Introduzione al Nuovo Testamento. L'annuncio del Vangelo [Vol. 2] 882630176X, 9788826301761


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Italian Pages 296 [298] Year 1984

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Introduzione al Nuovo Testamento. L'annuncio del Vangelo [Vol. 2]
 882630176X, 9788826301761

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la nuova introduzione al Nuovo Testamento

si colloca all'interno di una ricerca biblica seria già sperimentata i cui risultati si fanno sentire anche nell'ambiente italiano.

Il merito di questo lavoro è quello di indicare senza facili trionfalismi anche ai non esperti alcuni risultati già assodati. Inoltre la ricostruzione storica dell'Indagine fa vedere la continuità e lo sviluppo rispetto al passato. In ogni caso è estremamente fecondo e pregevole il metodo seguito: non la difesa a oltranza di tesi preconcette. ma l'esposizione critica e attenta degli argomenti a sostegno delle ipotesi che tentano di spiegare l dati di fatto. Questa onestà Intellettuale o riserva scientifica può dare al lettore desideroso di formule chiare e sicure l'impressione di muoversi In un terreno mobile dove non si sa che cosa tenere o lasciare. Ma la lettura attenta del testo offre l'occasione di apprendere un metodo di accostamento ai testi biblici che si rivelerà fecondo. La solidità della adesione di fede ha tutto da guadagnare dalla chiarezza e onestà nell'affrontare i problemi di critica letteraria e storica che sono la porta d'ingresso obbligata per una lettura adulta della Bibbia (dall'introduzione di Rinaldo Fabris).



ISBN 88-263·0176-X

Autori vari INTRODUZIONE AL NUOVO TESTAMENTO edizione italiana a cura di Rinaldo Fabris

J. Carmignac- J. Giblet- P. Grelot - R. Le Déaut- A. Ch. Perrot . Agli inizi dell'era cristiana Il mondo greco-romano e i giudei al tempo di Gesù pagg. 256 - L. 32.000

®

X. Léon-Dufour - Ch. Perrot L'annuncio del Vangelo l si n ottici e gli Atti pagg. 288- L. 32.000

@

J.-M. Cambiar- J. Cantinat - M. Carrez Le lettere apostoliche L'opera di Paolo e altre lettere pagg. 328- L. 32.000

@

M.E. Boismard- E. Cothenet La tradizione E�iovannea Scritti di san Gtovanni pagg. 328 - L. 32.000

-

Ch. Perrot- A. Vanhoye

@ P. Grelot- G. Bigaré

·

Il compimento delle scritture La formazione e la tradizione del Nuovo Testamento pagg. 232- L. 32.000

® Pierre Grelot

Vangeli e storia pagg. 320- L. 32.000

® Pierre Grelot

Le parole di Gesù Cristo pagg. 336- L. 32.000

@ Pierre Grelot

Omelie sulla scrittura all'epoca apostolica pagg. 288- L. 32.000

® Pierre Grelot

La liturgia nel Nuovo Testamento pagg. 352 - L. 32.000

Paul

edizione italiana a cura di Rinaldo Fabris sotto la direzione· di Augustin George e Pierre Grelot

introduzione al nuovo testamento volume secondo l'annuncio del vangelo quarta edizione

boria

Ti to lo originale:

lnt roduction critique au Nouveau Testament Vol. II L'annonce de l'Evangile

© Desclée, Parigi 1976 ©

Edizioni Boria

Via delle Fornaci, 50

-

00165 Roma

Traduzione italiana di Antonia Mastrandrea e Bruno Uverani

ISBN 88-263-0176-X

elenco delle abbreviazioni

LIBRI DEllA. BIBBIA

Ab Abd

Ag Am

Abacuc Abd ia Aggco Amos Apocalisse A tti degl i A po stol i

Ap At Baruc Bar Le t tera ai colossesi Col 1 c 2 Cor Le t tere ai co rin ti ( 1 e 2) J e2Cr Cronache ( t• e � libro)

Ct Dn Dt Eb

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Es Es d Est Ez Fil Fm Gal

Gb Gc Gd Gdc Gdt

Geo Gcr

Gio Gl Gs Gv

Cantico dei cantici Daniele

Deuteronomio Lettera agli ebrei Lettera agli efcsini Esodo Esdra

Ester Ezechiele Lettera ai filippesi Le t t era a Filemone Lettera ai galati Giobbe Le t tera di Giacomo Lettera di Giuda Giudici Giuditta Genesi Geremia

Giona G ioele Giosuè Vangelo di Giovanni

l.2 e 3 Gv Le t t ere di Giovanni

(13, 2a e Ja)

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Isaia Lamentazioni Vangelo di Luca

1 e2 Mac Mc Mie MI Mt Na Ne Nm Os Pr J e2 Pt

Maccabei (1° e 2> (Ench. 457). Ma il genere storico - e qui si caratterizza l'atteggiamento contemporaneo può avere diversi aspetti. C'è sì una effe t tiva percezione del fatto, ma secondo un genere che dipende dal « conte­ sto » in cui i l fatto stesso è stato percepito e il suo rac­ conto trasmesso. « Lo stile preesiste all 'at tivi tà perso nale di un determina to archi tetto e lo spirito più > 9• Per quanto oggi · un agnosticismo così radicale non sia affatto condiviso dai critici più avanzati 10, il credente non specialista rischia di essere turbato di fronte a simili affermazioni e di isti tuire contro il metodo u n processo alle i ntenzioni. Ma sarebbe un errore. La chiesa non ha temuto nell 'enciclica Divino atflante di impegnarsi con autori tà per applicare ai vangeli i principi elaborati. La Let tera della Commissione biblica del 1 4 maggio 1964 e la Cos tituzione Dei Verbum del Concilio Vaticano n hanno dichiarato, fra l 'altro, che si deve tener conto della formazione progressiva che i vangeli hanno conosciuto se si vuole rispettarne il senso 11• Gli esegeti sono inco­ raggiati a utilizzare il m etodo letterario e sociologico dell 'interpretazione dei testi evangelici. Con fiducia e . senza presunzione essi cercano di det erminare non sol­ tanto il senso im _m ediato dei vangeli , ma la loro prei­ storia. A questo punto i vangeli sono accessibili alla scienza nel la storia della chiesa nascen te, senza cessare per questo di essere compresi dalla fede in seno alla chiesa attuale.

9 R. BULTMANN, Gesù, trad. it., B rescia 1972. IO Cosl G. BoRNKAMM, Gesù di Nazaret, trad. it., Torino 1968, o E. KASEMANN, « Le problème du Jésus historique • {1954), tra d.

fr., Essais exégétiques. Neuchatel 1972, p. 145-173. Il Testi in La documentation Catholique 61 (1964), col . 711-718 e 63 ( 1966). col. 1-15. Cfr. La révélation divine, 2 vol., ed. B. D. DuPUY, commentari di J. FEINER, H. DE LUBAC, C. MOELLER, P. GRELOT, L AtoNso-ScHOKEL, X. LÉoN-DUFOUR, A. GRILLMEIER, R. ScufJTZ, M. Tnu­ JtiAN, J. L. LEuaA, E. ScHLINK, K. BARTH, A. SCRIMA, A. KNIAZEFF, coli. « Unam Sanctam • 70, Paris 1968.

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IV L'atteggiamento ermeneutico

Dalla prima edizione di questa l ntroduzione emerge un nuovo atteggiamento di fronte ai testi che tende a in­ tegrare i precedenti . Lo caratterizziamo con una parola che oggi ha acquisito un senso preciso: non semplice­ mente la teoria della spiegazione, ma l'in terpretazione in atto che vuole comprendere e riesprimere il testo oggi. Sia l 'enciclica che le lettere della Commissione b iblica e la Costi tuzione del Vaticano II si collocano nella prospet� tiva di u n'evoluzione storica delle tradizioni condividendo con il loro tempo una concezione della storia che si è andata modificando. Inoltre si preoccupano quasi esclu� sivamente di sapere « quello che l'autore ha voluto dire ». Autore, genesi del testo, conoscenza storica sono i temi che oggi di nuovo vengono studiati, rimet tendo sul tap­ peto la questione della natura dell 'esegesi. � quanto l'enciclica Divino afflante aveva previsto: « Rimangono molti p un ti ... nella cui discussione ed esplicazione la penetrazione e il talento degli esegeti cattolici possono e devono avere libero corso » ( § 42 ). LEGGERE IL TESTO. Per Pio XII la lettura del testo non deve essere condizionata dall'esterno da preoccupazioni di ordine apologetico o sistematico; deve essere invece fondata òbiet tivamente sulla conoscenza del suo autore. L'ideale proposto consiste nell'identificarsi con il mondo semitico , nell 'abolire la distanza che separa l'interprete dall'epoca di cui si parla nei testi sacri . Questi testi ven� gono esaminati come oggetti perfettamente isolabili, da delimitare nella maniera migliore per avvicinarsene il più possibile. Questa concezione del lavoro dello storico è ancora abbastanza v icina al « positivismo storico ,. del xx secolo, che in Francia era stato volgarizzato dal ma­ nuale di Langlois-Seignobos : soggetto conoscente e og­ getto conosciuto coesistono l'uno di fronte all 'altro. Il · primo è invitato a spogliarsi delle sue pre t ese, a divenire in qualche modo « neutrale » e « imparziale », senza tut­ tavia abdicare alla pretesa di essere giudice del reale; quanto all'oggetto conosciu to, esso preesiste all 'atto pro-

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prio del conoscere, così come il tavolo su cui si trova questo l ibro esiste sotto i miei occhi. Oggi una simile teoria della conoscenza s torica viene messa in questione. Non sarebbe difficile dimostrare che essa non ha niente a ·che vedere con la concezione di san Tommaso, secondo cui soggetto conoscente e oggetto conosciuto non esistono se non in virtù della relazione che li unisce. Ma vi si aggiunge un elemento importante dovuto al metodo s tesso deiJa storia come scienza. At­ tualmente, in particolare sulla scia dei lavori di Ray­ mond Aron , di H . l. Marrou, di H. G. Gadamer o di P. Ricoeur, occorre instaurare una critica più radicale del sogge t to conoscente. Ques ti non è né può essere un giu­ dice comple tamente obiett ivo. Per quan to si dia da fare, deve in ogn i caso avere coscienza di essere condizionato dal suo tempo, dalla sua fede o dalla sua mancanza d i fede, d a l suo ambiente, dalla sua cul tura. Lungi dal pre­ tendere di abol irla, deve assumere e rispettare la distanza che lo separa dall'epoca del testo. Per lui non si tratta più soltanto di pronunciare un giudizio di ordine storico, ma di sapere chi lo pronuncia 12• Riserviamo a un prossimo capitolo il problema della co­ noscenza st orica di Gesù di Nazaret 13, qui ci limitiamo a indicare le conseguenze di ordine metodologico nella let­ tura del testo evangelico. I l metodo chiamato storico­ critico, che cerca di ricostru i re la genesi storica di un testo, lo considera sotto un unico aspetto : quel lo del la sua trasmissione, del suo d ivenire, ovvero, per usare una parola tecnica della l ingui stica, sot to l 'aspetto della « diacronia » ( evoluzione dei fatt i linguistici nel tempo ). Anche per i testi si procederebbe grosso modo come nel Theologisches Worterbuch del Kittel che esaminava i termini biblici nel loro semplic è divenire. Ora, come ha ricordato J a mes Barr 14, le parole appartengono a un siste m a di relazioni , al linguaggio che in una certa epoca cos t i tuisce un tutto; questo aspet to viene chiamato la « sincronia » ( insi eme di fatti linguistici considerati come facenti parte di un sistema in un momento determinato Jl Cfr. X. UoN-DUFOUR, �tudes d'Evangile, Paris

1965, pp . 20-29. Cfr. sotto pp. 202·224. lo& J. BARR, Semantica del linguaggio biblico ( 1962), trad. i t . Bo­ u

logna 26

1 968.

dello svi lup po di una li ngua ). l seguaci della Fon11ge­ schichte han ri o sent ito la necessità di una simile stra t i li­ cazione orizzontale qua ndo hanno elabora to la Reda k ­ t ionsgeschicll t e c he rimette al suo posto l ' « autore » nel s e n so let terario de l term i n e . Veniamo co"sì indotti a leg­ gere il testo non soltanto a partire dalla sua storia, ma per quello che è in se stesso. In questo consis te uno degli apporti maggiori dei recen ti saggi di l i ngu is t ic a a p­ p licata alla lettura della Sacra Scrittura. I n ques to mo­ do i l testo viene esaminato nelle relazioni interne che i su o i diversi elemen ti presentano; · a partire da ques t i s i cerca la relativa funzione, si precisano i rispettivi si­ gn i fi c a t i . L'interesse si sposta gradualmente dalla considerazione dell 'autore a que lla del testo nella sua nudità. Senza du b­ bio l 'esegeta ha molto da apprende re dal rigore con il qua le i sosteni tori del l'« analisi struttura le )) cercano d i evi tare i pressapochismi del me todo lettera rio class ico H. Vi sono però d ue scogli principali da evi tare . I l pri mo consiste nell'abu so di ques ti nuovi metodi al di là del le loro capacità ; co s ì , a forza di esal tare la « sincron i a )) , c'è il pe ricolo di minim izzare l 'apporto dei metodi che ut i l iz za ­ no la « d iacron ia )) ; o anco ra , per motivi di ord i n e fi losotìco. s i rischia di con siderare irraggiungi b i le i l senso del testo . I l s e c o nd o rischio inco mbe su c h i assolutizza i l metodo . I n fa t t i l 'analisi è in grado di de termi nare le re lazioni i n t er n e a u n tes t o de l i m i t a to , n e l l 'u n i ve rso ch i uso dci segn i ; c os ì i l l i n gua ggio diven ta ogge t to del l 'i n dagi ne scien t i fica. Ora , co1ne ha d e t to gi usta men te Ricoeu r, « i l l i n g ua gg i o è d es t i n a t o a morire come ogge t to )) 111, c u i noi agg i u ngia m o : « sa l vo a risusci tare come linguaggio )) , pe r­ ché i n de fi n i tiva la pa rol a s i es p r i me sempre in un lin· gua ggio. La tota l i tà dell 'esperienza l inguistica non può l i m i tarsi a r icon os c ere i l s istema : > ( 1 , l ) a manifestarsi a par­ tire da Giovanni Bat tista per continuare in Gesù di Na­ zaret 20• Le tappe della rivelazione Secolldo Mc Gesù rivela il mistero della sua persona in due tempi principali : c'è un tempo per il segreto e un tempo per la piena luce ( 4, 2 1 -22 ). Non bisogna quindi semplificare i dati letterari riconducendoli a ciò che si chiama il segreto messianico ; c'è un segreto che Gesù man tiene volu tamente, ma esso viene rivelato già prima della fine della vita pubblica, più precisamente dal mo­ nlen t o della professione di fede di Pietro che conclude la prima parte del vangelo 2 1 . ·

Ili Cfr. L. CERFAUX, La connaissance des secrets du royaume d'après Mt 13, 11 e par. », NTS 2 ( 1955·56) , pp. 238·249. R. E. BROWN, The Semitic Background of the Term c Mystery • in the N.T., Philadelphia 1968 (cfr. CBQ, 1 958-59) . 19 Cfr. L. CERFAUX, c "L'aveuglemen t d'esprit" dans l'évangile de sai n t Mare » ( 1 946) in R ecu eil ... t. 2, pp. 3-15. - J. GNILKA, Die l'erstockung lsraels. Jsaias 6, 9-10 in der Theologie der Synopt iker, Miinchen 1 961 . � 1. DaoRME, Aspects doctrinaux du second évangile ETL 43 1 1 967) , pp. 79-84. 11 Cfr. G. MI NETTE DE Till.ESSE, Le secret messianique ... ( 1968) .e J . DELORME, c Aspects doctrinaux . . . •, ETL 1967, p. 92. •



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I DATI LETTERARI. Nella prima tappa Gesù si rifiuta di far trasparire la gloria che irraggia da lui a t t raverso i m i ­ racoli. Così egli impone ai demoni ( l , 34 ; 3 , 1 2 ), a i mira­ colati ( 1 , 44; 5 , 43 ; 7, 36; 8, 26 ), e agli s tessi discepoli ( 8, 30) il s i lenzio, anche se quest i ges t i sono avvenuti in pub­ blico. � una prospettiva propria a Mc perché, tranne quest 'ultimo testo ( che Le ignora ) Mt non offre paralleli ( M t 9, 30 è proprio ). B isogna notare inoltre che l 'i ngiu n­ zione a mantenere il segreto di solito non ha effetto. I n­ dipendentemente dal fatto di sapere se Gesù abbia agito effettivamente in quest a man iera, è certo che Mc ha reso sistematico questo suo comportamento: Dal momento della profess ione messianica di Pietro ( 8 , 2 9 ) Gesù f a traspari re i l m is tero della sua persona. Dap­ p rima limita il segreto al tempo prepasquale ( M c 9, 9 ): poi si fa acclamare figlio d i Davide ( 1 0 , 47-52; 1 1 , 9 ; 12. 1 2 ) e parla apertamen te di messia (9 , 4 1 ; 1 2 , 35-57 ; 1 3 , 2 1 : 1 4, 6 1 ; 1 5, 2 .9.32 ). La maggior parte di questi passi sono · dovuti alla _ penna di Mc e caratterizzano perciò la sua prospetti va. INTERPRETAZIONE DEI DATI. Ques t i dati vengono interpre­ tati in vari modi . Al l ' inizio del secolo Wrede non ha riconosciuto il secondo aspetto della teologia di Mc e ha così visto nel « segre to messianico >> un'invenzion� del la chiesa primitiva per spiegare la discordanza tra i l cul to del Signore risusci ta to e i ricordi di quello che e ra avvenuto : bisognava d i mos trare che Gesù aveva previsto tutto. In questo stesso senso Dibe1 i us parla di apolo­ getica della comunità primitiva , preoccupa t a di gius tifi ­ care il carattere umile della vita d i Gesù. H . J . Ebel i n g riduce i dati a un rivestimento letterario, mentre l 'inter� pretazione tradizionale con tinua a vedervi soltanto un riflesso della « pedagogi a >> d i Gesù : per non spi ngere i giudei a una interpretazione carnale del messianisn1o, Gesù, nella sua ben evolenza, non ha voluto abbagl iare i suoi contemporanei con una rivelazione diretta dell a sua divin i tà. Ques t'u ltima spiegazione conserva una parte d i verità, ma passa direttamente dalla teologia d i Mc a l pensiero stesso di Gesù. Non è qui il luogo di precisare qual è il pens iero s torico d i Gesù, ma solo d i determinare l a prospe tth·a di Mc. Secondo questa bisogna ricostruire l 'itinerario d i 50

Gesù di fronte ai giudei alla l uce della pasqua. La gloria diyin a che tende a manifestarsi attraverso i miracoli e gli esorcism i di Gesù deve essere in qualche modo contenuta, smorzata fi n tan toché non si potrà considerare il disegno di Dio nella sua totalità, fi n ta ntoché cioè i l m i stero del figlio del l'uomo, che prima di risuscitare deve soffrire e morire, non potrà essere proclamato in tutta ]a sua luce . La rivelazione del mis tero di Gesù avverrà dunque per tappe : la messiani tà e la filiazione d ivina ver­ ran no proclamate soltanto insieme alla sorte del figlio dell'uomo. La

ri ve la z i on e del mistero di Gesù

Quegl i che i di scepol i i nterpellano solitamente come m a e­ suo n ome Gesù ( 8 1 volte ), mai Cristo Gesù , una volta sola Gesù Cristo ( l , l ). La parola Cristo non si trova mai sulla bocca di Gesù e deve re­ stare segre ta ( 8, 29). I t i toli di profe ta ( 6, 1 5 ; 8, 28 ), di figlio di Da vide ( 1 0, 47-4 8 ) e di signore ( 1 1 , 3, al posto giu­ sto, e 7, 28) sono eccezionali; quello di figl io di Maria è sorpren den te ( 6, 3 ). Non è possibile ricavare da quest 'uso un'in tenzione di Mc. Diverso è il di scorso per i t itoli figlio di Dio e figlio dell 'uo1no, la cui presenza è riscontrabile in tutta l'opera . .

s t ro, Mc Jo chiama col

GES Ù, FIGLIO DI DIO. Fin dalla prima frase il libro spe­ cifica lo scopo di Mc : « I nizio del vangelo di Gesù Cri­ sto, figlio di Dio » . Ecco come Gesù Cristo, colui che pro­ fessiamo nella nostra fede pasquale, ha mos trato di essere il figlio di Dio. Alcun i manoscrit ti non portano queste ultime parole, ma vi sono buone ragioni di critica te­ s tuale che autorizzano a mantenerle. A differenza di Mt che abbonda con l'appellativo di figlio t/i Dio, Mc ne riserva gli effetti, verosimi lmente perché si tratta per lui di un ti tolo teologico. Oltre al la profes­ sione del figl io di Dio da parte dei demoni in un rac­ con to ( 5, 7 ) e in un sommario ( 3 , 1 1 ), respressione si trova nei moment i cul minanti del vangelo : attraverso la voce di Dio nel battesimo ( l , 1 1 ) e nella trasfigurazione (9, 7 ), e infine sulla bocca del centurione che, a nome dei pagan i, proclama la fede in Gesù : « Veramente quest'uo51

mo era figlio di Dio » ( 15, 39). A questi dati manifes t i si può ricollegare l a domanda del sommo sacerdote a l momento d e l processo di Gesù : « Sei tu i l messia, i l figlio di Dio benedetto ? » ( 1 4, 6 1 ); su i le labbra del sommo sacerdote « figlio del Dio benedetto » equivale certamente a « messia »; ma nella prospettiva di fede in cui Mc re· dige il suo vangelo, dobbiamo leggervi di più, e precisa­ mente il titolo cristiano di « figlio di Dio ». Ques to ti­ tolo viene proclamato nel momen to i n cui è tolto il se· greto; diverso è il discorso per i passi in cui Gesù si definisce il figlio ( 1 2, 6; 1 3 , 32 ), qui infatti, in un conte­ sto di passione o di gloria, Gesù annuncia in maniera velata il mistero del figlio di Dio, oggetto della fede cri s t iana. GESÙ, FIG LIO DELL ' UOMO. Di solito, quando parla di s e stesso, Gesù si definisce « figlio dell'uomo », titolo che non comporta alcuna ingiunzione di tacere. All'origine dell 'espressione si trovano due tradizioni : l'una derh·a da Ezechiele che stabilisce una equivalenza fra l 'ebraico ben·adam ( = bar 'enasha ): « figlio dell'uomo » e i l pro. nome personale ( Sal 8, 5; Ez 2, l ; Eb 2, 6); l'altra di tipo apocalit tico è ben rappr:esentata da Daniele ( Dn 7, 1 3 : cfr. A p l , 1 3 ; 14, 1 4 ). Secon do Daniele « uno, simile a un figlio dell'uomo » , che rappresenta il « popolo dei santi del l'Ahissimo », sale dalla terra con le nubi del cielo e s 'avanza verso il trono del vegliardo per ricevervi l 'inve­ stitura. Nell 'apocalisse sinott ica e nella scena della com parsa da­ van ti al sincdrio il senso di Daniele è evidente, anche se il vangelo precisa che si t ra t t a di un i ndivi duo che i nl­ persona il popolo e che viene con le nuvole e çhe sarà esaltato e siederà alla destra della potenza di Dio ( 14, 62 ). o an cora che viene nelle nubi e discende per compiere il giudizio ( l3 , 26 ). In quest'ultimo caso i l figlio dell'uon1o possiede at tributi che oltrepassano quelli del messia : proviene infatti dal mondo divino trascendente. I n al tri casi l 'espressione messa sulla bocca di Gesù pot rebbe corrispondere al prono me personale, come in Ezechiele ( Mc 8, 31 ) . Equivarrebbe all'« uomo che io so­ no )) c avrebbe lo scopo di attirare l 'attenzione alla s u a persona senza assumere apertamen te e quasi in mani era ufficiale il titolo di Messia. La maggior parte dei critici 52

preferisce tuttavia riferire l'espressione, anche al di fuori del con testo danielico, alla tradizione apocalittica. La difficoltà deriva dal fatto che il personaggio di cui si parla nelle Parabole di Enoc appare soltanto in un testo che non risale sicuramente a prima della fine del I sec. d.C. 22 • Ma, indipendentemente dall'esistenza del « titolo » al tempo di Gesù e d i Mc, la tradizione danielica è suffi­ ciente a collocare le parole di Gesù: questi, fin dal mo­ mento della sua presenza sulla terra, esercita la funzione di giudice (2, 10.28 ) e annuncia con quest 'espressione la gloria che gli verrà attribuita attraverso le sofferenze che prima deve sopportare (8, 3 1 ; 10, 33.45 ). La b uona novella riportata da Mc è dunque la rivelazione progressiva del mistero di Gesù. Fin dal momento i'n cui un gruppo di discepoli ha riconosciuto in lui il Cristo, appellativo popolare e degradato di colui che do­ veva venire, Gesù si dà a rivelare il cammino del figlio dell'uomo che deve pervenire alla gloria attraverso la croce ( 8, 3 1 ; 9, 1 2 .3 1 ; l O, 33.45 ). Il vangelo di Mc, redat to alla luce della pasqua, vuole spingere il lettore verso la fede pasquale; in questo senso col loca il lettore in un contesto prepasquale per condurlo fino alla fede nel figlio di Dio. IV Il vangelo di Marco e la storia

t=. possibile risalire agli avvenimenti in sé attraverso la teologia di Mc? In altre parole, Mc è fedele alla storia ? t=. ques ta la domanda dei moderni di fronte a uno scritto che non cela la propria prospettiva di fede. Si può forse rispondere a due diversi livelli di approfondimento. Valu tazione indiretta

Mc non ha i nteso scrivere una biografia nel senso moder­ no della parola, ma un vangelo, e cioè ha volu to mostrare come la divinità di Gesù merita la nos tra fede. Perciò i l Cfr. Agli inizi dell'era cristiana, p . 1 1 1 : la data delle Para bole di Enoc è controversa.

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cri terio val utativo non può essere quello della verosiml­ gl ia nza umana o psicologica : sarebbe sot tomet tere, alla maniera di Strauss o di Renan , il divi no all'umano. Una opera della fede che si rivol ge alla fede non può venire giudicata dall'esterno. La si può tut tavia valutare in ma· niera indiretta scavando i motivi che hanno potuto pie­ gare la tradizione nel senso della fede cristiana .

\IARCO E l.A TEOLOGIA. Abbiamo visto sopra 23 che la pro. spett iva dottrinale di Mc non è un'invenzione teologica. È tuttavia normale, in una storia religiosa, che gli av­ \'eni menti siano presentati in una determi nata prospet­ tiva . In tal modo questo o quel punto potrà essere siste· matizzato al fine di mettere più in ril ievo un aspetto della tradizione. Cosl per il segreto messiani co o per la teologia del figlio di Dio. Allo stesso modo a lcuni riten­ gono, non a torto , che Mc ha sot tolineato l'aspetto esca­ tologico del messaggio d i Gesù, con la semplice omis­ sione di quelle sentenze che attualizzano l'escatologia fin dal suo momento terreno; rimangono tut tavia parecchi passi a dimostrare che, con trariamente a quan to dice Loisy, il regno di Dio è già operante, ad esempio la pa­ rabola della pazienza del seminatore ( 4, 26-29 ) 24• •

"M ARCO E L'APOLOGETICA. Si può parlare di in tenzione apo. Joge tica in M c , simile a quella di un Senofonte che rac­ con ta in man iera ed ificante la vita di Socrate o a quella del Cron ista che tace con cura certi episodi della vita del re Davide ? Certo Mc vuole mostrare che Gesù Cristo è il figlio di Dio e raggruppa i suoi racconti in ques ta prospettiva. Vuole i nol t re mostrare , anche se in maniera meno sistematica, che Gesù adempie le Scritt ure. Ci sono però numerose notazioni che potrebbero smi­ nuire la figura del maestro di cui egli n arra la storia, no. tazion i di cui si compiacciono gli storici in difficoltà con la fede. Hol tzmann ha raggruppato alcuni di questi par­ ticolari : Gesù gi udicato fuori di sé dai suoi parenti ( 3, 2 1 ), Gesù il carpentiere , il figlio di Maria, di cui si cono23

C fr. sopra pp. 48 ss. Vedere al t ri aspetti nello studio di W. MARXSEN, Der Evangelist t\1a rkus. St udien zur Redaktionsgeschichte des Evangeliums, Got­ tingen 1956 (cfr. RSR, 1958, pp. 239-242) . 24

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scono fratelli e sorelle ( 6, 3 ), il taumaturgo che non ha potuto fare miracoli a Nazaret ( 6, Ss.), il maes tro che non ha voluto farsi chiamare buono ( 1 0 , 18 ), il figlio di Dio che ignora l 'ora del giudizio ( 13, 32 ) e che sembra essere abbandonato dal Padre ( 15, 34 ). A queste difficoltà teologiche si aggiunge la tranquillità con cui vengono menzionati i sentimenti UQ'lani di Gesù, un atteggiamento molto diverso da quello di Mt 25• A parte le debolezze morali, Gesù agisce i n piena confor­ mità con la natura umana. « Egli ne compie gli atti fisici ; mangia, dorme, vede e si volta anche per vedere ( 5 , 32 ), soffre e muore. Ne prova i sentimenti : s'indigna ( 3 , 5), più spesso è compassionevole ( 6, 34; 9, 22 ), dimostra un certo maleon tento ( l O, 1 4 ), una certa ironia malinconica ( 1 4 , 4 1 ) ; sente affetto, potremmo dire quasi simpatia per una p ersona fino a quel momento sconosciuta ( 10, 2 1 ), accarezza fanciulli ( 1 0, 1 6 ); cosa dire poi del profondo attaccamento per i suoi discepoli? Questi sentimenti ve­ nivano dal suo spirito ( 2 , 8 ) o dalla sua anima ( 14, 34 ), capace di sentire la tristezza più estrema e perfino una specie di depressione. La sua volontà è del tutto distinta da quella del Padre ; egli p rega, e chiede che la sofferenza gli venga risparmiata, pur accettando pienamente la vo­ lontà del Padre. La sua conoscenza sembra dipendere dal­ l'esperienza, dal momento che pone domande come fa qualunque persona che voglia informarsi ( 5, 30; 8, 5; 9. 1 6-2 1 ) e tuttavia non è necessario che gli s i ris ponda perché lui sappia ( 9, 33s. ) » 26. M A R CO E LA LITURGIA. � percepibile un 'eco d ella vita cri­ stiana? Certo, si trat ta del d igiuno ( 2 , 20), dell'unzione dei malati ( 6, 1 3 ), della preghiera (9, 29; 1 1 , 24s .), della pra t ica eucaristica, sia al momen to dell'isti tuzione legata alla pasqua ( 1 4, 22-25 ), sia al momento della moltiplica­ zione dei pani ( 6, 4 1 ; 8, 6 e forse 7, 25-30; 8, 1 4-2 1 ). Ma se è possibile che questi ricordi si siano colorati in funzione della congiun tura cris tiana, niente prova che non ri­ salgano in sostanza allo stesso Gesù.

MA RCO

25

26

E

LA

CATECHESI.

Notiamo infine quei motivi cate-

Cfr. pp. 90 s . l..AGRANGE, p. CLI ss.

55

cheti ci che sono ancora perfettamente riconoscibili. Le spiegazioni delle notazioni geografiche ( t , 9; 1 1 , l ) o · delle parole aramaiche ( 3 , 1 7.22; 5, 4 1 ; 7, 1 1 .34; 9, 43 ; 1 0, 46; 14, 36; 1 5 , 22 .34 ) e dei costumi giudaici ( 7 , 2-4 ; 1 5, 42 ); tutto questo è il riflesso di un ambiente. Sono inoltre ricono� scibi li degli insiemi strutturati in funzione dell a cate­ chesi, come le cinque controversie ( 2, 1 -3, 5 ), le parabole ( 4, 1-34 ) o le discussioni sulle tradizioni farisee ( 7, 1-23 ); certi processi mnemotecnici che tengono unite delle sentenze ( 4, 2 1 -25; 8, 34-9, 1 ; 9, 37-50; 1 1 , 23-25 ); la struttura tematica che ingloba i ricordi ( 1 0, 1 -3 1 ). Si tratta di indi­ cazioni di un lavoro presinottico n, la cui responsabilità ricade, al di là di Marco, sulla comunità primitiva. CON CLUS IONE. In conclusione non si può cogliere Mc in

flagrante delitto di trasformazione di materiali ricevuti; il suo valore storico dipende dal valore che attribuiamo alla tradizione primitiva, problema che esamineremo più avanti 28 • Sotto un altro aspetto tuttavia, come già abbia­ mo notato, Mc infiora l 'oggettività con i « tratti mar­ ciani » 29, che verosimilmente risalgono alla persona stessa di Pietro. Taylor li ha esaminati da questo punto di vista distinguendo quei tratti che non possono derivare sol o dalla potenza dell'i mmaginazione ( 1 , 20; 2 , 3.4.23 ; 3, 9; 4 , 36.38; 5 , 3 1 .40; 6, 27.37.39s.48 .53 ... ) e quelli che non s i tro­ vano nei passi dove più evidente è l'impronta di Mc ( 3, 13-19 .21 ; 4, 1 0. 1 2 ; 6, 6-1 3 ; 9, 9-1 3 ; 10, 4 1 -45; 14, 1-2. 1 0s.).

Marco e gli avvenimenti

Dopo averne giustificato da un pun to di vista letterario la s toricità complessiva, ci si può chiedere in che misura Mc rifletta i fatti cosl come si sono verificati, la loro suc­ cessione, ·lo sviluppo del pensiero di Gesù. Quasi sessan­ t 'anni fa K. L. Schmidt pensava di polverizzare il quadro di Mc. Le sue argomentazioni potrebbero aver peso con­ t ro le opere che pretendessero di stabil ire una cronolo­ gia particolareggiata degli avvenimenti. Non è questo però rr Cfr. sopra, pp. 43 s., e sotto pp. 190 s.

28 Cfr. sotto pp. 204-21 1. 29 Cfr. sopra pp. 3 8 s.

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lo scopo di un vangelo che si contenta di tracciare a grand i linee la storia di Gesù. Non è questo il luogo per tracciare queste linee. Il punto più delicato concerne il diverso ordine di Mc rispetto sia al quarto vangelo che a Mt. Lasciando da parte la que­ stione p iù generale della cronologia sinottica diversa da quella di Giovanni ci sarebbe da esaminare chi ha ragione, Mt o Mc, nella successione dei primi capitoli del vangelo ( Mc 1 -6; Mt 3-1 3 ). La differenza più nota sta nell'inversione del discorso di missione e del discorso in parabole. I critici preferiscono di solito Mc per una di­ sistima generale per la composizione di M t e inoltre per la verosimiglianza offerta dall 'economia di Mc. In ogni caso si è lontani dal risolvere la questione e l'ipotesi di una preferenza per l'ordine di Mt può essere sostenuta altret tanto bene, addirittura meglio secondo alcuni . Se qualche risposta non soddisfa pienamente, sareb.be bene forse mantenere l'ipotesi di A. Gaboury 30, secondo cui la tradizione sul ministero di Gesù in Galilea è rimasta allo stato fluido più a lungo che la tradizione relativa al pe­ riodo p recedente e a quello success ivo. Un altro punto delicato riguarda le tappe della rivelazione del mistero cosi come vengono descritte da Mc. Gesù ha voluto lui stesso nascondere il mistero della sua persona, facen dolo apparire solo al momento in cui la prospe tt iva della morte toglieva qualunque poss ibilità di confonderlo con un messianismo carnale ? La risposta a ques ta do. manda non p uò venire che da un esame complessivo della storicità della tradizione sinottica. Nell'attesa poss iamo abbozzare due tipi di argomentazioni più o meno con­ vincenti. Da un punto di vista letterario Mc non è il solo a pre­ sentare l'« economia )) della rivelazione del mistero in due momenti distin ti. Rileviamo per prima cosa l 'esistenza di un testo « · e rratico , di M t che offre u na tradizione spe­ ciale, quella della guarigione dei due ciechi ( M t 9, 27-3 1 ) e che riflette ·l a medesima teologia del « segreto messia­ Dico "'· Per eliminare questo testo si dovrebbe ricorrere a una scappatoia ingiustificata : sostenere che è stato i nventato sul la base di Mc. Occorre poi ampliare il tema . Quel lo che Mc ha così sistematizzato è una convinzione ,

3D Cfr. sotto pp. 169 s. 57

di · tutta la tradizione evangel ica, e cioè che la rivela­ zione divina si muove in un mondo apocalittico, così che l'uomo non è in grado di accoglierla . spon taneamente : l 'uomo non può com prendere Dio, ma è Dio che si dona ali 'uomo. � questa la condizione della rivelazione: Gesù non poteva dire chiaramente chi era p ri ma di avere dimos trato con la sua morte il signi ficato dei suoi t i toli . M t da parte sua ne dà una trasposizione nel tema del « ritiro » del servo ( Mt 1 2, 1 5-2 1 ; 14, 1 - 1 6, 1 2 ). Gv sistema­ lizza la rivelazione in due tempi come fanno i sinottici a proposito della rivelazione in parabole: l 'uomo dappri­ ma non comprende; poi, su domanda dell 'uomo che ri­ corre al rivelatore, Gesù perfeziona la sua rivelazione. Raggiungiamo così un l ivello premarciano : M c ha sempli­ cemente sistematizzato un dato della tradizione. Per coloro che ammettono una relazione di Mc con . Pie­ t ro, la sistematizzazione m arciana potrebbe derivare dal­ J"esperienza di Pietro. Non è sufficiente attribuire a Pietro l'aspetto poco elaborato del secondo vangelo. Fermarsi sui riflessi cangianti dei colori e dei gesti sarebbe ignorare la profond i tà dello sguardo rivolto a Gesù. Dietro gli occhi del la carne si apriva no gli occhi della fede. I l let­ tore assiste a quest'apertu ra degli occhi , viene anzi i nvi­ tato a partecipare a questa genesi della fede . Si com­ prende allora la radicale inintelligenza di colui che non ha pot uto con i suoi occhi di carne vedere il mistero e che , avendo un giorno ricevuto la luce, ha subito manife­ stato la sua incomprensione radicale del mistero del figlio dell 'uomo. Quest o non signi fica affidarsi a una psicologia intempes tiva, ma scoprire il modo con cui Mc ha reso la storia del tempo passato, at tualizzandola per il suo let tore. v L'autore del secondo Vangelo

Non v'è il minimo indizio in Mc che aiuti a scoprire l 'identità dell'autore. di quest'opera, nemmeno l'episodio del giovane che fugge al momento del l 'arresto di Gesù ( Mc 1 4, 5 1 -52 ). Siccome però la t rad izione è unan ime ad attribuirlo a san Marco, i critici sono d 'accordo nel riconoscere il valore di questa tradizione; se si voleva 58

inventare un nome, se ne sarebbe potuto trovare uno più noto .

La testimonianza

di Papia

VALORE DEL TESTI MONE. La testimonianza più an tica è quella di Papia; purtroppo è poco chiara, nta dev 'essere considerata attentamente. Secondo Ireneo Papia era « un uditore di Giovanni, un compagno di Policarpo, un uon1o antico ,,. Queste qualità sono state diversamen te in ter­ pretate. Un uo mo aPtlico non significa necessariamen te « vecchio )); è un uomo che appartiene a una generazione d iversa da quella di Ireneo ( nato nel 1 1 5 ), un uomo · che risale a un 'epoca venerabile; così Clemente chiama « an­ tica )) la chiesa di Cori n to quando non ha più di 45 anni di vita e Ireneo chiama « antichissima >) la chiesa d i Roma n o n per i l motivo della s u a età m a della sua iln­ portanza. Contpagno d i Policarpo : è sicuro che fu ve­ scovo nel suo stesso periodo, cioè verso il 1 00, poiché ques ti venne consacrato dai contemporanei del salvatore ( HE 3 , 36 , 1 ) ; forse è nato come lui verso il 70. Ciò non comporta che sia morto nello stesso periodo di lu i. Quan­ to alla sua qualità di ud i to re di Giovanni, l'apostolo , Eu­ sebio l 'ha contestata e al suo seguito la maggioranza dei critici contemporanei 3 1 • Non bisogna tuttavia diment icare che Eusebio ha le sue ragioni : non si preoccupa forse di rifiutare a Giovan ni la paterni tà dell 'Apocal isse ( H E 7, 35 ) ? Potrebbe dipendere da ques to la sua preoccupazi one di distinguere Giovanni il presbitero da Giovanni I 'apo­ stolo, disti nzione che gli permette di attribuire al primo l'opera che respinge . In ogni modo Papia è u n testimone di tutto rispetto. Non gode tuttavia dei favori di Eusebio che Io dichiara « di spirito mol to corto )), In effetti ha accol to volen tieri le favole millenariste, che anche I re neo ha man tenuto. Ecco quello che dis piaceva al detrattore del l'Apocalisse . Ma questo giud izio si volge a favore di Papia. Perché se Eusebio riporta elogiandole e senza criticarle le tradizioni Jl G. BARDY, « Jean le presbytre » , SD B , t. 4 ( 1949) , col . 843·847 : cfr. M. JoURJON , « Papias », S D B , t. 6 ( 1960) , col . 1 103- 1 1 09 : C . S . PETR IE, NTS 1 4 ( 1 967-68) , p . 1 5-32.

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di Papia concernen ti i vangeli di Mt e di Mc, è perché gli sembrano di gra nde valore ; egli le svi luppa a modo suo oppure le utilizza per spiegare le divergenze fra il testo di M t e quello del la Bibbia (M t 1 3 , 35 e Sal 77, 2, in PG 23, 904; vedi anche PG 22, 94 1 ). Eusebio ha rim­ proverato a Papia di non aver saputo fare un'interpre­ tazione « mi stica », ma lungi dal criticare la sua preoccu­ pazione di risalire alle fonti, cita volentieri il suo « di­ scorso sul metodo •. DELLA TEST IMONIANZA. Di solito questa testimonianza viene fissata intorno agli anni 125/ 1 30. L'unico testo che è favorevole a questa data è quello di Filippo di Side ( verso il 430 ) : Papia avrebbe parlato nella sua opera di persone che , risuscitate dal salvatore, avrebbero vissuto fino ad Adriano ( 1 1 7-1 38). Ma Filippo di Side non ha alcun cre­ dito come storico. Ha potuto attribuire a Papia una tra­ dizione che Eusebio attribuisce a Quadrato (Storia ec­ clesias t ica 4, 3, 2 ). La sua testimonianza sembra dunque insufficiente a stabilire una data degli scritti di Papia. Dopo V. Bartlet la questione è stata rip resa da E. Gut­ wenger 32• Eusebio ha l'abi tudine di precisare quello che conosce di un uomo famoso nel corso del periodo che descrive . Così n el libro 4 poco prima di Giustino viene menzionato da solo Egesippo, di cui ha utilizzato le pa­ rol e nei libri 2 e 3; Egesippo è infatti vissuto in questa epoca . Lo s tesso vale per Policarpo e Quadrato. Ora, per quello che concerne Papia, la sua testimonianza viene già indicata nel libro 2; successivamente la sua opera viene segna lata nel libro 3 in cui sono riportati avve­ nimenti anteriori alla persecuzione di Traiano. Papia sa­ rebbe perciò diventato famoso prima dell 'anno 1 1 0. In­ fine, poiché Eusebio lo cita accanto a Ignazio ( S toria ec­ clesiast ica 3 , 36, 2 ), Papia sembra godere di una reputa­ zione simile a quella di I gn azio, contemporaneo di Cle­ mente (i bi d. 2, 22 ), an teriormente quindi alla fine del I secolo. Non saremo lontani dalla verità se datiamo la ricerca di Papia dal 90 al 1 1 O � la sua opera dal l 00 al 1 1 0 ( tutt al più fino al 1 20). DATA

'

l2 E . GuTWENGER, 385-4 16. 60



Eine chronologische Studie •,

ZKT, . 1947,

pp.

I S TER PRETAZIONE DELLA TESTI MON IANZA. To rn iamo al con­ tenuto del testo di Papia. Vi leggiamo : « � proprio quello che il presbitero era solito dire : '�Marco, che era stato in terprete (ÉplJ."fJVEu-rljç) di Pietro, scrisse con esat­ tezza ma non in ordine ( où 1-f.Év-roL -r&.çEr.) tutto quello che ricordava delle parole o delle azioni del Signore". Perché non aveva né ascoltato né seguito il Signore, ma era stato più tardi, come ho detto, al seguito di Pietro. Questi dava le sue istruzioni tenendo presenti i bisogni ( del momento ) senza però fare una composizione ordinata ( auv-roc�r.c;) degli oracoli del Signore. Marco non ha com­ messo ·così alcun errore a metterne per iscritto alcuni (fvt�) come se 1i ricordava. Infatti non ha avuto che una preoccupazione, quella di non omettere nulla di ciò che aveva sentito e di non dire nulla di falso » . I n questo tes to s i può distinguere la tradizione del pre­ sbitero e il commento di Papia: questi commenta pro­ babilmente a partire dalla seconda frase, a causa dell'in­ ciso P•come ho det to" . Di solito vengono messe in rilievo tre affermazioni : - Marco fu l'interpre te di Pietro, dice il presbi tero. Pa­ pia commenta : segul Pietro e memorizzò le sue istruzioni. - Marco fu fedele nella scrit tura, dice il presbitero. Pa­ pia aggiunge che la sua fedeltà è la stessa d i Pietro. - Marco, dice in fine il presbitero, non scrisse in ordine t u t to l 'ins ieme del vangelo, le parole e i gesti . Papia, a cui interessano soprat tutto le sentenze, ne giustifica con­ tenlporaneamente la parsi monia e i l di sordine at tribuen­ dol i alla maniera di Pietro. Alcuni pun ti sono oggetto di controversia fra i critici . In che cosa consisteva il niOio di in terprete attribuito a Marco ? Solitamente il termine non viene recepito se­ condo il suo senso greco : « ispirato da » Pietro, come si era ispirati dagli dei. Alcuni, seguendo Girolamo ( PL 22 , 1 002 ), assimilano il ruolo di Marco .a quello di u na specie di segretario che ha trasmesso alle generazioni suc­ cessive il vangelo di Pietro; altri ritengono che il termine !pJL1)V&u"t'ijç, . che del resto non viene mai usato per desi­ gnare i rapporti di Luca e di Paolo, ha un significato più preciso, equivale cioè a portavoce (cfr. l Cor 14, 28 ). Marco sarebbe stato perciò colui che ri peteva le parole di Pie­ t ro. Questi infatti non padroneggiava certamente il greco,

61

come si deduce dal fatto che Silvano è presentato qua le redattore d ella prima lettera di Pietro 33• Altro pun to controverso è l ' o rd ine, la 't'ci��ç che in Mc manca. In questo d i solito si vede un dife tto non nella successi one deg l i avvenimenti ma nella c omposizione del vangelo; Mc verrebbe · così a essere contrapposto a M t o Gv. Altri (J. Do novan per esem p io ) pensano che où lJ.éV't''J� -rciçE� s ignificherebbe « non verba tim » come nel greco popo lare ; Mc verrebbe all o ra scaricato dall'accusa di non a vere riporta to tutto i ntegralmente. In ogni modo la testimoni a nza d i Papia di most ra che dall 'i n izio del I I se c olo il secondo vangel o veniva att ri bu i to a un personaggi o d i seco nd o pian o , fatto strario che non ha p o t u to venire i nventato per il p iacere di diminuire l 'autorità di questo vangelo. ­

Le altre testimonia n ze tradizionali 34 Dopo Pa p i a, verso i1 1 50 , Giust irto non fa il no me d i Marco, m a attribuisce alle « Metnorie d i Pietro » u n par· ticolare che è ri portato solo d a Mc in 3 , 1 7 = il ti tolo d i Boanerg h es dato ai fig l i d i Zebedco ( Dia/. 1 06 ). I critici ri t engo no p riva d i fon da1nen to l 'ipotesi c h e voleva iden­ tificare ques te Memorie di Pietro co n l 'a poc r i fo in titolato « Vangelo d i Pietr o » 35 . Ireneo ( t 202 ) dichiara : « Dopo la loro ano rtc ( d i P i e t ro e di Paolo ) Marco , d iscepolo e i n terp rete di P i e t ro ci ha tras messo anche lui per iscri t t o q u c l lo c he P i e t ro ave\ a pre d icato » ( Adv. Haer. 3, l , 1 ). Terr u l/ia no < t 22 0 ) pa rla anche di Marco « i nte r p rc s Pe t ri ,, ( A d v ersus Ma rcio n en 1 . 4, 5 = PL 2, 396 ) . Clen 1 e 11 t e d 'Al essaJ-1 d r;a ( t 2 t 5 ) a flt!nna che Marco ha scri t to segue ndo P i e t ro c , corne n o t azione per so na le , durante la sua vita ( E useb io. S t o r ia e c:cle· sias tica, 2 , 1 5 , 2; 6, 1 4 , 6 ). O ri�e1u! > che cercano il maestro ( l , 36 ). Inol­ tre Pietro interviene a proposito del fico maledetto ( I l , 2 1 ) e del discorso escatologico ( 1 3, 3 ) e ha una menzione speciale nel messaggio dell 'angelo alle pie donne ( 16, 7 ). Ma gli altri due vangeli presentano entrambi particolari simili, spesso più accentuati. Ugualmente si sot tolinea - ma si tratta di sfumature di cui non si dovrebbe tener troppo conto - che Mc omette quello che tende a valorizzare Pietro : camm inare sulle acque , il primato di Pietro, il tributo pagato al tempio, mentre arricchisce di particolari quello che gli è sfa­ vorevole ( 8, 3 3 ; 9, 5; 1 4, 29-3 1 .66s.).

VI Destinatari, luoghi e �ate Il luogo e i dest inatari

Il secondo vangelo è stato scri tto chiaramente per dei l7 V. TAYLOR, The Gospel according to St. Mark, p. 82. Cfr. sopra pp. 32-40.

li

64

cristiani di orrgrne non giudaica e che non vivevano in Palest ina. Infatti non vi troviamo nulla sulla legge e

sul suo rapporto con la nuova alleanza ( cfr. M t 5, 17-19; 1 0, 5 ; 1 9, 9), poco sull'adempimento delle profezie ( cita­ zioni di Gesù : 7, 6; 9, 12; 1 0, 4 s.; 1 1 , 17; 12, 10.24; 14, 2 1 .27; di Marco: l , 2s.; 1 4, 49; 1 5 , 28 ?), sugli attacchi di Gesù contro gli scribi ( 12, 38-40 ). Mc si preoccupa invece di spiegare i costumi giudaici (7, 3s.; 14, 1 2 ; 1 5, 42 ), di tra­ durre le parole aramaiche, di fornire precisazioni geo­ grafiche ( l , 5 .9; 5, l ; 1 1 , 1 ), di sottolineare il significato del vangelo per i pagani ( 7, 27; 1 0, 1 2 ; 1 1 , 1 7 ; 13, 1 0 ). Su questi punti il confronto fra Mc e Mt è istruttivo 39• Secondo Clemente d'Alessandria, Girolamo, Eusebio ed Efrem Mc ha scritto il suo vangelo a Roma. Crisostomo propende per Alessandria, ma sembra che si tratti di una interpretazione erronea della tradizione di Eusebio sulla predicazione di Marco ad Alessandria. Le notazioni che nel vangelo sono riferite ai destinatari riguardano ap­ punto una comunità romana. I numerosi la tin ismi ne sono una prova specifica. In due riprese Mc dà la spiega­ zione delle parole greche con delle costruzioni latine : Àt7t-rtÌ òuo, 6 èa-rtv xoòp «v'"J c; lxtr.v ( 5 , 23 ) e altre ( 3, 6; 5, 43 ; 1 1 , 32 ; 1 4,64.65 ; 1 5, 1 5 . 1 9 ). Tuttavia alcuni autori pensano talvolta che il luogo della composizione sia A n t iochia sulla base delle seguenti ragioni : la tradizione di Papia che è localizzata in Oriente, i rapporti di Pietro con Antiochia, la menzione di Simone il cireneo ( 1 5 , 2 1 ; cfr. A t 1 1 , 20; 13, l ), le parole aramaiche, Antiochia centro di cultura romana ... Queste argomen­ tazioni tuttavia non si impongono. La data Per quanto concerne la data della composizione la tradi­ zi one non è unanime. Secondo Ireneo e probabilmente il B

Cfr. sotto pp. W s. 65

presbitero di cui parla Papia (Ép(Ll)V&u�c; yevo�J.e:voc;) Mar­ co scrisse dopo la morte di Pietro; secondo Clemente d'Alessandria durante la vita di Pietro. Le differenze fra le tradizioni attribuite da Eusebio a Clemente fanno so­ spet tare uno svi lupP.o della tradizione ( cfr. Storia eccl. 6, 1 4,7 e 2, 1 5 , 2 ) ; Marco - dice Papia - ha scri tto sulla base dei suoi ricordi ciò che Pietro aveva insegnato, per cui i padri di Alessandria sostengono che Pietro abbia conosciuto il suo tentativo e, secondo l 'aggiunta di Eu­ sebio, addirittura controfirmato l'opera. Di sicuro sap­ piamo che n�lle liste canon iche Mc viene nominato come il secon do ( lreneo, Canone di Muratori, Origene, Epifania, Girolamo ). La critica interna precisa: prima dell'anno 70, data della distruzione di Gerusalemme ; infatti in questo vangelo non c'è alcuna allusione a questa distruzione, neanche in 1 3 , 1 0 . L'opinione maggiormente accolta dai critici fissa la data fra il 65 e il 70. Alcuni la collocano prima del 63 per il motivo che Le avrebbe scritto in questa data; si sforzano allora di distruggere il valore della tradizione di I reneo. Ma quest'opinione si basa soltanto sulla data che viene attribuita ai · vangelo di Luca. Vedremo p iù avanti che la questione si pone in tutt 'altri termini .

Appendice : La finale di Marco La tradizione manoscrit ta Gli ultimi versetti del vangelo ( 1 6, 9-20 ) non sembra fa­ cessero parte in origine del secondo vangelo. V iene cosl messa in questione la loro autenticità, non però la loro canonicità. La finale canonica è attestata : - dall 'insieme dei codici greci CL L133 D l:E047W 0 A; - da certe versioni : vl ( eccetto k ) vg syr ( eccetto sin ) sa bo aeth go arm ( i manoscritti più recenti ) gg; - da vari padri : Giustino ( ? ), Ireneo, Taziano, lppolito, v concilio di Cartagine, Porfirio, Costituzioni apostoliche, Acta Pilati, Afraate, Eznik, Didimo, Agatangelo, Epifa­ nio, Ambrogio, Agostino, Girolamo. 66

Esisteva dunque verso l'anno I SO e anzi forse fin dalla prima metà del n secolo sulla base dell'Epistola aposto­ lorum. L'assenza di finale è attestata : - da certi codici greci : B S L * ; - dalla versione syrs, un manoscritto della versione sa,* i manoscritti più antichi arm gg; - da Eusebio ( PG 22, 937 ) e Girolamo · ( PL 22, 987), se· condo i quali questo è lo stato del testo i n quasi tutti i manoscritti migliori. Una finale più breve si trova : - da sola nel codice Bobbiensis ( k ) del IV/V secolo che porta : « Esse ( le donne ) annunciarono in b reve ai com­ pagni di Pietro tutto quello che era stato loro prescritto. Poi Gesù stesso ( apparve loro e) inviò tramite loro dal­ l'oriente fino all'occidente la proclamazione sacra e incor­ ruttibile della salvezza eterna. Amen ». - Prinza della finale canonica, in tJ1 099 274 579 L' 0 1 12 l 1 602 alcuni manoscritti di co aeth. Risale probabilmente al II secolo ; non se ne conosce la provenienza. Una finale più lunga è inserita fra i versetti 1 4 e 15 della finale canonica: manosc ri tto W ( loghion Freer ) già par­ zialmente conosciuta da Girolamo : « E questi ( i discepoli ) si difendevano dicendo : t'Questo secolo di iniquità e di incredulità è sottoposto alla dominazione di Satana che non permette a chi è sotto il giogo degli spiri ti impuri di accogl iere la verità e la potenza di Dio: rivela dunque fin da ora la tua giustizia-' . � questo che dicevano al Cristo e il Cris to rispose loro : �'La fine degli anni del potere di Satana è compiu ta ; si avvicinano però altre cose terribili. Ed io sono stato destinato alla morte per coloro che hanno peccato perché si convertano e non pecchi no più, perché ereditino la gloria della giustizia, questa gloria spiri tuale e incorruttibile che è nel cielo. Ma andate " •. ....

Conclusione

Mentre le due ultime fi nali vengono rigettate come se­ condarie, la finale canonica è sufficientemente attestata 67

perché la sua autenticità possa essere di fesa validamente . Presenta tuttavia per la critica in terna varie difficoltà. Fra i vv. 8 e 9 esiste una soluzione di continuità. Lo stile poco vivo della finale non è di tipo marciano. Il voca· bolario è poco marciano : 1tp�TYJ , lJ.e-rcì 't'IXUT«, Kupto�. L'in· sieme si presenta come un 'armonizzazione degli altri vangeli : vv. 9- 1 0 : Gv 20, 1 1-18; vv. 1 2- 1 3 : Le 24, 13-35; vv . 1 4- 1 5 : Le 24, 36-49; v. 15: Mt 28, 1 8-20; v. 19: Le 24, 50-53 . Si è quindi spesso concluso che si tratta della più antica « armonia evangelica » che esiste. Questa conclusione è stata molto bene contestata da Jo­ seph Hug in una tesi sostenuta di recente •. Una lunga ricerca gli ha permesso di lnostrare l'originalità e il va­ lore della fi nale di Mc. Si tratta di « un documento della missione cristiana in ambito ellenistico degli inizi o du­ rante il primo terzo del II secolo ... Vuole essere soprat­ tutto un appello pressante e forte ad accogliere la parola cristiana del vangelo e a unirsi al gruppo dei credenti )> . Qualunque teologia del Nuovo Testamento dovrebbe te­ nere conto di questa testimonianza della tradizione im­ mediatamente postapostolica .

.., J. HuG, La finale de l'�vangile de Mare (Mc 16, 9-20}, tesi discussa nel 1974 al la Faculté S .J. de theologie di Paris-Sèvres. 68

cap itolo terzo

il vangelo secondo san Matteo

Il vangelo al primo posto nelle liste canoniche è il van� gelo ecclesias ! ico per eccellenza. � quello più citato fin

dagl i inizi della chiesa da Clemen te ( l Cl 46, 7s. ), da Bar­ naba ( 4, 14 ) da Ignazio (Ad Pol. l , 3 ) dalJa Didachè ( 8, 2 ). Molte al tre sono le dipendenze le tterarie · che appaiono sicure a E. Massaux, ma non tut te sono così sicure come Did. 8, 2 che ha q uattro elementi (digiuno, p reghiera, ip� crisia, pa ter ) ne lla s tessa successione di Mt 6, 5- 1 8. Tut· tavia si respira subi to l'atmosfera del primo vangelo più che quella di Mc o di Le. Dei commen tari scri tti dai padri resta qualche passo di Origene ( PG 1 3, 835-1 800 ), le 90 omelie di Crisostomo ( PG 57 e 58 ), il commentario di Ilario ( PL 9, 9 1 7-1 078 ) quello di Girolamo ( PL 26, 2 1-2 1 8). Fra i commentari più recenti ne citiamo alcun i : J. Knabenbauer si distingue sopra ttutto per la patristica; W. C . Allen considera Mt come un sottoprodotto di Mc tanto che A. Plummer ha ritenuto ne· cessario scrivere anche lui un commento più ricco; M. J . Lagrange resta di utile consultazione; A. Schlatter, del tutto indipendente, è ricco soprattutto di paralleli rab­ binici ; E Lohmeyer mette in r i l ievo l'indi pendenza d i Mt rispetto a Mc; W . Grundmann e E . Schweizer. ,

,

,

..

Composizione letteraria

Passare dal secondo van gelo al primo è un po' come la­ sciare la natura per entrare in una chiesa. Anche qui

come per Mc, conviene considerare la costruzione e la l11 a n iera p ec u l ia ri di Mat teo. L'ordine del va11gelo



SUT U R E. 1 ) Le suture cronolÒgiche non hanno alcuna importanza. A parte i l racconto della passione ri leviamo solo t re notazioni : « venuta la sera » ( 8 , 1 6; 1 4, 1 5 .23 ), « non ... forse ? » l « non ... forse? >> l - non ... forse ? » « da dove a costui ? » « -nella sua patria » l. 5 ) La ripetizione delle stesse formule di cui Mc pre.. senta solo tre casi ( Mc 4, 2 = 12, 38; 6, 20 · 12, 37; 9, 6 = 14, 40) e Le due più sicuri (Le 2, 1 4 = 1 9, 38; 1 6, 8 = 20, 34 ) si presenta in M t una quindicina di vol te mentre è ignorata dai testi paralleli di Mc o di Le. L'evangelista ne ha l 'abitudi ne, certamente per la povertà sem itica del suo stile. « Vengono a Gesù e si prostrano davanti a lui » ( 8, 2 = 9, 1 8 ), Gesù « conoscendo i loro sentiment i » (9, 4 :-: 1 2 , 25 ). Si vedano inoltre 4, 1 2 = 14, 1 3 ; 4, 17 = 1 6, 2 1 ; 7 , 2 8 = 22, 3 3 ; 1 4 , 21 = 1 5 , 38. Le s tesse formule ritornano così sulla bocca di Gesù: « fuori nelle tenebre » ( 8, 1 2 ; 22, 13; 25, 30), « là vi sarà pianto e stridore di denti » ( 8, 12; 1 3 , 42.50; 22, 1 3 ; 24, 5 1 ; 25, 30), formule che si trovano sia nei passi comuni a Nonostante parecchi eccessi il libro di N. W. LUND, Chiasmus in the N. T. : A S tudy in Formgeschichte, Chapel Hill 1942, è talvolta suggestivo. Vedere anche C. l...oHR, CBQ 23 (1961), pp. 403438. 3

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Mt-Mc·Lc che in quelli comun i a Mt-Lc. Si vedano anche 5, 1 7 = 7, 1 2 = 22, 40 + 1 1 , 1 3 ; 7, 2 1 == 1 2 , 50 ; 5, 1 7 = I O , 3 4 ; 1 0, 6 = 1 5 , 24 ; 1 0, 1 7 = 2 3 , 34 . . . Fenomeno p i ù curioso. la s tessa formula può trovarsi su bocche d ifferenti. Cos ì Giovanni e Gesù annunciano che « il regno dei cieli è vicino >> ( 3 , 2 e 4, 1 7 ), si scagliano allo stesso n1odo contro la (( razza di vipere » ( 3 , 7 e 12, 34 = 23, 33 ). Non è fa cile dare una spiegazione soddisfacente di ques to uso le ttera­ rio. Alcuni lo collegano all'esistenza di doppioni ( 5 , 29 s. = 1 8 , 8s. ; l O, 38s. = 16, 24s. ; 1 7 , 20 = 2 1 , 2 1 ) 4 • 6 ) Il ritmo dello stile ( quello di Gesù ? ) è solitamente me­ glio conservato in Mt che in Mc o Le. La disposizione s trofica delle beatitudini ( 5 , 3-1 0 ), con inclusione di « re­ gno dei cieli » (5, 3 . 1 0 ) e con la stessa fi nale ( 5, 6 . 1 0 ) nel­ l'una e nelJ 'altra strofa, ne è un buon esempio. Il discor­ so s u Beelzebul ( 1 2, 22-32 ) è ancora più tipico; di fficile immaginare come Mt avrebbe potuto comporlo sulla ba­ se di Mc o della fonte di Le. STRUTT U RA TEM ATICA. Mt tende a raggruppare le sen­ tenze e i racconti secon do l 'analogia di argomenti che presen tano. A differenza di Mc e anche di Le è un « com­ positore ». LA

1 ) I discorsi maggiori del vangelo sono scanditi da una medesima formula : « E accadde quando Gesù ebbe fini­ to q uesti discorsi ... >> ( 7 , 28; 1 1 , l; 1 3 , 53; 19, l; 26, 1 ). Una formula che certamente è stata scelta i n tenzionaln1en tc per mettere in rilievo i cinque pilas tri che sostengono la dottri na del maestro : il discorso della mon tagna { 5-7 ), il d iscorso apostolico ( 1 0 ), il d iscorso parabol ico ( 13 ), il di­ scorso ecc l esiast ico ( 18 ), il d iscorso escatologico (24-25 ). All'interno di questi discorsi la composizione per temi è eviden te. Così nel primo, a questa o quella an titesi che ca· ra tterizza ]a nuova giustizia sono state aggiunte una o più sen tenze che presentano analogie con l'argomento trattato. L'antitesi sul l'omicida termina in 5, 24 ( forse an· che al v. 22a ) ; la sentenza sulla riconciliazione con l 'av­ versario che sembra avere avuto in un pri mo tempo un significato escatologico ( conservatosi in Le 1 2, 58s. ) è par­ sa dover arricchire in modo fe lice l'insegnamen to sul com· 4

Cfr. sotto pp. 134, 158.

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portamento verso il prossi mo. L'an titesi sull 'adulterio è conclusa in 5, 28; ma la parola « guardare » ha richiamato la parola c( occhio » e il tema dello scandalo completa nel· la sostanza l 'insegnamento dell 'an t i tesi. Inoltre l 'antitesi che segue ( 5 , 31 ), benché formalmente diversa dalle altre, sembra anch'essa aggiunta per l'affinità di argomento. Ugualmente 1 0, 1 7-42 sembra essere s tato aggiunto a una base originaria costituita da 1 0, 5- 1 6, cui è stata imposta una prefazione ( 1 0, 1-4 ). Possiamo fare le stesse conside­ razioni per i l discorso su Beelzebul, cui è aggiunto 1 2, 33-3 7 e fors� 1 2, 38-45. Il capitolo delle parabole presenta una doppia finale ( 1 3, 43 .53 ) Le riflessioni su chi è il più grande nel regno dei ciel i ( 1 8, 1 -4 ) sono ampl iate e diven­ tano delle vere lezioni suHa vita comunitaria ( 1 8 , 1 -35 ). I l discorso contro i farisei e g l i scribi comp rende b rani d i diversa origine (23 ) . Infine a l discorso escatologico pro­ priamente detto (24) si aggiungono le parabol e del cap. 25. Ques te magn ifiche composizioni fanno del vangelo di Mt il vangelo dottrinale per eccel lenza e giu s t i ficano in par­ te la preferenza di cui fu oggetto nei pri m i secoli. .

2) I racconti ri flet tono lo stesso procedimento compo­ si tivo. Così sem bra che, all 'origine dei cap. 8, l - 9, 34, ci sia s tato un raggruppamento più antico: 8, 1 - 1 6 ( 1 7 ?), a cui si sono aggi unte al tre due serie di m i racoli ( 8, 239, 8 e 9, 1 8-34 ). Gl i annunci del des tino del figlio de1 l'uomo ( 1 6, 2 1 ; 1 7 , 22s . ; 20, 17- 1 9 ) sono tutti e tre seguiti da un episodio e da un insegnam ento ai discepoli ( 1 6, 2228 ; 1 7, 24 - 1 8 , 4; 20, 20-2 8 ) ; ora la seconda sequenza subi­ sce un doppio am pliamento col discorso ecclesiastico ( 1 8, 5-35 ) e una specie di discorso su lla montagna a uso dei di­ scepol i , composto sulla base di vari raccon ti ( 1 9, l - 20, 1 6 ).

3 ) Un 'altra caratteristica di M t è l a co1npilazione; egli non si accon ten ta di giustapporre sen tenze e racconti, ma l i incast ra gl i uni negl i altri. Così nel racconto dell a guarigione del servo d e l cen turione ( 8, 5-1 3 ) inserisce una sentenza sul banchetto nel regno dei cieli che Le riporta non in 7, 1 - 1 0 ma da un'a1 t ra part e in 1 3 , 28s.; questa sen­ tenza in rapporto al l 'economia del vangelo sembra es­ sere s t a t a ant icipa la per la sua affin ità di argome n to, per cui ques to episodio di venta la s toria tipica del pagane­ simo che viene a Gesù . Non si può concludere tout-cou rt che q uesta i nserzione sia opera di Mt perché poteva esi75

stere in quel raggruppamento anteriore che va da 8, 8, 1 6s. Si veda anche 1 2, 1-8 e 1 2, 9-14.

l

a

Il ge nere letterario d e i racconti BREVITA DEI RACCONTI. Secondo l'opinione comune dei cri­ tici i discors i sono per la maggior parte composizioni fat­ te da M t su una base originaria. I raccon ti invece sono interpretati diversamen te. Vengono considerat i spesso co­ me abbreviazioni dei lunghi racconti di Mc. Infatti è la brevità a caratterizzarl i , ma questa loro part icolari tà va valutata più correttamente. Non basta rilevare quante parole ci sono i n meno rispet to a Mc o Le ; così il racconto della guarigione del paralitico comprenderebbe 1 26 parole i n Mt, 196 in Mc, 2 1 2 in Le ; quello di Gadara 1 36 parole in Mt, 325 i n Mc, 293 in Le. Non basta osservare che in Mt non ci sono nomi propri né no te di co l ore ( i l cuscino su cui Gesù dormiva, i l de­ n aro speso invano da l l 'emorroissa, il colore verde del­ l 'erb a alla mol tiplicazione dei pani ecc . ), che mancano gli in termediari ( nell 'episod io del centurione, di E rodiade ... ), che manca l 'interesse a giustificare certe osservazioni che M c spiega bene (cosi « vedendo la loro fede ,, : 9, 2 ), che l o s ti le di Mt è poco visivo ( l'aoristo al posto del presente narrativo di Mc) ecc. Tutte queste osservazioni sono fon­ date ma non autorizzano a trattare Mt c ome un sottopro­ dotto di Mc e ad attribuirgli delle soppress ioni opera te intenzionalmente su un testo p i ù lu n go, simile a quel­ lo di Mc.

STILE IERATICO. I racconti va n no esaminati in se stessi, ne] loro stile ieratico . � quanto con1pete a una corretta ese­ gesi . Eccone un esempio : la guari gione della suocera di Pietro (M t 8, 1 4-15 = Mc 1, 29-3 1 = Le 4, 38-39). La man­ canza d i qualunque elemento aneddotico e accessorio çon­ ferisce a questo racconto un andamento alquan to solen­ ne, « ecclesiastico >> . Si tratta di P ietro, il capo della chie­ sa ( non sol tanto di Simone ), non di semplici comparse come Andrea e Giacomo e neanche dell'intercessione dei d iscepoli. Gesù è s olo di fronte a questa donna stesa, mo­ ribonda; la prende per la mano, la febbre scompare, « ri­ susc i ta » e « lo » serve, Gesù solo. Se nza dubbio la chie76

sa primitiva avvertiva nella lettura di questo episodio una specie di antic ipazione simbolica della risurrezione del cristiano che serve il Cristo 5• In ogni modo qualunque sia l'origine di questo modo letterario, rimane il fatto che questo genere di narrazione sembra molto più l'ope­ ra di un ambiente di « stile orale , che il risult a to della attività letteraria di u no scrittore. L'evangelista che si mostra nel complesso della composizione, manifesta la sua presenza in queste piccole unità. Lo preciseremo a proposito delle fonti dei sinottici. DELLA CHIAREZZA. Un altro aspetto dello stile di Mt è l'abitudine alla chiarezza nella composizione e nella distribuzione dei fatti. Il confronto con i passi paralleli di Mc è istruttivo, non per dare all'uno o all 'altro un premio di composizione o di �eridicità, ma per meglio apprezzare l 'origi nalità di Mt. Confrontate con quelle di Mc, le frasi di Mt sono di solito meno dure, meno semi­ tizzanti ( cfr. Mt 2 1 , 24 e Mc 1 1 , 29 ), più esplici te, meglio collegate con le altre da diverse particelle e non soltanto dall'inevitabile X(d. I racconti sono condotti meglio. La­ grange ha detto molto bene, confrontando Mt con M c , che il primo è « tan to superiore per la lucidi tà della com­ posizione quanto inferiore per la vita » 6• Così la presen­ tazione del precursore non inizia con una parentes i co­ me in Mc, ma nella maniera più naturale (M t 3, 1-6 ) ; Ze­ bedeo viene menzionato fin dall 'inizio del racconto della chiamata dei primi discepoli (4, 2 1 ) mentre i n Mc se ne sospetta la presenza soltanto al momento di lasciarlo (Mc 1 , 20 ). Tut tavia Lagrange cita onestamente anche certi passi in cui Mt è più oscuro di Mc. In un'insieme in cui Mt espone molto chiaramente la risposta di Gesù ai farisei indignati di vedere i discepoli che mangiano senza es­ sersi lavat i le mani ( M t 1 5, 3-9; cfr. Mc 7, 6-1 3 ), la for­ mulazione di Mt 1 5 , Ss. è molto più oscura di quella di Mc 7, l l s . Ugual mente solo Mc 6, 30 giustifica la pre­ senza dei discepoli alla moltiplicazione dei pani. Altri esempi 7 non autorizzerebbero ad accontentarsi di una

RICERCA

5 Cfr. X. :UoN-DurouR, I:.tudes d'Javangile, Paris 1965, 6 M. J . LAGRANGE, 7 M. J. UGRANGE,

p. LIX. p. LXX .

pp. 123-148.

77

spiegazione troppo semplice del fenomeno precedente, e cioè che Mt lavorerebbe sempre nella prospettiva di ren­ dere più chiaro Mc. La questione verrà ripresa a pro­ posito dei sinottici 8•

Piano

del

primo

vangelo

PIAN I GEOGRAFICI. Sono diversi ·i piani che sono stati pro­ posti . I piani su base geografica ( così J. Schmid , E. Osty) coincidono pressappoco col nostro; ma un quadro esclusi­ vamente geografico, ricavato da quello che si pensa di riconoscere in Mc, sembra vuoto e non fa percepire la ricchezza del vangelo. I nvece, tenendo conto delle su­ ture, il piano geografico di Mt si trasforma in un piano dinamico e drammatico. PIANO ARTICOLATO SU CINQUE DISCORSI. Altri autori (così Vaganay, B ible de Jérusale1n ) stabiliscono il piano sulla base dei cinque discorsi . Abbiamo già segnalato 9 le clau­ sole che scandiscono questi discorsi. Il fat to è evidente, queste cinque masse appariscenti sono come cinque pi­ lastri dell'opera. Ne deriva che Mt ha edificato sopra di essi tut ta l'architettura della sua opera ? Si dovrebbe al lora dimos trare che esiste una stretta corrispondenza fra i discorsi e le sezioni narra tive e queste dovrebbero poi essere state elaborate dall 'evangelista in funzione dei discorsi , di cui il lustrerebbero e pre·parerebbero i temi. Ora, per amm issione stessa dei sosteni tori d i questo piano, tale corrispondenza potrebbe essere provata fa­ cilmente solo per i capitoli 1 1 , 1 2 e 1 3. Per il primo l ibretto ( 3-4 e S-7 ) la cosa non è affatto evidente; per il quarto ( 1 4- 1 7 e 1 8 ) i racconti non chiariscono il tema del d iscorso ; per il qui n to ( 1 9-23 e 24-25 ) il raggruppa­ mento dei fat ti non sembra essere s tato sistematizzato n ella prospet tiva dell'escatologia; inoltre i con fronti che talvolta sono stati fatti fra le sezioni del secondo li­ bretto ( 8-9 e 1 0 ) possono apparire . artificial i . Non resta che la corrispondenza innegabile fra le due part i del ter8

9

Cfr. sotto pp. 157-165. Cfr. sopra pp. 74 s.

ì8

zo libretto ( 1 1 -1 2 e 1 3 ), ma ci si può chiedere fino a che punto i capitoli 1 1- 1 2 meritano la denominazione di « sezione narrativa » dal momento che formano una suc­ cessione di discorsi non collocati nello spazio e nel tempo. Se questa è la situazione, e ben altre difficol tà potreb­ bero essere sollevate, non è forse un paralogismo ra­ gionare dal punto di · vista della forma per i discorsi ( le loro clausole ) e dal punto di vista del contenuto per i racconti ? Questa costruzione tende in fine a offuscare la natura drammatica del vangelo riducendolo a una dot­ trina illustrata da esempi, mentre si tratta soprattutto del racconto di un'esistenza che ha una portata dot­ trinale. PIANO PROPOSTO. Sono considerazioni let terarie quelle che hanno permesso l'elaborazione del piano di cùi sotto, sulla base delle fonti e soprattutto dei raggruppamenti delle suture, dei cambiamenti di prospettiva. Una volta sono dei sommari che introducono d e lle se­ zioni (4, 12- 1 7 ; 4, 23-25 ; 9, 3 5 ; 1 1 , l ) o che interpretano o generalizzano dei raggruppamenti di racconti ( 8, 1 6 ; 1 1 , 20; 1 2, 1 5-2 1 ; 14, 34-36; 1 5, 29-3 1 ) ; un'altra sono i loghia o i miracoli che vengono raggruppati; ora predominano le no­ tazioni geografiche ( 8 , 1 - 9, 34; 14, l - 1 6, 20; 20, 29 - 28, 20 ) ora sono messe in secondo p iano ( 1 1 , 1 - 1 2 , 50; 16, 2 1 - 20, 28 ), ora è l 'uditorio che cambia, la folla ( 8 , 1 - 9, 34 ), i ne­ mici ( 1 1 , 1 - 1 2, 50; 2 1 , 23 - 23 , 3 9 ), la folla e i discepoli insieme ( 1 3 ), i discepoli da soli ( 1 4, 1 - 20, 34 ; 24, 1 - 25, 46 ). Infine, uno degli elementi più importan ti per la de­ term inazione del piano è il ruolo del p recursore Gio­ vanni ; egli è menzionato all'inizio delle grandi parti che vengono annunciate dalla sua predicazione ( 3 , 1-1 7 ) e dalla sua morte ( 1 4, 1 - 1 2 ), in 1 1 , 2-19 e 1 7 , 1 2 viene in terpretato e nuovamente messo in primo piano i n 2 1 , 23-27 . Se vogliamo considerare tutto l'insieme, le concatena­ zioni, le riprese, gli annunci dobbiamo allora collegare 1 2, 1 5-2 1 a 3 , 1 3-17; 1 1 , 1 - 1 2, SO a 8, 1 - 9, 34, i tre ritiri di Gesù ( 1 4, 13; · 15, 2 1 ; 1 6, 4) a 12, 1 5-2 1 10• Anche s e si ­

IO

Cfr. c Vers l'annonce de l'�glise: �tude de structure Mt 14, 1 16, 20 • ( 1963) nel nostro �tudes d'�vangile ( 1965) , pp. 229-254.

-

79

possono e si debbono introdurre sfumature sui partico. lari, ci pare che il piano voluto da Mt sia il seguente. Prologo (1-2)

Presentazione di Gesù, l'Emanuele, il salvatore d'Israele: la genealogia ( 1, 1-17), come Giuseppe lo inserl nella sua stirpe in­ sieme a sua madre, la vergine Maria ( 1, 18-25) . Adorato dai magi (2, 1-12) Gesù è respinto dai giudei: Erode lo fa fuggire in Egitto (2, 13-15) e massacra ili innocenti (2, 16-18) . Gesù rientra e dimora a Nazaret (2, 19-23) . IL POPOLO EBREO SI RIFIUTA DI CREDERE IN GESU' (3-13) Introduzione (3, l

4, 1 1) . Trittico che mostra Giovanni Battista che p rega (3, 1-12) , Gesù che si fa battezzare e viene glorificato dal cielo (3, 13-17) , Gesù vincitore di Satana (4, 1-1 1) . -

GESÙ ONNIPOTENTE IN OPERE

E

PAROLE (4, 12



9, 34)

Introduzione (4, 12-25) . Dopo l'arresto di Giovanni Gesù si ritira in Galilea, lascia poi Nazaret per Cafamao e inaugura la sua predi­ cazione (4, 12-17) ; raccoglie intorno a lui quattro discepoli ( 4, 18-22) . Un sommario mostra il successo di Gesù e introduce i capitoli seguenti ( 4, 23-25) ; verrà ripreso all'inizio di ogni sezione. Il di.tcorso della montagna (5-7)

L'esordio comprende le beatitudini (5, 3-12) e varie esortazioni (5, 13-16) ; tre parti: la nuova perfezione (5, 17-48) , le esigenze superiori del regno (6, 1-34) , avvertimenti ed esortazioni (7, 1-27) . Uditorio: i discepoli (5, ts.) poi le folle (7, 27s .) . Un viaggio trionfale (8-9)

L'interesse verte sui è velata.

folla ; l'opposizione a Gesù

luoghi e sulla

Un primo gruppo di miracoli (8, 1-17) riguarda il sacerdote giu­ deo (8, 1-4) , il pagano (8, 5-13) , i discepoli (8, 14-15), tutti (8, 16) ; viene spiegato, sulla base di Isaia, come segno della redenzione operata da Gesù (8, 17) . Un secondo gruppo di miracoli (8, 18 9, 17) viene inquadrato dagli appelli di Gesù (8, 18-22 ; 9, 9) : Gesù comanda al mare (8, 23-27) , agli indemoniati (8, 28-34) , ai peccatori (9, 1-8) suscitando diverse reazioni fra i discepoli, i demoni, gli scribi . Alla fine lo sposo esprime la novità del suo messaggio di salvezza dei peccatori (9, 1(}. 1 7) . •

U n gruppo complementare di mi racoli {9, 18-34) prepara d a lontano la risposta di Gesù agli i nviati di Giovanni ( 11, 2-5) riportando una risurrezione, le guarigioni di un cieco e di un muto. La di­ visione dei presenti annuncia il capitolo 12. 80

l

DISCEPOLI INVIATI

DAL

MAESTRO

(9, 35 - 10, 42)

Dopo un sommario che richiama l a sezione precedente (9, 35) e una introduzione al discorso (9, �38) Gesù conferisce potere ai dodici discepoli ( 1 0, 1 ) . Le istruzioni propriamente dette ( 1 0, 5-16) sono precedute da un elenco dei dodici c apostoli » ( 10, 2-4) e seguite da complementi sul rapporto fra discepoli e il loro maestro nella persecuzione ( 10, 17-42) . L'OPZIONE PER O CONTRO GEStJ ( 1 1 , 1

-

13, 52)

Un sommario ( 1 1 , 1) collega questa sezione alle due precedenti mostrando la perseveranza di Gesù nell'insegnamento (cfr. 4, 2325 e 9, 35) . Discernimento secondo le opere di Gesù ( 1 1-12)

Questi capitoli fonnano un tutt'uno ( 1 1 , 24 e 12, 38-42 ; 1 1 , 25-30 e 12, 46-50) .

Giudizio sugli avvenimenti precedenti ( Il, 2-30) . Due discorsi ( 1 1 , 2-19 e 1 1 , 21 -24) uniti e spiegati da un brano di transizione che esprime l 'intenzione dell'evangelista ( 1 1 , 20) : cos} Gesù, nonostante i suoi miracoli, non ha potuto convertire Israele. Gesù manifesta allora il disegno di Dio nascosto dietro questi avvenimenti e rivela il mistero della fede ( 1 1 , 25-30) . Giudizio sulle disposizioni interne ( 12, 1-50) . Due episodi (scene di sabato: 12, 1-14 ; esorcismo seguito dalia controversia su Beelze­ bul: 12, 22-45) giustificati da un periodo intennedio, una ripresa in cui si vede Gesù che si ritira in quanto è il servo di Dio ( 12, 15-21) . In un epilogo Gesù mostra quale è il resto, la sua vera famiglia ( 12, 46-50) . Discernimento dall'insegnamento parabolico ( 13, 1 -52)

Non ci sono più nemici, ma la folia e i discepoli. Questo discer­ ni mento comporta un doppio insegnamento. Due raggruppamenti maggiori ( 13, 3-23 e 13, 24-43) comprendenti ognuno una o più pa­ rabole ( 1 3, 3-9 e 13, 24-33) , una domanda di spiegazione ( 1 3, 10-17 e 13, 34-36) e una spiegazione ( 13, 18-23 e 13, 37-43) . Dopo alcune pa­ rabole complementari ( 1 3, 44-50) i discepoli che hanno compreso sono riconosciuti iniziati ( 13, 51·52) . Conclusione. All'inizio della prima parte (4, 12) Gesù lasciava Na­ alla fine vi ritorna. Tentativo che provoca scandalo ( 13, 53-58) .

zaret ;

LA PASSIONE E LA VERSO

GLORIA ( 14-28)

GERUSALEMME: PASSIONE E GLORIA ( 1 4-20)

Gesù si ritira e fonda la sua chiesa ( 14, l



16, 20)

L'i nteresse è rivolto ai luoghi e ai discepoli. Primo ri tiro e prima moltiplicazione dei pani ( 14, 1-36) . Erode spinge Gesù a partire ; . la decapitazione di Giovanni annuncia il 81

des tino di Gesù ( 14, 1-12) . Due miracol i ( i4, 13-2l e 14, 22-23) e un sommario di miracoli ( 14, 34-36) tendono a rafforzare la fede dei discepoli. Secondo ritiro e seconda moltiplicazione dei pani { 15, 1-39) . Una disputa con i farisei offre a Gesù l'occasione di istruire i suoi discepoli e di ritirarsi nuovamente ( 15, 1-20) . Inversamente alla prima volta abbiamo un miracolo ( 1 5, 21-28) , un sommario di mi­ racoli ( 15 , 29-3 1 ) , poi la moltiplicazione dei pani ( 15, 32-39) . Tutto avviene fuori di Israele. Terzo ritiro e lezione sui pani ( 16, 1-12) . Gesù abbandona i nemici che lo provocano ( 16, 1-4) e ricapitola per i discepoli il senso degli avvenimenti ( 16, 5- 12) . Finale : professione di fede di ·Pietro e annuncio della chiesa ( 16. 13-20) . Alla fine di questo « ri tiro » la chiesa appare come il ri­ sultato di un distacco di Israele, come un passaggio ai gentili.

Gesù va a Gerusalemme

e

istruisce la sua chiesa ( 16, 2 1 - 20, 28)

L'interesse è ancora rivolto ai discepoli ma non più ai luoghi: movimento di Gesù è « dottrinale •.

il

Prima sequenza di insegnamenti ( 16, 21 - 17, 21) . Il primo annuncio della passione e della risurre�ione ( 16, 21 ; cfr. 4, 17) provoca l'in­ comprensione di Pietro ( 16, 22-23) e in troduce un primo insegna­ mento sulla necessità della « compassione » con Gesù per parteci­ pare alla sua gloria ( 16, 24-2 8) . La trasfigurazione gloriosa ( 17 , 1-8) e l 'annuncio del destino del figlio dell'uomo simile a quello di Giovanni ( 17, 9-1 3 ; cfr. 14, 1-12) confermano questi insegnamenti : la guarigione dell'epilet tico comunica la fede ( 17, 14-21 ) . Seconda sequenza d i insegnamenti ( 17, 22 - 20, 16) . I l secondo annuncio della passione e della risurrezione ( 1 7, 22-23) è seguito da un intermezzo con Pietro sul tributo al tempio ( 1 7, 24-23) e da un secondo insegnamento: « il più grande deve servire • (18, 1-4 ) , seguono poi due ampliamenti: alcune prescrizioni a uso della chiesa ( 18, 5-35) e una specie di discorso sul rovesciamento dd valori a uso dei soli discepoli ( matrimonio e verginità, i fan­ ciulli, il distacco dalle ricchezze, la grazia che dà tutto: 19, 1 20, 16) . Terza sequenza di insegnamenti (20, 17-28) . Il terzo annuncio della passione e della risurrezione con maggiori particolari (20 , 1 7-19) è segui to dall'episodio sull'incomprensione d e i figli di Ze­ bedeo (20 , 20-23) e da un ultimo insegnamento sul servizio e il sacrificio ( 20, 24-28) .

Conclusione - brano di transizione. Un episodio in cui ricomincia la topografia : Gesù viene riconosciuto come figlio di Davide da parte dei ciechi che vedono nonostante la loro cecità e lo se· guono (20, 29-34) .

A GERUSALEMME:

lA

PASSIONE E LA GLORIA (21-28)

Ormai l'interesse è rivolto ai luoghi e ai nemici.

82

J n t roduzione ( 2 1 , 1-22) . Ingresso del figlio di Davide che prende possesso de l tempio. Gesto simbol ico del fico seccato allo scopo di raUo rz a re la fede dei di scepol i .

Confronto d i Gesù

con i s uo i nemici (21 , 23 • 23, 39) . Questi fatti si ve ri fi ca n o in un solo giorno e in un solo luogo, il tempio. A l le au t o ri t à che esigono da lui la gius tificazione degli avvenimenti prece d e n ti Gesù risponde ri ch iama n do s i dapprima a Giovanni ( 2 1 , 23-27) , per passa re poi all 'a t tacco con t re parabole che in­ dicano i l disegno di Dio ( 2 1 , 28 - 22, 14) . I fari s ei attaccano in tre riprese, con degli erodi ani, dci sadducei e poi apertamente ; ma Gesù c h i ud e loro la bocca ( 22 , 1 5 -46) . Gesù corona l a sua vittoria denunciando l'i pocrisia degli s c ri bi e dci farisei ( 23, 1-36) e rivol­ gendo un ul timo appello alla ci ttà che abbandonerà fino alla fine dei tempi (23, 37-39) .

Giudizio ( 24 , l - 27, 66) I l m o n do viene giudica to da Gesù nel discorso escatologico (24, l - 25, 46) . Dopo la profezi a della dis truzione del tempio ( 24 , 1-3) seguono i l d isc orso p ropriamen te detto ( 24, 4-36) , del le istruzioni sul la vigi lanza con tre p a ra b ole ( 24, 37 • 25, 13) e l a d e sc ri zi on e del gi udizio .finale (25, 31 -46) . Gesù viene giu dicato dagli uomini : la sua passione ( 2�27) . I ntroduzione : il c om p l ot to , l'u nzione di Betania che pone al centro del dramma il t radim en to di G i u da (26, 1-16) . In segreto: preparazione cc sacramentale » del sacrificio ; la pre­ �h iera nel Get semani (26, 1 7-46) .

In pubblico: G es ù viene arres tato ( 26, 47-56) , con danna to dai giudei t:ome messia (26, 57-75) e da Pilato come re dei giudei (27, 1-3 1 ) : crocifisso muore (27, 32-56) e viene se p olto (27, 57-66) . Epilogo: (28, 1 -20) . Il gi ud i z io di D i o ovvero la risurrezione. Gesù appare in Galilea e o rdi n a ai suoi d i scep ol i di andare in tutto il mondo.

l'analisi d e tt aglia t a che precede mos t ra · che è po s si b il e individuare in Mt un ' econo m ia della rivelazione. I l vangelo rac con ta un dnun­ ma : Gesù p re t e ndev a dal suo popolo un 'a d e si o n e senza riserve a l la sua p er s o n a , proclamava l 'ammissione dci ge n t i l i al re gn o dd cicl i . Quest 'occasione avrebbe dovuto essere i l comp i mento del popolo dì Dio ; in segu i t o al rifiuto d'I sraele è d i v en t a t a separa­ z i one, f rat tura. Ora è la chiesa , seco ndo il disegno di Dio, il vero po p ol o di Dio, Israele.

83

Il Prospettiva dottrinale

L'i n t enzione di un autore si mani festa spesso al l'inizio o alla fì nc della sua opera. Mt indica chiarament e il suo scopo quando ci com unica le ul time parole del risusci­ tato agl i undici ( M t 28, 1 8-20 ). Distinguiamo in questo « manifesto » insieme al tema maggiore che rigua rda il Cristo u , l'altro gra n de tema di Matteo, quello della chie­ sa, il vero Israele ( 2 1 , 43 ). Tutti i popoli vengono infat ti chiamati a diven i re discepo li di Gesù mediante il batte­ simo e l 'ades ione agl i insegnamen ti di Gesù d i Nazaret 1 :! . Per ritrovare la prospet tiva di M t di fronte a Gesù di Nazaret diventato Signore, dobbiamo del ineare il senso della storia di Mat teo, che è prima di tutto la storia del regno dei cieli . Il

reg1'to dei cieli

Matteo ha infatti elevato a categoria teolog i ca l'espres­ sione di « reg n o )). Egli parla in senso asso lu to de l l a « p a r ola del regno ,, ( t 3 , 1 9 ) o dci « miste r i del regno )) ( 1 3 , l l ). L'espressione ritorna poi spesso sulla sua pen ­ na ( 5 1 vol te con tro le 1 4 di Mc e le 34 di Le ); egl i ha conservato la forma « regno dei cie l i )) che può risalirl• a Gesù s t esso m a che è scomp a rsa rapidamen te dal l i n­ guaggio cris tiano; troppo com p l e ssa per e s sere intesa corrc t tamcn tc, vi e ne sost i t u i ta d a l suo significato e cioè dai tcnn i n i chiesa , vi ta eterna, ciclo. Di qui la difficoltil di d i sc c r n c rne i l senso, sos tanzialmente fluido. I l tern1ine mal k outa = « s i gnoria » può i nfa tti sign ificare sia l 'auto­ ri tà esercitata da un re, i l suo impero ricono s c iu to e ac­ ce t t ato o la durata del suo regno, sia il terri to r io su cui questo po t ere v iene esercitato 13• t:. in t orn o a questi dul.· poli, t enzporale e spaziale, che gravita il conce t to di regno dei cieli ; gli in terpreti graduano diversamen te i dul." elemen ti. I l C fr. sot to pp . 88-91 . 1 2 C fr. X. Ll�oN-DtJFOUR, Les �'·angUes et l'ltistoire de Jésus, Pa ri s 1963, pp. 146-148. 13 J . BoNS IRVEN, Le Règnc de Dieu, Pari s 1957, p . 9. - R. SciiNACKE'­ BURG, Signoria e regno di Dio, trad. i t., Bologna 197 1 . 84

IL REGNO : REI\LTÀ FUTURA E REALTÀ PRESENTE. Un buon nu­ mero di critici, fra cui Lagrange e Bonsirven, vedono nella teologia dell 'Antico Testam ento e nell'uso rabbini­ co i l contesto da cui Gesù avrebbe forgiato ques t'espres­ sione. E ssa farebbe quindi coincidere due realtà distin t e

presso i giudei: l a vita futura (regno d i Dio) e l a realtà presente instaurata dal Cristo (signoria messianica). Il regno del padre ( 1 3 , 43 ; 25 , 34; 26, 2 9 ), il contesto esca­ tologico di certe sentenze ( 7, 2 1 ), lo stretto rapporto con il passato di Israele ( 8 , 1 l s . ) spingono a dare all'espres­ sione il senso di regno futuro. Lagrange mantiene questa direzione e pensa di leggere questo stesso senso quando il ve rbo unito alla parola espriine un movimento spa­ ziale : « entrare in », nel luogo cioè dove s i è chiamat i (5, 3 . 1 0 . 1 9 ; 8, 1 l s.) per prenderne possesso ( 5 , 20; 7 , 2 1. : 1 8 . 3 ; 1 9 , 23s . ). Gli altri testi, dove non si tratta dell'uomo che va verso il regno ma del regno che viene, caratterizzerebbero la signoria nz essia �1ica di Dio. J. Bonsirven riconduce tutti i testi all'espress ione « signoria di Dio )) e distingue « tre tempi » del la signoria, cioè la signoria instaurata dalla venuta di Gesù, la signori a in divenire sull a terra dopo la risurrezione, la signoria escatologica propriamente dct� ta. L'esis tenza di questi tre tempi scalza quelle teork· estreme secon do cui Gesù non avrebbe parlato che del la signoria fu t u ra ( escatologia con seguen te : A. Loisy, A. Schwei tzc r) oppure, al contrario solo della signoria pre­ sente ( escatologia real izzata : C. H. Dodd, F . Glasson ). Per quanto val ida, questa distinzione fra il presente e il fu turo non fa tuttavia piena gi ustizia ai dati offerti da Mattco. Non c'è dubbio che il regno s i inserisce in una linea ten1poraJ c, conosce un prin1a e un dopo, ma se è vero che la natura di questa s toria è determinata meno dal suo svi luppo terrestre che dalla sua origine e dalla sua fi ne, tutte e due celesti, è meglio richiamarsi alla di· stinzione fra i cieli e la terra.

I L REGNO : REALTÀ. CELESTE E REALTÀ TERRESTRE. Altri critici . in part icolare Zahn, hanno così messo i n luce l'ambiente apocalittico da cui deriverebbe l'espressione « regno dci cieli » , ambiente rappresen tato da Dan iele, dagli apocri fi e dagli scri tti del giudaismo contemporaneo al Cristo. Il carattere allo stesso tempo presente e futuro del regno 85

sussiste ancora, ma la sua origine, celeste - il regno dci cieli è regno del Dio dei cieli - det erm i n a la sua n atura : es iste in cielo, s i realizza sulla terra c o me inl nlag i ne e anticipazione, si consumerà infine in ci cl o Quest a s toria del le relazioni di Dio con l'utnanità i n izia ce r t a me n te in Israele, ma si compie, secondo la p rofe zi a del secondo I s a i a, in Gesù Cristo. Ecco come si p resenta in Mt. I l regno dei cieli è v i c i no è sul punto di arrivare, è là ( 3, 2 ; 4 , 1 7 ; 1 0, 7 ); in fatti l 'espulsione dei demon i è un seg n o che i l regno di D io è g i u n t o al presente ( 1 2 , 28 ). B isogna d u n que decidersi ad ascoltare Gesù che annuncia la buona novella del regno ( 4 , 2 3 ; 9, 35; 1 0, 7 ). Per a l cun i non è d i ffic i le entrarvi, per i poveri e i perseguitati ( 5 , 3 . 1 0 ); tut t i devono essere come i f a n c i u l l i ( 1 8, 1 .3.4; 1 9 , 1 4 ), osservare i minimi pr e cet t i ( 5 , 1 9 ). p rat i c are una gius tizia superi ore a quella degl i scribi ( 5 , 20 ), fare la volontà del padre celeste ( 7 , 2 1 ), agire con violenza ( 1 1 , 1 2 ), se necessario farsi e u n u ch i ( 1 9, 1 2 ) o rin u n c i ar e a i propri beni ( 1 9 , 23s . ). Qual è dun que l a real tà così predicata ? D i o ha dec is o di chiamare t u t t i gli uom i ni alla sua vigna ( 20, l ) : p u bl i can i e prosti tute p r e cedo no i farisei nel regno annu nciato da G i ovan ni ( 2 1 , 31 ) Il regno rea lizza dunque la signoria di D i o ; agli i ndegn i che ch iudon o l 'accesso a q ues t o regno dei cie l i ( 23, 1 3 ) verrà tolto i l regno di Dio a t te s o ; coloro che per diri t t o sono i fi g l i del regno ne vengono s ca cc i a t i ( 8 . 1 2 ) me n t r e i discepoli di Gesù sono i veri figli del regno ( 1 3 , 38 ). A loro i n fa t t i i 1nisteri del regno dei cieli sono da t i , ri vel a ti ( t 3 . 1 1 ) È fon te di gioia per ch i lo scop re per caso na­ sc o sto i n un ca mpo, o dopo lu nghe ricerche ( 1 3 , 44 .45 ) q ues t o regno, modesto co m e un gra no di senape, dive n­ terà u n albero magn i fico ( 1 3 , 3 1 .33 ) ; zi zzania e buon gra n o s ono mescolati ( 1 3 , 24-30.36-43 ) con1e buoni e cat t i v i ( 22 , 1 0 ); m a i l fi g l i o dell 'uomo li farà purificare d a i suoi an­ gel i ( 1 3 , 4 1 ) alla fi n e del mondo ( cfr. 1 6 , 27; 24, 34 ; 25, 3 1 ) : il r e gno del figli o d i ven terà allora il regno del p a d re ( 25 , 34 ; 26, 29 e forse 1 3 , 43 ). Questo regno non è sempl icemente terres t re ( 1 8 , 1 -4 ; 20,· 2 1 ) ; esso si prefigura sulla terra. Il ruol o dci discepol i è que l lo ùi p roc l a mare il vangelo del regno, e questo non s ol a me n t e nei confin i d ' I sraele ( cfr. 1 0 , 23 ) ma a t u tt e le nazioni , al mondo intero ( 24 , 1 4; 26, 1 3 ; 28, 1 9 ). Quando .

,

­

.

.

A6

il figl io dell 'uomo siederà sul suo t rono fin dal la sua prima venuta ( 1 6 , 28 ) i d iscepoli giudicheranno ins ieme a lui le dodici tribù del nuovo I s raele ( 1 9 , 28 ). Di ques to regno Pietro detiene le ch iavi ( 1 6 , 1 9 ). I l regno dei cieli designa dunq ue una realtà dinan1ica che viene dal c ielo, si man ifesta fin da questa terra ai d iscepol i e a poco a poco prende corpo so tto la fo rma del vero I s raele : la chi esa. T u ttavia questa non compie pie­ nament e il regno prima della fine dei secol i ; è questo il n1ot i vo per cui essa prega continuamente : « Venga la tua signoria � » (6, 10).

Gli episodi propri di Mat t eo Il primo vangelo offre un buon numero di pa ss i che hanno un sign ificato ecclesias tico che altri vangel i igno rano 1 4 • Le sentenze che conferiscono a Pietro il potere delle chiavi e fondano su di lui la chiesa ( 1 6, 18 s.; 1 8 , 1 8 ), gl i episodi che mostrano il pos to speciale di Pietro rispetto a Gesù e cioè quando cammina sulle acque ( 1 4 , 28-3 1 ) e il pagamen to del tributo al tempio ( 1 7 , 24-27). Inol tre i ndica in maniera più chiara l'econo1 n ia del regno dei cie1 i . Tre grand i di scorsi ne contrassegnano le tappe . I l discorso della montagna è la prom ulgazione ufficiale del regno, le pa rabole ne me t tono in luce il mistero, il di· scorso esca tologico ne annuncia la fine. Il primo discorso ha u n 'eco nelle istruzio ni che vengono date ai discepol i. la missione al cap. 1 0 ampia la prom ulgazionc fat ta da llo stesso Gesù. Le regole di vi ta del cap. 18 istituiscono una comu n i tà di discepoli in torno a Gesù : la chiesa . I n tal modo il regno de i cieli che all'inizio si man ifes tava sol­ tan to nel la persona di Gesù è diventato una realtà che ha preso corpo e che si chiama chiesa. ,

La presentazione ecclesiale I l primo vangelo ri flette la vita di una comunità. Sono riconosc ibili le sue preoccupazioni ecclesiastiche, tan t o Cfr. R . E . BRO\\'N-K. P. DoNFRJr::o-J . Rr.u MAN N , Saint Pierre da tL� le Nouveau Testament , trad. fr., Lectio Divina n. 79, Paris 197�! pp . 95- 1 34 .

14

87

che vi si è potuto vedere « la carta di una società che s i organi zza per una lunga vi ta » (M. Goguel ). Ancora d i più di M c e L e , Mt deve essere letto nel l a chiesa come prospettiva attuale della fede sugli avvenimenti del pas­ sato. Ciò si verifica a proposito della p resen tazione del Cristo, degli apostoli e del la giustizia cristiana. l ) I L CRISTO. In confronto al ritratto che ne fa san Marco, la presentazione ieratica offerta dal primo vangelo sem­ bra meno viva, meno « fil mata », diremmo oggi ; appare èostretta in un apparato di citazioni profetiche, spogliata in defini tiva di quei tratti che affascinano il lettore di Mc. Ma se non si può dire che è stata « vista » , è stata certa­ mente « vissuta ». K. Stendahl parla della « scuola di Mat teo )> ; sarebbe più giusto parlare della « chiesa di Matteo >>, perché questo vangelo non obbedisce sol tanto a una preoccupazione catechetica, ma è abi tato da una comunità viva, da una « liturgia », se si toglie a questa parola quella risonanza rituale che alcuni, come G. D. Kilpatrick, vorrebbero conservare. Gesù e le scritture. - Il lettore viene spesso fermato · dalle riflessioni dell 'autore: « Si doveva compiere cosl l'oracolo profetico ... )) che introducono una citazione espli­ cita della B ibbia. Queste notazioni che fanno da contrap­ pu nto non sono tan to opinioni personali dell 'evangelista o riassunti di quel lo che succede (p. es. 1 1 , 20 ) quan to l'inserzione degli avvenimen t i del tempo passato nel di­ segno di Dio. � la ch iesa viven te che riflette, così come testimoniano gli Atti degli apostoli , alla luce della rivela­ zione fatta ai padri 15• Queste « corone » hanno la fun­ zione di giustificare gl i avvenimenti riportati, e sicura­ mente giustificarli in senso apologetico contro le opi­ nioni corren ti dei giudei . Gesù s tesso si serviva di questo metodo di citazione espli­ cita a proposito di Giovanni il precursore ( Mt 1 1 , 20 = Le 7, 27 ), e Mc l , 2 rip ren deva per sé questa stessa cita­ zione, mentre M t e Le si contentavano di richiamarsi all 'inizio del vangelo a Isaia 40 ( Mt 3, 3 par. ). Anche Gesù cita I saia con tro il fariseismo dei giudei ( M t 1 5 , 7-9 = Mc 7, 6-7 ) e probabilmente anche a proposi to del loro accecaIS

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C fr. Les �vangiles et l'histoire de Jésus, pp. 260-265.

mento ( M t 1 3 , 14-1 5 ). In quest'ul timo passo solo Mt cita espl icitamente. La stessa cosa si veri fica i n tutti i testi successivi e sta a dimost rare una precisa intenzione . Gesù è nato da una vergi ne ( 1 , 22s. ) a Betlemme ( 2, 5s ) ; è fuggi to i n Egi tto ( 2 , 1 5 ), è s tato l'occasione del m a ssa­ cro dei bambini betlemiti ( 2 , 1 7s . ), h a vissuto a Naza­ ret ( 2 , 2 3 ). Così come ques t ' in fanzia strana , anche il com­ portamento di Gesù è giustificato dalla Scrittura. Gesù si stabil isce a Cafarnao (e non a Gerusalemme ), nella Ga­ lilea delle nazioni (4, 1 4- 1 6 ); com e il servo di Dio ( e non come i l giudice annunciato da Giovanni ) si è assunto le nos tre infermità guarendo i malati ( 8, 1 7 ), non discutendo sulle pubbliche piazze ( 1 2 , 1 7-2 1 ) ; ha predicato in parabole e non in maniera esplicita ( 1 3 ,35 ) ; è entrato in Gerusa­ lemme in u m il i vest i (2 1 , 4s ) ; è stato arrestato come un malfattore ( 26, 56 ), dopo essere s tato venduto per trenta denari ( 27, 9s. ). Poiché Gesù è il Cristo annunciato dalle Scri t ture, i suoi contemporanei hanno errato rifiutandosi di aderire al suo messaggio. Essi si erano ingannati sulla personal ità au ten tica del messia che attendevano. La storia di Gesil , illumi nata così dalla fede nelle Scritture, non è soltanto un fa tto i m merso nel passato; rimane ancora oggi per il lettore il culmine della storia del disegno di Dio. .

.

l titoli di Gesù. Due titoli d i Gesù che Mt predi l i ge sono pienamen te giu st ifi ca t i . Uno è Gesù il Cristo di cui M t ri porta la genealogia ( l , 1 - 1 6 . 1 8 ), poi il primo inse­ gnamen to sul destino del figlio del l'uomo ( 1 6 , 21 ). Secon­ do il testo più verosimile la fol la preferisce Gesù detto Barabba a Gesù detto il Cristo ( 27, 1 6 . 1 7 ) . Ma i nsiste sop rat­ tutto sul l 'a l t ro, figl io di Davide : men tre Mc e Le hanno q u e­ sto ti tolo sol tanto due volte, in occasione del cieco di Geri­ co ( M t 20, 30s . par. ) e della con troversia sul figlio di Da,·ide (Mc 1 2 , 35 = Le 20, 4 1 ; cfr. M t 22, 42 ) M t n1ostra in Gesù il figl i o di Davide ( 1 , l ) accolto da Giuseppe ( l , 20 ). Come il cieco di Gerico, i due ciechi di Cafarnao ( 9 , 27 ) e la ca­ nanea ( 1 5 , 22 ) implorano il figl io di Davi de ; ]a folla si interroga se non lo sia ( 1 2 , 23 ) c t a l e lo acc la1na al nlo­ mcn t o del la sua e nt r a t a in Gcrusalcn1 m c ( 2 1 , 9 . 1 5 ). 1\ fianco di questa presentazione riflessa di Gesù figl io di Davide, i l messia che compie le Scri tture, i l pri n1o vangelo informa del la sua fede viven te la presen tazione -

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diret ta degli avvenimenti. Certo, come negli al tri vangeli, Gesù susc i ta meravigl ia, seduce, trascina o lascia indif­ feren t i , scandalizza i suoi contemporane i ; la sua persona però, più che in Mc, viene con templata da Mt con gli occhi della fede. Così mentre Mc si mostra riservato nel chia­ marlo figlio di Dio, Mt Io fa senza t i n1ore in numerosi passi paralleli a quelli di Mc (Mt 3, 1 7 ; 8, 29; 1 7 , 5; 26, 63 ; 27, 54 ) nei tes ti seguenti : al ri torno dall'Egitto ( 2, 1 5 ), alla tentazione ( 4, 3 .6 = Le 4, 3 .9 ), quando Gesù camm ina sulle acque ( 1 4, 33 ), alla profess ione di fede di Pietro ( 1 6, 1 6 ), al momento della passione (27, 40.43 ). Tu ttavia b isogna rilevare che Matteo non conserva il titolo i n bocca agli indemoniati ( Mc 3, 1 1 ; 5 , 7 ). Il ritratto di Gesù. - Se Mt punta il suo i n teresse sulla con fessione cristiana del figlio di D io, si capisce come certi particolari gustosi o notazion i psicologiche ven­ ga no spesso sacrificati alla sobrietà di uno stile ieratico. 11 suo valore non va dunque valu tato secondo un mo­ dello che sarebbe rappresentato idealmen t e da Mc ; tut- · tavia i l paragone col secondo vangelo aiuta meglio a indi­ \'iduare la sua peculiare tendenza 1 6 • Per quel lo che concerne i sen timenti di Gesù M t riporta mol ti ricord i della sua compassione (9, 36; 1 4 , 1 4 ; 1 5 , 32; 20, 34 ) e del la sua violenza ( 23, 1 -36), m a non conosce i nu1nerosi tratti marcian i che descrivono per esempio la collera di Gesù ( Mc 1 , 4 1 [ D ] ; 3, 5 ), la sua irritazione ( Mc l , 43; 8, 1 2 ; 1 0, 1 4 ), la sua tenerezza ( Mc 9, 36; 1 0, 1 6 .2 1 ). Allo stesso modo Gesù fa talvol ta domande come un uomo comune ( M t 8, 26; 14, 3 1 ; 1 6, 8 . 1 5 ; 1 7 , 2 5 ; 1 9 , 1 7 ; 22 , 20 .. . ), ma si tratta piut tosto di ri mproveri e sono una eccezione in paragone alla loro frequenza in Mc ( Mc 5, 9. 30; 6, 38; 8, 1 2 ; 9, 1 2. 1 6.2 1 .33; 1 4, 1 4 ). I n M t ugualmente i l Cristo appare di una dign i tà più accen tuata. L'importanza del cu lto attuale attenua la preci· sione dei ricord i . Così secondo Mc 6, 5 Gesù presso i suoi non poteva fare alcun m i racolo; secondo Mt 1 3 , 58 non ne fece mol t i . Può darsi anche che la risposta di Gesù al giovane ricco abbia perduto in Mt 1 9 , 1 7 l'asprezza che a\·eva in Mc 1 0, 1 8. Si vedano anche Mt 1 3 , 55 ( Mc 6 , 3 ), M t 1 5 , 33 ( Mc 8, 4 ), Mt 26, 1 7- 1 9 ( Mc 1 4 , 1 2- 1 6 ), M t 26, 39 l6

C f r . sopra p. _54.

( Mc 1 4 , 36 ), M t 26, 6 1 ( Mc 1 4 , 58 ), Mt 27, 58 secondo quest 'ultimo esempio Mt chiama i l Gesù « corpo •> me ntre aveva chiamato i l G i ov a nni « spogl ia » ( 14, 1 2 ), parola che Mc due l e volte.

( Mc 1 5 , 45 ): cadavere di cadavere di usa tutte e

2) GLI APOSTOLI. I l pri mo vangelo presenta allo stesso m(r do la comun ità apos tolica so t to una luce d i ammirazione s i m i le a quella che era manifestata dall a comunità pri­ mi tiva ( cfr. At 5, 1 5 ; 1 9, 1 2 ). Certo i discepoli non sono al� l 'altezza del l 'insegnamen to di Gesù e talvolta il maestro perde la pazienza ; ma, confron tando la forza delle re� pliche in Mc, è evi d ente che i l ricordo si è attenuato ( u n po' come lo s torico delle Cronache sfuma i dife t t i del re Davi d e che i l ibri di Samuele riportano senza veli ) : co­ me atten tare al la d i g n i tà sovrumana di cui sono inve­ st it i fin dagli i n izi della chiesa? Questa ri nunzia all 'aneddotica , che nulla toglie al pro� fondo valore . storico del la tes timonianza ecclesiale, per­ mette di d el i n c_a re megl io la peda gogia di Ges ù. Dopo aver sol leva to la q ue s t i one fondamenta le intorno alla sua pe r­ sona ( 8 , 27 ), Gesù ra gg r u pp a e fo rti fica i suoi d i sc e p o l i ( 1 4 , l - 1 6 , 20 ), r i v e l a loro i l mist ero de l l a passione c in ­ seg na la legge d e l servizio frate rno ( 1 6 , 2 1 - 20, 28 ). Con dol cezza li r i p re n d e a causa d e l la loro l c n ten za a cap i re le su e lez i o n i ( 1 6 , 8- 1 1 ; c f r. Mc 8, 1 7-20 ) cd essi fi ni s c on o poi per co rn pre n d c rc ( 1 6 , 1 2 ; non in Mc 8 , 2 1 ). Ugual� rn e n t e con1 pre n dono le pa rabo l e ( 1 3 , 5 1 ). Vedendo Gesù ca • n • n i na re su l l e acq ue riconoscono ve ra me n te il fi glio d i D i o ( 1 4 , 3 3 ; n o n i n Mc 6, 52 ) ; sono ra t t r i s t a ti dal l 'in­ sis t enza con cu i Gt·sù a n n u n c i a la sua p ass i on e ( 1 7, 23 ; in Mc 9 , 32 ess i non corn prendono ). Con fro n t a re ino1 t re Mt 8, 26 ( M c 4, 40 ) e M t 1 3, 1 6 ( Mc 4 , 1 3 ). La fa tn il iari t à dei d iscepoli con i l loro maes t ro è sfumata: M t 8 , 25 ( Mc 4 , 38 ); 1 4 , 17 ( Mc 6 , 37 ) ; 1 5 , 33 ( Mc 8 , 4 ); u guahncn te le loro i rnp e r fezio n i ( M t 1 8, l presuppone Mc 9, 3 3 s . ). I n fi ne Gesù stesso li pone così in a l to da cs­ SC'rc ch ia1na t i p ro fe t i , saggi, scribi della n uova legge ( 1 3 , 5 2 ; 23 , 34 ) c so t t o l 'a m n1 i razionc d e l la fol la davan ti a l l ' > , alla « po t e nza » concessa « ag l i uont i n i • ( c ioè agl i a pos l.ol i ) , si a vverte la medes i m a pote n z a che è stata. data al fi glio del l'uomo ( 9 , 8, cfr. 9, 6 ). 91

3 ) LA Gll!STI ZJA CRISTIANA 17• Il primo vangelo attualizza per i cristiani ciò che era stato detto da Gesù per i suoi con­ temporanei . I nsiste sulle ripercussioni p ratiche delle sen­ tenze di Gesù al punto che le critiche indirizzate agl i seri­ bi e ai farisei potrebbero, se necessario, appl icarsi ai cri­ st iani della chiesa vivente. Essi dicono e non fanno ( 23 , 3 ) , dicono di sì e non agiscono ( 2 1 , 2 8-32 ). Il discorso della montagna sembra aver ben adattato allo stile sapicnziale una p redicazione che all'origine era di tipo p rofetico. La presentazione « sociale » del discorso inaugu rale fatta da Le favorisce una migliore consi dera­ zione del modo con cui M t centra i l messaggio sulla giu­ stizia cris tiana ; questa designa sia i beni escatologici con­ cessi da Dio, sia - a m a ggi o r ragione sulJ a base del con­ testo globale del primo van gelo - le opere buone da com­ piere per entrare nel regno dei cieli. È vero che i buoni e i cattivi sono raccol ti nella sala del banc hetto ma l 'abito nuziale è indispensabile per non essere get tat i fuori nelle tenebre ( 22 , 1 1 -1 3 ) La m i n accia c he incombeva sui giudei pesa alla s tessa ma n i era sui cris tiani. Anche le parabole sulla fedeltà, sul dovere di lavorare in rapporto ai talenti ricevuti vengono a scuo­ tere l 'inerzia che incombe su qualunque società organiz­ zata. ,

.

Ili L'autore e la l i ngua del primo vangelo

Il primo vangelo che non è fi rmato viene attribu i to dalla trad izione all 'apostolo Matteo. Questa attribuzione esige di essere esami nata da vicino, perché non ha alcun ap­ poggio nella cri tica interna del vangelo. La t est i1nonianza di Papia

Papia

,

del cui valore di testimone già si è detto

18,

offre

t7 C fr . A. DESCAMPS, Les Justes et la Justice dans les évangiles et le · christianisme primitif, horrnis la doctrine proprement pauli· nienne, Louvain 1 950. - G. STRECKER, Der Weg der Gercchtigkeit. Vntersuchung z.ur Theologie des Mt, Got tingen 1962. - J. DuroNt, Les Béatitudes, t. 3: IJes �vangelistes, Paris 1973. lP Cfr. sopra pp. 59.()2 .

92

una testi mon ianza difficile da interpretare . Dapprima si occupa di Mc e poi prosegue : « Ecco dunque ciò che è ri portato da Papia a proposito di Mc; per quanto ri­ guarda poi Mat teo, si dice : Mat teo ha ordinato i loghia nella lingua ebraica, e ciascuno li interpretò come po­ teva » . D i soli to s i pen sa che Papia parli dei vangeli greci co­ nosciuti al tempo suo, M t e Mc. Sembra preoccupato dal carattere più o meno ordi nato dei libri evangelici , sia per quanto concerne Mc di cui spiega il disordine, che per quanto riguarda Mt di cui sottolinea l 'ordine. I noltre Pa­ pia ricorda l 'esistenza di una composizione di Matteo in ebraico (cioè più probabilmente in aramaico, come in Gv 1 9 , 1 3 . 1 7 ; 20, 1 5 , in cui le tre parole « i n ebraico » sono aramaiche), a meno che l 'espressione non significhi sem­ pl icemente « alla man iera ebraica ,, 19• I critici divergono sul senso de lle parole loghia e interpretò, come anche sul motivo che ha spinto Papia a ricordare l 'opera dell 'apo­ stolo Matteo a proposi to del vangelo attuale . 1 ) Loghia, a prima vista significa « oracoli, sentenze » ( cfr. la Mishna; le Sentenze dei padri; Pol ic. 7, l ; 2 Clem 1 3 , 3 ). Tuttavia la versione siriaca di E usebio lo traduce « vangelo ». I n appoggio a quest 'ult ima in terpre tazione alcuni autori ( G. Kittel , G. D. Kilpatrick ) ci tano il senso che questa parola ha talvolta nell ' Antico Testamento e che qui è suggeri to dal contesto. Nella notizia su Ma rco la parola sembra equivalere a . Per poter identificare « loghia ,. di M t e « det t i e ges ti ,, nella notizia su Marco, bisogne­ rebbe che le due espressioni provenissero dallo stesso autore; ora la pri m a fa parte del commento di Papia alla tradizion e di Giovanni sui « detti e ges ti del S igno­ re » 20• D'altra parte è quasi sicuro che la not izia su Ma t19 J .

K OR7.I NGER, Das Papiaszeu gn is und die Erstgestalt des Mt. Evangeliums BZ 4 ( 1960) , pp. 19·39. � Cfr. sopra p. 61 . «

»,

93

teo venga da Papia. Siccome poi è noto che Papia s1 In­ teressava più in particolare alle sentenze del Signore ( scrisse Cinque libri di esegesi dei loghia del Signore ), ne con segue senza forzature che Papia non considera il vangelo ma le sen tenze e il modo come Mat teo le ha raggruppate.

Secondo F. Schleiermacher ( 1 832 ) Papia dich iarava l 'esi­ s tenza di una « racco l ta di sentenze )) composta da Mat· teo che faceva da sostrato al primo vangelo. Ques ta opi· nione viene di solito respinta dai critici attuali, anche da parte di q u e l l i che, come Loisy, respi ngono la tes ti mo· nianza di Papia. Papia pensa solo a quella parte dell 'opera di Matteo che aveva commentato 2 1 • Papia non afferma , ma presuppone l'identità fra l'opera di Matteo e il vangelo greco che ha fra le mani. Egli afferma che Ma tteo ha fatto un 'opera ord i nata sulla base delle sent enze del Signore a differenza di Marco. l) « Ciascu no li interpretò come po teva ». Pe r alcuni la parola �PfJ.�veuae indica una « traduzione » s ia nel senso stret to del termine, versione scritta ( senso accettabile se « loghia )) significa « van gelo » , più d i fficile se viene mantenuto il senso di « oracoli )) ), sia nel senso ampio, una spec ie di targum orale ( in questo caso il verbo sarch· be stato di prefere nza non a l l 'aoristo ma a l l 'imperfe t to ). Per altri la paro l a �Pll-�veuae designa una « i n terp reta­ zione », una « spiegazione )). S u l l a bocca di Papia q uesto senso è più verosi mile : qu a lifica così i propri tentat ivi quando d ichiara che non ha esitato ad aggiungere a l le sue ÈpfJ.'Y]VEi al vangelo greco conosciuto al tempo suo : è un presupposto della sua affermazione che ricade diret tamente sul raggruppa­ mento delle sentenze e sui tentativi di interpretazione che ne sono s tati fatt i . l... e altre testinzonianze tradizionali

lreneo se mbra dipendere parecchio da Papia. Tuttavia questi non è l 'unica fon te riguardante M t . Origene ( cfr. HE 6, 25, 3s . ) preci sa che Matteo il publicano, diventato apos tolo di Gesù C risto, scrisse per primo e per gli ebrei converti t i alla fede. Tertulliano da parte sua ri­ conosce a Mat teo lo stesso rango apos tol ico di Giovann i, a differenza d i Marco e Luca ( PL 2, 363 ). Così alla tra­ dizione del l 'Asia m inore si aggiu ngono quelle del l ' Egitto e d ell 'Africa, in un raggio geografico suffic ien temente am­ pio da far cadere il sospetto di u n 'invenzione apologetica di Papia. l dal i della critica interna L'esa me criti co del primo vangelo permette di inquadra­ l 'affe rm az ione della t radizione. Com i nciamo intan to con l 'el i minare alcuni cat tivi argomenti dedotti dalla na­ tura del vangelo. Un tes t i mone oculare avrebbe potuto scrivere un 'opera che riflet te così poco i l « visto >> che abbiamo indiv id uato in Mc ? A questo si può rispondere che i vangeli sono tanto il prodot to di u na comunità quan to que llo di un « testi mone ». Quanto al dire che re

95

l'apostolo non avrebbe potuto accettare di d ipendere da un Mc non testimone, sarebbe presupporre risolta la que­ stione sinottica in un senso che non tutti accettano. Detto questo, bisogna riconoscere che né il nome dell'au­ tore né la l ingua dello scritto favoriscono l'affe rmazione di Papia. IL NOME DI MATTEO.

Tutte le lis te degli apostoli portano il nome di Matteo (M t 1 0, 3; Mc 3, 1 8 ; Le 6, 1 5 ; At 1 , 1 3 ). t! curioso che solo il primo vangelo dia delle precisazion i s u questo personaggio , e questa è una p rima difficol tà che talvolta viene sollevata contro la sua attribuzione al­ l'apostolo Matteo. La lista di M t 1 0, 3 precisa che si tratta del publicano ; rirnanda certamen te al racconto della chiamata del pu­ blicano in 9, 9. Ora questo publicano è chiamato Le,·i da Mc 2, 1 4 e da Le 5 , 27, Matteo da Mt 9, 9. Si t ratta dello s tesso personaggio ? Si obietta che un giudeo non può portare due nomi s e mitici. I nfatti, dei due nomi che certi uomini hanno, di solito uno è latino o greco e uno sem i tico : così Giuseppe Giusto (At 1 , 23 ), Giovanni Marco (At 1 2 , 1 2.25 ), Saulo Paolo ( At 1 3, 9 ). Tuttavia talvolta en­ t rambi i nomi sono semi tici : Si mone det to Kefas , Giu­ seppe detto Barnaba (At 4, 36 ), Giuseppe detto Caifa ( Giu­ seppe, An tichità giudaiche 1 8 , 2, 7). Se s i è in diritto di ammettere che M t ha potuto avere una trad izione speciale e differente da Mc a proposito della chiamata del publicano, la cosa p iù . sempl ice è di supporre che il publicano si chiamava Levi e che venne soprannom i nato (da Gesù ? ) Mat teo ( = Mat tai , forma bre­ ve di u n nome teoforo che s ig nifi ca « dono di Dio » ) . M t sembra comportarsi alla stessa maniera che in 8, 1 4, quan­ do è il solo a indicare Simone c.on il suo soprannome Pietro. D 'altra parte può essere che l 'evangelista abbia vol u to con feri re la dig n i tà apostolica a Levi, o ancora, per l'int eresse che ha allo sfondo giudai co del suo rac­ con to, gl i sia piaciuto sottolineare che uno degli apostol i faceva parte della categoria dei detestati publicani. LA LI NGU A DEL VANGELO. Una seconda difficol tà si oppone a che l 'opera sia attribuita all 'apostolo Matteo : occorre­ rebbe almeno che il testo a t t uale sia la « traduzion e » di un originale aramaico. Senza dubbio l a t radizione af-

96

ferma che esisteva uno scri t to aramaico, di cu i non rima­ ne traccia e c h e non può essere identi fica to con il Van­ gelo agli ebrei; per questa ra gi o n e mol to negativa, fino a l XIX secolo si parlava del vangelo scri tto da Mat teo in arama ico e poi tradotto in greco . In questa prospettiva la Com m i ssione biblica affermava la « sostanziale i d enti tà )> fra Mt e questo originale aramaico ; sarebbe la stessa analogia che esiste fra il testo ebreo di Geremia e quel l o dei Settanta nonos tante i l rovesciamento del l 'ordine, la sintesi di certi passi ecc . Oggi è legi t t i mo mettere i n q u es t io ne questa maniera di porre i problemi; basta ri­ conoscere, a buon d iritto, c he esistono delle fon t i ara­ m aiche dietro il vangelo a ttuale, di cui alcune possono essere attribuite all 'apostolo Matteo, ma senza alcuna certezza cr i t ica. Voler fare ulteriori precisazioni vorrebbe dire abbandonarsi a ipotesi no n vcri ficab i l i . In real tà Mt h a i cara t teri d i uno scritto greco s i a per il vocabolario ( vi si incon trano termi ni « cristiani >> come 7to:pol>fTLcx, 7tO:ÀLyye:ve:O'(cx) che per lo s t i le ( p ropos iz ioni su­ bord i n a te, geniti v o a s sol ut o, g io c h i di parole ). Certamen­ te q u est i el l en ismi non ri solvono la questione della t ra­ duzione perché un buon t radut tore a d att a sempre secon­ do il genio d e l l a l i n gua . Ma i l d ato g l ob a l e p rev al e i n fa­ vore della redazione in greco. Q ua n t o a g l i abbondan t i sen1 itisn1i signi ficano sol tan to che i n M t come anche i n Mc c Le c'è u n sos t ra to a ra 1n a i co ; d 'al t ra parte consi de­ rando che q u es ti sc m i t i s m i non co m pa i ono con la s t essa freq u enza ne l lo sc r i t t o , si tende a rinunc iare a parlare d i p u ra c sc n 1 p l icc t rad uzione.

IV L'origine del primo vangelo L 'a n'i h ie n t e

d'origine

La tradizione ri teneva che il primo vangelo s i rivolgesse , secon do l 'esp ressione d i Origene, « ai credenti proven ienti da l giuda is m o )) ( cfr. His t . eccl. 6, 25, 4; u gu ahnent e I re­ neo, G i ro l a n1 o , E u seb i o , C r i s o s t o n1 o ). La c r i t i c a i n terna con fc rn1a q ues t o g i u d izio : Mt è per ec c e l l enza i l vangelo pales t inese, a cond izione d i in tendere questa defi nizione in senso largo , com prendendo tanto la Siria quanto la 97

Pal estina propria men te detta. Megl i o di Mc e Le evoca l 'amb ien te in cui Gesù è v i ssut o ; inoltre il modo con cui questo ambiente viene evocato tradisce il contes to in cui è stato sc ri tto. � q u an to viene indicato dal vocabolario util izzato, dagl i usi riportati, dalle tendenze teologiche manifes ta te. IL VOCABOLARIO. I l vocabolario di Mt è tipica m en te semi­ tico. Solo qui troviamo espressioni come « legare e scio­ g l iere >> ( 1 6, 1 9 ; 1 8 , 1 8 ) per design are tan to una scomu­ nica qua n to u na decisione di o r d i n e dottrinale e giu ri­ dico ( c fr. doc . di Qumran ), il giogo da portare, il regno dei cie li, la ci ttà san ta ( 4, 5 dove Le ha « Gerusale m me » ; 27, 53 ), l a condanna a ll a G eenna ( 23 , 3 3 ) , « g i ust izi a >> per designare sicuramente l'ele mosina, term i n i come raqa ( 5 , 22) o 111a111mona ( 6 , 24 con Le 1 6 , 9 . 1 1 . 1 3 ), fra si come « da qu e s t i due comandamenti dipende tutta la l egge e i profeti » ( 22 , 40 ), « né carne né sangue te l 'hanno ri­ v e l a to >> ( 1 6 , 1 7 ), « sono innocente del sangue d i ques to giusto » ( 27 , 24 ), « la fine del secolo >> ( 24 , 3 ), le tenebre es t erne e il digrigna re di denti, un verosim i le g i oco d i paro l e s u B eelzebul e i l padrone d i casa ( 1 0 , 2 5 ) . Ino l t re è molto raro che Mt ri tenga n ecessar i o sp i egare le espres sion i palestinesi, a differenza di Mc : ques ti si p reoccupa di dare al lett ore le spiegaz i on i delle parole, salvo che d i « rabbi » ( così Mc 3, 1 7 ; 5, 4 1 ; 7 , 1 1 .34; 9 , 34; l O, 46 ; 1 4 , 3 6 ) ; M t traduce sol tanto E1n1na11uele ( l , 23 ), Golgota ( 27, 33 ) ed Eli, Eli lan1ma sabactani ( 27 , 46 ).

GLI USI R I PORTATI . Anche gli usi palest i nesi vengono ri­ portati con abbondanza e spesso senza spi egazione. Con Mc e Le, Mt parla de l le fra nge ritual i ( 9 , 20 = Le 8, 44; Mt 1 4 , 36 = Mc 6, 56; Mt 2 3 , 5 ), delle forme di g i ur a mento ( Mt 1 5 , 4-6 par . ; Mt 5, 3 4s . ; 23, 1 6-22 ), delle abl u zi o n i pr i ma de l pas to ( M t 1 5 , 2 = Mc 7 , 2-5 : ques t i spiega l 'uso, a d i f­ ferenza d i Mt 1 5 , 1 1 . 1 8 che conserva la stra na espressi o ne « ren dere im mondo l 'uomo » ), degli seri bi che si fan n o salutare p e r l e s t rade e amano prendere i pri mi posti (M t 23, 6s. = Mc 12, 38s . = Le 20, 46 + 1 1 , 43 ). Ma solo M t riporta l e usanze seguen ti : portare l 'off e rta all'altare ( 5 , 23 ), gli usi dei sacerdoti i l g i o rn o di sabato ( 1 2 , 5 ), la pietà bo riosa di molti ( 6, 1 -6 , 1 6- 1 8 ), i l portare le filatterie ( 23 , 5 ), i l desiderio di fare p roselit i (23, 1 5 ), 98

il pagamento della dec i ma ( 23 , 23 ). Parla di sepolcri i m­ bianca t i ( 23 , 27 ), d i « cose sante >> ( 7 , 6 . 1 1 ), del l a d i s t i nzio­ ne fra piccoli e grandi comandamen t i ( 5 , 1 9 ) c fo rse con­ t iene un'allusione alla con t roversia fra H i l le l e Shammai su > ( 1 9 , 3 ). Il let tore di Mt deve conoscere la geogra fia del la Siria ( 4 , 24; Mc 3, 8 spiega ) , i modi de i dialetti pales t i nesi ( 26, 73 ; Mc 1 4 , 70 u sa una circon locuzione ), qual è i l primo giorno degli azzim i ( 26, 1 7 ; Mc 1 4 , 12 precisa ). I..E

PREOCC U PAZION I TEOLOGICHE. Mol te notazioni i n fi n e col­ loca no il dramma di Gesù a l l 'in terno del le preoccupazi on i teologiche del l 'epoca. Secondo Mt Gesù è stato i nviato so lo a I s raele ( 1 0, 5 ; 1 5 , 24 ; cfr. 1 0, 23 ) ; s i p reoccupa pa r­ t icolarm e n te d i prat icare la legge giudaica e ha un l i n­ guaggio specifico: bisogn a obbed i re alla l egge senza ri­

serve ( 5 , 1 7- 1 9 ; 1 2 , 5 ) ; accusa di &.vop.(o: l ' i ngius t izia nei s u o i con fron ti ( 7 , 23 ; 1 3 , 4 1 ; 24 , 1 2 ; 23, 28); pa rla dei c< fì­ g J i del regno » ( 8, 1 2 ), deg l i « scri b i inizia t i al regno dei cieli » ( 1 3 , 52 ), de lla fuga del giorno di sabato ( 24, 20) e del E �d,(• O

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capito l o quarto

il vangelo secondo san Luca

A differenza degl i altri evangelisti è lo s tesso autore del terzo vangelo che indica in una Prefazione il me todo e lo scopo segui t i nella sua opera 1 ( l , 1 -4 ). Lo stile di questo passo mani festa la dualità presen te in tutto quanto i l van g elo . � u n o storico quel lo che scrive e che util izza le es pres­ sion i classiche nelle prefazion i degl i stori ci , dei geogra fi o m edici del l 'a ntichità. Ha consultato tes timoni ocu l ari (ocù't'67t't'tXL) d e gli avvenimen ti ('t'wv 7tpocytJ.&:r&.Àe:LtXv) agl i insegnamenti ricevut i. dal l 'i l l us t re Teofilo. Tutto ciò potrebbe essere detto da uno storico profano e l'autore di questo l ibro si acci nge a ordinare le sue i n formazioni in un raccon to con tinuo (xcx-8-e�-Yjc:;). Ma, nel momento stesso che fa uso del la term i nologia corrente, si lascia sfuggire un'espression e che trad i sce la sua personali tà profonda : quando id c nti fi ca . i « test i moni )) con de i « servi de ll a parol a )) , esce da lle categorie familiari a un uomo greco ist ruito e lo storico d iventa al lora evangelista. Le espressioni profane non erano dunque che i l rivest i· men to letterario d i u na realtà cristiana originale. « Gli (cxù't'67t-roct) s i chiam erebbero, in l i nguaggio crist iano, i (.LcXPT'Jpe:c; ; gl i « avveni menti » storici sono l'an nuncio evan· getico; la > s torica è nello stesso tem po > 6• Si po t rebbero sol levare p a re cchi e obiezion i cont ro que­ s t a s p iegazione. Se veramen te Le ha i m ita t o i Se ttanta, con1c mai riflet te la li n gua dci l ibri meno noti e p i it re­ l'enti ( C r , Esd, Ne, Dn, Tb, S a p, Sir, l e 2 Mac ) ? Perché so­ p r·a t t u t t o q ues t a 1nescolanza di buon g re c o c di « set­ l a n tis m i >) ? Certo non si può fare appe l lo al dialetto gi u­ d e o-gre co ch e in1ma g i nav a Wellhausen , ma è proprio da esclud e re che sia esisti t a una ko inè evange l i ca ispirata al parla re bi blico e co nfe r m e ai libri recen ti del la Bib­ bia ? È questa la lingua c h e si riflet terebbe nel le fonti u t i l izza t e d a Le e che di quando in quando sarebbe da lui corretta ( P . Gae c h ter ) 7• Si s p i eg h e rebbe forse così come mai il vange lo s � m i g l i a p iù alla p r ima che alla se­ conda p a r t e d e l Libro de gl i atti. passi

­

M. J . UGRAN(;J!, p. C l l l . ' Cfr. sot to p p . 145 s. 6

105

Il Composizione letteraria Il

piano e le fonti

S IT UAZIONE D I INS IEME. I l piano del terzo vangelo è nelle sue grandi linee chiaro ed è senza dubbio q u ello che i l suo autore h a voluto. L e sequenze corrispondenti d i Le e d i Mc sono messe a fronte.

l, l

Prologo

A.

In

Galilea

B. Verso Gerusalemme C. A Gerusalemm.e

!

3, 1

-

-

Le 2, 52

9,

50 �

\�

9 51 '



19, 28 - 24, 53

,

_

19 27 •

1 =

Mc

l, 1

=

-

2. 52

6, 1 9 6, 20 . 8, 3 -

3, 1

8, 4 9,

5

9, 50



1

18, 15 19, 28



-



18 1 , 4

� �

� �



J ' l . 3, 9 più 3, 20-35

. 9, 50 eccetto 6, 45 8, 26

4, l

19, 27



10, 13

24, 53

-+

1 1 , l - 16, 8 ( 20)



IO, 52

Nel 1 'i nsietne Le pre se n ta alternativamente una sequenza ide n t ica a quel la di Mc e una seq uenza che gl i è propria. La piccola i nterpolazione ( 6 , 20 - 8, 3) c l a grande (9, 51 1 8, 1 4 ) in terrom pono il fi lo del la narrazione tnarciana. � evidente che Le rispetta u n a fon te quanto 1n cno s i n1 i k.. a Mc, gi usta pponendo le t rad izion i pa rticola ri che ha ra c­ col to. Questa globale evidenza verrà sfutnata da l l o stu d io del la questione si nott ica 8 • La t radizione comune dà la trama del vange lo . T rad izion i suppl ementari vi si inseriscono più o meno raggruppa t �, s pesso a con ferma di que l le raccol te da M t c dci ri cord i par t icolari attin ti, sembra, in ambien t i vicini ai di sce­ poli : Cleofa, Fili p po ( l ' apo s tolo del la Samaria : cfr. A t 21 , 8 ), M nasone , Ma naen frate l lo di latte di Erode ( A t 1 3 , l ; cfr . Le 2 3 , 7- 1 2 ) , le p ie don ne ( 8 , 1-3 ; 1 0, 38; 2 3 , 27s. 49 ; 24, 1 0 ), Maria la madre di Gesti ( 1 -2 ). I con tatti che sono stati riconosciu t i fra il terzo e il quar to vangelo, i giu­ va n n isn'l i di Le, sembra vadano interpreta t i n on come u n a s

Cfr. sotto p p . 152-154.

106

di pen denza letteraria immediata, ma come un'influenza del l 'ambiente giovanneo su Le.

I POTESI SU LLE FONTI DI LC. l critici hanno cercato di pre­ cisare le fon ti letterarie di Le. La maggior p a rte è d'ac­ cordo nel ri tenere che il secondo vangelo s ia la fonte principale 9• Per le altre fonti c'è un serio disaccordo. Gli uni preten­ dono che ci sia un vangelo dei discepoli soggiacente alla grande interpolazione ( Schlatter, Girard , Rengstorf ); al­ t ri, per Io più inglesi ( Streeter, Taylor), si sforzano di ricostruire un Proto·Luca a partire dal racconto della passione e dalle sezioni indipendenti di Mc che si riferi­ scono al ministero di Gesù in Galilea ( 3 , 1 -4, 30 ) o alla sal i t a a Gerusalemme ( 19, 1·27 .37 .44 ) . Ma la loro dimo­ s t razi one non è s tata accet tata dai critici e la loro ipotesi è anche s tata qual ificata oltre-Atlantico come una « bril­ lante chimera della cri tica >> 10• Altri i nfine� rinunciando a scop ri re un vangelo soggiace nte alle trad izion i particolari di Le , vi riconoscono sia vari documenti scritti che delle tradizion i orali . Il relativo fallimento delle grandi teorie sulle fonti let­ terarie di Le non impedisce che si possa scoprire il prin­ cipio della sistemazione che caratterizza la composizione di Le . La dualità segnalata a proposi to della prefazione torna a manifestarsi in quella che potremmo chiamare la preoccupaz ione dello storico che vuole essere un servo della parola. Vi sono due indizi infatti a tradire lo s torico : la collocazione degl i avveniment i nel tempo, l 'econom ia progressiva del racconto. Su questi due punti veri fichiamo con temporaneamente uno sforzo coscien te e un fal limen to evidente. La collocazione degli avvenimenti.

INDIZI DI PREOCCUPAZIONI STORICHE. Troviamo innanzi tutto i notevoli sincronismi, solenni portali costruiti all 'en­ trata dei raccont i della nascita di Gesù (2, 1-3 ) e del mi­ nis tero d i Giov a nni ( 3 , 1 -2 ) che menzionano fino a set te magistrati dell'epoca. Abbiamo inol tre le precisazioni di 9 Cfr. sot to pp. 1 52 s. IO S. MACLEAM GILMOUR, JBL, 1948, p. 143·152. 107

a gg i u n t e ai dati degl i a l t ri vangeli : la r i u n i o ne del s i n c d r i o ha l u ogo al l 'alba e non nella no t t e ( 2 2, 66 ); alt rove lo storico s muss a delle a ffe rm az i o n i che g i u dica eccessive : Mt e Mc dicono che la t rasfi gu ra ­ zione ha lu o g o « sei g io rn i do po )) la pro fessione di fede di P i e t ro , Le c o rre g ge « c i rca otto g io rn i dopo » ( 9 , 28 ); è la stessa m odes t ia dello s torico c he davanti alle ci fre tond e pone un • circ a » ( "l , 5 6 ; 3, 23 ; 9, 1 4 ; 22 , 59 ; 23, 44 ). U gu a l men te Le o n1� t Le GU��!o che gli sem b ra un doppio11e o u na ri p e t i z io n e : s e tro v a una trad izione m igl io.�·e a p roposito d e l l a ch iamata de i primi disce pol i ( 5 , 1 - 1 1 ) i gno­ ra i l raccon to di Mc 1 . 1 6-2 0. Si v e d an o anche le omissioni d i raccon ti r i po r ta t i da Le i n un co ntes t o d ive rso da Mc : Mc 3 , 22-30 ( Le I l , 1 4-23 ), Mc 4 . 30-3 2 ( Le 1 3 , 1 8 -1 9 ), Mt: 6, 1 -6 · ( Le 4 , 1 6-30), Mc 8 , 1 1 - 1 3 ( Le 1 1 , 1 6 .29 ), Mc 9 , 4 9 -50 ( Le 1 4, 34-35 ), Mc 1 0, 4 1 -45 ( Le 22, 24-27 ), Mc 1 2, 2 8 -34 ( lt: l O, 25-2 8 ) . Le n o n ama neanche i racco n t i affin i : delle due mol t i p l i cazioni d ei pani i g n o ra la s eco n d a ( Mc 8, 1 - 1 0 ) ; Ja m a l e d i z i o n e del fico (Mc 1 1 , 1 2- 1 4 .20-25 ) sem b r a fare un d opp io ne con la parabola del fico ( Le 1 3 , 6-9 ), Gesù che cam m i na s u l l e acq ue (Mc 6, 4 5 -5 2 ) col miracolo del l a tctn p e s t a sedata, l 'u nzione d i Bctan ia ( M c 1 4 , 3- 9 ) col per­ dono d e l l a peccatrice ( Le 7, 36-50 ), l a pri m a com parsa da­ v a n t i al si ncd rio con la seconda ( Mc 1 4 , 55-64 ; 1 5 , l ), l 'epi­ sod io del v i no a roma t izza to con q ue l l o della sp ugna ol· ferta a Gesù ( Mc 1 5 , 23 ; Le 23 , 36 ). A l t ri i n d i z i posi t i vi : Le si a s t iene dal p re c i sa re che la t c n1 pesta fu seda ta l a sera de l l a giorna t a de l l e parabo l e ( Mc 4 , 3 5 ; Le 8 , 22 ); s u gge r isce c h e la t ras fìgurazione ab­ bia avu to luogo di n o tt e a giudicare dal sonno ch e p ro­ s t ra i di scepol i , dal la m e nzi o n e del g i o rno se g uente e d a l fa t to che Gesù sal iva spesso sulla n1on tagna per pre· g a re e che prega va di p referenza di notte ( 9, 32-37 ; cfr . 6, 1 2 ; 22, 3 9 s. ) ; menziona a tre riprese che G esù s a l e a Gerusa lemme q uas i pe r i n s i nua r e che non vi sia andato una so l a vo l t a ( così Le 1 3 , 34 c a p i t a in un m o m en t o di­ verso da M t 23 , 3 7 ). Dà i n fi n e de l le i n f o r m a z i on i di ordi ne geo g ra fi c o tenendo con t o del suo lettore : Cafarnao è una c i t t à del l a Gal i l ea co1nc N aza rc t ( 4, 3 1 : l , 26 ) ; il « n1a 1 ·c d i G a l i lea » d iven t a nl od cs t a 1ncn tc « i l lago d i Gcnezarc t » ( 5 , l ; 8 , 23 ). S i ve· da n o anche 8, 26; 19, 29; 23 , 5 1 .

c ronologia relat iva

108

NEGAT I VI .

Cor rez i o n i , preci sazi on i , insi nuazi on i che uno s tori co. Perché a l lora tan t i de t tagl i che se m b ra no prova re c he Le non conosca d irettamente la Palest i na , i l modo come sono cos tru i te le case ( 5 , 1 9 ; 6, 47-49 ), i c os t u m i ( 6 , 29 ; 7 , 1 4 ; 8 , 5 .6 ), i l c l i ma o l a to po­ grafia ( 4, 29 ; 9, 1 0; 1 2 , 55; 2 1 , 2 9 ) ? Perché si permet te certe t rasp o si z i o n i d i avven i men t i : l'episod io di N azaret ( 4, 1 6-30 ), la chiamata dei di sc e pol i ( 5 , 3-1 1 ), l'introduz ione al d i scorso i n au gu ral e ( 6, J 2- 1 9 ), l' e p i s od io del la vera fa­ m i g l i a di G e s ù ( 8, 1 9-2 t ), queJ i o di Ba r t i m co ( 1 8 , 35-43 ), i l raccon to de l la cena e l ' a n n u ncio del t rad i me n to ( 22, 1 520.2 1 -23 ) ? Nel l 'a n t i chi tà l o s torico n o n a\·e,·a , come oggi , la preoccu· pazione di essere ri g o ro s o nel la crono logia e nella topo­ grafi a . Non bi sogn a t a n t o farg l i e ne rimprovero, quanto piu ttosto c h i edergl iene le ragion i.

INnTzr

sono d egne di

PREOCC UPAZION E DI COM POSI ZIONE DRA MM ATICA . La pri n1a ra­ g ione s t a n e l la compos izione d ram mat ica. I n cer t i casi viene usato il criterio di raggruppare t u t to que l lo che co n cern e u n p erso n aggio prima d i passa re al seguito. Giova n n i Ba t t ista viene p re sen tato i n pr i gion e p ri rn a del tem po , così s i sgomb ra il campo per Gesù ( 3 , 1 9s . ) . T I m i­ n i s te ro di Gesù viene rica p i t olato nel l a scena inau g ura l e del v ang e l o ( 4, 1 6- 3 0 ) . In a l t r i cas i u na certa dis po s i zi one d c i raccon t i f av o r i sc e l a vero s i m i g1 i a nza s torica : la ri­ s posta dei d i scep ol i a l la c h iamata del sa lva tore si capisce m egl io dopo il racco n t o di qualche m i racolo ( 5 , l - l i ), i nem i c i d i Gesù vengono p re s e n t a t i i n b l occo . lì n dal l 'i ni­ zio (5, 1 7 ), i merca n t i sono scacc iati dal tem p i o sub i to dopo l 'entra ta a G erusal e mm e ( 1 9 , 45s. ), i l racconto della cena viene d is t ribu i to secondo la logica ( 2 2 , 1 4-38 ), i l rin­ negamento di Pietro ben ra gg ru p pat o ( 22, 54-62 ). VOLONT À DI COSTRUZ JONE TEOLOG ICA. La second a ragi one sem­ bra ve n i re dal la cos truzione t eologic a e labora t a da Le s u l l a base del l e fon t i di cu i d is pone. I n u t i l e cercarvi la storia come la i n tend i a m o noi ogg i . L a � rande inle rpola zio11e ofTre u n esem pio sign i fica t ivo. Sc n t b ra descrive re tn i n uziosa m e n t e un v ia ggio ripetendo per t re vol te che Ges ù sa le a G e r us al c tn mc ( 9, 5 1 -53; 1 3, 22 ; 1 7 , 1 1 ) . Diversi critici si sono lasc iat i p re n der e da queste tre menzi o n i e vi hanno voluto cos truire sopra 109'

una cronologia del la vita di Gesù, assimilandole a quelle riportate dal quarto vangelo ( Gv 7, 1 - 1 3 ; 1 0 , 22 ; 1 1 , 54 ). l\1a oggi la maggior parte dei cri tici rifi uta queste con­ cordanze, individuando nella triplice menzione nien t'al tro che nessi artificiali di portata esclusivamente letteraria. Questa volon tà d i cos truzione teologica si evidenzia nelle om issioni di dati topografici offerti da Mc. I n 5, 17 e 9, 46 Le trascura la menzione di Cafarnao (Mc 2, 1 ; 9, 33 ); i n 5, 27; 6, 1 7 ; 8, 4 quella del mare di Gal i lea ( Mc 2 , 1 3 ; 3, 7 ; 4, l ) ; i n 9, 43b quella della Gali lea ( Mc 9, 30 ); in 8, 39 quella del la DecapoJ i ( Mc 5, 20 ). Non ha i nteresse a lo­ ca lizzare i racconti, per esemp io Cesa rea di Filippo ( Mc 8, 27 ), i n viaggio (Mc 1 0 , 1 7 ), nel tem pio ( Mc 1 2 , 35 ) , di fronte al tesoro ( Mc 1 2, 4 1 ), seduto sul monte degli ul ivi (Mc 1 3 , 3 ), nel Ge tsemani ( Mc 1 4 , 32 ). Se è vero che la se­ conda parte del libro degl i At t i ( 1 4-28 ) è stata e labora ta più del la prima e che vi si scopre un gu sto spiccato per i non1 i di luogo, viene da chiedersi se j J fa t to di tra lasc iare le notazioni marciane, invece che a una del iberata vo­ lon tà di tralasci arle non sia dovu to sem p l icemente al fatto che Le le ignorava. Un al tro ind izio sono i « raggruppa­ men ti si mposiaci )) in 5, 29-39; 1 1 , 37-54 ; 1 4, 1 �24 ; 22 , 1 4-3 0 ( cfr. 7, 36-50 ) che evocano i « banchet ti )), i sy1nposia di Platone o di Plutarco 1 1 •

L'economia del racconto evangelico UN R ACCO N TO CONTI N U O DEG L I. AVVEN I M ENTI. Con l 'arti ficio del le t ransiz ioni, Le è i n grado di offrire a Teofì lo un racconto con ti nuo deg l i avvenimen ti. I n questo si mostra di gran l unga superiore a M c . Così in 5, 33 sono gl i s tessi farisei che hanno criticato Gesù perché mangia insieme ai pecca tori a porre una domanda sul digiuno dei di sce­ po li : i due raccon ti, che in Mc sono gius tappos ti, trovano qui u n 'unità di con testo. Si confrontino anche 8, 1 1 ( Mc 4, 1 3 ), 8, 1 6 ( Mc 4, 2 1 ), 8, 40 ( Mc 5, 2 1 ) , 9, 22 ( Mc 8, 3 1 ), 9, 28 ( Mc 9, 2 ). In altri cas i queste transizioni sono mano­ vrate con abi l i tà. La predicazione mess ianica di Giovanni viene introdo t ta dalla notazione sull 'effetto che la sua I l Cfr. X. OE MEEUS, c Composi tion de Luc XIV et gcnre symposia­ que ETL 37 ( 1961 ) , p. 847-870. •,

1 10

prcdicazione di conversione p rodu ce sul l e fol le : ci si domanda se n o n sia l u i il Cristo ( 3 , 1 5 ). S i vedano anche 4, l ; 5, 1 .36; 9, 34-37 ; 1 9 , 28.36.47; 20, 1 . Qualche volta tut­ tavia, soprattut to nella grand e i n terpolazione, so n o mol to vaghe : « in quei giorni » ( 6 , 1 2 ). Si vedano anche 7, 1 1 ; 8 , l ; 20, 1 7. Le po r ta ava nti bene i l s uo raccon t o g ra z ie a notazioni che preparano gli avven imen ti successivi . Satana ha la· sciato Gesù « per un tempo fissato >> ( 4, 1 3 ), ritornerà i n 22, 3 .5 3 . S i v eda u gua l me n te come sono s tati preannun­ ciati i seguenti pass i : 3, 1-3 da 1, 80; 9, 9 da 3, 20; 1 0, l da 9, 1 -6 ; 1 1 , l da 5, 33 ; 22, 2 da 20, 1 9; 22, 39 da 2 1 , 37 ; 23, 2 da 20, 25; 2 3 , 8 da 9, 9 ; 23, 49.55 da .8, 1-3 ; 24, 25.46 fra gl i altri da 9, 22 e da 1 8 , 3 1 -33. UN

Questa pa d rona n racco n t o si rivela soprattutto nel modo co me t ut to i l va n ge lo è s tato ce nt r ato su G eru s al e m m e . L'it i­ nera rio d i Gesù ne è stato s em p l ifica to : il v i a gg i o al l a p e r i fe r i a della Gal ilea ( Mc 6,45-8, 26 ) è stato o m es so ; i n omi di Cesarea di F i li ppo ( Mc 8, 27 ), di Galilea ( Mc 9 , 3 0 ) sono s tat i omessi; l appun ta m e n to i n Gal ilea stabi­ l i to da Gesù ( Mc 1 4 , 28 ) e r i co rd at o da l l ' ange lo (Mc 1 6 , 7 ) è t ras fo rm a t o i n Le 24, 6s . : « R ico rd atev i qu el l o c he vi d i sse q ua ndo e ra in G a l i lea >> . Si tra t ta d u nque di una s to ri a che vol u tan1en te m i ra a u no sc o po p recis o A Ge r usa l e mme con1 i n cia ( 1 , 5 ) c a Gcrusa l e 1 n mc fi n i sc e ( 24 , 5 2s . ) . Nel p rologo sono ri cordate due s a l i t e a G e ru s a lc m · ' m c , a nch e s s e t ip iche ( 2 , 22-38; 2, 4 1 -50). N e l l 'in t roduzione a l l a v i t a pub b l i ca la ten tazione di G esù arriva al suo c u l m i ne non s u l l a m on ta g na, come i n Mt, ma a Gerusa­ l e m m e ( 4, 9- 1 2 ). RACCONTO CEN TRATO S U GERUSALE M M E.

·

za d e l

'

.

LA SA LITA A G E R U S A LE M M E . La grande i n tc r p o l a z ione ha i n fi ne l 'aspe t to di u na sole n n e salita a Gerusalemme. Pa· rol c e ra cco n t i ri m a n gon o raggruppati in ,n odo artificiale, senza d u b b io spesso così com e Le li ha t rovat i . Da I l , 1 4 a 1 4 , 24 abbi an1o de i d i sc o r s i po lem i ci tenuti ins ieme dallo sfondo; dei loghia s o n o dis tribui t i a r tific i a l m e n te o me­

d i a n t e pa role-richia m o ( 1 2, 1 - 1 2 ; 1 4, 25-35; in Mt la cifra tre raggruppa raccon t i di 62 ), pa ro l e s u l priv i l eg i o dci d iscep o l i ( 1 0, su l l a preghie ra ( 1 1 , 1 - 1 3 ), parabole su l l a

1 6, 1 6- 1 8 ) ; come vo cazioni ( 9 , 57· 1 8-24 ), i s t ru z i on i misericordia d illl

vina ( 1 5, 1 -32 ), sen t en ze sul l a legge ( 1 6 , 1 6- 1 8 ) , am moni­ zion i varie ( 1 7 , 1 -6 ). Qualche vol ta è suggerita la dist in­ zione dei t empi in cui le parole di Gesù dovet tero essere pron unci a te ( 9, 59 ; 1 1 , 5 ; 1 3 , 1 8 .20; 1 5 , l 1 ), ma non meno spesso , così come in Mt, l e pericopi son o deboln1en te lega te fra loro da > ( 1 9, 4 1 ). « E nl ra t o poi nel tempio . . . » ( 1 9, 45 ) ne scacciò i vend itori . Sa ranno arti fici let terari rozzi quanto si vuole, ma è ct• rto che producono un grande effetto. Del resto la grande in terpolazione non è u n corpo est raneo nel vangelo. :e i niziata a Gerusa lemme; Gesù che vi è ri tornato in trion­ fo , pernotta sul mon te degli ulivi, vi è ri portato prigio­ n i e ro, v k·nt• g i ud i ca t o , co n d a n n a to , croci lì sso . 1 d i scepol i ri tornano a Gerusa lemme lodando Di o. I l libro de g l i Atti degl i a post ol i annuncia la loro espa nsione partendo da Gcrusal en1me fino ai con fi n i del mondo ( A t l , 8 ). '(

'

l

Conclusio11e Da

ques ta breve ana l i si della composiZIOne letteraria Le risu lta che il terzo va ngelo, come gli a l t ri due, non l.· u n a b iof!, rafìa nel se11so ntode rn o del ternt ine. Se Le ha sapu t o d i s t ri buire la sua materia ri spettando le fon ti d i cui d i sponeva , è in certa misura uno « s torico )) , ma è !-,Opra t t u t to un (( servo del la parola », un evangelista. Se non ha potuto di sporre a suo modo di queste s tesse fonti, lo si deve al rispetto che n u t riva n e i loro confrQn ti. La sua a r te è stata essenzialmente quella di orchestrare certi dati t radizion a l i , dando loro ri lievo senza falsare la pro­ spettiva comune. di

" Su q uesto d i fficile t es t o . proha h i k i n tcrpolazione, vedere J . BLIN­

i n Synopt isc:lrc Studien A . Wikenhauser z.um 70n Geburtstag da rgebraclt t , M ii nchcn 1953, p. 20-52. Z I .ER ,

1 13

Ili Prospettiva dottrinale

Nella sua opera in due l ibri Le si propone d i tracci are la storia del d isegno di Dio dalla venuta di Gesù fi no al la estensione del regno ai con fini dell'u niverso . Per i due pri m i vangel i l'esistenza di Gesù era come un punto cen­ trale che unisce e separa le due epoc he maggiori del 1a s toria della salvezza, i l tempo delle p romesse e quello del loro compimento. Per Le questo comp imento avviene in due tempi : quello d i Gesù e quello della d iscesa sugJ i apos toli dello Spirito « che i l Padre ha promesso )) ( At l , 4 ) La storia dunque non comprende solo due period i , quello di I sraele e que1lo di Gesù ( e nello stesso tempo del la chiesa ); ne comprende tre : il tempo di Israele, il ten1po di Gesù , il tempo della chi esa 14• Per cui , secondo certe recenti tes i, Le avrebbe rotto con la tradizione aut�ntica del vangelo 'dando consistenza al tempo della ch iesa come al tempo di Gesù 15• Secon do queste tesi i l vangelo autentico presuppone u n 'attesa deJ J a parusia a breve scadenza a l punto che non v i sarebbe po­ sto per uno spazio tem porale fra la pas qua e l a p a rusi a Con Le , che prende atto del « ri t ardo della parusia », la ch iesa avrebbe davanti a sé un periodo i l l i ntita to; i1 suo « tem po )) verrebbe ad avere una consistenza prop ria c . per con traccolpo, deli miterebbe i l tempo d i Gesù con1� un periodo d e t e r m i n a to pre l i n1 i narc al te mpo della ch iesa . Le cose stanno di versamente, Le non ha ri n1 p i azza to l a esca tol ogia con la « storia de1 1a sal vezza )) , n1 a ha nlan­ tenuto la p rospettiva della fine fu tura, nei testi pa ral l e l i a M c o a M t (così L e 9, 27; 1 0, 9 ) e anche nei testi suoi propri ( 1 0, 1 1 ; 1 8 , 8 ); inoltre ha mani fes tato la presenza dello Spiri to santo all 'ope ra nei tre periodi del l a storia. Ugualm en te non ha insisti to sull'« istituzione )), sicché non .

.

14 H. CONZELMANN, Die Mitte der Zeit, Tiibingen 1 954. La sua tesi sulla s truttura tri p a r t i ta della storia è s ta t a vigorosamente con· testata ( così H. Flender o W. C. Robinson) : lo stesso per l'ipot esi su l ri tardo della pa ru s i a ( H . W. Bartsch, W. G. K ii m mcl ) . 1 5 Si veda il nostro « Bul l e t i n » , in RS R 46 ( 1958) , p. 242-250 e 59 ( 197 1 ) , p. 598-600 ; Les évangiles et l'histoire de Jésus, Paris 1 %3 . p . 204-209.

1 14

è giu sto fare di lui il padre del Frul1katholizisnzus ( proto­ catto l iccs inlo ) della ch iesa organizzata 16• Mc se mbrava volersi l i m itare a presentare i1 mistero del­ l ' uonlo-Dio, n u l la di più ; Mt ne ha tentato una spiegazione scri tturis t ica ; Le non ignora né l'uno né l 'altro aspetto ( c fr. per le p rove scri t t uri s tiche 4, 1 7 ; 1 8 , 3 1 ; 20, 17; 2 1 , 22. 37; 24, 25.44 ), ha una prospettiva in cert o senso p iù am­ pia. Ha tentato, almeno così sembra, una presentazione storica deg l i even ti della salvezza, un abbozzo storico, l ' i n tell igenza dei fat ti attraverso le cause che li hanno determ i na t i . Non si l i n1ita a raccontare u n 'esis tenza ma la i nterpreta. · Certo, non essendo testimone, non può offri re come Giovann i un « vangelo spiri tuale »; ma sa­ pen do con l a comuni t à primitiva che Gesù è risuscitato, proie t ta sugli eventi straordinari della vita di Gesù la luce del m i s t ero della passione-risurrezione, come nel l ibro degl i Atti mos tra il modo con cui la chiesa manifes ta il t rion fo del l a fede attraverso le persecuzioni . Le è l 'evangelista del d isegno di Dio : con u na certa sem­ pli fìcazione si può dire che il mis tero della pasqua ne è l 'a n i ma, lo S p i r i to san to l 'au tore, la comu nità universale di t u t t i i credenti il termine.

Il nzistero della pas q ua -\ N N l i N C r U E IJ . A PA S S I ONE-R I S lJ R R EZIONE. Gli annunci della pa ssione- risu rrezione appartengono al n1atcriale comune d e l l a t rad izione evan gel ica : una t ripl ice profezia scandi sce la sa l i ta a Gerusalemme (M t 1 6, 21 par.; 1 7 , 22s. par.; 20, 1 8s. par. ). I n Le il secondo annuncio viene preceduto da un avve r t i mento che sem bra forzato sotto la sua penna : « Met tetevi bene in mente queste paro le >> ( 9 , 44 ) . I l ter­ zo è legato a una prova scri t turistica ( 1 8 , 3 1 ) e Le solo aggi unge : « ma non compresero nulla di tutto questo; quel pa rlare restava oscuro e non ne capivano il senso » ( 1 8 , 34 ), met te ndo in r i l i e vo q ua n to aveva già notato con Mc in occasione del secondo ( 9 , 45 ), mentre Mt non l 'av e­ ,.a segnalato che al p rimo e sol tanto i n riferimento a

ltt W. G. K P.M Mrl., « Luc cn accu sa tion dans Ja théoJogie con tcmpo­ ra i nc », in L 'Evangile de I..u c , Mémorial L. Cerfaux, Gembloux

1 973, pp . 93-109.

115

Pietro. Questi annunci, dopo il dramma, sono ricorda t i d a ll 'angelo alle pie donne ( 24, 7 ), d al risusci tato ai viag­ giatori in camm ino verso Emmaus ( 24 , 25s . ) , ag l i a postoli n e l cenacolo (24 , 25 s . ) I nol tre secondo Le Gesi1 desi dera i l « battesimo ,, della passione ( 1 2, 50 ), annuncia che ogn i p rofeta deve morire a Gerusalem me ( 1 3 , 3 2s . ) e che i l figlio del l 'uomo deve soffrire molto e d essere rifiutato pri­ ma di bri l lare come il lampo ( 1 7, 24s . ). C'è un particolare che ci orienta sul senso lucano della morte di Gesù : non è dopo ( M t 1 7 , 12 = Mc 9, 1 2 ) ma du­ rante la scena della trasfigurazione che Gesù si soffern1a sul la fine cui and rà incontro a Gerusalemme ( Le 9, 31 ) . Le non sopprime la teologia del la croce, ma sottol inea che la salvezza è data dalla gloriosa risurrezione di Ge­ sù e non soltanto dal suo sacrificio espiatorio 17•

ALTR I INDIZI. La salita a Gerusalem nte ha punti di con ­ tatto con Mt 20, 1 7 par., ma Le l 'ha orches trata con gra n­ de abi lità 1 8 • Vi sono alcune tzotazioni proprie di Le , i n u n o stile alquan to si mbolico s e ci si ri ferisce a Giovann i . n e l racconto dell'infanzia - Gesù « segno d i con tradd i­ zione » ( 2 , 34 ), Gesù ri trovato « dopo tre giorni ,, ( 2 , 4 6 ), così come nella predicazione di Nazaret ( 4, 1 6-30 ), pos ta i n tenzionalmente al l ' i nizio del la vita pubblica : segno d i con traddizione , è oggetto d i ammirazione ( 4 , 22 ) poi ù i odio ( 4 , 29 ), m a lni percorre i l suo camm ino ( 4 , 30; cfr. Gv 7 , 3 0 ; 8, 20), già vittorioso sulla morte. IL TITOLO DI GES Ù S I G N O R E. Ge s ù non è solo colui che co­ nosce i profondi pensieri dei cuori ( M t 9, 4 par. ), not a­ zione che Le mette ancora in ril ievo in 6 , 8 e 9, 47 ( M t 9, 33 ) manifes tando perciò l a conoscenza che ha de l Pa­ dre ( l 0,2 l s . = M t 1 1 , 25-27 ) . Solo in Le viene ch ia mato secondo la termi nologia cri stiana Kyrios : 7 , 1 3 . 1 9 ; I O , 1 .39 4 1 ; 1 1 , 3 9 ; 1 2 , 42; 1 3 , 1 5 ; 1 6 , 8 ?; 17, 5s.; 1 8 , 6 ; 1 9 , 8 ; 22, 6 1 : 24 , 3 .34, un t i tolo che equivale a quel lo di Cristo esal t a t o ( cfr. l Cor 1 6 , 22 ; Fp 3 , 1 1 ) . Di fronte a q u esta presenza del Signore il tema del segreto messianico 19 è 1nolto . sf u 1 1 Cfr. A . GF.ORGE, « Le sens dc la mort dc Jésus pour Luc 80 ( 1 973) pp. 186-21 7 . 1 8 Cfr. sopra p p . 1 1 1 s . 1 9 C fr. sopra pp. 49-52.

1 16

•.

RR

mato ( così 8, 26 ) anche se ancora indi vid uabile (4, 35 .4 1 ; 5 , 1 4 ; 8 , 56; 9 , 2 1 ). Il messia appare più chiaramente re al momento dell'en­ trata in Gerusale m me ( 1 9, 38; cfr. Gv 1 2 , 1 3 ) ; la parabola delle m ine ha in Le 1 9, 1 2 . 1 4. 1 5 . 17.27 una colorazione più regale che non la parabol a dei talenti di Mc 25, 14.1 9.2 1 .23 21•. Il regno di Dio e lo Spirito santo

IL REGNO DI DIO. La buona novella è il regno di Dio ( 4, 43 : 8 , 1 ) secondo quanto si afferma nella p redicazione cri­. s tiana ( cfr. 9, 2.60 .62 ; 16, 16; 1 8 , 29; cfr. At l, 3; 8, 12; 19, 8 ; 20, 25 ; 28, 23 .3 1 ). Con questo termine Le non indica di sol i to la realtà divina all'opera sulla terra ( senso comune in M t 21 ), ma il regno esca tologico, o cielo, che determina i l nostro com portamento sulla terra e d es ige l a nostra fede ( si vedano 1 3 , 27-29 ; 1 4, 1 5 ; 19, 1 1 ; 22 , 1 6-1 8 ). Così la para· boia del seminatore non significa come in Mc e Mt la pre· senza « in mis tero » del regno, ma l'esigenza del la fede ( 8, 1 2. 1 5 ). Si confrontino anche Mt 16, 28 par. ( venuta del regno ) e Le 9, 27 ( vi sta del regno ). Se il rcgho è presente sulla terra ( 1 7 , 2 1 ), lo è nel la per­ sona del figl io deli 'uon1o ( 1 7 ,22 ); si spiegherebbe così co­ mc m a i il reg no pur dovendo ancora ven ire ( 1 1 , 2 ), è tut­ tavia già presente ( 1 0, 9 . 1 1 ; 1 1 , 20 ). 1 .0 S P I R I TO SA NTO.

I n M t i l regno dci cicli aveva un aspe t t o

Le questo

aspet to sem b ra scompari re. M a Spirito san to, anche se non viene nom inato spesso nel vangelo, di venta qu esta real tà divina all 'opera sulla ter­ ra. Non è più il regno dei cieli che discende, ma è lo Spi­ rito san to che irrompe dall'al to ( dono ); colui che agi sce nel presente è lo Spirito ( forza ). Le lo ha sottolinea to c h i a ra me n t e in At l , 7s. Agli apos tol i che domandano s e per I s raele è arrivato il momento della restaurazione d�J regno, Gesù risponde stornando la loro at tenzione da que­ sto . regno e rivolgendola allo Spirito san to nel suo du­ plice aspetto : « Riceverete una forza, quella dello Spiri­ to san to che discenderà su di voi ». d i na n1 i co ;

in

lo

Cfr. sopra p. 89. Su « Jésus, Fils de Dieu dans l'évangile dt· JJuc , cfr. A. GEORGE, R B 72 ( 1965) , p . 1 85-209. 2 1 Cfr. sopra pp. 84-87. 20

t l7

Lo Spiri t o sa nto è il dono per ecce llenza. « Se voi che s i e te ca t t ivi sape te d are cose buone a i vos tri Jìgl i , quan t o p i ù il Padre del cielo farà dono dello Spi r i to san to ( M t 7 . t l : �·cose buone·· ) a coloro che lo pregano ! » ( 1 1 , 1 3 ) S i veda nel Inedesimo con testo la variante in 1 1 , 2 sul­ l A d ve n i a t regn u1n tur.11n : « Che venga su d i noi il tuo Spi­ ri t o san to e ( affi n ché ) ci purifichi » . L o Spirito santo riem pie alcune creature destinate a fun­ zioni privi legiate : così Giovanni ( 1 , 1 5 ) o Gesù ( 1 , 35 ). Que­ sta presenza è di soli to lega ta alla parola profe t ica che deve essere pro n u n ciata da Elisabetta, Zaccaria o Simeo­ ne ( 1 , 4 1 .6 7 ; 2, 25-27 ) e soprattutto da Gesù ( 4, 1 8 ; 1 0, 2 1 ) e dai discepoli dura nt e l e persecuzioni ( 1 2, 1 2 = M t l O, 20; cfr. Mc 1 3 , 1 1 ). Spesso lo Spirito è assoc i a to alla fo rza con la quale i m i racoli vengono compi u t i ( 4, 1 4 ); in certo senso è a nche soppia n tato dal la 8ùvcx�J.tc; con cui egl i guarisce i malati ( 4 , 1 7 ; 5, 1 7 ; 6, 1 9 ; 9, 1 ). Come dice Pie tro « Dio l'ha un t o d i Spiri to e di forza » (At 10, 38 ). .

'

tì N ' ATMOSFERA DI LODE. Lode, rendi1nento di grazie, glori­ fica z iol1 e di Dio risuon a no cont inuamen te: Maria ( l , 46ss . ), Zaccaria ( l , 64 .6 8 ss . ) ; gli angeli a Be tlcn1mc ( 2 , 1 3 .20 ), Si­ n1eonc ( 2 , 28 ), Anna ( 2 , 38 ), il paralit i co guarito ( 5 , 25 ), tutti davanti a un m i racolo ( 5 , 26 ) o alla risurrezione del figlio della vedova di Nain ( 7 , 1 6 ) la donna curva guari t a ( 1 3 , 1 3 ) i l lebbroso guarito ( 1 7 , 1 5 ), i l c ieco che vede ( 1 8, 43 ), i discepoli quando en t rano in Gerus a lem m e ( 1 9, 3 7s ), il centurione alla morte di Gesù ( 23, 47 ), infine i discepol i dopo l 'ascensione ( 24, 53 ). L'eco di questo canto si fa sen tire nella comunità primitiva ( A t 2, 47 ; 3, 8s. ; 4, 2 1 ; 1 1 , 1 8 ; 1 3 , 48 ; 2 1 , 20 ). Si celebra anche la glo r i a di Gesù ( 4, 1 5 ). Oppure Gesù susc i ta sen t imenti di tin1ore, di stupore, di terrore o di mera vigl ia ( 8 , 25 .37 ; 9, 43 ; c fr At 2, 7 . 1 2 ; 3, 1 0; 5, 5. 1 1 . . ) .

.

.

.

rN ' Ar:MOSFERA DI GIOIA. Gioia, allegrezza, g ai e z za , esultan­ za, felicità nella pace all 'ann uncio del la b u o n a novella : q ueste espression i sono più frequent i in Le che in Mt e Mc. I l ve rbo evangelizzare è proprio di Le, è u na parola più dinam ica del sostantivo « va n gelo » usato da Mt e Mc; Mt h a q uesto verbo sol tanto in una c itazio n e d i Isaia ( M t 1 1 , 5 ). La g ioi a che Mc quasi ignora (eccetto Mc 4, 1 6 = Mt 13, I J8

20 = Le 8, 1 3 ) , che Mt segnala qualche volta ( i magi : M t 2, l O ; il discepolo a l l a scoperta del tesoro : 1 3 , 44 ; il cielo che è gioia : 25, 2 1 .23; le pie donne alla risurrezione 28, 8s. ), questa gioia invade il vangelo di Le alla nascita di G i o­ van ni ( Le l , 1 4 .58 ), al l'annunciazione a Maria ( l , 28 ), alla visi t a d i Maria ( l , 4 1 .44 ), a l i ' annuncio fat to ai pastori ( 2, 1 0 ). Ai discepoli che ri tornano gioiosi ( 1 0 , 1 7 ) Gesù pre­ cisa il vero motivo del la gioia ( 1 0,20 ) esul tandone lui s tes­ so ( 1 0, 2 1 ). G ioia della fol la al la vista delle meraviglie che si compiono sot to i suoi occhi ( 1 3, 1 7 ), di Zaccheo che ri­ ceve Gesù ( 1 9, 6 ), dei discepo l i all'entrata in Gerusalem­ me ( 1 9, 37 ) dei discepol i di E m maus ( 24, 4 1 ), dei d isce­ pol i dopo l 'ascensione ( 24 , 52 ). Gioia di Dio s tesso e del cielo nell 'accogliere il peccatore pentito ( 1 5, passi1n ) . Gioia promessa ai perseguitati (6, 23 = Mt 5, 1 2 ; cfr. At 5, 4 1 ). Beati sono dunque tutti quell i che i ntendono la buona novel l a ! M t riporta quattro beatitudini più di Le (M t 5 ), e qu e1 1 a di Si mone figlio d i Giona ( M t 1 6, 1 7 ), con Le quelle di chi non si scandalizzerà di Gesù ( M t 1 1 , 6 = Le 7, 23 ), degl i occh i che vedono i discepoli ( Mt 1 3 , 1 6 = Le l O, 23 ), e del servo fedele ( M t 24 , 46 = Le 1 2 , 43 ). Ino l t re in Le Elisabetta viene detta beata ( l , 45 ), Maria lo sarà ( 1 , 48 ), tale viene p roclamata da una don na ( 1 1 , 27 ); Gesù. bea t i fi ca · coloro che ascol tano la parola di Dio e l 'osser­ vano ( 1 1 , 28 ), i servi vigilanti ( 1 2 , 37s. ), coloro che non possono essere ricamb iati ( 1 4 , 14 ). Pace non nel senso di questo mondo ( Le 1 2 , 51 = M t 1 0, 34; c fr. Gv 1 4 , 27 ), ma queiJa don ata da Gesù (7, 50; 8 , 48 = Mc 5 , 34 ) fin dal la sua nascita ( l , 79 ; 2 , 1 4 .29 ), quella che proclamata dai discepo l i ( 1 9, 38 ) Gerusalemme non ha sa­ puto accogliere ( 1 9, 42 ), pace donata dal risusci tato (24 , 36; cfr. Gv 2 0 , 1 9.2 1 .26 ), perché Gesù è « venuto a evan­ ge1 izzare la pace » (At 1 0, 36 ): lo stesso devono fare i suoi di scepoli ( l O, 5 = M t 1 0, 1 3 ).

UN ' ATMOSFERA DI PREGH IERA. Secondo la trad izione comune Gesù è in pregh iera al mo mento della moltipl icazione dei pan i ( Le 9, 16 par. ), durante la cena (22, 1 7. 1 9 par. ), sul monte degli_ u l ivi (22, 4 1 .44 par. ). Le non segnala Io Hallel ( Mt 26, 30 "fic' r. ) né che Gesù va a pregare dopo la mol ti· pl icazione u\.!i pani ( M t 1 4 , 23 par. ). Ma Le è l'unico che mostra Ge!ìù l ll preghiera durante il battesi mo (3, 21 ), du1 19

rante i l su'o ministero ( 5 , 1 6 ; cfr. Mc l , 35 ), prima della scel ta dei dodici ( 6, 1 2 ), prima della professione di fede di Pietro ( 9 , 1 8 ), alla t rasfigurazione ( 9 , 28s. ), al ritorno dei di scepoli ( 1 0, 2 1 ), prima del Pater Noster ( 1 1 , 1 ), per rafforzare Pietro nella fede ( 22, 32 ), quando è crocifisso ( 23, 34 ) , alla sua morte (23, 46 ), con i discepoli d i Em maus (24, 30 ). Pregano anche alcune comparse : l, 1 0 . 1 3 ; 2, 37; 5, 33. Ol t re al Padre nostro vengono riportate altre formule di preghiera : il B e11edictus, i l Magnifica!, il Gloria in excel· _.;is, il Nunc dimittis ( 1 , 45-55, 68-79; 2, 1 4 . 29-32 ). I l dovere di pregare è i m perioso ( 1 1 , 9 = M t 7, 7·1 1 ); Le d fa precedere la parabola dell'am ico i mportuno ( 1 1 , 5-8 ) e \' i i nsiste con la parabola del giudice iniquo ( 1 8 , 1-8 ) e q uella del fariseo e del pubblicano ( 1 8 , 9- 1 4 ). La fede ot­ t iene tutto ( 1 7, 6; cfr. Mt 1 7 , 20; 2 1 , 2 l s . ; Mc 1 1 , 23s . ). B i­ sogna pregare il padrone del1a messe ( l O, 2 = M t 9 , 38 ), pregare per i persecu tori ( 6, 28 = M t 5 , 44 ) , p regare e vi­ gilare ( 2 1 , 36 = Mc 1 3 , 33 ), pregare per non essere ten­ tati ( 22, 40.46 par. ). Lo Spirito san to in certi casi viene messo esplicitamente in relazione con la p reghiera : egli la ispi ra ( l , 67-79; 2, 27-32; 1 0, 2 1 ) e ne è il fru tto per eccellenza ( 3 , 2 l s.; 1 1 , 1 3 ).

L 'estensione universale del vangelo L 'opera che lo Spirito san to com pie non sta princ ipalmen­ t e in queste risonanze personali della sua presenza che sono la gioia e la preghiera, ma n el i 'instau razionc della co m unità un iversale di tutti i credenti, che noi chiame· Te m mo la « chiesa » se Le non avesse riservato questo ter­ mine al libro degli Atti ( dove è al posto suo ). Men tre Mt si sforza di mostrare che la rottura con i l popolo giudai· co era la con dizione necessaria per l 'espansione del van­ ge lo ( l 'universa lismo è un risu l tato ) 22, Le individua i m­ mediatamente questo universa l ismo nel disegno di Dio. Non è la conclusione di un dramm a , è u n fatto che i l l u­ mina la buona novella, è anzi la buona novella stessa 23 •

:�

C fr. sopra p. 84 .

.7.1 Cfr. A . GEORCE. pp . 481-525 . .1 20

«

lsrael

dans

l'oeuvre

de Luc

•.

RB 75 ( 1968) ,

PRESENTAZIONE UNIV ERSALISTA. Le sembra indirizzarsi a U n lettore non palest inese, facendo così risplendere il \'a n­ ge lo più immediatamen te al d i là delle fron tiere d'Israe· le. È i ndotto così a introdurre numerosi chiari menti . Completa il soggetto della frase , oscuro nelle tradizioni parallele: così Mc 3, 2 racconta che « lo osservavano ,, , Le 6, 7 precisa : « Gli sc ribi e i farisei )) (si veda anche : 1 9 , 3 2 ; 2 0 , l O; 2 1 , 3 1 ) . I n u n altro caso è il complemento del vcr· bo a essere indeterm i nato : così Mc 1 , 34 : i demoni lo « conoscevano » d iventa in Le 4, 4 1 : « sapevano che era il Cristo ,, ( si vedano anche : 8, 5 ; 9, 7; 22, 52 ). Se un pun to sembra oscuro, Le lo esplicita : così in Mc 2, 1 7 : « non sono venuto per chiamare i giusti ma i peccatori » vi e n e esplicitato da Le : « alla conversione » ( s i v edano an· che : 5 , 1 7 ; 6, Sa. 1 9 ; 8, 1 2 . 1 5 .29b.33 .37.40 ; 20, 20; 2 1 , 4; 22, 34. 45 ; 23, 26 ) Abbiamo infine delle precisazioni che tol gono quals iasi ambiguità o g ius t ifican o lo svQl g i me n to degli a \· · ven i menti ( 4 , 43 ; 6, l ; 1 8 , 36 ). A l lo stesso risultato mira la res ti tuzione del con testo psicologico dei detti riporta t i , col locat i nella loro si tua· zione prec isando le circostanze, come per esemp io : ( 6, 36; M t ha « perfet ti » ) ; « Date una buona misura ( secondo il criterio dell 'amore ) pe r tu tto ( non sol tan to per il giudizio ) » ( 6 ,3 8 ). Ecco delle brevi no tazioni : il centurione « a1na il nostro popolo ... ha co s truito una s inagoga, e dunque è degno di . . . )) ( 7 , 5 );. il sacerdote ( i l lcvi ta ) che incon tra l'uomo t ran1o r tito « vedendolo passò oltre ( 1 0, 3 1 s ) op pure > ricco ); i farisei non sono soltan to presuntuosi ( 1 8, 1 4 ) ma anche « am ici del d ena ro ,, ( 16, 14 ); ora « ciò che ha grande valore agli occhi degli uomini è o ggett o di d isgusto agl i occhi di D i o >> ( 1 6 , 1 5 ) . Mammona è quindi di per sé ingiusto . Probab ilmen te Le ri t iene che sia po ssibi le servi rsenc con abili tà d i stribuen­ dolo ai pove r i per farsene dcgJ i am ici ( 1 6 , 9) o con fedeltà, cotnc d 'un bene al tru i affi dato da Dio ( 1 6 , 1 0- .1 2 ), ma con­ clude ferma mente che non s i può se r v i r lo se rvendo nel lo stesso tempo Dio ( 1 6, 1 3 ). ·

.

LA R I N U N C I A . In Le, come n e l la trad izione comune, è un corollario del m i s tero del 1 a pasqua ( nesso tra gli an·

nunci del la pas s i o n e e le condi zion i per seguire Gesù : Mt 1 6, 2 1 -23 .24-26 pa r . ) . Ma Le insiste p i ù degl i altri sulla ri nu n c i a a tu tto. Non b i so g na appoggiarsi a lle ricchezze ( 1 2 , 1 3-2 1 ), ma affid a rs i a D i o che provvede a tu tto ( 1 2 , 22-3 2 ), perciò « vendete i vostri ben i c d a t e l i i n el emo­ sine » ( 1 2 , 3 3 ; cfr. Mt 6, 1 9s ). Alle condizioni i in poste per essere discepol i di Gesù Luca aggiunge che bi sogna « odiare la propria moglie e la propria vi ta » ( cfr. 1 8 . 29 : non è un equ ivalen te discreto del term ine « eunuch i per il re gno dei c ic l i » ? ); si pre· eisa poi : « ch i non rinu ncia a t u t t i i suoi ben i non può essere mio di sc e polo » ( 1 4 , 2 6 .33 ). Di qui vengono cert a­ men te quel le piccole n ota z ion i che Le h a a g giun t o alla tradiz ione comune. I d iscepol i hanno segui to il Signore 1 26

abbandonando « tutto » ( 5 , 1 1 ) , così anche Lev i ( 5 , 28 ); è quanto si esige dal notabile ricco ( 1 8 , 22 ). Così è to l t a fì n da p r i n cip i o ogni possibi l i tà di tornare indietro (9, 6 l s . ). Luca , l 'evan gelista del d iseg no di Dio, è nello s tesso tem­ po J 'uon10 che prec isa fi no a che punto a rriva, nel con­ cre to, l 'esige nza del messaggio evangel ico. Megl io di Mt e Mc, egl i i n d ica che b i sogna portare la croce « ogni gior­ no » ( 9, 23 ). Ma n el lo stesso tempo manifesta meglio lo Spi rito santo all'opera e la gioia riversata nel cuore dei credenti. IV L'autore del terzo vangelo Le test ilnonianze t radizionali 1 TEST I . Sul terzo vange lo non è stato t ramandato nes­ sun fram 1ncnto di Pa pia. Tuttavia il nome di Le figu ra fin dalla seconda metà del n secolo nel Canone Muratori ( fi ne del n s eco l o ) nel quale, apportan do a lcune corre­ zion i gramm a t ica li e conge t t u re, possiamo leggere : « I l terzo vangel o è secondo Luca. Luca è quel medico che, dopo l 'ascensione d i Cristo, fu portato via da Paolo come con1 pagno d e i suoi viaggi c che scrisse a suo nome se­ con do il pensiero ( d i Paolo ); tuttavia non vide il Signore di persona ; per questo inizia il suo racconto dalla na sci t a di Giovanni, così come poté averne n ot i z i a » 25 • l p ad ri del I I e T I I secol o portano tes timonianze unan imi. l reneo ( A dv. Hae r. 3 , 1 , 1 ) sc rive : « Parimenti Luca, il compagno d i Paolo, ha co n seg na to in u n l ibro i l vangelo che ques t i predicava » . E ancora : « Lucas creditus est ( fu giudica to d egno d i ) referre nobis eva n g cl ium » ( Adv. Haer. 3, 1 4, 1 ). Tertull iano (Adversus Marcione1n 4, 5 ) afferm a che è uso delle chiese a postolich e di leggere il va n ge l o di Luca. C leme n te d 'Alessand ria gius tifica la =

2� I l testo la t ino, alquanto confuso, dice : « Lucas iste mcdicus post ascc n s u m Chri s t i . ctnn cum ·P aulus quasi ut juris stud;ostim se­ cum adsumpissc t , nom i ne suo ex opinione conscripsit ; Dom inum

ta mcn nec ipse vidit i n c a rne, et ideo p rou t assequi pot u i t , ita et a n a t i vi tatc i ncipit diccre )> . D i verse ipotesi si sforzano di in ter­ pre tare il passo in i t al i co « i t ineris sui socium ( com pagno dei suoi viaggi) o c itineris studiosum secum » ( conoscitore della « via •) .

127

sua affermazione che il Cristo è nato sot t o Augu s to di­ « sc r i p t u m est in e van g e l i o secundum Luca m )) ( St rom. l , 2 1 , 1 45 = PG 8, 885 ). I n ol tre confron ta la rela­ zione fra Ma rco e Pietro con que l l a fra Luca e Paolo (Stro1n. 5 , 1 2 ). Origene ( In Mat th. l = PG 1 3 , 830; cfr . E us e b io , Historia ecci. 6, 2 5 , 6 ) : i l terzo vangelo è d i Lu c a « quo d a Pau lo co mmendatum s i t in g ra t ia m gen · til i um con scri p tu m » . E u sebio ( H E 3 , 4, 6 ) e G i rola 1 no ( De viris ili. 7 = PL 23, 629 ) sono l 'eco d e l la t ra d i z i o n e . Il Prologo antima rcion ita che , m alg ra d o l 'o p i n i on e i n con·· tra rio d i Dom De B ruyne e Harnack, p uò e s se re dat a t u al l ' i niz i o d el I V secolo ( Gutw e n ger ) offre q u a lc h e p re c i sazione : > ( l\1t 9, 6 = Mc 2, l O = Le 5, 24 ). Ugualmente la glossa cc che i l let tore co mp renda » ( Mt 24, 15 = Mc 13, 1 4 ) o la nota È!Àc:ye:v yocp = 7tn i di con tenu to ? I t re elemen ti ( contenuto, ordine, espressione ) devono con­ correre simul taneamente. Ma allora l 'evidenza globale urta con una doppia serie di d ifficoltà : le concordanze M t-Lc contro Mc, i fenomeni let terari microscopici ma se mpre costat a t i nella t riplice tradizione, sicché l'ipotesi sem bra scalzata quando si scende ai particolari . 2 ) Le concordanze di M t-Le ris pe t t o a Mc sono state mi­ n uziosa rnentc rileva te da E. A. Abbo t t 32 che ha con tato 320 cas i . Non tu t t i sono signi ficativi, ma l'insicn1c è impress ionante. Hawkins 33 ne conta 2 1 ; Lagrange "' re­ spinge 1 1 casi di Hawkins e ne aggiunge altri 1 1 . L. Va­ ganay 35 analizza in n1odo approfond i to le concordanze · nega tive ( M t-Lc che omet tono ins i eme un par ticolare mar­ ciano ) e in siste sul loro grande nurncro, la ]oro pare n tela con i « Tratti ma rcia ni >) e la l or o d isposizione all 'in terno delle pericop i . Non si tra t ta soltan to del le grandi concor­ danze che riguardano gl i episod i del precursore, de lla ten t azione di Gesù, d i Beelzcbul, del discorso con tro i fa risei ... ma anche delle mi n i me notazioni sparse lungo le sezion i marciane 36• Così : 31 L. VAG.o\ !'•to\Y , Le Problème synoptique, p. 274 s. � E . A . ABDOTT, Diatessarica, t . 2, 1901 , p. 307-324. �-� J . C. HAWK I N S , Horae syn optica e , p. 201 s . .:w M . J . lAGRAN(;E, Évangile selon s a i n t Luc4, p. LXX-LXXII I . :4� L VAGt\NAY, Le P ro b l è me synoptique, p . 69-74 . .\ti Si veda una l i sta in: DA FoNESCA, Quaes t io .� yrzopt ica, p. 56 s. e �l s. Vi veda sop ra t t u t to F. NEl RYNCK , Minor A greements of Mat­ lltew and Luke against Mark, wit h a Consultative Lisi, louvain

1 974. 154

Mt 9 , 17 Mt 9, 20 Mt 17,17 Mt 1 0, I O

= = = =

Le 5, 37: Le 8, 44 : Le 9 , 4 1 : Le 9, 3 :

pa�3ov (LOVOV.

Èxx_e:�-rcn con tro Mc 2 , 22 : &.7toÀÀu-:-x�. + -rou xp 80 • W . L. Knox 8 1 parl a ugua ln1e ntc di « opu scol i » che non erano propriamente l 'ope ra di pre­ dicatori i tineran ti, ma della chiesa che con feriva Joro u n a prima forma e ne assicurava l a diffusione. Possono così essere ricos truite parecchie « fon t i )> ( scrit te o oral i ) al­ l 'origi ne degli attuali vangeli 82 • ftO E. lACQUlER, Histoire des livres du Nouveau Testament, t . 2, 1 905, p. 355 . 8t W. L. KNox, The Sources of the Synoptic Gospels, 2 vol . , Cam­ hridge 1 953- 1 957 . 82 Cfr. RSR 42 ( 1954) , p. 518 s.

166

teori ci delJa Fonngeschich te 83 sembrano offri re una più a m pia a l sistema del le due fonti, che mantcne­ \'ano per comodità; ma nello s tesso tempo gl i d i ed e ro un b ru t t o c o l po perché secondo loro gl i evange l i s t i non e rano che sem plici compilatori di unità e c o l l ezion i pre­ eva ngclich e Nonostante queste esagerazion i le loro ri­ cerche pot rebbero essere un contribu to p rezioso a una soddi sfacente soluzione della questione sinottica Sot to q ues t o nome di docu men tazione ntultipla vanno an noverati anche i vari saggi di L. Cerfaux 84• Pur conti­ nuan do a so s tenere una d i pendenza del Mt greco e di Le ri sp e t t o a Mc, egli pone al l ori g ine della tradizione sinot­ t ica una pr i m a gr a nde sis tematizzazione aramaica seguit a da m o l t e p l i ci trad izioni parzia l i . Tutto l'in s ieme fu pre­ s to tradotto in greco ; sarebbe ques to il Proto-Matteo da cui d ipen d o n o i tre s i nott i c i . Si tratta di u n docu 1nento unico o di una tradizione mul­ t i p l a ? Non si può chia m arlo un vangelo u nico e tutt av ia i v a r i docu men t i che rappresentano questa tradi z ione h a n n o tut t i una stessa impronta la catechesi quadripar­ t i t a . È inu t i le fare appello a una « sec o nda fonte », dal n1 o m en to che il Matteo aramaico è sufficiente per giu ­ s t i fi c a re i l tutto, perché pur avendo già una certa i nl­ p ro n ta, rimane ancora in uno stadio di ncbu l osità. L. Cer­ faux ha ten tato di prec isare lo stadio immedia tamente preceden te al Matteo aratna i co 85• I

base

.

.

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t ' IPOTE S I DI 1\1. E. BOISMARD : QUATTRO DOCUMENTI. M. E. Bois­ .m ard ha ten tato recen te1nente di abbozzare una teor i a s u l l a base di varie analisi par t icolari 86• E ra st at o prece­ d u to nel 1 798 da uno s tudioso di Cambri d ge, Herbert Marsh, che avev a provato a rendere più v erosi m i le l ipo­ t e s i d i E ichhorn ritenendo che il vangelo primitivo ara­ maico era stato presto tradotto in greco; due fonti, l 'una ( a l eph ) sulla base dei p a s s i comu n i ai t r e l 'al tra (beth ) contenente i l o g hi a di Gesù 87• B oi s m ard arrivò a un risul­ ta t o analogo a costo di una notevole sott i gliezza .

'

,

.

Cfr. sot to pp. 175-194. 114 Si veda SDB, t. 5 ( 1953) , col . 505 ; ETL, 195 1 e 1952 ( = Recueil . . . , t. 1. p. 425-469) . :t� La formativn des �vangiles, pp. 31-32. Cfr. sot to p. 191. lf' Synopse des qu a tre évangiles, t . 2 , Paris 1972. si C fr. W. R. E\RMER, The Synoptic Probletn, London/New York l %4, p. 9-15.

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167

Rin unciando a qua l un q ue giust ific az i one che si basasse su l l a s o l a in tcrdipendenza dei sinottici egl i parte dal fat­ to c he il v angelo di Mc offre dei testi com p lessi che, pe r e s s e re s p iega t i , es igono l 'es istenza di alrneno due fon t i . n o n M t e L e ( G riesbach/Farme r), m a dP; d..Jcu�nent i pre­ sin o t t i c i . Così Mc fon de due d oc u me n t i .\ e B nel rac ·

con to della vera parentela di Gesù ( M � 3 , � i -3j ), la risur­ rezi o n e della figl ia di G iairo ( 5 , 2 1 -43 ), i l p e r i cG i o del le ricchezze ( 1 0, 23-27 ) , anche tre documen t i in q u a lc h e ca­ so : i l Ge ts em a ni , il rinnegamento di Pie tro, gl i ol t ragg i a Gesù pro fet a . Con u na pri m a a p p ross i m a zione si può di r e che i tre vangeli postulano l ' esist enza di tre docu­ m e nti - fo nti, ciascuno costi tuente la fonte p rinc i pa l e di cia scun sinottico: A pe r M t, B per Mc, C per Le ( spec ia l ­ men te nel raccon to della p a ssione ) . Nei fa tti la situazione è p i ù c o m p l e s s a. Mc pur deri vando sopra t tu t to da B ha ben i n t eg ra to A e in qualche 1n i s u ra C. � q u e sto i l Mc in tenn e dio , fonte princ i p a l e del Mc a t tu a l e , pri n cipa le sol tan to perché questo d i pe nde in parte dal M t i n terme­ dio c d a l Pr o t o - L u ca . A ll 'or i gi ne d i Mt vanno po st i il do· cu ment o A c il d ocu men t o Q ( non lo stesso de l l a fon te classica Q ) ; per arrivare al M t att u al e bisogna individuar­ vi l ' i n f l u en za del M c i n t e rm edio . I nfi ne il Proto-Luca dc­ ri va pe r p ri in a cosa dai ùo c u n1 cn t i B e C, co m e Q e, i n q u a l c he caso, dal M t i n termed io: i l t es t o attua le d i Le d e ri v a dal P ro t o-Lu c a , i n fl uenza to dal Mc in termedio. L ' i n n e gab i l e affi n i t à fra i tre tes ti a t t u a l i d i pender eb b e d a i re d at t o r i fi n a l i p ro v en i e n t i t u t t i d a una (( scuola l u ca na )) . Prese n t a t a da l p u n t o di v i s t a della sua ge n e si , la trad ì· z. i o n e s i n ot t i ca corn portcrcbbe le seg u en t i tre t a p pe ron­ da nlcn t a l i : d o po la c o n fe zio n e di « ra c c o l t e preeva ngc l i ­ che ,, v e n n e con1 pos to i l doc ume nto A, vangelo d i ori g i ne pa lcst i ncse p rove n i e n t e da a n1 h ien t i giudeo-c risti ani. ·1 1 d uc u n1 e nto C è mol to p i ù c onge t t u ra l e dal momento che viene richiesto so ltanto da l l 'anal isi dei tes t i che non pos� s o n o e ss e re s p iega t i con gl i altri doc u m e nti A, B . O; ri · flL• t te u n a t rad izione i n d i pe n de n t e da A, mo l t o a rcaica, proba b i l men te di origi ne pa le s t i nes c . Lo s t e s so va det to per il do cu n1 e n t o O . di c u i è di ffi ci l e da s tab i l i re i con ­ torni pl'r il fa t t o che i l Proto-Luca ha s u b i t o uguahncntc ) ' i n fl ue nza d e l Mt i n t ermed io nel q u a l e si trovano delle tradizioni non ma rc i a n c . A, C c O. q u este le font i primi· tive dei s in o t t ic i , che costituiscono a u t e nt ici vangel i giu168

stappas t i ; bisogna aggiungervi B, rei n terpretazione più o meno ampia di A , a uso del le ch iese pagano-cris t iane. Sebbene sia i m parentata con la teoria di Streeter ( M , Mc, Q, L ), questa teoria, delle t re fon t i è mol to difieren te dalle a l tre : nessun vangelo a l l 'origine dei sinot tici , a nzi Mc è d iviso in tre fon ti A, B, C per il pri mo l i vel lo, M t , M c , L e intermedi per il secondo. I l futuro c i d i rà s e que­ sta teoria che i n tende giustificare la complessi tà del la questione sinottica, ha ragione di presentarsi in un si­ stema così complesso.

t ' IPOTESI DI A . GABOURY : TRE DOCli MENTI. A. Gaboury 88 ha ripreso nuovamente e con maggiore precisione il ten­ t a tivo di L. Cerfaux ri tenendo di poter preci sare le d ue tappe principali nella formazione dei vangeli. Nei tes ti attua l i e nella mol tepl ice docu n1en tazionc dci raggru p­ pa menti parzi ali verrebbero ind ividua ti due stad i i m rne­ dia tamente preceden t i a l la scri t tura dei sinottici . L'ordi­ ne ge nerale delle pericopi della t ripl ice t radizione evi­ · denzia un fat to. I l rapporto dei tre vangel i can1bia sos tan­ zial men te a secon da del le part i. Fino a l la proclamazi one iniz.h l c del regno ( M t 3, 1 -4 , 1 1 Mc l , 1 - 1 3 = Le 3, 1 -4, 1 3 ) c a parti r�· dall'i nt erven t o di E rode ( M t 1 4 , 1 -27, 6 1 = M c 6 , 1 4- 1 5 , 47 = L e 9 , 7-23 , 56 ) i tre raccon ti p rocedono s u uno stesso binario, anche se non tut ti gli elemen ti sono pre­ sen ti nei tre e via v i a in tervengono ques ta o quel l'aggi un­ ta o inversione. La parte intermedia i nvece ( M t 4, 1 2 - 1 3 , 58 == M c 1 , 1 4 - 6, 1 3 = Le 4, 1 4 - 9, 6 ) è i n disordine sia in M t che in Mc-Le . Ga boury ind ica con la sigla D la parte in disordine ( d ivergen te ) e con Ja sigla C la parte in co­ mune ( costante ) del raccon to del la tripl ice trad izione. Questa differenza se1nbra essere stata vista anche dagl i evangelisti, perché hanno una reazione diversa a secon­ da che si tratti di C o d i D . I n C la t rama si im pone; ognu­ no si con tenta di aggi ungere o di ome tte re questo o quel passo, senza n1ai rovesciare la sequenza com une. A l di fuori del raccon to del la passione, per i l quale Le ha una fon te particolare, si nota sol tanto un 'inversione nell 'or­ di ne ( M c 1 1 , 1 1 b- 1 7 in opposizione a M t-Lc ) e una vera traspos izione ( M t 1 0, 1 7-22 c Mc 1 3 , 9- 1 3 = Le 2 1 , 1 2- 1 9 ). I n D invece gl i evangel isti non fanno ri feri men to a una ==

"' A. GABOlJRY , La · structure des évangiles synoptiques, Lciden 1 970. 1 69

trama compl essiva, a meno di non imporre a forza queJia d i Mc, e fare quindi v iolenza a Mt, che sarebbe così re­ sponsabile di numerose trasposizioni; si è a llora in ba l ia dell 'arbi t rio delle pretese « in tenzion i » di Mt su una fon­ te di cui non si può dimos trare che ne d isponess e . Al­ l 'i n terno di D gli evangelisti si sentono l i be ri di dis tri­ buire a modo loro i m ateriali che sono loro pervenu ti . A questi due documenti fondamentali b isogna aggiu nge­ re l e fonti com uni a M t-Lc e le fonti proprie di ciascuno. Non s i tratta però allora di un « documento ,, propria­ mente detto ma di una documentazione. Quanto al1a do. cumen tazione soggiacen te ai tre documenti che abbiamo indicato, n e parleremo più avanti.

Conclusioni

89

Difficoltà generale dei siste1ni La prassi esegetica presuppone una spiegazione del fat to sinottico. Qual è la teoria migliore ? Siamo in grado d i d i re innanzi tutto ciò che n o n deve essere. Non deve es­ sere né t roppo vaga come i l sistema del l a t radizione orale né t roppo rigida come di sol ito è la presentazion e del si­ s tema delle due fon ti. Ques t'ultimo ha reso degli im­ mensi servizi alla ricerca critica soprattutto fornen dol e una teoria n1olto sol ida e semplice nel l 'app licazione pra­ tica. Oggi è c hiaro che, a meno di non mettere i n pi azza il caval lo di Troia del la tradizione orale, essa sempli fica eccessivamente i dati l e tterari e porta a disconoscere la originali tà dei divers i au tori s i nottici, in particolare M t . C h e un principiante della critica facc ia « come se )) M t d ipendesse immediatamente da Mc va bene, da un punto di vista pedagogico, ma questo primo approccio deve essere subito corre tto da u na valutazione p iù sfumata dei fat t i . « Quando ero bambino parlavo il l i nguaggi o dell'infanzia, ragionavo come un bambino ; diventato gran.. de ho fatto scomparire quello che apparteneva all'in­ fanzia ». 89

Cfr. X. UoN-DUFOUR, « lnterprétation des �l'angiles et problème synoptique •, BTL 43, ( 1967) , p. 5-16 ; e RSR 60 ( 1972) , p. 491-518. 170

DIAGRA M M I

[0= �

Mc

Mr

Le

[) , non impone a l l e narrazioni ev an gel i c h e d e i « mode l l i » fo rni t i da anal isi di r accon t i parecchio di ffe re n t i ( ad e s em pio le anal isi . delle fi abe russe di V. Propp, molto u t ili per il lavoro at­ tuale di analisi strut turale ). Lo studio di G . Th eis s e n cerca di far progred i re il mo vi mento della c r i t i c a let terari a es ege t i c a 47• Possiamo i ndivi duare tre tappe nel processo analit ico :

si nc ronica ( onde stabilire la strut tura del racconto di mi ra c olo ), diacronica ( o nd e determi nare la storia de l l a « ri prod uzione >> de ll e s t ru t t ure ), fu nzionale ( per radicare nel loro contesto sociol ogico ]e st ru tture prec eden t em e n te de term i na te ). Sono così ri p re si e approfon di t i t re aspetti della Fo rn1geschicl1 t e : i n vece di « fo rn1 c » si parla di c< strut ture »: i n v e ce della sto ria dei t es t i , si esa�ina la loro riproduzion(• a p a t · t i re dal1e s t r u t ture ; infine il cl as­ sico Sit z i111 Le bcPz ( c o n tes to ambien t a l e ) è pr e sentat o sot to l 'aspet t o del le fu nz ion i del raccon to. Ci 1 i n1 i t i an1o qui ad abbozzare u n 'anal i s i che v e r rà sviluppa ta i n una opera in co ll a bo ra zio ne, ancora i n fieri, sui miracol i di Gesù 48 • � C . PERROT, cc La lccture d'un texte évangélique . Essai méthodolo­ gique à part i r de M a re 10, 1 3- 1 6 • . in Le Point théologique, n . 2, Paris 1 972, pp. 5 1 - 1 30. 47 G . THF.ISStN , U rcllr;stliche Wundergeschichten. Ein Beitrag zur

tormgeschicht lichen Erforsdtung der synoptischen Evangelien, Gi.i­ 1 974. L'au tore era part i colarmen te preparato a quest 'opera ricco l i b re t t o aggiun to i n a ppen d ice a Geschiclt t c der sy­ uoptisclten Tradi t ion , di R . B L'LlM AN N , Go t t i n gcn 1 97 1 . � Le.'i miracles de Jésus a cura d i X . LÉON·DUFOUR, Paris 1 977.

l�rsloh

con il

197

Prospet tiva sincron ica

Ogn i raccon to può essere anal izzato nei suoi clemen ti, per qua n to piccoli possano essere , per cos t i t u i re del l e unità signi fican ti. I tedesch i chian1ano ques t i elc anen t i > del racco nto. At traverso tutti i racconti di m i racolo Th ei sscn ind ividua 33 motivi, che si possono ordinare in dive rse man iere. Secondo la sequenza del racconto, si possono raggruppare nel l 'introduzione, l 'espos izione, la scena cen trale, il finale. A seconda delle prospet tive ( q uel ­ la degli uomi ni, quella del ta u ma t urgo e quella dei de­ mon i ) ess i riflettono tre aspetti fondamentali : volonta­ rio, cogn itivo e affet tivo. Si distribuiscono poi attorno a un l i mite da oltrepassare, e in questo consi s te essenzia l­ men te l 'azione detta miracol osa. Quest i motivi si ac­ coppiano pe r oppos izione 49 : os tacolo vs fed e, disprezzo ( scct t ic isn1o , di leggio ) vs ch ian1ata a soccorso, dornanda ( fiducia ) vs s t upore ( acclamazione ). I l raccon to comporta poi un certo nunu�ro di personaggi . da determinare e situare a seconda del ruo lo: tau ma­ turgo , i n fermo, demonio, fol la, avversari , discepo l i : fra essi si in dividuano i protagonisti a p pa rtenent i a due mon ­ d i oppos ti: tau maturgo vs infermo ( dcn1onio ); fra quest i . aiu tan t i e opposi tori sono a t tira l i da una parte c d a l · l 'al t ra. La presenza o i l predom inio di uno o dell'al tro elem ento aiuta a caratterizzare il tipo di racconto di m i ­ racolo. A t a l e scopo serve l 'anal i si d e l con tenuto. Il quale non è detcrn1i nato scn1pl iccrnen t c dal l 'ogge t to del tn i raco lo ( per· sona un1 a n a o rea l tà del la > n o n s i può dare risp os t a sulla sola b a s e della crit ica le t te ra ­ ria ; e ssa rich i e d e in v e ce l ' ap p l icaz io n e del la critica sto. rica e im p eg n a anche delle o p z i o n i più o meno coscien t i d a parte de l l o storico. I l probl em a h a due facce : l 'una ri vo l t a al fa t t o in sé (cosa sappiamo d i Ges ù e di ciò èhe ha fa t t o e detto ? ) e l 'altra rivol ta al modo della no­ stra conoscenza dell 'even to ( come arriviamo fino al la pe r­ s ona di Gesù ? ). La ri s po s ta class ica poggiava sui dati tradizional i : gli a u tor i dei v a n ge l i , segnatamente M a t t e o e G i o van n i , erano c on s i de ra t i dei « t e s t i m on i >> o cu l ari della v i t a d i Gesù ; nel caso di Ma rco, lo s i faceva d ip e n d e re da Pietro ( pur� tc s t i n1one oculare ), c Luca a sua vol t a da P ao l o c dal le fon t i che menziona n e l suo p rolo go . Ques ta spec ie di as­ sicurazione g lobale sull 'au tentic ità l e tt e ra r ia dei va n ge l i è o ggi seriamente com pro messa : se si app l ica rigorosa­ men te i l metodo cri tico n1odcrno, g l i autori dei va ngel i non possono essere ch i a n1 at i « testimoni »; i loro legam i con M a t t eo , Pie t ro , Paolo o G iovann i non bastano a ga­ ra n t i re le t t e ra riame n te la loro tes ti monianza. Agl i inizi di q uest o secolo si è pensato di rispolverare l 'ar­ g ome n tazi o n e esam inando con cura il modo con cui gl i au tori dci v angel i . apparivano s i ncer i e ben i n forn1ati. Ma s t u d i p re cede nt i avevano mo s t ra t o come e s s i fossero i n ­ nanzi tutto d e i « ser v it o r i de lla pa ro la ,, , pre occ u pat i di trasmettere i dati così com'erano loro pervenuti in una 202

p rospe tt iva determinata . Ques ti dat i st 1 n1ponevano loro in forme già fissate ed essi, fa tta una scelta, li inquadra­ vano in uno schema d'insieme, esso s tesso ricevuto per r ra dizione . Solo Giovanni osò sconvolgere questa disposi­ zione, mentre i p ri m i tre eva nge l i s t i vi si so t tomi sero. Le s u t ure con le quali hanno messo assieme i loro materiali sono evidenti e consentono di risalire a uno stadio pre­ si not tico. Si può dire allora che g li autori siano respon­ sa b i li dei ma t e r ia l i che hanno avuto un 'esistenza le t tera ­ ria ind ip e n de n t e ? Sì, nel senso che essi hanno sot toposto a v e ri fi ca la solidi tà della tradizione che accettavano; no, in,·ece, nel senso che essi non si ponevano al di sopra d ell a chiesa che la trasmetteva. In defi n i t iva, l 'argomen­ tazione class ica richiede u n complemen t o : la cri t i c a sto­ _ric a deve sottom ettere a esame gli autori dei vangeli, so­ prat t u t to de v e sondare la comunità p rim it i va di c u i gli

evange l i s t i sono i portavoce. Nel la J n edizione di ques t 'I n t roduzione abbiamo se gui t o un i t i ne rari o che successivamente abbiamo sistematiz­ zato e sviluppato nel nostro lavoro I va1tgeli e la s toria di Gesù. Procedendo a ri t roso dal n secolo fino alla tra­ dizione oral e , dist i n g uev amo tre tappe che permettevano di individuare p rogressiva mente in che senso i nos tri \'angeli sono storici. l ) Cost ituendo la regola della fede e va n ge l i ca , i q ua t tro van ge li furono dap prima con side­ ra ti in blocco, come il vangelo in quadruplice forma piut­ tos to che come quattro vangeli : è il va11gelo quadriforme, come dice I reneo. A questa p rese n t azi on e della tradizione si aggiun geva , dal punto di vis ta moderno, un esame dei materiali co n t e nut i ne i n os t ri va n gel i . 2) Uno studio dei quattro va ng e l i , considera ti separa ta men te, consen t iva di determi nare il genere letterario « vangelo >> e di valu tare in che senso i l ibre tti che vi si conformano possono essere detti storici . 3 ) I nfine, risalendo fino alla t radizione evan­ gelica anteriore alla compos izione dei quattro van ge l i, uno studio som mario dell 'ambiente nel quale questa t ra­ d izione si era formata precisava in che senso ess a meri ta la nostra fiducia dal p un to di vista s torico e quale ne è la prima fo nt e . Non ri nnegh iamo questa presentazione, che incorpo rava gli a rgome n t i classici pur rinnovandoli. Ora tut tavia ci pare preferibile sosti tu ire questa « dimost razione » con un' esp os i zione n1eno sistematica del funzionamento del la 203

critica storica alla ricerca dell evento ongtnario, aggiun gendov i una critica epistemologica della co noscenza che possiamo averne. _ '

·

Lo storico alla ricerca di Gesù di Nazaret

Ci li mi tiamo a segnalare, a titolo di menzione, l apporto della critica tes t uale : non c 'è testo profano che possa va n tare una tradizione manoscritta paragonabi le a quel la dei va n ge li, né per i l numero né pe r l 'antichità dei te­ s timoni. Fra la redazione defin h iva del quarto vangelo e l edizione completa che ce ne offre il papiro Bodmer 2 ( pubbl icato nel 1 956) vi è appena un centinaio d'annL men tre per Virgilio lo scarto minimo è di quattro secol i , per Platone di tredici, per Demostene d i dodici , per Eu­ ripide di sedici. Senza contare poi le versioni ( cop ta, ve­ tero siriaca e vc tero-latina ) che risa lgono al I I I secolo c le testimonianze collaterali che troviamo negl i autori cristiani ( fin da Gi ustino, verso il 1 50- 1 70 ). Ma si tratta solo di un con tributo esterno alla critica storica, il cu i lavoro , in vece , sta nel veri fi care i materiali offerti da i vangeli per valutare la soli dità delle informazioni c he forn iscono. '

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-

A. l criteri d i autenticità del le tradizioni favore de l l 'a u ten t ici tà storica può essere addotta l'at­ testazione sol i damente fon data d i un detto di Gesù , sia per la sua a n t ichi tà nel la trad izione eva ngelica sia per l a sua p resenza i n più fonti ? I n real tà, per po ter risalire fino a Gesù o1 tre la t radizione evangel i c a tocca ricorrere ad altri cri teri I cri tic i di norma si attes tano su due, pur appl ican doli differentemente 1• A

.

t Cfr. X . LtoN-Dttfot�R. « Jésus dcvant s a mor t, à la l um iè rl' des tcxtcs de l 'institu tion cucharis tique et des di scours d 'adieu , , i n Jésus aux origines d c l a clzristologie, a cu ra J. Dupon t , Lou vaìn 1 974 , pp. 143 s. C fr. A . GEoRGr:, Pa rolcs dc Jésus su r scs m i raclcs ibid., pp. 283-301 . Prendiamo dal l ' i m mensa let te ra t u ra su ll 'argo­ men to: N. PERR I N , Rcdiscovering t lze Teaching of Jesus, London 1 967 , pp. 37-49 ; M. LEHMAN N , Synoptisclze Quellena nalyse und die Frage nach dent histo risclzen Jesus, Berlin 1970, pp. 163-205 . > di linguag­ gio fra Gesù e i primi cris tiani; è sufficiente una corri­ spondenza di fondo fra essi. Questo criterio quindi si rivela piuttosto delicato da applicare. 2 ) Crite rio della coe renza. Esso suppone che l'espressio­ ne di una personali tà o di un insegnamento provenga da un centro uni ficante che totalizza gli elementi diversi. Se quindi si può dimostrare con altri mezzi che questa parola di Gesù è autentica o quale brano narrativo certo, q uesta conoscenza globale reagisce sui testi analitici meno sicuri . Certo, può essere che una simile coerenza sia imposta dall 'esterno, dal cristianesimo pri m i tivo o dall 'esegeta ; tut tavia essa sola è in grado di aprire la s t rada a una comp rens ione della personalità di Gesù. Per esempio, se la prospe ttiva escatologica propria a Ge­ sù dà fondamento a questo o quel detto, non bisogna diment icare che egli, in virtù della sua particolare rela­ zione col Padre, aveva anche una prospettiva teologica 2• 2 H. ScnURMANN , c Le p ro b l è m e fondamenta) posé à l'herméneu­ ti que de la predication dc Jésus: Eschato-logie et théo-logic dans leu r rapport mutuel » ( 1 959) , in Le message de Jé ... us et l'interpré­ tation moderne ( Mélangcs Karl Rahner) , t rad. fr., Paris 1969, pp. 1 1 5-149. 205

I l cri terio de l la coerenza poggia, in fondo, sulla nozio­ ne di un « corpus » del N uovo Tes t amento : la conoscen­ za del tutto i nfluisce su quella delle parti . Questi criteri sono e n t ra m b i indispensabili per attinge­ re la realtà originaria in maniera non frammentaria. Se infatti i l primo criterio possiede il valore dell 'analisi e del l 'esclusività, non basta tuttavia a l egi t timare , con la sem p l ice add izione dei suoi risultati, una « ricostruzio­ ne )) d e lla p e rsonalità di Gesù. Se il secondo possiede i l va l ore della sin tesi tesa a cog l iere il personaggio Gesù nella sua total i tà, dipende tuttavia ben più del primo dall'ottica dell 'esegeta. Eppure il secondo criterio non è meno necessario del primo, il qua l e allora esercita una fu nzione di r,ontrollo sulla sintesi ottenu t a . Per condurre a buon fine l 'ope ra della critica storica, occorre app l ica re i crit eri fin qui descri t t i ai diversi livelli che si posso­ no distinguere nella tradizione e v ange l ica : con tenuto, condizioni di trasmissione e de t tagl i che alla fine sono stati conservati. ­

B. Ai differenti l ivel l i del la tradizione Al livello del con tenut o

I dati esterni ai vange l i consentono di cos tatare, perlo­ meno negat ivamente, che i dati evangel ici non sono con­ trari alla storia.

UN AMBIENTE CHE PRECEDE I L 70. Lo stato di cose descrit­ to nei v an g e l i corrisponde a quello de l la Palestina pri­ ma de ll a catas trofe del 70 e, d'al tra parte, questa descri­ zione è i nseparabi le dalla trama evange l ica 3• Dal punto di vista lingu is tico questi scritti redatti i n gre­ co tradiscono un con tatto con l 'An tico Testamen to e una origine pales tinese an teriore alla diffusione e aH 'esten­ sione in mezzo alle comunità ellenistiche. Ques t 'argomen­ to conserva il suo valore, anche se vi sono delle sfuma­ ture da in t rodurre . Dal punto di vista geografico potrem­ mo citare quanto ebbe a dire Renan dopo il suo viaggio 3

Si veda l a descrizione d i questo ambiente in Agli inizi dell'era cristiana, pp. 60-71.

206

in Pa lest ina : « H o avuto davant i agl i occhi un quinto vangelo, lacerato ma ancora leggibile » 4 • Dal pun to di vista a rcheologico, gli scavi effettuati da un secolo in qua non fanno che confermare le localizzazioni evangeliche : Cafarnao, Nazaret, Nain, le due Cesaree, la strada fra Ge­ rusalem me e Gerico, la piscina di B ezeta, per non di re di tutte le indicazioni recenti fornite da Qumran. Dal punto di vista sto rico e politico, abbiamo la conferma dello storico Flavio Giuseppe, per esempio a proposi to della descrizione delle lotte fra giudei e samaritani, fra farisei e sadducei ecc. La vita sociale dell 'epoca vien fuo­ ri con chiarezza, per quanto sconvol ta dal l a distruzione di Gerusalemme. Sono pure riconoscibili le cos tumanze religiose dell 'epoca : feste, pellegrinaggi al tempio, uffici nella s inagoga, riposo sabbatico ecc. Nei vangeli trovi a­ mo riflesse anche le co rrenti di pensiero, per esempio la corren te escatologica, quella messianica e perfino quella « qumranica ,, ... ' A L L ANNO

50. Gli Atti degli apos toli e le lettere paoline manifestano una rapida evoluzione della comunità cristiana sia nell'organizzazione che negl i orien­ tamenti di pensiero. Può essere defi n ito come a rca ismo evangelico il fat to che dei racconti posteriori alle lettere paoline non tengano conto de ll 'evoluzione verificatasi dal 50 i n poi. Le ist i t uzioni cristiane del tempo di Paolo appaiono già distinte da quelle della sinagoga. S i delinea nettamente un 'organizzazione . gerarchica, già appaiono le eresie, l a spinta universalista è chiara, cominciano le persecuzioni . I vangeli invece presentano una nuova reli gione non an­ cora separata dalla sinagoga, un maes tro che, con i suoi discepoli, si dimos tra preoccupato di rispettare le leggi mosaiche, un part icolarismo sconcertante da parte di Gesù (M t 1 0, 5 ; 1 5 , 24 ) ; quando si parla di persecuzioni, i term ini sono talmente vaghi che, a vederci delle profe­ zie i nventate pos t even tu1n , lo sforzo di ricostruzione sa­ rebbe s traordinario per non dire i mpossibile, se lo si paragona a quello degli pseudoepigrafi no ti. La dot t rina cristia na al tempo di san Paolo è già orien· tata a una sistematizzazione della cris tologia, della so-

FATTI

ANTERIORI

4 E. RENAN, Vie d� Jésus, Paris

1863, p.

llll .

200

teriologia, della dottrina concernente lo Spiri to Santo o la chiesa, della « conoscenza )), della > : la relazione unica che G esù i n t ra t tiene con Dio suo Padre. Ques t a re l a zi o n e un ica con Dio s i e s p r i me sot to forma di u n a re lazione u n ic a fra Gesù e t u t t i gl i u om i n i . St a qui i l fon d a m en t o della successiva « e cc l es i ol og i a )), Gesù a c­ cogl ie t u t t i gli uom i ni , senza d i s t i nzione d i razza ; s ta­ b i l isce i n fine la portata d e l la sua mort e non con del le affermazioni s u l la « red enz i on e » ma col su o compo rta­ mento d i cc v i t a per g l i al tri », che quindi h a come epi­ logo u n a « n1 o r t e per gli al tri » 15. Può dars i che alcu n i d ep lor i no l ' e s i g u i tà del le con c l u­ sioni certe d a l punto d i vista di que lla che potremmo ch iamar e « s to ri a di ev e n t i >> . Su questo punto, in effetti, una r i c e rca s to r i ca r i gorosa permette di megl io mi su ­ rare i limiti de l l e nos t re conoscenze . Ma non è forse ques to il segno che tocca modificare l 'obiettivo della ri­ cerca ? Il ris u l tat o cui qu esta ap p rod a t! d i altra natura rispet to a qu el l o che ci si attendeva. Certo, la « storia di eve n t i » riesce ad attingere l 'uomo Gesù di Nazaret, c

J r; H . Scu PRMAN !'Il , Jesu ureigener Tod, Frciburg i n B. 1975, pp. 1 5-65 : cfr. Jésus aux origines de la ciJ ristvlogie, a cura di J. Dupon t,

Lou\'a i n 1 974, specialmen te pp. 143-168. 214

pur nei limiti che abbiamo fin qui illustrato. Ma Gesù , con le sue parole, i suoi comportamen t i e i su o i att i ha pos to ai suoi con temporanei un interrogativo che re­ s ta posto anche allo s torico : « E voi , chi d i te che io sia? • . Quest'interrogativo, i n tutto i l suo spessore, è l'avveni­ mento essenziale che si staglia in p iena luce alla fi ne della ricerca s torica. Ciò invi ta anche a riflettere sulla natura s tessa di questa ricerca : cosa significa conoscere « l'evento >> di Gesù ? Il Cosa significa conoscere l ''' evento » di Gesù ?

Presen tando Ja « ricerca dell 'evento ,, cui si dedica lo sto­ rico per attingere Gesù, abb iamo fin qui parlato come se questo storico si trovasse in si tuazione di spettatore , d i fronte a u n « oggetto » del quale sarebbe in grado d i tracciare i contorni. Di fat to però una situazione del genere non esiste. Davanti alla persona d i Gesù, più an­ cora che davan ti agli altri avvenimen t i del passato, lo storico i n terviene più o meno coscien temen te come « sog­ ge tto >> , sia nella comprensione dei tes ti evangelici che sono alla fonte della sua conoscenza , sia nell 'elabora re la propria rappresen tazione d i Gesù. D'altro canto, non sono già gl i stessi testi evangel ici un'interpretazione del­ l'evento che evocano ? Onde far fronte a questa si tuazione tocca adot tare quel l 'atteggiamen to « ermeneutico )) che è stato presentato nel primo capito lo di quest'opera u'.

Le illusioni del positivismo

Lo storico (e anche il creden te ) porta i n sé ij... desiderio segreto d i . conoscere l'event o in sé. Denunciare le illu­ sion i cui conduce questa fallace speranza è preliminare a u na m igl iore conoscenza del le condizioni di ogn i let­ tura autentica dei vangel i . Talvo l ta si soccombe al vano des iderio di afferrare l'eve nto in sé, cedendo così allo 16 Vedi sopra pp. 25-30 ; cfr. x. LÉON-DUFOUR, etudes d'evangile, Pa ri s

1965, p p . 20-29. 215

�toricismo; talaltra, nel resistere a questa tentazione, s i finisce con l'evadere i n u n o sce t t icismo altrettan to esi­

ziale per una vera conoscenza di Gesù nella pienezza della sua real tà. l ) Lo s toricismo cerca giustamente di elimi nare i fattori soggett ivi che tendono a falsare la conoscenza oggettiva della realtà storica; si radica anche n ella giusta convin­ zione che l 'avvenimento non è creato dallo spiri to che Io con sidera: è i nfine ali mentato dalla l egittima preoccupa­ zione di conservare alla realtà tutto il suo valore. Certo, i . fa t t i esi stono obiettivamente, indipenden temente da noi e la veri tà non dipende dal nostro spiri to. Ma, come ab­ b iamo detto sopra, è giusto trattare l 'ogge t to conosci u to e lo spirito conoscente come cose collocate l'una accanto all 'altra ? Ciò facendo , lo s toricismo separa due realtà che la conoscenza pone necessariamente i n relazione e che val gono sol tanto in questa mutua relazione. L'ogge t t ivi­ snto storico giun �e così paradossalmente a fissare delle chimere che scambia per real tà. I çri t ici che cedono a questa ten tazione credono di giungere alla conoscenza di Gesù di Nazaret una volta che abbiano spogl iato i docu­ menti evangel ici dalla prospet tiva di fede nel la quale furono reda t ti. Secondo costoro, meri tano d i essere te­ nuti in considerazione solo i fa t t i b ru t i e i de t t i au ten t ici di Gesù. Quest'impos tazione è senz'al tro necessaria nella misura in cui reagisce con tro il pericolo di in terpretazion i �çoggettive che falserebbero la rappresentazione del reale ; ma è sufficiente a legi ttimare una ricos truzi one si ntetica dei da t i con pretesa di ob ie t t ivi t à ? Ci sembra che ciò si­ gn ificherebbe obbedire a un posi tivismo inconscio e or­ ma i superato. Un esempio di quest 'atteggiamento ci è offerto dal le opere di J . Jeremias. Per lui l'ideale d el lavoro storico consiste nel riscoprire dietro il « velo ,, gettato dalla ch ie­ sa nascente sulla storia pre-pasquale i trat ti e le parole au tentiche di Gesù di Nazare t 1 7 • Senza dubbio è una rea­ zione sana con tro Io scetticismo di un Bul tmann che nega ogn i valore a una ricerca del genere, ma anche una reazione in sufficiente. Jeremias, limitandosi a l ia ricostru­ zione cri tica delle parole e del contesto ritenuti origi nari, 17 J .

216

:JEREM IAS,

Le parabole di Gesù, t rad . it., Bresc ia 1967.

senza tener conto delle interpretazioni che ne hanno dato i pri m i testimon i, crede d i poter subi to presen tare ) , attingibile solo a t­ t raverso dei testi che ne sono già un'interpretazione. ­

Lo sto rico che punta il suo sguardo su Gesù di Nazaret può es ser e un credente o un non cred ente . Ora, ogn i e sege s i dei van­ geli è nece s sariamen te orien tata dal l 'at teggiamento di accettazione o di rifiuto verso l 'oggetto del la propria ri­ cerca. ·Lo s to r ico non può me t t ere i n te ra m e n te fra pa­ ren tesi la sua fede qu ando sono in gioco dei pa s s i di portata dottrinale. � i n u t i l e fare ap p ell o a una non ben prec i s a « ps ic o log ia com une )) per pre t en d ere di s tabi l i re un ri t ra t to « ogge t t i vo )) d e l la pe rso n a c d e l l a n1 iss ionl· di Gesù. È an c he in utile t i rare in ba l lo una cosiddet ta « filosofia del buon s en s o » , i n d i p e nden t e d a l l a f ed e : ogn i ricerca s torica i n ambi t o re ligios o è con d iz i ona t a da u na p ro s pett i v a preesi stente , di fede o d i non fede. I l non credente non si t rova i n una s i tuazio ne p i ù og ge t ti v a del credente : anch ' egli ha i suoi pre s uppos t i ed è port a t o d i necessità a stabil i re u n a coerenza fra q ues t i e i risu l t a t i progressivamente acqu is i t i nella sua ric e rca 20• � p u ra i l l usione quella di immagi nare uno sto ri co perfe t tamente « neutro )) . Infa tti i l mondo nel qua l e è n a to ha già in teso parlare di quest ' uomo che pose, un tem po, l ' i nterroga ­ tivo : « E voi chi dite che io sia ? ,> . Di fro n t e a qu e st ' uo­ mo, nella cu i pe rso n a molti hanno già c redut o , nessu no st o rico è fi n dal l' inizio « in d i fferente » . Prima o poi do­ · vrà du nque ri spon d ere a l l 'int errogativo pos to, e la ri spo­ sta farà g ravare suHe sue anal isi tutti i pesi della sintesi che essa consen t i rà d i costruire . LA

R I CERCA STORICA

E

LA

' FEDE DELL E S EGETA.

Cfr. R . B ur.TMANN, c Une cxégèsc sans présu ppos i t ion est-cii"· possible ? , ( 1 957) , in Foi et comprélzcnsion , ( Giauhen und \t'er­ stehen) trad. fr., t . 2, Paris 1969 , p. 1 67- 1 75 . Vi si tro\'erà una d i ­ stinzione importan te fra presupposti e p regiudi zio .

20

219

l ' impresa storica, del . resto, non è mai affare di una persona sola, ma fru t to di una collaborazione fra s t o rici che muovono da presupp os t i diversi. N o n che i1 cre­ dente ri ceva dal non credente la veri t à della st oria e nem­ m eno che l'obiet tivi tà dei fatti scaturisca dalla so la con­ vergenza di vedute fra gli storici. Ma il non credente aiu· ta il creden te a non accogliere affretta tamente entro il suo punto di vista razionale una luce che i n realtà gli · v i ene dalla fede; a sua vol ta il creden te mette in guardia i l non c redente dalla tendenza a sopprimere con una risposta premat u ra l 'int errogativo che ri mane posto al term i ne della ri cerca. Grazie agli al t ri , c iascuno storico prende più chiaramente coscienza dei J imiti che la s ua pers o nale cul tura tende a impo rre alla ricerça. At traverso il dialo go può meglio preservarsi dal la sufficienz'\ , dal la credu l i tà o dal razionalismo che vol ta a vol ta stanno i n aggua to. Pt' N TO Dl

VISTA RAZION ALE E CERTEZZA STORICA . Un dialogo de) genere deve p ro seguire a un secondo l ivel lo, non più fra crede nt e c non creden te, ma fra i d iversi specia­ listi che esa minano il test o . Qui ancora, infa t ti , occorre denunciare rillusione del pos i t i v ism o scien tista che (( nu­ t re la strana am bizione di cos truire una scienza del­ l 'uomo senza l 'uomo » 21• S e si vuoi evi tare di diventare dei « c o n ta b i l i di fenomeni » 22, biso g na met tersi al lavoro > pos to davanti allo storico, creden te o non c reden te , guidat o da questa o da quella ipotesi ? Esso si presen ta sot to l as petto di un testo che si riferisce a un evento, entrambi inest ricabilmente legati . Se vogl i am o si nceramente respingere i l semplicistno stori cista senza cadere nello scett icismo, quale relazione dobbiamo i n d i­ vid uare fra evento e int erpretazio n e ? Per s fuggi re al di­ lem ma « s t oricismo o fidei smo » tocca stabilire u n mo­ vimento ci rcolare tra i l fatto bru to descritto a livello dei fenomeni osservabi l i e l'interpretazione che ne svela il sen so, t ra l 'interrogativo posto dal personaggio com'

2.f\

H. l.

MARROl : , De la connaissance hiS torique, Pa ri s 1 954, p. 1 17. • Ccr ti tudc historique et foi » , RSR 58 ( 1970) , p p .

2tt J. Mm NGT, 561 -574.

221

parso sulla scena storica e la rispos ta data nel l'atto di fede. 1 1 principio motore di quest 'oppos izione dialettica è la risposta offerta dal la chiesa nascente alla domanda : c h i è Gesù d i Nazare t ? M a questa risposta, per defini ti va che possa essere, riporta sempre lo sto rico alla doman­ da, e questa a sua volta chiede allo storico u na risposta. Esiste così « un al-di-là oggettivo, non sot to fo rma di fatto bruto residuale depurato di ogn i s ignifi é ato, ma come realtà vivente che ci si impone con tu tta l'urgenza di una domanda » . Gesù Cristo si presen ta allo storico « in una misteriosa unità, attraverso un evento che gli s fugge nel momento st esso che crede d i averlo colto : deve quindi cercarne il significato : non sta qui il senso d i t u t ta la ques tione ? )) 27• La domanda è già gravida del la rispos ta che susci ta ; ma, come tale, non è ancora que­ sta ri spos ta. Questa riguarda il m i stero di Ge s ù, che lo storico può presentire ma che non gli è dato per la sola ricerca storica 28• Anco ra , il ra p porto t ra evento e interpretazi one può es­ sere colto grazie alla relazione che deve unire le diverse i nterpretazion i forn i te dai vangeli e la parola che lo sto­ rico ritiene di dover m e t tere in bocca a Gesù. Ci sian1o sforza ti d i mostrarlo in altra sede a propos i to del la bea­ titudine dci poveri 29• Seco ndo Lu ca, Gesù vede i poveri i n cont rapposizione ai ricchi ; secondo l\1a t teo, Gesù bea­ tifi c a coloro che accet tano interiormen te la loro povertà. O ra , lo storico r i tiene che queste due i n terpretazioni. app licando la parola di Gesù a u n a situazione data, ne delin1 i t i no e restringano la por tata or i gi nal e . Gesù non aveva i m mediata men te un'in tenzione parcnct ica ( Luca ) o catech et ica ( Mat teo ), ma si presentava come un p ro· feta che annunciava che nella prop ria pe rsona sarebbe­ ro stati ricompensati coloro che aspet tano tutto da Dio. Quale rapporto uni sce ques te tre prospet tive, pa renetica , catechet i ca e profe t ica ? I nnanzi tutto le due i n terpreta­ z ioni ( M t e Le ) si integrano mutual men te; Mat teo aiuta Luca a non ri durre a una condizione soc iologica l 'oggetto della bea t i tudi ne; Le aiuta Mat teo a non far evaporare 27 Lc.tt évmzgilcs et l'lzistoirc de Jésus, pp. 488, 493. Ques ta osservazione dd lc cose è u no dci m e ri t i dd libro di E. ScHWEIZER , La foi en Jésus Christ: Perspectives et langages du

28

Nouveau Testamen t ( 1968) , trad . fr., Paris 1 975 . L'exégète et l 'événemcnt his torique RSR 58 ( 1970) , pp. 55 1 -560.

29

«

222

»,

la beati tudine i n una sorta di « spirito di povertà • in­ d ifferente alla miseria umana. Grazie poi alla conoscen­ za di ciò che Gesù ha potuto effettivamente dire, l 'una e l 'altra i nterpretazione sono preservate dal rischio di ri­ durs i a una semplice applicazione morale : esse acqu istano significato nel loro rapporto alla persona di Gesù, che parla e viene a trovare i poveri . I n tal modo i l testo con­ serva i l proprio carat tere di « vangelo )). Ecco dunque la relazione triangolare e dinamica in base al la quale si mani festa il senso della beati tudine promessa da Gesù . La verità non è nell 'uno o nell 'altro dei poli, ma nel loro rapporto di mutua significanza. Non c'è b isogno di com­ binare, aggiungere o sopprimere : s ituando interpretazione e parola originaria, l 'esegeta è indotto a si tuarsi egl i stesso d i fronte alla parola d i Dio.

Co nclusione

Il problema sollevat o in questo capi tolo non è, in fin · dei conti , quei Jo del rapporto dei vangel i con la storia , ma sfocia i n quello del rapporto dei vangel i con lo sto­ rico. Non c'è storia senza storico. Una ricos truzione s t o­ rica che vogl ia fissare ciò di cui parl a il testo ( i l « re fe­ ren te » ) al di là del testo stesso finisce con l'inventare un nuovo evento. « I vangeli sono la sola v i ta di Gesù che si possa scrivere; non resta che cercare d i comprenderli il meglio possibi le » . Ques t'a ffermazione , già di parecch i o tempo fa, di M. J . Lagrange 30 vuo i d i re che il testo non può essere assimilato a un tran1pol i no che si respinge \'ia col piede dopo essersene serviti , ma è i ndissolubi l­ mente legato all 'avveni mento che attesta. t=. nel testo che lo s torico individua l'evento. A che cosa arriva, d i fa t to' Nel momento s tesso i n cui la persona di Gesù è scoperta dal lo storico come il cen­ tro delle prospet t ive che u nifica i l dato diversificato della tradizione, si sot trae anche alla sua presa. O meglio, ri­ lancia nuovamente ]a sua ricerca ponendogli un nuovo prob lema che va ol tre la sua competenza. La coscienza d i Gesù, vero focolaio di luce che illu m i na tutto il van­ gelo e l 'azione de i credenti, resta essa stessa un mis tero ., M. J. LAGRANGE, L'ét'angile de lésus Christ , Paris 1928, p. VI . 223

che abbaglia nel momento i n cui crede di s tringerlo. Lun· gi dunque dal fissarsi su di essa come se fosse giunto alla fine del proprio cammino, i l movimento della ricerca rim balza in avan ti: lo s torico si ritrova d i fronte a Gesù come a un enigma. Che uomo è dunque questo ? Pur riportandone le azioni e le parole, i suoi testimoni most rano costantemente che i l suo essere non si lascia ridurre a un oggetto che il pensiero umano possa padro­ neggiare fosse pure un ogget to divino, una formula dog­ matica o un titolo cristologico. Gesù si lascia incontrare. ma come mistero insondabi le ; si lascia raggiungere, at­ traverso l 'evento costatato, ma come un al-di·là di questo evento. In definitiva l'even to è Gesù medesimo, che viene incontro allo storico ma come un interrogativo. Il non credente non ascolta la risposta dei primi crist iani se non nei limiti in cui essa gli chiarisce il senso esatto del l ' i nterrogativo. Il credente che non può restare sod­ disfatto di nessuna interpretazione, vi si appoggia pe r meglio scrutare il mi stero che nessuno potrà mai esaurire. Infine, Gesù si presenta a ogn i s torico come doma nda che ch iede di essere precisata. Posta allora ai suoi con temporanei, essa con t i nua ancor oggi ad assil lare il cuore degli uomini : « E voi, chi dite che io sia ? • . ,

,

·

224

parte seconda

gli aHi deg l i apostoli d i Charles Perrot

i ntroduzione le tappe del la rice rca sug l i atti

La storia dell 'esegesi degl i A t ti segue grosso modo le tracce d i quel1a dei vange l i s inot t i-c i . Riass u m i amo i n breve le gra n d i tappe d i que s ta ricerca 1 • l ) V i fu d a p­ p r i rn a la ve cc h ia scuola cri tica, raziona l is ta e l iberale ( Te •uicn zk rit ik ), apri o ri s t i camen te sospet tosa verso le in­ te nzion i di Lu ca e con1unquc ne ga t i va s u l valore de l l a sua tes t i n1 on i anza. La s c u o la di Tub inga, c o n F. C. Baur e E. Zel l e r , vi si d is t i n s e in pa r t i c o l a r modo 2 . 2 ) La cri t ica de l le fu n t i ( Qu ellen k r it ik ) ha fo rn i to . sopra t t u t to con A . H a rnack, un lavoro pii1 serio, facendo leva s t a v ol ta su uno s t udio pred so d e l testo, d i s t i ngue ndo di ffe ren t i s t ra t i le t te ra r i P i i• recen ten1 c n te L . Cerfaux e E . Trocmé hanno prosegu i t o q u esto st udio a t t e n to degl i A t t i c sarebbe s i­ cu ra lnc n t e un e r ro re t rascurarlo , anche se le sol uzion i propos te r i n1 a n gono se nza dubbio i rn pcrfe t t c . 3 ) La scuola de l l a s tori a d e l l a re l i gione ( R eli!! Ù>nsge.\·ch icll l e ) , t esa a l la rice rca d i paraJ Jc l i s 1 n i sopra t t ut to in a n1 b i t o paga n o . non ha p rodotto gra n d i f r u t t i nel set tore deg l i AH i . Sarcbhc..• pe rò i n te ressa n t e riprendere il l a vo ro so p rat t u t to nel­ l 'ambi to del la let terat u ra intcrtes tamen laria , onde me­ gl io fa r affi ora re , se poss i b i l e , gli elemen t i s t r u t t u ra l i che presiedono a l l 'espressione d e J i c t ra d i z io n i s i tn i lari p ro­ ven ien t i da un i versi cu l t u rali differenti. 4 ) Con M . D i bt:­ lius si è cre d u to per u n po' al r i n nova n•cn to degl i s t u d i sugli A t t i grazie a l la c ri t i ca del le forme l e t t erarie ( Fonn ­ gescllich t e ) . Una speranza che si è real izza ta so lo su d i _

.

,

l S i n: d a E . J I ..\ENCI I E N , /J i e A 1ms telgcscllich t e . p p . 1 4-47 , c W . W GASO l ' F. . A Hi�·tor}' of the Cril icism o/ tlu� .4 cu . TUbingcn 1975. 2 Cfr . so l to p . 24 1 .

un punto, quello U. Wilckens e J . cano per lo più Conze l mann con

dei discorsi degl i Atti, per esempio con Dupont. 5 ) Per il resto i critici imboc· la s t rada aperta da E. Haenchen e H. u n o studio a t tento della redazione (Re­ dak t ionsgeschichte) 3• 6 ) Tuttavia queste esegesi storico­ letterarie, che a vol te e spesso i ndistin tamente si situano a livello sia sincronico che diacronico, suscitano ogni giorno di più delle reazioni, senza che si riesca ancora a misurare la val idità e l'importanza del movimento strut­ turalista che at tualmente sta sommergendo l'esegesi 4• Nel l 'attesa, si potrà sempre operare i n un settore ric­ chissimo e troppo spesso trascurato, quello della rilet­ tura biblica fatta dai padri della chiesa. � recente il notevole con t ributo in questo senso di F. Bovon 5• Nelle pagi ne che seguono si porrà l'accento sulla costruzione let teraria e il pen siero teologico del libro, senza tuttavia dimenticarne la genesi letteraria e il valore storico.

-� A t i tolo d i esempio si veda G. loHFlNK, La conversione di San Paolo, trad . it., Bre sc i a 1969, e si confron tino i tre racconti degli At t i con Gal l , 1 1-24 (cfr. X. UoN-DUFOUR, Résu rrection de Jésus et message pascal, Seuil , Paris 197 1 , pp. 101-1 1 8) . • R . BARTHES J . CouRTI!s L . MARIN, « La conversion de Comei llc: Ac 1 0- 1 1 », in Exégèse et herméneut ique, a cura di X. Léon-Dufour, Seuil, Paris 1 97 1 . 5 F . BovoN , De vocatione gentium: Histoire d e l'interprétation d'Ac­ tes 10, 1-11, 18 dans les six premiers siècles, Tiibingen 1967. -

228

-

capitolo pri mo

presentazione letteraria degli atti

.. Titolo e prologo

Il titolo degli A t t i d i apostoli (più esatto che Atti degli apostoli ) noto forse fin dal n secolo, probabi lmente non appartiene all'opera originaria. In parte riassume i l con· tenuto del libro sulle gesta e i detti dei primi dirigenti della chiesa, specialmente di Pietro e d i Paolo. Tut tavia rischia di essere fuorviante, poiché l 'attenzione del libro è m eno concentrata sulla vita di qualche eroe che sullo Spirito Santo, principio della parola, e su11a comun i t à apos tol ica d a esso animata. G l i A t ti d egl i apostol i hanno quin di ben poco in comune con gli « Atti » b iografici noti nel mondo el lenistico , come gli A t ti di Annibale o quelli di Alessandro, che in qualche modo preludono agli Atti dci martiri. Il libro degli Atti fa seguito al vangelo di Luca, « i l primo libro )) ugualm ente dedi cato a Teofi.lo ( At l, l; Le l, 3 ). Il prol ogo ( At l , 1 -5 ) richiama brevemente il ministero di Gesù, ma senza annunciare il contenuto del secondo vo­ lume. Nondimeno in At l , 4-5 .8 l 'evento della pentecoste è gi à delineato e Gesù risuscitato dà ai discepoli il pro­ gramma della missione, che poi è anche quello degli Atti : « Sarete miei tes timoni a Gerusalemme, in tutta la Giu· dea e la Samaria e fino al l e estremità dell a t erra ». L'au­ tore non dà al tri particol ari del suo piano. Nell'intento di ridurre l 'apparente con traddizione fra il raccon to del l 'à scensione alla fine del vangelo di Luca (alla sera di pasqua, a Betania ) e quello degli Atti ( dopo qua229

rant a giorn i , s u l Mon te degli u l ivi ) a l c u n i s t u d i osi come

H. Sahlin e E. Troc mé paiono prope n s i a e l i n1 i nare con fa ci l i tà Le 24, 50-53 e A t l , 1 -5. Q ues t i verse t t i sarebbero sta t i

aggiu n t i

da

un

i n te r pola torc

per

sc i n dere

in

due

un 'o p e ra or igi na ri a nella q uale g l i Atti av rebbero fa t t o corpo u nico co l te rzo va nge lo. Ma i l lega me p ropos to fra Le 24, 49 e A t 1 , 6 non è pe rfe t to ; co1ne osse rva W . G . Ki.im mel , A t l , 6- 1 2 s i s i tua al l 'ape rto s u l Mo n te degl i ulivi e non a l l ' i n terno di una casa ( Le 24 , 33-49 ). U n 'ope ra d e l gene re , ino l t re, sarebbe di u na l unghezza anonnale.

men t re e ra ben noto, in particolare ne i Se t tanta, l 'u so d i d iv i dere i l i b ri in due p a r t i di eguale l u nghezza . I n fi ne

è d i ffi c i le i m m agi nare un i n terpo latore c he accu m u l i gra­ t u i ta m e n t e le d i tlìco l tà . È meglio q u i n d i lasci are a Luca la patern i tà di ques t i verse t ti e parlare d i u n ' u n i ca opera d i s posta i n due pa r t i d i s t i n t e , di modo che i l vangelo con­ serv i l a propria s pe c i fic i tà .

I d ue l i bri sono s t rettamente co llegat i : L e 24 , 47 parla del l a te s t i monia nza offerta « a t u t te le n azio n i , a com i n ­ ciare d a Gerusalen1me >> come A t l , 8 . I l t e ma della sal­ vezza

accordata

ai

pagan i

ri torna

a l l 'i n i zio

a l l a fi ne dell 'opera l ucana ( A t 28 , 28 ).

( Le

3 , 6)

P i tt a n cora , A t

c

l

fu n ge da cern iera fra i d ue l i bri . I n quest o p r i n1o ca p i ­ t o l o i richi a m i a l vangelo so no n u n1crosi ( l a p red kazionc del regno , i l pas to del risusc i t a t o , G i ova n n i il B a t t i s t a , i l gruppo dei dod i c i ) onde so t t ol in e a re l ' u n i tà rad icale fra il

tempo d i Gesù e q u e l lo del la chi es a'.

Nel

va ngelo

la

ascen s i o n e c h iude il t e tn po di Gesù , co n1e la corona d i u n a s t oria c h e è g i u n ta a l l 'e p i logo : i l tagl io d e l t es t o è

cri stologico. N egl i A t t i , con q u el l 'amore pe r la va r i e t à che è uno dei p iaceri della s c ri t t u ra luca n a , il rn cdcs i nto ra c­ con t o i n augu ra i te m p i nuovi d e l lo S p i ri to : il tagl i o dl'l tes t o è ecc l esiologico. � i l ra ccon to d e l l a con t i n u i t à fra

la s toria d i Gesù c q uella d e l l a sua ch iesa 1• Al lo s tesso modo l 'elezione di Ma t t i a ( A t l , 1 5-26 ) n1os t ra la con · t i n u i t à fra i l gru ppo dei dod i c i cos t i t u i to d a Gesù c la c h i esa d e l l a pen tecos t e , che il

rich iede q u i n d i

di

col m are

vuoto lasciato da G i ud a in ques to gru ppo ra p p rcse n ·

l P . Bowrr. (( L'Asccnsion » , R B 56 ( J 949) , p p . 1 6 1 -203 ( = E:cégi:.'it! et tlzéologic , Pa ris 1 961 , t . l . p p . 363-4 1 1 ) ; P . A. sn� M I'V()ORT, (( T hl· l n lc rpreta l ion of t hc Asccnsion in Lu k e and A d s », NTS 5 ( 1 959 • . pp. 30-42 ; H . SCHLJ ER , « L'Asccns ion d c J ésus » , i n Essai.'i sur lt: Nouveau Te.s t a ment , Ccrf. Pa ris 1 968 , p p . 263-278 .

230

tat ivo delle dodici tribù d' Israele ( Le 22. 30 ). Come si \:ede i l tcn1a d e ll uni t à ha u n ruolo i m put·tantc i n A t l , p ri ma ancora d i essere riconosciuto in fi l i grana q uas i i n o g n i p ag i n a deg l i A t t i '

.

Il L'orga nizzazione del l ibro

N e gl i Atti la varietà dei material i - racconti e soprat t u t­ to d is co r s i - è no te v ole. Le forme letterarie sono so­ ,·e n te in t recc i at e e talvolta la narrazione fa difetto di om og e ne i tà 11 fe n o m e no si avv er te soprattutto da At l a A t 1 2 (o t 5 ), dove g1 i elemen ti sembrano semplice­ ment e gius tappos t i , me n t r e da At 1 3 (o 1 6 ) a At 28 la t rama appare mol t o più co n t i nu a, nel q ua dro di un rac­ con to di viaggio . Non pare quindi p o s s ibil e s coprirv i un p i ano r igoro so Si possono tuttavia in di viduare alcuni pro­ ce d i me n t i letterari o s t ru t ture a ppa re n t i e me t tere i n luce t a l u n i p ri n c i p i d i organ izzazio ne che s ugger i s c ono .

.

co nt inuamente alla mente del let tore l 'orien tamen to dello s v i l up p o .

Le strut ture apparen ti NEI

RACCONT L N ot ia mo i n nanzi tutto i tre , come dice Paolo alla fine (28, 28 ): ritroviamo lo stesso tema alla metà del libro: Dio ha per­ messo l 'accesso dei pagani alla fede ( 1 4 , 27 ). Molti altri testi sottolineano l 'importanza del l 'annuncio missionario (cfr. 2, 9- 1 1 ; 2, 39; 9, 1 5 ; 1 1 , 1 8 ; 13 , 46-47 e 1 4 , 1 5 ). Del resto il tema era già sottolineato in Le 3, 6 e 24, 47-48. Da ques to motivo teologico possiamo dedurre due conseguenze di ordi ne let terario: l ) il tema dell'espansione missionaria della parola porta con sé quello degl i ostacoli con cui sono venuti a scontrarsi i p redicatori ; di conseguenza, l'au tore ha costruito delle piccole unità letterarie che congiungono il motivo missionario a quello polemico : da una parte racconti di missione (2, 1 -4 1 ; 8, l b-40; 9, 1 -3 1 ; 9, 32 - 1 1 , 1 8 ; 13, l - 14, 28 ecc. ); dall'altra racconti di pro. cess i ( 3 , l - 4, 3 1 ; 5, 1 7-42 ; 6, l - 8, l a ; 1 2 , 1 -23 ; 1 5 , 1 -35; 2 1 , 17 - 26, 32). Queste piccole unità letterarie iniziano ab­ bas tanza spesso con un raccon to s i g nifi cativo (2, 1 - 1 3 ; 3, 1-1 0 ; 6, 1 -7 ; 9, 32-42 ). 2 ) Inoltre, ques to primo principio di organizzazione ( prima i giudei, poi i greci ) già permette di dividere i l libro degli Atti in due part i, il che del resto è con forme a un uso giudaico ben attestato. Ma dove è da collocare esattamen te la cesura ? Alcuni ( P. Feine, J . Behm, M . Dibelius ) fanno com inciare la seconda parte con i viaggi di Paolo di At 1 3 ; la divisione è quindi At 1-12 e 1 3-28. Altri ( Ph. Menou d ) pongono la cesura dopo il raccon�o dell'assemb lea di Gerusalem me ( 1 5, 36); ab­ biamo quindi la seguen te d ivisione : At l , l - 1 5, 35 e 1 5 , 36 - 2 8 , 3 1 . Questa assemblea nella quale Pietro incontra Paolo prima di scomparire dal libro costituisce una sorta di nodo, un pun to d'approdo teolog ico della prima parte degli Atti, con l 'attenzione tutta rivolta a Gerusalemme. Si può dire perlomeno che i capitoli -1 3- 1 5 si s ituano alla cerniera de lle due parti del libro. LA GEOGRA F I A DEL LIBRO. Il secondo principiO di organiz­ zazione è di ordi ne geografico. Luca rileva con cura le tappe geografiche : dapprima in At l , 8 Gerusalemme. la Giudea e la Samaria fi no alle estremità della terra : du l i \' re dcs Acts •, NTS 6 ( 1959-60) , pp. 132-1 55 . S. G. Wn.soN , The Gen t ils and the Gentile Mission in Luke-Acts, Cambridge 1973. 236

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pot 1 n 9, 3 J la chiesa si s v i l u p p a in G i udea , Gal i lea c Sa­ ma ria : in 1 9 , 21 e 2 3 , 1 1 t ro v i a mo l 'an nuncio del v i a gg i o P ao l o a G e r u sal e m m e passando per la Macedon ia, p r i m a d i p o r t a r s i a R om a D'al tronde il c ri t e r i o geogra­ fico ha sicuran1cn tc a v u t o una fu nzione n e l raggru ppa­ mento dei n1 a t e r i a l i Come suggeriva Cerfau x , not iamo un cer t o para l lel i s 1no fra il va n gel o di Le e gli A t ti : dopo il m i n i s t ero pa l e s t i n e se degli apostol i , v en g o n o i v i a ggi mis­ si o na ri di Paolo fi no al suo arresto a n1o tivo del l 'a t t eggia­ m ento che aveva tenuto nei conf ro n ti del te m p i o (At 2 1 , 27s . ), un po' con1e nel vang e l o i n cui i l m i n i s tero di Gesù i n Galilea è segu i to dalla s a l i ta a G er u s al e m me ( cfr. Le 9, 5 1 e .o\ t 2 1 , 1 5 ) fi no a l l ' e n t r at a nel t e m p i o c a l l ' a rr e­ s to. Per cui , in vece di dividen.� i l l i b ro i n d ue sole part i , a lc u n i au tori ( J . C . O'Nei l l , J . D u p on t W . G . Kti m n1 e l ) propongono u n piano pitt arti col ato, tenendo maggi or­ •ncn tt� con to del le i n d i cazion i geogra fi c he. Ecco ad esenl­ pio i l p i a no proposto d a K ii m mc l in ci nque pa rt i : l ) 1 , 1 5 - 8 , 3 : Ge rusa lcrn m c ; 2 ) 8 , S t l . 1 8 : Sa m a r i a c regione cos tiera, Ioppe e Cesarea ; 3) 1 1 , 19 1 5 , 35: A n t i oc hi a ; 4 ) 1 5 , 36 - 1 9 , 2 1 : i n to r no a l mar E g e o ; 5 ) 1 9 , 2 1 - 2 8 , 3 1 : da G e rusale1ntnc a R om a . di

,

.

.

,

,

-

-

t I'ER SON AGG J . I l t e r zo p ri nci p io di orga n i zzaz ione si b�sa sui p er so n a gg i del raccon to, d i s t i ngue ndo u n c i c l o di Pie t ro ( A t l - 1 2 ) e u no d i Pao lo ( 1 3-2 8 ), senza pt� rò che si debba i r rig idi re t roppo questa presen tazione : i n fa t t i At 9 parla già di Paolo e A t 1 5 ancora di P ietro. Più esa t ta­ m en t e si può not a r e la presenza di più pe rs o n aggi che i n q u a l c he modo raggru ppano a t t or no a . s é u n a se r i e d i d a t i l e t t erari : P i e t ro e G i ova n n i i n A t 3 , l 4 , 3 1 , dopo i l pri mo s o n1 m a r i o ; Barn aba con Ana n i a e Saffira , i n pa ral l e l i s m o a n t i t e tico, dopo i l secondo s o m m a r io ( 4 , 36 - 5 , l l ) ; gl i « apos to l i ,> dopo i l terzo son1 mario ( 5 , 1 7-42 ) ; i set te c S t efa n o ( 6 , 1 8, 8 ) ; F i l i pp o ( 8 , 5-40 ) ; P ao l o c Ba r n a ba , Pao lo e Si l a . Come si v e d e i n 1 i ss io n a r i lavora vano ge­ nera l men te a due a due ( Le 1 0 , l ). I n b re ve rau tore , gu i d a t o da u n i d ea t e olo g ic a - l 'u ni­ vers a l i smo d e l la sa l vezza - e da un d i s e gn o geogra lìco gen e ra l e ha t en ta t o di p rodur re un i n s i e rne omogeneo cen t ra to sn dei luoghi e dei p er so n a gg i Tu t t av i a i d i versi m a te r ia l i , raccol t i da Le secondo p r i n c j p i d i orga n i zza ­ zione d tl� si accava l l ano gl i uni s u gl i a l t r i , s i t rova no co n 1 · -

­

-

,

,

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,

.

lli

binati in una cos truzione che ai nost ri occhi non . a p pa re perfet tamente logica. Ma questo con t i nuo intrecciarsi man i festa ugualmente l'uni tà e la cont i n uità della sto ria. Il piano del lib ro

Oltre a l la divisione del li bro in due part i di cui abbiamo già parlato. ne sono s ta te propos te parecchie altre : i n tre part i ( J . Schmid - A . Wikenhauser ); i n quattro ( E . Haenchen: At l , l - 8, 3 ; 8, 4 - 1 5 , 35; 1 5, 36 - 2 1 , 2 6 ; 2 1 , . 27 - 2 8 , 3 1 ) ; in cinque ( W. G. Klimmel ); i n sei ( N . Turne r, H. Peters ) ecc. Il piano che prese n tiarno, in due part i e ci nque sezion i, obbedisce soprattutto a un intento peda­ gogi co. Si notino le ampie notazioni cronologiche all'i n i­ zio di ogn i sezione ( l , 1 5 ; 6, l ; I l , 27 ; 1 5, 36 e 1 9 , 2 1 ) t� soprat tu tto le liste di personaggi ( l , 1 4 ; 6, 5 ; 1 3 , l ; 1 5, 3 640 ; 20, 4 ). A. PR I M A I G I UDEI

•••

( A t l , l - 1 1 , 26 )

l . La co1nunità di Ge rusale m 1ne ( l , l - 5 , 42 ). Da pasqua a pen t ecoste ( l , l - 2, 41 ) : l, 1 - 1 4 , il pro logo , l'ascens ione e i dod i ci ; l , 1 5-26, Mat tia e i dodici ; 2, 1 -4 1 , la pen tecoste e i l discorso di P ietro . La vita del la prima cornun i tà ( 2 , 4 2 - 5 , 42 ): 2, 42-47, i l pri mo som mario sul l 'un i tà del la com u n i tà, segui to da 3, t - 4, 3 1 sul l 'attività di Pietro e Giovan n i ; 4, 32-35 , il se­ condo sommario sulla com unanza dei beni, segui to da 4 , 36 - 5, l l su Barnaba, Anania e Saffira ; 5 , 1 2-1 6, i l terzo somn1ario sull 'at tivi tà benefica degl i apostol i, seguito da 5, 1 7-42 sui maltrat tan1enti subi t i dagli apos tol i. 2. La ntissione d'l sraele ( 6 , l - 1 1 , 26 ). I se tte e la storia di Stefano ( 6 , l - 8, l a ) . La n1 issionc in Samaria e la storia dì Fi l i ppo ( 8 , l b-40 ); la chia mata tli Paolo ( 9 , 1 - 3 1 ); l'at ti vi tà di P ietro a L i d d a e Ioppe ( 9 , 32-43 ); Cornel io ( l O, 1 - 1 1 , 1 8 ) ; la fondazione della comun i tà di An tiochia ( 1 1 , 1 9-26, con richian1o di 8, 1 .4 ). B.

•..

E POI l G REC I

(At 1 1 , 27 - 28, 3 1 )

3 . l.a 1nissione di A n t iochia ( l i , 27 - 1 5 , 35 ). I l serv izio di

Ba rnaba e Paolo ( 1 1 , .2 7 - 12, 25, con una enclave sul la 239

persecuzione e la morte di Erode ); )a prima miSSione di Paolo e Barnaba ( 1 3 , l - 14, 28 ); il conflitto di Antiochia ( 1 5, 1 -35 ). In ciascuna di queste tre sot tosezioni abbiamo una partenza e un ritorno ad Antiochia. . 4. La grande missione ( 15, 36 - 19, 20). La mission e di Pao­ lo, Sila e Timoteo in Macedonia ( 1 5, 36 - 1 7, 1 5 ); Paolo in Grecia, Atene e Corinto ( 1 7, 1 6 - 1 8, 23 ) ; Paolo a Efeso ( 1 8, 24 - 1 9, 20). S. Da Efeso a Roma ( 1 9, 21 - 28, 3 1 ). Da E feso a Gerusa­ lemme ( 1 9, 2 1 - 23, 1 1 ), a Cesarea (23, 12 - 26, 32 ) e a Roma ( 27, l - 28, 3 1 ). Ili Una storia religiosa Opinioni at tuali IL GENERE LETTERA R I O E LO SCOPO DEL LIBRO. A che scopo e per chi Luca ha scritto gli Atti ? Secondo molti esegeti Le non ha inteso scrivere un libro di storia, ma un'opera didattica ed edi fican te indirizzata a dei cristiani ellenisti, per rievocare la diffusione della buona novella e l'espan­ sione del1a chiesa in mezzo ai gentili. Qui bi sogna fare qualche precisaz ione. Gli Atti non sarebbero un libro di storia perché Luca non si prefigge di riportare i fatti del passato come tali e di ri n tracciare obiet tiv�mente le ori­ gini del crist ianesimo. Gli Atti non sono una biografia di Pietro e Paolo, nemmeno secondo la m aniera ellenistica che consent iva una grande libertà di scrittura. Luca non risponde alla curiosità dei suoi contemporanei o delle ge­ nerazioni future, ma vuole edificare la sua comunità. Né si interessa della psicologia degli eroi del passato in una ricostruzione scrupolosa della storia; il suo sguardo è rivol t o al presen te nel quale vuoi far passare il suo mes­ saggio teologico, soprat tutto at traverso i n umerosi di­ scorsi disseminati nel Jibro. Avremmo così una specie di catechesi dest inata all 'is truzione re ligiosa dci creden ti ( come sostengono Harriack, M. Dibelius, W. G . Kiimmel, W. C. Van Unnik, E. Haenchen, A. Ehrhardt ecc . ). Sempre secondo Ja maggioranza dei commentatori , vi sa­ rebbero due motivi importanti ad animare l'opera nel suo insieme. Innanzi tutto il motivo universalista di cui abbiamo testé parlato: il messaggio salvifico è diretto a

240

tutti e il vangelo deve passare dai giudei ai pagani. Sa­ rebbe questo nelle sue linee essenziali il messaggio diretto da Le ai cristiani ellenisti. Verrebbe però da chiedersi come mai era necessario rich iamare una cosa cosi evi­ dente a dei creden ti di origine pagana. Forse per proteg­ gerli da tentativi in senso giudaizzante? Secondo J. C . O 'Neil l il medesimo motivo universalista costituiva u n element o fondamentale della predicazione missionaria ai non credenti . Spesso viene rilevato un secondo motivo, forse meno importante, di ordine apologet ico : l'autore degli Atti vuole presentare il cristianesimo al mondo ro­ mano sot to una luce favorevole ( così A. Loisy, M. Goguel, F. F. B ruce, H . Conzelmann), ricordando c he i cristiani non sono ostili allo stato e possono di conseguenza rice­ \'ere anch'essi i favori accordati al giudaismo in quanto rel igio licita ( C. Wittechen , F. Overbeck, B. S. Easton ). Tuttavia, se fosse un motivo del genere a presiedere alla stesura degli Atti, bisognerebbe vedere nei non credenti, in part icolare nelle autori tà romane, i veri destinatari degl i Atti, cosa che mol ti esegeti respingono. La men­ zione dell 'illustre Teofilo in Le l , 3 e A t l , l resta eni gma­ tica e non basta da sola a risolvere in un senso o nel l 'al­ tro la discussione. Del resto le tesi che accentuano troppo il carattere pole­ mico o apologetico degli Atti non sono state granché se­ guite. Tanto per ricordare, citiamo la vecchia scuola di Ttibinga : secondo F . C. Baur ( nel 1 838 ) e E . Zeller l'au­ tore degli Atti avrebbe in teso riconcil iare la « gran de chiesa )) e il giudeo-cristianesimo, scrivendo così una sorta di compromesso col risultato di far scomparire ogni traccia dell'an tagonismo fra Paolo e Pietro. � una tesi oggi abbandonata generalmente, anche se talvolta eser­ cita una certa attrattiva. A nessuno sfugge, gius tamente, il temperamen to irenico di Luca, poco incline a creare opposizioni e a rendere scabrose le situazioni. Ma, come ebbe a dire Jiilicher, negli Atti « non è che Paolo sia giudaizza to e Pietro paolinizzato, ma i due sono J ucaniz­ zati , cioè cat tolicizzati » 8• Vi sono al tre tesi più recenti che meritano almeno una menzione. Secondo D . Ploij Luca avrebbe redatto l 'apologia di Paolo in funzione del processo di quest'ultimo; per· H. Sahlin, il libro sal

Einleitung in das N.T.7, Ttibingen 1931, p. 43 1 .

241

rebbe ad dirittura la difesa di Pao lo u t i l iz1.a ta per il pro ­ cesso davanti al t ribunale imperiale di Ron1 a . Ma questo non spiega come mai siano stati scri t ti i ca pito l i da l a 1 2 di At su Pietro e sopra t t u t to sorvola sul fatto che At non cost i t uisce che la seconda parte di un insien1e più grande. Secondo E . Trocmé, gli Atti sarebbero in pa rte uno scrit to di controversia per difendere la memoria di Paolo con tro gli at tacchi dei giudaizzanti : secondo questa ipo tesi, Luca ind icherebbe in Paolo il vero continuatore dei dodici. I n fi ne, secondo C . K. Barret e G . Klein , l 'autore se la prenderebbe con gli gnostici . Ma gli indizi sui quali si fa leva per fondare la carica polem ica sembrano piu t­ tos to tenui e il tono generalmente paca to del libro non inv i ta a prosegu ire l ' indagine in ques ta direzione. G li eseget i spesso non in tendono considerare gli At ti con1e opera storica per via delle con tr�ddizioni che contengono rispetto agli scri tti paolini 9• Non si può tuttavia negare un fa t to evidente : Luca ge t ta u no sguardo sul passato della prima comunità per t rarne i dati più signi ficath'i e convogl i a rl i a sos tegno della prop ria teologia . Anche st." la s toria i n ques tione è « inautentica )) ( il che sa rà poi da d i scutere ) , non per q uesto essa cessa di essere una storia e non diret tamente u na catechesi o un qualche opuscolo di p redicazione . Ca tal ogando jn questa man iera g l i A t t i , è c h i aro che s i rimane a l iv e l lo l e tterario - nel la d efi n i­ zione del genere adot tato - e non a quel lo storico, nel quale l 'esegeta deve prendere posizione sul rapporto es i ­ s ten te fra lo scri tto defi n i to come « storico » e il referentc « evenenziale )) . t. 'E SCATOLOGL\ E LA STOR I A . Pe rc h é Luca ha sc ri tto q u e s t a storia e, sopratt utto, come ha os a t o aggiu n gerla al testo evangel ic o, suo pri m o libro, al punto da considerare come un t u tto un ico e allo s tesso l i ve l l o di vita del la ch i e s a � l'even to di salvezza proc lamato dalla fede ? Secon do E . Kasemann, Ph. Vielha uer e H . Conze l n1an n 1 0, la ri spos t a a q u e s t o i n t erroga t i vo fo n d a me n ta le darebbe l a ch i ave della scri ttura degli Atti. Prima de lla secon da generazione

9 C f r. sot to pp. 270-275 .

H . CoNZELMAN N , Die M itte de r Zeit-1, Ttibi n gcn 1 963 ( l rad . i n g l . . The Tlzeolog:y o f Saint Lu ke, London 1960) ; Théologie d u Now•eau Testamcn t , t rad. fr., Gcnèvc 1969, pp. 161- 164.

IO

242

l:ri s t iana, che era que lla di Luca , i cri s t i a n i at ten devan o il ri torno d e l Signore come p ross i mo. M a q u e s t a fi ne im­ m i n ente, sem pre annunciata, non ar r iva va 1na i e l ' att esa della sal vezza e s catol o g ic a si i ndebol iva al punto da ren­ dere i n q uieta la s tessa d e c i sione deJ la fede. Dall'interno di qu esta crisi Luca d oveva al lora prendere co sci e n za del fu turo del l a c h i esa : davan t i a sé la chiesa ha ormai un av v e n i re indeterminato; essa si stabi l isce q u i n d i nel mondo, nel « tempo del l a salvezza )) nel quale deve ope­ rare com e is t i tuz i one sa lvi fica per gara n t i re il messag­ gio d i salvezza. Come dice E. Grasser, Lu ca « stor i cizz a >> i l messaggio escatologico : l a salvezza viene già nel tempo della ch iesa, che ne è p o rt a tri c e . I l motivo escatologico è re l ega to lonta n o e il tempo della tes t imonianza co1ni ncia con le pa role « perché s t a te a g ua r dare il ci elo ? » ( A t l , 6- 1 1 ). L o d i ce anche Kascrnan n : > ( Le 3, 6 e At 28, 28 ), cioè il tempo di Gesù e della chiesa insieme, in attesa del regno. La chiesa, che non viene designata direttamente da Le come nuovo Israele, fa corpo in qualche modo con il suo mae­ stro. Su quest'ul timo punto Le si avvicina parecchio a Paolo. Le opin ioni degli studiosi sono dunque divise e non è fac ile scoprire il filo conduttore che ch iarisca con esat·· tezza il genere letterario dell'opera e le li nee di forza che l 'attraversano. Apologia o libre tto apol oget ico, bio· Il

W. G.

poraine

244

KUMMEL,

•,

Luc en accusation dans la théologie contem­ in L'évangile de Luc, a cura di F. Neirynck, pp. 100-106. «

grafia, scritto polemico, catechesi, predicazione o storia religiosa ? Sono state prese in considerazione un po' tutte le i potesi, ivi compresa la designazione del libro come buona novella o vangelo ( E. Trocmé ), o ancora vangelo dello Spirito ( A. Erhard t ). Collegati al vangelo, gli Atti ripercuotono la buona novella della salvezza e il vangelo di Le assume la dimensione di una storia, a partire dal­ l'evento salvifico che risuonerà fi no alle estremità della terra. La storia di Gesù è l'inizio di una nuova storia re· ligiosa che prosegue nella chiesa.

Una storia religiosa

Gli Atti presentano una storia religiosa nella linea delle storie bibl iche e delle re trospettive storiche conosciute nelle sinagoghe del I secolo. Luca stesso con tiene esempi di q uesti ampi affreschi storici veterotestamentari orien· tati da un piano teologico ( così A t 7, 2·41 e 1 3, 1 7·22 ). La s toria di Gesù e della chiesa prosegue la storia del po. polo di Dio. Al di là della successione nel tempo, non c 'è frattura storica; la scrittura dell'evento cristiano presenta i carat teri di un « testo continuato ,, della Bibbia, neJ io stile ieratico di una nuova storia che t rova il suo compi­ men to in Gesù e nella comunità cristiana. LE > E GLI ATTI.

Nel l secolo del l 'era volgare e rano ben note alcune retrospet tive storiche che util izzavano l 'AT e numerose trad izioni oral i di tipo haggadico, che servivano per l'edificazione del pubblico delle sinagoghe. Citiamo in part icolare il libro delle An­ tichità b ibliche dello Pseudo-Fi lone ( sigla LAB ) scritto in Pales tina probabil mente prima dell 'anno 70 dell 'era volgare 1 4 • Crediamo di poter ravvisare qui il parallelo giudaico più vicino all 'opera lucana. Lo Pseudo-Filone pre­ senta, da Adamo a Sau l, una serie di affreschi viventi cen­ trati su personaggi biblici, per esempio Giosuè, il giudice Oenaz e Samuele. In questa nuova storia dell 'Alleanza. numerosi discorsi messi in bocca ai vari personaggi ri1 4 D. J. HARRI NGTON e J. CAZEAUX, C. PERROT e P. M. BOGAERT, · Les Ant iquités Bibliques du P...eudo-Philon, 2 vol ., « Sou rces chrétien· ne s », Paris 1976 ; cfr. Agli iniz.i dell'era cristiana, pp. 1 19 s.

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(' h i a mano co nt inuam e n te uno dci temi fondaJn c n t a l i del libro e cioè l ' i n dcfet t i b i l i t à del l 'al lea nza . Po i ché Dio solo è il s i gnore della sto ria, tutto si svolge secondo il suo piano e l e profezie s i adempiono i m ma ncab i l me n t e ( LAB 9, 4 : 1 2 , 9 ) . I n qu es ta storia rel i giosa, sot to i l segno della provvi denza, solo D i o è salva tore ( LAB 6, 1 1 ; 27 , 1 4 ) e il capo d esi gnato da Dio non è che s t ru m en to di questa sa lvezza ( LAB 25, l dove Qenaz è designato per sorteggio co me Ma t t ia ). Uno studio attento del libro consente d i ind ivi d ua re parecc h i para l le1 i c o n Luca. Segnaliamo sol­ ta n to i raccon t i d i an n u n c iazi ':) ne ( LAB 4, 1 1 ; 9, 7 . 1 1 ; 42 , 3 ; 49, 8 ; 50, 8 ) ; le n u m erose preghiere ( LAB 1 2 , 8-9 ; 1 9 , 8- 1 4 ; t

2 1 , 2-6 ec c . ) ; ran gclologi a , lo Spirito San t o e la profez i a , fem m i n i s m o evi d e n te del l o Pseudo-F i l o ne e anche il

il

t e n1a della tes timonianza e u n a certa a pe r t u ra u n iversa­ lis t a ( LAB 20, 4; 3 1 , 3 ). La s toria lucana segue perfe t t a­ mente la l i nea d e l l e An t ich i t à b i bliclz e , ma s o t t o l i nean do e v i d en t emente la nov i tà del l 'even to s a l v i fìco . Va quindi re s p i n t a l a pos izione sos t e n u t a da t a l u n i s t u d ios i seco n d o i qual i , s u l l a l i nea d i M. Di belius , n o n esis terebbe alcun tes t o a n a l ogo alla storia rel i giosa d eg l i A t t i . A nche n egl i A t t i è D i o che gu ida l o svol ge r s i del l a s t oria e ne i n canala i l corso per s t rade spe s so i n a t te se, pur ri­ spe t ta n d o la coerenza di una profonda con t i n u i t à storica. Dio regge l a sto ria , t u t to si contpie secon d o i l suo d i segno ( A t 4 , 2 8 ), secondo il « p iano di Dio » ( 20, 27 ) al q ua l e n u l l a p u ò oppors i ( 5 , 3 9 ; ·1 1 , 1 7 ; 26, 1 4 ) ; l 'apos tolo dovrà seguire l a volontà d iv i na ( 5 , 29 ; 9, 6. 1 6 ) po i c hé tu t to « dc­ \"e ,> ( l , 1 6 .22 ) rea l i zzarsi fi no a l l a res tau ra z i o n e fi nale ( 3 , 2 1 ). I l p i a no d iv i n o h a gJ i angel i a l suo servizio ( 5 , 1 9 ; 8 , 26: 1 0, 3 .7 .22; 1 1 , 1 3 ; 1 2, 7-1 1 .23 ) e agl i uom i n i sono ac­ cord ate d elle visioni ( 2 , 1 7 ; 9, 1 0 . 1 2 ; 1 0, 3 ; 1 6, 9- 1 0 ; 1 8, 9 ; 2 3 , 1 1 ; 26, 1 6. 1 9 ; 27 , 24 ) . P i ù ancora , l o S p i r i t o San to gu i d a con t inuamen te g l i avven i m e n t i da l l 'efl"usione del l a parola fino a l giorno del l a pen t ecoste. Agl i i n i z i del n1i n i stero di Gesù ( Le 4, 1 . 1 8 ) come a l bat tesimo del l a c h iesa (At t , 5 ; 2, 4 . 1 8 ) e dura n t e l a m i s s ione è l o Spi ri t o San to che so­ st iene la pote nza d e l l a tes t imonian za apos tol ica ( 4 , 8.3 1 ; 5 , 3 2 ; 6 , 1 0 ) ; ep: l i agisce d i ret t a men t e s u l la con dot t a d e gl i a pos t o l i ( 8 , 1 5 . 1 7 ; 1 3 , 2 .4 ; 1 5 , 28 ), d i Fi l i ppo ( 8 , 29.39 ), d i P i e t ro ( 1 0, 1 9.44-47 ; 1 1 , 1 2- 1 5 ; 1 5 , 8 ), d i Pao lo ( 1 6, 6-7 , dove lo S pi rito si oppone al pro gett o di Pa olo e S i l a ; 1 9 , 1 -7 .2 1 ; .2 0 , 22-23 e 2 1 , 1 1 ) . La' novità deH 'even to cri s t iano, dal la 246

pentecoste alla miSSIOne fra i pagani , è opera del lo Spiw ri to . Per via del l egame s tabilito dallo Spiri to, anche i co ntinui camb ia men t i che toccano gl i uomini e gli avve­ ni men ti dimos trano la straordi naria con t i n u i tà della sto­ ria, senza alcuna frattura nel progetto d iv ino. Anche que­ s ta è una delle caratteristiche delle storie rel igiose , so-· prattutto nel le A n t icl1 i tà bibliche : l 'annuncio profet ico, le moltep l ici ricorrenze e la tipologia colle gano i divers i avveni men ti nel crogiuolo di una storia fondamen talmen te uni taria e armoniosa . IL M OT I VO SCR I T T U RI S T ICO NEGLI ATTI. I l mot i vo scritturi­ st ico gioca un ruolo fondamen tale negl i At t i . Tutto è s t a to previ s to e ann unciato nelle Scri tture ( A t l , 1 6 ; 2 , 3 1 ; 3 , 1 8 ; 7 , 52 ); tu t to è già s tato detto i n anticipo, come dich iara Paolo in A t 26, 22 : « I profeti e Mosè han no predetto ciò che doveva accadere , e io non dico nulla di più » (! ). Co­ me i discepol i di Emmaus che possedevano la chiave del le Scri t tu re ( Le 24, 27 ), Luca vede nel l 'even to di Gesù, s pec ie nel l a sua risu rrezione, l 'adempimento dell 'an tica promes­ sa ( A t 1 3 , 32-33 ). Per Luca la Scri t tura appar t i e n e orn1 a i al l a ch iesa. Essa può q u i nd i esse re ogge t t o d i u n l ra t la­ nl c n to 1n idrashico, con1 c n e l la s i nagoga : A l 4, 25-27 otrrc un buon escn1 pio di n1 idrash crist iano 15• I l testo an tko viene at tual izza to o « iden tificato » (A t 8 , 34 ) in u n moto di pensiero che parte dal la Scri t t u ra e giun ge al la realtà nuova . Ma è conosc i u to an che i l mov ime n to i nvers·o, cioè nel com n1 e n t a rio t i poJogico, dove l 'even to sal vifico impone una let tura nuova del testo scri t turistico : in At 7, 2-40 l 'idea del gius to son·c ren te e sa lvatore con duce a un'in­ t e l l igenza rinnova ta del tes t o sacro . I l vecchio testo d i ­ ven ta pa rola nuova , a l pu nto che l'esistenza medesima del l a chiesa fin nella sua espressione missionaria si t rova. prean n u n c i a t a nell a S c r i t t u ra ( 2 , 1 7 ; 1 3 , 4 7 ; 1 5 , 1 7 ). La pro­ fezi a con t i n ua a rea l i zza rsi oggi nel tempo de lla chi esa e nella vi ta del la com u n i tà ( l , 20 sulla sost i tuzione di G i u· da; 2, 1 7s. su l l 'effus ione del lo Spiri to; 4, 25 sulla pe rsecu­ zione ). Co n tutti ques ti rich iami al la Scri ttura Luca i n ten· de sot toli neare la con t inuità e l 'un i tà dei tem p i , da l s rad e a Gesù , da Gesù alla prima comun ità e dalla prima co·

ts

Cfr. Agli in izi dell 'era cristiana , pp . 105 �247

muni tà di Gerusalemme alle chiese eredi di Paolo. In tal modo, ai destinatari cristian i ellenisti del libro egli dà una sorta di credenzial i . Riprendiamo questi aspetti. IL TEMA DELL'UN ITÀ NEGLI A T T I . Il tema dell'unità occupa un posto considerevole negli Atti , come abbiamo già avuto modo di dire mettendo in rilievo il parallelismo fra Pietro e Paolo. � il medesimo sentimento di unità che ispi ra Luca quando ins taura un certo parallelismo fra il minis tero, i miracoli e la morte di Gesù da u n lato, e dal l 'al tro la morte di Stefano (At 7, 56-60 e Le 22, 69; 23 , 34-36 ), i miracoli di Pietro o Paolo ( At 9, 30 e Le 8, 54; At 28, 7- 1 0 e Le 4, 38-39 ), i l viaggio di Paolo a Gerusalem­ me, il suo arresto e le sue sofferenze. Luca i noltre tesse con t inuamente dei legami fra uomini e avvenimenti nel­ l'uni tà della prima comunità. Gli piace l'unanimità ( At l , 1 4 ; 2, 1 .46 ; 4, 24; 5 , 1 2 ; 8, 6 ) e, soprattutto nei sommari, il s uo ideale unitarto si concen tra su Gerusalemme ( 2, 44 .46; 4, 32 ) ; nella s toria di Cornelio (At 1 0- 1 1 ) il movi­ men to geografico della narrazione converge su Gerusalem­ me ed è ancora in questa città che viene risolto il con­ fli tto di Antiochia ( 1 5, 1 -29). La sua preoccupazione unitaria lo spinge a minimizzare certe frizioni fra le persone, se eccettuiamo il caso parti­ colare di Marco in disaccordo con Paolo ( At 1 5 , 39 ). Se non avessimo che gli A t ti, conosceremmo ben poco dei ·conflitti e delle divisioni che scossero la prima comunità. La con troversia di cui si parla i n At 6, 1-6 è ridotta a un fat to di cronaca ; la posizione di Stefano con tro i sa­ crifici e il tempio - probabilmente nella linea del mo­ vimen to bat t\sta giudaico - perde tutta la sua asprezza ( A t 7, l s. ) ; i giudaizzanti di At 1 5 , 1-5 non hanno il man­ dato apostoli co ( 1 5 , 24 ) ; ad Antiochia Paolo non viene in con flitto con Pietro ( cfr. i nvece Gal 1 -2 ). Per Luca la chiesa pare non soffrire più dei dissensi di un tempo; ai suoi occhi il/i giudeocristianesimo/i non ·sembra/no più esi­ stere, mentre è ben noto che esis teva/no e come ! Queste at tenuazioni, che appaiono quasi Iivellamenti dei dati storici, non si spiegano sol tanto con il carat tere irenico di Luca. Sono piuttosto il ri flesso di una convi nzione: i cri­ stiani ellenisti sono i veri depos itari dei beni della sal­ vezza . Luca lo prova mostrando come la chiesa di Paolo,

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che è la sua chiesa, fa tutt'uno con la comunità giudaica della pentecoste e con il vero popolo della promessa.

LA LEGGE NEGLI ATTI. Luca ricorda le dichiarazioni di Paolo s ulla fedeltà verso la legge e i costumi di Israele ( At 22, 3 ; 24, 14; 25 , 8 e 28, 1 7 ) ; non gli sfugge occasione per mo­ strarlo mentre p ratica effettivamente la legge ( 22, 1 7, la preghiera di Paolo al tempio; 1 6, 3, la circoncis ione di Timoteo ; 1 8, 1 8 , il voto di Cenere; 20, 1 6; 2 1 , 23-27 ). Sulle pri me questo comportamen to appare piuttosto strano e in contraddizione con quanto Paolo dice di se stesso nelle let tere. Ma questo recupero di Israele nel personaggio letterario di Paolo era necessario a Luca per giustificare il radicamento autentico delle chiese cris tiane elleniste della seconda generazione. Per esse non si poneva più il p roblema della legge come a l tempo di Paolo ; non si trat tava più allora di liberarsi dalla legge , ma di recupe­ rare i l legame col popolo della promessa attraverso la comunità primitiva, un po' come Paolo era stato accolto da Anania, « uomo pio e fedele alla legge >> ( At 22, 1 2 ) . Del resto i primi predicatori cristiani erano dei giudei sia in Palest ina che nella diaspora. Come giudei erano i primi udi tori della parola, anche alla pen tecoste e nelle si nago ghe de1 la diaspora dove Paolo cominciava sempre il suo ministero ( At 9, 20 ; 1 3, 5 . 1 4 ; 14, l; 17, 1-2. 1 0 . 1 7; 1 8 , 4.26 ). La comunità di Gerusalemme unita a Paolo era giudaica e molti giudei della diaspora accolsero il messaggio del­ l 'apostolo ( 9 , 1 9-2 1 ; 13, 4 3 ). Perché allora tanta insistenza su questo punto, anche quando Luca si indirizza a dei credenti di origine ellenista ? ­

IL DISEGNO DEL LI BRO E I DESTINATARI. Luca si ind i rizza in primo luogo a dei credenti e non diret tamente ai pagani o alle autori tà romane. � innegab ile che spesso Luca dà risal to a quegli elementi che 1nanifestano l'innocenza di Paolo e dei cristiani verso Cesare ( At 1 6 , 39; 1 8 , 1 5- 1 8; 2 3 , 29; 25, 8.25 ; 26, 32 ) o anche verso la dea di E feso ( 1 9 , 36-39 ). Non s-i tratta q u i di carpire l a benevolenza di qual­ che lettore occasionate di matrì ce pagana; si tratta invece di suggerire delle regole di prudenza ai c ristiani ancora minacciati dalla persecuzione: le autori tà di questo mon­ do, come i magistrati e gli uffic ial i romani degli Att i , vanno considerate in una luce favorevole in modo da 249

el i mi nare la provocazione. Come dice Paolo, « non ho com­ messo alc u na col p a né con tro la legge dei giudei , né con­ t ro i l tem pio né c on tro Cesare >> ( At 25, 8 ). Luca parla a dei cris tiani ellenisti per mostrare tutta la sol i d i tà della salvezza data dalla chiesa , mettendone in l u ce il rad icam c n to e i mol tepl i c i legami che l unis c o no a G esù e al la comunità del le or igini L'efficacia della sal· vezza si fonda sul legame sempre vivo fra la chiesa a t­ t u ale , erede di Paolo , e l 'even to iniziale della salvezza. Come dice nel prologo del vangelo, Luca scrive perché ci si p o s s a render con to « della solidità degli i nsegnamen t i » ricevuti ( Le 1 , 4 ) : non per verificare storicamente la ve­ ridicità dei fatti raccon tat i , ma per assicurare ai cri stiani ellen isti la legi t t i m i tà e ] 'autenticità degli insegnamenti sa lvifici . Luca non riferisce i l passato per se stesso e nemm e n o con ferisce pa rticolare valore al futuro o al t e m po de l l a chiesa ormai dotata di isti tuzioni salvifiche . Egli si sfo rza piu t tosto di ricond urre il tempo presente nel l 'u n i tà de l l 'evento fo nda tore . I n tal m odo, v e r i fica an­ c h e l a pretesa delle chi ese cristiane el lenis te d i essere in u n a successione autentica rispetto alla comunità prinl it i­ va , in un legame di u n it à d i re t ta con essa. Nel suo fondo l ' opera d i Luca ris p on d e a un b isogno di sicurezza a v­ vert i to dai creden t i del s uo ten1 po. Da par t e g i ud a i ca , del res to , le cose nun s t a n n o d i vcrsan1entc, per csen1pio n ello Pscu do-Fi lonc, c he rac c o g li e le tra d izioni orali a uso dci pred icatori deJ i c s i n agoghe onde rassicurare i suoi con­ t, , è assa i d i fferente : essa è rappresen tata in pa rticolare dal cod ice d i Beza ( D ), dai papiri P tt, P 1q, P JB, P 48 , la Vetus La t ina, '-· lt.· men ti marginali della versione siriaca de t t a arclcana , un fram mento siro-pales tinese di Khi rbet M i rd, un com­ mct:ltari o di E frem in a rmeno, e soprattutto il manoscri t­ to copto Ox 1 4 , senza parlare dei padri latini ( Ireneo lati no, Tertu l liano, Cipriano e Agos tino ). Questa lista un tan tino eteroc lita tradisce la nos tra conoscenza difettosa del testo � occidentale >> degli Atti, se mai un tale testo è esisti t o allo s tato puro. Ri spetto a l le forme prece­ den t i , questo tipo di testo presenta certi t rat ti originali : è genera lmente più lungo ( oltre 400 aggiunt e ) ; i nessi rra gli episodi sono m i gliori e le difficoltà attenuate ; la li ngua ta lora volgare può nascondere alcuni aramai sn1i ( C . C. Torrey, M. B lack e M. Wilcox ); le ci tazioni bibli­ che sembrano meno vicine ai Settanta ( L. Cerfaux ) ; vi si cogl ie una profonda venerazione per Pietro e Paolo ( J . Creham ; C. M. Martini ); soprattutto si riconosce nel tes to una tendenza cos tante a dare addosso al popol o giuda ico ( Ph. Menou d , W. Thiel e, R . P. H a n son e E. J . Epp 2 ). Questo tipo di testo, d i flu so in orie nte con1e i n occ iden te , sembra risa l i re a mol to prest o, a l n1eno a par­ tire dal la metà del n secolo. Che sia allora il testo ori ginale ? �el 1 894 F. Blass vedeva nel tes to « occ idcn tale » il pri­ mo get to de l la redazione lucana , cui sarebbe seguita una seconda edizione migliora ta, quell a de l la recen sione «o rien­ tale >> A. C. Clark, nel 1 933 , consi derava ugua lmente que­ sful tima recen sione come una revisione abbreviata del testo occidentale . J. H. Ropes, nel 1 926, optava in vece pe r il ca ra t t ere pri m i t ivo del testo orien t a le . Fu una vera e propria ba t taglia. Oggi le posizioni sono più pon dera te. Alcu ni con ti nuano a pri vil egi are il testo corren te ( F. Ke­ nyon , F. F. Bruce, E. H acnchen ). Al tri restano sensibi l i all 'original i tà del testo occi den tale e sostengono, a se­ conda dd casi , un metodo eclet tico, poiché nessuno dei d ue tipi « ha il monopo l io dell 'errore o della veri tà >> E . J . EPP, Tlze Tlleological Te,-rdenc)' giensis in Act.� . Cambri d gt.• 1966.



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Code x

Bezae Cantab ri­

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(G. D. K i lpatric k , C. S. C. Wi l liams e J. Dupont ). I n gene­ rale g li autori, per esempio A. F. Klijn, riconoscono il carattere tardivo del testo occiden tale degli Atti a mo­ t ivo della sua preoccupazione di armonizzare ( cfr. A t 9; 22 e 26 ), o di sp iega re ( 1 6, 35 ), del suo sforzo di evi tare le durezze redazionali, senza dire poi delle aggiunte l i­ turgiche (8, 37) e del le tendenze teolog iche menziona te prima. La lezione variante di At 1 5 , 20.29 nel tes to occi­ dentale . può essere considerata come primit iva, riportan­ do un i nterpretazione del decreto di Gerusalemme che aveva al l'origine certamente un carat tere rituale ? I cri­ t ic i accet tano comunque di prendere in considerazione le lezioni di questo testo, passo dopo passo, ma alla fine il bo ttino è magro : se g naliamo soprat tutto le ind icazio­ ni geografiche di At 12, 10 e 20, 1 5 e le indicazioni crono­ logiche in At 1 9, 9 e 27, 5 e forse anche At 28, 1 6. Se il testo occidentale appare generalmente secondari o sul p iano letterario, questo non vuoi dire che si debba identificare il testo alessandrino con quello origi nale. Al­ lo s tato a t tuale delle ricerche biso gnerà evi tare anche le ricostru zioni moderne che mescolano i due tipi di tes to. C iascun tes to deve invece essere considerato per se stesso, senza eclet tismi. Ciò non impedisce sul piano sto­ rico, di accet tare un elemento del tes to occidentale anche se se ne può dimos trare il carattere let terariamente se­ condario . Sul piano letterario la ricerca ri mane aperta. Si presen tano più piste : o far dipendere il tes to occiden­ tale dal testo corrente con in pi ù il complemento di al­ cune tradizioni oral i ; o richiamarsi a una trad izione co­ mune an teriore ; o ancora sottolineare quanto il tes to degl i Atti sia potuto res tare per lungo tempo fluido al­ l ' i n terno dell 'amb iente lucano, prima della sua fissazio­ ne « canon ica » . In al tre parol e c'è tutto l'interesse pre­ sentato da q�esto tipo di tes to, non ancora con trol lato e su scettibi le di ricevere con una certa li bertà l'apporto di una t rad izione orale ancora viva. E va aggiunto, allo­ ra, che i l lavoro eseget ico a ttuale non sta tanto nel rico­ s t ruire l ori gi n ale pe rduto degli Atti, quanto nel situare meglio l 'amb ien te d origine e il con tes to concreto di cia­ scun tipo di testo. A q uesto livello il testo occidentale ce lo t roviamo sempre fra i piedi , affondando esso . - al­ meno in apparenza - le sue radici in un ambiente toc­ cato dalla polemica giuda ica o giudaizzante Come si ve'

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de, lo s torico del testo, lo storico della teologia e della l i turg i a hanno q u i una fonte da cui attingere ampiamen­ te ; lo stesso dicasi dell 'esegeta, che non può chiarire il senso di u n testo senza evocare gli aspetti aleatori della sua comprensione nel corso del tempo.

Il La data del l ibro Le diverse opinioni I cri tici attua l i datano general mente gli Atti fra il 75 c il 90, con preferenza per gli anni successivi all'SO. Sulla scorta di Harnack e di A. C. Clark, alcuni ipotizzano an­ cora una data anteriore al 70 ( F. F. Bruce, E. M. Blaiklock . E. R. Goodenough e P. Parker). Altri invece ritardano la data fino al 11 secolo ( G. Klein , J. C. O'Neill, J . Knox e M. S. Enslin ). Si tratta di opinioni giudicate eccessive dalla ,maggioranza degli studiosi. La questione rimane quindi discussa, ma senza sollevare granché interesse. Ormai si vede con più chiarezza che l'anonimato possi­ bile degli Atti e l'adozione di una data tardiva non . com­ portano conseguenze per l'ispirazione e la storicità: non è detto che una storia scritta sotto la pressione degli av­ venimenti sia sempre la migliore. Da qualche decennio non vi sono elementi troppo nuovi da aggiungere al dossier della datazione. Gli argomenti presentati hanno tutti in comune un'estrema fragilità. Fanno leva, ad esempio, sul s i lenzio dell'autore che tace sulla morte di Paolo e sulla distruzione del tempio nel 70; o ancora , pretendono dare una valutazione aritmetica della distanza teologica fra due gruppi di scritti : il « cor­ pus » lucano e le lettere di Paolo, il che rimane di sicuro assai soggettivo. Inoltre l'opera dello storico Flavio Giu­ seppe scritta nel 93 , priva di legami con gli Atti , non con­ sente di datarli come per un momento si era creduto. Il prologo di Le l , 3 è anch'esso poco utilizzabile, a meno di non tradurre il testo « dopo aver seguito tutto da vi­ cino e· da lunga data )) , pensando a una partecipazione attiva di Luca al segui to di Paolo; ma pare si debba pre­ ferire la traduzione « dopo essermi accuratament.e infor2Si

mato di tutto », poiché non si usa dire di aver parteci­ pato « accuratamente » (rixpt�wç) a degli · avvenimenti. La diversità di opinioni sulla datazione è dovuta principal­ mente ai seguenti elementi , che sono oggetto di valuta­ zioni con trastanti : 1 ) Il disegno dell'autore - Secondo Hamack , la brusca finale degli Atti imporrebbe una data anteriore alla mor­ te d i Paolo e alla distruzione del tempio. Già Eusebio di Cesarea giungeva a questa conclusione; ma prima di lui e fin dal II secolo, lreneo situava la composizione di Marco e di Luca - e quindi degli Atti - dopo i l marti­ rio degli apostoli; lo stesso è detto nel prologo antimar­ cionita e nel Canone di Muratori. Inoltre At 20, 29.38 sembra fare al l u s i one alla morte di Paolo. Infine, la con­ clusione degli Atti è perfettamente coerente con il pro­ getto dell'autore : l'annuncio del vangelo ha raggiunto le « estremità della terra » , cioè Roma ( così in PsSal 8, 1 6 ). La deduzione di Harnack appare dunque errata, non tenendo conto del disegno e del genere letterario dell o pera. '

2 ) M arco e l'autore dei due libri a T eofilo - L'autore de­

g l i Atti è il medesimo del vangelo. Le due opere sono dedicate a Teofilo; il prologo degli Atti fa allusione al primo libro; l a lingua, il vocabolario e lo stile sono pres­ soché i de n t i c i ; la personalità letteraria e i temi sono simili: gioia, distacco , preghiera, apertura alle nazion i ecc. Poiché c'è identità di autore , la data di Luca, si­ tua ta gene ra lm ent e dopo il 70 a motivo di Le 1 9, 43 e 2 1 , 2 0-24 , tocca direttamente quella degli Atti 3• Tuttavia alcuni c r i ti c i , pochi per la verità ( A. C. Clark e A. W. Ar­ gyle ), negano l'identità di autore per via di alcune diffe­ ·renze d i vocabulario e di stile fra gli Atti e il vangelo. Ma la tesi non è verosimile. In compenso s i può amme t­ tere una certa distanza fra le due opere , portando sensi­ bilmente in avanti la data degli Atti , dopo il vangelo di Luca.

3) Paolo, Luca e l'autore degli Atti - La data da attribuire agli A t t i dipende anche d al l iden t i t à del l 'autore. Si tratta di Luca, il compagno di Paolo ? I n questo caso sembre'

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Sulla data di Luca vedi sopra_ p. 130

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rebbe diftìc i le post ici pare t ro ppo la data . Oppu re abbia· mo a che fare con un 'ope ra anonima, tipo la Le t tera a Diog11eto e ahri s c r it t i del l'epoca ? S i oppongono due t e­ si : l ) gl i u n i (J. Dupo n t , J. Jcre m ias, F. F. Bru ce ) iden­ tificano l 'auto re con Luca in base a questo ragionamento : le « sezion i-noi >) , cioè i passi in cui l 'autore parla in pri­ ma persona plurale (At 16, 10- 1 7 ; 20, 5 - 2 1 , 8 e 27 , 1 - 28 , 1 6 e , nella trad izione occidentale, anche 1 1 , 28), proven­ gono da qualcuno che pa r t ec ipò ai viaggi di Paolo. O ra la l i ngu a di questi passi è la s t essa del res to dell'opera, come l 'h a nno provato Harnack e J. C. Hawkins. L'insie­ me del testo è q ui n di opera d i un compagno di Paolo e Lu ca è di fatto q ue l lo che ha più a rgo menti a favore ( Col 4, 1 4 ; Fil m 24 ). 2 ) s ec on do altri ( J . Wellh au se n , A. Loi sy, M. Goguel , W. G. Kiimmel , H . Conzel man n , Ph. Viel hauer) c'è una cosa ev idente che si impone : la ra­ dicale diJlerenza fra la presentazione di Paolo che ne fan no g l i Atti c q uel l a che emerge dal l e sue lettere au­ tentiche. Ritorne remo su questo argomento evitando i g i udizi più es tremisti. Comunque sia, la venerazione di cui gli apos tol i sono oggetto e l'elaborata teologi a degl i Att i ri fl ett ono una s i t ua zi on e eccles iale vi c in a aiJa fine del T secolo. Quanto a l le « sezion i-noi » su l l e qual i fanno leva quanti sos tengono l ' auten t ic i tà lucana , po trebb e t rat­ t a rsi sempli cemente di un a r t i fic io le tterario del tedat­ torc anon i mo per con feri re n1aggior forza al racconto (così M. Dibelius ).

Tesi Prendendo pOSI Zione , tcrren1o con to degl i cl cnten ti se­ guenti : 1 ) .è innegabi le l'esistenza di un o scarto sens ib i le t ra Paolo e l 'au tore degli Att i , anche se b is og n a rispe ttare le prospettive proprie a cia s c u no . Anche da questo punto di vista appare p i u tt os t o d i ffici le u n a da ta t roppo vi c i na al 70. 2 ) Non si può tuttavia andare ol tre l a fi ne del se­ colo, poiché l 'au tore no n conosce il « corpus ,, del le let· tere paol ine. 3) L'atmosfera generalmente pacata del li­ bro suggerisce di col l ocarlo pri ma de l l a gra n de perse­ cuzione di Domi zia no nel 95 . 4 ) Nel q ua d ro della tt'olo­ gia degl i A t t i , che i n s i ste fortcmen tt: s u l lcrna dcll 'uni Lia c con t i nu i tà stori ca de l l a s.a lvezza ( ved i sopra ), le « se259

zioni-noi )) svolgono un ruolo i1nportantc. Se ci pon iaano

al J ivelJo dei destinatari d eg l i A t t i , esse sign ificano

il

legame conc reto fra la co m u n i tà desti nata ria e la testi­

Jn onianza di Paolo e, a t t raverso a l u i , la predicazione apostolica . In fondo, che ques to legame di uni tà sia as­ sicurato da Luca, come d ice la t radizione antica, o da qualche discepolo del suo a mbien te , non ha granché im­ portanza . Tut tavia appa ri rebbe pcrlomeno strana una distanza eccessiva fra i des tinatari del l ibro e i tes t i m o­ ni dell 'attività paolina . Per cui , ci sembra molto verosi­ mile una data fra l '80 e il 95. Se proprio si t iene a desi­ gnare diret tamente Luca come au tore del l 'at tuale testo - un 'ipotesi del resto più che rispettabile - toccherà scegliere una data di poco pos teriore al l'SO. N ell'ipotes i

di uno svil uppo della red azione i n un amb iente l ucano, la

rifinitu ra u l t ima del l ibro potrebbe essere posticipata un po' di pi ù verso la fine del secolo. Il lu ogo della redazio­

ne del libro è ignoto. � A n tiochia, l'Asia Minore, la G re­ cia, Roma ( sulla base di A t 28, 30 )? Su q uesto pun to non

è possibile rispondere.

Ili Fonti e tradizioni .. Oggi d obbiamo cost a tare u n a certa d i sa ffez ione r:i s pe t to

a

un 'e sege s i

purarnen te

d i acron ica .

Non

si

acce t t a

piil

una crit ica del l e fon ti che p ra t i chi a l l ' i n fì n i t u una fra m­ tnc n tazi o n c dei te s t i n e l l ' i n ge n ua con v i n z i o n e d i risol­ ,·crc così i prob l c n1 i d i s t o ri c i tà . Il testo, co1nc si suoi d i re , dev 'esse re let to così com'è. Questa reazione senz'a l ­ t ro leg i t tima non dovrebbe però sposarsi a u n a sorta d i sd egno p e r l a ricerca storico-Jet teraria, n e l l a scoperta del l a genesi letteraria d i uno scri t to. U n t esto è sempre la trasformazione di nuntcrosc t rasformazi oni precedenti. Disti ngu i a mo la genesi i n terna del l ibro ( la suà forma­

zio n e ) dagl i apporti es t e r n i ( ronti e t radizioni

integra t e

dall 'autore nel l a s u a red azione ).

4 Cfr. J. Dt:Pt>NT. us sourct's du livrl! de .. 4cte.ç , Bru�es 1 960 . .

.260

.

Ltl

fornul�iol le del libro

� e l l a t ra n 1 a d e g l i A t t i t rovhuno ta l vo l ta del le i n con gruen­ Vi so no b ra n i che ven gono a i n terron1 pcrc una nar­ raz i on e con t i nuata, come il mart irio di Stefano ( At 6, 8- 1 5 e 7 , 55-60 ) i n terrotto d a l l u n go disc o r s o. Qu e s t e etz­ claves sono assai n u m erose nel l ib ro : l 'evangelizzazione de l la Sa maria fra A t 8, l a e 9, 1 s. su Pao lo persecu tore : la p e rsec u zione e la morte di Erode fra At I 1, 27-30 e l 2 , 24-25 ; la l i berazi one m i racolosa di Paolo i n 1 6, 25-34 ; la sommossa d i E feso, fra At 1 9 , 20 e 20, 2 ; la risurrez i o­ ne di Eutico (20, 7- 1 2 ) che i n te rr o m pe il raccon to della assem blea a Troad e. Ci tiamo ancora la gu ari gi o n e di un i n fe rmo a Lis tra ( 1 4 , 8- 1 8 ), ri levando la d op pi a menzione di Derbe in 1 4, 6 e 20b. Ol t re queste enclave l'autore ( o u n reda t tore posteriore ) sembra a ve r ri m a nc ggia t o c c om p l e t a t o il t e s t o per rinforzare i nes s i e l 'unità de l l 'i n ­ si e me. Co l p i sce in part i cola re il caso di sovraccarico di clementi ne i tre sommari (A t 2, 43 .44-45 ; 4, 33 c 5, 1 2b. 1 4 ) 5• Così i l l e ga me fra 4 , 32 e 4, 44 s i i n1 pone all 'e\·idenza, fa­ ce n do a p p ar i re 4, 33 come u na glossa che prepara di re t­ tamente il te ma del te rzo som mario su lla potenza t a u m a t u rg ica degl i a po s t o l i Al tro es em p io d i q ues te pro· ba b i l i addizioni : At 1 6, 32-33, secondo M. Dibel ius; o an­ cora , se c o n d o E . H ae n ch e n , At. · 1 8 1 9a , seg u i to i n ori­ gi n e dal v. 21 c: Pa o l o s i separa dai c o m p agn i per rc­ t:arsi ad E feso via 1narc c non alla sinagoga , come fa­ rebbe c re d e re l 'aggi u n t a d c i vv. 1 9b-2 1 b. I n b reve, il t e­ s t o deg l i A t t i non s e m b ra p roven ire da u n a s o la mano. V i s o n o dci ri tocc h i , ma chi l i ha o p e r a t i ? Tu t to è l uc an o neg l i A t t i , ivi com p r e s e le g l osse. Ci si pu ò qu i n di a t ten ere al giudizio di P. Benoi t : « ( Luca ) ha proced uto per tappe, come per i l suo va n g e l o c ha com ­ pos to dei b ran i che successivamente ha c o m b i na t o con i n se rzioni e sut ur e ... »: o a n c ora : cc I b ra n i che Le con­ ca t e n a non son o tanto dei d oc u m en t i ri cevu t i t a l i e qu a­ l i , q uan to dell e opera z i oni redazionali d i sua 111a no, pri­ ma stabi lite se parata m e n t e nel corso d e l l a sua r ic e rca � i n s eg u i t o co n g i un te e c on ca t enat e per mezzo d i tagl i Zl' .

­

.

,

,

P. BE,..; o n, « Rcm�trqucs sur Ics sommai res dcs Ac tcs ,, , Exégè::;e c!l Théologie, t . 2, 1 960, pp. 181·19 1 . A.. 'RAsco. '' Dc Su mmarii s vi tae '"" h rist ianac , , in .4ctus A pos tolorw ul, Romé.t 1968. pp. 27 1 -330. t;

26 1

e ricuciture , per con1porre un tutto unico » 6• Costatiamo nuovamente che Luca è l 'uomo dell'unità c del l 'armo­ nizzazione e lo dirnos tra fin nel la sua maniera di giu­ stapporre e collegare i materiali . Non si deve tuttavia eliminare troppo in fretta una se­ conda i potesi, dai contorn i più ampi e senza du bbio più sfumati : l 'opera originaria d i Luca avrebbe sub ito alcu­ ne trasformazioni in seno allo stesso ambi en te l ucano . � d ifficile immaginare, per esempio, che sia stato l'au­ tore s tesso a interrompere la successione fra 4 . 32 e 4, 34 :tel secondo sommario. Del resto, p uò essere che il tes to, riletto e adattato nell 'atnbiente lucano, abbia con­ servato per un certo tempo dei margini di fluidità , co1ne attesterebbe il testo occi den tale, prima di arrivare alla redazione linale ( o alle redazioni finali ) che noi cono­ sc iamo. Le

fonti

L'autore degli Atti ha util izzato del le font i ? Con alcuni ritocch i, ha integrato nel suo testo in teri documen t i , scritti o orali ? Non solo not izie o tradizioni sparse e piil o meno informi , ma degli aggregati già formati c perve­ nuti a una certa fissità letteraria, tipo il vangelo di Marco che proprio Luca ha utilizzato ? La risposta a questi in­ terrogativi non può at tualmen te essere di sgiun ta da ri­ serve, per l'i mpossibil ità in cui si è di provare l 'esi sten­ za delle fon ti in questione. Negli Atti tutto è pe rfetta­ mente lucano. I c riteri stil istic i non consen tono di distin­ guere delle fon ti . Sicuramente esis te una certa differenza di tono fra Ja pri ma pa rte degl i Atti, da l l 'andamen to più semitico, e la seconda , molto più greca ; ma Luca sa va­ riare straordinariamen te il suo stile e adot tare una scri t­ tura « arcaicizzante » consona alla natura del raccon to. Non si accetta più oggi la tesi di Loisy, secondo n qual� l'opera originaria di Luca sarebbe stata interan1en te sfi­ gurata dal redattore degli At t i , e nem meno quella di l{a r­ nack, che suppone più fonti dis tinte per l a prima parte : una fonte antiochena e una doppia fonte di origi ne pa6 P . BENOIT, cc La deuxième blica 40 ( 1959) , p . 780 e 790. 262

visite de

saint Paul à. Jérusalcm

•,

Bi­

lcs t i nesc. Scn1 prc per quan to concerne questa parte , i lavori pii• recen t i di L. Cerfaux ( 1 936-1 939 ) c di E . Trocmé non sem brano aver avu to grande eco. Certo.. s i tratta d i un laYoro difficile e l 'at tuale reazione contro ] a cri tica d e l l e fon t i è forse esagerata. Forse sarebbe itn possibile del imi tare de1 1e fonti scri t te attraverso un sapien te sezi onamen to del testo. Ma non si pot rebbe almeno porre in luce de lle concatenazioni di docume n t i ? Con tro E. Haenchcn, non si può respingere a priori q uest'ipotesi , col pretesto che simili raggruppa­ nlenti documen tari sarebbero i mpen sabili nel contesto ecclesiale di un'a ttesa imminente de11a parusia. Anzi, il sen t imento d eli 'imminenza della fine poteva bene provo­ care i l richiamo ai moment i esemplari o fondanti della comun i tà, onde assicurare la . persev�ranza nell'ora deci­ siva . L'at tesa del la fine richiama il ricordo degli inizi. Ci l im i tian1o a citare due ipotesi che meritano attenzione.

UNA FONTE .-\ NTIOCHENA. S u l le orme di H arnack e J. Je­ remias , R. Bult1nann amm etteva, nel 1 959, l 'esis tenza di una fon te antiochena comprendente At 6, 1 8, 4; 1 1 , 1 9-30 c 12, 25, segu ito forse dal raccon to del viaggio. P. Benoi t aggiunge rebbe 1 5 , 3-3 3 dopo l t , 30: in tal caso i l viaggio a Gerusalen1me menzionato in ques t 'ul timo verset to sa­ rebbe lo st esso di cui si parla in 1 5, 3s., il che pc rnlct te­ rebbe di eliminare una celebre difficoltà dal la cronologia degli A t t i 7• Tuttavia l 'ipotesi è ben ]u ngi daJ l 'imporsi : nel tesoro documentario d i An tiochia, dove Luca h a pro­ babi lmente attinto, nulla consente di postu lare l 'esi stenza d i catene di documenti scritti e già stru t t u rati organi­ camen te. Nondimeno resta la possibi li tà che la succes­ sione di A t 6, l 8, 4 ; 8 , 5-40 e I l , 1 9·30 rifletta ne l la sua continuità una trad izione orale provenien te da Antioch ia. -

-

Il D I A R I O DI VIAGG IO E LE « SEZIONI-NOI ». Maggiore atten­ zione merita questa secon da ipotesi. Essa è piut tosto com­ plessa c tuttora d iscussa. Distinguiamo le quest ioni che seguono :

1 ) Esisteva , prima deJ la scrittura degli Att i , un it inerario o uno schema delle tappe dei viaggi di Paol o? Secondo -: Cfr. sotto p . 272. 263

M. Dibelius questo racconto di viaggio con1 prcndc\·a es­ senzial mente At 1 3 , 4 1 4, 28 c 1 5 , 36 2 1 , 1 6 . Oppure, se­ condo E. Trocmé, Paolo avrebbe utilizzato un « diario )' · un promemoria di fa tti tenu to aggiornato dai suoi con1 pa · gni di viaggio. Queste ipotesi sono interessan t i , 111a è dill i­ · cile forn ire delle prove. Ancora una vo l ta, tut to è lucano negli A t t i , ivi compreso l 'in teresse dell 'autore per i rac­ con ti di viaggio , cfr. Le 9, 5 1 1 9, 28. Nello s tesso tempo . va notata la grande differenza che c 'è fra il racconto d i viaggio negli Atti c le indicazio n i schema tiche e talvol ta contradditorie del racconto di viaggio nel vangelo. � dif­ ficile im maginare cosa avrebbe potu to fare l 'au tore degl i A t ti senza una buona documen tazione o delle proprit' note di viaggio. ·

·

·

2 ) Le « sezioni-noi » , lette nel diario di \'iaggio ( A t 1 6 . 1 0- 1 7; 20, 5 2 1 , 1 8 c 27, t 28 6), non implicano forse • la esis tenza di una fonte , come già su pponeva E. Zeller nel 1 854, e ancora recentemente W. G . Klim mel 8 ? Ques t'ipo­ tesi potrebbe essere suffragat a dall ' introduzione · e dal l a finale d i questi pass i , c h e sono spesso assai brusche. nonché dalla loro dispersione nel libro. Dobb iamo q u i distinguere due punti . A livello sincronico, occorre sot · tolineare l a funzione d i ques to « noi )) ' come già abbiatno det to : esso segn a la v iven te con ti n u i tà fra l 'aut ore e i destinatari , da un lato , c l 'a t t i v i tà paol ina dal l 'altro. Tu t ­ tavia, a li vello diacron ico, possian1o consi derare queste sezioni come indizio di una documentazio ne an teriore . B i sogna tu t tav ia a rn rnc t tcrc che è rnolto ù i flìc i l t' sepa rare ques te sezi oni par ticolari dal l'insieme del J 'i tinerario der quale sono parte. S i è all o ra di nuovo rin viati al l ' ipo· tes i del diari o di viaggio, con tu t te le perplessità chC' rimangono. Prudenza \' Uole, q u indi, che i l prob lema sia lasciato aperto. · •



,

Le t radizion ; Anche se si dovesse negare l 'es istenza dell� fon ti di cu i abbiamo fin qui pa rlato, ciò non dovrebbe ugual mente pregiudicare 1a docu mentazione dell'autore. Conte è detto R

\V. G . KO\t :UFL. Eirrleitung in do .,· Neut' Tcstamf!n r r .

1973, pp . 1 4 1 - 1 53 .

264

Hci del herg

in Le l , 3, Luca si è accura tamen te in formato nel le chiese da lu i visita t e o da cristiani di passaggio. Già a l l 'epoca di Paolo si c i rcolava rnol to ne l le chiese ; l 'autore degli Atti so tt olinea appunto i legami c le c.:o1n un icaz io n i fra le co­ m u n i tà ( At 1 4 , 2 7 ; 1 5 , 3-4 ). �1 a è poss i b i le trovare nel te­ s to a t tuale degl i i ndizi di questa form azione soggiacente ? Il crit ico fa in terve n i re i l cri terio del la di ssi mi lari tà : rileva con gran cura le incoerenze della redazione, gli e lemen ti letterari in d isaccordo con l a sc rit tura abi tuale di Luca, i dat i cu rios i, i nu t i l i e quel li che non rien trano nel quadro del pensiero lucano. Di fatto ogni pericope pone un problema particolare, sopra ttutto i racconti ad andamento arcaicizzan te che leggiamo nel la pri ma parte degli A t t i . Anche nei racconti d i viaggi si può sondare la n a tura del la documen tazione, rilevando eventualmente i difetti d i espressione o i vuoti di informazione. Per esem­ pio, Luca è sol i to presentare i suoi personaggi a l l'i nizio dei racconti; ora , i n 1 7 , 5 , Giasone sopravviene nella sto­ ria in maniera quanto meno inattesa : si ha come l 'im­ p ressione che Luca non abbia ben padroneggiato la do­ cumen tazione di base. Un al tro caso : Luca segnala del le ci t tà o delle tappe di viaggi del tutto superflue nella trama narrativa (cfr. Al 1 4, 25; 1 7, l ; 20, 1 3- 1 5 ). Non riempie g l i spazi con raccon ti d i p ropria invenzione. Qua n do non ha niente da d i re, passa oltre. Ci sono però alcuni casi i n cui viene da chi edersi se non gl i s ia parso preferì­ bile tacere , per esem pio sulla faccenda di A n t iochia ( c fr. Gal 2, 1 - 1 4 ) o sul la crisi di Corin to, piuttosto che i nde­ bol i re il suo pensit�ro di fondo sul l 'unità della ch iesa. Ci si può anche chiedere se abbia suflìcien temcnte vagliato la sua documen tazione, quando lascia passare del l e t ra­ d izioni popolari di inegua le va lore ( A t l , 1 8 ;. 1 6, 25-34 ; 1 9 , 1 4- 1 6 ; 20, 7- 1 2 ). La collet ta di Paolo a favore dci santi d i Gerusalemme non sembra essere stata ben com presa da Luca : in At 24, 1 7 tutto è rido tto a n u l l a p i ù di una elen1osina a favore del popolo d'I sraele. Tuttavia l 'estre­ ma varietà dci raccon ti Iucani non si può spiegare senza supporre un brulicare di t radizioni le più disparate, rag­ gruppate da Luca con m i nore o maggiore abi lità e forse anche frettolosamen te. Dire che Luca si appoggia su delle trad izioni non irn p l ica i n fat t i espri mere un giudizio di valore sulla storicità del le tradizioni in questione.

265

capito l o te rzo

il valore storico deg l i atti

La concezione lucana del la storia

Luca ha scri tto una storia religiosa sulla base di tradi· zioni raccolte nel le comuni tà e integrate in un t utto unico in funzione dei bisogn i dei desti natari. Negli Atti il suo stile di scri t tura ricopre tutto il testo; e tuttavia si può co P tinuamente costatare quanto l 'evento riportato dal la tradizione orale influ isca sulla fat tura di questo testo. Da un lato gli Atti cos t i tuiscono un docu mento storico capitale sullo s tato del pensiero cris tiano al1a fine del I secolo; dall'altro lato, l 'autore lascia sempre risuonare nel suo testo l 'eco degli eventi passati. Volendo cert ificare l'unità radicale esisten te fra le chiese del suo tempo e la corn u n i tà del le ori gini, Luca non poteva non vagl iare e scegliere, trat tare e valorizzare gli elementi ricevu ti dal­ la tradizione. Non poteva, all 'in terno di una d inamica di pen siero di tipo piut tosto « trad izionalista >) , inventare di sana pian ta queste tradizioni , col rischio di far crollare la sua tesi agli occhi propri e dei con temporanei o anche del le autori tà ecclesiastiche che conoscevano , perlomeno per sen t i to dire, i fatti di un tempo. Come già aveva fatto nel vangelo rispetto a Marco, Luca manifesta a un tempo una grande fedeltà e un'estrema libertà nel presentare i fatti. I racconti e ·i discorsi-minia­ ture degli Atti non possono considerarsi come fotografie di fat ti o :riproduzioni esatte di prediche effet tivamente pronunciate. Di conseguenza, vo lendo legge re o spi egare i l libro , n o n ci s i deve m a i s i t uare al l i ve llo dell 'evento ri­ ferito per poi argomen tare sul testo. Ad esempio, in una 266

delle tradizion i popolari su Giuda che Luca ha recuperato ( A t 1 , 1 8 ), non si può spiegare la morte del t radi tore « p re­ cipitato in avanti )) d icendo magari che prima era sa lito sul tetto della « di mora » di cu i parla l , 20 c i tando Sal 69, 26 ( così Haenchen ! ). Ogni vol ta che il commen tatore abban dona il testo per ricostruire l 'avven i mento a modo proprio, egl i crea di fatto un nuovo tes to e una storia diversa. Ugualmente, quando un commenta tore nega Ja s toricità di un racconto i n funzione d i una concez ione storicistica della s toria, va ancora. una volta fuori strada. t:: ancora Haenchen, ad esempio, che elimina At l , 1 9 sulla base della sua concezione del cosiddetto « fat to bruto », perché · Pietro non poteva pronunciare le parole « nella loro li ngua )) . Poi toglie anche l, 18 che parla d i Giuda, per­ ché gl i apos toli erano già al corrente d i tutta la faccenda; ne deriva che l'argomentazione d i At l , 20 non può più essere auten tica, e allora bisogna cancel lare anche l, 1 6 ecc. I n somma, togli questo togli quello , tut t a la pericope di Mat t ia crolla. Negazioni del gene re, frequ e nti in com­ menta tori che si proclamano « an tistoricist i », in rea l tà non fan no che confermare nel lettore l'illusione stori­ cista. Togli un elemento del racconto e tutto crol la : even­ tualmen te questo di mos tra soltan to che i racconti di Le sono straord inariamen te coeren ti. In conclusione: il commentatore degl i Atti, nella prima parte del l ibro e soprattutto nei discorsi, non può col lo­ carsi che al livel lo del testo per trarne una com p rensione. Ciò non gl i impedis.ce d i rilevare qualche volta gli indizi di s toricità che nel testo mos t rano l'eco più o meno lon­ tana d i un even to del passa to. Allo stato at tuale della documen tazione, l'esegeta non è. in grado d i risalire al­ l'« evento » per descriverlo daccapo. Può sol tan to veri fi ­ care l a forza d'impatto di ques to o quel ricordo nelle tra­ dizioni che Luca ha racco lto.

Il Il ciclo di Pietro e la storia

Non è possibile qui veri ficare il valore storico di ogni episodio della prima parte del libro degli Atti. Ogni caso dev'essere considerato con attenzione, ivi compresi gl i 267

elementi « puramente redazionali » che, aJ loro l ivello, possono avere un reale in teresse storico. Lo storico d eve procede re per convergenza di indizi, usando con gi udizio i c ri teri di at testazione mult i pla di coerenza c di dissimi­ lari tà. Ci l i m i teremo perc iò a poche osservazioni . ,

LA

STORJC ITÀ DEI DI SCORSI. I discorsi d egl i Atti non sono riassunti o schemi di discorsi più am pi, ma piccole uni tà ben costruite e i n teramen te com piute, anche se talvolta si interrompono nel momen to cul m inan te, secondo la tecnica letteraria di Luca (At 7, 53; 1 0, 43 ; 26, 23 ). Senza dubbio tocca essere prudenti pri ma di attribuire alla tra­ dizione primit iva le formule lucane e, a fortiori , lo schema generale dei discors i . U. Wilckens ha, su questo punto, reagito felicemente contro M . Dibcl ius c C. H. Dodd1 • Con questo non si può negare l 'esis tenza d i motivi let terari t radizional i, paragonabili talvol ta agli elemen ti pre-paolini di l Co 1 5 , 3-5 . Luca utilizza an tiche formule cristologiche che certamente non erano più in uso al suo tempo. Se­ con do J. Dupont, si può ancorà cogliere nei discorsi di Pie t ro u n ce rto ri flesso del la p red i cazion c apostolica . In Le si costata anche una qualche preoccupazione di ri­ p ren dere cert i elc1 ncnt i-ch iavc del pensiero paol ino, pur non rien t rando dl'l tutto nella sua prospe ttiva teologica : ad csetn p i o i l d i scorso del la giustificazione c quel lo della morte sa1vi f ìca d i Gesù in At 1 3, 38-39 e 20, 28, cioè due tern i che res t a n o velati n el resto del la present azione lu­ cana. Allo stesso modo il d iscorso di Stefano ( A t 7 ), sern­ pre di s t i le p re t l a ntcn tc lucano, con t ro la legge e i sa­ cri f ì c i del tempio, d rena una quan t ità di materiali etero­ genei che vanno con tro il pe nsiero abituale di Luca 2• Il rispe t to di Luca per le sue fon ti può arrivare perfi no a passar sopra le idee che più gli sono care. 1 RACCONTI. I racconti del c iclo di Pietro hanno un'im­ pron ta tutta speciale che li d is tingue nettamente dal la narrazione dei v iaggi paolini. I generi Jet terari sono p iut tosto diflerent i . Soprat tutto dopo At 1 5, 36, Luca presenta

­

l

Si veda sop ra p . 232. M. S l M ON , St Stcphcn

and tlrc Hellcnists itt the Primitive Church, L.ondon 1 958 : M. H. ScHARLEMANN, St ephen: A Singular Saint, Roma

l

1968.

un racconto di viaggio ricco di notazion i curiose e tal­ vol ta inutili (e questo è un indizio di s toricità ); la narra­ zione forma un insieme abbastanza coerente. Nella prima parte del libro, invece, troviamo una sorta di mosaico di racconti e discorsi, una serie di elementi eterogenei dal linguaggio soven te particolare, senza grande connessione fra loro. Almeno per p iù d'uno di questi racconti si ha la impressione di rappresentazioni archetipe con le quali Lu­ ca non cerca tanto di riferire la storia quanto di svelare, sulla base di elementi scelti e significativi, le font i della salvezza nel pensiero e nella pratica della comunità delle origini. Sul piano storico non si può dunque collocare al medesimo livel 1o la prima e la seconda parte del libro de­ gli Atti. Nella seconda, organizzata in una successione coeren te, Luca riferisce per delle comunità cristiane el­ leniste l 'in izio del la loro storia al seguito di Paolo. Nella prima, invece, Luca ricorda in qualche modo la « prato­ storia » della comunità lucana, . attraverso una serie d i quadri vivi e d esemplari ; i n parte si tratta d i riflessioni teologiche espresse con linguaggio plastico o grafico e proiettate in ill.o tentpore , nel tempo delle origini. Citiamo per esempio il racconto della pen tecoste sulla nascita del­ la chi esa 3 , ·i « som n1ari » sulla vi ta esemplare della co­ munità ; la storia del pri mo peccato e l'esclusione mortale di Anania e Saffira ; l'origine dei ministeri ( At 6, l-7 ) e l'origi ne della missione (Antiochia e Cornel io). Questi di­ versi raccont i , spes s o vicini alie t radizioni giuda iche e giu deo-cristiane, conservano un immenso interesse sul piano teologico c s torico, purché si valorizzi nella ma­ niera giusta il li nguaggio che è loro proprio. LA

CRONOLOG IA. Bisogna evitare di prendere troppo alla let­ tera la cronologia di facciata che si trova negli Atti. Luca riprende il pensiero di Mc 7, 27 e di Paolo in Rm l, 1 6 e 2 , 9 : il vangelo è annunciato prima ai giudei e poi ai pagani; distribuisce quindi gli avvenimenti in una suc­ cessione apparente, se è vero che la m issione di Israele rimane la preoccu pazione di Paolo anche molto tem po do­ po la sua partenza per la missione fra i gentili. S tando a 3 Cfr. J. DllPONT, I:. tudes sur le livre des Actes, pp. 85-87 e 481 -502 ; R. LE D�AVT, 'Pentecòte et tradition juive •, in Assemblées du Sei­ gneur, 51 ( 1962) , pp. 22-38. «

269

Gal 2, 9 e 1 Co 9, 1 9-23, le due missioni s i d i vi sero di fa t to l 'att ività dell 'apostolo. D 'a l t ra parte, quando Luca ab­ borda un argomento, ama completarlo e cos t i t u ire degl i aggregati ben ordina t i ( c fr. la storia di G i ova nni Ba t t i­ s t a i n Le 3, 1 -20 ). Così avviene negli A t ti per i l ciclo d i Pietro . L'en trata di Cornelio nella chiesa ( A t l O, l 1 1 , 18) è d a lui s ituata quasi all a fine d i questo ciclo, come gesto simbol ico che rich iama la fondazione de lla chiesa di An­ tiochia e prepara l 'azione di Paolo. Sul piano storico, tuttavia, l 'episod io di Cornelio può essere avvenuto pa­ recchio più tardi . Ancora, se Luca in At 1 2 , 1 7 parla - co­ m'è probabile - dell a morte di Pietro , questo non si­ gni fica che gli avvenimenti situa ti dopo questo versetto siano necessariamente nel loro ord ine cronologico reale dopo la mo rte dell 'apostol o ( s i veda poi At 1 5 , 3s. ). Oc­ correrà qu indi evitare ogni cons iderazione azzarda ta che si appoggi un icarnente sull 'ordine delle sequenze narrati­ ve. Il celebre problema dei tre viaggi d i Paolo a Gerusa­ lem me, da sempre dibat tuto fra gli eseget i , ne è un buon esempio e vi ritorneremo sopra. -

Ili Paolo e gli atti

Fra la figura di Paolo presen tata dagl i Atti e quel la che en1erge dalle lettere del l'apos tolo esiste una reale di ffe­ re nza. Su questo p u n to gli Atti non avrebbero va lore storico : questa la con cl usione di parecchi stud ios i , con1c ad esempio Ph. Viel hauer 4 e E. Haenchen , che innanzi tu tto fan no leva su questa differenza per negare che gl i A t t i s i ano s tati scritti da un com pagno di Paolo. Ta lvol t a gli a rgomenti sono portat i fi no all 'es tremo, nel quad ro d i un angusto paolin ismo che sp inge a so t t ol i n ea re la « grave deficienza >> di Luca (così G. Bornkamn1 ). Non di rado si arriva a non prendere ne mmeno in consi derazione il tagl io a volte sogget t ivo d e l l a presen tazione dei fatti nelle lettere d i Paolo ; o ancora si respinge a priori l 'idea d i una qualsiasi evol uzione nel pens iero del l 'apos tolo. Inol« Zum Pa u l i n ismus der Apos tclgeschichtc E vu11 gclisclw Tlteologie , 1 950- 1 95 1 , pp. l- 1 5 ; t ra d . a cura di E . Kr:cK. St udies in I.ukc-Acts, pp. 33-50.

4 Pu. V IELHAUER,

270

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tre, classificando gli elementi di Luca o di Paolo per poi raggrupparli e ricavare la prospettiva particolare di cia­ scun autore, il teologo biblico corre il rischio di oppor­ re artificialmente uomini o modi di pensare in nome di una logica alquanto arbitraria e di una t e ologia troppo chiusa. Resta nondimeno l importanza di uno studio com­ para tivo degli A t t i e delle lettere di Pao lo, perché rivela, come un disegno in incavo, le articolazioni del pensiero di Luca. Da un lato gli A t t i conservano un valore incompa­ rab i le per i llustrare l 'ambiente geografico ed etnico nel quale si sono svol te le missioni di Paolo. Dall'a lt ro lato, la differenza fra gl i Att i e Paolo può dare la misu ra dell'evo­ luzione del pensiero in un lasso di tempo in definitiva ab­ bas tanza breve, dandoci anche una certa idea del plurali­ smo ecc lesiale. Alcune divergenze riguardano la presen­ tazione dei fatti e del le persone; altre il pensiero teologico. Ecco le principali : '

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l ) Con la maggioranza degli esegeti pare ragionevole i denti ficare il secon do soggiorno di Paolo a Gerusalemme di cui parla Gal 2, 1 - 1 0 ( cfr. 1 , 1 8 ) con quello di At 1 5 , 4-29, malgrado una sensibile differenza dei punti d i vista. Ora , neg l i Atti (9, 26-30; 1 1 , 30 e 1 2, 25 ; 15, 4) si tratta del terzo soggiorno di Paolo a Gerusalemme e non del secondo. Fino a che pun to si può far leva su l la cronolo­ gia del la prima parte degl i Atti ? I l probl e m a rimane aper­ to 5• Si può dire, del resto, che A t l 5 non fa che accumu­ lare le di fficoltà. Dove si tuare il con fl i tto di Ant ioch ia di cui parlano Gal 2, 1 1 - 1 4 e forse A t 1 5 , 1 -3 ? Prima o dopo l 'assem bl ea di Gerusalem me ? Non bisogna, inoltre, d isso­ ciare l 'accordo real izzato a Ge ru salem m e dalle decisioni ri tua li riportate nell a let tera di At 1 5 , 29-30? Nel passo di l Co 10 riguardante gli idolotiti, Paolo ignora ques te decisioni che toccavano, fra l 'al tro, anche il divieto di mangiare la carne dei sacri fici pagan i. Semb ra inol t re, se s t iamo ad A t 2 1 , 25 , che Giacomo gliele facc ia cono­ scere solo durante l 'ul t i mo soggiorno a Gerusalemme 6• A � Cfr. J. Dll roNT, Et udes sur le livre des Acte.ç , pp. 1 67-171 e 185·24 1 . Secon do l 'uccordo di Gerusalemme i pagani convert i ti non de­ \·ono p i ù so t t omet tersi alla ci rconci sione ( cfr. Gal 2, 6) . Luca a g­ gi u n ge p roba b i l mt!n tc a questo proposi to una t radizione consudu­ di naria derivata dal giudaismo ( Lv 17-18) che riguarda le regole a l i m e ntari in certe com u ni t à miste in cui si incontrano fedeli di



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-> (A t l , 25 ) ci si dovrà pure chiedere come mai Luca non parla più dei dodici dopo At 6, 2, cioè nel momento stesso i n cui i dodici cambiano funzione con l 'istituzione dei sette. I n fine, il senso di At l, 2 1 -22 varia a seconda che lo si considera in base al contesto immediato o no. � proprio vero che qui Luca ci dà una definiz ione atemporale di �postolato? Stando al contesto, perché vi sia con t i n uità fra il gruppo di Gesù e la chiesa della pentecos te occor­ reva colmare il vuoto lasciato da Giuda e quindi che Gesù po tesse, come prima, aggiungere al gruppo dei discepoli uno che fosse come quelli di prima. Bisogna quin d i an­ darci piano prima di opporre sconsideratamente Luca a Paolo. Dire che Luca sottomette il carismatico Paolo al­ l 'i s tituzione ecclesiastica vuoi dire proprio leggere gli Atti « a rovescio », proiet tando nel tes to dei problemi che sono di oggi. L'autore in tende solo mostrare come Paolo assi curi i l legam e uni tario fra il gruppo fon damen tale degl i apostoli (At 13, 3 1 -32 ) e il tempo a t tuale della chiesa lucana . ,

5 ) Contrariamente a Paolo, Luca non sot tol inea il valore salvifico della morte di Gesù 9• Su questo punto la di­ stanza teologica è considerevole. Va a tutto meri to di Luca il fat to che questo tema sia con servato in bocca a Paolo in A t 20, 2 8 . Luca ha saputo i nol tre integrare per­ fet tamente la teologia paol ina della risurrezione. I ndiriz­ zandosi a dei greci scandalizzati da quest 'idea i n vece che a dei giudei scandalizzati dalla croce del messia ( l Co 9 A. GEORGE, pp . 22-38.



Le sens de la mort de Jésus pour Luc

•,

RB 80 ( 1973) ,

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l , 23 ), Luca doveva porre l 'accento soprattu t to su una teologia della salvezza fondata sull'evento del la risurre­ zione ( cfr. At 1 3 , 30.35-36; 1 7 , 1 8 .3 1 -32; 23, 6; 24, 1 5 .2 1 ; 26, 23 ). � proprio necessario muovergli il r improvero di avere ada t tato i l suo linguaggio alla men tal i tà el lenista-cri stia­ n a ? Indubbiamente l 'autore degli Atti non ha lo s tesso genio teologico di Paolo ; ma com e negare la presenza . del soffio dello Spirito nella sua ope ra, che si pone al seguito di Paolo e sulla linea da lui tracc iata, anche se su un al tro registro?

276

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* Le ope re molto tecniche sono contrassegnate da un asterisco. 277

Il. Serle di commenti Le serie sono presen tate cronologicamente, secondo le date di stampa del primo volume. Per le serie non ancora terminate o che cantbiano si conclude con ... � indicato solo il nome del di­ rettore iniziale della collana. Parecchie collane meno tecniche so­ no state omesse. * Krit isch-exegetischer Kommentar uber das N.T. (A. W. Meyer) , G o tt ingen 1842 ... ( MKNT) . Cursus Scri ptu rae Sacrae ( R. Cornely) , Paris 1 890 ( = CSS) . * The lnternational Criticai Commentary ( S . R. Driver) , Edimburg 1895 .. ( = ICC) . • Kom mentar zum N.T. (T. Zahn) , Leipzig-Erlangen 1903 ( KNT) . * Handbuch zum N. T. ( H . Uetzmann) , Tiibingen 1906 . . ( = HNT) . • E tudes bibliques (MJ. Lagrange) , !Paris 1907 ... ( EB) . Die lteilige Schrif t des N . T.s ( F. Tillmann) , Bonn 1913-1919 ( = HSNT) . * Kommentar z.um N.T. aus Talmud und Midrasch (H. L. Strack ­ P. Billerbeck) , 6 vol. Miinchen 1922-1961 . Verbum Salutis, 16 vol., Paris 1 924 . . ( VS) , tr. it. Studium , Roma. The Mo(fatt N.T. Commentary, London 1928 . ( MFF) . Bible du Centcnaire: Le N. T., Paris 1928. * Theologischer Handkomme�ztar zum N. T. ( P. Althaus) , Leipzig 1928 ( E . Fascher) , Berlin 1957 . . . ( THK) . Das N.T. Deu tsch, 12 vol. ( P. Althaus) , Gott ingen 1932 ... ( = NT D) t r. i t . Paideia , B rescia. lA sain t e Bible t. 9- 12 ( L. Pirot - A. Clamer) , Paris 1935-1949 ( B PC) . Regensl-,urger N. T. , IO vol . (A. Wikenhau ser) , 1938 ... ( RNT) , t r. i t . Morccll iana, Brescia. lA Sacra B ibb ia , (S. Ga rofa1o) , Torino-Roma 1946 ( SBG) . Torclz B iblica! Commenta ry, London 1948 .. ( = TorchBC) . La sa i n t e B ible ( Biblc de Jérusalem) , Parls 1 948-1 956 ; Nuova edizione, 1973 ( BJ) . * Com me n ta i re du N.T. ( P. Bonnard) , Neuchatel-Paris 1949 . . ( CNT) . La Sacra B i b b ia, Torino 1950 ... ( S B) The Jn terprcter's Bible, t. 7-12, Nashvillc 1951 ( T I B) . * ll erdc rs Theologischer Korunten tar zunz N.T. (A. Wikenhauser) Frciburg in B. 1953 ... ( TKNT) , t r. it. Paidei a, Bresc ia. A Catholic Commentary on Holy Scripture (B. Orchard) , London 1953 ( CCH S ) . Black's N. T. Commentary, London 1957 ... ( BNTC) . Cam bridge Greek Testament Cornmentary, Cambridge 1957 ... ( CG N T ) . Tyndale N. T. Commentary, London 1960 . . ( = TyNT) . Peake's Commentary (ed. M. Black - H. H. Rowley) , London 1963 . ( = Peake'sC) . Sources bibliques, Paris 1 963 ( SB) . * The Anchor Bible, t. 26-38, New York 1964 ... ( = AnchB) . Traduct ion c:ecuménique de la Bible: Nouveau Testament. Paris 1 967-1 972 ( = TOB), tr. it. Elle Di Ci, Torino. The Jerome Biblical Commentary ( R. E. Brown J. A. Fitzmyer -R. E. Murphy) , London 1%8 ( JBC) , tr. it., Grande commentario bi­ blico, Queriniana, Brescia 1973. =

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Nuovissima

versione

della

Bibbia,

Ed.

( = NVB) .

Paol ine,

Roma

1968 . .

.

111. Dizionari

G. Ki ttel - G. Friedrich , Theologisches Wo rte rbu ch zum N. T., 9 vol .. Stuttgart 1933-1973 ( TWNT) , tr. it. Grande lessico del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia 1967 Articoli su alcuni libri figu­ rano in enciclopc.die come il Lexikon fur Theologie und Kirche =

••.

(LThK),

Catholicisme,

il Dictionnai re de

Spiritut�lité

(DS),

IV. Riviste specializzate Zeitschrift fur

(

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die .

Z NW) .

neutestamentliche Wissenschaft,

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Capitolo secondo : Il Vangelo secondo San M a rco Commenti : J. Knabenbauer ( CSS 1 894) , E. P. Gould ( ICC 1897) , M. J. Lagrange ( EBS 1929) , J. Huby (VS 1924) , F. Hauck (THK 193 1 ) ,

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Capitolo terzo : Il Vangelo secondo San Matteo

Com men t i : J . Knahcnhaucr ( CSS 1 892) , W. C. Al lcn ( I CC 1 907) , A. Du­ rand ( V S 1924) , M. J . La g ra n ge ( E 84 1927) , D. Buzy ( BPC 1 935) , E. Klost ermann ( H NTJ 1 935 ) , J . Schn icw i n d ( NTD4 1 950) , J. S