La sublime scuola italiana: Poeti, Volume 2: Orlando furioso ed i cinque canti [Reprint 2021 ed.] 9783112447284, 9783112447277


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La sublime scuola italiana: Poeti, Volume 2: Orlando furioso ed i cinque canti [Reprint 2021 ed.]
 9783112447284, 9783112447277

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ORLANDO FURIOSO DI

M. L O D O V I C O ARIOSTO ED

I CINQUE

CANTI

DEL

MEDESIMO

AUTORE

I Q U A L I SEGUONO LA

MATERIA

DEL

FURIOSO.

EDIZIONE DI

G I U S E P P E de V A L E N T I . BERLINO E STRALSUNDA PRESSO

AMADEO AUGUSTO MDCCLXXXYI.

LANGE

SUBLIME SCUOLA ITALIANA

OVVERO LE PIÙ ECCELLENTI OPERE fi t PETRARCA, ARIOSTO, DANTE, T . TASSO, PULCI, TASSONI, SANNAZZARO, CHIABRERA, BURCHIELLO. MACCHIAVELLl, BOCCACCIO, CASA, VARCHI, SPERONE SPERONI, LOLLIO, GOZZI, MARTINELLI, ALGAROTTI. „ Coi) vidi

adunar la Ma

„ Del bel Paefe li,

Scuola

ove H Sì

fuona.

Dante Inf. C. 4. e C. 35, EDIZIONE

GIUSEPPE DE' V A L E N T I , POETI VOLUME

II.

BERLINO E STRALSUNDA (•.Esso A M A D E O A U G U S T O ¿ A N G E mdccìxxxvi.

VITA

E

COSTUMI Di

LODOVICO

ARIOSTO.

a M» Niccolò Ariofli (difcendente dai parenti della celebre Lippa Ariofta,moglie del Marchefe Obizzo da Eñe) uomo di fangue, di ricchezze, e di valore nobiliifimo, perciò anche decorato col titolo di Conte « Cavaliere, e da Madonna Daria de' Malcgucci di famiglia altresì molto nobile, nacque in Reggio di Lombardia e nel 1 4 7 4 . M . Lodovico Ariofto. Quefti già dalla prima fua età diede chiariflimi fegni del fuo divino ingegno, poiché effondo ancora fanciullo tra i 15. anni, fece la Favola di Tisbe che involgare, co' fuoi fratelli rapprefentò; e compofe pure altre cofefunili che erano della Scena, Riconofciuto dal fuo Padre un tanto ingegno, volle che egli fludiafle le Leggi, alle quali M . Ludovien, malgrado fuo, applicò per anni. Confumato queiìó tempo, e ottenuta la libertà dal Padre di aderire a clic egli più inclinato fi fentiva, fi diede ¡11 Ferrara alle belle Lettere fotto la direzione di Gregorio Spolcti j uomo nelle greche e latine Lettere verfatifllmo, e della Poetica intendente affai» Quindi M»

Lodo-

4 Lodovico dopo aver fatto profondo iludió fu gli Autori, e acquifìatafi una non comune erudizione; con molte fue compofízioni e fchiarimenti d'Autori e particolarmente d' Orazio, fi fece un onore gran« dilfimo in Roma fotto il Pontificato di Leone, attirandoli il favore di molti gran Prelati. Infatti nel 1 5 0 3 . egli, per effere non lelamente in Poefia, ma ancora in politici affari predanti/lìmo, entrò alla Corte del Cardinale Ippolito ci' E ñ e , come Gentiluomo di Camera,

Q u i , difegnando M . Lodovico

il fuo Orlando Furiofo, avvenne, che il Cardinale lo impiegò in due importanti e ipinofe Ambafciate del Duca Alfonfó fuo fratello, il quale lo mandò Ambafdatore al Papa; e con pericolo di vita nella feconda Ambafciata.

Ritornato

filialmente,

per

renderli M . Lodovico più grato al Cardinale fuo Signore, pofefi attorno al fuo cominciato Poema, che in lode dèi Cardinale e della Cafa fua da Efie tornaffe ; e a poco a poco alla fine il conduffc. Perdette però la grazia e la benevolenza del Cardinale, poiché per non aver ancor riveduto polito e adornato a proprio riacinento il fuddetto Poema, ricusò d' andare nei 1 5 1 7 . leco lui in lingeria.

In quello

tempo (fecondo che ne fcrive Giovali Battiila Pi« gna) travagliato da meftizia, e da certe fue liti, non potè mai comporre nulla, onde interpofe lo fcrivere per «4« anni.

Paflato poi il Cardinale a

morte 11 Duca Alfonfo di lui fratello ritraile M , Lodovico alla fua Corte, e lo annoverò tra i fuoi più

intimi

5 Ìntimi f a m i g l i a " -

Q u e l l i conofcendo la natura del

D u c a , il quale fi dilettava di cofe p i a c e v o l i , fi pofe a far commedie in ricreazione delle graviffime I m preie di detto D u c a .

Frattanto effendo paffato ali*

altra vita L e o n e , e conofcendo il D u c a la diverfità docile fazioni, che era in Garfagnaua, come pure la deftrezza e lo flato bifognofo di M . L o d o v i c o , circa 11 j 5 2 1 . lo mandò ivi Commiifario o Governatore, o v e andato confermò quella Provincia fotto la Giurifdizione del fuo Signore, e vi riltabilì la pace. Paffati i tre anni preferitti al f u o g o v e r n o , fi reftitui a Ferrara , e per compiacere al D u c a diede 1* ultima mallo alle quattro C o m m e d i e La Cajfaria, La Lena,

il Negromante.

i Sttppojìti,

E nelle N o z z e di D o n n o

Èrcole Duca, e la Figliuola di L o d o v i c o R e d i F r a n * eia* incominciò la quinta titolata La Scolafiica, cui però ne compì folamente tre A t t i ,

di

e tre Scene*

"che inoltrano il carattere d' aver appena avuto ri primo abbozzamento* M.

Lodovico far celebre ai primi I n g e g n i

della

età f u a , e venne più volte invitato, alla Corte de* primarj Signori d' E u r o p a ,

che di molti favori e

doni lo ricolmarono. Fra g l i altri il 1 5 3 4 . Carlo V* 1' onorò in M a n t o v a della corona d' alloro. Trovandoli

finalmente

M . L o d o v i c o infermo d'

un* oitruzione nel collo della vefcica, e volendovi i •medici con acque aperitive p o r v i r i m e d i o , g l i g u a Pottt

Vol.lh

X

ftarono

6 ftarono lo ftomaco, e foccorrendofi a queih indi-, fpofizione con altre medicine, tanto s' andò travagliando, che cadde nell'Etica ; pertanto il 1 5 3 4 . dopo effer flato travagliato da grave toffe, f u da catarro flemmatico foffocato,

effendo egli in età

eli anni 59. Lafciò due figliuoli Virginio, e Giovambatifla» fenza effer flato ammogliato.

La fua tomba è pofta

nella chiefa dei Frati di San Eenedetto in Ferrara. M . Lodovico Ariofto era molto affabile nel converfare, c lontano da ogni mitezza, quantunque naturalmente malinconico egli foffe. Leggevafi in lui una grand* inclinazione ne,

alla

contemplazio-

onde molte fiate fi dava alla folitudine, e

perciò fpeffo lontano in qualche villa fi dedicava agli ftudj ed alle mufe. nemico dell' ozio",

Fu fprezzator del volgo,

moderato nel defiderio degli

onori e delle ricchezze, e contento d' un viver ripofato; perchè diceva effer meglio goder il poco i » pace, che il molto in travaglio.

Sobrio nel vitto

fuggiva la varietà delle vivande. eleggendo Je meno fontuofe : e per effer col penliero aftratto poco mafticando, pareva che di guflo maucaffe.

Non

feppe però effer molto temperato in Amore, effendofi da queflo lafciato maifiinamente dominare; il che egli fteffo in più luoghi confeffa, e molto grazioiàmertte fe ne fcufai La Vita di L . Ariofto è fiata deferitta da Simon Foraari, da Giovan Battifta Pigna, e da Garofalo» ALCU-

€ ALCUNE L E T T E R A R I E N O T I Z I E SOPRA

I. E

OPERE D i

M.

LODOVICO

ARIOSTO.

CjW I 1 principale oggetto di M . Lodovico Ariofto fi CJlJ di comporre Romanzevohnente, tenendo eg! u n tal componimento per fimile all' Eroico, e ali Epico, in clic gli pareva d ' aver buona lena. E permeglio riufeirvi, fapendo onde origine avelie u n a tal maniera di fcrivere, imparò il Francefe e lo Spagnuolo I d i o m a , in cui divenne così perfetto, che ne diede rariiììme prove. II foggetto del fuo Orlando F u r i o f o , é quali lo iìeffo dell' Orlando innamorato di Matteo Maria Eojardo Conte di Scandiano, la cui ordita tela prefe M . Lodovico a compire, mutando il titolo d,' I n n a morato in Furiofo ; perchè vedendo Orlando fvanitsi ogni fperanza d' unirli all' amata fu a Angelica, che fi era fpofata con u n vii donzello, ne divenne fu» ribondo. Ariofto è molto fuperiore al Bojardo nell' invenz i o n e , nella gentilezza de' penfieri, e nella purità )( % della

8 della lingua- Le rime fue feorrono fpontaneamente, e fembrajio nate in compagnia dello fteffo pcniìero, c non dalla legge del metro collocr.te, In molti luoghi del fuo Furiofo fa vedere diffcininati de* fentimenti di filofofia e teologia naturale) e più artificiofamentc ombreggiati in quel Canto, ove S. Giovanni ed Aftolfo inficine convengono. Seppe anche inteflcre , e maravigliofamente fcolpire tutti gli umani affetti, e coftumi e vicende sì pubbliche, come private : in modo che quanti nelP animo umano eccita moti P amore, 1' odio, la geloiia, 1* avar i z i a , 1' ira, 1' ambizione.; tutti fi veggono dal F u r i o f o , a luoghi opportuni fcappar f u o r i , fotto il color proprio e naturale; e quanta correzione a' vizj preparano le virtù, tutta fi vede ivi propoila fotto vaghi racconti, ed autorevoli e f e m p j , fu i quali ita fondata 1' arte dell' onore. I Cinque Canti aggiunti al Poema del Furiofo fono un lavoro imperfetto, nè fi fa a qual termine gli avrebbe condotti fe vi aveffe data P ultima mano. Egli diceva clic quefta era n n ' orditura, c che deliberato era di traporvi abbattimenti, viaggi, e cofe firn ili, che compimento gli deffero. Da ciò fi può comprendere qualfoife la via che .Ariofto ufava nel comporre. Primieramente raccoglieva in uno molti E p i f o d j , e poi vi frametteva le azioni che baftevoli gli pareffero a dare fpirito al rimanente. Quofti Cinque Canti fanno un Poema tal» quale è 1' Odiflea, che feguita P Iliade in Uliffe, e feguono la maceria del Furiofo con nuovo e diverfo foggetto, che dai propofti principi non fi difeofta. Pare

Pare che l'Eroe ne fia Ruggiero, il quale vi rimane nel ventre d' un moftro marino. Certo è che la tela ordita n' era affai vaila., e che portata al fuo compimento farebbe rinfeita di non minor Volume che 1' Orlando Furiofo. Le Satire di queito Autore, che fono 7 . confiftono in lettere fcritte a' fuoi amici, e comporto nella fua provetta età. Sono però di fale troppo mordente e acerbo, di che fe ne dee dar colpa al gufìo di quei tempi. La maggior parte delle Edizioni di quelle Satire non fono genuine. La miglior Edizione di effe è del 1 5 J 4 . Si leggono anche in una Edizion di Satira di Cinque famoli Poeti del Valvaffori 1 5 6 ; . Nelle Commedie il fuo feopo fu di ridurre la Commedia Italiana fulle regole della Greca e Latina, c vi riefeì con applaufo. 'Oltre ali1 effer flato il Furiofo trafportato in diverfi dialetti provinciali d' Italia, p. ef. in Lingua Padovana, e Genovcle; anche un certo Urrea lo traduffe in lingua Spagnuola, e q a cita traduzione f u ftampata il i f 7 v a Venezia, da Domenico Ferrari. A Caen in Normandia fe ne conferva una Traduzione latina. La miglior Traduzione che fia apparita in Francia, è di Mirauband. In Germania fi ha 1 ) Heittfe: Arioft's Wiitender Roland ncu iiberfetzt, 4Theile Hannov. 178».8. a ) Ioh.

Mauvillon

Hefienkaffil. Hauptmann, Arioft's

1t Arioil's wütender Roland, «777-78- 8-

4. Tli, Lemgo

3 ) Fried. Aug. Klemens TVerthes. Ario ita wiit. Roland in Stanzen. Bern. 1778. 84) Meynbard : Ver fu che, etc. E in feguito do« po di effo il Sign, lagemann : Verfuche über den Charakter und die Werke der berteli Italiänifchen Dichter. Dritter Band. Eraunfchweig. Ove rimetto per brevità gli zelanti leggitori, che defideraffero altre belle, rare, e giudiziofe notizie. L ' Edizioni Italiane sì antiche che moderne delle Opere dell' Arioito non fon poche. Fra le migliori fi conta V Edizione in V- Tomi in 8 grande, che nel 177$. fu efeguita da Giovanni Baskcrville in Birmingham d' Inghilterra, con difegni e intagli de' più celebri Artifti di Londra e Parigi. E le Edizioni che nello feorfo anno fono comparfe in Italia 1 ) nella Raccolta di Poetici Claßici. Tonti. 3,2. Livorno. 2) nel Parnaffó Italiano, decorato con rami, che fi llampa in Venezia, di cui il 178y ne eran già fnori 11. Tomi.

ORLAN-

ORLANDO

FURIOSO

DI

M. LODOVICO

ARIOSTO,,

ALL' ILLUSTB.ISS, E REVEREND. CARDINALE

IPPOLITO DA ESTE. C A N T O ARGOMENTO

P R I M O . E

SPOSIZIONF,.

Fugge Angelica fola, e da Rinaldo Via fi dilegua il fido fuo deftriero. Egli fedendo, ' Aìcina Mehfflt

Labirinto,

ha più d' un prefo e

il grave errore , ot>' H

Ch fa vedere, Ondy ei, Subito

SESTO,

ed ha il rimedio

di 1 ha per rofor

a prender fuga

fi

legato.

fofpinto, a lato,

buffe le ciglia, configlia. H 3

Ver

ira

ORLANDO

FURIOSO

Per la laìtaglia di Ruggiero con Erifilla, avanti che arrivi al Cafiello d' Alalia, Ji ricorda, che non fi pofsono ottenere i piaceri amorofi fenza travaglio, e dal buttarla Ruggieri» in terra e non V uccidere, fi viene a mojirar che in qualJìvoglia fiato ° C a r l o , che 'I premio gli augumenta, C h ' oltre q u e l ,

eh' in c o m u n vuol d i e fruifea,

Gli da la ricca T e r r a , eh' ai Normandi Sarà principio a fargli in Puglia grandi, A

quello Capitan non pur cortefe Il m a g u i m o Carlo ha da inoltrarli, M a a quanti avrà nelle Cefiree imprele Del fangue lor ni 11 ritrovati fcarfi. I T aver c i t t à , d' aver tutto un paefe D o n a t o a un fuo f e d e l , più rallegrarli L o v e g g i o , e a tutti q u e i , che ne fon d e g n i , C h e d' acquietar nuovi altri I m p e r j , e R e g n i .

C o s ì delle v i t t o r i e , ft quni poi, C h ' u n gran numero d' anni farà c o r f o , Daranno a Carlo i Capitani fuoi, Facea col D u c a A n d r o n i c a d i f e o r f o : I

la C o m p a g n a in tanto ai venti hoi

V i e n e allentando, e raccogliendo il m o r f o ; E f a , eh' or q u e i t o , or quel propizio P efee, E come v u o l , li m i n u i f e e , e crefce. V e d u t o aveano in tanto il m a r de' Perii, C o m e in sì largo lpizio fi dilaghi ; O n d e vicini in pochi giorni ferii A l g o l f o , che n o m a r gli antichi M a g h i . Q u i v i piglialo il porto , e f u r convelli C o n la poppa itila ripa i legni vaghi : Q u i n d i ficur d' A l t i n a , e di fua guerra, A l t o l f o il f u o c a m m i n prefe per terra. Pafsò per più d' un c a m p o , e più d' un I J O I L ' O , Per più d' un m o n t e , e per più d' una vallo, O v e ebbe fpefTo all' aer c h i a r o , e al fofeo I ladroni or i n n a n z i , or alle fpalle ; V i d e l e o n i , e draghi pien di tofeo, E d altre fere attraverfargli il calle, M a non sì tolto avea la bocca al corno, C h e fpaveutati gli f u g g i a n d' intorno.

298

ORLANDO

FURIOSO

Vieti per 1' A r a b i a , eh' è detta Felice, Ricca di m i r r a , e d' odorato incelilo, Che per Tuo albergo 1' unica Fenice Eletto s' ha di tutto il m o n d o immenfo j Finché 1' onda trovò vendicatrice Già d' Ifrael, che per divin confenfo Faraone f o m m e r f e , e tutti i f u o i ; E, poi venne alla terra degli Eroi. Lungo il fiume Trajrmo egli cavalca Su quel deftrier, eh' al m o n d o è fenza pare Ciie tanto leggermente e c o r r e , e valca, Che nell' arena 1' orma n o n u a p p a r e ; L' erba n o n p u r , n o n pur la neve calca, Coi piedi af'ciutti andar potila fui mare E sì fi ftende al c o r f o , e sì s' affretta, Che palla e v e n t o , e f o l g o r e , e faetta. Quello è il deftrier, che f u dell' Argalia, Che di fiamma, e di vento era c o n c e t t o , E fenzi fieno, e biada, fi nutria Dell' aria p u r a , e Rabìcan f u detto. Venne feguendo il Duca la fua via, Dove dà il Nilo a quel fiume r i c e t t o ; E prima che gingneife in fulla foce, Vide m i legno venire a fe veloce. Naviga in fulla poppa u n o Eremita Con bianca barba a mezzo il petto l u n g i Che fopra il legno il Paladino invita, E , figiiuol m i o , gli grida dalla lunga, -Se n o n t' è in odio la tua propria vita, Se n o n b r a m i , che morte oggi ti giunga Venir ti piaccia fu Cjiielt' altra arena ; Ch' a m o r i r quella via dritto ti mena. T u n o n andrai più che fei miglia innante Che troverai la fanguinofa ftanza, Dove s' alberga un orribil Gigante, C h e d' otto piedi ogni ftatura avanza :

CANTO

QUINTODECIMO.

N o n abbia cavalier, uè viandante Di partirli da lui vivo , fperanza ; Ch' altri il crudel ne (canna, altri ne fcuoj». Molti ne fquarta, e vivo alcun ne ingoja. Piacer fra tanta crudeltà fi prende D' una rete, eh' egli lia, molto ben fatta; Poco lontana al tetto fuo la tende, E nella trita polve in modo appiatta, Che chi prima noi f a , non la comprende, Tanto è fottìi, tanto egli ben I' adatta j E con tai gridi i peregrin minaccia, Che fpaventati dentro ve li caccia; I con gran rifa avviluppati in quella Se li ftrafeina fotto il fuo coperto ; >Jè cavalier riguarda, uè donzella, O fia di grande, o fia di picciol merto : E mangiata la carne, e le cervella Succhiate, e '1 fangue, dà 1" offii al deferto J E dell' umane pelli intorno intorno Fa il fuo palazzo orribilmente adorno. Prendi queft' altra via, prendila figlio. Che fin al mar ti fia tutta fi cura. Io ti ringrazio, padre, del coniglio, Rifpofe il Cavalier fenza paura ; Ma non iftimo per 1' onor periglio, Di eh' affai più , che della vita, ho cura. Per far eh' io palli, in van tu parli meco, Anzi vo al dritto a ritrovar lo fpeco. Fuggendo poflo con difuor falvarmi, Ma tal falute h o , più che morte a fchivo. S' io vi v o , al peggio che potrà incontrami, Fra molti reiterò di vita privo; Ma quando Pio così mi drizzi 1" armi, Che colui m o r t o , ed io rimanga vivo, Sicura a mille renderò la via; Sicché 1' util maggior, che '1 danno fia, t m i Fel, II, V

Metto

ORLANDO

FURIOSO

M e t t o all' incontri) la morte d' un folo A l l a fallite di gente infinita. Vattene i n pace ( n f p o f e ) figliuolo ; D i o mandi in difcnuon della tua vita L ' A r c a n g e l o Michel dal f o m i n o p o l o : E benedillo il femplice Eremita. A f t o l f o huigo il Nil tenne la ftrada, Sperando pm nel f u o u , che nella fpada. Giace tra I' alto f i u m e , e la palude Picciol fender nell' arenofa r i v a ; L a folitaria cafa lo richiude, D ' u m a n i t a d e , e di commercio priva. S o n fifTe intorno t e f t e , e m e m b r a nude Dell' infelice g e n t e , che v ' arriva. N o n v' è f m e f l r a , 11011 v' è merlo alcuno O n d e penderne almen n o n fi veggia u n o . Q u a l nelle alpine v i l l e , o ne' caftelli Suol c a c c i a t o r , che graH perigli ha fcorli» Sulle porte attaccar I' irfute pelli, I," orride z a m p e , e i groifi capi d' orli ; T a l dimoftrava il fier Gigante quelli, C h e di maggior virtù gli erano o c c o r f i : D ' altri infiniti fparfe appajon 1' o f f a , E d è di f a n g u e w n a n piena ogni f o f l a . Stalli Caligorante in fulla porta, ( Che cosi ha n o m e il difpietato m o f t r o C h ' orna la f u a magion di gente m o r t a , C o m e alcuh fuol di panili d' o r o , o d' o f t r o ) Coftui per gaudio appena fi comporta, C o m e il Duca lontan fe gli è d i i n o f t r o ; C h ' eran duo m e l i , e il terzo ne venia, C h e non f u cavalier per quella via. V « r la p a l u d e , eh' era f e u r a , e folta Di verdi canne , in gran fretta ne viene, Che difegnato avea correre in volta, E ufeire al Paladia dietro alle fchiene j

CANTO

QUINTODECIMO.

30$

Che nella rete, che tenea fepolta Sotto la polve, di cacciarlo ha fpene» C o m e avea fatto gli altri peregrini, C h e quivi tratto avean lor rei deftini. C o m e venire il Paladin lo vede, Ferma il deftrier, 11011 fenza gran fofpetto, Che non vada in quei lacci a dar del piede, D i che il buon Vecchiarel gli avea predetto : Q u i v i il foccorfo del fuo corno chiede, E quel fonando fa 1' tifato effetto ; N e l cor fere il Gigante , che 1' afcolta, D i tal t i m o r , eh' a dietro i palli volta. A f t o l f o f u o n a , e tutta volta bada, Che gli par f e m p r e , che la rete fcocchi. Fugge il fellon, né vede ove fi vada; C h e , come il c o r e , avea perduti gli occhi. Tanta è la t e m a , che non fa far ftrada, Cha ne' fuoi proprj aguati non trabocchi ; V a nella r e t e , e quella fi diserra, T u t t o 1* a n n o d a , e lo diftende in terra. A f t o l f o , eh' anrfer giù vede il gran pefo. Già ficuro per f e , v' accorre in fretta; E con la fpada in man d' arcion difeefo V a per far di mill' anime vendetta. Poi gli p a r , che s' uccide u n , che fia prefo, Viltà più the virtù ne farà detta; Che legate le braccia, i piedi, e il collo Gli vede s ì , che non può dare u n crollo. A v e a la rete già fatta Vulcano Di fottìi fil d' acciar, ma con tal* arte, Che faria ftata ogni fatica in vano Per ¡intagliarne la più debil parte : E d era quella, che già piedi, e mano A v e a legati a V e n e r e , ed a Marte. L a fe' il g e l o f o , e non ad altro effetto, Che per pigliarli iiifieme ambi nel letto.

U »

Merce»

302

OREANDO

FURIOSO

Mercurio al Fabbro poi la rete invola, Che Cloride pigliar con effa vuole; Cloride bella, che per 1' aria vola Dietro all' A u r o r a , all' apparir del Sole, E dal raccolto lembo della itola Gigli fpargendo v a , rofe, e viole. Mercurio tanto quelta Ninfa attefe, Che con la rete in aria u n dì la prete. Dove entra Jn mare il gran fiume Edopo P a r , che là Dea prefa volando fofie ; Poi nel tempio d' Anubide a Canopo L a rete molti fecoh ferboiTe. Caligorante tre mila anni dopo Di là , dove era f a c r a , la i imoiTe : S e ne portò la rete il ladrone empio, E d arfe la cittade, e rubo il tempio. Q u i v i adattolla in m o d o in full' arena, Che tutti quei', eh' avean da lui la caccia, V i davan dentro, ed era tocca appena, Che lor legava e collo, e piedi, e braccia. Di quella levò Aftolfo una catena, E le man dietro a quel fellon n' allaccia; L e braccia, e '1 petto in gmfa gliene fafeia, Che nou può feiorfi ; indi levar lo lafcia; Dagli altri nodi avendol fciolto p r i m a ; Ch' era tornato u m a n p i ù , che donzella ; D i trarlo f e c o , e di inoltrarlo ftima Per ville, per cittadi, e per caltella : V u o l la rete anco a v e r , dì che nè lima» U è martel fece mai cofa più bella : N e fa fomier c o l u i , eh' alla catena Con pompa trionfili dietro fi mena. L 1 e l m o , e lo feudo anch' a portar gli diede, Come a valletto ; e feguitò il cammino, D i gaudio empiendo, ovunque metta il piede, Ch' ir poffa ormai ficuro il peregrino. Aftolfi»

CANTO

QUINTODECIMO.

A d o l f o fe ne va t a n t o , che vede, Ch* a! fepolcri di Menfi è già vicino ; Menfi per le Piramidi f a m o f o : Vede all' incontro il Cairo popolofo. T u t t o il popol correndo fi traea Per veder il Gigante (Vnifurato : Come è poffibiT ( P un 1' altro dicea ) Che quel piccolo il grande abbia legato ? A d o l f o appena innanzi andar potea, T a n t o la calca il preme da ogni lato ; E come cavalier d' alto valore O g n u n r a m m i r a , e gli fa grande onore. N o n era grande il Cairo, così allora, Come fe ne ragiona a nodra etade ; Che '1 popolo capir, che vi dimora, N o n pon diciotto mila gran contrade, E che le cafe hanno tre palchi, e ancora N e dormono infiniti in fulle d r a d e ; E che '1 Soldano v' abita u n caftello Mirabil di grandezza , e ricco , e bello : E che quindici mila fuoi vadali!, Che fon Cridiaui rinnegati tutti, Con m o g l i , con famiglie, e con cavalli H a fotto u n tetto fol quivi ridutti. A d o l f o Veder vuole, ove s' avvalli, E quanto il Nilo entri nei falfi flutti A Damiata ; eh' avea quivi intefa, Qualunque paifa redar m o r t o , o prefo. P e r ò , eh' in ripa al Nilo in fulla foce Si ripara un ladron dentro una torre, Ch' a' paefaui, e a' peregrini nuoce, E fin al Cairo, ognun r u b a n d o , feorre : N o n gli può alcun l'elìder; ed ha voce, Che 1' uom gli cerca in van la vita t o r r e ; Cento mila ferite egli ha già avuto, Né ucciderlo pero mai s' è potuto. U 3

304

ORLANDO

FURIOSO

Per veder, fe può far rompere il filo Alla. Parca di lui s i , che non viva, Aftolfo viene a ritrovare Orrilo, C Così avea n o m e ) e a Damiata arriva. E d indi pnffa, ove entra in mare il Nilo, E d vede la gran torre in fulla riva, Dove s' alberga 1' anima incantata, C h e d' un Folletto n a c q u e , e d' una Fata. Quivi ritrova, che crudel battaglia Era tra O r r i l o , e due guerrieri accefa ; O r r i l o è f o l o , e sì que' due travaglia, C h ' a gran fatica gli pon far difela. E quanto in arme 1' u n o , e 1' altro vaglia, A tutto il mondo la fama palefa : Quefti erano i due figli d* OIWiero, C r i f o n e il b i a n c o , ed Aquilante il nero. Glie v e r , che '1 Negromante venuto era A l l a battaglia con vantaggio grande ; Che feco tratto in campo avea una fera, L a qual fi trova folo in quelle b a n d e ; V i v e fui l i t o , e dentro alla riviera, E i corpi umani fon le fue vivande Delle perfone m i f e r e , ed incaute, D i viandanti, e d' infelici naute. L a beftia nell' arena appreflo al porto Per m a n dei duo fratei morta g i a c e a ; E per quefto ad O r n i non fi fa torto, S" a un terhpo 1' u n o , e T altro gli noce». Più volte l 1 hall f m e m b r a t o , e non mai morto N e per fmembrarlo uccider fi potea ; Che fe tagliato o m a n o , o gamba gli era, L a rappiccava, che parea dì cera. O r fin a' denti il capo gli divide G r i f o n e , or Aquilante fin al p e t t o ; Egli dei colpi lor fempre fi ride ; S ' adiran elfi, che n o n lianuo effetto.

CANTO

QUINTOÌ>ECI-MO,

Chi mai d ' alto cader 1' argento vide, Che gli A k h i m i f t i hanno Mercurio detto, E fpargere, e raccor tutti i fuoi membri, Sentendo di c o f t u i , fe ne rimembri; Se gli fpiccano il c a p o , Orl ili» fcende, Né ceflìi brancolar finché lo trovi, , E d or pel crine, ed or pe '1 nafo il prende, Lo falda al collo, e non fo con che chiovi. Pigliai talor G r i f o n e , e '1 braccio ftende, Nel fiume, il g e t t a , e n o n par eh' anco g i o v i ; Che nuota Ori-ilo al f o n d o , come un pefee, E col fuo capo fulvo alla ripa efee. Due belle Donne «nettamente ornate, L' una veltita a bianco , e 1' a m a a nero, Che della pugna caula erano fiate, Stavano a riguardar 1' afialto fiero. Quelle eran quelle due benigne Fate, Ch' avean nutriti i tigli d' Oliviero, Poiché li trafTon teneri zittelli Dai curvi artigli di duo grandi augelli; Che rapiti gli avevano a Gifmonda, E portati lontan dal fuo paefe. M a non Infogna in c i ò , eh* io mi diffonda, Ch' a tutto il mondo è 1' iftoria palefe ; Benché 1* Autor nel padre fi confonda, Ch' un per un altro ( io non fo come ) prefe. O r la battaglia i duo giovani fanno, Che le due Donne ambi pregati n' hanno. Era in quel clima già fparito il giorno, All' Ifole ancor alto di Fortuna ; L' ombre aveau tolto ogni vedere a t o r n a Sotto 1' incerta, e mal comprefa Luna, Q u a n d o alla rocca O r n i fece ritorno, Poich' alla bianca, e alla Sorella Eruna. Piacque di differir 1' alpra battaglia Finché '1 Sol nuovo all' Orizonte faglia. Aftolfo,

o6

ORLANDO

FURIOSO

A f t o l f o , che G r i f o n e , ed Aquilante £ d all' i n f e g n e , e più al ferii- gagliarda Riconofciuto avea gran pezzo innante, Lor non f u altiero a falutar, né tardo ; Etti v e d e n d o , che q u e l , che '1 Gigante Traea legato, era il Baron dal Pardo, ( Che così in corte era quel Duca detto ) Raccolfer lui con n o n minore affetto. l e Donne a ripofare i Cavalieri Menaro a u n lor palagio indi vicino, Donzelle incontra vennero, e fcudieri C o n torchi accefi a mezzo del c a m m i n o . Diero a chi 11' ebbe cura i lor deftrieri, Tralfonli 1' a r m e , e dentro u n bel giarditie T r o v a r , eh' apparecchiata era la cena A d una f o n t e limpida, ed amena. F a n legare il Gigante alla verdura C o n un' altra catena molto grolla A d una quercia eli molt' anni d u r a , Che non fi romperà per u n a f e o f f a j E da dieci Tergenti averne cura, Che la notte difeior n o n fe- ne polla. Ed affalirli, e forfè far lor danno, M e n t r e ficuri, e fenza guardia ftanno. A l l ' abbondante, e fontuofa menfa, D o t e il manco piacer f u r le vivande, Del ragionar gran parte fi difpenfa Sopra d' O r l i l o , e del miracol grande,. Che quali par u n fogno a chi vi penfa, C h ' or c a p o , or braccio a terra fe gli mandei Ed egli lo raccolga, e lo raggiugna, E più feroce oguor torni alla pugna. Aftolfo nel fuo Jibro avea già Ietto, Q u e l , eh' agi' incanti riparare infegna, Ch' ad Orril n o n trarrà 1' alma del petto Finché un crine fatai nel capo tegtia;

CANTO

QUINTODECIMO.

M a fe lo (velie, o t r o n c a , fia coftretto, Che f u o mal grado fuor 1' alma ne vegna. Q u e l l o ne dice il l i b r o ; m a 11011 come Conofca il crine in così folte chiome. N o n m e n della vittoria fi godea, Che fe n' aveiTe Aftolfo già la palma, C o m e chi fpeme iti pochi colpi avea Svellere il crine al N e g r o m a n t e , e 1' alma. Però di quella imprefa p r o m e t t e ! T o r f u gli omeri fuoi tutta la f i l m a : Orril farà m o r i r , quando n o n fpiaccia A i duo f r a t e i , eh' egli la pugna faccia» M a quei gli danno volentier 1' imprefa. C e r t i , che debbia affaticarli in vano. Era già 1' altra Aurora in cielo afeefa, Q u a n d o calò dai muri Orrilo al piano. ! T r a il D u c a , e lui f u la battaglia accefa; I,a mazza 1" u n , 1' altro ha la fpada in m a n o . Di mille attende Aftolfo u n cMpo trarne, Che lo fpiito gli fciolga dalla carne. O r cader gli fa il pugno con la mazza, O r 1' u n o , or 1' altro braccio con la mano; Q u a n d o taglia a traverfo la corazza, E quando il va troncando a brano a brano : M a ricogliendo fempre della piazza V a le fue m e m b r a O r r i l o , e li fa fano. Se in cento 'pezzi ben 1' aveife fatto, Redintegrarfi '1 vedea Aftolfo a u n tratto. A l fin di mille colpi n n gliene colfe Sopra le fpalle a' termini del mento ; La t e f t a , e 1' elmo dal corpo , gli tolfe, N e f u d' Orrilo a difmontar pili lento : La fanguinofa chioma ili m a n s' avvolfe, E rifalfe a cavallo in u n momento ; E la portò correndo incontri '1 Nilo, Che riaver non la potelfe Orrilo.

V s

o8

ORLANDO

FURIOSO

Quel fciocco, cbe dei fatto non s1 accorte, Per la polve cercando iva la tefta : Ma ì come intefe, il corridor via torfe,. Portare il capo fuo per la forefta ; Immantinente al iuo deftrier ricorfe, Sopra vi fale, e di feguir non refta. Volea gridare: Afpetta, volta, volta;. Ma gli avea il Duca già la bocca tolta. PUR, che non gli ha tolto anco le calcagna, Si riconforta, e fegue a tutta briglia, D'etro il lafcia gran fpazio di campagna Quel Rabiean, che corre a maraviglia. Aftolfo intanto per la cuticagna Va dalla nuca fin fopra le ciglia Cercando in fretta, fe '1 ¿rine fatale Conofcer può, eh' OrriI tiene immortale, Ira tanti, e inuumeraSili capelii Un piìi deli' altró nón fi ftende, o torce; Qual dunque Aftolfo fceglierà di quelli, Che, per dar morte al rio ladron, raccoree .Meglio ( difle ) che tutti io tagli, o fvelli : Uè fi trovando aver rafoi, nè force, Ricbn"e immantinente alla fua fpada, Che taglia sì, che fi può dir, che radi: E tenendo quel capo per lo nafo, Dietro, e dinanzi Io difchioma tutto ; Trovò fra gli altri quel fatale a cafo : Sì fece il- vifo allor pallido, e brutto, Travolfe gli occhi, e dimoftrò all' occafo Per manifefti fegni effer condutto ; E '1 bafto, che feguia troncato al collo, Di fella cadde, e die 1' ultimo crollo. Aftolfo, ove le Donne, e i Cavalieri Lifciato avea, tornò col capo in mano, Che tutti avea di morte i fegni veri, E moftrò il tronco, ove giacca lontano,

CANTO

QUINTODECIMÌ).

N o n fo b e n , fe lo vider volentieri, A n c o r che gli moftràflèr vifo u m a n o ; C h e la intercetta lor vittoria, forfè D ' invidia ai d u o germani il petto morfe. N è , che tal fin quella battaglia avefle, Credo più foiTe alle due D o n n e grato. Q u e l l e , perchè più. in lungo fi traefie D e ' due fratelli il dolorofo fato, C h ' in Francia p a r , eli' in breve eflcr doveiIè r C o n loro Orrilo avean quivi azzuffato; C o n fpeme di tenerli tanto a bada, C h e la trilla influenza fe n e vada. T o f t o che '1 caftellan di D a m i s t a Certifico;®;, eh' era m o r t o Orrilo, l a colomba lafciò, eh' avea legata Sotto 1' ala la lettera col filo. Quella andò al C a i r o , ed indi f u lafciata Va' altra altrove, c o m e quivi è ftilo; Sicché i n pochiilline' ore andò 1' 'avvilo Per t u t t o E g i t t o , eh' era' Orrilo uccifo. Il D u c a , come a f f i l i traile 1' imprefa, C o n f o r t ò m o l t o i nobili Garzoni ; Benché da fe v avean k voglia ititela.. N é bifognavan ftimoli, nè fproni j C h e per difender della Santa Chiedi, E del R e m a n o Imperio le ragioni, Lafciaffer le battaglie d' Oriente, E cercaffer tJnor nella lor gente. Così Grifóne , ed Aquilante tolfe Ciafcuno dalla f u a Dorina licenza; Le q u a l i , ancor che lor n e 'ricrebbe, e dolfe^ N o n vi feppon però far renitenza. C o n elfi Àitolfó a m a n deftra fi volfe,. Che fi deliberar far riverenza A i fanti luoghi , ove Dio in carne viiTe, Prima che v'erfo Francia il venifle.

3JO

ORLANDO

FURIOSO

Potuto avrian pigliar la via mancina, Ch* era più dilettevole, e più piana, E mai 11011 fi feoftar dalla marina ; Ma per la (leftra andaro orrida, e ftrana, Perchè 1' alta città di Paleftina Ter quella fei giornate è men lontana. Acqua fi trova, ed erba in quefta via j Di tutti gli nitri ben v* c careftia. Sicché, prima eh' entralléro in viaggio, Ciò, che lor bifeguo, fecion raccorre J E carcar fui Gigante il carriaggio, Ch' avria portato in collo anco una torre. Al finir del cammino afpro, e felvaggio Dall' alto monte alla lor villa occorre La fanta Terra, ove il fuperno Amore Lavò col proprio {angue il noilro errore. Trevano in full' entrar della cittade Un giovane gentil, lor conofcente, Sanfonetto da Mecca, oltre 1' etade ( Ch' era nel primo fior ) molto prudente ; D' alta cavalleria, d' alta boutade, Famofo, e riverito fra la gente. • Orlando Io converfe a noftra fede, E di fua man battefmo anco gli diede/ Quivi lo trovan, che difegna a Fronte Del Calife d' Egitto mia fortezza; E circondar vuole il Calvario monte Di muro di duo miglia di lunghezza. Da lui raccolti fur con quella fronte, Che può d' interno amor dar pia chiarezza, E dentro accompagnati, e con grande agi» Fatti alloggiar nel fuo real palagio. Avea in governo egli la Terra, e in vece Di Carlo vi reggea 1' Imperio giufto. Il Duca Aftolfo a coilui dono fece Di quel si grande, e fmifurato bullo,

CANTO

QUINTODECIMO.

Ch' a portar peli gli varrà per diece Beftie da Corna, tanto era robufto : Diegli Aftolfo il G i g a n t e , e diegli appreflb La r e t e , d i ' in fua forza 1' axea mellò. Sanfonetto ali' incontro al Duca diede Per la fpada una cinta ricca, e bella, E diede fpron per 1' uno , e 1' altro piede j Che (T oro avean la fibbia, e la girella ; C h ' eiTer del Cavai ier flati fi crede, Che liberò dal Drago la Donzella. A l Zsrtò avuti con inolt' altro arnefe Sanfonetto gli a v e a , quando lo prefe. Purgati di lor colpe a un monafterio, Che dava di fe odor di buoni ei'empj, Della paffion di Crifto ogni mifterio Contemplando n andar per tutti i T e m p j ; Ch' or con eterno obbrobrio , c vituperio Alli Criftiani ufurpauo i Mori empj. L' Europa è in a r i n e , e di far guerra agogna I n ogni p a r t e , f u o r eli' ove buogna. Mentre avean quivi 1' animo divoto A p e r d o n a n t e , e a cerimonie intenti, U n peregiiii di Grecia, a Grifon n o t o , Novelle gli arrecò g r a v i , e pungenti ; Dal fuo primo d i f e g n o , e lungo voto Troppo diverfe, e troppo differenti ; E quelle il petto gì* infiammatoli tanto, Che gli fcacuar 1' ofazion da cauto. Amava il Cavalier per f u a feiagura U n a d o n n a , eh' avea n o m e Origlile : Di pili bel v o l t o , e di miglior ftatura N o n fe ne fceglierebbe una fra mille; M a disleale, e di sì rea natura, Che potrefli cercar cittadi, e ville, La terra f e r m a , e l 1 Ifole del mare, Nè credo eh' una le tvovaflì pare.

¡12

ORLANE O

FURIOSO

Nella città di Coftantiii lafclata Grave 1' a\ea di febbre acuta, e fiera. Or quan lo rivederla ail.i tornata Più che ni,li btìla, e di goderla fpera, Òde il niefchin, eli' in Antiochia andata Dietro mi fuo nuovo amante ella fe 11 era; Non le parendo ormai di più patire, Cli' abbia in sì frefea età fola a dormire. Da indi in q u i , eh' ebbe la trilla nuova, Sofpìrava Griron notte, e dì femprè: Ogni piacer, eh' agli altri aggrada , e giova, Par, eh' a coftui più 1' animo diltempre. l'enfilo ogmm, nelli cui danni prova A m o r , fe li fuoi ftrali han buone tempre, Ed era grave fopra ogni martire, Che '1 mal, eh1 avea, fi vergognava a dire. Quello, perchè mille fiate innante Già riprefo I' avea di quello amore, Di lui più faggio il fratello Aquilante, E cercato colei trargli del core; Colei, eh' al fuo parere, era, di quante Femmine rie fi trovin, la peggiore. Grifon 1' efeufa, fe '1 fratel la danna ; Che le più volte il parer proprio inganna. Però fece penfier, fenza parlarne Con Aquilante, girfene foletto Sin dentro d' Antiochia, e quindi trarne Colei, che tratto il cor gli avea del petto ; Trovar colui, Che gliel' ha tolta ; e farne Vendetta tal, che ne iìa fempre detto. Dirò, come ad effetto il penfier meffe, Neil' altra Canto, e ciò, che ne fuccefiè. JFINE DEL CANTO QUINTODECIMO. E DEL V O t D M E IL DEI

POETI

I TRIONFI »1

M.

FRANCESCO

PETRARCA,

SOGGETTO DE' TRIONFI»

V

olle il moralifllmo Poeta con belli/fimi colori di Pocfia efprimere i diverfi Stati dell' Uomo» Quelli divide egli in fei parti, e fotto nome di Trionfi, 1' uno dopo 1* altro fucceffivaraente defcrive, come fegue» I. Primieramente confiderà 1' anima nella fua giovine età, come generalmente dominata dal fenlìtivo appetito, che trionfa della ragione —• AMORE T R I O N F A DELL' UOMO*

li Secondariamente finge, che pervenuta P anima all' età più matura, la ragione li vien a defiar id lei — LA CASTITA' T R I O N F A D ' AMORE.

Xz

9« Nei

300

SOGGETTO

DE'

TRIONFI.

3. Nel terzo Stato mette la divifion dell' anima dal corpo, onde terminano tutte le condizioni degli uomini —

MORTE TRIONFA

DELLA CASTITÀ'.

4. Nel quarto Stato pone la memoria, che refta di noi fra gli uomini —

FAMA

TRIONFA

DELLA

MORTE.

5. Nel quinto Stato riflette, che coli* andar del tempo anche la fama fi eitingue— FA

DELLA

TEMPO TRION-

FAMA.

C* Nel fefto Stato, -perchè il -tempo paffa e vola, introduce il Poeta 1' eternità del tempo, onde 1* uomo rivolger fi debbe a Dio eterno, e in lui ogni fperanza riporre — SO?RA

OGNI

DIVINITÀ^ T R I O N F A

COSA.

TRIONFO

T R I O N F O D' AMORE.

CAPITOLO

PRIMO. a»

ARGOMENTO. Nel Trionfo IT Amore, che E divifo in 4" Cap. il P. finge r appetito trionfar della ragione; e dice qualmente egli provocato dagli amotofi fdegm , dal pianto, e dalla Jlagio< ne, fu al chittfo luogo (forfè intende Valclufa) del fua albergo ricondotto, ove in vifione gli parve di vedere Amore fopra un carro di fuoco andar per il mondo trionfando degli uomini, come gli anttchi romani Imperatori facevano, quando vittoriofi de'' loro nemici ritornavano in patria. E il ella gin fa , che qneftì erano condotti «' tempj degli Dei, ove fi confacravano le fpoglie nemiche, cosi pareva al Pettarca ejfer condotto al tempio di Venere, ove Amore voleva confacrare le fpoglie del detta poeta fuo pngioncrc. H e , tempo, che rinnova i miei fofpiri Per la dolce memoria di quel giorno, Che fu principio a si lunghi martiri ; Scaldava il Sol già 1' uno e 1' altro corno Del Tauro ; e la fanciulla di Titone Correa gelata al fuo antico foggioruo. X 3

Amor,

GOS

TRIONFO

D'

AMORE

A m o r , gH fdegni, e '1 p i a n t o , e la ftagione Ricondotto ili' aveano al chiufo loco t Ov" ogni fafcio il cor laffo ripone. Ivi fra 1' erbe, già del pianger fioco, Vinto dal fonno vidi una gran luce, E dentro affai dolor con breve gioco. Vidi un vittoriofo e fommo duce Pur com' un di color, che 'n Campidogli» Trionfai carro a gran gloria conduce. I o , che gioir di tal villa non foglio, Per lo fecol n o j o f o , in eh' io m i trovo; Voto d' ogni valor, pien d'; ogni orgoglio , t,' abito altero inufitato e novo Mirai , alzando gli occhi gravi e ftanchi ; Ch' altro diletto, che 'm'parr.r, non provo. Quattro deftrier via più che neve bianchi Sopr' un carro di foco u n garzon crudo Con arco in m a n o , e con faette a' fianchi j Contra le qua' non, vai elmo., né feudo. Sopra gli omeri avea fol due grand' ali. Di color mille, e tutto 1' altro ignudo : P ' intorno rnnumerabilr mortali , Parte prefi in battaglia, e parte uccifi 4 Parte feriti da pungenti ftrali. Vago d' udir novelle oltra mi mifi T a n t o , eh' io fui per efler di quegli u n o , Ch' anzi tempo ha dr vita A m o r divifi, Allor mi ftriufi a rimirar, s" alcuno Riconofceffi nella folta fchiera Del R e fempre di lagrime digiuno. JJeffun vi riconobbi, e s' alcun v' era C i mia notizia, avea cangiato villa Per morte, o per prigion crudele e fera. U n ' ombra alquanto men, che 1' altre trilla, Mi fi fe' incontro, e mi chiamò per n o m e Dicendo ; quello per amar s' acquifta : O n d ' io maravigliando dilli ; or come Conofci m e , eh' io te n o n riconofca? £ d e i ; quello jn' avvien per 1' afpre foine

CAPITOLO

SECONDO,

303

De' legami, eh' io porto ; e 1' aria fofes. Contende agli occhi tuoi: ma vero amico T i f o n o , e teco nacqui in terra Tofca. l e fue parole, e '1 ragionar antico Scoperfon quel, che.'l vifo mi celava; E così i i attendemmo in luogo aprico. E' cominciò: gran tempo è , eh' io penfav» Vederti qui fra n o i ; che da' priin' anni Tal prefagio di te tua vifta dava. E' fu ben ver: ma gli amorofi affanni Mi fpaventar sì, eh' io lnfciai 1' imprefa: M a fquarciati né porto il petto e i panni j Così difs' io ; ed e i , quand' ebbe iutefa La mia rifpofta, forridendo diflt : O fìgliuof m i o , qual per te fiamma è accefa Io non 1' inteii allor; ma or sì fifle Sue parole mi trovo nella tefta, Che mai più faldo in marmo non fi fcriffe ,, E per la nuova età, eh' ardita e prefta Fa la mente ^ e la lingua, il dimandai, Dimmi per cortefia, che gente è quefta Di qui a poco tempo tu '1 faprai Per te ftelfo , rifpofe : e farai d' elli ; l a i per te nodo fasfi, e tu no '1 fai ; E prima cangerai volto e capelli, Che '1 n o d o , di eh' io parlo, fi difcioglia^ Dal collo e da' tuo' piedi ancor ribelli. M a per empir la tua giovenil voglia; Dirò di n o i , e prima del maggiore » Che così vita, e libertà ne fpoglia. Queft' è colui, che '1 mondo chiama Amore ; Amaro , come vedi, e vedrai meglio, Quando ila t u o , com," è noftro Signore ; Manfueto fanciullo, e fiero veglio ; Ben f a , eh' il prova, e fiati cosa piana Anzi mi 11" anni ; e 'nfiu ad or ti fveglio. Ei nacque d' ozio, e di lafcivia umana, Nutrito di pender dolci e foavi , Fatto Signor e Dio da gente vana; X 4

Qual

•304

TRIONFO

D'

AMORE,

Qual i morto da l u i , qual con più gravi Leggi inftia fua vita afpra e acerba Sotto mille catene e mille chiavi, Q u e i , che 'n si {ignorile e sì fuperba V i l l a vien p r i m a , è C e f a r , che 'n Egitto Cleopatra legò tra 1 fiori, e 1' erba, O r di lui fi trionfa ; ed è ben dritto 5 Se vinfe il m o n d o , e altri ha vinto lui ; Che del fuo vincitor fi gloria il vitto. L* altro è '1 fuo figlio ; e pur amò coftui Più giuftamente ; egli è Cefnre Augufto » Che Livia fua pregando tolfe altrui. JJeron è il terzo difpietato e 'ngiufto: Vedilo andar pien d' ira e di difdegno : Femmina '1 vinfe ; e par tanto robufto. Vedi '1 buon Marco d 1 ogni laude d e g n o , Pien di Filofofia la lingua e '1 petto : Pur Fauftma il f a qui ftar a fegno, Que' duo pien di paura e di fofpetto , L ' un è Dionifio, e 1' altro è Aleifandro» M a quel del fuo temer ha degno effetto. ÌS altro è c o l u i , che pianfe fotto Antandro L a morte di C r e u f a , e '1 fuo amor tolfe A quel, che '1 fuo figliuol tolfe ad Evandro* Udito hai ragionar d' u n , che non volfe Confevtir al furor della matrigna, E da' Vuoi preghi, per fuggir fi fciolfe : M a quella intenzion cafta e benigna L ' uccife, sì 1* amor in odio torfe Fedra, amante terribile e m a l i g n a ; Ed ella ne m o n o , vendetta forfè l i ' Ippolito, di T e f e o , e d' A d r i a n n a , Che amando, come v e d i , a morte corfc. Tal biafma a l t r u i c h e fe fteffo condanna ; Che chi prende diletto di far f r o d e , i i o n fi dee lamentar, s' altri 1' inganna., Vedi '1 famofo con tante fue lode Prefo menar fra due forelle, e *n morte y una di l u i , «4 ei dell' altra gode*

Colili;

CAPITOLO

PRIMO.

305

Colui, eh' è f e c o , è quel poffente e forte Ercole, eh' A m o r preti1 ; e T altro è Achille, Ch' ebbe in fuo amor affai dogliofa forte. Quel!" altro è D e m o f o n t e , e quella è Fille. Quell' è Giafon, e quell' alcr' è M e d e a , Ch' A m o r , e lui feguì per tante ville: E quanto al padre, e al fiatel f u rea , Tanto al fuo amante più turbata e fella ; Che del fuo amor più degna elfer credea, Ifììfìle vien p o i , e duoli! anch' ella Del barbarico A m o r , che '1 fuo 1' ha tolto. Poi vien colei, eh' ha '1 titol d' e (Ter bella ; Seco ha 'I p a l t o r , che mal il iuo bel volto Mirò si fifo, onde ufeir gran tempeile, E f u n n e il m o n d o fottofopra volto. O d i poi lamentar fra 1' altre mefte Enone di Paris, e Menelao D' Elena, ed Ermion chiamar Creile, E I-aodamia il fuo Protefilao , Ed Argia Polinice, aifai più fida , Che 1' avara moglier ad Anfiarao. Odi i pianti e i fofpiri ; odi le ibrida Delle mifeic accefe ; che gli fpirti Renderò a l u i , che 'n tal modo le guida. Non poria mai di tutti il nome dirti : Che non uomini p u r , m a Dei gran parte Empion del bofeo degli ombroii mirti. Vedi Venere bella, e con lei Marte Cinto di ferro i pie, le braccia, e '1 collo ; E Plutone, e Proferpina in difparte. Vedi Giunon gelofa, e '1 biondo A p o l l o , Che folca difprezzar 1' e t a t e , e 1' arco , Che gli diede in Teffaglia poi tal crollo. Che debb' io dir ? in u n paffo men varco : T u t t i fon qui prigion gli Dei di Varrò j E di lacciuoli inumerabil carco Vien catenato Giove innanzi al carro. CAPI-

3oS

TRIONFO CAPÌTOLO

D'

AMORE S E C O N D of.

ARGOMENTO.. Il P, efprime qui in pochi parole la mente umana vaga va* tnrahnente di fapere e S intendere, dicendo, che egli era fianco, ma non fasto ancora di rimirare f infinita fchiera degli amanti, che fegmtavano il trionfai Cam} zi* Amore, e che vide Majjtnijfa e Sofonista ; Qa fiorici de1 quali Amanti fi legge nel X, libro della terza Deca