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Italian Pages 633 Year 2014
Siamo, dunque, alla fine della leggenda sulle origini di Roma, quando Tito Tazio prima e Romolo dopo scom paiono dalla scena: ucciso, il primo, il Sabino, dai paren ti inferociti di quegli ambasciatori di Lavinio che erano stati ammazzati da briganti amici di lui (ma il sospetto ricadde su Romolo, che poco dolore aveva mostrato per la morte dell'uomo che s'era associato nel governo); spa rito, il secondo, dopo aver sconfitto Fidene e Veio, nel buio di un'eclissi o di un temporale: forse eliminato dai senatori irritati dal fare sempre più monarchico del fon datore, dalla sua arroganza tirannica; oppure asceso in cielo e divenuto un dio, Quirino: come Giulio Proculo dichiarò in pubblico gli avesse rivelato Romolo stesso, apparendogli dopo la morte sul Quirinale. Se «scomo dissimo» fu per i Romani ricordare «il modo della na scita della città, fra inganni, uccisioni e gentaglia», non tanto più comodo deve essere stato per loro consacrare alla leggenda la fine delle origini. Il quarto volume della Leggenda di Roma porta a conclu sione il grande lavoro di raccolta e interpretazione dei miti che i Romani stessi si sono tramandati per genera zioni sull'inizio e i primi sviluppi della loro città: miti che costituiscono un aspetto essenziale della storia culturale, e perciò della storia tout court, dell'antica Roma. La sa piente architettura del volume ha però struttura circo lare: perché dopo esser giunto alla fine di Romolo, esso ritorna al principio, alla fondazione, e ne elenca gli ar tefici secondo le fonti. Credevamo di sapere che Roma fosse stata fondata da un discendente di Enea, Romolo, con o senza Remo. Invece alcuni propugnarono un'ori gine autoctona: nell'Eneide è Evandro che stabilisce «la rocca Romana». Altri, sino al Medioevo, sostennero poi che il vero fondatore della città fosse Ulisse, o diretta mente, collaborando con Enea, o indirettamente attra verso uno dei suoi figli: Telemaco (che sposò la figlia di Enea, Rome), oppure Rom o o Romano o Latino, gene rati con Circe. La Leggenda di Roma si chiude con una domanda: quale fu il ceppo originario della città? Latino, troiano, greco, misto? La pluralità si addiceva certo alla città che accoglieva tutti e su tutti dominava, l'incertez za la rendeva enigmatica, misteriosa: divina essa stessa.
Andrea Carandini ha insegnato archeologia classica alla «Sapienza» Università di Roma. Ha pubblicato il pri m o manuale italiano di scavo archeologico e i risultati degli scavi da lui diretti. I suoi lavori più recenti sono:
A rcheologia del mito (2002), La nascita di Roma. Dèt� Larz� eroi e uomini altalba di una civiltà (2003 3), Remo e Romolo. Dai rioni dei Quiriti alla città dei Romani: 77 5 /7 5 0- 7oo/675 a. C. (2oo6), Roma. Il primo gior no (2007), A rcheologia classica ( 2oo8), La casa di Au gusto ( 2008, insieme a D. Bruno) e, con Paolo Carafa, Atlante di Roma antica (2012). Per l a Fondazione Val la, h a curato i p rimi tre volumi della Leggenda di Roma ( 2oo6, 20 1 0 e 2 0 1 I). Lorenzo Argentieri insegna lettere nei licei. Ha pubbli
cato articoli sulla poesia ellenistica e il saggio Gli epi
grammi degli Antipatri (2003 ). Svolge attività di reda zione per alcune case editrici e h a tradotto da lingue moderne saggi di antichistica e medievistica. Paolo Carafa insegna archeologia classica presso la «Sa pienza» Università di Roma. Si è occupato di topogra fia di Roma (Il Comizio di Roma dalle origini altetà di
Augusto, 1 998), della documentazione archeologica del la città arcaica ( Officine ceramiche di età regia, 1 99 5 ) e della ricostruzione dei paesaggi urbani e agrari in città e territori dell'Italia antica (Culti e santuari della Cam
pania antica, 2oo8). Ugo Fusco h a conseguito il dottorato di ricerca presso l'Università di Pisa. Ha svolto scavi in Italia (Volterra, Roma, Veio, Grumento) e all'estero (Londra), indagan do siti urbani e rurali. Si è occupato di prosopografia, epigrafia, topografia del suburbio di Roma e culti del le acque. Oltre a vari articoli, h a pubblicato il volume
Il territorio tra la via Salaria, l'Aniene e la via Nomen tana (2009).
In sopracoperta: Il dio Quirino, denario di C. Memmio (56 a . C . ) Londra, British Museum © 2014. The Trustees of the British Museum c/o Scala, Firenze
SCRITTORI GRECI E LATINI
LA LEGGENDA DI ROMA a cura di Andrea Carandini Traduzioni di Lorenzo Argentieri
Piano dell'opera Volume I DALLA NASCITA DEI GEMELLI ALLA FONDAZIONE DELLA CITTÀ
Introduzione di Andrea Carandini Morfologia e commento di Paolo Carafa e Maria Teresa D'Alessio Appendici di Paolo Carafa, Maria Teresa D'Alessio, Carlo de Simone Volume II DAL RATTO DELLE DONNE AL REGNO DI ROM OLO E TITO TAZIO
Morfologia e commento di Paolo Carafa Appendici di Nikolaos Arvanitis, Daniela Bruno, Maria Cristina Capanna, Paolo Carafa, Andrea Carandini, Maria Te resa D'Alessio, Dunia Filippi, Fabiola Fraioli, Elisa Gusberti Volume III LA COSTITUZIONE
Morfologia e commento di Paolo Carafa, Mario Fiorentini e Ugo Fusco Volume IV DALLA MORTE DI TITO TAZIO ALLA FINE DI ROMOLO ALTRI FONDATORI, RE LATINI E CRONOLOGIE DELLA FONDAZIONE
Morfologia e commento di Paolo Carafa e Ugo Fusco Appendici di Paolo Carafa, Andrea Carandini, Alessandro Catastini, Maria Teresa D'Alessio, Dunia Filippi, Cristiano Viglietti
LA LEGGENDA DI ROMA Volume IV
DALLA MORTE DI TITO TAZIO ALLA FINE DI ROMOLO
ALTRI FONDATORI, RE LATINI E CRONOLOGIE DELLA FONDAZIONE a cura di Andrea Carandini Considerazioni finali di Andrea Carandini e Paolo Carafa Traduzioni di Lorenzo Argentieri Morfologia e commento di Paolo Carafa e Ugo Fusco Appendici di Paolo Carafa, Andrea Carandini, Alessandro Catastini, Maria Teresa D'Alessio, Dunia Filippi, Cristiano Viglietti
FONDAZIONE LORENZO VALLA ARNOLDO MONDADORI EDITORE
Questo volume è stato pubblicato grazie alla collaborazione della Fondazione Cariplo
ISBN 978-88-04-63497-3 ©Fondazione Lorenzo Valla 2014 I edizione settembre 2014 www
.librimondadori.it
INDICE
IX Considerazioni finali
Abbreviazioni bibliografiche XCII Fonti letterarie della leggenda di Roma xcv Figure e personaggi della leggenda di Roma XCVII Tavole
XXVII
TESTI E TRADUZIONI IX. LA MORTE DI TITO TAZIO E LA FINE DI ROMOLO
5 15 33
IX A. La morte di Tito Tazio IX B. La guerra contro Fidene, la seconda guerra contro Cameria, la guerra contro Veio IX C. La scomparsa di Romolo X. FONDATORI D I ROMA, CAPOSTIPITI DEI LATINI E DINASTIA ALBANA
87 X A. Stirpe troiana (antica) 1 03 X B. Stirpe greca I I I xc. Stirpe mista 1 1 3 X D. Stirpe aborigeno-latina 1 1 5 X E. Stirpe incerta 1 1 7 X F. Stirpe latina 1 2 3 X G. Stirpe troiana (recente) 1 2 5 X H. Le tradizioni su Pico, Fauno, Latino, Silvio e Proca 1 3 5 X I. Le tradizioni sulla lacuna mitica lp X L. Le tradizioni sulla lista dei re albani 201 X M. Notizie sparse su alcuni re albani XI. CRONOLOGIE DELLA FONDAZIONE DELLA CITTÀ
221 23 5
XI A. La cronologia alta (XII-XI sec. a.C . ) XI B. La cronologia bassa (IX-VIII sec. a.C.)
INDICE
VIII
COMMENTO IX. LA MORTE DI TITO TAZIO E LA FINE DI ROMOLO
29 I 308
IX A. La morte di Tito Tazio IX B. La guerra contro Fidene, la seconda guerra contro Cameria, la guerra contro Veio 3 3 0 IX C . La scomparsa di Romolo X. FONDATORI DI ROMA, CAPOSTIPITI DEI LATINI E DINASTIA ALBANA
358 3 74 378 3 84 385 3 86 388 396 398 4° 5 4I I
X A. Stirpe troiana (antica) X B. Stirpe greca xc. Stirpe mista X D. Stirpe aborigeno-latina X E. Stirpe incerta X F. Stirpe latina X G . Stirpe troiana ( recente) XH. Le tradizioni su Pico, Fauno, Latino, Silvio e Proca X I. Le tradizioni sulla lacuna mitica X L. Le tradizioni sulla lista dei re albani X M. Notizie sparse su alcuni re albani XI. CRONOLOGIE DELLA FONDAZIONE DELLA CITTÀ
4 I 9 XI A. La cronologia alta (XII-XI sec. a.C.) 422 XI B. La cronologia bassa (IX-VIII sec. a.C.) APPENDICI 443 449
I. Il.
453 472 482
III. IV. V.
Schema narrativo arcaico della leggenda di Roma Le origini di Roma secondo Tim Cornell. Ultime considerazioni I bina iugera riconsiderati Le fonti giudaiche sulla fondazione di Roma Da Vesta a Giove Statore (campagne di scavo 20 I o- 1 2)
INDICI 493 Indice dei nomi e delle cose notevoli 5 I 2 Indice dei testi e dei passi degli autori antichi
CONSIDERAZIONI FINALI
Metodo e problemi: premessa Per chi è stato storico dell'arte in gioventù, ragionare da stori co presuppone cominciare a considerare globalmente e sistemati camente le cose umane: non soltanto grandi azioni di uomini illu stri ma anche costumi, istituzioni ed economia di un'intera società. Ma è raro che la storia venga intesa così, tanto che per cogliere la grande totalità del reale si ricorre generalmente all'antropologia culturale. Come gli etno-antropologi interrogano i popoli ancora esistenti e il paesaggio in cui vivono, così lo storico-antropologo interroga le fonti scritte dei popoli estinti e i paesaggi tramontati, grazie alla filologia e all'archeologia. Operare in questo modo non è semplice. Molti popoli h anno cominciato a registrare i loro racconti tradizionali solo a partire da un momento alquanto avanzato della propria esistenza, come i Ro mani, che hanno scritto la loro storia oltre mezzo millennio dopo la fondazione di Roma. Inoltre gli anna/es redatti dai pontefici - si curamente dall'inizio della libera res publica ( 5 09 a.C.) - sarebbe ro stati in gran parte distrutti dai Galli nel 3 90 a.C. Quindi, i pri mi storici di Roma avrebbero ricostruito la storia più antica della loro città inventando un passato inesistente? L'archeologia sta rivelando dati sempre più sorprendenti, che sono in gran parte compatibili con quelli tràditi: la città dei Tar quini fu effettivamente grande e trasse la sua origine due secoli pri ma, quando già sono presenti un potere regio e un luogo centra le, il Foro, posto tra Palatino e Campidoglio/Arce. Così gli storici detti " ipercritici" , per i quali la storia della prima Roma era stata completamente inventata, sono stati costretti ad ammettere la ve ridicità degli elementi essenziali della tradizione in presenza di da-
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ANDREA CARANDINI E PAOLO CARAFA
ti archeologici convergenti. Si è trattato, tuttavia, di un' ammissio ne fatta controvoglia, e mai realmente messa in pratica. Rari sono stati infatti gli storici che hanno fatto della sintonia o della disto nia tra tradizione letteraria e archeologia un metodo comparativo sistematicamente applicato. Il problema della validità dei racconti mitistorici dell'età re gia e della prima età repubblicana fu sollevato dagli stessi stori ci antichi. Scrive Livio (VI 1 , 1 -ù «Ho esposto in cinque libri le imprese che i Romani compirono dalla fondazione della città ( 7 5 3 a.C.) alla sua presa ( 3 90 a.C. ) , eventi oscuri sia per la gran de antichità, sia perché rari erano in quell'epoca gli scritti, unici affidabili custodi della memoria di eventi reali, e inoltre perché, se pure se ne trovava testimonianza nei commentari dei pontefici e negli altri documenti pubblici e privati, la maggior parte andò distrutta con l'incendio della città». Per la verità, Livio ignora va la misura della distruzione gallica e non teneva conto delle te stimonianze archeologiche, essendo l'archeologia una disciplina sconosciuta all'antichità. Il vuoto più grave sarebbe durato per tanto cinque generazioni e mezzo: tra l 'invasione dei Galli e Fa bio Pittore, il primo storico. Livio così conclude (praef 6-7): «Quello che si tramanda a pro posito di ciò che precedette la fondazione o della fondazione stes sa, degno di racconti di poeti (jabulae) più che utile alla testimo nianza di avvenimenti reali, non mi sento di darlo per certo né di respingerlo». Quanto trovato dallo storico romano sui primi seco li della città sarebbe classificabile non tra le res gestae ma tra le /a bulae, che Livio ha accolto, seppure con riserva, ma che gli iper critici contemporanei hanno invece respinto. Per gli storici vecchio stile (alla von Ranke), sarebbero degne di racconto solo le gesta politico-militari dei grandi uomini testimo niate da scritti ufficiali: sono le res gestae di Livio. In tale prospetti va, la Roma dei primi secoli diventa un argomento sostanzialmente intrattabile, anche perché l'archeologia è considerata dagli specia listi delle fonti scritte alla stregua di una lingua extraterrestre, fat ta di dati senza quel significato che solo le fonti letterarie sarebbe ro in grado di conferire. Per essi, capire che il Foro era una piazza pubblica sarebbe impossibile senza fonti scritte. L'intera scien za prato-storica e preistorica viene così in un sol colpo distrutta e nulla potremmo dire anche della civiltà micenea, se non ne avessi mo decifrato la scrittura. Per l'archeologo, q�este affermazioni so-
CONSIDERAZIONI FINALI
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no assurdità, ma per Roma abbiamo fonti scritte, tante fonti e an che concordi tutto sommato. Insomma, per le origini di Roma possiamo contare su res ges tae, considerate da Livio obscurae, e anche su /abulae, che Livio non dava per certe ma che neppure respingeva. Si trattava di un patrimonio memoriale molto consistente, coerente nei lineamen ti fondamentali e di ardua valutazione. Per gli storici contem poranei che hanno inteso basarsi solo su fonti scritte, coeve ri spetto agli eventi e ufficiali, non vi è altra spiegazione per tale patrimonio che il falso. Eppure è possibile intendere la storia se condo un'altra prospettiva, e cioè da un'angolazione antropolo gico-culturale. La storia culturale si distingue dalla vecchia sto riografia perché interpreta le società come entità costituite da sistemi di valori e significati consolidati e tradizionali. Ne conse gue che tutte le testimonianze relative a una simile idea di cultu ra acquistano la dignità di documenti storici. Se l'immaginario, la mentalità, i costumi, le istituzioni, il paesaggio e l'economia diventano materie d'interesse storico, allora anche miti, leggen de, religione, nomi dei luoghi , opere d'arte e merci possono as surgere alla dignità di fonti. Così anche le testimonianze sulla prima Roma diventano interessanti, sia per le res gestae, che ri mangono obscurae e quindi incerte - alle quali solo l'archeologia è in grado di conferire verosimiglianza tramite una convergen za di dati -, sia per le fabulae, capaci di rivelare modi di pensa re, costumi, istituzioni e riti . Un'ottica simile a questa non era estranea agli stessi storici an tichi, in ciò più avanzati degli storici contemporanei (alla von Ran ke) . Scrive Livio (prae/ 9- I I ): «A me interessa che ciascuno rifletta per parte sua su queste cose: quali siano stati gli stili di vita, quali i costumi, grazie a quali uomini e a quali capacità si sia formato e ac cresciuto, in pace e in guerra, l'impero». Scrive a sua volta Dioni sio di Alicarnasso (Ant. Rom. I 8 , 2 ) : «Descriverò tutte le forme di governo che Roma ha avuto, le usanze principali e le leggi più fa mose, in complesso dunque tutta la vita della Roma arcaica». Im porta quindi il modo di vivere e di pensare e di sentire la vita, e so no le cose che interessano a noi. Fabula designa in latino il mezzo grazie al quale si realizza la parola, in particolare quella efficace, potente e autorevole, prero gativa di veggenti, sacerdoti e poeti. Nel/ari colui che parla non è la fonte che trasmette l'atto verbale, perché ve ne è a monte una,
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ANDREA CARANDINI E PAOLO CARAFA
ben più autorevole anche se ignota, che fonda la validità del det to in una sfera superiore rispetto alla vita ordinaria, inaccessibile all'uomo comune. Scrive Isidoro di Siviglia (Etymologiae I 40, I ): «l poeti chiamano le fabula e dal verbo /ari, perché non riguarda no eventi avvenuti ma sono racconti elaborati parlando». Pur non avendo autore, come i paesaggi, ed essendo orali, le /abulae sono ritenute dagli storici antichi degne di entrare nella storia, anche se non rientrano tra i fatti certi. La cultura della prima Roma era insomma principalmente orale, perché la scrittura era nei primi tempi poco usata. Re o magistrati, sacerdoti, nobili consiglieri e popolo fondavano il ricordo comu ne sulla memoria collettiva, e ciò spiega perché res gestae obscurae e fabulae da non respingere sono riuscite a superare anche l'incen dio gallico e a essere tramandate, grazie soprattutto alla parola, a testi orali potenti ed efficaci, perché riconosciuti nel tempo e quin di autorevoli e significativi. Dalla fine del III secolo a.C. gli stori ci hanno dunque attinto non a una fantasia falsificatrice ma a una tradizione autentica e famosa, basata su una cultura formidabile, che tra le origini e l'incendio gallico ha attraversato undici genera zioni, trasmettendo fatti salienti e costumi, che mai hanno smesso di influenzare i cittadini di Roma. La cultura della città in età regia e nella prima repubblica è con frontabile con altre culture orali, studiate dagli etnologi. Tra i Poli nesiani e gli Hadiya di Etiopia la storia orale risale a circa sessanta generazioni, prima delle quali si apriva il tempo delle origini. Tra il tempo di Romolo e Fabio Pittore si interpongono soltanto sedici generazioni. Nelle culture orali si conservano non solo racconti ma anche testi di racconti, come a Kitawa in Melanesia (Scoditti 2ooo), e anche fatti rilevanti o prodigiosi, come un'eclissi di sole del I 68o nella tradizione orale Kuba (Congo) oppure il passaggio della co meta Halley nel I 8 3 5 . Gli Inuit ricordano perfino guerre dei seco li XIV e XV. Le popolazioni della terra di Baffin ricordano la vista di Frobisher, avvenuta tra 1 5 76 e I p8 . Tre o quattro secoli sono dunque superabili dalla memoria culturale. E così Roma ricorda va re, magistrati, dediche di templi e altri fatti salienti, compresa la fondazione della città, che l'archeologia ormai comprova, seppu re non nei termini di un inizio assoluto. li passato dei Romani non è stato inventato per quanto riguardava l'essenziale e tramandare ciò che era significativo non implicava ricordare solo quel che fa-
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ceva comodo: scomodissimo, ad esempio, fu il modo della nascita della città, fra inganni, uccisioni e gentaglia 1! Vanno pertanto respinte quelle teorie che hanno una concezio ne "chiusa" della tradizione letteraria e della sua formazione, ne gando che essa possa avere tratto alimento dalla memoria cultura le più antica, conservata e trasmessa anche oralmente2•
Ultime riflessioni
Le conclusioni sulle origini della città si trovano nel vol. III alle pagine 2 5 5 -6 I. Le proposte lì illustrate e argomentate restano vali de, ma necessitano di qualche aggiornamento bibliografico3. Biso1
Carandini 2002; Id. 2006 e l'ottimo Viglietti 20 1 1 . Accanto ai Vangeli, scritti non molto tempo dopo la morte di Cristo, esistevano in Terra Santa tradizioni sui riti e sui luoghi venerati - come il Santo Sepolcro, il Golgota a Gerusalemme e la casa di Pietro a Cafarnao - tramandate prima oralmente ed emerse nella scrittura dal III e soprattutto dal IV secolo d.C. Una tradizione orale aveva conservato il ricordo della tomba di Pietro in Vaticano, commemorata due generazioni e mezza dopo dal Tro· feo di Caio (A. Carandini, Su questa pietra, Roma-Bari 20 1 3). 2 Per una formazione in età arcaica della memoria delle origini e dei nuclei fonda mentali della stessa tradizione e identità storica dei Romani ved. Grandazzi 200 1 e Purcell 2003. Da ultimo Rodriguez-Mayorgas 20 1 0 accoglie la possibilità che un nucleo di memoria culturale «antica e di origine latina» preesistesse alla tradizione letteraria sulle origini di Roma e che le prime redazioni scritte della storia della cit tà non prescindessero totalmente da esso. Ciò dovrebbe far superare la difficoltà di ricostruire in modo affidabile come i Romani abbiano elaborato una cronologia dd loro passato e conservato un racconto fededegno degli avvenimenti (Smith 2011, p. u). Lo stesso autore interpreta la nostra scelta di presentare le varianti della leggen da come «l'accettazione del racconto tradizionale>>. Da ciò consegue la critica se guente: nell'analisi Jella tradizione avremmo privilegiato l'aspetto narrativo rispetto ad «approcci più istituzionali>> (Smith 2011, p. 23). Mai abbiamo accolto la vulgata della tradizione in maniera acritica. Abbiamo ricostruito la morfologia della leggen da, che non può che essere strutturata come un racconto, secondo le metodologie scientifiche più appropriate (ved. oltre Appendice n. 3 Dopo la pubblicazione del volume III della Leggenda di Roma, si può riscontrare un sostanziale consenso all'idea che a Roma esistesse una realtà urbana con struttura politica centralizzata dalla metà circa dell'VIII sec. a.C. e che la tradizione letteraria conservi elementi arcaici e autentici dal punto di vista storico riguardo alla prima età regia. Oltre alla bibliografia citata nel testo e Fulminante 2014, ved. i contributi se guenti: Glinister 2006, p. 27, ritiene che nella tradizione letteraria si sia conservata la trama autentica della regalità romana, con le sue procedure di creazione dei nuovi re (inte"egnum), risalente a età precedente i Tarquini; secondo Linke 2010: «a résumé o/ the individuai pieces o/ detailed in/ormation and their comparison with the archaeo logical results allow a plausible sketch o/ early Roman history>> (p. 184). Lo stesso au tore, che pure non cita la Leggenda di Roma e non menziona mai una eventuale nas
cita della forma statale urbana nella prima età regia, fa più volte riferimento a una dinamica sociale e politica che opponeva la forza centralizzatrice dd re alle forze con-
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ANDREA CARANDINI E PAOLO CARAFA
gna inoltre porre attenzione ad alcune questioni nodali emerse dal più recente dibattito (Torelli 201 1 ). In linea teorica, viene ammessa una qualche continuità tra pra to-storia e alto arcaismo, per la forza della tradizione, specialmente in ambito storico-religioso e storico-istituzionale. In pratica, questa continuità viene ora ammessa senza riguardo ad alcun principio: per cui, ad esempio, si ammette la realtà dei prisci Latini ma non quella prato-urbana. Infatti il politeismo dei Latini è vecchio almeno quan to i loro villaggi e quanto il culto a Iuppiter Latiaris sul Monte Alba no - databile al passaggio dal secondo al primo millennio a.C. ( ved. vol. III, sezione VIII C, pp. 267-70). li dio locale del sito di Roma, Quirinus ('' ' Couirinus), risale probabilmente al tempo dei primi rio ni, essendo il protettore delle curiae (*couiriae); queste curiae po trebbero già esistere al tempo in cui furono creati i 27 sacraria degli Argei, distribuiti appunto nei diversi rioni dei col/es e dei montes, prima - si direbbe - della creazione del centro sacrale e politico tra trarie dell'aristocrazia cittadina tra l'VIII e il VII secolo a.C. Infine, Smith 2011 ritiene che la tradizione riguardo ai re si sia formata in età molto antica («a na"ative was con.rtructcd early aboul kings ....... the kings may have been figures around which /rom an early point and then successively the Romans wove a history . . >>, pp. 39-40). Contra invece Poucet 2008, che ritiene ancora i dati archeologici relativi alla Roma alto-ar
.
caica da noi interpretati in modo maldestro mal utilizzando la tradizione letteraria e creando una «falsa storia>>; Coarelli 2011, pp. 7-14 non considera i dati archeologici relativi alla Roma di prima età regia e afferma che la nascita della città sia l'esito di un lungo processo concluso alla fine del VII/VI secolo a.C. Lo stesso autore ritiene an che che la creazione della città - realtà per lui databile al regno dei re Tarquini - sia stata attribuita al mitico fondatore tra la seconda età regia e la media età repubblicana (Coarelli 2012, pp. 1 8 s -9). Senza considerare i dati archeologici, ritiene la nascita del la città frutto del sinecismo di più antichi villaggi alla fine del VII secolo a.C. Zanker 2013, pp. 3-6. Inoltre, per quanto riguarda problemi più generali legati alla critica del la tradizione relativa alla prima Roma o della leggenda, si vedano i contributi seguen ti: Martinez-Pinna Nieto 2011, in particolare pp. 122-7, non sembra conoscere i pri mi volumi della Leggenda di Roma (2006 e 2010) e ritiene che Remo e Romolo siano personaggi della «antica mitologia latina>> connessi alla leggenda delle origini di Ro ma al momento della sua creazione, alla fine del IV secolo a.C.; Terrenato 2011 pro pone, contro ogni evidenza, di considerare la nascita della città e dello Stato a Roma non come l'imposizione di un potere centralizzato in una comunità proto-urbana ma come «semplice strumento, uno tra le molte opzioni disponibili>> che gli aristocrati ci del sito di Roma avrebbero adottato ((senza perdere troppe delle proprie preroga tive>> (p. 240); Koptev 2012, pp. 29-30, nega la possibilità di valutare storicamente la monarchia a Roma poiché ((la tradizione orale e visiva romana conservò un'immagine della prima monarchia senza fatti o dati e nomi che appartenevano a schemi mitici arcaici>>. Pertanto i Romani avrebbero ricostruito (Ja propria monarchia sulla base di un modello greco piuttosto che sulla base di materiale autentico>>. Infine Briquel 2010 ha ribadito una lettura della leggenda di Romolo secondo uno schema tripar tito ricollegabile alle tre funzioni indoeuropee ipotizzare da G. Dumézil (ved. anche Blaive 2010 e commento ai motivi mitici IX A e IX C).
CONSIDERAZIONI FINALI
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CapitoliumlArx e Palatino intorno alla seconda metà dell'VIII se colo a.C., e prima che le curiae venissero ristrutturate in un sistema decimale, passando dalle 27 alle 30 della clara constitutio di Roma lo. Se così è, Quirino e le 27 curiae presuppongono l'esistenza di un centro "prato-urbano" , simile ai grandi centri coevi dell'Etruria, quando in epoca pre-civica si è passati da sistemi di villaggi nume rosi e dispersi a sistemi di rioni numerosi ma raccolti in un centro, per cui non si trattava più di villaggi ( "pre-urbani" ) ma appunto di rioni di un grande abitato unitario ( "prato-urbano" ) , entro il qua le più non si seppelliva. Nel sito di Roma questa rivoluzione " pro to-urbana" accade intorno alla metà del IX secolo a.C. - come in dicano le grandi necropoli dell'abitato, precedenti la fondazione di Roma - quando il Septimontium (prima metà del IX secolo a.C. cir ca) inglobò i colles entro un grandissimo abitato unitario, di cui le suddette necropoli costituiscono la periferia e segnano il limite in negativo. D'altra parte che la città alto-arcaica fosse caratterizzata ancora da una suddivisione territoriale e civica in curiae - seppu re ormai sotto l'organizzazione centrale e quindi civica governata da un re rispettoso dei mores si evince dalla successiva transizio ne da una organizzazione curiata a una centuriata, che si data in torno alla metà circa del VI secolo a.C. , per cui la curiata deve pre cedere. Ciò è sempre stato del tutto chiaro agli storici del diritto, ma molto meno agli storici. Avremmo pertanto - dopo il dominio dei villaggi "pre-urbani" e prima della città in sé compiuta fondata da Servio Tullio - un secolo di curiae "proto-urbane" , unificate ma non sottoposte a un potere centrale, e due secoli di curiae urbane, sottoposte a un potere centrale e di cui era composta la prima città stato. Insomma, non si è passati direttamente dai villaggi alla città per graduale e plurisecolare " formazione" - come un tempo ritene va la vulgata storiogra.fica (e ancora oggi Ampolo, ved. Appendice VI) - ma tramite blocchi storici caratterizzati da forme organizzati ve proprie, che, avanzando nel tempo, conosciamo sempre meglio nelle loro caratteristiche fondamentali. Fondazioni più che forma zioni, tanto è vero che l'organizzazione centuriata non è attribuita dalla tradizione a un'intera epoca storica ma a un singolo re, Servio Tullio, considerato un novello Romolo, e quel che vale per Servio non si capisce perché non dovrebbe valere risalendo all'indietro per i predecessori: Romolo figlio di Marte e il dio Quirino. L'esistenza di un centro proto-urbano a Roma, diverso dai villaggi pre-urbani precedenti, è il risultato principale degli studi italiani di proto-sto-
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ria, accolto oramai anche da etruscologi, a partire da Giovanni Co lonna. Tutti insensati, a sentire qualche classicista dogmatico. Per non dire della sopravvivenza di altre istituzioni, oggetti e rituali, le gati specialmente alla cultura sacerdotale, di regola assai conserva tiva, che mostrano una continuità di costumi. Gli studi riguardanti la cultura materiale e gli scavi vengono ge neralmente molto lodati, e in particolare le nostre ricerche strati grafiche a Roma, dopo troppi precedenti "bucetti" e sterri. Ma, su bito dopo, i dati emersi da questi scavi vengono sminuiti o ridotti a ipotesi inverosimili, per non dover cambiare le opinioni contrat te in gioventù (quando le ricerche archeologiche erano molto me no progredite e gli indizi della Roma alto-arcaica insufficienti) . Che tanti nuovi dati, raccolti come si ammette con impegno e acribia, nulla mutino del quadro storico delle origini mette sull'avviso: ma come, l'archeologia arretrata che ha persuaso gli storici vale più di quella raffinata da noi praticata e che essi non ha persuaso? Per gli antichisti che sono piuttosto storici-storici dell'arte-antiquari che non veri e propri archeologi (Carandini loo8, pp. 31 -49 ) , l'archeo logo per eccellenza, cioè quello che sa operare professionalmente sul campo, dovrebbe limitarsi a registrare i dati ma astenersi dall'in terpretarli, sia dal punto di vista storico che dal punto di vista della loro ricostruzione. Mentre per frammenti di lirici greci o epigrafici si ammette la possibilità di integrazioni, ciò è mal visto per le co struzioni, che dovrebbero essere presentate come sono state ridotte dai millenni, allo stato di frammentaria rovina, perché ogni ipote si ricostruttiva altro non sarebbe che un'invenzione (magari anche fosca) . . . Noi crediamo, al contrario, che gli edifici in rovina deb bano essere pensati anche al di là del loro grado di conservazione, debbano cioè essere graficamente ricostruiti, sulla base degli indizi più vari e di confronti: infatti l'architettura antica è fondamental mente tipologica. Così anche le case arcaiche ad atrio di Roma so no state ricostruite in base a confronti in Etruria (ved. Carandini Carafa lO I l, tav. 6 3 ) . In tali ricostruzioni sta l'impegno morale oltre che culturale dell'archeologo (Carandini lOi l e ibidem, tav. 6 3 ) . Prendiamo il caso del murus, che dal secondo quarto dell'VIII secolo a.C. ha cinto le radici del Palatino, di cui è attestata una por ta e due postierle (ved. vol. II, Appendice III 4, l) e che è durato, in alcune sue parti e attraverso molteplici rifacimenti, fino a Nero ne (Bruno lOil, p. 240). È stato considerato, bontà dei critici, un dato concreto, nuovo e in contestabile - mentre per assurdo le case
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di Ottaviano (Wiseman 2009)/Augusto (Coarelli 2 0 I 2, pp. 346-9 5 ; Wiseman 20I 3 ) sono fantasie (Carandini-Bruno-Fraioli 2 0 I O, pp. I 62-22 5 ; Bruno 20 I 2, pp. 2 2 8 , 2 3 3 - 5 ; Carafa-Bruno 20 I 3 ) - ma es so viene al tempo stesso diminuito nel suo significato, come un'ope ra "pre-urbana" qualsiasi (anche le coeve difese di Veio - Boitani 2008, pp. I 3 9 -40 - e di Gabi - Fabbri-Musco-Osanna 2 0 I 2 , p. 2 3 I -sono mura di villaggi? ). Le mura possono certamente risalire an che a epoca "proto-urbana" e "pre-urbana " , ma difficilmente pos siamo ammetterlo per l'VIII secolo nei grandi centri dell'Etruria e del Lazio e soprattutto per Roma. Infatti è arduo sostenere che tra la lunga durata del muro del Palatino attestato dalla leggenda di Roma e l'altrettanto lunga durata del muro del Palatino da noi rinvenuto non possa esserci relazione alcuna. Una tale formidabile convergenza tra tradizione letteraria e dato archeologico può esse re cancellata solamente da un dogma storiografico ipercritico, per il quale tutto della leggenda di Roma ha da essere solamente pro dotto di fantasia. Ciò perché le città si formano e non si fondano? E che ne facciamo delle cerimonie etrusche e latine di fondazione (fossa in cui si mescolano terre e loro primizie connessa a un'ara, solco che viene tramutato in muro poco oltre il pomerium, che è il limite del suolo inaugurato), della cerimonia greca di fondazio ne (accensione del fuoco di Hestia) , nota anche a Roma (creazione delle Vestali, culto di Vesta monopolizzato dallo Stato, accensione del primo fuoco civico), della stessa fossa alto-arcaica con scudo, ascia e lituo, che attesta la trasformazione della Tarquinia "prato urbana" in città? Ogni cosa veniva fondata in antico, anche le co struzioni e ricostruzioni di ponti, di mura urbiche e di case (come il nostro scavo palatino ha più volte dimostrato a proposito delle mura e della domus Regia: ved. vol. II, Appendice III 4, 2 e Carafa 2009). Ma che riti inaugurino una città piace poco a menti moder ne, scarsamente empatiche con la mentalità religiosa. Per passare a un argomento che sarebbe errato ritenere esclusiva mente economico, anche i bina iugera dell'heredium romuleo devono essere per gli ipercritici una proiezione all'indietro di un'invenzio ne del IV secolo a.C. Ma se un tale lotto minimo è ammissibile nella media repubblica, perché non lo si può accettare nell'alto arcaismo? Puntuale è giunta, da ultimo, una rivalutazione dell'heredium, che pa re ragionevole e proviene da altra scuola (Viglietti 20I I , pp. 1 44-63 ). Ma torniamo al muro palatino. Esso non può essere che una strut tura urbana, dal momento che subito dopo, alla metà dell'VIIT se-
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colo a.C., viene creato illucus Vestae nel quale sono innalzate le pri me costruzioni (Filippi 20I 2, pp. I 50-I; ved. vol. II, Appendice IV I ), massimo indizio - tra vari altri - della città ormai nata. Quel luo go, connesso intimamente al Foro, prima della città non era abitato, perché occupato probabilmente da un nemus, visto che più a orien te sono state trovate capanne "prato-urbane" (Bracato 2000; Bruno 20I 2, p. 2I 2). Tra la creazione dellucus Vestae, che implica un di sboscamento, e le prime costruzioni in esso contenute, si interpon gono alcune arature anteriori a esse. Verranno interpretate- c'è da scommettere - in senso rurale al fine principale di negare la città in quest'epoca, dimenticando che anche nelle città si arava (per ragioni produttive e sacrali come, ad esempio, alle pendici dell'Acropoli di Atene presso il tempio di Demetra Chloe: Brelich I 955) . Ma quel che più conta è il sorgere nellucus, finite le arature, di una prima capan na davanti al luogo de ll'aedes Vestae, dove poi si svilupperà l'atrium Vestae, e più a est di una prima domus Regia (ved. vol. II, Appendi ce IV r; ved. anche Coarelli 20087, pp. 96-7) , dove in seguito sorge rà la domus del rex sacrorum. In presenza dellucus Vestae intorno al 750 a.C., è sensato considerare il muro palatino "pre-urbano" ? La ri sposta ai lettori. Invano è stato scritto anni fa: «Tra la metà dell'VIII e la fine del VII secolo a.C. si staglia prepotente l'ascesa politico-so ciale dell'aristocrazia, alla quale va attribuita la responsabilità del la particolare forma urbana assunta dalle città dell'Etruria meridio nale e del Lazio» (Torelli 20074, p. 24). E ancora: : Smith 2006, p. 305). Si ricordi, infine, che nella s�ga è forse possibile individuare la trasposizione mitica dei gruppi gen _ _ _ oppositori del potere regio unificante negli avversari di Romolo. Questi vengo tilrzt no tutti uccisi e la morte di ciascuno di essi fonda uno degli elementi costitutivi del la città (vol. I, pp. 4 p- 2 e vol. Il, pp. 226-7 e 249- p).
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identificata con un «politica! acl>>, come vuole Cornell (2o1 2, p. 20; ved. oltre Appendice II), e i gruppi gentilizi "temperati" verrebbero a formare, come si è detto, una nuova aristocrazia di tipo urbano. Il metodo cui ci siamo ispirati per la ricostruzione della morfo logia della leggenda e la sua stratigrafia da noi identificata è espo sto nell'Introduzione al volume I. Abbiamo trattato la materia mi tica della leggenda di Roma seguendo la metodologia di A. Brelich, che a noi pare ancora la più efficace (per lui mito " autentico" signi ficava non inventato in epoca tarda da mitografi) 1• Purtroppo scar so contributo allo studio dei miti, delle leggende e della sacralità in generale è venuto dagli storici, mentre un contributo significativo è stato dato dagli antiquari (ved. vol. I, Introduzione, in particola re pp. XXVI-XXXVII). Per l'individuazione di temi mitici " canonici " o comunque arcaici, abbiamo seguito strettamente il metodo di J. Poucet, integerrimo ipercritico: quale scelta più prudente e rigorosa potevamo fare (vol. I, Introduzione, pp. XXIII, XLVI-XLVIII)? I quat tro volumi che abbiamo dedicato alla leggenda romulea mostrano che le fonti letterarie hanno per noi archeologi un significato fon damentale, niente affatto ancillare2. Se gli storici hanno considera to e considerano ancora poco la documentazione archeologica, fi no al punto di negare perfino che la Roma dei Tarquini fu grande, è responsabilità che può essere ascritta a noi soltanto per intimidir ci, in base a principi di autorità che negano il libero pensiero. Non ci siamo piegati da giovani a un'intimidazione, per la verità solleci tata, di A. Momigliano (Momigliano 1 97 5 ) ; figuriamoci da vecchi, per cui fermi stiamo. Mai rinunceremo a scrivere quel che pensia mo sia delle fonti scritte sia dei reperti e dei ruderi usciti dalla ter ra. Se ciò ha turbato un sodalizio pluridecennale tra storici, storici dell'arte, antiquari e archeologi ce ne rammarichiamo, soprattutto se si è trattato di un sodalizio ideale oltre che accademico. Eppure a noi piacciono le storie scritte con la propria testa, non sottopo1
Testa 2012 ha riproposto critiche al nostro metodo avanzate da altri prima di lui, senza apportare alcun nuovo contributo. Gli elementi sui quali si concentrano queste critiche erano stati già considerati in Carandini 2006, pp. 382-96. Ved. anche com mento al motivo mitico IX C. 2 Nonostante una recensione dura di A. Fraschetti al volume I della Leggenda di Roma (Fraschetti 2007) si è potuto riscontrare un solo errore li.lologico (Carandini Carafa-D'Alessio 2oo8) e D. Briquel ha giudicato la nostra opera uno strumento di lavoro fondamentale (giudizio espresso nell'ambito del Convegno Between History and Archaeology: dialogues on peoples o/ pre-Roman ltaly tenutosi a Ginevra, presso la Fondazione Hardt, dal 30 gennaio al 1 3 febbraio 20 1 3).
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ste ad alcun concordato. Fino a che i dati archeologici non hanno turbato troppo gli storici, il concordato è stato possibile. Quando i dati archeologici hanno cominciato a turbarli sommamente, perché non smentivano e anzi confermavano in buona parte la leggenda di Roma, il concordato si è rotto. Potevamo noi truccare l'evidenza o accecarci? Per la verità la rottura non riguarda affatto tutti gli sto rici (Cornell 20 1 2 ; Smith 20 1 2; ved. anche Appendice Il), neppu re riguarda gli storici del diritto (Capogrossi Colognesi 2009; Id. 20 1 2 ) e nemmeno gli storici delle religioni. Diplomatici non siamo stati per amore della libertà individuale e di quella che a noi pa re la ricostruzione più confacente ai nuovi dati emersi. I consensi tuttavia vanno crescendo, ma sosterremmo le nostre tesi anche se dovessimo esser soli. Infatti, per mirare al vero serve responsabili tà verso il già detto, ma anche coraggio verso il poco detto e il non detto. Gli storici che continueranno a ignorare o a neutralizzare i dati archeologici più recenti e scomodi, finendo per considerare l'archeologia serva sciocca che non si emancipa né evolve, rischia no di trovarsi davanti una mole di contraddizioni sempre maggio re e incombente. Meglio sarebbe dialogare, rispettando i diversi modi di avvicinarsi alla storia antica, che non è monopolio di alcu no. Chi non ha commesso sbagli scagli la prima pietra. Se esistes se davvero un metodo storiografico capace di evitare gli errori non resterebbe che ciecamente applicarlo e saremmo tutti salvi. Eppu re anche i più ligi seguaci di quel metodo si scontrano fra loro rin facciandosi errori e incomprensioni.
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LXXX
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LXXXI V
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LXXXVI
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«RBPh» «RCCM» «REA» «REL» «RFIC» «Rh M» «RHR>> «RIASA»
«RPAA» «RPh» «RSI» «ScAnt» «SCI» «SCO» «SE» «SIFC» «SMEA» «SMSR>> «50» «StudRom» «StudStor» «StudU rh» «WAC»
XCI
Notizie degli Scavi di Antichità Opuscula Romana Papers of the British School at Rome Proceedings of the Cambridge Philological Society La Parola del Passato Quaderni Catanesi di Studi classici e medievali Quaderni di Storia Quaderni del Centro di studio per l'Archeologia Etru sco-ltalica Rendiconti della Classe di Scienze morali, storiche e fi lologiche dell'Accademia dei Lincei Revue Beige de Philologie et d'Histoire Rivista di Cultura classica e medievale Revue des É tudes Anciennes Revue des É tudes Latines Rivista di Filologia e di Istruzione Classica Rheinisches Museum Revue de l'Histoire des Religions Rivista dell'Istituto nazionale di archeologia e storia dell'arte Rendiconti dell'Istituto Lombardo. Classe di Lettere, Scienze morali e storiche Rendiconti della Pontificia Accademia di Archeologia Revue de Philologie Rivista Storica Italiana Scienze dell'Antichità Scripta Classica lsraelica Studi Classici e Orientali Studi Etruschi Studi Italiani di Filologia Classica Studi micenei ed egeo-anatolici Studi e materiali di storia delle religioni Symbolae Osloenses Studi Romani Studi storici Studi Urbinati Workshop di Archeologia Classica
FONTI LETTERARIE DELLA LEGGENDA DI ROMA ( Sezioni IX-Xl)
Agatillo II secolo a.C. Agatocle di Cizico Prima metà del III secolo a.C. Agostino 3 5 4-430 d.C. Alcimo IV secolo a.C. Alessandro Poliistore Prima metà del I secolo a.C. Antigono di Caristo III seco lo a.C. Antioco di Siracusa V secolo a.C. Antologia Patatina III IV-VI se colo d.C. Apollodoro di Atene Circa I So circa 1 20 a.C. Apollodoro di Gela IV-III secolo a.C. Appiano Circa 90- r 50 d.C. Aristobulo ? Aristotele 3 84- J 2 2 a.C. Arnobio III-IV secolo d.C. Asinio Quadrato III secolo d.C. Ateio Filologo I secolo a.C. Aufidio, Cneo II secolo a.C. Beda 673-73 5 d.C. Callia di Siracusa III secolo a.C. Calpu rnio Pisone F rugi, L u cio II secolo a.C. Caltino III secolo a.C . ? Cassio Diane Circa I 5 5 -23 5 d.C. Cassio Emina, Lucio II secolo a.C.
Cassiodoro Circa 48 5 - 5 80 d.C. Castore di Rodi I secolo a.C. Catone 2 3 4- 1 49 a.C. Cedreno, Giorgio XI-XIII seco lo d.C. Cefalone di Gergis (Egesianatte di Alessandria Troade) III II secolo a.C. Censorino IV secolo d.C. Cesare, Lucio I secolo a.C. Chronica Vrbis Romae IV secolo d.C. Chronicon Paschale VII seco lo d.C. Cicerone I 06-43 a.C. Cincia Alimento, Lucio III seco lo a.C. Cipriano Circa 220-2 5 8 d.C. Clemente Alessandrino Circa r 5 0-circa 2 1 5 d.C. Clinia III secolo a.C. Cornelio Nepote Circa 99- 24 a.C.
Chronographeion syntomon
IX
secolo d.C. Damaste di Sigeo V secolo a.C. Demagora di Samo II secolo a.C. Diodoro Siculo I secolo a.C. (floruit 5 0 a.C.) Diane di Prusa 40-circa I 20 d.C. Dionisio di Alicarnasso Seconda metà del I secolo a.C.
FONTI LETTERARIE DELLA LEGGENDA DI ROMA
Dionisio di Calcide IV-III se colo a . C . ? Domizio I I secolo a.C. Ellanico Seconda metà del V secolo a.C. Ennio 2 3 9 - I 69 a.C. Eraclide Lembo II secolo a.C. Eratostene 280- I 9 5 a.C. Esiodo VII secolo a.C. Etymologicum Magnum X secolo d.C. Eusebio Circa 2 6 5 - 3 40 d.C. Eutropio Floruit 3 7 5 d.C. Excerpta Latina Barbari VII-VIII secolo d.C. Fabio Pittore, Quinto Ultimo quarto del III secolo a.C.
Fasti Consolari e Trionfali Capito lini 8 a.C.
Fenestella Fine I secolo a . C . inizio I d.C. Floro Circa 70- I 40 d.C. Frontino I-II d.C. Galita (Callia ? ) III secolo a.C. Gellio Circa I 3 0- I So d.C. Gellio, Cneo II secolo a.C. Gerolamo 3 47-420 d.C. Giovanni di Antiochia VI secolo d.C.? Giulio Africano II secolo d.C. Giunio Filargirio V secolo d.C. Giustino II-III secolo d.C. Iperoco di Cuma IV-I secolo a.C.? Isidoro Circa s 6o-636 d.C. Landolfo Sagace IX-X secolo d.C. Woruit I ooo) Latina Historia ante 3 80 d.C. Lattanzio 263 - 3 2 5 d.C. Libri pontifica/i ? Licinio Macro Età sillan a Licofrone Nasci ta 3 30 a.C. circa Lido, Giova nni VI secolo d.C. Livio 59 a.C . - I 7 d.C .
XCIII
Lutazio Catulo, Quinto II-I secolo a.C. Macrobio IV-V secolo d.C. Malala, Giovanni VI secolo d.C. Mariano II secolo d.C. Marziale Circa 40- I 04 d.C. Minucio Felice II-III secolo d.C. Mirabilia Vrbis Romae XII secolo d.C. Mitografo Vaticano VIII-IX secolo d.C. Monaco, Giorgio IX secolo d.C. Nevio 2 7 5 h70-20 I a.C. Nonno d i Panopoli V secolo d.C. Orazio 6 5 - 8 a.C. Origo Gentis Romanae II-IV secolo d.C. Orosio, Paolo IV-V secolo d.C. Ovidio 4 3 a.C. - I 7 d.C. Paolo Diacono VIII secolo d.C. Plinio il Vecchio 2 3 - 79 d.C. Plutarco Circa s o- 1 20 d.C. Polemio Silvio Floruit 4 3 8 -448 d.C. Polibio Circa 200- I I 8 a.C. Polieno II secolo d.C. Pompeo Festo, Sesto Il-III se colo d.C. Pomponio Attico I 09- J 2 a.C. Porfirio di Tiro 2 3 4 -e1rca 3 0 5 d.C. Porfirione III-IV secolo d.C. Procopio VI secolo d.C. Promazione VI-I secolo a.C. Prospero Tirone Circa 3 90-circa 463 d.C. Pseudo-Acrone ? Pseudo-Isidoro XI-XIII seco lo d.C. Sallustio 86- 3 5 a.C. Scoli antichi alle Troiane d i Eu ripide ?
XCIV
FONTI LETTERARIE DELLA LEGGENDA DI ROMA
Scoli Bobiensi lo d.C. Scoli Veronesi d.C.
VII- VIII seco Fine V secolo
Scriptores Historiae Augustae IV
secolo d.C. Seneca Età giulio-claudia Servio IV-V secolo d.C. Simeone Logoteta X secolo d.C. Sincello, Giorgio Morte poco dopo 1'8 I o d.C. Salino III-IV secolo d.C. Stefano di Bisanzio Metà VI secolo d.C. Storia dei Bretoni IX secolo d.C. Strabone Circa 64-24 a.C. Svetonio Circa 70- I J O d.C.
Tacito Circa 5 5 - 1 20 d.C. Taruzio I secolo a.C. Teofilo di Antiochia II seco lo d.C. Tertulliano Circa I 6o-220 d.C. Timeo IV-III secolo a.C. · Tzetzes, Giovanni Circa I I I o I I 8o d.C. Valeria Anziate Età sillana Valeria Massimo Età giulioclaudia Varrone I I 6-27 a.C. Velleio Patercolo Floruit 30 d.C. Virgilio 70- I 9 a.C. Xenagora IV-III secolo a.C. Zonara Morte I I 3 0 d.C. circa
FIGURE E PERSONAGGI DELLA LEGGENDA DI ROMA
Ambasciatori di
Lauinium
Ersilia
Giulio o Lucio Proculo
Numitore
Osto Ostilio
Quirino
Re di Veio Romolo
Assaliti e uccisi da parenti o amici di Ti to Tazio. Nobile sabina rapita dai Romani e sposa di Romolo. Spinge le donne rapite a in terrompere la battaglia tra Romani e Sa bini e ottiene la pace. Dopo la morte o scomparsa di Romolo è assunta in cielo e venerata come Hora Quirini. Nobile romano o contadino discenden te da Enea, oppure nobile albano venu to a Roma al momento della fondazione della città. Si reca nell'assemblea dei Ro mani o nel Foro e afferma di aver visto Romolo in armi salire in cielo, mentre si trovava sul Colle Quirinale oppure men tre tornava a Roma dai campi o da Alba Longa. Re di Alba e nonno di Romolo. Alla sua morte, Romolo rinuncia a regnare su Al ba e nomina un magistrato ogni anno. Antenato del re Tullo Ostilio che combat te con Romolo a Fidene. Entra per primo nella città e per questo Romolo gli con cede una corona di foglie ( di larice ? ) . Divinità della comunità sul sito d i Roma venerata in un santuario sul Colle Quirinale. Con esso sarà identificato Romolo dopo l 'uccisione o scomparsa. Sconfitto da Romolo, viene condotto nel trionfo celebrato a Roma. Figlio di Marte e Rea Silvia, gemello (mi nore ? ) di Remo, vinto ai Lupercali e vin-
XCVI
FIGURE E PERSONAGGI DELLA LEGGENDA DI ROMA
Senatori romani
Tito Tazio
citore di Remo negli auspici-auguri. Fon datore e primo re di Roma sul Palatino, regnerà con Tito Tazio, creerà il com plesso del Foro/Arce-Campidoglio, le tre tribù e le trenta curie, ingrandirà l'ager. Verrà ucciso, o scomparirà, e verrà divi nizzato in Quirino (ved. vol. III). ll suo nome, diminutivo di Romo, è databile in età alto-arcaica o arcaica. Aristocratici membri del consiglio regio. Uccidono e squartano Romolo o sono ac cusati della sua scomparsa. Re di Cures, centro principale dei Sabi ni. Giunge a Roma con il suo esercito do po la sconfitta di Cenina, Crustumerium e Antemnae, occupa il Campidoglio e si scontra con l'esercito di Romolo nel Fo ro e lungo la via Sacra. Dopo la battaglia è associato al regno e regnerà con Romo lo per quattro anni. Verrà ucciso a Laui nium per vendicare la morte degli amba sciatori assaliti dai suoi parenti o amici.
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SEZIONE lX B
I7
Fidene. 5 4 , 1 . Dopo questa guerra combatté nuovamente con tro i Camerini, che avevano aggredito i coloni che erano tra di loro nel periodo in cui la città di Roma era oppressa da una pestilen za: i Camerini, spinti soprattutto da questa circostanza e pensan do che la stirpe romana fosse stata largamente decimata da quella sciagura, uccisero alcuni coloni e ne cacciarono altri. 2. Roma lo, avendoli puniti per questo, dopo che si impossessò nuovamente della città uccise i responsabili della ribellione e lasciò saccheggia re la città ai suoi soldati; poi, suddiviso il territorio, oltre a quello dato in precedenza ai coloni, e lasciata una guarnigione adatta, in modo che gli abitanti non si ribellassero più, riportò a casa l'eser cito. Dopo questa spedizione celebrò un secondo trionfo; con le spoglie dedicò una quadriga di bronzo a Vulcano e vicino vi pose la propria statua avendovi inciso le proprie imprese in lettere gre 3 · Fece una terza guerra contro la città che allora era la più che. potente della stirpe etrusca, chiamata Veio, che dista da Roma cir ca cento stadi, si trova su una roccia alta e scoscesa ed è grande quanto Atene. I Veienti presero come pretesto per la guerra la di struzione di Fidene, e avendo inviato ambasciatori intimarono a Roma di ritirare la guarnigione dalla città e di restituire ai proprie tari precedenti la terra che avevano occupato togliendola ai Fide nati. Poiché non ottennero alcun risultato, mossisi con un grande esercito posero l'accampamento vicino a Fidene in un luogo ben 4· Avendo saputo in anticipo della loro uscita, Romolo visibile. si mosse con l'esercito migliore e restò pronto nella città di Fidene. Quando tutto fu predisposto per lo scontro, i due eserciti, schiera lisi sul campo, combatterono e continuarono a lottare a lungo con ardore, finché la notte, sorprendendoli, li divise mentre combat 5 5 , 1 . Ini tevano alla pari. Così combatterono questa battaglia. ziata un'altra battaglia dopo poco tempo, i Romani vinsero grazie all'abilità del loro capo, che di notte occupò un'altura non molto
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