La sublime scuola italiana: Poeti, Volume 4: Orlando furioso [Reprint 2021 ed.] 9783112447666, 9783112447659


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CANTO VIGESIMO NONO
CANTO TRENTESIMO
CANTO TRENTESIMO PRIMO
CANTO TRENTESIMO SECONDO
CANTO TRENTESIMO TERZO
CANTO TRENTESIMO QUARTO
CANTO TRENTESIMO QUINTO
CANTO TRENTESIMO SESTO
CANTO TRENTESIMO SETTIMO
CANTO TRENTESIMO OTTAVO
CANTO TRENTESIMO NONO
CANTO QUARANTESIMO
CANTO QUARANTESIMO PRIMO
CANTO QUARANITESIMO SECONDO
CANTO QUARANTESIMO TERZO
CANTO QUARANTESIMO QUARTO
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La sublime scuola italiana: Poeti, Volume 4: Orlando furioso [Reprint 2021 ed.]
 9783112447666, 9783112447659

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SUBLIMEL SCUOLA ITALIANA OVVERO

LE P I Ù

ECCELLENTI

OPERE

D I

PETRARCA, ARIOSTO, DANTE, T . TASSO, PULCI, TASSONI, SANNAZZARO, CHIABRERA, BURCHIELLO. MACCHIAV E L L I , BOCCACCIO , CASA, VARCHI, SPERONE SPERONI, LOLLIO, GOZZI, MARTINELLI, ALGAROTTI. „ Cori vidi adunar la bella Scuola „ Del bel Paefe l i , ove '/ Si fuona. Caute Inf. C 4 . e C

JJ.

E D I Z I O N E

GIUSEPPE

VALENTI.

POETI VOLUME

IV.

BERLINO E STRALSUNDA REsso A M A D E O A U G U S T O L A N G E MDCCLXXXVII.

iva

CANTO VIGESIMO NONO. ARGOMENTO

e

SPOSIZIONE^

tjbhellct tagliar fi fa la tefia, Pria che faziar la voglia del Vagano. Il quaC avviflo del fu' errar, con mefla Fronte, acquetar cerca lo Jpirto in vano. Un ponte ha fatto, ove [pagliato refla Chiunque arriva. E con Orlando infano Cade egli poi nel fiume. Indi non bada. Il pazzo , e fa gran cofe poi per firada.

i queflo ventefimo nono Canto, nel rariffimo e/empio delV ar. tificio , che ufct la bclliflìma Ifctbella perfarfi prima uccidere, che macchiar la cafiità fina, fi comprende chiaramente quello, che per tutto quello Poema fi vieit ricordando del gran valore, della gran fortezza, e della fomnia virtù, che fi ritrova fempre in ogni azione delle vere e onorate donne. E all' incontro in Rodomonte , che colla fperanza di venire inviolabile dal ferro, e con Vintenzione di non ojférvar poi la pfomejfa fede alla giovine, fi lafcia così fcioccamente fchemire, fi dimofira quanta gii sfrenati dcftderj , e gli empj e fcellemti difegni ci fottraggano al vere lume tini conofcimcnto, « della prudenza.

P\

K m degli uomini inferma, e infialili inente 1 ^ ¡ ¿ ¿ F Come fiam prefti a variar difegno !, l utti i penfier mutiamo facilmente ; Più quei , che nafeon d' amorofo fdegno. Io vidi dianzi il Saracin sì ardente Coiitra le donne, e paffar tanto il fegtio, Che , noii che fpegner l'odio , ma penfai -, Che non dovette intiepidirlo Y y amai.

Donne

674

O R L A N D O

F U R I O S O

D o n n e g e n t i l , per quel, eh' a b u l i n o voftro P a r l ò coiitra il d o v e r , sì oftefo f o n o , Che fili, che col f u o mal n o n gli d i m o f t r o , Q u a n t o abbia f a t t o e r r o r , non gli perdono. I o farò sì cou p e n n a , e con inchioftro, C h ' ogiiun v e d r à , che gli era u t i l e , e b u o n o A v e r t a c i u t o , e morderli anco poi P r i m a la l i n g u a , che dir m a l di voi. M a che parlò coinè i g n o r a n t e , e f c i o c c o , V e l o dimoftra chiara efperienza. Già contra t u t t e trafle f u o r lo flocco Dell' ira , feuza farvi differenza : Poi d 1 Ifabella u n guardo sì l1 ha t o c c o , Che fubito gli fa m u t a r fentenza. Già in cambio di q u e i r altra la d i f i a , L ' ha viltà a p p e n a , e n o n fa a n c o r , chi fia. E come il n u o v o a m o r lo punge , e fcalda, M u o v e alcune ragion di poco f r u t t o , Per r o m p e r quella m e n t e i n t e r a , e f a l d a , C h ' ella avea fifla al Creator del t u t t o . M a 1' E r e m i t a , che ] ' è f e u d o , e f a l d a , P e i i h è il cafto penfier n o n fia dift r u t t o , Con a r g o m e n t i più validi, e f e r m i , Q u a n t o più p u ò , le fa ripari , e fchermi. Poich 1 1' empio Paga» m o l t o ha fofferto Con lunga noja quel Monaco a u d a c e ; E che gli ha detto in v a n , eh' al (uo deferto Senza lei può t o r n a r , quando gli piace ; E che nuocer fi vede a vifo aperto , E che feci) n o n vuol t r e g u a , né pace : La m a n o ni m e n t o con f u r o r gii ftefe, E tanto n e p e l ò , q u a n t o ne prefe. E sì crebbe Con m a n E poi eh' Da fe per

la f u r i a , che nel collo lo ftriuge a guifa di t a n a g l i a ; u n a , e due volte raggirollo, l ' a r i a , e verfo il m a r lo fcaglia.

CANTO

V I G É S I M O

NONO.

Che n* avvetiifle , nè dico , n é follo ; V a r i a f a m a è (li l u i , nè fi ragguaglia. Dice a l c u u , che $) r o t t o a u n falso r e i t à , C h e '1 piè n o n li difcerne dalla tefta : Ed a l t r i , eh' a cadere a n d ò nel m a r e , C h ' era più di tre miglia indi l o n t a n o ; E che morì per n o n faper n o t a r e , Fatti aflai p r e g h i , ed orazioni in vano : A l t r i , eh' u n Santo il v e n n e ad a j u t a r e , Lo traile al lito con vifibil m a n o . Ili quelle qual fi vuol la vera fia, Di lui n o n parla più P iftoria m i a . R o d o m o n t e t r u d e l , poi che levato S' ebbe da canto il g a r r u l o E r e m i t a , Si ritornò con vil'o m e n t u r b a t o V e r f o la D o n n a m e d a , e sbigottita ; E col parl.ir, eh' è fra gli a m a n t i u f a t o , Dicea , eh' era il f u o core , e la f u a v i t a , E '1 f u o c o n f o r t o , e la fua cara f o e n i e , Ed altri n o m i t a ì , che v a n n o inlieme. E fi m o f t r ò sì c o f t u m a t o a l l o r a , C h e n o n le fece alcun f e g n o di forza. Il f e m b i a n t r g e n t i l , che T i n n a m o r a , I,' u f a t o orgoglio in lui f p e g n e , ed a m m o r z a ; E benché '1 f r u t t o trar n e pofla f u o r a , PaiT.ir n o n però vuole o l t r - alla f e o r z a ; Che n o n gli p a r , che poteffe efier b u o n o , Q u a n d o da lei n o n lo a c c e t t a l e i n d o n o . E cosi di d i f p o r r e a poco a p o c o A ' luoi piaceri Ifabella credea. E l l a , che in sì f o l i n g o , e Urano l o c o , Q u a l topo in piede al g a t t o fi v e d e a , V o r r i a trovarli innanzi in mezzo il foco ; E feco t u t t a v o l t a r i v o l g e a , S' a l c u n partito , alcuna via fofle a t t a A trarla q u i n d i i m m a c o l a t a , e i n t a t t a . Y y 3

676

O R L A N D O

F U R I O SO

Fa nell' animo luo proponimento D i darli con faa man prima la m o r t e , Che '1 Barbaro crudel n' abbia il fuo intento, E che le fia cagion d' errar sì forte Contra quel Cavalier, eh' in braccio fpento I.e avea crudele, e difpietata forte ; A cui fatto ave col peniìer devoto Della fu a caftità perpetup voto.. Crefcer più fempre 1' appetito cieco V e d e del R e Pagan , nè fa che farli : Ben f a , che vuol venire all' atto bieco» O v e i contraili fuoi tutti fien fcarli. P u r difeorrendo molte cofe f e c o , Il modo trovò al fin di ripararli, E di falvar la caftità fua , come I o vi d i r ò , con lungo e chiaro nome. A l brutto Saracin , che le venia Già contra con parole, e con effetti Privi di tutta quella cortefia, Che inoltrata le avea ne' primi detti ; S e fate , che con voi ficura io fia D e l mio o n o r , diiTe, e eh' io non ne fofpettì ( C o f a all' incontro vi d a r ò , che molto Più vi v a r r à , eh' avermi 1' onor tolto. Per un piacer di sì poco momento , D i che 11' ha sì abbondanza tutto '1 m o n d o , H011 deprezzate un piripetuo contento, U n vero gaudio a nullo altro fecondo. Potrete tuttavia ritrovar cento , E mille donne di vil'o giocondo 5 M a chi vi pofla dar quello mio d o n o , Nell'uno al m o n d o , o pochi altri ci fono. H o notizia d' un' erba e 1' ho veduta Venendo , e fo dove trovarne apprefso ; Che bollita con ellera, e con ruta A d un fuoco di legna di cipreiTo ,

CASTO

VIGESIMO

NONO.

E fra mani innocenti indi p r e m u t a , Manda u n liquor, che chi lì bagna d' efso Tre volte il c o r p o , in tal m o d o 1' i n d u r a , Che dal f e r r o , e dal fuoco 1' aflkura. Io d i c o , fe tre volte fe n i m m o l l a , U n mefe invulnei abile fi trova. Oprar coavienfi ogni mefe 1' ampolla, Che fua virtù più termine n o n giova. Io fo far 1' a c q u a , ed oggi ancor farolla} Ed oggi ancor voi ne vedrete prova : E vi p u ò , s' io non fallo, efser più g r a t a , Che d' aver tutta Europa oggi acquiftata. Da voi domando in guiderdon di q u e l l o , Che fu la fede vòftra mi g i u r i a t e , Che nè in d e t t o , uè in opera molefto Mai più farete alla mia caftitate. Cosi dicendo, R o d o m o n t e onefto Fe' r i t o r n a r ; che in tanta volontate V e n n e , eh 1 inviolabil fi facefse, Che p i ù , - e h ' e l l a non difse, le promefse: E ferveralle, finché venga fatto Della mirabil acqua efprienza ; E sforzerai!! intanto a non fate a t t o , A non far fegno alcun di violenza. M a penfa poi di non tenere il p a t t o , l'erchè non hn- timor , nè riverenza Di Dio , o di Santi ; e ìàd mnnoar di fède T u t t a a lui la bugiarda Affrica cede. Ad Ifabella il R e d' Algier feongiuri Di n o n la moleftar fe' più di m i l l e ; Purch' effa lavorar 1' acqua p r o c u r i , Che far lo p u ò , qual f u già C i g n o , e Achille. Ella per balze, e per valloni ofeuri Dalle città l o n t a n a , e dalle ville Ricoglie di molte erbe ; e il Saracino •Non l'abbandona, e F è fempre vicino. Yy 4

678

ORLANDO

FURIOSO.

Poi eh' in p i » p a r t i , quanto era a b a f t a n z a , Colfer dell' erbe e con r a d i c i , e fenza ; T a r d i fi ¿-¡tornaro alla lor ftanza ; D o v e quel p a r a g o n di continenza T u t t a la notte fpende , che 1' a v a n z a , A bollir erbe c o n m o l t a avvertenza ; E a t u t t a l ' o p r a , e a tutti quei mifteri Si trova o g n o r prefente il R e d'AIgieri : Che p r o d u c e p d o quella notte in g i o c o C o n quelli pochi f e r v i , eh' eran f e c o , S e n t i a per lo calor del vicin f o c o , C h ' era rinchiufo in quello a n g u f t o f p e c o , T a l fete ; che bevendo or m o l t o , or poco , D u o barili votar pieni di G r e c o , C h ' aveano tolto u n o , o d u o g i o r n i limanti I fuoi feudieri a certi viandanti. N o n era R o d o m o n t e u f a t o al v i n o , Perchè la legge f u a lo v i e t a , e danna ; E poi i h e lo g u f t ò , liquor divino Gli p a r , m i g l i o r che '1 n e t t a r e , o la m a n n a , E riprendendo il rito S a r a c i n o , G r a n t a z z e , e pieni fiafchj ne tracanna. F e c e il b u o n v i n o , eh' a n d ò fpefso i n t o r n o , Girare il capo a t u t t i , c o m e u n t o r n o . L a D o n n a in q u e l l o mezzo la c a l d a j a Dal f u o c o t o l f e , ove quelP erbe cofse ; E difse a R o d o m o n t e : A c c i ò che p a j a , C h e m i e parole al vento n o n ho m o f s e j Q u e l l a , che '1 ver dalla b u g i a d i f p a j a , E che può dotte far le genti g r o f s e , T e ne farò 1' elperienza a n c o r a , N o n nell" a l t r u i , m a nel m i o c o r p o or' o r a . I o voglio a far il f a g g i o efser la p r i m a Del felice liquor di virtù pieno ; A c c i o tu forfè non faceiTi ftima, C h e ci fofse m o r t i f e r o v e » e n o .

CANTO

V I G ESI M O

N ONO.

679

D i quello bagueròmmì dalla cima. Del capo giù pel c o l l o , e per lo ferro ; T u poi tua forza in me prova , e tua f p a d a , Se quella abbia v i g o r , fe quella rada. B a g n o f l ! , come d i f s e , A l l ' incauto

e lieta porfe

Pagano il collo ignudo ;

Incauto^, e vinto ianco dal vino f o r f è , Incontro a cui non vate e l m o , nè feudo. Q u e l l ' u o m beftial le predò f e d e , e feorfe Sì c o n ia m a n o , e sì col ferro c r u d o , Che del bel c a p o , già d' A m o r a l b e r g o , Fe' tronco rimanere il p e t t o , e il tergo. Q u e l fe' tre b a l z i , e funne udita chiai\ V o c e , eh' ufeendo n o m i n ò Zerbino j Per cui feguire ella trovò sì rara V i a di fuggir di man del Saracino. A l m a , eh' avelli più la fede c a r a , E '1 n o m e , quali ignoto , e peregrino A l tempo n o l l r o , della caititade, Che hi tua v i t a , e la tua verde etade : Vattene in p a c e , alma b e a t a , e bella. Così i miei verli avefser f o r z a , c o m e B e n m ' affaticherei con tutta quella A r t e , che tanto il parlar o r n a , e c o m e , Perchè m i l l e , e mill' a n n i , e p i ù , novella Sentifse il m o n d o del tuo chiaro n o m e : V a t t e n e in pace alla iuperna fede, E lafcia all' altre efeinpio di tua fede. A l l ' atto incomparabile, e ftupendo Dal cielo il Creator giù gli occhi volfe ; E difse : Più di quella ti c o m m e n d o , I,a cui morte a Tnrquinio il j e g n o t o l f e : E per quello una legge fare intendo T r a quelle m i e , qhe mai tempo non f c i o l f e , L a qual per le inviolabil' acque g i u r o , Che 11011 muterà fecolo futuro. Yy J

Ver

6go

ORLANDO

FURIOSO

Per 1' avvenir v o ' , che ciafcuna , eh* aggia Il n o m e t u o , ila di f u b l i m e i n g e g n o , E fia bella, g e n t i l , c o r t e f e , e faggia » E di vera oneftade arrivi al f e g n o ; O n d e materia agli Scrittori caggia Di celebrare il n o m e i n c l i t o , e degno ; Talché Pnrnalfo , Pindo , ed Elicone Sempre Ifabella , Ifabella rifuone. Dio così difse, e fe' ferena i n t o r n o L' a r i a , e tranquillo il m a r più che mai fufse. Fe' 1' alma catta al terzo ciel ritorno , E in braccio al tuo Zerbin fi ricondufse. R i m a f e in terra con v e r g o g n a , e Iconio Q u e l fier fenza pietà nuovo Breufse; Che poi eh' 1 troppo vino ebbe digefto , Biafinò il f u o e r r o r e , e ne reftò fnnefto. Placare, o in parte foddisfar penfofle All' a n i m a beata d' Ifabella, S e , poi eh' a m o r t e il corpo le percofle, Delie almen vita alla memoria d' ella. T r o v ò per mezzo , acciò che così f o f f e , Di convertirle quella chiefa , quella Dove a b i t a v a , e dove ella f u u c c i f a , I n un f e p o l c r o , e vi dirò in che guifà. Di tutti i lochi intorno fa venire M a f t r i , chi per amore , e chi per teina E fatto ben lei mila u o m i n i u n i r e , De 1 gravi falli i virili m o n t i f e e m a , E ne fa una gran malfa ftabilire, Che dalla cima era alla parte eilrema N o v a n t a braccia ; e vi rinchiude dentro La c h i e f a , che i duo a m a n t i ave nel centro. Imita qnafi la fuperba Mole , Che fe' Adriano all' onda Tiberina, l'ielfo al Sepolcro una torre alta v u o l e , Ch' abitarvi alcun tempo fi dettili».

CASTTO

VIGÉSIMO

NONO»

6gi

U n ponte ftretto, e di d u e braccia fole Fece full' acqua , che correa vicina : Lungo il p o n t e , ma lnrgo era sì poce> Che dava appena a duo cavalli loco;. A duo cavalli, che venuti a p a r o , O eh' infieme si foffero feontrati s E n o n avea uè f p o n d a , nè riparo r E fi potea cader da tutti i lati. II paffar quindi v u o l , che cofti caro A guerrieri, o p a g a n i , o battezzati ; Che delle fpoglie lor mille trofei , Promette al Cimiterio di coftei. I n dieci giorni j e in manco f u perfetti L' opra del ponticel, che paffa il fiume: M a n o n fu già il fepolcro cosi In f r e t t a , N è la torre condutta al fuo cncume. P u r f u levata sì, che alla veletta Starvi in cima una guardia avea coftirmef Che d' ogni- cavalier, che venia al p o n t e , Col corno facea fegno a R o d o m o n t e . E quel «' a r m a v a , e fe gli venia a opporre Ora full' u n a , ora full' altra r i v a , C h e , fe *1 guerrier venia di ver la t o r r e , Sull' altra proda il R e d' Algier veniva. Il ponticello è il campo , ove si c o r r e , E , fe '1 deftrier poco dei fegno ufeiva , Cadea nel fiume , eh' alto era , e profondo : Ugual periglio a, quel n o n avea il m o n d o . Aveafi immaginato il Saracino, Che, per gir fpeflo a rifehio di cadere Dal ponticel nel fiume a capo c h i n o , Dove gli converria inolt' acqua bere , Del fallo , a che l'induife il troppo vinti, Dovelfe netto , e m o n d o rimanere : Come 1' a a u a , n o n m e n , che '1 v i n o , eftingus 1/ e r r o r , che f a pel vino o m a n o , o lingua.

Molti

O R L A N D O

682

F U R I O S O

M o l t i f r a pochi dì vi capitare. A l c u n i la via dritta vi c o n l u f l e ; C h ' a co anco con mano Da c i n q u e , o da fei miglia iudi lontano. La D o n n a , ancor che Rabican ben trotte, Sollecitar però non lo fa tanto Per quelle vie tutte f a u g o f e , e rotte Dalla ftagiou, eh' era piovofa alquanto ;

CANTO

TRENTESIMO

SECONDO,

Che prima a r r i v i , che la cieca notte Fatt' abbia ofcuro il m o n d o ili o g n i canto r T r o v ò chiufa la p o r t a ; e a chi 11' avea La g u a r d i a , d i l l e , eh' alloggiar volea. R i f p o f e q u e l , eh' era occupato il loco Da d o n n e , e da g u e r r i e r , che venner d i a n z i , E ftavano afpettando intorno al f o c o , Che pofta folFe lor la cena innanzi, Per lor non credo 1' avrà fatta il c u o c o , S' ella v' è a n c o r , né 1' han m a n g i ita innarizi, Dille la D o n n a : or va , che qui g l i a t t e n d o , Che fo 1' u t a n z a , e di iervaila i n t e n d o . Parte la g u a r d i a , e porta 1' imbafeiata L à , dove i cavaiier Hanno a g r a n d ' a g i o , l a qual non potè loj- troppo elier g r a t a , C h ' all' aer li fa nfcir f r e d d o , e m a l v a g i o , Ed era una gran pioggia i n c o m i n c i a t a : Si levali pure , e pigliali 1' a r m e a d a g i o ; R e f t a n o gli altri ; e quei 11011 troppo in fretta Efcano i n l ì e m e , ove la D o n n a a f f e t t a . Eran tre cavaiier , che valean t a n t o , Che pochi al m o n d o valean più di loro ; Ed eran q u e i , che '1 dì m e d e f m o accanto V e d u t i a quella Meffaggieia f o r o ; Q u e i , eh' in Islanda s' avean datp vanto D i Francia riportar lo f e u d o d' oro : E perchè avean meglio i cavalli p u n t i , P r i m a di Bradamante erano giunti. Di loro in arme pochi eran

migliori,

M a di quei pochi ella farà ben 1' una ; C h ' a neifun patto rimaner di f u o r i Quella notte intendea molle, e digiuna. Q u e i d' entro alle f m e f t r e , e ai corridori >liran la gioitra al l u m e della L u n a ; Che mal grado de* nugoli lo

fpaude,

E fa veder , benché la pioggia è grande. Ddd 2

Come

754

ORLANDO

FURIOSO

Come s' allegra un bene accefo a m a n t e , Ch' ai dolci furti per entrar fi t r o v a , Q u a n d o al fin fente dopo indugie t a n t e , Che '1 taciturno chiavillel fi m u o v a ; Così voloncarofa Jìi adamante D i far di fe coi cavalieri prova, S' allegrò, quando udì le porte a p r i r e . Calare il p o n t e , e fuor li vide ufcire. Torto che fuor del ponte i gueriier vede Ufcire infieme, o con poco intervallo , Si volge a pigliar c a m p o , e dipoi riede Cacciando a tutta briglia il buon cavallo» B la lancia a r r e c a n d o , che le diede 11 fuo c u g i n , che non fi corre in f a l l o , Che fuor (ti fella è forza , che trabocchi, Se folle M a t t e , ogni guerrier, che tocchi. Il R e di Svezia che primier fi m o f l e , F u primier anco a riverfarfi al p i a n o ; C o n tanta forza T elmo gli percoife L' a f t a , che mai non fu abbafiata in vano; Poi corfe il R e di G o t i a , e ritrovofie Coi piedi in aria al fuo deihier lontano. R i m a l e il terzo fottofopra volto , Neil' a c q u a , ,e nel pantau mezzo fepolto» T o r t o , eh' ella in tre colpi tutti gli ebbe Fatti andar coi piedi a l t i , e i capi baffi, Alla Rocca ne va , dove aver debbe La notte albergo : ma p r i m a , che palli, V ' è chi la fa g i u r a r , che n' ufeirebbe S e m p r e , eh' a gioftrar fuori altri chiamai!!. Il fignor di là dentro , che '1 valore Ben n' ha veduto , le fa grande onore. Così le fa la D o n n a , che venuta Era con quegli tre quivi la f e r a , C o m e io dicea d a l l ' i f o l a Perduta M a n d a t a al R e di Francia meliaggiera.

CANTO

TRENTESIMO

SECONDO»

Cortefemente a lei, che la fallita, Siccome graziofa , e aft'abil e r a , Si leva i n c o n t r a , e con faccia ferena Piglia per m a n o , e l'eco al fuoco m e n a . l a Donna cominciando a d i f a n n a r f i , S'avea lo f e u d o , c dipoi 1' elmo t r a t t o . Quando una cuffia d' oro , in che celarli Soleano i capei l u n g h i , e dar di piatto , Ufcì ctin 1' elmo , onde caderon fparli Giù per le fpalle, e la feopriro a tm t r a t t o , E la feron conolcer per donzella, Non m e u , che fiera in a r m e , in vifo bella. Quale al cader delle cortine fuole Parer fra mille lampade la f e e n a , D ' a r c h i , e di più d' una fuperba m o l e » D' o r o , e di ftatue, e di pitture pienaJ O , come fuol fuor della nube il Sole Scoprir la faccia limpida, e ferena ; Cosi l'elmo levandofi dal vifo Mollrò la Donna apriffe il paradifo. Già foii crefciute, e fatte lunghe in m o d o Le belle chiome , che tagliolle il f r a t e , Che dietro al capo ne può fare un nodo s Benché non fian, come fon prima fiate. Che Bradamante lia, tien f e r m o , e fodo» Che ben 1' avea veduta altre fiate , Il Signor della R o c c a , e più che prima Or 1' accarezza, e inoltra farne llima. Siedono al f u o c o , e con giocondo , e otiefla Ragionamento dati cibo alP orecchia, M e n t r e , per ricreare ancora il refto Del corpo , altra vivanda s' apparecchia. La Donna all' ofle domandò , fe quello Modo d' albergo è nuova u f a n z a , o vecchia, E quando ebbe principio, e chi la p o f e j E '1 cavaliero a lei cosi rifpofe: Ddd>3

ORLANDO

FURIOSO.

Nel tempo , che regnava F i e r a m e n t e , CloHioiie il figliuolo ebbe una amica Leggiadra, e bella, e di maniere c o n t e , Q u a n t ' altra t'ofle a quella etade antica ; La quale amava tanto , che la fronte N o n r i v o l g a da lei pi« , che fi d i c a , Che faceiìé da Ione il fuo Pallore; Perch' avea ugual la gelofia all' a m o r i , Q u i la tenea, che '1 luogo avuto in dono Avea dal p a d r e , e raro egli n ' u f c i a , E con lui dieci cavalier ci fono , E dei nngUor di Francia tuttavia. Q u i dando venne a capitarci il buono T r i l l a n o , ed una donna in c o m p a g n i a , Liberata da lui poclt 1 ore i n n a n t e , Che traea prefa a forza m i fier Gigante. Trillano ci arrivi), che "1 Sol già volto Avea le fpalle ai liti di Siviglia; E domando qui dentro eiTer raccolto , Perchè non c' è altra ftanza a dieci miglia. M a C l o d i o n , che molto a m a v a , e molto Era gelofo , in f o m m a fi configlia , Che foreSier, fiadii fi voglia, mentre Ci ftia la bella D o n n a , qui n o n elitre. Poiché con lunghe ed iterate preci N o n potè aver qui albergo il Cavaliero ; O r q u e l , che far con preghi io non ti f e c i , Che '1 facci ( dille ) t u o m a l g r a d o , fpero : E sfidò Clodion con tutti ! dieci, Che tenea-appreffo , e con un grido •altieri) Se gli offerte con l à n c i a , e fpada ìli m a n o P r o v a r , che difcortefe e r a , e villano. Con p a t t o , che fe f a , che con lo Suo cada in terra , ed ei ftia in Nella Rocca alloggiar vuole egli E vuol gli altri ferrar f u o r delle

ftuolo fella f o r t e , folo, porte.

CANTO

TRENTESIMO SECONDO.

757

Per non patir queft' o n t a , va il figliuolo Del R e di Francia a rilchio della m o r t e ; Ch' afpramente percoiTo cade in t e r r a , E eadon gli altri, e Trillati fuor li ferra. Entrato nella Fiocca trova quella, La qual v ' h o d e t t a , a Clodion sì c a r a , E eh' avea a par d' ogn' altra fatti) bella Natura , a dar bellezze così avara ; Con lei ragiona: e intanto a r d e , e - m a r t e l l i Di fuor 1' amarne afpra paflìoue amara ; Il qual non diiterilce a m a n d a r preghi Al Cavalier, che dar non gliela neghi. Tri frano, ancor che lei molto non p rezze, Nè prezzar , fuor eh' Ilotta , altra potrebbe ; Ch' a l t r a , nè eh' a m i , v u o l , nè che accarezzi, l a pozion , che già incantata bebbe ; T u r , perchè vendicarli dell1 afprezze, Che Clodion gli ha u f a t e , fi v o r r e b b e ; Di far gran torto mi parria ( gli dilfe ) Che tal bellezza del fuo albergo ulciife. E quando a Clodion dormire increfca Solo alla f r a f e a , e compagnia domandi ; U n a giovane ho meco bella, e f r e f e a , N o n però di bellezze così grandi : Q u e l l a , farò contento , che fuor e l e a , E eh' ubbidifci a tutti i fuoi comandi : >la la più bella, mi par d r i t t o , e giufto, Che ftia con quel di n o i , eh' è più robailo. Efclufo Clodione, e mal contento , Andò sbuffando tutta notte in v o l t a ; Come s' a q u e i , che nell' alloggiamento Dormiano ad a g i o , felle egli 1' afcolta. E molto p i ù , che del freddo , e del v e n t o , Si dolea della D o n n a , che gli è tolta. La mattina Trillano , a cui ne 'ncrebbe , Gliela rendè, donde il dolor fin ebbe : D dd 4

Per-

758

Orianbo

Furioso

Perchè gli difle, e lo fe' chiaro, e certo, C h e , qual trovolla, tal gliela rendea : E benché degno era d' ogni onta, in mert® Della difcortefia, eh' ufata avea, Pur contentar d' averlo allo feoperto Fatto ftar tutta notte, fi volea; Nò 1' efcufa accettò, che fofle Amore Stato cagion di così grave errore ; Ch' amor de' far gentile uu cor villano r E non far d' un gentil contrario effetto. Partito che li fu di qui Trillano , Clodion 11011 ftè molto a mutar tetto ; Ma Prima confegnò la Rocca in mano A un Cavalier, che molto gli era accetto. C o n patto , eh' egli, e chi da lui veniiTe, Quell' ufo in albergar fempre feguiffe. Che '1 Cavalier , eh' abbia maggior portanza, E la donna beltà, fempre i i alloggi} E chi vinto rimali, voti la ftanza , Dorma fti '1 prato , o altrove feenda, e poggi} E finalmente ci fe' por 1' ufanza, Che vedete durar fin al dì d' oggi. Or mentre il Cavalier quello dicea , Lo fcalco por la menia fatto avea. Fatto 1' avea nella gran fala porre, Di che non era al mondo la più bella; Indi con torchi accefi venne a torre I.e belle donne, e le coiiduffe in quella. Bradamante all' entrar con gli occhi feorte, E Umilmente fa 1' altra Donzella, E tutte piene le faperbe mura Veggo» di nobilillima pittura. DI sì belle figure è adorno il loco, Che per mirarle obliali la cena quali ; Ancor che ai corpi non bifogni poco , Pel travaglio del dì lalfi rimali j r io

CANTO

TRENTESIMO

SECONDO.

759

E lo (calco fi d o g l i a , e doglia il c u o c o , Che i cibi lafcìn raffreddar nei vali. Pur f u chi difle: Meglio fia, che voi Pafciate prima il ventre, e gli occhi poi. S' erano affili, e porre alle vivande Voleano m a n , quando il Signor s' avvide, Che 1' alloggiar due donne è un error grande ; L' una ha da ftar, 1" altra convien che fnide ; Stia la più bella, e la m e n fuor fi m a n d e , Dove la pioggia b a g n a , e '1 vento Aride : Perchè non vi fon giunte ambedue a un' ora» 1/ una ha a partire, e 1' altra a far dimora. Chiama duo vecchi, e chiama alcune fue Donne di cala , a tal giudicio b u o n e j E le Donzelle m i r a , e di lor due Chi la più bella fia, fa paragone. Finalmente parer di tutti f u e , Ch' era più bella la figlia d' A m o u e j E non men di beltà 1' altra vincea, Che di valore i guerrier vinti avea. Alla Donna d' Islanda, che non fanzà Molta fofpizion ftava di quello , 11 Signor difle : Che ferviam 1' ulanza , N o n v' h a , D o n n a , a parer fe non oueCo, A voi convien procacciar d' altra ftanza, Q u a n d o a noi tutti è chiaro, e m a n i f e f t o , Che cortei di bellezze, e di iembianti , Ancor eh' inculta fia, vi paifa limanti» Come fi vede in u n m o m e n t o ofeura Nube falir d' umida valle al cielo, Che la faccia, che prima era sì p u r a . Copre del Sol con tenebrofo velo ; Così la Donna alla fentenza d u r a , Che fuor la caccia, ove è la pioggia e 1 gelo , Cangiar fi vede, e non parer più quella, Che fu pur dianzi sì g i o c o n d a , e bella. Ddd j

s'im-

760

ORtANDo

FURIOSO;

S' impallidirei e tutta cangia ¡11 v i f o , Che tal fentenza udir poco le aggrada. Ma Bradamante con un faggio avvilo, Che per pietà non v u o l , che fe ne vada , R i f p o f e : A me non par, che ben dee i l o , Nè che ben giutto alcun giudicio cada, Ove prima non s' ode quanto neghi La parte, o affermi, e fue ragioni alleghi. I o , eh' a difender quella caula togli , D i c o , o più bella, o men eh' io lia di lei, Non venni come donna q u i , nè voglio, Che fian di donna ora i progrelfi miei. Ma chi dirà, fe tutta non mi fpoglio, S' io f o n o , o s' ¡0 non fon quel, eh' è cofteì E quel, che non li f a , non fi de1 dire £ tanto m e n , quando altri n' ha a patire. Ben fon degli altri ancor, eh' hanno le chiome Lunghe, com' io , nè donne fon per quello. Se come cavai ier la ftanza , o come Donna acquiftata in' abbia , è manifefto ; Perchè dunque volete darmi nome Di donna, fe di mafehio è ogni mio gelh) ? La legge voftra v u o l , che ne fian fpinte Donne da donne, e non da guerrier vinte. Poniamo ancor, che, come a voi pur pare, Io donna fia ( che non però il concedo ) M a , che la mia beltà non fofle pare A quella di cottei ; non però credo , Che mi vorrefte la mercè levare Di mia virtù, fe ben di vifo io cedo. Perder per men beltà giufto non parmi Quel ch'ho acquiftato per virtù con 1' anni. E quando ancor folTe 1' ufaiiza tale, C h e , chi perde in beltà, ne dovelTe ire} Io ci vorrai reltare, o bene, o male Che la mia oitinazioii dovtffe ufcire.

CANTO

TRENTESIMO

SECONDO.

761

Per q u e l l o , che contefa difeguale È tra m e , e quella D o n n a , vo' i n f e r i r e ; Che contendendo di b e i t i p u ò affai l ' e r d e r e , e m e c o guadagnar n o n mai. E , fé g u a d a g n i , e perdite n o n fono i n tutto p a l i , ingioilo è ogni S k c h ' a lei per rag!',11

partito,

si ancor per d o n o

Speziai, 11011 fia 1' albergo p r o i b i t o : E s' alcuno di d i r , che non fia b u o n o , E dritto il mio giudicio , farà ardito , Saro per luiienergli a f u o p i a c e r e . C h e 'l m i o fia v e r o , e falfo il f u o

parere.

La figliuola d' A m o n m o f i a a p i e t a d e , C h e quella gentil Donna debba a Eiibr c a c c i a t a , ove la

torto

pioggia c a d e ,

O v e ne tetto , ove uè pure è u n

fporto,

A l Signor dell' albergo perl'usde C o n ragibu m o l t e , e con parlare accorto ; M i m o l t o più c o n q u e l , eh' al fin

conclufe,

C h e retti c h e t o , e accetti le fue f c u f e . Q u a l fotto il p i a cocente ardore e f l i v o , Q u a n d o di ber p i u ' d e l i o f a è 1' e r b a , 11 ì i o r , eh' era vicino a reftar privo D i tutto q u e i r u m o r , eh' in vita il f e r b a , Sente 1' amata p i o g g i a , e fi fa v i v o ; C o s ì , poiché ditela sì luperba Si vede apparecchiar la Melfaggiera, L i e t a , e bella t o r n ò , c o m e prim' era. La c e n a , Hata lor b u o n

pezzo a v a n t e ,

Nè ancor pur t o c c a , al fin goderli in f e l l i » Senza che più di cavaliero errante N u o v a venuta folle lor moietta. La goder gli a l t r i , ina n o n B r a d a m a n t e , Pure all' ulanza addolorata , e metta ; Che quel t i m o r , che quel lofpetto i n g i u f t o , Che fempre avea nel c o r ,

le tollea il g u f t o . Finita

762

ORLANDO

FURIOSO

Finita eh' ella f u , che faria forfè Sram più lunga, fe '1 ddìr 11011 era D i cibar gli occhi, Bradamante forfè, E lorfe appreflb a lei la Melfaggiera. Accenno c]iiel Signore ad u n , che corfe, E prettamente allumò moka cera, Che Ipleii'U'r fe' la l'ala in ogni canto, Q u e l , che fegui, dirò nell' altro Canto» F I N E D E L CANTO T R E N T E S I M O

C A N T O

T R E N T E S I M O

A R G O M E N T O

E

SECONDO.

TERZO.

SPOSIZJONE.

Future guerre Bradamante mira Finte in quel loco eh' acquiftò giostrando. Il fuggir di ¡¡«¡ardo indietro tira Rhit'ldo, e 7 Seriecm d' oprar più il brando* Aftolfo , che volando il mondo gira , A Nubici giunge, onde lo Jluot nefando Dell' Arpie, che la menfa al Re viminea, Cacciando va fin all' infernal buca, r

?l quefto Canto trentefimo terzo, nella perfoiia del Senapa, 0 Prete Gianni, hnptrator dell' Etiopia, pofla dall' Autore che si ha nelle saa somiglianza dell' iftoria di Nembrotte, cre lettere, si ricorda ficco me le piiì volte le eftreme ricclìezze, e felicità , traggono le perfone sì fattamente dal timore, e dalla riverenza di Dio sommo , che ardifeono di concorrere e combatter feco, e quefto fanno col fuppeditar la gwftizia, la clemenza-, la carità, e la verità, che fona una cufu cori Dio ftejfo. Ed ejfendo quefto medefimo efemrio flato accennato dai poeti gentili folto la favola del Giganti, che fo¡¡rctppofero monti ci monti per far guerra a Dio, i quali da Giove furavo fulminati, e diftrutti affatto, l' Autor noftro ha in quefto [ito avuto degnijfima confiderazione alla convenevelezzit della ciemenm ài Dia vero, in lafciare al Senapa col

CANTO tal merito a,

B

e

della fede

mandarli

ordinario

T R E N T E S I M O e rthgion

poi come

della tiattira,

Criftiana

da cielo

fopr umano

TERZO.

763

Spazio • di

peniteli-

ivfperato,

e, yer

cor fii>

foccorfi.

^ j J J * imagor», Parrafio, Polignoto, Protogene, T i m a n t e , Apollodoro, Amelie, più di tutti quefti n o t o , E Zeufi, e gli altri, eh' a quei tempi f o r o ; De' quai la fama ( mal grado di Cloto, Che fpenle i corpi, e dip^i 1' opre loro ) Sempre ftarà , finché fi legga, e feriva, Mercè degli Scrittori, al mondo viva. E q n e i , che furo a1 noftri d i , o fon ora, Leonardo , Andrea Mantegtia, Gian Bellino, Duo Doifi, e quel, eh' a par fculpe, e colora M i c h e l , più che m o r u l e , Angel divino ; Baftiano , R a f a e l , Tizian , eh' onora Mun meri Cador, che quei Venezia, e U r b i n o : E gli a l t r i , di Cui tal 1' opra fi vede, Qua! della prifea età fi legge, e crede. iQuefti, che noi veggìtm pittori, e quelli, Che già mille , e mill' anni in pregio fur Le c o f e , che fon fiate, coi pennelli Fr.tt' hanno, altri fu 1' affé, altri fu '1 m u r o j U o n però udifte antichi, uè novelli Vedeile m a i , dipingere il futuro ; E pur fi fono iitorie ancor trovate, Che fon dipinte, innanzi che fian Hate. Ma di faperlo far non fi dia vanto Pittore antico, tiè pittor moderno ; E ceda pur queft' arte al folo incanto, Del qual tremili gli fpirti dell' inferno. La fala, eh' io dicea nel!' altro Canto , Merlin col libro, o folte al lago A v e m o , O fofle facro alle Nudine grotte, Fece far dai Demoni in una notte, Queil'

7&4

ORLANDO

FURIOSO

Q u e f t ' a r t e , con che i noltri antichi fenno Mirande prove, a noftra etade è eilinta. M a ritornando, ove afpettar mi deimo Quei 1 che la fala hanno a veder d i p i n t a ; D i c o , eh' a uno feudier fu fatto c e n n o , C:h' accefe i torchi ; onde la notte vinta Dal gran fplendor fi dileguò d' i n f o i n o , H è più vi fi vedria, fe folfe giorno. Q u e l Signor diife l o r : V o ' , che Tappiate, (,'he delle guerre, che fon qui ritratte, I ili al dì d' o g g i , poche ne fon ftate, E fon prima dipinte, che fian fatte. Chi 1' ha dipinte, ancor 1' ha indovinate. Q u a n d o vittoria a v r a n , quando disfatte In Italia faran le genti n o l t r e , Potrete qui veder, come fi inoltre. Le g u e r r e , eh' i Frar.cefchi da far hanno Ili l ì dall' A l p e , o bene, o mal fuccelTe Dal tempo fuo final millefim' a n n o , ^Merlin Profeta in quella fala m e f f e , II qual mandato fu dal R e Britanno A l Franco R e , eh' a Marcomir fuccefil'. E perchè Io mandaiTe, e perchè fatto Da Merlin f u il lavor, vi dirò a un tratto. R e F i e r a m e n t e , che pafsù primiero •Con 1' efercito Franco in Gallià il R e n o , .'Poiché quella occupò , facea penfiero Di porre alla fupeiba Italia il freno. Faceal per ciò, che più '1 R o m a n o Impero Vedea di giorno in giorno venir meno ; E per tal caufa col Britanno A r t u r o Volle far lega ; eh' ambi a un tempo furo. A r t n r , eh' imprefa ancor fenza conliglio Del Profeta Merlin non fece mai ; l)i M e r l i n , dico , del Demonio figlio, Clic del futuro antivedeva affai ;

CANTO

TRENTESIMO

TERZO

Per lui feppe, e faper fece il perigli A Fieramonte, a che di molti guai Porrà fua g e n t e , s' entra nella t e r r a , Cli' Apenniu parte, e il mare., e 1' Alpe ferra. Merlin gli fe' veder, che quali tutti Gli altri, che poi di Francia fcettro a v r a n n o , O di ferro gli efeiciti diftrutti, O di fiime, o di pelle fi vedranno; E che brevi allegrezze, e lunghi lutti , Poco guadagno , ed influito danno Riporterai) d' Italia; che non lice, Che '1 Giglio in quel terreno abbia radice. R e Fieramonte'gli preftò tal fede , Ch'altrove difegnò volger 1' a r m a t a ; E M e r l i n , che cosi la cofa vede, Ch' abbia a v e n i r , come fe già fia f i a t a , Avere a' preghi di quel R e fi crede I.a l'ala per incanto ¡¡toriata ; Ove dei Franchi ogni tuturo geflo , Come già flato fia, fa manifetto, A c c i ò , chi poi fuccederà, c o m p r e n d a , C h e , come ha d' acquillar vittoria , e onore Qualor d' Italia la ditela prenda Incontra ogni altro barbaro f u r o r e ; Così, s' avvien, eh' a danneggiarla feenda Per polle il giogo, e farfene Signore; Comprenda dico , e rendali ben certo, Ch' oltre a qnei monti avrà il fepolcro aperto. Così difle, e menò le D o n n e , dove Incominciali 1' iilorie, e Sigiberto Fa lor veder, che per tel'or fi m u o v e , Che gli ha Maurizio Imperatore offerto. Ecco, che feende dal monte di Giove Nel pian dal L a m b r o , e dal Ticino aperto, Vedete Eutàr, che n o n pur l ' h a rifpinto H a volto in f u g a , e fracaflato, e vinto.

^66

ORLANDO

FURIOSO

Vedete Clodoveo, eh' a più di cento Mi!a perfone fa poffare il m o n t e : Vedete il Duca, là di Benevento, Che con numer difpar vien loro a fronte. Ecco fìnge lafciar 1' alloggiamento , E pon gli agguati ; ecco con m o r t i , ed o n t e A l vili Lombardo la gente Francefca C o r r e , e riman come laica all' elea. Ecco' in Italia Childeberto , quanto Gente di Francia, e Capitani invia; Nè piii , che Clodoveo , fi gloria , e vanta » Ch" abbia fpogli'ata, o vinta Lombardia: Che la fpada del ciel feende con tanta Strage de' f u o i , che n' è piena ogni via. Morti di caldo , e di profluvio d' alvo S ì , che di dieci u n n o n ne torna falvo. Moftra Pipino, e inoltra Carlo appretto, Come in Italia un dopo 1' altro feenda, E v' abbia quello, e quel lieto fucceflo. Che venuto non v' è , perchè 1' offenda : M a 1' uno , acciò il Paftor Stefano oppreflb, L' altro Adriano , e poi Leon difenda. L' un doma A i f t u l f o , e 1' altro vince,

¿22

Orlando

Furioso

Per q u e l , eh' io vaglio, giovane a m o r o f a , ( Rilpofe B r a d a i m m i ) io m ' offerifeo, Di far !' imprefa d u r a , e perigliofa , Per altre carne a n c o r , eh' io preterifeo; Ma p i ù , che del tuo amante narri cofa , Che narrar di pochi uomini avvertila), Che f u ¡11 amor fedel ; eh' a fè ti giuro , Ch' in ciò p e n f a i , eh* ogn' u n foiTe pergiuro. Con u n fofpir queft' ultime parole F i n ì , con u n f o f p i r , eh' ufcì dal core. Poi dille, Andiamo ; e nel feguente Sole Giunfero al f i u m e , e al palf > pieu d' orrore. Scoperte dalla g u a r d i a , che vi fuole Farne fegno col corno al fuo S i g n o r e , Il Pagali s' a r m a ; e , quale è '1 fuo coftume. Su '1 ponte s' apprefenta in ripa al fiume. E , come vi compar quella Guerriera, Di porla a morte fubito m i n a c c i a ; Q u a n d o dell' a r m e , e del deftrier, fu eh' era, A l gran fepolcro oblaziou non faccia. Bradamante, che fa 1' iftoria vera, Coinè per lui morta Ifibella g i a c c i a , Che Fiordiligi detto glie 1' avea ; A l Saracin fuperbo rifpondea : Perchè vuoi t u , beftial , che gì' innocenti Facciano penitenza del tuo fallo ? Del fangue tuo placar coltei convienti ; T u T ucciderti, e tutto '1 m o n d o fallo. Sicché di tutte 1' a r m e , e guernimenti Di t a n t i , che gittati hai da cavallo , Oblazione , e vittima più accetta A v r à , eh' io te le uccida ili fua vendetta. E di mia man le fia Quando come ella N e qui venuta ad Ch' a vendicarla ;

più grato il d o n o , f u , fon d o n n a anch' i o ; altro effetto f o n o , e quefto fol difio.

CANTO TRENTESIMO

Q'UINTO.

823

Ma far tra noi prima alcun patto è buono , Clie '1 tao valor fi compari col mio. S' abbattuta farò, di me farai Q u e l , che degli altri tuoi prigion fatt' hai. Ma s' io t ' abbatto ( rome io credo, e fpero ) Guadagnar voglio il tuo cavallo , e 1' armi ; E quelle offerir fole al cimitero, E tutte 1' altre diftaccar da' marmi ; E voglio, che tu laici ogni guerriero. Rifpofe Rodomonte: Giulio parmi, Chefia come tu d i ' ; ina i prigion darti Già non potrei, eh' io non gli ho in quelle parti. Io gli ho al mio regno in Affrica mandati : Ma ti prometto, e ti do ben la fede, Che fe ni* avvien per cali inupiniti, Che tu ftia in fella, e eh' io rimanga a piede, Farò, che faran tutti liberati In tanto tempo, quanto fi richiede Di dare a un melTo, eh' in fretta fi mandi A far quel, che, s' io perdo, mi comandi. Ma s' a te tocca ftar di fotto, come Più fi conviene, e certo f o , che fia ; Noti vo' che lafci 1' arme, nè il tuo nome Come di vinta, fottoferitto fia. Al tuo bel vilo , a begli occhi, alle chiome, Che fpiran tutti amore, e leggiadria, Voglio donar la mia vittoria, e balli, Che ti difponga amarmi, ove in' odiafti. Io fon di tal valor, fon di tal nerbo, Ch' aver non dei d' andar di fotto a fdegno. Sorrile alquanto, ina d' un rifo acerbo, Che fece d' ira p i ù , che d' altro fegno. La Donna, pè rifpofe a quel luperbo , Ma tornò in capo al ponticel di legno ; Spronò il cavallo, e con la lancia d' oro Venne a trovar quell' orgogliofo Moro. H h h s

Ro

"

824

ORLANDO

FURIOSO

Rodomonte alla gioftra s' apparechia: Viene a gran corfo ; ed è sì grande il f u o n o , Che rende il p o n t e , eli' intronar 1' orecchia f u ò forfè a m o l t i , che lontan ne fono. La lancia d' oro fe' 1' ufanza vecchia ; Che quel P.igan sì dianzi in gioltra b u o n o , Levò di fella, e in aria Io fofpefe, Indi su '1 ponte a capo in giù lo ftefe. Nel trapalar ritrovò a pena loco , Ove entrar col deftrier, quella Guerriera; E fu a gran rilco , e ben vi mancò p o c o , Ch' ella non traboccò nella riviera : Ma R a b i c a n i , il quale il vento, e 'I foco Concetto avean, sì deliro, ed agii era , Che nel marcine efìremo trovò ftrada • E farebbe ito anco fu 'il fil di fpada. Ella fi volta, e contra 1' abbàttuto Pagan ritorna , e con leggiadro motto ; O r puoi ( d i l f c ) veder, chi abbia perduto-, E a chi di noi tocchi di ftar di fotto. Di maraviglia il Pagan iella m u t o , Ch' una donna a cader 1' abbia c o n d o t t o ; E far rifpofta non p o t è , o non volle, E f u come u o m pien di ftupore, e folle. Dì terra fi levò t a c i t o , c incito E , poi eh' andato f u q u a t t r o , o (ci palli, Lo f e u d o , e 1' e l m o , e dell' altre arme U refto T u t t o fi trafie, e gittò contra i l'affi, E f o l o , e a piè f u a dileguarli prello ; N o n che commilHon prima non laffi A un fuo f e u d i e r , che vada a far 1' effetto Dei Prigou f u o i , fecondo che f u detto. Partili!, e nulla poi piìi fe il' i n t e f e , Se 110:1, che ftava in una grotta feura. Intanto £'\id-¡mante avea loipefe l ) i coftui 1' arme air alta fepoltura.;

CANATO T R E N T E S I M O

QUINTO*

E f a t t o n e levar t u t t o 1' a r n e f e , IL qu.il de! cavalieri alla f'crittum C o n o b » della' corte «Ter di Carlo ; N o n levò il refto, e n o n lal'cio levarlo, O l t r ' a quel del fìgliuol d i M o n o d a n t e , V i é quel di S.uifonetto , e d' Oliviero y Che per trovare il Principe d' A n g l a n t e Q u i v i c o n d u l f e il più d r i t t o f e n d e r ò . Q u i v i f u r preli , e f u r o il g i o r n o i n n a n t e M a n d a t i via dal Saracino altiero. Di quelli T a r i n e fe' la D o n n a t o r r e Dall' alta m o l e , e c h i u d e r i nella forre» T u t t e 1' altre lafciò p e n d e r dai f a l l ì , Che f u r fpogliate ai Cavalier Pagani. V ' eran 1* a r m e d ' u n R e , del quale i palfi Per F r o u t a l a t t e m a l f u r lpefi , e vaili ; 10 dico 1' arnie del R e de' Circaflì , Che d o p o l u n g o errar per colli , e p i a n i V e n n e quivi a lafciar 1' a l t r o d e l l r i e r o , E poi lenz' arine a u d o i f e n e l e g g i e r o . S' era p a r t i t o d i f a r m a t o , e a p i e d e Q u e l R e p a g a n dal perigliofo p o n t e ; S i c c o m e gli a l t r i , e h ' e r a n di f u a f e d e , P a r t i r d a le lafciava R o d o m o n t e , l . l a di t o r n a r pia al c a m p o n o n gli d i e d e 11 cor, eh' ivi a p p a r i r n o n avria f r o n t e ; C h e per q u e l , che v a n t o l l ì , t r o p p o f e o r n o Gli fa li a farvi in tal g u i l a r i t o r n o . DI p u r cercar n u o v o defir lo p r e f e C o l e i , che fol avea i i f a nel core. F u 1' a v v e n t u r a l'uà , che t o f t o intefe ( I o n o n vi laprei d i r , chi u e f u a u t o r e ) C h ' ella t o r n a v a verfo il f u o paele ; O n d e eiTo, c o m e il p u n g e , e Iprona A m o r e , Diecro alla pclta f u b i t o fi p o n e ; M a t o r n a r v o g l i o alla figlia d ' A m o u e .

826

ORLANDO

FURIOSO

Poi che narrato ebbe con altro fcritto , C o m e da lei f u liberato il paflo ; A Fiordiligi, eh' avea il core afflitto , E tene» il vifo l a c r i m o f o , e baffo , D o m a n d ò u m a n a m e n t e , ov' ella dritto Volea , che foiTe, indi partendo , il paflo. R i f p o f e Fiordiligi ; il m i o c a m m i n o V o ' , che fia i n Arli al campo Saracino : O v e naviglio , e b u o n a compagnia Spero trovar da gir nell' altro l i t o ; Mai n o n m i fermerò fin, eh' io n o n fia V e n u t a al mio S i g n o r e , e m i o marito. Voglio t e n t a r , perchè in prigion n o n ftia » Più modi, e più ; c h e , fe m i vien fallito Quello , che R o d o m o n t e t' ha promeflo , Ne voglio avere u n o , ed u n ' altro apprello. Io m* offerifeo ( diffe Bradamante ) D ' accompagnarti u n pezzo della ftrada, T a n t o che tu ti vegga Arli davante ; O v e per a m o r mio vo', che tu vada A trovar quel R u g g i e r del R e A g r a m a n t e , C h e del f u o n o m e ha piena ogni contrada j, E che gli rendi quello buon deilriero, O n d e abbatuto ho il Saracino altiero. V o g l i o , eh' a p u n t o t u gli dica quello : U n cavalier, che di provar fi c r e d e , E fare a tutto '1 m o n d o manifeflo , Che contra lui fei mancator di f e d e ; Acciò ti trovi apparecchiato, e p r e f t o , Quello deftrier, perch' io te '1 d i a , m i d i e d e , D i c e , che trovi tua p i a f t r a , e t u a maglia , E che 1' alpetti a far teco battaglia. Digli quello, e n o n altro ; e fe quel vuole Saper da t e , eh' io f o n , d i ' , che noi fai» Quella rifpofe u m a n a , c o m e f u o l e ; N o n farò fianca in t u o fervizio m a i Spen-

CANTO TRENTESIMO

QUINTO

Spender la v i t a , n o n che le parole; Che t u ancora per m e così fatto hai. Grazie le rende Bradamante, e piglia F r o n t i n o , e glielo porge per la briglia. Lungo il fiume le belle, e pellegrine Giovani vanno a" gran giornate i n l i e m e . T a n t o che veggono A r l i , e le vicine R i v e odon riionar del m a r , che freme. Bradamante li ferma alle confine Quali de' borghi , ed alle sbarre eftrerne, Per dare a Fiordiligi atto intervallo, C h e condurre a Ruggier polla il cavallo. V i e n Fiordiligi, ed entra nel rallrello, Nel ponte e nella porta ; e feco prende Chi le fa compagnia fin all' oftello, Ove abita Ruggiero , e quivi fcende ; E fecondo il m a n d a t o , al Damigello Fa r imbafciata, e il b u o n Frontin gli r e n d e ; Indi va , che rifpofta uon a f f e t t a , A d efeguire il f u o bifogno in fretta. R u g g i e r riman confufo , e in penfier g r a n d e E non fa ritrovar c a p o , uè via Di f a p e r , chi lo sfidi, e chi gli m a n d e A dire oltraggio, e a fargli coltella. Che coftui fenza fede lo d o m a n d e , O porta domandar u o m o che fia, N o n fa veder, nè i m m a g i n a r e : e p r i m a , Ch' ogn altro fia, che U r a d a m a n t e , ftima. Che folle R o d o m o n t e , era più predo A d a v e r , che fofle a l t r i , opinione ; E , perchè ancor da lui debba udir quello P e n ì a , nè immaginar può la cagione. Fuor che con l u i , n o n fa di t u t t o '1 retta Del m o n d o , con chi lite a b b i a , e tenzone. Intanto la Donzella di Dordona Chiede battaglia, e forte il corno f u o n a .

828

ORLANDO

FURIOSO

Vien la nuova a Marfilio, e a-1 Agi-amante, Ch' un cavnlier di fuor chiede battaglia, A cifo Serpcnr'n loro era avante, Ed impetrò di veftir pialira, e maglia, E pi umile pigliar quello arrogante. Il pnpol venne (opra la muraglia ; N é fanciullo r e f t ò , uè reftò veglio, Che non folle a veder, chi felle meglio, -Con ricca fopravvefta, e bello arnefe Seiyentin dalla Stella in giollra venne-. A l primo fcontro in terra li dirtele ; Il delh'ier aver parve a fuggir penne. Dietro gli corfe la Donna c o r t e l e , E per la briglia al Saracin lo t e n n e , E diife : Monta , e fa , che '1 tuo Signore M i mandi u n cavalier di te migliore. Il R e AfFrican , di* era con gran famiglia, Sopra le m u r a allagiillra vicino, Del cortefe atto aliai li maraviglia, Ch' ufato ha la Donzella a Serpentino. Di ragion può pigliarlo, e non lo piglia, Diceva, udendo il popol Saracino. Serpcnrin g i u n g e , e come ella c o m a n d a , U n miglior da fua parte al R e domanda. Grandonio di Volterna f u r i b o n d o , Il più fuperbo cavalier di S p a g n a , Preg indo fece s i , che fu il fecondo, Ed iil'cì con minacce alla campagna. T u a coltella nulla ti vaglia al mondo ; Che quando da m e vinto tu rimaglia, A l mio' Signor menar prelo ti voglio ; M a qui m o r r a i , s' io p o l i o , come foglio. LÌ Donna dille l u i : T u a villania Noli v o ' , che meu cortefe far m i porta, Ch' io non ti dica, che tu t o r n i , p r i a , Che f u '1 duro terrea ti doglia» T offa.

CANTO

TRENTESIMO

QUINTO.

R i t o r n a , e di' al t u o R e da parte m i a , Che per limile a te 11011 mi fon mofia ; M a per trovar guerrier , che '1 pregio vaglia, Son qui venuta a domandar battaglia. I l mordace parlare acre, ed acerbo Gran fuoco al cor del Saracino attizza; SI che fenza poter replicar verbo Volta il deihier con collera, e con 11 izza, Volta la D o n n a , e contra quel fuperbo La lancia d* o r o , e Rabicano drizza. Come 1' afta fatai lo feudo tocca, Co' i piedi al cielo il Saracin trabocca. Il deftrier la magnanima Guerriera Gli p r e f e , e d i l l i : Pur te '1 predifs' i o ; Che far la mia imbardata meglio t' e r a , Che della gioftra aver tanto difio. Di' al R e ti prego , che fuor della fchiera Elegga un cavalier, che fia par mio ; N e voglia con voi altri afFaticarme, Ch' avete poca efperienza i Cuoi trovar pietade, Ma non in te, più crudo, e più fellone V ogni Ciclope, e be a quefto R n g g i e r lunga a v v e r t e n z a ; Ida perde pure uu tratto la Perchè M a r fifa una

percofla

pazienza.

orrenda

Gli mena per dividergli la tefta. Leva lo feudo , che 'I capo d i f e n d a , R u g g i e r o , e 'I colpo in f u 1' A q u i l a pefta. V i e t a lo ' n c a n t o , che lo f f e z z i ,

o fenda,

M a di ftordir n o n però il braccio reità ; E s' avea alti' a r m e , che quelle d' Ettorre , G l i potea il fiero colpo il

braccio

torre.

E fari i fcelVi indi alla t e f t a , d o v e D i l e g u o di ferir 1' afpra Donzella. R u g g i e r o il braccio m a n c o a pena A pena più foltien 1' A q u i l a

muove,

bella.

Per quello o g n i pietà da fe r i m u o v e , P a r , che negli occhi a v v a m p i una facella. E,

quanto p u ò c a c c i a r , caccia una p u n t a :

M a r f ì f a , m a l per t e , fe n" eri g i u n t a . Io n o n vi fo ben d i r , r o m e fi f o r t e ; La fpada andò a ferire in u n c i p r e f l b , E un palmo , e più nell' arbore caccioflè ; I n m o d o era piantato il l u o g o fpelfo. In quel m o m e n t o il m o n t e , e il piano f e o f l e U n gran t r e m a n t i . , e lì fentl con elfo D a queir a v e l , eh* in mezzo il b o f e o fiede. Gran voce u f e i r , eh' o g n i mortale eccede. Grida la voce orribile i N o n

fia

Lite tra voi : Gli è ingiufto , ed CU* alla forella il fratti m o r t e

inumano , dia,

O la forella uccida il f u o g e r m a n o .

CANTO

T R E N T E S I M O SESTO.

843

T u mio R u g g i e r o , e t u Màrfifa mia Credete al mio parlar, che non è v a n o : In u n medefitno utero d' u n feme Fofte concetti, e ufcifte al m o n d o infieme. Concetti fofte da Ruggier f e c o n d o , Vi f u Galaciella genitrice ; I cui fratelli avendole dal m o n d o Cacciato il geuitor voftro infelice, Senza g u a r d a r , eh' aveife in corpo il pondo Di v o i , eh' ufcifte pur di lor radice, La f e r , perchè s' avefle ad affogare, Su ' n debol legno porre in mezzo al mare. Ma F o r t u n a , che voi, benché non nati» Avea già eletti a gloriofe i m p r e f e , Fece, che '1 legno ai liti inabitati sopra le Sirti a falvamento f c e f e j O v e , poiché nel inondo v1 ebbe d a t i , L' anima eletta al Paradifo afeefe, Come Dio volle, e f u voftro deftino. A quello cafo io m i trovai vicino. Diedi alla madre fepoltura o n e f t a , Qua! potea darli in si deferta a r e n a ; E voi teneri avvolti nella velia Meco portai f u '1 monte di C a r e n a ; E maniueta ufeir della forefta F e c i , e lafci?re i figli una Leena , Delle cui poppe dieci m e l i , e d i e c i , A m b i nutrir con molto ftudio feci. U n giorno, che d' andar per la c o n t r a d a , E dalla flanza allontanar in' occorfe ; V i fopravvene a cafo u n a m a f n a d a D' Arabi ( e ricordamene d e ' f o r f è ) Che t e , Marfifa, tolfer nella ftrada, M a non poter R u g g i e r , che meglio corffc Reftai della tua perdita dolente, £ di Ruggier guardia]} più diligente. Ruggier

846

ORLANDO

FURIOSO

R u g g i e r , fe ti g u a r d ò , mentre che vlfle, Il tuo maeftro A r i a m o , tu lo fai. Di te l'emii predir le ltelle Alfe, Che tra Criftiani a iradigion m o r r a i : E , perchè il mal' influito non feguillè, Teneitene lontan m' aftaticai : U è oliare al fin potendo alla tua voglia, Infermo caddi, e mi morii di doglia. Ma innanzi a morte q u i , dove previdi, Che cnu Mariifa aver pugna dovevi. Feci raccor con inftrnal lutlidi A formar quella tomba i falli grevi; Ed a Caroli diffi con alti gridi ; Dopo morte non voJ lo fpirto levi Di quello bolco, fin che n o n ci giugna Ruggier con la foiella per far pugna. Così lo fpirto mio per le belle ombre H a molti dì afpettato il venir voftro. Sicché mai geloiia più non t' ingombre, O Bradamante , eh' ami Ruggier no (irò. M a tempo è o r m a i , che dalla luce io fgombre," E mi conduca al tenebrofo chioltro, Q u i fi t a c q u e ; a Marfifa , ed alla figlia D' A m o n lafciò, e a Ruggier gran maraviglia. Riconofce Marfifa per forella Ruggier, con molto g a u d i o , ed ella I n i ; E ad abbracciarli, lenza offender quella, Che per Ruggiero a r d e a , vanno a m b i d u i : E rammentando dell' età novella Alcune c o l e ; io feci, io dilli, io f u i ; Vengon trovando con più certo effetto T u t t o elfer ver q u e l , eh' ha lo ipirto detto. Ruggiero alla forella n o n afeofe , Quanto avea nel cor fifia Bradamante; E narrò con parole affettuofe Delle obbligazion, che le avea tante ; E non

CANTO

TRENTESIMO-SESTO.

E non celiò, eh' in grand' amor compofe Le difcop'ie eh' iimeme ebbero avante ; E fé' pei feguo di pauricaili, CU" umanamente andaro ad abbracciarli. A dom-iudar poi ritornò M-iriìfi, Chi ftito feiie, e di che gente H padre, E cai 1' ave!f -.orto, ed a che g a i f a , S' in campo cliiiifo, o f r a 1' amiate f q u a d r e j E chi commeiib avea, che foiTe uccifa D i l mar atroce la mifera m a d r e ; Cile, le già 1' avei udito da fanciulla, O r ne tenea poca m e m o r i a , o nulla, Ruggiero incominciò , che da' T r o j a n ! Per la linea d' Ettorre orano f e r i i ; C h e , poi che Af.i.matte dalle mani Campo d ' UliiTe e dagli agguati teli, Avendo ion era però ver , che quella ufanza, • Che dir voleA, nella fua patria f o f l e ; Ma, perchè in lei pem'ier inai non avanza, C h e (pender poffa altrove, i m m a g i n o s e Una b u g i a , la qual le die fperanza D i far morir chi '1 f u o Signor percofle ; E difle di voler le nozze a guifa Della fua p a t r i a ; e 'l modo gli divifa. La vedovella, che m a n t o prende, Deve prima (diceii) eh' a lui s' apprefle, Placar 1' alma del m o r t o , eh' ella offende, Facendo celebrargli oificj, e melfe, In remiiiion delle paffate mende, lSTel t e m p i o , ove di quel fon 1' offa meiTej E dato fin eh' al facrificio fia, Alla ipofa 1' anel lo fpofo dia. Ma eh' abbia in quefto mezzo il Sacerdoti Su '1 vino, ivi portato a tale effetto, Appropriate orazion devote. Sempre il liquor benedicendo, d e t t o ; ì n d i , che '1 tìafco in una toppa vote, E dia agli fpofi il vino benedetto : Ma portare alla fpofa il vino tocca, Ed effer prima a porvi fu la bocca. Tanacro, che non m i r i , quanto imporre, C h ' ella le nozze alla fua ufanza faccia, Le dice ; p u r che '1 termine fi feorte D ' elicle mfiemfc, in quefto fi compiaccia. K è s' avvede il mefehin, eh' eiìà la m o r t i D ' Olindi'0 vendicar così procaccia ; E sì la voglia ha in u n o oggetto intenfa, Che fol di quello, e mai d' altro non penfa, L11 a

Avca

866

ORLANDO

F u R r O s d

Avea feco Drufilla una fua vecchia, Che feco prefa, feco era rimafa. A fe chiamolìa, e le diile all' orecchi», Sì che non potè udire uomo di cafa ; U n fubitano tofco m 1 apparecchia, Qual fo, che fai comporre, e me lo invafa C h ' h o trovato la via di vita torre Il traditor figliuol di Marganorre: E me fo c o m e , e te falvar n o n meno, Ma differifeo a dirtelo più ad-agio. A n d ò la Vecchia, e apparecchiò il veneno, Ed acconciollo , e ritornò al palagio. D i vin dolce di Candia u n fiafeo pieno T r o v ò da por con quel fucco malvagio ; E lo ferbò pel giorno delle nozze ; C h ' ornai tutte T indugie erano mozze. l o ftatuito giorno al Tempio venne D i gemme o r n a t a , e di leggiadre g o n n e , Ove d' Olindro, come gli convenne, F a t t o avea 1' arca alzar fu due colonne ; Quivi 1' officio fi cantò folenne. Tra (l'ero a udirlo tutti', uomini, e d o n n e ; E lieto Marganor più dell' ufoto Venne col tiglio, e con gli amici a lato. T o f t o eh* al fin le fante efequie foro, E f u , col tofco, il vino benedetto; Il Sacerdote in una coppa d' o r o Lo verfò, come avea Drufilla detto. Ella ne b e b b e , quanto al fuo decorò S) conveniva, e potea far 1' effetto : Poi die allo fpofo con vifo giocondo Il nappo ; e quel gli fe 1 apparire il fondo. Renduto il nappo al Sacerdote, lieto Per abbracciar Drufilla apre le braccia. O r quivi il dolce Itile, e ìnanfueto I n lei fi cangia, e quella gran bonàccia.

CANTO

TRENTESIMO

SFTTIMO.

867

I o fpinge a dietro, e gliene fa divieto, E par, eh' arda negli occhi, e nella faccia^; E con voce terribile, e incompofta Gli grida : Traditor, da me ti fcolta. Tu dunque avrai da me folazzo, e gioja ; Io lagrime da te, martiii, e guai? 10 vo' per le mie m a n , eh' ora tu muoja, Quefto è ftato venen , fe tu noi fai. Ben mi duol, eh' hai troppo onorato boja, Che troppo lieve, e facil morte fai ; Che mani, e pene io non fo si nefande, Che foffer pari al tuo peccato grande. Mi duol di non vedere in quefta morte 11 facrificio mio tutto perfetto : Che s' io '1 poteva far di quella forte, Ch' era il difio, non avna alcun difetto. Di ciò mi feufi il dolce mio conforte ; Riguardi al buon volere, e 1' abbia accetto; Che non potendo, come avrei voluto, 10 t' ho fatto morir, come ho potuto. E la punizion, che q u i , fecondo 11 deliderio mio, non polio darti, Spero, T anima tua nell' altro mondo Veder patire, ed io ftarò a mirarti. Poi difle, alzando con vifo gioconda I torbidi occhi alle fuperne parti ; Quefta vittima, Olindro, in tua vendetta Coi buon voler della tua moglie accetta; Ed impetra per me dal Signor noftro Grazia, eh1 in Paradifo oggi io fia teco. Se ti dirà, che fenza merto al volh'o Regno, anima non vien, di', eh1 io 1* ho meco; Che di quefto empio, e fcellerato inoltro Le fpoglie opime al fanto tempio arreco. E che merti effer pon maggior di quelli, Spegner sì brutte, e abbominofe pelli? L11 3

Finì

$68

ORLANDO

FURIOSO

Tini il parlare inficme con la vita ; E morta anco parea lieta nel volto, D' aver la crudeltà così punita Di chi il caro marito le aven tolto. Non i o , fe prevenuta, o fe feguita Fu .dallo fpirto di Tanacro fciolto: Fu prevenuta credo ; eh' effetto ebbe Prima il veneno in lui, perchè pia bebbft, Marganor, che cader vede il figliuolo, £ pai retHr nelle Tue braccia eitiitto , Fu per morir Con lui , dal grave duolo, Ch' alla fprovvifta lo trafitte, vinto. Duo 11* ebbe un tempo , or fi ritrova folo ; Due femmine a quel termine 1" han fpintoj La morte all' un dall' una fu canfata, E 1' altra ali' altro di fui man l" ha data. A m o r , pietà , fdegno, dolore , ed ira, Dillo di morte, e di vendetta infieme, Quell' infelice, ed orbo padre aggira, Che coinè il mar, che turbi il vento, freme» Per vendicarli va a Drufilli, e mira, Che di ina vita ha chiuf'e }' ore eftreme : E , come il punge, e sferza 1* odio ardente,. Cerca offendere il corpo, che non fente. Qual ferpe, che netl* afta , ch* alla fabbia La tenga lilla, in damo i denti metta ; O tjual maftiu, eh' al ciottolo, che gli abbi» Citrato il viandante , corra in fretta, E morda in vano con Aizza, e con rabbia, Uè fe ne voglia andar fénza vendetta ; Tal Marganor d' ogni .mattili, d* ogni angu« Via più crudel, fa contra il corpo elanguo. E poi che per {tracciarlo, e farne feempio Non fi sfoga il fellon, uè difacerba ; Vien fra le Donne, di che è pieno il Tempio» Nè più 1' una dell' altea ci rifcba i

CANTO

T R E N T E S I M O S E T T I M O . 8