo della virtù, ed a quello fono volte, come ad ultima meta, tutte le azioni dell' uomo politico, Goffredo, che di tutta quefta adunanza è Capitano, in vece dello intelletto, e particolarmente di quello intelletto, che confiderà non le cofe neceffarie , ma le mutabili, e che poffono variamente avvenire, ed egli per voler di Dio, e dei Principi, è eletto Capitano in quefta imprefa, perchè l'intelletto è da Dio, e dalla natura conftituito Signore fovra 1' altre virtù dell' anima, e fovra il corpo, e comanda a quelle eoa poteftà civile , ed a quefto con imperio regale. Rinaldo, Tancredi, e gli altri Principi fono in luogo dell' altre potenze dell' animo, ed il corpo dai Soldati men nobili ci vien dinotato: e perchè per la imperfezione dell' umana natura, e per gl' inganni del nemico di effa, 1' uomo non perviene a quefta felicità fenza molte ** 4.

inter-

XXIV

interne difficoltà, e fenza trovar fra via molti efterni impedimenti, quefti tutti ci fono dalla figura poetica dinotati, La morte di Sueno e dei compagni, quali non congiunti al campo, ma lontani fono ucciii, può dimoftrarci la perdita che 1* uomo civile fa degli amici, e altri beni eflerni, che fono iftrunienti della virLù, ed ajuti a confeguir la felicità. Gli eferciti d' Africa e d' Alia, e le pugne avverfe, altro non fono che i nemici, e le fciagure, e gli accidenti di Contraria fortuna. Ma venendo agli intrinfeci impedimenti , 1' amor , che fa vanneggiar Tancredi, e gli altri Cavalieri, e gli allontana da Goffredo, e lo fdegno, che defvia Rinaldo dalla imprefa, lignificano il contralto che con la ragionevole fanno la concupifcibile , ed irafcibile virtù, e la ribellion loro. I Demoni, che confultano per impedir 1' acquieto di Gerufalemtne, fono infieme figura e figurato, e ci rapprefentano fè jnedefmi, che lì oppongono alla noftra civile

XXV

civile félicità , aeciochè ella non ci ila fcala 'alla criftiana beatitudine, I due Maghi l f m e n o ed Ai-mida. miniftri del D i a v o l o , che procurano di rimovere i Criftiani dal guerregiare, fono due diaboliche tentazioni, che infidiano a d u e potenze dell' anima noftra, dalle ( aali tutti i peccati procedono, lfmeno lignifica quella tentazione , che cerca d' ingannare con falfe credenze la virtù (per così dire) opiniatrice. Armida è la tentazione che tende inlidie alla potenza, che appetifce ; e così da quello proceCeno gli errori dell' opinione, da quefta quegli dell' appetito. Gli Incanti d' lfmeno nella i e l v a , che ingannano con delufioni, altro non lignificano, che la fallita delle ragioni, e delle perfuafioni, la qual li genera nella felva, cioè nella moltitudine e varietà de' p a r e r i , e de' dilcorli u m a n i ; e perocché l ' u o m o fegue il v i z i o , e f u g g e la v i r t ù , o Rimando che le fatiche ed i pericoli iìano mali graviffimi ed i n f o p p o r t a b i l i , o giudi** 5

cando

XXVI

cando (come giudicò Epicuro e i Tuoi feguaci) che ne' piaceri e nell' ozio fi ritrovi la felicità: per quefto doppio è l ' i n canto e la delufione. Il fuoco, il turbine, le tenebre, i moftri, e 1' altre così fatte apparenze, fono gì' ingannevoli argomenti , che ci dimoftrano le onefte fatiche, gli onorati pericoli l'otto imagine di male. I fiori, i fonti, i rufcelli, gli iftromenti mufici, le Ninfe, fono i fallaci fillogiimi, che ci mettono innanzi gli agi ed i diletti del f e n f o , fotto apparenza di bene. Ma tanto bafti aver detto degl' impedimenti che trova 1' uomo così in fé fteffo, come fuori di fé; perochè, fe bene d' alcune cofe non s' è efpreffa 1' Allegoria, con quefti principi ciafcuno per fè ite ilo potrà invel'tigarla. Ora pafliamo agli ajuti efterni ed interni, e co1 quali 1' uomo civile fuperando ogni difficoltà, fi conduce alla defiderata felicità. Lo feudo di diamante, che ricopre Raimondo y e poi fi moftra apparecchiato in difefa di Goffredo, deve intenderfi per la

XXVII

la particolar cuftodìa del Signor Iddio. Gli Angeli fignificano or 1* ajuto divino, ed or le divine infpirazioni, le quali ancora ci f o n o adombrate nel fogno di Goffredo , e nei ricordi dell' Eremita. IVla 1' Eremita, che per la liberazione di Rinaldo indrizza i due Meffagieri al SagO O gio, figura la cognizione fopranaturale ricevuta per divina grazia , ficconie il Saggio la umana fapienza ; imperoché dall'umana fapienza, e dalla cognizione dell' opere di natura e dei magifteri fuoi fi genera e fi conferma negli animi noflri la giuftizia, la temperanza, il difprezzo della morte e delle cofe mortali, la magnanimità, ed ogni altra virtù morale, e grande ajuto può ricevere 1' u o m o civile in ciafcuna f u a operazione dalla contemplazione. Si finge che quefto Saggio folfe nel f u o nafcimento Pagano, ma che dall' Eremita convertito alla vera fede, fi fia renduto Criftiano, e eh' avendo depofta la fua prima arroganza , n o n molto prefuma del f u o fa p e r e , ma 6' acqueti

XXVIII

queti al giudizio del Maeftro : perchè la Filofofia nacque e fi nudrì tra' Gentili nell' Egitto, e nella Grecia, e di là a noi trapafi'ò, prefontuofa di fè iteifa, e mif, credente, ed audace, e fuperba fuor di mifura, Ma da San Tommafo, e dagli altri Santi Dottori è ftata fatta difcepola, e minifra della Teologia, e di venuta per opera loro m o d e f t a , e più religiofa, nell'una cola ardifce temerariamente affermare contra quello che alla fua IVlaeftra è rivelato. Né indarno è introdotta la perfona di quefto Saggio, potendo per configlio folo dell' Eremita effer trovato, e ricondotto a Rinaldo, perdi' ella s' introduce per diinoftrare che la grazia del Signore Iddio non opera feijipre negli uomini immediatamente , o per mezz;i eftraordinarj , ma fa molte fiate le fue operazioni per mezzi naturali ; ed è molto ragionevole, che Goffredo, il quale di pietà e di religione avanza tutti gli altri, ed è , come abbiamo detto, figura deli' intelletto , fia particolarmente favorito, e

XXIX

e privilegiato con grazie, le quali a neffun' altro non iiano comunicate. Quefta. umana fapienza adunque indrizzata da virtù fuperiore, libera l'anima l'enfi ti va dal vizio, e v' introduce la moral virtùi ma perché quefta non bafta, Piero Eremita confetta Goffredo e Rinaldo, e prima aveva convertito Tancredi. Ma effendo Goffredo e Rinaldo le due pexfone che nel Poema tengono il luogo principale, non farà forfè fe non caro ai Lettori, eh' io replicando alcuna delle già dette cofe, minutamente manifefti 1' allegorico fenfo, che fotto il velo delle loro azioni li nafeonde. Goffredo, il quale tiene il primo luogo nella favola, altro Don è nell' Allegoria, che 1' intelletto, il che s' accenna in alcun luogo del Poema, come in quel verfo : „ T u il fenno f o l , tu fol lo feettr© adopra. E più chiaramente in quell' altro : ,,L' anima tua mente del campo, e vita,

E

XXX

E il foggiutìge vita, perchè nelle potenze pia nobili le men nobili fono contenute.

Rinaldo dunque, il quale nella

azione e nel iecondo grado d' onor, deve ancora nell' Allegoria in grado corriipondente effer collocato; ma qual ila quei'ta potenza dell' animo, che tiene il fecondo grado di dignità,

or li farà manifefto.

Irafcibile è quella, la quale fra tutte 1' altre potenze dell' anima meno s' allontana dalla nobiltà della mente ;

intanto

p a r c h e Platone cerchi, dubitando le ella lìa diverfa della ragione,

o n o : e tate

ella è nell' animo, quali fono nell' adunanza degli nomini i Guerrieri, e iictom e di coftoro è ufficio,

ubbedendo ai

Principi, che danno l'arte alla l'cienZd del comandare, combattere contra i nemici, coli è debito della irafcibile parte dell' animo guerriera, e r o b u f t a , armarli per la ragione contra le concupifcenze, e con quella vehemenza e ferocità eh' è propria di lei, ribattere e diit«cciure tutto quello che gli può effere impedimento alla felicità:

XXXI

cità: ma quando effa non ubbidifce alla ragione, ma il lafcia trafpOrtare dal f u o proprio i m p e t o , alle v o l t e , avvienile, che combatte non contra le concupifcenze, ma per le concupiscenze, od a quila di cane, reo cuftode, non morde gli ladri, ma gli armenti. Quei'ta virtù impetuofa, vehemente, ed invitta ; come che n o n polla interamente effere da u n fol Cavaliere figurata, è non dimeno principalmente lignificata da Rinaldo, come ben s' accenna in quel verlo, ove di lui fi parla : „ Sdegno guerrier della ragion feroce. Il qual mentre combattendo contra Gernando trapaffa i termini della vendetta civile, e mentre ferve ad Annida, ci p u ò dinotare 1' ira non governata dalla ragione : mentre difincanla la lei va, «fpugna la Città, rompe 1' efercito nemico, 1' ira dirizzata alla ragione. 11 ritorno d u n q u e di Rinaldo, e LÌ r econciliazion f u a con, Goffredo, altu» no;;

XXXII

non lignifica, che 1' obedienza, che rende la potenza irafcibile alla ragionevole, e in quefte reconciliazioiii due cole il avv e r t i r o n o : 1' u n a , che Goffredo con civile moderazione, lì dimoi tra fuperiore a Rinaldo, il che e' infegna che la ragion e comanda all'ira non realmente, m a cittadinel'camente. All' incontro Goffredo imperiofamente imprigionando Arginano, reprime la l'edizione, per darci a divedere, che la potei'tà della mente fovra il corpo è regia e (ignorile. L' altra cofa degna di confideiazione, è che ficcome la parte ragionevole non dee (che molto in ciò s'ingannarono gli Stoici) efcludere l'irafcibile dalle azioni, ne u f u r pariì gli offici di lei, che quella u f u r pazione farebbe coritra la giuftizia naturale, ma deve farfela compagna e minif t r a : così non doveva Goffredo tentare la ventnra dei bolco egli medefmo, uè attribuirfi gli altri uflici debiti a Rinaldo. Minore artifizio dunque fi farebbe dimoitrato, e minor riguardo avuto a quella utili-

xxxni utilità, la quale il Poeta, come fottopofto al politico, deve aver per fine, quando fi folle tinto che da Goffredo folo foffe ftato operato tutto ciò eh' ei'a neceflario per 1' efpugnazione di Gerufalemme. N o n è contrario, o diverta da quello che s' e detto, ponendo Rinaldo, e Goffredo per fegno della ragionevole e della irafeibile v i r t ù , quel che dice Ugone nel r e g n o , quando paragona 1' una-al capo, e 1' altre alla deftra : perchè il capo (fé crediamo a Platone) è fede della ragione, e la deftra, fe n o n è fede dell' ira, è alm e n o f u o priricipaliffimo iftrumento. •Ma per venirp final mente alla concilin o n e , l'efercito in cui già Rinaldo e tutti gli altri Cavalieri, per grazia di D i o , e per u m a n o avvedimento fono ritornati, e fono obedienti al Capitano, lignifica 1' uomo già ridotto nello fiato della giuftizia naturale, quando le potenze fuperiori comandano, come debbono, e le inferiori obetlifcono : ed oltre a ciò, nello ***

ftato

XXXIV

ftato dell4 obedienza d i v i n i , efpugnatà la Citta, e fconfitto 1' efercito nemico, civè fuperati agevolmente tutti gli eftetiii impedimenti, 1' ilortlo confequifce la. felicità politica: ma perchè quella'elivile beatitudine non deve effere ultimo legno dell' uomo Criftiano, ìlia defe egli mirar più alto alla Oiftiana feliciià, per quefto non deiìdera Goffredo a' efpugnar la terrena Geruiklemme, per averne l'empii* cernente il dominio temporale, ina perché in effa fi celebri il culto divino,, e poffa il fepolcro liberamente efler vifita* to da' pii a divoti peregrini, e fi chiude il Poema nella adorazione di Goffredo, per dimoftrarii che l'intelleito alfaticatd nelle azioni civili deve finalmente ripofai'iì nelle orazioni, e nelie contempla-* zioni, dei beni dell' aita vita beaùiiima ed immortale*

L A

GERUSALEMME LIBERATA,

Poeti Vol.

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TASSO.

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Manda a Torto fa Dio V Angelo f] u' poi Goffredo aduna i principi crijlianù ({itivi concordi' qui' fatti oji eroi Lui duce fan degli altri cu pi cani» Quinci egli pria vuol rivedere i fuoì Sotto V infegne ; e poi gì* invia ne' piatti! C/T' a Sion vanito: intanto di Giudea Il re fi turila alia novella rea.

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C A N T O

P R I M O .

A N T O l ' a r m i pietofe, e ' 1 Capitano Che 1 e;ran fepolcro liberò di C R I S T O . Molto egli oprò col Cenno e con la mano; Molto fofliì nel gloriofo acquifto; E invanì l'inferno a lui s' oppofe, e invano S' armò d" Alia e di Libia il popol miito : Che '1 ciel gli die favore, e fotto ai fanti Segni l'idufle i fuoi compagni elianti.

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Manda a Torto fa Dio V Angelo f] u' poi Goffredo aduna i principi crijlianù ({itivi concordi' qui' fatti oji eroi Lui duce fan degli altri cu pi cani» Quinci egli pria vuol rivedere i fuoì Sotto V infegne ; e poi gì* invia ne' piatti! C/T' a Sion vanito: intanto di Giudea Il re fi turila alia novella rea.

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C A N T O

P R I M O .

A N T O l ' a r m i pietofe, e ' 1 Capitano Che 1 e;ran fepolcro liberò di C R I S T O . Molto egli oprò col Cenno e con la mano; Molto fofliì nel gloriofo acquifto; E invanì l'inferno a lui s' oppofe, e invano S' armò d" Alia e di Libia il popol miito : Che '1 ciel gli die favore, e fotto ai fanti Segni l'idufle i fuoi compagni elianti.

4

G E R U S A L E M M E

L I B E R A T A .

O Mufa , t u , che di caduchi allori Non circondi !a fi-unte in Elicona, M a fu nel cielo infia i beati cori Hai di Itelle immortali aurea corona; T u fpira al pei tu mio celefti ardori, Tu rifehiara il mio canto, e tii perdona S1 inteiTo fregi al ver, s'adorno in parte D altri diletti, che de1 t u o r , ,le «irte. S a i g h e là córre'il mondo, ove più verfi D i fue dolcezze il lufmghier Parnafo ; E eli« '1 vero condito in molli vej lì, I più fchivi allettando ha perfuafo. Così ali egro fancinl porgiamo afpcrii D i foavi licor gli t u l i del vaio : Succhi amari , ingannato, intanto ei beve, E dall' inganno' firo vita riceve. T u magli animo Alfonfo, il qual ritogli Al furor di foituna, e guidi in porto M e peregrina, errante, e i a gli [fogli, E fra l'onde agitato, e quaii all'orto; Quelle mie carte in lieta fronte accogli Che quali in voto a te lucrate i' .porto. Forfè un dì fia che la prelaga penna Olì fcriver jdi , t& quel eh ' or 11 * accenna. È ben ragion, f s'egli avverrà che *n pac* I l buon popoi di Ciiito unqu'a li veda; E con navi e cavalli al fiero Tiace Cerchi ritor la'grande ingiufta Jjreda") Cìi a te lo (cettro in t e r i a , o fe ti piace, L alto imperio de' mari a te conceda. Emulo di Goffredo, i noftii carmi Intanto aftolta, e t'apparecchia all'armi; Già

Canto

Primo.

5

Ciìi *1 fedo anno vólgea clie'n oriento Palio il campo crifliano all' alta imprefa; E Nicca per Udito, e la potente Antiochia, con arte, avea già prete, E ' ave a pofeia in battaglia incontra'gente D i f'erfia innitmerabile , difcfj ; E Tortofa efpugnata : indi alla rea Stagion die loco » e '1 novo anno attendea, E'I line omai di quel piovofo inverno, Che fea l'arme pefTar, lunge non era; Quando dall' alto foglio il Padre eterno, Ch' è nella pa-te più del ciel lineerà. E quanto è dalle fielle al baDTo iuferno. Tanto è più in fu della itellata (pera. Gli occhi in più volfe, e ili un fol punto, e 111 una Vifta mirò ciò che '11 le il mondo aduna. Mirò tutte le cof>J. ed in Sorìa S ' affido poi li«' principi criftiani : E con quel guardo fuo eli' addentro fpia Nel piii fecreto lor gli afTetti umani, Vede Goffrè o che fcarciar delia Dalla fa,ita città gli empi l'agani; E pien di f è , di zelo, ogni mortale Gloria, impero, tefor, mette in non cale. Ma vede in Baldovin cupido ingegno Ch'all'umane grandezze intento afpira ; Vede Tancredi aver la vita a fdegno, Tanto un fuo vano amor 1' ange e martira ! E fondar Roemondo al novo regno Suo d'Antiochia alti principi mira; E lpggi imporre, ed introdur coftume, Ed arti, e culto di verace nume. E

6

G E R U S A L E M M E L X B E XV A T A

E cotanto internarli in tal peniiero. C h ' a l t r a imprefa non par che più rammenti» Scorg.; in Rinaldo ed animo guerriero, E fpiiti di lipofo impazienti. Non Ciipiàigia in lui «1'oro o d ' impero» M a d ' onor brame immoderate, ardenti. Scorge che dalla bocca intento pende D i Guelfo, e i ciliari antichi efempj apprende. Ma polch ' ebbe di quelli, e d ' altri cori Scorti g l ' i n t i m i fenfi. il re del mondo} Chiama a fe dagli angelici fplendori Gabriel, che n e ' p r i m i era il fecondo. E tra D i o , quelli, e 1 ' anime migliori Interprete fedpl, nunzio giocondo : Giù i decreti del ciel porta, ed al cielo Riporta d e ' m o r t a l i i preghi, e ' 1 zelo. DilTe al fuo nunzio Dio : Goffredo trova, E , in mio nome d i ' l u i ; Perchè sì celTa? Perchè la g u e n a ornai non fi rinnova, A liberar Gerufalemme epprefla? Chiami i duci lai configlio, e , i tardi mova Ali * alta imprefa : ei capitan ila d ' ellj. I o qui 1 ' eleggo , e 1 1 faran gli altri in terra,' Già luoi compagni, or fuoi miniftii in guerra. Così parlogli ; e Gabriel »'accinfe Veloce ad efeguir 1* impolte cofe. L a fua forma invifibil d ' aria cinfe E d al fenfo mortai la fottopofe. Umane membra, afpetto uman fi linfe, Bla di celefie maeftà il compofe. T r a giovane, e fanciullo età confine Fiele » ed oinù di raggi il biondo crine.

CANTO

PRIMO,

Ali bianche velli eh ' han d ' or le cimi, Infaticabilmente agili e prefte. Fende i venti e le n u b i , e va iublime Sovra la t e r r a , e Covra il mar con quelle, Così veiliro, indiiizzofli ali ' ime Parti del mondo, il meifaggier celeite ; Pria fui Libano monto ci li ritenne, E fi librò full ' adeguate penne. E ver le piagge di Tortora poi Drizzò, precipitando i l volo in giufo. Sorgeva il nuovo fol dai lidi Eoi, Parte già f u o r , m a ' l più n e l l ' o n d e cliiufo! E porgea mattutini i preghi fuoi Goffredo a Dio, come egli avea per u f o ; Quando a paio col fol, ma più lucente, L 1 Angelo g l i apparì d a l l 1 oriente. E gli dilTe ! Goffredo, ecco opportuna Già la ftagion c h ' a i guerreggiar s ' à f p e t t a : Perchè dunque trapor dimora alcuna A liberar G rufalem foggetta ? T u i principi a configlio ornai r a » u n a : T u al| fin dell * opra i neghinoli affretta.' Dio per lor duce già t ' e l e g g e ; ed eiii Sopporran volontarj a te fe fteilì. Dio mefTaggier mi manda : io ti rivelo La fua mente in Tuo nome. O quanta fp< Aver d ' alta vittoria, o quanto zelo Dell * olle a te commelfa or ti conviene l Tacque ; e fpaiito , rivolò del cielo A l l e parti più eccelfe e più ferene. Retta Goffredo ai d e t t i , allo fplendore, D'occhi abbagliato, attonito di core.

8

GERUSALEMME

LIBERATA»

Ma poi clic fi rifcuote, e che difcorre Chi venne, chi mandò, che gli f a detto; Se già bramava, or tutto arde d ' i m p o r r e Fine alla guerra o n d ' e g l i è duce eletto. Non che'l vederfi. agli altri in ciel preporr* D ' a u r a d'ambizion gli gonfi il petto; M a il fuo voler più nel voler s'infiamma Del fuo lignor, come favilla in fiamma. Dunque gli eroi compagni, i quai non lunga Erano fparfi a ragunarii iuvita. Lettere a lettre, e meffi a melli aggiunge : Sempre al configlio è la preghiera unita. Ciò eh ' alma generofa alletta e punge, Ciò che può risvegliar virtù fopita, Tutto par che ritrovi ; e in efficace Modo 1 1 adorna sì-, che sforza e piace. Vennero i duci, e gli altri anco feguiro ; E Boemondo fol qui non convenne. Tane fuor s attendò, parte nel giro, E tra g l i alberghi fuoi Tortofa tenne. I grandi dell' efereito s' unirò ("Gloriofo fenato!) in dì Colemie. Qui il pio Goffredo incominciò tra loro, Auguilo in v o l t o , ed in fermon fonoro. Guerrier di Dio, e h ' a l i f t orar e i danni Della lua ; fede il re del cielo eleiTe : E fecuri fri l ' a r m e , e fra g l ' i n g a n n i Della terra e del m a r , vi feorfe e relTe ; Sì eli ' ^bbiam tante e tante in sì pochi anni Ribellanti provincie a lui fommeETe : E fra le genti debellate e dome, Stefe l ' i n f e g n e fue vittrici, e ' I nome. Cjià

Canto

Primo.

9

G i i non lafciammo i dolci p e g n i , e ' 1 nido Nativo noi ( fe 'l creder mio non erra ) N é la vita efponemmo al mare infido, Ed a' p e l i g l i di lontana guerra, Per acquiflar di breve fuono Un g r i d o V o l g a r e , e polloder barbara t e r r a ; Ci è propofto ci avremmo augufto e icario P r e m i o , e in danno d e l l ' a l m e i l fangue fparfo. M a fu d e ' p e n f i e r noflri u l t i m o fegno Efpugnar di Sion le nobil m u r a ; E ' foitrarre i Criftiani al giogo indegno D i ferviui così fpiiicente e dura, Fondando in Paleflina un novo legno, O v ' abbia ]a pietà fede S c u r a : Ne fia chi neghi al peregrin devoto D ' adorar la g r a n t o m b a l e fciorre i l voto. D u n q u e i l fatto fin ora al rifchio è molto, Pili che molto a l t r a v a g l i o , a l l ' o n o r poco, N u l l a al difeguo ; ove o fi f e r m i , o volto Sia l ' i m p e t o d e l l ' a r m i in altro loco, Che gioverà 1 ' aver d ' Europa accolto Sì grande sforzo, e pofto in Afia il foco, Quando fia poi di t i g r a n m o t i i l line, Non fabbriche di r e g n i , ma r u i n e ? Non edifica quei che vuol g l ' i m p e r i S u fondamenti fabbricar mondani : O r e ha pochi di patria e fe itranieri, Fra g l ' infiniti popoli pagani : Ove n e ' C r e c i non convien che fperi, E i favor d ' o c c i d e n t e ha t i l o n t a n i ; M a ben move m i n e , o n d ' egli opprefio, Sol coniH'Utto u n fepolcro abbia a fe iteiTo, Turchi,

io

G E R U S A L E M M E

L I B E R A T A .

T u r c h i , Perfi, Antiochia (illuitre Tuono, E di nome ma^ni/ioo e di cofe ! ) Opre noitie non già, ma del ciel dono P i u o , e vittorie in ver maravigliofe. O r , fe da noi rivolte, e torte fono Contra quet fin c h e ' l donator tlirpoTe; Temo cen privi, e favola alle genti Quel sì chiaro rimbombo aliin diventi. Ah non Ha alcun > pei" D i o , che sì gl'aditi Doni in ufo sì reo por Ja , e diffonda. A quei che fono alti principi orditi, D i tutta 1' opra il ilio e ' 1 fi ri rifponda. Ora che i palli liberi e fpediii, O r a , che la ftagione abbiam feconda, Che non corriamo alla città eh * è meta D ' ogni noitra vittoria ? e che più ' 1 vieta ? Principi, io vi proteito ( i miei protetti Udrà il mondo prefente, udrà il futuro; L ' o d o n o or fu nel ciel anco i celefìi) I l tempo dell'imprefa è già maturo. Men diviene opportun, più che li reftit JnceitiUimo fia q u e l ' c h e è ficuro. l'refaeo fon, s' è lento il noftro corfo Ch ' avrà d Egitto il Paleftin foccorfo. Ditte : e ai detti fc-guì D breve bisbiglio; O • M a foiTe poTcia il falitario Piero, C h e , privato, fra'principi a configlio Sedea, del gran paflaggio autor primiero. Ciò ch'eforta Goffredo, ed io confifjlio: Is'è loco a dubbio v ' h a , sì certo è il vero, E per fe noto ; ei dimoftrollo a lungo ; Voi l ' a p p r o v a t e : io quello fol v ' a g g i u n g o *

Se

C a n t o

PRIMO,

11

E« ben raccolgo le dircordie e I ' onte ; Oliali a prova da voi fatte e parite, I ritrofi pareri, e le non pronte, E in mezzo ali ' efeguire opre impedite ; Pieco ad un'alta originaria fonte L a cagion d ' o g n i indugio e A' ogni liter A quella autorità, die in m o l t i e Tari D ' o p i n i o n , quali librata, è pari. Ove un fol non impera, onde i giudicj Pendano poi de ' p r e m j , e delle pene, Onde fian compartite opre, ed ulicj j I v i errante il governo elTer conviene. Deh fate un corpo fol di membri amici; Fate iti capo che gli altri indrizzi e frene: Date ad un fol lo feettro, e la portanza, E fofienga di re vece, e fembianza. Qui tacque il'veglio. Or quai pender, quai petti Son chiufi a t e , fari t'aura e divo ardore? Infpiri tu dell ' eremita i detti, EJ tu g l 1 imprimi ai cavalier nel core: Sgombii g l ' i n f e r t i , anzi gl'innati affetti D i fovraitar» di libertà, d ' o n o r e : Sicché Guglielmo e Guelfo, i più fublimi, Chiamar Goffredo per lor duce i primi. L ' a p p r o v a r gli altri. Eller Tue parti denno Deliberare, e comandare altrui. Imponga ai vinti legge egli a Tuo fenno ; Porti la guerra, e quando vuole, e a cui. Gli altri, già pari, ubbidienti al cenno Siano or miniitri degl'imperj fui, Conclufo c i ò , fama ne vola, e grande Per le lingue degli uomini fi fpaude. e

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G E P. U S A I, E M M E

L I B E R A T A .

Ei fi moit'a ai fnldàti : e ben lor pare Degno dell alto grado ove l ' I . a u pofto; E ricevè i folliti , e "1 m i l i t a r e Applaufo , in volto placido e compoito. Poicli" alle dioionltranze u m i l i e care D ' a m o r , d ' ubbidienza ebbe rifpoito, Impon che ' 1 d ì Tegnente, in un gran campo, T u t t o lì moftri a l u i fchierato il campo. Facea nell' oriente il fol ritorno, Sereno e luminofo oltre l ' u f a t o ; Quando c o ' r a g g i ufcì del nuovo giorno Sotto l ' i n f e g n e ogni guerriero a r m a t o ; E fi moflrò q u a n t o potè piii adorno A l pio B u g l i o l i , girando in l a i g o prato. S ' e r a egli f e r m o , e (i vedea d a v a n t i Fallar diltinti i cavalieri e i fanti. M e n t e , d e g l i a n n i , e «MI ' obblio nemica, Delle cofe ciuiode, e difpenfiera V a g l i a m i tua r a g i o n , sì e l i ' i o ridica D i quel campo ogni duco, ed ogni fchiera. Suoni e l'ifplenda la lor fama antica. Fatta dn"li anni ornai tacita e n e r a : Tolto da ' tuoi tefori , orni mia lingua Ciò eli ' afcolti ogni e t à , nulla 1 ' eltingua. Prima i Franchi moitrarfi: i l duce loro Ugone elTer folca, d e l re fratello. N e i l ' ifola di Francia eletti foro F r a quattro i u . m i , ampio paefe e bello. Pofci* eli * Ugon m o r ì , de' g i g l i d ' oro S e g u ì 1 ' ufata infegna il fier drappello Sotto Clotarco capitano egregio. A c u i , fe n u l l a m a n c a , è i l nome regio. Mille

CANTO

PRIMO.

M i l l e fon d i . g r a v i f l ì m a a r m a t u r a : Sono altrettanti i cavelier foglienti, D i difciplina ai p r i m i s e (li natura, E d ' a r m e e-di fembianza i n d i f f e r e n t i ; N o r m a n d i t u t t i , e gli ha R o b e r t o i n cura« C l i ' è p r i n c i p e n a t i o di q u e l l e g e n t i . P o i duo p a l t o r de ' p o p o l i f p i e g a r o L e fquadra l o r , G u g l i e l m o , ed A d e m a r o . L ' u n o e l ' a l t r o di l o r , che n e ' d i v i n i Ufficj• già t r a t t ò p i o m i m i t e l o . Sotto l ' e l m o premendo i lunghi crinit Kfeicita d e l l ' a r m e or l ' u f o fero; D a l l a c i t t à d ' O r i n g o , e dai confini Q u a t t r o c e n t o g u e r r i e r , Icelfe i l p i i m i e r o . M a g u i d a q u e i di P o g g i o in g u e r r a L ' a l n o , N u m e r o e g u a l , uè nien n e l l ' a r m e f c a l u o , B a l d o v i n pofcia in ninlira a d d u r lì v e d e Cf> ' Bologiieli f u o i q u e i del g e r m a n o : C h e le fu e g e n t i i l p i o f r a t t i g l i cede O r eli' ei d e ' c a p i t a n i è capitano. I l C o n t e de" C a r n u t i i n d i f u c c e d e , P o t e n t e d i configli«« ( e p r ò ' d i m a n o , . V a n con l u i q u a t t r o c e n t o ; e t r i p l i c a t i C o u d u c e B a l d o v i n o i n fella a r m a t i . Occupa G u e l f o i l campo a l o r v i c i n o , U o m che a l l ' a l t a f o r t u n a agguaglia i l m e r l o . C o n t a coitili per g e n i t o r L a t i n o , D e s ì i a v i E f t e n l ì , un lnneti, e i f a g g i : Gli olmi m a r i t i , a cui talor s'appoggia L a v i t e , e con pie torto al ciel fen poggia. Altri i ta/Ti, e le querce altri percote, Glie mille volte rinnovar le c h i o m e ; E mille volte ad ogni incontro immote L ' i r e de' venti lian rintuzzate e dome : Ed altri impone alle l ì i i d e n t i rote D ' o r n i e di cedri 1' odorate Tome. Lafciano al fuon d e l l ' a r m e , al vario grido, E le fere e g l i a u g e i , la tana e ' 1 nido.

CANTO

C a n t o

C A N T O

Q u a r t o .

7*

Q U A R T O

A r g o m e n t o .

Tutti i mimi d'Inferno a sì raccogli« .V Imperador del tenebrofo regno i E per dare a' Crijliani acerbe doglie, Vuol eh' ufi ognun di lor fuo iniquo ingegn». Per lor opra Idrante a crude voglie Si volge, e vuol eh' Armida al fuo difegno Spiani-la via-, parlando in dolci modi: E fue machine fon bellezze e frodi.

M . ™ it fon quelli alle beli1 opre intenti, tirelle debbano tofto in ufo porte. Il gran nemico dell' umane genti Conti» i Criitiani i lividi occhi toife; E Porgendogli ornai lieti, e contenti, Ambo le labbra per furor (ì rilorfe, E qiul tauro ferito, il fuo dolore VeiTò, mugghiando e fofpiiando, fuore. Quinci, avendo per tutto il pender volto A recar ne1 Ciifiiani ultima doglia. Che fi», comanda, il popol fuo raccolto (Confilio orrendo!") entro la regia foglia: Come fia pur leggisi a imprefa (ahi ftolto!) Il ripugnare alla divina voglia; Etolto , eli' al ciel s' agguaglia , e in oblio pone. Coni* di D i o la defila irata tuone. ChU-

7,2

G E R U S A L E M M E

L I B E R A T A

Chiama gli abitator dell' ombre eterne I l rauco fuori della tartarea tromba : Treman le fpaziofe atre caverne, E l'aer cieco a quel roraor rimbomba. K è ^ì itridendo mai dalle fuperne Regioni del cielo il folgor piomba, Ne sì [coffa ogiammai trema la terra, Quando i vapori in feu gravida ferra. Tofto gli Dei d'abiiTo in varie torme Concorion d'ogn'intorno all'alte porte, O come firane, come orribil forme ! Quant'è negli occhi lor terrore, e morte! Stampano alcuni il fuol di ferine orme, •E 'n fronte umana han chiome d'angui attorte, E lor s'aggira dietro immenfa coda, Che quali sferza Jì ripiega, e fnoda. Qui mille immonde Arpie vedrefti, e mille Centauii, e Sfingi, e pallide Gorgoni ; Molte e molte latrar voraci Scille, K fifehiar Idi e , e flbilar Pitoni; E vomitar Chimere atre faville, E Politemi orrendi, e Gerioni ; E in nuovi m o l i l i , e non più intefi o viiti» Divelli afpetti in un confufi, e mjfli. D'e/Ti parte a finiftra , e parte a delira A feder vanno al crudo Re davante. Siede Pluton nel mezzo, e con la deftra Softien lo feettro ruvido e pelante: Nò tanto fcoglio in mar, ne rupe alpeitra, Nè pur Calpe s'innalza, o ' 1 magno Atlante, Cli' anzi lui non parefTe un picciol colle ; £ ì la gran fronte, e le eran corna eltolle.

C a n t o

TERZO,

75

Orrida maefù nel fero afpetto Terrore accrefce, e più fuperbn il rende: BofTeggian gli occhi, e di veneno infetto, Come infaulta cometa, il guardo fplende ; Gl'involve il mento, e fu l'irfuto petto Ifpida e folta la gran barba fcende: E in guifa di voragine profonda, S'apre la bocca d'atro fangue immonda. Qual i fumi fulfurei ed infiammati Efcon di Mongibello , e '1 puzzo e '1 tuono Tal della fera bocca i negri fiati, Tale il fetore e la faville fono. Mentre ei parlava, Cerbero i latrati Kiprefle, e l'Idra fi fe' muta al fuoiio : Reitù Cocito , e ne tiemar gli abiffi; E in quefti detti il gran »imbombo udiflì. Tartarei n u m i , di fcder più degni Là fovra il fole, ond'fe 1'origin volita, Che meco già dai più felici regni Spinfe il gran cafo in queita oiribil chioftra; Gli antichi altrui fofpetti, e i fieri fdegni Noti fon troppo, e l'alta imprefa noftra. Or colui re»ce a fuo voler le ftelle, CD E noi liam e¡jiudicate alme rubelle. Ed in vece del dì fereno e puro, Dell' aureo fol, degli itellati giri, N' ha qui rinchiuli in queito abiiTo ofcuro, Ne vuol c h ' a i primo onor yer noi s'afpiri, E pofcia (ahi'quanto a ricordarlo è duro! Quelt'è quel che più inafpia i miei martìri) Ne' bei leggi celefti ha 1' uom chiamato ; L'uom v i l e , e di vii fango ili terra nata, E 5

N*

74

G E R U S A L E M M E

L I B E R A T A

Nè ciò gli parve addi; ma in preda a m o r t i , Sol per farne più danno, il Figlio diede. E i venne, e ruppi» lo tartaree porte, E porre ofò ne'regni noilri il piede, E trarne 1 alme a noi dovute in forte, E riportarne al ciel sì ricche prede ; VinCitor trionfando ; e in noftro fcherno L e infegne ivi fpiegar del vinto inferno. Ma clib rinnovo i miei dolor parlando? Chi non hh già le ingiurie nofire intefe ? Ed in qiial parte A trovò , uè quando C h ' e g l i ceiljfltì. dalle uTate imprefe? Non più deflì alle antiche andar penfando; Penfar dobbiamo alle prefenti offcfe. D e h non vedete ornai come egli tenti Tutte al ino culto richiamar le genti? Noi trarreiti neghiitolì i giorni, e l'ore, Ne degna cura fìa che '1 cor n'accenda? E foifrirem che forza ognor maggiore I l fuo popol fedele in Afia prenda ? E che Giudea f^ggioglii, e che'l fuo onore, C h e ' l nome fuo più fi dilati e ftenda? Che fuoni in altre lingue, e in altri carmi Si feriva, e incida in nuovi bronzi, e marmi? Che fì.in gl'idoli noilri a terra Che i noilri altari il mondo a lui CU' a lui fofpeli i v o t i , a lui fol Siano o s l ' i u c e n l i ,' ed auro e mirra

fparfi? converta ? arii offerta?

Ch'ove a noi tempio non folea ferrarti. O r via non relli all' arti noftre aperta ? Che di tant' alme il folito tributo N e manchi, e in voto regno alberghi F i u t o ?

CANTO

QUARTO.

Ah non Ci v e r , che non fono anco eitinti Gli f p i r u in noi di quel valor primiero, Quando d i feiro e d ' a l t e fiamme cinti Pugnammo già contra il celefte impero. F u m m o , io noi n e g o , in quel conflitto v i n t i Pur non mancò virtute al gran penfiero : Ebbero i più felici allor vittoria : Rimale a noi d 1 i n v i t t o ardir la gloria. M a perchè p i ù v ' i n d u g i o ? I t e n e , o miei F i d i conforti, o m i a potenza e forze; Ite veloci , ed opprimete i rei, Prima che '1 lor poter p i ù li rinforze ; Pria che tutt' arda i l regno D odegli Ebrei,* Quella fiamma crefcente ornai s' ammorze : Fra loro entrate, e in ultimo lor danno Or la forza s ' a d o p r i , ed or 1' inganno. Sia deliin ciò eh' io voglio ; altri difperfo Sen vada errando : altri rimanga uccifo : A l t r i in cure d ' a m o r lafcivc immerfo, Idol li faccia un dolce fguardo e uu rifo : S i a ' l ferro incontro al fuo rettov conveifo Dallo lluol ribellante e in se divifo : Pera i l campo e r u i r i , e veiii in tutto Ogni veltigio fuo con l u i diftrutto. Non afpettar già 1' alme a Dio rubelle Che folTer quelle voci al Un condotte; M a fuor volando, a riveder le fielle Già fe n' ufeian dalla profonda notte ; Come fonanti e torbide procelle, Che vengan fuor delle natie lor grotte Ad ofeurar il c i e l o , a portar guerra Ai gran regni del mare e della terra.

7 G

G E R U S A L E M M E

LIBERATA.

Tolto fpiegando in varj lati i vanni. Si fni'ou quelli per lo mondo f p a r t i ; E incomincialo a fabbricar inganni Diverti e nuovi', ed ad ufar lor arti. Ma di' t u , Mi:fa, come i p r i m i danni Mandnflero ai Cviitiani, e di quai p a r t i : T u '1 fai ; ma di tant' opra a noi sì lungo D c b i l aura di fama appena giunge. Re^sea Damafco e le città vicine Idraote famofo e nobil mago, Glie fin da' fuoi p r i m ' anni all'indovine Arti fi diede, e ne f u o g n ' o r p i ù vago; Ma che g i o v a r , fe non potè del fine D i quella incerta guerra etler p r e f a g o ? N e d afpetto di ftelle erranti o fiiTe, N é rifpofta d ' i n f e r n o il ver predille? Giudicò quefti ( a h i cieca umana mente,, Come i giudicj tuoi fon vani e t o r t i ! ) Cli'all'efeicito invitto d'occidente Apparecchiiifle il ciel ruine e m o r t i : Pelò credendo che l'Egizia gente L a palma dell' imprefa aliìn riporti, Dc-fia eh '1 popol Tuo nella vittoria Sia dell' acquiito a p a r t e , e della gloria. Ma perchè il valor Franco ha in grande ilima, D i fanguigna vittoria i danni teme ; E va penfando con q u a l ' a r t e in p r i m a I l poter de' Criitiani in parte feeme : Sicché più agevolmente indi s ' o p p r i m a Dalle f u i g e n t i , e dall'Egizie inlìeme. I n quello fuo penlìer il fovraggiunge L ' A n g e l o i n i q u o , e p i ù l ' i n i t i g a e punge. Effe

CANTO

QUARTO.

Edo i l configlia, e g l i miniitra i modi Onde 1' imprefa agevolar fi puote. D o n n a , a cui di bella le prime lodi Concedea l ' o r i e n t e , è fila nipote. Gli accorgimenti e le p i ù occulte frodi, Oli'ufi o femmina o m a g a , a lei fon note. Queita a fè chiama, e feco i fuoi cpnfigli Comparte, e vuol che cura ella ne pigli, D i c e : O diletta m i a , che lotto biondi Capelli, e fra f i tenere fembianze, Canuta fenno, e cor virile afcondi, E gi.'i n e l l ' a r t i mie me fteflo avaiize ; Gran penfier v o l g o ; e fe tu l u i fecondi, Segnitevan g l i clletti alle fperinze : Teilì la tela eh' io ti moftro ordita, Di cauto vecchio efecutrice ardita. i

Vanne' al campo nemico: i v i s ' i m p i e g h i O g n ' a r t e feniiuiuil, c h ' a m o r e alletti: Bagna d i - p i a n t o , e f.i' melati i p r e g h i : Tronca e confondi co'fofpiri i d e t t i : Beltà dolente e miferabil pieghi Al tuo volere i p i ù oltinati petti : Vela i l foverchio ardir con la vergogn», E fa' manto argomento : E fui l o r fianco adopra il rio timore D i gelolìa per sferza e per tormento ; Sapendo b e n , eh' alfm s' invecchia a m o r » Senza quelt' a r t i , e divien pigro e l e n t o ; Quali deftrier che men veloce corra, Se non h a chi l u i l e g n a , o chi '1 precorr». FOETIIVOL. VII.

II

i l 4

GEUVSALEMME

LIBERATA.

E in tal modo comparte i detti fui, E 1 guardo lufinghiero, e '1 dolce l i io, d i ' alcun nou è che non invidj altrui : N é il timor dalla fpeme è in lor divifo. L a folle turba degli a m a n t i , a cui Stimolo è V* arte d' un fallace vifo, Senza fren corre, e non g l i tien vergogna, E loro indarno i l Capitan rampogna. E i eli' egualmente fatisfar delira Ciaicuna delle p a r t i , e in nulla pende; Sebben alquanto òr di vergogna or ri' ira A l vaneggiar de' cavalier s 1 accende; Foicli* oiiinati in quel delio li mira, K o v o configlio in accordargli prende. Scrivani! i voftri n o m i , ed in u n vafo P o n g a n f i , d i l l e , e fia giudice i l cafo. Subito il nome di eiafeun fi fcrilTe, E in picciol' urna pofti e fco/Ii foro, E t r a t t i a forte: e '1 primo che n' nfcilTe F u i l Conte di Pembrozia Artemidoro. L e g g e r poi di Gherardo i l nome u d i f l e : Ed ufcì Vincilao dopo coftoro : V i n c i l a o , che sì grave e faggio innante, Canuto or pargoleggia e vecchio amante. O come i l volto li,in l i e t o , e g l i ocelli pregni D i quel piacer che dal cor pieno inonda, Quelli tre p r i m i e l e t t i , i cui difegni L a fortuna in amor delira feconda. D ' incerto c o r , di gelofia dan fegni Gli a l t r i , i l cui nome avvien che 1' urna afeonda : E dalla bocca pendoli di colui Che fpiega i b r e v i , e legge i nomi a l t r u i . Guafco

CANTO

QUINTO.

115

Gualco quarto fuor v e n n è , a cui fucceiTe Ridolfo, ed a Ridolfo indi Olderico ; Quinci Guglielmo Ronoiglion fi le (Te, E '1 Bavaro Eberardo, e 1 Fianco Enrico: Ramb lido ultimo f u , che farfi elcffe Poi, fe cangiando, di Gesù nemico; Tanto paote Amor d u n q u e ? e quefìi cliiuffr 11 numero de' dieci, e g l i altri efclufe. D' i r a , di gelofia, D1 invidia ardenti| Chiaman g l i a l n i Fortuna ingiufta e ria : E te acculano, Amor, che le confenti Che nel!' imperio tuo giudice fia. Ma perchè initinto è delle umane menti, Che ciò che più fi v i e t a , uom più delia, Difpongon m o l l i , ad onta di Fortuna, Seguir la donna, come i l ciel s' i m b r u n a . Voglionofempre fsguirla all' ombra, al fole, E per lei combattendo efpor la vita. Ella fanne alcun motto, e con paiole Tronche, e dolci fotpiri a ciò gli invita ; Ed or con quello, ed or con qu;-l fi'duole, Che far convienle feuza lui partita. S' erano armali intanto, e da Goffredo Toelieano iti dieci cavalier congedo. c? o Gli ammonifee quel faggio a parte a parte, Come la fé Pagana è incerta e .leve, ' E mal l'icuro pegno : e con qual' arte IV inli.lie, e i cali avverfi uom f u g g i r deve. M a fon )e fue parole al vento fparte : Me cor.figlio d' uom faggio Amor riceve. Lor dà commiato alfine, c la donzella Non afpetta al partir 1 alba novella. Parte

N 6

GERUSALEMME

LIBERALA.

Parte la vincitrice , e quei rivali, Quali p r i g i o n i , al fuo trionfo innauti Seco il' adduce, e tra infiniti m a l i Lafcia la turba poi degli altri amanti. M a come ufcì l a n o t t e , e [otto 1' ali M e n o il filenzio, e i lievi fogni e r r a n t i ; Secretamente, o m ' Amor g ì ' informa, M o l t i iT Armida feguitaron 1' orma. Segue Euitazio i l p r i m i e r o , e pnote appena Afpettar 1 ombre clie la notte adduce. Va Ile ne frettolol'o, ove nel mena P e r le tenebre cieche un cieco duce. Errò la notte tepida e ferena; M a p o i , nell' apparir dell 1 alma luce, Gli apparfe infieme Armida e '1 fuo drappello, Dove un borgo lor f u notturno oltello. Ratto ei ver lei (i m u o v e , ed all' infegn» Tolto Rambaldo i l liconofce, e grida Che ricerchi fra l o r o , e perchè veglia. V e n g o , r i i p o n d e , a f guitarne Armida, Ned ella avrà da m e , fe non la fd^gfla, M e n pronta a i t a , o fervitù men fida. Replica T altro: ed a cotanto onore, D i ' » chi t' clefle? egli f o g g i u n g e : Amore.' M e fcelfe A m o r , te la F o r t u n a : or quale D a più giuiio"elettore eletto p a r t i ? Dice Rambaldo allor : nulla t i vale Titolo f a l f o , ed ufi i n u t i l ' a r t i : U è potrai della vergine regale F r a i campioni l e g i t t i m i mifchiarti. I l l e g i t t i m o f e r v o : e c h i , riprende C i u c c i o ! » i l g i o v i n e t t o , a m e i l contende ? Io

CANTO

QUINTO.

117

Io tei difenderò, colui rifpofe; E feglilì all' incontro in quello d i r e : E con v o g l i e egualmente in lui fdegnofe L ' altro fi m o l l e , e con eguale ardire. M a q u i Itele la m a n o , e fi Trappole L a tiranna dell 1 almo i n mezzo all' i r e ; Ed all' uno dicea : deli non t' increfca Ch' a te compagno, a me campion s' accrefca. S' a m i che Calva i' i l a , perchè m i p r i v i In sì grand' uopo della nova a i t a ? Dice all' altro : opportuno e grato arrivi Difenfor di m i a f a m a , e di m i a v i t a . Ne vuol ragion , nò farà mai eli' io follivi Compagnia nobil t a n t o , e sì gradita. Così parlando, ad or ad or tra v i a Alcun novo campion le forveaia. Chi di là g i u n g e , e chi di q n à : ne 1' uno Sapea dell' altro ; e 1 mira bieco e torto. ElTa lieta g l i a c c o g l i e , ed a ciaicuno Moftra del fuo venir gtoja e conforto. M a iti.ì nello (chiarir dell' aer bruno S' era del lor partir GoiFredo a c c o r t o : E la mente , indovina de' lor danni, D 1 alcun futuro mal par che s' affanni. M e n t r e a ciò pur ripenfa, nu meflo appare PolveioTo , anelante, in vifta afflitto, I11 atto d' n o m , eh' altrui novelle amare P o r t i , e moftri i l dolore in fronte fcritto, Diffe o l i u i : Signor, tofto nel mare L a grande armata apparirà d' E g i t t o : E 1' a v v i f o , Gufili Imo i l qual commanda Ai L i g u r i n a v i g l i a te ne manda. Sog.

118 I *

GERUSALEMME

LIBERAT

S o g g i u n g e a queito p o i , che dalle n a v i Sendo coniiolta vettovaglia al campo, I c a v a l l i , e i cammelli oniifti e g r a v i Trovato aveano a mezza itrada inciampo: E che i lov difenfoii uccili, o (chiavi Reftar p u g n a n d o , e nelTun fece fcampo ; Da la ¡inni d' Arabia, in una valle, ¿ H a l i t i alla fronte ed alle fpalle. E che T infano ardire , e la licenza D i que' barbari e l i a n t i c ornai ii grande, Che ' a guifa d' un d i l u v i o i n t o r n o , fenza Alcun contratto, fi dilata e fpande; Onde convien eli'' a porro in lor temenza Alcuna (quadra di guerrier. fi maiide, Ch* a/Ticuii la via che dalle arene Del mar di l'aleiiina al campo viene. D' una in un' altra lingua in un momento Ne trapali« la fama e (i d i f t e n d e : E '1 volgo de" folcisti alto" [pavento I l a della fame che vicina attende. II faggio Capitan che 1" ardimento Solito loro in eJlì or non comprende, Cerca con lieto v o l t o , e con parole, Come li rafficuri e riconfole. O per mille p e r i g l i , e mille affanni Meco pailati in quelle p a r t i , e in quefte, Campion di D i o , eli' a r i f i o r i r e i danni Della C l i f i i a n a fua fede nafcefte; V o i , che 1' armi di Perfia e i Greci inganni, E i m o n t i e i m a r i , e '1 vento e le tempefte, Della fame e difagj e della fete Superafte ; v o i dunque ora t e m e t e ? Dun-

CANTO

QUINTO.

119

D u n q u e i l S i g n o r , che n' i n d i r i z z a , e move. Già conofciuto in cafo aiTai p i ù rio. Non v 1 afTicuia, quali or volga altrove L a man ¿ella clemenza, e *1 guardo pio ? Tofto un dì fi», che rimembrar v i giove Gli fcoiii affanni, e fciorre i v o t i a Dio. Or durate m a g n a n i m i , e voi ile/li Serbate, prego, ai profperi fucce/Tì. Con queiti detti le fmarrite menti Confola, e con fereno e lieto afpetto; M a preme mille cure egre e dolenti, Altamente ripoite in mezzo al petto. Come polla nutrir sì varie genti Fenfa, fra la penuria e fra '1 d i f e t t o : Come all' armata in mar s' o p p o n g a , e com» Gli arabi predatori affreni, e dome.

II4

CANTO

aco

GERUSALEMME

C A N T O

LIBERATA.

S E S T O .

ARGOMENTO. Jiv gante ogni Cri filano a giojira appella : Indi Otton, non eletto, a lui s* oppone Audace troppo , e tolto vìen di fella ; " Onde fen va nella citta prigione. Tancredi pur con lui pugna novella Comincia; ma a lei tregua il bnjo impone. Erminia che del fua Signor f i crede Curare il mal, muove notturna il piede•

M a v' è di noi chi mai lor palio nrrefti. IN è tromba che dal Conno almen l i defti. A l o r ne i prandj mai t u r b a t i e rotti, Ne moleiìate fon le cene l i e t e ; Anzi e g u a l m e n t e i d ì l u n g h i , e le n o t t i T r a g g o n con ficurezza e con quieto. V o i dai dif^gj, e dalla fame i u d o t l i A d a r v i v i n t i a l u n g o andar farete, Od a m o r i r n e q u i come codardi, Quando d' E g i t t o p u r 1' ajuto tardi. I o - p e i m e non vo' g i à eli' i g n o b i l m o r t a I g i o r n i m i e i d' ofeuro obblio ricopra : K è vo' eh' al novo d ì fra queitc porte L ' alma l u c e del fol chiufo m i Coopta. D i quello v i v e r m i o faccia la folle Quel che g i à riabilito è là di fopra : K o n farà g i à c l i c , fenza oprar la fpada, Ingloriofo e invendicato io cada. M a quando p u r del valor voitro tifato Così non fofle in voi fpento ogni Teme, K o n di m o r i r p u g n a n d o ed onorato. M a di v i t a , e di palma «nco avrei fpeme. A incontrare i nemici e '1 noftio fato Andi.ir.ne p u r deliberali i n l i e m e ; Che f{ eflo a v v i e n che ne' m a g g i o r p e r i g l i Sono-i p i ù audaci gli~cttimi configli, II 5

I2C

GERUSALEMME

LIBERATA.

M a fe nel troppo ofar tu non ifperi, Nò fei ti' ufcir con o^ni fquadra ardito ; Procura a l m e n , clie ila per due guerrieri Quefto tuo gran litigio or difinito. E perchè accetti ancor più volentieri ]1 Capitan de* Franchi il noftro i n v i t o ; L 1 arme egli fcelga, c '1 fuo vantaggio teglia : E l e condizion l'ormi a fua voglia. Che fe '1 nemico avrà due m a n i , ed u n a Anima f o l a , ancorch' audace e f e r a ; T e m e r non dei per ifeiagura alcuna» Che la r a g i o n da me difefa pera. P u o t e , in vece di fato e ili fortuna, D a r t i la defila mia vittoria intera : Ed a te se medesma or porge in p e g n o ; C h e , fe '1 confidi in l e i , falvo è 11 tuo regno. Tacque ; e rifpofc i l Re : Giovane ardente, Sebben me vedi in grave età fenile, Non fono al ferro quelle man sì lente, Nò sì queil' alma è neghittofa e v i l e ; Ch* anzi morir volefle ignobilmente, Che di morte magnanimo e tg e n t i l e*; o Ouand' io temenza a v e l l i , o dubbio alcuno De' difagj eli' a n n u n z i , o del digiuno. Celli Dio tanta infamia. Or quel eh' ad arte Nafcondo a l t r u i , vo' eli' a te Ga palefe. Soliman di N i c e a , che brama i n parte D i vendicar le ricevute offefe, D e g l i Arabi le fchiere e r r a m i e fparte Raccolte ha fin dal L i b i c o paefe : E i nemici afTalendo all' aria nera, Darne foccorfo, e vettovaglia tpera. Tofto

CANTO

SISTO,

Totlo' 11* clie qui g i u n g a : or fe frattanto Seri le noitre caitella oppieiTe e ferve, Non ce ne c a g l i a , purché '1 rcgal manto E la m i a nobil reggia io mi conferve. T u 1* ardimento , e quello ardore alquanto T e m p r a , per Dio, clie 'n te foverchio f e r v e : Ed opportuna la Aagione afpetta Alla tua g l o r i a , ed alla m i a vendetta. Forte fil"gnoflì il Saracino audace, Ch' eia di Solimano emulo antico ; Si a f r a m e n t e ora d' udir g l i fpiace Cile tanto (en prometta i l Piee;e amico. A tuo fcnno , l'ifponde, c guerra e pace F a r a i , S i g n o r , nulla di ciò p i ù dico. S' i n d u g i p a r e , e Soliman s' attenda; E i , che perde i l fuo l e g n o , i l tuo difenda. V e r g a n e a t e , quali celelte melTo, I.ibcr«tor del popolo Pagano : CU' i o , quanlo a m e , ballar credo a me fielTo, E fol vo' li bei tà da quefta mano. O r , nel ripofo a l t r u i fiarni conceffo Ch' io ne difcenda a g u e r r e g g i a r nel p i a n o : Privato c a v a l i e r , non tuo campione, Verrò co' F i a n c h i a lingolav tenzone. E.eplica i l Re : febben 1' ira e la fpada Dovreiti riCirbare a miglior ufo ; Che tu sfidi p e r ò , fe ciò t' aggrada, Alcun g u e r r i e r n e m i c o , io non ricufo. Così g l i d i l l e ; ed ci punto non bada. V a ' , dice ad un araldo, or colà giufo, Ed ri duce de1 Franchi, udendo l ' oite, Fa' quelle mie non picciole propolle. C h ' un

154

GERUSALEMME

L I I E U A T Ì ,

Ch' un pa valici', che d* appiattarli in quello Torte cinto di m u r i , a filegno prende» Brama di far con 1' armi or manifefio Quanto la fna portanza oltre fi ftende: E eh' a duello di venirne è pretto, N e l pian eh' è fra le innra e 1' alte tende. Per prova di v a l o r e : e che disfida Qua! p i ù de' Franchi in fua v i r t ù fi fida, E che non folo c di pugnare accinto E con u n o , e con due del campo oitile; M a dopo il terzo, il quarto accetta, e '1 quinto, Sia di volgare f t i r p e , o di g e n t i l e : D i a , Te v u o l , la f r a n c h i g i a , e ferva i l vinto A l viiicitor, come di guorra è itile. Così g l i m p o n e : ed ei veiliflì allotta L a purpurea dell' arme aurata cotta. E poiché gitinfe alla regal prefenza D e l Principe Goffredo, e de' baroni, C h i e f e : o S i g n o r e , ai meflagier licenza Darti tra voi di liberi f e r m o n i ? Darti, ìifpofe i l Capitano, e fenza Alcun timor la tua pro'pofta efponi. Riprefe q u e g l i ; or (ì parrà , fe grata O formidabil fia 1' alta ainbafciata. E fegnì pofeia, e la disfida efpofe Con paiole magnifiche, ed altere. Fremer &' u d i i o , e fi mofirar Tdegnofe A l Tuo parlar quelle feroci fchiere : E fenza indugio il pio Buglion r i f p o f e : D u r a imarRla intraprende i l c a v a l i e r e : E tolto io cvrder v o ' , che gliene increfca 6 ì , clie d uopo non fia che quinto n ' cica.

..

)

Ma

CANTO

SESTO.

125

M a v e n g a i n prova p u r , che d' ogni' o l t r a g g i o Gli o l i t r o campo l i b e r o e licuro ; E Ceco p u g n e r à fenza v a n t a g g i o .Alcun do' m i e i c a m p i o n i : e così g i u r o . T a c q u e ; e tornò i l He d ' a r m e al f u o v i a g g i o Per r o r i n e , c h ' a i v e n i r calcate f u r o : E non r i t e n n e i l frettolofo palTo, Finché non d i e rifpofta al fier CircaiTo. A r m a t i , d i c e , alto S i g n o r , che t a r d i ? L.a disfida accettata hanno i Criftiani : E d' affrontarli teco i m e n g a g l i a r d i Moftran delio, non che i g u e r r i e r foprani. E m i l l e i' v i d i m i n a c c i c i ! f g u a r d i , E m i l l e al ferro apparecchiate m a n i : Loco licuro i l duce a te concede. Così g l i d i c e ; 1' a i m e elio richiede. E fe ne c i n g e intorno ì e impaziente D i fcendcrne s' aflretta alla campagna. D i l l e a Clorinda il R e , eli' era p r e l e n t e : Giulio non è eli' ei v a d a , e t u r i m n g n a . .¡Mille d u n q u e con te di noitra gente P r e n d i i n f u a ficcurezza, e l ' accompagna ; M a v a d a i n n a n z i a g i u f t a p u g n a ei folo : T u l u n g e alquanto a l u i r i t i e n lo ituolo. T a c q u e ciò detto: e poi che furo armati, Quei del chiufo n 1 ufeivano ali a p e r t o : E giva innanzi Argante, e dagli ufati Arnelì in f u i cavallo era coperto. L o c o fu tra le mura e gli fteccati Che nulla avea^ d i dileguale, o d erto, A m p i o e capace : e parea fatto ad arte, P e i c l i ' e g l i fofle a l t r u i campo di M a n e . Ivi

IC6

GERUSALEMME

LIBERATA

I v i folo difcefe, i v i fermoITe I n vifta de' nemici il fero Argante : . Per gran cor, per gran corpo, e per gran poflie S u p e r b o , e minaccievole in fembiante: Qnal Encelado in F l e g r a , o qual moitroITe N e i l ' ima valle i l Filifteo gigante. M a p u r molti di l u i tema non hanno, C h ' anco quanto £a forte appien non fanno. Alcun però .dal pio Goffredo eletto Come i l migliore ancor non c fra molti. Ben fi. vedean con defiofo alletto T u t t i g l i occhi in Tancredi efler r i v o l t i : E dichiarato infra i m i g l i o r perfetto D a l iavor manifefto era de 1 volti : E i ' udia non of uro anco i l b i s b i g l i o : E 1' approvava i l Capitan col ciglip. Già cedea ciafcun a l t r o , e non fecreto Era i l volere omaii del pio Buglione : V a n n e , a l u i dille, a te 1' ufcir non vieto, E reprimi i l , f u r o r di quel fellone, Ei tutto in volto baldanzoto e lieto, Poiché d' jmprefa tal fatto è campione, Allo fcudier • chiedea 1' elmo e '1 cavallo : Poi fe Dn a t o dfi molti ufcia del vallo. Ed a qp'el largo pian fatto vicino, Ove Argante 1 attende, anco non e r a ! Oliando in leggiadro afpetto e pellegrino S ' oiTerfe a g l i o c c h i . f u o i 1' alta Guerriera. Cianche v i a p i ù ehe neve in giogo alpino, Avea le iopravvelie, e la vifiera Alta tenea dal v o l t o , e fovra un' erta, T u t t a , quanto ella è g r a n d e , era fcopcrta.

Canto

Sesto.

127

' Già non m i r a Tancredi Ove i l CircalTo La fpaventofa fronte al cielo eltolle; Ma move i l , f u o deflrier con lento paflo, Volgendo g l i occhi ov' è colei fui colle. Pofcia immobil fi f e r m a , e pare un fallo ; Gelido tutto f u o r , m a dentro b o l l e : Sol di mirar s' appaga, e di battaglia Sembiante fa che poco or p i ù gli caglia. A r g a n t e , clie non vede alcun clie in atto Dia fegno ancor dn apparecchiarli i n gioitra, Da defir di contefa io qni f u i tratto, Grida; or chi viene i n n a n z i , e meco g i o i i r a ? L ' altro attonito quali e itupefatto Pur là s' affiiTa, e n u l l a u d i r ben inoltra. Ottone innanzi allor fpinfe i l deltriero, E ncll' arringo voto entrò primiero. Quefti-un fu di color, cui dianzi accefe D i gir contra i l Pagano alto delio : Pur cedette a Tancredi, e 'n fella afcefe Fra g l i a l t r i , che '1 feguiro ; e feco ufcio. Or vergendo lue v o g l i e altrove intefe, E flarne Ini quali al p u g n a r reitio ; Prende, giovine audace e impaziente, L\ occaiione offerta avidamente. E veloce c o s ì , che t i g r e , o pardo Va men ratto t.ilor per la forelta, Corre a ferir i l Saracin gagliardo, Che d' altra parte la g r a n lancia arrefia. Si fcuote allor T a n c r e d i , e dal Tuo tardo Penlìer, quali d.i un fonno, alfiii fi defia : E grida ei b e n : la pugna è m i a ; rimanti, Ma troppo Ottone è già trafcorfo innanii. Onde

123

G E R U S A I E M M E

L I B E R A'T A .

Onde [i f e r m a , e d' i r a e d i d i f p e t t o A v v a m p a d e n t r o , e fuor q u a l f i a m m a ò roiTo; Perch' ad onta li r e c a , ed a difetto, Cli' a l t r i li ila p r i m i e r o i n gioiira mofTo. M a intanto a; mezzo i l corfo i n fu 1' elmetto D a l g i o v i n forte ò i l Saracin per-oflo. E g l i all' incontro a l a i col ferro acuto I'ende 1" u s b e r g o , e pria r o m p e lo feuto. Cade i l Criftiano ; e ben è i l colpo acerbo, Pofciacli' a v v i e n che dall arcion lo Ivella. M a il Pacali di p i ù forza, e di p i ù nerba Non cade g i à . ' « è p u r fi torce in fella. Indi con difpettofo atto Tuperbo Sovra i l caduto "cavalier f a v « U a : R e n d i t i v i n t o , e per tua gloria baiti Che dir p o t r a i , che contra m e pugnaiti. N o , g l i fifponde O t t o n , fra noi non s 1 ufa Cosi tolto depor 1' a r m e , e 1' ardire. Altri del mio cader farà la feufa ; Io vo' far la vendetta, o q u i morire. In fembianza d' Aletto, e di Medufa F r e m e i l CircalTb, e par che •fiamma fpire, Conofci o r , dioa, i l mio valore a prova, Poiché la coitelia fprexzar ti g i o v a . Spinge i l deftrier in q u e l l o , e tutto obblia Quanto v i r t ù cavai erefea chiede. F u g g e i l Franco 1' incontro, e fi defvia, E '1 deliro fianco nel pallai- g l i i ì e J e ; Ed è sì grave la percolTa e ria. Che '1 ferro fangninofo indi ne rictle. M a che p r ò , fe la pi.iga al vincitore l'orza non t o g l i e , e g i u n g e i r a e f u r o r e ? Argan-

C a n t o

S e s t o .

Argante il • corridoi- dal coifo affiena, E indietro il Volge; e così tolto è volto, Glie fe n 1 accorge il fuo nemico appena, È d' un grand' urto all' improvvifo è colto. Tremar le g a m b è , indebolii' la lena, Sbigottir 1' a l m a , e impallidire il volto t i r fe' 1' a [pia per coffa ; e frale e fianco' Sovra il duro t e n e " battere il Hanco. Neil' ira Arganfe infellonifce, e itrada Sovra il petto del vinto al deitrier face, E còsi, grida, ogni' fuperbo vada Come coitui che fotto i pie m i giace. Ma T invitto Tancredi allòr non bada; Che 1' atto èriidcliilimo gli fpiace : E vuol che '1 fuo valor còn èhiara emenda Copra il fuo f a l l o , e , come f u o l , viiplenda. Falli innanzi gridando ; ànima vile, Che ancor nelle vittòrie infame fei : titolo di laude alto", e gentile D a modi attendi sì fcortelì e r e i ? ' I ra i ladroni d' Arabia, ò fra limile Barbara turba avvezzo efler tu dei. f uggi la l u c e , è va 1 cori 1' altre belve A incrudelir ire' m o n t i , e tra le felve." , Tacque : e '1 Tafano' a foiTerir poco ufo Morde' le l a b b i a , e di furor fi ftrugge. liifponder v u o l , ma T fuonó efce confufo, Siccome Arido d' animai che r " g a ; e : O come apre lé n u b i , ond' egli è chiufo," Inipetuofo il f u l m i n e , c fen f u g g e ; Così pareva a forza ogni fuo detto Tu,onando. ufcir dall' infiammato petto; f a t t i l'ol. VII,

r

ÌJO

G E R U S A L E M M E

L I B E R A T A »

Ma p o i clie in ambo il minacciar feroce • A vicenda irritò I' orgoglio e 1' ira ; I,' u n come 1' altro rapido e veloce, Spazio al corfo p r e n d e n d o , il deftrier gira. O r q u i , M n f a , rinfoiza in m e la voce, E f u r o r pari a quel f u r o r m 1 infpira : g ì che n o n iìan dell' opre indegni i earmi, E d efprima il m i o canto il f u o n dell' a r m i . Pofero in retta, e dirizzalo i n alto I due guerriér le noderofe antenne : N e f u di corfo m a i , uè f u di falto, N é fu. mai tal velocità di penne, N e f u r i a eguale .a quella, ond 1 ali 1 all'alto Quinci T a n c r e d i , e quindi Argante venne. R u p p e r l 1 alle f u gli e l m i , e volar mille T r o n c o n i e fcliegge, e lucide faville. Sol de 1 colpi il r i m b o m b o i n t o r n o molla JJ i m m o b i l terra» e rifonarne i m o n t i ; M a 1' i m p e t o , e '1 f u r o r delle percofle N u l l a p i e g " delle fuperbe fronti, IV u n o e I 1 altro cavallo in guifa urtofle, Che n o n f u r poi» cadendo, a forger p r o n t i . T r a t t e le fpade, i gran maftri di guerra Lafciar le ItaiTe, e i pie ferniaro in terra. Cautamente ciafcuno ai colpi m o v e La d c f t r a , ai guardi l 1 o c c h i o , ai pa/Ti i l p i e d e : Si reca in atti v a r j , e 'n guardie nove. O r gira i n t o r n o , or crefce i n n a n z i , or c e d a ; O r q u i ferire accenna, e pofeia altrove, D o v e non minacciò, ferir fi vede : O r di [è discoprire alcuna parte, £ tentar di fchernir l 1 a i t e coq l 1 arte. Della

Catmto

»SESTO.

131

Della fpada Tancredi, e dello feudo Mal guardato al P.i^an dimoitra il fianco. Coire egli per fpiirlo, e intanto nudo D i riparo li lafoia il Iato manco. Tancredi con un colpo il fèrro, crudo D e l nemico ribatte, e lui fere a n c o : N i p o i , c i ò , f a t t o , in ritirar/i tarda, M a fi raccoglie, e fi riftiinge in guarda. Il fero Argante, clie se ftefl'o mira D e l proprio fangue fuo macchia'o e molle, Con infolito o n o r f r e m e , e fofpira, D i cruccio e di dolor turbato e folle: E portato dall' impeto e dall' ira, Con la voce la fpada iufieme eftolle : E torna per f e i i i e , ed è di punta P i a g a t o , ov' è la fpalla al braccio giunta, Qual nelle aljieftri felve o r f a , clie fenta D i n o fpiedo nel fianco, in rabbia m o n t a : E contra 1' arme se medesina avventa, E i p e r i g l i , e la morte audace affronta; Tale il CircafTo indomito diventa, Giunta or piaga alla p i a g a , ed onta all' onta : E la vendetta far tanto defia, Che fprezza i r i f e h i , e le difefe obblia. E , eonniungendo a temerario ardire Eitrema f o r z a , e infaticabil lena, Vien che sì impetuofo il ferro gire, Che ne trema la terra, e '1 ciel balena : K è tempo lia, 1' a l n o ond' im fol colpo tire, Onde fi copra, onde refpiri appena : K è fchermo v' è eli' ailicurare il polla Dalla fretta d' Argante e dalla polla.

Tan-

GERUSALEMME

LIBERAT

T a n c r e d i , in fe r a c c o l t o a t t e n d e invailo! Ciie de' gran dolpi la tempesta paflj. Or v' oppon le difefe/ ed or lontano' Seti va co' g i r i , e co' maefiri palli. M a poiché non s' allenta i l ilei' Pagano, È forza alfin che trafponar li l a i l i : E crucciofo egli ancor con quanta p u o i * Violenza; m a g g i o r l a fpada rote. V i n t a dall' ira è la ragione e I' arte; E le forze i l furor m i n i i ì r a , e crffce. Sempre che fcende i l f e n o , o fora o parte, O piaftra, o maglia : e colpo invali non efcC/ Sparla è d 1 arnie la t e r r a , e f arme fparte D i f a n g u e , e '1 failgue col fndor ii mefce. L a m p o nel f i a m m e g g i a i , nel' romor tuono* F u l m i n i nel f a i r le fpade fona. (Juefio popolo e quello incerto pende' Da fi nuovo fpettacolo ed atroce: E fra t e m a , e fperanza i l fiii n' attende. M i r a n d o or ciò che g i o v a , orj ciò Iclie nuoce':' E non li vede p u r , nh pur »' intende Picciol Celino fra t a n t i , o baiTa v o c e ; M a fe ne ita ciafcun tacito e immoto,' Se non fe inqaan.o ha i l coi tremante ini ràotot Già Iaflì erano' entrambi, e g i m i t i forfè Seriali pugnando ad immaturo f i n e ; M a sì orcura la notte intanto forfè,' Che nafeondea le co fe anco vicine. Quinci un sValdo, e quindi un alli'O accetti* Per d i p a r t i r g l i , e g l i partirò alfine. L ' uno i l Fianco Aridco, Pindoro è 1' altre/ Cile portò la disfida, uom faggio e fcaltwv

•CANTO

SESTO,

»33

I pacifici fcettri ofar co [toro Fra le fpade interpor ti e1 combattenti, Con quella ficurtà che porgea loro L ' aniichiiTima legge delle genti. Siete, o g u e r r i e r i , incominciò Pindoro, Con pari o n o r , di pari ambo poHenti. D u n q u e celli la p u g n a , e non iiau rotte L e ragioni, e '1 ripofo della notte. Tempo è da ¡travagliar mentre il fol d u r a ; M a nella notte ogni animale ha pace: J3 generofo cor non molto cura J i o t t u r n o p r e g i o , che s' aCcondo e tace. Rifponde A r g a n t e ; a me per ombra ofcur* L a mia battaglia abbandonar non piace: Ben avrei caro il teftimon del giorno e *; M a che giuri coftui di far ritorno. Soggiunfe 1' altro allora : e tn p r o m e t t i D i t o r n a r , rimenando il tuo p r i g i o n e ; P e r d i ' altrimenti n o n Ila mai eli' afpetti] Per la poltra contefa altra ftagione. C O S J giuraro : e poi gli araldi eletti A preferirei - i l tempo alla tenzone, Per' dare fpazio alle lor piaghe o n e i t o , Stabilirò i l m a t t i n del giorno lofio. L a r d ò la pugna o r r i b i l e , nel core D e ' Saracini e 4e' Fedeli impreffa U n ' a l t a maraviglia, ed u n errore Che per lunga itagione in lor non cefla. Sol dell' ardir fi p a r l a , e del valore Che T un guerriero e 1' altro ha inoltro i n efla. M a qual li debba di lor due p r e p o i r e , V i r i o e ; d i f c o r d e , il volgo i n sò difeorre. E

13*4

G E R U S A L E M M E

L I B E R A T A .

E ita fofpefo in allettando quale Avrà la fera li« 1 avvenimento: E fé '1 furore alla virili prevale, O Te cei!e 1' audacia all' ardimento. M a più eli ciaicun a l t r o , a cui ne cale» L a bella Erminia n ' lia cura e t o r m e n t o ; Clic da i gìudicj dell' incerto Marte Vede pender di se la miglior parte. C o i r e i d i e figlia fu dtl Re CalTano,. Che d' Antiochia già 1' imperio tenne, Prefo il fuo r e g n o , a l ' v i n c i t o r criftianò Fra 1' altre prede anch' ella in poter Venne. M a fulle in gnifa allor Tancredi umano. Che nulla ingiuria in fua balìa foltenne ; Ed onorata fu nella ruina D e l l alta patria fua, come Reina, L ' o n o r ò , la f e r v i , di liberiate D o n o le fece il cavaliere f g ' e g i o : E le furo da lui tutte lafciate L e gemme e gli o r i , e ciò eh' avea di pregiò. Ella vedendo in gio inetta elate, E in leggiadri fenibianti animo, regio, Reftò preTa d' Amor-, che mai non lirinfe Laccio di quel p i ù ' f e r m o onde lei cinfe, Così fe '1 corpi» libertà riebbe, Tu 1 alma Tempre in feivitute aftretfa. Ben molto a lei d' abbandonar increblfe Il fignor c a r o , e la pri^iou diletta; Ma 1' oneftà regal, che mai non debbe Da magnanima donna effer negletta, L a coiti Mite a partirli, c con 1' antica Madre a ricoverarli in terta amica. Venn e

Canto

Sesto.

135

Venne a G e i u f a l e m m e , e ¿[uivi accolta Fu dal tiranno del paefe Ebreo ; Ma tofto pianfe, in nere f p o g l i e avvolta, Della Tua genitrice il fato reo. P u r , nù '1 duol che le fia per morte tolta, Nfe T efilio infelice tinqua poteo L ' amorofo delio fveller dal core, Nè favilla ammorzar di] tanto ardore. Ama ed arde l a mifera, e sì poco In tale fiato ciie fperar le avanza, Che nudrifce nel fen 1' occulto foco, Di memoria via p i ù , che di fperanza : E quanto è cliiufo in più fecreto loco. Tanto ha 1' incendio fuo maggior poilanza, Tancredi alfine, a rifvegliar fila fpene, Sovra Gerufalemme ad ofte viene. Sbigottir g l i altri all' apparir di tante Nazioni e sì i n d o m i t e , e sì f e r e ; Fé' fereno ella i l torbido fembiantc, E lieta v a g g h e g i ò le fquadre altere : E con avidi fguardi i l caro amànte Cercando già fra quelle armate fchiere, Cercollo invan fovente, ed anco fpelTo Rafligurollo ; e diffe : egli è p u r deifo. Nel palagio regal fublime forge Antica torre affai prelfo alle m u r a : Dalla cui fommità tutta fi fcorge L ' ofte criftiana, e 1' m o n t e , e la pianura. Quivi , da che i l fuo lume il fol ne porge, Infin clic poi la notte i l mondo ofcura, S' aiTidc, e g l i occhi verfo i l campo g i r a , E co' p enfi cri fuoi p a r l a , e fofpira. Quinci

JJ&

GERUS.AI.EMME

LIBERATA,

Quinci vide, la p u g n a , e '1 cor nel petto Sen ì tremavfi in quel p u n t o sì forte, ¡Cile parea Ile dicefle : il tuo diletto È quegli l à , che in rifehio è aella morte. C o s ì , d' angofeia piena e di fpfpetto, M i ) ò i (uccelli del!.i dijbbia forte: E fempre che la fpada il Pa«an molle, Sentì JIeli' alma il ferro e le percofle. Ma poiché 'l v,ero intpfe, e intefe ancor? Che dee 1' a Cora tenzon l'innovellarli ; Jnfoliro timor c^iì ì' accora, Che fonte il (angue filo di ghiaccio farli, Talor fecrele l a g n i n e , e talora Sono occulti da lei gemiti fparli: Pallida , efariguc, e fbigottita in atto, L o fpavento e '1 dolor v 1 avea ritratto. Con orribile imago jl fuo p?n fiero Ad or ad or la turba e la fgomenla: E via più che la morte il fonuo è fiero ; Sì filane larve il fogno le apprefenta. Parie veder 1' amato cavaliero l a c e r o e fanguinofo : e par che Tenta C h ' egli aita le chieda e delta i n t a n t o , Si trova gli occhi e '1 fen molle di pianto, N e fol la tema di f u t u r o danno C n follecito m o t o il cor le fcuote ; M a delle p i a g h e , eh' egli avea, I' affannq E cigion che quetar 1' alma non puote. E i fallaci r o i p o r , eli intorno vanno, Crefcon le cote incognite e remote : Sicch' ella avvifa, che vicino a m o r t e Giaccia oppreffo languendo il guerrier fortq.

C a n t o

SESTO.

137

E perocch 1 ella dalla m a d r e apprefe Qua! p i ù recreta ila v i i l ù dell' erbe : E con qnal carmi nelle m e m b r a o/Tefe Sani ogni p i a g a , e '1 duol fi difacerba: A r t e , che per ufanza in quel paefe Nelle figlie de' Re par che li f e r b e ; V c r n i a , di fila mail p r o p r i a , alle feruti) D e l f u o cavo fignoj.- recar falute. Ella 1' amato rn.edi.car defia, E curar il n e m i c o a lei conviene. P e n f i talor d" erba nocente e ria Succo f p a r g e r i n l u i che T a v v e l e n o ; M a fchiva poi la m a n v e r g i n e e pia T r a t t a r T a i t i m a l i g n e , e fo n ' aitiene. Brama ella almen che in ufo tal fia vota Di, fua v i r t u d e o g n ' e r b a , ed o g n i nota. K è già d' andar fra la nemica g e n t e T e m e n z a avvia, che peregrina era i t a : E vilte g u e r r e e itragi avea fovente, E feorfa d u b b i a e faticofa vita : Sicché per T ufo la femminea m e n t o Sovra la fna n a t u r a è fatta ardita : K c cosi di leggisi - fi t u r b a , o p a v é Ad o g n i i m m a g i n di teiror men grave. Ma p i ù eli' altra cagion, dal molle feno Sgombra A m o r temerario ogni p a u r a : E credei ia fra 1' t i g n e , e fra '1 veleno Delle Africane belve andar ficura. P u r , fe n o i della v i t a , avere almeno Della fua fama dee temenza e cura. E fan d u b b i a rontefa entro al f u o Cora D u e p o t e n t i nemici O n o r e , e A m o r e . L ' un

138

G E R U S A L E M M E

L I B E R A T A .

L ' un co ì le ragiona : o verginella, Che le mie le"un d ì ci accampammo ove i confini Non lunge erano ornai de' Paleltini. Quivi da' prècurfori a noi vien detto Ch' alto ftrepito d' arme avean fentito : E ville infegne e indizj, onde han fofpetto Che fi a vicino efercito infinito. Non pendei, non color, non cangia afpettO» Non muta voce il Signor nofiro ardito; Benché molti v i lìan, eh* al fero avvifo Tingan di bianca pallidezza i l vifo» M 4

184

GERVSAIEMMÉ

LIBERATA.

Ma dice: o quale oiuii vicina abbiamo Corona o di m ttirio , o di vittoria : L ' una fpero io btn più ; ma non men bramo IL' altra, ove è maggior m e n o , e pali gloria. Quello C a n i o , o f i a t e l l i , ove or noi fiamo, Fia tsrnpio [acro ad immurtal memoria: In cui 1' età futura additi e moftri L e noftre fepolture, o i trofei noitri. Così parla ; e le guardie indi difpone, E gli ullicj oomparte, e la fatica. V u o l eli armato ognun giaccii, e non depon« Ei mede mo g l i arneii, o la lorica. Era la rotte ancor nella Itaeione CU' s più del. fonro e del lUenzio a m i c a ; Allor che d' in li barbarefehi udi/Iì R o m o r , che giunte al cielo ed agli abiill. Si grida all' a r m e , all' a r m e : e Sueno, involto Neil' a r m e , innanzi a tutti olite ii fpinge: E magnanimamente i lumi e '1 volto D i color, d' ardimento, infiamma e tinge. Ecco lìamo »Haliti, e un cerchio folto Da tutti i lati ne circonda e ftringe: * o E intornò un bolco abbiara, d' aite e di fpade, E fovra noi di i^rali un, neipbo cade. Nella pugna inegual' (perrocchè venti Gli aiTaliton lono incontra ad uno) Molti d' efli piagati, e molti fpenti Son da cieche ferite all' aer bruno. M a il n,umero degli egri e de' cadenti Fra 1' ombre otriiie non difceine alcuno. Copre la notte i nollii danni, e 1' opre Della noiìia v i r t u t e inlieme copre. Fur

C A N T O

OTTAVO.

I

Tur sì ffa gli altri Sueno alza la fronte, Ch a®evol è che ognun vedere il polla: E nel bnjo f u e - p r o v a anco fon come A chi vi m i r a , e 1' incvedibil polTa. D i f'ngue un rio , d' uomini nccilì un m,onte D ' ogy" intorno gli fanno argine, e f;>iTj: E dovunque ne va fetnbi'4 che porte L o fpavento negli o c c h i , e in man la morte. Così pugnato f u , finche 1' albóre RolTeggiando nel cicl già ()' apparia. Ma poi che fcolTo fu il noturno o n o r o , Che T orror delle morti in fe copria, ]La defiata luce a noi terrore Con vilìa accrebbe doloro!» B ria ; Che pien d 1 eftinti il c a m p o , e quali tutta Noftra gente f vedemmo ornai diftrutia, D u o m i l a f u m m o , e non fiam cento; or quando. Tanto fangue egli mira e tante rooi ti. N o n fo fe '1 cor feroce al miferando Spettacolo fi t u r b i , e fi conforti; M a g i a no(t m o l i l a ; anzi la voce aliando» S e g u i a m , ne g r i d a , que' compagni fovti Ch* al c i e l , lunge dai laghi Averni e Slig}, N ' lian f . g n a l i col fangue alti veiiigj. DilTe; e l i e t o , cred 1 i o , della vicina M o r t e , così nel cor come al feiubiunte« Incontro alla barbarica ruina Fortonne il petto intrepido e collante. Tempra non fofterrebbe, ancor che fina F o l l e , e d' acciajo n o , ma di di.irnante, I feri colpi ond' egli il campo allaga ; E fatto è i l corpo Tuo lolo una piaga. M 5

136

G e r u s a l e m m e

L I B É R Â T

La vita no, ma la virtù foftenta Quel n.uìavero i idomìto e feroce. BipRicnote jieicoflb, e non s' allenta; Ma quanto offefo è p i ù , tanto più noce i Quando ecco, furiando, a lui s* avventa Uom grande eh' ha fembiante e guardo atroce. E dopo lunga ed oitmau guerra, Con 1' aita di m o l t i , alfin 1' atterra. Cade il garzone invitto (ahi cafo amaro ! ) N é v' è ira noi chi vendicare il polla. V o i chiamo iti teflimonio, o del mio caro Signor fangue ben fparfo e nobil' offa» Ch' allor non fui della mia vita avaro, U è fchivai f e r r o , ne fchivai percofla; E fé piaciuto p u r folle là fopra Ch' io vi moriilx, il meritai con 1* opra. Fra gli eftinti compagni io fol cadei Vivo : ne vivo forfè è chi mi penfi. N i de' nemici più cofa faprei R i d i r , sì t u t t i avea fopiti i feniì. Ma poiché tornò il lume agli occhi mìei. Ch' eran